Wedding Queen

di Scaramouch_e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Wedding Queen


Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia.
Ringraziamenti: Ringrazio la mia beta, evelyn80, grazie mille per l'aiuto cara amica.
Buona lettura. 

Prologo

Se c'è anche Brian May io non vengo al matrimonio!” sbuffò Roger Taylor tentando così, inutilmente, di chiudere il discorso mentre usciva dal palazzo, le mani piene di pacchi e con il fiatone, e tentando allo stesso tempo di parlare al cellulare con Freddie Mercury, con il casino della città in sottofondo.
Tesoro, Brian deve esserci, è un ex membro dei Queen. Ha il suo posto d'onore, l'ho già chiamato” precisò Freddie.
Quello stronzo. Lo sai che non lo sopporto!” disse Roger, salendo sul taxi.
Finalmente al sicuro dal rischio di cadere a terra per il troppo peso da portare e, sopratutto, in un luogo silenzioso, diede all'autista l'indirizzo della sua destinazione. L'uomo annuì, mentre Roger riprendeva a parlare con Freddie che continuava a ciarlare dal cellulare.

Perchè avete litigato? Insomma così si sono sciolti i Queen. Non te l'ho mai chiesto, lo sai tesoro, ma ora... lo vorrei sapere.”
Alla mente di Roger apparvero ricordi spiacevoli: delle labbra che si univano in un bacio da ubriachi, una notte di sesso sbagliato con la persona sbagliata e al momento sbagliato; Brian che era rimasto immusonito... E anche il fatto che pure lui, non voleva più parlare allo stronzo - come ormai lo definiva - Brian May.

No, Freddie, è meglio di no. Altrimenti sarebbe tutto più brutto e cattivo, e non voglio darti troppa pena, più di quanto già non me ne faccia io stesso” sospirò piano.
L'ex batterista dei Queen, che ora aveva un complesso suo, si grattò i capelli biondi e sentì Freddie sospirare.

È stata più o meno la stessa cosa che mi ha detto Brian, quando gli ho comunicato l'invito. Mi dispiace per tutte e due, però chiarite per favore: è meglio per tutti.”
Non credo che sia possibile, Freddie, mi dispiace. So che siamo stati la causa della fine della band, ma non posso parlarci nuovamente.”
Beh, ho capito: al mio matrimonio con Jim, vuoi due starete il più lontano possibile l'uno dall'altro, va bene?”
Roger avvertì una nota di tristezza nella voce dell'amico, e si sentì una merda nel rispondere: “Sì, Freddie, grazie mille e scusaci entrambi.”

Vi voglio bene tesoro... però, vedi... quello sarà il più bel giorno della mia vita e lo voglio vivere con gli amici di sempre e in allegria” aggiunse Freddie.
Roger fece un sorrisetto: Freddie era sempre esagerato, figuriamoci per un matrimonio. 
Omosessuale, e per di più il suo... Chissà cosa aveva previsto.

A proposito, Freddie... E John?” domandò pensando all'ultimo componente dei Queen, che non sentiva da un bel po' di tempo e che gli mancava sicuramente più di Brian.
Lui verrà. È stato il primo a cui l'ho detto, e mi ha risposto che ci sarà, costi quello che costi. Ha detto anche che pure lui vorrebbe che quel giorno vuoi due foste amici. Ah, si porta dietro Veronica e i ragazzi. Anche Brian dovrebbe venire con Anita.”
Nell'udire quel nome, a Roger sembrò che il suo cuore si spezzasse: conosceva tutto della vita di Brian dato che lo seguiva, non ricambiato, sui social, eppure il fatto che si portasse appresso la donna che da un anno era entrata nella sua vita gli faceva male.
Possibile che tutto quello che riguardava l'ex amico lo dovesse far soffrire?
Sentì appena la domanda di Freddie: “E tu, tesoro? Ti porti qualcuno?”
“Vedo se riesco a convincere Sarina” fu la risposta sussurrata di Roger.
“Okay, Rog. È stato un piacere sentirti, caro.”

Anche per me” ammise Roger. Chiuse la conversazione, rilassandosi piano sul sedile posteriore del taxi, mentre l'automobile sfrecciava via.

Avrebbe rivisto Brian, il suo primo e ultimo amante, l'avrebbe rivisto dopo tanto tempo. Erano passati due anni dall'ultima volta che aveva avuto a che fare con lui - erano andati entrambi a una presentazione per volere di Freddie – e nulla era cambiato: erano rimasti sempre freddi e lontani. Dieci, invece, gli anni trascorsi da quella nottata terribile che aveva segnato il lento declino dei Queen.
Era stato orribile abbandonare la band ma lui, Roger, non aveva potuto farne a meno: non poteva continuare a suonare vicino a un uomo che detestava e da cui veniva detestato cordialmente.
Così aveva lasciato. 
E poi aveva lasciato Brian e dopo era toccato a John, e Freddie era rimasto solo.
Per fortuna, Freddie Mercury era stato bravo a reinventarsi una carriera e ora si esibiva come solista facendo comunque un sacco di soldi. Anche Brian se la passava bene: dopo un periodo nero, in cui si era fatto di droghe e di alcool, era andato a insegnare astrofisica all'università. Le sue lezioni erano interessanti - forse perché tenute da un ex membro di una band famosa?- ed erano sempre piene di studenti. John, stando a quello che aveva capito Roger, si godeva la vita da pensionato, comportandosi come se non fosse mai stato in una band famosa anche se, allo stesso tempo, continuava a suonare con Freddie e altri.

E lui? Lui aveva aperto un bar e suonava la batteria con gli amici più disparati, cercando di avere sempre cose da fare e donne sempre pronte ad accoglierlo tra le loro cosce, in modo tale da dimenticarsi la sola e unica notte che aveva rovinato la sua vita, facendo sciogliere per sempre i Queen.

Nota.
Buon salve, sono tornata con una nuova cosa sui Queen sempre loro, i miei nuovi amori.
Se a qualcuno ha urtato leggere di Freddie e Jim vivi e vegeti e che si stanno per sposare, mi dispiace un sacco, ma mi faceva piacere vedere come Freddie in particolare modo, si sarebbe comportato con il "mondo moderno" e così è nata questa fanfic. Una cosa importante: l'aspetto fisico dei personaggi, me lo sono immaginato come se non fossero invecchiati (quindi niente capelli bianchi per Roger e Brian e niente di particolare per Jim e Freddie), ma me li immagino con un look comunque giovanile come in questa foto. Spero di non aver urtato la sensibiltà di nessuno.

Spero vi sia piaciuta  e di leggervi nei commenti. (:

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Capitolo 2
*** capitolo I ***


Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia. 
Ringraziamenti: Ringrazio la mia beta, evelyn80, grazie mille per l'aiuto cara amica.
Buona lettura.

Capitolo I.

Roger adorava il suo “BAR”. Sì, esatto, l'aveva chiamato così perché a quell'epoca non aveva troppa fantasia con i nomi. Ci andava sempre, quando poteva sfuggire a Sarina e alle altre donne con le quali stava.
Il “BAR” era al centro di Londra - a Portobello Road - e si raggiungeva facilmente dalla casa di Roger: una fermata di metro ed era arrivato. Non si notava poi molto: era il classico bar di Londra, con i tavoli da esterno e dentro un interno caldo, il bancone in bella vista non appena entravi e i tavolini in legno; la musica, sempre presente, era emanata da un vecchio impianto stereo che Roger aveva recuperato in un mercatino dell'usato.
Qualche volta, se si era fortunati, si poteva vederlo all'opera dietro la batteria, magari con amici, e allora la voglia di far festa era grande e ci si metteva a ballare.
Nonostante fosse un bar piuttosto anonimo era sempre pieno di gente. Roger questo lo adorava, gli piaceva stare fra la folla, essere circondato da quante più persone possibili, delle più svariate etnie, e per fortuna la zona di Portobello era sempre piena zeppa di turisti, e quindi non mancavano mai facce nuove. C'erano anche i soliti habitué, gli abitanti del quartiere, amici che venivano a trovare Roger, giornalisti che lo volevano intervistare per via del suo passato musicale ma a cui abilmente riusciva a fuggire.
Insomma, il “BAR” era la sua seconda casa, e con i dipendenti si era venuta a creare un'intesa speciale: erano quattro in cucina e due o tre - a seconda della stagione - a servire ai tavoli.
Anche quella mattina Roger era dietro al bancone. Dopo aver parlato con Freddie, infatti, era arrivato a casa, aveva borbottato qualcosa a Serina, aveva mollato le buste della spesa sul tavolo e poi era uscito nuovamente, aveva preso la metro e ora era a servire personalmente i clienti.

