Segreti e Dalie

di fefi97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo Capitolo ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


 

Note: prima di lasciarvi alla lettura di questa cosa discutibile, devo precisare delle cose. Intanto questa storia è una AU del bellissimo libro di Sophie Kinsella “sai tenere un segreto?”, quindi ci saranno scene e situazioni simili, anche se ovviamente la mia storia è molto più trash e meno bella, ma spero comunque vi strappi una risata. Derek in questa storia è volutamente ooc, spero non ci saranno fraintendimenti su questo. Accetto qualsiasi critica, ma per favore non venitemi a dire che Derek è ooc perché uomo avvisato mezzo salvato! La storia, almeno inizialmente, verrà pubblicata regolarmente (magari ogni sabato), visto che ho diversi capitoli pronti. Chi mi conosce sa che ho il vizio di pubblicare storie quando ho progetti in sospeso (ciao, odi et amo), ma sa anche che tendenzialmente cerco di portare tutto a termine, sebbene con tempi lunghissimi. Su questa storia sono abbastanza fiduciosa, spero solo di non deludervi. Ci si vede in fondo, un bacio a tutti <3

 

ps: il Derek di questa storia ha una biologia tutta sua, ve lo dico.

 

 

 

 

 

Segreti e Dalie

 

 

Primo Capitolo

 

 

 

Va bene.

Può darsi che io abbia qualche segreto.

Ma sono segreti piccoli, di quelli che abbiamo tutti.

Non devo sentirmi in colpa per questo, vero?

Voglio dire, sono segreti che non fanno male a nessuno. Cosa cambia al mondo se peso settantun chili o settantotto e mezzo? Cambia solo un numero in fondo.

E quando ho detto a Jordan che pesavo settantun chili e mezzo, era perché stavo pensando di mettermi a dieta. Quindi è una piccola bugia in buona fede. Non è nemmeno una bugia, solo una piccola anticipazione. Un giorno peserò settantun chili e mezzo.

Ciò causa un altro piccolo segreto.

Il perizoma che mi ha regalato Jordan. Questo fantastico perizoma nero da uomo che dovrebbe farmi sembrare super sexy.

E' maledettamente scomodo.

Mi sembra mi tagli in due ogni volta che mi siedo. Non so se faccia bene al mio sedere, vista già la situazione delle mie natiche.

Ah già. Altro piccolo segreto. Sono fermamente convinto che la natica destra sia leggermente più grande di quella sinistra. Non l'ho mai detto a nessuno anche se a volte quando sono dal medico faccio casualmente “mi trova proporzionato?”, con tanto di sorrisetto pieno di sottintesi. Ma ovviamente quello non capisce e comincia a blaterare su quanto la mia massa muscolare, la mia altezza e il mio peso siano perfettamente nella norma e via dicendo.

Lo so che la mia natica sinistra non è stata più la stessa da quando Malia mi ha spinto a sei anni e io sono caduto tutto storto. Maledetta.

Jordan sembra piuttosto soddisfatto del mio sedere e visto che è il mio fidanzato presumo vada bene così.

Insomma ho segreti di questo tipo. Niente di speciale.

Un altro piccolo segreto potrebbe essere che oggi ho mandato in fumo un affare di milioni di dollari per cui sono stato espressamente inviato in Scozia dall'azienda per cui lavoro da due anni, come banco di prova.

Potrei aver reagito male al jet leg. Potrei aver vomitato sulle scarpe più lucide e nere che abbia mai visto.

A mia difesa, credo che le cose stessero andando male anche prima.

Però, dai, penso che potesse andare peggio.

Greg ha dovuto condurre il resto della riunione in calzini mentre la sua segretaria gli smacchiava le scarpe, ma mi ha assicurato che ci avrebbero pensato. E che non avrebbe detto a Chris, il mio capo, che ho vomitato i miei cereali sulle sue scarpe.

Ammetto di essere leggermente depresso.

Come se non bastasse, devo prendere un aereo e affrontare un altro maledetto volo di undici ore per tornare in America.

Okay. Può darsi che io abbia paura di volare. Non lo sa nessuno, perché sono già abbastanza imbarazzante senza metterci la paura dell'aereo.

Paura del tutto irrazionale visto che l'aereo è un mezzo assolutamente sicuro.

A meno che un'ala non si stacchi ad alta quota, l'aereo precipiti schiantandosi nell'oceano e affondi stile Titanic uccidendoci tutti.

L' hostess deve aver capito che ho qualcosa che non va, perché stringo la carta d'imbarco talmente forte che non riesce prendermela dalle mani.

-Signore, lasci che...-

Con uno strattone violento riesce a impadronirsi del foglio.

Non voglio volare. Non voglio.

Mi accorgo di averlo detto ad alta voce solo quando lei mi rivolge uno sguardo comprensivo.

-Non deve temere, signore. La nostra compagnia è totalmente sicura. Abbiamo una percentuale di incidenti quasi nulla. -

Quasi. Che vuol dire quasi? Quasi non significa nulla. Non puoi essere quasi una brava persona. Non puoi aver quasi ucciso il pesce rosso dei tuoi (non lo sa nessuno e poi il nuovo pesce è quasi identico a Miles). Non puoi avere una compagnia aerea quasi sicura.

-Non posso morire – mi ritrovo a dire, fissando terrorizzato la giovane donna davanti a me – Ho mandato all'aria un grosso affare per la compagnia per cui lavoro e non avrò mai la mia promozione, resterò assistente marketing per sempre. Non posso perdere anche la vita. -

Lei sbatte le palpebre, presa di contropiede. D'un tratto prende un'aria cospiratoria e si sporge verso di me.

-Lei ha bisogno di rilassarsi. Sa che facciamo? Visto che c'è posto la metto in prima classe. -

La guardo, sorpreso.

-Lo può fare? -

Lei si tamburella il lato del naso con aria furba.

-Ci può scommettere. -

E così circa dieci minuti dopo sono seduto nella poltroncina più comoda della mia vita, con un bicchiere di champagne tra le mani e tutta la prima classe per me.

Bel colpo, Derek.

Beh, in realtà ci sono un paio di uomini in giacca e cravatta, sicuro pezzi grossi. E una donna con un tailleur che scrive al computer con ferocia. Mi ricorda Isaac e sorrido pensando al mio migliore amico. Non vedo l'ora di essere a casa nostra e raccontargli questa giornata orrenda.

Potremmo farci una cioccolata calda. Mi ricordo di Jackson e mi invade il senso di colpa per non aver pensato al mio secondo coinquilino. Okay, due cioccolate e un the rassodante.

Insomma, ho quasi tutta la prima classe per me.

Ho un vicino di posto, ma è tutto occupato a guardare cupo fuori dal finestrino, non fa praticamente caso a me a parte una veloce occhiata.

Indossa un maglione scolorito e un paio di jeans che sembra abbiano visto tempi migliori e ha la barba incolta. Poverino, probabilmente pure a lui hanno regalato la prima classe.

Mi stringo con allegria nelle spalle, mi sistemo comodo ed estraggo dalla mia valigetta professionale (Jackson è uno stronzo, ma fa bei regali di compleanno) la mia copia spiegazzata di People.

Mi sembra che il mio vicino di posto mi stia osservando con la coda dell'occhio.

Oddio. Ho un completo, sono in prima classe, ho una valigetta ultra professionale e leggo People. Non va bene.

Ripongo People con dignità ed estraggo la copia del Times di ieri che ho rubato ad Isaac per poter leggere l'oroscopo mentre andavo in aeroporto.

-Vediamo i tassi di mercato! - esclamo ad alta voce, dicendo la prima cosa che mi viene in mente. Tassi di mercato. Ci sta no?

Sbircio con la coda dell'occhio il mio vicino, ma quello è di nuovo sprofondato nel suo sedile a guardare fuori dal finestrino, apparentemente disinteressato a me.

Meglio così. Nascondo People dietro il Times e comincio a leggere, felice.

Sono completamente rilassato, per le prime sette ore di viaggio.

Poi cominciano ad esserci turbolenze.

Poi, semplicemente il caos, con gente che urla e l'areo che traballa in modo terribile.

Sto per morire, lo so.

Il capitano dice di stare calmi e al proprio posto, ma è ovvio che debba dirlo.

Non cambia nulla, comunque.

Sto per morire.

-Non sta per morire. - sbotta il mio vicino di posto e mi rendo conto, con un po' di imbarazzo, di aver parlato ad alta voce.

-Deve solo non farsi prendere dal panico. Lei, e le altre persone su questo maledetto aereo. -

Lo guardo. Non sembra particolarmente turbato, ha ancora il suo broncio e sembra più infastidito che spaventato.

D'un tratto mi rendo conto che sarà questo l'ultimo essere umano con cui interagirò prima di morire e mi prende uno slancio irrefrenabile di contatto umano.

Gli afferro la mano e la stringo talmente forte che la pelle diventa ancora più bianca, ma l'uomo non dice nulla, limitandosi a guardarmi con gli occhi spalancati, a metà tra l'irritato e lo stupito.

Mi sporgo verso di lui, che sbatte le palpebre ma non si allontana. Mi studia come se fossi un pazzo squilibrato. Probabilmente lo sono.

-Morirò senza che il mio fidanzato mi abbia mai trovato la prostata. - gli comunico in tono basso e quasi commosso, stringendogli la mano.

-Mi scusi? -

Mr. Broncio è scioccato, ma io ormai ho deciso. Non morirò nella solitudine e nel silenzio. Morirò stringendo la mano di quest'uomo imbronciato, ripercorrendo la ridente via dei ricordi. E sarà una morte bellissima e poetica e io e lo sconosciuto alla fine ci abbracceremo commossi, mentre l'aereo precipita nell'oceano e l'orchestra suona fino alla fine...

Devo smetterla di guardare Titanic ogni giovedì sera.

-Non l'ha mai trovata. Neanche una volta – faccio una pausa angosciata, guardando dritto negli occhi nocciola dello sconosciuto – Credo di non avere una prostata. -

C'è un momento di silenzio, poi vedo la bocca dell'imbronciato contrarsi in una smorfia strana, mentre gli occhi perdono quel lampo irritato e diventano morbidi, semplicemente divertiti. Ride forte e io stranamente non mi sento offeso. Stiamo per morire, se lo merita anche lui di morire con il sorriso.

-Io credo che lei ce l'abbia una prostata. - mi fa notare con un sorriso gentile e un luccichio divertito negli occhi.

Sembra avere cambiato completamente atteggiamento. Prima era così antipatico e scontroso, ora è semplicemente rilassato e divertito e i suoi occhi ambrati splendono curiosi e attenti nei miei. Ci teniamo ancora la mano e in qualsiasi altra situazione lo troverei tremendamente imbarazzante, ma adesso mi da solo forza.

-Non saprei. Jordan, il mio fidanzato, ci ha provato in tutti i modi. Abbiamo passato ore a fare sesso e niente. Ed era pure giovedì. Ho dovuto fingere un orgasmo sconvolgente perché mi lasciasse andare. Mi sono sentito un po' in colpa, ma era pur sempre giovedì. -

Mr Broncio pare confuso.

-Che ha di speciale il giovedì? -

Lo guardo con serietà.

-Giovedì è la serata Titanic. Lo guardo ogni giovedì sera. -

Mi sta fissando in modo strano, ma, ancora, non mi sento affatto a disagio.

-Lei ha finto un orgasmo, cosa che francamente non pensavo fosse possibile, perché doveva andare a vedere Titanic. - ripete in tono lento.

Inarco le sopracciglia, come se fosse una cosa ovvia.

-Beh, era giovedì! -

Ride di nuovo e io continuo a parlare, implacabile.

-Capisce perché sono così sconvolto? Sto per morire senza che il mio fidanzato sia mai riuscito a farmi venire trovandomi la prostata e in più non mi sono mai innamorato. Ma se fosse solo questo potrei ancora accettarlo. Ma io non ho concluso proprio niente, non solo in amore. Sono un totale fallimento.-

L'uomo mi fissa. Il suo sguardo sembra quasi dolce, è sicuramente molto intenso. Sento le sue dita stringere lievemente le mie di rimando.

-Sono sicuro che non sia affatto così. -

-Sì invece. Non sarò mai all'altezza di Malia per la mia famiglia. Lei è la star e io sono Derek, il disastro umano. -

E a quel punto capisco che Mr. Broncio non potrebbe fermarmi neppure volendo. Malia è un argomento troppo presente – troppo opprimente – nella mia vita perché io riesca a fare a meno di parlarne. Come al solito, comincio a lamentarmi. La mia bocca si apre e ne escono fiumi e fiumi di parole. Gli racconto tutto, della morte di mia zia, dell'inaffidabilità di mio zio Peter, di come Malia sia venuta ad abitare con noi quando avevo dieci anni.

Gli racconto di come d'un tratto Laura e Cora preferissero lei a me. Di come mamma preferisse lei a me. Di come tutti preferissero Malia a me. Perché Malia era più grande, più bella, più intelligente. Malia aveva questa agenzia di viaggi tutta sua e io invece vagavo da un lavoro all'altro.

Gli racconto del fatto che speravo davvero che il meeting andasse bene, perché era il primo incarico importante che l'azienda per cui lavoravo mi aveva affidato e speravo in una promozione, perché tra poco sarebbe stato il compleanno di mamma e io avevo bisogno di entrare urlando “indovinate chi è responsabile marketing!”. Avevo bisogno di essere io la star, per solo qualche istante. Avevo bisogno che mamma e papà fossero orgogliosi di me quanto lo erano di Malia. Avevo bisogno che mi volessero bene quanto ne volevano a lei.

Dico di aver vomitato sulle scarpe di Greg, dico che ho sempre avuto paura di volare.

Parlo persino delle mie mutandine e di come mi seghino in due. Ammetto di non pesare esattamente settantun chili e mezzo, ma che presto sarà così. Gli confido che la camicia che sto indossando non è mia ma di Jackson e che infatti mi sta stretta. Preciso che è Jackson a essere più magro di me e non io a essere grasso. Anche se, davvero, ho intenzione di mettermi a dieta.

Parlo di Isaac e di come una volta ho sognato che facevamo sesso ed era tutto così imbarazzante perché Isaac era super impacciato e continuava a tirarmi calci e io cominciavo a inveire in spagnolo e allora anche Isaac parlava in spagnolo e questo è strano perché sono sicuro che Isaac non conosca lo spagnolo ed era tutto un “ay ay que dolor!”.

Gli dico che sono da sempre convinto di avere una natica più grande dell'altra. Gli dico che secondo me è colpa di Malia – parlo ancora di Malia e di come abbia rifiutato di assumermi nella sua stupida agenzia quando avevo disperatamente bisogno di un lavoro.

Ammetto di aver ucciso accidentalmente il pesce rosso dei miei.

Ammetto di non avere idea di cosa significhi “tassi di mercato”.

Ammetto di non avere affatto un biglietto per la prima classe.

Gli parlo della mia prima volta, di come abbia perso la verginità con questa ragazza più grande che mi ha solo usato. Gli dico di come probabilmente mi sarei chiuso in me stesso se non avessi avuto Isaac.

Gli parlo anche di Jordan. E sono conscio di non star dicendo cose propriamente belle, ma è come se il mio cervello fosse scollegato e la mia bocca articolasse parole autonomamente, come un fiume in piena.

-E' un poliziotto e ne va così assolutamente fiero! Sinceramente non ho mai sopportato la fottuta polizia. Credo che mio zio Peter mi abbia passato la sua avversione per l'ordine costituito. O forse è perché odio i western, quelli con lo sceriffo che va in giro a cavallo con la stella puntata al petto. Non sopporto quel cavolo di sceriffo, mi irrita e non so perché! Gli fanno sempre portare i baffi, in ogni film! Odio gli uomini con i baffi. E ovviamente Jordan cosa si sta facendo crescere? Ma certo, i baffi! Mi irritano la faccia e mi fanno venire da ridere quando mi bacia, ma non posso dirglielo, ferirei i suoi sentimenti. E' lo stesso motivo per cui ancora non gli ho detto che odio i rally, lui li ama. Dio, se c'è una macchina che odio più di quelle da corsa, è la jeep. E Jordan che macchina ha? Una jeep. -

A mia difesa, dico anche cose belle.

-E' molto dolce e... beh, è proprio bello. Ci siamo conosciuti tre anni fa. Ero andato alla stazione di polizia perché avevo smarrito la borsa con il pc sulla metro e dovevo fare la denuncia. -

Confesso velocemente che il computer non era esattamente mio e che potrei aver detto ad Isaac che ero stato derubato sulla metro da una gang armata fino ai denti. Continuo a raccontare.

-Jordan era lì ed era così bello... l'ho già detto che è molto bello? Mi ha aiutato a fare la denuncia e poi mi ha chiesto se volevo prendere un caffè con lui. Jordan... beh, tutti dicono che è perfetto. Voglio dire, è perfetto davvero. Solo che a volte... non so come spiegarlo... mi estranio un po' quando mi parla? Non sto dicendo che mi annoia. Solo che a volte lui parla di questo nuovo tipo di pistola e io cerco di ricordarmi quali stati comprenda la Foresta Amazzonica. Un giorno voglio assolutamente visitarla. Ma Jordan continua a portarmi a sciare perché è convinto che io ami sciare, ma lo faccio solo perché piace a lui e voglio farlo felice. -

-La Foresta Amazzonica... - ripete Mr. Broncio, con lo sguardo che brilla. Con la mano che non stringe la mia si sorregge una guancia e sembra molto interessato a quello che dico.

Probabilmente gli faccio pena, ma adesso non mi importa.

Continuo a parlare e a parlare. Gli racconto del mio capo e dei miei colleghi. Gli dico di come abbia rotto accidentalmente la foto della figlia che Chris, il mio capo, tiene in ufficio e di come abbia nascosto ciò che rimaneva della cornice nel cassetto della mia scrivania. Gli confesso che non sopporto la mia collega Erica e gli parlo di come io stia continuando ad avvelenare la sua piantina versandoci il toner della stampante. Gli confesso che in ufficio c'è questa fotocopia di un sedere in perizoma appesa al muro e che tutti credono sia stata Lydia a farla mentre era ubriaca alla festa per la promozione di Mark. Anche Lydia per un periodo ha pensato che fosse il suo sedere. In realtà sono le mie natiche, è il mio perizoma. Ed ero io a essere ubriaco marcio alla festa di Mark, Dio.

Gli racconto che Lydia è la collega che preferisco, anche se non lavora nel mio reparto, e che amiamo andare a prenderci un caffè da Starbucks in orario d'ufficio. Di solito lei entra nella zona marketing e chiede “Derek, posso chiederti un aiuto per trovare quel documento in archivio?” e quello è il segnale per la nostra pausa.

Gli dico che il caffè delle macchinette in ufficio è disgustoso, che è una vergogna che non possa neanche avere un cappuccino d'orzo decente senza scendere da Starbucks. Gli dico che vorrei avere una sedia girevole, di quelle comode e con le ruote, non quella roba di metallo. Gli dico che vorrei prendere una creme brulee in un ristorante di classe, di quelle che il cameriere accende proprio davanti a te, ma nei ristoranti dove mi porta Jordan non è mai sul menù. Gli dico che un appuntamento che sia un appuntamento dovrebbe iniziare con una citazione di Titanic.

Parlo, parlo e parlo.

Parlo finché la voce metallica del comandante ci ringrazia per la pazienza e ci informa che stiamo atterrando e di rimanere seduti al nostro posto.

Sbatto le palpebre, frastornato.

-Ma come, non moriremo? - chiedo, un po' urtato e confuso.

Lo sconosciuto accenna un sorriso, cominciando gentilmente a sfilare la mano dalla mia.

-Credo che il pericolo di morte sia stato scongiurato almeno due ore fa. - ironizza, ma la sua voce è gentile, i suoi occhi sono caldi.

Ha ancora quell'alone malinconico ad avvolgerlo e l'aria un po' sbattuta di chi è abituato a non sbarcare il lunario. Ma non ha più l'aria apatica di quando mi sono seduto accanto a lui.

-Oh. - dico, cominciando a sentirmi imbarazzato.

Oddio, non riesco a ricordarmi cosa gli ho detto. Non gli ho detto cose troppo personali vero? Oh mio Dio. Gli ho parlato delle mie mutandine. Gli ho parlato della mia prostata!

Lui però non pare per nulla turbato mentre recupera il suo bagaglio a mano. Si volta e mi sorride.

-Vuole che le stringa la mano durante l'atterraggio? L'aereo traballa un po', può essere fastidioso. -

Abbasso gli occhi, pieno di vergogna. Ci manca solo farmi tenere la mano dall'uomo con cui mi sono lamentato per mezz'ora sulla mancanza di orgasmi nella mia vita.

-No, grazie. - sussurro, giocherellando con il bordo spiegazzato della mia rivista.

Mi pare di cogliere un barlume deluso nei suoi occhi. Lo guardo per essere sicuro e noto che i suoi occhi hanno perso lo scintillio giocoso e spensierato di poco prima. Mi mordo il labbro.

-Come vuole. - mormora e si volta di nuovo verso il finestrino, esattamente come all'inizio, quando lui era uno sconosciuto con il broncio e io non gli aveva ancora spiattellato tutti i miei segreti.

Non so esattamente perché, ma scatto e gli afferro forte la mano che adesso tiene sul suo ginocchio, forse perché questo atterraggio mi terrorizza, forse solo perché non sopporto che questo perfetto sconosciuto sia triste per colpa mia, forse sono pazzo e basta.

Ma lo faccio, stringo la mano di Mr. Broncio e lui si volta e mi sorride e stringe di rimando e mi sembra che l'atterraggio non sia poi così terrorizzante.

Potrei piangere dalla gioia quando le hostess dicono che possiamo slacciarci la cintura e avviarci verso l'uscita.

Mr. Broncio mi lascia andare la mano, mi sorride.

-E' stato un piacere fare questo viaggio con lei. Sta meglio? Ha bisogno d'aiuto per andare a casa? -

-Oh no. No, no grazie. Sicuramente è venuto il mio fidanzato a prendermi. - dico subito, maledicendomi per l'immagine di me che gli ho dato. Ora pensa che sono un tipo strano che parla della propria vita sessuale e ha persino paura di volare.

Ancora una volta, sembra deluso, ma non replica. Si limita a sorridermi, poi si alza e si avvia lungo il corridoio. Aspetto due minuti, poi vado anche io. Ripenso a tute le cose imbarazzanti che gli ho raccontato di me e vorrei morire.

Fortunatamente, non dovrò vederlo mai più.

Proprio come avevo detto, Jordan è all'ingresso dell'aeroporto ad aspettarmi.

Mi sorride, mi bacia, mi dice che era così in pensiero per me, perché alla centrale aveva sentito di questa terribile turbolenza che interessava il mio volo.

Oh, caro, dolce bellissimo Jordan.

Poi comincia a parlare e io penso alla foresta Amazzonica. Non lo faccio di proposito, è più forte di me.

-... e quindi pensavo che dovresti venire a vivere con me, Derek. -

Mi riscuoto con prepotenza dai miei sogni verdi ed esotici. Cosa? Cosa ha appena detto?

-Cosa? -

Ho la voce stridula e sono sicuro mi stia per venire un infarto, ma Jordan continua a sorridermi come se avesse avuto l'idea del secolo.

-Sei frastornato dal jet-leg, eh? Ho detto che questa esperienza mi ha fatto capire quanto facilmente posso perderti. Voglio proteggerti sempre, Derek. Ti amo con tutto il cuore, e tu ami me. Vieni a vivere con me. -

Vado nel panico, anche se cerco di non farglielo vedere, mentre mi specchio negli occhi fiduciosi di Jordan.

Oh, è così fiducioso.

E mi ama così tanto. Ed è così bello. E' perfetto.

Ripenso a tutte le cattiverie che ho detto sull'aereo e mi sento una persona orribile.

Ma ero solo agitato, pensavo stessimo per morire tutti. Io amo Jordan.

Giusto?

Certo che lo amo.

Jordan è bello, è perfetto. E' qui, pieno di fiducia. Mi ama.

Mi ama.

Mi sembra di vedere la scena dall'alto, di essere fuori dal mio corpo, quando le labbra si separano e un – sì – esce dalla mia bocca.

Non sembra nemmeno la mia voce.

Ma Jordan non se ne accorge.

Mi bacia.

E io penso allo sconosciuto.

Mi chiedo se sia ancora triste.

Spero di no.

 

 

 

 

 

 

Jackson mi fissa. Mi fissa male.

Lancio un'occhiata ad Isaac, che è accoccolato sulla sua poltrona con una tazza di cioccolata tra le mani. Si stringe nelle spalle e insieme guardiamo perplessi Jackson.

-Che cosa hai fatto. - riesce poi a dire dopo parecchi istanti, staccando con fatica le parole le une dalle altre.

-Non è una tragedia, Jacks. - si arrischia Isaac, prendendo un piccolo sorso di cioccolata.

Jackson si gira a guardarlo con gli occhi fuori dalle orbite e io, dalla mia postazione sul bracciolo della poltrona di Isaac, mi rannicchio contro di lui, intimorito.

-Non è una tragedia? Non è una tragedia?! Ha detto a un uomo tutti i suoi segreti! Quanto si può essere stupidi? -

-Ero in un momento particolare! - mi difendo, offeso – E poi era un perfetto sconosciuto! Non lo rivedrò mai più. -

Jackson scuote la testa, disgustato.

-Mio Dio. Non ti ho insegnato proprio niente. -

Isaac alza gli occhi al cielo, emettendo un verso annoiato.

-Non ricominciare con quella stupida regola, ti prego. -

Jackson si considera un esperto di relazioni. In effetti, ha avuto il doppio di relazioni rispetto a me e a Isaac, non che ci voglia molto, visto che Jordan può considerarsi la mia prima storia seria e Isaac è stato sei anni con un totale idiota. E adesso... beh, adesso gli piace un totale idiota che pensa che la monogamia sia una gomma da masticare.

Lancio un'occhiata a Isaac, che sta fissando Jackson da dietro la sua tazza di cioccolata, gli occhi azzurri che brillano.

Sospiro. E' un caso perso.

-Non bisogna mai essere sinceri con un uomo. Non se si punta a un matrimonio vantaggioso con un uomo ricco. -

-Jackson, è una cazzata. - dico io, alzando gli occhi al cielo.

Jackson mi fulmina.

-Come pensi che abbia fatto mia madre a sposare mio padre?! -

Isaac e io ci scambiamo un'occhiata.

-Mh, amore? - azzarda il mio amico con fare ironico, mentre io soffoco una risatina nella mia cioccolata.

Jackson gli lancia uno sguardo di sufficienza.

-Ermetismo totale, ovviamente. Mio padre non sa ancora che mia madre è bionda tinta dopo più di trent'anni, e il loro matrimonio va a gonfie vele! -

Isaac e io lanciamo un'occhiata ai suoi capelli e Jackson chiude gli occhi con aria seccata.

-Io sono biondo naturale, idioti! -

Ci ritiriamo leggermente sulla poltrona di Isaac.

-Certo. -

-Ovvio, mai messo in dubbio. -

Jackson ci fulmina, poi rotea gli occhi rassegnato e si siede sull'altro bracciolo della poltrona di Isaac, rubandogli la tazza dalle mani. Isaac lo lascia fare come sempre, limitandosi a sospirare e ad allungarsi per prendere dal tavolino il suo pc.

Io rimango in silenzio e mi rendo conto che da quando sono tornato ho raccontato ad Isaac e Jackson dello sconosciuto a cui ho spiattellato la mia vita e i miei segreti più oscuri e imbarazzanti, che ovviamente mi sono rifiutato di rivelare a mente lucida.

Ma non ho minimamente accennato al fatto che Jordan mi ha chiesto di andare a vivere con lui.

Quando Jackson si alza per andare a fare il suo trattamento di bellezza in bagno, Isaac e io rimaniamo soli.

Mi guarda intensamente e io inarco le sopracciglia, vagamente sulla difensiva.

-Cosa? -

-Niente. E' che... - esita, fissando una mail su cui stava lavorando da almeno un'ora, prima che io piombassi a raccontargli dei miei problemi. Sospira – Non credevo che avessi così tanti segreti. -

Aggrotto la fronte, sentendomi vagamente a disagio.

Andiamo.

Non ho tanti segreti. Scommetto che a confronto della famiglia reale inglese o della Casa Bianca sono praticamente un libro aperto.

E poi i miei sono piccoli, innocui segreti che non fanno male a nessuno.

-Beh, tutti hanno dei segreti, no? - domando, prendendo un sorso di cioccolata ormai fredda.

Isaac spalanca gli occhi azzurri, il ritratto dello sconvolgimento.

-Io no! Perché dovrei avere segreti? -

Okay, questo è troppo.

Sorrido perfidamente, appoggiando delicatamente la mia tazza sul tavolino e alzandomi lentamente in piedi.

-Ma davvero. Quindi se adesso io irrompessi in bagno e dicessi a Jackson che hai una cotta per lui da tipo sempre... -

-Non oseresti! - strilla subito Isaac, alzandosi in piedi e afferrandomi con urgenza per le braccia. Quando si rende conto che sto ghignando, sbuffa e mi spinge leggermente indietro, rosso in viso.

-Stronzo. -

-Visto? - replico io, in tono ovvio – Tutti abbiamo dei piccoli segreti. -

Isaac mi guarda dritto negli occhi e io provo ancora quella sensazione acuta di disagio.

-Hai dei segreti anche per me? -

-No, certo che no. - mento, vedendo i suoi occhi riempirsi di subitaneo sollievo.

Insomma, è solo una piccola bugia per non farlo rimanere male. Cosa c'è di sbagliato?

 

 

 

 

-E' incredibile! Più la annaffio, più questa pianta sembra a un passo dalla morte! -

Mi strozzo con il caffé sputacchiandolo dappertutto mentre Erica, la mia collega e vicina di scrivania, mi guarda irritata.

-Tutto bene, Hale? -

-Sì – tossisco con difficoltà e la pena di dover fingere di non essere io quello che avvelena la sua piantina da mesi mi viene risparmiata da Chris, il nostro capo, che entra a passo di marcia.

Ci sediamo tutti quanti un po' più dritti, perché Chris ha lo sguardo spiritato e quando ha quello sguardo è meglio non essere impreparati. Può significare due cose: o uno di noi lo ha fatto incazzare o è incazzato per qualche motivo e si sfogherà su di noi.

Quel giorno però, non si trattava di nessuna delle due cose.

-Ascoltatemi tutti! - sbraita guardandoci a turno in cagnesco – Sono appena stato avvisato che tra meno di due ore Stiles Stilinski verrà a farci visita! -

Immediatamente tutti cominciano a bisbigliare e anche io spalanco gli occhi, stupito e anche un po' eccitato.

Ovviamente so chi è Stiles Stilinski. Cioè, non l'ho mai visto, ma è praticamente una leggenda qui dove lavoro.

E' il fondatore dell'intera azienda e il bello è che ha ideato lo slogan “oh my God, that's great!” quando era giovanissimo e frequentava il liceo di Beacon Hills con Scott McCall, il suo migliore amico e cofondatore.

Le merendine che produciamo vanno fortissimo tra i giovani, come ogni prodotto ideato da lui.

E' un genio della pubblicità, un miliardario appena trentenne.

E sta venendo qui.

Qui, nella filiale di New York.

Mio. Dio.

Immediatamente si scatena il panico.

Chris urla istruzioni a destra e a manca, Erica si mette il lucidalabbra, io mi precipito a staccare la fotocopia del mio sedere dalla parete.

Non faccio in tempo a staccare la prima puntina che Chris mi chiama.

-Derek. Devo parlarti. Nel mio ufficio. -

Oh oh.

Il suo sguardo non promette niente di buono. Ora sì che ha lo sguardo di quando uno di noi lo fa incazzare. Lo seguo nervosamente nel suo ufficio, già consapevole di cosa debba dirmi.

E' il mio primo giorno di lavoro da quando sono tornato dalla Scozia.

E, ecco, non è andata benissimo laggiù.

Chris si siede davanti a me, intrecciando le mani sul tavolo e lanciandomi una lunga occhiata. Mi dimeno un po' sulla sedia, maledicendomi per avere messo di nuovo quelle mutandine scomodissime.

