Ƹ̴Ӂ̴Ʒ La Golden Reunion dei Detective Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

di Irene_Violet
(/viewuser.php?uid=327684)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #1 - Legend of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 2: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #2 - Banquet of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 3: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #3 - Nocturne of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 4: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #4 - Twilight of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 5: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #5 - The Private Eyes' Massacre Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 6: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #6 - Requiem of Truth and Illusions Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***
Capitolo 7: *** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #7 - Tea Party ???? Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***



Capitolo 1
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #1 - Legend of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


La Golden Reunion dei Detective


Angolo dell'Autrice
Mi prendo questo spazio all'inizio per scusarmi per eventuali errori di battitura.
Spero che la vicenda possa essere comprensibile anche a chi non ha mai sentito parlare di Umineko e che i pochi casi da me esposti possano essere non troppo banalii
I gialli non sono il mio forte, ma mi sono davvero divertita nello scrivere questa storia (lunga 141 pagine di Google Docs).
Spero possa piacere anche a voi allo stesso modo. Buona Lettura.
-Irene_Violet



 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #1 - Legend of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ




 

2X Maggio 1998


Il rumore delle onde che annunciavano burrasca, e lo stridio lontano alcuni “gatti di mare”, facevano da colonna sonora alla barca che dal porto era salpata con almeno un'ora di ritardo. Ormai erano passate le otto di sera ed un esausto Kogorō Mōri, osservò l’orizzonte prendendo un respiro profondo assaporando il salmastro odore dell'oceano con aria seccata, facendo fuoriuscire un grugnito dalle proprie labbra. L'attesa non lo aveva certo messo di buon umore, ed il mare agitato sembrava corrispondere perfettamente al suo stato d'animo. Non vedeva l'ora di attraccare presso la loro destinazione: un'isola sperduta in mezzo all'oceano.

 

Essa era di proprietà di un uomo facoltoso che la possedeva praticamente da quando aveva conosciuto l'uso del denaro, l'acquisto risaliva alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando nonostante il Giappone fosse a terra, distrutto da ben due bombe atomiche Americane ed uno spesso strato di vergogna a coprirlo, quest'uomo fece fortuna in maniera poco chiara, entrando in possesso di una grande quantità di lingotti d'oro e fondando così un proprio impero. Quest'uomo rispondeva al nome di Kinzō Ushiromiya, e con tutta quella ricchezza, divenne proprietario dell'isola che aveva reso la vita di un soldato semplice, in quella di un uomo ricco e potente; quel pezzo di terra di sua proprietà si chiamava Rokkenjima, tristemente nota al pubblico come teatro di un efferato omicidio di massa avvenuto su di essa tra i membri della stessa famiglia Ushiromiya avvenuto tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986. Si sospetta proprio a causa dell'eredità del Capofamiglia, ormai anziano che nell'ultimo periodo mostrava segni di forte squilibrio mentale e stando ad alcune voci, era prossimo a lasciare questo mondo. I diciotto membri della famiglia composta da i quattro figli di Kinzō e le rispettive famiglie, si radunarono sull'isola in quella fatidica notte, per la consueta riunione annuale, per discutere su come spartirsi la favolosa montagna di lingotti d'oro che era il simbolo della loro ricchezza. È noto che tutti in un modo o nell'altro soffrivano al momento degli avvenimenti di forti problemi finanziari e che una fetta più grossa della torta avrebbe sicuramente fatto loro comodo. Con ciò premesso, ebbe luogo un raduno pieno di sospetto e veleno che culminò in una sparatoria e terminò definitivamente con un'esplosione, cui secondo i rapporti della polizia, non lasciò via di scampo a nessuno. O per meglio dire a quasi nessuno. Ci furono dei sopravvissuti: Eva Ushiromiya, una dei figli di Kinzō, la quale aveva trovato la salvezza in una zona dell'isola al riparo dall'esplosione e la piccola Ange Ushiromiya di soli 6 anni di età, sua nipote, figlia di uno dei suoi fratelli che aveva avuto la fortuna di non partecipare a quel raduno mortale perché malata. Eva unica superstite, rimasta vigile dopo la tragedia, si è sempre rifiutata di rivelare la verità su questo caso, portandosela fin nella tomba nel 1998, quando spirò a causa di una malattia. Il caso di cronaca divenne presto leggenda e molte sono le teorie e le speculazioni fatte su cosa sia realmente accaduto su Rokkenjima quella notte e le ragioni che hanno portato allo sterminio di una così numerosa compaggine.

 

Questi in breve furono i fatti su cui Kogorō si informò prima di salpare, per non trovarsi impreparato al suo arrivo, anche se la cosa in partenza era già piuttosto strana. Per cominciare come già detto, l'isola in questione era stata teatro di una tragedia, e difficilmente qualcuno avrebbe avuto il fegato di affittare un posto del genere, avrebbe incontrato sicuramente la resistenza delle autorità locali. Inoltre la residenza Ushiromiya, avrebbe dovuto essere esplosa! E l'unica persona ad averla vista ancora integra, era passata a miglior vita… quindi quella lettera che gli era stata spedita non aveva il minimo senso. Mōri ripescò la lettera dalla tasca, contenuta in una busta bordata d'oro e con il simbolo di una singola ala dorata, stampata su di essa. Aprì la parte superiore della busta dove il sigillo in ceralacca rosso raffigurante il simbolo di un'aquila con una singola ala era ovviamente, già stato rotto; estrasse dunque lo scritto, la carta aveva pressoché la stessa fattura della busta, solo che l'ala dorata era in trasparenza in questo caso, anziché essere opaca. Era stata battuta con una macchina da scrivere vecchio stile, per cui era impossibile effettuare una perizia calligrafica, ed anche se si fosse fatto un'esame dell'inchiostro o della carta utilizzati, ci sarebbe voluti troppo tempo per identificare il mittente -- che avrebbe potuto benissimo essere lo scherzo di qualcuno dei "Witch hunters", che avevano formulato tutte quelle teorie assurde --   e l'invito aveva valenza per una data precisa. Quindi quel che restava da fare era andare su quell'isola dimenticata da Dio.

 

Lesse per l'ennesima volta -- alla luce di una torcia elettrica -- il contenuto della lettera:

 

"Egregio Detective Mōri Kogorō,

La prego di risolvere il rompicapo di eventi che si sviluppò durante il "Massacro di Rokkenjima", dissipando la nebbia che ha avvolto la verità dei fatti. Se riuscirà a risolvere l'enigma che le verrà proposto al suo arrivo, avrà un ulteriore assegno dello stesso importo dell'anticipo allegato a questo scritto. La preghiamo di mantenere il massimo riserbo. Questa storia nata su Rokkenjima, lì dovrà essere svelata, per non dover mai lasciarla. È bene specificare che, non sarà il solo a cimentarsi in questa prova, quindi faccia il possibile per primeggiare sugli altri contendenti. Sono più che certa che uscirà vittorioso dalla contesa. È libero di venire da solo o in compagnia, la villa della famiglia Ushiromiya certo non soffre di carenze di spazio. Le rinnovo i miei migliori auguri, osserverò con la massima attenzione il suo operato, augurandomi di incontrarla a vicenda conclusa.

Distinti saluti"

 

Nulla nel corpo del messaggio ad una prima lettura appariva strano, enigmatico o in qualche modo degno di nota, se non fosse stato per la firma in calce che riportava:

 

"Il Fantasma della Strega Dorata, Beatrice"

 

«Mmh...»

 

Kogorō si fece pensieroso e si mise a fissare l'ultima riga della lettera per diversi minuti. Fino a quando una vocina stridula, da cui per altro proveniva la fonte di luce che aveva utilizzato per riuscire a leggere il messaggio, non interruppe il suo profondo raccoglimento.

 

«Secondo me è un qualche tipo di codice. Una strega non può essere anche un fantasma, non trovi?» - disse Conan che si era seduto sulle ginocchia dell'uomo baffuto, osservando la lettera dal basso.

 

Non appena Kogorō se ne accorse lo prese per il colletto della maglietta bianca e blu che indossava porgendo il marmocchio a Ran che si era fermata di fronte a sé.

 

«Ran! Ti ho detto mille volte di tenerlo a bada!!»

 

«Ahhh, lasciami!» - si lamentò il bambino scalciando a mezz'aria, finché la ragazza non lo prese in braccio, permettendogli di rimettere i piedi per terra.

 

«Senti Otōsan, dobbiamo proprio andarci a questo raduno?» - chiese la ragazza dimostrandosi preoccupata all'idea - «Ho letto che quel posto è stato protagonista di una tragedia. E poi se questo Fantasma della Strega esistesse davvero?»

 

«Non essere sciocca Ran, le streghe ed i fantasmi non esistono e poi la barca è salpata da un pezzo, se avevi paura avevi solo da startene a casa!» - sbottò impettito l'investigatore privato -   «E poi è tardi e con un secondo assegno dell'importo di 2,5 miliardi che mi aspetta, non esiste che rinunci a questa gita fuori porta, potrebbe essere anche un mostro marino di tre metri per quanto mi riguarda!»

 

«S-Sì, però… le previsioni annunciavano un tifone in serata e se accadesse qualcosa non potremo più comunicare con la terraferma...»

 

«Tu ti preoccupi troppo! Anche se fosse, cosa vuoi che possa succedere in una notte»

 

«Sta tranquilla Ran-nēchan, vedrai che non ci sarà nessun fantasma e nessuna strega, proprio come dice lo zietto. Non hai nulla da temere!» - sorrise il bambino occhialuto tentando di rassicurarla per poi, rivolgere lo sguardo verso il blu del mare. Sii cominciava ad intravedere in lontananza la sagoma di un'isola, la loro meta era vicina.

 

"Una villa teatro di un massacro di 18 persone, di cui a distanza di anni non si sa chi sia stato l'artefice, un'esplosione che ha cancellato le tracce di quei delitti a cui ruotano attorno svariate leggende e superstizioni… ed una convocazione da parte di un fantasma. Questo caso, potrebbe rivelarsi davvero interessante"

 

Un piccolo sorriso solcò le labbra di Shin'ichi. Quel mistero lo intrigava non poco. Chi era questo misterioso mittente che voleva si facesse luce sui fatti accaduti in quel luogo isolato? Come poteva garantire un soggiorno ai partecipanti a questa specie di gara, in un luogo che era stato devastato anni addietro. Tutte le domande che poteva porsi, attendevano con la loro risposta, lì sulla stessa isola ed il giovane detective non vedeva l'ora di mettersi a lavoro. Anche perché aveva la sensazione che l'auto proclamato spettro, altri non fosse che quello sbruffone in abito bianco e mantello; chissà che ruolo avrebbe avuto, in qualcosa di così lontano dai suoi soliti standard.

 

La barca che li trasportava attraccò sull'isola dopo un buon paio di ore di viaggio. Scesi dalla barca con i loro bagagli a seguito, finalmente Kogorō poté sgranchirsi le braccia e la schiena, poi si guardò intorno alla ricerca di qualcuno che fosse lì per accoglierli, in quanto ospiti su quell'isola.

 

«Che roba! Ci fanno affrontare un viaggio così rischioso, quando il mare minaccia di essere in burrasca e non vengono neppure a darci il benvenuto? Che razza di maleducati!»

 

Sbottò il detective dormiente prendendo in spalla la propria borsa da viaggio. Ran intervenne subito per calmarlo, visto che non era che una supposizione affrettata la sua. Il battello ripartì con un gran rumore e per allora tutti furono voltati verso il mare a guardarlo allontanarsi tra le onde. Fu in quel momento che qualcuno raggiunse i tre ospiti e si fece notare, con una vocina dolce e delicata, che praticamente agli antipodi del frastuono del motore dell'imbarcazione.

 

«Voi dovete essere la famiglia Mōri immagino»
 

I tre si voltarono praticamente nello stesso istante, incontrando con lo sguardo la figura di una giovane che indossava una divisa da cameriera, dal suo aspetto pareva avere all'incirca l'età di Ran nonché una medesima altezza. Aveva dei capelli castani corti, contenuti in parte in un cappello bianco di forma rotonda, gli occhi chiari e la pelle chiara, preva essere molto delicata. Il suo abbigliamento era davvero particolare: indossava un abito nero con balze e maniche a sbuffo, con un particolare spacco all’altezza della coscia destra, il quale era contornato da una lieve striscia rossa, che correva lungo tutto il bordo inferiore dell’abito, sopra al vestito portava un elegante grembiule ricamato a collo alto, che aveva una pietra ed un lembo di tessuto rosso scuro, che somigliava quasi ad una cravatta a risaltare sullo sfondo chiaro. In vita portava un corpetto nero, stretto da un laccio rosso che le evidenziava le generose forma del seno. Il colore rosso si riproponeva anche nei calzini alti fino a sotto il ginocchio, ed in fine il suo look si concludeva con delle comuni scarpe nere con fibbia ed un cappello bianco e tondo che le  incorniciava la parte posteriore del capo.



Kogorō annuì alle sue parole - «Sì, è esatto.»


Ricevuta conferma la ragazza sembrò illuminarsi in volto, dunque riprese - «Vi stavamo aspettando. Io sono uno dei membri dello Staff che lavora su quest'isola, il mio nome è Shannon e sarò io a prendermi cura di voi e degli altri ospiti. Lieta di fare la vostra conoscenza»

 

La ragazza fece una profonda riverenza, prendendo i lembi della gonna e portandoli all'infuori, questo gesto la portò a scoprire abbastanza la coscia destra perché si notasse il tatuaggio dorato che ne ricopriva buona parte della superficie, di un ala dora simile a quella che adornava l'invito che gli era stato spedito. Concluse le presentazioni, la domestica raddrizzò la schiena e portò in fuori la mano sinistra - «Prego, se volete seguirmi. Gli altri ospiti vi attendono alla villa, ed uno di loro si sta gentilmente occupando della cena, per cui se siete affamati, potrete cenare tra non molto» - li informò, cominciando a fare loro strada, risalendo il sentiero roccioso, che si arrampicava   dalla spiaggia e portava sull'effettivo suolo dell'isola.

 

Il bambino occhialuto si guardò intorno, obiettivamente quello era proprio un bel luogo di villeggiatura, un piccolo paradiso in cui fuggire lontano da tutto e tutti, mentre era perso in quei pensieri, sentì una goccia d'acqua colpirlo dritto in testa. Allora la domestica sembrò allarmarsi di colpo e sussultò voltandosi verso di loro.

 

«Oh no, non ci voleva! Sono terribilmente spiacente, ma sarebbe meglio affrettare il passo. Non vorrei che potreste di inzupparvi di pioggia.»

 

Ran sorrise alle parole della ragazza, sarà stato il suo modo molto formale di esprimersi o i propri gesti così aggraziati, ma trovò "carino" il suo scusarsi, quasi come se le condizioni meteorologiche fossero anch'esse sua responsabilità.

 

«Ha ragione!» - esclamò l'atleta dai capelli lunghi, per poi porgere lo sguardo verso Conan - «Che dici Conan-kun, ci facciamo una corsa?»

 

«Eh? Ohi Ran! Che idee ti vengono è pericoloso!!» - Kogorō li rimproverò venendo completamente ignorato.

 

Il piccolo annuì in risposta e dunque Ran, il bambino e la domestica che lì seguì a fatica, tenendo una mano sul capo per impedire alla veletta di sfuggirle e dovendo inoltre correre sui tacchi alti. Fecero una bella tirata fino ai gradini che conducevano ad un giardino di rose davvero grande e curato, di lì si poté scorgere un edificio: sembrava essere costituito in mattoni, posto su due piani, costituito da molte stanze alle quali corrispondevano altrettante finestre, alcune luci in casa erano accese e nel suo avvicinarsi, poté giurare di vedere delle ombre muoversi, segno che vi fosse qualcuno al suo interno.

 

Sotto  la responsabile guida di Shanon, i tre non si fermarono, ma gli passarono accanto, il ragazzino non poté far a meno di sentirsi confuso fino a quando le cose non si chiarificarono da loro. Quell'edificio non era il solo. C'è n'era un altro ben più grande più in là a qualche minuto di corsa e diversi di camminata, che riuscirono a raggiungere, salendo le scale con l'intento di andarsi a posizionare verso il riparato ingresso, mentre la pioggia cominciò a cadere man mano più fitta. Conan allora pose lo sguardo sulla struttura in questione, intanto che si avvicinava: la mastodontica abitazione a più piani, costruita in stile occidentale, era anch'essa costituita da mattoni. L'edificio sembrava in perfette condizioni, non dava il minimo segno di trovarsi di fronte a delle rovine, generate da un'esplosione. Come era possibile? Che qualcuno l'avesse voluta riedificare per qualche ragione? Forse solo per ospitare questa riunione…

 

Anche questo sarebbe stato uno dei misteri da risolvere a suo avviso.

 

L'intensificarsi della pioggia, costrinse anche  l'uomo baffuto a seguirli a ruota Inutile dire che anche se fu il primo a raccomandare di fare attenzione, fu proprio lui a rischiare di ruzzolare malamente lungo il tragitto. Si ricongiunse con gli altri avendo il fiato corto, evitando di bagnarsi più di tanto e questo rallegrò la domestica, che rivolse ai tre un sorriso dolce, mentre spingeva la massiccia porta in legno che una volta varcata avrebbe permesso loro di scaldarsi e riposarsi un po'.

 

«Per fortuna è andata bene.» - disse, facendo accomodare gli ospiti, spingendo con il fianco l'uscio e spostandosi subito, permettendo loro l'ingresso - «Prego accomodatevi.»

 

Come Conan aveva ipotizzato, la villa era stata interamente edificata in stile occidentale. L'ingresso era tappezzato da un tappeto rosso rubino, e le pareti color crema piuttosto tenue. Di fronte a loro si apriva un'ampia scala che portava al piano superiore e lo spazio era splendidamente illuminato da svariate lampade a parete a incandescenza calda.

 

«Senti, Onēsan, ci assisterai da sola per tutto il tempo che staremo qui?» - domandò Conan, nei confronti della cameriera

 

«No» - scosse la testa la giovane - «Ho un fratello minore, Kanon-kun che attualmente si sta occupando della Guest House.» - rispose lei.

 

«Shannon e Kannon, che carini avete nomi similari» - ridacchiò Ran trovandola una scelta più che azzeccata.

 

«La "Guest House" è l'edificio che abbiamo passato poco fa, giusto? Passeremo la notte assieme agli altri ospiti? » - proseguì il piccolo, che come suo solito, poneva un interrogativo dietro l'altro destando la furia di Kogorō, che prontamente ringhiò.

 

«Insomma Conan! Smettila di assalire la signorina con le tue domande, razza di ficcanaso!»

 

Shannon rise a quello scambio di battute, con un cenno della mano - «Non si preoccupi Mōri-sama, è naturale. Fin ora non ho ancora potuto illustrarvi tutti i particolari pensavo di farlo una volta che fossimo al completo.» - poi si rivolse a Conan rispondendo al suo interrogativo - «Certo, se lo desiderate. Non ci sono state date istruzioni su dove farvi dormire. Tutte le stanze da letto disponibili, eccetto la VIP Room, sono a vostra disposizione.» - disse aggiungendo subito dopo - «Attualmente gli altri ospiti hanno già scelto le loro stanze. Chiamerò con la linea interna ed esterna le loro stanze, per informarli del vostro arrivo, così che possiate incontrarvi nella sala da pranzo per la cena»

 

Di colpo la voce di Ran attirò l'attenzione del piccolo «Wow, è bellissima!» - commentò. Il suo sguardo venne subito attirato dal ritratto di una donna appeso al muro.

 

Un olio su tela che ritraeva una giovane donna dai tratti delicati, occhi chiari blu come il mare e capelli chiari come l'oro, vestiva un abito ottocentesco, di colore marrone scuro adornato da diversi ghirigori dorati inclusa la famosa ala, che si ripresentò ancora una volta.

 

«Mi scusi Shannon-san, chi è la donna di questo dipinto. Possiede un fascino particolare, davvero stupenda!»

 

La ragazza alzò lo sguardo verso il dipinto, con aria confusa, per poi sorridere - «Ah, si tratta della nostra benefattrice. È grazie a lei se al nostro padrone è stato possibile costruire questa casa e di acquistare Rokkenjima stessa, donando ben dieci tonnellate di lingotti d'oro, che ammontano ad una cifra di venti miliardi.»

 

«Ma sono un sacco di soldi!» - commentò la liceale che faticava anche solo a immaginare una cifra simile.

 

«Sì, è impressionante. Dobbiamo molto a Beatrice-sama, per la sua immensa generosità. È anche per questo che la VIP Room rimane riservata in caso giungesse a farci visita» - la ragazza sorrise entusiasta, nel pronunciare quelle parole, cosa che si scontrò subito con l'espressione terrorizzata di Ran, che aveva cominciato a tremare.

 

«B-B-Beatrice ha detto?!»


«Sì, qualcosa non va signorina?» - domandò perplessa Shannon.

 

«Q-Questa Beatrice… ecco come posso dire… è per caso considerata…  una… una strega?» - deglutì attendendo la risposta che arrivò subito dopo.

 

«Esatto. Beatrice-sama ha donato a Kinzō-sama l'oro che gli ha permesso di creare il proprio impero finanziario. Ed è per questo che è conosciuta da tutti con il titolo di Strega Dorata » - precisò la ragazza.

 

«E questo cos'è?» - domandò Conan avvicinandosi al ritratto, al di sotto quale una placca in marmo scolpita: riportava un testo complesso, che ad una prima occhiata lo incuriosì.

 

Non era una comune dedica di qualcuno a questa fantomatica strega, sembrava una sorta di messaggio da decodificare. E per giunta era composto da diversi capoversi denominati "crepuscoli". Venivano citati inoltre dei "sacrifici", una "chiave", una   "terra natia" ed una "capitale dorata" e poi nel mezzo erano presenti strane diciture come "separare due che sono vicini", "loda il mio nome" ed infine la più disturbante tra tutte "perfora [...] e uccidi". Il cervello di Shin'ichi stava già fremendo per l'eccitazione, ancor prima che la ragazza dai capelli corti potesse confermare le sue supposizioni.

 

«Sei proprio curioso, vero piccolo…» - sorrise Shannon avvicinandosi - «Questa è l'Epigrafe della Strega. Kinzō-sama ha chiesto che fosse messa qui assieme al dipinto. È una specie di difficile indovinello, che i detective saranno chiamati a risolvere. Se vuoi puoi provare a leggerlo, ma credo proprio che alcuni Kanji per te siano ancora troppo complicati, sai?»

 

Conan sorrise a quell'affermazione, dando ragione alla ragazza, in effetti non c'era modo che un vero alunno delle elementari riuscisse a leggere quel testo senza commettere errori, figuriamoci ad interpretarlo. Intanto Ran nel sentì le parole "Epigrafe della strega", non riuscì più a trattenersi: andò a sollevare Conan da terra e lo allontanò da Shannon che gli aveva chiesto se gli piacessero gli indovinelli, facendo rimanere in sospeso la frase, poi afferrò e tirò con forza la cravatta del padre, volgendosi verso la porta.

 

«Ho sentito abbastanza... AVANTI TORNIAMO A CASA!» - affermò senza neppure stare a sentire le loro -- comprensibili -- lamentele a riguardo.

 

«Woa- Ran sei impazzita per caso?! Ti ho detto che è impossibile l'ultima barca che avrebbe raggiunto l'isola è quella che ci ha lasciato, anche volendo non possiamo andare da nessunissima parte! E smettila di tirare così mi soffochi!»

 

«Ha ragione Ran-nēchan! E poi c'è il tifone previsto per stanotte. Anche se ci fosse la possibilità di prendere una barca a remi non andremmo lontano!»

 

Ran mostrò un'espressione infuriata sul suo volto, era arrabbiata perché lo sapeva benissimo che non sarebbero potuti andar via prima di mattina, ma ora che aveva constato che la storia della strega corrispondeva al vero non aveva neppure intenzione di restare! Per questo ringhiò loro contro, pur sapendo di avere torto marcio nelle sue affermazioni.

 

«Bè, comunque sia io qui non ci resto! Non vedete quel ritratto?! Significa che la strega esiste sul serio ed io ho un bruttissimo presentimento. Quindi voi due fate come volete, ma io ME NE VADO» - sbuffò, sapeva che se se lo fosse portato dietro, Conan avrebbe fatto i capricci per restare, per cui rimise a terra il bambino dirigendosi verso la porta, con aria fiera, come se avesse appena fatto la scelta migliore a cui potesse auspicare.

 

Tuttavia dovette fermarsi di colpo perché una voce le si rivolse alle sue spalle, proveniva dalle scale: era una donna dal vestito lungo, dai capelli mossi e l'aria elegante, che le sorrise.

 

«Non hai ragione di preoccuparti. Attenendosi solo ai fatti, quella della strega è una semplice “aggiunta” a quella che era una vecchia  leggenda del folklore locale, che parlava di demoni che presumibilmente infestavano questo territorio molti secoli addietro. La donna che vedi in quel quadro, non era affatto un utilizzatrice delle arti oscure, bensì, l'amante del Capofamiglia. Una donna che si trovava a bordo di un sommergibile italiano che accompagnava i soldati giunti su quest'isola che all'epoca del secondo conflitto mondiale, poiché all’epoca era un luogo strategico. Lei si chiamava appunto Beatrice… Beatrice Castiglioni ed era realmente in possesso di una spropositata quantità d'oro sotto forma di lingotti che cedette a Kinzō Ushiromiya. I due ebbero probabilmente una storia, cosa che portò l'uomo a divenire ubriaco d'amore oltre che di potere. Comunque questa donna Beatrice, è morta molto tempo fa, e la storia che sia una strega è una semplice storiella suggestiva. Almeno questo è ciò che ho scoperto ed ho potuto dedurre, frugando un po' negli archivi storici dell'epoca. Per cui puoi restare senza aver paura. Nessuna Strega potrà farti del male signorina, okay?» - terminò facendole l'occhiolino.

 

La donna in questione era una detective ventinovenne, che rispondeva al nome di Ikumi Soda, famosa per riuscire a ricostruire le dinamiche dei delitti, a partire dalle tracce di sangue, lasciate sul luogo del misfatto.

 

«Voglio precisare che non è certo opera di una qualche strana arte magica, se Kinzō Ushiromiya è riuscito a riportare in auge il nome della famiglia. Dopo il terremoto del Kantō, è riuscito a creare un impero. Ha semplicemente fatto delle scelte oculate ecco tutto. Alla sua morte, era molto malato e nei suoi deliri urla il nome di questa famosa Beatrice... secondo il mio modesto parere, è stato un abile investitore che invecchiando, ed anche  a causa della sua malattia, ha finito con il rimpiangere il proprio passato… mettendo in giro la storia della strega; il resto sono tutte chiacchiere di qualche approfittatore che ha pensato altrettanto bene di lucrarci sopra.»

 

«Soda-sama, è riuscita a sistemarsi al meglio? E lei, ha trovato quello che cercava Senma-sama?» - chiese la domestica, avvicinandosi.

 

«Sì, la stanza è perfetta grazie e no, purtroppo non ho avuto fortuna» - disse la donna scendendo le scale a braccia incrociate.

 

«Anch'io non ho avuto problemi a sistemarmi, questo posto è molto confortevole.» - aggiunse la signora che rispondeva al  nome di Furuyo Senma.

 

Una detective sessantatreenne, abile investigatrice in grado di risolvere casi comodamente seduta sulla poltrona di casa sua, sentendone semplicemente la storia. Le sue deduzioni erano brillanti e Ran la conosceva di fama, per cui quando sentì che anche la donna affermava che non poteva essere opera di stregoneria, si sentì in qualche modo più sollevata, liberando dalle labbra un sospiro.

 

Poco dopo il rumore di un tuono, annunciò che qualcuno aveva aperto la porta d'ingresso, attirando dunque l'attenzione dei presenti, un uomo sulla quarantina dal volto squadrato, con indosso un completo verde, un cappello tra le mani, ed un pacchetto di sigarette in mano che ripose subito dopo all'interno della giacca.

 

«Non mi sorprende che non abbia trovato ciò che cercava. Questa villa è stata riedificata non molto tempo fa. Non troverà i segni del massacro tra queste mura e poi a quanto si dice, prima di poter raggiungere quella stanza, dovremo risolvere l'indovinello, dico bene?» - sorrise l'uomo, che era bagnato fradicio, ma nonostante questo sembrava totalmente a suo agio.

 

«Sì, è esatto, ma- Ah! Mogi-sama, non ha preso uno degli ombrelli della Guest House?! Si prenderà un malanno! Aspetti, vado a prendere un asciugamano!» - detto ciò la cameriera svanì nel corridoio, tornando qualche minuto dopo con un paio di asciugamani.

 

«Tipico di uno sbarbatello come te. Volevi fumare e sei uscito prendendo un ombrello difettoso, tutto per l'urgenza di rovinarti i polmoni. Dovresti mettere la testa apposto e metter su famiglia. Mi pare di avertelo già detto una volta» - intervenne Senma, dimostrandosi in confidenza con il nuovo detective appena giunto all'edificio principale: Harufumi Mogi.

 

«Tsk... non accetto consigli da te vecchia. Comunque ho cercato il ragazzo per chiedergli se ci fosse un qualche ombrello migliore, ma a quanto pare doveva aver preso l'unico buono, quindi ho tentato lo stesso. Quello non sembrava così sgangherato...» - disse indicando con il pollice la struttura di ferro rimasta al di fuori dell'ingresso dove l'aveva poggiata - «Ma con il tifone che infuria là fuori, sarebbe stato un miracolo se avesse retto.» - prima di chiudere la porta, per evitare che gli schizzi di pioggia bagnassero il tappeto.

 

«Ecco prenda!» - la cameriera glieli porse e quello accetto sorridendo, asciugandosi la testa - «Che strano... non è da Kanon-kun fare una cosa simile. forse era un po' distratto. Sarà andato a controllare la caldaia per assicurarsi che la temperatura fosse adeguata. Mi dispiace, mi scuso per lui. Vuole che le porti dei vestiti di ricambio?» - domandò Shannon, ricevendo un cenno negativo in risposta.

 

«Non si preoccupi. Ho un cambio nella mia stanza, mi basterà mettere ad asciugare questi sul termosifone e per domani saranno asciutti e come nuovi» - replicò Mogi, sorridendo spavaldo.

 

«Come preferisce...» - rispose la cameriera, con un lieve inchino.

 

«A proposito di malanni e malattie non trovate strano che all'epoca del massacro sull'isola ci fossero 18 persone?»

 

Una voce dal suono dolce e vellutato risuonò ponendo quell interrogativo, poco dopo un falco volò all'interno della stanza, per poi andare ad appoggiarsi sulla ringhiera della scala, generando uno stupore generale; al che un liceale biondo e dagli occhi castani, vestito con un completo marroncino chiaro, fece capolino dalla sala adiacente al soggiorno, con in mano un'agenda, trattavasi del figlio del Questore della Polizia Metropolitana di Tōkyō, Saguru Hakuba. Tornato dall'inghilterra a causa della convocazione pervenutagli per posta, la quale spuntava dall'agenda, rimanendo in bella vista.

 

«Stando ai referti ed ai rapporti del suo medico, che ho trovato questo pomeriggio nella Guest House, il Capofamiglia è deceduto nel 1984, il certificato è stato compilato del medico di famiglia, poi perito anch'egli nella carneficina; in cui si attesta che Kinzō Ushiromiya è deceduto a seguito di una malattia terminale, per cui come mai risulta ancora vivo nel Ottobre del 1986... non credete che anche questo sia un tassello interessante da chiarire».

 

«Ragazzo è molto più semplice di quanto sembri. Alla morte di Ushiromiya, due dei suoi congiunti hanno occultato il fatto per poter rimandare la discussione sulla spartizione dell'eredità. Tutti i figli di quell'uomo navigavano in cattive acque, per cui immagino che fosse un modo per guadagnare tempo. Se avessero tutti creduto che il loro padre fosse ancora vivo, avrebbero avuto modo di accaparrarsi una fetta di eredità più grossa. Tutto qui, si è trattato solo di un'opera di pura avidità.»

Ancora una volta la detective Senma intervenne esprimendo il suo punto di vista, per poi aggiungere rivolgendo uno sguardo al giovanotto.

 

«Non siamo qui per scoprire gli intrighi della famiglia Ushiromiya, rimasti sepolti sotto la polvere ormai tanto tempo fa... la questione qui è un'altra... per quello hanno teorizzato abbastanza i fanatici sulla rete.»

 

La detective Ikumi sorrise, cogliendo a cosa si riferisse l'altra - «Giusto, il mistero da svelare qui e... chi mai può avere dopo tanto tempo, l'interesse di rivangare questa vecchia storia...»

 

«...prendendosi anche la briga di riedificare una villa» - proseguì Mogi

 

«Radunandoci tutti qui per risolvere l'epigrafe della Strega per chissà quale motivo...» - disse l'anziana detective.

 

«Spero che non si tratti solo di un fanatico che vuole ripetere le circostanze di quella notte, come se fossimo nella serie di omicidi dell'alfabeto di Agatha Christie.» - Ran commentò, dimostrandosi preoccupata.

 

Hakuba le si accostò, ponendole una mano sulla spalla per rassicurarla - «Non penso sia questo il caso signorina.» - affermò il ragazzo apparendo piuttosto sicuro di sé a riguardo - «Sono piuttosto certo che chi ci ha riuniti tutti qui... lo ha fatto solo perché aveva bisogno di "attori", per il suo spettacolo. Per ora, ha radunato il cast e predisposto l'enigma principale. Sicuramente, se il nostro cliente vorrà dell'altro da noi, si farà sentire con una di queste» - disse facendo riferimento alla lettera, che aveva portato con sé.

 

Conan dovette concordare con lui, anche se l'idea che uno sconosciuto le stesse troppo vicino non le piaceva, per cui, si intromise montando una delle sue solite "scenette", ed approfittandone per chiarire il suo dubbio riguardo quel simbolo che sembrava essere strettamente connesso a questo mistero - «Sentite... è da un po' che me lo chiedo, ma qualcuno di voi ha idea di che cosa sia questo simbolo stampato sia sulla lettera che sul sigillo? Anche la signorina Shannon ha lo stesso marchio tatuato sulla coscia e non riesco proprio a capire che significa!»

 

«L'ho chiesto alla signorina appena l'ho notato. Pare sia un'aquila mono-alata, simbolo del casato Ushiromiya. È come un segno di appartenenza. Pare che sia la servitù che i membri della famiglia portassero questo stesso simbolo o tatuato sulla propria pelle o ricamato sui vestiti, in segno di rispetto verso la propria affiliazione» - una voce maschile molto profonda, si fece avanti nel corridoio.

 

Apparteneva ad un uomo corpulento, sulla cinquantina, dai capelli, baffi, pizzetto e sopracciglia folte e molto scure, si fece avanti indossando un elegante completo bianco.

 

Non appena lo vide Shannon sussultò e poi fece un profondo inchino nei suoi confronti - «Ōgami-sama, le sono infinitamente riconoscente per quello che ha fatto, è un ospite eppure ha dovuto occuparsi della cena, senza poter usufruire del mio aiuto, le chiedo ancora infinite scuse.»

 

«Bé... questa villa ha una dispensa  piena zeppa di ingredienti di alta qualità, ma non è provvista neppure di un cuoco il che è a dir poco inaudito, dovevo rimediare assolutamente a questa grave mancanza. D'altronde gli omicidi ed il buon cibo solo l'unica cosa in grado di tenermi attivo il cervello. Signorina, se vuole può cominciare a servire i piatti, è tutto giù pronto, dovrete solo servirli come le ho spiegato.» - concluse il detective gourmet, sistemandosi la cravatta

 

Kogorō osservò quella scena con un leggero disappunto e borbottando tra sé e sé - «La signorina Shannon è fin troppo cordiale e gentile, con un tipo del genere, che razza di tono con il quale rivolgersi ad una ragazzina.»

 

Il ragazzino occhialuto, osservò la domestica scusarsi un'altra volta con un profondo inchino; pensò tra sé che l'organizzatore di tutto ciò avesse messo in conto di assumere solo due domestici e nessun cuoco, perché aveva deliberatamente scelto Ōgami come partecipante, dunque aveva rifornito di materie prime il posto, sapendo bene che ci sarebbe stato qualcuno in grado di utilizzarle al meglio, aveva senso. Quel che non gli tornava era proprio quella domestica... quel suo fare così reverenziale, non lo convinceva per niente, ma meno ancora capiva il significato del tatuaggio che la ragazza presentava sulla coscia destra. Se davvero era il simbolo di riconoscimento della famiglia Ushiromiya, significava forse che aveva qualche legame con essa?

 

«Se siamo tutti presenti, direi che sarebbe anche l'ora di cominciare a cenare, ormai si è fatto piuttosto tardi, sono quasi le nove» - suggerì Ōgami, rivolgendo lo sguardo verso la ragazza che aveva appena ripreso.

 

Shannon ebbe un leggero sussulto e con leggero imbarazzo, denotato da un suo sfregarsi le mani tra loro, prese la parola un po' di titubanza - «Ecco... Sì, lo faccio subito, però... veramente ci sarebbe ancora una persona che ha ricevuto la convocazione e che voi signori non avete ancora incontrato. È uno scrittore, è conosciuto con lo pseudonimo di Itouikukuro Zerogonanaroku, il suo vero nome è Tōya Hachijō-sama.»

 

«Oh davvero?» - sorrise Harufumi in modo sornione - «Questa è bella... al nostro ospite non bastavano sei detective, anche uno scrittore»

 

Senma si mise a ridacchiare divertita alla notizia - «Questa poi... dev'essere una punizione per la mia linguaccia lunga. Critico a cuore aperto i formulatori di fandonie sugli eventi occorsi su quest'isola, ed ecco spuntar fuori un fior fior di speculatore; me la sono proprio andata a cercare.»

 

«In effetti, potrebbe essere interessante, avere un punto di vista esterno, di chi ha costruito una carriera su teorie pseudoscientifiche, riguardo questa vicenda macabra.» - sorrise il liceale, ponendo la mano sul mento.

 

Kogorō ora come ora, si sentiva davvero confuso, aveva immaginato si riferissero ai cosiddetti "Witch hunters", ma quel nome, non gli diceva proprio un bel niente, quindi si portò una mano alla nuca e rivolgendosi al gruppo fu costretto ad ammettere la propria ignoranza - «Scusate se m'intrometto, ma questo Hachijō è davvero così famoso?»

 

La detective Ikumi annuì - «Lo è eccome. La sua identità rimane un mistero, alle conferenze Hachijō si presenta come una donna di gran fascino ed elegante, ma si dice che questa sia solo una facciata e che non sia la sola autrice di numerose storie, ispirate a questo caso.» - cominciò a spiegare l'investigatrice dai capelli mossi - «Il suo stile è scorrevole e coinvolgente, ed ha attirato l'attenzione per il suo rivelare  nei suoi romanzi, particolari riguardanti i membri della famiglia Ushiromiya, dettagli che solo qualcuno di molto vicino ad essi potrebbe conoscere. Le sue storie hanno alimentato le più svariate e fantasiose teorie. Da chi sostiene che il massacro sia realmente opera di forze soprannaturali e chi incolpa praticamente ogni membro della famiglia di essere l'artefice di tutto. Più che scoprire la verità sul caso, ha pensato bene di lasciare che ognuno, scegliesse la soluzione che preferisse. Ha trasformato un fatto di cronaca, in un mystery piuttosto avvincente.»

 

Mentre gli investigatori si scambiavano opinioni, Shannon face cenno a Ran di avvicinarsi e di porgerle orecchio, così lei fece:

 

«Mi dispiace chiedere ad un'ospite questo favore, ma potrebbe portare lei, Hachijō-sama, in sala da pranzo, Ran-sama? Vede purtroppo è impossibilitato a muoversi da solo ed inoltre, vorrei che fosse Kanon-kun ad occuparsi di servire la cena, quindi andrei a chiamarlo, ma non posso fare entrambe le cose allo stesso tempo purtroppo. Se fosse così gentile...»

 

La ragazza sorrise a quella richiesta, avrebbe anche dato una mano in cucina se avesse saputo la cosa in anticipo, non le dispiaceva affatto aiutare, per cui accettò di buon grado - «Certo, dove si trova?»

 

«Nelle stanza dei domestici, nell'anticamera che precede la cucina, l'unica porta che vedi, non puoi sbagliare.» - le indicò Shannon - «Dì pure che ti mando io.»

 

«Va bene ho capito.»

 

La cameriera ringraziò nuovamente Ran e si congedò con un inchino, prendendo la porta d'ingresso e correndo sotto la pioggia in direzione della casa degli ospiti, con sulla testa un asciugamano di quelli che erano avanzati da prima. la tempesta intanto infuriava, con la pioggia ed il vento che facevano tremare gli infissi e qualche fulmine occasionale che rischiarava con il suo frastuono il buio della sera. Ran fece come la domestica le domandò e si diresse verso l'anticamera, che conduceva sa alla cucina e si diresse verso la porta adiacente ad essa.

 

«Hachijō-san... sono un'amica di Shannon, mi ha chiesto di venirla a prendere, perché sta per essere servita la cena. Posso entrare?»

 

Bussò pian piano alla porta, proprio mentre un fulmine si abbatté nelle vicinanze creando un gran frastuono ed una luce forte, per cui la ragazza non fu molto sicura che la persona dall'altra parte avesse potuto udire chiaramente le sue parole, per cui attese che il frastuono cessasse, prima di riprovare un’altra volta. Non appena si accinse a battere di nuovo le nocche contro la superficie di legno, un rumore, simile ad un rantolo, proveniente dall’altro lato della porta, la congelò sul posto, facendola restare in ascolto per qualche momento, per capire che cosa stesse accadendo:

«Ghn… Agh... AAAAAH!» - una specie di urlo di disperazione fece trasalire Ran quando lo udì - «Perché… non avrei dovuto venire qui… mi sono lasciato fregare come un idiota! Io sono io… Merda!»

Ebbe la sensazione di udire dei singhiozzi soffocati. La voce che udì fu quella di un uomo, non poteva sbagliarsi. Si chiese cosa avrebbe dovuto fare, mentre allontanava la mano dalla porta, attese nell'incertezza qualche minuto prima di fare quello per cui era andata lì. Bussò con fermezza alla porta della stanza dei domestici. Il pianto cessò di colpo. Per qualche secondo non udì risposta, poi la voce, che ora pareva ferma e nitida, rispose quasi con un accenno di rabbia nel tono - «Chi è?»

«Ehm… mi scusi il disturbo, Hachijō-san, mi chiamo Ran Mōri. La domestica Shannon, mi ha chiesto di venire da lei per condurla in sala da pranzo, perché la cena verrà servita tra poco. Posso entrare?»

 

Deglutì, si sentiva in colpa per aver origliato, quindi provò un po’ di tensione negli attimi che rimasero vuoti, mentre attendeva la replica da parte della persona dall’altra parte.

La voce rispose ancora in maniera secca - «Entra pure.»

Ran allora, annuì in maniera automatica, nei confronti della porta, e tese la mano verso la maniglia dorata della porta, abbassandola ed aprendo l’uscio a poco a poco, sbirciando dentro con una certa titubanza - «Scusi per il disturbo...» - quando ebbe aperto quasi completamente la porta, ebbe un leggero sussulto e spalancò  gli occhi per la sorpresa. Ora che sapeva perché quell’uomo aveva bisogno di assistenza per raggiungere la sala, si sentiva davvero in colpa, per aver in qualche modo invaso la sua privacy, in quel modo.

 

La porta si spalancò su di una stanza non troppo spaziosa, ma che aveva un paio di divani, un tavolino da caffè ed un aspetto tutto sommato accogliente.

 

La figura che rispondeva al nome di Tōya Hachijō, era un giovane sulla trentina.  Aveva i capelli albini che portava in taglio corto, indossava un completo nero con giacca chiara ed una cravatta verde scura. Sedeva su di una sedia a rotelle e Ran notò subito che la stava fissando con un paio di occhi blu profondi come le onde del mare. L'uomo fece un leggero sorriso nei confronti della ragazza.

 

«Sei la figlia del detective Mōri, immagino. Sono mortificato che Shannon-chan abbia dovuto chiederti di accompagnarmi. Bastava che mi avvisasse e vi avrei raggiunto...» - disse sbloccando il freno della carrozzina.

 

«Sì sono sua figlia e non si preoccupi, non è un disturbo» - la ragazza si avvicinò ed afferrò la carrozzella muovendola cautamente verso la porta spalancata.

 

«Presumo che la mia presenza abbia scatenato diverse reazioni. Di solito i romanzieri non sono molto apprezzati, quando usano fatti di cronaca come base per le loro storie...» - ipotizzò Tōya.

 

Il tono dello scrittore era placido ed avvolgente, tanto da fare da sottofondo a Ran che era più concentrata nel spingere cautamente la sedia, che nell'ascoltare le sue parole. In qualche modo poté notare una certa malinconia tra una frase e l'altra da lui pronunciate. Poi una domanda riportò la liceale alla realtà:

 

«A te piacciono i romanzi Gialli, signorina?» - le chiese l'autore, con uno slancio che non si aspettava per cui ne rimase sorpresa.

 

«Huh? Ah… Sì… in un certo senso… ho un mio amico d'infanzia appassionato di Holmes, quindi diciamo che mi è difficile evitare più di tanto l'argomento»

 

Ran poté sentire Tōya ridere alla sua affermazione - «Ah, come ti capisco! Anch'io ho finito per interessarmi alla scrittura di romanzi del mistero, grazie ad un'altra persona. Quindi non mi dici niente di nuovo.»

 

«Davvero… e questa persona, è importante per lei?» - non resistette alla tentazione di porgerle quella domanda, ma non pretendeva lui le rispondesse, visto che avrebbe potuto essere stata in qualche modo inopportuna.

 

«Direi proprio di sì. Le devo la vita.» - fu la sua replica, seguita da un lungo silenzio da ambedue le parti.

 

Il pensiero della ragazza naturalmente andò subito a Shin'ichi. A lui sarebbe piaciuto trovarsi in un posto del genere a discutere con altri investigatori su questo caso, ed in particolare concentrandosi sulle incisioni sottostanti il quadro nel salotto. Quando vi passarono accanto per dirigersi verso la sala da pranzo, Ran dette uno sguardo alla donna, ed ebbe un brivido lungo tutta la colonna vertebrale, quindi le venne in mente di fare allo scrittore una domanda a riguardo.