Lo scampanellio fece voltare l'uomo verso la porta da cui entrò l'aria gelida di Londra.
Una ragazzina sui 15 anni, alta e leggera come un fuso, dai tratti angelici e dai lunghi capelli rossi, si gettò su di lui. Roger sorrise e ricambiò l'abbraccio. Subito dietro la giovane entrò una donna che somigliava tantissimo al batterista.
“Ciao Rog, come stai?” domandò la donna, posando sulle guance di Roger un tenero bacio. Il barista sorrise. “Ora che vi vedo, meglio.”
La ragazzina si era accomodata sulle ginocchia dell'uomo, che aveva fatto appena in tempo a sedersi su uno sgabello. Erano un tutt'uno, e la donna sorrise fissandoli intenerita.
“Bene, Roger, come ti ho scritto nel messaggio non posso proprio restare: ho una riunione alla clinica. Mi raccomando, non farla andare in cucina che sennò si mangia tutto, e falle fare i compiti, non essere solo il fantastico zio Rog!”. La donna posò il pesante zaino a terra e sorrise ancora.
“Sì, mamma” sbuffò Roger prendendola in giro.
La donna scosse il capo alzando gli occhi al cielo; accarezzò i capelli rossi della figlia, che per tutta risposta le fece la linguaccia, e poi si voltò uscendo nuovamente.
Roger non si sciolse dall'abbraccio della nipote, mentre i clienti andavano e venivano. “Puoi pensarci tu a loro, Noah?” domandò a un ragazzo di colore, suo dipendente che annuì, sorridendo intenerito anche lui alla scena.
“Noi andiamo dall'altra parte del bancone, ai tavoli: facciamo i  clienti una volta tanto. Che ne pensi, pulce?” domandò alla ragazzina, che annuì felice.
Roger si alzò e scelse un tavolo nell'affollato bar, vicino alle grandi finestre che davano sulla strada gremita di persone. La giovane ragazza gli tenne dietro, mentre tutti gli avventori li fissavano incantati. Era normale per loro vedere insieme zio e nipote perché la sorella di Roger, che lavorava come infermiera vicino a Portobello, portava sempre la figlia dallo zio quando l'adolescente aveva il pomeriggio libero dalla scuola. Eppure, erano sempre uno spettacolo piacevole: quei due erano legatissimi da un affetto spontaneo ed era bello anche solo vederli insieme.
“Com'è andata a scuola, Alice? Hai fatto quello che ti ho detto?” domandò Roger, riprendendo un argomento che era stato frutto di una lunga discussione la volta precedente in cui Alice era andata da lui.
“Sì, zio, gli ho detto che dovevamo parlare, allora siamo andati in un posto che conoscevo solo io. Lì, l'ho preso per il bavero della camicia e l'ho buttato contro il muro, come mi hai insegnato tu. Gli detto, in poche parole, che è un omofobo e che non si doveva permettere di parlare male di quei due papà che si baciavano. Gli ho fatto notare che è un leggero reato prendersela con due persone solo perché diverse da noi, e che comunque non c'è nulla di male nell'essere gay.”
Il cuore di Roger fece una capriola di orgoglio, mentre gli occhi di Alice si illuminavano di contentezza al ricordo.
“E lui?” 
“Credo che abbia capito, perché mi ha guardata male ma se ne è andato borbottando:  femmine, siete idiote e sentimentali. Secondo me, in realtà avrebbe voluto essere al posto di uno dei due papà, zio. Erano molto belli insieme” completò il racconto Alice e Roger sorrise sempre di più.
“Sono orgoglioso di te, pulce. Non dirlo a tua mamma però. È un nostro segreto, anzi, segretissimo.”
“Sono la prima a non voler far infuriare la mamma, zio” precisò Alice, e l'uomo annuì seriamente dando il cinque alla nipote.
In quel momento il cellulare di Roger squillò e il biondo lo prese. Sorrise aprendo il messaggio: era Freddie, che gli aveva mandato il suo invito di nozze tramite un'app, un'idea piuttosto geniale e insolita.
L'invito veniva recapitato da uno stormo di uccellini blu, e si apriva tramite un tocco con il dito: con in sottofondo le note della loro hit di successo “We are champions” si leggeva il seguente messaggio scritto a caratteri eleganti oro e argento:

Finalmente, dopo tantissimo tempo, ci sposiamo. Vi va di venire?
Se sì, vi aspettiamo sabato 5 aprile al municipio, puntuali alle ore 15
(anche se noi non assicuriamo di esserlo).
A seguire, non mancherà un buffet coi fiocchi presso il nostro nido d'amore.
Con infinito affetto e amore,
 Freddie Mercury e Jim Hutton.

“Che c'è?” domandò Alice fissando lo zio, e lui le diede   il cellulare. “Che bello, zio, sono proprio contenta che si sposano!” aggiunse la ragazzina sorridendo felicissima, rendendogli il cellulare.
Roger lo prese e sospirò, chiedendosi se fosse il caso o meno di rivelarglielo. Sua nipote era matura per i suoi quindici anni ed aveva una mentalità aperta, amava proteggere tutti, ed aveva una bella testa, però non sapeva se fosse il caso di dirlo o meno anche perché, effettivamente, Alice era ancora una bambina.
Sospirò, poi finalmente si decise: con sua sorella ne aveva già parlato - facendosi promettere di non dire nulla a nessuno - ma poiché l'aveva vista molto fredda si era un po' pentito di averglielo detto. E poi... Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno.
“Anche io sono felice per loro, ma c'è qualcun altro che mi fa soffrire.” Si umettò le labbra. “E non so se riuscirò o meno a non picchiarlo.”
“Sei sempre stato un pacifista, zio, quest'uomo deve averti  fatto veramente soffrire.”
“È stato la causa dello scioglimento  della band dove suonavo, i Queen.” Vide la nipotina annuire e comprendere anche di chi si trattava: ne avevano parlato in famiglia anche se non tantissimo perché Roger  evitava la discussione. “Insomma... Mi ha fatto male... E  io lo odio, e non mi fa piacere vederlo, per niente” sospirò, grattandosi i capelli biondi dietro la nuca.
“Perché lo odi tanto, zio, cosa ti ha fatto?” chiese Alice con la partecipazione di una nipote affettuosa e  prendendo la mano dello zio stringendola con quanta tenerezza possibile. Lei aveva già capito che c'entrava qualcosa di più che l'amicizia, tipo i due papà che aveva difeso tanto a scuola, e che probabilmente suo zio provava un affetto particolare per quest'uomo, Brian se aveva compreso bene di chi si trattava. Ma poi era finita male, e ora lui, al solo pensare di rivederlo, soffriva. Però doveva essere lui a dirglielo: lo voleva sentire dalle labbra di suo zio.
Ovviamente, se poi avesse voluto il suo aiuto lei avrebbe parteggiato per suo zio e quest'uomo, anche se non lo conosceva. Sarebbe stata la prima shipper di suo zio e di Brian, avrebbe fondato un club, qualsiasi cosa pur di vedere star bene suo zio e trionfare l'amore.
“In realtà l'abbiamo fatto insieme, pulce” sospirò Roger guardando fisso la nipote, ricordandosi per un momento di quanto fosse stato bene fra le braccia di Brian e lasciando perdere il rancore: il chitarrista l'aveva saputo toccare meglio, e più in profondità, di altre donne. “Ci siamo fatti bene e male a vicenda” precisò il biondino.
“E quindi rivederlo ti fa male. Lo posso capire, zio, ma tu cosa vorresti? Cosa senti nel tuo cuore? Vorresti, ad esempio, averlo nuovamente con te nella tua vita?”
Roger guardò colpito la nipote: sapeva che aveva una grande mente, ma da qui a capire tutto solo da poche frasi smozzicate... Gli faceva quasi paura. “Io... Credo di sì, ma non so se lui mi vuole. Continuo a seguirlo sui social, ad esempio... Ma lui non fa altrettanto. Ho paura che si sia dimenticato di me.”
In quel momento un tuono fece voltare l'uomo verso le finestre del locale: stava iniziando a piovere forte. Rabbrividì vedendo che pure il tempo si era incupito, anche se confidarsi con la nipote era stata una bella pensata.
“Senti, zio... Qui ci vuole un piano, se proprio lo rivuoi nella tua vita. Però mi devi raccontare bene tutto.”
Roger attaccò a parlare un po' incerto, sopratutto per via dell'età della nipote, infine si decise a raccontarle tutto, eliminando i particolari più scabrosi.

