Underneath

di SHUN DI ANDROMEDA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - I can come this way ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - When everything’s not fine and I’m not okay ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - I'm never too much for you to take ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - I'm safe when I'm with you ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - The real me is breaking through ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - When I'm with you ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - I can come this way ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia. Ambientata dopo la stagione 3 ma con parecchie divergenze (SPOILER: Jill è viva e Jack è ancora con la Phoenix al fianco di Mac. Oversight non pervenuto.)

UNDERNEATH

CAPITOLO 1

I CAN COME THIS WAY

 

When I'm with you

I feel the real me finally breaking through

It's all because of you…

When I’m with you – Citizen Way

“Ehi, Mac. Dormi?”

“No… Non si dorme davanti a Die Hard, no?”

“Bugiardo, ti eri appisolato, confessa.”

“E va bene.” disse Mac con voce impastata di sonno mentre si girava per distendersi sulla pancia e nascondere il viso sulla coscia di Jack: “Mi ero addormentato, non dici sempre che dovrei dormire di più? Ti stavo accontentando.”

Per tutta risposta, Dalton gli diede un pizzicotto su un gluteo con un sorriso divertito: “Felice di essere un cuscino comodo, piccolo.” disse con voce sfumata di tenerezza, “Ma devo parlarti di una cosa importante, quindi siediti composto.”.

Mac sbatté più volte le palpebre, incerto su cosa pensare, e forse anche un pochino in ansia – benché questo non lo volesse ammettere -, ma obbedì alla richiesta del compagno; tra gli sbadigli, si mise seduto e si ravvivò i capelli appiattiti.

“Ecco, sono seduto, cosa c’è di così importante che non può aspettare?”

“Povero principino, svegliato dal suo pisolino.”

“Jack…”

“Ok, ok. C’è un motivo davvero importante dietro a questa richiesta, te lo assicuro. E non è proporti una maratona di Star Wars, te lo prometto. È qualcosa… di diverso.”.

Agli occhi di Mac, il compagno sembrava strano e questo suo comportamento lo portò inevitabilmente a riflettere sugli avvenimenti della giornata, alla ricerca di qualcosa che lo spiegasse: da quando la loro relazione era mutata, trasformandosi in qualcosa di più profondo e, Angus ebbe un fremito, fisico, le mattinate erano più o meno sempre le solite, dalla sveglia alla colazione fatta al volo prima di prendere la macchina e sfrecciare per Hollywood Hills verso la sede della Fondazione, dove Matty li aspettava per dar loro qualche incarico o per, nel caso di Mac, lavorare eventualmente in laboratorio con Bozer.

Sempre che non fossero già impegnati in qualche missione.

Quel giorno, in particolare, non era successo niente di particolare, era stata una giornata del tutto tranquilla: laboratorio, Matty, qualche telefonata e un pranzo assieme al resto della loro famiglia, niente di particolare o rilevante.

“Ehi, ci sei o ti sei addormentato con gli occhi aperti?”

La voce di Jack fece sobbalzare Mac, che non si era neppure accorto del compagno che lo fissava con aria dubbiosa dal cuscino accanto a lui: “Sembravi assente.” precisò Dalton, prima di accarezzargli la guancia con la mano callosa.

Mac si abbandonò a quella sensazione con un sospiro soddisfatto, strusciando il viso contro il palmo aperto e guadagnandosi una risata: “Prima si parla e poi il resto.” aggiunse l’ex Delta, sistemandosi con la schiena contro lo schienale del divano.

Subito dopo, prese la mano di Mac tra le sue e la accarezzò distrattamente prima di portarla alle labbra per baciarla piano: “Non dire niente, lascia parlare me, altrimenti rischio di confondermi e dire le parole sbagliate, d’accordo?” mormorò l’uomo guardandolo negli occhi con una decisione che Mac aveva visto di rado e soltanto quando il più anziano sentiva di doverlo proteggere, di mettere la sua stessa vita in gioco per preservare quella di Angus.

Intrigato, annuì e si accoccolò contro la sua spalla, senza per questo interrompere il contatto visivo con lui.

Prima di ricominciare a parlare, Jack si passò una mano nervosa tra i capelli, prese un profondo respiro e infine le parole iniziarono a uscire dalla sua bocca come acqua di fonte: “Sono a digiuno di commedie romantiche, la mia idea iniziale era stata quella di chiedertelo nel bel mezzo di una missione, magari tra una scarica di proiettili e l’altra, ma poi ho pensato che neppure Bruce Willis avrebbe fatto qualcosa del genere. Ma non avevo idee perciò ho pensato, al diavolo! È Mac, se davvero… accetterebbe qualunque cosa.”.

Le sue parole sfumarono mentre il suo sguardo dardeggiava sul viso del partner alla ricerca di qualche segnale di disagio o, non volesse, disgusto, ma il viso di Mac era rilassato e le sue labbra erano tirate in un sorriso.

Poteva proseguire.

“Ecco. Allora ho pensato di aspettare una serata tranquilla, come questa. Nella nostra vita, i momenti tranquilli sono pochi e ho imparato a fare del CAPRE DIEM il mio motto.”

“Carpe diem.” Lo corresse l’altro, guadagnandosi un pizzicotto sul braccio.

“Non è questo il punto, Mac. Il punto è…  Il punto è…”

“Jack, guardami.”

Angus allungò la mano libera per sollevare il mento di Dalton prima di posargli un bacio delicato sulle labbra; quando si scostarono, Jack notò che Mac aveva gli occhi lucidi.

“Jack, hai ragione. Non importa, accetterei qualunque cosa, se vuoi chiedermi di sposarti.”

La gola di Dalton diventò improvvisamente secca e lui si ritrovò a boccheggiare come una triglia mentre tirava fuori dalla tasca l’astuccio dell’anello con mano tremante; non senza difficoltà, la aprì e, davanti agli occhi del più giovane, apparve, costringendolo a deglutire più e più volte nel tentativo di umettare la cavità orale riarsa come un deserto.

Era semplice e intimo, un anello d’acciaio dal taglio maschile ma personalizzato con una piccola graffetta metallica sopra, qualcosa di così loro e così… Mac che, per un attimo, quest’ultimo si sentì sopraffatto dall’emozione come mai gli era successo nella vita.

Ma da tempo aveva imparato a non stupirsi più delle cose che gli accadevano quando era con Jack.

La mano sinistra venne presa di nuovo da Jack, che la baciò un’altra volta – indugiando con le labbra sulle sue nocche bianche – prima di infilargli l’anello al dito: “Mac… ti giuro che nella mia testa le cose sarebbero dovute andare in maniera più romantica, ma mi accontento.” mormorò lui con voce rotta.

Angus scosse la testa e sorrise mentre una lacrima gli scendeva dagli occhi: “Non importa. Va bene così.” rispose; un istante dopo, aveva allacciato le braccia attorno al collo del più anziano e gli aveva premuto le labbra con le proprie, mischiando lacrime salate a basse risate strozzate. 

“Dovremmo dirlo anche agli altri…” Jack lo stringeva forte a sé e gli accarezzava la schiena, godendosi la sensazione di quel corpo magro tra le proprie braccia.

“Domani. Domani lo diremo a tutta la squadra, Matty ci ucciderebbe se glielo tenessimo nascosto.” La voce di Mac era sommessa, soffocata dalla bocca nascosta nell’incavo del collo di Dalton, ma il messaggio era arrivato comunque forte e chiaro.

Rimasero in quella posizione per parecchi minuti, senza dire niente e lasciando che a parlare fossero i gesti e le carezze piene d’amore che si scambiavano, mentre i loro cuori battevano forsennatamente: per l’emozione, nel caso di Mac, e per il sollievo che tutto fosse andato come previsto, nel caso di Jack; fu proprio quest’ultimo a rompere la quiete e lo fece con un sussurro appena udibile all’orecchio del compagno.

“Andiamo a letto?” chiese l’ex Delta: “Domani sarà una giornata niente male… Avremmo bisogno di tutte le energie per affrontare Matty al meglio delle nostre forze.”

MacGyver rise sommessamente: “Non è Murdoc, eh?”

“Uno, non si nomina quel tizio in casa nostra. Due, la nostra intrepida direttrice può essere peggio di lui, sai?” Jack aumentò la stretta sul corpo del fidanzato con fare possessivo: “E se stavolta quel pazzo maniaco evade e viene qui, mi reputo autorizzato a sparargli in testa.”

“D’accordo. Andiamo a letto. E per quanto riguarda Murdoc-“

“Tu-Sai-Chi.”

“Eh?”

“Tu-Sai-Chi, come in Harry Potter.”

“Non è… Non importa. Dicevo, penseremo a Tu-Sai-Chi quando si presenterà l’occasione, non adesso e non qui.”

Senza dire altro, Jack sollevò il corpo di Mac come se non avesse peso soltanto con un braccio, costringendolo ad aggrapparsi al suo collo tra le risate, mentre lui girava per l’open space e la cucina per spegnere tutte le luci; poi, complice anche la conoscenza degli spazi della casa, l’agente più anziano si mosse a passo sicuro lungo il corridoio, fermandosi con assoluta sicurezza davanti alla porta della camera da letto di Angus, che venne aperta poco cerimoniosamente con un calcio.

Senza preoccuparsi di accendere la luce, Jack si diresse al letto e vi depositò il compagno, baciandolo sulle labbra prima di allontanarsi: “Vado in bagno, torno subito.” disse questi con un sorriso davanti allo sbadiglio di Mac, “Magari prima di addormentarti infilati sotto le coperte.”.

Per tutta risposta, il più giovane gli diede le spalle e si infilò sotto il trapuntino color ruggine che copriva il letto matrimoniale da poco acquistato per quelle serate in cui Jack restava a dormire a casa sua - la maggioranza, in realtà, dato che l’appartamento di Jack ormai era più un deposito in attesa che il contratto si esaurisse -, adagiandosi sul materasso con un sospiro soddisfatto.

Doveva essersi addormentato subito perché, di punto in bianco, si ritrovò tra le braccia di Dalton senza essersi accorto del suo ritorno in camera, con la luce del sole che filtrava dalle tende e la sveglia sul comodino che suonava fastidiosamente.

Jack russava nel suo orecchio con un’espressione beata e Mac sentiva chiaramente la presenza dell’anello al dito; ciò gli strappò un sorriso mentre si accoccolava maggiormente contro il fianco del suo partner: era felice, davvero felice, e con entusiasmo quasi infantile non vedeva l’ora di radunare il resto della famiglia e annunciare loro quello che era accaduto poche ore prima e quello che sarebbe accaduto di lì a pochi mesi.

Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva completo.

All’improvviso, entrambi i loro telefoni cellulari iniziarono a squillare all’unisono, svegliando Jack e facendo sobbalzare lui per lo spavento.

Con movimenti speculari, entrambi allungarono le mani verso il comodino e presero gli apparecchi; a Jack scappò un grugnito infastidito: “È Matty.” biascicò con la voce impastata, “Già, ci vuole lì, ripeto testuali parole, - prima di ieri - “, completò Mac con un sorriso; Dalton affondò la testa nel cuscino e restò lì immobile, “Non ho intenzione di muovermi.” borbottò.

“Vado a mettere su il caffè, se entro cinque minuti non sei di là vengo a tirarti via le coperte con il braccio di Sparky che ho portato a casa per lavorarci su.”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - When everything’s not fine and I’m not okay ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia.

UNDERNEATH

CAPITOLO 2

WHEN EVERYTHING’S NOT FINE AND I’M NOT OKAY

 

These are the things
That I need to pray
‘Cuz I can’t find peace any other way
I’m a mess underneath
And I’m just too scared to show it…

 

When I’m with you – Citizen Way

 

 

Il giorno del funerale pioveva.

 

Era una vera e propria tempesta, di quelle che spesso flagellavano le coste della California, ma ciò non aveva fermato la processione che, uscita in ordine dall'edificio principale della Fondazione, aveva guidato fino al cimitero privato della stessa – nel cuore verde della città – e aveva preso sulle proprie spalle la bara bianca che spiccava vivida nel mare di vesti nere e ombrelli del medesimo colore.

 

In fila, ciascuno accanto a un collega, a un amico, il gruppo percorse in silenzio i viali silenziosi e pieni di fiori, silenzio rotto di quando in quando da qualche singhiozzo impossibile da trattenere.

 

Quelle persone lì riunite non avevano perso soltanto una persona cara, avevano perso un fratello, un compagno stretto, un amico.

 

L'amore della propria vita.

 

Dietro al feretro – che veniva portato a spalla dalla Prima Squadra Tattica, con Anderson in testa, - camminava la Direttrice Webber e, accanto a lei, i suoi agenti migliori: lei stessa, teneva con forza la mano di Jack Dalton e lo guidava – quasi fosse stato un bambino – in quell'ultima, struggente marcia per dare addio ad Angus MacGyver.

 

Accanto a lei, l'ex Delta camminava come un automa, pallido in viso e con l'espressione vuota di chi non aveva più niente per cui vivere.

Dopotutto, lui aveva smesso di vivere la settimana prima, quando Mac gli era morto praticamente tra le braccia.

 

"MAC!"

 

"Agente Dalton, si sposti! Prendete il defibrillatore!"

 

"LASCIATEMI PASSARE!"

 

"No, agente Dalton, ora non può an-"

 

"STIAMO PARLANDO DEL MIO PARTNER! PENSA CHE IO POSSA RESTARE QUI SENZA FAR NIENTE?!"

 

"So che è sconvolto ma-"

 

"Mi lasci passare!"

 

Jack spintonò via l'infermiera e si precipitò attraverso le porte a vetri, ignorando le grida di Riley alle sue spalle, prima di gettarsi sul lettino dove Mac era abbandonato, immobile e pallido: con infinita delicatezza, mentre le lacrime gli affollavano gli occhi e una supplica gli saliva alle labbra, lo strinse forte a sé come se, così facendo, la vita potesse restare ancorata a lui.

 

"Combatti, piccolo, ti prego…" sussurrò con voce strozzata Jack mentre gli accarezzava i capelli.

 

Un suono penetrante e continuo riempiva la stanza del triage mentre la dottoressa Castillo si affannava attorno alla barella su cui era disteso e osservava con gli occhi sgranati l'ECG piatto: "Non riusciamo a rianimarlo, portatemi quell'epinefrina, SUBITO!"

 

Con le orecchie piene del rumore del macchinario, Jack non realizzò subito che la voce tremante della dottoressa si stava rivolgendo a lui e non voleva neppure realizzare cosa significasse quello sguardo addolorato.

 

Non voleva…

 

Non poteva.

 

"Ora del decesso, 19:45."

 

Al loro fianco, Riley e Wilt dividevano un ombrello e si tenevano per mano come a voler cercare conforto nella presenza l'uno dell'altro: fratelli nati al fiorire dell'infanzia, amici fraterni che avevano condiviso tutto, Riley sapeva che la morte di Mac – se aveva avuto un tale effetto su Jack da farlo collassare – doveva essere stata altrettanto dolorosa per Bozer, che lei cercava di sorreggere come una brava sorella avrebbe fatto.

 

Anche lei era distrutta, ma sentiva di dover essere forte.

 

Almeno lei doveva esserlo.

 

Ricordava fin troppo bene la telefonata che Wilt aveva fatto a casa, poche ore dopo l'annuncio della morte di Mac: era stata la telefonata di un figlio che chiamava i genitori per avvertirli della morte del proprio fratello.

 

Con la mano di Riley che stringeva la sua, Bozer emise un singulto strozzato nel sentire la voce della madre che lo salutava con calore: "Wilt, amore, come stai?"

