Nankurunaisa

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** On your lips ***
Capitolo 2: *** A help ***
Capitolo 3: *** The right opportunity ***
Capitolo 4: *** Non lasciarmi ***
Capitolo 5: *** Help & Threats ***
Capitolo 6: *** Alone togheter ***
Capitolo 7: *** Terapia d'urto vincente ***
Capitolo 8: *** Sempre avanti ***



Capitolo 1
*** On your lips ***




«Coraggio, Trunks! Di che cosa hai paura? Abbiamo affrontato di peggio, lo sai anche tu questo.»
Trunks si rendeva conto che, spesso e volentieri, il suo migliore amico tendeva ad essere molto insistente. Ma lui lo era altrettanto, motivo per cui non lo avrebbe assecondato.
«Ho detto di no. Non mi piacciono i concerti. E lo sai.»
«Andiamo, almeno accompagnami!» esclamò Goten. «Vuoi farmi andare da solo?»
«Anche se fosse, dubito che potrebbe succederti nulla di male. E poi immagino già cosa direbbe mio padre “Tsk, perdi tempo con queste sciocchezze da terrestri? Dovresti pensare a cose più importanti!”»
Goten spalancò gli occhi e rise di fronte quell’imitazione così simile all’originale.
«Beh, al sottoscritto le sciocchezze da terrestri piacciono, quindi ci vado. Dai, il mio gruppo preferito sarà qui in città, non posso non approfittarne. E comunque sia, tu verrai con me», chiarì Goten, dandogli le spalle.
«No… ho detto di no…», borbottò Trunks, seppur debolmente. Aveva perso, ovviamente. Forse non era abbastanza duro, ma cosa poteva farci? Goten sapeva come prenderlo, lo conosceva meglio di chiunque altro da quando era bambino. Erano sempre stati un po’ ai poli opposti, ma adesso che erano cresciuti quelle differenze sembravano ancora più marcate. Il suo amico dai capelli neri era gioviale allegro, con una gran voglia di fare e di scoprire. Lui un po’ meno. Probabilmente era la ragione e la calma della coppia.
Della coppia.
Una normale coppia di amici.
«Goten, aspetta» chiamò poi. «Non mi hai nemmeno detto a che ora ci vediamo! Goten? Ah, lasciamo perdere!»
 
Il principe dei Sayan si era ormai rassegnato all’idea che il figlio più piccolo di Kakaroth bazzicasse sempre in casa sua. Dopotutto lui e suo figlio erano uniti da un profondo legame di amicizia. Un legame di amicizia davvero molto  stretto, in effetti. Ora che ci pensava, Trunks non aveva altri amici. E questo era un male. Non era mai un bene legarsi troppo ad una persona. Non sapeva perché, ma il suo sesto senso gli suggeriva di tenere alta la guardia. Dopotutto, Kakaroth e la sua prole portavano sempre e solo guai.
Era appena uscito dal bagno, l’asciugamano ancora intorno al collo. C’era uno strano silenzio, Brà doveva star giocando da qualche parte e… quell’aura!
«Ciao, Vegeta! Me ne stavo giusto andando, buona giornata!» esclamò Goten passandogli accanto come se nulla fosse.
Tsk, perché quell’individuo era sempre in casa sua?! Tale e quale a suo padre quello lì.
Bulma, con addosso un camice bianco, aveva appena lasciato il suo laboratorio per fare un break. Ma l’espressione contrariata del marito, fermo e immobile come se stesse meditando, non poté sfuggirgli. Decise però di ignorarlo.
«Oh, Goten è andato via? È così un bravo ragazzo»
«Sì, proprio un bravo ragazzo. Sia chiaro, non mi piace che Trunks e il figlio di Kakaroth passino tutto quel tempo insieme. È strano.»
Bulma inarcò un sopracciglio.
«Beh, ma da che pulpito! Sbaglio o anche tu e Goku passate tanto tempo insieme?»
«Non è assolutamente la stessa cosa. E poi io non lo considero un amico, ma per favore! Con quei due è diverso, stanno sempre appiccicati. E la cosa non mi piace!»
Chissà perché suo marito batteva tanto su quel discorso. Dopotutto, Trunks e Goten erano sempre stati amici sin da bambini. Magari qualcosa era cambiato e lei non se n’era nemmeno accorta?
«Coraggio, non essere paranoico. Sono ragazzi, adolescenti. E perché tu lo sappia, gli adolescenti sono così. La cosa ti mette in difficoltà?» domandò con un sorriso divertito.
«Tsk», Vegeta si limitò a distogliere lo sguardo, senza però rispondere.
I ragazzini erano un conto, ma i maledetti adolescenti con tutti i loro problemi! Certe cose erano molto più difficili che salvare il pianeta o sconfiggere potenti nemici,
Ma nessuno, proprio nessuno, avrebbe potuto convincerlo del fatto che qualcosa sarebbe ben presto accaduto.
 
Trunks era nervoso. Ultimamente gli accadeva spesso e più tentava di non pensarci e peggio era. La colpa era tutta del suo amico dai capelli neri. In verità, Goten non aveva fatto niente di male, era lui quello totalmente incapace di gestire certe cose, certe sensazioni. Era stravolto, confuso, pieno di domande a cui sicuramente non avrebbe trovato risposta.
E avrebbe fatto meglio a tenerle per sé, quelle domande. Non poteva permettersi di rovinare nulla.
Con fare molto sbrigativo uscì da camera sua. Ne avrebbe approfittato dell’assenza dei genitori per raggiungere Goten, onde evitare domande scomode. Alle volte era proprio incapace di mentire.
«Trunks, dove vai?»
Il ragazzo sussultò e poi voltò il capo. La piccola Brà lo guardava con due occhi curiosi e dolcissimi.
«Devo vedermi con Goten. Se mamma e papà  te lo chiedono, dì loro che sono andato ad allenarmi.»
La bambina sgranò le iridi azzurre e poi si lasciò andare ad una risatina.
«Ma questa è una bugia! Vi ho sentiti oggi, voi state andando ad un concerto!»
Era stato colto in flagrante.
«Amh… è che Goten vuole che lo accompagni, per cui… ti prego, cerca di non farti sfuggire nulla! Sai che papà si arrabbierebbe. Puoi farlo per me?» supplicò.
Brà fece finta di pensarci su. In verità avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo adorato fratello.
«Va bene, non dico niente. Ma quando torni dovrai giocare con me. Senza dirmi che “sei impegnato”. Sennò non vale», chiarì muovendo un ditino.
Lui sorrise, scompigliandole i capelli.
«Così sarà, promesso. Adesso vado, ci vediamo dopo», la salutò infine.
Brà rimase lì a salutarlo con la mano, fin quando il ragazzo non sparì del tutto dal suo campo visivo.
 
Sarebbe stato sciocco sentirsi agitato? Probabilmente sì. Ora che ci pensava, quante volte lui e Goten erano usciti insieme così, come due semplici amici? In verità non molto spesso. E questa novità lo elettrizzava e lo agitava in un modo che non sapeva spiegarsi.
Lui e l’amico si videro al calar del sole. Non appena lo aveva visto arrivare, Goten aveva sollevato la mano e lo aveva salutato con calore. Trunks lo vide e osservò la luce morente illuminargli le iridi nere. E il suo cuore perse un battito.
Un’altra volta.
Un’altra dannata volta.
«Oh, sapevo che non mi avresti dato buca!»
«Non avevo altra scelta. Me lo avresti rinfacciato a vita altrimenti. Allora, è lontano questo posto?» sbuffò.
«No, non molto. Se ci sbrighiamo possiamo arrivare prima che sia totalmente buio.»
«Perché? Non andremo volando?»
«Vuoi attirare l’attenzione?» chiese Goten inarcando un sopracciglio.
Effettivamente, era meglio comportarsi da normale essere umani, anche se Trunks aveva l’impressone che in un modo o nell’altro l’attenzione l’avrebbero attirata comunque.
«Giusto. Va bene, allora sbrighiamoci. E ricordatelo. Sei in debito con me», chiarì infine, passandogli davanti con le mani infilate nelle tasche.
 
Goten non aveva fatto altro che parlare e straparlare durante il tragitto, circa il fatto che era il suo primo concerto e che non ci poteva credere, e poi ancora, che non ci poteva credere e che era il suo primo concerto.
Come poteva un sedicenne comportarsi ancora come un bambino?
Certo, non poteva dire che gli dispiacesse. Anzi, trovava che Goten fosse speciale soprattutto per quel suo modo di essere.
Esattamente come si era aspettato, al di fuori dell’arena dove l’evento si sarebbe svolto, vi era una fila immensa. Come se non bastasse, il corvino aveva perfino comprato, da un venditore ambulante, dei bastoncini dai colori fluorescenti.
«Andiamo, ma cos’è questa roba?» domandò Trunks.
«Beh, è roba che si usa ai concerti. Dai, tu prendi quello verde e io quello fucsia. E stammi vicino, tra poco entriamo.»
«Tra poco? Ci saranno almeno una trentina di…»
«Stiamo arrivandooo!»
«…Persone…»
Lo guardò di sottecchi e gli venne da sorridere. Si completavano così bene. Forse era per questo che lo vedeva un po’ come se fosse la perfetta metà di sé. Un concetto smielato, doveva ammetterlo, ma veritiero.
 
Circa quaranta minuti dopo, i due ragazzi furono finalmente dentro l’arena, strapiena di gente. Trunks si guardava attorno, non sapendo esattamente da che parte andare. E nonostante fosse la prima volta anche per Goten, quest’ultimo sembrava esattamente come muoversi.
«Vieni, andiamo a sederci! I nostri posti dovrebbero essere lì!»
Il corvino lo afferrò per un braccio, trascinandolo con sé.
«D-dovrebbero? Non sei sicuro neanche tu?!» esclamò, rimanendo comunque totalmente ignorato.
Finalmente, dopo aver girato a vuoto come due idioti, i due riuscirono a  sedersi. Trunks stava per tirare un sospiro di sollievo, quando Goten parlò di nuovo.
«Mi sono dimenticato che ho fame.»
«Come fai a dimenticare una cosa del genere? Beh, lasciamo perdere, alla fine ho fame anche io. Tu resta qui, vado io a prendere qualcosa.»
«Sicuro che non ti perderai?»
«No, non mi perdo, mi basterà localizzarti. Quindi resta fermo e non ti muovere!» lo raccomandò. Quello sciocco, alle volte gli dava l’idea di essere un po’ svampito. Dove sarebbe andato senza di lui?
E io dove andrei senza di lui?
Ancora pensieri. Era davvero difficile zittirli. Più tentava di frenarli e più loro tornavano, più prepotenti di prima. Dopo essersi rifornito di snack ad uno dei chioschetti, tornò dall’amico.
Ormai il buio era calato del tutto e le stelle brillavano alte nel cielo.
Da dove erano seduti, c’era una perfetta visuale del palco davanti a loro.
«Ah!» esclamò ad un tratto Goten, con la bocca piena di noccioline. «Ci siamo, ci siamo, sta iniziando!»
«Ma vuoi prima ingoiare? Animale…»
«Trunks! Sono così contento che tu sia con me questa sera!» esclamò eccitato, guardandolo dritto negli occhi. Goten era così spontaneo che  molto spesso diceva le cose senza pensare. E non c’era nulla di male in ciò che aveva appena detto, anzi. Ma quelle parole lo fecero arrossire.
«Dai, non c’è bisogno di ringraziarmi, lo sai» rispose, distogliendo per un attimo lo sguardo.
Poi respirò profondamente.
Fu una fortuna che il concerto ebbe inizio effettivamente pochi minuti dopo, almeno così l’atmosfera si sarebbe allentata.
E così in effetti fu, almeno in apparenza. Goten si stava divertendo come un matto a sventolare quel bastoncino fluorescente e a cantare  a squarciagola. C’era chi lo avrebbe trovato infantile, ma non lui. Quando era certo che l’amico non lo stesse guardando, era lui allora ad osservarlo con la coda dell’occhio. Non poteva negare in fondo che gli piacesse guardarlo.
Ad un certo punto Goten ebbe la brillante idea di farsi più vicino e circondargli le spalle con un braccio.
«Canta anche tu!»
«Non so cantare! E non conosco le parole.»
«Va bene, allora fai finta! E dillo che in fondo ti stai divertendo»
La sua presa su di lui si fece ancora più stretta. Trunks avrebbe potuto benissimo scostarsi, ma non lo fece. Sentiva che non ci sarebbe stato motivo. Quella vicinanza lo aiutò ad avvertire un certo tremore da parte dell’amico. Forse aveva freddo, nonostante la foga di ogni suo movimento?
«Goten, tu stai tremando.»
«Che? No, non è vero. Sto bene.»
«Ti sento tremare. Beh, la prossima volta dovresti coprirti di più.»
Senza pensarci due volte si tolse la felpa e gliela porse. Anche questo gli era venuto incredibilmente naturale.
«Che devo farci?» chiese ingenuamente l’altro.
«T-tu che dici?! Devi indossarla, naturalmente.»
«A-ah, giusto! Grazie, davvero un pensiero gentile da parte tua. Ma così non sarai tu quello a soffrire il freddo?»
«Credimi, non devi preoccuparti per me», lo rassicurò.
Goten decise di non porgere ulteriori domande e si infilò la felpa nera e bianca di Trunks. E percepì immediatamente il suo profumo.
Il freddo sembrava star passando, almeno in parte. Altrimenti perché le guance gli si sarebbero colorate di rosso?
Fu allora che Trunks capì che forse, almeno un pochino, poteva anche sciogliersi. Dopotutto quando era con Goten finiva sempre così. Lo trascinava in un mondo bellissimo.
Il concerto era andato avanti e il corvino sembrava a dir poco euforico. La musica era alta, c’erano grida, rimbombi, i cuori sembravano essersi alleggeriti.
«Io voglio un bis! Facciamo un tris anzi!» esclamò ad un certo punto Goten, smanioso, agitando le braccia.
«Ehi, calma furia scatenata»
«Non posso stare calmo. Perché sono felice. Felice di essere qui, di essere qui con te! Grazie per avermi accompagnato! Tu sei… senza ombra di dubbio… il migliore. Ti adoro!»
Quella leggerezza del cuore aveva permesso a Goten di mettere da parte  un po’ del suo auto controllo. E allora l’aveva agito, lo aveva fatto naturalmente, così com’era naturale respirare o parlare. Aveva poggiato le mani sulle guance di Trunks e gli aveva donato un bacio.
Un bacio semplice, quasi uno schiocco sulle labbra, eppure quel gesto tanto semplice aveva generato una vera e propria esplosione di emozioni.
Goten si scostò molto più lentamente di quanto si fosse avvicinato. Aveva recuperato un po’ di lucidità.
«Oh, cazzo. Trunks, mi dispiace. I-io non lo so perché l’ho fatto, forse mi sono lasciato andare troppo e… oh, che cretino! Sei arrabbiato con me, vero? Va bene, puoi darmi un pugno, ma solo uno, eh?»
Aveva preso a parlare e a straparlare come al suo solito, non accorgendosi neanche dello sguardo dell’amico. Trunks era arrossito, era in imbarazzo, ma non era solo questo. Quel bacio aveva smosso qualcosa in lui.
Mi sono sforzato tanto e alla fine è stato tutto inutile. Oh, al diavolo tutto. In fondo non sono stato io a cominciare.
«T-Trunks? Perché mi guardi così?»
Gli si avvicinò quasi con fare minaccioso. Goten si aspettava di ricevere un pugno, un insulto, qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa meno che quello.
Trunks era di nuovo sulle sue labbra e non sembrava intenzionato a staccarsi. E d’altro canto, il corvino non ne aveva né voglia né motivo.
Non aveva idea se si potesse o meno morire di felicità. Ma se davvero era possibile, allora era quello ciò che si provava: le vertigini, il batticuore, la sensazione di cadere con la certezza che quella braccia non lo avrebbero comunque lasciato andare.
Perché era successo? Quando erano diventati questo?
Non lo sapevano. E non aveva importanza.
 
Avevano fatto più tardi del previsto, ma non era di quello che Trunsks si preoccupava. Effettivamente aveva svuotato un po’ la mente, riusciva solo a pensare al fatto che tra lui e Goten fosse calato un silenzio più che imbarazzante. Per forza, dopo ciò che era successo. Ma cosa poteva farci?
Goten aveva iniziato, ma lui aveva proseguito, quindi si poteva dire che fosse colpa di entrambi.
Uscirono dall’arena stanchi. Il corvino aveva ancora addosso la felpa dell’amico, adesso avvertiva di nuovo freddo.
Cosa avrebbero dovuto dire in un caso come quello? Non succedeva tutti i giorni che due amici di infanzia si scambiavano dei baci molto sentiti.
Non dall’oggi a domani.
Oh, ma chi volevano prendere in giro? Sapevano entrambi che non si trattava di una cosa recente. Lo sapeva Trunks, che fino a quel momento aveva solo fatto finta di non capire. Ma in verità aveva sempre saputo, gli era solo servita una spinta.
«Beh… per quanto ancora vogliamo fare finta di niente?» domandò infatti ad un tratto.
Goten non lo guardava, teneva la testa china.
«Cosa dovrei dire? Sei stato tu»
«Io? Mi risulta che sia stato tu a cominciare.»
«B-beh, non è colpa mia! È stata una cosa così spontanea che mi è venuta naturale. Piuttosto, perché hai ricambiato? Cosa c’è, ti piaccio?»
«Ed io?» domandò fronteggiandolo.
«La smetti di rispondere alle mie domande con altre domande?»
«No, non posso. E non dirmi cose come “facciamo finta di niente”, perché non ci penso proprio. Gradirei sapere cosa passa per la testa del mio migliore amico.»
Solo a quel punto Goten sollevò lo sguardo. Migliore amico.
Perché tacere? Dopotutto era abbastanza stupido, considerando il loro approccio di poco prima.
«Lo sai cosa? È che sono consapevole del fatto che non dovrebbe essere così. So che dovremmo essere due bravi amici che si vogliono bene e nulla più ma... temo di essere andato un po’ fuori dai piani» ammise sorridendo. «Da bambino non immaginavo che l’affetto nei tuoi confronti sarebbe cambiato. Ma crescevamo e più crescevamo ed io capivo. Ti vedevo cambiare e il mio sentimento cresceva con me, con noi. Peccato che ho mandato all’aria anni di silenzio. Che stupido.»
Trunks lo osservò per qualche istante.
«Effettivamente sei proprio stupido. Se avessi parlato prima, mi sarei evitato anni di inutili complessi. A saperlo prima, sarei stato più tranquillo.»
«Cosa intendi?»
«Tu che pensi? Ti ho baciato anche io. Forse perché anche io provo quello che provi tu. Non capisci? Proviamo le stesse cose.»
Goten lo fissava con un’espressione un po’ da stupido. Come avrebbe risposto a quella sua dichiarazione?
«Capisco. Wow, questa è forte. Davvero forte.»
Tipico di lui…
«Già. Ebbene, cosa vogliamo fare? Vuoi continuare a far finta che niente sia successo?»
«Vuoi chiedermi di diventare il tuo ragazzo?»
Questo era fin troppo imbarazzante
«N-non ho mai detto questo.»
«Peccato, perché ti avrei detto sì.»
«Aspetta, cosa?!»
Quello scemo sapeva proprio come fargli perdere la testa. Ma com’era successo? La mattina stessa si erano svegliati ed erano ancora amici, adesso si erano scambiati baci, dichiarazioni. Trunks gli andò dietro.
«Ma la cosa non ti crea nessun problema?»
Goten strabuzzò gli occhi.
«Non vedo perché dovrebbe. Ti conosco meglio di chiunque altro. Alla fine non cambierà tanto… no, non è vero, cambierà tutto. Ma non ho nessun problema.»
Trunks si indicò.
«Anche se sono un uomo proprio come te?» sussurrò. L’amico lo fissò come se avesse avuto un folle davanti. Quel piccolo dettaglio non sembrava disturbarlo per niente.
«Ma a me tu piaci indipendentemente da tutto. Penso che questa cosa vada un po’ oltre il sesso di una persona. Non credi?»
Proprio come immaginava. Goten possedeva un’anima bellissima, in fondo era quello ciò che lo aveva conquistato. Si rese conto di essersi fatto dei problemi inutilmente. E allora sorrise.
«Sì… lo credo anche io. Ti accompagno a casa?»
«No, io accompagno a te. E in cambio mi tengo la tua felpa.»
«Scommetto che non hai mai avuto intenzione di ridarmela.»
Goten rise.
«Indovinato.»
 
