Intrecci del destino

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sguardi sorpresi ***
Capitolo 2: *** Sentimenti mai assopiti ***
Capitolo 3: *** Una madre impicciona ***
Capitolo 4: *** Impedimenti ***
Capitolo 5: *** Non posso stare lontano da te ***
Capitolo 6: *** Dissensi percettibili ***
Capitolo 7: *** Un dolore colmato ***



Capitolo 1
*** Sguardi sorpresi ***


< Azzurra, svegliati. Oggi è un giorno molto speciale per te. Il tuo primo giorno di scuola > fece Emanuele facendo il solletico a sua figlia.
< Papà, smettila. Così mi fai male > si lamentava la piccola.
< Ma se ti ho appena toccato. >
< No, non è vero… E poi voglio rimanere ancora a dormire. >
< Stasera andrai a letto presto, ma questa mattina devi prepararti. Vuoi fare tardi? >
< Io… >
< Avanti, conoscerai un sacco di nuovi amici. Vedrai che sarà divertente. >
< E magari avrò come insegnante delle maestre severe come all’asilo. A scuola non ci voglio andare! > gridò la bambina mettendo la testa sotto il cuscino.
< Azzurra, ne abbiamo parlato ieri. Avevi detto che non vedevi l’ora che arrivasse questo momento e finalmente è giunto. >
< Ma ho sonno. Posso entrare a scuola quando voglio? >
< No, carina. Non è così che funziona il tuo “lavoro”. >
< Lavoro? Ma ho appena sei anni! >
< Lo so bene… Infatti il tuo periodo scolastico è il tuo primo lavoro. >
< Scusa papà, ma come faccio a guadagnare qualcosa? Gli alunni non vengono pagati. >
< Tra qualche anno capirai che la scuola serve per imparare cosa nuove, non per pensare solo ai soldi. >
< Capisco… >
< Allora, ti decidi ad alzarti? >
< Uffa! >
Spazientita dall’insistenza di suo padre, Azzurra andò dritta in bagno a lavarsi i denti e il viso.
< Ma non fai colazione? >
< Non ho fame. Mangerò qualcosa più tardi. >
< Non se ne parla nemmeno > rispose Emanuele contrariato < La colazione è il pasto più importante della giornata e non hai nessun diritto di saltarlo. >
< Perché devi darmi noia così di prima mattina, papà? >
< Perché sono tuo padre e sei sotto la mia responsabilità. >
< Ma io… >
< Non discutere e vieni a fare colazione insieme a me. >
Sbuffando contrariata, Azzurra fece un gesto di stizza correndo verso la cucina.
< Non scendere mai più le scale in quella maniera, signorinella. Rischi di cadere. >
< Papà, non ho più quattro anni. Non sono una poppante. >
< Questo è tutto da vedere… >
< Cos’hai detto? >
< Niente, lascia perdere. Ecco il latte con i tuoi biscotti preferiti. Li ho presi ieri al supermercato. >
Azzurra non riusciva a rendersi conto quanto era amorevole e premuroso suo padre.
Se era per lei, avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni a disegnare, a leggere, a mangiare e a dormire, senza pensare ad una vita sociale fuori da casa sua.
< Mangia piano. Rischi che ti rimanga sullo stomaco. >
< Papà, puoi mangiare per favore in silenzio? >
< Non finché non ti comporterai come si deve. >
< Ma cosa ho fatto? >
< Niente. Finisci la colazione e vai a prepararti. >
 
 
Azzurra era pronta per uscire di casa e farsi accompagnare da suo padre con il suo grembiule rosa e bianco che risaltavano i suoi occhi e i suoi capelli.
< Sembri quasi un confetto, sai? > fece suo padre prendendola in giro.
< Ed io dovrei mostrarmi ai miei nuovi compagni vestita così? Non mi piace, papà. >
< Suvvia, anche gli altri bambini saranno vestiti con il grembiule. >
< Ma se poi non piaccio agli altri miei compagni? >
< Perché non dovresti piacergli? >
< Non lo so… >
< Tu cerca di stare tranquilla e sii te stessa. >
< Ok > rispose la bambina imbronciata.
 
 
Durante il tragitto in macchina per arrivare a scuola, Azzurra non aveva spiccicato parola, limitandosi a guardare fuori dal finestrino.
< Azzurra, a cosa stai pensando? > domandò suo padre ridestandola dai suoi pensieri.
< A niente, papà. Sono solo molto nervosa. >
< E’ normale. È il tuo primo giorno di scuola. >
< Ma tra quanto arriviamo? >
< Perché? Non stai più nella pelle? >
< No. È solo che voglio togliermi da dosso questo nervosismo. Odio stare così. >
< Vedrai che andrà tutto bene… Adesso devo solo trovare parcheggio per la macchina. C’è un mucchio di gente. >
Dopo aver sistemato l’auto fuori dal perimetro della scuola, Emanuele prese la mano di Azzurra fissando continuamente il suo sguardo imbronciato.
< Potresti farmi un sorrisino? Non mi piace vederti così triste. >
< Papà, posso farti una domanda sulla mamma? >
< Che cosa vuoi sapere? > domandò l’uomo mantenendo il sorriso.
< Secondo te che cosa poteva pensare in questo momento se mi vedeva entrare a scuola? >
< Sarebbe molto fiera della sua piccola… Se vuoi dopo la scuola possiamo passarla a trovare. >
< Non vorrei farti intristire… Lo so che quando pensi a lei… >
< Piango in ogni istante quando penso a lei > rispose Emanuele commosso < Ma oggi non ci sarà niente che potrà intristirmi. >
< Davvero? >
< Quando uscirai da scuola potremmo fare tutto quello che vuoi. Anche andare a trovare la mamma. >
< D’accordo. Ci sto. >
< Però mi prometti che mi fai un sorrisino e mi dai un bacio? >
< Certo > replicò la bambina acconsentendo alla richiesta del padre.
< Ecco, adesso ti riconoscono. Fai vedere a tutti che non sei una persona timida. >
< Ok… Però mi potresti accompagnare fino alla porta di classe? Ho paura di perdermi. >
< Ahahah va bene. >
Zizzagando tra i numerosi bambini e la moltitudine di genitori che stavano affollando l’edificio, Emanuele provò a farsi dare informazioni dal bidello in che sezione sarebbe stata sua figlia.
< Questo deve sentire la signorina che sta di fronte a quella classe. Sono sicuro che lei lo sai sicuramente. >
< Ok, grazie. >
< Papà? >
< Che cosa c’è, Azzurra? >
< Vedo che non sei molto pratico in edifici scolastici. >
< Non entro dentro una scuola da quando mi sono diplomato in quinta superiore. >
< E ti fa uno strano effetto? >
< In verità sì. >
< Spero che almeno quella signorina sia come me l’aspetti: brava e gentile. >
< Non ti preoccupare: severa come la maestra d’asilo sarà molto difficile. >
< Ti prego, non farmici pensare. >
< No no. >
Appena Emanuele alzò lo sguardo per rivolgersi alla giovane donna che stava parlando con alcuni genitori, l’uomo si bloccò all’istante.
< Papà, che cosa ti succede? >
< No. Non è possibile… >
Emanuele fissava la giovane donna con sguardo allibito e scioccato.
< Grazie a voi e buona giornata > fece la giovane maestra salutando i genitori di un alunno < Allora, chi è il prossimo? Buongiorno piccolina, come ti chiami? >
< Azzurra Lenci, signorina. È questa la mia classe? >
< Vediamo un po’… Sì, esatto. Puoi accomodarti nel tavolino in prima fila accanto a Roberto. È l’unico posto disponibile, però sono convinta che andrai molto d’accordo. >
< Va bene. Grazie > rispose Azzurra felice.
< Prego. >
Appena lo sguardo della maestra andò ad incontrare quello di Emanuele, inizialmente non fu molto sicura che si erano già incontrati, ma poi…
< Buongiorno > fece la maestra con tono cordiale < Sua figlia Azzurra è molto carina e solare da quello che ho capito a primo impatto. Lei deve essere il padre, giusto? Signor… >
< Elisa, non mi riconosci più? >
< Che cosa? >
< Sono Emanuele. Ti ricordi quando abbiamo lavorato insieme dieci anni fa’ al ristorante di Gianni? >
Ripensando a quel ricordo, Elisa fu molto sorpresa di aver ritrovato un suo ex collega.
< Emanuele, sei davvero tu? Accidenti! Credevo di non rivederti più! Come stai? > rispose la donna baciando sulla guancia il giovane padre.
< Tutto bene, tu? Alla fine ci sei riuscita a coronare il tuo sogno di diventare un insegnante. >
< Sì, puoi ben dirlo… Infatti da quando sono riuscita a vincere il concorso d’insegnante, sono diventata la persona più felice del mondo. >
< Sono molto felice per te. Allora non sei più la ragazza introversa e annoiata che eri un tempo, vero? >
< Assolutamente no. Adesso do tutta me stessa nel mio lavoro… E tu lavori sempre nel ristorante da Gianni? >
< Sì, esatto. >
< Grande. Potresti salutarmelo quando lo vedi? >
< Certo, nessun problema. >
Mentre i due continuavano a parlarsi, Emanuele non riusciva a distogliere lo sguardo da lei.
< Devo andare al lavoro altrimenti chi lo sente Gianni. >
< Ahahah eh sì. Mi ricordo che è molto puntiglioso sulla questione della puntualità… Io intanto vado dai miei bambini che mi stanno aspettando. Ci vediamo più tardi all’uscita? Oppure viene sua madre o qualcun altro a prendere Azzurra? >
Sentendo parlare di sua moglie, Emanuele si rabbuiò all’istante.
< Viene sua zia. Magari ci potremmo vedere domani. Devo vedere come sono messo al lavoro. >
< Ok, capito. Sono molto contenta di averti rivisto. Non sai quante volte ho voluto chiamarti ma ho sempre pensato che ti avrei disturbato e alla fine il tempo passava e ho lasciato perdere… Spero che tu non ci sia rimato male per questo. >
< No, tranquilla > rispose l’uomo smorzando un sorriso < E’ proprio vero che il destino opera in maniera incredibile. >
< Sì, è vero… Adesso però devo proprio andare. A presto, Ema > disse infine Elisa abbracciando il giovane ragazzo prima di entrare dentro l’aula.