-Milioni di dollari, Derek. Ti avevo affidato un affare da milioni di dollari. -

La delusione nella sua voce fa più male di una coltellata, di un ferro incandescente dritto negli occhi, della visione di Jackson con i bigodini.

Abbasso un po' gli occhi, mortificato.

Beh, almeno non sa di Greg.

-E per l'amor di Dio. Hai davvero vomitato sulle scarpe di Gregory Walsh? -

Quello spione bugiardo!

-Mi dispiace, Chris – dico finalmente, alzando lo sguardo e guardandolo implorante – So che potrei aver perso l'occasione di avere una promozione, ma... -

Chris scoppia a ridere, guardandomi come se non fossi vero.

-Potresti? Derek, l'unico modo in cui tu possa ottenere una promozione da me è uccidermi, e sperare che il tuo nuovo capo soffra di qualche malattia mentale. -

Boccheggio, guardandolo sconvolto.

Questa era davvero una cattiveria.

-Chris – mormoro sporgendomi verso di lui – Io ho bisogno di quella promozione. -

Chris spalanca le braccia, cominciando già a non prestarmi più attenzione.

-E io ho bisogno che tu non faccia cazzate quando ti affido un incarico importante, Derek. Ora puoi andare. E vedi di riordinare la tua scrivania per quando Stilinski sarà qui. E' sempre la più disordinata di tutte. -

Mi alzo, trattenendomi a malapena dal tirare un calcio alla sedia.

Sono furioso.

E ho voglia di piangere.

Sono furioso e ho voglia di piangere mentre mangio gelato e mando al diavolo il mondo.

Alla fine risolvo per prendere a calci solo la sedia della mia scrivania.

-Uh, qualcuno è stato sgridato da papà? - domanda Erica con un sorrisetto, mentre si guarda schifosamente compiaciuta nel suo specchietto.

La guardo, sorridendo fasullo.

-Erica, hai mai pensato che la tua pianta si stia suicidando pur di non stare con te? -

Erica mi getta un'occhiata al cianuro, che io ricambio senza alcun problema. Questa stronza.

In ogni caso, comincio di malavoglia a sistemare la mia scrivania, anche se penso in maniera ossessiva alla mia promozione mancata.

Ci tenevo. Ci tenevo ad entrare a casa per il compleanno di mamma gridando “indovinate chi ha la promozione, gente!”.

Invece anche quest'anno dovrò assistere inerte al Malia Hale Show.

Sto ancora cercando di far entrare tutti i miei numeri di people nel cassetto della mia scrivania, quando Francine si precipita nell'ufficio urlando “è qui! Stiles Stilinski è qui!”.

Il che non aiuta molto a tenere calmi gli animi.

Tutti corrono da una parte all'altra cercando di mettere a posto e mentre chiudo le pagine di “cucina dietetica per pigri che non vogliono stare veramente a dieta e amano il gelato” aperte sul pc, mi rendo conto che mi sono dimenticato di togliere la fotocopia del mio culo dalla parete.

Oh, pazienza.

In ogni caso non penserà mai che siano proprio le mie chiappe.

Indosso un perizoma. Penserà che sia il sedere di una ragazza, come tutti.

Sono in una botte di ferro.

-In posizione! - sibila Chris, sbucando dal suo ufficio.

Tutti quanti notiamo che si è cambiato e che indossa la cravatta invece che della solita polo sdrucita.

Mi siedo il più dritto possibile sulla mia scrivania, cercando di risultare professionale.

Forse è meglio se volto la tazza che mi ha regalato Isaac con scritto “il miglior migliore amico del mondo”.

Amo quella tazza, ma forse non è professionale.

Sentiamo la voce acuta di Nancy, il capo del mio capo, avvicinarsi dal corridoio e sappiamo che è questione di pochi attimi e ci ritroveremo faccia a faccia con Stiles Stilinski.

Mio Dio, spero solo di fargli una buona impressione.

Mi accontento anche solo di non fare figure di merda.

Ce la posso fare.

Nancy entra, fianco a fianco con un ragazzo vestito di tutto punto, gli occhi azzurri e i capelli castano chiaro.

Ha un sorriso leggermente da maniaco, ma penso tutto sommato che sia un bell'uomo. Deve essere Stiles Stilinski.

Ma poi succede una cosa che pensavo non sarebbe successa neanche nei miei incubi peggiori.

Il ragazzo in giacca e cravatta si sposta e dice “prego, signor Stilinski.”

E dietro di lui c'è un altro uomo.

Un uomo con un maglione sdrucito, i jeans larghi, l'aria tesa di chi non dorme da giorni e le occhiaie sotto gli occhi nocciola.

E mi sta fissando.

Tra tutti sta fissando proprio me.

Lo guardo, paralizzato.

E' lui.

E' Mr. Broncio.

Gesù santissimo.

E' il mio sconosciuto.

 

 

 

ANGOLINO

 

Spero che siate sopravvissuti a questo trash XD

Ce ne sarà molto, ma questa storia è stata scritta con l'intento di essere comica (anche se in alcuni punti mi è scappato un po' di angst, devo essere sincera), quindi spero che vi faccia ridere prima di tutto <3

E' dedicata alle mie cicce, a Giuls, che tra qualche giorno compie gli anni e che spero apprezzerà questa cosa come una sorta di regalo, e a Rach, che mi ha fatto scoprire il libro della Kinsella e che per questo ringrazio <3

Vi voglio tantissimo bene e se questa storia riesce a non fare schifo a voi, per me va bene così <3

Grazie a chiunque abbia letto <3

Un bacione grande,

Fede <3

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


 

Secondo Capitolo

 

 

 

Quante probabilità c'erano che succedesse davvero una cosa del genere?

Una su un milione forse?

E, ovviamente, è capitata a me.

Sono io quello che è nella stessa stanza con il proprio capo che guarda caso è anche lo sconosciuto a cui ho rivelato ogni mio più piccolo e imbarazzante segreto.

E continua a guardarmi!

Deve smetterla di guardarmi.

Cosa gli ho detto poi con precisione sull'aereo? Dio, ho il vuoto totale.

-E questo è il nostro reparto marketing signor Stilinski, gestito dal nostro Chris Argent. - esclama Nancy, con voce stridula.

Mr. Broncio sbatte le palpebre, come se si stesse svegliando da un sogno, e lentamente distoglie lo sguardo da me, permettendomi di respirare.

-E' possibile rimanere un po' qui? - domanda con voce gentile e, oh mio Dio, sta scherzando.

Non può rimanere qui. Io ci muoio qui, se stiamo ancora un po' nella stessa stanza.

Il ragazzo in giacca e cravatta gli lancia un'occhiata tra il sorpreso e lo scocciato, mentre Nancy sta già annuendo con una veemenza inquietante.

-Ma certo signor Stilinski! Può rimanere tutto il tempo che vuole! - squittisce zuccherosa – Una poltrona per il signor Stilinski! - abbaia poi a Sam, che si affretta a obbedire.

Mr. Broncio la accetta ringraziandolo a bassa voce e la sistema proprio al centro della stanza. Rivolta alla mia scrivania.

Dio.

Voglio morire.

-Potete chiamarmi Stiles. - dice poi, sempre guardandomi.

Io distolgo in fretta lo sguardo e comincio ad aprire pagine a caso sul mio computer. Qualsiasi cosa pur di non doverlo guardare negli occhi. Insomma, ho raccontato a quest'uomo fatti molto intimi della mia vita privata.

Cerco di fare uno sforzo mentale e di ricordare con precisione cosa gli ho detto.

Gli ho raccontato della mia famiglia. Del mio fidanzato. Del mio perizoma.

Ma perché sono così deficiente?

Ho una brutta sensazione, come se dovessi preoccuparmi di qualcos'altro che ho detto su quell'aereo, ma in questo momento sono talmente nel panico che mi sembra di avere la mente bianca.

-Vi prego, continuante a lavorare come se non ci fossi. - continua e, fanculo, chi vuole prendere in giro?

E' ovvio che non posso continuare a lavorare se lui e lì che mi guarda.

Non sono mai stato più imbarazzato in vita mia.

Fortunatamente non è che debba avere una conversazione con quest'uomo.

-Mi scusi. -

Oh mio Dio.

Non ci posso credere. Sta parlando a me.

Okay. Niente panico, Derek. Puoi tranquillamente ignorarlo.

-Hale! - sibila Chris, avvicinandosi di un passo alla mia scrivania e guardandomi con un sorriso forzatissimo e gli occhi di chi vuole solo il mio sangue – Stiles ti sta parlando. -

Sospiro profondamente, sollevando il capo dallo schermo del computer con l'aria più naturale che mi riesca.

Mr. Broncio mi sta fissando, ma non ha il broncio. Cristo, ha il capo piegato di lato e un sorrisetto gli increspa le labbra.

-Sì, signore? - domando, pregando che la voce non mi stia tremando.

Sento tutti gli occhi fissi su di noi e vorrei solo nascondermi sotto la scrivania e chiamare Isaac e piangere al telefono su quanto sono stupido e su quanto l'universo faccia schifo, ma temo che non sia un comportamento professionale.

-Posso sapere il suo nome, signorino? -

Deglutisco, gettandomi occhiate tutto intorno. Ci stanno tutti fissando.

Il tipo elegante che era con lui ha un cipiglio che non mi piace, mentre mi squadra con le braccia incrociate sul completo gessato, in piedi accanto a Stiles Stilinski.

-Derek Hale. - mormoro infine, distogliendo subito lo sguardo. Mi sento la faccia scottare.

Mi sta ancora guardando, lo sento.

-E il suo nome, signorina? - lo sento poi chiedere a Erica e in breve tutti si stanno presentando al nostro fantomatico capo.

Eppure, mi sta ancora fissando.

-Di cosa si occupa, Derek?-

Oh mio Dio. Perché insiste nel parlarmi?

-Di... di cose. Varie cose. - mormoro brillantemente, arrossendo nell'avvertire le risatine intorno a me.

Stiles Stilinski continua a sorridere in quella maniera odiosamente morbida, come se mi stesse prendendo in giro e nello stesso tempo gli facessi tenerezza, e, caso strano, mi sta ancora fissando.

-Derek è assistente marketing. Da due anni. - interviene Chris in tono gentile, fulminandomi intanto con un'occhiata.

-Capisco – mormora Stilinski, spostando lo sguardo su Erica che sta ancora ridendo di me – Signorina, la sua pianta sembra a un passo dalla morte. - la informa, sollevando un angolo della bocca.

Oh. Mio. Dio.

Voglio morire.

“Ogni tanto annaffio con il toner della stampante la piantina della mia collega Erica. So che non si dovrebbe fare, ma Erica è così odiosa!”

Sono parole mie. Io glielo ho detto su quello stupido aereo.

Quest'uomo sa tutto di me ed è orribile.

Erica impallidisce, mentre guarda la piantina come se dal suo stato dipendesse tutta la sua carriera.

-Mi dispiace immensamente, Signore. Le do da bere tutti i giorni, non capisco come possa stare appassendo. - si giustifica infatti con voce stridula, guardando la piantina come se fosse tutta colpa sua. E invece è tutta colpa mia. E Stiles Stilinski lo sa.

-Forse ha ragione Derek e la piantina si sta suicidando. - ridacchia Sam dalla sua scrivania, scatenando le risate di tutti.

Io mi limito a coprirmi il viso con le mani, mentre sento lo sguardo caldo di Mr. Broncio di nuovo su di me.

-Crede che la piantina della signorina Erica si stia suicidando, Derek? -mi chiede in tono gentile, ma i suoi occhi brillano di divertimento e, oh mio Dio, odio quest'uomo.

-Ovviamente no, signore. Non credo che sia scientificamente esatto dire che una pianta possa suicidarsi. - replico con un sorriso fasullo, stringendo forte le mani ai bordi della sedia.

Stiles Stilinski non dice nulla, ma nei suoi occhi c'è un'altra piccola esplosione di luce ed è come se ridesse silenziosamente.

Se non fosse che odio trovarmi in questa situazione, sarei felice del fatto che sembra stare molto meglio dalla prima volta che l'ho visto.

-Ehi signore! - richiama la sua attenzione Sam in tono allegro e gli sono quasi grato finché non vedo con orrore che sta indicando la fotocopia del mio culo appesa al muro – Vuole partecipare anche lei alle scommesse su di chi siano queste chiappe? Tutti dicono che siano della Martin, ma secondo me questo sedere è troppo grosso per essere suo. -

Okay.

Innanzitutto, Sam è un idiota colossale.

Secondo, è totalmente non professionale chiedere al proprio capo di partecipare a una caccia alle chiappe.

Terzo, non esiste che io abbia il sedere più grosso di Lydia. E' una menzogna.

Posso vedere con la coda dell'occhio Chris cercare di svenire prendendo a testate lo stipite della porta, ma Stiles Stilinski sembra piuttosto divertito.

Certo, quell'infame sa benissimo la verità.

-Purtroppo non sono tra voi da abbastanza tempo per poter darle una risposta soddisfacente, Samuel, ma le prometto che in questi giorni valuterò i vostri... sederi. -

Tutti scoppiano a ridere, quindi presumo di doverlo fare anche io. Forse non avrei dovuto fare questa risata acuta e stridula perché mi stanno di nuovo guardando tutti.

Stiles compreso. E ha ancora quell'irritante sorriso.

Gesù.

Non ho mai desiderato la fine di una giornata lavorativa tanto intensamente.

E proprio quando penso che non potrebbe andare peggio, ecco che spunta Lydia.

La cosa all'inizio non mi allarma particolarmente. So perché è qui. Vuole andarsi a prendere un caffè con me usando il nostro speciale linguaggio in codice.

Ma poi noto lo sguardo incuriosito di Stiles Stilinski su Lydia che si avvicina alla mia scrivania e ho un flash orribile.

“Lydia è la mia collega preferita, anche se lavoriamo in reparti diversi! Quando vogliamo prenderci un caffè insieme finge di venire a chiedermi di aiutarla con l'archivio, e quello è il nostro segnale!”

Oh mio Dio. Non può ricordarsi anche questo, vero?

E' impossibile che si ricordi ogni cosa che ho detto.

Sudo freddo mentre Lydia avanza sempre di più. Sorride cordialmente a Stiles quando gli passa accanto.

-Buongiorno signor Stilinski. E' un onore averla qui. Sono Lydia Martin, del reparto telecomunicazioni. - si presenta in tono professionale e noto con orrore gli occhi di Stiles illuminarsi.

Si ricorda.

-La ringrazio molto, signorina Martin. - si limita a rispondere con garbo, con un accenno di sorriso beffardo sulle labbra.

Lydia poi si rivolge a me e vorrei tanto, ma davvero tanto, che potessimo comunicare telepaticamente, così le potrei urlare di non dire quello che sta per dire.

-Derek, mi potresti dare una mano con quel documento in archivio? - chiede Lydia in tono allegro, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Sento lo sguardo di Stiles saettare su di me. Lui sa che in realtà Lydia e io andiamo da Starbucks durante l'orario di lavoro. Potrebbe denunciarmi a Chris? Potrebbe decidere di licenziarmi per questo? Gli lancio una veloce occhiata. Non sembra arrabbiato, solo divertito. Che stronzo.

Mi passo velocemente la lingua sulle labbra, riportando lo sguardo su Lydia.

Non posso accettare. Non davanti al mio capo onnisciente. Questo lavoro mi serve e anche se Stiles Stilinski non sembra il tipo da licenziarmi per una pausa illecita, non ci tengo particolarmente a rischiare.

-Mi dispiace, sono pieno di lavoro da fare. - dico in tono compito e pieno di dignità, aprendo a caso la pagina “dimagrire in dieci giorni senza mangiare sano” sul mio computer.

Lydia mi fissa perplessa.

-Ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. - insiste, aggrottando la fronte, consapevole che non ho mai detto di no a un cappuccino all'orzo decente.

Oh, se solo sapesse.

-Ho davvero un sacco di lavoro da fare. - ripeto con voce acuta.

-La solidarietà tra colleghi è molto importante, Derek. Penso che se la signorina Martin ha bisogno del suo aiuto, dovrebbe andare. - interviene Stiles in tono gentile, fissandomi con gli angoli della bocca arricciati.

Gli scocco un'occhiata di fuoco, l'antipatia che cresce ogni secondo sempre di più.

Perché mi sta facendo questo? Che razza di persona ritorce contro a un'altra i suoi piccoli e innocui segreti?

Ma soprattutto, che razza di persona racconta tutti i suoi maledetti segreti a un perfetto sconosciuto su un aereo?!

-La solidarietà tra colleghi è la prima cosa che insegniamo qui – conferma con sussiego Chris, l'uomo che solo il mese scorso ha messo un lassativo nella tazza di Billy Frane per poter essere sicuro di presiedere lui la riunione. Mi getta un'occhiata fulminante - Vai ad aiutare la signorina Martin, Derek. - sibila, sforzando un sorriso che promette la mia morte immediata nel caso non faccia subito quello che ha detto.

Mi alzo con stizza e mi incammino a passo di marcia fuori dall'ufficio, con Lydia che mi segue perplessa. Posso sentire lo sguardo di Stiles bucarmi la schiena, ma lo ignoro con decisione.

Dieci minuti dopo sono seduto da Starbucks con Lydia, il confortante calore del mio cappuccino all'orzo che mi scalda le mani.

Sto veramente cominciando a pensare che il cappuccino sia l'unico e vero amore della mia vita.

A parte la foresta Amazzonica.

E Jordan!

A parte Jordan.

Ovviamente.

-Hai vomitato sulle scarpe di Greg Walsh?! - quasi urla Lydia, e se possibile sembra anche peggio di quello che è in realtà.

-Non capisco come sia potuto succedere, probabilmente avrò mangiato qualcosa di strano in albergo. Vai a fidarti degli Europei. - sospiro con sufficienza, perché neanche sul letto di morte ammetterò che ho paura dell'aereo.

E' già abbastanza che lo sappia il mio capo, grazie tante.

Lydia mi lancia uno sguardo solidale, mentre prende un piccolo sorso del suo caffè al ginseng.

-Adesso capisco perché insistevi così tanto sul dover lavorare. Cercavi di riscattarti agli occhi di Chris. -

Emetto un vago suono di assenso, senza guardarla negli occhi.

Oh beh. Se lei crede così, chi sono io per negare?

-Cambiando argomento... - gli occhi di Lydia brillano in un modo che non promette niente di buono – Quanto cazzo è figo Stiles Stilinski?! -

Pur di non risponderle mi ritrovo a prendere un lungo sorso di cappuccino bollente, ustionandomi completamente la bocca e facendomi scappare dei gridolini assolutamente non imbarazzanti.

Lydia inarca un sopracciglio, giudicante, e a questo punto capisco che non posso esimermi dal risponderle.

-Non lo fo, fono fidansato. - dico intelligentemente, sventolandomi la lingua con la mano.

Immagino che sia passabile, comunque.

Sì insomma.

Ha dei begli occhi caldi e profondi. E penso che non sia male la curva dolce che prende la sua bocca quando sorride. Non sono male nemmeno le sue mani, grandi ed eleganti. Immagino che barba da naufrago a parte e vestiti da senzatetto, sia passabile, ecco.

Non che mi importi minimamente, per la cronaca.

Lydia emette un verso esasperato, alzando drammaticamente gli occhi al cielo.

-Dio Derek, che noia! Ami da impazzire Jordan, lo abbiamo capito! Ti ho solo fatto notare quanto oggettivamente Stiles sia un bell'uomo, non ti ho mica detto, che so, di tradire Jordan o di farti procurare un orgasmo prostatico da Stiles Stilinski o... Derek si può sapere quel è il tuo problema oggi?! -

Ho completamente rovesciato il mio cappuccino su tutto il tavolo, mancando di davvero poco la gonna immacolata di Lydia, che è prontamente balzata in piedi.

Mi alzo anche io, consapevole di essere spaventosamente pallido e di avere gli occhi spiritati.

-Devo proprio tornare a lavoro, Lydia. Ci vediamo dopo. -mormoro trafelato, lasciando una banconota sul tavolo e allontanandomi prima di permetterle di insultarmi.

Oh mio Dio.

Oh mio Dio.

Oh mio Dio.

Ho detto a Stiles Stilinski che Jordan non mi ha mai procurato un orgasmo prostatico. Lo avevo rimosso fino a questo esatto momento.

Non l'ha mai trovata. Neanche una volta. Credo di non avere una prostata.

Gli ho parlato della mia prostata.

Gli ho detto che non ce l'ho.

Gli ho detto di non avere una prostata.

Non è possibile, non si può essere così idioti.

Questo è solo un brutto incubo da cui mi risveglierò presto.

Ma quando ritorno al mio piano, mi imbatto proprio nel mio incubo in persona, Stiles Stilinski intento a scegliere una merendina alle macchinette.

Cerco di superarlo con la massima disinvoltura di cui sono in grado, ma ovviamente inciampo nel cestino della spazzatura, attirando immediatamente i suoi occhi su di me.

Il suo sguardo è caldo e intenso, in questo momento è quasi insopportabile da sostenere. La sua bocca ha quella curva dolce e insieme beffarda, piegata nel solito sorriso moderato e discreto a cui ho fatto l'abitudine sull'aereo.

Un sorriso, mi rendo conto, che gli ho visto sulle labbra solo quando parlava con me.

Non significa niente, comunque.

-Derek. Tu e la signorina Martin siete riusciti a trovare quell'importante documento in archivio? - chiede in tono innocente, ma i suoi occhi brillano in una risata silenziosa e improvvisamente sento tutta la frustrazione e l'ostilità risalire prepotenti in me.

E anche un certo panico.

Voglio dire, quanto si ricorda di quello che gli ho detto?

Non può ricordarsi tutto, no? Maledizione, avrò parlato per due ore di fila!

Alla fine mi rassegno a chiederglielo, tanto non penso che potrei umiliarmi più di così. Chiudo un istante gli occhi con un sospiro e quando li riapro sono specchiati in quelli ora seri di Stiles Stilinski.

-C'è una piccola, remota, minuscola possibilità, che lei non si ricordi tutto quello che ho detto? - domando, implorante.

Gli occhi di Stiles mandano una piccola scintilla, ma questa volta non sorride, è straordinariamente serio.

-Temo, signorino, di doverla deludere – si avvicina pericolosamente e non riesco a capire questa improvvisa agitazione che mi attraversa, quando me lo ritrovo tanto vicino da poter contare i nei parzialmente nascosti dalla sua barba, da poter osservare per la prima volta come il suo naso compi una piccola e graziosa curva all'insù.

Le sue labbra si piegano in un minuscolo sorriso e mi ritrovo a deglutire a vuoto, lo stomaco serrato e la consapevolezza che dovrei allontanarmi e al contempo la strana sensazione di non riuscire proprio a farlo.

Cosa mi sta succedendo?

-Mi ricordo ogni cosa che è uscita dalle sue labbra, Derek. -

 

 

 

Sono ridotto a un fascio di nervi quando finalmente arriva la mia pausa pranzo.

Sono fuggito dall'ufficio prima che qualcuno potesse fermarmi, ignorando categoricamente Stiles Stilinski in procinto di dirmi qualcosa.

E adesso sono qui, in cima ai gradini davanti all'ingresso, a sperare che Jordan si sbrighi ad arrivare. Non ho mai desiderato così tanto andarmene da un posto.

Se allontanarmi da Stiles Stilinski significa dovere pranzare alla “tana del tacchino” con Jordan e ascoltarlo parlare di pistole per ventidue minuti, allora sono disposto a pagare il prezzo.

E poi posso sempre pensare alla foresta amazzonica.

Sento le porto scorrevoli dietro di me aprirsi e chiudo gli occhi, perché posso avvertire la sua aurea negativa e il suo profumo da quattro soldi anche a due metri di distanza.

-Derek. - mormora Stiles Stilinski, affiancandomi con la faccia tutta seria.

Ah. Ora è serio. Non sembrava così serio mentre si prendeva gioco di me poco prima.

-Salve. - dico distaccato, continuando a perlustrare la strada con gli occhi.

Avanti Jordan. Dove siete tu e la tua stupida jeep.

-Salve? - ripete Stilinski in tono beffardo e io mi limito a un sorrisino affilato, senza guardarlo.

-Sto cercando di comportarmi professionalmente. Ho pensato che uno di noi dovesse farlo. -

-Oh sì – Dio, odio quel suo tono beffardo – In effetti la tazza con scritto “il miglior migliore amico del mondo” mi ha proprio impressionato per il suo alto concentrato di professionalità. -

Mi volto di scatto, guardandolo con la bocca spalancata.

-La tazza era girata! Come cavolo ha fatto a vederla?! -

Accenna un sorriso, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans.

-Me ne ha parlato sull'aereo. E ha detto che ogni volta che Chris si avvicina a lei gira la tazza per non fargliela vedere. Ho fatto due più due. -

Grugnisco esasperato, distogliendo nuovamente lo sguardo.

-Ovvio. C'è forse qualcosa che non le ho detto su quel maledetto aereo? -

-Il suo nome. - risponde immediatamente Stilinski, sorprendendomi.

Mi volto a guardarlo con un sopracciglio inarcato e lui si stringe nelle spalle. Sembra vagamente imbarazzato.

-Avrei dovuto chiederle come si chiamava. Ma lei parlava così tanto. - aggiunge con uno sbuffo leggero.

Lo fisso, oltraggiato.

-Non parlavo tanto! Mi dispiace se ero convinto stessimo per morire! -

Alza gli occhi al cielo, aumentando la mia antipatia ogni secondo di più.

-Abbiamo attraversato solo una leggera turbolenza. -

-Cosa? - esclamo, incredulo – C'era sangue, c'erano urla, c'era l'oceano sotto di noi. Eravamo in una fottuta scena di Titanic, signore. -

Solleva un angolo della bocca e i suoi occhi si riempiono di quella luce calda che è in grado di farmi dimenticare per qualche secondo quanto io lo trovi irritante.

-Giusto. La serata Titanic. Ieri era giovedì giusto? -

Assottiglio gli occhi, anche se ho una sorprendente voglia di ricambiare il suo sorriso beffardo. Non tanto, solo un po'.

-Non prenda in giro i miei gusti cinematografici, signore. -

Stilinski scoppia a ridere e, wow, non credevo fosse in grado di emettere un suono simile. Forse non ha il malumore incorporato, dopotutto.

-Mi dispiace. Non ho mai visto Titanic, ma presumo abbia il suo perché.-

Oh mio Dio. Cosa ho dovuto sentire?

-Lei non ha mai visto Titanic? - sussurro, sconvolto nel profondo.

Stiles Stilinski mi getta una lunga occhiata calcolatrice.

-Temo di no – fa una pausa, si gratta la nuca e sembra assolutamente e deliziosamente a disagio – Dovremmo rimediare. -

Lo fisso, colto di sorpresa.

E' quello che sembra? Mi ha appena proposto di vedere Titanic insieme? Mi ha chiesto di uscire o è solo una mia impressione? Una cosa è certa: sto ipervenilando.

-Amore! Scusa il ritardo! -

Non so come sentirmi riguardo a Jordan che fa gli scalini di corsa e mi avvolge la vita con un braccio, baciandomi i capelli, il tutto sotto lo sguardo impassibile del mio capo. Di certo non sono sollevato come pensavo sarei stato prima che Stiles si avvicinasse a me.

-Ehi – mormoro, ricambiando appena l'abbraccio prima di scivolare di lato – Jordan, lascia che ti presenti Stiles Stilinski, il mio capo. -

Jordan spalanca gli occhi e si affretta a porgergli la mano, con un grosso sorriso vagamente esaltato. Stiles gliela stringe, la sua espressione è cordiale ma fredda. Non c'è traccia del buonumore di poco prima, mentre mi prendeva in giro e buttava casualmente il fatto di poter vedere Titanic insieme.

-E' un piacere conoscerla, signore! Lei è una leggenda anche nel mio ambiente. -

-Ah sì? Qual è il suo ambiente? - domanda Stiles gentilmente, anche se quello stronzo conosce perfettamente la risposta. Gli lancio un'occhiataccia, ma mi ignora.

-Sono un poliziotto. Non in servizio, in questo momento. - spiega il mio ragazzo con un sorriso impacciato, indicandosi l'abbigliamento in borghese.

Stiles lo osserva, meditabondo, e io fremo. Vorrei trovarmi alla Tana del Tacchino in questo momento. Vorrei trovarmi ovunque tranne che qui, con il mio ragazzo e il mio capo onnisciente.

-Ha dei baffi stupendi, complimenti. - esclama d'un tratto e io vorrei morire.

Odio gli uomini con i baffi.

Maledizione, maledizione, maledizione.

Jordan ride, rivolgendomi uno sguardo tenero che io ricambio con un sorriso da psicopatico e un risolino acuto. Posso quasi vedere la stupida faccia di Stiles Stilinski ghignare e inarcare le sopracciglia.

-La ringrazio. Me li sono fatti crescere per Derek, in realtà. -

-Li adoro! - dichiaro, con un sorriso smielato e tutto occhi dolci.

-Beh – azzardo un'occhiata a Stiles e mi rendo conto che non sorride più in maniera sarcastica, è semplicemente freddo e un po' rigido – Siete proprio una bella coppia. Jordan, è stato un piacere conoscerla. Derek... -

Senza che possa evitarlo, i miei occhi vengono calamitati dai suoi.

Voglio andare alla Tana del Tacchino. Ora. Subito. Devo sottrarmi dal suo sguardo. Voglio soltanto mangiare il solito panino che Jordan pensa che ami e invece odio, voglio sentirlo parlare della sicura delle pistole e pensare alla foresta Amazzonica. Voglio che tutto sia normale. Non voglio sentirmi così. Non mi piace il modo in cui Stiles Stilinski mi fa sentire solo standomi accanto, senza nessun motivo logico.

Mi fa venire voglia di cambiare le cose, e questo mi terrorizza enormemente.

-Derek, possiamo scambiare due parole in privato? Ci vorrà solo qualche minuto. - dice Stiles e sento lo stomaco sprofondare.

-Veramente... stavamo andando a pranzo... - mormoro esitante, lanciando un'occhiata a Jordan, che mi sorride rassicurante. Jordan, no. Non farlo. Non essere gentile. Trascinami via di peso, maledizione!

-Non ti preoccupare. Ti aspetto in macchina. -

Certo. Ovvio.

Si congeda da Stiles con un'altra stretta di mano, poi mi bacia leggero su una guancia. Appena si allontana, mi volto di scatto verso Stiles.

-A che gioco sta giocando? Cos'era quella battuta sui baffi? - sibilo, odiando il ritorno di quel sorriso sghembo e sarcastico sul volto solitamente impassibile. Non lo capisco quest'uomo, i suoi cambiamenti d'umore mi fanno girare la testa. E vorrei che non mi importasse il fatto che le uniche volte in cui i suoi occhi non mi sembrano tristi sono quelle in cui sono fissi nei miei, ma invece mi importa, merda.

-Cercavo solo di capire se il suo fidanzato fosse un'eccezione alla regola, o i suoi gusti fossero cambiati dal nostro ultimo incontro. -

-Beh, io amo i baffi! - esclamo, allargando le braccia e spalancando gli occhi, irritandomi quando vedo il suo sorriso accentuarsi – E' così, sono un feticista dei baffi. Baffi, baffi, baffi. La mia passione. -

-Allora dovrei farmene crescere un paio. - mormora, sorridendo con un angolo della bocca. I suoi stupidi occhi strani e belli e stupidi e belli brillano.

-Non penso le starebbero bene come a Jordan. - ribatto, acido, ma il cuore mi batte forte. Ci stava provando con me o è stata solo una mia impressione?

Stiles ghigna, ma sembra vagamente infastidito.

-Devo dedurre, dall'entusiasmo con cui ne parla, che abbiate risolto i vostri problemi... anche quelli più...intimi. -

Sento le guance andare a fuoco a quell'insinuazione e stringo ossessivamente i pugni, mentre gli lancio uno sguardo oltraggiato.

-Come osa! Queste sono molestie sul posto di lavoro, signore! -

Mr Broncio non si scompone, continuando a sorridere sghembo mentre finge di guardarsi intorno.

-Mi sembra che noi non siamo sul lavoro, in questo momento – il suo sguardo per un attimo si fa serio, quasi dispiaciuto – Non volevo metterla a disagio. Quando abbiamo parlato non mi era parso molto soddisfatto. Volevo solo accertarmi che fosse felice. -

Il suo sguardo mi scruta e so che legge la verità nei miei occhi, e lo odio per questo.