 

La ragazza al suo fianco scandì senza voce, soltanto con le labbra, un "va tutto bene", spingendolo a continuare: "C-Ciao mamma…" salutò il ragazzo con una voce talmente piccola e dimessa che la donna dall'altro capo della linea si allarmò all'istante, "Wilt, che è successo?" chiese lei con tono affrettato, "Stai bene?"

 

Incapace di mantenere oltre la facciata, il ragazzo scoppiò in lacrime, i suoi singhiozzi risuonavano in tutta la stanza operativa mentre Riley si mordeva il labbro inferiore per non urlare: "M-Mamma… M-Mac… M-Mac non c'è più…

 

Non le sarebbe servita una cimice per sentire la risposta della signora Bozer: il grido di una madre addolorata era inconfondibile.

 

Quando arrivarono al palchetto che era stato approntato per l'occasione, Matilda fece passare la mano di Riley in quella del padre adottivo e si avviò, tra due ali di folla silenziosa, verso di esso mentre la squadra di Anderson posava la bara nella piccola buca già scavata per l'occasione.

 

"È davvero un addio?" si chiese Jack con la testa ottenebrata dal dolore: era davvero la fine? Non avrebbe più visto il sorriso che Mac riservava soltanto a lui? Non avrebbero più dormito assieme, uno sopra l'altro, per il desiderio di stare vicini e recuperare il tempo prezioso che avevano perso prima di fare il grande passo e scoprirsi innamorati?

 

"È davvero la fine, Mac?" mormorò Dalton con il cuore pesante mentre l'anello che aveva regalato all'altra metà della sua anima gli pesava nella tasca della giacca come un macigno: "Volevo sposarti davvero, Angus MacGyver, volevo renderti felice… Perché non me l'hai permesso?"

 

Non ebbe alcuna risposta, soltanto un tuono furioso in lontananza.

 

§§§

 

Buio.

 

Mac sentiva la coscienza riempire nuovamente il suo corpo e la sua mente ma la testa pulsava troppo per potersi concentrare e capire dove si trovasse, la bocca era riarsa e sentiva che gli mancava l'ossigeno, come se non ce ne fosse abbastanza.

 

Tentò di parlare, Mac, ma la sua lingua era troppo gonfia e i muscoli, di qualunque tipo fossero, erano paralizzati, perfino muovere le dita dei piedi gli risultava difficoltoso; ciononostante, cercò di esaminare ciò che lo circondava con l'ausilio dei sensi che ancora gli rispondevano, nella speranza di sentire un qualunque suono o percepire qualsiasi cosa che gli facesse capire dove si trovasse e, soprattutto, con chi avesse a che fare.

 

Debole come un bambino appena nato, riuscì a malapena a toccare con le mani il cuscino di raso su cui era disteso, tastò la presenza del legno e poteva sentirne l'odore anche sopra di sé: per un istante, il cuore gli schizzò in gola mentre un'ondata di adrenalina gli percorreva il corpo, l'aveva già sentito quell'odore, tanti anni prima, quando sua madre era morta.

 

Era l'odore di una bara.

 

Era l'odore dei fiori che venivano deposti attorno al corpo del defunto.

 

Era l'odore di un funerale, nella fattispecie del suo funerale.

 

Preso dal panico, e ancora confuso dall'accaduto, sentì il cuore battergli forsennatamente nelle orecchie, ma – seppur con difficoltà – richiamò alla mente la voce di Jack che gli imponeva di calmarsi, anche in quel momento il suo pensiero andava al suo partner e, in un certo senso, ciò lo rincuorò: sapeva che Jack doveva essere nei paraggi, se davvero quello era il suo funerale, per qualsivoglia motivo l'avessero ritenuto morto, Jack doveva essere lì, poteva ancora uscirne.

 

Poteva ancora salvarsi.

 

Doveva solo stare calmo.

 

"Piccolo, respira a fondo e ascolta quello che ti circonda."

 

Imponendosi di obbedire al Jack che gli aveva insegnato alcuni trucchi di sopravvivenza dei tempi della Delta Force, Mac calmò il proprio battito cardiaco e si concentrò sui rumori attorno a sé: sentiva delle voci attutite dal legno, il picchettare della pioggia sul coperchio, gli pareva di sentire la voce di Matty, potente e ferma. Quello oppure la sua mente gli stava giocando strani scherzi.

 

Non ricordava assolutamente niente di come fosse arrivato lì ma poco gli importava in quel momento: tenne a bada la paura, Mac, la imbrigliò e ne sfruttò l'energia incanalandola nelle proprie mani, l'unico strumento su cui aveva sempre potuto contare e che, in quel momento, era la sua sola possibilità di salvezza.

 

Iniziò a bussare.

 

"Ti prego, Jack… Trovami…"

 

§§§

 

Toc...

 

Toc...

 

Toc...

 

Jack poteva giurare di sentire un rumore ritmico e costante provenire da qualche parte attorno a sé, non era la pioggia, ne era sicuro, ma il calmante che Matty lo aveva costretto a prendere prima del funerale gli ottenebrava i sensi altrimenti in forma perfetta.

 

Scrollando la testa, optò per concentrare il proprio sguardo sul singolo fiore bianco come la neve che aveva depositato lui stesso sulla bara, depositata nella buca scavata di fresco, che custodiva il corpo della sua anima gemella, del ragazzo che amava più della sua stessa vita.

Di quello che avrebbe voluto che fosse suo marito.

 

Nel tentativo di trattenere le lacrime, si morse il labbro inferiore ma il rumore continuava e sembrava farsi sempre più insistente, al punto che quasi copriva il sermone di Matty, in piedi accanto ad Anderson sul palchetto.

 

Toc...

 

Toc...

 

Toc...

 

Ancora quel suono.

 

Non del tutto convinto che fosse soltanto nella sua testa, Jack distolse lo sguardo e cominciò a guardarsi attorno con circospezione, per capire chi stesse disturbando un momento così solenne e importante e prenderlo a calci nel culo, con la disperazione che provava e che gli riempiva la gola di acido.

 

Me nessuno attorno a lui si muoveva, tutti erano attenti al discorso della Direttrice e, per un attimo, con il vento nelle orecchie, Dalton si chiese se non stesse impazzendo.

 

"Cosa c'è, Jack?"

 

La mano di Riley si posò sulla sua con fare affettuoso e la ragazza la strinse con forza, come a voler trarne energia e determinazione.

 

Ma Jack non riusciva a calmarsi mentre un pensiero ansiogeno si faceva sempre più strada nella sua mente: che fosse...?

 

Il rumore continuava ma sembrava che solo lui potesse sentirlo, come se qualcuno gli stesse sussurrando all'orecchio una richiesta di soccorso proveniente dal mondo dei morti.

 

Una richiesta che solo lui sentiva e che soltanto lui poteva esaudire.

 

Con il cuore che gli rimbombava nelle orecchie, l'ex Delta sciolse la presa della mano di Riley e tese maggiormente l'orecchio, tagliò fuori tutti gli altri rumori e si concentrò solo su quello.

 

Finalmente identificò da dove provenisse e sentì il cuore fermarsi nel petto quando si accorse che proveniva dalla buca che rapidamente si stava riempiendo di acqua e fango sotto l'acquazzone torrenziale.

 

Dalla bara.

 

Con uno scatto che spaventò tutti i presenti e un grido strozzato nella gola, Jack si lanciò nella voragine e batté più volte i pugni sul legno, chiamando a gran voce il nome di Mac: "Mac! Mac! Sei tu, vero?! Aspettami, sto arrivando, piccolo."

 

Matty, presa di sorpresa, restò senza parole per un attimo ma fu tra i primi a gettarsi sul bordo della buca: "Dalton! Esci subito di lì!" gridò la direttrice mentre, attorno a loro, si scatenava il panico, "Jack, ti prego..." supplicò Riley cadendo in ginocchio, "N-Non è una missione... S-Se n'è davvero andato...".

 

Tuttavia, Dalton non li ascoltò e continuò a battere sul coperchio, gridando tra le lacrime: "No, lo sento! È ancora vivo e mi sta chiamando! Datemi un piede di porco!"

 

Gli altri agenti e operativi della Fondazione parlavano gli uni sopra gli altri mentre la squadra tattica di Jack si organizzava per calarsi nella buca e tirare fuori il loro comandante: non era in sé, dal loro punto di vista, era sconvolto per la morte dell'agente M e dovevano aiutarlo, prima che si facesse del male.

 

"Resisti Mac, sto arrivando. Non vogliono aiutarmi, non importa. Tu tirerò fuori, fosse anche l'ultima cosa che faccio..." mormorò l'uomo, accarezzando il legno della cassa con un tale amore da essere quasi doloroso.

 

Dopo aver posato le mani sui bordi della bara in corrispondenza delle cerniere di chiusura, Dalton iniziò a tirare: con i muscoli che gli dolevano a ogni strattone, le energie che rapidamente si esaurivano, non smetteva un attimo di sussurrare parole di conforto al vento nella speranza che Mac lo sentisse e si tranquillizzasse, stava arrivando e l'avrebbe portato a casa.

 

Dopo qualche minuto, le cerniere iniziarono a cedere, lui sbuffava e ansimava ma non si sarebbe dato per vinto.

 

Avrebbe tirato fuori Mac e l'avrebbe portato al sicuro, una volta di più e questa volta era quella più importante.

 

Quando il coperchio cedette con uno schianto sordo, il team di Jack si stava preparando a scendere ma venne bloccato dagli occhi azzurri come il mare e velati come una giornata di primavera che ricambiavano il loro sguardo.

 

Occhi che, prima della chiusura della bara, erano chiusi.

 

Occhi che si muovevano irregolarmente per focalizzarsi sul viso coperto di lacrime di Jack.

 

Mani che, pallide, si muovevano appena sul cuscino bianco dell'interno.

 

Le mani e gli occhi di chi era ancora innegabilmente vivo.

 

Mentre le persone attorno alla buca erano paralizzate dallo stupore, Jack si chinò sul ragazzo disteso e gli posò un bacio sulla fronte e sulle labbra con tutto l'amore che gli eruttava dal petto prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi al pianto che minacciava di strozzarlo.

 

Jack cadde in ginocchio stringendo la mano di Mac come fosse stata la sua ancora e mormorando parole sconnesse, ringraziamenti e promesse.

 

"Ti riporto a casa, piccolo... Questa volta davvero..." sussurrò Dalton mentre si rialzava in piedi, seppur barcollante; passandogli le braccia sotto il corpo magro, Jack lo sollevò e gli fece poggiare la testa sul proprio petto, petto che minacciava di esplodergli per l'emozione e il dolore, mischiati insieme in un mix letale e al contempo catartico.

 

Mac, ancora paralizzato, chiuse gli occhi per un istante, rinfrancato dal calore del corpo del proprio partner e rassicurato dalla sua presenza: voleva parlare, dirgli un sacco di cose, dirgli che lo amava e che non sapeva come ringraziarlo per averlo salvato ma qualunque cosa lo avesse ridotto così gli impediva di emettere il minimo suono.

 

Esausto, si limitò a restare immobile, affidandosi a Jack per sopravvivere.

 

"Matty! Un'ambulanza! E una corda per aiutarmi a uscire!"

 

I suoi ordini abbaiati come quando erano sul campo riscossero la squadra tattica che, in pochi secondi, aveva calato uno dei membri con un'imbragatura per il comandante: "Dia a me l'agente MacGyver." disse lui, guadagnandosi un'occhiata che, se avesse potuto uccidere, lo avrebbe lasciato stecchito al posto dello stesso Mac.

 

Con un tremito, il soldato si affrettò a sistemare lui stesso l'imbracatura attorno alle gambe di Dalton e, pochi secondi dopo, erano di nuovo in superficie, con il corpo di Mac tra le braccia e circondati da numerosi agenti armati e pronti a difendersi, sotto la pioggia e il vento che ululava tra gli alberi.

 

Matty si fece strada tra i suoi uomini seguita da Riley e Bozer, entrambi scossi e con gli occhi pieni di lacrime, e sfiorò con la punta del dito la fronte pallida del suo geniaccio preferito: "Biondino, fammi un altro scherzo del genere...".

 

“Matty... Dobbiamo portarlo..." tentò di dire Jack ma la donna lo interruppe con un gesto della mano: "Sta arrivando una squadra dalla Fondazione per portarlo al Nido, e questa volta voglio che tu, Dalton, vada con loro e non tornerai a casa prima che lo abbiano dichiarato fuori pericolo e non abbiano capito cosa sia successo."

 

"Scherzi, Matty? Io non mi muovo dal suo fianco finché non riprende a camminare, figuriamoci se lo lascio solo."

 

Cullando Mac tra le braccia come un bambino, Jack gli mormorava qualcosa all'orecchio, del tutto isolatosi dal mondo esterno e unicamente concentrato sul corpo tra le sue braccia.

 

Poteva essere simile alla scena che aveva preceduto la morte di Mac ma la differenza sostanziale era che lui fosse invece vivo e, Dalton tremò, appena sopravvissuto all'essere sepolto vivo: il responsabile avrebbe rimpianto il giorno in cui era stato messo al mondo.

 

"Ehi, Mac... So che non puoi parlare, e solo Dio sa quanto vorrei sentire la tua voce saccente dirmi qualunque cosa, ma dobbiamo comunicare. Ti farò delle domande, devi solo rispondere sì o no. Sbatti le palpebre due volte per il sì e una per il no. Hai capito?"

 

Due volte.

 

Aveva capito.

 

"Ti fa male da qualche parte?"

 

Una volta.

 

"Hai freddo?"

 

Due volte.

 

Jack lo strinse di più a sé e lo coprì con la propria giacca da pinguino: qualcuno sopra di loro li coprì con un ombrello, Anderson sorrideva al suo Comandante e al giovane agente con l'affetto di un amico, di un fratello.

 

"Va meglio ora?"

 

Due volte.

 

"Principino viziato. Ok, ora resta sdraiato, tra poco ti portiamo via." sussurrò Jack tra le lacrime.

 

Mac annuì e chiuse gli occhi, cercando di respirare autonomamente ma il paralizzante aveva ancora effetto e faticava a inalare ossigeno; Jill, con i capelli appiccicati alla fronte, lo avvicinò e si inginocchiò al suo fianco con una piccola bombola: "Una delle guardie l'aveva con sé. Me la sono fatta dare." spiegò lei allo sguardo interrogativo di Jack.

 

Con mano leggera, posizionò la maschera sul viso dell'amico e gli accarezzò la fronte, "È bello vederti, Mac.", la sua voce era un sussurro tra le lacrime, nessuno dei presenti aveva gli occhi asciutti ed era difficile capire dove finissero i pianti e iniziasse la pioggia.

 

Jack non si curò di asciugare le proprie lacrime e strinse di più il suo partner, senza smettere di mormorargli parole di conforto, di rassicurarlo del fatto che era lì con lui e che non l'avrebbe lasciato mentre Matty organizzava la sicurezza attorno a loro: non avrebbe permesso a nessuno di attentare nuovamente alla vita del suo agente, del figlio che non aveva avuto.

 

La donna guardò con infinita tenerezza i gesti d'amore che Jack riservava a Mac e rischiò di strozzarsi con la propria saliva: avevano davvero rischiato grosso, avevano rischiato di perderlo…

 

Quando infine arrivò l'ambulanza, la donna era al fianco dei due partner, con la pistola in mano: "Portate l'agente MacGyver al Nido, immediatamente. L'agente Dalton resterà con lui, perfino in sala operatoria se necessario. So che non è il protocollo." prevenne lei, "Ma l'agente MacGyver ha subito un attentato e l'abbiamo appena tirato fuori dalla sua stessa bara, prevenire è meglio che curare. Nella fattispecie, di organizzare un altro funerale.".

