Vacanze romane

di destiel87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the way you look tonight ***
Capitolo 2: *** i love you ***



Capitolo 1
*** the way you look tonight ***





 
Parte 1 - The way you look tonight


 
Era una serata calda, nonostante la fitta pioggia che era scesa nei giorni passati, e si respirava quell’ aria frizzantina tipica della primavera, così ricca dei profumi più svariati, dal pane appena uscito dal forno, ai fiori dei banchetti per la strada.
Oltre la finestra del ristorante, potevo scorgere il sole che tramontava sul colosseo, e per un po’ mi persi ad osservarne le sfumature, che andavano dall’ arancione al rosato.
Notai delle nubi all’ orizzonte, nuvole grigie e leggere, che trasmettevano quella sensazione di tempesta.
Ed era così che mi sentivo io, all’ apparenza potevo sembrare tranquillo, felice. Ma sotto la superficie, io mio animo era irrequieto.
Sentivo che sarebbe successo qualcosa quella sera, non necessariamente qualcosa di brutto, ma qualcosa.
Cercavo di liberarmi da quella sensazione, bevevo un sorso di vino, cercavo di scherzare con gli altri ragazzi, parlavo di stupidaggini, ridendo più del necessario alle battute.
Fingevo, più per me stesso che per gli altri, che tutto fosse normale.
Eppure, appena mi distraevo un momento, i miei occhi andavano a cercare i suoi, e  di nuovo quella sensazione mi stringeva lo stomaco.
Erano come il cielo in estate i suoi occhi, ma avvertivo un turbamento, dietro quella calma apparente. Cercavo di capire cosa fosse, non era rabbia, neppure tristezza, era più un’ interrogativo… Come se mi stessero silenziosamente facendo una domanda, a cui non volevo dare una risposta.
Non avevo mai voluto.
Così riprendevo a bere, a scherzare con Jared, a canticchiare con Richard, sperando che le nuvole si allontanassero, e mi lasciassero in pace.
Ma ogni volta che mi sentivo tranquillo, al sicuro, incontravo gli occhi di Misha, mi perdevo ad osservare le guance rosse dal vino, e il suo sorriso così caldo.
E di nuovo il mondo smetteva di girare, e delle voci degli amici, prima così chiare, non rimaneva che un brusio.
Ad un certo punto della serata, quando la cena era già stata consumata e il vino assaporato, Rob prese la sua chitarra e si mise a cantare una strofa in romano, nessuno di noi ne capiva il significato, ma ne avvertivamo la gioia.
Poi fu il turno di Jared, che strimpellò qualche nota di sweet home alabama, una delle mie canzoni preferite, anche se mi faceva sempre venire un po’ di nostalgia di casa.
Prima che me ne rendessi conto, la chitarra finì nelle mie mani. Ne accarezzai delicatamente le corde, immerso nei miei pensieri…
Guardai Misha per un momento, un momento che sembrò durare un’ eternità.
Iniziai a passare le dita sulle corde, senza che neanche pensare bene a cosa stavo pensando.
"Some day, when I'm awfully low
When the world is cold
I will feel a glow just thinking of you
And the way you look tonight."

Non riuscivo a smettere di guardarlo, era come se al posto degli occhi avessimo delle calamite, e non ci fosse modo per noi di resistere a quell’ attrazione.
"Yes, you're lovely, with your smile so warm
And your cheeks so soft
There is nothing for me but to love you
And the way you look tonight…"