Mi scosto appena, sulla difensiva.

-Mai stato più felice. Né soddisfatto. La mia vita sessuale va alla grande, grazie. E le sarei grato se non affrontassimo mai più l'argomento. - rispondo, in tono compito e distaccato, alzando appena il mento.

Stiles accenna un sorriso triste mentre annuisce, poi il suo sguardo si fa serio nel giro di mezzo secondo e ho voglia di urlare.

Quest'uomo mi confonde.

-Ascolti, volevo soltanto chiederle... un favore. -

Mi calmo, spiazzato e incuriosito.

-Un favore? -

Stiles annuisce, cauto.

-Sì. Sarebbe immensamente d'aiuto se lei non parlasse con nessuno del fatto che ci siamo incontrati sull'aereo per New York. Ci terrei che il mio viaggio in Scozia rimanesse riservato. -

-Ma certo – mormoro, osservandolo intensamente – Non lo dirò a nessuno. -

Stiles accenna un sorriso, gli occhi sono tristi, ma la curva della sua bocca è dolce.

-So che non lo farà. -

Siamo qui, a fissarci sugli scalini della Sciles Corporation, e desidero soltanto allontanarmi. E allo stesso tempo rimanere qui per sempre, o finché i suoi occhi non saranno più tristi.

-Dovrei andare. - mormoro, accennando un movimento.

Stiles sembra riscuotersi, sale di uno scalino, con il solo effetto di farmi sentire ancora più a disagio, con lui che mi squadra dall'alto.

-Ma certo. Io penso che rientrerò a dare un'occhiata in giro – fa una pausa, i suoi occhi scivolano alle mie spalle, dove so esserci Jordan ad aspettarmi in macchina, la jeep che, ovviamente, Stiles sa che detesto – Ci vediamo più tardi in ufficio? -

Annuisco, scendendo di un gradino.

-Certo. Arrivederci, signore. -

-Ciao, Derek. - mormora lui e il mio nome è morbido e delicato sulle sue labbra.

Mi allontano velocemente, quasi scendo di corsa i gradini. Mi precipito in macchina e per prima cosa mi getto su Jordan, baciandolo. Lui ride, assecondandomi di buon grado, allungandosi per toccarmi il sedere.

-Sei di turno oggi? - gli sussurro contro la bocca, stringendogli il collo con le braccia.

Jordan scuote la testa, fissandomi piacevolmente sorpreso.

-No, ho il turno di notte oggi. Ma tu non devi tornare al lavoro? -

-Prenderò un permesso. - soffio, perché in questo momento preferisco prendermi una strigliata da Chris che stare un intero pomeriggio con Stiles Stilinski che mi guarda e che mi agita. E che conosce ogni mio segreto.

Mi ricordo di ogni cosa uscita dalle sue labbra.

-Andiamo da te, su. - sussurro, leccandogli l'angolo della bocca.

Jordan normalmente non rinuncerebbe alla Tana del Tacchino, ma deve essere così piacevolmente stupito dallo trovarmi così voglioso, che annuisce senza obiettare.

Non so cosa mi stia prendendo. So solo che non sto agendo per i giusti motivi. Non ho voglia di fare l'amore con il mio ragazzo.

Ho voglia di dimostrare qualcosa.

Non volevo metterla a disagio. Quando abbiamo parlato non mi era parso molto soddisfatto. Volevo solo accertarmi che fosse felice.

Io sono soddisfatto.

Io sono felice.

Amo il mio ragazzo.

Stiamo andando a fare del sesso pazzesco.

Non c'è bisogno che cambi nulla.

Va tutto bene.

Jordan fa partire la macchina e io faccio l'errore di gettare uno sguardo allo specchietto.

Lo stomaco mi si contrae spiacevolmente.

Stiles Stilinski è rimasto tutto il tempo sugli scalini.

Ha visto tutto.

 

 

 

 

-Oh! Sì! Così! Non ti fermare! -

Oh mio Dio.

Che qualcuno lo fermi.

Sembra di avere un martello pneumatico nel corpo. Non riesco nemmeno a pensare alla Foresta Amazzonica con tutti i versi che fa. E il continuo rumore del suo bacino contro il mio sedere...

Jordan geme contro il mio orecchio e continua a spingersi, spingersi e spingersi.

Fisso il muro davanti a me, cercando di capire se è verde, azzurro, o verde acqua.

Un'altra spinta scoordinata, il mio nome quasi urlato.

E' decisamente verde acqua.

-Tutto bene, amore? - mi soffia con voce affaticata e mi rendo conto che mi sono dimenticato di gemere.

-Ah, sì! -

Mi afferra con più forza i fianchi, spingendo con più vigore. E' vagamente fastidioso, la mia erezione è tenuta viva solo dal continuo sfregare con il materasso.

I movimenti di Jordan si fanno più frenetici e capisco che sta per venire.

Oh dannazione, devo cominciare a toccarmi, allora.

Cerco di non farmi vedere, mentre faccio scivolare una mano sotto il mio corpo.

-Amore, sto per venire. Ci sei? L'ho trovata? -

No!

No che non l'hai trovata! Non l'hai neanche sfiorata!

Mi sto rassegnando all'evidenza di non essere dotato di prostata.

Non è tutta colpa di Jordan, comunque. Il sesso andava abbastanza bene tra noi, finché non gli ho confessato che avrei amato venire solo perché stimolato dalla prostata.

Jordan ha accolto la proposta con entusiasmo.

Non è andata proprio come speravo.

Non voglio dirlo a Jordan, lui è sempre carino con me, non voglio ferirlo.

Così cerco di toccarmi senza farmi vedere.

Non gli sto mentendo, anche se potrebbe sembrare! Cerco solo di non scoraggiarlo, le grandi imprese non si sono svolte tutte in un giorno solo, in fondo. Non penso che qualcuno abbia insultato Cristoforo Colombo quando non ha trovato l'India al primo colpo o Schliemann la città di Troia.

Gli avranno detto qualcosa di incoraggiante, come: “ehi, ritenta, la prossima volta sarai più fortunato”.

Io sto facendo lo stesso con Jordan. Lo sto motivando.

Sento Jordan boccheggiare contro la mia nuca e aumento i movimenti della mia mano, sfoderando anche qualche mugolio autentico.

Quando vengo, la voce di Stiles Stilinski mi esplode in testa.

Non volevo metterla a disagio. Quando abbiamo parlato non mi era parso molto soddisfatto. Volevo solo accertarmi che fosse felice.

Vaffanculo, sono super soddisfatto e super felice!

Okay, non è stata una delle nostre volte migliori, è vero, ma Jordan mi rende felice.

Jordan mi ama.

Jordan mi prende tra le braccia dopo il sesso, mi bacia tutto il volto, mi fa sentire prezioso.

E in colpa.

Non mi fa mancare niente.

Il minimo che posso fare è tenere un piccolo segreto per non ferirlo, giusto? Il sesso non è così importante.

Posso vivere senza una prostata, Stiles Stilinski non capisce assolutamente niente.

Jordan è tutto ciò che ho sempre desiderato, me lo ripeto come un mantra mentre siamo tra le lenzuola sfatte, abbracciati.

Jordan vive con altri due colleghi, ma fortunatamente siamo soli.

E' tutto perfetto.

-Hai pensato a quello che ti ho detto all'aeroporto? - mi sussurra tra i capelli, mentre mi coccola.

Struscio il naso contro il suo collo e mi stringo a lui, intrecciando le nostre gambe nude.

Accenno un sorriso.

-Sì. -

Mi accarezza il lato del viso e nei suoi occhi leggo l'amore più assoluto e disinteressato. Quest'uomo mi ama. Non sono abituato a sentirmi amato, non con Malia sempre in giro e Jackson che monopolizza quasi sempre l'attenzione e il tempo di Isaac.

L'amore di Jordan è tutto mio, invece.

Ed è bellissimo.

-E? -

Sospiro, puntandogli il mento su una spalla e fissandolo.

-E penso che andare a vivere insieme sia un passo bello grosso da fare. -

-Io voglio farlo, Derek. - dice subito lui, stringendomi dolcemente la mano -Io ti amo. -

-Anche io – mormoro, guardando le nostre dita intrecciate – E' solo che... -

-Non vuoi vivere con me? - domanda, in ansia.

-Certo che voglio – esclamo subito, desideroso di non ferirlo – Solo... oh Jordan, sai bene quanto sia incasinato. Faccio fatica a pagare un affitto che dividiamo in tre, come posso permettermi una casa nostra? -

Corruga la fronte, avvicinandomi di più a lui con il braccio che tiene intorno alla mia vita.

-Sai che non è necessario che dia subito la tua parte. I soldi posso metterli io inizialmente, non è un... -

-Problema? - domando, sorridendo appena – Perché per me lo sarebbe. Non voglio che paghi tutto tu. Non sarebbe giusto, non è quello che voglio. -

Jordan rimane un po' in silenzio.

-E la promozione sul lavoro? -

Mi irrigidisco appena, scostandomi un po'.

-Sfumata. - dico solo, cercando di tenere un tono abbastanza leggero.

-Oh piccolo – mormora Jordan dispiaciuto, accarezzandomi la guancia – Mi dispiace. So che ci tenevi a fare una sorpresa a tua mamma per il suo compleanno. -

-Fa lo stesso. - mento, appoggiando la testa sulla sua spalla e facendomi stringere.

Il compleanno di mia madre è tra un mese e ancora non sono pronto al Malia Sono Perfetta show.

Se solo non avessi vomitato su quelle dannate scarpe.

-Se vuoi possiamo aspettare. Per la casa. - sussurra sulle mie labbra, guardandomi dolcemente.

Oh, Jordan.

Lo bacio, stringendogli il collo con familiarità e permettendogli di portarmi sopra di lui.

-Possiamo cominciare a guardarci in giro, intanto. - sussurro, e il lampo di gioia nei suoi occhi mi fa sentire bene e male allo stesso tempo.

-Mhh – mormora soddisfatto, baciandomi la fronte. Mi guarda malizioso e io cerco di fare del mio meglio per non scoppiare in una risatina isterica. So che dovrei trovare sexy quando mi guarda in quel modo, ma mi viene sempre in mente quella volta che Laura aveva una lente a contatto difettosa che le faceva fare l'occhiolino a chiunque e... oh mio Dio, Derek. Il tuo fidanzato sta cercando di sedurti. Sii serio. Non pensare a tua sorella. E non ridere per l'amor del cielo!

-Quindi... ne è valsa la pena scappare dal lavoro così? Ti ho fatto stare bene?- mi sussurra all'orecchio, facendomi il solletico e rendendomi ancora più difficile rimanere serio.

Oh Gesù. Mi appello al diritto di rimanere in silenzio perché tutto quello che dirò potrà essere usato contro di me.

Sorrido nervosamente.

-Sicuro! Benissimo – esito – Un tripudio di sensi! -

Perché devo sempre esagerare, porca puzzola?

Non potevo dire che era stato bello? Oh no, per me doveva essere un tripudio di sensi, così farà di nuovo quella cosa strana con i fianchi ogni volta che lo facciamo!

Dovrò fingere di avere un mal di testa cronico o qualcosa del genere.

Jordan mi rivolge un ampio sorriso e ammetto che mi sento leggermente in colpa.

-Te lo avevo detto che era solo questione di pratica e avrei trovato la tua prostata. -

Oh mio caro.

Se solo sapessi.

-Lo so! - esclamo con una risata che spero suoni disinvolta e non fottutamente maniaca – Abbiamo avuto solo un po' di difficoltà iniziali, ma poi, Dio! Mi hai fatto fiorire come... come una dalia! -

Che cosa?

Che cosa?

Gli ho detto che mi ha fatto fiorire come una dalia? Ho paragonato la mia prostata a quel fiore con i petali strani, tipo bomboniera di nozze?

-Wow! - esclama Jordan, evidentemente soddisfatto di sé, mentre io cerco di sorridere e mi riappoggio a lui, appuntandomi mentalmente di cercare su wikipedia questo dannato fiore.

Spero che Jordan non lo prenda come un incoraggiamento per fare più sesso, perché potrei seriamente fingermi morto.

Non potevo dire “mi hai fatto fiorire come un fiorellino da campo, quelli piccoli e quasi moribondi?”

Ma no, io devo sempre strafare, devo avere la prostata che fiorisce come una dannatissima dalia!

Mi odio così tanto.

 

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Ciao a tutti <3

Intanto ringrazio tutti per l'accoglienza a questa piccola trashata, mi avete scaldato il cuore <3

Avevo bisogno di distrarmi un po', quindi ho deciso di aggiornare con un giorno di anticipo, anche perché domani sono fuori casa e potrei avere qualche difficoltà in più. Spero non vi dispiaccia <3

Come al solito questo è per le mie cicce, con la speranza di strappare loro un sorriso <3

Grazie a tutti, davvero.

Ci vediamo venerdì/ sabato prossimo!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


 

Terzo Capitolo

 

 

 

-Ehi Martin, quando ce lo fai vedere quel culetto d'oro? -

-Vaffanculo, Greenberg! - strilla Lydia, mentre entriamo fianco a fianco alla Sciles Corporation. Greenberg sghignazza mentre ci supera ed evita per puro miracolo la borsata di Lydia.

-Quel coglione! - sibila inferocita, mentre io faccio del mio meglio per rimanere indifferente – Ed è tutta colpa di quella sgualdrina che ha deciso di fotocopiarsi le chiappe in perizoma, se ora sono tutti convinti sia il mio sedere! -

-Indossare un perizoma fa di una donna una sgualdrina? - domando retoricamente, sperando di non essere suonato troppo sulla difensiva.

Avrei potuto fare di peggio comunque. Avrei potuto chiedere se indossare un perizoma facesse di un uomo una sgualdrina.

-No, ma di solito non ti ci fai una fotocopia, Derek! - strilla Lydia, guardandomi con furia.

Deglutisco, non vedendo l'ora di raggiungere l'ascensore, dove le nostre strade si divideranno. Lydia proseguirà dritta e io salirò al decimo piano, al sicuro dai suoi piani di vendetta.

-Troverò quella puttanella – mormora tra i denti, in un tono che mi fa accapponare la pelle – E le farò talmente male che indosserà mutandoni di flanella fino alla fine dei suoi giorni. -

-Andiamo Lydia – tento con voce sottile – Probabilmente era ubriaca. Eravamo un po' tutti fuori a quella festa.-

-La troverò e la distruggerò. - mi ignora Lydia, sorridendo come una maniaca mentre probabilmente si immagina strangolare con la sua sciarpa di Prada la fantomatica puttanella.

-L'ascensore! - strillo e Lydia mi guarda perplessa, di nuovo calma.

-Sì, Derek. L'ho visto. Piuttosto, Stiles Stilinski starà ancora nel vostro reparto oggi? -

Mi stringo nelle spalle, senza guardarla. Non voglio sentire parlare di Stiles. Non voglio pensare a Stiles.

-Non saprei. -

-Non voglio rischiare di metterti in difficoltà come ieri. - asserisce, preoccupata.

-Effettivamente credo che sia meglio evitare la nostra pausa caffè oggi.- mi affretto a dire.

Non ho bisogno di altre occasioni per farmi prendere in giro da Stiles Stilinski.

-Buongiorno. -

Oh no.

No, no e poi no.

Non può essere possibile. Non può essere davvero dietro di me.

-Signor Stilinski, salve! - esclama Lydia, confermando i miei incubi prima che possa girarmi.

-Signorina. Signorino. - mormora con voce calda e a quel punto mi volto.

Mi aspettavo di trovare ostilità nel suo sguardo dopo quella scenetta con Jordan dell'altro giorno, ma invece i suoi occhi sono solo luminosi e divertiti, fissi nei miei.

-Signor Stilinski. - sussurro, abbassando un po' gli occhi, imbarazzato.

-Mi chiami Stiles, glielo ho già detto.-

Mi sorride, poi guarda l'ascensore alle nostre spalle.

-Sale anche lei? -

-Vado a piedi! - esclamo subito, terrorizzato. L'ultima cosa che voglio è stare in uno spazio chiuso con lui.

Lydia mi guarda con tanto d'occhi.

-Tu non fai mai le scale. - scandisce, guardandomi come se fossi malato.

E' vero, non faccio mai le scale, perché i perizomi che indosso mi segano sempre in due a ogni passo, ma posso sopportare questa sofferenza se significa evitare Stiles.

-Voglio tenermi in forma. - le rispondo, con un sorriso falso.

Posso avvertire il sorriso malefico di Stiles Stilinski anche senza guardarlo.

-Oh, andiamo. Lei non ne ha bisogno, signorino. E' già in perfetta forma. -

Alla mia occhiata assassina risponde con un sorriso dolce. Lo odio. E, comunque, mi metterò sul serio a dieta. Sono solo troppo stressato per mettermi a dieta adesso, ma, un giorno, non molto lontano, mi metterò a dieta e peserò davvero i chili che dico di pesare in questo momento.

-Vorrei pesarli io settantun chili e mezzo se fossi un ragazzo! - rincara la dose la mia collega, alzando gli occhi al cielo con aria drammatica.

Oh Lydia. Vorrei pesarli anche io settantun chili e mezzo, credimi.

Tralasciando che Lydia è sul serio magrissima e bellissima. Le piace essere un po' drama queen. Per questo siamo amici.

-Siete entrambi molto carini, se chiedete a me. - scherza Stiles con tono leggero, ma guarda me.

Perché mi sta facendo questo? Dovrebbe essere illegale far arrossire le persone sul posto di lavoro.

-Oh, Derek è ancora più adorabile da quando si è tolto quella barba scura! Gli toglieva luce al suo visino! - chiosa Lydia e io faccio un passo indietro prima che possa strizzarmi le guance e rendere completa la mia umiliazione.

-A pensarci bene, prenderò l'ascensore! - esclamo, lanciando un'occhiata terrorizzata a Stiles, che mi sorride con un angolo della bocca.

-Perfetto. - si limita a dire, avvicinandosi per premere il bottone.

-Allora io vado nel mio reparto, ci vediamo dopo – mi saluta Lydia e, grazie a Dio, la vedo lottare con successo contro l'istinto di baciarmi la guancia – Arrivederci, Signor Stilinski! - saluta poi con fin troppa euforia e, oh mio Dio, era un occhiolino?

-Signorina Martin.- la saluta Stiles, divertito.

E poi rimaniamo soli. Ad aspettare un ascensore che a quanto pare ha deciso di non arrivare mai.

Azzardo un'occhiata nella sua direzione e lo vedo intento leggere con attenzione le istruzioni in caso ci fosse un incendio e uno si trovasse nell'ascensore.

-Mi dispiace per quello che è successo ieri! - esclamo, non riuscendo più a sopportare il silenzio e il suo ignorarmi.

Non so nemmeno per cosa mi dispiaccia, se per essermi preso un permesso all'ultimo minuto per del sesso deludente con il mio ragazzo o per aver quasi fatto sesso deludente con il mio ragazzo in macchina a due passi da lui. Ma perché dovrebbe dispiacermi la seconda cosa? Jordan è il mio ragazzo. Posso fare sesso deludente con lui ovunque mi pare!

Non deludente.

Sesso, solo sesso. Buon sesso. Sesso accettabile. Sesso okay. Sesso potrebbe anche essere peggio, sesso...

-Va tutto bene, Derek. - risponde semplicemente Stiles, guardandomi e rivolgendomi un sorriso gentile.

Io ricambio con un'espressione guardinga, proprio mentre le porte dell'ascensore si spalancano davanti a noi.

Mi fa un cenno con il braccio per indicarmi di precederlo e ubbidisco, sistemandomi nervosamente la borsa tracolla sulla spalla.

Stiles mi segue, premendo il bottone del decimo piano per me. Sento qualcosa simile alla delusione quando noto che preme anche quello del dodicesimo piano. Che problema ho? Fino a cinque minuti fa volevo farmi dieci piani di scale solo per non stare con lui!

-Non starà al mio reparto oggi, signore? - chiedo, cercando di suonare indifferente.

Non devo esserci riuscito molto, a giudicare dall'occhiata piacevolmente sorpresa che mi rivolge. Mi sorride.

-No, non stamattina. Potrei passare nel pomeriggio. Sa, ho poco tempo e mi devo assicurare che tutta l'azienda funzioni – fa una pausa delicata – Non solo le parti che piacciono a me. -

Mi sento andare a fuoco e il sorriso sghembo di Stiles Stilinski fa di nuovo capolino.

-La sua amica... Lydia Martin... mi piace. -dice improvvisamente e io sorrido leggermente, cercando di controllarmi.

Non ci sta provando, avanti. E' un uomo ricco e bello e sexy e intelligente e con un bel sorriso e... insomma Derek, non ci sta provando con te. Ti prende solo un po' in giro, perché tu gli hai raccontato della tua prostata, ricordi? Anzi, ora ti ha chiesto di Lydia, probabilmente è interessato a lei. A tutti piace Lydia. A tutti gli etero, almeno.

Oddio.

Stiles Stilinski è etero? Perché non leggo mai la pagina di economia del Times? Sono sicuro che lì ci fosse scritto da qualche parte. Devo chiedere a Jackson.

-Lydia è forte. - dico infine, schiarendomi la gola.

Stiles mi lancia un'occhiata, sorride e so benissimo a cosa sta pensando, Lydia che usa la nostra frase in codice per andare da Starbucks. Il mio sguardo si fa mortificato.

-Sono desolato per quello che è successo ieri. Non lo facciamo spesso in ogni caso, davvero, solo che... -

-Solo che il caffè delle macchinette è disgustoso e lei ha bisogno di un cappuccino all'orzo decente. - completa Stiles, ripetendo perfettamente le mie parole, con un luccichio divertito negli occhi.

Socchiudo i miei, senza riuscire a trattenere un sorriso.

-Decisamente. -

Stiles scuote la testa, ridendo piano.

-Non si preoccupi. Anche Scott e io facevamo queste cose quando abbiamo cominciato con l'azienda. Era il genere di cose per cui andava matto. - dice e il suo tono si fa dolce, gli occhi nostalgici.

Lo fisso, preso un po' in contropiede.

Tutti sanno di Scott McCall, il cofondatore della Sciles Corporation. Il nome dell'azienda deriva dalla fusione dei loro nomi. Era il migliore amico di Stiles Stilinski, è mancato qualche anno fa in un incidente d'auto.

Mi rendo conto che probabilmente è per questo che sembra sempre depresso. Eppure, mi sembra che ci sia di più.

-Le manca molto? - domando, prima che riesca a trattenermi.

Ho paura di essermi spinto troppo oltre, ma Stiles mi guarda quasi con gratitudine, come se avesse bisogno di parlarne con qualcuno, e mi rilasso.

-Più di quanto chiunque possa immaginare. -

Mi mordo il labbro, fissandolo. Lui osserva pensieroso la scritta “non fumare”.

-Mi parli del vostro trucco per assentarvi dall'ufficio. - dico all'improvviso, con tono allegro.

Stiles mi lancia un'occhiata sorpresa, poi accenna un sorriso.

-Beh. Quando le riunioni si facevano troppo lunghe e noiose, Scott e io facevamo venire la sua segretaria con il fascicolo Harris da esaminare, così potevamo svincolare.-

-Il fascicolo Harris? - domando, con un gran sorriso e le sopracciglia sollevate, mentre mi appoggio alla parete dell'ascensore.

Stiles ride, appoggiandosi a sua volta al metallo e fissandomi.

-Era il nome del nostro professore di chimica del liceo. Lo odiavamo con tutto il cuore. Ci metteva sempre in punizione – il suo sorriso si fa affettuoso – E' stata un'idea di Scott. -

-Deve essere stato un tipo forte. - considero io, senza pensare.

Penso di nuovo di essermi spinto troppo oltre, ma Stiles sorride ancora mentre annuisce.

-Non c'è giorno in cui non mi manchi. -

C'è di nuovo quella luce triste nei suoi occhi, vorrei dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma in quel momento le porte dell'ascensore si aprono, segno che siamo arrivati al decimo piano.

Esito, lanciandogli un'occhiata. Lui mi sorride, rassicurante.

-Vada pure. Spero che avremo altre occasioni per parlare.-

Sorrido, annuendo appena.

Sono appena uscito, quando Stiles mi richiama.

-Ah, Derek? -

Mi volto, incrociando i suoi occhi caldi e luminosi, il sorriso beffardo e dolce. Oddio, perché sto arrossendo? Cosa c'è di sbagliato in me?

-Sì? -

-Non sapevo quanto zucchero prende solitamente nel caffè, si è dimenticato di dirmelo sull'aereo. Spero di aver indovinato con due bustine e mezzo. -

Lo fisso perplesso, senza capire, ma prima che possa chiedere alcunché, le porte dell'ascensore si richiudono, l'ultima cosa che vedo è il suo ghigno.

Confuso e vagamente agitato, mi affretto verso la mia scrivania. Faccio appena caso a Chris che mi urla contro che i permessi non crescono sugli alberi, o a Erica che mi sibila che sono in ritardo.

Fisso la tazza di plastica sulla mia scrivania, con l'inconfondibile scritta di Starbucks che recita “Derek”.

Sollevo il coperchio e un forte odore di orzo mi invade le narici.

Il mio cappuccino! Ed è ancora caldo. Potrei svenire dalla felicità.

C'è un biglietto ripiegato attaccato alla mia tazza del “miglior migliore amico del mondo”, e mi guardo brevemente intorno prima di prenderlo, aprirlo e leggerlo con avidità.

 

Mi scuso immensamente in nome dell'azienda per il terribile servizio fornito dalle macchinette fino a questo momento. Spero che questa offerta di pace possa indurla al perdono fino a quando non mi assicurerò personalmente di mettere delle macchinette di caffè decenti in tutti i piani.

In fede,

Stiles Stilinski.

 

 

-Il caffè lo ha portato qualche minuto fa quel figo con i capelli castani e gli occhi azzurri che ieri era con Stiles Stilinski – mi informa distrattamente Erica, che evidentemente non ha fatto caso al biglietto, mentre annaffia speranzosa la sua piantina. Fa una risatina stronza – Ti hanno licenziato ed è una specie di congedo? -

Scuoto la testa, senza riuscire a smettere di sorridere, gli occhi fissi su quelle poche righe vergate in una grafia disordinata e frenetica.

Sorrido talmente tanto che potrei bucarmi le guance.

-Nient'affatto. - sussurro solo, stringendomi inconsapevolmente il biglietto al cuore.

 

 

 

 

-Stiles Stilinski? - urla Jackson dalla porta chiusa del bagno, praticamente il suo regno – Certo che ne ho sentito parlare, Derek. Non sono un troglodita! Leggo le riviste di gossip, ovviamente. -

A quanto pare non dovevo leggere la pagina di economia del Times, bastava leggere con più attenzione le mie riviste, invece di saltare sempre all'oroscopo e ai cruciverba in fondo.

Fortunatamente Jackson è più scrupoloso di me.

-E sai qualcosa sulla sua vita sentimentale? - chiedo, sentendomi immensamente scemo a parlare con una porta di legno.

-La vita sentimentale di chi? - chiede Isaac in tono leggero, entrando dalla porta di casa con la sua valigetta, le dita già intente a slacciarsi la cravatta. Deve essere appena tornato dal tribunale.

-Causa vinta? - chiedo con un piccolo sorriso e Isaac fa appena in tempo a ricambiarlo e annuire, che la porta del bagno si spalanca in una nube di vapore e veniamo storditi dal profumo decisamente forte di Jackson.

-Derek mi sta facendo domande strane sulla vita sentimentale di Stiles Stilinski.- lo informa Jackson, lanciandomi un'occhiata penetrante mentre ci supera sculettando nel suo vaporoso accappatoio bianco, diretto in camera sua.

Isaac e io lo seguiamo, mentre Jackson sta già esaminando il suo armadio con sguardo critico.

Penso che nessuno possieda più vestiti di Jackson. Nemmeno i negozi. Per questo ogni tanto prendo in prestito i suoi vestiti. Non dovrei, ma Jackson ne ha così tanti! In ogni caso, non lo deve sapere per forza. Occhio non vede, cuore non duole.

-Stiles Stilinski, il tuo capo? - chiede Isaac e mi fissa perché so che sta facendo di tutto per non guardare Jackson mezzo nudo.

Annuisco, stringendomi insieme nelle spalle.

-E' un tipo molto misterioso. Nessuno sa niente di lui. Mi chiedevo solo se Jackson sapesse qualcosa. Lui sa tutto. -

-Ci puoi scommettere – ammicca lui, facendo alzare gli occhi al cielo a Isaac, che però sorride indulgente – Anche se devo ammettere che anche io so poco di lui. So che è dannatamente ricco, anche se non sembra importargli molto da come va in giro vestito – e arriccia il naso per farci capire che un uomo che non cura il proprio vestiario non merita tanti soldi – So che è stato fidanzato con una modella, per tipo... tre anni? -

Sento la gola serrarsi.

Ma certo. Una modella. E io che pensavo ci stesse provando! Dio, ma quanto sono stupido? Ovvio. E' etero. Non che abbia importanza.

Insomma, anche se fosse stato gay, che mi importa? E' il mio capo, è strano e irritante e... e io sono fidanzato! L'ho pensata come ultima cosa ma è ugualmente importante. Importantissima. Sono fidanzato. E sono felice di questo!

-E adesso non ci sta più? - chiede Isaac distrattamente, sbirciandolo con la coda dell'occhio. So che sta cercando di capire dai vestiti che sceglie se ha un appuntamento romantico. Gli sfioro una spalla con la mia, esprimendogli muta solidarietà.

-No, si sono lasciati circa un anno fa, dopo l'incidente di McCall. In ogni caso, non è mai sembrato che tenesse particolarmente a lei. E' stata anche la sua unica relazione riportata dai giornali. Alcuni dicono che sia stata una specie di copertura. - risponde Jackson, esaminando attentamente una camicia grigio perla.

-Esci? - chiedo, in un moto di pietà per Isaac, che sta praticamente morendo accanto a me.

-Ceno con mia madre. - risponde con una smorfia e posso sentire Isaac riprendere a vivere.

Ora che ho risolto questa crisi esistenziale, sono tutto assorto nella mia, mentre Isaac e Jackson hanno cominciato a parlare di non so che cosa.

Una copertura? Che vuol dire copertura?

-Potrebbe essere gay? - esclamo d'un tratto, disperato, facendoli voltare verso di me.

Isaac inarca le sopracciglia.

-Brad Pitt? -

-Stavate parlando di Brad Pitt? Comunque no! - esclamo, guardandoli con la fronte contratta – Stiles Stilinski – guardo Jackson, che per ovvi motivi si considera un esperto in materia – Potrebbe essere gay?-

-Sei davvero ossessionato da Stiles Stilinski, Derek! - considera Isaac, guardandomi fisso.

Jackson mi scruta con gli occhi socchiusi e io mi muovo un po', a disagio.

-Se dovessi risponderti solo in base a come si veste, ti direi di no – risponde lentamente, poi sospira drammatico – Ma considerando il modo in cui ti vesti e il fatto che sei comunque gay, direi che sia possibile, perché no. -

-Ehi! - protesto, sentendomi leggermente sollevato, non so nemmeno perché – Io mi vesto bene. -

Jackson fa un sorriso compassionevole e io sbuffo. Sento Isaac scrutarmi, ma quando mi volto a guardarlo, mi sorride.

-Tu cosa fai Derek? Ti vedi con Jordan o ordiniamo giapponese e ci vediamo un film? -

-Non ancora Titanic, vi prego. Derek deve disintossicarsi. -interviene Jackson con forza, mentre si infila le mutande da sotto l'accappatoio.

-Giapponese e film sono un ottimo programma.- rispondo io, con un grosso sorriso.

Isaac assottiglia gli occhi.

Ahi. Lo sapevo che c'era il trucco. Dietro una richiesta gentile di Isaac c'è sempre il tentativo di psicanalizzarti.

- Non parli di Jordan da un po'. Che combina? -

Non mi trova la prostata, quindi non molto.

Oh mio Dio, ho paura dei miei pensieri.