 

Le guardie di sicurezza circondarono con le armi in pugno il mezzo e Jack in persona sollevò Mac con delicatezza per depositarlo sulla barella; il ragazzo rantolò e si aggrappò alla sua camicia, guardandolo con sguardo vacuo e qualche lacrima che gli scivolava dagli stessi occhi. Jack sentì il cuore stringersi e, con un dito, la asciugò: "Shh, Mac… va tutto bene. Sei al sicuro, non… non morirai." anche la voce di Jack era roca e rotta dall'emozione ma il suo pensiero era tutto per il suo partner tra le braccia.

 

"Non se posso evitarlo…" pensò tra sé e sé Jack, che prese una mano di Mac tra le proprie: "Respira quell'ossigeno e resta vivo." aggiunse l'ex Delta mentre lo depositava sulla barella in attesa, "E non preoccuparti, resto con te." disse, salendo a bordo a propria volta.

 

Quando il portellone si chiuse con un tonfo, il mezzo si lanciò a tutta velocità fuori dal cimitero e diretto verso il Nido.

 

Fu solo allora che Riley si lasciò cadere a terra tra le lacrime; Bozer si inginocchiò accanto a lei, entrambi incuranti del fango che macchiava i loro vestiti, e le massaggiò le spalle per calmarla: "Riles, calmati." disse il ragazzo con voce spezzata, anche lui in difficoltà, "Matty ci accompagnerà sicuramente da lui, vero?" chiese Wilt, voltandosi verso la direttrice.

 

Matty gli lanciò un'occhiataccia: "Cosa credi, Bozer?" disse lei, "Ho già chiamato qualcuno che venga a prenderci." aggiunse mentre Anderson aveva spostato l'ombrello sopra di loro.

 

Restava soltanto una domanda.

 

"P-Perché, Matty? Perché farci questo? Perché fargli questo?" domandò lo scienziato balbettando, i pugni stretti attorno a un lembo del vestito dell'amica al suo fianco: "Chi è stato ad architettare tutto? S-Stavamo per seppellirlo, s-sarebbe morto lì dentro, d-da solo…" rantolò ancora.

 

La donna scosse la testa e gli sorrise con fare materno mentre accarezzava la sua guancia bagnata: "Non so darti una risposta, Bozer. Ma chiunque sia stato farà meglio a scappare prima che io arrivi a lui. Qualcuno nella Fondazione voleva morto Mac e voleva che noi soffrissimo, gli è andata male e ora tocca a noi fare la nostra mossa. Vi giuro sull'anima di mio padre che non è finita qui.".

 

La pioggia, in quel momento, cessò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - I'm never too much for you to take ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia e Dida.

UNDERNEATH

CAPITOLO 3

I'M NEVER TOO MUCH FOR YOU TO TAKE

 

Nobody knows me like you do
No need for walls, you see right through
Every hurt, every scar, every secret you just love me

 

When I'm with you – Citizen Way

 

 

Quando Gregor Lancelot entrò nella sala medica del Nido quella mattina, la trovò deserta, tranne che per una giovane internista intenta a sistemare le cartelle cliniche davanti a una tazza fumante di caffè appena fatto.

 

Perplesso, posò la propria valigetta sulla poltrona più vicina e la avvicinò mentre puliva gli occhiali bagnati per la pioggia torrenziale: "Buongiorno, Angelica." disse lui con tono amichevole, "Oggi è tutto tranquillo, che succede?" domandò l'uomo.

 

La giovane internista si voltò di scatto, con gli occhi sgranati, evidentemente spaventata dal suo arrivo improvviso – il medico notò che aveva un paio di AirPod nelle orecchie, non poteva averlo sentito entrare – e subito scattò in piedi: "M-Mi scusi! Non mi ero accorta di lei, dottore!" esclamò lei, sistemandosi il camice.

 

Lancelot la rassicurò con un gesto della mano e le sorrise: "Non c'è problema, è un lavoro parecchio noioso da fare. Ma dove sono tutti? Non sapevo che la Direttrice avesse dato la giornata libera."

 

Visibilmente a disagio, la giovane si voltò verso la brocca termica più vicina per versare una tazza di caffè al dottore, nel tentativo di tenersi occupata: "Non l'ha contattata?"

 

"No, altrimenti sarei rimasto a casa a riposare, il volo di ritorno da Anchorage è stato più turbolento del previsto e sono tornato soltanto stamattina alle 3. Peraltro, le linee telefoniche in Alaska sono state fuori uso per cinque giorni. C'è qualche problema?"

 

Angelica Bates si morse il labbro inferiore mentre versava il liquido scuro nella tazza preferita di Lancelot – era una normalissima mug di ceramica ma con un piccolo cavaliere in armatura splendente disegnato sulla parte anteriore, un regalo dei suoi colleghi – prima di passargliela: "Io non so come dirglielo, dottore…" la voce bassa e triste mise in allarme l'uomo, che la scrutava con espressione preoccupata da dietro gli occhiali cerchiati di metallo, "S-Sono sicura che la Direttrice abbia cercato di avvertirla ma che tutta la confusione degli ultimi giorni le abbia fatto scordare del suo rientro oggi, accidenti…"

 

"Figliola, calmati." Con mano ferma, Gregor afferrò le spalle dell'internista e la bloccò sul posto, puntando gli occhi grigi nei suoi azzurri: "Spiegati con calma, ti ascolterò."

 

Il linguaggio del corpo della donna davanti a lui era inconfondibile: era il linguaggio di chi doveva veicolare qualche notizia spiacevole senza esserne emotivamente in grado.

 

"Cinque giorni fa… l'agente M e la sua squadra sono tornati da una missione di routine. Sembrava tutto normale, la dottoressa Castillo ha preso in carico i feriti e se n'è occupata. All'improvviso, l'agente M è entrato in arresto cardiaco e n-non sono riusciti a rianimarlo, n-neppure con l'epinefrina. S-Se n'è andato all'improvviso, nel giro di un paio d'ore. M-Mi dispiace, dottor Lancelot, s-so quanto era affezionato all'agente M e n-non avrei voluto essere io a dirglielo ma…"

 

Angelica vide il colore abbandonare il volto del suo superiore, come se stesse per svenire, ed era pronta ad afferrarlo al volo quando all'improvviso suonò l'allarme: la luce rossa sopra la porta iniziò a lampeggiare mentre il segnale sonoro indicava l'arrivo di un mezzo di soccorso urgente.

 

I due si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi Lancelot estrasse dalla tasca un paio di guanti in lattice per indossarli mentre l'internista prelevava i propri guanti monouso da un cassetto, assieme a una mascherina; Gregor non disse nulla, aveva la mente confusa e piena di pensieri, ma cercò di allontanarli per occuparsi al meglio del ferito in arrivo: avrebbe avuto tempo per elaborare il lutto della morte dell'agente M.

 

Con Angelica che lo tallonava, l'uomo uscì dalla sala medica a passo svelto e, percorsi i corridoi che conosceva come le sue tasche, arrivò infine al triage; tuttavia, una volta sulla soglia, si paralizzò mentre il suo sguardo incrociava quello esausto e sconvolto di Jack Dalton, che stringeva con forza la mano di Angus MacGyver disteso sulla barella con la mascherina dell'ossigeno sul viso.

 

Quando medico e agente si videro, per Jack fu come se fosse apparsa una divinità tale era il sollievo sul suo volto mentre per Gregor fu un momento surreale; dietro di sé, sentì l'internista sussultare – poteva quasi vederla portarsi le mani alla bocca per coprire un singhiozzo – ma la sua attenzione era tutta per il giovane che aveva bisogno di lui.

 

In due falcate, Lancelot avvicinò la barella e si chinò su Mac: "Stupido ragazzo, in che guaio ti sei infilato questa volta?" mormorò con l'ombra di un sorriso sul volto mentre prendeva i battiti con le dita, "Agente Dalton, mi spiegherà dopo quello che è successo nei dettagli, ora ho solo bisogno di sapere le sue attuali condizioni." aggiunse lui dopo aver alzato lo sguardo sull'ex Delta.

 

"E-Era nella sua bara, l'ho sentito bussare e l'ho tirato fuori. Non riesce a muoversi e respira a fatica.", la medesima fatica che Jack stava facendo per reggersi dignitosamente in piedi, notò il dottore senza dire alcunché; al contrario, gli rivolse un sorriso rassicurante mentre faceva cenno agli altri di spingere la barella fino al letto più vicino: "Ho bisogno di fare alcune analisi, preleveremo dei campioni di sangue e resterà sotto ossigeno fino a quando non riterrò opportuno. Agente Dalton, se la vedo allontanarsi di mezzo centimetro da quella sedia," così dicendo, Lancelot ne indicò una, proprio lì accanto, "Suggerirò caldamente alla Direttrice di toglierla dal servizio attivo fino alla pensione. Resti lì e tenga tranquillo il nostro ragazzo."

 

Con gli occhi lucidi e l'espressione riconoscente, Jack fu svelto ad obbedire e, per le ore seguenti, mentre Angelica e Lancelot facevano il loro lavoro, lui era rimasto accanto a Mac, con la mano del più giovane stretta nella sua, a sussurrargli parole rassicuranti ogniqualvolta questi ne avesse avuto bisogno; quando infine il medico tornò con i risultati definitivi, Mac si era addormentato con Jack che gli accarezzava i capelli.

 

L'uomo sorrise e fece cenno a Dalton di restare seduto, si sarebbe avvicinato lui; difatti, presa una sedia, si accomodò accanto all'agente con la cartellina in mano: "L'agente M starà bene." lo prevenne con un sorriso, "Le analisi hanno evidenziato uno strano mix chimico nel suo sangue, a base di tetradotossina. È un veleno a rapido assorbimento, induce paralisi di tutte le funzioni vitali, del respiro e del battito cardiaco. Normalmente è letale," Gregor alzò la mano per fermare Jack, che sembrava già pronto a scattare alla ricerca dei responsabili, "Ma questo mix è particolare, doveva soltanto paralizzarlo e farlo passare per morto. Le motivazioni ancora non le sappiamo ma sono sicuro che la Direttrice sarà ben contenta di fare ricerche."

 

Jack annuì, incapace di parlare, e si limitò invece a continuare ad accarezzare la fronte di Mac addormentato: era stato cambiato e ora indossava un ben più comodo pigiama mentre i suoi vestiti erano stati piegati e messi in un armadietto con il suo nome; il coltellino, che Jack aveva infilato nella tasca dei pantaloni del compagno prima che la bara fosse stata chiusa, riposava nella mano libera di Jack assieme al sacchettino di velluto bordeaux che ospitava, oltre all'anello di fidanzamento, anche le dog tag dello Specialista MacGyver.

 

A Lancelot si strinse il cuore.

 

"Agente Dalton, so che per lei sono stati giorni difficili e dolorosi, e sono mortificato di non essere stato qui quando più ne avevate bisogno. Ma sappia che, se ne vuole parlare, ha qui un amico pronto ad ascoltarla. Tutti noi qui al Nido vogliamo bene all'agente M, diavolo, praticamente tutta la Fondazione ammira e ha a cuore il benessere dell'agente M, nonostante sia una persona difficile," a Lancelot scappò una bassa risata: "e un paziente ancora più complicato. Le prometto che andremo in fondo a questa storia.".

 

Jack annuì e, se anche non riusciva a parlare per il groppo in gola che gli mozzava il fiato, Gregor capì lo stesso: "Se vuole piangere, le assicuro che io non dirò niente a nessuno. Non fa bene trattenere troppo le lacrime.".

 

I minuti successivi trascorsero nel silenzio mentre, di tanto in tanto, un singhiozzo eruttava dal petto dell'agente anziano mentre Lancelot, con fare amichevole, gli passava dei fazzoletti per asciugarsi gli occhi.

 

Il Nido era deserto, anche Angelica era andata a casa – dopo aver strappato la promessa al suo superiore di venir chiamata in caso di bisogno – perciò Jack poté sfogarsi, con Lancelot quale unico testimone delle sue lacrime, e gentile custode delle stesse.

 

Quando infine Dalton non ebbe più energie per piangere ancora, Gregor tirò fuori dalla propria tasca una bottiglietta d'acqua ancora chiusa e gliela passò: "Beva piano e poi vada a sciacquarsi il viso. Io resterò qui con lui."

 

In tutto, l'assenza dell'uomo non durò che una manciata di minuti ma, quando rientrò nella stanza, Jack sembrava un'altra persona e il suo sguardo era tornato quello fiammeggiante di sempre, il che soddisfò Lancelot; alzatosi dalla sedia, il medico strinse con calore la mano tesa dell'ex Dalton e gli sorrise: "Andrà tutto bene, l'agente M è forte e presto potrà tornare non solo a parlare ma anche a fare tutte le sue pazzie armato di graffette. Io vado a parlare con la direttrice, ho il sentore che mi stia aspettando appostata in ufficio." rise, "Le porterò i risultati delle analisi e vedremo di beccare il responsabile di questa brutta situazione. Lei può restare quanto vuole, se vuole dormire un po', ha parecchi letti a sua disposizione."

 

"Non so come ringraziarla, dottore."

 

"Non deve, Dalton. L'agente M è come un figlio per me, e quale padre non si occuperebbe del proprio ragazzo?"

 

§§§

 

"Direttrice Webber, che sorpresa. Vedo che si è messa comoda."

 

Con tono divertito, Lancelot richiuse la porta dell'ufficio dietro di sé mentre Matty, seduta sul divano, beveva lunghe sorsate di caffè caldo dalla tazza che si era portata dietro dalla Fondazione: intenta a consultare alcuni rapporti, la donna fece un cenno all'uomo, che la raggiunse prima di accomodarsi sulla poltrona di fronte a lei.

 

"Dottore, immagino che abbia delle notizie per me."

 

"Sì, signora. L'agente M sta bene e sta riposando con l'agente Dalton accanto a sé, le ho portato i risultati delle analisi."

 

Matty prese dalle mani il plico di fogli e, in cambio, gli diede una seconda tazza di caffè bollente: "Sospetti?"

 

"Un paio. E non mi piace l'idea. Per questo motivo, vorrei che fosse lei a occuparsi in prima persona delle indagini, altrimenti penso di non essere abbastanza lucido per non fare qualcosa di cui potrei pentirmi."

 

"Pensa che io abbia questa lucidità?"

 

"Mettiamola così, ha sicuramente più risorse di me per nascondere un cadavere."

 

Con un sorriso soddisfatto, la direttrice consultò i fogli nelle proprie mani, li lesse con attenzione e, a ogni parola che scivolava sotto i suoi occhi, sentì lo stomaco contorcersi per la rabbia e la frustrazione: capiva a cosa si stava riferendo Lancelot ma non riusciva ad accettarlo, non dopo la storia del suo predecessore e delle azioni dannose nei confronti dei suoi ragazzi.

 

Una volta conclusa la lettura, si lasciò sprofondare nel divano: "Come diavolo abbiamo fatto a non accorgercene?" chiese lei con un filo di voce, "Certamente eravamo sconvolti per la morte dell'agente MacGyver ma il dubbio doveva venirci, anche solo quando abbiamo trovato il… corpo già vestito per la cerimonia. Avremmo dovuto accorgerci che l'autopsia non era stata effettuata come da mia esplicita richiesta."