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Capitolo 2
*** Sentimenti mai assopiti ***


Da quando aveva rivisto Elisa, Emanuele non si sentiva più sé stesso.
Ricordarsi di quella giovane ragazzina di cui si era infatuato lo destabilizzava molto.
“No, non posso più pensare a lei. Adesso ho una figlia a cui badare dopo che mia moglie… Perché ci penso? Perché non riesco a pensare a qualcos’altro? Odio ritrovarmi in questa situazione.”
< Ema, che ti succede? > gli domandò Gianni ridestandolo dai suoi pensieri.
< Lo sai chi ho visto stamattina quando ho portato mia figlia a scuola? Elisa. Ti ricordi dell’aiuto cuoca che non aveva voglia di fare niente? >
< Elisa? Davvero? Questa sì che è stata una bella sorpresa per te! Come l’hai trovata? È cambiata molto? >
< No, neanche un po’… >
< E dimmi, che cosa fa’? ha accompagnato suo figlio o figlia nella nuova scuola? >
< Veramente è riuscita a coronare il suo sogno d’insegnate. >
< Alla fine ce l’ha fatta! Brava, sono contenta per lei. >
< Anch’io lo so > rispose Emanuele con tono indifferente.
< Ema, sei sicuro che vada tutto bene? >
< Sì. Scusami, ma ho bisogno di stare un po’ da solo. >
< Ma tra poco inizierà il servizio del pranzo! >
< Ti prometto che non scomparirò e che per mezzogiorno sarò operativo. >
< D’accordo > disse Gianni guardando il suo dipendente accomodarsi fuori dal ristorante e fumare una sigaretta.
< Gianni, credi che sta pensando a lei? > domandò Monica, la mamma di Gianni.
< E a chi sennò? Da quando ha perso la moglie, la sua vita è cambiata profondamente… Tutto sembrava andare per il meglio dopo che ha deciso di tenere quella bambina e crescerla come meglio poté. Ma adesso che ha rivisto Elisa, la sua vita è cambiata ancora una volta. Spero che non si deprimi come ha fatto dieci anni fa’. >
< A quel tempo era fidanzato. Ma adesso non ha nessuno che possa stargli accanto a parte sua figlia. >
< Non deve innamorarsi come un tempo, altrimenti il suo cuore soffrirà per l’ennesima volta. >
< Vuoi che ci parli io? >
< No. Teniamolo solo d’occhio sperando che non faccia sciocchezze. >
 
 
Una volta finito il servizio del pranzo, Emanuele tornò subito a casa per sapere com’era andato il suo primo giorno di scuola.
< Papà! Finalmente sei tornato! > gridò Azzurra raggiante di gioia abbracciando suo padre.
< Ehi, piccolina! Mi aspettavi con tanta impazienza? >
< Certo che sì. Devo raccontarti un sacco di cose. >
< Molto bene. Dove si trova tua zia? Ti è venuto a prendere oggi, vero? >
< No, è venuta la nonna. >
< Come mai? >
< Perché Zia Barbara non poteva > replicò la mamma di Emanuele.
< Ciao mamma, come stai? > domandò l’uomo dandogli un bacio sulla guancia.
< Molto bene. Quando ti deciderai a venire a pranzare con me e tuo padre invece di stare relegato con tua figlia in questo piccolo appartamento? >
< Mamma, lo sai che sono sempre impegnato. >
< Ma questo non ti da’ il diritto di scomparire come sai fare solo tu… Stai bene? Mangi a dovere? Hai la faccia sciupata. >
< Sono solo stanco, non preoccuparti. Com’è andato il primo giorno di Azzurra a scuola? L’insegnante ti ha detto qualcosa? >
< Ha detto che è la ragazza più dolce della classe con il suo sguardo innocente e la voglia d’imparare. >
“Brava Azzurra. Hai fatto colpo su Elisa.”
< Bene, sono molto contento. Grazie per esserla andata a prendere. >
< Prego. Quando ci rivediamo noi due? >
< Il mio giorno di riposo è lunedì, mamma. Ti prometto che io e Azzurra verremo a pranzo da te. >
< Ok, ci conto va bene? >
< Sì. Lo prometto. >
< Bravo… Ciao piccolina. >
< Ciao, nonna. A presto > rispose la bambina salutando la donna prima di ritrovarsi da sola con suo padre.
< Allora, che mi racconti del primo giorno di scuola? >
< La maestra è magnifica e anche i miei compagni sono molto amichevoli. Soprattutto Roberto, il mio compagno di banco. >
< E che cosa avete fatto? >
< Ci siamo conosciuti un po’. >
< Che cosa hai raccontato di te? >
< Niente di particolare. Ho solo detto che abito da sola con mio padre dopo che la mamma non c’è mai stata. >
Sentendo la risposta della figlia, Emanuele divenne scuro in volto.
< Hai detto della mamma? >
< Sì. Infatti dopo i compagni e la maestra non facevano altro che guardarmi con occhi pieni di dispiacere… Secondo te ho detto qualcosa di spiacevole, papà? >
Ma l’uomo non rispose, limitandosi a lasciare solo la figlia per rinchiudersi momentaneamente in bagno.
“Francesca, se tu ci fossi anche tu qui con noi… sarebbe tutto diverso…”
< Papà, che succede? Stai male? >
< No, Azzurra. Tutto bene. Vengo subito > rispose l’uomo aprendo la porta del bagno.
< Sei corso in bagno improvvisamente. Sei sicuro che vada tutto bene? >
< Sì. Dovevo prendere questo > replicò Emanuele prendendo un paio di forbici.
< E a cosa ti servono? >
< Devo rimetterle apposto > mentì l’uomo senza mai aver specificato le sue intenzioni.
< Comunque, tornando a noi, dopo hanno smesso di fissarmi quando ho finito di raccontare la storia… >
< E la maestra non ti ha detto niente? >
< Voleva farlo alla fine dell’ora, ma poi è arrivata la nonna. >
< Capisco. >
“Meglio così… Ma sono sicuro che Elisa si sarà fatta un sacco di domande su Azzurra e su di me…”
< Adesso che cosa facciamo? >
< Vuoi giocare un po’ con le tue bambole? >
< Sììì. È da molto che non li tocco. >
< Allora cosa aspetti? Giochiamo un po’ assieme. Dopo devo tornare al lavoro. >
< Te ne devi proprio andare? >
< Sì, tesoro. Altrimenti come facciamo a vivere? >
< Magari anche te potresti tornare a scuola come ha fatto la mia maestra. Sono sicuro che ti divertirai come lei. >
< Ehi, non è così semplice Azzurra. Lei o fa’ per lavoro, mentre io… >
Nel ripensare a Elisa, Emanuele distolse lo sguardo da sua figlia.
< Non ci pensiamo più, ok? Adesso sei tutta per me ed è questo che conta. >
< OK. Vado a prendere le mie bambole preferite. >
 
 
Quando Emanuele sentì suonare la sveglia mattutina delle sette e mezzo, fece molta fatica ad alzarsi.
“Anche oggi inizia una nuova giornata noiosa.”
Non ne voleva sapere di muoversi.
Avrebbe poltrito a letto tutto il giorno come un adolescente che la sera prima era andato a dormire sbronzo.
Ma quegli anni per lui erano finiti da molto tempo.
Adesso doveva pensare a sua figlia e alla sua istruzione.
< Azzurra, è ora di alzarsi > fece l’uomo bussando alla porta della sua camera con tono assonnato.
Ma niente, la bambina non rispose.
< Azzurra, mi hai sentito? Alzati altrimenti faremo tardi. >
Ma quando Emanuele si decise ad aprire, vide che sua figlia era già pronta per uscire.
< Buongiorno, papà > rispose Azzurra con tono raggiante.
< Ma cosa stai facendo? >
< Non vedi? Sono pronta per andare a scuola! E come se non bastasse mi sono scaldata il latte da sola e ho fatto colazione. >
Emanuele non riusciva a credere alle parole della bambina.
< Ma a che ora ti sei alzata? > domandò sorpreso l’uomo.
< Circa una mezzoretta fa’. Non avevo più sonno e quindi ho deciso di prepararmi. Ho fatto male? >
< No… certo che no… E’ solo che sono allibito. >
< Volevi forse fare colazione assieme a me? Scusami, non c’ho pensato. >
< Non ti preoccupare. Hai fatto bene… Ti sei lavata i denti? >
< No, ci stavo giusto andando ora prima che tu bussassi alla mia camera. >
< Allora vai. Tra poco usciremo. >
< E tu quando farai colazione? >
< La farò al bar vicino alla scuola. >
< Sììì. Così potrò prendere le barrette di cioccolato che mi piacciono tanto! >
< Non se ne parla nemmeno. Ti cariano i denti. >
< Ma è più di un mese che non li mangio. Ti prego, papino. Ci tengo molto > replicò Azzurra facendo lo sguardo dolce.
< Adesso vediamo, ok? >
< Sììì. Grazie. Vado a prepararmi in un lampo! >
< Vedi di non sporcare il bagno, ok? >
< No, tranquillo. Farò la brava bambina come mio solito. >
 