-Fa un sacco di cose! - strillo quindi con voce stridula, facendo scambiare a Isaac e Jackson occhiate eloquenti – Ed è bravissimo a farle. Le cose che fa. Le fa con successo. -

Mi fissano entrambi mentre io cerco di mantenere questo sorriso da Serial Killer di terza categoria che ho sul volto.

-Tutto bene tra voi? - chiede infine Isaac, arrivando evidentemente al punto.

-Benissimo! Senti, vado ad ordinare dal giapponese, okay? Prima arriva il cibo meglio è! - esclamo tutto d'un fiato, dileguandomi poi alla velocità della luce.

Okay, non ho ancora accennato alle due persone a cui voglio più bene al mondo che Jordan mi ha chiesto di andare a vivere con lui, ma non è un gran problema, no? Glielo dirò. Prima o poi. Quando la faccenda sarà più certa. Quando Stiles Stilinski se ne sarà tornato in California e avrà smesso di incasinarmi il cervello.

Glielo dirò.

 

 

 

 

Appena entro in ufficio vengo braccato da Sam che mi fissa con un sorriso enorme, un caffè in mano.

-Parola mia, Stiles Stilinski è un santo.-

Inarco le sopracciglia, con un vago sorriso.

-Davvero ha detto di sì alla proposta di mettere il mini golf in ufficio?-

-Nah, Chris mi ha fatto giurare di non chiederglielo – liquida lui la faccenda con un gesto sbrigativo. Mi agita il caffè sotto il naso – Noti qualcosa? -

Annuso con cautela, poi lo fisso, esterrefatto.

-Oddio. Sa di caffè e non di plastica bruciata. Non può venire dalle nostre macchinette. -

-Sì, se Stiles Stilinski ha fatto sostituire tutte le macchinette dell'edificio. - esclama lui con aria esaltata.

Spalanco gli occhi, diventando praticamente una statua.

Lo ha fatto per me? Voglio dire, è ovvio che l'ha fatto per tutti, però... quel biglietto di due giorni fa, la nostra chiacchierata in ascensore... devo combattere contro il rossore delle mie guance e il sorriso che sta lentamente emergendo sul mio viso.

Lo ha fatto per me, perché non mi lamentassi più del caffè e non fossi costretto a evadere con Lydia per un cappuccino all'orzo decente.

-E devi ancora vedere le sedie! - esclama poi Sam, riscuotendomi dal mio torpore e trotterellando allegro verso l'ufficio di Chris prima che abbia tempo di dire niente.

Mi è comunque subito chiaro quello che intende appena do un'occhiata in giro.

Al posto di quelle scomode sedie di metallo, ci sono comode poltroncine con le ruote a ogni scrivania.

Spalanco la bocca mentre avanzo come in trance fino alla mia scrivania.

Non ci posso credere.

Se ne è ricordato. Quello che ho detto sull'aereo sul caffè e le sedie.

Mi ricordo di ogni cosa uscita dalle sue labbra.

Comincio a credere che non fosse un'esagerazione.

Mi siedo sulla mia poltroncina, trattenendo a stento un urletto eccitato.

Oddio, è comodissima. E posso girare su me stesso! Questo è un sogno che si avvera.

Sono felice.

Sono talmente felice che non mi importa delle occhiate di superiorità che mi lancia Erica.

Chiudo gli occhi, reclinando la testa contro lo schienale imbottito della mia nuova sedia.

Sorrido.

Sono felice.

Il mio cellulare suona e vedo che è Jordan. So che è orrendo da parte mia, ma non ho voglia di rispondere. In questi giorni parla solo di case e di vivere insieme e a volte mi sento soffocare.

Anche se lo amo.

Ovviamente.

Lo amo, ma non rispondo alla chiamata.

Invece, tiro fuori il bigliettino di Stiles che avevo riposto con cura nel cassetto della mia scrivania e lo rileggo, una, due, tre volte.

Sorrido e leggo, mentre il telefono continua a squillare.

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti <3

Mi dispiace se forse il capitolo è leggermente più corto rispetto agli altri, ma è difficile dividere la storia in modo che i capitoli non risultino troppo “tagliati”. Purtroppo la scena che viene dopo questa è molto lunga e doveva stare per forza tutta insieme, così ho deciso di fare questo capitolo un pochino più corto e pubblicarne uno più lungo la prossima settimana <3

Vi ringrazio come al solito del sostegno a questa cagatina, davvero <3

Un grazie speciale alle mie cicce, a cui spero di strappare una risata <3 Vi amo tanto <3

Per ordine della mia ciccia Giuls, aggiornerò venerdì prossimo!

Un bacione e a presto,

Fede <3

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


 

Quarto Capitolo

 

 

-Sii buono Derek, vammi a prendere un caffè. -

Okay, forse dopo due anni Chris dovrebbe mettersi in testa che non sono il suo cameriere.

Considerando però che proprio stamattina l'ho sentito chiedere per la ventesima volta alla donna delle pulizie se avesse visto per caso la foto di sua figlia da qualche parte e che mi sento più in colpa del solito, esaudirò la sua richiesta senza lamentarmi. Anzi, ne approfitterò per provare la nuova macchinetta e prendermi un cappuccino.

Quando sono a pochi passi dall'obbiettivo mi fermo, il cuore che batte insopportabilmente forte e l'odiosa voglia di sorridere.

Stiles Stilinski mi dà le spalle, chinato a prendere il suo caffè.

Non guardargli il culo, Derek. Non è professionale. E non meno importante, sei fidanzato!

Questo non vuol dire che non possa avere una conversazione amichevole con lui. Ora che ci penso, non l'ho ancora ringraziato né per il caffè né per le sedie.

Mi avvicino allegramente, con un grosso sorriso.

-Buongiorno, Stiles. - esclamo, facendo un azzardo e usando il suo nome.

Mi sento quasi morire quando lui si raddrizza e si volta a fissarmi, palesemente scocciato e con il cellulare premuto all'orecchio.

-Oddio, mi scusi, non avevo visto... - comincio a balbettare, mortificato, ma lui mi interrompe con un brusco cenno della mano che stringe il bicchiere di plastica.

-Signorino, non vede che sono al telefono? Si levi di torno! - sbotta e io trasalisco appena.

-Mi... mi dispiace, io... - tento, disperato, ma non mi dà nemmeno modo di scusarmi che con un'ultima occhiata infastidita si allontana, parlando fitto fitto al telefono.

Rimango immobile, gli occhi spalancati fissi sulla sua schiena.

Non mi aveva mai trattato così.

Insomma, non che mi aspettassi un trattamento speciale. Ma pensavo... pensavo che la sedia, il caffè... quelle battutine su Titanic o sulla parte dell'azienda che gli piace...

Beh, è ovvio che ho frainteso tutto. Ops. Storia della mia vita.

Ma non sono arrabbiato. Cioè, ho dato un calcio al bidone della spazzatura ribaltandolo, ma non sono arrabbiato.

Voglio dire, è il mio capo. E ho interrotto una chiamata dall'aria importante. E' normale che si sia infastidito e abbia fatto la merda total- no okay. Non sono arrabbiato.

Va tutto bene.

Schiaccio il pulsante del caffè corto per Chris. Col cavolo che mi prendo il cappuccino. Non voglio niente da Stiles Stilinski. Nemmeno dalle sue macchinette.

Più tardi sono ancora perfettamente non arrabbiato. Sto picchiando- digitando, dei rapporti importanti sulla tastiera del computer, quando un'ombra si staglia sulla mia scrivania.

Alzo infastidito lo sguardo e mi ritrovo davanti l'uomo con gli occhi azzurri ed elegante che è stato con Stiles Stilinski per tutti questi giorni.

-Buongiorno. E' lei Derek? - mi chiede educatamente, ignorando con innegabile classe Erica che ci spia dalle fronde della sua piantina moribonda.

-Sì. - mormoro, un po' a disagio.

Quest'uomo è troppo bello. Ma proprio troppo. Sembra quasi finto. Come Jordan.

Oddio mi sono spiegato male.

Jordan è bellissimo. Io lo amo. Solo che a volte tutta questa perfezione mi fa venire voglia di urlare e di cavarmi gli occhi con le bacchette del sushi. Tutto qui. Nessun problema.

L'uomo mi scocca un sorriso accecante e io mi muovo ancora un po' sulla mia sedia.

-Mi perdoni, non mi sono presentato. Sono Theo Raeken, l'assistente personale di Stiles. Il signor Stilinski mi ha incaricato di chiederle il favore di raggiungerlo in sala riunioni appena le è possibile. -

Ah, ma davvero. Sento la rabbia ribollirmi nelle vene.

-Beh, può dire al signor Stilinski che non mi è proprio possibile raggiungerlo, né ora né più tardi. Sono pieno di lavoro da fare. - replico con un tono pieno di dignità, sedendomi un po' più dritto.

Il sorriso di Theo si fa appena più rigido e, okay, questo tizio fa discretamente paura.

-Capisco perfettamente, ma sono sicuro che fosse una cosa importante o Stiles non avrebbe insistito per farla venire a chiamare con una certa urgenza. -

-Sono certo che di qualsiasi cosa si tratti il signor Stilinski troverà sicuramente persone più competenti di me a cui rivolgersi. - insisto scandendo le parole, non so con quale coraggio.

Ora Theo non sorride più e mi fissa con manifesta antipatia.

-Quindi gli devo dire che si è rifiutato di incontrarlo? - sbotta, guardandomi dall'alto in basso.

Ormai è diventata una questione di principio. Questi uomini ricchi devono imparare che non possono trattare le persone come vogliono senza conseguenze.

-Pare che gli dovrà dire proprio così. - sorrido, inclinando il capo.

Lui stringe le labbra, fissandomi.

-Non ne sarà felice. - dice poi, quasi minaccioso.

-Correrò il rischio. - concludo in tono definitivo, riprendendo a battere al computer.

Erica fischia non appena Theo Raeken si allontana con passo altero.

-Wow. E questo cos'era? Cerchi di farti licenziare?-

La ignoro, concentrandomi sul mio lavoro e chiedendomi distrattamente se non abbia esagerato. Si tratta pur sempre del mio capo. Non posso mettermi a fare l'offeso solo perché mi ha risposto bruscamente.

E' solo che... ci sono rimasto male. Non mi aveva mai parlato così prima d'ora. E' sempre stato... dolce. E gentile, con me. Al massimo mi prendeva un po' in giro, ma non è mai stato sgarbato. Mi ha sempre guardato con quella luce calda e divertita, e poco fa invece è stato così freddo, quando io volevo solo ringraziarlo per i suoi regali. E ora mi ha mandato il suo galoppino, senza nemmeno prendersi il disturbo di venire lui in persona, aspettandosi semplicemente che io andassi da lui con la coda tra le gambe.

Beh, se lo può scordare.

Per il resto della giornata non ho più contatti né con Stiles né con il suo assistente.

Sto indossando il mio cappotto, controllando l'orologio da polso. Sono le sei e mezza, Jordan mi starà aspettando di sotto almeno da venti minuti. Gli avevo promesso che oggi saremmo andati a vedere alcune case, ma ho fatto un po' tardi.

Okay, diciamo che potrei accidentalmente aver fatto esplodere il muffin di Chris nel microonde ed essere stato costretto a rimanere più degli altri per ripulire il disastro.

Sono rimasto solo io ormai al piano, io e la piantina di Erica, che mi guarda malevola in cerca di vendetta.

E le mie chiappe in perizoma appese alla parete, ovviamente.

Mi approprio dello specchietto tondo che so che Erica tiene nel cassetto della sua scrivania, controllandomi.

Merda, lo sapevo di avere pezzi di muffin tra i capelli. Impreco, mentre cerco di rendermi presentabile per non causare la probabile fuga del mio fidanzato.

-Beh, vedo che ha avuto una giornata quasi peggiore della mia.-

Sobbalzo, mentre corro con gli occhi a Stiles Stilinski sulla soglia dell'ufficio, un quieto sorriso divertito sul volto e gli occhi pieni di una luce benevola fissi su di me.

Lo guardo male, smettendo di aggiustarmi i capelli e posando lo specchietto.

-Cosa ci fa ancora qua, signore? -

Stiles non mi risponde subito, si avvicina lentamente a me osservando le scrivanie dei miei colleghi. Lo vedo giocare distrattamente con le palline antistress di Sam, poi si ferma davanti a me e finalmente mi guarda.

Sembra mortificato e sinceramente dispiaciuto e vorrei tanto non sentire questo stupido calore al centro del petto.

-Temo di doverle delle scuse. Sono stato brusco con lei, stamattina – abbassa un po' gli occhi e io stringo i pugni per contenere qualche pericoloso e compromettente impulso. Come abbracciarlo, per esempio – Non se lo meritava. - conclude, guardandomi di nuovo in viso.

-E' stata colpa mia – mi costringo a dire dopo un po', con voce incerta – Lei era al telefono, non avrei dovuto disturbarla.-

Stiles aggrotta la fronte.

-Lei non mi disturba mai. -

Non può fare così. E' altamente scorretto. Poi come fa una persona a rimanere arrabbiata con lui? Che razza di stronzo.

-Mi ha solo colto in un brutto momento, tutto qui. - continua lui, con un piccolo sorriso.

Lo fisso e mi odio, perché la rabbia è completamente evaporata.

-Va tutto bene? - gli chiedo addirittura, e, mio Dio, quanto sono idiota.

Evita il mio sguardo, facendolo vagare alle mie spalle. Sorride.

-Era talmente arrabbiato con me che è andato a prendere il suo cappuccino da Starbucks e non ha usato le macchinette?-

Arrossisco, seguendo il suo sguardo sui recipienti vuoti sulla mia scrivania.

-Non ero arrabbiato. -borbotto e odio lo sguardo dolce e scettico insieme che mi rivolge. Non sono un idiota, comunque, ho notato come non mi abbia risposto, ma decido di lasciar correre.

-Va bene, se lo era. Sono stato sgradevole – si sporge verso di me, abbassando un po' la voce, come se mi stesse confidando un segreto –Okay, sono stato un vero stronzo. -

Non posso trattenere una risata e il modo in cui mi sta fissando adesso mi mette a disagio, ma in un modo bello, non so spiegarlo.

-Solo un pochino. - mormoro e lui sorride, allontanandosi un po' e permettendomi di nuovo di respirare.

-Temo che lei sia troppo buono, ma la ringrazio – sta ancora sorridendo e non capisco perché mi faccia sentire così bene vederlo sorridere – Theo mi ha riferito che gli ha dato filo da torcere, il che non gli capita spesso. Sono impressionato. -

Assottiglio gli occhi, arricciando le labbra in un sorrisetto.

-Il suo amico Theo è un po' troppo intimidatorio. Avete frequentato tutti un corso nel vostro ambiente o cosa? -

Stiles scoppia a ridere di gusto e io mi mordo un labbro.

-Mi sta dicendo tra le righe che io sarei intimidatorio?-

Mi stringo nelle spalle.

-Quando vuole – questa volta sono io a sporgermi verso di lui e abbasso la voce come se stessi condividendo un segreto – In realtà la trovo abbastanza innocuo per la maggior parte del tempo. -

Sorride con un angolo della bocca, gli occhi che brillano fissi nei miei. Questa volta nessuno dei due si allontana.

-Ma davvero? -

Sorrido e mi scosto un pochino, prima che questa situazione si faccia troppo strana.

-In ogni caso, volevo soltanto ringraziarla per il caffè e le sedie nuove. - dico poi, cambiando bruscamente argomento.

Per un attimo mi sembra deluso, ma poi sorride gentilmente, come se non fosse successo niente di strano.

-Non deve ringraziarmi. Ho solo cercato di fare felici i miei dipendenti. -

Abbasso un po' gli occhi, dicendomi che è stato stupido pensare che l'avesse fatto solo per me.

Sento che mi fissa, sembra preoccupato, così mi affretto a sorridere, cercando di nascondere la delusione nei miei occhi.

-Amo avere una poltrona con le ruote! - esclamo e i suoi occhi sono di nuovo soffici e divertiti nei miei.

-Ah sì? -

Annuisco vivacemente, sedendomici sopra e dandogli una dimostrazione pratica di quello che sono capace di fare con una sedia con le ruote.

Lo sento ridere, mentre con un sorriso fermo la mia giravolta per ritrovarmi di nuovo di fronte a lui.

-Sono molto impressionato. - mi confessa, mettendosi le mani nelle tasche del cappotto e guardandomi benevolmente dall'alto.

-Dovrebbe esserlo – confermo con sussiego – Ci sono almeno altre dieci mosse fighe che potrei fare con questa poltrona. Vuole vedermi voltare lo schienale nella tipica posizione da “Chris mi stai annoiando e non ti ascolterò più a partire da questo momento”? -

Stiles scoppia di nuovo a ridere e rido anche io ed è tutto perfetto e stranamente privo di imbarazzo, quando la porta dell'ufficio si spalanca di colpo.

Mi alzo immediatamente in piedi, mentre vedo Stiles voltarsi e irrigidirsi.

-Jordan! - squittisco, ricordandomi improvvisamente del mio fidanzato che mi aspettava per andare a vedere case insieme.

Sono una persona orribile.

Jordan spalanca le braccia, avanzando verso di me. Sembra stupito, ma non arrabbiato.

Jordan non si arrabbia mai con me, e questo non aiuta molto il mio senso di colpa al momento.

-Piccolo, ma che fine avevi fatto? Ti aspetto di sotto da un'ora! - si accorge di Stiles e gli porge la mano con un sorriso di scuse – Oh, mi scusi signor Stilinski, non l'avevo vista. -

Stiles gli stringe brevemente la mano, impassibile, e io annaspo, cercando di svincolare da una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita.

-Mi dispiace, ho perso la cognizione del tempo. Il signor Stilinski e io stavamo... stavamo parlando del fascicolo Harris. - affermo, dicendo la prima cosa che mi viene in mente.

Vedo con la coda dell'occhio Stiles sorridere e fissarmi divertito, e devo mordermi le labbra per non ridacchiare.

Jordan ci fissa perplesso per un attimo, poi annuisce come se il fascicolo Harris gli sembri una cosa abbastanza autorevole per giustificare il mio ritardo.

-Ti ci vorrà ancora molto? Avevamo appuntamento alle sette per vedere quella casa, ti ricordi? -

Oh no.

Sorrido forzatamente, evitando con tutte le mie forze lo sguardo di Stiles.

-Certo che mi ricordo. Scendo subito, okay? -

Jordan annuisce, sorridendomi dolcemente.

-Va bene, piccolo. Io intanto telefono all'agenzia per avvertirli che faremo un po' tardi. Ti aspetto di sotto. -

-Grazie, sei un angelo. -

Lo è davvero. E io sono un diavolo. Un diavolo che non si merita un ragazzo del genere. Non si merita un ragazzo che lo aspetta per un'ora mentre lui sta facendo l'oca con il suo capo. Non si merita un ragazzo perfetto, buono e bello che lo ama.

Sono una persona tremenda.

Jordan esce dall'ufficio e rimaniamo solo io e Stiles Stilinski, e il silenzio più opprimente mai sperimentato a memoria d'uomo.

Lo sento fissarmi, ma non riesco a guardarlo negli occhi. D'un tratto la fotocopia del mio sedere è particolarmente interessante.

-Una casa? - chiede poi, atono, e a quel punto sono costretto a guardarlo negli occhi.

Non riesco a leggere la sua espressione, è completamente impassibile. Quel che è certo è che ha perso decisamente la luce di poco prima.

-Mi ha chiesto di andare a vivere con lui. - mormoro e odio il sentirmi così in difetto, come se gli avessi fatto un torto, quando se sto facendo un torto a qualcuno, quel qualcuno è proprio Jordan, che mi sta aspettando fiducioso e innamorato.

E io amo Jordan.

-E lei ha detto sì? - chiede lui, alzando appena la voce e avvicinandosi di un passo.

Per riflesso afferro con forza lo schienale della mia poltrona, come a voler opporre un oggetto fisico tra noi.

-Sì. Cioè. Non proprio. Diciamo che ci stiamo pensando. -balbetto in maniera confusa.

Stiles mi fissa in quella maniera solo sua, come se mi stesse leggendo dentro, come se volesse carpirmi ogni segreto.

Oh, come se non li sapesse già tutti.

-Quando glielo ha chiesto? - chiede d'un tratto e io lo guardo confuso.

-Quando è venuto a prendermi all'aeroporto al ritorno dalla Scozia. Perché? - ho una realizzazione improvvisa che mi provoca indignazione – Non sono comunque affari suoi, con tutto il rispetto! -

Ma Stiles mi ignora, mi da le spalle portandosi le mani tra i capelli e ridendo di questa risata secca e amara che mi lascia di sasso.

-Cosa? - esclamo, infastidito – Cosa? La faccio ridere? -

-Oh, no. No. Non rido di lei! - esclama Stiles, voltandosi a guardarmi con questa specie di ghigno arrabbiato – Mi fa solo ridere il fatto che il suo fidanzato abbia scelto proprio il momento in cui era più vulnerabile e fragile per farle una proposta del genere. -

Lo guardo senza capire, mettendomi sulla difensiva.

-Che vuole dire? - Stiles inarca le sopracciglia e improvvisamente capisco – Sta dicendo che Jordan si sarebbe approfittato della situazione perché sapeva che sarei stato abbastanza scosso dalla turbolenza da dirgli di sì? - scoppio a ridere, guardandolo incredulo – Non sia ridicolo, Jordan non lo farebbe mai! -

Gli occhi di Stiles bruciano di rabbia e frustrazione mentre si avvicina ulteriormente a me.

-Quindi può affermare in tutta sincerità che se quell'uomo le avesse chiesto di andare a vivere con lui in qualsiasi altro momento, un momento in cui lei fosse stato pienamente lucido e non avesse appena creduto di stare per morire, gli avrebbe detto comunque di sì? Lo può dire in tutta sincerità, Derek? -

Boccheggio, lasciando andare di scatto la poltrona e facendo poi il giro della scrivania, per trovarmi proprio di fronte a lui.

-Questo cosa c'entra... io...-

-Derek! - mi interrompe lui, alzando la mano e guardandomi in maniera decisa ma nuovamente gentile – Lo può dire in tutta sincerità? -

Lo posso dire in tutta sincerità? Avrei detto di sì a Jordan se non fossi stato su quell'aereo? Gli avrei detto di sì a mente lucida?

No.

No, no, no e poi no.

E questo mi fa incazzare da morire.

-Questo non c'entra niente! - quasi urlo, spalancando le braccia e guardandolo con ferocia – Io amo Jordan, okay? Stiamo insieme da tre anni, se avessimo dovuto lasciarci sarebbe già successo! Invece stiamo ancora insieme e, sì, andrò a vivere con lui, perché è la cosa giusta, perché le persone che stanno insieme da anni fanno così! -

-Lui non va bene per lei, Derek! - urla anche Stiles, avvicinandosi ancora – L'ho capito sin dal primo momento in cui ha aperto bocca su quell'aereo, che quell'uomo non andava bene per lei. -

Rido nervosamente, cercando di mantenere uno sguardo arrabbiato.

-Oh, davvero? E perché? Per quello che ho detto mentre pensavo di morire? Non pensavo sul serio quelle cose, io amo... -

-Sì invece! - scandisce Stiles con forza, afferrandomi di slancio per le mani. Io trasalisco ma non mi sottraggo. Il suo sguardo si addolcisce – Le pensava. E non lo ama. Non mi sono mai innamorato. Sono parole sue, me l'ha detto sull'aereo. -

-Come si permette. - sibilo, livido, ma senza la forza di scostarmi.

Ho il cuore che batte a mille e mi sento come immobilizzato, come se non potessi fare altro che stare qui a guardare Stiles e ad ascoltarlo.

Stiles scuote la testa, con un sorriso triste.

-Derek, lei è la persona più vitale e piena di voglia d'avventura che io abbia mai incontrato. Insomma, lei sogna la foresta Amazzonica, non una pista da sci. Lei cerca la passione, cerca un amore come quello di Jack e Rose, e sì, ho cercato la trama su Wikipedia. Lei cerca una vita diversa da quella che Jordan può offrirle, a prescindere dal fatto che sia un ragazzo straordinario. Lui l'annoia, è stata una delle prime cose che ho capito di lei. -

Lo fisso con gli occhi spalancati, incredulo e senza parole. Ho il cuore che batte a mille e sento il sangue pulsarmi nelle orecchie.

-Non è vero. Quello che descrive non sono io. E' solo una sua stupida fantasia frutto di qualche ora di conversazione. Lei mi conosce solo da qualche giorno. Jordan mi conosce da tre anni, invece. - mormoro e Stiles continua a sorridermi, lasciando la presa sulle mie mani.

Allunga una mano e me la passa gentilmente tra i capelli, portandosi via altre briciole di muffin. Cerco di rimanere impassibile al suo tocco, ma è più difficile di quello che pensassi.

-Forse – mi concede, con tono poco convinto. Poi sospira e mi rivolge un sorriso dolente e dolce, mentre si allontana – Ma spero comunque che lei sia come nella mia fantasia. Perché mi piace quel ragazzo. -

La porta dell'ufficio si chiude senza rumore dietro Stiles e io sono qui, solo.

 

 

 

 

 

-E questa sarebbe la camera padronale. -

La osservo con occhi vacui, mentre Jordan riempie di domande l'agente immobiliare.

E' la camera più bella che abbia mai visto.

Sarebbe perfetta per me e Jordan.

Ci sono due comodini da entrambi i lati del letto, ed è perfetto perché a me piace barare alla parole crociate fino a tardi, mentre Jordan è sempre stanco quando torna dalla centrale e, se non dobbiamo fare sesso, crolla addormentato quasi subito.

In questo modo ognuno avrebbe la propria luce sul comodino e non disturberebbe l'altro. E' perfetto.

La camera è abbastanza grande da far entrare due armadi, e sarebbe fantastico, perché io sono disordinato, mentre Jordan è ordinato. In questo modo non litigheremmo nemmeno.

In realtà Jordan ed io non litighiamo mai.

Ed è meraviglioso.

Fisso un piccolo quadro appeso sopra il letto, che rappresenta una montagna innevata.

Jordan ama sciare, è perfetto.

E' tutto, assolutamente, grandiosamente, perfetto.

La donna che è con noi parla della possibilità di trasformare la camera degli ospiti in una cameretta per eventuali bambini, bambini che sarebbero perfetti, come Jordan, bambini che porteremo a sciare con noi durante le vacanze di Natale, bambini che porteremo alla Tana del Tacchino, bambini con cui Jordan potrebbe guardare i film western quando saranno più grandi, bambini biondi e perfetti, con gli occhi azzurri e le lentiggini, con sorrisi delle pubblicità. Sarebbero perfetti.

E alla fine scoppio.

-Non posso farlo! -

Non avrei nemmeno detto di essere stato io a emettere un suono del genere, se Jordan e l'agente non si fossero voltati a guardarmi, il primo allarmato, la seconda perplessa e ridicolmente in ansia.

-Oh santo cielo, è per quello che ho detto sulla stanza dei bambini? Mi dispiace, non volevo mettervi pressioni, sono abituata a trattare con giovani coppie che vogliono una famiglia, ma capisco perfettamente se non è il vostro caso. In effetti quella stanza può avere innumerevoli usi, può diventare uno studio, una biblioteca... -

Scoppio a piangere e la donna trasalisce e si interrompe, guardandomi con puro terrore.

-Non deve essere per forza una camera per i bambini! Non deve essere per forza una stanza per qualsiasi cosa! Può rimanere anche vuota! - strilla in preda al panico, ma nessuno le risponde.

-Derek! Amore, che succede? - esclama immediatamente Jordan, facendomisi subito vicino. Cerca di toccarmi, ma io mi scosto, singhiozzando in maniera incontrollata.

-Io non ti amo! - esclamo nel pianto e, Dio, solo ora che lo dico ad alta voce mi rendo conto di quanto fosse vero.

Questo non mi fa sentire una persona migliore, soprattutto per via dello sguardo spezzato di Jordan. Mi sta fissando con quello che è dolore puro e mi sento orribile, mi sento come se gli avessi strappato il cuore dal petto con le mie mani e lo stessi divorando. Sono un demonio, mi merito la solitudine e la flagellazione perpetua.

L'agente immobiliare si schiarisce la gola, interrompendo questo silenzio denso, spiacevole e così maledettamente doloroso.

-Penso che sia meglio se vi lascio un po' soli! - esclama, uscendo rumorosamente dalla stanza.

Jordan continua a fissarmi e io ricambio, con gli occhi pieni di lacrime e le labbra che tremano. In ogni caso, non mi rimangerò quello che ho detto.

-Tu... non mi ami? - chiede infine Jordan, indietreggiando fino ad essere appoggiato alla parete, come per sostenersi.

Scuoto la testa, fissandolo addolorato.

-Volevo tanto amarti, credimi. - singhiozzo, chiudendo gli occhi per un istante.

Jordan scuote la testa, guardandomi incredulo.

-Quindi... tutto questo tempo... non mi hai mai amato? -

-Non lo so – sussurro, cercando di essere sincero, per una volta nella mia vita – Può darsi che all'inizio ti amassi... ma poi... quel sentimento si è trasformato in affetto, affetto che c'è ancora, perché io tengo moltissimo a te, Jordan! -

Jordan scoppia a ridere, fissandomi come se non fossi vero.

-Affetto? Cazzo Derek, io ti amo! Ti ho chiesto di venire a vivere con me perché volevo costruirmi una vita con te, perché sono fottutamente innamorato di te! -

Credo sia la prima volta in due anni di relazione che alza la voce con me e la cosa mi fa stare inspiegabilmente molto meglio.

-Mi dispiace tanto, ma è proprio per questo che ho dovuto essere sincero con te. Non potevo permettere che andassimo a vivere insieme quando io non provo quello che dovrei provare, quello che provi tu. -

Jordan mi fissa, nel suo sguardo c'è qualcos'altro insieme al dolore, qualcosa che non riesco a cogliere.

-Okay, Derek – esclama, mettendosi le mani in tasca e fissandomi risoluto, come se mi stesse proponendo un duello all'ultimo sangue dei suoi amati film western – C'è un altro uomo? -

-No! - esclamo subito ed è la verità.

Non lo sto lasciando per Stiles o per chiunque altro. Forse Stiles è quello che mi ha fatto aprire gli occhi per primo, ma sto lasciando Jordan perché è giusto così.

Perché io mi merito di stare con una persona che amo e lui si merita di stare con una persona che lo ami. E non possiamo essere l'uno la persona dell'altro.

Jordan mi guarda. E' distrutto e disperato, non ce la faccio a vederlo così.

-Forse... se provassimo ad aggiustare le cose, se lasciassimo perdere la faccenda della convivenza... -

-No! - quasi urlo, esasperato e desideroso che capisca – Le cose non si possono aggiustare, Jordan! Non puoi aggiustare i miei sentimenti! -

Adesso Jordan sembra a un passo dallo scoppiare a piangere e non mi sono sentito così male in vita mia.

-Quindi... è finita? -

Deglutisco, stringendomi nelle braccia come se sentissi freddo.

C'è solo una risposta possibile a questa domanda.

-Sì. Sì, è finita. -

Il senso di liberazione che provo è il sentimento più inopportuno e giusto che abbia mai provato.

 

 

 

 

 

-Okay, ecco la tua coperta, tesoro.-

-E la tua cioccolata calda iper calorica. Sul serio, Der. E' disgustoso che tu beva questa roba.-

-Vieni appoggiati a me. -

-Ecco, fazzoletti. Oh mio Dio Derek, non esprimere la tua gratitudine abbracciandomi quando hai il naso che cola!-

-Respira tesoro. Jackson, smettila di fare lo stronzo e prendigli un po' d'acqua.-

-Lo stronzo? Ma se è da un'ora che gli do retta! Okay, non guardarmi così, vado a prendergli la fottuta acqua.-

Coperta fatta a mano da nonna Hale, cioccolata calda, fazzoletti sufficienti per un anno e Isaac e Jackson che mi gravitano attorno come due mamme chiocce.

E il pacchetto della pateticità è al completo.

Isaac mi stringe e mi bacia i capelli mentre Jackson ritorna con il mio bicchiere d'acqua. Lo posa sul tavolino davanti a me e poi trascina più vicino la poltrona al divano dove stiamo Isaac e io.

-Senti, non capisco perché la fai tanto lunga. -

-Jackson! - sibila Isaac, e anche se ho il viso premuto contro il suo collo so che gli sta rivolgendo una delle sue tipiche occhiate assassine.

