Noi all'alba

di Seventh_Wave
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La luna e i piatti d'argento ***
Capitolo 2: *** Confessioni color turchese ***
Capitolo 3: *** Le disgrazie non vengono mai da sole ***
Capitolo 4: *** Bisogna fare i conti col passato ***
Capitolo 5: *** Adesso si ragiona ***
Capitolo 6: *** Uomo avvisato... ***
Capitolo 7: *** Bisgna saper perdere ***



Capitolo 1
*** La luna e i piatti d'argento ***


Dopo 5 ore e mezza di volo inscatolata come una sardina e con la schiena a pezzi, Kim scende la scaletta dell’aereo e respira la sua prima folata di aria greca. Rodi. Un gioiello incastonato nell’Egeo. L’aria sa di umido, caldo, benzina e fumi di scarico. Ok, non e’ proprio come me l'ero immaginata, pensa togliendosi il giubbotto. Che qualcuno mi spieghi perché sull’aereo bisogna mettere il giubbotto e bisogna levarselo all’uscita. Non dovrebbe essere il contrario?
Bah.
Si avvicina alla fila del controllo passaporti e poi dopo a prendere la valigia. La vera valigia, non quella specie di scherzo cabin size. Forse ho un tantino esagerato stavolta. 
Lo ammette solo a se stessa smoccolando e con notevole sforzo, mentre tira giu’ il proprio armadio quattro stagioni dalla pedana dei bagagli. 
Ecco i risultati di tutto il workout che non ho fatto perché ero troppo scazzata dopo il lavoro. E un sospiro pesante le esce dalle labbra, mentre gli occhi scuri vagano per la sala dell’ aeroporto. Ha appena piovuto e si sente ancora tutto l’umido e il caldo che non sono stati spazzati via dalla pioggia. Vede le grosse gocce d’acqua nel cielo nero delle undici di sera. E poi la luna, gigante, nitida e bianca. Che con un cielo così come ha fatto a piovere poco fa, pensa. Una luna così vicina che ci si potrebbe infilare dentro un cucchiaino ed assaggiarla, per sapere che sapore ha. Fiordilatte e caramello, forse. Probabilmente si. 
Si succhia il labbro inferiore mentre si avvia all’uscita e cerca di capire cosa fare per trovare un taxi. Ma a Rodi non sei tu che trovi i taxi, sono i taxi che trovano te. 
Due fanali si accendono e si spengono e un sorriso bianco e un inglese elementare le chiedono se le serva aiuto. 
“Si grazie”, e  sfoggia il suo migliore sorriso per convincere il taxista a caricare tutto il bagaglio nell’auto. Ehi, tu sei uomo, io sono una indifesa e povera e ingenua ragazza venuta qui ad assaporare le meraviglie di Rodi, pensa. Più o meno, dai. 
L’aria che entra dai finestrini non la aiuta a rinfrescarsi, e dal taxista, che non ha ben capito come si chiama, parte una quantità di informazioni che il suo cervello fa fatica ad elaborare. Che ci fai qui, sola, sei con qualcuno, dove vai a mangiare, puoi affittare una macchina, il mare e’ bello, stai attenta a dove vai, se hai bisogno devi giusto chiamare. Ah e benvenuta a Rodi. 
“Beh grazie” mormora soffocando uno sbadiglio. Ragazzo. Sono partita dall’Irlanda, ho passato i controlli, mi sono imbarcata in quella specie di aereo coi sedili di un bus, due ore di fuso orario, 15 gradi in più . Puoi davvero pretendere che mi ricordi tutti quei nomi che finiscono in -is o -os senza che io batta ciglio. Suvvia. 
“Perché non facciamo una bella cosa, Agostino”
“Augustinus”
“Scusa. Dicevo.. Perché non facciamo una bella cosa”
“Cosa?”
“Perché non mi lasci davanti al mio airbnb - tieni, questo e’ l’indirizzo, veditela tu, e per tutto il resto ne riparliamo domani?”. 
“Troppe parole?”
“Troppe parole” e sorride ancora sorniona. 
“Ma non penserai davvero di fare le vacanze qui da sola”.
“No, macché ”. L’idea mi tenta eccome, pensa. “ Ho un paio di amiche che mi raggiungeranno nei prossimi giorni. Intanto mi godo il silenzio e magari faccio anche qualche foto decente, se mi scappa”. 
La macchina arriva davanti alla casa, Augustinus l’aiuta a scaricare i bagagli, si offre di portarglieli su per la scala di granito, oltre le piante di lime e i rampicanti, il dondolo, il cancelletto e fino alla porta di quella che per le prossime settimane sarà la sua casa. La loro casa. Sente profumo di agrumi e di mare, di caldo e di sole che scalda le tegole di terracotta, di sapone da bucato. Di vita. 
Si fa una doccia quasi fredda, si toglie la polvere del viaggio dalla pelle ed esce sul balcone a respirare quel vento teso famoso nell’isola. 
Rodi. 
Inseguita per tanto tempo, bramata e poi messa nel cassetto. Adesso non ho più scuse, pensa. Adesso siamo solo io e te. E il mare. E questa luna così bianca che la sorprende. 
Accende il condizionatore e sgranocchia dei crackers retaggio del volo in aereo. Si sdraia di traverso sul letto di quella che sarà la sua camera, e di colpo tutto si fa buio e denso, in un scivolare lento e languido verso un sonno tanto bramato quanto necessario. 
Dormire. Tutto quello di cui ho bisogno ora. 

Un raggio di sole puro filtra dalla tapparella. Oh non ci credo, una tapparella. Oh non ci credo, il sole. Apre un occhio, e poi anche l’altro. Guarda l’ora. Considerevolmente presto per il fuso orario irlandese, relativamente tardi per quello greco. Quindi, che cacchio di ore sono? Il tempo di fare un reboot veloce al sistema operativo nascosto sotto i capelli e si rialza dal letto, le linee diagonali del copriletto sulla sua faccia, un’altra doccia perché 15 gradi in più sono sempre 15 gradi in più sul groppone. Occhiali da sole e macchina fotografica, shorts di jeans e maglietta a maniche corte, ed esce di casa. Non sono un granché io con l’orientamento, diciamo pure che faccio proprio schifo. Che posso fare per tornare a casa? Un suono di clacson e due denti bianchi come la luna sorridono sotto un paio di finti Ray Ban proprio dietro di lei. Sta per alzare il dito medio, poi si ricorda che è in vacanza e che quello è Agostino.
“Agostino!” 
“Augustinus” la corregge lui. 
“Scusa - e sorride - . Dove sto andando?”
Il taxista ride, i denti grossi e bianchi, la testa ben rasata imperlata di sudore del lavoro di meta’ mattina.
“Se continui dritto vai a Rodi, ma e’ lunghina da qui” e ride. 
“Insomma devo andare dall’altra parte”, e una smorfia di disappunto le appare sulla faccia. Ovvio che tu stia andando dall’altra parte, Kim. Quando mai tu non prendi la direzione sbagliata. 
“Salta su che ti porto in centro”. 
“Ma.. “
“Ci devo andare comunque, dai. Hai fame?”
“Beh ecco. Si”.
“Allora ti porto nel posto giusto”
Due o tre vie minuscole le sfilano intorno, Augustinus smoccolando in greco accosta la macchina per farne passare un’altra così a ridosso di una casa che lei riesce persino a vedere oltre le tende - le tende!- e addirittura il frigo, il tavolo e la cucina. 
“Strettine le vie qui eh?”
L’autista ride. “Ma no, vanno bene”. 
Certo, se passano due in bici c’è il caso che ci si sfiori solo il gomito. 
Poi una via più larga, inondata di sole, di marciapiedi bianchi e bassi, e di cubi chiari con tante sedie fuori. Mi sa che ci siamo, pensa Kim, mentre sente il suo stomaco brontolare. 
Almeno un caffe’. 
Augustinus accosta sul marciapiede, che qui significa salirci sopra almeno con una ruota sola, e la invita a scendere davanti ad un locale piuttosto grosso, tutto aperto sul davanti, con divanetti bianchi, un bancone immenso, tavoli da biliardo e un retro grande almeno il doppio. 
“Siamo arrivati”, le dice col solito sorriso bianco. 
Kim scende dalla macchina e per la prima volta da quando e’ arrivata, il sole di Rodi la bacia e la asciuga. Caldo, giallo, e dritto sulla sua testa. Augustinus non la aspetta, va direttamente al bancone a parlare con quello che lei identifica come il proprietario. Altro sorriso bianco, occhi nocciola e capelli scuri, le da il benvenuto e le dice di scegliersi pure un tavolo. 
Kim si aggiusta gli occhiali da sole e si siede su un divanetto beige. Armeggia con la sua macchina fotografica e poi da un’occhiata al menu.
“Vediamo cosa abbiamo qui - le dice una voce ridente-. Non mi sembri irlandese”
Lei impreparata a questo tipo di conversazione si volta di colpo verso la sorgente del suono, e non con la sua espressione più intelligente. Lo guarda al di sotto degli occhiali da sole che le sono caduti un po’ sul naso. 
“Eh?”
Il suo interlocutore ride. 
“Buongiorno. Che cosa prendi?”
Kim arriccia il naso. 
“Vediamo cosa abbiamo qui - e lo squadra - . Tu mi sembri proprio greco invece”. 
“È perche’ lo sono!  - risponde lui con un sorriso fiero -. E tu di dove sei?”
“Mezza italiana, mezza olandese, ma vivo in Irlanda del Nord ora. Quella con le sterline e la Regina e la Brexit. Sono arrivata ieri sera. E ho fame. Mi puoi aiutare?”
Dal torace dell’uomo esce una risata. 
“Oh, penso proprio di si. Hai anche un nome?”
“Kim. Tu?”
“Il mio nome ha tante vocali e tante consonanti. Chiamami Chris”. 
Kim ride. 
“Andata - poi si guarda intorno - è un bel posticino qui, Chris. Tuo?”
“Mio - e sorride sghembo -. Nostro. Di mia moglie, figli, fratelli, cugini”.
“Uh. Affollato insomma”.
Chris ride ancora. 
“Che ti porto?”
“Che ne so? Fai tu, sei tu il greco tra noi. Basta che in mezzo ci metti anche del caffè”. 
Un altro sorriso sghembo e Chris. 
Augustinus finisce di parlare al bancone e se ne va, la saluta con un cenno della mano e con un occhiolino. Sei in buoni mani, sembra dirle. 
 
