Underneath di SHUN DI ANDROMEDA (/viewuser.php?uid=19740)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - I can come this way ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - When everything’s not fine and I’m not okay ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - I'm never too much for you to take ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - I'm safe when I'm with you ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - The real me is breaking through ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - When I'm with you ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - I can come this way ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix,
MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico, hurt/comfort,
romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che
deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia,
non mi
appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia. Ambientata dopo la stagione 3 ma con parecchie divergenze (SPOILER: Jill è viva e Jack è ancora con la Phoenix al fianco di Mac. Oversight non pervenuto.)
UNDERNEATH
CAPITOLO 1
I CAN COME THIS
WAY
When I'm with you
I feel the real me finally breaking through
It's all because of you…
When I’m with you – Citizen
Way
“Ehi,
Mac. Dormi?”
“No…
Non si dorme davanti a Die Hard, no?”
“Bugiardo,
ti eri appisolato, confessa.”
“E
va bene.” disse Mac con voce impastata di sonno mentre si
girava per
distendersi sulla pancia e nascondere il viso sulla coscia di Jack:
“Mi ero addormentato,
non dici sempre che dovrei dormire di più? Ti stavo
accontentando.”
Per
tutta risposta, Dalton gli diede un pizzicotto su un gluteo con un
sorriso
divertito: “Felice di essere un cuscino comodo,
piccolo.” disse con voce
sfumata di tenerezza, “Ma devo parlarti di una cosa
importante, quindi siediti
composto.”.
Mac
sbatté più volte le palpebre, incerto su cosa
pensare, e forse anche un pochino
in ansia – benché questo non lo volesse ammettere
-, ma obbedì alla richiesta
del compagno; tra gli sbadigli, si mise seduto e si ravvivò
i capelli
appiattiti.
“Ecco,
sono seduto, cosa c’è di così
importante che non può aspettare?”
“Povero
principino, svegliato dal suo pisolino.”
“Jack…”
“Ok,
ok. C’è un motivo davvero importante dietro a
questa richiesta, te lo assicuro.
E non è proporti una maratona di Star Wars, te lo prometto.
È qualcosa… di
diverso.”.
Agli
occhi di Mac, il compagno sembrava strano e questo suo comportamento lo
portò
inevitabilmente a riflettere sugli avvenimenti della giornata, alla
ricerca di
qualcosa che lo spiegasse: da quando la loro relazione era mutata,
trasformandosi in qualcosa di più profondo e, Angus ebbe un
fremito, fisico, le
mattinate erano più o meno sempre le solite, dalla sveglia
alla colazione fatta
al volo prima di prendere la macchina e sfrecciare per Hollywood Hills
verso la
sede della Fondazione, dove Matty li aspettava per dar loro qualche
incarico o
per, nel caso di Mac, lavorare eventualmente in laboratorio con Bozer.
Sempre
che non fossero già impegnati in qualche missione.
Quel
giorno, in particolare, non era successo niente di particolare, era
stata una
giornata del tutto tranquilla: laboratorio, Matty, qualche telefonata e
un
pranzo assieme al resto della loro famiglia, niente di particolare o
rilevante.
“Ehi,
ci sei o ti sei addormentato con gli occhi aperti?”
La
voce di Jack fece sobbalzare Mac, che non si era neppure accorto del
compagno
che lo fissava con aria dubbiosa dal cuscino accanto a lui:
“Sembravi assente.”
precisò Dalton, prima di accarezzargli la guancia con la
mano callosa.
Mac
si abbandonò a quella sensazione con un sospiro soddisfatto,
strusciando il
viso contro il palmo aperto e guadagnandosi una risata:
“Prima si parla e poi
il resto.” aggiunse l’ex Delta, sistemandosi con la
schiena contro lo schienale
del divano.
Subito
dopo, prese la mano di Mac tra le sue e la accarezzò
distrattamente prima di
portarla alle labbra per baciarla piano: “Non dire niente,
lascia parlare me,
altrimenti rischio di confondermi e dire le parole sbagliate,
d’accordo?”
mormorò l’uomo guardandolo negli occhi con una
decisione che Mac aveva visto di
rado e soltanto quando il più anziano sentiva di doverlo
proteggere, di mettere
la sua stessa vita in gioco per preservare quella di Angus.
Intrigato,
annuì e si accoccolò contro la sua spalla, senza
per questo interrompere il
contatto visivo con lui.
Prima
di ricominciare a parlare, Jack si passò una mano nervosa
tra i capelli, prese
un profondo respiro e infine le parole iniziarono a uscire dalla sua
bocca come
acqua di fonte: “Sono a digiuno di commedie romantiche, la
mia idea iniziale
era stata quella di chiedertelo nel bel mezzo di una missione, magari
tra una
scarica di proiettili e l’altra, ma poi ho pensato che
neppure Bruce Willis
avrebbe fatto qualcosa del genere. Ma non avevo idee perciò
ho pensato, al
diavolo! È Mac, se davvero… accetterebbe
qualunque cosa.”.
Le
sue parole sfumarono mentre il suo sguardo dardeggiava sul viso del
partner
alla ricerca di qualche segnale di disagio o, non volesse, disgusto, ma
il viso
di Mac era rilassato e le sue labbra erano tirate in un sorriso.
Poteva
proseguire.
“Ecco.
Allora ho pensato di aspettare una serata tranquilla, come questa.
Nella nostra
vita, i momenti tranquilli sono pochi e ho imparato a fare del CAPRE
DIEM il
mio motto.”
“Carpe
diem.” Lo corresse l’altro, guadagnandosi un
pizzicotto sul braccio.
“Non
è questo il punto, Mac. Il punto è… Il
punto è…”
“Jack,
guardami.”
Angus
allungò la mano libera per sollevare il mento di Dalton
prima di posargli un bacio
delicato sulle labbra; quando si scostarono, Jack notò che
Mac aveva gli occhi
lucidi.
“Jack,
hai ragione. Non importa, accetterei qualunque cosa, se vuoi chiedermi
di
sposarti.”
La
gola di Dalton diventò improvvisamente secca e lui si
ritrovò a boccheggiare
come una triglia mentre tirava fuori dalla tasca l’astuccio
dell’anello con
mano tremante; non senza difficoltà, la aprì e,
davanti agli occhi del più
giovane, apparve, costringendolo a deglutire più e
più volte nel tentativo di
umettare la cavità orale riarsa come un deserto.
Era
semplice e intimo, un anello d’acciaio dal taglio maschile ma
personalizzato
con una piccola graffetta metallica sopra, qualcosa di così
loro e così… Mac
che, per un attimo, quest’ultimo si sentì
sopraffatto dall’emozione come mai
gli era successo nella vita.
Ma
da tempo aveva imparato a non stupirsi più delle cose che
gli accadevano quando
era con Jack.
La
mano sinistra venne presa di nuovo da Jack, che la baciò
un’altra volta –
indugiando con le labbra sulle sue nocche bianche – prima di
infilargli
l’anello al dito: “Mac… ti giuro che
nella mia testa le cose sarebbero dovute
andare in maniera più romantica, ma mi
accontento.” mormorò lui con voce rotta.
Angus
scosse la testa e sorrise mentre una lacrima gli scendeva dagli occhi:
“Non
importa. Va bene così.” rispose; un istante dopo,
aveva allacciato le braccia
attorno al collo del più anziano e gli aveva premuto le
labbra con le proprie,
mischiando lacrime salate a basse risate strozzate.
“Dovremmo
dirlo anche agli altri…” Jack lo stringeva forte a
sé e gli accarezzava la
schiena, godendosi la sensazione di quel corpo magro tra le proprie
braccia.
“Domani.
Domani lo diremo a tutta la squadra, Matty ci ucciderebbe se glielo
tenessimo
nascosto.” La voce di Mac era sommessa, soffocata dalla bocca
nascosta nell’incavo
del collo di Dalton, ma il messaggio era arrivato comunque forte e
chiaro.
Rimasero
in quella posizione per parecchi minuti, senza dire niente e lasciando
che a
parlare fossero i gesti e le carezze piene d’amore che si
scambiavano, mentre i
loro cuori battevano forsennatamente: per l’emozione, nel
caso di Mac, e per il
sollievo che tutto fosse andato come previsto, nel caso di Jack; fu
proprio
quest’ultimo a rompere la quiete e lo fece con un sussurro
appena udibile all’orecchio
del compagno.
“Andiamo
a letto?” chiese l’ex Delta: “Domani
sarà una giornata niente male… Avremmo
bisogno di tutte le energie per affrontare Matty al meglio delle nostre
forze.”
MacGyver
rise sommessamente: “Non è Murdoc, eh?”
“Uno,
non si nomina quel tizio in casa nostra. Due, la nostra intrepida
direttrice
può essere peggio di lui, sai?” Jack
aumentò la stretta sul corpo del fidanzato
con fare possessivo: “E se stavolta quel pazzo maniaco evade
e viene qui, mi
reputo autorizzato a sparargli in testa.”
“D’accordo.
Andiamo a letto. E per quanto riguarda Murdoc-“
“Tu-Sai-Chi.”
“Eh?”
“Tu-Sai-Chi,
come in Harry Potter.”
“Non
è… Non importa. Dicevo, penseremo a Tu-Sai-Chi
quando si presenterà l’occasione,
non adesso e non qui.”
Senza
dire altro, Jack sollevò il corpo di Mac come se non avesse
peso soltanto con
un braccio, costringendolo ad aggrapparsi al suo collo tra le risate,
mentre
lui girava per l’open space e la cucina per spegnere tutte le
luci; poi,
complice anche la conoscenza degli spazi della casa, l’agente
più anziano si
mosse a passo sicuro lungo il corridoio, fermandosi con assoluta
sicurezza
davanti alla porta della camera da letto di Angus, che venne aperta
poco
cerimoniosamente con un calcio.
Senza
preoccuparsi di accendere la luce, Jack si diresse al letto e vi
depositò il
compagno, baciandolo sulle labbra prima di allontanarsi:
“Vado in bagno, torno
subito.” disse questi con un sorriso davanti allo sbadiglio
di Mac, “Magari
prima di addormentarti infilati sotto le coperte.”.
Per
tutta risposta, il più giovane gli diede le spalle e si
infilò sotto il
trapuntino color ruggine che copriva il letto matrimoniale da poco
acquistato
per quelle serate in cui Jack restava a dormire a casa sua - la
maggioranza, in
realtà, dato che l’appartamento di Jack ormai era
più un deposito in attesa che
il contratto si esaurisse -, adagiandosi sul materasso con un sospiro
soddisfatto.
Doveva
essersi addormentato subito perché, di punto in bianco, si
ritrovò tra le
braccia di Dalton senza essersi accorto del suo ritorno in camera, con
la luce
del sole che filtrava dalle tende e la sveglia sul comodino che suonava
fastidiosamente.
Jack
russava nel suo orecchio con un’espressione beata e Mac
sentiva chiaramente la
presenza dell’anello al dito; ciò gli
strappò un sorriso mentre si accoccolava
maggiormente contro il fianco del suo partner: era felice, davvero
felice, e
con entusiasmo quasi infantile non vedeva l’ora di radunare
il resto della
famiglia e annunciare loro quello che era accaduto poche ore prima e
quello che
sarebbe accaduto di lì a pochi mesi.
Per
la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva completo.
All’improvviso,
entrambi i loro telefoni cellulari iniziarono a squillare
all’unisono,
svegliando Jack e facendo sobbalzare lui per lo spavento.
Con
movimenti speculari, entrambi allungarono le mani verso il comodino e
presero
gli apparecchi; a Jack scappò un grugnito infastidito:
“È Matty.” biascicò con la
voce impastata, “Già, ci vuole lì,
ripeto testuali parole, - prima di ieri - “,
completò Mac con un sorriso; Dalton affondò la
testa nel cuscino e restò lì
immobile, “Non ho intenzione di muovermi.”
borbottò.
“Vado
a mettere su il caffè, se entro cinque minuti non sei di
là vengo a tirarti via
le coperte con il braccio di Sparky che ho portato a casa per lavorarci
su.”
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - When everything’s not fine and I’m not okay ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia.
UNDERNEATH
CAPITOLO 2
WHEN EVERYTHING’S NOT FINE AND
I’M NOT OKAY
These are the things
That I need to pray
‘Cuz I can’t find peace any other way
I’m a mess underneath
And I’m just too scared to show it…
When I’m with you – Citizen
Way
Il
giorno del funerale pioveva.
Era
una vera e propria tempesta, di quelle che spesso flagellavano le coste
della
California, ma ciò non aveva fermato la processione che,
uscita in ordine
dall'edificio principale della Fondazione, aveva guidato fino al
cimitero
privato della stessa – nel cuore verde della città
– e aveva preso sulle
proprie spalle la bara bianca che spiccava vivida nel mare di vesti
nere e
ombrelli del medesimo colore.
In
fila, ciascuno accanto a un collega, a un amico, il gruppo percorse in
silenzio
i viali silenziosi e pieni di fiori, silenzio rotto di quando in quando
da
qualche singhiozzo impossibile da trattenere.
Quelle
persone lì riunite non avevano perso soltanto una persona
cara, avevano perso
un fratello, un compagno stretto, un amico.
L'amore
della propria vita.
Dietro
al feretro – che veniva portato a spalla dalla Prima Squadra
Tattica, con
Anderson in testa, - camminava la Direttrice Webber e, accanto a lei, i
suoi
agenti migliori: lei stessa, teneva con forza la mano di Jack Dalton e
lo
guidava – quasi fosse stato un bambino – in
quell'ultima, struggente marcia per
dare addio ad Angus MacGyver.
Accanto
a lei, l'ex Delta camminava come un automa, pallido in viso e con
l'espressione
vuota di chi non aveva più niente per cui vivere.
Dopotutto,
lui aveva smesso di vivere la settimana prima, quando Mac gli era morto
praticamente tra le braccia.
"MAC!"
"Agente
Dalton, si sposti! Prendete il defibrillatore!"
"LASCIATEMI
PASSARE!"
"No,
agente
Dalton, ora non può an-"
"STIAMO
PARLANDO DEL MIO PARTNER! PENSA CHE IO POSSA RESTARE QUI SENZA FAR
NIENTE?!"
"So
che è
sconvolto ma-"
"Mi
lasci
passare!"
Jack
spintonò
via l'infermiera e si precipitò attraverso le porte a vetri,
ignorando le grida
di Riley alle sue spalle, prima di gettarsi sul lettino dove Mac era
abbandonato, immobile e pallido: con infinita delicatezza, mentre le
lacrime
gli affollavano gli occhi e una supplica gli saliva alle labbra, lo
strinse
forte a sé come se, così facendo, la vita potesse
restare ancorata a lui.
"Combatti,
piccolo, ti prego…" sussurrò con voce strozzata
Jack mentre gli
accarezzava i capelli.
Un
suono
penetrante e continuo riempiva la stanza del triage mentre la
dottoressa
Castillo si affannava attorno alla barella su cui era disteso e
osservava con
gli occhi sgranati l'ECG piatto: "Non riusciamo a rianimarlo, portatemi
quell'epinefrina, SUBITO!"
Con
le orecchie
piene del rumore del macchinario, Jack non realizzò subito
che la voce tremante
della dottoressa si stava rivolgendo a lui e non voleva neppure
realizzare cosa
significasse quello sguardo addolorato.
Non
voleva…
Non
poteva.
"Ora
del
decesso, 19:45."
Al
loro fianco, Riley e Wilt dividevano un ombrello e si tenevano per mano
come a
voler cercare conforto nella presenza l'uno dell'altro: fratelli nati
al
fiorire dell'infanzia, amici fraterni che avevano condiviso tutto,
Riley sapeva
che la morte di Mac – se aveva avuto un tale effetto su Jack
da farlo
collassare – doveva essere stata altrettanto dolorosa per
Bozer, che lei
cercava di sorreggere come una brava sorella avrebbe fatto.
Anche
lei era distrutta, ma sentiva di dover essere forte.
Almeno
lei doveva esserlo.
Ricordava
fin troppo bene la telefonata che Wilt aveva fatto a casa, poche ore
dopo
l'annuncio della morte di Mac: era stata la telefonata di un figlio che
chiamava i genitori per avvertirli della morte del proprio fratello.