 
Appena Emanuele entrò al bar vicino la scuola insieme alla sua bambina, quest’ultima si recò al banco del bar per prendere le sue barrette preferite.
< Azzurra, ti ho forse dato il permesso? >
< Daiii! >
< Non fare i capricci. Lo sai che non lo sopporto. Orami sei grande per queste cose. >
Ma nel dire ciò, Emanuele sapeva benissimo che non era così.
A causa della mancanza della madre però, la piccolina era dovuta crescere molto in fretta.
< Farò la brava, promesso. Ma posso prenderle? >
< Ok, per questa volta va bene. Ma la prossima… >
< Grazie papino! > gridò la bambina abbracciando suo padre mentre tutti i clienti si erano girati di scatto a guardarli stupiti.
< Azzurra, ma cosa urli? >
< Sono felice! Non dovevo abbracciarti? >
< No. È solo che… lasciamo perdere. Posso adesso prendere il caffè in pace? >
< Puoi prendere quello che vuoi. Io sarò là in fondo a leggere il giornale. >
< Cosa? Tu che leggi il giornale? Da quando in qua? >
< Me l’ha insegnato nonno Moreno. E devo dire che ci sono un sacco di cose interessanti. >
“Questa poi. Mio padre che legge il giornale insieme ad Azzurra. È proprio vero che la pensione può cambiarti.”
Ma nel mentre Emanuele stava consumando il suo caffè con la sua treccia al cioccolato, si sentì toccare dietro la schiena.
< Non dirmi che vuoi un’altra barretta. Ti fanno male. >
Appena Emanuele si girò, sbiancò di colpo nel vedere che non si trattava di Azzurra.
< Elisa… Credevo che tu… >
< Scusa, Emanuele. Non volevo spaventarti. >
< No, tranquilla > replicò l’uomo smorzando un sorriso < Come stai? >
< Io molto bene. Tua figlia è davvero brava, intelligente e dolcissima. Ma tu… Mi dispiace per tua moglie. Non l’ho mai saputo. Io… >
< Lascia perdere. Ormai ho superato il trauma da molti anni. >
< Hai cresciuto una bambina tutto da solo? Non deve essere stato facile per te… >
< Scusa, ma non avrei voglia di parlarne. E poi Azzurra deve andare a scuola, altrimenti rischia di fare tardi. >
< Se vuoi posso portarcela io. Tanto è qui a pochi passi. >
< Non so… >
< Sì, papà! Fammi andare con la maestra! > gridò la bambina con le guance sporche di cioccolata.
< Azzurra, ma come ti sei conciata? Vieni qui > fece l’uomo prendendo un fazzoletto per ripulirla < E poi smettila di gridare. Non sei a casa tua. >
< Non è colpa mia se ho la voce così forte. >
< Lo so, però ti dovresti un po’ controllare. >
< Va bene. Scusa. >
Nel mentre padre e figlia stavano parlando tra di loro, Elisa non poté trattenersi dal ridere.
< Siete davvero una bella coppia. >
< E lei è bellissima come ieri, professoressa. >
< Ma Azzurra! >
< Ti ringrazio. Sei molto carina… Vorresti essere accompagnata da me fino a scuola? Così lasciamo andare tuo padre al lavoro. >
< Certo che sì! Posso, papà? >
< Sì, nessun problema. >
< Grazie! Oggi vieni e prendermi tu? >
< Sì. Tanto esco prima dal lavoro. >
< Perfetto. Dove possiamo andare oggi pomeriggio? >
< Vediamo, ok? Prima pensa ad andare a scuola. Elisa non può aspettare qui tutto il giorno. >
< Sì, hai ragione… Andiamo? >
< Aspetta un attimo… Ema, se vuoi un po’ parlare io e te da solo potremmo ritrovarci un pomeriggio a prendere un caffè insieme. >
< Devo vedere come sono messo con il lavoro… Però mi farebbe molto piacere. >
< Splendido. Mi fai sapere tu? >
< Sì. Quando oggi vengo a prendere Azzurra ti do la conferma. >
< Splendido. Andiamo Azzurra? Saluta papà. >
< Ciao, papà. Buona giornata. >
< Altrettanto, tesoro mio > replicò l’uomo dandogli un bacio < Grazie mille, Elisa. >
< Figurati. Lo faccio con piacere > disse infine la donna prima di uscire dal bar e lasciare Emanuele in preda a pensieri passati quando non si erano mai più rivisti.

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Capitolo 3
*** Una madre impicciona ***


Da quando aveva rincontrato Elisa, Emanuele non faceva altro che vedere sua moglie.
La vedeva ovunque.
Le sue allucinazioni stavano diventando preoccupanti, facendogli pensare che stava quasi impazzendo.
“Giada, che cosa vuoi dirmi?” pensò il ragazzo massaggiandosi la fronte dopo aver parcheggiato l’auto dinanzi al cancello di scuola.
Facendosi forza per non pensare alla sua defunta moglie, fu molto sorpreso di vedere Elisa in compagnia con una persona molto familiare.
“Ma con chi sta parlando?” si domandò Emanuele non riuscendo a capire chi fosse la misteriosa donna in compagnia dell’insegnante “E dove si trova Azzurra?”
< MI dispiace davvero per quello che ha dovuto passare Emanuele, signora. Un giovane ragazzo non si merita una cosa del genere. >
< Nessuno si merita di perdere la propria dolce metà… Fortunatamente mio figlio è stato abbastanza forte e ha superato definitivamente il trauma. >
< Di quale trauma stai parlando, mamma? > domandò risoluto Emanuele dopo aver capito che la persona in  questione era sua madre.
< Niente di che, Ema. Stavamo parlando… >
< Dei miei fatti privati, suppongo. >
< Ti prego di non arrivare a conclusione affrettate… >
< Mamma, che cosa ci fai qui? Toccava a me prendere Azzurra oggi. >
< Visto che mi trovavo nei paraggi, ho voluto vedere come si comportava mia nipote a scuola. Elisa è davvero entusiasta di lei e dovresti esserlo anche tu, Ema. >
< Dove si trova Azzurra? >
< E’ in classe a finire un disegno > rispose Elisa percependo che nell’aria stava salendo la tensione tra l’uomo e sua madre.
< Elisa, puoi scusarci un attimo? Devo parlare in privato con mia madre. >
< Fate pure. Nessun problema > rispose la giovane maestra rientrando in classe.
Imbufalito con sua madre, Ema la trascinò lontano dalla classe di Azzurra squadrandola malamente.
< MI dici che cosa ti prende? >
< Ti ho già detto varie volte che non devi dire a nessuno dei miei fatti provati. Soprattutto quando si tratta di Giada. >
< Elisa era solo curiosa di sapere come stavi. E io gli ho raccontato tutto. >
< Che cos’hai detto?! >
< Ascoltami bene: se non ricordo male, quella è la ragazza di cui ti sei invaghito dieci anni fa’ quando ci lavoravi insieme, vero? Ed io così ho fatto in modo di farti riavvicinare a lei. E’ tremendamente dispiaciuta. Secondo me dovete uscire assieme. >
< Mamma, se stai pensando che io abbia bisogno di lei per sentirmi bene, ti dico che stai sbagliando tutto. >
< Davvero? Perché il tuo sguardo dice che non è così? >
< Ti rendi conto che devo badare ad una figlia? Non ho bisogno di prendermi una seconda sbandata! >
< Questa volta sarà amore vero. Te lo dico io. >
< E Azzurra? Non pensi a lei? >
< Certo che sì. Magari quando tu ed Elisa uscirete assieme potrai lasciare la bimba a me. >
< Da quando in qua ti interessa di lei? >
< Che cosa stai insinuando, Emanuele? Mi sono sempre interessato a mio nipote. Eri tu che non me la facevi vedere. >
< Ma se sei scappata con quel texano quando avevo più bisogno di te! Devo ricordarti la tua storia con lui? >
< Non ce né bisogno. Ormai è acqua passata… >
< Non per me. Sei scappata in America abbandonandomi nel momento del bisogno. E da quel giorno non te l’ho mai perdonato… Quindi vedi di lasciare in pace me e Azzurra. Non abbiamo bisogno di te. >
< Ema, ti prego. Cerca di ragionare… >
< Papà! Sei tornato! > gridò la bambina andandogli incontro.
< Ciao, principessa. Com’è andato il tuo secondo giorno di scuola? >
< Benissimo. La maestra ci ha insegnato come fare la A. Guarda i miei disegni. >
< Sono bellissimi! Diventerai una grande artista. >
< Lo spero tanto… Posso appenderlo nella mia cameretta? >
< Puoi fare qualsiasi cosa. >
< Anche prendermi altre barrette al bar qui vicino? >
< Magari quelle no. >
< Allora non posso fare quello che voglio! > ribatté imbronciata la bambina.
< Va bene, scusa. Mi sono espresso male. >
< Comunque, perché stavi discutendo con la nonna? >
< Niente di preoccupante, tesoro. Solo vecchi diverbi familiari. >
< Capisco… Allora, oggi dove mi porti? >
< Va bene se andiamo a fare una passeggiata al parco giochi? >
< Sììì. Ottima idea! E dove mangiamo? >
< Potremmo mangiare un panino strada facendo. Ti va’? >
< Certo, nessun problema… Però posso farti una proposta? >
< Che Tipo di proposta? >
< Possiamo portare anche la maestra con noi? >
< Cosa? >
Emanuele non riusciva a credere che sua figlia gli avesse detto questo.
< Azzurra, ma questa giornata la devi passare sola con tua padre. >
< Perché non vuoi venire con noi, Elisa? >
< Magari la maestra ha già altri impegni, vero? >
< Tuo padre ha ragione. Magari sarà per un’altra volta. >
< Nemmeno se faccio la faccia da bambina dolce e coccolosa riuscirò a convincerti? >
< Ti prometto che quando sarò libera un pomeriggio uscirò assieme a te e a tuo padre. >
< Va bene. Ci conto… Allora papà, andiamo? >
< Sì… Arrivederci Elisa > rispose Emanuele distendendo un piccolo sorriso senza degnare di uno sguardo sua madre.
< Non avrei mai creduto che la piccola fosse pazza di lei. Ha fatto colpo. >
< Sì però… La loro vita non mi riguarda minimamente. >
< Potrei farle una domanda indiscreta? >
< Vedo se posso risponderle… >
< Lei ci tiene al mio ragazzo? >
< Non credo che potrò risponderle. >
< Perché? >
< Questa domanda invadente non ha nessuna validità… Ho rincontrato Emanuele dopo più di dieci anni. Tra me e lui non c’è mai stato e mai ci sarà niente > ribatté adirata la donna.
< Perché allora si sta scaldando così? >
< Mi scusi la maleducazione, ma adesso devo proprio andare > rispose Elisa allontanandosi da lei.
< Confesso che sono stata molto precipitosa nel rivolgerle questa domanda… Ma la mia curiosità è irrefrenabile… Sono fatta così. >
< Non si faccia strane illusioni, però. >
< Tempo al tempo, mia cara. Magari il suo destino e quello di mio figlio cambierà improvvisamente… chissà… >
< Buona giornata, Signora > disse infine Elisa lasciando definitivamente la madre di Emanuele da sola.
 