Soltanto quando fu arrivato a casa, Trunks ritrovò coscienza di sé. Lui e Goten erano davvero quello che comunemente si sarebbe definita una coppia? In verità non c’era stata alcuna domanda e forse non ce ne sarebbe stato nemmeno motivo. Era stato tutto abbastanza esaustivo.
Avrebbe dovuto capirlo prima. Avrebbe dovuto comprendere prima dei sentimenti in comune che avevano. E invece non c’era riuscito. Ma meglio tardi che mai. Adesso era tutto un grande punto interrogativo. C’erano troppe domande che si poneva, aveva tanti dubbi ma provava anche tanta gioia.
Cos’era quella sensazione di leggerezza? E quella sensazione di felicità così ingiustificata?
L’amore, deve essere questo l’amore. Sto iniziando a chiedermi se fosse destino. Se magari era così se dovevo scoprirlo. Con te. Il più improbabile. Ma l’unico.
Davvero bizzarro alle volte il destino, eh?
Si avvicinò alla sua camera e fece per entrare. Ma la sua sorellina lo aveva atteso tutta la sera e non appena lo aveva sentito rientrare, gli era andato dietro.
«Sei tornato!» esclamò con le mani poggiate sui fianchi.
«Sssh, non urlare» sussurrò Trunks. «Sì, sono tornato. Hai detto a nessuno dove sono andato?»
La bambina scosse il capo.
«Io mantengo sempre le mie promesse. Piuttosto tu, avevi detto che avresti giocato con me una volta tornato!»
Trunks alzò gli occhi al cielo. Aveva talmente tante cose a cui pensare e altrettante da metabolizzare, che l’ultima cosa che voleva era mettersi a giocare. Ma lo aveva promesso a Brà. E poi voleva evitare di farla arrabbiare, altrimenti addio alla copertura.
«E va bene», sospirò.
Brà chinò la testa di lato.
«Ma che fino ha fatto la tua felpa?»
«…Com’è che vuoi giocare?»
 
Nota dell’autrice
Questa storia inizialmente non doveva essere così. L’idea che la carissima Harriet mi aveva dato era “Trunks e Goten vanno ad un concerto all’insaputa dei loro genitori”. Ed io ho pensato: “Okay, dai, posso scrivere una OS di genere comico”.
No. Perché il mio cervello è andato ed è finita così. Dovrebbe essere una mini long, e dico dovrebbe perché neanche io mi fido tanto. Chi mi conosce sa che sono una fujoshi incallita e che Dragon Ball non è esente da questa mia passione (lo è meno rispetto ad altre, ma lo è comunque).
Quindi ho mantenuto l’idea di base del concerto ma… c’è stato un risvolto leggermente diverso. Sì, sicuramente Vegeta sarà molto felice quando lo scoprirà. Ma davvero tanto. Comunque sia, voglio un po’ vedere come me la cavo a gestire i personaggi e a metterli in queste situazioni che alla sottoscritta piacciono tanto. Spero che questo primo capitolo, abbastanza allegro in effetti, vi sia piaciuto ^^

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Capitolo 2
*** A help ***


 
 
Goten aveva finito con l’addormentarsi con la felpa di Trunks addosso. Era stato il suo profumo ad accompagnarlo nel mondo dei sogni. Quello stesso profumo che sentiva addosso, ora che si era svegliato.
Inizialmente pensò si fosse trattato tutto di un sogno, ma non appena aveva riacquistato un po’ di lucidità, ecco che le immagini della sera precedente gli si erano figurate davanti. E allora aveva capito. Aveva capito che tra lui e Trunks non sarebbe più stato lo stesso. E d’altronde era forse meglio così.
Entrambi avevano bisogno di qualcosa di più. Non di essere amici, fratelli, non solo, almeno. Avevano bisogno di stare insieme in modo diverso. In un modo che probabilmente non tutti avrebbero compreso.
Sì, adesso la mente di Goten aveva preso a carburare. Si rendeva conto che probabilmente le persone attorno a lui avrebbero reagito in maniera diversa, anche all’interno della sua famiglia.
E capiva che forse non tutti avrebbero visto di buon occhio la loro appena nata relazione. Lui di problemi non se n’era creati.
Il fatto che Trunks fosse del suo stesso sesso non era rilevante. Ciò che sentiva era qualcosa che andava oltre.
Cosa poteva esserci di innaturale, in questo?
«Goten? Allora, scendi oppure no?»
La voce di sua madre gli giunse alle orecchie. Sarebbe stato meglio obbedirle ed evitare di farla arrabbiare.
 
Già una volta Chichi aveva cresciuto un adolescente, ma ora come non mai si rendeva conto di quando Goten fosse diverso da Gohan. Quest’ultimo aveva infatti sempre avuto un carattere più tranquillo, per certi versi addirittura diligente. Il suo figlio minore, però, era di tutt’altra pasta. Era più ribelle, molto spesso con la testa sulle nuvole. Oh, non era difficile capire da chi avesse preso, in effetti.
Come se non bastasse, la sera precedente suo figlio aveva ben pensato di rincasare tardi, senza prendersi la briga di avvertire.
D’accordo che gli adolescenti erano adolescenti, come spesso le ripeteva Bulma, ma un minimo di senso si responsabilità non sarebbe guastato.
«Buongiorno, mamma.»
Goten si presentò in cucina, sbadigliando rumorosamente. La sua chioma corvina era spettinata e, ancora stordito dalla dormita, non si era premurato di togliersi di dosso la felpa di Trunks. Chichi, che stava lavorando ai fornelli, si voltò a guardarla truce.
«Giovanotto, cos’hai combinato ieri sera? Sei rincasato tardi e non ti sei neanche preso la briga di avvertirmi.»
«Ah, mi dispiace. Siamo stati ad un concerto», rispose senza pensare.
Sua madre sgranò gli occhi. I concerti potevano essere eventi molto pericolosi, specie per dei ragazzi di quell’età.
«C-cosa? Come sarebbe a dire? Tu e chi, di grazia?!»
«Io e Trunks. Lui però è solo una vittima delle circostanze. Volevo tanto andare e gli ho chiesto di accompagnarmi. Alla fine mi ha accontentato. Però non dirlo a Bulma, sai com’è…»
«Sì, so com’è. Avresti potuto avvisare! Spero che tu e Trunks non abbiate fatto nulla di strano. C’erano delle ragazze con voi?»
A quella domanda, Goten tossì rumorosamente, dopo essersi strozzato con del succo d’arancia.
«C-che? Ma cosa… no, assolutamente no!»
«Beh, perché fai quella faccia? Pensavo che fra giovani fosse una cosa normale! Comunque non mi importa se hai una ragazza, purché sia una con la testa a posto!»
Il ragazzo sospirò. Ovviamente, sua madre dava per scontato che avrebbe portato a casa una bella fanciulla. Non sapeva che, proprio la sera prima, lui e Trunks erano diventati una coppia.
Una coppia. Ancora faticava a crederci. Almeno per il momento sarebbe stato meglio non farne parola. In effetti non sapeva neanche cosa sua madre avrebbe pensato, in realtà non ne avevano mai preso l’argomento, non ce n’era mai stato motivo.
Avrebbe dovuto tastare il terreno, in qualche modo.
«Non preoccuparti di questo», rispose infine, pensieroso.
Gli altri erano il minore dei problemi, almeno per il momento.
Oh, ma di cosa si preoccupava? Era stato lui a cominciare.
Già, proprio lui. Bramava di rivedere Trunks come non mai. La cosa bella del fatto che gli altri non sapessero, era che poteva stargli vicino quanto e come voleva. E ciò andava decisamente a suo vantaggio.
 
Era raro che avvertisse Trunks quando decideva di andare a trovarlo. Di solito ad accoglierlo c’erano o Bulma o Brà, ma in quel caso c’erano sia madre che figlia. Brà era una bambina adorabile e gli voleva bene, così come la donna dai capelli turchini, la quale lo trattava come un figlio.
«Ti informo che Trunks sta ancora dormendo. Cosa avete combinato voi due ieri sera? So che era con te», disse Bulma con aria inquisitoria, ma senza alcun tono di rimprovero.
«Ah, niente, abbiamo passato una serata tranquilla.»
«È vero!» aggiunse Brà, che in tutto ciò era la loro più fidata complice.
«Non ti dispiace se vado a svegliarlo, vero?» chiese ad un tratto il corvino.
«No, anzi. Mi faresti un gran favore!»
Ora che Goten ci pensava, lui e Trunks avevano dormito insieme tante di quelle volte che quasi aveva perso il conto. Ma l’innocenza era stata lasciata dietro tanto tempo fa, dubitava che adesso sarebbero riusciti a fare lo stesso senza sfociare in altro. Ma forse era normale anche questo.
Andò in camera del ragazzo, le luci erano spente e lui dormiva beatamente come un bambino, tra le coperte disfatte.
Goten si chinò su di lui, senza riuscire a frenare un sorriso.
«Oh, Trunks… Trunks?» lo chiamò dolcemente, per poi alzare la voce. «Sveglia, dormiglione!»
Inevitabilmente si svegliò di soprassalto. Osservò Goten per qualche istante, con gli occhi sgranati.
«Va bene, sto ancora sognando. Mi rimetto a dormire.»
«Idiota, sono io! Guarda che il sole è sorto da un pezzo. Non sei felice? Sono venuto a svegliarti di persona, non tutti vantano una sveglia del genere»
«No, non sono felice», brontolò Trunks rifugiandosi sotto il lenzuolo.
«Bugiardo!»
Gli si buttò praticamente addosso, scostando il lembo di tessuto e incatenando gli occhi ai suoi. Doveva ammettere che Trunks appena sveglio aveva sempre un’aria adorabile. Lo osservò, per qualche istante.
«Ben svegliato, Trunks»
«Lo sono di certo. Dì la verità, mi hai pensato tutta la notte»
«A dir la verità ho dormito come un sasso. Perché? Ah, ho capito, sei tu quello che mi ha pensato tutto la notte. È per questo che stavi ancora dormendo, dovevi recuperare il sonno perso!»
Quando Goten si dimostrava così abile a capire, Trunks avrebbe avuto voglia di prenderlo a pugni. Era sempre in grado di farlo arrossire con una nonchalance notevole. Ciò non andava bene.
«Sta zitto!»
Lo afferrò dalle spalle, tentando di scostarlo da sé, ma il corvino sembrava essersi ancorato al suo corpo.
«Non è che mi dispiaccia averti addosso, ma se qualcuno entra mi sa che dovremmo dare un paio di spiegazioni», gli fece presente.
Goten allora, indispettito, gli afferrò saldamente i polsi, impedendogli di muoversi.
«Non essere codardo, Trunks. Prova a liberarti.»
«Lo sai che potrei, ma poi non vorrei farti male»
«Oh, hai paura di farmi male? Questa sì che è cavalleria.»
Avevano preso a ridere, senza motivo. Era stupefacente notare come, se da un lato le cose erano cambiate e sarebbero continuate a cambiare, dall’altro lato erano sempre loro, i due bambini che un tempo avevano giocato e lottato insieme. Veniva loro ancora naturale, approcciarsi a quel modo.
Anche se in più, adesso, c’era un batticuore che prima non esisteva.
 
Vegeta non si era sorpreso molto di percepire l’aura di Goten in casa sua. Oramai era abituato, quasi rassegnato all’idea che il suo primogenito e il figlio di Kakaroth passassero insieme la maggior parte del tempo. Aveva riflettuto molto sulle parole di Bulma. Alla fine era giunta ad una conclusione, aveva ragione lui. Il rapporto che c’era fra quei due ragazzi era molto diverso da quello dei rispettivi padri. Non avrebbe saputo dire con certezza in cosa si differenziasse, era più che altro una sensazione che da un po’ di tempo tornava spesso a tormentarlo.
In genere si guardava bene dall’intromettersi negli affari di suo figlio, ma nel passare di fronte la porta socchiusa della camera di Trunks, non riuscì a trattenersi. Con una grazia che solo il principe dei Sayan poteva avere, entrò come una furia. Trunks non aveva percepito in tempo la sua presenza, al che era stato costretto a togliersi di dosso Goten con forza, spingendolo via. Subito si mise seduto, sperando vivamente che suo padre non li avessi visti in quella posizione facilmente fraintendibile.
«Ehi, papà. C-come va?» domandò tentando invano di nascondere il tremolio nella sua voce.
Vegeta li guardò truce.
«Tsk, ma cosa combinate? Giocate come due femminucce? Dateci un taglio, siete troppo cresciuti!»
«Giocando? No, in verità io ero solo venuto a svegliarlo!» esclamò Goten giovale.
Irritante. Davvero irritante quel ragazzino. Come facevano ad andare così d’accordo?
«C-comunque sia non importa, sto per alzarmi. Io e Goten non ti disturberemo!»
«Lo spero bene», affermò autoritario.
Quando se ne fu andato ed ebbe portato via con sé la sua aura così soffocante, Trunks sospirò sollevato.
«Tu mi metterai nei casini.»
«Beh, ma prima o poi dovremo dirgli che stiamo insieme. Tu… pensi che tuo padre sospetti qualcosa? È da un po’ che mi guarda male.»
«Ma che dici? Lui guarda male tutti! Non lo so. Potrebbe prenderla molto male. E tu hai idea di come dirlo ai tuoi?»
«No, ma quella che mi preoccupa è mia madre.  Dà per scontato che avrò una ragazza ma… non è così. Io ho te e tu hai me. Se per noi non è un problema perché dovrebbe esserlo per gli altri?»
A volte Goten porgeva delle domande a cui non era facile trovare una risposta. Erano giovani, ma entrambi erano consapevoli che una relazione come la loro avrebbe potuto portarli ad essere sotto giudizio. Anche dei loro cari.
Un po’ tremante, Trunks allungò una mano, scostandogli un ciuffo ribelle dal viso.
«Non so risponderti, ma vorrei. Non voglio nascondermi. Dopotutto non ne abbiamo motivo, non ti pare?»
«È quello che dico anche io! D’accordo, umh…», fece pensieroso. «Forse prima potrei parlare con mio fratello. Lui saprebbe cosa consigliarmi.»
«Con Gohan? Ma ne sei sicuro?»
«Certo, guarda che lui ha un animo sensibile. Ho deciso, andrò a parlare con lui. Vieni con me?»
Trunks rimase un attimo impietrito a quella domanda. Aveva sicuramente affrontato di peggio, ma in quel caso non si trattava di salvare il mondo. Si trattava di  esporsi completamente. Ciò che lo univa a Goten era un bocciolo fragile e delicato che andava protetto in ogni modo. Poteva bastare una folata di vento per spezzarlo.
Si disse che non poteva essere così. Avevano troppo da scoprire, da vivere. Non poteva lasciargli fare da solo una cosa che riguardava entrambi.
«Vengo con te.»
 
Goten e Gohan erano sempre stati in buoni rapporti. Malgrado il maggiore fosse di temperamento più mite e riflessivo, molto spesso si era ritrovato ad essere complice del fratello. Sapeva che molto spesso loro madre poteva avere un carattere difficile. E Goten era solo un adolescente, quindi non ci sarebbe stato nulla di sbagliato nel cercare di coprirlo un po’.
Quando quella tarda mattina lui e Trunks si presentarono a casa sua, non immaginava minimamente della piega che le cose avrebbero preso.
«Ragazzi, siete venuti insieme! Questa sì che è una sorpresa», li accolse gentilmente Videl.
La piccola Pan si alzò in piedi da terra, lasciando disordinatamente i giocattoli sul pavimento.
«Ciao, zio Goten!» esclamò agitando le braccia. L’adolescente si chinò e le accarezzò i capelli acconciati in un caschetto. Aveva un debole per sua nipote, questo era innegabile.
«Ehi, Pan! Hai tagliato i capelli, ti stanno molto bene.»
«Grazie! Ciao, Trunks! Era tanto che non venivi a trovarmi! La prossima volta porta anche Brà!»
«Hai ragione, dovrei venire più spesso… sì, anche con Brà», disse sorridendo. Dopotutto, Pan e la sua sorellina erano amiche, complici e inseparabile, praticamente come lui e Goten.
«Su, Pan, lasciali respirare», fece gentilmente Gohan rivolgendosi alla figlia. «Allora, che si dice? È una semplice visita di cortesia o è successo qualcosa?»
Goten alzò gli occhi al cielo. Doveva tenere presente che alle volte suo fratello tendeva ad agitarsi per un nonnulla.
«In verità ci sarebbe una cosa di cui dovremmo parlarti… tutti e due», ammise portandosi nervoso una mano tra i capelli e tentando di sorridere il più possibile. Gohan spalancò gli occhi sorpreso, aveva fatto caso a come sia suo fratello che Trunks apparissero diversi, in qualche modo.
«Accidenti, ragazzi. Mi state spaventando. Che avete combinato?»
I due diretti interessati si guardarono. Che avevano combinato?
Nulla. Era semplicemente accaduto.
Dopo che Pan fu spedita in camera sua, i quattro si sedettero a parlare. Gohan era incredibilmente serio, mentre il più piccolo cercava disperatamente un modo delicato per dirgli della sua relazione con Trunks. O forse un modo preciso non esisteva.
«Allora, amh… anzitutto, gradirei che questa cosa rimanesse fra noi quattro, almeno per il momento. Con il mio tempo lo dirò anche agli altri, ma non adesso, perché è già strano parlarne così e…»
«Oh, andiamo Goten», lo pregò Videl. «Non tenerci sulle spine.»
«V-va bene. Allora, come posso dire… Io e Trunks ci vogliamo bene.»
Il ragazzo dai capelli lillà di portò una mano sul viso. Esattamente, perché aveva lasciato in mano la situazione a lui? Goten era bravo in molte cose, ma sicuramente non a parlare. Non a parlare di un argomento coì serio e complicato.
«Beh, ci credo. Praticamente siete cresciuti insieme. E questo sarebbe il preludio di cosa?» domandò Gohan.
Trunks sospirò. Era meglio chiarire fin da subito, onde evitare di protrarre ulteriormente la situzione.
«Ascolta, Gohan. Io e tuo fratello ci vogliamo bene. Ma non nella maniera in cui pensi tu. Non nella maniera in cui pensano tutti.»
Ci fu qualche attimo di silenziò che servì al maggiore dei Son per metabolizzare quella frase. Inizialmente non capì, anzi, quasi si convinse che quei due ragazzini dovevano starlo prendendo in giro. Poi però, guardando le loro espressioni, capì che non poteva trattarsi di questo.
Cosa c’era oltre il comune affetto e amicizia? Il passo successivo, ne era certo, era l’amore. Ma questo voleva forse dire che…?
«Cioè tu e Trunks vi siete innamorati?» domandò Videl con naturalezza.
Sentirglielo dire fu strano, lo rese effettivamente reale.
«Ecco, in effetti… sì. È così», sussurrò Goten abbassando la testa. «Volevamo foste i primi a saperlo perché… beh… penso che potreste capirci. Insomma…. Voi non pensate che sia strano soltanto perché siamo due maschi, vero?»
Gohan lo guardò sorpreso. Davvero suo fratello era arrivato a pensare una roba del genere? Effettivamente non aveva idea delle reazioni che avrebbero potuto esserci all’interno della famiglia. Delle famiglie di entrambi.
«Siete due idioti! Ma come vi viene in mente?» domandò severo.
«G-Gohan, ma cosa dici?» chiese a quel punto sua moglie, sconvolta.
Trunks teneva anche lui gli occhi incollati al pavimento, non aveva la forza di guardarlo. Sperò che non avessero rovinato tutto.
«M-ma noi non lo abbiamo fatto a posta, è successo e basta, io-»
«Non ho finito di parlare, Goten! Dicevo, come vi viene in mente? Crearvi questo genere di problemi? E perché dovrebbe essere strano?»
Videl sospirò, adesso più serena. I due ragazzi invece, se avessero potuto, si sarebbero completamente sciolti sul pavimento. Gohan aveva fatto loro prendere un colpo, per un breve istante li aveva completamente terrorizzati.
«Ma allora tu ci accetti!» esclamò Goten sollevato.
«Tu cosa pensi? Credi davvero che abbia importanza di che sesso siate? Ammetto che non me lo aspettavo. Quando vi siete presentati qui, con le facce che avevate, temevo fosse successo qualcosa di brutto. Per quanto mi riguarda, questo è un lieto evento.»
Trunks tornò a sospirare. Era stato facile, almeno con lui, ma non poté fare a meno di chiedersi se con gli altri sarebbe poi stato lo stesso. Quando si era in una situazione come la loro, niente poteva essere dato per scontato.
«Grazie», sussurrò chinandosi leggermente in avanti. «Grazie per averci accettato.»
Gohan lo fissò.
«Cosa sono tutte queste formalità? Certo che vi accettiamo. Poi insomma, stiamo parlando di voi. Effettivamente fanno una bella coppia, non trovi Videl?»
«Stavo esattamente pensando questo.»
«Ora non metteteci in imbarazzo! Mi raccomando Gohan, devi darmi una mano. Non so come mamma potrebbe prenderla, quindi…dovrai aiutarmi a dirglielo, quando sarà il momento. Il solo pensiero mi terrorizza.»
Un brivido di freddo gli percorse la schiena.
«Parola mia che ti aiuterò e ti coprirò anche, se necessario. Comunque sia, non dovreste avere paura. In fondo si parla di amore», chiarì infine il maggiore.
Dopo quella breve quanto intensa chiacchierata, i due adolescenti lasciarono l’abitazione e insieme ad essa un assai pensieroso Gohan.
Trunks e Goten insieme? Erano sempre stati migliori amici, ma non immaginava che un giorno sarebbero arrivati a questo. Pensava però che fossero sinceramente fatti l’uno per l’altro. Sapeva che Trunks si sarebbe preso cura del suo ingenuo e a volte svampito fratello.
Certo, non sarebbe stato tutto rosa e fiori…
«A cosa stai pensando?» domandò Videl nel vederlo pensieroso.
«Pensavo a quei due. Certo dovranno affrontare un paio di ostacoli. Sono molto preoccupato per quando dovranno dirlo alle famiglie.»
«Pensi che tua madre la prenderebbe male? Stiamo parlando di Trunks!»
«Lo so, ma lei è… un po’ all’antica riguardo questo genere di cose. Non se lo aspetta, temo che potrebbe venirle un colpo», si tolse gli occhiali, massaggiandosi la testa. «Beh, in quanto fratello maggiore ho una gran bella responsabilità.»
Vide sorrise, stringendolo delicatamente da dietro.
«Sono certa che andrà tutto per il meglio.»
 
