Saturday Night

di Evola Who
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La pazienza di Abby Stiller ***
Capitolo 2: *** La commessa. ***
Capitolo 3: *** Per te? Avrò sempre tempo... ***



Capitolo 1
*** La pazienza di Abby Stiller ***


Saturday Night

Londra, primi anni’70, un sabato di primavera
 
Se c’era una cosa che Abby Stiller poteva dire di conoscere molto bene, era la pazienza.

In fondo, quando si è la seconda genita, nata dopo un fratello maggiore che pensa solo a studiare fino a dimenticarsi di se stesso ed una sorella minore arrogante, vanitosa e che pensa solo alla moda ed all’ apparenza come una vecchia lady dell’Ottocento - ma dotata di una bocca sboccata e volgare, peggio di un scaricatore di porto - beh, impari molto presto a provare pazienza verso le altre persone. E lo impari sia verso ai tuoi fratelli sia verso i tuoi stessi genitori: una madre casalinga ed un padre piccolo imprenditore edile.

Fortunatamente per lei, i suoi non erano troppo chiusi mentalmente per impedire ai propri figli di vivere come preferivano le loro esperienze e scelte; ciò non di meno, apparivano sempre pronti a criticare ed a giudicare con distacco le nuove generazioni.

Nonostante tutto, Abby voleva bene alla sua famiglia.
Ma, se c'era un’altra cosa che lei amava quanto i suoi genitori ed i suoi fratelli, erano senza dubbio le sue passioni. Prima su tutte, quella per la musica.

Vittima fin da bambina dalla Beatlemania, aveva sviluppato un grande orecchio per la musica Rock. Era sempre pronta a scoprire nuovi sound, nuovi gruppi e nuove manie; e le riusciva parecchio facile unire la musica a tutte le altre, in primis il cinema e la fotografia. Coltivava le sue passioni con pazienza e amore e non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo.
Come ora.

 Stava andando al concerto di Bennie and the Jets, ossia il gruppo glam-rock più famoso del momento. Avevano appena iniziato una lunga tournée europea e la prima tappa sarebbe stata proprio Londra.

Ovviamente, Abby non poteva non andarci! Non solo perché adorava il glam-rock o perché, così, avrebbe avuto l’occasione di vedere dal vivo la mitica cantante Bennie Glam ed i suoi ragazzi, i Jet, ma soprattutto perché, quello, sarebbe stato, in assoluto, il suo primo vero concerto rock dal vivo.

Ormai, non stava più nella pelle per quella serata.
Il tour era stato annunciato parecchi mesi prima e lei stava letteralmente contando i giorni che sembravano non passare mai. Ma sapeva che, tutta quella attesa e quella pazienza, sarebbero state ampiamente ripagate.

Con passo svelto e leggero, stava andando in direzione del teatro dove, finalmente, ci sarebbe stato il tanto agognato concerto. Anche se mancavano almeno un paio d'ore all'inizio del concerto, voleva assolutamente essere la prima ad entrare nel luogo in cui si sarebbe svolta la più bella serata di tutta la sua vita.

Ma, quando raggiuse la sua destinazione, ebbe una notizia che non avrebbe mai voluto avere…
 
 
*** 
 
"CONCERTO CANCELLATO!"
 CANCELLATO!

 
Abby era furiosa.

La serata, l’evento ed il concerto che aspettava da mesi, tutte quelle ore in film, già alle prime ore della mattina per comprare i biglietto, e la fatica per guadagnare i soldi per comprarselo... tutto questo… cancellato!

Il sogno di mesi era svanito in un solo instante e tutto perché, all'ultimo momento, la cantante aveva dato forfait e se ne era andata! – almeno, questa era la versione del gestore del locale mentre incollava alle porta a vetri il cartello con la scritta “Concerto cancellato”.

E ora, quindi, se ne stava ritornando a casa, con le mani in tasca, il volto infuriato e gli occhi lucidi per la rabbia. E tutto quello che le riusciva di pensare, adesso, era che sarebbe rientrata a casa ed avrebbe sfogato la sua frustrazione chiudendosi in camera sua per tutto il resto del weekend.

“Ma, almeno, mi hanno rimborsato il biglietto. Be', era il minimo!” pensò.

Continuò a camminare per la sua strada a testa bassa, senza guardare dove stesse andando, finché si scontrò con qualcuno.

Alzò subito lo sguardo, scusandosi per quell'incidente, e vide un ragazzo davanti a sé.

Era un ragazzo giovane – probabilmente più grande di lei solo di pochi anni - più alto di almeno dieci centimetri, il viso un po’ allungato, guance piene, piccoli occhiali da sole dalla montatura squadrata ed una grande massa di capelli arruffati e spettinati di un color castano chiaro.

Si scusò subito con lui, dicendo che non l’aveva vista. Ma lo sconosciuto, sorridendo lievemente, iniziò a parlare.
“No, tranquilla. Non ti avevo vista neanche io. E… spero che non ti sia fatta troppo male…”

Confusa per quelle parole, lo fissò un po' stranita, dicendo: “Cosa?”

“Insomma, non… non volevo farti del male. Anche se… non ho capito come, visto che…”

“Aspetta, aspetta, aspetta…” interruppe lei, confuse “Davvero credi che mi sia fatta male solo perché ci siamo scontrati per un attimo?”

Abby continuò a guardarla con aria un po' dubbiosa, mentre il ragazzo rimase abbastanza interdetto, passandosi la mano attorno al collo con fare nervoso, rispondendo: “Forse…

“Okay…” rispose lei, per poi pensare tra sé e sé: “Questo è imbarazzante.”

Rimasero per qualche secondo in un silenzio teso, guardandosi senza sapere che cosa aggiungere. Alla fine, fu di nuovo lui a rompere il silenzio.

“Allora, come mai stai piangendo?”

“Non sto piangendo.”

“Però, hai gli occhi lucidi” le fece notare lui.

Abby, per istinto, si asciugò subito gli occhi sotto ai suoi occhiali, girandosi dall'altra parte.

“Non è niente” rispose, “Niente di catastrofico o di troppo serio, comunque. Solo una piccola sciocchezza. Tutto qui.”
“E… come mai una ‘una piccola sciocchezza’ ti fa stare almeno un po’ male?”

