Flashback (in revisione)

di ONLYKORINE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Lo strizzacervelli ***
Capitolo 3: *** Sabina ***
Capitolo 4: *** L'ospedale ***
Capitolo 5: *** Il reparto ***
Capitolo 6: *** La ragazza in coma ***
Capitolo 7: *** Nomi svelati ***
Capitolo 8: *** Alla sala da tè ***
Capitolo 9: *** La foto ***
Capitolo 10: *** La ragazza nella foto ***
Capitolo 11: *** In pizzeria ***
Capitolo 12: *** Al pub con Leo ***
Capitolo 13: *** Il ticchettio della pioggia ***
Capitolo 14: *** Chiacchiere con Sabina ***
Capitolo 15: *** L'altro ragazzo ***
Capitolo 16: *** Keep Calm ***
Capitolo 17: *** Angel ***
Capitolo 18: *** Il momento di agire ***
Capitolo 19: *** Cose mai fatte ***
Capitolo 20: *** Il telefono di Celeste -1 ***
Capitolo 21: *** Il telefono di Celeste -2 ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

-

Salgo le scale e mi accorgo che è da dieci minuti che penso ininterrottamente a quello che è successo prima.

Quello che è successo prima.

Stefano mi ha spinta violentemente solo perché gli ho detto una cosa che gli ha dato molto fastidio. E stavamo assieme da tre mesi.

Ti sembra che puoi venirmelo a dire solo ora? Pensavo che tu fossi una ragazza seria” mi ha detto poco fa.

“Sono una ragazza seria. Se ho problemi a parlare con le persone non vuol dire che io non tenga a te. Io ti amo come non ho mai amato nessun altro” ho risposto io di rimando.

“Che vuol dire che hai problemi a parlare? Mi sembra che tu abbia una pronuncia stupenda” ha risposto lui amaramente sarcastico.

“Chi ha mai parlato di pronuncia!? Io ho difficoltà a sfogarmi e a lasciarmi consolare dalle persone. Non ci riesco. Ci sono dei momenti in cui mi sento tristissima e mi metto a piangere il Nilo. Poi, come per magia, torna tutto allegro. Dopo essermi sfogata tutto quello che mi è successo non mi sembra più niente. Prima l'Apocalisse, poi sembra solo un vago ricordo di una storiella triste, una storiella in cui la Bella Addormentata non si sveglierà mai più, perché nessun principe azzurro si prenderà mai la briga di andarla a cercare”

“Ma cosa centra la Bella Addormentata? Te mi hai appena detto che... vabbè lasciamo perdere quello che hai detto è così orribile che non voglio neanche pronunciarlo” e dopo aver concluso con parole cariche di rancore mi ha spinta così violentemente contro un muro che per qualche secondo non sono più riuscita a respirare.

Fine. Mi accorgo solo ora che ho appena vissuto un flashback.

Sono arrivata in cima alle scale e sto già bussando alla porta.

Solo quando la porta si apre mi accorgo che mi sono messa a piangere a dirotto, per fortuna apre mia sorella.

Cristina mi guarda e fa una smorfia come a dire ‘lasciamo perdere che il mio tempo è prezioso’.

Percorro il corridoio in parquet e entro in camera mia.

Noto che mia madre deve aver cambiato le lenzuola, ha messo le mie preferite, quelle viola con scritte citazioni del mio cantante preferito.

Il mio gatto si è addormentato sul cuscino che è a tema con le lenzuola.

Fantastico, non posso nemmeno stringere il mio cuscino tra le braccia mentre i miei occhi diventeranno la nuova sorgente del Piave.

 

***

Mia madre mi sveglia entrando in camera con un vassoio e lo appoggia sul comodino.

“Come stai, tesoro? Ti sei addormentata e non ti ho svegliato per la cena” Annuisco distrattamente. Ultimamente non dormo molto bene e ogni minuto di riposo in più è regalato. “Grazie” dico allora, mettendomi a sedere.

“Cristina dice che sei rientrata piangendo” Annuisco ancora mentre prendo il piatto che mi porge. Abbasso gli occhi, un po’ vergognosa, e faccio finta di studiare il panino che lei mi ha preparato per cena. Tonno. Pane bianco con tonno, maionese e insalata. Sorrido perché è il mio preferito e mia mamma, che lo sa, lo deve avere preparato apposta.

“Ancora Flashback?” Continuo ad annuire mentre mordo il panino. Diventerò uno di quei cani sul lunotto posteriore delle auto che muovono la testa su e giù, se continuo così. La mano della mamma mi accarezza la testa, comprensiva. È l’unica a cui l’ho raccontato. L’unica che sa tutto. Non l’ho detto neanche a Sabina.

La sua mano continua ad accarezzare i miei capelli, e io la guardo di sottecchi: è pensierosa. So che sono io il problema. Io le creo dei pensieri. Mia madre è preoccupata per me e mi dispiace immensamente di aver creato questo problema, visto che in casa pensano tutti che io sia fuori di testa.

Continuo a masticare e lei si allunga a passarmi un bicchiere d’acqua. “Mi dispiace, mamma” Lei mi sorride stancamente e scuote la testa, per dirmi di non preoccuparmi. Come se fosse così semplice. Bevo appena finisco il panino e quando riappoggio il bicchiere al comodino, la mia mamma mi abbraccia. Sospiro. Perché la vita non potrebbe essere sempre come questo momento? Mi sento così bene finché sono fra le sue braccia. Neanche avessi tre anni. Invece ne ho diciotto, penso mentre ricambio l’abbraccio.

“Ancora nessuna idea su chi sia questo Stefano?” sussurra lei. Una domanda che mi ha già fatto e di cui sa già la risposta. Perché se io avessi scoperto qualcosa, l’avrei detto a lei per prima. Perché è l’unica che lo sa.

Scuoto la testa.

“No. Nessuna.”

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-

-

***Eccomi qui con un altro concorso... questa volta mi è stato dato un incipit (parte verde) da lì poi ho scritto la mia storia. Fatemi sapere se vi piace. 😊😘😉

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Capitolo 2
*** Lo strizzacervelli ***


Lo strizzacervelli

 

Lo studio del dottor Grimini non mi piace. Entro quando mi apre la porta e percorro il piccolo corridoio fino alla stanza dove facciamo le sedute. Sedute. Così le chiama lui. Le sedute. Perché dire che vengo qui a parlare dei fatti miei a uno che non gliene può interessare di meno, è troppo lungo.

Mi avvicino alla poltrona e sospiro appoggiando la borsa per terra, sul tappeto rosso. Almeno la poltrona è comoda. Ma il resto è proprio brutto. No, non è vero. Non è brutto. C’è un vecchio camino sulla mia destra che penso abbia solo una funzione ornamentale perché è stato restaurato ed è troppo pulito per essere stato usato per il suo uso canonico. Le finestre davanti a me lasciano vedere uno scorcio della città vecchia e tutti i tetti delle case sono fantastici da osservare perché siamo al quarto piano e il mondo visto dall’alto è il mio preferito. Tutto è bello, qui. Sono io il problema.

Perché non mi piace venire qui. Non mi piace il dottor Grimini e odio dover far questa cosa. Ogni volta che gli racconto dei miei flashback, lui fa quella faccia strana, i suoi occhi si avvicinano e le sue sopracciglia si aggrottano mentre scrive sul taccuino giallo. Cosa scrive? Mi chiedo tutte le volte. Saranno cose su di me? Sicuramente sono cose su di me. Oppure fa come me e Sabina durante l’ora di Latino, e fa scarabocchi a spirale o gioca a tris da solo?

 Una volta gli ho chiesto di poter leggere quello che c’è scritto. Ma lui ha detto che non si può. Così mi è ancora meno simpatico. Ormai rispondo solo alle domande che mi fa. Dovrei dire ai miei genitori di smetterla di spendere i soldi in questa maniera.

“Ciao, Nicole” Un’altra cosa che mi dà fastidio è il fatto che infila il mio nome in ogni maledettissima frase. Oggi è martedì, Nicole oppure Sta piovendo, Nicole o ancora Gradisci una tazza di tè, Nicole? e così via. Sto per iniziare a odiare il mio nome. Giuro.

“Buongiorno, dottor Grimini” dico, sedendomi direttamente in poltrona. Dovrei raccontargli del flashback di ieri, ma non ne ho voglia. Lui si siede sulla sua, di poltrona, e mi fa una smorfia anche se immagino che sia un sorriso. Prende il taccuino giallo e lo sfoglia, leggendo quello che ha scritto le altre volte su di me.

“Hai avuto altri flashback, dall’ultima volta, Nicole?” Eccolo. Sospiro. Vorrei dire di no. Vorrei chiedergli di smetterla di chiedermelo e di dire il mio nome. Ma sono una persona educata. Vedo già lo sguardo di disapprovazione di mio padre mentre ci penso soltanto.

“Sì” Lui alza lo sguardo su di me, con gli occhi ravvicinati e aggrotta le sopracciglia. Eccolo ancora. Cavolo, è così prevedibile. “Ti va di raccontarmelo?” dice, mentre gira la pagina del taccuino per scrivere su una pagina nuova. Annuisco e glielo racconto.

***

“Così ti ha spinto, Nicole?” domanda il dottore quando ho finito il racconto. Già, Stefano mi ha spinto. Ma a me preoccupa tanto anche un’altra cosa: Dice che gli ho detto qualcosa di brutto. Cosa posso avergli detto? Alzo gli occhi al cielo. Dannazione, non ero io quella nel flashback! Neanche lo conosco, Stefano!

Guardo ancora il dottore, che mi fissa con i suoi occhi vacui. Devono insegnarlo all’università, come fare le espressioni giuste quando un paziente fa o dice cose strane.  “Sì, mi ha spinto contro il muro” Lui sorride come se avesse vinto alla lotteria. “Allora eri tu nel flashback!” ancora quella smorfia vittoriosa.

Ogni volta che vengo qui il dottor Grimini mi fa domande a trabocchetto e gioisce quando pensa che io sia caduta in castagna. Lo odio immensamente quando fa così. Gli ho spiegato che nei miei flashback vivo tutto come se succedesse a me, ma io non conosco niente di tutto quello che accade. Non conosco Stefano, non conosco i posti dove mi trovo. E dannazione, a volte non so neanche quello che dico! So che il ragazzo nei miei flashback è il mio ex ragazzo perché la mia me glielo ha detto una volta e so come si chiama perché l’ho nominato spesso. Ma il resto… non so nient’altro. Ma lui invece è convinto che…

“Ti ricordi quando abbiamo parlato di ‘Amnesia selettiva’, Nicole?” Annuisco. Ora ricomincia a parlare di quella cosa della perdita dei ricordi. Da quando vengo qui, lui sostiene che i flashback che ‘vedo’ o ‘rivivo’ non siano altro che ricordi che ho dimenticato. Ma è possibile? Posso essermi dimenticata così tante cose? E poi… è impossibile. Mi sembra che lo avrei saputo se effettivamente fossero stati miei ricordi. Invece no, anche quando li rivivo, continuo a pensare di essere un’estranea. Uff…

“Quando hai avuto l’incidente a scuola, Nicole, devi aver subìto un trauma…” Non ho più voglia di ascoltarlo e infatti stacco il cervello. Lo guardo come guardo la prof di Latino quando spiega e sorrido annuendo di tanto in tanto. Alla fine resta zitto e mi guarda. Sbatto gli occhi. Mi sono persa qualcosa di troppo? Mi avrà mica fatto una domanda? Sorrido ancora.

“Allora, ci penserai, Nicole?” A cosa? Oddio, dovevo stare attenta! Proprio come a Latino! “Ehm…” cerco di salvarmi. “Secondo me ti farebbe bene, Nicole. Magari parlane prima con i tuoi genitori” Mmm e di cosa parlerò con i miei genitori? “I miei genitori?” cerco ancora di prendere tempo in attesa che mi venga in mente una risposta adeguata.

Lui abbassa lo sguardo e scribacchia qualcosa sul mio taccuino giallo. Quello che riguarda me, quindi è mio, ora. Strappa il foglio, lo piega e me lo allunga. “Sì, parlane con loro, Nicole. Potrebbe essere una soluzione. Così che tu possa trovare un po’ di pace” Annuisco ancora, un po’ sconvolta, e mi alzo dalla poltrona per prendere il biglietto che mi porge.

Una volta che torno a sedermi guardo il pezzo di carta che ho in mano e poi torno a guardare lui. Il dottor Grimini sta ancora scrivendo. “Hai sognato mentre dormivi, Nicole?” infilo in tasca il biglietto senza aprirlo e finisco la mia ora con lui. Gli racconto di quello che ho sognato la notte scorsa e lui scrive tutto soddisfatto. Chissà se nel suo mondo sognare il coniglio nano della mia amica Sabina che scappa dalla porta di casa ha un significato più interessante che nel mio…

***

Quando esco dal portone, mi ricordo del biglietto che ho messo in tasca e lo prendo mentre mi incammino verso casa. Lo apro e leggo cosa ha scritto.

 

Dott. Soluto Davide

Psicoterapeuta – ipnosi

 

Accartoccio il foglio giallo ancor prima di aver letto il numero di telefono. Questa storia è assurda. Secondo lui dovrei farmi ipnotizzare per evocare dei ricordi che non sono i miei? Perché io sono convintissima che non sono miei ricordi.

Due settimane fa sono caduta dalle scale a scuola. Mi sono fatta male a una caviglia e mi hanno portato al pronto soccorso. Tutto qui. Grimini parla di ‘incidente’ come se avessi fatto un frontale in macchina e fossi stata sospesa fra la vita e la morte.

Mi hanno fatto una TAC e non hanno trovato niente. Ma Grimini sostiene che potrei aver battuto la testa senza accorgermene. Davvero? Avrei potuto? Mah… Io non ci credo. E ora sostiene che dovrei farmi ipnotizzare? Ma che siamo matti?

Mentre attraverso la strada al semaforo verde prendo la decisione di non parlarne neanche con i miei. Semplicemente… non ne parlerò. Quando arrivo dall’altra parte della strada tiro fuori la mano dalla tasca e butto il foglietto giallo nel bidone vicino al marciapiede.

Ora farò a modo mio. Per prima cosa, prenderò in mano la situazione. E come? Mi chiedo mentre sono ancora ferma davanti al bidone. Non lo so. Beh, devo scoprire chi è questo Stefano prima di tutto. Penso a quello che so di lui: è un bel tipo, con i capelli scuri e gli occhi scuri e deve essere più grande di me, tipo sulla trentina. Basta. Non so altro. Sospiro.

Vorrei aver parlato a Sabina dei miei flashback. Sarebbe più semplice. E ora mi sembra quasi troppo tardi. Si arrabbierà perché non glielo ho raccontato prima? Probabile. Ma se non posso contare sugli adulti… Prendo il telefono dalla tasca della giacca, per mandarle un messaggio e chiederle di vederci. Sarà una spiegazione lunga.

Mentre sto scrivendo il messaggio, qualcuno mi urta e per poco il mio telefono non si spalma sul marciapiede. Riesco ad afferrarlo dopo che mi è sfuggito di mano e non senza fatica. “Mi sei venuta addosso” Alzo gli occhi sul ragazzo che mi ha urtato, pronta a dirgli che non gli sono per niente andata addosso, quando mi blocco. I miei occhi si spalancano da soli, lo sento.

È Stefano!

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Capitolo 3
*** Sabina ***


     Sabina

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-

È Stefano! Il tipo dei flashback!

Proprio lui. Solo non mi sembrava così alto.

Il ragazzo mi guarda stranito e mi chiede: “Tutto ok?” Io annuisco, incapace di dire qualsiasi cosa e lui, dopo aver fatto un cenno del capo, riprende la sua strada alle mie spalle. Non ci penso neanche un secondo. Rinfilo il telefono in tasca, mi giro e gli corro dietro, senza neanche pensare al fatto che lui non mi abbia riconosciuto.

***

“Allora? Cosa mi devi dire di tanto urgente?” Sabina apre la porta di camera sua e la richiude appena siamo nella stanza. “Ti ricordi quando sono caduta dalle scale a scuola?” inizio e lei mi guarda annuendo con un’espressione curiosa. “Hai detto che non avevi niente di rotto, no?”

Annuisco io, stavolta, e continuo: “Infatti. La mia caviglia è guarita in due giorni, ricordi?” Respiro e prendo tempo. È difficile da spiegare. “Quella sera, a casa, ho avuto il mio primo flashback…”

“Flashback?” ripete Sabina guardandomi. “Sì. Flashback. Un episodio già avvenuto che si ricorda” Le spiego. Ho cercato online il significato della parola, ma alla fine le do la mia versione “Da quando sono caduta ho dei… flashback. Solo che…” non riesco a guardarla e sento che la voce potrebbe venirmi meno. Lei, che è la mia migliore amica dalla prima media, deve intuire il mio tormento perché si avvicina a me e mi prende la mano, tirandomi verso il letto. “Siediti”.

Mi siedo sul materasso e lei si lascia cadere di fianco a me a gambe incrociate, per poter guardarmi di fronte. Ora che mi guarda da così vicino sono imbarazzata, ed è una cosa strana perché non mi è mai successo con lei.

“Hai dei flashback” Annuisco alle sue parole. “Che vuol dire? Pensi a qualcosa che è successo tanto tempo fa? Rivivi un ricordo in maniera intensa?” Mmm cerco le parole adatte per risponderle.

“Non sono ricordi miei… E sì, li rivivo. Come se mi succedessero in quel momento” Cerco di essere chiara e capisco quando lei comprende le mie parole perché spalanca gli occhi. “Ricordi… non tuoi?” Annuisco seriamente. “Sì. Ormai sono convinta che sia così”.

Lei spalanca ancora gli occhi e poi si alza dal letto con uno scatto. La osservo camminare avanti e indietro sul tappeto della sua stanza, quello su cui ci siamo sdraiate così tante volte a studiare e chiacchierare, mentre lei gesticola con le mani.

“No. Aspetta. Dici… Ricordi non tuoi… Come fai ad avere ricordi non tuoi? E poi, come fai a sapere che sono ricordi e non invece… delle fantasie?” Alzo le spalle. Effettivamente non ne posso essere sicura. Non so veramente cosa è successo, ma so… “Quando li rivivo, io so che è un ricordo e so cosa succederà. Ma non sono cose successe a me” Sabina si ferma e le sue braccia cadono lungo i fianchi. Il suo viso ora è stralunato. Come la capisco. Mi alzo e la raggiungo, per tranquillizzarla come prima lei ha tranquillizzato me.

Mi fermo davanti a lei, siamo alte uguali, ma la nostra somiglianza si ferma lì. Lei è una formosa diciottenne con tanto di capelli ondulati e occhi scuri, mentre io sembro un adolescente delle medie. I miei capelli sono ricci e di un banale color castano, mentre i miei occhi non hanno tutte quelle sfumature che hanno i suoi. Sono azzurri e sembrano sempre slavati. Lo so perché è quello che penso tutte le mattine guardandomi allo specchio.

Siamo migliori amiche. Lo siamo sempre state e lo saremo per sempre. So che posso fidarmi. “Sto andando da uno psicologo, per questa cosa. Ma ti giuro che non sono pazza” Lei annuisce. “Non penserò mai che tu sia pazza. Giuro” Le sorrido. Ecco la mia miglior amica. La abbraccio.

“Allora vieni dal dottore a convincerlo che i miei flashback non sono ricordi che ho dimenticato?” Sabina si stacca da me “Come?” Le spiego che il dottore Grimini è convinto che i miei flashback siano in realtà dei ricordi. Dei ricordi miei che non voglio ricordare per un motivo qualsiasi. “Ma tu sei sicura di no” Annuisco, convinta, mentre ci risediamo sul letto “Esatto. Perché io non conosco Stefano, il tipo dei flashback. E oggi ho avuto la prova che lui non conosce me”.

“Oh. Che vuol dire?” Sabina non ha ancora smesso di spalancare gli occhi e la bocca. Le racconto di aver visto Stefano, e di come lui non mi avesse riconosciuto, quindi le spiego che non posso essere io quella nei flashback. Quando lei fa di nuovo la faccia corrucciata, le racconto quello che vedo.

“Ho avuto sei o sette flashback, fino a ora, e lui c’era in tutti. Riguardano sempre lui. Deve essere un ex, o qualcosa del genere. Ho visto il primo bacio, durante quello che penso sia stato un primo appuntamento, e altri momenti in cui c’era anche lui. Nell’ultimo…” mi rendo conto che mi manca la voce. Sabina si avvicina e mi accarezza la mano.

“Cos’è successo nell’ultimo?” Non so bene come spiegare quello che ho visto, ma mi ricordo benissimo come mi sono sentita. “Lui mi ha spinto. Beh, non me, lei. L’ha spinta contro il muro e io ho sentito delle cose bruttissime. Stavo male” Le spiego toccandomi il petto. “Ti ha fatto male fisicamente? All’altra. Le ha fatto del male?” scuoto la testa. “No. Non era un dolore fisico. Era proprio uno stare male. Ho sentito un po’ di dolore quando mi ha spinto. Ma dentro ho sentito qualcosa… come se fosse un avvertimento, un avvertimento per qualcosa di più… grande. Faccio fatica a spiegarlo” Cavolo, faccio fatica a capirlo io!

Sabina mi conosce così bene che sa che sono in confusione, così mi fa domande ‘pratiche’. “Cosa è successo quando lo hai visto per strada?” Racconto alla mia amica di quando mi sono scontrata con Stefano e di come gli sono corsa dietro senza pensarci su. I suoi occhi brillano mentre lo racconto. “E poi?” Alzo le spalle mortificata. “Poi l’ho perso. È entrato nel cortile dell’ospedale e l’ho perso in mezzo alla gente” La sua bocca diventa un cerchio. “Nooooo”.

Poi lei si gira di scatto e inizia a camminare avanti e indietro ancora una volta, sul tappeto. “Aspetta. Hai detto che è entrato in ospedale?” Annuisco poco convinta. Cosa c’entra? Sabina sorride. Ohi ohi. Conosco quel sorriso. “Ho un’idea” E purtroppo conosco anche le sue idee.

***

“E cosa facciamo, stiamo davanti all’ospedale finché lui non passa?” sussurro a Sabina mentre la prof di Scienze interroga. Lei annuisce e bisbiglia in risposta: “Dobbiamo almeno provarci. È la nostra unica pista, no?” Faccio sì con la testa perché la prof guarda verso di noi e non voglio che ci becchi a chiacchierare. Ma io non sono convinta che sia una buona idea.

Quando suona la campanella per il cambio dell’ora glielo dico ancora. “Vuoi continuare a stare così? Non è meglio scoprire chi è, visto che è il nostro unico indizio?” Sorrido a Sabina perché da quando le ho raccontato dei flashback invece di considerarmi malata di mente ha deciso di aiutarmi a risolvere questa situazione e si è fatta carico di tutto. Soprattutto del noi di questo contesto. Le racconto del biglietto del dottor Gremini. Forse l’ipnosi potrebbe essere una soluzione adatta? Più che stare davanti al cancello dell’ospedale aspettando che passi un tipo che non è neanche detto che ci torni più? Dopo aver esposto i miei dubbi lei scuote la testa vigorosamente.

“Dovresti cambiare medico. Anche la moglie di mio zio è una psicoterapeuta. Potresti provare ad andare da lei. Quel tipo lì…” Gesticola indicandomi come se fossi io il dottor Gremini “non mi piace per niente”. Rido perché il suo tono è sostenuto, poi a un certo punto, sento uno strano tremore al centro del petto.

Sabina mi si avvicina e mi chiede: “Tutto bene, Nicole?” Sto per scherzare con lei sul fatto che mi ricorda Grimini, quando capisco cosa mi sta succedendo. Bisbiglio appena: “Sto per avere un flashback”.

Lei mi prende velocemente per un braccio e mi trascina fuori dalla porta, dritta verso il bagno delle ragazze. Facciamo appena in tempo a entrare e io non sono più nel bagno con lei…

Sono sdraiata sul letto e sono nuda sotto il lenzuolo. Stefano è sdraiato accanto a me e sta dormendo. Mi alzo e lui si sveglia. La sua faccia è arrabbiata e il suo tono duro mi chiede: “Dove stai andando?”

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Capitolo 4
*** L'ospedale ***


    L’ospedale

 -

-

“Dove stai andando?” mi richiede Stefano quando non rispondo la prima volta. Non mi sento bene. Ho paura di parlargli e ho paura di quello che mi dirà. O di quello che mi farà. Mi guardo il braccio. Ho un livido grosso come un mandarino. ‘So’ che me l’ha fatto lui. E ho paura. Non come quando mi ha spinto contro al muro. Questa volta ho paura davvero.

Apro la bocca per rispondergli, ma lui si è già alzato e sta girando intorno al letto per raggiungermi. Io sono in piedi con ancora il lenzuolo intorno al corpo e non mi muovo. Lo vedo arrivare e cerco di spiegargli: “Sto andando in bagno. Davvero. Non vado da nessuna parte”.

Lui per un attimo si ferma e mi scruta. Io ho sempre più paura. I suoi occhi sono di ghiaccio. Non mi stupisco. Non è la prima volta che gli vedo quello sguardo. Lo so. E so anche che mi fa paura, che quando mi guarda così non si mette bene.

Si avvicina ancora e io indietreggio. Quando sbatto contro il muro, lui ghigna. Ghigna in un modo orribile, come un mostro. Io sento il sangue defluirmi dal viso e vedo lui avvicinarsi lentamente. Appoggio la testa al muro per guardarlo e lui si avvicina ancora.

“Torna a letto” Ma io, per la prima volta, sento un moto di rabbia scuotermi. “No. Vado in bagno” Non lo vedo arrivare ma, ancora, so che sarebbe successo. Un violento schiaffone mi smuove la faccia, la testa, il collo e io cado per terra. Lo guardo dal basso e sto per alzarmi…

“Nicole, Nicole. Ti prego, svegliati” Guardo Sabina, che mi osserva con gli occhi spalancati e luccicanti. Devo averla spaventata. “Che succede?” quando finalmente parlo lei mi salta addosso e mi abbraccia. “Oddio, che brutto! Nico, stavi tremando tutta e stai piangendo” Mi prende la mano, me la porta sul viso e io mi accorgo che effettivamente le mie guance sono bagnate. Di nuovo. Ogni volta che rivivo questi flashback piango come una fontana. Mi ero scordata di dirglielo. Poverina, si deve essere spaventata davvero.

Sono comunque ancora frastornata. È stato molto più… intenso delle altre volte. Di più in tutti i sensi. Più terrificante, più pauroso, più forte… effettivamente mi sento ancora tremare. Riesco a malapena ad aprire la bocca “Mi ha picchiato. L’ha picchiata” Mi correggo subito dopo.

Sabina si porta una mano alla bocca. “Davvero? Lui… Lui…” Annuisco “Mi ha dato uno schiaffo così forte che sono caduta” Vedo l’indignazione negli occhi della mia amica. “Dobbiamo trovarla. Dobbiamo scoprire se sta bene” Annuisco ancora perché è la stessa cosa che ho pensato io.

“Ma come facciamo a trovarla?” Lei batte le mani. “Semplice. Troviamo Stefano” Sì come se fosse facile. “E poi?” Ma Sabina è già uscita dal bagno. Lei è molto più attiva di me. Io sono codarda, paurosa e vigliacca, penso duemila volte prima di fare qualcosa (e quattromila dopo averla fatta) quanto Sabina è audace, impulsiva e temeraria. Forse è per questo che andiamo così d’accordo. Gli opposti si attraggono.

Lei mi sorride girandosi mentre cammina “Poi ci inventeremo qualcosa. Prima lo troviamo e poi ci pensiamo” Ecco, appunto, come dicevo. Impulsiva e istintiva. Io ci ho messo due settimane a raccontarle questa cosa strana che mi succede e lei, probabilmente avrebbe già risolto tutto in due giorni. Sospiro e la seguo in classe.

 

***

 

Nel pomeriggio andiamo dalla zia di Sabina. Lei è gentilissima, ma resto da sola con lei per troppo poco tempo per dire se è più brava di Grimini. Ma la seduta non mi pesa. Riesco a confidarle dei flashback abbastanza velocemente, sarà perché mi ispira fiducia o perché sorride senza farmi troppe domande, alla fine le riesco a raccontare praticamente tutto. Di Stefano, della tipa che viene picchiata e che sembro io, nei flashback, ma non lo sono.