 
«Ah, adesso mi sento molto più leggero!»
Goten si stiracchio, esternando il suo sollievo. Adesso sapeva che lui e Trunks non erano soli, Gohan e Videl avrebbero dato loro una grande mano. Temeva che ce ne sarebbe stato bisogno. Ed era sicuro che un certo principe dei Sayan non sarebbe stato affatto felice della notizia. Ciò lo spaventava alquanto, motivo per cui preferiva non pensarci troppo.
Trunks si era soffermato ad osservarlo senza dire una parola. Adesso era ufficiale, loro erano una coppia.
Coppia di innamorati. Coppia di amanti. Amanti, amore, erano tutte parole così belle che solo pronunciandole gli venivano i brividi. Come poteva qualcosa che li rendeva così felice, portare malcontento negli altri? Era davvero possibile?
«Ehi, Trunks. Questa è una cosa che dobbiamo fare insieme, quindi… non provare a dire ai tuoi della nostra relazione se non sono con te. Mi stai ascoltando?»
Lo afferrò saldamente per un polso, tanto forte da quasi fargli male. Goten lo osservò per qualche istante.
«T-Trunks?»
Sto forse morendo? No, non sto morendo. Perché una sensazione del genere l’ho già vissuta la prima volta in cui le nostre labbra si sono sfiorate. Sarà naturale il fatto che non posso trattenermi? Che non voglio trattenermi?
Si lasciò andare ai suoi istinti e lo baciò. Più passionalmente di prima, ancora meno di quella che sarebbe stata la volta successiva.
Perché era un crescendo. Un crescendo di ogni cosa.
Goten spalancò gli occhi inizialmente, ma ben presto si sciolse, socchiudendoli e lasciandosi stringere. Stringendolo a sua volta e perdendosi nell’oblio che un gesto così semplice era in grado di provocare.
Fu un tumulto di emozioni, sensazioni e desideri. Desideri fino ad allora rimasti nascosti ma che adesso erano evidenti come non mai.
«Umh, T-Trunks, io… non so cosa mi succede», ansimò Goten, il viso rosso. Trunks lo guardò un attimo, chinando il capo. C’era imbarazzo ed eccitazione nei suoi occhi.
Sentivano esattamente le stesse cose.
«Io invece penso di saperlo. Mi meravigli, fai tanto lo spavaldo e poi quando ti ecciti diventi una ragazzina?»
«R-ragazzina? Ma non è questo! Solo che… insomma… andrà bene? Non è strano che il tuo migliore amico di infanzia abbia voglia di… insomma, toccarti e… fare tutte quelle robe lì»
Trunks ci pensò un po’ su.
«Sarebbe strano se tu fossi ancora il mio migliore amico, ma… adesso sei il mio ragazzo.»
«Lo sono? Tu non me lo hai chiesto.»
«Beh, mi sembrava abbastanza palese. Cosa vuoi, una vera e propria proposta?»
Goten corrugò la fronte, a braccia conserte.
«Anche se stiamo già insieme, devi chiedermelo comunque», chiarì.
Quel ragazzo gli avrebbe dato sicuramente un gran bel da fare.
«Oh, vedi tu… Va bene», si schiarì la voce. «Goten tu… oh… perché è così difficile dirlo? Vorresti essere il mio ragazzo?»
Doveva sicuramente avere sul viso un’espressione da totale idiota. Goten fece finta di pensarci.
«Sì, voglio essere il tuo ragazzo.»
«Bene.»
«Bene.»
«E ora? Continuiamo a fare quello che stavamo facendo?» domandò speranzoso. Gli piaceva avere Goten così vicino, gli piaceva il suo sapore e il suo profumo. Il corvino rise.
«Forse mi farò desiderare… ma solo un pochino.»
 
Chichi batté con forza un piede sul pavimento. Quel ragazzo, era scappato di nuovo! Ultimamente era diventata un’abitudine, chissà che diamine gli passava per la testa? Come se non bastasse, era anche un disordinato cronico, non si era neanche premurato di mettere a posto la sua camera.
«Oh», sospirò. «Dovrò metterlo in punizione, qualche volta. Cosa pensa che sia io, una schiava? Guarda tu che robaccia…»
«Ehi, tesoro!» esclamò Goku. «Io vado!»
La donna tremò di rabbia, voltandosi poi a guardarlo e indicandolo.
«Ti ci metti anche tu adesso? Perché tu e tuo figlio fate quello che volete? Questa casa non è un albergo!»
Il Sayan deglutì a vuoto, tentando di calmarla.
«Su, tesoro, sai come sono gli adolescenti. P-posso andare?»
«Come se potessi impedirtelo.»
Si chinò sul materasso e raccolse un capo d’abbigliamento che indubbiamente non apparteneva a suo figlio.
«E questa? Non credo di avergliela mai vista addosso!»
Goku si avvicinò, pensieroso.
«Umh, credo di averla vista addosso a Trunks. Deve essere sua!»
«Adesso si scambiano anche i vestiti? Questa poi! Quei due ragazzi stanno sempre appiccati come se fossero una cosa sola. Mi ricordano un sacco te e Vegeta.»
«Beh, in realtà Vegeta non mi vuole bene quanto Trunks ne vuole a Goten», scherzò, In verità sapeva bene che l’austero principe dei Saiyan provava un grande affetto nei suoi confronti. Certo, non lo avrebbe ammesso mai e poi mai, ma era sicuro che così fosse. E poi, Goku lo considerava il suo migliore amico, quasi un fratello. Quindi era più che felice che tra i rispettivi figli fosse lo stesso.
«Va bene, adesso vado! Ciao-ciao!»
Chichi alzò gli occhi al cielo. Alle volte aveva l’impressione che accadessero delle cose di cui era completamente ignara.
 
Goku era arrivata correndo fino al giardino. Certo sua moglie non aveva tutti i torti. Goten si comportava in maniera bizzarra. Sicuramente aveva preso molto dal suo carattere, il che era tutto un dire. Ma doveva esserci dell’altro. Sollevò lo sguardo quando sentì un vociferare a lui familiare.
Suo figlio e Trunks si stavano avvicinando. Gli parvero diversi, quasi più intimi.
«Ehi, ciao ragazzi!»
Goten si premurò si staccarsi da Trunks, sollevando una mano.
«C-ciao papà! Vai ad allenarti? Se è così vengo con te!»
«D’accordo, quanta fretta! Trunks, tu ti unisci a noi?»
«Eh… mi piacerebbe molto ma… devo occuparmi di Brà, sai com’è, sono il più grande, per cui… mi sa che passerò», disse facendo spallucce. «Allora ci vediamo, Goten.»
«Certo, ciao Trunks», sussurrò più dolcemente di quanto avesse voluto. A Goku non era potuto sfuggire quel loro modo di fare tanto particolare, così, quando rimasero soli, parlò.
«Urca, ma che succede fra te e Trunks? Siete così… come posso dire? Sembrate felici.»
«N-non capisco di cosa parli. È ovvio che siamo felici.»
«Sì, ma… i vostri occhi brillano. E sei rosso in viso, hai la febbre?»
Goten indietreggiò. Se perfino suo padre si era reso conto di qualcosa di diverso, non aveva molte speranze.
«Sciocchezze, sto benissimo. Forza, andiamo, sono carico!»
Goku fece spallucce. Probabilmente era tutto frutto della sua immaginazione.
 
 
Nota dell’autrice
Vorrei ringraziare tutti i coloro che hanno recensito il primo capitolo. Mi avete fatto un grandissimo piacere. In questo secondo capitolo, Goten si risveglia, ancora incredulo riguardo a ciò che è successo. Il suo primo pensiero è andare da Trunks, ma non ha tenuto in conto che Vegeta è attento ad ogni loro singola mossa. Chichi invece non sospetta nulla, motivo per cui le verrà un colpo quando saprà.
I due ragazzi decidono di andare a parlare Gohan. E secondo me questa cosa sarebbe molto da lui. Ce lo vedo proprio bene a dare una mano a suo fratello, a coprirlo e, soprattutto, ad accettarlo senza remore. Certo, probabilmente anche lui passerà un po’ di guai, ma il nostro uomo non ha paura.
E poi Goku. Goten ha ragione, se perfino LUI ha notato qualcosa, è la fine insomma.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima <3

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Capitolo 3
*** The right opportunity ***


 

Fare il baby-sitter non era per niente una passeggiata. Ma Trunks sapeva di non avere scelta, dal momento che sua madre glielo aveva gentilmente chiesto. A quel punto aveva pensato che Goten potesse dargli una mano.
Il suo ragazzo ovviamente aveva accettato di buon grado la cosa. E aveva ben pensato di portarsi dietro anche Pan.
“Pan e Brà saranno felici di giocare insieme. Vedrai, sarà una passeggiata”, gli aveva detto.
E in effetti, alla fine, non aveva avuto poi tanto torto. Brà e Pan sapevano essere impegnative, quando volevano, ma quel giorno avevano deciso di starsene un po’ per i fatti loro e lasciare i due ragazzi da soli. Ciò si era dimostrato un bene.
«Sono troppo tranquille», sospirò Trunks semi-accasciato sul divano. «Sono certo che fra due minuti si scateneranno e allora dovrò sclerare parecchio. Effettivamente una sola bambina non era abbastanza, vero?»
«Ma a me piacciono i bambini. Modestamente sono proprio portato!» esclamò il corvino contento.
Già, chissà perché? Forse perché anche Goten non aveva mai detto del tutto addio al suo bambino interiore.
«Va bene, allora se fanno i capricci ci pensi tu», sbuffò.
Comparve un sorrisetto sulle labbra dell’altro ragazzo. Quest’ultimo gli si avvicinò, poggiando una mano sul suo petto, così da avvertire il cuore battere veloce.
«Beh, visto che sono impegnate…»
Lasciò in sospeso la frase, non ci sarebbe stato bisogno di continuare a parlare. Trunks aveva capito benissimo ciò che voleva. Ciò che entrambi volevano. Non erano ancora arrivati a compiere il grande passo, ma avevano iniziato ad approcciarsi in un certo modo, per conoscersi anche dal punto di vista fisico. Ed era una sorpresa, ogni singola volta.
Goten stesso si protese verso di lui e lo baciò delicatamente sulle labbra. Solo questo piccolo gesto bastò a Trunks per perdere un attimo la ragione, per afferrarlo saldamente e portarlo sotto di sé.
«Idiota. Non dovremmo fare queste cose con due bambine a noi di fianco. Lo sai che succede se ci vedono?»
«Onestamente non lo so. Puoi anche fermarti, se vuoi.»
Quel maledetto provocatore. Lo faceva a posta, ogni volta. Goten aveva la straordinaria capacità di renderlo debole. Ma non era una cosa che gli dispiaceva.
Trunks chiuse gli occhi, sospirò e si chinò su di lui per baciarlo. Prima con dolcezza, poi con una passione che ogni volta si rilevava impossibile da trattenere. Non era una cosa logica.
Non c’era logica in niente. In niente.
Le loro mani si intrecciarono, rimanendo strette. Aveva imparato a riconoscere il suono del respiro di Goten. Aveva imparato ad amarlo.
Amore.
Si stavano inesorabilmente innamorando. Nessuno dei due aveva paura.
O forse un po’. Perché nulla era certo e tutto era un gran punto interrogativo.
Goten ad un certo punto avvertì qualcosa: Brà e Pan dovevano starsi avvicinando. Cercò di parlare e di scostare Trunks da sé. Ma nella condizione in cui si trovava, pareva privo di forza alcuna, mentre l’altro sembrava invece in una sorta di ipnosi.
«T-Trunks, noi…aspetta…» ansimò, ma invano.
La voce allegra di Brà riecheggio per la stanza.
«Possiamo giocare tutti insieme?» esclamò.
Le sue bambine avevano pensato di interrompere la quiete di Trunks e Goten, peccato che avessero scelto il momento sbagliato.
Trunks si era sollevato subito, quasi con uno scatto. Subito si era portato una mano sulle labbra umide. Sperò vivamente che le due bambine non fossero arrivate a vedere qualcosa di compromettente.
«A-ah, siete qui? Va bene, certo, come volete!»
Pan spalancò gli occhi in direzione dello zio, vedendolo agitato, rosso in viso e percependo il suo respiro affannoso. Aveva visto alla perfezione ciò che gli altri due stavano tentando di nascondere.
«Perché vi stavate baciando?» domandò candidamente.
Trunks e Goten si osservarono per qualche istante, entrambi sorpresi e perplessi. Era chiaro che Pan li avesse beccati proprio nel momento giusto, ed era chiaro che per colpa dei loro ormoni impazziti avrebbero finiti col cacciarsi nei guai. Come poter approcciarsi ad una bambina di quell’età?
«Veramente noi non ci stavamo baciando, noi stavamo… che stavamo facendo?» Goten si rivolse al suo ragazzo, nel tentativo di trovare un aiuto.
«Noi… noi stavamo provando una nuova mossa. Sì, è esatto! L’ho inventata io, si chiama “atterra il tuo avversario di schiena sul divano”. Devo ancora perfezionarla e…»
«Non dite bugie!» intervenne Brà, di temperamento più focoso rispetto all’amica. «Vi ho visti anche io! Le tue labbra erano sulle sue!» arrossì di colpo, portandosi le mani sul viso. «Un bacio come quelli dei grandi, non ci credo!»
Trunks annaspò. Quello era un bel problema. Quanto si poteva fare affidamento su due bambine di nove e otto anni? Tutti sarebbero venuti a sapere della loro relazione e non nel modo migliore possibile.
«Ho traumatizzato mia sorella», sussurrò esasperato.
«Esagerato, era solo un bacio!» borbottò Goten.
«Così non mi aiuti!»
Pan prese a sventolare la mano.
«Adesso posso parlare io? Zio Goten, tu e Trunks state insieme? Siete fidanzati?» domandò.
Goten si sentì parecchio in difficoltà. Sua nipote era una bambina sensibile e abbastanza sveglia da capire quando una bugia fosse tale. Non se la sentiva proprio di mentire, era invece più propenso a spiegarle come stavano effettivamente le cose.
«…Sì, Pan. Noi stiamo insieme. Trunks è il mio ragazzo.»
«Cosa fai, sei impazzito?»
«Beh, perché? Tanto ci hanno già visti!»
Brà gonfiò le guance. Quei due testoni non facevano altro che discutere!
«Uffa, smettetela! Sì, vi abbiamo visto. E allora? Questa è una cosa super bella, perché non ce lo avete detto prima?»
Quella bambina aveva un serio tono di rimprovero nella voce, sembrava quasi di vedere Bulma.
«È complicato», tentò di spiegarle suo fratello. «Non lo sa quasi nessuno, in effetti.»
«E perché no?» domandò Pan. «Dovete dirlo a tutti invece.»
«Purtroppo non è così semplice, piccola. Non nel nostro caso», sospirò Goten.
Le bambine si guardarono a vicenda, uscendosene con un sonoro “Perché?”, in coro. Era ovvio che chiedessero il perché. Non sembrava vedessero nulla di strano o di male nel fatto che due ragazzi stessero insieme, che fossero innamorati.
«È perché… come posso dire? Se fossimo un ragazzo e una ragazza sarebbe molto più facile. Ma non è così, quindi non sappiamo come i nostri genitori potrebbero… prenderla. Potrebbero anche arrabbiarsi.»
«E perché?» chiese ancora Pan. «È una cosa bellissima  se tu e Trunks vi volete bene!»
Entrambi i ragazzi quasi si sciolsero davanti alla dolcezza della bambina. Per quelle creature così candide e pure era facile accettare senza pregiudizi, per gli adulti funzionava in modo diverso.
«È vero. Effettivamente è proprio una cosa bella, ma…» Trunks abbassò il tono di voce. «Non dovete dirlo a nessuno, almeno per il momento.  Potete mantenere il segreto?»
Brà sollevo un pugno verso il cielo.
«Certo che sì, fratellone! Non lo diremo a nessuno, proprio a nessuno, vero Pan?»
La moretta annuì.
«Sì, perché io voglio che zio Goten e Trunks stiano insieme, quindi me ne starò buona!»
Goten sospirò. Sperava che quelle due pesti se ne rimanessero davvero in silenzio, ma chissà per quale motivo era portato a fidarsi più di quanto avrebbe fatto qualsiasi altra persona.
Sentì ad un tratto Brà ridacchiare.
«Allora potete baciarvi davanti a noi?»
Trunks arrossì. Quella piccola sfacciata…
«Perché non tornate a fare quello che stavate facendo?»
 
Poche ore più tardi, arrivò per Goten e Pan il momenti di andare.
La bambina stava salutando allegramente l’amica e il fratello di quest’ultima.
«Ciao ciao, ci vediamo presto! Zio Goten, tu non saluti Trunks?»
«Eh… eh? Dovrei… Posso?» domando lui in imbarazzo.
Trunks fece spallucce.
«Immagino di sì.»
Il corvino si avvicinò lentamente e con estrema delicatezza posò un bacio sulle sue labbra, un piccolo gesto che bastò alle due bambine per dare in escandescenza.
«Che cariniiiiiii!» esclamarono all’unisono con fare sognante.
Goten trattenne una risata.
«Questo è bizzarro.»
«Puoi ben dirlo. Su, adesso è meglio che tu vada, si sta facendo tardi.»
Lasciarlo andare era sempre difficile. Se fosse dipeso da lui, lo avrebbe sempre tenuto accanto a sé. Sarebbe stato così, un giorno, molto presto.
Non avrebbero più avuto motivo di nascondersi. Sarebbe stato tutto perfetto.
Era il suo sogno, la sua speranza più grande.
 
Brà era pensierosa. La storia fra suo fratello e Goten era qualcosa di assolutamente romantico, come nei miglior film d’amore. Essendo loro complice, si sentiva in dovere di indagare. Non era proprio da lei rimanersene con le mani in mano.
Succhiò il succo di frutta dalla cannuccia, mentre con le mani poggiate sulle guance osservava Bulma servire la cena. Chissà come l’avrebbe pensata sua mamma? Sicuramente ne sarebbe stata felice, ma poiché doveva mantenere il segreto, doveva stare attenta alle parole da usare.
«Mamma, posso farti una domanda?»
«Certo, tesoro. Dimmi pure.»
La bambina divenne seria, stava pensando attentamente a come formulare quella domanda.
«Tu cosa pensi di due maschi che stanno insieme?»
A quella domanda, Trunks per poco non ingoiò per intero la cannuccia. Cosa passava in testa a sua sorella?
Oh, certo, di cosa si sorprendeva? I bambini erano creature spontanee e sincere.
Forse dir loro la verità non era stata poi una grande idea.
Fortunatamente Bulma non si accorse di quella sua reazione spropositata. La donna infatti aveva preso molto a cuore la domanda della figlia, quindi voleva darle una risposta seria.
«Penso che sia una cosa assolutamente normale. Che importanza ha se due persone sono un uomo o una donna? O due uomini? Mi sorprende molto questa tua domanda, tesoro.»
Brà abbassò lo sguardo, osservando ciò che aveva nel piatto. Trunks tentò di farle segno di tacere, peccato la sua sorellina non lo stava considerando minimamente. Anzi, le sue attenzioni si erano rivolte al padre. Vegeta stava cercando di rimanere fuori da quella discussione. Non era stupito dalla domanda di Brà, dopotutto sua figlia era sveglia e curiosa, non era strano che se ne uscisse a chiedere una cosa del genere.
«E tu papà cosa pensi?»
Il principe dei Sayan le lanciò un’occhiata truce. Cosa avrebbe dovuto pensare? Sul suo pianeta natale certe cose non esistevano neanche e se esistevano sicuramente erano sempre state tenute ben nascoste.
L’unico tipo di amore che conosceva era quello che la sua Bulma gli aveva insegnato. Ma lei era una donna, quindi era stato naturale. Ma fra due uomini?
No, sarebbe stato troppo strano. Un vero uomo doveva comportarsi da tale e non lasciarsi andare a certe fantasie poco consone. Tutto ciò però non poteva spiegarlo a Brà, era troppo complicato anche per lei.
«Tsk, onestamente la cosa non mi riguarda. E finché non mi riguarda non vedo perché dovrei pensarci.»
Trunks aveva cercato appositamente di evitare il suo sguardo, tuttavia aveva aguzzato l’udito. Gli avrebbe fatto comodo sapere cosa suo padre ne pensasse. Non aveva capito molto, gli era sembrato abbastanza diffidente all’argomento.
Perché la cosa non lo riguardava.
Oh, ma se lo riguardava eccome invece!
«Ma non è vero che la cosa non ti riguarda!» esclamò Brà allargando le braccia.
Trunks a quel punto si mosse d’istinto, facendo cadere una bottiglia di soda sul tavolo.
«Figliolo, fa attenzione!» lo rimproverò Bulma.
«M-mi dispiace, non l’ho fatto a posta. Adesso pulisco io, Brà mi accompagni a prendere un asciugamano?»
Brà aprì la bocca per dire qualcosa, ma prontamente suo fratello la afferrò per un braccio, mentre Bulma borbottava qualcosa su quanto suo figlio fosse impacciato.
 