Lei tornò a voltarsi verso di lui, per fissare meglio quello sconosciuto con qualche perplessità.

Lui teneva il capo chino, forse perché era un po' timido, ma si notava benissimo che aveva gli occhi rivolti in alto, verso di lei. Era come se una parte di lui non la volesse guardare in faccia ma, allo stesso tempo, fosse sinceramente interessato a ciò che l'aveva fatta piangere.

Ed Abby, a dire il vero, non capiva il perché di tutto questo. Alla fine, però, cedette e decise di sfogarsi un po’ per la sua situazione.

“Nulla di troppo grave, per fortuna. Ma stasera sarei dovuta andare a vedere un concerto. Ero pronta a scatenarmi sul mio posto ed a divertirmi fino a tarda sera. Ma, a quanto pare, la cantante non si è presentata ed hanno dovuto cancellare l'intero show.”

“Oh, quale concerto? Quello di Bennie And The Jets?”

La ragazza, sentendo pronunciare il nome del gruppo, si abbatté ancora di più di morale e disse, singhiozzando: “Sì!”

Si sfogò per qualche istante, per poi riprendere a spiegare: “Volevo vedere Bennie And The Jets! Volevo vedere lei, con i suoi stivali elettrici ed il completo di mohair!”

“Sì… l’ho presente” rispose il ragazzo. “L’ho vista in una rivista.”

“Oooooh… Bennie And The Jets.”

Abby si sentì ancora più inconsolabile di prima, dopo quella confessione, come se fosse più brutto ricordare quell'evento che viverlo direttamente.

Il ragazzo, ora, si sentiva realmente imbarazzato e con le spalle al muro. Voleva in qualche modo trovare la maniera più pulita per uscire da quella strana situazione, che non sapeva bene come fosse nata e che gli stava persino sfuggendo di mano.

“Beh… come hai già detto tu…” lo sconosciuto cercò di esprimersi con tono gentile e cercando, al medesimo tempo, di tenere la testa alta. “Non è nulla di serio. In fondo, è solo un concerto. No?”

Al quel punto, Abby gli lanciò un'occhiata infuriata, come se avesse appena ricevuto il peggior insulto della sua vita. E sentì la sua pazienza che si spezzava tutto in un momento.

Solo un concerto?! Solo un concerto!?” iniziò a sfogarsi davanti al povero ragazzo.

“Hai idea da quanto tempo aspettassi questo giorno?! Hai una minima idea della pazienza che ho avuto in questi ultimi sei mesi?!”

Il suo viso si era fatto duro e pieno di rabbia, ma i suoi occhi tradivano un velo di lucidità.

Il ragazzo rimase sbigottito per quella relazione e per il tono della sua voce, che si era fatto alto ed acuto.

“Hai idea di quante aspettative nutrissi per questa serata? Sei mesi che ho letteralmente trascorso a contare i giorni! Non ho fatto altro che ascoltare i loro due album, i loro singoli, e leggere ogni singolo articolo su di loro in ogni rivista che mi capitasse di trovare, aspettando anche di compiere i diciotto anni per andarci da sola…”

Più continuava a sfogarsi, più la sua voce diventava struggente e singhiozzate.

“Ho dovuto lavorare per comprarmi il biglietto per il concerto, facendo la babysitter ai figli dei miei vicini! Sai che cosa voglia dire badare due gemelli pestiferi di quattro anni in una sola volta?!”

Le lacrime copiose iniziarono a rigarle le guance, ma senza che smettesse mai di parlare: “Tutto questo solo per vedere il mio primo concerto! Volevo solo godermi una bella serata ascoltando un po’ di musica rock! È chiedere tanto?”

Aveva un'espressione frustrata e triste. Quasi stanca, si asciugò gli occhi con le mani e tirò su con il naso, finché lui, con un sorriso timido, non le offrì un fazzoletto di stoffa.

Abby ricambiò lo sguardo, prese il fazzoletto ed iniziò ad asciugarsi il pianto.

“Comunque, ti capisco…” rispose lui. “In fondo, anche io ci rimango sempre male, per un concerto annullato. Capisco la tua delusione e la tua frustrazione. In fondo, come musicista, lo devo capire…”

“Sei un musicista?”

Abby, finito di soffiarsi il naso e di asciugarsi gli occhi, si riprese un pochetto e lo guardò con un sorriso sincero sulle labbra.

Lo sconosciuto annuì con la testa china, sentendosi un po’ nervoso per quello sguardo, rispondendo vagamente: “Beh, sì. Sono un cantante solista ed ho una band di accompagnamento.”

“E hai un concerto?”

“Beh, sì. In teoria, sto andando al locale dove mi sto esibendo in questi ultimi giorni... e, se ti va, potresti accompagnarmi ed entrare e… ascoltare.” Finì con un sorriso timido e con lo sguardo alzato verso di lei, anche se, questa volta, con gli occhiali abbassati sul naso. Così, per la prima volta, Abby poté notare i suoi occhi verdi e brillanti.

“Sì, perché no?” rispose lei, con sicurezza e con un'espressione più serena. “Tanto, ormai, la mia serata è andata. Mi hanno rimborsato il biglietto. Quindi, molto meglio stare ancora un po’ in giro, piuttosto che ritornare a casa ed andare a buttarmi nel letto senza nulla da fare.” E rise di gusto, contagiando lo simpatico sconosciuto.

“Comunque, io sono Abby” si presentò, con la mano tesa.

“Elton” rispose lui, stringendogliela.

“Nome insolito, non trovi?”

“Perché? Abby non è insolito?”

“Sì. Forse Abby è anche più insolito di Elton.”

Entrambi si misero a ridere, per poi iniziare a camminare uno di fianco all’altro lungo la strada.