Kim sorride. Qualcuno che non la conosce si sta prendendo cura di lei. È una bella sensazione. Poi sente un profumo nascosto da qualche parte, tra quello del caffè e della carne arrosto. Inspira qualcosa di familiare in quell’aria. Limone, vite, sole, caldo, terracotta e qualcos’altro di pungente e di aspro. Salino. Mare. Ecco cos’e’.
Scatta un paio di foto al locale e controlla la luce fuori. Poi il cellulare, il maledetto aggeggio che vibra nella sua tasca. 
Dopo aver fatto sapere a tutti che è viva e che non morirà almeno per i prossimi giorni, decide di abbassare la guardia e si toglie gli occhiali da sole. I capelli corti arruffati per il vento costante, quel vento caldo e teso che non porta nessun granello di polvere e di sabbia negli occhi o nella bocca. Indossa i suoi occhiali da vista e mentre lo fa, vede due occhi scuri quasi come i suoi, farsi trasparenti ai riflessi della luce che viene di fuori. Quegli occhi un po’ obliqui e dalle ciglia lunghe, appartengono ad un viso di uomo. E’ al bancone e la sta guardando con indifferenza, mentre prepara quello che sembra un frappè marrone. Ha i capelli corti, il profilo del naso forte e un labbro superiore un po’ arricciato. Ha le mani dalle dita affusolate. Kim si perde in quel particolare ma uno sguardo laterale di fastidio la blocca e la costringe a cambiare soggetto. Non pensavo di essere stata tanto invadente. Guardavo e basta. 
Il rumore del tritaghiaccio nasconde il suo rimuginare. E dopo qualche minuto arriva Chris sorridendo con un vassoio enorme pieno di roba da mangiare. 
“Allora. Qui hai una insalata greca, pita a parte, pesce grigliato, un assaggio di carne, frappè di caffè, e se ti serve aiuto dimmelo”.
Kim e’ sconcertata. 
“Ma.. È solo per me?”
“Certo” e gli occhi nocciola di Chris brillano di sfida. 
“Ma.. È una porzione per uno?”
“Benvenuta in Grecia, Kim”. 
E se ne va, a salutare e ad accogliere altri clienti. 

Ook, pensa lei guardando tutti quei piatti color argento che brillano sulla tavola. Ce la posso fare. Fai come se fosse una gara di mangiatori. Pensa. Da cosa inizierebbe un mangiatore professionista? 
Ma la mente bacata di una ragazza di trent’anni scivolata come un pacco postale sul piano inclinato dell’Europa alla ricerca di pace e serenità, e di quella se stessa che ultimamente non era più, non le risponde. Nessuna risposta al suo ping.  
Si gratta la testa e si guarda intorno. Sente Chris ridacchiare da dietro il bancone, accovacciato sui gomiti e con i suoi occhi nocciola che guardano divertiti la scena. 
Kim ride. 
“La prossima volta scelgo io” gli dice. 
Caffè. Caffè. Caffè. Inizia con quello, le dice il povero criceto esausto nella sua scatola cranica. 
E caffè sia, che qui devo uscirne viva. Il frappè e’ buonissimo. Cremoso, amaro, pungente, freddo e caldo assieme. È come baciare un uomo, che usa una colonia di gran classe e ha ancora sulle labbra il sapore di tabacco. È come farsi un bagno in una vasca piena di sali amari e petali di rosa dolci. È qualcosa di incredibilmente sensuale e buono. Stranita, guarda il bicchiere. È solo un bicchiere con del ghiaccio e della schiuma di frappè al caffè e latte. Ti ha rintronata ben bene quel viaggio in aereo, pensa sorridendo da sola. 
Poi alza ancora la testa e rivede quei due occhi un po’ obliqui dietro al bancone, chiusi come tapparelle di una finestra, che stanno pestando qualcosa in un mortaio. 
Dimmi che non lo hai preparato tu, ti prego. Perché lo conosco il mio cervello malato. Non avrà pace fino a quando non avrò scoperto chi sei e come cazzo fai a fare di un frappè al caffè un’opera d’arte. 
“Chris, ne posso avere un altro?”
Sente la sua voce ma non si è accorta di parlare. Si vede come in un film. Il criceto è stato più veloce di lei anche stavolta. Adesso vorrà osservare il bancone e vedere chi lo fa, questo frappè . Se è occhi obliqui, sono fritta. 
Ma quando alza lo sguardo di nuovo, occhi obliqui non c’è più. C’è Chris che armeggia col tritaghiaccio e tutto il resto, e poco dopo le porta un altro bicchiere colmo di quel nettare. Lo assaggia, avida. È buono, ottimo. Ma non come l’altro. Manca qualcosa, manca una spezia, un profumo nascosto, una traccia. Stavolta il suo cervello non decolla. Ok, era solo l’astinenza, il cambio d’aria, calmati. Va tutto bene. Non sei qui per correre dietro a chi ti fa i frappè , sei qui per goderti una vacanza e goderti Rodi soprattutto. Non partire per la tangente. Non ti riconosco nemmeno più . Così non va bene ragazza, così non va proprio bene. 
E sospira mentre attacca a mangiare un ottimo pesce alla griglia e un’ottima insalata greca e mordicchia un pezzo di ottima pita. Tutto ottimo, ma già dentro di lei sente la nota amara di un frappè che le ha lasciato il segno, sciacquato la bocca, il cervello e anche qualcos’altro. 
Occhi obliqui, sei stato tu a farmelo? 
Dubbio, atroce dubbio. 

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Capitolo 2
*** Confessioni color turchese ***



“Sei qui da sola?” la voce curiosa di Chris le arriva dall’alto mentre lei boccheggia dopo il pranzo. 
“Vuoi derubarmi mentre non sono a casa?”
“Certo che si”
Kim sorride. “Siediti pure al mio tavolo, fai come se fosse casa tua”. 
Chris si siede sghembo e guarda il locale con occhio clinico. E’ ancora mezzo vuoto perché a quest’ora sono tutti al mare, spiega. Si riempirà nel pomeriggio e fino a tarda sera. 
“A proposito di mare - dice Kim -. Da che parte è?”
“Ma seriamente?” e la guarda sorpreso. 
“Si. Il tuo amico mi ha prelevato dall’aeroporto, scaricato a casa, riprelevato da casa e scaricato qui. Tu mi hai riempito la pancia ma vorrei anche andare al mare. Se mi dici dove sta, altrimenti girerò intorno come un’ebete tutto il giorno e poi darò la colpa a te sulle recensioni. Povera Kim”. 
“Vai in fondo alla strada, gira a sinistra, sempre dritto, e poi ci sei. Un quarto d’ora a piedi. Pensi di farcela da sola?”
Kim arriccia il naso ancora. Il suo senso dell’orientamento non ha nemmeno provato a figurarsi la strada da fare. Allora tira fuori il cellulare. Apre maps. E segna con un punto il locale di Chris. 
Poi allarga la mappa. E lo guarda con gli occhi scuri e grandi. 
“Ho capito - le dice - dammi qui”. E le segna il punto in cui deve andare sulla mappa di nuovo, che in questo modo le farà trovare le indicazioni. “Per i primi giorni - spiega lei, con una scrollata di spalle. Dissimula ragazza, dissimula. Ma l’occhiata scettica di lui la smaschera. 
“Poi arrivano le mie amiche. Sei contento adesso?”. 
Chris ride. 
“Sono sollevato più che altro”. 
Kim fa un sorriso, un sorriso vero. Poi un’altra ombra si avvicina a Chris. Non si siede, rimane in piedi e ha lo sguardo serio. Non si cura di lei, e gli parla in greco. 
Occhi obliqui è davanti a lei. Ha la pelle chiara ed è strano perché col sole che c’è, dovrebbe averla scura pensa lei, dovrebbe essere abbronzato. Ha le ciglia scure e lunghe, e gli occhi color del legno, un palissandro striato come quello della sua chitarra. Il naso forte e il labbro superiore un po’ arricciato. Ha un tono di voce dolce ma fermo, non profondo e caldo come quello di Chris che gli risponde. Ha le braccia magre e i fianchi stretti. Senza curarsi di lei finisce la frase con un mezzo sorriso e si volta lentamente per andarsene. 
“Ehi”
Oh no, ancora il maledetto criceto nel cervello, e’ stato ancora più veloce. Occhi obliqui si gira sorpreso, e anche Chris adesso la fissa interdetto. 
“Si?”
Oh no. Adesso che faccio. Adesso che dico. Criceto maledetto. 
“Me lo hai fatto tu il frappè poco fa?”
Perché se tu mi ignori  io ti sfido, non ci posso fare niente, pensa dentro di sé Kim. Io ti sto sulle palle e questo è palese ma devo capire perché. 
“Si. E’ il più buono che tu abbia mai assaggiato, lo so. Ma non ti dirò mai cosa ci metto dentro”. E sorride guardandola negli occhi e se ne va. 
Sfida accettata. 
Kim aggrotta le sopracciglia. Chris ride. 
“Non lo dice nemmeno a me che ci mette dentro  nei suoi dannati frappe’, perciò non te la prendere”. 
“Quindi quello simpatico qui è il barista”
“Lui è mio fratello e si, è barista”. E gli occhi nocciola di Chris sono pieni di domande e di ironica curiosità, ma si vede che il suo criceto è più addomesticato del suo, perché da quella boccaccia non esce nulla. 
“Vado a incontrare il mare Chris. Grazie per il pranzo e  per tutto. Se mi dai da mangiare anche stasera te ne sarò ancora più grata”. 
“Certo. Un posto te lo trovo sempre”. 
Inforca gli occhiali da sole e i suoi capelli corti sono rosso rubino nel sole pieno, la circondano come una spennellata. Si avvia per la strada godendosi il caldo e le cicale, guardandosi intorno pigra. Case basse, e luce giallina. Tanti amarilli e cicale, portici pieni di rampicanti, fiori sgargianti, cani che riposano all’ombra, negozi di creme solari e souvenir, alberghi e panetterie, e poi lungo quella via dritta e grigia come una spada, alla sua sinistra il mare. Lo guarda a bocca aperta. È una tavolozza di colori, acrilici e incompatibili sulla carta, ma che la lasciano senza fiato. Ci sono il bianco grigio della spiaggia fatta di sabbia fine e ciottoli, e gli ombrelloni dei bagni che cambiano colore, e poi il turchese, verde acqua, blu e blu cobalto che si fondono in una linea sottile col cielo e le nuvole di panna montata, le coste turche sullo sfondo, e la punta dell’isola sulla destra, con Rodi citta’ e il mistero del suo colosso, sostituito da alberghi, spiagge attrezzate, caffè, ristoranti. E questo vento costante e rassicurante. Ogni angolo, punto di vista, è una foto da scattare. Ogni onda un sorso da bere. La corrente obliqua si trasforma in onde dolci sul bagnasciuga. Corrente obliqua, occhi obliqui. Oh cazzo, non ho nemmeno chiesto il suo nome. 
E si blocca di colpo, in equilibrio col corpo in proiezione, nel mezzo di uno scatto. 
Nespole. Chi se ne importa. Presuntuoso e maleducato. Farà anche un ottimo frappè ma gli manca tutto il resto, pensa inviperita. 
E scrolla per un attimo le spalle, come se ce l’avesse proprio aggrappato li e dovesse tirarselo via di dosso. Al diavolo tu e i tuoi cocktails. 
Dopo un paio di ore sente la fatica e il caldo addosso. C’è un bar sulla spiaggia proprio lì accanto, e decide di fermarsi per prendere qualcosa da bere. Sceglie un altro frappè al cappuccino, come per cancellare l’impronta di quello della mattina. 
Lo beve con una smorfia, totalmente squilibrato. Ma è fresco, è caffè, e io non sono schizzinosa come quello, pensa lei. La cameriera è una ragazza bionda e con la pelle resa scurissima dall’abbronzatura. Ha tra i capelli striature d’oro, cosce e polpacci perfetti, sembra fatta dalla Mattel. Ha un sorriso simpatico e un accento strano. Con qualcosa di famigliare e qualcosa che le ricorda l’accento dell’Europa dell’est. 
Da un’ultima occhiata alle foto che ha fatto, e poi decide di tornare a casa. Guarda l’ora, le sette passate. Wow, il tempo e’ volato, pensa. 
Passa davanti al locale di Chris & co e fa fatica a riconoscerlo. Ricolmo di gente fino all’orlo, i tavoli pieni di birre, vino, cocktail, gyros, carne, pesce, dolci. Tutti gli schermi accesi, gente al biliardo, gente al piano di sopra, gente in coda in attesa. Vede Chris e tante altre persone con la maglietta bianca del locale e gli auricolari che corrono da una parte all’altra. Vede persino occhi obliqui portare vassoi e sorridere. Sorridere. Allora sei capace di farlo, pensa. 
Ha un sorriso orizzontale, bianco, con i denti piccoli e non forti come quelli di suo fratello. Ha delle fossette che gli si aprono sui lati e le labbra rosa. Poi di colpo la guarda e il sorriso va via. Si spegne e torna l’espressione neutra. Altra figura di merda, e siamo a due. Sospira.
Lui torna al bancone e le volta le spalle, parla con l’altra ragazza al bancone. Una ragazza bellissima, bionda e con gli occhi allungati con l’eyeliner verso le tempie, e ci scommette che sono pure chiari. Lei gli sorride di rimando mentre lavorano e tutto è così naturale e tranquillo che lo stomaco le si chiude. 
Torna a casa e si fa una doccia. Non ha voglia di provocazioni e di dare fastidio stasera. Si sente un po’ triste. Vorrebbe anche lei un posto nel mondo come dietro a quel bancone, in un posto che le appartiene con persone che le appartengono, nella certezza di avere costruito qualcosa e di potersi fidare di qualcuno. Non ha voglia di rubare e intrufolarsi in spazi che non le appartengono e di infilarsi in situazioni poco chiare e piacevoli. Non e’ venuta lì per cacciarsi nei guai o creare problemi, e’ a Rodi per l’isola, per il mare, per il cibo, per la distanza da quel mondo che le si era sgretolato addosso piano piano, pezzo per pezzo, come un muretto a secco tirato giù dal vento e dalle intemperie.   
La casa è silenziosa e il frigo deserto. E certo genio, se non fai la spesa ovvio che sia vuoto. 
Lo stomaco brontola, se ne infischia della tristezza lui. Lui reclama cibo. 
Sospira. 