«Brà, ma che ti salta in mente? Ti avevo detto ti non dirlo a nessuno!» sussurrò Trunks.
«Mi dispiace, ma io volevo sapere. Hai visto, mamma la prenderebbe bene, quindi puoi dirglielo! Papà invece.. non ho ben capito cosa voleva dire, ma non ha importanza. Dai, vai lì e dirglielo!»
«Non funziona così. Non è facile per il semplice fatto che non se lo aspettano.»
La bambina si portò una mano tra i capelli, confusa.
«Voi adulti siete complicati, uffa, non vi capisco! Trunks, devi dirglielo, altrimenti giuro che glielo dico. E lo sai che lo faccio.»
Lo avrebbe fatto eccome. Brà era molto passionale e sicuramente avrebbe fatto di tutto per aiutare suo fratello nell’impresa. Quella ragazzina aveva molto più coraggio di lui, incredibile!
Sospirò, cercando di mantenere la calma.
«Va bene. Va bene, parlerò, ma niente scherzi come quelli di poco fa, capito?»
Brà annuì.
«Promesso, promesso!» esclamò sguaiatamente la bambina, facendo sospirare per l’ennesima volta il fratello. Certo, la piccola aveva ragione. Se sperava di poter mantenere quel segreto ancora a lungo, si sbagliava di grosso.
Allo stesso tempo, non poteva fare a meno di chiedersi come il suo ragazzo se la stesse invece cavando.
 
«Tesoro, sono davvero felice che tu venuto a trovarmi!»
Chichi era felice della visita del suo primogenito. In famiglia era sicuramente quello con cui poteva parlare di tutto e di più, probabilmente perché il ragazzo si guardava bene dal darle torto. Ma quel giorno Gohan si trovava nella sua vecchia casa per un motivo particolare. Si era ripromesso che avrebbe dato una mano a Goten come meglio poteva, senza cercare di intromettersi troppo.
Senza ombra di dubbio un compito difficile. Il pensiero di dover parlarne con sua madre innervosiva perfino per lui.
«B-beh… ero un po’ che non passavo», affermò con un sorriso nervoso, guardandosi intorno. «Papà e Goten non ci sono?»
«Per tuo padre non è certo una novità. E per Goten? Che vuoi che ti dica, l’adolescenza sta facendo male a quel ragazzo», confidò armeggiando tra tazzine e bollitore. «Piuttosto, avresti anche potuto portare Videl e Pan.»
«La prossima volta le porterò di certo. Amh… allora, come va con Goten? È tutto a posto? Ci sono stati… problemi?»
Chichi guardò suo figlio con aria interrogatoria. Cos’erano quelle domande all’improvviso?
«Non direi che ci sono stati problemi, ma è da un po’ che tuo fratello si comporta in modo strano. Ha la testa fra le nuvole, è assente. Tuo padre e perfino Bulma non fanno altro che dirmi che è normale, ma il mio sentore di madre funziona bene, sono certa che c’è qualcosa che non va. E tu! Come mai me lo chiedi? Forse sai qualcosa che io non so? Goten si è confidato con te? Ma certo, fra fratelli ci si confida sempre!»
Proprio come aveva temuto, Chichi si era parecchio alterata. Adesso agitava pericolosamente una spatola, rischiando di colpirlo il viso.
Gohan indietreggiò.
«Va bene, d’accordo. Emh… allora, come posso dire? Goten ha… lui ha un… Perché è così difficile da dire? Lui ha una sorta di problema e…»
«Un problema? Che tipo di problema può avere alla sua età? Ha litigato con qualcuno? Problemi d’amore? Oppure… oh, no! Non me lo dire! Ha messo incinta qualcuna?»
«Ma io non ho mai detto questo!» tentò di calmarla suo figlio. Forse non era stata una buona idea tentare di prendere il discorso. Adesso sua madre si stava immaginando chissà cosa.
«Emh… ma che succede qui?»
Goten era apparso all’improvviso, con addosso la felpa di Trunks. Subito Chichi gli si era fiondato addosso, sempre tenendo ben stretta la spatola.
«Giusto te! Che cos’hai combinato? Hai messo incinta una ragazza? Tuo padre non ti ha mai detto di usare delle protezioni? Ma che domanda faccio? Ovvio che no!»
«M-ma di che parli? Io non ho ingravidato nessuno, accidenti!»
«Va bene così Goten, mamma sta scherzando! Perché non ci lasci soli un momento, eh?»
L’adolescente non avrebbe fatto storie. Anche se naturale fu per lui chiedersi cosa diamine stesse combinando suo fratello.
Una volta rimasti soli, il maggiore dei Son tentò di ripristinare un po’ d’ordine.
«D’accordo, forse non ho usate le parole giuste. Devi sapere che questa cosa che riguarda Goten non è assolutamente nulla di pericoloso o brutto. Anzi… penso sia una cosa bella. Ma non sa come dirtela.»
«Ma se è una cosa bella, perché non  sa come dirmela?»
«Perché ha paura che tu possa…insomma… reagire male, ecco. Io non posso dirti di cosa si tratta, non è compito mio. Vorrei soltanto che tu sapessi che… ci tiene al tuo parere.»
Chichi divenne pensierosa. Cosa mai turbava il suo tanto adorato figlio al punto da portarlo a chiudersi in se stesso? Non capiva quale potesse essere il problema, ma adesso che aveva avuto la conferma di un effettivo problema, avrebbe agito di conseguenza.
 
Bulma era consapevole che qualcosa fosse cambiato. Una madre era in grado di avvertire quando qualcosa non andava nel proprio figlio e lo stesso era stato per lei. Trunks era strano, ma di quella stranezza particolare, di quella che ti faceva brillare gli occhi. Aveva sul viso l’espressione di chi stava tentando di nascondere un segreto prezioso e fragile come un cristallo.
Sì, questi erano senza dubbio sintomi di un innamoramento. E non poteva trattarsi di una storia d’amore comune, sapeva che suo figlio non si sarebbe fatto problemi ad ammetterlo chiaramente. No, doveva esserci dell’altro.
Le parole di Brà poi le avevano dato da pensare. Se in genere si tendeva a non dare troppo importanza alle parole di una bambina, lei la pensava diversamente. Dopotutto doveva essere un motivo se sua figlia di otto anni aveva preso a porle domande del genere. E così un dubbio si era insinuato in lei. Si trattava di un qualcosa a cui non aveva mai pensato e che eppure, riflettendoci adesso, le risuonava come qualcosa di così naturale.
Quel pensiero la martellava, al punto che era stata costretta a telefonare a Chichi. Chissà se anche lei aveva notato qualcosa di strano in Goten. Se così fosse stato, allora probabilmente i suoi dubbi sarebbero stati  confermati o meno.
Così telefono a casa Son. Chichi le rispose dopo tre squilli, con voce pensierosa e stanca.
«Ciao Chichi, ti ho disturbata in un momento particolare?»
«Oh, ciao Bulma. No, figurati, Gohan se n’è appena andato e Goten si è rinchiuso in camera sua con la musica a tutto volume. Quel ragazzo mi da tanto da fare ultimamente e... oh, scusa probabilmente non mi hai chiamato affinché ti annoiassi con i miei problemi.»
«N-no, figurati, lo sai che sono sempre ben felice di ascoltarti. Goten ha combinato qualcosa?»
«Molto probabilmente sì. So che ne ha parlato con suo fratello, ma non so di cosa si tratti. C’è qualcosa, ma a quanto pare ha paura di dirmelo. Teme una mia reazione, ma questo è assurdo! Cosa potrà mai essere successo per temere una mia reazione?»
Bulma si morse le labbra. Sapeva che a volte la sua migliore amica poteva avere un caratteraccio e se davvero quello che pensava era vero, allora non biasimava Goten. Quella era una situazione instabile e complicata.
 
Una volta tornatosene in camera sua, Goten aveva telefonato a Trunks e si era rannicchiato sul suo letto per parlargli. Era rimasto sconvolto quando il ragazzo gli aveva parlato di quello che Brà aveva combinato.
«Oh, che disastro! Quella ragazzina ha la lingua lunga, eh? E i tuoi hanno capito nulla?»
«No, non credo. Però mi sa che mia sorella ha ragione, dobbiamo parlare. Non vogliono che vengano a saperlo da terzi, non sarebbe… carino, ecco.»
«Puoi ben dirlo. D’accordo, allora. Ci serve solo il momento giusto. Magari è meglio che siano tutti insieme. Così facciamo tutto in una volta, no? Ma con quale scusa…?»
Il corvino sussultò quando sentì qualcuno battere con forza sulla sua porta.
«Goten, tesoro, posso entrare?»
«Diamine, Trunks ti richiamo», sussurrò. «Si, entra pure.»
Chichi si presentò con un’espressione più dolce del solito. Voleva cercare di rassicurare suo figlio, voleva che quest’ultimo si fidasse di lei.
«Ehi, Goten. Ascolta… so che ultimamente sono stata un po’ dura con te, ma sai bene come sono fatta», disse sedendoglisi accanto.
«Amh… sì, lo so. Ma perché me lo stai dicendo?»
«Nessun motivo in particolare. Voglio solo che tu sappia che qualsiasi tipo di problema tu abbia puoi parlarmene. Non mi arrabbierò di certo, voglio vederti stare bene.»
Sua madre sembrava convinta di ciò che stava dicendo. Forse Gohan era riuscito a dire la cosa giusta al momento giusto? Non lo sapeva e non sapeva neanche se quel discorso sarebbe valso anche quando avrebbe saputo.
«V-va bene, grazie mamma. Mi rende felice saperlo.»
Chichi sorrise, per poi alzarsi.
«Bulma ci ha invitati da lei domani. Direi che è il caso che ci rilassiamo, tutti noi!»
Goten sforzò un sorriso e quando la madre fu uscita, si fiondò a chiamare di nuovo il suo ragazzo.
«Ehi Trunks. Hai presente quando poco fa ti parlavo di dover trovare un’occasione giusta? Penso sia stata lei a trovare noi.»
 
 
Nota dell’autrice
Insomma, il piano di non far capire nulla a nessuno non sta funzionando. Adesso anche Pan e Brà hanno saputo, e può quest’ultima starsene al suo posto? No, perché sia lei che Pan fanno il tifo per Trunks e Goten. Gohan prova a parlare con Chichi, e quest’ultima si fa già mille film, ma poi sembra calmarsi… per adesso. E sì, perché ora i due ragazzi si ritroveranno a dover dire la verità e… se fin ora abbiamo riso, non lo so se potremo farlo ancora.
Sono proprio una persona rassicurante, i know.

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Capitolo 4
*** Non lasciarmi ***



 
Le loro famiglie erano state insieme tante e tante volte. E come sempre c’era un’atmosfera così allegra e leggera che Goten e Trunks provarono paura, paura che tutto potesse sfumare. Era bello vedere Pan e Brà che giocavano e si rincorrevano, Vegeta che borbottava e imprecava a causa della troppa confusione, Chichi che rimproverava Goku e Gohan perché mangiavano troppo. Era tutto perfetto, ma ciò non faceva che peggiorare le cose. Entrambi ci avevano pensato e ripensato, ma alla fine erano giunti alla conclusione che temporeggiare sarebbe solo stato peggio.
Goten respirò profondamente, udendo il canto delle cicale.
«Nella mia mente ho organizzato un discorso ben preciso, ma so già che sarà inutile! Dimenticherò tutto. Non so tu, Trunks, ma adesso sto iniziando ad avere davvero paura.»
«Non dirmi che vuoi tirarti indietro?»
«Tirarmi indietro? No, non ci penso affatto. C’è bisogno di un po’ di coraggio nella vita. E noi di coraggio ne abbiamo. È solo che…»
«Che cosa?»
Trunks aveva assottigliato lo sguardo nel vedere Goten invece abbassarlo. Non poteva avere ripensamenti proprio adesso che si erano entrambi decisi.
«…Non voglio che qualcuno possa mettersi tra noi. Ho paura che ciò che stiamo costruendo possa crollare. Quindi per favore… potresti promettermi che – qualsiasi cosa accadrà – non mi lascerai per nulla al mondo? Ah, che idiota che sono, sembro una ragazzina.»
Pieno di vergogna, il corvino si portò le mani sul viso per cercare di nascondere il rossore sulle guance. E Trunks si premurò di colpirlo sulla testa.
«Idiota, pensi davvero che permetterei una cosa del genere? Ovvio che no, devi fidarti di me. Il nostro è un legame troppo stretto, non può essere spezzato così.»
«Davvero? Grazie Trunks, tu sai sempre cosa dire!» esclamò abbracciandolo stretto.
«Va bene, va bene! Allora, facciamo questa cosa, okay? Altrimenti l’ansia mi divorerò vivo.»
«Sono d’accordo. Allora… beh, andiamo!»
 
Dentro casa, Bulma, Videl e Chichi si stavano ritrovando a parlare tra loro. L’ultima in particolare stava raccontando delle sue vicissitudini col figlio minore.
«Sto tentando un approccio più tenero con Goten. Dopotutto voglio che mio figlio si fidi di me senza paura! Da un lato però non posso che essere impaziente e preoccupata, mi chiedo cosa lo disturbi. Ovviamente Gohan è muto come un pesce. Non è che tu ne sai qualcosa, Videl?»
Quest’ultima tossì rumorosamente. Sapeva anche troppo e sebbene Chichi a volte tendesse a metterla un po’ in soggezione, era necessario fingere.
«Purtroppo no. Sono tenuta fuori dai segreti tra fratelli.»
«Comunque sia, se può consolarti, anche Trunks è strano ultimamente», aggiunse poi Bulma. «Sono abbastanza sicura che sia innamorato.»
«Esatto! È la stessa cosa a cui ho pensato anche io! Ma perché Goten avrebbe paura di dirmelo? Magari è una cattiva ragazza? O una delinquente? Non credo riuscirei a sopportarlo.»
«O magari non si tratta di una ragazza», si lasciò sfuggire Videl, sottovoce, ma Chichi la udì comunque.
«In che senso, scusa?»
L’arrivo di Trunks e Goten in quel caso era stato quasi provvidenziale. Entrambi i ragazzi avevano un’espressione seria e leggermente intimorita, forse perché consapevoli che la pace sarebbe finita di lì a breve?
«Emh, scusate!» esclamò il primo. «Sì, emh… perdonate l’interruzione ma… io e Goten dovremmo dirvi una cosa.»
Calò un silenzio innaturale. Brà e Pan smisero di giocare e Gohan e Videl si volsero a guardarli. Stessa cosa fece Vegeta, stranamente incuriosito.
«Accidenti ragazzi, come mai avete quelle facce? È molto qualcuno?» domandò Gokuiingenuamente.
«No papà, non è morto nessuno. La cosa che dobbiamo dirvi riguarda me e Trunks, il problema è che… non sappiamo come potreste reagire.»
«Vi prego, che avete combinato?» domandò Chichi con apprensione.
Bulma sospirò. Oramai era chiaro come il sole, ma avrebbe aspettato comunque di sentirselo dire.
«Ragazzi, di qualsiasi cosa si tratti, ditela senza alcun problema.»
I due si guardarono, consci della promessa che si erano fatti. Qualsiasi cosa fosse successa, di certo non si sarebbero separati.
Fu Trunks a parlare per primo.
«Io e Goten stiamo insieme.»
Pronunciare quelle parole fu strano, rese tutto incredibilmente reale.
Reale, perché era ciò che era.
Il silenzio non era mai stato rumoroso come in quel momento.
Stavano entrambi compiendo uno sforzo disumano nel tentativo di non provare paura, di non scappare.
Inaspettatamente fu Vegeta il primo a rompere il silenzio.
«Beh, che state insieme mi sembra ovvio, state tutto il tempo appiccicati, non vi separate un solo istante.»
«Non intendo come amici. Noi stiamo insieme. Insieme come una coppia.»
A quel punto Trunks poté vedere una nota di sgomento nello sguardo sempre serio e imperscrutabile di suo padre.
Gohan sospirò, accennando ad un sorriso. Era fiero di quei due, alla fine erano riusciti a parlare.
«Urca, questo sì che è forte!» esclamò Goku contento. «Allora ci avevo visto giusto! Congratulazioni, ragazzi!»
Il Saiyan non si era però accorto di  essere in netta contrapposizione con sua moglie. Chichi infatti aveva preso a tremare. Quella possibilità non le aveva neanche sfiorato la mente. Aveva pensato a tutto, a tutto, meno che a quello. Insomma, non era possibile che suo figlio fosse… fosse...
Si alzò di scatto, battendo con forza le mani sul tavolo.
«Mi state prendendo in giro?»
La sua voce, tremava anche quella. Istintivamente Goten si era stretto a Trunks come a cercare protezione. Aveva sempre immaginato che sua madre non avrebbe reagito bene e adesso quei timori erano diventati reali.
«No, mamma. Non ti stiamo prendendo in giro. È vero, stiamo insieme. Noi ci vogliamo bene. Anzi, ci amiamo.»
Trunks sentì il cuore perdere un battito. Non si erano ancora scambiati un vero e proprio ti amo. In fondo non è che ce ne fosse poi così bisogno, il loro sentimento era palese. Ma sentirglielo dire fu comunque strano, gli provocò un’emozione indescrivibile.
«Tesoro, perché ti arrabbi?» domandò Goku. «Dovresti essere contenta, io penso che insieme stiano beni-»
«Sta zitto, tu! Voi due siete completamente impazziti, due scellerati!» esclamò agitando nervosamente un dito. «Siete solo due ragazzini, come potete pretendere di parlare d’amore? Non potete stare insieme! Dovreste trovarvi due ragazze e sposarvi, mettere su famiglia come tutti fanno!»
«Mamma, ti prego di capirci, noi abbiamo fatto una scelta diversa. Non è una cosa che abbiamo deciso, è successo e basta!» disse Goten, stravolto.
Aveva preso a tremare e a provare paura.
«Oh, è successo e basta? Avrei dovuto immaginare una cosa del genere, ma non mi è neanche passato per il cervello! Goten, Trunks, qualsiasi cosa ci sia fra voi, dateci un taglio! Non è normale!»
Gohan si era trattenuto troppo a lungo. Come a voler fare da scudo ai due ragazzi, si intromise tra quest’ultimi e sua madre, lo sguardo duro.
«Ti prego, non trattarli così, non se lo meritano. E non hanno alcuna colpa, l’amore non va a comando.»
Chichi batté le palpebre. Suo figlio sapeva e l’aveva tenuta all’oscuro di tutto.
«Tu sapevi! Tu sapevi e non mi hai detto niente! Oh, Gohan, come hai potuto? E tu, Videl? Sapevi anche tu!»
«Anche io e Pan sapevamo!» esclamò Brà sollevando la mano, ma la moretta prontamente le diede una gomitata per zittirla.
Fu a quel punto che Chichi, sconvolta, si lasciò cadere sulla sedia prima di avere un mancamento.
«Fatemi capire, tutti sapevate tranne me?»
«No, io non lo sapevo!» esclamò Goku. «Ma davvero non capisco perché ti arrabbi tanto.»
«Chiudi la bocca!»
Bulma a quel punto si avvicinò cautamente all’amica.
«Chichi, senti, so che sei sconvolta e che a parlare è lo shock. Dovresti calmarti, non sei lucida.»
«E no che non sono lucida. Cos’ha fatto tuo figlio? Ha deviato il mio? È così?»
«Ehi!» gridò il diretto interessato. «Io non ho deviato proprio nessuno!»
«Non osare rispondermi!»
Il principe dai Saiyan era sull’orlo di una crisi di nervi. Aveva ascoltato, sopportato, ma adesso ne aveva abbastanza.
C’era fin troppo caos per i suoi gusti.
«ORA BASTA, DATECI UN TAGLIO!»
Silenzio.
Finalmente. Era senza ombra di dubbio seccato, al che Goku si preoccupò parecchio.
« Vegeta è arrabbiato. S-stai bene, Vegeta?»
«Fa silenzio, Kakaroth!»
Dopo averlo zittito, si volse a guardare suo figlio. Quest’ultimo lo guardava a sua volta senza alcun timore. Oramai non aveva nulla di cui avere paura, dal momento che tutti sapevano.
«Allora è vero? Tu e Goten, insieme?»
Trunks annuì lentamente.
Vegeta distolse lo sguardo.
«Che seccatura. Voialtri, tutti fuori.»
«Cosa?! Vegeta, che cos’hai in mente?» domandò sua moglie.
«Io e Trunks dobbiamo parlare, quindi chiunque non faccia parte di questa famiglia se ne vada. ORA.»
Era meglio non far innervosire ulteriormente l’austero principe. A fatica, Goten si staccò da Trunks. Non voleva essere separato da lui, anche se si trattava di una cosa momentanea. Sentiva che da solo non sarebbe stato in grado di affrontare nulla.
Ma non aveva altra scelta, almeno per ora, se non ubbidire.
Era andata peggio di quanto entrambi pensassero.
 