Mi resi conto solo allora di ciò che stavo dicendo, e soprattutto a chi lo stavo dicendo.
D’ improvviso mi bloccai, e abbassai gli occhi.
“Scusate, ho bisogno d’ aria!” Disse lui, alzandosi di scatto, e cercando a gran velocità di raggiungere la porta.
Mi alzai anch’ io, prima che qualcun’ altro potesse farlo, e mi affrettai a seguirlo, facendo segno alle mie guardie del corpo di non seguirmi.
Quando lo raggiunsi, era appoggiato contro il muro di pietra del ristorante, e scrutava le stelle nel cielo, cercandole tra le nuvole e le luci della città.
Mi appoggiai accanto a lui, senza dire niente.
Per un momento mi sembrò di sentire le sue dita sfiorare le mie, ma poi svanirono, e quasi mi convinsi di essermelo immaginato.
“Ho voglia di camminare, di perdermi per la città con i miei pensieri... Scusami Jens.” Esclamò senza neanche guardarmi, allontanandosi un poco.
Dissi a me stesso che avrei dovuto lasciarlo andare, tornare dentro con i miei amici, al sicuro. Ma non lo feci.
“Ti accompagno.” Dissi invece, incamminandomi con lui.
Sembrò voler replicare qualcosa, tenne la bocca aperta, ma le parole non gli uscirono.
Mi guardò per un momento, e poi si voltò.
Camminammo a lungo per le vie di Roma, ognuno immerso nei propri pensieri, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di parlare.
Senza una meta precisa, ci perdemmo tra i vicoli stretti di Roma, con le sue case colorate e i balconcini pieni di fiori. Le sue tante statue, immortali custodi di quella città, sembravano scrutarci,  indicandoci la via.
Mentre passeggiavamo così, ci imbattemmo in un gruppo di ragazzini, che raggruppati sui gradini di una grande chiesa, cantavano e ballavano, ridevano e si passavano bottiglie di vino, come se fosse pieno giorno e il mondo gli appartenesse.
Forse era così dopotutto, erano giovani e spensierati, la vita era ancora un frutto acerbo, e i primi amori scoppiavano e illuminavano tutto, come fuochi d’ artificio.
Misha sorrise, un sorriso caldo e pieno di gioia, e di riflesso, sorrisi anch’ io.
Alcuni ragazzi scesero verso di noi, ballando e intonando canzoni sconosciute, e prima che ce ne rendessimo conto, ci ritrovammo travolti da quella spensieratezza.
Sembravamo tornati ragazzini anche noi, ballando su quelle strade di pietra, cantando sotto le stelle, bevendo vino dalla bottiglia, come se nessuno ci guardasse, come se il resto di Roma fosse scomparso, e non fosse rimasto che quel vicoletto.
Misha rideva, mi cercava con lo sguardo, ed io mi sentivo felice.
Poi uno dei giovani iniziò ad intonare una serenata romantica, le cui parole mi erano famigliari, anche se non le riconoscevo.
Presto si formarono delle coppiette, che strette in un’ unico abbraccio, volteggiavano per le strade deserte.
Lo guardai, avrei voluto chiedergli di ballare, non m’ importava se era sbagliato, volevo solo stare stretto a lui.
“Mish…” Balbettai. “Hai voglia… Vorresti…?” Non sapevo come continuare. Improvvisamente mi sentì uno sciocco, anche solo per averci pensato.
“Si.” Disse lui, come se avesse già capito tutto.
Allungai timidamente la mano, e lui la prese.
Ci fu un momento d’ imbarazzo, quando si appoggiò al mio petto, e mi guardò un po’ confuso, con le guance sempre più rosse e gli occhi che brillavano.
“Quanto sei bello…”  Dissi io, pentendomene subito.
Ma lui sorrise, e incastrò il viso tra il mio collo e la spalla.
Fu allora, che smisi di vergognarmi, o di farmi domande.
Lo avvolsi tra le braccia, e iniziai a muovermi, seguendo il ritmo della canzone…
Era lenta e romantica, lui era caldo e sudato, e la sua pelle profumava di vino e dopobarba.
Mi stringeva le braccia intorno al collo, accarezzandomi lievemente la nuca con la punta delle dita, sfiorandomi la guancia con le labbra.
“Tienimi più vicino, Jens...” Sussurrò.
Lo strinsi di più, massaggiandogli la schiena, scendendo fino ai fianchi, e spingendoli verso i miei.