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Note:
Eccomi qui!
Un'altra storia ad tema Elton John.
Nata dopo aver visto questa clip
del film
(una clip figisima e, lo dico
senza vergonia... mi farei Taron
Egerton, con indosso piume e 
paillette che lo rendono il
meno eterosessuale possibile)
E ho pensato:
"Hey? perchè
non scrivo una piccola storia ad
tema questa canzone e 'mettemi'
della storia?" ed è nata questa
storia, non piccola, per ammazzare
l'attesa di "Rocketman" e sperando
di pubblicarla tutta prima della uscita
Italiana del film?
(*SPOILER*
Non sarà così XD)
E l'ho messa della categoia AU
perchè la rock band glam

"Bennie & the Jets" è
una delle mie canzoni preferite
di Elton, e palra di una fan
che vuole vedere la cantante e
gruppo band "
Bennie & the Jest"

e il resto è storia...
letteramente XD
Grazie a tutti
ad quelli che hanno letto questa
storia e spero che vi sia piacuto.
Ad quando la seconda parte?
Boh XD
Ma spero presto ;)
In tanto, grazie ancora
per aver letto questa storia!
Evola 





 

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Capitolo 2
*** La commessa. ***


“Allora, Elton, tu non sei uno che invita facilmente le persone ai propri concerti. Dico bene?”

“Beh, in effetti no. Sono un tipo abbastanza timido. Ma sto cercando di superare questo problema.”

“Soprattutto, essere meno tipo timido con le ragazze?”

Abby lo fissò con aria divertita, mentre Elton voltò la testa dall’altra parte con aria nervosa.
“Beh, li è molto più difficile. Non sono mai stato affatto bravo con le ragazze...”

“Beh, se ti consola, nemmeno io.

Elton girò la testa di scatto, sorpreso da quell'affermazione. Abby lo fissò con aria divertita, per poi mettesi a ridere.

A quel punto, il ragazzo comprese che lei stava scherzando e si fece contagiare dalla sua risata, anche se in maniera un po' incerta.
 

***

 
“Quindi hai detto che sei un musicista e un cantante. Giusto?” domandò Abby, incuriosita.

I due stavano camminando insieme lungo il marciapiede, ormai vicini alle zone turistiche e commerciali del quartiere. Il sole, ormai, stava tramontando alle loro spalle, mentre il cielo cominciava ad assumere delle tinte tendenti al blu scuro.

“Sì. Canto ma, soprattutto, suono fin da piccolisimo. E non ho mai smesso da allora” rispose lui, ridacchiando.

Abby sorrise insieme a lui.

“E che genere suoni?”

"Rock'n'roll, ovviamente. E che altro, altrimenti?”

“Allora, sei un chitarrista, un bassista o un batterista?”

“Beh… veramente...” rispose Elton, un po’ titubante, spingendosgi in su gli occhiali che gli erano scivolati sul naso “Sono un pianista.”

La ragazza si fermò di colpo e lui insieme a lei.

“Quindi, tu suoni il pianoforte?” domandò secca Abby.

“Sì. Praticamene da sempre, come ho già detto.”

“Ma suoni il Rock'n'roll.

“Certo. Insomma, chi non ama il rock?”

“Muuuh… Oh! Hai sentito?”

Elton restò confuso da quella domanda, perché era più che certo di non aver sentito nulla.

“Che cosa dovrei aver sentito?”

Abby si guardò intorno, notò che nei pressi c'era una cabina telefonica – stranamente, priva della porta -  e la raggiunse a passo svelto; una volta lì, prese la cornetta del telefono e, senza comporre un numero o senza inserire una moneta, iniziò a parlare a voce alta: “Sììììì pronto?”

Elton la fissò confuso, poi le si avvicinò.

“Ha-ah. Certo, certo, lo farò. Grazie!”
riappese la cornetta, lo raggiunse e, con aria strafottente, iniziò a dire: “Sai, hanno appena chiamato gli anni ’50. Mi hanno detto che in America hanno già il loro ‘pianista rock’, ovvero Jerry Lee Lewis. E, pensa, mi hanno detto che si è dato pure al country.”

Lei lo fissò con un sorriso cinico e con le mani in tasca. Il musicista ridacchio e se ne stette qualche secondo a testa bassa, per poi rispondere:” Okay, questo è divertente. Lo ammetto. Però, Jerry Lee Lewis non è certo l’unico a suonare il rock con il piano e, ad essere sinceri, nemmeno il più bravo.”

Riprese a camminare, ostentando una certa sicurezza, e la ragazza si affrettò a seguirlo, chiedendo: “Ad esempio?”

“Beh, Fast Domino, Little Richard, Elvis Preplsy, Liberace” elencò lui, con un'alzata di spalle.

Liberace?” iniziò a ridere lei, incredula “Lui non è Rock! È un pianista pop, con abiti stravaganti con tanto di mantello, per intrattenere il pubblico ricco e annoiato di Las Vegas.”

“Beh, però è un pianista di musica pop e non un pianista di jazz o di musica classica.”

“Sì, ma il punto è che, secondo me, un pianista rock oggi non funzionerebbe come vent’anni fa.”

Questa volta, fu Elton ad fermarsi di colpo, con aria interdetta ma decisa, fissando la schiena di Abby, che dopo un attimo si fermò a sua volta e si volse a guardarlo.

“Quindi, tu credi che un ‘piano-rock’ non funzionerebbe come ha già funzionato in passato?”

“Sì, credo di sì.”

“E perché?”

Lei lo fissò e, per la prima volta, notò l’aria decisa e autoritaria del ragazzo. Era propri come se, tutta la timidezza e l'insicurezza di prima, fossero magicamente scomparse. E questa scoperta la lasciò particolarmente stupita.

Pensò attentamente a che cosa rispondere, finché non si decise a dire: “Perché oggi la produzione musicale è diventata più elettrica e sperimentale.”

Elton, stupito da quella spiegazione, continuò ad ascoltarla.

“Vedi, vent’anni fa la musica rock era appena nata e, quindi, anche la cosa più semplice, come un assolo leggermente elaborato, era pura innovazione. Oggi, invece, grazie alla sala di registrazione possiamo fare mille esperimenti sonori. Tipo ridoppiare un riff o un assolo, rendere elettrico un suono che non lo è... in pratica, tutto quello che hanno fatto e sperimentato i Beatles durante la loro carriera.”