 

Gregor annuì con un sospiro: "E sono stato io a insistere perché Carmen… La dottoressa Castillo mi sostituisse mentre ero fuori città. Pensavo, la reputavo una collega in gamba e adatta a occuparsi del Nido per qualche giorno."

 

"Non è colpa sua, Lancelot." Il tono di Matty era fermo: "Farò delle indagini sulla dottoressa Castillo, troveremo chi l'ha spinta a farlo e lo consegneremo alle autorità esattamente come lei. In questo momento, la squadra di Anderson sta effettuando l'arresto e la porteranno direttamente alla Fondazione per l'interrogatorio. Hanno insistito per occuparsene loro."

 

"La squadra tattica di Dean Anderson? Non è quella che normalmente ha come comandante l'agente Dalton?"

 

"Hanno detto che è un favore personale per lui. Non mi stupirei di trovare la signora Castillo con qualche frattura."

 

I due si scambiarono una risata, poi Lancelot si alzò stiracchiandosi: "Devo tornare di là per assicurarmi che i livelli di ossigeno nel sangue dell'agente M salgano regolarmente. Resti pure quanto vuole, Direttrice. La mia scorta segreta di caffè l'ha già trovata, in fondo."

 

§§§

 

Venne infine il mattino, dopo una notte passata praticamente in bianco, e con lei un primo spiraglio di sole in quella tempesta che temevano li avrebbe travolti.

 

Jack, che non si era allontanato un attimo dal letto del partner, ne aveva pazientemente ripulito il viso dalle lacrime che ogni tanto cadevano dagli occhi del più giovane, l'aveva tenuto abbracciato ogniqualvolta un incubo lo tormentava, gli aveva accarezzato il polso con un movimento costante e rilassante.

 

Al suo risveglio, Mac l'aveva trovato accanto a sé, a mantenere la promessa che gli aveva fatto solo poche ore prima: non l'avrebbe lasciato solo, né ora né mai.

 

E ora, toccava al più giovane fare qualcosa per lui.

 

Quello che, fino a pochi secondi prima, a Jack era sembrato solo un rantolo infastidito e frustrato da parte di Mac, ben presto diventò un suono via via più articolato ad ogni tentativo di Angus. Che stesse...?

 

"Mac, stai cercando di dirmi qualcosa?"

 

Questi sbatté due volte le palpebre - ormai era diventato il loro modo di comunicare preferito - e riprese i propri tentativi.

 

Per tutta risposta, Dalton gli prese con delicatezza la mano e la strinse in supporto: "Puoi farcela, so che puoi farcela." disse con tutta la fiducia di cui era capace, "Non lasciarti sconfiggere. Puoi ancora sbattere in faccia a quei bastardi quanto sei in gamba."

 

Stranamente, le parole dell'uomo più anziano erano simili a quelle che aveva pronunciato prima che Mac... morisse.

 

Per l'ennesima volta, il ragazzo aprì la bocca e finalmente uscì un suono intellegibile, che somigliava a una G dura, poi una R...

 

A poco a poco, Mac riuscì a completare la sua prima parola dal giorno in cui l'avevano perduto e l'aveva pronunciata guardando Jack negli occhi: "G-Grazie...".

 

Era una voce roca e stridula, diversa da quella che tutti ricordavano, ma per Jack era il suono più bello della sua vita.

 

Con le lacrime agli occhi, si gettò su Mac e lo strinse, abbracciandolo con tutta la propria forza e singhiozzando allo stesso tempo: non aveva intenzione di nascondere quello che provava, il sollievo, la gioia che minacciava di fargli esplodere il cuore... Aveva perso il suo migliore amico, l'aveva ritrovato, la dignità era un sacrificio che non gli importava di fare.

 

"Mi sei mancato, chiacchierone." mormorò Dalton con il viso nell'incavo del collo del compagno: "Non vedevo l'ora di sentirti di nuovo blaterare a caso di fisica e chimica anche se non ci capisco un'acca."

 

Esausto anche da quel piccolo atto, Mac si lasciò sprofondare nel materasso e si godette la presenza rassicurante di Jack che non stava un attimo zitto, ma a lui non importava granché: vederlo felice, finalmente, era sufficiente. Ci sarebbe voluto ancora del tempo, ma erano insieme e avrebbero vinto anche quella sfida.

 

Improvvisamente, Angus si sentì più fiducioso che mai e, malgrado la stanchezza, cercò di pronunciare un'altra parola.

 

"R-Res-sti?"

 

"Se resto? Mi devono arrestare per strapparmi da questa stanza."

 

Rassicurato, Mac riuscì a produrre un sorriso sbilenco che riempì il cuore di Jack di gioia e sollievo mentre posava un bacio sulle sue labbra screpolate: "Ne usciremo anche da questa storia. Non è la cosa più strana che abbiamo affrontato, piccolo."

 

"G-Già."

 

"Stai già cercando di rifarti, eh? Ma non ti affaticare o Matty mi uccide. Dovrebbero anzi essere già qui."

 

"Dalton chiama, la Direttrice risponde."

 

La voce del loro superiore fece voltare di scatto Jack, che la vide sulla porta con Boz e Riles alle spalle, entrambi cercavano di vedere se Mac fosse sveglio: "È bello vederti, Matty. E Mac ha qualcosa da farvi vedere.".

 

Facendo loro spazio, l'agente più anziano permise loro di avvicinarsi al letto dove Mac era disteso: "C-

Ciao…" rantolò nel vederli.

 

"Ha iniziato a parlare poco fa." spiegò Jack ai loro sguardi confusi e commossi: "Strano che faccia simili progressi solo in tua presenza." Matty voleva suonare sardonica ma la sua voce la tradiva.

Sapeva che la semplice presenza di Dalton faceva più miracoli per Mac di qualunque altra cosa.

 

"Ehi, fratellino. Come stai?" chiese Riley con le lacrime agli occhi mentre gli accarezzava la fronte: "Ci hai fatto spaventare così tanto… ma non è colpa tua… siamo contenti che tu stia bene… Diavolo… sto dicendo una marea di cavolate…" Wilt bofonchiava frasi sconnesse mentre stringeva la mano di Mac per assicurarsi che il suo migliore amico fosse davvero lì e non fosse un'allucinazione dovuta al trauma di averlo dovuto quasi seppellire.

 

Mac in risposta la strinse piano: "G-Grazie." ripeté con un filo di voce.

 

"È ancora molto debole, ragazzi. Ma vedrete che presto ricomincerà a staccarci le orecchie a suon di chiacchiere." rise Dalton, la cui mano era ancora stretta a quella libera di Mac: "Non vedo l'ora di rimproverarti perché parli troppo, Biondino." sorrise Matty, "Sarà il giorno più bello della mia vita.".

 

Circondato da tutto quell'amore, da tutto quel calore che gli arrivava fino alla punta dei piedi, Mac non riuscì a trattenere i singhiozzi.

 

Jack lo lasciò fare, continuando a sorridergli con tutto l'amore che provava per lui.

 

"Sfogati, non tenerti tutto dentro, piccolo. Ci siamo noi qui, un paio di lacrime non ci fanno paura.".

 

"Abbiano pianto anche noi, Mac. Tanto..." confessò Riley: "Ma ora… ora non devi preoccuparti."

 

"Già. E ho ancora una cosa da aggiungere. E voglio che loro siano presenti. Che la nostra famiglia sia presente." così dicendo, Jack tirò fuori dalla tasca un sacchettino di velluto con mano tremante: "L-L'ho dovuto togliere quando... Quando… beh, l'ho dovuto togliere. E ora, torna al suo legittimo proprietario." nella mano dell'uomo apparve il piccolo e semplice anello d'argento a forma di graffetta che Jack gli aveva regalato la sera prima di…

 

Con infinita cura, Dalton glielo rimise al dito e lo baciò piano sul dorso della mano mentre Matty e i due agenti più giovani restavano senza parole: "G-Glielo chiesi la s-sera prima..." confessò Jack con un sorriso: "V-Volevamo dirvelo il giorno d-dopo ma…"

 

"Stupido… sei un deficiente…" singhiozzò Riley prima di gettargli le braccia al collo: "Non sapevo che volessi dirglielo..."

 

Bozer si era avvicinato al suo migliore amico e gli aveva stretto l'avambraccio con la mano: "Sono disponibile a fare da testimone. Soltanto per te, fratello."

 

"A-Accetto. Solo se Matty mi accompagnerà all'altare."

 

Matty che, fino a quel momento era rimasta in silenzio.

 

Matty che, voltandosi, era uscita in silenzio dalla porta.

 

Riley e Wilt si scambiarono un'occhiata: "Andiamo noi." disse la ragazza con lo zaino sulle spalle, "Ripassiamo dopo a trovarvi."; prima di uscire, però, lei tirò fuori un plaid rosso e lo consegnò a Jack: "Come mi avevi chiesto." aggiunse con un sorriso.

 

Plaid con il quale l'uomo avvolse Mac, l'infinita cura nei suoi gesti era palpabile, prima di posargli l'ennesimo ma non ultimo bacio sulla fronte: "Ora dormi, al tuo risveglio mi troverai qui."

 

"M-Matty?"

 

"Vedrai che le passerà, è solo un po' sopraffatta da tutto. La prossima volta che glielo chiederai, vedrai che accetterà."

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - I'm safe when I'm with you ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton, OCs

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia.

UNDERNEATH

CAPITOLO 4

I'M SAFE WHEN I'M WITH YOU

 

I'm breathing in
I'm innocent
It's like my heart's on fire again

When I'm with you – Citizen Way

 

Quando Riley e Wilt uscirono nel corridoio, si aspettarono di avere notevoli difficoltà nel rintracciare la loro Direttrice; non si sarebbero mai aspettati, tuttavia, di trovarla con tale facilità, seduta nella sala d’attesa del pronto soccorso, con in mano l’ultima scultura di graffette che Mac aveva fatto all’ultimo briefing prima di partire per quella missione che l’aveva quasi strappato a tutti loro.

 

Matty si rigirava tra le mani la piccola spirale che era il simbolo della casa farmaceutica che erano stati chiamati a investigare e di cui nessuno dei due agenti più giovani ricordava il nome, con lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione triste, non l’avevano mai vista in quelle condizioni.

 

Nervosamente, Wilt si avvicinò a lei e tirò fuori dalla tasca un pacchetto di fazzoletti prima di darglielo; lei lo accettò senza dire niente, senza neppure alzare lo sguardo, ed entrambi finsero di non vederne le lacrime che scivolavano giù dai suoi occhi: meritava di poter piangere senza che nessuno la guardasse, di sfogarsi come meglio credeva opportuno.

 

Se avesse avuto bisogno, loro sarebbero stati lì, come la famiglia che erano.

 

“Ho sempre pensato che Dalton e Mac sarebbero stati una bella coppia.” disse lei dal nulla: “Il loro rapporto era troppo stretto e, all’inizio, ero convinta che Jack rovinasse tutto come al suo solito.” confessò con tono monocorde.

 

“Guardi il lato positivo, Matty. Almeno non è Nikki.” rise Riley: “Che c’è? L’ho incontrata una volta e ne ho sentito parlare in tutte le maniere, preferisco Jack al fianco di Mac che quella tizia.” aggiunse lei, vedendo l’espressione perplessa di Bozer al suo fianco.

 

“Almeno Jack sappiamo che non permetterebbe mai a Mac di venir crivellato di colpi e abbandonato ad affogare in un lago.” concordò Wilt, tremando al pensiero.

 

 “Dalton ha sentito il Biondino bussare dalla propria bara anche sotto sedativi talmente forti da abbattere un elefante.” Matty ebbe un fremito al ricordo della scena: “Fossi sua madre, non vorrei nessun altro al fianco di mio figlio.”

 

L’impatto di quell’affermazione mozzò il fiato in gola ai due agenti davanti a lei mentre gli occhi di Wilt si riempirono di lacrime al pensiero della propria madre, madre che ancora non sapeva che il ragazzo che reputava un figlio al pari del suo bambino biologico era ancora vivo.

 

“D-Dovrei chiamare mia madre…” mormorò Wilt, abbassando lo sguardo: “A-Adesso che Mac può parlare…”

 

“Se vuoi, posso restare con te mentre la chiami. Non mi dà fastidio.” si offrì Riley prima di abbracciarlo: “E se davvero vogliono sposarsi, probabilmente la conoscerò di persona molto presto. Non credo che Mac non la inviti.”

 

I tre restarono in silenzio per qualche minuto, con i pensieri che turbinavano nelle loro menti con la violenza di un tornado in Texas.

 

“Sono contenta che Mac mi reputi degna di accompagnarlo all’altare.” disse Matty, rompendo all’improvviso il silenzio: “Sono onorata del suo affetto e del fatto che mi reputi una parte della sua famiglia, per me è lo stesso… Ma ho firmato io i documenti di morte… Ho dovuto firmare io un pezzo di carta maledetto che diceva che era deceduto. E questo non riesco a concepirlo ancora adesso, non riesco a concepire come si possa essere arrivati a tanto.”.

 

“Come è andato l’interrogatorio?” chiese Bozer.

 

“Castillo ha cantato come un uccellino ubriaco. Era disperata, pare che qualcuno l’abbia contattata minacciandola di uccidere il suo vecchio padre che vive ancora in Spagna con l’altra figlia se non avesse seguito le istruzioni. Ma non mi interessa, ad essere sincera. Avrebbe potuto parlarne con Lancelot in forma privata, il quale avrebbe inviato un allarme cifrato direttamente alla mia casella di posta e in pochissime ore avremmo risolto il problema. E invece abbiamo dovuto affrontare una perdita incommensurabile, sul piano lavorativo e familiare, abbiamo dovuto seppellire Mac e l’abbiamo visto riemergere dalla sua bara. Tutto questo non è perdonabile.”

 

“P-Pensa che ci sia di mezzo l’Organizzazione?”

 

“O loro oppure è una vendetta di qualche amico della Thornton. E se fosse l’ultimo caso, vi prometto sulla tomba di mio padre che gliela farò pagare. La farò pentire di essere nata e di aver anche solo lontanamente pensato di toccare uno di voi.”

 

Riley e Bozer annuirono.

“Finirà mai tutto questo? O dovremmo guardarci costantemente le spalle per la paura che qualcuno colpisca uno di noi?” si chiese Davis con un sospiro.

 

“Non lo so, e non mi interessa perché vi prometto questo, ragazzi. È guerra aperta, nessuno si avvicinerà mai più a uno di voi, non se posso impedirlo. Siamo una famiglia, e voglio che sia molto chiaro. Se qualcuno prova a colpirvi, non vivrà abbastanza a lungo per raccontarlo. Anderson e i suoi sono furibondi e non penso di aver mai visto Lancelot più sul piede di guerra, questa Fondazione è in grado di mettere tutte le proprie risorse a disposizione per proteggere uno dei suoi e voi tutti lo siete.” Matty indicò i due giovani davanti a sé con estrema serietà in viso: “Non sto scherzando, Wilt, Riley. Mac sarà anche il mio Biondino ma voi siete ugualmente figli miei. E una madre protegge sempre i propri ragazzi.”

 

Le parole della Direttrice costrinsero i due ragazzi a scambiarsi alcuni fazzoletti per asciugarsi gli occhi.

 

“Ora andiamo, abbiamo del lavoro da fare.”

 

§§§

 

Era ormai tarda sera del giorno successivo al suo arrivo al Nido quando finalmente tolsero a Mac la maschera per l'ossigeno e la sostituirono con una cannula nasale ed era quasi mezzanotte quando Jack, attento ai tubi della flebo, si issò sul materasso e si posizionò con la schiena contro il muro per tenere il proprio partner tra le braccia e fargli da cuscino.


