La mezzodemone-lupo

di Kaiyoko Hyorin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'onore di un lupo ***
Capitolo 3: *** La tribù Yoro ***
Capitolo 4: *** A caccia coi lupi ***
Capitolo 5: *** La spada ***
Capitolo 6: *** Il richiamo del sangue ***
Capitolo 7: *** Lavoro di squadra ***
Capitolo 8: *** La proposta del lupo ***
Capitolo 9: *** L'alba del giorno dopo ***
Capitolo 10: *** La foresta del Goshinboku ***
Capitolo 11: *** Il peso della solitudine ***
Capitolo 12: *** Notte di luna piena ***
Capitolo 13: *** Un tuffo di troppo ***
Capitolo 14: *** La resa dei conti ***
Capitolo 15: *** Quando la battaglia ha fine ***
Capitolo 16: *** Forza di gravità ***
Capitolo 17: *** I sentimenti di un lupo ***
Capitolo 18: *** Attacchi di gelosia ***
Capitolo 19: *** Questione di zanne ***
Capitolo 20: *** Presa in consegna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





.::[. PROLOGO .]::.




Koga correva, veloce come il vento. Talmente veloce che nemmeno i suoi compagni riuscirono a stargli dietro. Tuttavia, a lui non importava minimamente l'eventualità di seminarli, non in quel momento.
Al centro del petto il demone lupo avvertiva solo un dolore sordo e opprimente.
Un dolore accompagnato da un profondo senso di solitudine.
Ma in fondo aveva sempre saputo che sarebbe finita così. L'aveva sempre temuto che un giorno Kagome avrebbe fatto la sua scelta.
Ed in cuor suo lui lo sapeva, che lei avrebbe scelto quel botolo ringhioso.
Eppure questo non contribuì in alcun modo a mitigare la profonda amarezza che lo stava straziando in quel momento.
Accelerò ancora l'andatura avvertendo con una parte della mente il messaggio di protesta dei suoi stessi muscoli, sperando solamente di perdere sé stesso in quella corsa sfrenata... scappando da qualcosa che sapeva essere dentro di lui.


Correva. Correva come non aveva mai fatto in vita sua… non nell'ultima settimana per lo meno.
Era riuscita a stare tranquilla per un po' eppure ora eccola lì, di nuovo in fuga per salvarsi la vita. Odiava scappare, ma lo faceva da quando aveva memoria e le cose non sarebbero cambiate fino al giorno della sua morte, lo sapeva. Avrebbe dato qualsiasi cosa per voltarsi e combattere, per sbaragliare quei luridi demoni che le stavano alle calcagna, ma non poteva: era troppo malmessa per illudersi di poterne uscire vincitrice.
Maledizione e ancora maledizione!
La ragazza digrignò i denti mentre sfrecciava attraverso la foresta, le gambe lunghe e scattanti che si muovevano veloci un balzo dopo l'altro, portandola a sovrastare di tanto in tanto la chioma degli alberi o passandoci vicino.
I rumori che di tanto in tanto captava alle proprie spalle le rivelarono una volta di più che nemmeno i suoi inseguitori erano da meno.
Tsk, feccia.
Ecco cos'erano: nient'altro che feccia della natura! Creature abominevoli che non meritavano altro che una lezione. Tsk! Mettersi contro una ragazza! Che idea! Per di più una ragazza con sangue demoniaco nelle vene!
Le sarebbe venuto quasi da ridere se non fosse stato per quell'insopportabile fitta al fianco che, ad ogni passo, la faceva rabbrividire.
Teneva il braccio accostato allo squarcio, premendo con quanta più forza potesse, senza accusare miglioramenti di sorta a parte una minore quantità di sangue perso. All'improvviso un'ombra ai bordi del suo campo visivo la costrinse a scartare di lato, reagendo appena in tempo per evitare l'attacco di uno dei demoni che la braccavano come un animale..
Un animale! Lei!
E tutto solo per aver provato a sgraffignare loro qualcosa da mangiare.
Contrattaccando gli sferrò un calcio in pieno volto con una veloce giravolta su sé stessa, un colpo che lo stordì e lo mise a tappeto.
Atterrando su tutti e quattro gli arti la mezzodemone creò una serie di solchi nel terreno prima di riuscire a fermarsi, sollevando ciuffi d'erba e zolle umide. Quando sollevò lo sguardo carico di sfida, i suoi nemici l'avevano ormai raggiunta e circondata.
Nella stasi a seguire osservò per la prima volta quei maledetti, digrignando di nuovo i denti ed emettendo un basso ringhio dal fondo della gola con aria minacciosa. Non l'avrebbero avuta. Li avrebbe ammazzati tutti, quei dannati! Non fossero stati così numerosi li avrebbe messi fuori gioco in un battito di ciglia, ma la ferita, eredità di un altro scontro, l'aveva debilitata più di quanto il suo orgoglio volesse ammettere. Per non parlare del fatto di aver smarrito la propria spada.
Coi nervi a fior di pelle cercò a tentoni la frusta al proprio fianco, unica difesa rimastale a parte i suoi stessi artigli. La sganciò dalla cinta con la mano destra e con un unico fluido movimento del braccio la fece schioccare contro il primo dei suoi nemici.
In pochi istanti il demone si accasciò agonizzante al suolo, con una serie di squarci profondi all'altezza del collo, dell'addome e del basso ventre. Lei sogghignò fra sé e sé. Le orecchie le si rizzarono sul capo allo scatto degli altri attaccanti, i quali si mossero all'unisono e con una nuova ferocia in reazione a quanto appena accaduto. E nonostante Juri se l'aspettasse, non riuscì a reagire con la sua solita prontezza.
Saltò ma non fù abbastanza rapida: un paio di zanne la raggiunsero e le trapassarono i muscoli della spalla sinistra, strappandole un urlo di dolore.
L'odio e la rabbia avvamparono dentro di lei. Odio per ogni demone esistente sulla terra, per ciò che le avevano fatto in passato e che le stavano facendo in quel momento. In quel preciso istante, la mente offuscata dal dolore e dall'eco di una crescente disperazione, disprezzò con tutta sé stessa lo stesso sangue che le scorreva nelle vene.
Perché se non fosse stato per quello, non avrebbe mai finito per trovarsi in quella situazione.
Con un pugno fracassò le tempie di quello che la stava azzannando, avvertendone finalmente la presa scemare ed il dolore attenuarsi in una pulsazione molto più sopportabile. Di nuovo libera, lasciò cadere la frusta e si portò la mano destra alla spalla, stringendo i denti.
No, così non poteva proprio andare avanti.
Forse, dopo tutto, stava giungendo la sua ora.
Sorrise d'amara rassegnazione al pensiero di poter rivedere sua madre. E, forse, persino suo padre.. gliele avrebbe cantate di santa ragione, per tutto quanto!



Salve a tutti e benvenuti!
Questa è una mia vecchia storia che ho deciso di revisionare e pubblicare qui su EFP. Ho sempre avuto la fissa per Koga, è uno dei personaggi che amo di più di Inuyasha e la comparsa di Ayame nell'anima in un certo senso mi ha fatta sorridere ma non mi ha mai del tutto soddisfatto... quindi eccomi qui! Non che abbia qualcosa contro la povera lupa dai capelli rossi, però questa era un'idea che mi è sempre ronzata in testa e allora l'ho tradotta in parola scritta. Spero che le poche righe che ho scelto di postare come prologo siano state sufficienti a risvegliare un po' del vostro interesse nel continuare a leggere questo mio parto mentale XD.. o a lasciarmi un parere anche! Ad ogni modo non mi dilungherò qui, non è nel mio stile... anche perché non so mai cosa dire!! Comunque già vi preannuncio che dovrei essere abbastanza regolare nelle pubblicazioni, quindi... al prossimo capitolo!!

Kaiy-chan

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Capitolo 2
*** L'onore di un lupo ***





.::[. L'ONORE DI UN LUPO .]::.




Un urlo squarciò la quiete della foresta, facendo innalzare in volo gli uccellini e rintanare le bestie che la popolano. Un urlo che non passò affatto inosservato al demone-lupo.
Senza pensarci Koga deviò automaticamente la propria corsa, mentre il turbinio di vento da lui sollevato scosse le fronde degli alberi più vicini. Solitamente un urlo voleva dire guai, e guai volevano dire che ci sarebbe stato da menare le mani.
Il ghigno che gli si formò in volto rifletté egregiamente il suo pensiero al riguardo.
Raggiunse il luogo prefisso in pochi secondi e quando arrestò bruscamente la propria corsa, si ritrovò al centro di un modesto spiazzo erboso nella selva. Appena il vento da lui stesso sollevato si quietò, l'odore di sangue che lo investì era talmente nauseante da sorprenderlo interiormente per non averlo sentito sino a quel momento.
I suoi tormenti interiori dovevano averlo estraniato fin troppo dal resto del mondo.
Lo sdegno gli piegò le labbra in una smorfia nel ritrovarsi dinanzi un intero drappello di demoni inferiori. Le loro fattezze non ricordavano nemmeno lontanamente quelle umane e la delusione si impadronì di lui: aveva sperato in qualcosa di più stimolante per sfogare il proprio malumore.
Quando, l'istante successivo, i suoi occhi azzurri inquadrarono l'unica figura femminile di quella radura, approfittando del momento di stasi creatosi grazie alla sua comparsa, non mancò di esaminarla brevemente. A differenza di quell'altra feccia, sembrava appartenere a una stirpe più nobile degli altri: i lunghi capelli argentei erano incrostati di fango e sangue, come il resto della sua figura, e si reggeva una spalla. La sua espressione era contratta in un ringhio sommesso.
Non sembrava del tutto umana, ma nemmeno era una demone.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dall'attacco del primo di quella feccia ambulante, che Koga evitò senza sforzo con un salto.
– Avete appena firmato la vostra condanna! – ringhiò con astio, prendendo la sua decisione.
Avrebbe sfogato la sua rabbia e la sua frustrazione in maniera pratica e socialmente utile eliminando tali nullità dalla faccia della terra.
Nemmeno il tempo di toccare il suolo che gli altri gli si gettarono addosso all'unisono, con la chiara convinzione di poter avere la meglio grazie ai numeri. Come se una ventina di quegli insetti potesse davvero fare qualcosa contro di lui!
Koga, utilizzando il più vicino per darsi lo slancio, sferrò un possente calcio al successivo e artigliò la gola a quello dopo, lasciando che il suo sangue gli sporcasse le pelli e gli macchiasse il braccio destro. Alle proprie spalle avvertì uno spostamento d'aria e con impressionante velocità balzò in alto, sollevandosi di tre metri dal suolo soltanto per fiondarsi a capofitto sul lungo corpo squamoso del suo aggressore e spezzargli le ossa a suon di pugni.
L'esercizio fisico, seppur risultò breve, giovò al suo umore che era una meraviglia: in breve mandò all'aldilà fino all'ultimo nemico, non lasciandosene sfuggire nemmeno uno. L'ultimo, che cercò di scappare in preda al terrore, non riuscì ad allontanarsi nemmeno di una decina di metri dal luogo dello scontro prima di venir raggiunto e fatto a pezzi dagli artigli del demone-lupo.
Non gli era neanche servito sfoderare la propria Katana contro avversari di così infimo livello, e d'altronde menar le mani si era riconfermato essere piacevolmente rilassante.
Il silenzio che seguì la fine dello scontro gli condusse al fine udito il frusciare del vento fra gli alberi e mitigò in parte il forte odore di sangue che impregnava il luogo.
Senza curarsi del sangue sui propri artigli, Koga tornò sui propri passi, sgranchendosi i muscoli del collo. Non appena sbucò dalla selva in quella piccola radura, i suoi occhi tornarono a vagare fra i cadaveri, rammentandosi di quella demone che aveva scorto prima dell'inizio dei giochi.
Doveva essere stata sua la voce che lo aveva condotto lì.
Non trovandola, si avvicinò al punto in cui l'aveva vista l'ultima volta, individuando ben presto le macchie di sangue che si era lasciata dietro sull'erba ed il tronco vicino. Arricciando il naso, il giovane capobranco degli Yoro si chinò su di esse, ma l'odore che gli giunse era sporcato e disturbato dall'olezzo di tutto il sangue che lui stesso aveva versato.
Solo una cosa sembrava essere chiara: era gravemente ferita.
Non gli ci volle più di un minuto per localizzarla, nonostante i tentativi di allontanarsi di questa.
La ritrovò nel fitto, appoggiata ad un albero mentre cercava di riprendere fiato e al contempo arrestare la fuoriuscita di sangue da uno squarcio ad altezza del ventre, verso un fianco.
– Di questo passo morirai.
Quella, appena udì la sua voce, si girò di scatto a guardarlo e quei suoi occhi penetranti riflessero la luce fioca del sottobosco con impressionante nitidezza. Aveva iridi ambrate, cariche d'astio e diffidenza ed una sfida che gli ingiunse sottoforma di un ringhio sommesso.
Appena Koga tentò di fare un passo verso di lei, quel ringhio aumentò di volume.
– Vattene!
Una nuova brezza sfiorò per un attimo le loro figure, portando finalmente nitido al demone-lupo l'odore di lei e fu a quel punto che i suoi muscoli si tesero. Non poteva sbagliare, quello era odore di mezzodemone!
Si lasciò sfuggire un basso ringhio in risposta, ma non si scompose.
– Tsk.. e pensi di cavartela? Non sei nemmeno una vera demone! – la schernì, in tono saccente.
– Fatti gli affari tuoi!! – esclamò lei di rimando, prima di provare a raddrizzarsi.
Koga non fece in tempo a ribattere che quella, con una nuova smorfia di dolore, perse la presa e ricadde in avanti, distesa a faccia in giù fra i cespugli.
– Dannazione! – Koga scattò in avanti, digrignando i denti con frustrazione.
Suo malgrado la tirò fuori dall'intrico di foglie e rametti, voltandola sulla schiena nell'erba verdeggiante: era svenuta.
Sembrava giovane e forte, nonostante la sua natura ibrida. Le orecchie canine che le spuntavano fra le ciocche argentee erano candide e ripiegate all'indietro e... ma quella era una coda? Inarcando un sopracciglio, il capo della tribù Yoro osservò per una manciata di secondi quella massa di pelo incrostato ed ingrigito che sbucava dalle pellicce inferiori della ragazza. Non rammentava fosse comune, nei demoni delle loro zone.
Un sommesso gemito che gli ricordò un uggiolio lo riportò con l'attenzione alla ragazza.
Respirava ancora, ma era un respiro a tratti debole e a tratti affannoso. Inoltre, la ferita al ventre continuava a sanguinare sotto i suoi occhi, nonostante non sembrasse qualcosa di recente: probabilmente era una lesione che si era portata dietro da uno scontro precedente.
La sollevò fra le braccia, prima di bloccarsi all'improvviso.
Cosa stava facendo?
La guardò con intensità, tentando di decidere cosa farne. Era troppo simile all'unico mezzodemone che conosceva e che detestava per non essere in conflitto con sé stesso. Il pensiero di Inuyasha fomentò in lui il rancore represso e risvegliò il dolore del rifiuto dell'unica donna che amava. Fu il pensiero di Kagome in qualche modo a farlo decidere.
Non glielo avrebbe mai perdonato, se ora lui avesse abbandonato quella mezzosangue a morire.
Si ritrovò a sorridere amaramente mentre sfrecciava nel fitto del bosco col proprio carico, diretto alla tana della sua tribù e dai suoi compagni.
Non avrebbe mai creduto possibile che una semplice ragazza umana potesse cambiarlo tanto.



...
“..madre,  mi racconti di nuovo come hai conosciuto mio padre?”

“..ma perché se ne è andato?”
“..è perché sono così strana?”
“..non mi voleva bene?”
“...ricorda, bambina mia: un lupo non viene mai meno al proprio onore.”

“..e tu sei un vero lupo, proprio come tuo padre.”
...

Lentamente l'oscurità divenne più rada intorno a Juri e l'eco dei sogni che avevano riempito la sua mente si disperse nella sensazione di intorpidimento derivatale dal proprio corpo. Intontita, impiegò diverso tempo perché il suono dell'acqua corrente la riportasse al mondo dei vivi, schiarendole la mente abbastanza da farle render conto di essere ancora in vita.
Era viva!
Spalancando gli occhi ambrati cercò di alzarsi di scatto a sedere, ma l'istantanea fitta di dolore ad altezza del fianco le impedì di fare alcunché. Gemette, ricadendo fra quelle che dovevano essere a tutti gli effetti le pellicce di uno spartano giaciglio. Subito dopo il dolore alla spalla sinistra la costrinse a trattenere il respiro, serrando strettamente le palpebre in attesa che quel momento finisse.
Appena l'eco dei messaggi del suo corpo tornò ad affievolirsi, la sua mente tentò di farsi strada fra i ricordi che confusi stentavano a riaffiorare.
Cos'era accaduto?
Espirando piano e tentando di conservare la padronanza di sé, Juri schiuse nuovamente le palpebre, riuscendo a mettere a fuoco dopo un paio di tentativi un tetro soffitto in pietra naturale. Doveva essere all'interno di una caverna.
Una caverna vicina ad un corso d'acqua.
– Finalmente ti sei ripresa! – esclamò all'improvviso un'allegra voce maschile.
Sussultando una seconda volta, presa di sorpresa, Juri si voltò di scatto nella direzione dalla quale era giunta quella voce, ma la luce proveniente dall'esterno le permise a malapena di distinguere una sagoma umanoide stagliarsi all'ingresso.
Immediatamente sulla difensiva, senza badare più alle proprie condizioni, tentò di rimettersi in piedi per affrontare quella nuova minaccia, quando la voce dello sconosciuto tornò a farsi sentire.
– Ferma, non puoi ancora muoverti o le ferite si riapriranno!
Due mani la spinsero di nuovo supina fra le pelli, aiutate dal capogiro che la colse.
Priva della forza necessaria a ribellarsi, Juri si lasciò sfuggire una nuova smorfia prima di arrendersi alla propria debolezza ed allo sconosciuto che la costringeva in quelle condizioni. Uno sconosciuto dall'odore.. rassicurante. Odore di lupo.
– Non temere, sei al sicuro fra noi – parlò di nuovo quello che doveva essere un demone.
Il suo tono gioviale indusse la mezzodemone a credergli, seppur in minima parte, e si decise a sollevare lo sguardo sul volto altrui con l'intenzione di scoprire chi fosse il suo salvatore. Il demone che le stava inginocchiato accanto le sorrise, di un sorriso talmente franco ed espansivo da lasciarla incredula a fissarlo. Indossava pelli di lupo bruno ed aveva orecchie a punta tipicamente demoniache, mentre sulla sommità del capo svettava una chioma bicolore decisamente singolare: corti capelli grigi sormontati al centro da un folto ciuffo corvino.
Juri sbatté le palpebre, impiegando un paio di tentativi prima di riuscire a parlare.
– Dove.. dove sono?
– Sei nella grotta del nostro Clan – il suo tono allegro le rimbombò nelle tempie – Il nostro capo ti ha portata qui appena in tempo: siamo riusciti ad arrestare l'emorragia ma ci vorrà ancora qualche giorno perché tu ti riprenda.
Quella spiegazione la lasciò perplessa e guardinga. Perché l'avevano aiutata?
Eppure la gentilezza che traspariva dai modi di fare altrui sembrava genuina.
– Che sbadato, non mi sono presentato! Io sono Ginta! – disse indicandosi con l'indice della mano destra.
La mezzodemone rimase un attimo a fissarlo, indecisa di fronte a un simile comportamento da parte di un demone. E non era nemmeno un demone qualunque, bensì un demone-lupo!
– Io.. sono Juri. – mormorò incerta, sentendosi terribilmente a disagio. Non ricordava più l'ultima volta che si era presentata a qualcuno.
– Piacere di conoscerti!
Inevitabilmente lei storse le labbra in una piccola smorfia. Sembrava incredibilmente sincero, una cosa insolita per lei, abituata com'era a venir maltrattata e scacciata per la sua natura di mezzosangue.
Dei passi riecheggiarono fra le pareti della piccola grotta, distraendola e facendo voltare Ginta nella direzione dalla quale stava sopraggiungendo qualcun altro. Ben presto nel suo campo visivo subentrò la figura di un altro demone-lupo, che senza tanti riguardi scostò quello che già era accomodato sul pavimento per prenderne il posto.
– Ehi! Si è svegliata! – esclamò con la stessa vitalità del compagno, come se la cosa non fosse già nota. Ginta però non sembrò gradire i modi del nuovo arrivato perché lo spintonò a propria volta.
– Hakkaku, non ci provare!
– Andiamo, fratello, non fare storie e fammi posto! – ribatté quello, andando a sistemarsi a gambe incrociate proprio accanto al primo. Il sorriso che le rivolse era la copia di quello sfoggiato dal suo compagno in precedenza – Io sono Hakkaku, piacere di conoscerti! – si presentò a propria volta, indicandosi con il pollice artigliato.
Agli occhi della ragazza si definì un demone-lupo dagli abiti della stessa foggia di quelli di Ginta, con una cresta bianca sulla sommità del capo altrimenti rasato che coglieva in parte la luce proveniente dall'esterno.
Inerme ed a disagio, lei si limitò ad un cenno del capo.
– Juri – si presentò di nuovo, con un fil di voce.
L'esuberanza di quei due, unita ai sentimenti nateli dal ritrovarsi in una situazione tanto irreale, la stavano letteralmente sfiancando. Cercò di umettarsi le labbra con la lingua, tentando di mitigare il dolore alle screpolature.
– Ma ..perché sono qui?
– Koga non poteva certo lasciarti nella foresta in quelle condizioni! – esclamò in risposta Ginta, come se fosse ovvio.
– Certo, forse, molto tempo fa, l'avrebbe fatto, ma da quando ha conosciuto Kagome sono cambiate molte cose.. – continuò sovrappensiero Hakkaku, con una mano a reggere il mento.
Un fastidioso mal di testa spinse Juri a parlare ancora, cercando di zittirli.
– Un momento.. un momento. – li interruppe: non poteva più sopportare tutte quelle frasi buttate lì a caso, non in quel momento – Mi spiegate chi è questo Koga?
– Sono io.
La voce che all'improvviso li interruppe fece di nuovo sussultare la mezzodemone, il suo cuore che perse un battito. I suoi occhi, ormai abituatisi all'ambiente circostante, scivolarono oltre i due demoni-lupo, sino a fermarsi su colui che aveva parlato.
Quando quest'ultimo si arrestò accanto ad Hakkaku, la sua figura riempì quasi del tutto il suo campo visivo. Incrociandone gli occhi azzurri, i ricordi che la assalirono le smorzarono il respiro in gola: quello era il demone che era comparso dal nulla ed aveva sterminato i demoni inferiori che l'avevano messa alle strette.
– Vedo che stai già meglio.. – esordì nei suoi confronti il capobranco. L'indifferenza del suo tono era mitigata da un sorrisetto arrogante – Come ti senti?
– Bene – mentì lei.
Il sorrisetto che aveva stampato in volto si accentuò in risposta, rendendo evidente quanto poco le avesse creduto. A quel punto si chinò su di lei e Juri si rese conto che aveva una scodella in osso intagliato fra le mani artigliate.
– Bevi questo, allevierà il dolore e ti permetterà di riposare.
Koga fece per porgerle l'infuso ma lei lo frenò esternando l'unico interrogativo che, nonostante la situazione, non voleva lasciarla.
– Perché lo fai?
Nell'attesa, fra i due non vi fu un solo battito di ciglia e la ragazza si ritrovò a sostenere uno sguardo tanto intenso quanto imperscrutabile. Nonostante i propri sforzi, non riuscì a leggere nulla in quegli occhi di un azzurro improvvisamente più cupo del normale, ma non demordette: non era abituata alla carità, non ne aveva mai avuta, e tutta quella gentilezza poteva voler dire soltanto che quel demone-lupo voleva qualcosa da lei.
Eppure, la tensione venne poi infranta dallo stesso sorrisetto sghembo del capobranco.
– Perché mi ricordi un mezzodemone che conosco.
Quella risposta lasciò Juri ancor più spiazzata, tanto da non riuscire a dire più alcunché. Docile, senza che potesse fare nulla per sottrarsi a quelle cure incomprensibili, ella bevve l'infuso e poi si ridistese sul giaciglio approntato per lei in quell'antro riparato.
Sotto l'effetto della bevanda, il dolore iniziò presto ad attenuarsi e la stanchezza a prevalere. Nell'oscurità del sonno che andava addensandosi, la voce di Koga si fece udire un'ultima volta.
– Sorvegliatela e fate attenzione che non cerchi di fare sforzi.
– Sì capo! – esclamarono all'unisono i due demoni-lupo.
Il vago suono di passi in allontanamento fu l'ultima cosa che la sua mente registrò prima si profondare in un nuovo sonno ristoratore, cullata dal suono dell'acqua corrente e dal tepore di quelle pelli così morbide e dall'odore ormai familiare.


Nel suo vagare per i territori adiacenti a quello del loro clan, Koga colse un riverbero particolare provenire dal letto di un torrente. Assottigliando lo sguardo in quella direzione, si avvicinò con un balzo alla riva e fra i mulinelli distinse quella che pareva essere una spada incastrata fra i ciottoli.
Senza pensarci due volte la recuperò, rivelando una lama monofilare dalla linea ricurva e di lunghezza un poco inferiore alla sua stessa katana.
Rigirandosi quel singolare oggetto fra le mani, si soffermò ad osservare con curiosità il pendente legato all'elsa: era una strana pietra color dell'oceano, i cui riflessi blu catturavano e deviavano i raggi del sole. Sembrava molto preziosa.
Soddisfatto, si infilò l'arma in cintura, proprio accanto alla frusta che aveva appena raccolto dal luogo in cui era avvenuto il suo ultimo scontro.
Stava per riprendere la corsa quando una macchia scura su un masso poco distante lo distrasse. Avvicinandosi, a Koga non ci volle più di uno sguardo per comprenderne la natura: sangue rappreso.
Con una smorfia il giovane lupo si guardò intorno, ma non vide altri resti.
Le tracce di uno scontro però, ora che vi faceva caso, erano inconfondibili: una battaglia fra demoni.
Sbuffando infastidito, Koga tese le orecchie, cogliendo soltanto il suono della natura circostante. In qualunque modo fosse andata, oramai pareva essere tutto conclusosi e non vi era traccia dei demoni che erano stati lì.
Scosse il capo corvino con rassegnazione, prima di tornare a muoversi.
Decise di procedere verso il villaggio della vecchia sacerdotessa, quello in cui Inuyasha e i suoi avevano definito essere la loro casa, con l'intento di procurarsi qualche altra erba medica. L'anziana sacerdotessa che custodiva il villaggio se ne intendeva più di tutti loro nell'arte della guarigione e quella mezzodemone ne aveva ancora bisogno.
– Tsk.. e dire che fino a qualche tempo fa non mi sarebbe mai venuto in mente di rivolgermi a una misera umana – sbottò fra sé e sé.
D'altronde, da quando aveva conosciuto Kagome erano cambiate molte cose.
Il suo clan era stato sterminato davanti ai suoi occhi e la colpa era di un solo mezzodemone: Naraku. Il solo pensiero bastò a fargli ribollire il sangue di un rancore mai sopito e che ormai non aveva più alcuna possibilità di sfogare. Il suo desiderio di vendetta per i compagni caduti gli era stato negato dallo stesso Inuyasha, il quale era riuscito a toglierlo di mezzo una volta per tutte senza che Koga potesse fare qualcosa.
Privato della possibilità di riscattare l'orgoglio della sua tribù, il capobranco del Clan dell'Ovest si era ritrovato costretto a fare ritorno al luogo d'origine della sua gente coi soli due compagni che gli erano rimasti, Ginta e Hakkaku.
Al momento era ancora in conflitto su come procedere, indeciso se tentare di ricostruire il loro clan o se mandare i suoi fratelli presso un'altra tribù degli Yoro. Il suo animo faticava ancora a rassegnarsi all'idea che quella lotta continua avesse avuto fine, eppure lo aveva visto coi suoi stessi occhi, il momento in cui l'attacco di quel botolo ringhioso e dei suoi amici era andato a segno.
Allo stato attuale delle cose, non poteva fare altro che arrendersi all'evidenza e riscattare il proprio onore di capobranco degli Yoro dell'Ovest assicurandosi la sopravvivenza dei suoi compagni, in un modo o nell'altro. Finché non avesse preso una decisione definitiva, sarebbero rimasti all'antica dimora del suo popolo ed avrebbe difeso il territorio dei loro antenati con ogni mezzo a sua disposizione.
Venne distratto dai propri pensieri dal diradarsi della boscaglia e immediatamente il villaggio umano gli si palesò innanzi.
Il villaggio di Kagome.
Con un turbinio di vento accelerò la propria corsa, diretto senza indugio presso la capanna della vecchia. Prima le avrebbe chiesto ciò che voleva, prima se ne sarebbe andato senza il rischio di incappare in qualche presenza imprevista ed indesiderata. Struggersi d'amore per un'umana era una cosa quasi inconcepibile per un vero demone.
Eppure non era riuscito a resistere a lei.
All'inizio la sua scelta era stata dettata dal potere che Kagome serbava, ma poi... Lasciò cadere il pensiero, accantonando il ricordo ad esso legato.
Si maledisse mille e mille volte, mentre faceva ritorno dai propri compagni.

...continua.



Ciao a tutti!
Lo scorso capitolo, il prologo, era assurdamente corto, lo so, ma da questo cap in poi le cose saranno diverse, essendo entrati nel vero inizio della storia! Già da qui si inizia a capire cosa possa essere successo come "What if..?" rispetto alla trama originale e, seppur a me piaccia molto il modo in cui la nostra Rumiko ha concluso il manga, quando buttai giù per la prima volta questa ff dovetti arrangiarmi in qualche modo, non essendo all'epoca ancora finito.
Ok, adesso posso chiederlo... cosa ne pensate?! *-* Spero che fin qui il racconto vi sia piaciuto tanto quanto a me è piaciuto risistemarlo (e credetemi, ne aveva proprio bisogno)!
Se volete lasciarmi un feedback o qualche suggerimento per migliorare, ve ne sarei davvero grata: sono sempre aperta alle critiche costruttive che rendano il mio modo di scrivere migliore!
Nell'attesa del prossimo capitolo, che pubblicherò la settimana prossima, auguro a tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui buon weekend <3

baci

Kaiy-chan

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Capitolo 3
*** La tribù Yoro ***




.::[. LA TRIBU' YORO .]::.



Il primo suono che la strappò dal suo sonno fu, ancora una volta, il rumore d'acqua corrente.  Tuttavia i suoi sensi registrarono quasi subito una netta differenza in ciò che la riguardava, giacché l'intorpidimento dolorante che l'aveva tormentata la volta precedente era scomparso. La stanchezza però non tardò a manifestarsi non appena tentò di tirarsi su, impedendole di muovere agevolmente gli arti.
Nonostante la debolezza tentò ugualmente di mettersi a sedere, ma fu in quel momento che il dolore tornò a tormentarla ad altezza del ventre, facendole digrignare i denti. Cauta, allora puntellò le pellicce coi gomiti, immobilizzandosi per riprendere fiato e cercare di far passare quella scarica dritta alle tempie.
Un uggiolio la distolse dai propri tormenti, facendola voltare verso il lupo che le stava accucciato accanto. Incrociandone lo sguardo intelligente, Juri si ritrovò a inarcare un sopracciglio.
Fantastico: pure un guardiano aveva adesso.
L'animale mosse le orecchie, svettanti dritte sul capo, e la sua coda pelosa iniziò a spazzare il pavimento in pietra.
– Ehi, bello.. ci sei solo tu? – esordì senza pensare verso la sua nuova guardia personale.
Oh, ora si metteva pure a parlare coi lupi! Forse stava definitivamente uscendo di testa. Forse era tutta un'allucinazione della sua mente: in realtà era ferita e in fin di vita nel bosco e non le rimanevano che pochi interminabili minuti di agonia.
Sbuffò, scuotendo leggermente il capo alle proprie elucubrazioni mentali.
Doveva darsi un contegno e schiarirsi le idee. Con una buona dose di fatica finì di mettersi seduta, avendo cura di premere una mano sopra le bende, lì dove quella ferita l'aveva condotta quasi al limite, quindi si ravvivò con una mano i capelli, finendo per litigare coi spessi nodi che si erano creati durante la sua incoscienza.
Di nuovo il lupo uggiolò in sua direzione, richiamandone l'attenzione, e la ragazza tornò a guardarlo.
Anche se erano affini per natura, questo non significava che i lupi le stessero in qualche modo più simpatici degli altri animali. Aveva imparato a diffidare di ogni cosa nella sua inutile esistenza fatta di continue battaglie per la sopravvivenza, indiscriminatamente dalla situazione o dalla natura delle creature che la circondavano. La sua filosofia di vita era piuttosto semplice: mangia o verrai mangiato.
Anche se, ad essere sinceri, non aveva mai avuto problemi coi lupi. D'altra parte, era una mezzodemone-lupo.
I suoi tratti demoniaci erano retaggio della nobile stirpe di suo padre, un demone che, stando ai racconti di sua madre, proveniva dal Continente oltre il mare. Non aveva alcun ricordo nitido di lui, solo un'ombra sfuocata colmava la sua mente quando tentava di rammentarne i tratti o qualche altro dettaglio, ma sapeva da quanto dettole più volte trattarsi di un demone-lupo fiero, dalla folta pelliccia bianca ed una forza incontrastabile.
Peccato che poi se ne fosse tornato nel Continente e avesse lasciato lei e sua madre lì alla mercé di quel mondo crudele.
Il risentimento per l'abbandono che aveva segnato la sua giovane vita le fece digrignare i denti e serrare la mano destra a pugno, lì vicino alle bende. Semmai le fosse capitato di rincontrarlo, lo avrebbe ammazzato con le proprie mani.
– Dovresti rimanere distesa ancora un po', le ferite potrebbero riaprirsi.
Sollevando di scatto lo sguardo, Juri si ritrovò a spalancare gli occhi ambrati sulla figura del demone di nome Koga, ritto in piedi accanto al lupo di guardia. Alle sue spalle altri tre lupi lo avevano seguito e ora se ne stavano a osservare la scena a debita distanza.
Non si era minimamente accorta del suo arrivo.
Il demone, con noncuranza, gettò un osso mezzo spolpato al suo servo senza deviare la sua attenzione da lei. L'animale si alzò con un balzo e si avventò sulla ricompensa per il suo operato senza indugio, rosicando l'osso con famelici schiocchi di zanne. Juri si corrucciò in viso.
– Mi sento abbastanza in forze per alzarmi.. – ribatté, guardinga ma combattiva. Non sapeva ancora con chi aveva a che fare, non poteva abbassare la guardia per nessun motivo – ..sono stufa di starmene chiusa in questo buco.
– Tsk! – fece lui seccamente, mostrando le zanne. Inaspettatamente le si sedette al fianco, fronteggiandola alla sua stessa altezza, le braccia conserte – Non credo proprio.. e vedi di portare rispetto all'antica dimora della Tribù Yoro, ragazzina!
Quelle ultime parole risuonarono nella piccola grotta, rimbalzando aspre sulle pareti rocciose, e la mezzodemone avvertì l'irritazione ed il disagio crescere in lei. Dopo una manciata di secondi passata a sostenere lo sguardo accusatorio e intransigente del demone, ella dovette demordere, abbassando lo sguardo a terra.
Si morse il labbro con i canini, andando a stringere con ambo le mani le coperte nel tentativo di sfogare parte della propria insofferenza all'idea di dover ancora restare ferma in quel giaciglio, in condizioni che tanto le rammentavano una prigionia forzata. Eppure, non aveva scelta: non era ancora in condizioni di ribellarsi né di riscattare il proprio orgoglio ferito.
Era ancora troppo debole..
– Su, vieni, se proprio vuoi uscire.
Le orecchie le si rizzarono sul capo e con nuova sorpresa Juri si ritrovò a fissare la mano del demone-lupo protesa verso di lei in un tacito invito. Sbattendo più volte le palpebre, incerta e incredula per il trattamento che l'altro le stava riservando, sollevò gli occhi ambrati sul suo volto.
Austero e fiero, Koga sfoggiava un'espressione seria e determinata, ma nel suo sguardo, per un solo primo istante, ella credette di scorgere qualcos'altro dietro quel muro di fredda indifferenza con cui la guardava.
Con titubanza accettò quanto da lui offertole e ne afferrò l'arto, ma non fece in tempo a provare a tirarsi in piedi che quello la tirò su di peso con sé. La repentinità del gesto la prese alla sprovvista e per riflesso ella si aggrappò alla prima cosa che le capitò sotto mano mentre il mondo intorno a lei prese a vorticare. L'istante seguente, non appena riuscì a rimettere a fuoco la vista, si ritrovò sospesa fra le sue braccia, completamente avvinghiata al collo di lui e con ogni muscolo del corpo talmente teso da impedirle di respirare.
Rendendosi conto della situazione, Juri avvertì gli strascichi di un panico latente avvinghiarle l'animo, ma il suo stesso istinti di sopravvivenza le impedì di allentare la presa. Costretta a fidarsi, col battito frenetico del proprio cuore ad assordarla, rimase immobile alla mercé di quel demone sconosciuto mentre questi la portava all'esterno.
Una volta che entrambi vennero inondati dalla luce del sole, la mezzodemone dovette sbattere più volte le palpebre per evitare che tutta quella luminosità le ferisse gli occhi, ma non appena l'aria pulita le riempì i polmoni si rese conto per la prima volta, dopo due giorni, di quanto fosse fortunata ad essere viva.
Con una dolce brezza a carezzarle il viso, Juri allentò progressivamente la stretta, permettendo al capobranco dei demoni-lupo di muoversi più agevolmente nello spiazzo che delimitava il corso del torrente.
Cercò subito di guardarsi intorno, mossa dal proprio istinto di autoconservazione, ma ben presto si rese conto non vi fosse nessuna vera minaccia nei paraggi, così lasciò spazio alla curiosità non appena il capobranco la mise giù.
Seduta su un masso di modeste dimensioni, non appena l'altro tornò a farsi indietro la ragazza constatò di trovarsi alle pendici di un'altura rocciosa costellata di vegetazione. La nuda pietra in quel tratto era esposta ai caldi raggi del sole del pomeriggio, i quali tingevano di riverberi il vivace corso d'acqua che delimitava lo spiazzo e si perdeva fra le rocce nella sua discesa verso valle. Il torrente scorreva nel suo letto passando proprio accanto all'ingresso della grotta dalla quale erano usciti, originato da una cascata di modeste dimensioni.
Nella montagna ella distinse, nelle immediate vicinanze, la presenza di altre cavità naturali create dall'acqua e dalle intemperie e apparentemente disabitate, eccezion fatta per i lupi. Ritrovandosi a soffocare la propria curiosità, Juri tornò a cercare Koga con lo sguardo, ritrovandolo a pochi passi di distanza.
S'era accostato a quelli che parevano proprio i resti di un focolare sul quale svettava ancora parte di una grossa carcassa. Non appena il profumino di carne cotta le arrivò alle narici, la mezzodemone si ritrovò a lottare con l'acquolina in bocca.
Stava morendo di fame.. chissà da quanto tempo non mangiava?
Lo stomaco ebbe l'insana idea di iniziare a borbottare, facendola sussultare per il dolore relativo alla contrazione dei muscoli dell'addome. Quella tortura non durò molto, il capobranco poco dopo, senza una parola, le offrì una generosa porzione di carne ancora attaccata all'osso e lei non si fece pregare: lo afferrò e ne staccò un pezzo con un gran morso che le fece colare il grasso caldo lungo il mento.
Il sapore le parve talmente squisito da farle venire le lacrime agli occhi.
– Allora... che ti è successo? – esordì intanto il demone-lupo, sedendole di fronte e osservandola.
Sotto il suo sguardo inquisitorio per un attimo lei si sentì terribilmente in imbarazzo. Non era abituata alla compagnia, non aveva mai avuto nessuno con cui mangiare, non da quando era morta sua madre. Da allora erano passati anni e anni. Non era certa nemmeno di ricordare bene quei tempi, era ancora una cucciola.
A quel punto si rese effettivamente conto di quanta foga avesse dedicato all'opera di spolpamento e non faticò affatto a paragonarsi al lupo cui poco prima Koga aveva gettato l'osso.
Avvampò ancor di più in viso.
– Cosa vorresti dire? – gli domandò, più scontrosa di quanto avrebbe voluto a causa del proprio disagio interiore.
Deviando il proprio sguardo per ignorare quello di lui, la mezzodemone tornò a guardarsi attorno stabilendo una volta per tutte l'assenza di altri demoni nelle vicinanze: erano solo loro due. E i lupi che, accucciati sotto il sole, la stavano fissando a loro volta.
Ecco altri sguardi da ignorare.
– Intendo cosa ti ha ridotta così.
Juri smise di masticare e tornò a fissare Koga, indecisa se prenderlo sul serio o ridergli in faccia. Davvero si aspettava che lei spiattellasse i propri affanni al primo venuto? Era un lupo, aveva un onore da difendere!
– Svegliati, lupacchiotto! – ribatté seccamente, arricciando il naso in una smorfia – Nel caso tu non te ne fossi accorto, sono una mezzodemone! Dovrebbe essere una spiegazione più che sufficiente.
La reazione del demone-lupo fu appena distinguibile ma Juri la colse distintamente. Lo vide cambiare leggermente espressione, più freddo e ferino di quanto le fosse apparso sino a pochi istanti prima, e per un istante ella temette di aver esagerato.
Quello sguardo fece scattare automaticamente ogni muscolo della mezza, che quasi senza rendersene conto aveva stretto l'osso fra i denti e si era accovacciata sulla propria pietra, pronta a saltare via al minimo accenno di movimento da parte del demone-lupo. Gli anni trascorsi sempre in continua allerta l'avevano dotata di un istinto di sopravvivenza più sensibile di chiunque altro, di riflessi disumani, notevoli anche per un demone completo.
Il silenzio si prolungò alcune manciate di secondi, un silenzio carico di tensione. Si guardarono entrambi negli occhi per tutto il tempo, Juri sulla difensiva, non sapendo bene cosa aspettarsi ma abbastanza razionale da sapere che comunque fosse andata alla fine sarebbe stata lei a soccombere. In quel momento non potevano esservi paragoni fra lei e il demone.
Si pentì di aver utilizzato un approccio tanto irriverente, seppur non fosse certa dell'improvviso cambiamento del demone-lupo. Strano che un'ostilità simile fosse nata esclusivamente dalle sue parole. Forse il fatto che fosse una meticcia lo disgustava più di quanto in realtà desse a vedere.
I secondi si protrassero e alla fine quell'immobilità venne infranta dal ritorno di Ginta e Hakkaku, che chiamarono a gran voce il loro capo. Koga, come ripresosi dal groviglio dei suoi stessi pensieri, si alzò senza una parola e andò loro incontro con un balzo, frenando il proprio slancio senza apparente sforzo.
Era davvero agile e veloce.
Sì, in uno scontro corpo a corpo lei avrebbe avuto la peggio, senza ombra di dubbio.
– Allora? Cosa avete scoperto? – domandò loro il demone-lupo senza troppi preamboli, le mani sui fianchi mentre parlava coi suoi fratelli. Era voltato di spalle, cosicché Juri non poté vedere l'espressione che rivolgeva a loro.
– Non sembra esserci alcuna traccia del ritorno delle Paradisee – rispose subito Ginta.
– Sì, esatto.. abbiamo perlustrato la zona intorno ai confini e poi ci siamo arrischiati ad addentrarci nel loro vecchio territorio, ma non v'è alcun segno della loro presenza – aggiunse Hakkaku, prima di continuare – ..ma c'è un'altra cosa.
– Cosa?
– ..ci sono tracce di un altro demone che sembra aver fatto di quella vetta la sua dimora.. – riprese il primo col ciuffo moro, prima di estrarre da sotto la pelliccia una squama – ..e questa l'abbiamo trovata a valle, alle pendici delle montagne, sotto l'altopiano.
Koga rimase a esaminare la scaglia, grossa quanto la sua mano, per alcuni secondi prima di dare le proprie disposizioni, e la sua voce risuonò nuovamente nell'aria decisa e autoritaria.
– Che nessuno si avvicini a quell'altopiano e si tengano sotto stretta sorveglianza i nostri confini. Che niente e nessuno li varchi senza che io lo venga a sapere!
– Sì capo! – esclamarono all'unisono entrambi i demoni-lupo, prima di sparire di nuovo fra la vegetazione dall'altro lato del fiume.
Quando furono scomparsi Juri tornò a spolpare il proprio osso con foga, sperando che così facendo il demone rimasto non si accorgesse dell'interesse che l'aveva indotta ad ascoltare tutta la conversazione.
Appena Koga si volse di nuovo verso di lei però i suoi occhi erano bassi su ciò che stringeva in mano e l'espressione del suo volto era pensierosa, quasi cupa. Sotto lo sguardo attento della ragazza, egli prese a camminare lentamente sotto la tiepida luce del sole primaverile apparentemente incurante della sua presenza, cosa che le permise di osservarlo in ogni dettaglio per la prima volta alla luce del giorno.
Il demone-lupo aveva lunghi capelli neri, raccolti in una coda alta che ondeggiava al ritmo del suo incedere, e una bandana in pelliccia bruna che gli fasciava la fronte. I suoi occhi erano di un azzurro intenso tanto quanto lo era il suo sguardo mentre esaminava la scaglia portatagli dai suoi compagni, rigirandosela fra le mani artigliate. Prestante, con un fisico asciutto e muscoli definiti che lasciavano ben pochi dubbi su quale fosse la sua forza, si muoveva con la grazia e la sicurezza di un predatore.
Aveva orecchie a punta, come tutti i demoni superiori. Calzava gambali in pelle di lupo, come era di lupo anche il resto del suo vestiario, mentre intorno al busto sfoggiava un pettorale in cuoio nero e metallo. Assicurata al fianco sinistro portava una spada, una semplice katana.
Lui parve accorgersi dello sguardo di lei e si volse a guardarla, prendendola in contropiede e facendole voltare il capo in tutta fretta dall'altra parte. Si sentì avvampare in viso, non tanto per l'essere stata scoperta a studiarlo quanto per l'interesse con cui si era riconosciuta nel farlo.
– Dove.. – tentò di domandargli, per sviare l'attenzione da sé stessa – ..dove sono gli altri? I membri del vostro Clan intendo.
Alla domanda vi fu nient'altro che silenzio in principio. Un silenzio che durò abbastanza da indurla a sollevare di nuovo gli occhi ambrati sul suo interlocutore con una nota interrogativa. Fu a quel punto che notò l'espressione tesa del demone e quei suoi occhi, prima di un colore tanto vivido, ora erano velati di una tonalità cupa.
E capì.
– Sono morti – mormorò, rispondendosi da sola.
Koga annuì con un cenno del capo, tornando a guardarla.
– .. fu una sporca trappola di un maledetto mezzodemone – affermò, digrignando le zanne. La mano in cui stringeva quella scaglia si irrigidì, stritolandola nel palmo tanto da intaccarne la superficie con gli artigli.
Di fronte a lei, nonostante i due metri di distanza a separarli, l'aura demoniaca del demone-lupo sembrò destarsi intorno a lui, richiamata dal rancore e dall'ira che si portava dentro. Sentendosi venire la pelle d'oca, Juri tornò ad irrigidirsi sulla roccia, resistendo a stento all'impulso di sottrarsi a quell'emanazione di potere demoniaco.
– Un.. mezzodemone? – ripeté, suo malgrado, perché il silenzio che era calato stava minacciando di soffocarla, ma se ne pentì l'istante seguente.
Sotto lo sguardo allarmato di lei, la scaglia che Koga teneva fra le dita cedette con uno schiocco secco sotto la pressione dei suoi artigli, facendola sussultare. Tuttavia, l'istante seguente, la voce del demone-lupo risuonò più calma e fredda.
– Sì. Il suo nome era Naraku.
La ragazza lupo sentì un brivido risalirle lungo la spina dorsale al suono di quel nome, ma non sapeva bene se questa reazione fosse dovuta al modo in cui il capobranco l'aveva pronunciato o a un presentimento.
Quel nome, nonostante tutto, non le era sconosciuto. Nel corso della sua breve vita aveva avuto modo di sentire delle storie su un certo Naraku, echi di come la sua crudeltà avesse dilaniato i territori a meridione di quelli in cui ella si era ritrovata a vagabondare.
Con crescente disagio, si rese effettivamente conto di ciò che Koga le stava rivelando. Si umettò le labbra con la punta della lingua, prima di parlare di nuovo.
– Ed ora, che fine ha fatto?
– È morto.
Quelle uniche due parole la presero nuovamente in contropiede, facendole sbarrare le palpebre, ma non seppe se esserne sollevata o inquietata. Un mezzodemone aveva sterminato il branco di colui che le si stagliava di fronte ed ora quello stesso mezzodemone era morto.
– Ah.. quindi, tu...? – non completò la propria domanda che lui la anticipò.
– No – la interruppe, brusco, l'espressione corrucciata e le zanne demoniache di nuovo esposte – Non siamo stati noi a ottenere la nostra vendetta, lo ha fatto fuori uno stupido botolo ringhioso! – e se possibile, Koga pronunciò quelle ultime parole con un tono talmente astioso che gli uscì in un ringhio, stagliandosi di fronte a lei rigido di furia repressa.
Di nuovo senza parole, Juri deglutì a vuoto, osservandolo tenere lo sguardo iracondo fisso a terra. Non fece in tempo a ritrovare il proprio coraggio che quel momento ebbe fine e Koga si mosse senza più rivolgerle alcuna attenzione. Quando lo vide in procinto di sparire dietro il getto della piccola cascata, la ragazza lupo parve riscuotersi.
– Ehi! Ma.. dove vai?!
– Se vuoi tornare dentro aspetta Ginta e Hakkaku. Saranno felici di aiutarti.
Non le disse altro prima di scomparire oltre il getto d'acqua, sfoggiando un fare arrogante e scostante che non fece altro che farla indispettire.
Ma... ma che modi erano?!
Juri rimase lì a ringhiare per un po', sentendo montare la collera e lasciandola sfogare in quel cupo brusio che le nasceva dal fondo della gola, finché non fu la ragione a placarla. Nella brezza del pomeriggio inoltrato, ella si ritrovò a pensare a quel che aveva appreso quel giorno sul clan di demoni che l'aveva aiutata e sul suo capobranco, e finì per emulare un sospiro insoddisfatto.
Non le era ancora chiaro come mai le avessero salvato la vita, ma non sembravano malvagi dopotutto.
Certo, il loro capo era un po' lunatico, ma era comunque un demone-lupo e non poteva dargli torto: a quanto aveva capito non era riuscito a vendicarsi su colui che gli aveva sterminato la famiglia, né era riuscito a riscattarsi. Non si sarebbe sorpresa se avesse presto avuto la conferma che non sopportasse i mezzodemoni. 
Lasciando vagare lo sguardo ambrato per l'ambiente, si accorse di avere ancora addosso gli sguardi dei lupi che sostavano pacificamente sotto il sole.
– E voi che avete da guardare?!
In tutta risposta quelli rimasero immobili a fissarla, comportamento che la fece sospirare, rendendosi conto dell'assurdità delle sue pretese. Come se dei semplici lupi potessero rimanere intimoriti da lei, soprattutto nelle condizioni in cui era!
Dovette riconoscere con sé stessa, esaminandosi, di essere in uno stato pietoso: le pellicce che aveva usato per farsi degli abiti erano ridotte a stracci laceri e incrostati di sporcizia. Lei stessa aveva bisogno di un bel bagno.
Con occhio critico esaminò lo stato del proprio abbigliamento: lo aveva fabbricato lei stessa cucendo insieme dei ritagli di pelliccia di un orso che aveva cacciato personalmente. Si era così fabbricata una fascia per il seno, un giustacuore con monospalla in cuoio, una gonna ed un paio di polsini.
Venne risvegliata dalle proprie oziose riflessioni dall'avvicinarsi di uno di quegli stessi lupi che s'erano tenuti in disparte sino a quel momento. Osservandolo con una nuova curiosità, alla mezzodemone parve di riconoscere lo stesso che aveva trovato al proprio fianco al suo risveglio.
L'animale avanzò guardingo, annusando l'aria in sua direzione, finché non arrivò abbastanza vicino da poter quasi essere toccato, se lei avesse allungato il braccio. Tuttavia Juri non tentò di farlo, si limitò a sollevare la mano sinistra col palmo rivolto in sua direzione, concedendogli il permesso di avvicinarsi ancora e di annusarla meglio.
Non ci volle molto.
Il lupo, dopo un istante, sfiorò col tartufo la pelle del palmo della ragazza e dopo una curiosa annusata le riservò una generosa serie di lappate . Sussultando appena la lingua della bestia le bagnò tutta la mano, alla mezzodemone occorse una manciata di secondi prima di riscuotersi e rendersi effettivamente conto di cosa significasse. Quando l'animale le si accuccio accanto, ogni dubbio venne fugato: era stata riconosciuta ed accettata come parte integrante del branco.
Aveva già visto in comportamento simile tempo addietro. Nella sua solitudine aveva avuto la fortuna di osservare un branco di lupi che accoglieva fra le sue fila un nuovo membro, così come ne aveva riconosciuto il fare tipicamente protettivo verso le femmine ed i piccoli del branco.
Chissà se quel lupo l'avrebbe riconosciuta anche trasformata in umana?
La notte in cui ciclicamente perdeva i propri poteri demoniaci era vicina e, per allora, avrebbe fatto meglio a trovarsi molto lontano da quel luogo e dai demoni che lo popolavano.
Non poteva correre rischi.
Per questo viaggiava sempre armata: i pochi che erano stati tanto sprovveduti da sorprenderla in tali occasioni erano finiti tutti all'aldilà. Non poteva lasciare testimoni.
Un fruscio preannunciò il ritorno dei due demoni-lupo della Tribù Yoro, che di lì a poco sbucarono dalla vegetazione con passo tranquillo e la consueta espressione sorridente, apparentemente privi di preoccupazioni.
– Ehi! – li richiamò subito Juri, senza perdere altro tempo – Potete darmi una mano a tornare dentro?
Doveva riposare più che poteva, così da guarire il più in fretta possibile. Se andava tutto come previsto, nel giro di un paio di giorni al massimo sarebbe tornata alla sua vita. Certo, non prima di aver ricambiato il favore: non era un'ingrata, sapeva di dover ripagare almeno in parte il proprio debito nei confronti di quei demoni e avrebbe fatto ciò che era nelle sue possibilità.
Anche se covava rancore nei confronti del proprio padre, sua madre era riuscita a infonderle nell'animo l'orgoglio e la fierezza di appartenere alla propria stirpe demoniaca e non aveva alcuna intenzione di infangarne il nome, comportandosi disonorevolmente.
In più, con un po' di fortuna, si sarebbe fatta raccontare da Ginta e Hakkaku tutta la loro storia, nei minimi particolari.
Doveva per forza saperne di più.


Non sapeva nemmeno come era riuscito a sopportare la sua presenza, fin'ora. Sebbene il suo odore non fosse sgradevole neanche la metà di quello di quel maledettissimo mezzodemone-cane, i suoi occhi sotto la luce sembravano identici: stessa tonalità d'ambra, stessa altezzosità.
Eppure, per un primo attimo se lo era dimenticato, di aver a che fare con una mezzodemone!
Koga si voltò dopo averla osservata fare amicizia con i lupi al suo seguito, digrignando i denti in una smorfia carica di disappunto. La velocità con cui i servi del branco avevano iniziato ad accettarla era inspiegabile. Avrebbe dovuto metter subito le cose in chiaro, di modo che la cosa finisse lì.
Addentrandosi nell'antro che era la tana del loro Clan dell'Ovest, si lasciò ricadere disteso su quello che era il proprio pagliericcio, posto proprio in fondo alla caverna. Chiudendo gli occhi, rimase ad ascoltare il familiare rumore della cascata che celava l'ingresso di quella che per gran parte della sua vita era stata la sua casa. Era mancato per diverso tempo ed ormai quel luogo era divenuto la dimora degli spiriti del suo passato, di quei compagni che non avrebbe mai più rivisto.
Non era stato nemmeno capace di vendicarli, dannazione!
Si voltò su un fianco, dando le spalle all'antro e deviando i propri pensieri su questioni più prossime.
Prima o poi, Inuyasha e i suoi compagni sarebbero venuti a cercarlo per i frammenti che ancora si teneva nelle gambe. E quando questo sarebbe accaduto, avrebbe dovuto aver già risolto le questioni che riguardavano il Clan dell'Ovest e il suo futuro.
Per allora sarebbe stato meglio non avere più quella ragazzina fra i piedi, in ogni caso.
Prima se ne sarebbe andata, prima lui avrebbe potuto organizzare le cose al meglio per mandare Ginta e Hakkaku da qualche altro clan degli Yoro. Per un momento prese in considerazione il Clan del Nord, ma il pensiero di Ayame lo bloccò, impedendogli di soffermarsi sull'eventualità. La giovane demone dai capelli rossi gli era cara, ma sapeva che se avesse condotto i suoi là, ella avrebbe preteso che restasse anche lui e non poteva permetterselo. Finché avesse avuto i frammenti con sé, sarebbe stato sempre un pericolo per i suoi compagni, Naraku o non Naraku.
Inoltre, ben sapeva che quando sarebbe giunto il momento di affrontare quel botolo ringhioso, nessuno dei due si sarebbe risparmiato. Il suo orgoglio ferito e il suo onore di lupo gli impedivano di cedere il potere che quelle piccole schegge gli donavano con facilità, soprattutto al mezzodemone per cui aveva perso la sua donna.
In tutta probabilità, quello che l'avrebbe visto battersi contro Inuyasha, sarebbe stato uno scontro all'ultimo sangue.


Il demone rimase a guardare l'orizzonte sconfinato che era il Mare dell'Est con espressione imperturbabile.
Il vento era teso, i flutti sempre più alti ed incoronati di spuma bianca, ma egli non provava alcun timore, non per un po' di burrasca. Sull'alta scogliera che era l'ultimo baluardo fra l'entroterra e le onde che con perseveranza vi si infrangevano contro, egli abbassò lo sguardo viola ametista sulla Pietra della Vista, rimasta inattiva sin dal momento in cui suo padre gliel'aveva affidata.
“Non vi è più nulla per la nostra Stirpe in queste terre..”
Aveva ragione, sopravvivere nel profondo Nord, con l'avanzare dei cicli, era ormai divenuto impossibile per il branco. Ricordava con impressionante nitidezza come le cose fossero peggiorate rapidamente, di come i loro consanguinei si fossero rivoltati gli uni contro gli altri anziché far fronte comune contro la minaccia che era stata la loro rovina. A nulla era valso il ritorno di suo padre.
Serrando i pugni lungo i fianchi con forza, si incise la pelle dei palmi con gli artigli.
Oltre i confini del mondo, al di là del mare, lo attendeva un compito importante. Qualcosa che il suo onore di lupo gli impediva di trascurare.
Con un movimento fluido e deciso diede le spalle allo strapiombo.
Aveva bisogno di una barca e sapeva dove trovarne una adatta al suo scopo.


...continua.



Ciao e bentrovati!
Come potete notare ho istituito come giorno di pubblicazione il giovedì e cercherò di essere sempre il più puntuale possibile! 
Inizio col ringraziare chi ha inserito questa storia fra le seguite e chi mi ha così generosamente lasciato un commentino *-* grazie mille, sono molto contenta che fin'ora i personaggi (vecchi e nuovi) piacciano! In questo capitolo ne sbuca un altro, come potete vedere... ma chi diamine sarà sto tizio? Prima o poi lo si scoprirà, non temete!
Non mi dilungo troppo, in attesa di un vostro parere anche su questo piccolo capitoletto vi auguro buon weekend <3

baci

Kaiy-chan

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Capitolo 4
*** A caccia coi lupi ***




.::[. A CACCIA COI LUPI .]::.



Il mattino seguente Juri si svegliò di buon'ora, ristorata e in forze come non le capitava da tempo. Quella piccola pausa dalla sua vita di lotte continue e fughe le aveva fatto bene, questo doveva sicuramente riconoscerlo.
Sgusciando fuori dalle pelli del suo giaciglio arrivò in punta di piedi sulla sporgenza davanti alla propria piccola grotta, guardandosi brevemente intorno. Era l'alba e gli uccellini cinguettavano sui rami degli alberi, annunciando il nuovo giorno.
Non c'era nessuno in vista. Bene.
Più rilassata e a proprio agio si dedicò a stirarsi i muscoli indolenziti, sollevando verso il cielo ambo le braccia e lasciandosi sfuggire un ampio sbadiglio indolente. Era da tempo che non si concedeva una dormita simile: grazie al suo soggiorno presso gli Yoro era riuscita a rilassarsi più del solito, forte della convinzione che i lupi avrebbero fatto la guardia per lei.
Ravviandosi i lunghi capelli con una mano optò per darsi un'altra controllata, prima ispezionando i propri abiti e poi inginocchiandosi sulla riva. Sporgendosi oltre il gradino roccioso scavato dall'acqua, osservò il proprio riflesso sulla superficie del fiume ed anche se questa non era molto statica, non ebbe dubbi: era un vero disastro.
Storse le labbra in una smorfia scontenta, prima di venir distratta dal riflesso di uno di quei lupi accanto al proprio Risollevando il capo, volse il volto verso sinistra, ma in quello stesso momento l'animale spinse il muso contro di lei, iniziando a leccarla allegramente in piena faccia.
– Ehi! Ma.. che diamine! – sbottò la mezzodemone, tentando di spingerlo via con una mano – Bleah!
Che umido, affettuoso buongiorno! Certo, aveva intenzione di lavarsi, ma non a quel modo!
Guadagnatasi di un po' di tregua, immerse ambo le mani a coppa nell'acqua fredda e si sciacquò la faccia più volte, prima di passare ad una sommaria pulizia degli avambracci. Lavò con cura anche i propri polsini, cercando di levare ogni traccia di sangue dal pelo nero, ma dopo un po' dovette desistere. Espirò, svuotando i polmoni nella quiete di quel mattino, la mente già volata per altri lidi.
Le mancava il peso familiare della propria spada.. ma non aveva idea di dove fosse finita. L'aveva persa a causa del demone che le aveva regalato quello squarcio al ventre che aveva rischiato di farla ammazzare. Le aveva dato del filo da torcere, quella lucertola ambulante, ma alla fine aveva avuto ciò che si meritava: non poteva essere altrimenti, avendo osato mettersi contro di lei.
Ancora pensierosa si sfiorò la fasciatura al fianco con le dita della mancina, poco sopra il fodero vuoto, con lo sguardo perso sul pelo dell'acqua.
Un suono improvviso la fece voltare, di scatto, soltanto per posare gli occhi ambrati su Koga. Il demone-lupo svettava in cima alla cascata in una posa tipicamente di superiorità, con le braccia incrociate e quel suo solito sorrisetto in volto.
– Ben svegliata – la salutò, osservandola dall'alto, con quel tono arrogante che gli aveva sentito utilizzare più di una volta. Saltò giù dalla roccia con un balzo, atterrando senza incertezze sul sentiero che collegava il punto in cui lei se ne stava ancora in ginocchio e la caverna oltre la cascata – ..noto che finalmente sei in piedi.
Juri aggrottò la fronte
– Sì, infatti. – gli rispose guardinga, sfoggiando un tono di voce altrettanto saccente.
Come già detto, lei non era un'ingrata, ma i modi di fare del demone-lupo la incitavano a dimostrarsi tutto meno che sottomessa. Risollevandosi in piedi, pose ambo le mani chiuse a pugno sui fianchi.
– Bene, così potrai dare una mano!
– Come? – per un attimo lei perse tutta la sua sicurezza e si ritrovò a bocca aperta a fissare l'espressione sorniona sfoggiata dal capobranco.
– Tieni! – replicò lui in risposta, facendo un paio di passi per avvicinarlesi e lanciarle quello che inizialmente le parve un rotolo di cuoio.
L'ibrida lo afferrò al volo senza indugio, soltanto per scoprirsi a tenere in mano la propria frusta. Spalancando gli occhi dorati dalla sorpresa, fissò di nuovo Koga in volto.
– Ma.. come..?
– L'ho recuperata pochi giorni fa. È tua, no?
– Sì.. sì certo che è mia!
– Bene, allora ti sarà utile – affermò l'altro senza scomporsi, superandola – Finché rimarrai con noi, darai una mano.
– Ma... ma che si fa? – domandò Juri allora, ruotando su sé stessa ed affrettandosi a seguirlo.
– Si va a caccia!


Stavano seguendo la pista da almeno mezz'ora, correndo per la foresta e a tratti facendo una sosta per per controllare le tracce sul terreno. Dall'odore e dalle impronte di zoccoli nel fango, dovevano essere all'inseguimento di un piccolo branco di cervi. Se fosse andato da solo, Koga ci avrebbe impiegato molto meno tempo, ma coi lupi e la ragazza mezzodemone al seguito era stato costretto a diminuire l'andatura per evitare di seminarli. Non avrebbe avuto senso averle detto di dare una mano, se poi fosse arrivata quando ormai era tutto finito.
Anche se, doveva ammetterlo, era più veloce di quel che avrebbe mai creduto. Sembrava di nuovo completamente in forze e le sue falcate erano lunghe e precise, energiche. Non sembrava affatto inesperta nelle battute di caccia e teneva un'andatura regolare, apparentemente senza sforzo. Notevole, per una semplice mezzosangue.
– Sono vicini.
– Quanti ne dobbiamo prendere? – chiese lei.
– Almeno un paio. Meglio tre se piccoli.
– D'accordo.
I loro dialoghi erano tutti lì, niente chiacchiere, niente di superfluo che non riguardasse il loro dovere. Juri si stava dimostrando ai suoi occhi una ragazza pratica, di poche parole, e questo era senz'altro un punto a suo favore. Ma non bastava certo così poco a rendergliela gradevole.
In men che non si dica si ritrovarono in prossimità di una radura, pochi balzi e sarebbero sbucati dal fitto, in mezzo ai cervidi. Fece un cenno alla ragazza lupo di tenersi pronta e lei gli rispose con un'occhiata un po' più incisiva delle precedenti. Evidentemente aveva già capito da sé ciò che bisognava fare.
Un paio di secondi dopo si ritrovarono a correre in mezzo al branco di erbivori, il fragore dei loro zoccoli che copriva ogni altro suono. Koga con un balzo artigliò il fianco di una femmina, ed ancor prima che questa cadesse al suolo stava già sferrando un calcio al collo di un giovane maschio. I cervi rimasti si dispersero in tutte le direzioni, scomparendo oltre il limitare della radura il più velocemente possibile in preda al terrore.
Il demone-lupo si volse, fermo a pochi metri di distanza dal secondo cervo abbattuto, cercando la propria compagna di caccia e la trovò pochi metri più avanti, intenta a caricarsi in spalla un maschio con un considerevole palco di corna. Un sorrisetto sghembo gli affiorò in volto ma non disse niente per commentare la scelta d'ella, bensì tornò sui propri passi per caricarsi le proprie prede in spalla.
– Ci vediamo a destinazione – snocciolò soltanto verso Juri, prima di scattare in un turbinio di vento e scomparire oltre le fronde della vegetazione.
Il peso dei cervi abbattuti non era gravoso per lui, né la loro mole lo impicciava più di tanto. L'unica cosa a cui riusciva a dare importanza era correre, dando sfogo alle proprie energie. Adorava la sensazione liberatoria che gli causava l'aria nello sferzargli il viso, sentire il terreno scivolare sotto i piedi ad una velocità sempre maggiore, l'adrenalina che entrandogli in circoglio acuiva i suoi sensi fino al limite.
Era l'unica cosa che , ormai, lo faceva sentire bene.. lo faceva sentire vivo.
Durò poco, arrivando alla tana degli Yoro dopo nemmeno quindici minuti. Il vortice di vento si dissolse non appena, puntando i piedi, frenò la propria corsa, ma non dovette chiamare a gran voce i suoi due compagni: Ginta e Hakkaku sbucarono all'unisono uno da sopra la cascata e l'altro da dietro l'ansa del torrente.
Koga lasciò cadere la selvaggina al suolo, il loro sangue che iniziava già a imbrattare l'erba su di esso.
– Ecco qua. Scuoiateli, cuocete le carni di uno e mettete ad essiccare quelle dell'altro. Fra un po' dovrebbero tornare anche il resto del branco e la ragazzina con un maschio: conservate le corna, sarà utile lavorarle per fabbricare qualche utensile.
– Sì! – esclamarono come al solito all'unisono, prima di affrettarsi a mettersi all'opera.
– Io vado a darmi una ripulita.
– D'accordo, capo!
Vi era una pozza d'acqua sorgiva più a monte, in un'ansa della montagna, riparata da ogni lato dalla vegetazione circostante, ed era il luogo ideale per ripulirsi in tranquillità. Era un laghetto che nasceva dalle rocce sovrastanti e fluiva fra le rocce, trovando sfogo sottoterra.
Giunto a destinazione Koga si accostò alla riva, inginocchiandosi per immergere le mani nell'acqua fredda. Soddisfatto si sciacquò il volto, prima di guardarsi brevemente intorno. Quel luogo era tale e quale lo ricordava.
Si ritrovò quasi a sorridere mentre si spogliava delle pelli e si tuffava senza troppe cerimonie nella polla d'acqua. Il laghetto non era molto profondo, raggiungendo nella sua parte più distante dalla riva i due metri, ma lo era abbastanza da permettergli di immergersi completamente e farsi anche una piccola nuotata.
Non rammentava nemmeno più l'ultima volta in cui si era lavato in quelle acque, non in maniera chiara almeno.
Terminata la nuotata il demone-lupo tornò verso la riva, grato di quella pausa che s'era concesso. Sedendosi nei pressi della sponda, la schiena appoggiata contro quello che era un grosso masso svettante oltre il pelo dell'acqua, chiuse gli occhi e lasciò la propria mente libera di vagare.
Il filo dei suoi pensieri lo riportava sempre alla questione dei frammenti della Sfera e dello scontro inevitabile con Inuyasha. Non aveva alcuna intenzione di morire, era ovvio, ma sapeva che uccidere il mezzodemone avrebbe fatto soffrire enormemente Kagome.
Certo, se lui fosse morto la ragazza umana avrebbe potuto essere sua... ma non l'avrebbe mai perdonato, figurarsi ricambiare i suoi sentimenti. Sospirò, considerandosi senza alcuna speranza: non gli restava che prendersi cura di quel che rimaneva del suo branco... e vedere di far sloggiare in fretta quella mezzosangue, prima che creasse problemi.
Un suono improvviso lo fece sollevare dalla sua posizione semi-sdraiata, facendolo voltare verso la direzione dalla quale era provenuto il rumore che lo aveva risvegliato bruscamente dai propri pensieri.
Appena ne comprese l'origine, imprecò mentalmente.


Ginta e Hakkaku sembravano due ragazzi a posto in fondo, stava riflettendo Juri.
L'avevano accolta come al solito, l'avevano privata di quel fardello e quando aveva anche chiesto loro di un luogo dove potersi dare una pulita le avevano rivelato la posizione di quella sorgente un poco più a monte. Prima di lasciarla andare le avevano persino offerto dei vestiti puliti: pellicce marroni, gambali, spalline e una cintura. Erano tipicamente Yoro, questo era vero, ma sembravano comodi e lei aveva un bisogno assoluto di  nuovi indumenti.
Stava seguendo il sentiero che le avevano indicato i due demoni-lupo quando, alle orecchie canine, le giunse il tenue zampillio d'acqua della sorgente. Si inoltrò in quello che era un piccolo boschetto, il quale si rivelò ben presto provvidenziale, in quanto era un ottimo riparo da sguardi indiscreti.
Era così assorta nelle proprie fantasticherie, per una volta libera di girovagare senza temere di fare brutti incontri, che non si rese conto della presenza di Koga fino a quando, sbucando nei pressi della polla d'acqua, non se lo ritrovò davanti.
Immobilizzandosi all'istante, la ragazza lupo non poté far a meno di spalancar gli occhi con assoluta sorpresa, andando meccanicamente a tapparsi la bocca con ambo le mani. Tale gesto tuttavia la fece dimenticare delle pelli che stava reggendo sino a quel momento ed il tonfo da esse provocato quando caddero al suolo non passò inosservato. Il capobranco degli Yoro aprì gli occhi proprio in quel momento, perdendo l'espressione rilassata che aveva in viso in favore di una più corrucciata.
– Be', che fai lì imbambolata? Intendi rimanere a fissarmi ancora per molto?
Il tono pesantemente sarcastico del demone-lupo la fece arrossire violentemente e di scatto Juri si volse, dandogli le spalle e stringendosi ambo le braccia al petto.
– Io non me ne stavo imbambolata! – esclamò, al colmo dell'imbarazzo, non riuscendo a trattenersi. Davanti agli occhi, sotto le palpebre, poteva ancora vedere il corpo del demone-lupo in tutto il suo aitante splendore.
– Beh, se vuoi entrare, non fare complimenti!
– Ma sei matto?! – si ritrovò a esclamare lei, girandosi d'impulso per potergli lanciare uno dei suoi sguardi penetranti e carichi di rimprovero. Il sorrisetto vittorioso che vide stampato in pieno volto al demone la fece indispettire ancora di più, ma non appena si rese conto di starlo di nuovo fissando si coprì gli occhi con ambo le mani.
– Perché? Non dirmi che sarebbe la prima volta – ripartì alla carica l'altro, sbeffeggiandola.
Juri avvertiva la pelle del proprio stesso viso scottare e l'imbarazzo le fece venir voglia di correre a seppellirsi in qualche buco, impedendole di rispondere adeguatamente alle provocazioni che lui le stava lanciando senza remore. Il divertimento della sua voce sembrava direttamente proporzionale al disagio di lei.
– Non..non ti deve interessare! – balbettò, girando di nuovo sui talloni e tornando a dargli le spalle – Se hai finito, sbrigati ad uscire!
– Tsk.. quante storie che fai, ragazzina.
Lo sciabordio dell'acqua fu per lei fonte di nuovo imbarazzo e di sollievo insieme, perché voleva dire che finalmente il demone-lupo dietro di lei stava per andarsene. Era così agitata che il cuore non voleva saperne di calmarsi e il motivo era uno solo: non aveva mai sperimentato quel genere di cose, né le era mai passato per l'anticamera del cervello che un giorno sarebbe potuto accadere, non da quando era rimasta sola.
– Ora puoi voltarti – le giunse finalmente alle orecchie.
Quando Juri però, l'attimo seguente, si arrischiò a farlo, la investì un turbinio di vento che la costrinse a proteggersi gli occhi con un braccio. Durò un attimo, quella folata tornò a placarsi: Koga se n'era andato.
– Maledetto lupo pulcioso! – inveì senza riuscire a contenersi.
Trascorsero un paio di minuti prima che la mezzodemone riuscisse a calmarsi abbastanza da tornare a muoversi. Fece in fretta il bagno, dopo aver schiacciato qualche fiore profumato su una roccia ed averne sfregato il ricavato lungo tutto il proprio corpo, compresi capelli, orecchie e coda. Per tutto il tempo non fece che rimuginare sul comportamento del capobranco, inveendo contro di lui e quei suoi modi da sfacciato arrogante. Non lo sopportava proprio!
Suo malgrado, dovette ammettere a sé stessa che non era proprio riuscita a rimanere indifferente di fronte alla sua figura immersa nell'acqua.
Quella sera mangiarono tutti intorno al fuoco.
Juri sfoggiò con una certa soddisfazione i nuovi abiti, scoprendoli più comodi di quanto aveva supposto solo guardandoli. La pelliccia intorno ai fianchi era morbida ed ampia e la lasciava libera di muoversi come meglio credeva, così come era libera d'agitare la propria coda bianca. Aveva tenuto il giustacuore in cuoio che s'era fabbricata tempo addietro, posizionandolo sopra la pelliccia che le fasciava il seno. Spalline e gambali erano perfetti e le fasce che li assicuravano sotto la pianta dei piedi le calzavano a pennello.
Aveva optato per togliersi le bende ed il segno della ferita che l'aveva quasi condotta alla morte spiccava sulla sua pelle chiara, ma a Juri non importava giacché poteva giovare dell'incredibile velocità di guarigione della sua stirpe: grazie al suo sangue demoniaco non sarebbe rimasta nemmeno la cicatrice.
La frusta che Koga le aveva restituito era di nuovo al suo fianco, allacciata in cintura, ma la ragazza non era riuscita comunque ad evitare di rammaricarsi per la perdita della propria spada.
Per l'ennesima volta si passò una mano artigliata sull'avambraccio sinistro, sopra la pelliccia di lupo bruno che le fasciava l'arto, godendosi la sensazione di setosa morbidezza che le scivolava sotto le dita.
– Ne vuoi ancora? – le chiese Ginta, indicando l'ultimo pezzo di carne ancora sul fuoco.
Lei scosse il capo in segno di diniego, facendo ondeggiare la treccia in cui aveva legato i capelli. L'aveva lasciata lenta e gonfia, limitandosi ad assicurarsi che le evitasse di imbrattarsi le ciocche argentee d'unto alla prima occasione.
Il demone-lupo alla sua risposta si allungò per agguantare l'ultima porzione di cervo rimasta.
– Era un po' che non mettevamo un pasto caldo nello stomaco. Mi ero dimenticato di quanto fosse piacevole! – osservò soddisfatto Hakkaku nel massaggiarsi il ventre, guadagnandosi l'approvazione del fratello.
– Durante la nostra assenza la selvaggina è tornata a popolare queste terre. Non dovremo avere problemi in fatto di cibo per un po'... – intervenne Koga, lo sguardo fisso sulle fiamme.
Sino a quel momento il giovane capo era rimasto in disparte, in silenzio, e Juri ora poteva capirne un po' di più i motivi che lo rendevano così diverso dagli altri due demoni-lupo del clan.
Tornata alla tana, approfittando di un momento in cui era rimasta sola con Ginta e Hakkaku, era riuscita a farsi raccontare com'erano andate le cose. I due inizialmente erano stati un po' titubanti, ma poi le avevano detto ciò che voleva sapere. Le avevano narrato di Naraku e della Sfera dei Quattro Spiriti, perfino dell'infatuazione di Koga per quella strana ragazza umana, Kagome. Le avevano parlato del loro viaggio alla ricerca di vendetta per i loro compagni e di come avessero mancato all'appuntamento con la stessa per un soffio. Una sfortuna, senza ombra di dubbio.
Si ritrovò a pensare a quel mezzodemone-cane: Inuyasha. Se doveva prestar fede alle loro parole, lei gli somigliava, ma la cosa certamente non le faceva piacere. E come avrebbe potuto essere altrimenti? Venir paragonata a un cane... il solo pensiero le faceva rizzare i peli della coda!
Probabilmente era solo per il fattore comune di essere entrambi dei mezzosangue, non ci potevano essere altre spiegazioni.
Alzò di nuovo l'iridi ambrate sul capo del gruppo, dall'altra parte del focolare.
L'infatuazione che doveva aver avuto per quella ragazzina umana doveva essere notevole e il disprezzo verso i mezzodemoni pungente, se era bastato a farlo cambiare agli occhi dei suoi compagni di sempre.
Secondo Ginta e Hakkaku infatti il loro capo era cambiato: era più taciturno, più indisponente e impaziente. Aveva sempre avuto un certo entusiasmo per il combattimento, una cosa tipica di ogni demone, ma ultimamente mostrava una violenza ed un distacco nel modo in cui sferrava ogni singolo colpo che non aveva mai avuto.
Juri ricordava in parte il modo in cui lo aveva visto sgominare quei demoni inferiori al loro primo incontro e adesso riconosceva che nelle sue movenze vi aveva scorto qualcosa: una furia cieca, che era esplosa non appena il primo gli si era avventato contro ma che non sembrava nata in quel momento.
Doveva portarsi davvero molta rabbia nell'animo.
A causa di un mezzodemone aveva perso tutto: il suo clan, la sua vendetta, persino la donna che aveva scelto come compagna. Non poteva dire di essere sorpresa o di biasimarlo.
Senza dubbio, Koga non vedeva l'ora che lei levasse le tende.


Si stava preparando per un giro di perlustrazione dei confini quando i suoi due compagni gli si avvicinarono.
– Koga.
– Sì, cosa c'è? – chiese asciutto.
Sembravano preoccupati, forse era accaduto qualcosa..
– Ecco... lo sappiamo che sei tu il capo e che decidi tu in merito al branco, ma... – iniziò Hakkaku, abbassando lo sguardo a terra.
– Noi ci chiedevamo, se magari.. – proseguì subito dopo il fratello, altrettanto a disagio – ..se quella ragazza non potesse rimanere qui con noi.
Il capobranco li guardò senza battere ciglio.
– Finché si renderà utile e non sarà tornata completamente in forze potrà rimanere qui.
– Lo sappiamo Koga. Intendevamo... se poteva restare per... per sempre.
– Come una di noi.
Lui si irrigidì e immediatamente, al suono di quella richiesta, l'irritazione lo fece corrucciare in volto. Si ritrovò a serrare i pugni lungo i fianchi con rabbia crescente, i muscoli di tutto il corpo sempre più tesi mentre tentava di incenerirli sul posto con il solo sguardo.
– State dicendo che volete che diventi una Yoro?! – più che una domanda, quella frase gli salì alla gola come un ringhio d'accusa.
Davanti a lui, i due sembrarono desiderosi di farsi senore più piccoli, ma non indietreggiarono, rimasero a guardarlo con ostinazione remissiva. Non volevano sfidarlo, questo era ovvio, ma sembravano molto tenaci in merito a quella richiesta.
E tutto per una dannatissima mezzodemone?!
– Lo sappiamo che è una mezzodemone e che ad un primo impatto ricorda un po' Inuyasha capo, ma...
– ...ma nel suo sangue scorre anche quello di un demone-lupo.. e poi è molto carina...
– Quindi vi è venuta la brillante idea di prenderla con noi solo perché ha un bel faccino! – ringhiò di nuovo ai due, con un sorrisetto minaccioso ed uno sguardo omicida.
Quelli si affrettarono a negare, sollevando remissivamente le mani artigliate.
– Ma no capo, certo che no! Però è forte e sarebbe un passo avanti per ricostruire il nostro Clan dell'Ovest della Tribù Yoro... – a parlare per primo fu di nuovo Ginta.
– Naturalmente se non vuoi, non insisteremo. Sei tu il nostro capo, ti abbiamo sempre seguito e lo faremo sempre. – concluse Hakkaku.
– Tsk! – era inutile arrabbiarsi con loro, alla fin fine. Ancora col il sangue ribollente di collera repressa, Koga non aggiunse altro prima di spiccare un balzo che li fece sussultare per l'improvviso spostamento d'aria. Superandoli e lasciandoli accanto al torrente, si fermò solo il tempo necessario a rivolgere loro poche ultime parole in un tono che ancora conservava parte dell'ira repressa di poco prima.
– Vedrò se ascoltare la vostra richiesta. In ogni caso dipenderà da lei.
Un attimo dopo era immerso nella vegetazione, dando sfogo all'adrenalina che gli scorreva nelle vene con una corsa per il bosco, la mente in subbuglio.
Ginta e Hakkaku erano tutto ciò che gli rimaneva della Tribù Yoro dell'Ovest; erano il suo branco e come capo lui ne era responsabile. L'eventualità di dover accettare fra loro una mezzodemone mandava all'aria ogni possibilità di farli unire ad un altro clan: non c'era alcuna possibilità che l'avrebbero accettata fra le loro fila, e gli Yoro non abbandonavano i loro fratelli e sorelle.
E se non lo avessero fatto, se non li avesse condotti in un altro luogo ma fossero rimasti nel territorio che da sempre era appartenuto a loro, avrebbe dovuto iniziare a pensare ad un modo per far prosperare nuovamente il Clan dell'Ovest. Avrebbe dovuto accettare l'idea di mischiare il loro puro sangue di demone-lupo con quello di una meticcia, annacquando la loro discendenza ed indebolendola.
Certo, Juri era un'abile cacciatrice e non aveva creato grossi problemi da quando l'aveva condotta con sé per salvarle la vita, ma era diversa. Diversa da loro, diversa dagli umani, diversa da.. da Kagome. Lui ci aveva pensato seriamente a prendere per compagna la giovane sacerdotessa umana e aveva accettato senza problemi la discendenza che poteva nascerne, perché i poteri della mora sapeva sarebbero passati ai loro cuccioli, rendendoli più forti di comuni mezzodemoni.
Ma Juri quei poteri non li possedeva.
Che fosse carina poteva anche accettarlo, che avesse legato coi suoi compagni anche, ma questo non bastava certo a renderla degna di diventare una Yoro! Perché mai avrebbe dovuto fidarsi di lei? Non sapevano nulla su chi fosse realmente, da dove venisse o su chi fossero i suoi antenati demoniaci.. ammesso che fossero realmente stati dei lupi! C'erano molte più probabilità che fosse una pianta-grane, anziché una risorsa per il loro clan.
La cosa migliore che potesse fare quella ragazzina era andarsene, prima di combinare qualche guaio.
Raggiunto il confine sud-est del loro territorio Koga rallentò progressivamente, sino a procedere camminando sul sentiero tracciato dai lupi. Non ci volle molto prima che un quartetto dei loro servi gli andasse incontro, sbucando dal sottobosco per fornirgli le consuete informazioni sulla situazione.
Tutto tranquillo.
Fece loro un cenno prima di proseguire a sud, verso il prossimo posto di sorveglianza. In quella zona la vegetazione era più fitta, più rigogliosa a causa della topografia  meno impervia e la prossimità dell'altopiano. Il bosco era silenzioso.
All'improvviso gli vennero incontro altri due lupi, sbucando dal fitto con la lingua a penzoloni per la corsa. Gli si fermarono davanti e lui attese con pazienza, ma appena quelli gli fecero rapporto il suo umore peggiorò.
– Cosa? Maledizione! – imprecò a denti stretti.
Secondo i suoi lupi, il demone che si era stabilito nei pressi dell'altopiano aveva iniziato a muoversi verso nord, sino al limitare dei due territori. Non aveva attaccato i lupi di sorveglianza, né aveva dato segni di addentrarsi nelle terre del clan, ma Koga sapeva che sarebbe stata soltanto questione di tempo prima che ciò accadesse. I rettili erano una razza particolarmente stupida e boriosa.
– Tornate di guardia e riferitemi immediatamente nel caso dovesse ricapitare.
Non disse altro, con un balzo e un turbinio di vento si allontanò fra gli alberi. L'odore di quel demone nell'aria era molto debole, a malapena percettibile, ma ora che sapeva come identificarlo non avrebbe più esitato a riconoscerlo. La minaccia da questi costituita era lontana, ma il capobranco decise di effettuare comunque un rapido giro del perimetro.
Non poteva permettere che uno sporco demone di quel calibro facesse i propri comodi nei pressi del sacro territorio degli Yoro.