L’unica cosa che non le dico è di aver incontrato Stefano di persona. Questo per ora ho deciso di tenerlo per me. In compenso le ho detto che Grimini mi ha consigliato di fare una terapia di ipnosi.

“Ma tu non sembri d’accordo” dice, guardandomi dritto “No. Mi sembra stupido. Non sono ricordi miei” Lei annuisce, ma in maniera strana. Oddio ecco, è uguale a Grimini, penso. Ho solo perso tempo venendo qui. “E invece chi lo sa? Potrebbe essere utile. Io non lo escluderei. Però potremmo provare prima qualcos’altro, se non sei convinta. Che dici?” ora sorride come prima.

Mi piace detto così. Potrei farlo, ma solo se voglio. Forse aveva detto così anche Grimini, ma sicuramente me l’ha detto diversamente, non sembrava una cosa a cui potessi dire di no. O forse ora mi sembra tutto così diverso perché l’ho detto a Sabina e perché ho scoperto che Stefano esiste davvero. Sospiro. Esiste davvero.

 

***

 

Il tempo non passa più. Sarà un’ora che siamo sedute qui su questa panchina verde davanti all’entrata dell’ospedale. Sabina chiacchiera come se dovesse perdere l’uso della parola da un momento all’altro e io invece sono nervosissima. Cosa devo fare se lui non si presenta? E cosa dovrei fare, invece, nel caso si presentasse? Saltargli al collo e chiedergli della ragazza che ha picchiato? Sicuramente tenterebbe di farmi rinchiudere in psichiatria. Cavolo, magari è il primario di psichiatria e così riuscirebbe anche a torturarmi per non farmi raccontare niente… Mentre penso questa cavolata, blocco Sabina intanto che racconta di Marco, il bello della 5F, per chiederle una cosa che mi è venuta in mente in questo momento. “E se lui fosse un dottore?”

Sabina mi guarda stranita “E che differenza fa? Se anche fosse un medico?” mi ripete la domanda. Alzo le spalle. Bo. I dottori mi inquietano. Come Grimini. “Stai tranquilla, te l’ho detto, devi andare da mia zia. Lei non è orribile come Grimini”.

Sorrido perché effettivamente Elisa, la zia di Sabina, è stata veramente gentile e mi è piaciuta tantissimo. Sono sicura che Grimini non mi mancherà per niente. Guardare i tetti fuori dalla sua finestra probabilmente mi mancherà più di lui.

Stiamo giocando a tris sul telefono di Sabina, quando improvvisamente Stefano ci passa davanti. Se non avessi alzato lo sguardo non l’avrei neanche visto e saremmo rimaste qui per sempre. “È qui” sussurro a Sabina come durante l’ora di Scienze. Lei capisce al volo e si alza infilando il telefono in tasca.

Sabina mi fa cenno di alzarmi e la seguo velocemente mentre attraversa il cancello. Il cortile dell’ospedale è pieno di gente e lui cammina rapido e con sicurezza. Lo indico a Sabina, così può aiutarmi a non perderlo di vista. “Quello con la giacca verde?” mi chiede sottovoce. Ormai sembra che non riusciamo più a parlare normalmente quando la conversazione riguarda questo tizio.

Lo seguiamo per un po’, giusto per capire dove sta andando. Io continuo a sperare che non lavori qui. Non mi va proprio di dover aspettare otto ore che stacchi il turno per scoprire qualcosa. Se invece fosse venuto a trovare qualcuno, farebbe presto. Magari fra mezz’oretta è di nuovo fuori e noi possiamo seguirlo fino a… Ehi! Cosa facciamo dopo? Dobbiamo seguirlo a casa?

“Ehi, Saby, cosa dobbiamo fare? Lo seguiamo a casa quando esce di qua?” Lei alza le spalle. “Intanto vediamo dove va. Poi ci pensiamo. Magari sì, lo seguiamo fino a casa” Sono quasi scandalizzata. Non pensavo che arrivasse a dirlo. “Vuoi davvero seguirlo? E se ci becca? E dopo che abbiamo scoperto dove abita?” Lei scuote le spalle e subito dopo indica qualcosa dietro di me. Mi volto. Stefano ha appena girato dietro al centro delle analisi. Se non ci sbrighiamo lo perdiamo.

Quando giriamo anche noi dietro la costruzione, per poco non mi si ferma il cuore. Lui non c’è. Non c’è più. Come il giorno prima. L’abbiamo perso. Non so perché, ma inizio ad agitarmi. Ieri non è stato così. Forse perché non sapevo tutto quello che so oggi, ma ieri non mi sembrava così tragico, averlo perso, mentre oggi… È una catastrofe. Ho quasi paura di scoppiare di nuovo in lacrime.

Poi vedo la sua giacca in lontananza. Ha allungato il passo. Prendo il braccio di Sabina e la strattono. Neanche mi rendo conto di correre e di trascinarla con me. È solo che non voglio perderlo ancora. Adesso è una questione importante. Una questione di vita o di…

Mi blocco quando lo vedo entrare nell’edificio sulla destra. So cosa c’è lì dentro. Ci sono passata davanti l’anno scorso quando è mancato il nonno.

È la camera mortuaria. Non riesco neanche a muovermi. Mi giro verso la mia amica e anche lei ha gli occhi spalancati.

“Saby… Non sarà mica… Morta?”

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Capitolo 5
*** Il reparto ***


Il reparto

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No, non può essere morta. Non deve esserlo. Non avrebbe senso.

Sono ancora ferma a guardare l’edificio quando Sabina mi tocca il braccio e mi ripiglio. Mi fa cenno con la testa di avvicinarci. Io non ne sono troppo convinta. Un po’ perché mi ricorda il nonno e un po’ perché mi incute timore. Ma la mia amica è molto più razionale di me. Per fortuna.

“Lì fanno le autopsie, non è dove espongono le salme. Non può entrarci chiunque.” Oh. Non ci avevo pensato. Mentre ci avviciniamo, senza pensare al fatto che lì dentro i morti sono nudi e tagliuzzati invece che puliti e preparati per il lungo sonno, la porta dove è sparito Stefano si riapre di colpo e lui esce incazzatissimo parlando al telefono.

Riusciamo appena a spostarci dietro una siepe per nasconderci, ma lui sembra così preoccupato e arrabbiato che non si sarebbe accorto di noi neanche se gli fossimo passate attraverso. Lo seguiamo a distanza mentre urla nel telefonino “Avevi detto che eri al lavoro! Avevi detto che…” poi si guarda intorno e abbassa la voce. Non riusciamo più a sentire quello che dice, così ci avviciniamo ancora.

“Ho bisogno di parlarti. Quando ci vediamo? Cosa faccio se lei dovesse…” un’ambulanza sfreccia lungo la strada che costeggia il cortile dell’ospedale a sirene spiegate e non riusciamo più a sentire cosa dice. Ma lui continua a camminare e noi lo seguiamo.

Quando arriva davanti alla porta di una costruzione, si ferma e finisce la telefonata prima di entrare. Guardo Sabina. “Che reparto è quello?” Lei alza le spalle. Ne sa poco quanto me, di ospedali. “Ci sarà un cartello da qualche parte, no?”

Ci avviciniamo alla porta dove è entrato Stefano e ci guardiamo intorno. Niente. “Sarà scritto dentro.” Sabina apre la porta ed entra. Spalanco gli occhi. Ma cosa fa? Ma… così? Si potrà entrare così?

Entriamo. Bhe, Sabina entra, io le corro dietro per non rimanere da sola. Appena dentro, ci troviamo davanti una grossa porta, le scale e gli ascensori che portano al primo piano, alla nostra sinistra. Mi avvicino alla porta per leggere quello che c’è scritto, visto che l’edificio è un po’ vecchio e la porta è coperta da un telo, probabilmente per ristrutturare il muro. Non faccio neanche in tempo a leggere perché sentiamo la voce di Stefano venire dal primo piano. Sta imprecando. Ci giriamo tutte e due verso le scale e scattiamo in avanti senza neanche pensarci.

Sabina arriva al primo piano prima di me. Sento Stefano rivolgerle la parola e mi blocco contro il muro. Non voglio farmi vedere da lui. Potrebbe riconoscermi e insospettirsi. O io potrei diventare più paranoica. Più di come sono già.

“Rianimazione? No, io cercavo il reparto maternità. Mia zia ha appena avuto un bambino.” Sento Sabina rispondere a Stefano. È così brava lei a inventare scuse, gliel’ho sempre invidiata quella capacità, soprattutto a scuola. Soprattutto durante l’ora di Scienze.

Scendo di un gradino restando con le spalle contro il muro. Non so neanche perché visto che non serve a niente. Se Stefano si affacciasse sulla tromba delle scale, mi vedrebbe comunque. Spero che Sabina lo tenga lontano dal pianerottolo. Sento Stefano risponderle che non può aiutarla e una porta che si apre e si chiude. Poco dopo la mia amica si affaccia sulle scale.

“Rianimazione. Che tipo di reparto è?” alzo le spalle. Che ne so io? Lei si rivolta verso la porta e dice “Potremmo andare a vedere.”

Invece a me non sembra una buona idea. Sempre perché sono coraggiosa. Sto per dirlo a Sabina quando lei intuisce e mi guarda alzando un sopracciglio. “DEVI andare a vedere.” Sbuffo. “C’è lui la dentro. Non voglio andarci.” Eccomi qui. La bambina codarda. Gli occhi di Sabina mi guardano. Quando eravamo in prima media quegli stessi occhi mi hanno convinto a rubare i dolci che la prof di matematica teneva nel cassetto della cattedra. All’epoca non sapevo a cosa stessi andando incontro. Ora sì.

 Sbuffo e mi avvicino all’entrata del reparto. La porta è enorme e imponente. Quando sento Sabina seguirmi mi volto. “Ti ha già visto. Stai cercando tua zia in maternità. Magari si insospettisce.” Lei, stranamente, non ha niente da ribattere e annuisce tornando verso le scale. “Ci vediamo giù?” annuisco anch’io e spalanco la porta. Poi mi giro, e come in un film poliziesco le dico: “Se fra un’ora non esco, vienimi a cercare.”

Ma lei ride e mi dice “Scrivimi, va, se cambia qualcosa. Ti aspetto giù.” Ok, non è proprio il mio ruolo e lo sa anche lei. Sbuffo di nuovo ed entro in rianimazione.

Dentro c’è un forte odore di disinfettante, un mormorio continuo, intervallato da degli assordanti bip che gracchiano a tutto andare. È fastidiosissimo. Un’inserviente mi passa a fianco con il carrello dei prodotti per la pulizia e mi sposto di lato con un saltello, per lasciarla passare.

Mi guardo intorno. Sono alla metà di un corridoio. Potrei andare a destra o a sinistra. Ho il cinquanta percento di probabilità di imboccare la direzione presa da Stefano e mi sento già un genio. Vorrei avere qui la Bellacchi, la mia prof di matematica, che non ha mai creduto in me.

Mi giro verso sinistra quando da una porta vicino a me esce un uomo imbacuccato di verde e blu. Indossa una mascherina davanti alla faccia e una cuffia gli copre i capelli. Ha indosso un camice e anche quei cosi blu con gli elastici che si mettono sopra le scarpe. Sembra un alieno. Riesco a vederlo poco, ma è più basso di Stefano, quindi so già che non è lui.

Mi sposto e mi scuso nel momento in cui lui fa lo stesso. Mi fa un cenno con il capo e si incammina lungo il corridoio, verso la mia sinistra. Dietro di lui esce un’infermiera o forse l’addetta che veste di verde e blu i visitatori, perché mi dice: “Un minuto e sono da lei. Si sieda e mi aspetti.” Mi indica una poltrona contro il muro e se ne va. Mmmm. Non ho intenzione di sedermi e aspettare buona buona. Seguo il tipo con il camice fino in fondo al corridoio e sbircio dietro di lui quando apre la porta di una delle stanze.

Riesco a vedere, prima che richiuda la porta, una persona stesa su un letto circondato da macchinari strani che emettono quei fastidiosi suoni che mi tampinano le orecchie, e tubi e fili che dal corpo del paziente si collegano alle macchine. È velocissimo, perché il signore ha già chiuso la porta. Resto bloccata. Ma dove sono? Cosa succede a queste persone?

Una donna vestita come l’uomo di prima esce da una delle stanze piangendo e si siede su una delle poltrone vicino alla porta. Le vado vicino più spinta dalla curiosità che dal desiderio di aiutarla e già per questo mi sento una brutta persona, ma lei alza gli occhi su di me e la sua mascherina si tira prima che lei la strappi via. Ora sta sorridendo, un sorriso triste e piccolino, di circostanza. Qui le persone non stanno bene. Mi avvicino ancora, questa volta per chiederle se ha bisogno di qualcosa, ma dal fondo del corridoio un rumore forte distrae sia me che lei.

Alziamo insieme lo sguardo e vedo Stefano, lo riconosco anche se anche lui è coperto dal blu sintetico come tutti gli altri, che arrabbiato si dirige verso quella che immagino sia la stanza delle infermiere, visto che una di loro gli sta andando incontro.

Sorrido alla signora seduta, che tanto non mi sta guardando, e vado verso la stanza da cui è uscito Stefano. Devo assolutamente scoprire chi c’è dentro. Perché ho quasi la certezza di trovarci una donna. Una donna che è stata spinta contro il muro e che è stata schiaffeggiata così forte da cadere per terra.

Allungo il passo. Ormai è questione di poco, ho fretta di sapere. Sapere se c’è lei. E se c’è, sapere chi è, come è fatta e perché la vedo nella mia mente. Mi affretto ancora. Passo davanti alla porta d’entrata, (il cinquanta per cento di probabilità e io ho sbagliato subito direzione) e la sorpasso. Passo anche davanti allo stanzino delle infermiere, dove sento Stefano lamentarsi di qualcosa e un’infermiera tenergli testa.

Un altro passo. Ci sono vicina. Vedo la porta. Stefano, nella sua fretta, l’ha lasciata aperta. Riesco a vedere, man mano che mi avvicino, l’interno della stanza. Prima quello che sembra un macchinario, uguale da quello dell’altra stanza, poi un altro.

Un altro passo. Ora riesco a vedere il letto. C’e una persona stesa sopra e una sedia vicino alla struttura. Deve essere per i visitatori, la sedia. Mi avvicino ancora. Ancora un passo. Ora intravedo la persona. Sembra una donna, sono ormai convinta che sia lei. Ma ha qualcosa davanti alla faccia e non riesco a vederla in viso. Ha i fili e i tubi come il tipo nell’altra stanza.

Un altro passo. Sono così vicina. Lei ha i capelli sparsi sul cuscino. Dei capelli rossi, tantissimi capelli rossi e mossi. Sono davanti alla porta. Voglio vederla. Mi scordo che tutti quelli che ho visto nel reparto erano stati protetti da mascherine, camici e cose varie e faccio l’ennesimo passo per entrare nella camera.

Sono quasi dentro quando una voce alle mie spalle mi sorprende e mi fa sussultare: “Nicole!”

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***Ecco un altro capitolo... chissà se vi piace la storia... Buona lettura!

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Capitolo 6
*** La ragazza in coma ***


La ragazza in coma

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“Nicole!”

Mi blocco come se mi avessero sorpreso a rubare. Beh, effettivamente sembra una cosa sbagliata quanto rubare. Mi giro giusto in tempo per vedere un’infermiera che conosco avvicinarsi a me.

È Lisa, abita in fondo alla mia strada ed è una donna simpatica e gentile. Ha il camice bianco e il nome sul suo cartellino è leggermente diverso da come lo conosco io, ma anche una mia compagna di classe accorcia il suo nome composto, così non me ne sorprendo più di tanto.

“Cosa fai qui? Conosci qualcuno ricoverato?” Lisa ha una voce melodiosa e mi piace come mi parla, ha badato a me e a mia sorella quando eravamo più piccole e mi ha sempre ricordato una maestra d’asilo dolce e premurosa. Le sorrido involontariamente.

Poi il mio sorriso svanisce quando mi rendo conto che non conosco la tipa nella stanza. Non conosco nessuno. Nessuno a parte Lisa. E Stefano. A proposito, dov’è Stefano? Mi giro verso la porta della stanza delle infermiere. Lo vedo attraverso la porta socchiusa: sta discutendo con qualcuno, ma a bassa voce, così non capisco cosa si dicono.

All’improvviso un tremolio al petto mi annuncia un flashback. Sento di spalancare gli occhi e mi avvicino a una delle poltrone contro il muro. Cado seduta prima di rendermi conto di aver lasciato il corridoio…

Sono contro al muro. Stefano mi ha spinto. La sua mano è ancora sul mio petto. Il suo viso si avvicina al mio. “Avresti dovuto dirmelo prima. Non mi piace, questa cosa” Sta sussurrando e capisco subito perché lo fa: siamo in un luogo pubblico. Mi guardo intorno anche se subconsciamente so già dove siamo: è il parco vicino a casa mia. Io abito due strade più in là. Torno a guardare Stefano che mi tiene ancora la mano premuta sul petto e mi spinge contro il muro. Sembra il continuo dell’altro flashback. Improvvisamente, so che è così. E so cosa gli ho detto per meritarmi lo spintone. Una cosa grave? Assolutamente no! Durante la pausa pranzo sono andata a mangiare un panino con un collega al bar sotto l’ufficio. Ma quando gliel’ho detto, lui ha avuto questa reazione esagerata e mi ha spinto. Ora so che è solo la prima di tante altre. Di altre peggiori di questa.

Inaspettatamente la scena cambia e siamo a casa mia. Riconosco il mobile del salotto e sopra il divano c’è il quadro che ho preso in vacanza con mio fratello Leo, due anni fa. Non so come faccio a sapere queste cose, le so e basta, come tutto il resto. “Ti arrabbi sempre per delle cose stupide!” mi sento dire a Stefano. Ancora una volta sento il colpo arrivare. So già che sarà più forte della spinta contro il muro ma meno doloroso dello schiaffo in camera da letto. Ma mi colpisce comunque. “Sei tu, il problema, non io. Sei tu quella che fa tutte quelle cose… stupide. Non dovresti farle, sei una gran…” Il suo viso è sconvolto e sento di aver paura di ricevere un altro schiaffo misto alla consapevolezza che non succederà. Lui sbuffa e fa un passo indietro. Raccoglie la giacca dalla spalliera del divano e si gira verso la porta, poi ci ripensa e si rivolge di nuovo verso di me: “Sei tu. Se non lo avessi fatto, io non avrei dovuto dartelo. Pensaci, la prossima volta” E così dicendo apre la porta e se ne va.

Resto impalata a guardare la porta chiusa per un tempo indefinito, rimuginando sulle sue parole. Non è vero. Non ho fatto niente di male. No. No. O forse… Forse sì? NO!!! Una voce forte dentro di me rimbomba e mi fa sbattere da tutte le parti. Urla urla e si dimena, mentre il ricordo va avanti. Mi avvicino allo specchio in corridoio. Controllo il mio viso.

Una donna che conosco da una vita mi guarda. Mi guarda dallo specchio. Ma io in verità non la conosco. Non l’ho mai vista prima. Ma lei si conosce e con la consapevolezza di sapere perfettamente il viso che la accompagna da tutta la vita si avvicina allo specchio per controllare il rossore sulla guancia.

Non riesco a guardarle quella parte arrossata e mi concentro sul resto. È lei, la ragazza che è in ospedale. I capelli rossi, mossi e corposi, degni di una pubblicità dello shampoo, le circondano il volto e i suoi occhi, due occhi bellissimi, verdi e luminosi, come ogni ragazza ha desiderato avere, almeno una volta nella vita, mi guardano e si studiano la guancia, che viene sfiorata dalle sue dita. Le mie dita. Sul polso destro ha una lettera tatuata. Una C, una lettera fatta di piccole linee curve armoniose che abbraccia quell’ossicino sporgente. È bello, sembra uno di quei tatuaggi esotici con l’henné che la ragazza del negozietto sotto casa fa per pochi euro. Guardo ancora lo specchio ma l’immagine velocemente si appanna e sbiadisce.

“Nicole, stai bene?” Lisa adesso mi guarda preoccupata. Merda, merda. Ora mi prenderà per matta anche lei, come i primi giorni. Mi asciugo una lacrima. Sono riuscita a non piangere a dirotto, come se riuscissi pian piano ad abituarmi a tutte le emozioni che sento.

Lisa mi guarda ancora, con la faccia confusa e subito sentiamo, tutte e due, la voce di Stefano che si lamenta. Ci voltiamo verso di lui e io dico sottovoce: “Lui non mi piace” Lei alza un sopracciglio e poi annuisce senza dire niente. Improvvisamente coraggiosa, le prendo una mano e dico sottovoce “Vorrei vedere lei. Posso entrare nella sua stanza? È importante” Con il capo indico la porta della stanza che poco prima stavo profanando.

“La conosci?” sto per scuotere la testa, ma riesco a fermarmi. “Non la conosco… bene” Mi correggo mentre parlo. In fin dei conti non è una bugia. Non proprio. “È in coma, vero?” sono riuscita ad arrivare a quella consapevolezza solo guardando attraverso la porta socchiusa? O so qualcosa di più? Lei annuisce, ma appena appena, come se non potesse parlare.

“Posso vederla lo stesso? Per vedere come sta?” lei si volta verso Stefano, che viene accompagnato verso qualcun altro. Avrà voluto vedere un dottore? Sarà preoccupato per lei? O la sua è solo scena? È preoccupato che possano scoprire quello che le faceva?

Lisa però è una persona intelligente e non fa tante domande, annuisce e mi dice che devo indossare le protezioni, per poter entrare nella stanza. La seguo e mi lascio vestire. I calzari sulle scarpe, la cuffia sui capelli, la mascherina, per non parlare del camice protettivo. Dubito che anche mia madre riuscirebbe a riconoscermi qui sotto, combinata così.

Seguo ancora docilmente Lisa che mi riaccompagna verso la stanza della mia amica C. Non so come altro chiamarla. So che la C è l’iniziale del suo nome ma mi innervosisco perché non conosco il resto. Come è possibile che io sappia una cosa così importante, ma allo stesso tempo così inutile? Quale sarà il suo nome? Chiara? Cristina? Carola? Vorrei chiedere a Lisa come si chiama la ragazza, oppure cercare di imbrogliarla per farmelo dire di sfruso, ma, come dicevo, sono troppo poco coraggiosa per una cosa del genere.

L’infermiera apre la porta per lasciarmi entrare e mi sorride quando vede la mia esitazione. Poi qualcuno la chiama e lei esce dalla stanza senza chiudere la porta.

Mi avvicino al letto. C ha una mascherina sul volto e i tubi che avevo visto attraverso la porta socchiusa si collegano a un macchinario che sibila il famoso bip disturbatore. Faccio un altro passo e riesco a toccare il copriletto in fondo al letto. Guardo le braccia, stese e immobili al lato del suo corpo. Lo sguardo mi cade sulla mano destra. Il tatuaggio con la C è lì. È lei. Come se avessi dovuto avere una conferma, dopo tutto quello che ho visto, che ho sentito, che so.

Con un altro passo mi avvicino e senza pensarci faccio una cosa assurda: allungo una mano e tocco la sua. Niente. Non succede niente. Scuoto la testa sconsolata. Perché pensavo che sarebbe successo qualcosa di grandioso? Una scossa, una vibrazione, un cataclisma, un fulmine, qualsiasi cosa. E invece non è successo niente. Sospiro. Ma allora perché sono qui? Cosa devo fare?

“Ciao, cara” Mi giro di scatto verso la porta, che è rimasta aperta. Una signora, una signora anziana a giudicare dalle rughe profonde che vedo sulla fronte e intorno agli occhi, mi sta sorridendo. So che mi sorride perché le sue guance si tendono e prendono una forma che mi sembra di conoscere, sotto la mascherina.

“B… B… Buonasera” Riesco a dire. Stefano entra nella stanza subito dopo, insieme a un’altra persona. Un ragazzo. Un ragazzo con gli stessi occhi verdi della mia amica C. Tutti e due mi guardano e osservano la mia mano sulla mano della ragazza stesa a letto. Colpevole, la ritiro velocemente.

“E tu chi sei?” il tono di Stefano è duro e fa quasi paura. Non si è ancora calmato. Probabilmente si è arrabbiato per qualche sciocchezza e non è riuscito a sfogarsi con nessuno, così è ancora nervoso. Stupita da questo pensiero sto per parlare quando la signora accanto a me dice: “È la fidanzata di Leo”

Mi giro di scatto verso di lei. Cosa ha detto?

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Capitolo 7
*** Nomi svelati ***


  Nomi svelati

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“Cosa dice, io…” Sono confusa e devono capirlo anche loro, vedendo le loro facce. Poi, il tipo di fianco a Stefano si avvicina a me, ha la fronte aggrottata, deve essere confuso pure lui. Non so se la cosa mi rassicura o mi preoccupa, ma lui continua ad avvicinarsi. Mi giro verso la signora e dico: “No, mi spiace, si sta sbagliando. Non sono la fidanzata di nessuno”.

Il viso della donna prende un’espressione strana, e corruga la fronte come se io avessi detto la cosa sbagliata. Beh, saprò o no se sono la fidanzata di qualcuno, no? “Allora chi sei?” Stefano torna alla carica, è ancora nervoso da prima. “Io sono un’amica di…” Guardo la ragazza. Non so come si chiama. Non sono una sua amica, ma è la prima cosa che mi viene in mente. Ed è una stupidaggine, perché Stefano alza un sopracciglio e mi guarda nervoso.

Il tipo che si era avvicinato a me, scambia un’occhiata con l’attempata signora e poi mi mette una mano sulla spalla. “Ok, nessuno è fidanzato con nessuno” Mi giro verso di lui. Ma cosa sta facendo? E cosa sta dicendo? Sono tutti matti qui, non io. Loro.

Lui si sgancia la mascherina dall’orecchio e mi sorride. Ohi, Ohi. Sono abbastanza sicura che non si possa fare. Ma questo tipo ha fatto un sorriso da diavolo. Giuro. Da diavolo. Ora, Marco della 5F sembra un prete in confronto. Perfetto. Un bello che sa di essere bello. Sono i peggiori. Ehi, ma cosa ho pensato? Che questo tipo sia bello? Beh, sì. Sì, cavolo, ho pensato che lo fosse, perché è dannatamente bello. Oddio mi sto perdendo.

Lui mi stringe appena la spalla e mi riporta alla realtà. Poi il suo sorriso diventa diverso e mi strizza un occhio prima di girarsi verso Stefano. “È un po’ confusa, mi sa. Sai, com’è non capita a tutti di essere qui in questo posto…” Lancia un’occhiata alla mia amica C, nel letto immobile e il suo sguardo cambia ancora. Mi fa tenerezza adesso. La sua mano trema sulla mia spalla e sento quasi il bisogno di abbracciarlo. Ok, Nicole, smettila. Guardo verso la porta. Ora ho bisogno di uscire da questa stanza.

“Perché non andiamo a parlare qui fuori, cara?” La signora mi guarda ancora, dopo aver accarezzato la mano della ragazza stesa. “Sì, andiamo pure. Io e la nonna abbiamo tempo per stare con… Celeste” Calca un po’ sul nome e mi guarda facendomi l’occhiolino in modo che Stefano non ci veda.

CELESTE!!! Penso sorridente. Celeste. La ragazza si chiama Celeste. Che bel nome. Immagino c’entri con il cielo. Celeste, celestiale, cielo. Annuisco e lui mi spinge appena verso la porta. Quando noto che anche la nonna vuole venire con noi, sbarro gli occhi. Non possiamo lasciare Celeste da sola con Stefano!

“Non lasciate Stefano da solo con lei” sussurro infatti. Il ragazzo spalanca gli occhi e la signora annuisce facendogli un cenno con la testa. Lui si avvicina al letto.