Cullandolo come se fosse stato un cucciolo, Dalton gli massaggiava le spalle e alternava baci tra i capelli e sul collo, trattenendo al contempo la commozione di quei momenti: Mac era lì con lui, vivo e vegeto, e poteva rilassarsi, presto l'avrebbero dimesso e sarebbero potuti tornare a casa.


Appisolato per i farmaci che gli venivano pompati nel corpo e che agivano per ripulire il suo corpo dal cocktail a base di tetradotossina che l’aveva paralizzato – e ancora debole per le lunghe giornate trascorse senza cibo né acqua – l'agente più giovane era abbandonato contro il petto di Jack e avvolto nel plaid che Riley gli aveva portato quella mattina, uno di quelli che risiedevano nell'armadio a muro dell'appartamento di Jack e che, seppur in parte, ne portavano ancora l'odore.

 

Il Nido era tranquillo, Lancelot era passato da poco a controllare i progressi di Mac e, soddisfatto, si era ritirato in sala medica a leggere alcuni rapporti in compagnia di Angelica; per quanto riguardava i pazienti, Angus era l'unico; era senza dubbio la situazione migliore per avere un po' della privacy di cui avevano bisogno dopo quello che avevano passato.

 

Certo, non che il personale medico e gli agenti non sapessero di loro, Jack sospettava che perfino il suo team tattico, Anderson in testa, avesse in ballo parecchie scommesse sul loro conto, ma sapeva come la pensava Mac sul farsi vedere indifeso e sofferente ed era determinato a prendersi cura di lui senza pubblico di sorta.

 

"Ehi, piccolo." La voce di Dalton era bassa ma affettuosa: "So che ancora non puoi mangiare cibi solidi, almeno finché l'effetto paralizzante non se ne va del tutto, ma Boz ha portato un thermos di tè caldo, fa bene alle tue corde vocali."

Mac si mosse nel dormiveglia ma non aprì gli occhi: respirava, notò Jack non senza un sospiro di sollievo, perciò doveva trattarsi semplicemente di testardaggine nell'ignorare la proposta; perciò, con un sorriso, l'uomo si sistemò meglio con la schiena contro la testiera del letto e aggiustò la stretta sul corpo del partner, ne accarezzò il polso col pollice e gli posò un bacio sul collo, sorridendo nel sentirlo fremere e abbandonarsi ancora di più: "Shh, sono qui, Mac… E non me ne vado." aggiunse con un sorriso malinconico mentre il suo sguardo si posava sull'anello della proposta, "E lo stesso vale per te, non ti lascerò andare via prima che sui tuoi documenti non sia segnato Dalton come cognome da sposato. E neppure dopo, in realtà."

 

Rimasero così per qualche minuto quando, all'improvviso, Mac ebbe uno scatto, per cui quasi sgusciò dalla presa di Jack sul suo corpo.

 

Piegato in due e svegliato di botto dal sonno, Mac si allungò a stringere con la poca forza che aveva nelle mani il polpaccio sinistro mentre, al contempo, mugolava per il dolore; seppur preso di sorpresa, Jack fu svelto a posargli una mano rassicurante tra le scapole mentre con il braccio gli cingeva il petto per tenerlo sollevato e non permettergli di strappare i fili.

 

"Ehi, Mac, che succede?" chiese lui con tono il più possibile controllato: non sarebbe servito a niente farsi prendere dal panico, avrebbe soltanto agitato di più il suo partner. partner che, alzato lo sguardo con un rantolo di dolore, lo guardò con occhi lucidi: "C-Crampo..." riuscì a dire tra gli spasmi.

 

In un attimo, Jack scivolò giù dal letto e lo spinse all'indietro, contro i cuscini che aveva sprimacciato per farlo stare più comodo, prima di posare entrambe le mani sul polpaccio incriminato e muovere lentamente le dita in un lento massaggio, accompagnato da basse parole di conforto.

 

"Shh, adesso passa. Respira a fondo, ci penso io… Rilassa i muscoli."

 

Quando infine lo spasmo scemò, lasciando Mac prostrato e con le guance solcate dalle lacrime, Jack fece il giro del letto e si issò nuovamente sul materasso, ma questa volta non restò seduto; sistemato il più giovane tra le proprie braccia, lo fece poggiare contro il suo petto, stringendolo da dietro e continuando a mormorargli qualcosa all'orecchio per calmarlo e rassicurarlo.

 

Restarono sdraiati così per parecchi minuti, fino a quando Angus non si fu del tutto abbandonato sul materasso e non si fu lasciato avvolgere nel plaid che era caduto per metà dal letto: "Credo che sia una cosa buona quello spasmo, piccolo." disse Jack a bassa voce mentre gli accarezzava i capelli sudati, "Vuol dire che i muscoli delle tue gambe stanno tornando alla normalità."

 

"L-Lo so... Ma fa male." replicò lui, mettendo su quel broncio infantile che soltanto Jack poteva vedere.

 

Jack scosse la testa con una risatina: "Presto tornerai a correre in giro e a dare del filo da torcere a questo vecchietto."

 

"Ho una predilezione per quelli più vecchi di me, lo sai." ed eccola, la sfacciataggine di Mac, quella che l'aveva reso famoso tra gli agenti della Fondazione come attaccabrighe, ma che Jack aveva imparato a rispettare prima e ad amare poi.

 

Qualche istante dopo, tuttavia, il giovane agente sentì il proprio respiro velocizzarsi mentre una sensazione di gelo gli attanagliava lo stomaco; ma non era solo, Jack era al suo fianco, pronto a reagire e lo fece a modo suo, in quella maniera così intima e amorevole che l'ex Delta riservava soltanto a lui.

 

"Shhh, Mac... Va tutto bene." Jack gli accarezzò la fronte, sull'attaccatura del ponte del naso, con un movimento circolare delle dita, lento e costante. Bravo, respira così. Piano e profondamente."

 

"J-Jack... Non capisco che succede…"


"Shh, io non me ne vado. Appena ti sei calmato un po', chiamo Lancelot. Non mi allontano, te lo prometto. Lo chiamo con il cellulare."

 

Mac annuì piano e strinse la mano di Jack con una forza inusitata, ma all'ex Delta non importava se gli faceva male: aveva bisogno di lui, non si sarebbe tirato indietro per alcun motivo.

 

Quando infine Mac si fu calmato, e questa volta definitivamente, era madido di sudore e tremava per il freddo.

 

Dopo avergli messo il plaid addosso, Jack infilò le mani sotto di esso e gli accarezzò il petto prima di chinarsi sul suo orecchio: "Ti aiuto a cambiare la casacca del pigiama."

 

Esausto, Mac annuì e chiuse gli occhi: sentì le mani di Jack percorrergli il corpo e sollevargli la parte superiore del pigiama ma se, normalmente, si sarebbe trattato di un gesto molto intimo e sensuale, in quel momento era qualcosa di affettuoso e pieno di amore e rispetto, qualcosa a cui Mac poteva abbandonarsi senza pensieri: Jack non si sarebbe mai approfittato di un suo stato di debolezza per ferirlo o prendersi qualcosa che non era in grado di dare in quel momento.

 

Dopo averlo asciugato con una pezza di morbido cotone, Jack lo aiutò a indossare una casacca pulita e asciutta e, quando finì, gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte per asciugare anche questa.

 

Completamente senza forze, Mac lo lasciò fare.

 

Infine, Mac sentì la mano di Jack stringere piano la sua: "Sono proprio qui accanto, piccolo. Chiamo Lancelot."

 

"Non è necessario, agente Dalton, ho visto le letture dell'ECG dalla sala medica e sono venuto appena possibile."

 

Gregor era apparso sulla soglia della stanza con un sorriso paterno e un piccolo carrello dietro di sé spinto da Angelica: "Angelica, cara. Portalo dentro, poi ci penso io al resto." aggiunse il medico mentre indossava i guanti di lattice.

Con un cenno del capo, la giovane internista salutò Mac e Jack, spinse dentro il carrello, e sparì nel corridoio.

 

"Allora, agente M. So che non è particolarmente amante delle procedure mediche, ma vedrà che ce la sbrigheremo in fretta." sorrise l'uomo, mostrando le mani vuote: "Non farò punture." promise lui.

 

Ancora debole per il crampo prima e l'attacco dopo, Mac annuì e restò sospeso a metà tra il sonno e la veglia mentre Jack e Lancelot parlavano sommessamente e l'agente più anziano - senza interrompere il contatto con la sua mano - spiegava cosa fosse accaduto.

 

"O-Ora sto bene." mormorò Mac con uno sforzo sovrumano.

 

"Sicuramente si sentirà meglio, agente M. Ma il nostro scopo è farla stare bene, non un po' meglio." qualcosa, nel tono di Lancelot, fece ricordare a Mac suo nonno e soprattutto Papà Bozer.

 

Era la voce di un padre.

 

Per un attimo, il cuore di Mac gli si fermò nel petto e una lacrima minacciò di uscire assieme a un singhiozzo ma l'ancora che era la mano di Jack lo tenne calmo mentre Lancelot continuava la propria visita e annotava la pressione e i battiti cardiaci.

 

"Buone notizie, è stato un semplice attacco di ansia." annunciò Gregor prima di frugare nel carrello: "Probabilmente scatenato dagli ultimi avvenimenti, il crampo e lo spavento che si è preso ha solo esacerbato la reazione del suo corpo. Ora, so che non ama molto i calmanti ma non protesti, deve riposare per poter essere dimesso; visto che qui ho gli stessi poteri della Direttrice Webber, ordino all'agente Dalton di restare qui per motivi di sicurezza." aggiunse l’uomo, iniettando una fiala di ansiolitico nel tubo della flebo.

 

Jack annuì e strinse più forte la mano di Mac prima di portarsela alle labbra e baciarla: “Visto? Anche il medico ha detto che posso restare. Dal momento che è un ordine, mi tocca obbedire.” sorrise lui; Lancelot scoppiò a ridere mentre misurava la temperatura di Mac con un termometro elettronico, “Sarebbe la prima volta.” replicò l’uomo, “Non faccia quella faccia, agente. Sa benissimo che è così.” Gregor aveva un’espressione divertita, non guardava Jack direttamente in viso ma sapeva cosa stesse pensando.

 

Non si diventa il primario del Nido per niente.

 

“Abbiamo finito, figliolo.” concluse Lancelot, scompigliando i capelli di Mac con fare paterno: “Riposa ancora un po’, con il passare dei giorni starai sempre meglio. E Ruth ha promesso di inviarti dei biscotti fatti in casa.”.

 

Mac sorrise appena al pensiero degli shortbread di Ruth Fawcett-Lancelot, la moglie di Gregor, una donna minuta, con una folta foresta di capelli candidi come la neve sulla testa e una passione smodata per Castore e Polluce, i suoi due corgi nonché acerrimi nemici di Gregor: tanto amavano la loro padrona quanto ringhiavano contro il marito di lei.

 

Spesso, Gregor arrivava al lavoro borbottando che i due “filoncini di pane su zampe” gli avevano ringhiato contro prima di uscire e lui li aveva minacciati di trasformarli in toast per la colazione, e la cosa aveva sempre fatto ridere Mac e il resto della Fondazione, dove i pettegolezzi sui corgi di Lancelot rivaleggiavano in celebrità con le scommesse della squadra di Anderson.

 

“C-Ci conto.” disse Angus, prima di addormentarsi.

 

Un secondo dopo, Jack era di nuovo seduto sul letto con Mac disteso tra le sue braccia, e Lancelot sorrise con malinconia nel vederlo così affettuoso, così pronto a prendersi cura di Angus anche a costo della propria salute: Gregor aveva imparato a voler bene a tutti gli agenti della Fondazione ma doveva ammettere di avere un debole per l’agente M.

 

Con una mano posata sulla spalla di Jack, il dottore lo costrinse ad alzare lo sguardo: “Se vi serve qualcosa, sono in sala medica. Si occupi di lui, ma cerchi di dormire un po’ anche lei.”

 

“Lo farò. Grazie, Gregor.”

 

“Potrà ringraziarmi quando io e Ruth riceveremo l’invito al vostro matrimonio.”

 

“Sarete i primi dopo Matty, promesso.”

 

§§§

 

Il giorno successivo, il risveglio fu diverso: quando cominciò a riemergere dalle nebbie del sonno, infatti, Mac sentì una nuova energia percorrergli i muscoli e, se anche era ancora assonnato, non poté negare di riuscire a respirare meglio, senza sentirsi il petto pressato sotto una macina.

 

Con gli occhi ancora chiusi e avvolto dal calore del plaid che era diventato parte integrante della sua biancheria da letto, il giovane agente concentrò la propria attenzione sugli arti: gli dolevano un po’ ma riusciva a muovere le dita dei piedi senza troppi problemi.

 

Un raggio di sole lo colpì in viso e gli fece aggrottare le sopracciglia infastidito, costringendolo a muovere la testa per allontanarsi.

 

“Mac? Sei sveglio, piccolo?”

 

La voce di Jack lo colse di sorpresa nella stanza che lui aveva ritenuto vuota – non aveva percepito la presenza di Jack alle sue spalle e aveva pensato fosse andato in bagno o a farsi una meritata doccia – ma l’istinto lo portò a sorridere mentre sollevava le palpebre trattenendo a stento uno sbadiglio: davanti ai suoi occhi, si materializzò l’espressione speranzosa del suo partner.

 

Questi, chinò su di lui, gli afferrò la mano e Mac poté vederne gli occhi pieni di lacrime non piante e parole non dette ma veicolate comunque con i gesti di infinito amore per lui; e tanta, ma tanta trepidazione.

 

“Ehi, ben svegliato. Come ti senti?”

 

Un altro sorriso gli uscì spontaneo dal cuore, fiorendo sulle sue labbra; inclinando la testa di lato e osservandolo con aria assonnata ma serena, il più giovane ricambiò la stretta sulle proprie dita e fu una presa salda, forte, viva.

 

Mentre Jack lo guardava sbalordito, incapace di andare al di là del proprio groppo in gola, Mac allungò l’altra mano per posarla sulla guancia del fidanzato e la coprì con il palmo della stessa: “Credo bene.”, la voce era bassa ma non c’erano balbettii, nessuna difficoltà.

 

Solo Mac.

 

“Ti fa male da qualche parte?”

 

“Jack…”


“Sì?”

 

“Sto bene, davvero. E mi dispiace per quello che avete passato, mi dispiace davvero tanto, non so come scusarmi, io- “

 

Quella piccola riunione di cuori allo sbaraglio venne interrotta da Jack stesso il quale, infilate le braccia sotto la schiena del compagno, lo sollevò fino a che le loro labbra non furono a pochi millimetri di distanza; quando si staccarono per riprendere fiato, Mac aveva le guance rosse ma sorrideva con una piccola lacrima che gli scivolava lungo la guancia: “Non chiedermi scusa per essere… Non chiedermi scusa. Non è colpa tua. Hai capito?”

 

Per sottolineare la propria determinazione, Dalton posò la propria fronte su quella di Mac e lo guardò negli occhi, con tale intensità che la presa sulla mano del più anziano si rafforzò, rispecchiando la tempesta emotiva che squassava il cuore di Angus.

 

“Dalton, devo ricordarti che Mac è ancora convalescente e che fare sesso in ospedale è contrario al regolamento, oltre che alla decenza?”

 

Con uno sbuffo infastidito, Jack depositò di nuovo il fidanzato sul letto con estrema cura e si voltò per affrontare il loro capo; quest’ultima, tuttavia, lo ignorò e attraversò la stanza a passo svelto per raggiungere il letto.