 

«Lei… lei crede all'esistenza delle streghe, Hachijō-san?»

 

«Se credo alle streghe? … bè non penso che esistono così come esistiamo tu ed io o tutte le persone presenti in quella sala. Se ci basiamo su questo principio, ti direi proprio che non ci credo per nulla.» - ammise l'uomo - «Questo non significa che non possano esistere, o meglio, se mi portassero delle  prove concrete a sostegno della loro esistenza, potrei considerare l'idea. Certo, non crederei mai che volino a cavallo di una scopa o che possano generare oro dal nulla, neanche se lo vedessi però...»

 

«Capisco, quindi anche lei è scettico ha lo stesso spirito critico di un detective in qualche modo» - sorrise la liceale.

 

«Mah… possiamo dire così. Questo per quanto riguarda le streghe in generale, ma per questa strega in particolare la storia è diversa...» - Tōya tornò ad assumere un tono basso e malinconico, rivolgendo anch'egli lo sguardo al dipinto - «Beatrice la Strega Dorata… è esista davvero, ed ha avuto un qualche ruolo nello sterminio delle persone presenti qui nella notte tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986, di questo sono più che sicuro.»

 

«C-Che cosa intende dire?» - domandò la ragazza con un leggero tremolio di voce.

 

Allora il ragazzo ridacchiò e disse in modo piuttosto inquietante, calibrato appositamente - «Chissà… magari questo "fantasma", ci ha convocato qui proprio per farcelo scoprire! Magari con una dimostrazione pratica...»

 

«Lo crede davvero?!» - lo incalzò Ran per avere più dettagli in merito alla sua teoria.

 

«Certo. Probabilmente… sta già progettando di uccidere qualcuno durante la cena di stasera...» - Tōya creò un po' di suspance, mentre poté sentire la ragazza ingoiare un groppo di saliva - «…con i suoi poteri oscuri!»

 

La ragazza assunse un'espressione seccata -  «Si sta prendendo gioco di me, non è così?»

 

L'uomo cercò di reprimere una risata - «Scusa scusa… non devi sentirti tesa. Ti ripeto che non abbiamo a che fare con qualcosa di soprannaturale, è tutto umano, troppo umano..» - citò il filosofo Nietzsche appositamente, per dare una base filosofica alla sua affermazione, d'altro canto anche la religione, era un'invenzione dell'uomo, utile a permeare di un senso la sua esistenza, desiderio squisitamente umano. Allo stesso modo "Beatrice, la strega dorata", era stata usata come espediente per giustificare quella violenza inaudita, che si basava anch'essa su qualcosa di decisamente umano: il desiderio di mettere le mani su venti milioni in lingotti d'oro, come affermato anche precedentemente dalla detective Senma.

 

«Posso dirti per certo che è esistita una persona che si considerava una "strega dorata" e che come ho detto ha fatto la sua parte....» - riprese Hachijō, tornando serio - «… chi ci ha convocato, questo lo sa bene e lo sta sfruttando a suo vantaggio.. Un detective che si vede inviare un biglietto tanto elaborato, ma con una firma dalla valenza discutibile, sarà portato per natura a voler andare a fondo della questione. Perché i fantasmi e le streghe non esistono a questo mondo. In più è stata spacciata per una gara di deduzioni, quindi un modo per prevalere su altri o comunque di mettersi alla prova, se a tutto questo aggiungi il fatto che esistono infinite speculazioni su questa storia e che ormai non esiste più nessuno che possa confermare o smentire la vera natura della tragedia ottieni… un cocktail a cui nessun amante del mistero può resistere.» - l'uomo intrecciò le mani e le poggiò sulle ginocchia insensibili, proseguendo - «C'è da ammirare questo misterioso individuo per altro… l'esecuzione del suo piano finora è stata perfetta. È talmente sicuro di sé e delle sue capacità che lo ha persino anticipato nell'invito. Da quando abbiamo messo piede su Rokkenjima, scendendo dal battello, ognuno di noi è diventato automaticamente una pedina, a completa disposizione dell'organizzatore, che avrà certamente intenzione di divertirsi con noi, in qualche modo, facendoci spremere le meningi di sicuro… ma non possiamo escludere la possibilità, che si tratti di qualche malato di mente, che voglia spingerci a replicare gli eventi occorsi quella fatidica notte...»

 

«Quindi in altre parole pensa davvero che questa persona sia già-»

 

«Ah! Eccoti Ran-nēchan!»

 

La frase della ragazza venne lasciata a metà non appena udì la voce di Conan che era uscito dalla sala da pranzo, appunto per cercarla e raggiunse con una lieve corsa, lei e l'uomo sulla sedia a rotelle.

 

«Lo zietto ed io stavamo cominciando a preoccuparci, non vedendo arrivare; inoltre la cena sta venendo servita, se non vi sbrigate si fredderà tutto!» - gli informò il ragazzino occhialuto.

 

«Hai ragione, scusami Conan-kun e grazie per esserti preoccupato.» - sorrise Ran, accarezzandogli i capelli.

 

«Non è niente...» - sorrise il piccolo.

 

Tōya parve sorrise appena nell'assistere a quella scena, poi domandò rivolgendosi a Ran a cui poté di nuovo rivolgere lo sguardo visto che si era fatta avanti, per raggiungere il bambino - «È il tuo fratellino?»

 

Ran scosse la testa - «No, Conan-kun è il nipote di un amico di famiglia, vive a casa mia con mio padre, perché i suoi genitori sono spesso all'estero.» - spiegò lei sorridendo.

 

«Oh, capisco.» - sorrise l'albino, che venne attirato poi da una domanda da parte dello stesso studente delle elementari.

 

«Lei ha fratelli Hachijō-san?» - chiese.

 

«Sì, una sorella minore Yukari Kotobuki-sensei. Anche lei è una scrittrice, si occupa di libri illustrati per bambini. Ormai tu sei grande e ti annoieresti con uno di quelli ometto, ma lei è molto brava, nell'editoria per piccini è molto famosa.»

 

Conan assunse un'espressione sorpresa. Gli aveva dato una semplice occhiata e già aveva almeno un paio di domande importanti che gli ronzavano per la testa, riguardo quello scrittore di teorie, basati su quel che era avvenuto sull'isola, ma non poté chiedere altro, perché Ran prese la parola per prima.

 

«È vero e poi Conan è più un tipo da romanzi gialli!» - sorrise in qualche modo orgogliosa di ciò - «È un bambino molto sveglio, sa un sacco di cose. Avrà modo di vederlo lei stesso, quando ci toccherà risolvere l'indovinello.»

 

Quelle affermazioni di Ran, misero Shin’ichi leggermente in ansia… percepì come una sensazione di pericolo, che lo trapassò da parte a parte. Guardò la ragazza, e poi l'uomo… cos'era stato? Cosa gli aveva provocato quell'attimo di terrore? Forse l'idea che Ran sospettasse nuovamente di lui?

 

No… era diverso. Doveva centrare quel Tōya Hachijō. Per qualche motivo che ancora non riusciva a spiegarsi, quell'uomo non gliela contava giusta.

 

«Oh… ma dai! Se così non vedo l'ora di vederti all'opera, ragazzino.» - gli sorrise l'albino.

 

Lui annuì un po' esitante, per poi parlare in con tono infantile, quasi lamentoso  - «Bè, allora andiamo? Io comincio a non vederci più dalla fame!»

 

Ran si mise dunque, di nuovo dietro la carrozzina, tornando a spingerla verso la loro destinazione posta a pochi metri di distanza. Mentre Conan faceva loro strada, sentiva come se… quell'ultimo partecipante a quella rimpatriata, avesse voluto raggiungere i suoi pensieri, perforanfogli la nuca attraverso l'intensità del suo sguardo.

 

Giunti nella sala gli sguardi di tutti si diressero naturalmente verso i due che avevano fatto ritorno portando con loro l'ultimo invitato.

 

«Era ora… che c'è ti eri persa Ran?» - borbottò Kogorō, mentre lei e Conan raggiungevano i posti vuoti al suo fianco.

 

«Non mi ero persa!» - ci tenne a far sapere la ragazza - «Ho solo scambiato due chiacchiere con Hachijō-san a proposito della Strega.»

 

Tōya a quel punto si intromise - «Vi chiedo scusa, per aver fatto ritardare l'inizio della cena…»

 

Mogi rise a quell'affermazione - «Si figuri, abbiamo aspettato volentieri, dopotutto avere un autore così famoso alla nostra tavola è un vero onore, giusto vecchia?»

 

Senma annuì - «Sottolineare i miei errori non ti aiuterà ad essere un'uomo migliore, ne sei consapevole? Concordo in ogni caso, è un'opportunità unica… finalmente abbiamo l'occasione di vedere il volto di chi ha fatto fortuna, speculando su questo caso. L'unica cosa che non mi aspettavo e che si trattasse di un ragazzo così giovane.»

 

«Ed in questa situazione poi, può esserci di grande aiuto, essendo un tale esperto riguardo a ciò che accadde qui 12 anni fa...» -  osservò Soda, poggiando un gomito sul tavolo e sorridendo.

 

«Addirittura un "esperto", non direi. Sono solo uno scrittore che ha sfruttato una buona opportunità. Non sono arrivato al successo grazie a grandi capacità di deduzione come le vostre signori. Per cui sarò io quello onorato dal potervi aiutare o meno in questa situazione.»

 

Era palese che nessuno in quella stanza fosse entusiasta della presenza si quell'uomo. Come se con le sue storie avesse tentato di mettere  in ombra la vera natura di quella vicenda -- non era stato l'unico, certo tuttavia -- in quell'istante era visto un po' come un "nemico" da tutti coloro che ricercavano la verità ed erano presenti in quella stanza. Tōya Hachijō doveva esserne più che consapevole, perché anche il suo tono si inasprì durante la lode ai detective. Ran pensò si trattasse di un semplice modo per restituire il favore, dal momento che non gli sembrò affatto una persona ostile. Sembrava solo come se in alcuni momenti i suoi occhi si velassero di una profonda tristezza... quella fu la sensazione che ebbe guardandolo, quando incrociò il suo sguardo per la prima volta, entrando nella stanza della servitù.

 

Durante quel breve scambio di battute, un giovanotto con capelli a caschetto neri, occhi azzurri,  con indosso una divisa nera -- ricordava in qualche modo un frac per via delle due code in cui terminava -- con colletto bianco il cui taglio ricordava un papillon, su cui era ricamato lo stemma della famiglia Ushiromiya, aveva inoltre un lembo ornamentale di tessuto lilla, tenuto fermo da una gemma che scendeva dalla congiunzione dei due lembi del colletto, così da dare un tocco di colore in più. Indossava poi pantaloni lunghi fino a sotto il ginocchio, rosso scuri coordinati al cappello dello stesso colore, calzini corti a righe orizzontali nere e bianche e scarpe marroni; servì i piatti anche a Ran, Tōya e Conan. Quando si era presentato agli ospiti, annunciando che sarebbe stato lui a servire loro la cena, si era identificato come Kanon, quindi il fratello minore che la cameriera Shannon aveva nominato poco prima.

 

«Per curiosità, dove si trova adesso la signorina Shannon?» - domandò perplesso il giovane Hakuba, non vedendola nella stanza.

 

Kanon prese la parola rispondendo alla sua domanda, immediatamente - «Nēsan, si sta occupando della cucina al momento. Ōgami-sama ha raccomandato che il secondo fosse servito caldo, come appena scolato dalla pentola.»

 

«Esatto, si tratta di un involtino dalla cottura dai tempi dilatati, il cui ripieno deve essere gustato rimanendo caldo e morbido, quindi è meglio impiegare all'ultimo minuto» - confermò l'investigatore con baffi e pizzetto, con un'aria alquanto superba dipinta sul volto.

 

«Oh… capisco.» - replicò Kogorō prendendo con la forchetta un pezzo di vitel tonnè che era stato servito come antipasto.

 

Harifumi prese di nuovo la parola dopo essere rimasto in silenzio per un po', rivolgendosi anch'egli al giovane domestico - «A proposito, non ho avuto occasione di chiederlo prima, ma… come mai ci siete solo voi due in quanto domestici? Come siete stati assunti e quali istruzioni avete ricevuto… credo sia ora di chiarire questo punto.» - dichiarò l'uomo dal volto quadro, aggiungendo anche - «Inoltre mi incuriosisce non poco il tatuaggio che la cameriera ha sulla gamba… puoi darci una spiegazione, ragazzo?»

 

Questi fece un lieve inchino in avanti - «Sì, certamente.» - disse per poi estrarre dall'interno propria giacca una busta del tutto identica a quella che ognuno dei presenti aveva ricevuto precedentemente, dove li si invitava a recarsi sul luogo, completo di sigillo in ceralacca.

 

La pose sul tavolo in modo che tutti potessero esaminarla con la massima libertà.

 

«Nēsan e io proveniamo dalla Fukuin House, un orfanotrofio che avvia a conoscere un mestiere, per noi quello di mob- … di domestici.» - cominciò il ragazzo - «Ushiromiya Kinzō-sama era solito assumere da sé coloro che avrebbero prestato servizio presso la villa. Fin da quando Nēsan aveva circa 6 anni, ha lavorato tra questi spazi, ed è stata per questa ragione omaggiata del prestigioso simbolo dell'aquila mono-alata. Come potete vedere, siamo stati contattati da Beatrice-sama tramite una missiva, con annessi due Master Key (Passepartout) così che avessimo accesso ad ogni edificio presente sull'isola senza difficoltà. All'inizio non abbiamo ricevuto istruzioni specifiche, ci è stato chiesto solo di raggiungere Rokkenjima due o tre giorni prima, per poter predisporre tutte le stanze per il vostro arrivo...»

 

Lo sguardo del domestico guizzò verso Kogorō e la sua famiglia, rivolgendo loro la parola - «A tal proposito devo chiederci di scegliere le stanza in cui alloggerete per la notte, così che io e Nēsan possiamo sapere dove recarci l'indomani in modo da avvisarvi quando la colazione sarà in tavola.»

 

Il detective coi baffetti annuì e cominciò a parlare - «Va bene allora credo che alloggeremo-»

 

«Vicino alla VIP Room! Ci sono delle stanze libere vicine alla VIP Room?» - intervenne il piccolo, provocando l'ira di Kogorō e ricevendo un pugno in testa per tutta risposta - «Che male!»

 

Kanon esternò una risatina - «Certo, le stanze adiacenti sono libere. Sistemerò i vostri bagagli in quelle stanze allora.» - detto ciò riprese il discorso rimasto a metà - «Come stavo dicendo, non abbiamo ricevuto particolari istruzioni prima di aver accesso alla villa. Ci siamo sistemati nelle stanze delle servitù come abbiamo avuto ordine di fare e lì… abbiamo trovato un'altra lettera...» - estrasse anche questa della tasca e la pose sul tavolo, mentre la prima passava lentamente di mano in mano, quella avrebbe sicuramente fatto lo stesso - «L'istruzione di tenere la lettera come vedete e tra le prime raccomandazioni che ci viene fatta, proprio perché voi possiate disporne a piacimento. Questa seconda lettera ci comunica la lista degli invitati con nomi ed indirizzi, nonché il modello dell'invito su cui basarci; abbiamo prodotto noi gli inviti che avete ricevuto. Buste, carta da lettere e materiale per sigillare insieme ad una macchina da scrivere erano presenti nella Guest House. Abbiamo poi incaricato il comandante del battello di inviarli per nostro conto. Perché c'è stato ordinato di non lasciare l'isola per nessuna ragione. Era necessario che fossimo in grado di ambientarci il meglio possibile in modo da poter essere efficienti. Il terzo giorno di permanenza, il capitano del battello ci ha recapitato un'altra lettera da parte di Beatrice-sama, dice di averla trovata sulla sua barca, quella mattina stessa. Questa ci comunicava che nel cassetto della scrivania dello studio di Ushiromiya Kinzō-sama erano presenti delle ulteriori lettere che dobbiamo leggervi in momenti diversi, durante questa serata. La prima lettura avverrà dopo cena. Dopodiché sarete liberi di ragione sull'enigma dell'epigrafe come tutti voi sapete. I contenuti di queste altre lettere sono ignote anche a noi, quindi non posso darvi nessun altro dettaglio, sfortunatamente.»

 

Anche la terza missiva passò al vaglio degli investigatori. Lo stile era sempre lo stesso, erano scritte a macchina e tutte riportavano quella stessa firma: "Il fantasma della Strega Dorata, Beatrice".

 

La prima lettera conteneva appunto la convocazione formale e le poche istruzioni specificate da Kanon. La seconda anche riportava ciò che aveva detto, quando Conan la ebbe tra le mani si concentrò con più interesse più sulla lista degli invitati -- che sulla lettera in sé -- che riportava la seguente dicitura:

 

"Le persone citate in questa lista sono autorizzate a portare un massimo un accompagnatore. Fate in modo, se vi è possibile, che il numero di persone radunate per questa gara di deduzioni, non superi il doppio della lunghezza di questo elenco. In caso alcuni di loro non fossero reperibili, siate creativi, conto su di voi"

 

Dopo ciò cominciavano a venir citati i nomi dei detective che avrebbero dovuto essere convocati.

 

Itouikukuro Zerogonanaroku

Hakuba Saguru

Hattori Heiji

Kudō Shin'ichi

Mogi Harufumi

Mōri Kogorō

Ōgami Shukuzen

Senma Furuyo

Soda Ikumi

 

Gli invitati erano nove in tutto. La frase sovrastante era indicativa, era chiaro cosa avesse in mente il responsabile...

 

"Sì, ma per quale motivo lui lo farebbe?" - si chiese il piccolo portandosi una mano alla fronte.

 

Erano arrivati da poco ed aveva ben pochi elementi a cui aggrapparsi per teorizzare; non era solo quello che trovava frustrante: perché c'era il suo nome lì?! Agasa evidentemente non aveva controllato la sua posta in quella settimana, altrimenti l'avrebbe saputo. Il fatto che avesse dichiarato di viaggiare per il Giappone risolvendo casi, non lo rendeva immune dal ricevere strane convocazioni a quanto sembrava.

 

La cena proseguì in tranquillità e naturalmente tutti i complimenti andarono allo chef. Per l'arrivo del dessert in tavola Hakuba, pose la lettera d'invito che aveva portato con sé, aperta sul tavolo ed unì le mani davanti al viso in atteggiamento riflessivo.

 

«Visto che ormai ci stiamo avvicinando alla famosa lettura, che ne dite di fare un breve riscaldamento tutti insieme… Analizzando il testo che ci è stato recapitato, vi va?»

 

«Ho capito, vuoi decifrare il significato che sta dietro la sua firma, esatto?» - anticipò Ran, apparendo entusiasta della cosa… in effetti era curiosa di capire per cosa stesse davvero quel titolo tanto inquietante.

 

«In effetti quella è la parte più semplice... Vorrei concentrarmi su un'altra parte della lettera che mi incuriosisce molto di più… ma possiamo ugualmente esplicitare prima il significato della firma, insieme all'ultima parte del messaggio, se siamo tutti d'accordo.» - disse il biondo, per poi leggere il passaggio a voce alta - « "Le rinnovo i miei migliori auguri, osserverò con la massima attenzione il suo operato, augurandomi di incontrarla a vicenda conclusa". Vediamo ora se siamo giunti tutti alle medesime conclusioni»

 

Mogi si alzò e si diresse verso una finestra posta sul fondo della sala, aprendo appena la finestra, al di fuori della quale la tempesta infuriava, per poter fumare una sigaretta senza arrecare fastidio a nessuno - «Non prendertela signorina, ma solo un'idiota non capirebbe ciò che s'intende con quelle frasi.» - prese una boccata di fumo l'uomo, per poi buttarla fuori poco dopo - «In altre parole, chi ha organizzato questa buffonata, in un punto posto sperduto in mezzo all'oceano… si trova in mezzo a noi e vuole vedere chi sarà il più abile nel decifrare il messaggio nascosto in quella specie di poesia incisa nell'Epigrafe sotto il dipinto nella Hall»

 

Senma intervenne poco dopo a portare a compimento quelle deduzioni - «Sicuramente ci imporrà delle condizioni per cui solo uno di noi, per primo riuscirà ad arrivare alla fine della prova che consiste naturalmente nel capire anche, chi sia di noi questo misterioso organizzatore… il quale si rivelerà solo alla fine del suo show.»

 

«E considerando le sue abilità, non sarà affatto semplice individuarlo» - sorrise Ikumi, divertita

 

Kogorō intervenì non capendo di cosa diavolo stessero parlando - «Un momento, da come ne state parlando, sembra che abbiate già idea di chi sia l'artefice. Se è così allora non potreste dirlo chiaro e tondo?!»

 

«Ma come uno come lei, è venuto senza immaginarlo? Eppure è scritto in maniera chiarissima: "Il Fantasma di Beatrice, la Strega Dorata"» - dichiarò Ikumi, senza però che questo mettesse Kogorō sulla buona strada a giudicare dalla sua espressione stralunata.

 

Mogi allora intervenne, cominciando a spiegare - «Phantom ovvero Fantasma, che appare ovunque ed è inafferrabile come un miraggio.»

 

«L'abile mossa con cui non si lascia sfuggire la preda è come un gioco di prestigio.» - disse Furuyo.

 

«Il genio del crimine che con tanti volti e tante voci come le stelle, mette in scacco la polizia» - affermò Ikumi in coda.

 

«Il piatto forte che noi detective stiamo aspettando con l'acquolina in bocca...» - proseguì Ōgami.

 

«È quel delinquente esibizionista che non vedo l'ora di sbattere in galera.» - riprese Mogi, facendo un lungo tiro di sigaretta.

 

«Colui che mira solo a tesori di grande valore come la montagna d'oro concessa alla famiglia Ushiromiya, dalla "Strega Dorata"; l'unico che ha messo in crisi le mie illazioni.» - si accinse a concludere il giovane Hakuba. A livello internazionale è conosciuto come "Kid, The Phantom Thief"»

 

«Kid… vuoi dire...»

 

Ran aveva capito, quindi decise di chiedere conferma. Anche Kogorō per allora ci era arrivato. Conan aveva cominciato a sorridere all'idea fin da quando erano in viaggio per raggiungere l'isola, al solo pensiero di incrociare di nuovo la sua strada.

 

Hakuba riprese - «Chi ha visto il suo manto nella notte nera lo chiama così...»
 

««Kaitō KID!»»

 

Il giovane Kanon e Tōya Hachijō, pronunciarono il suo nome all'unisono, il primo con aria seria, mentre l'altro mostrava un sorriso appena accennato, quasi di scherno al pensiero che un simile individuo, avesse messo in piedi uno scenario tanto elaborato. Proprio in quell'istante, il rombo di un tuono seguito dalla sua luce abbagliante, sembrò far cadere un silenzio colmo di aspettative e fibrillazione, da parte di tutti i presenti di quella sala da pranzo.

 

Conan si dette uno sguardo attorno…

Lui era lì, sotto mentite spoglie, per un attimo aveva percepito la sua presenza.

 

"Avanti, dove ti nascondi? Sotto quale di queste maschere? Non so cosa c'è sotto a questa faccenda, ma sta pur certo che ne verrò a capo!"

 

Kid dall'alto dell'anonimato concesso dalle sue abilità di trasformista, osservò i volti dei presenti uno ad uno. Escluso Kogorō che era ancora incredulo dalla notizia ed un inquieta Ran che si guardava attorno… stavano tutti sorridendo, lui incluso. Ma il gioco non era neppure cominciato. Lo sguardo del ladro si posò sul detective rimpicciolito, contemplando l'espressione soddisfatta sul suo volto.

 

"È presto per rallegrarsi Meitantei… il mistero giace ancora su quest'isola placidamente addormentato. La domanda è… riuscirai a sopportare, l'unica verità a cui ti porterà la sua risoluzione?" - pensò tra sé il ladro prestigiatore - "Oppure scoprendone i retroscena, ti pentirai di essere arrivato a capire come funziona -- e funzionò -- questa roulette? Sono curioso di scoprirlo. Tu fa del tuo meglio… intesi?"

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #2 - Banquet of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #2 - Banquet of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

«K-Kaitō Kid?! Sarebbe lui ad averci invitati su quest'isola per risolvere un indovinello?!» - sbottò Kogorō rivolgendosi alle altre persone presenti attorno al tavolo - «Andiamo… è ridicolo! Come fate a dedurre tutto questo, da una semplice firma su di un invito, non ci sono prove che sia lui il responsabile.»

 

In effetti non aveva tutti i torti, le loro erano solo supposizioni, nessuno poteva affermare che il ladro fosse lì presente e lo stesso non avrebbe confermato o smentito un bel niente lasciandoli cuocere nel loro brodo fino alla fine, stando allo scritto che aveva recapitato. Allo stesso modo però, il mago del chiar di luna era stato visto compiere prodigi, quindi chissà, forse desiderava davvero mettere alla prova quei nove investigatori, ed il primo passo per farlo era facendogli sospettare l'infondatezza delle loro teorie.

 

Hakuba sorrise, poggiando le mani sulla superficie di legno del tavolo - «Ha ragione, per ora sono solo semplici illazioni, tuttavia è anche una possibilità concreta da tenere in considerazione.» - espresse la sua opinione il giovane investigatore - «Era anche per questa ragione che più che sul "Who", volevo discutere con voi del "Why"...»

 

«Come Wine… qualcosa non andava con la sua annata?» - chiese Kogorō, completamente fuori fase, non essendo un perfetto anglofono

 

Shin'ichi rise tra sé e sé - "Kogorō ha già perso lucidità… fare due osservazioni sensate di fila non fa proprio per lui"

 

Ran ruotò gli occhi prima di correggere il genitore - «No Otōsan! Ha detto "Why", significa che vuole concentrarsi sul movente, non parlava certo del bere!»

 

Per l'imbarazzo Kogorō si schiarì la gola - «Lo sapevo benissimo! Allora dicci di che si tratta.»

 

Il giovane anglo-giapponese, battè il medio sulla superficie della lettera, in corrispondenza di una frase precisa - «Alla luce delle parole che precedevano la lista degli invitati, e dalla frase: "È libero di venire da solo o in compagnia, la villa della famiglia Ushiromiya certo non soffre di carenze di spazio"... Non trovate sia contradditorio? Il primo è una restrizione ed il secondo una concezione. Apparentemente fatte da una stessa persona. Per quale ragione?»

 

Ōgami intervenne, dopo aver mangiato un pezzo di dessert - «Poteva essere una semplice indicazione per i domestici. Dopotutto si tratta solo di due persone. Forse era preoccupato che non riuscissero a gestire quel gran numero di invitati.»

 

«Può darsi si tratti di motivi logistici, ma se vogliamo attenerci a come le cose sono state fatte apparire finora, c'è un'altra possibilità molto più probabile...» - così parlò Tōya, con la fronte appoggiata sulle mani, intrecciate tra loro - «Supponendo che ognuno dei nove invitati, portasse un singolo accompagnatore… si raggiungerebbe quota diciotto persone. L'ammontare esatto delle persone che sarebbero dovute essere presenti su Rokkenjima, nel 1986. Non vi suggerisce niente questo scenario?»

 

«È vero, questo se si ragiona in termini di contesto» - intervenne Senma - «Però, dobbiamo vagliare tutte le possibilità. Nessuno di noi ha portato un accompagnatore escludendo Mōri-san che ha portato addirittura due persone con sé. Al momento siamo undici persone in totale. Se quel prestigiatore o chiunque sia il colpevole contava sul fatto che ci fossero diciotto persone, il suo piano è andato in fumo sin dal nostro arrivo sull'isola. Che senso ha proseguire con questa pagliacciata? Quindi mi spiace per lei Hachijō-sensei, ma la sua supposizione traballa un tantino.»

 

Mogi raggiunse nuovamente il tavolo non appena finì di fumare, si liberò del filtro gettandolo in balia del tifone richiuse la finestra, per poi tornare al suo posto, più rilassato - «Questo è vero vecchia… per assicurarsene basterà chiedere al nostro amichetto che è stato assunto appositamente. Che cosa mi dici ragazzo? C'erano altri riferimenti in qualche altra lettera di cui non ci hai parlato, rispetto al numero di partecipanti a questo giochetto?»

 

Kanon prontamente scosse il capo - «No, non esiste nulla del genere. Ognuno di voi ha avuto modo di muoversi per la villa ed indagare le varie stanze. Se ci fosse stata una qualche lettera che Nēsan e io non abbiamo scoperto pulendole, sono sicuro che voi signori, le avreste trovato. Ma se preferisce può controllare di persona.» - disse il domestico allargando le braccia, come per invitare l’investigatore a perquisirlo sul posto se sospettava davvero che nascondesse qualcosa.

 

L'uomo dal viso squadrato rise a quelle affermazioni - «Ah! Acc- questa fa davvero male!» - disse in maniera ironica.

 

Harufumi Mogi aveva controllato personalmente la Guest House ed aveva osservato Kanon con attenzione per diverse ore fin quando non era uscito per controllare le caldaie. Lui non aveva trovato nessuna lettera frugando in giro e non aveva visto il ragazzo agire in maniera sospetta mentre lo accompagnava, per cui il ragazzo avesse potuto nascondere loro qualche prova importante, nell'immediato. Inoltre una perquisizione corporale avrebbe fugato ogni dubbio. Egli però rinunciò, per qualche motivo sentiva che avrebbe fatto un buco nell'acqua continuando per quella direzione.

 

Ikumi ridacchiò - «Sarebbe lo stereotipo più di cattivo gusto di sempre. "Il colpevole è uno dei domestici. Caso chiuso!"; se poi come abbiamo supposto è coinvolto anche il nostro amico in bianco, sarebbe una totale caduta di stile... creare qualcosa di così elaborato per farsi mettere in crisi da una mera questione di numeri. Io propongo di stare al gioco e vedere come si evolvono le cose. Non siamo nemmeno ancora entrati nel vivo dell'azione dopotutto.»

 

Hakuba concordò - «Sì esatto. Vediamo cos'ha in serbo per noi davvero… questo estimatore della leggenda della Strega Dorata.»

 

Il gruppo finì il dolce, dopodiché venne servito il caffè. L'atmosfera si fece via via più rilassata ed i presenti presero a scambiare due chiacchiere parlando del più e del meno.

 

«Questa poi! Ran-chan davvero sei campionessa regionale di Karate?» - aveva chiesto Ikumi, una volta uscito il discorso.

 

La ragazza annuì - «Esatto, quest'anno sono riuscita a vincere perché una senpai si è ritirata dopo il diploma, l'anno scorso fu lei a vincere ed io arrivai seconda.»

 

«Accidenti!» - affermò Mogi ponendosi una mano alla nuca - «Allora è meglio non farti innervosire eh? Spero che tu non te la sia presa per prima.»

 

«No, no si figuri.» - sorrise cordialmente quest'ultima.

 

Conan non poté fare a meno che mostrare un'espressione ebete sulla faccia, lui per primo sapeva quanto Ran fosse "pericolosa", se la si faceva arrabbiare. Intanto che i discorsi precedevano, Kanon servì a Conan del caffè freddo con una cannuccia, per cui il bambino ringraziò cominciandolo a bere.

 

Agli adulti fu servito del caffè fumante invece, che ognuno prese a consumare tranquillamente.

 

«Lei prima di essere uno chef, era un Judoka Ōgami-san? Proprio come mio padre!»

 

Ran fece guizzare lo sguardo dal genitore all'uomo in completo bianco che rispose in maniera affermativa.

 

«Bè si tratta di tanto tempo fa ormai, ma diciamo che me la cavavo piuttosto bene. Ho quasi sfiorato le olimpiadi una volta.»

 

«Fantastico...»

 

La castana parve entusiasta del venire a conoscenza di quel particolare, poco dopo il rumore di una bussata alla porta, fece cessare le chiacchiere. Il giovane dal cappello rosso si diresse alla porta e la aprì appena, abbastanza perché lui potesse stare faccia a faccia con Shannon che non era visibile però, in quanto il fratello ne copriva interamente la figura.

 

«Kanon-kun è l'ora.» - disse la dolce voce della domestica.

 

«Sì.» - rispose il ragazzo - «Sicura di non volere che sia io a pulire?»

 

«Va tutto bene, tu occupati della lettura e degli ospiti come ci siamo detti, lascia che io pensi al resto...»

 

«Ho capito. Okay.» - detto ciò la porta si richiuse e Kanon si voltò mostrando una busta riportante il simbolo dell'aquila mono-alata impressa sulla busta.


L'attesa era finalmente terminata.

Presto sarebbe cominciata la corsa contro il tempo alla risoluzione del puzzle e Conan ormai non stava più nella pelle.

 

Il ragazzo in divisa aprì la busta e cominciò e ne estrasse due fogli di colore chiaro, decorati, prese un respiro profondo e con voce ferma cominciò a leggerne il contenuto.

 

«"Benvenuti a Rokkenjima, membri della famiglia Ushiromiya. Io sono la consulente alchemica di questa casata al servizio di Kinzō-sama, il mio nome è Beatrice. Per molti anni ho prestato servizio secondo contratto, ma oggi ho ricevuto l'annuncio da parte di Kinzō-sama della rescissione del nostro contratto. Quindi prego anche voi di considerare la data odierna come mio ultimo giorno di servizio come consulente alchemico. Arrivati a questo punto devo spiegare a tutti voi una parte di tale contratto. La sottoscritta, Beatrice ha accettato di fornire a Kinzō-sama una grande quantità d'oro ad una certa condizione. Questa condizione impone la restituzione dell'oro nella sua interessa, qualora venisse portato a termine il contratto. E in quanto saldo degli interessi, avrò diritto su tutto ciò che è considerato proprietà degli Ushiromiya. Tuttavia Kinzō-sama, affinché voi possiate mantenere la vostra ricchezza ed il vostro prestigio, ha aggiunto una clausola speciale. All'adempimento della quale, perderò tutti i diritti sull'oro e sulla riscossione degli interessi, per l'eternità.» - il ragazzo fece una pausa per riprendere fiato e dette uno sguardo ai presenti. Sembravano per la maggiore piuttosto divertiti dalla lettura che stavano ascoltando - «Clausola speciale: Nel caso qualcuno venga a conoscenza del nascondiglio dell'oro, Beatrice ha l'obbligo di rinunciare ad ogni suo diritto su di esso. In altre parole, se anche uno solo di voi riuscirà a soddisfare questa clausola, avrò l'obbligo di restituire ogni cosa, compreso ciò che ho già incassato. Ora, ho il piacere di informarvi che mi è stato affidato l'anello del Capo Famiglia Ushiromiya, simbolo del passaggio di eredità. Potete accertarvene controllando il sigillo sulla busta. Il nascondiglio dell'oro è indicato nell'epigrafe sotto il ritratto. Chiunque ha il diritto di risolvere quell'enigma. In caso riusciste a scoprire il nascondiglio dell'oro, vi prometto che vi restituirò ogni cosa. Con questo vi auguro buon divertimento con la sfida di intelletto contro Kinzō-sama stesso. Prego con tutto il cuore che questa notte si riveli proficua per il vostro intelletto ed allo stesso tempo possa essere elegante. La Strega Dorata, Beatrice."» - un'altra pausa da parte del domestico dette la possibilità ai detective di commentare ciò che avevano passena sentito, intanto Kanon cambiò foglio.

 

«Però sa essere d'impatto devo ammetterlo» - sorrise la vecchia Senma.

 

«Quella frase "Chiunque ha il diritto di risolvere l'enigma" poi, fa proprio al caso nostro.» - commentò Hakuba, attendendo che venisse esposto loro il resto.

 

Kanon allora riprese - «"Questa che avete appena udito, è la lettera che dette inizio alla tragedia nota come "L'incidente dell'omicidio di massa di Rokkenjima" o più brevemente "il massacro di Rokkenjima". Ma sono sicura che essendo qui ognuno di voi può confermare di conoscere la storia anche solo nelle sue componenti generali. Pertanto, saltando le formalità e come avrete sicuramente intuito, desidero sottoporvi lo stesso enigma che punta alla scoperta dell'oro nascosto, ma con qualche importante variazione. È noto che gli adulti tentarono insieme di risolvere l'epigrafe e questo fatto portò al compimento del fratricidio. Vorrei evitare che questi muri si riempiano di rosso, per cui vi pongo la seguente condizione:  sarà possibile ad ognuno di voi, uscire dal salone e ricopiare il testo dell'epigrafe per poi tornare indietro. Avrete a disposizione cinque minuti per farlo. Non un secondo di più. So bene che tra voi è presente qualcuno in grado di assicurare assoluta precisione quindi la prego vivamente di collaborare, in modo da consentire il regolare svolgimento di questa gara."»

 

Hakuba si trovò a ridere della cosa - «Mi viene riconosciuto un talento aggiunto a quanto pare.» - tirando fuori il suo precisissimo orologio a cipolla - «Sbaglia solo di un millesimo di secondo all'anno. È piuttosto affidabile.»

 

Kanon ottenuto il permesso dagli altri, proseguì - «Dovrete farlo uno alla volta e non potrete consultarvi con gli altri contendenti. Compiuto un giro completo, sarete autorizzati ad andare nelle vostre stanze o in qualunque area della Villa o Guest House per lavorare autonomamente e solo allora potrete interpellare i vostri eventuali accompagnatori e ragionare con loro. Potrete avere a disposizione tutto il materiale dell'archivio di famiglia, nonché della consulenza di Hachijō Tōya-san, che per la sua conoscenza di questa vicenda, sarà considerato il '"jolly". Vale a dire che dovrà aiutare gli altri contendenti se questi glielo domanderanno, egli non potrà recarsi da sé alla scoperta dell'oro, né dovrà in alcun modo rivelare l'ubicazione dell'oro una volta scoperta. Potrà solo fornire "hint". Scegliete voi l'ordine che preferite. La domestica Shannon sarà la vostra guardiana, attendete il suo arrivo per cominciare. Auguro anche a voi che questa sfida possa dilettare ed affinare il vostro intelletto. Confido che sarà una gara interessante. Buon divertimento a tutti voi. Il Fantasma della Strega Dorata, Beatrice»

 

Al termine della lettura, ci fu una nuova bussata.

 

«Kanon-kun.» - chiamò Shannon.

 

«Sì, Nēsan» - rispose lui, per poi inchinarsi agli ospiti - «Vi prego di scusarmi» - disse per poi uscire dalla stanza.

 

Ci fu una breve discussione tra i fratelli, prima che la ragazza castana con il cappellino bianco, entrò nel salone, con una piccola riverenza. La giovane pose le mani sul grembo, sorridendo.

 

«Dunque signori… vi sono state illustrate le regole della gara. Chi vuole essere il primo a ricopiare il testo dell'Epigrafe?» - domandò vagando con lo sguardo da una faccia all'altra, attendendo risposta.

 

«Andrò io.» - affermò Hachijō Tōya - «Se sono il "jolly" devo essere per forza di cose, il primo a risolvere l'enigma. Ran-chan… potresti?» - domandò

 

Ella si alzò subito - «Sì!» - non se lo fece ripetere, ed andò ad accompagnare la carrozzina dello scrittore.

 

«Un momento!» - intervenne Mogi - «Perché non è il ragazzo ad accompagnare lo scrittore? La ragazza è un accompagnatrice di Mōri, potrebbe farsi dare indizi sul come procedere da suggerire al padre.»

 

«È vero… potrebbe» - convenne Ikumi Soda.

 

«Ma no… io-» - cominciò a dire Ran. Barare non era da lei. Non lo avrebbe mai fatto, ma capiva perché avessero avanzato quella obiezione.

 

«Va bene così» - intervenne Shannon in sua difesa - «Vada pure Ran-sama. Garantisco io per lei.» - la rassicurò sorridendo la giovane.

 

«O-Okay» - annuì la liceale.

 

«Kanon-kun al momento ha il compito di controllare la stanza dei boiler, non può essere d'aiuto qui.» - aggiunse poi rispetto alle parole del detective

 

«Però!» - riprese a protestare Mogi.

 

«Ho detto che va bene così…!! Mogi-sama...» 

 

Ripeté la giovane alzando un po’ il tono di voce, aveva la frangetta a coprirle gli occhi, ma dette l’impressione di star fissando intensamente il detective che per tutta risposta si sistemò sulla sedia, rassegnandosi con uno sbuffo leggero. La liceale si avviò alla porta aprendola, e spingendo fuori la carrozzina.

 

«A-Allora noi andiamo...» - balbettò Ran.

 

«Cinque minuti da ora» - avvisò Hakuba.

 

«Ah no… lasci perdere per ora. Ran-sama devo chiederle di prendere dalla stanza dei domestici la cartina della villa. Ho bisogno che tutti segnino le loro stanze per avere la certezza di non sbagliare stanze. Ho qui quella della Guest House...» - disse tirandola fuori dalla tasca del grembiule spiegandola - «…ma ho scordato di prendere quella. Glielo chiedo per favore.»

 

«D'accordo.» - Ran annuì ed uscì con lo scrittore, chiudendosi la porta alle spalle.

 

La cameriera attese un attimo ed estrasse poi una busta di quello della famiglia Ushiromiya - «Era necessario, mi scuso per aver alzato la voce, ma erano le istruzioni che ho ricevuto. Potete controllare.» - disse poggiando la busta sul tavolo che venne presa da Mōri, che cominciò ad esaminarla.

 

«"Programma Post-cena:

Shannon,

per prima cosa allontana chi riterieni sia poco capace di sostenere il resto di questa missiva, una volta fatto ciò comunica le mie parole agli illustri detective: Congratulazioni, siete riusciti ad identificarmi in un baleno, non avevo dubbi; quindi lasciate che vi esponga quali sono i miei veri intenti. Ma per prima cosa sappiate che ho tagliato le comunicazioni con la terraferma, distrutto la radio ed avvisato il capitano del battello di non tornare sull'isola fino a quando non lo richiamerò io stesso".

 

... COSA?!  Ci sta praticamente dicendo che non potremmo andarcene di qui finché non facciamo come vuole lui?!» - affermò il detective coi baffetti infastidito.

 

Anche Ōgami si lasciò andare in una affermazione di sconcerto - «Tutto questo è semplicemente assurdo!!»

 

Hakuba a quel punto strappò dalle mani dell'uomo la lettera per proseguire nella lettura - «"Questo per evitare che vi tiriate indietro senza neanche ascoltare ciò che ho da dirvi. Sono stato contattato da una certa persona che mi ha affidato un incarico importante: creare un miracolo. Questa volta però non posso permettermi di realizzarlo da solo e vi ho riuniti qui proprio per questo motivo. Ho bisogno che tutti voi mi concediate il vostro aiuto. Quel che vi chiedo e di inscenare il massacro avvenuto su quest'isola, nella notte tra il 4 e il 5 Ottobre 1986. Vi starete chiedendo la ragione immagino… ebbene questa è..."»

 

Un tuono più forte dei precedenti sembrò far tremare gli infissi, Conan osservò la lettera, ascoltando quel che il liceale stava leggendo e strabuzzò gli occhi appena venne chiarito l'intento del ladro.

 

"Stiamo… scherzando…?" - pensò

 

«Ah! Eccola. Dev'essere questa… la mappa di cui parlava Shannon-san» - sorrise Ran, trovando sul tavolino della stanza dei domestici il foglio di carta in questione.

 

Alzando lo sguardo poté notare una piccola libreria piena di volumi, tutti romanzi gialli e la cosa la fece sorridere.

 

«Pare che anche ai domestici di questa villa piacessero i misteri. Non c'era posto migliore per ambientare un raduno del genere, lei non crede Hachi...» - la ragazza rivolse lo sguardo all'uomo trovandolo con il capo chinato poggiato sul palmo della mano aperta. Aveva l'impressione che stesse tremando - «Si sente bene?»

 

Ran gli poggiò una mano sulla spalla e lo vide trasalire al suo tocco, per poi rispondere lievemente agitato.

 

«Sì sì… non è nulla. Mi è solo venuta un po' di emicrania» - rispose il letterato.

 

«Vuole che chieda una medicina per caso?»

 

«No, no serve. È meglio che torniamo in sala. Ci staranno aspettando tutti.» - disse Tōya, con fermezza - «Per favore...»

 

Ran annuì eseguendo. Anche se era sicura che stesse soffrendo, ma stava facendo di tutto per tenerselo per sé. Non volle fargli domande, di limitò a guidarlo verso la sala da pranzo e riaprendone le porte, gli fece riprendere il suo posto al tavolo.

 

«Scusate se ci abbiamo messo tanto...» - disse Ran al loro ritorno.

 

Shannon sorrise, mentre il silenzio sembrava sceso ad avvolgere l'intera stanza.

 

«Bene signori, potete cominciare uno ad uno ad uscire. Avete cinque minuti prima che io vi richiami. Mōri-sama, prego vada lei per primo.» - lo incoraggiò la ragazza.

 

Uno dopo l'altro tutti i detective uscirono per copiare il testo dell'epigrafe. Man mano che tornavano avevano un'aria più pensierosa, non si sarebbero confrontati tra loro, ma era chiaro che tutti erano impegnati a riflettere. C'era chi con le mani se ne stava con le mani unite davanti al volto, chi andava ad incorniciare il mento con le dita e chi si mordicchiava le unghie alla ricerca di un appiglio tra le parole. Nel mentre tutti avevano compilato le piantine indicando in che stanza voler stare e Conan insistette per dormire nella villa, vicino alla famosa VIP Room, incuriosito dalla leggenda che vi aleggiava attorno. Quando Hakuba che fu l'ultimo a uscire lasciando il suo orologio a Shannon, questo tornò dopo cinque minuti esatti quasi come fosse calibrato sul suo stesso orologio. Dopo che anche lui ebbe ripreso posto a sedere la giovane domestica, si rivolse loro.

 

«Se desiderate potete ritirarvi adesso signori» - annunciò Shannon.

 

«Finalmente. Non ne potevo davvero più» - affermò Harufumi, stirando le braccia verso l'alto. Fu attirato poi del rumoroso spostamento di sedia accanto a sé - «Oh, ma guarda… la fretta non è solo la mia.»