“Credo di averti raccontato tutto.” Roger tirò un sospiro di sollievo quando ebbe finito di narrare le sue peripezie con i Queen alla nipote: doveva ammettere che si sentiva proprio meglio.  
La ragazzina lo studiò, lo sguardo attento e concentrato; poi il suo viso si aprì in un caldo sorriso. “Zio, tu ci devi andare: non puoi mancare... Ti do tutto il mio supporto e appoggio! Anzi, se vuoi puoi invitarmi al posto di Sarina: sarò bravissima, un angelo, lo sai!”
Alice aveva capito che lo zio Roger non voleva invitare la sua attuale compagna, e come dargli torto? Se voleva chiarire, non era il caso di farlo davanti alla terza incomoda, anche perché Sarina era super gelosa di lui, al punto da risultarle antipatica.
Toccò a Roger fare una faccia sorpresa e lusingata allo stesso tempo per la proposta della nipote: non avrebbe mai accettato, perché pensava che il matrimonio di Freddie non fosse il posto adatto per una ragazzina minorenne, ma non poteva non dirsi soddisfatto dell'affetto appena mostrato dalla ragazza.
“Non credo che sia il caso, pulce. Penso che ormai tu abbia capito com'è Freddie, e non credo proprio che tua madre approverebbe la tua presenza alla festa. E nemmeno io, in fin dei conti.”
Le accarezzò il viso, sporgendosi un po' sul tavolo, in un gesto di scusa; dopo un attimo Alice annuì.
“Ci andrò da solo e affronterò Brian” sospirò Roger.
La ragazzina scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi.  “No zio, non sarai solo: ci sentiremmo tramite cellulare. Tanto il matrimonio è domenica e io non vado a scuola, la domenica” propose Alice.
“Te l'hanno mai detto che sei diabolica, pulce?”
“Me lo dicono in tanti” rispose la ragazzina divertita, senza perdere il suo buon umore.

Note.
Questo capitolo non era previsto. Nella storia come l'avevo pensata originariamente Roger e Brian dovevano incontrarsi direttamente il matriomiono (che salterà al prossimo capitolo.) La figura di Alice spero vi sia piaciuta; a me è risultata piuttosto simpatica e ci sono affezzionata;  il prestavolto ideale per lei è Luca Hollestelle.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Wedding Queen
 

Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia.
Ringraziamenti: Ringrazio la mia beta, evelyn80, grazie mille per l'aiuto cara amica.
Buona lettura. 


Capitolo II.
Appena entrato nel salone del Municipio Roger aveva sorriso: c'era un lungo tappetto rosso, che andava dall'entrata della sala dove si sarebbe svolta la cerimonia fino all'esterno; cordoni di velluto rosso impedivano alle persone non invitate di affluire nella stanza, anche se non li avevano dissuasi dal presentarsi tutti lì: curiosi, giornalisti e gente mondana. Gli amici di Freddie, invece, erano già all'interno della sala quando Roger fece capolino.
La stanza era decorata con fiori blu – i preferiti di Freddie – e il loro profumo era assai piacevole.
Aveva visto molte facce più o meno note, tra cui quelle della famiglia di Freddie, tutti emozionatissimi di essere lì. C'era anche la sua anziana mamma, da cui Roger si diresse per prima.
“Roger Taylor!” La donna lo riconobbe subito. “Come stai caro ragazzo?” domandò mentre Roger le faceva il baciamano.
“Sto bene, signora Bulsara” rispose lui, salutando con un cenno del capo la sorella di Freddie e suo marito, che ricambiarono con un ampio sorriso.
L'anziana donna sorrise a sua volta e fece segno a Roger, con la mano guantata, di sedersi vicino a lei.
“Mi servirà un cavaliere, ragazzo” gli disse facendogli l'occhiolino.
“Io non sono della famiglia” protestò Roger, imbarazzato di doversi sedere lì.
“Sì che lo sei. Anche se non ti vede da tantissimo tempo, anche se sei sparito, assieme a Brian May, sappi che Freddie parla sempre di te.”
“Così come faccio anch'io.” Una voce bassa e gentile si intromise fra i due e Roger si voltò, fissando il volto allegro, da ragazzino, di John Deacon.
“Sei riuscito a uscire dalla tua tana, Deaky!” lo salutò, abbracciandolo e baciandolo sulle guance.
“Il matrimonio di Freddie e Jim? Non me lo sarei perso per nulla al mondo, lo sai, Rog.” rispose John, sorridendo cordiale alla mamma di Freddie che sorrise a sua volta.
“Oh, bene. Avrò due stupendi cavalieri” disse la donna.
“In realtà, sono venuto accompagnato dalla mia famiglia.” John indicò dietro di sé. Sua moglie Victoria e i suoi sette figli stavano parlando con la sorella di Freddie. “Temo che si dovrà accontentare del nostro Rog.”
“Ti sei dato da fare, eh vecchio mio?” domandò Roger, guardando con un sorriso la platea di bambini. Adorava i ragazzini, forse perché erano come lui: spensierati e pieni di voglia di vivere.
John arrossì, ma poi fece un sorrisone enorme anche lui. “Amo Victoria, Roger. E lei ama me” fu la sua risposta e Roger scosse la testa: John era sempre John, il ragazzo dalle risposte sincere e che ti faceva brillare il cuore. Era bello averlo ritrovato.
“Zitti. Stanno entrando” bisbigliò la signora Bulsara, e sia John che Roger si volsero verso l'entrata: i due sposi erano entrambi bellissimi.
Freddie indossava un completo rosso con paillettes dorate, aveva accorciato i capelli e, per l'occasione, si era tagliato i baffi quindi sembrava ancora più giovane. Jim, invece, era più sobrio: indossava un vestito blu lucido, aveva i baffoni neri lucenti e i capelli corti. Entrambi incedettero con fare sicuro nella stanza delle cerimonie del municipio, dove ad aspettarli c'era addirittura il sindaco, che li invitò a entrare con un ampio cenno della mano.
 