 

Mac le sorrise e lei ricambiò: “Ehi, Biondino. Questa volta ci hai fatto davvero spaventare.” disse lei con tono quasi materno mentre gli accarezzava i ciuffi biondi spettinati, “Però è bello vederti sveglio. E questa volta davvero, non balbettante e praticamente l’ombra di te stesso.”.

 

L’agente annuì e puntò i propri grandi occhi azzurri nei suoi scuri: “La tetradotossina fa schifo.” dichiarò lui, guadagnandosi una risata da parte di Matty, risata che prese la forma di un singulto strozzato prima che lei, all’improvviso, gli gettasse le braccia al collo per stringerlo.

 

Con uno sguardo di intesa scambiato d’istinto, Jack si spostò verso il muro e, con un ultimo sorriso, lasciò la stanza mentre Mac, ancora tra le braccia della direttrice, ne ricambiava goffamente la stretta; la porta venne chiusa con cautela, dando loro la privacy di cui avevano bisogno, e Angus sentì la donna rilassarsi di poco prima di rompere il contatto: “Biondino, fammi un altro scherzo del genere e riporto in vigore l’embargo sulle graffette.”

 

“Minacce di un certo livello.”

 

“Mac…”

 

“Scusami, Matty.”

 

“Dico davvero,” la donna si accomodò sulla sedia che era diventata ormai un’estensione di Jack: “Non voglio più dover firmare un documento che mi dice che sei morto, non voglio neppure più pensare all’eventualità, dannazione.”; visibilmente esausta, Matty si pinzò il ponte del naso e lo premette ripetutamente come per allontanare un’emicrania in arrivo prima di riportare lo sguardo sul suo agente, “Sei importante, Mac, non solo per la Fondazione ma soprattutto per me, per questa famiglia.” proseguì, indicando con la mano la foto incorniciata posizionata sul comodino, la stessa che Bozer aveva portato da casa per decorare la stanza.

 

Una foto semplice, la rappresentazione di una famiglia felice e unita le cui braccia erano strette gli uni attorno agli altri, in un intrico di arti e vestiti colorati in una serata d’estate sulla terrazza; scattata con un complicato sistema di autoscatto che Mac aveva creato, “Ma non bastava un bastone per selfie?” aveva detto Riley con un sorriso esasperato, era stata stampata il giorno dopo e non era un mistero per nessuno il fatto che Matty ne avesse una copia sulla propria scrivania, accanto a quella dei suoi genitori.

 

Bozer e Riley erano seduti sulla balaustra di legno, si indicavano vicendevolmente ridendo per qualche battuta stupida mentre Matty, appoggiata alle gambe dell’hacker, teneva in mano un bicchiere di scotch; Jill, al suo fianco, sorrideva timidamente, mentre al centro del gruppo, Jack e Mac ce la stavano mettendo tutta per fare le espressioni più stupide mai viste.

 

Era una foto semplice, ma proprio quella sua semplicità la rendeva speciale.

 

“Sei importante per tutti noi, Angus MacGyver e no, non fare quella faccia.” lo rimproverò lei vedendolo roteare gli occhi: “So che odi che si usi il tuo nome completo ma voglio rinforzare il concetto. Abbiamo bisogno di te, Jack ha bisogno di te. Hai un dovere, agente MacGyver: quello di restare in vita e renderlo felice così come lui ha giurato di rendere felice te.”

 

Con la gola chiusa dal magone, Mac annuì, sentendo una sensazione di calore sprigionarsi dal suo petto e propagarsi in tutto il corpo: era l’amore che le persone attorno a lui gli riservavano e, nonostante fosse poco esperto di simili dinamiche, si disse che forse poteva fidarsi, che quello che provavano era autentico, che erano davvero al suo fianco e che lo sarebbero sempre stati.

 

“Ora ricomponiamoci, o Dalton non la finirà più di prenderci in giro e non voglio dover spedire il tuo futuro marito in missione in Antartide.”

 

Mac scoppiò a ridere e accettò il fazzoletto che Matty gli passava: “Di solito non sono così emotivo.” borbottò il giovane, “Dev’essere la tetradotossina.”

 

“Sicuramente, Biondino. È noto, in fondo, che le neurotossine, oltre a paralizzarti e a portarti alla morte, ti mandano fuori di testa come gli ormoni durante il ciclo mestruale. Rassegnati, hai dei sentimenti.”

 

“Allora li ha anche lei, Matty.”

 

“Per quanto non voglia ammetterlo, sì. Li ho. Ma se la notizia esce da questa stanza, davvero nascondo tutte le graffette della Fondazione.”

 

Con il cuore più leggero, entrambi scoppiarono a ridere: ci sarebbe stato ancora molto da fare perché Mac recuperasse del tutto ma erano sulla buona strada.

 

La tempesta era ormai lontana e c’era soltanto il sole davanti a loro.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - The real me is breaking through ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia, deadellapioggia e Dida.

UNDERNEATH

CAPITOLO 5

THE REAL ME IS BREAKING THROUGH

 

And so I'm here just as I am
Bruised or broken
I don't have to pretend

 

When I'm with you – Citizen Way

 

"Ehi, capo. Posso rientrare o devo chiamare Anderson perché hai preso in ostaggio il mio futuro marito e vuoi consegnarlo a Murdoc?"

 

Quando Jack, infilata la testa nella stanza, cercò di guardare all'interno, venne accolto da un cuscino che, con precisione quasi chirurgica, lo colpì dritto in faccia; con un sussulto indignato, l'ex Delta lo buttò di lato, accorgendosi subito dopo dell'espressione soddisfatta di Matty e della risata appena trattenuta di Mac.

 

"E sono stata buona, Dalton. Potevo lanciarti una siringa." esclamò la Direttrice, con la mano ancora alzata in posizione di lancio: "Sei uscito da neppure dieci minuti, Mac è perfettamente in grado di restare in mia compagnia senza bisogno del San Bernardo di servizio. Vatti a fare una doccia, piuttosto, che hai lo stesso odore di uno spogliatoio maschile delle superiori."

 

Alle spalle di Jack, Bozer e Riley risero, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Jack: "Non puzzo così tanto. Vero, Mac?"

 

"Mac non te lo direbbe mai, ma io non ho questo tatto. Quindi sparisci a farti una doccia, Bozer ha la borsa con il tuo cambio."

 

Wilt sorrise e passò a Dalton l'oggetto incriminato: "Buona ripulita!" gli augurò prima di superarlo ed entrare nella stanza, seguito da Riley con l'onnipresente zaino sulle spalle, "Io ascolterei Matty, sai? Non vorrei vederla arrabbiata. Potrebbe decidere di tenerti lontano da questa stanza.".

 

Sconfitto, Jack infilò la testa all'interno per scambiarsi un'occhiata con Mac, il quale gli sorrise rassicurante dal letto, era ancora pallido, troppo per i gusti dell'ex Delta, ma si fidava dei suoi compagni.

 

"Torno tra venti minuti!" gridò prima di sparire nel corridoio.

 

I due agenti più giovani scossero la testa divertiti prima di raggiungere il letto di Angus, che li fissò con espressione riconoscente e affettuosa, con quel sorriso a cui in pochi sapevano dire di no: "Sono contento di vedervi, ragazzi." disse lui, allungando le mani ancora tremanti per stringere le loro.

 

Per tutta risposta, i due si gettarono su di lui, abbracciandolo; gli mozzarono il respiro per l'impeto ma la loro presenza non era un fastidio per Mac, anzi; era quasi un sollievo e una liberazione, un peso in meno sulla sua anima.

 

Non era riuscito a vederli prima, nonostante sapesse che fossero passati mentre lui era ancora addormentato, e ora poteva finalmente chiedere scusa, parlargli riguardo a tutta quella brutta storia e-

 

"Se osi chiedere scusa per qualsiasi cosa, mi rimangio la mia promessa e non verrò al tuo matrimonio." mormorò Wilt al suo orecchio: "E io modificherò gli atti civili per far sì che tu sia sposato con la vecchia signora Dast che abita in fondo alla tua strada." aggiunse Riley.

 

Rassegnato, non l'avrebbe mai spuntata con loro due, ricambiò l'abbraccio e nascose il viso sulla spalla di Bozer per non far vedere la lacrima fuggiasca che gli scendeva lungo le guance: "Mi siete mancati…" ammise Angus con voce strozzata.

 

"Anche tu, Mac… E mi dispiace non aver sentito che stessi bussando sulla bara… Stavo lasciando che ti seppellissero vivo, se non ci fosse stato Jack…"

 

"Non è colpa tua, fratellino."

 

"Ehi, ci separano soltanto pochi mesi!"

 

"Sei comunque più piccolo di me."

 

Sentendoli battibeccare a bassa voce ma in maniera sostenuta e, quasi non osava dirlo, normale, Riley sorrise tra i singhiozzi e si staccò dal collo di Mac per asciugarsi gli occhi con un fazzoletto che Matty le passava mentre i due ragazzi non sembravano avere fretta di allontanarsi l'uno dall'altro; vedere Mac che, seppur debole e frastornato, faceva del suo meglio per rassicurare la persona che gli era sempre rimasta al fianco, con il bello e il cattivo tempo, ancora prima dell'arrivo di Jack, riempì il cuore dell'hacker di uno strano calore.

 

Non erano fratelli di sangue ma lo erano senza dubbio di cuore.

 

"Ok, ora basta oppure piango di nuovo." fu il prop-maker a sciogliere l'abbraccio – ma non il contatto con l'amico, la sua mano era ancora poggiata sulla spalla di Mac – per tirare fuori il proprio cellulare dalla tasca: "Dobbiamo fare una telefonata." aggiunse, con una nota di ansia nella voce.

 

"A-Avete chiamato mamma?"

 

"Dovevamo farlo, Mac…"

 

"Qual è la storia di copertura?"

 

"Sei andato con dei bambini in gita per osservare alcune costellazioni e sei caduto in un crepaccio per salvare uno di loro che era scivolato. Il tuo corpo non è stato ritrovato ma sotto c'era un fiume ingrossato per le forti piogge e la percentuale di sopravvivenza era minima."

 

Matty si alzò dalla sedia e avvicinò i due agenti: "Non è stato semplice per nessuno, ragazzi. Ma siamo tutti qui, non manca nessuno, ed è l'ultimo sacrificio che va fatto prima di voltare definitivamente pagina. Vi proporrei di chiamare io ma so che vostra madre preferirebbe sentirlo dire da voi."

 

"Voglio chiamarla io."

 

Con aria determinata malgrado la stanchezza, Mac allungò la mano a prendere il cellulare di mano a Wilt e, inserito il codice di sblocco, iniziò a spulciare la rubrica alla ricerca del numero: "Voglio che senta la mia voce e che si tranquillizzi, non avrei mai voluto che ricevesse una telefonata simile, è mia responsabilità."

 

"L'unica persona ad essere responsabile di qualcosa qui è Dolores Castillo." la voce di Matty era furiosa nel nominare la donna che aveva causato tutto quello: "Ma non vi preoccupate, non potrà più nuocere a nessuno. La CIA l'ha presa in custodia e verrà presto estradata in Spagna per essere giudicata in loco. Non metterà più piede negli Stati Uniti. Se solo ci provasse, verrebbe arrestata e buttata in prigione, e lo farei personalmente."

 

"Mi chiedo cosa l'abbia spinta a farlo… Non la conoscevo neppure. Non come conosco Lancelot, comunque." Mac aveva trovato il numero ma esitava a chiamarlo.

 

"Ancora non lo sappiamo ma appena finiranno l'interrogatorio, quelli della CIA ci invieranno tutti i documenti. Abbiamo però dei sospetti, Biondino. Probabilmente avrai già capito."

 

"Sì, non è necessario andare oltre..."

 

Nella stanza cadde un silenzio irrequieto mentre Mac finalmente si decideva ad effettuare la chiamata e i presenti si avvicinavano ancora di più a lui per fornirgli supporto e rassicurazione; Wilt gli prese la mano e gliela strinse con forza mentre, nei suoi occhi, c'era solo affetto e orgoglio rivolti a Mac: "Andrà tutto bene." disse lui con convinzione al quarto squillo.

 

Poi, qualcuno dall'altra parte alzò la cornetta e lui trattenne il fiato: "Pronto?"

 

§§§

 

Quando il telefono squillò, Savannah Bozer era distesa sul divano con in grembo l'album di fotografie di famiglia; addormentatasi mentre sfogliava le foto dell'infanzia dei suoi due bambini, la donna venne svegliata di colpo dallo squillo, il quale la fece sobbalzare e le fece cadere di dosso il pesante volume.

Con un tonfo, questi cadde a terra e lei, confusa, si guardò attorno, riconoscendo infine il suono.

 

Allungatasi a prendere il cordless sul tavolino da caffè, rispose al telefono con voce impastata di sonno e tristezza e la prima cosa che sentì fu un rantolo risuonarle nell'orecchio.

 

"Pronto? Wilt, sei tu?" chiese la donna, non aveva guardato il numero ma non poteva pensare ad altra eventualità, soltanto il figlio la chiamava sul numero di casa: "Wilt, amore, tutto bene? Parlami."

 

"N-No, mamma. Sono io, Mac."

 

Per un istante, la donna rimase senza parole, con le lacrime che minacciavano di scendere e il groppo in gola; si portò la mano alla bocca mentre faceva cenno con l'altra a Sean, il marito, di raggiungerla, con il telefono incastrato tra orecchio e spalla: "Mac, t-tesoro... Mi avevano detto..."

 

"S-Sì, lo so. E mi dispiace ma e-ero caduto in un crepaccio e non erano riusciti a trovarmi prima."

 

La donna ormai piangeva senza freni, preoccupando non poco l'uomo che la affiancò premuroso; lei sorrise e scosse la testa, passandogli l'apparecchio: "Pronto, chi parla?" chiese lui, cercando di mostrarsi deciso.

 

"P-Papà Bozer, sono Mac. Sto bene... La mamma è ancora lì?"

 

Se gli avessero dato un pugno in pancia, avrebbe fatto meno male.

 

"Se è uno scherzo, giuro che-"

 

"Papà, sono Wilt. Non è uno scherzo, Mac è davvero qui, sano e salvo. Mi dispiace così tanto di avervi detto che era m-morto, ma l'h-hanno ritrovato due giorni fa e solo oggi ha ripreso a parlare.", l'agente aveva preso il cellulare dalle mani dell'amico fraterno e aveva cercato di rassicurare i genitori: "Vorrebbe che ci raggiungeste."

 

In quel momento, il giovane agente si interruppe un attimo a causa del tocco gentile della mano di Matty sul suo avambraccio e la vide far scivolare un bigliettino nella sua direzione: "Il nostro capo dice che può far arrivare un elicottero privato a Mission nel giro di un paio d'ore al massimo, potrebbe atterrare nel campo dietro la stia di zio Bartholomew."

 

"Wilt, tesoro mio... Dì al tuo capo che apprezziamo la sua offerta e che saremo lì al più presto. Potresti passarmi di nuovo Mac, per favore?"

 

Bozer obbedì e sistemò il telefono con cura sotto l'orecchio di Angus, che sorrise debolmente: "Mamma... s-scusami. Davvero."

 

"Shhh, bambino. Tra poco saremo lì da voi, Dì a tuo fratello che deve occuparsi di te finché mamma non sarà da voi."

 

"Come se potessi fare diversamente..." borbottò Wilt, guadagnandosi una gomitata scherzosa da parte di Riley: "D-Daremo le coordinate della stia di zio Bart al pilota per raggiungervi."