Con
la mano di
Riley che stringeva la sua, Bozer emise un singulto strozzato nel
sentire la
voce della madre che lo salutava con calore: "Wilt, amore, come
stai?"
La
ragazza al
suo fianco scandì senza voce, soltanto con le labbra, un "va
tutto
bene", spingendolo a continuare: "C-Ciao mamma…"
salutò il
ragazzo con una voce talmente piccola e dimessa che la donna dall'altro
capo
della linea si allarmò all'istante, "Wilt, che è
successo?" chiese
lei con tono affrettato, "Stai bene?"
Incapace
di
mantenere oltre la facciata, il ragazzo scoppiò in lacrime,
i suoi singhiozzi
risuonavano in tutta la stanza operativa mentre Riley si mordeva il
labbro
inferiore per non urlare: "M-Mamma… M-Mac… M-Mac
non c'è più…
Non
le sarebbe
servita una cimice per sentire la risposta della signora Bozer: il
grido di una
madre addolorata era inconfondibile.
Quando
arrivarono al palchetto che era stato approntato per l'occasione,
Matilda fece
passare la mano di Riley in quella del padre adottivo e si
avviò, tra due ali
di folla silenziosa, verso di esso mentre la squadra di Anderson posava
la bara
nella piccola buca già scavata per l'occasione.
"È
davvero
un addio?"
si chiese Jack con la testa ottenebrata dal dolore: era davvero la
fine? Non
avrebbe più visto il sorriso che Mac riservava soltanto a
lui? Non avrebbero
più dormito assieme, uno sopra l'altro, per il desiderio di
stare vicini e
recuperare il tempo prezioso che avevano perso prima di fare il grande
passo e
scoprirsi innamorati?
"È
davvero
la fine, Mac?"
mormorò Dalton con il cuore pesante mentre l'anello che
aveva regalato
all'altra metà della sua anima gli pesava nella tasca della
giacca come un
macigno: "Volevo sposarti davvero,
Angus MacGyver, volevo renderti felice… Perché
non me l'hai permesso?"
Non
ebbe alcuna risposta, soltanto un tuono furioso in lontananza.
§§§
Buio.
Mac
sentiva la coscienza riempire nuovamente il suo corpo e la sua mente ma
la
testa pulsava troppo per potersi concentrare e capire dove si trovasse,
la
bocca era riarsa e sentiva che gli mancava l'ossigeno, come se non ce
ne fosse
abbastanza.
Tentò
di parlare, Mac, ma la sua lingua era troppo gonfia e i muscoli, di
qualunque
tipo fossero, erano paralizzati, perfino muovere le dita dei piedi gli
risultava
difficoltoso; ciononostante, cercò di esaminare
ciò che lo circondava con
l'ausilio dei sensi che ancora gli rispondevano, nella speranza di
sentire un
qualunque suono o percepire qualsiasi cosa che gli facesse capire dove
si
trovasse e, soprattutto, con chi avesse a che fare.
Debole
come un bambino appena nato, riuscì a malapena a toccare con
le mani il cuscino
di raso su cui era disteso, tastò la presenza del legno e
poteva sentirne
l'odore anche sopra di sé: per un istante, il cuore gli
schizzò in gola mentre
un'ondata di adrenalina gli percorreva il corpo, l'aveva già
sentito quell'odore,
tanti anni prima, quando sua madre era morta.
Era
l'odore di una bara.
Era
l'odore dei fiori che venivano deposti attorno al corpo del defunto.
Era
l'odore di un funerale, nella fattispecie del suo funerale.
Preso
dal panico, e ancora confuso dall'accaduto, sentì il cuore
battergli
forsennatamente nelle orecchie, ma – seppur con
difficoltà – richiamò alla
mente la voce di Jack che gli imponeva di calmarsi, anche in quel
momento il
suo pensiero andava al suo partner e, in un certo senso, ciò
lo rincuorò:
sapeva che Jack doveva essere nei paraggi, se davvero quello era il suo
funerale, per qualsivoglia motivo l'avessero ritenuto morto, Jack
doveva essere
lì, poteva ancora uscirne.
Poteva
ancora salvarsi.
Doveva
solo stare calmo.
"Piccolo,
respira a fondo e ascolta quello che ti circonda."
Imponendosi
di obbedire al Jack che gli aveva insegnato alcuni trucchi di
sopravvivenza dei
tempi della Delta Force, Mac calmò il proprio battito
cardiaco e si concentrò
sui rumori attorno a sé: sentiva delle voci attutite dal
legno, il picchettare
della pioggia sul coperchio, gli pareva di sentire la voce di Matty,
potente e
ferma. Quello oppure la sua mente gli stava giocando strani scherzi.
Non
ricordava assolutamente niente di come fosse arrivato lì ma
poco gli importava
in quel momento: tenne a bada la paura, Mac, la imbrigliò e
ne sfruttò
l'energia incanalandola nelle proprie mani, l'unico strumento su cui
aveva
sempre potuto contare e che, in quel momento, era la sua sola
possibilità di
salvezza.
Iniziò
a bussare.
"Ti
prego,
Jack… Trovami…"
§§§
Toc...
Toc...
Toc...
Jack
poteva giurare di sentire un rumore ritmico e costante provenire da
qualche
parte attorno a sé, non era la pioggia, ne era sicuro, ma il
calmante che Matty
lo aveva costretto a prendere prima del funerale gli ottenebrava i
sensi
altrimenti in forma perfetta.
Scrollando
la testa, optò per concentrare il proprio sguardo sul
singolo fiore bianco come
la neve che aveva depositato lui stesso sulla bara, depositata nella
buca
scavata di fresco, che custodiva il corpo della sua anima gemella, del
ragazzo
che amava più della sua stessa vita.
Di
quello che avrebbe voluto che fosse suo marito.
Nel
tentativo di trattenere le lacrime, si morse il labbro inferiore ma il
rumore
continuava e sembrava farsi sempre più insistente, al punto
che quasi copriva
il sermone di Matty, in piedi accanto ad Anderson sul palchetto.
Toc...
Toc...
Toc...
Ancora
quel suono.
Non del tutto convinto
che fosse soltanto nella sua testa, Jack distolse lo sguardo e
cominciò a guardarsi
attorno con circospezione, per capire chi stesse disturbando un momento
così
solenne e importante e prenderlo a calci nel culo, con la disperazione
che
provava e che gli riempiva la gola di acido.
Me
nessuno attorno a lui si muoveva, tutti erano attenti al discorso della
Direttrice e, per un attimo, con il vento nelle orecchie, Dalton si
chiese se
non stesse impazzendo.
"Cosa
c'è, Jack?"
La
mano di Riley si posò sulla sua con fare affettuoso e la
ragazza la strinse con
forza, come a voler trarne energia e determinazione.
Ma
Jack non riusciva a calmarsi mentre un pensiero ansiogeno si faceva
sempre più
strada nella sua mente: che fosse...?
Il
rumore continuava ma sembrava che solo lui potesse sentirlo, come se
qualcuno gli
stesse sussurrando all'orecchio una richiesta di soccorso proveniente
dal mondo
dei morti.
Una
richiesta che solo lui sentiva e che soltanto lui poteva esaudire.
Con
il cuore che gli rimbombava nelle orecchie, l'ex Delta sciolse la presa
della
mano di Riley e tese maggiormente l'orecchio, tagliò fuori
tutti gli altri
rumori e si concentrò solo su quello.
Finalmente
identificò da dove provenisse e sentì il cuore
fermarsi nel petto quando si
accorse che proveniva dalla buca che rapidamente si stava riempiendo di
acqua e
fango sotto l'acquazzone torrenziale.
Dalla
bara.
Con
uno scatto che spaventò tutti i presenti e un grido
strozzato nella gola, Jack
si lanciò nella voragine e batté più
volte i pugni sul legno, chiamando a gran
voce il nome di Mac: "Mac! Mac! Sei tu, vero?! Aspettami, sto
arrivando,
piccolo."
Matty,
presa di sorpresa, restò senza parole per un attimo ma fu
tra i primi a
gettarsi sul bordo della buca: "Dalton! Esci subito di lì!"
gridò la
direttrice mentre, attorno a loro, si scatenava il panico, "Jack, ti
prego..." supplicò Riley cadendo in ginocchio, "N-Non
è una
missione... S-Se n'è davvero andato...".
Tuttavia,
Dalton non li ascoltò e continuò a battere sul
coperchio, gridando tra le
lacrime: "No, lo sento! È ancora vivo e mi sta chiamando!
Datemi un piede
di porco!"
Gli
altri agenti e operativi della Fondazione parlavano gli uni sopra gli
altri
mentre la squadra tattica di Jack si organizzava per calarsi nella buca
e
tirare fuori il loro comandante: non era in sé, dal loro
punto di vista, era
sconvolto per la morte dell'agente M e dovevano aiutarlo, prima che si
facesse
del male.
"Resisti
Mac, sto arrivando. Non vogliono aiutarmi, non importa. Tu
tirerò fuori, fosse
anche l'ultima cosa che faccio..." mormorò l'uomo,
accarezzando il legno
della cassa con un tale amore da essere quasi doloroso.
Dopo
aver posato le mani sui bordi della bara in corrispondenza delle
cerniere di
chiusura, Dalton iniziò a tirare: con i muscoli che gli
dolevano a ogni
strattone, le energie che rapidamente si esaurivano, non smetteva un
attimo di
sussurrare parole di conforto al vento nella speranza che Mac lo
sentisse e si
tranquillizzasse, stava arrivando e l'avrebbe portato a casa.
Dopo
qualche minuto, le cerniere iniziarono a cedere, lui sbuffava e
ansimava ma non
si sarebbe dato per vinto.
Avrebbe
tirato fuori Mac e l'avrebbe portato al sicuro, una volta di
più e questa volta
era quella più importante.
Quando
il coperchio cedette con uno schianto sordo, il team di Jack si stava
preparando a scendere ma venne bloccato dagli occhi azzurri come il
mare e
velati come una giornata di primavera che ricambiavano il loro sguardo.
Occhi
che, prima della chiusura della bara, erano chiusi.
Occhi
che si muovevano irregolarmente per focalizzarsi sul viso coperto di
lacrime di
Jack.
Mani
che, pallide, si muovevano appena sul cuscino bianco dell'interno.
Le
mani e gli occhi di chi era ancora innegabilmente vivo.
Mentre
le persone attorno alla buca erano paralizzate dallo stupore, Jack si
chinò sul
ragazzo disteso e gli posò un bacio sulla fronte e sulle
labbra con tutto
l'amore che gli eruttava dal petto prima di chiudere gli occhi e
abbandonarsi
al pianto che minacciava di strozzarlo.
Jack
cadde in ginocchio stringendo la mano di Mac come fosse stata la sua
ancora e
mormorando parole sconnesse, ringraziamenti e promesse.
"Ti
riporto a casa, piccolo... Questa volta davvero..." sussurrò
Dalton mentre
si rialzava in piedi, seppur barcollante; passandogli le braccia sotto
il corpo
magro, Jack lo sollevò e gli fece poggiare la testa sul
proprio petto, petto
che minacciava di esplodergli per l'emozione e il dolore, mischiati
insieme in
un mix letale e al contempo catartico.
Mac,
ancora paralizzato, chiuse gli occhi per un istante, rinfrancato dal
calore del
corpo del proprio partner e rassicurato dalla sua presenza: voleva
parlare,
dirgli un sacco di cose, dirgli che lo amava e che non sapeva come
ringraziarlo
per averlo salvato ma qualunque cosa lo avesse ridotto così
gli impediva di
emettere il minimo suono.
Esausto,
si limitò a restare immobile, affidandosi a Jack per
sopravvivere.
"Matty!
Un'ambulanza! E una corda per aiutarmi a uscire!"
I
suoi ordini abbaiati come quando erano sul campo riscossero la squadra
tattica
che, in pochi secondi, aveva calato uno dei membri con un'imbragatura
per il
comandante: "Dia a me l'agente MacGyver." disse lui, guadagnandosi
un'occhiata che, se avesse potuto uccidere, lo avrebbe lasciato
stecchito al
posto dello stesso Mac.
Con
un tremito, il soldato si affrettò a sistemare lui stesso
l'imbracatura attorno
alle gambe di Dalton e, pochi secondi dopo, erano di nuovo in
superficie, con
il corpo di Mac tra le braccia e circondati da numerosi agenti armati e
pronti
a difendersi, sotto la pioggia e il vento che ululava tra gli alberi.
Matty
si fece strada tra i suoi uomini seguita da Riley e Bozer, entrambi
scossi e
con gli occhi pieni di lacrime, e sfiorò con la punta del
dito la fronte
pallida del suo geniaccio preferito: "Biondino, fammi un altro scherzo
del
genere...".
“Matty...
Dobbiamo portarlo..." tentò di dire Jack ma la donna lo
interruppe con un
gesto della mano: "Sta arrivando una squadra dalla Fondazione per
portarlo
al Nido, e questa volta voglio che tu, Dalton, vada con loro e non
tornerai a
casa prima che lo abbiano dichiarato fuori pericolo e non abbiano
capito cosa
sia successo."
"Scherzi,
Matty? Io non mi muovo dal suo fianco finché non riprende a
camminare,
figuriamoci se lo lascio solo."
Cullando
Mac tra le braccia come un bambino, Jack gli mormorava qualcosa
all'orecchio,
del tutto isolatosi dal mondo esterno e unicamente concentrato sul
corpo tra le
sue braccia.
Poteva
essere simile alla scena che aveva preceduto la morte di Mac ma la
differenza
sostanziale era che lui fosse invece vivo e, Dalton tremò,
appena sopravvissuto
all'essere sepolto vivo: il responsabile avrebbe rimpianto il giorno in
cui era
stato messo al mondo.
"Ehi,
Mac... So che non puoi parlare, e solo Dio sa quanto vorrei sentire la
tua voce
saccente dirmi qualunque cosa, ma dobbiamo comunicare. Ti
farò delle domande,
devi solo rispondere sì o no. Sbatti le palpebre due volte
per il sì e una per
il no. Hai capito?"
Due
volte.
Aveva
capito.
"Ti
fa male da qualche parte?"
Una
volta.
"Hai
freddo?"
Due
volte.
Jack
lo strinse di più a sé e lo coprì con
la propria giacca da pinguino: qualcuno
sopra di loro li coprì con un ombrello, Anderson sorrideva
al suo Comandante e
al giovane agente con l'affetto di un amico, di un fratello.
"Va
meglio ora?"
Due
volte.
"Principino
viziato. Ok, ora resta sdraiato, tra poco ti portiamo via."
sussurrò Jack
tra le lacrime.
Mac
annuì e chiuse gli occhi, cercando di respirare
autonomamente ma il
paralizzante aveva ancora effetto e faticava a inalare ossigeno; Jill,
con i
capelli appiccicati alla fronte, lo avvicinò e si
inginocchiò al suo fianco con
una piccola bombola: "Una delle guardie l'aveva con sé. Me
la sono fatta
dare." spiegò lei allo sguardo interrogativo di Jack.
Con
mano leggera, posizionò la maschera sul viso dell'amico e
gli accarezzò la fronte,
"È bello vederti, Mac.", la sua voce era un sussurro tra le
lacrime,
nessuno dei presenti aveva gli occhi asciutti ed era difficile capire
dove
finissero i pianti e iniziasse la pioggia.
Jack
non si curò di asciugare le proprie lacrime e strinse di
più il suo partner,
senza smettere di mormorargli parole di conforto, di rassicurarlo del
fatto che
era lì con lui e che non l'avrebbe lasciato mentre Matty
organizzava la
sicurezza attorno a loro: non avrebbe permesso a nessuno di attentare
nuovamente alla vita del suo agente, del figlio che non aveva avuto.
La
donna guardò con infinita tenerezza i gesti d'amore che Jack
riservava a Mac e
rischiò di strozzarsi con la propria saliva: avevano davvero
rischiato grosso,
avevano rischiato di perderlo…
Quando
infine arrivò l'ambulanza, la donna era al fianco dei due
partner, con la
pistola in mano: "Portate l'agente MacGyver al Nido, immediatamente.