Goku si sentiva in difficoltà. All’interno della sua famiglia raramente c’era stata un’atmosfera così tesa. Se ne stavano tutti seduti attorno al tavolo, in silenzio. Sua moglie era furiosa e non riusciva a staccare gli occhi da Goten, il quale era a disagio, ma ance seccato da tutta quella situazione assurda. Perché dovevano farne una tragedia?
«Amh, posso dire una cosa?» domandò ad un tratto.
«Goten, come hai potuto fare una cosa del genere?» chiese sua moglie, ignorandolo.
«Fatto cosa? Mi accusi come se avessi scelto di innamorarmi. Non ho ucciso nessuno, non ho fatto del male a nessuno. Perché è così difficile da accettare?»
Chichi sospirò, massaggiandosi le tempie. Per lei non era affatto facile sapere che suo figlio avesse una relazione con un altro ragazzo. In genere non si era mai sbilanciata troppo sull’argomento, si poteva dire che fosse abbastanza indifferente. Ma adesso in mezzo c’era la sua famiglia.
«Dimmi la verità, è qualche gioco fra te e Trunks? Cos’è, una fase sperimentale?»
«Fase sperimentale? No! Te l’ho detto, è successo e basta. Io e Trunks vogliamo stare insieme. Lui ama me e io amo lui. E non c’è niente di diverso dal legame fra te e papà o fra quello tra Gohan e Videl e…»
«Oh, non ci provare. Non è la stessa cosa, per niente.»
«Mamma, senti, penso che adesso dovresti davvero calmarti. Andiamo, stiamo parlando di Goten e Trunks, non di due estranei!» tentò di farla ragionare il figlio maggiore.
«Tu non hai diritto di parola!» esclamò Chichi indicandolo. «Avresti dovuto dirmelo. E poi, proprio perché non si parla di un estraneo, mi preoccupo così tanto. Il mio Goten non era così, prima. Ho sempre saputo che Trunks fosse di tutt’altra pasta. È uno scellerato, un folle, deve averti detto qualcosa per convincerti.»
Poteva sopportare tutto Goten, ma non che si parlasse male di lui.
«Smettila! Non ti permetto di parlare male di Trunks! Io lo amo. Probabilmente l’ho sempre amato e lo amerò sempre. Quindi, rinunciaci.»
Era sparita l’ansia e la paura, era arrivata la rabbia, la voglia di farsi valere.
Goku strinse Chichi leggermente, prima che quest’ultima implodesse. La sentì sospirare rumorosamente e la sentì quasi accasciarsi tra le sue braccia.
«Su, adesso calma, tesoro.»
La donna respirò ancora e poi si staccò dalla presa del marito, rivolgendosi a Goten.
«Goten, voglio che tu te ne vada», la sua voce tremò, senza che potesse controllarla. E suo figlio rimase interdetto.
«Mamma, ma che dici? Non puoi cacciarlo di casa!» esclamò Gohan, sua madre non stava pensando lucidamente.
«È chiaro che rimanendo sotto lo stesso tetto, continueremo a discutere», dichiarò a braccia conserte.
Goten aveva abbassato lo sguardo, per poi risollevarlo e mostrare gli occhi lucidi.
«Non sei tu che mi cacci, sono io che me ne vado!»
Si sentiva ferito. Perché per sua madre era così difficile da capire? Davvero era così assurdo che lui e Trunks si amassero e volessero stare insieme?
Tra madre e figlio si era appena alzato un muro.
 
Trunks si sentiva un po’ nervoso. Vegeta lo fissava senza dire una parola, ma a giudicare dalla sua espressione, non doveva essere affatto felice. Bulma invece aveva uno sguardo più dolce e comprensivo.
«Amh… possiamo parlarne e basta? Quest’attesa è snervante», mormorò il ragazzo.
Vegeta lo osservò ancora qualche istante, per poi parlare.
«Non ho intenzione di discutere, non ne ho voglia. Voglio essere chiaro con te, non approvo questa relazione. Certe cose sono solo perdite di tempo… ma addirittura stare con un altro uomo? Questo è davvero ridicolo!»
Non ne era sorpreso. Immaginava una reazione del genere da parte di suo padre. Bulma tremò leggermente, per un breve attimo.
«Oh, andiamo Vegeta! Di ridicolo c’è soltanto il tuo atteggiamento.»
«E cosa dovrei fare? Farmelo andar bene così, come se nulla fosse?» rispose il principe dei Saiyan, piccato.
«Beh… sì! Non c’è assolutamente niente di male se Goten e Trunks stanno insieme. L’importante è che nostro figlio sia felice!»
«Tsk, tanto finirà presto. Certe cose non durano mai.»
«Cosa?! Rimangiati subito quello che hai detto, è crudele!»
«Papà, mamma, vi prego. Non discutete per me», disse Trunks tranquillo. «Sapevo che sarebbe successo tutto ciò. E forse sono stato egoista, perché non volevo creare problemi a nessuno, tanto meno a Goten. Se potessi essere padrone dei miei sentimenti, non ci sarebbe alcun problema. Ma non è così. Io amo Goten. È un dato di fatto.»
Bulma si commosse. Sentir parlare suo figlio così apertamente riguardo i propri sentimenti era raro. Sembrava poter percepire tutto il suo affetto e tutta la sua disperazione. Vegeta invece parve rimanere indifferente. Le parole di suo figlio sembravano difficili da comprendere.
«Beh, comunque sia non voglio che tu lo riveda.»
«Cosa?! Vegeta!» lo chiamò sua moglie.
«Che vuoi? Meglio risolvere il problema radicalmente. Questo era tutto ciò che avevo da dire al riguardo!»
Trunks avrebbe voluto dire qualcosa, ma rimase senza fiato. Non poteva impedirgli di rivedere Goten, era assurdo. E non lo avrebbe permesso.
Una volta rimasti soli, Bulma poggiò una mano sulla spalla di suo figlio.
«Tesoro, mi spiace. Sai com’è tuo padre, per lui è difficile capire certe cose. Ma gli parlerò e gli farò cambiare idea.»
«Mamma, allora tu ci accetti per davvero?»
La donna sorrise.
«E me lo chiedi? È ovvio che sia così. E ti dirò di più. Lo avevo già capito. E sono molto fiera che tu abbia trovato il coraggio per parlare, davanti a tutti. Andrà bene, devi solo dare il tempo a tuo padre di metabolizzare. Parlerò anche con Chichi, sta tranquillo.»
Trunks annuì.
«Grazie per avermi accettato», mormorò
Lei lo abbracciò stretto.
«Non devi ringraziarmi.»
 
 
Goten non poteva crederci. Lo aveva fatto davvero. Era andato via. Anzi, era stato mandato via da sua madre. Ovviamente suo fratello non aveva esitato neanche per un istante e lo aveva portato a casa con sé, dicendogli che poteva rimanere quanto voleva. Goten lo aveva ringraziato, ma d’altro canto non voleva essere un peso per nessuno.
Quello era un bel casino. D’accordo che si era preparato all’evenienza, ma addirittura essere cacciato di casa, questo non avrebbe potuto prevederlo.
Chissà come stava Trunks, il suo Trunks? Gli aveva mandato una decina di messaggi, ma non gli aveva ancora risposto. Probabilmente doveva star avendo anche lui un paio di problemi, Vegeta non era di certo un tipo tenero.
Era stata una serata stancante. E adesso, lontano dal suo ragazzo, avvertiva una profonda tristezza. Quasi senso di colpa. Se quel giorno al concerto se ne fosse rimasto al suo posto, probabilmente nulla di tutto ciò sarebbe successo.
Eppure non rimpiangeva nulla.
Nulla.
«Goten, ti disturbo?»
L’adolescente sussultò. Suo fratello e Videl erano stati così gentili da cedergli la camera di Pan e gli avevano lasciato un po’ di tempo, prima di parlare di nuovo con lui.
Il più grande si fece avanti, seguito da sua moglie che tra le mani teneva una tazza.
«Pensavo ti andasse una tisana.»
«Grazie. Grazie, ragazzi. Non siete tenuti a fare tutto questo.»
«Scherzi? Sei mio fratello e in una famiglia ci si deve aiutare» disse Gohan sedendoglisi accanto. «Tu e Trunks siete stati forti questa sera. Mi dispiace per quello che è successo dopo, però sono fiducioso. Mamma ti vuole bene, te ne vuole davvero molto. Per questo sono certo che le passerà.»
«Assolutamente!» aggiunse Videl. «Nessuna madre può stare lontana dal proprio figlio.»
Goten sorrise. Adesso che si sentiva al sicuro, aveva come l’impressione che avrebbe potuto lasciarsi andare. Sì, anche alle lacrime.
«Adesso potrei piangere?» domandò in un sussurro.
Non aspettò una risposta. Ma lentamente lasciò che la tristezza fuoriuscisse. Non si era mai sentito così esposto, fragile.
Era sempre stato bravo a nascondere l’angoscia dietro un sorriso.
Ma non adesso, non in quel momento.
Gohan lo abbracciò subito, senza dire una parola. In certi casi un gesto valeva molto di più. La stessa cosa fece Videl, turbata nel vedere quello che aveva conosciuto quando era nient’altro che un bambino, soffrire per amore, come un giovane uomo.
Pan sgambettò nella sua cameretta. Rimase qualche istante a guardare la scena. E poi, lentamente, si insinuò anche lei in quell’abbraccio.
 
Nota dell’autrice
Capitolo più breve del solito ma pieno di avvenimenti e, spero, anche emozionante. Goten e Trunks lo hanno fatto, hanno parlato. E come in molti immaginavano, né Chichi né Vegeta l’hanno presa bene.
Lei infatti ha cacciato Goten in un impeto di rabbia, il principe ha vietato al figlio di rivedere Goten. Ma lui obbedirà? Ovviamente no.
In modo diverso invece l’hanno presa Bulma e Goku. Secondo me sarebbe molto da loro accettare di buon grado una cosa del genere.
Insomma, è un bel casino. Cosa faranno i due giovani innamorati?

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Capitolo 5
*** Help & Threats ***


 
Arrivato ad un certo punto, Goten si era addormentato. Doveva aver pianto parecchio e doveva aver provato anche un’immensa vergogna. Quando gli capitava, preferiva sfogarsi in silenzio e in solitudine, non voleva essere di peso per nessuno. Ma la sera prima non era stato possibile, troppo provato dagli eventi accaduti.
Dopo essere riuscito a riposare per sole poche ore, si era svegliato spossato, con gli occhi che bruciavano e un peso sul cuore.
Quella situazione faceva schifo, ecco qual era il termine più adatto. Adesso, a mente leggermente più lucida, si rendeva conto che ci sarebbe stato molto che avrebbe potuto dire o fare.
Faceva tanto lo spavaldo, ma alla fine tra i due, era forse lui quello più fragile dinnanzi le difficoltà.
Trunks gli mancava. Gli mancava tanto da star male e mai come in quel momento aveva desiderato i suoi baci, i suoi abbracci.
La casa era silenziosa. Pan era andata a scuola, Gohan lavorava, Videl era uscita per delle commissioni.
Un po’ di tempo da solo non gli avrebbe fatto male, anche perché non aveva la forza di alzarsi dal letto.
Ma ad un certo punto fu costretto. Proprio quando aveva chiuso gli occhi per concedersi qualche altro minuto di risposo, ecco che un fastidioso e incessante bussare contro la porta, lo aveva costretto ad alzarsi.
«Ah, ma chi diamine è a quest’ora?» sbottò infastidito.
Il disturbatore si rivelò essere Trunks. Goten spalancò gli occhi ancora arrossati, indietreggiando.
«Trunks? Trunks, come sapevi che ero qui?»
«Infatti non lo sapevo, l’ho solo immaginato», si fece avanti e subito gli afferrò il viso tra le mani, osservandolo. «Cosa ti hanno fatto?»
«Eh? N-nulla, non mi hanno fatto nulla»
«Tu menti. Hai pianto, hai pianto tanto. Lo vedo.»
Goten si morse il labbro. Nasconderglielo sarebbe stato ovviamente impossibile, ma non voleva creargli problemi, non più di quanti non gliene stesse già creando.
«Per come me lo hai chiesto, sembra quasi che mi abbiano ucciso. Non è nulla, solo che… mia madre mi ha buttato fuori di casa.»
«E questo me lo chiami “niente”? Oh, cavolo.»
«Non è un problema, come vedi Gohan mi ha dato ospitalità. E i tuoi che hanno detto?»
«Mia madre è d’accordo. Mio padre…oh, ha detto che non devo più rivederti.»
«Capisco. Me lo aspettavo.»
«Comunque sia non ha importanza, adesso», sospirò poggiando la fronte sulla sua. «Mi dispiace, mi dispiace tanto.»
Goten sentì nuovamente gli occhi divenire lucidi e si ordinò mentalmente di non piangere.
«Perché mi chiedi scusa? Tu non hai fatto nulla di male.»
«Non sono stato in grado di proteggerti.»
Un nodo alla gola. E lì divenne impossibile. Si strinse a lui come un bambino in cerca di protezione.
«Al massimo sono io quello a dover chiedere il tuo perdono. Mi sento così inutile.»
Anche se si conoscevano da una vita, erano rare le volte in  cui Trunks aveva visto piangere Goten. Piangere di dolore. Adesso stava soffrendo lì, fra la sue braccia. Gli sembrava tanto indifeso e fragile.
«Tu non sei inutile. Ti proteggo io. Ti prego, dillo ancora.»
«Che cosa?»
«Quello che hai detto ieri. Che mi ami.»
Arrossì di colpo. Gli era completamente passato per la mente. Era stato così facile dirlo la volta prima, perché adesso invece il cuore batteva così forte da far quasi male?
«È vero, Trunks. Io t-ti amo.»
Si sentì sciocco a tremare, ma stranamente la sua presa si era fatta più stretta. Lo abbracciò e lo baciò, ancor più passionalmente di com’era solito a fare. Sembrava voler sfiorare la sua anima, in qualche modo.
Goten non lo capì e completamente preso alla sprovvista lo lasciò fare. Il dolore e la paura di essere divisi, stavano in qualche modo fortificando il loro legame. E adesso sentivano il bisogno di stare vicini, più vicini, sempre più vicini.
Si osservarono per qualche istante e poi fu Trunks a parlare.
«Vuoi quello che voglio io? Sei sicuro?»
Goten annuì.
«Sono sicuro. Però…è la mia prima volta», ammise.
Provava imbarazzo, ma oramai sarebbe stato superfluo.
Trunks gli afferrò nuovamente il viso tra le mani e lo baciò un’altra volta, con più dolcezza, come a rassicurarlo.
Era arrivato per loro il momento di compiere quel passo insieme.
 
Goku non era mai stato troppo bravo a dire la cosa giusta. E d’altro canto faticava davvero a capire come mai sua moglie faticasse ad accettare la relazione fra Trunks e Goten.
Al contrario suo, il Saiyan pensava che fosse una cosa fantastica, due amici d’infanzia che si riscoprivano innamorati. Erano entrambi due ragazzi, ebbene? Non riusciva a vedere il problema.
Una cosa però era certa: Chichi era ancora furiosa. Si era infatti alzata presto, aveva riordinato l’intera casa, sebbene non fosse necessario. Poi aveva cucinato, tanto.
Infine, non trovando più nulla da fare, si era seduta in cucina, a gambe accavallate, osservando la tazza di tè.
Doveva assolutamente dirle qualcosa. La famiglia non poteva dividersi e soprattutto Goten doveva tornare a casa.
«Emh,b-buongiorno tesoro», salutò il Saiyan piuttosto intimorito. Chichi gli rivolse un sorriso tirato.
«Buongiorno. Oggi sto davvero benissimo, ho fatto tutte le faccende, ho preparato un sacco di piatti e mi sono tenuta occupata. Sì, non sono mai stata meglio.»
Era ovvio che stesse mentendo. La stessa Chichi sembrava molto sconvolta, probabilmente le pesava già il fatto di aver mandato via suo figlio.
«Chichi, forse dovremmo parlarne.»
«Non vedo perché. Goten è da suo fratello, starà più che bene.»
«Ma non può stare lontano dalla sua casa per sempre, è solo un ragazzo. Tu odi Trunks?» domandò poi ingenuamente.
Sua moglie sospirò. Non odiava affatto Trunks, anche se doveva ammettere di aver detto delle cose non molto carine sul suo conto. Forse, però, in parte si sentiva tradita da quel ragazzo che aveva sempre trattato come un figlio. E poi, una relazione si iniziava in due.
«No che non odio Trunks. Ma non mi aspettavo che lui e Goten facessero addirittura questo. Insomma, è tanto difficile capire quello che voglio dire? Io pensavo che un  giorno mi avrebbe presentato una ragazza, che si sarebbe sposato e avuto dei figli. E adesso? Che vita potrebbe avere?»
«Goten avrà… esattamente la vita che vuole avere. Non pensi che l’unica cosa importante sia la sua felicità?»
Chichi aggrottò la fronte. Suo marito non era di certo il più saggio degli uomini e per quanto riguardava le storie d’amore era piuttosto negato. Eppure come mai lui, nella sua semplicità, era stato in grado di accettare una cosa del genere? E perché lei invece non ci riusciva?
«È proprio perché penso alla sua felicità che mi preoccupo. Questa non è una storia destinata a durare.»
«O forse sì»
«No, Goku. Lo capisci o no che quelli come loro non hanno mai vita facile?»
«E perché no?» domandò ingenuamente.
«Perché no, dannazione! Senti, non voglio prendere l’argomento per adesso. L’unica cosa che vorrei è che tutti quanti la smettessero di farmi sentire la cattiva della situazione!»
Questa volta il Saiyan non rispose. Forse era vero che di certe cose non ne capiva poi molto, ma su una cosa era assolutamente certo: si era innescata una sorta di reazione a catena che avrebbe potuto rovinare anche il suo di matrimonio. E questo non poteva permetterlo.
 