 

"Ringrazia il tuo capo da parte nostra, bambino mio. Tra poco saremo lì."

 

La comunicazione si interruppe e, mentre Matty parlava animosamente al telefono a voce bassa, Bozer abbracciò di nuovo Mac e restò lì, con la testa del fratello poggiata contro la spalla e le sue braccia avvolte attorno al busto di Mac: "Non avrei voluto che soffriste." disse Angus con un sospiro stanco, "Non ve lo meritavate. E non se lo meritavano neppure loro, non dopo tutto quello che hanno fatto per me."

 

Wilt scosse la testa e aumentò la stretta: "E tu non meritavi di finire in mezzo a questa brutta storia, quindi siamo pari. Mac, come dobbiamo dirti che non devi scusarti di niente? Nei hai passate tante, amico. Pensa soltanto a recuperare, è il modo migliore per renderci contenti. Sicuramente anche mamma sarebbe d'accordo con me."

 

I due ragazzi restarono abbracciati per parecchi minuti, incapaci di staccarsi per l'emozione della telefonata da poco conclusasi e fu così che li trovò Jack, di ritorno dalla doccia.

 

Preoccupato, l'ex Delta si voltò verso la figlia adottiva e le lanciò uno sguardo interrogativo, rassicurato soltanto in parte dall'espressione commossa sul viso della ragazza: "Non ora." mimò con le labbra lei prima di avvicinarglisi, "Hanno chiamato la mamma di Bozer." sussurrò all'orecchio di Jack, "Lasciagli qualche minuto.".

 

Quando infine si staccarono, Mac alzò istintivamente lo sguardo verso Jack e gli sorrise con affetto prima di allungare la mano perché si facesse più vicino; attirato come una falena dalla fiamma, il più anziano colmò la distanza tra sé e il fidanzato e afferrò la mano, sentendola finalmente calda e non più gelida e sudata: "Come ti senti?" gli domandò con tono leggermente apprensivo, lasciando che le loro fronti si toccassero.

 

"Bene." rispose Mac, asciugandosi gli occhi: "Avevo soltanto bisogno di parlare con lei."

 

"Quando arriveranno?"

 

"Tra qualche ora, probabilmente… Vorrei farmi una doccia, prima. O almeno cambiarmi."

 

"Non appena gli altri se ne saranno andati, ci penserò io."

 

Matty concluse in quel momento la propria telefonata e, riposto il cellulare in tasca, posò la mano sullo schienale della sedia di Jack: "L'elicottero parte tra un'ora, Amanda, la 2IC di Anderson, sta finendo di fare rifornimento. Mi aspetta all'aeroporto della Fondazione tra mezz'ora per i controlli pre-volo, è meglio che mi avvii."

 

Le sue parole fecero alzare lo sguardo a Wilt, che la fissò senza capire bene cosa stesse dicendo, ma strapparono un sorriso a Mac, un sorriso che commosse la donna: "Li scorterò io qui al Nido per vederti, ho già preso contatti con un albergo perché siano alloggiati con tutte le misure di sicurezza del caso."

 

"Grazie, Matty. Non so cosa dire…"

 

"Il Biondino ammutolito? È una data da segnare sul calendario." rise lei prima di voltarsi verso Riley e Bozer: "Mi servono quelle coordinate da dare al pilota.".

 

"Matty, quindi va lei a prenderli? Di persona?"

 

"Certo, Bozer. Non sarebbe professionale, da parte mia, non andare a prendere i genitori di due miei agenti. Soprattutto in un frangente del genere. Dalton, li porto via con me, tu non molestare Mac o dico a Gregor di allontanarti dal Nido fino al giorno del matrimonio." la direttrice alzò un dito e lo avvicinò pericolosamente agli occhi di Jack: "Sei sorvegliato." lo avvertì prima di uscire, con Riley dietro di lei che rideva senza curarsi di controllarsi.

 

Prima di seguirle, Wilt rivolse un cenno di saluto al fratello e al fidanzato di quest'ultimo, un saluto che sembrava più una minaccia; quando vennero finalmente lasciati soli, Jack cinse le spalle di Mac con un braccio e se lo strinse contro il petto, sospirando rumorosamente: "Ma perché tutti mi minacciano?" borbottò infastidito prima di posare un bacio sulla testa dell'agente più giovane, "Dovrebbero sapere che sei perfettamente al sicuro con me.".

 

Mac sbadigliò ma si accoccolò contro di lui: "Lo sanno perfettamente, per dirla a modo tuo. Ma Matty deve mantenere le apparenze e Bozer… Beh, Bozer penso che abbia preso molto sul serio il proprio ruolo." ridacchiò mentre si aggrappava alla sua spalla, "Mi avevi promesso una doccia o sbaglio?"

 

"Giusto. Ti aiuto a scendere."

 

"Vorrei provare a camminare, se possibile."

 

"Sei sicuro?"

 

Mac annuì convinto e, sciolta la stretta del fidanzato, si raddrizzò per mettersi seduto: sentiva i piedi dondolare a mezz'aria ed era una sensazione strana, abituato com'era all'immobilità degli ultimi giorni, ma voleva provare a camminare e velocizzare il processo di guarigione.

 

Sentiva Jack accanto a sé, sicuro che, qualunque cosa potesse succedere, sarebbe stato lì per aiutarlo, e questo lo convinse a scendere dal letto: per una gloriosa manciata di secondi, Mac riuscì a stare in piedi, le sue gambe lo reggevano come un tempo e il suo corpo si abituava al nuovo impatto della gravità.

 

All'improvviso, però, le ginocchia gli cedettero ma Jack fu veloce a prenderlo al volo e a passargli un braccio sotto le stesse e un altro dietro la schiena per prenderlo tra le proprie braccia e sollevarlo: "Cerca di non aggiungere trauma cranico alla lista di ferite da cui devi riprenderti." disse l'uomo a bassa voce prima di baciarlo con amore e riverenza sulle labbra: "Non devi avere fretta, piccolo. Ti riprenderai presto.".

 

"Non mi piace dipendere da qualcuno, lo sai."

 

Jack scosse la testa: "Non è dipendere da qualcuno, Mac. È lasciare che le persone che ti amano si prendano cura di te quando hai bisogno soltanto di pensare a guarire. Te l'ho già detto una volta, piccolo, e non soltanto io ma anche gli altri: siamo una famiglia, e la famiglia si aiuta e si supporta. Senza se e senza ma. Ricordatelo sempre, anche se ci allontani, ci chiudi fuori dalla tua vita, noi resteremo sempre ad aspettarti, io resterò sempre ad aspettarti, è una promessa."

 

"Forse posso vivere con questa promessa…"

 

Con un sorriso, e Mac disteso tra le sue braccia, Jack uscì nel corridoio deserto e illuminato dalla luce del sole che entrava dalle finestre che davano sul cortile interno del Nido: era una bella giornata, il cielo era azzurro e l'aria tiepida e profumata, una di quelle giornate che ti invogliano ad andare in spiaggia a prendere il Sole e a goderti la brezza di mare.

 

Muovendosi con sicurezza attraverso i corridoi più interni del Nido, senza incontrare nessuno, si fermarono infine davanti a una porta bianca, anonima, che Jack aprì poco elegantemente con un calcio: si ritrovarono in un bagno bianco immacolato dove, accanto alla cabina-doccia, c'era una vasca già piena, con asciugamani posati accanto e un pigiama pulito.

 

"Lancelot ha detto che potevamo usare il suo bagno privato." disse soltanto l'agente, prima di farlo sedere sulla tavoletta del gabinetto: "Allora, ci pensi tu a toglierteli oppure ti lancio in acqua vestito?" ghignò.

 

Roteando gli occhi, Mac mosse le braccia con una smorfia infastidita, ma riuscì a sollevare la casacca sopra la testa e a levarla; con l'aiuto di Jack, tolse anche i pantaloni e l'intimo; con un sorriso – da quando Mac era tornato, difficilmente l'ex Delta smetteva di fare smorfie felici in sua presenza - Dalton lo sollevò di nuovo e lo depositò nell'acqua tiepida: "È di suo gradimento, signore?"

 

Mac non rispose ma, dal modo in cui si lasciava andare alle carezze del liquido sulla pelle, il fidanzato capì che doveva aver fatto centro: "Ora, scegli tu. Doccia da soldato in tre minuti scarsi oppure preferisci sguazzare un po' qui dentro?"

 

"Jack, non tocco acqua da una settimana, ho bisogno di sentirmi pulito." borbottò Mac prima di immergere la testa fino al livello degli occhi.

 

Quando riemerse per prendere aria, Jack era pronto con lo shampoo in mano: ne versò una generosa dose sui capelli ormai stopposi e secchi del partner e prese a massaggiargli il cuoio capelluto con gli stessi movimenti circolari che usava per tranquillizzarlo; in pochi minuti, complice anche la stanchezza e le emozioni - Gregor si era raccomandato di tenerlo tranquillo ma telefonare alla madre di Bozer doveva essere stato un duro colpo per lui - Mac si lasciò andare all'indietro e chiuse gli occhi.

 

Galleggiava sul pelo dell'acqua, sprofondando sempre più nel sonno tanto più Jack continuava con i propri gesti.

 

Quando l'acqua tiepida cadde sui suoi capelli per risciacquarli, sembrava una pioggia estiva, calda nonostante debba portare refrigerio alla natura avviluppata dall'afa.

 

La stanza era silenziosa, tranne che per la voce bassa di Jack che canticchiava, una melodia accattivante che sapeva di vecchie musicassette che gracchiavano in un walkman dimenticato al sole: "But I would walk 500 miles, and I would walk 500 more, just to be the man who walks a thousand miles to fall down at your door..."

 

Di rimando, Mac abbozzò un sorriso e canticchiò lo stesso ritmo ma senza le parole, non era una canzone che conosceva ma ila melodia non era difficile da ricordare.

 

Era mezzo addormentato ma la performance doveva aver soddisfatto Jack, perché questi si chinò sul suo orecchio e, dopo averlo baciato lì dietro, lo sfiorò con le labbra distese in un sorriso: "Una delle canzoni che preferivo al karaoke." confessò.

 

Vedendolo del tutto abbandonato con le membra avvolte dall'abbraccio dell'acqua, Jack sorrise e si concentrò sul resto del corpo: lo lavò accuratamente e con una punta di imbarazzo - non che non l'avesse mai visto nudo come mamma l'aveva fatto ma mai in situazioni del genere, gli sembrava quasi di approfittarsi di lui - dopodiché, quando ormai l'acqua si era quasi del tutto raffreddata, aprì lo scarico per farla fluire.

 

Quando ormai era quasi del tutto sciabordata via, Jack prese l'asciugamano di morbido cotone e semplicemente ci avvolse dentro Mac, frizionandolo per asciugarlo.

 

Del tutto indisturbato, l'agente più giovane continuava a dormire, Jack lo prese come un segno di fiducia e totale arrendevolezza nei suoi confronti, un dono prezioso.

 

Difficilmente Mac si fidava e quel suo essere insolitamente docile era forse la cosa più importante di cui Mac poteva fargli dono.

 

"Ehi, piccolo... Piaciuto il bagno?" la voce di Jack era permeata di affetto mentre gli posava un bacio sulla testa umida, l'unica altra cosa che spuntava dall'asciugamano oltre alle lunghe gambe di Mac.

 

Il più giovane non rispose e strappò una risata al'ex Delta: "E dicevi di non essere stanco, assolutamente." lo prese in giro prima di spostargli una ciocca umida dalla fronte, "Sei un testone.".

 

Dopo avergli messo addosso il pigiama pulito e aver lasciato vestiti sporchi e accessori da bagno nel cesto come gli aveva indicato Lancelot, Dalton lo riprese tra le braccia e se lo strinse addosso, inspirandone il profumo dello shampoo e il calore della pelle baciata dall'acqua tiepida: "Sono così felice che tu sia vivo..." mormorò mentre ne guardava l'espressione pacifica nel sonno, con la testa poggiata contro il suo petto, "Davvero felice... Resta così, Mac, non potrei sopportare qualcosa di diverso."

 

Era ancora debole, forse lo sarebbe stato per ancora qualche tempo, ma tutto era meglio dell'alternativa.

 

"Ti amo, Mac…"

 

La voce di Jack era un sussurro praticamente inudibile ma aveva toccato comunque le corde dell'anima del più giovane, che sorrise nel sonno e mormorò un semplice "Anch'io" di rimando: non c'era nient'altro di così importante.

 

§§§

 

Quando l'elicottero della Fondazione arrivò a destinazione un'ora e mezza dopo la telefonata che avevano ricevuto dai figli, Savannah e Sean Bozer uscirono nel cortile che confinava con la proprietà del fratello di lei, Bartholomew, e videro la carlinga lucente dell'elicottero sfiorare le cime degli alberi prima di iniziare le manovre di atterraggio nel punto concordato.

 

La donna strinse la mano del marito per farsi forza e, quando dal mezzo ormai atterrato, scesero due donne, fu la prima a farsi avanti per accoglierle: "Sono Savannah Bozer, benvenute a Mission City." salutò lei.

 

Quella che era senza dubbio il capo le sorrise e allungò una mano: "Matilda Webber, direttrice della Fondazione Phoenix e capo di Wilt e Angus. Lei è Amanda, è lei a pilotare l'elicottero. A nome della Fondazione, vi chiedo scusa per quanto accaduto e sono venuta qui per accompagnarvi personalmente."

 

Sean annuì ma non disse nulla, lasciando che fosse la moglie a dire tutto: "La ringraziamo per il suo interessamento, signora Webber. Ma sia sincera, Mac sta bene, vero? Se lo conosce bene, sa che non è molto aperto sulla propria salute e-"

 

"Mi chiami Matty, Savannah. Per quanto riguarda Mac… Siamo a conoscenza del…  problema, diciamo. È tenuto sotto controllo dal primario della clinica privata della Fondazione, ci penserà lui a rivelare tutte le scuse che Mac si azzarda a propinarci."

 

Savannah rise sotto i baffi e, con un cenno della testa, indicò al marito di prendere la borsa ai loro piedi: "Abbiamo prenotato una stanza in albergo per restare con Mac ma non conosciamo bene Los Angeles, potrebbe darci indicazioni, una volta arrivati?"

 

"Non è necessario, Savannah. La Fondazione ha prenotato una stanza per voi a nostro carico e avrete sempre qualcuno a farvi da autista. Se mi fate avere il numero dell'hotel, posso disdire personalmente, senza farvi pagare per l'annullamento della vostra prenotazione precedente."

 

"Matty, ma non è necessario-"

 

"Insisto, Wilt e Angus sono due dei miei migliori scienziati e la politica della Fondazione è fornire supporto e alloggio alle famiglie dello staff in caso di emergenza o situazioni delicate. Non vi preoccupate, è uno dei privilegi del mio ruolo e sono ben contenta di approfittarne." Matty sorrise a entrambi e fece un gesto verso l'elicottero alle sue spalle: "Wilt ci aspetta all'aeroporto e da lì andremo direttamente all'ospedale."

 

"Non è rimasto con Angus?" chiese Sean, caricando sulla spalla la borsa da viaggio.

 

"Avevo bisogno delle coordinate esatte, ma non vi preoccupate. Mac è in compagnia di Jack Dalton, un suo collega."

 

"Se c'è Jack con lui allora non ci preoccupiamo." intervenne Savannah con un sorriso sollevato: "Mac ci ha parlato tanto di lui, sappiamo che sono molto uniti e che Jack gli è molto legato."