Continuammo a ballare a lungo, una, due, tre canzoni, e mentre danzavamo non ci rendemmo conto di allontanarci sempre di più dalla chiesa, finchè le loro voci si fecero distanti.
Eppure, non ce ne importava niente, perché era come se quelle melodie tristi e nostalgiche, ci seguissero per le strade di Roma.
Continuavamo a ridere senza motivo, mentre l’ ebbrezza del vino e dell’ amore annebbiavano il cervello e liberavano il corpo.
Arrivammo in un grande parco, e ci sedemmo sull’ erba fresca, ai piedi di alcune sculture antiche, rappresentanti generali e imperatori, che con le loro espressioni serie sembravano giudicarci.
Ma non volli ascoltare i loro rimproveri, ero stanco dei giudizi, dei dubbi, di dovermi sempre trattenere, incatenato dai doveri.
“E’ stata una notte proprio folle…” Esclamò Misha. “Vorrei che non finisse mai!”
Aggiunse con tono malinconico.
“Non facciamola finire allora!” Risposi io.
“Prima o poi dovrà finire Jensen… Il sole sorgerà, e noi dovremmo tornare alle nostre vite.” Disse piano, accarezzandomi la mano.
“Forse si, ma non adesso.” Risposi io, prendendo la sua, e avvicinandola alla mia bocca.
La baciai, e lui sorrise in modo così dolce, che mi si fermò il respiro.
“Allora facciamo che ne valga la pena.” Esclamò. Appoggiò la fronte contro la mia, sfregandomi il naso con il suo.
C’ era una vocina dentro di me, che mi bisbigliava quanto fosse sbagliato, che stavamo scivolando su una china pericolosa, che avremmo fatto soffrire molte persone innocenti.
Sapevo che era vero. Che alla luce del sole avrei dovuto affrontarne le conseguenze.
Ma non ora. Ero ubriaco di vino e di lui, e volevo solo abbandonarmi a quelle sensazioni.
Potevo sentire il suo respiro affannoso sul viso, il suo corpo trepidante dall’ eccitazione che si avvicinava al mio, bisognoso di contatto.
Mi avvicinai di più, finchè i nostri corpi non s’ incastrarono in un’ abbraccio, e le nostre labbra furono così vicine da poterne quasi sentire il sapore.
Le accarezzai con la punta delle dita, così grandi e morbide, e le aprì un poco.
Lui mi guardava con gli occhi lucidi, così brillanti da sembrare che ci fossero delle stelle dentro.
“Baciami… Baciami adesso, prima che il momento passi… Prima che il sole si alzi e ci sorprenda ancora svegli.”  Sussurrò.
Lo guardai un’ istante, poi chiusi gli occhi e appoggiai le labbra sulle sue.
Dio, com’ erano calde ed invitanti.
Mi accoglievano, invitandomi a spingermi oltre.
Sentì la sua lingua nella mia bocca, e mi accorsi ben presto di quanto quelle sensazioni mi stessero eccitando, tanto che il cavallo dei pantaloni iniziava a starmi stretto.
Gli presi i capelli neri tra le mani, stringendoli con foga, mentre affondavo la lingua nella sua bocca.
Era notte fonda ormai, e la città era silenziosa, fatta eccezione per il canto degli uccelli, che nascosti tra i pini del parco, iniziavano a destarsi dal loro sonno.
Mi sembrava di sciogliermi e di prendere fuoco allo stesso tempo, e nelle brevi pause tra un bacio e l’ altro, mi perdevo nei suoi occhi profondi, che promettevano altri mille di quei baci.
Ad un certo punto fummo sorpresi da piccole gocce di pioggia, ma quando guardammo in cielo, ci accorgemmo che non era dalle nuvole che scendevano, ma dalla terra.
Gli irrigatori si erano accesi, in poco tempo fummo completamente bagnati, e tra una risata e l’ altra, ci alzammo a fatica da quel prato, barcollando verso la strada.
C’ era una ragazza che se ne stava appoggiata ad una vespa verde, e rideva.
Aveva lunghi capelli biondi, era vestita da festa, e i suoi occhi erano rossi e lucidi.
“Ah l’ amore!” Esclamò in romano.
Riuscimmo a capirlo perfino noi, da come lo disse, e ridemmo con lei.
Ci spiegò in seguito, in un inglese spicciolo, che era troppo ubriaca per guidare, e che il fidanzato la stava venendo a prendere.
Misha in qualche modo, gesticolando e balbettando, riuscì a farle capire che ci eravamo persi, e che anzi, non avevamo idea di dove ci trovassimo.