L'agente Dalton resterà con lui, perfino in sala operatoria
se necessario. So
che non è il protocollo." prevenne lei, "Ma l'agente
MacGyver ha
subito un attentato e l'abbiamo appena tirato fuori dalla sua stessa
bara,
prevenire è meglio che curare. Nella fattispecie, di
organizzare un altro
funerale.".
Le
guardie di sicurezza circondarono con le armi in pugno il mezzo e Jack
in
persona sollevò Mac con delicatezza per depositarlo sulla
barella; il ragazzo
rantolò e si aggrappò alla sua camicia,
guardandolo con sguardo vacuo e qualche
lacrima che gli scivolava dagli stessi occhi. Jack sentì il
cuore stringersi e,
con un dito, la asciugò: "Shh, Mac… va tutto
bene. Sei al sicuro, non… non
morirai." anche la voce di Jack era roca e rotta dall'emozione ma il
suo
pensiero era tutto per il suo partner tra le braccia.
"Non
se posso evitarlo…" pensò tra sé e
sé Jack, che prese una mano di Mac tra
le proprie: "Respira quell'ossigeno e resta vivo." aggiunse l'ex
Delta mentre lo depositava sulla barella in attesa, "E non
preoccuparti,
resto con te." disse, salendo a bordo a propria volta.
Quando
il portellone si chiuse con un tonfo, il mezzo si lanciò a
tutta velocità fuori
dal cimitero e diretto verso il Nido.
Fu
solo allora che Riley si lasciò cadere a terra tra le
lacrime; Bozer si
inginocchiò accanto a lei, entrambi incuranti del fango che
macchiava i loro
vestiti, e le massaggiò le spalle per calmarla: "Riles,
calmati."
disse il ragazzo con voce spezzata, anche lui in difficoltà,
"Matty ci
accompagnerà sicuramente da lui, vero?" chiese Wilt,
voltandosi verso la
direttrice.
Matty
gli lanciò un'occhiataccia: "Cosa credi, Bozer?" disse lei,
"Ho
già chiamato qualcuno che venga a prenderci." aggiunse
mentre Anderson aveva
spostato l'ombrello sopra di loro.
Restava
soltanto una domanda.
"P-Perché,
Matty? Perché farci questo? Perché fargli
questo?" domandò lo scienziato
balbettando, i pugni stretti attorno a un lembo del vestito dell'amica
al suo
fianco: "Chi è stato ad architettare tutto? S-Stavamo per
seppellirlo,
s-sarebbe morto lì dentro, d-da solo…"
rantolò ancora.
La
donna scosse la testa e gli sorrise con fare materno mentre accarezzava
la sua
guancia bagnata: "Non so darti una risposta, Bozer. Ma chiunque sia
stato
farà meglio a scappare prima che io arrivi a lui. Qualcuno
nella Fondazione
voleva morto Mac e voleva che noi soffrissimo, gli è andata
male e ora tocca a
noi fare la nostra mossa. Vi giuro sull'anima di mio padre che non
è finita
qui.".
La
pioggia, in quel momento, cessò.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - I'm never too much for you to take ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia e Dida.
UNDERNEATH
CAPITOLO 3
I'M NEVER TOO MUCH FOR YOU TO TAKE
Nobody knows me like you do
No need for walls, you see right through
Every hurt, every scar, every secret you just love me
When I'm with you – Citizen Way
Quando
Gregor Lancelot entrò nella sala medica del Nido quella
mattina, la trovò
deserta, tranne che per una giovane internista intenta a sistemare le
cartelle
cliniche davanti a una tazza fumante di caffè appena fatto.
Perplesso,
posò la propria valigetta sulla poltrona più
vicina e la avvicinò mentre puliva
gli occhiali bagnati per la pioggia torrenziale: "Buongiorno,
Angelica." disse lui con tono amichevole, "Oggi è tutto
tranquillo,
che succede?" domandò l'uomo.
La
giovane internista si voltò di scatto, con gli occhi
sgranati, evidentemente
spaventata dal suo arrivo improvviso – il medico
notò che aveva un paio di
AirPod nelle orecchie, non poteva averlo sentito entrare – e
subito scattò in
piedi: "M-Mi scusi! Non mi ero accorta di lei, dottore!"
esclamò lei,
sistemandosi il camice.
Lancelot
la rassicurò con un gesto della mano e le sorrise: "Non
c'è problema, è un
lavoro parecchio noioso da fare. Ma dove sono tutti? Non sapevo che la
Direttrice avesse dato la giornata libera."
Visibilmente
a disagio, la giovane si voltò verso la brocca termica
più vicina per versare
una tazza di caffè al dottore, nel tentativo di tenersi
occupata: "Non
l'ha contattata?"
"No,
altrimenti sarei rimasto a casa a riposare, il volo di ritorno da
Anchorage è
stato più turbolento del previsto e sono tornato soltanto
stamattina alle 3.
Peraltro, le linee telefoniche in Alaska sono state fuori uso per
cinque
giorni. C'è qualche problema?"
Angelica
Bates si morse il labbro inferiore mentre versava il liquido scuro
nella tazza
preferita di Lancelot – era una normalissima mug di ceramica
ma con un piccolo
cavaliere in armatura splendente disegnato sulla parte anteriore, un
regalo dei
suoi colleghi – prima di passargliela: "Io non so come
dirglielo,
dottore…" la voce bassa e triste mise in allarme l'uomo, che
la scrutava
con espressione preoccupata da dietro gli occhiali cerchiati di
metallo,
"S-Sono sicura che la Direttrice abbia cercato di avvertirla ma che
tutta
la confusione degli ultimi giorni le abbia fatto scordare del suo
rientro oggi,
accidenti…"
"Figliola,
calmati." Con mano ferma, Gregor afferrò le spalle
dell'internista e la
bloccò sul posto, puntando gli occhi grigi nei suoi azzurri:
"Spiegati con
calma, ti ascolterò."
Il
linguaggio del corpo della donna davanti a lui era inconfondibile: era
il
linguaggio di chi doveva veicolare qualche notizia spiacevole senza
esserne
emotivamente in grado.
"Cinque
giorni fa… l'agente M e la sua squadra sono tornati da una
missione di routine.
Sembrava tutto normale, la dottoressa Castillo ha preso in carico i
feriti e se
n'è occupata. All'improvviso, l'agente M è
entrato in arresto cardiaco e n-non
sono riusciti a rianimarlo, n-neppure con l'epinefrina. S-Se
n'è andato
all'improvviso, nel giro di un paio d'ore. M-Mi dispiace, dottor
Lancelot, s-so
quanto era affezionato all'agente M e n-non avrei voluto essere io a
dirglielo
ma…"
Angelica
vide il colore abbandonare il volto del suo superiore, come se stesse
per
svenire, ed era pronta ad afferrarlo al volo quando all'improvviso
suonò
l'allarme: la luce rossa sopra la porta iniziò a lampeggiare
mentre il segnale
sonoro indicava l'arrivo di un mezzo di soccorso urgente.
I
due si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi Lancelot
estrasse dalla
tasca un paio di guanti in lattice per indossarli mentre l'internista
prelevava
i propri guanti monouso da un cassetto, assieme a una mascherina;
Gregor non
disse nulla, aveva la mente confusa e piena di pensieri, ma
cercò di
allontanarli per occuparsi al meglio del ferito in arrivo: avrebbe
avuto tempo
per elaborare il lutto della morte dell'agente M.
Con
Angelica che lo tallonava, l'uomo uscì dalla sala medica a
passo svelto e,
percorsi i corridoi che conosceva come le sue tasche, arrivò
infine al triage;
tuttavia, una volta sulla soglia, si paralizzò mentre il suo
sguardo incrociava
quello esausto e sconvolto di Jack Dalton, che stringeva con forza la
mano di
Angus MacGyver disteso sulla barella con la mascherina dell'ossigeno
sul viso.
Quando
medico e agente si videro, per Jack fu come se fosse apparsa una
divinità tale
era il sollievo sul suo volto mentre per Gregor fu un momento surreale;
dietro
di sé, sentì l'internista sussultare –
poteva quasi vederla portarsi le mani
alla bocca per coprire un singhiozzo – ma la sua attenzione
era tutta per il
giovane che aveva bisogno di lui.
In
due falcate, Lancelot avvicinò la barella e si
chinò su Mac: "Stupido
ragazzo, in che guaio ti sei infilato questa volta?" mormorò
con l'ombra
di un sorriso sul volto mentre prendeva i battiti con le dita, "Agente
Dalton, mi spiegherà dopo quello che è successo
nei dettagli, ora ho solo
bisogno di sapere le sue attuali condizioni." aggiunse lui dopo aver
alzato lo sguardo sull'ex Delta.
"E-Era
nella sua bara, l'ho sentito bussare e l'ho tirato fuori. Non riesce a
muoversi
e respira a fatica.", la medesima fatica che Jack stava facendo per
reggersi dignitosamente in piedi, notò il dottore senza dire
alcunché; al
contrario, gli rivolse un sorriso rassicurante mentre faceva cenno agli
altri
di spingere la barella fino al letto più vicino: "Ho bisogno
di fare
alcune analisi, preleveremo dei campioni di sangue e resterà
sotto ossigeno
fino a quando non riterrò opportuno. Agente Dalton, se la
vedo allontanarsi di
mezzo centimetro da quella sedia," così dicendo, Lancelot ne
indicò una,
proprio lì accanto, "Suggerirò caldamente alla
Direttrice di toglierla dal
servizio attivo fino alla pensione. Resti lì e tenga
tranquillo il nostro
ragazzo."
Con
gli occhi lucidi e l'espressione riconoscente, Jack fu svelto ad
obbedire e,
per le ore seguenti, mentre Angelica e Lancelot facevano il loro
lavoro, lui
era rimasto accanto a Mac, con la mano del più giovane
stretta nella sua, a
sussurrargli parole rassicuranti ogniqualvolta questi ne avesse avuto
bisogno;
quando infine il medico tornò con i risultati definitivi,
Mac si era
addormentato con Jack che gli accarezzava i capelli.
L'uomo
sorrise e fece cenno a Dalton di restare seduto, si sarebbe avvicinato
lui;
difatti, presa una sedia, si accomodò accanto all'agente con
la cartellina in
mano: "L'agente M starà bene." lo prevenne con un sorriso,
"Le
analisi hanno evidenziato uno strano mix chimico nel suo sangue, a base
di
tetradotossina. È un veleno a rapido assorbimento, induce
paralisi di tutte le
funzioni vitali, del respiro e del battito cardiaco. Normalmente
è
letale," Gregor alzò la mano per fermare Jack, che sembrava
già pronto a
scattare alla ricerca dei responsabili, "Ma questo mix è
particolare,
doveva soltanto paralizzarlo e farlo passare per morto. Le motivazioni
ancora
non le sappiamo ma sono sicuro che la Direttrice sarà ben
contenta di fare
ricerche."
Jack
annuì, incapace di parlare, e si limitò invece a
continuare ad accarezzare la
fronte di Mac addormentato: era stato cambiato e ora indossava un ben
più
comodo pigiama mentre i suoi vestiti erano stati piegati e messi in un
armadietto con il suo nome; il coltellino, che Jack aveva infilato
nella tasca
dei pantaloni del compagno prima che la bara fosse stata chiusa,
riposava nella
mano libera di Jack assieme al sacchettino di velluto bordeaux che
ospitava,
oltre all'anello di fidanzamento, anche le dog tag dello Specialista
MacGyver.
A
Lancelot si strinse il cuore.
"Agente
Dalton, so che per lei sono stati giorni difficili e dolorosi, e sono
mortificato di non essere stato qui quando più ne avevate
bisogno. Ma sappia
che, se ne vuole parlare, ha qui un amico pronto ad ascoltarla. Tutti
noi qui
al Nido vogliamo bene all'agente M, diavolo, praticamente tutta la
Fondazione
ammira e ha a cuore il benessere dell'agente M, nonostante sia una
persona
difficile," a Lancelot scappò una bassa risata: "e un
paziente ancora
più complicato. Le prometto che andremo in fondo a questa
storia.".
Jack
annuì e, se anche non riusciva a parlare per il groppo in
gola che gli mozzava
il fiato, Gregor capì lo stesso: "Se vuole piangere, le
assicuro che io
non dirò niente a nessuno. Non fa bene trattenere troppo le
lacrime.".
I
minuti successivi trascorsero nel silenzio mentre, di tanto in tanto,
un
singhiozzo eruttava dal petto dell'agente anziano mentre Lancelot, con
fare
amichevole, gli passava dei fazzoletti per asciugarsi gli occhi.
Il
Nido era deserto, anche Angelica era andata a casa – dopo
aver strappato la
promessa al suo superiore di venir chiamata in caso di bisogno
– perciò Jack
poté sfogarsi, con Lancelot quale unico testimone delle sue
lacrime, e gentile
custode delle stesse.
Quando
infine Dalton non ebbe più energie per piangere ancora,
Gregor tirò fuori dalla
propria tasca una bottiglietta d'acqua ancora chiusa e gliela
passò: "Beva
piano e poi vada a sciacquarsi il viso. Io resterò qui con
lui."
In
tutto, l'assenza dell'uomo non durò che una manciata di
minuti ma, quando
rientrò nella stanza, Jack sembrava un'altra persona e il
suo sguardo era
tornato quello fiammeggiante di sempre, il che soddisfò
Lancelot; alzatosi
dalla sedia, il medico strinse con calore la mano tesa dell'ex Dalton e
gli
sorrise: "Andrà tutto bene, l'agente M è forte e
presto potrà tornare non
solo a parlare ma anche a fare tutte le sue pazzie armato di graffette.
Io vado
a parlare con la direttrice, ho il sentore che mi stia aspettando
appostata in
ufficio." rise, "Le porterò i risultati delle analisi e
vedremo di
beccare il responsabile di questa brutta situazione. Lei può
restare quanto
vuole, se vuole dormire un po', ha parecchi letti a sua disposizione."
"Non
so come ringraziarla, dottore."
"Non
deve, Dalton. L'agente M è come un figlio per me, e quale
padre non si
occuperebbe del proprio ragazzo?"
§§§
"Direttrice
Webber, che sorpresa. Vedo che si è messa comoda."
Con
tono divertito, Lancelot richiuse la porta dell'ufficio dietro di
sé mentre
Matty, seduta sul divano, beveva lunghe sorsate di caffè
caldo dalla tazza che
si era portata dietro dalla Fondazione: intenta a consultare alcuni
rapporti,
la donna fece un cenno all'uomo, che la raggiunse prima di accomodarsi
sulla
poltrona di fronte a lei.
"Dottore,
immagino che abbia delle notizie per me."
"Sì,
signora. L'agente M sta bene e sta riposando con l'agente Dalton
accanto a sé,
le ho portato i risultati delle analisi."
Matty
prese dalle mani il plico di fogli e, in cambio, gli diede una seconda
tazza di
caffè bollente: "Sospetti?"
"Un
paio. E non mi piace l'idea. Per questo motivo, vorrei che fosse lei a
occuparsi in prima persona delle indagini, altrimenti penso di non
essere
abbastanza lucido per non fare qualcosa di cui potrei pentirmi."
"Pensa
che io abbia questa lucidità?"
"Mettiamola
così, ha sicuramente più risorse di me per
nascondere un cadavere."
Con
un sorriso soddisfatto, la direttrice consultò i fogli nelle
proprie mani, li
lesse con attenzione e, a ogni parola che scivolava sotto i suoi occhi,
sentì
lo stomaco contorcersi per la rabbia e la frustrazione: capiva a cosa
si stava
riferendo Lancelot ma non riusciva ad accettarlo, non dopo la storia
del suo
predecessore e delle azioni dannose nei confronti dei suoi ragazzi.
Una
volta conclusa la lettura, si lasciò sprofondare nel divano:
"Come diavolo
abbiamo fatto a non accorgercene?" chiese lei con un filo di voce,
"Certamente eravamo sconvolti per la morte dell'agente MacGyver ma il
dubbio doveva venirci, anche solo quando abbiamo trovato il…
corpo già vestito
per la cerimonia. Avremmo dovuto accorgerci che l'autopsia non era
stata
effettuata come da mia esplicita richiesta."