 

Sean, sempre di poche parole, annuì con serietà e seguì Amanda fino al velivolo, lasciando le due donne indietro a scambiarsi ancora qualche parola: "Sean è molto affezionato a Mac." disse Savannah, riconoscendo nei gesti del marito i sentimenti dell'uomo, "È un uomo un po' burbero ma ha insegnato lui a Wilt a essere sempre aperto e gentile con tutti, ha accolto Mac come uno di famiglia fin dall'inizio e la notizia della sua scomparsa ha ferito forse più lui tra noi due."

 

"Sono desolata, Savannah. Era una gita come tante, non era la prima volta che Mac accompagnava quei ragazzi a osservare le costellazioni."

 

"È tutto a posto, Matty. Voglio solo raggiungere i miei bambini e abbracciarli."

 

"Presto saremo lì, è una promessa."

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - When I'm with you ***


Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Team Phoenix, MacDalton

Tipologia: Long-fic

Genere: Drammatico, hurt/comfort, romantico

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Maira.

UNDERNEATH

CAPITOLO 6

WHEN I'M WITH YOU

 

There's only love
There's only grace
When I'm with you

When I'm With You – Citizen Way

Sulla pista d'atterraggio illuminata dal sole a picco, Bozer e Riley aspettavano che l'elicottero privato della Fondazione spegnesse i motori e facesse scendere i propri passeggeri: agitato, Wilt stringeva convulsivamente la mano della sua amica mentre questa, con gli occhiali da sole, cercava di scrutare al di là dei vetri oscurati per scorgere le sagome dei passeggeri.

"Vedo Amanda ai comandi." disse Riley: "E Matty è seduta davanti accanto a lei."

"E i miei?!"

"Vedo due sagome sedute nei posti dietro."

Quando finalmente le pale dell'elicottero si fermarono e il portellone venne aperto, la prima a scendere fu effettivamente la 2IC di Anderson, seguita da Matty e poi da due persone, dalle loro espressioni sembravano del tutto fuori posto e spaesati.

Riley non li conosceva ma vedendo gli occhi di Wilt riempirsi di lacrime, ebbe la conferma che si trattava dei suoi genitori; l'amico sciolse la stretta della sua mano e corse verso i quattro prima di gettarsi tra le braccia spalancate della donna, che lo strinse a sé con forza.

Più calma, Davis raggiunse la direttrice, rivolgendo al contempo un cenno del capo verso Amanda: le due donne erano buone amiche, e più volte erano uscite assieme a Jill per bere qualcosa insieme dopo il lavoro.

"Notizie di Jack?" chiese subito Matty.

"Mac si è addormentato mentre Jack lo aiutava a lavarsi, pare che dorma ancora. Deve essere ancora sotto l'effetto di quella roba." Riley si rabbuiò: "Ma il dottor Lancelot ha detto che è normale, vista la situazione."

"Se anche solo una delle maledizioni che sto lanciando da quando siamo partiti va a segno, la Castillo arriverà in Spagna morta." borbottò la direttrice torva prima di voltarsi verso i Bozer: "Una macchina ci sta aspettando per raggiungere l'ospedale."

Riley annuì poi allungò la mano per offrirla ai coniugi Bozer: "Io sono Riley, lavoro con Mac e Wilt."

Mentre Savannah la strinse piano, la presa di Sean fu più vigorosa.

"Riles è una forza, mamma, papà. Unico difetto, non apprezza il pastrami a Natale."

"Amo il pastrami, e quello dei tuoi genitori è delizioso. Ma non è proprio un tipico piatto natalizio."

Savannah scoppiò a ridere e rivolse la propria attenzione alla ragazza: "Quando Mac e Wilt erano bambini, avrebbero mangiato pastrami anche a colazione, l'unico compromesso che riuscii a trovare fu quello di creare la tradizione di mangiarlo a Natale altrimenti me l'avrebbero fatto preparare per cena una sera sì e l'altra pure."

Riley lanciò un'occhiata scandalizzata a Bozer: "Questa storia non me l'avevate raccontata!"

Intanto che Savannah e Riley si scambiavano storie imbarazzanti sull'infanzia di Wilt e Mac, Matty e Amanda guidarono il gruppo attraverso la pista d'atterraggio mentre Sean e il figlio parlottavano in fondo a tutti.

Una volta a bordo di un SUV nero dai vetri oscurati, ci misero poco meno di mezz'ora ad attraversare la città e a raggiungere un edificio bianco che brillava sotto il sole, davanti al quale si fermarono.

Amanda fu di nuovo la prima a scendere e fu lei ad aprire la portiera posteriore mentre Anderson stesso, con occhiali da sole e Miller al seguito, li aspettava all'ingresso.

"Benvenuti al Nido." li accolse il vice-comandante della squadra tattica: "Direttrice, signorina Davis, ho bisogno di Carter. Miller qui resterà a vostra disposizione per tutto il tempo necessario. Ah, e Doc Lancey la stava cercando." aggiunse Anderson.

Con una smorfia esasperata, Matty congedò la giovane pilota: "Mi aspetto un rapporto completo. E attento, Anderson, se Lancelot ti sentisse, ti aizzerebbe contro Castore e Polluce."

"Ma tanto sappiamo entrambi che obbediscono soltanto alla signora Lancelot, quindi sono in una botte di ferro. Arrivederci, signori. E buona permanenza. Miller vi accompagnerà nella stanza di MacGyver."

Mentre Amanda seguiva il proprio comandante verso un altro SUV posteggiato poco distante, Miller fece loro strada all'interno.

La clinica era fresca e silenziosa e in giro, a parte qualche raro infermiere, non c'era nessuno.

"La Fondazione si occupa anche di ricerca medico-scientifica." spiegò Matty, levandosi gli occhiali da sole: "Ma molti dei progetti sono stati conclusi e al momento anche i pazienti sono pochi. In verità, c'è soltanto Mac."

"È un posto gigantesco." Sean sembrava genuinamente sorpreso: "Non sapevo ci fosse un ospedale simile a Los Angeles."

"Essendo una struttura privata, non è un posto di cui si parla solitamente. Anche i pazienti sono pochi, e perlopiù sono impiegati della Fondazione. Il suo compito principale è quello di collaborare con il governo per ricerche."

Riley e Wilt annuirono, ben consapevoli del fatto che fosse quanto di più lontano dalla realtà, dal momento che il Nido era l'ospedale privato della Fondazione e ad uso esclusivo degli agenti sul campo e delle varie squadre tattiche.

Ma dal momento che dovevano mantenere la copertura…

Miller li accompagnò attraverso un certo numero di corridoi, fino a fermarsi davanti ad un'anonima porta grigio perla: "Ecco, questa è la stanza che il doc ha assegnato al piccole- volevo dire, a MacGyver. Signora, per qualsiasi cosa mi troverà qui fuori."

Dopo aver rivolto un cenno del capo alla Direttrice, l'agente si appoggiò con la schiena contro il muro prima di tirare fuori il proprio cellulare e digitare rapidamente alcuni tasti.

Wilt sospirò, poi bussò: "Jack? Mac? È permesso?"

Da dentro si udì un tramestio, poi la porta si aprì di scatto e sulla soglia apparve Jack, con i capelli spettinati e visibilmente umidi: "Avete fatto presto." notò lui con un sorriso, poi tese la mano verso Savannah e Sean, "Voi dovete essere i signori Bozer, è un piacere conoscervi. Mac dorme ancora ma se volete potete entrare."

Con un po' di nervosismo, la donna prese la mano del marito e seguì Jack all'interno, in una stanza ampia e luminosa, bianca, al centro della quale c'era un letto ugualmente candido e pulito; alla donna balzò il cuore in gola nel vedere l'espressione addormentata, e pacifica nonostante tutto, del figlio adottivo, che tuttavia era fin troppo pallido per i suoi gusti.

In un impeto di istinto materno, Savannah si portò al capezzale di Mac e gli passò la mano tra i capelli ancora caldi per il phon, accarezzandogli il cuoio capelluto con amore: "Angus…" sussurrò la donna con voce roca, "Va tutto bene, la mamma è qui."

Sean era tuttavia rimasto più indietro, e accanto a lui c'erano il figlio e Jack.

"Si riprenderà?"

La domanda dell'uomo non era rivolta a nessuno in particolare, ma Dalton si sentì in dovere di rispondere: "Ci vorrà ancora qualche giorno, secondo il dottor Lancelot, ma starà bene. Anche perché non accetto qualcosa di diverso.".

Il tono protettivo di Jack fece sorridere Sean, il quale alzò la testa verso l'uomo più giovane: "Angus lo diceva che eri un tipo deciso." notò.

Jack strabuzzò gli occhi: "Signore?"

"Angus… O Mac come lo chiamate voi. Ha parlato molto di te, Dalton, giusto? Vi siete conosciuti in Afghanistan, no?"

Jack non sapeva cosa pensare.

Certo, lui e Mac avevano un rapporto molto stretto, diavolo, si dovevano sposare! Ma non avrebbe mai creduto che Mac avesse parlato di lui con i genitori di Bozer, anche se erano praticamente la madre e il padre che non aveva avuto.

Si sentì onorato e quasi in imbarazzo, cosa che di rado gli accadeva.

"Sì, signore. Io e Mac ci siamo conosciuti in Afghanistan e abbiamo lavorato sempre insieme."

"Ci ha detto anche questo, Ma non per questo potrai fare a meno di chiedere la nostra benedizione."

Dalton sentì il proprio cuore fermarsi in gola.

"B-Benedizione, signore?"

Savannah alzò la testa e si rivolse verso il marito con espressione perplessa: "Sean, non ci eravamo detti di non infastidire Jack? L'avevi anche promesso a Angus."

"Savannah, pensi che lascerò che mio figlio si sposi con un uomo che non ha le palle di chiedere al padre del fidanzato la sua benedizione?"

Lo scambio di battute scatenò una serie di reazioni diverse nel gruppo: mentre Matty e Riley ridevano in un angolo, Wilt aveva gli occhi sgranati e spostava lo sguardo alternativamente prima sul padre e poi sulla madre.

Ma era Jack quello più sconvolto.

"Signore, come fa a sapere…?"

"Angus ci ha mandato una foto la mattina dopo, non credo di averlo mai visto così felice in vita mia." Savannah era raggiante: "E non ascoltare questo vecchio burbero." aggiunse lei, facendogli l'occhiolino, "È più felice di me. È solo molto protettivo."

"Spero soltanto che non lo faccia anche con me…"

"Wilt, tesoro. Non esserne così sicuro."

"Cos'è questa confusione…?"

La voce roca e confusa di Mac interruppe all'istante qualunque chiacchiera mentre Jack si precipitava accanto a Savannah per stringere la mano del fidanzato: i presenti lo videro sollevarla con infinita cura e portarsela alle labbra per baciarla, in un gesto intimo e affettuoso.

Jack poi si sporse per sistemargli meglio il cuscino dietro la testa: "Sono arrivati i tuoi." gli disse solo.

Mac sbattè più volte le palpebre, e infine riuscì a mettere a fuoco i lineamenti di Savannah accanto a Jack, la quale gli sorrideva con lo stesso amore dell'ultima videochiamata che si erano scambiati la settimana prima: "Tesoro, come ti senti?" chiese lei.

"Intontito… Jack, mi aiuteresti a mettermi seduto?"

Senza farselo dire due volte, Dalton passò le proprie braccia attorno alla vita del fidanzato e, con cura, lo sollevò come se non avesse avuto peso; tenendolo sollevato e bilanciandolo con un braccio solo, afferrò il telecomando lì vicino per alzare lo schienale del letto e, dopo che Savannah ebbe sistemato i cuscini per farlo stare più comodo, lo appoggiò sul materasso e gli drappeggiò il plaid sulle gambe.

Era molto dimagrito, notò la donna con una stretta al cuore.

"Ciao Savannah… Sean."

"È bello vederti figliolo." Sean affiancò la moglie: "Ma la prossima volta cerca di non farti dichiarare morto, il tuo vecchio non è più così giovane da reggere un simile colpo."

Con la mano di Jack che stringeva la sua, Mac annuì: "Non era mia intenzione, davvero."

"Per fortuna che c'era con te il nostro futuro genero." Savannah sorrise al figlio: "E che resti tra noi, è davvero un gran bel ragazzo." disse con un tono fin troppo alto perché non venisse sentito anche da Miller nel corridoio.

Jack sgranò gli occhi e fece per divincolarsi dalla presa, ma Mac non gli diede scampo e anzi, la mano sottile del più giovane strinse come una morsa quella dell'ex Delta: "Jack è il migliore, mamma." l'espressione determinata di Angus fece balzare il cuore in gola a Dalton, "Sono davvero fortunato ad averlo con me… Fino a quando resterete?"

"Per tutto il tempo necessario." intervenne Matty: "Ho chiesto a Jill di occuparsi di prenotare loro una stanza in albergo e finchè lo riterranno opportuno, resteranno in città."

Massaggiandosi il collo indolenzito, Mac annuì: "Grazie, Matty."

"Dovere, Biondino. Ma ora cerca di riposare ancora un po'. Savannah, Sean, che ne dite di andare a cercare il dottor Lancelot? È il medico che si sta occupando di Mac e sono sicura che ci stia aspettando."

§§§

Quando la stanza si fu del tutto svuotata tranne che per Mac e Jack, dopo che tutti avevano avuto modo di salutare e abbracciare Angus, vi cadde il silenzio.

Con la mano di Jack ancora stretta nella sua, Mac rimase qualche minuto immobile, venendo poi distratto dalle labbra del fidanzato sulla tempia, che gli posarono un bacio sui capelli morbidi; mentre le braccia di Dalton andavano a cingerli di nuovo la vita, lui si accoccolò contro il corpo robusto dell'uomo più anziano, chiuse gli occhi per bearsi meglio del calore che lo circondava.

"Futuro genero eh? Mi piace." confessò lui.

Mac grugnì: "Mi avrebbero ucciso se non glielo avessi detto per primi."

"Non mi dà fastidio. Solo, non sapevo che avrebbero reagito così."

"Savannah e Sean sono sempre stati un po' esuberanti. E protettivi. Non sai come la presero quando decisi di arruolarmi."

"Vuol dire che ci tengono a te, piccolo." Jack gli posò un bacio sulle labbra: "E sono contento di questo."

"Papà ti ha già fatto il discorsetto, come lo chiama lui?"

"Non ha finito quindi mi aspetto che torni alla carica."

Angus rise sommessamente: "Non ti inseguirà con il fucile di zio Bart. Credo."

All'improvviso, un attacco di tosse gli bloccò il respiro in gola, obbligandolo a piegarsi in due per il dolore; Jack lo sorresse con una mano mentre con l'altra frugava nel cesto metallico appeso al bordo del letto alla ricerca di qualcosa.

Dopo averlo fatto sdraiare, gli coprì naso e bocca con la maschera che aveva tirato fuori prima di pigiare il pulsante di accensione: "Respira a fondo."

Mac annuì debolmente e Jack ne vide il petto salire e scendere, seppur con qualche difficoltà: "C-Credo di non essere ancora al 100%" ammise con espressione corrucciata.

"Non devi avere fretta." il tono di Jack era un misto di rimprovero e preoccupazione: "Io sono qui e non me ne vado. Respiri profondi, piccolo."

E intanto che i polmoni si riempivano di ossigeno e il dolore a poco a poco scemava, Mac sentiva la stanchezza assalirlo, ma non la combattè: era al sicuro, poteva riposare.

E sapeva che al risveglio Jack sarebbe stato lì al suo fianco.

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