Continuammo così per una ventina di minuti, parlando ognuno come poteva, e ciò che non capivamo con le parole, lo capivamo con i gesti e le espressioni.
Non ricordo bene come sia successo, ricordo solo che ad un certo punto mi offrì di comprare la sua vespa, e dato che non avevo molti soldi con me, gli diedi il mio orologio.
Era un rolex, e pensandoci adesso, avrei potuto comprarmi una decina di vespe come quella, se fossi stato più lucido.
Ma non aveva importanza, in quel momento.
Era dai tempi del liceo che non guidavo una moto, ma dopotutto, non fu difficile.
Misha mi stringeva il petto, appoggiando il corpo contro la mia schiena, e ben presto ci lasciammo il parco alle spalle.
Non avevo idea di dove stessi andando, non conoscevo le strade di Roma, e non sapevo come saremmo ritornati in Hotel, ma dopotutto, non me ne importava niente.
La città era così bella e affascinante, ancora mezza addormentata, che seguì le sue stradine, dovunque mi stessero portando. C’ erano ancora alcune stelle in cielo, che come noi, non volevano abbandonare la notte. Le vedevo all’ orizzonte, spuntare tra un tetto e l’ altro,  e inconsciamente ne seguivo la scia.
Non so quanto tempo passammo, su quella vespa verde, ma ad un certo punto, il sole iniziò timidamente ad affacciarsi dietro il vaticano, colorando d’ oro le strade.
Quando la benzina finì, tra una risata e un’ imprecazione, ci rimettemmo a camminare.
“Guarda Jensen!” Esclamò Misha eccitato, indicando qualcosa. “E’ la fontana di Trevi…”
Mi venne in mente un vecchio film in bianco e nero, dove una bellissima donna bionda con un vestito nero, ballava nella fontana.
“E’ qui che hanno girato quella scena della dolce vita…” Disse Misha, avvicinandosi al bordo, con le mani che accarezzavano l’ acqua chiara. “Mia madre adorava quel film.”
“Anche la mia. Mi ha costretto a guardarlo, una volta.” Risposi io.
Lui sorrise. “Jens… Rendiamo questa serata ancora più folle?” Mi chiese.
C’ erano mille motivi per cui avrei dovuto dirgli di no...
Ma infondo, volevo solo dirgli si, da così tanto tempo ormai che avevo perso il conto.
Annuì e sorrisi.
Lui entrò nella fontana, ridendo come un bambino, danzando nell’ acqua.
Era così sinuoso mentre danzava in quella fontana, lasciando che l’ acqua gli scivolasse con grazia sul corpo,  che io mi persi a guardarlo.
Sentivo dalla finestra una signora che urlava con tono di rimprovero, ma non me ne importava.
Entrai nella fontana anch’ io, e prendendolo per un braccio, lo spinsi verso di me.
Lui si aggrappò stringendomi la schiena, con quel sorriso che mi toglieva il fiato, e i capelli che gli gocciolavano sulle guancie.
Gli strinsi il viso tra le mani, accarezzandolo, mentre lui  lentamente chiudeva gli occhi.
Mi appoggiai alla sua guancia, mentre la mano gli scivolava sul collo, e restai così, calmo, sereno, completamente appagato.
Sentì le sue labbra sulle mie, mordicchiarmi il labbro inferiore, lo lascia fare, poi mi insinuai nella sua bocca, e la feci mia.
Le sue mani si erano infilate leste sotto la mia camicia, e mi graffiavano la schiena, io lasciai la presa sul suo collo, e lo presi per i fianchi, stringendolo più forte a me.
I raggi del sole si stavano infiltrando tra i palazzi, illuminando le case e le strade di un caldo arancione,mentre le persone piano piano si alzavano dai loro letti.
Si iniziava a sentire il profumo di caffè uscire dalle veneziane verdi, le serrande dei negozi che si alzavano, e il debole chiacchiericcio della gente, che si preparava per una nuova giornata.
Ma  noi eravamo ancora li, in quella fontana, che nel corso degli anni, aveva accolto così tante giovani coppie di innamorati, che facevano esattamente quello che stavamo facendo noi in quel momento.
Chissà quanti baci, sono stati consumati lì.
Quante lacrime sono state versate…
Quanti balli silenziosi, che hanno unito gli amanti, nelle lunghe notti di quella città eterna.
 