“Perciò, secondo te, un pianoforte non può essere ‘sperimentato’ come una chitarra, o un basso o qualsiasi altro strumento, semplicemente perché i Beatles non lo hanno usato?”

“No. Secondo me non funzionerebbe.

Elton sollevò le sopracciglia con aria incredula.

“Già il piano è uno strumento abbastanza facile da suonare, con una melodia ed un suono molto semplice. Quindi, è un po’ più difficile creare o sperimentare qualcosa di nuovo. Con una tastiera od un sintetizzatore è già possibile ma, con un piano, direi proprio di no.”

Abby si mise a braccia conserte, convinta delle sue parole, e entrambi volarono sguardi di pura sfida.

“E se ti dicessi che ti sbagli?” chiese Elton, sicuro di sé. “Se ti dicessi che anche un pianoforte classico può essere sperimentato al suo massimo? E che, in più, può risultare rock ancora oggi?”

I due ragazzi si guardarono con interesse e con aria di sfida, aspettando chi, tra loro, avrebbe ceduto per primo.

“Non mi credi?”

“Diciamo che sono un po’ scettica.”

“Allora, scommettiamo?”

Abby, incuriosita da quelle parole, rispose: “Scommettiamo che cosa?”

“Questo: hai detto che volevi sentirmi suonare, giusto? Perciò, se mi senti suonare e cantare, e se ti piace quello che faccio, dovrai ammettere che io avevo ragione e, in più, dovrai farmi pubblicità per ogni spettacolo che farò in città. E, ovviamente, tu dovrai sempre assistere.” E, questa volta, si mise a braccia conserte e con aria già gongolante in volto.

Abby fece un mezzo ghigno cinico per quelle parole ma, non sapendo se stesse parlando sul serio o meno, decise di restare al gioco.

“Okay.” rispose “Ma… se vincessi io ed il tuo concerto non mi piacerà?”

“Allora, vuole dire che io avevo torto, ammetterò la sconfitta, ti darò ragione e… ti offrirò qualcosa da bere per il disturbo. Va bene?”

Abby lo fissò con interesse, per poi accettare la condizione: “Okay. Ci sto.”

I due si strinsero la mano, come segno ufficiale della loro scommessa, fissandosi con decisione e sinceramente convinti di avere la vittoria in pugno.
 

***

 
Arrivarono al locale che il cielo era ormai scuro e le stelle brillavano sopra di loro. Era un normalissimo pub, senza infamia e senza lode. Non avevano ancora aperto la porta del locale che riecheggiò una voce: “Finalmente!”

Davanti a loro si parò un altro ragazzo, che disse, con tono paziente: “Eccoti, finalmente!” fissando Elton.

Abby si sentì messa da parte, ma se ne curò. Anzi, in questo modo, poté fissarlo meglio: anche questo ragazzo sembrava più grande di lei di qualche anno, era più alto di Elton e portava i scuri un po' lunghi, al punto che gli cadevano sul collo; era vestito in maniera casual.

“Stasera c’è più gente del solito, hanno voglia di ascoltare un po’ di buona musica e tu non sei ancora pronto!” Non lo disse con tono arrabbiato o impaziente, ma con tono calmo, sebbene il suo viso nascondesse un'espressione irritata.

“Calmati, Bernie, sono qui e la gente non mi sembra tanto impaziente di sentirmi” rispose il musicista, con aria tranqulla.

L’amico lo squadrò e il pianista alzò gli occhi al cielo, dicendo: “Ho capito, ho capito, vado a preparami, prima che il pubblico faccia una rivolta.” E rise divertito.

A quel punto, fu il ragazzo dai capelli scuri ad alzare gli occhi, scrollando la testa.

Abby trattenne a stento una ristata, divertita da quella scenetta.

Elton stava già andando via ma poi, ricordandosi all'ultimo minuto delle buone maniere, le si fermò accanto, dicendo con tono sbrigativo: “Oh! Questa è Abby. Abby lui è Bernie. Bene, ora vi conoscete”, per poi andarsene via di corsa, lasciandoli soli.

I due ragazzi, confusi per quella presentazione così frettolosa da parte del cantante, sì fissarono con un po' di nervosismo e di imbarazzo.

“Ciao…” iniziò a dire lei.

“Ciao… Abby.”

Calò di nuovo il silenzio per un breve istante, finché lui non si decise a romperlo.

 “Quindi, sei un'amica di Elton?”

“Beh, in un certo senso…”

Raccontò brevemente del loro incontro accidentale, della loro chiacchierata, dell’invito al concerto e della loro scommessa.

Bernie ascoltò con attenzione, rimanendo stupefatto per quelle parole e, soprattutto, per l'atteggiamento decisamente insolito del suo amico.

“Quindi" ricapitolò, "lui ti ha invitato qui e ha addirittura fatto una scommessa con te?”
“Beh, non avevo niente da fare, e piuttosto che ritornare a casa… perché non andare ad un concerto di un cantante conosciuto, arrivandoci in compagnia dello stesso cantante?”

Lei iniziò a ridere, trasmettendo la risata anche Bernie.

“A dire il vero, in un primo momento, ho pensato che Elton mi stesse invitando ‘in quel senso’ ma… da come mi guardava, anzi, da come non mi guardava, ho capito che il suo era solo un invito innocente e basta.”

Bernie all’inizio non comprese ma, vedendo il sorriso sarcastico della ragazza, capì che lei stesse scherzando ed iniziò a ridere, dicendo: “Oh, sì! Già, Elton è un po’ timido.”

“Sì. Me ne sono accorta” rispose ironicamente Abby, ridendo di nuovo insieme a lui.

“È fatto così, quindi non te la devi prendere. Ma, se ti può consolare, Elton in questo momento non avrebbe neppure il tempo, per una relazione. È super concentrato sulla musica.”

“Sì, ho notato anche questo.”

Si fissarono ma, questa volta, con simpatia e complicità.

“Comunque, quale concerto hanno cancellato?”

“Bennie And The Jets.”

Lui spalancò gli occhi per la risposta, mentre Abby abbassò lo sguardo al pavimento, ancora irritata dal ricordo.

“Cavolo! Non ci posso credere! Hanno cancellato la loro prima data del tour.”