...continua.



Ciao a tutti!
Eccomi, puntuale, con la pubblicazione del nuovo capitolo! Ma prima, i miei ringraziamenti per coloro che hanno inserito questa storia fra le seguite, per chi ha commentato e chi solo letto! Sono molto contenta di vedere che il numero di visualizzazioni si sussegue di capitolo in capitolo ^^
Ora veniamo a noi: finalmente si iniziano a intuire un po' i crucci del nostro giovane capobranco... e quelli di Juri, costretta ad averci a che fare XD ma sembra anche capirlo, un pochetto, stranamente. Cosa ci riserverà il futuro?
E Ginta e Hakkaku? Quei due lupacchiotti? Io li adoro, modestamente, e mi auguro di non essere l'unica a trovarli simpatici!
Beh, vi auguro buon weekend <3  e spero tanto che possiate dirmi cosa ne pensate in attesa del prossimo capitolo! Ah, tra l'altro, il prossimo giovedì non potrò aggiornare la ff con il nuovo capitolo ma spero di riuscirci entro domenica prossima, ma sarà l'unica volta che sgarrerò (impegni fuori città).

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 5
*** La spada ***




.::[. LA SPADA .]::.


Tornata da una veloce perlustrazione in compagnia di Hakkaku, Juri si concesse un po' di riposo. Balzando su una pietra che sporgeva dall'acqua in mezzo al torrente, si avvicinò alla superficie per bere ed una volta fatto si leccò le labbra, soddisfatta.
Soltanto poi, sollevandosi di nuovo in piedi su quella roccia affiorante, prese a guardarsi attorno.
Il demone-lupo dalla cresta bianca era subito andato a far rapporto e lei poteva ancora vederlo intento a parlare con Koga, qualche metro più in là. Gesticolava come suo solito e il suo volto era un caleidoscopio di emozioni, al contrario di quello del capobranco che, serio e distaccato, lo ascoltava.
Non avevano niente da segnalare, in ogni caso.
Ginta, da quel che aveva sentito quel mattino, era a fare la guardia nella zona sud e Koga mandò Hakkaku a raggiungerlo. Forse era accaduto qualcosa, rifletté lei. Se non si sbagliava, in quella direzione v'era l'altopiano di cui aveva sentito parlare il secondo giorno della sua permanenza presso il clan degli Yoro.
Saltò sulla riva, facendo qualche passo per avvicinarsi. Un paio di lupi l'avvicinarono per salutarla con le loro lingue penzoloni e lei non poté evitare di riconoscerne la presenza, donando loro una pacca amichevole sul fianco peloso. Iniziava a piacerle la compagnia di quegli animali: erano silenziosi, discreti e totalmente privi di pregiudizi.
Sì, convenne, erano proprio un'ottima compagnia.
– D'accordo capo – esclamò in ultimo Hakkaku, prima di farle un cenno di saluto e allontanarsi di corsa.
Juri, seppur con un po' di titubanza, lo ricambiò. Tutta quella confidenza nei suoi confronti le sembrava quasi fuori posto. Non sapeva se ci avrebbe mai fatto l'abitudine.
Che sciocchezza, non poteva farci l'abitudine: mancava davvero poco alla luna piena.
Stringendo moderatamente i denti a causa di un'improvvisa sensazione spiacevole alla base dello stomaco, abbassò lo sguardo quando incrociò quello di Koga, per nulla desiderosa di lasciargli intuire il suo stato d'animo.
Che quei due demoni-lupo si fossero dimostrati tanto inclini al coinvolgerla nelle loro vite, trattandola come una di loro, ciò non stava a significare che fosse pronta ad aprirsi a qualcuno. Era abituata a non fidarsi mai di nessuno, a farcela da sola, e sapeva che sarebbe sempre stato così. In quel mondo non c'era posto per una come lei.
Era così intenta a rivangare amaramente il proprio stile di vita che impiegò una manciata di secondi per rendersi conto su cosa si fosse automaticamente posato il proprio sguardo, ma quando accadde, non riuscì a mantenere il consueto distacco.
– Ma... ma quella è mia! – esclamò sbarrando gli occhi ambrati.
Al fianco del demone-lupo spiccava, illuminata dai raggi del sole, la spada che ella stessa aveva smarrito qualche tempo prima. Koga, per contro, inarcò un sopracciglio, prima di guardare l'arma accanto alla sua solita katana.
– Ah, questa? – replicò con noncuranza, sfoggiando un sorrisetto e poggiandovi sopra la mano artigliata – Non credo proprio.
Juri lo fissò allibita.
– Fai sul serio?!
– Chi trova tiene, ragazzina.
– Ridammela! – la mezzodemone perse la pazienza.
Spiccò un balzo in avanti, protendendosi per afferrare l'impugnatura di quella che aveva riconosciuto senza ombra di dubbio come la propria spada, ma il demone-lupo di fronte a lei fu altrettanto rapido. La evitò facilmente spostandosi di lato e costringendola a frenarsi per evitare di cadere al suolo. Raddrizzandosi, la ragazza gli scoccò un'occhiata di fuoco, digrignando i denti.
– Ehi, ehi! Ti sembra il modo? – ironizzò Koga con un sorrisetto strafottente e uno sguardo carico di sfida – Sono il grande capo della tribù Yoro, portami rispetto ragazzina.
Lei ringhiò di rimando, iniziando a spazientirsi. Chi diavolo si credeva di essere per trattarla così?
Il capobranco si lasciò sfuggire una fastidiosa risatina, facendo un salto indietro di diversi metri.
– Beh, dato che ci tieni così tanto... prova a riprendertela! – esclamò, prima di voltarsi e scattare verso il bosco.
– Torna qui, lupacchiotto! – gridò la mezzo-lupo, imitandolo.
Juri gli si lanciò addosso senza aspettare un solo istante, mettendo tutta la propria forza nei muscoli delle gambe, giacché era perfettamente consapevole che se l'altro l'avesse distanziata non lo avrebbe più ripreso. Doveva riuscire ad afferrarlo prima che scappasse via in uno di quei suoi soliti turbini di vento.
Si mosse di un decimo troppo lenta. Lui la evitò con una velocità che quasi lo rese invisibile agli occhi dorati della mezzodemone, lasciando dietro di sé solo il suono della sua risata nel vento.
Era già partito.
Digrignando i denti lei non poté fare a meno di andargli dietro, guidata più dai rumori che lo stesso demone creava nel sottobosco al suo rapido passaggio, ma ben presto il suono del vento nelle sue fini orecchie divenne tanto insistente da mascherarglieli. Con frustrazione crescente allora Juri spiccò un salto che la portò al di sopra della chioma degli alberi e soltanto allora riebbe il contatto visivo.
Il demone-lupo sfrecciava a diverse decine di metri più avanti e si allontanava in linea retta. Imprecando mentalmente la ragazza allora si rimise a correre alla massima velocità nella direzione in cui l'aveva scorto, ritrovandosi a ringraziare il cielo che ormai fosse del tutto guarita. Quando era nel pieno delle forze infatti era ben consapevole di essere straordinariamente veloce, tanto che in pochi avversari riuscivano a starle dietro a lungo e ancora meno erano quelli che erano riusciti a seminarla. Ed era assolutamente determinata a far in modo che quel demone non diventasse uno di quei pochi, non con la sua spada fra gli artigli.
Saltò di nuovo sopra le fronde per sincerarsi di dove stesse andando, accorgendosi che Koga aveva cambiato direzione. Stava percorrendo un ampio arco verso destra, in una palese manovra di raggiramento. A quella vista, Juri non poté non sorridere: la stava palesemente sottovalutando.
Con uno scatto cambiò a sua volta direzione, senza nemmeno aspettare di toccare terra ma poggiandosi al grosso tronco di un albero per darsi lo slancio. Aveva scorto una piccola radura nella traiettoria della corsa di quel lupo e, se si muoveva abbastanza in fretta, l'avrebbe intercettato lì.
Il cuore le batteva con energia nel petto, pompandole sempre più adrenalina in circolo, e la mezzodemone avvertì distintamente l'eccitazione della caccia crescere e pervaderla dalla punta delle orecchie sino alla coda.
Si sarebbe ripresa quell'arma e la pietra legata all'elsa.
A qualunque costo!
Gli alberi intorno a lei si diradarono all'improvviso quando ancora era a metà di un lungo balzo, rivelandole di essere giunta a destinazione entro i tempi che si era augurata. Koga sbucò dal fitto un istante dopo a meno di due metri da lei, sfrecciando tranquillo con il vento a gonfiargli le pellicce e i capelli neri tesi alle spalle.
I loro sguardi si incrociarono e sul volto della mezzodemone comparve un sorriso accattivante sempre più ampio in reazione all'aria sempre più sorpresa del suo avversario.
Juri gli piombò addosso dall'alto come un falco, gli artigli protesi e un'esclamazione vittoriosa in gola. Le sue mani si chiusero intorno alle spalline di pelliccia del demone nello stesso istante in cui lui le afferrava gli avambracci per cercare di trattenerla. Rotolarono a terra, nell'erba, per diversi metri, graffiandosi e dimenandosi, lei nel tentativo di arrivare alla propria spada e lui per cercare di scrollarsela di dosso.
Anche quando lo slancio terminò continuarono ad azzuffarsi e la ragazza lupo, nella foga, non mancò di notare un sorriso insistente ed un luccichio tremendamente vivido negli occhi del giovane capo. Tutto di lui gridava combattività e sfida. Una sfida che lei non era disposta a perdere.
Ad un certo punto Juri riuscì a prevalere, stabilizzandosi sopra l'altro e cercando di bloccarne i movimenti, posizionandoglisi esattamente sopra il torace. Nella lotta la treccia in cui teneva abitualmente legati i capelli le si era sciolta ed ora ciocche argentee le incorniciavano scompostamente il viso arrossato. Per contro, invece, Koga appariva perfetto mentre le teneva le mani bloccate ad altezza dei polsi.
Sentì il petto di lui sotto le cosce tremare ancor prima di udirne la schietta risata.
– Tutto qui, zuccherino?
La sua presa era salda ed ostinata, abbastanza da impedirle di muoversi per afferrare l'impugnatura della sua spada, e Juri avvampò in volto al vederlo sotto di sé in quella luce. C'era qualcosa in quella scena che le impediva di vederlo solo come un ostacolo, un demone come tanti, perché tutto in lui sembrava gridare il contrario e ancor di più era il suo stesso animo a gridarle che non lo era.
Non aveva mai vissuto una sensazione di esaltazione e libertà simile.
Senza nemmeno rendersene conto ne ricambiò il sorriso, mostrandogli orgogliosa le zanne di mezzodemone che ne metteva in risalto i canini, decisa a non perdere la sfida. Non avrebbe avuto molto tempo prima che lui ribaltasse di nuovo le sorti.
Con uno scatto gli afferrò il polso sinistro con la mano destra e gli torse il braccio di lato, esponendolo verso l'alto. Quindi, rapida, gli si avventò sull'avambraccio scoperto.
Aaauh!
Il morso ebbe l'effetto sperato perché Koga la lasciò andare e a lei non occorse altro. Rapida come mai lo era stata, allungò la mano libera verso il fianco del demone-lupo, richiudendo le dita artigliate sull'impugnatura della propria spada.
L'istante seguente il suo avversario la ribaltò, sferrandole un calcio che la fece boccheggiare e la mandò a gambe all'aria, ma che non le impedì di tenersi aggrappata al proprio tesoro. La lama scivolò fuori dalla cintura del capobranco degli Yoro come se fosse stata oliata.
Con una capriola all'indietro si rimise in fretta in posizione difensiva, accucciandosi sull'erba fresca della radura e puntando saldamente i piedi a terra. Una goccia di sangue le scivolò su una guancia sino a ricadere al suolo, tracciandole una scia tiepida sulla pelle rovente, lasciandola interdetta: Koga, in quel momento di foga, era riuscito chissà come a graffiarla subito sotto lo zigomo sinistro. Eppure non bastò per cancellarle il sorriso trionfante che aveva stampato in volto.
Ce l'aveva fatta!
Il demone-lupo la guardò con quegli occhi azzurri carichi di lampi e le zanne ancora snudate in quel che doveva essere stato un ringhio. Pareva abbastanza arrabbiato.. doveva avergli fatto male. In quel momento di stasi, apriva e chiudeva la mano sinistra con movimenti metodici di chi cerca di riprendere il controllo dei propri muscoli.
Juri si rimise in piedi ed infilò la spada così arduamente conquistata nella cinghia del giustacuore dietro la schiena.
Non gli avrebbe dato occasione di riprendersela.
Quando Koga scattò in avanti, la mezzosangue era di nuovo pronta ad accoglierlo.
In meno di un secondo tornarono a rotolare nell'erba, macchiandola di piccole gocce di sangue. Questa volta non le andò altrettanto bene, giacché la determinazione a prevaricare si era attenuata, avendo ottenuto ciò che voleva. Ora si trattava solo di resistere agli assalti del demone-lupo, il quale sembrava del tutto intenzionato a non lasciargliela vinta. Il suo viso era una maschera di determinazione ed il suo sguardo due lame di ghiaccio, e Juri, in un momento di nitidezza, ne ebbe quasi paura. Fu Koga stavolta a sovrastarla, bloccandola sotto di sé ed immobilizzandole gambe e braccia con una forza che la ragazza lupo non riuscì in alcun modo a contrastare.
A braccia e gambe spalancate, ella sentì il cuore bloccarlesi in gola: era spacciata.
Col respiro che le bruciava nei polmoni, i loro occhi tornarono a saldarsi gli uni negli altri e Juri alla vista dell'espressione di lui avvertì un brivido rizzarle la pelle della schiena: aveva l'aria corrucciata e le labbra schiuse a lasciar fuoriuscire un respiro altrettanto pesante.
Il gioco era terminato, ora era diventata una cosa seria e lei aveva appena perso il confronto.
Rimasero immobili a guardarsi negli occhi per qualche tempo, in un silenzio rotto soltanto dai loro respiri e da un basso rombo di tuono in sottofondo, segno che un temporale era in arrivo. Poi qualcosa cambiò nello sguardo del demone-lupo, che da intransigente acquisì una nuova sfumatura più penetrante. Quegli occhi di un tale azzurro ceruleo sembrarono scrutarla nel profondo, con uno sguardo talmente intenso da farla arrossire di un'agitazione sempre maggiore, del tutto differente dal panico che aveva minacciato di assalirla sino a un attimo prima. Un nuovo rossore le dipinse le gote e non fece altro che aumentare nel momento stesso in cui lui iniziò ad avvicinare il volto al suo.
– K-Koga..? – uggiolò a mezza voce, non riuscendo nemmeno più a controllarla.
Quello non parve nemmeno averla sentita e Juri, col cuore che le batteva all'impazzata al centro del petto, chiuse di scatto gli occhi.
Che gli era preso adesso? Cosa voleva fare?!
Con la mente in subbuglio e l'animo ancor più in crisi, la ragazza lupo si rese tardivamente conto di non percepire alcun nuovo contatto da parte del giovane capo e, tesa come un fuscello, quasi si lasciò sfuggire un gemito dal fondo della gola quando all'improvviso ne avvertì il fugace respiro scivolarle sulla pelle della guancia ferita.
Spalancò gli occhi ambrati sul cielo nuvoloso: la stava annusando!
Completamente di sale, non riuscì a muoversi, il petto che le sprofondava sotto il peso di un'inspiegabile delusione e poi tornava a riempirsi d'aria fresca. Appena Koga tornò a farsi indietro e lei ne incrociò lo sguardo, lui aveva stampato in faccia uno di quei suoi soliti sorrisetti arroganti e gongolanti.
– Sei stata brava – le disse, prima di lasciarla andare.
Con un piccolo salto il demone si rimise in piedi, distanziandosi da lei per concederle tutto lo spazio necessario a rialzarsi. Juri scattò in piedi con una nuova capriola in meno di mezzo secondo, restando accucciata nell'erba ondeggiante ad una nuova brezza fresca. Brezza che non mitigò il calore rovente che percepiva irradiarsi dalla propria pelle, mentre sulla difensiva lo fissava e al contempo tentava di calmare il proprio animo in subbuglio.
Le aveva quasi fatto venire un infarto!
Con discrezione si pulì la guancia dal nuovo sangue che vi era sgorgato, portandosi il dorso della mano al naso per annusarlo. Non le sembrava ci fosse niente di inconsueto nel proprio odore: era solo il suo banale sangue da mezzodemone. Fissò il capobranco, ancora fermo di fronte a lei, con una certa diffidenza.
Per contro, Koga non fece una piega.
– Andiamo!
Non le disse altro, prima di voltarle le spalle e rimettersi a correre in direzione della tana del branco.
Senza sapere nemmeno il motivo, lei scattò a propria volta al suo inseguimento, mentre la sua mente cercava ancora di trarre le conclusioni di quanto appena accaduto. Non poteva sapere che il suo istinto di lupo aveva riconosciuto in Koga un capo da seguire e cui essere fedele, perché non vi era razionalità in tale dinamica. E non poteva sapere che anche per lui era cambiato inconsapevolmente qualcosa, quel giorno, giacché certi istinti erano relegati al di fuori della sfera cognitiva persino di un vero demone.
Venne distratta dai propri pensieri meno di una manciata di secondi più tardi da una considerazione: riusciva a stargli dietro benissimo, anzi. Ben presto si ritrovò a corrergli al fianco, finendo per procedere entrambi alla stessa andatura sul terreno cosparso di vegetazione.
Lei gli gettò un'occhiata e lui in risposta le rivolse un breve mezzo sorrisetto saccente, prima di tornare a guardar avanti.
Sì, qualcosa era appena cambiato in quella radura, ma non aveva la minima idea di cosa fosse.
Decise che sarebbe stata con gli occhi ben aperti. Doveva assolutamente scoprire cosa c'era sotto.


Sino a quel momento Koga non se n'era reso conto, ma ora non poteva più avere dubbi.
Juri era davvero una mezzo-lupo ed i fatti di quel pomeriggio lo avevano provato molto più di qualunque caratteristica fisica da lei posseduta, odore del sangue compreso. Aveva dimostrato una tenacia ed una combattività pari soltanto a quelle di un vero demone-lupo e lo aveva addirittura preso alla sprovvista, riuscendo a strappargli la spada di mano.
Notevole.
Una parte di lui ancora stentava a credere a quanto accaduto ed ora, man mano che continuava a rifletterci, doveva rivedere l'idea che si era fatto di lei: non era male per essere una semplice mezzodemone, forse. Anche se c'era un'altra cosa che lo rendeva oltremodo pensieroso. Una cosa che era successa in quella piccola radura.
Una cosa che aveva provato e...
Un ennesimo tuono lo fece riemergere dai propri pensieri, riportandolo al presente ed alla realtà circostante. Erano tutti e quattro nella grotta dove dormiva Juri, l'unica ad avere il soffitto modellato in modo da far uscire il fumo del fuoco senza che questo riempisse l'ambiente. Lo scrosciare della pioggia era continuo e persistente, tipico di quella stagione.
Koga, senza farsi notare, cercò di nuovo la figura della mezzodemone con lo sguardo, ritrovandola nella stessa posizione di pochi minuti prima: stava a gambe incrociate dall'altra parte del focolare, riversando tutte le sue attenzioni all'arma in suo possesso mentre passava una pelle scura e logora sulla lama, lucidandola meglio che poteva.
Ancora una volta ripensò all'accaduto di quel pomeriggio.
Si era divertito, non poteva negarlo. Si era divertito molto.
Durante la loro piccola zuffa le aveva lasciato un graffio mediamente profondo sulla guancia che aveva smesso quasi subito di sanguinare ed ora risaltava alla calda luce delle fiamme. E come ormai accadeva spesso, accanto a lei erano accucciati tre lupi, intenti a sonnecchiare al riparo di quella grotta.
– Credete che continuerà per molto? – a interrompere il silenzio fu Hakkaku.
– Probabilmente continuerà a piovere sino a domattina. – replicò asciutto Koga.
– Che noia – si lamentò Ginta.
– Puoi sempre uscire in perlustrazione dei nostri confini, invece di startene lì a lamentarti! – lo rimproverò subito il capobranco, scoccandogli un'occhiata penetrante.
Nemmeno a lui andava a genio il maltempo, soprattutto quando lo costringeva all'attesa. Non che vi fossero possibilità per un vero demone di ammalarsi per così poco, ma durante quel genere di acquazzoni i sentieri di quella regione divenivano impervi ed infidi e i torrenti, subito rigonfi d'acqua, aumentavano la loro turbolenza e straripavano dal loro letto.
Un tempo da lupi, per così dire.
Sorrise fra sé e sé per quell'ironia.
– Sorella Juri, ma da quando hai con te quella strana spada? – a parlare era stato Ginta.
Al sentirlo appellarla “sorella”, Koga non poté che digrignare le zanne demoniache contrariato.
Non era stato abbastanza chiaro? Cosa diavolo passava per la testa ai suoi compagni? Non era certo diventata una del branco soltanto perché lui aveva detto loro, la sera prima, che avrebbe riflettuto sulla loro richiesta!
Hakkaku si accorse della sua espressione e diede una gomitata al fratello, che sussultò e si ammutolì. Fu la voce di Juri a spezzare la tensione nell'aria umida.
– L'ha trovata Koga e... me l'ha gentilmente restituita. – le prime parole della ragazza lupo suonarono vagamente ironiche e il capobranco, spostando lo sguardo su di lei, ne distinse chiaramente il sorrisetto sghembo che gli dedicò.
Lui per contro sbuffò seccato, tornando a distogliere lo sguardo mentre lei proseguiva.
– La trovai anni fa... ha un significato particolare, per me.
La voce d'ella lo indusse a ritornare a guardarla, avendone colto una nota più seria e incerta rispetto al solito. La vide alternare lo sguardo ambrato su ognuno di loro con una certa diffidenza mentre serrava le labbra in una smorfia piatta, come se non sapesse se continuare o lasciar perdere. Come se faticasse a fidarsi.
Quel suo modo di comportarsi, così schivo e introverso, era come un muro che s'era costruita fra sé e gli altri ed era anche lo scoglio maggiore al suo eventuale ingresso nel loro clan. Appariva ai suoi occhi sempre allerta, sempre sulla difensiva. Probabilmente era un comportamento che era stata costretta ad adottare a causa del suo passato, ma ora, in quella situazione, per lui costituiva una seccatura. Perché se lei non si fidava di loro, come potevano loro fidarsi di lei? 
Se non v'era fiducia fra compagni, la battaglia era persa in partenza.
– Davvero? – stava chiedendo nel mentre Hakkaku, completamente insensibile alle difficoltà d'ella: la stava fissando come un cucciolo in attesa di una bella storia e un'espressione simile era stampata sul volto di Ginta. Koga sospirò rassegnato.
Eppure, nonostante tutto, la voce di Juri tornò a sovrastare il crepitare del fuoco.
– C'era... una filastrocca che mia madre mi fece imparare a memoria, da piccola... – iniziò, calamitando non solo l'attenzione dei due demoni ma anche del capobranco, che tornò a fissarla sorpreso.
Ai suoi occhi azzurri ella gli apparve un po' meno scostante, con un'aria impacciata ed imbarazzata che le dipingeva le gote di un tenue rossore.
– ..così un giorno decisi di provare a cercare il luogo da essa descritto. Era da tempo che viaggiavo sola e... be', non avevo altro da fare. – si giustificò, facendo spallucce.
– E che posto era? – intervenne Ginta.
– Una grotta... la.. la grotta dell'addio – Juri gli gettò all'improvviso uno sguardo incerto e Koga la vide arrossire maggiormente, prima di schiarirsi la voce e drizzare la schiena – Recitava così:

Sale in cielo l'argentea dama,
vagando tacita sul mare del Nord.

Bianca di spuma il sangue chiama,
ultima guardiana del nostro tesor.

Non c'è altra via fra celo e cresta,
che quella scogliera austera e mesta.

Ed orecchio di lupo non può ignorare
il richiamo della Stirpe di notte cantare.

Nel profondo antro la zanna riposa,
in attesa del suo padrone, di stirpe gloriosa. 

L'ultimo saluto sarà da cercare, 
chi l'onore di un lupo vorrà conquistare.

Quando il silenzio tornò a calare sulle loro teste, i demoni-lupo parvero tardare a ritornare al presente. Quelle parole, così abilmente recitate dalla voce chiara di lei, avevano evocato un'atmosfera che nemmeno Ginta e Hakkaku sembravano propensi a infrangere.
Quando fu la stessa mezzodemone a farlo, Koga si sorprese a lasciare finalmente uscire il respiro inconsapevolmente trattenuto.
– Sapevo che il luogo della filastrocca era quello che aveva visto i miei genitori dirsi addio, così mi misi alla sua ricerca. Non so dire quante stagioni impiegai, ma alla fine trovai ciò che cercavo: la spada di mio padre era lì ad attendermi.
– Cosa ha spinto i tuoi genitori a separarsi? – fu Hakkaku a intervenire, sporgendosi in avanti per poggiare i gomiti sulle gambe incrociate – Insomma, dalle tue parole sembra che fossero legati.
– Mio padre ci ha lasciate per tornare nel Continente.
– Nel Continente?! – proruppero all'unisono Ginta e Hakkaku.
I due demoni-lupo non poterono impedirselo e quella reazione contribuì a mitigare quella dello stesso Koga, che eppure non poté non strabuzzare gli occhi. Cosa..?!
– Era un demone-lupo di una nobile e antica Stirpe le cui origini risiedono in terre molto all'interno del Continente. Mia madre me l'ha sempre descritto come una creatura fiera e potente – Juri abbassò lo sguardo sulla lama che ancora aveva in grembo, lo sguardo più cupo di poc'anzi – Lui le aveva raccontato della propria terra natale: una landa di ghiacci semi-perenni delimitata da alte montagne sempre ricoperte di neve. Da quelle parti i venti ululavano quanto e più di qualsiasi branco di lupi – abbozzò un sorrisino ironico – sì, davvero un luogo che ti fa venir voglia di mollare tutto per tornarci!
Koga per riflesso sorrise a sua volta, cogliendo senza problemi lo stato d'animo d'ella. L'amarezza che aveva tentato di mascherare sotto l'ironia di quell'ultimo commento l'aveva colta benissimo, così come aveva colto il significato della stessa. L'argomento doveva essere ancora ostico per lei.
– Ma.. perché non vi ha portato con sé? – chiese Ginta.
Hakkaku sferrò immediatamente un pugno in piena faccia al fratello, spezzando la tensione e impedendo alla ragazza lupo di dover rispondere. Quel gesto, oltre a far ribaltare all'indietro il povero demone-lupo, fu la prova per Koga che, almeno uno dei due conservava ancora un briciolo di sensibilità.
Mentre i suoi due compagni iniziarono a battibeccare con la consueta esuberanza, spezzando l'atmosfera tetra che s'era venuta a creare, Koga distolse lo sguardo per volgerlo verso l'esterno del loro riparo. Per quella sera aveva abbastanza cose su cui riflettere.
Senza una parola si alzò, attirando con quel semplice gesto l'attenzione dei suoi compagni.
– Capo..?
– Koga..?
– Mi ritiro. – affermo, asciutto – Chiamatemi se succede qualcosa di rilevante.
Non attese altro prima di uscire sotto la pioggia. Per percorrere la poca distanza che lo separava dalla loro tana dietro alla cascata impiegò una manciata di secondi, tempo più che sufficiente perché il temporale gli inzuppasse completamente le pellicce.
Superato il getto d'acqua del torrente in piena, si scrollò energicamente spargendo gocce di pioggia tutt'intorno a sé. Soltanto dopo raggiunse il proprio giaciglio, distendendovisi sopra con un certo abbandono.
Intrecciando ambo le mani dietro la nuca, rimase ad osservare il soffitto immerso nel buio, ascoltando il fragore della cascata unito a quello della pioggia. Passò parecchio tempo a riflettere, prima che la stanchezza vincesse sulla sua mente, facendolo sprofondare in un sonno senza sogni.



...continua.



Ciao a tutti!
Sì, so che avevo detto che non sarei riuscita ad aggiornare, e invece i miei impegni sono stati posticipati!! Spero che la cosa vi renda felici, a me non troppo xD ahahah
ma passiamo alle cose serie: grazie a tutti *.* davvero, il vedervi aumentare non può far altro che riempirmi di gioia.
Questo capitolo è uno di quelli che ho iniziato a modificare più incisivamente, spero che la filastrocca vi sia piaciuta ^^ io mi sono divertita a inventarla!
Come sempre, spero che vogliate lasciarmi un parere, anche solo due righe, tanto per dirmi se il capitolo e/o la storia vi piace! Intanto vi lascio augurandovi buona notte!

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 6
*** Il richiamo del sangue ***




.::[. IL RICHIAMO DEL SANGUE .]::.


Correva.
Correva attraverso un sentiero, in una foresta dagli alberi talmente alti da richiudersi sul suo capo e dal sottobosco talmente fitto da rendere impenetrabili allo sguardo i lati della pista da lei percorsa. 
Non sapeva da quanto tempo stesse scappando, ma aveva il fiato corto ed il cuore in gola. Poi, all'improvviso, comparve una luce di fronte a lei e la speranza riaffiorò: era quasi in salvo. 
Una radura. 
Uscì allo scoperto in pochi secondi, con un balzo che la portò a distanziare l'ultima linea di alberi di diversi metri. Soltanto allora si volse per affrontare il proprio inseguitore.
Nel momento stesso in cui lo fece tuttavia, lui era già dietro di lei con un ghigno sadico sul volto. Rimase pietrificata nel ritrovarsi a fissare due occhi azzurri come il cielo d'estate e penetranti come l'acciaio. 
Quello era Koga!
E l'espressione truce che gli distinse in volto gli era estranea, ma lei l'aveva già vista in molti altri demoni completi.
Dietro di lui, in ombra, si delinearono altre due figure: quelle di Ginta e Hakkaku.
– Lasciami andare Koga! – gli urlò disperata – Non voglio farvi del male!
Non ricevette risposta ma sotto il suo sguardo i lineamenti del giovane lupo mutarono, lasciandola incredula a fissare il volto di un demone i cui tratti aveva da tempo dimenticato. Eppure ogni fibra del suo essere le gridava l'identità di quel nuovo avversario.
Aveva lunghi capelli d'argento, zanne e una coda candida come la neve a sfiorare il terreno. La stessa neve che ricopriva, tutto a un tratto, l'intero scenario.
Quel demone-lupo non era altri che suo padre!
In quel medesimo istante lui le puntò contro la spada della sua stirpe.
– Non sei degna della nostra Stirpe – pronunciò, freddo come il ghiaccio, l'espressione carica di rabbioso risentimento – Non avrei dovuto permetterti di venire al mondo.
Quelle accuse le tolsero ogni energia e lei si ritrovò ad accasciarsi in ginocchio, con le lacrime agli occhi. Non riusciva a respirare.
Poi suo padre si scagliò su di lei.

Juri si svegliò gridando, sollevandosi di scatto a sedere fra le pellicce del suo giaciglio. Annaspando in cerca d'aria si portò la mano al petto, stringendo convulsamente la pietra che era stata legata alla spada e lei aveva deciso di portare intorno al collo.
Col cuore in gola, non poté evitare alla sua mente annebbiata di rievocare le parole di suo padre, eco dell'incubo appena avuto. Ricoperta di sudore freddo, sobbalzò appena delle voci si levarono nell'oscurità, rimbombando sulle pareti della grotta.
– Juri!
– Sorella Juri!
Erano Ginta e Hakkaku, ma lei era troppo sconvolta per riconoscerli o ricordarsi dove fosse e perché. Quando fra loro si fece avanti Koga, l'angoscia provata all'interno di quel sogno tornò a pervaderla e lei scattò all'indietro, finendo per urtare con la schiena la parete alle proprie spalle in preda ad un sordo terrore.
Lo vide muovere le labbra ma la sua voce le risuonò distante, ovattata, incomprensibile.
La mezzodemone in risposta snudò le zanne, piegando le orecchie all'indietro e ringhiandogli contro non appena il giovane capo fece un altro passo. Nell'ombra della notte la figura di Koga si fondeva all'immagine che lei ne aveva avuto in sogno e sensazione di pericolo che aveva sperimentato venne rievocata dalla sua mente, impedendole di riacquistare un legame con la realtà.
Il demone-lupo rimase impassibile, continuando ad avvicinarsi, i suoi lineamenti avvolti in una maschera impenetrabile. Quando provò ad allungare una mano lei cercò di graffiarlo con gli artigli, ma senza successo: lui la bloccò per il polso e fu quel contatto a fornire alla sua coscienza una via per il mondo reale.
Le gambe le cedettero e lei si sbilanciò in avanti.
– Ehi! – questa volta la voce di Koga le risuonò chiara alle orecchie candide, il tono pressante carico di una nota di preoccupazione e allarme che non rammentava avergli mai sentito.
La afferrò per le spalle e lei, priva di energie, si appoggiò al suo petto. Non appena il calore del corpo del demone l'avvolse, scacciando il gelo che l'aveva colmata, le prime lacrime le rigarono il volto.
E fu così che anche l'ultima barriera della ragazza lupo crollò quella notte.


Koga si svegliò di soprassalto. La pioggia era già cessata e l'alba si stava già approssimando oltre l'orizzonte, rischiarando il mondo per l'occhio in grado di cogliere quel minimo mutamento.
Ma non era stato questo a destarlo.
L'eco di un grido si stava spegnendo sotto il costante rumore del torrente.
Il capobranco degli Yoro balzò in piedi un attimo prima dei suoi due compagni, appena tornati dai loro pattugliamenti. Uscì di corsa nella quiete che precede il primo raggio di sole, superando con un balzo il getto d'acqua dinanzi all'ingresso della loro tana solo per raggiungere altrettanto rapidamente la grotta ove la mezzodemone-lupo dormiva da diverse notti.
Non appena entrato, impiegò un istante a distinguere fra le forme in ombra la sagoma della ragazza, seduta fra le pellicce del suo giaciglio. Era immobile, tremante, col fiato affannoso e apparentemente insensibile al suo arrivo.
Un istante dopo le sagome di Ginta e Hakkaku lo superarono di corsa, chiamando Juri per nome.
Le loro voci riecheggiarono all'interno della cavità facendo sussultare la mezzodemone ed infastidendo lo stesso Koga, il quale si fece a propria volta avanti, facendosi largo fra i due demoni-lupo e prendendo in mano la situazione.
Ciò che distinse chiaramente, fu la reazione di una ragazzina terrorizzata che, appena lo vide, si ritrasse contro la parete alle sue spalle, sbattendo violentemente la schiena contro la roccia. Nell'aria l'odore della paura di lei era talmente intenso da pizzicargli il naso, ma non v'era altro odore appartenente ad eventuali intrusi e la cosa lo aiutò a tirare le somme.
– Juri, calmati.. è tutto a posto – pronunciò con voce ferma, calma – ..è stato solo un incubo.
Il ringhio che ricevette in risposta fece sussultare Ginta e Hakkaku, ma lui fessurizzando lo sguardo sulla giovane mezzodemone non si lasciò intimidire. Di una cosa però dovette ricredersi: la ragazza lupo non era solo terrorizzata, era sconvolta. Allungò una mano per toccarle una spalla ma non fece nemmeno in tempo a provarci che lei si mosse, costringendolo a bloccarle il braccio all'altezza del polso. La stretta con cui la afferrò sembrò confonderla e l'istante successivo la vide cadere in avanti.
– Ehi!
La afferrò al volo, appoggiando un ginocchio a terra per sostenerla e non farsela scivolare di dosso.
E poi accadde.
Juri gli scoppiò in lacrime fra le braccia, premendoglisi contro e nascondendo il volto sul suo petto.
Spiazzato, Koga non poté far altro che far scivolare le braccia intorno al suo corpo tremante, finendo per stringerla con più veemenza sotto l'effetto di un impulso inspiegabile a parole. Un impulso che lo condusse a reclinare leggermente il capo per sfiorarle la chioma argentea con la linea della mascella.
Qualunque cosa le fosse accaduta quella notte, Koga comprese che non si sarebbe mai sottratto a quel compito, che una parte di lui sarebbe sempre stata pronta, da quel giorno, a prendersi cura di lei come un membro del loro piccolo branco.
Perché finalmente quella testarda, orgogliosa, saccente, inavvicinabile mezzodemone-lupo si era fidata di lui.
Non seppe mai dire per quanto i singhiozzi di lei avessero colmato il silenzio nella grotta, né a che punto egli avesse iniziato a carezzarle la schiena scossa dai singulti, così come non seppe dire quando in lui fosse comparso un nuovo istinto protettivo nei suoi confronti. Fatto sta che, quando finalmente la voce di lei si abbassò fino a spegnersi e il suo respiro tornò a farsi sempre più regolare, lui allentò l'abbraccio con cui l'aveva sostenuta sino a quel momento.
S'era addormentata.
Senza una parola la ridistese fra le pellicce, assicurandosi un'ultima volta che non vi fosse nulla fuori posto. Solo a quel punto si rese conto che la pietra che aveva notato legata all'elsa della spada di lei ora spiccava sulla pelle chiara della ragazza, legata da un cordino di cuoio intorno al collo.
Tenendo lo sguardo fisso su quella gemma, si rivolse con tono basso ma risoluto ai due fratelli alle sue spalle.
– Uno di voi due resti con lei.
Fu Ginta a farsi avanti.
– Resterò io, capo.
Koga annuì, risollevandosi in piedi e voltandosi verso di loro.
– Mandate un lupo ad avvisarmi appena si sveglia o nel caso accada qualcos'altro.
Di nuovo un assenso da parte di entrambi, quindi il capobranco si avviò verso l'uscita. Sull'orlo dell'antro alcuni lupi, richiamati dal trambusto evocato, lo osservavano in attesa. Lui mandò il primo all'interno del riparo, dandogli il permesso di raggiungere la mezzodemone e lasciandolo accucciarsi accanto al suo giaciglio, di fianco allo stesso Ginta.
Quindi, senza più indugiare, richiamò Hakkaku, conducendolo fuori, appresso al corso del torrente.
– Torna a riposare, io farò un giro di pattuglia dei nostri confini e ci procurerò la colazione.
Il fratello annuì, allontanandosi verso il loro riparo e sparendo in fretta oltre il getto della cascata.
Allora Koga, con un balzo, superò il torrente e scomparve nella selva, incurante del primo raggio di sole che in quel momento illuminò la sommità degli alberi della loro tana


Era trascorsa ormai una settimana da quando era stata salvata dal capotribù degli Yoro, più precisamente tre giorni dalla notte in cui aveva avuto quell'incubo, i cui dettagli erano presto ritornati nell'oblio.
Al mattino i ricordi dell'accaduto erano fumosi e confusi, surreali, inducendola a credere che proprio di un sogno si dovesse essere trattato. Questo, ovviamente, prima di rendersi conto della presenza di Ginta seduto poco distante da lei e del lupo al suo fianco, che l'aveva accolta con una festosità evidente ed insolita non appena si era accorto che era sveglia.
Aveva provato a chiedere spiegazioni al demone-lupo e solo allora aveva avuto la sua conferma.
Il disagio e l'imbarazzo che l'avevano colta erano saliti alle stelle però non appena Koga l'aveva raggiunta, sorprendendola alle spalle quando ancora era intenta a lavarsi la faccia nel torrente.
Tuttavia, ciò che erano seguiti erano i loro soliti scambi di battute e nessun accenno all'accaduto, cosa che aveva contribuito, nel corso della mattinata, ad accantonare il pensiero ed il relativo disagio. Così aveva trascorso insieme al capobranco tutta la giornata e quella seguente la scena si era ripetuta quasi identica, con il giovane capo che la trascinava in giro a fare le cose più disparate, dal procacciare il cibo, all'arrampicarsi sulle pendici delle montagne vicine per avere una chiara visione del territorio della tribù Yoro.
Tutta quell'attività aveva lasciato ben poco tempo alla mezzodemone per rivangare l'accaduto, così ora, durante il terzo giorno, tornò meccanicamente a rifletterci su. Stava percorrendo uno dei sentieri solitamente utilizzati per i viaggi di ricognizione dei lupi, finalmente sola coi propri pensieri.. certo, fatta eccezione per il piccolo gruppo di palle di pelo che l'accompagnava.
Aveva da poco concluso che, per quanto non potesse comprendere il linguaggio degli animali, quei lupi erano in grado di capire ciò che diceva e lei s'era sorpresa di poter ancora apprendere qualcosa di nuovo su sé stessa e le proprie possibilità. Inoltre la cosa le veniva talmente naturale che adesso che ne era consapevole si chiedeva come avesse fatto a non accorgersene prima. Quella sorta di affinità doveva essere merito del suo retaggio demoniaco.
Finì in fretta il proprio giro senza incontrare intoppi di sorta, così optò per tornare subito a riferire. Con tutta probabilità avrebbe trovato Koga nei pressi della tana della tribù, così decise di tornare indietro. Di nuovo il pensiero del capobranco la riportò con la mente a quanto accaduto non solo due giorni prima, ma durante tutto il periodo in cui aveva approfittato dell'ospitalità del Clan dell'Ovest. Nonostante all'inizio fosse stata sulle sue, decisa più che mai a non farsi coinvolgere da quel branco di demoni-lupo, giorno dopo giorno aveva finito per affidarsi sempre di più a loro. Ormai, lo sapeva, non poteva non riporre la sua fiducia in quei demoni, in particolare non riusciva più a diffidare del loro giovane capo. Era merito di Koga se era viva, se aveva recuperato le proprie armi e, soprattutto, se poteva guardare il mondo che la circondava con una consapevolezza diversa.. la consapevolezza di non essere un totale rifiuto.
No, non lo era, perché Koga non l'aveva mai trattata così. Certo, la punzecchiava e sembrava averci preso gusto a provocarla, soprattutto nell'ultimo periodo, ma non l'aveva mai guardata con disprezzo, nemmeno all'inizio. Nemmeno in quella radura, quando aveva annusato la sua pelle ed il suo sangue impuro.
Quel pensiero la riportò indietro a quel momento e il cuore prese a batterle molto più rapido in petto in reazione al tuffo al cuore che aveva sperimentato. Arrossendo, il ricordo rievocò quello più recente di lei che si lasciava andare alle lacrime fra le sue braccia e la cosa non fece che intensificare le emozioni che le si agitavano in petto. Per riflesso andò a stringere la gemma che portava al collo e la sensazione del cristallo che premeva contro la pelle della mano la aiutò a calmarsi.
Non aveva più sperimentato quel genere di contatto con nessuno da dopo la morte di sua madre e di certo non era stato qualcosa di paragonabile. Ad ogni modo, dopo quella notte ogni tentativo di ripristinare le distanze era divenuto impensabile: ormai la sua aria da dura e fredda mezzodemone era andata in frantumi. Poteva finalmente rilassarsi un po'... peccato non fosse più sicura di ricordarsi come si faceva.
Accorgendosi di aver lasciato un po' indietro i lupi al suo seguito, Juri rallentò un poco ed era quasi arrivata a destinazione quando un ululato proveniente proprio dalla direzione alle proprie spalle la fece frenare bruscamente. Voltandosi verso la boscaglia, tesa in ogni muscolo, rimase in ascolto finché quel richiamo non si spense e allora non ebbe più alcun dubbio: era il segnale d'allarme e proveniva dal confine a sud-est. L'altopiano.
I suoi pelosi compagni la raggiunsero in quel momento.
– Andate da Koga! – esclamò loro con un cenno a sottolineare l'ordine. Un paio di animali si mossero, scomparendo di corsa fra la vegetazione, rapidi ed agili come solo loro potevano essere su quel terreno irregolare.
Quindi Juri si mise a correre nella direzione da cui era provenuto il segnale, scattando con la stessa destrezza dei servi della tribù. Procedendo alla massima velocità si lasciò ben presto alle spalle i lupi che erano rimasti con lei, seppur se ne rese conto soltanto con una parte istintiva di sé e non perché i suoi sensi l'avessero realmente messa sull'avviso. 
Senza preoccuparsene, con un salto superò le fronde degli alberi, il vento a farle ondeggiare la treccia e frusciarle nelle orecchie. Superato l'impedimento della vegetazione, il suo sguardo corse alla sua meta: non mancava molto. Ancora a mezz'aria, con la coda dell'occhio notò un turbinio alla propria sinistra che si dirigeva proprio nella sua stessa direzione e non ebbe alcun dubbio: era senz'altro Koga.
Cercò di accelerare il passo, procedendo ad un livello superiore del suolo, prendendo ad utilizzare i rami più robusti e qualche masso o dislivello del terreno montuoso come perno cui darsi la spinta in avanti.
Quando finalmente raggiunse il luogo prefisso, emergendo dall'ultimo intrico di vegetazione, notò subito la presenza del giovane capo dei demoni-lupo già pronto a fronteggiare l'intruso. Questi, palesemente una creatura demoniaca, spiccava in quel tratto di terreno spoglio e punteggiato di ciuffetti d'erba e pietre levigate dalle intemperie.
Atterrando subito alle spalle di Koga, Juri frenò la propria corsa sollevando una nuvoletta di polvere e pietrisco che si riadagiò subito sul terreno, senza distogliere lo sguardo ambrato dal demone di fronte a loro.
Si trattava di una razza di demone che aveva già affrontato in un passato più che recente, giacché era ad uno di loro che doveva la ferita che l'aveva quasi fatta ammazzare. Era un demone-salamandra, dalla forma antropomorfa ricoperta di lucide scaglie verde smeraldo. Testa e coda erano tipicamente da rettile così come la predilezione all'uso di sporchi trucchetti.
Il demone fece sgusciare la lingua biforcuta a saggiare l'aria, spostando lo sguardo in sua direzione.
– Oh, ma se non sbaglio c'è anche una mezzodemone..
– Ti ho detto di tornartene nel tuo territorio! – esclamò Koga, interrompendolo e tornando a calamitare la sua attenzione su di sé. Il suo tono di voce risuonò talmente brusco e tagliente da permettere alla ragazza lupo di immaginarsi perfettamente l'espressione corrucciata che doveva avere in volto. Probabilmente stava persino mostrando le zanne.
– Quanta arroganza! – ribatté sprezzante la salamandra, snudando la dentatura affilata in una sorta di ghigno – Credi di riuscire a scacciarmi solo perché siete in superiorità numerica? Oppure fai affidamento sui frammenti della Sfera che hai con te?
A tali parole velate di scherno Juri si bloccò in ogni muscolo, sgranando gli occhi ambrati.
Come dei framenti? Dove? Da quando?!
Fissando con insistenza la schiena del demone-lupo ed in quel momento arrivarono anche Ginta e Hakkaku, che l'affiancarono senza esitazione.
– Tsk! Per quel che vali basterebbe un semplice mezzodemone per ridurti in pezzi!
La diretta interessata, seppur le sue orecchie avessero reagito prontamente alla voce del giovane capo degli Yoro, stavolta tardò a reagire. Soltanto quando tutti gli occhi dei demoni presenti si puntarono su di lei, con un battito di ciglia, riuscì a metabolizzare le implicazioni della provocazione lanciata da Koga ed a farsi avanti, affiancandolo.
Sfoggiò la sua espressione più sfrontata, fissando il demone-salamandra come se già soltanto in quel modo potesse confermare la sua superiorità. Irrigidendo e sgranchendosi le dita, espose gli artigli da mezzodemone alla luce sollevando la mano ad altezza del viso, in chiara minaccia.
– Nessun problema – affermò, lanciando un'occhiata al demone-lupo al suo fianco, prima di tornare all'avversario – Ho già avuto a che fare con un demone della tua risma. Magari lo conoscevi.. aveva uno sfregio sul muso e gli mancava persino un pezzo di coda.
– Come hai detto, sporca mezzosangue?! – il muso del rettile ebbe un vago mutamento ed ora la fissava ancor più intensamente.
Juri non si scompose.
– Sì, non so.. sarà stato qualche giorno fa. Mi aveva chiamata proprio così... – continuò lei, mentre quel sorrisetto che aveva in volto continuava a tendersi sempre più. Se c'era una cosa che aveva imparato dall'ultima volta era che quei dannati esseri perdevano subito la calma e a quanto pareva lei aveva iniziato a toccare le corde giuste – Alla fine si è rivelato un perfetto idiota, lo ho fatto fuori in meno di un secondo. Devo dire, però, che la sua carne da affumicata non era affatto male!
– Cosssa hai fatto, tu, vile cagna?? – proruppe la salamandra, come da programma, sibilando pesantemente e agitando la coda in preda al nervosismo. Sembrava davvero furioso – Come hai osssato mangiare mio fratello?! Morirai, morirete tutti!
– Ti farò a fette, così come ho fatto a fette il tuo caro fratellino! – lo schernì lei.
Doveva ammetterlo: trovava particolarmente esilarante deridere i demoni avversari, soprattutto se erano incazzati e con evidenti manie omicide. Era un vizio che non riusciva a togliersi, e poi perché mai avrebbe dovuto? Rendeva più piacevole il combattimento e la poneva in una posizione di vantaggio, dato che era l'unica dei due a conservare il sangue freddo.
Poco contava che l'oggetto che aveva scelto per la propria provocazione fosse il demone che le aveva dato una discreta quantità di filo da torcere e che, probabilmente, non le sarebbe andata molto meglio neanche stavolta.
Un urlo di rabbia scaturì dalla bocca della creatura, mentre le si avventava contro sibilando. Juri era già pronta a riceverlo e scattò a sua volta in avanti, estraendo con un sibilo la spada dal fodero. Saltò per evitare uno spruzzo di acido emesso dalle fauci del nemico, avventandosi contro di lui dall'alto, impugnando la propria arma demoniaca a due mani. Veloce come la serpe che era, il demone-salamandra la evitò senza difficoltà per poi sferrare il proprio contrattacco con un colpo di coda che la prese in pieno e la fece rotolare per alcuni metri. Juri artigliò senza remore il terreno creando solchi nell'erba con la mano libera per arrestarsi, quindi fece perno sulla nuda pietra per risollevarsi di slancio e scartare di lato, evitando con agilità un secondo attacco d'acido. La roccia su cui si spalmò la sostanza sibilò fumando non appena iniziò a fare reazione, ma lei non se ne preoccupò e si lanciò di nuovo all'attacco. La lama impattò contro gli artigli del demone, che sibilò di rabbia e soddisfazione.
Sssei sssolo una sssporca mezzosangue.
Trattenendole la spada il demone le diede un calcio che la colpì al fianco e la fece rotolare di nuovo a terra per una buona decina di metri. Il colpo la lasciò per un attimo senza fiato ma riuscì a non perdere la presa della propria arma, che grazie ad una istintiva rotazione del polso gli tranciò di netto mezza mano squamosa. La sua affilatura era sempre stata impeccabile e non la deludette nemmeno stavolta.
Stavolta il sibilo che udì provenire dal demone-salamandra era di sofferenza.
Rimettendosi rapidamente di nuovo in piedi, sollevando la lama dinanzi a sé in posizione difensiva, il sangue verdognolo ancora cosparso sul lucido filo metallico mandò dei riverberi bluastri alla luce del sole.
Fu a quel punto che notò un movimento con la coda dell'occhio e l'istante seguente distinse Koga intento ad aggirare il rettile con la chiara intenzione di prenderlo alle spalle. Lei digrignò i denti, contrariata.
– Lascialo a me! – gli gridò di getto.
Il demone-lupo frenando d'impulso lo slancio del proprio attacco, fece un balzo indietro appena in tempo per evitare il colpo di coda della salamandra. Quindi, una volta che fu atterrato, le scoccò un'occhiata in tralice.
– Come vuoi – concesse.
Tornò ad una distanza ragionevole, incrociando le braccia sul petto e limitandosi ad osservare insieme agli altri membri della tribù Yoro il resto dello scontro.
Scontro che man mano che proseguiva parve restare in stallo fra i due combattenti, in un continuo sferrare di fendenti e artigliate, senza che per questo vi fosse esclusione di colpi. L'adrenalina era entrata in circolo ormai e l'eccitazione della battaglia pulsava nelle vene della mezzodemone, come le accadeva ogni volta che dava sfogo ai propri muscoli. Continuarono a fronteggiarsi per un notevole lasso di tempo, infliggendosi ferite e lividi superficiali a vicenda, finché finalmente qualcosa cambiò.
Erano di nuovo in un corpo a corpo quando quel maledetto riuscì a colpirla al braccio con uno schizzo d'acido. Il dolore fu immediato e lancinante e la fece vacillare. Bastò questo a schiodare le sorti in sfavore della mezzo-lupo. Con un ghigno vittorioso il demone-salamandra la afferrò per il collo e la scaraventò contro un masso. Il colpo le fece scricchiolare le ossa e perse la presa sulla spada, che scivolò ai piedi mentre lei cadde in ginocchio, dolorante.
– D..dannazione..
– Ahahahah! Tutto qui! Ancora non capissco come mio fratello posssa esssere stato sconfitto da una nullità come te! – esclamò il demone, sibilando velenoso. Aveva un luccichio sinistro nelle pupille strette.
Gemendo Juri si sollevò a fatica, cercando meccanicamente la propria spada nell'erba. Il braccio all'altezza della gomito destro le bruciava da morire, segno che sicuramente si era procurata una bella ustione, ma con una smorfia riuscì a risollevare l'arma di fronte a sé.
Quel dannato!
Le sue bianche orecchie pelose si mossero, captando un diverbio poco distante.
– Koga, dobbiamo aiutarla!
– Cosa aspettiamo? Ha bisogno di aiuto!
– No! Ha detto che se la sarebbe sbrigata da sola!
– Ma...
– Niente ma! – il tono del giovane capo era brusco, carico di tensione repressa.
Juri non poté pensare ad altro che alla necessità di non deludere le aspettative che aveva colto nascondersi dietro quel tono: non poteva perdere, non contro un essere di siffatta risma.
Ne andava del suo orgoglio.
Sollevò lo sguardo sul proprio nemico, il quale aveva preso ad avanzare con passo ciondolante, seguitando a sibilare al vento.
Sssei una vergogna, come tutti i mezzosangue – il suo tono carico di scherno ben si intonava all'aria gongolante che aveva assunto, mentre la perforava con lo sguardo di rettile – Non sssaresti mai dovuta venire al mondo! Non sssei altro che il dissonore della razza di demoni il cui sssangue ti sscorre nelle vene – qualche goccia di acido gli scivolò oltre le fauci socchiuse, corrosivo al pari delle parole velenose che le stava dedicando – Un inutile ssspreco. E la prova lampante della feccia che è la ssstirpe dalla quale ssei stata generata!
Furono quelle ultime parole a farla rimanere senza fiato per un solo interminabile istante.
La sacra e potente Stirpe da cui discendeva: infima feccia.
Il prezioso sangue che le scorreva nelle vene: un disonore.
Le pupille si fissarono nel nulla, in quella frazione di secondo che ella impiegò a realizzare ogni implicazione di quanto la salamandra le stava riversando addosso.
Non avrebbe mai dovuto nascere.
Il gelo che le nacque in petto minacciò di soffocarla, mentre il suo incubo ritornava a lambire il suo animo tormentato. Meccanicamente cercò la pietra che aveva al collo con la mano libera, stringendola convulsamente fra le dita artigliate, aggrappandovisi come se soltanto così potesse non affogare in sé stessa. E nel suo palmo, fresca come una mattina di primavera, all'interno di quella gemma color blu oltremare qualcosa cambiò, si ridestò espandendosi verso le pareti e sfiorando la sua stessa coscienza. Risvegliando in lei un ricordo ancor più intenso e saldo nella sua memoria.
Una voce lontana, chiara e profonda, risuonò nella sua mente, spandendosi in riverberi nella sua stessa anima.
“Tu sei un vero lupo, proprio come me!” 
Juri digrignò le zanne, mentre le sue pupille reagivano a quell'ondata di potere demoniaco che iniziò a pervaderla, risvegliandosi in lei e fluendo al tempo stesso in e fuori di lei, attraverso il braccio destro, sino a pervadere la spada che ancora stringeva in mano.
Una collera potente, antica e implacabile quanto una tempesta di ghiaccio, si ridestò in lei.
Juri snudò le zanne, sentendole pulsare al pari di ogni altro muscolo o osso del proprio corpo, emettendo un ringhio gutturale dal fondo della gola che crebbe di intensità in un attimo, divenendo più simile a un ruggito. Il dolore scomparve, così come fece la stanchezza e qualunque altra emozione non fosse la profonda collera che l'aveva pervasa.
I muscoli le si tesero come spesse funi, forti e pronti a scattare al comando d'ella.
I suoi occhi d'oro mandarono lampi, illuminati di una luce che li rese taglienti e colmi d'odio.
– COME OSI?! – urlò con quanto fiato aveva nei polmoni, dando sfogo alla propria furia.
Il suo scoppio improvviso frenò l'avanzata del demone-salamandra.
– Sarà la forza del mio retaggio a spazzarti via! La mia stirpe è quella dei potenti Lupi dei Ghiacci Eterni ed ora sperimenterai la vera forza dei demoni-lupo del Continente!
Scattò in avanti e nello stesso istante la spada che reggeva nella destra, distesa e pronta al fendente, pulsò nel palmo della sua mano, tingendosi di una luce accecante e dai riflessi dorati.
– Ma.. ma cos..? – il nemico sembrò perdere qualsiasi capacità di reazione di fronte allo spettacolo che gli si parava di fronte.
La lama della spada della Stirpe dei Lupi dei Ghiacci Eterni mutò sotto gli occhi di tutti mentre fendeva l'aria, crescendo in dimensioni. L'aura demoniaca emanata dall'arma era talmente intensa da smuovere l'aria intorno alla portatrice, gonfiandole i capelli argentei e facendone ondeggiare le pellicce.
Juri pervasa da una forza ed una energia nuove, mosse il braccio destro in un unico movimento diagonale. Come la lama fendette l'aria, essa tracciò un varco che andò allargandosi in una mezza luna di pura energia dorata, la quale corse precipitosa verso il suo obiettivo non appena si distaccò dall'arma che l'aveva generata.
Il demone-salamandra tentò di parare il colpo, ma i suoi artigli non poterono nulla contro il potere di quell'attacco. Urlò, mentre veniva avvolto e consumato da quell'energia, e la sua voce si fece roca e stridula nell'unirsi al crepitare delle sue membra che venivano incenerite.
AAAARGH! – fu l'ultima cosa che gli uscì dalle fauci, prima di venire letteralmente disintegrato dal fascio di energia causato dalla spada di Juri.
Quando non ne rimase più nulla, quella mezza luna di luce dorata continuò la sua avanzata verso l'alto, dissolvendosi da sé, come se avesse raggiunto il suo scopo.
Nei secondi che seguirono, il silenzio che calò sul luogo dello scontro fu pressoché totale.
Un silenzio attonito da parte di coloro che erano risultati spettatori della battaglia appena conclusasi, immobili ed apparentemente incapaci di muoversi o di fare qualunque altra cosa a parte osservare la vincitrice.
E Juri, ferma con braccio e spada rivolti verso il basso, fissava lo spazio vuoto di fronte a lei senza realmente vederlo. L'energia demoniaca che s'era risvegliata nell'arma iniziò a scemare, ridimensionandosi all'interno della lama e al contempo riportando le dimensioni della stessa allo stato originario.
Il primo pensiero coerente di lei fu per la propria stirpe: l'onore dei grandi Lupi dei Ghiacci Eterni era salvo.
Aveva vinto.
Le ultime tracce di quell'ira che le si era risvegliata dentro scemarono, lasciando il posto ad un'improvvisa quanto assoluta spossatezza. Un alito di vento le sfiorò la pelle del viso, rinfrescandola, poi ogni cosa tornò a scomparire e tutto divenne buio.


...continua.



Ehilà!
Ammetto che un pochino ci sono rimasta male dell'assenza di opinioni nello scorso capitolo.. ma ho deciso di mantenere la mia parola e continuare a pubblicare aggiornamenti una volta a settimana. Ieri non sono riuscita per impegni improvvisi, ma come vedete non avete dovuto aspettare troppo! :D
E così eccolo qui: il sesto capitolo (prologo compreso). Pian piano sta cambiando qualcosa all'interno degli animi dei nostri personaggi, pian piano stanno iniziando a conoscersi, a fidarsi gli uni degli altri... ma cosa porterà questo? E quella spada? Una spada demoniaca?! Sì, a quanto pare il nostro caro Totosai potrebbe non essere l'unico fabbro specializzato in armi demoniache del mondo! XD Eh già... anche lui ha un po' di concorrenza in fondo.
Come sempre spero vogliate farmi sapere, ora che la storia sta entrando nel vivo anche più di prima, ma ad ogni modo mi auguro vi stia piacendo. Vi anticipo che le sorprese non sono ancora finite comunque ^_* alla prossima!

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 7
*** Lavoro di squadra ***




.::[. LAVORO DI SQUADRA .]::.



Koga la reggeva ancora fra le braccia, eppure non riusciva a credere a quello cui aveva appena assistito coi propri occhi. Quella ragazza aveva letteralmente polverizzato un demone che fino a un momento prima le stava dando del filo da torcere, tanto che persino lui era stato sul punto di infrangere la propria parola ed intervenire. La cosa più incredibile, però, era che l'avesse fatto con un potere ignoto che risiedeva nella stessa arma esotica che lui aveva recuperato per caso giorni prima.
No, non poteva crederci.
Dopo che Juri era svenuta, la potente aura demoniaca che aveva avvolto la spada era completamente scomparsa, come se non fosse mai esistitita e lo stesso Ginta, raccogliendola da terra, aveva ammesso di non percepire più nulla di insolito. Era ritornata una comunissima, esotica, spada dalla punta ricurva.
Un'arma che celava il suo enorme potere demoniaco.
In quel momento atterrò oltre il torrente che delimitava lo spiazzo davanti alla tana della tribù Yoro, frenando sull'erba e l'acciottolato deposto su quel tratto ormai abbandonato dal corso d'acqua. Non esitò un istante a depositare il corpo della mezzodemone a terra, stendendola delicatamente sul prato.
– Portate qui le erbe che sono rimaste! – disse ai suoi due compagni, senza neanche voltarsi a guardarli: la sua attenzione era completamente rivolta alla ragazza lupo. L'ustione al braccio destro era rossa e lucida e le aveva arricciato la pelle, esponendo all'aria la carne viva.
Sapeva perfettamente quanto dolore le avrebbe procurato una volta sveglia.
Hakkaku gli corse accanto con una ciotola contenente il decotto precedentemente conservato ed alcune bende, mentre Ginta arrivò con una scodella colma d'acqua fredda. Bagnando alcune bende Koga ne fece un tampone e lo premette sulla parte lesa del braccio d'ella, provocandole un violento sussulto. Senza scomporsi la tenne ferma ad altezza della spalla con il braccio destro, aumentando la pressione e lasciando che l'acqua di cui la stoffa era impregnata scivolasse sino a terra in piccoli rigagnoli cristallini.
Juri strinse i denti, mugulando ed iniziando ad agitarsi, inarcando la schiena e muovendo il capo in piccoli scatti. Presto sarebbe rinvenuta.
Dopo una manciata di secondi Koga la lasciò andare, togliendo il tampone, ed in quel momento Juri si lasciò sfuggire un mugolio e una smorfia. Fu a quel punto che le sue palpebre si schiusero, rivolgendogli due iridi lucide e velate di confusione.
– C..cosa..?
– Hai una brutta ustione – le risposte il capobranco in tono fermo, pragmatico – Cerca di rimanere ferma.
Senza attendere, prese la ciotola col decotto fra le mani e con due dita iniziò a spalmarglielo direttamente sulla zona interessata. Juri serrò di nuovo i denti, serrando di scatto gli occhi ambrati ed arricciando le labbra con un sibilo che ne mise in mostra la dentatura sviluppata, ma fu egregia nel mantenere il controllo del proprio corpo.
Grazie a questo Koga riuscì a finire la medicazione in un paio di minuti, avvolgendole l'avambraccio ed il gomito con le bende a sua disposizione, avendo cura che lei potesse comunque muovere l'articolazione a sua discrezione.
Rimase a guardarla mentre lei, dopo un istante per riprendere fiato, si sollevava con cautela a sedere e faceva delle prove, tendendo i muscoli e muovendo il braccio. Sul suo volto di mezzodemone si pinsero una serie di smorfie a seconda dell'intensità del dolore e, come s'era aspettato, ella non riuscì a distenderlo completamente.
– Be'... poteva andare peggio. – concluse comunque, sfoggiando un sorrisetto incoraggiante.
– Una cosa da nulla – convenne lui in risposta, con sufficienza. Le sfoggiò uno dei suoi sorrisi sghembi, ironico, prima di alzarsi in piedi e porgerle una mano.
Lei accettò senza una parola e soltanto dopo che fu tornata a reggersi sulle proprie gambe, poggiando la mano sinistra in cintura, parve accorgersi della mancanza della sua arma demoniaca.
Subito si guardò intorno, palesemente in ansia.
Curioso, pensò il demone.
– Dov'è..?
Non la fece nemmeno finire che le indicò Ginta ed entrambi si volsero a guardarlo, lui con indifferenza, lei con rinnovato sollievo. Il demone-lupo si avvicinò alla ragazza, porgendole la spada con un atteggiamento quasi deferente che fece inarcare un sopracciglio al giovane capo del Clan dell'Ovest.
Non attese di vederla riporre la lama in cintura, all'interno del suo fodero, ponendo ambo le braccia conserte sul petto in una posa sostenuta ed orgogliosa.
– Ritengo che tu ci debba delle spiegazioni. – esordì, fissando la diretta interessata con sguardo implacabile.
– Eh?
Juri si fermò di colpo a guardarlo come se avesse parlato una lingua sconosciuta. Sotto quegli occhi ambrati carichi di interrogativi e un nuovo guizzo d'ansia, il giovane capo sbuffò a labbra serrate.
– La battaglia. La tua spada. L'ultimo attacco. – scandì, cercando di farle rammentare l'intero argomento.
L'effetto che ottenne però, fu solo farle sgranare maggiormente l'iridi ambrate in un'espressione dapprima sorpresa e poi carica d'una agitazione mal trattenuta.
– La battaglia! Che è successo? Che fine ha fatto quel viscido demone?
– Non te lo ricordi?!
Stavolta nemmeno Koga riuscì a trattenersi, abbandonando la posizione a braccia conserte per muovere un passo avanti e sovrastare in altezza la mezzodemone-lupo, fissandola dall'alto allibito.
– Be'... ecco... – Juri parve farsi un po' più piccola sotto la sua ombra, arrossendo e sporgendo per contro la schiena all'indietro – Non so... sono un po' confusa – ammise.
Il demone-lupo tornò a drizzare il busto, lasciandole un po' più di spazio, ma continuando a fissarla con cipiglio severo mentre quella tentava di mettere ordine nei propri pensieri. Attese in silenzio che proseguisse, puntellandosi i fianchi con ambo le mani artigliate.
Roba da non credere.
– Ricordo il veleno, io che venivo presa e scaraventata via... – man mano che ella parlava, il suo sguardo basso si faceva sempre più corrucciato, l'espressione tesa nello sforzo di rimanere concentrata – ...poi ha tentato di infangare l'onore della mia stirpe e... ho sentito freddo... e poi un caldo rovente, una collera che era mia ma al tempo stesso di qualcun altro.
Arricciando l'espressione in una smorfia nella pausa che seguì, Koga tornò a esternare uno sbuffo simile al precedente, continuando ad attendere che la ragazza di fronte a lui dicesse qualcos'altro. Stava per darsi pervinto quando la vide scuotere il capo, come a schiarirsi la mente, prima di tornare a cercarlo con lo sguardo. In quegli occhi lui vi lesse lo stesso tormento interiore che distinse nel suo tono di voce.
– Ho sentito come una voce nella mia testa, una voce che non avevo mai sentito... e poi qualcosa è cambiato in me, nel filo dei miei pensieri... e non ci ho visto più!
Sebbene era partita più tenue, le sue parole acquisirono un tono sempre più risoluto finché non aveva sbottato quell'ultima frase in una nota talmente secca che, suo malgrado, lo fece sorridere per il gioco di parole.
– Sapevi del potere della tua spada?
Juri scosse il capo in segno di diniego, tornando ad abbassare lo sguardo per terra e piegando meccanicamente le orecchie all'indietro.
E Koga le credette.
– Capisco – concluse soltanto, tornando serio.
Sollevando una mano, premette l'indice contro la fronte di lei, sollevandola e spingendola all'indietro. Non c'era bisogno che apparisse così sottomessa, non aveva fatto nulla di male, anzi: aveva combattuto bene, dopotutto.
– Non pensarci troppo. Riposati.
E per quanto desiderasse apparire autoritario, il tono che gli uscì dalle labbra fu più indulgente del previsto. Con ancora in volto quell'espressione corrucciata che assumeva quando doveva darsi un tono, Koga si voltò facendo qualche passo verso il torrente e i suoi due fratelli del Clan dell'Ovest.
Fece loro un cenno d'assenso e quelli si mossero l'istante seguente, superandolo di corsa e raggiungendo la mezzodemone. In preda allo slancio dovuto alla preoccupazione che li aveva tormentati sino a quel momento, la assediarono e la stordirono con il loro modo di fare.
Ma il loro capobranco era già con la testa altrove, mentre si allontanava.
Ritornò col pensiero alla luna dorata tracciata nell'aria dalla spada di Juri, all'aura demoniaca che aveva percepito risvegliarsi in quella lama ed all'espressione che aveva visto mutare sul volto della sua portatrice.
Non poteva avere dubbi: quella spada aveva reagito a qualcosa di preciso, qualcosa che aveva coinvolto direttamente la ragazza lupo. Inoltre aveva motivo di credere che, in accordo a ciò che sapeva di spade demoniache, quell'arma rispondesse soltanto a Juri. Proprio come la spada di Inuyasha.
A quell'ultimo pensiero in Koga ogni accenno di buon umore scomparve, evaporato come neve al sole, lasciandogli uno sgradevole sapore amaro in bocca.
Lo aveva appena rifatto.
L'aveva di nuovo paragonata a quel boloto ringhioso.
Strinse i pugni con ostinazione, riconoscendo di avere ancora un problema da risolvere al riguardo ed immediatamente gli tornò alla mente lo scontro che lo attendeva. Presto o tardi avrebbero dovuto affrontarsi ed allora avrebbero regolato i conti, una volta per tutte.
Soltanto a quel punto, sapeva, sarebbe riuscito a mettersi tutto quel risentimento alle spalle.
Fino ad allora avrebbe dovuto concentrarsi su cose più importanti di quell'antica faida personale.
Aveva un clan da proteggere.


– Sorella!
– Sorella Juri!
Ginta e Hakkaku la placcarono letteralmente, mandandola gambe all'aria in un secondo.
Senza fiato, la mezzodemone impiego una buona manciata di secondi per mettere a fuoco il cielo sopra le loro teste e per veder scomparire le stelline che avevano iniziato a danzarle dinanzi agli occhi.
– Non... respiro...
– Perdonaci sorella! – proruppe la voce di Ginta, entrando nel suo campo visivo con un'espressione mortificata ma sorridente.
Un attimo più tardi ed era di nuovo in piedi, di nuovo padrona di respirare e di muoversi, cosa che le permise di scuotere il capo per schiarirsi le idee e finalmente affrontare i due demoni-lupo che avevano appena tentato di finire l'opera di quel demone-salamandra di quello stesso giorno.
Inspirando a pieni polmoni, Juri raccolse tutto il proprio autocontrollo prima di puntare su di loro uno sguardo tanto intenso quanto recriminatorio. Ed Hakkaku si nascose dietro il fratello, facendo entrambi un passo indietro.
– Ci dispiace – esordì il demone con la cresta sul capo, tenendo l'altro per le spalle e usandolo come scudo.
Ancora una volta Juri si concesse un sospiro che non fece mistero del suo stato d'animo esasperato.
Era ora di mettere un freno a quei due.
– Si può sapere che avete voi Yoro? – esplose, drizzando persino la coda bianca nel tendersi come una fune verso i due demoni-lupo, le mani artigliate sui fianchi in una posizione dominante – Da questo momento esigo che venga rispettato il mio spazio vitale, è chiaro?! Provate a toccarmi di nuovo senza permesso e vi ritroverete senza un arto!
I due sussultarono e si misero subitaneamente sull'attenti, uno di fianco all'altro, le espressioni tese e gli sguardi che fuggivano il suo come se ne andasse della loro vita.
– Sì sorella Juri! – esclamarono in coro.
Anche senza avvicinarsi ulteriormente la ragazza lupo poteva vedere il sudore freddo imperlare loro la pelle naturalmente abbronzata. In effetti, con una parte della mente, concluse che tutti loro, persino Koga, avevano un colorito di pelle più olivastro del suo.
Il pensiero del capobranco la indusse senza che se ne rendesse conto a cercarlo con lo sguardo, ritrovandolo appresso all'ansa del torrente e intento a dar loro le spalle. Sembrava totalmente assente, incurante di quanto stava accadendo ai pochi membri di quel che era il suo branco.
Meccanicamente, a quella considerazione, inarcò un sopracciglio.
Era chiaro che non la considerasse una minaccia per loro, ma questo non poteva essere dovuto alla ferita superficiale che aveva riportato al braccio durante l'ultimo scontro. Inoltre, nemmeno lei si sentiva minacciata in presenza di quel clan di demoni e la cosa, se poteva esserlo, la rendeva ancora più incredula e spaesata.
Alternando lo sguardo ambrato dal capo della tribù Yoro ai due demoni-lupo in attesa a pochi passi da lei, Juri si ritrovò a riflettere meccanicamente sulle molte sfaccettature che caratterizzavano le personalità di quel trio. In particolare, l'animo di Koga le appariva il più complesso e irraggiungibile, e questo non fece altro che stimolare la sua naturale curiosità: desiderava sapere di più, conoscerlo, comprenderlo..
Trattenne meccanicamente il fiato.
Per la prima volta da quando sua madre era morta, provava il desiderio di avvicinarsi a qualcuno.
Distolse di scatto lo sguardo dal demone-lupo in questione, andando a schiaffarsi la mano sinistra sulla faccia per mascherare e in qualche modo far passare l'improvviso rossore causatole da quel pensiero. Doveva tenere sotto chiave i propri impulsi, non poteva far altrimenti.
Un uggiolio la distrasse dai propri pensieri ed ella abbassò lo sguardo, notando solo in quel momento la presenza di uno dei lupi che le stavano sempre intorno al proprio fianco. Abbozzando un mezzo sorriso che aveva del rassegnato, allora non poté trattenersi dal chinarsi a carezzarne il pelo ispido fra le orecchie.
– Sì, sto meglio – gli disse soltanto, in risposta alla muta domanda che traspariva dallo sguardo dell'animale. La stessa, si rese conto, era la causa del comportamento di poco prima dei due Yoro.
Alzò lo sguardo su di loro, vedendoli impacciati e insofferenti in quell'immobilità in cui li aveva costretti e che non osavano infrangere. Annuendo, concesse un piccolo sorriso anche a loro.
– Potete rilassarvi. L'ho capito che eravate solo preoccupati.
I due sospirarono all'unisono, piegandosi sulle gambe e poggiandosi l'uno all'altro, in una reazione che avrebbe potuto definirsi teatrale, ma non fecero in tempo a risponderle o dire altro che la voce di Koga li indusse tutti e tre a voltarsi verso il capobranco.
– Vado in avanscoperta.
Un istante e Juri fu costretta a ripararsi con un braccio il viso dall'improvvisa folata di vento sollevata dallo scatto repentino del demone-lupo. Scomparve agli occhi di tutti nella selva che circondava la tana degli Yoro senza nemmeno voltarsi indietro e quando la mezzodemone ritornò a inquadrare l'ambiente, non poté far a meno di borbottare un'imprecazione.
Così se n'era appena andata la sua possibilità di parlargli.
Sbuffando, la ragazza lupo tornò a osservare con sguardo critico i due demoni-lupo rimasti.
– Ma fa sempre così? – chiese, indicando la direzione in cui Koga era scomparso.
– Sì – annuì Ginta.
– Noi ormai ci siamo abituati – concluse Hakkaku con un'alzata di spalle.
Arricciando il naso in una smorfia, Juri tornò a guardare la selva che stava tornando a quietarsi dopo il passaggio impetuoso del lupo, sfiorandosi il braccio ustionato con la mano opposta, sovrappensiero.
Se non altro sembrava sapere ciò che faceva e se la cavava anche egregiamente in fatto di bende: la ferita le dava ancora fastidio, ma riusciva di nuovo a muovere il braccio senza percepire una scarica continua di dolore dritta nelle tempie.
I suoi sbalzi d'umore però, rimanevano un mistero.
La mezzodemone scosse di nuovo il capo, scacciando quei pensieri, prima di andare a sedersi in riva al torrente. Si sciacquò il volto ed il contatto con l'acqua fresca le infuse nuove energie. Quindi, scostandosi i capelli da davanti alla faccia con uno scatto del capo all'indietro, alzò gli occhi dorati al cielo punteggiato di nuvole bianche.
Non si sorprese di ritrovarsi Ginta e Hakkaku alle spalle, uno per lato.
– Comunque, sorella, sei stata fenomenale! – proruppe il primo, senza però toccarla ma accucciandosi alla sua destra.
Hakkaku fece altrettanto, ma alla sua sinistra, cosicché ella si ritrovò circondata.
– Sì! Davvero non hai idea di come hai fatto ad evocare quel potere?
Lei scosse il capo in segno di diniego.
– Non sapevo nulla del potere insito nella spada che era di mio padre... così come non so come mai sia rimasta qui e l'abbia presa con sé, nel Continente – rispose in tono piatto, continuando a osservare il cielo sopra di loro.
Con il pensiero tornò allo scontro ed alle emozioni evocate durante l'ultima parte.
E a quella voce. Aveva avvertito nella mente le parole che più di tutte l'avevano strappata alle sue paure più profonde e l'avevano fatta reagire, proprio al momento giusto.
Si chiese se non fosse stato tutto un gioco della sua mente.
– Magari anche quella frusta che ti porti sempre appresso è un'arma demoniaca – se ne uscì all'improvviso Ginta con tono spensierato.
Juri inarcò un sopracciglio, gettandogli un'occhiata da sopra la spalla, prima di deluderlo.
– No... questa era di mia madre – affermò semplicemente, abbassando lo sguardo sul rotolo di cuoio intrecciato. La sfiorò con le dita della mano sinistra.
– Era umana, vero? – domandò Hakkaku.
Lei annuì con un cenno del capo, prima di mordicchiarsi con una certa insistenza l'interno del labbro. Corrucciandosi in volto, fissò con un'ostinazione crescente le acque del torrente di fronte a loro, valutando se continuare. In realtà le riusciva più arduo parlare di lei con quei due proprio a causa della loro natura demoniaca.
Man mano che il silenzio si protrasse, la ragazza lupo avvertì alla bocca dello stomaco un senso di disagio crescente dovuto all'aspettativa che sentiva nell'aria. Aspettativa che la fece capitolare.
– Era... una sterminatrice di demoni.
Il silenzio che seguì le sue parole fu anche più pesante, ma venne infranto poco dopo da un fischio eloquente da parte di Ginta.
– I tuoi genitori erano fuori dal comune! – commentò gioviale, tanto che la ragazza fu costretta a voltarsi a guardarlo. Il volto del demone era meravigliato, senza traccia di finzione alcuna o di qualche altra emozione negativa.
– Ci credo che tuo padre vi ha lasciate qui: ci avrebbe pensato tua madre a tenervi al sicuro in sua assenza! – gli fece eco Hakkaku.
Juri si ritrovò a strabuzzare gli occhi ambrati sui due demoni, alternando lo sguardo dall'uno all'altro e ritrovando su di essi gli stessi sentimenti. Il franco sorriso di Hakkaku era la prova lampante che ciò che aveva appena detto lo pensasse davvero, così come Ginta sembrava essere d'accordo con lui mentre muoveva il capo ripetutamente in segno d'assenso.
Incredula, strabiliata, la ragazza si ritrovò senza parole.
Quei due demoni erano appena stati in grado di far crollare ogni genere di pregidizio che si era creata in quegli anni di solitudine: erano demoni completi, ma non solo l'avevano aiutata e accettato la sua compagnia, avevano persino dimostrato una purezza d'animo che ella credeva impossibile ritrovare in un adulto.
In effetti, per certi versi Ginta e Hakkaku le ricordavano un po' dei cuccioli scapestrati, eppure per altri era indubbio fossero demoni adulti e capaci.
Osservandoli attraverso il riflesso nell'acqua, la mezzodemone si ritrovò a paragonare il liquido cristallino a loro. Le avversità che avevano affrontato, le sofferenze e le perdite che avevano vissuto, non erano state sufficienti ad intaccarne gli animi.
Per la prima volta in vita sua, Juri si ritrovò ad invidiare qualcuno non per la forza fisica o la condizione sociale, ma per la forza d'animo dimostrata. Il silenzio che seguì, durante il quale ella ebbe modo di realizzare tutto questo, venne infranto da un commento spensierato di Hakkaku.
– Peccato però che non sia rimasto niente di quel demone..
– Già – seguì Ginta, intrecciando le mani dietro la nuca – Morivo dalla voglia di provare anche io la sua carne affumicata!
Juri si ritrovò a strabuzzare gli occhi, completamente impreparata, volgendo il capo prima su Ginta e poi sul fratello, tentando di capire se dicessero sul serio. Le loro espressioni, una vagamente contrariata e l'altra ghignante, furono troppo per lei. La risata che le nacque in petto si levò ben presto nell'aria del meriggio, costringendola a tenersi il ventre mentre si lasciava andare a quello scoppio d'ilarità inatteso.
Rise come non rideva da tempo, non riuscendo a resistere al divertimento causatole da quella coppia di demoni-lupo così particolari. Non aveva mai incontrato nessuno, demone o umano che fosse, come loro e ci mise una manciata di minuti a calmare le risa. Quando tornò ad osservare l'acqua, l'atmosfera che respirò era ormai priva di qualsivoglia preoccupazione, leggera e serena come non avrebbe mai potuto esserlo altrimenti.
L'emozione che le nacque in petto in reazione al significato di tutta quella faccenda si accrebbe talmente tanto da colmarla in pochi secondi: era calda e carezzevole e struggente al contempo. Quella sensazione le traboccò dal petto delineandole un sorriso sulle labbra, poco prima che le scivolasse sulla lingua.
– ..grazie.
Non si volse a guardarli chiaramente, non osando sollevare il capo un'altra volta, ma non per questo ebbe dubbi sulle espressioni sorridenti che dovevano aver assunto i suoi due interlocutori.
– Non devi ringraziarci, sorella – esordì la voce di Hakkaku, gioviale come sempre.
– Già – si accodò Ginta – se hai bisogno di qualcosa non hai che da chiedere! Per ora, meglio se ti lasciamo riposare.
I due demoni si alzarono e la mancanza di quelle due figure poco oltre il limitare del suo campo visivo le fece uno strano effetto, uno di quelli spiacevoli. Serrando la mascella, si limitò ad annuire con un cenno del capo argenteo, le orecchie piegate verso il basso.
Li seguì allontanarsi con la coda dell'occhio, non osando farlo più apertamente, ancora troppo orgogliosa per mostrare i propri reali sentimenti, ma una volta rimasta sola non poté non ammettere a sé stessa la verità: quei due le piacevano. Le piaceva il modo in cui ridevano e scherzavano fra loro, ma soprattutto il modo in cui la trattavano o semplicemente la guardavano: come se fosse una loro pari.
Sfoderando la propria spada, ne osservò la lama argentea riflettere la luce del sole, ripensando alla propria stirpe demoniaca. Sapeva così poco su di essa, ma nonostante ciò avvertiva la netta sensazione di appartenervi con ogni fibra del proprio essere.
Perché anche lei, come Ginta e Hakkaku... come il padre che non aveva mai conosciuto, era un lupo.
Si chiese se quel demone-lupo del Continente che spesso le aveva descritto sua madre sarebbe stato fiero di lei per essere stata all'altezza di quell'arma demoniaca. Ancora una volta si domandò come mai l'avesse lasciata in quelle terre, facendo addirittura in modo che lei per mezzo di un espediente ne entrasse in possesso. Perché era innegabile che, seppur la filastrocca le fosse stata insegnata da sua madre, l'intento doveva essere stato come minimo condiviso anche da lui.
Immersa nei propri pensieri non seppe dire con esattezza quando si appisolò né per quanto tempo rimase a sonnecchiare al sole, ma appena il rumore di una creatura lanciata in piena corsa fra la vegetazione le giunse al fine udito, la mezzodemone si ridestò all'improvviso.
Rizzando le orecchie candide scattò subitaneamente in piedi, spada in pugno, ancor prima che il lupo sbucasse sulla riva opposta del torrente con la lingua penzoloni con le orecchie dritte e la coda tesa e bassa. Le bastò questo per comprendere il messaggio, nonostante non fosse in grado di cogliere e comprendere il linguaggio di quegli animali come invece sapeva fare un vero demone-lupo.
Rinfoderò la spada con un unico movimento fluido del braccio.
– Fai strada!
La bestia scomparve di nuovo fra gli alberi e la ragazza gli andò dietro con un balzo, ignorando l'indolenzimento nato dalla strana posizione in cui si era incredibilmente addormentata. Incredibilmente, perché ancora non riusciva a credere di aver permesso ai propri istinti d'allerta di rilassarsi abbastanza da farla scivolare nell'incoscienza. Non le era mai accaduto di considerarsi talmente al sicuro da addormentarsi così facilmente. Mai.
Ad ogni modo, presto i suoi muscoli sarebbero tornati scattanti come al solito ed anche il braccio destro le pareva essere già in via di guarigione. Non ne avvertiva più la stessa pulsazione dolorosa di poco tempo prima, al di sotto della fasciatura che le aveva fatto Koga. Si lasciò sfuggire un mezzo sorrisetto di cui rimase all'oscuro lei stessa, troppo presa dalla propria corsa per il versante della montagna per badarvi, al pensiero del capobranco.
Doveva essere accaduto qualcosa e presto lei avrebbe scoperto di cosa si trattava.
Di una cosa si rese subito conto: stava muovendosi di nuovo in direzione dell'altopiano.