 
 
 
Destiel87
NB la canzone che canta Jensen è the way you look tonight, di Frank Sinatra.

 

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Capitolo 2
*** i love you ***


Parte 2 – I love you
 


Il giorno era arrivato troppo in fretta e dall'orologio fuori da una farmacia notai che erano già le 5 del mattino, il che spiegava il cielo rossastro e i primi lavoratori che aprivano negozi come panetterie e supermercati, eppure non mi importava perché sembrava tutto così magico da sembrare surreale, tanto da aver paura di svegliarmi da questo paradiso.
Jensen camminava al mio fianco, entrambi bagnati fradici ma inebriati di quello che fingevo fosse solo una sbornia, ma quando ci sfioravamo le mani sentivo un elettroshock dritto al cuore che batteva così forte da rendermi conto di non averlo mai provato. Non avevo mai "provato" lui, anche se lo sognavo da anni ormai, da quando lo vidi la prima volta.
Si dice che i grandi amori nascano da conflitti e così fu per me, non glielo avevo mai detto ma io odiavo Jensen Ackles, non saprei dire precisamente perché ma lo odiavo, eppure a guardarci in quel momento mi sembrava quasi un miracolo.
Come una coppietta qualunque ci aggiravamo per le strade, coscienti che di lì a poco saremmo tornati a dover fingere che tutto questo non fosse mai successo, ciononostante ci eravamo promessi che quella notte non sarebbe mai finita e forse avevo capito cosa significasse veramente: sarebbero state le nostre notti, solo nostre.
Nascosti dall'eccitante adrenalina di essere scoperti.
Dopo circa mezz'ora andammo nell'albergo in cui avremmo dovuto dormire quella sera, poco meno bagnati siccome un caldo vento ci aveva lentamente asciugato, poi entrammo in ascensore per dirigerci al primo piano.
"Se ci vedessero che scusa potremmo mai trovare?" chiesi.
"Diremmo la verità, Mish!" rispose, per poi prendermi la mano e stamparmi un bacio.
Rimasi immobile in quell'instante, ancora sotto shock su quale tipo di verità volesse dire, ma non feci in tempo a chiederlo che il suono dell'arrivo al piano selezionato ci fece sobbalzare e staccare.
Uscimmo da esso e Jared ci chiamò da lontano.
Tempismo perfetto Jared!, pensai
"Ma dove siete stati?!" domandò, preoccupato dalla nostra scomparsa dell'intera notte.
"Ci siamo persi!" risposi con la voce un po' più alta del solito.
"Girano certe voci su di voi che non so se crederci o no!"
Fissai Jared senza la minima espressione in viso, cercavo di essere il più normale possibile, eppure nella mia testa c'era l'apocalisse così guardai Jensen che sembrava tranquillo, anzi era come se non avesse nessuna preoccupazione.
"Che tipo di cose?" chiese e sbadigliò.
"Robert mi ha detto che alcuni giornalisti hanno rilasciato una tua strana intervista, ma la cosa mi puzza... Misha, stai bene? Sembra come se avessi visto un fantasma!"
"Bè non sarebbe la prima volta per noi!" sbottò Jensen ridendo, poi diede una pacca sulle spalle a Jared. "Vado a farmi una piccola dormita ed accompagno Misha a dormire. Il vino di ieri ha fatto male... Non sono abituati in paradiso a fare queste cose!"