Esco dalla stanza con la nonna e ci sediamo su una delle poltrone vicino al muro. Lei si toglie la mascherina e guarda l’orologio. “Stefano non andrà via fino alla fine dell’orario delle visite” Sospira “Manca mezz’ora. Ti va se ci troviamo qui fuori fra mezz’ora?” Non so cosa dovrei dire. Guardo la porta chiusa della stanza. Non so chi siano quelle persone. Ma ho scoperto di Celeste. Sono tutte cose che mi scombussolano. Qui fuori comunque c’è Sabina. Lei saprà sicuramente aiutarmi. Annuisco. “Vuoi tornare dentro insieme a me?” Il suo sorriso è dolce. Dolce come quello della nonna che non ho mai conosciuto e di cui mi è solo stato raccontato. Scuoto la testa. No. Non mi serve. Ho toccato la mano di Celeste, il suo tatuaggio, la sua pelle, ma non è cambiato niente. Non tornerò dentro adesso. Ma parlerò con loro. Con la nonna e con il ragazzo con gli occhi verdi.

Improvvisamente un’immagine si materializza davanti ai miei occhi. Non è un flashback, ma proprio un’immagine, come una foto.

Due bambini con gli occhi verdi giocano in un cortile. Quando le immagini prendono vita capisco che non è un ricordo. Non un ricordo vero. Sto guardando un filmino fatto con la telecamera. Uno di quei vecchi cosi che ci si portava in giro una volta, mica la fotocamera del telefonino. Sento le voci dei due bambini e capisco che la bambina sono io. No, non io. È Celeste. E chiama ‘Leo’ il bambino. È suo fratello. Il fratello, già, quello del quadro.

“Leo, il ragazzo che è dentro la stanza, è il fratello di Celeste?” chiedo quindi conferma alla signora. Lei fa un cenno con la testa. “Sì, sono entrambi miei nipoti” La porta della stanza di Celeste si apre e riusciamo a vedere Leo e Stefano che discutono. Lei si alza e mi richiede: “Ci vediamo qui fuori?” Annuisco e inizio a togliermi tutte le protezioni per uscire. Ora non vedo l’ora di farlo.

Quando scendo le scale per tornare al piano terreno, sono ancora imbambolata da tutto quello che è successo. Prima Stefano, poi il flashback, poi ancora Stefano e i parenti di Celeste. Celeste. Mi fermo su uno degli ultimi gradini. Celeste. Avrei dovuto immaginare che si chiamasse Celeste. Perché non lo sapevo? Perché? Bo…

“Ehi, Nicole, tutto bene?” Sabina entra dalla porta della costruzione e mi guarda stranita. “Vieni con me” La porto fuori e ci nascondiamo dietro a una siepe. Com’è che è pieno di siepi, qui? Le spiego velocemente il mio flashback e quello che è successo, intanto tengo d’occhio la porta d’entrata. Spero di vedere Stefano presto, così da poter uscire da questo nascondiglio.

“Quanto carino?” Sabina mi fa voltare verso di lei con la sua domanda “Come? Di chi parli?” lei sbuffa. “Del tipo con gli occhi verdi. Il fratello di Celeste. Quant’è carino? E quanti anni ha?” E che ne so io? Ma ho detto che è carino? Alzo le spalle. “Non lo so. Comunque adesso lo vedi. Ci troviamo qui fuori con loro” Per la prima volta, riesco a meravigliare Sabina. “Ci troviamo con loro?” ripete stranita.

“Sì. Così vediamo di capire un po’ quello che sta succedendo, no? Non mi hai detto tu di fare qualcosa?” Lei mi guarda ancora con gli occhi sgranati. “Sì, sì, solo non pensavo…” Cosa? Che ci riuscissi? “Cosa?” lei si abbassa nel momento che vediamo Stefano uscire dalla porta “Non pensavo facessi così presto” Oh. Sì, effettivamente sono stata brava. No. Sono stata fortunata. “Sono stata fortunata” dico, sconsolata. Lei mi prende il viso fra le mani e mi dice: “Sei stata bravissima. Andiamo” E ci tiriamo su, proprio mentre escono dalla porta anche i parenti di Celeste.

La ‘nonna’ come l’ha chiamata Leo è una signora vestita con un abito lungo e colorato, ricorda molto le donne d’oriente, quelle asiatiche e il suo viso è dolce e paffuto ora che lo vedo senza la cuffia per i capelli. Poi mi giro verso Leo.

Leo il fratello di Celeste. Oddio. Non so quanti anni abbia questo ragazzo, ma non è tanto più grande di me. Non ha l’età di Stefano di sicuro. Sembra più giovane. Forse… venti? Ventidue anni? Gli guardo il fisico e santo cielo, non ho niente da obbiettare. Le spalle, le braccia, il torace. Quel camice faceva sembrare questo tipo un calamaro fritto e invece… Ha una ciospa di capelli ricci in testa, scuri e bellissimi. Vien quasi voglia di passarci le mani… Ma cosa sto pensando? Smettila, Nicole! mi sgrido ancora. Mi volto verso Sabina e vedo che lo sta guardando anche lei con curiosità. No. Non è curiosità. È vero e proprio interesse. Ehi! Le do una gomitata e lei si volta verso di me, offesa. “Non so se a Marco della 5F farebbe piacere vedere la tua faccia adesso” le sussurro un po’ sostenuta. Lei ride e alza un sopracciglio. “Vuoi che lo lasci a te?” la sua faccia è divertita e io mi innervosisco. È una cosa seria! Torno a guardarlo, loro non ci hanno ancora visto e stanno parlando a bassa voce. Però… O, andiamo, è veramente una cosa seria! “Smettila! Pensi sempre a quello!” Lei ride e ci avviciniamo a loro. “Avevi ragione. È veramente carino” Non ho MAI detto che è carino! Non riuscivo neanche a vederlo sotto tutti quegli strati di stoffa.

Quando arriviamo davanti a loro, la nonna ci sorride ancora, e, secondo me, anche Sabina è rimasta incantata dalla cosa. “Andiamo a casa a berci un tè, così che possiamo chiarirci le idee su ciò che è successo là dentro?” Sabina annuisce alle parole della nonna, mentre io dico: “Potremmo andare in un bar. In un luogo pubblico…” Sono infastidita che io sia l’unica ad aver pensato che andare a casa di qualcuno non fosse proprio una bella idea. Sabina e Leo si girano verso di me con gli occhi spalancati e la nonna mi sorride annuendo. “Certo, Nicole. Possiamo andare in una sala da tè. In un luogo pubblico” Annuisco soddisfatta e poi mi blocco di colpo.

“Come fa a conoscere il mio nome?”

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***Perdonate il ritardo, è un brutto periodo... Buona lettura

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Capitolo 8
*** Alla sala da tè ***


ALLA SALA DA TÈ

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Come fa questa signora a conoscere il mio nome? La guardo mentre ancora mi sorride. Che sia una strega? Una veggente? Mi faccio un po’ di castelli in aria nel giro di un minuto, quando lei mi risponde: “Ho sentito l’infermiera che ti chiamava” Oh. Imbarazzata abbasso gli occhi, mentre sento Sabina ridere. Mi volto verso di lei e la guardo malissimo. Lei sta ancora ridendo ma intercetta il mio sguardo e si contiene almeno un po’.

Il ragazzo che si chiama Leo, infila le mani in tasca imbarazzato e dice ad alta voce: “Allora andiamo a prendere ‘sto tè?” Da come guarda il muro della costruzione capisco che non gli piace molto stare lì. Annuisco e mi incammino vicino a sua nonna, lasciando Sabina indietro, con lui. Voleva vedere quanto fosse carino? Beh, Sabina, ora guardatelo.

“Ha detto a Stefano che sono la fidanzata di Leo…” inizio una conversazione che non so dove mi porterà e non so neanche bene cosa dire. Lei si volta verso di me e mi mette una mano sulla schiena per guidarmi in una strada laterale. “Volevo giustificare la tua presenza con Stefano, non metterti in imbarazzo, scusami.  Entra qui” Mi accorgo solo in quel momento dell’insegna della sala da tè. Pazzesco, è veramente una sala da tè. Non pensavo ne esistessero ancora. Davvero.

Così la nonna voleva coprirmi con Stefano? E perché? E perché dire proprio che sono la fidanzata di… Mi volto verso Sabina che sta chiacchierando e ridendo con Leo, che ora sembra molto più a suo agio di prima. Già, la mia amica fa questo effetto a molti ragazzi. Una strana sensazione di fastidio mi attorciglia lo stomaco. Dannazione, sarò mica gelosa? No, assolutamente no.

Aspetto sulla porta che anche loro si avvicinino e sento il cellulare di Sabina suonare. Lei non è troppo sorpresa e lo tira fuori subito, nella fretta di leggere quello che immagino sia un messaggio. “È Marco” mi dice sorridendo, entrando nel locale dietro alla nonna e mi fa l’occhiolino prima di riportare l’attenzione al telefono.

“Chi è Marco?” mi chiede Leo quando arriva anche lui sulla porta. “È il suo ragazzo” Rispondo io. Sono una stronza. Mi sento una stronza. Ma non mi correggo. E lo guardo ghignando. Ma lui mi sorride e mi tiene la porta aperta per farmi entrare. Sono quasi stordita e mi sento in imbarazzo. Così entro velocemente e non dico più niente.

Dentro il posto è estremamente affascinante. Davvero. C’è il profumo di quello che penso sia patchouli, mischiato alla vaniglia dei biscotti, ma è una sala da tè o un forno? E poi, come faccio a sapere che è patchouli? Non so neanche cosa sia.

Una signora vestita come la nonna di Leo è intenta ad accogliere dei clienti. La saletta è piena di tavolini rotondi su cui sono posate tovaglie dai diversi colori e dalle forme differenti. Su ogni tavolo c’è un centrotavola con dei fiori, una candela e uno strano vasetto.

“Sono diffusori di essenze” La voce di Leo mi solletica il collo, probabilmente perché si è chinato per parlarmi sottovoce all’orecchio, e quando mi volto verso di lui, è dannatamente vicino. “Come?” Lui si raddrizza e indica un tavolo con il capo “Quei cosi lì, sono diffusori di essenze, per questo c’è questo odore. Mia nonna adora queste cose” Oh. Diffusori. Veramente al momento sono più preoccupata del fatto che lui mi fosse così vicino più che del profumo della stanza e sento la mia voce tremare quando gli rispondo qualcosa.

La nonna ci fa segno e si avvia a uno dei tavoli. “Come si chiama tua nonna?” chiedo allora a Leo mentre andiamo anche noi verso il fondo del locale. “Non lo sai? Non sei anche tu una sensitiva o una medium?” Dal suo tono sarcastico capisco che mi sta prendendo in giro, però non capisco perché. “In che senso?” Devo avere una faccia confusa.

“Come conosci mia sorella?” ora il suo sguardo è indagatore, come se non si fidasse di me. Effettivamente con sua sorella, con Celeste, non c’entro niente. Alzo le spalle. “Io non la conosco” Ora è lui quello confuso. “Eri nella sua stanza d’ospedale e non conoscevi il suo nome” Annuisco alla sua constatazione. Effettivamente non ho una spiegazione per questo. Non una valida. Così mi affretto a raggiungere il tavolo.

Quando raggiungo Sabina, mi siedo vicino a lei e Leo si siede alla mia sinistra. Sua nonna, di cui ignoro ancora il nome, mi siede di fronte. Lei fa un cenno alla cameriera e questa arriva subito. “Carola, tesoro, puoi portare tè per tutti e magari un piattino di biscotti?” La cameriera le sorride. “Sicuramente, Isabella. Volete anche un po’ di torta al cioccolato?” Sorrido contenta perché ho appena scoperto come si chiama la nonna e perché adoro il cioccolato. “Sì, grazie mille” Poi mi giro verso Leo e gli faccio una smorfia, mentre lui ordina un caffè. Mi sa che è uno che deve sempre distinguersi. Quando mi rivolto, noto che Sabina mi guarda con la fronte corrugata. Scuoto le spalle per dirle di lasciar stare.

Lei sospira e si rivolge a nonna Isabella: “Allora, signora Isabella cosa…” Ma la nonna la interrompe subito: “Tesoro, chiamami solamente Isabella” Sabina annuisce e mi guarda di sfuggita. Decido di prendere io in mano la situazione. “Cosa sta succedendo, Isabella? Perché lei non era sorpresa di vedermi, nella camera di Celeste?” chiedo direttamente.

Al mio fianco, Leo si agita un po’ mentre si toglie la giacca. “Eh, no. Dicci tu chi sei. E perché eri nella stanza di Celeste” Lo guardo mentre appende la giacca alla spalliera della sedia. “Calmati, Leo. Sono sicura che Nicole aveva un buon motivo per essere lì e ci spiegherà tutto” Oh Isabella, vorrei davvero, ma non so proprio cosa dire. Mi mordo il labbro e lancio un’occhiata a Sabina. Anche lei mi guarda. Decido di togliermi la giacca anch’io, così giusto per guadagnare un po’ di tempo.

“Veramente…” inizio, quando gli occhi di tutti, puntati su di me, cominciano a darmi sui nervi, ma sono subito interrotta da Sabina. “Nicole ha dei flashback di Celeste. Dei ricordi. Dei ricordi di lei e Stefano” La mia amica ha parlato tutto d’un fiato e poi mi guarda. “Sabina! Ora penseranno che sono pazza!” esclamo forse a voce troppo alta all’indirizzo della mia amica.

Sento Leo sussurrare a bassa voce: “Purtroppo no” Quando mi giro verso di lui, arriva la cameriera con le nostre ordinazioni, così non posso chiedergli niente. Cosa voleva dire? Devo aspettare finché la cameriera non se ne va e sto per chiederglielo, quando nonna Isabella dice verso di noi: “Immaginavo una cosa del genere” Cosa? Mi giro verso di lei così stupefatta che quasi non sento Leo mormorare: “Ecco, ci risiamo” Ora mi giro anche verso di lui. Sono dannatamente confusa. Non capisco niente. Nonna Isabella sta bevendo tranquillamente il tè e Sabina sta messaggiando sotto il tavolo con il cellulare. Cavolo, Sabina, Marco può aspettare, no? Mi sento un po’ agitata e per calmarmi faccio la cosa che mi viene meglio: procrastino. Così mi allungo a prendere una fetta di torta al cioccolato e la divoro. Veramente.

“Cosa intende, Isabella?” chiedo quando sono in fondo. Questi sono più strani di me. Facciamo che saranno loro a dare spiegazioni a me. “Sono una sensitiva. Anche Celeste lo è. Immaginavo che lei, essendo in coma, avrebbe fatto una scelta del genere e avesse scelto di comunicare con qualcun altro” Cosa? COSA? Mi giro verso Sabina, spaventata dalla naturalezza con cui la signora Isabella ha descritto la situazione, ma lei non l’ha ascoltata e sta guardando di nuovo sotto al tavolo. Sbuffo e mi giro verso Leo, che adesso mi guarda incuriosito, così sussurro: “Cosa vuol dire?”

Sabina sceglie quel momento per tornare al tavolo con noi e mi risponde: “Vuol dire che una parte di Celeste è entrata dentro di te” dice con la stessa naturalezza di Isabella, infatti la vedo annuire alla mia amica. No. Non è vero. Non è possibile.

“Quando è entrata in coma Celeste?” ora Sabina si è rivolta direttamente alla nonna. “Due settimane fa. Il 13” Poi la mia amica si volta verso di me e annuisce dicendomi: “È lo stesso giorno in cui ti sei fatta male tu. Sei andata al pronto soccorso e…” improvvisamente inizio ad avere i brividi e a tremare. Vuole convincermi che una persona che è entrata in coma, sia uscita dal suo corpo per entrare dentro quello di qualcun altro? Dentro di me? Non riesco più a seguire il ragionamento della mia amica, che ora sta parlando con Isabella come se la conoscesse da sempre e come se questo argomento fosse una materia d’esame.

Mi sento quasi male. Leo si avvicina con la sedia e mi tocca un braccio. “Ohi, tutto bene?” io guardo la sua mano e poi alzo lo sguardo su di lui. “Non mi sento bene” Lui annuisce. “Effettivamente non hai una bella cera” Cerca di fare un sorriso di sbieco, ma mi sembra quasi preoccupato. Non gli rispondo e lui mi chiede se ho bisogno di andare in bagno.

No, cazzo, Leo, vorrei avere qualcosa di forte da bere. Com’è che nei film quando le persone ricevono brutte notizie gli danno qualcosa di figo tipo il cognac o il whisky e io invece dovrei andare in bagno? Scuoto la testa. Devo riprendermi. Sposto la tazza del tè e mi alzo.

“Scusate, ma vi state sbagliando. Mi sono inventata tutto. Non ho visto niente. Non so chi sia Celeste e non voglio sapere nient’altro. Vado a casa” Cerco di afferrare la mia giacca ma le mie mani non riescono a prendere appiglio. Sono maledettamente goffa.

“Tesoro, ti abbiamo spaventato, vero?” nonna Isabella improvvisamente è accanto a me e, anche se mi ha appena conosciuto, mi stringe in un abbraccio che mi fa sentire a casa. Non sento neanche le lacrime che scendono sulle mie guance, ma le vedo cadere sul vestito della nonna. Sento un formicolio. Ancora. Mi sembra di sentirlo da quando sono uscita dall’ospedale.

La mia nonna. La mia nonna mi sta abbracciando e sto bene, so che tutto andrà bene.

Questa volta non è un ricordo, ma una sensazione. Senza rendermene conto dico “Ti voglio bene, nonna” Lei si stacca dall’abbraccio e mi sorride ancora, come all’ospedale. “Anch’io ti voglio bene” Ora sono imbarazzata. Difficilmente dico queste cose ai miei veri parenti, perché avrei dovuto chiamare nonna una perfetta sconosciuta?

“Ok, ora basta. Nonna, andiamo via” Leo si alza dal suo posto e tira fuori il portafoglio dalla tasca dei jeans. “Pensavo che la conoscessi davvero. Non… questo, nonna” dice, rivolgendosi a Isabella. Possibile che lei avesse detto al nipote di conoscermi anche se non era vero? Perché, anche se la nonna è stata così gentile come se ci conoscessimo, in verità non ci siamo mai incontrate.

“Questa sceneggiata è durata abbastanza. Mi avevi quasi convinto, davvero. Ma quello che hai detto…” È arrabbiato con me. Arrabbiato? E perché? Perché ho detto a sua nonna che le voglio bene? Anche se non so perché l’ho fatto, non vuol dire che io sia una brutta persona, cavolo! “Non so chi sei, ma non mi interessa. Non so come hai fatto a sapere di Celeste, ma approfittare così del dolore della gente…” Si rimette la giacca e fa un cenno a nonna Isabella, che invece scuote la testa “Leo, no. Davvero. Non capisci, tu non ci hai mai creduto ma io e Celeste sappiamo che queste cose succedono perchè…” Prova a fargli cambiare idea la donna, ma viene interrotta in malo modo.

“No, nonna, non capisci tu. Chissà perché hanno ideato questa farsa, ma tu sei troppo ingenua e qualcuno deve farti capire che non si può credere a tutti. Ci stanno fregando” Lancia una veloce occhiata a Sabina che ha gli occhi spalancati e poi mi guarda in una maniera veramente odiosa. Come se mi odiasse. E la cosa mi fa male. Cavolo, non ho fatto niente. Non sto cercando di fregare nessuno! Vorrei solo capire cosa sta succedendo.

Poi un formicolio ormai così familiare che a momenti non me ne accorgo neanche, mi anticipa: “Oh, Leuccio, non credi mai a niente tu, quando ti ho raccontato di aver visto la mamma che metteva i regali di Natale sotto l’albero a casa di zia Tania, mi hai accusato di essermi inventata tutto. Sei sempre stato diffidente”.

Guardo gli occhi di Leo, pensando che siano due magnifici occhi verdi ora che non sento più il formicolio, che si spalancano e vedo il suo sguardo posarsi su di me. Dannazione!

“Ma… cosa ho detto?” chiedo guardandomi intorno.

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Capitolo 9
*** La foto ***


     La foto

 -

-

“Cosa ho detto? Cosa vuol dire Leuccio?” Isabella e il nipote si guardano e poi lui sospira rumorosamente. “Celeste mi chiamava così quando eravamo piccoli. Lo fa ancora, quando ha bisogno di attirare la mia attenzione”  Devo aver la fronte corrugata. Lo sento. Guardo Sabina perché ho bisogno di qualcosa di stabile, visto che non capisco più niente e lei mi viene vicino e mettendomi una mano sulla spalla.

“Cosa intendi?” La sento dire a Leo. Lui si siede di nuovo sulla sedia. “Una volta eravamo al telefono. Lei continuava a dirmi che andava tutto bene, invece non era vero, aveva bisogno di me, ma non poteva dirmelo. Quella volta mi ha chiamato Leuccio. Lei sa quanto io odi quel soprannome…” Beh, effettivamente, come dargli torto? Così annuisco e gli faccio cenno di continuare. “Da quel momento, quando c’è qualcosa per cui lei vuole attirare la mia attenzione, mi chiama così. E ora l’hai fatto tu” I suoi occhi mi trapassano. Giuro. Non so cosa dire. C’è ancora un po’ di accusa nel suo sguardo, ma soprattutto un’emozione che non riesco a capire. Anzi, che capisco benissimo ma non so descrivere.  È un po’ quello che sento io: paura. Paura di qualcosa che non conosco.

Tolgo lo sguardo da lui e mi metto a guardare le bustine di zucchero sul tavolo. Voglio andare a casa. Tutto questo non fa per me. Davvero. “Vado a casa” Mi volto verso la porta ma Isabella mi blocca, venendomi vicino e parlandomi a bassa voce. “Sei sconvolta, vai a casa, tesoro, ma… Possiamo restare in contatto? Sono sicura che se Celeste ha cercato di attirare l’attenzione di tutti noi, un motivo ci sia. Ora lei è al sicuro, in ospedale non può succederle niente, ma preferirei che tu prendessi il mio numero di telefono, così che se avessi bisogno di dirmi qualcosa…” io annuisco solo perché voglio andarmene da lì e Isabella scribacchia qualcosa su un foglietto. Quando me lo passa, leggo i numeri, ma senza vederli veramente e quando sto per metterlo in tasca, Sabina me lo ruba dalle mani.

“Ma… è un numero fisso?” chiede, rivolta prima a uno e poi all’altra. Isabella diventa rossa sulle guance e non mi era mai capitato di osservare una cosa del genere su una persona tanto più grande di me. “Io non ho il cellulare”.

“Va bene, Sabina, dai. Voglio andare a casa. Va bene così” Cerco di tirarla via per andare verso la porta. Come diceva prima Isabella, che probabilmente ha già capito qualcosa di Stefano, finché Celeste è in ospedale non corre rischi e io voglio andare a casa.

“Aspetta” Tutte e due ci voltiamo verso Leo. Questa volta è lui che scrive qualcosa su uno dei tovaglioli di carta che ci sono sul tavolo e me lo allunga. Io guardo la sua mano e il biglietto ripiegato su se stesso. Poi riguardo lui. “Cos’è?”

“Il mio numero” dice lui. Oh. Sento quasi le guance diventare rosse. Oh, Nicole, smettila! Non ti sta dando il suo numero perché vuole che lo chiami, su. No. Di sicuro non è per questo. Scuoto le spalle e sto per dire che non lo voglio, quando Sabina glielo strappa dalla mano e sorridendo li saluta. Mi sento mentre li saluto anch’io e, senza che io me ne renda conto, siamo fuori dalla sala da tè.

Quando arriviamo sotto casa mia, (Sabina mi ha accompagnato pensando che non fossi in grado di arrivare fin qui da sola) la mia amica mi dice sorridendo e  porgendomi il biglietto: “Hai il numero di un bel ragazzo” E mi strizza l’occhio. Come se non ci fosse niente di più importante. Alzo le spalle. Non mi interessa di Leo. Non in quel senso. Non adesso. Davvero. Davvero… Distendo il biglietto e guardo i numeri. Davvero… Davvero? Oh, cavolo! Sento Sabina ridere e un po’, quel suo modo di sghignazzare, mi toglie la tensione dalle spalle. Poco dopo sto ridendo anch’io. “Oh, quanto sei stupida!”

Ma Sabina ridacchia ancora. “Ah, io?” Allora cerco di prendermi una piccola rivincita “Hai già dimenticato Marco della 5F?” dico dandole una gomitata. Mi odio nel momento in cui ho paura che le attenzioni della mia amica possano effettivamente essere passate sul bel Leo dagli occhi verdi e che, naturalmente, in quel caso non avrei più nessuna possibilità. Così abbasso lo sguardo e cerco di non guardarla in faccia, per paura che possa leggermi dentro come fa tutte le altre volte.

“Veramente io e Marco usciamo insieme domani sera” Cosa? Mi giro di scatto verso di lei. “E perché non me lo hai detto?” Lei sorride, di un sorriso un po’ più bello di prima. “Te lo sto dicendo adesso. Mi ha invitato quando eravamo alla sala da tè” Oh. Cosa dire? Cavolo!! “Grande!” l’abbraccio contenta. “E dove andate?” Lei alza le spalle. “Non lo so” Allora la prendo a braccetto e chiacchieriamo sul suo futuro appuntamento.

Dopo mezz’ora mi sento un’altra persona. Avevo bisogno di distrarmi, avevo bisogno di sparare cavolate con Sabina su qualcosa che non riguardasse l’ospedale o i lividi o le ragazze in coma. Avevo bisogno della mia amica. La mia amica che domani uscirà con il ragazzo più conteso delle quinte.

Quando salgo la piccola rampa di scale che divide la strada da casa mia, mi sento quasi gelosa di Sabina. Riguardo il biglietto. Leo sembra un tipo a posto. Dannazione, è anche carino. Riguardo di nuovo il foglietto e poi lo ripiego prima di fare qualcosa di assurdo.

Suono il campanello perché anche stavolta mi sono scordata le chiavi. Mi viene ad aprire Cristina che, stranamente, oggi non mi guarda male, così la guardo io. Deve essere successo qualcosa, perché ha gli occhi gonfi e rossi e tira su con il naso. Ma… ha pianto? “Che cos’hai, Cristina?” Lei scuote la testa e poi corre via. Uff. Ci mancava solo questa. Guardo la porta della sua camera chiudersi e intanto entro in casa. Volgo lo sguardo in salotto e noto la mamma che mi guarda. “Mamma?” lei mi fa cenno di avvicinarmi e le vado vicino.

La mamma mi dice che mi vede bene e mi chiede come sto. Le rispondo che sto molto meglio di due giorni fa. Le spiego che ho raccontato a Sabina dei flashback e del fatto che voglio cambiare dottore, lei annuisce a tutto ciò che dico dicendo cose tipo ‘Sono contenta che tu stia meglio’ e ‘Certo, come vuoi tu’ Così tante volte, che inizio a dubitare che mi stia ascoltando davvero. Così glielo chiedo chiaro e tondo.

Lei balbetta e diventa rossa. Oddio, ma tutti a me, oggi? “Scusami, tesoro, sembra che io oggi mi perda tutto. Prima Cristina, adesso tu…” Perché ha nominato Cristina? “Cristina? Cos’è successo a Cristina?” Mamma scuote la testa e mi dice che non lo sa. Che Cristina piange da quando è tornata da scuola e lei non sa perché. Quando inizia a parlare di cose disastrose come droga e coltelli, passando da minacce ed episodi di bullismo, è quasi in lacrime. Cosa sta succedendo a mia sorella? Cristina ha tredici anni, dannazione!

Mi alzo decisa a capire un po’ di più e vado a bussare alla porta della camera di mia sorella. Quando mi fa entrare noto che sta ancora piangendo. Entro e cerco, con tatto, di carpire delle informazioni.

Quando un’ora dopo torno dalla mamma, le dico, con enorme sollievo, che l’unico problema di Cristina è un amore non corrisposto e che, probabilmente, nell’ultimo tempo l’ho fatta preoccupare così tanto da farle perdere il contatto con la realtà. Lei si scusa con me ed è quasi ancora in lacrime. Anche la mia famiglia è strana. Per fortuna che non ho raccontato a mia madre dell’ospedale e di Celeste. E di Leo. Leo… ho il suo numero nella tasca dei Jeans. Lo tocco e poi sospiro. Adesso vorrei tornare in camera da mia sorella e farmi abbracciare da Cristina come prima ho fatto io quando mi ha raccontato che Cristian ha chiesto a Eva di andare al cinema invece che a lei. Sospiro e apro la porta di camera mia.