Annusando l'aria, Koga procedette spedito verso sud, percorrendo l'ampia valle dal fondo piatto che costituiva l'altopiano ai confini meridionali del territorio del suo clan. Della presenza di altri demoni-salamandra era meglio appurarlo subito, prima che fossero loro stessi a farsi avanti, come era accaduto per il loro predecessore. L'odore del rettile era una pista piuttosto facile da seguire, nonostante fossero trascorse alcune ore dalla sua morte. Il sole era ormai alto nel cielo, a segnare il mezzodì, ed i suoi raggi avevano già reso più tiepida l'aria primaverile. A tratti il profumo dei fiori lo raggiungeva, ma era troppo concentrato per badarvi.
Con un salto superò la chioma degli alberi più alti, inquadrando così il lago che colmava la parte più bassa della vallata, le sue acque abbastanza calme da riflettere come uno specchio la volta del cielo e le nuvolette che lo punteggiavano.
Il rumore del vento copriva tutto il resto, ma non aveva bisogno dell'udito... non in quel momento. Atterrò di nuovo fra gli alberi, iniziando a deviare la propria traiettoria per evitare di lasciare la copertura naturale offerta dagli alberi e poter così aggirare il lago.
Fu per mero istinto che scartò di lato, appena in tempo per evitare uno sputo d'acido originariamente diretto al suo torace. Evocando il consueto turbinio di vento, si gettò fuori dalla boscaglia, frenando sul terreno erboso dello spazio aperto, già voltato per fronteggiare i suoi assalitori.
Come da programma i demoni lo inseguirono, sbucando in tre dal folto della vegetazione, le scaglie lucide a riflettere la luce del sole. Non ebbe bisogno di più di uno sguardo per arrivare alla conclusione che fossero tutti originari della stessa nidiata: l'aria tronfia che avevano stampata sui loro musi era la medesima che aveva visto nel loro predecessore.
Dovevano senz'altro sentirsi già vittoriosi, forti del loro vantaggio numerico. Quando si dice stupidità di lucertola.
Sogghignò, spiccando un nuovo salto, innalzandosi di parecchi metri da terra per evitare un nuovo attacco d'acido proveniente da quello alla sua sinistra. Li avrebbe liquidati in un battito di ciglia.
Appena ritoccò il suolo si gettò contro il più vicino, dandosi lo slancio necessario a sferrargli un calcio dritto sul muso rettiliforme. Quello accusò il colpo, troppo lento per evitarlo, e barcollò all'indietro, ma fu abbastanza rapido di riflessi da tentare di contraccare con un colpo di coda. Koga lo scansò appena in tempo, costretto a fare un balzo indietro per riguadagnare le distanze.
– Tsk – quelle code si stavano rivelando più fastidiose del previsto.
Era ancora a mezz'aria quando un altro lo attaccò, ma lui gli afferrò il braccio proteso e, scansandolo, lo scaraventò al suolo. Il terzo demone-salamandra si scansò all'ultimo secondo, evitando il corpo del fratello e gettandoglisi contro con una repentinità tale che Koga non riuscì ad evitarlo. Riparandosi con il braccio, il nemico gli aprì uno squarcio superficiale nella pelliccia all'avambraccio sinistro sino a incidergli la carne.
Il demone-lupo imprecò a denti stretti, prima di ritrovare stabilità e sferrargli un calcio in pieno petto.
– Prendi questo! – esclamò dando sfogo alla propria furia.
Tornò a scagliarsi addosso all'ultimo demone che lo aveva attaccato senza attendere che subisse appieno il suo attacco precedente, sferrandogli una gomitata sotto il mento. Un attimo dopo era di nuovo a distanza di sicurezza, appena in tempo per evitare l'ennesimo spruzzo d'acido.
Digrignò le zanne di lupo in un ringhio, le labbra arricciate in un mezzo ghigno.
Erano tenaci, di questo doveva dargliene atto.
Con un rapido sguardo ai dintorni notò che il primo dei tre lucertoloni, ormai ripresosi, stava tentando di raggirarlo in un attacco combinato. Non appena posò i piedi a terra i due scattarono, ma altrettanto fece Koga: lanciandosi verso il più vicino lo scavalcò con un balzo, per poi scaraventarlo con un calcio dietro la schiena contro l'altro. I due demoni finirono entrambi contro un tronco, provocando un tonfo secco. Un improvviso bruciore alla schiena gli fece sfuggire un ringhio e con rabbia si voltò di scatto, assestando un pugno in pieno muso al demone che l'aveva attaccato.
Dannazione. Le cose stavano minacciando di andare per le lunghe.
Si ritrovò impegnato con quest'ultimo per un tempo sufficiente a permettere agli altri due di riprendersi, finché non lo attaccarono da tre lati contemporaneamente. Parando e schivando, Koga resistette all'assalto per diversi minuti prima di tentar di uscire da quella sconveniente situazione. Appena provò a saltare però, sentì la coda di uno avvolgersi intorno alla caviglia e trascinarlo giù, finendo per sbattere a qualche metro di distanza sul terreno erboso.
L'impatto per la sorpresa gli svuotò i polmoni, lasciandolo senza fiato.
Liberandosi da quella presa scattò con una capriola, piantando una mano artigliata al suolo e rialzandosi in un attimo, ma con un salto meno energico dei precedenti. Fu allora che si rese conto di non essere più da solo a vedersela con quelle lucertole troppo cresciute.
I suoi occhi azzurri si fissarono con sorpresa sulla figura dalla chioma d'argento che, con la rapidità di un riflesso di luce, colpì in pieno il lucertolone alla sua destra con un calcio a piedi uniti e poi si diede la spinta all'indietro, in una capriola a mezz'aria che si concluse con un altro calcio laterale gli altri due.
Koga, seppur sorpreso, si ritrovò a sorridere, l'eccitazione della lotta decisamente aumentata.
– Ehilà! – esclamò Juri, ghignando – Bisogno di una zampa?
Con un ultimo salto gli comparve al fianco, ponendosi in posizione difensiva verso i demoni-salamandra, momentaneamente messi a tappeto da quella furia argentea.
– Veramente era una festa privata... – ribatté ironicamente il capobranco, con un'espressione identica sul volto – ma visto che sei qui...
I due lupi si scambiarono un'occhiata d'intesa prima di partire di nuovo all'attacco, all'unisono.
Koga percepiva l'adrenalina scorrergli in tutto il corpo, rendendo più precisi ed energici i colpi sferrati contro i nemici, come se d'improvviso si sentisse scoppiare di energia. E con la coda dell'occhio vide che nemmeno la ragazza si stava risparmiando.
Nonostante avesse concluso poche ore prima uno scontro che l'aveva vista perdere i sensi, ora si muoveva con una grazia ed una repentinità che non potevano affatto attribuirsi ad un individuo provato fisicamente. Sembrava proprio tornata in piena forma... e se la cavava persino niente male!
Dopo una manciata di minuti se la ritrovò schiena contro schiena.
– Facciamola finita! – la incitò.
Juri annuì con freddo entusiasmo, prima di tornare entrambi a combattere.
Koga mise mano alla propria katana, rimpiangendo solo per un istante il non aver con sé la Goraishi dei suoi antenati. Aveva lasciato quell'arma alla tana, in una nicchia adibita a santuario per le anime dei suoi compagni ormai morti, con la ferma intenzione di rievocarne il potere soltanto contro i nemici della Tribù Yoro che si fossero rivelati particolarmente pericolosi. Questo perché le anime dei loro stessi antenati meritavano di riposare nuovamente, ora che la battaglia contro Naraku si era conclusa.
Estraendo la lama con un sibilo appena percettibile, trapassò il proprio nemico, tranciandolo con un fendente da parte a parte, tagliando squame, muscoli e finanche le ossa. Il lucertolone cadde, il torace aperto da uno squarcio netto, mentre il suo sangue aveva già iniziato ad allargarsi sul terreno erboso sotto di lui.
Il demone-lupo non si attardò ad osservare quello spettacolo, giacché colse distintamente i rumori della battaglia che ancora imperversava alle sue spalle. Si volse per vedere Juri che se la stava vedendo con gli ultimi due: sembrava leggermente in difficoltà... finché quella vibrazione nell'aria si fece di nuovo presente e la spada che reggeva fra le mani pulsò di energia demoniaca. Si trasformò di nuovo sotto i suoi occhi, aumentando di dimensioni nelle mani della mezzodemone per la seconda volta nell'arco di mezza giornata.
Senza indugiare un solo istante, la ragazza tranciò in due con un colpo solo entrambi i demoni, da parte a parte, con un fendente la cui energia si riversò sino al limitare della boscaglia in un fascio di luce dorata.
Per la seconda volta in poche ore Koga rimase senza parole, impalato a pochi passi dietro di lei e con la katana ancora nella mano destra, la punta rivolta esternamente verso il basso che gocciolava di sangue verdognolo.
Juri esternò un sospiro fugace e il capo della Tribù Yoro si riscosse, rinfoderando la propria lama nello stesso momento in cui ella faceva altrettanto.
Combatteva bene, doveva ammetterlo, e avevano fatto un ottimo lavoro di squadra.
Incrociandone lo sguardo dorato lui si mise le mani artigliate sui fianchi e le scoccò un mezzo sorrisetto dei suoi, mascherando il proprio compiacimento con la consueta spavalderia di facciata che da tempo aveva preso a esternare.
– Sto iniziando a capire come funziona... – gli annunciò lei, assumendo una posa gemella e sfoggiando un sorrisetto sghembo dei suoi.
Quell'affermazione lo incuriosì, facendogli inarcare un sopracciglio.
– Oh, davvero?
Juri annuì, prima di abbassare lo sguardo sulla spada appena riposta, al proprio fianco sinistro. Passarono alcuni secondi di silenzio meditabondo, mentre il demone-lupo si limitò ad osservare lei e quella sua aria corrucciata che le arricciava la punta del naso in un modo... sì, quasi carino.
Da trasformata, la spada di lei era grande almeno il doppio e sulla lama ricurva Koga aveva distinto delle fiamme rilucere sinuose sotto i raggi del sole. L'elsa era anch'essa mutata per rispettare le proporzioni, seppur mantenendo la sua forma, la stessa che spiccava dal fodero della ragazza in quel momento: un'impugnatura avvolta in morbido tessuto blu, con i bracci dell'elsa che si arricciavano alle due estremità e un pomo ad anello all'altro lato, vuoto, in semplice metallo brunito.
– Dovresti darle un nome. – se ne uscì all'improvviso, riemergendo dai propri pensieri.
La sorpresa fece voltare Juri a fissarlo con espressione stralunata.
– Eh?
– Ce l'ha un nome o no? – le chiese Koga spazientito, indicandola.
– Ah... no... non lo so...
La mezzodemone sembrò confusa e quei suoi occhi ambrati presero a vagare su tutto il resto che non fosse il demone-lupo che aveva davanti, cosa che lo indusse a inarcare un sopracciglio nell'attesa.
– Allora forse dovresti provvedere... è una spada demoniaca: non merita l'anonimato.
La mezzodemone, seppur apparendo ancora un po' ansiosa, annuì e si fece pensierosa. Non tardò affatto a mettersi a camminare avanti e indietro, sotto l'effetto dei suoi stessi pensieri, finché a un certo punto non si fermò di colpo.
– Ho trovato – esclamò, battendosi il pugno sul palmo aperto con aria soddisfatta, senza guardarlo direttamente – Si chiamerà Zankazeyaku[1]!
Koga reclinò il capo corvino a lato, sospirando: non che si aspettasse qualcosa di troppo diverso, ma in quanto ad originalità quella mezzo-lupo lasciava un po' a desiderare. Ancora intento a fissarla, la vide voltarsi a cercare il suo sguardo e lui di rimando inarcò ambo le sopracciglia, senza dire una parola in merito alla sua scelta. D'altronde, la sua espressione piatta era decisamente più che sufficiente per trasmettere il messaggio.
Messaggio che venne recepito.
Juri in tutta risposta mise su il broncio ed incrociò ambo le braccia con fare seccato, sbuffando. Il modo in cui distolse lo sguardo, con quell'aria leggermente offesa, lo fece sorridere automaticamente: trovava oltremodo divertente farla indispettire.
E la cosa rischiava di diventare il suo passatempo preferito.
– Abbiamo finito qui? – gli chiese a un certo punto lei, spostando il peso dall'una all'altra gamba con noncuranza.
– Sì, non c'è più nulla da fare – ribatté Koga, ritornando a sfoggiare il suo abituale modo di fare – ..a meno che non ne saltino fuori altri, ma non penso saranno un problema... a meno che tu non sia già stanca – la stuzzicò per l'ennesima volta con tono ironico.
Inutile dire che Juri abboccò subito, neanche fosse metà pesce anziché lupo.
– No, certo che no! Sto benissimo!
– Bene, allora andiamo!
Non aggiungendo altro Koga si voltò verso la boscaglia e ne raggiunse il limitare con un solo salto. Inoltrandosi fra la vegetazione, raggiungendo in fretta il sentiero percorso in precedenza, ebbe l'accortezza di tenere una velocità contenuta per dar modo alla mezzodemone di stargli dietro. Almeno all'inizio.
Dopo qualche minuto, già annoiato per l'andatura, si voltò quel che gli era sufficiente per scoccarle un sorriso sghembo da sopra la spalla.
– Scommetto quel che vuoi che ti semino in un istante! – esclamò in tono di sfida.
– Cosa?!
Lui non le lasciò nemmeno il tempo di replicare, o finanche elaborare ciò che le aveva appena detto, che scattò in avanti in un nuovo turbinio di vento, scuotendo le fronde degli alberi al suo passaggio. Non si mise tuttavia a correre a piena velocità e dopo qualche decina di metri tornò a scoccarsi un'occhiata alle spalle, ritrovandosi la ragazza-lupo a pochi metri di distanza, ben determinata a restargli alle calcagna. La vista di quella figuretta dalla chioma argentea, le pelli di lupo e l'espressione corrucciata, gli fece nascere un nuovo sorrisetto in volto. Voleva testarne le capacità e il distinguere lo sguardo combattivo che lei gli rivolse non fece altro che risvegliare il suo entusiasmo per quella piccola gara.
E, preda di quell'emozione, prese una decisione: se in qualche modo lei lo avesse superato, avrebbe acconsentito alla richiesta dei suoi compagni e le avrebbe permesso di rimanere come una Yoro, se l'avesse voluto.
Ancora non voleva ammetterlo con sé stesso, ma in fondo quella ragazza lupo gli piaceva più di quanto si sarebbe mai aspettato.



...continua.


Ehilà!
Inizio con il ringraziare pubblicamente Elerim e Mirae Chan per la recensione lasciatami: lo ho apprezzato davvero molto! Soprattutto il tuo parere, Mirae Chan, sul personaggio di Juri. So che fino a qui appare molto simile ad Inuyasha (lo stesso Koga l'ha notato al primo impatto), ma spero di riuscire a farvi cambiare idea man mano che la narrazione prosegue.
Ed ora passiamo al capitolo: quante novità! Qui c'è qualcuno che si sta sciogliendo sempre di più e non parlo solo di Juri xD
Come potete vedere Ginta e Hakkaku sono sempre lì, sempre pronti a rendere l'atmosfera più leggera e spensierata di come altrimenti sarebbe... il loro ruolo seppur apparentemente marginale è - come già vi avevo anticipato - importante per innescare e motivare il cambiamento che sta affrontando la nostra protagonista e spero di essere riuscita a farlo trasparire in questo capitolo.
Per questo giro è tutto, ci si rileggerà il prossimo giovedi! 

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 8
*** La proposta del lupo ***




.::[. LA PROPOSTA DEL LUPO .]::.



I pensieri vagavano per la mente della giovane mezzo-lupo mentre correva, il vento che le sferzava la pelle delle guance e le strattonava la chioma argentea alle spalle.
Ancora si chiedeva che cosa fosse preso a Koga per lanciarsi in quella sorta di sfida, eppure lei l'aveva colta subito e continuava tutt'ora a correre.. e si stava persino divertendo. Non aveva mai avuto il piacere di gareggiare con qualcuno solo per il mero gusto di farlo, soprattutto se quel qualcuno era un degno avversario quale si era rivelato essere il capobranco degli Yoro.
Certo, rimanere in vita giorno dopo giorno si era rivelata più volte una sfida con il destino, ma non poteva affatto dire fosse la stessa cosa. Quella strana gara l'entusiasmava e la spingeva a superare i propri limiti per il mero gusto di farlo, non per istinto di sopravvivenza. Tutta la competitività giocosa che gli anni di avversità avevano soffocato in lei si era risvegliata nel medesimo istante in cui Koga le aveva sorriso, in quel modo irritante e carismatico che solo lui sapeva sfoggiare.
Sfrecciando fra gli alberi, Juri lasciò entrare l'aria fresca e colma degli odori della montagna nei polmoni, riscoprendosi un po' alla volta per ogni metro che si lasciava alle spalle. Non rammentava l'ultima volta che s'era sentita così serena.. così libera. Libera di sfrecciare in un bosco senza temere di venire attaccata ad ogni passo, libera di rilassarsi e lasciarsi andare, di fare ciò che un tempo amava più di ogni altra cosa: correre.
E, a quanto pareva, nemmeno Koga sembrava dispiaciuto di ciò che aveva scatenato.
Tornò a focalizzare l'attenzione sul proprio obiettivo, appena in tempo per notare un cambiamento nell'andatura del demone-lupo: stava accelerando.
Provocata, la ragazza strinse i denti e accelerò a propria volta, spingendosi al suo massimo sotto l'effetto di una nuova scarica di adrenalina. Non lo avrebbe lasciato vincere tanto facilmente. Poteva avvertire ogni muscolo rispondere a dovere, mentre il sangue le veniva pompato in un flusso rapido e costante nelle vene, permettendo al suo corpo di spingersi sempre più lontano.
Eppure, il distacco fra lei e il capo degli Yoro continuava ad aumentare.
Dalla gola le sgorgò una piccola risata a denti stretti, riconoscendo fra sé e sé la superiorità di cui poteva vantarsi il suo avversario venire confermata in quel momento, ma non per questo si diede per vinta. Osservando il territorio che stava attraversando a gran velocità, decise di sfruttare tutte le proprie carte per poter avere la meglio su quell'irriverente demone-lupo. Il terreno si inerpicava su di un pendio che si ergeva sopra le fronde degli alberi alla sua sinistra, in una forma che in pianta assumeva l'andamento di un arco, effettuando una netta curva verso la tana della Tribù Yoro.
La traiettoria della corsa intrapresa dal capobranco era evidentemente volta ad aggirare quell'ostacolo naturale, seguendo il sentiero battuto dai loro stessi lupi durante le ronde. A lei sarebbe bastato prendere una scorciatoia, tagliando in linea retta attraverso il declivio e poi giù, dall'altro lato della montagna.
Così, dopo un attimo, Juri scartò di lato, imboccando un sentiero che si inerpicava fra le rocce levigate dalle intemperie, al di fuori della protezione degli alberi del fondovalle. Non era un problema quel genere di terreno per lei, anzi, si muoveva meglio fra quelle rocce, sfruttando ogni appiglio anche con le mani artigliate. Saltò da una roccia all'altra, lanciando di tanto in tanto occhiate verso il basso e la direzione in cui si aspettava di ritrovare le tracce del passaggio del suo avversario.
Koga stava ancora sfrecciando lungo il sentiero, ma la mezzodemone era riuscita comunque a rimangiarsi tutto lo svantaggio.
Esultando intimamente spiccò un nuovo salto, superando un crepaccio nel pendio roccioso ampio un paio di metri senza che questo le creasse alcun problema. Ormai era quasi giunta al punto di svolta e quella consapevolezza la indusse a tornare ad assicurarsi della posizione del capobranco. Trovandolo più indietro del previsto, non poté far a meno di rimanere perplessa dal notare di quanto fosse avanzata rispetto a lui. Evidentemente quel lupacchiotto doveva aver rallentato l'andatura.
Sbuffò, contrariata: la stava di nuovo sottovalutando.
Deviò la propria corsa, scendendo dal declivio in una larga inversione a U che le avrebbe permesso di sorprendere il lupo sul suo stesso tracciato. Sulla sua traiettoria, nel punto che l'avrebbe vista sorprendere frontalmente il demone-lupo, la vegetazione era più rada e si spianava maggiormente in favore di uno spiazzo dominato da un grosso masso. Sembrava perfetto.
Raggiunta la grossa roccia, deposito di un'antica frana ormai sepolta sotto uno spesso strato di suolo erboso, la mezzodemone vi salì con un balzo sulla sommità e finalmente si arrestò. Approfittando della manciata di secondi di vantaggio che sapeva avere sul demone, si lasciò scivolare seduta sul suo piedistallo improvvisato, riempiendo avidamente i polmoni d'aria e avvertendo ogni muscolo del proprio corpo rabbrividire di sollievo a quella tregua.
Sospirò: che sensazione fantastica.
Pochi istanti dopo le orecchie di lupo le si rizzarono sul capo, cogliendo il distintivo rumore di fronde fruscianti e vento fra i rami tipico del turbine di vento di Koga, e le labbra le si piegarono automaticamente in un sorrisetto sempre più ampio.
Appena il vortice si dissolse, di fronte a lei, a una decina di metri, si stagliò la figura del suo rivale e l'espressione da lui assunta fu tale da farla scoppiare a ridere. L'aria assolutamente stupita con cui rimase a fissarla aveva del comico, giacché un tic insolito aveva preso a fargli tremare verso l'alto un sopracciglio e i suoi occhi azzurri erano talmente sgranati da sembrare più grandi del normale. Quella visione per Juri era così insolita, quasi inconciliabile su quel volto ferino che da poco tempo conosceva, che una volta lasciata sfuggire la propria ilarità essa divenne incontrollabile. Rise di una risata che le partì dal ventre e le sgorgò dalle labbra, con un abbandono tale da indurla a piegare il capo all'indietro e tenersi lo stomaco con ambo le braccia. Scalciò persino, rischiando di rotolare giù dal suo appoggio in pietra mentre la sua voce colmava sonora lo spazio aperto, disperdendosi nella brezza del pomeriggio.
Quella risata fragorosa quanto cristallina impiegò un bel po' a quietarsi e quando ciò accadde, la ragazza lupo si ritrovò con le lacrime agli occhi e senza fiato per il troppo ridere.
– Hai finito?
Passandosi una mano sugli occhi per schiarirsi la vista, Juri vide distintamente il demone fissarla con un cipiglio nervoso, quasi oltraggiato, senza dubbio offeso nel suo onore di lupo mentre la scrutava con le braccia conserte.
Quella vista la fece ridere ancora, ma riuscì a frenarsi quasi subito.
– Ahah.. sì, sì ho finito!
– Bene – esordì seccamente lui, senza muoversi di un millimetro – Perché hai barato.
Quell'accusa gli uscì in un tono talmente sostenuto che fu solo per miracolo che lei riuscì ad evitare di scoppiare a ridergli di nuovo in faccia. Sforzandosi di riprendere a respirare, si sporse un poco in avanti, poggiandosi con ambo i gomiti sulle ginocchia delle gambe incrociate. La coda di lupo dietro di lei ondeggiava, muovendosi di vita propria in reazione alle emozioni della sua padrona.
– Non è vero.. – ribatté senza scomporsi, non riuscendo a non sfoggiare un ampio sorriso sornione –Non sono io quella coi frammenti della sfera nelle gambe!
– Tsk! – Koga puntò il naso verso l'alto, come a fare il superiore – Non so di cosa stai parlando.
Juri si lasciò scivolare giù dalla pietra con agilità, atterrando in piedi sull'erba, prima di serrare le mani a pugno e posarle ad altezza dei fianchi, in una posa orgogliosa che gli aveva visto assumere più di una volta.
– Non provarci: so tutto della Sfera dei Quattro Spiriti.
Lo osservò scrutarla, come indeciso se cedere o continuare quella strana sceneggiata, mentre lei per contro rimase impassibile e ancora gongolante. Ai suoi occhi era evidente come il demone-lupo stesse affrontando un conflitto interiore ed era alquanto probabile se la fosse pure presa per lo smacco di quella sconfitta, ma sapeva ormai che non aveva niente da temere da lui.
Quel confronto silenzioso si prolungò tanto da farle ipotizzare l'eventualità di proporgli una tregua, ma alla fine Koga sembrò tornare il solito lupo di sempre.
– Sei una mezzodemone interessante... non l'avrei mai detto – se ne uscì di punto in bianco, con un tono fra l'ironico ed il sorpreso.
Juri a quell'affermazione si ritrovò a sua volta a dover sgranare lo sguardo ambrato.
– Ma... ma che stai dicendo?! – sbottò sulla difensiva, avvertendo le guance accendersi di un nuovo imbarazzo: con tutte le frasi con cui se ne poteva uscire, proprio con quel complimento insolito quanto inaspettato doveva iniziare.
– La verità... – ribatté lui tranquillissimo, come al solito, prima di incamminarsi nella sua direzione.
La aggirò, passandole accanto, solo per farsi ricadere seduto sull'erba, a gambe incrociate. Dopodiché, come se nulla fosse accaduto e lei non fosse più lì, iniziò a scrocchiarsi il collo.
– Sei il lupacchiotto più strano che abbia mai incontrato... – se ne uscì la ragazza, tornando suo malgrado a sorridere di un certo divertimento.
Assurdo, ecco la prima parola che le veniva in mente quando pensava a Koga. Più tentava di conoscerlo e comprenderlo, meno vi riusciva, c'era sempre qualche suo comportamento che usciva dagli schemi.
Lui non le rispose, ma si distese con noncuranza sul prato, intrecciando ambo le mani dietro la nuca e sollevando lo sguardo ceruleo al cielo terso. La sua espressione seria e assente al contempo, completa di pagliuzza fra le zanne demoniache, la indusse ad avvicinarglisi per prender posto al suo fianco. Lasciandosi a propria volta scivolare a terra, restò seduta, mascherando la propria incertezza con un'indifferenza di facciata per quell'iniziativa. Era la prima volta da anni che non si concedeva di avvicinarsi a qualcuno e quel tentativo impacciato era dettato da un istinto che lei stessa non sapeva di avere, né riusciva a comprenderlo.
Imitandolo, puntellando il suolo con ambo le mani artigliate poco dietro la schiena, rimase ad osservare le nuvole che si rincorrevano nel cielo, ma ben presto non riuscì a non infrangere quel silenzio, schiarendosi la voce.
– Non ti ho ancora ringraziato... – esordì a mezza voce.
La voce di Koga, per contro, le risuonò alle orecchie pelose priva di qualsivoglia incertezze.
– E per cosa?
– Be'... per avermi salvato la vita – rispose Juri, un po' più decisa di poco prima. Voltandosi a cercarne lo sguardo col proprio, si sforzò di non sussultare quando lo trovò e con ostinazione nata dall'orgoglio che l'animava rimase a sostenere il peso di quegli occhi tanto limpidi da darle l'impressione di star osservando ancora la volta celeste. Ma poi quell'iridi le vennero di nuovo negate.
– Non devi ringraziarmi – ribatté Koga, serio ma al contempo con una nuova nota nel tono di voce altrimenti totalmente indifferente, una sfumatura quasi sbrigativa. Lo vide chiudere gli occhi, gesto che le diede la netta impressione di un tentativo di tagliarla fuori da qualunque pensiero le sue parole avessero risvegliato.
Juri allora, dopo una nuova manciata di secondi, optò per tentare un approccio diverso.
– Ho notato che... sì, insomma, a volte cambi radicalmente umore... ti capita spesso? – la buttò sullo scherzoso per evitare di fargli percepire quanto in realtà quella domanda fosse il preludio di un discorso più profondo, su un passato che probabilmente non era per nulla intenzionato a rivangare.
La risposta del demone però rimase sorprendentemente sulla stessa falsa riga di lei.
– Umpf... solo ultimamente.
Il tono ironico da lui usato le infuse nuovo coraggio, che la spinse a proseguire nel suo obiettivo, così parlò di nuovo.
– ...pensando a quella Kagome?
Come ebbe articolato il nome di quell'umana Juri percepì istantaneamente l'atmosfera cambiare, farsi più tesa e crepitante, tanto che per poco non sussultò quando Koga tornò a perforarla con i suoi occhi azzurri.
– Come sai di Kagome?
La calma e l'indifferenza con cui le rivolse la domanda la resero quasi più nervosa di come sarebbe stato se il demone avesse espresso qualche genere di sentimento.
– Ehm... – indugiò un solo istante – Me l'hanno detto Ginta e Hakkaku – si difese la mezzodemone, al massimo del proprio disagio sotto quello sguardo tanto intenso.
Lui in tutta risposta sbottò: – Ah già, che domanda stupida... stessa cosa per la storia dei frammenti, immagino.
Il volto del capobranco assunse un'aria scocciata, cosa che indusse Juri a provare un moto di pietà verso i due poveri demoni-lupo, che era sicura sarebbero andati incontro ad una strigliata coi fiocchi per causa sua.
– Non prendertela con loro... sono stata io a insistere – tentò.
Koga non le rispose, non la guardò nemmeno. Si limitò ad osservare il cielo punteggiato di nubi, in un silenzio che più andava avanti più creava nella mezzodemone un insolito impulso a porvi fine. Normalmente avrebbe accolto con gioia l'inesistenza di domande alle quali rispondere, così come non smaniava dalla voglia di intavolare un discorso con qualcuno su cose che neanche la riguardavano, giacché lei per prima non era mai stata brava a sostenere una conversazione. Eppure, lo sapeva, quella era la prima, se non l'unica, occasione che aveva per cercare di comprendere almeno un po' il demone che le aveva salvato la vita e che tutt'ora le permetteva di sostare al sicuro entro i confini del suo territorio.
Così si fece coraggio ancora una volta.
– ...lei com'era?
L'istante successivo si pentì di aver scelto proprio quella domanda, ma ormai era troppo tardi per rimangiarsela. Così rimase, suo malgrado, stoicamente a sostenere il nuovo sguardo che il lupo le rivolse, l'espressione atteggiata in una vaga smorfia indecifrabile.
– In che senso?
– Che... che tipo era? – tentò di spiegarsi.
– Un'umana.
– E...? – fece lei, per invitarlo a proseguire.
– E cosa?
– Cosa ti ha spinto a volerla?
Un'altra domanda che, appena si materializzò, le suonò completamente sbagliata. Non aveva mai imparato a filtrare ciò che le usciva dalla bocca, ma forse era giunto finalmente il momento di imparare, se doveva rischiare di fare certe figure ogni volta.
Koga rimase in silenzio per un po' con la solita aria di indifferenza ad aleggiargli in volto e la cosa si protrasse talmente a lungo che Juri arrivò a credere che non avrebbe ricevuto risposta. Finì quasi per sentirsi meglio a quella prospettiva, reazione che la stranì quasi più della curiosità che l'aveva spinta ad affrontare quell'argomento.
Poi il demone interruppe il silenzio.
– ...la sua forza.
– Come? – si lasciò sfuggire, spiazzata e confusa da quelle parole, prima di aggiungere – ...ma... veramente pensavo fosse... fosse un'umana.
– Infatti.
La conferma del capobranco degli Yoro le giunse in un tono talmente piatto e atono da aumentare la confusione in cui stava precipitando a ruota libera. Confusione che, sebbene ella tentasse di non darla a vedere, sembrò venir colta dal suo interlocutore, che le rivolse un'occhiata di sbieco prima di tornare a chiudere gli occhi.
– Non parlo dei suoi poteri da sacerdotessa – riprese Koga – ..alludevo al suo carattere: sempre dietro a quel... botolo ringhioso!
Quelle ultime parole vennero pronunciate sotto forma di un ringhio mal trattenuto e attraverso di esso Juri colse distintamente la nota dispregiativa che lo aveva colorato, ancor prima di vederne l'espressione corrucciarsi. Quella reazione tradiva, suo malgrado, un risentimento che non faticò ad identificare e che la spinse ad ostentare un'attenzione meno serrata. Cercando di fare finta di niente si volse a osservare il paesaggio di fronte a sé, percorrendo con lo sguardo il pendio della montagna che si gettava nella vegetazione della vallata.
Che quell'umana fosse una sacerdotessa Ginta e Hakkaku non glielo avevano detto. Represse l'impulso di piegare le labbra in una smorfia a quel pensiero. Pochi anni prima era entrata in contatto con un monaco che le aveva dato qualche problema ed in seguito altri esponenti del culto umano che vantavano poteri spirituali si erano rivelati anche più ottusi degli umani comuni, con quella loro insopportabile fissazione che “demoniaco” significasse sempre “da sopprimere”.
Un dettaglio le tornò alla mente però e decise di tentare di volgere la conversazione in quella direzione.
– Quando alludi al botolo ringhioso.. parli di quel Inuyasha?
– Non ti facevo così perspicace – ribatté subitaneamente Koga in tono ironico.
Juri tornò a fissarlo, fessurizzando lo sguardo ambrato in un vano tentativo di poterlo pungere solo con esso. Stavolta la smorfia contrariata non se la fece sfuggire, arricciando persino la punta del naso, prima di emettere uno sbuffo a labbra serrate e cambiare posizione. Andò a sollevare ambo le ginocchia al petto, sporgendosi in avanti per usarle come appoggio con ambo le braccia.
– Non capisco – sbottò.
– Cosa non capisci?
Le orecchie le fremettero sul capo in reazione alla voce di lui e il vago interesse che colse in quella domanda la spinse, dopo un istante di indecisione, a vuotare il sacco.
– Non riesco a trovare una sola ragione per cui tu abbia deciso di aiutarmi, quel giorno! – esclamò tutto d'un fiato, voltandosi di scatto a guardarlo.
Trattenne il fiato, non comprendendo lei per prima il motivo per cui non riusciva a non pensare a questo dettaglio. In fin dei conti, aveva sempre accettato ogni vantaggio, ogni gesto volto a renderle quella vita meno ardua, senza farsi troppe domande. Perché ora non riusciva a lasciar correre?
Perché sembrava che fosse così importante?
Il lupo al suo fianco tornò a schiudere un occhio, ma la sua espressione non era più solcata da una totale indifferenza: aveva le sopracciglia corrucciate e una leggera piega asimmetrica delle labbra. Malgrado ciò, il suo tono rimase impassibile.
– Non ce n'erano.
– E allora perché non mi hai lasciata morire? – sbottò esasperata Juri.
– Non lo so!! – esplose lui, di punto in bianco, sollevandosi di scatto a sedere ed inchiodandola con quei suoi penetranti occhi azzurri.
Quella reazione, tanto attesa e al contempo temuta, la fece sussultare ed irrigidire in ogni muscolo, rendendola totalmente immobile, impossibilitata a fuggire quello sguardo che sapeva di accusa e.. qualcos'altro. Un tormento che ella poté solo ipotizzare nel silenzio che seguì, pesante e carico di una tensione che le irrigidiva la coda bianca e le teneva le orecchie canine piegate all'indietro.
Il trascorrere del tempo era scandito dal battito del suo stesso cuore, il respiro bloccatole in gola, che batteva rapido nel suo petto senza ch'ella potesse farci nulla. La sua mente ci mise altrettanta fatica ad elaborare il significato delle risposte del demone-lupo e quando ciò accadde, non poté far altro che rinunciare a qualsiasi replica.
Koga si mosse per primo, alzandosi con movenze agili e scattanti, pregne di quel nervosismo nato dal bisogno di muoversi. Sovrastandola, non la guardò più direttamente, volgendole il fianco sinistro con noncuranza.
– Sarà il caso di muoverci – annunciò infatti in tono asciutto, imperativo, in un chiaro segno che il loro confronto era concluso. Ma poi, proprio un attimo dopo che la mezzodemone si fu alzata in piedi a sua volta, tornò a cercarla con una rapida occhiata in tralice – ...ma prima volevo farti sapere che, se vuoi, Ginta e Hakkaku sarebbero felici di averti con noi, come una del branco.
Le orecchie canine della mezzodemone si rizzarono all'istante sul capo argenteo, mentre quelle parole ed il loro significato la lasciavano letteralmente a bocca aperta. Sbatté le palpebre più volte, incredula, e un istante dopo le parve quasi di scorgere un vago sorrisetto aleggiare sul volto del demone. Poi, quell'impressione venne messa in secondo piano dall'improvviso scatto di Koga, il quale, senza preavviso, si gettò in avanti innalzando il consueto turbinio di vento e polvere che era causato dalla sua corsa.
Con un balzello indietro, Juri imprecò mentre sollevava ambo le braccia a ripararsi il volto.
– Maledizione!
Un secondo dopo e Koga non c'era più e lei, gli occhi ambrati velati di lacrime a causa della polvere che vi era finita dentro, scattò a propria volta nella medesima direzione. Eppure, sebbene le sue gambe si muovessero con sicurezza e familiarità in quella rincorsa, la sua mente era del tutto in subbuglio.
Cosa voleva dire “come una del branco”?
Volevano che restasse... per sempre? Come una Yoro?!
Non poteva essere.. non poteva crederci. Era troppo persino per la sua fervida immaginazione arrivare a pensare.. a sperare una cosa simile! Aveva senz'altro capito male, o forse c'era qualcos'altro sotto. Un doppio fine... sì, in realtà volevano divorarla!
Si morse il labbro inferiore con i canini, mentre sfrecciava attraverso la vegetazione.
Che assurdità che andava a pensare...
La figura di Koga ormai non era più visibile, ma lei non rallentò la propria andatura, seppur rischiò persino di andare a sbattere contro un tronco a causa del suo stato d'animo in tumulto. Sapeva bene dove si stavano dirigendo e ormai lei conosceva il territorio del Clan dell'Ovest della Tribù Yoro, così non ebbe esitazione nella direzione da prendere.
Era come se il suo corpo si muovesse autonomamente, impostando la rotta per la destinazione desiderata grazie ad un istinto che ella stessa non sapeva di possedere, giacché non vi era mai stato un luogo preciso a cui tornare o da considerare alla stregua di “casa”, per lei. E tutto ciò Juri non lo realizzò, perché troppo impegnata a districarsi in altri pensieri.
Volevano che restasse con loro... come una di loro.
La bocca dello stomaco le si serrò in una morsa.


Mentre correva, Koga continuava a ripensare alla conversazione appena avuta con quella ragazza lupo.
Perché mai si ostinasse a voler delle risposte, era qualcosa che non riusciva a lasciarlo indifferente, giacché lui stesso non poteva dargliele. Non ne aveva nemmeno per sé e non aveva intenzione di perdere tempo cercandole.
Sapeva che l'atto di salvarla non era stato dettato dalla ragione, ma dal puro istinto del momento. Un impulso che non capiva e non voleva capire, nato nel preciso istante in cui ne aveva incrociato lo sguardo. Uno sguardo orgoglioso e disperato, colmo di combattività e voglia di vivere e combattere per questo. Uno sguardo che lui aveva quasi perso del tutto, prima di ritrovarlo in lei.
Tutto ciò alla sua sfera cognitiva era estraneo, confinato nell'angolo più buio e profondo del suo animo ed ignorato, proprio a causa del suo orgoglio di demone, e così sarebbe rimasto finché il suo inconscio non avesse deciso che era pronto per quella consapevolezza. Finché il suo orgoglio non avesse deciso che poteva accettare l'idea di essersi aggrappato a quegli occhi d'ambra per vincere i propri tormenti.
Per questa sua inconsapevolezza s'era alterato, infastidito dalla cocciutaggine di lei di voler dare una spiegazione ai suoi comportamenti. Infastidito dall'idea di voler essere compreso da qualcuno a cui, in teoria, non dovevano interessare i suoi motivi.
Preda di quei sentimenti, col vento che gli sferzava il volto ed il corpo in movimento, si augurò che non ricapitasse più l'occasione di rivangare quell'argomento, a prescindere dalla decisione che la mezzodemone avrebbe preso in merito alla proposta di restare. Aveva capitolato, cedendo alla richiesta che tempo prima gli avevano fatto Ginta e Hakkaku, non potendo ignorare la simpatia che quei due sembravano aver sviluppato per lei. Persino i lupi l'avevano accettata subito e sebbene questo fatto lo imputasse alla sua natura di mezzo-lupo, Koga doveva riconoscere con sé stesso che era comunque un fatto rilevante.
Per non parlare del potere che possedeva e che si era rivelato a loro quel giorno. Ella, che lo volesse o meno, con i suoi comportamenti continuava a sorprenderlo e la cosa lo rendeva oltremodo inquieto.
Juri non era per niente una comune, debole, mezzodemone.
E questo cambiava tutto.


...continua.





Ehilà!
Inizio stavolta col ringraziare pubblicamente Morry08 per la recensione lasciatami e sono contenta che il numero di visualizzazioni pian piano continui a salire, perché vorrà dire che i miei lettori continuano a seguirmi (spero!).
Questo capitolo era uno di quelli un po' più corti del solito, ma spero di non avervi deluso troppo! Ci stiamo avvicinando al momento cruciale: quale sarà la scelta della nostra nuova mezzodemone? Come si svilupperà da qui in poi il susseguirsi degli eventi?! Lo scopriremo la prossima settimana! XD
Sì, lo so, ho un orribile senso dell'umorismo.
Beh, ho rischiato di non aggiornare, sapevatelo. Da ieri non ho la linea, ma grazie al cielo ho un buon telefono che mi sta facendo da hotspot, quindi è andata anche per sta settimana! Vi auguro buon weekend e a rileggerci il prossimo giovedì!

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 9
*** L'alba del giorno dopo ***




.::[. L'ALBA DEL GIORNO DOPO .]::.





Juri era seduta davanti al fuoco, fra Ginta e Hakkaku ed ormai quella scena stava diventando un’icona familiare della sua permanenza presso gli Yoro. Fin troppo familiare. Eppure la ragazza lupo non riusciva proprio a distaccarsi dai discorsi frivoli ed allegri di quei due, soprattutto dal modo in cui, di tanto in tanto, si ostinavano a rivolgerle la parola.
In un momento di quiete ella si stupì non poco nello scoprirsi a considerarla una scena normale e si bloccò a metà di un morso alla sua cena, l’osso già mezzo spolpato immobile a mezz’aria.
No, non poteva permettersi di pensarla così.
Non poteva pensare a quella come ad una nuova normalità.
Quel quadretto venutosi a creare, illuminato dalla calda luce del fuoco, sarebbe stato familiare soltanto con la sua assenza e doveva convincersene subito, una volta per tutte.
L'argomento che stavano affrontando, ancora una volta, era ovviamente l'accaduto del giorno appena terminato, ma dopo un po' ella non era riuscita ad evitarsi di divagare con la mente.
Aveva molti pensieri per la testa, primo fra tutti il potere che aveva scoperto risiedere nella propria arma demoniaca. Le aveva anche dato un nome, sotto suggerimento di Koga.
Sul come era riuscita però a usarlo era ancora abbastanza incerta. Supponeva, dai propri ricordi, che la spada aveva reagito ad un suo preciso stato d'animo e vi erano poche possibilità su quale fosse la risposta corretta: l'orgoglio del proprio retaggio era una di queste, ma era stata un'emozione che la seconda volta, sì era stata presente in lei, ma solo marginalmente. Aveva pensato ad altro mentre sfoderava di nuovo la Zankazeyaku e non aveva nulla a che fare con il proprio sangue di lupo.
Non aveva affatto le idee chiare e cercando di ignorare il dubbio che iniziava a farsi scomoda certezza, accantonò la questione nella propria mente concludendo che avrebbe avuto le proprie risposte la volta seguente.
Un altro pensiero non meno importante ma sicuramente meno immediato era il tema “Sfera dei Quattro Spiriti”. Stando alla leggenda, quel gioiello donava incredibli poteri a chi la possedeva, finanche esaudire un desiderio. Doveva essere questa la causa della straordinaria velocità di Koga, il quale ne possedeva ben due frammenti. Sino a quel momento, rifletté, non le era mai capitato di imbattersi in uno di quei frammenti, ma non era certa fosse una sfortuna.
A quanto pareva la maggior parte era caduta in mano a quel mezzodemone, quel Naraku, prima dell'epilogo di quella vicenda e della sua sconfitta. Da allora non se n'era più saputo nulla, mentre la sfera per un qualche strano motivo si era nuovamente dispersa in schegge cristalline.
Sovrappensiero, Juri si passò una mano fra i capelli, ravviandoli dietro il capo.
Quel suo tentennamento pensieroso non passò inosservato però.
– Ehi, sorella, cos'hai? – le domandò Ginta, riportandola alla realtà.
– Eh? ..ah no, non è nulla, ero solo sovrappensiero.. – si affrettò a dire la mezzodemone, scuotendo il capo. Non era certo il caso di renderli partecipi dei propri crucci, anche loro ne avevano passate tante.
I due ripresero a parlare sotto il suo sguardo ambrato, ma le venne quasi spontaneo slittare la propria attenzione sul capobranco. Koga se ne stava in disparte, dall'altro lato del focolare, come al solito. Non aveva più avuto occasione di riprendere con lui l'argomento di quel pomeriggio, perché la presenza di Ginta e Hakkaku l'aveva in qualche modo frenata dal farlo, ma non poteva non pensare alle sue parole.
La sua ultima frase le risuonava ancora per la testa, sottolineata dall'appellativo con cui avevano iniziato a chiamarla i suoi due compagni: sorella. Suo malgrado, quel termine le piaceva.. aveva un suono caldo e accogliente, sapeva di.. famiglia. Di nuovo quella morsa alla bocca dello stomaco la fece irrigidire, togliendole quel poco di fame che le era rimasta. Diede il resto della propria cena al lupo più vicino, incurante di quel gesto automatico e della certezza di trovarlo accucciatole accanto.
Li avrebbe delusi, tutti.
Il senso di colpa la attanagliò senza pietà, rendendo il suo umore ancor più cupo.
Eppure non poteva permettersi di indugiare ancora: la luna avrebbe raggiunto il suo massimo splendore entro due giorni. Non poteva affidarsi a nessun demone, non importava di chi si trattasse.
Il dubbio tornò a sfiorarla, sulla sua decisione, sul suo stile di vita, ma lei lo scacciò con violenta determinazione. Non era il caso di lasciar vagare ancora la mente in modo ozioso, perché quei dubbi che le nascevano nell'animo la conducevano in una direzione pericolosa, lo sapeva.
No, ormai aveva preso la sua decisione: sarebbe ripartita l'indomani.


Koga era sorpreso e combattuto.
L'oggetto di questo suo stato d'animo era senza dubbio quella mezzodemone che ora se ne stava con aria assente ad osservare le fiamme, dall'altra parte del focolare. Alla sua sinistra, Ginta e Hakkaku non avevano smesso un solo istante di parlare e scherzare e l'atmosfera che si respirava era per il capobranco quasi nostalgica, tanto era simile a quelle del passato.
Il cambiamento in quei giorni era stato minimo ma comunque evidente ai suoi occhi e risvegliava in lui sentimenti contrastanti, tanto da renderlo ancor meno incline al partecipare alla conversazione in corso. Le poche volte in cui i due fratelli lo avevano interpellato, Koga si era limitato a monosillabi oppure a brevi e semplici frasi di senso compiuto, ostentando un'aria distaccata.
Lanciando un'occhiata di sottecchi a Juri, la ritrovò dove l'aveva lasciata l'ultima volta che l'aveva guardata: seduta a gambe incrociate, con la pelle di lupo intorno ai fianchi che si apriva ad altezza della coscia in un comodo spacco, affiancata da un lupo per lato. Quelle palle di pelo dei servi del Clan dell'Ovest sembravano proprio esserlesi affezionati, ma la mezzodemone sembrava non farvi caso, così come non prestava molta attenzione alla conversazione in atto.
Da parte sua, Koga si era ormai rassegnato per quanto riguardava il modo in cui Ginta e Hakkaku la chiamavano, dati gli scarsi risultati ottenuti sino a quel momento per farli smettere di usare l'appellativo “sorella”. Ed ora, la scena che gli si prospettava dinanzi allo sguardo era quanto di più simile alle antiche serate trascorse alla tana, prima dell'avvento di Naraku e la tragedia che ne era conseguita.
Che il merito fosse dovuto alla presenza di quella ragazza era ovvio, ma proprio per questo difficile da accettare per il capobranco, il quale non aveva ancora regolato i conti con sé stesso. In tutta sincerità non sapeva più cosa pensare: non riusciva ad augurarsi che restasse, ma al contempo il pensiero di vederla partire gli provocava una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Era questo a renderlo combattuto come mai prima.
Non aveva mai avuto una simile confusione in testa, era sempre stato sicuro di sé e della strada da seguire.
Eppure ora, con davanti agli occhi il cambiamento dei suoi due compagni rimasti e quell'atmosfera che risvegliava in lui un'acuta nostalgia, gli sembrava di essere sul punto di cogliere una qualche rivelazione dell'universo.
I capelli di Juri erano sciolti a riflettere il riverbero delle fiamme e, seppur assorta in pensieri tutti suoi, con quell'aria seria che aveva in volto appariva dotata di un fascino carismatico che Koga non aveva notato prima.
Dopo un istante il demone-lupo si riscosse dalla sua contemplazione, accorgendosi del trascorrere inesorabile del tempo, e si alzò in piedi.
– Il primo turno di guardia lo farò io. Hakkaku, tul il secondo e Ginta il terzo. Juri, tu farai l'ultimo che precederà l'alba.
I suoi compagni annuirono.
– D'accordo.
– Come vuoi, capo.
La mezzodemone tardò un istante a rispondergli, ma dopo uno sguardo che tradiva una certa perplessità mosse il capo in segno affermativo. Lui non diede peso alla confusione della ragazza, essendo perfettamente consapevole di averla presa alla sprovvista coinvolgendola in quella mansione.
Non disse altro, ma si voltò per andarsene mentre i demoni alle sue spalle tornarono ad aprir bocca.
– Meglio andare a riposare, fratello.
– Hai ragione Ginta.
Dopo quel rapido scambio Koga si accorse di star indugiando di nuovo, aspettando qualcosa di specifico, e rendendosi conto di cosa fosse digrignò le zanne demoniache. La voce di lei.
Strinse i pugni e rifiutandosi di dare importanza alla cosa spiccò il salto, seguendo l'ansa del torrente e guadagnando l'ombra proiettata dalla parete rocciosa.
Doveva schiarirsi la mente e togliersi certe idee dalla testa.
Di una cosa tuttavia era ormai sicuro: non riusciva più a paragonare Juri a quel botolo di Inuyasha.


Ormai Inuyasha sapeva cosa fare.
Alla luce del falò rimase a guardare il volto rilassato di Kagome, sovrappensiero. Lei sarebbe tornata nel suo mondo l'indomani: gli aveva promesso che sarebbe stata via al massimo tre giorni a causa di un altro di quei suoi strani e pericolosissimi esami. Nonostante ce l'avessero fatta e Naraku non fosse più una minaccia, il pensiero di non averla con sé durante tutto quel tempo lo innervosiva, ma non poteva farci niente. Ed in realtà era meglio così, giacché non avrebbe mai potuto permetterle di assistere a ciò che intendeva fare.
Approfittando della sua assenza avrebbe finalmente sistemato i conti con quel lupastro una volta per tutte.
Quel giorno erano entrati in possesso di una grossa porzione di Sfera e mancava davvero poco ormai perché essa venisse finalmente completata. I frammenti di Koga non erano gli ultimi, ma non poteva più permettere a quel randagio di sfruttarne il potere.
Dopo averli recuperati, sarebbe bastato partire alla ricerca dell'ultimo e, una volta completata, la Sfera dei Quattro Spiriti sarebbe stata purificata dal potere di Kagome, ponendo la parola “fine” a tutta quella storia
E ciò per lui equivaleva alla possibilità di poter finalmente restare al fianco di Kagome per il resto della vita, senza che lei dovesse più rischiare la sua. O almeno così si augurava, in quanto era fermamente intenzionato a proteggerla.
Aveva amato molto Kikyo, ma ora che la sacerdotessa del passato non c'era più era come se il suo animo si fosse alleggerito. Ciò che aveva capito provare per Kagome era un sentimento giovane e antico al contempo, che s'accresceva di giorno in giorno eppure c'era sempre stato. In qualche modo, lui sentiva di essere nato per incontrare lei, la sua Kagome.
Scosse il capo argenteo con ostinazione, scacciando quei pensieri oziosi e rimproverandosi: avrebbe dovuto cercare di dormire, invece di stare lì a rimuginare su cose che da sempre faticava a comprendere.
Sapeva solo che non vi era più motivo di negare ciò che lo legava a lei e non avrebbe avuto più remore: l'avrebbe protetta finché avesse avuto vita. Non avrebbe più rinunciato a lei, per nessun motivo.
Gli dispiaceva un po' per Koga, in fondo, perché non avrebbe avuto molta scelta: se non gli avesse consegnato i frammenti della Sfera volontariamente, se li sarebbe presi con la forza.
E già immaginava quale opzione il lupo avrebbe scelto.


Juri era seduta sulla sommità del dirupo, sul ciglio della cascata che si trovava esattamente sul bordo dell'altopiano e che dava sulla vallata sottostante. L'alba era quieta e pregna dei suoni della natura che si risveglia, ed ai suoi occhi era ancor più bella di qualunque altra avesse visto sino a quel momento. Di una bellezza fredda e malinconica.
Sì, perché quella sarebbe stata l'ultima alba che avrebbe ammirato da quel luogo.
La morsa insistente che avvertiva ad altezza dello stomaco si intensificò, aumentando l'ansia che l'attanagliava ed un senso di ineluttabilità le afferrò l'animo, sempre più intenso per ogni minuto trascorso in quell'attesa.
Aveva da poco terminato il proprio giro, ma non se la sentiva di tornare alla tana dei demoni-lupo e lo spettacolo del sorgere del sole l'aveva indotta a cedere alla tentazione di attardarsi lì, al limitare sud della nuova porzione di territorio conquistato.
Perché sapeva che, una volta tornata, avrebbe dovuto dir loro addio. A Ginta e Hakkaku... ma, soprattutto, a Koga. A quel demone che, con la sua fierezza ed il suo orgoglio, aveva saputo vedere in lei qualcosa di più di una misera, sporca mezzosangue.
La verità era che aveva paura.
Paura di affrontarlo e leggere nel suo sguardo ceruleo il sollievo alla notizia della sua partenza, di sentire l'indifferenza nella sua voce e di possedere come ultimo ricordo l'immagine della sua schiena mentre le dava le spalle e se ne andava, incurante, come se la cosa non avesse alcuna importanza.
La verità era che, in cuor suo, ella sperava le chiedesse ancora una volta di restare con loro... con lui.
Appena si rese conto di quel pensiero scosse il capo argenteo, scacciandolo violentemente da sé e rifiutandolo. Che sciocchezza, perché mai avrebbe dovuto insistere? Lo aveva detto chiaramente che erano stati Ginta e Hakkaku a dare origine alla cosa, non era certo una richiesta che era nata dal capo della Tribù Yoro. In fondo, Koga la sopportava a malapena.
Era soltanto una mezzodemone, non poteva dimenticarlo e di conseguenza non poteva aspettarsi un trattamento troppo diverso da quello che le era stato riservato da quando era nata. Che il demone-lupo avesse dimostrato di tollerarla un po' di più di tutti gli altri demoni che aveva incrociato sul suo cammino non voleva dire un bel niente!
All'improvviso un rumore la distolse dai propri pensieri, facendole rizzare le orecchie.
Voltò il capo e lo sguardo in quella direzione con uno scatto, presa alla sprovvista, già pronta a balzare in piedi, quando ogni movimento venne bloccato dalla figura che le si parò davanti allo sguardo dorato.
– Koga!
– Come mai ancora qui? L'ora del tuo turno è passata già da un pezzo... pensavamo fosse successo qualcosa – esordì lui in tutta risposta, con un fare abbastanza seccato da farlo apparire proprio in vena di rimproveri.
Aveva assunto quella solita posa con le mani a puntellare i fianchi e le gambe leggermente divaricate e ben piantate a terra.
La ragazza a quell'esordio sbuffò, prima di lasciarsi di nuovo scivolare a sedere sulla roccia a gambe incrociate, rivolta al panorama ed al sole nascente. Non le creava più alcun disagio dargli le spalle, avendo maturato nei confronti di quel demone una certa sicurezza, una fiducia istintiva.
– ...mi sono soltanto fermata a riposare – sbottò, poggiandosi col gomito alla gamba destra e sorreggendosi il capo sulla mano chiusa a pugno sotto lo zigomo.
Seppur si sforzasse di non dargli attenzione, con la coda dell'occhio ne colse lo spostamento mentre le si sedeva al fianco e la cosa contribuì a renderla ancor più sulle spine. Non osava guardarlo direttamente, non potendo rischiare di mostrargli ciò che sapeva trasparirle dallo sguardo in quel momento.
– Lo capisco...
Quell'unica affermazione, proferita con un tono più caldo e morbido, la prese alla sprovvista.
– Come?? – sussultò Juri, tornando a rizzare la schiena per fissarlo.
Koga non sembrò scomporsi, il profilo ammorbidito da un mezzo sorriso mentre teneva lo sguardo puntato all'orizzonte.
– L'alba – le rivelò semplicemente – Anche io mi sono soffermato spesso ad osservarla da qui, in passato.
– Ah – riuscì solo a mormorare Juri, non riuscendo a distogliere lo sguardo. In quella fredda luce dorata, il demone-lupo aveva un'espressione distante eppure l'atmosfera che avvertì crearsi fra loro era qualcosa di intimo, di sacro, che non osò infrangere in alcun modo.
– ..quando non ero più un cucciolo di demone-lupo il nostro clan era fin troppo affollato per me e non erano rare le volte in cui ne approfittavo per sgattaiolare via, alla ricerca di un po' di solitudine.
Il tono quieto, velato di una strana malinconia, dell'altro le provocò una nuova stretta al centro del petto, portandola a cercare di figurarsi un ben più giovane Koga che se ne stava in solitudine da qualche parte, a vagare con la mente per pensieri tutti suoi. E poi, per un'associazione di pensieri, se lo immaginò circondato da altri demoni-lupo, forti e chiassosi o anche burberi, amici e compagni che lo affiancavano nella caccia, nella lotta e in quella che doveva essere la vita di un clan di demoni.
La stretta alla bocca dello stomaco le si intensificò e distolse lo sguardo.
Nonostante il modo in cui tutto era finito, doveva essere stata un'esperienza che meritava d'essere vissuta. Quella consapevolezza non fece altro che renderla ancor più cupa e voltò il viso dall'altra parte, sperando di riuscire a nascondere quel suo stato d'animo al demone al suo fianco, ma invano. Una manciata di secondi dopo la voce di Koga tornò a farle fremere le orecchie.
– ..ti va un tuffo?!
– Eh? – Juri non fece nemmeno in tempo a tornare a scoccargli un'occhiata che si sentì afferrare per la vita. Le mani artigliate di Koga la spinsero nel vuoto, oltre il bordo della cascata, e la ragazza sgranò gli occhi ambrati sul mondo che le si capovolgeva tutt'intorno, facendole balzare il cuore in gola.
Con la mente completamente vuota e paralizzata dal terrore, mentre la forza di gravità iniziava a trascinarla giù si aggrappò alla prima cosa a portata di mano: i capelli neri del demone-lupo.
– Ehi, ma.. uooooh! – l'esclamazione di protesta del capobranco si tramutò in un mezzo verso che si unì all'urlo cristallino di Juri, sino a un attimo prima dell'impatto.
L'acqua si richiuse su entrambi, assordandoli, e Juri si ritrovò a sprofondare verso il basso, sospinta dalla pressione del getto d'acqua e dalle correnti. Con gli occhi ermeticamente chiusi e la gola serrata, si costrinse all'immobilità per la prima manciata di secondi, lottando contro l'istinto di aprire la bocca e lasciar fuoriuscire l'aria che era riuscita a trattenere nei polmoni. Quando finalmente la sua percezione del mondo tornò a farsi nitida e comprese la direzione di sotto e sopra, aprì gli occhi.
La polla d'acqua era limpida e scura ed il fondale disseminato di rocce ed irregolare, ma abbastanza profondo da permetterle di nuotare. Alzò lo sguardo e la luce proveniente dal mondo in superficie la guidò, fornendole una meta precisa da raggiungere.
Quando finalmente riaffiorò con impeto, riempì istantaneamente i polmoni brucianti con un'ampia e sofferta boccata d'aria fresca, dibattendosi per restare a galla. Soltanto dopo un paio di respiri sofferti la mezzodemone, tossicchiando, nuotò verso la riva, raggiungendola ed issandosi su una delle grosse pietre che la costellavano.
Piegata carponi sulla roccia, gocciolante, tossì quel poco d'acqua che le era finita in gola, imprecando a denti stretti contro qualunque cosa le venisse in mente e soprattutto contro quel disgraziato, incosciente, arrogante demone-lupo. Fu in quel momento che, alle orecchie canine, le giunse la voce di lui, tanto familiare quanto per lei detestabile.
– Ma dico.. cough cough.. ma sei impazzita?! – Koga si ergeva in piedi nell'acqua bassa a pochi passi da lei, intento ad avvicinarsi. L'acqua gli gocciolava dalle pellicce e dai capelli che, liberatisi a causa del tuffo non previsto, gli ricadevano sciolti sul petto e dietro la schiena. Con una parte di sé, Juri notò che erano lunghissimi, più lunghi dei suoi, e perfettamente lisci.
La mezzodemone venne scossa da un brivido che le causò un nuovo eccesso di tosse e soltanto dopo che fu passato riuscì a rispondergli qualcosa.
– Cosa?? – esclamò seccata, la voce arrochita dal rischio di soffocamento – Sei tu che hai tentato di uccidermi!!
Gli scoccò un'occhiataccia di fuoco che lui ricambiò con un ghigno saccente dei suoi.
– Non dirmi che adesso basta un tuffetto innocente per farti trapassare, ragazzina!
Quel nomignolo, col quale non l'aveva più chiamata da qualche giorno, stavolta risuonò alle orecchie della ragazza lupo velato di una nota differente, meno sprezzante e più giocosa di quanto ricordasse, ma ciò non bastò a mitigare il fastidio che le fece nascere in petto.
Incurante, Koga balzò fuori dall'acqua con un ultimo saltello che lo portò ad atterrarle davanti e soltanto poi, come se non bastasse, si scrollò dell'acqua in eccesso. E Juri si ritrovò inondata da quell'ondata di schizzi.
– Oh, ma insomma! Basta!! – la mezzodemone scattò istintivamente all'indietro, nel tentativo di sottrarsi a quella pioggia imprevista, ma lo slanciò fu eccessivo.
Scivolando, cadde nuovamente nella polla d'acqua dalla quale era riemersa pochi minuti prima e quando ne riemerse, tossendo, il fragore dell'acqua alle sue spalle venne sovrastato dal suono di una risata fragorosa.
Era Koga.
– Ahahahah! Che razza di imbranata!!
Juri, seduta nell'acqua bassa, gli lanciò un'occhiata omicida, ma invece che farle il favore di avere un attacco di cuore il lupo rimase illeso. Anzi, dopo essersi preso tutto il tempo per lasciar scemare quello scoppio di ilarità, come se nulla fosse si avvicinò a lei con un nuovo balzello, inginocchiandosi sulla roccia.
Incredula, Juri lo vide sporgersi verso di lei, la mano protesa in modo inequivocabile.
– Dai, esci! Ti aiuto io.
E malgrado si sentisse ancora offesa, la ragazza lupo non poté ignorare la straordinarietà di quel semplice gesto. Dopo ciò che era appena accaduto, che lui le offrisse il suo aiuto era sorprendente ai suoi occhi di mezzosangue, e lei incredula si scostò il ciuffo argenteo dagli occhi per poterlo osservare meglio. Fu quando ne ebbe chiara visione del volto che, però, si bloccò nuovamente.
La reazione del suo corpo e, in particolare, della sua mente, fu dovuta non tanto a ciò che vide ma a  come lo vide e questo bastò a ridurla alla stregua di una statua di sale in dissoluzione.
Il sole del primo mattino proiettava i suoi raggi obliqui sulla figura di Koga, facendone rilucere la pelle abbronzata di una luminosità insolita, quasi ultraterrena. Le piccole gocce d'acqua riflettevano la luce come diamanti, accentuando improvvisamente nella mezzodemone la percezione della sua vicinanza e del suo odore di demone-lupo, ma ciò che la colpì furono soprattutto gli occhi: mezzo nascosti dalla frangia corvina, quelle iridi risplendevano di un azzurro brillante e lasciavano trasparire una strana sfumatura di.. di calore che non gli aveva mai visto. Che non aveva mai visto in nessun altro. Un calore che percepì scenderle sino al centro del petto, all'altezza del cuore, e poi spandersi per tutto il resto del suo corpo infreddolito, innescando in lei una nuova ondata di brividi a causa del contrasto.
Poi quel momento passò e quello sguardo venne schermato di nuova perplessità, mentre l'espressione di Koga tornava a farsi più seria e dubbiosa.
– Allora? Vuoi stare lì tutto il giorno?
Sussultando per la repentinità con cui tornò pienamente in sé, la mezzodemone avvertì un nuovo calore salirle al volto e l'imbarazzo prese il sopravvento.
– M-ma no.. no-no – balbettò.
Preda dell'impulso del momento si allungò ad afferrare la mano ancora protesa del demone e lui, senza aspettare oltre, la tirò su. Ancora preda di quel turbamento, Juri ne evitò lo sguardo mentre si issava sopra quel masso e una volta di nuovo all'asciutto, si scrollò di dosso l'acqua alla stessa maniera adottata precedentemente dal capobranco.
– Ehi! Fai attenzione! – lo sentì esclamare, contrariato.
Quella piccola rivincita ebbe il potere di farle riacquistare gran parte della propria sicurezza e sogghignò, soddisfatta.
– Così impari – lo rimbeccò lei, prima di dedicarsi ai propri capelli.
Li strizzò con ambo le mani, attorcigliandoli su sé stessi di modo che l'acqua si riversasse a terra ed una volta finito, con uno scatto del collo, li riportò dietro la schiena: il resto del lavoro lo avrebbero fatto il sole ed il vento. Dopodiché, tornando a fronteggiare il demone-lupo, si puntellò il fianco destro con la mano artigliata.
– Allora – esordì, contrariata, tornando a fissarlo – si può sapere che ti è saltato in mente? Volevi farmi affogare?!
– Oh andiamo! Non hai avuto problemi mi pare – le rispose lui, prestandole meno attenzione di quella che ella avrebbe voluto. Era intento a cercare di raccogliersi nuovamente i capelli dietro la nuca con una striscia di pelle stretta fra i denti. Gli ci volle una manciata di secondi, ma alla fine sembrò soddisfatto e tornò a guardarla, incrociando le braccia mentre affermava – ..non dirmi che non è stato divertente.
– No che non è stato divertente! – sbottò lei, con un gesto secco del braccio sinistro a indicare la sommità della cascata alle sue spalle – Solo un lupo bacato di testa come te potrebbe definire un tuffo dalla cima di una cascata alta venti metri “divertente”!
– Volevo solo distrarti un po'.
Juri era sempre più stralunata.
– E da cosa??
– Da quello che avevi per la testa.
Quella replica, così piatta ma ferma nel tono, portò a galla la verità e i sentimenti che la ragazza, grazie a quel piccolo intermezzo, aveva momentaneamente accantonato e la cosa la spinse a mettersi meccanicamente sulla difensiva.
– Io non avevo nulla per la testa..
– Sì, come no! La tua espressione si vedeva lontano un miglio. – le rinfacciò senza batter ciglio il demone.
E mentre lei si lasciava sfuggire una smorfia colpevole, Koga distolse quel suo sguardo penetrante per volgerlo a lato, come se fosse lui in difficoltà, impressione che si accentuò quando lo vide sollevare una mano a sfregarsi la nuca.
– Non volevo incupirti, prima.. – aggiunse lui.
Juri, sorpresa, rimase a osservarlo. Ora era lui quello che sembrava esposto, quasi vulnerabile, e la cosa tornò a risvegliare in lei un eco delle emozioni che aveva provato pochi istanti prima. Koga che si sentiva.. in colpa?
Scosse il capo argenteo in segno di diniego.
– Non è colpa tua – gli disse, gli occhi ambrati puntati a terra, a disagio – ..non mi ha dato fastidio.
Ed era vero.
Non le era dispiaciuto che lui avesse condiviso con lei quel frammento della sua vita passata e perduta, per quanto dolore, orgoglio e coraggio gli dovesse essere costato farlo. Ed ora lei stava per deluderlo; per respingere quel tentativo di approccio e rifiutare la mano che lui e tutto il suo clan le stavano offrendo.
Vacillò sotto il senso di soffocamento che le chiuse la gola, al pensiero.
– Cos'hai? – la voce di lui tornò a infrangere la quiete dell'alba, caratterizzata da una nuova nota seria e profonda.
– Niente.
– Non mentirmi, Juri!
Lei sobbalzò, incassando il capo fra le spalle.
Koga le aveva appena sbottato contro ed ora la fissava con un cipiglio severo ed intransigente. Il cipiglio tipico di un capobranco.
L'ergersi d'egli di fronte a lei, con le braccia nuovamente lungo i fianchi ed i pugni chiusi, la indusse a piegare le orecchie canine all'indietro e la coda le si appiattì contro una gamba. La sua parte di demone-lupo, quella più ferina ed istintiva, era fin troppo succube del ruolo di capo del vero demone che le stava davanti ed il fatto che questi, per la prima volta, l'avesse chiamata per nome, non faceva che aumentare il potere che aveva su di lei.
Sopraffatta dal proprio istinto, la ragazza non rispose, rigida come un fuscello.
– Devi dirmelo se c'è qualcosa che non va – insistette lui, più calmo ma non meno severo – fra membri del branco non può essere diversamente: i problemi di uno sono i problemi di tutti.
Ecco, aveva appena centrato il punto.
Mordendosi il labbro inferiore con i canini, la mezzodemone si sforzò con tutta sé stessa di sollevare di nuovo lo sguardo da terra sino al volto del capobranco e quando vi riuscì si sentì un po' più padrona di sé, ma non per questo meno in difetto.
Il fatto che lui la considerasse già come un membro degli Yoro le rese ancor più difficoltoso mandar giù il nodo che le serrava la gola e parlare. Strinse i pugni lungo i fianchi.
– I miei problemi non riguardano nessuno di voi – affermò a mezza voce.
– Cosa?
– Io.. – deglutì, stringendo i denti prima di riuscire a drizzare le spalle e trincerarsi dietro una nuova, antica freddezza – Ho deciso: me ne andrò.
Se aveva pensato anche solo per un istante che il peggio fosse passato, dovette ricredersi in fretta: ciò che lesse per una frazione di secondo sul volto del lupo le causò una dolorosa fitta al petto che per poco non la fece cedere. Solo per un enorme sforzo di volontà riuscì a non vacillare ed a mantenere la propria espressione ferma, distaccata. Non poteva, non voleva dimostrarsi debole, non di fronte a lui. Era questo il motivo che l'aveva sempre mossa e che l'aveva spinta a prendere infine quella decisione.
Perché, se fosse rimasta, prima o poi lui l'avrebbe visto, il suo lato debole.. il suo lato umano.
– Bene – l'indifferenza, la freddezza con cui venne scandita quell'unica prima parola, furono come uno schiaffo in pieno volto.
Intimamente disorientata, Juri fissò Koga ad occhi leggermente sgranati mentre lui stava già voltandosi, dandole le spalle.
– ..allora è meglio che tu te ne vada subito.
Oh, questo sì che faceva male, molto più di quanto avesse immaginato.
– Ma.. ma Ginta e Hakkaku..?
– È meglio che loro non ti vedano partire – la interruppe lui, impietoso.
In preda ad un vago senso di vertigine, Juri mosse un passo in avanti. Non aveva previsto quello svolgersi degli eventi.. non si sarebbe mai aspettata di non poterli salutare a dovere e ringraziarli per il tempo trascorso insieme.
– A..aspetta.. io..
Lui le scoccò un'occhiata da sopra la spalla che la raggelò e la fece bloccare istantaneamente.
– Non penso ci sia altro da dire – affermò brusco, prima di iniziare ad incamminarsi, allontanandosi da lei – Vattene. Da questo momento in poi non sei più la benvenuta nel nostro territorio.
– Koga.. – la voce le si incrinò pericolosamente, rasentando la supplica.
Non voleva andarsene così, non voleva che fosse quello il suo ultimo ricordo di quel breve ma sereno periodo della sua misera vita. Tentò di nuovo di muoversi e quando finalmente le gambe le risposero, preda dell'impulso, scattò in avanti. Protendendosi verso di lui per cercare di trattenerlo, un braccio alzato, non riuscì ad evitare in alcun modo la reazione del demone-lupo.
Voltandosi di scatto, Koga la afferrò per il braccio e, premendole l'altra spalla, la fece roteare a mezz'aria, scaraventandola a terra. L'aria, all'impatto, sotto la pressione esercitata dall'avambraccio del demone-lupo, le svuotò i polmoni e lei boccheggiò, gli occhi sgranati e fissi sull'espressione aggressiva di lui.
Il dolore fisico si unì a quello emotivo e la ragazza lupo guaì, spaventata non dal gesto ma dall'astio che lesse negli occhi azzurri del capobranco. Aveva le labbra arricciate in un muto ringhio minaccioso e i suoi artigli le pungevano la pelle del braccio, lì dove la stringeva insistentemente.
– Ho detto “vattene”! – esplose, alzando la voce tanto da assordarla, spaventandola ancor di più – Non intendo essere io a porre fine alla tua vita!
Lei chiuse strettamente le palpebre, reclinando il capo verso destra in un tentativo istintivo di sottrarsi a tanta furia, il cuore che, pur stretto in una morsa, continuava a pomparle frenetico nel petto. Si lasciò sfuggire un nuovo gemito simile ad un uggiolio, al seguito del quale il silenzio tornò a venir colmato solo dal rumore della cascata.
Passarono i secondi e quando quella pressione che la inchiodava a terra sfumò la mezzodemone tentò istintivamente di aprire un occhio, alla ricerca del demone-lupo, ma fu ben presto costretta a richiuderlo sotto l'improvvisa folata di vento e polvere che la investì.
Quando il turbinio di vento si disperse, Juri era di nuovo sola.


...continua.



Ciao a tutti!
Sta volta ho deciso di aggiornare con un giorno di anticipo, perché purtroppo domani sarò impegnata tutto il giorno e non avrei avuto una vera occasione per farlo, spero di avervi fatto contenti :D prendetelo come un regalino di pasqua in anticipo!
Con sommo piacere di alcuni di voi (per non sperare in tutti), scommetto soprattutto su Morry08 che imperterrita continua a sopportarmi e a lasciarmi commenti (I luv u), questo capitolo è tornato alla solita lunghezza media. Come avete visto, ecco che fa capolino un piccolo paragrafetto di Inuyasha... vi era mancato? Che ff di Inuyasha sarebbe se mancasse il protagonista del manga, scusate?! XD non potevo lasciarlo fuori, anche perché ha una missione da compiere!!!
Qui Juri ha preso la sua decisione... io personalmente l'avrei presa a testate, voi? XD E dire che sono l'autrice. Mah, a volte sti personaggi fanno un po' quel che vogliono!!
Ma non preoccupatevi, c'è ancora speranza... intanto vi lascio, non voglio farvi troppo spoiler!
Auguro a tutti voi una Buona Pasqua e un buonissimo weekend!
E se vorrete lasciarmi qualche invettiva sulla stupidità della nostra piccola mezzo-lupo, mi divertirò a concordare con voi in merito u.u quindi non siate timidi!

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 10
*** La foresta del Goshinboku ***




.::[. LA FORESTA DEL GOSHINBOKU .]::.




Il vento gli fischiava nelle orecchie mentre sfrecciava fra arbusti e rocce, diretto a monte, alla tana della sua tribù.
Nella libertà della corsa Koga si diede dello stupido per l'ennesima volta.
Com'era potuto accadere? Come aveva potuto abbassare la guardia a tal punto da finire per crearsi delle aspettative di qualche genere su di lei.. su una mezzodemone!?
Non se lo spiegava. Non riusciva ancora a mettere a fuoco i propri pensieri, offuscati e resi ancor più confusi dall'immagine di Juri che, sotto la luce del sole nascente, gli diceva di volersene andare. La rabbia che lo pervadeva, sorda, era tutta per sé stesso e per quel senso di delusione che, in quel momento, lo aveva colto alla sprovvista. In un istante il demone-lupo aveva sentito il resto del mondo condensarsi intorno a lui ed infrangersi in schegge taglienti, che poi gli si erano riversate addosso, ferendolo ad un livello più profondo di quel che avrebbe mai ammesso. Se non fosse stato così orgoglioso sarebbe riuscito ad ammettere a sé stesso di aver provato una fitta di dolore al centro del petto. Di aver di nuovo provato un senso di abbandono.
Sulla strada del ritorno si fermò solo il tempo necessario per impartire nuovi ordini ai lupi di guardia della zona, prima di riprendere a muoversi alla sua massima velocità. Una manciata di minuti dopo la vegetazione si aprì di fronte a lui, rivelandogli la tana del branco.
Ginta e Hakkaku erano seduti su una pietra a giocare con gli ossicini e, non appena lo udirono, alzarono il capo in contemporanea con espressioni gemelle in volto. L'aspettativa che lesse nei loro occhi non fece altro che aumentare il suo già nero stato d'animo.
– Ehi capo, allora? – era stato Hakkaku a parlare, ma sembrarono entrambi bloccarsi in ogni muscolo appena notarono la sua espressione.
Frenando la corsa, Koga non si curò del polverone che sollevò, insieme a sabbia e ciottoli, alle proprie spalle.
– Se n'è andata – sbottò seccamente verso entrambi i suoi due compagni, in un tono talmente raggelante da inchiodarli sul posto.
La loro espressione si fece trafelata.
– Ma.. ma come? – Ginta fu il primo che osò infrangere quel nuovo silenzio.
– Se.. se n'è andata? – ripeté Hakkaku con un'aria talmente smarrita da fare invidia ad un topolino spaventato.
A quel punto Koga non riuscì proprio più a trattenersi.
– Sì, se n'è andata! – esplose – Che vi aspettavate?! Era una mezzodemone, non sarebbe mai potuta diventare una Yoro!! Siete un branco di stupidi, vi prenderei a pugni fino a sera se avessi altri demoni-lupo su cui contare per adempiere ai vostri doveri! Siete il disonore della nostra Tribù! Cosa direbbero i nostri compagni se potessero vedervi?! Razza di idioti! Ve ne state lì a piagnucolare quando ci sono i nostri confini da sorvegliare: filate a fare il vostro lavoro! E se mai sentirò un'altra parola al riguardo mi arrabbierò sul serio!!!
Quando finì di urlare i due demoni-lupo erano già spariti di corsa in due direzioni diverse e ben presto anche il suono dei loro passi affrettati scomparve, lasciando posto al quieto ed imperturbabile rumore del torrente.
Koga, il respiro pesante per aver dato sfogo alla propria furia, impiegò un paio di minuti buoni a tornare a muoversi, reagendo ad uno strano formicolio delle mani: le aveva strette talmente tanto a pugno che, oltre a incidersi la pelle con gli artigli, i muscoli gli dolevano. Aprendole e richiudendole, il demone si sgranchì le dita, incurante delle gocce di sangue che si riversarono a terra.
Quindi si voltò verso Nord, sollevando lo sguardo ancora corrucciato verso la parte alta del loro territorio, al colmo della frustrazione.
Scattò di nuovo, abbandonandosi all'impulso di dare sfogo alle proprie emozioni nello sforzo fisico. Sperava ardentemente di trovare un demone attaccabrighe nei paraggi, così da avere una valvola di sfogo per tutta quella rabbia che lo aveva assalito. Alla mente gli si affacciò automaticamente l'immagine di Inuyasha. Col cagnolino avrebbe avuto occasione di sfogarsi realmente a dovere, peccato che non fosse nei paraggi.
Ma si sarebbe accontentato.
Non fece ritorno fino al tramonto.


Che stupida era stata.
Si era già asciugata da un pezzo le lacrime, ma il senso di desolazione che le avvinghiava il petto non aveva ancora allentato la sua morsa. Ormai erano ore che vagava senza realmente essere consapevole della direzione in cui si stava dirigendo. Sapeva solo che doveva proseguire per non lasciarsi sopraffare da tutte quelle emozioni negative.
L'istinto di sopravvivenza era l'unica cosa che le impediva di demordere.
Ne aveva passate tante in vita sua, ma non aveva mai mollato.
Non poteva farlo ora.
Come un automa, non completamente padrona di sé, si fece largo fra i cespugli mentre la sua mente ritornava per l'ennesima volta all'accaduto di quel mattino, rimuginando e rimodellando i propri ricordi alla ricerca di un modo che avrebbe potuto far andare le cose diversamente.
Si diede ancora una volta della stupida.
Il vento cambiò, portandole alle narici l'odore di un villaggio umano, cosa che finalmente la fece tornare alla realtà. Fermandosi, fendette la vegetazione col solo sguardo, puntandolo nella direzione dalla quale proveniva quella traccia. L'avrebbe aggirato, non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi a quei sempliciotti e sentirsi dare del mostro. Sapeva benissimo di esserlo.
Riprese a muoversi, stavolta spiccando una corsa moderata, l'aria che le scivolava addosso facendole ondeggiare i lunghi capelli sciolti dietro la schiena. Non ricordava chiaramente quando aveva perso il laccio in cuoio con cui li teneva legati, ma aveva già deciso che quel dettaglio non le importasse. Ogni cosa, al di fuori della propria sopravvivenza, era tornato a perdere qualsivoglia importanza.
Rammentava perfettamente l'ultima volta che aveva provato un senso di ineluttabilità tale: dopo la morte di sua madre.
I ricordi riaffiorarono, pungenti più del solito.

Era una notte stellata, lei era ancora una cucciola e il focolare rischiarava le tenebre con le sue lingue scoppiettanti.
“Madre, mi racconti un'altra volta come hai conosciuto mio padre?”
La donna, lunghi capelli neri ed occhi di un particolare blu oltremare, le sorrise.
“Ero in viaggio da sola per la mia prima missione come sterminatrice, quando si mostrò a me per la prima volta. Ricordo il vento di quella sera: freddo e profumato di resina.” la voce calda e gentile della donna riempì l'aria, riscaldando l'atmosfera e rapendo la piccola mezzodemone in ascolto “Ma c'era nell'aria un altro odore, come di una notte di bufera, e quando aprii gli occhi lui era di fronte a me. Era lui il demone che andavo cercando, ma mi parve subito chiaro che era stato lui a trovarmi e non il contrario. Lottammo nella luce del crepuscolo, ma lui ebbe subito la meglio..” gli occhi della donna brillarono alla luce del fuoco “Era il demone più forte che avessi mai affrontato. Fiero e nobile, non si sporcò le mani del mio sangue; rimase a fissarmi con quei suoi occhi del colore dell'ambra appena condensata ed io mi arresi a lui.”
Juri si trattenne a stento dal mugugnare entusiasta, perché sapeva essere in arrivo la sua parte preferita, così attese, scodinzolando, che la madre continuasse la storia. Ma lei sapeva, e il suo sorriso tradì un certo divertimento mentre le scompigliava i capelli fra le orecchie con una mano.
Era tiepida e delicata, la mano di sua madre.
“Non si prese la mia vita, come mi ero aspettata” continuò la sterminatrice “ma si limitò ad osservarmi come farebbe un lupo randagio con una creatura a lui estranea: con diffidenza. Capii dalle sue vesti che non era di queste terre, che doveva aver affrontato un lungo viaggio e non sapeva molto dei luoghi in cui era approdato, e la cosa mi incuriosì più di quanto avrebbe dovuto spaventarmi. Quando sorse la luna, notai per la prima volta quanto fossero belli i suoi capelli d'argento.”
“Come i miei?” cinguettò la cucciola.
“Sì, proprio come i tuoi, piccola mia” le rispose l'altra prontamente, perché era parte integrante della storia ormai quello scambio di battute “Provai a comunicare con lui, ma non conosceva bene la nostra lingua e prima di rendermene conto era già sparito nella notte. Ma non mi lasciò mai realmente sola. Anche lui era incuriosito da me: una donna guerriera. Non ve n'erano, nella sua terra natia. Così iniziò a seguirmi e la cosa divenne quasi ridicola” la risata bassa della sterminatrice era armoniosa nei suoi ricordi, fresca come una sorsata d'acqua pura “finché non tornai al mio villaggio. Non avevo compiuto la mia missione e quando lo ammisi, il capo-villaggio mi impose due scelte: fare harakiri per riguadagnare il mio onore, o tornare a cercare il demone per ucciderlo. Scelsi la prima.”
“Ma lui ti salvò la vita!”
“Sì, lui piombò nella piazza, davanti al tempio, e fermò la mia lama prima che mi sfiorasse. Non avrei mai potuto tentare nuovamente di ucciderlo.. lui, un demone che aveva scelto di risparmiarmi la vita.”
Juri rammentava fin troppo bene il dolce sorriso che sua madre aveva fatto, carico di una nostalgia struggente.
“Mi rapì, letteralmente, portandomi via da quella gente e da quella vita, e dalle usanze degli esseri umani che sino a quel momento avevo considerato come una famiglia. A quel punto mi arresi totalmente a lui: sua era la mia vita, giacché sembrava essergli tanto cara da salvarla per ben due volte. Andammo lontano ed in poco tempo me ne innamorai... e poi nascesti tu, bambina mia.”
La mezzodemone arrossì, ma la coda dietro di lei continuò a ondeggiare sulla stuoia di canapa che usavano per bloccare l'umidità del terreno, seduta all'aria aperta. Poi quel movimento cessò e le sue orecchie si fecero più basse sul capo.
“Un giorno.. un giorno tornerà? Un giorno si ricorderà di noi e verrà a cercarci?”
La nuova carezza che la madre le fece dissipò le sue ansie.
“Non si è dimenticato di noi e tornerà non appena avrà adempiuto al suo dovere.. non temere, Juri. E ricorda, bambina mia: un lupo non viene mai meno al proprio onore... e tu sei un vero lupo, proprio come tuo padre.”
E poi era accaduto.
Vi era stato un rumore e sua madre era scattata in piedi, spingendola nei cespugli lì accanto e facendole al contempo scudo col proprio corpo. Impossibilitata a seguire l'azione, aveva udito un sibilo e poi degli schiocchi ed i rumori di una lotta, quindi l'urlo di dolore di sua madre.
Terrorizzata la piccola Juri si era raggomitolata nel fango sotto le fronde e nel suo campo visivo era entrato il braccio inerte di sua madre. Il demone se l'era portata via poco dopo, probabilmente con l'olfatto pieno dell'odore del sangue della sterminatrice tanto da non notare quello della cucciola.
E lei era rimasta lì, sotto shock, completamente immobile, invocando invano con voce sottile e incrinata dal pianto l'aiuto dell'unica persona che avrebbe potuto salvarle.
“...padre...aiuto...padre....padre...”
Ma lui non venne.