Jensen mise il mio braccio sulla sua spalla e ci dirigemmo verso la mia camera da letto, poi presi la chiave e una volta dentro potei quasi dire di essere tranquillo, eppure ora che eravamo di nuovo soli ed in una stanza di albergo la sua mente viaggiò ed andò a finire alle sensazioni che fino a poco tempo prima stavano avvenendo in quella fontana, quando le sue mani stavano marcando il territorio e quando capì che la bugia dell'alcol non era più valida.
Jensen andò nella sua stanza, mi disse che sarebbe tornato presto e quindi lasciai la porta semichiusa mentre cercavo qualcosa di asciutto da mettere al posto della maglia ormai semi bagnata.
Poco dopo il mio amante, quel magnifico ragazzo dagli occhi verde prato, tornò con della roba da mettere nelle mani ed un sorrisetto sul volto che mi fece pensare al fatto che entrambi stessimo pensando alla Fontana di Trevi.
"Pensavo di cambiarmi qui e passare queste ultime ore insieme prima di andare a lavoro!" disse, ma si capiva da lontano che fossero bugie o che perlomeno nascondesse qualcosa.
Annuì e presi una maglia nera dalla valigia, eppure non feci in tempo a voltarmi e sentì le sue mani avvolgermi e le braccia stringermi a se come se dovessi sparire, anzi come se dovessi essere un'unica cosa con lui.
"Misha, cosa mi combini?" sussurrò "È da quando siamo usciti da quella fontana che penso a quel primo bacio."
Mi venne un brivido dietro la schiena e la cosa peggiorò quando le sue labbra sfiorarono il lobo dell'orecchio e mi fecero deglutire un dolce boccone che aveva il sapore di passione, voglia ed amore.
Lasciai cadere la maglia che inconsciamente stavo stringendo e mi voltai a baciarlo con una passione a me sconosciuta, stringendo il suo corpo a me ed in risposta avendo lo stesso trattamento, infine mi spinse contro il letto e quasi ebbi paura di quello che stava per accadere: si mise sedette sui miei fianchi e mi prese le mani incitandomi a togliergli la maglia, poi fui io a prendere l'iniziativa e baciarlo sul collo e sui pettorali.
Stavo lentamente perdendo quel minimo di controllo che avevo e mi piaceva da matti, anche se una parte di me aveva tante domande a cui non trovava una risposta.
"Jensen, dobbiamo andare!" dissi, ma non lo bloccai dalla fila di baci che stava percorrendo sul mio collo e presto sul corpo imperlato di acqua e sudore.
Lo spostai di lato e lo guardai un attimo titubante se continuare quella pazzia o no, ma il pensiero di dovermi fermare non durò molto e ripresi a baciarlo, mentre le sue mani mi toglievano ogni indumento che avessi addosso e mi esploravano ed incitavano a muovermi su di lui, a sentire il suo fiato pesante contro le mie orecchie e il mio nome sussurrato quasi come se mi stesse pregando di non smettere.
Ormai non ce la facevo più e mi spogliai completamente aiutando poi lui a fare lo stesso, ci guardammo così vulnerabili da quasi essere imbarazzanti e sorridemmo prima di baciarmi. Lentamente Jensen mi entrò dentro e con tanta delicatezza iniziai a muovermi, sentivo un mix di dolore e piacere intorno ai miei fianchi e lungo la schiena, ma cercavo di concentrarmi sul piacere e sulla sua mano che toccava il mio sesso, mentre l'altra dolcemente mi accarezzava la guancia.
Mugolai il suo nome quando inizia a sentire lo stomaco stringersi dal piacere e la mia voce implorare di uscire, sentirla così acuta mi fece eccitare ed insieme alla voce roca dei gemiti di Jensen era ancora più eccitante e provocante.