La strada è scura e male illuminata, non sembra nemmeno la stessa di stamattina. E lei è una ragazza sola che ci cammina sul ciglio. Iniziano sempre così i thriller e i film dell’orrore. 
Poi la svolta che le ha insegnato Augustinus, e i primi negozi e la musica venire dai locali. Trova due o tre mini market e ancora quel locale grande e bianco che la chiama. In fondo, pensa, Chris e’ simpatico e basta solo che non incroci più il suo sguardo. Quello di occhi obliqui. 
La ressa persiste ma vede qualche tavolo libero. Chris la riconosce e la saluta, fa segno a qualcuno di farla sedere e di prendere le ordinazioni. Il ragazzo che arriva sembra la sua copia, ma con qualche anno meno. Ha una barba chiara e due occhi color dell’oliva che la sorprendono. 
“Ciao, tu sei l’ospite speciale quindi”
Kim sorride. “Così pare. Tu sei?”
“Io sono Lefteris, il fratello piccolo di Chris. Piacere di conoscerti, Kim”. 
E i suoi occhi la abbracciano e poi le accarezzano le spalle, il collo, e con un movimento elegante, appena i fianchi. Niente di invadente, solo un ragazzo giovane e carino che incontra una ragazza e la guarda, pensa lei. 
“Me lo ha detto che qui ci stava tutta la sua famiglia. Sono contenta di conoscerne un altro pezzo” gli dice col suo sorriso franco e aperto. 
“Io studio ad Atene durante l’anno, e d’estate torno qui a dare una mano. A proposito, che prendi?”
Un’occhiata veloce al menù e un’altra a Lefteris che le sorride placido di fronte. Ai suoi occhi color oliva e alle sue spalle grandi. Quando lui si allontana, le scappa un sorriso. Chissà quanto funziona tutto questo con le altre, caro ragazzo. Ma io. Io sono off limits. E per un attimo il suo sguardo si alza e va al bancone. Vede Lefteris caricare un vassoio di bevande, vede la bellissima ragazza bionda, ma occhi obliqui non c’è. Una punta di delusione e di tristezza frugano dentro di lei, e salgono a galla. Poi un’occhiata al cellulare e un sorriso. Le sue amiche partiranno tra qualche giorno, e verranno qui. E non sarai piu’ sola in balia del tuo criceto psicopatico, pensa lei. Niente piu’ voglie e curiosita’ strane, solo noi tre, come alle scuole superiori, come in tante estati prima di dividerci in una diaspora che non ci ha mai separate per davvero. Finalmente con la mia di famiglia. 
Un altro cameriere le porta da bere. Non lo conosce, forse un cugino. O un altro fratello, o chi lo sa. Un bicchiere di vino bianco e secco, come piace a lei. Freddo e diretto, senza inutili dolcezze e giri di parole.
Poi pero’ si rende conto di non avere ordinato un bicchiere di vino. Ma una birra piccola. E quindi? Guarda dubbiosa il bicchiere con la condensa che inizia a gocciolare. E si guarda intorno. Sto bevendo un’altra ordinazione, pensa divertita. Ma nessuno viene a consegnarle la sua birra e rimane ancora piu’ sorpresa quando Chris le porta il polpo alla brace, quello che aveva proprio voglia di mangiare, con un abbondante contorno di patatine che non ha chiesto. Lo guarda.
“Era poco solo il polpo” le dice per scusarsi. E lei ride che vorrebbe abbracciarlo. Ma dove siete stati fino ad ora. E ripensa a quegli orribili quattro mesi precedenti fatti solo di buio e di indifferenza. 
Gli sorride. “Mi sa pero’ che sto bevendo il vino di qualcun altro - gli dice - io avevo ordinato una birra piccola sai”. Lui si gratta il mento e poi controlla sul palmare su cui si prendono gli ordini. E gli esce un sorriso sghembo. “Col polpo e’ meglio il vino bianco” e le fa l’occhiolino. 
Ma io vi adoro, pensa lei ridendo. E poi si perde a guardarsi intorno sgranocchiando il contorno. Vede famiglie. Tanti capelli biondi e rossicci. Quelli sono inglesi, con una nidiata di figli piccoli tutti uguali, con le guance rosa e gli occhioni blu. Piu’ avanti un gruppo di greci fa rumore e ride intorno a delle bottiglie di ouzo consumate a meta’. Una coppia bellissima gioca a biliardo. Lui alto e muscoloso, la pelle scura di sole, i capelli chiari striati, la maglia che gli cade sui pettorali e la pelle glabra. Lei, la pelle candida e un vestito bianco, gli sorride e prende un sorso di birra mentre lui prepara la stecca col gesso. Lefteris si avvicina.
“Hai finito? Posso portare via?”
Lei gli fa un cenno di assenso. “Grazie per il vino, avevi ragione. Sta meglio della birra col polpo”. Lui la guarda confuso. “Non c’e’ di che, figurati”. Non sei stato tu, allora. Si volta di scatto verso il bancone e vede occhi obliqui che prepara un cocktail guardando in quella direzione. Ha lo sguardo serio posato su Lefteris. Non puoi essere stato tu. Ci avrai come minimo sputato dentro quel vino, pensa lei amara. 
Lefteris si piega verso il suo orecchio. “Mi farebbe piacere vederti fuori da qui, sembri un tipo interessante Kim dall’Irlanda”. E gli occhi color oliva sono intensi, fanno pensare alle foglie verdi e al sole. Gli vede la barba giovane e bionda. E pensa che vorrebbe andare al mare. 
Uno sguardo al bancone e occhi obliqui non c’e’ piu’, lo vede mentre porta un contenitore enorme di sangria a un tavolo di sole signore, sorridere e accendere un bastoncino scintillante. Sente applausi e risate sotto, e gli occhi di Lefteris che sono ancora li in attesa di una risposta. 
“Guarda che non ti ho chiesto di sposarci, solo di andare a fare un giro - e non c’e’ offesa nella sua voce, solo una punta di divertimento -. Possiamo andare a fare un giro al mare, fare due chiacchiere. Sono un’ottima guida sai?”.
Kim ci riflette. Perche’ no, pensa. “Va bene. Domani io vado al mare. Vuoi venire con me?”
Lui la guarda e sorride. “Certo. Perche’ no”.
“Ci vediamo qui da Chris alle dieci. Non chiedermi di incontrarci in un altro posto perche’ e’ l’unica strada che so”. 
“A domani allora”, e un lungo sguardo color dell’oliva la accompagna fino all’entrata della cucina. 
Non so perche’ ma ho come l’impressione di aver fatto una cazzata, si dice. 

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Capitolo 3
*** Le disgrazie non vengono mai da sole ***