 

***

 

Il giorno dopo è un venerdì e la sera, mentre Sabina è uscita con Marco, io la passo giocando a carte sul letto con mia sorella, mentre mi racconta episodi successi a scuola da lei di cui non mi importa niente. Dopo l’ennesimo ‘e lei ha risposto così’ sono sicurissima di essermi meritata il paradiso. Giuro, nessuno dovrebbe subire una tortura del genere senza avere qualche gratificazione, ma sorrido e annuisco tutte le volte che c’è bisogno. Ho avuto anch’io tredici anni e mi ricordo com’era, così non le dico niente e cerco di essere gentile.

Quando Cristina torna in camera sua e mi lascia da sola, lancio uno sguardo al bigliettino con il numero di Leo, ancora piegato, che c’è sul mio comodino. Cosa succederebbe mai, se, per la prima volta in vita mia, fossi io a mandare un messaggio a un ragazzo? Già, cosa potrebbe succedere? Che ti dica un chiaro e tondo no, Nicole? Mi dico. O peggio, che riesca a trovare una maniera per essere gentile e dirmi di no lo stesso? Sarebbe umiliante… Ho ancora il telefono in mano, quando lo sento vibrare e lo faccio cadere sul letto per lo spavento.

Lo guardo speranzosa, poi mi dico che è una stupidaggine. Non può essere chi penso chi sia, perché lui non ha il mio numero. Giro lentamente il telefono e quando vedo nel blocco schermo che è un messaggio di Sabina, mi sento una stupida anche solo per averlo pensato, ma poi il pensiero si focalizza sul fatto che la mia amica è uscita con un ragazzo quindi… perché sta scrivendo a me?

Cerco di sbloccare lo schermo, ma mi inceppo almeno tre volte, prima di riuscirci, e leggo il messaggio sgranando gli occhi.

Stefano è a cena con una tipa.

Cosa? Ma poi, la parte razionale di me, le risponde:

Magari è sua sorella. O una sua amica. Non è un reato.

Il messaggio che mi arriva dopo, invece, mi fa cadere la mascella. Perché è una foto. Una foto di Stefano. Stefano che sta baciando una tipa sull’uscio di un locale. E la sua mano è sul suo sedere.

Sicura?

Il messaggio di Sabina arriva proprio mentre sento il formicolio al petto. Dannazione. So chi è lei.

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Capitolo 10
*** La ragazza nella foto ***


 
La ragazza della foto

-

So chi è la ragazza che sta baciando Stefano nella foto. Merda. Merda. Merda. Tiro un pugno al mio cuscino e le parole della canzone più bella di Vasco Rossi si deformano sotto la mia mano. Mi siedo sul letto e mi metto le mani nei capelli.

Riguardo ancora la foto e mi rialzo, cavolo, non riesco a stare ferma. Sono agitata. Sono Celeste. Il formicolio al petto mi rende consapevole. Ok. Celeste, so che sei qui, qui con me. E io sono qui, insieme a te. Ce la posso fare. Posso aiutarti. Voglio aiutarti. Possiamo farcela.

Probabilmente la prima cosa da fare è calmarmi. Respiro tre volte, piano e a lungo. Quando mi rendo conto che non ha funzionato del tutto, mi stendo sul letto. Sposto il telefono sotto la coperta per non vederlo e chiudo gli occhi. Pensa a qualcosa di bello. Il formicolio si fa un pochino più forte e io decido di non opporre resistenza al prossimo flashback.

 

Il mare è bellissimo, nonostante la temperatura non sia proprio ideale per un bagno nell’acqua. Mi guardo intorno, non so dove sono, ma il posto è piacevole e mi sento bene.

Con me c’è nonna Isabella e cammino con lei, a giudicare dal suo viso e dall’età che dimostra, questo deve essere un ricordo molto vecchio. Celeste deve avere forse dieci anni. Mi guardo ancora intorno, ma non c’è nessun altro. Solo io e la nonna.

Poi Isabella si siede su una cunetta di sabbia, poco lontano dalla riva, e mi fa cenno di sedermi di fianco a lei. Io ubbidisco. Non so il perché, ma so che sta per parlarmi di qualcosa di molto importante e infatti non dico niente, mi siedo vicino a lei e tutte e due guardiamo verso il mare.

Passa qualche minuto prima che la nonna rompa il silenzio e, quando lo fa, la sua voce è calmante e mi fa stare bene. “Non devi aver paura di quello che hai visto. Sei una persona sensibile, puoi percepire cose che al resto del mondo sfugge. È una cosa speciale” Per un attimo, penso che stia parlando proprio a me, me Nicole, invece che a Celeste, ma poi lei continua a parlare. “Vedi, Celeste, il fatto che hai visto quelle cose, non ti deve spaventare. Non può succederti niente di male. Lo so, perché capita anche a me”.

“Anche a te, nonna?” mi sento dire. Celeste, per la prima volta apre la bocca e la sua voce mi arriva come quella di una ragazzina spaventata. Quasi come lo sono io. Come lo ero qualche giorno fa. La nonna annuisce e sento richiedere dalla bambina: “E perché ci succede? Perché non siamo uguali agli altri?” La nonna sospira e mi sembra che scelga con cura le parole da dire: “Perché siamo speciali. Probabilmente la bambina che hai sognato ti sta chiedendo aiuto” Mi alzo in piedi, scuoto la mia gonna dalla sabbia e, con una tenacia che non ho mai avuto, mi sento decisa a cambiare il mondo.

“E come faccio ad aiutarla, nonna? Io voglio aiutarla!” la nonna si alza anche lei e sorride. “Troveremo il modo. Non preoccuparti”.

 

Il mio flashback finisce improvvisamente. Ora però vorrei sapere della bambina. Chi era?  E poi, sarà andato tutto bene? Il formicolio al petto mi invade ancora e la sensazione di pace che mi ha lasciato il ricordo del mare non mi abbandona. So che la bambina di cui non so niente, sta bene. So solo questo. Ma mi fido di Celeste, così non cerco altre soluzioni. Mi crogiolo nel tepore del letto per qualche minuto prima di ricordarmi di Sabina, Stefano e la bella mora. Viviana. Si chiama Viviana. E io la conosco. Vabbè, la conosce Celeste, ma ormai, la conosciamo tutte e due.

Mi risiedo velocemente, mentre afferro il telefono e inizio a mandare messaggi a Sabina per informarmi se lei sia ancora al locale, se ci sono ancora anche Stefano e la ragazza e tutte le altre cose. Le scrivo di mandarmi la posizione, così posso raggiungerla e le dico che sarò da lei in meno di mezz’ora. Glisso su tutte le sue domande su come farò per raggiungerla e intanto mi vesto per uscire. Non so ancora come andrò in pizzeria, ma non voglio dirglielo. Mi sto infilando il maglione quando il cellulare inizia a suonare.

So già che è lei, così interrompo la chiamata prima ancora di risponderle e faccio una cosa più importante: prendo il numero di Leo dal comodino e salvo il suo numero prima di scrivergli.

Gli spiego velocemente che deve venire con me in pizzeria e butto il telefono sul letto per infilarmi i jeans. Quando mi risponde, sbuffo perché non ha capito niente.

Chi sei?

Ok. Non sono mai stata molto brava con le parole scritte, specialmente quando ho fretta di far le cose e mi dimentico che lui non ha il mio numero. Però non è tutta colpa mia e ho già perso tantissimo tempo, così lo chiamo e faccio prima.

Leo per fortuna mi risponde subito e, con mio enorme sollievo (e un bel po’ di soddisfazione) mi riconosce senza che gli dica chi sono. Mi fermo mentre sto abbottonando i jeans e sorrido. Immagino di sembrare un’idiota. Ma non riesco a non farlo.

Poi mi ripiglio. Devo star lontana da questo ragazzo. In quel senso, perlomeno, perché ho bisogno di lui per aiutare Celeste. Così gli spiego brevemente la situazione e gli dico che ci vediamo al locale. “Vuoi che ti venga a prendere?” Una parte di me vorrebbe dire di sì, vorrei davvero passeggiare avanti e indietro e cercare i vestiti da mettermi mentre penso che sta venendo da me, ma… “No, ci vediamo là” E interrompo la chiamata.

Il cellulare suona ancora. Ma non è lui. Già. Perché avrebbe dovuto insistere dopo quello che ho appena scoperto? Sospiro e rispondo a Sabina, forse un po’ troppo bruscamente:  “Pronto?”

Sabina non si lascia sconvolgere dal mio tono e mi sgrida per non averle risposto. Sorrido. È vero, ho interrotto la chiamata, prima. Sto quasi per ridere, ma mi riprendo pensando alla situazione.

“Ho chiamato anche Leo, gli ho detto di venire” Sento Sabina rimanere in silenzio. Oh. Per la prima volta è senza parole? Cos’è, ha paura che il suo Marco veda Leo? O che Leo conosca Marco? Subito mi preoccupo, ma poi lei riprende la parola alla velocità della luce. “Giusto, giusto hai fatto bene a chiamarlo. Non ci avevo pensato” Come? Ok ok. Mi infilo una scarpa e le spiego che ho dovuto chiamarlo per forza, perché so chi è la ragazza. Anzi, lo sa Celeste. Scuoto la testa da sola perché alla fine non fa differenza. Così mi infilo anche l’altra scarpa e sto per aprire la finestra per uscire, visto che non ho intenzione di dire ai miei che sto uscendo per andare in un posto dove il mio ex si sta vedendo clandestinamente con una ragazza, quando lei mi chiede: “Come sai chi è? E chi è?”

Apro la finestra e salto giù, cercando di non lasciare la finestra troppo aperta e mi incammino verso la pizzeria. Riavvicino il telefono all’orecchio e riprendo la conversazione con la mia amica.

“È Viviana. La ragazza di Leo.”


 

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Capitolo 11
*** In pizzeria ***


    In pizzeria

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-

Quando arrivo in pizzeria, Sabina si sbraccia per farsi notare e io mi dirigo subito verso di lei. Mi siedo al loro tavolo e saluto Marco, che sta mangiando una pizza e non mi guarda male per aver disturbato il loro appuntamento. Gli sorrido e poi chiedo a Sabina: “Loro dove sono?” Lei indica un punto in fondo al locale e tutti e tre guardiamo verso il tavolo nell’angolo. Per fortuna siamo abbastanza nascosti ai loro occhi ma noi riusciamo a vederli bene.

Stefano è seduto su un divanetto angolare e la ragazza è seduta vicino a lui, ma sull’altro lato. Ridono e parlano come se non avessero un problema al mondo. Come se Celeste non fosse in ospedale e come se lei non fosse la ragazza di Leo. Stranamente mi fa incazzare di più il fatto che lei stia tradendo Leo che il comportamento di Stefano. Annuisco e mi rivolto verso Sabina.

“Hai detto che è la ragazza di Leo…” inizia lei. “Sì, l’ho chiamato, dovrebbe arrivare a breve” Marco, che fino a quel momento è stato tranquillo e zitto, dice: “Non succederà un casino, quando si troveranno tutti e tre?” Io e Sabina ci guardiamo e spalanchiamo gli occhi insieme. Cavolo, non ci avevamo pensato. E se qualcuno facesse una scenata? E se facessero a botte? E se… e se Leo… si facesse male? O ne facesse a Stefano e finisse tutto in tragedia? Oddio ora sono preoccupata davvero. Forse dovrei aspettarlo fuori e non farlo entrare.

Mi sento vagamente paranoica, ma i brutti pensieri tornano ad affollare la mia mente mentre vedo la porta del locale aprirsi e Leo entrare. Dannazione.

Mi alzo per andargli incontro e per bloccarlo prima che arrivi arrabbiato al tavolo, quando mi rendo conto che non è per niente arrabbiato. Mi vede e mi sorride.

Oh. Sono confusa. Io, se beccassi il mio ragazzo che si bacia con un’altra andrei su tutte le furie. Lui... sembra il Dalai Lama. Forse non ha afferrato la situazione? E sì che gli ho mandato la foto. Come l’ho riconosciuta io, guardando la foto, dovrebbe averlo fatto anche lui.

“Stai bene?” mi chiede. Io annuisco senza dire niente. Io? Io sto bene. Perché non dovrei? “Lui dov’è? Non ti ha visto vero?” Aspetta la mia risposta e poi si guarda intorno.  Quando il suo sguardo si ferma nell’angolo, il suo viso si fa diverso e scuote la testa. Oh, solo a me pare strano? Mi volto e guardo il tavolo dei due traditori. Beh, solo lei è una traditrice. In fin dei conti Stefano e Celeste si sono lasciati. Il formicolio al petto mi aggredisce e mi sento mancare il fiato.

 

“Ti dico che non posso vivere senza di te!” Stefano sta urlando in mezzo alla strada e mi dà tremendamente fastidio che faccia una scenata con i passanti che guardano. Potrebbe quasi essere romantico se il suo tono non fosse così duro e la sua bugia così pietosa. L’ho lasciato ormai da un mese, ma lui non ne vuole sapere. Mi segue e mi manda continuamente messaggi. Non ho cambiato il numero di telefono soltanto perché dovrei spiegare alla nonna e a Leo perché l’ho fatto. E perché Stefano è così. Non ho detto loro dei lividi, dell’occhio nero né delle altre botte. Anche quelle psicologiche. Fanno male anche quelle.

“Lasciami stare, Stefano, te l’ho già spiegato: è finita, lasciami in pace” Ma lui mi prende per un braccio e mi fa girare su me stessa. Vedo il negozio di abbigliamento,  l’orefice e la strada, prima di tornare a guardare lui. “Tu sei mia. Non è finita fino a quando non lo decido io”.

La sua presa sul mio braccio inizia a darmi fastidio e poi inizia a farmi male. Male davvero. Lo guardo, lui ha quello sguardo. Quello sguardo allucinato che ha quando si arrabbia. Inizio ad aver paura.

Improvvisamente so cosa sta per succedere. Maledizione. Ma non posso fare niente. Posso solo assistere. Mi guardo intorno, cercando un aiuto che ora so che non verrà da nessuno e, spinta da una forza che non so da dove viene di preciso, punto i piedi e dico: “Non voglio stare con te. Sei un mostro. Preferisco morire piuttosto che stare con te” Il suo viso si trasforma nell’impeto della rabbia e i suoi occhi cambiano colore e si scuriscono. Ho ancora più paura, anche perché adesso so cosa sta per fare. Per farmi.

“Allora muori” Fa un passo verso di me mentre mi dice queste parole e sento il suo alito sfiorarmi la faccia. Pochi attimi e mi trovo spinta in mezzo alla strada. In mezzo al traffico. Grido mentre vedo una macchina avvicinarsi a me e tutto diventa improvvisamente nero…

“Nicole! Nicole!” Sento la voce di Sabina come se mi arrivasse da un altro pianeta. Sbatto gli occhi e capisco di essere tornata al ristorante. “Nicole, stai tremando. Stai bene?” Sabina è proprio preoccupata. E io sono sconvolta. Guardo verso il tavolo nell’angolo e quando vedo Stefano accarezzare la mano della ragazza, mi viene la nausea. Sto sudando freddo e sento le lacrime sugli occhi. Faccio un passo verso di loro, anche se so che affrontarlo in questo stato non è una buona idea.

Una mano si appoggia sulla mia schiena e sento quando vengo spinta delicatamente ma con fermezza, così mi ritrovo a camminare verso il bagno. Ok, mi lascio guidare ed entro nell’antibagno. Quando mi guardo allo specchio, vedo le righe che le lacrime hanno lasciato sulle mie guance. Cavolo, sembro un cadavere. Tremo all’idea che avrei potuto esserlo. No, non io. Celeste. Celeste avrebbe potuto essere un cadavere.

“Un altro flashback? Stai piangendo…” Sabina ha ancora quello sguardo, mentre mi passa un fazzoletto di carta per asciugarmi le lacrime. La guardo. Guardo lei e Marco, alle sue spalle, che mi osserva stranito. Già. Povero Marco. Prima interrompo il loro appuntamento, ora monopolizzo la situazione. “No. Sto bene. È stato un errore venire qui. Scusatemi” Mi sciacquo la faccia e mi asciugo, senza dire più niente.

Non so cosa stanno facendo loro, perché non li guardo. Quando finisco, mi giro verso la porta e li vedo tutti e tre lì, a fissarmi. Sabina ha uno sguardo preoccupatissimo. Cavolo, tesoro, scusami. Mi avvicino a lei e le dico: “Torno a casa. Saby, non preoccuparti, goditi la tua serata. Penso io a tutto”.

Ma Sabina non è la mia miglior amica per niente e deve aver capito che sto mentendo, che non sta andando tutto bene e che voglio affrontare Stefano. Solo che lo farò quando lei se ne sarà andata.

 “Certo, penserai a tutto tu” inizia, ironica. Non riesco a sostenere il suo sguardo e guardo da un'altra parte. “Non piangi mai, Nicole” continua lei, il suo tono un po’ più dolce “solo quando hai i flashback. Ma stavolta tremavi più del solito. E ora dici che vuoi andare a casa… Non andrai da nessuna parte da sola. Non in questo stato!”

Sbuffo e sospiro nello stesso momento. Non so se ha capito il mio piano o no, ma ora voglio andare fuori dal locale davvero. Non voglio parlarne adesso. Così guardo Marco e gli dico: “Non potresti baciarla adesso, così la smette di parlare?” Vedo le guance della mia amica farsi di un rosso acceso. Mi vien quasi da ridere perché non l’ho mai vista arrossire, ma voglio veramente che passi una bella serata con lui e che non pensi più a me.

“L’accompagno io” Leo si è intromesso nella nostra discussione. Lo guardo e cerco di prendere l’occasione al volo. “Sì. Vado con lui. Ciao Saby, ci vediamo domani a scuola” Mi avvicino a lei e velocemente le do un bacio sulla guancia ed esco dal bagno. Spero davvero di non aver rovinato il suo appuntamento.

Appena nel salone, butto un’occhiata al tavolo nell’angolo e mi blocco a osservare Stefano e Viviana che chiacchierano sottovoce. Mi sto calmando e la voglia di fare una scenata sta passando, per fortuna. Ma non la voglia di fare giustizia. Dovrei portare via anche quella ragazza, da lì. Anzi, dovrebbe farlo Leo.

La porta dietro di me si apre e si chiude. Sento il profumo di Leo dietro di me. Da quand’è che so che profumo ha questo ragazzo? Sento le guance arrossarsi. Dannazione! Mi sposto per cercare di andare verso l’uscita senza farmi vedere, quando la ragazza alza gli occhi su di noi.

Il suo sguardo passa velocemente da me a Leo. Cioè, lo immagino, visto che guarda dietro di me e più in alto. Sono preparata all’idea che la sua faccia si trasformi. Cosa succederà? Scoppierà a piangere? La sorpresa le farà sbarrare gli occhi? Per un attimo sento la sgradevole sensazione di essere io quella cattiva, e solo perché ho detto a Leo di venire qui. Forse non avrei dovuto dirglielo.

Ma mentre penso queste cose, noto che Viviana non ha fatto una piega alla nostra presenza, si è girata un pochino in maniera che Stefano non possa guardare nella nostra direzione e ha ripreso a parlargli. Come se noi non esistessimo. Beh, effettivamente lei non sa chi sono io… Ma sa chi è Leo. Perché non si è sorpresa di trovarlo lì? Perché non ha fatto niente?

Mi giro verso di lui e inizio, sottovoce: “Ma cosa ca…” Lui, che stava ancora guardando il tavolo, abbassa lo sguardo e nota quanto io sia sorpresa, così mi prende per le spalle e mi trascina attraverso il locale. “Andiamo fuori. Ti spiego”.

Sto per puntare i piedi e chiedere delle ulteriori spiegazioni come una bambina capricciosa, quando vedo Sabina e Marco tornare al tavolo e guardare verso di noi. Ok. Leo può darmi le sue spiegazioni fuori. Mi incammino verso la porta cercando di non attirare l’attenzione. A questo punto mi sembra già ottimo che Stefano non abbia notato Leo. Perché ora non sono più sicura di niente.

Appena apriamo la porta per uscire non riesco più a trattenermi e mi giro di colpo verso di lui che non fa in tempo a fermarsi e ci scontriamo. Maledizione, cado quasi per terra, mentre lui non si è spostato di un millimetro.  La sua mano mi copre un gomito e mi sorregge. Sono arrabbiata e strattono il braccio per liberarmi dalla sua stretta.

“Cosa ti è successo là dentro?” mi chiede, tutto d’un fiato. Ah, no, Leo. Qui sono io che ho diritto a dei chiarimenti. “Perché non sei incazzato? Non ti interessa che la tua ragazza ti tradisca?” Mi sento quasi una stupida. Cavolo, perché ero più arrabbiata di lui? Leo sospira e si passa una mano fra i capelli. “Non mi sta tradendo”.

 

“Certo che ti sta tradendo. È fuori a cena con un altro. Ti ho mandato la foto mentre si baciavano. Si vedono chiaramente” Tiro fuori il cellulare e gli mostro la foto “Lui è Stefano, guarda, e lei è Viviana. L’hai presentata a Celeste, idiota! Lei la conosce e ora la conosco anch’io” Lui mi guarda in un modo così triste che penso che forse lei l’ha già lasciato e lui ci sia rimasto malissimo. “Sì, è vero, l’ho presentata a Celeste… lei… è dentro di te? Tu vedi… le cose di Celeste? I flashback che diceva la tua amica…” Uffa, sbuffo pestando un piede. “Qui le domande le faccio io! E solo dopo aver avuto le risposte che voglio, ti racconterò dei miei flashback!” Lui, per niente scosso dalla mia scenata, annuisce.

“Ok, cosa vuoi sapere?” mi chiede. Lo guardo. Cosa voglio sapere? La cosa più importante: perché Stefano ha tentato di uccidere Celeste e non è in prigione. Ma dico l’ultima cosa che dovrei chiedere: “Perché dici che Viviana non ti sta tradendo?”

“Perché non si chiama Viviana, non è la mia ragazza e le ho chiesto io di uscire con Stefano” Oh. Sento un sorriso nascermi sul viso senza che io riesca a contenerlo. Non ci riesco davvero.


 

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Capitolo 12
*** Al pub con Leo ***


   Al pub con Leo

 -

-

Non si chiama Viviana e non è la sua ragazza. Oh. La. Peppa.

Non è la sua ragazza. Non è la sua ragazza. Ma mica posso essere contenta per una cosa così… stupida, giusto? Non con tutto quello che sta succedendo. Così cerco di sembrare intelligente e mi schiarisco la voce: “E com’è che sia chiama, allora?” No. No. Dovevo fare una domanda intelligente tipo: ‘Perché non era sorpresa di vederti?’ oppure ‘Perché hai fatto credere a Celeste che fosse la tua ragazza?’ o ancora ‘Perché stava baciando uno che ha tentato di uccidere la sua ex?’ o ‘Che cosa vuol dire che glielo hai chiesto tu?’

Queste sì che sembrano domande intelligenti, non quella che ho fatto io. “Scusa, non intendevo questo. Volevo dire…” quale faccio per prima? “Quindi non hai una ragazza?” Oh cavolo. Vorrei sotterrarmi. Davvero. Ora. Qui. Adesso.

Per fortuna lui non risponde alla mia stupida domanda perché sentiamo benissimo, tutti e due, il mio stomaco brontolare. Cavolo. Un’altra pessima figura. Lui scoppia a ridere. Penso che sia un po’ nervoso, infatti la sua risata è strana, anche se dopo poco si fa più naturale e contagiosa. Rido anch’io.

“Hai fame?” mi chiede poi. Effettivamente, adesso che me lo chiede e ci penso, realizzo di avere fame. Non ho cenato e mi piacerebbe tanto mangiare qualcosa. Guardo verso l’entrata della pizzeria. Non sono così tentata di tornare lì dentro, ma darei un occhio per mangiare una pizza. Annuisco guardando ancora l’insegna.

“Ok, scommetto che con lo stomaco pieno riusciremo a spiegarci meglio. Andiamo” Mi giro verso di lui. Dove andiamo? “Dove?” Alza le spalle e chiede: “Pub?” Ok. Mi piacciono i pub. Annuisco ancora.

Lui mi prende una mano e mi fa strada lungo il viale. Quando arriviamo vicino a una macchina blu, mi lascia la mano e cerca in tasca le chiavi. Resto perplessa. Salire in macchina con lui? O no? Il mio istinto di conservazione mi mette in allerta. Il mio essere codarda mi impone attenzione. Poi, alla fine, faccio una cosa totalmente nuova per me: guardo Leo che mi sorride e decido di andare con lui. Cavolo, cavolo, cavolo.

Mi accoccolo sul sedile e lo osservo guidare mentre mi parla. Mi sta dicendo qualcosa di importante? Spero proprio di no, perché sto osservando la sua mano sinistra che gira il volante e rimango incantata. Porta un anello al pollice e sul dorso della mano ci sono i segni di un tatuaggio che sparisce sotto la manica.

Mi tiro un po’ su per sbirciare. Che sarà? Sono così tentata di tirargli su la maglietta che devo fermare le mani per non farlo. Cavolo, perché questo non lo so già? Celeste, dove sei adesso? Perché non mi fai vedere anche qualcosa di bello, ogni tanto? Tipo tuo fratello senza maglietta? Siete mai stati al mare, Celeste? Sento un formicolio all’altezza del petto, ma sparisce quando mi accorgo che Leo mi sta guardando con un’espressione strana. Oddio, mi sono persa qualcosa?

“Nicole? Stai bene?” Lui è confuso e la sua faccia è tenerissima. “Sì, scusami. Pensavo…” Non ho il coraggio di confessare a cosa stessi pensando così interrompo la frase. Ma lui si fa più attento e mi chiede: “Celeste? Sei Celeste?” Mmm cosa dovrei rispondergli? Vedo nei suoi occhi troppa speranza e mi dispiace tantissimo deluderlo, ma non voglio finire in un vicolo cieco, così scuoto la testa “No. Non funziona proprio così. Io vedo dei ricordi di Celeste, ma non è che lei è con me e mi parla o cose così” Lui annuisce e si intristisce. Dannazione. Mi dispiace così tanto.

"Sì, scusami. Va bene qui?" lui cambia discorso e indica un posto fuori dal finestrino. Guardo anch'io. È un pub. Un pub tedesco.  Ne ho sentito parlare, è famoso per la birra, ma io non ci sono mai stata. Annuisco e scendiamo dalla macchina.

Quando entriamo nel locale, noto che è un po’ affollato, c’è infatti un po’ di gente che va avanti e indietro anche nell’ingresso. Quando vengo quasi travolta da tre ragazzoni che  si spintonano, Leo mi mette una mano sul fianco e mi sposta di lato. Sento un brivido che dal collo mi scende lungo la schiena. Non il formicolio di Celeste, non un brivido di freddo, non un tremore di paura. Un brivido da contatto. Lui mi tocca e io rabbrividisco. Lui mi guarda e io mi sciolgo. Cavolo, dovrei stare lontana da questo ragazzo, tutto questo non sono sicura mi faccia bene.

Mi sposto dalla sua mano ma me ne pento subito. Mi piaceva il calore che emanava. Mai che ne faccia una giusta, dannazione. Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo. Ho una fame terribile ma poi mi rendo conto che sono da sola con un ragazzo che è veramente carino e mi sento imbarazzata tanto da farmi chiudere lo stomaco. Sento un formicolio al petto e mi ricordo di Celeste. Giusto, giusto. Non è un appuntamento. Siamo insieme perché lui è il fratello di Celeste. La ragazza di cui io vedo i ricordi. La ragazza che è stata quasi uccisa dal suo ex!

Appena il ragazzo delle ordinazioni va via, lui allarga le mani sul tavolo e inizia a spiegarmi: “Claudia, la ragazza che c’era in pizzeria e che non si chiama Viviana, l’ho conosciuta in palestra” Oh. Mi sta raccontando di una sua fiamma? Di una che si è scopato in palestra? Calmati Nicole, calmati.

Sono tentata di interromperlo per fargli una qualsiasi domanda, ma lui continua: “È una psicologa e lavora con la polizia. Le ho chiesto di abbordare Stefano, dopo che io e la nonna ti abbiamo visto in ospedale. Mia nonna pensa che sia successo qualcosa di… brutto” Oh. Niente sveltina in palestra. Cavolo, Nicole stai attenta! È una cosa importante! Giusto. È importante.