Gregor
annuì con un sospiro: "E sono stato io a insistere
perché Carmen… La
dottoressa Castillo mi sostituisse mentre ero fuori città.
Pensavo, la reputavo
una collega in gamba e adatta a occuparsi del Nido per qualche giorno."
"Non
è colpa sua, Lancelot." Il tono di Matty era fermo:
"Farò delle
indagini sulla dottoressa Castillo, troveremo chi l'ha spinta a farlo e
lo
consegneremo alle autorità esattamente come lei. In questo
momento, la squadra
di Anderson sta effettuando l'arresto e la porteranno direttamente alla
Fondazione per l'interrogatorio. Hanno insistito per occuparsene loro."
"La
squadra tattica di Dean Anderson? Non è quella che
normalmente ha come
comandante l'agente Dalton?"
"Hanno
detto che è un favore personale per lui. Non mi stupirei di
trovare la signora
Castillo con qualche frattura."
I
due si scambiarono una risata, poi Lancelot si alzò
stiracchiandosi: "Devo
tornare di là per assicurarmi che i livelli di ossigeno nel
sangue dell'agente
M salgano regolarmente. Resti pure quanto vuole, Direttrice. La mia
scorta
segreta di caffè l'ha già trovata, in fondo."
§§§
Venne
infine il mattino, dopo una notte passata praticamente in bianco, e con
lei un
primo spiraglio di sole in quella tempesta che temevano li avrebbe
travolti.
Jack,
che non si era allontanato un attimo dal letto del partner, ne aveva
pazientemente
ripulito il viso dalle lacrime che ogni tanto cadevano dagli occhi del
più
giovane, l'aveva tenuto abbracciato ogniqualvolta un incubo lo
tormentava, gli
aveva accarezzato il polso con un movimento costante e rilassante.
Al
suo risveglio, Mac l'aveva trovato accanto a sé, a mantenere
la promessa che
gli aveva fatto solo poche ore prima: non l'avrebbe lasciato solo,
né ora né mai.
E
ora, toccava al più giovane fare qualcosa per lui.
Quello
che, fino a pochi secondi prima, a Jack era sembrato solo un rantolo
infastidito e frustrato da parte di Mac, ben presto diventò
un suono via via
più articolato ad ogni tentativo di Angus. Che stesse...?
"Mac,
stai cercando di dirmi qualcosa?"
Questi
sbatté due volte le palpebre - ormai era diventato il loro
modo di comunicare
preferito - e riprese i propri tentativi.
Per
tutta risposta, Dalton gli prese con delicatezza la mano e la strinse
in
supporto: "Puoi farcela, so che puoi farcela." disse con tutta la
fiducia di cui era capace, "Non lasciarti sconfiggere. Puoi ancora
sbattere in faccia a quei bastardi quanto sei in gamba."
Stranamente,
le parole dell'uomo più anziano erano simili a quelle che
aveva pronunciato
prima che Mac... morisse.
Per
l'ennesima volta, il ragazzo aprì la bocca e finalmente
uscì un suono
intellegibile, che somigliava a una G dura, poi una R...
A
poco a poco, Mac riuscì a completare la sua prima parola dal
giorno in cui
l'avevano perduto e l'aveva pronunciata guardando Jack negli occhi:
"G-Grazie...".
Era
una voce roca e stridula, diversa da quella che tutti ricordavano, ma
per Jack
era il suono più bello della sua vita.
Con
le lacrime agli occhi, si gettò su Mac e lo strinse,
abbracciandolo con tutta
la propria forza e singhiozzando allo stesso tempo: non aveva
intenzione di
nascondere quello che provava, il sollievo, la gioia che minacciava di
fargli
esplodere il cuore... Aveva perso il suo migliore amico, l'aveva
ritrovato, la
dignità era un sacrificio che non gli importava di fare.
"Mi
sei mancato, chiacchierone." mormorò Dalton con il viso
nell'incavo del
collo del compagno: "Non vedevo l'ora di sentirti di nuovo blaterare a
caso di fisica e chimica anche se non ci capisco un'acca."
Esausto
anche da quel piccolo atto, Mac si lasciò sprofondare nel
materasso e si godette
la presenza rassicurante di Jack che non stava un attimo zitto, ma a
lui non
importava granché: vederlo felice, finalmente, era
sufficiente. Ci sarebbe
voluto ancora del tempo, ma erano insieme e avrebbero vinto anche
quella sfida.
Improvvisamente,
Angus si sentì più fiducioso che mai e, malgrado
la stanchezza, cercò di
pronunciare un'altra parola.
"R-Res-sti?"
"Se
resto? Mi devono arrestare per strapparmi da questa stanza."
Rassicurato,
Mac riuscì a produrre un sorriso sbilenco che
riempì il cuore di Jack di gioia
e sollievo mentre posava un bacio sulle sue labbra screpolate: "Ne
usciremo anche da questa storia. Non è la cosa
più strana che abbiamo
affrontato, piccolo."
"G-Già."
"Stai
già cercando di rifarti, eh? Ma non ti affaticare o Matty mi
uccide. Dovrebbero
anzi essere già qui."
"Dalton
chiama, la Direttrice risponde."
La
voce del loro superiore fece voltare di scatto Jack, che la vide sulla
porta
con Boz e Riles alle spalle, entrambi cercavano di vedere se Mac fosse
sveglio:
"È bello vederti, Matty. E Mac ha qualcosa da farvi vedere.".
Facendo
loro spazio, l'agente più anziano permise loro di
avvicinarsi al letto dove Mac
era disteso: "C-
Ciao…"
rantolò nel vederli.
"Ha
iniziato a parlare poco fa." spiegò Jack ai loro sguardi
confusi e
commossi: "Strano che faccia simili progressi solo in tua presenza."
Matty voleva suonare sardonica ma la sua voce la tradiva.
Sapeva
che la semplice presenza di Dalton faceva più miracoli per
Mac di qualunque
altra cosa.
"Ehi,
fratellino. Come stai?" chiese Riley con le lacrime agli occhi mentre
gli
accarezzava la fronte: "Ci hai fatto spaventare così
tanto… ma non è colpa
tua… siamo contenti che tu stia bene…
Diavolo… sto dicendo una marea di
cavolate…" Wilt bofonchiava frasi sconnesse mentre stringeva
la mano di
Mac per assicurarsi che il suo migliore amico fosse davvero
lì e non fosse
un'allucinazione dovuta al trauma di averlo dovuto quasi seppellire.
Mac
in risposta la strinse piano: "G-Grazie." ripeté con un filo
di voce.
"È
ancora molto debole, ragazzi. Ma vedrete che presto
ricomincerà a staccarci le
orecchie a suon di chiacchiere." rise Dalton, la cui mano era ancora
stretta a quella libera di Mac: "Non vedo l'ora di rimproverarti
perché
parli troppo, Biondino." sorrise Matty, "Sarà il giorno
più bello
della mia vita.".
Circondato
da tutto quell'amore, da tutto quel calore che gli arrivava fino alla
punta dei
piedi, Mac non riuscì a trattenere i singhiozzi.
Jack
lo lasciò fare, continuando a sorridergli con tutto l'amore
che provava per
lui.
"Sfogati,
non tenerti tutto dentro, piccolo. Ci siamo noi qui, un paio di lacrime
non ci
fanno paura.".
"Abbiano
pianto anche noi, Mac. Tanto..." confessò Riley: "Ma
ora… ora non
devi preoccuparti."
"Già.
E ho ancora una cosa da aggiungere. E voglio che loro siano presenti.
Che la
nostra famiglia sia presente." così dicendo, Jack
tirò fuori dalla tasca
un sacchettino di velluto con mano tremante: "L-L'ho dovuto togliere
quando... Quando… beh, l'ho dovuto togliere. E ora, torna al
suo legittimo
proprietario." nella mano dell'uomo apparve il piccolo e semplice
anello
d'argento a forma di graffetta che Jack gli aveva regalato la sera
prima di…
Con
infinita cura, Dalton glielo rimise al dito e lo baciò piano
sul dorso della
mano mentre Matty e i due agenti più giovani restavano senza
parole:
"G-Glielo chiesi la s-sera prima..." confessò Jack con un
sorriso:
"V-Volevamo dirvelo il giorno d-dopo ma…"
"Stupido…
sei un deficiente…" singhiozzò Riley prima di
gettargli le braccia al
collo: "Non sapevo che volessi dirglielo..."
Bozer
si era avvicinato al suo migliore amico e gli aveva stretto
l'avambraccio con
la mano: "Sono disponibile a fare da testimone. Soltanto per te,
fratello."
"A-Accetto.
Solo se Matty mi accompagnerà all'altare."
Matty
che, fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Matty
che, voltandosi, era uscita in silenzio dalla porta.
Riley
e Wilt si scambiarono un'occhiata: "Andiamo noi." disse la ragazza
con lo zaino sulle spalle, "Ripassiamo dopo a trovarvi."; prima di
uscire, però, lei tirò fuori un plaid rosso e lo
consegnò a Jack: "Come mi
avevi chiesto." aggiunse con un sorriso.
Plaid
con il quale l'uomo avvolse Mac, l'infinita cura nei suoi gesti era
palpabile,
prima di posargli l'ennesimo ma non ultimo bacio sulla fronte: "Ora
dormi,
al tuo risveglio mi troverai qui."
"M-Matty?"
"Vedrai
che le passerà, è solo un po' sopraffatta da
tutto. La prossima volta che
glielo chiederai, vedrai che accetterà."
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - I'm safe when I'm with you ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton, OCs
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia.
UNDERNEATH
CAPITOLO 4
I'M SAFE WHEN I'M WITH YOU
I'm breathing in
I'm innocent
It's like my heart's on fire again
When
I'm with you – Citizen Way
Quando
Riley e Wilt uscirono nel
corridoio, si aspettarono di avere notevoli difficoltà nel
rintracciare la loro
Direttrice; non si sarebbero mai aspettati, tuttavia, di trovarla con
tale
facilità, seduta nella sala d’attesa del pronto
soccorso, con in mano l’ultima
scultura di graffette che Mac aveva fatto all’ultimo briefing
prima di partire
per quella missione che l’aveva quasi strappato a tutti loro.
Matty
si rigirava tra le mani la
piccola spirale che era il simbolo della casa farmaceutica che erano
stati
chiamati a investigare e di cui nessuno dei due agenti più
giovani ricordava il
nome, con lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione triste,
non l’avevano mai
vista in quelle condizioni.
Nervosamente,
Wilt si avvicinò a
lei e tirò fuori dalla tasca un pacchetto di fazzoletti
prima di darglielo; lei
lo accettò senza dire niente, senza neppure alzare lo
sguardo, ed entrambi
finsero di non vederne le lacrime che scivolavano giù dai
suoi occhi: meritava
di poter piangere senza che nessuno la guardasse, di sfogarsi come
meglio
credeva opportuno.
Se
avesse avuto bisogno, loro
sarebbero stati lì, come la famiglia che erano.
“Ho
sempre pensato che Dalton e
Mac sarebbero stati una bella coppia.” disse lei dal nulla:
“Il loro rapporto
era troppo stretto e, all’inizio, ero convinta che Jack
rovinasse tutto come al
suo solito.” confessò con tono monocorde.
“Guardi
il lato positivo, Matty.
Almeno non è Nikki.” rise Riley: “Che
c’è? L’ho incontrata una volta e ne ho
sentito parlare in tutte le maniere, preferisco Jack al fianco di Mac
che
quella tizia.” aggiunse lei, vedendo l’espressione
perplessa di Bozer al suo
fianco.
“Almeno
Jack sappiamo che non
permetterebbe mai a Mac di venir crivellato di colpi e abbandonato ad
affogare
in un lago.” concordò Wilt, tremando al pensiero.
“Dalton ha sentito
il Biondino bussare dalla
propria bara anche sotto sedativi talmente forti da abbattere un
elefante.”
Matty ebbe un fremito al ricordo della scena: “Fossi sua
madre, non vorrei
nessun altro al fianco di mio figlio.”
L’impatto
di quell’affermazione
mozzò il fiato in gola ai due agenti davanti a lei mentre
gli occhi di Wilt si
riempirono di lacrime al pensiero della propria madre, madre che ancora
non
sapeva che il ragazzo che reputava un figlio al pari del suo bambino
biologico
era ancora vivo.
“D-Dovrei
chiamare mia madre…”
mormorò Wilt, abbassando lo sguardo: “A-Adesso che
Mac può parlare…”
“Se
vuoi, posso restare con te
mentre la chiami. Non mi dà fastidio.” si
offrì Riley prima di abbracciarlo: “E
se davvero vogliono sposarsi, probabilmente la conoscerò di
persona molto
presto. Non credo che Mac non la inviti.”
I
tre restarono in silenzio per
qualche minuto, con i pensieri che turbinavano nelle loro menti con la
violenza
di un tornado in Texas.
“Sono
contenta che Mac mi reputi
degna di accompagnarlo all’altare.” disse Matty,
rompendo all’improvviso il
silenzio: “Sono onorata del suo affetto e del fatto che mi
reputi una parte della
sua famiglia, per me è lo stesso… Ma ho firmato
io i documenti di morte… Ho
dovuto firmare io un pezzo di carta maledetto che diceva che era
deceduto. E
questo non riesco a concepirlo ancora adesso, non riesco a concepire
come si
possa essere arrivati a tanto.”.
“Come
è andato l’interrogatorio?”
chiese Bozer.
“Castillo
ha cantato come un
uccellino ubriaco. Era disperata, pare che qualcuno l’abbia
contattata
minacciandola di uccidere il suo vecchio padre che vive ancora in
Spagna con l’altra
figlia se non avesse seguito le istruzioni. Ma non mi interessa, ad
essere
sincera. Avrebbe potuto parlarne con Lancelot in forma privata, il
quale
avrebbe inviato un allarme cifrato direttamente alla mia casella di
posta e in
pochissime ore avremmo risolto il problema. E invece abbiamo dovuto
affrontare
una perdita incommensurabile, sul piano lavorativo e familiare, abbiamo
dovuto
seppellire Mac e l’abbiamo visto riemergere dalla sua bara.
Tutto questo non è
perdonabile.”
“P-Pensa
che ci sia di mezzo l’Organizzazione?”
“O
loro oppure è una vendetta di
qualche amico della Thornton. E se fosse l’ultimo caso, vi
prometto sulla tomba
di mio padre che gliela farò pagare. La farò
pentire di essere nata e di aver
anche solo lontanamente pensato di toccare uno di voi.”
Riley
e Bozer annuirono.
“Finirà
mai tutto questo? O
dovremmo guardarci costantemente le spalle per la paura che qualcuno
colpisca
uno di noi?” si chiese Davis con un sospiro.
“Non
lo so, e non mi interessa perché
vi prometto questo, ragazzi. È guerra aperta, nessuno si
avvicinerà mai più a
uno di voi, non se posso impedirlo. Siamo una famiglia, e voglio che
sia molto
chiaro. Se qualcuno prova a colpirvi, non vivrà abbastanza a
lungo per
raccontarlo. Anderson e i suoi sono furibondi e non penso di aver mai
visto
Lancelot più sul piede di guerra, questa Fondazione
è in grado di mettere tutte
le proprie risorse a disposizione per proteggere uno dei suoi e voi
tutti lo
siete.” Matty indicò i due giovani davanti a
sé con estrema serietà in viso: “Non
sto scherzando, Wilt, Riley. Mac sarà anche il mio Biondino
ma voi siete
ugualmente figli miei. E una madre protegge sempre i propri
ragazzi.”
Le
parole della Direttrice
costrinsero i due ragazzi a scambiarsi alcuni fazzoletti per asciugarsi
gli
occhi.
“Ora
andiamo, abbiamo del lavoro
da fare.”
§§§
Era
ormai tarda sera del giorno
successivo al suo arrivo al Nido quando finalmente tolsero a Mac la
maschera
per l'ossigeno e la sostituirono con una cannula nasale ed era quasi
mezzanotte
quando Jack, attento ai tubi della flebo, si issò sul
materasso e si posizionò
con la schiena contro il muro per tenere il proprio partner tra le
braccia e
fargli da cuscino.