“Lo so…”

Bernie intuì il suo tono negativo ed amareggiato, così decise di cambiare velocemente argomento, constatando: “Allora, ecco spiegato perché oggi c’è più gente di ieri.”

A quel punto, Abby alzò la testa con interesse, guardandosi attorno.

Oltre a loro due – che erano ancora davanti alla porta - nel locare c'era una quindicina di persone di ogni etnia, tra i 17 ed i 30 anni. Qualcuno era al bancone a bere, altri erano seduti ai tavoli o in piedi a parlare tra di loro. E la gente stava ancora arrivando.
E, in fondo al locale, c'erano degli amplificatori, dei microfoni ed un pianoforte verticale, con un chitarrista, un bassista ed un batterista intenti a finire di sistemare e accordare i loro strumenti.

“Non sono qui per sentire Elton o per passare una bella serata al pub" continuò Bernie. "Ma come consolazione per non poter vedere Bennie And The Jets.”

“Ed è un male?” chiese Abby, guardandolo.

Il ragazzo ci rifletté qualche istante, per poi guardarla e rispondere: “No, niente affatto. Anzi, se apprezzeranno il concerto, potrebbe giocare al nostro favore…” Tacque, con aria meditabonda.

“Allora… tu sei solo un amico, o sei il suo manager o roba del genere?”

“Oh no, non sono il suo manager. Sono il suo paroliere.”

Abby fu abbasta confusa da quella risposta, ripetendo: “Il suo…cosa?”

“Il suo paroliere.”

Bernie raccontò di come si fosse incontrato con Elton, ossia tramite un annuncio, in cui si chiedeva la collaborazione di qualcuno che scrivesse testi che, poi, Elton avrebbe musicato. Così, si erano incontrati e, nel giro di un istante, era nata la loro amicizia e la loro collaborazione lavorativa.

“Perciò...” disse Abby, “lui non sa scrivere le sue canzoni?”

Era colpita da questa notizia. Di solito, i grandi musicisti non avevano bisogno di un paroliere per i loro testi.

Era convinta che, se uno fosse bravo a suonare ma non sapesse scrivere testi, aveva un talento a metà, gli mancava qualcosa.

“Non è che Elton non sappia scrivere le sue canzoni" rispose Bernie."

È solo che non è veloce a farlo. Io, al contrario, oltre che essere bravo con le parole sono anche veloce. E con i miei testi e con la sua musica riusciamo in pratica a comporre due o tre canzoni in meno di un’ora.” E terminò con un sorriso soddisfatto, incrociando le braccia.

Abby finse di essere impressionata per evitare discussioni – e, soprattutto, per non rischiare di offenderlo - ma, in realtà, quella rivelazione non la colpì particolarmente.

Anzi, dentro di sé, si sentì abbastanza dubbiosa. In fondo, si trovava in un pub, in cui a breve avrebbe suonato un ‘pianista rock’ che non scriveva nemmeno le sue canzoni.

Una parte di lei, però, si sentiva cinicamente soddisfatta, per la futura vittoria della loro scommessa. In pratica, era come se avesse già vinto.

Accettò l'invito di Bernie che volle offrirle qualcosa da bere –chiarendo subito che non beveva alcolici, ma accettò più che volentieri una Coca-Cola - e, dopo ancora qualche minuto di attesa, il concerto ebbe finalmente inizio.

I due amici si piazzarono in mezzo al pubblico, proprio davanti alla band, pronti ad ascoltare la musica. Sul palco salì un uomo –probabilmente, il proprietario del pub - che, dopo aver toccato il microfono per accertarsi che fosse accese, annunciò i nomi dei musicisti di supporto, per poi finire chiamando la vera star della serata: Elton John.
Abby fu decisamente incredula nello scoprire il nome completo del suo nuovo amico; ma, ancora più insolita del suo nome, trovò la scelta del suo abbigliamento.

Se, prima, il pianista aveva addosso un abbigliamento casual, che non lo distingueva da nessun altro, ora indossava una maglia blu elettrico con ricamate delle stelle in argento ed una salopette bianca con dei piccoli fiori blu cuciti sulle tre tasche del indumento. Anche gli occhiali erano cambiati.

Non aveva più gli occhiali da sole, ma un paio di occhiali da vista di un bianco acceso, con una linea blu sull'asticella. La cosa più incredibile, però, erano la sue scarpe.
Calzava, infatti, un paio di stivaloni con delle grosse zeppe, di colore argentato con delle stelle blu ricamate.

Dovette ammettere di essere rimasta veramente impressionata da quel look tanto eccentrico, ma lei voleva vedere la sostanza, sentirlo suonare, e non giudicare solo in base alle apparenze.

Elton si sedette al pianoforte, sorridendo e salutando il pubblico; prima di cominciare il concerto, però, scambiò un breve sguardo di complicità con Abby.

Lei lo fissò con un mezzo sorriso, quasi gli stesse dicendo: “Okay, bello. Ora fammi vedere quello che sai fare.”

Lui ricambiò lo sguardo con un sorriso, per poi concentrarsi sullo strumento. Dopo un momento, cominciò a cantare con un tono dolce, quasi a cappella: “Haaaa-remember when rock was young.” Iniziando a suonare il piano con delle melodie jazz “Me and Suzie had so much fun…” Continuò a cantare ed a suonare così.

“Olding hands and skimming stones…”

Abby non ne fu particolarmente impressionata: certo, doveva ammettere che aveva una bella voce, ma non era Rock, non era minimamente considerabile come Rock. Però, quel pianista aveva davvero una bella voce, questo era innegabile; e, notando l'espressione del pubblico, tutti i presenti stavano pensando la stessa identica cosa.

Ad un certo punto, Elton si fermò per qualche istante, smettendo di suonare e di cantare, per poi continuare con un ritmo veloce: “Had an old gold Chevy And a place of my own!”
 A quel punto, quasi di scatto, si alzò in piedi, urlando con un grande acuto e riprendendo a suonare il piano con molta più energia: But the biggest kick I ever got Was doing a thing alled the Crocodile Rock…"

Subito, il pubblico iniziò ad agitarsi, a esultare ed a saltare. Abby rimase a bocca aperta e con gli occhi spalancati per sorpresa. Non si aspettava quella scena ma, soprattutto, una reazione così energica da parte del pubblico.