“Lo voglio.”
Jim Hutton scoppiò a piangere dicendo quelle parole, e baciò suo marito sulle labbra, davanti a tutti. Finalmente senza doversi più nascondere.
Roger si asciugò le lacrime che aveva versato da quando i due sposi avevano iniziato a parlare di sentimenti reciproci e caldi, di cose non dette in tutti quegli anni, di doversi nascondere da tutti e tutto; piangeva perché pensava a sé stesso e a Brian.
“John, hai visto Brian?” domandò all'amico che si era seduto dietro di lui e l'anziana signora Bulsara.
Brian May non si era fatto vivo per tutta la cerimonia. Era sicuro che l'avrebbe riconosciuto, avrebbe riconosciuto quella silhouette allampanata e con i capelli assolutamente indomabili anche se si fosse trovato dall'altra parte del mondo.
“Non l'ho visto” rispose John. “Tu da quanto tempo non lo senti, Rog?” chiese il ragazzo dai capelli crespi.
“Da quando si è sciolta la band” fu la risposta malinconica di Roger. Poi si alzò, giusto in tempo per evitare che gli fossero poste altre domande, e salutò Freddie che era apparso vicino a lui.
Si abbracciarono, mentre intorno a loro si udivano i flash delle macchine fotografiche dei giornalisti, in attesa di un ricongiungimento della band e di posarsi su di loro come avvoltoi.
“Che te ne è sembrato?” domandò Freddie sorridendo felice, baciando Roger.
“È stato bellissimo, Freddie, mi sono commosso.”
“Oh caro, sono contentissimo” esclamò il cantante mentre veniva trascinato via dall'abbraccio della madre.
La signora Bulsara guardò commossa il suo ragazzo. “Tesoro, non potevi scegliere un compagno che ti volesse bene quanto Jim; sono contentissima per voi.” disse l'anziana signora con un sorriso che le illuminò gli occhi.
Fu in quel momento che Roger udì una voce che non sentiva da tempo.
“Freddie, ti devo fare i miei complimenti.”
Il batterista si voltò verso quella voce e vide Brian per la prima volta dopo tanto tempo. Non era cambiato e, anzi, c'era qualcosa nel suo viso che pareva renderlo ancora più giovane di prima, ancora più bello.
Portava un bellissimo smoking di seta rosso, e stringeva la mano di Anita che era vestita d'argento.
Ci fu un tramestio e l'ex cantante dei Queen arrivò al fianco di Brian, dopo aver salutato John.
“Tesoro, sei riuscito ad arrivare finalmente.”
“Io... Mi sono messo dietro, non volevo disturbare” disse Brian, e Roger notò che per una frazione di secondo i suoi occhi si posarono su di lui. Strinse il legno della panca.
“Tu devi essere Anita!” esclamò Freddie posando gli occhi sulla donna, che arrossì.
“Mi... mi fai un autografo?” domandò la ragazza sbattendo le lunghe ciglia.
Roger sbuffò alzando gli occhi al cielo, infastidito. Insomma, era mai possibile che al proprio matrimonio Freddie dovesse  anche firmare autografi? Non erano mica a un post concerto.
Fu certo che Brian lo avesse sentito, perché si voltò verso di lui a fulminarlo con lo sguardo. Freddie sbatté le palpebre, molto probabilmente perché la pensava come lui, ma finse tutto il suo buon umore, esclamando: “È un piacere, per me.”
La donna diede a Freddie il suo invito al matrimonio e una penna, e quest'ultimo lo firmò, anche se Roger ebbe l'impressione che non ne fosse propriamente felice.
“Anzi, cara, che ne diresti di venire a conoscere mio marito?” propose comunque il cantante.
Roger si accorse della sfumatura di rosso sul volto di Anita e capì perché gli fosse stata antipatica fin da subito: era una donna che voleva solo le attenzioni di persone famose e Brian si meritava di meglio, se non proprio lui stesso.
Anita comunque si consultò con il suo uomo che annuì, e la guardò andare via con Freddie e la signora Bulsara, alla ricerca di Jim.
“Anche noi vi abbandoniamo: vogliamo arrivare presto alla casa di Freddie e Jim... Con sette ragazzini ce ne dobbiamo andare piuttosto velocemente” disse la voce gentile di John; strinse la spalla di Roger e salutò con un cenno Brian, andando poi alla ricerca della moglie. Lasciando così Roger e Brian soli, dopo moltissimo tempo.
 
“Non posso stare così con te, cazzo, Brian. Non è possibile per noi stare lontani: io vorrei di nuovo poterti parlare come un tempo. Cazzo! Sono disposto persino a essere solo un amico. Però per favore rispondimi, e sopratutto guardami.”
Brian si voltò e Roger si sentì morire dentro: lo sguardo che gli aveva rivolto era gelido come il giaccio.
Poi, però, Brian si avvicinò a Roger, che a sua volta indietreggiò fino a trovarsi contro il muro. Brian allungò una mano e Roger lo fissò, impaurito, prevedendo uno schiaffo, che però non arrivò. Con lentezza disarmante, invece, il professore accarezzò il viso di Roger e poi baciò il biondino sulle labbra, senza incontrare alcuna resistenza. La lotta tra le loro lingue terminò solo perché entrambi avevano bisogno di fiato.
“Solo tu riesci a farmi perdere il controllo così, e ti odio per questo. È mai possibile provare due sentimenti tanto contrastanti?” domandò Brian, la voce roca e la fronte appoggiata su quella di Roger.
“Perchè mi hai mollato quella sera, Brian?”
“Avevo... ho... paura di noi, e per noi.” Brian aveva di nuovo distolto lo sguardo e si era scostato un po', ma Roger sorrise intenerito. Era la cosa più bella, e soprattutto più vera, che gli avesse detto.
“Guardaci, Brian, guarda dove siamo: a un matrimonio omosessuale. I tempi sono cambiati. Molla Anita, quella donna non ti merita, e vieni via con me.”
Roger lesse sconcerto negli occhi verdi dell'astrofisico, ma pure un qualcosa in più. Brian stava per parlare, ma venne interrotto da una voce squillante di donna: Anita era tornata. Brian si staccò subito da Roger, guardandolo dispiaciuto, e sorrise a Anita e a Freddie che erano arrivati con Jim.
“Non facciamo attendere oltre i nostri ospiti” disse allegro Freddie e Roger annuì, con il cuore che gli batteva tumultuoso nel petto.
 
Il cellulare di Alice lampeggiò, e la ragazzina lo prese rapidamente in mano mentre si metteva seduta meglio sul letto.
Pulce, tieniti forte perché... cazzo: è successo! Ci siamo baciati. Cioè, lui mi ha baciato. E poi abbiamo anche parlato. Ora sono in macchina per andare al ricevimento. Non sai quanto sono felice, anche se mi ha detto che per me prova solo attrazione fisica. Stava per dirmi anche altro, se non fosse stato per Anita che ci ha interrotto.
Ti voglio bene, e ti tengo aggiornata. Zio Roger.

Il sorriso sulle labbra della ragazzina disse tutto: era felicissima per suo zio e per quell'uomo. Ora ci sarebbe voluto veramente poco per farlo capitolare, pensò mentre gli rispondeva, suggerendogli come comportarsi al ricevimento.

Note.
Salve ragazzi ce l'abbiamo fatta: il matrimonio è consumato e senza spargimento di sangue, anche se ci avevo fatto un pensierino a farlo finire malissimo, ma poi il mio cuore è stato generoso e mi ha portato verso una minima riconcilliazione, anche se ci sarà da divertirsi per il ricevimento (anche se nemmeno io so come finirà)!
Spero di avervi incuriosito e di leggervi nei commenti.

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Capitolo 4
*** capitolo III ***


  
Wedding Queen
 

Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia.
Ringraziamenti: 
 Ringrazio tantissimo per la betatura evelyn80 e inoltre devo ringraziare tantissimo anche ninfetta per avermi aiutato in questo capitolo: grazie mille per la pazienza e la gentilezza che avete con me.
Buona lettura. 
 
Capitolo III
 

Freddie aveva deciso di trasformare il ricevimento in una carnevalata: era stata un'idea dell'ultimo minuto eppure Roger, conoscendolo, avrebbe potuto prevedere questa scelta. E invece si era trovato senza un completo adatto ad una festa del genere.
Grazie ad Alice aveva risolto: una giacca color avorio con una stampa floreale dal gusto delle stampe botaniche orientali, una camicia bianca rigorosamente aperta di qualche bottone fino a metà petto e dei jeans stretti. Aveva scelto quell’outfit ispirandosi alla maschera scelta, tutta bianca con una leggera sfumatura sui toni del blu e oro, che gli copriva metà viso dal naso in su. Pagò il taxi e si sistemò la giacca quando scese, cominciando ad inoltrarsi nel giardino della villa di Freddie e Jim. Garden Logde era stata decorata, sia dentro che fuori, nello stile del proprietario: opulento, eccentrico e assolutamente scenografico. Il gran giardino per l'occasione era abbellito da ampi banchetti e vasche idromassaggio in cui Roger vide già diverse coppiette occasionali fare l'amore.
Dopo essersi guardato intorno per vedere se c'era qualcuno che conosceva, decise di entrare in casa, incrociando camerieri e domestici che si davano un gran da fare per occuparsi al meglio degli invitati. Roger dovette ammettere di trovare molto piacevole quella festa: ad una prima impressione gli parve abbastanza moderata rispetto alle feste e ai party a cui avevano partecipato dopo i concerti. Non c'erano gli eccessi delle feste private di Freddie, a parte quelle coppiette nelle vasche da bagno.
Vide addirittura i gatti andare e venire liberamente ed essere accarezzati dalle ragazze presenti. “Jim ti ha cambiato, amico mio” pensò malinconicamente Roger. Gli dispiaceva di non essere stato con Freddie durante quegli anni importanti per l'amico.
Ma forse poteva migliorare.
Forse potevano ritornare a essere amici.
Con questi pensieri si inoltrò nella casa, notando che i costumi degli altri invitati erano veramente impressionanti: sontuosi e bellissimi, lo facevano quasi sfigurare se messi di fronte alla sua maschera così semplice.