-Quel ragazzo era noioso da morire! Possiamo avere di meglio! -

-Non voglio avere di meglio! Merito di stare solo per l'eternità con un diavolo che mi punzecchia il sedere! Sono una persona orribile! - piagnucolo disperatamente.

Isaac mi stringe più forte e mi mormora parole di conforto all'orecchio mentre Jackson emette un suono esasperato.

-Senti, scarico ragazzi di continuo e non mi sembra che io faccia tutto questo dramma! -

-Questo perché tu non hai sentimenti e Derek sì, Jackson.- sibila Isaac.

-Non litigate. - imploro, perché non sono nelle condizioni fisiche e mentali per gestire uno dei loro battibecchi.

Isaac si placa immediatamente e riprende a coccolarmi e Jackson si allunga addirittura a darmi qualche colpetto amichevole sulla gamba.

Devo fargli davvero pena.

-Derek, cosa è successo? Credevo che Jordan ti piacesse... non mi sembrava aveste problemi... - sussurra poi Isaac, scostandomi un po' per potermi vedere in viso.

-Era così infatti – esclamo soffiandomi rumorosamente il naso – Solo che... solo che... -

Jackson mi fissa, inarcando un sopracciglio.

-C'è un altro uomo. -

Arrossisco, mentre Isaac gli getta un'occhiata fulminante.

-Non essere ridicolo, lo saprei se... - gli basta guardarmi in faccia per capire la verità. Si interrompe e sospira rumorosamente – Okay, Derek. C'è un altro uomo. -

-Più o meno! Non ho lasciato Jordan per lui, è stato tutto un insieme di fattori di cui lui si è rivelato una componente importante! - quasi strillo, guardandoli poi implorante – Vi prego ditemi che non mi considerate una sgualdrina. -

-Per un solo uomo? - Jackson mi guarda con commiserazione – Tesoro, devi impegnarti un po' di più se vuoi che ti consideri degno di essere chiamato sgualdrina. -

Quasi sorrido, mentre Isaac getta un'occhiata di sbieco a Jackson, ma si vede che non è poi così arrabbiato.

-Certo che non ti consideriamo una sgualdrina, Derek. Solo ci stupisce che tu non ci abbia detto che Jordan ti aveva chiesto di andare a vivere con lui o di quest'altro uomo. -

-Volevo dirvelo – dico subito io, mentre mi soffio di nuovo il naso – Ma era come se fossi bloccato, non mi uscivano le parole – mi stringo nelle spalle – Forse mi vergognavo ad essere quel tipo di persona che mentre è fidanzato con un ragazzo straordinario pensa a un altro uomo. -

-Woah Woah – Jackson solleva le mani, calamitando la nostra attenzione su di lui – Cosa ha che non va quest'altro uomo? -

Corrugo la fronte.

-In che senso? -

-Mi sembra ovvio che abbia qualcosa che non va, o non ti vergogneresti così tanto ad ammettere di avere una cotta per lui – inarca un sopracciglio, non dandomi nemmeno il tempo di metabolizzare che probabilmente ho davvero una cotta per Stiles – E' sposato? -

-Dio, dimmi che non è sposato. - mormora Isaac, guardando tragicamente al soffitto.

-No che non è sposato! - esclamo, oltraggiato.

-Divorziato? - chiede Isaac e io scuoto la testa guardandolo male.

-Ha qualche deformazione fisica rivoltante? - domanda Jackson con ostentato disgusto.

-Non ha niente che non vada in quel senso – dichiaro con forza – Lui è... - penso a Stiles, al suo volto serio, agli occhi caldi, ai nei sulla guancia, al sottile strato di barba trascurata che gli copre le guance pallide, ai capelli disordinati, ai suoi vestiti sciatti e larghi – Lui è bellissimo. -

Arrossisco di nuovo e noto con irritazione le occhiate e i sorrisini che si scambiano i miei due coinquilini.

-Deeeerek ha una cottaaaa. - canticchia Isaac, pizzicandomi la guancia.

Cerco di guardarlo male, ma è talmente ridicolo e carino insieme che non ci riesco.

-Può darsi. - concedo, e alzo gli occhi al cielo ai versetti eccitati e esagerati che emettono.

-Non capisco perché fai così il depresso allora. Sai quanti uomini ucciderebbero per uscire da una relazione e avere subito un uomo di ripiego? - argomenta Jackson, pragmatico come al solito.

Isaac spalanca gli occhi, guardandomi allarmato.

-Oh. Forse... non è interessato? -

Abbasso un po' lo sguardo, non sapendo bene come rispondere.

-Non lo so – ammetto dopo un po', giocherellando con le maglie della coperta – Non è una persona facile da leggere. Mi ha dato alcuni segnali, diciamo. Ma non sono sicuro che sia davvero interessato a me. -

-Segnali di che tipo?- chiede Jackson in tono professionale, intrecciando le mani sotto il mento.

Okay, dopotutto siamo nel suo territorio.

-Non lo so... mi ha portato il caffè in ufficio? - okay, si può dire anche così, suona decisamente più semplice di “ha investito migliaia di dollari in macchinette perché io bevessi un caffè decente al lavoro”.

Isaac aggrotta la fronte.

-In ufficio? E' un ragazzo del lavoro? -

Porca puzzola. Lo sapevo di aver parlato troppo.

-Una specie. - dico con cautela, guardandomi le mani.

-Oh mio Dio – Jackson ha l'aria di divertirsi un mondo. Che bastardo – Non dirmi che è il tuo capo. -

Rimango in un silenzio colpevole e imbarazzato e Isaac mi scosta bruscamente, guardandomi con occhi e bocca spalancati, il ritratto dello shock.

-Derek Hale! Hai una cotta per Chris Argent?! Quell'uomo è sposato! Siamo stati al college con sua figlia, per l'amor del cielo! -

-Cosa? No, che schifo! - esclamo, inorridito. La sola idea di me e Chris che facciamo cose mi fa venire voglia di vomitare e ridere istericamente allo stesso tempo.

-Avanti Derek. Diccelo e basta. - mi incita Jackson, impaziente.

Li fisso, stringendomi spasmodicamente nella mia coperta.

-Okay. Vi ricordate quando vi ho detto che potrei aver raccontato tutti i miei segreti a un uomo conosciuto sull'aereo, quando sono stato in Scozia? -

Si scambiano un'occhiata perplessa e poi annuiscono.

-E ricordate quando vi ho parlato di Stiles Stilinski che veniva a visitare l'azienda? -

Annuiscono di nuovo. Chiudo gli occhi e prendo un grosso respiro.

-Beh, a quanto pare sono la stessa persona. -

Per un attimo c'è solo il silenzio più totale, tanto che apro di un poco gli occhi, sbirciando le loro reazioni.

Isaac sembra avere un infarto in corso, mentre Jackson sta producendo un ghigno per niente rassicurante.

-Oh mio dio. Hai mollato Jordan per il tuo capo che conosce tutti i tuoi sporchi segreti. Ora sì che sei degno di essere chiamato sgualdrina, Der. -

-Non ho mollato Jordan per lui e non sono una sgualdrina, smettila! - lo rimbrotto, guardandolo malissimo.

-E quindi adesso ti metterai con Stiles Stilinski? - domanda scioccato Isaac, che a quanto pare non ha recepito le parole “non ho mollato Jordan per lui”.

Mi sembra chiaro che né Jackson né Isaac ci credano. Forse non ci credo nemmeno io, e questo fa di me decisamente una sgualdrina. Una sgualdrina orribile che merita la solitudine perpetua.

-Non lo so, okay? - esclamo guardandoli esasperato – Mentirei se dicessi che non mi piace o che non penso a lui o che non lo trovo attraente... non è questo il punto, comunque! Ci conosciamo appena, può darsi che abbia frainteso completamente le sue intenzioni. Anzi, sicuramente le ho fraintese. Non succederà mai niente tra noi. -

Devono aver avvertito una certa angoscia nel mio tono, perché Isaac depone il suo sguardo giudicante e mi abbraccia di nuovo, mentre Jackson smette di ghignare e mi dà altri colpetti gentili sulla gamba.

-Forse è meglio così comunque – dice poi, guardandomi con fare ovvio – Ve l'ho sempre detto che se un uomo conosce tutto di te le cose non funzionano. -

Isaac lo guarda male.

-Andiamo. Questa è una sciocchezza. Io ti conosco da una vita, e nonostante questo siamo amici. Vuoi dire che tra noi non funzionerebbe se ci mettessimo insieme? -

Ha cercato di far suonare la domanda casuale, ma vedo benissimo come sia arrossito leggermente. Jackson non pare essersi accorto di nulla, in ogni caso.

-Certo che no. Noi ci conosciamo troppo bene, sappiamo tutto l'uno dell'altro. Conosci tutti i miei difetti, come potrei sembrare perfetto? No, non funzionerebbe. - risponde in tono leggero, inarcando un sopracciglio come per sottolineare l'assurdità della cosa.

Sento la delusione di Isaac passare dal suo corpo al mio e vorrei tanto abbracciarlo.

Recupera subito comunque, scuotendo la testa e guardando Jackson semplicemente esasperato.

- Beh, in ogni caso sono sicuro che Derek non sia sceso poi così nei dettagli con lui – il mio silenzio deve averlo allarmato, perché si volta a guardarmi con una certa ansia – Vero, Der? -

Mi mordo un labbro, mentre mi faccio piccolo sotto gli sguardi preoccupati dei miei amici.

-Potrei avergli parlato della mia prostata. - confesso infine con un filo di voce, coprendomi il volto con le mani.

C'è un momento di silenzio, poi sento Jackson scostare rumorosamente la poltrona e alzarsi in piedi.

-Ci vuole decisamente del vino qui. -

-Decisamente! - esclama subito Isaac e, nonostante tutto, nascondo un sorriso da dietro le mie mani.

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Ciao a tutti <3

Come al solito ringrazio tutti coloro che spendono un pochino di tempo a leggere sta trashata, ve se ama <3

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo tanto <3 Auguri amori <3

Auguri a tutte le donne!

Ci vediamo venerdì prossimo <3

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


 

 

Capitolo Quinto

 

 

 

Guardo l'ennesima chiamata di Jordan a cui non risponderò mentre attraverso il corridoio diretto in ufficio.

E' da ieri che tenta di contattarmi.

Mi sento una persona ancora più orribile non rispondendogli, ma non ce la faccio a sentire di nuovo la sua voce devastata e ho paura di quello che potrei fare se mi pregasse di tornare insieme. Jordan non si merita qualcuno che stia con lui per pietà. E' un ragazzo fantastico, che merita qualcuno che lo ami con tutto se stesso. E quel qualcuno non posso essere io.

Sono talmente assorto nei miei pensieri che vado a sbattere contro un petto ampio. In un attimo, il mio cellulare vola via, insieme a decine di fogli.

-Ma porca puzzola! - esclamo, guardando allarmato il mio cellulare a faccia in giù sul pavimento. Dio, fa che non sia rotto perché non ho idea di come trovare i soldi per riparare lo schermo. Anzi, se è rotto i soldi li dovrà sborsare questo idiota che mi è venuto addosso.

-Sono desolato, signorino. Sta bene? -

Oh. Porca. Puzzola.

Sollevo di scatto gli occhi, incrociando lo sguardo serio e preoccupato insieme di Stiles Stilinski.

-Oddio, mi dispiace tanto, non l'avevo vista! - strillo, chinandomi immediatamente a raccogliere i fogli, cercando vanamente di dargli un ordine. Il mio cellulare è decisamente passato in secondo piano.

Stiles mi imita subito, raccogliendo però il mio cellulare.

-Non si preoccupi, non stavo guardando dove mettevo i piedi, ero troppo preso da queste bozze del reparto grafica. -

Ci raddrizziamo nello stesso momento, io con i suoi fogli un po' stropicciati tra le braccia e lui con il mio cellulare in mano. Fortunatamente lo schermo è illeso.

Mi scruta attentamente e io mi muovo appena, a disagio.

-Sta bene, Derek? - chiede, con voce bassa e seria, sinceramente preoccupato – Ha gli occhi rossi, come se avesse pianto. -

Cerco di sorridere, ma dalla piega che gli spunta tra le sopracciglia devo fare abbastanza pena come attore.

-Non ci badi, sto bene. -

-Io bado sempre a lei. - dichiara Stiles, in tono incontestabile e anche un po' infastidito.

Mi sento arrossire, ma sento anche una sensazione di calore al petto. Stamattina ho preso il caffè con Lydia, chiacchierato con Sam all'ingresso e preso l'ascensore con Patrick. Stiles è il primo che nota il mio aspetto e si interessa a me.

-Sto bene, davvero. - insisto, con un sorriso molto più sincero.

Stiles non pare molto rassicurato, ma i suoi occhi indugiano per un secondo sulle mie labbra arricciate e tutto il suo intero viso si ammorbidisce.

E' persino più bello quando non è imbronciato.

Derek, contieniti. Hai appena chiuso con il tuo fidanzato. Non vuoi dare motivi a Jackson per chiamarti sgualdrina. Anche se per lui probabilmente sarebbe un complimento, tu non vuoi!

E' solo che è difficile non pensare a quello che ha detto ieri, sul fatto che gli piaceva il Derek della sua fantasia. Ma piacere può avere tante accezioni, no? Probabilmente non intendeva in quel senso. Anzi, sicuramente.

A un certo punto sentiamo un forte ronzio e entrambi abbassiamo lo sguardo sul mio cellulare che sta vibrando come posseduto sulla mano di Stiles. Il nome di Jordan è in bella vista sullo schermo.

Arrossisco ancora di più, lanciandogli uno sguardo imbarazzato. Stiles ricambia con uno calmo, ma ha inevitabilmente perso lo sguardo rilassato e così bello di poco prima. Maledizione.

-Mi scusi, risponda pure. - dice però in tono gentile, facendo per porgermi il cellulare.

Io mi ritraggo di scatto, scuotendo la testa e stringendomi al petto i suoi fogli maltrattati, con uno sguardo terrorizzato al cellulare che vibra.

-No! Non devo cedere alla tentazione di rispondere, lo tenga lei, per favore! - esclamo, senza pensare, e subito dopo mi maledico.

Stiles però non fa una piega, si limita a guardarmi di sottecchi, meditabondo.

-Va bene – mormora in tono gentile, ritraendo piano la mano – Vorrà dire che aspetteremo che desista. -

Annuisco con gratitudine, chiedendomi distrattamente se arriverà il giorno in cui smetterò di rendermi ridicolo di fronte a lui.

Rimaniamo semplicemente a fissarci nel corridoio vuoto, con il cellulare che vibra in maniera insistente e fastidiosa. Stranamente, non mi sento a disagio. Lo sguardo di Stiles nel mio è dolce e calmo, mi fa sentire in pace.

-A proposito – comincia Stiles, con tono incerto – Volevo scusarmi per l'altro giorno. Non avrei dovuto intromettermi in quel modo, non erano affari miei. Mi creda, sono davvero... -

-E' già tutto dimenticato. - lo rassicuro io, con voce decisa.

Non ho voglia di parlare di Jordan, non ho voglia di ammettere che ogni sua parola, dalla prima all'ultima, fosse dannatamente vera.

Stiles mi scruta attentamente, ma non insiste.

La vibrazione cessa, Stiles lancia uno sguardo allo schermo e poi mi guarda, sorridendo gentile.

-Pare che si sia arreso. -

-Così pare. - mormoro, poi abbasso lo sguardo sui fogli che ancora stringo al petto come un'ancora di salvataggio.

-Oh, mi scusi, sto ancora tenendo in ostaggio le sue bozze. -

Stiles sorride con un angolo della bocca, una scintilla divertita negli occhi.

-Non si preoccupi. Sono sicuro che si trovino abbastanza bene tra le sue braccia. -

Arrossisco, mentre il sorriso di Stiles prende una piega intenerita.

-Beh, gliele restituisco immediatamente – abbasso lo sguardo sul primo foglio, che è un enorme disegno di un cilindro gigante con due cerchi in cima – Ecco il suo pene...foglio! Volevo dire foglio! -

Oh mio Dio. Questo deve essere un incubo. Un incubo senza fine.

Stiles mi fissa ad occhi spalancati per un attimo, poi scoppia a ridere di gusto, gettando il capo indietro, mentre io vado praticamente a fuoco.

-La prego, non infierisca. - sibilo in imbarazzo, mettendogli a forza i suoi stupidi fogli tra le braccia e riprendendomi il mio cellulare.

-In realtà sono piuttosto d'accordo con lei – ansima Stiles, ancora scosso da queste irritanti risatine. In realtà, se non fosse che mi sono appena umiliato completamente, lo troverei indicibilmente carino. I suoi occhi brillano e, mio Dio, odio i suoi occhi brillanti e caldi, così tanto – Sembra decisamente un pene. -

Non riesco a trattenere un piccolo sorriso, mentre abbasso nuovamente lo sguardo sul foglio incriminato.

-Immagino che non fosse quello lo scopo dei grafici. -

-Immagino di no – fa Stiles, pensieroso, sollevando un po' il disegno e tenendolo in mezzo a noi in modo che possiamo osservarlo insieme – Dovrebbe essere il marchio della nostra nuova linea di abbigliamento per giovani uomini in carriera. Ecco bisognerebbe guardarlo così – ruota il foglio e inarca un sopracciglio – Dovrebbe essere una valigetta da lavoro con le ruote. -

Ridacchio senza riuscire a controllarmi e Stiles alza di scatto gli occhi verso di me. Non lo guardo, ma sento che sorride.

-Mh, no. Sembra decisamente un pene visto al contrario. - rido, guardando incredulo quel disegno raccapricciante.

Ride anche Stiles e io lo guardo, sorridendo leggermente. Alla fine Stiles sospira, rimettendosi i fogli sotto braccio.

-Non sono per nulla soddisfatto da questa campagna. Tutte le proposte sono fin troppo.... seriose. -

-Forse è questo il problema – ragiono io in tono distratto, fissando la camicia a scacchi di Stiles e i suoi pantaloni consunti – Insomma, lei è un giovane uomo in carriera, ma non è di certo il tipo da valigette da lavoro dalla dubbia forma o da abiti eleganti e costosi – mi stringo nelle spalle – La campagna dovrebbe rispecchiare lei, e lei è un uomo semplice. -

Stiles mi fissa e io mi rendo improvvisamente conto di essermi intromesso in cose che non mi riguardano assolutamente.

-Oddio, mi dispiace, non volevo mettermi a giudicare il lavoro di nessuno, io... - comincio, agitato, ma Stiles mi interrompe con un gesto pacato, gli occhi assorti fissi nei miei.

-Semplicità. Mi piace. - ripete lentamente, squadrandomi con attenzione.

Arrossisco di puro piacere.

A Stiles Stilinski, padrone di un impero, piace la mia idea. Mia, di Derek. Mr. Nessuno. Mi scoppia il cuore.

-Ne sono felice – sussurro, poi do un'occhiata al mio cellulare. Dio, è tardissimo, Chris mi ucciderà se non vado subito in ufficio. Lancio uno sguardo mortificato a Stiles.

-Mi spiace, dovrei... - indico vagamente il corridoio e Stiles sorride immediatamente, facendo un passo di lato per permettermi di passare.

-Certo. La lascio al suo lavoro. - dice con voce calda.

Sorrido.

-E io la lascio al suo... ehm... - indico con aria vaga i fogli e lui ride piano.

E' un male se adoro la sua risata? Fa di me una sgualdrina? Perché sono totalmente innamorato della sua risata, temo.

-Al mio pene?- chiede e ride più forte quando io arrossisco e lo guardo male.

-Molestie sul lavoro, signor Stilinski. - fingo di rimproverarlo, alzando il mento.

Lui piega appena la testa in maniera accondiscendente, con un sorriso piccolo ma sincero.

-Le chiedo scusa, signor Hale. -

Sorrido un'ultima volta, poi mi allontano prima che Chris mandi una pattuglia a recuperarmi. Sento gli occhi di Stiles Stilinski sulla mia schiena.

Dio, cosa mi sta succedendo? Non riesco a smettere di sorridere, ho le guance rosse e, Santo Cielo, ho appena sculettato consapevole che mi stesse guardando?

Sì, ho appena sculettato.

E' ufficiale.

Sono una sgualdrina. E, vi dirò, l'idea non mi dispiace poi così tanto.

 

 

 

Chris oggi è più nervoso del solito perché Stiles Stilinski ha indetto una riunione con tutti i capo reparto dell'azienda, per discutere sulla nuova linea di prodotti per giovani uomini in affari.

Non capisco perché si agiti tanto. Voglio bene a Chris, ma non è esattamente un pezzo grosso. Probabilmente dovrà rimanere in un angolo per tutto il tempo e limitarsi a mostrare qualche grafico mentre Nancy farà il resto.

Ciò non cambia il fatto che oggi in ufficio camminiamo tutti sui carboni ardenti nel tentativo di non irritarlo ulteriormente.

Per questo comincio a sudare freddo quando lo vedo marciare nero in volto verso la mia scrivania.

-Oh no. - sussurro inorridito, non trovando nemmeno la forza per chiudere la pagina dell'oroscopo sul mio computer (pare che un evento inaspettato darà una svolta decisiva alla mia vita. Amo la precisione quasi scientifica degli oroscopi!).

Erica si sporge oltre la sua piantina morente e ghigna.

-Che hai combinato, Derek? -

La verità è che non lo so. Va bene, ieri sono arrivato terribilmente in ritardo per essermi fermato a chiacchierare con Stiles, ma mi ha già fatto la sua strigliata di tre quarti d'ora davanti a tutti.

Non può essere così crudele da pensare che non abbia capito la lezione.

Ma quello che dice Chris una volta piantatosi davanti alla mia postazione mi lascia assolutamente a bocca aperta.

-Okay Derek. Che hai combinato? - chiede a bruciapelo, la mascella rigida quasi quanto la sua postura.

Cosa? Sono io che dovrei chiederlo a lui!

-Niente! - esclamo, con voce un po' troppo stridula. Oddio, Chris non può avere scoperto che ho rotto la cornice con la foto di sua figlia, vero? - Non ho fatto assolutamente niente! -

Chris inarca un sopracciglio e mi sto quasi per mettere in ginocchio e implorare il suo perdono e blandirlo con la promessa di una cornice nuova, quando parla di nuovo.

-A quanto pare Stiles Stilinski vuole che tu partecipi alla riunione di oggi, una riunione assolutamente riservata ai capo reparto, cosa che tu non sei. Quindi. Che cazzo hai combinato, Derek? -

Boccheggio, sconvolto.

Cosa? Non ho mai partecipato a queste riunioni, se non si conta quella volta che Chris voleva che servissi il caffè agli altri. Cosa sta cercando esattamente di fare Stiles? Deve smetterla con questi piccoli trattamenti di favore, sono riuscito a inventarmi una balla con Erica per il caffè sulla mia scrivania, ma ora cosa dovrei dire a Chris?

Deve smetterla, ma questo non significa che dentro non stia fremendo.

Una riunione! La mia prima riunione!

-Immagino... immagino che voglia dare una possibilità di imparare cose nuove a tutti...? - tento, dimenandomi sulla sedia.

Chris grugnisce scettico, ma riconosco il suo tipico sguardo rassegnato.

-Ti siederai in disparte, non farai domande, non ti dondolerai sulla sedia come fai di solito, non farai niente di niente, intesi? Rimarrai seduto ad ascoltare senza dire una parola. - sibila Chris e io annuisco con allegria.

Oh insomma, bisogna accontentarsi delle opportunità che si hanno. Non mi sarei mai sognato di poter partecipare davvero a una riunione così importante prima dell'arrivo di Stiles, se devo stare zitto lo farò. E non è vero che mi dondolo sulla sedia. Solo un pochino.

-Bene – sibila Chris squadrandomi ancora con diffidenza – Tra dieci minuti in sala riunione, non fare tardi. -

-Sì signore! - esclamo, con forse troppa enfasi.

Chris inarca un sopracciglio, sbuffa e poi si allontana.

Aspetto che abbia sbattuto la porta del suo ufficio, poi esplodo.

Lancio un urletto estasiato, muovendo braccia e gambe mentre giro sulla mia poltroncina con le ruote.

Contegno, Derek!

Più tardi sono seduto insieme a tutti quelli che contano intorno al bel tavolo rettangolare della sala riunioni.

Sono incastrato in fondo tra Lenny il quasi pensionato e Jenny che non si lava e Chris mi ha già sibilato venti volte di non dire niente, ma è il giorno più bello della mia vita.

Non sto più nella pelle! Tiro fuori il mio taccuino per gli appunti con dita tremanti e mi dico che l'oroscopo aveva già previsto tutto. Ecco la mia occasione che cambierà la mia vita! Oggi partecipi a una riunione cercando di non annusare Jenny e aiutando Lenny a stappare la bottiglia dell'acqua, domani sei capo di una multinazionale. E' il primo passo verso un gratificante percorso di realizzazione personale, ne sono certo.

Ormai manca solo Stiles e quando finalmente entra, il chiacchiericcio sommesso cessa di colpo e tutti si siedono in modo più composto. Saltello sulla sedia per poter vedere qualcosa oltre la terribile permanente di Jenny. Stiles non sembra aver modificato il suo solito outfit, anche se deve presiedere una riunione. Indossa dei jeans strappati e una camicia bianca e larga. Ha persino le infradito ai piedi! Mi scappa una risatina e quando tutti si voltano a fissarmi mi tappo la bocca con le mani.

Anche Stiles mi guarda e la sua faccia, da imbronciata che era, si rilassa immediatamente e mi sorride. Arrossisco e faccio scivolare lentamente le mani dal mio viso, per ricambiarlo timidamente.

Cosa mi sta succedendo? Perché la riunione è iniziata da dieci minuti e io riesco solo a pensare a quanto sia bello Stiles, a quanto la camicia bianca risalti la sua barba scura e a quanto siano lunghe le sue ciglia?

Ha delle ciglia davvero lunghe, la luce a neon proietta lunghe ombre sui suoi zigomi.

Anche i suoi zigomi sono adorabili.

Derek! Concentrati. E' la tua prima riunione, dovresti prendere appunti.

Per ora ho solo scritto “Mr. Broncio” in corsivo e l'ho circondato di fiorellini.

Immagino che possa fare di meglio.

Quando decido che è giunto il momento di ascoltare davvero, sta parlando Steve Carter del reparto grafica, e non ho idea di che argomento stiamo affrontando.

-... con tutto il rispetto ma non vediamo come un marchio che rappresenti uomini in carriera possa non essere serioso, signor Stilinski. -

Oh. Mi ricordo, il famoso marchio della valigetta-pene. Mi viene da ridere al solo pensiero, ma mi mordo forte le labbra, conscio che Chris mi sta tenendo d'occhio.

-Fare carriera significa non avere alcun senso dell'umorismo? - domanda Stiles, inarcando un sopracciglio – Pensate che tutti i ragazzi che fanno carriera siano macchine senza sentimenti? Che non abbiano anche loro piccoli drammi di tutti i giorni come... come trovare un caffè all'orzo decente? -

Tutti ridono, io arrossisco di puro piacere.

Mi ha usato come esempio! Stava parlando di me. E' esaltante sapere che Stiles mi pensa. E anche che mi considera un giovane uomo in carriera, ovviamente.

Beccati questa Chris Stai Zitto Muto E Non Respirare Nemmeno Argent.

-Quindi cosa suggerisce? - domanda Steve, senza riuscire a nascondere l'irritazione del suo tono – Un chicco di caffè come marchio? Una spiga d'orzo? - chiede sarcasticamente e io lo guardo male.

Chi si crede di essere? Non mi è mai piaciuto Steve Faccia Da Topo Carter.

Stiles non si scompone, si limita a prendere una cartellina dal tavolo e ad alzarsi in piedi. Quasi mi si ferma il cuore quando mi rendo conto che sta camminando verso di me. Sono assolutamente paralizzato, non mi viene nemmeno in mente di nascondere il mio stupido taccuino.

Lo guardo in preda al panico, ma Stiles si limita a rivolgermi un sorriso rassicurante e una veloce strizzata d'occhio. Mi posa la cartellina davanti e la apre.

L'orribile immagine del pene- valigetta mi ammicca.

-Derek, potrebbe per cortesia dirci cosa le richiama alla mente questa immagine, al primo impatto? Sia sincero, la prego. - dice Stiles, in tono alto e con voce calma e gentile.

Deglutisco fissando il disegno con il cuore che batte veloce.

E ora che mi invento? Non posso di certo dire che mi sembra un pene, non è certo quello che vuole Stiles.

Aspetta.

Stiles vuole esattamente questo. Mi ha chiesto di essere sincero, vuole la mia vera opinione.

Oddio, spero di non starmi sbagliando.

-Ehm – mi schiarisco la gola, cercando di concentrarmi unicamente su Stiles – Penso che... insomma... potrebbe ricordare... un pene? -

Segue un silenzio assordante, poi Steve Carter sbotta: - Ma come si permette! -, appoggiato immediatamente da un mormorio generale. Persino Lenny mi guarda male e posso sentire benissimo lo sguardo assassino di Chris su di me.

-Silenzio!- tuona Stiles e immediatamente tutti si zittiscono, anche se Steve ha l'aria ribelle e infastidita.

-Sono assolutamente d'accordo con Derek. - continua Stiles con voce calma, tornando lentamente al suo posto.

-Il nuovo marchio sembra un pene. E' orrendo, non è quello che ho chiesto – rivolge uno sguardo tagliente a tutti, in particolare a Steve. Se fossi stato al suo posto me la sarei già fatta sotto – Mi aspetto molto di più. D'ora in poi voglio che la parola d'ordine per questo progetto sia semplicità. - dichiara con forza, mentre il suo sguardo scivola su di me, facendosi caldo.

Io gli sorrido, con l'orrenda sensazione di essere arrossito. Stiles ricambia appena, prima di tornare al solito broncio mentre fa vagare lo sguardo su tutti i presenti.

-Abbiamo finito, signori. Vi ringrazio per il vostro tempo. -

Stiles è il primo a lasciare la sala, scortato da Theo Raeken, e ammetto di essere un po' deluso. Forse mi aspettavo che mi parlasse, che mi ringraziasse per avergli dato l'input a scartare la valigetta-pene, anche se so che è stupido. In fondo lui è il capo e io un dipendente come gli altri. Non è tenuto a dirmi niente, tanto meno ringraziarmi.

Ciò non cambia il fatto che tutti adesso mi fissano mentre mi alzo e sono sicuro che d'ora in poi verrò ricordato come “Derek, quello del reparto marketing che parlava di peni durante la riunione”.

Chris mi affianca subito mentre torniamo in ufficio, ma fortunatamente non sembra arrabbiato.

-Perché non mi hai detto che tu e Stiles Stilinski siete in confidenza? - indaga, con gli occhi che brillano, sicuramente già fantasticando su come sfruttare la mia amicizia con Stiles a suo vantaggio.

-Perché non lo siamo, abbiamo solo parlato qualche volta. Lui mi ha fatto vedere il nuovo marchio e io gli ho dato la mia opinione. - rispondo senza guardarlo, cercando di essere il più sincero possibile.

No, non siamo in confidenza. In fondo sa solo tutto sulla mia prostata e sul mio perizoma, praticamente le due cose più riservate al mondo. Non siamo in confidenza, direi.

-Beh, Stiles Stilinski sembra tenere molto in conto la tua opinione – commenta Chris in tono monocorde, che nei suoi standard equivale alla gioia più sfrenata, segno che sta effettivamente pensando a come potersi arruffianare Stiles tramite me – Continua a lavorartelo, Derek, e forse potremmo riparlare di quella promozione! -

Lo guardo ad occhi spalancati, ma Chris si limita a darmi una pacca sulla spalla e ad allontanarsi senza che io possa dire nulla.

Che idea si è fatto di me Chris? E' vero, voglio disperatamente una promozione, ma non userei mai Stiles per averla.

E poi io me la merito una promozione, a prescindere da Stiles.

Lavoro sodo e mi impegno più di tutti. E' vero, ho vomitato sulle scarpe di Greg e mandato all'aria un contratto da milioni di dollari, ma sono sicuro che se non fosse stato per il jet leg sarebbe andato tutto bene.