L'entusiasmo generale aumentò ulteriormente quando Elton, scalciandolo via con il piede, buttò il sedile del piano dietro di sé, continuando a suonare stando in piedi, con un'energia a dir poco straordinaria, mentre cantava con tono potente: “Well Crocodile Rocking Is something shocking When your feet just can't keep still I never knew me a better time And I guess I never will...
il tutto accompagnato magistralmente dalla chitarra, dal basso e dalla batteria.

A quel punto, anche Abby si fece contagiare da tutta quella energia, battendo i piedi e muovendo la testa a ritmo, per poi cantare tutti in coro un: “La-la-la-la-la”, proprio come lo stava cantando in falsetto il cantante.
Dopo la fine di quella prima canzone, Elton iniziò a suonare una canzone ancora più rock e movimentata, urlando in coro con il pubblico il ritornello: “Saturday, Saturday, Saturday, Saturday, Saturday, Saturday night's alright!”
Ormai, ad Abby non importava più nulla della scommessa, del concerto annullato o di tutti i suoi problemi in generale.

Si stava godendo la serata, cantando a squarciagola, saltando in piedi e rimanendo sconvolta per l'immensa energia e la stravaganza di Elton, per come stava suonando e cantando.

Ammetteva di aver avuto torto ma, ora, se ne fregava vivamente. Si stava divertendo troppo.

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Note:
Salve! 
Ecco la seconda parte (ma non l'utima) di questa
storia! Pubbliciata nel 29 maggio 2019.
Ovvero, il giorno di uscita in Italia del film
"Rocketman"! :D
E sapete che cosa vuol dire?
Che sì! Ho fallito del mio intento di
pubblicare questa storia completa,
nel giorno di usicta del film.
Ma... pazienza! 
Comuque, spero che questa
piccola storia vi sia piacuta,
che il film vi sia piacuto e sì.
La scena e il look di Elton mentre
canta, è la stessa di questa clip.

Perchè ho tanta fantansia...
(E poi, quella scena è davvero
bella, Taron Egerton canta da dio e,
ucciderei per quella magliette con
le stelline.)
Ma spero che questa storia
vi sia piacuta e ci vediamo
sabato, con l'utimo capitolo! ;)

Evola 

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Capitolo 3
*** Per te? Avrò sempre tempo... ***


Quando il concerto fu finito, Abby si sentì carica e divertita come mai prima d'allora.
Era al bancone del pub con Bernie, a bere una soda e parlando di quanto le fosse piaciuto lo spettacolo.

Ad un certo punto, però, venne chiamata da un musicista biondo - lei non avrebbe saputo dire se fosse il chitarrista o il bassista - che le disse: “Elton ti vuol parlare.”

Non fu sorpresa da quella richiesta, dato che sapeva benissimo di che cosa volesse parlare il pianista. Lanciò un'occhiata di finto stupore a Bernie e seguì il ragazzo biondo.

Fattale attraversare una porta, la condusse in uno stanzino dietro il locale, illuminato a malapena da una lampadina che pendeva dal soffitto, da dove si passava in un vicolo. E, lì, c'era Elton che aspettava.

Abby fu alquanto confusa per la scelta di quel luogo, ma fece finta di niente. Quando uscì dalla porta, rimasero praticamente da soli. Lei si accostò alla porta, un po’ preoccupata per quello che sarebbe successo di lì a breve.

“Innanzitutto…” iniziò a dire il cantante, con gli occhi bassi, “mi dispiace di averti portata qui. In un vicolo.”

Lei lo guardò con interesse, quasi come se fosse stato più lui che lei a disagio, in un posto come quello.

“Avrei voluto portarti nel mio camerino ma, in realtà, è soltanto il piccolo ufficio senza finestre del proletario. E già non ci stavamo io e il mio gruppo…. Quindi, ho pensato che, qui, sarebbe stato un po' più comodo…” e fece un timido sorriso.

Abby iniziava a trovare davvero strano l’atteggiamento di Elton. Timido fin da quando si erano incontrati, poi sicuro di sé quando si parlava di musica e convinto ed eccentrico quando iniziava a suonare.

Ora, non riusciva nemmeno a guadarla negli occhi, proprio come prima; e, oltretutto, quello che avevo detto non nascondeva nessun tipo di doppio senso o di malizia. E, a questo punto, iniziò a farsi delle domande.

“Ma ho visto come ti sei divertita tra il pubblico e, allora, penso che ti sia piaciuto il concerto.”

Abby abbassò la testa, ma con un sorriso divertito, perciò Elton la guardò con aria vittoriosa.

“Che cosa avevi detto? Che 'il piano non può essere considerato rock’? Eppure, mi sembra proprio che tu ti sia divertita.”

Elton la fissò con aria felice, mentre Abby alzò gli occhi su di lui, ammettendo: “Va bene. Lo ammetto, avevo torto e sono stata troppo frettolosa nel giudicare.”

Alzò tutta la testa con aria sicura: “Il pianoforte può essere considerato rock ancora oggi. Mi sbagliavo e tu sei stato dannatamente bravo a dimostrarmelo. E sì, tu hai vinto mentre io ho perso.”

I due si guardarono con sguardi di complicità.
“Ma… non devi convincere me del tuo talento. Semmai, devi esserne convinto prima di tutto te stesso e, a quel punto, riuscirai a convincere il mondo intero.”

I sorrisi svanirono. Abby fece un'espressione seria, pur con gli occhi dolci, mentre Elton, per un attimo, trattenne il respiro, nell'udire quelle parole e nel vedere quello sguardo.

Infine, abbassata di nuovo la testa, si strofinò con la mano il collo, con aria nervosa. Poi, le lanciò un'occhiata.

“Beh… io e Bernie siamo veramente conviti del nostro talento ma… è molto difficile sfondare in questo campo.” E fissò il suo piede che diede un calcio ad un sassolino.

“Capisco” rispose lei. “Ma, si sa, la strada del successo è difficile e in salita. Alcuni ce la fanno ed altri no.”