 

Mogi rivolse lo sguardo alla persona accanto a lui, ovvero Ōgami. Lo vide con il volto contorto in una smorfia orribile e le mani portate alla gola, fin quando un urlo inquietante non fendette l'aria.

 

«Gh- Ng- AAAAAAAAAAH!»

 

Com'era naturale tutti si voltarono verso il detective Gourmet, al termine del grido penetrante, egli collasso al suolo di colpo con un rumore sordo. Come era ovvio che fosse, gli altri colleghi lasciarono i propri posti avvicinandosi all'uomo a terra. Conan fu il primo a precipitarsi. Anche Shannon si avvicinò agli altri allarmata.

 

«Ōgami-sama!» - chiamò la ragazza - «C-Chiamo subito a terra dobbiamo far venire un medico!» - disse tutta agitata, volgendosi alla porta della sala.

 

«Non è necessario» - disse la vecchia Senma.

 

«Sono le ore 22:41,56.» - disse Hakuba ad alta voce - «Possiamo dichiarare questa come l’ora del decesso.»

 

«Oh no...» - sussultò la ragazza portandosi le mani alla bocca - «Come è potuto succedere… è terribile...»

 

«Dalla bocca sento odore di mandorle. La causa è avvelenamento da cianuro di potassio» - disse Ikumi, accostandosi al cadavere.

 

La vecchia Furuyo intanto si era spostata ed era intenta ad inzuppare una moneta da dieci yen nel caffè che ancora avanzava nella tazzina da cui il morto aveva bevuto - «Niente ossidoriduzione, non ci sono tracce di cianuro nel suo caffè.»

 

Kogorō aggiunse - «Senza contare che saremmo tutti morti se fosse stato il caffè a contenere il veleno.»

 

«P-Posso confermarlo.» - la voce di Shannon si fece sentire a riguardo - «Ho preparato il caffè personalmente e Kanon-kun si è occupato di servirlo. Non ci sarebbe stato modo di drogare la bevanda e le ceramiche sono state maneggiate anche quelle da me e vi assicuro che io e Kanon-kun non avremmo fatto mai nulla del genere, è la prima volta che incontravamo Ōgami-sama, proprio come tutti voi, quindi non avremmo neppure un valido movente» - si affrettò a dire la ragazza.

 

Harufumi sogghignò alle sue parole - «Che succede signorina, per caso ha la coscienza sporca?»

 

La domestica sussultò appena - «Non si tratta di questo… so che nei romanzi gialli se ci sono dei domestici ed accade un incidente…  questi sono i primi a venire sospettati!» - sembrò molto più convinta per la fine del periodo.

 

«Come ho detto anche prima, sarebbe un cliché fin troppo usato» - convenne Ikumi Soda mentre maneggiava la tazza incriminata, servendosi di un paio di guanti.

 

«Inoltre le chiedo… come avremmo potuto assicurarci di uccidere solo una persone e dove può essere stato messo il veleno se non nella bevanda.» - disse la domestica, rosicchiandosi l'unghia del pollice destro.

 

Conan che le aveva rivolto lo sguardo, ebbe un'illuminazione nel vedere quella scena ed andò subito a controllare le mani del morto. Notò che anche lui aveva l'unghia del pollice mangiucchiata, per cui il metodo gli fu subito chiaro, doveva solo averne la conferma.

Vicino al cadavere la vecchia Senma si era accovacciata, fissando la smorfia sul volto della vittima - «Poveretto, che brutta fine...»

 

«Sicuramente avrà usato qualche stratagemma… ma questo lo chiariremo più tardi per ora si assicuri di restare a disposizione, noi dobbiamo pensare a levarlo di qui.» - disse il detective in abito verde in risposta alle parole di Shannon.

 

«Esatto, chiamiamo la polizia ed avvisiamo che c'è un morto. Inoltre portiamo il cadavere in una camera isolata, e chiudiamola a chiave, per assicurarci che possano esaminarlo con cura, l'indomani mattina» - propose Kogorō.

 

Il signor Harufumi e Kogorō allora presero di peso il cadavere del povero Ōgami e lo trasportarono in una stanza vuota, facendosi seguire da Shannon che aprì con un Master Key, ed una volta depositato il corpo, richiuse sempre con essa la porta, dopo aver chiamato Kanon con la linea interna per avvisarlo dell'accaduto. Gli altri rimasero riuniti nel salone ed intanto, provarono a contattare le autorità a terra dall'unico telefono fisso presente in quella stanza.

 

«Che dici Ran-chan... Sei riuscita a prendere la linea?» - domandò Ikumi che rimase a braccia conserte tutto il tempo, accanto a lei che teneva in mano la cornetta del ricevitore.

 

La castana scosse la testa, poggiando la cornetta al suo posto - «Niente da fare. Non prende neppure la linea… credo sia a causa del tifone»

 

«Maledizione questo è un bel problema...» - commentò la donna portando una mano alle tempie.

 

Senma allora intervenne, si era nuovamente seduta al tavolo e stava riflettendo in merito a quel delitto - «Non possiamo fare altro che aspettare il battello… qui siamo isolati, ci sono ben poche cose da fare ormai, se non stare qui a guardarci in faccia o stare al gioco di quel furfante in abito bianco.»

 

«Quindi… Credete che l'assassino sia Kaitō Kid?» - chiese Ran non troppo convinta - «Eppure avevo sentito dire che lui non uccide»

 

«Infatti, lui non uccide… di solito.» - confermò Hakuba con un tono basso.

 

«Date le circostanze… cosa si fa con la sfida che ci è stata lanciata che ci è stata lanciata? La nostra priorità ora, ladro fantasma o meno dovrebbe essere individuare l'assassino di Ōgami, su questo dovremmo essere tutti d'accordo, giusto?» - domandò Hachijō, che aveva potuto osservare il cadavere solo per qualche minuto prima che lo portassero via, ma che aveva più o meno capito almeno il trucco che stava dietro a quell'omicidio.

 

«Senza dubbio. Comunque io sono convinto che anche l'omicidio sia opera di quel bastardo che ora sta qui travestito tra noi a gongolarsela sotto i baffi. Vorrei proprio fargliela vedere....» - disse rientrando Harufumi, accompagnato da Kogorō e Shannon che richiuse la porta alle sue spalle.

 

«Allora avete chiamato la polizia?» - domandò Ran avvicinandosi a suo padre ed allontanandosi dal mobiletto che aveva posto su il telefono.

 

«Ci abbiamo provato, ma non prende la linea. Forse la pioggia interferisce con le comunicazioni.» - spiegò. Kogorō a sua figlia.

 

«Capisco, quindi per il momento siamo bloccati su quest'isola con l'assassino a quanto pare.»

 

Il telefono squillò poco dopo e la domestica Shannon si precipitò a rispondere, quasi inciampando compiendo questa operazione.

 

«Pronto? Kanon-kun...»

 

«Nēsan.. Poco fa ho sentito per caso la conversazione delle signorine riguardo alle loro difficoltà di comunicare all’esterno e sono corso a controllare. Purtroppo il temporale deve aver danneggiato le linee telefoniche. Non possiamo più comunicare con la terraferma!» - comunicò la voce dall'altra parte del telefono.

 

«Assurdo! Quindi è per questo che Ran-sama non è riuscita a prendere la linea finora.»

 

«Non ci sono dubbi… potrei prendere una barca a remare fino a Nijima però con questo tifone…»

 

«Già… Grazie mille Kanon-kun, cambiati in fretta la divisa prenderai freddo» - si raccomandò prima di mettere giù.

 

Shannon sospirò dopo aver posato la cornetta, ma la sua attenzione venne subito catturata da qualcosa… o meglio qualcuno di piccolo e sveglio che le stava tirando un lembo del grembiule, cosa che la spinse ad abbassare lo sguardo.

 

«Huh?» - vide che si trattava di Conan che se ne stava lì con un sorriso innocente - «Conan-sama… qualcosa non va?»

 

«Ho una cosa da chiederti Onēsan» - le disse per poi farle un cenno con la mano - «Puoi abbassarti un momento?»

 

«Certo…» - rispose lei compiendo il gesto di accovacciarsi in modo da poter essere alla sua stessa altezza - «Di cosa si tratta? Ah ma prima dimmi una cosa… Sospetti anche tu sia opera di questo "Kid"-sama di cui parlano?» - chiese la domestica incuriosita.

 

Il ragazzino scosse la testa - «No, non credo sia stato lui. I ladri e gli assassini sono diversi, come i fantasmi e le streghe, non credi anche tu Onēsan?» - sorrise il bambino per poi procedere con la sua domanda - «Puoi dirmi in che ordine sono arrivati i vari ospiti su quest'isola, per caso te lo ricordi?» - chiese.

 

La castana pose l'indice all'altezza del mento ed alzò lo sguardo tentando di ricordare in maniera chiara - «Umh… dunque vediamo… il primo ad arrivare è stata proprio la vittima, Ōgami-sama, verso le dieci di questa mattina; poi è arrivata Senma-sama con il battello delle undici di mattina; Hachijō-sama è giunto qui per l’una del pomeriggio e l'ho accompagnato personalmente fino alla villa. Hakuba-sama ha toccato le coste di Rokkenjima alle ore-»

 

«Sono arrivato qui con la barca attaccata alle quattordici ed un minuto, venticinque secondi per essere precisi. » - si intromise quest'ultimo che munito di agenda e penna, aveva preso nota dei primi orari elencati dalla ragazza - «Non faccia caso a me, continui pure Shannon-san...»

 

«Va bene...» - annuì questa riprendendo da dove aveva lasciato - «Mogi-sama ci ha raggiunti per le tre del pomeriggio;a seguire Soda-sama con il battello delle quattro. Infine siete giunti tu, Ran-sama e Mōri-sama, verso le otto e trenta di sera per via del mare agitato… non dovrei aver dimenticato nessuno, mi pare.»

 

«Ho capito e puoi dirmi se qualcuno oltre a voi domestici ha avuto accesso alla cucina, maneggiando gli utensili o le ceramiche prima che voi le usate per servire il caffè stasera?»

 

Shannon si sforzò maggiormente - «Mmm… Bè Ōgami-sama ha preparato il pranzo ed anche la cena, per cui ha toccato pentole e utensili, ma non si è mai avvicinato alla vetrina in cui sono custodite le ceramiche… inoltre non credo fosse tipo da suicidarsi. Credi per caso che qualcuno abbia usato le ceramiche, mettendo il veleno da qualche parte piccolino?»

Conan annuì subito in risposta - «Credo proprio di sì, d’altro canto abbiamo appurato che il caffè che abbiamo bevuto tutti non conteneva il veleno, quindi doveva trovarsi per forza su qualcosa che il detective Ōgami doveva aver toccato prima e che gli ha fatto rimanere addosso del cianuro che ha finito per ingerire in quelche modo, giusto?» - si rivolse ad Hakuba, che stava seguendo con attenzione il suo discorso.

«Sì… non c’è altra spiegazione. Ōgami aveva l’unghia del pollice destro, rovinata e dai bordi irregolari, questo significa che aveva l’abitudine di compiere quel gesto quando si sentiva particolarmente nervoso o intento a riflettere su qualcosa, lo ha fatto anche prima quando ha detto che eravamo liberi di ritirarci per risolvere l’indovinello» - spiegò Hakuba che con il suo fascino innato e la sua precisione inaudita, sembrava persino più professionale di quanto non fosse necessario dare a vedere.

«Se è andata come dite, allora è proprio impossibile che abbiano usato le ceramiche! Abbiamo servito il caffè anche all’ora di pranzo, usando per altro un servizio nuovo di zecca che ho comprato apposta prima di  venire qui, le ho tolte dalla confezione giusto stamattina; riponendole nella credenza dopo averle lavate come tutto il resto di piatti e stoviglie usate per il pranzo e non le ho tirate fuori fino a poco fa… quindi il colpevole come avrebbe fatto a...» - Shannon si interruppe un’attimo per poi sussultare, le era venuto in mente qualcosa di fondamentale - «AH!! In quel momento! Quella persona potrebbe averlo fatto in quel momento!!» - suo malgrado alzò la voce, facendo voltare Tōya e Ikumi dalla sua parte. La ragazza si tappò la bocca con le mani e fece cenno ai due di avvicinarsi, così che potesse dire loro ciò che aveva pensato senza che quella persona sentisse.

 

«Ecco vedete… è successo dopo pranzo, poco dopo l’arrivo di Hachijō-sama. Come vedete si trova in carrozzella e pertanto non è in grado si occupare una stanza ai piani superiori, questa casa non ha né ascensori, né tanto meno sistemi di montacarichi, per cui abbiamo concordato di farlo stare al piano terra. La stanza dei domestici mi è parsa più indicata, avendo anche un bagno privato. Sono andata nella Servent Room per prendere le chiavi del magazzino e far vedere a Ōgami-sama le scorte di cibo extra che ci erano state messe a disposizione, avevo già lavato le stoviglie per allora, e mentre stavo per raggiungere la vittima, ho avuto un occasionale chiacchierata proprio a proposito di quel servizio di tazze con...» - Shannon sussurrò al  minimo del proprio volume di voce - «… e poi ho lasciato la cucina incustodita per circa una decina di minuti. Quindi ha potuto benissimo farlo allora, non trovate?»

Sul viso di Conan si palesò un sorrisetto divertito, La loro supposizione reggeva, perché a parte i domestici, che era plausibile escludere se si prendeva per buone le loro dichiarazioni, c’erano solo altre due persone in quel momento, sul suolo di Rokkenjima: La vittima Ōgami Shukuzen ed il suo assassino.

«Cosa facciamo Tantei-tachi? Esponiamo tutto e subito anche agli altri?»

 

«Non c'è fretta...» - sorrise Hakuba a quella domanda - «Abbiamo ancora tempo prima di esporre tutto alla luce del sole. E poi, ho idea che l'abbiano capito anche loro… e che stiano aspettando, che sia proprio il colpevole a mandare la numero 8 in buca, per errore.» - con quella metafora sul biliardo il discorso trovò una sua conclusione.

 

Sia Hakuba che la domestica trovarono la loro posizione eretta e puntarono lo sguardo sui detective rimasti… quella sarebbe stata per tutti una lunga notte.

 

«Quindi che si fa? Non riusciamo a contattare la polizia e dobbiamo aspettare che arrivi la barca per poter denunciare l'omicidio. In più l'assassino è in mezzo a noi sotto mentite spoglie… vogliamo restare qui a fissare gli altri in faccia aspettando che si faccia giorno??» - domandò Kogorō andando ad accendersi una sigaretta. Aveva i nervi a fior di pelle, non sopportava più quel clima teso, aveva bisogno di qualche minuto per sé in cui potersi schiarire le idee.

 

Mogi seduto in maniera scomposta sulla sua sedia sogghignò - «Anch'io concordo con baffetti, è perfettamente inutile starsene qui con le mani in mano. Non sappiamo se l'assassino ha intenzione di compiere altri delitti, quindi io suggerirei una mossa preventiva. Signorina domestica...» - disse rivolgendo lo sguardo a Shannon.

 

«Sì mi dica...»

 

«Quanti Master Key sono presenti in questa casa? E quante chiavi di riserva per ogni stanza?» - chiese l'investigatore.

 

«Cinque in tutto. Io e Kanon-kun ne abbiamo uno a testa. Gli altri sono custoditi nella stanza dei domestici nell'apposita cassetta, e noi quelli non li abbiamo toccati. Inoltre vi è una sola chiave per ogni stanza si per quelle da letto, che degli spazi comuni della villa, oltre ad i Master Key, non c'è nessun altra copia» - rispose Shannon, nella maniera più chiara possibile.

 

«Capisco...» - disse l'uomo alzandosi - «C'è una stanza più sicura delle altre in questa villa? Una che un Master Key non può aprire?» - proseguì lui.

 

«Ecco…» - la domestica ci pensò su per un attimo per poi sussultare - «Ah! C'è n'è una! Lo studio privato di Kinzō-sama! Ha una serratura particolare che può essere aperta solo da una chiave a parte e non dal Master Key. Ne abbiamo una copia a testa noi domestici e vi è un'ulteriore chiave insieme a quelle di tutte le altre stanze. Quella porta è particolare, perché una volta richiusa, si attiva una chiusura automatica, da quel momento si può solamente uscire da quella stanza… diventa infatti praticamente impossibile sbloccarla dall'esterno senza avere la chiave apposita.».

 

Il detective dal volto squadrato sorrise - «Fa proprio al caso nostro allora. Portiamo in quella stanza i Master Key che non sono in mano ai domestici, le chiavi dello studio e... chi ha ricevuto la propria copia la lasci qui sul tavolo, porteremo anche quelle con noi e le chiuderemo tutte nello studio. Poi ognuno di noi si recherà in una stanza della villa facendosi chiudere a chiave dalla domestica. Quindi se volete risolvere il giochetto che ci è stato affidato prima, assicuratevi di prendere tutto quello che può sevirvi dall'archivio della Guest House, una volta chiusi dentro non potrete più uscire fino alla mattina quando i domestici riapriranno le porte. Siete d'accordo con questo programma?» - domandò il quarantenne sorridendo.

 

«Oh è chiaro. Ci si rinchiude tutti nelle rispettive stanze in questo modo avremmo tutti un alibi in caso  la mattina seguente, venisse trovato un altro cadavere, dopo l'apertura delle porte. In quel caso sarebbe ovvio che il colpevole altri non è che un domestico o un esterno che in qualche modo è riuscito a forzare la serratura... è questo il tuo ragionamento?» - domandò Ikumi Soda incrociando le braccia al petto.

 

«Sì… all'incirca» - rispose Mogi, rimanendo sul vago, era ovvio che stesse pensando a qualcos'altro ma che non voleva rivelare di cosa si trattasse - «Andiamo fuori le chiavi.»

 

Tutti i possidenti di una chiave le lasciarono di fronte a loro e vennero ritirate da Mogi che le tenne bene in vista. Il gruppo composto da Mogi, Shannon, Kogorō e Conan che li seguiva con il benestare della cameriera, successivamente si recò verso la stanza dei domestici per prendere le chiavi restanti, i Master Key e le chiavi dello Studio al terzo piano delle villa, in cui si sarebbero recati subito dopo.

 

Shannon aprì la cassetta attaccata al muro e l'aprì, prendendo tutte le chiavi ed i Master Key, ma sgranò gli occhi vedendo che questi erano diminuiti di numero.

 

«Due… c'è ne sono solo due..!.» - esclamò la ragazza, voltandosi verso i detective - «N'è sparito uno! Che cosa facciamo?!» - domandò allarmata.

 

«Proprio niente, è tutto calcolato non si preoccupi» - la rassicurò Mogi - «Lasciamo che il colpevole tenga quella chiave per ora… sarà utile per coglierlo in flagrante. Naturalmente ho bisogno del suo aiuto per ciò ovviamente. Dovrà tenere gli occhi bene aperti signorina e che venga ad avvisare noi due permettendoci di uscire in corso notasse movimenti sospetti...»

 

«Ho capito… bè lo farei comunque, visto che faccio una ronda per controllare se tutte le finestre sono chiuse, prima di ritirarmi… starò attenta!»

 

«Bene...» - annuì Kogorō - «ora che tutto è deciso, andiamo allo studio, e facciamo ciò che ci siamo detti.»

 

Tutti concordarono e dunque il gruppo si recò al terzo piano, salendo le scale, fino ad arrivare alla fine del corridoio, si fermarono davanti una grande porta in legno, sulla cui maniglia della porta era presente quello che pareva un "cerchio magico" contenente uno scorpione.

 

«Apro la porta...» - annunciò la domestica girando la chiave nella serratura e sbloccandola.

 

Il gruppo ebbe accesso allo studio e la porta scattò dietro di loro appena tutti furono entrati, funzionava  mentre Mogi lasciava le chiavi sulla scrivania, il piccolo Conan cominciò a gironzolare per la stanza, notando che era piena di scaffali contenenti libri dalle copertine elaborate, dai titoli posti sulla parte lateralo, poté intuire che l'argomento principale era l'occulto, doveva essere un appassionato di storia medievale o almeno questo pensò il ragazzino, notando l'armatura e armi antiche presenti nella stanza, tra cui appeso al muro in bella mostra, un fucile Winchester classe 1894 a canna lunga riportante il numero 30-30; c'erano anche libri che trattavano della seconda guerra mondiale ed una sezione formata da fascicoli rilegati che parevano essere risalenti a quel periodo, di cui uno spiegava di mezzo centimetro rispetto agli altri. Dovette salire su una catasta di libri per poterci arrivare dal momento che erano localizzati piuttosto in alto.  Nel suo tentativo di prenderne uno per darci uno sguardo da vicino però notò da parte del volumetto una certa resistenza nell'uscire dal suo spazio.

 

«Avanti… vieni fuo… Uh? Aaaah!»

 

Nel suo far forza, Conan scivolò dalla catasta di volumi con un tonfo rumoroso e prendendo un bella botta al fondo schiena.

 

«Ahio che male...» - si lamentò il bambino restando seduto attendendo che il dolore si attenuasse.

 

«Oh no… ma come hai fatto a cadere?» - domandò Shannon raggiungendolo ed inginocchiandosi - «Riesci ad alzarti piccolino?» - chiese porgendole il suo aiuto.

 

«S-Sì...» - annuì il bimbo.

 

«Tsk! Ben ti sta! Così impari a voler ficcare il naso ovunque. Ti dico sempre di non toccare niente, magari questa volta impari la lezione» - sbottò Kogorō, osservando il bambino a terra con attorno una serie di volumi tutti sparpagliati.

 

Shannon a quel punto replicò nei confronti del detective, come se fosse rimasta offesa dalla cosa per conto di Conan - «Non sia così severo Mōri-sama! È solo un bambino è naturale che sia curioso»

 

Il bambino ridacchiò nel vedersi difeso; si alzò poi in piedi raccogliendo il file che aveva attirato la sua attenzione per poi rivolgersi alla domestica.

 

«Onēsan posso prendere delle cose anche  in questo studio oppure ci sono delle restrizioni?»

 

«No… non mi pare proprio. Prendi pure quel che vuoi»

 

«Ah che bello, grazie» - sorrise Conan, tornando a guardarsi in giro.

 

Kogorō si trovò subito in disaccordo con la cosa sbattendo - «Ehi moccioso, non è la biblioteca pubblica non possiamo perdere tempo a cercare tra tutti i libri che ci sono qui se c'è qualcosa che ti piace. Dobbiamo tornare dagli altri e mettere in atto la strategia che ha pensato il detective Mogi. Quindi vedi di sbrigarti!»

 

«Cerchi qualcosa di particolare per caso?» - chiese Shannon abbassandosi un po', poggiando le mani sulla ginocchia.

 

«Bè.. Non saprei in realtà. Dipende da chi ha scritto il messaggio posto sotto il quadro e quando questo è stato messo nel soggiorno. Per altro me lo chiedo da prima… perché c'è un'altra copia del quadro e dell'iscrizione in questa stanza?» - domandò indicando dalla parte opposta della stanza nella parete laterale vicino all'entrata.

 

«Ah, è vero non l'avevo notato» - ammise candidamente Kogorō.

 

«In effetti, capisco il voler esporlo all'ingresso, ma che senso ha tenerne uno anche qui. Questo era lo studio del Capofamiglia giusto?» - chiese conferma Mogi, verso la cameriera.

 

«Esatto. Ma questo è facilmente spiegabile: Kinzō-sama ha fatto dipingere questo quadro da un suo amico intimo ed ha usato come modella Beatrice-sama. Lei fu il primo amore del padrone in gioventù e su può dire il suo vero amore, di cui serbo un ricordo fino ai suoi ultimi istanti di vita. Il ritratto inizialmente fu un pretesto per porre l'indovinello ai membri della famiglia, ma pare che Kinzō-sama sia rimasto talmente affascinato dall'opera finita, da volerne una copia anche nel suo studio da poter contemplare. Il testo dell'epigrafe è opera di Kinzō-sama stesso ed il quadro è stato affisso all'ingresso nel 1983, a quando io ricordi.»

 

«Però… Non sembra del tutto il vecchio pazzo di cui ho letto in rete.» - commentò Kogorō venendo a conoscenza del legame che legava il facoltoso anziano a quel particolare dipinto.

 

«Kinzō-sama… era una persona certamente eccentrica… però, ha sempre dimostrato di avere un cuore grande. Del resto, finanziava l'orfanotrofio dove io e Kanon-kun siamo cresciuti e ha dato lavoro a molti di noi negli anni. Al di là dei suoi peculiari interessi, era una persona molto gentile.»

 

Shannon ostentò un po di malinconia nel dire ciò, stando a ciò che disse il fratello era una bambina quando lavorò qui per la prima volta, ma doveva aver passato certo dei bei momenti in quel luogo per parlare del defunto con tanta benevolenza o anche per decidere di tornare sul luogo, spinta tra l'altro da una lettera misteriosa.

 

«"Peculiari interessi"? Vale a dire?» - domandò Kogorō guardando la ragazza.

 

«Il padrone si interessava di stregoneria ed occultismo, per questo negli anni sono nate molte voci crudeli sul suo conto, come quelle che lo additano come "vecchio pazzo" per esempio...»

 

«A-Ah… capisco...» - si sentì imbarazzato nell'aver usato quella espressione, dunque si portò una mano alla nuca scusandosi.

 

«Dimmi una cosa Onēsan...» - le si rivolse nuovamente Conan - «Tu sapevi della tragedia come tutti giusto? Allora perché tu e tuo fratello avete accettato di tornare a prestare servizio qui. La villa risultava distrutta dall'esplosione, allora perché tornare… Non hai pensato potesse esserci sotto qualcosa di losco?»

 

«Bè l'ho fatto esattamente per il vostro stesso motivo...» - sorrise la ragazza - «Voglio anch'io scoprire chi c'è dietro a tutto questo!»

 

"Una cameriera con la passione per i misteri?" - sorrise divertito il piccolo detective.

 

«Se avete finito, io direi di tornare indietro. Si staranno chiedendo dove siamo finiti… Quindi piccolo prendi quel che ti serve in fretta, d'accordo?» - si rivolse loro Mogi.

 

Conan eseguì e prese un paio di libri che parlavano delle leggende dell'isola che aveva notato nel suo far lasciar vagare lo sguardo, poi si unì agli altri, prima di andarsene il bambino si era voltò verso la scrivania, fissando per l’ultima volta le chiavi poste su di essa, per poi spostare lo sguardo sul quadro, dove l'immagine di Beatrice sembrava quasi sorridergli beffarda.

Infine la porta si chiuse e la serratura scattò. Stando alle parole di Shannon, da quel momento in poi non sarebbe più stato possibile avere accesso a quella stanza. Tornarono tutti nel salone nel più completo silenzio dove gli altri li aspettavano.

«Bene ora è tutto a posto. Direi di andare tutti insieme alla Guest House a raccattare materiale e poi di rinchiuderci ognuno nelle nostre stanze fino all’indomani» - ribadì ancora una volta Harufumi, con un modo di fare piuttosto rilassato.

«Possiamo stare certi che il tuo piano sia affidabile sbarbatello?» - chiese la vecchia Senma, ricevendo come risposta un’alzata di spalle.

«Siamo tutti possibili sospetti fino a prova contraria. La cosa migliore è che ognuno di noi si concentri a provare la propria innocenza. E poi… sono qui per risolvere quel indovinello ed incontrare quel furfante che ci ha attirati qui per partecipare al suo sporco giochetto. Se c’è qualcuno che domani mattina finirà in manette con l’arrivo della barca che ci riporterà a terra. vi assicuro che quello non sono io.» - detto ciò Mogi uscì dalla porta del salone, con tutti gli intenti di seguire la strategia da lui pensata.

«In un certo senso ha ragione. Meglio ritirarci per riflettere sull’accaduto. Stare tutti insieme farà crescere il clima di sospetto, sviando le nostre deduzioni» - approvò Hakuba seguendo l’uomo.


«Fate un po’ come credete… io lo trovo esagerato comunque» - commentò Senma, che suo malgrado decise di seguire gli altri, e di approfittare anche lei del fornito archivio della casa degli ospiti.
 

«Sono d’accordo, non è male come tattica» - convenne anche Tōya, che aveva preferito riflettere, piuttosto che esprimere un’opinione a riguardo. Rivolse lo sguardo alla cameriera, poco prima che questa lasciasse la stanza per accompagnare gli altri ospiti - «Io aspetterò nella Servent Room che tu venga a chiudere la porta Shannon-chan.» - disse lo scrittore.


«Come desidera Hachijō-sama.» - rispose lei con un lieve inchino, prima di dileguarsi.

Dopo un’accurata ispezione dei documenti dell’archivio, ognuno dei detective, si mosse per tornare all’edificio principale. Tuttavia prima di mettere piede fuori Mogi -- che era andato a prendere la sua roba nella camera che aveva scelto, per portare tutto con sé, dato che il suo piano gli impediva di farlo fino alla mattina dopo --  si voltò verso la cameriera.

 

«Non ho visto il ragazzo da nessuna parte… ha idea di dove potrebbe essere?» - domandò il detective.

 

«Si riferisce a Kanon-kun?» - chiese per poi sorridere - «Probabilmente è nella stanza dei domestici di questa Guest House. Avrà pensato di aspettare qui in caso qualcuno di voi tornasse, ma conoscendolo si sarà addormentato. È solo un ragazzo, non è più  abituato a lavorare a ritmi così serrati. Vuole che lo vada a chiamare?» - domandò la giovane, ricevendo un cenno in risposta.

 

«No, non è necessario… la mia era solo curiosità» - disse l'uomo uscendo ed aggregandosi agli altri seguito poi da Shannon che chiuse la porta dell'edificio a chiave.

 

Si ripararono dalla pioggia come poterono visto che solo Ran aveva portato per precauzione un ombrello, avendo dato un’occhiata alle previsioni prima di partire, nonché la vecchia Senma che era stata previdente a riguardo.

 

«Brr che freddo...» - fu la prima cosa che uscì dalle labbra di Ran, non appena riuscirono a varcare l'ingresso della villa - «Tutto bene Conan-kun?»

 

Il bambino annuì - «Sto bene, ho solo le scarpe un po' bagnate» - disse togliendole per non voler sporcare in giro.

 

«Dalle a me...» - disse la domestica - «Le metterò ad asciugare nella stanza dei domestici e le poserò davanti alla vostra porta per domani mattina»

 

«Arigatō Onēsan» - sorrise il piccolo per poi accettare la sua proposta.

 

«Dōitashimashite!»

 

Shannon si recò dunque verso quella stanza, prima di tornare indietro dagli altri che la attendevano per cominciare a chiudersi nelle loro stanze.

 

«Allora… comincerò a chiudere a chiave le vostre stanze» - disse la ragazza, con tra le mani il proprio Master Key - «Farò il giro per controllare se tutte le finestre sono chiuse, poi mi troverete nella stanza dei domestici, sentite liberi di chiamarmi con la linea interna con il numero che vi ho dato poco fa.»

 

«Sì, cominci pure signorina.» - rispose Mogi, per poi avvicinarsi all'orecchio della giovane - «Si ricordi, di avvisarci se nota movimenti sospetti.»

 

«Certo, non si preoccupi.» - annuì la ragazza.

 

Dopo aver chiuso Mogi, Hakuba e la famiglia Mōri nelle loro stanze fu il turno della camera di Senma ed infine della stanza della detective Soda.

 

«Shannon-chan...» - la interpellò la donna prima che questa chiudesse la porta.

 

«Mi dica.»

 

Ella sussurrò a bassa voce dalla fessura della porta - «Se il colpevole dovesse agire durante la notte informeresti anche me?»

 

«Eh?» - sussultò per la sorpresa, chiedendosi come fosse arrivata a sapere di aver fatto quell'accordo "anche" con altre persone.

 

«Ho ascoltato le deduzioni dei due giovani investigatori nel salone ed anch'io ero arrivata alla stessa conclusione, ma vorrei poterlo confermare come tutti. Mi farai questo favore?» - le chiese sorridendole la donna.

 

«Oh… capisco. Sì, allora informerò anche lei» - annuì la giovane domestica.

 

«Grazie mille Shannon-chan.»

 

«Si figuri… ora chiudo la porta.»

 

Allo scattare dell'ultima serratura Shannon si recò munita di torcia elettrica, verso la fine del corridoio, dando inizio alla sua routine di controllo delle finestre. Il tifone infuriava lì fuori con la pioggia che batteva con insistenza contro il vetro ed il vento che ululava contro gli infissi chiusi. La giovane Shannon, non potè far a meno di sentirsi nervosa: con Kanon addormentato nella stanza degli ospiti ed il colpevole in possesso di un Master Key, toccava a lei proteggere gli ospiti.

 

«Un misero mobile come me… riuscirà davvero a fare una cosa simile?» - si domandò la domestica continuando il suo giro per i corridoi della villa.

 

Probabilmente fu solo suggestione ma, ad un certo punto ebbe come l’impressione di udire una risata propagarsi nel vento, e che fu in grado di raggiungere le sue orecchie solo in maniera flebile, attraverso gli spifferi del legno. Un riso malevolo e stridulo, non appartenente a questo mondo. Come se davvero un fantasma o una strega, la stessero seguendo e la osservassero dalle ombre che inghiottivano il corridoio una volta spenta la luce.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #3 - Nocturne of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #3 - Nocturne of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Un altro fulmine colpì il terreno nei pressi dell’isola, rischiarando la notte scura e la stanza che vedeva come suoi occupanti, Ran, Kogorō ed il piccolo Conan, che aveva spiegato ormai il foglio su cui la liceale aveva annotato il testo dell’Epigrafe della Strega e stava osservando le parole e le varie frasi alla ricerca di un indizio utile a poterla risolvere, tuttavia non era affatto una passeggiata, come aveva intuito, fin da quando non l’aveva adocchiato, passando per il corridoio la prima volta qualche ora addietro. Per quanto non fosse facile ammetterlo, anche al brillante detective liceale Shin’ichi Kudō, in qualche occasione come quella che stava vivendo, capitava di bloccarsi, sin dalla prima riga di un codice.

Il piccolo si grattò la testa,  mentre rimuginava in silenzio, nel mentre Ran, decise che potesse essere una buona idea rileggere il testo da capo ed ad alta voce, magari in questo modo, a qualcuno di loro, sarebbe potuta venire qualche idea per una possibile chiave di lettura.



«Guarda il fiume di pesci dolci, che scorre attraverso la mia amata città natale.

Tu che cerchi la Terra Dorata, segui il suo corso fino a valle in cerca della chiave.

Nel tuo percorrerlo, vedrai un villaggio.
In quel villaggio, cerca la riva, i due te lo diranno.
Lì giace la chiave per la Terra Dorata.

Colui che ottiene la chiave, deve viaggiare verso la Terra Dorata in conformità con queste regole:»

La ragazza fece una piccola pausa, prendendo un respiro profondo, la parte successiva sarebbe stata difficile da leggere, sapeva già che la sua voce avrebbe cominciato a tremare, man mano che il testo proseguiva.

«Al primo crepuscolo, offri i sei scelti dalla chiave come sacrificio.
Al secondo crepuscolo, coloro che rimangono devono separare i due che sono vicini.
Al terzo crepuscolo, coloro che rimangono devono lodare il mio nobile nome.
Al quarto crepuscolo, perfora la testa e uccidi.
Al quinto crepuscolo, perfora il petto e uccidi.
Al sesto crepuscolo, perfora lo stomaco e uccidi.
Al settimo crepuscolo, perfora il ginocchio e uccidi.
All’ottavo crepuscolo, perfora la gamba e uccidi.
Al nono crepuscolo, la strega resusciterà e nessuno sarà lasciato in vita.
Al decimo crepuscolo, il viaggio avrà termine e raggiungerai la Capitale Dorata dove l’oro dimora.»

 

Ran fece un’altra pausa, il peggio per fortuna era passato, poteva rilassarsi e tornare a leggere con più convinzione.
 

«La strega loderà il saggio, e gli conferirà quattro tesori:

 

Uno sarà, tutto l’oro della Terra Dorata.

Uno sarà, la resurrezione delle anime dei defunti.

Uno sarà, nientemeno che la resurrezione dell’amore perduto.

Uno sarà, il mettere a dormire la strega per l’eternità

Dormi pacificamente, mia amata strega, Beatrice.»


Una volta terminata la lettura, Ran rivolse al bambino lo sguardo, in momenti del genere vedeva Conan trasalire di solito, ma questa volta era concentrato sul foglio al punto che si domandò se l’avesse sentita leggere. Guardando al di sopra della spalla del ragazzino delle elementari, la ragazza si convinse che la soluzione migliore fosse prendere ad analizzare una frase alla volta. Insomma a parte le “Istruzioni” che avrebbero dovuto condurre a quella fantomatica “Terra Dorata” e che dicevano chiaramente “perfora ed uccidi” ed alla parte finale che avrebbe dovuto consistere in una ricompensa per chi riuscisse a risolvere l’indovinello non è che lei ci avesse capito poi molto! Quindi tanto valeva provare ad analizzare frase per frase e vedere se ne sarebbe saltato fuori qualche cosa.

«Dunque… “Guarda il fiume di pesci dolci, che scorre attraverso la mia amata città natale”... Un fiume con pesci d’acqua dolce… attraverso l’amata città natale… Sì, ma come facciamo a capire quale fu la città natale di Kinzō Ushiromiya? Questo genere di informazione potrebbe saperla solo uno dei parenti stretti oppure uno degli amici di famiglia degli Ushiromiya… come dovrebbe arrivarci un estraneo?»

Shin’ichi si era posto la stessa domanda proprio all’inizio della sua riflessione. Era assurdo aspettarsi che un estraneo risolvesse un rompicapo del genere, essendo a secco di informazioni precise sul suo creatore, che tra l’altro si era impegnato a rendere l’indovinello più complesso, inserendovi dei propri dati biografici oltre che frasi assurde come: offri i sei scelti dalla chiave come sacrificio! Si era però convinto a riprendere la frase dall’inizio, ed anche quel fiume con pesci d’acqua dolce non lo convinceva poi molto. Però era meglio affrontare le cose un passo alla volta.

«Lascia perdere Ran! Tanto risolvere o meno quel indovinello non ti porterà da nessuna parte.» - asserì Kogorō rispetto alla domanda posta ad alta voce dalla figlia.

«Huh? E perché credi questo Otōsan?» - gli domandò di rimando la ragazza.

«Ovvio, no? Anche se dovessi riuscire a risolverlo, non otterresti nessuna montagna d’oro, è solo una perdita di  tempo!»

 

«Bè, può darsi che tu abbia ragione, però… se così fosse perché Kaitō Kid avrebbe invitato qui ben sette investigatori? Solo per fargli risolvere un enigma che in realtà non ha più valore?» - domandò Ran, che pretendeva una risposta sensata dal momento che il padre sembrava tanto convinto delle sue parole.

«Tsk! Quel Kaitō Kid è solo uno sbruffone. Si divertirà a vederci spremere le meningi fin quando non ci arrenderemo. In parole povere ci ha invitati qui, per farsi quattro risate alle nostre spalle, ecco  tutto!»

Kogorō tagliò corto e questo lasciò Ran ancora più curiosa di sapere cosa poteva esserci sotto. Se Shin’ichi fosse stato con loro, certo non si sarebbe arreso alla prima difficoltà ed avrebbe risolto l’enigma per il puro piacere di farlo, ed anche per dimostrare al ladro di essere in grado di superare la prova che gli aveva presentato davanti. Era con quello spirito che anche lei aveva deciso di fare un tentativo nel giungere a capo di quel misterioso ammasso di parole, e non sarebbe stato quel fatalista del padre a fermarla! Ammesso che sarebbe mai stata in grado anche solo di cominciare a districare quella matassa, in qualche maniera. Il suo entusiasmo interiore si spense poco dopo. A proposito di pesci d’acqua dolce, non sapeva proprio che pesci prendere! Ed anche Conan, che di solito dava buoni spunti di riflessione, sembrava essere bloccato, quindi che fare?

La liceale sospirò, portando accidentalmente lo sguardo sul telefono poggiato sul comodino accanto al letto. Lo osservò per un paio di secondi prima che il suo volto si illuminasse di una flebile speranza.

«Massì, certo! Il jolly!!» - esclamò tutt’un tratto a piena voce, tanto da attirare l’attenzione sia di suo padre che del piccolo occhialuto.

«Che? il jolly?» - ripeté il detective confuso.

«Eh già! Ricordate la lettera che Kanon-kun ci ha letto dopo cena? Non diceva chiaramente che se avessimo avuto bisogno di indizi, potevamo rivolgerci al jolly, a patto che lui non rivelasse direttamente l’ubicazione dell’oro? Ecco… allora possiamo chiedere aiuto ad Hachijō-san, almeno per avere un input così da sapere da che parte cominciare! Non siete d’accordo anche voi?» - domandò infine tutta esaltata la liceale.

Come aveva potuto dimenticarlo! Adesso si che si cominciava a ragionare… o meglio, lo avrebbe cominciato a fare per conto suo, una volta ottenuta la piccola spinta necessaria.

«Pff- A me non interessa. Se vuoi fallo, ma non mettere in mezzo il sottoscritto!»

Ran si accigliò nel sentirsi rispondere in quel modo così sgarbato. Era pur sempre un modo come un’altro per tenersi in forma con il ragionamento giusto? Possibile che al “Grande Detective Mōri Kogorō”, la cosa non stuzzicasse neppure un minimo?
Fece spallucce dopo poco, se non avrebbe potuto contare sull’appoggio del proprio genitore, sapeva che qualcun altro avrebbe acconsentito alla sua richiesta.

«Allora che ne dici Conan-kun, chiamiamo?» - domandò dunque al bambino, con un ampio sorriso in volto.

«Uh? Va bene, Ran-nēchan!» - sorrise il ragazzino, ottenendo da parte di lei una reazione felice, mentre si avvicinava al telefono e componeva il numero che l'avrebbe messa in contatto con la stanza dei domestici.

 

Fosse stato per lui, avrebbe continuato a provare per conto suo ancora per un po', ma un indizio, non negava gli avrebbe fatto comodo. Quanto alla domanda di poco prima riguardo KID, Conan sapeva già la risposta, ma non poteva rivelargliela. Non erano stati portati qui solo per risolvere quell'enigma, la ragione era ben diversa ed alquanto delicata. Si poteva dire che il ladro si fosse assunto un compito al di fuori delle sue competenze ed al di fuori della sua portata, cosa che vista da una certa angolazione, era senza dubbio degna di lode e si confaceva alla sua nomina di ladro gentiluomo. Questa volta però non era lì per sottrarre qualcosa, ma per restituire qualcosa. Un po' come accadde per il caso dei tesori di Ryōma, per fare un paragone estremamente alla lontana.

 

Dopo aver composto il numero ed atteso un paio di squilli, qualcuno prese la linea dall'altra parte del ricevitore: la voce profonda ed estremamente calma di Hachijō Tōya, disse semplicemente "Pronto?" ed il bambino poté veder sorridere Ran, che replicò poco dopo.

 

«Pronto, Hachijō-san… sono Ran.» - gli fece sapere lei.

 

«Ah Ran-chan, cosa c'è? State provando a risolvere l'indovinello?» - chiese lo scrittore di romanzi.

 

Non era una deduzione difficile, dal momento che si erano in qualche modo tutti prefissati almeno quello come obiettivo, per passare il tempo in attesa che venisse giorno, ma Ran sussultò, come se gli fosse stato detto chissà cosa.

 

«Sì, infatti, ma siamo rimasti bloccati fin da subito, alla prima riga, per via di questa fantomatica "città natale" che viene citata.» - spiegò brevemente e con chiarezza - «Lei per caso sa di quale luogo si tratta? Ci può aiutare Hachijō-san?»

 

«Ah certo, la "mia amata città natale". In effetti è impossibile tirare a indovinare su di un simile dettaglio… certo che posso aiutarvi, non per niente sono il "jolly".» - rispose lui, anche se non poté vederlo Ran ebbe l'impressione che per un attimo egli avesse sorriso - «Cominciamo con il dire che quella frase non intende nello specifico una città, in quanto primo significato, ma è la metafora per una nazione all'interno della quale Kinzō ha vissuto, che ci porta poi a capire come il testo dell'epigrafe sia pieno di metafore. Il Capofamiglia Ushiromiya è nato su di una grande isola; è per questa ragione che ha acquistato Rokkenjima e vi si è stabilito, perché in qualche modo li ricordava la sua infanzia… ecco dovrebbe essere… se la memoria non m'inganna...» - riflettè per qualche istante prima di dare la risposta.

 

««Taiwan»»


La località venne nominata da due voci differenti che però la liceale riconobbe a colpo sicuro: Shannon era tornata dal suo giro di perlustrazione a quanto sembrava.

 

«Ah, la prego di scusarmi! Ho sentito che parlava della terra natia del padrone e mi è sfuggito di bocca!» - poté origliare Ran, suo malgrado.

 

«No… non c'è problema. Figurati...»

 

«Quindi l'amata città natale era in Taiwan?» - chiese conferma la ragazza dopo che udì diversi secondi di completo silenzio dall'altra parte.

 

«Sì, esatto e la città nello specifico è la capitale Taipei. Concentratevi su quella zona. Avete un atlante con voi? Con una mappa sotto gli occhi, è più facile capire anche la parte dei pesci e del fiume.» - suggerì Tōya.

 

«Un atlante dici?» - ripeté Ran guardando il bambino, di fianco a lei, che le mostrò come ne avesse uno a portata di mano proprio in quel momento, quindi rispose subito - «Sì… sì abbiamo un atlante! Dobbiamo concentrarci su Taipei, quindi… ho capito.»

 

«Molto bene, in questo caso dovreste riuscire a scoprire il resto anche da soli. D'altra parte voi siete avvantaggiati Ran-chan, avete con voi un bambino.»

 

«Huh? Saremmo in vantaggio perché abbiamo con noi Conan-kun?» - domandò.

 

«Già, i bambini con gli indovinelli di solito ci sanno fare, mia sorella minore li usa spesso nei suoi libri per stimolare la sua creatività. Kinzō poi era una specie di bambinone... Insomma… credeva alle streghe! Comunque Ran-chan, provate pure da soli tenendo la linea aperta. Rimarrò vicino al telefono nel caso abbiate bisogno d'aiuto. Tanto dubito fortemente che gli altri detective vorranno mai il mio aiuto, preferisco mille volte risolvere l'enigma in vostra compagnia.»