“Stefano la picchia. Nei suoi ricordi ho visto lividi e occhi neri” Dal suo sguardo capisco che sia colpito e che magari si senta in colpa. Non ho il coraggio di dirgli dell’incidente, anche se so che dovrò farlo.

“Ho avuto il sospetto che qualcosa non andasse un po’ di tempo fa. Celeste era cambiata, non usciva più, non mi telefonava… Noi… siamo cresciuti senza genitori, siamo molto legati… Quando lei ha iniziato a evitare di uscire con me o a incontrarmi, ho capito che stava succedendo qualcosa. Così ho chiesto aiuto a Claudia. Lei ha avuto a che fare con queste cose e diceva che spesso le donne negano o si rinchiudono in se stesse” Annuisco anche se non capisco proprio tutto, non ho mai conosciuto nessuno in questa situazione, prima d’ora.

Leo continua: “Claudia mi ha detto che voleva conoscerla, così avrebbe potuto capire dal suo comportamento se i miei sospetti erano fondati e io ho avuto l’idea di presentarla come se fosse la mia ragazza e di darle un altro nome. Mi sa che ho solo complicato le cose” Il suo sguardo è così dispiaciuto che mi fa male guardarlo. Poso una mano sul suo braccio e gli dico quello che mi è appena venuto in mente.

“Un mese fa Celeste ha lasciato Stefano. Forse Claudia l’ha aiutata davvero” Lui si blocca “Si sono lasciati?” Annuisco. “Non lo sapevi?” Lui scuote la testa. Oh, perfetto, ora è ancora più confuso.

“Perché lui viene in ospedale se si sono lasciati?” ok adesso dovrei intervenire io, spiegargli quello che ho visto, ma arrivano i nostri panini e sfuma il momento. Come faccio a riprende l’argomento? Non è una cosa che si possa dire così…

Dannazione, Nicole, svegliati! Una donna è stata quasi uccisa dal suo ex e tu sei qui a farti problemi sul momento giusto? “C’è una cosa che dovete sapere… L’ho visto adesso, cioè prima… in pizzeria…” Mi sto in tartagliando e non so bene quello che sto dicendo.

“Il flashback che hai avuto prima, intendi?” Oh. Per fortuna è uno sveglio. Annuisco e, senza volere, mi avvicino a lui “Io ho visto il momento dell’incidente… È stato Stefano a spingerla” Lui spalanca gli occhi e un lampo cattivo gli attraversa lo sguardo. Fa quasi paura. “COSA?”

“Shhhh!” lo zittisco e mi guardo intorno per vedere se qualcuno si è girato verso di noi, ma non ci calcola nessuno. Poi sento la sua mano prendere la mia e stringerla. Oh, cavolo, com’è calda.

“Sei sicura?” annuisco. “Sì, lui ha anche detto ‘Allora muori’ prima di spingerla” Sento un brivido di paura mentre ci ripenso e lui lo nota. “Deve essere brutto per te, vederlo. Per questo tremavi…” non so cosa dire, tremavo così tanto? Beh, sto tremando anche adesso, effettivamente.

“Non dobbiamo lasciare Stefano da solo con lei in ospedale” Lui toglie la mano dalla mia per prendere il bicchiere, mentre annuisce. Mi manca già il suo contatto. Nicole! Ripigliati, è importante!

“Anzi, dobbiamo impedire che lui possa vederla. Secondo te, si può fare?” la sua domanda mi lascia un po’ stranita, perché lo chiede a me? Però io posso scoprirlo. “Conosco una delle infermiere, posso chiedere a lei, se si può fare”  Lui mi sorride e dà un morso al panino. “Verresti con me in ospedale, domani?”

Domani? Domani io ho scuola. Beh, ho due ore della Bellacchi, di sicuro non mi perderò niente di che. “Immagino di sì” Lui finisce il panino in silenzio e anch’io mangio. Poi il suo cellulare suona. Oh, sarà Claudia/Viviana che lo aggiorna e magari gli chiede di passare da casa sua? Mi do dell’imbecille da sola e bevo per non farmi beccare interessata alla telefonata.

Leo risponde a monosillabi e poi sorride. Dannazione, lei lo fa sorridere così? Vorrei farlo io… Nicole! Nicole! Mi continuo a sgridare. “Te la passo” Lo sento dire al telefono e poi lo porge verso di me. Come? “Ma cosa?” chiedo. “È tua sorella” Cosa? Chi?

Perché Cristina ha chiamato Leo? E poi, come faceva a sapere il suo numero? Rispondo con mille interrogativi e dico un labile: “Pronto?”

“Si può sapere dove cazzo sei sparita?”

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Capitolo 13
*** Il ticchettio della pioggia ***


Il ticchettio della pioggia

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“Si può sapere dove cazzo sei sparita?”

La voce di mia sorella mi rimbomba nelle orecchie. Dovrei sgridarla per aver detto una parolaccia, ma taccio. Allungo la mano nella tasca della giacca posata di fianco a me e tiro fuori il telefono. Ho diciotto chiamate perse da Cristina. Cavolo! Non me ne sono accorta.

“Scusa, Cristina, non ho sentito il telefono…” inizio a scusarmi, ma lei mi interrompe subito: “Sei fortunata che sono venuta io in camera tua e non la mamma, altrimenti sai che casino sarebbe scoppiato?” Mia sorella sospira e io capisco che un po’ si è preoccupata davvero. “Cosa le hai detto?” mi informo, prima di chiedere qualsiasi altra cosa.

Cristina si scandalizza e grida: “Ma niente! Ti ho parato il culo, Nicole! Anzi, dovresti ringraziarmi” Ok, ha perfettamente ragione. “Oh, certo. Grazie, io…” il mio tono si abbassa un po’ e cerco quasi di nascondermi mentre le parlo. Lancio un’occhiata a Leo, ma lui si finge interessato al cartoncino del menù e non mi guarda. Chissà se lo sta facendo perché sa che mi sentirei in imbarazzo se mi guardasse…

“Ascolta, non so cosa potrebbe succedere se la mamma decidesse di entrare in camera tua, perciò vedi di tornare subito a casa, ok? Io non ti copro più” Va bene, va bene. Chiudo la telefonata promettendole di tornare presto e restituisco il telefono a Leo. “Ora devo proprio andare” Mi alzo dal tavolo e afferro la giacca.

Lui si alza con me. “Ti accompagno” Non dico di no, perché effettivamente, se mi accompagnasse lui, arriverei a casa in poco tempo e non posso permettermi di perdere questo lusso, così annuisco. “Grazie”.

Quando usciamo dal pub, ci rendiamo conto che ha iniziato a piovere e siamo tutti e due senza ombrello. Decidiamo di fare una corsa fino alla macchina e saliamo in macchina eccitati e zuppi d’acqua. Lui mette in moto mentre io ancora ridacchio un po’ istericamente e guardo fuori dal finestrino, mentre l’auto lascia il parcheggio.

“Dove abiti?” mi chiede, voltandosi verso di me. Glielo spiego e lui gira in una via sulla destra. In meno di dieci minuti siamo sotto casa mia. Sta ancora piovendo e mando un messaggio a mia sorella per dirle che sono sotto la finestra e le chiedo di aprirmela. Mentre aspetto la sua risposta Leo mi chiede se è tutto confermato per domani. “Certo” dico, cercando di tirarmi su il cappuccio della felpa visto che fuori piove ancora.

Il cellulare che ho appoggiato sul cruscotto vibra, segno che Cristina mi ha risposto e tutti e due ci allunghiamo a prenderlo. Quando quasi ci scontriamo, lo afferro velocemente e Leo si scusa. Cavolo com’è gentile, altro che i ragazzi in classe da me! Alzo gli occhi su di lui e sono così contenta che ci sia tutto questo buio, perché sento le guance scaldarsi. Sto arrossendo. No, no, no. Cavolo, no.

Leo non se ne accorge, perché mi guarda intensamente e per un attimo, visto che siamo ancora così vicini, penso voglia baciarmi. Siamo a un soffio l’uno dall’altra e non è che me lo immagino per niente, visto che lui si avvicina ancora. Quando è così vicino da non poter far nient’altro, io sono completamente imbambolata.

Niente e nessuno potrebbe distrarmi da questo ragazzo, penso mentre il ticchettio della pioggia sul vetro mi coccola come la colonna sonora di un film romantico. Sto per chiudere gli occhi mentre il mio cuore si dibatte furiosamente come se volesse scappare dal mio petto, quando il mio telefono vibra ancora e cavolo, sembra più rumoroso di un terremoto. Apro gli occhi e vedo Leo farsi indietro. No, no! Cavolo!

“Mmm” mormoro, cercando di togliermi dall’imbarazzo guardando il telefono e odiando profondamente Cristina. “A domani?” mi chiede lui, visibilmente a disagio. Annuisco senza dire niente e lo saluto prima di scappare dall’auto, perché è proprio quello che faccio, scappare, tanto che non sento neanche la sua risposta.

Arrivo davanti alla mia finestra e vedo mia sorella affacciata con una faccia strana. Salgo mettendo un piede sulla finestra della cantina e mi tiro su. “Eri con Leo? Vi siete baciati?” mi chiede lei appena mi siedo sul letto per togliermi le scarpe. Ma come fa saperlo? Sono talmente sbalordita che non mi trattengo: “E tu come lo sai? Mi hai spiato?” lei ridacchia e mi indica “No, piove così forte che non si vede niente, ho tirato ad indovinare perché sei tutta rossa” Ride ancora e questa volta vorrei strozzarla, mentre sento ancora calore sulle guance.

“Come hai fatto a chiamare Leo?” le chiedo, mentre metto le scarpe nell’armadio e mi giro verso di lei quando sento che si schiarisce la voce. Ha in mano il bigliettino che mi ha scritto Leo alla sala da tè e mi guarda con uno sguardo sornione. Devo averlo scordato sul letto nella fretta di uscire. Già, sono proprio brava, penso ironica. Sbuffo e mi siedo sul letto. Quando Cristina si siede vicino a me, mi chiede, più seria: “Sicura di stare bene?” No, Cristina, sono perfettamente sicura del contrario.

Mi sdraio mentre mi confido con mia sorella. Non le nascondo niente della storia di Celeste, forse per via della stanchezza fisica o forse per via dello stress psicologico che mi sento addosso, così, quando lei, alla fine del mio discorso, mi fa la domanda, mi trova totalmente impreparata: “Non c’era una telecamera per poter vedere quello che è successo? Molti negozi le installano per la sorveglianza, lì non ce n’era neanche una?”

Come? Come? Mi tiro a sedere tutta d’un colpo e la guardo. È seria, non mi sta prendendo in giro. “Una telecamera?” Ma se ci fosse stata una telecamera, la polizia avrebbe di sicuro richiesto il video. O no? Glielo dico, ma lei alza le spalle. “Dipende. Magari lo fanno solo se chi investe scappa via o se le testimonianze non coincidono. Tu sai cosa è stato detto alla polizia?” No. Non lo so.

Ma come fa Cristina a sapere queste cose? La guardo alzando un sopracciglio e lei alza le spalle, come se avesse già capito la mia domanda. “Mi piacciono le serie tv” Sospiro. Dovrei dirle tantissime cose, ma in questo momento non ci riesco. Sto ancora pensando alla storia delle telecamere e della polizia.

Claudia lavora in polizia. Di sicuro lei, alla telecamera, ci avrà pensato. Beh, lo spero, almeno. Magari… guardo il telefono che ho appoggiato sul cuscino: dovrei scrivere a Leo? Dovrei chiederglielo? Dopo quello che è successo in macchina? Mi sento ancora in imbarazzo, cavolo. Probabilmente ogni volta che sentirò il ticchettio della pioggia sui vetri, penserò a quell’imbarazzante momento.

Poi il mio cellulare vibra e sullo schermo appare un messaggio di Leo in cui mi chiede se sto già dormendo. Sorrido. Cristina guarda il telefono e poi guarda me. “Vabbè, dai, io vado a letto” La saluto mentre penso a cosa rispondere a Leo. Prendo il cellulare e apro la chat, ma mi rendo conto che non so cosa scrivere.

Vorrà parlare di quello che è successo prima? Io però vorrei parlargli della storia della telecamera. In fin dei conti, domani potremmo andare là dove Celeste è stata investita. Sento un formicolio al petto e capisco che potrebbe essere una cosa buona. Sto per scrivergli, decisa come non mai, quando il mio telefono inizia a vibrare per l’arrivo di una chiamata. È lui. Oh. E ora che faccio, rispondo? Certo, certo che devi rispondere, Nicole!

Rispondo mentre mi ristendo sul letto. “Pronto?” tengo un tono di voce basso per paura che mi possano sentire i miei genitori che di sicuro non approverebbero che io sia al telefono a quest’ora e sorrido al soffitto. “Lo sai che si vede quando sei online, vero?” Esordisce lui. Oddio! Scoppio a ridere e non riesco più a contenermi.

 

***

 

Quando il giorno dopo Leo mi viene a prendere vicino alla scuola, sono troppo euforica e non dovrebbe essere lo stato d’animo per quello che dobbiamo fare, ma non riesco a farci niente. Ieri sera abbiamo parlato al telefono di tante cose, oltre a Claudia e alla storia della telecamera e Leo mi piace sempre di più. Ha una voce così profonda… Però siamo qui per una cosa importante, visto che la nostra prima tappa è l’ospedale.

Dobbiamo riuscire a impedire a Stefano di andare da Celeste. Chissà cosa potrebbe succedere… Ora sono consapevole di quanto sia pericoloso. Leo ha già contattato Claudia per la storia della telecamera, ma gli ha risposto che deve informarsi perché non è lei a occuparsi delle indagini, così decidiamo di fare un salto sul luogo dell’incidente, dopo essere andati in ospedale. Devo ammettere che un po’ la cosa mi dà i brividi, ma cerco di non pensarci.

Per fortuna Lisa è al lavoro quando arriviamo in rianimazione. Le parliamo brevemente per il discorso di vietare a Stefano di vedere Celeste, ma senza spiegarle il motivo, visto che sarebbe troppo complicato e noi abbiamo altri giri da fare. Lisa ci dice che dobbiamo andare prima dalla caposala e lei ci informerà della procedura giusta. Viene con noi mentre ci dirigiamo verso la stanza occupata dalla caposala e intanto continua a spiegarci come funzionano le cose.

Quando arriviamo davanti alla porta della guardiola, si ferma e ci domanda: “E il ragazzo che viene all’ora di pranzo? Lui lo dobbiamo fare entrare o no?”

Guardo Leo, che guarda me con gli occhi sbarrati mentre scuote la testa. Oh, bene, siamo in due ad essere sorpresi, Leo, perché non ho la più pallida idea di chi stia parlando.

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Capitolo 14
*** Chiacchiere con Sabina ***


Chiacchiere con Sabina

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“Perché non rispondi ai miei messaggi?” Sabina entra in casa mia appena le apro, con l’irruenza di un battaglione medievale e io riesco a spostarmi appena in tempo prima di venire travolta.

“Ciao, Sabina” la saluto ironicamente. Lei ciondola la mano davanti al mio viso e sbuffa. “Non farlo mai più!”

“Cosa?” le chiedo, ma so a cosa si riferisce, sto solo prendendo tempo. “Ti ho mandato almeno trenta messaggi e ti ho telefonato stamattina all’intervallo e anche quando è finita la scuola. Non mi hai mai risposto” Il suo sguardo è tremendo. Mi trapassa e mi fa sentire in colpa. Non le ho risposto perché non volevo raccontarle di quello che è successo in macchina con Leo.

Non voglio farlo perché mi vergogno e perché so di sicuro che lei ha baciato Marco e che la sua è stata una serata perfetta. Sospiro e mi siedo sul letto. “Ok, scusami…”

Lei si siede vicino a me e mi mette un braccio sulle spalle. “Ehi, Nico, che succede? È successo qualcosa? Stefano ha fatto per caso…” Io scuoto la testa e la interrompo: “No. Niente di così grave. Ma ho delle novità…” Decido di parlare di Celeste così da non dover raccontare niente di Leo.

So già che Stefano e Claudia sono andati via abbastanza presto dalla pizzeria, perché Claudia l’ha raccontato a Leo e lui me l’ha riferito. So praticamente tutto di com’è andata la serata. Mi ero chiesta se Claudia avesse baciato apposta Stefano e invece è saltato fuori che lei è stata presa in contropiede, ma è riuscita a giostrarsela bene; l’ha allontanato senza inimicarselo, infatti potrebbero uscire ancora. Spero che questa parte Claudia se la sappia gestire bene, ma d’altronde, è lei che lavora per la polizia, quindi…

Parliamo di questo e del fatto che Claudia ha riconosciuto alcuni segnali, ma ancora non può dire niente, così racconto a Sabina di come ho passato la mattina. “Sei tremenda!” grida ridendo mentre mi tira il cuscino sulla testa “Potevi dirmelo che non saresti venuta a scuola…”

È vero, non gliel’ho detto. “Sabi…” inizio, ma lei ride ancora. È stupenda perché non ce l’ha mai con me. “Lo so lo so, volevi tenerti Leo tutto per te!” Mmm mi vergogno a dirle che con lui è stato un fiasco, così faccio finta di niente e le spiego del tipo che va a trovare Celeste all’ora di pranzo.

“Wow, e chi è?” mi stringo nelle spalle. “Non lo so. Oggi non è venuto” Sabina si raddrizza sul letto. “Come non è venuto?” scuoto la testa e lo ripeto. “Non lo abbiamo visto. Lo abbiamo aspettato, ma non si è visto” Vedo le spalle della mia amica cadere. Sì, anche noi ci siamo rimasti male. Beh, a dir la verità io ho passato un’ora e mezza su una poltrona vicino a Leo a chiacchierare ed è stato quasi divertente, a parte la situazione. Leo, come ho scoperto ieri sera, è simpatico e sa come intrattenermi senza essere noioso o arrogante. O forse sono io che pendo dalle sue labbra come un’oca? Vabbè, comunque mi piace ancora.

Nonostante ieri sera si sia tirato indietro invece di baciarmi. Oddio è stato così umiliante. Sto per tornare nel limbo dell’autocommiserazione quando Sabina mi chiede qualcos’altro e riprendiamo a parlare. Almeno mi scordo di pensare a Leo.

Sentiamo bussare alla porta proprio mentre sto per chiedere a Sabina della sua, di serata, così insieme gridiamo: “Avanti” E poi ci guardiamo scoppiando a ridere. Cosa farei senza un’amica come lei? Freno l’impulso di abbracciarla di getto, perché Cristina entra in camera e mi chiede se le presto il mio maglione rosso. Per la cronaca, è il suo maglione preferito, ma è mio. A me neanche piace molto visto che il rosso fa a botte con i miei capelli. Mi faccio un po’ pregare e la torturo un pochino. Infatti, nonostante tutto, sono di buon umore, Sabina riesce sempre a farmi stare bene.

“Esci con qualcuno?” chiediamo quasi insieme io e la mia amica, torchiando mia sorella, che sospira, consapevole che se vuole il mio maglione, qualcosa dovrà raccontarci per forza. Giochiamo un po’ con lei, ma anche Cristina si diverte e alla fine le consegno il maglione e lei, prima di uscire dalla porta si volta verso Sabina e le dice ammiccando: “Nicole ti ha raccontato del bacio?”

Spalanco gli occhi mentre Cristina ride forte e la porta si chiude quando le tiro dietro un altro dei miei cuscini. Cavolo! Mi giro verso Sabina che mi guarda ghignando “C’è qualcosa che non mi hai detto?”

No. No. Non posso sempre essere la sfigata! No. Non voglio raccontarglielo. Mi risiedo sul letto e mi prendo il viso fra le mani per l’imbarazzo. “Oh, Sabi… è stato così umiliante. Non ci siamo baciati… lui… Leo…” cerco di mettere insieme una frase senza riuscirci.

“Leo?” sento Sabina sedersi vicino a me e accarezzarmi la schiena. È dolce come una zia, quando vuole. “Cosa ha fatto Leo di umiliante?” Tolgo le mani dal viso “Si è tirato indietro prima di baciarmi. E io avevo già chiuso gli occhi” Vedo la sua espressione addolorata, la sento, quasi, sento che sa quello che provo. So che adesso dirà che le dispiace e che io merito di meglio. Non è così che si fa? Non mi ricordo l’ultima delusione amorosa che ho avuto, quindi la memoria mi fa un po’ cilecca. A dir la verità non mi ricordo neanche l’ultima volta che ho desiderato baciare un ragazzo. Sono una frana.

“Oh, vaffanculo Leo, sei un idiota” Scoppio a ridere perché non me lo aspettavo. Anche Sabina mi guarda sorridendo. “Sono io l’idiota… Non dovevo sperarci” Sospiro. Lei si alza e mi propone di uscire “Dai, andiamo dagli altri” Effettivamente abbiamo passato buona parte del pomeriggio in camera, ormai potremmo anche uscire e raggiungere gli altri ragazzi. Annuisco e mi alzo anch’io.

“E Marco?” le chiedo mentre prendo la giacca e mi avvicino alla porta. “Cosa?” fa la gnorri lei. Oddio, come la odio quando si fa cavare di bocca le parole così! Ma forse lo fa per me, così non le cavo gli occhi subito. “Com’è andata ieri sera? Almeno tu l’hai baciato?” chiedo ancora, allungando la mano sulla maniglia.

“Ah, no. Non gliel’ho permesso” la sua risposta mi lascia talmente di stucco che mi scordo di aprire la porta e lei mi finisce addosso. Mi giro verso Sabina, che si lamenta di essersi fatta male e le chiedo: “Cosa vuol dire che non glielo hai permesso?” Lei scuote le spalle “Vuol dire che ci ha provato e io mi sono spostata dandogli un bacio sulla guancia” Oh. E perché?

“Allora, andiamo?” mi chiede lei, aggrottando la fronte, come se non capisse, così devo essere più chiara. “Ma tu volevi baciarlo!” Sabina vuole baciare Marco da almeno sei mesi. Lei sorride. “Sì. Ma non volevo che succedesse ieri” Oh. Adesso sono veramente tentata di colpirla. “Perché?” Lei sorride di quel sorriso che promette guai “Perché è circondato di ragazze che cadono ai suoi piedi. Non voglio essere una delle tante. Non penso di baciarlo tanto presto” dichiara lei. Oh.

Sabina è molto più brava di me in queste cose, probabilmente dovrei imparare da lei, ma a me non piacciono i trucchetti. Probabilmente mi perderò molte cose nella vita a causa di questa mia caratteristica, ma va bene così, non sono in grado di giocare in questa maniera. Però mi chiedo se è una cosa che funziona… Apro la porta lentamente e le chiedo se lui è rimasto effettivamente colpito. Lei ridacchia ancora mentre usciamo dalla mia camera. “Oh, è rimasto di merda, avresti proprio dovuto vedere la sua faccia. Non se lo aspettava proprio!”

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Capitolo 15
*** L'altro ragazzo ***


     L’altro ragazzo

 -

Io e Sabina siamo alla fermata dell’autobus in attesa della nostra corsa, quando il mio cellulare inizia suonare. Lo tiro fuori dalla tasca e leggo il nome di Leo proprio sopra a ‘chiamata in arrivo’. Sabina mi toglie il telefono dalle mani e lo silenzia, senza interrompere la chiamata. Ma cosa ha fatto? “Sabi… Ma cosa…”

“Non rispondergli” Come? Ma cosa dice? “Perché non dovrei rispondergli?” Lei alza le spalle e mi spiega: “Non correre subito appena lui chiama. Non vorrai che pensi male, no?” ma cosa vuoi che mi importi di cosa pensa lui! Qui si tratta di Celeste, che è in coma! Però… No, no. Questa cosa è molto più importante di un po’ di orgoglio personale. Per quanto mi faccia male anche solo ripensare agli eventi di ieri sera, non posso… No. No, sono una persona superiore a queste cose. E poi lui è carino e gentile, abbiamo passato una bellissima mattina, nonostante fossimo in ospedale.

Quando Leo mi manda un messaggio scrivendo che ha delle novità e di richiamarlo, sono tentata di farlo subito e lo capisce anche Sabina che mi strappa dalle mani il telefono. Stiamo quasi bisticciando quando arriva un altro messaggio. Ormai sono stufa e rispondo male a Sabina. Le dico che i suoi trucchetti non servono a niente e che prima o poi finirà male anche per lei.

Leggo anche l’altro messaggio, in cui Leo mi dice di aver conosciuto il tipo che va da Celeste in pausa pranzo, e faccio partire la chiamata per parlare direttamente con lui. Quando mi risponde sento la sua voce un po’ affannata e immagino stia camminando velocemente mentre parla con me. Ci mettiamo d’accordo per vederci alla sala da tè, perché ha delle novità da raccontare anche a nonna Isabella e mi chiede se posso farmi trovare là per facilitare la cosa.

Certamente. Gli rispondo che cercherò di andare alla sala da tè al più presto e interrompo la chiamata, voltandomi verso Sabina, che mi guarda ancora con uno sguardo truce. Oh, ma insomma…

“Vado alla sala da tè” inizio “Ho sentito, ero qui” mi risponde lei. Mmm non mi piace Sabina quando è nervosa. “Vieni con me?” Lei scuote la testa “Assolutamente no. Sai come la penso: non dovresti andarci” Quello che non mi spiego è perché la mia amica non capisca che non c’entra niente Leo. Qui si tratta di Celeste. Vorrei fare qualcosa per cui lei possa risvegliarsi. O anche solo, uscire dalla mia testa. Mi sento maledettamente in colpa mentre lo penso e rivolgo una preghiera a Celeste per scusarmi con lei. Chissà come funziona, chissà se lei può sentire me come io sento lei

Alla fine io e Sabina ci lasciamo in malo modo e io prendo l’autobus, da sola, per andare alla sala da tè. Guardo dal finestrino la mia amica che resta sotto la pensilina e noto che ha lo sguardo molto triste. Ma io non potevo proprio fare diversamente. Prendo il telefono e le mando subito un messaggio. Non voglio che finisca così, neanche se è per poco. Ci messaggiamo per tutto il tempo della corsa e riusciamo, se non a fare del tutto pace, a chiarirci. Quando arriva la mia fermata, sono molto più tranquilla e sorrido mentre scendo dall’autobus.

 

***

 

Quando arrivo davanti alla sala da tè, incontro Claudia. Oh, Leo non aveva detto che ci sarebbe stata anche lei. Mi blocco per un attimo, incapace anche solo di pensare. Ma poi Claudia mi vede e mi sorride.

Mi volto indietro. Sta sorridendo a me? Alla fin fine non ci siamo mai scambiate una parola. “Ciao, sei Nicole, giusto? L’amica di Leo?” A dir la verità non so proprio se sono un’amica di Leo, ma annuisco lo stesso. “Tu conosci sua nonna? Mi ha detto che sarebbe stata qui e di vederci tutti insieme, ma io sono in anticipo e non volevo aspettare qui fuori…”

Sembra un tipo a posto questa Claudia che lavora per la polizia e non è la fidanzata di Leo, così le sorrido anch’io ed entriamo nel locale.

Nonna Isabella è seduta ad un tavolo rotondo, con davanti una tazza di tè e un piattino di biscotti. Oh, come mi piace questo posto. Chissà se hanno ancora la torta al cioccolato che ho assaggiato l’ultima volta… Indico a Claudia il tavolo e ci avviciniamo. Quando siamo vicine, notiamo che Isabella ha delle strane immagini davanti a sé, posizionate sul tavolo in quel che sembra un ordine ben definito. Un formicolio al petto mi conferma quello che ho solo immaginato: Tarocchi. Nonna Isabella sta facendo i Tarocchi. No, il formicolio mi rivela ancora che non si dice così. I Tarocchi non si fanno, si leggono. Oh, cavolo. Sarà meglio non dire niente a riguardo, per non incappare in brutte figure.

Quando lei si accorge di noi, ci fa un cenno silenzioso con il capo, indicandoci le sedie e torna a fissare quelle strane figure. Io mi siedo e do un’occhiata veloce. Riconosco alcune immagini, sempre grazie all’aiuto di Celeste, perché io non ho mai visto i Tarocchi prima d’ora, ma decido di togliere lo sguardo e mi giro verso Claudia, che ora è piuttosto perplessa.

Aspettiamo un po’ e poi nonna Isabella finisce il suo rituale e mette via le carte. Fa un cenno ad una delle cameriere e, sorridendo, ci rivolge tutta la sua attenzione “Carissime” Il suo sorriso è sempre rassicurante, come la tisana della buonanotte.