Lo baciai con passione quando sentivo che ormai il piacere si era completamente impossessato di me e di rimando lui mi spinse e si mise sopra di me, muovendosi e baciando ogni lembo di pelle che trovava a disposizione. Le sue mani mi stringevano i capelli e i miei occhi erano ipnotizzati dalle braccia muscolose che si contraevano e sudavamo in quella giornata primaverile.
"Misha..." sussurrò, era come se volesse continuare, ma si fermò di colpo.
Non parlai, non dissi niente se non il suo nome ancora e ancora, mentre le mie mani prendevano possesso della sua schiena, graffiandolo sulle scapole e scendendo fino ai suoi fianchi.
Per un attimo avrei desiderato entrare nella sua mente e capire cosa avesse voluto dirmi, eppure forse lo sapevo già. Forse anche lui lo desiderava da troppo tempo e lo capivo dal modo in cui mi guardava quando eravamo soli, forse devo capirlo quella volta in cui si addormentò in macchina e mi chiamò mentre sognava.
Mi morsi le labbra, ero al limite ed era chiaro siccome non facevo altro che ansimare e sorridere come un cretino, così lo baciai cercando di attenuare i nostri rumori e venni bisbigliando il suo nome tra le sue labbra morbide.
Lui sorrise e posò la testa sulla mia spalla, poco dopo sentì il suo liquido dentro, caldo e bollette come i nostri corpi in quel momento.
Mi venne spontaneo guardare fuori dalla finestra e vedere che era mattina, una mattina con i fiocchi con l'uomo con cui avevo iniziato qualcosa di bellissimo. In quello stesso momento Jensen posò il volto sul mio petto, il suo fiato era affannato quanto il mio e i nostri cuori battevano così forte quasi da sentirli l'un l'altro.
Mi voltai e gli diedi un bacio tra i capelli.
"Che cosa volevi dirmi?" chiesi.
"Niente... Solo che sei bellissimo!" sussurrò.
Mi diede un bacio prima di spostarsi e stendersi al mio fianco.
"E che siamo in ritardo!" aggiunse ridendo.
Scoppiai ridere a causa della tranquillità in cui aveva detto l'ultima frase, di solito lui era un maniaco della puntualità, ma ora sembrava annullato da ogni cosa e voleva solo rimanere al mio fianco. Nonostante ciò, per forza di cose, ci alzammo e dopo una doccia ci vestimmo frettolosamente con roba più comoda, pronti per affrontare i nostri fan.
"Ci faranno un cazziatone enorme quelli dello staff, me lo sento!" sbottò lui.
Ecco tornato il nostro Jensen, pensai.
Dopo circa mezz'ora arrivammo alla location in cui si sarebbe svolto l'evento e ben presto incontrammo alcuni dei nostri fan e Jared che ci guardava ancora più preoccupato di un paio di ore prima.
Lo raggiungemmo ed evitammo le varie domande sul perchè avessimo tardato, Jared non sembrava tanto sveglio o forse aveva ancora la sbornia che gli confondeva la mente, ma perfino un ceco avrebbe visto le occhiaie che avevamo e che urlavano "Non abbiamo dormito neanche un minuto.".
Intanto il dolore alla schiena era ben visibile e Jensen non perdeva momento per sussurrarmi cose sconce che rimandavano al perchè avessi quel mal di schiena, non potevo sfuggire dalle grinfie di quell'uomo ora come ora, così mi incamminai verso il camerino per prendere un anti dolorifico e poco dopo salì sul palco.
Iniziai a parlare con i fan, rispondere alle domande e raccontare un po’ di me finchè non si affacciò sul palco il biondino dagli occhi verdi che per un attimo mi fece sobbalzare e rimanere senza parole in bocca.