Vegeta sgranò gli occhi. Gli era bastato non percepire più l’aura di Trunks per capire che quest’ultimo se l’era data a gambe. Per dove, non era difficile da immaginare.
Come aveva osato quel ragazzino disobbedirgli? Pensava fosse che stesse scherzando? Forse non lo aveva preso sul serio? Gli avrebbe dato una lezione non appena lo avrebbe rivisto.
«Quel ragazzino!» esclamò stringendo i pugni. «Dovrebbe imparare ad ubbidire. Bulma! Vado ad uccidere tuo figlio!»
La donna, con ancora il camice bianco addosso, si tolse  la mascherina protettiva.
«Vegeta, non provare a fare cose avventate, mi hai capito bene? Tu risolvi sempre tutto con la violenza!» esclamò andandogli dietro.
«E cosa dovrei fare? Ero stato chiaro con Trunks, ma non ha voluto darmi retta. Ora basta, vado a recuperarlo e poi ci penso io!»
Bulma poggiò le mani sui fianchi, indispettita.. Non poteva permettere a suo marito di rovinare tutto, la situazione di Trunks e Goten era già abbastanza difficile anche senza i suoi istinti omicidi.
«Io non ti permetterò di andare.»
Il principe spalancò gli occhi, per poi guardarla. Sapeva come sua moglie la pensava, ma cosa pretendeva da lui? Che accettasse di buon grado tutto ciò?
«E cosa vorresti fare per impedirmelo?»
«Le minacce non mi piacciono, non costringermi ad usarle!» esclamò avvicinandosi. «Quand’è che capirai che nostro figlio non sta facendo nulla di male? Tutto ciò che vuole è vivere il suo amore adolescenziale. Forse durerà per sempre, forse no. Non possiamo saperlo. E non dobbiamo intrometterci. Pensa se fossimo noi al loro posto»
«Non potrebbe mai essere la stessa cosa.»
«Perchè? Perché, perché siamo un uomo e una donna?»
«Esatto.»
«Sai cosa, Vegeta? Ti facevo molto più intelligente»
«COME OSI INSULTARMI IN QUESTO MODO?»
«SEI TU CHE TI INSULTI DA SOLO!»
Brà aveva sentito i suoi genitori litigare e con un pupazzo in mano si era avvicinata. Non c’era per niente una bella atmosfera in casa: Trunks era sempre triste e c’erano sempre discussioni sgradevoli. Non era bello. Per niente. Perché i grandi dovevano essere così complicati?
Gonfiò le guance, stufa di tutta quella confusione.
«Basta, smettetela di litigare!» esclamò.
Bulma fu la prima a zittirsi. In genere evitava sempre di discutere così pesantemente davanti alla figlia, ma non si era neanche accorta della sua presenza.
«Brà… scusa tesoro», si schiarì la voce, guardando poi Vegeta. Era chiaro che suo marito fosse irremovibile su quel discorso. Più di ogni altra cosa voleva la felicità di Trunks, di tutta la famiglia e se c’era bisogno di prendere delle misure drastiche, così avrebbe fatto.
Pensando ciò, si avvicinò a sua figlia, prendendola per mano.
«Andiamo, Brà.»
«E adesso dove stai andando?» borbottò Vegeta.
«Andremo a stare dai miei per un po’, fin quando le acque non si saranno calmate. Non mi sembra il caso di specificare che tu rimarrai qui.»
«CHE COSA? Non dire assurdità donna, tu non uscirai da quella porta.»
«Invece lo farò eccome! Ti avverto, io non voglio che questa famiglia venga rovinata, ma dipende tutto da te. Vado via di qui per evitare di discutere, Dovresti comportarti un po’ meno da austero principe dei Saiyan e un po’ più da padre!»
La piccola Brà si ritrovò praticamente in balìa degli eventi, senza avere neanche il tempo di dire o fare qualcosa. Vegeta, dal canto suo, era rimasto lì come uno stupido. Si sbagliava o Bulma gli aveva appena dato un ultimatum? Era come se gli avesse appena detto: “Scegli tra il tuo orgoglio e le tue convinzioni o la tua famiglia”. E poi se n’era andata. Non per sempre, questo era abbastanza chiaro, ma era stato piuttosto penante. Adesso sì che si trovava alle strette. Rimaneva convinto delle sue convinzioni, ma non poteva perdere sua moglie e i suoi figli!
Come molto raramente gli capitava, il principe dei Saiyan non sapeva che fare. Forse c’era solo una persona che avrebbe potuto comprenderlo, ma il pensiero di parlare con quest’ultima lo fece letteralmente rabbrividire.
«Tsk. Dannazione, me ne pentirò, lo so già.»
 
Goten sospirò. Non si poteva vivere senza prima fare certe esperienze. E si chiese effettivamente come avesse fatto a vivere fino a quel momento? Lui e Trunks avevano compiuto il grande passo, ed era convinto che non avrebbe potuto essere nessuno, se non proprio lui. Ancora affannato e con le guance rosse per lo sforzo, si sistemò le coperte, guardandolo negli occhi.
«Io non pensavo si potessero provare certe sensazioni.»
«Già, nemmeno io. E così era la tua prima volta, eh? Non lo avrei mai detto.»
«Ti ringrazio», si fece più vicino, con aria interrogatoria. «E tu? Era anche per te la prima volta?»
Trunks distolse lo sguardo. In casi come quelli era forse giusto essere del tutto sinceri? O avrebbe rovinato l’atmosfera?
«Con un uomo sì»
«Con un uomo? Cosa? Sei stato con delle donne?!» esclamò.
«È successo solo un paio di volte, niente di che….» rispose vago. Goten, indispettito, si mise seduto.
«Ah, è così? E non mi hai neanche detto niente?»
«No, senti. Non è come pensi, quelle erano storie senza importanza.»
«Mi meraviglio di te. Sei decisamente un cattivo ragazzo», nel suo tono non c’era rimprovero, più che altro malizia. «Ed io? Sono una storia importante o no?»
Trunks assottigliò lo sguardo, afferrandolo e portandolo sotto di sé.
«Tu sei molto importante. Nonché l’unico»
«E tu sei molto ruffiano», sussurrò Goten, rosso in viso a causa della tensione che stava nuovamente crescendo. Trunks era sopra di lui e adesso, con lentezza e delicatezza, si stava chinando per baciarlo, mentre gli stringeva i polsi. Lo lasciò fare, non avendo neanche le forze per provare a prendere lui il controllo.
Improvvisamente la stanchezza era sparita.
«Zio Goten, Trunks! Sono tornata!»
Nel sentire la voce di sua nipote Pan, il corvino scostò il ragazzo da sé, pur sapendo che sarebbe stato inutile, considerando in che situazione erano.
«Pan! Esci subito!»
«Perché? Ma che stavate facendo?»
«Niente!» gridò Trunks cercando di coprirsi con il lenzuolo. «Non stavamo facendo niente!»
Come se la situazione non fosse già abbastanza drastica, arrivò anche Videl, del tutto ignara.
«Pan, ti ho detto mille volte che devi bussare prima di…. AH!» con una mano si coprì gli occhi e con quella libera si premurò di coprire quelli della figlia. «S-scusate ragazzi, sono molto dispiaciuta. Adesso ce ne andiamo, vieni Pan!»
Se Goten avesse potuto, probabilmente sarebbe sprofondato. Bene, era stato appena colto in flagrante da sua nipote e da sua cognata, poteva andare peggio di così?
«Immagino che un secondo round sia fuori discussione, non è vero?»
Goten non rispose. Si limitò a guardarlo male. E ciò bastò.
 
Gohan rise nell’ascoltare Videl che, imbarazzatissima, gli stava raccontando della sua disavventura di poco prima.
«Non posso crederci. Quei due sono davvero incredibili.»
«Sì, divertente», sospirò lei. «Sarà meno divertente quando nostra figlia farà domande.»
Gohan smise di ridere all’improvviso. Effettivamente non aveva pensato a quel piccolo dettaglio. I due diretti interessati arrivarono poco dopo, ancora piuttosto imbarazzati, tant’è che Trunks non aveva il coraggio neanche di guardare negli occhi gli altri.
«Emh…s-salve. Scusate per prima. È stato… piuttosto imbarazzante in effetti», Trunks si schiarì la voce. «A proposito, è meglio se quel materasso lo bruciate.»
«Sì, amh… non preoccupatevi», li tranquillizzò Gohan. «Sono cose normali, anche io e Videl lo facevamo quando….»
«Sì, grazie Gohan!», lo interruppe sua moglie, mentre sentiva un sonoro battere in sottofondo. «Stanno bussando, vado a vedere chi è. Non fate cose strane!»
Gote annuì, sedendosi. Era tutto molto strano, oltre che surreale. Inoltre c’era un leggero ma palpabile imbarazzo.
«Allora… spero che usiate le protezioni…»
«Gohan, ti prego, non ci mettere anche tu!» lo pregò suo fratello.
Pan, che era stata poco prima cacciata, si fece avanti, ridendo.
«Voi non mi avete ancora spiegato che stavate facendo poco fa! Cos’è, un nuovo gioco? Posso farlo anche io?»
«NO!» rispose gli altri tre in coro.
Decisamente disagiante. Anche se ciò era servito loro per distrarsi, almeno un po’, dalla pesantezza della situazione. Anche se per poco. Videl tornò poco dopo, tenendo per mano Brà.
«Brà? Che cosa ci fai tu qui?!» chiese suo fratello.
«Tua madre me l’ha lasciata qui, dicendo che aveva da fare e che sarebbe tornata a prenderla tra poco.»
«E non poteva lasciarla a casa?» domandò stranito. Brà fece spallucce.
«A casa non posso starci. Io e la mamma siamo andate via.»
Il più grande sgranò gli occhi, non capendo.
«In che senso?»
«Beh, papà aveva scoperto che eri andato da Goten, così voleva venire a cercarti. Ma la mamma lo ha fermato e hanno iniziato a litigare, così siamo andate via e.. non si lasceranno vero?»
Trunks sospirò. Sua madre era sempre troppo impulsiva nelle scelte. Cosa aveva in testa?
«Accidenti, è tutta colpa mia…», mormorò Goten.
«Non è colpa tua. Senti, andrò a parlare io con la mamma, tu sta tranquilla e resta qui. Ragazzi, grazie, torno tra poco.»
«Aspetta, Trunks! Vengo con te!» gli disse Goten.
Videl alzò gli occhi al cielo.
«Dici che c’è un divorzio all’orizzonte?»
«Non credo proprio. Sono sicuro che Bulma riuscirà a far cambiare idea a Vegeta».
Brà si avvicinò a Pan. La sua piccola testolina aveva già iniziato ad elaborare.
«Pan, devi aiutarmi», bisbigliò.
«Oh, no. A fare cosa? Ci metteremo nei guai?»
«Forse. Ma Goten e Trunks hanno bisogno di una mano. E quindi noi dobbiamo aiutarli!»
Pan la guardò stranita. Cosa aveva in mente la sua migliore amica?
 
Nota dell’autrice
Salve a tutti :D
Bulma ha preso la situazione in mano, andando momentaneamente via di casa, riuscirà questo a far capire a Vegeta che l’amore va oltre la sessualità e tutto?
Chichi invece sembra più dura, anche se Goku ci ha messo comunque la sua buona volontà.
Goten e Trunks intanto si sono lasciati andare alla loro prima volta, e subito dopo sono stati beccati da Pan e Videl, ma normale amministrazione. E adesso cosa avrà in mente Brà? La sua mente geniale che piano elaborerà?
 
 

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Capitolo 6
*** Alone togheter ***


 
«Mamma, ma cos’hai combinato?»
Non appena aveva appreso la notizia di cosa Bulma avesse fatto, Trunks era andato immediatamente a parlare con lei. Voleva vederci chiaro in quella situazione e Goten lo aveva seguito come un’ombra.
«Come immaginavo, sei saltato immediatamente alle conclusioni affrettate!» esclamò la donna a braccia conserte. «Prima che tu me lo chieda, io e tuo padre non ci siamo lasciati!»
«Davvero? Meno male. Temevo avessi fatto una scelta impulsiva e…»
«Ma sentilo! Mi pare che tra i due l’adulto sia ancora io, non credi?» domandò con uno spaventoso sorriso.
«S-sì, certo! Non lo metto in dubbio!»
Goten osservò madre e figlio litigare affettuosamente  e provare nostalgia. Non poté fare a meno di chiedersi se anche lui e Chichi sarebbero tornati ad avere un rapporto quantomeno civile. Per come stava andando la situazione, ne dubitava fortemente.
«Allora quando tornerai a casa?» domandò ad un tratto Trunks a Bulma.
«Tra non molto tempo. Ho pensato che questo potesse aiutare tuo padre a schiarirsi le idee.»
«Quindi lo hai minacciato»
«Io non l’ho minacciato, ho solo preso misure drastiche. Tuo padre è testardo, ma d’altronde non è del tutto colpa sua, è cresciuto in un certo modo e gli viene difficile capire che possono esistere diversi tipi di amore.»
Goten sollevò lo sguardo nell’udire quelle parole. Probabilmente lo stesso doveva valere per sua madre. Da lei non pretendeva che capisse tutto e subito, ma che quanto meno si sforzasse di capire.
«Pensi che anche mia madre capirà, un giorno?» mormorò.
«Tesoro, ma certo. Non devi preoccuparti di questo. Ho promesso a Chichi che ci saremmo viste oggi, aveva bisogno di staccare la spina. Proverò io a farla ragionare.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
«Sono felice che almeno tu mi accetti.»
Bulma sentì gli occhi divenire lucidi. Voleva bene a Goten come un figlio e vederlo in quelle condizioni spezzava il suo cuore.
«Oh, ma non devi preoccuparti di questo. Tu sarai sempre accettato in questa famiglia, sappilo», lo rassicurò, per poi sorridere. «Su, non fate quelle facce, tutto si aggiusterà.»
Parlare con lei era stato consolatorio. Dopodiché aveva cercato di trattenersi dal piangere e, accorgendosene, Trunks gli era andato incontro.
«Ehi»
«Sto bene, tranquillo. Tua madre è molto dolce con me. Spero riesca a far ragionare la mia, perché… perché mi sento non poco stravolto.»
«Io mi fido. Mia madre è molto in gamba. Sta tranquillo. Andrà tutto bene.»
Andrà tutto bene. Tre parole che ultimamente si ripeteva spesso . Anche se, non poteva fare a meno di chiedersi quanto potesse effettivamente sperarci.
 
Goku conosceva Vegeta da abbastanza tempo da capire quando quest’ultimo avesse o meno qualche problema. Anche quel giorno, quando era andato da lui dicendogli: “Alleniamoci Karakaroth, ho bisogno di tenermi in forma”, aveva subito capito che qualche pensiero doveva starlo turbando molto. Anche perché il principe pareva più aggressivo del solito.
«Urca, Vegeta se non ti conoscessi direi che stai cercando di uccidermi!» esclamò il Saiyan parando un suo colpo.
«Se ucciderti mi farebbe sentire meglio, lo farei. Ma dubito che cambierebbe qualcosa, ts.k»
«Su, andiamo. Guarda che ho capito perfettamente. Volevo vedermi perché qualcosa ti turba. E siccome sono il tuo migliore amico, hai ben pensato di chiedere a me, dico bene?»
«Chi ti ha dato certe confidenze? Il mio migliore amico? Non dire idiozie!» esclamò distogliendo lo sguardo. «Insomma, come ci riesci?»
«A fare cosa?» chiese Goku ingenuamente, al che Vegeta ebbe voglia di tirargli un pugno in pieno viso. Doveva per forza costringerlo a parlare chiaramente?
«Questa cosa! Come diamine fai ad accettarla ? Non ti crea problemi il fatto che tuo figlio sia diverso?»
Goku parve pensarci seriamente. Il principe si sentì così stupido, ma in fondo sapeva che quello sciocco di Kakaroth poteva essere l’unico a comprenderlo.
«In verità non è che mi sforzo molto. Ma se Goten e Trunks sono felici e non fanno del male a nessuno, perché dovrebbe essere un problema?»
Vegeta odiava la semplicità con cui Kakaroth affermava certe cose. Per uno che non ne capiva molto in quel campo, era forse molto più avanti di lui.
«Tsk, non vedo perché mi sorprendo. Alla fine, conoscendoti, avrei dovuto aspettarmelo. Tu e Bulma la pensate allo stesso modo… state cercando forse di farmi capire che sono io il problema?!» chiese minaccioso, al che Goku tentò subito di calmarlo.
«Cosa? No! D’accordo, mettiamola così. L’amore… ha molte forme. E va bene che sia così, è la vita. Non pensi che sia più importante la felicità dei nostri figli piuttosto che le nostre convinzioni?»
Vegeta si era ritrovato essere di nuovo zittito. Anni addietro, non era stato proprio un padre esemplare, gli ci era voluto un po’ per capire come dovesse comportarsi, eppure ancora, ad oggi, qualcosa gli sfuggiva comunque. Essere genitore era davvero più difficile di quel che credeva. E poi ripensò a Bulma. Non voleva di certo rovinare il suo matrimonio e il perfetto equilibrio della sua famiglia. Dopotutto… aveva poi tutta questa importanza di chi suo figlio si innamorava?
«Tsk, mi chiedo perché ho deciso di parlarne con te.»
«Facile, perché sono il migliore amico che hai!»
«Chiudi quella dannata bocca, Kakaroth!»
E Goku effettivamente si zittì, adesso più sereno, forse perché certo di aver dato una o due perle di saggezza al suo amico.
 
Le loro rispettivi mogli, invece, dell’argomento non ne avevano proprio parlato. Chichi aveva tutta l’intenzione di rilassarsi ed effettivamente Bulma era lì anche per concederle questo. Erano state fuori tutto il giorno e si erano anche lasciate andare ad un po’ di shopping. Chichi parlava molto, forse più del solito e questo era un segno abbastanza palese del suo malessere.
Bulma sapeva di dover misurare bene le parole da usare. Quando tornarono a casa della corvina, dopo aver gettato i vari sacchetti in un angolo, decise di prendere il discorso.
«Sai, mi sono dimenticata di dirti che sono andata via di casa», confidò.
«Cosa? Come puoi dimenticarti una roba del genere? E perché te ne sei andata? Vuoi lasciarlo? Oh, no. Volete divorziare, vero?»
La donna dai capelli turchini sospirò, non era strano che tutti saltassero a quella conclusione.
«Non ho alcuna intenzione di lasciare Vegeta. Ma voglio fargli capire che c’è anche un altro modo di vedere le cose. Ha impedito a Trunks di vedere Goten. E questo non è giusto.»
Chichi assottigliò lo sguardo.
«Sai che la penso anche io come lui, non è vero?»
«Sì, per questo te ne parlo. Voglio far capire anche a te che ci sono molti modi di vedere le cose e che sicuramente non saremo noi a fermare l’amore fra Goten e Trunks. Perché alla fine è di amore che si parla.»
Vide l’amica tremare a quelle parole.
«Cos’è, tu e Goku vi siete forse coalizzati?»
«Coalizzati? No! Ma hai cacciato Goten di casa e questo non è da te! È evidente che ne soffri anche tu, perché complicare le cose? Non ti pesa il fatto di litigare con i tuoi figli e con tuo marito?»
Aveva colpito nel segno. Bulma era brava a dire la parola giusta al momento giusto.
«Sì che mi pesa! E vorrei semplicemente che tutto tornasse come prima!»
«Ma questo non è possibile e lo sai! Ti prego Chichi, ti considero la mia migliore amica, cerca di capire. I nostri figli si vogliono bene. Non ti piacerebbe che Goten fosse felice?»
Chichi sospirò. La felicità dei suoi figli era sempre stata al primo posto e aveva sempre cercato di dimostrarlo, seppur a modo suo. Eppure, nel pratico, era tutto molto più difficile di quanto pensasse.
Poco dopo, giunsero a casa sua due persone di cui non si aspettava l’arrivo, ovvero proprio Goten e Trunks. Insieme. Cosa ci facevano lì? Perché fare un affronto del genere?
«Voi…  voi qui…?» domandò Chichi tremando.
«Beh, questa è ancora casa mia. Almeno spero», disse Goten guardandosi intorno. «Come stai, mamma?»
«Sto bene», mentì. Poi guardò Trunks. «Trunks. Vedo che siete ancora inseparabili.»
«Già. E penso che lo saremo ancora per molto, molto tempo» rispose con aria di sfida.
Goten poggiò una mano sul suo petto, come a frenarlo.
«Trunks, ti prego…»
L’ultima cosa che voleva era che scattasse una lite tra sua madre e il suo fidanzato, ma le sue suppliche non furono ascoltate.
«Che faccia tosta! Sappi che non sei il benvenuto in questa casa!»
«Chichi! Ti ricordo che è con mio figlio che stai parlando!» si intromise Bulma.
«Mi dispiace, ma non tollero la mancanza di rispetto!»
«Mancanza di rispetto? Ero venuto qui con tutte le buone intenzioni, ma vedo che non è possibile!»
«Queste me le chiami buone intenzioni? La colpa è tutta tua! Se te ne fossi rimasto al tuo posto, nulla di tutto ciò sarebbe successo!»
Goten si infervorò a quelle parole. Questa volta non se ne sarebbe rimasto in silenzio a subire.
«Smettila! La colpa non è sua. Al massimo sono io quello da incolpare. Sono io che l’ho baciato per primo, sono io che ho dato inizio a tutto questo. Sono pentito? No, diamine. Lo rifarei ancora, altre mille volte se fosse necessario. Non ti supplicherò, se vuoi portare questa battaglia avanti da sola, ben venga!»
Il viso di sua madre divenne rosso. Sollevò una mano, facendo per colpirlo. Di strapazzarlo un po’, quando faceva i capricci da bambino, era capitato un paio di volte, ma adesso stava agendo in maniera del tutto diversa. Trunks abbracciò stretto Goten.
«Prima di colpire lui, dovrai colpire me», sibilò. Quella fu per Chichi la goccia che faceva traboccare il vaso. Forse perché si era resa conto che qualsiasi cosa avesse detto o fatto, sarebbe risultata inutile.
Com’era già successo una volta, ci pensò il principe dei Saiyan a porre fine a quella faida.
«Vegeta?» lo chiamò Bulma sorpresa.
Sembrava davvero infastidito, in maniera molto diversa dalla volta precedente. Aveva sorpreso Chichi con la mano sospesa a mezz’aria nel tentativo, forse, di colpire Trunks.
«Che diamine stai facendo?» domandò.
«Io…? Voi! Ci stavate spiando?!» esclamò Chichi.
«Non ce ne sarebbe motivo, le vostre urla si sentono fino a fuori! Perché non la piantate e basta?»
Con la fronte corrugata, Chichi gli si avvicinò, quasi con uno sguardo di sfida.
«Beh, mi meraviglio di te, considerando come la pensi. Alla fine siamo uguali!»
«Non provare a paragonarmi a te, donna!»
«Emh… su Vegeta» si intromise Goku. «Non mi sembra il caso di esagerare.»
«Non sono io quello che sta esagerando, Kakaroth. E se devi aprire bocca, aprila per dire qualcosa di sensato!» dopodiché guardò suo figlio, il quale era abbastanza sorpreso dalla sua presa di posizione. «Una cosa la devo ammettere. Quando si  tratta di difendere la persona che si ama, tu sei tale e quale a me.»
A Bulma venne da sorridere. Non sapeva se fosse effettivamente merito suo o della chiacchierata con Goku, ma qualcosa era cambiato. E Chichi era oramai con le spalle al muro.
«Cosa… cosa stai cercando di dire?!» esclamò.
«Sto dicendo che per me la discussione finisce qui. Trunks e Goten vogliono stare insieme? Bene, per me possono fare quel che vogliono, l’importante è che sappiano ciò che stanno facendo.»
Trunks batté le palpebre, sorridendo.
«Papà…»
«Umh, cosa? Niente sentimentalismi, ce ne sono stati fin troppo! E tu, Kakaroth, vedi di far ragionare quella pazza di tua moglie!»
«Quella…. Pazza?! Tu, dannato…!»
«Smettila» sibilò Goten a bassa voce. «La pensiamo tutti diversamente da te. Forse dovresti chiederti il perché.»
Dicendo ciò guardò sua madre, facendola rabbrividire. Se fino a quel momento suo figlio era stato incredibilmente passivo a causa della paura, adesso sembrava essere determinato a lottare con le unghie e con i denti per proteggere ciò che amava. Capì di essere in minoranza e odiò il fatto che Goku non stesse prendendo le sue difese.
«Siete venuti in casa mia per farmi la guerra? Questo non ve lo permetto. Andate fuori tutto, adesso!»
«Chichi…» Bulma tentò di chiamarla, ma con un solo sguardo l’amica le fece intendere di non avere alcuna intenzione di parlare. Per Goten non c’era alcun problema, era stato cacciato di casa una volta, un’altra non avrebbe fatto differenza. Ma adesso ne aveva la certezza. Sarebbe stato tutto inutile. Sua madre non avrebbe mai accettato la loro relazione e questo era un dato di fatto. L’unica cosa da  fare era mettersi il cuore in pace, ma come poteva?
Una volta rimasti soli, Goku sapeva che Chichi avrebbe avuto molto da dirgli. Non aveva preso le sue difese, motivo per cui sua moglie aveva un’espressione tremendamente delusa e arrabbiata.
«D’accordo, Goku. Capisco perfettamente che la pensiamo in modo diverso, ma avresti anche potuto difendermi, dire qualcosa, qualsiasi cosa.»
«Io avrei tanto voluto, ma…» distolse lo sguardo. «Eri indifendibile. Tesoro, penso che dovresti semplicemente rinunciare al tuo astio.»
Aveva sperato che almeno suo marito cercasse di comprenderla. Ma forse era stato sperare troppo. Si sentiva tradita, in qualche modo, da tutti, da ogni singolo membro della sua famiglia.
Senza scomporsi più di tanto, gli passò davanti.
«Stasera dormi sul divano.»
 