Mi siedo alla mia scrivania e do un'occhiata mesta alla pagina dell'oroscopo, ancora aperta sul mio computer. Diciamo che la riunione non ha cambiato la mia vita in maniera così sconvolgente come speravo.

E' tutto esattamente come prima e questo è frustrante da morire.

Sospiro e comincio a fare il mio lavoro, premiandomi di tanto in tanto con la mia scorta segreta di biscotti che tengo nel mio cassetto.

Sono passate un paio d'ore quando Theo Raeken, impeccabile come sempre nel suo completo blu, si avvicina con un forzato sorriso di circostanza.

Ho l'impressione di stargli antipatico, e il sentimento è pienamente ricambiato.

-Buongiorno, signor Hale. Il signor Stilinski mi ha chiesto di ricordarle di portargli il fascicolo Harris in sala riunioni appena le è possibile. -

Per un attimo lo fisso senza capire, poi mi giunge l'illuminazione.

Quando le riunioni si facevano troppo lunghe e noiose, Scott e io facevamo venire la sua segretaria con il fascicolo Harris da esaminare, così potevamo svincolare.

E' un trucco per potermi vedere, come l'archivio per me e Lydia!

Cerco di darmi un'aria professionale mentre rispondo a Theo.

-Certamente, glielo porto immediatamente. -

Theo si limita a un cenno rigido del capo e poi si allontana velocemente. Io fremo sulla mia sedia.

Vuole vedermi! Stiles vuole vedermi.

E magari...

Magari niente, Derek. Ovviamente vuole vederti per una questione di lavoro. Non devi farti strane idee solo perché forse hai una minuscola cotta per lui.

Faccio per alzarmi e precipitarmi subito da lui, ma noto con la coda dell'occhio Erica che mi fissa da dietro la sua pianta. Probabilmente ha origliato l'intera conversazione.

Mi risiedo lentamente, cercando di ragionare. Non posso presentarmi a mani vuote, desterebbe sospetto.

Fisso con occhi vuoti lo schermo del mio computer, poi mi illumino.

Sorrido mentre apro Word e comincio a battere velocemente qualche riga.

Scrivo una mail da parte del professor Archibald G. Harris ( non ho idea di come si chiami, ma ho puntato a un nome che ispirasse antipatia, Archibald come il mio zio peggiore e G per Greg, quello spione che ha detto a Chris del vomito), professore di chimica al liceo di Beacon Hills. Gli faccio fare un reclamo per le barrette della Sciles Corporation, che secondo lui contengono troppo zucchero e rendono i suoi studenti troppo eccitati per seguire la lezione. Ci aggiungo persino un post scriptum in cui faccio esprimere al mio Archibald G. Harris il suo stupore per il fatto che Stiles sia arrivato così in alto, visti i suoi pessimi voti in chimica. Firmo la mail e poi la rileggo, con un grosso sorriso.

E' antipatica proprio come immagino dovrebbe essere una mail del professor Harris.

La stampo e poi la metto in una busta bianca, di quelle belle ed eleganti che rubo sempre a Isaac e che tengo sulla mia scrivania in caso mi servissero.

Soddisfatto, mi avvio verso la sala riunioni con la busta stretta al petto.

La porta è aperta e dentro c'è solo Stiles, seduto al tavolo con il cellulare tra le mani.

Busso timidamente e Stiles solleva di scatto il viso. E' scuro in volto, ma appena mi vede si rasserena e sorride con gli occhi. Questo non dovrebbe farmi attorcigliare lo stomaco, perché sono un uomo adulto e razionale, non un adolescente guidato dagli ormoni, eppure.

-Derek, la stavo aspettando. Entri pure e chiuda la porta, per favore. -

Ubbidisco, avvicinandomi poi lentamente a lui.

Stiles mi rivolge uno sguardo rilassato, poi i suoi occhi scivolano sulla busta bianca e la sua fronte si contrae appena.

-E quella cos'è? -

Arrossisco, sentendomi d'un tratto stupido per aver creato questo fascicolo perfettamente inutile.

-Ehm. Il fascicolo Harris. A quanto pare ci ha inviato una lettera di reclamo per le nostre barrette energetiche. - mormoro, quasi sulla difensiva.

Stiles spalanca gli occhi e io mi innervosisco ancora di più.

-Lei ha creato un fascicolo Harris? C'è veramente una mail scritta lì dentro? - chiede, incredulo.

Non so perché, ma mi imbroncio.

-Lei ha usato la scusa del fascicolo Harris con me, ma ho pensato che fosse meglio buttare giù qualcosa nel caso qualcuno mi avesse fermato. - borbotto, senza guardarlo.

Con mia sorpresa, Stiles scoppia a ridere e forse mi sarei offeso, se i suoi occhi non fossero così caldi su di me.

-Lei è assolutamente incredibile, Derek! - esclama e io vorrei chiedergli se sono assolutamente incredibile in senso buono o in senso “lei è completamente pazzo”, ma penso che il suo sorriso sia una risposta sufficiente.

-Posso leggere la lettera? - mi chiede poi con gli occhi che brillano e io gli porgo la busta, un po' imbarazzato.

Stiles la apre e scorre velocemente il testo con gli occhi, scoppiando di nuovo a ridere.

-Non posso credere che lo ha chiamato Archibald! - soffia con la voce soffocata dalle risate. Ridacchio anche io, scostando piano una sedia e sedendomi vicino a lui, improvvisamente a mio agio.

-Cercavo un nome che esprimesse antipatia. Ho uno zio di nome Archibald che ogni anno regala a Natale a me e alle mie sorelle una caramella mou a testa. -

Stiles spalanca gli occhi, fingendosi sconvolto.

-Mou? Ma lei adora quelle alla menta! Questo zio Archibald è assolutamente inqualificabile! -

-Lo so! Quasi quanto il nostro Archibald G. Harris! Guardi quanto è villano nel suo post scriptum! - sto al gioco io, avvicinandomi a Stiles quasi senza accorgermene.

Stiles legge e scoppia di nuovo a ridere, ride talmente forte che ha gli occhi pieni di lacrime e deve passarsi una mano su di essi.

-Oddio. Sarebbe stato pienamente nel suo stile rinfacciarmi di essere stato uno studente mediocre. -

-Non è colpa sua. E' la chimica che è orrenda. - dico io con convinzione, trattenendo una risatina quando Stiles annuisce con sussiego.

Stiles infine ripiega con cura la lettera e la rimette nella busta. Mi aspetto che me la restituisca, ma invece se la preme al petto, lanciandomi un'occhiata.

-Mi piacerebbe tenerla, se permette. -

Arrossisco di puro piacere.

-Ma certo! - quasi strillo.

Il sorriso di Stiles su fa quasi mesto e mi viene da urlare, perché odio quando riacquista la sua aria imbronciata. Vorrei che fosse sempre allegro e disinvolto come poco prima. Vorrei conoscere anche io ogni suo segreto solo per sapere come farlo stare bene sempre.

Vorrei anche non avere tutti questi pensieri compromettenti e decisamente fuori luogo.

-Scott l'avrebbe adorata. - mormora con voce morbida e io lo guardo, non sapendo bene cosa dire. Si riferiva a me o alla lettera?

Mi sto ancora frugando nel cervello, quando Stiles scuote le testa e riprende a sorridermi, il momento di malinconia apparentemente dimenticato.

-L'ho fatta chiamare per ringraziarla di essersi prestato a dire la sua opinione oggi durante la riunione. E, ovviamente, anche per avermi illuminato con la sua idea della semplicità.-

Oh.

Quindi era effettivamente solo di lavoro che voleva parlare.

Beh, me lo aspettavo. Era ovvio. No, non sono deluso. Perché dovrei?

-Non c'è di che, ho fatto solo il mio lavoro.- rispondo con modestia ineccepibile.

Per un attimo anche lui mi sembra deluso e mi chiedo se entrambi non ci aspettassimo cose diverse da questo incontro segreto.

No, che sto dicendo.

Entrambi ci aspettavamo di parlare di lavoro e così stiamo facendo.

Che altro dovrebbe volere da me Stiles Stilinski o io da lui?

-Ha fatto più del suo lavoro – insiste Stiles in tono gentile, strappandomi dai miei pensieri – Lei è un ragazzo molto intelligente, Derek. Jordan è molto fortunato ad averla. -

Trattengo il fiato.

Okay, che vuol dire questo riferimento a Jordan? E' davvero una cosa casuale o vuole sottintendere qualcosa? E' una frecciatina? Sospetta che ci siamo lasciati? In fondo c'era anche lui quando ho evitato in tutti i modi le chiamate di Jordan. Dovrei dirgli che ci siamo lasciati? Ma perché dovrei dirgli che ci siamo lasciati! Non sono affari suoi.

No, non glielo dirò.

Mai e poi mai.

-Ci siamo lasciati. -

Okay, non ho idea di come questo sia potuto succedere, davvero.

Stiles spalanca gli occhi e io lo osservo, cercando di decifrare ansiosamente la sua espressione.

-Capisco. - si limita a dire infine e io ingoio a fatica un groppo di delusione.

-Dovrei tornare al lavoro, ora. - sussurro con un filo di voce, alzandomi in piedi.

Sono quasi alla porta, quando la voce di Stiles mi raggiunge.

-Quanto sarebbe di cattivo gusto chiederle un appuntamento, signorino? -

Mi volto di scatto, con il cuore che batte a mille e gli occhi enormi di sorpresa.

Stiles ricambia il mio sguardo, con un sorrisetto storto e beffardo, gli occhi luminosi e dolci insieme.

Deglutisco, cercando di darmi un contegno.

-Parecchio di cattivo gusto, considerando che ci siamo lasciati appena due giorni fa. -

Il sorriso di Stiles vacilla e mi viene quasi da ridere. Anche lui allora può essere stupido a volte.

-Capisco. Lasci allora che le faccia le mie più sentite... -

-Però – lo interrompo con un piccolo sorriso – Non tanto di cattivo gusto come sarebbe accettare da parte mia. -

Gli occhi di Stiles sono più luminosi che mai mentre mi sorride.

Mi sto cacciando nei guai, lo so.

Ma non riesco a farne a meno.

E' troppo maledettamente bello e io voglio disperatamente uscire con lui.

Oddio, sono decisamente una sgualdrina.

-Potremmo fare una cena? Magari dopodomani? - chiede e io aggrotto appena la fronte.

-Perché non domani sera? Ha da fare? - mi lascio sfuggire, prima che possa maledirmi.

Perfetto, ora penserà che sono una persona patetica già irrimediabilmente cotta, ottimo lavoro, Derek.

Stiles mi guarda sorpreso per un istante, poi sorride dolcemente.

-Io no, ma pensavo che lei avesse un impegno.-

Lo fisso senza capire e il sorriso di Stiles si condisce di divertimento.

-Domani è giovedì. E' il giorno di Titanic. -

Inclino il viso, con un sorriso lieto e sorpreso insieme.

-Se lo ricorda! -

Stiles aggrotta la fronte.

-Glielo avevo detto. Ricordo ogni cosa che sia uscita dalle sue labbra su quell'aereo. - ribatte gentilmente.

Scuoto la testa, mentre il cuore mi batte forte e una strana quanto inaspettata sensazione di felicità mi invade.

All'inizio pensavo che il fatto che Stiles conoscesse ogni mio segreto fosse orribile, ma è davvero così brutto avere al proprio fianco una persona che ti conosce completamente, che sa tutto di te, anche le cose di te che di solito non racconti per non far spaventare le persone? Stiles conosce tutte le cose imbarazzanti che mi riguardano, eppure è ancora qua. Forse è qua proprio per quelle.

Non ho mai detto a Jordan dei miei giovedì sera perché non avrebbe capito, ma Stiles lo sa. E lo rispetta. E io voglio uscire con lui domani, non voglio aspettare.

-Potrei fare un'eccezione per lei. Spostare Titanic a venerdì, in via straordinaria, sa. - butto lì, mordendomi un labbro.

Stiles fa un grosso sorriso e mi viene spontaneo e immediato ricambiarlo.

-Ne sono onorato. Posso passarla a prendere per le sette con la mia jeep? Manderò Theo a chiederle il suo indirizzo più tardi. -

La sua jeep? Questo mi ricorda qualcosa, ma al momento ho troppo la testa tra le nuvole per concentrarmi.

-Sarebbe perfetto. -

Derek, smettila di arrossire.

-Allora siamo d'accordo – il suo sorriso prende quella piega beffarda e maliziosa che però non cancella mai del tutto la dolcezza malinconica dei suoi occhi – Potremmo anche cominciare a darci del tu, non pensi, Derek? -

Fingo di pensarci su guardando il soffitto, mentre Stiles ridacchia.

-Sì, direi che posso concedertelo, Stiles. - dico infine, con un sorriso.

-Ah Derek – Stiles è d nuovo serio e questo spinge anche me a mantenere un certo contengo – Temo di doverti chiedere discrezione. Non mi dilungherò nei dettagli, ma la mia vita è abbastanza complicata e data la mia posizione e la tua come mio dipendente, credo sia meglio cercare di tenere le cose tra noi, per ora. -

Beh, non posso dire che non me lo aspettassi.

In fondo è un miliardario, è a capo di un'intera azienda di successo ed è il mio capo. E posso solo immaginare quante complicazioni possa avere la sua vita, divisa tra una fama che non sembra particolarmente desiderata e i doveri.

-Non c'è problema. - rispondo quindi e quando lui torna a sorridermi, tutto sembra più bello.

Quando infine ritorno alla mia scrivania, mi sembra di fluttuare sopra le teste dei miei colleghi. Non so cosa mi stia succedendo! Mi sento così leggero ed euforico, e tutto solo per un appuntamento!

Lo sapevo che un evento inaspettato avrebbe dato una svolta decisiva alla mia vita.

L'oroscopo ha sempre ragione!

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Ciao a tutti <3

Grazie come al solito per l'affetto che la storia sta ricevendo, un grazie speciale alle mie cicce (Giuls, Derek che sculetta è tutto per te).

Spero che il capitolo possa piacervi <3

Ci vediamo venerdì prossimo!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


 

 

Sesto Capitolo

 

 

 

 

-Dimmi che stai scherzando! -

Sbuffo, continuando a buttare i miei vestiti sul letto e ignorando Isaac.

Non ha alcun diritto di giudicarmi, comunque. Lui è innamorato di Jackson dalla notte dei tempi e le uniche persone che ne sono a conoscenza siamo io e la segreteria telefonica di Jackson (Isaac è pericoloso da ubriaco. Fortunatamente sono un asso nel cancellare messaggi imbarazzanti dalle segreterie altrui).

Almeno io sto prendendo l'iniziativa, mi sto buttando.

Non deve andare per forza male.

-Andrà malissimo. -

Getto una veloce occhiataccia a Jackson, che apparentemente ha interrotto il momento sacro della manicure per affiancare Isaac sulla soglia della mia stanza.

A volte mi sembra di vivere ancora con i miei genitori.

-Come potete dirlo! - esclamo, un po' urtato.

-Mh, pronto? - fa Jackson in tono sarcastico, alzando gli occhi al cielo – Conosce tutti i tuoi segreti, pessima cosa? -

-Senza contare che è il tuo capo e che hai appena rotto con il povero Jordan! - rincara la dose Isaac, con la sua innata e assolutamente non richiesta capacità di farmi sentire in colpa.

-Ma chissene frega di Jordan, io mi preoccupo per quello scemo di Derek! - esclama Jackson e non so se questo dovrebbe farmi sentire meglio o no.

Mi volto a fronteggiarli, le braccia spalancate e le mani piene di camicie.

-Non c'è nulla di cui preoccuparsi, ragazzi! E' solo un appuntamento. E comunque il fatto che sappia tutto di me non mi disturba. -

Jackson inarca le sopracciglia.

-Davvero? Non ti scoccia non poter mentire per fare colpo si di lui perché sai che lui capirebbe che hai detto una bugia? -

Okay, ammetto che non l'avevo mai vista in quest'ottica, ma la cosa non mi disturba affatto.

Non ho bisogno di mentire per fare colpo. Mi ha invitato a cena, ha invitato a cena me, anche se potrebbe avere tutte le modelle gambe lunghe che vuole. Questo vuol dire che ho già fatto colpo, giusto?

-Forse ti stupirà Jackson, ma io non mento agli uomini con cui esco per arruffianarmeli. - ribatto quindi in tono di sufficienza, roteando gli occhi.

E' il turno di Isaac di inarcare le sopracciglia.

-Con Jordan l'hai fatto. Gli hai fatto credere di amare sciare.-

Merda. In effetti, potrei averglielo lasciato credere. Ma, ehi, non è colpa mia se fai un apprezzamento casuale sulla neve e le persone capiscono che sei uno sciatore provetto! Okay, forse non avrei dovuto raccontargli tutta quella balla su di me che vincevo la coppa dei giovani talenti alpini a undici anni, ma era il nostro secondo appuntamento ed ero nervoso!

-E di amare i baffi. - rincara la dose Jackson.

-E i film western. -

-E... -

-Va bene! - quasi urlo, agitando come un folle le mie camicie in aria – Okay, avete ragione! Può darsi che in passato sia stato un bugiardo, ma adesso è diverso! Stiles sa ogni cosa di me, non ho bisogno di mentirgli per dargli una buona prima impressione, è questa la parte bella di dire tutto di sé a uno sconosciuto su un aereo! -

Mi guardano ancora non del tutto convinti, ma almeno hanno smesso di parlare di Jordan.

Non voglio sentirmi in colpa.

Non stasera.

Alla fine Jackson sospira drammaticamente, appoggiandosi allo stipite della porta come se l'intera casa non crollasse solo per merito suo e mi stesse facendo un favore immenso.

-Camicia azzurra, quella con i bottoni perla, non quella con le terribili ancore blu disegnate sui polsini. E i pantaloni neri, quelli che ti fasciano il culo. Niente cravatta. Non metterti il gel nei capelli. E, ti prego, levati i calzini di Batman, puoi prendere in prestito un paio dei miei. Solo per stasera. -

Lo guardo con tutto l'amore di cui sono capace al momento. Non deve per forza sapere che prendo già abitualmente i suoi vestiti senza chiedere.

-Sei il migliore coinquilino e amico del mondo.-

-Beh, questo è gratificante. - ironizza Isaac, ma sorride appena.

Jackson si limita a fare un cenno annoiato con la mano.

-Bene, ora che ti abbiamo reso decente esteticamente, parliamo di cosa potreste parlare. Sappiamo cosa gli piace? -

Apro la bocca per rispondere, ma la richiudo subito.

Oddio.

Cosa piace a Stiles?

Sono stato così concentrato sul fatto che lui sapesse tutto di me, che non mi sono curato del fatto che io so poco e niente di lui.

Isaac mi lancia uno sguardo acuto.

-Non ne hai la più pallida idea, non è così? -

Lo guardo con aria colpevole, mentre Jackson spalanca inorridito gli occhi.

-Che cosa? Non sai niente? Lui sa anche di che colore hai le tonsille e tu non sai nemmeno una minuscola cosa su di lui? Derek, possibile che non ti abbia insegnato proprio niente?! Non puoi partire così in svantaggio, il primo appuntamento è una guerra e tu perderai! -

-So che mi viene a prendere con la sua jeep! - esclamo disperatamente.

-Beh, questo è buono. Non è buono? - interviene Isaac rivolto a Jackson, con l'onorevole intento di darmi una mano.

Jackson fa una piccola smorfia, senza smettere di guardarmi con disprezzo.

-Potrebbe essere buono. Almeno puoi fingere di apprezzare la sua macchina. Se te lo giochi bene può essere un buon argomento di conversazione. -

Annuisco, ma a metà gesto mi interrompo e spalanco gli occhi, inorridito.

Oh no.

Dio, se c'è una macchina che odio più di quelle da corsa, è la jeep.

-Oh no! - esclamo ad alta voce, quasi piagnucolando – Gli ho detto che odio le jeep! Il mio unico argomento di conversazione non vale più niente! -

Jackson mi fissa come se fossi qualcosa di particolarmente disgustoso attaccato alle sue scarpe di pura pelle italiana.

-Non posso più fare niente per te. Questo appuntamento è un Iceberg e tu sei il Titanic che affonderà dopo ore di agonia. -

Non può usare il mio film preferito contro di me, non è giusto. Mi volto disperatamente verso Isaac, che si schiarisce la gola come se fosse ancora in tribunale e dovesse pronunciare la sua arringa difensiva.

-Forse Stiles e Derek potrebbero fare quello che fanno le persone normali a un appuntamento, sai. Parlare, conoscersi davvero. Dire veramente ciò che gli piace e non fingere per impressionare l'altro. -

Jackson gli rivolge una smorfia ostentata.

-Ma che schifo! Questo è il tuo consiglio? Sincerità? -

Isaac si stringe nelle spalle e io lo fisso, notando che è stranamente arrossito.

-E' quello che ho intenzione di fare domani sera al mio appuntamento. - dice, senza guardarci negli occhi.

-Hai un appuntamento? - chiedo sorpreso, perché Isaac non esce mai con nessuno, per ovvi motivi.

L'ovvio motivo ha appena strabuzzato gli occhi, fissando Isaac come se avesse una testa in più.

-Sì – mormora Isaac, stringendosi di nuovo nelle spalle – Un mio collega mi ha chiesto di andare a bere qualcosa domani sera noi due soli e io ho detto sì – adesso sembra sulla difensiva – Presumo sia un appuntamento. -

-E' decisamente un appuntamento. - confermo io, ancora stupito.

Jackson non ha ancora detto niente, ma sembra infastidito.

-Non puoi uscire domani sera. - esclama poi, in tono aspro.

Isaac solleva di scatto gli occhi su di lui, mentre io fingo improvvisamente di avere un ripensamento e di dover ricontrollare tutte le camicie in mio possesso.

-E perché mai? - chiede Isaac, già sul piede di guerra.

-Perché domani esco già io e qualcuno deve rimanere a casa a consolare Derek per il suo appuntamento disastroso di stasera!-

-Ehi! - esclamo, sentendomi chiamato in causa e abbandonando il proposito di fingermi invisibile.

Entrambi mi ignorano, continuando a fissarsi con gli occhi socchiusi. Sono quasi certo che uno ucciderà l'altro, ma fortunatamente il suono del citofono interrompe questo momento spiacevole.

Guardo distrattamente l'ora sulla mia sveglia e mi rilasso. Sono appena le sei e mezza, non può essere già Stiles.

-Vado io. - sbotta Jackson, allontanandosi e premurandosi di dare una spallata a Isaac nell'uscire dalla mia stanza.

Isaac ed io rimaniamo a fissarci. Non so bene cosa dire, ma Isaac risolve tutto scoppiando in un sorriso esaltato e avvicinandosi a me prendendomi le mani.

-Hai visto? - bisbiglia con le guance rosse e io non posso fare a meno di sorridere – Non ti sembrava geloso? -

-Mi sembrava molto geloso. - sussurro di rimando e entrambi ridacchiamo come due scolarette.

Era anche l'ora, dico io.

Jackson e Isaac sarebbero perfetti insieme, Jackson deve solo darsi una svegliata e capire che nessun altro al mondo potrebbe sopportarlo se non Isaac. C'è anche la questione che Jackson considera la monogamia inutile e noiosa mentre Isaac pianifica il suo matrimonio da quando era un dodicenne, ma immagino che se ne possa discutere. Quando Jackson torna da noi, ha un ghigno decisamente poco rassicurante sulle labbra, che mi porta ad archiviare momentaneamente i miei propositi sul far finire i miei due migliori amici insieme.

-Indovina chi era, Derek? - domanda in tono cantilenante, lasciandosi cadere sul mio letto, totalmente non curante dei miei vestiti disordinatamente sparsi sopra il copriletto di Spongebob.

Isaac lo guarda e sembra capire qualcosa che a me sfugge, perché spalanca gli occhi.

-Oh no. -

-Oh sì. - ghigna Jackson.

-Cosa – faccio io, cominciando a preoccuparmi – Cosa? -

Jackson mi guarda, sempre con quell'irritante sorriso che vorrei cancellargli a suon di pugni.

-A quanto pare Stiles Stilinski era un po' in anticipo. Così gli ho detto di salire e mettersi comodo. -

Questo deve essere un incubo.

-Perché lo hai fatto?! - urlo in preda al panico, sfilandomi con frenesia la maglia del pigiama dalla testa, mentre Isaac si precipita a cercare la mia camicia azzurra.

Jackson mi fissa, imperturbabile e sorridente. Io lo ammazzo.

-Beh, mi sembrava scortese fallo aspettare giù, considerando che ci metti sempre una vita a prepararti. -

-Cazzate, volevi solo una scusa per vederlo e giudicarlo, tu brutta pettegola! - urlo io con rabbia, mentre Isaac mi aiuta a mettere la camicia.

-No, no aspetta! - strillo, sfilandomela con stizza – Devo farmi la doccia! -

-Derek! Avresti dovuto fartela un'ora fa! - mi rimprovera Isaac, mettendosi le mani sui fianchi.

-Oh, mi sto divertendo così tanto. - mormora Jackson, quel bastardo.

-Beh, non credevo sarebbe arrivato così in anticipo o che Jackson sarebbe stato così stronzo da farlo salire. - ribatto io, lanciando un'occhiataccia al diretto interessato.

Il suono del campanello si diffonde e il sorriso di Jackson si fa più ampio.

-Oh, deve essere lui. - annuncia in tono allegro, alzandosi in piedi.

-Non ci pensare nemmeno! - strillo, spingendolo via con forza e precipitandomi ad aprire la porta. Non esiste che Stiles venga accolto da Jackson. Il nostro appuntamento non inizierà così. Stiles verrà accolto da una persona normale, che lo metta a suo agio e lo faccia sorridere in quel modo adorabile. Verrà accolto da me.

Apro la porta con un enorme sorriso, sperando che non sia troppo evidente il fatto che ho il fiatone per aver corso fin lì.

Il cuore mi batte forte quando mi rendo conto che Stiles si è sforzato per me. E' la prima volta che lo vedo in giacca e cravatta, ed è bellissimo. Si è anche regolato leggermente la barba e pettinato i capelli e ha dei fiori bellissimi in mano.

E' tutto perfetto.

O meglio, sarebbe tutto perfetto se Stiles non avesse un'espressione sconvolta e vagamente compiaciuta, mentre mi accarezza il petto con gli occhi.

Sono un po' infastidito dal fatto che non mi guardi in faccia e trovi più interessante la mia...

Un momento.

Io non indosso una camicia. Sono a petto nudo. Sono mezzo nudo!

-Sono mezzo nudo! - esclamo mortificato, strappandogli i fiori di mano per coprirmi parzialmente.

Dannazione, non è così che doveva iniziare. Stiles sa già troppe cose di me per essere il primo appuntamento, speravo che mi vedesse a petto nudo almeno al terzo! No, non fare la sgualdrina. Almeno al quarto.

… ma anche il terzo suona bene.

Di certo non doveva essere il primo appuntamento!

-Lo vedo. - commenta Stiles con voce calda, gli occhi divertiti fissi nei miei.

-Sei spaventosamente in anticipo. - ribatto io, e dovrei suonare arrabbiato, ma sono troppo imbarazzato e troppo assorto dal modo in cui quel vestito lo fascia perfettamente per arrabbiarmi, temo.

-Sono contento di essere in anticipo. - ribatte gentilmente, facendo scivolare gli occhi lungo il mio corpo con un sorriso storto.

Arrossisco, ma sorrido leggermente, abbassando i fiori.

In fondo non c'è bisogno di fare la ragazzina pudica. Siamo uomini, siamo maturi e sensati, e potrò sempre uccidere Jackson più tardi.

-Devo ancora fare la doccia e vestirmi, mi dispiace. - mormoro poi, mordendomi un labbro.

Stiles si limita a scuotere la testa, guardandomi in maniera rassicurante.

-Non ti preoccupare, è colpa mia che sono arrivato troppo presto e non ho pensato di avvertirti. Fai con calma. Magari potrei aspettarti dentro? -

Vorrei tanto dirgli di no, perché ho paura di Jackson e Stiles in una stessa stanza, ma temo di non poter fare altrimenti, così mi scosto leggermente dalla porta per farlo entrare. Stiles si guarda intorno con curiosità e adesso vorrei davvero non aver appoggiato Jackson nel suo boicottaggio delle pulizie settimanali di Isaac.

-Scusa per il disordine. -

-Non avresti bisogno di scusarti per il disordine, se non ricreassi il disordine un attimo dopo che ho ordinato, Derek. -

Isaac ci viene incontro con la fronte corrugata, la mia maglietta tra le mani. Poso delicatamente i fiori sullo schienale del divano e gliela strappo dalle mani con un'occhiataccia.

Fantastico, anche Isaac ha deciso di mettermi in imbarazzo, evidentemente. Mi infilo velocemente la maglia, mentre Stiles osserva Isaac con curiosità.

-Tu devi essere Isaac – dice infine con un sorriso gentile, offrendogli la mano che Isaac gli stringe con un sorriso impacciato dopo un attimo di esitazione – Derek mi ha parlato molto di te e Jackson.-

-Oh mio Dio. -

Con mio sommo orrore Jackson ci ha raggiunto baldanzoso, con un sorriso per nulla promettente. Stringe la mano di Stiles, che lo saluta con la stessa cordialità riservata a Isaac.

Jackson lo analizza dalla testa ai piedi, poi inarca le sopracciglia, lanciandomi un'occhiata.

-Gli hai parlato anche delle nostre prostate durante il volo, Derek? -

Scoppio in una risata acuta, mentre i miei occhi urlano che lo soffocherò appena ne avrò l'occasione. Gli occhi di Isaac non comunicano un messaggio tanto diverso.

-Lo perdoni, Stiles. Jackson è stato cresciuto dai lupi. - sibila, gettandogli un'occhiataccia.

Vedo Stiles incupirsi e capisco immediatamente perché. Gli avevo promesso che non avrei detto a nessuno di averlo incontrato su quell'aereo. A mia difesa, questo è stato dopo aver scoperto che il mio sconosciuto imbronciato fosse anche il mio capo.

Guardo Stiles e quasi mi sento male quando riconosco della delusione nei suoi occhi. Merda, sta andando tutto male e ancora l'appuntamento non è nemmeno iniziato.

-Gli ho parlato di te prima di sapere chi fossi. - dico con voce sottile, sperando che basti, che capisca che non tradirei mai la sua fiducia né la parola data.

Mi sento invadere dal sollievo quando gli occhi di Stiles si rasserenano e le sue labbra si piegano in quel piccolo sorriso che adoro.

-Capisco. Ero solo Mr. Broncio all'epoca, giusto? -

Arrossisco fino alla punta dei capelli, mentre Jackson nasconde una risata con un ben poco credibile colpo di tosse e Isaac assume un'aria imbarazzata e vaga che non è assolutamente d'aiuto.

-Come? - balbetto e Stiles, quello stronzo, ride.

-Penso di aver letto il tuo taccuino il giorno della riunione. E, sai, ho fatto due più due – i suoi occhi brillano divertiti - Sono consapevole di essere terribilmente imbronciato. -

Mi dondolo sui piedi, imbarazzato.

-E' solo un nomignolo stupido. Nessuno ti chiama così.- mento con un piccolo sorriso nervoso. Okay, può darsi che ogni tanto Lydia e io lo chiamiamo così, tra di noi. E forse anche Sam. Ed Erica. E Greenberg. E la donna delle pulizie. Ma non è colpa nostra se Stiles è quasi sempre imbronciato!

Stiles inarca un sopracciglio, ma sembra più divertito che infastidito.

-Andiamo Derek, so che mi chiamate tutti così. Persino Chris Argent l'altro giorno mi ha detto “Oh, salve Mr. Broncio, bella giornata, vero?” -

Scoppio a ridere mio malgrado, mentre Stiles mi fissa con occhi luminosi.

-Te lo sei inventato. Chris si sarebbe ucciso se avesse davvero fatto una gaffe del genere con te. Sei un bugiardo. -

-Forse. Ma ti ho fatto ridere, quindi nessun rimpianto. - sorride in maniera calda e, oh mio Dio, deve smetterla di fare così.

-Che teneri. - commenta Jackson caustico, beccandosi un'immediata pestata di piede da Isaac, che lo fa inveire in maniera colorita.

Stiles li osserva divertito, mentre io scuoto la testa in maniera rassegnata e recupero i miei fiori dal divano.