"Hai bisogno di aiuto?" chiese.
Si, un massaggio alla schiena non sarebbe male, pensai.
La gente rideva ed io mi sentivo in imbarazzo nel guardarlo con la bocca spalancata cercando di capire, poi lo presentai e tutti scoppiarono in un applauso, urla e gioia: la stessa che era esplosa in me al nostro primo bacio.
Jensen guardò tutto, brillava di felicità e sembrava stesse osservando ogni minimo dettaglio di quella giornata come se fosse la cosa più bella del mondo, ma aveva sbagliato tutto perchè LUI era la mia ottava meraviglia del mondo! Anzi forse la prima!
Mi abbracciò stretto e potei sentire di nuovo il suo profumo a contatto con la mia pelle, le sue labbra così vicine alle mie che potei rivivere nella mia mente quello che era successo poco prima, ma era meglio spostarsi e agire come persone professionali e responsabili che eravamo.
“Oggi non ti ho ancora detto una cosa…” disse lui, mi sorrideva raggiante ed aveva posato una mano sulla mia spalla.
“Cosa?”
“Che ti amo.”
Da lì in poi tutto andò a rallentatore, le urla erano come in slow motion e persino i miei arti non sembravano reagire con un minimo di logica. Nella mia mente tutto correva troppo veloce da far male la testa e volevo solo urlare o forse stare zitto, prenderlo e baciarlo come quella volta in quel vicolo di Roma, o alla fontana, o in hotel.
“Ti amo anche io” dissi piano.
Nonostante avessi mille modi diversi per la mente, mi limitai di abbracciarlo e godermi quel momento come se non ci fosse nessuno, come se fossimo io e lui.
Il giorno dopo quella convetion, tornammo in America con un bagaglio di emozioni diverse e un altro bagaglio di dubbi che forse trascinavo solo io. Mi sono scoperto a rimpiangere quella nottata, quel fare l’amore in modo così dolce e passionale, e con mille domande una più dolorosa dell'altra mi sedetti al mio posto in aereo guardando fuori dal finestrino l’Italia che lentamente si allontanava.
Mi chiedevo se quella relazione sarebbe continuata o no, se quelle parole fossero vere o semmai fosse solo un momento che passa così come la notte che entrambi non volevamo far finire.
E se ci stessimo svegliando?, mi chiesi.
Alzai lo sguardo e notai Jensen seduto al mio fianco preoccupato.
“Tutto apposto?” chiese ed io annuì “Che hai?”
“Ho paura” sussurrai in modo che nessuno ci sentisse.
Jensen mi prese la mano sfiorandola con il pollice per poi lasciarla subito dopo.
“Di questo” sbottai di colpo “Non voglio che finisca, è stato troppo bello… E poi quello che mi hai detto è vero? Ho troppe domande, ma tutto si riassume sul fatto se finirà o no!”
In quel momento si spensero le luci dell’aereo per far dormire i passeggeri durante il lungo volo, così Jensen si avvicinò si più al mio corpo e mi diede un bacio, poi due fino a trasformarlo in un bacio intenso e pieno di amore.
“Dimmi che non finirà” sussurrai
“Non posso far finire tutto questo!” rispose piano, poi strinse la mia mano. “Io ti amo!”
“Non posso neanche io, provo la stessa cosa Jensen!”
“Allora non facciamola finire.”
Gli presi il viso tra le mani e lo baciai, poi sorrisi sulle sue labbra, felice e sicuro che lui non mi avrebbe mai lasciato.
 
 
 
LoveAlwaysAndForever

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