Presento Claudia a nonna Isabella e viceversa, pregando che Leo arrivi al più presto, ma allo stesso tempo ascolto con interesse Claudia che spiega il suo lavoro e come aiuta la polizia. Dice che vuole diventare una profiler. Sono ignorante e non ho la più pallida idea di cosa voglia dire nello specifico, così annuisco e decido di verificare dopo su Google.

“Leo verrà con il ragazzo che va a trovare Celeste quando non ci siamo, te l’ha detto?” Sì, Isabella, Leo me l’ha detto al telefono. Tutte e tre ci voltiamo verso la porta d’entrata, come se Leo e l’altro ragazzo dovessero entrare proprio adesso, quando sento un formicolio familiare e mi rendo conto di star lasciando la sala da tè. Penso mi sia anche caduto il biscotto che avevo in mano.

 

Sono al tavolo di un bar, un bar che Celeste conosce, mi rendo conto. Deve essere il bar che c’è sotto l’ufficio dove lavora. Sento chiaramente Celeste abbassare la testa a guardare il menù, ma io mi guardo intorno. Non so bene come facciamo a fare due cose così diverse, forse Celeste conosce così bene questo posto che io sto attingendo ad altri ricordi oltre a questo che sto vivendo.

Il bar è carino, quasi intimo e riconosco il barista e la ragazza che fa avanti e indietro da dietro il bancone con i panini. Deve avere alzato la testa anche Celeste, perché la sento sorridere.

Poi lo vedo arrivare. È il tipo per cui ho preso uno spintone da Stefano: il ragazzo che lavora con me all’ufficio qui sopra e con cui ho pranzato qualche volta. Mmm forse più di qualche volta. E questa non è la prima volta di sicuro. Lo ‘so’.

Quando lui si avvicina, sento Celeste che gli chiede qualcosa. A lei, lui piace. ‘So’ che è gentile e premuroso. Quando si siede, prendo un colpo. Io lo conosco! No, non io Celeste, ma io Nicole!!! Io lo conosco, lui è…

Lo sguardo di Celeste si sposta e si posa sul tavolo, sul cellulare. Oh. Ha un telefono simile al mio. La guardo digitare il pin e aprire la chat per leggere il messaggio che le è arrivato. Dannazione! È un messaggio di Stefano! E le scrive delle cose bruttissime!! Qualcosa mi dice che si sono già mollati. Vedo anche altri messaggi vecchi nella chat, tutti solo sul lato sinistro, scrive solo Stefano, lei non gli risponde mai. Usa parole brutte, brutte quanto i suoi occhi nei momenti cattivi, e mentre leggo frasi come ‘non ti libererai di me’ oppure ‘sei solo mia’ e ‘non ti lascerò andare da nessuna parte’ sento il vuoto dentro.

Se le botte facevano male e le sue parole mi facevano tremare, leggere questi messaggi mi mette un’inquietudine addosso da far paura. Come quando nei film non sai cosa succede dopo. Negli altri flashback sapevo sempre cosa sarebbe successo. Il veleno delle parole che Stefano pronunciava mi faceva sussultare fisicamente e vedere i suoi occhi inquietanti mi dava il terrore, ma questo è peggio. Non so cosa aspettarmi, non so cosa viene dopo, resto in attesa, sospesa. Se per ogni schiaffo, spintone o pugno, sapevo esattamente il male che mi avrebbe causato e per quanto tempo avrei continuato a sentirlo o ad averne paura, questo… questo è diverso. Non lo vedo e non riesco a capire quanto sia effettivamente pericoloso, fin dove può arrivare. È come restare fermi ad aspettare un pugno che non sai quando arriverà. Ma sai che arriverà. Vorrei rendermi conto dello stato in cui si trova Stefano, mentre mi scrive queste cose. Mentre le scrive a Celeste.

È Celeste che ha paura. Lo sento. È lei che si sente svuotata senza sapere bene cosa fare, come una barchetta in balia delle onde, alla mercé di una persona che forse non è più neanche una persona, e che so che si rivelerà una bestia.

Sento comunque Celeste reagire, reagire alla disperazione di non sapere e lasciar scorrere le minacce e le offese come se fosse pioggia estiva. La sento riprendersi per rispondere a lui. Lui, il ragazzo che conosco. Lui che è…

“Nicole! Tutto bene, cara? Hai visto un ricordo di Celeste?” Nonna Isabella è accanto a me, e mi tiene la mano. Mi asciugo la guancia, dove una lacrima mi è scappata. Riuscirò mai a controllarmi? Beh, più che altro, finiranno questi flashback? Guardo Claudia che ha la stessa espressione che aveva prima per i tarocchi e le sorrido un po’ forzatamente.

“Scusami, non sono fuori di testa. Davvero” Ma lei scuote la testa e mi accarezza una mano “Non penso tu sia fuori di testa. Non deve essere una cosa facile, vivere i ricordi di qualcun’altro. I ricordi brutti, poi. È grazie a te che sospettano che sia stato Stefano a far del male a Celeste?” Oh. Che carina. Il suo tono è gentile e non mi sta prendendo in giro. Così annuisco e lei si congratula con me, dicendomi che sono una persona coraggiosa. È veramente strano, perché mi sento tutto tranne che coraggiosa.

“È arrivato Leo” Nonna Isabella torna a sedersi e indica la porta mentre la cameriera porta tazze di tè e quella che mi sembra la più bella fetta di torta al cioccolato. Tutte e tre ci voltiamo verso l’ingresso e vediamo Leo avvicinarsi a noi con il ragazzo del mio flashback.

“Ha appena visto un altro ricordo” informa Leo, la nonna. Lo sguardo preoccupato di Leo si posa su di me e mi chiede se sto bene. Io annuisco e guardo l’altro ragazzo.

“Così sei tu il ragazzo che lavora con Celeste e la va a trovare di nascosto in ospedale?” gli chiedo. Lui mi guarda sgranando gli occhi ed esclama: “Nicole! Ma… sei tu l’amica di Celeste?” Già, Luca, sono io. Vedo Leo guardare prima me e poi lui, poi ancora me e aggrottare la fronte. Sarebbe quasi divertente in un contesto un po’ diverso. “Ma voi vi conoscete già?” chiede infatti subito dopo.

Io sorrido. Effettivamente, conosco Luca da tutta la vita. “Sì, è mia cugina” risponde lui per tutti e due.

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Capitolo 16
*** Keep Calm ***


Keep calm

 -

-

“Cu…gini?” Leo mi guarda con un sopracciglio alzato. Luca è il più grande dei miei cugini. Ha venticinque anni, la stessa età di Celeste, ma non mi assomigliamo per niente, ha gli occhi scuri e i suoi capelli sono quasi neri, nessuno penserebbe mai che siamo parenti. “Sì, è il figlio di mia zia, la sorella di mio papà” Ora alzo il sopracciglio anch’io, un po’ scontrosa, per aver dovuto giustificarmi. Oh, che cavolo. Ma perché sono nervosa? Ah, già. Per Leo, per Celeste e ora anche per Luca.

Nonna Isabella ci invita a sederci di nuovo intorno al tavolo, mentre lei va a cercare la cameriera, ma io ora scalpito. “Dov’è il cellulare di Celeste?” chiedo a tutti e a nessuno in particolare. Ce l’avrà la polizia?

Leo inclina la testa quando mi guarda. Sembra un cucciolo, dannazione. Forse aveva ragione Sabina. Dovrei stargli lontana. Ma come faccio? Non vedo l’ora di aver risolto questo fattaccio di Celeste e lasciarmi alle spalle questa storia. No, non è vero. Sospiro. Vorrei che Celeste si svegliasse, perché ora non può fare niente.

Dove è finito quel cellulare? Ci sono dentro i messaggi di Stefano. Se Celeste non può raccontare cosa succedeva quando stava con lui e come è andata dopo, forse può farlo il suo cellulare. Bisogna solo trovarlo.

“Il suo cellulare… chi ce l’ha?” chiedo di nuovo, ma con il tono di voce più calmo. Poi mi giro verso Luca e gli chiedo: “Sapevi che Celeste riceveva messaggi da Stefano? Brutti messaggi?”

Luca si avvicina al tavolo rotondo e domanda: “Stefano il suo ex?” sbuffo. Si è rincretinito anche lui? Se lui e Celeste sono amici, doveva saperlo per forza. Leo annuisce al posto mio.

“Sì, lo sapevo, ma non me li ha mai fatti leggere…” Luca infila le mani  in tasca mentre mi risponde e, imbarazzato, si siede. Come se si sentisse inutile. Forse è proprio così.

“Allora dov’è il suo telefono? Ce l’ha la polizia? Perché non hanno interrogato Stefano, se hanno trovato il telefono?”

“La polizia non ha sequestrato nessun telefono. Non so se è perché sembrava un incidente o per altro…” Claudia sembra imbarazzata anche lei. Ma che è, una gara?

Ora mi sto agitando e, alla fine, mi giro verso Leo “Neanche tu sai dov’è il suo telefono?” lui scuote la testa “Non era fra le sue cose in ospedale e non ce l’ha la polizia. Pensavo che fosse andato perso sul luogo dell’incidente. Non ho pensato…” a momenti sospira anche lui.

Insomma, questo telefono non si sa proprio dov’è. Rimane solo un’opzione: deve averlo Stefano.

Lo deve aver preso durante l’incidente, perché mi sembrava di averlo in mano quando è successo. Ce l’avevo in mano? O no? Non mi ricordo. Cavolo, cavolo. Cerco di pensarci, ma non riesco a ricordarmi.

Celeste. Celeste! Invoco quasi. Vorrei richiamare la sua attenzione e dirle di mostrarmi ciò che cerco. Ma non so proprio come fare. Forse potrei chiedere a Isabella. Lei dovrebbe essere sensitiva quanto Celeste. Sto per dire quanto me, ma quel pensiero mi trattiene. Non sono sicura di essere sensitiva, anche se tutto ciò che mi sta accadendo sembra proprio una cosa da sensitive.

Cerco intorno a me la nonna, ma lei non è ancora tornata. Sbuffo e mi siedo quando mi rendo conto di esser l’unica a esser rimasta in piedi. Davanti a me c’è ancora un po’ di torta al cioccolato, ma ormai ha perso ogni attrattiva.

E adesso? Se Stefano ha il cellulare di Celeste, non possiamo fare niente. Probabilmente ha già cancellato i messaggi. O distrutto il telefono.

Appoggio un gomito sul tavolo e appoggio la fronte sulla mano, chiudendo gli occhi. Sto per crollare fisicamente. Mi sento inutile e sono stanca. Vorrei avere vicino Sabina, che sa sempre cosa fare quando io penso che sia finita. Sto quasi per piangere. Proprio io che, come diceva la mia amica ieri, non piango mai. Beh, almeno non in pubblico. A casa, nel mio letto, mi capita. Più spesso di quanto vorrei.

Vorrei tornare al mese scorso, quando i miei problemi erano tutti dovuti alla prof di scienze e le sue interrogazioni. Vorrei quasi che Celeste avesse scelto qualcun altro e non me. Vorrei poter…

Sento una mano sulla schiena, ma non vedo chi è. Forse è tornata Isabella… “Nicole…” La voce di Leo mi arriva da lontano e non è quella della nonna. Mi giro verso di lui. Si è alzato e ora è vicino a me, si è piegato sulle ginocchia per essere alla mia altezza e mi guarda.

“È un casino. Ogni volta che mi sembra di aver trovato un modo…” Lui mi sorride. Anche il suo sorriso è stanco ma la sua mano fa su e giù sulla mia schiena in una carezza così tenera che non posso fare a meno di sciogliermi. Mi sento quasi in colpa. Sua sorella è in coma per colpa di Stefano e lui consola me. Sono proprio un’egoista. Poi appoggia l’altra mano sul mio ginocchio per mantenersi in equilibrio e il mio sguardo cade giù.

La sua mano sembra gonfia e ci sono delle piccole ferite sulle nocche. Come se avesse fatto a pugni. Come se avesse dei lividi. Sono tentata di chiedergli cosa è successo, ma lui si accorge che l’ho vista e toglie subito la mano, alzandosi in piedi. Butto un’occhiata anche all’altra mano, ma Leo le nasconde subito in tasca. Quando lo fa, mi sembra di notare una smorfia sulla sua bocca e io resto a guardare le sue labbra forse un minuto di troppo.

“Forse dovresti andare a casa a riposarti” mi dice, guardandosi intorno. Annuisco perché è come se la stanchezza mi fosse caduta addosso tutta in una volta. Poco fa ero carica e pronta a spaccare il mondo, mentre ora mi sento piccola e inutile. Vedo cose che potrebbero aiutarci, ma non riesco a metterle in pratica. E mi sento preoccupata per lui, oltre che per Celeste.

Inizio ad avere freddo.

Sento Claudia dire a Leo che forse l’ultimo flashback mi ha scosso un po’ troppo. Non ho quasi la forza di dire che forse non è stata colpa dell’ultimo flashback, ma è colpa di tutto ciò che mi è successo nelle ultime due settimane.

Ritrovarmi in questa storia di violenza e sopruso, non mi piace. Non è un film che guardo in tv, dove so che tutto finirà bene, il colpevole verrà smascherato grazie a qualche strategia vincente e lei si sveglierà e sarà tutto come prima. No. Questo non è un film, dannazione.

Io non so fare niente, probabilmente Celeste mi ha fatto vedere cose che avrebbero potuto già incastrare Stefano, ma io non le ho recepite o riconosciute come tali. Probabilmente se ci fosse stata un’altra al posto mio, sarebbe stato meglio. Sarebbe stata più sveglia… e attenta… e intelligente…

“Ti accompagno a casa, Nicole” Leo fa un passo verso di me, mentre vedo tornare nonna Isabella con un vassoio. Ecco dov’era. Ma l’idea di un tè caldo, in questo momento non mi basta. Voglio allontanarmi da loro. Da Leo, che non so cosa ha, da Claudia che non è sicura che Stefano sia pericoloso, dalla nonna, che mi sorride ancora, come se io potessi salvare le cose.

Voglio andare a casa e mettermi sotto le coperte. Tirare la trapunta fin sopra la testa e seppellirmi a letto. Dormire. Sì, voglio dormire. E svegliarmi fra una settimana, magari.

Guardo Leo che ha un’espressione intenerita. Probabilmente se i flashback li avesse avuti l’altra ragazza, quella sveglia e intelligente, lui ieri sera, l’avrebbe baciata. Sento le mie spalle cedere in avanti. Mi sento sempre peggio. Non voglio correre il rischio di scoppiare in lacrime davanti a lui. Mi sto piangendo addosso e odio questa sensazione. Voglio andarmene.

Mi alzo anch’io e chiedo a Luca: “Puoi accompagnarmi tu?” Luca allarga gli occhi, ma non troppo, come se non volesse farsi vedere, e annuisce “Certo, andiamo” Si alza.

Ora sono in piedi tutti e due e Leo guarda Luca con stupore, poi ritorna a guardare me. “Io pensavo di…” inizia, ma lo interrompo “Preferisco andare con lui” Scrollo le spalle e non lo guardo più. Non voglio vedere la sua espressione. Non adesso.

“Certo, andiamo” Isabella mi abbraccia forte mentre le dico che torno a casa e mi dà un bacio sulla guancia. Salutiamo tutti e usciamo dalla sala da tè.

“Sembra un bel casino…” inizia Luca quando arriviamo vicino alla sua macchina “Oh, Luca tu non ne hai idea… Celeste in coma, io che vedo quelle cose e non so come aiutarla, loro che pensano che io sia sensibile…” calco un po’ sulla parola ‘sensibile’ con ironia, perché non ci credo molto.

“Quindi non hai mai parlato con Celeste?” Scuoto la testa. Non ci avevo pensato. Lei praticamente vive dentro di me e io non le ho mai parlato. “Tu sì. Che tipo era? È. Che tipo è?” mi correggo velocemente.

Luca mi guarda con uno sguardo così triste che, per la prima volta, ho paura che lei possa non svegliarsi più. Fino ad ora non lo avevo considerato veramente. Una parte di me era convinta che, una volta spiegati tutti i miei flashback ed essere riusciti ad incastrare Stefano, lei magicamente si sarebbe svegliata e invece, effettivamente, non è proprio detto che sia così. Anzi, potrebbe non svegliarsi mai o metterci degli anni. O lei potrebbe non riuscire a uscire da me.

Sto diventando paranoica, ma per fortuna me ne rendo conto e tento di arginare il guaio. Ci vorrebbe Sabina. Lei sì che sa come comportarsi. Lei sì che sa cosa fare. Dovevo ascoltarla. Non avrei dovuto…

“Celeste mi piace” inizia Luca. Cavolo, ero così persa nei miei pensieri che mi ero scordata quello che gli avevo chiesto. Però torno subito attenta. A parte i suoi ricordi, non so niente di Celeste.

Noto che Luca esita ad andare avanti, così gli faccio cenno di continuare con il capo. Lui annuisce e torna a guardare la strada davanti a sé.

“Celeste è allegra, spiritosa e gentile. È sempre sorridente e in ufficio cerca sempre di aiutare tutti” Luca sospira e si ferma al semaforo di via Primo Maggio.

“Ma ultimamente era cambiata. Quando stava con Stefano…” Sì? Luca non farti pregare… “Com’era?” Lui sospira ancora e parte quando scatta il verde. “Era… spenta. Sobbalzava quando non era attenta e, sempre più spesso, faceva fatica a far le cose… Dannazione, avrei dovuto capirlo!” dà un pugno sul volante e si sente il clacson suonare. “Come ho fatto a essere così scemo? Come ho fatto? Io la vedevo in ufficio tutti i giorni. Per tutto il tempo che lei è stata con lui io l’ho vista. Ogni santo giorno e non ho mai…” Per un momento non so cosa dire, ma poi mi allungo verso di lui e gli metto una mano sul braccio “Non è stata colpa tua”.

Lui si gira verso di me, sospira e torna a guardare avanti a sé, in attesa che scatti il semaforo. “Lo so, lo so. Oggi ne ho parlato con Leo. Anche lui non sapeva cosa stava succedendo, anche lui…” Luca ingrana la prima e io resto in attesa, anche lui, cosa? “Anche lui…?” chiedo, quando noto che non va avanti.

Luca si gira verso di me e alza un sopracciglio. “Niente. Anche lui niente” Mmm, sono poco convinta ma non mi azzardo a fare altre domande, così gli dico quando parcheggia sotto casa mia: “Perché non sali?” Lui torna a guardarmi e annuisce.

“Come sta tua mamma?” mi chiede, mentre saliamo le scale. Oggi mi sono ricordata le chiavi, quindi le cerco nella tasca della giacca per aprire la porta.

“Sta bene. Come dovrebbe stare?” Luca alza un sopracciglio, ma poi scuote la testa. Oddio, sa anche lui che ho quasi fatto impazzire mia madre? Che pensava che mia sorella fosse vittima di chissà quali atroci torture solo perché era in ansia a causa mia? No… un attimo. Lui non sa niente.

“Come dovrebbe stare? Perché mi hai fatto questa domanda?” Luca entra in casa dicendo ‘Permesso’ ad alta voce e si dirige verso la cucina da dove mia mamma si è affacciata per dirgli di entrare quando ha riconosciuto la sua voce. Cavolo, non bastavano Celeste e Leo? Ora sono preoccupata anche per mia mamma.

“Luca!” Cristina è sul divano a guardare la televisione quando si alza velocemente per salutare nostro cugino. Sbuffo. Con me non l’ha mai fatto. “Cuginetta!” Lui l’abbraccia e scuote il pugno sulla sua testa, scompigliandole i capelli.

Quando mia madre viene a salutarlo di persona, la osservo: come sta? Sta bene? La guardo bene, ha un po’ di borse sotto agli occhi, ma per il resto, sembra quasi… bella. Bella. Mi rigiro quella parola in bocca. Mamma sembra bella. È bella. Sorrido. Qualcosa di buono succede comunque.

Io e Luca chiacchieriamo un po’ e mi racconta di come ha incontrato Leo e di quello che si sono detti. Praticamente tutto quello che già so. Mi racconta anche di Celeste e io gli spiego come sono finita in quella situazione. Ma Leo gli ha già spiegato parecchie cose, noto.

Cristina viene a salutarlo mentre si infila la giacca davanti alla porta e sente il nome di Leo. “Leo, il tipo che non ti ha voluto baciare?” dice, prima di scappare via, solo per farmi un dispetto.

Vorrei ucciderla. Adesso. Lentamente. Luca alza un sopracciglio e mi guarda. “Che vuol dire?” Sbuffo ancora. “Niente” Il mio tono deve essere abbastanza sofferente, perché lui scuote le spalle e non mi chiede nient’altro. Grazie Luca, sei il mio cugino preferito.

“Domani mattina mi vedo con lui in palestra, magari ci faccio due chiacchiere” Cosa? COSA? “Dove vi vedete tu e Leo?”

“In palestra. Dice che sfogarsi su un sacco pieno aiuta, quando vorresti spaccare tutto” Come? “In che senso?” Lui si chiude la zip della giacca e scuote le spalle “Si sente in colpa. Oggi quando abbiamo visto Stefano in ospedale e ha scoperto che non poteva entrare, ha dato di matto e ho seriamente pensato che Leo l’avrebbe picchiato. Per fortuna sono riuscito a fermarlo. Per fortuna… a dir la verità, quando poi mi ha raccontato tutto, avrei voluto non averlo fatto” Oh. Non ci avevo pensato. Per questo aveva le mani così? “E… è andato in palestra… a picchiare un sacco?” Lui annuisce e guarda dietro di me, come se volesse assicurarsi che non ci sia nessuno. “Siamo andati insieme. Lui era molto… agitato e arrabbiato. Siamo usciti dopo due ore. Ci ha fatto bene, ci siamo scaricati. Tutti e due”.

Ah. Ecco perché quando l’ho sentito al telefono mi sembrava affannato, forse non stava camminando velocemente. Forse erano in palestra. Guardo le sue mani, che non sembrano messe male come quelle di Leo. Lui segue il mio sguardo e poi mi guarda alzando un sopracciglio. Cosa c’è? Vorrei chiederglielo. “Lui era molto più arrabbiato di me. Forse non solo per Celeste” Mi strizza un occhio mentre io sento le guance diventare rosse e lui esce dalla porta.

Ma… cos’è successo? Torno in casa e vado in camera a chattare con Sabina mentre viene pronta la cena. Ormai è tardi e non faccio in tempo a fare un bel bagno prima di mangiare, ma dopo cena, non me lo toglie nessuno.

 

***

 

Sono dentro la vasca da appena un quarto d’ora, quando il mio telefono, con cui sto ascoltando le canzoni di Vasco che mi piacciono di più, trilla per l’arrivo di un messaggio. Mi allungo verso il mobiletto vicino alla vasca, dove ho appoggiato il cellulare e in quel momento mia madre entra di corsa in bagno.

La guardo scioccata, con il telefono in mano, ma senza guardare le notifiche, perché lei ha la camicetta aperta e la gonna le tira troppo sulla pancia.

“Mamma… ma sei… incinta?” Lei si blocca e si accorge di me. Probabilmente pensava che non ci fosse nessuno in bagno. I suoi occhi si spalancano e poi si guarda il ventre. Oddio! No. Mia madre è incinta? La guardo ancora e quando alza gli occhi su di me glielo chiedo ancora. Lei annuisce. Cavolo. Cavolo. Oh, merda. Speravo dicesse di no.

Lentamente il mio occhio cade sul mio telefono e vedo l’anteprima della notifica:

Ho trovato il telefono di Celeste. Domani lo porto alla polizia.

Leo! No. Il telefono di Celeste voglio vederlo anch’io. Non mi accorgo di essermi agitata e il telefono mi scappa dalle mani. Riesco a riacchiapparlo al volo e mi arriva un altro messaggio:

Mi dispiace per ieri. Penso di aver fatto una cazzata. Dimmi che anche tu…

Non riesco a leggere la fine del messaggio perché il telefono mi scivola di nuovo, ma questa volta non riesco a salvarlo e lo guardo cadere nell’acqua.

Dannazione!

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Capitolo 17
*** Angel ***


Angel

 -

-

Tiro fuori il telefono dall’acqua appena ci affonda, ma è troppo tardi comunque. Lo afferro con due dita e lo lascio sgocciolare. La calma che sento è quasi inquietante. Poco fa ero agitatissima e ora sono la persona più impassibile del mondo. Non sto bene. Davvero. Non posso essere io. Deve essere Celeste. Non posso essere io. Mi sento così strana…

Guardo il liquido gocciolare dalla cover e quando rallenta appoggio il telefono sul mobiletto, come prima. Poi guardo mia madre e lei, che sembra essere rimasta con il fiato sospeso, ha pure la bocca spalancata. Lentamente la richiude e poi sussurra: “Forse dovremmo parlarne”.

Forse avresti dovuto pensarci prima. Ma non ho voglia di dirlo ad alta voce. Sarebbe meschino. Così dico pacificamente: “Finisco di lavarmi. Dammi dieci minuti” lei annuisce ed esce dal bagno. Non mi rendo neanche conto che non so perché sia entrata, visto che è uscita subito.

Dopo dieci minuti, in cui mi sono insaponata, sciacquata e lavata i capelli, esco con tutta calma (di nuovo!) dalla vasca e mi avvolgo nell’accappatoio. Sono quasi tentata di andare a letto e fregarmene di tutto, ma da brava ragazza, mi incammino verso la camera di mia mamma e busso alla porta.

Non sono del tutto sorpresa di trovare, seduta sul letto, anche Cristina. Immagino che se papà fosse stato a casa, ci sarebbe stato anche lui, lì seduto. Mi siedo vicino a mia sorella e lei mangia la foglia.

“Che sta succedendo? Mamma? Perché mi hai fatto venire qui?” chiede infatti Cristina. Mamma si alza e noto che si è messa la tuta che usa per stare in casa. Una tuta larga. Ci faccio caso solo ora.

“Vorrei che papà fosse qui, perché dobbiamo darvi una notizia un po’… strana”, inizia lei. Io sospiro. Non so perché ho reagito così, non so perché penso che sia una cattiva notizia, in fin dei conti non c’è niente di male. Penso. Poi mamma continua: “Aspetto un bambino. Avrete un fratellino” e cerca di sorridere. Sono così stupida che dico: “Un maschio? Come fai a saperlo?”

Mamma si siede fra me e Cristina, che ha ancora la bocca aperta. “Ho fatto un esame particolare. È un maschietto” ora sorride davvero. Oh. Ma quand’è che si scopre il sesso del bambino? Non subito. Da quanto tempo lo sanno?

“Quando nascerà?”chiede mia sorella. Quando la mamma le risponde: “Fra quasi cinque mesi” rimango sbalordita. Lo sanno da tanto. Avrebbero potuto dircelo prima.  Perché non ce l’hanno detto? Perché tenerlo nascosto? “Perché non ce lo avete detto prima?” chiedo ancora.

“Ho avuto qualche piccolo problema e poi l’esame poteva dare dei rischi di… aborto. Abbiamo deciso di aspettare finché non fossimo stati sicuri…” ma il suo sguardo si incrocia con il mio più volte.

“Mamma… Non… Non è stata per colpa mia che non ce lo avete detto, vero?” improvvisamente quel pensiero mi manda in paranoia.

Prima io con i miei flashback, poi i pensieri su mia sorella che poteva essere nei guai, non deve essere stato un bel periodo per la mamma. Poverina. Mi sento in colpa.

Ma lei sorride e scuote la testa: “Assolutamente no, tesoro. Non c’entri niente tu, e neanche tu” tocca un ginocchio di Cristina e sorride anche a lei “volevamo solo essere sicuri. Alla mia età…” ma cosa sta dicendo? Prima però che io possa dire qualcosa, qualunque cosa, Cristina se ne esce con un: “Effettivamente sei un po’ vecchia…”

Lancio un’occhiataccia a mia sorella. Ma cosa sta dicendo? Mamma ha quarant’anni. Tantissime donne a quell’età fanno figli. “Non sei vecchia. Diciamo solo che ci hai… sorpreso” spero vivamente che mia sorella capisca l’antifona e non dica altre stupidaggini.