 
Nel mentre Azzurra si stava divertendo sull’altalena, Emanuele era impegnato a leggere un libro per passare il tempo.
Ma purtroppo non riusciva a concentrarsi a dovere a causa del pensiero continuo di Elisa.
“Esci per sempre dalla mia mente! Io…”
< Che cosa stai leggendo, papà? > gli domandò Azzurra riportandolo alla realtà.
< Cosa? Che hai detto scusa? >
< Vorrei sapere che stai leggendo. >
< Niente d’importante, tesoro. Solo uno stupido libro. >
< Se non ti piace posso prestarti uno dei miei. >
< Non credo che farebbero per me. >
< E perché? Io invece sono sicura che ti piaceranno. >
< Sarà… >
< Ti stai forse annoiando qui da solo? >
< Che cosa dici? >
< Ti fissavo quando ero sull’altalena e avevi lo sguardo triste. Sai che non mi piace vederti così. >
< Sono solo stanco dal lavoro > mentì l’uomo.
< Vuoi andare a casa? >
< No, non ti preoccupare. Torna pura a giocare e stacci quanto vuoi. >
< Non ho più voglia di giocare. Voglio solo stare un po’ con te. >
< Ok. Che cosa vorresti fare allora? >
< Ho ancora un po’ di fame. Il panino di prima non mi ha saziato abbastanza… Possiamo andare a prendere un crepes con nutella e fragole? Un mio compagno di classe mi ha detto che qui c’è una creperia che li fa ottimi. >
< Meglio di no. Potrebbe farti male dopo che hai appena mangiato il panino. >
< Eddai, papà. Sono convinta che lo vorresti pure tu. >
“In questi casi è un vero peccato quando tua figlia ti conosce fin troppo” pensò l’uomo senza riuscire a trattenersi dal ridere.
< E va bene. Andiamoci a mangiare questa benedetta crepes. >
< Sììì!!! > rispose entusiasta la bambina.
“Azzurra. L’unica persona che può distogliere i miei pensieri su Giada ed Elisa.”

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Capitolo 4
*** Impedimenti ***


Passavano i giorni e ogni volta che Emanuele portava sua figlia a scuola doveva sempre imbattersi con il suo ex amore proibito Elisa.
“Non riesco a dimenticarti in nessuna maniera… Come faccio?”
Anche se il giovane uomo lo nascondeva molto bene, era molto disperato nel vederla così felice e fiera del suo lavoro.
< Buongiorno bambini > faceva sempre con quel sorriso raggiante ogni volta che s’imbatteva nei suoi alunni < Questa mattina impareremo altre nuove lettere dell’alfabeto. Siete pronti? >
< Sììì > rispondevano in coro.
< Molto bene. Aspettatemi dentro… Azzurra! Ciao piccolina! >
< Maestra. Mi sei mancata moltissimo, sai? > replicò la bambina di Emanuele cercando un suo abbraccio.
< Ma non ci vedevamo da sabato. >
< Lo so. Ma la domenica senza le tue lezioni hanno lasciato un vuoto dentro di me. >
< Ahahah ma non devi essere triste > rispose divertita Elisa < Vedrai che tra poco imparerai qualcosa di nuovo. >
< Evviva! Non vedo l’ora di poter riuscire a scrivere! Non mi piacciono quegli sgorbi che faccio sul mio quaderno. >
< Vai insieme dai tuoi compagni. Ti raggiungo presto. >
Nel mentre Elisa e Azzurra avevano parlato amichevolmente, Emanuele si era chiuso in un profondo stato di trance.
< Ema? Ema? >
Ma niente, il ragazzo non accennava a rispondere.
< Ehi? Sei con noi? >
< Che cosa? > fece il ragazzo stralunato.
< A cosa stavi pensando? >
< Scusami, ma oggi mi aspetta una giornata infernale. Abbiamo una tavolata di stranieri a pranzo che hanno prenotato tutto il locale. Non vedo l’ora che sia finita questa giornata. >
< Non ti preoccupare. Vedrai che andrà tutto bene. >
< Sì, lo spero… >
Ma Elisa sapeva benissimo che non era per quel motivo a renderlo così triste.
< Come stai, Ema? >
< Bene. Perché? >
< Non smetterò di dirti che hai una bambina eccezionale. Sei davvero un padre fortunato. >
< Davvero? Sarei stato più fortunato se avrei avuto una donna che amavo accanto a me durante questi momenti difficili… Ma qualcuno di superiore ha deciso che il mio destino doveva essere messo a dura prova. >
< Non puoi prendertela così… Purtroppo queste cose fanno parte della vita. >
< Non posso prendermela? È proprio vero che non hai mai passato quello che sto passando io, Elisa. Altrimenti non avresti mai detto una cosa del genere. >
< Ti prego di non arrabbiarti con me… Sei stanco e stressato e ti capisco perfettamente. Posso fare qualcosa per te? >
“LO sai quello che puoi fare… Ma tu non lo consentiresti mai…”
< Lascia perdere. Sto bene e va bene così. Buona giornata, Elisa. >
MA la giovane maestra non ne voleva sapere di lasciare andar via il suo ex collega di ristorazione.
< Aspetta un attimo, Ema. >
< Che succede? >
< Visto che oggi molto probabilmente farai tardi, che ne dici se andiamo a prendere qualcosa insieme? Magari parlare con me potrebbe farti sentire molto meglio. >
< E Azzurra? Devo prima badare a lei… >
< La porto io insieme a noi, ok? Sono sicura che gli farà molto piacere. >
Avendo paura che ci potesse rimanere male, Emanuele acconsentì alla richiesta della donna.
< Va bene. Ti mando un messaggio quando esco dal lavoro. >
< Stupendo. A più tardi, Ema. Ti voglio bene. >
Nel sentire quelle ultime tre parole, il cuore del giovane uomo ebbe un sussulto.
“Non mi hai mai detto parole simili. Ma cosa vuole farmi capire?”
< Sì… A dopo > rispose Emanuele completamente interdetto.
 