Roger era sicuro di aver individuato un gruppetto di ragazzi molto giovani letteralmente vestiti come loro negli anni 70 che se la ridevano e spassavano vicino al bancone del bar. Il biondo non si accorse di aver urtato sovrappensiero un ragazzino giovane, così simile a sé stesso, fin quando il ragazzino gli sorrise abbassando appena le palpebre su quei bellissimi occhioni azzurri. Roger notò come il fisico del ragazzo fosse in contrasto col suo viso d’angelo: la maglietta alla marinara che indossava ne accentuava gli evidenti muscoli.
“Hey”. Il ragazzino gli parlò con tono alto, per farsi sentire al di sopra della musica. “Mi chiamo Benjamin” gli mormorò all’orecchio, probabilmente riconoscendolo nonostante la maschera, e Roger lo guardò sorpreso da tanta sfacciataggine, ma anche commosso perché voleva dire che la loro musica non era mai passata di moda.
Stava per rispondere quando la musica cambiò improvvisamente, scemando lentamente verso il suono inconfondibile del pianoforte di Freddie.
Roger si girò incuriosito, come il resto degli invitati – compreso il ragazzino che in un batter di ciglio scomparve in mezzo alla folla.-
Gli altri gli lasciarono un breve spazio per permettergli di osservare l’amico seduto al suo strumento prediletto. Un lungo e opulento mantello rosso dai bordi in pelliccia bianca gli scivolava dalle spalle arrivando fino a metà della sala da ballo, così lungo da fare quasi il giro attorno al pianoforte. Indossava la tuta arlecchino nei colori bianco e nero e in testa sfoggiava una preziosa corona da Regina. Jim, che era vestito come un cavaliere medievale con un'armatura di cuoio a coprirgli il corpo, una spada in vita e lo scudo in mano, lo raggiunse qualche istante dopo appoggiando la mano destra al pianoforte e osservando con occhi pieni d’amore il suo compagno. Freddie gli regalò una strizzata d'occhi e Jim sorrise, un sorriso così genuino che Roger ne fu quasi invidioso: avrebbe tanto voluto che un altro paio d'occhi, magari di un bellissimo verde scuro, guardassero lui come Jim guardava Freddie.
Freddie suonò una canzone d'amore, scritta appositamente per quella festa – come aveva sentito dire da una ragazza al suo fianco – e fu abbastanza inevitabile la commozione generale, terminata con un fragoroso applauso per elogiare i due sposi.
Roger si mosse per avvicinarsi all’amico come il resto degli invitati, ma la sua attenzione fu catturata da un’altra persona che lui sapeva perfettamente essere presente ma che per tutta la serata, forse, non aveva voluto cercare. Brian spiccava sul resto degli invitati perché non aveva scelto nulla di appariscente o eccentrico ma che, anzi, lo rendeva semplicemente… affascinante come lo era sempre stato.
Roger si ritrovò ad indulgere fin troppo su quel completo nero, dal gusto che richiamava molto il look scelto per il video di “The Invisible Man”. Il fatto che il chitarrista, alla sua età, scegliesse di non abbottonarsi i primi bottoni della camicia, lo rendeva ancora più provocante e fece in modo che Roger non riuscisse a distogliere lo sguardo dal petto di Brian, la cui leggera abbronzatura era in lieve contrasto con la camicia nera che l'uomo indossava.

Roger prese da un cameriere di passaggio un bicchiere contenente liquore e uscì per andare a respirare aria fresca: lì dentro si soffocava ormai, molto probabilmente per il fatto che c'era troppa gente, o forse era stata la vista di Brian e del suo maledettissimo petto mezzo nudo a fargli sentire parecchio caldo.
Una volta fuori si guardò intorno e trovò un posticino tutto per sé dove scolarsi il suo liquore in santa pace. Si sentì subito meglio, sia per l'aria fresca sia perché non aveva più Brian davanti agli occhi. Si stava accedendo una sigaretta quando sentì un colpo di tosse e, voltandosi, si ritrovò a fissare proprio lui.
L'ex compagno era ancora più bello visto da vicino e il biondo si costrinse a non saltargli addosso per mantenere una certa dignità – e per non spaventare l'altro.
Brian sembrava, a sua volta, abbastanza a disagio e si guardava le scarpe che, Roger notò con un sorrisino divertito, erano proprio i suoi amati zoccoli bianchi. Il riccio quasi si costrinse a fissare il batterista i cui occhi troppo azzurri rischiarono di mandare all'aria tutto il discorso che si era preparato. “Ho lasciato Anita” annunciò tutto d'un tratto, dal nulla. Roger quasi si soffocò con la propria saliva: non aveva ancora acceso la sigaretta per rispetto dell'uomo che sapeva non gradire il fumo, e guardò Brian negli occhi chiedendogli spiegazioni con lo sguardo, che non tardarono ad arrivare. “L'ho lasciata venendo qui.”
Roger si mise a ridacchiare. “Scusami, ma non ti ci vedo proprio a mollare una donzella in mezzo alla strada” disse, ricevendo un'occhiataccia dal chitarrista. “E invece è così.” Roger giurò di vedere il volto di Brian farsi prima viola e poi rosso.
“È che... lei parlava, parlava e parlava ancora di fatti che a me non interessavano. Ho fermato la macchina e le ho detto: 'Cosa ci stiamo a fare, noi, ancora insieme?'... Parlando francamente, Roger, nella relazione tra me e Anita ci sono state delle incomprensioni, delle sensazioni spiacevoli, in particolare negli ultimi tempi, che il tuo bacio mi ha... sì, come si dice... ecco, diciamo aiutato a capire che lei non era fatta per me.” Roger aprì le labbra per protestare che lui non c'entrava nulla con il chitarrista e la sua donna, ma Brian mise le mani avanti.
“Con questo non voglio dire che è colpa tua, Rog: probabilmente saremmo scoppiati per altro, prima o poi. Ma fammi finire, per favore, e poi potrai dirmi tutto quello che vorrai.” Brian si fermò un'altra volta e Roger notò quanto fosse teso. Avrebbe tanto voluto raggiungerlo e prendergli le mani, ma non lo fece preferendo guardarlo con un sentimento di positività che il chitarrista apprezzò, perchè si umettò le labbra e continuò: “Lei si è messa a piangere e mi ha urlato contro cose che non ti dirò. Non si calmava più, allora sono sceso e le ho aperto la portiera... Mi ha guardato con il viso ricolmo di lacrime ma se ne è andata. Non ci siamo scambiati più nessuna parola e non so dove sia. Per tutta la strada ho avuto in mente solo te, e il bacio che ci siamo scambiati a questo dannato matrimonio...”. Brian si fermò, terminando il monologo con un sospiro di sollievo per essere riuscito a esprimere tutto quello che aveva da dire.
Roger non resistette oltre e raggiunse il riccio, alzandosi sulle punte dei piedi per trovarsi alla giusta altezza. Posò le sue labbra morbide sulla bocca di Brian, in un bacio che divenne ancora più dolce e armonioso quando l'altro lo strinse a sé lambendo le labbra del biondo amante. “Se vuoi, posso dartene altri mille, di baci, Bri” mormorò Roger staccandosi controvoglia dalle labbra del chitarrista. “Sì, si può fare” disse Brian, annuendo felicemente e scuotendo con vigore i suoi lunghi capelli neri. Roger rise di cuore e prese un riccio ribelle tra le mani.
In quel momento sentirono un colpo di tosse: entrambi si voltarono staccandosi leggermente, ma Brian cercò le mani di Roger e questo, per il biondo, significò tanto. Guardò il riccio con occhi pieni d'amore.
“Non voglio sapere cosa avete appena fatto nel mio giardino, cari” disse Freddie scuotendo la testa e fissando le mani dei due che si stringevano e si accarezzavano. Il cantante aveva le braccia sulle spalle di John che sorrideva a Brian e a Roger a trentadue denti, sorriso che venne subito ricambiato dal batterista.
“Ma sono contento di vedervi così, uniti.” Freddie riprese sghignazzando un po'. “Anche perché avrei una richiesta da farvi: vogliamo fare esibire nuovamente i Queen, solo per questa notte?” domandò fissando speranzoso gli ex compagni della band.