“Lo so” ammise il cantante, con un sospiro. “Ma, a volte, penso di essere uno destinato a niente altro che al fallimento.”

Abby fu dispiaciuta di sentire pronunciare tali parole, ma continuò ad ascoltarlo.

“A quanto pare, il mondo ha già troppi musicisti e cantanti da ascoltare. E, forse, il mondo ha più bisogno di lavoratori o… di banchieri” disse le ultime parole con rabbia e disgusto, continuando a fissarsi i piedi.

“Però, non ti stai arrendendo.”

Elton alzò gli occhi, vedendo lo sguardo rassicurante di lei.

 “In fondo, sei riuscito a dimostrare a me, una scettica che non credeva che un pianoforte potesse essere ancora rock, che cosa si possa tirare fuori da uno strumento del genere. E hai fatto impazzire tutte quelle persone, me compresa. Vuol dire che farai colpo sulle presone giuste.”

Lui si sentì un po’ più rassicurato per quelle parole, sorrise e cercò di fare una battuta per stemperare la tensione: “Beh, ora che ho vinto la scommessa, tu dovrai farmi pubblicità per le mie prossime serata e portami pubblico.” Ed alzò la testa, facendo un mezzo sorriso.

Abby rise divertita, rispondendo: “Credimi, faccio prima a sabotare tutti gli altri concerti, che ha portati il pubblico.” E rise ancora di più, pensando alle parole di Bernie.

Elton, pur senza aver capito la battuta, si fece contagiare della sua risata, rispondendo: “Ma, almeno, è già qualcosa.”

La risata si spense pian piano, finché tra loro calò di nuovo il silenzio. Abby fissò Elton, che ritornò a guardarsi i piedi con le mani in tasca.

Notò che non si stava né avvicinando a lei, né lanciando delle occhiate ammiccanti nella sua direzione o dicendo frasi a doppio senso.
Lo trovò un po’ anomalo, come atteggiamento. D'accordo essere timidi, ma in quel caso sembrava perfino un po’ troppo. E, quindi, iniziò a guardarlo con aria insolita, facendosi qualche domanda.

Si mise a braccia conserte, fece un cenno con la testa e chiese: “Elton, posso farti una domanda?”
Il cantante alzò la testa verso di lei, guardandola.

“Tu, da me, che cosa vuoi?

Abby lo fissò, incuriosita dalla risposta che il cantante le avrebbe dato.

Lui parve non capire la sua domanda, dicendo: “Cosa?”

“Nel senso…” iniziò ad elencare, con tono calmo, “Incontri una ragazza con gli occhi lucidi per la rabbia, che si scontra con te, tu ti scusi per una cosa che non hai fatto, lei ti spiega il perché della sua rabbia, ti vomita addosso tutta la sua frustrazione, tu la ascolti…”

A passi lenti, lo raggiunse, fino a fermarsi a pochi centimetri da lui, mentre il musicista la seguì con lo sguardo con aria evidentemente nervosa.

“E, allora, cerchi di consolarla e di tirala su di morale invitandola ad un tuo concerto e facendo pure una stupida scommessa con lei.”

Fissò il suo suo sguardo in quello di Elton, che stava sforzandosi di nascondere un'espressione inquieta.

“Ti dimostri gentile, disponibile e simpatico, senza mostrare nessun tipo di doppio senso, doppio fine o sperando di ricevere qualcosa in cambio.”

In che senso?” chiese lui, confuso.

Abby fu veramente sorpresa da quelle parole e dal suo tono così naturale ed ingenuo. Com'era possibile che, un ragazzo più grande di lei, non avesse compreso il senso di quell'affermazione?
La ragazza aveva capito che avesse un interesse romantico per lei, sebbene fosse troppo impacciato per dirlo; ma non poteva essere così ingenuo da non capire quelle parole.

Finalmente, Elton capì il vero significato di quelle affermazioni, esclamando: “Oh!” poi, abbassando lo sguardo, ripeté ancora, con tono più basso: “Oh…”

“Già” commentò lei, sarcasticamente.

Il cantante era chiaramente nervoso da quella ‘rivelazione’ e, ora, aveva gli occhi decisamente puntati a terra.

“Abby…” iniziò a parlare con aria nervosa. “Sono veramente lusingato da quello che mi hai detto, ma… tu non mi piaci.

Abby inarcò un sopracciglio con aria stupita per quelle parole; capì subito che cosa intendesse dire, ma continuò ad ascoltarlo.

Elton si rese conto delle sue affermazione non troppo gentili e cercò subito di rimediare: “Oddio! Non che tu non mi piaccia come persona! Anzi, sei una persona davvero deliziosa! Sei alla mano, simpatica, gentile e hai apprezzato in un modo sincero la mia musica. E te ne sono davvero grato! Davvero!”

Cercò di sorridere forzatamente, tentando di trattenere il suo sguardo, anche se con molta fatica: “Ma non sei il mio tipo.”

Lei non rispose e lo fissò con espressione neutra. Il cantante lo percepì come un segno di offesa da parte sua.

Dunque, provò ad aggiustare la situazione: “Non che tu sia brutta! Anzi, sei una ragazza veramente molto carina! Hai… dei bei capelli neri, due stupendi occhi castani, un bel paio di occhiali alla John Lennon che ti circondano bene il tuo volto rotondo, e non ti manca proprio nulla... insomma sei molto carina. Ma… ecco… io…”

Abby cercò di trattenere una risata divertita, davanti a quella scena super impaccata da parte di Elton. E con vero cinismo, si stava godendo un mondo. Ma capì che, adesso, era venuto il momento di fermalo.

“Elton” lo richiamò con tono dolce. “Ho capito quello che volevi dire.”

Il musicista la fissò negli occhi preoccupato per la sua reazione, nonostante il suo sorriso.

“Mi trovi simpatica, ma non sono il tuo tipo ed è completamente normale.”

A quel punto, rassicurato da quelle parole, Elton sopirò con sollievo.

“E, se ti consola, ti trovo una persona straordinaria e con un ottimo talento. Ma neppure tu sei il mio tipo.”