 
Appena Emanuele uscì dal lavoro l’orologio segnava le cinque del pomeriggio in punto.
“Molto bene. Anche oggi non mi riposerò… Ah! Elisa! Mi stavo dimenticando di mandargli un messaggio. Mi avrà dato per disperso.”
Infatti, controllando la sua casella dei messaggi, Emanuele lesse che lei e sua figlia erano arrivate al bar vicino alla scuola più di mezz’ora fa’ e che lo stavano aspettando con trepidazione.
“Le mie due donne preferite“ pensò con un sorriso.
< Ema? > fece Gianni attirando la sua attenzione.
< Dimmi, Gianni. >
< Per stasera stai pure a casa, ok? >
< Sei sicuro? >
< Sì’. Tanto non ci sono prenotati. Posso farcela benissimo da solo con mia madre. Tu rimani pure con tua figlia. >
< Grazie. Ci vediamo domani, allora. >
< Sì, a domani. Ciao >
Una volta salito in macchina, Emanuele chiamò subito Elisa per avvertirla che sarebbe arrivato molto presto.
< Meno male. Io e tua figlia ci stavamo preoccupando > fece la donna con un pizzico d’umorismo.
< Non è colpa mia se questi dannati stranieri sono arrivati tardi > rispose scocciato Emanuele < E come se non bastasse ho dovuto risistemare tutto il locale. >
< Sì lo so, non arrabbiarti. Vieni, ti stiamo aspettando. >
< Ok, a dopo. >
Una volta riagganciato la chiamata, Emanuele ci mise un quarto prima di arrivare al bar vicino la scuola di sua figlia.
Appena entrò nel locale, vide che la sua bambina si trovava in braccio a Elisa e che stavano leggendo un libro per bambini.
“Vorrei poterle fissare per sempre. Sono proprio un bel quadretto” pensò fiero di sé il giovane padre.
< Ragazze? >
< Ciao, papà! > gridò la bambina abbracciandolo
< Ciao tesoro, come stai? >
< Molto bene, grazie. Elisa mi ha fatto mangiare per merenda la barretta di cioccolato che mi piace tanto e adesso stavamo leggendo un libro insieme. >
< Capisco > rispose l’uomo con un pizzico di disappunto.
< Adesso posso andare a giocare con quel gioco della pallina che rotola? >
< Vuoi dire il calciobalilla? Sì, però stai attenta a non farti male. >
< Tranquillo. Tanto ci sei tu che mi guardi, no? >
< Sì, però evita di farti del male, ok? >
< Va bene papino premuroso. A dopo > disse infine la bambina lasciando da soli la sua maestra e suo padre.
< Ciao, Ema. >
< Ciao… >
< Sei distrutto, non è vero? >
< Distrutto è dire poco. Meno male che questa sera non lavoro. >
< Ti capisco… Spero di non aver fatto male a dare ad Azzurra il suo spuntino preferito. Agognava con insistenza dicendomi che lo voleva a qualsiasi costo. >
< No, tranquilla. L’importante è che non si sia strafogata. >
< Ne ha mangiato solo uno. >
< Bene… >
Mentre Emanuele rimaneva attento a guardare sua figlia, Elisa non smetteva di fissarlo.
< Sono stata davvero molto contenta di rivederti, Ema. Non sai quante volte ho pensato a te. >
< Lo stesso vale per me… Dopo che Giada non c’è più stata, ho creduto che la mia vita sarebbe sprofondata in un vortice senza uscita. Ma poi Azzurra mi ha molto aiutato ad andare avanti ed è grazie a lei se oggi sono qui a parlare con te. >
< Per qualsiasi cosa puoi benissimo contare su di me, Ema. >
< Ma non nel senso che intendo io > replicò l’uomo guardando dritto negli occhi Elisa.
< Ema, ti prego… >
< Sei sposata? Fidanzata? Andiamo Elisa, sai bene che non ho mai smesso di pensarti. E il desiderio di averti tutta per me non mi è mai passato. >
< Lo immagino Ema, ma lo sai che io e te… >
< Perché continui a respingermi? Che cosa ti ho fatto? >
< Niente. È solo che io e te… >
< E’ perché non vuoi avere una figlia a carico? Ti prometto che Azzurra è una bambina dolce e solare. Sono convinto che sarebbe contenta nell’averti come madre. >
< Emanuele, adesso stai correndo troppo > replicò Elisa alzandosi di scatto.
< Dove stai andando? >
< Se ti ho invitato qui è perché potevamo parlare dei tuoi problemi, non che tu ti dichiarassi a me come hai fatto dieci anni fa’. >
< Elisa, io… >
< Io e te non potremmo mai stare insieme. Mettitelo bene in testa > mormorò la donna distogliendo lo sguardo da lui.
Sentendo quelle parole, Emanuele rimase folgorato.
< Allora guardami dritto negli occhi e dimmi che non tieni minimamente a me. >
< Ma io tengo a te! Ma come amico! >
< Smettila di dirmi bugie, Elisa. Non ci credi neanche te. >
< Non avrei mai creduto che parlare con te da sola sarebbe stato un errore > rispose Elisa prendendo la sua borsa < Ci vediamo domani a scuola. >
< No Elisa, ti prego… > replicò Emanuele prendendola per un braccio < Non farmici rimanere male. Il mio cuore ne soffrirebbe ancora. >
< Mi dispiace Ema, ma devo mettere le cose in chiaro. Non sono né sposata né fidanzata… Ma questo non vuol dire che io te possiamo stare assieme… Ci vediamo domani a scuola, Ema. Ti voglio bene > disse infine la donna dando una carezza ad Emanuele prima di uscire dal bar senza salutare la bambina.
“Elisa, perché mi fai questo?”
< Papà? > fece Azzurra attirando la sua attenzione.
< Dimmi, piccola. >
< Dov’è andata Elisa? >
< E’ dovuta andare via di corsa per un imprevisto. Ha detto di salutarti e di dirti che ci vediamo domani a scuola. >
< Ah, peccato… Volevo ringraziarla per avermi preso la mia barretta preferita. >
< Lo puoi fare benissimo domani. Sono sicuro che Elisa non c’è rimasta male. >
< Sei sicuro che stai bene, papà? >
< Sì’. Perché mi fai questa domanda? >
< Perché hai le lacrime agli occhi? >
< Non lo so. Forse mi è entrato qualcosa dentro > rispose Emanuele frettolosamente < Allora, visto che stasera non lavoro, che ne dici se andiamo a mangiare una pizza insieme? >
< Sììì! Mi sembra una bellissima idea! >
< Allora andiamo a casa a sistemarci > disse infine Emanuele cercando in tutti i modi di ritrovare il sorriso.

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Capitolo 5
*** Non posso stare lontano da te ***


Emanuele cercava in tutti i modi di digerire l’ennesimo rifiuto ricevuto da Elisa.
Ma andare avanti pensando a lei e a sua figlia gli rendevano tutto molto difficile.
Tutte le volte che Azzurra lo vedeva stranamente triste, gli domandava che cosa gli stava accadendo e perché non giocava più spesso con lei come aveva sempre fatto.
< Sono molto stanco, tesoro. In questo periodo Il lavoro mi sta prosciugando le energie > diceva Emanuele a sua figlia mentendogli spudoratamente.
< Perché non prendi alcuni giorni di riposo? Sono sicura che ti farà molto bene. >
< Non posso. Siamo pieni di lavoro. Devo attendere febbraio per le ferie. >
< Ma siamo a settembre! Riuscirai ancora a resistere? >
< Spero tanto di sì… >
< Però ancora mi sto domandando perché non mi accompagni più a scuola… Entri prima al lavoro? >
< Sì. >
Ma in verità Emanuele era rimasto lontano dalla scuola per il semplice fatto che non voleva incontrare in nessun modo Elisa.
< Peccato… >
< Per caso la tua maestra ti domanda di me? >
< No… Però anche lei è stranamente triste. >
“Vorrei vedere. Non può darmi sempre palo tutte le volte che vuole…”
< Non riesco a capire che cosa succede ai grandi come voi… Vi fate continuamente e inutilmente un sacco di problemi. >
< Azzurra, quando arriverai all’età adolescenziale la tua vita cambierà per sempre e anche tu ti farai un sacco di problemi. >
< Ma per cosa, papà? Io non voglio farmi problemi! Anzi, non voglio mai più crescere. >
< Vorresti essere come Peter Pan? >
< Esatto. Magari anch’io troverò la mia “Isola che non c’è”. >
“Lo spero tanto per te, tesoro…”
< Quindi anche oggi non vuoi giocare con me? >
< Certo che voglio giocare con te! Farei di tutto per la mia piccolina. >
< Sei sicuro? Guarda che se sei stanco puoi andarti a riposare senza problemi. >
< Ho tutto il tempo di riposarmi… Avanti, porta le tue bambole. È ora di prendere il thè delle cinque. >
 