Kim, devi andare a fare la spesa. Per forza. Con queste parole di automotivazione si trascina giu’ dal letto la mattina dopo e scopre che tutto e’ grigio. Un grigio che lei conosce bene, dato che in Irlanda e’ un po’ cosi’ e un po’ piove. Oh. Niente mare mi sa. 
E la fulmina un pensiero: Lefteris e i suoi occhi color dell’oliva. Vabbe’, ci penso dopo. E guarda il cielo mentre chiude la porta di casa e coi sandali della sera prima scende in strada alla ricerca di un market. 
Sorseggia un caffe’ in un bar che non aveva mai notato. Si fa tentare da una pasta greca tipica, sfoglia e crema pasticcera, servita tiepida. E ringrazia la Grecia, gli dei dell’Olimpo, gli dei della pasta sfoglia e le galline che hanno fatto le uova per quella delizia di crema che le sta colando per tutta la faccia, senza ritegno. Un momento di puro idillio per cominciare la giornata. Una cosa buonissima che non sa pronunciare e un caffe’ forte e scuro, caldo stavolta. Niente frappe’, meglio non rischiare. 
Il cielo diventa sempre piu’ grigio e cupo, e lei deve ancora trovare un supermercato. Un tuono, e la pioggia scrosciante. Poi un altro tuono. E che cazzo, io ho paura dei tuoni, pensa lei. La pioggia scende forte, rimbalza sull’asfalto. Impossibile uscire da qui, pensa lei guardando preoccupata l’orologio. Le nove. Addio spesa, addio mare. 
E’ destino che tutti i miei piani vadano a farsi benedire, pensa lei scocciata. Nemmeno uno sconticino di pena, manco per una spesa. Quando arriveranno le mie amiche, mi peleranno viva. Pazienza. E sorride. Mancano ancora meno di 48 ore. 
Le nove e mezza. Andiamo, cosa sara’ questa pioggia, perdio. Vieni dall’Irlanda tu. Correzione. Ci vivi, tu tecnicamente verresti dall’Italia, ma son dettagli. 
Si fionda sotto l’acqua cercando di camminare sotto alle tettoie o sotto ai rami. Ci e’ quasi riuscita ma all’improvviso un altro tuono la fa sobbalzare e uno scroscio di acqua ancora piu’ violento la travolge. Si mette a correre maledicendo i buoni propositi, il destino, la pioggia che la perseguita e i sandali che la fanno scivolare di continuo. Oramai e’ bagnata fradicia, l’acqua le cola dai capelli e dalle braccia, dalle gambe, dal naso, dalla bocca. E ovviamente ha sbagliato strada, e certo che doveva fare pure quello. E immagino che svoltando di qui non trovero’ ne un negozio di ombrelli ne un supermercato, pensa sbuffando. 
Pero’ vede un grosso locale bianco e beige, aperto sul davanti. E vede piccoli torrenti d’acqua che colano dal tetto e Chris appoggiato coi gomiti sul bancone, acciambellato come un gatto su un termosifone. La vede attraversare la strada di corsa e arrivare sotto la loro tettoia, bagnata fradicia e con un’espressione talmente incazzata e comica che non riesce a trattenersi. Prima sente la sua bocca formare una O perfetta di stupore, e poi iniziare a ridere. 
Lei lo guarda sdegnata e poi si sbircia e vede che la parte piu’ asciutta  che ha sono gli occhiali da sole chiusi nella custodia in borsa. E cosi’ scoppia a ridere anche lei. E poi starnutisce. 
“Cosa pensavi di fare stamattina?”
“La spesa” risponde lei sconsolata. “Non si vede?”
“Niente ombrello?”
“Poi si sarebbe bagnato”
E niente, sta ragazza vuole sempre l’ultima parola. 
“Posso stare qui fino a che spiove?” 
Chris sparisce un attimo, poi ritorna con una maglia bianca. 
“Non prenderla male, ma tu sei zuppa e forse e’ meglio che ti cambi. Stai dando spettacolo” e le fa l’occhiolino. Lei si guarda di nuovo e vede il suo reggiseno scuro sotto la maglia bianca che le si appiccica addosso. Vede le striature di pelle, vede. Le basta. 
Eh pero’. Siamo al mare. Che fa. 
Poi prende la maglia e si illumina. “E’ come la vostra!” E corre in bagno a cambiarsi. Quando esce le pare tutto strano. La maglia e’ un po’ grande e le cade dappertutto. Lefteris e’ al bancone e sorseggia un caffe’ parlando con suo fratello, quando la vede gli occhi color oliva si fermano un attimo sul logo del bar e poi sul suo viso. Poi tornano ancora sul logo del bar e di nuovo a lei e ai suoi capelli bagnati. 
“Lei lavora qui?” chiede a Chris, che scoppia a ridere. 
“Facevo la spesa”
“Nella nostra cucina?”
“Non qui! Ma poi e’ iniziato a piovere e ho sbagliato strada e la maglia era tutta bagnata”.
Lefteris assottiglia lo sguardo. 
“Non ho mai avuto un buon tempismo nella vita io”
Kim fa un’espressione oltraggiata e gli tira addosso la maglia bagnata. Chris guarda la scena dal bancone con un sorriso sghembo. Sa che c’e’ anche qualcun altro che ha visto la scena dalla porta della cucina. Lo sa perche’ vede la porta muoversi e sa che e’ tornato dentro. Lo segue e lo vede di spalle appoggiato al piano di lavoro, accanto ai grandi fuochi. 
Intorno a lui gli altri fanno avanti e indietro, un pentolone che bolle, le patate a mollo nell’acqua appena tagliate, i forni accesi. 
“Tutto bene?”
“Si. Sto solo sistemando per il servizio”
“Vieni di la, e’ presto per il servizio. Ci facciamo due risate”.
“Ci pensa gia’ Lefteris a ridere e a godersi la vita. Noi dobbiamo pensare al servizio e a lavorare”. 
Chris aggrotta le sopracciglia. 
Quando torna in sala Kim e Lefteris stanno ridendo e scherzando a un tavolo. 
“Devi lasciare stare le mie amiche”
“E tu devi farmele conoscere”
“Te lo puoi scordare”
“Beh, le conoscero’ da solo. Perche’ tanto le porterai qui a mangiare”. 
“Anche questo e’ vero - mugugna lei -. Ma non azzardarti ad allungare le tue manacce su di loro”  e lo minaccia col cucchiaino del cappuccino. Lui alza le mani in segno di resa. 
Intanto comincia a spiovere e Kim torna a guardare fuori. 
Lefteris le lancia addosso la bustina dello zucchero arrotolata. 
“Dove sei con la testa?”
“Sai, quando piove cosi’ da me puo’ andare avanti giorni e settimane. C’e’ questo umido e questo freddo che ti penetra addosso. Allora torno a casa, dopo il lavoro, preparo un the con la cannella e i biscotti allo zenzero. Oppure degli scones ai frutti rossi e marmellata, e aspetto che la pioggia passi”. 
“Perche’ sei andata a vivere lassu?”
Lefteris non lo sa che ha toccato un tasto che non avrebbe dovuto toccare. Per lui era solo una domanda innocente, una curiosita’ da togliersi, niente di che. Kim pero’ non la vede allo stesso modo. Perche’ sei andata lassu’ a vivere Kim? In un istante la faccia e la voce di lui nel suo orecchio. I progetti, le scelte, le rinunce, le difficolta’, la stabilita’, e poi la routine, il silenzio, gli spazi che si allargano, l’indifferenza e poi l’inganno. 
E quel muro di cemento armato oltre cui non si puo’ piu’ ritornare. 
Il volto di Kim si spegne. Come se fosse saltata la luce in un palazzo. 
“Adesso forse e’ meglio che vada - e si alza, raccatta la sua maglia bagnata dalla sedia, ed esce dal bar - grazie per la maglietta, Chris, te la riporto lavata”. E scappa via. 
Dal bancone, qualcuno prende una tazza di the fumante alla mela e cannella, ne prende un sorso e la rovescia nel lavandino. 

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Capitolo 4
*** Bisogna fare i conti col passato ***


C’era solo una persona in grado di aiutarla in quel momento. Mel. La sua ancora di salvezza, la sua parte migliore, la sua spalla. Ma il suo cellulare suona a vuoto, squillo dopo squillo. Certo, il fuso orario. Te la devi cavare da sola, cara Kim. 
E’ sul balconcino di casa, e guarda la pioggia cadere. Sospira. Il cellulare finalmente squilla. 
“Mel…”
“Oh no. Conosco quel tono. Che cazzo hai fatto?”
Sorride. Mel. Cosa farebbe lei senza Mel. 
Le racconta tutto, almeno quattro volte. La prima si inceppa e torna indietro, la seconda omette troppe cose, la terza si becca un cazziatone da paura e finalmente alla quarta le cose sono piu’ chiare. 
“Quindi ti sei inceppata perche’ hai pensato a quel coglione”
“Ma..”
“No no, e’ cosi’. Tu stavi bene, e finalmente dopo tanto tempo avevi trovato persone carine intorno a te. Persone che si prendono cura di te e che non si meritano di essere trattate cosi. Poi perche’ quel povero ragazzo ti ha chiesto che fai su in Rainland hai ripensato a quel coglione e te ne sei scappata via a piangerti addosso con la coda tra le gambe”. 
E si, piu’ o meno. 
“Io non ti posso dire come farlo, ma devi guardare avanti. Ti posso pero’ dire che oramai la parte brutta e’ andata, che peggio non puo’ andare. E comunque guarda che e’ occhi strani che ti ha cambiato la birra col vino. Quasi un miracolo. Te lo dico perche’ tu sei cosi’ stordita che poi finisce che ci rimugini su tutta la vacanza. Li hai ringraziati tutti, vai per esclusione. Che bel tomo che sei Kim”. 
Lei ride e la corregge. “Occhi obliqui, non occhi strani”
“Quello che e’. Che cazzo di nomi che dai alla gente Kim. Scommetto che non e’ nemmeno brutto”.
“Ma mi odia Mel. Mi lancia occhiate piene di fastidio se lo fisso, mi risponde sempre infastidito, entro io nel locale ed esce lui. Perche’ avrebbe dovuto cambiarmi la birra in vino?”
Mel sbuffa al telefono. “E io che ne so perche’ lo ha fatto, so solo che e’ stato lui, ma sicuro. E per l’amor del cielo scopri come si chiama, occhi obliqui non si puo’ sentire. E torna li subito”
“Ma mamma...”
“Niente ma e niente mamma. Tu ti sistemi, ti lavi la faccia, i denti, fai quello che ti pare ma ci torni. Non tra due ore. Adesso. Non ti ho insegnato a essere cafona. Ti ho insegnato a essere meglio di cosi’ con le persone che se lo meritano. Torna li e scusati. Non c’e’ niente di male a farsi degli amici e stare bene, non puoi mica aver paura per sempre”. 
E la linea si chiude. 
Kim guarda corrucciata il telefono. Poi torna a guardare la pioggia. Poi si guarda. E ha ancora su la maglietta del bar. Ha un profumo strano, di stoffa appena lavata. Di cannella e noce moscata. L’annusa di nuovo. No. Aspetta. Cannella e noce moscata.  

Oramai sgocciola e basta dal cielo e il bar e’ quasi pieno quando ce l’ha di fronte. Vede Chris al bancone, vede sua moglie andare avanti e indietro con gli ordini, vede Lefteris portare da bere, vede la bellissima ragazza bionda al suo posto, pronta per una festa da ballo. Che invidia. Ogni passo pesa sempre di piu’, ma alla fine mette piede dentro il locale. La musica e’ parecchio alta e ci sono tante persone. Chris e’ impegnato a salutare una tavolata che partira’ l’indomani, lei si avvicina a Lefteris. Lui ha in mano un vassoio pieno di bicchieri vuoti e la vede e si blocca. 
“Kim. Stai bene?”
“Si. Ho riportato la maglietta” e gliela porge
Lefteris ride
“Benedetta ragazza. La maglia la puoi pure tenere. Stai qui, ti trovo un tavolo”
E lei lo guarda interdetta, come se fosse un alieno. 
Poi guarda verso il bancone. Occhi obliqui non c’e’. 
Lo cerca per la sala. Non c’e’.
La porta della cucina ondeggia, c’e’ tanto viavai, si rende conto che non servirebbe a nulla tentare di sbirciare dalla finestra a oblo’ che continua ad ondeggiare. 
“Ti va bene quel tavolo? Tra poco ho finito il turno , se ti va poi ci beviamo qualcosa insieme”. Gli occhi verdi di quel ragazzo sono liquidi e calmi. 
“Certo”
Si siede e ordina un bicchiere di vino bianco e un dolce. Ha bisogno di zuccheri oggi.
Le arriva un bicchiere di vino blu, e una coppa di gelato. Qualcuno sa i suoi gusti preferiti qui dentro. Oramai non si sorprende nemmeno piu’. 
Il  vino blu e’ perfetto col gelato, giusta consistenza e dolcezza. Mentre mangia alza gli occhi al bancone. Occhi obliqui e’ li, sta preparando dei bicchieri di vino. 
Gli mima un grazie. Lui la guarda, l’espressione impassibile, e poi continua a versare il vino nei bicchieri, ma un mezzo sorriso gli si apre sul volto. 
Allora non mi odia, e’ soltanto scemo. 
E la cosa la diverte molto perche’ a un certo momento si mette a sorridere da sola, con quella coppa di gelato enorme. 
C’e’ sempre qualcuno che bada a lei. Lui bada a lei. Occhi obliqui bada a lei. 