Mamma sorride ancora e si rivolge a Cristina: “Dai, non sono vecchia vecchia, no?” mia sorella annuisce e inizia a fare un sacco di domande sul bambino. Come lo chiameremo? Potrà scegliere lei il nome? Potrà chiamarsi Joshua? Dove dormirà? Potrà dirlo alle sue amiche? E se fossero due? Sento mamma molto più rilassata mentre le risponde che decideremo tutto, tutti insieme e che il bambino è uno, uno solo. Cristina ora è gasatissima. Sono contenta che non l’abbia presa male, anche se probabilmente cambierà idea più volte prima che nasca.

Mi alzo con l’intenzione di andarmi ad asciugare i capelli, quando la testa inizia a girarmi. Sento la mano di Cristina afferrare la mia e lei chiedermi se va tutto bene. Sto annuendo mentre sento il formicolio al petto che mi porta via…

Sono nel bagno di casa mia. Bhe, in casa di Celeste. Il suo bagno è tutto nei toni dell’azzurro. Non so perché ma la cosa non mi meraviglia più di tanto. Lei è seduta sul coperchio del water e sta aspettando. Subito non capisco cosa stia aspettando, ma la sento molto agitata. Come se fosse indecisa. Come se volesse qualcosa e poi non la volesse più.

Poi il cellulare appoggiato al lavandino suona un motivetto e lei si alza. Lo fa così di slancio che mi sorprende. Insieme ci dirigiamo verso il lavandino e lei zittisce il cellulare. Sento un sospiro e mi rendo conto che è stata Celeste.

Si guarda allo specchio del lavandino e vedo il suo viso terrorizzato. Non ha l’aspetto dell’altra volta. Non ha lividi in faccia, ma il suo viso è scavato, come se avesse patito la fame per giorni e i suoi occhi sono in fuori come se avesse visto un fantasma.

Quando abbassa lo sguardo verso il rubinetto del lavandino, noto che si allunga a prendere qualcosa dietro la manopola dell’acqua. Prende in mano qualcosa e io riconosco lo stick senza averlo mai visto dal vivo.

È un test di gravidanza. Celeste lo guarda e lo guardo anch’io. Per un tempo lunghissimo. Sento tutte le emozioni che sta provando ora la mia amica. Dopo due settimane di convivenza e stretta e dopo aver condiviso questo tipo di emozioni posso considerare Celeste una mia amica, no? Certo. Celeste è a tutti gli effetti amica mia.

Guardo il bastoncino bianco. Ci sono due linette  verticali dentro un piccolo display. Persino io so che è positivo.

Quando lei inizia a piangere e mi rendo conto che non è di gioia, la tristezza mi porta ad accasciarmi per terra e a stringermi le gambe al petto. Ma è lei che lo fa. Lo facciamo insieme. Siamo tristi in due. Poi non è più Celeste. Ora sono io. Io.

Sono triste come quando sono triste per Sabina. O per Cristina. Sono triste perché lei è triste e sento quello che prova senza poter fare niente.

Dopo quello che mi sembra un’eternità, Celeste si rialza e si guarda allo specchio. Per un attimo mi sembra di vedere una luce strana nei suoi occhi. Una luce che non avevo ancora visto. Capisco che è decisa a tenere il bambino e a lasciare Stefano. Non so il perché, ma so, di nuovo che è così. Lei sorride felice, adesso. Ha finalmente preso una decisione. Sta facendo qualcosa. Faremo qualcosa. Per la prima volta da quando ho i flashback, sono contenta e fiduciosa. Andrà tutto bene.

Mentre guardo ancora lo specchio, vedo Celeste e, finalmente, lei piange di gioia

L’immagine di Celeste che sorride allo specchio sfuma e io sto per tornare in camera da mia mamma quando un altro flashback si sovrappone al primo…

“Presto starai meglio, cara” una donna di mezz’età, con una divisa come quella di Lisa l’infermiera mi sorride e mi porge una coperta. Mi guardo intorno e noto di essere in un ospedale. So, senza neanche chiedere, cosa mi è successo.

Ho perso il bambino. Da un lato è logico. Celeste non era incinta quando ha avuto l’incidente e non ha figli. È scontato che fosse andata così.

Ma triste. Triste lo stesso. Piango. Piango per Celeste. Per il suo bambino. Anche Celeste piange. Sempre più triste. Per una volta che aveva sperato, per una volta che era riuscita a proteggere qualcuno da Stefano.

Le sue lacrime bagnano silenziosamente il cuscino mentre l’infermiera se ne va. Guardo la macchia allargarsi sulla federa, incapace anche solo di pensare. Vorrei poter abbracciare Celeste. Vorrei confortarla. Stringerla e dirle che le starò vicino. Come ho fatto con Sabina quando i suoi hanno divorziato. Non mi piace essere qui, nel suo corpo. O lei nel mio.

Mi accorgo che sto piangendo anch’io.

 

L’ospedale piano piano si sgretola davanti ai miei occhi e sono di nuovo in camera di mia mamma. Il suo viso è il primo che vedo e la mia mano è ancora stretta da quella di mia sorella, che mi guarda preoccupata. “Nicole… stai piangendo…”

Mamma mi abbraccia. Cristina non capisce bene cosa sta succedendo ma, per una volta, non dice niente e sta zitta. Quando riesco a smettere di piangere e mi sono almeno calmata un po’, mi stacco dalla mamma e le dico, semplicemente: “Sono contenta. Avresti dovuto dircelo prima, ma va bene. Ti aiuteremo. Io e Cristina. Vero?” chiedo poi, voltandomi verso mia sorella.

Lei annuisce, ancora confusa. Così la spingo verso la porta prima che mia madre mi chieda del flashback, perché so che ha capito, ma questo non è proprio il momento in cui darle altre preoccupazioni. Quando riesco a rimanere sola con mia sorella, la spingo ancora verso la sua camera e le dico che mi serve il suo telefono “Forse devi prima vestirti” mi fa notare lei.

Io mi guardo. Effettivamente sono ancora in accappatoio e dovrei asciugarmi i capelli. “E poi, mi piacerebbe sapere cosa è successo…” Le prometto di spiegarle tutto a patto che mi presti il suo telefono.

Così, prima di fare qualsiasi cosa, mando un messaggio a Sabina spiegandole che sono senza telefono e uno a Leo scrivendo la stessa cosa ma aggiungendo che ci vediamo domani prima che porti il cellulare alla polizia.

Poi mi infilo il pigiama e mentre mi asciugo i capelli spiego a Cristina il fatto dei flashback. Le dico tutto. Di Celeste e di Leo. Tanto Leo, alla fine, lo conosce già. E di come c’entri Luca in tutto questo.

“Dici che si sveglierà?” mi chiede, perplessa. Oh, Cristina, lo spero. Dopo tutto quello che ci è successo, può solo che svegliarsi. Mi siedo vicino a lei e sospiro “Voglio crederci. Perché altrimenti non riesco a dare un’altra spiegazione a tutto questo” lei annuisce “Mamma non sa tutto tutto, ok? Magari non facciamola preoccupare…” rimarco un po’. Cristina annuisce ancora, poi si alza e prende il mio telefono, sul comodino. “E di questo?”

Guardo il cellulare: ho tolto la cover e l’ho spento. Avevo sentito dire che si fa così quando cade nell’acqua. E aspettare. Dobbiamo aspettare domani. Chissà se si riprende da solo. O se mi toccherà portarlo ad aggiustare. O peggio, comprarne uno nuovo. Stranamente, non mi sento disperata come avrei immaginato.

Auguro la buona notte a mia sorella e spengo la luce prima di dormire. Ancora più strana della mia calma nei confronti del telefono, è la mia capacità di addormentarmi immediatamente e smettere di pensare a tutto.

Quella notte sogno angeli tutta la notte. Piccoli angeli paffuti che volano sopra le nuvole, nel cielo azzurro. Angeli con le ali bianche e i riccioli biondi. Come quelli dei quadri. Poi ne vedo uno diverso dagli altri. Ha i capelli rossi e gli occhi verdi.

È il bambino di Celeste.

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Capitolo 18
*** Il momento di agire ***


Il momento di agire

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Domenica mattina mi alzo piena di energia. Sono decisa ad andare da Celeste. Voglio stringerle la mano e dirle che sono vicino a lei. (non sono sicura di poterla abbracciare, così dovrò accontentarmi di stringerle la mano) L’ultimo flashback che ho avuto mi ha dato l’impressione che fosse così sola e triste e ho sentito una connessione con lei, molto più di prima, come se condividessimo un grosso segreto.

Prendo il telefono senza accenderlo e vado in cucina a fare colazione. Mamma e Cristina sono ancora a letto, così lascio loro un messaggio sul tavolo in cui dico che sono uscita.

Cammino verso la metro perché è il mezzo più veloce per arrivare all’ospedale da Celeste e nel frattempo mi guardo intorno. Senza telefono non posso neanche ascoltare la musica e quindi non mi resta altro che vagare con la mente.

Per tutto il tragitto non faccio altro che pensare a Celeste. A tutto quello che so. A quello che mi ha fatto vedere. Ci sono momenti che mi sembra di conoscerla meglio di chiunque altro. Non aveva amiche? Perché nessun’altra è venuta a trovarla o ha chiesto di lei? Perché non ci sono altre persone nella sua vita, nei suoi ricordi? Possibile che Stefano fosse l’unico? O forse… che lui l’avesse isolata dalle altre persone? Potrebbe essere. Altrimenti qualcuno l’avrebbe potuta aiutare. L’avrebbe potuta salvare prima. Prima. Prima dell’incidente…

Ora comunque ci sono io. Ho deciso di non essere più passiva e di darmi da fare. Se posso fare qualcosa, la farò. Se non posso… devo pensare a come trovarla. Semplice. Avrei dovuto pensarci prima. Invece di starmene lì a piagnucolare, perché, effettivamente, è quello che ho fatto. Ho piagnucolato. Come Cristina quando era piccola e stava troppo tempo in casa ad annoiarsi.

Ora ho deciso di fare qualcosa. E la prima cosa che voglio fare è andare da Celeste. Anche se sembra inutile, anche se non servirà a niente. Voglio starle vicino fisicamente.

Quando salgo le scale della palazzina del reparto sono ancora assorta nei miei pensieri, ma mi riprendo subito quando apro la porta della rianimazione.

Lisa, la mia vicina infermiera, mi saluta e sorride. Neanche mi chiede per chi sono lì, se lo ricorda. Le sorrido a mia volta e mi lascio accompagnare nello stanzino delle protezioni. Quando esco sembro un puffo: sono tutta coperta di blu e la mia altezza non aiuta certo a distinguermi. La cuffia sui capelli mi dà fastidio ma non tanto quanto la mascherina, così la sistemo senza dire niente e lascio che Lisa apra la porta della stanza di Celeste guardandola mentre si allontana, lasciandomi sola. Sola con Celeste.

Mi avvicino al letto e Celeste è proprio come l’ho lasciata l’ultima volta. È ancora stesa con gli occhi chiusi. Il respiratore e tutti gli altri macchinari, sono ancora lì. Ora riesco a dare un senso alla parola ‘intubata’ che sento sempre in televisione.

Vicino al letto c’è una sedia, così mi siedo e allungo la mano sul lenzuolo, come l’altra volta, e tocco la mano di Celeste. E’ tiepida, non troppo calda. Non so il perché, ma me l’aspettavo gelida, forse per via della situazione, quella stanza, tutta azzurra, dal muro al letto, dagli infissi ai contorni dei macchinari, mi dà una sensazione gelida che sento sulla pelle. Così, per scaldarmi, stringo la mano di Celeste, quella con il tatuaggio.

Le guardo il viso, come se mi aspettassi che aprisse gli occhi proprio in questo momento, ma non succede. Non è un film, in cui tutto va come ci si aspetta. Celeste non si sveglierà soltanto perché le ho stretto la mano.

Resto lì un bel po’ di tempo, parlo a Celeste di me, perché, dopo tutto quello che ho visto, so che mi ha scelto e ci considero amiche. È giusto che conosca la persona a cui ha deciso di aprire i suoi ricordi così, siccome mi sembra giusto, le racconto anche qualche mio ricordo. E poi, senza averlo previsto, le racconto un mio segreto. Chissà se può sentirmi. Chissà se lo sa già.

Questa volta, sento il contatto con lei. Come una scossa, qualcosa mi fa capire che siamo in sintonia, qualcosa che non riesco a spiegare ma, come per i flashback, riconosco e so.

Ora so che lei sa. Sorrido, perché mi sembra che fra noi ci sia un legame particolare e mi piace.

Mentre penso a tutte queste cose, sento il formicolio farsi di nuovo strada dentro di me e abbandono la Celeste terrena per raggiungere la Celeste che è dentro di me.

 

“Mi dispiace. Ho le mani legate. Davvero” la poliziotta che ho davanti, so che è una poliziotta perché indossa la divisa, si siede rumorosamente sulla sedia dietro la scrivania e sospira. “Ne ho sentite tante. Troppe. Donne come lei. Più di quanto avrei voluto. Più di quanto sia giusto” sospira ancora e porta una mano a coprirsi la faccia. “Posso farla andare in un posto sicuro. Non posso fare altro. Anche se lei lo denunciasse, prima che si possa fare qualcosa di concreto, sarà passato troppo tempo, lui potrebbe…” non finisce la frase.

Riesco a capire a cosa si riferisce. Celeste si sta informando per fermare Stefano. Per denunciarlo e far sapere cosa sta succedendo. Ma quello che ha detto la poliziotta mi demoralizza. Se Celeste denunciasse Stefano, non verrebbe fermato subito? Non andrebbe subito in galera? No? Non dovrebbe essere così? E invece com’è? Com’è che ha detto? ‘Prima che venga fatto qualcosa di concreto lui potrebbe…’ Potrebbe fare cosa? Potrebbe picchiare Celeste ancora. Potrebbe ucciderla? Potrebbe farle qualunque cosa. Ecco cosa potrebbe fare.

Mi sto arrabbiando. Cosa vuol dire che non si può fare niente? Davvero? Non è possibile. Non ci credo.

“In ospedale… le hanno mai fatto delle foto, ha mai  raccontato a qualcuno della sua situazione?” Celeste scuote la testa mestamente e guarda verso il basso, ma poi la rialza e fruga nella borsa. “Ho dei messaggi… Quando l’ho lasciato lui ha iniziato a mandarmi dei messaggi…” la poliziotta sorride tristemente. “Possiamo partire da lì. L’ideale sarebbe avere una registrazione, un video in cui lui…” abbassa la voce e sento Celeste tremare.

Spero di aver capito male. Cioè, Celeste dovrebbe farsi picchiare ancora da Stefano e filmarlo mentre lo fa? Ma che storia assurda! È così stupido.

Celeste scuote ancora la testa e la sento sospirare. Oh, tesoro. Sento che sta per piangere. “Senta, so che è difficile… Ma può andare in una struttura dove…” Sento Celeste raddrizzare la testa “Non voglio fuggire. La mia vita è qui. Non voglio scappare da lui. Non voglio avere paura” la poliziotta annuisce ancora, come se avesse già sentito quelle parole.

Sono così orgogliosa di Celeste. Sento una sensazione grandiosa nel petto, un senso di rivalsa allucinante, come quando rispondo a una domanda a sorpresa della prof. Celeste, sei fantastica e io ti stimo tantissimo.

“Se vuole intanto facciamo la denuncia, allora” Celeste si alza e si sistema la tracolla della borsa “Ha detto un video?” anche la poliziotta si alza. “Anche una registrazione audio. Una ragazza ha registrato con il cellulare il compagno mentre la picchiava…” il suo sguardo è triste. Deve averne sentite davvero troppe. Le leggo in faccia un ‘mi dispiace’ grande quanto il Colosseo quindi capisco che non è che non voglia aiutare Celeste è che proprio non può fare altro…

 

“Nicole!” torno improvvisamente al presente e mi volto verso la porta della stanza. Leo è sulla soglia. Non è vestito per poter entrare, perché non ha ancora indossato le protezioni, così mi alzo per raggiungerlo. Devo dirgli del telefono. Quello di Celeste. Non lo ha già portato alla polizia, vero? Potrebbe esserci qualcosa. Qualcosa che ci venga in aiuto. Voglio vederlo. Adesso. Mi prudono le mani. Sento di voler agire, finalmente.

“Ciao. Dov’è il…” mi tiro giù la mascherina dalla faccia per parlare, ma non devo neanche finire la frase che lui mi mostra il cellulare di Celeste, quello che ho già visto nei ricordi. Ha capito subito. Sorrido. Ci siamo. Ci siamo. Ci deve essere per forza qualcosa lì dentro. Deve essere così. Vorrei saltellare dalla gioia. Finalmente abbiamo qualcosa.

Sono così contenta che, senza accorgermene, lo abbraccio. Lui rimane sorpreso (sorpreso quanto me, visto che non ho mai fatto una cosa del genere) e poi ricambia il mio abbraccio.

Mi circonda con le braccia e sento il telefono premermi vicino alla scapola. Sono quasi tentata di appoggiare la testa sul suo petto, ma mentre mi muovo la plastica della cuffia fa dei rumori strani contro i suoi vestiti.

Quando me ne rendo conto sono veramente in imbarazzo e mi stacco da lui così tanto in confusione che non riesco neanche a guardarlo negli occhi. Ma almeno questa volta non si è tirato indietro. Sarebbe stato peggio dell’altra volta.

“Ho avuto un altro flashback. Dobbiamo sentire le registrazioni. E leggere i messaggi. Ci saranno d’aiuto. E poi lo dobbiamo portare alla polizia e…”

“Ci abbiamo già pensato. Ma… Dobbiamo portarlo alla polizia senza sapere cosa c’è dentro, visto che è bloccato e non riusciamo a sbloccarlo. Nessuno conosce il pin, neanche Luca.”

 Ma che problema c’è? “Io lo conosco. L’ho visto digitarlo” lui mi rivolge uno sguardo così bello che mi emoziono. “Davvero?” E già. Pensavi eh, che non servissi a niente? E invece…

Lui non dice niente e io perdo qualche minuto ad osservarlo. Mi ricordo della sua mano, così abbasso lo sguardo. Cavolo. È messa peggio di ieri. Vorrei prenderla fra le mie e accarezzare i lividi. Ma come ha fatto a ridursi così? Poi mi ricordo che Luca ha detto che sarebbero andati in palestra, stamattina. Deve essere successo lì. Sposto lo sguardo sul suo viso e noto che ha i capelli umidi. Cavolo, deve aver fatto la doccia in palestra. Per un attimo passo dall’arrossire per aver immaginato la sua doccia all’essere preoccupata che si prenda un malanno. Bhe, è grande abbastanza da sapere quello che fa. Mmm, insomma… penso ancora guardandogli la mano.

Quando mi rendo conto di star fissando le sue dita da troppo tempo, gli prendo il telefono dalle mani e lo rigiro, giusto per guardarlo un po’.  Sto per digitare il pin, quando lui mi dice: “Andiamo via da qui, però” io annuisco. Effettivamente, mi piacerebbe togliermi il mio costume da puffetta e uscire da quel posto. Lancio uno sguardo a Celeste, ma lei è ancora lì, stesa e inerme. Sospiro. Non ho più niente da fare lì dentro. Ma Leo è appena arrivato. È giusto che stia un po’ con sua sorella. “Ti aspetto giù fra mezz’ora?” gli chiedo. Lui annuisce e mi sembra quasi che mi ringrazi.

Mi spoglio e mi incammino per le scale. Quando sono giù però, non esco dalla porta. C’è ancora freddo, per i miei gusti.

Sono lì che sformo le mie tasche a forza di muovere le braccia quando dalla porta della palazzina entra Stefano. La sua faccia è rossa come se si fosse appena arrabbiato e i suoi occhi lanciano sguardi assassini tutto intorno.

Resto basita e immobile. Non me lo aspettavo. Poi riesco a riprendermi e penso a Leo che è su da Celeste. Devo fermare Stefano. Ma come? Oppure posso avvisare Leo. Prendo il mio telefono dalla tasca ma mi ricordo che è spento. Tengo premuto il tasto per accenderlo, ma so che, primo: non è detto che si accenda e secondo: ci metterebbe troppo tempo ad accendersi e io a mandare un messaggio a Leo.

Quando Stefano si ferma davanti all’ascensore e schiaccia il pulsante per chiamarlo, ho ancora il telefono in mano e non ha ancora dato segni di vita. Stefano si volta e mi nota. Ora resto davvero impietrita, ma il suo sguardo mi passa attraverso e continua verso la porta del reparto che c’è lì al piano terra. Poco dopo l’ascensore si apre e lui entra.

Aspetto che le ante si chiudano e non ci penso neanche su: imbocco le scale e corro da Leo e Celeste.

È arrivato il momento di fare qualcosa.

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Capitolo 19
*** Cose mai fatte ***


Cose mai fatte

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Salgo le scale di corsa e prima di aprire la porta della rianimazione, butto un occhio all’ascensore e quando vedo che non si sono ancora aperte le ante, scappo dentro il reparto, chiudendomi la porta alle spalle.

L’occhiataccia che mi lancia una delle infermiere mi fa bloccare di colpo. Cavolo, ha ragione, è un ospedale, non dovrei correre. Così mi incammino velocemente verso la camera di Celeste, quando vedo nel corridoio Leo, che sta venendo verso di me con la faccia corrucciata, il telefono in mano e la mascherina nell’altra.

Mi fermo e lo guardo: sta digitando nervosamente e forse sta imprecando sottovoce, non lo so perché da dove sono io non lo sento, ma lo vedo mentre si sta togliendo la cuffia e tenta di strapparsi di dosso il camice monouso con un po’ di nervosismo.

Quando alza il viso verso di me, spalanca gli occhi ed esclama il mio nome: “Nicole!”

Ho un brivido alla schiena, un brivido strano, non di paura, ma di… di che cosa? Non lo so. Ma è piacevole, nonostante tutto. Sveglia, Nicole! Non è il momento di lasciarsi andare a stupidi pensieri, Stefano sta per entrare, devi avvisare Leo.

“Non eri andata via? Sta per arrivare Stefano…” Ehi! Come fa a saperlo lui? “L’ho incontrato giù, sta venendo su con l’ascensore, ma… Tu come lo sai?” Leo, senza fermarsi, butta la cuffia e la mascherina in uno dei bidoni appositi e dondola il telefono che ha ancora in mano.

“Mi ha scritto Luca. L’ha visto alla camera mortuaria mentre litigava con un tipo e mi ha scritto quando ha capito che stava venendo qui” Oh. Quindi c’è anche Luca? Bene. Ma cosa faceva Stefano alla camera mortuaria? C’era andato anche giovedì quando lo abbiamo seguito io e Sabina.

Non chiedo niente perché vedo Leo un po’ scosso, così, senza che me l’abbia chiesto, lo aiuto a sfilarsi il camice che gli hanno fatto indossare sopra i vestiti. Quando senza volere gli prendo contro la mano, si irrigidisce. Cavolo, penso di avergli fatto male. Lui e le sue mani. Ma poi Leo mi guarda negli occhi e mi sembra che il mondo intorno a noi scompaia e che io e lui rimaniamo da soli al mondo. Penso ancora che ha degli occhi così belli che vorrei perdermi lì dentro e non farmi più trovare da nessuno.

Poco dopo, torno consapevole del fatto che esistono altri sette miliardi di persone, perché la porta del reparto sbatte furiosamente e Stefano fa il suo ingresso.

Io e Leo ci voltiamo verso di lui, mentre un’infermiera gli va incontro. Qualcosa mi dice che gli sta spiegando che non può vedere Celeste, perché il suo viso si fa ancora più arrabbiato e si volta verso di noi.

“Tu!” grida a Leo. Stefano è inquieto e la sua voce risuona come il rintocco di una campana a morto. Leo si avvicina a lui mentre l’infermiera gli ricorda che non può urlare dentro un ospedale.

“Ti abbiamo detto ieri che non puoi stare qui” inizia Leo, con tono un po’ arrabbiato. Quando Stefano gli risponde ancora ad alta voce, anche Leo alza la sua. Il rumore che fanno è fastidioso e le vibrazioni che emanano mi colpiscono al petto. Mi volto un po’ spaventata verso l’infermiera ma noto che lei sta facendo cenno a qualcuno dentro la stanza della caposala e leggo sulle sue labbra la parola ‘sicurezza’. Bene. Sta facendo chiamare qualcuno. C’è solo da aspettare.

Ma Leo e Stefano non hanno intenzione di aspettare, stanno ancora litigando. “Non puoi impedirmi di vederla!” sta gridando Stefano. Noto che alcune persone sono uscite dalle stanze in fondo al corridoio per guardare che succede.

“Non hai diritto di vederla. Sei un animale, vorrei…” la risata di Stefano è brutta e di scherno. “Tu cosa? Sei un ragazzino. Cosa vorresti farmi, eh?” gli occhi di Leo lampeggiano odio e lo appoggio in pieno, Stefano è proprio uno stronzo.

Stefano sta ancora ridendo di Leo e io non riesco a trattenermi “Appena la polizia saprà cosa hai fatto, vedrai!” la mia sembra una minaccia da quattro soldi (ed effettivamente lo è) e Stefano si gira verso di me, come se mi notasse per la prima volta.

“E tu chi cazzo sei?” dice infatti, con la sua naturale delicatezza. (Spero si percepisca la mia ironia). “Sono un’amica di Celeste” lui alza un sopracciglio e la sua bocca si piega in un ghigno divertito, mentre fa scorrere lo sguardo su di me. Mi guarda da capo a piedi e io rabbrividisco. Ma non come prima, questa volta è orrore. Quello che so di questo ragazzo non è per niente buono e il suo sguardo mi fa paura come nei flashback. “Se fossi stata un’amica di Celeste, ti avrei conosciuto” cavolo, è vero. Ma non voglio dargli ragione. “Sono più di un’amica. Io so tutto. So quello che le facevi. Lo so. So anche del bambino” parlo senza riflettere e mi lascio scappare troppo.

Leo si volta improvvisamente verso di me: “Bambino?” poi si rivolta verso Stefano con gli occhi sbarrati. Anche Stefano ha la stessa espressione sorpresa. “Tu…” fa un passo verso di me e Leo mi si avvicina.

Quando Stefano punta l’indice contro di me, avvicinandosi ancora, sempre con il suo sguardo cattivo, sento qualcosa dentro al petto che mi dà una scossa.

Non farti mettere le mani addosso. Non permetterglielo. Non lasciarglielo fare. Non stavolta. Non ancora.

Capisco di sentire fortissimo la presenza di Celeste e questa volta mi dà la carica. Quando il dito di Stefano si avvicina ancora al mio petto, non resisto più e quando è a pochi centimetri da me, lo schiaffeggio sulla mano.

Lui è stupito quando me, ma subito la sua espressione si trasforma e i suoi occhi diventano gelidi, come nei ricordi. Ma questa volta non sono sola e non ho paura. “Piccola stronza, cosa fai?” senza accorgersene, sposta un braccio all’indietro e vedo il suo ghigno quando cerco di incassare il collo nelle spalle, spaventata. Si sta divertendo. Si sta divertendo a spese mie.

Succede tutto velocissimo, lui ha ancora il braccio tirato indietro e quell’odioso sorriso sulla faccia, così io mi raddrizzo e carico la mano indietro, proprio come ha fatto lui ma io sono decisamente più agile e il mio ceffone lo colpisce al viso con un sonoro degno di un impianto Bose.

Lui è così sorpreso che non dice più niente. Il suo braccio, meccanicamente si sposta e si copre la guancia ferita. Ferita… che gli avrò mai fatto, alla fine? Spero almeno di averlo colpito nell’orgoglio.

I miei occhi si riempiono di autocompiacimento e mi gonfio, gasata come se avessi vinto alla maratona di New York. Il mio petto esplode in una miriade di sensazioni così forti che ho quasi paura di cadere. Un formicolio si spande dappertutto, lo sento nelle gambe, nelle braccia e anche nella testa. Capisco che Celeste è gasata quanto me. Siamo in sintonia, molto più di prima. Forse avrebbe voluto farlo lei. Cavolo, l’ha fatto lei. Lo abbiamo fatto insieme. Non avevo mai fatto una cosa simile.