Trunks era incredulo se ripensava a come Vegeta avesse preso le sue difese. Considerando che gli aveva impedito di vedere Goten, quello era un bel passo in avanti. Sì, anche perché adesso il ragazzo dai capelli corvini si trovava in casa sua, mentre si torturava alcune delle lunghe ciocca e si lamentava.
«Bene, benissimo. Io a casa non ci torno. Col cavolo. Mia madre non mi vuole bene.»
«Sciocco, certo che ti vuole bene.»
«La difendi ancora? Anche dopo tutto ciò che ti ha detto?»
«Non direi che la sto difendendo. Semplicemente sto cercando di farti vedere le cose da un altro punto di vista.»
«Certo, come no. Guardiamo in faccia la realtà, Trunks. Lei non ci accetterà mai. E io come dovrei fare? Dovrei scegliere tra te e lei? Questo non è giusto! Metti caso un giorno volessi sposarti! Mi dispiacerebbe se mia madre non fosse al mio matrimonio.»
Trunks sorrise.
«Ma guarda, siamo già arrivati alla parte del matrimonio?»
«Era solo un esempio! Perché, in caso mi diresti di no?»
«Goten, è una proposta di matrimonio?»
«C-che?! Smettila di travisare ciò che dico!»
Nel vederlo arrossire così intensamente, Trunks si era fatto più vicino con l’intento di baciarlo. Non importava quanto avrebbe dovuto lottare. Ne valeva la pena. E sì, ne valeva la pena sempre.
Sfiorò appena le sue labbra, quando Vegeta entrò.  Finse di non vedere quel bacio donato di sfuggita. Era proprio così, c’era poco da fare. Per quanto non amasse ammetterlo, quel sentimento era molto simile a quello che provava lui per Bulma. Anzi, probabilmente era la stessa identica cosa.
«Papà…» sussurrò Trunks.
«Tsk. Sentite, vi concedo di stare qui insieme, ma non fate cose strane, capito?» domandò brusco. Ma entrambi i ragazzi capirono che il principe dei Saiyan stava compiendo dei grandi sforzi per comprendere e infine accettare quella situazione.
«Grazie per averci aiutato», sussurrò Goten. Vegeta non rispose. Il destino alle volte era davvero bizzarro. Suo figlio e il figlio di Kakaroth si amavano. Talmente tanto da mandare a soqquadro le loro vite così tranquille. Adesso che li guardava, si rendeva conto che non stavano così male insieme.
Vegeta se ne andò, lasciando i due giovani da soli. Non sapeva che sua moglie aveva sentito tutto. Bulma sentiva il cuore riempirsi di orgoglio per lo sforzo che suo marito aveva fatto.
Lentamente gli andò dietro, stringendolo.
«Sapevo che alla fine avresti capito. E dimmi, sono stata io a convincerti o Goku è diventato un abile oratore?»
Senti le mani della sua donna stringergli il petto. Doveva ammettere che se non fosse stato per lei e per quell’idiota di Kakratoh, avrebbe rischiato di perdersi.
«Purtroppo mi avete convinto entrambi. Sono stato magnanimo questa volta. Non ve lo dimenticate», si lamentò. Ma Bulma ebbe come reazione quello di stringerlo maggiormente. Vegeta poteva sempre essere un principe austero e con le sue convinzioni, ma era anche il padre dei suoi figli e un genitore pensava sempre al loro bene. Così come aveva fatto lui, anche se certamente la strada era ancora lunga.
«Sono fiera di te, mio bel principe», sussurrò dolcemente e anche con una certa nota di malizia. E poi provò speranza. Se Vegeta era riuscito a convincersi, allora forse c’era possibilità per tutti.
 
La piccola Brà, non appena aveva saputi della presenza di Goten a casa sua, aveva sgambettato fino alla camera del fratello. Poteva sembrare piccola e innocente ma ai suoi occhi e orecchie attente non sfuggiva nulla. Lei e Pan avevano ideato un piano, nella speranza che Trunks e Goten acconsentissero. Ma alla fine perché non avrebbero dovuto?
Si aggrappò alla maniglia, spingendo la porta, trovando i due seduti sul pavimento, Goten con il viso poggiato sulla spalla di Trunks.
«Ehi…» la chiamò suo fratello.
«So tutto. So che papà vi ha accettato ma… Chichi no.»
«Accidenti, non ti sfugge nulla. Non devi preoccuparti per questo. Andrà tutto bene.»
Brà aggrottò la fronte e guardò suo fratello seria come non mai.
«Tu e Goten dovete andare via di qui.»
 
 
Nota dell’autrice
Salve. Che cosa vorrà dire Brà? Forse nella sua testa ha organizzato una sorta di fuga? E Trunks e Goten accoglieranno l’eventuale idea?
E Vegeta si è finalmente convinto. La parte che più mi è piaciuta scrivere è stata proprio la sua conversazione con Goku. Quest’ultimo può apparire tanto tonto, ma alla fine sa il fatto suo. E così il principe dei Sayan ha accettato, a modo suo, la cosa. Chichi invece, nonostante si trovi con le spalle a muro, continua imperterrita a pensarla come vuole. In questi casi ci vuole proprio una terapia d’urto.

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Capitolo 7
*** Terapia d'urto vincente ***



 
 
Trunks spalancò gli occhi. Sua sorella aveva la lingua lunga e diceva sempre tante cose strane, ma quella in particolare lo aveva colpito nel vivo.
«Non dovremmo stare qui? Cosa intendi?» domandò infatti.
«Ma è facile! Scappate insieme. Io e Pan possiamo coprirvi. Non sarebbe estremamente romantico?»
Gli occhi della bambina brillavano. Era certo che avesse un’idea dell’amore tutta sua, un’idea quasi pura.
Ah, l’innocenza dei bambini. Trunks infatti sorrise intenerito. Era sicuramente un’idea romantica, ma essendo più grande, sapeva che la realtà non funzionava così.
«È una bella idea, ma non sono sicuro sia fattibile. Certe cose accadono solo nei film», tentò di spiegarle.
«A me non dispiacerebbe», disse ad un tratto Goten , facendo spallucce, al che il suo ragazzo sgranò gli occhi.
«Non darle corda…» bisbigliò.
«Beh, così i nostri problemi sarebbero risolti.»
«O magari peggiorerebbero. E poi che direbbero i miei? E tuo padre? Ti ricordo che loro sono dalla nostra parte. Quella da convincere è tua madre.»
Brà alzò lo sguardo al cielo con fare pensieroso.
«Allora forse non dovete scappare per sempre. Solo per un po’.  Se si preoccupa, la rabbia sparirà.»
Trunks allora capì che, a modo suo, sua sorella stava cercando di dirgli che in pratica dovevano far venire un grande spavento a Chichi, facendole credere che lui e Trunks fossero scappati chissà dove. E la cosa avrebbe anche potuto funzionare. O forse no. In questo caso, le sarebbe davvero venuto un infarto, oltre al fatto che la sua ira sarebbe potuta notevolmente peggiorare. Non sapeva quindi se era meglio rischiare oppure no.
«Questa è un’idea talmente folle che potrebbe funzionare…»
«Ah, ma non ero io quello che le dava corda?» sbuffò Goten.
«No, ascoltami. Tua madre non capirà quanto realmente tiene a te finché non si ritroverà davanti una situazione difficile. Il bene che ti vuole non è scomparso, ma è offuscato dalla rabbia che prova. Se crede di averti perso, probabilmente la rabbia passerà in secondo piano.»
«Questa è cattiveria!»
«No, questo è un trucchetto psicologico ben congegnato. Ma dovremo essere bravi a non farlo sapere a nessuno. No, neanche al resto dei nostri familiari. Non sono sicuro riuscirebbero a mantenere il segreto.»
Goten era sconvolto. Quella era un’idea che si sarebbe aspettato più che altro da se stesso, ma da Trunks, sempre così riflessivo e attento, era strano.
«L’amore ti ha reso folle», constatò.
«Puoi ben dirlo. Allora… Brà, tu e Pan dovrete mantenere il segreto per un po’. Potete darci una mano?»
La piccola azzurra, vittoriosa, sorrise.
«Nessuno meglio di me sa mantenere i segreti!»
 
Chichi si era mentalmente ordinata di non piangere. Non davanti agli altri almeno. Perché da sola, poteva anche permettersi di lasciarsi andare le lacrime. E sfogare tutta la sua frustrazione. Si stava ritrovando ad osservare le svariate foto che ritraevano i suoi figli da bambini. Ricordava di averne scattate molto, in quel periodo che si era ritrovata da sola a crescerli, periodo ricordava con grande affetto e malinconia. Se con Gohan era sempre stata apprensiva, con Goten era stata addirittura peggio, forse per compensare la mancanza di un padre almeno nei suoi primi anni di vita. Forse era colpa sua se adesso si era arrivati a questo? Si sarebbe potuto evitare? Una vocina dentro di lei le diceva di no, certe cose non si evitavano, accadevano e basta. Ma darsi la colpa era forse più facile.
Dopo una scomodissima nottata passata sul divano, la prima cosa che Goku si era trovata davanti era la figura di sua moglie piangente sull’album di famiglia. Quella situazione era insostenibile, così non sarebbero andati da nessuna parte.
«Chichi, ti prego. Puoi ascoltarmi per qualche minuto? Nessuno qui è contro di te, stiamo solo cercando di farti capire che è inutile continuare a insistere. E che non c’è assolutamente niente di male se Goten e Trunks vogliono stare insieme. Questo riesci a capirlo?»
La donna gli dava le spalle, motivo per cui non avrebbe saputo percepire la sua espressione.
«Ci sono tante cose che non riesco a capire, soprattutto non capisco perché per voi è così facile e per me no.  Sento che i miei figli si stanno allontanando da me. Gohan è costretto a nascondermi le cose, Goten mi odia. E tutto mi sta sfuggendo di mano.»
Percependo il suo tono spezzato, Goku si avvicinò a lei, cercò la sua mano, stringendola poco dopo.
«Tu sei una brava madre. Ma anche ai genitori migliori può capitare di inciampare, qualche volta. Sono sicuro che basteranno delle scuse per risolvere la situazione.»
«Perché dovrei scusarmi?» domandò, sebbene sapesse benissimo di aver sbagliato più di una volta, nelle parole e nei fatti.
«Beh, tesoro… certe cose avresti potuto risparmiartele e… ed è per questo che non ho preso le tue difese. Ti prego, non picchiarmi», piagnucolò poi suo marito.
Quello sciocco! Prima faceva tanto il coraggioso e poi ecco che la supplicava di non fargli male. E non lo avrebbe fatto, almeno per ora. Goku era quel che era, ma anche lei aveva i suoi difetti. E sicuramente ci voleva tanta pazienza per rimanerle accanto. E suo marito, di certo, di pazienza ne aveva eccome.
«Mi dispiace per averti trattato così male. Tu volevi solamente aiutarmi», sospirò, abbassando lo sguardo.
Il Saiyan era sorpreso, non si era aspettato già delle scuse da sua moglie. Sicuramente era un grande passo in avanti.
«Non preoccuparti, tesoro», la tranquillizzò, posandole poi un bacio sulla fronte. E Chichi allora ritrovò il calore. Si chiese se quel calore si trovava in tutti i tipi di relazione. Sì, anche in quella fra Trunks e Goten.
Chissà se effettivamente sentivano davvero le stesse cose.
«Oh-oh, sento che abbiamo visite! È arrivato Gohan!» annunciò ad un tratto Goku.
Chichi si sollevò subito, non poco nervosa in realtà. Non vedeva suo figlio maggiore dall’ultima volta in cui avevano litigato. Chissà cosa era venuto a fare?
«Ciao, figliolo! Arrivi proprio al momento giusto!» esclamò Goku, ma Gohan pareva più preoccupato per altro.
«Mamma, papà. C’è un problema. Goten non è rientrato a casa.»
«Non si trova a casa di Trunks?» chiese suo padre stupito.
«Già, fino a ieri sera forse! Non so cosa sia successo stanotte, ma entrambi sembrano spariti! Mi ha chiamato Bulma e mi ha chiesto se magari si trovavano da me. Ma così non era! Sembrano entrambi spariti!»
A Chichi cadde da terra la tazza che fino a quel momento aveva tenuto in mano. Che voleva  dire che suo figlio era sparito? Perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere?
«C-cosa?! Tuo fratello non si trova e mi avvertite solo adesso? E soprattutto, com’è possibile che non ve ne siate accorti prima?!»
«Beh, non pensavamo sarebbero arrivati a tanto! Avete discusso di nuovo, non è vero? Che cosa gli hai detto? Avanti, parla!»
«Non osare rivolgerti a tua madre in questi termini!»
Goten sospirò, avvilito. In quel modo non sarebbero andati da nessuna parte, doveva assolutamente fare qualcosa.
«Su, tesoro. Non è il caso di preoccuparsi. Goten e Trunks sono due formidabili guerrieri, non può accadere loro nulla di male!»
«Ma sei proprio stupido o cosa?! Sono due ragazzini chissà cosa potrebbero combinare! E… oh, no. E se decidono di fare qualcosa di stupido?!»
Nella sua mente di madre apprensiva si erano già creati i peggiori e tragici scenari. E se suo figlio avesse fatto qualcosa in cui ci avrebbe rimesso la vita? Non se lo sarebbe mai perdonata, no, perché la colpa sarebbe sempre e stata soltanto sua!
«No! Io vado a cercarli!»
«Aspetta, cosa?!» esclamò Gohan. «Ma non riuscirai mai a trovarli. Faremmo molto prima ad andare io e papà e…»
Sua madre gli lanciò un’occhiataccia tanto raggelante da zittirlo. Non era mai una buona idea tentare di fermare una madre disperata alla ricerca del figlio.
«Figliolo, se tua madre vuole andare, lascia che vada», suggerì saggiamente Goku. «Dopotutto non possono essere andati lontani… no?»
 
E in effetti, Goten e Trunks così distanti non si trovavano, ma erano decisamente ben nascosti. Alla fine avevano pensato di ascoltare l’idra di Brà, pensando che fosse una terapia d’urto efficace, o almeno così speravano. Alle spalle si erano lasciati in monti Paoz e avevano trovato il loro perfetto nascondiglio tra i boschi. Certo, una tenda in mezzo agli alberi non era forse una comodità, ma almeno potevano stare tranquilli.
«Perché ho la vaga impressione che finiremo col cacciarci nei guai? Avremmo almeno potuto dirlo ai tuoi, ci avrebbero coperto», sospirò Goten.
«Ho preferito essere prudente, non si sa mai. E poi ci sono Pan e Brà che lo sanno.»
Certo, effettivamente non faceva una piega! Il loro segreto era nelle mani di due bambine. Quella era una follia, eppure Goten non poté fare a meno di chiedersi a come sua madre avrebbe reagito. Si sarebbe preoccupata e avrebbe capito che c’erano cose più importanti delle sue convinzioni?
Nel vederlo così pensieroso, Trunks gli si avvicinò, scostandogli i capelli dal viso.
«Sì, tu mi hai reso decisamente folle, non c’ è che dire. Colpa tua che mi hai rubato un bacio, quella volta, al concerto.»
«Certo che è colpa mia. Perché io agisco sempre d’istinto. Se tu, amh… se tu potessi tornare indietro, rifaresti tutto ciò? Pur sapendo a cosa andremmo incontro?»
Trunks parve molto sorpreso da quella domanda. Se avesse rifatto tutto da capo? Stavano affrontando delle difficoltà non indifferenti, ma in compenso aveva trovato l’amore. E sì, doveva essere quello l’amore quello vero, quello da portarti a compiere qualsiasi follia. Di ciò ne era sicuro, così com’era sicuro del fatto che sarebbero rimasti insieme per sempre.
 