Juri scacciò quella visione del proprio passato con un battito di ciglia, tornando a mettere a fuoco la realtà che la circondava. Dopo quella tragedia era sopravvissuta per miracolo, proprio grazie al risvegliarsi di un istinto di sopravvivenza che era stato sino a quel momento sopito dentro di lei.
Andò a sfiorare meccanicamente il rotolo in cuoio che era la frusta un tempo appartenuta a sua madre con la mano sinistra, ripensando a come quell'arma l'avesse aiutata a vendicarla un anno dopo la sua scomparsa. Almeno una piccola soddisfazione l'aveva avuta.
Sovrappensiero, percorse un altro centinaio di metri prima di cogliere un cambiamento nel vento che le scivolava sulla pelle. Fermandosi nella selva, rizzò bene le orecchie e meccanicamente prese ad annusare l'aria, cercando di identificare quel nuovo odore.
Era vicino, molto più del villaggio che aveva scelto di aggirare.
Eppure era diverso da qualsiasi altro le fosse mai capitato di cogliere.
Dovette concentrarsi appieno per distinguere ogni aroma e, quando vi riuscì, spalancò gli occhi d'ambra nel vuoto di fronte a lei, sorpresa.
Un mezzodemone.. quello doveva essere l'odore di un altro mezzodemone!
L'adrenalina prese a scorrerle nelle vene all'istante a quel pensiero, mentre il suo istinto la spingeva avanti, complice di quella sua dannata curiosità che più volte l'aveva messa nei guai.  Senza pensarci due volte Juri saltò verso i rami più alti dell'albero più vicino, raggiungendone la cima e sporgendosi a saggiare la brezza serale che spirava a quell'altezza, ricercando quel nuovo odore in essa. Chiuse gli occhi, concentrandosi.
Non vi era solo l'odore di un mezzodemone, altre fragranze lo accompagnavano e la natura di queste era incerta e per nulla omogenea. Doveva essere un gruppo di creature o persone davvero insolito, quello sopravento a lei.
Riaprì gli occhi e solo allora si rese conto della presenza in quella foresta di un albero che spiccava in altezza rispetto a quelli vicini. Chiunque e qualunque cosa fossero, il mezzodemone e i suoi compagni erano nei pressi di quella pianta.
Una sensazione di eccitazione piuttosto familiare la pervase, risvegliando in lei quello che era sempre stato l'entusiasmo per una nuova scoperta. Sarebbe stata cauta, ma non poteva ignorare delle presenze tanto vicine: avrebbe appurata di persona se potessero costituire o meno una minaccia.
Flettendo le ginocchia, spiccò un salto che la spinse verso il ramo più basso dell'albero di fronte a lei con l'intento di raggiungere di nuovo il suolo. Una volta a terra procedette spedita nella direzione designata, ignorando la vera motivazione che la spingeva a dar ascolto alla propria curiosità: fuggire dai propri tormenti interiori.


– Allora io vado..
– Ciao Kagome, torna presto.
Kagome lasciò scendere il piccolo Shippo dalle braccia, dopo averlo salutato.
– ..non starò via molto: il tempo di dare gli esami. Non mettetevi nei guai nel frattempo – si raccomandò verso gli altri, ma guardando soprattutto Inuyasha. Dopodiché scomparve all'interno del pozzo per fare ritorno nella sua epoca.
Rimasti soli, gli altri non restarono lì immobili a lungo, ormai abituati ai viaggi temporali della ragazza.
– Bene, direi di tornare al villaggio – intervenne Miroku.
Shippo, il cucciolo di demone-volpe, gli saltò in braccio senza cerimonie.
– Sì, ormai è già il tramonto – intervenne Sango.
– Io non vengo, devo occuparmi di una faccenda.
– Di che stai parlando Inuyasha? Kagome ha appena detto di non mettersi nei guai – intervenne Shippo.
– Non mi metterò nei guai.. e comunque è meglio che lo faccia ora che Kagome non è qui ad assistere.
– Stai alludendo all'andare a cercare Koga? – chiese il monaco allora, da sempre il più perspicace del gruppo.
Il mezzodemone-cane annuì con un cenno del capo.
– Ma Inuyasha... – esclamò il cucciolo.
– No, Shippo – lo interruppe Miroku – ..purtroppo, se consideriamo la situazione obiettivamente, quella di Inuyasha è la soluzione migliore... per la divina Kagome soprattutto.
Inuyasha non si sorprese della piega che stava prendendo la faccenda: era stato sicuro che i suoi compagni avrebbero capito le motivazioni dietro la sua decisione. Il temperamento che vantava il demone-lupo era noto a tutti loro e lui non avrebbe potuto fare altrimenti che agire in assenza della ragazza proveniente dal futuro.
Osservò i suoi amici con la medesima espressione decisa e testarda che sfoggiava quando si metteva in testa qualcosa, ma il silenzio che seguì non durò a lungo: fu ancora una volta Miroku a infrangerlo.
– Però sappi che non ti lasceremo andare da solo, Inuyasha...
– Miroku ha ragione – si accodò Sango – Verremo anche noi con te.
– Per assicurarci che tu non combini qualche disastro, come al solito! – concluse serafico Shippo.
Il mezzodemone avvertì una vena gonfiarglisi fra i capelli in reazione all'ultima esclamazione di quel molesto cucciolo di demone, ma ogni replica che gli stava salendo alle labbra venne soffocata sul nascere da un nuovo mutamento nell'aria circostante. Un nuovo odore, portato dalla brezza serale, lo fece voltare verso la vegetazione alle proprie spalle e non fu l'unico a porsi in allerta: Kirara, la nekomata di Sango, si trasformò in una vampata di fiamme scarlatte e lo affiancò, mentre gli altri tre suoi compagni lo imitarono un istante più tardi.
– Cosa succede Kirara? – chiese Sango, mettendo mano all'Iraikotsu che teneva, come sempre, agganciato dietro la schiena. Il demone-gatto emise uno dei suoi richiami in risposta, puntando la boscaglia, prima di iniziare ad emettere un basso ringhio dalle fauci.
Inuyasha sbuffò, nascondendo la propria sorpresa in favore di una diffidenza innata.
– Tsk, abbiamo una spia a quanto pare.. – commentò ad alta voce, prima di rivolgersi direttamente alla presenza celata nella foresta – Ehi tu! Vieni fuori o ti faremo uscire allo scoperto noi, con le maniere forti!
Infastidito con sé stesso, si chiese come poteva non essersi accorto di una presenza demoniaca a così poca distanza da loro. Probabilmente la sua disattenzione era dovuta ai saluti scambiati con Kagome e al breve scambio di opinioni con gli altri sul da farsi, ma non era una buona scusa.
Soprattutto perché la spia aveva odore di mezzodemone.
Nell'attesa mise mano a Tessaiga, stringendone l'impugnatura senza comunque estrarla dal fodero.
Poi un'imprecazione a bassa voce: – ..accidenti..
Un attimo dopo le orecchie del mezzodemone colsero un fruscio ed una manciata di secondi dopo una sagoma si delineò fra gli alberi. Non appena i raggi del sole calante si abbatterono sulla figura del nuovo venuto, persino Kirara smise di ringhiare.
– Ma è una mezzodemone! – esclamò Shippo, dando voce allo stupore di tutti loro.
La ragazza, la cui espressione corrucciata tradiva una diffidenza pari e contraria a quella che Inuyasha avvertiva dentro di sé, piegò le labbra in una smorfia.
– Sì, e allora? – ribatté quella, mettendosi a braccia conserte.
La luce del tramonto rendeva ancor più calda la sfumatura ambrata dei suoi occhi, che eppure ricambiavano il suo sguardo freddi e scostanti. Aveva capelli d'argento e due orecchie bianche sul capo.
Per un attimo Inuyasha si chiese se suo padre non gli avesse lasciato un'altra sorellastra, ma di nuovo il suo odore, portato dalla lieve brezza della sera, gli giunse chiaro alle narici. Odore di lupo, come di lupo erano le pellicce da lei indossate.
Istintivamente si irrigidì, serrando maggiormente la presa su Tessaiga.
– Chi sei? – fu Sango a chiederlo.
– Cosa facevi fra i cespugli? – si aggiunse Miroku.
La mezzodemone dopo un primo istante in cui era rimasta ferma a sostenere lo sguardo di Inuyasha, spostò finalmente l'attenzione anche sugli altri componenti del gruppo.
– Stavo solo passando di qua.
– Ma... quelle non sono le vesti che indossano Koga e compagni? – intervenne Shippo, indicando la nuova venuta.
A quella domanda la ragazza sembrò irrigidirsi ed il suo sguardo divenne ancor più affilato, sulla difensiva, cosa che non fece altro che insospettirli. Inuyasha si ritrovò a snudare le zanne, iniziando a innervosirsi.
Non gli piaceva quella tipa: faceva troppo la sostenuta per i suoi gusti.
– Ti abbiamo chiesto chi sei! E non tentare scherzi, non avrò pietà anche se sei una mezzodemone!
– Oh, e falla finita!! – sbottò quella, ringhiando a sua volta in sua direzione – Sei proprio come ti avevano descritto: uno stupidissimo botolo ringhioso!
Un botolo ringhioso?
Inuyasha drizzò le orecchie. Non poteva crederci.
– Ehi! Prova a ripeterlo se hai coraggio, mezza randagia! – ribatté lui, altrettanto infiammabile.
– Inuyasha, stai calmo – intervenne a quel punto Miroku, facendo un passo avanti.
Come di frequente, si attribuì il ruolo di mediatore e ignorando l'occhiataccia del mezzodemone-cane si rivolse alla sconosciuta.
– Non abbiamo cattive intenzioni, vorremmo solo essere sicuri che sia così anche per te.
Quella, in tutta risposta, fece un mezzo passo indietro, come se non si fidasse minimamente delle parole del monaco.
Quella situazione di stallo venne sfumata dal fruscio del vento che, passando attraverso i rami colmi di foglie del Goshinboku, sembrò quasi tentare di spazzare via parte della tensione che permeava la radura.
No, quell'odore a Inuyasha proprio non piaceva: ricordava troppo quello di un lupo.
Perdendo la pazienza il mezzodemone-cane estrasse la Tessaiga dal fodero, rilasciandone il potere demoniaco ed esponendone la forma potenziata alla luce.
– Allora? Vogliamo delle risposte, mezza randagia!
– Inuyasha, non mi pare il caso di continuare a insultarla... – gli fece notare Sango a basso tono, ma lui la ignorò semplicemente. Era totalmente concentrato sulla ragazza lupo a pochi passi da loro.
– Smettila di abbaiare, cagnolino... sei fastidioso – proruppe nuovamente la sconosciuta a quel punto.
L'infrangersi del silenzio da parte di lei contribuì a mitigare parte di quella tensione, così come lo sciogliersi delle braccia di lei, sino a quel momento rimaste saldamente intrecciate sul petto. Inuyasha la vide posare la mano sinistra sull'elsa della spada che portava in cintura, ma in un modo che non era più che una mera abitudine. Non la estrasse, né parve intenzionata a provarsi, cosa che gli fece inarcare un sopracciglio.
Abbassò leggermente la lama della Tessaiga verso il terreno erboso.
– Parla una buona volta: cosa vuoi?
– Non sono certo qui per battermi: come ho già detto, sono solo di passaggio e non credevo di imbattermi nel vostro gruppo. Certo che siete proprio un branco bizzarro – affermò lei, finendo per lasciarsi sfuggire un mezzo sorrisetto ironico mentre li soppesava con lo sguardo uno ad uno – ..e Kagome? Non sarà mica lei?
Inuyasha, di nuovo all'erta, lanciò una breve occhiata alla sterminatrice di demoni, ma venne anticipato da Miroku.
– Perché chiedi della divina Kagome?
La mezzodemone sfoggiò un'altra volta quell'irritante mezzo sorrisetto in risposta.
– Come immaginavo: non poteva essere lei... – commentò ad alta voce, quasi parlasse più tra sé e sé che a loro. Quindi si strinse semplicemente nelle spalle – ...semplice curiosità, nient'altro. Ve l'ho detto: sono qui solo di passaggio... ed intendo andarmene allo stesso modo, quindi... – fece per voltarsi.
– Aspetta!! – esclamò a quel punto Inuyasha, bloccandola a metà del suo movimento e attirando così ancora una volta la sua attenzione – Chi diamine sei, dannata?
Di nuovo quel sorriso e la giovane mezzosangue estrasse con un unico movimento fluido del braccio la spada che aveva al fianco, puntandola nella loro direzione in maniera talmente imprevista da farli sussultare all'unisono; Shippo si nascose rapidamente dietro Miroku, saltandogli in spalla.
– Non avete motivo di temermi: il mio nome è Juri, discendente della nobile stirpe dei Lupi dei Ghiacci Eterni. Non ho alcun interesse per voi e voi non dovrete averne per me.. o per ciò che mi è caro.
L'insita minaccia in quelle poche parole indusse il mezzodemone a reprimere un insolito senso di inquietudine risalirgli lungo la spina dorsale e, nel breve istante che seguì, notò un riverbero passare sul filo della lama dell'arma di lei. Un riverbero che le attraversò anche lo sguardo giallo ambra.
Appena Juri rinfoderò la sua spada in un chiaro preludio ad andarsene, Inuyasha si riscosse.
– Ehi! Ferma, maledetta, o assaggerai la lama della mia Tessaiga!
Di fronte a quella minaccia la ragazza lupo gli rivolse un sorrisetto affilato, per nulla impressionata.
– Prima devi provare a prendermi, botolo ringhioso!! – lo sbeffeggiò.
L'attimo seguente era già sparita con un balzo oltre la vegetazione, lasciando dietro di sé soltanto una scia di polvere ed il fruscio delle fronde del sottobosco. Quando anche l'eco delle parole che in ultimo gli erano state rivolte si spense nella mente del mezzodemone-cane, la quiete era già tornata a impossessarsi della radura del pozzo mangia-ossa.
Una quiete che tuttavia non riuscì a farsi strada nell'animo di coloro che ivi erano rimasti.
Inuyasha, oltre al fastidio lasciatogli da quell'incontro inatteso e inopportuno, si sentiva oltremodo confuso e frustrato. Si ritrovò suo malgrado a rinfoderare la propria spada demoniaca con un gesto secco che tradiva il suo stato d'animo, imprecando fra i denti.
– Tsk. Dannata.
– Strano incontro... – commentò laconicamente Miroku.
– Strana ragazza – si aggiunse la vocetta di Shippo.
– Ma per caso era una mezzodemone? – chiese Sango, guardandoli uno ad uno.
Inuyasha, tornando a volgersi a loro, annuì con un cenno del capo prima di esternare uno sbuffo: l'odore di quella ragazza gli faceva ancora prudere il naso in una sensazione spiacevole. Incrociando le braccia dinanzi al petto, prese per un istante in considerazione l'idea di andarle dietro e regolare i conti lasciati in sospeso, ma scartò subito l'eventualità: ormai era già tardi, Juri era già scomparsa ai suoi sensi.
– Ora che facciamo, Inuyasha? – lo interrogò di nuovo il monaco.
– Niente – rispose, più seccamente di quanto avrebbe voluto – Andremo a cercare Koga e i suoi domani, come da programma.
I suoi tre compagni ed amici si limitarono ad annuire, quindi Inuyasha si incamminò con loro di nuovo verso il villaggio senza aggiungere altro. Procedendo per ultimo, il mezzodemone si concesse un ultimo sguardo alla direzione in cui quella Juri si era allontanata di gran fretta.
L'inquietudine di quell'incontro non lo lasciò andare nemmeno dopo aver ricordato a sé stesso che il villaggio si trovava dalla parte opposta e che perciò quella mezzodemone pareva tutto men che intenzionata a dar loro ulteriori fastidi. Eppure, ricordò, quella aveva pronunciato il nome di Kagome.. come faceva a sapere di loro? Che avesse davvero a che fare con gli Yoro?
Non poteva escluderlo.
Ad ogni modo, che la mora non fosse stata insieme a loro non poteva che considerarlo un colpo di fortuna: non voleva in alcun modo che si esponesse a rischi inutili e non perché era l'unica a poter individuare i frammenti della sfera.
Inuyasha teneva troppo a lei.
Non voleva farla soffrire o preoccupare per cose di infima importanza.
Una volta che avrebbero raccolto anche gli ultimi frammenti della sfera, in ogni caso, sarebbe tutto finito. Le sue azioni di quei giorni sarebbero state solo un modo per non sprecare tempo prezioso senza far niente.
Lei si sarebbe senz'altro arrabbiata, ma poi avrebbe capito i suoi motivi e se ne sarebbe fatta una ragione, ne era sicuro al cento per cento.


...continua.



Ciao a tutti!
Sono in un ritardo spaventoso, lo so. Una settimana intera.
Purtroppo il periodo intorno a queste vacanze è stato tale da non permettermi di scrivere una sola frase al pc, quindi ho dovuto rimandare mio malgrado di sette giorni la pubblicazione del capitolo. Ma ora eccomi qui! Sì, come potete notare questo è un semplice capitoletto di transizione.. sta per accadere qualcosa, vecchi spettri si riaffacciano alla mente di Juri e nuovi propositi si prendono i nostri amati personaggi.
Cosa accadrà? Le strade dei nostri protagonisti torneranno a incrociarsi?
E la nostra mezzodemone-lupo continuerà per la sua strada o cambierà idea?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo (che sarà un po' più consistente) ;D promesso.

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 11
*** Il peso della solitudine ***




.::[. IL PESO DELLA SOLITUDINE .]::.



La notte era quieta e silenziosa in quel tratto di foresta.
Quando il sole era calato del tutto lei era già lontana dal villaggio del mezzodemone, in una zona verdeggiante fra le colline che aveva giudicato abbastanza sicura per permetterle di passarvi la notte. I richiami delle creature del bosco intorno a lei erano un suono familiare e desolante al contempo, giacché tradivano l'assenza di qualsivoglia presenza demoniaca nel raggio di alcuni chilometri.
Juri se ne stava seduta a fissare le fiamme del piccolo falò, guizzanti e voraci, mentre consumavano gradualmente la legna che lei stessa aveva ammucchiato. Il fruscio del vento fra i rami era il suono predominante ed il più costante che si facesse strada fino alle sue orecchie, insieme al frinire dei grilli.
Preparare il focolare per la notte aveva ridestato in lei tutta una serie di comportamenti e di modi di pensare che, durante la sua permanenza presso gli Yoro, si erano sopiti in fondo al suo animo. Il suo istinto di sopravvivenza aveva avuto via libera ora che era di nuovo lontana dal territorio del Clan dell'Ovest, sola ed allo sbando.
E non aveva alcun dubbio sul fatto che presto anche gli scontri sarebbero tornati a far parte della sua quotidianità. Quel genere di scontri in cui veniva messa in gioco la sua vita, così diversi da quelli che avevano colorato le sue giornate insieme al branco di Koga.
Scontri che si sarebbero susseguiti in un ciclo infinito
Infine, era tornata alla sua vita.
In quel momento le tornò in mente il volto del capobranco così come lo aveva visto l'ultima volta, con quell'espressione fredda e quasi ostile, così come era stato il suo tono di voce, tagliente e scostante.
Si prese la testa fra le mani, chiudendo strettamente gli occhi per cercare di scacciare quel ricordo dalla propria mente e le emozioni legate ad esso: un rimpianto pungente, una delusione cocente, una disperazione strisciante.
Non poteva cedere, né poteva far scemare l'apatia che aveva avvolto il suo cuore in un ultimo tentativo di proteggere il suo lato emotivo.. il suo lato umano. Non poteva più permettersi di crollare.
Ripensò allora all'incontro inatteso di poche ore prima, ritornando a fissare le fiamme.
La loro luce danzante ebbe l'effetto ipnotico da lei cercato e riuscì a calmare il proprio tumulto interiore ed a concentrarsi su ciò che era accaduto al tramonto.
Non avrebbe mai immaginato di imbattersi in Inuyasha e compagni, non subito dopo aver lasciato il territorio degli Yoro e la loro protezione. Scrutandoli uno ad uno aveva intuito ben presto che la ragazza di nome Kagome non fosse fra loro, eppure si meravigliò vagamente del solo fatto di averla cercata lei stessa. Si era riconosciuta curiosa di scoprire di che genere di donna fosse innamorato Koga, consapevolezza che già di per sé l'aveva destabilizzata, ma le sue aspettative erano state deluse.
Scosse il capo argenteo, rifiutandosi di comprendere maggiormente sé stessa e le proprie emozioni. Non capiva come mai la cosa le fosse importata e non voleva capirlo, non erano affari suoi, punto.
In ogni caso, una cosa dovette riconoscerla: Inuyasha era proprio un mezzodemone fastidioso.
Non poteva nemmeno dirsi realmente d'accordo con le opinioni che l'avevano vista essere paragonata a lui, giacché le differenze sembravano molte ai suoi giovani occhi ambrati. In primo luogo, lei aveva mantenuto il proprio sangue freddo mentre quel botolo si era subito scaldato. Inoltre, l'aspetto che doveva essere così simile in realtà non era tale: i capelli di lei, per quanto sembravano davvero del medesimo argento, erano più corti e ondulati in prossimità delle punte; gli occhi poi li aveva visti dorati e dal taglio più umano che demoniaco, a differenza sua, che doveva averlo ereditato da suo padre; le orecchie di lui poi erano quasi ridicole, così piccole e carine.. con un vago accenno di sorriso la ragazza si chiese se ci sentisse davvero bene da quei batuffoli d'argento. Per non parlare della carnagione o dei lineamenti, persino zanne ed artigli le erano sembrati oltremodo rozzi.
E mentre era intenta a quelle considerazioni, nate dal suo orgoglio, Juri non poteva sospettare che tanta antipatia fosse fomentata dal suo stesso istinto di lupo, in quanto la sua razza demoniaca era per molti versi opposta a quella del demone-cane.
Sapeva solo che la sola idea di essere stata paragonata a quel mezzodemone le faceva rizzare i peli della coda dal disappunto.
– Tsk!
Gettò un altro pezzo di legno nel fuoco, dando vita ad una serie di crepitii e scintille che si innalzarono nell'oscurità, spegnendosi a mezz'aria ancor prima di avvicinarsi al terreno erboso.
Un grillo frinì a poca distanza, oltre la linea degli alberi alla sua sinistra.
Una cosa era stata in grado di cogliere da quell'incontro, comunque: Inuyasha e compagni avevano intenzione di muoversi alla ricerca di Koga e dei suoi frammenti. Quella consapevolezza risvegliò in lei l'inquietudine che era riuscita a malapena a tenere sotto controllo sino a quel momento, spingendola a muovere meccanicamente la mano destra alla ricerca di quella presenza che, anche se per poco, sino alla sera precedente aveva sempre trovato al proprio fianco. Appena i suoi artigli si chiusero sul vuoto, Juri si irrigidì in ogni muscolo mentre i suoi occhi si spostavano sul proprio arto.
La confusione si mescolò ad una bruciante consapevolezza che, man mano che andava affermandosi in lei, fece crollare le fragili barriere che aveva iniziato ad erigere nuovamente intorno al proprio animo. Quelle stesse barriere dietro cui aveva tentato di nascondersi ancora una volta, celandosi dietro un nuovo velo d'indifferenza ed apatia.
Le emozioni che l'avevano sfiorata non appena l'immagine di Koga le era tornata alla mente l'assalirono, inarrestabili, trovandola inerme e priva di difese, e lei avvertì la gola serrarsi. Quando le lacrime le appannarono la vista della sua mano ancora sospesa a mezz'aria, un tremore sempre più incontrollabile le risalì lungo il braccio.
Sollevando l'arto artigliato di fronte al volto per cercare di osservarlo meglio, con espressione corrucciata sbatté le palpebre più volte per schiarirsi la vista, cosa che portò le lacrime a tracimarle sulle gote e a quel punto non poté aver più dubbi sul tremito dei suoi muscoli.
Chiuse la mano a pugno, stringendo tanto da perforarsi la pelle del palmo con gli artigli.
Scure gocce purpuree le scivolarono lentamente sulla pelle candida del polso, andando ad imbrattare il polsino di pelliccia. Il tremore si attenuò, ma non quello del suo cuore.
Aveva fatto in fretta ad abituarsi ai lupi.
Inspirando con una sofferenza dovuta alla tensione che le permeava ogni muscolo, smorzandole addirittura il respiro, Juri si ritrovò a sollevare nuovamente gli occhi ambrati sulle braci ardenti del focolare di fronte a lei senza realmente vederle. Ciò che vedeva erano immagini di un passato recente che l'aveva segnata nel profondo, più di quanto si sarebbe mai aspettata.
Rivide Ginta e Hakkaku intenti a parlarle alla luce di quelle stesse fiamme, mentre scherzavano fra loro e poi tentavano di coinvolgerla. Li rivide sorridenti mentre la chiamavano “sorella”, ignorando le occhiate penetranti di Koga seduto a pochi passi da loro, intorno a quello stesso fuoco che accendevano ogni sera. E rivide il capobranco dalla chioma corvina che, apparentemente indifferente, ogni tanto faceva sentire la sua voce o semplicemente posava i suoi occhi azzurri su di lei e faceva qualche osservazione, mai sciocca o inutile.
Le lacrime continuarono a scenderle sulle gote, sempre più copiosamente, finché Juri non si ritrovò scossa dai singhiozzi.  La solitudine, fino a quel momento compagna ricercata e benvoluta, le pesò improvvisamente addosso con la gravità di una montagna.
Finì per rannicchiarsi in quella posizione seduta, abbracciandosi le ginocchia al petto mentre cercava di frenare i singulti che implacabili la scuotevano, infrangendo la quiete della notte.
Come aveva potuto essere così cieca? Come aveva fatto a non capire quanto importante quel branco fosse divenuto per lei in quei pochi giorni?
L'acuta sensazione di mancanza le punse il centro del petto, all'altezza del cuore, serrando ancor di più il nodo che avvertiva in gola.
Perché se n'era andata?
Perché aveva rinunciato all'unica scintilla di calore che aveva sperimentato dopo la morte di sua madre? Perché aveva scelto di dare ascolto al suo lato da codarda ed era scappata, adducendo come scusa la luna piena. Quei demoni-lupo si erano dimostrati in grado di accettare la sua natura di meticcia e lei, spaventata da quella novità, li aveva respinti. Aveva ceduto alla paura di rimanere ferita ed aveva scelto la strada più facile e già ampiamente collaudata: la fuga.
Digrignò le bianche zanne di mezzodemone, riuscendo a trattenere l'ennesimo singhiozzo, mentre il disprezzo per sé stessa tornava vivido a bruciarle dentro. Un disprezzo che, per una volta, non era rivolto al proprio sangue demoniaco.
– ..mi dispiace..mi dispiace.. – mormorò con voce strozzata, in un uggiolio che si perse nelle tenebre.
Come se la sua esile voce in quel momento potesse in qualche modo raggiungerli. Come se fosse tornata indietro, a quella notte di sangue e disperazione in cui aveva perso per sempre sua madre.
Come se, facendolo, avesse potuto cambiare il modo in cui Koga l'aveva guardata l'ultima volta.
– ..perdonatemi... Koga.. perdonami...
Un fruscio ed uno schiocco proveniente dal fitto la fecero sobbalzare e, volgendo di scatto il volto arrossato dal pianto in quella direzione, Juri trattenne il respiro mentre sgranava gli occhi ambrati. Con passo felpato ed un po' incerto, il lupo dal pelo fulvo entrò nel cerchio di luce proiettato dal fuoco, le orecchie dritte e la coda che ondeggiava lenta dietro di lui.
La mezzodemone trattenne il fiato, incredula, timorosa che potesse trattarsi di uno scherzo della sua mente.
Quando la bestia giunse abbastanza vicina da sfiorarle col tartufo freddo ed umido la pelle del viso, su quelle stesse gote che le bruciavano come il fuoco, Juri ebbe la conferma che cercava.
Gli gettò le braccia al collo, affondando il volto nella sua pelliccia, inspirando l'odore familiare che quel compagno inatteso si portava addosso: odore di Yoro, odore di casa. Strusciò il volto contro quella massa di morbido pelo, mentre l'animale prendeva a scodinzolare con più lena e anche quando tentò di divincolarsi per passarle la calda lingua rosea in faccia lei non mollò la presa.
Il calore che le nacque in petto si spanse in tutto il suo corpo, scacciando gelo e solitudine che l'avevano stretta in una morsa crudele e facendole nascere in volto un sorriso che ben presto si schiuse. Una risata bassa ed inattesa, delicata, le scosse il petto al pari di quanto avevano fatto i singhiozzi sino a poco prima.
Risata che si intensificò appena ella, allentata la presa, si ritrovò a dover lottare per non venire sopraffatta dall'assalto festoso di quel lupo. Lo aveva riconosciuto subito e non riusciva ancora a crederci, così appena quello si fu quietato un po' ne prese il muso fra le mani, tenendolo fermo per osservarlo dritto negli intelligenti occhi gialli.
– Ma tu che fai qui? – lo interpellò, eppure la sua voce tradì la profonda commozione e la contentezza provate – Mi hai seguita per tutto il tempo?!
Il latrato di risposta del lupo la fece sobbalzare per la sorpresa, ma non si ritrasse e immerse maggiormente le dita nella sua pelliccia, scompigliandola e sfregandola, rischiando di esaltare di nuovo la bestia, che tornò a cercare di leccarle gli avambracci e il viso.
Quando, pochi istanti dopo, le strinse delicatamente i denti vicino al gomito, la mezzodemone colse quel gesto come un monito e si diede un freno, inarcando un sopracciglio. Ma l'animale non accennò a lasciare la presa sul suo braccio, seguitando a fissarla da quella posa del muso parzialmente riversa.
Eppure, dopo un istante di confusione, la ragazza comprese.
– Sei venuto a riportarmi indietro.. – mormorò in un soffio, la gola di nuovo stretta in una morsa.
La coda del lupo riprese a ondeggiare alta, in evidente segno affermativo.
Una nuova serie di lacrime le scivolò incontrollata sulle guance, ma stavolta le labbra restarono schiuse in un sorriso irriducibile e pieno di sentimenti contrastanti. Commossa, tornò a sporgersi in avanti, affondando ancora una volta il viso nella pelliccia della bestia, aggrappandovisi come se ne andasse della sua stessa vita.
Non avrebbe mai creduto di poter avere una seconda possibilità.
Tirando su col naso, tornò a raddrizzarsi, restando inginocchiata sul terreno e sollevando lo sguardo ancora lucido sulle fronde degli alberi ed oltre, al cielo punteggiato di stelle. La luna era fuori portata, nascosta dalla selva, ma la sua luce argentea filtrava parte delle chiome degli alberi più alti, creando un gioco di luci ed ombre particolare.
Al suo sguardo si proiettò la volta celeste, completamente libera di nuvole, scintillante nella sua veste adorna di gemme preziose, luminosa quanto la via che si apriva dinanzi a lei in conseguenza alla propria scelta.
Perché sì, ormai aveva deciso.
Sarebbe tornata indietro ed avrebbe fatto qualunque cosa per riguadagnarsi la fiducia del capo del Clan dell'Ovest della Tribù Yoro, non importava cosa. Era disposta a tutto per tornare dai demoni-lupo.
Quel peso che aveva sentito gravarle l'animo si dissolse, spazzato via dalla lieve brezza che le scivolò sulla pelle, rinfrescandola e asciugando le ultime tracce di lacrime rimaste a rigarle il viso accaldato. Riempiendole il cuore di una speranza che non aveva mai avuto.
L'uggiolio del lupo di fronte a lei la riportò ad abbassare lo sguardo su di lui, ritrovandolo seduto ma attento a lei, osservandola senza mai distogliere lo sguardo, come in attesa, e lei sorrise automaticamente.
Annuì in un cenno d'assenso alla domanda che gli leggeva negli occhi.
– Per stanotte riposeremo, poi domani mattina torneremo a casa – gli confermò.
Il sorriso le si ampliò in volto, non riuscendo proprio a farne a meno, al notare la coda dell'animale tornare a muoversi con maggior enfasi. Movimento che si ritrovò ad imitare lei stessa con la propria, di coda.
Sì, sarebbero ripartiti l'indomani.
E con un po' di fortuna sarebbero arrivati in tempo per assistere all'incontro fra Koga ed Inuyasha.
Juri era fin troppo consapevole di ciò che sarebbe accaduto una volta che il mezzo-cane ed il lupo sarebbero stati faccia a faccia: conosceva Koga ed il suo temperamento, sapeva non gli avrebbe ceduto i suoi frammenti senza combattere. Sarebbe finita male per uno dei due ed una parte di lei era in apprensione per le sorti del capobranco. Se fosse caduto... no, non doveva assolutamente pensarci.
Non avrebbe abbandonato gli Yoro, lasciandoli ad affrontare quella minaccia da soli.
Avrebbe rivendicato il proprio posto al loro fianco e li avrebbe difesi con le unghie e con i denti. Era disposta a combattere con tutta sé stessa, comprese, perché quello era il suo branco ed era ciò che di più caro avesse su quella terra.


– Mi chiedevo quanto ancora mi avresti fatto aspettare...
– Koga! – il mezzodemone arrestò la propria corsa, esclamando con sorpresa e spocchia – Dannato lupo randagio, allora non sei scappato!
– Io scappato? Non mi starai confondendo con te, razza di botolo ringhioso? – ribatté il demone-lupo, sfoggiando un ghigno provocatorio.
– Tsk! Non credo proprio! – Inuyasha sfoggiò un'espressione molto simile alla sua, prima di sfoderare Tessaiga con un movimento fluido del braccio destro. La spada si trasformò in un bagliore dorato appena esposta alla luce del sole.
Era giunta l'ora di regolare i conti.
– Sono qui per i frammenti – affermò con decisione, tornando del tutto serio.
– Non penserai che te li consegnerò tanto facilmente, spero!
– Non avevo alcun dubbio.
In fondo, Inuyasha l'aveva sempre saputo che un giorno le cose sarebbero andate a finire in quel modo ed era preparato. Non si sarebbe risparmiato, il demone che aveva di fronte non l'avrebbe fatto e lui non intendeva mancargli di rispetto, nonostante fosse sicuro delle proprie capacità. Non aveva senso farsi problemi.
Lanciò un'occhiata ai margini dell'ampio prato che, al di fuori del territorio degli Yoro, era sferzato da una folata di vento: una cinquantina di metri più indietro stavano i due compagni del demone-lupo, mentre ad uguale distanza dietro di lui si erano fermati Miroku e gli altri. Non avrebbero interferito, gliel'avevano promesso e sapeva che lo stesso valeva per i demoni al seguito di Koga.
Un po' era rimasto sorpreso comunque, giacché il demone-lupo lo aveva anticipato, andandogli incontro e facendogli risparmiare la fatica di stanarlo.
– Sei pronto, cagnolino?
– Fammi vedere che sai fare!
Non dovette attendere un solo secondo in più.
Koga scattò immediatamente con un balzo verso l'alto, raggiungendo in pochi secondi il culmine di quella elevazione e poi scendendo in una parabola calcolata in picchiata. Inuyasha lo vide caricare il colpo e scansò il calcio senza troppa difficoltà, saltando all'indietro mentre il piede dell'avversario al contatto con il terreno vi apriva una profonda ferita, sollevando zolle e stralci d'erba.
Ma il demone-lupo non gli diede il tempo di riassestarsi: gli si avventò contro quando ancora doveva arrestare del tutto il proprio slancio, costringendolo a sollevare la propria spada per parare col piatto della lama il pugno diretto al suo volto.
Era veloce, molto veloce, questo dovette rammentarlo a sé stesso, ma sapeva bene che non sarebbe bastato per avere la meglio in quello scontro.
Inuyasha lo spinse via, impuntando i piedi al suolo e dandosi la spinta necessaria a contrastare quella esercitata dall'avversario. Non appena guadagnò lo spazio necessario a muoversi liberamente, sollevò la propria arma sopra la testa, caricando il colpo.
– Cicatrice del Vento!
L'attacco, non appena lasciò la lama, si sviluppò in tutta la sua potenza, tracciando dei profondi solchi nel terreno erboso, ma Koga riuscì ad evitarlo per un soffio buttandosi di lato. Lo sentì imprecare a voce sommessa e lo vide artigliare il terreno per frenare il proprio spostamento, incidendo le zolle erbose.
– Sei prevedibile, cagnolino! – gli disse col suo solito tono strafottente, digrignando le zanne.
Al contrario di quanto si sarebbe aspettato, giacché il mezzodemone sapeva quale fosse realmente l'arma più potente in suo possesso, Koga estrasse la propria katana e tornò a lanciarglisi contro.
E da quel momento lo scontro entrò nel vivo.


Sapeva benissimo di non avere molte possibilità con la propria spada, ma l'unica speranza di vittoria per Koga consisteva nell'impedire al mezzodemone di utilizzare appieno il potere di Tessaiga. E ciò voleva dire tenerlo impegnato in un combattimento ravvicinato.
Si lanciò senza complimenti ancora una volta contro il suo avversario, caricando il fendente che andò a impattare senza risultato sulla lama della spada avversaria. Con rapido movimento disimpegnò la lama e sferrò un altro attacco laterale, che venne parato nuovamente. Ripeté lo schema diverse volte, continuando ad attaccare senza dargli il tempo di reagire adeguatamente, approfittando di tutta la propria rapidità per raggiungere il proprio scopo.
Ben presto il sangue caldo del mezzodemone si risvegliò ed Inuyasha iniziò a mettere sempre più forza nel modo in cui respingeva i suoi colpi, iniziando a contrattaccare al suo stesso modo, tentando di affettarlo col filo della sua spada demoniaca.
Energia sprecata. Per Koga i movimento dell'avversario erano più lenti dei suoi ed a un ennesima parata lo stuzzicò: – Tutto qui quello che sai fare?
– Adesso vedrai! – gli ringhiò in risposta lui, i suoi occhi dorati che fiammeggiavano di collera.
Inuyasha lo costrinse a fare un salto indietro, respingendolo di un paio di metri di distanza, e Koga atterrò sull'erba, affondando gli artigli al suolo per annullare gli ultimi effetti della spinta ricevuta e poter ripartire all'attacco. Tornarono a scontarsi ancora e ancora su quel prato al di fuori del territorio del Clan dell'Ovest, luogo in cui aveva scelto di attenderlo dopo aver appreso, grazie ad uno dei lupi al suo seguito, che il cagnolino era prossimo e cercava proprio lui.
Trascorsero ancora diversi minuti prima che uno dei due riuscisse a ferire l'altro. Fu Inuyasha ad aggiudicarsi quel piccolo vantaggio: con un'abile mossa che sorprese persino il demone-lupo, lo afferrò alla caviglia proprio quando stava per colpirlo in pieno viso con un calcio e, sbilanciandolo, riuscì a fargli abbassare la guardia quel che bastava per raggiungerlo con un doloroso pugno al volto.
Soltanto per puro caso Koga, anziché abbandonare la katana per tentare di parare il colpo, si tenne stretto all'impugnatura mentre veniva sbalzato indietro. Barcollando, lo stordimento causato dal colpo ricevuto che già andava scemando, riuscì a stabilizzarsi divaricando le gambe ed irrigidendo i muscoli della schiena. Ritrovato l'equilibrio, nella breve pausa che si concessero entrambi per studiarsi reciprocamente, il demone-lupo avvertì un sapore metallico riversarglisi in bocca e sputò un bolo di sangue misto a saliva.
Sollevò il braccio sinistro, passandosi la pelliccia bruna che gli proteggeva l'avambraccio sulla pelle della mascella per cancellare il sottile rigagnolo scarlatto lasciato dal proprio sangue. Quel dannato botolo gli aveva spaccato un labbro.
Digrignò le zanne.
– Tsk!
Non glie l'avrebbe fatta passare liscia!
Inuyasha gli puntò Tessaiga contro in gesto intimidatorio che ebbe l'effetto opposto, facendolo irritare maggiormente.
– Falla finita e consegnami i tuoi frammenti!
– Vieni a prenderteli!
Il mezzodemone non si fece attendere, balzando lui in avanti per primo, sferrando un fendente che andò a dilaniare il terreno lì ove, sino a un istante prima, era stato il lupo. Evitato il nuovo attacco, Koga ed Inuyasha ripresero la loro battaglia fatta di fendenti, calci, artigliate e pugni. Non vi fu alcuna esclusione di colpi: passavano dalla spada alle mani, in un ciclo incostante ed incessante al contempo finché i primi segni di spossatezza non iniziarono a farsi strada in entrambi i contendenti.
I riflessi del demone-lupo iniziarono a risentire di quel combattimento prolungato, sebbene la determinazione non lo abbandonò né gli permise di mollare un solo istante. Non poteva permettersi di perdere colpi, non con un avversario come Inuyasha.
Persa la cognizione del tempo, il demone-lupo era totalmente concentrato sul combattimento che non avrebbe saputo dire se, ad un certo punto, fossero passati pochi minuti od ore intere. Eppure, nonostante tutti i loro sforzi, nessuno dei due aveva messo a segno qualche colpo serio né aveva inferto all'altro ferite degne di questo nome.
Con la coda dell'occhio Koga vide arrivare l'ennesima artigliata e, schivandola, fece un doppio salto all'indietro che lo vide prima poggiare e darsi nuova spinta con le mani, per poi tornare definitivamente coi piedi per terra.
Il campo di battaglia era dilaniato da solchi lasciati da entrambi i combattenti ed il sole stava ormai calando nel cielo, iniziando ad approssimarsi all'orizzonte. Ad occhio mancavano appena due ore al momento in cui sarebbe tramontato.
Il demone immagazzinò l'informazione e tornò all'attacco, fissando dritto negli occhi il mezzodemone. Fu a quel punto che permise alla sua mente di catturare il gioco di luci dei raggi del sole calante nello sguardo dell'altro, tingendolo di una sfumatura più calda e brillante del suo colore naturale. Un colore che aveva già visto in altri occhi, incastonati in un viso più delicato e femminile atteggiato in un'espressione distesa e rapita alla luce dell'aurora. Il volto di Juri.
La voce sprezzante di Inuyasha scacciò quell'inattesa visione ad occhi aperti.
– A cosa pensi, lupo randagio? Io sono qui!
Koga non fece in tempo a reagire, troppo scosso dal giochetto che gli aveva fatto la sua stessa mente. Un battito di ciglia ed era a rotolare nella polvere, costretto a serrare forte le zanne fra loro per mantenere il controllo e soffocare un gemito di sorpresa e contrarietà. Il ringhio che gli nacque subito dopo in gola venne smorzato dal ritrovarsi Inuyasha addosso e questa volta fu lui a dover resistere al suo assalto, incrociando la propria katana alla Tessaiga per pararne l'attacco.
La forza impressa nel colpo tuttavia era molta e la repentinità del mezzodemone troppa perché lui riuscisse a contrastarla. Il cagnolino riuscì a sbalzare la sua spada all'indietro, deviandone la lama e approfittando dell'apertura nelle difese del lupo per afferrargli il polso destro.
Koga ricevette in pieno una testata che lo destabilizzò e lo fece barcollare indietro, di nuovo libero.
Stavolta lo stordimento tardò a scemare e il demone-lupo si mosse un istante in ritardo per schivare il nuovo fendente di Tessaiga. Parandosi col braccio sinistro, venne ferito all'avambraccio e digrignò le zanne in un nuovo ringhio di protesta, ma non si lasciò destabilizzare.
Tornò subito all'attacco, riuscendo a mettere a segno un'artigliata che ferì il mezzodemone al volto, sotto l'occhio destro, costringendolo ad assumere un'espressione identica a quella che aveva sfoggiato lui stesso.
Il lampo di sofferenza negli occhi del suo avversario gli strappò un ghigno che ne mise in mostra la dentatura demoniaca, ma l'istante successivo ricevette un calcio in pieno stomaco che lo fece piegare in due.
Koga sgranò gli occhi azzurri nel vuoto, imprecando senza fiato: – Ma..maledizione..
Non fece in tempo nemmeno a tentare di raddrizzarsi che Inuyasha lo colpì nuovamente, stavolta con una ginocchiata in pieno volto, provocandogli oltre al dolore una scossa di vertigini e facendogli colare dal naso un nuovo rivolo di sangue.
Non gli aveva rotto il setto, ma poco c'era mancato.
Vide distintamente il pugno in avvicinamento ma il suo corpo non gli rispose a dovere ed un istante più tardi era a terra, disteso di schiena, a sopportare il nuovo dolore che gli era esploso nella mente come una scarica elettrica ed a lottare contro di esso per tornare ad alzarsi.
Tuttavia, appena riuscì a rimettersi seduto ed a riaprire gli occhi, la prima cosa che vide fu la punta della Tessaiga ad un palmo dal suo volto.
Dietro la spada demoniaca, Inuyasha lo fissava senza un'ombra di compassione sul volto ostile.
E Koga fu colto dalla gelida consapevolezza di non avere più scampo.



...continua.



Ciao a tutti!
Ringrazio chi mi segue, purtroppo oggi non ho modo di dilungarmi qui sotto ma spero comunque che abbiate apprezzato il capitolo e decidiate di lasciarmi un commentino, anche per dirmi cosa magari vi è piaciuto di meno o cosa vi sareste aspettati di diverso.

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 12
*** Notte di luna piena ***




.::[. NOTTE DI LUNA PIENA .]::.



All'improvviso Juri arrestò la propria corsa e con lei il lupo che la precedeva. Avevano già raggiunto il territorio della Tribù Yoro e lì, grazie alle bestie rimaste di guardia, avevano appreso lo svolgersi degli eventi. Così la mezzodemone si era fatta guidare di nuovo oltre i confini dell'area dei demoni-lupo per raggiungere il luogo in cui li avrebbe finalmente trovati.
Questo nella speranza che non fosse troppo tardi.
Ad un certo punto le orecchie le si rizzarono sul capo argenteo mentre si voltava di scatto verso destra, annusando l'aria.
Non poteva sbagliare: seppur flebile, quello era odore di sangue.
– Di qua! – esclamò, prima di riprendere a muoversi.
Il lupo le fu subito dietro, la lingua penzoloni ed il muso proteso in avanti, in quella corsa per il bosco.
Juri seguì l'odore portatole dalla brezza del tardo pomeriggio, allontanandosi da quella che era stata la sua meta originaria senza remore, giacché il suo istinto le diceva che era quella traccia olfattiva la pista giusta da seguire. Pregando che ciò che aveva colto per puro caso non fosse l'odore del sangue di Koga, intimò alle proprie gambe di spingersi oltre il limite, più veloce del vento stesso.
Non si preoccupò, stavolta, di lasciar indietro l'animale che l'aveva scortata sin lì, giacché era spinta da un'urgenza nuova e motivata.
Appena l'intensità dei raggi del sole calante aumentò, rendendo palese un mutamento della vegetazione e l'approssimarsi di un ampio spazio aperto di fronte a lei, la mezzodemone-lupo raccolse ambo le gambe sotto di sé e si diede la spinta, spiccando un poderoso salto che la portò a sbucare facilmente sopra il tetto verde scuro delle fronde degli alberi.
Raggiunta la massima elevazione ad un paio di decine di metri da terra, col vento a gonfiarle le pellicce ed i lunghi capelli d'argento, i suoi occhi ambrati si fissarono sull'ampia distesa di quello che doveva esser stato un prato ed ora era pari ad una distesa brulla solcata da profonde ferite.
E lì, illuminati dalla luce del giorno morente, le figure di Koga a terra e del mezzo-cane a sovrastarlo, puntandogli la sua strana spada davanti al volto. Bastò tale visione a farle digrignare le zanne in un ringhio che ben presto crebbe in volume al pari dell'accrescersi in lei di una rabbia ed una contrarietà incontrollabili.
Non avrebbe lasciato che gli facessero del male!
Mise mano alla propria spada, lasciando che quei sentimenti si riversassero fuori di lei in un urlo che le svuotò i polmoni.
KOOOOOGAAAAAAAAAAAA!!!!!!
La sua voce fendette l'aria, talmente incisiva da dar l'impressione di riuscire a cristallizzare quel momento, ed ella, l'adrenalina ad acuirle i sensi, vide chiaramente le teste di tutti i presenti voltarsi verso di lei, sui loro volti espressioni di assoluto stupore.
In particolare, quella di Inuyasha tradiva una confusione mista a tensione ed incredulità che le fece arricciare le labbra in un ghigno.
Sfoderando Zanka, quella mutò istantaneamente nella sua forma risvegliata, rispondendo ai sentimenti ed alle intenzioni che muovevano la ragazza lupo come se vi fosse un collegamento diretto. L'impeto di luce che ne scaturì venne scagliato in un unico, rapido movimento verso il mezzodemone-cane, fendendo l'aria in una mezzaluna dorata ad una velocità vertiginosa.
Vinta dalla forza di gravità, Juri si sentì richiamare a terra, lo slancio di quel salto ormai calato quasi del tutto, ma non distolse mai lo sguardo dai due contendenti.
Atterrando nell'erba con un'irruenza che sollevò ciottoli, polvere e zolle d'erba, vide distintamente Inuyasha schivare all'ultimo il suo attacco, ma le sue orecchie reagirono a ben altro suono.
– Sorella Juri!
Erano le voci cariche di entusiasmo e sollievo di Ginta e Hakkaku.
Un sollievo che ella condivise e le colmò il petto, ma che si costrinse a tenere a bada giacché aveva cose più pressanti di cui occuparsi. Senza voltarsi a guardarli, determinata a frapporsi fra il capo della tribù Yoro e il suo avversario, scattò in avanti.
Le occorsero soltanto un paio di rapidi balzi per arrivare dove voleva, ponendosi dinanzi al corpo ancora riverso a terra del demone-lupo ed assumendo una posizione difensiva, spada alla mano.
– Tu! Cosa sei venuta a fare, mezza randagia?! – esclamò il cagnolino con palese irritazione, ripresosi dallo stupore e fissandola dritto negli occhi. Le sue iridi dorate, di una sfumatura più fredda di quelle di lei, sembrarono intenzionate a perforarla da parte a parte, non riuscendo a celare la rabbia di lui.
Juri, seppur rimanendo corrucciata, espose nuovamente le zanne in un mezzo sorrisetto arrogante.
– Te l'avevo detto di lasciar stare ciò che mi è caro.. – ribatté a voce alta, sprezzante, prima di aggiungere – Non muoverti se ci tieni alla tua pellaccia, cane!
Come a sottolineare quella minaccia gli puntò persino la propria spada demoniaca contro, cosa che fece digrignare le zanne dell'altro in una smorfia furiosa.
Nella fase di stallo che seguì, uno scalpiccio di piedi in corsa le rivelò l'avvicinarsi a rotta di collo degli altri due demoni-lupo che aveva precedentemente ignorato.
– Sorella! Capo! – fu Hakkaku stavolta a chiamarli, concitato.
La ragazza lupo scoccò finalmente uno sguardo ai due compagni da sopra la spalla.
– Portatelo via – li intimò senza mezzi termini, alludendo al capobranco, e come i due fratelli sembrarono tentennare lei perse la pazienza – SUBITO!
E come poco tempo prima i due demoni-lupo scattarono sull'attenti ed ignorando le proteste del diretto interessato lo sollevarono di peso.
– No! Fermi, razza di idioti..! Juri.. Juri non puoi farlo!
Lei non reagì alle parole del capobranco, seppur le sue orecchie fremettero e ruotarono al suono della sua voce. Una parte di lei si sentì sollevata di sentirlo così combattivo, mentre l'altra quasi si lasciò andare ad una risatina sommessa giacché Ginta e Hakkaku lo trasportarono via, riuscendo a contrastare i suoi tentativi di liberarsi.
– Ehi! Aspettate! Non avete il diritto di intromettervi! – cercò di ribadire Inuyasha, ma Juri, tornando a volgere su di lui tutta la sua attenzione, non gli diede credito.
– Il vostro scontro termina qui! – ribatté, inflessibile, sostenendone lo sguardo accusatorio.
Lanciò una rapida occhiata alla posizione del sole, trovandolo prossimo al profilo delle montagne: non le restava molto tempo.
Sollevando di nuovo Zankazeyaku, mosse la lama in un arco parallelo al suolo che diede vita ad una nuova mezzaluna d'energia demoniaca, la quale sfrecciò nuovamente verso Inuyasha. Ma Juri non attese un istante di più: senza preoccuparsi dell'effetto della sua offensiva, si voltò di scatto e spiccò la corsa verso la fila di alberi che delimitava lo spazio aperto, nella stessa direzione intrapresa dai lupi.
Se la diede a gambe un attimo prima che la gigantesca arma della sterminatrice si abbattesse su di lei, andando invece a sollevare zolle di terra nel punto ove era stata solo un istante prima. Accorgendosene con la coda dell'occhio, la mezzodemone digrignò le zanne, ma non si voltò indietro. Batté in ritirata come molte altre volte prima di quella, ignorando l'intimidazione a fermarsi che le giunse dal mezzodemone-cane e guadagnando in un battito di ciglia il riparo costituito dalla vegetazione.
Aveva cose ben più importanti di cui occuparsi.


FERMA!
Inuyasha serrò i pugni lungo i fianchi con tanta forza da incidersi la pelle dei palmi, già proteso e pronto a scattare a sua volta all'inseguimento.
– Nom seguirla, Inuyasha! – lo bloccò la voce del monaco.
Voltandosi, il mezzodemone tentò di incenerire l'amico per averlo fermato.
– Perché, Miroku?!
Al seguito dell'uomo, Sango, Kirara e Shippo. Appena lo raggiunsero, il mezzodemone li fronteggiò, avvertendo ancora il proprio animo ribollire di rabbia per la conclusione di quello scontro.
Ma questa volta non fu Miroku a rispondergli.
– Guardati il braccio sinistro – gli suggerì la sterminatrice, con un cenno del capo in sua direzione.
Scocciato, il mezzodemone non perse il suo cipiglio seppur fece come gli era stato suggerito, e soltanto a quel punto sgranò gli occhi dorati. Con sorpresa, si ritrovò a fissare la manica sinistra della propria veste rossa lacerata ed una scia di sangue imbrattare la stoffa e scorrergli al di sotto, sino a staccarsi in goccioline scarlatte dalle nocche della mano artigliata.
Strabuzzando lo sguardo, il mezzodemone sussultò.
– Ma che diamine...?!
Il dolore dello squarcio finalmente riuscì a superare le barriere erette intorno alla sua sfera cognitiva dal furore che lo aveva assalito sino a quel momento, già attenuatosi, facendogli digrignare i denti in una smorfia e costringendolo a riporre Tessaiga per andare a premere la mano destra su di esso.
Quella mezza randagia era riuscita a ferirlo con l'ultimo attacco.
Se fosse stato di un attimo più lento nel balzare via, Inuyasha avrebbe perso il braccio, se non peggio.
– Non è saggio combattere ancora, visto come è messo il tuo braccio – gli fece notare con lo stesso tono quieto e schietto di sempre Miroku.
– E poi il sole sta per tramontare: per quanto tu ci veda bene di notte, Sango e Miroku sono umani e io sono ancora un bambino.. sarebbe inutile tentare di riprenderli – rincarò la dose Shippo, indicando il cielo ormai tinto delle prime sfumature del tramonto. La luna piena era già alta nel cielo, pallida, quasi trasparente contro l'azzurro della volta.
Inuyasha piegò le labbra in una smorfia.
– Tsk.
– Torniamo al villaggio: la vecchia Kaede saprà senz'altro come curare quel braccio al meglio.
Il mezzodemone dovette suo malgrado acconsentire, serrando maggiormente la stretta sul proprio braccio ferito per arrestare più velocemente la perdita di sangue. Non era una ferita di chissà quale gravità, ne aveva passate di peggio, ma se fosse stato un graffio come tanti altri avrebbe già smesso di sanguinare.
Lanciò un'ultima occhiata nella direzione in cui i demoni-lupo erano scomparsi e con loro quella mezzodemone inopportuna e ficcanaso, l'espressione ancora contratta in una smorfia contrariata. Quindi, dopo un paio di secondi di silenzio, si avviò dietro ai suoi compagni.


Juri attraversò il torrente che col suo letto delimitava lo spazio aperto della tana degli Yoro in un unico salto che la portò ad atterrare sull'acciottolato dello spiazzo adiacente alle grotte. Appena
frenato lo slancio una serie di occhi incastonati su lunghi musi pelosi di varie tonalità di bruno si fissarono su di lei e, nel riconoscerla, più d'uno mosse la coda o le orecchie in sua direzione.
– Koga? – scandì lei.
Appena pronunciato il nome del capo dei demoni-lupo, uno degli animali si avviò trotterellando verso le grotte, precedendola. Juri lo seguì senza farsi attendere, percorrendo il sentiero accanto al torrente e raggiungendo la sporgenza rocciosa sin dietro la cascata.
Seppur fosse la prima volta che vi metteva piede, la mezzodemone non indugiò nel varcare l'ingresso alla caverna che era il riparo dei pochi membri della tribù Yoro ancora in vita e le occorse un solo secondo per individuare, nella penombra, le schiene di Ginta e Hakkaku. L'ambiente era rischiarato da un paio di lampade incassate nelle pareti, le cui fiammelle guizzavano al minimo spostamento d'aria, creando un gioco di luci ed ombre che contribuivano a rendere l'atmosfera più greve del dovuto.
Avvicinandosi con passo meno rigido, quasi non volesse turbare quel luogo con la sua semplice presenza estranea, Juri raggiunse l'oggetto della sua apprensione, fermandoglisi di fronte. Koga era seduto su un giaciglio posto nella parte più interna della grotta, modellato da paglia ed ossa e pellicce, e sembrava essersi arreso alle cure che gli stavano prestando i suoi due compagni.
Ginta, intento a fasciargli il braccio, appena la notò si fermò un istante, ma lei precedette sia lui, sia Hakkaku, sedutogli accanto.
– Come ti senti? – la sua domanda era rivolta a Koga, così come rimase su di lui il suo sguardo.
La serietà del proprio tono tradiva la preoccupazione nei suoi riguardi e, accortasene, non riuscì a non arrossire leggermente.
– Sto bene! – replicò seccato il demone-lupo in questione, riservando a lei lo stesso sguardo accusatorio e velato di promesse di vendetta che doveva aver rivolto agli altri due.
A tale reazione la ragazza non si scompose, anzi, si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito: se aveva la forza di fare l'offeso, stava meglio di quanto avesse temuto. Non fece in tempo ad aprire di nuovo bocca però che lui la interruppe sul nascere, riversandole addosso con disappunto evidente ciò che probabilmente si stavano chiedendo tutti.
– Piuttosto, cosa diamine ci fai qui? Perché sei tornata?!
Sotto quelle accuse poco velate, la mezzodemone si irrigidì un attimo nella sua posa eretta, prima di riempire i polmoni con un respiro profondo ed agire. Scivolò in ginocchio di fronte al demone, senza mai lasciare i suoi occhi azzurri, e quando restò seduta in quella posizione composta notò una nota dubbiosa farsi strada nell'espressione altrui.
Piegando istintivamente le orecchie verso il basso, Juri continuò suo malgrado a sostenerne lo sguardo indagatorio e perplesso, schiudendo le labbra soltanto quando l'aggressività latente del demone-lupo fu scomparsa dal suo volto.
– Per restare – affermò, seria, combattendo il proprio stesso disagio nell'esporsi tanto al giudizio altrui, lasciandolo libero di guardarla e sondarla alla ricerca di ciò che voleva. Trattenne il vago tremito che quegli occhi, così penetranti e limpidi, così inumani, stavano causandole in quell'ispezione, mentre concludeva greve – ..non dovevo andarmene. Ho sbagliato.
Il silenzio che seguì quelle poche parole era denso di tensione; una tensione che permeava la mezzodemone in ogni singolo muscolo e che iniziava ad acuire la scomodità di quella posa in cui si era messa. Erano anni che non la adottava, giacché erano anni che non doveva chiedere niente a nessuno: gliel'aveva insegnata sua madre, ultimo baluardo di un'etichetta umana che aveva quasi del tutto accantonato.
Di fronte a lei Koga non fiatò, si limitò a scrutarla come se potesse col solo sguardo scavarle nell'animo, metterla a nudo e giudicarla, e la ragazza nonostante tutto glielo lasciò fare. Era profondamente determinata a dimostrargli di essersi ricreduta totalmente, non poteva sottrarsi a quell'esame.
Perché, in tutto il mondo, solo quel luogo sarebbe potuto diventare casa sua.
Solo il Clan dell'Ovest della potente Tribù Yoro sarebbe stato il suo branco.
Solo lui, Koga, avrebbe riconosciuto come capo.
Era questo che aveva infine deciso e non sarebbe mai più scappata da quella verità.
Con la coda rigida ed abbandonata a terra, premuta contro la gamba sinistra, Juri attese e, dopo una manciata di secondi di assoluto silenzio, finalmente l'espressione corrucciata del capobranco si sciolse in un sospiro. Il demone-lupo dieviò lo sguardo da lei, seppur conservando parte di quell'aria imbronciata.
Eppure qualcosa, forse il modo in cui aveva tremato un suo sopracciglio o la posa reclinata del capo corvino o, forse, la luce che fioca pareva donare alla sua pelle abbronzata un colorito più rosso sugli zigomi, le diede l'impressione che lui ne fosse in qualche modo.. sollevato.
L'emozione che le fece nascere in petto quel semplice sospetto aumentò i battiti del suo cuore, mentre la coda dietro di lei, indipendente dalla sua volontà, prese a ondeggiare cautamente sul pavimento in pietra.
– Ce ne hai messo di tempo – sbottò a mezza voce Koga, senza più guardarla direttamente, con quell'aria scorbutica e quasi offesa che ostentava deliberatamente, come se cercasse di nascondere qualcos'altro.
L'angolo destro delle labbra di lei si sollevò meccanicamente, così come le orecchie canine che le si rizzarono nuovamente sul capo: lui l'aveva perdonata.
Il sollievo che le nacque in petto fu spazzato via l'istante seguente da una vibrazione interiore, come un sussulto del sangue che altro non era se non una prima avvisaglia di ciò che la notte si sarebbe ben presto portata via. Voltando di scatto il capo verso l'ingresso della grotta, la mezzodemone si accorse che il suo tempo era ormai agli sgoccioli.
– Per stanotte niente sforzi, capo – si levò all'improvviso la voce di Ginta.
Il demone-lupo aveva appena finito il bendaggio al braccio dell'altro ed ora, con aria da saputello, si apprestava a fargli la ramanzina.
– Sì – rincarò la dose Hakkaku, rimasto quieto sino a quel momento – penseremo noi a fare la guardia.
Juri colse la palla al balzo e si mise già in piedi, annuendo.
– Esatto. Tu riposati – e verso gli altri due – Vado io per prima.
Quelli sembrarono accogliere quell'offerta con una certa perplessità, ma lei non li lasciò sollevare obiezioni e si avviò con passo deciso verso l'uscita. Fu la voce di Koga, ancora una volta velata di una certa contrarietà, a fermarla.
– Juri..?!
Di nuovo interpellata per nome, la mezzodemone si fermò un solo istante, il tempo di rivolgere un sorriso incoraggiante a tutti e tre.
– Non temete: ci rivedremo all'alba.
E senza aggiungere altro uscì.
Una volta all'aria aperta, il cielo del crepuscolo incombente la accolse nel suo fresco abbraccio montano, le vette ancora in parte illuminate dagli ultimi raggi del sole morente. Quando riabbassò gli occhi ambrati, il lupo che l'aveva seguita e ricondotta al branco le stava fermo di fronte, come in attesa, e lei suo malgrado si ritrovò a sorridere.
– Va bene, puoi venire con me – gli concesse.
Avrebbe allertato gli altri lupi e dato istruzioni affinché andassero a riferire agli altri componenti del branco se vi fossero stati pericoli incombenti, mentre lei se ne stava quieta e nascosta ad attendere che la notte passasse indenne. Non poteva fare altrimenti: da umana non avrebbe potuto proteggere adeguatamente il loro territorio.. il suo territorio.
Mentre quella considerazione le scaldava il cuore, la ragazza lupo saltò sull'altra sponda e si immerse nella vegetazione, seguita dall'animale che le era andato incontro. Non si preoccupò di lui, giacché ormai si era convinta che per quel lupo, al di là forse della sorpresa iniziale, non sarebbe stata considerata una minaccia, e soprattutto non avrebbe avuto dubbi sulla sua identità. Senza contare che un paio di fini orecchie ed occhi avvezzi alle tenebre in più non erano un male in quella circostanza.
Volgendo le proprie falcate verso monte, deviò in direzione Nord appena le salì l'intuizione su dove trascorrere la notte. Si sarebbe rifugiata alla sorgente d'acqua: lì, nel bel mezzo del territorio dei lupi, non avrebbe corso il rischio di incappare in demoni erranti, né sarebbe incappata in Ginta o Hakkaku quando fossero usciti a loro volta per il turno di ronda.
Non che non si fidasse di loro, ma si sentiva ancora in difetto nei loro confronti, per quella sua debolezza.
E, in ultimo, ne avrebbe approfittato per farsi un bagno. Non sapeva nemmeno come, ma durante il tragitto di ritorno aveva raccolto ragnatele e polvere che le si era appiccicata addosso, agevolati dal velo di sudore della sua pelle.
Subito dopo il suo addentrarsi nel boschetto che racchiudeva la polla sorgiva, l'ultimo raggio di sole lasciò spazio al crepuscolo.


La prima cosa che la sua mente elaborò nell'emergere dal suo sonno ristoratore fu il suono costante dell'acqua scrosciante. Quando provò a muoversi, l'indolenzimento dei muscoli lo fece irrigidire e lo colse un vago, fin troppo fastidioso, senso di sete.
Preda di quel bisogno primordiale Koga si alzò, andando meccanicamente a constatare la mancanza dei suoi due compagni all'interno della grotta. Evidentemente dovevano già essere usciti per la guardia.
Uscendo all'aria aperta, il demone-lupo si abbeverò direttamente all'acqua della cascata che copriva l'ingresso alla tana e poi, dopo aver soddisfatto la propria sete, tornò a drizzarsi, asciugandosi il mento col polsino del braccio destro.
La fasciatura che gli avevano fatto all'avambraccio ferito gli prudeva, ma sapeva che quella sensazione era dovuta al processo di guarigione, così, con un piccolo sforzo di volontà la lasciò stare. Invece, dopo un istante presosi per osservare l'ambiente circostante, si ricordò di Juri.
Inarcando un sopracciglio, annusò l'aria: l'odore di lei era pressoché assente.
Perplesso e vagamente inquieto, il giovane capo si mosse, andando ad ispezionare le varie aperture nella roccia, prima di tutte la grotta in cui la ragazza lupo era stata sistemata sin dal primo momento del suo soggiorno fra loro, ma invano. Della mezzodemone nessuna traccia.
Colto da una crescente inquietudine, il demone si portò una mano alla tempia, afferrandosi alcune ciocche corvine mentre tentava di venire a patti con sé stesso e la preoccupazione crescente. Non poteva essersene andata, era al di fuori di ogni logica.. ma allora dov'era finita?
Se Ginta e Hakkaku erano usciti, lei doveva aver già finito il suo turno.. perché non era ancora tornata?
Sollevò lo sguardo ceruleo sulla luna piena, ritrovandola alta e quasi abbagliante al centro del firmamento. Mancavano alcune ore all'alba, tempo più che sufficiente a lui per trovarla, così si mise sulle sue tracce, soffocando il subbuglio interiore che l'assenza di lei aveva generato.
Trovò la pista cercata in pochi minuti e seguendo il debole odore della mezzodemone ne ripercorse i passi nella vegetazione. Un paio di volte credette di averla persa e fu costretto a tornare sui propri passi, ma ben presto si accorse anche della presenza di una serie di impronte lasciate dalle zampe di uno dei suoi lupi, così quando quelle della ragazza scomparvero del tutto, egli non si scompose.
Incerto, tentennò un paio di minuti soltanto, giacché non vi erano certezze che l'animale avesse continuato sulla stessa strada di lei, ma le sue riflessioni vennero spazzate via da un nuovo sospiro di vento che gli scivolò sulla pelle e ne mosse la chioma corvina dietro la schiena.
L'odore che catturò in quella brezza notturna gli fece per un momento dimenticare il suo obiettivo: era odore di essere umano.
Immediatamente si volse verso la propria destra, fissando lo sguardo sull'altra sponda del torrente che aveva seguito verso monte sino a quel momento e, in particolare, sulla macchia d'alberi che svettava rigogliosa da quel lato. Riconosceva quel boschetto.
Spazzando via ogni futile interrogativo saltò agilmente oltre il corso d'acqua, approssimandosi con passo calmo e felpato agli alberi. Conosceva quel luogo come le proprie tasche e anche senza la luce argentea della luna avrebbe trovato il sentiero che si inoltrava fra la vegetazione, ma non fu tanto questo a guidarlo quanto l'inatteso suono che proveniva da quel luogo.
Nell'aria, la sottile nota ritmata di una voce melodica gli giunse alle orecchie.
I sensi demoniaci all'erta, avanzò con la stessa sicurezza di quando si muoveva in pieno giorno, facendo attenzione a non fare rumore, giacché non desiderava farsi scoprire. Quando l'ultima, stretta serpentina del sentiero si srotolò sotto i suoi piedi, Koga arrestò il passo un attimo prima di superare l'ultima linea degli alberi, ma non per cautela.
Fu ciò che vide a bloccarne l'avanzata e a fargli trattenere istintivamente il respiro.
Dinanzi ai suoi occhi, sulla riva della polla d'acqua, la figura femminea di Juri gli dava le spalle. Un fascio di pallida luce lunare filtrava dall'apertura fra le fronde e si riversava sulla ragazza, donandole una sfumatura quasi eterea, surreale, mentre lei si lisciava i lunghi capelli d'argento con le mani. Indossava le pellicce che le avevano procurato qualche tempo prima, ma vi era qualcosa in lei che gli parve... diverso.
Alle spalle della ragazza, accucciato nell'erba, il lupo di cui aveva scorto le tracce in precedenza sollevò lo sguardo in sua direzione, accortosi per primo della sua presenza. Non appena Koga lo vide sul punto di reagire però, gli intimò con un gesto di non muoversi: non desiderava farsi scoprire, non a quel modo, giacché il suo istinto gli suggeriva fosse una situazione insolita e particolare quella a cui stava assistendo.
La voce che aveva udito sin dal principio e che risuonava ora limpida nell'aria era quella di lei, talmente tranquilla da canticchiare a bocca chiusa, riempiendo il silenzio con una melodia al demone totalmente sconosciuta.
In quella luce, in quel frangente, Koga non riuscì a far altro che osservarla in un assoluto silenzio per un po', trovandola totalmente diversa dalla visione che ne aveva lui nella sua mente e che aveva sempre avuto di lei.
Si accorse dello strano stordimento che quella scena aveva avuto su di lui solo qualche minuto dopo e per riflesso, come a cercare di scacciare quell'inspiegabile intorpidimento mentale, scosse il capo corvino. Intenzionato a porre fine alle indecifrabili emozioni che lo avevano assalito dal momento in cui aveva posato gli occhi azzurri su di lei, pose un nuovo passo avanti, ma fu a quel punto che quell'odore di essere umano tornò a farsi presente, portato da un nuovo alito di vento.
E allora, con gli occhi sempre più sgranati sulla figura della ragazza lupo, capì: era Juri l'umana, era da lei che proveniva quell'odore. Le candide orecchie di lupo, così come la sua coda, non c'erano più. Ecco in cosa gli era apparsa diversa.
Sconcertato per quella rivelazione, non si accorse di un rametto sul terreno e quando vi caricò il peso, questo si spezzò con un sonoro schiocco sotto il suo piede. Bastò quel rumore ad infrangere l'intera atmosfera, interrompendo quel vago canticchiare d'ella e facendola voltare di scatto nella sua direzione.
Juri fendette l'oscurità con due occhi talmente scuri da risucchiare la fioca luce notturna, mentre sul suo volto si mescolavano paura, sorpresa ed incertezza. Quegli occhi, quando finalmente si fissarono su di lui, si spalancarono sempre di più, mettendo in evidenza la sottile linea di demarcazione che divideva la sclera bianca dalle iridi blu.
Koga, imprecando mentalmente, fece un altro passo avanti con l'intento di rimediare, ma lei anticipò ogni sua intenzione. Con un balzo scattò in piedi e, dopo un solo momento di stasi per riprendere l'equilibrio, si lanciò verso gli alberi alla sua destra.
– Aspetta! – esclamò il demone-lupo, preso alla sprovvista.
Ignorando la sensazione di spaesatezza che gli attanagliò il petto si mosse a sua volta e, rapido, con un unico balzo si frappose fra lei ed il riparo costituito dalla vegetazione. Lo slancio fu tale ed il suo spostamento tanto repentino che, con un urletto, l'altra gli finì addosso, rimbalzando contro il suo petto. Il giovane capo l'afferrò appena in tempo per evitarle una brutta caduta, smorzando un'imprecazione fra le zanne.
Come la ragazza prese a dibattersi, al demone-lupo non rimase altra scelta se non rinsaldare la presa sulle sue braccia esili.
– Juri, smettila!
Non appena la sua voce si levò a sovrastare ogni altro suono, finalmente lei si immobilizzò, come se soltanto in quel momento si fosse destata da un incubo. Quando infine Koga la vide sollevare gli occhi ancora spalancati nei suoi, divenne del tutto consapevole della realtà delle cose: ogni traccia di potere demoniaco, ogni caratteristica fisica, in lei era scomparsa e persino la sua vista, paragonabile ora a quella di un semplice essere umano, doveva essere troppo debole per la fioca luminosità della notte.
– Koga..?
Lui annuì con un cenno del capo, ma poi, rammentandosi di ciò che aveva appena realizzato, si spostò leggermente a lato per entrare al di sotto di un pallido fascio di luna. Non appena la luce argentea rischiarò in parte i suoi lineamenti, ne avvertì i muscoli rilassarsi sotto le proprie mani artigliate. Lasciò passare un paio di secondi affinché ella metabolizzasse tutte le informazioni in suo possesso e poi, con cautela, allentò in parte la stretta sulla sua pelle chiara.
Juri, le cui mani si sollevarono a loro volta per ricambiare quel tocco, aggrappandoglisi agli avambracci, parve prendersi il tempo necessario per studiarlo in quella vaga oscurità notturna, scrutandolo con quel suo sguardo corrucciato e scuro, di un blu profondo quanto le acque dell'oceano.
Nei suoi occhi, egli riconobbe un'espressività che non le aveva mai visto.. un'espressività fin troppo umana.
In essi il giovane capo lesse incertezza ed imbarazzo, ma anche un tremendo sollievo ed una fiducia che andavano aumentando di secondo in secondo. Quando ella accennò a rivolgergli un timido sorriso, per riflesso lui si ritrovò a ricambiarlo senza nemmeno rendersene conto.
– ..cosa.. – tentò Juri, ma la sua voce risuonò fin troppo esile e lei, accorgendosene, si schiarì la gola prima di riprovare – ..cosa ci fai qui? Pensavo che Ginta e Hakkaku fossero stati chiari sulla necessità di riposare.
Se ella aveva avuto l'intenzione di rimproverarlo, a Koga quelle parole risuonarono più fragili di un cristallo di neve.
Sbuffò, in una reazione che voleva essere ironica ma che gli scaturì più bassa ed intima di quanto volesse. Fu la sua voce per una volta a non tradirlo, quando infranse il silenzio calato fra loro.
– Non eri alla tana e sono venuto a cercarti. Cosa ci fai tu, qui. – scandì, inarcando un sopracciglio e mantenendo un tono controllato seppur velato di una vera nota di rimprovero, come a farle presente quale fosse il modo giusto per rinfacciare qualcosa a qualcuno.
La vide abbassare lo sguardo, l'espressione impacciata ed imbarazzata al contempo mentre prendeva tempo. A quel punto Koga notò, dalla sua posizione di superiorità, quanto i riflessi catturati dai lunghi capelli di lei fossero vividi, al di là del colore vagamente diverso: erano ancora pesantemente umidi.
– Io.. io..
Nell'attesa che si decidesse a parlare Koga continuò a fissarla e con una parte della sua sfera cognitiva si rese conto che effettivamente anche la chioma di lei, e non soltanto gli occhi, era diversa. Alla luce della luna gli erano sembrati d'argento, ma ora che poteva osservarla più da vicino gli apparivano di tutt'altro colore. Sembravano biondi, di un biondo chiarissimo come non ne aveva mai visto in nessun essere umano e forse nemmeno in un demone.
– ..io pensavo... di aspettare l'alba, per tornare – pigolò finalmente lei.
– E perché?
Juri ammutolì, quasi sussultando alla sua domanda tanto schietta e diretta, ma Koga rimase a scrutarla con ostinazione, in attesa che si decidesse a parlare. Fu a quel punto che avvertì sotto le mani una nuova vibrazione, un tremito leggero che proveniva proprio da lei e che, dopo un primo istante, gli rivelò la verità ancor prima che fosse lei a confessargliela.
– Non volevo mi vedeste così – gli rispose, la voce incrinata.
Quando sollevò lo sguardo cobalto nel suo, Koga lesse sul viso il conflitto che le stava infuriando nell'animo e, realizzando lui stesso il pieno significato delle motivazioni altrui, finì per serrare nuovamente la presa sulle sue braccia.
Per la prima volta lesse nel suo sguardo una profonda vergogna ed una paura che quasi lo spiazzarono. Digrignando automaticamente le zanne di demone, il giovane capo della tribù Yoro lasciò libero sfogo alla propria contrarietà.
– Per questo te ne sei andata.. – ringhiò.
La ragazza, bloccata nella sua stretta, sussultò spaventata.
– Koga.. mi fai male..
Stupida! – esplose, ignorandola, facendola di nuovo ammutolire mentre lui dava sfogo all'improvvisa irritazione che gli era nata in petto – Si può sapere perché non riesci a capirlo?! Il branco ha come primo dovere quello di proteggere i singoli membri, non importa in che circostanze! Se ce l'avessi detto credi che non l'avremmo accettato? O peggio.. che ne avremmo approfittato??
Si accorse di aver urlato soltanto quando calò di nuovo il silenzio, infranto solo dai piccoli singhiozzi provenienti dalla stessa umana che stringeva per le braccia. Fissò il suo volto arrossato e la prima lacrima che le rigò la pelle della gota sinistra catturò parte della poca luce dell'ambiente. Tentava di trattenersi, era evidente dalla sua espressione a tratti tesa, ma i sentimenti che la scuotevano erano troppo intensi perché riuscisse a contenerli.
– ..mi dispiace.. – uggiolò fra un singulto e l'altro – ..scu-scusa..
La tenne ancora ferma per le braccia per una manciata di secondi, scrutandola con attenzione, finché non si convinse della piena comprensione di lei. Allora allentò nuovamente la stretta e parte della tensione che gli aveva irrigidito le spalle e la schiena si sciolse con essa.
– ...ora lo sai – le disse soltanto, a basso tono.
Quindi la tirò a sé, sbilanciandola in avanti per costringerla a colmare la poca distanza che ancora li separava, racchiudendone il corpo fra le braccia.
Lei gli si premette addosso senza ribellarsi e fu proprio come quella notte in cui l'avevano scoperta tremante e reduce di un incubo nella grotta in cui riposava. La lasciò sfogare, posando il mento sul suo capo e rinsaldando quell'abbraccio, lasciando che da lui ella traesse la forza ed il conforto di cui aveva bisogno in quel momento.
Il calore emanato dalla ragazza lupo iniziò a diffonderglisi sotto le pellicce ed il pettorale, pervadendolo in una sensazione piacevole che contribuì a risvegliare in lui un rinnovato istinto di protezione nei suoi confronti. Distrattamente si chiese quanto tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva abbracciato a quel modo una femmina ed il pensiero di Kagome, in un angolo della sua mente, gli si affacciò con una naturalezza ed un distacco inspiegabili per uno che era stato rifiutato poco meno di due settimane prima. Eppure da allora erano accadute talmente tante cose da far sembrare quei pochi giorni un'eternità.
Inizialmente non vi badò, ma dopo un po' si rese conto di un paio di occhi che lo fissavano a poca distanza e volse lo sguardo sul lupo che, ad una decina di metri, se ne stava accucciato in attesa. La consapevolezza di essere osservato all'improvviso gli fece accelerare il cuore al centro del petto ed un disagio sempre più acuto iniziò a pervaderlo.
Imbarazzato ed infastidito dalla limpidezza e dalla pacatezza di quegli occhi, corrucciandosi in volto fece un cenno secco del capo alla bestia, la quale dopo un istante si alzò e diede loro le spalle. Non appena fu scomparso, seppur ancora corrucciato, Koga si sentì meno sotto pressione e poté tornare a dedicarsi alla mezzodemone, la quale sembrò tuttavia ritrovare il controllo di sé proprio in quel momento.
Come la sentì tentare di scostarsi da lui, il giovane capo inarcò un sopracciglio, ma la lasciò allontanarsi abbastanza da poterla scrutare nuovamente in volto. Indagatorio, ne notò gli occhi ancora lucidi di lacrime e il rossore intorno al naso venne messo in secondo piano da un tentativo di sorridere d'ella.
– ..ti ringrazio, Koga.
Quel semplice, genuino ringraziamento, abbatté e stuzzicò quel poco di orgoglio che gli era rimasto, facendolo arrossire e distogliere inspiegabilmente lo sguardo dal suo. Quegli occhi blu all'improvviso erano divenuti troppo limpidi, troppo umani, perché un demone come lui potesse incrociarli senza sentirsi a disagio.
Sbuffò, come se così facendo potesse chiudere lì il discorso, e l'avvertì trattenere un piccolo moto di ilarità in risposta.
Al colmo del disagio, dimenticando che ella non vantava la sua stessa vista demoniaca, sciolse finalmente l'abbraccio in cui l'aveva trattenuta, facendo un passo a lato per guadagnare i propri spazi.
– Sù, torniamo alla tana – la esortò, riuscendo ad esternare un tono più distaccato.
Juri annuì e gli si accostò proprio mentre lui era sul punto di avviarsi, facendolo bloccare in ogni movimento al semplice tocco della sua mano sul suo braccio. Tornando a fissarla dall'alto della sua statura, Koga la trovò tranquilla in attesa e lui dovette fare uno sforzo per rammentarsi del proprio ruolo di capobranco.
– Portami a casa – gli disse lei.
Bastarono quelle tre parole a fargli gonfiare il petto d'orgoglio ed un'altra emozione senza nome.
Senza aggiungere altro annuì con un cenno del capo, quindi, sollevandola senza preavviso fra le braccia, scattò lasciandosi dietro soltanto i resti di un turbinio di vento.



...continua.



Ciao a tutti!
Bentrovati! Eccolo qui, il capitolo decisivo! Come alcuni di voi avevano sicuramente intuito dall'andamento del capitolo precedente, in questo si è vista la nostra Juri raggiungere e intromettersi nello scontro in atto, salvando la pelle al nostro lupacchiotto preferito!
Per non parlare della scoperta del suo segreto.
Nel riscrivere questa parte ammetto di aver dato sfogo alla mia vena fluffosa... spero non sia stata eccessiva XD se è così un po' mi scuso, ho comunque cercato di restare fedele al personaggio di Koga da quel lato. In fin dei conti, anche nell'anime è sempre stato un tipo da gesti espliciti, con tutte le volte che prendeva le mani di Kagome e il resto. Chissà con Juri come sarà..? Lo vedremo!
Intanto vi anticipo purtroppo che prossima settimana dovrete attendere sabato per leggere il prossimo aggiornamento, ma la lunghezza è leggermente superiore alla media e spero possa bastare come consolazione! Intanto vi ringrazio per continuare a seguirmi e ne approfitto per ringraziare anche chi ha aggiunto la mia storia alle seguite e alle preferite.
In particolare ringrazio Elerim per il suo gentile commento nel capitolo precedente ^^ spero che vogliate continuare a darmi vostri pareri, è piuttosto importante per me: ci tengo che ne venga fuori una bella storia, quindi non fate complimenti!
Vi auguro un buon weekend e alla prossima!

baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 13
*** Un tuffo di troppo ***




.::[. UN TUFFO DI TROPPO .]::.