 

«Davvero? Grazie mille Hachijō-san! Allora proveremo ad impegnarci!» - detto questo Ran posò la cornetta sul comodino orientata verso il letto su cui lei e Conan stavano seduti, così che dall'altra parte si sentisse mentre ragionavano ad alta voce - «Avanti Conan-kun facciamo del nostro meglio!» - lo incoraggiò la ragazza, anche se forse non c'è ne sarebbe stato bisogno, visto che Conan si era rimesso a fissare il testo dell'epigrafe, da quando Ran lo aveva guardato l'ultima volta.

 

"Un enigma per cui se si ha con sé un bambino ci si può dire in "vantaggio"? Significa forse che non bisogna prendere tutto in modo letterale come farebbe un adulto, ma essendo creativi… in questo caso…" - pensò Conan per poi alzare lo sguardo verso la ragazza.

 

«Dì un po' Ran-nēchan, cosa fa sì che un fiume possa essere definito un fiume?» - le chiese.

 

«Huh?» - su due piedi la ragazza fece fatica a capire la domanda, ma poi decise di riflettere per bene - «Bè… un fiume è un corso d'acqua che ha una certa portata, ha origine da una sorgente, si estende per un tratto abbastanza lungo, che alla fine sfocia nel mare ed al suo interno nuotano determinati tipi di pesci che non potrebbero sopravvivere in acqua salata…» - disse, questo era tutto ciò che le veniva in mente se doveva definire cosa fosse un fiume, nelle sue caratteristiche principali

 

Quella domanda fece venire in mente un'altra domanda al piccolo che chiese - «A proposito... c'è un pesce di fiume che raggiunge il mare per deporre le uova, giusto Ran-nēchan? Ti ricordi come si chiama?»

 

«Huh? Ecco sì… Mi pare fosse l'Ayu…» - riflettè la ragazza per poi rilanciare con una domanda - «Ma perché lo chiedi Conan-kun?»

 

«Ecco… stavo pensando che forse potesse essere proprio questo il famoso "pesce d'acqua dolce"… se è così dobbiamo cercare un posto in cui questo possa trovarsi bene; inoltre non è detto che il fiume che è citato debba essere per forza  un fiume vero, magari è un altro "mezzo" che gli Ayu possono usare per spostarsi da un punto all'altro, fino ad arrivare al mare.» - spiegò il bambino indicando con il dito sulla mappa di Taiwan l'unico fiume che effettivamente sfociava chiaramente nel mare, in quella porzione di mappa.

 

«Un altro modo?» - ripeté Ran osservando a sua volta la cartina.

 

«Che sciocchezze! Se sono pesci Ayu allora staranno per forza in un fiume! Con cos'altro dovrebbero raggiungere il mare?!» - sbottò Kogorō che finora era stato in silenzio a guardarli, ma vedendoli così presi, si sentì come in dovere di intervenire, per non essere lasciato del tutto in disparte.

 

«Però Ojisan, le persone hanno un sacco di modi per arrivare da un posto all'altro proprio come fa un fiume. Abbiamo le autostrade, le imbarcazioni, gli aerei, le funivie, la metropolitana oppure...» - cominciò ad elencarne un po' e poi spostò lo sguardo verso l'alto come se stesse pensando a cos'altro poter aggiungere alla lista.

 

«Che c'entra i pesci nuotano, mica viaggiano o vanno in vacanza!!» - si irritò il detective non capendo.

 

«È vero Otōsan… però l'enigma non dice affatto che gli Ayu "nuotano"... c'è scritto che il fiume scorre… quindi Conan-kun potrebbe non avere tutti i torti.» - intervenne la ragazza alle parole del padre.

 

«Okay, ci sarà pure scritto che scorre… allora cosa può essere se non un fiume in cui l'acqua vi scorre attraverso?!» - ribatté non riuscendo a pensare a null'altro.

 

«Anche l'elettricità scorre nei cavi elettrici Ojisan, eppure la corrente non è quella di un fiume!!» - obiettò Conan, a gran voce.

 

«Sì, ma nei cavi elettrici non ci trovi mica gli Ayu, sapientone!» - ringhiò l'uomo baffuto, nei confronti del ragazzino occhialuto.

 

"Certo che sei testardo! Qui i pesci non c'entrano affatto!" - si accigliò Shin'ichi per poi voltare lo sguardo verso la figlia di quel detective imbranato - "Per favore dimmi che almeno tu ci arrivi Ran!"

 

«Una corrente che non è quella di un fiume… un mezzo di trasporto simile ad un fiume… che permette di arrivare al mare… un percorso da un punto a un… AH!» - di colpo la mascella della ragazza crollò, forse aveva capito! - «Conan-kun, gira le pagine!» - il bambino eseguì grandine un paio, superando la cartina politica e quella che indicava i laghi principali, alla terza pagina la ragazza lo fermò - «Stop! Ecco, è questa!!» - disse Ran rivolgendo l'atlante verso il padre che stava seduto di un letto situato dall'altra parte della stanza, vicino alla finestra che dava sul giardino di rose; lo aveva scelto apposta per poter fumare in santa pace.

 

Kogorō spense la sigaretta nel posacenere trovato in un cassetto e che aveva messo sul suo comodino e si alzò di malavoglia, sbuffando raggiungendo i due con le mani in tasca, ed una volta abbastanza vicino, si allungò ad osservare le pagine che Ran gli stava orgogliosamente mostrando: Mappa del sistema ferroviario di Taiwan.

 

«Cosa? Che c'entrano le ferrovie? Non ci capisco più niente!» - borbottò l'uomo baffuto che si era arreso senza provarci in realtà sin dalla prima lettura del testo, quindi era naturale non ci arrivasse minimamente.

 

«Dai Otōsan pensaci, è facilissimo!! L'abbiamo detto poco fa, quali sono le caratteristiche principali di un fiume?» - gli chiese Ran, volendo guidare anche suo padre alla stessa conclusione a cui Conan l'aveva portata a questo scopo gli mostrò subito dopo anche la mappa dei fiumi che avevano guardato fino a poco prima.

 

«Ancora con questa storia? Che barba! Un fiume è un corso d'acqua che parte da una sorgente, si estende per un certo tratto e poi sfocia nel mare… non vedo cosa abbia in comune con…» - Kogorō fece una piccola pausa, prima di aggiungere - «Ma certo! Ecco perché non è detto che i pesci ci debbano nuotare! Allora il fiume di cui dobbiamo seguire il corso in questione e la Taipei - Tamsui!»



Guardando le due cartine separatamente non era immediato accorgersi della somiglianza, ma un tratto della linea ferroviaria sembrava costeggiare il corso del fiume Denshui che sfociava nel mare, guardando le due cartine sovrapposte o una vicina all'altra la cosa era immediata. Inoltre immaginando il percorso sorgente-fiume-foce in modo schematico, come tre parti collegate di uno stesso percorso, lo si poteva immaginare come un susseguirsi si stazioni, su di una mappa all'interno di un convoglio ferroviario. Dunque con un po' di fantasia, si capiva benissimo di cosa l'enigma stesse parlando.

 

Ran tornò a guardare la cartina con il percorso della linea citata, era senza dubbio quella il percorso da seguire, come diceva la seconda frase dell'indovinello, ma da qui in  poi le cose si facevano di nuovo difficili da mettere insieme.

 

«"Tu che cerchi la Terra Dorata, segui il suo corso fino a valle in cerca della chiave"…  il corso lo sto seguendo, ma non capisco… la frase dopo dice: "Nel tuo percorrerlo, vedrai un villaggio. In quel villaggio, cerca la riva, i due te lo diranno. Lì giace la chiave per la Terra Dorata"» - pronunciò per poi farsi pensierosa.

 

Conan si mise accanto a lei analizzando uno ad uno i nomi delle stazioni, un sorriso si disegnò sulle sue labbra ad un certo punto, non appena trovò: il villaggio, la spiaggia e i due che avrebbero rivelato l'ubicazione della chiave per la Terra Dorata.

 

«Guarda bene Ran-nēchan! È come se-»

 

«È come se i caratteri giocassero a nascondino Ran-sama. È un trucco di magia!» - la dolce voce della cameriera Shannon si fece sentire vivida dal ricevitore posto sul comodino, verso cui i tre si voltarono.

 

«Shannon-san? Cosa intendi dire?» - le domando Ran, avvicinandosi senza toccare però la cornetta così che potessero sentire anche gli altri.

 

«Vi chiedo scusa per l'interruzione, Hachijō-sama ha dovuto recarsi alla toilette e mi ha detto di intervenire in caso mi foste sembrati in difficoltà...» - spiegò la ragazza, per poi rispondere alla domanda - «La veda come un trucco di magia. Anche se potrebbe non notarla la chiave è proprio davanti ai vostri occhi. Dovete solo guardare molto attentamente e la troverete di sicuro! Ricordi che deve: vedere un villaggio, cercare una riva che possiamo sostituire con il termine "spiaggia" se le è più comodo e due persone che parlano tra loro. Faccia un tentativo sulla base di queste informazioni, per favore

 

La domestica mise particolare enfasi sul "guardare attentamente", per cui Ran strinse le palpebre con l'intento di riuscire a focalizzare meglio e guardò uno ad uno, da capo tutti i nomi delle stazioni segnate e ripeté mormorando tra sé - «Villaggio… spiaggia… due persone che parlano… villaggio… spiaggia… Le li ho trovati!! Shannon-san, lì ho visti! Sono tutti nella stazione chiamata "Kirigan"!» - esclamò Ran - «Un villaggio, una spiaggia e se la leggiamo in quanto stazione, otteniamo le bocche, che servono ai due per parlare!»

 

Si sentì una sorta di piccolo applauso provenire dall'altra parte della linea - «Corretto! Le mie congratulazioni Ran-sama, ha appena trovato la chiave che conduce alla Terra Dorata, grazie alla quale possiamo anche considerare risolto il primo crepuscolo!» - affermò Shannon con la sua solita dolcezza.

 

Infatti i Kanji che comparivano in Kirigan (唭里岸) se separati nelle loro varie parti, contenevano al loro interno: uniti nel primo carattere la parola "bocca" (口) e "quella" (其), che si riferiva alla frase: "i due te lo diranno", citata nel testo. Il secondo carattere stava per "villaggio" (里) ed infine l'ultimo significava "spiaggia" (岸) oppure "riva" come quella della seconda riga dell'epigrafe. Ma solo il nome non bastava, poiché sarebbe stato presente solo un singolo carattere per la parola "bocca", mentre ne servivano due. Per risolvere il problema bastava pensare al fatto che ci si trovava di fronte alla mappa del sistema ferroviario, per ciò era chiaro che ogni nome riportato fosse quello di una stazione in cui un ipotetico treno si sarebbe fermato. In altre parole, se l'interpretazione -- come Shannon aveva prematuramente confermato -- era giusta,  la "Stazione Kirigan" (唭哩岸) era la chiave.

 

Però Ran non sembrò affatto convinta, e Conan poté notarlo dalla sua espressione oltre che da tono di voce che usò subito dopo, acuto e lamentoso  - «Shannon-san...»

 

«Sì, qualcosa non va Ran-sama?» - rispose lei.

 

«Non può essere la risposta giusta! In qualunque modo lo si legga "Stazione Kirigan" non ha sei caratteri! Potrà anche essere la chiave, ma cosa ha a che fare con il primo crepuscolo che dice: "Al primo crepuscolo, offri i sei scelti dalla chiave come sacrificio", In Kanji ci sono solo tre caratteri ed anche se lo si scrive in hiragana o katakana, sono comunque meno del necessario. Mentre in caratteri romani le lettere sono sette, e togliendone sei si finisce con avere solo la "n".  Si rimane praticamente senza niente di utilizzabile… insomma non si arriva a capo di nulla!»

 

La giovane dall'altra parte fu udita trattenere a stento una risata, cosa che Ran accolse con una buona dose di confusione - «Che c'è, ho detto qualcosa di strano, Shannon-san?»

 

«No non è questo. La prego di scusarmi. Il suo ragionamento non è sbagliato. In effetti se ci si concentra su “Stazione Kirigan” così com'è non si può andare avanti. Ha commesso due errori fondamentali: primo su tutti, la pronuncia del nome.» - si affrettò a chiarire la cosa, visto che per come si erano poste le cose, la ragazza sarebbe rimasta naturalmente confusa dalla sua affermazione - «Mi spiego meglio: Kirigan è la lettura corretta dei Kanji in giapponese, ma trattandosi di una stazione taiwanese, dovrebbe essere considerata la lingua del posto come pronuncia ufficiale. Per questo Kirigan non è ciò su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione, ha capito?»

 

Ran batté le palpebre un paio di volte, prima di realizzare il suo sbaglio, che venne poi sottolineato da Conan che gli indicò il nome corretto che era per altro scritto subito sopra agli ideogrammi, ma che lei non aveva notato perché troppo presa dall'entusiasmo.

 

«Vedi Ran-nēchan è scritto proprio qui sopra. La stazione si chiama Qilian solo che noi la leggiamo "Kirigan", non te ne eri accorta, vero?» - domandò il bambino sorridendo.

 

«Emh… no… proprio no...» - ammise sentendosi veramente una sciocca, eppure era scritto lì a chiare lettere - «Vi chiedo scusa, ho commesso un errore!» - sospirò la castana.

 

«Non si preoccupi! Lei è stata fin troppo arguta mi creda. Quando molto tempo fa, ho avuto modo di leggere il testo dell'epigrafe, ho riscontrato una difficoltà incredibile nel capire che cosa volesse dire il secondo rigo. Ho avuto modo di capirlo solo dopo che mi è stato spiegato da una persona. Persi letteralmente ore ed ore a cercare un villaggio sulla cartina di Taiwan che avesse una spiaggia e che fosse vicino al fiume Tamsui. Ero davvero del tutto fuori strada! Quindi non deve dispiacersi, tutt'altro.»

 

Ran si rasserenò alle parole della domestiche che fu così gentile da raccontarle quel aneddoto per farla sentire meglio, non fece in tempo a ringraziarla che la sentì dire:

 

«Hachijō-sama sta tornando, tolgo il disturbo.»

 

Conan allora si sporse un po' verso il telefono quasi urlando - «Aspetta un'attimo Onēsan!»

 

«S-Sì, cosa c'è?» - chiese quest'ultima.

 

«Qual è il secondo errore fatto da Ran-nēchan?» - chiese, notando con la coda dell'occhio la ragazza accigliarsi. Non era mica colpa sua, non c'era bisogno di offendersi! Era la ragazza dall'altra parte della linea, che aveva parlato di "due errori" e saperlo avrebbe potuto tornargli utile più avanti nella risoluzione dell'indovinello.

 

«Ah, giusto! Sì, “Qilian” è si la chiave per la Terra Dotata, ma le sue lettere sono anche '"i sei scelti in sacrificio dalla chiave", per cui non sbagliava a dire che bisogna togliere delle lettere. Queste sei lettere però devono essere sottratte da qualcosa di diverso-»

 

La voce di Shannon si fece più lontana di colpo e si poté sentire la Tōya, tornare a prendere possesso del ricevitore.

 

«Basta così! Direi che Shannon-chan ha elargito hint a sufficienza» - disse l'uomo - «Adesso provate a proseguire un po' da soli, a quanto ho capito, ve la state cavando piuttosto bene. Quindi fate ancora un piccolo sforzo. Se serve io sono qui ad ascoltarvi.»

 

La liceale acconsentì, ed anche Conan fu d'accordo. Era bello vedere Ran così presa da questa storia dell'indovinello, coinvolta al punto da esultare neppure avesse vinto una gara, ma lui voleva arrivare alla soluzione con le sue sole capacità e con il minor numero di indizi elargiti dal jolly possibili.

 

«Proviamo ad analizzare la prossima parte, Conan-kun» - incoraggiò la ragazza per poi leggere il pezzo di epigrafe successivo - «Colui che ottiene la chiave, deve viaggiare verso la Terra Dorata in conformità con queste regole…» - poi Ran seguitò a leggere di nuovo tutti i vari passaggi dell'elenco.  

 

"Non mi convince. Così com'è sembra somigliare alla poesia dei Dieci piccoli Indiani del romanzo della Christie… non è la prima volta dunque che viene utilizzata questa tecnica; ma nel caso del romanzo raccontava una storia ed il colpevole l'ha usata a suo vantaggio per commettere una serie di delitti. Qui suona davvero come una lista di passaggi da attutare per raggiungere questa fantomatica "Terra Dorata" (黄金郷, Ōgon Kyō)... Se è così l'unico modo di proseguire e cercare di capire cosa s'intenda con questa espressione… e poi perché alla fine c'è scritto "Capitale Dorata" (黄金の郷, Ōgon no Kyō)?"

 

Conan si mise a ragionare su questo. Cerchiando con una penna che aveva in tasca le due espressioni, scritte con caratteri differenti, pur in teoria aventi lo stesso significato. Ran lo guardò poi scrivere accanto a "Capitale Dorata", la parola "Ōgon" seguita da un punto interrogativo (黄金 ?, Ōgon ?) e questo la incuriosì parecchio, anche perché era rimasta ferma a considerare la lista di passaggi, mentre il piccolo stava lavorando già su un'espressione presente a fine testo.


Che avesse già capito il significato del resto?

 

La liceale sospirò tra sé: alle volte davvero Conan gli sembrava Shin'ichi. Anche lui era solito spiegarle l'inizio dei casi di Holmes, per poi saltare subito alle conclusioni, così che ci fosse un gigantesco buco vuoto nel mezzo e per riempirlo lei era costretta a fare domande su domande a cui l'amico d'infanzia rispondeva con un'aria altezzosa e spavalda. Ed alle volte si permetteva anche di sgridarla se "pur avendo tutto a disposizione", lei sbagliasse nel formulare la sua ipotesi. Per lui era facile parlare! Chissà quante volte aveva letto quei romanzi! Facile fare la voce grossa quando sai perfettamente di cosa stai parlando, mentre il tuo interlocutore deve arrivarci per pura speculazione! Lei poi no era un'appassionata di gialli per cui non aveva le sue abilità di ragionamento, né una biblioteca "enciclopedica" su cui contare in caso di bisogno. Partiva svantaggiata… Però doveva ammettere che quando lui partiva a spiegarli vari collegamenti, risultano tutti perfettamente logici, perfino quelli apparentemente più assurdi.

 

Spesso anche il piccolo Conan faceva così… la lasciava indietro per poi spiegarle tutto alla fine. Per certi versi ormai c'era abituata, quindi scrollando le spalle, gli chiese semplicemente:

 

«C'è per caso qualcosa che non va nell'espressione "Capitale Dorata" Conan-kun?»

 

«Huh?» - la voce della ragazza lo ridestò dal suo ragionare e lo portò ad annuire - «Bè… mi chiedevo perché fosse scritta in questo modo. Avrebbe potuto usare un carattere diverso con la stessa pronuncia, non credi? Sarebbe stato anche più immediato...» - domandò il piccolo rendendola partecipe.

 

«In effetti… per dire capitale avrebbe potuto usare il carattere "Kyō" (京) che si trova in Kyōto (京都) ed in Tōkyō (東京). Avrebbe fatto più in fretta...» - disse la ragazza, per poi voltarsi - «E se usassimo proprio quel carattere per riempire lo spazio vuoto?» - gli suggerì scrivendo accanto al "?" proprio quel carattere.

 

Capitale Dorata (黄金京, Ōgon Kyō).

 

Conan fissò i caratteri concentrandosi sul ultimo, anche Ran fece lo stesso. All'improvviso un flash gli attraversò la mente del piccolo detective e lo fece sorridere, quel carattere non si leggeva solo come "Capitale", ma aveva anche un’altra lettura.

 

«Forse l'ho trovata Ran-nēchan...» - affermò il bambino.

 

«Hai trovato… cosa Conan-kun?» - ribatté lei.

 

«Il modo per arrivare alla città tutta d'oro la cui capitale è nascosta su quest'isola.» - rispose il bambino - «Ti ricordi quante tonnellate d'oro, la domestica Shannon ha detto che Beatrice abbia donato agli Ushiromiya tanto tempo fa?» - domandò Conan.

 

Ran alzò lo sguardo al soffitto poggiando l'indice contro il mento - «Vediamo se non sbaglio… ha detto 10 tonnellate che equivalgono a 20 milioni di yen; perché?»

 

«Aspetta un attimo, prima dimmi, se pensi ad una "Capitale Dorata", cosa ti viene in mente?»

 

«Bè… mi viene in mente la città perduta di El Dorado, che si dice sia fatta tutta d'oro… il che vuol dire...» - aveva l'impressione di capire dove volesse arrivare.

 

La capitale in questione doveva essere il nascondiglio dell'oro e c'entrava qualcosa la quantità donata dalla strega. Dieci tonnellate… Venti milioni di yen…

 

Dette un'altra occhiata ai caratteri di "Capitale Dorata", e tentò di mettere tutto insieme.

 

«Il carattere "Kyō", può indicare anche una grande quantità… per scovare il numero esatto dobbiamo usare la lingua inglese… altrimenti non possiamo detrarre i caratteri a cui siamo arrivati poco fa! Alla luce di ciò, possiamo leggere quella grande quantità come "Ten Quadrillion" ovvero le dieci tonnellate d’oro, al primo crepuscolo. Al decimo crepuscolo se diminuiamo di uno la quantità di volta in volta, abbiamo un "Quadrillion" rimasto» - sorrise il ragazzino - «Questa è la parola che ci permettere di portare a termine i passaggi che ci indica l'epigrafe. Cominciamo dal primo crepuscolo: considerando che "Qilian" sono le sei lettere che sono state scelte come  "sacrificio dalla chiave"… vuol dire che non ci servono e bisogna toglierle dalla parola "Quadrillion". Con questo ci rimane?» - domandò Conan alla ragazza.

 

Ella ci pensò su nel mentre Conan glielo scrisse sul fondo del pezzo di carta così che potesse "visualizzarlo":

Quadrillion

 

_u_dr_l__o_

 

«Dunque tolte le sei lettere restano: u-dr-l-o, giusto?»

 

Il piccolo annuì - «Indovinato! Così il primo crepuscolo è completo. Ora il secondo dice di semparare i "due che sono vicini", quindi...»

 

«La "d" e la "r"...» - annuì Ran.

 

_u_d_r_l__o_

 

«Andando avanti il terzo crepuscolo dice.. "Coloro che restano, dovranno lodare il mio nobile nome"...» - ricordò la ragazza - «Se prendiamo in considerazione le poche lettere rimaste e le riordiniamo in modo che vadano a formare una parola di senso compiuto... dovrebbe venir fuori...»

 

_l_o_r_d__u_

 

«"Lord U.", ovvero  Ushiromiya (Kinzō)!» - affermò la ragazza, entusiasta perché era certa si trattasse della risposta esatta.

 

«Sì, è esatto» - confermò Hachijō Tōya dall'altra parte della linea - «Congratulazioni. Voi ragazzi avete trovato la risposta che vi condurrà all'oro nascosto. Forse non lo sapete, ma su quest'isola è presente una cappella, dove so dice che Kinzō svolgesse i suoi "riti magici". Naturalmente anche quella andò distrutta con l'esplosione nel 1986 ed è stata ricostruita da qualcuno che è tutt'ora avvolto nel mistero. Ad ogni modo, sulla porta di quella cappella, vi è scolpita la frase: "This door is opened only at a probability of a Quadrillion to one. You will be blessed only at a probability of a Quadrillion to one". Si dovrà applicare lo stesso metodo che voi avete usato su carta, con le lettere della parola "Quadrillion" e così si dovrebbe in teoria, raggiungere la fantomatica "Terra Dorata". Questo è ciò che fece anche la strega Beatrice ed Eva Ushiromiya dopo di lei.»

 

«Caspita...» - commentò la ragazza dai capelli lunghi - «Si vede proprio che la sa lunga sulla storia di questo posto Hachijō-san! La ringrazio davvero per averci dato una mano.»

 

Dopo un'altro breve scambio di battute con il loro interlocutore, che si ritenne soddisfatto dell'impresa appena portata a termine, i tre si augurarono reciprocamente la buona notte e venne messa giù la linea. Quando Ran mise la cornetta a posto, lei ed il bambino, si guardarono con espressione trionfante, e batterono il cinque tra loro. Kogorō nel frattempo, perso interesse per l'enigma,  si era addormentato e russava già come un trombone, quindi non poté partecipare ai festeggiamenti dei due ragazzi.

 

«C'è l'abbiamo fatta Conan-kun!» - sorrise la liceale.

 

«Sei stata grande Ran-nēchan!»

 

Era bello vederla così felice, per cui anche Shin'ichi finì con l'avere stampato in volto un sorriso colmo di soddisfazione, più a causa di quel sorriso sul volto di lei, che per aver risolto l'enigma in sé.

 

«È stato in buona parte merito delle tue intuizioni e dei suggerimenti di Hachijō-san. Abbiamo fatto davvero un bel lavoro di squadra.» - osservò Ran era giusto attribuire ad ognuno i propri meriti

 

Ormai era quasi mezzanotte. La stanchezza sembrò assalirla d'un colpo, facendola sbadigliare.

 

«Dunque… ora che abbiamo risolto l'enigma della strega, possiamo anche andare a dormire, che ne dici Conan-kun?» - propose la ragazza - «Coraggio, va a lavarti i denti e metterti il pigiama»

 

«Va bene!!» - acconsentì il ragazzino alzandosi dal letto.

 

Shannon era stata così gentile da selezionare le stanze con bagno incluso. Spiegò che se si fossero fermati nella Guest House si sarebbe dovuto usare il bagno in comune, cosa che nelle camere private, non succedeva. Prima che Conan potesse aprire la porta del bagno, sentì il telefono squillare.

 

«Sì pronto?» - disse Ran che prese la chiamata.

 

«Ran-sama, riferisca a Mōri-sama, che  ha cominciato a muoversi» - comunicò la voce della ragazza.

 

«"Ha cominciato a muoversi", chi?» - chiese lei.

 

«Non c'è tempo, lo avverta solo per favore tra un attimo verrò a sbloccare la porta!» - disse per poi chiudere la comunicazione.

 

«Eh?»

 

Mentre Ran era rimasta confusa da quelle parole, Conan aveva capito a che si riferisse a si precipitò a scuotere Kogorō dal suo sonno.

 

«Otchan! Otchan! Svegliati avanti» - gli urlò il ragazzino.

 

«Gh- Nha… C-Che c'è…?!» - chiese ancora mezzo stordito non appena si riscosse, il detective addormentato.

 

«Shannon-san l'ha visto muoversi! Il colpevole!» - gli comunicò il ragazzino.

 

Una volta che ebbe metabolizzato quella frase, Kogorō esplose in un: "COME?!?", per poi alzarsi di scatto. Conan annuì, aveva capito bene, era giunto il momento che cogliessero il colpevole con le mani nel sacco. Neanche un minuto dopo, la serratura scattò da fuori e Shannon introdusse la mano facendo cenno di uscire.

 

«Fate in fretta e siate il più silenziosi possibili per favore...» - sussurrò la domestica, quando Kogorō e Conan si unirono a lei.

 

«Ehm… Posso sapere che succede?» - chiese Ran avvicinandosi alla porta, mentre Shannon si accingeva rinchiuderla, con tanto di Master Key alla mano.

 

«Non si preoccupi Ojōsama, stia  pure tranquilla» - le si rivolse dolcemente la ragazza dal copricapo bianco - «Stiamo per mettere alle strette l'assassino di Ōgami-sama. Domani le racconterò tutto se sarà necessario, lei si riposi e non sia in pensiero, per favore» - detto questo la ragazza chiuse la porta a chiave.

 

Mentre si allontanava, poté sentire Ran chiedere dall'altro lato: "Come sarebbe a dire l'assassino?! Quindi non è tutta opera di Ladro Kid?!". Quel dubbio rimase inascoltato ed il gruppo si mosse verso la stanza di Mogi, e poi verso quella di Hakuba e la detective Soda.

 

«Ehi, non ci eravamo detti di tenerlo segreto?» - domandò Kogorō non appena anche la donna di unì a loro.

 

«Sono spiacente» - disse Shannon a riguardo.

 

«Anche se avesse tenuto tutti noi nelle rispettive stanze, non sarebbe cambiato il dato di fatto, che una sola persona, sarebbe potuta entrare nella stanza dove abbiamo lasciato il cadavere di Ōgami.» - disse Mogi - «Io e te baffetti, l'abbiamo portato in quella stanza da solo e mancava solo un Master Key da quelli presenti in casa. Presumendo che la domestica non abbia mentito sul numero.»

 

Hakuba rispetto a questo aggiunse - «Non credo sia possibile. Lo avremmo scoperto. Inoltre Shannon-san sostiene che ha avuto un'opportunità buona per prendere il suddetto Master Key.» - integrò il giovane -  «Quanto al movente, lo ascolteremo direttamente per sua bocca...»

 

«Ben detto! Ci spieghi per bene per quale ragione ha ucciso Ōgami…» - ci fu un attimo di pausa in cui Kogorō spinse la porta precedentemente sbloccata da Shannon - «Detective Furuyo Senma!»

 

Una volta esposta agli occhi degli altri detective, la vecchia con un'espressione di sconcerto in volto, fu costretta ad allontanarsi dal cadavere e mise le mani in vista.

 

«Dannazione! Ero così sicura che sarebbe andato tutto liscio...» - fu la prima cosa che disse.

 

Fu scortata fuori dalla stanza e la detective Soda le confiscò il Master Key rubato che tornò in mano a Shannon. Si diressero tutti insieme verso il salone, dove anche Tōya Hachijō, che lì raggiunse avendo chiesto a Shannon perché sembrasse agitata, quando l'aveva raggiunto. Senma spiegò che stava cercando il cellulare di Ōgami per sbarazzarsene gettandolo in mare e liberarsi delle conversazioni che avevano avuto oltre che di appropriarsi della camera della sua stanza per frugare tra le sue cose e vedere se ci fosse qualcosa di compromettente.

 

«Questa riunione è stata un'idea di Ōgami» - cominciò a dire l'investigatrice - «Lui, come anche mio padre era ossessionato dalla ricerca di tesori. Tra tutte le teorie speculative che aleggiano su Rokkenjima, una in particolare sostiene che l'oro donato al Capofamiglia, sia sì stato ritrovato, ma che non si trovasse all'interno del raggio dell'esplosione. Quindi era ancora possibile per trovarlo, partendo dall'enigma della strega, che intanto era divenuto di dominio pubblico grazie ai romanzi dello scrittore misterioso sotto lo pseudonimo di Itouikukuro Zerogonanaroku, ovvero il qui presente, Tōya Hachijō-sensei. Io come molti mi sono interessata all'enigma e così ho finito per conoscere Ōgami, che per sua stessa ammissione, non era la prima volta che si cimentava in ricerche di favolosi tesori perduti.» - disse poi rivolgendo lo sguardo all'uomo dai capelli albini, "responsabile" di aver diffuso la storia di Rokkenjima come se fosse un giallo qualunque - «Sono rimaste solo pure illazioni, fino a quando Ōgami ha sentito dire che qualche privato facoltoso stava facendo riedificare la villa, sulla stessa isola, ha deciso di acquistarla indebitandosi fino al collo ed ha pensato bene di riunire i migliori detective del paese perché risolvessero il mistero al posto suo. Lui non ne era stato in grado, nonostante avesse l'elemento base a portata di mano, ovvero la città d'origine di Ushiromiya che era citata nel libro. Avrebbe potuto risolvere l'epigrafe, ma poiché la basilica risultava distrutta, era logico fosse tutto inutile. La ricostruzione gli aveva ridato speranza, nonostante ciò lui non riusciva a trovare la chiave di lettura in quello scritto che era a misura di bambino. Aveva in mente di uccidere la cameriera che aveva visto e "selezionato" durante una visita all'orfanotrofio finanziato in passato dagli Ushiromiya, perché aveva precedentemente lavorato per loro e soprattutto perché l'aveva vista contare i soldi leccandosi la punta del pollice, per far capire che qui si faceva sul serio e conoscendolo, non si sarebbe fermato ad un delitto, ma per amore di spettacolarità avrebbe ucciso tutti, me compresa, nello stile descritto dell'indovinello che lui stesso non capiva. Dovevo fermarlo, per questo l'ho ucciso mettendo il veleno all'attaccatura del manico. Era un tipo impaziente per cui presto o tardi si sarebbe morso le unghie. Calcolavo che lo facesse mentre tutti saremmo stati impegnati con l'enigma, ovvero dopo la cena quando le tazze sarebbero state lavate, così da rendere la sua morte difficile da inquadrare. In ogni modo, il mio piano è fallito sin dalla lettura della seconda lettera che ci dichiarava bloccati qui. La presenza effettiva di KID non era prevista, doveva essere solo un'esca per attirarvi qui, questo ha mandato in agitazione Ōgami prima del previsto e ha rovinato tutto...»

 

Mogi nell'ascoltarla poggiò gli avambracci sul tavolo - «Vecchia, ti rinchiuderemo nella tua stanza fino al mattino e ti terremo bene sott'occhio, ti è chiaro?» - la avvertì.

 

«Non ho obiezioni mi sta bene. Tanto dovrò essere comunque consegnata alla polizia appena metteremo piede sulla terraferma.» - fece spallucce la donna.

 

«E sia allora. Se non hai altro da dire, ti riportiamo nella tua stanza, che naturalmente perquisiremo da cima a fondo, non vogliamo altre brutte sorprese...»

 

Il gruppo dunque si spostò nuovamente compatto e dopo aver lasciato l'anziana Senma chiusa nella sua stanza grazie al Master Key, ognuno tornò nella propria. Fu concordato che non venissero chiuse tutte le porte, dal momento che il colpevole era stato catturato, per tanto non ci sarebbero dovuti essere altri delitti e quindi tutte quelle precauzioni risultavano ora forse un po' esagerate.

 

Quando Kogorō e Conan tornarono nella loro stanza, Ran era già addormentata e per quando la pendola posta al piano terra della villa suonasse i suoi dodici rintocchi, i due l'ebbero raggiunta nel mondo dei sogni. Shannon nel suo scendere le scale per tornare nell'androne della residenza, notò che la sedia a rotelle dello scrittore di romanzi gialli era ferma davanti all'enorme ritratto di Beatrice ed egli era intento a fissarlo. La ragazza allora lo raggiunse e con la sua solita innata dolcezza gli si rivolse, affiancandosi a lui.

 

«Era molto bella, non trova Beatrice-sama...»

 

«Non mi sorprende che il vecchio Ushiromiya abbia perso la testa… se la osservi per troppo tempo ti sembra quasi che sentirla ridere.» - rispose Tōya

 

«Lei dice? Sarà sicuramente il vento che filtra dagli infissi...» - osservò la domestica.

 

«Sì… è così»

 

Aveva appositamente evitato la sua domanda e la ragazza era stata tanto cortese da non dare peso alla cosa. Nel suo osservare il quadro, l'uomo rivolse anche una rapida occhiata a Shannon. Era proprio lì a due passi, gli sarebbe bastato ringraziarla e farle qualche domanda per soddisfare la sua curiosità, ma non riuscì ad aprire bocca. Gli si seccò completamente la gola, ma nonostante ciò riuscì a porre un interrogativo tra le più importanti.

 

«Shannon-chan… credi che su quest'isola l'illusione della Terra Dorata, esista ancora?» - domandò.

 

«L'unico modo per saperlo e trovarla...» - rispose la domestica - «È un'illusione per cui… per giudicare deve prima decidere se crederci o meno… se deciderà di crederci allora potrebbe creare un miracolo, altrimenti, dovrà accettare la verità per come le si presenterà. Crederci o meno, è una vostra scelta, Hachijō-sama.»

 

L'albino sorrise con un'aria malinconica sul volto. Era proprio il genere di risposta che si aspettava.

 

«Hai ragione… l'unico modo per scoprirlo è  andare ad incontrarla… questa fantomatica "Strega Fantasma"»

 

Con ciò Tōya girò la propria sedia verso l'ingresso della villa, tornando verso la stanza dei domestici, con Shannon che lo.accompagnava.

 

Se avesse potuto parlare, sicuramente il quadro avrebbe accettato la sfida, dall'alto della propria "superiorità":

 

"Allora vieni pure. Ti sto aspettando. Vuoi fare una scommessa sull'esistenza del mio oro, come Pascal scommise sull'esistenza di Dio? Sarò buona, ti do la possibilità di scegliere. Però, non illuderti, di poter vincere facilmente. La roulette ha già cominciato a muoversi ed arrivati al nono crepuscolo, la vittoria sarà comunque mia."

 

Il vento rise ancora nel circondare la villa, che cadde nel silenzio più completo in meno di una mezz'ora, mentre un nuovo fulmine schiarì la notte. Quella brutta vicenda era risolta, ora non restava che attendere la mattina seguente e sperare che al contrario delle dichiarazioni del Phantom Thief, la barca giungesse a portare a termine il loro esilio. Conan prima di addormentarsi ci pensò: cosa avrebbero dovuto fare se davvero Kid avesse tagliato loro i ponti con la terraferma, dicendo al capitano di non prelevarli da Rokkenjima fino a nuovo ordine? Con l'impossibilità di comunicare, avrebbero dovuto prendere una barca ed andare fino a Nijima ed avvisare le autorità, ma questo solo se il tifone si fosse placato. Se il mare anche la mattina dopo si fosse presentato come ostile, la loro permanenza lì avrebbe finito inevitabilmente per prolungarsi.










"Fonti"

•Testo dell'Epigrafe: https://umineko.fandom.com/wiki/The_Witch%27s_Epitaph  (Tradotto dalla sottoscritta, per cui potrebbe essere impreciso)
•Risoluzione dell'Epigrafe: https://ramblingsofthegoldenwitch.tumblr.com/post/134228794472/mystery-solution-1-how-does-one-solve-the

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #4 - Twilight of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #4 - Twilight of the Phantom Witch Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Il rumore del mare in burrasca fu la sveglia di Ran. La liceale dai capelli lisci, si ridestò dal suo sonno, sentendosi piuttosto a pezzi dopo tutto ciò che era accaduto la sera precedente. Sbadigliò appena e lanciò una veloce occhiata alla stanza, mentre si metteva a sedere sul bordo del letto, , stropicciandosi gli occhi. Nei letti accanto a quello che occupava, suo padre russava come un trombone, mentre il bambino delle elementari dormiva placidamente, con ancora gli occhiali addosso, nonostante lei non capisse come facesse. La ragazza si alzò per poi dirigersi verso il bagno, dove si fece una doccia veloce per poi vestirsi ed uscire dalla stanza, facendo piano per non svegliare i due. Adesso che il detective gourmet era morto, immaginò che Shannon si trovasse in difficoltà con la colazione, per cui pensò fosse giusto darle una mano per quanto potesse. Dunque scese le scale, attraversando il corridoio, ed evitando accuratamente lo sguardo del quadro che la inquietava, avanzando verso la cucina, dove sentì subito un tonfo di oggetti metallici e la voce della giovane cameriera, che sospirò in modo piuttosto patetico:

 

«Ah uffa!! Come dovrei fare? Gli ospiti tra un po' dovrebbero scendere per la colazione...»

 

Quando Ran si affacciò sulla cucina, trovò Shannon circondata da pentole ed inginocchiata a terra; le venne da sorridere, sembrava proprio la classica domestica piuttosto sbadata ma che fa del suo meglio per svolgere il suo lavoro. La castana avvolta nella propria divisa, si alzò per poi tentare di mettere in ordine il disastro che aveva combinato cercando di tirare fuori un tegame per poter cucinare qualcosa. Ran decise allora di intervenire, uscendo allo scoperto.

 

«Le serve una mano per caso?»

 

«Ran-sama, Ohayō Gozaimasu.» - le si inchinò la ragazza, per poi mostrare imbarazzo nei confronti della sua domanda - «Ecco… gliene sarei molto grata. Purtroppo sono negata ai fornelli ed ho una gran paura di mandare a fuoco la cucina» - ridacchiò la ragazza.

 

La colazione alla fine venne preparata e servita grazie ad un buon lavoro di squadra tra le due che approfittarono della cosa per parlare del più e del meno, scoprendo di essere coetanee, inoltre venne a sapere che i gialli che aveva visto nella stanza dei domestici erano tutti suoi e che da piccola li aveva letti tutti in compagnia di uno dei nipoti del padrone.

 

«Davvero? Leggevi i romanzi durante il tempo libero aspettando che lui tornasse sull'isola in modo da avere sempre più argomenti di conversazione? Che cosa romantica! Doveva proprio piacerti questo ragazzo!» - affermò la ragazza lavandosi le mani dopo aver armeggiato con il cibo.

 

«Battler-sama era una persona stupenda… quando smise di venire alle riunioni di famiglia mi sentii davvero triste...» - confessò la domestica, abbassando lo sguardo per un attimo - «Comunque tornò ed avemmo modo di divertirci assieme agli altri cugini… prima… dell'incidente…»

 

Ran non poté cogliere l'evidente contraddizione presente in quel racconto, qualcun altro però se ne accorse, anzi lo sapeva per cause di forza maggiore. Hachijo Tōya, decise di interrompere quella conversazione entrando in cucina ed annunciandosi, in modo sempre pacato e calmo:

 

«Buongiorno ragazze» - affermò - «Gli altri si stanno già riunendo in sala da pranzo, Shannon-chan»

 

«Buongiorno Hachijō-sama» - rispose Shannon con un sorriso - «Sì, procedo subito a servire la colazione allora, grazie per avermi avvisata» - disse con un lieve inchino.

 

«Buongiorno a lei» - rispose a sua volta Ran e le due poi si diressero seguite dall'uomo a raggiungere il gruppo riunito in sala da pranzo.

 

Venne servita loro una buona tazza di caffè fumante ed una colazione all'americana, con uova all'occhio di bue, pancetta, e pane tostato con burro e marmellata. Alcuni degli investigatori parevano avere l'aria abbastanza stanza come Kogorō o Mogi, mentre altri quali Hakuba o la detective Soda parevano freschi e riposati. Di sicuro ognuno di loro, una volta incastrata la vecchia Senma -- la quale dal canto suo sembrava fresca riposata quanto una rosa del giardino anteriore della villa -- doveva aver provato a risolvere l'epigrafe con maggiore o minore difficoltà a seconda delle occhiaie o dalle espressioni stravolte che essi mettevano in mostra, con maggiore o minore disinvoltura.

 

Quando Shannon pose di fronte al detective Harufumi, la propria tazza di caffè bollente egli la ringraziò, voltandosi verso di lei - «Ah, proprio quello che ci voleva!» - affermò - «Il ragazzo, è ancora nella casa degli ospiti, secondo lei?» - domandò il detective.

 

Shannon strinse il proprio vassoio al petto ed annuì - «Può darsi. Di solito Kanon-kun si occupa del giardino alla mattina presto, ma dato che piove ancora, forse è rimasto nella stanza dei domestici di quell'edificio.»

 

«Capisco. Volevo andarci più tardi, per cui avrei bisogno di qualcuno ad aprirmi...» - spiegò, lui era stato subito l'unico a sospettare dei domestici, per cui ora che i motivi di sospetto erano decaduti, gli sembrò giusto mostrarsi più cortese - «Non vorrei si fosse offeso per le mie illazioni fatte nei vostri confronti»

 

«Non si preoccupi, Kanon-kun è il tipo che reagisce di petto a simili situazioni, chiude le porte in faccia agli ospiti, non si preoccupi.» - lo rassicurò la ragazza, per poi continuare con il proprio lavoro, stando attenta in caso a qualcuno servisse qualcosa di particolare o le facesse richieste rispetto al pasto.

 

Conclusa la colazione, anche il cielo sembrò sgombrarsi dalle ultime nuvole di tempesta, lasciando finalmente posto ad un bellissimo cielo azzurro. Come anche il giorno precedente fu chiesto a tutti e soprattutto a Ran di rientrare per l'ora del pasto, in modo da aiutare Shannon a preparare, per il resto erano tutti autorizzati a girare liberamente per l'isola in caso avessero voluto. Conan ne approfittò per gironzolare alla ricerca della famosa basilica in cui doveva essere posta la famosa scritta "Quadrillion". Non faticò troppo a trovarla, Era una chiesetta molto bella ma non poté darvi un'occhiata all'interno perché la trovò chiusa a chiave, nel suo gironzolare attorno all'edificio un paio di volte, ritrovò alla seconda ispezione Hachijō davanti all'entrata che lo salutò con un cenno del capo

 

«Non riuscirai ad entrare Conan-kun. Quella cappella è come lo studio del terzo piano della villa. Si sblocca solo con una chiave particolare, che ora dovrebbe avere Shannon-chan o Kanon-kun, quindi dovresti chiedere loro.»

 

«Oh, va bene allora lo chiederò a loro, grazie mille Hachijō-san» - sorrise il piccolo avvicinandosi - «Lei perché è qui invece?» - domandò subito dopo.

 

Finalmente aveva l'occasione di scambiare due parole con quell'autore così ben informato. Da come gli si era rapportata Ran sin dall'inizio e da quel che KID aveva deciso di rivelare in quella famosa seconda lettera, si era fatto già un'idea su di lui, ed aveva anche capito cosa non gli tornasse in lui, ma voleva comunque potersi fare un'idea completa con una bella chiacchierata. Quella domanda aveva poi una doppia valenza, di cui l'uomo dovette accorgersi, perché sorrise poco prima di rispondere.

 

«Se potessi farlo ti direi "per aprire le porte della Terra Dorata ed incontrare questa fantomatica strega!", però...» - l'albino si dette un piccolo colpo sulle gambe insensibili, per poi alzare lo sguardo - «Credo io sia qui solo per rodermi il fegato, almeno finché qualcuno non la porterà da me. Sto aspettando che qualcuno "veneri il nobile nome” di quel egocentrico del vecchio Kinzō ed esponga la verità che sta dietro a questa assurda messa in scena. Voglio poter stringere la mano a questo Kaitō Kid, che sfruttando il piano di qualcuno che ormai è deceduto, sembra avere un secondo fine a cui non riesco ad arrivare. Capivo le ragioni distorte di Ōgami che era un cacciatore di tesori incallito, ma che un ladro fantasma ci tenga qui per risolvere un indovinello mi puzza.»