Cullandolo come se fosse stato un cucciolo, Dalton gli massaggiava le
spalle e
alternava baci tra i capelli e sul collo, trattenendo al contempo la
commozione
di quei momenti: Mac era lì con lui, vivo e vegeto, e poteva
rilassarsi, presto
l'avrebbero dimesso e sarebbero potuti tornare a casa.
Appisolato per i farmaci che gli venivano pompati nel corpo e che
agivano per
ripulire il suo corpo dal cocktail a base di tetradotossina che
l’aveva
paralizzato – e ancora debole per le lunghe giornate
trascorse senza cibo né
acqua – l'agente più giovane era abbandonato
contro il petto di Jack e avvolto nel
plaid che Riley gli aveva portato quella mattina, uno di quelli che
risiedevano
nell'armadio a muro dell'appartamento di Jack e che, seppur in parte,
ne
portavano ancora l'odore.
Il
Nido era tranquillo, Lancelot era
passato da poco a controllare i progressi di Mac e, soddisfatto, si era
ritirato in sala medica a leggere alcuni rapporti in compagnia di
Angelica; per
quanto riguardava i pazienti, Angus era l'unico; era senza dubbio la
situazione
migliore per avere un po' della privacy di cui avevano bisogno dopo
quello che
avevano passato.
Certo,
non che il personale medico e
gli agenti non sapessero di loro, Jack sospettava che perfino il suo
team
tattico, Anderson in testa, avesse in ballo parecchie scommesse sul
loro conto,
ma sapeva come la pensava Mac sul farsi vedere indifeso e sofferente ed
era
determinato a prendersi cura di lui senza pubblico di sorta.
"Ehi,
piccolo." La voce di
Dalton era bassa ma affettuosa: "So che ancora non puoi mangiare cibi
solidi, almeno finché l'effetto paralizzante non se ne va
del tutto, ma Boz ha
portato un thermos di tè caldo, fa bene alle tue corde
vocali."
Mac si mosse nel dormiveglia ma non aprì gli occhi:
respirava, notò Jack non
senza un sospiro di sollievo, perciò doveva trattarsi
semplicemente di testardaggine
nell'ignorare la proposta; perciò, con un sorriso, l'uomo si
sistemò meglio con
la schiena contro la testiera del letto e aggiustò la
stretta sul corpo del
partner, ne accarezzò il polso col pollice e gli
posò un bacio sul collo,
sorridendo nel sentirlo fremere e abbandonarsi ancora di
più: "Shh, sono
qui, Mac… E non me ne vado." aggiunse con un sorriso
malinconico mentre il
suo sguardo si posava sull'anello della proposta, "E lo stesso vale per
te, non ti lascerò andare via prima che sui tuoi documenti
non sia segnato
Dalton come cognome da sposato. E neppure dopo, in realtà."
Rimasero
così per qualche minuto
quando, all'improvviso, Mac ebbe uno scatto, per cui quasi
sgusciò dalla presa
di Jack sul suo corpo.
Piegato
in due e svegliato di botto dal
sonno, Mac si allungò a stringere con la poca forza che
aveva nelle mani il
polpaccio sinistro mentre, al contempo, mugolava per il dolore; seppur
preso di
sorpresa, Jack fu svelto a posargli una mano rassicurante tra le
scapole mentre
con il braccio gli cingeva il petto per tenerlo sollevato e non
permettergli di
strappare i fili.
"Ehi,
Mac, che succede?"
chiese lui con tono il più possibile controllato: non
sarebbe servito a niente
farsi prendere dal panico, avrebbe soltanto agitato di più
il suo partner.
partner che, alzato lo sguardo con un rantolo di dolore, lo
guardò con occhi
lucidi: "C-Crampo..." riuscì a dire tra gli spasmi.
In
un attimo, Jack scivolò giù dal
letto e lo spinse all'indietro, contro i cuscini che aveva sprimacciato
per
farlo stare più comodo, prima di posare entrambe le mani sul
polpaccio
incriminato e muovere lentamente le dita in un lento massaggio,
accompagnato da
basse parole di conforto.
"Shh,
adesso passa. Respira a
fondo, ci penso io… Rilassa i muscoli."
Quando
infine lo spasmo scemò,
lasciando Mac prostrato e con le guance solcate dalle lacrime, Jack
fece il
giro del letto e si issò nuovamente sul materasso, ma questa
volta non restò
seduto; sistemato il più giovane tra le proprie braccia, lo
fece poggiare
contro il suo petto, stringendolo da dietro e continuando a mormorargli
qualcosa all'orecchio per calmarlo e rassicurarlo.
Restarono
sdraiati così per parecchi
minuti, fino a quando Angus non si fu del tutto abbandonato sul
materasso e non
si fu lasciato avvolgere nel plaid che era caduto per metà
dal letto:
"Credo che sia una cosa buona quello spasmo, piccolo." disse Jack a
bassa voce mentre gli accarezzava i capelli sudati, "Vuol dire che i
muscoli delle tue gambe stanno tornando alla normalità."
"L-Lo
so... Ma fa male."
replicò lui, mettendo su quel broncio infantile che soltanto
Jack poteva vedere.
Jack
scosse la testa con una risatina:
"Presto tornerai a correre in giro e a dare del filo da torcere a
questo
vecchietto."
"Ho
una predilezione per quelli
più vecchi di me, lo sai." ed eccola, la sfacciataggine di
Mac, quella che
l'aveva reso famoso tra gli agenti della Fondazione come attaccabrighe,
ma che
Jack aveva imparato a rispettare prima e ad amare poi.
Qualche
istante dopo, tuttavia, il
giovane agente sentì il proprio respiro velocizzarsi mentre
una sensazione di
gelo gli attanagliava lo stomaco; ma non era solo, Jack era al suo
fianco,
pronto a reagire e lo fece a modo suo, in quella maniera
così intima e amorevole
che l'ex Delta riservava soltanto a lui.
"Shhh,
Mac... Va tutto bene."
Jack gli accarezzò la fronte, sull'attaccatura del ponte del
naso, con un
movimento circolare delle dita, lento e costante. Bravo, respira
così. Piano e
profondamente."
"J-Jack...
Non capisco che
succede…"
"Shh, io non me ne vado. Appena ti sei calmato un po', chiamo Lancelot.
Non mi allontano, te lo prometto. Lo chiamo con il cellulare."
Mac
annuì piano e strinse la mano di
Jack con una forza inusitata, ma all'ex Delta non importava se gli
faceva male:
aveva bisogno di lui, non si sarebbe tirato indietro per alcun motivo.
Quando
infine Mac si fu calmato, e
questa volta definitivamente, era madido di sudore e tremava per il
freddo.
Dopo
avergli messo il plaid addosso,
Jack infilò le mani sotto di esso e gli accarezzò
il petto prima di chinarsi
sul suo orecchio: "Ti aiuto a cambiare la casacca del pigiama."
Esausto,
Mac annuì e chiuse gli occhi:
sentì le mani di Jack percorrergli il corpo e sollevargli la
parte superiore
del pigiama ma se, normalmente, si sarebbe trattato di un gesto molto
intimo e
sensuale, in quel momento era qualcosa di affettuoso e pieno di amore e
rispetto, qualcosa a cui Mac poteva abbandonarsi senza pensieri: Jack
non si
sarebbe mai approfittato di un suo stato di debolezza per ferirlo o
prendersi
qualcosa che non era in grado di dare in quel momento.
Dopo
averlo asciugato con una pezza di
morbido cotone, Jack lo aiutò a indossare una casacca pulita
e asciutta e,
quando finì, gli scostò un ciuffo di capelli
dalla fronte per asciugare anche
questa.
Completamente
senza forze, Mac lo
lasciò fare.
Infine,
Mac sentì la mano di Jack
stringere piano la sua: "Sono proprio qui accanto, piccolo. Chiamo
Lancelot."
"Non
è necessario, agente Dalton,
ho visto le letture dell'ECG dalla sala medica e sono venuto appena
possibile."
Gregor
era apparso sulla soglia della
stanza con un sorriso paterno e un piccolo carrello dietro di
sé spinto da
Angelica: "Angelica, cara. Portalo dentro, poi ci penso io al resto."
aggiunse il medico mentre indossava i guanti di lattice.
Con
un cenno del capo, la giovane
internista salutò Mac e Jack, spinse dentro il carrello, e
sparì nel corridoio.
"Allora,
agente M. So che non è
particolarmente amante delle procedure mediche, ma vedrà che
ce la sbrigheremo
in fretta." sorrise l'uomo, mostrando le mani vuote: "Non
farò
punture." promise lui.
Ancora
debole per il crampo prima e
l'attacco dopo, Mac annuì e restò sospeso a
metà tra il sonno e la veglia
mentre Jack e Lancelot parlavano sommessamente e l'agente
più anziano - senza
interrompere il contatto con la sua mano - spiegava cosa fosse accaduto.
"O-Ora
sto bene." mormorò Mac
con uno sforzo sovrumano.
"Sicuramente
si sentirà meglio,
agente M. Ma il nostro scopo è farla stare bene, non un po'
meglio."
qualcosa, nel tono di Lancelot, fece ricordare a Mac suo nonno e
soprattutto
Papà Bozer.
Era
la voce di un padre.
Per
un attimo, il cuore di Mac gli si
fermò nel petto e una lacrima minacciò di uscire
assieme a un singhiozzo ma
l'ancora che era la mano di Jack lo tenne calmo mentre Lancelot
continuava la
propria visita e annotava la pressione e i battiti cardiaci.
"Buone
notizie, è stato un
semplice attacco di ansia." annunciò Gregor prima di frugare
nel carrello:
"Probabilmente scatenato dagli ultimi avvenimenti, il crampo e lo
spavento
che si è preso ha solo esacerbato la reazione del suo corpo.
Ora, so che non
ama molto i calmanti ma non protesti, deve riposare per poter essere
dimesso; visto
che qui ho gli stessi poteri della Direttrice Webber, ordino all'agente
Dalton
di restare qui per motivi di sicurezza." aggiunse l’uomo,
iniettando una
fiala di ansiolitico nel tubo della flebo.
Jack
annuì e strinse più forte la mano
di Mac prima di portarsela alle labbra e baciarla: “Visto?
Anche il medico ha
detto che posso restare. Dal momento che è un ordine, mi
tocca obbedire.” sorrise
lui; Lancelot scoppiò a ridere mentre misurava la
temperatura di Mac con un
termometro elettronico, “Sarebbe la prima volta.”
replicò l’uomo, “Non faccia
quella faccia, agente. Sa benissimo che è
così.” Gregor aveva un’espressione
divertita, non guardava Jack direttamente in viso ma sapeva cosa stesse
pensando.
Non
si diventa il primario del Nido per
niente.
“Abbiamo
finito, figliolo.” concluse Lancelot,
scompigliando i capelli di Mac con fare paterno: “Riposa
ancora un po’, con il
passare dei giorni starai sempre meglio. E Ruth ha promesso di inviarti
dei
biscotti fatti in casa.”.
Mac
sorrise appena al pensiero degli
shortbread di Ruth Fawcett-Lancelot, la moglie di Gregor, una donna
minuta, con
una folta foresta di capelli candidi come la neve sulla testa e una
passione
smodata per Castore e Polluce, i suoi due corgi nonché
acerrimi nemici di
Gregor: tanto amavano la loro padrona quanto ringhiavano contro il
marito di
lei.
Spesso,
Gregor arrivava al lavoro
borbottando che i due “filoncini di pane su zampe”
gli avevano ringhiato contro
prima di uscire e lui li aveva minacciati di trasformarli in toast per
la
colazione, e la cosa aveva sempre fatto ridere Mac e il resto della
Fondazione,
dove i pettegolezzi sui corgi di Lancelot rivaleggiavano in
celebrità con le
scommesse della squadra di Anderson.
“C-Ci
conto.” disse Angus, prima di
addormentarsi.
Un
secondo dopo, Jack era di nuovo
seduto sul letto con Mac disteso tra le sue braccia, e Lancelot sorrise
con
malinconia nel vederlo così affettuoso, così
pronto a prendersi cura di Angus
anche a costo della propria salute: Gregor aveva imparato a voler bene
a tutti
gli agenti della Fondazione ma doveva ammettere di avere un debole per
l’agente
M.
Con
una mano posata sulla spalla di
Jack, il dottore lo costrinse ad alzare lo sguardo: “Se vi
serve qualcosa, sono
in sala medica. Si occupi di lui, ma cerchi di dormire un po’
anche lei.”
“Lo
farò. Grazie, Gregor.”
“Potrà
ringraziarmi quando io e Ruth
riceveremo l’invito al vostro matrimonio.”
“Sarete
i primi dopo Matty, promesso.”
§§§
Il
giorno successivo, il risveglio fu diverso: quando cominciò
a riemergere dalle
nebbie del sonno, infatti, Mac sentì una nuova energia
percorrergli i muscoli
e, se anche era ancora assonnato, non poté negare di
riuscire a respirare
meglio, senza sentirsi il petto pressato sotto una macina.
Con
gli occhi ancora chiusi e avvolto dal calore del plaid che era
diventato parte
integrante della sua biancheria da letto, il giovane agente
concentrò la
propria attenzione sugli arti: gli dolevano un po’ ma
riusciva a muovere le
dita dei piedi senza troppi problemi.
Un
raggio di sole lo colpì in viso e gli fece aggrottare le
sopracciglia
infastidito, costringendolo a muovere la testa per allontanarsi.
“Mac?
Sei sveglio, piccolo?”
La
voce di Jack lo colse di sorpresa nella stanza che lui aveva ritenuto
vuota –
non aveva percepito la presenza di Jack alle sue spalle e aveva pensato
fosse
andato in bagno o a farsi una meritata doccia – ma
l’istinto lo portò a
sorridere mentre sollevava le palpebre trattenendo a stento uno
sbadiglio:
davanti ai suoi occhi, si materializzò
l’espressione speranzosa del suo
partner.
Questi,
chinò su di lui, gli afferrò la mano e Mac
poté vederne gli occhi pieni di
lacrime non piante e parole non dette ma veicolate comunque con i gesti
di
infinito amore per lui; e tanta, ma tanta trepidazione.
“Ehi,
ben svegliato. Come ti senti?”
Un
altro sorriso gli uscì spontaneo dal cuore, fiorendo sulle
sue labbra;
inclinando la testa di lato e osservandolo con aria assonnata ma
serena, il più
giovane ricambiò la stretta sulle proprie dita e fu una
presa salda, forte,
viva.
Mentre
Jack lo guardava sbalordito, incapace di andare al di là del
proprio groppo in
gola, Mac allungò l’altra mano per posarla sulla
guancia del fidanzato e la
coprì con il palmo della stessa: “Credo
bene.”, la voce era bassa ma non
c’erano balbettii, nessuna difficoltà.
Solo
Mac.
“Ti
fa male da qualche parte?”
“Jack…”
“Sì?”
“Sto
bene, davvero. E mi dispiace per quello che avete passato, mi dispiace
davvero
tanto, non so come scusarmi, io- “
Quella
piccola riunione di cuori allo sbaraglio venne interrotta da Jack
stesso il
quale, infilate le braccia sotto la schiena del compagno, lo
sollevò fino a che
le loro labbra non furono a pochi millimetri di distanza; quando si
staccarono
per riprendere fiato, Mac aveva le guance rosse ma sorrideva con una
piccola lacrima
che gli scivolava lungo la guancia: “Non chiedermi scusa per
essere… Non
chiedermi scusa. Non è colpa tua. Hai capito?”
Per
sottolineare la propria determinazione, Dalton posò la
propria fronte su quella
di Mac e lo guardò negli occhi, con tale
intensità che la presa sulla mano del
più anziano si rafforzò, rispecchiando la
tempesta emotiva che squassava il
cuore di Angus.
“Dalton,
devo ricordarti che Mac è ancora convalescente e che fare
sesso in ospedale è
contrario al regolamento, oltre che alla decenza?”
Con
uno sbuffo infastidito, Jack depositò di nuovo il fidanzato
sul letto con
estrema cura e si voltò per affrontare il loro capo;
quest’ultima, tuttavia, lo
ignorò e attraversò la stanza a passo svelto per
raggiungere il letto.