Una sottile pioggerellina cadeva fitta dal cielo completamente coperto di nubi, un grigio talmente spesso da oscurare persino il chiarore dell'alba. Al riparo, sulla soglia della capanna, Inuyasha arricciò il naso in una smorfia contrariata ed insofferente, senza tuttavia perdere la propria determinazione.
– Dove pensi di andare, Inuyasha? – la voce aspra e roca dell'anziana alle sue spalle lo fece sussultare.
– Maledizione vecchia! – sbottò il mezzodemone, voltandosi di scatto, sorpreso di non averne avvertito la presenza in tempo. Probabilmente la sua mancanza era dovuta alla marea di pensieri ed emozioni che gli si agitavano dentro, non certo alla ferita al braccio infertagli il dì passato da quella pulciosa randagia.
– Per oggi non vai da nessuna parte – gli intimò Kaede, con la sua solita faccia rugosa e severa. La benda che le copriva l'occhio sinistro contribuì ad accentuare l'aria intransigente con cui lo fissava.
– Tsk. Sto bene! – ribatté lui, insofferente, tornando a darle le spalle.
Pronto a lasciarla con un palmo di naso e ad immettersi sotto la pioggia con un balzo, un improvviso lampo di dolore frenò tutta la sua baldanza ed energia e lo fece sussultare. Meccanicamente andò ad afferrarsi il braccio poco sotto la spalla, nel punto in cui spiccava il bendaggio applicatogli dall'umana meno di un paio d'ore prima e che ella stessa gli aveva appena urtato con un colpetto delle dita tozze.
Mostrò le zanne di mezzodemone mentre tornava a incenerirla con lo sguardo dorato.
– La pioggia non farà bene alla mia medicazione e, come puoi vedere, il tuo braccio non è ancora in grado di affrontare un combattimento con un demone del calibro di Koga – gli si rivolse laconica, priva di qualsivoglia timore nei suoi confronti. Lo fissava con quel suo occhio ancora vigile e penetrante, nonostante l'età avanzata.
Di fronte a tanta caparbia severità, persino la testardaggine di lui dovette riconoscere il proprio svantaggio.
Imprecò.
– Va bene, vecchia! Hai vinto! – sbottò contrariato, incrociando le braccia sul petto e tornando a volgere lo sguardo all'esterno, verso il bosco ancora avvolto nell'ombra.
Una leggera foschia s'era andata addensandosi fra gli alberi, lì trattenuta e riparata da quella pioggerellina dalle fronde ricolme di foglie.
– Me ne starò buono finché non smetterà di piovere – le concesse.
– Non è un taglio comune quello che hai riportato, Inuyasha – rincarò la dose lei, non contenta, senza scomporsi – ..se così non fosse non avresti nemmeno avuto bisogno del mio intervento. Questa volta la tua tempra di mezzodemone non ti è venuta in soccorso, pertanto farai come dico: aspetta fino a domani, per allora il tuo braccio dovrebbe essere a posto e potrai correre ad azzuffarti con il demone-lupo quanto vorrai.
Infastidito, il mezzodemone non la degnò nemmeno di uno sguardo, ma emise un nuovo verso di stizza fra i denti.
– Tsk.
– Se mi disobbedirai sarò costretta a dirlo a Kagome.
Non appena quella minaccia gli sfiorò le orecchie da cane, Inuyasha avvertì tutto il proprio risentimento e l'istinto di ribellione afflosciarsi. Se Kagome fosse venuta a sapere di cosa stava combinando e di quanti problemi stava creando, le sue urla avrebbero raggiunto ogni angolo del villaggio ed il suo corpo avrebbe scavato una voragine fino all'aldilà per tutte le volte che lo avrebbe mandato a cuccia.
Deglutendo il rospo, al mezzodemone non rimase altra scelta se non cedere alla volontà della vecchiaccia alle sue spalle.
– E va bene, hai vinto!
Apparentemente soddisfatta, l'anziana sacerdotessa tornò all'interno della capanna, lasciandolo solo coi propri pensieri ed i propri crucci.
Tornando a osservare la selva boschiva oltre il limitare del campo di fronte a lui, Inuyasha sbuffò.
Avrebbe aspettato il tempo necessario affinché quella strana ed inquietante ferita si rimarginasse e poi sarebbe tornato alla carica. Non si era minimamente aspettato di incontrare tanti ostacoli al suo intento, men che meno che quella mezzodemone-lupo sbucasse dal nulla a rovinargli tutto.
Digrignò di nuovo le zanne in una smorfia di malcelato astio.
L'arma con cui era riuscita a ferirlo era potente ed i suoi attacchi parevano dotati di un'energia che contrastava con i naturali poteri demoniaci, seppur fosse del tutto dissimile da quella spirituale di sacerdoti e monaci. Una sorta di potere demoniaco anti-demone.
Scocciato, scosse il capo con enfasi per scacciare tutte quelle elucubrazioni mentali da sé.
Non aveva senso rimuginare su certe cose, gli sarebbe bastato non venire di nuovo preso alla sprovvista.
Perché, non aveva dubbi, in uno scontro leale la sua Tessaiga era più forte di qualunque altra spada demoniaca in circolazione. Gliel'avrebe fatta vedere lui, la differenza di potere che vigeva fra loro, e le avrebbe fatto passare la voglia d'intromettersi.


Fu il formicolio alla coda a disturbarla, bloccata sotto il suo stesso corpo dalla posizione supina assunta durante il sonno.
– Mmmh...
Con un mugugno, Juri tentò di muoversi ma si sentiva impacciata, come se fosse schiacciata da qualcosa. Una strana sensazione, resa ancor più strana dal piacevole calore che l'avvolgeva e la rilassava a tal punto da farle tardare il ritorno alla realtà.
Nel dormiveglia mosse appena il braccio destro, sfiorando col dorso della mano quella che per consistenza le parve della pelliccia. Le ci volle ancora una manciata di secondi per riuscire a sollevare una mano a sfregarsi gli occhi e, finalmente, schiuderne uno. La prima cosa su cui posò lo sguardo appannato fu il soffitto in pietra della caverna, l'ampio antro ricolmo del rumore scrosciante ma non eccessivamente forte della cascata.
Qualcosa le premeva sullo stomaco.
Quando, l'istante seguente, avvertì una strana stretta alla gamba sinistra, la mezzodemone spalancò gli occhi sul soffitto.
– Ma.. ma che diamine..? – balbettò, ancora intontita.
Sollevando appena il capo argenteo per capire che cosa stesse succedendo, l'adrenalina causata da una sensazione di acuto imbarazzo le serrò la gola.
Ginta russava beatamente usandola letteralmente come cuscino, voltato a pancia in sù e poggiando il capo bicolore ed un braccio sul suo ventre, mentre Hakkaku ronfava altrettanto profondamente in una posizione ancor più strana, raggomitolato su un fianco, impedendole di distendere al meglio le gambe e bloccandole la sinistra con le proprie.
Ricadendo con uno sbuffo sul giaciglio, nel suo campo visivo comparvero un paio d'iridi del colore del cielo d'estate.
– Hai dormito parecchio, ragazzina.
La voce di Koga, quel suo tono ironico e superiore al contempo, la fece sussultare e tornare completamente alla realtà. Immediatamente, come dotati di volontà propria, i suoi muscoli si tesero, rifiutandosi di muoversi e lasciandola lì, inerme, alla mercé degli eventi.
Il giovane capo della tribù Yoro se ne stava disteso su un fianco, accanto a lei, abbastanza lontano da non sfiorarla ma abbastanza vicino da sovrastarla senza problemi. Quando egli le posò una mano artigliata sulla fronte, la mezzodemone sussultò, avvampando istantaneamente.
– Mh.. almeno la febbre sembra essere passata.. – commentò dopo un paio di secondi, serio, quasi assorto, il demone-lupo.
In un guizzo di lucidità la mente della ragazza colse il significato di quelle parole.
– ..febbre? – ripeté meccanicamente, inarcando un sopracciglio.
– Sì, esatto – annuì lui togliendo la mano.
– Oh...
In effetti non era la prima volta che la temperatura corporea le aumentava dopo una notte di luna piena e la conseguente perdita dei suoi poteri demoniaci. Non avrebbe mai saputo dire se fosse a causa dello stress o della vulnerabilità a cui era esposto il suo fisico in quei momenti, ma non vi aveva mai dato peso, essendo la sua stessa natura di mezzosangue ad andarle ogni volta in soccorso appena tornava a spuntare il sole.
– ..sì, può.. – si schiarì la voce, deglutendo – ..può capitare.
Deviando i propri pensieri sulla notte appena trascorsa, seppur con una certa difficoltà, rammentò di essere tornata alla tana prima dell'alba, ma non appena ricordò il modo in cui vi aveva fatto ritorno arrossì maggiormente e distolse lo sguardo dal volto del demone-lupo.
Era stato lui.
L'aveva trovata lui.
Il calore che le si diffuse al centro del petto fu qualcosa di nuovo e sconosciuto, una sensazione che la destabilizzò maggiormente e che si acuì al rammentare il senso di appartenenza e protezione che aveva provato quando si era trovata fra le sue braccia.
Un'appartenenza che non era riferita al branco, ma a lui.
– La prossima volta vedi di evitare di fare il bagno alla sorgente in piena notte: ho sentito dire che agli umani non fa granché bene.
Tornando a scoccargli un'occhiata in tralice a quel rimprovero, Juri distinse chiaramente il sorrisetto strafottente che gli era comparso in volto e per riflesso, punta nell'orgoglio, si corrucciò assumendo un'espressione decisamente offesa.
Sbuffò, risentita, cercando di voltargli le spalle ma, bloccata dagli altri due demoni, riuscì a malapena a reclinare leggermente il busto verso sinistra, spostando parte del peso sulla spalla medesima e voltando il capo in quella direzione.
Stava ancora cercando un modo per riscattarsi e sembrare meno patetica di quanto la sua natura di mezzodemone non facesse già di per sé quando, nel silenzio che seguì, avvertì qualcosa sfiorarla vicino alla tempia destra.
Si voltò di scatto, ancora sulla difensiva, per sincerarsi di cosa fosse, ma il risultato fu soltanto una sonora capocciata.
Ahi. – guaì lei.
Ouch! – fece a sua volta Koga, raddrizzando di scatto il capo.
Il contraccolpo li fece allontanare di qualche decina di centimetri.
Ormai completamente nel pallone, Juri fissò con occhi spalancati e guance rosse e gonfie il demone-lupo che si stava massaggiando la radice del naso con due dita artigliate.
– ..cos'è? Volevi cercare di finire l'opera del botolo, per caso?! – si lamentò il capobranco, ancora senza guardarla.
Quell'accenno allo scontro del giorno precedente la indusse a gonfiare le guance in un moto di stizza per l'ennesima accusa infondata che le veniva rivolta, ma in qualche modo l'atmosfera appartata della grotta ed i toni comunque tenuti moderati ne mitigarono il fastidio, tanto da permetterle di farselo scivolare di dosso. Così non era per l'imbarazzo dell'intera situazione che ancora vigeva, così la mezzodemone, mentre Koga arricciava la punta del naso per verificarne lo stato integro, sbuffò.
– Certo che no! Che.. che stavi facendo?
Non era abituata a tutta quella vicinanza, né a quel suo modo di fare tanto incurante degli spazi personali altrui. Per non parlare della sua condizione ancora placcata da quegli altri due beoti ancora dispersi nel mondo dei sogni. Se il giovane capo non avesse reclamato tutta la sua attenzione sin da quando aveva aperto gli occhi, se li sarebbe scrollati di dosso in un istante.
– Stavo soltanto memorizzando il tuo odore. È piuttosto particolare, sai?
– Bella scoperta: sono una mezzodemone.
– Non si tratta di questo, scema... ma tanto non vale la pena che te lo spieghi – la sbeffeggiò lui con una sufficienza ben costruita, prima di decidersi a scostarsi da lei.
Come lui si sollevò a sedere, mostrandole la schiena, lei poté finalmente giovare di un po' più d'aria e stava per imitarlo, intenzionata a non lasciar cadere il discorso né l'offesa che le era stata rivolta, quando ogni suo pensiero svanì all'istante, soppiantato da una nuova scarica di dolore proveniente dal piede.
Sobbalzando sulla paglia, Juri guaì e al contempo scattò come se si fosse scottata. Scalciando, in un attimo avvertì la parete della grotta premerle dietro la schiena e di fronte ai suoi occhi sgranati le figure dei suoi due nuovi fratelli stavano cercando di riaversi da quel brusco risveglio.
Ginta, rotolando carponi, barcollò confuso, mentre Hakkaku, riuscendo a mettersi seduto a gambe conserte, stava cercando di guardarsi attorno, sfregandosi un occhio con una mano artigliata.
A mezzo metro alla sua destra, Koga altalenava lo sguardo azzurro fra loro con un sopracciglio inarcato.
– Sorella..? – biascicò il demone con la cresta.
– Sorella un accidente! – esplose lei, con le lacrime agli occhi, fissandolo con tutta l'intenzione di volergli saltare al collo – Mi hai morsa!
Nel breve momento di silenzio che seguì si sentì un sommesso sbuffo divertito provenire dalla figura volta di spalle del capobranco, cosa che rese la mezzodemone ancora più indispettita di prima.
Hakkaku dal canto suo affrontò quell'accusa con un silenzio attonito e l'espressione da pesce lesso, cercando conferma di quanto da lei affermato sui volti degli altri demoni. Un paio di secondi dopo e, tornando con lo sguardo sulla ragazza lupo, sfoggiò un sorriso mortificato e teso.
– Ops... – esordì, andando a sfregarsi la nuca con la mano destra, ridacchiando – mi spiace... stavo... stavo sognando.. eheh.
Di fronte a quella pallida imitazione di scuse, lei, che intanto stava tentando di massaggiarsi il piede ferito, si irrigidì, perforandolo coi suoi occhi ambrati nell'ombra della grotta. Juri avvertì il proprio potere demoniaco agitarsi appena sotto pelle.
E poi la tensione nell'aria e quell'atmosfera che stava minacciando di diventare elettrica s'infransero, ridotti in mille schegge da un suono che prese tutti loro alla sprovvista. La franca e sontanea risata che riecheggiò sulle pareti fece voltare i due fratelli e la ragazza verso la sua origine, lasciandoli interdetti e completamente spiazzati.
Di fronte ai loro occhi, Koga se la rideva di gusto, tenendosi addirittura l'avambraccio sinistro premuto sullo stomaco mentre, con l'altro braccio, si teneva dritto in quella posa seduta su paglia e pellicce. Quella risata, priva di freni, risuonò nelle orecchie candide di Juri calda e genuina, contagiosa, di quella tonalità che ne tradiva la provenienza diretta dal cuore.
Il primo a cedere fu Ginta, la cui voce si unì a quella del loro capo, seguito da Hakkaku e, per ultima, la stessa Juri, la quale avvertì ogni traccia di malumore e persino il dolore fisico svanire completamente. Seppur fosse confusa ed ancora imbarazzata per gli accadimenti di quel mattino.
Quando, un paio di minuti dopo, tornò la calma, l'atmosfera che si respirava all'interno della grotta era molto più distesa, tanto da permettere a Ginta e Hakkaku di aiutarla a rimettersi in piedi con l'intento di verificare che non zoppicasse.
Juri, seppur incerta, fece qualche passo, riscontrando la natura lieve del danno, se così poteva esser chiamato.
– Per fortuna non ti ho fatto male... – fece sollevato Hakkaku, sorridendole.
– Già. Non se lo sarebbe mai perdonato, proprio ora che hai deciso di restare con noi! – si aggiunse Ginta al suo fianco.
La mezzodemone altalenò lo sguardo dall'uno all'altro con un sopracciglio inarcato, quindi scoccò un'occhiata al loro giovane capo, cercando di mettere ordine nella moltitudine di pensieri che stavano tornando a pervaderle la mente.
Non era più offesa, ma mantenne comunque un'espressione corrucciata e decise di dare voce ad ogni domanda, giacché quello sarebbe stato il primo giorno al loro fianco come un membro effettivo del loro clan di demoni-lupo. Meglio mettere subito alcune cose in chiaro.
– Sono tornata ma non per questo ho cambiato idea sui miei spazi personali – esordì, stizzita, battendosi una mano aperta sul petto – Che vi è saltato in testa di usarmi come cuscino? Non so se sia normale per voi, ma oltre ad essere nuova sono anche una ragazza e credo di aver tutto il diritto di avere un giaciglio solo mio per dormire.
– Ehm... – tentò, imbarazzato, Ginta.
Fu Koga ad interromperlo, accostandosi a lei con noncuranza, la mano sinistra a puntellare il fianco medesimo.
– Erano così preoccupati ed entusiasti per te che ti si sono accoccolati accanto e si sono addormentati come lupacchiotti... avresti dovuto vedere la scena! – il capobranco le lanciò un sorrisetto ironico dalla sua maggiore altezza: era palese che se la stesse ridendo sotto i baffi.
In reazione a quelle parole i due avvamparono all'unisono, iniziando a balbettare come dei veri imbranati.
Juri dal canto suo però venne distratta dallo stesso demone-lupo che si era fatto avanti, andando in soccorso dei suoi compagni. Non ricordava di averlo mai visto di così buon umore e la cosa, oltre a sorprenderla, la indusse a dargli tutta la sua attenzione.
Sbatté le palpebre, ma l'aria rilassata seppur spavalda del giovane capo non venne meno.
E lei iniziò ben presto ad accusarne il carisma naturale.
– P-preoccupati? – ripeté meccanicamente, sentendosi nuovamente arrossire. Quel mattino iniziava ad accadere un po' troppo spesso.
Koga annuì, deviando il suo sguardo ceruleo sui due demoni-lupo. Quelli se ne stavano intanto sulle loro, come se il discorso non li riguardasse, guardando in tutte le direzioni tranne che in quella della diretta interessata.
– Allora? – li incitò il loro capo, con un cipiglio severo.
Fu di nuovo Ginta, dopo un rapido sussulto, a cedere per primo, tornando a guardarla con un sorriso imbarazzato.
– Noi demoni della Tribù Yoro ci proteggiamo a vicenda, perciò...
– ...siamo rimasti al tuo fianco, stanotte.. – proseguì dopo un istante Hakkaku, altrettanto a disagio. Non riusciva ancora a guardarla dritto negli occhi e le sue iridi nere e minute si alternavano fra lei e il pavimento – ..dato che eri umana.
Con quelle ultime parole Juri ebbe la conferma che cercava: anche loro sapevano, adesso.
Scoccando per riflesso una nuova occhiata a Koga, preda del disagio del momento, lo vide esternare un vago sbuffo dal naso, muovendo appena il capo in cenno d'assenso, come se fosse soddisfatto di quello scambio di battute fra i suoi sottoposti.
– Bene – esordì infatti l'istante seguente, riesumando la sua indole autoritaria di capo – Ora che questa cosa è risolta, rimane la questione di Inuyasha.
Le orecchie della ragazza si rizzarono automaticamente e ogni altro pensiero venne accantonato per ascoltare ciò che aveva da dire il capobranco.
– Data la posizione del sole, dubito che lo rivedremo per oggi, ma a turno Ginta e Hakkaku andranno a verificare a sud se vi sia traccia del cagnolino.
I due diretti interessati annuirono all'unisono con un movimento del capo.
Juri invece inarcò un sopracciglio, ma non dovette aprir bocca per avere delucidazioni sul suo ruolo.
– Juri, tu verrai con me al lago.
Koga non le fornì altre spiegazioni e lei non ne pretese: a quell'ordine diretto annuì a propria volta con un cenno del capo e niente di più, seppur la curiosità nata dal comportamento del capobranco fosse pungente. Ma avrebbe avuto modo di dare risposta ai propri interrogativi di lì a poco, lo sapeva. Inoltre, non era la prima volta che il giovane capo pretendeva la sua presenza in virtù di qualche compito da svolgere.
Quando misero piede fuori dalla grotta, superando la cascata che ne celava l'ingresso, la ragazza lupo si fermò, stringendo le palpebre contro la luce del giorno. La posizione del sole era incredibilmente avanzata nel cielo punteggiato di nubi, cosa che la indusse a soffocare un'esclamazione di sorpresa: era già primo pomeriggio. Aveva dormito per oltre mezza giornata.
Incredula per essere riuscita a riposare indisturbata tanto a lungo, comprese fino in fondo solo in quel momento le motivazioni che avevano portato Koga a trarre le sue conclusioni sul mezzodemone-cane: se non ne avevano ancora avuto segno dopo tutto quel tempo, per quel giorno era improbabile che si facesse vedere. Rammentava bene quanto tempo occorresse per percorrere la distanza fra il territorio degli Yoro ed il villaggio vicino al quale aveva incontrato per la prima volta Inuyasha e compagnia.
Dubitava che ciò fosse a causa del maltempo comunque: vi era odore di pioggia nell'aria ed il terreno era bagnato sotto i suoi piedi.
Così, dopo essersi divisi, Juri seguì Koga verso l'altopiano, finché il demone-lupo non frenò la sua corsa sulle sponde dell'ampio lago che ne occupava l'area quasi per metà. Raggiungendo il demone dopo un solo secondo, la ragazza lasciò spaziare lo sguardo sulla sua superficie riflettente.
Ancora una volta Koga aveva tenuto un'andatura che le aveva permesso di stargli dietro.
Spiandolo con la coda dell'occhio, lo vide scrutare con vago interesse la massa d'acqua ed il territorio circostante, finché non assunse quella posa a gambe ben piantate a terra e pugni sui fianchi tipica di quando arrivava ad una qualche conclusione.
– Per oggi resteremo in zona, nel caso dovessi essermi sbagliato sul botolo ringhioso – affermò, prima di scoccarle un'occhiata da sopra la spalla e dar mostra di un nuovo mezzo sorrisetto – e intanto vedremo come te la cavi con la pesca.
– La... la pesca? – ripeté lei, presa alla sprovvista.
– Esatto!
Il tono privo di incertezze del demone-lupo al suo fianco le fece sbatter un paio di volte le palpebre, prima di tornare ad osservare il lago. Non aveva mai tentato di prendere qualcosa in un bacino così grande, giacché sino a quel momento aveva preferito tenersi alla larga da tali masse d'acqua: vi erano alte probabilità che fossero la dimora di uno o più demoni e la cautela l'aveva sempre indotta a non soffermarvisi a lungo.
Evidentemente il capobranco dovette intuire cosa le passasse per la testa, perché aggiunse: – Se vi fossero stati altri demoni, arrivati a questo punto lo sapremmo: da quando abbiamo annientato quei lucertoloni, abbiamo perlustrato l'intera zona e tenuto d'occhio le sponde. Non v'è traccia di altre creature demoniache.
Sorpresa per essere risultata così facile da leggere, Juri annuì senza osare volgere lo sguardo in sua direzione, nuovamente in imbarazzo. Con una parte di sé si chiese come avesse fatto Koga ad indovinare ciò a cui stava pensando, mentre un'altra le ricordava che il demone-lupo aveva sempre avuto un discreto spirito d'osservazione.
Serrando le braccia in una posa conserta sotto la fascia del seno, si ricordò di aver lasciato parte del proprio equipaggiamento alla tana. Abbassando meccanicamente gli occhi su di sé, ne ebbe conferma: la vestivano solo le pelli di lupo che le avevano dato gli Yoro, fatta eccezione per la Zankazeyaku e la strana pietra blu appesa intorno al collo.
Immediatamente irrigidì la posa delle braccia con la quale aveva involontariamente evidenziato la curva del seno. Nonostante la sua decisione di tornare da loro, il suo lato introverso aveva ancora un peso sul suo modo di porsi e senza la protezione del giustacuore si sentiva esposta.
– Quindi.. – esordì, rompendo il silenzio ed accantonando lo strano disagio che le stava nascendo in petto – ..mi stai dicendo che devo buttarmi nel lago e recuperare qualcosa da mangiare per stasera?
– No – ribatté Koga, senza scomporsi.
Di nuovo presa alla sprovvista, stavolta la ragazza lupo non poté non cercarne il volto con l'iridi ambrate, trovando il giovane capo intento a scoccarle uno dei suoi sorrisetti a metà; uno di quelli di chi la sapeva ben più lunga degli altri e ci teneva a farglielo sapere.
Noi tenteremo di recuperare qualcosa da mangiare per stasera.
E quel "noi" pronunciato con tutta quella convinzione le sfiorò l'animo, penetrando sino al cuore e facendolo battere un po' più velocemente di poc'anzi. Per riflesso, ella andò a premere delicatamente una mano su quel punto, gesto che non parve passare inosservato.
– ..che hai? – le domandò l'altro, inarcando un sopracciglio.
– Niente, niente.. – si affrettò a dire Juri, tornando ad abbassare l'arto e deviando ancora una volta lo sguardo sul lago.
Si diede della sciocca per essersi emozionata per così poco ed in parte non sapeva nemmeno lei a cosa la sua reazione fosse realmente dovuta. Era trascorso davvero molto tempo da quando aveva intimamente rinunciato all'idea di far parte di qualcosa, perciò non era strano che certe cose la prendessero ancora alla sprovvista, ma in fondo all'animo sapeva non poter essere solo quello, il motivo di una sensazione tanto agrodolce.
Scoccando l'ennesima occhiata in tralice al demone-lupo, osservandone di sfuggita il profilo si chiese se la medesima frase, detta da un altro di quei suoi nuovi compagni, le avrebbe suscitato lo stesso effetto.
No, concluse dopo un istante di incertezza, probabilmente no.


Koga trascinò la loro preda fuori dall'acqua, scaraventandola senza troppi preamboli oltre la linea di riva. Il cadavere del grosso pesce demoniaco si riversò con un tonfo umido sull'erba verdeggiante e lì rimase, immobile, gli occhi vitrei sotto la placca ossea della testa squamosa.
Il suo sangue, di una sfumatura bordeaux, aveva già imbrattato parte del terreno e stava diluendosi nelle acque del lago in cui lui era ancora immerso fino alle ginocchia.
Completamente fradicio, il demone-lupo raggiunse la terra ferma con passo cadenzato, affondando i piedi nella fanghiglia del fondale senza curarsene eccessivamente. Una volta all'asciutto, dopo essersi scosso a dovere per eliminare l'acqua in eccesso, si voltò verso il lago da cui era appena uscito per cercare con lo sguardo ceruleo la mezzodemone. Vedendola riemergere in quel momento, senza più preoccuparsene, Koga tornò a darle le spalle solo per abbandonarsi sul prato, con tutta l'intenzione di lasciarsi asciugare al sole.
Si distese sull'erba, ponendo ambo le mani intrecciate dietro la nuca ed accavallando le gambe rivolte verso le sponde del lago. Gonfiando i polmoni d'aria con palese soddisfazione, a quel punto si lasciò sfuggire un sospiro: avevano preso proprio una bella preda, non poteva sentirsi diversamente. Con quella creatura, grossa il doppio di lui, avrebbe sfamato l'intero Clan dell'Ovest, lupi compresi.
Lo sciabordio ritmico dell'acqua che veniva smossa gli rivelò che la ragazza che lui aveva coinvolto nell'impresa stava uscendo a sua volta dal lago.
– Koga! Cough cough.. – la voce di lei irruppe nella quiete del tardo pomeriggio, seppur infranta da alcuni colpi di tosse.
Con una parte di sé il demone-lupo rammentò la velocità con la quale l'aveva vista scomparire sott'acqua, trascinata da quello stesso pesce demoniaco che avevano infine sopraffatto. Doveva aver bevuto un po', a giudicare da quell'epilogo.
– Ottimo lavoro – la lodò, non prendendosi la briga di gettarle nemmeno un'occhiata né mancando di esternare una certa irriverente sufficienza nella propria voce. Non che non ritenesse che l'aiuto di lei fosse stato provvidenziale, semplicemente si era appena ricordato di come lo divertisse provocarla.
E Juri abboccò subito.
– È stato... da fuori di testa! – esplose, col fiato corto – La prossima volta che penserai di usarmi come esca, scordatelo!!
Koga, seppur inizialmente divertito, a quell'accusa lasciò spazio ad una nuova perplessità che ne fece sfumare in sorrisetto fino a un attimo prima sfoggiato. Comprese solo un istante dopo ciò a cui lei si riferisse, ma perse l'occasione di ribattere alcunché, giacché avvertì la ragazza lupo ricadere sull'erba ad un paio di metri alla sua sinistra. Aprendo un occhio, allora lui le scoccò un'occhiata di sottecchi, notandola completamente abbandonata sul prato verdeggiante.
Distesa supina, con gambe e braccia spalancate e fradicia come lo era stato lui sino a pochi secondi prima, aveva gli occhi chiusi e le labbra schiuse a rempire adeguatamente i polmoni d'aria. Il suo volto però, per quanto gli eventi gli avessero suggerito il contrario, non recava alcuna traccia di contrarietà, solo un placido abbandono a quel riposo più che dovuto.
Lasciando perdere, Koga tornò ad abbassare ambo le palpebre.
Gli era sembrata restia ad immergersi in acque profonde, così le aveva solo dato una piccola spinta.. una spinta che l'aveva scaraventata in mezzo al lago. Non l'aveva certo fatto per approfittare della sua natura semi-demoniaca per richiamare qualche grossa entità dalle profondità.
– Non credevo ci fossero davvero delle bestie demoniache sul fondo del lago – commentò dopo un po' di tempo, infrangendo per primo il silenzio – Ma è stata una fortuna: abbiamo di ché banchettare stasera.
Questa volta non ebbe bisogno di controllare per aver la certezza di avere lo sguardo di lei puntato addosso. Ne avvertiva il peso come un pizzicore sotto pelle, una sensazione che lo fece sbuffare divertito, immaginandosi fin troppo chiaramente l'espressione imbronciata che lei doveva aver assunto.
Pochi secondi dopo la sentì esternare uno sbuffo scocciato.
– Sarà, ma a pesca con te non ci vengo più.
Quell'affermazione lo indusse ad aprire gli occhi e guardarla nuovamente in tralice, per nulla impensierito.
– Posso ordinartelo come capobranco – le ricordò seccamente, senza riuscire a mascherare del tutto una nota allegra nella voce.
– Despota.
– Ragazzina.
– Antipatico.
– Ingenua.
– Spocchioso.
– Imbranata.
– ...a-antipatico! – ribatté lei dopo un istante, mancando di inventiva.
Koga si lasciò sfuggire un nuovo sbuffo divertito alla conclusione di quel rapido botta-risposta che lo aveva visto vincitore, tornando a rivolgere lo sguardo al cielo sopra le loro teste. La volta, punteggiata di nubi che iniziavano ad assumere contrasti più marcati, stava iniziando a dipingersi delle prime sfumature del tramonto.
Eppure, a discapito degli eventi, persino ad uno come lui parve chiaro come, finalmente, la ragazza lupo al suo fianco fosse più rilassata rispetto a qualche ora prima. Ne aveva notato la rigidezza quasi subito, ma ora che era tornata a comportarsi come era abituato a vederla pure lui si sentì più sollevato ed a proprio agio.
In quel breve pomeriggio che si era dedicato al semplice compito di procacciare qualcosa da mangiare per sé e i suoi, era riuscito a dimenticarsi degli affanni e delle ansie che lo avevano tormentato negli ultimi tempi.
Era riuscito a distrarsi.
E senza Juri, una parte di lui lo aveva già capito, non ci sarebbe riuscito.


Dopo aver aiutato a mettere la bestia demoniaca sul fuoco, Juri passò gran parte della serata a coccolare e giocare coi lupi del branco, totalmente rilassata ed a proprio agio nella calda luce delle fiamme. Erano tutti presenti, seduti intorno al grosso spiedo su cui arrostiva la loro cena.
Inuyasha alla fine non si era fatto vedere, ragion per cui l'umore generale era piuttosto alto.
Stavano parlando del più e del meno quando, dal nulla, Ginta ritirò fuori la storia di quel mattino.
– Comunque... Koga dice tanto di noi, ma alla fine è stato lui il primo a non voler allontanarsi da te... – le mormorò, inclinandosi verso di lei e tenendo una mano a riparare la bocca.
Questo non gli evitò un legno dritto in testa da parte dell'interessato, che per il resto fece finta di nulla.
Juri si ritrovò a sghignazzare, imbarazzata, sì, ma anche lusingata.
Aveva ripensato più volte all'accaduto e, alla fine, aveva riconosciuto dentro di sé una sensazione di calore nuova ed antica al contempo. Qualcosa che non ricordava di aver provato in precedenza e che, pensando a quell'insolito piccolo clan di demoni-lupo, la faceva sorridere senza motivo apparente.
Quel loro inaspettato, bizzarro tentativo di prendersi cura di lei, le aveva infine rammentato cosa volesse dire far parte di una famiglia. E lei, lì seduta in mezzo a loro, si sentiva esattamente così: parte di una famiglia.
Ed era una sensazione indescrivibile.
Sensazione che venne accantonata dall'argomento che il capobranco sollevò pochi secondi più tardi.
– Inuyasha tornerà presto per cercare di prendersi i frammenti – affermò, serio, calamitando su di sé la loro attenzione.
Teneva lo sguardo fisso sulla preda in via di cottura, seduto in paziente attesa.
– Intendi consegnarglieli? – si informò Juri, osservandolo con una malcelata curiosità.
Il braccio che Ginta gli aveva fasciato la sera precedente era tenuto sul ginocchio, sollevato per fornire da appoggio. Le bende erano state rimosse da tempo e alla luce del fuoco non si intravedeva nemmeno la cicatrice. Il potere rigenerativo dei demoni completi era qualcosa di assurdo.
– Tsk! Certo che no! – ribatté subito Koga, mostrandole una smorfia di sdegno per l'ipotesi da lei sollevata – ..dovrà strapparmeli con la forza!
Juri scoccò uno sguardo agli altri due demoni-lupo, ritrovandoli irrequieti ed a disagio, tanto da aver distolto i loro sguardi dal loro capo. Quando incrociò gli occhi scuri di Ginta, venne colpita dalla frustrazione e dall'impotenza che vi scorse all'interno e dovette controllarsi per evitare di tradirlo.
Eppure, proprio grazie ad esse, la mezzodemone si decise.
– Allora glielo impediremo! – esclamò con fermezza, sollevando l'iridi su Koga.
– Cosa?
Juri intrecciò ambo le braccia al petto, categorica.
– Quello che ho detto – rispose senza scomporsi, totalmente sicura di sé – Combatteremo al tuo fianco.
Aveva deciso: non avrebbe permesso a quel cagnolino di arrivare a fare del male al loro capo. Non di nuovo. Il solo pensiero non riusciva a lasciarla indifferente e lei non era mai stata il tipo di persona che se ne restava in disparte.
O almeno, credeva di non esserlo. Non le era mai importato realmente di nessuno all'infuori di sé stessa, perché a nessuno era mai importato di lei, a parte la sua defunta madre. Eppure non riusciva proprio a sopportare quella sensazione di contrarietà mista ad ansia che le stava serrando sempre più fermamente il centro del petto.
– Non se ne parla – ribatté Koga di slancio, altrettanto fermamente – il cagnolino è mio!
La cosa non la intimò per nulla e, in tutta reazione, sfoggiò un sorrisetto irriverente.
– Nemmeno per idea.
Ginta e Hakkaku intanto osservavano il diverbio con volti di cera, senza intervenire in favore di nessuna delle due fazioni. Evidentemente nessuno di loro aveva mai osato contraddire Koga prima di lei.
Juri non se ne preoccupò e tornò a concentrarsi sul demone-lupo, che nel frattempo si era alzato in piedi e la fissava con sguardo penetrante, le mani serrate a pugno lungo i fianchi.
– Non voglio sentire discussioni.
Lei lo imitò, fronteggiandolo dai pochi metri che li separavano.
– Io nemmeno.
– Ehm... sorella... – esitante, Hakkaku cercò di intromettersi, presto spalleggiato dal fratello.
– Non è il caso, sorella Juri...
Gettando loro un'occhiata da sopra la spalla, la mezzodemone colse in quelle espressioni sorridenti tensione ed una vaga apprensione.
– Esatto – rincarò la dose Koga, tornando a reclamare la sua attenzione. Sfoggiava uno di quei suoi sorrisetti sfrontati, fissandola con aria di superiorità – Ascolta i tuoi "fratelli". Tua madre non ti ha insegnato a non giocare col fuoco?
Quell'ultima frase provocatoria la contrariò veramente, tanto da farle digrignare le piccole zanne in una smorfia.
Come si permetteva di tirare in ballo sua madre?
L'angolo destro delle labbra le si arricciò verso l'alto, intenzionata più di prima a ripagarlo con la stessa moneta.
– E saresti tu il fuoco? – ribatté sarcastica – Strano, ti avevo scambiato per un semplice lupacchiotto...
La sua provocazione andò a segno.
Koga scattò, balzandole addosso con la stessa rapidità di una folata di vento e lei si ritrovò a strabuzzare gli occhi dalla sorpresa nel ritrovarsi il suo volto sogghignante ad un palmo di distanza. Riuscì per riflesso ad afferrargli i polsi, ma lo slancio di lui fu tale da farla sbilanciare all'indietro. Un istante dopo erano entrambi a terra, a rotolare nella polvere per cercare di sopraffarsi a vicenda.
Digrignando i denti per lo sforzo, le posizioni vennero invertite più volte, mentre nelle orecchie candide di Juri risuonavano le voci dei loro compagni, i loro richiami tanto concitati da sovrastare il crepitare del fuoco e persino il costante rumore del torrente.
La situazione rimase in stallo per una manciata di secondi, durante i quali la ragazza distinse chiaramente uno strano luccichio negli occhi del capobranco. Non vi era traccia di rabbia in quegli occhi, solo un'eccitazione primordiale che le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale, sino a rizzarle i peli della coda. In un battito di ciglia, la ragazza lupo si rese conto che era la stessa emozione che le scorreva come una scarica elettrica sotto pelle e le venne spontaneo ricambiarne il sorrisetto.
Agevolata da una nuova ondata di adrenalina, Juri riuscì ad invertire nuovamente le posizioni, portandosi sopra il demone-lupo, ma questi stavolta sfruttò il suo stesso slancio per ricambiarle il favore. Fu a quel punto che ella non avvertì più il terreno sotto la schiena.
Scivolò dritta nel torrente e Koga cadde con lei, mentre la stretta con cui entrambi si tenevano avvinghiati si sciolse all'improvviso, dividendoli.
Come l'acqua gelida le si chiuse sopra, i bollori si raffreddarono di colpo, spingendola a cercare subitaneamente di tornare in superficie. Spinta dalla corrente, Juri riemerse una trentina di metri più a valle, lontana dalla luce del fuoco, sputacchiando e tossendo a causa dell'acqua finitale in gola.
Raggiunse in breve la riva e muovendosi carponi sull'acciottolato non si trattenne dall'imprecare.
– Maledetto.. cough cough.
Era la seconda volta che si ritrovava in quella situazione in poche ore.
Grondando acqua, sollevò solo in quel momento il capo di fronte a sé, immobilizzandosi non appena un paio di gambe rientrarono nel suo campo visivo. Irrigidendosi, non fece nemmeno in tempo a rivolgere il proprio sguardo ambrato verso l'alto che la risata di Koga infranse il momento.
Quel semplice suono la fece reagire con un secondo di ritardo, troppo sorpresa e confusa di sentirlo, mentre i capelli d'argento finivano di appiccicarsi alla pelle del suo viso e del collo, grondando acqua come il resto della sua figura.
– Che cos'hai da ridere tanto, si può sapere? – sbottò sulla difensiva, irritata.
Quel disgraziato di un capobranco le aveva appena fatto fare il bagno di mezzanotte contro la sua volontà, e se la rideva pure.
Ma Koga parve non dare peso alla cosa, sorprendendola un'altra volta nel porgerle una mano artigliata.
– Su, alzati... – le disse solamente.
Il sorriso che aveva stampato in volto non recava traccia dei sentimenti che li avevano mossi in precedenza, ma appariva tranquillo e pacifico in quell'offerta d'aiuto. Quel suo comportamento non fece altro che indurre la ragazza ad inarcare un sopracciglio, seppure non vi mise molto a decidere. Come mossa da un istinto a lei estraneo, allungò la propria mano per stringere quella artigliata del demone-lupo di fronte a lei e si rialzò in piedi, senza proferire parola.
Una volta che fu di nuovo salda sulle proprie gambe, fuori dal torrente, allora iniziò ad armeggiare coi propri capelli, attorcigliandoli con ambo le mani per far colare a terra l'acqua in eccesso. Koga la lasciò fare ma non si mosse, limitandosi ad osservarla, e sotto il suo sguardo la ragazza lupo avvertì il proprio cuore iniziare ad accelerare inspiegabilmente i battiti.
Tentando di far finta di niente, si scostò la chioma argentea dietro le spalle con uno scatto del capo, prima di porre ambo le mani a puntellare i fianchi, volgendosi nuovamente verso il capobranco della tribù Yoro con un cipiglio accusatorio.
– Due volte sono troppe! – esclamò col fiato corto, facendo quel passo che li divideva per andargli sotto a muso duro – Scaraventami di nuovo in un lago, un fiume o persino una pozzanghera e ti pianto in tronco!
Appena finì di pronunciare quelle parole però, si pentì di aver dato sfogo al proprio lato permaloso.
In reazione alla sua minaccia infatti, vide l'iridi cerulee del demone vacillare e il suo volto perdere ogni accenno di sorriso in favore di un'espressione indecifrabile, del tutto priva di qualunque accenno d'irritazione o arroganza. Non la sbeffeggiò, come si era aspettata, ma si limitò a scrutarla con quello sguardo attento e penetrante, come se tentasse di sondarla sin nell'animo e cogliervi ogni suo segreto.
La pungente emozione che la colse, ella la riconobbe subito: era senso di colpa.
Perché sapeva che quella minaccia che aveva appena esternato era del tutto infondata.
Sentendosi terribilmente in difetto sotto quegli occhi azzurri, fece meccanicamente un passo indietro, mordendosi il labbro inferiore coi canini.
– C...che hai da guardare? – gli chiese, ancora corrucciata, abbassando meccanicamente le orecchie.
Lui non le rispose, ma al suo nuovo passo indietro la seguì, avanzando, quell'espressione terribilmente seria che non sembrava intenzionato a far cadere.
Tutta quella vicinanza divenne per lei insostenibile.
– Che vuoi fare?! – tentò di nuovo, lasciandosi sfuggire un tono di voce più acuto del voluto.
Indietreggiò ancora, ma nel farlo non si rese conto di essere già in prossimità della riva del torrente. Il terreno divenne improvvisamente cedevole sotto il suo peso e Juri perse l'equilibrio.
– Attenta!
Fu Koga ad evitarle di cadere: rapido come solo lui sapeva essere, la afferrò per il polso destro e la tirò avanti. Un secondo dopo Juri si ritrovò stretta fra le sue braccia, ben lontana dal flusso tumultuoso dell'acqua corrente alle sue spalle.
Con gli occhi sgranati nel vuoto e il respiro trattenuto in gola, realizzò con un secondo di ritardo di trovarsi realmente stretta in un abbraccio saldo e protettivo ad opera dello stesso demone-lupo che l'aveva messa in quella situazione. Immediatamente avvampò in volto.
– S..scusa – balbettò con un filo di voce, non riuscendo a mettere a fuoco la spalla di lui per l'agitazione e la troppa vicinanza.
Confusa dalla sua stessa reazione, il cuore in gola, con l'unica parte della mente ancora funzionante si chiese cosa le stesse succedendo. Non era mai arrossita così tanto spesso in vita sua come in quegli ultimi giorni.
Attese, ma alle orecchie canine non le giunse alcuna risposta.
– Koga...?
Silenzio.
Tentò di muoversi in quella stretta, cercando di sopprimere in fondo all'animo quelle emozioni che la sensazione del corpo altrui stretto al suo le stava facendo nascere in petto, ma non riuscì a voltare abbastanza il capo.
Perché non la lasciava andare?
Poi un vago alito d'aria tepida le fece fremere l'orecchio destro.
– Lascialo a me il cagnaccio...
La voce di Koga le risuonò talmente vicina, bassa e suadente, da farla rabbrividire. Un brivido strano, che non aveva mai provato e che quasi la mandò nel pallone. Con la pelle del viso in fiamme, la ragazza lupo ci mise nuovamente un secondo di ritardo a cogliere il vero significato di quella frase.
– E..ehi! – spingendo con forza sul petto d'ei con ambo le mani artigliate riuscì a guadagnare lo spazio necessario a respirare ed a incrociarne lo sguardo, scontrando i suoi occhi ambrati carichi di contrarietà con quelli azzurri e maliziosi dell'altro – ..che fai? Giochi sporco?!
Koga sfoggiò finalmente un nuovo sorrisetto sghembo.
– Può essere – le rispose, laconico.
Juri trattenne l'impulso di tempestarlo di pugni per quello scherzo di cui era stata vittima, sbuffando al pari di una teiera sul fuoco. Indispettita, seppur ancora rossa in viso, gli riversò addosso il suo sguardo più accusatorio.
– Sei... sei...! – non riuscì nemmeno a trovare un insulto abbastanza calzante da dirgli.
Di fronte alla sua agitazione Koga ridacchiò.
– Non sforzarti, ragazzina, o ti si fonderà quella graziosa testolina che ti ritrovi – la prese in giro.
Lei in risposta riversò la sua frustrazione in un verso inarticolato fra i denti, chiudendo strettamente gli occhi per sfogare tutta la sua contrarietà e l'agitazione provate sino a quel momento. Agitazione che si attenuò ma non scemò del tutto, giacché quando tornò a schiuder le palpebre, la situazione era rimasta pressoché invariata. Koga non l'aveva ancora lasciata andare.
– Scemo! – esclamò finalmente.
Di nuovo il petto del demone-lupo sussultò sotto le sue mani, preda di una nuova risatina fra le zanne.
Quella vibrazione le strisciò sino al centro del petto e ancora una volta l'imbarazzo la avvolse, acuto e incontrastabile, tanto da indurla a spingerlo di nuovo. Stavolta il demone fece un passo indietro, concedendole lo spazio necessario a riprendere a respirare normalmente.
Come se niente fosse il giovane capo continuò a ridacchiare, ma durò poco. Come quel moto di ilarità si concluse, ella lo vide porre ambo le braccia conserte sul petto, in quella posa autoritaria che gli aveva visto assumere ormai in svariate occasioni.
– Il botolo è affar mio, nessuno di voi è abbastanza forte da affrontarlo – affermò senza batter ciglio, guardandola dall'alto in basso – Il discorso è chiuso.
– Ma.. – tentò di nuovo lei.
– No, Juri – la interruppe subito il capobranco, e di nuovo il suo tono non ammetteva repliche – Devo farlo io, per l'onore della nostra Tribù. Discorso chiuso.
L'intransigenza insita in quell'affermazione le fece serrare le mani a pugno lungo i fianchi.
Non riuscì a rispondergli, soggiogata dalla forza dello sguardo altrui, e non disse nulla nemmeno quando tornarono alla tana, ove Ginta e Hakkaku li stavano aspettando trepidanti.
Eppure, per quanto il suo orgoglio scalpitasse, la mezzodemone decise di pazientare.
Nonostante le parole di Koga, lei non era in grado di sopprimere quell'ansia che strisciante continuava a serrarle il petto in una morsa. Per quanto ben sapesse di cosa il demone completo fosse capace, non riusciva a tranquillizzarsi al pensiero dello scontro imminente.
E nemmeno la notte riuscì a mitigare il suo stato d'animo.



...continua.



Ciao a tutti!
Benritrovati!! Come già annunciato la volta scorsa, questo capitolo è stato un po' più lungo dei precedenti e credetemi, poteva essere anche più corposo! Allora, la prima giornata come membro della tribù sembra sia stata buona per Juri, bagni a parte xD
Vedremo se l'autorità di Koga basterà a indurre lei o gli altri dall'intervenire in qualunque modo... intanto vi lascio assicurandovi che giovedì sarò di nuovo qui per aggiornare, e saluto e ringrazio chi continua imperterrito a seguirmi e coloro che hanno inserito la storia fra le seguite/ricordate! E un saluto speciale va a Elerim che, celerissima, settimana scorsa mi ha lasciato la sua recensione! Sperando che anche questo capitolo non vi abbia deluso e che vogliate lasciarmi un commentino sul vostro pensiero, vi auguro la buona notte e buon inizio settimana!
baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 14
*** La resa dei conti ***




.::[. LA RESA DEI CONTI .]::.






Era l'alba, ma Koga non era riuscito affatto a chiudere occhio.
Fissava il soffitto dal morbido appoggio che era il suo giaciglio, le mani intrecciate dietro la nuca e la mente che vagava sugli accadimenti degli ultimi giorni. In particolare, su quanto avvenuto nell'arco delle ultime quarantotto ore.
In sottofondo, il lieve respiro di Juri si distingueva appena dal costante scroscio della cascata che celava l'ingresso alla caverna. Ginta e Hakkaku erano usciti per il loro turno di ronda già da un'ora, lasciandolo solo coi suoi pensieri.. e con lei.
Durante il pomeriggio le avevano sistemato un pagliericcio simile ai loro, con sostegni d'osso e pellicce, nella zona interna alla cavità naturale, in una nicchia sopra un modesto cornicione sulla parete a sinistra. Quando lo aveva visto, la mezzodemone sembrava esserne rimasta colpita e vi si era rannicchiata senza una parola, cadendo addormentata poco dopo. Eppure, tanto era bastato ai suoi due compagni per scambiarsi uno sguardo soddisfatto e persino Koga aveva accolto quella reazione da parte di lei con una certa soddisfazione.
Era una ragazza lupo orgogliosa ed introversa, pertanto non si era aspettato ringraziamenti espansivi, ma aveva colto benissimo la gratitudine con cui li aveva guardati prima di coricarsi. E questo gli era bastato.
“...combatteremo al tuo fianco.”
Il ricordo di lei tornò ad affacciarglisi alla mente, proiettandola dinanzi ai suoi occhi con l'espressione decisa con cui l'aveva fronteggiato la sera precedente, mentre gli teneva testa.
Sapeva di non essere affatto riuscito a convincerla a lasciar perdere l'idea di combattere contro Inuyasha, ma non le avrebbe permesso di intromettersi nel loro scontro. Lui e il cane avevano dei conti in sospeso e non era disposto a farsi da parte, non quella volta.
Quali che fossero le intenzioni della mezzodemone che avevano accolto fra loro, si sarebbe battuto da solo contro il botolo.
Ripensò per l'ennesima volta alle speranze che aveva covato fino a poco tempo prima sul futuro del clan di cui era il capo. Si era augurato che, prima che arrivasse quel giorno, Ginta e Hakkaku sarebbero stati lontani, affidati ad un altro clan degli Yoro, ma Juri aveva sconvolto tutti i suoi piani.
La presenza di lei aveva definitivamente fatto abbandonare al giovane capobranco l'idea di separarsi dai suoi storici compagni ed abbandonare il territorio della loro tribù. Di fronte a sé ora Koga scorgeva una sola strada possibile: restare e far tornare il Clan dell'Ovest ai fasti di un tempo.
La cosa incredibile era che, adesso, quella gli appariva anche come la scelta più giusta.
Ciò voleva dire che non poteva permettersi di morire, per nessun motivo, né quel giorno, né in futuro. Non finché non avesse raggiunto il suo scopo. E, al contempo, avrebbe dovuto proteggere i suoi compagni. Compresa Juri.
Con la coda dell'occhio, nell'angolo più buio della caverna, lanciò uno sguardo alla nicchia votiva in cui aveva riposto Goraishi. L'arma demoniaca era ancora parte di lui, nonostante fosse apparentemente di nuovo all'interno dello specchio originario, e grazie al legame che aveva con essa percepì l'approvazione dei loro antenati. La cosa lo rincuorò in parte, seppur conservasse ancora parte del suo proverbiale orgoglio.
La decisione di accogliere fra loro la mezzodemone non sembrava aver influito in alcun modo sulla protezione degli antichi demoni-lupo di cui il loro piccolo clan poteva giovare dal giorno in cui si era dimostrato meritevole di brandire Goraishi.
Evidentemente anche loro avevano compreso quanto quella ragazza lupo dal sangue impuro fosse diversa da un comune mezzodemone. Il potere racchiuso in quella sua spada demoniaca era una risorsa preziosa.
Eppure, Koga dovette ammettere con sé stesso, non era solo quello il motivo che lo aveva spinto ad accettarla. Non solo riusciva a tollerarne la presenza, ma si era accorto in quelle ultime ore che non aveva fatto altro che cercarla, con ogni senso del proprio corpo, proiettando gran parte della sua attenzione sulla sua figura.
Che ciò fosse dovuto alla novità di averla definitivamente fra i piedi e di esserne divenuto responsabile, era l'unica motivazione che voleva darsi riguardo al proprio comportamento. Perché, se così non fosse stato, poteva voler dire solo una cosa: stava perdendo quel poco di senno che gli era rimasto.
Con uno sforzo di volontà cambiò linea di pensiero: certe riflessioni iniziavano a dargli il mal di testa e lui non era mai stato uno riflessivo. Adorava l'azione, il menare le mani e seguire il proprio istinto, non era tipo da elucubrazioni mentali e non lo sarebbe mai stato. Così provò a riposare, ben consapevole del poco tempo rimasto a sua disposizione per farlo.
Quando Ginta e Hakkaku tornarono con le notizie che si aspettava, ormai il sole era sorto, e lui e Juri erano già in piedi intenti a fare colazione.
Inuyasha stava aggirandosi nei pressi dei loro confini, chiamandolo a gran voce.
Il giovane capo si lasciò sfuggire un sorrisetto. A quanto pareva il cagnaccio era più impaziente di lui di chiudere la questione.
– Koga!
La voce di Juri lo bloccò appena prima che scattasse verso valle, facendolo voltare in sua direzione.  Lo stava fissando con quei suoi occhi d'ambra limpidi e penetranti, in piedi nella fredda luce del mattino. Aveva le braccia lungo i fianchi ed i pugni stretti a tradire una tensione che si trasmise nell'aria che li separava. Non ebbe bisogno di pronunciare alcuna parola perché lui comprendesse cosa quegli occhi volessero dirgli: non si era affatto rassegnata.
Ma la cosa che più lo sorprese, fu il fatto di non provare alcun fastidio per tanta insubordinazione.
– Non demordi, eh?! – la sbeffeggiò lui, mostrandole le zanne in un ghigno a metà – Allora facciamo così: il primo che raggiunge il botolo lo affronterà, l'altro dovrà starsene in disparte a guardare.
Non le diede nemmeno il tempo di realizzare ciò che le aveva appena proposto che si voltò di scatto e partì. Il turbine che sollevò appena spiccata la corsa provocò una serie di esclamazioni contrariate che ben presto il lupo si lasciò indietro, perse nel vento e nella vegetazione.
Non curandosi di nient'altro, il capobranco sfrecciò con tutta la rapidità di cui era capace sul sentiero, giungendo a destinazione in pochi minuti. L'ultimo balzo lo fece piombare giù dalle rocce proprio dinanzi alla figura di Inuyasha, al centro di quello che era un ampio spiazzo erboso vagamente pendente verso Est.
– Finalmente ti ho trovato, lupo randagio!
– Veramente sono io che ho trovato te – gli fece notare lui, abbozzando uno dei suoi sorrisetti irritanti.
Un rapido sguardo gli rivelò che il mezzodemone-cane era solo... e che Juri non ci avrebbe messo molto a raggiungerli.
– Dove sono i tuoi inseparabili compagni? – gli chiese, beffardo – Ti sei fatto coraggio, per una volta, a venire ad affrontarmi da solo?
Inuyasha digrignò le zanne, irritato.
– Sì, fai pure lo spiritoso finché puoi, perché sto per tagliarti quella tua stupida lingua di dannato!
Dopo quella minaccia rabbiosa mise mano a Tessaiga, estraendola con un unico movimento fluido del braccio. Quella che all'apparenza era una semplice katana arrugginita si trasformò all'istante per volontà del portatore.
In quello stesso momento un'ombra si mosse alle spalle del demone-lupo e Juri si gettò letteralmente nella mischia, atterrandogli al fianco con un impeto che sollevò polvere e zolle d'erba.
– Non pensarci nemmeno, stupido cane! – esclamò, ringhiando.
Per un attimo Koga ebbe l'impressione che la mezzodemone gli sarebbe saltata direttamente addosso, dato lo slancio con cui era arrivata, ma rinsaldandosi sulle gambe quella si tenne perfettamente in equilibrio, mettendo a sua volta mano alla propria spada.
Bastò quel gesto a farlo intervenire, sollevando il braccio destro per anteporlo fra lei ed il mezzo-cane.
– Stai indietro!
– No! – si ribellò lei, scoccandogli uno sguardo in tralice – Hai giocato sporco, non vale!
Quella protesta gli fece pulsare più velocemente il sangue nelle vene, acuendo l'irritazione natagli in corpo per l'insubordinazione di lei. Era giunto il momento di farle capire quale fosse il suo posto.
– Juri! – esplose, trafiggendola con uno sguardo di fuoco – Ti ho dato un ordine!
Lei sussultò in reazione a quell'ultima frase e le orecchie candide le si piegarono all'indietro, mentre incassava il capo fra le spalle. La sentì farsi sfuggire un ringhio sommesso, un suono di frustrazione e sconfitta, mentre abbassava finalmente lo sguardo e faceva un passo indietro.
Di fronte a quell'atteggiamento sottomesso Koga si sentì soddisfatto: finalmente iniziava a riconoscere la sua autorità di capobranco.
Sollevato di non doversi preoccupare di lei, tornò a rivolgersi ad Inuyasha.
– E tu non sei capace di combattere senza quella tua stupidissima spada? Hai paura di perdere in uno scontro a zanne e artigli?
– Non diciamo sciocchezze, sono più forte di te e non ho bisogno di dimostrare niente!
– Sì certo, come no... – lo rimbeccò Koga, in tono piatto e palesemente ironico, prima di diventare accusatorio – ...in realtà, sei solo un codardo!
– Dannato lupo, come osi?! – il mezzodemone lo guardò con occhi che mandavano lampi d'ira e il demone-lupo capì di aver vinto.
Inuyasha rinfoderò la propria arma con un crepitio ed un sibilo d'energia, tradendo una certa tensione nel gesto stizzito. Quindi iniziò a sgranchirsi le nocche, mettendo in mostra gli artigli di mezzodemone.
– Fatti sotto quando vuoi, lupastro!
E Koga gli si lanciò contro senza attendere oltre.
– Arrivo!


Juri era lì, in disparte, ferma a guardare lo scontro preda di una serie d'emozioni contrastanti. Ogni colpo, ogni calcio, ogni pugno che i due contendenti si sferravano, le faceva ribollire il sangue demoniaco che le scorreva nelle vene di combattività, mentre quello umano si agitava sotto pelle aumentando l'ansia che l'aveva attanagliata dalla sera precedente.
Era la prima volta che provava un tale istinto di protezione nei confronti di qualcuno ed in quel momento non era nemmeno in grado di spiegarsi il motivo di tali emozioni. Sapeva solo di provarle e la loro intensità la stava lacerando.
In piedi accanto a Ginta e Hakkaku, con la mano sinistra a stringere convulsamente l'elsa di Zanka, andò a cercare con la mano destra la pietra blu oltremare appesa al collo mentre i suoi occhi tentavano di seguire ogni spostamento del loro capobranco. Koga si muoveva talmente veloce che, a tratti, persino a lei risultava difficile seguire l'avvicendarsi dei suoi attacchi, ma Inuyasha pareva perfettamente in grado di contrastarlo.
Al limitare della sottile fila di alberi alle loro spalle, la mezzodemone aveva da tempo percepito anche la presenza di un piccolo branco di lupi, probabilmente quello posto in zona in precedenza col compito d'intercettare il mezzodemone-cane prima che sconfinasse all'interno del territorio degli Yoro.
– Il sole è già alto allo zenit eppure quei due non sembrano aver alcuna intenzione di fermarsi – era stato Ginta a fare quell'osservazione, accucciato su una pietra ad osservare come tutti loro il combattimento.
– Il nostro capo è davvero un demone di incredibile forza ed astuzia – convenne a sua volta Hakkaku, annuendo con un cenno del capo – ..in questo scontro gli saremmo stati solo di peso.
Juri, seppur corrucciandosi maggiormente in volto, comprese a cosa si riferisse il fratello.
Koga era riuscito con uno stratagemma ad attirare Inuyasha in uno scontro corpo a corpo, dove erano quasi ad armi pari. Quasi, in quanto lo stesso demone-lupo non si era invece privato dei frammenti, sebbene il mezzodemone-cane avesse fino a quel momento dato prova di possedere una resistenza e dei riflessi notevoli.
Eppure, malgrado tutto, la ragazza lupo non si sentì affatto rincuorata.
Strinse con forza la pietra, aggrappandovisi come se la sensazione del cristallo nel palmo della mano potesse aiutarla a mantenere il controllo dei propri impulsi. E, per un paio di fugaci istanti, la cosa parve funzionare, giacché fu come se parte del proprio conflitto interiore ne venisse assorbito.
Ma fu solo una fugace impressione che venne in fretta accantonata, soppiantata da un'altra emozione, nuova ed antica al contempo, che dal centro del petto la pervase in ogni muscolo.
Si trattava di una contrarietà che non poteva appartenerle, non completamente, non così intensamente.
Ed una voce le risuonò nella mente sotto forma di un pensiero estraneo, infondendole un senso di deja-vù che la fece vacillare.
“Cosa aspetti?”
Confusa, spiazzata, Juri boccheggiò a quella sorta di proiezione mentale.
Sentendosi come trascinare in uno stato di torpore, istintivamente scosse il capo argenteo, ma quella voce tornò subito a farsi vivida nella sua mente.
“Un vero lupo lotta sempre per ciò che vuole.”
Non poteva disobbedire a Koga, era lui il capobranco.. e poi gli sarebbe stata solo d'intralcio, proprio come aveva detto Hakkaku.
“Tu sai che non è così.”
Fu in quel preciso momento che il combattimento sotto i suoi occhi ambrati giunse ad una svolta.
Inuyasha riuscì a sferrare un potente pugno a Koga, il quale venne scaraventato abbastanza lontano da permettere al mezzodemone più libertà nei movimenti. Abbastanza da indurlo a mettere mano alla spada che aveva al fianco.
– Mi sono stancato! – esclamò con stizza il cane.
Estraendola senza alcuna esitazione con un subilo ed un crepitare d'energia demoniaca, l'arma mutò sotto gli sguardi di tutti, assumendo i connotati di un'enorme spada affilata quanto una zanna e dall'elsa avvolta da una folta pelliccia bianca.
E Juri, il cuore in tumulto, avvertì come una scarica di potere attraversarla.
“Combatti per lui!”
Libera dal torpore che l'aveva avviluppata sino a quel momento, la mezzodemone-lupo scattò, abbandonando quell'immobilità forzata e fendendo l'aria al pari di una freccia. Lasciando la presa sulla pietra blu, estrasse la propria spada ancor prima di piantare i piedi a terra, muovendosi con una rapidità tale da far apparire il resto del paesaggio sfuocato al limitare del suo campo visivo. Intercettò la lama di Tessaiga con la propria in un clangore metallico che prese alla sprovvista persino il mezzodemone-cane, mentre la vibrazione dell'impatto lo costrinse ad affondare i piedi a terra per contrastarne il contraccolpo.
– Dannata! – ringhiò, snudando le zanne.
Lei in risposta gli rivolse un'occhiata tagliente, fessurizzando lo sguardo ambrato in quello dorato dell'altro.
– Se vuoi un combattimento di spade, ti accontento subito!
– Dannata mezza randagia..
La ragazza lupo lo ignorò, disimpegnando con uno scatto la propria lama e riguadagnando una distanza di sicurezza con un balzo all'indietro.
– Juri, togliti dai piedi!
La voce di Koga, di nuovo in piedi ad un passo da lei, le risuonò nelle orecchie sotto forma di un basso ringhio carico di nervosismo. Lei non si scompose, neanche si voltò a guardarlo, impegnata a scrutare ogni minima mossa del loro avversario.
Nella mente le risuonava ancora l'incitamento a combattere di quella voce.
– Non ci penso nemmeno.
– Vi farò fuori entrambi! – esclamò a quel punto Inuyasha, interrompendoli.
Come il mezzo-cane si gettò contro di loro, Juri sollevò nuovamente Zanka per parare l'assalto, ma un improvviso spintone la tolse dalla traiettoria del colpo nemico, mandandola a rotolare nell'erba. Un paio di metri più a destra, la ragazza lupo tornò a balzare in piedi, spada in pugno, solo per puntare i suoi occhi ambrati sulla figura di Koga che, katana in mano, aveva preso il suo posto.
– Non le torcerai un capello, dovrai passare sul mio cadavere, stupido cagnaccio! – esclamò con rabbia, il volto deformato in un'espressione di furore.
Juri si ritrovò a tentennare, giacché le parole del capobranco le avevano provocato un piccolo sussulto e i suoi occhi non riuscivano a scostarsi dal suo volto. La determinazione con cui fissava Inuyasha era tale da rendere quella sua ultima affermazione una verità assoluta alle sue orecchie candide.
Con uno scatto i due demoni disimpegnarono le lame, ma appena tornarono a scagliarsi l'uno contro l'altro uno schianto metallico, differente dai precedenti, ferì i timpani della ragazza.
Lei e Koga sgranarono contemporaneamente gli occhi di fronte allo spezzarsi netto della katana di lui, in corrispondenza del punto in cui Tessaiga aveva impattato sull'acciaio del capobranco. Questi, lo slancio ormai sfumato, perse l'equilibrio e venne colpito da un nuovo pugno in pieno petto, che lo scaraventò a diversi metri di distanza.
– No! – esclamò Juri, non riuscendo a contenere l'orrore.
Senza l'ausilio della katana, il giovane capo della tribù Yoro non aveva speranze d'impedire ad Inuyasha di utilizzare il potere della sua spada demoniaca. Non lo aveva mai visto in azione, ma Ginta e Hakkaku gliene avevano parlato ed a lei non era occorsa molta immaginazione per farsi un'idea.
Sotto il suo sguardo atterrito, il demone-lupo tentò di rialzarsi, ma ad ella fu subito chiaro che stavolta sarebbe stato troppo lento: Inuyasha stava già caricando il colpo, con quell'enorme zanna sollevata sopra il capo.
Ed il suo corpo si mosse da solo.
– Cicatrice del Vento! – annunciò il mezzodemone, sferrando il suo attacco.
Da Tessaiga partirono delle lame di luce che, al pari di una gigantesca artigliata, si diressero veloci verso il loro obbiettivo.
Ma Juri fu altrettanto rapida: si parò dinanzi a Koga, conficcando Zanka nel terreno fra sé ed il colpo di pura energia appena scagliato dal mezzo-cane. Non appena esso la raggiunse, l'impatto che ne scaturì diede origine ad un'esplosione di luce e potere demoniaco che quasi la sbalzò via. Incassando il capo fra le spalle per contrastare il violento spostamento d'aria, Juri digrignò le zanne nel tentativo di resistere, avvertendo piccoli tagli superficiali aprirsi sulla pelle esposta di gambe e braccia, finanche sul viso. Fu persino costretta a socchiudere lo sguardo per evitare di rimanerne abbagliata mentre la Cicatrice del Vento le passava accanto, divisa in due dall'ostacolo costituito da ella stessa.
Quando l'attacco demoniaco si fu dissolto ed il fragore da esso scaturito lasciò di nuovo spazio al rumore del vento, l'aria fresca tornò a carezzarle delicatamente il viso e allora lei tremò, riuscendo per miracolo a non cadere in ginocchio dopo lo sforzo sopportato. Sconvolta, con lo sguardo ancora perso nel vuoto che la divideva dal mezzo-cane, la ragazza lupo tentò di focalizzare ciò che era appena successo, mettendo a fuoco i solchi che si aprivano come squarci nel terreno di fronte a lei.
Quell'attacco, la Cicatrice del Vento, era dotato di una potenza tale da averla lasciata boccheggiante. L'aveva realizzato dalla resistenza che aveva percepito provenire dalla propria spada nel momento in cui la lama di Zanka era entrata in contatto con quell'onda d'energia. La vibrazione che le aveva risalito gli avambracci le aveva quasi fatto perdere la presa sull'impugnatura.
– Ma cosa...? – la voce di Inuyasha infranse per prima il silenzio, ridotta a poco più di un sussurro di totale incredulità.
Sollevando finalmente gli occhi d'ambra su di lui, col respiro affannoso, Juri vide sul volto altrui tutta la confusione e lo sconcerto di cui doveva essere capace. Fu grazie alle emozioni del mezzodemone-cane che riuscì a tornare padrona di sé, sfoggiando addirittura un sorrisetto sghembo in sua direzione.
Ed allora si rese conto di un'altra verità, altrettanto impressionante: era riuscita a contrastare la Cicatrice del Vento.
Poteva batterlo!
Non fece nemmeno in tempo a terminare di formulare quel pensiero che la schiena di Koga entrò nel suo campo visivo.
– Levati di mezzo, razza di stupida!
Spiazzata, la mezzodemone sussultò, sgranando nuovamente lo sguardo ambrato.
Un'intensa contrarietà si tramutò subito in ribellione nel suo petto e le fece digrignare i denti in un basso ringhio.
– Perché? – non si mosse, ma fissò minacciosamente il mezzodemone come fosse lui la causa di tutto.
– Perché sì, dannazione! – le parole le giunsero alle orecchie in un tono talmente carico di rabbia che quasi la fece vacillare. Reclinò appena il capo per lanciare al capobranco uno sguardo di smarrimento ed incomprensione, ma fu costretta a saltare indietro di scatto per evitare il calcio proveniente proprio dal demone-lupo.
Tuttavia si mosse di nuovo con un secondo di ritardo di troppo, venendo colpita in pieno. Venne presa all'altezza della spalla sinistra, seppur tentò di pararsi con l'avambraccio. Un attimo dopo era riversa nella polvere, sbalzata di una manciata di metri dal punto precedente.
Il dolore le esplose nella mente ancora in subbuglio, spazzando via ogni interrogativo dalla sua coscienza e costringendola a fare attenzione solo ai messaggi del suo corpo.
– Piantatela di azzuffarvi, mi fate perdere solo tempo! – esclamò a quel punto Inuyasha, gettandosi di nuovo contro Koga per riprendere lo scontro.
Juri tentò di rialzarsi in piedi, ma il braccio indolenzito le mandò un altro impulso doloroso e lei digrignò i denti, restando suo malgrado accucciata nell'erba a fissare i due avversari. Perché diamine Koga si ostinasse tanto ad escluderla non riusciva ad accettarlo, tanto meno poteva comprenderlo.
L'aveva colpita col minimo della sua forza solo per farla arretrare, questo lo aveva capito giacché il potere dei frammenti che aveva nelle gambe non poteva essere così ridotto, ma si sentiva comunque preda di confusione e rabbia per quel gesto.
Quanta maledetta ostinazione!
L'adrenalina che percepiva scorrerle ormai copiosa nelle vene, alimentata dall'irritazione, le diede l'energia per scattare di nuovo in piedi, impugnando Zankazeyaku con ambo le mani solo per dare una spallata al capobranco e bloccare l'ennesimo fendente di Inuyasha.
– Sei ancora qui, mezza-randagia? – la schernì lui nel rivederla frapporglisi, sfoggiando quel suo sorrisetto irritante.
– Per la tua pellaccia, cagnaccio pulcioso! – gli rispose lei col medesimo tono.
Disimpegnarono le lame e tornarono all'attacco, scambiandosi più di un colpo. Si pararono a vicenda senza riuscire a trovare alcuna breccia nei movimenti avversari, finché quella danza fatta di scatti, rintocchi di spade e grugniti venne infranta dal ritorno del giovane capo della Tribù Yoro.
Juri, notando appena in tempo il movimento con la coda dell'occhio, fu costretta a scartare di lato per evitarne l'artigliata ed imprecò mentalmente.
Così le rendeva tutto più difficile di quanto già non fosse.
Continuarono a quella maniera per un tempo che ella non seppe mai quantificare con precisione, con Inuyasha costretto a fronteggiare l'uno o l'altra o, in alcuni rari casi, entrambi contemporaneamente, prima che una dei due scacciasse l'altro o viceversa. Ad occhi esterni la piega che aveva preso quella battaglia appariva più simile ad una zuffa che ad un vero e proprio scontro senza esclusione di colpi fra demoni, e continuò così per quelle che alla ragazza lupo parvero ore, la percezione del tempo distorta dal dispendio di energie a cui era soggetta.
Eppure, all'ennesimo allontanarsi, si rese conto di non essere la più stanca del gruppo: Koga respirava pesantemente attraverso le zanne digrignate con fare minaccioso ed Inuyasha teneva la propria spada più rivolta verso il terreno che contro di loro, il respiro che gli faceva sollevare vistosamente le spalle sotto la sua veste rossa.
Il sudore imperlava la fronte di tutti e tre e la mezzodemone approfittò del momento per tergerselo con un gesto della mano libera.
Poi tornò all'attacco, intercettando per l'ennesima volta la lama di Tessaiga un attimo prima che calasse del tutto, ma Koga ne approfittò per mettersi in mezzo, tentando di sferrare un pugno ad Inuyasha in pieno volto. Questi però con un passo di lato fece scorrere il filo della lama contro quello di Zanka, sulla quale era ancora appoggiato, producendo una marea di scintille prima che il contatto fra le due spade terminasse ed intercettasse l'attacco del capo dei demoni-lupo.
Sbilanciata Juri scattò, balzando via, e la stessa cosa fece Koga al veder il suo colpo parato tanto repentinamente.
– Tsk! – sbottarono tutti e tre all'unisono.
– Tutto qui? – li schernì quindi il mezzodemone, in una provocazione che trovò appiglio nella ragazza.
– Adesso vedrai! – esclamò quella, muovendosi un secondo prima del capobranco.
Caricò il colpo con tutta la sua forza, preparandosi a sferrar l'attacco speciale della propria spada ma, al frapporsi di Koga, molto più veloce di lei nonostante si fosse mosso in ritardo, fu costretta a bloccarlo con un'imprecazione fra i denti. L'energia demoniaca evocata si dissipò senza trovare sfogo nell'aria circostante e le lame impattarono di nuovo al pari di semplici spade, giacché fu Inuyasha a intercettarla stavolta, dopo aver scartato l'attacco del lupo.
Fu allora che avvenne.
Il mezzo-cane applicò una pressione obliqua che, per la repentinità del movimento che attuò con il polso, fece perdere la presa della Zankazeyaku a Juri. Con aria sconcertata lei si ritrovò di nuovo sbilanciata all'indietro mentre la sua spada demoniaca si piantava nel terreno alle sue spalle, diversi metri più in là, perdendo la forma potenziata e tornando alle dimensioni di una lama comune ed esotica.
– JURI!!
La sorpresa fu tale che neanche l'avvertimento del demone-lupo la fece reagire in tempo al contrattacco e si ritrovò a reggersi la spalla sinistra ancor prima di comprendere ciò che stava accadendo. Inuyasha aveva sfoderato gli artigli ed ora lei si ritrovava con quattro squarci non troppo profondi che dalla clavicola le arrivavano al braccio. Il dolore e la forza del colpo la fecero barcollare, prima di inciampare su una pietra sporgente nel terreno e rotolare al suolo, la fascia in cuoio del giustacuore tranciata di netto, così come la spallina sinistra in pelle di lupo.
– Dannato botolo ringhioso! – inveì Koga a pieni polmoni.
Si lanciò sul mezzodemone con nuova energia e la ragazza, tentando di raddrizzarsi e seguendo l'azione con lo sguardo, si chiese per un istante dove il giovane capo degli Yoro trovasse tutta quella forza.
Forza che non bastò a volgere le cose in loro favore, giacché il mezzodemone ancora una volta parò l'assalto con Tessaiga e, usando la stessa lama, riuscì a penetrare le difese del lupo arrivando a intaccargli le gambe. Dallo squarcio che si aprì sotto il filo della grossa spada due minuscoli frammenti cristallini si staccarono dagli stinchi del lupo, schizzando a mezz'aria insieme al suo sangue, mentre Koga andava per l'ennesima volta a terra.
– Maledizione! – esclamò a denti stretti, il volto contratto da una smorfia di dolore.
– Guaisci quanto ti pare, lupo randagio! – ribatte Inuyasha, abbassandosi a raccogliere i frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti.
Quando tornò a raddrizzarsi, aveva un ghigno esultante a mostrare chiaramente le zanne di mezzodemone.
– Arrendetevi se tenete cara la vita – li intimò, puntando loro contro Tessaiga.
La rabbia, nata dal senso di impotenza ed una sottile disperazione che silenziosa le stava strisciando nell'animo, si impadronì nuovamente di Juri e le fece snudare le zanne in un nuovo ringhio.
– Mai!
Non poteva permettere che andasse a finire così.
Senza riflettere, piantando bene i piedi nel terreno erboso, gli balzò di nuovo contro con tutta l'energia che le era rimasta, senza nemmeno riprendere la propria spada. Sfoderò gli artigli e lo attaccò frontalmente, in un disperato tentativo di riappropriarsi di quelle preziose schegge, ma venne respinta per l'ennesima volta e mandata a gambe all'aria.
Ma non si sarebbe arresa...
Stava per rialzarsi e riprovarci quando il mezzodemone, persa del tutto la pazienza, giocò d'anticipo.
– Cicatrice del Vento!
La mezzodemone-lupo sgranò gli occhi ambrati, paralizzata di fronte al colpo che stava per travolgerla in tutto il suo impeto. In quei pochi istanti il panico la attanagliò, rendendo ogni suo muscolo pesante come il piombo, mentre l'adrenalina ne alterava la percezione dello scorrere del tempo, rallentandolo drasticamente. Come un crepitio di energia statica sulla pelle, ella avvertì distintamente l'enorme massa d'energia demoniaca avvicinarsi precipitosamente, bruciando la stessa aria che le si frapponeva sul suo cammino.
In quel fugace, breve istante, ella comprese di non avere scampo.
Fu Koga a salvarla, stavolta.
La sollevò di peso con un colpo al ventre che la investì e le svuotò i polmoni, mandandola a riversarsi di schiena in uno dei solchi rimasti dalla precedente Cicatrice del Vento, proprio un istante prima che il peso del demone-lupo le gravasse sopra, schiacciandola sotto di sé.
Stordita per la repentinità degli eventi, Juri boccheggiò in cerca d'aria e la vista, oscurata dalla figura del demone-lupo sopra di lei, le si riempì di stelle pulsanti. Le orecchie di lei colsero il fragore provocato dal passaggio di quell'artigliata d'energia, talmente vicina da rendere bruciante l'aria intorno a loro e, quando questa finalmente si spense, il primo suono che ella colse fu il respiro pesante del suo capobranco.
Subito dopo venne scossa da un tremito in tutto il corpo, che si intensificò e sfumò al pari di un acuto brivido sottopelle, non appena Koga, con rapidità, le si toglieva di dosso con un balzo, rimettendosi in piedi.
Nuovamente libera di riempire i polmoni d'aria, Juri tentò di imitarlo, ma riuscì a malapena a sollevare il busto prima di bloccarsi: accanto al suo gomito un nuovo solco incideva, ampio e profondo, il terreno, e da esso si sprigionava in volute di fumo un acre odore di bruciato.
Non era morta, ma c'era davvero mancato un soffio.
Aveva appena realizzato quel pensiero che, all'improvviso, una voce acuta e femminile si levò nell'aria, sovrastando il battito frenetico del suo cuore e catturando l'attenzione di ognuno di loro.
INUYAASHAAA!!!


Non appena la voce di Kagome infranse il momento, Koga sollevò lo sguardo verso il cielo.
Contro la volta celeste, la figura della giovane sacerdotessa si stagliava inconfondibile sulla groppa di Kirara, lanciata a tutta velocità nella loro direzione.
Inuyasha, a sua volta giratosi verso l'umana, imprecò sommessamente.
A CUCCIA!!
Il mezzodemone-cane si schiantò subitaneamente a terra con un tonfo sonoro.
Nel lasso di tempo che seguì, necessario alla nuova arrivata per bruciare le ultime distanze, il demone-lupo sospirò lentamente, rilassando meccanicamente le spalle.
Era finita.
Si lasciò ricadere a terra, a gambe incrociate, lasciando spazio al dolore e alla pesantezza improvvisa che avvertiva in esse. Ora che l'adrenalina stava calando, iniziava a rendersi conto di quanto difficili gli costassero certi movimenti. Gli pareva di aver le gambe fatte di piombo.
Osservò la nekomata atterrare accanto al mezzodemone-cane, il quale stava ancora cercando di riprendersi dall'effetto di quella forza invisibile che lo aveva schiacciato al suolo, e Kagome saltò subito a terra con agilità umana, raggiungendolo.
– Inuyasha, si può sapere che ti è passato per la testa?! – esclamò, tutta tesa, rivolta al botolo – Sei davvero uno stupido!
E per quanto quella scena in qualche modo rendesse meno cupo il suo stato d'animo, Koga si ritrovò a soffocare una smorfia di insoddisfazione. Il piccolo demone-volpe, fino a quel momento passato inosservato, saltò sulla spalla di Kagome, rincarando la dose di rimproveri al povero cagnolino.
Inuyashya cercò di rialzarsi, utilizzando l'imponente mole di Tessaiga come sostegno, ma appena tentò di aprire bocca per protestare venne di nuovo schiantato a terra. E questa volta il suo corpo lasciò un bel solco.
A cuccia!!
Anche da quella distanza il capo del Clan dell'Ovest avvertì il terreno tremare sotto di sé e non riuscì a non sfoggiare un sogghigno pregno di soddisfazione. La mora appariva davvero furiosa, con i pugni stretti e le braccia rigide lungo i fianchi. I suoi occhi nocciola mandavano lampi.
– Che volevi fare?? No, neanche mi interessa, perché è stata un'iniziativa talmente idiota che non voglio nemmeno saperlo! Miroku e Sango mi hanno raccontato tutto!
– Ma.. Kagome..
– SILENZIO! – lo interruppe, la voce talmente alta da trapassare i timpani a tutti i presenti – Adesso torniamo al villaggio di Musashi, e senza discutere! Hai già creato abbastanza problemi!
I due umani, chiamati in causa, sbucarono dalla linea degli alberi che delimitava il campo di battaglia in quel momento. Probabilmente avevano permesso a Kagome di volare fin lì da sola per farle guadagnare tempo, mentre loro procedevano a piedi.
La sacerdotessa fece un cenno ai suoi compagni, che con espressioni gemelle di rassegnazione e distacco professionale, come se fossero ormai avvezzi a quel genere di cose, affiancarono il mezzodemone-cane e lo afferrarono rispettivamente uno per braccio. Quindi, ignorandone le proteste, iniziarono a trascinarlo via.
Apparentemente più calma, Kagome allora si chinò a raccogliere i frammenti della sfera che il suo compagno aveva fatto cadere durante i ripetuti “a cuccia” da lei scagliatigli addosso.
Quando Koga, vedendola voltarsi verso di lui, ne incrociò gli occhi color cioccolato gli parve di scorgervi un sentimento di pena nei suoi confronti; sentimento che lo fece sentire peggio di quanto già non fosse.
Il suo orgoglio di demone che tornava a pungergli l'animo, si irrigidì in ogni muscolo e con uno sforzo si alzò in piedi, ignorando le proteste del proprio corpo. Non si sarebbe mostrato debole, non in quel frangente, non più. Piuttosto che farsi vedere nuovamente in difficoltà da lei avrebbe preferito la morte.
Kagome si incamminò, fermandosi di fronte a lui, ma appena accennò a schiudere le labbra Koga la interruppe sul nascere.
– Non li rivoglio indietro – affermò deciso.
La sua voce gli risuonò più ferma di quanto si sarebbe mai aspettato ed osservò la moretta sgranare gli occhi scuri dalla sorpresa. Probabilmente anche lei non si era aspettata una reazione simile da parte sua.
In qualche modo il demone si sentì in difetto sotto il peso di quello sguardo contrito ed aggiunse, con fare meno brusco: – ...non rimproverarlo troppo, non avrebbe potuto fare altrimenti: non vi avrei mai consegnato i frammenti di mia spontanea volontà. Questo scontro sarebbe giunto ugualmente.
Kagome abbassò quel suo sguardo velato di malinconia per annuire, quindi rialzandolo gli sorrise e finalmente parve meno in ansia.
– Grazie Koga. Spero... spero che ci rincontreremo una volta o l'altra. Potreste venire tutti a trovarci, qualche volta.
Il demone-lupo non dubitò della sincerità di quell'invito: ben sapeva quanto fosse grande e generoso il cuore di lei. Era quella sua purezza d'animo che aveva permesso al gruppo di Inuyasha di avere la meglio su Naraku, in fondo.
Annuì con un cenno del capo e nient'altro, più per farla contenta che per vera intenzione di fare come da lei sperato.
Ormai non aveva nulla da spartire con loro, non più.
E non era sicuro che la cosa gli dispiacesse.
Di fronte al suo primo amore, il giovane capo si scoprì deciso a lasciarsi quella fase della propria vita alle spalle, ed a quella consapevolezza seguì un inatteso senso di liberazione.
La osservò allontanarsi insieme ai suoi compagni di battaglie, raggiungendoli di corsa con quella vitalità che non le veniva mai meno. Sembrava felice, tutto sommato.
Sorrise.
Non si meritava nulla di meno e questo nemmeno il suo orgoglio ferito poteva negarlo.


...continua.