 

Conan dovette convenire con quel ragionamento, pur non potendo ancora chiarire le cose in proposito; decise pertanto di cambiare argomento in modo decisamente brusco, ma sentiva di potersi “permettere” di porla, solo perché era stato lo stesso Tōya ad evidenziare la cosa giusto un attimo prima

 

«Posso sapere… come è successo?» - chiese il ragazzino, con una buona dose di serietà in viso.

 

«Non è il genere di storia di cui si può dire di andare orgogliosi» - affermò l’albino alzando gli occhi al cielo - «A quanto mi è stato detto, dalla donna che mi ha trovato riverso in mezzo alla strada, ho avuto un incidente, che stando alle varie perizie mediche che ho subito, mi ha procurato dei danni cerebrali non indifferenti, i quali mi hanno portato a soffrire di amnesie. Ho vissuto per un po’ nella totale confusione, poi un certo punto la memoria sembrò voler cominciare a tornare… ma io non riuscivo ad accettare la persona che possedeva quelle memorie, sentivo come se qualcun altro stesse cercando di prendere il controllo della mia mente, cominciavo a chiedermi chi fossi “io” allora, se sarei scomparso una volta recuperati i ricordi, ero tormentato da incubi orribili… perciò ad un certo punto, stanco di tutto ciò ho tentato il suicidio, cosa che mi ha portato a danneggiare irrimediabilmente il mio midollo spinale, facendomi finire in sedia a rotelle. Questo è tutto quello che posso dirti. Come ti ho detto, nulla di cui vado fiero. Anzi sono stato un codardo ne pagherò le conseguenze a vita. Diciamo che è anche per questo che sono qui. Mi è stata lanciata una sfida, a me come a tutti voi detective… ed io non voglio più tirarmi indietro, mai più...»

 

Tōya a quel punto tacque, le linee del suo volto parvero indurirsi di colpo, e strinse i pugni poggiandoli sui rispettivi braccioli, mettendosi a fissare intensamente  la scritta “Quadrillion”, sulla facciata della chiesa, come se provasse disprezzo verso la stessa. Shin’ichi in qualche modo poté capire anche se solo in maniera vaga il dramma vissuto dallo scrittore. Anche lui si era risvegliato in un corpo che non era più “il suo” in un certo senso, ed era frustrante vivere la vita di un bambino delle elementari essendo un diciassettenne. Se qualcosa di simile aveva dato degli incubi orribili al giovane detective, che tutto sommato si era solo rimpicciolito, chissà che sensazioni orribili dovette aver provato quel povero diavolo, trovandosi a vivere una condizione così disperata.

 

Dalla loro promessa di incontrarsi per l'ora dei pasti, Ran decise invece di passare molto più tempo in compagnia di Shannon, per prima cosa, perché non avrebbe avuto nessuno con cui chiacchierare, dato che le uniche persone della sua età erano Hakuba Saguru, che a malapena conosceva di fama ed i due domestici. Se sull'isola ci fosse stato anche Shin'ichi lo avrebbe seguito volentieri nelle sue indagini, ma con un estraneo non si sentiva in diritto di fare la stessa cosa. La domestica non sembrò affatto contraria che la seguisse nella sua routine di faccende. L'aiuto a piegare gli asciugamani e gli strofinacci, rifare le stanze, e pulire le finestre.

 

«Davvero non c'era bisogno che mi aiutasse a tal punto. Mettersi perfino a rifare i letti...» - osservò Shannon con una punta di malinconia nel tono.

 

«Non preoccuparti, l'ho fatto con piacere!»

 

Ran apparve molto tranquilla a riguardo, a lei non pesava fare le faccende e poi Shannon era da sola, suo fratello non si era ancora visto e lei avrebbe dovuto affrontare tutta quella mole di lavoro da sola, la cosa le dispiaceva, per questo aveva deciso di mettersi in gioco per aiutarla.

 

«Qui avrei finito...» - disse - «Andiamo a vedere se la barca è in dirittura d'arrivo? Così ne approfittiamo per fare una bella camminata in riva al mare» - propose la domestica, ottenendo un entusiasto "Sì" in risposta.

 

Le due attraversarono il bellissimo giardino di rose antistanti alla villa, abbandonarono l'edificio, camminarono lasciandosi la Guest House alle spalle e discesero il percorso tortuoso che portava alla spiaggia raggiungendo la zona dove la sera prima Ran e la sua famiglia era attaccata. Restarono lì per quaranta minuti buoni, ma nessuna imbarcazione si mostrò all'orizzonte.

 

«Che strano… a quest'ora sarebbe già dovuta attraccare.» - mormorò Shannon.

 

Ran allora la guardò con un sorriso rassicurante - «Magari non è ancora sicuro per lui salpare anche se la tempesta è passata. La pioggia è cessata da poco ed il mare è ancora un po' agitato. Vedi le onde alte che si infrangono sugli scogli? Non appena ci sarà bonaccia, vedrai che arriverà»

 

«Ha ragione...» - sorrise a sua volta la ragazza - «Ran-sama, le va di fare una passeggiata, per passare il tempo? Vorrei mostrarle un posto.»

 

«Huh?»

 

Shannon le chiese un po' di fiducia e prese a risalire il sentiero roccioso, guidandola lontano dallo spazio della villa che aveva già avuto modo di osservare. Sul retro della tenuta infatti si estendeva un nutrito boschetto di pini, che si poteva notare solo girando attorno alla proprietà ed era visibile solo da alcune stanze del piano più alto della stessa come lo studio in cui erano state depositate le chiavi universali. Ai limiti del boschetto era presente una sorta di monito a chi avesse mai pensato di volersene addentrare, un cartello di legno intagliato che riportava una scritta la quale stava sulla linea di:

 

"Questo bosco è la dimora di una Strega, entrate a vostro rischio e pericolo!!"

 

Ran nel leggerla tirò Shannon per una manica della divisa - «È sicuro… entrare in questo bosco… voglio dire… non ci sono pericoli, giusto?»

 

La ragazza in risposta batté le palpebre per poi sorridere cordialmente - «No, nessuno non se ne preoccupi. Quello era solo un piccolo avvertimento che Kinzō-sama aveva pensato di erigere per i piccoli di famiglia, per impedire che si perdessero nella boscaglia. In origine diceva che ci fossero i lupi e poi si è creata la leggenda della strega dei boschi, che naturalmente era Beatrice-sama. L'unica cosa di cui deve preoccuparsi è di star attenta agli strapiombi che danno sugli scogli, ed alla possibile presenza di rettili; la ragione per cui Kinzō-sama non voleva che qualcuno decisesse di entrare in questa zona, mettendo da parte la sua naturale pericolosità... era un'altra...» - spiegò la domestica mentre si addentrava con Ran al suo braccio, in quello spazio verde e moderatamente adombrato - «Ma quale fosse glielo rivelerò in seguito… intanto vuole conoscere la leggenda su cosa facesse Beatrice-sama alle vittime inconsapevoli che avevano la sfortuna di addentrarsi nel suo bosco sacro?» - domandò pur immaginando la risposta della sua accompagnatrice.

 

«No grazie, ne faccio volentieri a meno!» - scosse la testa la ragazza dai capelli lunghi.

 

«Lo immaginavo eheh»

 

Dopo un ventina di minuti circa di camminata, la boscaglia divenne più rada e Ran riuscì ad intravedere tra la luce che filtrava tra gli alberi, una sagoma piuttosto importante. Quando sbucarono finalmente fuori dall'intricato insieme di rami ed arbusti, ebbe modo di focalizzare di cosa si trattasse: un imponente edificio in stile occidentale, una seconda villa che si trovava esattamente dall'altra parte rispetto a quella in cui alloggiavano loro.

 

«M-Ma questa… è...» - mormorò Ran confusa

 

«La Kuwadorian. Una seconda villa fatta edificare dal padrone per ospitare una persona speciale...» - introdusse brevemente Shannon, cominciando a guidare la ragazza verso il giardino della villa anch'esso straordinariamente ben curato - «Quella persona, rispondeva al nome di Ushiromiya Beatrice.»

 

«Ushiromiya… Beatrice...» - ripeté Ran per poi spalancare gli occhi. Aveva capito il perché delle leggende sui pericoli del bosco ora che era presente quel tassello - «Non dirmi, che le storie dei pericoli di questi luoghi, sono state raccontate perché nessuno scoprisse l'esistenza di questa villa e di chi viveva al suo interno, ovvero l'amante del padrone dell'isola e sua figlia...»

 

Shannon annuì con un sorriso leggero in volto - «All'inizio era proprio così. Il padrone aveva fatto edificare la villa così che Beatrice Castiglioni vi si stabilisse e per qualche tempo, era andato tutto bene: la moglie di Kinzō-sama viveva nella villa che conosce anche lei e Beatrice-sama nella Kuwadorian. La signora sospettava dell'esistenza di questa donna, ma non parve mai menzionare la cosa al marito. Se Kinzō-sama poteva contare sull'appoggio della servitù, non poteva dire lo stesso per i suoi figli, allora abbastanza grandi per poter eventualmente capire… e sarebbe potuta uscire allo scoperto tutta la verità, rovinando il suo paradiso per sempre.» - il viso della giovane si fece di colpo più cupo - «Fin quando Beatrice Castiglioni fu in vita le cose andavano bene… ma alla sua morte le cose cominciano a farsi più oscure per la mente del padrone e di conseguenza anche per le mura di questa villa… se la sente?»

 

Ran deglutì, nel mentre Shannon parlava le due avevano superato il giardino variopinto, avendo accesso alla dimora della donna che aveva originato la leggenda della Strega e le stava venendo narrato che la narrazione si sarebbe caricata di un tono meno tranquillo. Temeva il peggio, scosse la testa alla domanda della domestica. Poteva farcela, insomma cosa poteva essere accaduto di così terribile?

 

«Bene… Beatrice Castiglioni sfortunatamente morì di parto. Venne alla luce una bella bambina, che venne affidata alle cure della servitù. La signorina cresceva in salute omaggiata delle visite della servitù e del padre, ma per il resto del tempo completamente sola stra questi grandi spazi, con a farle compagnia solo le storie passate di sua madre che le venivano raccontate. I primi anni per lei furono solitari, ma il buio vero e proprio si manifestò durante il suo sviluppo, con l'arrivo dell'adolescenza, quando la giovane consolidò una somiglianza impressionante con la propria madre. Questa somiglianza fece sorgere nella mente del padrone, evidentemente debole sin dalla giovinezza, anche per gli orrori visti in guerra e sulla stessa Rokkenjima, perché l'oro portato da Castiglioni sull'isola scatenò uno scontro a fuoco a cui solo lui e la figlia del soldato italiano sopravvissero; tutto questo, portò il padrone a credere nell'idea malata che la propria figlia, Beatrice Ushiromiya, altri non fosse che la reincarnazione della sua amante… per cui...»

 

Shannon rallentò gradualmente, portando gli occhi azzurri a fissare il volto di Ran. Quest'ultima colse al volo l'allusione, ed andò a coprirsi la bocca in stato di shock.

 

«Anche questi incontri incestuosi diedero vita ad un figlio, che purtroppo non fu poi così fortunato. Alla sua nascita, venne affidato alla moglie di Krauss-sama, primo dei figli di primo letto di Kinzō-sama, Natsuhi-sama. Non conosco i dettagli:  forse perché essendo un figlio illegittimo della sua amante, i due temettero che in futuro diventasse nuovo Capofamiglia... Fatto sta che Natsuhi-sama decise di gettare il neonato della scogliera, per cancellare quella possibilità.»

 

Una nuova pausa da parte di Shannon, fu doverosa, prese un fazzoletto di stoffa dalla tasca della propria divisa e lo porse a Ran che aveva cominciato a piangere. Aveva cercato di trattenersi il più possibile, ma era davvero troppo per non impedire che per lo meno la frustrazione non decidesse di uscire fuori in qualche modo, in quel caso sotto forma di lacrime.

 

«È orribile! Era solo un neonato! Come ha potuto?!» - sbottò nel mentre che si asciugava le lacrime.

 

«Per fortuna il bambino è sopravvissuto, ma ha subito gravi mutazioni sul basso ventre e agli organi genitali. Fu portato lontano, affidato alla Fukuin House, l'orfanotrofio finanziato da Kinzō-sama, e cresciuto come una bambina con il nome di Sayo Yasuda. Il padrone la portò poi alla villa e creò per lei l'indovinello dell'epigrafe, o per lo meno questa parve l'intenzione.»

 

La storia ebbe allora fine e la ragazza lasciò che Ran osservasse gli ambienti della casa, sotto la sua guida - «Queste sono le stanze in cui vissero le due Beatrice… è stato conservato tutto com'era allora. Questa villa è stata anche la via di fuga di Eva-sama, durante la tragedia...»

 

«Shannon-san...» - le si rivolse Ran con un tono un po' incerto.

 

«Sì, mi dica...»

 

«Perché secondo te, Ōgami-san avrà deciso di comprare questo posto… io non credo fosse solo per cercare l'oro nascosto su quest''isola. Non è andato tutto distrutto tranne che per questa zona? Se l'oro era contenuto nella cappella di famiglia o in un posto lì vicino, avrebbe dovuto andare perduto con l'esplosione, non è così? E una conclusione più che logica… eppure… per quale motivo allora l'avrà fatto...»

 

Per allora Ran si era accomodata su uno dei divani foderati ed impolverati del salone, venne raggiunta dalla domestica poco dopo, che le dette la sua opinione a riguardo.

 

«Per quel poco che ho parlato con Ōgami-sama, sono convinta fosse qui davvero per la ricerca dell'oro… per quanto sia incredibile. Forse credeva che un qualche miracolo avesse risparmiato la ricchezza dall'andare perduta per sempre, dopotutto, vi aleggiava su il mito di una strega. Malgrado la ricchezza sia solo un tassello di questa vicenda, è sicuramente uno degli aspetti capace di attirare l'attenzione anche dopo così tanto tempo… non ci si può fare nulla. Il mistero e l'oro della Strega, fanno parte della leggenda. Anche se più che la dinamica in sé, bisognerebbe conservare la memoria dei defunti risparmiando i tragici dettagli della loro dipartita.»

 

Le ragazze passarono del tempo a riflettere tra loro a riguardo, Ran chiese anche qualche dettaglio in più su Sayo Yasuda, ma Shannon affermò di non sapere niente più di ciò che le aveva già rivelato, scusandosi con lei per questo. Passarono circa mezz'ora all'interno della villa, prima di decidere di tornare indietro, dopotutto il solo arrivare fin lì era una bella camminata di per sé. Tornarono dopo alla villa Ushiromiya, un'ora e dieci circa di assenza, stando all'orologio di Ran che la sera precedente era stato regolato sulla base del efficientissimo orologio di Hakuba Saguru, per cui non poteva essere sbagliato. Le due ragazze votarono subito un gran confusione provenire dall'ingresso della villa dunque si avvicinarono, per cercare di capire a cosa fosse dovuto.

 

«Allora l'avete trovato?!» - domandò Harufumi a Kogorō che scosse la testa in riposta.

 

«Niente da fare sembra essersi volatilizzato! Accidenti!» - ringhiò l'uomo battuto dando un pugno allo stipite della porta d'impulso.

 

«State cercando qualcuno Otōsan?» - domandò Ran avvicinandosi.

 

«È successo qualcosa per caso?» - le si aggregò Shannon.

 

«Già… come avevo detto sono andato alla Guest House perché volevo fare un po' di ricerche, e l'ho trovata aperta e completamente vuota. Sono entrato comunque aspettandomi di trovare tuo fratello al suo interno, impegnato in qualche faccenda, ma non era da nessuna parte. Allora sono tornato qui per chiedere se l'avessero visto o fosse venuto alla villa nel frattempo...»

 

Intervenne Kogorō completando la ricostruzione della vicenda in corso attualmente - «Ma io, la detective Senma e Soda, non ci siamo mossi di qui per tutto il tempo, ma di Kanon nessuna traccia. Abbiamo cominciato a cercarlo stanza per stanza nella villa… per il momento però la ricerca sembra non stare dando frutti. Aspettavamo che tornaste per chiederti di aprire la VIP Room, magari sta pulendo quella stanza...»

 

«Certo, seguitemi prego, vi accompagno subito nella stanza in questione...»

 

Ran si guardò intorno, non vedendo Conan da nessuna parte, in queste situazioni era il primo a darsi da fare nelle ricerche eppure non era insieme a suo padre o Mogi. Quindi entrò nella hall con tutti gli altri per poi affermare:

 

«Nel frattempo vado a cercare Conan-kun...»

 

Kogorō le dette il "permesso", per poi seguire Shannon insieme Mogi ed alla detective Soda che vedendoli muoversi decise di seguire i due uomini e la ragazza. La signora Senma disse poi a Ran che aveva visto il ragazzino con gli occhiali gironzolare all'esterno della villa, per cui la castana corse fuori, chiamando il nome del piccolo.

 

Giunti alla porta della VIP Room, Shannon estrasse il Master Key e sboccò la porta sporgendosi all'interno della stanza per poi permettere agli di entrare.

 

«Kannon-kun?» - domandò alla stanza, ma la sua voce incontrò il vuoto.

 

«Non sembra essere qui...» - si accertò Kogorō, guardandosi attorno.

 

«Già, cosi pare...» - annuì Mogi, addentrandosi nella stanza.

 

«Però è proprio una camera coi fiocchi, si vede che è riservata ad un ospite illustre.» - commentò Ikumi analizzandola, fu mentre passava lo sguardo da un capo all'altro della stanza che notò una lettera poggiata su di un tavolino situato vicino alla finestra e gli si avvicinò.

 

«Pare che il ragazzo non ci sia, ma che in compenso ci sia stato lasciato qualcosa» - osservò l'uomo dal completo verde, quando anch'egli notò la lettera - «È dello stesso tipo di quella che ci ha letto ieri sera?» - domandò a Shannon, facendola avvicinare.

 

«Non ci sono dubbi… è proprio una delle lettere che recano i simboli della famiglia Ushiromiya.»

 

Mogi la prese e la ripose nella tasca interna della propria giacca, affermando - «Allora scopriremo più tardi cosa vuole comunicare il nostro ospite, ora che abbiamo appurato che il ragazzo non è neanche qui, possiamo anche andarcene.»

 

Fecero ciò poco dopo, trovando Senma e Hachijō nella Hall ad aspettarli.

 

«Allora era in quella stanza?» - domandò la vecchia.

 

«No, di lui non c'era traccia, ma abbiamo trovato un'altra lettera del nostro amico "Fantasma di vattelapesca", il che sinceramente comincia ad irritarmi… si può sapere che vuole da noi quel farabutto?!»

 

«Evidentemente il suo proposito non è cambiato, vuole ancora che troviamo l'oro nascosto, risolvendo l'epigrafe sotto il quadro… sta semplicemente giocando con noi al gatto col topo» - disse la sua l'uomo in carrozzina.

 

«Comunque sia… se non era neppure nella VIP Room, manca solo una stanza da dover controllare...» - la voce di Hakuba si fece sentire, attirando la loro attenzione - «Ho mandato Watson in ricognizione ed ha cominciato ad agitarsi… credo sia opportuno darci un'occhiata.»

 

«Hakuba-nīchan, abbiamo trovato una scala!» - avvisò poco dopo la voce di Conan ln che si affacciò sull'uscio.

 

«Bene, comincia pure a salire Conan-kun, noi ti raggiungiamo subito»

 

Il ragazzino annuì e corse sul lato della villa senza farselo ripetere due volte, intanto il biondo, convinse brevemente gli altri a seguirlo e si avviarono tutti da quel lato della costruzione. Trovarono Ran a tenere ferma la scala mentre il bambino era salito già in cima alla stessa e poggiando le braccia sul davanzale si tirò su con il busto così da sbirciare all'interno della stanza. Notò subito che c'era del nastro adesivo posto all'interno lungo tutto il telaio della finestra, cosa che non era presente quando lui e gli altri erano andati a chiudere la stanza la sera prima, il che era molto strano. Controllò subito con un'occhiata rapida se le chiavi fossero al loro posto e sembravano non essere state toccate, anche se una era sul pavimento lontana dalla altre che sembrava essere di troppo; anche la porta pareva chiusa, come l'aveva vista quando vi era entrato quella volta.

 

«Sta attento mi raccomando!» - gli urlò Ran, preoccupata dal saperlo così lontano da terra - «Vedi niente Conan-kun? Kanon-kun è lì dentro? Sta bene?» - domandò la ragazza.

 

Conan alzò per bene la testa, al suono di quella domanda e sgranò gli occhi per l'orrore di ciò che gli si presentò alla vista


 «Sì… è qui… ma non sembra affatto star bene. Ha una corda attorno al collo… ed il volto sfigurato. Credo sia meglio che voi sorellone (Ran e Shannon) non lo vediate in questo stato...» - disse per poi scendere dalla scala, e mettere i piedi per terra.

 

Alla notizia Kogorō prese il posto di sua figlia nel reggere la scala Mogi salì a dare un'occhiata esternando una semplice imprecazione - «Oh merda! Sì, concordo col moccioso. Ragazzo!» - disse rivolgendo lo sguardo ad Hakuba - «Sali al terzo piano e prova a vedere se la porta si apre o meno. Se è ancora sigillata, lasciamo tutto così com'è. Così mal ridotto è praticamente impossibile che sia ancora vivo.»

 

Il liceale eseguì correndo all'interno della villa. Harufumi parlò con la noncuranza più assoluta, non preoccupandosi dei sentimenti di Shannon che già alle parole del piccolo Conan aveva cominciato a tremare.

 

«Avrebbe potuto dirlo con più tatto, non crede?!» - affermò Tōya con un accenno di rabbia nel tono, rivolgendo uno sguardo verso la sorella della vittima.

 

«Non è possibile… p-perché Kanon-kun… No, non è vero...» - le ginocchia le cedettero, e Ran andò a sorreggerla, prima che potesse cadere, nel mentre continuò a mormorare - «P-perché sta succedendo… non capisco… l'enigma è stato risolto… allora perché?!» - quelle parole colpirono la figlia del detective in trance, ma non era certo il momento di fare domande.

 

«Voglio vederlo! Vi prego!»

 

La ragazza si staccò di colpo dal fianco di Ran, andando a fermare Harufumi che stava accingendosi a spostare la scala, prendendolo per una manica e supplicando con le lacrime agli occhi - «La prego, me lo faccia vedere Mogi-sama! Solo per un momento! La scongiu-...»

 

Le parole disperate di supplica della cameriera si interruppero bruscamente ed ella perse i sensi senza una giustificazione concreta, o per lo meno senza una spiegazione logica. Era stata opera di Conan che gli aveva sparato uno dei suoi agi anestetici, non poteva permettere, come sicuramente neppure quel detective avrebbe fatto, che associasse l'immagine orribile di un corpo inerme, con una corda al collo che penzolava dal lampadario ed il volto sfregiato e coperto di sangue, al punto da renderlo quasi completamente irriconoscibile, al fratello minore a cui era legata a tal punto. Hakuba comunicò loro poco dopo che la porta era chiusa e non accennava a spostarsi di un millimetro dalla sua posizione. Dunque come pattuito, non avrebbero tentato oltre di forzare quello studio.

 

Mentre una Shannon  priva di sensi venne portata da Kogorō in braccio all'interno della villa, il giovane detective alzò lo sguardo verso quella finestra in alto, che era l'unico spiraglio sigillato su quella stanza chiusa con una serratura automatica, e con ora tutti i Master Key escluso quello di Shannon, nonché la chiave dello stesso studio presenti al loro interno. Per di più non sembrava che la finestra avesse segni di scasso. Si trovavano di fronte ad un delitto impossibile, avvenuto in una stanza apparentemente inaccessibile.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #5 - The Private Eyes' Massacre Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #5 - The Private Eyes' Massacre Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

«Come sta?»

 

Fu la prima cosa che sfuggì dalle labbra di Hachijō, non appena Ran si richiuse la porta della stanza dei domestici alle spalle. Aveva voluto assicurarsi che Shannon stesse bene, quindi non ebbe esitazioni nel rispondere alla sua domanda.

 

«Dorme profondamente. Dev'essere svenuta a causa del trauma. Mi dispiace molto per lei...»

 

«Già… prima viene velatamente accusata di aver avvelenato Ōgami ed ora perde il fratello per mano di un assassino che si nasconde dietro al nome di una strega… è tutto così assurdo.»

 

L'albino si pose in atteggiamento riflessivo, probabilmente si stava domandando come fosse stato compiuto il delitto, questo incuriosiva anche lei in effetti…

 

Tutto era più comprensibile se si prendeva per vero il contenuto della lettera che aveva letto il detective Mogi poco prima. A quanto aveva capito e stando a ciò che Shannon le aveva raccontato, quando le aveva chiesto rispetto agli accadimenti della sera precedente, pareva che la detective Senma si sia rivelata la colpevole del delitto avvenuto in sala da pranzo e che per sua stessa ammissione, Kaitō Kid era realmente presente sull'isola sotto mentite spoglie e che stava proprio mettendoli tutti sotto esame.

 

Dopo la scoperta del cadavere, Kogorō portò la giovane svenuta nella stanza dei domestici e la lasciò riposare su di un divanetto, tornando a riunirsi al gruppo nel salottino adiacente alla sala da pranzo. Vedendolo arrivare, Harufumi fece che tirare fuori la lettera rinvenuta poco prima dalla tasca della sua giacca.

 

«Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo anche dare un'occhiata a questa.» - sorrise il detective rompendo il sigillo apposto sulla busta, che ormai conoscevano tutti fin troppo.

 

«È un'altra lettera di Kaitō Kid?» - azzardò Hakuba, dandole un rapido sguardo.

 

«Così sembrerebbe. L'abbiamo trovata su di un tavolino nella VIP Room, che presumiamo essere rimasta chiusa tutto il tempo. Vediamo un po cosa ci manda a dire il nostro amico che si spaccia per un'entità dai poteri soprannaturali.»

 

Commentò beffardo l'uomo, per poi cominciare a leggerne il contenuto:

 

"Spero che l'enigma di Kinzō-sama sia di vostro gradimento. Purtroppo non vi rimane molto tempo. Per favore, abbandonate l'ingenua speranza di poter lasciare incolumi quest'isola, una volta passato il tifone. In questo gioco, l'unica via d'uscita è una vincita da parte vostra. Lo scorrere del tempo a vostra disposizione corrisponde alla mia vittoria. Spero non ci sia stato nessun malinteso. La Strega Dorata, Beatrice."

 

«Ma che roba è?» - domandò subito Kogorō non capendo in che contesto collocare quel messaggio - «Il tifone ormai è bello che passato, che c'entra?»

 

Mogi ruotò gli occhi, passando al secondo foglio della lettera - «"Quello che avete avuto modo di leggere, fu la seconda lettera lasciata alla famiglia Ushiromiya, dalla mia forma corporea, rinnovo a voi le stesse premesse, con l'unica differenza per quanto riguarda il tempo. So che molti di voi ha già risolto l'enigma, ma nessuno ha ancora avuto accesso alla Terra Dorata… Se accettate un consiglio, vi invito a farlo prima che il Nono Crepuscolo sia completo. Come avete potuto notare, neppure una stanza chiusa può tenervi al sicuro, le barriere fisiche non sono più un impedimento per me, quindi non perdete tempo a nascondervi. Siate i più veloci a raggiungermi prima che sia troppo tardi, questa è l'unica salvezza possibile. Vi prego godetevi questo gioco, al massimo delle vostre capacità. Fino a quando vi è possibile. Ricordate: la Roulette ha cominciato a girare. Il Fantasma della Strega Dorata, Beatrice".» - il detective si fermò per riprendere fiato - «Ohi, questa è un'ammissione di colpa!» - affermò a gran voce l'uomo.

 

«Dunque alla fine KID sta davvero prendendosi la colpa per il delitto del povero Kanon-kun...» - assunse Hakuba appuntando il tutto sul suo taccuino - «Stento a crederci… ma sarebbe nelle sue "corde". È conosciuto per saper creare miracoli. Ed un delitto del genere, sarebbe fattibile da uno come lui.»

 

Conan si trovò d'accordo con Hakuba in proposito. Poteva essere benissimo stato KID, ma davvero si potevano davvero escludere a priori le persone in quella stanza? Il difficile era capire come il colpevole, chiunque fosse sia riuscito ad entrare in quella stanza chiusa.

 

C'erano per Shin'ichi almeno due possibilità fondamentali:

 

L'esistenza di un'altra chiave dello studio che non era nota a nessuno se non al colpevole stesso; oppure la presenza di qualcuno tra loro in grado di scassinare quella o una delle finestre con maestria tale da non lasciare segni -- che fosse questo proprio KID o uno dei detective --.

 

Se fosse esistita un'altra copia della chiave dello studio allora i sospetti potevano ricadere sulla vecchia Senma, che già aveva rubato il Master Key precedentemente o su Shannon che era giunta lì giorni prima e poteva aver ricevuto istruzioni sul nascondere la chiave per usarla per qualche ragione particolare. La stanza ed i bagagli della vecchia Senma però erano stati perquisiti dopo la sua confessione, e non si era trovata alcuna chiave. Si sentiva di escludere la donna anche perché il suo obiettivo era stato fin dall'inizio Ōgami, non sembrava il tipo da uccidere come quello avrebbe fatto… per ricreare una tragedia. Quanto a Shannon invece le possibilità erano più ampie: conosceva bene la casa e le vicende della famiglia Ushiromiya, inoltre avrebbe potuto nascondere agevolmente una ipotetica seconda chiave dello studio in qualche posto difficile da trovare, inoltre sembrava essere superstiziosa, ma sarebbe arrivata davvero ad uccidere suo fratello solo per eseguire l'ordine contenuto in delle lettere lasciate da uno sconosciuto che recavano la firma di una Strega?

 

Conan mentre gli altri discutevano sgattaiolò nella stanza dei domestici, cominciando a frugare in giro alla ricerca di quella chiave. Voleva prima smentire quella possibilità per poi concentrarsi davvero su KID o un qualche esperto scassinatore. Lo incuriosiva anche cercare da chi si fosse mascherato il ladro. Aveva avuto solo la sensazione che fosse tra loro, ma nulla di più. Poteva essere chiunque, doveva solo trovarlo. Conan dunque cominciò ad aprire i vari cassetti ed ante dei mobili presenti nella stanza, facendo attenzione a non fare troppo rumore in modo da non svegliare la ragazza che aveva narcotizzato poco prima. Frugò tra le tovaglie, in mezzo alle posate, cercò perfino nel terriccio all'interno dei vasi, nella speranza di trovare qualcosa, ma nulla. Decise dunque di cercare nella dispensa, si mise dunque in piedi su di una sedia per salire sul lavandino, mettendosi quasi in bilico pur di arrivarci, aggrappandosi e tirandosi su con il busto.

 

«Niente… non c'è niente neanche qui.» - sbuffò il ragazzino occhialuto, prima di sentirsi afferrare dai fianchi ed essere cinto da un paio di braccia che lo attirassero verso l'esterno, per poi trovarsi di punto in bianco la schiena premuta contro qualcosa di morbido, che comprese solo quando di voltò essere il seno della sua amica d'infanzia - «Uh? A-Ah… R-Ran- nēchan?!»

 

«Conan-kun! Che fai? È pericoloso cercare di arrampicarsi sui mobili!» - lo rimproverò la ragazza, per poi dare uno sguardo verso Shannon che sembrò agitarsi sul divanetto, la ragazza allora abbassò tono della voce, per sussurrargli   «Se volevi qualcosa dalla dispensa avevi solo da chiedermelo! Avanti andiamo via, non disturbiamo Shannon-san!»

 

«V-Va bene… Ma prima guardi se c'è qualcosa di strano in mezzo a piatti e bicchieri per favore?» - gli domandò cercando di apparire come il bambino più dolce del mondo, in modo che lei potesse farlo contento.

 

«D'accordo… cosa devo cercarti?» - sospirò la ragazza mettendolo a terra e togliendolo così da quella posizione piuttosto imbarazzante.

 

«Qualunque cosa sembri fuori posto.»

 

Ran eseguì, ma non c'era niente di strano, solo scatole di cibo, confezioni di riso, e scorte per qualsiasi evenienza. Controllò anche tra i piatti e le insalatiere disposte in alto in altri scaffali e tra le tazzine da tè, quelle con la collaborazione del bambino e con l'ausilio di un fazzoletto di carta che avrebbero buttato, giusto per non correre il rischio di entrare in contatto con qualche residuo di cianuro indesiderato. Eppure la ricerca risultò completamente infruttuosa anche con l'aiuto della ragazza.

 

«Qui non c'è niente Conan-kun… avanti andiamo via, Otōsan sarà nervoso non vedendoci tornare.»

 

Il bambino annuì, ed uscì seguendo la ragazza. Mentre chiudeva la porta alle sue spalle ebbe un brivido freddo a percorrergli la schiena. Percepì come uno sguardo beffardo su di lui come se volesse dire:

 

"Che peccato, ma forse è meglio così, scoprirai tutto a tempo debito."

 

Il gruppo di investigatori passò un bel po' di tempo riunito nel salotto, intenti a cercare di capire chi avesse commesso il delitto, il che era più complicato dal momento che non avevano potuto esaminare il corpo, perché posto in una stanza chiusa. La finestra era chiusa e sigillata all'interno con del nastro adesivo, per aprirla era necessario rompere uno dei vetri, rimuovere il nastro adesivo dal telaio di legno ed aprire il chiavistello a mano, tutte quelle operazioni avrebbero però in qualche modo inquinato il luogo del delitto, per cui potevano solo procedere tramite supposizioni.

 

«Stabiliamo dei punti fermi dai quali partire e su cui siamo tutti concordi...» - affermò Ikumi Soda, accavallando le gambe per stare più comoda.

 

«Buona idea. Partiamo da ciò che sappiamo per certo e vediamo di venire a capo di questa storia» - rafforzò Mogi, intento insieme a Kogorō a fumare una sigaretta.

 

Hakuba a quel punto tirò fuori la propria agenda aprendola ad una pagina precisa e prendendo la parola cominciò a ricapitolare i fatti in breve - «Possiamo cominciare con l'affermare che nel lasso di tempo in cui è ha cominciato a  servire la cena, verso le 21:15,31 fino a poco prima che Ran-san e Hachijō-san lasciassero il salone per copiare il testo dell'Epigrafe, ovvero verso le 22:29,18 la vittima è rimasta con noi senza mai allontanarsi. Dopodiché a causa di un "cambio turno", Shannon-san ha preso il suo posto. Più tardi, alle 22:58,22 Kanon-kun ha chiamato per avvisare che la corrente era saltata quindi almeno fino a circa le undici di ieri sera, possiamo affermare in presenza di prove che fosse ancora vivo.»

 

Kogorō a quel punto intervenne nella conversazione appoggiando il detective - «Esatto, inoltre per allora la porta dello studio era già serrata, rendendolo una stanza chiusa a cui era teoricamente impossibile accedere.»

 

«A quel punto in conformità al mio piano, siamo andati insieme alla Guest House per raccogliere il materiale per decifrare l'epigrafe...» - proseguì Mogi, nella ricostruzione.

 

Senma se la rise tra sé - «Non abbiamo avuto bisogno di stare al giochetto di Ōgami o di quel furfante con il mantello, poiché escluso Mōri avevano tutti già copiato il testo dell'indovinello...»

 

«Abbiamo solo perso meno tempo, non credo questo influenzi lo svolgersi dei fatti, vecchia. Per quanto ne sappiamo, il delitto può essere avvenuto in ogni momento tra le 23 e le 10:30 di questa mattina. Quasi ben dodici ore in cui qualcuno avrebbe potuto commettere il delitto.»

 

Harufumi buttò fuori il fumo buttando il filtro dalla finestra per poi andarsi a sedere su una poltrona presente nel salotto.

 

«Chiunque di noi, e specialmente KID se si trova qui in mezzo… avrebbe potuto compiere il delitto durante le ore notturne. Forzare la porta con attrezzi da scasso lasciandola aperta, attirare all'interno il povero domestico, stordirlo, per poi appendere il suo corpo inerme al lampadario lasciandolo morire simulando un suicidio, ed infine infierire sul suo cadavere deturpando il suo volto per renderlo irriconoscibile. Noi eravamo tutti al primo piano, quindi con un piano a dividerci dal luogo del delitto, sarebbe stato a dir poco impossibile che ci accorgessimo di qualcosa.»

 

«È una possibilità...» - asserì Hakuba, sorridendo - «Purtroppo però non ho riscontrato segni di scasso, neanche minimo sulla serratura quando sono andato per provare ad aprirla e sono un tipo piuttosto meticoloso. Se ci fossero stati, potete star certi che me ne sarei accorto. Quindi non penso abbia usato degli attrezzi.»

 

Conan assunse un'espressione ebete davanti al sorriso beffardo del suo coetaneo - "Ci credo, da uno che conta perfino i secondi, mi aspetterei questo ed altro".

 

«Allora dev'esserci per forza un'altra chiave nascosta da qualche parte. La stanza della vecchia è stata perquisita l'altra sera per cui lei è l'unica a non poter essere sospettata. Vorrà dire che controlleremo le stanze di tutti ed anche gli spazi comuni, uno ad uno, finché non sarà saltata fuori» - asserì Mogi, sicuro di sé nonostante fosse stato appena "smontato".

 

«Io poco fa ho controllato la stanza dei domestici e la cucina visto che le due stanze sono adiacenti, ho rovistato un po' dappertutto, ma non c'era nulla che somigliasse ad una chiave nascosta. Vero Ran-nēchan?» - le si rivolse il bambino sorridendo.

 

«Esatto… abbiamo persino controllato le una per una le tazze del servizio da tè. Non c'era nessuna chiave, quindi anche Hachijō-san e Shannon-san dovrebbero poter venire proclamati innocenti.»

 

«Un momento, perché questo fatto dovrebbe scagionare entrambi dai sospetti?» - chiese Kogorō confuso non capendo il nesso.

 

«Ecco vedi...» - Ran lanciò un'occhiata al diretto interessato, aveva avuto un'intuizione, ma non sapeva come esternarla, per cui lasciò che fu egli stesso a chiarire la cosa.

 

«Purtroppo come vede, non sono del tutto autonomo, ed ho bisogno di aiuto nei vari spostamenti. Questa casa per quanto bella non è dotata di tutti i comfort, per cui Shannon-chan è stata sempre così gentile da aiutarmi fin dal mio arrivo qui. Condividiamo la stanza degli ospiti, per evitare di creare problemi. Quindi se aveste trovato qualcosa al suo interno avreste dovuto sospettare entrambi. Lo stesso vale per il caso contrario naturalmente.»

 

L'uomo coi baffetti annuì, anzi si sentì anche un po' a disagio nel aver chiesto chiarimenti, per tanto domandò scusa per la sua invadenza, seppur Tōya sembrava perfettamente tranquillo, nell'esporre il proprio argomento.

 

«Se è così allora ci toccherà comunque perquisire le altre stanze, tanto per essere sicuri.» - suggerì Harufumi, per puro scrupolo, dunque controllarono le stanze una dopo l'altra ma della seconda chiave dello studio, neanche l'ombra.

 

«Tsk niente da fare… la chiave non si trova e nessuno di noi ha una cassetta degli attrezzi con sé, quindi i ferri deve averli recuperati da qualche parte qui sull'isola, non c'è alta soluzione!» - osservò Mogi sprofondando nella seduta della propria poltrona.

 

«Non state dimenticando qualcosa?» - sorrise la vecchia Senma dalla sua - «Siete partiti per la tangente a sospettare della colpevolezza di qualcuno di noi, ma c'è anche un'altro scenario da tenere in considerazione visto che il nostro avversario è un genio dei travestimenti. Non vi è balzato in testa che possa essere stata tutta una messa in scena e che il nostro ragazzo ucciso potesse essere in realtà proprio quel mago travestito? Fingendo di togliersi di mezzo, inscenando un delitto impossibile, ora è perfettamente libero di gironzolare proprio come il fantasma per cui si spaccia...»

 

Anche Conan aveva pensato a quella eventualità, il problema ancora una volta era l'impossibilità di esaminare il cadavere; per quanto buona come ipotesi, anche se si fosse trattato di qualcos'altro e non di un corpo, loro non potevano constatarlo con certezza solo osservandolo da fuori, attraverso il vetro d'una finestra.

 

L'uomo dal volto quadro, si sporse un po' in avanti aggiungendo - «Interessante teoria vecchia, spiegalo tu alla ragazza che è svenuta nell'altra stanza che credi che sia tutta una elaborata messa in scena e che il suo fratellino altri non è che il nostro uomo. Tu non hai visto com'era ridotto… Te lo dico io: male, ma so riconoscere un cadavere quando ne vedo uno. Ti assicuro che non si trattava di un trucco… potrei metterci la mano sul fuoco.»

 

Il detective rimpicciolito non era dello stesso avviso, ma non poteva dargli torto… non potevano essere abbastanza convinti per scartare nessuna delle due ipotesi al netto dei fatti.

 

«Quello che mi chiedo, qualunque sia la strada giusta… è la ragione di questo delitto… perché mai uccidere il giovanotto, di punto in bianco adesso?» - domandò Soda ponendo l'indice piegato contro il mento - «Nessuno di noi lo ha visto prima di ieri giusto? E lo spietato assassino che sarebbe dovuto essere Ōgami, è ormai uscito di scena… allora chi tra noi e perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere?»

 

Kogorō finita la sua sigaretta si avvicinò anch'egli agli altri - «Gira che ti rigira e sembra sempre si debba tornare a dare la colpa a quel ladro. E evidente, è sempre lui il nocciolo della questione...» - sbuffò l'uomo sedendosi.

 

«Sono d'accordo con la teoria di Senma-san. La morte di Kanon-kun ha senso in quella prospettiva… se fosse stato il suo travestimento sin dall'inizio, fingendo la morte si sarebbe potuto muovere senza difficoltà...» - annuì Tōya.

 

Ran allora intervenne di colpo - «Ma Shannon-chan avrebbe dovuto capirlo, si trattava pur sempre di suo fratello minore!»

 

«Kaitō KID è capace di fare miracoli Ran-nēchan.. » - ribattè prontamente lui - «Quando aveva preso il tuo posto nel caso della Black Star, è riuscito ad ingannare anche me...» - accortosi del tono della propria frase si affrettò ad aggiungere - «Ed anche tu non te ne eri accorto, vero Ojisan?»

 

Spostò l'attenzione sul padre di Ran così da mettere lui in difficoltà… perché lei aveva di nuovo quell'espressione in viso. Quella di quando rivedeva Shin'ichi nelle sue parole, nei suoi atteggiamenti; ma non ci poteva fare niente… dopotutto era proprio lui, era ovvio che risultasse uguale a sé stesso.

 

Proprio in quel momento Shannon fece il suo ingresso nella stanza portando con sé un carrello con tazze di tè e dolcetti. L'ora di pranzo si avvicinava, ma aveva pensato che fosse una buona cosa dopo quell'esperienza mettere qualcosa nello stomaco.

 

«Quel ladro non era l’unico in grado di poter compiere il delitto...» - intervenne la ragazza, cominciando a servire gli ospiti.

 

«Shannon-chan, forse è meglio che tu torni a sdraiarti non dovresti sforzarti così dopo ciò che è successo...» - suggerì Hachijō avvicinandosi a lei.

 

«Sto bene, non si preoccupi… sono stata pagata per lavorare dopotutto. Non posso permettermi di poltrire… in una situazione del genere poi...»

«Quindi, chi sarebbe in grado di compiere questo delitto oltre a KID?» - la incalzò Mogi, non volendosi lasciar scappare l’informazione.

«Naturalmente...» - affermò Shannon - «Si tratta di Beatrice-sama...»

«Cosa?» - trasalì Kogorō - «Non capisco, potresti essere più chiara? Stai davvero affermando che la responsabile sarebbe la fantomatica Strega Dorata? Andiamo è ridicolo!!»

 

«Voi dite Mōri-sama? Eppure rifletteteci, sarebbe perfettamente logico. Non capite? Ōgami-sama è stato il sacrificio scelto dalla chiave… i Kanji del suo nome ne sono la la dimostrazione lampante!» - detto ciò domandò ad Hakuba un foglietto della sua agendina ed una penna su cui scrisse in modo chiaro il nome della prima vittima:

 

大上 祝善 (Ōgami Shakuzen).

 

«Cominciamo dal carattere: Ō (大), può essere letto come “Grande parte”, il “gami” (上) può invece significare “offerta”, quello per “Shaku” (祝), è il carattere che sta per “celebrare” ed infine il Kanji per “zen”, (善) se scomposto nei suoi radicali di origine cinese si compone di due parti (誩, “discorso”; 羊, hitsuji "capra”).  Se isoliamo il secondo radicale () questo è il carattere che indica l’agnello sacrificale! Riuscite a capire adesso? Non avendo abbastanza persone per ottenere i sei sacrifici necessari, Beatrice-sama ha usato Ōgami-sama come sacrificio cumulativo, per cominciare a celebrare la propria rinascita. La morte di Kanon-kun invece porta a compimento il secondo crepuscolo...»

«Al secondo crepuscolo… bisogna separare i due che sono vicini… giusto?» - mormorò Ran - «No… non ci credo...»

 

«Proprio così, Ran-sama! Beatrice-sama sta mettendo in atto la propria resurrezione, non c'è altra spiegazione! Nessuno dei presenti aveva un valido motivo per uccidere Kanon-kun, lo avete incontrato ieri per la prima volta, dico bene? Quindi non c'è davvero altro modo! Beatrice-sama è il vero colpevole!»

 

Hachijō si fermò per un attimo stringendo i pugni sui braccioli della sedia, per poi forzare un sorriso ed avanzando verso la castana - «Shannon-chan… forse dovresti davvero tornare a riposarti. Ti accompagniamo.» - disse rivolgendo lo sguardo a Ran.

 

«S-Sì. È meglio che ti vada a sdraiare»

 

Ikumi prede la sua borsa e si avvicinò alla ragazza, poggiandole una mano sulla spalla -  «Avanti Shannon-chan, torniamo nella stanza dei domestici, vuoi?»