 
Emanuele aveva la faccia e lo sguardo distrutto.
Colpa di tutte le notti insonni passate a pensare sempre a lei.
“Spererei tanto di non rivederla mia più. Ma non è così facile.”
Infatti, durante la fine del servizio a pranzo di un giovedì qualunque, il giovane cameriere non credeva ai suoi occhi.
Lei era lì, in compagnia di una sua collega di lavoro che si apprestava ad entrare nel locale.
< Buongiorno > fece cordialmente Gianni.
< Buongiorno. Siamo in due > rispose la collega di Elisa < Possiamo ancora mangiare qualcosa. >
< Certamente. Prego, accomodatevi pure. >
Una volta incrociato il suo sguardo, Emanuele si ritirò nella sala accanto occupandosi di altre mansioni.
Ma tutto non sfuggì al suo titolare, che gli domandò subito che cosa stesse facendo.
< Sto risistemando la sala. >
< Ma questo potresti farlo fare a Roberta, no? Io ho bisogno di te nella sala principale. >
< Gianni, non puoi chiedermi questo. >
< E’ per colpa sua, non è vero? >
< Purtroppo sto attraversando un periodo complicato e vederla ancora una volta non farebbe altro che peggiorare la situazione. >
< Va bene. Allora mando Roberta a servirle. >
< Grazie mille. Davvero. >
Ma nel mentre Emanuele era impegnato a sistemare la sala accanto dove Elisa e la sua collega stavano mangiando, il giovane cameriere non poteva immaginarsi che se la sarebbe ritrovata dietro di lui.
< Ema… >
Una volta sentito la sua voce, Emanuele si bloccò di scatto.
< Hai intenzione di ignorarmi per tutto il resto della mia vita? >
< Non ci siamo visti per dieci anni. Puoi benissimo sopportare ancora, no? >
< Non se ti comporti così. Mi è dispiaciuto molto non sapere più di te, sai? >
< E a me dispiace molto essere finito in questa situazione. >
< Ema, guardami dritto negli occhi > fece Elisa prendendolo per un braccio.
< E a cosa servirebbe, scusa? >
< Ti pregherei di non avercela con me. >
< Come faccio? È più forte di me. Non è colpa mia se appena ti vedo mi mandi il cervello in pappa. >
< Questo è amore, Ema… >
< Lo so. E ti pregherei di non ricordarmelo. >
< Devi capire che io e te non possiamo stare insieme. Tu hai una figlia, mentre io… >
Ma Elisa non riusciva a continuare.
< E’ un grande problema per te? >
< Certo che no! Azzurra è la bambina più dolce che io abbia mai conosciuto. >
< E allora qual è il problema?! Non ti piaccio io? >
< NO! È solo che… >
< Parlami, Elisa! Ti prego! Forse posso aiutarti in qualche maniera… >
< Non credo che riuscirai a risolvere la mia vita sentimentale che sta andando in pezzi. >
< Che cosa stai dicendo? >
Alla fine, dopo aver fatto un respiro profondo, Elisa, gli raccontò che veniva da un divorzio brusco alle spalle con il suo fidanzato.
< Mi ha fatto soffrire e ha rovinato gli ultimi anni della mia vita… E da quel giorno mi sono ripromessa che non mi sarei messa con nessun uomo per molto tempo. Anche se il mio più grande sogno era di costruire una famiglia… Che sciocca sentimentale che sono, vero? >
Vedendola con le lacrime agli occhi, Emanuele si avvicinò a lei cercando di consolarla.
< Mi dispiace per tutto… davvero. >
< Sei molto più fortunato di me, sai Ema? >
< Qui la fortuna non centra… Hai trovato un uomo che non ti merita. Ma con m sarebbe diverso. >
< Ti prego di non insistere ulteriormente… Peggioreresti solo la nostra situazione. >
< Lo capisci o no che non riesco a stare lontano da te? >
< Ema, io… >
Non potendo più aspettare che lei si facesse avanti e che cambiasse idea, Emanuele gli piombò addosso posando le labbra sulle sue, assaporando il suo dolce sapore.
< Ti amo, Elisa. Non ce la facevo più a tenermelo dentro. >
< Ema… smettila > faceva la donna non riuscendo a staccarsi da lui.
Ma alla fine vennero interrotti proprio dalla collega della donna che si stava preoccupando per lei non vedendola tornare al tavolino.
< Scusate. Non volevo interrompere questo gesto… >
< Non ti preoccupare, Anna. Io ed Ema non stavamo facendo niente. >
< Scusami davvero… Comunque prenditi tutto il tempo che vuoi. >
< No. Arrivo subito > replicò Elisa prima di ritrovarsi da sola ancora con Emanuele.
< Eli, pensaci bene a noi due… >
< Emanuele, lasciami in pace > disse infine la donna lasciando il povero ragazzo in valiade di pensieri pieni di tristezza e depressione.
 
 
Dopo essere rincasato una domenica sera alla fine del servizio, Emanuele entrò in casa accasciandosi sul divano dove sua figlia lo stava aspettando impazientemente insieme a sua nonna.
< Papà… finalmente sei tornato > fece la bambina assonnata.
< E tu che cosa ci fai ancora in piedi? È mezzanotte passata. Dovresti essere a letto già da un po’. >
< Lo so… Ma sono rimasta con la nonna a guardare un film alla tv. Ma ci siamo addormentate tutte e due. >
< Vai a letto. Parlerò io con la nonna. >
< Ok. Buonanotte. >
Ma nel mentre la bambina si apprestava ad andare a dormire, qualcuno suonò alla porta d’ingresso.
“Chi può mai essere a quest’ora?” si domandò l’uomo.
< Aspetti forse qualcuno, papà? >
< No. Tu vai a dormire. >
< Ma sono curiosa di vedere chi è. >
< Uffa, perché non fai mai quello che ti ordino? >
< Solo per un momento. Poi andrò a dormire. >
< Va bene. Aspettami qua. >
Una volta che Emanuele andò ad aprire, non poté mai immaginare chi era.
< Elisa… >
< Ciao, Ema. Scusami per l’ora ma ho bisogno di fare una cosa. >
< IN che senso scusa? >
Senza nemmeno immaginarselo, Elisa piombò addosso al ragazzo baciandolo incredibilmente dopo il fatto accaduto tre giorni prima al ristorante.
< Elisa… io non riesco a crederci… >
< Sei l’unico che riesce davvero a capirmi. Mi dispiace molto farti soffrire. Quindi vorrei vedere se davvero io e te siamo fatti per stare insieme. >
< Davvero? Sei sincera? >
< Mai stata più veritiera prima d’ora > rispose la donna smorzando un sorriso.
< Io… non so cosa dire… >
< Magari possiamo riparlarne domani quando accompagnerai Azzurra a scuola, va bene? Scusami ancora per essere piombata qui a quest’ora ma non ce la facevo più ad aspettare. >
< Non devi chiedermi scusa > rispose Emanuele massaggiandogli le guance < Anzi, sono molto contento che tu l’abbia fatto. >
< Grande. Allora ci vediamo domattina? >
< Non vedo l’ora. Buonanotte, Elisa >
< Buonanotte, Ema. A domani > disse infine la donna prima che Emanuele richiudesse la porta di casa ignorando di essere stato spiato da sua figlia.

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Capitolo 6
*** Dissensi percettibili ***


Era da molto tempo che Emanuele non si sentiva così felice.
Dopo essere riuscito a conquistare il cuore di Elisa, il giovane ragazzo non riuscì a dormire dalla contentezza.
< Sveglia, dormigliona! Oggi si va a scuola! > gridò l’uomo rivolgendosi a sua figlia gettandosi nel suo letto.
< Papà, ma cosa fai? Sei forse impazzito? >
< Certo che no! >
Girando lo sguardo, Azzurra vide che erano appena passate le sette del mattino.
< E’ ancora prestissimo. Lasciami ancora dormire un po’. >
< Non se ne parla nemmeno > rispose l’uomo scoprendola < O ti alzi da sola, o sarò costretto a prenderti in braccio e a trascinarti in bagno. >
< Non osare, altrimenti… >
Ma l’uomo non diede ascolto a sua figlia, prendendola per le braccia e trascinandola fuori dal letto.
< Lasciami ti ho detto! > gridava disperatamente la bambina.
< Sai tesoro, non mi sentivo così da quando ho chiesto a tua madre di sposarmi… Quelli sì che erano bei tempi, ma presto conoscerai una nuova persona che avrà cura di te. >
< Non ho bisogno di altre persone che mi vogliono bene… Mi basti tu. >
< Fidati Azzurra, ti piacerà. >
< Si tratta forse della mia maestra? >
Emanuele rimase allibito sentendo quella domanda.
< E tu come fai a saperlo? >
< Vi ho visti ieri sera mentre vi sbaciucchiavate. Eravate disgustosi. >
< Sei ancora molto piccola, tesoro… Vedrai che tra qualche anno toccherà anche a te. >
< Non è il problema di baciarsi… è con chi l’hai fatto. >
< Che cosa vuoi dirmi? >
< Niente, lascia perdere > rispose la bambina scocciata entrando subito dopo in bagno.
< Azzurra, rispondimi immediatamente. >
< Lasciami prepararmi in pace. Altrimenti rischio di fare tardi come hai detto. >
< Abbiamo ancora molto tempo… Dimmi che cosa alberga nella tua mente. Non sei contenta che io e la maestra…? >
< Con tutte le persone che potevi trovare proprio la mia maestra?! Mi dispiace papà, ma io non approverò mai la vostra unione. >
Emanuele non riusciva a credere a quelle parole.
“Azzurra, ma perché fai così?”
Una volta uscita dal bagno, la bambina si recò in cucina per fare colazione.
< Azzurra, ma come… >
< Adesso basta parlarne. Sono ancora nel mondo dei sogni e ho bisogno di svegliarmi con calma. >
< Io non credevo che Elisa non ti piacesse… >
< E’ proprio perché mi piace che non voglio che la vostra unione vada avanti… Avrò pure sei anni papà, ma so come va il mondo di voi grandi quando si tratta di vivere in coppia… Prima vi fidanzate e alla minima cosa vi mollate. E io non voglio che tu faccia soffrire la mia maestra. Non potrei mai sopportarlo. >
< Azzurra, ti giuro su tua madre che non farei mai una cosa del genere. >
< Non giurare su di lei! Nemmeno mia madre vorrebbe questa unione. >
< Ma come… >
< Volevi sapere come la pensavo? Ecco la mia opinione… O me o lei. Decidi il prima possibile, d’accordo? Adesso possiamo andare a scuola. >
< Azzurra… non puoi chiedermi una cosa simile. >
< Hai sempre pensato a me, no? Perché allora non continui a farlo? Adesso preferisci la mia maestra a me? >
< Certo che no! Non ho mai detto questo… Tu rimarrai sempre mia figlia e di conseguenza verrai prima di ogni cosa. >
< Lo spero tanto… Comunque desidererei che tu e lei… >
< Perché vuoi vedermi triste? Che cosa ti ho fatto? >
< Te l’ho spiegato prima! >
< Tutto ciò è ridicolo > ribatté l’uomo smorzando un sorriso < Credevo di fare il tuo bene oltre che il mio… Ma vedo che sto sbagliando tutto. E solo perché non acconsenti a questa nostra unione… >
< Vedrai che è la decisione migliore per tutti. >
< Migliore per tutti o migliore per te? >
< Ascolta papà: prova a parlarne con la mia maestra. Senti un po’ cosa ti dice. Scommetto che lei questa notte ha pensato al vostro bacio e avrà capito di aver sbagliato. >
< No, non credo proprio… >
< Vedremo… Andiamo adesso? >
 