La gente sta lasciando il locale, piano piano. 
Occhi obliqui e’ al bancone, ha l’espressione stanca. Trottano parecchio qui dentro, si dice. 
Le sue gambe si alzano da sole, vanno verso il bancone. 
Lui la vede e la sua espressione diventa seria. Ma non si ferma. 
“Potrei avere un bicchiere di rum?” glielo chiede gentile e timida, davanti a quegli occhi di palissandro striati. Sembra un gatto, selvatico e diffidente. Uno di quei gatti agili e sottili che spariscono nell’ombra e non li vedi piu’, ma che ti osservano per vedere se possono fidarsi di te o no. Il suo viso regolare, il naso forte, il labbro arricciato. Le mani affusolate. 
“Dovresti prima fare l’ordinazione ai camerieri se vuoi da bere”. La ragazza bionda e bellissima si intromette nel momento, ma per una volta lei non vuole lasciare il contatto visivo. 
“Non ti preoccupare, ci penso io”, le dice. E lei con un mezzo sorriso finisce di pulire i bicchieri. 
E se ha qualcuna? Se e’ sposato? Se stai facendo una figura di merda colossale? 
Le serve il rum, in un bicchierino. 
“Grazie” gli dice “anche per il vino bianco. Era meglio col polpo in effetti”. 
Lui la fissa, senza dire nulla. La guarda e basta, come se se la volesse ricordare per sempre. La ragazza bionda e’ in un angolo remoto del bancone, li intorno non c’e’ nessuno dei suoi. 
“Adesso io vado - gli dice lei -. Ah, una cosa. Cannella e noce moscata”
La sua faccia e’ stupita. 
“Che?”
“Cannella e noce moscata. E’ quello che metti nel frappe’. Non nel frappe’ in se’, nel caffe’. Ma non lo dico a nessuno, tranquillo”. 
“Aspetta”
Lei si gira. 
“Dimmi come hai fatto a scoprirlo”
“Mia mamma ha una pasticceria, ci sono cresciuta dentro e amo molto le spezie. E poi la maglietta che mi ha dato Chris stamattina. Sapeva di cannella e noce moscata. Credo sia la tua”. 
Salto nel buio. Lui non dice piu’ nulla, rimane immobile. Poi continua a preparare i cocktail. 
“Allora buonanotte”
“Buonanotte”
E si allontana. Quella era la mia carta migliore, adesso me la sono giocata e non e’ che sia servito a molto. Continua a detestarmi. E perche’ poi mi interessa cosi’ tanto? Domani arriveranno le mie amiche e sara’ tutto diverso, pensa. 

Si sente stanca, e Lefteris e’ sparito da qualche parte. Vorrebbe ascoltare il mare. Si avvia verso la spiaggia e l’aria e’ fresca e rassicurante. Quel rumore delle onde contro i sassi e’ una ninna nanna. Il mare è nero di notte, completamente scuro. Se non sapessi che colori ha di giorno, avrei paura. 
Si mette le cuffie nelle orecchie, e si ferma ad ascoltare la sua musica preferita. 
Dovrebbero esserci piu’ momenti perfetti come questo, pensa mentre con la punta del piede destro gioca con la sabbia. Poco lontano c’e’ un piccolo parchetto per famiglie, sente i bambini ridere e strillare tra scivoli e altalene, e nelle orecchie una canzone di Phil Collins. Si sente una strana sensazione addosso, come di aspettazione. Accarezza la speranza di vedere di nuovo occhi obliqui e di parlarci, da sola e con calma. Non lo sa nemmeno perche’ le interessi tanto parlare con qualcuno che la evita e le scambia le ordinazioni perche’ pensa che il suo gusto sia migliore, ma deve amaramente ammetterlo a se stessa. Una parte di lei lo aspetta. Lo sta aspettando. Si aspetta di trovarselo miracolosamente oltre quella siepe, all’ombra di quel lampione giallo. Di vederselo sedere accanto nella sabbia. Se ci fosse giustizia a questo mondo, per tutti i torti subiti, per tutte le umiliazioni e la solitudine passati negli ultimi quattro mesi, occhi obliqui dovrebbe essere qui. Poi la canzone di Phil Collins finisce e le lascia un retrogusto un po’ amaro in bocca. Il momento perfetto, realizza, non e’ mai stato perfetto, e i conti con la vita alla fine non tornano mai. 
Domani sara’ diverso. Devi reagire, e tenere duro.  Anzi da adesso deve essere diverso. E tirati su, diamine. Sei sempre Kim tu, quella scema che voleva combattere le vespe con la canna dell’acqua e che e’ stata caricata da un vitello su una strada di montagna. Sei sempre tu, solo che sei conciata da schifo. E’ passata, ha ragione Mel. Adesso basta. 
Si alza dalla sabbia, si pulisce il fondo dei calzoni e se ne torna piano piano a casa, con la musica nelle orecchie. 

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Capitolo 5
*** Adesso si ragiona ***


La mattina, scintillante di gioia, si precipita al bar. Chris la guarda col sopracciglio alzato. 
“Buongiorno buongiorno buongiorno”
“Hai vinto la lotteria stanotte?”
“Meglio! Da oggi non mi perdo piu’, arrivano le mie amiche”
Chris le sorride, i denti forti e gli occhi nocciola. 
“Sono contento per te. Hai una faccia diversa”
“Ce l’ho infatti. Ma devo noleggiare una macchina per andare a prenderle all’areoporto. Dove vado? Ma prima. Mi dai da mangiare?” e lo guarda con l’espressione da bimba affamata. Perche’ il frigo e’ ancora vuoto e le sue amiche la linceranno. Ma poi le portera’ qui e capiranno. Dopo averle cavato anche l’ultimo pezzettino di pelle. 
“Ti ci porto io all’areoporto. Se noleggi una macchina e hanno le tue stesse valigie, dovrai fare due viaggi”. Kim lo guarda oltraggiata. 
“Augustinus parla troppo. Ed esagera”. 
“Sara’.. “
“Pero’ grazie”
Chris le fa l’occhiolino. “Nessun problema. Tanto devo andare da quelle parti lo stesso”
“Ma io la macchina la devo affittare lo stesso”
“Poi pensiamo anche a quello”
Un minuto di silenzio. Al bancone non c’e’ nessuno, e occhi obliqui non e’ al suo posto. 
“Perche’ sei cosi’ gentile con me?”
Chris alza le spalle
“Perche’ sei Kim”
Ed e’ una risposta talmente sincera e spontanea che gli occhi le si inumidiscono e le gote diventano rosse. Cosi’ tanto che deve abbassare lo sguardo per un po’ mentre soffia sul cappuccino e lo beve. Occhi obliqui non c’e’ e non le va di chiedere a Chris di fargli il suo frappe’. A guardare bene mancano un po’ tutti stamattina. Si guarda intorno incuriosita. 
“Ma dove sono tutti?” gli chiede. 
“Spesa” dice soltanto Chris. 
“Oh”

Dopo una mezz’ora di chiacchiere e sguardi al cellulare, sente risate e voci mischiarsi. Vede casse di cibo, sacchi di patate, provviste e bottiglie. Vede Lefteris e altri uomini che non conosce, vede la ragazza bionda che ridendo si appoggia a occhi obliqui, che si e’ infilato le chiavi in tasca e comincia a scaricare le cose. 
“Ehi, vado a dare una mano anche io. Resta qui, quando abbiamo finito partiamo per Rodi” le dice Chris.
Mezza nascosta da una parte vede Lefteris con una bandana legata sulla fronte, caricare tre casse alla volta e i capelli gli brillano nel sole. Gli vede la maglia scolorita, i calzoncini corti e un tatuaggio coperto dalla calza corta sul polpaccio. Gli scatta un paio di foto, rapita  scena. Vede la ragazza bionda bellissima occuparsi dei tovaglioli e delle provviste piu’ leggere. E poi vede lui, occhi obliqui. Le sue ciglia abbassate sugli occhi, lo sguardo concentrato. Prende due casse e si gira di colpo a parlare con qualcuno, sorridendo. Kim scatta. Gli vede i tendini del collo, la pelle tesa e il pomo d’adamo. Il suo sorriso orizzontale, e gli occhi pieni di luce. Gli vede i capelli e le gocce di sudore, gli vede i muscoli delle spalle e i fianchi stretti nei jeans. Gli vede le mani sottili e i polsi. 
“Sono venuto bene?” Lefteris la sorprende alle spalle, mentre scorre le foto
Kim sobbalza
“Sei un bel soggetto” e gli porge la macchina fotografica con il suo scatto sul display.
“Non e’ male, non e’ per niente male” e un ghigno soddisfatto gli si dipinge sul volto. 
“Lefteris, vieni qui, abbiamo bisogno di aiuto”. Una voce morbida e seria lo richiama al lavoro. E’ lui, occhi obliqui. Con gli occhi duri che la guardano e guardano la macchina fotografica, e passano da lui a lei e da lei a lui. 
Kim si sente triste, e in imbarazzo. Perche’ quegli occhi raccontano una verita’ non verita’. No, non sto facendo la scema con tuo fratello, e no, tuo fratello non sta facendo lo scemo con me. Se davvero lo pensi sei un idiota. 
“Il lavoro chiama, e Kyros pure”, le dice lui sorridendo. 
“Lo vedo. Lo sento piu’ che altro”
“Si, non dirlo a me, lo sento da quando sono nato”, e le fa un occhiolino prima di tornare a caricare tre casse e portarle in cucina. 
Kyros. Occhi obliqui si chiama Kyros dunque. Finalmente hai un nome, pensa lei. Adesso so a chi pensare quando penso al tuo volto. So come chiamare quelle ciglia folte e il tuo naso forte, il mento con la fossetta - non aveva notato quella piccola fossetta - e i capelli corti. 
Lui la ignora, sta sistemando posate e tovaglioli per il servizio. Gli vede solo la schiena coperta dalla maglia bianca del locale. Quindi la tua schiena e i tuoi polmoni si chiamano Kyros. Si sono sempre chiamati cosi’. E sospira. Peccato non piacerti, Kyros. Saremmo potuti diventare amici, come con Chris e Lefteris. Ma tu non sei i tuoi fratelli. Loro non sanno di cannella e noce moscata, non hanno i tuoi polsi sottili e i tuoi occhi obliqui. Sospira. Un giorno magari cambierai idea, su di me. O magari, la cambiero’ io su di te.