-Sono dalie - fa Stiles distrattamente, mentre si allenta il nodo della cravatta con due dita – Non sei obbligato a tenerli se non ti piacciono. - aggiunge ed è la prima volta che lo sento insicuro su qualcosa e questo mi fa sorridere di nascosto, sperando che non noti che sono arrossito leggermente.

Dio, ecco cosa mi ricordavano quei fiori!

Va bene, non deve necessariamente sapere che ho detto a Jordan che aveva fatto fiorire la mia prostata come una dalia.

Fortunatamente certe cose sono successe dopo la chiacchierata sull'aereo, Gesù.

Li stringo al petto in maniera possessiva e gli occhi di Stiles si fanno caldi su di me.

-Li adoro, invece. Vado a metterli in un vaso in cucina. - dico con convinzione, per poi allontanarmi vivacemente.

Sistemo i miei fiori con attenzione, perdendomi ad annusarne i petali variopinti.

Sono molto belli in realtà, una volta che ho rimosso il ricordo imbarazzante di me che strillo “mi hai fatto fiorire come una dalia!”.

Comunque adesso che li vedo dal vivo, capisco perché l'ego di Jordan si sia gonfiato così tanto. Lo ha voluto fare per due volte di seguito dopo, Dio.

Quando torno in salotto noto con sollievo che Isaac ha fatto accomodare Stiles sul divano e che lui e Jackson sono opportunamente spariti.

Stiles mi sorride quando mi vede e io noto che sta ancora tirando il nodo della cravatta con disperazione.

Sorrido.

-Penso che non metterò la cravatta questa sera. Mi farebbe sentire più a mio agio se non la indossassi nemmeno tu. -

-Grazie a Dio. - sospira Stiles, sfilandosi con irruenza la cravatta dal collo.

Ridacchio, stringendomi con le braccia.

-Non c'era bisogno che mettessi il completo per me, sai. So che ti piacciono i vestiti casual. -mormoro poi, sperando di non essere arrossito. Non di nuovo.

Stiles contrae appena la fronte, lasciando cadere con noncuranza la cravatta sul mio divano.

-Penso che volessi dimostrati che a dispetto delle apparenze, guadagno davvero quello che dicono i giornali e che, no, non sono un barbone che abita sotto un ponte e, sì, possiedo dei vestiti eleganti. E, Derek, trovo adorabile che tu abbia detto “vestiti casual” e non “vestiti da poveraccio”, cosa che credo stessi effettivamente pensando. - aggiunge con un sorriso storto e devo combattere contro il compromettente istinto di nascondermi il viso tra le mani.

-Non lo stavo affatto pensando. - mi difendo comunque, in tono piccato, e Stiles mi rivolge un sorriso accondiscendente.

-Faresti meglio ad andare a prepararti, o temo faremo tardi al ristorante. - aggiunge poi gentilmente e io mi affretto ad annuire.

-Giuro che ci metterò pochissimo! Tu resta qui e non parlare con Isaac e Jackson per nessun motivo! Specialmente con Jackson! - dico tutto d'un fiato e Stiles ride, gettando la testa indietro sullo schienale del divano.

-Parola di scout. - dice, facendosi una croce sul cuore e guardandomi con divertimento.

Esito, guardandolo incerto.

-Eri uno scout? - chiedo, alla disperata ricerca di argomenti di conversazione per stasera.

Okay, so di aver detto di non aver bisogno di fare colpo su di lui, voglio solo... fare buona impressione.

Non c'è nulla di male!

-Cosa? - ridacchia, guardandomi incuriosito – No, è un modo di dire. Perché? -

-Niente, solo curiosità.- dico velocemente, prima di filarmela.

Dannazione.

Devo trovare assolutamente altri argomenti di conversazione.

Ci penserò mentre sono sotto la doccia, nessun problema.

Questo appuntamento non sarà il fottuto Iceberg.

Il Titanic solcherà le acque ancora.

 

 

 

Okay.

Può darsi che io ci abbia messo più tempo del previsto a prepararmi.

Quando esco dal bagno (avvolto in una nuvola di profumo di Jackson e perfettamente vestito), non trovo più Stiles in salotto, ma solo Isaac sdraiato sul divano che fa le parole crociate.

In realtà sono di tutti e tre, Isaac lascia a me le parole crociate facilitate (che comunque sono più difficili di quello che si possa pensare) e la pista cifrata a Jackson.

-Ehi! Dove è Stiles? - mi sorge un dubbio orribile – Non lo avrai lasciato solo con Jackson, spero! -

Isaac scuote la testa, lanciandomi un'occhiata e un sorriso in tralice.

-Calmati. Jackson è uscito mezz'ora fa e Stiles è nella tua stanza. -

-Lo hai lasciato andare nella mia stanza?! - strillo, guardandolo come se mi avesse pugnalato alle spalle.

Tu quoque, Brute?

Isaac mi guarda perplesso.

-Sì. Mi ha chiesto se poteva andarci e io ho detto di sì – mi lancia un'occhiata acuta - Se volevi prenderti cura del tuo appuntamento di persona, non avresti dovuto stare in bagno per tipo un'ora. Persino Jackson credeva che fossi morto. -

-Oh, chiudi la bocca. - borbotto, affrettandomi verso la mia stanza e spalancando la porta con irruenza.

Con mio grande orrore, Stiles è seduto sul mio copriletto di Spongebob, ha tra le mani la mia ranocchia di peluche Lora e si guarda incuriosito intorno.

-Sono pronto! - strillo, con un tono talmente acuto che probabilmente mi hanno sentito solo i pipistrelli.

Stiles volta la testa verso di me, con un sorriso rilassato. Mi squadra da capo a piedi e il suo sorriso si accentua e si fa più malizioso, ma anche più dolce.

Come ci riesce, Dio.

-Sei veramente bellissimo stasera. - mormora, alzandosi in piedi con ancora Lora in mano.

-Grazie. - sussurro, ma non riesco a prenderlo sul serio con il mio peluche preferito che mi rivolge il suo dolce sorriso di pezza dalle braccia di Stiles.

Non riesco a trattenere una risatina e lui abbassa perplesso lo sguardo sulla mia rana.

-Oh – realizza con un piccolo sorriso, posando delicatamente la rana sul mio cuscino – E' molto carino. -

-Carina, è una rana femmina. - dico automaticamente, senza pensare.

Non ci posso credere. L'ho corretto sul sesso della mia rana. Si può essere più sfigati di così?

Con mia grande sorpresa, Stiles prende un'aria mortificata e si volta verso la rana.

-Oh, mi dispiace. - dice con ineccepibile gentilezza.

Lo fisso, sbattendo gli occhi.

-Ti stai scusando con la mia rana di pezza? - domando, non sapendo bene se ridere o se chiamare un centro psichiatrico.

Stiles mi guarda, gli occhi brillanti.

-Tu mi hai corretto sul sesso della tua rana di pezza. -

-Sì, direi che siamo entrambi degli strambi. - acconsento con tono leggero, dopo aver fatto finta di pensarci.

Stiles ride, poi si avvicina e mi porge il braccio. Io arrossisco e lui mi fissa con quegli occhi troppo luminosi. Il suo viso è morbido anche se non sorride.

-Posso scortarla fino alla nostra auto, signorino? -

Accenno un sorriso, appoggiando la mia mano sulla piega del suo gomito.

Mi sento pervadere da una scossa di eccitazione.

D'un tratto sono di nuovo elettrizzato e pienamente positivo su questo appuntamento.

-Volentieri. -

Per un po' rimaniamo in silenzio mentre usciamo lentamente dalla mia camera e avanziamo lungo il corridoio.

-Ti ricordi che ho detto di odiare le jeep, non è così? - domando poi, in tono rassegnato.

-Oh sì. - conferma Stiles e anche se riesco a scorgere il suo profilo sono sicurissimo che stia ghignando.

Scuoto la testa e sorrido leggermente, appoggiandomi di più al suo corpo, mentre sentiamo Isaac cantilenare un divertito “passate una bella serata” dal salotto.

 

 

 

Quando scendiamo di sotto, succede l'unica cosa peggiore di Stiles e Jackson in una stessa stanza.

Jordan è dall'altra parte del marciapiede. E mi fissa. E io sono a braccetto con il mio capo, siamo vestiti in maniera inequivocabile e siamo a braccetto, maledizione!

Mi scosto da Stiles come se mi fossi scottato. Lui mi guarda perplesso e poi segue la direzione del mio sguardo.

Lo sento irrigidirsi accanto a me, mentre Jordan attraversa la strada barcollando in maniera preoccupante, con un'aria insolitamente bellicosa.

-Che ci fa lui qui? - mormora Stiles a mezza bocca, chiaramente infastidito.

-Non lo so. - faccio in tempo a sussurrare, prima che Jordan ci raggiunga.

Quasi non lo riconosco. Ha i capelli insolitamente in disordine e i baffi sono cresciuti talmente tanto che ha una specie di barba orribile e arruffata, indossa la divisa della polizia ma è tutta stropicciata. Ha gli occhi leggermente rossi, come se avesse fumato o bevuto, o entrambe.

Ma quello che mi spaventa è soprattutto il fatto che ha uno sguardo da folle e una pistola carica nella fondina.

-Derek! Ho provato a chiamarti mille volte! Perché non mi hai mai risposto?! - esclama subito, degnando Stiles solo di una veloce occhiata.

Anche questo non è da lui. Jordan è sempre gentile ed è sempre stato un ammiratore del lavoro di Stiles.

Mio Dio, come l'ho ridotto?

-Mi dispiace – balbetto, provando a fare un piccolo passo verso di lui. Mi sento trattenere e voltando appena la testa mi rendo conto che Stiles mi ha circondato gentilmente il fianco con una mano. Non guarda me, fissa Jordan con un'espressione risoluta sul viso.

A Jordan la cosa non piace per niente.

-Gli levi le mani di dosso! - esclama e con mio orrore lo vedo portare una mano verso la fondina.

Stiles si limita a rivolgergli uno sguardo duro, senza accennare a lasciarmi andare.

-Prima si calmi, se non le dispiace. In queste condizioni rischia di fare del male a se stesso e a Derek, e non credo che sia quello che vuole realmente. - dice, con tono calmo ma incontestabile.

Jordan lo fissa con ostilità per un po', poi con sollievo lo vedo abbassare lentamente la mano e fare un piccolo passo indietro.

Stiles ancora non mi lascia andare, tenendomi accanto a lui, protettivo.

-Mi dispiace tanto di non aver risposto alle tue chiamate – mi affretto a dire, approfittando del momento di parziale calma – Ma sono stato tanto impegnato sul lavoro, davvero. Ti avrei sicuramente richiamato in questi giorni. -

Jordan mi guarda scettico per un istante, poi i suoi occhi scandagliano tutto il mio abbigliamento e si fanno torbidi.

-Perché sei così bello? - i suoi occhi azzurri si fanno disperati e mi sembra di annegarci – Non avrai un appuntamento? Così presto? - spalanca gli occhi e guarda Stiles -Non starai uscendo con il tuo capo? -

-Io... - sono in agonia, ma in quel momento Stiles interviene.

-Temo che la colpa sia mia – comincia a spiegare con tono calmo e perfettamente affabile – Ho chiesto io a Derek di vestirsi così elegante. Ho un'importante cena di lavoro a cui non posso mancare. Derek mi accompagna come dipendente e come amico, tutto qui. Non c'è assolutamente altro. -

Geniale! Perché non ci ho pensato io?

Jordan alterna lo sguardo dall'uno all'altro, ancora un po' dubbioso.

-E che ci faceva in casa di Derek? -

-Ne abbiamo approfittato per discutere ulteriormente del fascicolo Harris prima della cena! - esclamo io, colto da improvvisa ispirazione.

Posso vedere con la coda dell'occhio il volto di Stiles aprirsi in un piccolo sorriso.

-Oh sì, mi ricordo di quel fascicolo - mormora Jordan, sembrando un po' mortificato. Mi fissa con i suoi occhi rossi e disperati e mi sento la persona peggiore del mondo – Era ovvio che non avessi un appuntamento. Non sei il tipo, scusa se ho dubitato di te. -

-Ma figurati. - sussurro con un filo di voce.

Se esiste l'inferno, la terra dovrebbe aprirsi e inghiottirmi proprio in questo momento.

Jordan guarda Stiles, tentando un sorriso un po' alticcio ma sincero.

-Mi scusi per le urla e... e tutto il resto insomma. Non sono proprio in me. -

-Hai bevuto? - chiedo apprensivo, riuscendo infine a liberarmi dalla presa di Stiles. Mi lancia uno sguardo strano, sembra ferito, ma fa un passo indietro, permettendomi di avvicinarmi a Jordan.

Lo scruto preoccupato e ora che sono così vicino posso sentire distintamente il tanfo di sigarette e scotch che lo impregna completamente.

Guardo Stiles da sopra la spalla, mordendomi un labbro.

-Non possiamo lasciarlo in queste condizioni. -

Stiles mi fissa indecifrabile e impassibile per un po', poi si avvicina a Jordan, senza più guardarmi.

-Posso accompagnarla a casa, Agente? - chiede gentilmente, anche se non sorride e i suoi occhi sono privi della luce che amo.

Jordan fissa Stiles e fa una faccia strana, come se stesse per scoppiare a piangere, e questo è un po' preoccupante.

-Jordan, stai... - comincio, ma Jordan mi spinge via, buttandosi su Stiles e abbracciandolo di slancio.

-Lei è così gentile! E io volevo spararle con la pistola solo perché credevo stesse con Derek! Sono una persona orribile! - singhiozza quasi, il volto affondato nell'incavo del collo di Stiles.

Io sbatto le palpebre, non sapendo bene come reagire a tutto ciò. Incrocio lo sguardo scioccato e inorridito di Stiles da sopra la spalla di Jordan e improvvisamente devo soffocare una risata. Stiles mi guarda male e mi viene solo da ridere di più.

Oddio, non ci credo che questo sta accadendo sul serio.

-Non si preoccupi – fa Stiles dopo qualche istante, con voce lenta e forzatamente calma, rilasciandogli qualche pacca esitante sulla schiena. Mi infilo il pugno in bocca per non ridere – Sono sicuro che alla fine non mi avrebbe sparato. Lei è un bravo poliziotto. -

-No, è lei quello bravo! - quasi ulula Jordan, abbracciandolo più stretto e quasi facendo cadere Stiles.

-Va bene! - esclamo, avvicinandomi velocemente e decidendo che forse è il caso di intervenire – Jordan, perché non lasci andare Stiles così possiamo riaccompagnarti a casa? -

Ci vogliono gli sforzi combinati di me e Stiles, ma alla fine riusciamo a staccare Jordan.

Ci è subito chiaro che non è in grado di camminare autonomamente, così procediamo in maniera impacciata e imbarazzante con Jordan in mezzo e noi che lo teniamo per le braccia, sia per sostenerlo che per evitare che ci abbracci.

Avevo dimenticato quanto potesse diventare espansivo Jordan da ubriaco.

-Ecco, la mia jeep è lì. - annuncia Stiles dopo qualche minuto, senza nascondere il sollievo nella voce.

Okay, non è esattamente la macchina che ti aspetteresti da un giovane miliardario.

Persino Jackson ha una macchina migliore e non è che guadagni chissà quanto, la Porche gliela hanno regalata i suoi genitori.

Intanto è di un buffo colore blu e poi... è tutta ammaccata e... oh mio Dio, quello è scotch? Stiamo girando su un rottame tenuto insieme dallo scotch?!

-Bellissima macchina – farnetica invece Jordan, che ha cominciato a oscillare pericolosamente verso la mia parte – Anche io possiedo una jeep – rivolge un grosso sorriso a Stiles – Derek ama le jeep. -

-Ci scommetto che lo fa. - replica Stiles tra i denti, con un falso sorriso gentile.

-Possiamo semplicemente entrare in macchina prima che decida di suicidarsi per autocombustione? - intervengo io, a voce decisamente troppo alta e guardando male Stiles, che ricambia l'occhiataccia.

Recupera le chiavi con il braccio che non è impegnato a sorreggere Jordan, poi mi guarda.

-Preferirei che tu stessi dietro. - borbotta, schiarendosi nervosamente la voce ed evitando il mio sguardo.

Lo guardo perplesso, schivando distrattamente la mano di Jordan che cerca di tirarmi una ciocca di capelli.

-Perché? -

-Poi ti spiego. - si limita a dire, lanciandomi una veloce occhiata e poi distogliendo subito dopo lo sguardo.

Okay, questo è abbastanza strano.

Non faccio in tempo a chiedere niente che Jordan richiama rumorosamente la nostra attenzione.

-Posso sedermi dietro anche io? - domanda, con un che di esaltato nel tono.

Non riesco a stare dietro a tutte le fasi di sbronza che sta attraversando. Incazzato, depresso, appiccicoso e adesso euforico. Immagino che sia meglio questa fase di quella in cui voleva sparare a Stiles, comunque.

Stiles lo fissa, impassibile.

-Jordan, preferirei che lei stesse davanti. Sa, è più facile per lei sporgersi dal finestrino e vomitare fuori dalla macchina, invece di rovinare la mia bambina per sempre. -

Inarco le sopracciglia con un vago sorriso. La sua bambina?

Jordan lo guarda, con un serio quanto comico sguardo di pura ammirazione.

-Oooh. Lei è un uomo così intelligente. -

Stiles decide diplomaticamente di non rispondere e in silenzio mi aiuta a sistemare Jordan sul sedile davanti e ad allacciargli le cinture.

-La tua bambina? - sibilo io, guardandolo con un vago ghigno.

Stiles fa finta di controllare che la cintura di Jordan sia ben assicurata, ma, mio Dio, potrei giurare che è appena arrossito.

-Macchina. Ho detto la mia macchina. -

-No – replico e il mio ghigno si fa più ampio – Hai detto bambina. Hai chiamato questo affare blu e rotto la tua bambina. -

-Ehi, non insultare Roscoe! -esclama subito, perdendo la sua solita compostezza e puntandomi con il dito.

Io inarco le sopracciglia, continuando a sorridere, e Stiles sbuffa, allontanandosi velocemente verso il posto di guida senza più guardarmi negli occhi.

Ridacchio teneramente mentre mi siedo dietro.

Non mi aspettavo questo lato soffice e buffo di Stiles, è sempre così impettito, non sembra affatto il tipo d'uomo che chiamerebbe una macchina vecchia e scassata la sua bambina. Ma devo dire che mi piace questo lato di lui.

Mi piace molto.

Comunico l'indirizzo di Jordan a Stiles e per tutta la strada nessuno parla più.

Beh, tranne Jordan, ma non capisco davvero cosa stia blaterando.

Il silenzio rende tutta questa situazione ancora più strana e imbarazzante e non credo di poter sopportare oltre il disagio.

-Non possiamo accendere la radio? - chiedo quasi disperatamente e Stiles mi lancia un veloce sguardo dallo specchietto, prima di accenderla senza dire niente.

Oh, conosco questa canzone. Lily Allen, adoro quella ragazza.

Quasi senza accorgermene comincio a canticchiare, dondolando la testa a ritmo.

 

Its not fair

And I think you're really mean
I think you're really mean
I think you're really mean
Oh you're supposed to care
But you never make me scream

 

Dio, quanto è bella questa canzone!

Sento Stiles che mi fissa in maniera insistente dallo specchietto e io ricambio lo sguardo, inarcando infastidito le sopracciglia.

Che c'è? Solo perché sono un ragazzo di successo e in carriera, non posso lasciarmi andare canticchiando un'innocua canzone country?

Che poi chissà cosa intende quando dice che non la fai mai gridare. Non mi sono mai soffermato troppo sul significato delle singole parole.

E' una canzone orecchiabile e basta!

-Amo questa canzone - proclama anche Jordan con voce seria e quasi solenne – Derek la ascoltava sempre quando noi... - la voce gli si spezza e per un attimo ho l'orrendo timore che scoppi a piangere – Quando noi stavamo insieme. -

-Ma davvero – fa Stiles con un tono strano. Gli lancio immediatamente un'occhiata e mi sorprendo a trovarlo a ghignare nello specchietto– Beh, questo è abbastanza ironico. -

-Cosa c'è di ironico? - domando sulla difensiva, guardando la sua nuca con la fronte aggrottata.

Prima che possa rispondermi Jordan parla di nuovo.

-Mi sono sempre chiesto perché la ragazza della canzone si lamentasse! Voglio dire, sta con un tipo perfetto che la riempie di attenzioni e tiene a lei, perché dire che è cattivo? -

-Beh – comincia Stiles, la voce che trema di una gioia trattenuta a stento – Lui non la fa mai gridare. -

Eh, sì. Ma che vuol dire?

-Ma non litigare mai mica è una cosa negativa! - esclama Jordan, mentre sto ancora meditando sul significato del ritornello.

No, non credo che gridare stia per litigare.

Mmmh.

Non mi fai mai gridare...

Non mi fai mai gridare...

Non mi fai...

Incrocio gli occhi di Stiles che luccicano divertiti e improvvisamente capisco.

-Oh mio Dio! - strillo, diventando rosso come non lo sono mai stato prima d'ora.

L'orgasmo! Lui non la fa mai gridare, cioè non la porta mai all'orgasmo!

Oh mio Dio.

Sono io.

Io sono la tipa che non grida mai!

E Jordan è il ragazzo perfetto che però non mi fa mai gridare!

Lily Allen ha scritto una fottuta canzone su me e il mio ex fidanzato!

Stiles soffoca una risata con uno stentato colpo di tosse, e quanto lo odio, Gesù.

-Non litigare è una buona cosa – continua Jordan, perfettamente ignaro di cosa sta succedendo qui – Indica una coppia ben assortita, se chiedete a me. -

-Scommetto che Derek con lei non gridava mai. - offre Stiles con un sorriso gentile.

Mi sento andare a fuoco. Cioè, ancora di più, se è possibile.

Che razza di stronzo!

-Mai! - esclama Jordan, indubbiamente orgoglioso – Mai, nemmeno il più piccolo gridolino. -

Mi nascondo la faccia che ormai scotta tra le mani, sperando che questo sia un incubo e che mi sveglierò presto.

Non ci posso credere.

E' il mio primo appuntamento con Stiles e sono sulla sua stupida jeep scassata, seduto dietro come un poppante e il mio ex fidanzato sta inconsapevolmente parlando della nostra deludente vita sessuale.

-Non stento a crederlo. - replica Stiles, pacato.

Non devo sollevare il volto e cercare il suo nello specchietto per sapere che sta cercando con tutte le sue forze di non ridere.

Che bastardo.

Finalmente la macchina si ferma dolcemente e io sospiro di sollievo.

Forse questo incubo finirà, dopotutto.

-Eccoci arrivati. - dichiara Stiles, molto più rilassato adesso che abbiamo allegramente sparlato sulla mia prostata introvabile.

-Vuoi che ti aiuti a salire in casa, Jordan? - domando, trovando infine il coraggio di togliere le mani dalla faccia.

-Oh, no! Voi ragazzi avete già fatto tanto per me, non voglio che arriviate tardi alla vostra cena di lavoro. E poi i miei coinquilini si prenderanno cura di me, non preoccupatevi. -

Oh mio Dio, smettila di farmi sentire in colpa! Sii cattivo, insultami! Non essere gentile, razza di mostro!

Stiles non replica, si limita a sporgersi per aiutarlo a slacciarsi la cintura quando Jordan sta quasi per farsi un cappio con essa.

-Stai attento, okay? Sali in casa, mettiti a letto e riposa. Ti chiamerò domani. - dico, senza riuscire a nascondere un tono ansioso.

Forse non è l'amore della mia vita, ma voglio bene a Jordan. Siamo stati insieme per tre anni ed è un bravo ragazzo. Non voglio che gli succeda nulla.

Jordan mi fissa e mi sorride dolcemente.

-Okay. Ti amo tanto. -

Oddio. Questo è imbarazzante.

A quanto pare l'ultima fase della sbronza di Jordan è quella delle dichiarazioni d'amore inopportune.

Non ho il coraggio di guardare Stiles.

Fortunatamente non devo nemmeno trovare la forza di rispondere, perché Jordan esce barcollando dalla macchina senza dire una parola.

Rimango a fissarlo in silenzio finché non lo vedo entrare sano e salvo nel suo portone, dopo aver citofonato ai suoi coinquilini.

Tiro un segreto sospiro di sollievo.

E una questione è risolta.

Il silenzio assordante che è calato nella macchina mi ricorda che c'è un'altra questione da affrontare subito.

-Noi non parleremo mai più di quella canzone! - urlo e finalmente Stiles scoppia a ridere.

Ride e ride, sembra che la sua risata non abbia più fine.

E' bella e trascinante e quasi senza accorgermene, quasi senza rendermi conto di aver lasciato decadere la rabbia, mi trovo a imitarlo, ridendo forte.

-E' stato l'inizio di un appuntamento peggiore del mondo! - ansimo tra le risate.

-Totalmente! - ride Stiles, poi la sua risata si spegne lentamente e ci sono solo i suoi occhi che brillano e mi sorridono dallo specchietto – Forse è per questo che l'ho amato tanto. -

Arrossisco, abbassando un po' il volto per nascondere il sorriso stupido che so che mi è spuntato.

-Beh – dico poi, con una risatina che spero suoni disinvolta, mentre mi sporgo verso il sedile del passeggero – Direi che a questo punto posso sedermi davanti e possiamo cominciare con l'appuntamento vero e proprio. -

-No aspetta! - esclama subito Stiles, facendomi bloccare immediatamente – Devo fare una cosa. -

Lo guardo perplesso, ma mi rimetto lentamente seduto.

-Okay...-

Stiles si schiarisce nervosamente la gola, guardando la strada. Ha le mani sul volante e noto con stupore che lo stringe talmente forte da avere le nocche bianche.

-Dove la porto signorino? -

Per un attimo rimango disorientato. Signorino? Perché d'un tratto è così formale? E perché è tornato all'uso del lei?

Oh mio Dio.

Aspetta un momento.

Che ho detto su quell'aereo?

Un appuntamento che sia un appuntamento dovrebbe iniziare con una citazione di Titanic.

Non ci credo. Sta citando Titanic con me! Sta facendo la scena dell'auto!

Solo quando vedo le mani di Stiles stringersi spasmodicamente sul volante, mi rendo conto che sta ancora aspettando una risposta. Per quel che so di lui, deve sentirsi abbastanza ridicolo in questo momento e il solo fatto che si sia esposto così tanto per esaudire una mia fantasia mi fa sentire felice.

-Su una stella, su una stella! - esclamo quindi con fin troppa enfasi, agitando le mani e non riuscendo a trattenere un grosso sorriso.

-Beh – posso sentire il sorriso nella voce di Stiles anche se il suo volto è impassibile e questa è una delle cose più carine del mondo – La scena che ho cercato su Youtube proseguiva con la procace ragazza con i capelli rossi che trascinava il biondo nei sedili dietro, ma al primo appuntamento possiamo saltare questa parte. -

No, ti prego, non saltiamola.

Oh mio Dio, la sgualdrina che è in me non si sta contenendo!

-Dovevamo guardare Titanic insieme! - mi limito ad esclamare, con finto rimprovero.

-Oh, lo so. Mi sono solo limitato a qualche spezzone. Guarderei un polpettone romantico di tre ore solo con te. -

Sorrido, abbassando un po' gli occhi. Devo smetterla di andare in visibilio per ogni cosa che dice, è stupido. Io sono stupido.

-Dai, fammi passare davanti. - borbotto e Stiles sorride, facendosi un po' da parte per permettermi di saltare oltre il cambio e sistemarmi accanto a lui.

Mette in moto e io mi sento nuovamente eccitato. Ci siamo. Niente più Jordan. Adesso inizia ufficialmente il nostro appuntamento.

-Dove andiamo? - domando con curiosità, mentre Stiles si allontana velocemente dal palazzo di Jordan.

-Un ristorante molto carino. Le petit Paris. -

-Che cosa?- quasi urlo, mentre un grosso sorriso mi occupa tutto il volto – Mi prendi in giro! Ho sempre voluto andarci, ma Jordan... -

-Ti portava sempre alla Tana del Tacchino – conclude Stiles, senza nascondere un certo compiacimento – Lo so. Me lo hai detto sull'aereo. -

Oh.

Non mi ricordavo di aver detto anche questo.

Ammetto che la cosa era molto più romantica quando credevo fosse una straordinaria coincidenza.

Ma cosa dico!

E' bellissimo che Stiles mi conosca così bene da sapere in che ristorante mi piacerebbe andare. Jackson aveva assolutamente torto, non è una brutta cosa che sappia tutto di me.

Certo, sarebbe stato molto più semplice usare la sua macchina come argomento di conversazione se non sapesse che odio le jeep, ma non fa niente!

Troveremo tante altre cose di cui parlare.

Ci divertiremo un mondo!

 

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti!

Sono un po' di fretta, quindi ringrazio di cuore tutti coloro che seguono in qualche modo questa storia, in particolare le mie cicce, e mi scuso se l'appuntamento è stato tagliato a metà, ma penso avrete notato che è molto lungo :(

Spero non ci siano errori che mi sono sfuggiti, in tal caso segnalateli pure <3

Un grazie speciale alla mia ciccia Giuls, perché le idee della canzone di Lily Allen e della rana sono assolutamente sue e della sua mente geniale. Love you so much <3

Al prossimo venerdì!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***


 

Settimo Capitolo

 

 

 

Sono nel panico.

Non ho idea di cosa potremmo parlare.

Siamo seduti nel tavolo migliore di tutti, un cameriere mi sta versando dello champagne e Stiles sfoglia tranquillo il menù, ma io sono in agonia.

Da quando siamo scesi dalla macchina abbiamo parlato a stento.

E' che non so cosa dire, e Stiles sembra a suo agio nel silenzio.

Oh, ma certo, per lui è facile! Lui sa già tutto di me, dal mio numero di scarpe ai problemi della mia prostata!

Mio Dio.

-Tutto bene, Derek? - chiede Stiles gentilmente, scrutandomi da sopra il menù, e io sforzo un sorriso, aprendo il mio con dita leggermente tremanti.

-Sì. Sì certo. -

Okay, e questa voce acuta da dove diavolo è uscita?

-Oh, non c'è bisogno che guardi il menù. - fa Stiles con aria furba e io lo guardo perplesso.

-In che senso? Non penserai che voglia mettermi a dieta proprio stasera, eh? - provo a scherzare e lui ride piano. Mi sento già un pochino meglio.

-Intendevo che so già cosa ordinare per te. -specifica lui, richiamando il cameriere con un gesto elegante del braccio.

Io lo fisso sbigottito, ma Stiles è tutto preso a dare le nostre ordinazioni, a quanto pare.

-Io prendo il filetto di manzo con patate glassate... -

Io amo il filetto! E le patate glassate!

-...e il signorino prende lo spezzatino al curry. -

Oh.

E' vero.

Io amo lo spezzatino al curry.

E indovinate un po'? Gliel'ho detto su quel maledettissimo aereo!

No, non devo essere infastidito. E' una cosa carina che si sia ricordato qual è il mio piatto preferito.

Tra l'altro non mi pare di averlo visto sul menù, quindi deve averglielo fatto fare appositamente per me.

E' una cosa carina, lui è carino.

Non devo irritarmi solo perché avrei voluto ordinare il filetto anche io, è una cosa stupida.

-Derek sei sicuro di stare bene? Sembri pensieroso. - insiste Stiles preoccupato non appena il cameriere se ne va.

Cerco di sorridere, scuotendo vivacemente la testa.

-Certo. Io amo lo spezzatino al curry. -

Gli occhi di Stiles si riempiono di orgoglio e, oh dannazione, non ce la faccio ad arrabbiarmi con lui.

-Lo so. Te l'ho detto. Mi ricordo tutto ciò che mi hai detto sull'aereo. -

Questo è poco ma sicuro.

Mi guardo intorno cercando disperatamente qualcosa da dire. Gli occhi mi cadono su un bambino seduto con i suoi genitori a qualche tavolo di distanza dal nostro. Ha per dessert questa deliziosa cheesecake al cioccolato e frutti di bosco, con tanto di panna e biscotto a forma di dinosauro di lato.