Non mi rendo conto di cosa sta succedendo, perché troppo presa dai miei pensieri, ma quando mi riprendo vedo Leo che spintona lontano Stefano che ha una mano stretta a pugno. Cavolo, voleva darmi un pugno? E di cosa ti stupisci, Nicole? Questo tizio ha spinto Celeste sotto un’auto e ti meravigli per un semplice pugno? Noto che anche Leo è pronto a fare a pugni. Un po’ sono preoccupata. Non vorranno picchiarsi qui, vero?

Poco dopo arriva una guardia armata e divide i due ragazzi. Alla fine Leo è riuscito a tenerti a bada, hai visto, Stefano? Li sto ancora guardando e mi accorgo che la guardia ha detto qualcosa a Leo e lui ha annuito. Sono ancora in agitazione e non capisco quasi niente, soprattutto quando vedo Leo raccogliere la sua giacca da una delle poltrone e venire verso di me.

“Vieni, Nicole, andiamo via” come, dove andiamo? E Stefano? “Dove?” chiedo ancora senza capire. “Andiamo” dice soltanto lui, spingendomi verso la porta del reparto. Quando siamo fuori, non ci fermiamo e Leo, dopo avermi preso per mano, mi tira verso le scale e poi verso l’uscita. Dove stiamo andando? Non domando niente.

Ci fermiamo solo quando arriviamo in fondo al viale dell’ospedale. Quando ci fermiamo, noto che Leo ha ancora addosso il camice sottile dei visitatori e la giacca in mano. Cavolo, io sto tremando di freddo, chissà lui che è senza giacca.

Mi giro verso di lui e lo aiuto a togliersi il camice nel freddo della mattina, mentre le persone ci passano accanto per andare da una parte all’altra dell’ospedale. Sono nervosa e ancora piena di adrenalina, infatti dico cose senza senso e mentre lo aiuto con il camice, continuo a ridacchiare come una scema.

“Sei stata forte” sussurra lui, tremando un po’ dal freddo. Ha spostato la giacca nell’altra mano per sfilarsi il camice e quando ci scontriamo a metà, improvvisamente sono molto più calma. “Davvero?” sussurro anch’io, un po’ perché non riesco a credere di aver fatto una cosa del genere, proprio io, che normalmente non avrei avuto il coraggio neanche di guardare negli occhi uno come Stefano e un po’ perché all’improvviso mi rendo conto che sono così vicina a Leo…

“Davvero” mi risponde Leo. La sua voce si è fatta più bassa e leggermente roca e mentre si avvicina mi appoggia le mani sulla vita. Oddio. Si avvicina ancora. Cosa fa? Non fare così Leo, perché altrimenti penso ancora che tu voglia baciarmi e invece non succederà. E io questa volta potrei proprio morire, perché mi sembra di non aver mai voluto nient’altro.

Mentre sto ancora pensando a come mi sentirò quando capirò che lui non vuole baciarmi, lui si è avvicinato così tanto che la sua bocca si è posata sulla mia e la sua lingua calda mi accarezza le labbra. Oddio. Oddio. Mi sta baciando? Ci stiamo baciando? Non capisco più niente nel momento in cui schiudo le labbra e ricambio il suo bacio.

Le sue mani diventano più solide e mi stringono con un vigore che posso solo che apprezzare e senza che me ne renda conto, ho alzato le braccia per portargliele dietro il collo e accarezzargli i capelli.

È fantastico. Leo è fantastico. Sto sognando. Non c’è un’altra spiegazione, non una logica. Quando si allontana da me, apro gli occhi e lo guardo: sta sorridendo. Oddio. Mi sa che non ho sognato.

Si agita per non far cadere la giacca piegata sul suo braccio e non staccare le mani da me. Quando lo capisco, sorrido senza volere. “Mi hai baciata” dico scioccamente, ancora un po’ incredula.

“È perché sai di buono” sento le mie guance arrossire mentre si china ancora verso di me. Stavolta mi alzo sulle punte dei piedi e gli vado incontro. Oggi sono coraggiosa, faccio cose mai fatte ma che mi vengono bene.

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Capitolo 20
*** Il telefono di Celeste -1 ***


Il telefono di Celeste - pt. 1


 -

Leo mi sta ancora baciando quando il suo telefono inizia a suonare. Borbotta qualcosa mentre si stacca da me e lo prende in mano, per guardare lo schermo. “Luca” dice mentre risponde. Lo guardo mentre parla al telefono con mio cugino e intanto la sua mano, quella che è ancora su di me, si muove, accarezzandomi.

Per un attimo sono persa nei miei pensieri, ma poi mi ricordo di tutto quello di cui mi sono dimenticata quando ci siamo baciati: Stefano, Celeste, il coma, il telefono…

Mi ricordo anche del mio telefono e rimetto la mano in tasca per cercarlo. Si sarà acceso? Lo guardo. Si è acceso. Possibile? Possibile! Sorrido mentre digito il pin e si sblocca lo schermo. In quel preciso momento ricevo tutte le notifiche che mi sono persa in quelle ore: i social, il gruppo della classe, gli amici del bar, le altre chat. Cerco di dare un’occhiata veloce a tutto, intanto che Leo parla con Luca, finché non becco proprio il messaggio di Leo di ieri sera. Quello che non ho finito di leggere.

                                                                                          

Mi dispiace per ieri. Penso di aver fatto una cazzata.

Dimmi che anche tu avresti voluto che finisse diversamente.

Vorrei averti baciato, vorrei non essere stato così stupido.

 

Dopo venti minuti mi ha mandato la buonanotte e due cuoricini subito dopo la parola. Forse pensava che non gli stessi rispondendo perché ero arrabbiata o stupida o me la stessi tirando. E invece no, sono solo maldestra e ho fatto cadere il telefono nella vasca. Scrivo anche a Sabina, spiegandole in poche parole quello che è successo. Poi le mando lo screen del messaggio di Leo e le scrivo che ho delle cose da raccontarle oggi pomeriggio, quando ci vedremo.

Sorrido senza un buon motivo. O forse sì? Ha scritto che voleva baciarmi e mi ha mandato due cuoricini. Sì, e mi ha baciato. E io ho baciato lui. Ci siamo baciati. Mi sto ancora crogiolando in quel pensiero, mentre Leo si stacca da me per voltarsi e dire: “Dove sei? Noi siamo dai pali della staccionata del reparto nuovo”.

Si sta guardando intorno e seguo anch’io il suo sguardo. Quando vedo Luca venire verso di noi, con il telefono all’orecchio e una mano in alto in segno di saluto, glielo indico. Tutti e due chiudono la telefonata e aspettiamo che Luca ci raggiunga mentre Leo si infila, finalmente, il giubbotto.

“Quindi? Che faceva Stefano alla camera mortuaria?” chiede a Luca, dopo che ci siamo salutati. Luca ci spiega che ha scoperto che Stefano conosce un medico legale e che gli ha fatto un sacco di domande sui lividi e le botte. Sembra che il nostro bravo Stefano si sia informato su quanto avessero potuto scoprire i medici sul corpo di Celeste nel caso fosse morta e si fosse effettuata un’autopsia. Non è un’ammissione di colpa? Giuro che ho i brividi lungo la schiena mentre Luca spiega questi particolari. Probabilmente sto tremando, perché Leo se ne accorge e inizia ad accarezzarmi la schiena facendo su e giù con la mano.

Annuisco quando mi chiede se sto bene e chiedo se possiamo andare in un bar. Vorrei qualcosa di caldo. Anche solo una tazza da tenere in mano per ricordarmi che da qualche parte c’è ancora un po’ di calore e il mondo non fa tutto schifo. Come se mi leggesse nella mente, Leo mi prende la mano e la stringe. Sorrido come una bambina e ricambio la stretta.

 Luca annuisce e dice che possiamo andare al bar lì di fronte, ma Leo gli spiega che abbiamo visto Stefano e preferirebbe uscire dalla zona dell’ospedale.

Ci dirigiamo tutti verso il cancello e usciamo dal cortile dell’ospedale, imboccando poi una via laterale. Quando incontriamo il primo bar, ci fiondiamo dentro e occupiamo un tavolo.

“Allora, hai detto di conoscere il pin di Celeste?” mi dice Leo, allungandomi il telefono della sorella. Annuisco. Lo accendo proprio mentre il cameriere ci porta le ordinazioni. Oggi niente tè. Ho preso un cappuccino bollente, per scaldarmi e per svegliarmi del tutto.

Quando il cameriere se ne va, tutti e tre rivolgiamo la nostra attenzione al cellulare che, posato lì sul tavolo, si illumina e torna buio più volte, nella sua fase di accensione.

Quando digito i quattro numeri del mio flashback non succede niente. Cavolo. Ho sbagliato a digitare? Quattro Quattro Otto Tre. Me lo ricordo benissimo, ho guardato Celeste digitarlo nel ricordo in cui ho visto Luca. No, non ho sbagliato. L’ho digitato giusto, ma il telefono vibra negativo e ci proibisce l’accesso. Merda. Alzo gli occhi sbarrati sui ragazzi, che mi guardano pieni di aspettativa. No. Non può essere.

“Non è quello giusto, mi sa” dice Luca, forse un po’ deluso, ma senza accuse. “L’ho visto in un flashback. C’eri anche tu, eravate a mangiare in un bar, per pranzo”.

Per un attimo mi sembra di vedere arrossire mio cugino, ma poi lui annuisce serio e penso di essermelo solo immaginato. “Potrebbe averlo cambiato” dice lui.

“Perché avrebbe dovuto?” chiede Leo, guardando il ragazzo. Luca alza le spalle. “Non saprei”.

Beh, ora siamo punto a capo. Non abbiamo niente. “Magari alla polizia riescono ad accedervi anche senza il pin. Avranno modo di hackerarlo, no?” chiede Leo a nessuno in particolare, senza troppa convinzione. Sì, possono farlo senz’altro, ma quanto tempo ci metteranno prima di scoprire qualcosa?

Oh, Celeste, cavolo, perché mi hai mostrato la cosa sbagliata? Perché? Sento il formicolio e inizio a sorridere da sola. Sono riuscita a comunicare con Celeste. Sono riuscita a chiederle di mostrarmi qualcosa. Sto ancora sorridendo a Leo. Il suo sguardo si fa strano mentre mi guarda e lo vedo scomparire…

Sono in casa di Celeste. Qualcuno sta bussando alla porta e lo fa violentemente. Prendo il telefono da sopra il tavolino e inizio a schiacciare i numeri per sbloccarlo. Cavolo cavolo. Celeste è velocissima. Non riesco a starle dietro. Ma poi noto i particolari: le tremano le mani, i numeri che schiaccia sono sempre diversi e il telefono non si sblocca.

Vorrei prenderla per le spalle e riuscire a calmarla. È agitatissima, lo sento da dentro. Celeste, Celeste, qual è il problema, adesso? Mi volto verso la porta quando un colpo più forte è accompagnato da un grido: “Celeste!”

Ora ho capito: È Stefano. Lo sguardo di Celeste torna al telefono, ma le sue mani restano ferme. La sento sospirare e prendersi un attimo per calmarsi. Brava. Così, dai. Mostrami quello che devo vedere. Digita il pin. È diverso da prima. Aveva ragione Luca. Due sette uno due. Sì! Il telefono apre la pagina centrale. È quello giusto. La vedo scorrere le icone frettolosamente, senza trovare quello che le serve. Che cerca? Poi apre la pagina di ricerca e inizia a digitare una parola: ‘Reg’…

Un altro forte tonfo contro la porta ci distrae di nuovo e la sento sobbalzare. Ok, ho capito: lì fuori c’è Stefano e sta cercando l’app per registrare le conversazioni. Brava Celeste, reagisci!

Piano piano il telefono scompare davanti ai miei occhi mentre sento ancora Stefano urlare…

 

“L’ho visto! L’ho visto!” sono così eccitata che salto sulla sedia quando torno mentalmente al bar. Leo sorride mentre mi sussurra: “Bene” e mi accarezza la mano. Sono un po’ imbarazzata mentre guardo le sue dita muoversi sulle mie, ma quando alzo gli occhi su di lui, il suo sguardo è così intenso che l’imbarazzo svanisce lasciandomi a ben altri pensieri.

“Quindi?” chiede Luca, osservandomi accigliato. Cavolo! Mi ero scordata di Luca. “Due, sette, uno e due” dico di fretta, come per scusarmi. Luca diventa rosso e ammutolisce di colpo, spalancando la bocca. Oh. Oh? Perché? “Lo sapevi? Hai riconosciuto il pin?” gli chiedo. Lui scuote le spalle con fare noncurante ma si vede che fa finta. “È una data” spiega. In che senso? Poi vedo Leo scrivere i numeri su un tovagliolo di carta, di quelli che non servono a niente da tanto sono rigidi.

27 – 12

Oh, giusto, ventisette dicembre. Poi capisco. Quel giorno deve essere successo qualcosa di importante. “Cos’è successo il ventisette dicembre?” gli chiedo, mentre lui si imbarazza molto più di me prima.

“Sono abbastanza sicuro di non volerlo sapere, se è quello che penso…” dice Leo, prendendo il telefono di Celeste e digitando il pin. Guardo Luca che mi sorride senza dire niente e fa spallucce. Oh. Ma che carino. Chissà cosa è successo davvero. Un bacio? Si saranno baciati? Qualcosa di più? Mio cugino è un gentiluomo perché non si lascia sfuggire niente, ma io quasi ridacchio, sorridendogli. Mi piace che Celeste consideri importante qualcosa con Luca. Mi piace che consideri lui importante.

“Ecco!” dice Leo, ignorandoci e guardando il telefono di Celeste. Fa scorrere la chat con Stefano e possiamo vedere tutti i messaggi che lui le ha mandato. Loro rimangono basiti e vedo la mano di Leo più volte stringersi convulsamente. Anche Luca si irrigidisce e vedo la sua mascella muoversi mentre digrigna i denti. Oddio, pensavo che non avesse più quel tic. Povero Luca. Lo vedo abbassare lo sguardo e so che si sente in colpa. Perché mi sento in colpa io, che Celeste non la conoscevo, quindi posso solo immaginare come possano sentirsi loro.

Così prendo il telefono dalle mani di Leo e cerco l’app per le registrazioni. Quando la trovo, noto che ci sono una decina di file, così infilo il jack delle mie cuffiette nel buco e faccio partire il primo audio in ordine di data. La registrazione è molto rumorosa, probabilmente perché Celeste muoveva il telefono velocemente, è una cosa che anch’io ho imparato a non fare, dopo, e quindi non si sente molto, ma la voce di Stefano che grida è chiara e si sente anche Celeste rispondergli.

Ascolto anche gli altri, ma alcuni durano pochissimo, come se fossero delle prove che Celeste ha fatto e poi non sono stati cancellati. Ce n’è un altro, in cui c’è Stefano, ma anche quello, non si sente molto bene. Allungo gli auricolari ai ragazzi e glieli faccio sentire. Non è molto, ma è più di prima. I messaggi e le registrazioni. Ce li faremo bastare. Dobbiamo.

“Andiamo alla polizia” dice Leo, alzandosi. Ci alziamo anche io e Luca e lo seguiamo alla cassa. Sì, andiamo alla polizia. Ma… Bo… mi sembra tutto così strano. Non sono delle gran registrazioni, potranno bastare? Mmm, non sono così sicura, io, ma è tutto ciò che abbiamo.

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***Eccoci qui con l'ultimo capitolo! Ho dovuto dividerlo in due, ma pubblico presto anche l'altra parte. Buona lettura a tutti!

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Capitolo 21
*** Il telefono di Celeste -2 ***


Il telefono di Celeste pt.2

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Quando entriamo alla stazione di polizia, ci guardiamo intorno un po’ confusi. Effettivamente, dove si va a fare una denuncia del genere? Rimaniamo nell’atrio a osservare quello che succede intorno e poi ci guardiamo in faccia tutti e tre. Ok, dovremmo cercare qualcuno.

“Perché non chiami Claudia?” chiedo a Leo. Lui annuisce, forse contento di aver qualcosa da fare, quando qualcosa attira la mia attenzione: una poliziotta sta mescolando il caffè, mentre chiacchiera con una collega. È la poliziotta del flashback. Mi avvio a lunghi passi verso di lei, lasciando Luca stordito e Leo al telefono.

“Buongiorno, avremmo bisogno di lei” dico, abbastanza sfacciatamente per i miei gusti. Ma non ho deciso oggi di buttarmi in cose che non ho mai fatto? “Buongiorno” la poliziotta mi guarda incuriosita. Effettivamente ha ragione, non mi ha mai visto. Lei.

“Lei ha aiutato una mia amica…” Ora sono molto meno carica di prima, ma l’agente annuisce un po’ seria e mi dice di seguirla. Faccio cenno ai ragazzi e loro mi seguono.

La poliziotta guarda male Leo e Luca, ma io le dico che sono con me e lei annuisce facendoci entrare in un ufficio. Noto che è quello del mio flashback. Sorrido un pochino. Tutto torna. Mi sento un po’ più sicura.

Spieghiamo brevemente tutto, di Celeste, di cui lei si ricorda, di Stefano, dell’incidente, del telefono. Glissiamo sul fatto dei flashback, perché effettivamente è una cosa un po’ difficile da capire, ma l’agente prende il telefono e guarda tutte le cose che le mostriamo. Il suo sguardo è serio e dice che, essendoci stato un incidente, si può indagare in maniera diversa. Sono tentata di dirle che è stata colpa di Stefano, che è stato lui a spingerla, ma non ho una giustificazione per dire che lo so. Non una credibile. “Stefano era con lei quando è successo?” chiede lei. Noi annuiamo tutti insieme. Sembriamo ammaestrati. Ci guarda tutti e tre e, per un momento, ho paura che ci sbatta fuori. “E perché il telefono non è stato consegnato prima?” chiede ancora dubbiosa. “Mia nonna non ha pensato a consegnarlo e noi pensavamo fosse andato perso. Ci è sfuggito. E non pensavamo che lui potesse aver fatto…” Non so se lei è convinta. Continua a leggere la chat senza dire niente. Sono nervosissima. Lei può aiutarci, ha parlato con Celeste, sa già qualcosa, ma ho quasi paura che non creda a noi.

“Ciao Melissa” Alziamo tutti e quattro gli occhi su Claudia che è appena entrata nell’ufficio e mi sorride, prima di salutare anche noi. Melissa, la poliziotta, alza gli occhi dal cellulare e saluta Claudia con un cenno del capo. Mi sembra quasi che Claudia stia in qualche modo garantendo per noi. Dopo un lunghissimo minuto di silenzio, la donna ci dice di sederci davanti alla scrivania. Claudia si unisce a noi e si appoggia alla scrivania sul suo lato corto.

Finalmente. Sorrido. Stiamo facendo qualcosa. E stavolta so che è la cosa giusta, quella che ci porterà da qualche parte.

Quando mi siedo sulla stessa sedia dove si è seduta Celeste, sento una strana sensazione. Strana rispetto al solito. Sento il formicolio al petto, ma questa volta non rivivo un flashback.

Guardate i video nel telefono. Non solo le registrazioni. I video. Guardate i video

È Celeste, di nuovo. Mi dice di guardare i video. Diamine, non abbiamo guardato i video. Non ci ho pensato. Dico alla poliziotta di guardare anche i video. Lei scorre prima tutta la chat di Stefano e poi mi dà retta e appoggia il telefono sulla scrivania e fa partire l’ultimo video dicendo che ha la data del giorno dell’incidente. Ci avviciniamo tutti.

Le immagini sono un po’ sfocate, mi sa che Celeste non ha ancora imparato a non agitare il telefono quando registra qualcosa. Si vede più di una volta una strada, dei negozi che mi sembra di conoscere, delle auto e delle persone. Quando sullo schermo compare la faccia di Stefano, capisco che è il video che Celeste ha girato proprio durante l’incidente. Spalanco gli occhi sorpresa. Non avevo fatto caso di avere il telefono in mano quando ho avuto il flashback. Fantastico. Non sarò l’unica a sapere cosa è successo. Mi ero alzata dalla sedia per guardare il video, e mi risiedo un po’ pesantemente, lasciando agli altri la visione. Quando si sentono chiaramente le parole di Celeste e Stefano che litigano, rabbrividisco, ma almeno è tutto lì, lo possono sentire e vedere tutti. Non sarò l’unica, stavolta a vivere quel dramma. Quando sento la frase di Stefano ‘Allora muori’ chiudo gli occhi e stacco la mente quando sento il rumore della frenata dell’auto.

Non so cosa succede dopo. Immagino che la poliziotta abbia fermato il video e probabilmente detto qualcosa, ma io non la sento. Mi sento debolissima, come se avessi corso la maratona e ora non riuscissi più a prendere fiato. Sono stanca. Leo si accorge di me e mi si avvicina chiedendomi se sto bene. Annuisco ma gli chiedo se va bene o se hanno ancora bisogno di me. Se quello che abbiamo scoperto può bastare a fermare Stefano.

“Lo facciamo subito. Non preoccuparti, tutto questo lo mettiamo agli atti e faremo qualcosa” mi spiega la poliziotta, stranamente gentile. Muovo la testa su e giù mente Luca mi guarda accigliato dicendo: “Non hai una bella cera, Nicole, sei molto pallida” anche lui sembra preoccupato.

“Vuoi qualcosa da bere?” mi chiede Claudia. Anche lei sembra preoccupata. Riesco solo a scuotere la testa. “E se rimango io qui e tu la accompagni a casa?” propone Leo a Luca. Lui annuisce.

Sto per alzarmi, quando mi rendo conto di non aver neanche fatto il gesto per tirarmi su. Con gli occhi sbarrati guardo una ragazza che si alza dalla mia sedia e si allontana. Sbarro ancora di più gli occhi: è Celeste. Riesco a riconoscerla, nonostante non l’avessi mai vista così a distanza. È vestita come l’ho vista poco fa all’ospedale: una lunga camicia da notte azzurra le arriva alle caviglie, lasciandole scoperti i piedi: è scalza. Quando si gira posso vederla in viso. È la prima volta che la vedo con gli occhi aperti, a parte quando l’ho vista allo specchio. Vederla così, come se fosse un’altra persona, un po’ mi disorienta e mi preoccupa. È come se fosse andata via, via da me. Come se fosse finito, come se lei non avesse altro da fare. Una sorta di malinconia mi riempie il petto e ho quasi paura di piangere per questa perdita.

Ma poi Celeste sorride. È un sorriso triste, il suo, ma effettivamente ci sta. Quando si volta verso i ragazzi, che non la vedono , il suo sguardo, se possibile, si fa ancora più triste. Poi torna a guardare me, alza un braccio, quello con il tatuaggio a forma di ‘C’, mi saluta e se ne va dalla porta dell’ufficio.

“Celeste!” mi sento sussurrare. Mi alzo di fretta, finalmente ci riesco, e raggiungo la porta, ma quando la oltrepasso, non la vedo più. Lei non c’è. No. No. Dov’è andata? Dove?

“Tutto bene?” mi chiede Leo, raggiungendomi. Anche lui ora ha la fronte corrugata. Mi passa un braccio dietro la schiena e mi stringe a sé. Devo sembrare una pazza, dannazione. “Celeste… se n’è andata…” riesco a sussurrare ancora. Lui mi abbraccia e io nascondo il viso contro il suo petto. In quel momento suona il cellulare di Leo e lui  risponde senza staccarmi da sè. È Isabella.

“Nonna, non piangere. Scusa, non capisco cosa dici, riesci a… Oh” Tiro su il viso giusto in tempo per vedere i suoi occhi che si spalancano e lui non dice più niente, guardandomi.

“Che succede?” chiede Luca, e io lo ringrazio, perché non sono riuscita a farla io, quella domanda.

“Mia nonna… È in ospedale… Celeste… Lei è…”

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***Eccoci con l'ultimo capitolo!!! Come? Vi ho lasciato in sospeso? Davvero? Sì ok, lo so... 😜  A breve ci sarà  l'epilogo...  promesso. Grazie a tutti voi che leggette. Grazie davvero.

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Celeste

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Incontro di anime

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Sono passati quattro anni da quando mi sono svegliata dal coma e l'unica cosa che ricordo con chiarezza fu l'emozione che provai quando Nicole mi abbracciò. È strano descriverlo adesso, che sono a conoscenza di tutto quello che è successo, delle cose che hanno fatto lei, mio fratello e Luca per salvarmi da Stefano, ma quando lei strinse le sue braccia intorno a me, mi sembrò una cosa così giusta che mi dimenticai di non conoscerla affatto.

Nicole entrò nella stanza dell'ospedale e io sapevo a malapena il suo nome, ma quando uscì, dopo due ore, mi sembrò di conoscerla da sempre. Nonna disse che avevamo un legame particolare ed era per questo che l'avevo scelta. E se all'inizio non capii cosa volesse dire, quando ci toccammo, le nostre anime entrarono in contatto e in quel momento mi fu tutto chiaro. Ed era vero che l'avevo scelta, avevo scelto di dividere con lei i miei ricordi e di mostrare proprio a lei, ciò che ero. E non l'avevo fatto, come diceva la nonna, perché lei è come noi, ossia capace di empatia e sensibile alle emozioni degli altri, ma perché le nostre cose in comune non finivano lì.

Nicole era timida come lo ero stata io e odiava le lezioni di scienze. Era leale e sincera, una buona amica ed era una sorella maggiore, proprio come me. Le piaceva camminare sulla sabbia e aveva un cuore d'oro. Erano tutte cose che mi piaceva pensare anche di me. Purtroppo lei, come era successo a me, aveva poca stima di sé, e io ho pensato che avrei potuto aiutarla a 'sbloccarsi', così come avevo fatto io. Avrei potuto aiutarla a sbocciare. E lei era sbocciata. Io l'avevo aiutata. E lei aveva aiutato me.

Sono ancora convinta di averla scelta per questo. Mi piace pensare che ci siamo aiutate a vicenda. Non so se sia vero, ma io la penserò così per sempre.

***

"Ciao, Celeste" Quando Nicole entra dalla porta si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia. Purtroppo non posso muovermi dal divano. La nonna, dalla cucina la saluta ad alta voce e poi si affaccia con il canovaccio in mano chiedendo se si ferma a cena. Nicole annuisce e si siede vicino a me.

"Come stai?" mi chiede.

"Sono stufa" confesso. Lei sorride teneramente "Dai, porta pazienza..."

Sbuffo come quando avevo cinque anni e penso subito che se ci fosse stato Leo avrebbe riso di me invece che consolarmi come sta facendo la sua fidanzata.

"E te?" chiedo anch'io. Lei e Sabina studiano all'università. Sabina studia lettere, mentre Nicole è iscritta alla facoltà di giurisprudenza. Lì mi sa che ho colpa io. Perché prima della storia di Stefano, Nicole non aveva idea di cosa fare dopo il diploma, mentre invece, dopo che l'hanno arrestato, ha avuto le idee chiare fin da subito.

"Dovrò fare scorta di tisana rilassante, Cristina ha un nuovo gruppo rock preferito e Simone ha appena iniziato il nuovo asilo. Mamma e papà sono nel pallone. Io ero molto più calma, di tutti e due" mi dice, sorridendo. So che adora i suoi fratelli.

"Allora vuol dire che hai bisogno di una pausa, stasera Luca e Leo restano in palestra... se noi ci guardassimo un film? Chiama anche Sabina, facciamo una serata fra donne!!" Mi esalto un po'. Effettivamente è la cosa più eccitante che mi sia accaduta nelle ultime due settimane.

Nicole accetta e chiedo alla nonna se ha voglia di guardare un film con noi mentre cambio posizione sul divano. Ormai manca poco.

Nonna viene vicino a me e mi accarezza la pancia. "Sarà un maschio" mi dice sorridendo.

Il frugoletto che porto in grembo da quasi nove mesi, non si è voluto far vedere in nessuna ecografia, così noi eravamo ancora incerti nel giallo e nel verde, ma quando la nonna ha quello sguardo non ci sono più dubbi e tutte e tre sappiamo che sarà un maschio.

Vedo gli occhi di Nicole spalancarsi di meraviglia e cercare i miei. So cosa sta pensando e insieme diciamo: "Angel!"


FINE


***Siamo arrivati in fondo!!! Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e a chi ha letto la storia (molto travagliata, per me in primis, di Nicole) spero vi sia piaciuta nonostante tutti i miei tentennamenti e le immancabili testate che ho dato al muro. Grazie ancora!! 😊


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