 

«Perché mi trattate in questo modo? Non è poi così assurdo! Avete visto che Kanon-kun è morto in una stanza chiusa no? Nessuno poteva fare una cosa del genere se non un fantasma o una Strega usando i suoi poteri per lasciare la scena intatta. Dev'essere per forza stata Beatrice-sama! Lo stesso delitto in quanto impossibile non lascia alternative,  deve essere riuscita ad infrangere il sigillo sulla maniglia della porta, in qualche modo ed aver commesso il delitto! È una prova non crede anche lei Hachijō-sama? Non credete?»

 

La ragazza fissò intensamente l'uomo in carrozzina, che non spiccicò parola, poi squadrò tutti o presenti nel salottino con un'espressione di puro terrore in volto. Ikumi allora condusse Shannon fuori dalla porta, mentre continuava a sostenere che fosse tutta opera della strega. Ran le seguì e Tōya andò loro dietro pochi minuti dopo, una volta ripresosi dalla forza dello sguardo che gli era stato rivolto. Uno sguardo penetrante come se avesse voluto indagare a fondo la sua anima. Anche Conan rimase scosso in parte, specialmente dal tono disperato con cui la ragazza si era messa a parlare. Come se lo supplicasse di accettare quelle illazioni in quanto fatti, supportandoli con semplici coincidenze, date dalle varie possibili letture dei Kanji di quel nome. Non era altro che un altro gioco di parole, che sembrava essere stato orchestrato ad Hoc, l'unica variabile differente era che potevano dire che il detective Gourmet fosse davvero deceduto per avvelenamento da cianuro.

 

Avevano capito, il messaggio era piuttosto chiaro, ed era rivolto a tutti loro. Urlava in modo disperato: credete all'esistenza della strega Beatrice.

 

«Ohi… non pensate anche voi che...» - cominciò a dire Mogi, con un velo di agitazione nella voce.

 

«Che quello fosse un invito a mettere in atto la farsa che ci è stata proposta durante la cena di ieri sera?» - proseguì Hakuba, con un lieve sorrisetto - «Sì, l'ho pensato anch'io» - ammise.

 

«Quindi non possiamo fare altro? È questo che intendeva?» - chiese Kogorō agli altri.

 

«No, vuol dire che è l'unica cosa che dobbiamo fare...» - intervenne Senma - «Per essere precisi, credo sia l'unica ragione per cui lui ha deciso di accettare la provocazione che gli è stata lanciata quando abbiamo ideato questa sfida tra detective...»

 

«Vuole che facciamo rivivere la tragedia con uno scopo ben preciso… dobbiamo creare una rappresentazione, che ha a che fare con la resurrezione della Strega Dorata Beatrice!»

 

Le parole di Conan incorniciavano quello che sarebbe stato il loro compito d'ora in avanti. Fino a quel momento avevano agito come gli investigatori che erano, dimenticando di essere solo semplici attori all'interno di una grande rappresentazione. Non dovevano risolvere un omicidio a stanza chiusa, dovevano assecondarlo. Era a dir poco assurdo, ma erano i termini di quel gioco a cui stavano partecipando, in cui non erano altro che pedine, atte a svolgere il loro ruolo, per rendere possibile la nascita di un miracolo.

 

Il gruppo rimase unito per quasi tutta la giornata, Ran si occupò della cena al posto di Shannon che era stata costretta al riposo. Sorvegliata periodicamente dalla stessa Ran e da Hachijō. Mentre il resto del gruppo di confrontava sul da farsi. Come scritto nella lettera, praticamente tutti erano riusciti a decifrare i tre quarti dell'enigma ed alcuni come Hakuba, avevano trovato la parola "Qudrillion" sulla facciata della basilica, girovagando sull'isola tra la giornata trascorsa e quella corrente. Pervennero tutti ad un accordo e dopo la cena si riunirono in salotto per discutere. Intanto Hachijō suggerì a Ran e Conan di recarsi bella Guest House, dove avrebbero potuto dilettarsi con una partita a carte.

 

«Se la ricostruzione della villa è fedele in tutto e per tutto, allora ci saranno anche le carte da gioco nella stanza dei cugini, possiamo occupare il tempo, facendo una partita a carte.»

 

Aveva detto Hachijō, invitando naturalmente anche la domestica ad accompagnarli. Riteneva non fosse il caso che lui si unisse ai discorsi degli investigatori, in quanto scrittore e dal momento che nessuno lo aveva interpellato. Inoltre preferiva occuparsi di Shannon per quanto possibile, visto che era stata così gentile con lui, ci teneva a starle vicino in un momento così difficile, che l'aveva resa quasi instabile.



 

«Evviva! Ho vinto di nuovo!» - esultò Ran, lasciando cadere le poche carte rimaste sul tavolo, dopo aver chiuso una partita a Baba-nuki (Asino).


«Uffa non è giusto Ran-nēchan! Potresti anche perderne una! È già la quinta partita di fila!!» - si lamentò il bambino buttando giù le proprie carte.

 


«Dì la verità Ran-chan, non è che stai barando?» - ipotizzò Hachijō con un leggero sorrisetto.


«No! Non è assolutamente vero! Lo giuro!» - ribatté lei quasi offesa da quella insinuazione.


«Hahaha, scusa scusa, stavo scherzando.»

La ragazza gonfiò appena le guance, la scenetta fece sorridere anche Shin’ichi che sapeva bene che la ragazza non avrebbe mai compiuto una scorrettezza simile, anche se si trattava solamente di un gioco di carte. La ragazza mentre Conan mischiava le carte, si alzò dal letto su cui era comodamente seduta, sorridendo ai due.

«Vado un attimo in bagno e vado a vedere se Shannon-san ha bisogno di qualcosa»

La domestica infatti aveva proposto di portare del tè nero, ma erano più di dieci minuti che era in cucina ed era più che certa che non ci volesse poi così tanto a prepararlo. Uscì dunque dalla stanza e raggiunse il bagno, espletando le sue necessità, per poi andare verso la cucina, che per essere raggiunta, bisognava superare quella che era la porta d’ingresso. Ran si diresse subito verso la cucina, che si trovava sul fondo di un salottino, lì trovò sul bancone della cucina quattro tazze da tè disposte su di un vassoio rettangolare, accompagnate da un piattino con dei biscotti, ma di Shannon nessuna traccia, per cui tornò indietro, pensando che fosse tornata per qualche motivo dagli altri, mentre lei era in bagno. Fu lì che notò due dettagli fondamentali: aveva ricominciato a piovere, anche se meno forte rispetto al tifone della sera precedente e la porta era spalancata, con sulla soglia la ragazza in divisa, che stava per allontanarsi dall’edificio.  Stava andando probabilmente verso l'edificio principale, dove gli altri adulti erano riuniti. Ran d’istinto, allora la richiamò raggiungendola sullo stipite della porta.

«Shannon-san… Dove… Dove stai andando?» - le chiese con un po’ di esitazione nella voce. Dopo la scena che aveva fatto dopo la scoperta dell’infelice fratello minore, temeva che potesse fare qualcosa di avventato, quindi di comune accordo con gli altri, era decisa a tenerla d’occhio ed a non lasciarla sola per troppo tempo… giusto per eccesso di prudenza visto le cose terribili che erano già accadute.

«Voglio tornare alla villa, non mi sento tranquilla a lasciare gli ospiti da soli...» - rispose la ragazza, però senza voltarsi a guardare l’altra negli occhi - «Glielo chiedo per favore Ran-sama, non dica nulla agli altri...» - proseguì con tono gentile - «Altrimenti...» - al suono di quella parola la giovane cominciò a voltarsi lentamente verso la liceale, mostrandole un volto “familiare”, ma diverso da quello della domestica. Era il medesimo volto della donna del quadro che per di più era solcato da uno spaventoso sorriso. Ran cominciò a tremare sul posto, senza controllo e con un'espressione sconvolta dal terrore, mentre la figura aggiunse con una voce roca e profonda - «sarò costretta ad ucciderti!»

 

La liceale produsse un urlo acuto e penetrante di fronte a quella visione, ma purtroppo quel suono non raggiunse le orecchie di nessuno, poiché contemporaneamente un tremendo boato, il rumore di una deflagrazione, ruppe il silenzio della notte e fendette il buio, con lingue color cremisi.

 

«Ran-nēchan ci sta mettendo un po' troppo non crede Hachijō-san?» - chiese Conan, mentre "distribuiva" le carte, poggiando quelle per la ragazza, sul letto dove era seduta fino a poco prima.

 

«Già, anche Shannon-chan…» - replicò, guardando il piccolo - «Forse dovremmo andare e cerc-»

 

KABOOM!!

 

«Ma che diavolo-?»

 

«Il rumore di un'esplosione! Hachijō-san, andiamo a vedere!!»

 

Conan allora si precipitò fuori dalla stanza, seguito dall'uomo. I due trovarono la porta spalancata, dunque il piccolo corse fuori con foga, mentre l'albino poté notare un vassoio con delle tazze da tè, che era stato poggiato sul tavolino del salotto adiacente all'ingresso. Pensò che Shannon stesse portandolo a loro accompagnata da Ran, ma che il rumore le avesse spinte a correre fuori come stavano facendo loro, lasciando lì il vassoio con le vivande. Quando l'albino uscì anch'egli dalla Guest House si guardò intorno: non ci mise molto a capire dove andare visto che l'esplosione parve accadere alle spalle dello stabile e tutti si erano riuniti in un unico punto, di fronte a quello che era il magazzino delle provviste, che era in fiamme.

 

«Ehi che cosa è successo?!» - domandò una volta unitosi al gruppo, guardandoli uno per uno e notando che la vecchia Furuyo non era con loro - «Che fine ha fatto Senma-san?!»

 

«La vecchia... è nel magazzino in fiamme...» - balbettò Mogi, mentre osservava la struttura bruciare - «Nel nostro discutere c'è venuta fame, ma non avevamo nulla da spizzicare nel mentre che parlavamo. Allora la vecchia ha detto di aver visto il magazzino della provviste, girando l'isola appena arrivata e che lì dentro avrebbe trovato di sicuro qualcosa...» - cominciò a spiegare.

 

«Ci siamo detti che non poteva succedere nulla se si fosse allontanata da sola per qualche minuto, nonostante il delitto commesso la consideriamo tutti una persona di buon senso, quindi l'abbiamo lasciata uscire da sola…e poi...» - proseguì Ikumi Soda.

 

«Pochi istanti fa abbiamo sentito un gran boato e ci siamo trovati di fronte a quest'orribile spettacolo» - concluse Kogorō la ricostruzione dei fatti.

 

Una colonna di fumo nero cominciò ad alzarsi dalla struttura in fiamme, gli spruzzatori antincendio dovevano essere entrati in funzione per via del calore delle fiamme. Mentre tutti erano immobili ed attoniti, Hakuba si era avvicinato all'ingresso che recava uno stranissimo simbolo dipinto in vernice rossa probabilmente data con una bomboletta. Con un fazzoletto premuto sul volto aveva puntato la sua attenzione non sul disegno, che pareva un'altro cerchio magico, diverso però da quello presente sulla maniglia della porta dello studio; quanto piuttosto un di un oggetto posto poggiato contro la saracinesca chiusa: un fucile Winchester con sopra attaccato un biglietto con il marchio degli Ushiromiya. Lo prese con sé con cautela, e portò il tutto dagli altri, che parvero allucinati dalla visione dell'arma da fuoco.

 

«Hakuba-kun… e quello?» - domandò la detective dai capelli scuri, al giovanotto.

 

«L'ho trovato appoggiato accanto alla saracinesca… credo sia un suggerimento da parte del nostro ospite. Forse ci sta dicendo che ci conviene tenere un arma con la quale difenderci d'ora in avanti...»

 

«Ehi ma quel fucile…! Era quello che si trovava appeso alla parete all'interno dello studio del terzo piano!!» - trasalì Kogorō ricordandosi di averlo visto mentre setacciava la stanza con gli altri.

 

«No è assurdo! Non può essere quello! Quando ho guardato all'interno della finestra era ancora…»

 

Mogi frenò di colpo la sua affermazione quando in effetti si rese conto di non aver notato se l'arma al momento fosse ancora al suo posto oppure no. Anche Conan produsse un suono di stizza, rendendosi conto della stessa cosa. Era stato così preso dal risolvere l'enigma della stanza chiusa e dallo spettacolo del cadavere martoriato che non aveva prestato attenzione a quel importantissimo dettaglio! Nel frattempo, Hakuba porse loro il biglietto allegato all'arma dicendo:

 

«A quanto pare è proprio quello vedete?»

 

Il biglietto recava su di un lato il seguente messaggio:

"Un piccolo omaggio per voi. È meglio che abbiate qualcosa con cui possiate illudervi di potervi difendere. L'ho preso dallo studio di Kinzō in caso ve lo steste chiedendo. Questo è solo uno dei quattro presenti su Rokkenjima, buona fortuna nello scovare gli altri. Buona fortuna credo e abbiate bisogno. Il Fantasma della Strega Dorata Beatrice."

 

Hakuba poi voltò il biglietto, aggiungendo - «Pare che con questo il terzo crepuscolo sia concluso…»

 

Difatti la parte posteriore recava la scritta in maiuscolo in lingua inglese:

  

«"Praise my name", ossia lodate il mio nome...» - tradusse il giovane detective che aveva vissuto a Londra per lungo tempo, per cui sapeva tranquillamente capire al volo quelle tre parole.

 

Kogorō a quel punto si rese conto di una cosa e si rivolse a Conan, con aria quasi isterica - «Ehi Conan, che fine ha fatto Ran, non doveva essere con voi?!»

 

«Anche Shannon-chan non si vede da nessuna parte, ho pensato fossero accorse fuori, ma a quanto pare mi sbagliavo...» - intervenne Tōya che con le sue parole fece allarmare ancora di più il detective dormiente.

 

«COSA?!?»

 

«Noi siamo stati alla villa fino a poco fa, se fossero arrivate le avremmo incrociate uscendo...» - affermò Hakuba, escludendo dunque l'ipotesi che potessero essere andate all'edificio principale.

 

Conan allora non perse tempo e corse nuovamente verso la Guest House, forse erano entrambe in cucina e non avevano lasciato quella stanza per la paura data dallo scoppio del magazzino, ma era solo un'ipotesi ed aveva un pessimo presentimento. Si fiondò letteralmente attraverso l'ingresso e stava per imbucare il salotto quando fu costretta a fermarsi di colpo, ad occhi sbarrati, mentre gli altri lo raggiunsero allarmati. Le loro reazioni furono di sgomento. Kogorō sbiancò come un lenzuolo a quella vista.

 

Sul tavolino da caffè del salotto vi erano due tazze da tè ricolme di liquido ambrato, mentre altre due erano a terra, rotte con il liquido ancora fresco che aveva macchiato il pavimento, ma quella non era la parte peggiore, la cosa orribile erano le persone accanto alle quali i cocci ed il liquido era caduto: Ran era poggiata con la schiena contro una sedia con una macchia rossa vistosa all'altezza del cuore. Una macchia che quasi somigliava ad una rosa scarlatta sbocciatale in pieno petto, mentre Shannon era riversa sul pavimento a faccia in giù in una pozza rossa, non serviva neppure avvicinarsi, per capire cosa fosse successo… il tutto era anche indicato da innumerevoli schizzi di sangue che erano rimasti sul divano bordo del tavolino e sulla tappezzeria del divano poco distante dal corpo. Dovevano averle sparato in viso a distanza ravvicinata, perché purtroppo il suo volto era totalmente irriconoscibile, come era accaduto per quello del fratello minore. Così si potevano definire compiuti anche il quarto ed il quinto crepuscolo.

 

«Ran… RAN!!»

 

Kogorō venne prontamente fermato da Mogi, che lo trattenne da sotto le ascelle, impedendole di raggiungere la figlia che giaceva poco lontano.

 

«Fermo Mōri!! Non puoi inquinare la scena del crimine!»

 

«Lasciami andare, si tratta di mia figlia!!» - si dibatté l’uomo, tentando di liberarsi dalla presa, non voleva usare una mossa di Judo, ma l’avrebbe fatto se le circostanze l’avessero costretto.
 

«Capisco cosa provi, ma l'hanno colpita al cuore, non c'è niente da fare, deve essere morta sul colpo!! Ed anche se fosse ancora viva non potresti aiutarla! Nessuno di noi è un medico, sarebbe tutto inutile!!»

 

Kogorō continuò a dimenarsi urlando a squarciagola in nome di sua figlia, mentre Conan rimase impalato a fissare l'orribile scena, solo un grido improvviso che non fu quello del padre di Ran, riuscì a disincantare spingendolo a girarsi in un'altra direzione.

 

«Non ne posso più!! Perché sta succedendo tutto questo, non ci capisco più niente!!»

 

La voce di Hachijō risuonò forte e chiara, l'uomo si teneva la testa, digrignando i denti, sembrava soffrire parecchio. Ikumi cercò di calmarlo accostandosi a lui e cercando di confortarlo in qualche modo, ma l'albino sembrava in preda ad una crisi di panico. Conan allora dette uno sguardo ad Hakuba e Mogi, che erano rimasti pressoché impassibili anche di fronte a quello spettacolo.

 

«Ci conviene isolare la Guest House e cercare i fucili che sono sparsi sull'isola per tenerli tutti in bella vista… non dobbiamo permettere che possa verificarsi di nuovo una tragedia simile.» - assunse Hakuba per poi guardare il bambino - «Cerchiamo il Master Key di Shannon-san per prima cosa...»

 

Il ragazzino annuì e fattosi prestare un paio di guanti dal detective liceale, perquisirono attentamente il corpo della povera domestica, constatando che aveva davvero il viso deturpato in maniera ignobile, tuttavia il proiettile non era da nessuna parte, neanche conficcato in qualche altra zona della stanza; alla fine della loro perquisizione, oltre al constatarne la morte, si resero conto che neppure il Master Key si riusciva a trovare. Nel frattempo Kogorō si calmò un tantino ed anche Hachijō riacquistò il controllo di sé, chiedendo perdono per quella scena pietosa.

 

«Voi detective, avete proprio dei nervi d'acciaio… Non so come facciate a non impazzire alla vista di tali atrocità...» - commentò dopo un po', lo scrittore di romanzi, prendendo atto di quella brutta situazione.

 

«Allora?» - chiese Mogi nei confronti del liceale e del bambino quando li vide allontanarsi dal corpo della domestica.

 

«Nulla… il Master Key dev'essere finito in mano a lui. Qui non c'è, come nemmeno il proiettile. Deve averlo portato via per qualche ragione...» - concluse Saguru rivolgendosi poi al gruppo - «Suggerisco di fare come ha detto lei Mogi-san, ma prima cerchiamo del nastro adesivo e sigilliamo la porta d'ingresso e le finestre per precauzione»

 

In quel modo avrebbero trasformato la Guest House in un'enorme "stanza chiusa" da cui nessuno sarebbe stato più in grado di entrare o uscire. Concluse quelle operazioni che richiesero più di venti minuti, tra perlustrazioni in cerca dei fucili -- di cui ne trovarono uno all'interno di un ripostiglio al piano terra -- ed appunto il sigillare tutto, i sei rimasti si recarono poi verso la villa con l'intento di perlustrare secondo, terzo piano e sala caldaie, alla ricerca dei tre rimasti. Il tutto venne fatto dai quattro detective, mentre Conan e Hachijō rimasero nel salotto ad aspettarli, con di fronte il Winchester rinvenuto vicino al magazzino.

 

«Come immaginavo...» - commentò l'uomo in carrozzina, aprendo il fucile e mostrando che mancavano due dei colpi dal numero di proiettili che si sarebbero potuti sparare con quel fucile - «Ran-chan e Shannon-chan sono state uccise proprio con questo fucile.»

 

«Vorrebbe dire che nel lasso di tempo in cui io e lei siamo corsi fuori attratti dal rumore dell'esplosione, il colpevole si è introdotto qui ed ha sparato a sangue freddo alle due ragazze, lasciando poi il fucile vicino al magazzino senza che noi c'è ne accorgessimo?» - ipotizzò Conan fissando l'arma mentre veniva richiusa e poggiata sul tavolo dallo scrittore.

 

«Così pare… comunque è palese come non mai che il colpevole sia qualcuno di esterno al nostro gruppo, se come sostengono Mōri-san e gli altri, sono rimasti tutti insieme da quando siamo venuti alla casa degli ospiti, lasciando andare Senma-san da sola al magazzino, per poi raccogliersi sul luogo dell'esplosione una volta udita lo scoppio…possiamo dedurne che "lui" non può essere uno di noi. Sarà anche bravo, ma nessuno lo è abbastanza da poter essere in due posti contemporaneamente.» - asserì lo scrittore.

 

«Già, sarebbe impossibile anche per lui» - dovette convenire il ragazzino - «Shannon-san e Ran-nēchan, sembrano state uccise anche loro in conformità all'epigrafe del ritratto… finora ha colpito persone che erano rimaste sempre da sole. In teoria non dovrebbero accadere più omicidi… se restiamo tutti insieme a qualcuno.»

 

Anche i detective in perlustrazione pensarono la stessa cosa, perché si divisero le zone da perlustrare: Hakuba e Soda il secondo piano, Mogi e Kogorō  al terzo piano e poi sarebbero scesi nella sala caldaia per perlustrarla tutti assieme.

 

«Trovato niente?» - domandò Saguru, chiudendosi la porta si una stanza alle spalle - «O forse dovrei dire… "recuperato" niente...» - si corresse estraendo da dietro la schiena un Winchester a canne mozze puntandolo verso la sua interlocutrice - «Adesso che siamo soli, posso anche giocare a carte scoperte»

 

«Giovanotto, non è un giocattolo pericoloso quello? Non dovresti puntarlo contro qualcuno con tanta noncuranza.» - ribatté Soda, osservando il liceale.

 

«L'ho trovato nell'armadio di quella che sarebbe dovuta essere la mia stanza, prima che decidessimo di sistemarci tutti sullo stesso piano. Probabilmente per far passare me per colpevole.» - affermò Saguru con un sorrisetto furbo sulle labbra.

 

«Che coincidenza» - sorrise la donna alzando il braccio destro che aveva tenuto sino a quel momento dietro la schiena e che impugnava lo stesso tipo di arma da fuoco - «Anch'io ho pensato la stessa cosa...»

 

Rumore dello sparo fu udito forte e chiaro da Kogorō e Mogi che stavano controllando le stanze proprio al di sopra di quelle da cui parve provenire lo sparo, cosa che li fece accorrere immediatamente giù dalle scale.

 

«Uno sparo?!» - esclamò Kogorō allarmato.

 

«Veniva dal piano di sotto!!»

 

Quando i due accorsero trovarono Hakuba disteso in corridoio con un rivolo di sangue alla bocca, Mogi lo sollevò per constatare se effettivamente gli avessero sparato, e dovette ammettere amaramente - «Niente da fare, il proiettile lo ha colpito dritto allo stomaco.»

 

Kogorō in quei momenti notò un ombra alla fine del corridoio, dunque si precipitò per raggiungerla - «Ferma non mi scappi!»

 

Tuttavia quando raggiunse quella che era la porta dello studio trovò Ikumi Soda a terra ai piedi di essa, e con una ferita d’arma da fuoco all ginocchio - «S...Soda!»

 

Mogi lo raggiunse e constatò anche la sua morte, avvicinandosi poi alla maniglia della porta - «Guarda… la maniglia è fatta in modo che se girata in modo avventato ne fuoriesca un'ago. Ha pensato che dato che il Winchester contenuto qui era stato rinvenuto al di fuori dal magazzino, allora doveva esserci un qualche modo alternativo per aprire questa porta oltre alla chiave. Magari muovendo il pomello in modo particolare, come fosse stata la manopola di una cassaforte o qualcosa del genere… Probabilmente credeva che rinchiudendosi qui sarebbe stata al sicuro, almeno finché il trambusto non fosse passato...» - speculò il detective - «In fondo era chiaro che il colpevole volesse farci fuori tutti in un modo o nell'altro…»
 

«Però dove si trova l'assassino?» - domandò Kogorō parecchio confuso.

 

Mogi a quel punto tirò fuori dalla giacca il Winchester che aveva trovato durante la perlustrazione puntando contro l'uomo coi baffetti e ripondendo con aria seria - «Non fare il furbo! Questa ragazza non sarebbe mai caduta in una trappola preparata da lei stessa ed è ovvio volessi far ricadere la colpa sul detective liceale che ora giace morto in corridoio facendo credere che aveva preparato questo trucco mentre io l'avevo mandato a controllare se la porta dello studio fosse ancora chiusa al momento della morte del domestico; oppure proprio perché sono stato io a chiedergli di controllare, avresti potuto darmi la colpa inventando qualche simpatica storiella… Peccato che non sia uno sprovveduto...» - disse - «Sai che tua figlia respirava ancora... sono pronto a scommettere che quel foro d'entrata sul vestito non fosse altro che un trucco e che la ragazza fosse solo priva di sensi.» - dopo quella deduzione, riprese il discorso precedente - «Se quello sparo era un falso allora poteva uccidere solo uno di noi due… se io non sono stato...» - premette il grilletto Harufumi, colpendo Kogorō alla gamba destra facendolo cadere in ginocchio, per poi puntargli il fucile all'altezza del petto - «Non resti che tu, no?»

 

Kogorō sgranò glo occhi con un'espressione di dolore dipinta in viso, Mogi sorrise e premette il grilletto per poi lasciare a terra il fucile ed andare a prendere una delle sue sigarette e l'accendino dalla tasca interna della propria giacca.

 

«Tsk… Dovevo punirti, non me ne volere Kogorō il dormiente.» - disse accendendo la sua sigaretta, ma subito dopo trasalì.


 «Uh? Gh…» - si portò le mani alla gola, sussurrando in agonia - «No… Non ci cre...» - non riuscì neppure a concludere la propria espressione di incredulità, che il detective cadde a terra con un tonfo, privo di vita.

 











 
"Fonti"
•Informazioni sui Kanji: Wikidictionary, Wikipedia EN

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #6 - Requiem of Truth and Illusions Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #6 - Requiem of Truth and Illusions Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Il suono degli spari riecheggiò forte e nitido all'interno delle mura della villa, tanto da fare rizzare i peli sul collo ai due presenti nel salotto al piano terra che si scambiarono un rapido sguardo, prima che Conan prendesse a correre verso la porta, afferrare la maniglia e spingere all'infuori in modo da poter uscire, ma pareva proprio che quella non volesse saperne di muoversi. Vedendo il ragazzino buttarsi contro il legno, spinse Tōya ad avvicinarsi a sua volta alla porta.

 

«Dannazione!!» - sbottò il ragazzino

 

«Che succede Conan-kun?» - gli chiese.

 

«La porta non si apre! Siamo chiusi dentro… se ci vado contro si muove ma solo di pochi centimetri poi torna indietro… deve aver usato qualcosa per bloccarla!»

 

Se Shin'ichi era frustrato dal non poter far granché nel suo corpo da bambino, Hachijō stava letteralmente implodendo di rabbia: si rimproverava di essersi buttato sotto quella macchina volendo porre fine alla sua vita e per giunta di non esserci neppure riuscito, rimanendo inchiodato su quella dannata sedia, non potendo fare un bel niente neppure per tirarli fuori da quella situazione, mentre chissà cos'era successo dall'altra parte!! Si dette un pugno sulle ginocchia dal nervoso ringhiando a denti stretti.

 

«Merda!!»

 

Il ragazzino con gli occhiali però era ben lontano dal arrendersi. Aveva superato di peggio, infatti si inginocchiò regolando la rotella delle sue scarpe potenzia-calcio al massimo, allontanandosi quanto bastava, per poi premere il bottone a lato della propria cintura spara-palloni, che cominciò a pompare aria nella gomma fin quando il pallone da calcio non fu gonfio al punto giusto, e non appena questo si staccò dal suo supporto, Conan sorrise. La sua scarpa destra era pervasa da scintille azzurre, giusto in tempo per calciare la palla con tutta la forza che aveva in corpo.

«Come se una semplice porta… POSSA FERMARMI!!»

 

Il pallone intriso di una forza inaudita colpì la superficie di legno, proprio al centro della stessa, quasi scardinandola, le maniglie dall'altra parte saltarono a causa dell'urto e vennero scaraventate in corridoio assieme al candelabro robusto usato per tenerle ben ferme. Quando le robuste porte furono libere da fermi, ormai danneggiate e curvate dalla pallonata, si spalancarono, mostrando i pezzi che erano stati sbalzati via, Hachijō, non credette ai suoi occhi e si domandò che razza di giocattoli inventassero per i bambini al giorno d'oggi . Per un attimo si sentì in dubbio sul fatto che magari stesse sognando, ma dovette ricredersi quando il ragazzetto scattò in corridoio e su per le scale del primo piano.

 

«Otchan!!! Rispondi!!!» - urlò immediatamente dopo essere uscito - «Soda-san!! Mogi-san!! Hakuba-nīchan!!»

 

L'uomo dai capelli bianchi si fermò al principio delle scale, tremando per la tensione, mentre le urla del bambino si fermarono di colpo una volta raggiunto il secondo piano, allora Hachijō strinse nuovamente i pugni sui braccioli.

 

«Merda… non dirmi che-...» - borbottò tra sé - «Uh...?»

 

All'improvviso la vista di Hachijō sembrò appannarsi: avrebbe potuto giurare di vedere una farfalla di colore dorato, volteggiare a qualche centimetro dal naso e sorvolargli il capo, spingendolo a seguirla con lo sguardo.

 

«Che succede? Non ci arrivi??»

 

Pronunciò una voce che aleggiò nell'aria, ma che non sembrava proprio provenire da nessuna persona fisica presente in quella hall, in cui l'unica "persona" presente oltre a sé stesso era il ritratto di Beatrice che come la Gioconda di Leonardo, saprà ammaliare con il suo sguardo.

 

«È ESATTAMENTE come credi! I crepuscoli dal primo all'ottavo sono completi... ed è arrivato il momento della mia rinascita! Avete sottovalutato i miei avvertimenti ed ora pagherete con la vita! È un vero peccato!! Al Nono Crepuscolo la Strega rinascerà a nuova vita e nessuno sopravviverà! Ammirate questa Beatrice, pregate inutilmente che vi risparmi la vita. Qualunque cosa facciate il vostro destino non cambierà, sciocchi esseri umani Gyahahahahah!!

 

La farfalla dorata andò a poggiarsi sulla figura della donna del ritratto, che Hachijō fissò con aria a dir poco alienata. Non voleva crederci… non poteva… Non era tutta colpa del ladro? Allora perché sentiva che quella voce e quelle parole gli facessero.tremare le.viscere, come se qualcosa stesse tentato "di uscire" dal suo corpo? Perché era totalmente terrorizzato da quella risata, che era riuscita a dargli una scossa lungo tutta la.spina dorsale? Non voleva ricordare… non erano suoi quei pensieri… Ma quale Beatrice!! Lui sarebbe di certo scomparso come uno spettro, se le cose avanti in quella direzione!! Era terrorizzato. Gli tornarono in mente i cadaveri che aveva visto nell'arco di quelle due serate: Ōgami, Ran… Shannon… Genji, Kumasawa, Gōda, Kanon, Rosa… distesi sul pavimento del salotto coperti di sangue. Tōya si tenne la testa che aveva cominciato a pulsare e a fargli davvero male, al punto da fargli venire le lacrime agli occhi, temeva che minacciasse di esplodergli da un momento all'altro.

 

«Avanti avanti, non piangere! Presto rivedrai i tuoi cari! Peccato che tu debba prima morire! Hahahahahaha» - rise di nuovo la voce.

 

Per allora Conan tornò al piano terra, ed attirati dalla farfalla che sembrò volare verso di lui, l'uomo alzò la testa domandando - «Dove sono… gli altri…?»

 

Il ragazzino scese gli ultimi gradini a sguardo basso prima di pronunciare - «Sono morti… tutti quanti…»

 

Hachijō a quel punto non ne poté davvero e guardò il ragazzino - «Se sono stati completati i nove crepuscoli allora la strega sarà rinata e a rigor di epigrafe tenterà di ucciderci… la scala dovrebbe essere ancora dove l'abbiamo lasciato stamattina, perché non andiamo a prenderla e la raggiungiamo, per darle il benvenuto, che ne dici?»

 

Conan alzò la testa sorridendo beffardamente - «Certo, non me lo faccio ripetere!»

 

I due allora si recarono fuori dalla villa girando sul lato sinistro della stessa, sotto una pioggia fredda e sottile. Tōya passò un brutto quarto d'ora nel prendere con sé sulla sedia a rotelle la scala, poggiandola sulle gambe insensibili e portandola verso la basilica. Una volta appoggiata a terra, sarebbe toccato a Conan il lavoro sporco di "uccidere" le lettere di Quadrillion che non erano utili e riordinare quelle che avrebbero portato alle Terra Dorata. Nel mentre che il piccolo era in cima alla scala, lo scrittore si preoccupava di tenerla ferma. Rivolse lo sguardo verso l'alto guardandolo compiere quelle operazioni con grande mano ferma, dunque l'uomo sorrise:

 

«Per essere solo un bambino sei davvero straordinario lasciatelo dire Conan-kun… Ti muovi con grande  freddezza anche dopo che i tuoi cari sono stati uccisi… ma non sembra lo faccia perché tu voglia vendicarsi. Sembra anzi tu voglia solo catturare questo farabutto. È davvero così importante… mettere le mani su quel ladro?» - domandò Tōya spinto dalla curiosità.

 

«Lo è Hachijō-san!» - rispose Conan, finendo di disporre la sequenza nella maniera corretta, incastrando la lettera "U" nel apposita fessura accanto alle altre, ma sempre in modo che tra una lettera e l'altra vi fosse a separarle uno spazio vuoto, come era specificato nelle "istruzioni". Con un colpo secco, per poi cominciare a scendere dai pioli - «Tanto quanto per lei è importante esporre la vera identità della nostra strega fantasma!»

 

L'autore di teorie allora si sentì punto sul vivo. Era chiaro che quel bambinetto fosse molto più intelligente del normale, quindi con tono scherzoso affermò - «Touche! Diventerai un ottimo detective crescendo.»

 

«Sì sbaglia… io non diventerò un detective. Io sono un detective! E non uno qualunque, ma il numero uno!»
 

I giochi di parole durante la loro permanenza qui, erano diventati preminenti e quello scrittore non era certo uno sprovveduto. Infatti colse al volo il significato di quel allusione - «Però… questo sì che è interessante» - commentò rivolgendo uno sguardo al bambino, che sorrise prima di voltarsi verso un sentiero che dalla basilica portava verso un gruppo di folti arbusti.

 

«Andiamo… tenendo presente il fatto che la statua del leone qui all'ingresso ha cambiato direzione, immagino dovremmo seguire quel sentiero...»

 

Ipotizzò il detective rimpicciolito, trovando una conferma immediata da parte di Hachijō; dunque si incamminarono verso quella direzione dove trovarono una sequela di statue a forma di leone, ognuna che segnava chiaramente il percorso che chi aveva risolto l'enigma, avrebbe dovuto seguire. Il percorso delle statue portò direttamente ad un'apertura nel terreno che discendeva tramite una serie di gradini nel sottosuolo. Il piccolo Conan ne scese alcuni e notò che si trattava di un vero e proprio corridoio le cui pereti in muratura si inoltravano in profondità. Certo Tōya non poteva proseguire oltre nelle sue condizioni.

 

«Sa che cosa c'è oltre queste scale?» - domandò rivolgendogli lo sguardo.

 

«Sì… si sarebbe dovuta ritrovare una base militare risalente al secondo conflitto mondiale. Tra le varie camere che puoi trovare, la prima la più facile da raggiungere dovrebbe contenere la fortuna in oro, in altre stanze invece all'epoca della tragedia erano presenti le 900 tonnellate di esplosivo che fecero saltare in aria l'isola, il cui meccanismo d'attivazione era collegato ad un'orologio regolato sulla mezzanotte. Ma visto che siamo qui a chiacchierare, questa parte della storia non è stata applicata. Per nostra fortuna procurarsi quella mole d'esplosivo non è una passeggiata, per cui non dovresti incontrare pericoli, anchrle andando per conto tuo. E poi a quanto ho visto, forse dovrei essere io a essere preoccupato per la mia incolumità. Hahaha.»

 

Il ragazzo sorrise e cominciò a scendere i gradini ma fu indotto a fermarsi da un rumore ritmico che rimbombava sulla pietra sottostante. Pian piano il rumore si fece sempre più vicino, fino a quando il ragazzino tornò indietro sui suoi passi lasciando emergere dalle tenebre una figura piuttosto famigliare, ma che non avrebbe pensato di vedersi trovarsi in carne ed ossa.

 

«Ahhh. Era ora!! Mi ero proprio stufata di aspettare… Ho pensato di aver invitato i detective migliori del Giappone… possibile ci abbiate messo tanto?!»

 

Si lamentò una voce femminile dalla parlata piuttosto peculiare, utilizzava un giapponese ormai desueto, tipico di qualcuno proveniente da una famiglia di alto rango. Inoltre per riferirsi a sé stessa aveva usato il pronome personale "warawa" (妾), espressione tipica usata dalle nobildonne in epoca arcaica, ed ora comune nei romanzi di narrativa.

 

«Huh? Non è un po' buio qui fuori?»  - osservò la voce, che producendo una serie di piccole scintille in lontananza rispetto al proprio volto, accese la brace di una lunga pipa che generò un odore acre che si espanse nell'aria.  

 


All'improvviso luci dorate si accesero tutte intorno a loro, sotto forma di farfalle dorate sospese in aria che con la loro luce, somigliavano a tanti piccole lanterne sospese. Sia Conan che l'uomo in carrozzina non riuscivano a credere ai loro occhi, perché grazie a loro, la donna fu finalmente visibile in tutto il suo splendore, avvolta nel vestito marrone tutto decorato da ghirigori ed i capelli chiari intrecciati e raccolti sulla nuca, ornati da una rosa rossa di tessuto. Gli occhi chiari fissarono i due giovani, mentre produsse una risata sommessa e divertita, per le espressioni che si erano dipinte sulle loro facce. Dopo qualche istante la donna alzò le braccia al cielo, annunciando con aria solenne:

«Il vostro cammino è giunto al termine. Rallegratevi! Siate i benvenuti, nella mia Terra Dorata!» - disse, per poi assumere un'espressione interdetta per ciò che aveva appena detto - «Ah, no… è sbagliato… prima di proclamarlo, dovreste raggiungere la stanza in cui è custodito l'oro. Però visto come si sono evolute le cose… non credo proprio che possiate arrivarci. È proprio per questo che mi sono presa il disturbo di raggiungervi qua fuori. Però come faccio? Senza la presenza dell'oro di Kinzō non è la stessa cosa… Mh… è un bel problema...»

 

La donna borbottò tutto ad alta voce, mentre Conan la fissava in silenzio. In tutto questo Tōya si trovò ad ingoiare della saliva che gli era rimasta bloccata in gola e trasalì quando "Beatrice", riprese parola poco dopo.

 

«AH! Ho trovato! Ve ne darò un souvenur!» - con ciò un lingotto d'oro cadde dall'alto direttamente sulle ginocchia di Tōya che sussultò alla vista di quel parallelepipedo dorato. Lo prese tra le mani e constatò che era davvero pesante… era reale! Era un vero lingotto che recava i simboli della famiglia Ushiromiya in rilievo sulla superficie dorata.

 


«È… è assurdo… non può essere vero!!»

 

«Cosa dovrebbe essere "assurdo"? Che io sia in grado di spostare un misero lingotto d'oro da un luogo all'altro è più che naturale, non sono la  "Strega Dorata" per nulla . Potrei fare di gran lunga di meglio! Potrei renderti la vita un inferno riducendo in oro tutto ciò che tocchi, fino a farti morire di stenti, obbligandoti a baciare la punta delle mie scarpe, facendoti supplicare per un po' di cibo, come un cane che piagnucola verso il suo padrone, se solo lo volessi, misero umano. Sei fortunato che non ti abbia aperto lo stomaco riempiendolo di dolcetti, per celebrare il vostro arrivo qui!»

 

La donna rise, per poi fare un tiro dalla sua pipa e buttare fuori dopo poco il fumo.

 

«Bene… ora che vi siete stupiti davanti alla mia magia, è ora di finirla. Dopotutto non avete portato a termine il Decimo Crepuscolo, ma il viaggio deve terminare ugualmente perciò... a questo punto… MUORI!»

 

Beatrice indicò il piccolo Conan con un movimento della sua pipa, si udì nell'aria il suono di uno sparo ed il piccolo all'istante assunse un'espressione di puro orrore. Il suo petto venne trafitto e produsse subito una larga chiazza scura sui suoi abiti, il tutto sotto gli occhi attoniti di Tōya, che lo vide gemere di dolore per poi cadere in ginocchio ed infine stramazzare al suolo emettendo solo un flebile sussurro d'incredulità:

 

«Come… è possibile...»

 

L'uomo in carrozzina era a dir poco congelato sia nell'espressione che nel cuore. Non era possibile, assolutamente da nessun punto di vista, che trucco aveva usato per aprire un ipotetico buco in petto ad un bambino che era perfettamente sano, fino a qualche minuto prima. Se per la comparsa delle farfalle la spiegazione del trucco poteva essere relativamente semplice, quello non lo riusciva proprio a capire. Aveva semplicemente puntato una lunga pipa contro di lui! Avrebbe anche potuto modificare quell'oggetto in qualche modo, per renderla un'arma, ciò poteva risultare plausibile almeno in teoria, ma tramite cosa aveva "premuto il grilletto" e da dove era uscito il proiettile che gli aveva trapassato il petto del povero Conan? Era una dannatissima pipa! Ed anche ammesso che non si trattasse di una "pistola", ma di qualcosa di simile ad una "cerbottana", il problema restava perché era ben distante dalle labbra della donna, quando questa l'aveva mossa, ed era impensabile che un minimo scossone potesse scoccare un dardo che dritto per dritto, giungesse a colpire correttamente il bersaglio, a meno che non ci fosse qualcun altro che "sparasse" nell’attimo propizio; ma in quel caso, chi era il complice, quanto lontano era nascosto e di quanta attrezzatura doveva essere dotato per riuscire a fare una cosa simile, nella penombra e con un tempismo praticamente perfetto? Non andava bene per niente! Non riusciva a pensare a nulla.

 

Mentre quelle domande continuavano a vorticargli in testa, lei gli si pose di fronte, puntando lo sguardo color cielo nella sua direzione.

 

«Non preoccuparti, avrai il tempo per cercare tutte le spiegazioni logiche che vuoi, dopo che sarai morto come tutti gli altri. Hai per caso un ultimo desiderio prima che ti liberi definitivamente dalle tue pene? Deve essere frustrante rimanere bloccati su di una sedia senza possibilità di muoversi, vero? Grazie a me risolverai questo problema per sempre! E sono magnanima, non c'è neppure bisogno che tu mi ringrazi.» - sorrise beffarda la donna in abiti ottocenteschi - «Allora? Le tue ultime parole?» - chiese infine, lasciando la parola al suo interlocutore.

 

«Come hai fatto…? » - furono le prime parole che pronunciò, alle quali la strega sghignazzò.
 

«IDIOTA! Non te lo spiego mica! Ti lascerò il piacere di scoprirlo, come ho detto prima avrai TUTTO il tempo che vuoi, dopo. Se è tutto allora, per me puoi anche morire subito, e potrai cominciare ad arrovellarti il cervello quanto ti pare e piace!»

 

«No… non era questo che intendevo...» - ribatté Hachijō, poggiando la mano sinistra sui braccioli della sedia e facendo forza sull'avambraccio mentre con l'altra si allungava verso di lei il più possibile come se volesse afferrargli il volto con la mano - «Come fai… ad essere in tutto e per tutto identico… a Lei?! Tu…!!»

 

Per sua sfortuna il terreno boscoso era instabile e non avendo tirato il freno a mano, la sedia a rotelle slittò all'indietro proprio mentre il giovane stava compiendo quello sforzo disperato. Hachijō dunque proteso in avanti, mancò dell'appoggio del proprio mezzo a si trovò a cadere. Lui non fu l'unico ad essere scosso dall'inaspettato quanto prevedibile accadimento, anche Beatrice quando se ne accorse, sussultò e si mosse balbettando un incerto - «O-Ohi!»

 

Purtroppo non poté impedire l'inevitabile incontro tra l'uomo ed il suolo boschivo, battendo la tempia a terra. L'ultima cosa che vide, fu dell'erba secca, ed marrone della terra.

 

Una fitta alla testa lo spinse ad aprire gli occhi. Sentì da subito un gran dolore che lo spinse a portarsi una mano alla tempia. Le immagini sulla retina dapprima furono confuse, successivamente si rese conto di star fissando un soffitto da cui pendeva un lampadario molto semplice. Lasciò vagare lo sguardo rendendosi conto di essere in una stanza che aveva già visto: pareti di un tenue giallo ocra, pavimento di legno lucido e scuro con mobili dall'aspetto minimale, un paio di divanetti e poltrone, disposti attorno ad un tavolo in legno, dei comodini bassi alla sinistra di ogni divano e le finestre aperte la cui brezza mattutina smuoveva le tende bianche. Era la stanza dei domestici. Ma come ci era arrivato fin lì… uno dei suoi ultimi ricordi era un veicolo che incombeva su di lui ed un profondo terrore… era tutto così confuso! Nel suo dirsi ciò, un flash gli attraversò la mente di colpo, anzi non solo uno, una serie di flash. Per qualche minuto gli sembrò quasi di assistere ad un film che veniva proiettato direttamente nella sua testa, facendolo soffrire terribilmente; tra tutte le scene una gli dette un particolare senso di disagio: l'immagine della donna del dipinto, immersa in un bagno di luce dato dalla presenza di un nutrito gruppo di farfalle dorate che svolazzavano, si trovavano all'interno del boschetto dell'isola, un bambino delle elementari cadeva a terra dopo essere stato colpito al petto. Il giovane si alzò di scatto, mettendosi a sedere come si fosse letteralmente appena svegliato da un brutto sogno. I vari tasselli si ordinarono pressoché da soli e quando il mosaico fu completo, ebbe infine la forza di urlare in tono rauco e minaccioso:

 

«DOVE SEI MALEDETTO!?»

 

«Sì è ripreso!» - una voce infantile proveniente dal suo lato sinistro lo spinse a voltarsi; Conan era lì di fianco a lui seduto sul comodino, con le gambe a penzoloni, gli rivolse un sorriso prima di portare lo sguardo di fronte a sé ripetendo - «Beato-no-nēchan, si è svegliato!»