Mac
le sorrise e lei ricambiò: “Ehi, Biondino. Questa
volta ci hai fatto davvero
spaventare.” disse lei con tono quasi materno mentre gli
accarezzava i ciuffi
biondi spettinati, “Però è bello
vederti sveglio. E questa volta davvero, non
balbettante e praticamente l’ombra di te stesso.”.
L’agente
annuì e puntò i propri grandi occhi azzurri nei
suoi scuri: “La tetradotossina
fa schifo.” dichiarò lui, guadagnandosi una risata
da parte di Matty, risata
che prese la forma di un singulto strozzato prima che lei,
all’improvviso, gli
gettasse le braccia al collo per stringerlo.
Con
uno sguardo di intesa scambiato d’istinto, Jack si
spostò verso il muro e, con
un ultimo sorriso, lasciò la stanza mentre Mac, ancora tra
le braccia della
direttrice, ne ricambiava goffamente la stretta; la porta venne chiusa
con
cautela, dando loro la privacy di cui avevano bisogno, e Angus
sentì la donna
rilassarsi di poco prima di rompere il contatto: “Biondino,
fammi un altro
scherzo del genere e riporto in vigore l’embargo sulle
graffette.”
“Minacce
di un certo livello.”
“Mac…”
“Scusami,
Matty.”
“Dico
davvero,” la donna si accomodò sulla sedia che era
diventata ormai
un’estensione di Jack: “Non voglio più
dover firmare un documento che mi dice
che sei morto, non voglio neppure più pensare
all’eventualità, dannazione.”;
visibilmente esausta, Matty si pinzò il ponte del naso e lo
premette
ripetutamente come per allontanare un’emicrania in arrivo
prima di riportare lo
sguardo sul suo agente, “Sei importante, Mac, non solo per la
Fondazione ma
soprattutto per me, per questa famiglia.”
proseguì, indicando con la mano la
foto incorniciata posizionata sul comodino, la stessa che Bozer aveva
portato da
casa per decorare la stanza.
Una
foto semplice, la rappresentazione di una famiglia felice e unita le
cui
braccia erano strette gli uni attorno agli altri, in un intrico di arti
e
vestiti colorati in una serata d’estate sulla terrazza;
scattata con un
complicato sistema di autoscatto che Mac aveva creato, “Ma
non bastava un
bastone per selfie?” aveva detto Riley con un sorriso
esasperato, era stata
stampata il giorno dopo e non era un mistero per nessuno il fatto che
Matty ne
avesse una copia sulla propria scrivania, accanto a quella dei suoi
genitori.
Bozer
e Riley erano seduti sulla balaustra di legno, si indicavano
vicendevolmente
ridendo per qualche battuta stupida mentre Matty, appoggiata alle gambe
dell’hacker, teneva in mano un bicchiere di scotch; Jill, al
suo fianco,
sorrideva timidamente, mentre al centro del gruppo, Jack e Mac ce la
stavano
mettendo tutta per fare le espressioni più stupide mai viste.
Era
una foto semplice, ma proprio quella sua semplicità la
rendeva speciale.
“Sei
importante per tutti noi, Angus MacGyver e no, non fare quella
faccia.” lo
rimproverò lei vedendolo roteare gli occhi: “So
che odi che si usi il tuo nome
completo ma voglio rinforzare il concetto. Abbiamo bisogno di te, Jack
ha
bisogno di te. Hai un dovere, agente MacGyver: quello di restare in
vita e
renderlo felice così come lui ha giurato di rendere felice
te.”
Con
la gola chiusa dal magone, Mac annuì, sentendo una
sensazione di calore
sprigionarsi dal suo petto e propagarsi in tutto il corpo: era
l’amore che le
persone attorno a lui gli riservavano e, nonostante fosse poco esperto
di
simili dinamiche, si disse che forse poteva fidarsi, che quello che
provavano
era autentico, che erano davvero al suo fianco e che lo sarebbero
sempre stati.
“Ora
ricomponiamoci, o Dalton non la finirà più di
prenderci in giro e non voglio
dover spedire il tuo futuro marito in missione in Antartide.”
Mac
scoppiò a ridere e accettò il fazzoletto che
Matty gli passava: “Di solito non
sono così emotivo.” borbottò il
giovane, “Dev’essere la tetradotossina.”
“Sicuramente,
Biondino. È noto, in fondo, che le neurotossine, oltre a
paralizzarti e a
portarti alla morte, ti mandano fuori di testa come gli ormoni durante
il ciclo
mestruale. Rassegnati, hai dei sentimenti.”
“Allora
li ha anche lei, Matty.”
“Per
quanto non voglia ammetterlo, sì. Li ho. Ma se la notizia
esce da questa
stanza, davvero nascondo tutte le graffette della Fondazione.”
Con
il cuore più leggero, entrambi scoppiarono a ridere: ci
sarebbe stato ancora
molto da fare perché Mac recuperasse del tutto ma erano
sulla buona strada.
La
tempesta era ormai lontana e c’era soltanto il sole davanti a
loro.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - The real me is breaking through ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note:
Dedicata
a Mairasophia, deadellapioggia e Dida.
UNDERNEATH
CAPITOLO 5
THE REAL ME IS BREAKING THROUGH
And so I'm here just as I am
Bruised or broken
I don't have to pretend
When I'm with you – Citizen Way
"Ehi,
capo. Posso rientrare o devo
chiamare Anderson perché hai preso in ostaggio il mio futuro
marito e vuoi
consegnarlo a Murdoc?"
Quando
Jack, infilata la testa nella
stanza, cercò di guardare all'interno, venne accolto da un
cuscino che, con
precisione quasi chirurgica, lo colpì dritto in faccia; con
un sussulto
indignato, l'ex Delta lo buttò di lato, accorgendosi subito
dopo
dell'espressione soddisfatta di Matty e della risata appena trattenuta
di Mac.
"E
sono stata buona, Dalton.
Potevo lanciarti una siringa." esclamò la Direttrice, con la
mano ancora
alzata in posizione di lancio: "Sei uscito da neppure dieci minuti, Mac
è
perfettamente in grado di restare in mia compagnia senza bisogno del
San
Bernardo di servizio. Vatti a fare una doccia, piuttosto, che hai lo
stesso odore
di uno spogliatoio maschile delle superiori."
Alle
spalle di Jack, Bozer e Riley
risero, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Jack: "Non puzzo
così
tanto. Vero, Mac?"
"Mac
non te lo direbbe mai, ma io
non ho questo tatto. Quindi sparisci a farti una doccia, Bozer ha la
borsa con
il tuo cambio."
Wilt
sorrise e passò a Dalton l'oggetto
incriminato: "Buona ripulita!" gli augurò prima di superarlo
ed
entrare nella stanza, seguito da Riley con l'onnipresente zaino sulle
spalle,
"Io ascolterei Matty, sai? Non vorrei vederla arrabbiata. Potrebbe
decidere di tenerti lontano da questa stanza.".
Sconfitto,
Jack infilò la testa
all'interno per scambiarsi un'occhiata con Mac, il quale gli sorrise
rassicurante dal letto, era ancora pallido, troppo per i gusti dell'ex
Delta,
ma si fidava dei suoi compagni.
"Torno
tra venti minuti!"
gridò prima di sparire nel corridoio.
I
due agenti più giovani scossero la
testa divertiti prima di raggiungere il letto di Angus, che li
fissò con
espressione riconoscente e affettuosa, con quel sorriso a cui in pochi
sapevano
dire di no: "Sono contento di vedervi, ragazzi." disse lui,
allungando le mani ancora tremanti per stringere le loro.
Per
tutta risposta, i due si gettarono
su di lui, abbracciandolo; gli mozzarono il respiro per l'impeto ma la
loro
presenza non era un fastidio per Mac, anzi; era quasi un sollievo e una
liberazione, un peso in meno sulla sua anima.
Non
era riuscito a vederli prima,
nonostante sapesse che fossero passati mentre lui era ancora
addormentato, e ora
poteva finalmente chiedere scusa, parlargli riguardo a tutta quella
brutta
storia e-
"Se
osi chiedere scusa per
qualsiasi cosa, mi rimangio la mia promessa e non verrò al
tuo
matrimonio." mormorò Wilt al suo orecchio: "E io
modificherò gli atti
civili per far sì che tu sia sposato con la vecchia signora
Dast che abita in
fondo alla tua strada." aggiunse Riley.
Rassegnato,
non l'avrebbe mai spuntata
con loro due, ricambiò l'abbraccio e nascose il viso sulla
spalla di Bozer per
non far vedere la lacrima fuggiasca che gli scendeva lungo le guance:
"Mi
siete mancati…" ammise Angus con voce strozzata.
"Anche
tu, Mac… E mi dispiace non
aver sentito che stessi bussando sulla bara… Stavo lasciando
che ti
seppellissero vivo, se non ci fosse stato Jack…"
"Non
è colpa tua,
fratellino."
"Ehi,
ci separano soltanto pochi
mesi!"
"Sei
comunque più piccolo di
me."
Sentendoli
battibeccare a bassa voce ma
in maniera sostenuta e, quasi non osava dirlo, normale, Riley sorrise
tra i
singhiozzi e si staccò dal collo di Mac per asciugarsi gli
occhi con un
fazzoletto che Matty le passava mentre i due ragazzi non sembravano
avere
fretta di allontanarsi l'uno dall'altro; vedere Mac che, seppur debole
e
frastornato, faceva del suo meglio per rassicurare la persona che gli
era sempre
rimasta al fianco, con il bello e il cattivo tempo, ancora prima
dell'arrivo di
Jack, riempì il cuore dell'hacker di uno strano calore.
Non
erano fratelli di sangue ma lo
erano senza dubbio di cuore.
"Ok,
ora basta oppure piango di
nuovo." fu il prop-maker a sciogliere l'abbraccio – ma non il
contatto con
l'amico, la sua mano era ancora poggiata sulla spalla di Mac
– per tirare fuori
il proprio cellulare dalla tasca: "Dobbiamo fare una telefonata."
aggiunse, con una nota di ansia nella voce.
"A-Avete
chiamato mamma?"
"Dovevamo
farlo, Mac…"
"Qual
è la storia di
copertura?"
"Sei
andato con dei bambini in
gita per osservare alcune costellazioni e sei caduto in un crepaccio
per
salvare uno di loro che era scivolato. Il tuo corpo non è
stato ritrovato ma
sotto c'era un fiume ingrossato per le forti piogge e la percentuale di
sopravvivenza era minima."
Matty
si alzò dalla sedia e avvicinò i
due agenti: "Non è stato semplice per nessuno, ragazzi. Ma
siamo tutti
qui, non manca nessuno, ed è l'ultimo sacrificio che va
fatto prima di voltare
definitivamente pagina. Vi proporrei di chiamare io ma so che vostra
madre
preferirebbe sentirlo dire da voi."
"Voglio
chiamarla io."
Con
aria determinata malgrado la
stanchezza, Mac allungò la mano a prendere il cellulare di
mano a Wilt e,
inserito il codice di sblocco, iniziò a spulciare la rubrica
alla ricerca del
numero: "Voglio che senta la mia voce e che si tranquillizzi, non avrei
mai voluto che ricevesse una telefonata simile, è mia
responsabilità."
"L'unica
persona ad essere
responsabile di qualcosa qui è Dolores Castillo." la voce di
Matty era
furiosa nel nominare la donna che aveva causato tutto quello: "Ma non
vi
preoccupate, non potrà più nuocere a nessuno. La
CIA l'ha presa in custodia e
verrà presto estradata in Spagna per essere giudicata in
loco. Non metterà più
piede negli Stati Uniti. Se solo ci provasse, verrebbe arrestata e
buttata in
prigione, e lo farei personalmente."
"Mi
chiedo cosa l'abbia spinta a
farlo… Non la conoscevo neppure. Non come conosco Lancelot,
comunque." Mac
aveva trovato il numero ma esitava a chiamarlo.
"Ancora
non lo sappiamo ma appena
finiranno l'interrogatorio, quelli della CIA ci invieranno tutti i
documenti.
Abbiamo però dei sospetti, Biondino. Probabilmente avrai
già capito."
"Sì,
non è necessario andare
oltre..."
Nella
stanza cadde un silenzio
irrequieto mentre Mac finalmente si decideva ad effettuare la chiamata
e i
presenti si avvicinavano ancora di più a lui per fornirgli
supporto e
rassicurazione; Wilt gli prese la mano e gliela strinse con forza
mentre, nei
suoi occhi, c'era solo affetto e orgoglio rivolti a Mac:
"Andrà tutto
bene." disse lui con convinzione al quarto squillo.
Poi,
qualcuno dall'altra parte alzò la
cornetta e lui trattenne il fiato: "Pronto?"
§§§
Quando
il telefono squillò, Savannah
Bozer era distesa sul divano con in grembo l'album di fotografie di
famiglia;
addormentatasi mentre sfogliava le foto dell'infanzia dei suoi due
bambini, la
donna venne svegliata di colpo dallo squillo, il quale la fece
sobbalzare e le
fece cadere di dosso il pesante volume.
Con
un tonfo, questi cadde a terra e
lei, confusa, si guardò attorno, riconoscendo infine il
suono.
Allungatasi
a prendere il cordless sul
tavolino da caffè, rispose al telefono con voce impastata di
sonno e tristezza
e la prima cosa che sentì fu un rantolo risuonarle
nell'orecchio.
"Pronto?
Wilt, sei tu?"
chiese la donna, non aveva guardato il numero ma non poteva pensare ad
altra
eventualità, soltanto il figlio la chiamava sul numero di
casa: "Wilt,
amore, tutto bene? Parlami."
"N-No,
mamma. Sono io, Mac."
Per
un istante, la donna rimase senza
parole, con le lacrime che minacciavano di scendere e il groppo in
gola; si
portò la mano alla bocca mentre faceva cenno con l'altra a
Sean, il marito, di
raggiungerla, con il telefono incastrato tra orecchio e spalla: "Mac,
t-tesoro... Mi avevano detto..."
"S-Sì,
lo so. E mi dispiace ma
e-ero caduto in un crepaccio e non erano riusciti a trovarmi prima."
La
donna ormai piangeva senza freni,
preoccupando non poco l'uomo che la affiancò premuroso; lei
sorrise e scosse la
testa, passandogli l'apparecchio: "Pronto, chi parla?" chiese lui,
cercando di mostrarsi deciso.
"P-Papà
Bozer, sono Mac. Sto
bene... La mamma è ancora lì?"
Se
gli avessero dato un pugno in
pancia, avrebbe fatto meno male.
"Se
è uno scherzo, giuro
che-"
"Papà,
sono Wilt. Non è uno scherzo,
Mac è davvero qui, sano e salvo. Mi dispiace così
tanto di avervi detto che era
m-morto, ma l'h-hanno ritrovato due giorni fa e solo oggi ha ripreso a
parlare.", l'agente aveva preso il cellulare dalle mani dell'amico
fraterno e aveva cercato di rassicurare i genitori: "Vorrebbe che ci
raggiungeste."
In
quel momento, il giovane agente si
interruppe un attimo a causa del tocco gentile della mano di Matty sul
suo
avambraccio e la vide far scivolare un bigliettino nella sua direzione:
"Il nostro capo dice che può far arrivare un elicottero
privato a Mission
nel giro di un paio d'ore al massimo, potrebbe atterrare nel campo
dietro la
stia di zio Bartholomew."
"Wilt,
tesoro mio... Dì al tuo
capo che apprezziamo la sua offerta e che saremo lì al
più presto. Potresti
passarmi di nuovo Mac, per favore?"
Bozer
obbedì e sistemò il telefono con
cura sotto l'orecchio di Angus, che sorrise debolmente: "Mamma...
s-scusami. Davvero."
"Shhh,
bambino. Tra poco saremo lì
da voi, Dì a tuo fratello che deve occuparsi di te
finché mamma non sarà da
voi."
"Come
se potessi fare
diversamente..." borbottò Wilt, guadagnandosi una gomitata
scherzosa da
parte di Riley: "D-Daremo le coordinate della stia di zio Bart al
pilota
per raggiungervi."