Note 
Wedding Queen sta quasi per finire: sono triste, ma soddisfatta, e spero che questo capitolo vi piaccia, a me è piaciuto scriverlo in particolare per la parte finale. (: 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Wedding Queen

Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia. 
Ringraziamenti:  Ci sono due persone che devo ringraziare se questo capitolo è venuto  così, come lo state per leggere: evelyn80 e ninfetta, ormai entrambe mie personali correttrici di bozze. Grazie mille a entrambe per tutto quello che fate. 
Buona lettura. (: 


Capitolo IV

Un raggio di sole illuminò la stanza che Freddie aveva dato a Roger e Brian.
Roger aprì gli occhi infastidito, ma sorrise subito dopo quando notò che si trovava completamente schiacciato dalle braccia di Brian: il riccio lo aveva circondato in un confuso abbraccio. Roger si avvicinò ancor di più a lui, premendo il viso sul suo petto magro e sentendo il cuore battere. Sorrise intenerito, prendendo in mano i lunghi capelli ricci del moro mentre pensava alla notte appena trascorsa. Dopo l’improvvisato concerto, lui e Brian si erano trovati a baciarsi e a volersi nuovamente dopo anni. Quando erano andati in stanza non avevano perso tempo: avevano fatto l’amore, ed era stato bello essere legato nuovamente al professore, nonostante gli sbagli e i ricordi dolorosi che si portavano entrambi sulla coscienza. Avevano fatto l’amore in modo prima selvaggio e poi più lentamente per tutto il resto della nottata, e solo intorno alle cinque si erano addormentati stretti l’uno nelle braccia dell’altro.
Si stiracchiò piano per non svegliare Brian, pensando a quanto stesse bene. Quando sentì la stretta del moro disfarsi un broncio adorabile gli apparve sul viso.
“Buongiorno, amore mio” sussurrò Brian sedendosi nel letto, sbattendo gli occhi e osservando il suo biondino.
Roger sbatté le palpebre fissando stupito Brian, il cuore a mille e il volto rosso dall’emozione.
“C-come mi hai chiamato, Bri?” domandò portandosi la mano destra al petto, sentendo il cuore in tumulto battere nella cassa toracica: si stava comportando come un ragazzino alla prima cotta, non come uno di quarantanove anni. Ma, cazzo, con Brian che lo chiamava ‘amore mio’ dopo anni di litigi ed essere andati ognuno per la propria strada, era normale essere spaventati e impauriti dal nuovo sentimento che, evidentemente, Brian provava per lui.
“Ti amo, Rog. So che probabilmente è troppo presto per dirlo e che non sentirai lo stesso per me, ma ti amo.”
Roger sentiva quel sentimento da quando era andato a letto con Brian vent’anni prima. Lo amava da un sacco di tempo, da una vita, e non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile continuare a provare, giorno dopo giorno, un sentimento tanto forte. “N-no, Bri, ti… ti amo anch’io” rispose Roger, con gli occhi colmi di lacrime. Lo baciò, ridendo contro le sue labbra. “Quindi adesso cosa siamo?” chiese piano il batterista, tenendosi ancora allacciato a Brian con il cuore in tumulto nel petto. 
“Non lo so, Rog. Ma dobbiamo proprio dare una definizione a tutto? Non possiamo vivere semplicemente il momento come abbiamo sempre fatto?” Roger pensò che l’uomo alto aveva ragione: era meglio non definire il loro rapporto, non ancora almeno. 
“Potrei rimanere sempre qui” mormorò Roger, sentendosi definitivamente come un’eroina da romanzo rosa.
“Potresti, ma mi è venuta un’idea e ne voglio parlare con Freddie: quindi forza, alzati dal letto” ordinò Brian e Roger mugolò infastidito. “No. Prima voglio un bacio.” Abbracciò ancor di più Brian, e il riccio sospirò.
“Roger, sei testardo.”
“Non sai quanto” confermò il biondino, e Brian alzò gli occhi al cielo, ma sorrise e unì le labbra un’altra volta a quelle di Roger in un bacio dolce e romantico.
Subito dopo, Roger si scostò dall’abbraccio di Brian e si alzò sentendosi dolorante nella zona lombare. “Mi hai proprio ucciso stanotte, Doc” protestò.
Brian sghignazzò avvicinandosi a lui e notando i due enormi succhiotti che gli aveva fatto alla base del collo. “Ti ho anche marchiato. Ti dovresti mettere quella bella maglia a righe a collo alto” gli consigliò, gli occhi più scuri del solito.
Roger scosse il viso sul quale campeggiava un sorriso impertinente. “Li voglio far vedere.”
“Idiota.”
“Stronzo. E mi faccio la doccia per primo!” urlò divertito, fiondandosi nel bagno e chiudendo la porta a chiave, escludendo il povero Brian che sbuffò improperi.

“Oh, tesori.” Freddie si alzò dal divano, dove era acciambellato come un gran gatto, con un sorriso sul volto quando vide arrivare Brian e Roger mano nella mano nel grande salotto principale della casa: era tutto ordinato e pulito, quasi come se non ci fosse stata la festa in perfetto stile Freddie Mercury. “Sono in estasi, completamente in estasi, cari. Ci siete riusciti: avete chiarito alla grande!” cinguettò il cantante dando un bacio sulle guance a Roger e una pacca sul culo di Brian, che fece una finta faccia indignata prima di vedere il cantante sculettare verso il portavivande. “Ci vuole qualcosa di forte per festeggiare questa unione perfetta. Oggi è proprio la giornata dell’amore” annunciò Freddie, cercando pensieroso una bottiglia e mettendo in mostra il suo culo perfetto che sia Brian che Roger osservarono per un paio di minuti.
“Peccato non ci sia Deaky” si rabbuiò un po’ il cantante. 
“È già tornato a casa?” domandò Brian, staccando gli occhi dal fondoschiena di Freddie. 
“Sì, tesoro. Ha detto che doveva andare a casa con Veronica: sai, i bambini” sbuffò piano il cantante alzando piano gli occhi al cielo, poi prese in mano la bottiglia e versò in tre bicchieri il liquore ambrato.
Ne porse uno a Roger e uno a Brian ed esclamò con un sorriso che questa volta non coprì: “A noi, tesoro. Alla famiglia, a Jim, a John. Per farla breve: ai Queen.” Freddie fece tintinnare il bicchiere con gli altri due e bevve tutto d’un fiato il liquido contenuto, imitato da Roger e Brian.
“Solo tu mi puoi far bere alle dieci del mattino” borbottò Brian sentendo la bocca impastata. Roger scosse la testa e si appoggiò contro il riccio. “Non è adorabile quando fa così, Fred? Come se non avesse mai bevuto di prima mattina?” domandò divertito Roger. “Il mio Doc.” Si allungò per dare un bacio alle labbra del riccio che ricambiò con passione portandosi più vicino il corpo del batterista.
Fred finse di vomitare, ma in realtà si vedeva che era felicissimo mentre osservava con gli occhi ammalianti i due ragazzi finire di baciarsi. “Tesori, prima che scopiate sulla mia sedia – non che non sarebbe un bello spettacolo, per carità, ma non vorrei che entrasse Jim – vorrei sapere da Brian cosa mi voleva dire.”
“Dovremmo essere tutti, però” rispose Brian, dopo essersi staccato a malincuore dalle labbra di Roger e posando una mano possessiva sul ginocchio del biondino.
“Possiamo chiamare Deaky, impostando una videochiamata” propose Roger mettendo le sue mani su quelle di Brian che annuì, il forte desiderio di baciarlo che si impossessava nuovamente di lui.

Aspettarono, e dopo solo pochi minuti furono di nuovo tutti e quattro insieme: John si trovava nel suo salotto a Putney e fissava lo schermo del computer notando come Roger e Brian sembrassero uniti.
“Cosa succede? Vi siete chiariti?” domandò, sorridendo contento per la connessione che vedeva anche attraverso lo schermo.