 
Per tutto il tragitto che aveva portato Emanuele alla scuola di sua figlia, il giovane uomo non aveva fatto altro che dare brutte occhiate a sua figlia rimanendo in silenzio.
“Deve essere gelosa… Non c’è altra soluzione.”
Anche la bambina non si era azzardata a dire una parola, pensando solo ai compiti che doveva finire e che si era dimenticata.
< Papà, quanto fa 10x0? >
< Ma come? Riesci a parlare come una bambina adulta e non sai fare una semplice operazione? >
< Lo sai oppure no? >
< Risolvitela da sola. Io non posso aiutarti. >
< Grazie tante > rispose la bambina sbattendo via il quaderno per terra.
< Raccoglilo immediatamente, altrimenti… >
< Non mi dai degli ordini! Sono troppo arrabbiata con te! >
< E lo stesso vale per me! >
Appena lo sguardo di Emanuele andò ad incrociare quello di Elisa, il giovane uomo si vergognò molto per il brutto spettacolo che stava dando con sua figlia.
< Ema, Azzurra… Ma perché state urlando? >
< Ti odio, papà! Non ti voglio più bene! >
< Ah sì? Solo perché non voglio aiutarti mi tratti così? >
< Tu non mi vuoi più bene. Ecco quello che sta succedendo tra noi due. >
< Non è vero. Io ti vorrò sempre bene. >
< Bugiardo! Oggi non venirmi a prendere… Non voglio più vederti > disse infine la bambina prima di entrare in classe arrabbiata come non mai.
< Ema, non dirmi che Azzurra ha scoperto di noi. >
Non rispondendo, il ragazzo si limitò a fare un respiro profondo e a toccarsi la testa in segno di disperazione.
< Accidenti, questa non ci voleva. >
< Non riesco a capire perché si comporta così… A meno che non sia gelosa… Non ci sono scuse che tengano al suo comportamento. >
< Ema, devi anche pensare che è cresciuta sola con te senza la madre. È naturale che si senta spiazzata vedendo suo padre baciare un’altra. >
< Mia figlia non l’ha mai vista sua madre. È morta subito dopo averla data alla luce… Ma perché non vuole qualcuno che stia accanto a me? Sono convinto che tu sia la persona adatta. >
< Ema, ci ho pensato molto e credo proprio che tua figlia abbia ragione. >
< Come? >
< Io non posso far parte della tua famiglia. Tu hai una figlia mentre io ho la mia vita e il mio lavoro da insegnante… >
< Da come l’hai detto sembra quasi una condanna a morte. >
< Spero che tu non la prenda male… >
< E come la dovrei prendere, scusa?! All’inizio mi illudi con il tuo bacio arrivando a casa mia nel bel mezzo della sera e adesso mi fai capire che è stato tutto un errore?! Ma cosa vi dice il cervello a voi donne?! >
< Cerca di capire me e tua figlia… E’ molto difficile per noi… >
< Sapete che vi dico? È meglio che tu e lei mi lasciate un po’ in pace. >
< Che cos’hai intenzione di fare? >
< E’ come se tu e lei vi siate coalizzate contro di me. Perché non posso essere felice come voglio io? Perché non posso essere libero e spensierato come gli altri uomini della mia età? >
< Ema, ti rendi conto che adesso stai parlando di tua figlia come un grosso peso da cui liberarti? >
< E anche se fosse? La sua nascita e la sua infanzia hanno occupato le mie giornate togliendomi sonno e speranze… Se solo Giada mi fosse rimasta accanto sarebbe stato tutto diverso. >
< Ed io e te non ci saremmo mai baciati > concluse la donna.
< Eli, lo sai che ti ho sempre amato. Sei tu che non volevi la nostra unione. >
< E non la voglio nemmeno ora. >
< Ma perché?! >
< Adesso basta discutere. Devo tornare in classe. >
< Aspetta un momento. Non abbiamo ancora finito > replicò l’uomo prendendola per il braccio.
< Invece abbiamo finito eccome. Lasciami! >
< Eli, ti prego… >
< Mi dispiace averti illuso, ma la tua vita è con Azzurra. Non con me. >
< Non posso avere tutte e due al mio fianco? >
< Ci vediamo più tardi quando verrai a riprendere tua figlia. >
< Non penso proprio… Adesso come non mai non voglio mai più rivedere mio padre. >
Vedendo che la bambina era rimasta sull’uscio della classe ad ascoltare la conversazione tra Emanuele ed Elisa, i due giovani ragazzi rimasero allibiti.
< Hai sentito tutto, Azzurra? >
< Abbastanza, papà… Sono un peso per te? Molto bene. Da questo momento andrò a vivere con nonna e nonno. Almeno loro non mi diranno mai che sono un peso. >
< Azzurra, ti prego… >
< No! Stai lontano da me! Non voglio più sentir parlare di te! Mai più! >
Emanuele non aveva mai visto sua figlia così esasperata e triste prima d’ora.
Aveva rovinato tutto per colpa di uno sfogo.
< Adesso vai, Ema. Proverò io a parlare con Azzurra. >
< Azzurra! Azzurra! >
< Ho detto vai! Vuoi forse farti sentire da tutti i bambini e docenti di questa scuola? >
< Dannazione! >
< Vedrai che risolveremo tutto. Stai tranquillo. Tu pensa al tuo lavoro… Fidati. >
Ma Emanuele non voleva andarsene per nessun motivo prima di non aver chiesto perdono a sua figlia.
< Rimanere qui non ti servirà a nulla. Anzi, peggiorerai solo la tua situazione. >
< Ma io… >
< Vai via ti ho detto. >
< Ok ok, me ne vado… Ma non finisce qui > disse infine stizzito il giovane ragazzo sbattendo la porta d’ingresso della scuola facendosi sentire da tutti i presenti.