"Ringrazia
il tuo capo da parte
nostra, bambino mio. Tra poco saremo lì."
La
comunicazione si interruppe e,
mentre Matty parlava animosamente al telefono a voce bassa, Bozer
abbracciò di
nuovo Mac e restò lì, con la testa del fratello
poggiata contro la spalla e le
sue braccia avvolte attorno al busto di Mac: "Non avrei voluto che
soffriste." disse Angus con un sospiro stanco, "Non ve lo meritavate.
E non se lo meritavano neppure loro, non dopo tutto quello che hanno
fatto per
me."
Wilt
scosse la testa e aumentò la
stretta: "E tu non meritavi di finire in mezzo a questa brutta storia,
quindi siamo pari. Mac, come dobbiamo dirti che non devi scusarti di
niente?
Nei hai passate tante, amico. Pensa soltanto a recuperare, è
il modo migliore
per renderci contenti. Sicuramente anche mamma sarebbe d'accordo con
me."
I
due ragazzi restarono abbracciati per
parecchi minuti, incapaci di staccarsi per l'emozione della telefonata
da poco
conclusasi e fu così che li trovò Jack, di
ritorno dalla doccia.
Preoccupato,
l'ex Delta si voltò verso
la figlia adottiva e le lanciò uno sguardo interrogativo,
rassicurato soltanto
in parte dall'espressione commossa sul viso della ragazza: "Non ora."
mimò con le labbra lei prima di avvicinarglisi, "Hanno
chiamato la mamma
di Bozer." sussurrò all'orecchio di Jack, "Lasciagli qualche
minuto.".
Quando
infine si staccarono, Mac alzò
istintivamente lo sguardo verso Jack e gli sorrise con affetto prima di
allungare
la mano perché si facesse più vicino; attirato
come una falena dalla fiamma, il
più anziano colmò la distanza tra sé e
il fidanzato e afferrò la mano,
sentendola finalmente calda e non più gelida e sudata: "Come
ti
senti?" gli domandò con tono leggermente apprensivo,
lasciando che le loro
fronti si toccassero.
"Bene."
rispose Mac,
asciugandosi gli occhi: "Avevo soltanto bisogno di parlare con lei."
"Quando
arriveranno?"
"Tra
qualche ora, probabilmente…
Vorrei farmi una doccia, prima. O almeno cambiarmi."
"Non
appena gli altri se ne
saranno andati, ci penserò io."
Matty
concluse in quel momento la
propria telefonata e, riposto il cellulare in tasca, posò la
mano sullo schienale
della sedia di Jack: "L'elicottero parte tra un'ora, Amanda, la 2IC di
Anderson, sta finendo di fare rifornimento. Mi aspetta all'aeroporto
della
Fondazione tra mezz'ora per i controlli pre-volo, è meglio
che mi avvii."
Le
sue parole fecero alzare lo sguardo
a Wilt, che la fissò senza capire bene cosa stesse dicendo,
ma strapparono un
sorriso a Mac, un sorriso che commosse la donna: "Li
scorterò io qui al
Nido per vederti, ho già preso contatti con un albergo
perché siano alloggiati
con tutte le misure di sicurezza del caso."
"Grazie,
Matty. Non so cosa
dire…"
"Il
Biondino ammutolito? È una
data da segnare sul calendario." rise lei prima di voltarsi verso Riley
e
Bozer: "Mi servono quelle coordinate da dare al pilota.".
"Matty,
quindi va lei a prenderli?
Di persona?"
"Certo,
Bozer. Non sarebbe
professionale, da parte mia, non andare a prendere i genitori di due
miei
agenti. Soprattutto in un frangente del genere. Dalton, li porto via
con me, tu
non molestare Mac o dico a Gregor di allontanarti dal Nido fino al
giorno del
matrimonio." la direttrice alzò un dito e lo
avvicinò pericolosamente agli
occhi di Jack: "Sei sorvegliato." lo avvertì prima di
uscire, con
Riley dietro di lei che rideva senza curarsi di controllarsi.
Prima
di seguirle, Wilt rivolse un
cenno di saluto al fratello e al fidanzato di quest'ultimo, un saluto
che
sembrava più una minaccia; quando vennero finalmente
lasciati soli, Jack cinse
le spalle di Mac con un braccio e se lo strinse contro il petto,
sospirando
rumorosamente: "Ma perché tutti mi minacciano?"
borbottò infastidito
prima di posare un bacio sulla testa dell'agente più
giovane, "Dovrebbero
sapere che sei perfettamente al sicuro con me.".
Mac
sbadigliò ma si accoccolò contro di
lui: "Lo sanno perfettamente, per dirla a modo tuo. Ma Matty deve
mantenere le apparenze e Bozer… Beh, Bozer penso che abbia
preso molto sul
serio il proprio ruolo." ridacchiò mentre si aggrappava alla
sua spalla,
"Mi avevi promesso una doccia o sbaglio?"
"Giusto.
Ti aiuto a
scendere."
"Vorrei
provare a camminare, se
possibile."
"Sei
sicuro?"
Mac
annuì convinto e, sciolta la
stretta del fidanzato, si raddrizzò per mettersi seduto:
sentiva i piedi
dondolare a mezz'aria ed era una sensazione strana, abituato com'era
all'immobilità degli ultimi giorni, ma voleva provare a
camminare e velocizzare
il processo di guarigione.
Sentiva
Jack accanto a sé, sicuro che,
qualunque cosa potesse succedere, sarebbe stato lì per
aiutarlo, e questo lo
convinse a scendere dal letto: per una gloriosa manciata di secondi,
Mac riuscì
a stare in piedi, le sue gambe lo reggevano come un tempo e il suo
corpo si
abituava al nuovo impatto della gravità.
All'improvviso,
però, le ginocchia gli
cedettero ma Jack fu veloce a prenderlo al volo e a passargli un
braccio sotto
le stesse e un altro dietro la schiena per prenderlo tra le proprie
braccia e
sollevarlo: "Cerca di non aggiungere trauma cranico alla lista di
ferite
da cui devi riprenderti." disse l'uomo a bassa voce prima di baciarlo
con
amore e riverenza sulle labbra: "Non devi avere fretta, piccolo. Ti
riprenderai presto.".
"Non
mi piace dipendere da
qualcuno, lo sai."
Jack
scosse la testa: "Non è
dipendere da qualcuno, Mac. È lasciare che le persone che ti
amano si prendano
cura di te quando hai bisogno soltanto di pensare a guarire. Te l'ho
già detto
una volta, piccolo, e non soltanto io ma anche gli altri: siamo una
famiglia, e
la famiglia si aiuta e si supporta. Senza se e senza ma. Ricordatelo
sempre,
anche se ci allontani, ci chiudi fuori dalla tua vita, noi resteremo
sempre ad
aspettarti, io resterò sempre ad aspettarti, è
una promessa."
"Forse
posso vivere con questa
promessa…"
Con
un sorriso, e Mac disteso tra le sue
braccia, Jack uscì nel corridoio deserto e illuminato dalla
luce del sole che
entrava dalle finestre che davano sul cortile interno del Nido: era una
bella
giornata, il cielo era azzurro e l'aria tiepida e profumata, una di
quelle
giornate che ti invogliano ad andare in spiaggia a prendere il Sole e a
goderti
la brezza di mare.
Muovendosi
con sicurezza attraverso i
corridoi più interni del Nido, senza incontrare nessuno, si
fermarono infine davanti
a una porta bianca, anonima, che Jack aprì poco
elegantemente con un calcio: si
ritrovarono in un bagno bianco immacolato dove, accanto alla
cabina-doccia,
c'era una vasca già piena, con asciugamani posati accanto e
un pigiama pulito.
"Lancelot
ha detto che potevamo
usare il suo bagno privato." disse soltanto l'agente, prima di farlo
sedere sulla tavoletta del gabinetto: "Allora, ci pensi tu a
toglierteli
oppure ti lancio in acqua vestito?" ghignò.
Roteando
gli occhi, Mac mosse le
braccia con una smorfia infastidita, ma riuscì a sollevare
la casacca sopra la
testa e a levarla; con l'aiuto di Jack, tolse anche i pantaloni e
l'intimo; con
un sorriso – da quando Mac era tornato, difficilmente l'ex
Delta smetteva di
fare smorfie felici in sua presenza - Dalton lo sollevò di
nuovo e lo depositò
nell'acqua tiepida: "È di suo gradimento, signore?"
Mac
non rispose ma, dal modo in cui si
lasciava andare alle carezze del liquido sulla pelle, il fidanzato
capì che
doveva aver fatto centro: "Ora, scegli tu. Doccia da soldato in tre
minuti
scarsi oppure preferisci sguazzare un po' qui dentro?"
"Jack,
non tocco acqua da una
settimana, ho bisogno di sentirmi pulito." borbottò Mac
prima di immergere
la testa fino al livello degli occhi.
Quando
riemerse per prendere aria, Jack
era pronto con lo shampoo in mano: ne versò una generosa
dose sui capelli ormai
stopposi e secchi del partner e prese a massaggiargli il cuoio
capelluto con
gli stessi movimenti circolari che usava per tranquillizzarlo; in pochi
minuti,
complice anche la stanchezza e le emozioni - Gregor si era raccomandato
di
tenerlo tranquillo ma telefonare alla madre di Bozer doveva essere
stato un
duro colpo per lui - Mac si lasciò andare all'indietro e
chiuse gli occhi.
Galleggiava
sul pelo dell'acqua,
sprofondando sempre più nel sonno tanto più Jack
continuava con i propri gesti.
Quando
l'acqua tiepida cadde sui suoi
capelli per risciacquarli, sembrava una pioggia estiva, calda
nonostante debba
portare refrigerio alla natura avviluppata dall'afa.
La
stanza era silenziosa, tranne che
per la voce bassa di Jack che canticchiava, una melodia accattivante
che sapeva
di vecchie musicassette che gracchiavano in un walkman dimenticato al
sole:
"But I would walk 500 miles, and I would walk 500 more, just to be the
man
who walks a thousand miles to fall down at your door..."
Di
rimando, Mac abbozzò un sorriso e
canticchiò lo stesso ritmo ma senza le parole, non era una
canzone che conosceva
ma ila melodia non era difficile da ricordare.
Era
mezzo addormentato ma la
performance doveva aver soddisfatto Jack, perché questi si
chinò sul suo
orecchio e, dopo averlo baciato lì dietro, lo
sfiorò con le labbra distese in
un sorriso: "Una delle canzoni che preferivo al karaoke."
confessò.
Vedendolo
del tutto abbandonato con le
membra avvolte dall'abbraccio dell'acqua, Jack sorrise e si
concentrò sul resto
del corpo: lo lavò accuratamente e con una punta di
imbarazzo - non che non
l'avesse mai visto nudo come mamma l'aveva fatto ma mai in situazioni
del
genere, gli sembrava quasi di approfittarsi di lui -
dopodiché, quando ormai
l'acqua si era quasi del tutto raffreddata, aprì lo scarico
per farla fluire.
Quando
ormai era quasi del tutto
sciabordata via, Jack prese l'asciugamano di morbido cotone e
semplicemente ci
avvolse dentro Mac, frizionandolo per asciugarlo.
Del
tutto indisturbato, l'agente più
giovane continuava a dormire, Jack lo prese come un segno di fiducia e
totale
arrendevolezza nei suoi confronti, un dono prezioso.
Difficilmente
Mac si fidava e quel suo
essere insolitamente docile era forse la cosa più importante
di cui Mac poteva
fargli dono.
"Ehi,
piccolo... Piaciuto il
bagno?" la voce di Jack era permeata di affetto mentre gli posava un
bacio
sulla testa umida, l'unica altra cosa che spuntava dall'asciugamano
oltre alle
lunghe gambe di Mac.
Il
più giovane non rispose e strappò
una risata al'ex Delta: "E dicevi di non essere stanco,
assolutamente." lo prese in giro prima di spostargli una ciocca umida
dalla fronte, "Sei un testone.".
Dopo
avergli messo addosso il pigiama
pulito e aver lasciato vestiti sporchi e accessori da bagno nel cesto
come gli
aveva indicato Lancelot, Dalton lo riprese tra le braccia e se lo
strinse
addosso, inspirandone il profumo dello shampoo e il calore della pelle
baciata
dall'acqua tiepida: "Sono così felice che tu sia vivo..."
mormorò
mentre ne guardava l'espressione pacifica nel sonno, con la testa
poggiata
contro il suo petto, "Davvero felice... Resta così, Mac, non
potrei sopportare
qualcosa di diverso."
Era
ancora debole, forse lo sarebbe
stato per ancora qualche tempo, ma tutto era meglio dell'alternativa.
"Ti
amo, Mac…"
La
voce di Jack era un sussurro
praticamente inudibile ma aveva toccato comunque le corde dell'anima
del più
giovane, che sorrise nel sonno e mormorò un semplice
"Anch'io" di
rimando: non c'era nient'altro di così importante.
§§§
Quando
l'elicottero della Fondazione arrivò
a destinazione un'ora e mezza dopo la telefonata che avevano ricevuto dai
figli,
Savannah e Sean Bozer uscirono nel cortile che confinava con la
proprietà del
fratello di lei, Bartholomew, e videro la carlinga lucente
dell'elicottero sfiorare
le cime degli alberi prima di iniziare le manovre di atterraggio nel
punto
concordato.
La
donna strinse la mano del marito per
farsi forza e, quando dal mezzo ormai atterrato, scesero due donne, fu
la prima
a farsi avanti per accoglierle: "Sono Savannah Bozer, benvenute a
Mission
City." salutò lei.
Quella
che era senza dubbio il capo le
sorrise e allungò una mano: "Matilda Webber, direttrice
della Fondazione Phoenix
e capo di Wilt e Angus. Lei è Amanda, è lei a
pilotare l'elicottero. A nome
della Fondazione, vi chiedo scusa per quanto accaduto e sono venuta qui
per
accompagnarvi personalmente."
Sean
annuì ma non disse nulla,
lasciando che fosse la moglie a dire tutto: "La ringraziamo per il suo
interessamento, signora Webber. Ma sia sincera, Mac sta bene, vero? Se
lo
conosce bene, sa che non è molto aperto sulla propria salute
e-"
"Mi
chiami Matty, Savannah. Per
quanto riguarda Mac… Siamo a conoscenza del…
problema, diciamo. È tenuto sotto controllo dal
primario della clinica
privata della Fondazione, ci penserà lui a rivelare tutte le
scuse che Mac si
azzarda a propinarci."
Savannah
rise sotto i baffi e, con un
cenno della testa, indicò al marito di prendere la borsa ai
loro piedi: "Abbiamo
prenotato una stanza in albergo per restare con Mac ma non conosciamo
bene Los
Angeles, potrebbe darci indicazioni, una volta arrivati?"
"Non
è necessario, Savannah. La
Fondazione ha prenotato una stanza per voi a nostro carico e avrete
sempre
qualcuno a farvi da autista. Se mi fate avere il numero dell'hotel,
posso
disdire personalmente, senza farvi pagare per l'annullamento della
vostra
prenotazione precedente."
"Matty,
ma non è necessario-"
"Insisto,
Wilt e Angus sono due
dei miei migliori scienziati e la politica della Fondazione
è fornire supporto
e alloggio alle famiglie dello staff in caso di emergenza o situazioni
delicate. Non vi preoccupate, è uno dei privilegi del mio
ruolo e sono ben
contenta di approfittarne." Matty sorrise a entrambi e fece un gesto
verso
l'elicottero alle sue spalle: "Wilt ci aspetta all'aeroporto e da
lì andremo
direttamente all'ospedale."
"Non
è rimasto con Angus?"
chiese Sean, caricando sulla spalla la borsa da viaggio.
"Avevo
bisogno delle coordinate
esatte, ma non vi preoccupate. Mac è in compagnia di Jack
Dalton, un suo
collega."
"Se
c'è Jack con lui allora non ci
preoccupiamo." intervenne Savannah con un sorriso sollevato: "Mac ci
ha parlato tanto di lui, sappiamo che sono molto uniti e che Jack gli
è molto
legato."