Ciao a tutti!
Come potete vedere questa settimana sono puntuale! ^__^
Bene, finalmente lo scontro fra Koga e Inuyasha è arrivato... e chi si mette in mezzo? Ma Juri, naturalmente! xD cosa devo fare con lei?! Neanche Koga l'ha ancora capito, ma chissà... intanto una cosa sembra essere risolta, ovvero la questione *frammenti*. Non vedremo più Inuyasha partire all'attacco gridando "dammi i tuoi frammenti, lupastro!" e forse un po' mi mancherà la cosa... a voi no? Ahaha.. no vabbè, chiudiamo qui il discorso.
Nella speranza che qualcuno di voi abbia voglia di scrivermi un parere, anche in pvt, vi saluto e vi auguro un buon weekend. Alla prossima!
baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 15
*** Quando la battaglia ha fine ***




.::[. QUANDO LA BATTAGLIA HA FINE .]::.



Juri era rimasta a guardare ad occhi sgranati l'intera scena, sin da quando Inuyasha era stato schiantato a terra da un semplice comando della nuova arrivata. Quella, doveva essere l'umana chiamata Kagome, non poteva avere dubbi.
Come quella verità le aveva attraversato la mente, la tensione era tornata inspiegabilmente a pervaderla. Una tensione sfociata in una stretta prepotente alla gola, quando aveva notato lo sguardo di Koga fisso su di lei.
Per tutto il tempo in cui il demone-lupo e la ragazza umana avevano interagito, la mezzodemone era stata ignorata e questo le aveva permesso di cogliere un cambiamento nell'espressione del capobranco. Lo aveva visto, il sorriso che infine gli era affiorato sulle labbra.
Seppur fosse stata testimone in passato di scoppi di ilarità inattesi, un'espressione del genere era qualcosa di nuovo ed incomprensibile per lei e, inspiegabilmente, aumentò quel senso di malessere che le serrava la gola.
In qualche modo tutta quella situazione la stava tagliando fuori.
Il sopraggiungere trafelato di Ginta e Hakkaku la indusse a distogliere l'attenzione, cosa che l'aiutò a tornare alla realtà.
Rifiutando il loro aiuto si rimise in piedi, cercando meccanicamente la propria spada con lo sguardo ambrato. Quando Hakkaku gliela porse, il ricordo del momento antecedente alla propria intromissione nello scontro riaffiorò alla sua mente e lei esitò, bloccata da quel pensiero improvviso.
Cosa le era successo? Di chi era la voce che aveva sentito nella propria testa?
Quella sua esitazione però non passò inosservata.
– Sorella, cosa c'è? Ti fa molto male?
Dinanzi alla preoccupazione evidente di Ginta, con un battito di ciglia, Juri scosse il capo argenteo, riprendendo il controllo di sé.
– Sto bene.. – affermò a mezza voce, più cupa di quanto avrebbe voluto, rinfoderando Zankazeyaku.
Quel semplice gesto le procurò una fitta di bruciore alla spalla e si fece sfuggire un sibilo fra le zanne, in una smorfia che la smentì subito. Quel maledetto cane era riuscito a prenderla proprio bene con quei suoi dannati artigli. La protezione in cuoio che portava al petto, per quanto localizzata, era da buttare.
La vista le si appannò e si sfregò gli occhi col dorso del braccio per scacciare quelle lacrime di nervosismo.
Nonostante cercasse di allontanare tutte quelle emozioni da sé, non riusciva ad ignorarle e nemmeno era in grado di comprenderle. Si sentiva delusa, amareggiata da sé stessa ed arrabbiata verso nessuno in particolare. Preda di una confusione ed una frustrazione crescenti, non si accorse dell'avvicinarsi di Koga finché il demone-lupo non le si fermò davanti.
– Juri..
Il suo nome, scandito senza alcuna inflessione particolare, la spinse a sollevare lo sguardo per cercarlo, ma non ebbe nemmeno il tempo di metterne a fuoco l'espressione che lo schiaffo la prese in pieno viso, girandole il capo verso destra. Lo schiocco che ne scaturì rese ancor più pesante il silenzio seguente.
Attonita, spiazzata, la mezzodemone tornò a sollevare lentamente il volto verso il giovane capo degli Yoro, andando a posare meccanicamente la mano sinistra sulla guancia offesa. La pelle sotto il suo palmo scottava ed il bruciore ci mise un po' a mutare in un pizzicore diffuso.
Ma la parte peggiore venne quando ella incrociò lo sguardo del capobranco.
I suoi occhi azzurri la trafissero come carboni ardenti, penetrandole sino al centro del petto, traditori di una rabbia che l'espressione seria di lui lasciava a malapena intuire.
– ...disobbedisci ancora una volta ad un mio ordine e verrai cacciata – la freddezza di lui le gelò le ossa – Non abbiamo bisogno di una pronta a farsi ammazzare alla prima occasione.
Tale durezza ed intransigenza la colpirono in pieno, smorzandole il poco respiro che le era rimasto e lasciandola immobile, indifesa, sotto quel suo sguardo carico d'accusa. All'improvviso ogni altra cosa per lei perse valore, all'infuori di ciò che quegli occhi le trasmettevano.
Non importava più cosa le fosse successo prima di cedere al proprio istinto.
Aveva sbagliato, aveva disobbedito ad un ordine diretto, ed ora lui era tornato a disprezzarla.
Quando il demone-lupo le passò oltre, senza più degnarla di attenzione, lei non riuscì a muovere un solo muscolo, completamente sopraffatta da quelle ultime parole e dalle emozioni che le serravano la gola.
– Koga...
– Koga, aspetta...
Ginta e Hakkaku si mossero con un paio di secondi di ritardo, lasciandola lì, pietrificata, mentre la prima goccia di sangue si staccava dal suo braccio sinistro e raggiungeva il terreno.


La mano destra gli formicolava ancora mentre percorreva il sentiero che conduceva alla tana del Clan dell'Ovest. Era furioso, ma non soltanto con la mezzodemone, anche con sé stesso a causa delle emozioni che lo scuotevano. Quando Kagome se n'era andata e quella vicenda era finita, aveva realizzato improvvisamente quanto Juri si fosse trovata vicina dal rimetterci la vita e quella consapevolezza lo aveva raggelato. Ed era stata una sensazione talmente intensa, talmente inaspettata, da lasciarlo spiazzato e disorientato.
Giunto all'ingresso della loro grotta, vi entrò senza badare agli schizzi della cascata che ne celava l'apertura, spinto dal bisogno di dare sollievo tanto al fisico, quanto alla sua mente in subbuglio.
A discapito delle sue intenzioni tuttavia, si fermò dopo pochi passi, non appena la voce di Hakkaku lo raggiunse.
– Koga, sei ferito...
La preoccupazione e la tensione del suo compagno gli scivolarono addosso come acqua corrente.
– Andate a far ricognizione lungo i confini e vedete se ci sono stati problemi mentre eravamo impegnati.
– Ma... – tentò di protestare con una nota di incertezza Ginta.
ANDATE! – urlò il capobranco, colmando l'antro del rimbombo della sua stessa voce.
L'eco di quell'unica parola non si era ancora spento che dei due demoni-lupo non c'era già più traccia, ma lui non si voltò a controllare. Con uno sforzo di volontà sciolse parte di quella tensione che ne aveva bloccato ogni muscolo e si diresse, con passo misurato, verso il fondo della caverna.
Si abbandonò sul proprio giaciglio senza indugio, alla ricerca di un poco di sollievo e di riposo, ma si ritrovò a fissare il soffitto in pietra con espressione corrucciata: non sopportava quel senso di pesantezza, quella debolezza che aveva pervaso il suo corpo di demone ora che era stato privato di quei due piccoli frammenti di Sfera.
Avrebbe dovuto riabituarsi in fretta alla sua vecchia condizione, rifletté.
Ritornò meccanicamente a ripensare allo scontro appena conclusosi e rivide la ragazza lupo mentre si frapponeva fra lui e la Cicatrice del Vento. Aveva resistito, era riuscita a deviare l'attacco del botolo, ma aveva anche visto il tremito che l'aveva scossa ed aveva intuito come affrontare quell'attacco l'avesse messa a dura prova.
Ripensarci non fece altro che incupirlo maggiormente. Zanka non poteva rivaleggiare con Tessaiga, non ancora. Una spada, anche se demoniaca, è forte in proporzione a quanto lo è colui che la brandisce e Juri mancava di esperienza, cosa che Inuyasha aveva in abbondanza.
In quanto membro del Clan dell'Ovest, Koga ormai aveva il dovere di proteggerla, così come doveva proteggere anche gli altri suoi compagni.
Espose le zanne in una nuova smorfia contrariata e sofferente: non sarebbe stato facile quanto poteva esserlo stato sino a quel momento con Ginta e Hakkaku. Juri era diversa, aveva un temperamento molto più combattivo e meno sottomesso degli altri due demoni-lupo e lo aveva ampiamente dimostrato.
Certo, era più forte di tutti e due i suoi vecchi compagni messi insieme, forse poteva addirittura rivaleggiare con lui, ma questo non le dava il diritto di disobbedirgli. Era lui il capo, maledizione!
Eppure... eppure, ciò che aveva provato e provava tutt'ora non era pari a quel senso di responsabilità che sentiva per Ginta e Hakkaku. Lo avvertiva agitarglisi sotto pelle, irrequieto, insoddisfatto..
Era come un potente istinto di protezione, la cui intensità era pari a quella di un qualsiasi bisogno fisico.
Venne distolto dai propri pensieri da un fruscio e girò il capo per inquadrare nel proprio campo visivo, poco distante, la figura della ragazza lupo che era la causa dell'immenso casino che gli si agitava dentro.
Aveva lo sguardo basso e le orecchie piegate all'indietro, ferma immobile ad un paio di metri da lui, in piedi in controluce. Ai suoi occhi gli apparve come una cucciola contrita, con la coda fra le gambe a causa di un rimprovero particolarmente severo.
Nella penombra che rifletteva la luce del tardo pomeriggio Koga distinse il rossore causato dallo schiaffo sul suo volto e per un attimo si trovò a lottare contro un improvviso disagio. Lo soppresse velocemente, convinto di non aver nulla di cui pentirsi o per cui sentirsi in colpa.
Tornò quindi a fissare il soffitto, finché la voce esitante di lei non richiamò di nuovo la sua attenzione.
– Ecco.. io..
Lui la interruppe ancor prima di lasciarle il tempo di continuare, ancora troppo arrabbiato per concederle un'apertura.
– Non voglio le tue scuse – le disse, seccamente.
Per un attimo lei parve non riuscire a continuare e il demone-lupo le scoccò un'occhiata di sottecchi, notando come aveva stretto i pugni lungo i fianchi ed apparisse ancor più tesa di poco prima. Il sangue che le striava il braccio catturò un riflesso di luce, scuro contro la pelle di lei.
– Non volevo scusarmi! – sbottò lei, inaspettatamente, facendogli inarcare un sopracciglio.
La vide sollevare finalmente quei suoi occhi ambrati e l'espressione che le lesse in volto era combattuta ma decisa, di quella durezza che sapeva avere anche lui a rendere più penetrante il suo sguardo ceruleo.
Koga si sollevò meccanicamente a sedere, osservandola con attenzione, cercando di dominare la propria irritazione.
– Non sono venuta a scusarmi – ripeté con tono più basso e controllato – sono venuta a dirti che, per quanto abbia sbagliato a disobbedire ad un tuo ordine, sarei pronta a rifarlo altre cento volte.
Koga si ritrovò a sollevare ambo le sopracciglia.
– ..che cosa? – ringhiò piano.
Non poteva crederci, eppure lei sostenne il suo sguardo iroso con una nuova fermezza, che andava aumentando di secondo in secondo. Quel suo modo di fronteggiarlo lo costrinse a darle maggior attenzione e sotto l'incarnato pallido di lei scorse qualcos'altro, qualcosa che le dava la forza di opporglisi. Quando, un istante più tardi, capì cos'era, digrignò le zanne.
Orgoglio.
Era quasi stata ridotta in pezzi non una, bensì due volte dalla Cicatrice del Vento, e per cosa?
Per orgoglio!
– Sì! Lo rifarei! – rincarò la dose lei, facendo un mezzo passo avanti. Aveva di nuovo le orecchie dritte sul capo argenteo – Siete stati voi a ribadire come in un branco ci si protegga l'un l'altro e poi, alla prima occasione, pretendi di combattere da solo?! Sei sleale!
Il capobranco affondò gli artigli fra la paglia.
– Questa non era una battaglia che riguardasse qualcuno di voi! – ribatté lui con la medesima foga, iniziando a tirare fuori parte della rabbia che provava – Inuyasha non era un avversario alla vostra portata e lo hai visto anche tu!
– Oh sì, perché tu te la sei cavata alla grande invece... – snocciolò amaramente lei.
L'altrui irriverenza lo fece quasi scattare in piedi, ma il peso che sentiva gravargli nelle gambe lo aiutò a trattenersi, seppur non verbalmente.
– Come ho già detto: non abbiamo bisogno di una che non sa stare al suo posto – sibilò freddamente.
Finalmente negli occhi di lei scorse di nuovo quel tremolio che tradiva un vacillamento e, seppur ne ebbe magra consolazione, il demone-lupo se la fece bastare per smettere di mostrarle le zanne. Stanco di quella conversazione tornò a stendersi, chiudendo gli occhi e intrecciando le mani dietro la nuca, augurandosi che il messaggio che voleva lanciare con quel modo di fare venisse recepito: per lui la discussione poteva finire lì.
Nel silenzio che seguì fu quasi sul punto di crederlo, ma venne smentito dalla voce esitante di lei.
– Io ho avuto paura...
– ...di morire – la interruppe, concludendo per lei.
Paura di perderti!!
Quelle tre parole rimbombarono sulle pareti della caverna talmente sonoramente da sovrastare ogni altro rumore.
Koga sgranò gli occhi azzurri sul soffitto scuro, del tutto spiazzato, irrigidendosi come un fuscello.
Nel breve silenzio che seguì si ritrovò senza voce e senza respiro, colpito in pieno da una verità che non lo aveva mai nemmeno sfiorato. Eppure non vi fu bisogno che parlasse, ci pensò la ragazza lupo a colmare nuovamente il silenzio.
– Ho agito d'impulso perché ho creduto stessi per avere la peggio.. – la sua voce gli arrivò alle orecchie bassa e cupa, ma il demone-lupo non si voltò a guardarla mentre lei ribadiva: – Volevo solo aiutarti.. volevo proteggere te e gli altri. – indugiò un solo secondo – È la prima volta che provo una sensazione così intensa e... mi dispiace. Non accadrà più.
Dopodiché vi fu un movimento fra le ombre, una variazione che colse con la coda dell'occhio e che gli rivelò che la mezzodemone aveva abbandonato la sua immobilità, cosa che lo indusse finalmente a fare altrettanto. Tuttavia, appena tornò a mettersi seduto e la cercò con lo sguardo ceruleo, ne scorse a malapena la figura sparire oltre l'ingresso.
Rimasto solo con sé stesso, restò a fissare il drappo formato dalla cascata per un pezzo e le parole che lei gli aveva letteralmente scaraventato contro iniziarono a fare il loro effetto. Parole che, quando tornò a stendersi, rievocarono gli accadimenti di quel giorno, mostrandoglieli sotto una nuova luce.
No, non gli era passato nemmeno per l'anticamera della mente che Juri potesse essere stata spinta da qualcosa che non fosse il mero orgoglio o l'istinto di dimostrare la propria forza.
Preda di quello che riconobbe come rimorso, svuotò i polmoni in un pesante sospiro e si gettò un braccio sugli occhi, negandosi la vista della volta della caverna sopra la propria testa. Eppure neanche quell'oscurità riuscì a permettergli di focalizzare il groviglio di pensieri e sensazioni che prese ad agitarglisi in corpo.


Trascorse una settimana dall'ultimo scontro con Inuyasha e del cagnaccio non vi furono altre visite. Nei giorni a seguire, le ferite del corpo guarirono rapidamente, ma non fu lo stesso per le ferite nell'animo della mezzodemone-lupo.
La quotidianità ritrovò il giusto corso per ognuno dei membri della tribù, i quali passavano il tempo a tenere sotto controllo i confini, procurare il cibo, trascorrere le serate intorno al fuoco e, a volte, anche fare un bagno. Eppure Juri si dedicò anche a sé stessa.
Il confronto avuto con Koga l'aveva spinta a richiudersi in sé, mentre un sentimento di vergogna mista a frustrazione si accresceva dentro di lei. Per questo aveva iniziato a non stare mai da sola con il giovane capo, evitandolo per quanto le era possibile e trascorrendo tutto il proprio tempo libero ad allenarsi in solitudine.
Ginta e Hakkaku avevano sin da subito tentato di alleggerire la tensione, preoccupandosi del suo stato d'animo sin dal primo giorno, ma si erano rivelati tutt'altro che invadenti. Si erano prodigati invece a distrarla, sommergendola di chiacchiere e rendendo per lei le giornate meno pesanti e monotone durante il tempo che ella trascorreva in loro compagnia. Una volta si erano divertiti buttando Ginta nella polla d'acqua sorgiva poco più a monte della loro tana, un'altra si erano azzuffati amichevolmente per un pezzo di carne, un'altra volta ancora avevano fatto una gara di velocità con lei.. perdendo, ovviamente.
E Juri aveva finito per rilassarsi, almeno in loro compagnia, pensando erroneamente che nessuno dei due avesse notato il suo comportamento, ma un mattino di alcuni giorni dopo venne smentita.
Dopo il suo turno di ronda si era dedicata a quello che era ormai il suo sfogo principale in una piccola radura erbosa sul fianco della montagna. Con l'aiuto di quattro lupi, aveva passato le ultime due ore ad allenare i propri riflessi, saltando e schivando gli assalti degli animali, finché non era rimasta senza fiato e si era infine lasciata scivolare distesa sull'erba.
Era ancora intenta a cercare di riempire con ampie boccate d'aria i polmoni brucianti quando, a discapito della pausa che si era concessa, la familiare voce di Hakkaku interruppe lo scorrere dei suoi pensieri.
– Ecco dov'eri finita, sorella Juri.
Come il volto sorridente del demone-lupo le comparve davanti agli occhi, la mezzodemone non fece mistero della propria perplessità ed inarcò un sopracciglio.
– ..perché mi cercavi? È successo qualcosa?
Quello scosse il capo in segno di diniego e lei tornò a rilassarsi, seppur continuando a scrutarlo.
Il fratello senza preamboli di sorta le sedette al fianco, rivolto verso di lei con le gambe incrociate e le mani artigliate a puntellare le ginocchia. Quel suo sorriso cordiale si attenuò in favore di una serietà che le fece presagire quale sarebbe stato l'andamento della conversazione.
– Dovresti parlargli.
Quelle uniche due parole, gettate lì come se fosse tutto chiaro, la confusero soltanto.
– Eh? A chi? – chiese di getto, non capendo.
– A Koga. È più di una settimana ormai che non fate altro che ignorarvi...
Ah, adesso era tutto più chiaro, soprattutto il motivo dell'espressione assunta dal suo interlocutore.
Lei si sollevò a sedere, incurvando leggermente la schiena mentre si poggiava a sua volta alle proprie gambe incrociate e si sottraeva allo sguardo del demone. Un lieve sospiro di vento tiepido le scivolò sulla pelle delle spalle, carezzandole i capelli argentei. Dallo scontro aveva dovuto disfarsi delle spalline in pelliccia, la sinistra ridotta in strisce da Inuyasha, così come aveva rinunciato al giustacuore. A fasciarle il petto era rimasta la fascia in pelliccia bruna, che aveva modificato per poterne stringere liberamente le estremità con un intreccio di lacci sul davanti, di modo che le sorreggesse il seno e non scivolasse durante le attività più movimentate.
– Non so di cosa tu stia parlando – negò.
Hakkaku non se la bevve nemmeno per un istante.
– Si vede che c'è qualcosa che non va... anche i lupi se ne sono accorti – affermò il demone, indicando con un gesto del braccio gli animali che, in quella pausa, si erano accucciati poco distanti ad osservarli.
Di fronte a quello sguardo diretto la ragazza non riuscì a far altro che distogliere il proprio.
– Quel che dovevo dirgli lo ho già fatto giorni fa.. – mentì.
Sì, perché in realtà non gli aveva affatto detto tutto, così come non aveva detto nulla agli altri suoi compagni. Non aveva fatto cenno di quella voce nella propria testa, di quelle parole che le avevano letto dentro l'animo ed avevano risvegliato in lei il suo orgoglio di demone-lupo, fomentando il suo animo a ribellarsi.
Non ne aveva fatto parola perché lei per prima non riusciva a capire e, in una parte della propria mente, temeva di essere sull'orlo della follia. Era altamente probabile che tutti quei cambiamenti, quelle emozioni, la stessero inesorabilmente portando alla pazzia e, se così fosse, avrebbe perso tutto, di nuovo. Per sempre.
– Noi capiamo i tuoi sentimenti.
Quella frase la spiazzò, facendola voltare di scatto per tornare a puntargli gli occhi ambrati addosso. Incrociandone gli occhi scuri e dal taglio ferino, Juri non scorse alcun tentennamento sul volto altrui, né traccia di menzogna.
– Io e Ginta abbiamo sempre seguito Koga ovunque, sin da prima che il nostro clan venisse sterminato da Naraku – in quei piccoli occhi neri la ragazza scorse un lampo di amarezza che scomparve con un battito di ciglia – Ma non l'abbiamo fatto soltanto perché è il nostro capo. Lo abbiamo fatto perché ci siamo sempre fidati di lui e della sua forza. È sempre stato il più tenace, il più combattivo ed il più forte di noi e col tempo, credo, abbiamo finito per accettare passivamente la nostra debolezza.
Man mano che il demone-lupo andava avanti, Juri si ritrovò ad osservarlo con attenzione, completamente avvinta da ciò che l'altro stava rivelandole. Le stava confidando qualcosa che fino a quel momento non aveva mai espresso a parole, lo poteva intuire dal modo in cui se ne stava seduto di fronte a lei, rigido, quasi imbarazzato, e l'argentea non lo interruppe.
– Ma dopo averti conosciuta ed avervi visti combattere, è cambiato qualcosa.. – proseguì lui, alternando lo sguardo da lei al terreno – ..ho iniziato a chiedermi se davvero dovesse andare così, se restarcene in disparte fosse l'unica cosa che dovevamo fare.. e parlandone con Ginta, abbiamo convenuto che sia giunto il momento di cambiare – una nuova fermezza gli fece sollevare gli occhi ad incrociare i suoi – Non possiamo più affidarci ciecamente a Koga. Certo, rimane il più forte di noi, ma non può continuare ad affrontare ogni minaccia da solo: siamo parte del branco anche noi, gli unici rimasti del nostro antico clan, ed è giunto il momento di tornare a comportarci come tali.
Interdetta, la mezzodemone sbatté le palpebre, iniziando a realizzare ciò che Hakkaku stava cercando di dirle e rimase in attesa, quasi trepidante, che concludesse. Aveva già capito, ma voleva sentirglielo dire, perché quello era un momento molto importante, soprattutto per il demone-lupo.
Fortunatamente non dovette attendere oltre.
– Anche noi combatteremo. E per poterlo fare senza costituire un impiccio per te e il nostro capo abbiamo deciso che ci alleneremo per diventare più forti. Per questo motivo è importante che, prima di tutto, vi chiariate.
Nel silenzio che seguì la mezzodemone impiegò un istante in più per donargli una risposta, sorpresa e colpita dalla determinazione e dalla presa di coscienza del suo compagno di branco. Quando tuttavia schiuse le labbra, come a farlo apposta, Ginta sbucò dalla folta linea d'alberi che delimitava su tre lati quel piccolo spiazzo erboso.
– Fratello, sorella!
Entrambi si voltarono, osservando l'altro demone-lupo raggiungerli in tutta fretta.
– Ginta, hai già fatto? – chiese subito Hakkaku.
– Sì, Koga mi ha mandato a cercarvi – gli rispose l'altro senza preamboli, fermandosi accanto a loro.
Juri inarcò un sopracciglio, altalenando l'iridi ambrate dall'uno all'altro. Non dovette comunque attendere molto per capire cosa stesse accadendole intorno: Ginta si volse proprio verso di lei.
– Il capo vuole vederti.
– Eh?
Immediatamente ogni muscolo di lei si tese, per nulla entusiasta di quell'affermazione. Tornò a scoccare un'occhiata ad Hakkaku, alla sua stessa altezza, ma non trovò alcuna solidarietà in lui. Si scontrò invece contro un muro, o almeno quella fu la sua impressione nel ritrovarsi a fissarne l'espressione seria ed impenetrabile.
– È importante – insistette il demone dalla corta chioma bicolore.
A quell'esortazione i peli della coda le si rizzarono, nervosa, iniziando a comprendere mentre alternava lo sguardo dall'uno all'altro di quei suoi due nuovi fratelli. Come Hakkaku era venuto a parlare con lei, era altamente probabile che Ginta avesse fatto la stessa cosa con Koga.
Quando il demone dalla cresta bianca si mise in piedi, lei fece altrettanto, pronta a schizzare via, ma Ginta era già lì a bloccarle la fuga. Senza preavviso la afferrarono uno per braccio e la ragazza lupo venne sollevata di peso.
– Ehi! Ma che diamine volete fare?? – esclamò cercando di divincolarsi, senza molto successo.
– Ti portiamo dal capo – le risposero in coro, neanche fossero due gemelli siamesi, cosa che la fece contrariare ancor di più di quanto già non fosse.
Proteste e strepitii non servirono a niente mentre veniva portata via di peso e quando finalmente quei due si fermarono, senza lasciarla, lo fecero solo perché giunti sulla sommità di una cascata.
Una cascata che lei conosceva ormai piuttosto bene: era la stessa dalla quale il capobranco l'aveva spinta giù poco più di una settimana prima, il giorno in cui aveva scelto di andare via Quando i due demoni-lupo iniziarono a contare, le salì un brivido gelido lungo tutta la spina dorsale.
– No, no, vi prego..
Tentò di indietreggiare, puntando i piedi a terra, ma lo slancio che le diedero la catapultò direttamente oltre il ciglio. Urlò, ruotando a mezz'aria mentre il mondo intorno a lei veniva capovolto, finché la caduta non ebbe termine. Il tuffo fu breve, ma il contatto con l'acqua fredda fu ugualmente traumatizzante, per non parlare dello spruzzo di notevoli dimensioni che andò a formare una colonna di schizzi di un paio di metri d'altezza.
Quando riemerse di nuovo, una manciata di secondi dopo, i suoi due attentatori erano già spariti.
Riempiendo i polmoni d'aria fresca tossì, agitando braccia e gambe sotto il pelo dell'acqua per restare a galla, già promettendo a sé stessa che gliel'avrebbe fatta pagare cara.
Stava ancora meditando su come vendicarsi quando una calda risata ben nota le giunse alle orecchie e la fece voltare con un sussulto, cercando il proprietario di quella voce.
Koga era lì, su un masso accanto alla riva, e se la rideva come non gli sentiva fare da tempo. Bastò quel suono a farle dimenticare i suoi propositi, seppur fosse ancora indispettita per l'accaduto. Di fronte a tanta ilarità invece iniziò ben presto a sentirsi in imbarazzo: a quanto pareva stava diventando una fonte di divertimento assicurato per il giovane capo.
Sbuffò contrariata a quella considerazione, prima di prendere a nuotare verso la sponda più vicina. Uscì dall'acqua con una calma ed una noncuranza studiata, per evitare di dargli ulteriori soddisfazioni. Eppure non bastò la mera volontà a far sparire l'intenso colorito che le aveva arrossato il volto.
– Un tuffo da professionista, i miei complimenti! – commentò ironico verso di lei il demone-lupo, ridacchiando ancora un po' e suscitando nella mezzodemone un'altra ondata di acuto imbarazzo.
– Tsk.. mi sentiranno.. – bofonchiò lei in tutta risposta, scrollandosi l'acqua si dosso e strizzandosi i lunghi capelli d'argento con meticolosità, per farvi scaturire quanta più acqua possibile.
Terminato di tormentare la propria chioma, si decise finalmente a lanciare al capobranco una breve occhiata in tralice.
– Non ho nulla da segnalare – affermò laconica, già pronta a togliersi di torno.
Koga annuì con un cenno del capo, ma appena lei accennò a muoversi saltò giù dalla pietra sulla quale era rimasto sino a quel momento seduto.
– Aspetta.
Juri si fermò all'istante, ma fu soltanto per un enorme sforzo di volontà che si voltò nuovamente a guardarlo mentre le si avvicinava con passo tranquillo. Non riuscì a incrociarne gli occhi azzurri tuttavia, cosa che le permise di studiarne il volto abbronzato e serio finché non si fermò a un paio di passi da lei. Solo allora egli sollevò lo sguardo ad incrociare il suo ed un sorrisetto sghembo gli si delineò in volto.
– Visto che hai terminato il giro e non ho altri doveri da svolgere, che ne dici di una gara?
Juri sgranò gli occhi.
– Una gara? – ripeté meccanicamente, fissandolo quasi incredula.
– Sì, una gara di velocità.
La ragazza lupo ne studiò l'espressione, ritrovandovi una sfrontatezza che le era familiare. Il demone che aveva di fronte sembrava tranquillo, la tensione che aveva respirato nei giorni precedenti era come scomparsa. E lei, grazie a quella nuova naturalezza, ne ricambiò il sorrisetto.
– Perché no? – ribatté. L'idea iniziava a non sembrarle male.
– Tanto non hai speranze – commentò l'altro, in una provocazione voluta e immediatamente raccolta.
– Vedremo – rispose la mezzodemone.
L'istante seguente partirono senza nemmeno averlo concordato, scattando all'unisono verso il sentiero che conduceva verso monte, attraverso la vegetazione. Per la prima volta ella non perse il suo avversario di vista dopo pochi secondi, ma procedettero per un pezzo alla stessa altezza, superandosi a tratti, sfrecciando fra gli alberi e scartando per evitarne i tronchi che ostruivano loro la strada.
Ben presto Juri venne assorbita da quella corsa, il terreno abbastanza impervio ed il suo avversario abbastanza forte da richiedere tutta la sua concentrazione per sostenere quell'andatura. Eppure, con una parte della mente, ella realizzò che era trascorsa un'infinità di tempo dall'ultima volta che si era sentita così viva, così.. libera.
La percezione che aveva di Koga appena oltre il suo campo visivo, da qualche parte alla sua sinistra, non faceva altro che rendere quella gara più eccitante. E, con l'adrenalina già pienamente in circolo, realizzò ben presto dove la direzione intrapresa l'avrebbe condotta.
Pochi minuti dopo sbucarono dal fitto della vegetazione in quella che era una modesta radura, delimitata su tutti i lati dalla foresta entro la quale era immersa e colmata da un prato verdeggiante.
Appena guadagnato lo spazio aperto, Koga scattò in avanti con una repentinità che lasciò la mezzodemone impreparata, impossibilitata a far altro che seguirlo con lo sguardo mentre la superava all'improvviso. Eppure, non appena il demone-lupo raggiunse il limitare di quello spazio aperto, anziché immettersi nuovamente nel fitto saltò, usando il grosso tronco di un albero come perno per darsi la spinta.
La ragazza, catturata da tanta vitalità ed energia, non riuscì a distogliere lo sguardo dalla figura del capobranco mentre le passava a qualche metro d'altezza sopra al capo, in un vero e proprio salto mortale all'indietro.
Juri lo osservò sorpresa, notando l'agilità che anche senza i frammenti della sfera possedeva, e fu proprio questa sua distrazione che sancì la sua sconfitta: inciampò in una pietra, ruzzolando dritta fra i cespugli con uno slancio tale da farla finire contro uno degli alberi del sottobosco.
La violenza con cui colpì il tronco fece tremare tutta la pianta, disperdendo un piccolo stormo di uccellini e qualche cornacchia dagli alberi vicini.
I loro richiami concitati segnarono la fine della sfida.
Ancora appallottolata fra i cespugli, con le ginocchia ad altezza della testa e il mondo sottosopra, Juri riuscì a sentire fin troppo distintamente la fragorosa risata del suo avversario.
– Basta ridere di me! – piagnucolò, il suo orgoglio ormai in frantumi.
Gemette di protesta, quasi con sconsolatezza e ben consapevole della propria sconfitta per nulla dignitosa. Rialzandosi uscì dall'intrico della vegetazione, incurante dei rametti che spezzò per riuscirci. Alcuni di questi le rimasero impigliati alla pelliccia e finanche fra i capelli. Rischiò persino d'inciampare su una radice quando ancora stava cercando di districare i gambali.
Barcollò una volta guadagnata la libertà, tornando a inoltrarsi in quella radura che aveva visto la sua più cocente umiliazione attuarsi ed in mezzo alla quale Koga era ancora intento a ridersela di gusto. Quando la mezzodemone sollevò lo sguardo ambrato, lo vide tenersi con ambo gli avambracci il ventre scosso dai fremiti di quella franca risata.
– Non è divertente... – cercò di dire lei, imbronciata.
– Oh sì invece... ahahah... dovresti vederti! – esclamò lui in risposta, indicandola e continuando a ridere a crepapelle.
Quelle parole la indussero a cercare di risistemarsi, ma solo quando si passò una mano fra i capelli comprese: le sue ciocche argentee erano un vero e proprio intrico di foglie, rametti e terriccio. Non si sarebbe sorpresa se, tastando con accuratezza, avesse trovato un nido al posto della propria testa.
Paonazza in volto dall'imbarazzo iniziò ad armeggiare con ambo le mani, tentando di liberarsi di quell'impiccio il più in fretta possibile, ma ben presto si ritrovò con le dita impigliate, alché emise un verso di frustrazione e sconforto.
Stava per scrollare violentemente il capo quando il demone-lupo la fermò.
– Ehi, aspetta. Frena un secondo.. – la sua voce, oltre ad una nota di divertimento, le suonò più morbida e calda– .. ci penso io.
Si ritrovò il petto del demone-lupo a un palmo dal naso ed immediatamente si bloccò, non tanto per la vicinanza quanto per il modo in cui le aveva rivolto parola. Le liberò le mani e Juri lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, non riuscendo in alcun modo a sollevare lo sguardo ambrato oltre l'altezza delle spalle di lui. Mentre Koga iniziava a ripulirle la chioma, la mezzodemone ebbe tutto il tempo di fare i conti con sé stessa e l'insensato batticuore che aveva preso il sopravvento.
Il calore che le salì rapidamente alle gote era tale da indurla a cercare aria dalle labbra socchiuse.
Cosa le stava prendendo? A cos'era dovuta tutta quell'agitazione?
Il tocco del capobranco era delicato e, fatta eccezione per qualche tirotto involontario, non le procurò alcun dolore, quindi perché si sentiva a quel modo? Era terribilmente consapevole del corpo di lui, così vicino a lei da schermarla dalla lieve brezza che si sollevò a carezzarle la pelle infuocata. Quell'alito di vento le riversò addosso l'odore del demone ed il suo cuore accelerò i battiti, mentre una parte di lei desiderava venirne avvolta.
Le piaceva, il suo odore.. le era sempre piaciuto.
Deglutì, trattenendo meccanicamente il respiro, finché non sussultò quando lui le sfiorò un orecchio.
– Ancora un secondo – la voce di Koga era nitida, calma, al contrario della tempesta che le infuriava nel petto.
Le passò le dita sul dorso peloso delle orecchie, definendone il profilo triangolare e sfregandogliele delicatamente finché non fu soddisfatto.
– Ecco, certo che ne avevi di robaccia addosso!
Appena la lasciò, facendo un passo indietro, Juri venne quasi accecata dalla luce che la investì. Stordita per la sensazione del tocco di lui in uno dei punti più sensibili del suo corpo, la ragazza lupo sollevò finalmente lo sguardo sul suo volto, trovandolo adorno di uno di quei suoi sorrisi sghembi.
Aprì la bocca, ma non riuscì a far uscire nemmeno una sillaba, così la richiuse.
E Koga non perse l'occasione per prenderla in giro.
– Sembri un pesce rosso – commentò ironico.
– C..cosa?! – esclamò di rimando, corrucciandosi in volto ed avvampando maggiormente.
Agì d'impulso, assumendo solo per un secondo la tipica posizione d'assalto, prima di balzare in avanti. Un attimo dopo erano entrambi a rotolare sull'erba, cercando di prevaricare l'uno sull'altra.
Grazie a quel gioco, giacché di tale si trattava in fin dei conti, come se i due contendenti non fossero altro che due cuccioli, Juri si dimenticò rapidamente delle emozioni sconosciute che l'avevano pervasa fino a pochi minuti prima. Combattività ed entusiasmo si mischiarono a complicità e divertimento, cosicché essi si ritrovarono a ridere ed a punzecchiarsi a vicenda con frecciatine e prese in giro.
Alla fine, come era inevitabile a causa della sua superiorità fisica, fu Koga ad avere la meglio, costringendo la mezzodemone al suolo. Juri si scoprì bloccata contro il terreno sotto la schiena, mentre il demone-lupo le premeva su braccia e gambe, tenendole ferme col suo peso in una posizione aperta e vulnerabile.
Sotto il suo sguardo ambrato, un mezzo sorriso trionfante gli delineò le labbra in un'espressione furbesca, più tipica di una volpe che di un lupo.
La ragazza tentò di dare uno strattone al braccio destro, ma non riuscì a smuoverlo, così sbuffò.
– Noou.. non ci credo.. – piagnucolò, seppur finendo per ridacchiare fra i denti, ancora preda dell'ilarità nata da quel gioco.
– Hai perso, ragazzina – affermò impietoso lui, con quello stesso divertimento a fargli rilucere gli occhi azzurri.
La lunga coda di cavallo gli pendeva a lato del capo, sfiorandole la gota sinistra e riversandosi in un ricciolo corvino fra le ciocche argentee di lei. Avevano entrambi il respiro leggermente irregolare.
– Non cantare vittoria, lupacchiotto – ribatté Juri dopo un secondo di pausa, tentando di nuovo di liberarsi.
Ancora una volta non vi riuscì e si abbandonò sull'erba con un sospiro.
– Credo proprio che lo farò, invece – le rispose a quel punto Koga.
Quell'aria sorniona da lui sfoggiata, in relazione alla soddisfazione insita in quelle parole, normalmente l'avrebbe indispettita, ma Juri si rese conto di non provare alcuna insoddisfazione e si ritrovò a sorridere a propria volta.
Tanto buon umore però venne mitigato poco dopo, giacché il demone sopra di lei parve improvvisamente colpito da un pensiero che ne smorzò progressivamente il sorriso. Quando, ormai fattosi del tutto serio, aprì bocca, la mezzodemone gli aveva rivolto la sua più completa attenzione.
– Anche io ho avuto paura – esordì.
Il respiro le si bloccò in gola a quell'affermazione e spalancò gli occhi ambrati sul volto altrui, in silente attesa.
– Ho temuto che la storia si ripetesse.. – proseguì Koga, gli occhi azzurri in parte adombrati, cupi dietro le ciglia scure – che avrei perso un altro compagno a causa delle mie scelte. Sei appena diventata una di noi, non potevo permetterlo!
Quell'ultima frase gli uscì alla pari di un ringhio fra le zanne, un suono che le vibrò addosso e la indusse a sbattere le palpebre, cercando di schiarirsi maggiormente la vista. Ebbe la tentazione di muoversi, non sapeva nemmeno lei per fare cosa, ma il problema non le si presentò affatto: era ancora immobilizzata.
Così espirò, svuotando i polmoni in un discreto, profondo sospiro che la aiutò a raccogliere le idee e le emozioni, prima di parlare.
– Non puoi chiedermi di restare indifferente quando la vita di uno di voi viene messa a repentaglio. Siete.. siete la famiglia che ho scelto.. – e nel dirlo, seppur mantenne il controllo della propria voce, si sentì arrossire di nuovo – ..e combatterò per essa ogni volta che ve ne sarà bisogno.
Koga annuì col capo in un movimento appena accennato, ma a Juri bastò questo per tornare a sorridergli delicatamente.
– Anche Ginta e Hakkaku a quanto pare la pensano così – commentò solamente lui, deviando lo sguardo verso destra.
– Sì, me l'hanno detto... – ribatté la ragazza lupo, per nulla dispiaciuta.
Era molto orgogliosa di loro e lasciò che quell'emozione la colmasse, cosa di cui il demone si accorse, giacché inarcò un sopracciglio. Poi lo vide sorriderle di rimando allo stesso modo e il cuore le sussultò in petto, per l'ennesima volta.
E di nuovo si chiese cosa le prendesse; perché mai quel demone-lupo dovesse farle quell'effetto.
Juri distolse lo sguardo dal suo, voltando il capo argenteo verso sinistra, ma escluderlo dalla propria visuale non la aiutò. In quella posizione di svantaggio la presenza di lui era quasi opprimente e il disagio in lei iniziò a crescere, seppur cercasse di ignorarlo.
Nel silenzio che seguì, col passare dei secondi iniziò ad aumentare la percezione che aveva dei suoi cinque sensi, in particolare quello del tatto: l'erba che le solleticava la pelle, il terreno duro sotto la schiena, la pressione esercitata dal demone su avambracci e gambe. Stava per dirgli qualcosa nel tentativo di sbloccare quella situazione, quando si sentì sfiorare la pelle del collo da alcune ciocche corvine.
Quella semplice sensazione la fece sussultare leggermente, mentre il cuore le accelerò inspiegabilmente al centro del petto giacché Koga s'era fatto ancor più basso su di lei. Chiuse gli occhi strettamente dopo aver voltato appena il capo per tornare a porlo al cielo punteggiato di nuvolette bianche, senza più osare muovere un solo muscolo. Quando lui passò ad annusarle i capelli meccanicamente piegò le orecchie candide all'indietro, verso il terreno.
Una parte di lei, quella più reattiva, si chiese a cosa fosse dovuta la fissazione altrui per il suo odore.
Una manciata di secondi dopo lo avvertì tornare a sollevarsi e la ragazza lupo, preda dell'impulso del momento, tornò a schiudere le palpebre.
Fu incrociandone l'iridi che accadde: venne come risucchiata da quell'azzurro limpido, intenso, ammaliante quanto il cielo terso d'estate. In quegli occhi demoniaci la mezzodemone rimase intrappolata, incapace di sottrarsi all'intensità che da essi traspariva, non perché non potesse, ma perché non voleva.
Non voleva distogliere lo sguardo dal suo.
E, per la prima volta, non se ne chiese il motivo.


...continua.



Ciao a tutti!
Innanzitutto ho un annuncio da fare: come alcuni di voi avranno notato ho saltato una settimana e il motivo è semplice... la sessione estiva ç.ç purtroppo mi vedo costretta a dilatare i tempi di pubblicazione a due settimane, quindi ogni due giovedì circa vedrete un nuovo capitolo.
Sperando di non avervi intristito troppo, passiamo al capitolo! Da qui iniziamo a vedere un po' di comportamenti "insoliti"... che è successo davvero durante lo scontro fra Koga e Inuyasha? Eh Juri è piena di domande e scommetto non è la sola! E ci si mette pure Koga e la sua fissazione con l'annusare la nostra mezzodemone preferita! Ringrazio chi continua a seguirmi e chi si è aggiunto da poco e spero che qualcuno di voi voglia lasciarmi un piccolo parere, anche in pvt magari! Intanto vi auguro buon inizio estate! Alla prossima!
baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 16
*** Forza di gravità ***




.::[. FORZA DI GRAVITÀ .]::.



Juri aveva ragione, lo sapeva.
Da quando aveva perso tutto a causa di Naraku, aveva inesorabilmente finito per dimenticare cosa volesse dire far parte ed essere la guida di un vero branco di demoni-lupo. Per molto tempo, a spingerlo ad andare avanti non vi era stata altro che la vendetta.. per questo se n'era scordato.
E ci era voluta una "semplice" mezzodemone-lupo per rammentarglielo.
Una mezzodemone-lupo che di semplice in realtà non aveva niente.
Una nuova lieve folata di vento gli soffiò in volto l'odore di lei ed il capobranco inspirò meccanicamente, abbassandosi tanto da lasciarsi pervadere da quell'aroma. L'adrenalina traspariva lieve ma persistente sotto l'odore proprio di lei, seppur in esso egli colse anche un vago sentore di biancospino tipico del bosco di quei territori. Sebbene la cosa lo fece quasi sorridere, non si lasciò fuorviare, concentrato a cogliere ogni sfumatura olfattiva.
Inspirò ancora una volta a pieni polmoni, riempiendosi le narici di quel profumo.
L'aroma della sua parte demoniaca era particolare. Sebbene simile a quello dei demoni-lupo cui era abituato, non era esattamente tipico: era una fragranza più delicata e secca, più fredda.
La sua mente ricollegò quell'odore ad un ricordo recente e al tempo stesso lontano; un ricordo a cui ne seguirono molti altri ed il cui elemento dominante era sempre lei. Rammentò di averlo sentito già altre volte, quell'odore, seppur non vi avesse mai dato tanta attenzione come in quel momento, e una parte di lui lo trovò familiare ed intrigante.. irresistibile.
Quell'odore gli rammentava l'inverno e la neve portata dal primo maltempo, le serate di bufera, le corse fra le montagne innevate e le notti intorno al fuoco, quando all'esterno imperversano ghiaccio e vento.
Perso in sé e nelle proprie riflessioni, Koga sollevando nuovamente il capo si permise di osservarla ancora, approfittando di quella stasi in cui entrambi sembravano essere intrappolati. Sotto il suo sguardo le orecchie di lei si piegarono all'indietro, rammentandogli la sensazione setosa che gli avevano dato sotto le dita, quando l'aveva aiutata a disfarsi di foglie e rametti. La sua chioma argentea era chiara e lucente dei riverberi del sole, con le ciocche ondulate riverse fra gli steli d'erba sotto di lei in un alone che le incorniciava perfettamente il viso arrossato. Un rossore che le dipingeva gli zigomi e ne ravvivò la luce delle iridi quando ella tornò a schiuder le palpebre, di un giallo-ambra caldo e confortante, ammaliante quanto possono esserlo solamente le fiamme del fuoco.
Si perse inevitabilmente in quegli occhi, cullato dal silenzio e dal fruscio del vento, crogiolato da ogni sensazione che gli procuravano i suoi sensi, tutti concentrati su di lei. Percepì uno strano calore irradiarglisi dal petto e diffondersi in tutto il resto del corpo, piacevole e avvolgente come l'abbraccio di un'amante.
Per la prima volta dopo molto tempo, Koga lasciò che quella strana calma lo pervadesse, confortandolo e rassicurandolo, mentre il suo istinto lo indusse a cedere lentamente ma inesorabilmente alla forza di gravità. Osservandone i lineamenti scese con gli occhi azzurri fin alle labbra rosee di lei, leggermente schiuse per farne sgorgare un respiro lungo e lieve. E quel respiro gli sfiorò la pelle quando fu abbastanza vicino, trattenendo meccanicamente il proprio in fondo alla gola mentre inconsapevolmente si abbassava proprio verso quelle labbra.
Fu nel momento esatto in cui le sfiorò con le proprie che, come se fosse stato colpito da una scarica elettrica, tornò in sé.
Si tirò indietro con uno scatto, saltando d'impulso neanche si fosse appena scottato con il fuoco e, atterrando ad un paio di metri di distanza, sgranò gli occhi di fronte a sé.
Cos'era appena successo?
Si premette il dorso del pugno destro sulla bocca, respirando forte dalle narici ancora piene dell'odore di lei, mentre la sensazione di quelle labbra che sfioravano le sue non voleva abbandonarlo. Col volto in fiamme e l'animo in tumulto, come vide la mezzodemone iniziare a muoversi, si volse di scatto dandole le spalle e negandosi la vista di lei che si rialzava.
Qualunque cosa fosse accaduta in quella radura, non era pronto ad affrontarla.
– Sarà meglio raggiungere gli altri.. – affermò laconico, riuscendo a non far trapelare nulla di ciò che gli si agitava nell'animo.
Non attese di udirne la risposta, non le diede nemmeno il tempo di provare a dargliene una, prima di scattare in avanti e raggiungere con un solo balzo la fila degli alberi. Corse nel bosco, giù per il pendio, sfrecciando fra tronchi e spazi aperti finché non raggiunse lo spiazzo della tana del branco.
Non appena frenò la propria corsa, le figure di Ginta e Hakkaku sollevarono il capo in sua direzione.
– Finché non torno sarete responsabili del territorio – annunciò senza preamboli – non  ci metterò molto.
Non fornì spiegazioni di sorta né si curò dell'espressione che doveva avere in quel momento, seppure intuì con una parte di sé che non dovesse essere la solita di sempre, dato lo sguardo di sbieco che si lanciarono i due demoni-lupo. Spiccò invece la corsa l'istante seguente, sollevando una nuova nuvola di pietrisco e polvere mentre scompariva dietro l'ansa del torrente, diretto verso valle.
Durante quel moto, progressivamente, iniziò a realizare cos'era realmente accaduto e man mano che quella consapevolezza si affermava nella sua mente, se ne sentì sempre più sconcertato. Sì, era sconcertato, per non dire sconvolto, per ciò che gli si agitava in petto e che minacciava di sopraffarlo, perché era un'emozione che non credeva di poter provare ancora.
Ed era sconvolto perché, si rese conto, gli era già successo un'altra volta, seppur in maniera meno intensa e definita.
Sollevò ancora una volta il dorso della mano destra chiusa a pugno, premendo sulle labbra, mentre il vento gli sferzava la pelle del viso, attenuandone il calore ma non il rossore.
Non poteva essere vero.
Come aveva fatto a non sospettare nulla fino a quel momento?
L'incontrollabile istinto di protezione nei suoi confronti, il pesante malessere nel non averla accanto, il disarmante sollievo di saperla sana e salva e la schiacciante paura di perderla... e l'ipnotico effetto che gli faceva il suo odore! Tutti piccoli indizi che portavano ad un'unica, inconfutabile conclusione: era attratto da Juri!
No, non era possibile... eppure non vi erano alternative.
Deviò la sua corsa, saltando dal ciglio della parete rocciosa che, alta poco meno di una decina di metri, dava a strapiombo sul territorio dell'altopiano a sud-est.
Doveva capire con certezza cosa stava nascendogli dentro.
Doveva sapere se quella non era altro che un'infatuazione momentanea o se sarebbe sfociata in qualcosa di diverso e più profondo.
Doveva capire se stava per legarsi a lei come non era mai riuscito a legarsi a Kagome, giacché la mora era sempre stata solo un'umana e pertanto al di fuori della portata dei suoi istinti di demone-lupo.
Doveva rivedere la sacerdotessa per districare l'intrico di sentimenti che si portava dentro e doveva farlo al più presto: soltanto ritrovandosi faccia a faccia con lei avrebbe avuto le risposte che cercava.
Aumentò l'andatura, cercando di raggiungere il villaggio di Musashi il più velocemente possibile, spingendosi al massimo delle proprie capacità.


Kagome era seduta sull'erba ad ammirare il cielo terso e a godersi i raggi del sole del pomeriggio, sul prato che costeggiava il piccolo fiume vicino al quale sorgeva il villaggio. Accanto a lei Inuyasha era steso col capo poggiatole in grembo, tranquillo e rilassato dalle carezze che ella stava riservando ai suoi lunghi capelli d'argento.
La ragazza del futuro però ancora pensava agli accadimenti dei giorni precedenti.
Avevano passato il tempo a litigare, lei e il mezzodemone, per la bravata da lui perpetrata ai danni di Koga e degli altri demoni-lupo. La cosa che l'aveva fatta imbestialire più di tutto il resto era come il mezzodemone non sembrasse capire la sua visione delle cose.
Per lei Koga non era solo un conoscente, era un amico ed era stato un prezioso compagno nella lotta contro Naraku, seppur alla fine ne fosse stato escluso a causa del precipitare degli eventi. Per questo il pensiero del demone-lupo e di Inuyasha che combattevano l'uno contro l'altro non riusciva ad accettarlo, né a comprenderlo. Avrebbe voluto essere lei a risolvere la questione dei frammenti, o almeno avrebbe voluto avere la possibilità di provarci, giacché era quasi sicura avrebbe ottenuto ciò che volevano col dialogo. Koga non era stupido, né insensibile: avrebbe senz'altro capito la loro necessità di completare e purificare la Sfera dei Quattro Spiriti.
Guardando il volto rilassato del suo mezzodemone e scostando alcune ciocche della sua folta frangia, si ritrovò a sorridere dolcemente della testardaggine e dell'impulsività di lui. Lo aveva già perdonato, perché sapeva che ciò che lo aveva spinto ad agire era il suo stesso desiderio: porre fine a quella dannata storia, ai tumulti ed alle battaglie, e vivere serenamente insieme i giorni a seguire.
C'erano volte, come quella, in cui dubitava della realtà delle cose.
Quando era tornata a casa era stata tormentata da incubi in cui Naraku era ancora una minaccia persistente ed il loro gruppo era imprigionato nella spirale di battaglie orchestrate dal mezzodemone.
Aveva fatto del suo meglio per tenere a bada quella sua inquietudine, ma soltanto quando aveva incrociato di nuovo gli occhi di Inuyasha era riuscita a tranquillizzarsi. Da quando l'avevano infine sconfitto le cose sembravano essersi evolute per il meglio, almeno per quanto riguardava le vite sentimentali dei membri del loro gruppo.
Fra Sango e Miroku le cose si erano finalmente stabilizzate, seppure cercassero di tenere la cosa per loro, mentre Inuyasha aveva finalmente trovato il coraggio di fare quel passo verso di lei che Kagome aveva agognato per tutto quel tempo.
L'unico inconveniente era che la Sfera dei Quattro Spiriti era ridotta di nuovo in frammenti a causa di una delle sue frecce. Era il colmo dell'ironia, ma non c'era più l'urgenza di recuperarli tutti prima di Naraku, poiché questi non esisteva più.
C'era la quiete.
Una quiete più che meritata.
All'improvviso il mezzodemone-cane interruppe il filo dei suoi pensieri, sollevandosi a sedere e saggiando l'aria con l'olfatto. La sua espressione corrucciata fece inarcare un sopracciglio alla mora, la quale stava per chiedergli cosa avesse sentito quando, alle orecchie, una voce familiare infranse la quiete del luogo.
Kagooomeeeee!!
Il demone-lupo sbucò in quel momento dagli alberi che delimitavano la foresta oltre il fiume, atterrando su una roccia al centro del corso d'acqua con la consueta agilità e lasciandola stupita ad osservarlo balzare verso la sua riva.
– Koga?! – fece lei meccanicamente, spalancando gli occhi castani.
Inuyasha si tirò su in fretta, frapponendosi fra lei e il demone-lupo.
– Che vuoi dannato?! – lo accolse, dando sfoggio di tutta la sua avversione.
Kagome, contrariata eppure avvezza al comportamento del suo compagno, si tirò su a propria volta.
– Inuyasha, non fare così.. – lo rimproverò con una punta di fastidio a colorarle la voce, posandogli una mano sul braccio coperto dalla veste rossa.
Il mezzodemone le scoccò un'occhiata da sopra la spalla, ma la lasciò farsi avanti, seppur continuando a tenerla d'occhio. Era sempre stato quello il suo modo di proteggerla e lei sapeva che non sarebbe mai cambiato, e se ne sentiva rassicurata giacché era la prova che avrebbe potuto sempre contare su di lui.
Per questo, così come per l'affetto che nutriva per il demone-lupo, poté fronteggiare quest'ultimo senza alcun timore mentre le si fermava innanzi. Notò subito la sua espressione tesa, quasi agitata, ed avvertì una nuova apprensione nascerle in petto.
– ..cosa c'è, Koga? Perché sei qui? – gli chiese di slancio.
Sembrava... sconvolto? Sì, abbastanza. Non rammentava di averlo mai realmente visto così prima di quel momento e avvertì la propria preoccupazione intensificarsi. Deglutì, trattenendosi dal sommergerlo di ulteriori domande, cercando di lasciargli il tempo necessario per risponderle.
– Ho bisogno di parlarti – affermò dopo un istante il demone, prima di lanciare un'occhiata in tralice verso Inuyasha – ..da solo.
In tutta risposta il mezzodemone-cane digrignò le zanne, ricambiandolo con un ringhio sommesso.
– È successo qualcosa? – insistette lei, anticipando nuovamente l'eventuale risposta dell'argenteo.
Lo sguardo serio che Koga le rivolse le fece intuire la replica ancor prima di riceverla.
– Sono venuto per appurarmene.
La fermezza del tono da lui usato, così come l'autocontrollo assunto, scacciarono in Kagome ogni tentennamento. Non poteva negare il suo aiuto a un amico, né l'avrebbe mai voluto. Si volse allora a cercare con lo sguardo color cioccolato quello di Inuyasha.
– Tranquillo, non ci vorrà molto.
– Cosa? Ma..
– È importante. Non preoccuparti, non mi succederà niente – gli sorrise incoraggiante, cercando di convincerlo e vincerne la naturale resistenza.
Lui scoccò un'occhiataccia al lupo, sospettoso, prima di annuire con una certa riluttanza e poi aggiungere: – Attento a quel che fai!
Quindi si volse per allontanarsi lungo l'argine del fiume, abbastanza da non poterne sentire distintamente le voci ma non tanto da perderli di vista.
Per un po' entrambi ne seguirono la figura rossa e argentea con lo sguardo, prima che Kagome invitasse il demone a sedere assieme a lei sull'erba.
– Sù... raccontami tutto.
Koga, ancora fermo in piedi, indugiò qualche secondo prima di accogliere quell'invito. Si mise accucciato al fianco della ragazza umana, con le mani artigliate a puntellare il terreno fra le ginocchia sollevate, quindi nel silenzio che seguì si limitò a osservarla di sottecchi. Quel modo di fare così introverso ed imbarazzato la sorprese ed incuriosì, ma non per questo gli mise fretta. Lo conosceva abbastanza da capire che doveva essere preda di un qualche conflitto interiore, qualcosa che nemmeno lui sapeva come gestire, giacché non lo aveva mai visto tanto indeciso prima di quel momento.
Con una parte di sé si stupì vagamente nel concludere che le cose dovevano star cambiando anche per lui e non solo per il loro piccolo gruppo. Le tornò alla mente la visione di quella ragazza dai capelli d'argento che aveva scorto quando aveva messo fine allo scontro fra Koga ed Inuyasha e rammentò ciò che le avevano raccontato Miroku e Sango al riguardo.
Sì, convenne, le cose stavano decisamente cambiando per tutti, ed i demoni-lupo della Tribù Yoro non erano un'eccezione.
– Dovevo solo appurare una cosa... – borbottò infine il capo del Clan dell'Ovest, interrompendo il silenzio.
– Centra il nuovo membro del vostro clan? Si chiama Juri, giusto?
Il demone completo sussultò e Kagome comprese di aver fatto centro.
Incrociandone lo sguardo sgranato gli sorrise, tranquilla.
– Come..?
– Non è difficile. Noi donne abbiamo un sesto senso per queste cose – affermò con convinzione, prima di domandargli: – È una mezzodemone?
Lui annuì, senza parlare, fissando insistentemente il corso d'acqua di fronte a loro.
Il silenzio che seguì durò una manciata di istanti, prima che fosse di nuovo lei a infrangerlo.
– Sono sollevata... – gli confessò allora, esprimendo i propri pensieri e suscitando nell'altro un moto di perplessità; ma lei continuò – ...ero preoccupata per il modo in cui eravamo rimasti. Sai, mi sei molto caro Koga, questo te lo dissi anche allora.
Sospirò piano, a labbra serrate, mentre tornava indietro con la mente al giorno in cui aveva rifiutato adeguatamente il demone-lupo. Lo aveva visto per la prima volta vacillare, ne aveva scorto lo sconforto ed il dolore in quei suoi occhi azzurri e la cosa l'aveva tormentata a lungo. In cuor suo aveva pregato che il giovane capo della tribù Yoro potesse riprendersi in fretta dalla delusione.
In quel momento, sotto l'influsso dei suoi stessi pensieri, si rammentò di un dettaglio e allora tornò a cercare il lupo con lo sguardo.
– Ma quella demone-lupo dai capelli rossi?
Koga a quell'improvvisa domanda si irrigidì e lei per un attimo temette di aver toccato un altro tasto dolente, ma il tono più sbrigativo e distaccato con cui lui le rispose la fece ricredere.
– Ayame è un capitolo chiuso del mio passato. Il fatto che non si sia più fatta viva non può che significare che l'abbia capito anche lei.
Kagome si corrucciò.
– Ma sei almeno andato a trovarla per parlarle? E se lei ti aspettasse ancora?
Koga scosse il capo corvino, palesemente infastidito – In questo momento ho ben altri problemi di cui occuparmi, Kagome!
La mora arricciò la punta del naso in una piccola smorfia, ma non insistette.
– Sì d'accordo, ho capito...
Non ne era molto convinta ma lasciò comunque cadere il discorso, non volendo infastidirlo.
Ai suoi occhi era evidente come il demone-lupo avesse davvero una marea di pensieri per la testa e, cercando di procedere con tutto il tatto possibile, tentò di farlo parlare.
– Immagino non sia facile convivere con una ragazza, dopo tutto il tempo passato solo fra voi...
Il capo della tribù Yoro fece spallucce, senza guardarla.
– In un certo senso – le rispose solamente, tornando a trincerarsi dietro un muro di ostinato silenzio.
Non volendosi arrendere, la ragazza umana si lasciò sfuggire un mezzo sorrisetto.
– ...mi piacerebbe conoscerla.
– Eh? Chi? – Koga, come cadendo dalle nuvole, finalmente si girò a guardarla.
– La ragazza che sta con voi, mi pare ovvio.
– Ah, sì.. e perché?
– Come perché? Perché deve essere simpatica, se ti sta facendo perdere la testa..
– Non sto affatto perdendo la testa per quella!
– Ah no?
Kagome era sul punto di scoppiargli a ridere in faccia.
Il demone-lupo aveva gli occhi spalancati e l'espressione imbronciata tipica di qualcuno sul punto di esplodere dall'imbarazzo. In passato la mora non si era mai lasciata andare ad una simile ironia, ma le esperienze passate e presenti in qualche modo l'avevano aiutata a rilassarsi ed a dar sfogo a quel suo lato più sbarazzino.
– No! – esclamò di getto Koga, sempre più rosso in volto –È testarda, orgogliosa, impulsiva e.. e...
Come il demone si interruppe, apparentemente incapace di continuare, Kagome non poté proprio evitarsi di ridacchiare. Per quanto tentò di mascherare la cosa dietro una mano, il capobranco le riservò un'occhiata affilata.
– E non ti ricorda nessuno?
Il demone deviò di nuovo lo sguardo azzurro in un punto imprecisato di fronte a sé e l'espressione offesa e corrucciata da lui assunta minacciarono di farla ridere ancora, ma Kagome riuscì in qualche modo a trattenersi.
Non riuscendo comunque a smettere di sorridere, attese. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che, dietro al silenzio in cui si era appena rinchiuso, stava in realtà riflettendo su quanto appena detto da entrambi.
Eppure quella fase durò meno di quanto la ragazza si sarebbe aspettata, giacché una manciata di secondi dopo il demone-lupo tornò ad alzarsi in piedi, ponendo una mano artigliata a puntellare il fianco mentre l'altra se la passava sul capo corvino.
– Sarà meglio che vada – affermò serio, dopo qualche istante.
L'umana lo osservò dal basso mentre quello, senza più cercarla con lo sguardo, faceva qualche passo avanti. Ai suoi occhi, lo sguardo del demone pareva già lontano, nel luogo in cui ella sospettava dovessero trovarsi i suoi compagni e la fonte dei suoi crucci. Sorrise, di un sorriso più morbido e sollevato: non vi era più traccia in lui di quell'incertezza che gli aveva scorto negli occhi al suo arrivo.
– Torna pure quando vuoi e magari dille che mi piacerebbe conoscerla – lo raccomandò.
Il demone le scoccò un'occhiata da sopra la spalla.
– ...se ci tieni, glielo dirò – ribatté soltanto, prima di scattare.
Con l'agilità che gli era sempre stata propria, Koga superò il fiume in un paio di rapidi balzi e scomparve oltre il limitare della boscaglia.
Una brezza tiepida si levò, frusciando fra gli alberi e piegando gli steli d'erba accanto alla ragazza umana, prima che ella si decidesse a rimettersi in piedi a sua volta. Con un ultimo sguardo rivolto alla foresta, Kagome scosse delicatamente il capo corvino.
Che fossero demoni, mezzodemoni o umani, gli uomini sarebbero sempre stati uomini.


– Chissà dov'è finito Koga..? – domandò Hakkaku a un certo punto.
– È via da parecchio ormai – convenne Ginta, intento a spolpare un osso della loro cena. Lanciò un'occhiata a Juri, notando che non aveva quasi toccato cibo – Sorella, non hai fame?
Lei alzò lo sguardo sul “fratello” scuotendo il capo in segno di diniego, ma senza dire una parola. Faticava ancora a riprendersi dopo l'accaduto di quel mattino e l'assenza inspiegata di Koga non aveva fatto altro che renderla ancor più ansiosa. Si morse inconsapevolmente il labbro inferiore coi canini per l'ennesima volta, mentre alla mente le tornava con sorprendente nitidezza la sensazione di quelle labbra tiepide che sfioravano le sue. Non era stato un bacio, bensì un contatto involontario e quasi accidentale, eppure questo non cambiava le cose per lei: il suo primo bacio.. ed era stato Koga ad esserselo preso.
Accaldata in volto, col cuore che non accennava a decellerarle in petto, Juri tentò di scacciare nuovamente quei pensieri dalla propria mente, fallendo come le volte precedenti. In passato le era già capitato di assistere, per puro caso, ad alcune scene di intimità fra un uomo e una donna, ma la sua situazione non era di certo paragonabile.
Certo, sapeva quale fosse la meccanica dell'accoppiamento, ma non sapeva nulla dei sentimenti che vi stavano dietro se non per quel poco che le aveva raccontato sua madre attraverso le sue storie. Per questo non riusciva a capacitarsi di come avessero fatto gli occhi azzurri del demone-lupo a inebetirla a tal punto, trascinando la sua stessa anima al loro interno. Anche adesso, al solo pensiero, una serie di brividi le percorreva la schiena, mandandola in confusione.
Sospirò impercettibilmente, gli occhi socchiusi fissi nel fuoco di fronte a lei, mentre meccanicamente carezzava la pelliccia bruna di uno dei lupi accucciati alla sua destra.
Eppure... il solo pensare a lui le mandava il cuore fuori controllo.
Com'era possibile che potesse battere così velocemente? Cos'era ciò che stava provando?
Il panico che strisciante le attanagliava il petto era nato dalla consapevolezza che avrebbe di nuovo incrociato quel suo sguardo azzurro appena avesse fatto ritorno, giacché era scontato come il sorgere del sole ad Est il fatto che sarebbe accaduto... che si sarebbero trovati di nuovo faccia a faccia.
Cos'avrebbe dovuto fare?
Cos'avrebbe dovuto dire?
– Sorella...
Richiamata dalla voce pregna di preoccupazione di Ginta, Juri sussultò, sollevando lo sguardo ambrato a fissare lui e Hakkaku intenti ad osservarla.
Doveva darsi una calmata.
Deglutì, cercando di rievocare il proprio sangue freddo.
– Sì?
– È tutto il giorno ormai che ti comporti in modo strano...
– ...da quando ti abbiamo spinta a parlare con Koga – precisò Hakkaku, riscuotendo l'assenso del fratello.
Quella semplice constatazione bastò a portare nuovamente la mezzosangue al culmine dell'imbarazzo, tanto da farle andare di traverso il suo stesso respiro. Tossì, il suo corpo avvolto nelle pelli di lupo scosso dai singulti, tanto che l'animale accucciato accanto a lei sollevò il muso in sua direzione, uggiolando piano.
– Sto.. sto bene.. – affermò dopo un attimo, appena riuscì a sedare la tosse, schiarendosi la gola e alzando una mano per bloccare ogni possibile parola dei due fratelli – ..non è niente.
– Mmmh.. sarà.. – commentarono quelli all'unisono, per nulla convinti, continuando a fissarla.
Juri deviò lo sguardo, ben conscia della poca credibilità di cui giovava in quel momento e per nulla entusiasta di non riuscire ad ostentare la solita indifferenza.
Maledizione, si era davvero affezionata troppo a quel branco di demoni-lupo...
Come quel pensiero le balenò alla mente, ogni muscolo le si irrigidì e lei si ritrovò a sgranare gli occhi d'ambra di fronte a sé.
Si era affezionata a loro. Si era affezionata a Koga.
Il cuore ebbe un nuovo guizzo all'interno della sua gabbia toracica.
Se ne stava... innamorando?
Uno spostamento d'aria condusse al suo fine udito il familiare rumore di qualcuno in rapido avvicinamento e le orecchie candide le si rizzarono sul capo argenteo mentre lei si voltava in quella direzione. Un istante dopo, la figura di Koga fece la sua comparsa da dietro l'ansa del torrente, atterrando con un ultimo balzo al limitare dello spiazzo della tana e sollevando nella sua frenata una bassa nuvola di polvere.
E a quella vista, ogni muscolo del corpo di Juri si irrigidì automaticamente.
Fissò senza riuscire a distogliere lo sguardo dal capobranco, mentre questi si immetteva nel raggio di luce del fuoco, e soltanto grazie alle voci di Ginta e Hakkaku la ragazza lupo riuscì a riscuotersi.
– Koga, sei tornato!
– Iniziavamo a preoccuparci, capo!
Entrambi i demoni-lupo erano balzati in piedi per accogliere il loro capobranco ed ora lo osservavano ansiosi dal loro lato del focolare.
– Dovevo sbrigare una faccenda importante – rispose lui in tono piatto, accantonando a quel modo la discussione.
Il demone-lupo prese a guardarsi brevemente attorno e, in quella sua breve ricerca, i loro occhi si incrociarono.
E Juri distolse il proprio con una rapidità pari solo a quella del vento.
Nonostante il suo tumulto interiore tuttavia, non riuscì a impedire a sé stessa di tornare a osservarlo di sottecchi mentre quello riprendeva a muoversi, avvicinandosi al focolare e chinandosi per raccogliere l'otre dell'acqua.
La mezzodemone rimase suo malgrado a scrutarne le movenze mentre beveva una serie di lunghe sorsate, ammirandone da sotto il proprio ciuffo d'argento il gioco di luci e ombre che le fiamme proiettavano sulla pelle ambrata del demone. I suoi muscoli, evidenti a discapito della corporatura asciutta del capobranco, racchiudevano in guizzi appena percepibili tutta la sua forza e potenza demoniache, e Juri si ritrovò a trattenere il respiro.
La sua mente tornò meccanicamente a quel mattino, alla sensazione di quel corpo scattante sopra il suo, ed un brivido diverso dai precedenti le fece tremare le viscere. Dal ventre iniziò a sprigionarlesi un calore nuovo e disarmante, che peggiorò nel momento in cui colse con lo sguardo una goccia d'acqua lasciare le labbra del capobranco e colargli lungo la linea della mascella.
La gola le si seccò e la febbre le salì alle tempie, mentre avvampava, imbarazzata da sé stessa.
Con uno scatto, non riuscendo più a sopportare le proprie reazioni in presenza di colui che era causa e vittima inconsapevole delle sue emozioni, la mezzodemone si alzò in piedi, le mani artigliate strette a pugno lungo i fianchi.
– Vado a fare il primo turno – annunciò di getto.
Diede le spalle al fuoco ed agli altri compagni, intenzionata a non dar mostra di sé e di ciò che la stava sconvolgendo in quel momento. Aveva bisogno del vento sulla pelle, del silenzio della notte e della solitudine di quel suo dovere, per ritrovare il controllo di sé.
Ginta e Hakkaku le rivolsero un assenso che lasciava intuirne la perplessità, ma lei non se ne curò mentre faceva qualche passo per uscire dal cerchio di luce del fuoco. Suo malgrado dovette passare accanto a Koga, il quale s'era infine seduto a gambe conserte sul terreno roccioso, ma fu ben attenta a non incrociarne lo sguardo nemmeno per sbaglio.
Quando la voce di lui tornò a farsi sentire, lei era già saltata sulla riva opposta del torrente.
– Voi due allora farete il turno prima dell'alba – dichiarò laconico ai demoni-lupo rimasti.
Juri, suo malgrado, non riuscì a non notarne il tono distaccato e la facilità con cui sembrava riuscire a tenere l'atteggiamento di sempre. Eppure, a pensarci razionalmente, non avrebbe potuto essere altrimenti: era lei quella inconcepibilmente turbata, non il contrario. Sicuramente, ciò che era accaduto fra loro quel mattino era stato soltanto un fatto privo di importanza.
Non doveva significare di certo nulla, per un vero demone quale era il loro capobranco.
Si lasciò sfuggire un sospiro sconsolato che andò a perdersi in fretta nella notte oscura.
E poi via, veloce ed agile, spiccò la corsa lasciandosi la tana ed i suoi occupanti alle spalle, immettendosi nella vegetazione e dando sfogo attraverso lo sforzo fisico alla tensione che si portava dentro, nella speranza di perdersi e ritrovarsi in quel moto automatico. Doveva tornare in sé al più presto.
Non poteva rischiare di sconvolgere l'equilibrio del branco.
Non voleva rischiare di perdere tutto.


...continua.



Ciao a tutti!
Mi dispiace essere in ritardo di qualche giorno... purtroppo anche per la prossima volta andrà così ma prometto che cercherò di aggiornare il prima possibile! Intanto ho iniziato ad utilizzare un nuovo metodo per le note in stile legenda che vi anticipo già adesso, comparirà come numerino indice in alto a destra delle parole *giapponesi*. Basta che spostiate il mouse sopra il numerino accanto al termine da me indicizzato perché compaia il significato così come lo ho inteso/reperito/utilizzato io. Dato che ci tengo che l'impatto visivo del capitolo sia il migliore possibile, ho ritenuto fosse una soluzione più discreta delle normali Legende a fine pagina!
Allora, dettagli stilistici a parte...che ne pensate?! Qui abbiamo finalmente qualcosa... e ommioddio un bacio.. era un bacio?! Non lo so nemmeno io, so solo che è successo qualcosa e ommioddio!! Vabbè, la smetto, in fin dei conti sono l'autrice, non posso mica fangirleggiare da sola per certe cose. Certo, se qualcuno volesse farmi compagnia io nn mi offendo!
Che altro dire, vi saluto e vi auguro buona settimana! Alla prossima!
baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 17
*** I sentimenti di un lupo ***




.::[. I SENTIMENTI DI UN LUPO .]::.



In quello che un tempo era stato il territorio delle Paradisee, antico nemico dei demoni della tribù Yoro, sembrava essersi stabilita una nuova, moderatamente trascurabile, minaccia. Trascurabile perché essa si era rivelata essere costituita da una banale banda di Oni[1], o demoni-orco, tanto stupidi da essersi resi conto in ritardo del ritorno dei legittimi proprietari delle terre confinanti.
Grossi e lenti, con uno o più corna in mezzo alla fronte a distinguerli per anzianità, iniziarono a causare fastidi ai demoni-lupo soltanto alcuni giorni dopo la visita di Koga al villaggio umano di Kagome.
Sebbene le cose non fossero mai degenerate in qualcosa di più serio di qualche scaramuccia, non appena essi avevano tentato di varcare i confini del loro territorio, gli Yoro li avevano ricacciati indietro senza troppe difficoltà. Da quel giorno le scorribande di quei demoni si erano fatte incostanti ma persistenti e il capobranco aveva decretato costituissero un ottimo espediente per permettere a Ginta e Hakkaku di diventare più forti.
Così erano iniziati gli allenamenti dei membri del Clan dell'Ovest della Tribù Yoro, che si alternavano fra scontri individuali e zuffe in stile tutti-contro-tutti. Juri aveva iniziato, sotto preciso ordine di Koga, a potenziarne l'agilità e la rapidità dei riflessi, affrontando i fratelli individualmente o facendosi aiutare dai lupi al loro seguito. Spesso anche il loro capobranco si univa a loro, non mancando di riservare duri rimproveri appena uno di loro incassava male un attacco o risultava troppo lento. Nemmeno la mezzodemone, in quel caso, veniva risparmiata, ma la cosa iniziò ben presto ad essere vista da tutti come una nuova routine giornaliera e non vi fu mai una sola lamentela per i metodi del giovane capo.
Grazie agli allenamenti ed agli scontri occasionali contro quella che veniva da tutti loro considerata come semplice feccia, la ragazza lupo era riuscita ad accantonare quanto accaduto e provato quel fatidico giorno; per lo meno, vi era riuscita abbastanza da permetterle di sopportare la presenza del demone-lupo senza battere ciglio, almeno in apparenza.
Il diversivo costituito dagli Oni poi, teneva adeguatamente impegnata la mente della ragazza, che passava la maggior parte del suo tempo libero a sorvegliare i confini, di vedetta in un punto strategico che forniva una buona visuale sulle sterili montagne ad Ovest.
Un improvviso schianto, come di un albero che veniva abbattuto con irruenza, rivelò alla mezzo-lupo l'appropinquarsi di un nuovo momento di svago e come le fronde degli alberi si agitarono, una trentina di metri più avanti, un sorrisetto sghembo le si formò in volto.
Eccoli, quell'ammasso di idioti dei loro indesiderati vicini era tornato alla carica.
Irrompere in quel modo oltre i confini del territorio della loro tribù era una mera ostentazione ed una futile provocazione, lo sapeva bene, ma ultimamente Juri si era scoperta molto più suscettibile del solito.
Si sollevò in piedi, sul ciglio della piccola rupe fino a quel momento utilizzata come avamposto di guardia, e dopo essere indietreggiata di diversi metri, spiccò la corsa. Saltò nel vuoto con tutto lo slancio possibile, raccogliendo le lunghe gambe mentre fendeva l'aria in una parabola ben definita.
Superò le chiome degli alberi senza sfiorarle e atterrò proprio al centro di quello che era un piccolo spazio aperto, sollevando terriccio, erba e frammenti di pietra.
Quando tornò a sollevarsi su ambo le gambe, di fronte a lei le sagome dei demoni-orco si stagliavano dinanzi al varco aperto da loro stessi nel sottobosco.
– Ma non la piantate mai di venire a rompere? – sbottò la ragazza, con una smorfia insofferente.
– Ecco la mezzo-lupo che è venuta ad accoglierci – la sbeffeggiò uno, indicandola agli altri con fare derisorio.
Lei, di rimando, gli ringhiò contro e quello, insieme ad una buona parte degli altri, tradì una certa apprensione. Alcuni le apparvero persino intimiditi dal modo in cui tentavano di sottrarsi al suo sguardo, cosa che le procurò una certa soddisfazione.
La banda di fronte a lei era costituita da un numero un po' più numeroso rispetto al solito, ma a Juri non importava: non bastava certo una sola decina di loro a costituire un problema per lei.
Mise mano alla spada, intenzionata a porre fine alla cosa prima dell'arrivo dei suoi compagni.
Quel giorno sentiva di dover scatenarsi da sola.
– Adesso imparerete cosa vuol dire entrare senza permesso nella tana del lupo – affermò minacciosa, prima di estrarre Zanka con un unico movimento del braccio.
La spada demoniaca si trasformò in un riverbero di luce e qualcuno degli Oni fece un passo indietro.
Il sorrisetto le si accentuò in volto, maligno ed inquietante, velato di promesse.
Avrebbe impartito loro la lezione che meritavano.


Probabilmente avrebbe dovuto procurarsi una nuova spada.
Stava riflettendo su questo Koga mentre, seduto su una roccia nei pressi della tana, osservava il moncone della sua katana stretto fra le mani. Tuttavia, nonostante tentasse di concentrarsi su altro, non riuscì ad evitare alla propria mente di deviare sul pensiero della mezzodemone-lupo.
Da quando aveva parlato con Kagome aveva capito che, se non vi avesse messo un freno, la cosa rischiava di diventare seria. In passato, quando ancora i suoi antichi compagni erano in vita, non aveva mai provato l'impulso di reclamare per sé una femmina né di legarsi a qualcuna della tribù. Probabilmente, rifletté, all'epoca era ancora troppo giovane per certe cose.
Certo, Kagome era stata l'eccezione. L'aveva voluta per il suo potere e in seguito aveva iniziato a vederla in modo diverso grazie al suo animo gentile ed altruista. Si era sentito attratto da ciò che la sacerdotessa umana rappresentava: un mondo fatto di calore e tenerezza, del tutto diverso da quello caotico e battagliero, rozzo, dei demoni-lupo del loro Clan.
Era stato questo a farlo innamorare di lei, ma per quanto i suoi sentimenti fossero stati sinceri, il suo istinto demoniaco era sempre rimasto sopito, confinato da quello che, ora lo comprendeva, era stato un amore platonico.
Mentre per Juri, lui...
Scosse il capo corvino con veemenza, scacciando l'inizio di quel pensiero compromettente.
Non aveva alcuna importanza cosa sentiva per quella mezzodemone, giacché ella pareva intenzionata tanto quanto lui a seppellire l'accaduto. Inoltre, se non avesse iniziato a conoscerla un po', avrebbe pensato che lei cercasse di evitarlo per quanto le fosse possibile, con gli allenamenti e tutto il resto.
Per non parlare di tutti i problemi che sarebbero potuti sorgere coi suoi due compagni: era evidente quanto entrambi si fossero affezionati alla ragazza lupo, l'ultima cosa che desiderava era scatenare un conflitto interno al branco per la conquista dell'unica femmina.
Accidenti! Finché Kagome non aveva accennato a quella convivenza nemmeno lui ci aveva pensato, ma era ovvio come le cose non avrebbero potuto andare diversamente. Ricordava abbastanza bene le lotte cerimoniali tipiche delle loro antiche tradizioni e la cosa lo innervosiva al solo pensiero, giacché alla fine di queste era la femmina di demone-lupo a scegliere.
Che Juri fosse soltanto una mezzodemone non aveva alcuna importanza: il suo stesso sangue l'aveva riconosciuta come un lupo, e la cosa bastava a porla ai suoi occhi alla pari di una qualunque altra vera demone.
Si lasciò sfuggire uno sbuffo auto-ironico.
Come se non bastassero le sue capacità e le sue abilità in combattimento a porla sullo stesso piano di una vera demone, pensò.
Non vi erano dubbi che fosse più forte dei suoi due compagni, due demoni-lupo nati e cresciuti all'interno del loro clan, due Yoro fatti e finiti. Grazie a lei, Ginta e Hakkaku iniziavano già a dare qualche segno di miglioramento e di questo Koga non poteva che essere intimamente lieto.
Juri era riuscita a risvegliare in loro l'orgoglio di un vero demone-lupo.
Se all'inizio di tutta quella storia il capobranco aveva temuto che la presenza di lei avrebbe causato loro solo guai, ormai si era totalmente ricreduto. Averla accettata come un membro effettivo del Clan dell'Ovest aveva portato loro solo vantaggi. Certo, se si escludeva l'effetto che lei, inconsapevolmente, gli faceva...
Con un gesto insofferente si sfregò la mano artigliata sulle ciocche della frangia, sopra la bandana in pelle di lupo che gli fasciava la testa. Non aveva senso continuare a rimuginare sulla cosa, non in quel momento, giacché non era intenzionato a farne la sua compagna.
Come se lei, poi, potesse volere una cosa del genere...
Un sorriso di autocommiserazione gli si dipinse in volto.
Diamine, doveva esser messo proprio male se faceva simili considerazioni.
L'ululato di un lupo si levò nell'aria del meriggio, traendolo fuori da quella spirale di negatività che stava minacciando di risucchiarlo.
Gli Oni erano tornati a farsi vivi.
Scattando in piedi, Koga rinfoderò il moncone della sua katana, restando in ascolto.
Un gruppo di una decina di individui.
Nella zona a nord-ovest.
Juri.
Le sue gambe si mossero da sole, facendolo scattare in avanti ancor prima di pensare di farlo.
Quando arrivò nel luogo dello scontro, esso era già terminato e la ragazza lupo era lì, voltata di spalle, la spada ancora sguainata, ad urlare dietro ai demoni superstiti in fuga.
– ...e riferite agli altri che la prossima volta non sarò così gentile!
Di fronte agli occhi del giovane capo, il campo di battaglia si presentò colmo di arti amputati e persino una carcassa di demone-orco riversa in una posa scomposta. Il fetore del sangue di quelle creature stava già permeando l'aria.
A quanto pareva, la mezzodemone era stata di nuovo in grado di gestire la faccenda da sola.
All'improvviso, come una folgorazione, il pensiero di lei che era sempre stata in grado di cavarsela da sola in un mondo ostile gli balenò alla mente, lasciandolo con lo sguardo perso per qualche istante nel vuoto.
Non si era mai soffermato a pensarci adeguatamente, ma bastò quella considerazione a porgli la mezzodemone sotto una luce diversa. Osservandola ancora voltata di spalle mentre, con un gesto consapevole, rinfoderava la sua spada demoniaca, Koga si ritrovò a scrutarne la figura come se la vedesse per la prima volta.
Si ergeva orgogliosa e testarda nella luce del sole, ben salda sulle gambe leggermente divaricate, la coda bianca arricciata verso l'alto e la lunga chioma argentea che, legata in quella morbida treccia, ondeggiava nella lieve brezza. Quando, l'istante seguente, lei si voltò verso di lui, con qualche macchia di sangue demoniaco a imbrattarle la pelle, egli distinse nel suo sguardo imperscrutabile tutta la forza e la fierezza d'animo e di nuovo quel fremito interiore gli pulsò nelle vene.
La voleva.
Voleva lei e nessun'altra.
Per contro, neanche la ragazza lupo avesse l'abilità di leggergli nel pensiero, si irrigidì non appena posò i suoi occhi ambrati su di lui. E allora Koga, sopprimendo quell'emozione ormai conosciuta in fondo all'animo, distolse lo sguardo con artefatta noncuranza.
– Vedo che è tutto sotto controllo – si limitò a commentare, infrangendo il silenzio.
– Sì.. infatti – fece lei, altrettanto laconica.
Il silenzio tornò ad aleggiare fra loro, pesante e spesso come un drappo funebre, tanto da indurre Koga a voltarsi, dandole le spalle.
– Bene – commentò atono – dovremo stare tranquilli per un po’.
Non ricevette risposta, ma va detto che non restò ad aspettare di averla.
Spiccò un balzo che lo portò ad immergersi nuovamente oltre la fila di alberi, sfrecciando nel sottobosco in una corsa che non aveva una meta precisa, non subito. Fu dopo aver percorso una certa distanza che optò per tornare alla tana del clan, non riuscendo a non notare con una parte di sé quanta poca velocità possedesse ora che i frammenti della Sfera non erano più parte di lui.
Avrebbe dovuto allenarsi seriamente a sua volta per porre rimedio a quella lacuna.
Quando raggiunse la sua meta, frenò lo slancio senza curarsi della nube di polvere che sollevò, dopo aver saltato il torrente. Per nulla pentito della propria irruenza, fece qualche passo verso il sentiero che conduceva alle grotte del branco, notando la sola presenza di qualche lupo sonnecchiante e nessun altro. Ginta e Hakkaku dovevano essere ancora in ricognizione, probabilmente stavano raggiungendo Juri in quel momento.
Questo voleva dire che poteva godersi un po' di tranquillità.
– Finalmente ti ho trovato, Koga!
Si voltò di scatto al suono di quella voce squillante e dal timbro femminile, sgranando gli occhi azzurri dalla sorpresa nel riconoscere immediatamente la demone a cui apparteneva.
Imprecò mentalmente.
Aveva parlato troppo presto.