Mette via la macchina fotografica e con movimenti lenti prepara la sua borsa. Andrea ed Elisa saranno qui, tra poche ore. Sentira’ profumo di casa e di felicita’, le vedra’ disfare le valigie, le vedra’ accanto a se, dove avrebbero sempre dovuto essere, e  da dove in realta’ non si sono mai mosse. Sfoglia il libro che stava leggendo al mare, intanto che aspetta che Chris finisca. Ma lui esce dalla cucina, con una faccia un po’ preoccupata e le mani sporche di grasso. 
“Kim..”
Lei lo guarda dall’alto del suo sgabello. Non tocca per terra perche’ e’ troppo piccola. Compatta, diciamo. 
“Mi dispiace ma non posso accompagnarti all’areoporto. Ho un problema qui in cucina”
Oh. 
“Ok. Chiamo un taxi magari”
E armeggia nella borsa per cercare il cellulare.
“Pero’ puoi accompagnarla tu”.
Lei non ha nemmeno il coraggio di alzare la testa. Perche’ lo sa chi c’e’ alla sua destra, appena entrato in sala. Oh no. No no no no no no. Non lui. 
“Dove?” e sente ancora quella voce dolce e calma che parla col fratello. 
“All’areoporto, a prendere due sue amiche”.
Lei si intromette. 
“Ma non e’ necessario, davvero. Chiamo un taxi e sono a posto”
Lefteris entra nella sala. 
“Ehi, posso accompagnarla io”
“Perfetto, allora siamo a posto cosi’” risponde lui asciutto. E torna in sala a preparare i tavoli. 
Chris le sorride. 
“Dammi cinque minuti Kim, e poi partiamo” Lefteris le sorride.
“Tuo fratello mi odia” mugugna piano a Chris. 
“Chi? Lefteris?”
“No. L’altro”
Chris incrocia le braccia sul bancone e poi ci appoggia sopra la testa. 
“Che ti importa. Il resto della sua famiglia ti vuole bene” e le fa l’occhiolino. 
Gia’. Che mi importa. 
Ma poi il pensiero di Andrea ed Elisa prende il sopravvento. E inizia a sorridere. Sorride quando Lefteris torna, pettinato e con una maglietta pulita, sorride mentre saluta Chris, sorride mentre sale sul furgone e si volta verso il bancone. Kyros la guarda, mentre fa un frappe’ per un ordine. 

Il fratello gli si avvicina, aspetta che finisca col tritaghiaccio. 
“Perche’ non hai voluto portarla tu?”
“Avevo da fare qui e tra poco inizia il servizio, hai bisogno di me. E non ci sono problemi in cucina, lo sai bene”.
Chris incassa il colpo. Ha ragione. Nessun problema in cucina. Era solo un modo per avvicinare due persone che hanno bisogno una spintarella, ma quel fetetnte di suo fratello ha mangiato la foglia. Ecco cosa succede quando ti metti contro il più intelligente della famiglia. Intelligente, stupido e cocciuto allo stesso tempo. 
“Mi spieghi cosa ti succede?”
Kyros versa il frappe’ nei bicchieri, con la massima cura. 
“Non succede niente Chris. Tutto e’ normale e come al solito. Non so nemmeno perche’ tu me lo chieda”.
“Kim c’è rimasta male, e non capisco perche’ ti ostini a comportarti cosi’ con lei”. 
Kyros guarda suo fratello, il solito sguardo duro. 
“Non mi sto comportando in nessun modo Chris. E’ una cliente, la tratto come una cliente. Non ci perdo la testa come voi o come Lefteris”. 
Chris si volta verso il fratello incazzato. 
“Attento bene a quello che dici e come lo dici, Kyros. Attento bene”. 
“Non scaldarti - gli dice indifferente - sai bene che non intendevo dire niente di male. Ma non vedo tutta questa necessita’ di trattarla come la stai trattando e come Lefteris la tratta. Tutto qui. E dato che siamo in vena di confessioni, nel futuro evita di intrometterti nella mia vita e usare questi mezzucci per farmi fare quello che vuoi. Fino ad ora me la sono sempre cavata da solo mi pare”. 
“Kim è speciale Kyros. Lo hanno capito tutti. Persino quel giovane mulo di Lefteris. Solo tu non te ne sei accorto”.
“Se non l’ho notato significa che non mi merito di vederlo. Adesso lasciami lavorare in pace per favore”. 
“Secondo me e’ proprio il contrario - gli sorride sghembo - ma sicuramente mi sbaglio” e gli volta le spalle fischiettando, mentre con le mani in tasca va in cucina a riparare un guasto che non c’e’.
Kyros si guarda le mani. Finalmente hanno smesso di tremare. Finalmente. 
Le stringe a pugno e le rilascia, per scaricare la tensione. 
Poi prende un altro ordine e inizia a preparare da bere. E’ scocciato e non sa nemmeno lui perche’. O meglio, si. Tornare qui, ancora, fa quasi piu’ male dell’anno scorso. 
Era meglio restare a casa, tra i libri e i compiti dei suoi studenti. Era meglio stare tra quelle mura e quegli armadi mezzi vuoti, pieni ancora del profumo e dei ricordi di lei, piuttosto che tornare qui, rivedere il mare, rivedere la sua famiglia, rivedere i posti che lei ha amato tanto. 
Lo sguardo triste di sempre lo accompagna mentre mixa qualcosa di rossiccio. 
Era meglio, si. 

Kim guarda tutti i tabelloni, e picchia nervosamente il piede a terra. 
“Se fai cosi’ non atterra prima l’aereo” le dice Lefteris. 
Dovrebbe pero’, pensa lei. E poi si gira e gli fa una linguaccia. 
Vede per un attimo quegli occhi verde oliva dilatarsi e sente due voci. Le due voci piu’ belle che abbia mai sentito. 
Caccia un urlo e travolge due ragazze sudate e sorridenti che si trascinano valigie piu’ grosse di loro. 
“Amori miei! Siete qui!”. 
Andrea ed Elisa sono completamente diverse tra loro. Andrea e’ alta e magra, i capelli castani e lunghi, le gambe chilometriche e sode che spuntano da una salopette corta e una maglia rossa. Elisa e’ piccola e bionda, gli occhiali sul naso. Si guarda intorno. Si vede che e’ la donna alfa, abituata a comandare gli uomini. 
E’ lei che va decisa verso Lefteris. 
“Tu sei compreso nel prezzo?” gli dice.
Kim scoppia a ridere, Andrea la rimprovera. “Eli.. siamo appena arrivate, aspetta a dichiarare guerra alla Grecia”. 
“Chiedevo e basta. Domandare e’ lecito”. 
Lefteris non e’ abituato a tutta quella sfacciataggine e ancora deve rendersi conto di come possa provenire da un donnino cosi’ piccolo. 
“Io sono compreso col furgone qui fuori - le dice -. Lo guido, quindi se non vuoi rimanere a piedi cerca di essere gentile”. 
Elisa gli sorride. Poi si volta verso Kim. 
“Mi piace il ragazzo. Ha carattere. Bravo” e gli molla una pacca sulla spalla. 
Lefteris scandalizzato la fissa intensamente con lo sguardo verde oliva. Elisa sostiene lo sguardo senza muovere un muscolo, con le sue iridi azzurre dietro gli occhiali. 
“Lefteris lascia che ti presenti le mie amiche - gli dice Kim - Lei e’ Elisa, non servono presentazioni. Lei invece e’ Andrea”. Andrea gli stringe la mano educata e gli sorride, mentre si lega i capelli con un elastico. 
“E prima che Elisa ti metta ancora in imbarazzo, meglio che spieghi io. Vi ho parlato di quel bar in cui sono stata accolta come a casa e in cui tutti mi trattano bene. Lefteris e’ uno dei proprietari, ci e’ venuto a prendere col furgone per caricare tutte le valigie”. 
“E ovviamente visto che e’ quasi ora di pranzo prima mangiate da noi e poi vi porto a casa”. E con un sorriso soddisfatto, dato il silenzio assenso del piccolo gruppo di donne, Lefteris prende le valigie e le carica in macchina senza nessuno sforzo apparente. Contento che anche Elisa non abbia aperto il becco. Quella ragazza lo irrita gia’, e non sa perche’. Sfacciata e per niente timorosa di dire quello che pensa. 

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Capitolo 6
*** Uomo avvisato... ***


Lefteris mugola di fastidio e rifila un’occhiataccia di sbieco a Kim, che alza le spalle con un sorriso a 32 denti.

Sisi, me l’avevi detto. Elisa ha la lingua lunga ma e’ la persona piu’ buona e spontanea del mondo. Devi solo abituarti e non essere troppo preso di mira.

Ma te la faccio pagare lo stesso, oh se te la faccio pagare ragazza.

Mentre medita vendetta e guida il mezzo a destinazione, Elisa gliene rifila un’altra. “Quindi lo guidi davvero il furgone” gli dice. Per una sfortunata coincidenza si e’ trovata seduta vicina a lui. Lui la guarda un po’ sprezzante da sopra la spalla mentre si inforca gli occhiali da sole.

“Cara. Faccio sempre quello che dico, io”.

“Benvenute a Rodi, ragazze. Quanto mi siete mancate!” dice Kim.

“Anche tu tesoro” le risponde Andrea.

“Non hai fatto la spesa, vero? Per quello questo povero ragazzo ci sta portando al suo locale”. Eli squadra Kim e la inchioda sul posto. Stavolta Lefteris ride. Quando lui non e’ il suo bersaglio, questa ragazza fa proprio ridere.

“Che ne sai tu, magari l’ho fatta” la rimbecca Kim offesa.

“Non importa, dai, la facciamo con calma in questi giorni” dice pacifica Andrea.

“E certo, tanto tu mangi solo pomodori e insalata”

Andrea ride. “Ma non e’ vero, e lo sai. Poi sono in ferie adesso, quindi niente insalata e pomodori”.

“Che fai nella vita Andrea?” le chiede Lefteris mentre la sbircia dallo specchietto dell’abitacolo. “Fa la lottatrice nel fango - lo interrompe Elisa - . Stai attento che e’ rosso”.

Kim e Andrea scoppiano a ridere, mentre Lefteris inviperito si gira verso di lei.

“Alla prossima battuta acida scendi, ti avviso”.

Elisa incrocia le braccia offesa e non parla piu’.

“Sono una ballerina professionista, o almeno ci provo - gli risponde lei gentile -. Quella del fango e’ una battuta carina per ricordarmi una certa figuraccia fatta un po’ di tempo fa. Non era rivolta a te. Non ti preoccupare, Elisa abbaia ma non morde, anzi”.

“Posso sempre iniziare pero’” bofonchia lei a denti stretti guardandolo di traverso.

Il furgone si ferma davanti al locale. Kim non smette un attimo di parlare e di ridere. E’ accesa e vivida, come non lo era da tanto tempo. Chris esce dalla cucina con un grande sorriso e Lefteris scarica le valigie.

“Giusto in tempo per pranzo -dice alle ragazze ridendo - Sedetevi, sarete affamate”.

Kim lo ringrazia con un sorriso e invita anche Lefteris, mezzo offeso ancora, a sedersi con loro.

Un’ora dopo sono ancora li, a ridere fino alle lacrime alle battute di Elisa e degli aneddoti tirati fuori. I piatti vuoti, i bicchieri a meta’.

Andrea sbuffa. “Alla faccia della dieta - dice - mi ci vorrebbe un caffe’ ora”.