Il musicista fu alquanto sorpreso e colpito da quella confessione, mentre lei sorrise compiaciuta, prima di scoppiare a ridere insieme un’altra volta.

Quando ebbero finito, Elton spiegò con un po’ più di serietà e meno nervosismo, che non si sentiva ancora pronto per avere una relazione, e che voleva concentrarsi soprattutto sulla sua musica e sulla sua carriera. Anzi, ora come ora, lui dava molta più importanza alla musica, piuttosto che ad una storia d’amore.

Abby fu sorpresa da quella dichiarazione, come dal suo atteggiamento all'improvviso più serio e meno impaccato. Ma lo comprese.

“Capisco. Amore e passione... non puoi coltivarne uno, senza per forza trascurare l'altro.”

Elton non si aspettava tali parole, ma le apprezzò e rispose: “Già. La dura vita dell'artista. E, in più, cerco la persona giusta.”

“Già” rispose Abby, divertita. “Anche io.”

Calò di nuovo il silenzio, mentre si fissavano con aria seria.

“Ma, allora, perché sei stato così gentile con me?”

Abby lo fissò con aria interrogativa. Era il suo ultimo dubbio e, ora che lui sembrava in vena di risposte, voleva togliersi quest’ultimo sfizio.

“Perché hai ascoltato, rassicurato ed invitato una completa sconosciuta a venire con te, ad un tuo concerto, consapevole di non riceverne nulla in cambio? Perché?”

Lui sbatté le palpebre per un paio di volte, fissandola con la bocca semiaperta, come se, dentro di sé, cercasse di riformulare la domanda e capirla, prima di dare una risposta.

“Beh…” iniziò a dire, con tono incerto. “La verità è che… volevo solo farti felice.” 

Lei non credeva che quella potesse essere la risposta, quindi strabuzzò gli occhi per l'incredulità e continuò ad ascoltarlo.

“Nel senso… ti ho vista con quegli occhi lucidi, l'espressione arrabbiata e… pensavo che qualcuno ti avesse fatto del male. Così, nel dubbio, mi sono scusato.” E ridacchiò, facendola sorridere per un breve istante.

“Ma poi ti sei sfogata e mi hai spiegato la verità. E so che cosa voglia dire essere tristi o arrabbiati perché si ha l'impressione che il mondo sia contro ti te. E so anche che cosa significhi essere frustrati perché non riusciamo a dare o ad avere qualcosa che vorremmo... ed anche perché non sempre c'è qualcuno ad ascoltarci. E quando ci settiamo così… vogliamo qualcuno che ci rende felice per un momento. E io, volevo essere quel qualcuno che ti renda felice.” Il suo sguardo era basso, triste.

“Elton, è la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me” rispose lei con tono sincero, guardandolo con dolcezza.

“Ed è stata una delle serata più bella mia vita. E sono davvero felice che tu me l'abbia donata. Quindi, davvero, grazie per avermi dato questa possibilità.”

Finalmente, gli occhi del cantante si alzarono e i due si poterono guardare con aria raggiante e soddisfatta.

“E, come ho già detto, hai davvero talento e spero che il mondo ti noti il più presto possibile” aggiunse Abby, sincera.

Il musicista si sentì veramente grato per le sue parole, ma poi il suo viso si fece stupito, mentre diceva: “Ah! C’è un altro motivo per cui volevo che tu fossi qui…” continuò, con aria oltremodo incerta.

Abby lo guardò incuriosita.

“In effetti, c’è una cosa che vorrei da te, ed è la amicizia.”

Fu stupefatta per quella dichiarazione e, in un certo senso, anche un po’ onorata.

“Sai… se un giorno avrò veramente successo e sarò famoso beh… mi ritroverò in un ambiente in cui trovare un’amicizia vera sarà una cosa più unica che rara. E… pensare di avere un amico in più, sarebbe rassicurante…”

Abby continuò a sorridergli: lo trovava molto dolce e non poteva fare a meno di essere intenerita dei suoi modi e dai suoi atteggiamenti. Ma capì anche il suo desiderio ed il suo bisogno di una vera amicizia.

“Vedremo” rispose. “Abbi un po’ di pazienza e vedrai che tutto si sistemerà e, soprattutto, si realizzerà.” E lo fissò con aria rassicurante.
Elton capì che la sua era una conferma e gliene fu davvero molto grato.

“Allora, se un giorno andrò in America alla ricerca del successo… vorresti venire insieme a me ed a Bernie?”

Lei rise per quelle parole, pensando che non stesse dicendo sul serio, e rispose: “Vedremo…” e risero di nuovo insieme, e si guardarono con la medesima complicità e simpatia, come se si conoscessero da sempre.

Ma, in realtà, era appena nata una bella amicizia.

“Senti…” ruppe il silenzio Abby.

“Per me è già tardi e, quindi, dovrei ritornare a casa. Ma, prima, mi piacerebbe prendere un’altra bibita con te e Bernie. Quindi…” con aria di finto atteggiamento altezzoso, continuò: “Hai tempo per bere qualcosa con me, signor Elton John?”
Lui rise divertito da quella scena, rispondendo, con finta sicurezza: “Per te? Avrò sempre tempo. Promesso.”

Risero e si incamminarono verso la porta, godendosi quell'ultimo momento di quella serata indimenticabile, che aveva visto nascere una lunga amicizia, che avrebbe resistito ai futuri eccessi e vizzi causati dalla fama e dal successo…

Ma, questa, è un’altra storia.


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Note:
Ecco!
L'utimo capitolo di questa piccola storia! :D
Volevo pubblicarla domani.
Ma visto che, sarò al cinema ad vedere
"Rocketman"! :D Finalmente! 
(volevo andare vederlo oggi, 
ma oggi ero al lavoro, se
dovevo andare al cinema 
dovevo aspettare un'ora per
entrare al cineima... qundi
ho rimandato ad domani)
E niente,
spero che questa piccola storia
vi sia piacuto e... non so
se diventerà una serie... 
vedremo che cosa nascerà, dopo
il film ;)
Qundi, grazie mille ad
tutti quelli che hanno letto
spero che vi sia piacuto
e grazie ancora per aver letto
questa storia di una grande
amicizia!
Evola 


 

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