Ayame sfoggiò un sorriso talmente compiaciuto che tradiva quanto poco si stesse trattenendo dall'esultare apertamente.
Le sembrava trascorsa un’eternità dall'ultima volta che aveva visto il demone-lupo ed ora che lo aveva davanti, dopo tutti quei mesi passati ad aspettare pazientemente, le pareva un sogno.  Purtroppo nei territori della Tribù Yoro del Nord non vigeva una buona diffusione di notizie ed aveva appreso in ritardo della dipartita del mezzodemone verso cui il giovane capobranco dell'Ovest aveva giurato vendetta. Per questo ci aveva messo tanto a mettersi in viaggio, ma alla fine era riuscita a convincere suo nonno a lasciarla partire.
– Ayame..?
Eppure Koga appariva spaesato e confuso mentre la osservava con un sopracciglio inarcato.
– Sì, sono io! – esclamò lei di rimando, non riuscendo a contenere l’entusiasmo.
Con un salto lo raggiunse e gli gettò le braccia al collo in un impeto di slancio, al ché il demone incespicò all'indietro, preso del tutto alla sprovvista.
– Ma che..? – puntando i piedi il capobranco degli Yoro dell'Ovest la trattenne per le spalle, scostandola da sé – Ayame, che fai?
Sotto quello sguardo azzurro, la demone-lupo non si lasciò affatto scoraggiare: aveva atteso troppo a lungo quel momento.
– Sono qui per la promessa... – gli rispose, in tono un po’ più quieto, tornando a far un passo indietro per osservarlo meglio.
Era proprio come lo ricordava, persino l'espressione imbronciata era la stessa.
Sorrise fra sé e sé a quel pensiero.
– Promessa? – a dispetto delle di lei speranze, lui però sembrò non capire.
E Ayame ebbe una netta sensazione di deja-vù che le fece arricciare la punta del naso in una smorfietta insoddisfatta.
– Sì, la promessa che mi facesti... – di per sé non era mai stata un tipo diretto, ma il disappunto per l’incomprensione di cui era ancora una volta oggetto imponeva un chiarimento netto – ...avevi promesso di prendermi in sposa.


Juri continuava a chiedersi perché lo stesse facendo.
In fondo, anche se Ginta le aveva appena dato il cambio, non voleva dire che per forza di cose lei dovesse raggiungere il loro capo. Sapeva quello che doveva fare: avrebbe dovuto recarsi al lato opposto del territorio della tribù per andare a recuperare, con Hakkaku, qualcosa per il pasto serale.
E allora perché lo stava cercando?
Era davvero improvvisamente così ansiosa di sentirsi dare della sciocca?
Una manciata di minuti prima, quando al termine dello scontro i loro occhi si erano incrociati, aveva creduto di scorgere qualcosa all'interno di quelle pozze cerulee, ma il demone-lupo se n'era andato con la stessa rapidità con cui era arrivato, lasciandola col dubbio.
Probabilmente si era trattata solo di una sua impressione.
Così come era soltanto una sua impressione il fatto che lui la stesse in qualche modo evitando.
Sì, era senz'altro così.
Convintasi di questa cosa, la mezzodemone stava per tornare indietro quando, all'improvviso, un odore mai sentito prima le giunse alle narici. Ormai prossima alla riva del corso d'acqua che scorreva accanto alla tana, si fermò ad annusare l'aria, riconoscendo in quella nota selvatica l'odore di un demone-lupo. Un demone-lupo.. femmina?
Quasi senza accorgersene spiccò di nuovo la corsa, seguendo la lieve traccia olfattiva lasciata da quell'intrusa, determinata a raggiungerla ed accertarsi di quella presenza imprevista. Percorse un ampio semicerchio che inizialmente la deviò dalla via intrapresa, ma che alla fine si rivelò condurla proprio alla tana del branco. Facendo attenzione a non tradire la propria presenza durante il suo arrivo, la ragazza lupo rallentò sino a fermarsi oltre l'ansa del torrente, al riparo della parete rocciosa dietro la quale il flusso d'acqua costeggiava l'insenatura naturale su cui si affacciavano le grotte naturali.
Provenivano delle voci da questa.
Trattenne meccanicamente il fiato, quasi inconsapevolmente, tendendo le orecchie candide.
– ..ti ho aspettato tanto, non puoi rinnegare così la promessa che mi hai fatto!
– Ayame, anche se si tratta della volontà di tuo nonno non puoi aver alcuna pretesa! È stato tanto tempo fa! – la voce del demone-lupo era chiara, netta nonostante lo scrosciare della cascata poco lontana.
– Ma.. – questa volta l’interlocutrice parve a Juri più incerta, ma fu solo un istante – ..anche se ero ancora piccola, una promessa rimane una promessa! Io ci ho creduto per tutto questo tempo! Koga, io ti amo!
Juri sussultò.
Il tono con cui la sconosciuta aveva esclamato quelle ultime, semplici parole, lasciò intuire alla mezzodemone quanto sentimento vi fosse racchiuso e ne rimase colpita. Si abbandonò contro la parete rocciosa con la schiena, lo sguardo ambrato perso nel vuoto mentre quell'ultima frase le rimbombava nella mente.
Una strana sensazione le nacque in petto, struggente tanto da costringerla a sollevare una mano per premersela in quel punto.
Perché mai iniziava a sentirsi coinvolta lei stessa in quella discussione?
Come poteva immedesimarsi così facilmente in una demone che nemmeno conosceva?
– Mi dispiace – la voce di Koga tornò a farsi udire, in risposta, più bassa e cupa che in precedenza.
– Spiegami, almeno – lo esortò quella che doveva chiamarsi Ayame, a sua volta con meno enfasi – Perché? C’è... c’è un’altra?
Il silenzio che seguì parve assordante alla mezzo-lupo, la quale dopo un paio di secondi cedette all'impulso. Si sporse leggermente, facendo capolino da dietro il suo riparo per gettare un'occhiata oltre l'angolo, verso i due demoni intenti a fronteggiarsi, profilati a lei.
La prima cosa che vide fu la figura di una demone-lupo dai capelli rossi legati in un paio di codini ai lati della testa. Era vestita di pellicce di lupo bianche e sembrava reduce da un lungo viaggio. Di fronte a lei, Koga aveva lo sguardo rivolto al terreno e i pugni chiusi lungo i fianchi.
Agli occhi dell'argentea, il capobranco le apparve in preda ad un conflitto interiore, ma alla fine tornò a osservare in volto la sua interlocutrice con un'espressione seria e decisa.
– Sì.
Un'unica parola e il tempo parve cristallizzarsi, indurirsi come una spessa lastra di ghiaccio e poi, dopo averle tolto il respiro, andare in mille pezzi.
Completamente immobile, con l'animo in tumulto, Juri riuscì a distinguere lo shock che quell'assenso aveva provocato nella demone dai capelli rossi, la quale spalancò gli occhi di smeraldo e socchiuse le labbra, boccheggiando muta. Un attimo dopo quella indietreggiò di un passo, sollevando la mano destra chiusa a pugno sul petto, come se ciò potesse bastare a proteggere il suo fragile cuore.
Il suo sguardo di smeraldo era fisso su Koga, come se non potesse riconoscerlo.
– Si...si tratta di quella ragazza..? Quella Kagome? – la sua voce, dapprima esitante, tornò a farsi aspra e squillante ed Ayame parve riacquistare fermezza – Sai bene che non sarà mai la stessa cosa! Non è una demone-lupo, non potrà mai essere la tua vera compagna!
Juri inarcò un sopracciglio, confusa e contrariata.
Cosa voleva dire?
Perché una donna umana non poteva essere veramente la compagna di un demone-lupo?
– Sappi che.. che io non intendo rinunciare a te! – continuò.
Aveva un tono accusatorio che diceva di saperla lunga, ma Koga sostenne il suo sguardo senza vacillare.
Ai suoi occhi ambrati, il capobranco le apparve stoico ed ostinato, convinto della propria posizione.
Non vi sarebbe mai stato niente e nessuno in grado di fargli cambiare idea, e Juri non ebbe bisogno di assistere oltre: aveva ascoltato e visto abbastanza.
Tornando al riparo, l'argentea iniziò ad allontanarsi, cercando di ignorare la sensazione opprimente che le stava pesando sul petto al pari di un grosso macigno. Soltanto quando fu abbastanza lontana, ad almeno due centinaia di metri più a valle, cedette a quello strano malessere e rallentò la propria corsa.
Come si arrestò sul sentiero, la sua mente prese a vorticare.
“...non puoi avere alcuna pretesa!”                         
“..Koga, io ti amo!”
“Mi dispiace”
                                    “C'è un'altra?”
                                                                 “Sì”
“Non potrà mai essere la tua vera compagna!”
Juri si premette le mani sulle orecchie, ben consapevole che non sarebbe valso a niente, giacché quelle parole le risuonavano dentro la testa e non dall'esterno. Chiuse persino gli occhi, serrando forte le palpebre, ma le visioni si fecero più nitide, tormentandola e facendole digrignare le zanne di mezzodemone in una smorfia sofferente.
Rivide Koga che sosteneva inflessibile lo sguardo della demone sconosciuta e quel ricordo mutò, mostrandole quello stesso sguardo azzurro e gelido, implacabile, mentre la guardava quel mattino di ormai diverso tempo prima, il giorno in cui era scappata da loro.
Lo rivide ridere, arrabbiarsi, sfoggiare quel suo sorrisetto irritante. E poi lo rivide di fronte alla ragazza umana di cui era innamorato, mentre le parlava. Rivide il sorriso che, dolce ed amaro al contempo, le aveva riservato mentre quella, inconsapevole, se ne andava.
L'improvvisa fitta di dolore al centro del petto la fece piegare con un gemito su sé stessa, mentre ella caparbiamente tentava di trattenere e comprimere ogni sensazione all'interno di sé stessa, di non lasciare spazio alcuno. Non riusciva a capire cosa le stesse prendendo.
Perché adesso si sentiva così... sola?
Come formulò quel pensiero, dovette frenarsi dallo scoppiare a ridere.
Che si sentisse sola era qualcosa di assurdo, giacché da quando era entrata a far parte del branco non lo era mai veramente: c'era sempre qualcuno con lei, dai demoni ai lupi loro servi.
Ma allora, perché..?
Per quale motivo aveva voglia di piangere?
Inspirò a fondo, riempiendo i polmoni più volte per riacquistare il pieno controllo di sé e, quando si sentì pronta, sollevò lo sguardo ambrato verso il cielo, come se nella volta celeste punteggiata di nuvolette candide potesse trovare le risposta che cercava. La vista dell'enorme distesa azzurra, di un colore così simile a quello degli occhi del capobranco, ebbe l'effetto di tenerla avvinta per il tempo necessario a regolarizzare il respiro.
Di ciò che le si agitava nell'animo non poteva farne parola con nessuno degli appartenenti al branco, era il suo istinto a frenarla, eppure sentiva il bisogno di confrontarsi con qualcuno. Se soltanto sua madre fosse stata ancora viva...
Chiuse gli occhi, cercando di riportare alla mente il volto della donna che l'aveva messa al mondo, corrucciandosi nel tentare di trovare la giusta concentrazione. Tentò di immaginarsi di fronte a lei, sedute dinanzi al fuoco come erano solite fare quando era una cucciola, e allora le pose la domanda che tanto la stava tormentando.
Cosa doveva fare?
La donna nata dai suoi ricordi le sorrise, ma nulla di più.
Juri sbuffò, schiudendo le palpebre ed abbassando l'iridi sul sentiero di fronte a lei, ben consapevole di non avere abbastanza immaginazione per certe cose, ma fu proprio a quel punto che notò una presenza inaspettata.
Il lupo dal pelo fulvo che, ormai una settimana prima, l'aveva seguita e riportata indietro, la osservava silenzioso a meno di un passo di distanza.
La mezzodemone sobbalzò dalla sorpresa, prima di inarcare un sopracciglio, perplessa.
L'animale, per contro, fece un passo avanti mentre la folta coda dietro di lui prendeva ad ondeggiare. Come schiuse le fauci e lasciò fuoriuscire la lingua rosea in un'espressione lupesca decisamente da schiaffi, Juri sbuffò divertita.
– Tranquillo, va tutto bene... non stavo andando da nessuna parte.
Il lupo allora, serrando nuovamente la bocca e tornando ad assumere un'espressione più dignitosa, si sedette sugli arti posteriori, tenendo quei suoi occhi intelligenti fissi su di lei. L'impressione che la ragazza ne ebbe era interrogativa e di attesa e lei, dopo un paio di secondi di incertezza, scosse il capo argenteo.
– Io... io non so quale sia il mio problema! – sbottò, tornando a sollevare la mano artigliata a reggersi la fronte – Sono in totale confusione! E, come se non bastasse, non sento altro che ripetere “Kagome, Kagome, Kagome”! Ma si può sapere che cos'ha di speciale, questa dannata Kagome?!
Aveva chiuso gli occhi ambrati durante quel suo breve sfogo, ma l'uggiolio da parte del lupo ai suoi piedi la indusse a riaprirli. L'animale era di nuovo sulle quattro zampe e la sua coda si muoveva con maggiore enfasi, vista che le fece nascere in volto una smorfia di insofferenza.
– Cosa c'è? – gli domandò, seccata – Non dirmi che pure tu hai un debole per quell'umana!?
Il lupo fece un balzello sulle zampe anteriori, esternando un rapido e squillante latrato che, inatteso, le fece piegare le orecchie canine all'indietro. Di fronte a quell'eccitazione, la mezzodemone fece un mezzo passo indietro, ma l'animale si fece in avanti e rapido la agguantò con le zanne per le pellicce che le avvolgevano i fianchi.
– Ehi, ehi.. calmati adesso..
Ma quello, ignorandola, iniziò a tirarla.
Confusa e spaesata da quel modo di fare, la ragazza lupo fu costretta ad avanzare di una nuova serie di passi, prima che quella palla di pelo fulvo finalmente la lasciasse andare. Eppure, non appena fu libera, l'animale si voltò nella direzione in cui fino a un attimo prima sembrava volesse trascinarla, facendo qualche passo sul sentiero per poi di fermarsi e tornare a voltare il muso verso di lei.
E allora Juri capì: voleva che lo seguisse.
Facendo schioccare la lingua sul palato, si corrucciò in volto, per nulla convinta.
– Dovrei andare a cercare Hakkaku, non ho tempo di giocare con te – sbottò – Dammi un buon motivo per cui dovrei seguirti.
Ma come pronunciò quell'esortazione, il lupo prese ad abbaiarle contro con ostinazione, finché Juri non si ritrovò a capitolare di fronte a quell'attacco sonoro.
– Va bene, va bene! Ho capito, smettila! – esclamò insofferente, andando a coprirsi le orecchie sensibili con ambo le mani artigliate.
L'animale tornò a sfoggiare quell'espressione da schiaffi con le fauci aperte e la lingua penzoloni, prima di voltarle le spalle e prendere a correre lungo il sentiero.
– E-ehi! Aspettami!
La mezzodemone si affrettò a scattare a propria volta, intenzionata a non perderlo.
Per quanto ancora le intenzioni di quella palla di pelo non le fossero chiare, voleva condurla in un luogo preciso e lei, preda di una nuova e familiare curiosità, decise di accantonare ogni interrogativo e di scoprire cosa quell'animale avesse in mente.
Mentre correva accanto ad esso nel sottobosco, si ritrovò a sorridere nel paragonarlo ad una sorta di angelo custode, per la sua predisposizione ad apparire ogni qualvolta si era trovata sull'orlo di un precipizio emotivo. Ma se davvero voleva essere il suo angelo custode, aveva bisogno di un nome, rifletté.
Quando raggiunsero ed attraversarono il confine dei territori della tribù Yoro, Juri si rese effettivamente conto della direzione da loro tenuta ed un sospetto iniziò a prendere forma nella sua mente. Un dubbio che aveva assolutamente bisogno di risposte.
Akiba[2]! – come lo chiamò, il lupo mosse le orecchie e volse impercettibilmente il muso verso di lei – Non mi starai mica portando da Kagome?!
Il breve latrato che ricevette in risposta, durante quella corsa, fu una conferma sufficiente.
Juri imprecò a denti stretti.
Che cosa gli passava per quel testone peloso? Perché mai avrebbe dovuto andare a cercarla?
Per parlarle?
Quasi sussultò quando si rese conto che l'idea, in realtà, non le dispiaceva.
In fin dei conti, sembrava essere l'unica a non averci avuto a che fare direttamente sino a quel momento. Persino quella demone-lupo dai capelli rossi, quella Ayame, la conosceva.
Era lei quella esclusa.
Forse, parlarle a quattr'occhi non era un'idea così sbagliata. La verità era che lei non sapeva nulla di quel che riguardava il demone-lupo e la sacerdotessa umana. Non sapeva nulla di lei.
Chi era davvero Kagome?
Quegli interrogativi le fecero nascere in petto un'inquietudine che la spinse a muoversi più rapidamente, preda del bisogno di agire e trovare risposta a quelle domande. Aveva bisogno di più informazioni e se le sarebbe andate a prendere lei stessa.
Conosci il tuo nemico, aveva detto qualcuno, una volta.
– Akiba! – chiamò di nuovo il lupo – Io vado avanti, tu torna pure dal branco e dì agli altri che farò ritorno entro l'alba!
Il lupo accanto a lei decelerò e un attimo dopo aveva già deviato dal loro percorso, scomparendo nella selva.
E Juri si lanciò alla sua massima velocità, irrompendo in una zona priva di vegetazione, col vento a strattonarle le pellicce e gonfiarle i lunghi capelli d'argento alle spalle, decisa a raggiungere il villaggio di Musashi nel più breve tempo possibile.
Sì, avrebbe parlato con quella ragazza umana per capire finalmente che genere di persona fosse.
E per cercare di comprendere un po' meglio persino sé stessa.


– Come sarebbe “fino ad allora resterò con voi”?? – esclamò a quel punto Koga, sgranando gli occhi azzurri.
Ayame, di fronte a lui, se ne stava in piedi a sostenere il suo sguardo, con le braccia conserte.
– Quello che ho detto – gli rispose lei, senza scomporsi, ostinata come pochi.
Il demone-lupo stava per ribattere quando, in quel momento, sopraggiunse Hakkaku.
– Ehi Koga, hai per caso visto Ju-.. – il demone con la cresta si bloccò appena si rese conto della demone dai capelli rossi, sgranando gli occhi dallo stupore – Sorella Ayame?
– Sono proprio io! – sorrise quella.
– Che bello rivederti, sorella! – esclamò Hakkaku, finendo di raggiungerli, ma il suo sorriso si spense in fretta in un'espressione dubbiosa e smarrita mentre aggiungeva: – Ma.. come mai qui?
– Resterò con voi per un po’.. – gli rispose lei con un sorriso.
Il povero demone-lupo appena arrivato altalenò lo sguardo da lei al capobranco in un crescente stato di confusione. E, proprio in quel momento, neanche fosse stato evocato da una strega, sopraggiunse anche Ginta, cosicché la scena appena conclusasi si ripeté pressoché invariata.
Ormai sull'orlo di perdere la pazienza, Koga si schiaffò una mano artigliata in faccia.
La cosa stava diventando ridicola.
Quando, a quel punto, entrambi i fratelli si voltarono a fissarlo, il giovane capo della tribù Yoro non si trattenne oltre.
– Può far quel che le pare: a me non interessa! – sbottò irritato, dando loro le spalle.
Non attese nemmeno una risposta da parte dei suoi compagni, prima di spiccare la corsa verso valle. Costeggiò il torrente con la precisa intenzione di allontanarsi da quel luogo e da quei demoni il più in fretta possibile: il pensiero di doversi sorbire la presenza della demone degli Yoro del Nord era sufficiente ad indurlo ad allontanarsi da lì alla massima velocità consentitagli dalle sue stesse gambe.
E nella fretta non si accorse del flebile odore della mezzodemone-lupo prima che venisse spazzato via dalla forte brezza proveniente dalle montagne alle sue spalle.


Il villaggio doveva per forza essere quello, pensò.
Juri sollevò lo sguardo ambrato al cielo. Secondo la posizione del sole doveva essere già pieno pomeriggio. Digrignò le zanne in una smorfietta insoddisfatta: ci aveva messo più tempo di quanto si era augurata, ma con un po' di fortuna avrebbe sbrigato quella faccenda in meno di un'ora e sarebbe tornata alla tana in nottata.
Con un cenno del capo in assenso a sé stessa, la mezzodemone dal suo punto di osservazione rialzato tornò a scrutare l'ampio spazio aperto che era la risaia accanto alla quale sorgeva il villaggio. Sembrava esservi una casupola in legno posta in una posizione più distaccata delle altre e abbastanza vicina alla vegetazione da permetterle di approfittarne.
Avrebbe giovato della protezione offerta da quel modesto edificio per addentrarsi nel villaggio e trovare la ragazza.
Approfittando di un momento di quiete aggirò la risaia e si gettò dietro la parete di assi della casa, poggiandovisi con la schiena mentre tendeva le orecchie candide. Dall'interno provenivano delle voci e dal comignolo sul tetto fuoriusciva un sottile filo di fumo.
Era sul punto di tornare a muoversi quando, all'improvviso, oltre l'angolo dietro al quale si stava riparando, la stuoia che chiudeva l'ingresso dell'abitazione si scostò facendone uscire gli occupanti.
– ..era tutto buonissimo! – esclamò la prima voce squillante e gioviale.
– Sì, grazie tante per il té, vecchia Kaede – annuì gentile una seconda voce, dal timbro femminile.
Al suono di quelle voci, Juri inarcò un sopracciglio: le suonavano familiari.
– È stato un piacere, Kagome. Presto partirete, vero?
– Sì.. Inuyasha vuole recuperare al più presto anche l'ultimo frammento. Attenderemo il ritorno di Sango e Kohaku e poi ci rimetteremo in cammino.
Juri, il fiato bloccatole in gola, non riusciva a credere alla propria fortuna: l'aveva già trovata.
Iniziò a sudare freddo.
– Sì, capisco perfettamente – commentò la voce roca dell'anziana – Passate da me prima di andare, ho alcune erbe mediche che potrebbero farvi comodo.
– Non mancheremo, grazie ancora – rispose Kagome.
Il silenzio che seguì venne infranto da un rumore di passi ed il fruscio di stoffe e Juri si mosse appena in tempo, nascondendosi dietro l'angolo, per non venire scoperta. Facendo capolino dal retro della casa, la mezzodemone seguì con lo sguardo la figura della ragazza umana che percorreva la strada che conduceva fuori dal villaggio, con un cucciolo di demone-volpe in braccio.
Era davvero lei, non poteva sbagliare: aveva gli stessi strani abiti verdi e bianchi che le aveva visto addosso l'ultima volta.
Juri avvertì l'agitazione iniziare a pervaderla.
Il momento era arrivato: doveva farsi avanti.
Eppure impiegò una buona manciata di secondi a muoversi e quando lo fece, fu solo grazie ad uno sforzo di volontà immane che balzò fuori dal proprio nascondiglio e si fermò di slancio al centro della strada in terreno battuto, ad alcuni metri alle spalle dei due.
– A..aspettate un secondo!
Come Kagome si voltò, il suo volto tradì dapprima perplessità e poi sorpresa, ma fu il cucciolo di demone a reagire per primo, balzando giù dalle braccia della sacerdotessa ed additandola.
Ah! È la ragazza che sta con Koga!
A tali parole facilmente fraintendibili, la mezzodemone avvampò automaticamente.
– Io non sto con Koga! – ribatté subito, sulla difensiva, facendo un passo avanti.
– N-non ti avvicinare o assaggerai il mio fuoco di volpe! – strepitò il cucciolo, palesemente impaurito.
Juri stava per ribattere, ma la scena venne interrotta sul nascere dalla mora, che si fece avanti.
– Smettila, Shippo – lo redarguì, prima di sollevare gli occhi castani su di lei.
Appariva del tutto tranquilla, una cosa in netto contrasto con lo stato d'animo che sembrava aver travolto il cucciolo, persino il tono con cui le si rivolse poi risultò alle orecchie candide della ragazza lupo quieto ed amichevole.
– Devi essere Juri.. – esordì, sorridendole – ..lieta di conoscerti, cosa posso fare per te?
Di fronte a modi tanto gentili e privi di qualsivoglia sospetto, la mezzo-lupo si sentì quasi a disagio.
– Io.. io volevo parlare con te..
– Sai, speravo proprio di conoscerti!
– Eh? – Juri cadde dalle nuvole.
Cos'aveva appena detto? Che sperava di conoscerla?
Presa alla sprovvista, fissò la giovane sacerdotessa umana con un certo sconcerto, cercando di capire se la stesse prendendo in giro, ma ancora una volta non colse alcun sentimento malizioso dietro il franco sorriso di lei. Era... pura e semplice, come nessun altro prima di lei.
– Perché?
– Be’ perché ero curiosa.. e da quel che mi ha detto Koga mi sei sembrata subito simpatica.
– Koga? – la sua confusione crebbe, minacciando di farle girare la testa.
Quando le aveva parlato di lei, il demone-lupo?
Percepì l’inizio di un lieve mal di testa e scosse il capo argenteo con energia, riavviandosi poi i capelli con la mano destra mentre con l'altra si puntellava il fianco. Forse non era stata una buona idea, quella di incontrarla.
– Ti spiegherò tutto, non preoccuparti... ma prima, ti va se andiamo a sederci laggiù? – le propose Kagome, indicando l'argine del fiume – Staremo tranquille.
Juri, dopo un istante, annuì con un cenno del capo.
Sentiva proprio il bisogno di sedersi, dopo quella folle corsa e le emozioni che la stavano assalendo.
– ..piccolo Shippo, perché non vai a giocare?
– Sei sicura, Kagome? – chiese il cucciolo – Vuoi che vada a cercare Inuyasha?
Era evidente che il piccolo demone-volpe avesse ancora delle riserve.
– Sì, sono sicura. Va' pure, io e Juri ce la caveremo benissimo – affermò lei con decisione, ma sempre conservando quel tono gentile.
– Va bene allora.. – capitolò il piccolo Shippo, muovendosi per lasciare la strada, ma poco prima di allontanarsi si voltò un'ultima volta verso la mezzodemone – ..vi terrò d'occhio!
Quindi corse via.
Juri ne seguì l'allontanarsi con un sopracciglio inarcato, ma non diede peso alle parole che le erano state rivolte: non aveva reale motivo di temere il piccolo demone, non solo perché non aveva cattive intenzioni. In fin dei conti era lei quella a sentirsi incerta e sotto minaccia, non il contrario.
Sollevando lo sguardo ancora una volta su Kagome, la ritrovò ferma in attesa, con quell'aria placida e serena fino a quel momento ostentata che non era affatto svanita.
Inspirò, trattenendo il fiato in petto, prima di lasciarlo sgorgare in un sospiro.
Ormai non poteva più tirarsi indietro.
La raggiunse con un paio di piccoli balzi ed insieme a lei si incamminò verso il fiume.
Si sedettero sull'argine naturale, la ragazza umana con le gambe raccolte accanto a sé e la mezzodemone a gambe incrociate. Ad occhio esterno, quelle due figure così dissimili nell'aspetto come nel carattere dovevano apparire l'una accanto all'altra quanto di più bizzarro l'epoca Sengoku avesse da offrire in quel momento.
Ma le due, del tutto ignare della cosa, se ne stavano sedute insieme ad osservare lo scorrere dell'acqua pochi metri più in basso.
– Dopo la visita di Koga, qualche giorno fa, ho sperato di poterti conoscere, ma non credevo saresti venuta tu da me – le rivelò la mora.
L'atmosfera quieta e il tono sereno da lei usato aiutarono Juri a rilassarsi un poco, ma per qualche ragione l'imbarazzo non scemò dal suo animo.
– ...e cos'era venuto a fare?
Il sorriso dell'altra si distese maggiormente, come se ne fosse divertita.
– Ha detto che doveva verificare una cosa e se ne è andato poco dopo – nella breve pausa che seguì, volse il volto e lo sguardo castano su di lei – ..da quando lo conosco non l'ho mai visto tanto combattuto. È sempre stato un demone privo di incertezze: aveva sempre la risposta pronta e sapeva sempre cosa fare.
Di fronte a quella descrizione, Juri si lasciò sfuggire una smorfia.
– Già... un vero sbruffone – commentò con una nota ironica.
Kagome, al suo fianco, ridacchiò, e bastò quel suono a mettere la mezzodemone decisamente più a suo agio, tanto da farle scoccare un'occhiata in tralice alla mora.
– Inuyasha sarebbe d'accordo con te – le disse, sempre divertita.
Insoddisfatta da quel commento, la ragazza lupo sbuffò dal naso, arricciandone la punta con espressione contrariata.
Ecco che veniva di nuovo paragonata a quel botolo.
– Quindi, il cagnolino è davvero il tuo compagno? – le domandò a bruciapelo, scoccandole un'occhiata in tralice.
Finalmente, anche la mora parve accusare un po' di imbarazzo, giacché la vide sussultare impercettibilmente. Persino quel suo sorriso gentile acquisì una nota più tesa, ma un istante dopo mosse il capo corvino in segno d'assenso.
– ...sì.
Quell'unica parola però, appena lasciò le labbra dell'umana, risuonò pregna di un sollievo ed una felicità che persino Juri fu in grado di cogliere. Come se, per arrivare a quel punto, la donna al suo fianco avesse dovuto affrontare e superare mille avversità.
Con una parte di sé, la ragazza lupo se ne sentì in qualche modo incuriosita.
– Quindi sei una mezzodemone-lupo? – le chiese di punto in bianco, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
– Sì – le rispose laconicamente Juri, facendo spallucce – mio padre era un demone-lupo del Continente.
– Non dev’essere stato facile.. – esordì Kagome, prendendola di nuovo alla sprovvista.
Sollevando lo sguardo sul suo volto, la mezzosangue la vide intenta ad osservare un punto indefinito di fronte a sé. Aveva un sorriso velato di malinconia a incresparle le labbra.
– ..Inuyasha non parla mai della sua infanzia, ma ho visto io stessa come le persone tendono a trattare i bambini mezzodemoni.
– Sì.. diciamo che l'infanzia di un mezzodemone non è questa gran cosa – ribatté a quel punto Juri, con una noncuranza costruita.
L'atmosfera, fattasi più pesante, la spinse a cambiare nuovamente discorso.
– Sai, siamo qui da soli due minuti ed è già la seconda volta che nomini il botolo – esordì, sfoggiando un sorrisetto sornione – ..deve piacerti proprio tanto, se non riesci a pensare ad altro.
Il volto di Kagome divenne rosso come un pomodoro maturo e Juri dovette trattenersi dal riderle in faccia appena quella si voltò a guardarla con gli occhi spalancati. Eppure, l'imbarazzo non le impedì, dopo un istante, di farsi sfuggire uno sbuffetto divertito a propria volta.
– Hai ragione, di questo passo finirò per annoiarti – esclamò gioviale, prendendola in contropiede – ..posso chiederti la tua età?
– Io? – ripeté Juri, inarcando un sopracciglio, sorpresa dalla strana domanda – ..io ho.. – fu costretta a pensarci, poiché non vi aveva mai dato molto peso – ..mmh.. dovrebbero essere.. ventidue inverni quest’anno – affermò infine dopo aver fatto un rapido conto con le dita.
– Sul serio? Non sembra, effettivamente ti avrei dato la mia età.. – esclamò sorpresa a sua volta l’umana, incuriosendo con quella semplice frase la mezzosangue.
– Perché? Tu quanti ne hai?
– Sedici.
– Sei così giovane??
Kagome annuì con un cenno del capo, sorridente, e Juri rimase a fissarla per qualche secondo, perplessa. Effettivamente non aveva avuto molto a che fare con gli esseri umani e non aveva dimestichezza a valutarne le età, ma dai modi e dall’espressione quieta che aveva quella ragazza l’aveva giudicata erroneamente.
– Effettivamente i demoni invecchiano in modo diverso rispetto agli umani – si ritrovò a commentare di punto in bianco, prima di mormorare – ..probabilmente anche io sono la più piccola, nel branco.
– Come vanno le cose con i lupi?
A quella domanda Juri sobbalzò senza volere, deviando di scatto lo sguardo dall'altra parte rispetto alla sua interlocutrice. Rammentando il reale motivo che l'aveva condotta lì, abbassò le orecchie.
– ..abbastanza bene – rispose, senza troppa convinzione.
Ma Kagome, oltre che essere una persona gentile, era anche sveglia, scoprì.
– È successo qualcosa? Come mai sei venuta a cercarmi?
– Ehm.. ecco io.. io volevo vedere che tipo eri.. sì, insomma.. Koga.. lui ti vuole molto bene e.. io.. – non seppe come continuare ma non ce ne fu bisogno perché, alzando appena lo sguardo, si scontrò con il sorriso comprensivo e morbido dell'altra.
– Anche tu gli vuoi bene, no?
Juri arrossì violentemente, iniziando a balbettare: – N-no.. ecco.. cioè.. f-forse.. io.. io...
Completamente nel pallone non riuscì subito a continuare e, incassando il capo fra le spalle, tornò a volgere il viso verso terra. Soltanto quando si fu sottratta allo sguardo limpido e sincero dell'altra, la mezzodemone, ripensando al capobranco degli Yoro dell'Ovest, ritrovò il suo consueto cipiglio.
– È.. è arrogante e testardo! E si diverte sempre a prendermi in giro! – sbottò, contrariata – In più è sempre il primo a lanciarsi in battaglia, come se non volesse perdere occasione per dar mostra di sé e della sua forza... certo, non che non lo sia... è il più forte e veloce di tutti... ed il più coraggioso... ed è sempre attento alle necessità del branco, e...
La risata cristallina di Kagome la zittì, facendole sollevare di scatto il capo argenteo per puntarle i suoi occhi addosso, sorpresa e confusa.
– Ti piace proprio tanto – commentò allegramente.
E Juri, puntualmente, avvampò, ma non riuscì a ribattere nulla, giacché fu Kagome a continuare.
– Sai, anche io, per quanto a volte mi faccia arrabbiare, non riesco a parlar troppo male di quel testone di Inuyasha... è una cosa del tutto normale – le assicurò, tornando ad osservare il fiume – ..da dove vengo io si dice che l'amore è cieco.
– ...l'amore? – ripeté la mezzodemone, meccanicamente, faticando a star dietro all'umana accanto a lei.
– Già... – ribatté placidamente quella, prima di sospirare.
Nel silenzio che seguì Juri si ritrovò di nuovo in difficoltà, non sapendo cosa dire o cosa fare per superare quel momento di stasi. Tuttavia, non ve ne fu bisogno: fu la sacerdotessa a trarla d'impiccio, dopo averle rivolto un'occhiata di sottecchi.
– Sono contenta che Koga e gli altri abbiano trovato una ragazza come te – quella semplice affermazione prese ancora una volta la mezzodemone contropiede, ma Kagome di nuovo apparve tranquilla e incurante dell'effetto che facevano le sue parole, seguitando come se niente fosse: – Non devi sentirti così in imbarazzo con me, può non sembrare ma sono una ragazza normale.. Mi piacerebbe molto che diventassimo amiche.
– Amiche? – ripeté Juri, un'altra volta, drizzando le orecchie.
E di nuovo Kagome annuì, sorridendole apertamente.
La ragazza lupo finì allora per soppesare le parole dell'altra con rinnovata serietà, mentre tornava a volgere lo sguardo al fiume. L’idea di essere amica di quell'umana era qualcosa a cui non aveva minimamente pensato, ma per qualche strano motivo, sul momento, aveva avuto l'impulso di accontentarla.
Quella Kagome aveva uno strano potere, che andava al di là di quello spirituale tipico di una sacerdotessa.
Si chiese come sarebbe stato essere sua amica...
– Credo.. credo che potrebbe essere possibile.. un giorno – bofonchiò con un'aria imbronciata, cercando di non dare a vedere le sue reali emozioni.
– Sarebbe fantastico! – l’improvviso entusiasmo di Kagome la prese in contropiede e dopo un attimo Juri si ritrovò a sorridere insieme a lei.
Parlarono ancora un po', Juri si ritrovò a raccontarle brevemente degli screzi che il Clan dell'Ovest stava avendo con i demoni delle montagne e della presenza inattesa di quella demone di nome Ayame, avendo conferma che lei e Kagome s'erano già incontrate in passato, seppur una volta soltanto.
La mora sospirò.
– Lo avevo detto a Koga... – commentò, scuotendo il capo corvino con rassegnazione.
Juri si ritrovò a sospirare a propria volta, per nulla entusiasta di tutta quella storia.
– Vedrai che andrà tutto per il meglio – affermò Kagome, incoraggiante, sorprendendola ancora una volta.
Quella ragazza umana pareva sempre riuscire a leggere il momento alla perfezione e Juri non vi era per nulla abituata. Si ritrovò a sorriderle di rimando, grata, mentre un calore nuovo e confortevole le nasceva al centro del petto. Era sorprendentemente piacevole parlare con lei.
La conversazione andò avanti, cosicché Juri si ritrovò a raccontarle del modo in cui la sua strada aveva incrociato quella del capobranco degli Yoro. In cambio, Kagome fece lo stesso, ma fu a quel punto che venne fuori la verità sulla sua provenienza e sul potere del Pozzo Mangiaossa.
Inutile dire come la mezzodemone rimase sorpresa, quasi incredula, della cosa.
– Ma se puoi venire qui  grazie al potere della Sfera, allora quando essa verrà purificata tu non potrai più andare o tornare, vero?
Kagome, abbassando lo sguardo, annuì e finalmente l'argentea riuscì a distinguere una certa preoccupazione sul viso dell'altra. Anche se tentava di non darlo a vedere, anche lei aveva i suoi crucci a cui pensare.
Senza pensarci allungò la mano sinistra verso di lei, finendo per posarla sulla sua spalla, in un tocco che sorprese sé stessa più di quanto apparve sorprendersi Kagome. Come gli occhi color cioccolato della mora tornarono a posarsi su di lei, Juri si ritirò.
– Andrà... andrà tutto bene – affermò, impacciata, deviando la sua attenzione verso il fiume.
Era davvero pessima nei rapporti interpersonali, si rese conto.
Non era nemmeno buona di ricambiare a dovere la gentilezza di quella ragazza umana.
Gonfiò le gote in un'espressione corrucciata, offesa con sé stessa e la propria goffaggine.
– Ti ringrazio... – mormorò invece Kagome, dopo un istante – ...sei l'unica con cui posso confidarmi al riguardo.. con gli altri anche il solo pensiero mi blocca: non voglio rattristarli o peggio.
Rincuorata di esserle almeno un poco d'aiuto, la mezzodemone ne ricambiò il mesto sorriso, prima che lo sguardo scuro della sua interlocutrice scivolasse verso il basso.
– Anche la tua spada è un'arma demoniaca, vero? – cambiò nuovamente discorso, indicando l'arma che Juri portava con sé al fianco sinistro.
Lei andò a sfiorarne l’elsa, annuendo – Sì, esatto.. me l’ha lasciata mio padre.
Con una parte di sé si sorprese della facilità con cui riuscivano a chiacchierare ora, il disagio e l'imbarazzo iniziali ormai del tutto scomparsi. Persino la piccola figura di Shippo, ad una trentina di metri di distanza da loro, intento a giocare con le farfalle, le dava una sensazione di familiarità e quiete.
– Anche Inuyasha ha ereditato Tessaiga da suo padre.
– Davvero?
– Sì, ma questo è stato causa di scontri con il fratello maggiore, Sesshomaru. Ora le cose sembrano essersi appianate, in un certo senso, però... – le raccontò, un po’ pensierosa, lasciando in sospeso la frase.
– Mh – mugugnò, pensierosa – ...capisco. L'ultima volta anche la katana di Koga si è spezzata.
– Potresti rivolgerti a Totosai! – esclamò di punto in bianco Kagome, prendendola per l'ennesima volta in contropiede, prima di spiegarsi – Il fabbro che ha forgiato le spade ad Inuyasha e Sesshomaru. Potresti chiedere a lui per una nuova katana da dare a Koga.
– Sei sicura, Kagome? – chiese Juri dubbiosa, non avendo bene idea di chi o cosa fosse Totosai.
– Sì, certo! Stasera chiederò a Inuyasha dove potremmo trovarlo e ti ci accompagneremo, così potrai parlarci tu stessa!
Di fronte all'offerta disinteressata della ragazza, la mezzodemone finì per lasciarsi contagiare dall'entusiasmo e dalla positività altrui.
– Sarebbe davvero gentile. È un’idea magnifica, Kagome!
Presa dall'eccitazione del momento, l'argentea si accorse solo poi della confidenza con cui si era rivolta all'altra ed incassò un poco il capo fra le spalle, di nuovo impacciata. Tuttavia, il franco sorriso che le rivolse di rimando la mora ebbe il potere di rincuorarla. Fu a quel punto che, per riflesso, alzò lo sguardo al cielo ormai prossimo al tingersi dei colori del tramonto.
Come si rese conto dell'ora che s'era fatta, la mezzo-lupo saltò in piedi di slancio.
Acc.. devo proprio andare! – esclamò, in preda ad una crescente agitazione.
Koga l'avrebbe uccisa per quel ritardo. L'avrebbe affogata nel torrente, già lo sapeva.
– Torna anche domani – le propose la mora, alzandosi a sua volta – .. così potremo andare a parlare con Totosai.
– Sì.. d’accordo.. – acconsentì Juri, dopo un secondo – Allora a domani.
E, senza attendere oltre, sfrecciò via, superando il fiume con un paio di ampi salti e scomparendo oltre la prima fila di alberi della foresta.


...continua.



Ciao a tutti!
Sono passati ben quindici giorni dall'ultimo aggiornamento e quindi eccomi, con un capitolo che in lunghezza ha superato tutti gli altri... sì, forse ho esagerato, ma non potevo certo tagliare il colloquio con Kagome a metà! Spero vi sia piaciuto comunque leggerlo e non lo abbiate trovato pesante... e soprattutto abbiate apprezzato anche il nuovo metodo di inserire la legenda nel testo!
Comunque, qui abbiamo il confronto fra la mora e l'argentea, il ritorno di una rossa a caso (seh, come no) e il ritorno di alcuni nodi al pettine... le cose sono da sistemare, Koga, non puoi ignorarle e sperare che scompaiano! Accidenti a lui.
E Kagome, come sempre, anima buona e adolescente sempre in cerca di farsi nuovi amici, spiazza pure Juri, cercando di simpatizzare con lei ed aiutarla come può... che dolce. Spero di aver ripreso un po' quella che sembra la caratterizzazione data dalla Takahashi sulla nostra protagonista originale, ma in ogni caso vedremo come andrà avanti la cosa! Vi saluto e vi auguro buona estate!
baci e abbracci

Kaiy-chan

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Capitolo 18
*** Attacchi di gelosia ***




.::[. ATTACCHI DI GELOSIA .]::.



Dove diamine era Juri?!
Koga non riusciva a smettere di farsi quella domanda, cosa che lo rendeva ancor più nervoso di quanto già non fosse.
L'ora in cui abitualmente si raccoglievano intorno al focolare era passata da un pezzo e le braci mandavano un tenue bagliore rossastro, nella notte quieta. Ginta e Hakkaku stavano riposando nei loro giacigli, mentre lui, dopo aver sguinzagliato i servi del clan, si era diretto lì, alla cascata dalla cui sommità aveva spinto giù la mezzo-lupo la prima volta.
La luna calante svettava incontrastata nel cielo sopra di lui, delineando i contorni del paesaggio e definendo con la sua luce argentea rocce brulle e zone boschive, finanche la superficie oscura del lago dell'altopiano sottostante. Persino l'ondeggiare lontano dell'erba alta accanto alle sponde del lago era visibile all'occhio del demone-lupo, mentre il vento notturno portava con sé i profumi della natura.
Pochi minuti dopo un fruscìo nel sottobosco, accompagnato da un odore conosciuto, anticipò la venuta del lupo che gli aveva recapitato il messaggio della mezzodemone. Il capobranco non si voltò a guardarlo, ma l'animale, dopo una breve attesa, gli si avvicinò tanto da accuccuarglisi al fianco, rivolto anche lui col muso verso il panorama.
Koga si lasciò sfuggire una smorfia a quel comportamento.
Quella ragazzina non soltanto aveva deciso di andarsene chissà dove, ma prima di farlo aveva persino avuto la brillante idea di dare un nome a quella palla di pelo fulvo, ignorando le conseguenze che ne sarebbero derivate.
Sbuffò, seccato.
Se proprio doveva stravolgere la gerarchia interna dei servi del branco, poteva scegliere un nome più ricercato! Grazie a lei, Akiba era stato promosso ad un ruolo di responsabilità, un lupo alpha: un riferimento per tutti gli altri, secondo solo ai demoni del Clan dell'Ovest, e questo pareva avergli dato il diritto di restare lì con lui ad attendere il ritorno della mezzodemone.
– Tsk.
Sapeva che sarebbe dovuto andare subito a cercarla.
Un rumore di passi nel sottobosco lo fece riemergere da quel circolo vizioso che erano i suoi pensieri.
– Sei ancora qui, Koga? – la voce di Ayame infranse la quiete della notte, tradendo sorpresa e un velo d'apprensione, ma lui non vi badò.
– Se hai ultimato il tuo turno, va' pure a dormire. Resterò io di guardia stanotte.
Un uggiolio lo costrinse ad abbassare lo sguardo su Akiba, facendosi ancor più corrucciato all'offerta dell'animale di occuparsi di quell'incombenza. Un attimo dopo tornò a fissare la distesa dell'altopiano, fermamente convinto della propria decisione.
Appena fosse tornata, avrebbe dato a Juri una di quelle lavate di capo che non avrebbe dimenticato per il resto della vita.
– Ho finito – gli confermò la demone dai capelli rossi, affiancandolo a propria volta – ..ma resterò per un po' qui con te.
Koga dovette trattenersi dall'imprecare e, frustrato, si chiese cos'avesse fatto di male per meritarsi tanta insubordinazione. Possibile che non lo ascoltasse più nessuno a quel mondo?!
– Sembri parecchio nervoso... perché ti preoccupi tanto di un'infima mezzodemone?
Una vena gli si gonfiò fra i capelli neri.
Si impose di mantenere il controllo di sé e della propria voce, che eppure risultò più secca e scostante di quanto previsto.
– Come ti hanno già confermato Ginta e Hakkaku, Juri – esordì sottolineando col tono di voce il nome della ragazza lupo, senza voltarsi – fa parte del nostro branco.
– ..resta comunque il fatto che sia solo una mezzosangue.
Koga, preda dell'impulso, le riversò addosso uno sguardo affilato quanto una lama, faticando a contenere l'improvvisa irritazione nata dall'osservazione della demone. Non avrebbe dovuto prendersela tanto, in fondo anche lui fino a poco tempo prima avrebbe pensato lo stesso, ma le cose erano del tutto diverse adesso.
La demone-lupo del Nord sussultò, volgendosi da un'altra parte, e la cosa gli procurò finalmente un minimo di soddisfazione.
– Va' a dormire, Ayame – le ordinò, lapidario, tornando a sondare la notte.
Non aggiunse altro, né si prese il disturbo di rispondere alla sua affermazione precedente: non erano affari suoi, in fondo, le reali motivazioni che lo spingevano a comportarsi a quel modo. Lui stesso ancora faticava a capacitarsi dell'effetto che le mezzo-lupo gli faceva, giacché era piuttosto difficile per il suo orgoglio di vero demone accettare simili emozioni per una come lei.
Eppure c'erano, al di sotto della spessa barriera eretta dalla sua coscienza nel tentativo di ignorarle.
E, lo sapeva, presto o tardi avrebbe dovuto farci i conti.
La demone-lupo al suo fianco sospirò, prima di alzarsi.
– Va bene.. buona notte, Koga.
Lui le rivolse a malapena un cenno distratto, quindi lei lo lasciò finalmente solo.
Con Akiba, si corresse mentalmente, senza mancare di esternare una nuova smorfia.
Scoccando uno sguardo al lupo ancora accucciato al suo fianco, lo ritrovò quieto nella stessa posizione in cui si era posto dal primo momento in cui gli si era avvicinato, con quello sguardo intelligente rivolto all'orizzonte ed il muso sollevato da terra. Aveva un'aria quasi austera in quel momento, illuminato dalla luce della luna, e ciò bastò a far scemare parte di quell'irritazione che aveva colto il capobranco.
In realtà, quella novità non era un problema: non vi erano stati scontri violenti fra i servi del clan per la supremazia del nuovo lupo alpha, né la comparsa di tale elemento leniva l'autorità dei demoni che ne facevano parte. In passato, altri clan degli Yoro avevano usufruito dell'appoggio di un alpha per controllare gli altri lupi e non rammentava di aver sentito di qualche svantaggio in merito.
Immerso nelle proprie riflessioni, il capo della Tribù Yoro rimase immobile per un'altra decina di minuti buoni e, l'umore mutevole, stava per tornare a cedere all'irritazione ed al nervosismo, quando colse finalmente il segnale che aspettava.
Come il breve ululato si fece sentire nell'aria immota della notte si alzò in piedi ed Akiba con lui, cosa che lo costrinse a trattenersi dallo spiccare immediatamente la corsa verso il punto segnalato. Tardò soltanto un secondo, il tempo di rivolgere un breve comando al lupo dal pelo castano-rossiccio. Poteva fare ritorno alla tana, ci avrebbe pensato lui adesso.
Come se fino a quel momento avesse fatto altro.
– Tsk – si concesse, con una smorfia, prima di accantonare tali pensieri.
Flesse le gambe e, dopo un istante, saltò nel vuoto, oltre il bordo della scarpata, atterrando su una roccia sporgente accanto alla pozza creata dalla cascata e dandosi grazie a quell'appoggio la spinta per il balzo successivo, addentrandosi nelle ombre del sottobosco.
Si mosse rapido e sicuro verso la parte bassa dell'altopiano, raggiungendo la lunga lingua di prato erboso che ne divideva le sponde dalle aree boscose e più impervie, ma fu una volta entrò nel fascio di raggi lunari di quello spazio aperto che la vide.
La figura della mezzodemone si scagliò in avanti nella notte, sbucando dalle chiome dell'ultima fila di alberi al pari di una freccia scagliata nell'oscurità, a metà di quello che era un lungo balzo. Nel vento, i suoi capelli d'argento catturarono la luce dell'astro notturno, inconfondibili.
E come gli occhi azzurri di Koga si posarono su di lei, il demone-lupo sentì il peso al centro del petto che lo aveva oppresso sino a quel momento svanire.
Stava bene.
Appena i loro sguardi si incrociarono, come al rallentatore, Koga distinse chiaramente l'espressione di lei farsi sorpresa e poi illuminarsi d'un sorriso spontaneo. Un sorriso che ebbe il potere di spazzare via ogni traccia di irritazione dal suo animo.
Spiazzato da sé stesso e dall'intenso sollievo che gli nacque in petto, il giovane capo rallentò la propria corsa, sino a fermarsi al centro del vasto prato erboso, senza per questo perdere di vista la ragazza lupo.
La vide atterrare con agilità sul terreno, sfruttando il proprio slancio per spingersi avanti in un'ampia prima falcata, alla quale ne seguirono altre sempre più brevi, sino a che quei piccoli salti non mutarono in una vera corsa. Una corsa che rallentò fino a frenare proprio di fronte al demone in attesa.
Demone che, per amor proprio e per orgoglio, tentò di rievocare l'umore con cui era stato intenzionato ad accoglierla.
– Dove sei stata? – le chiese, brusco.
Juri sussultò a quel suo benvenuto, abbassando le orecchie mentre faceva qualche altro passo in sua direzione.
La lasciò avvicinarsi, scrutandola con attenzione, mentre alcuni particolari si facevano evidenti al suo tacito esame. I capelli le ricadevano in maniera scomposta sulle spalle, sciolti e ribelli a causa del vento che li aveva investiti. La pelle chiara del viso aveva conservato un certo rossore sotto gli zigomi, mentre le spalle di lei fremevano a causa del respiro accelerato che le gonfiava i polmoni, passando dalle labbra socchiuse. Tutta la sua figura, a ben vedere, sembrava recare i segni di uno sforzo fisico prolungato.
A parte quello però, nulla di lei sembrava recare traccia di un eventuale scontro o ferita di qualche tipo.
La vide sul punto di aprire bocca, ma non fece in tempo a dargli una risposta qualunque che vennero interrotti da un gorgoglio caratteristico. Koga abbassò lo sguardo azzurro sul ventre di lei, mentre la stessa mezzodemone si copriva la pelle chiara con una mano, arrossendo di botto.
Bastò quell'interruzione a spazzare via la tensione nell'aria e il demone-lupo, ormai rassegnato, emulò un sospiro.
– Andiamo.. – esordì – ..ti abbiamo tenuto da parte qualcosa per la cena.
Fece per voltarsi, ma a metà di quel movimento si fermò, tornando a guardare la mezzodemone da sopra la spalla.
– Ma la prossima volta devi dircelo se hai intenzione di stare via tanto a lungo, chiaro?!
Juri annuì con un cenno rigido del capo, i suoi occhi d'ambra fissi a tradire la tensione che ancora la pervadeva, ma Koga se lo fece bastare.
Era una situazione nuova per tutti, ci avrebbero messo un po' ad abituarsi gli uni all'altra e viceversa, date le abitudini differenti... era proprio come aveva detto Kagome, rifletté. Quella ragazza umana alle volte era più acuta e saggia di quanto la sua giovane età lasciasse supporre. Sarebbe diventata una potente sacerdotessa, influente e benvoluta nel mondo degli uomini, ormai ne era piuttosto sicuro.
Mentre tornava alla tana, Koga si chiese distrattamente come sarebbe stato il loro futuro.


Juri era placidamente accoccolata su sé stessa, intenta a crogiolarsi nel dormiveglia che anticipava l’ora di alzarsi, ma c'era qualcosa che la disturbava. Si rigirò sul suo giaciglio, sfregando la guancia sulle pellicce, e dopo aver ritrovato una certa comodità cercò di rilassarsi, ma quel qualcosa era ancora lì, al limite della sua sfera cognitiva.
Arricciò il naso, soffiando via quello che era a tutti gli effetti un odore sconosciuto: una sottile traccia proveniente da non lontano.
Quando finalmente aprì un occhio, la prima cosa che vide non aveva nulla di anomalo: i suoi due compagni di branco, Ginta e Hakkaku, se la stavano dormendo della grossa nei loro giacigli dall'altro lato della grotta. Istintivamente lanciò allora un'occhiata alla parte più profonda dell'insenatura, verso il punto ove sapeva essere il giaciglio di Koga, ma appena i suoi occhi misero a fuoco il pagliericcio, si irrigidì. L'irritazione la colse vivida e persistente, in un crescendo che la fece sollevare a carponi e le tese ogni muscolo, finanche i peli della coda.
Ayame, la demone-lupo dai capelli rossi di cui aveva avuto a malapena un accenno il giorno prima, dormiva placidamente al fianco di Koga, talmente vicina al demone-lupo da smuovere il pelo delle sue vesti col suo respiro.
La sera precedente, mentre mangiava quel poco che i demoni-lupo le avevano lasciato da parte, il capobranco le aveva annunciato senza dovizia di particolari che la demone del Nord si sarebbe trattenuta con loro per un po' e la cosa, inutile dirlo, non l'aveva resa entusiasta.
Lì per lì Juri non vi aveva dato peso, seppur non si spiegasse la piega che avevano preso gli eventi in sua assenza, ma aveva semplicemente preso nota dell'informazione, pensando scioccamente che le cose non avrebbero avuto alcun effetto su di lei e la sua vita.
Quanto si era sbagliata.
La visione dei due demoni, tanto vicini, già di prima mattina le fece arricciare le labbra in un basso ringhio minaccioso in reazione ad un'intensa contrarietà che sfociò ben presto in astio. Come si permetteva tutta quella confidenza?
Nessuno avrebbe dovuto avvicinarsi tanto a Koga.
Nessuno!
La gelosia e l'istinto di possesso si mischiarono nel suo animo, aumentando di volume il ringhio natole in gola; due emozioni che la mezzodemone non riconobbe, giacché la travolsero violente ed incontrollabili, come mai era accaduto.
Fu Ayame la prima a destarsi, sussultando e appiccicandosi ancor di più al capobranco con fare intimorito.
Quindi anche Koga, forse a causa proprio della rossa, aprì gli occhi azzurri, balzando subitaneamente in piedi non appena si accorse della presenza della demone-lupo.
– Ma che diam.. Ayame! Che cosa stai facendo?? – esclamò a voce alta, già corrucciato in volto.
Le sue parole rimbalzarono parzialmente sulle pareti, colmando il momento.
Fu allora che quel ringhio istintivo si spense nella gola di Juri, seppure non abbandonò la propria posa: ad occhio esterno sarebbe apparsa come un animale pronto a balzare alla gola dell'avversario, persino i suoi occhi d'ambra rilucevano di un riverbero sinistro nella fioca luce del mattino.
– Yawn...ma che succede? – la voce di Hakkaku, ancora assonnato, si levò interrogativa.
– Capo...cosa c'è adesso? – si accodò Ginta, ancor meno reattivo.
I due demoni degli Yoro dell'Ovest si erano sollevati a sedere, svegliati da quella baraonda, ed ora erano intenti a sfregarsi gli occhi ed a guardarsi in giro, spaesati. Bastò la loro reazione a far tornare in sé l'argentea, che tentò di ritrovare un po' del proprio contegno, almeno esteriormente, giacché dentro di lei infuriava ancora la tempesta.
– Non è colpa mia – la voce lamentosa di Ayame infranse quel breve momento di silenzio.
S'era messa in ginocchio e non stava guardando nessun punto in particolare, seppur facesse bene attenzione a non incrociare lo sguardo di nessuno. Soprattutto quello di Juri, si rese conto lei, mentre abbandonava quella posizione accucciata per poggiarsi sui talloni.
– Ti avevo espressamente vietato di.. – iniziò Koga, ma venne interrotto senza alcun riguardo.
– Oh quanto la fai lunga! – sbottò quella, infastidita, incrociando le braccia – Quand'ero una cucciola mi lasciavi dormire con te.
– Questo non ha importanza!
Koga appariva abbastanza alterato, ma anche a disagio, cosa che non passò inosservata alla mezzodemone e che non fece altro che farla indispettire ancor di più. Quando, l'istante seguente, ne incrociò finalmente lo sguardo azzurro, lei deviò il proprio, imbronciata.
Ne aveva già più che abbastanza.
Saltò giù dalla propria nicchia con un saltello, volgendo le spalle al fondo della grotta.
Fu allora che Koga le si rivolse.
– Juri, aspetta un att-..
– Ho delle cose importanti da sbrigare – lo interruppe, brusca, inflessibile – tornerò entro sera.
Non si voltò nemmeno, serrando le mani artigliate lungo i fianchi mentre tentava di trattenersi dal dare sfoggio del proprio stato d'animo. Eppure non ci riuscì del tutto.
– Perché non ti porti lei appresso? In fondo sembrate così affiatati! – affermò sarcastica, accusatoria.. gelosa.
Ginta e Hakkaku sussultarono all’unisono, ma lei non si voltò nemmeno verso di loro.
Scattò, correndo fuori, dirigendosi senza alcuna esitazione verso valle.
Voleva solo allontanarsi il più possibile dalla scena di quel mattino e l'invito fattole da Kagome costituiva il pretesto perfetto. Lo sforzo fisico e la solitudine del viaggio l'avrebbero aiutata a calmarsi ed a capire cosa diamine le era preso, per reagire in quella maniera.
Quando, qualche ora dopo, raggiunse il villaggio della ragazza umana, il nervosismo era divenuto impazienza pura e attraversò il manipolo di case di legno come se fosse il suo territorio, sollevando polvere e grida concitate di sorpresa.
Frenò bruscamente la propria corsa soltanto una volta raggiunto il modesto edificio da cui l'aveva vista uscire il giorno precedente.
– Kagome.. Kagome! – chiamò a gran voce.
Invece della mora tuttavia, dall'ingresso si affacciò una vecchia signora dai capelli grigi ed una benda sull'occhio destro. Vestiva gli abiti tradizionali di una sacerdotessa e appena puntò il suo sguardo su di lei, la sua espressione severa si corrucciò maggiormente.
 – Si può sapere che modi sono? Cerchi Kagome..?
Inizialmente, di fronte all’umana, Juri retrocesse di un passo, più inquietata dal suo borbottio di anziana che dalla sua figura coriacea. Annuì con un cenno del capo, mordendosi il labbro inferiore con una certa mortificazione, rendendosi conto di aver arrecato probabilmente un po' troppo disturbo nella quieta routine del villaggio.
– La troverai laggiù – le rivelò l'altra, indicando un punto dall’altra parte del fiume.
Juri lanciò uno sguardo verso la direzione indicatale e, dopo un istante di perplessità, abbozzò un mezzo sorriso. Non la fece nemmeno finire di parlare, scattò di nuovo, balzando via ed esclamando un: – Grazie vecchia e scusa il disturbo!
La replica dell'anziana signora le venne mascherata dal vento, suonandole come un nuovo borbottio, ma la mezzodemone non vi fece più caso. Attraversando campi e prati con pochi, agili balzi, Juri individuò ben presto il punto accanto alla riva in cui Kagome era intenta a leggere, e non da sola.
Appariscente come pochi a causa della sua veste, il mezzodemone-cane era con lei e pareva starla aspettando sin dall'inizio.
Inuyasha, nonostante la distanza, disse qualcosa a Kagome e quella alzò finalmente lo sguardo, sollevando poi un braccio verso il cielo appena la notò. Il sorriso che le distinse in volto non sfumò nemmeno quando, fin troppo irruenta, la ragazza lupo li raggiunse, sollevando qualche stelo d'erba e polvere nel frenare il proprio slancio.
Polvere che sembrò infastidire più il mezzo-cane che l'umana.
– Ehi!
– Scusatemi... – esordì, incassando il capo fra le spalle, prima di posare l'occhi ambrati sulla mora.
La osservò con una certa mortificazione, ma Kagome, sorridendo, scosse il capo corvino.
– Non preoccuparti, ti stavamo aspettando.. sei pronta ad andare?
Juri le sorrise di rimando, annuendo.
– Tsk – Inuyasha incrociò le braccia sul petto, volgendo il volto a lato, apparentemente offeso – Ce ne hai messo di tempo, mezza randagia..
Arricciando la punta del naso in una smorfia, Juri tornò a fissarlo con una certa sfacciataggine, ma si rese subito conto di non provare un disagio o una repulsione veri per il mezzodemone-cane. In qualche modo ne aveva già accettato la presenza, cosa insolita visti i trascorsi.
Deviando la propria attenzione su Kagome, reclinò il capo argenteo verso la spalla destra.
Doveva essere merito della mora, in qualche modo...
– Non preoccuparti, Inuyasha oggi farà il bravo... vero Inuyasha? – affermò Kagome, fraintendendola e volgendo in ultimo il suo sguardo cioccolato sul mezzodemone.
– Sì, sì.. e non parlarmi come se fossi un cane, lo sai che non lo sopporto!
– Però è ciò che sei.. no? – lo punzecchiò Juri, lasciandosi sfuggire un sorrisetto ironico.
Era stato più forte di lei, seppur la presenza di Kagome mitigasse la naturale avversione che intercorreva fra demoni lupo e demoni cane, e pur tenendo conto della natura semi-umana di entrambi, la ragazza lupo non era riuscita a mancare l'occasione per prendere in giro il cagnolino e la sua provocazione andrò a segno.
Inuyasha strabuzzò gli occhi un istante, prima di mostrare le zanne e andarle sotto a muso duro.
– Prova a ripeterlo se hai coraggio, mezza randagia..
– A cuccia.
Il tonfo che fece il corpo del mezzodemone fece vibrare il terreno.
Juri fece un mezzo passo indietro, più sorpresa che spaventata dalla repentinità con cui l'argenteo era finito a faccia a terra, ma appena sollevò lo sguardo su Kagome sentì il proprio sangue gelarsi nelle vene. Il volto della ragazza umana era atteggiato in un sorrisetto teso e da tutto il suo corpo si sprigionava un'aura pericolosa e quasi oppressiva, a discapito dell'apparenza.
– Sarà un viaggio abbastanza lungo, vi pregherei di non iniziare a bisticciare già adesso – disse loro, e persino la sua voce seppur sempre gentile tradiva una velata minaccia ed una caparbietà non da poco.
La mezzo-lupo, dopo esser stata scossa da un brivido che le fece rizzare i peli della coda, annuì con foga.
– Benissimo – concluse Kagome, sorridendo.
Da Inuyasha, ancora spalmato al suolo, venne un lamento e nient'altro. Quando tornò a rimettersi in piedi, non senza una certa insofferenza, a parte il rossore al naso per la caduta era pressoché incolume.
– Dannazione Kagome... quando la finirai di.. – iniziò a borbottare, ma si interruppe appena l'occhiataccia della mora lo raggiunse, facendolo sussultare.
Juri, stranita da quanto appena avvenuto fra quei due, impiegò un secondo di ritardo per muoversi una volta che la coppia iniziò a muoversi, con la ragazza umana in spalla al mezzodemone. Spiccando la corsa ed adeguando l'andatura alla medesima di Inuyasha, la mezzo-lupo gettò loro uno sguardo di sottecchi, inarcando un sopracciglio. Doveva riconoscerlo: per quanto gentile fosse, Kagome aveva anche un bel caratterino.
Sorrise fra sé e sé, riconoscendo di provare una simpatia crescente nei suoi confronti.
Un'ora dopo erano ancora in movimento in direzione Sud e la mezzodemone-lupo iniziò a chiedersi fin dove avrebbe dovuto spingersi per poter parlare con quel fabbro. Avevano superato diversi villaggi e si stavano inoltrando in un'area più impervia e desolata, territorio ideale per creature demoniache di basso livello.
– Quanto manca ancora? – provò a chiedere.
– Non molto – ribatté asciutto Inuyasha, senza rallentare né voltarsi a guardarla – ..ci siamo quasi.
Passarono ancora una manciata di minuti e poi si fermarono in quella che si rivelò essere una zona brulla e rocciosa attraversata da un rigagnolo d'acqua zampillante. Kagome scese dalle spalle del mezzo-cane e si stirò, cercando di far passare l'indolenzimento, mentre il suo compagno restava in allerta.
Juri si chinò accanto al corso d'acqua, approfittandone per sciacquarsi il viso e bere un sorso.
Aveva già iniziato a chiedersi che tipo fosse il demone chiamato Totosai e se davvero potesse realizzare un'arma adatta al capo della Tribù Yoro. Se così fosse stato, la ragazza si domandò inevitabilmente come sarebbe stata la reazione di Koga, ma quel pensiero la fece incupire.
Ricordò il risveglio di quel mattino, la soverchiante gelosia che l'aveva attanagliata e l'amarezza le serrò il cuore in una morsa.
Ora che vi rifletteva a mente fredda, si riconobbe non solo arrabbiata, ma delusa. Delusa nell'aver visto con quanta facilità un'altra demone era riuscita ad occupare un posto che fino a pochi giorni prima era stato suo. Sì, perché era stata lei a dormirci per prima, accanto a Koga, su quel pagliericcio, seppur non per sua stessa volontà.
Ed ora si sentiva una totale stupida per dare a quella cosa una tale importanza.
In fin dei conti, stando a quanto detto da quella Ayame, non era nemmeno la prima volta che dormivano vicini, lei e il capobranco.
– Juri – la voce quieta di Kagome la richiamò – ..c'è qualcosa che non va?
Presa alla sprovvista, la mezzo-lupo sollevò di scatto il capo, ritrovandosi l'umana accucciata alla sua stessa altezza proprio affianco.
– Eh? – sorpresa, impiegò una manciata di secondi per realizzare la sua domanda – N-non è niente, davvero..
La mora le sorrise di rimando con espressione incoraggiante.
– Se sei preoccupata per la maestria di Totosai, non devi. Per quanto possa sembrare il contrario, è un artigiano eccellente.
– Non è questo – si affrettò a negare l'argentea, rifuggendo lo sguardo limpido dell'altra.
Sotto quegli occhi castani, Juri si sentiva improvvisamente fin troppo esposta ed il suo disagio non fece che aumentare quando, un istante dopo, si ricordò del motivo che l'aveva portata a trovarsi in quella situazione. Per quanto il suo animo potesse desiderare il contrario, era quell'umana che Koga amava ed era stato per conoscerla e capire, che era andata a cercarla il giorno precedente.
Un nodo le serrò la gola, piegandole le labbra in una smorfia.
– È successo qualcosa? – provò di nuovo l'altra.
L'insistenza della sacerdotessa la spinse a tornare a fissarla, ma l'impulso di rivolgerle una risposta scostante le si smorzò in gola appena ne incrociò di nuovo lo sguardo. La preoccupazione di quell'iridi color cioccolato era pura e sincera, tanto da spazzare via ogni sentimento malevolo che minacciava di nascerle in petto nei suoi riguardi.
Kagome era davvero in pensiero per lei.
E bastò questa verità a farla capitolare.
– In realtà... – iniziò Juri, un po' titubante.
Scoccò un'occhiata di sbieco a Inuyasha, poco lontano, sicurissima che potesse sentire ogni loro parola malgrado la distanza, ma quella pausa venne di nuovo riempita dalla ragazza dai capelli corvini.
– So che probabilmente non sei abituata a farlo, ma spesso confidarsi con qualcuno può aiutare a trovare una soluzione... e poi mi piacerebbe poterti ricambiare il favore.
Tornando a Kagome, dopo un istante la mezzodemone mosse il capo in segno d'assenso. Aveva perfettamente capito ciò a cui l'altra si stava riferendo e fu proprio questo a farla decidere di aprirsi un po' di più con lei.
Seppur ancora a disagio, le raccontò di quel mattino.
– ...ed ora mi sento... frustrata e delusa. Sto male e non so nemmeno il perché! Ed il pensiero mi fa arrabbiare! – concluse, sbottando.
Kagome, che l'aveva ascoltata con attenzione, annuì e le rivolse uno dei suoi sorrisi comprensivi.
– Ti capisco – esordì, sollevando una mano per posargliela sulla spalla.
A quel gesto Juri inarcò un sopracciglio, ma non si mosse, cercando sul volto dell'umana le risposte che il suo animo reclamava a gran voce. Le sue aspettative però vennero esaudite soltanto in parte.
– Non devi preoccuparti: è normale provare certe emozioni.. anche io ci sono passata, anche se l'esperto in materia qui è senza dubbio Inuyasha!
Neanche fece in tempo a finire di parlare che il mezzodemone si intromise.
– Tsk! Questo non è vero! – esclamò da sopra la spalla, pur rimanendo voltato di schiena.
Anche così però, Juri riuscì a cogliere ugualmente il lieve rossore che gli era salito alle gote, cosa che la fece sorridere meccanicamente.
– Per ora cerca di non pensarci – le si rivolse invece Kagome, ignorando il suo compagno.
La mezzo-lupo annuì di nuovo con un cenno del capo argenteo, accogliendo quel consiglio con una certa gratitudine ed un vago scetticismo. Sapeva che sarebbe stata dura seguirlo, ma ci avrebbe provato.. per la propria sanità mentale, se non altro.
Poco dopo stavano per rimettersi in marcia, quando fu lo stesso Inuyasha ad affiancarla stavolta, con un atteggiamento forzatamente noncurante, con le braccia infilate nelle ampie maniche scarlatte e lo sguardo dorato rivolto al cielo punteggiato di nuvole.
– Per prima cosa, devi fare chiarezza sui tuoi sentimenti: soltanto dopo che avrai compreso te stessa capirai come affrontare la situazione – le disse – ..fino ad allora non farti mettere i piedi in testa da nessuno, demone o meno.
Interdetta, la mezzo-lupo lo seguì con lo sguardo mentre la superava e si avviava e poco dopo Kagome le comparve al fianco. Quando ne incrociò lo sguardo scuro, la ritrovò ancora una volta con un morbido sorriso a delinearle le labbra rosee e, dopo un istante, la invitò a procedere.
Si incamminarono in silenzio e Juri, chiusa in un rinnovato mutismo, si prese il suo tempo per riflettere ed elaborare quanto dettole.
In particolare, il consiglio di Inuyasha l'aveva presa del tutto alla sprovvista.
Eppure, forse, fu proprio per questo che le sue parole la colpirono più di tutte le altre.


– Ehi vecchio! Ci sei? – Inuyasha varcò la soglia della grotta del maestro Totosai per primo, come sempre poco incline al rispetto. Kagome sospirò appena, sconsolata, prima di seguirlo e far cenno a Juri di fare altrettanto.
– Oh ma guarda chi si vede: Inuyasha! – fece il fabbro che, a quanto pareva, stava lavorando ad una semplice lama d'acciaio, probabilmente su commissione. Indossava la solita ampia veste verde oliva ed i capelli bianchi erano ancora una volta raccolti in una piccola coda dietro la nuca, proprio come la sacerdotessa ricordava.
– Sono qui per una spada – annunciò senza preamboli il mezzodemone-cane.
Totosai reclinò il capo rugoso verso destra.
– Ma ne hai già una e anche molto potente.. a che te ne serve un'altra, sei forse diventato un essere meschino ed avaro?
Quella domanda tanto diretta e al tempo stesso incurante fece quasi ridacchiare Kagome: il vecchio demone non era cambiato di una virgola.
– Ma che dici?? Non è per me la spada, ma per questa qua! – esclamò Inuyasha, contrariato, prima di farsi da parte e indicare Juri alle sue spalle.
La mezzodemone-lupo a quel punto, chiamata in causa, si fece avanti.
– Ehm.. sono qui per richiederle una katana – affermò, avanzando la sua richiesta con maggiore educazione rispetto al mezzo-cane.
Osservando la scena, l'umana si ritrovò a sorridere.
Sì, Juri le piaceva.
Il fabbro demoniaco comunque non la fece nemmeno finire di spiegarsi.
– Ah, quindi vuoi una katana... mi servirà una tua zanna.. – poi, abbassando i grandi occhi a palla, notò l'arma che la mezzo-lupo portava al fianco – ..ma quella che già hai lì non è una spada demoniaca? Cosa te ne fai, di un'altra? Mmmh.. stando a quanto riesco a percepire dev'essere anche molto potente.
– Non è per me – si affrettò a chiarire la ragazza lupo, scuotendo il capo d'argento – è per Koga..
– Koga..? Non era quel demone-lupo che cercava vendetta contro Naraku? – questa volta il vecchio si rivolse direttamente ad Inuyasha, il quale parve spazientirsi.
– Sì, ma allora vuoi dirci se puoi farle quella maledetta spada o no?
– Sì che posso, ma mi servirà una zanna del demone-lupo in questione.. – affermò Totosai, prima di rivolgersi nuovamente a Juri – ..pensavi a qualche potere in particolare?
– ..in che senso?
– Sì, qualche tecnica particolare da infondere nella nuova arma.. – le spiegò lui pazientemente – ..ci sono varie fasi di lavorazione e a seconda della tecnica utilizzata e dei materiali si possono ottenere diversi effetti.
– Ah.. – la spiegazione sortì il suo effetto, perché Juri mormorò – no, a dir il vero non ho pensato a nulla.
Kagome, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, nell'incrociarne gli occhi ambrati si ritrovò a farle un cenno di assenso del capo in segno di incoraggiamento: stava andando benissimo, non doveva preoccuparsi. Optò comunque, dopo un istante, di immischiarsi nella conversazione, andandole in aiuto.
– Maestro Totosai, credo che Juri pensi saranno sufficienti le potenzialità derivanti dalla zanna di Koga, visto che sarà lui stesso a doverla brandire in battaglia.
Il fabbro annuì, facendosi quindi pensieroso – Bene.. allora portatemi una zanna di questo Koga domani e fra due giorni tornate a riprendervi la spada. Non garantisco però sul risultato: il potere racchiuso al suo interno dipenderà totalmente da ciò che mi porterai. Ah, e mi servirà anche un suo capello.
– Un capello? – ripeté perplesso Inuyasha.
– Sì, per l'impugnatura. Come pensi di essere l'unico a poter brandire Tessaiga altrimenti?
– Grazie, vecchio.. – iniziò, ma venne interrotto di nuovo.
– Certo questo vi costerà..
– Cosa?! Da quando in qua?!
Nello stupore generale che colse sia Kagome che il suo compagno, alle orecchie di tutti e tre si sentì un ciocco distintivo che li fece voltare all'unisono verso la fonte di quel rumore. Inarcando un sopracciglio, la mora posò lo sguardo su Juri appena in tempo per vederla scostarsi una ciocca di capelli da sopra la spalla, rivelando la sagoma appiattita del piccolo, vecchio Miyoga.
– Ahi-ahi.. povero me – si lamentò il demone-pulce, prima di ritornare a dimensioni tridimensionali.
– Vecchio Miyoga! – esclamò Kagome, non riuscendo a frenarsi – Allora eri con il maestro Totosai.
Il demone-pulce saltò sulla spalla di Inuyasha, ma appena cercò di attaccarsi a lui per saggiare un poco del suo sangue, il mezzo-cane gli riservò lo stesso implacabile trattamento di Juri. Schiacciato contro il collo dell'argenteo, il vecchio demone fluttuò a mezz'aria quando quello scostò la mano artigliata, finendo per atterrargli nel palmo aperto.
– Il sangue della ragazza non era male ma il vostro, signorino, rimane il più delizioso.. – commentò come da programma il demone-pulce, ricomponendosi nuovamente subito dopo.
– Al solito.. senti che è sta storia del pagamento? – sbottò con un certo fastidio Inuyasha.
– In qualche modo dovrò pur mantenermi... – si giustificò il fabbro.
– Dovete sapere, signorino Inuyasha – esordì Miyoga – ..che il lavoro di Totosai è stato retribuito attraverso i patrimoni di vostro padre, per questo non avete mai dovuto dare nulla per Tessaiga.
– Allora basterà che addebitiate sul suo conto anche questo.. – ribatté senza scomporsi il mezzo-cane.
Kagome, seppur conoscesse abbastanza bene il suo compagno da sapere quanto gentile fosse in realtà, rimase comunque piacevolmente sorpresa da quel gesto. Sapeva dell'avversione di lui verso i demoni-lupo, eppure anche quando si erano fermati qualche minuto, poco prima, si era sbilanciato a darle il suo consiglio.
– Ma.. ma no.. – cercò di intervenire Juri – non posso accettare.
– Sciocchezze! – la zittì Inuyasha di rimando, con quel fare brusco che mascherava le sue reali emozioni.
– Siete davvero generoso, signorino.. – fece il demone-pulce, commosso sino alle lacrime.
Kagome si ritrovò a sorridere maggiormente a quella scena, prima di raggiungere il suo fianco e posargli una mano sull'avambraccio. Come i loro occhi si incrociarono, lo vide arrossire leggermente e lei sorrise ancora di più, piacevolmente divertita dell'effetto che riusciva a fargli, nonostante tutto.
Era davvero fiera di lui.
– Una cosa da nulla.. – sbottò, palesemente imbarazzato, l'argenteo – sarà.. sarà meglio andare ora.
Come il mezzodemone-cane si volse per avviarsi verso l'uscita, la mora fece un inchino in segno di ringraziamento a Totosai. Quando tornò a drizzar la schiena vide che Juri aveva appena fatto altrettanto e decise di aspettarla, per poi avviarsi verso l'esterno insieme a lei.
Sì, non poteva sbagliare, quella ragazza lupo era una bella persona.
Si augurò che il giorno in cui avrebbe potuto chiamarla veramente amica arrivasse presto.


...continua.



Ciao a tutti!
Dopo due settimane rieccomi con il nuovo capitolo! Per iniziare ringrazio infinitamente Yuzar ed Elerim per avermi lasciato una recensione ai capitoli precedenti: spero di non deludervi neanche sta volta!
Poi volevo fare un appunto: la storia del capello è una mia libera interpretazione e non vi è alcun riscontro nell'opera originale della Takahashi. Mi sono basata sulla credenza orientale che i capelli di una persona siano il collegamento diretto con l'anima della stessa ed ho pensato che sarebbe stato molto carino rendere questa credenza concreta, nel mondo di Inuyasha.
Bene, per oggi è tutto! Ah, un'ultima cosa: vi anticipo che per ferragosto salterò di qualche giorno la pubblicazione del nuovo capitolo (non sarò a casa e sarebbe complicato) perciò vi auguro già in anticipo buona festa!
Alla prossima!

ciao ciao

Kaiy-chan

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Capitolo 19
*** Questione di zanne ***




.::[. QUESTIONE DI ZANNE .]::.



...
Il sole non era ancora sorto.
Un cielo cupo, pesante, ricopriva tutta la volta celeste.
Un mare grosso dello stesso colore del petrolio, con onde coronate di spuma chiara, sciabordava e colpiva con veemenza lo scafo della piccola imbarcazione, facendola sussultare in maniera quasi incontrollata. Le vele in tela color panna erano tese e schioccavano al vento, sospingendo quel guscio di noce verso l'alba.
Impazienza e cieca determinazione tenevano il suo sguardo fisso sull'orizzonte, finché all'ennesima impennata della prua, la vide: una sottile striscia nera, immobile, far capolino nel mare in tumulto.
Terra.
Dopo giorni interminabili di navigazione, sollievo e soddisfazione tornarono a pervadere il suo animo. Juri le avvertì distintamente farsi strada in lei, quelle emozioni estranee ed al contempo proprie, e si lasciò pervadere da esse.
Sollevò una mano ad indicare ai suoi compagni la meta del loro viaggio.
Ma l'arto demoniaco che entrò nel suo campo visivo non le apparteneva.
...

Juri si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi ambrati nella penombra.
La caverna del branco era ancora immersa nella quiete che precede l'alba, colmata dal costante rumore della cascata che ne celava l'ingresso. La parete di pietra sulla quale il suo sguardo rimase fisso era la stessa che aveva visto quando s'era coricata poche ore prima e la cosa, unita al furioso battito del suo cuore, la convinse di essere tornata alla sua realtà. Sua, perché il ricordo di quel sogno in lei era ancora talmente vivido da farle dubitare che non fosse stato altrettanto reale.
Riempì i polmoni d'aria, cercando di regolarizzare il respiro affannoso, ed al contempo aguzzò le orecchie, ma il respiro dei demoni-lupo all'interno di quello spazio chiuso era flebile e profondo, tipico di un riposo sereno.
Pochi secondi dopo si alzò a sedere sul suo giaciglio, lasciando spaziare lo sguardo per l'ambiente.
Ginta dormiva della grossa poco distante da Hakkaku e Ayame era nel suo angolino, anch'ella apparentemente addormentata. La vista della demone dai capelli rossi fece corrucciara leggermente l'espressione della mezzodemone, ma niente di più. Non aveva intenzione di dar considerazione a qualcuno che non ne aveva per lei e così deviò il suo sguardo.
Koga non c'era.
Dopo essersi sfregata un occhio con il dorso della mano destra, saltò giù dalla propria nicchia.
La sera precedente era tornata alla tana per l'ora del tramonto ed i suoi compagni l'avevano accolta con curiosità e sollievo. Ginta e Hakkaku avevano subito iniziato a tempestarla di domande in un modo tale che nemmeno il loro capo era riuscito a porsi in mezzo, così si era limitato a lasciarla in balia dei due.
Ayame invece non l'aveva degnata di un solo sguardo.
L'aveva trovata seduta come gli altri accanto al fuoco, accanto a Koga, e dopo un primo scambio di sguardi si erano platealmente ignorate.
E, a dirla tutta, la cosa le andava bene così.
Si sentiva infastidita dalla sua presenza e persino in quel momento, nel silenzio del finire della notte, Juri provò l'impulso di allontanarsi. Probabilmente avevano ragione Kagome ed Inuyasha nel dire che ne era gelosa, ma l'argentea non aveva intenzione di perder tempo ad analizzare questo suo stato d'animo nei confronti di un'estranea... un'intrusa.
Così, tornando ad allacciare Zanka al fianco sinistro, si incamminò verso l'uscita, del tutto inconsapevole del paio di occhi verde smeraldo fissi sulla sua schiena.