Elisa rizza le antenne, Kim la guarda preoccupata.

Oh no, oh no, oh no.

Comincia a guardare dietro al bancone, alla ricerca di qualcuno.

Oh merda.

Ma non fa in tempo a fermarla.

“ Io vorrei un frappe’ al cappuccino”  dice infatti la sua amica ad alta voce. Kyros e’ dall’altra parte del locale, indifferente, che raccoglie i piatti da un tavolo. Ha salutato con un cenno gentile lei e le sue amiche ma non si e’ unito al gruppo, non e’ stato accogliente come Chris, ha solamente preparato le bevande e si e’ limitato a stare nel suo spazio protetto.

Non importa, mi godo le mie amiche ora, non voglio pensare a lui e alla scena di stamattina, si e’ detta. Va bene cosi’.  

Sente la sedia di Elisa strusciare sul pavimento.

Impatto imminente, sospira dentro di se’ Kim.

Elisa si alza, va verso Kyros che la guarda con aria interrogativa.

“Si?”

“Vorrei un frappe’ al cappuccino. Kim mi ha detto che qui ne ha bevuto uno da paura. Andando per esclusione, credo sia stato tu a farli. Non e’ che potresti spaventarci di nuovo tutti e quattro quando puoi? Grazie”. E torna al suo posto, impettita e soddisfatta.

Lefteris sta soffocando una risata nel tovagliolo mentre guarda Kyros che e’ ancora bloccato dallo stupore con un vassoio in mano.

Kim disperata ha il viso nascosto da una mano.

“Non lamentarti, sono stata gentile. Voglio assaggiare quel frappe’, sono giorni che non fai che parlarne”.

“Eli, io credo sia il caso di cambiare argomento - attacca Andrea - e poi magari ora e’ occupato, non ha il tempo di fare il frappe’. Magari ce lo fa qualcun altro”

“Oh aspetto. Tanto sono in ferie. Fai pure con calma… “

“Kyros” Kim finisce la frase per Elisa. Aveva il terrore tirasse fuori il nomignolo che gli ha affibbiato per giorni prima di sapere il suo vero nome.

Lefteris guarda preoccupato suo fratello, che nel frattempo ha portato in cucina il vassoio.

“Non c’e’ problema - risponde gentile - ve ne preparo subito quattro”

Kim stupita alza lo sguardo verso di lui, le pupille dilatate.

Credeva sarebbe sprofondata di vergogna e credeva di non poter piu’ mettere piede nel locale, e invece non e’ successo niente. Ma ti voglio uccidere lo stesso, Elisa.

“Non mi guardare cosi’, dovresti ringraziarmi invece. Sono giorni che muori dalla voglia di berne uno, no?”

“Si ma - e Kim sospira - non era necessario farlo sapere a tutti no?”

“Lo era, lo era cara mia” le risponde lei con un mezzo sorriso.

Lefteris la guarda stupito.

“Sei la ragazza piu’ sfacciata che abbia mai incontrato, sono quasi ammirato”

“E non hai ancora visto niente” gli risponde Andrea.

Mi sa che ci sara’ da divertirsi in questi giorni, pensa lui grattandosi la barba giovane sul mento.

 

Kim si abbandona allo schienale della sedia e lascia che i ragazzi si conoscano e parlino tra loro.C’e’ una bella sintonia e si sente, Lefteris sa stare al gioco. Lancia un’occhiata veloce al bancone e si chiede che cosa abbia sentito esattamente Kyros delle ultime battute di Elisa, e come l’abbia presa. E’ vero, lei muore dalla voglia di berne un altro. Perche’ adesso sa che e’ fatto dalle sue mani, sa quello che c’e’ dentro, sa che ha parlato di lui alle sue amiche. Non si sente a suo agio. Il tritaghiaccio si e’ fermato e sente Kyros armeggiare con shaker e tutto il resto. Lo stomaco le si chiude un po’, e sente un formicolio dolce sulla punta delle dita.

Qualche minuto dopo lui in persona arriva con un vassoio e cinque bicchieri.

Perche’ cinque? Si chiede lei dubbiosa.

Lui ne distribuisce uno a ciascuno, poi come in trance lo vede prendere una sedia, e aggiungersi al tavolo.

“Se non vi scoccia, mi aggiungo anche io” dice gentile.

“Certo che no” gli sorride Andrea amichevole.

Lui si siede e per un movimento delle gambe, il suo ginocchio la sfiora. E’ bastata una frazione di secondo ma ha sentito il caldo della sua pelle, sulla parte esterna della sua gamba. Ha sentito una folata di scirocco, un’onda del mare, il dolce di un bacio, l’aspro di una fetta di limone nell’acqua.

Lo guarda e non ne puo’ fare a meno. Perche’ cosi’ vicino non lo ha visto mai. E’ alto, e magro. E’ adulto, non piu’ ragazzo come suo fratello. Gli occhi di palissandro si guardano intorno, e sono sorridenti. Puo’ guardargli il profilo e se affina i sensi, anche sentire il suo profumo.

Smettila di annusarlo come un pasticcino, idiota. Si rimprovera. Smettila e basta.

Poi sente uno strano silenzio intorno a se.

Allora avvicina il bicchiere alla bocca, e ne prende un lungo sorso. E ritorna bambina, a quando Mel la svegliava col caffe’ e la torta di mele tiepida tirata fuori dal forno, a quando aveva mal di gola e le dava latte caldo col miele. Di erika, col tipico retrogusto un po’ amarognolo, cosi’ diverso dal millefiori e dall’acacia. Ritorna a quando con suo nonno si andava in montagna a prendere il latte munto e c’erano le arnie nel prato, al primo tuffo in mare, alla sua prima volta con un ragazzo, al sudore che le colava per la schiena dopo l’amplesso.

Poi alza gli occhi e vede che bene o male ognuno e’ perso nel proprio bicchiere, come se il gusto fosse diverso per ognuno di loro. Ma non puo’ essere, pensa. Non puo’ aver fatto quattro gusti diversi. Anzi cinque.

“Wow. Kim non mentiva allora” dice Elisa dopo qualche secondo. “Ha lasciato senza parole persino me”.

“E ce ne vuole” le fa eco Lefteris.

“Zitto tu, fammi gustare il momento”

Guarda Kyros perso nei suoi pensieri, mentre lui fissa la strada assolata fuori dal locale. Gli occhi sono quasi bianchi perche’ sta guardando quel negozio di vestiti tutto bianco che sta proprio di fronte. Ne distingue il contorno preciso dalla pupilla incurvata e le viene voglia di scattargli una foto. Ma si trattiene. Uno sguardo cosi’ intenso puo’ portarsi dentro solo una persona, una donna ovviamente.

Si guarda i piedi, mentre sente gli altri che chiacchierano. Persino lui.

Non vuole intervenire perche’ non vuole rovinare il momento. Oramai sa che lui c’e’ solo se lei va via. Si perde nella morbidezza delle sue parole, nel suo tono dolce e fermo, e immagina la voce nascere dal profondo di quella gola, sotto la lingua rosea, e poi attraversargli il palato. Lo sente ridacchiare alle battute di Elisa ed Andrea.

Allora e’ cosi’, il problema sono proprio io. Pensa.

E lo guarda per la prima volta, col dolore negli occhi.

Perche’? Gli chiede.

Lui si gira e d’improvviso si fa serio. Non si muove e non si allontana, ma si fa serio. Gli si spegne il sorriso, interrompe quello che dice, e guarda l’ora.

“Scusate, ma la mia pausa e’ finita” annuncia. E si alza. Si spinge bene indietro, cosi’ da non sfiorare piu’ nulla durante lo spostamento. Lei sente solo l’aria e il vuoto che ha lasciato sulla sedia.

“Anche noi dovremmo andare a casa e sistemarci, prima di farci prendere dalla stanchezza” suggerisce Andrea.

Kim si alza come un automa, non dice niente per tutto il viaggio. Saluta silenziosa Lefteris che ancora una volta carica e scarica le valigie, e poi apre la porta della loro casa.

Un sospiro pesante le esce quando la porta si richiude.

Ti avevo detto di non prendere piu’ quel frappe’, la ammonisce il suo criceto psicopatico. E quando il criceto avvisa, non lo fa mai due volte.

 

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Capitolo 7
*** Bisgna saper perdere ***


Le ragazze visitano la casa, e si vede lontano un miglio che sono soddisfatte. Frigo deserto a parte. Cosi’ decidono di uscire tutte insieme, ad esplorare i dintorni e comprare qualcosa di commestibile. E poi il mare. Quel mare che lei adora, distesa vasta e sconfinata di colori, profumi, sapori. Cariche di sole e di buste, tornano a casa. Kim dalla cucina chiama l’adunata per sapere che cosa fare a cena. 
“Possiamo mangiare qui - propone - oppure andare in quel ristorante di pesce carino che abbiamo visto, o dove volete voi”. 
Le due ragazze si guardano negli occhi. 
“Perche’ non vuoi andare nel locale di Chris?”
Kim si ferma un momento. Perche’ non vuoi andare da Chris? Veramente non ci vuoi andare? 
“Non ho mai detto questo, era solo per esplorare tutte le possibilita’ che abbiamo”. 
“E una possibilita’ da esplorare si chiama Kyros?” Elisa e la tua cazzo di bocca. 
“Eli… non credo che Kim sia pronta a parlarne” la ferma Andrea. 
“Ma parlare di cosa? Non c’e’ niente di cui parlare. Anzi si, fa i frappe’ buoni e mi detesta. Se ci sono io non c’e’ lui. Detto questo, se volete andare nel locale di Chris andiamo, io non ho nessun problema, ci mancherebbe”. E con un’alzata di spalle prende la borsetta ed esce. 
Sorride. “Io sono pronta, vado fuori a fumare. Quando avete deciso mi raggiungete e mi fate sapere”. E chiude la porta di casa ed esce a fumare. 
Ma le mani le tremano. Mi sei venuto vicino per un attimo e poi sei andato via. E mi sono sentita la persona piu’ sola del mondo, che nemmeno in questi quattro mesi. Qualunque cosa tu sia, qualunque cosa tu rappresenti per me, io non posso e non voglio. E nemmeno tu vuoi. Quindi basta mani che tremano, basta trepidazioni, basta frappe’. E spegne la sigaretta. 
Elisa esce dalla porta, la raggiunge sul terrazzino. 
“Ehi - le dice . Scusami, lo sai come sono. Andiamo dove vuoi tesoro, per noi e’ uguale. Non volevamo importi niente e non c’e’ bisogno di dire altro, sai che capisco tutto. Al diavolo quel locale, se non ti va. Domani ci noleggiamo una bella macchina e andiamo in giro per tutta l’isola, spiaggia dopo spiaggia”. Kim abbraccia la sua Eli. Tanto lei non lo sa che il dado e’ tratto. 
“Non preoccuparti Eli, andiamo da Chris. Quel locale e’ un carnaio la sera, e’ divertente. Vedrete”. 
Nel frattempo esce anche Andrea, bellissima, fasciata in un vestito semplice bianco e sembra un angelo sceso dal cielo. Le due la guardano con gli occhi sgranati. 
Lei si prende gioco delle loro facce e insieme si incamminano per la solita strada. 
Sentono il rumore e la musica da in fondo alla via, c’e’ persino la fila all’ingresso. Stasera ci sono proprio tutti, e anche i rinforzi, nota. 
“Wow - dice Andrea - questo si che significa lavorare”.
Lefteris le vede e le saluta, corre da loro prima di andare a un tavolo. 
“Ragazze ciao! - e sorride. Persino lui che di solito e’ calmo, ha la fronte imperlata di sudore “Stasera e’ dura trovarvi un posto, datemi una mezz’ora, vi dispiace?”
“No, va bene” gli sorride Kim, lo sguardo fisso su di lui. Non lo muove in nessun’altra direzione. 
“Perche’ non andiamo a fare un giro e a prendere qualcosa e poi torniamo tra un po’?” e si rivolge alle ragazze. Si allontanano di qualche centinaio di metri verso il mare e trovano un posto coi tavoli che si affacciano sul bagnasciuga. Ordinano da bere e guardano la luna riflettersi sulle onde nere color petrolio. 
Tutto e’ perfetto e immobile, dipinto per loro tre. Anche il locale semi deserto, le luci soffuse sulla spiaggia.
“Che posto da coppiette - commenta Kim ridendo - E’ talmente bello che non sembra nemmeno reale”.
Andrea ed Elisa la guardano, le vedono quella luce strana negli occhi ma lei la soffoca con un sorriso. 