 

«C… Conan-kun? B… Beato…?! Che cosa… succede?» - domandò confuso, si accorse solo in quel frangente di avere delle bende legate fermamente attorno al capo, per poi vedere la figura della giovane dai capelli biondi, che ora indossava abiti più moderni: una camicia bianca, con una cravatta rosa, una giacca nera, una gonna rossa con balze che le scopriva il tatuaggio dell'aquila mono-alata che portava sulla coscia destra, delle calze lunghe a righe nere e rosse che arrivavano fin sopra il ginocchio ed un paio di stivali neri con i lacci; portava con sé un vassoio con delle tazze di tè nero fumante e biscotti.

 

«Che diamine, ci hai fatto prendere un colpo!! Per un attimo ho creduto fossi morto davvero! Dimenticarsi di inserire il freno in un posto del genere! Vedi di andare subito da un buon medico a farti visitare quando sarai a Nijima, intesi? Non voglio certo averti sulla coscienza due volte!»

 

Asserì la giovane in tono seccato, la risposta automatica del suo interlocutore fu quella di annuire. Detto ciò, porse al piccolo una delle tazze di tè, facendo lo stesso con l'albino che ancora confuso, accettò prendendo la tazza ricolma di liquido tiepido tra le mani, poi quella si sedette sul divanetto di fronte a quello dove egli stava seduto ed accavallò le gambe in un movimento elegante, per poi tenere la tazzina appoggiata sulle ginocchia.

 

«Come mai quella faccia sconvolta? Sei ancora frastornato dalla botta che hai preso, eh?» - sorrise appena Beatrice, portando la tazzina alle labbra e bevendo un po' del liquido chiaro che conteneva - «Va tutto bene… abbiamo tutto il tempo. Quando ti sentirai pronto, potremmo cominciare con la ricostruzione degli eventi. Questo ragazzino dice di aver capito in linea generale cosa sia successo, ma non riesce a collegare certi dettagli. Più precisamente quelli che riguardano la tua presenza qui ed i vari particolari correlati. Io posso arrivare solo fino ad un certo punto, ma il tuo punto di vista sarai tu a doverlo esporre. Pensi di riuscire a farlo?» - gli occhi blu della ragazza fissarono quelli ugualmente cerulei del trentenne, che dopo qualche istante di silenzio, sorrise rivolgendo lo sguardo al bambino.

 

«Sì… sicuro che posso.»

 

Il tono di voce ed il modo di esprimersi era cambiato in maniera significativa. Rispetto al modo pacato con cui Hachijō Tōya si era espresso fino a poco prima della caduta, era evidente che qualcosa fosse cambiato: c'era decisamente più grinta in quel giovane, lo si poteva vedere benissimo anche nel come aveva inveito contro il nulla non appena sveglio. Vederlo così convinto spinse la ragazza a porgerli una domanda importante, che avrebbe decretato la realtà delle sue affermazioni.

 

«Perfetto. Se è così allora rispondi alla mia domanda, in modo chiaro...» - ella mosse appena la testa di lato e pronunciò - «Tu chi sei?»

 

L'albino sorrise - «Il mio nome è… Battler… Ushiromiya Battler».


«Nato il 15 Luglio 1968, sono figlio biologico di Rudolf e Kyrie Ushiromiya, ma sono stato cresciuto da Asumu Ushiromiya prima moglie di mio padre che io considero mia madre naturale. Dall'unione di Oyaji e Kyrie-san, è nata Ange mia sorella minore, ora nota al pubblico con il nome di Yukari Kotobuki. Sono uno dei nipoti di Kinzō Ushiromiya, ed ero presente alla riunione di famiglia tenutasi tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986, quando è avvenuto il massacro di Rokkenjima.  Durante quegli avvenimenti, i miei hanno finto la loro morte con l'idea di appropriarsi dell'eredità del vecchio… Oyaji voleva parlarmi probabilmente di questo quando mi ha invitato davanti alla basilica. Io però sono stato salvato da Beato, messo al riparo dal massacro perpetrato dagli adulti e sopravvissuto all'esplosione dell'isola. Beatrice… ed io siamo fuggiti su di una moto d'acqua. Volevo farle lasciare l'isola per farle vivere una vita vera, ma lei… approfittando di un mio momento di distrazione si è gettata in mare. Ho cercato di raggiungerla, ma non sono riuscito a salvarla. In un modo o nell'altro sono arrivato a Nijima… completamente distrutto, ho vagato senza meta per un po', finendo su di un'autostrada. L'ultima cosa che ricordo e una macchina che non vedendomi, mi prende in pieno. Da qui in poi cominciano i tormenti di Hachijō Tōya, a cui devo aver dato parecchi problemi… se i miei ricordi lo hanno spinto a voler tentare il suicidio.»

 

Una lieve risata lasciò le labbra del ragazzo mentre si passò le mani sulle ginocchia, se Hachijō si sentiva tormentato dai ricordi di un'altra persona e dalla paura di scomparire se questa fosse tornata, ora era Battler a dover subire le conseguenze di un'azione che un altro aveva intrapreso. Non sentire più le gambe era una sensazione orrenda, ma in un certo senso era già abituato a non percepirle, per cui semplicemente prese atto del fatto che la sensazione impressa nel suo cervello, era quella che effettivamente provava.

 

«Credi sia una risposta valida?» - domandò guardando la ragazza seduta di fronte a sé, che annuì.

 

«È proprio ciò che speravo. Alla fine sei davvero tornato… Battler.» - sorrise la donna, per poi puntare lo sguardo verso Conan e sghignazzare sguaiatamente - «VISTO?! Non è come ti avevo detto? Per quanto avesse ripreso i sensi, sarebbe stato del tutto un'altra persona. E tu che dubitavi della mia Magia!!»

 

Conan assottigliò lo sguardo - «Come no, ma quale "magia". Perché tu non temevi avesse avuto una commozione cerebrale e che sarebbe potuto morire prima dell'arrivo della barca che attraccherà sull'isola tra meno di un ora?»

 

La bionda sobbalzò per l'imbarazzo, e spostò lo sguardo altrove - «Ero solo preoccupata! Non c'è un medico tra gli altri presenti ed è caduto a terra come una pera cotta, come avrei dovuto reagire?! Anche tu eri preoccupato e mi hai impedito di muoverlo per più di dieci minuti prima che decidessimo di portarlo qui o sbaglio Meitantei?!»

 

«Non potevamo sapere quanto fosse grave, no? Ora non prendertela con me, sei tu che hai messo in scena tutto quel pandemonio!»

 

La discussione dei due fu interrotta da una fragorosa risata da parte dello stesso Battler, che per un momento rivide quasi sé stesso e sua cugina Jessica, in quei due che aveva davanti, sia Conan che Beatrice si voltarono a guardarlo chiedendo all'unisono:

 

««Cosa c'è di divertente?!»»

 

«No… scusate… mi avete fatto ricordare un episodio di tanto tempo fa. Comunque, vi ringrazio. Se sono più presente a me stesso ora come ora, è tutto merito vostro.» - rispose Battler, sorridendo nei loro confronti - «Soprattutto quel trucco del "colpo di pistola fantasma", è stato molto interessante… il suono dello sparo mi ha fatto riaffiorare un mare di ricordo e credo anche di sapere come è stato messo in atto.»

 

«Oh! Vuoi dire che puoi spiegarlo? Interessante! Non vedo l'ora di sentire, prima però, meglio chiarire i dubbi di questo piccolo investigatore… rimandiamo il resto a dopo, ti va?»

 

Battler convenne con Beatrice, ed entrambi prestarono la loro attenzione a Conan, che aveva atteso pazientemente ed anche con parecchia curiosità di ricevere una risposta ai punti ancora, per lui oscuri in quella vicenda.

 

«Bene, cominciamo dall'inizio...» - iniziò a parlare Beato, poggiando la tazza di tè ormai vuota sul tavolino che separava i due divanetti - «È cominciato tutto quando sono stato contattata da una certa Ikuko Hachijō, trámite un peculiare annuncio nella sezione "cerco" del quotidiano nazionale diceva: "Smarrito completo bianco, munito di mantello e cappello di feltro, per festa in maschera… chiunque ritrovi i miei abiti, mi contatti a questo indirizzo e-mail".  Ho capito subito si riferisse a me ed ho preso appuntamento con Hachijō-sensei, nel suo studio presentandomi con quei vestiti con me e chiedendo spiegazioni. La sensei mi ha spiegato che non ero l'unica ad essere stata attirata dallo strano annuncio, ma di aver capito che io ero la persona giusta dal momento in cui ho risposto alla sua domanda una volta arrivata...» - rievocò dunque il ricordo di quell'intervista, spiegandolo ai due ragazzi, cercando di ricordarlo con maggiore precisione possibile.

 

Una volta giunta nello studio della scrittrice, che faceva largo uso di soprammobili preziosi, fu fatta accomodare su di una poltrona bianca, bordata d'oro e dai braccioli finemente decorati. Ikuko Hachijō una donna dai lunghi capelli dai riflessi violacei, gli pose di fronte una tazza di caffè, sorridendo alla liceale che teneva sulle ginocchia gli indumenti di colore bianco che erano descritti nell'annuncio con in più una camicia di colore blu ed una cravatta rossa:

«Tu che sei venuta in risposta al mio appello, lascia che ti domandi: a chi credi appartenga questo abito tanto vistoso?»

«Ad un audace e misterioso ladro fantasma, che può rendere possibile l'impossibile, signora… è piuttosto famoso… se non ricordo male è conosciuto con il nome di Kaitō Kid» - replicò la giovane.

 

«Esatto. È proprio il suo completo quello che stavo cercando. Ha attirato la mia attenzione con la sua abilità di compiere imprese straordinarie. Ma non sono alla ricerca di un abito qualunque, i negozi ormai ne sono pieni. Sto cercando l'originale.» - asserì la scrittrice, sondando il volto della ragazza che pareva sorpresa da tale affermazione

 

«Però Hachijō-sensei… mi scusi, ma crede che lui risponderà alla vostra convocazione? Se esistono infinite copie del suo costume, come potrà riconoscere quello che sta cercando tra gli altri?» - chiese la ragazza con aria interessata.

 

«Questa è un'eccellente domanda…  Lo capirò al primo sguardo. Il suo modo di porsi è piuttosto riconoscibile… è l'unica persona che si riferisce a sé, cercando di fingere distacco… non può impersonare sé stessa dunque verrà da me sotto mentite spoglie, cercando di apparire il più naturale possibile, pur indagando le ragioni della mia convocazione… "Perché una scrittrice nota per la sua produzione di storie fuorvianti, ha deciso di attirare a sé un ladro? Cosa vorrà mai rubare, che non ha ancora ottenuto tra le proprie mani?"  Di sicuro si domanderà qualcosa del genere, e da ciò che io potrò riconoscerlo con certezza. Non crede siano elementi sufficienti, per identificarlo?»

 

Beatrice cambiò gamba, portando la sinistra al di sopra della destra, ridacchiando - «Ci sono cascata con tutte le scarpe, neppure avevamo cominciato a parlare e già mi sentivo come sotto l'effetto di una qualche specie di sortilegio. Mi ha praticamente letto come un libro.aperto!»

 

«Tipico di Ikuko...» - sorrise Battler, per poi tornare a fare silenzio ed ad ascoltare il suo racconto.

 

«Una volta assicuratasi della mia identità. Mi ha posto sulla superficie del tavolo una foto e mi ha fatto una precisa richiesta, la stessa che io ho espresso nella seconda lettera che ho letto mentre tu (Battler) e la figlia di Mōri siete stati fatti allontanare per copiare il testo dell'Epigrafe: "Per favore, fa resuscitare Ushiromiya Battler". Mi ha spiegato tutta la storia: di averti trovato in mezzo alla strada, dopo un incidente stradale e che dopo averti soccorso si è accorta che avevi perso la memoria e tutto ciò che n'è conseguito. Mi ha proposto alla fine del racconto un metodo alternativo alle varie terapie mediche che hanno dimostrato non essere efficaci: una terapia d'urto. Mi ha mostrato allora una lettera di invito inviata a nome di Itouikukuro Zerogonanaroku, da parte di Ōgami Shukuzen -- indicato come mittente sulla busta, in questo caso -- che proponeva di incontrarlo per parlare proprio delle opere fuorvianti sul massacro di Rokkenjima, sull'isola stessa dove affermò di stare organizzando una riunione di appassionati del mistero. Ikuko-sensei ha pensato che sia la convocazione del detective -- che la firma sull'invito -- fosse piuttosto curiosa, se non assurda, dato che come sappiamo è saltata in aria a causa dell'esplosione;  dopo averne discusso con Tōya, valutando la loro partecipazione alla riunione, ha deciso anche di chiedere il mio parere a quattrocchi, per sapere se fossi a conoscenza della cosa. Io ho trovato sia la lettera che la richiesta piuttosto intrigante, quindi ho deciso di accettare e di documentarmi sulla vicenda di Rokkenjima, ricevendo anche elementi fondamentali dalla stessa sensei che è stata così gentile da narrarmi la vera natura di Beatrice.» - fece una pausa per poi riprendere - «Da qui in poi è stato un vero e proprio delirio! Nelle vesti di Shannon -- attingendo alla sua rappresentazione datami da Ikuko -- ho raggiunto la Fukuin House e sono riuscita a farmi assumere come cameriera da Ōgami che mi ha dato le prime istruzioni e la data dell'incontro, raccomandandomi di raggiungere per prima sull'isola in modo da potermi orientare, mi ha anche assicurato che avrebbe prodotto lui tutti gli inviti e che dovevo solo essere in grado di prestare servizio. Mi sono accordata con il Capitano del battello, dandogli disposizioni sul fatto che non sarebbe dovuto venire a prenderci la sera dell'incontro e la mattina dopo, una volta qui a Rokkenjima ho perlustrato l'isola in ogni angolo preparando i vari accorgimenti come il necessario per inscenare l'omicidio di Kanon, -- a proposito, hai risolto quel delitto Tantei-kun? --, i fucili in alcune stanze, nonché preparato i fogli aggiuntivi alle lettere che Ōgami mi aveva anticipato avrei trovato sull'isola, in modo da  "rievocare" le vicende dell'incidente. Naturalmente prima di arrivare qui avevo anche risolto l’epigrafe e preparato e portato con me il necessario per attuare la "resurrezione" di Beatrice". Non ho fatto altro che preparare tutto per bene, dopodiché ho atteso che i membri del cast si presentassero tutti qui. L'unica cosa che non avevo calcolato nel quadro d’insieme di questa rimpatriata è stato l'omicidio ai danni del suo organizzatore. Non immaginavo che la detective Senma, avrebbe approfittato di un mio attimo di distrazione per avvelenare le tazze da tè dei vari servizi…!!» - la strega sospirò - «Poi le cose sono andate come sapete, il mio intento era far credere che Beatrice fosse realmente la colpevole, in modo che lo shock dell'intera vicenda facesse riaffiorare la vera personalità di Battler. Impersonando sia Shannon ho potuto tenere d'occhio lo sviluppo da vicino ed una volta usciti di scena loro, ho potuto muovermi liberamente e far andare tutto liscio come l'olio. Mi dispiace solo di aver spaventato a morte la tua fidanzata, ma dovevo rendere credibile la leggenda della strega e farle fare il ruolo della morta per far tornare i conti. Le ho spiegato a grandi linee ciò che stava succedendo in un biglietto che le ho lasciato accanto al letto nella VIP Room, dove l'ho portata… immagino che ora ci starà ascoltando, assieme a tutti gli altri, attraverso una radio di fortuna che ho trovato nel magazzino giorni fa, che ho opportunamente modificato e collocato su di una mensola, come soprammobile.»

 

«Insomma siamo stati tutti attori nella tua grande impresa, come Hakuba-nīchan aveva già intuito...» - commentò Conan con espressione beffarda, a cui il ladro in abiti femminili rispose a tono.

 

«Una "farsa" ben riuscita, dal momento che è andato tutto come previsto! Ora è il tuo turno Battler… come mai hai deciso di tentare di raggiungere Rokkenjima, nonostante la particolarità del richiamo?»

 

Prima di rispondere il ragazzo, emise un fischio stridulo - «Ora me lo dici, ci credo sia stata una messa in scena ben riuscita per altro attuata alla perfezione. È stato davvero un ottimo lavoro, se posso permettermi di anticipare cosa ne penso»

 

«Cosa? Credo di essermi distratta un secondo? Puoi ripetere, voglio registrarlo!» - sapeva bene di essersi comportato alla perfezione, ma sentirsi lodare dalla persona che sapeva conoscere Beatrice a 360°, rendeva il ladro davvero fiero di sé.

 

«Non se ne parla. Ho detto abbastanza. Fattelo andare bene...» - ribatté Battler, con evidente aria di scherno in viso, facendo imbronciare di conseguenza l’altro che sbuffò.

«Che c’è di male?! Dillo di nuovo!! Mi sono presa cura di te per tutto il tempo, almeno dammi un po’ di soddisfazione!!» - si lagnò la ragazza per poi incrociare le braccia al petto e borbottare - «E questa la chiama “gratitudine”, ho rinunciato ad andare in vacanza per accettare questo incarico. Tsk…!»

 

Quella situazione cominciava davvero a divertirlo, ed anche a dargli un forte senso di nostalgia. Il ladro sembrava aver davvero riportato in vita la ragazza che conosceva. Perfino nel suo lamentarsi era spiccicato a lei… Quella diciannovenne che a causa della sua vita difficile aveva sviluppato un'identità frammentata. Nata maschio ma cresciuta come una ragazza, Shannon e Kanon rappresentavano le sue due visioni di sé, mentre Beatrice la Strega era il suo modo di evadere dalla realtà… il suo modo per sfogare la rabbia che covava nei suoi confronti, perché l'aveva abbandonata non presentandosi per sei lunghi anni alle riunioni di famiglia, finendo anche per obliare le loro lunghe discussioni sui romanzi di genere mystery che avevano avuto il merito di avvicinarli. Tutto questo era colei che si faceva chiamare con il titolo di "Strega Dorata", questo e molto di più e Kaitō Kid, il ladro-prestigiatore, pur non avendola conosciuta di persona, l'aveva riportata indietro dalle tenebre dei ricordi, consentendogli di riemergere a sua volta. Non c'erano critiche che potesse avanzargli in merito: era proprio stato in grado di generare miracoli.

 

«Già… perché ho deciso di tornare su quest’isola?» - si chiese, con un flebile sorriso sulle labbra - «Quando Ikuko me lo ha proposto, non sapevamo proprio se accettare, anzi per essere onesti “io” ero contrario, credevo fosse lo scherzo di qualche fanatico… Ange non è l’unica che è stata in grado di risalire alla mia vera identità in questi anni, per cui eravamo parecchio scettici. Però, quella lettera in qualche modo mi intrigava, nonostante fosse posta in modo strano. Ad un certo punto ho ceduto… mi sono detto “forse tornando su Rokkenjima potrei chiarirmi le idee una volta per tutte. Potrei riuscire a liberarmi dei ricordi che non sento miei”, così Ikuko mi ha portato a Nijima e mi sono imbarcato, scoprendo che oltre a me ci sarebbero state davvero altre persone, come l’invito prescriveva, ho scoperto solo la sera della riunione che le altre buste erano prive dell’indicazione del mittente, quando ho visto quella che Hakuba-kun ha aperto sul tavolo mentre c’eravamo tutti. Deve aver pensato che sarebbe stato il caso indicare chi fosse almeno per noi. Io e Ikuko rifiutiamo la posta che ci pare sospetta o poco seria e ci facciamo vedere di rado in pubblico, quindi la cosa deve averlo spinto ad esporsi. Un detective con una fama di tutto rispetto è di gran lunga più considerabile del “Fantasma della Strega Dorata”»

 

Non si può dire che avesse poi tutti i torti, pensò tra sé il piccolo Edogawa, inizialmente anche Kogorō voleva stracciarla addirittura senza neppure aprirla, per mancanza di un mittente indicato sulla busta… fu l’insistenza di Ran che attirata dalla busta ipotizzò si potesse trattare di qualche invito ad una cena di lusso a spingerlo ad aprirla. Per convincerlo ad accettare la sfida, bastò infine l’assegno contenuto nella busta e la promessa di un nuovo pagamento alla fine del lavoro; il detective dormiente per queste cose era tutt’altro che prevenuto, ma certo lui non era sopravvissuto ad una tragedia entrata a far parte della storia della cronaca “recente”, per cui non aveva neppure bisogno di preoccuparsi più di tanto di ritorsioni o gogne mediatiche… essendo un famoso detective, i cui casi li risolveva correttamente un liceale tramutato in un bambino di 7 anni

Battler proseguì, dopo aver dato uno sguardo rapido al bambino occhialuto - «Una volta arrivato sull’isola, il Capitano è stato così gentile da darmi una mano a scendere e poi la qui presente “Beatrice”, nelle vesti di Shannon mi è venuta incontro...» - virgolettò il nome a cui il ladro rispondendo in quel momento, incontrando giustappunto una sua espressione perplessa, che si fece subito dopo accigliata.

«In questo momento io sono Beatrice in tutto e per tutto! Sono resuscitata al nono crepuscolo no? Quale “Beatrice”... Pronuncia il mio nome come si deve!» - ripeté il gesto a sua volta, ma con un tono più indignato che scherzoso - «Ti ricordo che ho oltre mille anni alle spalle, quindi sono decisamente più grande di te, portami rispetto! Piuttosto va avanti con la tua versione della storia, anziché perdere tempo, guarda che il sole è sorto da un pezzo!»

Questa volta fu Conan a ridersela sotto i baffi, si chiese se il ladro non ci avesse davvero preso gusto a recitare quella parte, anche se dovette ammettere che vedere il ritrovato Ushiromiya Battler,  scherzare a quel modo, era piuttosto divertente. Aveva un’aura del tutto diversa dall’uomo malinconico che gli aveva raccontato la sua storia di fronte alla scritta Quadrillion, non immaginava come dovesse sentirsi nell’avere recuperato la sua identità e nel trovarsi davanti qualcuno in grado di impersonare alla perfezione una persona che conosceva e che non gli è possibile incontrare in nessun altra forma, perché deceduta ben dodici anni prima. Chissà quali sensazioni gli dava conversare con Kid, magari nel modo in cui aveva fatto con la vera Beatrice e nel sentirsi rispondere in modo verosimile… Doveva ammettere che anche lui aveva provato sensazioni tra le più diverse nel rendersi conto della bravura del ladro, nei suoi vari travestimenti, riusciva sempre a stupire ed ingannare per quanto fosse bravo. In questo caso però doveva star superando davvero sé stesso a giudicare dal modo di porsi di Battler. Probabilmente se così non fosse, gli avrebbe chiesto immediatamente di porre fine a quella pagliacciata… invece gli dava corda anche in maniera piuttosto naturale. La cosa divertì e colpì affondo il detective, che in qualità di “KID-Killer”, si sentì in diritto di decidere di “non ucciderlo”, almeno per questa volta.

«Scusami… va bene vado avanti!» - acconsentì l’uomo, proseguendo nel proprio discorrere - «Immediatamente i miei effettivi ricordi di Rokkenjima hanno cominciato a riaffiorare, gettando Tōya nel panico, risultò subito chiaro alla mia mente che c’era qualcosa che non andava, vedevo immagini che sapevo essere passate di Shannon nei miei ricordi, e sentivo che non avrebbe dovuto essere qui, però allo stesso tempo mi sentii sollevato. Anche entrare nella villa mi dette un forte impatto emotivo…  conosco le stanze di questa casa come le mie tasche, giocavo con i miei cugini Jessica e George tra queste mura quando ero piccolo dopotutto. Quindi nella mia mente si alternavano i ricordi di Ushiromiya Battler con le paure di Hachijō Tōya, restare calmo in una situazione del genere è praticamente impossibile, è come se un uragano ti stravolgesse il cervello. In un certo senso mi dispiace per Tōya… siamo la stessa persona, eppure era come se stesse combattendo contro un demone… che per altro è riuscito a sconfiggerlo...»

Conan preso dalla curiosità, allora fece una domanda al riguardo, anche se non era sicuro della possibile che avrebbe potuto ricevere in merito - «Ed ora… lui dov’è?»

Battler si portò una mano alla fasciatura, sospirando  - «Naturalmente proprio qui» - ritornò il tono pacato e lo sguardo vacuo ed acquoso che aveva avuto - «Posseggo tutti i ricordi e le sue esperienze. Sento che saprei recitarti i testi dei romanzi che ho scritto con Ikuko, a memoria… però allo stesso tempo… io non voglio arrendermi. E non approvo la scelta che ha fatto!» - alzò il tono di voce, quasi a volersi rimproverare da solo, cosa che in un certo senso stava facendo, poiché usava la terza persona come modo di dissociarsi dalla sua azione - «Però posso capirlo, ed in un certo senso vorrei scusarmi con lui. D’altra parte, il corpo in cui sono ora è il suo. E come se fossimo gemelli in un certo senso, abbiamo pressoché lo stesso aspetto, ma siamo profondamente diversi...» - quel ragionamento fu espletato da un tono estremamente serio, però poi le sue labbra si curvarono in un sorriso, voltandosi verso Conan - «Potrà sorprenderti sapere che prima non avevo i capelli bianchi!» - sorrise come a spezzare l’atmosfera tesa da lui stesso creata

 

Anche la ragazza rise tra sé, cercando qualcosa all’interno della sua giacchetta, tirando fuori una foto, che porse al piccolo rivale alzandosi dalla sedia - «Posso confermare che non sta mentendo...»

 

Conan esaminò la foto che raffigurava partendo da destra: una donna dai capelli corti, un uomo che ammiccava, una bimba graziosa con le codine e poi un ragazzetto dal sorriso smagliante. In effetti era riconoscibile l’aspetto dell’uomo a cui era seduto accanto, in quel ragazzetto, ma il taglio dei capelli ed il colore era differente, cosa che in un certo senso, lo rendevano effettivamente quasi un’altra persona

«Uh? Quella te l’ha data Ikuko? L’aveva con sé Ange quando è venuta a incontrarmi la prima volta...»  - ricordò il ragazzo, osservando di sfuggita la foto.

 


«È una copia di quella foto difatti. Mi è stata data per usarla in un certo modo a vicenda conclusa, perciò mi spiace ma non posso lasciartela.» - asserì Beatrice, facendosi restituire la foto e mettendola nuovamente al sicuro tra i suoi vestiti.

 

«Comunque, ho cercato in tutti i modi di rimanere “presente a me stesso”, evitando di esplodere in più scenate isteriche di quante non fossero necessarie... e se ci sono riuscito è merito vostro e della gentilezza di Ran-chan… anche se l’omicidio alla Guest House mi ha messo duramente alla prova.» - ammise Battler - «La svolta però è arrivata con l’entrata in scena di Beato… la mia mente ha ceduto alla comparsa della strega, non capivo neppure come fosse possibile, mi vergogno di me stesso per non aver pensato a qualcosa di così semplice...»

«Dovresti vergognarti di aver preso quella brutta caduta piuttosto razza di incosciente!» - ribatté Beato accavallando nuovamente le gambe sulla sedia - «Bè, finchè la mia resurrezione ha sortito l’effetto che doveva, non me ne lamento… Se questo è tutto, darei campo libero alla spiegazione dei trucchi.» - sorrise poggiando un gomito sul bracciolo del divano e la testa sulla mano aperta - «A giudicare dalla vostre facce, non vedete l’ora di cominciare, giusto? Sembrate due bambini in un negozio di caramelle...» - commentò prettamente per punzecchiare Shin’ichi. Quest’ultimo infatti assunse un’espressione ebete, come a dirgli: “Questa tu me la chiami una battuta?” - «Allora prego. Sfatate pure la mia magia, se ci riuscite!»



 

[Sospensione]

 

Durante la spiegazione dei trucchi, vedrai delle affermazioni evidenziate dal colore Rosso (Akaki Shinjitsu) tali affermazioni sono basate su prove oggettive o su dichiarazioni della stessa Beatrice, pertanto sono considerate certamente vere (Il rosso dice solo la verità!!) e non possono venire negate in alcun modo se non da una verità rossa più forte. Solo le streghe possono promulgare parlare in rosso.

 

L'interlocutore è autorizzato solo a fare ipotesi, che devono essere convalidate dalla Strega per essere considerate vere. Le ipotesi, che saranno evidenziate dal colore Blu (Aoki Shinjitsu). Le supposizioni possono essere confutare da una verità rossa dalla strega in qualunque momento.

 

[Fine sospensione]



 

Conan e Battler si dettero uno sguardo, come per capire se l’affermazione della strega fosse veritiera, e la cosa fece sorridere entrambi, d’altra parte il trentenne era lì per “Indagare” su sé stesso, ma era rimasto naturalmente coinvolto anche dai  trucchi inscenati, quindi non aveva tutti i torti a dire che avessero la stessa espressione in volto. Desideravano tutt’e due esporre ognuno le proprie conclusioni, da bravi “colleghi per caso”.

«Avanti Conan-kun, parti pure per primo.» - gli dette il via Battler.

«Huh? Davvero?» - chiese il liceale sussultando, ricevendo un cenno affermativo in risposta, ed allora sì che il ragazzino parve illuminarsi come a natale - «Grazie mille Battler-nīchan!!»

«Pff- Haahahahahahaha...» - il ladro esplose in una risata isterica, battendo la mano sul bracciolo, il che era esagerato non solo per il volume della risata in sé, ma perché non immaginava KID cadesse tanto in basso dal accasciarsi su un divano dalle risate - «Muoio… sto morendo… Comincia a dedurre… ti prego… altrimenti… potrei morire dal ridere...»

 

Il detective si sentì un tantino offeso dalla reazione nei suoi confronti, infatti tirò un occhiataccia in quella direzione, per poi schiarirsi la gola - «Come vuoi! D’accordo!» - sbuffò il ragazzino attendendo che le risa si placassero, così da cominciare a parlare - «Dunque… partiamo con il definire il lasso di tempo in cui sarebbe potuto avvenire il delitto compiutosi all'interno dello studio al terzo piano della villa: come ha detto Mogi-san anche mentre stavamo ragionandoci tutti insieme, ci troviamo davanti ad un lasso di tempo che va dalle 23 della scorsa sera alle 10:30 del mattino seguente, periodo in cui non lo abbiamo più visto. Il colpevole avrebbe dovuto attirare Kanon che era nella Guest House con una scusa, portarlo fino alla villa, fare avere accesso alla vittima allo studio del terzo piano, ucciderlo, simulare un suicidio e lasciare la stanza indisturbato. Questa è la dinamica delle mosse che avrebbe dovuto effettuare, vista in modo semplice, fin qui siamo tutti d’accordo?» - chiese il ragazzino, vagando con lo sguardo da Battler a Beatrice che nel frattempo si era realmente distesa sul divanetto, voltata sul lato per poter guardarlo
 

«Va bene… accetto questa ricostruzione: Kanon è stato ucciso tra le 23 di sera e le 10:30 del mattino. Ed è stato portato dalla Guest House fino allo studio del terzo piano dove è stato ucciso, sfregiato, impiccato ed infine ritrovato da voi detective. La vittima, Kanon è entrata dalla porta dello studio assieme al colpevole per non uscirne vivo, mentre l'assassino ha lasciato la stanza anch'egli dalla porta d'ingresso.  Ma il problema è… come diavolo avrà fatto se non con la magia?!» - rispose la strega, che sembrava più una trasposizione moderna di Paolina Borghese di Canova, che la nobile strega dorata, che accoglieva gli ospiti che avevano modo di accedere alla villa degli Ushiromiya.


«Bene, ora passiamo ai problemi che rendono questo delitto il tipico “omicidio a porta chiusa”: La porta-»

Il ragazzino venne interrotto di colpo dalla voce stridula della donna che scherzò - «Aspetta… non dirmelo! Per caso è chiusa a chiave? Cavoli che deduzione inarrivabile, Sherlock Holmes sarebbe fiero di te! Hahahaha» - sghignazzò nuovamente la biondina, che ricevette per la sua maleducazione un konpeitō  colorato che andò a colpirla direttamente in fronte, pescato da una ciotola sul tavolo.

 

«Sei rumorosa! Se vuoi fare la Strega dimostrati superiore. Oppure dall’alto della tua senilità vuoi fare la vecchia acida che se la prende con i marmocchi? Prendi quella e lascia in pace Conan-kun, volevi che risolvesse il trucco? Allora zitta e lascialo esporre!» - la rimproverò Battler, preparandosi un’altra caramella alla mano.
 

«Che individuo noioso… non c’era bisogno di bersagliarmi...» - borbottò quindi lei, recuperando dalla superficie del divano il dolcetto e spingendolo contro la parte interna della guancia, con aria da bambina a cui era stato impedito di giocare con i suoi giocattoli, mentre rivolse lo sguardo a Conan, che riprese quindi a parlare, sperando di non essere venire sbeffeggiato un’altra volta.  


«Dicevo: la porta può essere aperta manualmente solo dall’interno ed ha una serratura automatica che scatta con la chiusura della stessa. Per aprirla dall’esterno è necessaria l’apposita chiave, la quale però era stata sistemata assieme a molte altre sulla scrivania presente nella stanza. Sulla serratura non erano presenti segni di scasso, non è neppure possibile che il colpevole abbia avuto accesso dalla finestra, perché anch’essa non presentava segni di forzatura, ed in più era “sigillata” da del nastro adesivo.» - presentò Conan - «Così sembrerebbe in tutto è per tutto una stanza chiusa inaccessibile… noi per risolverla abbiamo ipotizzato allora l’esistenza di una seconda chiave, con cui la porta è stata agevolmente aperta, per permettere la messa in scena dell’omicidio.» - espose il bambino, per poi fermarsi ad un cenno da parte di Beatrice.

«Bè, l’hai trovata, questa misteriosa seconda copia della chiave?» - chiese con un sorriso ampio sulle labbra.

 

«No… l’ho cercata in tutte le stanze, ma non l’ho trovata.» - ammise il detective rimpicciolito - «Però non è detto che questa chiave non esista»

 

«Ma non puoi dimostrare che esista, quindi non puoi provare che sia stata usata per aprire la porta. Per cui come vorresti smontare la mia stanza chiusa, senza prove alla mano?» - domandò la ragazza - «Si chiama “prova del diavolo” grande detective… la tua teoria ti sta crollando tra le mani Hiyahahah.»

 

Conan non sembrò affatto preoccupato da quella palese contraddizione, anzi sogghignò compiaciuto - «Oh no, al contrario. Te ne sei accorto vero, Battler-nīchan?» - chiese voltandosi verso lo stesso.

«Sì… l’ho notato eccome.» - sorrise quest’ultimo - «E da quando hai cominciato a parlare della copia della chiave, che Beato continua a guardare di sfuggita il vaso di fiori finti che è presente sulla mensola alle tue spalle… ed è un comportamento più che normale tenere d’occhio il nascondiglio di qualcosa d’importante, temendo che questa cosa possa  venire scoperta se si cominciasse a perlustrare la stanza...»

 

«Per altro ho controllato questa stanza già una volta, ma non alla perfezione quindi può essermi sfuggito, anche perché Ran-nēchan ad un certo punto mi ha fermato; e tu ne hai approfittato per riporla nel vaso, che avevo già controllato, convinto che non lo avrei fatto ancora… per cui è stato un ottimo nascondiglio, fino a qualche minuto fa…» - il bimbo dunque andò a frugare all’interno di un vaso, ripescando la fantomatica chiave, che finalmente aveva una consistenza - «Eccola! Ed ora che abbiamo la prova alla mano ecco come sono andate le cose: semplicemente una volta assicuratosi che tutti fossero chiusi nelle proprie stanze a dormire, hai avuto accesso alla stanza portando con te un manichino che avevi precedentemente nascosto, magari sul fondo del magazzino, del sangue finto, una corda, del nastro adesivo ed il necessario per i tuoi travestimenti. Hai vestito il manichino con gli abiti che hai utilizzato per impersonare il domestico nella sua breve apparizione di quella sera, gli hai messo una maschera di quelle che è possibile trovare nei negozi di costumi in occasione della festa di Halloween, hai  appeso il manichino alla trave del soffitto con la corda ed hai cosparso la maschera ed in parte la mano del manichino rivolta verso la finestra, di sangue finto. Infine hai bloccato il telaio e le imposte con il nastro adesivo, per impedire che la finestra venisse aperta, infondendo il timore di inquinare la scena se avessero fatto altrimenti. La combinazione di maschera, sangue finto unito al berretto rosso ed alla parrucca, ha indotto me ed il detective Mogi ad identificare subito il presunto cadavere con quello del ragazzo che non era stato più visto da nessuna parte né all’interno della villa e neppure nella Guest House… quando in realtà egli non era nient’altro che uno dei personaggi che ti era stato chiesto di interpretare e che serviva uscisse di scena in maniera plateale, per far credere fosse tutta opera della strega. In più sei stato agevolato dall’intuizione di Mogi, di chiudere tutte le chiavi in un’unica stanza, anche se sono sicuro che avresti trovato un modo per farci venire a conoscenza del fatto che fosse impossibile aprirla con i Master Key, anche se non fosse capitata un’occasione del genere... »

 

«Un’altra fortuna consiste nel fatto che si trattasse di una stanza al terzo piano e che io sia rimasto paralizzato...» - intervenne Battler, con aria di sfida nei confronti della strega - «Perchè ti assicuro che io non sarei stato così corretto, avrei sfondato il vetro e sarei entrato ugualmente sventando tutto questo bel lavoro di organizzazione.» - ammise.
 

Era il tipo irruento che pur di salvare qualcuno, era capacissimo di buttarsi da una finestra, figurarsi se non sarebbe stato in grado di romperne una per entrare in una stanza, per lo stesso motivo, ma così ridotto, aveva reso la vita facile al ladro ed ai detective incaricati di reggergli il gioco.

 

«Mmh-huhuh. Spiacente Battleeer! Tu eri il jolly quindi era logico non entrassi a far parte del mazzo!» - ridacchiò sguaiatamente Beatrice.

 

«Ohi Beato…. non stai dimenticando qualcosa?» - sopraggiunse l’uomo.

 

«C-Che cosa avrei dimenticato?» - domandò cercando di non mostrare la sua indecisione.

«La teoria… accetti o la rifiuti?»

 

La giovane sussultò guardando altrove, non sapendo come sviare il discorso - «Ri-Rifiuto...» - disse con uno sbuffo - «Mah,  vi ci siete avvicinati parecchio sin dall’inizio, anche mettendovi tutti insieme… che seccatura! Possiamo dichiarare risolto il mistero della stanza chiusa. Ora tocca alla mia meravigliosa rinascita, sentiamo le tue geniali intuizioni.»

 

L’albino si sistemò in maniera più consona sul divanetto, orientando le gambe verso l’esterno, così da poter assumere una corretta posizione seduta e sorrise - «Bene, non aspettavo altro: cominciamo dalla cosa più semplice, le frasi riprodotte nella hall. Sono pronto a scommettere che fossero delle casse preamplificate, posizionate magari sul retro della stele riportante il testo dell’indovinello. Se avevi posizionato anche dei microfoni all’interno della casa, sarebbe stato uno scherzo far partire la registrazione che ho sentito al momento giusto. Sapevi che Hachijō era un uomo provato, quindi bastavano un paio di frasi abbastanza inquietanti, per sortire l’effetto desiderato di panico nella mia persona. La farfalla dorata che ho visto sarebbe potuta essere una semplice allucinazione dovuta alla suggestione, oppure, un qualche aggeggio telecomandato che hai consegnato a Conan-kun in modo che lo usasse al momento giusto per dare corpo alla tua sceneggiata» - Battler fu indotto a proseguire, dal silenzio che si scontrò con le sue parole - «Nel frattempo che noi eravamo intenti a risolvere la sequenza della cappella, tu ti trovavi nei tunnel sottostanti alla Kuwadorian, con cui sei sbucata tranquillamente fuori dal passaggio segreto, con tempisto perfetto. A proposito di farfalle dorate: si sono accese gradualmente, potrei ipotizzare che si trattasse di farfalle ritagliate e contornate da luminarie, fissate ai rami degli alberi. il movimento era dato dal vento presente in quel momento, per cui davano la sensazione di svolazzare in giro, benché fossero statiche. La carta d’alluminio d’altra parte è riflettente, quindi per certi versi dava modo al trucco di “nascondersi” da solo, mentre il lingotto d’oro era una replica della descrizione dei romanzi a cui ho collaborato, riempito di piombo per farlo sembrare vero.»

 

«Di questa cosa della farfalla nella hall, non so nulla davvero; in effetti mentre voi stavate risolvendo l’enigma, io dalla Kuwadorian ero intenta a raggiugervi, quindi la mia voce era incorporea… per le farfalle dorate di cui parli puoi dimostrarlo questo trucco?» - chiese con un’espressione rilassata.

 

«Le ho io Beato-no-nēchan! Guarda!!»  - disse cacciando fuori dalla tasca un pezzo di stagnola, ed un paio di lucine rotte.

 

«Q-Quando sei riuscito a-» - sgranò gli occhi la strega nel trovarsi davanti ciò che aveva richiesto.

 

«Mentre stavamo valutando se spostare o meno Battler-nīchan, ne ho trovata una che si è staccata a causa del vento, quindi l’ho raccolta ed ho staccato un paio delle lucine che sganciandosi dai rami si sono rotte.» - il ragazzetto sorrise compiaciuto, soprattutto davanti all’espressione sconvolta del proprio rivale.

 

«Accidenti a te Meitantei!» - sbuffò, visto anche il sorriso disegnarsi sulle labbra di Battler - «E per "l'omicidio" del qui presente Conan Edogawa? Le tue conclusioni?» - domandò quindi la bionda.

 

«È un trucco davvero semplice in realtà. La situazione induce a pensare che sia partito un colpo di pistola da chissà dove, che abbia colpito al petto la vittima a cui compare istantaneamente una chiazza rossa all'altezza del cuore.  Eppure non era presente nessuna arma effettiva con la quale "sparare", avevi le mani libere… e l'unica cosa che possiamo considerare come "pistola fumante", questa è la pipa che reggevi in mano giusto?» - ricapitolò Battler rivolgendo lo sguardo alla sua interlocutrice.

 

Questa confermò con un cenno del capo - «Proprio così… non nascondevo alcuna pistola. Se ci fosse stata l'avresti vista! Inoltre non c'era alcun "complice nascosto". Il colpevole sono io, questa Beatrice, senza possibilità d'appello.» - affermò con convinzione la donna.

 

«E se non ci fosse davvero nessuna pistola?» - osservò l'uomo con un guizzo divertito che attraverso i suoi occhi azzurri.

 

«Ciò vuol dire?» - rilanciò la donna.

 

«Per cominciare lo sparo era registrato. Hai semplicemente fatto partire il suono al momento giusto, anche in questo caso non era difficile potevi avere un interruttore nascosto all'interno della manica del vestito o potresti aver calcolato la lunghezza della registrazione, in modo che il rumore fosse udito in un dato momento…  quanto alla macchia di sangue… lo abbiamo menzionato prima, il sangue finto venduti in qualunque negozio per gli amanti dell'orrore. Di solito può essere contenuto in involucri di plastica sottili in modo da poter romperlo in tutta tranquillità. Bastava che Conan-kun lo tenesse tra i vestiti e lo rompesse in concomitanza con lo sparo.»

 

La strega tamburellò con le dita sulla superficie del divano -  «Non si è verificato nessun reale sparo; ma i suoi vestiti non sono macchiati. Non ci sono prove che il sangue finto di cui parli sia stato effettivamente usato. Il sangue finto macchia determinati tessuti sai?»  

 

«Andiamo… è questa me la chiami una difesa? Non lo hai neppure negato. È possibile rimuoverlo con acqua ossigenata che solleva il composto dal tessuto passandolo poi sotto acqua molto fredda. Sono stato svenuto abbastanza perché potreste aver il tempo per usare questo procedimento. E poi guarda bene la sua giacca… una prova c'è... ha ancora un leggero alone dimostra che prima era presente una macchia che è stata rimossa, senza fare particolare attenzione. Che dici? Ho indovinato?»

 

La ragazza si sistemò nuovamente sul divano poiché era sprofondata nella seduta. Con aria imbronciata borbottò - «C'hai preso… Sono costretta ad ammetterlo: La giacca di Conan è stata macchiata da del sangue finto, che è stato rimosso» - sbuffò - «Tsk… ed io che speravo in qualche stravaganza, di ipotesi da poter smontare...» - dopodiché aggiunse - «Quindi è inutile che vi chieda dell'incendio al magazzino...»

 

Conan prese la parola al riguardo - «Non lo abbiamo mai visto al suo interno, quindi non possiamo saperlo con certezza, ma potrebbe essere stato presente un meccanismo esplosivo già preparato da Ōgami, con cui aveva intenzione di uccidere Senma-san, l'ha detto lei stessa che se non l'avesse ucciso per prima, avrebbe incontrato lei la morte. Scoprendo il trucco ha elaborato tale deduzione e commesso l'omicidio, poi però visto che l'occorrente era ancora lì e dovendo prendere parte al tuo spettacolino, ha pensato di usarlo a suo vantaggio per inscenare la sua dipartita… Doveva essere qualcosa di rudimentale, ma efficace magari una bombola di gas, che lasciata semiaperta avrebbe saturato l'ambiente con i propri fumi, ed all'accensione della minima fiamma, avrebbe fatto verificare l'esplosione

 

«Essendo a conoscenza del trucco in questione le è bastato andare in tua compagnia perché provvista del Master Key ad aprire la bombola al mattino presto, uscire dal magazzino, chiudere la serranda  lasciando incastrato uno zampirone al di sotto della stessa, e tornare alla sera per dargli fuoco. Per allora l'ambiente sarebbe stato saturo generando l'incendio e l'esplosione della bombola come da programma.»

 

«…Giusto anche questo...»

 

Beatrice estrasse dalla tasca ed attivò un disturbatore di frequenze che poggiò sul tavolino da caffè, non c'era bisogno che gli altri presenti nel salotto, sentissero il resto della loro chiacchierata. Tutto ciò che era stato detto, era più che sufficiente.