Sean,
sempre di poche parole, annuì con
serietà e seguì Amanda fino al velivolo,
lasciando le due donne indietro a
scambiarsi ancora qualche parola: "Sean è molto affezionato
a Mac." disse
Savannah, riconoscendo nei gesti del marito i sentimenti dell'uomo,
"È un
uomo un po' burbero ma ha insegnato lui a Wilt a essere sempre aperto e
gentile
con tutti, ha accolto Mac come uno di famiglia fin dall'inizio e la
notizia
della sua scomparsa ha ferito forse più lui tra noi due."
"Sono
desolata, Savannah. Era una
gita come tante, non era la prima volta che Mac accompagnava quei
ragazzi a
osservare le costellazioni."
"È
tutto a posto, Matty. Voglio
solo raggiungere i miei bambini e abbracciarli."
"Presto
saremo lì, è una
promessa."
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - When I'm with you ***
Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note:
Dedicata
a Maira.
UNDERNEATH
CAPITOLO 6
WHEN I'M WITH YOU
There's only love
There's only grace
When I'm with you
When I'm With You – Citizen Way
Sulla
pista d'atterraggio illuminata dal sole a
picco, Bozer e Riley aspettavano che l'elicottero privato della
Fondazione
spegnesse i motori e facesse scendere i propri passeggeri: agitato,
Wilt
stringeva convulsivamente la mano della sua amica mentre questa, con
gli
occhiali da sole, cercava di scrutare al di là dei vetri
oscurati per scorgere
le sagome dei passeggeri.
"Vedo
Amanda ai comandi." disse Riley: "E
Matty è seduta davanti accanto a lei."
"E
i miei?!"
"Vedo
due sagome sedute nei posti dietro."
Quando
finalmente le pale dell'elicottero si
fermarono e il portellone venne aperto, la prima a scendere fu
effettivamente
la 2IC di Anderson, seguita da Matty e poi da due persone, dalle loro
espressioni sembravano del tutto fuori posto e spaesati.
Riley
non li conosceva ma vedendo gli occhi di Wilt
riempirsi di lacrime, ebbe la conferma che si trattava dei suoi
genitori;
l'amico sciolse la stretta della sua mano e corse verso i quattro prima
di
gettarsi tra le braccia spalancate della donna, che lo strinse a
sé con forza.
Più
calma, Davis raggiunse la direttrice, rivolgendo
al contempo un cenno del capo verso Amanda: le due donne erano buone
amiche, e
più volte erano uscite assieme a Jill per bere qualcosa
insieme dopo il lavoro.
"Notizie
di Jack?" chiese subito Matty.
"Mac
si è addormentato mentre Jack lo aiutava a
lavarsi, pare che dorma ancora. Deve essere ancora sotto l'effetto di
quella
roba." Riley si rabbuiò: "Ma il dottor Lancelot ha detto che
è normale,
vista la situazione."
"Se
anche solo una delle maledizioni che sto
lanciando da quando siamo partiti va a segno, la Castillo
arriverà in Spagna
morta." borbottò la direttrice torva prima di voltarsi verso
i Bozer:
"Una macchina ci sta aspettando per raggiungere l'ospedale."
Riley
annuì poi allungò la mano per offrirla ai
coniugi Bozer: "Io sono Riley, lavoro con Mac e Wilt."
Mentre
Savannah la strinse piano, la presa di Sean
fu più vigorosa.
"Riles
è una forza, mamma, papà. Unico difetto,
non apprezza il pastrami a Natale."
"Amo
il pastrami, e quello dei tuoi genitori è
delizioso. Ma non è proprio un tipico piatto natalizio."
Savannah
scoppiò a ridere e rivolse la propria
attenzione alla ragazza: "Quando Mac e Wilt erano bambini, avrebbero
mangiato pastrami anche a colazione, l'unico compromesso che riuscii a
trovare
fu quello di creare la tradizione di mangiarlo a Natale altrimenti me
l'avrebbero fatto preparare per cena una sera sì e l'altra
pure."
Riley
lanciò un'occhiata scandalizzata a Bozer:
"Questa storia non me l'avevate raccontata!"
Intanto
che Savannah e Riley si scambiavano storie
imbarazzanti sull'infanzia di Wilt e Mac, Matty e Amanda guidarono il
gruppo attraverso
la pista d'atterraggio mentre Sean e il figlio parlottavano in fondo a
tutti.
Una
volta a bordo di un SUV nero dai vetri oscurati,
ci misero poco meno di mezz'ora ad attraversare la città e a
raggiungere un edificio
bianco che brillava sotto il sole, davanti al quale si fermarono.
Amanda
fu di nuovo la prima a scendere e fu lei ad
aprire la portiera posteriore mentre Anderson stesso, con occhiali da
sole e
Miller al seguito, li aspettava all'ingresso.
"Benvenuti
al Nido." li accolse il
vice-comandante della squadra tattica: "Direttrice, signorina Davis, ho
bisogno di Carter. Miller qui resterà a vostra disposizione
per tutto il tempo
necessario. Ah, e Doc Lancey la stava cercando." aggiunse Anderson.
Con
una smorfia esasperata, Matty congedò la giovane
pilota: "Mi aspetto un rapporto completo. E attento, Anderson, se
Lancelot
ti sentisse, ti aizzerebbe contro Castore e Polluce."
"Ma
tanto sappiamo entrambi che obbediscono
soltanto alla signora Lancelot, quindi sono in una botte di ferro.
Arrivederci,
signori. E buona permanenza. Miller vi accompagnerà nella
stanza di
MacGyver."
Mentre
Amanda seguiva il proprio comandante verso un
altro SUV posteggiato poco distante, Miller fece loro strada
all'interno.
La
clinica era fresca e silenziosa e in giro, a
parte qualche raro infermiere, non c'era nessuno.
"La
Fondazione si occupa anche di ricerca
medico-scientifica." spiegò Matty, levandosi gli occhiali da
sole: "Ma
molti dei progetti sono stati conclusi e al momento anche i pazienti
sono
pochi. In verità, c'è soltanto Mac."
"È
un posto gigantesco." Sean sembrava
genuinamente sorpreso: "Non sapevo ci fosse un ospedale simile a Los
Angeles."
"Essendo
una struttura privata, non è un posto
di cui si parla solitamente. Anche i pazienti sono pochi, e
perlopiù sono
impiegati della Fondazione. Il suo compito principale è
quello di collaborare
con il governo per ricerche."
Riley
e Wilt annuirono, ben consapevoli del fatto
che fosse quanto di più lontano dalla realtà, dal
momento che il Nido era
l'ospedale privato della Fondazione e ad uso esclusivo degli agenti sul
campo e
delle varie squadre tattiche.
Ma
dal momento che dovevano mantenere la copertura…
Miller
li accompagnò attraverso un certo numero di
corridoi, fino a fermarsi davanti ad un'anonima porta grigio perla:
"Ecco,
questa è la stanza che il doc ha assegnato al piccole-
volevo dire, a MacGyver.
Signora, per qualsiasi cosa mi troverà qui fuori."
Dopo
aver rivolto un cenno del capo alla Direttrice,
l'agente si appoggiò con la schiena contro il muro prima di
tirare fuori il
proprio cellulare e digitare rapidamente alcuni tasti.
Wilt
sospirò, poi bussò: "Jack? Mac? È
permesso?"
Da
dentro si udì un tramestio, poi la porta si aprì
di scatto e sulla soglia apparve Jack, con i capelli spettinati e
visibilmente
umidi: "Avete fatto presto." notò lui con un sorriso, poi
tese la
mano verso Savannah e Sean, "Voi dovete essere i signori Bozer,
è un
piacere conoscervi. Mac dorme ancora ma se volete potete entrare."
Con
un po' di nervosismo, la donna prese la mano del
marito e seguì Jack all'interno, in una stanza ampia e
luminosa, bianca, al
centro della quale c'era un letto ugualmente candido e pulito; alla
donna balzò
il cuore in gola nel vedere l'espressione addormentata, e pacifica
nonostante
tutto, del figlio adottivo, che tuttavia era fin troppo pallido per i
suoi
gusti.
In
un impeto di istinto materno, Savannah si portò
al capezzale di Mac e gli passò la mano tra i capelli ancora
caldi per il phon,
accarezzandogli il cuoio capelluto con amore: "Angus…"
sussurrò la
donna con voce roca, "Va tutto bene, la mamma è qui."
Sean
era tuttavia rimasto più indietro, e accanto a
lui c'erano il figlio e Jack.
"Si
riprenderà?"
La
domanda dell'uomo non era rivolta a nessuno in
particolare, ma Dalton si sentì in dovere di rispondere: "Ci
vorrà ancora
qualche giorno, secondo il dottor Lancelot, ma starà bene.
Anche perché non
accetto qualcosa di diverso.".
Il
tono protettivo di Jack fece sorridere Sean, il
quale alzò la testa verso l'uomo più giovane:
"Angus lo diceva che eri un
tipo deciso." notò.
Jack
strabuzzò gli occhi: "Signore?"
"Angus…
O Mac come lo chiamate voi. Ha parlato
molto di te, Dalton, giusto? Vi siete conosciuti in Afghanistan, no?"
Jack
non sapeva cosa pensare.
Certo,
lui e Mac avevano un rapporto molto stretto,
diavolo, si dovevano sposare! Ma non avrebbe mai creduto che Mac avesse
parlato
di lui con i genitori di Bozer, anche se erano praticamente la madre e
il padre
che non aveva avuto.
Si
sentì onorato e quasi in imbarazzo, cosa che di
rado gli accadeva.
"Sì,
signore. Io e Mac ci siamo conosciuti in
Afghanistan e abbiamo lavorato sempre insieme."
"Ci
ha detto anche questo, Ma non per questo potrai
fare a meno di chiedere la nostra benedizione."
Dalton
sentì il proprio cuore fermarsi in gola.
"B-Benedizione,
signore?"
Savannah
alzò la testa e si rivolse verso il marito
con espressione perplessa: "Sean, non ci eravamo detti di non
infastidire
Jack? L'avevi anche promesso a Angus."
"Savannah,
pensi che lascerò che mio figlio si
sposi con un uomo che non ha le palle di chiedere al padre del
fidanzato la sua
benedizione?"
Lo
scambio di battute scatenò una serie di reazioni
diverse nel gruppo: mentre Matty e Riley ridevano in un angolo, Wilt
aveva gli
occhi sgranati e spostava lo sguardo alternativamente prima sul padre e
poi
sulla madre.
Ma
era Jack quello più sconvolto.
"Signore,
come fa a sapere…?"
"Angus
ci ha mandato una foto la mattina dopo,
non credo di averlo mai visto così felice in vita mia."
Savannah era
raggiante: "E non ascoltare questo vecchio burbero." aggiunse lei,
facendogli l'occhiolino, "È più felice di me.
È solo molto
protettivo."
"Spero
soltanto che non lo faccia anche con me…"
"Wilt,
tesoro. Non esserne così sicuro."
"Cos'è
questa confusione…?"
La
voce roca e confusa di Mac interruppe all'istante
qualunque chiacchiera mentre Jack si precipitava accanto a Savannah per
stringere la mano del fidanzato: i presenti lo videro sollevarla con
infinita
cura e portarsela alle labbra per baciarla, in un gesto intimo e
affettuoso.
Jack
poi si sporse per sistemargli meglio il cuscino
dietro la testa: "Sono arrivati i tuoi." gli disse solo.
Mac
sbattè più volte le palpebre, e infine
riuscì a
mettere a fuoco i lineamenti di Savannah accanto a Jack, la quale gli
sorrideva
con lo stesso amore dell'ultima videochiamata che si erano scambiati la
settimana prima: "Tesoro, come ti senti?" chiese lei.
"Intontito…
Jack, mi aiuteresti a mettermi
seduto?"
Senza
farselo dire due volte, Dalton passò le
proprie braccia attorno alla vita del fidanzato e, con cura, lo
sollevò come se
non avesse avuto peso; tenendolo sollevato e bilanciandolo con un
braccio solo,
afferrò il telecomando lì vicino per alzare lo
schienale del letto e, dopo che
Savannah ebbe sistemato i cuscini per farlo stare più
comodo, lo appoggiò sul
materasso e gli drappeggiò il plaid sulle gambe.
Era
molto dimagrito, notò la donna con una stretta
al cuore.
"Ciao
Savannah… Sean."
"È
bello vederti figliolo." Sean affiancò
la moglie: "Ma la prossima volta cerca di non farti dichiarare morto,
il
tuo vecchio non è più così giovane da
reggere un simile colpo."
Con
la mano di Jack che stringeva la sua, Mac annuì:
"Non era mia intenzione, davvero."
"Per
fortuna che c'era con te il nostro futuro
genero." Savannah sorrise al figlio: "E che resti tra noi, è
davvero
un gran bel ragazzo." disse con un tono fin troppo alto
perché non venisse
sentito anche da Miller nel corridoio.
Jack
sgranò gli occhi e fece per divincolarsi dalla
presa, ma Mac non gli diede scampo e anzi, la mano sottile del
più giovane
strinse come una morsa quella dell'ex Delta: "Jack è il
migliore,
mamma." l'espressione determinata di Angus fece balzare il cuore in
gola a
Dalton, "Sono davvero fortunato ad averlo con me… Fino a
quando
resterete?"
"Per
tutto il tempo necessario." intervenne
Matty: "Ho chiesto a Jill di occuparsi di prenotare loro una stanza in
albergo e finchè lo riterranno opportuno, resteranno in
città."
Massaggiandosi
il collo indolenzito, Mac annuì:
"Grazie, Matty."
"Dovere,
Biondino. Ma ora cerca di riposare
ancora un po'. Savannah, Sean, che ne dite di andare a cercare il
dottor
Lancelot? È il medico che si sta occupando di Mac e sono
sicura che ci stia
aspettando."
§§§
Quando
la stanza si fu del tutto svuotata tranne che
per Mac e Jack, dopo che tutti avevano avuto modo di salutare e
abbracciare
Angus, vi cadde il silenzio.
Con
la mano di Jack ancora stretta nella sua, Mac
rimase qualche minuto immobile, venendo poi distratto dalle labbra del
fidanzato sulla tempia, che gli posarono un bacio sui capelli morbidi;
mentre
le braccia di Dalton andavano a cingerli di nuovo la vita, lui si
accoccolò
contro il corpo robusto dell'uomo più anziano, chiuse gli
occhi per bearsi
meglio del calore che lo circondava.
"Futuro
genero eh? Mi piace." confessò
lui.
Mac
grugnì: "Mi avrebbero ucciso se non glielo
avessi detto per primi."
"Non
mi dà fastidio. Solo, non sapevo che
avrebbero reagito così."
"Savannah
e Sean sono sempre stati un po'
esuberanti. E protettivi. Non sai come la presero quando decisi di
arruolarmi."
"Vuol
dire che ci tengono a te, piccolo."
Jack gli posò un bacio sulle labbra: "E sono contento di
questo."
"Papà
ti ha già fatto il discorsetto, come
lo chiama lui?"
"Non
ha finito quindi mi aspetto che torni alla
carica."
Angus
rise sommessamente: "Non ti inseguirà con
il fucile di zio Bart. Credo."
All'improvviso,
un attacco di tosse gli bloccò il
respiro in gola, obbligandolo a piegarsi in due per il dolore; Jack lo
sorresse
con una mano mentre con l'altra frugava nel cesto metallico appeso al
bordo del
letto alla ricerca di qualcosa.
Dopo
averlo fatto sdraiare, gli coprì naso e bocca
con la maschera che aveva tirato fuori prima di pigiare il pulsante di
accensione: "Respira a fondo."
Mac
annuì debolmente e Jack ne vide il petto salire
e scendere, seppur con qualche difficoltà: "C-Credo di non
essere ancora
al 100%" ammise con espressione corrucciata.
"Non
devi avere fretta." il tono di Jack
era un misto di rimprovero e preoccupazione: "Io sono qui e non me ne
vado. Respiri profondi, piccolo."
E
intanto che i polmoni si riempivano di ossigeno e
il dolore a poco a poco scemava, Mac sentiva la stanchezza assalirlo,
ma non la
combattè: era al sicuro, poteva riposare.
E
sapeva che al risveglio Jack sarebbe stato lì al
suo fianco.
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