“Diciamo che un bella, intensa, notte di sesso è riuscita a...”
“Roger, contieniti caro!” sbottò Freddie, dando uno scappellotto sulla nuca del batterista che si voltò fulminando il cantante. “Ehi” protestò il biondino mettendosi una mano dietro il collo.
“Bambini.” Brian richiamò calmo l’attenzione su di sé.
Tre paia di occhi lo fissarono e il professore buttò giù la sua proposta senza un attimo di esitazione: “Ragazzi, i commenti sui social sono tutti sbalorditivi riguardo la nostra esibizione di stanotte, e mi sono detto... ecco... perché non facciamo un tour, come ai vecchi tempi?”
“Oh, tesoro, sarebbe fantastico! Ma John ha famiglia, e voi fra un po’ vorrete farne una. Per me, figurati, andrei subito in tour con voi, cari.” Stranamente, fu Freddie quello più razionale, mentre dall’altra parte John esclamò: “Lo voglio fare! Dio, stanotte è stato bellissimo e mi sono divertito un sacco. Quindi perché no? Fred, se il tour rimane in Europa posso portarmi dietro Veronica e i ragazzi, e non c’è problema.”
“E per noi non sarà un problema fare progetti anche durante il tour, Freddie” aggiunse Roger, sorridendo divertito all’espressione adorante che Brian gli aveva rivolto.
Freddie singhiozzò teatralmente: “Allora è deciso: i Queen annunceranno delle nuove date.”

-Parigi -
Camerini del Theatre National de Chaillot
un anno dopo

“Sei nervoso, tesoro?” Freddie guardò il suo amato compagno di band mentre si vestiva con la tutina argentata che, doveva ammettere, gli stava per fortuna ancora divinamente.
Brian osservò Freddie e si leccò le labbra. “Fred, e se non lo volesse?” domandò nervoso. “Sai… stare insieme per tutta la vita è complicato... e io ho paura…. che lui non voglia. Che voglia essere comunque più libero, anche perché stiamo insieme da un anno…. e se fosse troppo poco?” continuò Brian, mentre osservava la scatolina di velluto blu che aveva in mano pieno di paura. 
Freddie si avvicinò a lui e gli prese le mani. “Ascoltami bene, Brian May: Roger ti ama. Ti ama così tanto che vuole passare la vita con te. Quindi, quando fra poche ore sarà qui, tu glielo dirai, chiaro?” pronunciò il cantante con sguardo duro, e Brian annuì non trovando nulla da rinfacciargli. “Poi, comunque c’è sempre la possibilità di divorziare, nel caso in cui non vi sopportiate più. Nulla dura per sempre, solo la morte: tu da scienziato dovresti saperlo bene” concluse il cantante, con un sorrisino divertito nel vedere la faccia scandalizzata che fece Brian. “Ma adesso andiamo a spaccare i culi a questi Francesi. Dai, su, alzati vecchio mio.”
Vecchio mio? Senti chi parla!” borbottò Brian, ma un sorriso gli aleggiò sul viso. Si alzò da terra, nascondendo la preziosa scatola nella tasca, e prendendo la Red Special in mano seguì il cantante. Roger e John si unirono ai due, uscendo dal camerino che il teatro aveva loro riservato. 

“Siete stati grandi, ma d’altra parte siete i Queen.” Dicendo queste parole, Jim baciò Freddie sulle labbra e quest’ultimo ricambiò il bacio uscendo dal palcoscenico, sudato e felicissimo dell’accoglienza ricevuta per quell’ultima serata del gran tour: Dio, era stato fantastico suonare nuovamente insieme agli altri.
“Grazie tesoro” bisbigliò il cantate, staccandosi dalle labbra del marito per osservare Roger, Brian e John con un sorriso giocoso sulle labbra. “Cazzo, lo puoi dire forte, Jim. Anzi, direi di più: altro che grandi, abbiamo proprio spaccato!” disse Roger con la solita euforia e sorridendo a tutti loro. “Adesso cosa facciamo? Dove si va a celebrare il nostro ultimo giorno?” domandò con un sorriso enorme, mentre percorrevano il corridoio che li avrebbe portati nei camerini. “Ehm… Io e Jim avevamo in progetto di fare un po’ di sano sesso sai, tesoro?” mormorò il cantante stringendo la mano del marito. 
“E io… devo… Devo rintracciare Veronica. Scusami Rog” borbottò John, dopo aver scambiato uno sguardo con il cantante. Avendo capito che il piano era di far stare soli Roger e Brian, se la squagliò andando effettivamente alla ricerca della moglie. “Buona fortuna” aveva bisbigliato Freddie a Brian facendogli l’occhiolino, poco prima di essere trascinato da Jim nel camerino. 
“Bene, a quanto pare siamo rimasti io e te da soli, Rog” disse Brian saltellando da un piede all’altro come faceva sempre quando era nervoso. “Bri, c’è qualcosa che mi devi dire?” domandò Roger, capendo che qualcosa turbava il compagno. “Andiamo in camerino” borbottò Brian, vedendo già le persone che lasciavano il teatro venendo verso di loro.

“Rog, chiudi gli occhi.”
“Bri, ma...
“Ti fidi di me, amore?”
“Sì, certo!”
“Allora chiudi gli occhi.” Roger ubbidì serrando finalmente gli occhi celesti. Brian sorrise soddisfatto e prese la mano del biondino fra le sue, vi appoggiò sopra la piccola scatolina e la aprì. Sentendo il click della scatola, Roger aprì gli occhi e vide una piccola fede color argento molto semplice.
Il cuore del batterista scoppiò capendo dove l’altro volesse andare a parare.
Cazzo.
“Mi ero preparato un discorso complesso, a dir la verità. Uno di quelli da film“ continuò Brian, sorridendo nervoso.
Roger ancora non rispose tenendo in mano la scatolina aperta. “Ma al diavolo tutto: Rog, mi vuoi sposare?”

“C-cazzo Bri…” borbottò il batterista e per un istante Brian temette un rifiuto. La delusione cominciò a dipingersi sul suo volto. Ma Roger gli buttò le braccia al collo e tutto si dissipò nell’istante in cui sentì bisbigliare un tenero “sì” all’orecchio.
“Ti amo così tanto, Brian..” sussurrò il biondo fra le lacrime baciando tutto il viso del chitarrista e tenendosi stretto al collo dell’uomo.

Poi si staccò e prese tremante la piccola fede nuziale. “Me la vuoi mettere o vuoi che faccia tutto da solo?” domandò, e Brian annuì prendendo con mani altrettanto tremanti il piccolo anello, mettendoglielo al dito.
Era perfetto. Erano perfetti.
Erano Brian e Roger e lo sarebbero stati per sempre.


Note. 
come vi avevo anticipato già, questo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. E' strano dare addio a una storia, che è importante per me. 
Spero che questa incurisone in questo universo alternativo, dei Queen vi si sia piaciuto. Un forte bacio a chi ha seguito questa storia. 


 

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Wedding Queen

Disclaimer: Dichiaro che i Queen non mi appartengo, appartengono solo a loro stessi, e che le cose descritte all'interno della fanfic sono di pura fantasia. 
Ringraziamenti:  Ci sono due persone che devo ringraziare se questo capitolo è venuto  così, come lo state per leggere: evelyn80 e ninfetta, ormai entrambe mie personali correttrici di bozze. Grazie mille a entrambe per tutto quello che fate. 
Buona lettura. (: 
 
Epilogo
 

quattro anni dopo
21 febbraio 2017

Roger osservava Brian che parlava al piccolo Malik di stelle e pianeti. Il bambino lo guardava con gli enormi occhi nerissimi a metà, secondo Roger, tra l’incantato e lo stupito.
“Forse non è il caso di parlare in modo così complesso a un bambino di due anni” suggerì il biondo con un sorrisino sul volto, sentendo che Brian stava sfociando nell’astrofisica seria.
“Non stare ad ascoltare il tuo papà. È lui che non capisce quanto sono belle e importanti queste cose.” Brian reggeva al petto Malik, mentre entrambi erano seduti sull’erba di Hyde Park. Erano potuti andare perché Londra aveva offerto loro l’opportunità di farlo: era una bella giornata di sole nonostante fossero a Febbraio. Avevano steso un telo e consumato un veloce spuntino, prima che Brian prendesse il piccolo Malik e iniziasse a parlare di buchi neri e di polvere dorata. “Papà Bsi, papà ‘oges ha sagione queste cose sono complicate: potsesti leggese invece Il Piccolo Psincipe?”
Roger sghignazzò e prese fra le sue braccia Natalia, la loro figlia di cinque anni e mezzo, e le scompigliò i capelli dorati quasi come i suoi. “Per fortuna che ci sei tu, piccola” mormorò dandole teneri baci sulla chioma. “Forza Bri, ascolta tua figlia” mormorò il biondo mettendo il broncio da dietro i capelli della bambina che se la rideva come non mai. Nonostante l’età, Roger era comunque adorabile e Brian si sciolse sbuffando, prendendo il libro dalle mani di Nat e iniziando a leggere, mentre Roger si perdeva nei ricordi.