Kyros le vede dal bancone. La vede. Con lo sguardo sgranato e i capelli rossi svolazzanti, le labbra carnose e umide, e quelle mani che non riescono a stare ferme. Vede Andrea bellissima ed eterea, vede Elisa cosi’ viva che sembra un cartone animato. Vede Lefteris andare tra di loro, e poi le vede allontanarsi. Abbassa lo sguardo sulle ordinazioni e decide di non badarci piu’. Poi pero’ la tentazione e’ troppo forte e la cerca di nuovo, tra la gente. Nulla. Cosa stai facendo, Kyros. Cosa cazzo stai facendo. 
Stringe di nuovo la mano a pugno. Poi abbassa lo sguardo e continua a lavorare sulle comande. 


Kim guarda il mare che si infrange sulla spiaggia, il rumore dei ciottoli rovesciati nel movimento delle onde e poi il buio dell’acqua, le luci della citta’ sulla punta dell’isola. Sente le chiacchiere delle sue amiche ma non comprende fino in fondo le parole, persa nei suoi pensieri. Persa in quelle onde che tentano testarde di raggiungere sempre la stessa cosa, lo stesso punto, e non si stancano mai. Si sente un po’ come quel mare, dentro, che cerca di raggiungere la sua spiaggia. C’e’ vento fresco, quella sera, si sistema il coprispalle. La sua pelle oramai ha imparato ad assorbire i raggi del sole, e’ ambrata e lucida, e’ felice. 
Guarda il bicchiere di vino bianco che ha davanti, e sorride. E’ quello che ho ordinato, pensa. Non capita molto spesso ultimamente. Sente il silenzio e quando alza lo sguardo, Andrea ed Elisa la guardano sospette. 
“Si?”
“E’ un’ora che fissi quel bicchiere. Leggi i fondi dei bicchieri di vino ora?” le chiede scettica Elisa.
Kim ride. Almeno potessi. 
“Pensavo al mare e alla spiaggia e a questo rumore rilassante”
“Dici che possiamo provare a tornare da Chris e gli altri e vedere se ci trovano un tavolo?”. Sente un vuoto nello stomaco come se ci fosse stato un dislivello improvviso del piano in cui si trova. Tornare da te, ancora una volta, per essere respinta. Con questo mare, con questa spiaggia e questa luna, non ho voglia di mentirmi. Fa male. Se solo potessi vedere il male che mi fai, sarebbe tutto diverso, pensa triste dentro di se.
“Certo” e sorride ad Andrea. Raccoglie le sue forze in un profondo respiro e si alza dalla sedia, un’ultima occhiata al mare nero. Sara’ una lunga serata, pensa dentro di se. 

Camminano piano e senza fretta, verso la strada trafficata di bar e ristoranti e locali. Vedono un platano immenso che fa da tetto ad un ristorante affollato, tutto di legno. Vedono giostrine per bambini e piccoli supermarket ancora aperti. Vanno verso il locale tutto bianco aperto sul davanti, ancora una volta. E cercano di farsi largo tra il vociare, la musica, le macchine parcheggiate e i piatti che escono ed entrano dalla cucina. 
Kim si guarda le scarpe, Andrea ed Elisa cercano Chris, Lefteris, Kyros, qualcuno che conoscono. Finalmente la moglie di Chris le accoglie con un sorriso dolce ed un abbraccio, e trova loro un tavolo. E’ raccolto in un angolo, tra la strada e la sala, si vede un pezzo di cielo e un pezzo di luna, si vede il bancone, si vedono le facce di sempre indaffarate e sudate che vanno avanti e indietro. Kim si sforza, non lo cerca. Si focalizza sulle macchine parcheggiate e su un tavolo che ha di fronte a se. In realta’ non e’ che stia proprio guardando, ma cerca solo un posto in cui appoggiare gli occhi, per non fare come le onde con la spiaggia. Osserva distratta la scena. Sono un gruppo di giovani uomini, abbronzati e con le camicie aperte sulle spalle larghe. Ridono e si raccontano aneddoti in una lingua sconosciuta. Hanno tutti gli occhi scuri tranne uno, che li ha straordinariamente chiari, tipo color del ghiaccio. Mettono allegria, e non volendo, sorride. Come se al cinema sorridesse ad una scena divertente. 
Qualcuno arriva a prendere le ordinazioni e lei sceglie un altro bicchiere di vino bianco, con del pesce alla griglia. Uno dei ragazzi seduti al tavolo deve aver intercettato il suo sorriso, perche’ ora guarda nella sua direzione attento. Lo vede passare dal suo viso, a quello di Elisa, e lasciare Andrea per ultima come un dolce. Ma lei e’ girata di spalle e vede il suo disappunto. Kim sospira. Sara’ una lunga, lunga serata. Si impone di guardare in un’altra direzione. Quante imposizioni. Rimane solo una direzione libera, dato che a sinistra c’e’ il bancone e davanti a se il tavolo coi giovani uomini che dopo un breve consulto ora stanno tutti rivolti da quella parte. Oh my. 
C’e’ sempre la strada. Buia e coi negozi che scintillano. Come e’ diversa, anche lei, dal giorno. Si chiede quante volte anche i suoi occhi si siano posati sulle stesse vetrine, e cosa pensino. Cerca di intercettare quel negozio bianco che aveva colorato i suoi occhi poche ore prima. E pensa che se si concentra bene puo’ ancora sentire il suo sguardo li da qualche parte. Le ordinazioni arrivano e non e’ sorpresa quando nota che il suo vino bianco non e’ cambiato. Che  il pesce e’ lo stesso pesce e le patatine sono sempre le patatine. Sono una cliente in fondo, pensa. Come tutti quelli che ci sono qui. 
“Siete tornate, non mi avete tradito allora” Chris col suo sorriso bianco le viene a salutare. 
Kim mangia e lo guarda con riconoscenza, un sorriso mezzo triste. Lui si ferma qualche secondo a guardarla negli occhi sempre sorridendo, anche se capisce che c’e’ qualcosa che non sta funzionando. 
“Certo che no - gli dice Elisa -. Voi le vacanze ve le sudate eh?” e accenna a tutta la gente che ancora non diminuisce. 
“Come tutti del resto” le risponde, ma si vede che e’ orgoglioso di come vanno le cose. E anche di tutto il lavoro e degli sforzi che fanno ogni giorno. 
“Hai perso la lingua tu?” lo chiede voltandosi verso Kim. 
Macche’, pensa lei. Ho solo perso la speranza. 
“E’ solo un po’ stanca - spiega Andrea -. E’ stata una lunga giornata per tutti”. 
Chris le rivolge un altro sguardo scettico. 
“Sara’.. Comunque ci vediamo domani mattina, vi accompagno a noleggiare la macchina”, e se ne va dopo un breve occhiolino. 
Il cuore annodato le si allarga un pochino. E sorride fissando il piatto. Chris. Che farei io senza di te. Come faro’ io senza di voi, quando dovro’ tornare in un posto che non e’ piu’ casa mia e nessuno mi accompagnera’ quando saro’ stanca o avro’ bisogno di fare una cosa. 
Come sara’, quando tornero’. 
“Non pensarci, adesso - le sussurra Elisa, come se le leggesse nel pensiero -. Pensa solo che siamo qui, a goderci questi giorni, e a non farteli rovinare da niente e nessuno. Soprattutto da nessuno”. 
Hai ragione, Eli. Su tutti i fronti. Lei la abbraccia e le nasconde il viso nella spalla. 
“Mi siete mancate cosi’ tanto”. Elisa ha gli occhi umidi e sente qualcosa di umido anche lei sulla spalla scoperta. Andrea fa il giro del tavolo, e anche lei abbraccia le sue due amiche. Kim pensa che vorrebbe stare cosi sempre, protetta e tra due persone vere, di cui potersi fidare. E vorrebbe tornare indietro nel tempo, a quando hanno varcato aule e istituti assieme, a quando c’erano a piangere con lei nel suo letto, a ridere in ogni momento, a salutarla al settore partenze dell’areoporto. 

Kyros guarda la scena dal bancone e un bicchiere gli scappa tra le mani, mentre lo strofina. Finisce a terra e si rompe. Le sue mani hanno tremato di nuovo, quando hanno visto Kim cosi’ piccola da dover essere difesa da altre due paia di braccia. I suoi occhi obliqui si fanno ancora piu’ obliqui quando aggrotta le sopracciglia e si china a raccogliere i cocci di quel bicchiere. Si volta di spalle per resistere ancora alla tentazione di guardare nella sua direzione. Vede solo con la coda dell’occhio Elisa che le passa la mano tra i capelli, e come quei capelli sembrino davvero rossi sotto la luce. E morbidi. 
Non ha potuto cambiare le ordinazioni, nemmeno controllarle. Troppo da fare. Ma avrebbe voluto. Avrebbe voluto assicurarsi ancora una volta che lei avesse avuto il meglio da quella sera. Avrebbe dovuto portarla all’areoporto invece che farci andare Lefteris, gli sarebbe piaciuto parlare un po’ con lei. Ma per qualche ragione, una ragione nascosta dentro di lui, nel profondo, una ragione con un nome e un grande vuoto intorno, ha lasciato che Lefteris guidasse il furgone, che Chris si offrisse di aiutarla con la macchina, che non ci fosse un momento per parlare. 
I suoi occhi sono come delle specie di magneti, pensa sorpreso. E anche al tavolo di fronte a lei, il ragazzo seduto in mezzo agli altri lo ha notato. Lo conosce di vista, lo ha visto spesso in giro. 
La mascella gli si irrigidisce. 
Non posso fare niente, pensa. Non ho il diritto di fare niente, visto come mi sono comportato in questi giorni. Ma la mascella rimane serrata, mentre a fatica continua ad occuparsi delle comande.

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