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Capitolo 7
*** Un dolore colmato ***


Dopo aver finito il servizio del pranzo e aver risistemato tutto, Emanuele non andò verso casa sua ma si fermò a casa di sua madre.
Erano molti mesi che il ragazzo non metteva piedi in quella dimora e sembrava che non fosse mutato nulla.
< Ema, che cosa ci fai qua? >
< Scusa se sono piombato qui senza dirti niente mamma, ma ho bisogno di parlarti. >
< Vieni pure. >
Dopo averlo fatto accomodare, la madre di Ema gli offrì una tazza di tè.
< Prendi. È ancora bella calda. >
< Mamma, lo sai che il tè non mi piace. >
< Puoi fare uno sforzo, no? >
< Ok. >
< Vedrai che dopo ti sentirai molto meglio. >
< Il tè riesce a cancellare i miei brutti momenti che sembrano non avere mai fine? >
< Perché dici questo? Che cos’è successo? >
A quel punto Emanuele raccontò della cotta mai assopita di Elisa e di come sua figlia l’aveva presa male.
< A proposito di Azzurra, adesso dove si trova? >
< E’ con sua zia. Gli ho detto se me la poteva guardare fino a stasera. >
< Capisco… >
< Secondo te che cosa dovrei fare in questo frangente, mamma? >
Prima di rispondere, la donna fece un respiro profondo fissando i suoi soprammobili che arredavano gran parte della casa.
< Sai Ema, non è una decisione molto facile… Posso capire che dopo aver perso Giada tu ti stia innamorando di un’altra donna… Ma la famiglia è la famiglia. >
< Quindi credi che Azzurra sia molto più importante? >
< Assolutamente sì… E avendo litigato con lei, ti consiglio di farci pace il prima possibile. Quella povera bambina non si merita di soffrire così. >
< E tu come fai a sapere che io e lei abbiamo litigato? >
< Sono tua madre, Ema. Non credi che io ti conosca abbastanza? So di aver fatto molti errori nella mia vita, ma in molte occasioni mi sono presa cura di te. >
< Ma ti rendi conto che è stupidamente gelosa di Elisa? Crede che io non la ami più come prima. E questa cosa mi manda in bestia. >
< Cerca di chiarire con tua figlia. Vedrai che dopo sarà tutto più semplice. >
< Vedremo cosa posso fare… Però c’è anche un altro problema: Elisa non ne vuole sapere di me. >
< Allora questo vuol dire che non sa cosa si perde… Sei un ragazzo fantastico, Ema. Non te lo scordare > replicò la donna dando un bacio sulla guancia a suo figlio come quando era molto piccolo.
Ma nel mentre madre e figlio stavano continuando a parlare, la loro attenzione si spostò sul suono del campanello.
< Oggi deve essere giorno di visite. Meno male che non sono stata dimenticata come credevo io. >
< Mi dispiace non essere venuto da te molto spesso, mamma. >
< Lascia perdere, Ema. Ormai non è più un problema ora che tu sei qui. >
Una volta aperta la porta, la donna vide con grande sorpresa che si trattava di sua nipote Azzurra.
< Ciao, tesoro! Che cosa ci fai qui? >
< Mi sono fatta portare dalla zia. Ha avuto un imprevisto quindi non potevamo più rimanere insieme. >
< Ah sì? Almeno poteva avvertirmi… Ma fa lo stesso. Vieni, ho una sorpresa per te. >
< Davvero? Io adoro le sorprese. >
Ma quando capì che la sorpresa in questione era suo padre, la bambina si rabbuiò all’istante.
< Vuoi fare merenda, tesoro? >
< No. Mi è passato completamente l’appetito. >
< E Tu, Ema? >
< No, grazie mamma… Però un bicchiere d’acqua lo prendo volentieri. >
< Allora vado in cucina e torno subito. Voi intanto non vi scannate, ok? >
Con lo sguardo pieno di rabbia, Azzurra fissava suo padre.
I due non erano mai arrivati a quel punto, e tutto per colpa di una donna.
< Hai intenzione di non rivolgermi mai più la parola? >
< Non lo so. Ci devo pensare. >
< Azzurra, ti prego. Non puoi prendertela così con me solo perché amo una persona diversa dalla mamma. >
< Questo vuol dire che non hai nessun rispetto per lei… Se la mamma fosse qui, ti prenderebbe a schiaffi. >
< Se la mamma fosse qui non avrei mai baciato Elisa. >
< Questo proprio non lo so. >
< Che cosa vorresti insinuare? >
< Niente, lascia perdere… Voi uomini siete traditori per natura. >
< Adesso basta. Non immetterti in argomenti molto più grandi di te. >
< Se sapevo che anche tu eri qui dalla nonna c’avrei pensato due volte prima di passare. >
< Lo sai che abiti ancora sotto il mio stesso tetto, vero? E finché abitiamo insieme e avrai diciotto anni dovrai fare tutto quello che ti dico. >
< Va bene. Però evita di rivolgermi la parola, ok? >
< Ma perché! Io non ti capisco! >
< Non mi capisci? Ti sei dimenticato che devi chiedermi scusa dopo avermi detto che concepirmi è stato uno sbaglio? >
< Hai ragione, Azzurra. Ti chiedo scusa. >
< Perché mi risulta difficile crederti? >
< Mi dici che cosa devo fare con te? Spiegamelo. >
< Torna ad essere il papà di cui mi sono innamorata da quando sono venuta alla luce. Non chiedo altro. >
< Ma sono sempre lo stesso, Azzurra! Fidati. >
< No, non mi fido. >
< Ecco qua il tuo bicchiere d’acqua, Ema > fece la donna ritornando in salotto e percependo nell’aria un grande nervosismo < Va tutto bene? >
< Forse è stato un errore venire qua, nonna… Spero tanto che mio padre se ne vada il prima possibile > fece la bambina alzandosi dal divano per andare fuori in giardino.
< Dove stai andando, signorinella? >
< Fuori in giardino sull’altalena, perché? >
< Tu rimarrai chiusa qui finché non chiederai scusa a tuo padre. >
< E’ lui che deve chiedere scusa a me. Non il contrario. >
Furibonda, la nonna della bambina si alzò di scatto prendendola per un orecchio e trasportandola da suo padre.
< Nonna! Così mi fai male! >
< Fai subito quello che ti ho detto, altrimenti ti rinchiudo in cantina per un mese. E stai certa che posso farlo. >
Non avendo una seconda scelta, alla fine la bambina chiese scusa a suo padre in maniera improvvisamente sincera.
< Brava. Adesso puoi andare a giocare fuori. >
Con le lacrime agli occhi, Azzurra uscì di casa sbattendo violentemente la porta.
< Ancora non capisco come hai fatto a crescere una bambina così energica e possessiva. >
< Forse perché sente la mancanza di una mamma… Vado a parlarci. >
< Non so se è una buona idea, Ema. Lasciamola un po’ in pace a sbollentare la sua rabbia. >
< Lo so. Però mi dispiace molto vederla in quelle condizioni. >
< Deve capire che non può ribellarsi a te in quel modo. È solo una bambina di sei anni. E tu sei suo padre. >
< Vedrai che risolverò tutto. Stai tranquilla. >
< E per quanto riguarda Elisa? >
< Se quella donna non mi vuole, è giusto che continui la mia vita senza pensare a lei e dedicarmi tutto a mia figlia. >
< Bravo, Ema. È così che si fa’. >
< Torno tra poco, mamma. >
Una volta uscito fuori in giardino, Emanuele scorse sua figlia seduta sul prato a togliere dei petali ad alcuni fiori.
< Ciao, Azzurra. Posso farti compagnia? > domandò l’uomo con tono dolce.
Ma la bambina non rispose, facendo finta che fosse ancora sola.
< Mi dispiace per come ti ha trattato la nonna, ma devi capire che non puoi fare la capricciosa in questo modo. Soprattutto quando fai soffrire le persone accanto a te. >
< Mi dispiace… Non so cosa mi sia preso > replicò la bambina con le lacrime agli occhi < Forse perché ho davvero paura di perderti. >
< Lo sai che non succederà mai > mormorò l’uomo prendendola sotto le sue braccia < Io rimarrò per sempre accanto a te in ogni occasione. Sei la persona più importante di questo mondo e ci rimarrai sempre. >
< Scusami ancora papà. >
Alla fine la bambina esplose in un pianto liberatori tra le braccia amorevoli del padre prendendosela con sé stessa per come si era comportata.
< Adesso basta, piangere. E’ tutto passato. >
< Potrai mai perdonarmi? >
< Io ti ho già perdonato, Azzurra. Non potrei mai essere in collera con te > rispose l’uomo dandogli decine di baci sulle guance < Adesso rientriamo in casa, ok? Così diciamo a nonna che è tutto apposto. >
< D’accordo. >
Ma prima di tornare nella casa della signora anziana, una voce conosciuta attirò l’attenzione della bambina e del padre.
< Maestra! >
< Ciao, piccolina, come stai? > fece la donna prendendola in braccio.
< Adesso molto bene dopo aver fatto pace con il mio papà. >
< Davvero? Sono molto contenta per tutti e due. >
< Adesso tornavamo dentro dalla mia nonna per stare un po’ insieme. Vero, papà? >
< Hai detto bene, Azzurra… Però prima potrei rimanere pochi minuti con Elisa? Devo parlargli di una cosa. >
< Certo. Però fai in fretta, ok? >
< Senz’altro, piccolina. >
< Ci vediamo domani a scuola, maestra > replicò la bambina salutandola con la mano.
< Non vedo l’ora, Azzurra. >
Appena Elisa ed Emanuele si ritrovarono da soli, la donna fu molto sollevata di trovarlo felice.
< Tutto è bene quel che finisce bene… Hai fatto pace con tua figlia e puoi riprendere a fare il tuo lavoro di papà. >
< Sì, hai ragione… >
< Per quanto riguarda noi due… >
< Lascia perdere, Elisa. Hai ragione tu. Non potremmo mai stare insieme. >
< Sono molto contento che tu l’abbia capito. Però se avrai bisogno di qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. >
< Ti ringrazio > replicò l’uomo dando un bacio sulla guancia alla donna < Adesso però devo andare. Mia figlia mi sta aspettando. >
< Sì, certo. Vai pure. Ci vediamo domani mattina. >
< A domani, Elisa > disse infine l’uomo rientrando in casa.
“Elisa… Non ti dimenticherò mai.”

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