 

«Uffaaa, voi detective siete così odiosi!! Riducete giorni o settimane di preparazione di numeri in pochi minuti di spiegazione. Avete idea delle ore che ho occupato per preparare il trucco delle farfalle dorate EHH?!? E voi siete pronti a smontarlo con quel sorrisetto scemo dicendo: "Sono solo pezzi di stagnola con luci intorno attaccate ai rami degli alberi… un trucco facilissimo" bla bla bla… Rudi calcolatori, miseri umani senza sogni né romanticismo! Ecco cosa siete! Hmph...» - tornò a lamentarsi Beato guardando i due che effettivamente si mostravano compiaciuti dalle loro deduzioni.

 

«Veramente io avrei anche dei sogni, non saranno proprio romantici, ma spero di realizzarli un giorno...» - Conan naturalmente si riferiva al suo proposito di dichiararsi a Ran un giorno, prima però doveva tornare ad essere Shin'ichi Kudō.

 

«Parlando per me ero piuttosto romantico fino a dodici anni fa. Dopotutto per portare "la Strega" via da quest'isola, ho dovuto letteralmente prenderla di peso, dicendole qualcosa del tipo: "Io ti rapisco Beatrice"... a ripensarci ora è terribilmente imbarazzante!»

 

Sia KID che Conan, risero a quella rivelazione, suscitando invece l'indignazione del diretto interessato.

 

«In effetti… è imbarazzante anche solo pensarlo!» - rise il ladro, in proposito.

 

«Bè, stai certo che non lo dirò una seconda volta!» - sbottò l'albino nei confronti del travestimento del criminale.

 

«EHH?!? Sei cattivo, cosa ho io in meno della me di dodici anni fa?! Anche io voglio essere rapita! Battleeeer!!» - si sporse in avanti la ragazza con espressione supplichevole in viso.

 

«Ma non ci penso nemmeno! Fatti portare via da qualcun altro! Dalla polizia magari. Loro ti accoglierebbero a braccia aperte, senza dubbio»

 

«No no!! Non è giusto! Non ha senso se lo fa qualcun altro...» - ignorò volutamente la menzione della polizia, non aveva intenzione di farsi catturare, soprattutto non dopo aver fatto una "buona azione", come farlo "tornare in vita".

 

Dopo una serie di altre lamentele di Beato nei confronti del suo "amante" che la stava respingendo, i tre decisero che era tempo di raggiungere gli altri, quindi venne avvicinato al divano su cui l'uomo diversamente abile sedeva, di modo che potesse sedervisi sopra, assistito dalla fedele infermiera che si era così diligentemente occupato di lui in quei due giorni, in varie forme. Kid spense il disturbatore di frequenze annunciando che avrebbero raggiunto gli altri e che questi si spingessero al molo per primi. Il sole era ormai alto ed a giudicare dall'ora mostrata dll orologio da parete, posto nella stanza, la barca che avrebbe dovuto venire a prelevarli, sarebbe arrivata tra una decina di minuti.

 

La ragazza spinse la sedia fuori dalla stanza dei domestici ed attraverso la hall, non avrebbero dovuto fermarsi di fronte al ritratto, ma l’illusione di Beato, Conan ed il ritrovato Battler, lo fecero ugualmente per far un ultimo saluto alla Beatrice della leggenda, prima di abbandonare la villa e dirigersi verso la spiaggia.

 

«Stai attento adesso!» - fu una delle prime cose che disse Conan, non appena arrivarono sulla discesa.

«Lo so! Lo so, non  c’è bisogno che me lo dica» - ribatté Beatrice.

 

Battler guardò i due battibeccare sul come fosse stato il caso di portar giù la carrozzina, il suo passeggero era già caduto una volta, facendosi male per una svista personale, non volevano certo essere loro a replicare il fattaccio. Il diretto interessato tuttavia sembrava tranquillo: il ladro era stato estremamente attento nei suoi confronti, fin da subito arrivando a rimproverarlo perfino; per essere uno sconosciuto insomma aveva usato accortezze che non ci si aspetterebbe da chiunque, pertanto sentiva di potersi fidare, senza dover dire nulla.

«No, sono serio Kid, occhio a cosa- A..Ah...» - nel suo fare la paternale al primo, fu il ragazzino a rischiare una bella caduta sul sentiero, cosa che fece sorridere il ragazzo in maniera beffarda.

«Piantala di blaterare e pensa per te. Anzi fa una bella corsetta ad avvisare tutti che stiamo arrivando, ma occhio a non ruzzolare!»

 

Conan ruotò gli occhi al cielo e sbuffò - «Tsk… va bene, come ti pare!»

Non gli piaceva prendere ordini da lui, ma immaginava che volesse tirare le somme di quegli eventi con Battler Ushiromiya prima che questi arrivassero alla barca, era convinto che ci fossero ancora cose che l’uomo volesse sentirsi rivelare dal ladro o magari avrebbe voluto solo ringraziarlo o magari maledire ciò che aveva fatto, qualunque cosa si sarebbero detti, Conan l’avrebbe saputa ugualmente, perché nel suo inciampare aveva attaccato una ricetrasmittente alla sedia a rotelle, era anche per questa ragione, che aveva acconsentito molto in fretta all’andare avanti senza di loro. Kaitō però se n’era accorto, infatti tirò con delicatezza il freno ed una volta assicuratosi la stabilità della carrozzina, passò sul davanti, staccando il microfono adesivo. Vedendo quella specie di strano bottoncino, Battler inarcò un sopracciglio.

«Cos’è quello?»

Beato pose l’indice sulle labbra e sussurrò all’orecchio di Battler - «Un microfono. Il marmocchio voleva spiare la mia confessione d’amore...» - scherzò per poi allontanarsi dalla carrozzina ed avvicinare il bottoncino alla bocca - «La curiosità uccide il gatto Meitantei, fino a quando non mettiamo piede fuori da quest’isola, questo è ancora il mio Showtime, per cui... NON TE LO LASCERÒ FARE!! HAHAHAHAHA!!!» - con una risata stridula tipica della strega dorata che stava impersonando gettò via il piccolo oggetto, che finì sulla spiaggia, mescolandosi al bagnasciuga.

 

«Conan-kun? Cos’hai?» - domandò Ran inginocchiandosi accanto al bambino.

«N-Non è niente… Ran-nēchan...» - rispose lui tenendosi una mano sull’orecchio sinistro, per poi pensare tra sé - “Bastardo di un KID”

 

Dopo circa cinque minuti, la strana coppia finalmente raggiunse finalmente i detective riuniti sulla spiaggia, anche quella vista di persone riunite di fronte alla barca, come la villa e la vista di Beatrice, suscitò in Battler una ventata di nostalgia, anche perché data la varietà di individui presenti, molti di loro potevano essere assimilati ad alcuni membri della famiglia Ushiromiya, ad esempio il detective Harufumi Mogi, gli ricordava suo padre Rudolf, Furuyo Senma, la vecchia Kumasawa, la detective Ikumi Soda somigliava un po’ a sua zia Natsuhi per certi versi. Il pensiero lo fece sorridere, mentre proprio Mogi, lo avvicinò con un espressione sorridente.

 

«I nostri ospiti d’onore si sono degnati di presentarsi, c’è ne avete messo di tempo!»

 

«Vi devo le mie scuse. Dovevo celebrare la mia riunione con Battler come si deve. Avrà pure perso i suoi capelli color fuoco, ma rimane un uomo affascinante» - ridacchiò avanzando nei confronti dell’investigatore.

 

L’uomo in carrozzina replicò a quell’affermazione con una certa dose di nonchalance - «Anche se chi è veramente popolare in questo momento, sei tu caro il mio ladro fantasma! Alla stazione di polizia saranno felicissimi di riceverti facendoti dono di due bei braccialetti al polso»

 

«N-Ngh… Dopo tutto quello che ho fatto per te, vuoi consegnarmi alle autorità!» - sbottò Beato, portandosi di fronte al mezzo appoggiandosi ai braccioli, quasi arrivando a sporgersi nei suoi confronti - «Sei proprio privo di qualunque delicatezza! Avresti potuto anche usare un’immagine più romantica!»
 

«Non c’è bisogno di prendersela e poi ci sono persone che le considerano simbolo d’unione» - sorrise lo scrittore - «Tu che ne pensi Hakuba-kun?»

 

Battler si rivolse al liceale che interpellato a riguardo dichiarò di avere un paio di quei gradevoli braccialetti scintillanti, con sé per puro caso, cosa che fece letteralmente sbiancare il ladro ad di sotto della propria maschera.

“S-Stiamo scherzando, vero?!” - domandò nei propri pensieri il mago sudando freddo, per poi cominciare a fare i capricci nei confronti del superstite della famiglia Ushiromiya, che neanche a dirlo, se la stava già ridendo sotto i baffi - «BATLEEEER!! Non accetto una cosa del genere! Guarda che ti meledico a vita! Abbi pietà di me!! Ti ho trattato bene, no? Non merito un po’ di compassione?!?»

 

“Sì… si sta divertendo un sacco” - osservò Conan, che guardandosi alle spalle notò Ran sorridere.

«Hachijō-san… pare davvero molto più felice, non credi?»

 

«Hai ragione, lo sembra davvero» - annuì il bambino.

 

Nonostante  quell’esperienza fosse stata a dir poco assurda, i membri del gruppo si imbarcarono finalmente, alla volta di Nijima, riunendosi sul ponte, scambiando finalmente della chiacchiere informali, disturbate però dai lamenti della stridula voce femminile, generata dal ladro, che era finito ammanettato alla ringhiera di protezione.

 

«Era davvero necessario?» - chiese agitando il polso, producendo un tintinnio metallico - «Ehi, Tantei-kun almeno tu mostra un po’ di compassione! Fatti dare la chiave! Liberami da questi cosi!» - piagnucolò il criminale, poggiando la guancia sulla ringhiera e guardando il ragazzino con occhioni supplichevoli.

 

«Sei patetico lasciatelo dire… inoltre ora sei “Beatrice in tutto e per tutto”, no? Non devi mica chiederlo a me!» - ribatté Conan che per tutta risposta,  rivolse lo sguardo al “vero” rivale del ladro in quella situazione particolare, a cui era seduto di fianco - «Che ne dici Battler-nīchan? Lo liberiamo?» - chiese con aria innocente il liceale rimpicciolito.

 

«No. Fin quando si ostina ad atteggiarsi a Beato sarà mio prigioniero, non autorizzerò la rimozione delle manette fino all'arrivo. E poi una vera strega non ha certo bisogno di una chiave per aprirle… » - osservò l’uomo, annuendo.

 

«Ovvio che non ne ho bisogno. Se dici così, dunque hai accettato l'idea per cui sono una vera Strega?» - domandò l’altra

 

All’interno dei suoi romanzi, lo scopo di Beatrice era infatti quello di farsi accettare dal suo avversario in qualità di Strega e fin quando ciò non fosse accaduto, i due si sarebbero continuati ad affrontare, in un interminabile sfida a colpi di ricostruzioni fuorvianti sulla tragedia dell’Ottobre del 1986. Quella era una domanda che solo chi aveva letto almeno uno dei romanzi targati Itouikukuro Zerogonanaroku, avrebbe potuto porre una simile domanda; quasi Battler non riuscì a credere che il mago fosse arrivato a tanto, per cui non ci pensò due volte a contraddirlo, con un sorrisetto divertito sulle labbra.

 

«Come dovrei riconoscerti quando hai confermato le nostre deduzioni. Ti abbiamo dimostrato che tutte le tue “magie” sono attuabili senza problemi con i trucchi degli umani, in cosa dovresti essere una strega?»

«ALLORA!!! Almeno fammi cambiare travestimento! Ti prometto che non vado da nessuna parte!!»

 

Mentre la fastidiosa tiritera di Beato proseguiva, Ran si avvicinò all’uomo in carrozzella, cercando di aggirare il più possibile KID, che in quegli abiti le faceva impressione, anche perché l’aveva spaventata a morte nella Guest House, per inscenare la sua dipartita e quella di Shannon. La castana si sedette tenendo una mano  a lato del capo, per tenere fermi i capelli lunghi che svolazzavano a causa della forza dell’aria

 

«Ran-chan tutto bene?» - fu la prima cosa che domandò Battler alla ragazza, non appena la vide sedersi accanto a sé.

 

«Sto bene la ringrazio, lei come si sente piuttosto?» - rilanciò la liceale sorridendo.

 

«È una domanda obiettivamente difficile a cui rispondere. Sto bene. Non mi sentivo così vivo da tanto tempo… il vecchio (Kinzō) ha desiderato che Beatrice, una volta raggiunta la Terra Dorata, potesse dormire per sempre… ma sono certo che se potesse venire a conoscenza dell’illusione a cui abbiamo preso parte in questi giorni, farebbe il diavolo a quattro rimproverandomi di non averla svegliata...» - sorrise nel portare il suo sguardo verso KID che ancora cercava di corrompere il piccolo Conan per farsi aprire le manette, senza però ottenere alcun risultato - «Quasi la sento vantrsi dicendo cose del tipo: “Visto? Non importa quanto tempo passi, sei condannato a tornare da me, per l’eternità, te l’ho sempre detto che sono una strega terribile!” oppure “Vuoi negarmi ancora dopo aver avuto a che fare con una magia tanto perfetta? Rassegnati ed anzi gioisci per la mia resurrezione!” Tutte cose che ”lui” saprebbe sicuramente dire meglio di me.» - disse indicando con un cenno la ragazza che inghinocchiata aveva cominciato letteralmente a supplicare il ragazzino con gli occhiali.

 

«Beatrice, era davvero un tipo così particolare quindi?»

 

«Già… Lei era una persona irripetibile, che merita di essere ricordata» - affermò Battler, per poi aggiungere - «Credo che ora possiamo anche affermarlo, non credi Ran-chan? In questi due giorni di  permanenza sull’isola di Rokkenjima, sono esistite 17 persone: undici esseri umani, due demoni, una strega ed un fantasma

 

La liceale cominciò a contare con le dita i conti non le tornavano! Dopo aver ripetuto il procedimento un paio di volte contando i presenti, il cadavere del detective Gourmet, “Ushiromiya Battler”, ed includendo anche KID con i suoi tre personaggi (Shannon/Kannon/Beatrice), il tutto però continuava a non sembrarle giusto.

 

«Aspetti un’attimo! Anche considerando i vari travestimenti di Kid, io conto 14 persone! C’è ne sono tre in più!» - obiettò Ran, nei suoi confronti.

 

Battler rise alla sua precisazione, aveva contato Senma ed Ōgami due volte definendolo “demoni”, in quanto da esseri umani si erano trasformati in assassini, mentre l’ultima persona era la vera identità del piccolo Conan, che capiva perfettamente di non poter rivelare, anche se non gli era dato conoscerne le ragioni.

 

«No, ti assicuro che sono 17 Ran-chan. Prova a fare il conto un'altra volta»

 

La ragazza eseguì mentre l'uomo la osservava consapevole che non avrebbe mai raggiunto davvero il presunto numero di persone effettivo. 17… era il numero di persone realmente presente su Rokkenjima anche durante la riunione di famiglia ed all'interno delle sue teorie veniva continuamente manipolato, pur lasciando invariato il numero di pedine sulla scacchiera. Il fatto che si fosse ripresentato anche in quell'occasione, non era di certo un caso. Era una costante della scatola del Gatto che Beato aveva creato. Nel rimuginare a riguardo, lo sguardo dell'individuo albino, si posò sull'altra parte del ponte dove potette assistere ad una scena che gli fece impressione:

 

«EHI che diavolo ti salta in mente?!»

 

Mogi sbottò negli istanti in cui Furuyo Senma con una calma sconcertante, scavalcò la ringhiera di ferro che impediva la caduta in mare di chi si trovava in mare. L'anziana si era allontanata appositamente ponendosi in una zona distante da ognuno dei suoi colleghi per impedire che questi potessero accorrere tempestivamente a salvarla; attese qualche secondo appena alla ringhiera, prima di lasciarsi cadere nel vuoto. Harufumi si precipitò per sperare di poter fare qualcosa ma fu inutile. La videro tutti mollare la presa dalla struttura, mentre nessuno si accorse che in quei momenti, fiutando il pericolo KID aveva forzato la manetta che lo bloccava con una forcina e si era gettato a sua volta oltre il parapetto con un salto degno di un campione olimpico. Finalmente poté liberarsi del costume da Strega ed indossare il suo completo abituale, spiegando le ali bianche e garantendo un salvataggio in extremis della detective. Con invidiabile tempismo difatti la prese al volo planando a pelo sulla superficie del mare color zaffiro, e mentre circumnavigava l'imbarcazione prendendo una leggera quota sulle ali del vento, ebbe modo di chiedere alla donna:

 

«Ehi nonna,come mai tanta fretta di morire?» - chiese con un sorrisetto ironico, l'affascinante prestigiatore in abito bianco e cilindro di tela.

 

«Non dire scemenze» - rispose quella - «L'ho fatto per aiutare te. Per farmi perdonare di aver usato il tuo nome come esca.» - confessò.

 

«Eh?»

 

«Se non lo avessi fatto non avresti avuto via di scampo! Da qui giovanotti...» - Senma rivolse lo sguardo alla barca, si rivolgeva in particolare a Conan ed Hakuba, tenevano d'occhio il deltaplano con particolare attenzione - «Quel piccoletto in particolare, deve aver capito subito che impersonavi i due fratelli. Prima che mi rinchiudessero nella mia stanza la prima notte, mi ha chiesto se li avessi visti insieme almeno una volta dal mio arrivo sull'isola, perché il fatto che vi alternaste per ogni mansione gli pareva sospetto! Chi sono quei ragazzi?» - domandò la signora, al che il ladro sorrise.

 

«Eh… Diciamo pure dei Fan… di cui farei volentieri a meno!» - con questa frase mollò la prese su Senma che si ritrovò a mezz'aria a penzolare appesa as una corda che non capiva quando e come gli fosse stata annodata attorno alla vita ed al parapetto della nave, mentre il deltaplano si allontanava dall'imbarcazione - «Non c'era bisogno di fare una cosa cosa così incosciente per salvarmi, glielo assicuro. Mi sono divertito molto omicidio reale a parte e poi non mi sarei lasciato catturare in ogni caso! Ho ancora un sacco di cose di cui occuparmi, prima di dare una chance ai miei rivali di porre fine alla mia carriera!»

 

Il ladro fece un cenno verso la nave aggiungendo - «See you miei cari rivali detective! I braccialetti me li regalerete un'altra volta!»

 

Gli investigatori tirarono nuovamente la nonna sulla barca, guardando il deltaplano farsi sempre più piccolo all'orizzonte.

 

«C'è sfuggito di nuovo, eh piccolo KID-Killer?» - sorrise Hakuba dall'alto del suo portamento elegante.

 

Conan sorrise in merito - «Per questa volta possiamo anche dargliela vinta… a quanto ha detto… ha ancora del lavoro da fare, prima di dichiarare concluso questo caso.»

 

Anche l'ex Hachijō Tōya, osservò il mezzo allontanarsi, per poi rivolgere lo sguardo all'isola dei misteri e delle illusioni che era diventata una macchia di verde nel mare limpido.

 

"Cosa ne pensi Beato? Questo finale… è come l'avevi immaginato? Ti va bene che questo gioco, si concluda con il mio ritorno a casa?"  - pensò tra sé lo scrittore di romanzi, prestando orecchio al pianto dei gabbiani, quasi quasi poté quasi sentire tra i loro striduli lamenti, una risposta alla sua domanda.

 

"Lo accetto. È stato interessante e si avvicina molto al mio finale ideale. Con questo tu potrai tornare al mondo reale, ed io nella mia illusione, dove merito di restare. Mi hai fatto aspettare il doppio del tempo questa volta stupido…!! Ci hai messo davvero troppo per tornare!! Però… ne sono felice e sono sicura lo sarà anche lei. Bentornato… Battler… e Addio."

 

"Arrivederci se mai… te l'ho detto… Io non ti lascerò mai andare. Tu mi appartieni… e noi staremo insieme per l'eternità".




 

Il deltaplano di Kaitō raggiunse Nijima senza difficoltà di sorta, ed atterrò indisturbato su di una nave ormeggiata al molo, dove un vecchio dai capelli grigi e gli occhialini tondo, subito gli venne incontro sul ponte, non appena lo vide mettere piede a terra.

 

«Bentornato Padroncino Kaitō, come è andata l'operazione» - domandò l'uomo, mentre il liceale dai capelli spettinati, slacciava la cravatta dal collo, toglieva il monocolo dall'occhio destro e poneva il cilindro sotto braccio.

 

«Tutto alla perfezione Jii-chan. Anche se è stata una sfaticata!» - sospirò una volta libero dalla costrizione data della striscia di tessuto rosso che gli stringeva al collo; il ragazzo accompagnò le parole con l'estrazione dalla tasca della giacca della foto della famiglia di Battler Ushiromiya che porse al suo fido assistente - «Ecco! Inseriscila nella busta rossa e spediscila pure. Mi cambio e se non ti dispiace, andiamo a mangiare qualcosa? Sto letteralmente morendo di fame!»

 

Il vecchio Jii sorrise scuotendo il capo in maniera affermativa - «Come desidera padroncino.» - prima di congedarsi andando appunto a spedire la lettera.

 

Ikuko Hachijō gliene aveva presentate due sul tavolino da caffè dopo che il ladro ebbe accettato l'incarico. Una color Rosso rubino e l'altra Blu zaffiro.

 

«A seconda di come andrà il tuo lavoro, dovrai far pervenire a Kotobuki-sensei una di questa due buste. La Rossa in caso di riuscita ed Ushiromiya Battler dovesse effettivamente tornare. La Blu se Hachijō Tōya dovesse rimanere sé stesso. Entrambe contengono una citazione dai nostri romanzi, che farà capire alla sensei la situazione. Soprattutto se allegherai questa foto. Inoltre… mi farebbe piacere conoscere anch'io il risultato dell'esperimento, telefoni a questo numero fisso, quando sarà tutto finito

 

Aggiunse porgendogli anche un pezzettino di carta con su scritto un numero di telefono. Una volta mettendosi comodo e tornato con Jii in città, dopo aver mangiato qualcosa, Kaitō raggiunse una cabina telefonica e chiamò il numero in questione, dopo un paio di squilli la voce della donna gli rispose dall'altro lato:

 

«"Pronto?"»

 

«Sensei, missione compiuta. La busta rossa è stata inviata.» - espresse il liceale con la stessa voce con cui si era presentato al suo studio.

 

«"Ne ero sicura, che avresti causato un miracolo pur avendo solo l'1% di possibilità di riuscita; grazie mille Kaitō Kid-san"» - replicò la scrittrice - «"D'ora in avanti, sarà fregato del titolo di "Lord", nel mio universo narrativo. Il prossimo romanzo sarà incentrato sulle vicende del vostro scontro. Non vedo l'ora di sentire da lui delle sue imprese. In particolare i trucchi, non vedo l'ora di conoscerli nei dettagli"»

 

«Spero vivamente che non la deludano.»

 

«"Se non hanno deluso Battler, allora non lo faranno neppure con me. Non abbia timore. Sono una strega magnanima, non crudele e spietata come Beatrice."» - ridacchiò la donna - «"Scriverò una splendida storia, senza dubbio"»

 

Il giovane sorrise - «Non vedo l'ora di leggerlo, se è così»

 

I due interlocutori si ringraziarono vicendevolmente ed una volta messo giù, Kaitō lasciò la cabina con le mani in tasca, ed un sorriso pieno sulle labbra. Si sentiva soddisfatto del proprio operato.

 

"Ttaku! Pensare che senza il suo aiuto non sarei andato da nessuna parte" - pensò ridendo tra sé il ragazzo

 

Lo aveva detto anche a Ran nelle vesti di Shannon: Kaitō era stato aiutato a risolvere l'enigma dell'epigrafe poiché non capiva dove cercare il "villaggio", "le bocche" e gli altri elementi per arrivare alla chiave ovvero Qilian. Era arrivato a pensarci persino durante le lezioni a scuola o durante i pasti a casa Nakamori. In una di quelle sere, mentre rimuginava aspettando il suo piatto di cibo, sentì il bisogno di andare in bagno, quindi lasciò il foglietto su cui aveva scarabocchiato il testo dell'indovinello ed il cellulare aperto sulla mappa di Taiwan, sul tavolo, per poi allontanarsi. Quando fu di ritorno trovò il suo piatto di Noodle fumanti in tavola ed Aoko seduta con di fronte al foglietto ed al suo smartphone, con in mano una penna.

 

«Che fai Kaitō ora ti metti a risolvere indovinelli per bambini?»

 

«Non è tanto per bambini quando ti ritrovi ad avere una cartina geografica davanti… non riesco a capire come si risolva...» - grugnì passandosi una mano tra i capelli infastidito.

 

«Come no? È facilissimo! Vedi?» - disse la ragazza mostrando a Kaitō una mappa che incrociava stazioni dei treni e corsi d'acqua, ingrandendo nello specifico la stazione Qilian - «Questa stazione ha tutti i caratteri elencati! È proprio un giochetto da bambini!» - aveva detto la ragazza, traendo spunto per cominciare una battibeccata delle loro.

 

Anche se non poteva dirle nulla, era grato alla sua amica d'infanzia per quell'importante rivelazione.

 

Aveva fatto rivivere l'illusione di una strega perduta tra i flutti del mare, perché riconosceva la loro esistenza e voleva rendere possibile l'impossibile ancora una volta e c'era riuscito in modo magistrale, a detta di colui che l'aveva conosciuta meglio, questa era la soddisfazione più grande a cui potesse aspirare. Nella busta che aveva inviato alla scrittrice conteneva un buon augurio suggestivo:

 

「Gentile KOTOBUKI Yukari,

<CONGRATULATIONS!>

Le nostre FELICITAZIONI per il vostro recente SUCCESSO. Per celebrare un così lieto EVENTO in questo scritto NOI attestiamo quanto segue: Ange-BEATRICE,

Strega della Resurrezione la vostra magia è EFFICACE.」

 

La firma riportava in calce un timbro elaborato che recava la scritta: Eiserne Jungfrau, 7° distretto dell'Agenzia per l'applicazione del Pentimento della Grande Corte del Paradiso, che recava la firma del Gran Inquisitore Dlanor A. Knox, seguita da una seconda appartenente alle Strega della Verità, Erika Furudo. Ange l'avrebbe riconosciuta immediatamente e la foto sarebbe stata un'ulteriore conferma. Aveva compiuto senza ombra di dubbio, la scelta giusta.

 

Un paio di giorni più tardi giunse all'Agenzia Investigativa Mōri l'assegno pattuito come compenso alla conclusione della riunione dei detective dell'importo di 2,5 milioni di Yen (circa 20.700 euro), accompagnati da un bellissimo mazzo di rose selvatiche, ed un buono per il salone del libro. Kogorō non appena ebbe l'assegno tra le mani fece letteralmente salti di gioia. Erano fior fior di quattrini per l'aver solo partecipato ad una "recita" del mistero, ma né il defunto organizzatore, né tanto meno la coppia di autori dietro la celebre collana ispirata alle vicende che avevano sperimentato, soffrivano di lacune pecuniarie, per cui potevano permettersi di dare a cinque abili investigatori, una somma così elevata come cachet per la loro partecipazione. Potevano in qualche modo considerarlo come un regalo da parte della Strega Dorata, che finalmente, poteva riposare in pace e come segno di gratitudine, aveva voluto lasciar loro, un pezzetto della fortuna donata agli Ushiromiya… come se fosse un invisibile lingotto d'oro per ognuno dei suoi liberatori.



 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ La strega loderà il saggio, e gli conferirà quattro tesori Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà tutto l'oro della Terra Dorata Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, la resurrezione delle anime dei defunti Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, nientemeno che la resurrezione dell’amore perduto Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, il mettere a dormire la strega per l’eternità Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Dormi pacificamente, mia amata strega, Beatrice Ƹ̴Ӂ̴Ʒ
.」

 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Fine Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Scenario a cura di: Featherine Augustus Aurora

Fronti: Lady Bernkastel (Mystery); Lady Lambdadelta (Fantasy)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #7 - Tea Party ???? Ƹ̴Ӂ̴Ʒ ***


Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #7 - Tea Party  ???? Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

In un luogo imprecisato nel tempo e nello spazio, da una stanza da letto con paramenti di velluto rosso, su di un letto a baldacchino con grandi e morbidi cuscini colorati e cosparso di caramelle e dolcetti, una figura di donna dai lunghi capelli blu mirtillo, con indosso un abito bianco e nero, recante un elegante stile Lolita, ed una coda nera da gatto adornata da un fiocco violaceo che ondeggiava da una parte all'altra, stava tranquillamente ad oziare, circondata dal nauseabondo tanfo di zucchero dei konpeitō andati a male, mentre era intenta a grattare con le unghie la morbida superficie del copriletto rosa shocking. Una risatina stridula le giunse poi alle orecchie ed il peso della "seminatrice seriale" di dolcetti colorati, piombò nella morbidezza del materasso, stringendo al petto uno dei morbidi oggetti a forma di fiore rosa. I capelli biondi della ragazza si fecero subito appiccicosi a contatto con la patina di saccarosio che ricopriva il copriletto il cui colore quasi si sarebbe confuso a quello dei suoi abiti se non fossero stati di una tonalità più chiara. Dalle sue labbra, su lasciò sfuggire un sospiro per la soddisfazione, unito ad un'altra risatina divertita.
 

«È stato proprio divertente!! Spero che Fatherine aggiungerà queste pedine al catalogo dei personaggi! Un post-tragedia, alternativo non è poi così male…»  - annuì tra sé la biondina dagli occhi color caramello per poi voltarsi a guardare l'altra, che non aveva mosso neppure un muscolo - «Tu che ne di dici Bern? Ti è piaciuta questa partita?»

 

«Non è stato niente di particolare» - rispose quella che a dispetto del tono squillante e stridulo della sua interlocutrice, aveva un timbro di voce decisamente più pacato, a tratti forse anche monocorde - «Non ha aggiunto assolutamente nulla alla trama, ha solo riletto la storia in retrospettiva… inoltre quei personaggi da dove sono usciti fuori? Non capisco...»

 

«Ti sbagli Bern… lo sai giusto, che le possibilità che il nostro protagonista maschile recuperasse la memoria erano vicinissime allo zero, no? E Battler è tornato al 100% ed ora lui ed Ange hanno il loro "True Happy Ending". Questa tu non la chiami una "svolta di trama"? Lo è per CERTO!» - affermò con convinzione la bionda - «E poi hai vinto, dovresti esserne un po' più felice! Sei riuscita a risolvere tutte le mie magie ed a causare un miracolo, non è fantastico?»

 

Gli occhi viola profondi di Bernkastel si spostarono sulla ragazza, mentre poggiava sotto il mento un cuscino morbido - «I miracoli si chiamano così proprio perché di solito non accadono, Lambda… Ed il fatto stesso che se ne sia compiuto uno all'interno di una scacchiera così improvvisata mi insospettisce… non mi dirai… che hai di nuovo deciso di darmela vinta perché ti eri stancata? Sai che detesto quando non giochi seriamente.»  - l'ultima accusa parve velatamente minacciosa, per quanto potesse risultare, da un tono pacato come il suo.

 

Lambdadelta ridacchiò, giocando con un kompeitō verde che si era ritrovata per le mani - «Certo che no! So di essere super-potente, ma tu sei stata più brava di me Bern… non c'è stato niente da fare!»

 

«Bugiarda...» - soffiò la gatta, fissando intensamente la compagna, che intanto mandò giù il dolcetto, spingendolo tra le labbra con la punta dell'indice imprigionato in un lungo di guanto di colore nero - «Devi avere per forza rinunciato e non c'è cosa che detesti di più. Forse dovrei chiedere ad Auaurora di smembrarti nuovamente… questa volta però non sarò così gentile da ricucirti a mano. Userò la macchina per davvero e senza sentire ragioni.»

 

«Nooo~ non voglio!! È la verità ti dico! Quando giochiamo insieme mi impegno sempre al massimo per vincere, e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro! Vuoi che la ripeta con il rosso di Beato? Io, La Grande Lady Lambdadelta, non ho abbandonato la partita in nessun momento. Mi sono attenuta alle regole dall'inizio alla fine. La vittoria di Bern è stata del tutto regolare, ottenuta per mezzo della risoluzione dei trucchi presentati dalla sottoscritta. Allora? Soddisfatta?! Non è possibile mentire con il rosso, giusto? Non è come il tuo viola; in ogni caso anche se ti avessi fatto vincere, cosa che NON ho fatto…  dovresti solo che sentirti onorata, chiaro? L'adorabile Lambda-chan non permette certo a chiunque di scalfire la sua impeccabile serie di vittorie ininterrotte dopotutto!» - sbuffò la biondina, incrociando le braccia al petto - «Oh giusto… ecco.» - con uno schiocco di dita, una serie di volumi dalla copertina decorata caddero sul letto quasi "sommergendo" Bernkastel - «Volevi sapere da dove erano presi i personaggi no? Guarda… è un manga, un'opera fittizia illustrata creata da un umano… un certo Aoyama»

 

Con estrema lentezza e presa dalla noia, Bernkastel riemerse dalla pioggia di oggetti, tenendo tra le mani uno di quei volumi, guardandolo da tutti i lati - «Volumi dall'1 al 30, eh?»

 

«Sì… va avanti da un sacco di anni a quanto pare… 20 e più se non ricordo male. Dagli un'occhiata, ti piacerà di certo, ad ogni file c'è un omicidio sempre con un metodo diverso. Questo tizio sembra adorare il filo da pesca sai?» - ridacchiò Lambdadelta, avvicinandosi

 

«Mmm...»

 

La ragazza dagli occhi privi di luce, sfogliò le pagine, guardando distrattamente le illustrazioni, mentre la banda riprese la parola - «Allora Bern? Quale tra i due ti è piaciuto di più? Il piccolo Detective oppure il Ladro Fantasma? Anche lui ha un manga tutto suo...» - affermò, facendole apparire anche il primo volume di quell'ultima opera citata, porgendola alla sua amica, che accettò di sfogliare anche quello.

 

«Davvero…? Comunque credo il ragazzino. È stato divertente vedere le espressioni di sgomento che è riuscito a dipingere sulla faccia di Beato.»

 

A proposito di sgomento, Bernkastel assunse un'espressione di disgusto, nel vedere lo stile di disegno del manga del ladro, capì solo in seguito che ciò era dovuto ad ma minore maturazione dell'artista, poiché erano tavole risalenti al 1989.  

 

«Hahaha, sì è vero! A me è piaciuto KID, è stato un buon rappresentante della fazione delle Streghe. Bè, nel suo manga ne conosce una dopotutto, quindi calzava a pennello! Peccato il manga abbia solo 5 volumi contro le decine e decine di quelli della serie del piccolo investigatore...»

 

«Ah sì? Che peccato… ora capisco perché Auaurora abbia voluto usarlo. Giusto per ingannare la noia dell'attesa...» - ipotizzò la ragazza dall'abito nero e bianco.

 

«Assolutamente!» - convenne Lambdadelta.

 

Fece passare “un po di tempo”, aspettando che Bernkastel avesse letto una buona quantità dei volumi del primo manga, nonché completato la lettura di quanto a disposizione del secondo, per allora le si avvicinò guardandola con un sorriso malizioso  - «Bern, ti va di fare una scommessa?» - chiese.


«Di che tipo?» - domandò di rimando l'altra
 

«Questo autore riuscirà a concludere le sue opere? I suoi protagonisti troveranno la felicità oppure soffriranno per sempre come ha fatto la nostra bambolina (Beatrice)?» - quella precisazione fece assumere a Bernkastel un'espressione appena divertita.

 

«Vuoi dichiarare il possibile destino di queste "pedine", per vedere se si realizzeranno...»

 

«Sì sì… sarebbe divertente, non credi? Che ne dici?» - la supplicò entusiasta la bionda - «Dai Bern, facciamolo!!»

 

Un sospiro lasciò le labbra della Strega - «Se insisti… ma poi vedere se si sono realizzate le nostre predizioni o meno, è tua responsabilità Lambda.»

 

«Lascia fare a Lambda-chan. Mi assicurerò certamente del risultato! Prego a te la prima mossa ♡»

 

«Va bene… Scommetterò sul destino di Edogawa Conan...» - decise e dopo un breve respiro sentenziò - «Sgominare la banda degli Uomini in Nero; Trovare la formula definitiva per la realizzazione dell’antidoto all’apotoxina 4869… per questi eventi…  Io, Lady Bernkastel, Strega dei Miracoli con la presente dichiaro: miracoli del genere non sono da me riconosciuti. Questo causerà la perdita del proprio ruolo sociale, della vita che conosceva oltre che di tutto ciò a cui possa aspirare. Che ne dici Lambda? Pensavi a qualcosa del genere?»

 

«Sì, esatto!! Sei fantastica Bern! Degno della strega più crudele del mondo!!» - rise la biondina - «Ora tocca a me!» - si schiarì la gola, per poi prendere la parola - «Scommetterò sul destino di Kuroba Kaitō. In nome della grande Lady Lambdadelta, Strega della Certezza con la presente dichiaro che: Il gioiello Pandora non verrà ritrovato; l'organizzazione misteriosa non verrà sgominata; non coronerà certamente il suo sogno d'amore, inoltre avrà a disposizione pochi alleati e molti nemici!» - conclusa la sua esposizione rise sguaiatamente.

 

«Al solito sei troppo severa…  ma è parte del tuo fascino dopotutto» - ironizzò la strega dei miracoli guardandola con la coda dell'occhio.

 

«O~hohohoho! Parlando di certezze, non concedere un miracolo a quel moccioso, mi sembra molto peggio.»

 

«Andiamo, sono stata magnanima. Gli ho lasciato la possibilità di condividere la sua penosa condizione con qualcun altro, non ti pare abbastanza?»

 

«Eheh, il fatto che permetti che possa avere amici e perché tu non ne hai molti giusto Bern?» - la punzecchiò la streghetta, premendo l’indice guantato contro la guancia di lei.

 

«Ed il tuo non premettere altro che nemici è perché tu Lambda, ne hai troppi?» - domandò in risposta la “regina dei gatti”, come la chiamava la compagna.

 

«Esatto! Ti da fastidio per caso che il Lambda-chan Fan Club sia molto esteso e che tutti mi reclamino ai loro Tea Party?»

«Per nulla, mia adorata Lambda, tu sei l’unica amica di cui ho bisogno, ma non ho mai detto nulla di simile...» - guardò altrove Bernkastel con aria disinteressata - «Se i tuoi fan ti desiderano così tanto allora perché non facciamo loro un regalo? Ti rinchiudiamo in una teca ermetica, con un’unica apertura dal alto collegata ad un serbatoio di silicone liquido ad alta temperatura. Riempiamo la teca con il liquido e creiamo uno stampo di Lambda a grandezza naturale, poi inseriamo la forma su di una catena di montaggio che modella tutti i componenti dando il colore alla forma tramite delle presse, ed infine inseriamo il tutto in una stampante 3D che faccia copie su copie del prodotto finito. Di sicuro apprezzerebbero un action figure della loro beniamina,  non trovi?»

 

Al solo immaginarsi la scena la strega strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca per l’incredulità - «Hai parlato di pressa meccanica o sbaglio?! No, no no, non lo accetterò mai!! Il mio bel faccino ne uscirebbe deturpato!!» - sbottò portandosi le mani a tastarsi il volto, per assicurarsi che fosse lo stesso di sempre

 

«Che razza di ingrata… ed io che volevo farti un piacere...»

 

«C-Comunque, ho avuto una bella idea per la prossima partita in cui potremmo usare ancora pedine tratte da questi fumetti...» - cercò di riacquistare il controllo su se stessa, emettendo un signorile colpo di tosse per poi avvolgere le braccia attorno al collo della strega dei miracoli - «In questo caso, Kaitō Kid è stato solo una pedina giusto? Però se ci pensi il suo mondo si presta molto ad una battaglia di rosso e blu, magari possiamo costringere il ladro a prendere posizione! Lui non può rivelare alla ragazza che gli piace di essere un ladro perché altrimenti la  perderebbe giusto, mentre la strega conosce il suo segreto e vuole rubargli il cuore… se creiamo una situazione ad hoc, potrebbe concludersi tutto in un Logic Error in cui la scelta e proprio tra quei due colori. Eheh, sarebbe divertente, no?»

 

«Sento già l’insorgere delle prime carie e dei crampi alla pancia per il disgusto...» - fu la risposta di Bernkastel alle sue parole, cosa che naturalmente fece imbronciare la strega della Certezza.

 

«Hmph… come al solito sei troppo quadrata Bern… che c’è di male nell’aggiungere un po’ di zucchero ogni tanto?»

 

«Non mi dispiacciono i dolci infatti… voglio solo evitare il dolore, tutto qui» - rispose la strega con la sua solita nonchalance - «Mi è venuta sete… Erika!! Metti su il mio té! E dopo averlo messo sul fuoco vieni qui, ho bisogno di un massaggio alle spalle. Tutti questi cristalli di zucchero acuminati, cominciano a darmi dei fastidi non indifferenti»

 

«Un attimo, perché dovrebbe farlo lei?! Può starsene in cucina a raccogliere i chicchi di riso con le bacchette per l’eternità! Ci penso io a farti un bel massaggio Bern! Anche perché ho sparso io tutti questi konpeitō… mi dispiace.♡» - la adulò la bionda accarezzandole le spalle, cominciando appunto a massaggiarle la zona dolorante, con tutta l'intenzione di persuaderla a mettere in atto la sua idea di creare una scacchiera che vedesse come protagonisti i personaggi della serie appartenente al ladro fantasma.

«Allora le farò cambiare il copriletto, facendole pulire questo con la lingua finché non tornerà lindo come prima»

 

«Sembri proprio di buon umore oggi. Non è neppure una penitenza nociva, forse… o almeno finché non morirà per eccesso di zuccheri nel sangue hahahaha. Di sicuro è meno scenico della tua esplosione al mio interno.»

 

«Non è che mi faccia mangiare da chiunque, dopotutto.» - rispose Bernkastel, riprendendo le parole della compagna, che reagì con gioia a quel gesto per lei estremamente romantico.

«Ahhh Bern ti amo! ♡» - esclamò entusiasta la bionda abbandonandosi sul corpo della strega dei miracoli, per poi incitare “il mobile” della stessa a raggiungerle, in modo da poterla vedere umiliata ancora una volta, nel realizzare le loro richieste assurde - «Erika!! La tua padrona si sta innervosendo! Datti una mossa o ti rinnegherà un’altra volta!! O~hohohoho!»

 

La risata stridula della strega dell Certezza riecheggiò nella stanza  dal mobilio decorato, ma essenziale al punto da riuscire ad amplificare il suo già acuto timbro. Quel suono dichiarava in tutto e per tutto, la fine di quella partita sottoposta alle due streghe viaggiatrici come passatempo. Presto avrebbero ripreso a vagare nell’immenso mare di frammenti alla ricerca di un nuovo scenario a cui assistere o in cui affrontarsi nuovamente come brave rivali; ma fino ad allora… anche assistere ad una strega di rango inferiore che tentava di pulire una coperta con la propria saliva, poteva avere il suo fascino… Almeno per due del loro calibro; era sicuramente meglio che vagare in un luogo buio e scuro, in cui galleggiano infiniti mondi e possibilità.

 

«Perdonate l’attesa, mia padrona! Ho portato il  vostro té e con esso un’obiezione! Io, Furudo Erika, in qualità di strega della Verità, contesto la validità di questa scacchiera! Van Dine 9°: È proibito avere più di un Detective



Una giovane dai capelli blu elettrico, un cappellino adornato da rose ed un abito rosa e bianco formato da una serie di merletti balze piuttosto elaborate, ebbe accesso nella stanza con un vassoio d’argento contenente una tazza di tè fumante, ed una fetta di cheesecake ai mirtilli rossi.

 

«Non possibile l’esistenza sull’Isola di Rokkenjima un gruppo di nove investigatori che si dichiarano tali ed aventi tutti una stessa “autorità del detective”, nello stesso momento, per cui l’intero racconto è compromesso. Basandomi su questi elementi, mi è possibile giungere ad una deduzione di questo tipo.» - affermò la ragazzina, poggiando il vassoio sul comodino intarsiato posto accanto al letto e sorridendo superba proseguì con la sua iconica catch phrase - «Cosa ne pen- Ngh.. Gh!!» - la quale tuttavia venne stroncata sul nascere, perché un infastidita Lambdadelta, finì con il tirarla per il colletto, premendole il viso contro il piumone.

 

«Taci e vedi di cominciare a pulire questo schifo per bene. altrimenti stai pur certa che te ne pentirai.»

 

«Concordo in pieno. Comincia a darti da fare, Erika… e questa volta lo dico davvero per il tuo bene… Se Auaurora venisse a sapere della tua critica così pesante, nei confronti del suo lavoro, puoi star certa che io non muoverò un dito per venirti incontro...» - rise la strega dalla coda da gatto, la quale oscillò perché divertita dall’idea di vedere la sua pedina, massacrata da una riscrittura della Strega dello Spettacolo.

 

Deducendo i pensieri della propria padrona, alla ragazzina vennero le lacrime agli occhi, prima di esibirsi in un isterica lamentela sforzata - «No... la supplico non mi abbandoni di nuovo!! Mia padron- ahhhhhhh!»

 

Il lamento patetico di Erika si trasformò in un urlo di dolore, che fece scoppiare a ridere le due streghe, questo perché premendo nuovamente la testa della rappresentante della Verità sulla coperta, proprio mentre parlava, Lambdadelta riuscì a farle mordere la lingua. Sarebbero potute andare avanti ad infastidirla all’infinito; quello dopotutto, oltre ai mondi infiniti in cui potevano imbattersi, era uno dei modi sicuri, per evitare la noia. Le risa delle due persistettero per un po’, e nessuno notò una piccola e solitaria farfalla dorata, che svolazzava in quel luogo, quasi come un miraggio nel deserto.
 

 



Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Addio a tutti. Ci vedremo ancora, quando qualcos’altro piangerà e... Ƹ̴Ӂ̴Ʒ





Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Grazie per aver fatto rivivere la Strega Dorata Beatrice. See you Next Illusion Ƹ̴Ӂ̴Ʒ
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3841789