Era sposato con Brian. Non ci poteva ancora credere nonostante fosse passato un mese dal loro matrimonio.
Siamo a casa” disse, posando i bagagli nell’ingresso dopo la loro luna di miele. Sì. Casa nostra” confermò Brian posando un bacio sulla testa di Roger e stringendo il biondino a sé. 

Brian amava i bambini. Roger lo vedeva mentre si chinava a giocare con loro. Era gentile con loro e i bambini ricambiavano la gentilezza con gli occhioni enormi che seguivano la sua figura allampanata dai lunghi capelli ricci fino a quando non scompariva alla loro vista. Anche con Alice, ad esempio, era stato amore a prima vista ricambiato dal professore, che subito aveva preso a parlarle di cose che gli piacevano ascoltato dalla ragazzina. 
Amore.” La voce di Roger suonò sicura mentre prendeva la mano di Brian nella sua, dopo che il marito aveva salutato con un gran sorriso la loro piccola vicina di casa. “Perché non ne adottiamo uno, Bri?” buttò lì Roger. In realtà era da un po’ di tempo che ci pensava. C’erano tanti bambini nel mondo che avevano bisogno di loro, e se suo marito era pronto a prendersi cura di un altro piccolo essere umano come faceva con gli animali, le piante e lui stesso, allora lo sarebbe stato anche lui.

“ -Allora anche tu vieni dal cielo? Di quale pianeta sei?- Intravvidi una luce, nel mistero della sua presenza e lo interrogai bruscamente: - Tu vieni dunque da un altro pianeta?-”

L’orfanotrofio non era un luogo piacevole. Quella era la prima volta in cui incontravano la loro, forse, futura bambina: sapevano che era una bambina perché era stata mostrata loro in fotografia in Inghilterra prima di andare nella fredda Russia.
Questa è Natalia Viscova, signori Taylor-May” aveva detto la rappresentante dell’agenzia di adozioni dopo aver sostenuto diversi colloqui preliminari. “È una bambina intelligente, figlia di una drogata e di uno spacciatore. Per questo motivo è stato ritenuto più opportuno metterla in orfanotrofio che farla crescere con il padre e la madre.”
Il professore e il barista avevano guardato la foto: mostrava una bambina di tre anni dai lunghi capelli biondi, gli occhi grigi e un sorriso dolce a cui mancavano dei denti. La vogliamo vedere, Miss Smith” aveva deciso Roger e Brian aveva annuito.

La piccola venne loro portata da un infermiere. Era ancora più carina che in foto e guardò prima Roger e poi Brian. “Voi sasete i miei futusi genitosi? Da dove venite? Dalle stelle?” aveva domandato, in un perfetto inglese, facendo intenerire Brian, che si era chinato subito a altezza della bambina e aveva preso a parlare e a giocare con lei. Roger capì che il marito si era innamorato della piccola Natalia e del suo modo strano di dire le ‘R’ come se fossero delle ‘S’; anche lui si avvicinò alla piccola e prese a sorriderle ed a accarezzarle i lunghi capelli biondi. Sarebbero stati i genitori della piccola e tutto sarebbe andato bene.

“-Da dove vieni ometto? Dov’è la tua casa? Dove vuoi portare la mia pecora?- ” Natalia si mise a ridacchiare, distogliendo i pensieri di Roger. “Che cosa c’è da ridere??” domandò Roger facendole il solletico. Bastò che Brian alzasse un sopracciglio, però, per farli smettere.
“Guardate. Si è addormentato” bisbigliò indicando il piccolo Malik. Sia Nat che Roger lo guardarono. Nat mise una mano protettiva sul visetto d’angelo e sorrise.
“Lo metto io nel passeggino” propose. “Va bene, principessa. Ma stai attenta” si raccomandò Brian e le diede il bambinetto seguendola con lo sguardo.
“Sono cresciuti” bisbigliò Rog.“È già un anno che li abbiamo tutti e due con noi… Fa strano! Cazzo, amore, non volevamo neppure Malik.”
“Adesso lo amiamo. Starà bene con noi” disse con semplicità Brian.
“Meglio dell’Africa” bisbigliò tristemente Roger mentre ricordava il concerto fatto due anni prima in Africa, quando avevano conosciuto la mamma di Malik. Una povera donna malata di AIDS, che gli aveva chiesto di badare al figlio quando fosse morta, poiché i due uomini le avevano ispirato subito fiducia.
Il processo dalla sua prematura scomparsa all’adozione vera e propria era durato un bel po’, eppure eccoli lì, con il loro angioletto. L’avrebbero protetto.
Rabbrividì al ricordo di tutta la loro fatica e Brian lo strinse a sé. Roger respirò il suo profumo, guardando Natalia che stava vicino alla culla di Malik a cullarlo un po’.

“Papà Bsi, papà oges. Ci sono zio John e zia Vesonica e i miei cugini! Anche lo zio Jim e Fsed.” L’urlo di sorpresa di Nat costrinse Roger e Brian a voltarsi nella direzione che la bambina indicava. “Sono arrivati” disse Brian con gli occhi lucenti mentre si alzava seguito da Roger.
“Tesori.” Freddie fece un grande sorriso avvicinandosi a Brian e Roger, mentre Jim salutava Natalia con un cucciolo di Golden Retriever allacciato al guinzaglio. “Come stai, Fred?” domandò Brian fissando l’uomo che sorrise, mentre Roger salutava John e Veronica.
“Meravigliosamente, caro.” Freddie si stiracchiò e Brian poté vedere che era vero. Freddie stava benissimo anche se le rughe iniziavano a spuntare, ma era sempre bellissimo e risplendeva di forza e di una luce, che aveva sempre avuto in tutti quegli anni, ma che adesso appariva ancora più luminosa: Jim gli aveva fatto bene! Si disse che anche lui doveva apparire così, grazie a Roger e ai bambini. “Ehi, Nat, vieni a salutare zio Fred, forza, piccola.” Freddie si rivolse alla bambina che subito ubbidì, lasciando stare il cane e andando verso il cantante che immediatamente la prese in braccio facendola volare in aria per poi atterrare nuovamente nel porto sicuro delle sue forti braccia, mentre la bambina rideva.
“Ehi, Fred. Stai attento, amico” gli consigliò Rog, ma sorrideva: ovviamente sapeva che il suo migliore amico non avrebbe fatto del male a sua figlia e il cantante ricambiò il sorriso mettendo Nat a terra.
Si sedette, imitato dalla coppia e da John, mentre i suoi figli si radunavano per andare a giocare con il grande cane di Jim e Freddie. Natalia li seguì ridendo lasciando così il gruppo di adulti. Anche Jim e Veronica, infatti, si avvicinarono al passeggino dove Malik riposava per vederlo meglio.

“Bene, perché ci hai chiamato, tesoro?”
“È una bella giornata”rispose Brian, alzando le spalle. “Non c’è nulla che non vada, Fred: volevo passare questo tempo con la mia famiglia” spiegò poi scambiando un sorriso con tutti loro, mentre i restanti si sedevano attorno alla tovaglia. Si scambiò un bacio con Roger sentendosi libero di poter mostrare l’affetto per il suo biondino.
Stava bene, veramente bene, e avrebbe avuto un altro bel po’ di tempo da passare con la sua strana, bellissima famiglia.

Note. 
Siamo arrivati alla fine, sono commossa perchè è da tanto che non scrivevo la parola fine a una fanfic. Spero che vi sia piaciuta e che vi abbaia divertito e commosso perchè no. 
Ci sentiamo per altre shot di dirty, per pretty e in altri fandom (Elton John e Good Omens, di cui voglio scrivere tanto di entrambi.) 
Ringrazio chi ha recensito, chi ha messo fra le preferite/ricordate/seguite/qualcosa anche chi ha solo letto questa storia: senza di voi non sarei qui, probabilmente: grazie mille a tutti per aver seguito wedding queen fin proprio alla fine. 
#calailsipario. 

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