Ayame, senza farsi notare, si allontanò dalla radura entro i cui confini i demoni del Clan dell'Ovest si stavano allenando insieme al loro capobranco e si diresse verso la sua meta, saltando di roccia in roccia e attraversando di corsa le sempre più fitte aree boscose del pendio della montagna.
C'era qualcosa che non la convinceva, di quella mezzodemone.
Negli ultimi due giorni l'aveva osservata andare e venire come più le pareva senza che Koga o gli altri le dicessero nulla e la cosa stava iniziando ad infastidirla. Era evidente ai suoi occhi che nascondesse qualcosa e ciò che aveva infine scorto quello stesso mattino l'aveva convinta ad agire.
Nella penombra dell'ora che precede l'alba, il bagliore azzurrognolo era stato evidente sulle pareti della caverna, così come era stato evidente il risveglio di quella che ella aveva percepito come un'insolita e potente aura demoniaca provenire proprio da lei... o meglio, dalla strana pietra che portava al collo.
Nel dormiveglia si era fatta subito vigile, mentre l'istinto l'aveva costretta all'immobilità, così aveva finto di dormire finché l'argentea non era uscita dalla tana.
Soltanto allora Ayame si era mossa.
Aveva atteso che gli Yoro fossero impegnati e che la mezzosangue fosse sola, e non aveva dovuto attendere a lungo. Il sole non era nemmeno allo zenit sopra il territorio della tribù, cosa che andava a suo vantaggio: affrontare il problema il prima possibile era l'unica scelta giusta, glielo aveva sempre ripetuto suo nonno.
Si fermò accanto ad un tronco d'albero caduto, usandolo come appoggio per elevarsi ed annusare l'aria, trovando la flebile traccia dell'odore della sua preda nel vento. Non era lontana.
Scattò in avanti e non passò più di una manciata di minuti, prima che la già rada vegetazione si schiudesse intorno a lei per far spazio alle rive ed al letto del torrente. Come atterrò su una delle grosse pietre che lo delimitavano, il rumore di ciottoli che venivano spostati bruscamente le fece alzare lo sguardo proprio sulla figura della mezzodemone sulla cui strada si era appena interposta.
I loro occhi si incrociarono e distinse sul suo volto la stessa diffidenza che covava dentro di sé.
– ...cosa vuoi?
Nessun preambolo, nessuna cortesia, solo una secca domanda alla quale la rossa non si scompose.
– Dobbiamo parlare.
Come Ayame pronunciò quelle due parole, Juri esternò una smorfia insofferente, cosa che la fece sorridere suo malgrado: evidentemente condividevano la stessa simpatia reciproca.
– E di cosa? – ribadì la mezzosangue, incrociando le braccia sul petto.
La luce del giorno l'illuminava in tutta la sua figura, in quella posizione orgogliosa e stabile su ambo le gambe divaricate. Per una frazione di secondo, in quella posa, quella ragazzina le ricordò Koga, cosa che non fece altro che umentare l'irritazione che provava nei suoi confronti.
Optò per arrivare subito al punto.
– È inutile che neghi, so che nascondi qualcosa – esordì, mostrando le piccole zanne di demone – Cos'è quella cosa che porti al collo?
– ..eh? – Juri per contro parve perplessa e, sbattendo le palpebre, reagì in ritardo nel sollevare la pietra blu che spiccava sulla sua pelle chiara, sopra l'incavo dei seni – ...parli di questa pietra?
L'aria da finta tonta assunta dalla mezzodemone non fece altro che farla sbottare.
– Sì, esatto! L'ho vista, stamattina! – esclamò, indicandola col braccio teso – Si è illuminata e ne è scaturita un'aura demoniaca che non ti appartiene!
In tutta reazione, l'altra rimase a fissarla con espressione apatica.
Ayame ringhiò: – Allora? Parla!
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Ti ho detto di non mentire! È grazie ai poteri di quella pietra che sei riuscita a farti accettare nella tribù, vero? Qual è il tuo scopo? – la incalzò.
Non le avrebbe dato scampo, le avrebbe fatto confessare tutto. E dopo averla smascherata anche agli occhi degli altri membri degli Yoro dell'Ovest ed averla fatta allontanare, avrebbe condotto con sé Koga e compagni per unificare finalmente tutti i Clan, garantendo la sopravvivenza degli Yoro delle montagne. Era il suo compito, il motivo per cui aveva pazientemente atteso fino ad ora. Solo Koga, con la sua forza, avrebbe potuto aiutare la sua gente e lei ne era fermamente convinta.
– E tu allora?!
La replica della mezzodemone la prese alla sprovvista, facendola tornare con la piena attenzione al momento presente mentre l'altra la incalzava.
– Perché sei ancora qui? Non hai sentito che Koga è già innamorato di un'altra? Cosa speri di ottenere restandogli fra i piedi?! – continuò Juri, snudando a sua volta le zanne. Erano minute e candide, come le sue.
Colpita nell'orgoglio, Ayame sussultò per l'irruenza di quel contrattacco verbale e fece addirittura un mezzo passo indietro, prima di tornare a digrignare le proprie zanne demoniache.
– Non sono affari tuoi, mezzosangue.
– La mia risposta è la stessa, lupa boriosa.
La rossa serrò i pugni lungo i fianchi in preda alla frustrazione, ma non era intenzionata a cedere.
Rimasero a fissarsi in cagnesco per una manciata di secondi, fronteggiandosi in quel rinnovato silenzio interrotto sotto dal sommesso ringhiare reciproco, finché non fu proprio la mezzodemone-lupo a porre termine a quella fase di stallo.
Con stupore della demone del Nord, Juri smise di ringhiare per prima, ruotando su sé stessa e dandole il fianco sinistro, come se fosse pronta ad andarsene, ma non staccò i suoi occhi ambrati da lei.
– La pietra, così come la spada che porto, fanno parte del mio retaggio demoniaco. Avresti potuto chiedermelo gentilmente, invece di rivolgerti a me a quel modo.. – le annunciò, laconica, assumendo un modo di fare più indifferente e controllato, ma comunque privo di gentilezza – ..non so cosa tu abbia visto stamattina, ma non ho nessun doppio fine, né ho condizionato nessuno con strani poteri. Sono rimasta perché questa è casa mia e mi hanno accettata per ciò che sono. Fine della storia.
Ayame rimase colpita da quelle parole, non tanto per il loro significato ma per la franchezza insita in esse. Per quanto le costasse ammetterlo, nella ragazza ad un paio di metri da lei non scorse alcuna traccia di menzogna e bastò questo a farla sentire in difetto. Irrigidì la mascella, serrando le labbra in un'espressione tesa, ma quando l'altra accennò a muoversi si decise a parlare.
– ...Koga non potrà mai stare con un'umana come Kagome – affermò, bloccando Juri sul nascere – Demoni e umani sono diversi, ma per noi demoni-lupo è qualcosa che va oltre questo. È il nostro istinto di lupo. Un'umana, pur con poteri di sacerdotessa, non potrà mai essere la sua vera compagna proprio perché non è una demone-lupo ed il suo istinto non la riconoscerà mai come tale. Deve solo accettarlo e, una volta fatto, verrà via con me, quindi è solo questione di tempo! Non può ribellarsi alle tradizioni della Tribù Yoro!
In qualche modo le sue parole parvero colpire altrettanto a fondo nella sua interlocutrice, le cui spalle sussultarono leggermente seppur il resto di lei rimase immutato. Doveva avere un discreto controllo di sé per non mostrare alcun vacillamento nello sguardo, ma non era bastato alla demone-lupo per ignorare quel piccolo movimento, né per perdere l'ombra che calò su quegli occhi d'ambra.
– Che sciocchezza... – mormorò l'argentea.
– Cosa? – fece Ayame, spiazzata, mentre una luce tornava a bruciare vivida nello sguardo altrui.
– Se lo conoscessi un po' meglio, sapresti che questo non potrà mai accadere – ribadì con convinzione la mezzo-lupo – Koga non è quel genere di persona che abbandona le sue responsabilità solo per volere di qualcun altro, tradizioni o meno! Non lascerà mai il territorio dei suoi antenati: è la nostra casa!
– Questa non sarà mai casa tua! – sbottò, non riuscendo più a contenersi, la rossa – Sei solo una mezzodemone, non dimenticartelo! Gli Yoro sono da sempre una tribù di demoni-lupo forti e fieri, non potrai mai farne parte!
– Tsk.. – quella arricciò le labbra in una smorfia, prima di snocciolare un: – ..mi hai stancato.
Quindi, senza preavviso, balzò via con uno scatto, sollevando un refolo di vento prima di scomparire fra le fronde. Si mosse talmente rapida che, come Ayame ne realizzò la fuga, era già troppo tardi per impedirla e non era certamente intenzionata ad andarle dietro.
Rimasta nuovamente sola con sé stessa, la demone dai capelli rossi si ritrovò a digrignare le piccole zanne in una smorfia insoddisfatta.
Quella mezzosangue si era senz'altro montata la testa, se pensava di far davvero parte della tribù.
Su una cosa però dovette ricredersi: non aveva scorto alcuna ombra in quel suo animo ostinato.


Juri atterrò con agilità accanto al torrente, dinanzi le grotte della tana del branco, certa di non essere stata seguita.
Le parole che Ayame le aveva rivolto le bruciavano ancora, risuonandole nella mente come una maledizione, e fu costretta a fermarsi, serrando forte le palpebre e concentrandosi sul rumore dell'acqua perché il loro eco sfumasse.
No, dopo ciò che le aveva detto, non c'erano possibilità che quella demone potesse piacerle.
Malgrado ciò che era accaduto negli ultimi tempi, era e sarebbe sempre stata una mezzodemone e ciò non sarebbe mai cambiato. Certo, Koga e gli altri non la trattavano in maniera diversa, né l'avevano mai guardata con sufficienza... ma Ayame l'aveva fatto: proprio pochi minuti prima, mentre le diceva che quella non sarebbe mai stata casa sua, l'aveva guardata con gli stessi occhi di molti altri prima di lei.
In quel momento, Juri si era resa conto di una verità imprescindibile: non tutti i demoni-lupo erano uguali e non tutti avevano le stesse ideologie o comportamenti. Esattamente come era stato per quasi tutta la sua giovane vita, vi erano demoni completi che disprezzavano e rifiutavano quelli come lei, la cui natura ibrida testimoniava l'unione di due realtà immiscibili.
Un brivido strisciante le risalì la spina dorsale.
E se, dopotutto, quella Ayame avesse ragione?
Se, il giorno in cui Koga fosse riuscito a lasciar andare i suoi sentimenti per Kagome, fosse andato via con la demone-lupo del Nord? Lo avrebbe perso... avrebbe perso tutto.
La morsa che le si serrò al centro del petto le tolse il respiro e Juri si aggrappò al cristallo blu oltremare che portava al collo con tutte le sue forze, tentando di scacciare il panico nato dalla suggestione di quel pensiero irrazionale.
Inspirò, cercando di calmarsi.
Doveva avere fiducia in Koga: non sarebbe mai venuto meno alla sua parola.
E nemmeno Ginta e Hakkaku l'avrebbero lasciata indietro, ne era certa.
Le ci volle ancora una manciata di secondi prima di ritrovare il pieno controllo delle proprie emozioni e dei propri pensieri, quindi tornò a muoversi, dirigendosi verso la caverna del branco. Aveva un compito importante da svolgere e non poteva temporeggiare ancora.
Doveva trovare una zanna per Totosai.
Peccato che non avesse alcuna idea di come potersela procurare.
Da quel poco che sapeva e che poteva intuire, quando un demone completo perdeva una zanna, non trascorreva molto tempo prima che gliene ricrescesse un'altra. Era senz'altro merito della rigenerazione demoniaca, ma questo non voleva dire che le perdessero facilmente.
Ad ogni modo, avrebbe dato un'occhiata fra la paglia del giaciglio di Koga, ma sapeva di non avere molte speranze di successo, né una garanzia che ciò che avesse trovato appartenesse proprio al demone-lupo.
Se soltanto avesse potuto contare sull'aiuto di Ginta e Hakkaku, forse, avrebbe avuto qualche speranza in più, ma non poteva fidarsi della discrezione dei due fratelli: erano troppo sbadati e sarebbe bastata una piccola intimidazione da parte del loro capo perché cedessero alla pressione e vuotassero il sacco.
No, avrebbe fatto tutto da sola, non aveva scelta se voleva che fosse una sorpresa.
Superò il getto della cascata e con passo sicuro si diresse verso il fondo della caverna, superando i gacigli dei suoi fratelli ed il proprio senza badarvi. I suoi occhi si adattarono subito alla luminosità più fioca, distinguendo ben presto il proprio obiettivo sul fondo dell'insenatura naturale.
L'odore di polvere era tenue, sovrastato da quello proprio dei demoni che popolavano quel luogo, ma ve n'era un altro, più antico e persistente, in secondo piano. Lo aveva distinto già altre volte, sin dal suo primo arrivo, ma in quel punto ed in quella situazione le apparve più nitido al suo sensibile olfatto demoniaco.
Sbuffò arricciando la punta del naso, accantonando quel pensiero, e raggiunta la struttura del giaciglio di Koga si mise a cercare a fondo, ispezionando al meglio la paglia e le pellicce con il senso del tatto e della vista. Non trascorsero che pochi minuti e già era sul punto di rinunciare quando una sensazione strana, come una pulsazione di energia demoniaca, iniziò a sfiorarle la schiena.
Irrigidendosi, la mezzodemone si mise in allerta, voltandosi quasi di scatto appena quella pulsazione si ripresentò a pervadere lo spazio angusto in cui era rannicchiata. Come sollevò lo sguardo ambrato verso il fondo della caverna, nell'ombra scorse un bagliore e comprese subito come esso fosse l'origine di quella sottile aura demoniaca.
Guardinga pur non avvertendo alcuna minaccia per sé stessa, Juri si sollevò di nuovo in piedi, facendo qualche passo verso quella che, man mano che avanzava, le apparve come una nicchia votiva scavata nella roccia. In essa, su quello che pareva un piedistallo sacro, in bella mostra, uno specchio rotondo dalla cornice metallica abilmente lavorata pulsava, rilasciando il proprio potere nell'aria circostante.
Quella pulsazione le penetrò sotto pelle, simile ad una carezza soffusa di energia che la pervase sino alla punta della coda, calda e gentile come una promessa. Si lasciò stregare da essa, cedendo a quel richiamo come se fosse stata in trance, finché, abbastanza vicina, non sollevò una mano. Quando, con la punta delle dita, sfiorò la superficie riflettente, una piccola scarica di elettricità statica le percorse l'arto sospeso facendola sussultare e ritornare in sé.
Fu a quel punto che si rese conto che vi era qualcosa, al di là dello specchio.
E da quell'oggetto in ombra ella ebbe la chiara percezione di entità antiche e potenti, la cui aura demoniaca era ciò che l'aveva spinta ad avvicinarsi. L'odore che aveva sentito già altre volte, inoltre, in quel punto era più forte che mai.
Un tenue bagliore la distrasse, spingendola ad abbassare lo sguardo sul proprio petto, e sussultò: la pietra blu che portava aveva preso a brillare di luce propria.
– Ma che..?!
"Non temere, ragazza-lupo"
Una voce riecheggiante le risuonò nelle tempie, parole pronunciate da più di un'entità, che la spiazzarono e le smorzarono il fiato in gola. Non poteva sbagliare, era da dentro lo specchio che le stavano parlando.
– C-cosa sei? – esclamò, col cuore in gola e lo sguardo fisso sull'oggetto demoniaco.
"Noi siamo gli Antenati e guardiani della Tribù Yoro" le risposero, ed una sensazione di quiete nata dalla pacata risolutezza di quelle voci le si insinuò nel petto "..è al vostro capo che abbiamo concesso il nostro potere ed il suo clan è sotto la nostra protezione. Anche tu ne fai parte, per questo non hai nulla da temere, non da noi."
Juri rimase immobile a fissare il cuore dello specchio, mentre le orecchie sulla sommità del capo argenteo le si rizzavano e gli occhi le si spalancavano un po' di più. No, istintivamente sapeva di non aver nulla da temere, ma quella presenza demoniaca si era fatta più forte intorno a lei, impedendole di rilassare un solo muscolo.
Cosa volevano da lei gli Antenati degli Yoro?
"Cos'è che stai cercando?"
Quella domanda diretta la prese di nuovo alla sprovvista, spiazzandola abbastanza da farla balbettare ancora una volta.
– ..io... io volevo... Koga, lui... la sua spada... – tentò, prima di mordersi il labbro inferiore.
Strinse i pugni lungo i fianchi, frustrata, cercando di dominare la propria agitazione, ma gli Antenati parvero comprendere più di ciò che era riuscita a formulare a voce.
"La sua katana. Vuoi fargliene fabbricare un'altra ma ti serve una sua zanna."
– ..come..?
"Attraverso la pietra che hai al collo siamo in grado di leggere il tuo cuore e comunicare con la tua anima"  le risposero, interrompendola senza remore, prima di tornare al discorso principale "È un dono potente, figlia del Continente. Saprà farne buon uso."
Incerta, Juri si ritrovò ad esitare.
– Non è che..?
"Non abbiamo il potere di aiutarti a recuperare ciò che ti occorre.." negarono "..ma possiamo darti qualcos'altro."
Sotto i suoi occhi ambrati, la mezzodemone scorse l'aprirsi improvviso di una crepa nella cornice dello specchio, che si propagò nell'arco di un istante sino allo staccarsi di un piccolo riccio metallico. Il frammento volteggiò a mezz'aria fino a lei, che avvicinò ambo le mani a coppa appena in tempo perché questo le ricadesse nel palmo.
Inarcando ambo le sopracciglia, l'argentea altalenò lo sguardo dallo specchio al pezzo che si ritrovò fra le mani, senza capire.
"Consegnalo insieme agli altri oggetti. Se il fabbro riuscirà ad usarlo per l'elsa, Koga potrà evocare il potere di Goraishi attraverso la nuova katana, quando ne avrà bisogno."
Pur non riuscendo a comprendere totalmente il senso di quelle parole, Juri avvertì un senso di gratitudine colmarle il petto, tanto da farglielo gonfiare mentre racchiudeva il dono degli Antenati fra le mani e le avvicinava congiunte al petto. Dopo un istante, memore delle maniere opportune, si inchinò col busto in una profonda riverenza.
– Non so davvero come ringraziarvi... – mormorò, mentre la commozione iniziava a serrarle la gola.
Ed era vero, non soltanto per quel dono, ma per le parole che le avevano rivolto. Aveva avuto l'approvazione degli Antenati degli Yoro come membro del branco e tanto bastava a spazzare via le emozioni evocate dal confronto appena avuto con Ayame.
Quando tornò a drizzare la schiena, l'aura demoniaca proveniente dallo specchio non si era affatto attenuata.
"C'è un'altra cosa.." le riecheggiò nella mente, ridestando la sua attenzione e facendole fremere le orecchie triangolari "Ciò che resta della tua stirpe di sangue è ormai vicino. Fa' attenzione, ragazza-lupo, giacché egli sta venendo per te."
Juri inarcò un sopracciglio, mentre una nuova confusione tornava ad agitare i suoi pensieri.
Chi? Chi stava arrivando?
Tuttavia quell'ultima domanda rimase inascoltata, perché la pietra che aveva legata al collo si spense e altrettanto fece lo specchio di fronte a lei. Un attimo prima che tornasse opaco tuttavia, oltre la lastra riflettente, ella distinse per un solo istante ciò che vi era racchiuso all'interno e che era la vera dimora degli spiriti degli Antenati.
Artigli. Era un guanto d'artigli metallici.
La quiete tornò a permeare la grotta ed il rumore della cascata all'ingresso si fece persistente nelle orecchie della mezzodemone, la quale, dopo aver indugiato un attimo ancora, si incamminò verso di essa. Aveva fatto appena pochi passi sovrappensiero, mentre ancora il ricordo di ciò che era appena avvenuto le colmava la mente, che una voce fin troppo familiare le giunse alle orecchie da oltre l'ingresso.
– Ora che l'allenamento è terminato potete riposarvi, ma fate un giro per i punti di guardia prima di sera.
Bloccandosi d'istinto, Juri sollevò di scatto lo sguardo scorgendo un'ombra sul sentiero, oltre l'antro dalle spesse pareti in pietra. Si affrettò quindi ad allontanarsi dal fondo della caverna e dall'area in cui vi era il giaciglio di Koga, imprecando mentalmente per il tempismo fin troppo perfetto del suo capobranco.
L'ultima cosa che desiderava era farsi beccare lì a curiosare nei pressi dell'altare degli Antenati.
Con un paio di balzi superò i pagliericci degli altri demoni-lupo ed il proprio e si accostò alla parete rocciosa, nascondendo il frammento di specchio sotto il polsino in pelliccia prima di esser costretta a bloccare di colpo il proprio incedere.
Koga, che si era mosso a sua volta, aveva appena superato il getto della cascata ed ora la sovrastava a meno di un passo da lei, anche lui arrestatosi all'improvviso, appena in tempo per non finirle addosso. Nei suoi occhi azzurri la mezzodemone scorse la stessa sorpresa che colse lei.
Con la gola serrata ella non riuscì a dire nulla ed anche il demone-lupo parve altrettanto spiazzato, così il silenzio si protrasse fra loro, in un muto scambio di sguardi.
Solo alcune decine di secondi dopo Koga finalmente aprì bocca.
– ..finito il giro? – le domandò, senza un'inflessione particolare.
Lei annuì con un cenno, non fidandosi della propria voce. Deviò il proprio sguardo oltre la sua figura prima di iniziare a muoversi per aggirarlo, ma la mano artigliata di lui la afferrò per il braccio sinistro, poco sopra il gomito, costringendola a fermarsi ancora una volta.
Sorpresa, quasi allarmata, Juri tornò a guardarlo in viso ed i suoi occhi d'ambra si scontrarono di nuovo contro quel limpido azzurro ceruleo che tanto era in grado di stregarla. Sul suo volto abbronzato risiedeva un'espressione a metà fra il teso e l'impacciato.
– Juri, io.. – esordì lui, con una serietà tale da farle accelerare i battiti del cuore solo per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome.
Tuttavia, ancor prima che vi fosse un seguito, una voce femminile infranse il momento.
– Koga! Eccoti finalmente! – Ayame, irrompendo senza riguardi nello spazio dell'antro, trovandoli così vicini si bloccò – Ma.. ho forse interrotto qualcosa? – altalenando lo sguardo di smeraldo dall'una all'altro.
E per la mezzodemone quell'intromissione fu troppo.
– No – secca, la risposta che le scaturì automatica dalle labbra, mentre con uno strattone si liberava dalla presa del capobranco.
Avvertendo il buon umore di poco prima iniziare a sfumare, compensato da un'irritazione crescente, distolse lo sguardo ambrato da entrambi i demoni-lupo, intenzionata ad andarsene il più in fretta possibile per porre quanta più distanza le fosse concessa fra sé e la rossa.
– Ah, bene.. meglio così – affermò quella, facendo la finta tonta – Koga, volevo dirti...
Juri non rimase a sentirla un istante di più, uscendo di slancio dalla grotta dietro la cascata e ringaziando il fragore dell'acqua delle rapide che le attenuò il suono della voce della demone-lupo. Con un paio di balzi guadagnò dapprima l'area del focolare e poi il sentiero che conduceva a valle, deviando soltanto in un secondo momento verso Nord e la postazione di sorveglianda del confine. Si fermò solo quando raggiunse una piccola radura, apertasi a causa di un grosso masso franato dal fianco della montagna e che ora svettava solitario in mezzo alla rada vegetazione. Arrivatagli appresso, la mezzodemone non riuscì più a trattenersi e sferrò un pugno di frustrazione che colpì il tronco di un piccolo alberello, intaccandone la corteccia e scuotendo l'intera pianta.
Quando ritirò la mano destra, il senso di dolore la aiutò a smorzare i sentimenti che continuavano a dilaniarla dall'interno in una tempesta incostante e tumultuosa. Fastidio, rabbia, impotenza, gelosia, astio.. tutte rivolte verso una sola persona.
– Maledizione!
Perché era dovuta intromettersi?
Era saltata fuori dal nulla, proprio nell'unico momento in cui non avrebbe dovuto! Koga le era sembrato sul punto di dirle qualcosa di importante, ma lei aveva vanificato tutto! Ora non avrebbe mai saputo ciò che il demone stava per dirle, ne era certa.
Dannata lei e la sua caparbietà...
Sollevò lo sguardo al cielo terso.
Se davvero Ayame aveva intenzione di portarsi via Koga, lei avrebbe fatto di tutto per impedirglielo.
Non poteva lasciarglielo, per nessun motivo.
Stranita dalla veemenza con cui aveva formulato quel pensiero, la mezzodemone si ritrovò ad arrossire senza alcun motivo apparente, e finì per schiaffarsi ambo le mani sul volto nel tentativo di smorzare quella sensazione.
Quando lo schiocco prodotto si fu smorzato ed un alito di vento le rinfrescò le gote brucianti, Juri si concesse un sorrisetto di ironia verso sé stessa. Ormai era chiaro come il sole che in lei non vi fosse neanche una minima parte disposta a separarsi dal giovane capo degli Yoro dell'Ovest, ed in fondo al cuore iniziava a intuirne il motivo.
E, proprio per questo, stava iniziando a comprendere anche ciò che stava spingendo la demone-lupo del Clan del Nord ad insistere tanto.
Scosse il capo argenteo, cercando di scacciare da sé tali pensieri, e stava per riprendere a muoversi quando uno schianto improvviso proveniente dalla sua destra la fece sussultare. Voltandosi in quella direzione, immediatamente in allerta, Juri scorse un piccolo stormo di uccelli innalzarsi in volo e un attimo dopo il chiaro ululato di un lupo spezzò l'aria. Sorrise.
Era tornato il tempo di sgranchirsi gli artigli.


Koga, seguito da Ayame, irruppe nel luogo dello scontro ad una tale velocità da lasciar confusi i demoni-orco.
Ne atterrò un paio con un calcio in pieno muso, utilizzando il faccione del secondo per darsi lo slancio e proiettarsi di nuovo in aria con un balzo, schivando il goffo contrattacco di un terzo.
Era ancora sospeso a mezz'aria quando scorse distintamente Ginta e Hakkaku raggiungere a loro volta lo spiazzo, subito intercettati da un cospiquo numero di Oni.
– Tsk! Dannati bastardi! – esclamò.
Nel momento stesso in cui toccò terra, si diede lo slancio in avanti, sfoderando gli artigli e balzando letteralmente verso il massiccio numero di nemici contro cui si stavano battendo i suoi compagni.
Squarciò il petto malamente protetto di uno e frantumò le ossa di un altro con un calcio, prima che altri tre gli fossero addosso, ma Koga li atterrò tutti, troppo veloce ed agile per i movimenti goffi e pesanti di quegli stupidi ammassi di muscoli.
Nella frazione di tempo che seguì, il capobranco riuscì persino a guadagnarsi un momento per guardarsi attorno, esaminando la situazione dello scontro appena iniziato. I loro nemici stavolta erano scesi in tanti dalle montagne, probabilmente con il preciso intento di sferrare ai lupi un attacco decisivo, ma avevano fatto male i loro conti.
Senza contare quelli che aveva atterrato sino a qel momento, dovevano essere una trentina di demoni-orco, tutti armati di quelle loro armi primitive costituite da lance e clave d'osso. La loro stazza era all'incirca il doppio di quella di un demone-lupo medio e avevano pelli spesse e dai colori tendenti alle sfumature più scure e scolorite, come il verde scuro, il grigio e l'ocra.
– Siete venuti in tanti.. vorrà dire che oggi faremo piazza pulita! – affermò Koga in tono beffardo, provocandoli volutamente mentre si gettava di nuovo all'attacco.
Con la coda dell'occhio scorse Ayame che, con le sue tecniche di combattimento ninja, pareva cavarsela abbastanza bene e allora tornò a concentrarsi sul proprio scontro. Affrontò un paio di quei rozzi demoni frontalmente, ma dopo averli sistemati non fu abbastanza veloce per evitare la grossa clava di un altro, che lo sbalzò indietro, mandandolo a rotolare brevemente sull'erba.
Imprecò mentalmente, mentre si ritirava su di scatto, praticamente indenne.
Doveva abituarsi in fretta ai tempi di reazione delle proprie gambe se non voleva prenderle, ora che non poteva contare sul potere dei frammenti della Sfera. Accostò il braccio sinistro per qualche secondo all'addome, nel punto in cui era stato colpito. Respirare gli costava qualche fitta, ma era una sensazione leggera e decisamente sopportabile, già in via di miglioramento.
Fecero per gettarglisi contro altri quattro energumeni quando due di loro vennero letteralmente scaraventati via da una sagoma dai riflessi d'argento che li travolse a piedi pari. Juri saltò a terra ancor prima che i due bestioni toccassero il suolo, gettandosi sul terzo mentre Koga si trovava a fronteggiare l'ultimo rimasto. Gli squarciò la gola con un solo attacco ben assestato degli artigli e l'istante seguente cercò con lo sguardo la mezzodemone, che gli sorrise di rimando.
– Sei in ritardo! – le si rivolse con finto rimprovero, il sangue che gli correva veloce nelle vene.
– E tu sei senza speranza! – ribatté lei, prima di interrompere il colloquio e sferrare un calcio contro un altro avversario.
Un urlo richiamò l'attenzione del capobranco, che si volse di scatto nella direzione da cui era provenuto. I suoi compagni erano in difficoltà, accerchiati da un folto numero di demoni: Ayame era a terra, la wakizashi abbandonata a qualche passo di distanza; Ginta aveva appena preso un colpo in pieno stomaco ed era riverso in due sull'erba, mentre Hakkaku tentava senza risultato di respingere tre demoni contemporaneamente.
– Maledizione! – ringhiò digrignando le zanne Koga, facendo per scattare in loro aiuto.
Distratto, non si accorse del pugno diretto a lui se non troppo tardi. Venne colpito in pieno volto con un attacco che lo fece barcollare dalla sorpresa, ma non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi a ricambiare il favore che il suo nemico lo afferrò per un braccio e lo scaraventò contro la parete rocciosa che era il pendio della montagna ai cui piedi si estendeva la vallata.
Impattò di schiena, mentre il colpo frantumava e comprimeva la roccia in un solco ovale tutt'intorno a lui. Quando la forza di gravità tornò ad avere la meglio, insieme a lui scivolò a terra una pioggia di polvere e pietrisco.
Il dolore esploso nella sua mente si attenuò qualche secondo dopo e, digrignando di nuovo le zanne in una smorfia di furia mal trattenuta, andò a rialzarsi in piedi facendo perno su un ginocchio. Di nuovo su ambo le gambe, il giovane capo avvertì un sapore metallico riversarglisi in bocca ed ignorando il baluginio che gli era comparso dinanzi agli occhi sputò un grumo di sangue e saliva a terra, senza nemmeno accorgersi della presenza di qualcos'altro.
Gliel'avrebbero pagata cara, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua! Stava per scattare di nuovo quando una lama di luce oscurò il cielo e spazzò via la maggior parte dei demoni-orco nelle vicinanze, creando una ventata d'aria al suo passaggio tale da far piegare la chioma degli alberi e scricchiolare il legno dei rami.
– Per voi è finita!
La voce di Juri sovrastò i grugniti sorpresi di coloro che erano scampati al flagello, ma nemmeno il panico riuscì a farli reagire abbastanza prontamente alla furia che s'era scatenata davanti agli occhi azzurri del demone-lupo.
Vide la mezzodemone squarciare in due il grosso corpo tozzo di uno, prima di far saettare la frusta ed avvolgerne l'estremità intorno al collo di un altro, scaraventandolo a terra ed impacciando i movimenti di quelli a lui più prossimi. La sua espressione era una maschera di furia e sangue nemico, tale da farle rilucere gli occhi ambrati di un'intensità quasi tangibile. Sul suo viso, freddezza e determinazione contribuivano a donarle un'aria pericolosa ed affascinante al contempo mentre scattava, mietendo vittime con fare implacabile.
Di fronte al capobranco, Juri combatteva con tutta sé stessa, un'entità fatta di puro istinto e forza come doveva essere stato già altre volte in passato. Eppure non si stava battendo per salvarsi la vita: stava combattendo per salvare la loro.
Tornando a cercare con lo sguardo i suoi compagni, li vide di nuovo tutti in piedi, sebbene Hakkaku si tenesse un braccio ferito con la mano opposta ed Ayame stesse aiutando Ginta ad avere la meglio sugli ultimi due demoni. Koga si avventò contro entrambi stendendoli senza troppi complimenti con un calcio che li spedì al suolo. Poco dopo il sangue schizzò da profondi squarci provocati dalle foglie di Ayame e dalla kusarigama[1] di Ginta, dopodiché lo scontro poté dirsi effettivamente concluso.
Il sibilo che gli giunse alle orecchie lo spinse a scoccare un'occhiata a Juri, la quale aveva appena rinfoderato la sua spada demoniaca. Quando si voltò verso di lui ed i loro occhi si incrociarono, scorse sul suo volto i resti di quella crudele freddezza che li aveva pervasi dissolversi, tornando allo splendore di sempre.
Mentre si avvicinava loro con fare tranquillo, il giovane capo della tribù Yoro ne esaminò brevemente lo stato. Appariva indenne, a parte qualche graffio: il sangue che aveva addosso non le apparteneva.
Gli venne automatico abbozzare in sua direzione un mezzo sorrisetto soddisfatto, che venne ricambiato prontamente, traditore di una complicità che andava rafforzandosi di giorno in giorno, a discapito di quanto si agitava nell'animo di ognuno di loro.
Il sorriso gli si allargò in volto.
– Tutto bene? – chiese lei, fermandosi al loro fianco e facendo scivolare il suo sguardo ambrato su ogni demone-lupo.
– Sì, grazie sorella, sei stata incredibile! – esclamò Ginta, avvicinandosi a propria volta.
– Già.. grazie, sorella – si aggiunse Hakkaku, che si affiancò al fratello senza smettere di tenersi il braccio ferito. L'odore del suo sangue arrivò al sensibile olfatto del capobranco, ma non fu l'unico a coglierne la traccia.
Juri lo squadrò subito con aria preoccupata.
– Fammi vedere il braccio – lo esortò, senza alcuna incertezza.
– Non preoccuparti, non è niente.. guarirà in fretta – si sminuì Hakkaku di rimando.
Tuttavia, quando lei affiancandolo prese ad esaminargli l'arto ferito, il demone-lupo non oppose alcuna resistenza.
Il verdetto giunse un paio di secondi più tardi.
– Sì, ma sarà comunque meglio metterci una fasciatura.. – annuì la mezzodemone, seria, tornando a scoccare un'occhiata a Koga.
Il capobranco di rimando, cogliendo la muta domanda che gli veniva rivolta, le diede la conferma che cercava con un semplice cenno del capo corvino.
– Non possiamo correre rischi.. – si accodò.
In quel frangente si passò la punta della lingua nel punto in cui vi era il vuoto lasciato dalla zanna che aveva perso durante lo scontro, ma quel gesto istintivo non passò inosservato.
Ah!
Juri, richiamta l'attenzione su di sé, lo stava fissando con occhi sgranati ed ambo le mani premute sulla bocca, come se non fosse stata sua intenzione far trapelare quell'esclamazione. E Koga, a quella vista, inarcò un sopracciglio.
– Cosa? – sbottò, perplesso.
– Koga, la tua... hai perso una zanna!!


– Ah sì.. è vero – le rispose il demone-lupo con noncuranza, aprendo la bocca e mostrandole più chiaramente il buco nella dentatura superiore.
Juri dovette combattere contro il senso di incredulità che la pervase, riuscendo per miracolo a non rimanere a bocca aperta a fissarlo. Quell'improvviso colpo di fortuna aveva un tempismo troppo perfetto per essere reale.
– Quando?
– Deve essere stato quando mi hanno colpito.. – replicò asciutto Koga, prima di indicarle il punto preciso con un cenno della mano – laggiù.
La mezzodemone si voltò di scatto in quella direzione e non attese un istante di più, prima di balzare in avanti, raggiungendo con un unico salto la parete rocciosa contro la quale il demone-lupo era stato scaraventato a tradimento pochi minuti prima.
Non poteva crederci! Doveva trovare quella zanna assolutamente!
Si mise a cercare fra gli steli d'erba ed i detriti che si erano riversati sul prato, con una dedizione tale da dimenticarsi di star agendo sotto gli sguardi degli altri.
– Sorella..? – le giunse, titubante, la voce di Ginta.
– Sì? – chiese lei senza nemmeno guardarli, continuando a frugare.
– Che stai facendo adesso? – era la voce di Koga, stavolta.
– Avrà perso la testa.. – mormorò Ayame, con una malcelata insofferenza.
Quel commento iniziale le fece drizzare le orecchie candide sul capo, ma lei non lo sollevò, continuando per la propria strada. Era impegnata, non aveva tempo per iniziare ad azzuffarsi con la rossa: doveva trovare quella zanna.
Intanto, il teatrino alle sue spalle continuò.
– Mh? – fece qualcuno.
– No, non guardatemi così – sbottò con tono esasperato la demone-lupo del Nord – Soprattutto tu, Koga! Quando la finirai con questa farsa?!
– Di cosa stai parlando?
– Lo sai benissimo..
In quel momento Juri adocchiò qualcosa fra l'erba e un attimo dopo raccolse quella che era una lucente, candida zanna di demone-lupo. Sollevando con due dita il premio dei suoi sforzi, dovette contenersi dall'esultare apertamente e si estraniò dai discorsi che stavano prendendo piede nel gruppo dietro di lei.
Quello che era stato il canino di Koga svettò trionfante sul palmo della sua mano e lei lo esaminò brevemente con lo sguardo, notando la mancanza di qualsivoglia frattura seria ad intaccarne lo smalto: si era staccata di netto alla base della radice, come se il dente fosse venuto via da solo e non per colpa di un pugno. Si chiese se fosse una buona cosa per il mastro fabbro demoniaco, giacché lei ormai aveva grandi aspettative... voleva una spada che non facesse sfigurare Koga di fronte a nessun nemico ed in grado di affrontare qualunque minaccia.
Stava ancora riflettendo, accucciata nell'erba, quando la voce di Ayame si levò più alta di prima, richiamandola al presente.
– ..è inutile, vuoi capirlo?! Quando aprirai gli occhi? I Clan della Tribù Yoro non possono più aspettare!
Juri finalmente tornò a sollevarsi in piedi, voltandosi incuriosita ed al contempo inquietata dalle urla della demone dai capelli rossi. Posando il suo sguardo ambrato su di lei, la vide impettita nelle sue pellicce grigio chiaro a fronteggiare apertamente il giovane capo del Clan dell'Ovest.
– Ti ho già detto più di una volta che non sono io il demone-lupo adatto! – ribatté allo stesso modo Koga, con la stessa tensione ad irrigidirlo da capo a piedi.
– Ed io ti dico che ti sbagli! – ribadì l'altra, senza mollare. Aveva le mani strette a pugno lungo i fianchi e l'espressione contratta – Sei l'unico che può ricoprire il ruolo di capo di tutta la Tribù! Se soltanto la smettessi di giocare alla famigliola felice e facessi come dice il nonno...
AYAME!
Koga alzò la voce talmente tanto da far sussultare persino Juri, a pochi passi di distanza dai due, e fu abbastanza per zittire la demone-lupo del Nord, la quale sgranò gli occhi verdi, sorpresa. Per contro, il capobranco fessurizzò maggiormente il proprio sguardo, che aveva assunto un azzurro cupo e minaccioso.
– Te lo dissi anche la prima volta che scendesti dalla montagna per venire a cercarmi: dovresti smetterla di fare tutto quel che dice tuo nonno e pensare con la tua testa – disse, in un tono freddo e basso: un tono di tempesta.
La mezzodemone si avvicinò a Ginta e Hakkaku, silenziosi spettatori tanto quanto lei, fermi poco dietro il loro capo ad osservare la scena ad occhi ben aperti e fissi, immobili. Apparivano impressionati tanto quanto Ayame, che eppure non sembrò riuscire a desistere, non ancora.
– Non dirmi che preferisci restare qui così... col fantasma dei tuoi vecchi compagni a tormentarti. È tempo per voi di farvi una nuova vita, Koga. Lo devi a Ginta e Hakkaku!
Stavolta Koga non rispose subito, parve esitare e fu quell'esitazione, unita alle parole della rossa, a spingere Juri a farsi avanti ed a porsi accanto al proprio capobranco. Prima di parlare nascose la preziosa zanna di lupo sotto il polsino, accanto al frammento di specchio degli Antenati, quindi puntò i suoi occhi ambrati sul volto dell'altra demone.
– Io non credo sia così – esordì, quieta ma determinata, piantando bene le gambe a terra.
La sua intromissione fece inarcare un sopracciglio ad Ayame, che la squadrò come se si fosse ritrovata davanti un insetto fastidioso.
– Come?
– I fantasmi di cui parli non credo siano più qui a tormentare nessuno... – continuò Juri, imperterrita – ..certo, questo non vuol dire che il passato non torni mai, però è diverso da ciò che pensi. Io credo che gli antichi compagni di Koga veglino su di noi proprio perché siamo qui.
Il volto di Ayame parve acquistare colore, arrossendo maggiormente mentre i suoi occhi tradivano tutta la sua contrarietà crescente.
– E tu cosa ne sai? – esplose, letteralmente – Sei soltanto una mezzodemone! Cosa puoi saperne degli affari della Tribù Yoro?! Parli come se ne facessi realmente parte, ma te l'ho già detto, non sarai mai una vera Yoro, quindi non immischiarti!
La violenza di quelle parole la investì, penetrando suo malgrado la protezione che aveva eretto il suo animo attorno a sé grazie alle parole che gli Antenati degli Yoro le avevano rivolto quello stesso giorno. E questo proprio perché il tempo trascorso da quando ne era stata rassicurata era ancora troppo poco per soffocare una convinzione instillatale da anni ed anni di discriminazioni e disavventure.
Si ritrovò a stringere i pugni lungo i fianchi, incassando il capo argenteo fra le spalle e facendosi sfuggire una smorfia.
Era solo una mezzodemone.
Era troppo diversa da loro per far davvero parte del branco.
Un'ombra al limitare del suo campo visivo anticipò il frapporsi della figura di Koga fra lei e la demone-lupo e Juri si ritrovò a fissarne la schiena protetta dal'armatura nera ed argentea.
– Ora basta, Ayame – ringhiò il capobranco, minaccioso come mai lo aveva sentito.
La sua voce le suonò nelle orecchie candide tagliente e cupa, gelida, e le fece sollevare lo sguardo sulla sua nuca, sorpresa. I muscoli delle braccia erano gonfi e i pugni stretti, mentre tutto il suo corpo appariva stoico ed inamovibile dinanzi a lei, oscurandole la visuale della rossa quasi del tutto.
Trattenne istintivamente il respiro.
– Ti sei spinta troppo oltre.
– È vero, sorella Ayame – si intromise improvvisamente Ginta, comparendole al fianco.
Hakkaku lo imitò, mettendosi dall'altro lato, e Juri si ritrovò ad alternare stupita l'iridi ambrate fra i due fratelli, avvertendo un nodo di commozione serrarsi in fondo alla gola e pizzicarle gli occhi.
– Non conta che sia una mezzodemone – confermò il crestato, serio come poche volte lo aveva visto – Juri è nostra sorella e, anche se tu la pensi diversamente, questo non cambierà.
Koga scoccò ai suoi compagni un'occhiata da sopra la spalla e Juri cercò di scoccare a propria volta uno sguardo oltre la sua figura, verso la demone-lupo che stavano fronteggiando. Ai suoi occhi Ayame le apparve con un'espressione interdetta e contrariata, le labbra arricciate in una piccola smorfia.
Tuttavia, il capo degli Yoro dell'Ovest non si accontentò di quel rinnovato mutismo e tornò a rivolgersi a lei con la stessa fredda sicurezza di prima.
– Hai sentito? Questa è la volontà del Clan dell'Ovest.. la mia volontà. – rincarò senza pietà, sottolineando col tono di voce quell'ultima precisazione – Juri è una Yoro tanto quanto ognuno di noi e questa è casa nostra. È giunto il momento che tu te ne faccia una ragione e che faccia ritorno al tuo branco. Nessuno di noi verrà con te.
E, a quel punto, la rossa finalmente vacillò.


Ayame era profondamente scossa ed osservava senza sapere cosa dire il demone-lupo che amava.
Quell'ultima frase, detta in un tono così serio ed autoritario da risultare scostante, la mise di fronte ad una realtà che sino a quel momento aveva rinnegato con tutta sé stessa: Koga non la voleva. Avrebbe potuto continuare ad insistere, ma non avrebbe comunque avuto speranze.
Ormai, lui aveva deciso.
Aveva scelto di non sottostare alle volontà di nessuno, di vivere libero... con lei.
Glielo leggeva in quegli occhi azzurri così penetranti ed accusatori: non era Kagome la donna cui aveva donato il suo cuore di lupo. Era Juri.
Quella verità la trafisse al centro del petto, facendoglielo dolere in maniera insopportabile e smorzandole il respiro quanto e più della sottile percezione dell'aura demoniaca che si agitava intensamente sotto la pelle del demone di fronte a lei. La vista le si appannò a causa delle lacrime e fu costretta ad abbassare lo sguardo di smeraldo, impossibilitata a reggere ancora quello di lui.
Non poteva essere...
Si stava senz'altro sbagliando.
Automaticamente posò per un solo istante gli occhi sulla ragazza lupo, ma l'espressione che scorse sul suo viso spazzò via i resti dei suoi fragili sogni. Contrizione e commozione le increspavano gli occhi e teneva le labbra così strette fra loro da farle assumere una piega piatta e tesa. E l'iridi le rilucevano di un velo di lacrime, simili a gemme in un volto colorato di rosso sulle gote.
In quell'unico, breve istante, ciò che ai due diretti interessati era ancora sconosciuto, le si rivelò in tutta la sua ineluttabilità.
Ed il cuore le si spezzò.
Tornò a fissare Koga, ancora teso ed abbastanza alterato da lasciare che la sua aura si manifestasse a quel modo in una silenziosa minaccia, e la disperazione le serrò la gola.
Che ne era stato del demone-lupo che l'aveva salvata e che le aveva scioccamente detto che sarebbe divenuta la sua sposa? Dov'era, quel demone-lupo fiero e coraggioso che in quella notte di luna l'aveva ricondotta a casa?
Era lì, davanti a lei, eppure non era più lui.
Quello non era più il suo Koga.
Grosse lacrime iniziarono a rigarle il viso e lei abbassò il volto a terra, mordendosi il labbro inferiore nel tentativo di trattenere quell'agghiacciante considerazione. Quando infine ritrovò la voce, essa risuonò flebile nel silenzio che permeava l'aria.
– ..avete ragione.. mi spiace aver arrecato tanto disturbo.. – si bloccò, cercando di ritrovare il respiro, e quando vi riuscì, mormorò – ..è tempo che torni alla montagna. Non avrei mai dovuto lasciarla.
Non riuscendo a contenersi oltre si voltò, dando le spalle ai membri del Clan dell'Ovest e scattando, lasciando dietro di sé soltanto un turbinio di vento e foglie color smeraldo.
Nessuno tentò di fermarla.

...continua.



Ciao a tutti!
Sono qui, come promesso, subito dopo il mio ritorno! Come è andato ferragosto? Il mio abbastanza bene, anche se non mi sono abbronzata quanto avevo pensato... cioè, nemmeno il sole del sud funziona. xD vabbè, pace e amen, sto bene pallida.
Comunque, eccoci qui con il nuovo capitolo! Che ne pensate? E' stata messa un altro po' di carne al fuoco vedo... confesso che è uno dei capitoli che mi hanno dato più soddisfazione fin'ora, e spero che anche voi che l'avete letto l'abbiate trovato interessante. Le cose iniziano a farsi più definite... come andrà avanti la storia? Lo scoprirete fra una ventina di giorni... sì lo so, è più tempo del solito, ma fino a metà settembre sono un po' ingolfata con l'uni e il resto, quindi mi scuso in anticipo ma devo rallentare... ç_ç nn odiatemi.
Bene, nella speranza di leggere un vostro parere vi saluto e vi ringrazio tutti per continuare a seguirmi!
Alla prossima!

ciao ciao

Kaiy-chan

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Capitolo 20
*** Presa in consegna ***




.::[. PRESA IN CONSEGNA .]::.



– Oh, Inuyasha... qual buon vento? – esordì Totosai.
Il mezzodemone, seguito dai suoi amici, era appena entrato all'interno del suo antro da lavoro ed in reazione alle sue parole si bloccò.
– Come sarebbe?? – esclamò, sorpreso ed irritato al contempo, già accigliato – Siamo qui per la spada che dovevi fare a Juri!
La ragazza in questione, i cui lunghi capelli d'argento erano quasi identici per colore a quelli del mezzo-cane, fece capolino dal fondo del gruppetto, e Totosai si riscosse.
– Ma sì, certo! – si illuminò, prima di allontanarsi dalla forgia.
Rammentava quella mezzodemone-lupo e la commissione che gli aveva dato. Era sopraggiunta pochi giorni prima, in aggiunta alla zanna ed al capello che le aveva richiesto per il lavoro, con un frammento di un artefatto demoniaco, pregandolo di utilizzarne il metallo per l'elsa. Da mastro fabbro quale era, lui aveva acconsentito, ma quel compito aveva comunque richiesto una buona dose di abilità da parte sua, per evitare che la connessione spirituale che vi era custodita andasse perduta con la lavorazione.
Accostandosi alla parete della fucina naturale, il demone canuto tirò giù dal suo appoggio un lungo involto di stoffa chiuso da una serie di lacci rossi, quindi tornò a voltarsi verso i suoi visitatori.
– Ecco qua, proprio come mi avete richiesto – affermò, tornando sui suoi passi.
Una volta fermatosi di fronte alla ragazza lupo, le consegnò la katana così avvolta.
Quella, dopo averla presa in consegna, apparve incerta e gli occhi d'ambra le brillavano della luce delle braci lì vicine.
– È..?
Non riuscì nemmeno a completare la domanda, alternando quello sgardo carico di referenza fra l'oggetto che aveva fra le mani artigliate e il vecchietto.
Totosai, che da tempo non aveva a che fare con quel genere di rispetto, trattenne a malapena un sorriso compiaciuto ed annuì.
– Non è stata un'impresa facile – iniziò, con la schiettezza data dalla sua veneranda età – La zanna che mi hai portato racchiudeva in sé la forza del vento e della notte, ma è venuto un buon lavoro – prese a darsi dei pugnetti sulle spalle, rammentando l'indolenzimento ai muscoli dato dalla lunga lavorazione da poche ore conclusa – Ne è uscita una spada particolare, soprattutto grazie all'elsa che, come mi hai domandato, vi ho inserito, ma non so dire se il suo potere sia in armonia con quello racchiuso all'interno della lama. Dovrà pensarci il suo portatore a scoprirlo, come dovrà scoprirne la natura ed il modo giusto di utilizzarlo..
Tuttavia, in quel momento venne interrotto ancor prima di terminare la spiegazione dalla stessa mezzodemone-lupo.
– E perché?
Guardandola dritto negli occhi, Totosai si lasciò sfuggire uno sbuffo, non lasciandosi in alcun modo intenerire dall'espressione confusa ed interrogativa dell'argentea.
– Perché se non impara da solo, non ha alcuna speranza di maneggiarla correttamente! – la rimproverò.
Quella arrossì, imbarazzata, forse avendo compreso il suo errore.
D'altra parte, per Totosai quelle erano cose fin troppo ovvie e spesso dimenticava che coloro cui il mondo delle armi demoniache era estraneo, certi concetti basilari erano sconosciuti.
– Ah – commentò solo Juri, serrando le labbra in una smorfia piatta.
Presumendo che non sarebbe più stato interrotto, il fabbro allora proseguì.
– Il fodero è provvisto di una barriera protettiva, come per Tessaiga – assicurò, accennando alla spada assicurata al fianco di Inuyasha – vi ho infuso parte del potere demoniaco del pezzo metallico che mi hai portato, visto che già presentava questa caratteristica.
I suoi occhietti si soffermarono poi sul fianco della ragazza e si bloccò un'altra volta, pensieroso e sorpreso al contempo, avendo appena notato un dettaglio trascurato sino ad allora.
– Mmmh..
Incurante delle espressioni nuovamente perplesse del terzetto, l'anziano demone si prese il suo tempo.
– ..ma quella... – esordì, indicando l'arma con un dito ossuto, lasciando intercorrere una nuova pausa prima di concludere – ...è una spada demoniaca.
E tutti e tre i visitatori caddero con un tonfo caratteristico all'unisono sul pavimento in terra battuta.
La prima a riaversi da quel mancamento inatteso fu Juri, la portatrice, che sollevando una mano chiusa a pugno sfoggiò un sorrisetto forzato, che ne mise in mostra le piccole zanne di mezzodemone.
– Sì, e l'avevi anche già vista, vecchio! – sbottò.
Inuyasha aiutò Kagome a rimettersi in piedi, borbottando qualcosa mentre si massaggiava la nuca con la mano libera, ma Totosai ignorò ogni altra reazione, troppo preso dal proprio filo logico di pensieri per badarvi.
– Sì, ma all'epoca la portava un altro demone-lupo. Dimmi, che gli è accaduto? Lo hai forse ucciso?
Quei suoi ultimi interrogativi, nati da una semplice curiosità, fecero sussultare la mezzodemone dai capelli d'argento, la quale sembrò inorridire.
– Certo che no! – esclamò, come se fosse stata punta da una vespa.
A quel punto Kagome, rimasta in disparte sino a quel momento, si affiancò a lei, richiamando l'attenzione del vecchio.
– Era la spada di suo padre – spiegò semplicemente, con un tenue sorriso riappacificatore.
Inuyasha aveva scelto bene la sua compagna, così diversa da lui, che tutto era meno che portato alla diplomazia, si ritrovò a pensare Totosai osservando la sacerdotessa umana.
Annuì: – Capisco, ora è tutto chiaro.
Ma l'interesse che aveva risvegliato con le sue parole non parve affatto essersi sopito che Juri si fece di nuovo avanti, corrucciata in volto, tesa come se ne andasse della sua vita.
– Hai conosciuto mio padre? Quando??
Il vecchio fabbro demoniaco fece spallucce, tornando a sedersi sul suo sgabello da lavoro.
– Ormai saranno passati vent'anni.. – esordì pacatamente, riflettendo con calma mentre si prendeva il mento con una mano ossuta – ..mi chiese di potenziare la barriera del fodero ed era pure un tipo impaziente, ora che mi ricordo. Non aveva tempo da perdere, disse... sembrava comportarsi come se ne andasse della vita di qualcuno a lui caro.
– Probabilmente sapeva della tua tendenza ad addormentarti nel bel mezzo del lavoro, vecchio – lo sbeffeggiò ironico Inuyasha, interrompendolo.
– Inuyasha! – lo redarguì subito la sua compagna, gettandogli un'occhiataccia.
Totosai, pur facendo altrettanto, non se la prese realmente ma si strinse invece nelle spalle.
– Può darsi.. ad ogni modo, dopo aver ottenuto ciò che voleva se ne andò e non ne ho più saputo nulla – quindi, spostando di nuovo i grandi occhi a palla sulla mezzodemone-lupo, dovette riconoscere – Devo ammettere che gli somigli abbastanza, ragazza lupo. Doveva davvero essere tuo padre, quello straniero.
La diretta interessata, rimasta in silenzio sino a quel momento, ricambiò il suo sguardo con uno carico di lacrime e persino la sua espressione s'era fatta di nuovo tesa, nel tentativo di trattenere quelle emozioni che dovevano essere dovute alla sua parte umana, più che a quella demoniaca.
Un attimo dopo la vide piegarsi in avanti in un profondo inchino, i lunghi capelli d'argento che le si riversarono in avanti a quel gesto.
– Grazie mille, maestro Totosai!
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere che corse fuori, seguita subito dopo dai suoi compagni, e il demone rimase a osservare l'ingresso al suo antro con un senso di deja-vù persistente.
Quel demone-lupo, all'epoca, gli aveva infine rivolto le stesse identiche parole.
Totosai, di nuovo solo, si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto.
– Prego, figlia del lupo bianco.


– Kagome, hai un minuto..?
La ragazza mora si voltò a osservarla con espressione interrogativa, prima di annuire.
Erano già arrivati al villaggio e si erano fermati a salutarsi sull'altura che costeggiava la valle. L'albero in prossimità del declivio proiettava la sua ombra sulle loro figure e la brezza che le carezzava la pelle era tiepida e piacevole nel pomeriggio. Il villaggio di Musashi era ben visibile sotto di loro, con le sue risaie ed i campi e persino il fiume scorreva placido da quell'altezza.
Juri si trovò ad arrossire e per riflesso strinse maggiormente la presa sulla spada che erano appena andati a prendere.
Inuyasha era poco distante e la mezzo-lupo sapeva che fosse a portata d'orecchio, ma non poteva più indugiare.
Aveva bisogno di una risposta.
– Puoi dirmi.. – esordì, prima di deglutire e farsi coraggio – ..che cos'è l'amore?
– L'amore? – ripeté, spalancando gli occhi castani l'umana.
Ormai rossa quanto un pomodoro maturo, la ragazza lupo annuì con un cenno del capo, le orecchie basse.
Era da un po' che ci rifletteva sopra ma non era ancora riuscita a darsi una risposta precisa, così durante il giorno aveva pensato di provare a chiedere a qualcuno che già sapesse.. qualcuno con cui poteva parlarne con franchezza, senza che venisse giudicata per la sua ignoranza. Qualcuno di gentile e compresivo, come la sacerdotessa del futuro.
E Kagome, dopo un istante, le rivolse uno dei suoi franchi e dolci sorrisi e dai suoi occhi trasparì una nuova comprensione.
– Se me lo stai chiedendo, allora dentro di te sai già la risposta.
Quelle parole, oltre a prenderla alla sprovvista, la avvilirono e deviò lo sguardo ambrato verso il paesaggio sottostante con un misto di sentimenti conflittuali che la fecero corrucciare. Strinse maggiormente la presa sulla katana avvolta nel telo di stoffa, così come le era stata consegnata da Totosai, avvertendo un moto di frustrazione.
Quello era il genere di risposta che aveva sperato di evitare.
L'attimo dopo, il tocco delicato di una mano sulla spalla destra la fece voltare di scatto a guardare la sua interlocutrice.
– L'amore è un sentimento complesso e non è facile spiegare, perché cambia da persona a persona – riprese a parlare Kagome, con quel suo quieto sorriso ad abbellirle le labbra.
Juri trattenne meccanicamente il respiro, facendosi di nuovo attenta, le orecchie candide dritte e rivolte verso la mora.
L'altra, per contro, rivolse lo sguardo color cioccolato verso la vallata, prima di continuare.
– Amore è quando ogni altra cosa perde importanza all'infuori di lui. Quando vorresti restare per sempre al suo fianco, a discapito della situazione. Amare vuol dire avere cieca fiducia e al contempo non riuscire a dormire per la preoccupazione – soltanto a quel punto tornò a guardarla in volto ed i suoi occhi scuri riflessero la luce del sole calante – ..ci sono tanti tipi di amore, ma l'amore vero è quando vorresti restare per sempre con l'altra persona e daresti tutto per lei, persino la vita se necessario. Almeno, per me è questo.
In quel momento, Inuyasha comparve al fianco di Kagome, avvolgendole le spalle col braccio sinistro, ed il contrasto fra il rosso della sua veste e le gote imporporate dell'umana andò via via diminuendo. Eppure, per quanto imbarazzati, entrambi si guardarono con espressioni identiche ed un sorriso complice che colpì Juri, più delle parole che mora le aveva rivolto.
Osservando quella coppia così particolare, la mezzodemone-lupo comprese: era quello l'amore.
L'emozione che le si risvegliò al centro del petto le fece salire un piccolo groppo in gola e, sentendosi alla stregua di una spia fortunata, si piegò in un profondo inchino, celando ai due la propria espressione.
– Grazie mille per tutto Kagome, Inuyasha! – esclamò, tesa, emozionata.
Restò in quella posizione per una manciata di secondi, per esprimere al meglio, secondo le usanze che le aveva tramandato sua madre, la gratitudine che provava nei loro confronti. Ormai, per quanto le loro nature demoniache fossero in conflitto, persino il mezzo-cane si era rivelato una presenza preziosa, in quella storia.
Si salutarono e Kagome la abbracciò, rivolgendole un ultimo consiglio prima di lasciarla andare.
– Se ascolterai il tuo cuore, ti darà sempre la risposta che cerchi.
Juri annuì soltanto, intenzionata a far tesoro di quelle parole, pur non riuscendo a comprederle appieno... non ancora.
Salutò un'ultima volta Inuyasha e Kagome con un ultimo cenno della mano, prima di saltare giù dal ripido pendio scosceso. In quella rapida discesa accolse la familiare sensazione del vento su di sé con sollievo, mentre l'entusiasmo nato dalla consapevolezza di star tornando al suo branco risvegliava in lei un brivido d'eccitazione.
Appena la vegetazione glielo permise spiccò un nuovo balzo che la portò in alto, tanto da superare la chioma degli alberi circostanti, ed i caldi raggi dell'astro diurno illuminarono la sua figura. Di fronte ai suoi occhi ambrati, all'orizzonte, la sagoma delle montagne incoronava la piana verdeggiante e delimitava la distesa azzurra del cielo.
Un nuovo brivido le salì lungo la spina dorsale, facendola sorridere.
Aveva la spada, finalmente!
La parabola disegnata dal suo salto la fece atterrare su uno spesso ramo frondoso e lei lo usò come perno per il balzo successivo. Procedette così finché il territorio circostante glielo permise, beandosi del vento che le strattonava i capelli e le riempiva le orecchie candide. La sua mente tornò alle rivelazioni che, seppur modeste, le aveva dato il demone-fabbro sull'incontro che aveva avuto in passato.
Sul momento si era sentita sorpresa, ma non solo questo. Se ciò che il vecchio Totosai aveva detto corrispondeva a verità, allora doveva essere la conferma che suo padre aveva lasciato lei e sua madre per un buon motivo.. un motivo che doveva essere legato alle sue responsabilità di demone-lupo del Continente.
Prima di andarsene, aveva persino voluto assicurarsi che la barriera della spada fosse abbastanza forte da resistere sino a che lei non l'avesse trovata.
Rammentava bene il giorno in cui l'aveva impugnata per la prima volta, la sensazione di appartenenza e familiarità che aveva percepito nello stringerla, ancor prima di sfoderarne la lama. Soltanto ora, dopo che aveva sperimentato il potere di quell'arma ed era entrata in contatto con gli Anziani e con persone sorprendenti, lo aveva realizzato.
Il demone da cui discendeva aveva amato sinceramente sua madre.. e persino lei.
La vista le si appannò e con sorpresa, quando si fermò sull'ennesimo ramo, Juri sentì una lacrima scivolarle su una guancia. Scacciandola con delicatezza, ritirando la mano la ragazza lupo osservò le dita umide, mentre il nodo che le si era formato in fondo alla gola si stringeva sempre più.
L'astio che aveva covato per anni per quello che era stato suo padre le aveva sino a quel momento donato la forza di combattere contro ogni avversità di quella vita ingiusta e solitaria. Ed ora, i rimasugli di quello stesso astio si dissolsero nel suo animo, lasciandola in balia di un rimorso ed una gratitudine inattesi.
Nuove lacrime di quella che era commozione le scivolarono sulle gote e lei se le spazzò via con un gesto secco dell'avambraccio.
C'erano ancora tante cose che non sapeva di lui, ma la prova che almeno per un momento avesse pensato a lei stava minacciando di sopraffarla emotivamente. Si chiese cosa lo avesse spinto ad attraversare il mare non una, bensì due volte... e, forse, una terza?
L'eventualità che colui che stesse venendo a cercarla fosse davvero suo padre la fece vacillare e per riflesso andò a stringere con la mano destra la pietra che aveva al collo. Ritrovò il cristallo blu solido e freddo nel suo palmo, concreto quanto il mondo che la circondava, a differenza dei suoi pensieri, e questo l'aiutò a riprendere il controllo di sé.
Poi, un attimo dopo, qualcosa cambiò.
Avvertì una sorta di pulsazione provenire dalla pietra, un singolo battito che si propagò sotto la sua pelle ed evocò un'immagine dinanzi ai suoi occhi. Una lingua di sabbia dinanzi ad un mare inquieto, la cui spuma era tinta dei riverberi del tramonto.
Juri serrò le palpebre, scuotendo il capo argenteo per scacciare quella visione inattesa ed inspiegabile dalla propria mente. Quando riaprì gli occhi ambrati, il paesaggio di fronte a lei le riportò la stessa distesa verdeggiante di poco prima.
Era accaduto di nuovo.
Lasciò la presa sul gioiello, inquietata da quell'attivazione improvvisa, e la debole aura demoniaca che si era risvegliata tornò a ritrarsi al suo interno, riportandolo al suo status di semplice cristallo.
Come aveva fatto?
Facendo attenzione a non toccarlo di nuovo direttamente, la mezzodemone si slacciò il cinturino da dietro il collo e fece penzolare la pietra color blu oltremare di fronte a sé, in controluce. Alla luce dei raggi del sole morente, in esso presero vita un gioco di luci e riflessi che in un primo momento la ammaliarono.
Come tutte le volte precedenti, non le parve nulla più di una bellissima pietra preziosa.
Cos'era di preciso a risvegliarla? Non ne era certa, ma sospettava fosse qualcosa legato alla sua sfera emotiva. O forse dipendeva da qualcos'altro... qualcun altro, si corresse.
Un raggio di sole si spostò sul suo viso, andando a infastidirla abbastanza da farla tornare coi piedi per terra.
Doveva tornare a muoversi se voleva far ritorno in tempo.
Sorrise fra sé e sé ancora una volta. Aveva un posto cui appartenere e là, Koga e gli altri la stavano aspettando.
Preda della curiosità, col pretesto di assicurarsi che in quella corsa non si fosse rovinata, svolse la stoffa intorno alla katana mettendone a nudo l'impugnatura. Nella luce del tramonto ormai prossimo, sotto i suoi occhi d'ambra, si rivelò un'impugnatura nera coronata da un'elsa di pregiata fattura. Modellando il metallo che lei gli aveva portato, il mastro fabbro aveva dato vita ad una composizione geometrica simmetrica, costituita da due spicchi di luna cavi uniti fra loro in corrispondenza del lato convesso.
Juri, di fronte a quel risultato, rimase senza parole.
Mastro Totosai aveva davvero fatto un lavoro mirabile.
Indugiò soltanto un paio di minuti in quella contemplazione, prima di ricordarsi della necessità di sbrigarsi, quindi rimise l'involto al suo posto e tornò a muoversi.
Durante la sua corsa verso i territori degli Yoro dell'Ovest, la ragazza lupo si augurò con tutta sé stessa che il capobranco apprezzasse la sorpresa che stava per fargli.


Koga non se lo spiegava: cosa diamine stava combinando Juri?
Anche quel giorno era scomparsa, andata a fare chissà-cosa chissà-dove, lasciandoli senza spiegazioni con la mera promessa di far ritorno per il tramonto. Be', il sole era ormai tramontato da un po' dietro le vette delle montagne e di lei ancora non vi era traccia!
Il demone dalla chioma corvina sbuffò, seccato.
L'agitazione che a fatica riusciva a tenere sotto controllo, ne era certo, era tutta dovuta a ciò che provava per lei.
Stupido istinto demoniaco, ci si metteva pure lui ora a peggiorare il suo umore!
– Ehm.. capo? – la voce di Ginta lo trasse dalle sue riflessioni.
Il capobranco inarcò un sopracciglio, sollevando lo sguardo torvo sui suoi due compagni.
– Che c'è? – sbottò.
– ...sembri piuttosto nervoso – gli rispose Hakkaku, con un sorrisetto teso ed incerto.
Koga sbuffò di nuovo, insofferente.
– È in ritardo – affermò, con malcelata irritazione.
Erano tutti e tre seduti intorno al fuoco, alla tana.
Aveva mandato Akiba a vegliare i confini con il preciso ordine di avvisarlo nel momento in cui la mezzodemone li avesse varcati e si aspettava di sentirne l'ululato da un momento all'altro... da quasi un'ora.
Non era mai stato un tipo paziente, niente di strano che fosse sul punto di farsi saltare i nervi. Senza contare le rivelazioni della sera precedente.
Ancora si chiedeva come aveva fatto a farsi scappare simili parole. Si era reso conto soltanto poi di ciò che aveva detto, di cosa avesse lasciato trasparire a causa dell'onda di emozioni del momento, e da quando era tornato a rifletterci a mente fredda non riusciva a non darsi dello stupido.
Se doveva andare avanti così, tanto valeva che la rivendicasse come compagna e la facesse finita.
Si diede dello stupido ancora una volta per quel pensiero insofferente, mentre una nuova vena gli si gonfiava sulla tempia.
Doveva mantenere la calma ed il sangue freddo, ammesso ve ne fosse ancora qualche traccia nel suo corpo.
Essere il capo voleva dire proteggere i suoi compagni, persino da sé stesso se necessario, si rammentò per l'ennesima volta.
Che non apprezzasse i misteri però, era un altro aspetto del suo carattere che non poteva soffocare in alcun modo. Era il capo della Tribù Yoro e come tale esigeva di essere informato di ogni cosa... ma ovviamente non era solo questo il motivo per cui il suo animo si agitava inquieto dentro di lui. E poi, la mezzo-lupo si stava comportando stranamente da troppo tempo e lui non era più disposto a lasciar correre.
In quel momento venne distratto dai suoi pensieri da un movimento al limitare del suo campo visivo ed un attimo dopo la figura pelosa di Akiba entrò nella luce del fuoco, le fauci spalancate e la lingua penzoloni.
Alla vista del lupo fulvo Koga inarcò un sopracciglio.
– Cosa fai qui?
L'animale si sedette, scodinzolando ed emettendo un breve latrato.
Juri era tornata.
A quel messaggio, il capobranco saltò automaticamente in piedi.
– Dannazione, Akiba! Ti avevo dato istruzioni precise! – sbottò il demone-lupo, serrando i pugni lungo i fianchi.
Il lupo a quel rimprovero abbassò le orecchie ed il muso e smise persino di scodinzolare, apparendo contrito e sottomesso ai suoi occhi, ma questo non lo impietosì.
– Non prendertela con lui, è colpa mia..
Come quella voce gli giunse alle orecchie, il demone-lupo alzò di scatto lo sguardo ceruleo.
Juri entrò nel cerchio di luce proiettato dalle fiamme.
– Sorella! – esclamarono in coro Ginta e Hakkaku.
– Juri – mormorò Koga, sorpreso.
Era stato talmente concentrato su sé stesso che non si era accorto della sua presenza in avvicinamento sino a quel momento. Fece un passo avanti, poi un altro, sempre più intenzionato ad affrontarla e farsi spiegare ogni cosa, e preda dell'impulso del momento si fermò soltanto una volta che le fu di fronte, ad un palmo di distanza.
Sovrastandola con la sua altezza, la sua ombra venne proiettata sulla ragazza lupo, la quale assunse sotto il suo sguardo penetrante un'espressione incerta e tesa, quasi confusa.
E l'attimo dopo non c'era più.
Completamente spiazzato, Koga abbassò lo sguardo ritrovando la mezzodemone crollata a terra sotto il peso dei suoi assalitori: Ginta e Hakkaku le erano balzati addosso preda di un'euforia nuova e inconcepibile ai suoi occhi e la stavano sommergendo di domande, senza curarsi della sua presenza.
– Bentornata sorella!
– Com'è andata?
– Hai avuto problemi?
– Come è venuta?
Torreggiando sopra di loro, al capobranco iniziò a pulsare più di una vena sulla tempia, sotto la fascia di pelliccia bruna. Senza alcun riguardo, agguantò i due demoni-lupo per le armature e le pellicce che fasciavano loro il petto e li sollevò di peso, come se si fosse trattato di due semplici cucciolotti di lupo.
Come si sentirono sollevare, entrambi sembrarono tornare consapevoli di lui e smisero di agitarsi, voltandosi con espressioni gemelle a guardarlo. I loro sguardi supplichevoli ed allarmati lo lasciarono del tutto indifferente, tanto da dare loro uno strattone che finì per fargli dare una capocciata reciproca l'uno contro l'altro.
– Ahi! – si lamentarono all'unisono.
Impietoso, Koga li lasciò ricadere a terra, a poca distanza dalla mezzodemone dai capelli d'argento ancora seduta nella polvere, gli occhi ambrati sgranati su di lui.
– Datevi una calmata! – sbottò, rivolto ai suoi compagni, più corrucciato di prima.
Quelli sussultarono e lui, giudicandone la reazione appropriata ancor prima di udirne gli assensi e le scuse, abbassò gli occhi azzurri sulla ragazza lupo. Quella, al pari degli altri due, sobbalzò, come se fosse consapevole della situazione di svantaggio in cui si era cacciata da sola.
– E tu! – esclamò, dando sfogo alla propria contrarietà – Da questo momento in poi ti è vietato allontanarti dalle terre della tribù! Sono stato chiaro?!
– Ma.. Koga..!
– Niente "ma"! È un ordine! – sbottò, interrompendola.
La ragazza lupo rimase a fissarlo a bocca aperta per un paio di secondi, finché non si rianimò abbastanza da balzare nuovamente in piedi, corrucciandosi a sua volta e sorreggendone lo sguardo accusatorio.
– Non puoi fare sul serio.. – ringhiò, arricciando le labbra in una smorfia che ne mise in vista le piccole zanne.
Il capobranco in reazione si lasciò sfuggire uno sbuffo ironico e le labbra gli si delinearono in un mezzo sorrisetto provocatorio mentre, ponendo ambo le mani sui fianchi, si chinava in avanti, abbastanza da arrivarle ad un palmo dal naso.
– Vuoi scommettere?
L'altra per riflesso fece per fare un passo indietro, piegando le orecchie candide, ma Koga fu abbastanza rapido da afferrarla ed impedirle la fuga. Strinse la mano sinistra sul suo braccio, sopra il gomito, e come Juri tentò di divincolarsi, lui le cinse allo stesso modo anche l'altro braccio, tirandola maggiormente verso di sé.
I loro occhi, d'un caldo arancio ed un freddo azzurro ceruleo, si scontrarono di nuovo, mescolandosi e scindendosi nell'aria crepitante della sera.
– Non puoi..
– Dammi un buon motivo per non farlo – affermò austero, intransigente – ..avanti. Dove sei stata?
– Io...
Lei abbassò lo sguardo e lui di fronte a tanta esitazione iniziò a spazientirsi.
– Parla!
– Ero con Kagome! – esplose la mezzodemone, incassando il capo fra le spalle.
E Koga a quel nome sussultò, spalancando gli occhi.
Nel silenzio che seguì lei tornò a schiudere le palpebre.
– ..ero con Kagome e Inuyasha – ripeté Juri, senza guardarlo.
– ..perché?
– Per te.. – gli rispose lei, sollevando finalmente gli occhi d'ambra: brillavano dei riverberi del fuoco – ..sono andata a cercarla perché avevo bisogno di parlare con lei...
Non aggiunse altro e nel silenzio che seguì il suo sguardo si abbassò di nuovo, ma non fino a terra, bensì poco più sotto, sulle sue labbra. L'attimo dopo distinse sul suo viso un rossore crescente ed il demone-lupo, di fronte a tanto imbarazzo, capì: il bacio. Era successo tutto a causa di quel bacio.
Un lieve tremito gli salì lungo le braccia e per riflesso lui spostò leggermente la presa sulla mezzo-lupo, scivolando più in basso con le mani artigliate mentre distoglieva improvvisamente lo sguardo azzurro da lei. Arrossì, non riuscì a farne a meno, ricordando perfettamente le emozioni e le sensazioni che aveva provato in quella circostanza e nei giorni seguenti.
E poi arrivò il senso di colpa.
Era stato lui a spingerla a quello.. era stato a causa sua se lei aveva davvero preso ad evitarlo.
La lasciò andare, facendo un passo indietro per lasciarla libera di muoversi, di pensare e respirare, giacché era lui il primo a sentirne il bisogno. Si rese conto di quanto intransigente, di quanto irragionevole fosse stato sino a quel momento, pensando.. sperando che quanto accaduto in quel momento di debolezza non avesse avuto alcuna ripercussione sul loro rapporto.
– Maledizione – si lasciò sfuggire a mezza voce, prima di darle le spalle.
Ma anche così poteva sentire gli occhi di lei e degli altri due demoni-lupo trafiggergli la schiena.
– Ho capito – mormorò, infrangendo il silenzio, e la sua voce risuonò cupa nella notte.
– ..Koga?
La voce esitante della ragazza alle sue spalle lo indusse a serrare gli occhi, i muscoli tesi.
– No.. tranquilla. Ho capito.. – ripeté, non sapendo nemmeno lui cosa stesse dicendo.
Sentiva soltanto un senso di oppressione in mezzo al petto, nato da quella nuova consapevolezza. La consapevolezza che, a discapito di ogni suo tentativo, la stava solo inducendo ad allontanarsi da loro.. da lui.
No, non poteva permetterlo.
– Non accadrà più – promise, a lei quanto a sé stesso, pronto a ritirarsi – Farò io il primo turno stanotte.
– No!
La voce di lei lo bloccò sul nascere e quando ne avvertì la mano afferrarlo per il braccio sinistro riuscì ad evitare di sussultare solo per mero autocontrollo, troppo sorpreso. Trattenne istintivamente il fiato.
– ..mi ha chiesto di essere amiche – iniziò – quando sono andata da lei mi ha chiesto di essere amiche. Io non ho mai avuto un'amica, e allora... – la sua voce era limpida, ma con una nota agrodolce, che poi scomparve subito in favore di un nuovo trasporto – Dovevo dirtelo, lo so, ma non sapevo come fare... ti prego, non voltarmi le spalle per questo.
Koga si voltò quasi di scatto e appena posò il suo sguardo su di lei ogni parola gli morì in gola.
Aveva gli occhi lucidi, le gote arrossate e quelle sue orecchie triangolari erano ben dritte, così come tutta la sua figura era protesa verso di lui. Alla luce delle fiamme crepitanti era bella. Abbassò lo sguardo sulle sue labbra socchiuse, in attesa, ed avvertì il sangue demoniaco risvegliarsi.
Che gli Déi lo aiutassero: l'avrebbe baciata di nuovo, proprio lì, in quel momento, solo per farle sparire quell'espressione dal viso e sentirla sciogliere sotto di sé.
Chiuse gli occhi, scuotendo il capo.
– Non lo farei mai – affermò, prima di sollevare la mano sinistra e passarsela fra i capelli corvini.
L'avrebbe protetta, fosse persino da sé stesso, avrebbe fatto in modo che continuasse a sorridere.
Sollevò di nuovo lo sguardo su di lei e calò la mano, posandola fra le sue orecchie di lupo, in un tocco leggero e presente. L'unico che si concesse.
– Ci sarò sempre, non dubitare. Sono il vostro capo, dopotutto.
Le sorrise e lei finalmente lo ricambiò, e il mezzo sorriso incerto ed imbarazzato che gli rivolse gli bastò. Lasciò ricadere il braccio lungo il fianco, spostando la sua attenzione su Ginta e Hakkaku, rimasti immobili e silenziosi dietro di lei.
Come intercettò i loro sguardi attoniti, di nuovo la tensione iniziò a diffonderglisi sottopelle, facendogli tendere ogni muscolo.
– Voi due, – esclamò, facendoli sussultare – con me!
Quindi, senza più aspettare un istante di più, sollevando un turbinio di vento scattò, balzando dall'altro lato del torrente, immergendosi nella vegetazione e dirigendosi verso valle. Le voci imploranti dei due demoni al suo seguito gli rimandarono le solite richieste di aspettarli ed un senso di familiarità lo colse, permettendogli di ritrovare e riconoscere sé stesso.
E come molte altre volte prima di quella, lui non li aspettò affatto.


– Aspettaci capo!
Ginta e Hakkaku scomparvero davanti ai suoi occhi, inghiottiti dall'oscurità e dalla vegetazione dall'altra parte del corso d'acqua.
Juri, rimasta sola, rimase ad osservare l'ombra della notte al di là del cerchio di luce proiettato dal focolare alle sue spalle, mentre il cuore continuava a batterle furiosamente nel petto. Ciò che la pervadeva era intenso e disarmante ed aveva iniziato ad agitarsi nel suo petto dal primo momento in cui Koga le si era avvicinato.
Lo rivide chino su di lei, a un palmo dal proprio viso, con quegli occhi azzurri penetranti che la fissavano e poi, proprio mentre cambiavano sfumatura, fuggivano via. Sentì nuovamente il suo tocco sulla pelle, quella carezza sulle braccia data quasi per distrazione, ed un formicolio le ricordò il punto esatto in cui l'aveva toccata.
Dovette costringersi a darsi un contegno per abbandonare quell'immobilità e tornare a rivolgersi al focolare, e soltanto a quel punto si accorse della presenza di Akiba, rimasto accucciato sul terreno a fissarla. I suoi occhi intelligenti la perforarono e lei si ritrovò di nuovo ad arrossire.
– Be'? Che c'è? – sbottò, scontrosa.
Il lupo neanche uggiolò, semplicemente abbassò il muso fra le zampe continuando a guardarla e lei, imbronciandosi, si sedette a propria volta.
In un attimo avvertì tutta la spossatezza della giornata gravarle addosso.
"Ci sarò sempre, non dubitare"
Sorrise meccanicamente, neanche se ne rese conto, prima di scuotere il capo al ricordo della mano di lui sulla propria testa. I lunghi capelli d'argento ondeggiarono intorno a lei a quel movimento.
Era riuscita a mantenere intatta la sorpresa, in qualche modo, nonostante i tentativi dei suoi due fratelli demoni-lupo di mandare tutto a monte. Con tutte quelle domande e il loro assalto, era un miracolo che Koga non si fosse concentrato su di loro e su ciò che stavano chiedendole.
L'indomani avrebbe finalmente potuto dargli la spada e dirgli tutta la verità.
Sperava solo che bastasse per permettere a quella strana, insolita situazione fra loro, di concludersi e di veder tornare le cose come prima.. ad un tempo in cui non si sentiva in balia di sé stessa e di emozioni contrastanti per il solo fatto di stargli vicino.
Eppure, una parte di lei sapeva che non sarebbe successo.
Ed anche il perché.


Koga rientrò un paio d'ore prima dell'alba.
Attraversando la caverna notò Ginta e Hakkaku nei loro pagliericci, già persi nel mondo dei sogni, ma quando passò accanto alla sporgenza di Juri si accorse subito che non c'era.
Probabilmente era già uscita per il suo turno.
Proseguì lasciandosi sfuggire uno sbadiglio indolente, ma apppena fu abbastanza vicino al proprio giaciglio si immobilizzò, sgranando gli occhi. La figura accoccolata nella paglia non l'avrebbe mai confusa con nessun'altra.
– Ma che..? – mormorò a mezza voce, più stranito che contrariato.
La mezzodemone stava dormendo su un fianco, rivolta verso l'esterno, con le mani accostate al volto e le gambe piegate in una posizione scomposta.
Lanciò uno sguardo indietro, verso i suoi due compagni, ancora immersi in un sonno profondo, e scosse il capo corvino con una sconsolatezza evidente. Tornò sui propri passi, accostandosi ai giacigli dei due demoni-lupo, quindi si pose ambo le mani sui fianchi, prima di scuoterli con un piede.
– Su, svegliatevi! – li esortò con voce contenuta ma perentoria.
Non voleva svegliare la ragazza lupo.
– Eh..?
– Cosa..?
– Shh! – fece subito, zittendoli e tornando a poggiare su ambo le gambe avvolte nei gambali in pelliccia – Parlate piano e spiegatemi come mai Juri dorme nel mio angolo.
Li fissò in attesa, con quella sua espressione impenetrabile.
– Be’, probabilmente era molto stanca, capo – iniziò Hakkaku.
– Noi l'abbiamo trovata già lì e non ci siamo sentiti in animo di svegliarla.. – terminò per lui Ginta.
– Come pensavo – rispose apatico, prima di annunciare senza alzare minimamente il tono di voce – Forza allora, tornate al lavoro...
– Cosa?
– Ma Koga..
Lui li zittì di nuovo in quel loro tentativo di protesta, guardandoli severamente dall'alto della sua posizione.
– L'avete detto voi di non volerla svegliare, o sbaglio?
– Ehm.. no..
– No, certo che no.
– Bene – Koga si concesse un piccolo sorriso soddisfatto – ..allora andate.
Loro annuirono e sgusciarono via, seguiti dal suo sguardo inflessibile. Quando si furono allontanati il demone-lupo tornò a voltarsi verso la mezzodemone dormiente e le si avvicinò con passo misurato, facendo attenzione a non destarla. La aggirò in modo da porsi dietro di lei, con il resto della tana del branco di fronte a sé ed al proprio sguardo vigile, cosicché da avere una chiara visione di tutto lo spazio comune e dell'ingresso. Quindi si lasciò scivolare sulla paglia, poggiando la schiena alla parete di pietra.
Nella penombra della notte rimase ad osservare la sagoma di Juri, ritrovandola minuta in quella posizione semi-rannicchiata. I lunghi capelli d'argento erano sparsi intorno a lei e la coda bianca era riversa sulla paglia allo stesso modo, immota e rilassata come il resto di lei.
Non aveva cambiato idea: l'avrebbe protetta.
Ed a questo suo istinto non si sarebbe opposto.

...continua.



Ciao a tutti!
Lo so, sono in un ritardo fotonico rispetto a quanto vi avevo promesso, ma sono stata fagocitata da mille altre cose e non ho avuto tempo di rimettermi su questo lavoretto. Chiedo scusa a chi impazientemente attendeva l'aggiornamento... e mi scuso anche per ciò che sto per comunicare, ovvero che la pubblicazione dei nuovi capitoli sarà ancor più dilazionata nel tempo.
Purtroppo non riesco a tenere il ritmo e quindi mi vedo costretta a posticipare gli intervalli ad un mese. Chiedo scusa davvero, e spero comunque che l'attesa ne varrà la pena.
Non dico altro, lascio a voi l'onere di commentare il capitolo e farmi sapere cosa ne pensate! Fuggo!

ciao ciao

Kaiy-chan

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