 
«AAAH, MA COM’È POSSIBILE PERDERE DUE ADOLESCENTI?! DICO, STIAMO SCHERZANDO?!»
Bulma non poteva crederci. Perché suo figlio e Goten erano scappati? C’era davvero motivo di compiere una follia simile?
«Vegeta, smettila di guardarmi così e va a cercarli!»
Il principe sbuffò. Era forse necessario preoccuparsi in quel modo? Goten e Trunks non erano due sprovveduti, se la sarebbero benissimo cavata da soli.
«Piantala di preoccuparti, è inutile. Torneranno a breve.»
Bulma a quel punto esplose.
«Ah, si, Vegeta? FORSE SAREBBE COSÌ IN UN ALTRO CASO, MA NON IN QUESTO! ADESSO TU ESCI DA QUESTA CASA E VAI A CERCARLI!»
Alle volte sua moglie sapeva essere davvero persuasiva. Sarebbe stato meglio accontentarla.
«E va bene, rilassati! Vado a cercarli. Tsk, guarda tu cosa mi tocca a  fare!»
Anche spedendo suo marito alla ricerca dei ragazzi, Bulma non era poi tanto tranquilla. Oh, no, doveva andare anche lei e tenere la situazione sotto controllo. Brà, dal canto suo, se ne stava seduta a colorare, senza incrociare lo sguardo di sua madre.
«Tu non sai niente di tutta questa storia, vero Brà?»
Di quella bambina non ci si poteva fidare, sapeva essere molto subdola e scaltra. La piccola sollevò la testa, mostrando un sorriso.
«No, mammina. Niente di niente.»
Non l’aveva convinta del tutto. Ma per il momento doveva cercare quei due screanzati e dar loro in seguito una bella lezione. Prima di tutto voleva mettersi in contatto con Chichi. Probabilmente Gohan doveva averla già avvertita, ma preferiva andare darle man forte, visto che con ogni probabilità la donna si era messa alla ricerca dei ragazzi in completa solitudine. Così, dopo aver preso Brà con se, andò a trovare l’amica, che trovò a pochi passi da casa sua, esasperata e confusa.
«Amh… Chichi?» la chiamò Bulma trascinandosi dietro sua figlia.
«Bulma! Per fortuna sei venuta, sto dando di matto! Io e Videl stiamo cercando i ragazzi, Goku e Gohan sono andati un po’ più lontani nella speranza di trovarli. Dove sono andati? Sono scappati di casa? Oh, dimmi che non è vero!»
Brà si premurò di coprirsi il viso con una mano, certa che di lì a poco sarebbe scoppiata a ridere. Quello era sicuramente un buon segno, dal momento che Chichi sembrava essersi del tutto dimenticata della sua ira, troppo preoccupata per il figlio.
«Non farti strane idee, vedrai che non stanno combinando niente di strano. Probabilmente è solo un gesto di ribellione…»
«Nei miei confronti! Lo sapevo, è tutta colpa mia! Io li ho portati a tanto. Dov’è mio figlio? Se n’è andato per sempre? Ti prego, dimmi che non è vero!»
Bulma afferrò le mani dell’amica nel tentativo di calmarla. Perlomeno, sembrava aver messo da parte la sua ira per far posto alla preoccupazione. E forse ciò era un bene.
«Scusate! Ho cercato un po’ in giro, ma non l’ho trovato da nessuna parte», sospirò ad un tratto Videl, mano nella mano con Pan, la quale adocchiò subito l’amica.
«Amh…  Brà, ti posso parlare?»
«Di cosa?»
«Di una cosa importante!» sussurrò afferrandola per un braccio, mentre Bulma le osservava di sottecchi e intanto Chichi continuava a disperarsi.
«Sono una pessima madre. Ho portato mio figlio ad andare via, l’ho trattato troppo male. Non voglio che faccia qualcosa di inconsulto, non me lo perdonerei mai!» piagnucolò aggrappandosi a vicenda.
«Sono sicura che starà benissimo. Coraggio, andrà tutto bene!» tentò di tranquillizzarla.
Nel frattempo, le due bambine avevano preso a parlare a debita distanza.
«Non mi piace tutto ciò! L’avevo detto che non era una buona idea, ma non mi hai ascoltata!» borbottò Pan.
«Ma non è vero, sta andando bene! Chichi finalmente sta capendo cosa è importante. Così, quando troveranno Goten e Trunks, la rabbia sarà passata! A volte serve un po’ di sofferenza.»
«Eh… eh? Ci metteremo nei guai!» concluse Pan con una mano sul viso. Perché certamente la questione sarebbe venuta fuori prima o poi, ed allora sì che avrebbero avuto poco da ridere.
Anche Goku, Vegeta e Gohan si erano messi alla ricerca dei due ragazzi, ma stranamente non riuscivano a percepire la loro aura da nessuna parte, sembravano essere spariti nel nulla e speravano di ritrovarli almeno prima che fosse notte.
«Oh… questi giovani», sospirò Gohan, come se avesse avuto minimo cinquant’anni. «Non è che sono poi così sorpreso, considerando quanto successo.»
«Ti prego, non dirlo davanti a tua madre, è già abbastanza esasperata», sospirò Goku.
«Tsk, tutto ciò è ridicolo. Se quella pazza di tua moglie se ne fosse rimasta buona, a quest’ora ce ne staremmo tranquilli», si lamentò Vegeta.
«Beh, anche tu non eri d’accordo, mi pare.»
«Io almeno poi ho cambiato idea! E non è assolutamente la stessa cosa!»
«Potreste fare silenzio?» pregò il più giovane. Perché lo avevano mandato con quei due?!
Dopo un giro che era sembrato infinito, i tre erano giunti a conclusione che probabilmente Goten e Trunks dovevano essere più lontani di quanto pensavano. O magari si spostavano di continuo, rendendo vane le loro ricerche.
Quando la sera era quasi giunti, Chichi si trovava accasciata sul tavolo a piangere.
«Rivoglio mio figlio. Vi prego, fate qualcosa!»
«Tesoro, non fare così. Vedrai che lo ritroveremo presto», la tranquillizzò, seppur inutilmente, suo marito.  Vegeta invece sembrava abbastanza stufo di quei piagnistei, che tanto gli davano l’idea di lacrime da coccodrillo.
«Insomma, donna, dacci un taglio! Prima lo cacci di casa e adesso piagnucoli?!»
«Vegeta, sei pregato di trattenerti!» lo rimbeccò Bulma. Chichi però non sembrava molto propensa ad arrabbiarsi. Con gli occhi lucidi, tirò su col naso.
«Ho sbagliato a cacciarlo di casa, d’accordo? Lo ammetto, avevo paura del giudizio altrui, di quello che le persone avrebbero detto su mio figlio. Avevo paura di tutto questo, ma ho esagerato, lo so! Cos’è questa, una specie di punizione?! Perché se è così l’ho ben capito. Tutto ciò che adesso vorrei è riavere mio figlio qui. A qualsiasi compromesso!»
Lo sfogo di Chichi era stato sincero. Gohan si era avvicinato, stringendola in un abbraccio, fiero che finalmente sua madre avesse ammesso i suoi sentimenti.
Bulma si lasciò andare ad un sospiro.
«Ci voleva questo, ma almeno ce l’abbiamo fatta. Adesso non ci resta che trovare i ragazzi.»
Vide si accorse di come sua figlia avesse abbassato lo sguardo e si stesse mordendo le labbra. Sembrava stranamente sul punto di esplodere.
«Pan, cosa c’è?»
Quello era davvero troppo. Troppo! Non era mai stata brava a dire le bugie o a nascondere le cose.
«E VA BENE! NOI SAPPIAMO DOVE SI TROVANO TRUNKS E GOTEN, LI STIAMO COPRENDO!»
Quella sua rivelazione fece piombare un silenzio glaciale. Chichi aveva arrestato il suo pianto e tutti gli sguardi si erano posati sulle due bambine. Brà, con molta nonchalance, alzò gli occhi al cielo.
«Andiamo, l’avrei detto io al momento giusto. Siamo nei guai, vero?»
 
Nota dell’autrice
Insomma, per Chichi ci voleva questo, prendersi uno spavento e credere che suo figlio fosse in pericolo, ma almeno adesso sembra essersi addolcita. Peccato che Pan, a causa dei sensi di colpa, abbia rivelato tutto. Saranno nei guai? E Chichi come accoglierà suo figlio?
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo :D
 
 

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Capitolo 8
*** Sempre avanti ***


 
 
 
Pan indietreggiò appena, con un nervosissimo sorriso stampato sul svolto: Gohan e Videl la guardavano con profondo dissenso e non avevano torto. Sia lei che Brà erano state le complici, nonché ideatrici, di quel piano folle.
«Pan, ti dispiacerebbe spiegarci?» domandò sua madre, con una certa luce omicida negli occhi.
Per fortuna, in aiuto dell’amica, arrivò Brà, vera menta maligna dietro la vicenda.
«È stata più colpa mia in realtà! Ma lo abbiamo fatto a fin di bene! Almeno così Chichi ha capito che vuole bene a Goten e che il resto no ha importanza!»
Bulma si portò una mano sul viso, certa che di lì a poco avrebbe avuto un mancamento.
«Cioè… voi avete fatto messo in pratica un trucco psicologico del genere?»
Non lo avrebbe detto ad alta voce, ma in parte era fiera di sua figlia, le somigliava proprio, non c’erano dubbi.
«Ma questo non ha importanza! Poteva essere pericoloso! Coraggio, diteci dove si nascondono quei due imbecilli!» dichiarò Vegeta severo.
Le due bambine allora guardarono Chichi, la quale effettivamente  non si era ancora espressa. Suo figlio l’aveva combinata grossa non c’era dubbio, le aveva fatto un bello scherzo. E nonostante avrebbe dovuto sentirsi arrabbiata, furiosa, tutto ciò che riusciva a provare era sollievo. La rabbia era scomparsa, la tempesta era passata e aveva lasciato posto al sole.
Si asciugò le lacrime, rivolgendosi con gentilezza a Pan e a Brà.
«Potete portarci da loro?»
Il suo tono calmo e comprensivo fece loro ben sperare di essere finalmente sulla strada giusta.
 
Goten e Trunks avevano finito con l’addormentarsi, forse grazie anche alla quiete di quel bosco, in cui le cicale cantavano. Trunks stringeva il corvino da dietro, respirando a fondo il suo profumo e tenendo la mano poggiata sul suo cuore. Era semplicemente la perfezione. Non sarebbe stato fantastico se avessero potuto rimanere così per sempre?
Un freddo alito di vento fece muovere Goten nel sonno.
«Va tutto bene», gli sussurrò il suo ragazzo.
«Puoi ben dirlo che va tutto bene», sorrise lui.  «Lo so che è tutta una messa in scena, ma non mi dispiacerebbe stare qui, così, con te. Abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno.»
«E vorresti farmi credere che riusciresti a vivere solo d’amore? Niente cibo?»
«B-beh, magari per quello troviamo una soluzione, che dici?»
A Trunks venne da ridere, ma la sua risata non ebbe neanche modo di nascere, poiché troncata subito dopo. Si sollevò, percependo delle aure potenti che ben conosceva. E allora si mise seduto.
«Trunks?! È quello che penso?» chiese Goten con gli occhi sgranati, sollevandosi appena. In realtà non avrebbe avuto bisogno di attendere una sua risposta, poiché dopo sentì chiaramente i suoi familiari arrivare, primo lo percepì e poi sentì i passi veri e propri sulle foglie.
«Eccoli qui, li abbiamo trovati!», esclamò la voce di Gohan.
Le prime a farsi avanti furono Chichi e Bulma.
«Trunks, finalmente! Ma cosa ti è saltato in mente? Mi hai fatto preoccupare!» la donna si precipitò ad abbracciare suo figlio, per poi tirargli una sonora sberla sulla nuca. «Sei stupido o cosa?! Scappare di casa, alla tua età?!»
«Accidenti…» mormorò lui, non lamentandosi poi più di tanto, alla fine si meritava quel trattamento.
«Tsk, visto? L’avevo detto io che non c’era motivo di cui preoccuparsi, quei due stavano facendo una scampagnata!» fece notare Vegeta. Ci fosse mai qualcuno che decideva di dargli retta.
Goten rise nervoso e poi si sollevò. Sembravano tutti molto felici di vederli, ma Chichi non si era ancora espressa e, più di tutti, attendeva una sua reazione. La donna si soffermò ad osservare suo figlio con gli occhi lucidi. Ripensò a quanto lo aveva maltratto e a quanto fosse stata pessima, oltre allo spavento che si era presa, al sol pensiero che gli fosse successo qualcosa.
«Stai bene», constatò apparentemente severa e fredda.
«Sì… sto bene», rispose lui.
«Penso che una punizione sia più che doverosa. A partire da domani, magari.»
La voce si era spezzata e Goten l’aveva vista tremare.
«Mamma…?»
Anche tra le lacrime, lei stava sorridendo.
«Sono davvero felice che tu stia bene. E di averti ritrovato.  Pan e Brà hanno pensato che per convincermi bastava farmi prendere un bello spavento. Beh, avevano ragione. Non sai quanto sono stata in pena. Improvvisamente niente contava più, se non solo il fatto che tu stessi bene. Mi dispiace, mi dispiace davvero. Per ogni cosa.»
Goten sentì un nodo formarsi in gola. Non gli bastava altro, se non sentirsi dire quelle precise parole d’accettazione. Senza dire una parola allungò le braccia e strinse sua madre.
«Temevo mi avresti ucciso dopo questa. Ma sono felice d vedere che finalmente hai cambiato idea.»
«Oh, infatti ti ucciderò. Ma non adesso. Caro Goten… perdonami di essere stata così pessima», sussurrò, staccandosi poi un attimo. «Ma non devo chiedere scusa solo a te», disse voltandosi verso gli altri. «Devo chiedere a Gohan, a Goku e… soprattutto a te, Trunks. Ti ho detto delle cose orribili sono per la mia incapacità di accettare l’amore che ti lega a mio figlio. È qualcosa di vero, ora me ne rendo conto. Perché nonostante tutte le mie angherie, siete rimasi insieme, più uniti che mai. Ora dimmi, potrai mai perdonarmi?»
Trunks tirò un profondo sospiro di sollievo, sentendo lo stomaco alleggerirsi da un peso.
«Sì… posso farlo tranquillamente . Mi basta la tua benedizione.»
La sua mano si strinse a quella di Goten, che ora lo guardava commosso. E per la prima volta, Chichi stessa avvertì un profondo moto di commozione nel vedere quei due così vicini.
«Siete davvero una bella coppia», sospirò. Per la prima volta si rese conto della bellezza e delle mille sfaccettature che l’amore poteva avere.
«Sono così fiera di te!» esclamò Bulma stringendola in un abbraccio.
«Non è di me che devi essere fiera, ma di quelle due piccole pesti che hanno ideato questo piano.»
Pan e Brà si erano avvicinate a Trunks e Goten, saltando loro praticamente addosso e gioendo per la buona riuscita del loro piano.
«Anche tu hai fatto un buon lavoro. Sei riuscita ad andare oltre, tesoro»
Goku arrivò e con gran calore le posò un bacio sulla fronte.
«Ragazzi… vi ringrazio, ma mi state facendo arrossire…», sospirò lei arrossendo. Sarebbe stata una strada lunga, ma sapeva già che il futuro sarebbe stato luminoso. Goku aveva fatto presto a staccarsi da lei per avvicinarsi a Vegeta per circondargli le spalle con un braccio.
«Questo vorrà dire che adesso diverremo parenti? Urca, questo sì che è forte!»
«Chiudi il becco, Kakratoh! Non voglio neanche sentirtelo dire!»
«Perché no, Vegeta? Dai, sarà divertente!»
Sì, divertente. Senza ombra di dubbio era il suo sogno unire la sua famiglia a quella di Kakaroth. Ma forse in fondo, davvero molto in fondo, gli faceva anche piacere.
Videl tirò un lungo sospiro di sollievo, stringendosi a suo marito.
«Oh, beh. Tutto è bene quel che finisce bene… no?»
A Gohan venne da ridere.
«In realtà siamo solo all’inizio. Ma sì, probabilmente andrà tutto bene.»
E questa volta non c’erano dubbi.
 
Quattro anni dopo…
 
Come ogni Natale, Chichi aveva imbandito una vera e propria tavolata, ma era senza ombra di dubbio fiera del risultato. Suo marito, attratto da quel mix di deliziosi profumo, aveva fatto capolino in sala da pranzo.
«Che bello, si mangia!»
«Non ancora, zuccone! Dobbiamo prima attendere i nostri ospiti. Piuttosto, dov’è Goten? Chiuso in camera sua?»
«Si stava sistemando davanti lo specchio. Non vorrei dire, ma l’amore sembra averlo reso un tantino vanitoso», bisbigliò.
Chichi scosse il capo. Già quattro anni. E suo figlio e Trunks erano rimasti più uniti che mai rendendo le loro famiglie un’unica famiglia allargata.
Dopo qualche minuto aver formulato quel pensiero, si presentarono a casa sua Gohan e Videl e la famiglia Brief.
«Buon Natale! Io ho portato il dolce!» esclamò Bulma contenta.
«Oh, prego, accomodatevi pure, che piacere vedervi! Vegeta, allegro come sempre tu!»
Il principe borbottò qualcosa. Non aveva mai amato le grandi riunioni, ma quelli erano compromessi che andavano fatti.
«Brà, guarda il mio nuovo cellulare, ti piace?» esclamò Pan tenendo in mano il regalo di Natale ricevuto qualche ora prima. Le due bambine erano adesso due adolescenti, sempre inseparabili, sempre in cerca di guai.
«Ehi, piano con quell’affare», sbuffò Gohan. «Non sono sicuro che sia una buona idea dare un cellulare ad una quattordicenne!»
Videl rise a quell’uscita esasperata di suo marito. E si chiese se fra qualche anno, magari sarebbero state proprio Pan e Brà a combinare follie per amore, chi avrebbe potuto dirlo?
Trunks si sistemò il colletto della camicia.
«Scusate, qualcuno ha visto il mio ragazzo?»
«Scusalo, caro», sospirò Chichi. «Credo che Goten si sia facendo bello per te.»
Come se avesse avuto un radar anti “figure imbarazzanti”, Goten si precipitò dagli ospiti, ancora con i capelli in disordine.
«Eccomi, sono qui!»
«Urca, figliolo, quanto profumo! Non hai un tantino esagerato?» gli fece notare suo padre.
Una cosa era certa, Goku e Chichi erano i numeri uno a metterlo in imbarazzo. Fortuna che tutto passava non appena vedeva il suo amato Trunks. Sorrise radioso e allora gli si avvicinò, baciandolo caldamente sulle labbra. Ed era così bello e liberatorio poterlo fare così, senza nascondersi. Poteva sembrare scontato, ma non lo era. Non lo era per niente.
«Buon Natale, Goten», sussurrò con gli occhi lucidi.
«Buon Natale anche a te, mio amatissimo Trunks.»
Il corvino era decisamente più espansivo, non aveva problema a lasciarsi andare a certe effusioni. Vegeta si schiarì la voce. Insomma, avessero un po’ di contegno, quei due!
«Sì, sì, tutto molto bello. Cercate di rendermi la serata sopportabile, quanto meno!»
Da quattro anni a quella parte, era sempre così. Tanta allegria, Pan e Brà che schiamazzavano, Goku che importunava Vegeta e quest’ultimo che minacciava di ucciderlo, senza poi farlo davvero.
Era tutto semplicemente perfetto.
«È tutto di tuo gradimento, Trunks?» domandò Chichi sorridendo. Oramai i brutti momenti erano acqua passata e voleva bene a quel ragazzo esattamente come se fosse suo figlio.
«Sì, assolutamente. Mi stavo solo chiedendo dove fosse Goten.»
Il ragazzo, infatti, durante la cena, si era alzato ed era andato in giardino, nonostante il freddo, nonostante la neve.
«Perché non vai a controllarlo? Non c’è niente di più romantico di una coppia sotto i candidi fiocchi di neve!»
Era davvero incredibile il cambiamento che quella donna aveva fatto. Se ripensava  all’inizio della sua relazione con Goten, pensava a quanto incredibile fosse, l’essere arrivati a quel punto.
Quindi decise di andare a cercare la sua dolce metà.
 
La neve aveva preso di nuovo a cadere, lentamente. In lontananza poteva sentire lo schiamazzare dei suoi familiari, dei rumori lontani. Sentì dei passi e riconobbe Trunks.
«Sei scappato senza dire niente a nessuno.»
«Sì, scusa. Volevo vederla. Lo sai quanto la neve mi piace», sospirò sognante. La sua aria da bambino, quella non l’aveva mai persa. Potevano passare gli anni, ma alla fine sarebbero stati sempre loro. Trunsks si fece più vicino, stringendogli la mano.
«E a me piace guardare te che contempli la neve.»
«Sdolcinato.»
«Tanto lo so che ti piace.»
«È vero», ammise. «Ehi Trunks. Sono davvero felice di essere qui con te, ancora, dopo tutti questi anni.»
«Lo sono anche io. Tanto.»
Calò il silenzio e i loro cuori presero a battere all’impazzata. Avevano sentito il calore, avevano capito che quello doveva essere il loro momento speciale. Goten fu più veloce e parlò per primo.
«Trunks… ci sposiamo?»
Una proposta di matrimonio tipica di lui?
Sgranò leggermente gli occhi. Gli aveva forse letto nel pensiero?
«Era la stessa cosa che stavo per chiederti io. Allora… rispondiamo insieme.»
Si guardarono e mentre i fiocchi di neve si posavano tra i loro capelli, pronunciavano un “sì” all’unisono.
Il loro noi era appena cominciato.
 
Nota dell’autrice
E così siamo arrivati alla fine di questa storia. Alla fine Chichi ha accettato la reazione fra suo figlio e Trunks e le due famiglie si sono unite, per somma gioia di Vegeta xD
Quattro anni dopo, a Natale, i due stanno ancora insieme e beh… c’è stata una proposta di matrimonio, un po’ a modo loro, ma non poteva essere diversamente.
Mi sono divertita a scrivere questa storia, magari poi potrei scrivere qualcosa su questo matrimonio, sarebbe esilarante.
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui :D
 
 
 

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