Okay, se non posso avere il filetto mi rifarò decisamente sul dolce. Quella torta sarà mia. E anche il biscotto dinosauro. Noto che accanto al bambino c'è una ragazzina che deve essere la sorella e mi illumino.

-Tu hai fratelli o sorelle, Stiles? - chiedo in tono allegro, guardandolo pieno di aspettativa e orgoglioso di aver trovato un buono spunto di conversazione.

Se sono fortunato viene da una famiglia con almeno cinque o sei fratelli e potremmo parlare anche tutta la sera di Kathy, Josh, Mark, Gertrud...

-No. - dice invece Stiles con leggerezza e vorrei tanto sbattere la testa contro il tavolo fino a perdere i sensi.

-Oh. E... non hai cugini? - chiedo, quasi disperatamente.

Adesso Stiles sembra un po' sulla difensiva e mi affretto a prendere un altro sorso di champagne.

Mio Dio, vorrei essere già sbronzo.

-No. Perché? -

-Oh così – faccio una pausa studiata, osservando la tovaglia immacolata – E' che tu sai tutto di me e io... immagino volessi sapere qualcosa di te. - confesso in un borbottio, senza avere il coraggio di guardarlo.

Stiles mi guarda sorpreso, poi sorride, ma è un sorriso tirato, che non gli illumina gli occhi.

Bevo immediatamente un altro sorso di champagne.

-Non sono un buon argomento di conversazione, credimi. Parliamo d'altro, ti va? -

E di cosa?! Cosa?! Sai già tutta la mia maledetta vita!

L'arrivo del cameriere con le nostre portate è quasi tempestivo.

-Filetto per il signore e spezzatino al curry per il signorino. - annuncia ossequioso.

Beh, devo ammettere che il mio piatto ha un aspetto fantastico. E che profumo! Però non riesco a non guardare il piatto di Stiles. Non è giusto. Lo voglio anche io.

-Vuoi assaggiare? - chiede Stiles gentilmente, notando il mio sguardo, e io arrossisco e scuoto con veemenza la testa.

-No. No! Io amo lo spezzatino! - strillo, mettendomene una generosa forchettata in bocca.

Forse non è stata la mossa migliore, visto che mi sembra che la lingua vada a fuoco, sia perché è caldissimo sia perché e super piccante.

-Ahi! Brucia, brucia, brucia! - cantileno, mandando la mia forchetta a schiantarsi contro il tavolo e sventolandomi la bocca con la mano.

Ottimo lavoro Derek Hale, lo stai di certo conquistando con la tua innata grazia ed eleganza.

Faccio per versarmi l'acqua, ma Stiles mi ferma gentilmente la mano, guardandomi preoccupato.

-Aspetta, se vuoi far passare il bruciore è meglio mangiare del pane, non bere l'acqua. Ecco. -

Spezzetta con le dita lunghe un pezzetto di pane dal cestino e me lo porge direttamente alla bocca.

Arrossisco ma mi sporgo per accettarlo, facendo attenzione a non sfiorare con le labbra, o peggio con la lingua, le sue dita.

Io non sono una sgualdrina!

Ci fissiamo e gli occhi di Stiles si fanno più caldi su di me e sto cominciando a pensare che forse finalmente stiamo ingranando, e che forse potrei pure far uscire un pochino la mia sgualdrina interiore, quando il suo cellulare comincia a squillare con insistenza.

Mi ritraggo immediatamente al mio posto con un piccolo sospiro e prendo a stuzzicare il mio spezzatino con la forchetta tanto per avere qualcosa da fare.

Con la coda dell'occhio vedo Stiles osservare lo schermo del cellulare e aggrottare la fronte.

-Derek, mi dispiace ma devo proprio rispondere. Mi potresti scusare un attimo? - chiede in tono sbrigativo, alzandosi già in piedi.

-Oh. Ma certo. -balbetto, ma Stiles si sta già allontanando con passo altero verso l'uscita del ristorante.

Afferro immediatamente il mio bicchiere di champagne, la mia unica salvezza, guardandomi nervosamente intorno.

Va bene. Stai calmo. Non sta andando così male.

State solo faticando un po' più del previsto a chiacchierare.

Io so che c'è sintonia tra noi, ci serve solo un po' di tempo.

Certo, non sarebbe male se lui raccontasse qualcosa di sé. Non pretendo molto, anche solo il suo numero di scarpe o il suo colore preferito!

Mi scolo in un solo sorso quello che resta del mio bicchiere, poi allungo una mano verso la bottiglia per riempirmelo ancora.

Sfortunatamente, le mani mi tremano troppo per il nervoso e finisco per rovesciare più di metà champagne sulla candida tovaglia di lino bianco.

-Ma porca puzzola! - esclamo, talmente forte che tutti si girano a guardarmi.

Disperato, cerco di tamponare la macchia umida che si sta espandendo sulla tovaglia con il mio tovagliolo, ma finisco solo per macchiarmi la manica della camicia.

Questa serata è un disastro.

-Signorino, la prego, lasci che ci pensi io. - mi esorta la voce gentile del cameriere che ci ha serviti poco fa, magicamente materializzatosi al mio fianco.

Lascio andare il tovagliolo e mi accascio contro lo schienale della mia sedia, affranto, mentre il cameriere raddrizza la bottiglia, requisisce il mio tovagliolo zuppo e asciuga con un panno pulito il mio bicchiere e le mie posate, completamente inondate.

-Mi dispiace tantissimo. - mormoro mortificato, guardandolo di sottecchi.

E' un uomo di mezz'età dall'aria gentile, con occhi scuri e caldi. La targhetta appuntata alla sua camicia elegante recita “Miles”.

Oh. Si chiama come il pesce rosso morto dei miei. Mi sta già simpatico.

-Non si preoccupi, signorino. Sono cose che capitano. -

E' talmente gentile con me che improvvisamente sento la voglia di piangere.

-Questo appuntamento è un disastro! - piagnucolo, facendolo trasalire dalla sorpresa.

-Mi scusi? - domanda disorientato, raddrizzandosi per guardarmi negli occhi.

Mi mordo il labbro, fissandolo con occhi grandi e lucidi.

-Non so cosa dire! Lui non ha fratelli o sorelle o cugini e io non so di che parlare! Sa che odio le jeep quindi non posso nemmeno fare “oh, ma lo sai che hai proprio una bella macchina?”. Perché gli ho detto che odio le jeep?! -

Miles sembra un pochino confuso, ma lo vedo che si sta sforzando di essere supportivo.

Oh Miles.

-Non sa se ha un hobby o qualcosa del genere? -

Scuoto mestamente il capo e con orrore mi rendo conto che Stiles sta tornando al tavolo. Miles fa per allontanarsi, ma io lo afferro per la manica della camicia.

Non mi importa di sembrare pazzo, sono troppo nel panico.

-Non mi lasci solo con lui, la prego! Non so cosa dire! - sussurro disperatamente.

-Signorino, io devo servire i tavoli! - sussurra anche Miles, guardandomi allarmato.

-Miles, non mi abbandoni! - esclamo con veemenza, attirando di nuovo gli sguardi di molti clienti – Voglio che Stiles stia bene e si diverta, non che pensi che sono una specie di ameba che non sa intavolare un discorso! -

-Signorino, la prego – mi supplica Miles, guardandosi intorno disperato – Mi licenzieranno se non vado subito a prendere gli ordini. -

Con riluttanza lo lascio andare, mettendomi lentamente seduto composto.

-Sono molto deluso da lei, Miles. - ci tengo comunque a fargli sapere.

Miles sembra turbato, ma in quel momento Stiles raggiunge il tavolo e il cameriere si defila, lasciandomi solo con il mio cavaliere.

Tento un grosso sorriso, pregando che non abbia assistito a questa patetica scena.

-Ho una confessione da fare! - esclamo in tono forzatamente allegro mentre si risiede, scuro in viso – Ho rovesciato la bottiglia mentre eri fuori. -

-Mh? - Stiles mi lancia uno sguardo distratto, quasi infastidito, prima di riprendere a guardare male il suo piatto – Fa nulla, Derek. -

Rimango in silenzio, incerto su cosa dire. Che succede ora? Perché sembra così arrabbiato? Solitamente mi avrebbe preso in giro in modo affettuoso.

-Brutte notizie al telefono? - tento con un piccolo sorriso, sporgendomi appena verso di lui.

Stiles ha uno scatto infastidito alla mano e io mi ritraggo un po', perdendo il sorriso.

-Non ho voglia di parlarne, Derek. - dice, e non ha mai usato un tono così freddo prima d'ora.

Deglutisco, dicendomi che è sciocco sentirsi sull'orlo delle lacrime. So che non ce l'ha con me, non ho fatto niente d'altronde, deve essere infastidito per qualunque cosa gli abbiano detto al telefono. Ciò non toglie che mi sta trattando di merda e che ho tanta voglia di sputargli addosso come Rose di Titanic.

-Era il lavoro? Qualche problema con la nuova campagna? - faccio un ultimo tentativo, dicendomi che se gli sono stato utile una volta con l'idea della semplicità, beh, forse posso essere utile di nuovo – Posso essere... -

-Cosa? - mi interrompe Stiles con un sorriso sarcastico, non da lui. Niente è da lui in questo momento. Non è da lui parlarmi così freddamente, non è da lui avere gli occhi così spenti e vuoti. Non con me, almeno – D'aiuto? - fa un verso con il naso che dovrebbe essere una risata sprezzante e io lo fisso, incredulo e ferito – Per favore, Derek. Non sono cose che capiresti – sospira, del tutto incurante di come mi sta facendo sentire in questo preciso momento – Finisci la tua cena, okay? - aggiunge in tono appena più tranquillo, riprendendo anche lui a mangiare.

Io non tocco più il mio spezzatino per il resto della sera, ma Stiles non sembra accorgersene. In realtà non sembra accorgersi di niente. Se ne sta semplicemente seduto davanti a me a lanciare occhiate cupe tutto intorno e a sbocconcellare dal suo piatto di tanto in tanto. Se mi alzassi e me ne andassi in questo preciso momento, non se ne accorgerebbe nemmeno. Per quel che mi riguarda, rimango in silenzio, la fronte aggrottata e gli occhi fissi sulle mie mani posate sulla tovaglia ancora umida di vino. Chi si crede di essere? Pensa di potermi trattare così solo perché sono un suo dipendente e non un milionario come lui? Pensa che per questo io non meriti il suo rispetto? O che non sia intelligente quanto lui? Mi sono laureato con il massimo dei voti al college e, incidente Greg a parte, sono bravo nel mio lavoro. Non ha nessun diritto di ridere alla mia proposta di aiuto come se fossi il primo cretino capitato sulla sua strada.

Vorrei solo chiudermi in bagno, chiamare Isaac e piangere, ma purtroppo ho ancora una dignità. Voglio solo tornare a casa.

-Signorino, qualcosa non andava con il suo spezzatino? -

Alzo di scatto lo sguardo, incontrando quello preoccupato e gentile di Miles.

Oh, Miles.

Tiene tra le mani il piatto vuoto di Stiles e il mio, praticamente pieno. Vedo Stiles finalmente guardarmi, come se si fosse finalmente accorto del fatto che abbia a malapena toccato cibo, ma io guardo ostinatamente Miles.

-No, era perfetto Miles – sorrido alzando il viso verso di lui e noto lo sguardo di Stiles intensificarsi su di me. Merda, spero di non avere gli occhi lucidi. O forse si sta solo chiedendo perché chiamo il nostro cameriere per nome – Purtroppo ho avuto un pranzo abbondante che non mi ha permesso di godermi lo spezzatino come avrei voluto. -

-Mh - Miles lancia una discreta occhiata critica a Stiles e, Dio, penso di amarlo – D'accordo signorino. Gradite un dessert? -

Forse questa serata può essere ancora salvata dopotutto! Sogno la cheesecake al cioccolato e frutti di bosco da ore. Quel biscotto a forma di dinosauro deve essere mio, spero che non lo mettano solo nelle porzioni dei bambini.

Sarebbe chiaramente discriminazione.

Sto quasi per ordinare la mia torta, ma Stiles mi precede.

-Prendiamo due creme brulee, grazie. - dice seccamente, prendendo un sorso di vino.

Aggrotto la fronte, guardandolo un po' male.

-No. Io voglio la cheesecake. -sbotto e non mi importa di essere maleducato. Sono ore che si sta comportando come un uomo delle caverne, quindi direi che siamo pari.

Stiles mi guarda e accenna un sorriso. Adesso il suo sorriso è come dovrebbe essere, è dolce e giocoso, e i suoi occhi su di me sono di nuovo caldi e affettuosi. Ma non mi importa. Sono comunque arrabbiato e irritato. Ho cercato di passare sopra al fatto che abbia ordinato per me senza darmi diritto di scelta, non rinuncerò alla torta.

-Andiamo, Derek. Lo so che hai sempre voluto prendere una creme brulee in un ristorante di lusso. Questa non è la tana del tacchino, puoi ordinare cose più sofisticate. -

Mi sento tremare dalla rabbia. Forse Jackson non aveva tutti i torti a dire che il fatto che Stiles sapesse tutto di me avrebbe rovinato il nostro appuntamento.

-So cosa ho detto sull'aereo, ma adesso mi va la cheesecake.- dico a denti stretti, cercando di mantenere la calma. Miles ci sta fissando in apprensione, i nostri piatti ancora tra le mani.

Anche Stiles adesso aggrotta la fronte, ma sta ancora sorridendo benevolo. Questo mi irrita se possibile ancora di più. A che gioco sta giocando? Prima mi tratta di merda e ora è ritornato a fare il perfetto gentiluomo?

-Avanti, Derek. Non fare complimenti. -

-Non sto facendo complimenti, voglio solo quella dannata torta! - sbotto e la mia voce si alza un po', tanto che alcuni clienti si voltano a guardarmi e Miles sembra sull'orlo del pianto mentre guarda Stiles.

-Signore, la prego, lasci che porti la cheesecake al signorino. Se vuole posso portare un cucchiaino in più così può fargli assaggiare la creme brulee. - lo prega, ma Stiles non lo guarda nemmeno. Sta fissando me, non sorride più ma non sembra arrabbiato, solo perplesso.

Come se non capisse perché io sia d'un tratto così ostile. Come se lui non mi avesse fatto sentire invisibile per quasi tutta la sera.

-Derek, che ti succede? So che vuoi prendere la creme brulee, io ti conosco. -

Oh, no. Questo è troppo.

Schianto il mio tovagliolo sul tavolo, incurante dello sguardo sorpreso di Stiles e di quello disperato di Miles.

-Conoscermi? - ripeto sarcasticamente, incurante di aver alzato la voce – Oh, tu non mi conosci, Stiles. Perché se mi conoscessi...- ti prego Derek. Datti un contegno e non far tremare la voce – Perché se mi conoscessi davvero, sapresti che non mi piace che gli uomini con cui esco ordinino per me, sono capacissimo di farlo da solo. E sapresti anche che non mi piace essere trattato come un idiota che non è degno nemmeno di essere messo a parte dei tuoi problemi di lavoro perché non capirebbe! -

Sento di avere gli occhi lucidi e il pianto incastrato in gola, ma quello che fa più male è lo sguardo incredulo e dispiaciuto di Stiles.

Non se n'era nemmeno accorto. Non si era nemmeno accorto di quanto ci fossi rimasto male per il suo comportamento.

Deglutisco, alzandomi in piedi strisciando rumorosamente la sedia.

-E la prossima volta che inviti qualcuno a cena, magari evita di lasciarlo da solo mezz'ora mentre parli al telefono di cose super riservate e complicate che di certo un idiota come me non può capire! - faccio una pausa, ma poi mi viene in mente la cosa più importante di tutte – E sappi che non avevo mai rinunciato a Titanic per un uomo prima di questa sera! - concludo con voce un po' stridula, per poi allontanarmi a passo veloce. Correrei, ma questo è pur sempre un ristorante di lusso e credo che a Miles potrebbe venire una crisi isterica.

Mi dirigo risoluto al guardaroba, intenzionato a prendere il mio soprabito e andarmene. Visto che ha insistito per decidere lui cosa dovessi ordinare, immagino che Stiles possa anche permettersi di pagarmi il conto.

Jackson sarebbe fiero di me.

Questo però non mi fa stare meglio e non mi fa passare la voglia di piangere.

-Signorino, lasci che l'aiuti! - Miles è subito accanto a me, libero dai piatti, e dopo avermi scostato gentilmente si sta adoperando per cercare il mio soprabito.

-Derek! - Stiles arriva di corsa, ma io gli do con decisione le spalle, osservando Miles che cerca diligentemente tra le tante giacche la mia – Ti prego Derek, non fare così. Torna al tavolo. Prometto che ti farò mangiare la tua cheesecake e che non ordinerò nemmeno più un sorbetto per te e che non toccherò il telefono per il resto della sera. Ma soprattutto ti prometto che non farò più lo stronzo. -

Mi mordo il labbro, sento qualcosa scaldarsi al centro del petto. Odio il fatto di trovarlo tenero mentre si scusa con la voce tutta agitata, mangiandosi quasi le parole. Fortunatamente non lo guardo, o so che avrei già ceduto. E io non voglio cedere. Ho un orgoglio e lui l'ha decisamente calpestato troppo stasera.

-Non mi interessa, voglio andare a casa. - rispondo quindi, con un tono che spero esprima contegno offeso e non i capricci di un bambino cocciuto di tre anni.

Posso sentire lo sguardo di Stiles bruciare disperato sulla mia nuca.

Non. Devo. Cedere.

-Lascia almeno che ti accompagni a casa – capitola, in tono implorante – E' tardi, non mi va che torni in taxi. -

Oh mio Dio, perché deve fare così? Perché deve rendermi così difficile fare l'uomo oltraggiato? Perché ora deve di nuovo essere dolce?

-Non prendo il taxi, ho la tessera del bus e ho intenzione di sfruttarla. - ribatto tirando su con il naso, mentre Miles mi aiuta a infilare il soprabito.

-Derek non puoi dire sul serio! - adesso Stiles sembra un po' arrabbiato e quando azzardo una rapida occhiata nella sua direzione noto i suoi occhi fissarmi ardenti – Non essere sciocco, maledizione. Va bene se non vuoi più stare con me, ma non puoi prendere il bus a quest'ora, non c'è nemmeno una fermata sotto casa tua ed è pericoloso girare a piedi nel tuo quartiere. -

Mi volto a fissarlo, furibondo.

-Beh, mi dispiace se non sono ricco abbastanza per permettermi una stanza al Plaza! Ma sono grande abbastanza sia per ordinarmi il cibo da solo sia per poter tornare a casa da solo come ho sempre fatto, quindi, davvero, smettila di preoccuparti per me! -

Stiles mi fissa, contrariato e soprattutto incazzato, ma io ne ho avuto abbastanza. Gli volto di nuovo le spalle e faccio per andarmene, ma poi mi fermo un secondo accanto a Miles, guardandolo con serietà e gratitudine.

-La ringrazio per essersi preso cura di me stasera. - mormoro in tono serioso, poi esco velocemente dal ristorante, consapevole che Stiles non può permettersi di seguirmi senza prima aver pagato il conto.

Appena sono fuori nell'aria fredda, prendo un profondo respiro, cercando di non piangere e di non pensare allo sguardo disperato e dispiaciuto di Stiles poco prima che me ne andassi.

Se lo è meritato.

Mi avvio verso la fermata del bus, appena più incerto di come sono uscito dal ristorante.

Fortunatamente devo aspettare solo cinque minuti prima che il bus arrivi. E' quasi vuoto, se non fosse per un uomo sulla cinquantina che puzza di vodka in maniera piuttosto notevole e una vecchietta che si lamenta ad alta voce dei servizi pubblici. Attraverso velocemente il bus e vado a sedermi in fondo, accoccolandomi accanto al finestrino e guardando fuori.

Visto che non c'è praticamente nessuno, porto i piedi sul sedile e mi abbraccio le ginocchia, puntando il mento su di esse.

Sento l'autobus fermarsi poco dopo essere partito e immagino che qualche ritardatario stia salendo. Il bus riparte e io sospiro, chiedendomi vagamente se non abbia esagerato a lasciare Stiles così.

E' pur sempre il mio capo. Il mio capo che mi ha portato fuori per un appuntamento in un ristorante di lusso. Il mio capo che forse aveva solo ricevuto una chiamata che lo aveva messo di cattivo umore e non voleva davvero trattarmi così.

Mi sto ancora arrovellando il cervello quando sento qualcuno lasciarsi cadere nel sedile accanto al mio, sfiorandomi il gomito.

Trasalisco, nella mente già la voce apprensiva di mia madre.

“Dovresti iniziare a usare la Camaro anche in città Derek, non sai mai che brutti incontri puoi fare sul bus di sera tardi!”.

Ma quando mi volto, non è uno sconosciuto ubriaco e molesto quello accanto a me. Gli occhi di Stiles sono caldi e vagamente supplicanti, non posso fare a meno di notare che ha la giacca abbottonata male e i capelli arruffati. Deve aver corso per riuscire a prendere il bus in tempo.

Dio Derek, non cedere.

-Prima che tu possa dire qualcosa, lasciami dire alcune cose. – mi anticipa in fretta, parlando in quel modo frettoloso e ansioso di poco prima, che mi sorprende. Ho sempre pensato che Stiles fosse un tipo silenzioso, ma forse non è così. Provo una fitta al petto nel constatare che, in fondo, non lo conosco affatto.

-Primo. Non sono mai stato più dispiaciuto in vita mia di qualcosa di come ti ho trattato stasera. Sono stato sgarbato e brusco con te e solo adesso me ne rendo conto e ti chiedo davvero scusa. Miles ha ragione, non mi merito di uscire a cena con uno come te, uno così carino e dolce, che chiede scusa cento volte al cameriere per un po' di vino e gli chiede consigli solo per poter fare passare una bella serata al suo stupido accompagnatore. -

Alzo le sopracciglia, avvertendo il pericolo di un sorriso che mi sta incurvando gli angoli della bocca.

-Miles ha davvero detto... -

-Secondo – mi interrompe lui con uno sguardo di scuse – Non sono mai stato piantato in asso durante un appuntamento prima d'ora e forse è inappropriato dirlo visto che sei evidentemente arrabbiato con me ma, Dio, Derek, se prima mi piacevi, adesso se possibile mi piaci ancora di più. -

Mi sento arrossire, mentre abbasso un po' lo sguardo. Cazzo, sto sorridendo. Lo sento che sto sorridendo. Perché sono così debole. Ma lui ha detto che gli piaccio. L'ha detto davvero.

-Terzo, spero davvero davvero che non salgano controllori su questo affare, perché non ho il biglietto e sarebbe davvero imbarazzante prendere una multa. Mi immagino i titoli di domani: il miliardario Stiles Stilinski non paga il biglietto del bus solo per inseguire un ragazzo assolutamente meritevole di molto più di un idiota che lo tratta di merda per tutta la sera, un ragazzo intelligente, bello e anche possessore di una tessera del bus, che ha intenzione di usare con orgoglio. E che, Dio, sta seduto in un modo così carino che mi fa pensare di essere stato ancora più stronzo. -

A questo punto non riesco a impedirmi di scoppiare a ridere. Incrocio lo sguardo caldo e speranzoso di Stiles, che sta sorridendo con un angolo della bocca, chiaramente in ansia.

Scuoto la testa, sospirando un piccolo sorriso.

-Wow. Non avevo idea che potessi emettere tante parole tutte insieme. Hai almeno preso fiato? -

Stiles sorride, scivolando più vicino fino a sfiorare con il braccio la mia coscia, ancora in posizione rannicchiata sul sedile.

-Prima di diventare Mr. Broncio, ero piuttosto logorroico. Ogni tanto riemerge questa parte di me.-

-No! - esclamo, spalancando gli occhi e guardandolo incredulo, un sorriso che mio malgrado diventa più grande sulle mie labbra.

Stiles annuisce, gli occhi che brillano quieti nei miei. Si morde un labbro e io vorrei tanto che non lo facesse, perché sono già abbastanza rosso per il suo braccio che tocca la mia gamba a ogni curva, per tutta la questione del “mi piaci ancora di più” e per il fatto che davvero abbia corso per raggiungermi sul bus.

Forse sta cercando di uccidermi.

-Mi dispiace davvero tanto, Derek – mormora con voce bassa e sincera, abbassando un po' la testa per incatenare i nostri sguardi – Giuro che non succederà mai più una cosa del genere – un lampo di ansia gli attraversa gli occhi – Se solo vorrai essere così buono da darmi un'altra possibilità, certo. -

Questa volta sono io che mi mordo il labbro, mentre Stiles mi guarda in attesa.

-Va bene. Ma! A una condizione! - esclamo alzando una mano, prima che Stiles possa scoppiare in un sorriso esaltato – La prossima volta niente ristoranti di lusso. Voglio fare qualcosa di semplice come, che ne so, andare al cinema – assottiglio gli occhi – E voglio poter scegliere cosa prendere da mangiare. -

Stiles si porta immediatamente la mano sul cuore disegnandosi una croce sul petto, come aveva fatto a casa, e mi ritrovo mio malgrado a sorridere.

-Parola di scout. - dice in tono serissimo, guardandomi così intensamente negli occhi che sono costretto a distogliere un po' lo sguardo.

Tossisco, cercando di darmi un tono e di ignorare il sorriso che so trovarsi sulle labbra di Stiles in questo momento.

-Bene. Immagino che allora posso pensare di uscire ancora con te in futuro. - concludo con finto tono altezzoso, alzando il mento ma lanciandogli un sorriso sbieco.

Stiles sorride dolcemente, gli occhi che brillano come non mai.

-Ne sono felice. - mormora, mettendo una mano sul mio ginocchio. Arrossisco, ma questa volta riesco a mantenere gli occhi fissi nei suoi.

-Ora però dovresti scendere. - dico, risoluto.

Lui mi guarda, confuso.

-Cosa? Pensavo mi avessi perdonato. -

Mi scappa quasi un sorriso, ma riesco a mostrarmi impassibile.

-Diciamo che ti ho quasi perdonato. Ora però gradirei rimanere da solo. -

Stiles mi guarda con preoccupazione, combattuto.

-Derek, starei più tranquillo se potessi accompagnarti fino a casa. Prima ho superato un tizio che puzzava come una distilleria, non mi fido di questo affare. -

Non posso fare a meno di ridacchiare un po'.

-Questo affare? Si vede che non hai mai preso un bus in vita tua. - sorrido, venendo subito ricambiato.

-Mea culpa. Ammetto di essermi sempre spostato principalmente con la mia bambina o, quando proprio non se ne poteva fare a meno, in una macchina con autista. -

-Non ti devi preoccupare, comunque. Torno sempre a casa da solo a quest'ora. Non mi succederà niente, so badare a me stesso. -

Gli occhi di Stiles splendono caldi e intensi nei miei.

Penso proprio che il suo obiettivo finale sia quello di uccidermi.

-Credimi, Derek. Non ho mai dubitato un solo istante che tu non sapessi badare a te stesso. - mormora e io mi mordo il labbro, sentendomi ancora più rosso in faccia.

Stiles mi guarda ancora un po', poi sospira scuotendo il capo.

-Va bene, se insisti vorrà dire che scenderò alla prossima fermata. Non ci siamo allontanati troppo dal ristorante, farò una passeggiata fino alla jeep. -

-Sta attento. - non riesco a impedirmi di dire, ma non me ne pento quando Stiles mi sorride, luminoso.

-Anche tu. - dice poi in tono serio, sporgendosi improvvisamente verso di me.

Trattengo il fiato per la vicinanza dei nostri volti. Oh mio Dio. Cosa vuole fare? Vuole baciarmi? Glielo devo permettere? In teoria non dovrei permetterglielo, sono arrabbiato con lui. Ma è anche vero che non è mai stato talmente vicino da permettermi di contare ogni neo sul collo e mi domando quanti ce ne siano sotto la barba che gli copre il viso. Posso contare ogni ciglia, posso sentire il suo respiro sulle labbra e...

E Stiles allunga il braccio per premere il bottone dietro la mia testa, prenotando la fermata. Sbatto velocemente gli occhi, mentre lui mi lancia un piccolo sorriso consapevole, ritornando composto al suo posto.

-Prenotavo la fermata. - mi informa poi, in tono innocente.

Vorrei mantenermi indifferente e tranquillo, ma credo di starlo guardando in cagnesco, a giudicare dallo sforzo che sta facendo per non ridere.

-Già. Ho notato. -

Va bene. Non importa se non mi ha baciato. Anzi, meglio così, perché lo avrei sicuramente respinto e sarebbe stato decisamente più imbarazzante di adesso.

Il sorriso di Stiles si raddolcisce, mentre l'autobus perde gradualmente velocità.

-Stai attento, va bene? -

Roteo gli occhi al cielo, stringendomi di più le gambe al petto, come a cercare una sorta di protezione o conforto. Stiles che si preoccupa per me, mi sta uccidendo. Insomma, si da il caso che dovrei essere arrabbiato.

Invece voglio solo che lui torni a sporgersi verso di me, e non per prenotare una stupida fermata.

-Smettila di comportarti come se fossi mio padre, andrà tutto bene. - lo prendo in giro in tono leggero, ma Stiles con mia sorpresa non ride. Accosta di nuovo il viso al mio e mi ritrovo a trattenere di nuovo il fiato.

-Credimi, quello che voglio fare in questo momento non è esattamente una cosa da padre. -

Mi volto a guardarlo, sbattendo rapidamente le ciglia. La sua mano è ancora sulla mia gamba, ma adesso dal ginocchio si è spostata leggermente verso la coscia. I nostri visi sono vicini e i suoi occhi vagano dai miei alle mie labbra senza sosta.

Sospiro, piego un pochino il viso e chiudo gli occhi, in attesa. Rabbrividisco quando sento le labbra di Stiles baciarmi la fronte con tenerezza. Socchiudo gli occhi, so che brillano di disappunto e Stiles sorride dolcemente, accarezzandomi una guancia con la mano libera.

-Non voglio baciarti così, la prima volta – sussurra, guardandomi di nuovo le labbra – Voglio che sia speciale. Voglio farlo a termine della serata perfetta, non su un bus che sa di pipì di gatto e mentre sei incazzato con me. -

Lo fisso e so che ci sarebbero tantissime cose da dire. Ma alla fine sorrido con un angolo della bocca e dico l'unica cosa che mi viene in mente.

-La prima volta? - domando quasi maliziosamente, perché specificare che sarebbe la prima volta, lascia supporre che pensa di baciarmi di nuovo.

Stiles ricambia il mio sorriso, dandomi un buffetto sul naso con il pollice, le altre dita ancora sulla mia guancia.

-Sì, la prima volta. Sono un uomo ottimista. -

Sbuffo una risata e Stiles si sporge a baciarmi di nuovo la fronte mentre il bus rallenta fino a fermarsi.

-Devo scendere. Mi farò sentire in questi giorni. - mormora e mi sento in maniera strana quando lentamente ritira la mano e si allontana.

Mi limito ad annuire, stringendomi più forte le gambe al petto.

-Buonanotte, Stiles. -

Mi scocca un sorriso dei suoi, uno di quei sorrisi tutta luce e occhi che brillano, e per un istante ho l'istinto di prenderlo per il colletto della camicia e trascinarlo di nuovo vicino a me, e baciarlo, baciarlo e baciarlo.

Che tanto non sono più incazzato con lui e un bus che puzza di pipì di gatto mi sembra improvvisamente un ottimo posto per il primo bacio. Lo guardo allontanarsi verso la testata dell'autobus. Aggrotto la fronte quando mi rendo conto che si è fermato a parlare con l'autista. Cerco di sollevarmi dal sedile per vedere cosa sta facendo, ma Stiles è già sceso. Non si gira nemmeno per un ultimo saluto e devo cercare di ingoiare il disappunto. E se fossero tutte cavolate? Se in realtà non avesse nessuna intenzione di farsi sentire dopo questa serata disastrosa? So che le sue parole lasciavano intendere tutt'altro, ma il fatto che non mi abbia baciato mi brucia troppo. Se non volesse davvero perdere tempo con un suo sottoposto imbranato che va in giro a parlare della propria prostata? Il dramma è che, se fosse così, lo capirei. Nemmeno io perderei tempo con me stesso, se potessi scegliere.

In fondo, crescere con Malia mi ha reso almeno certo di una cosa: sarò sempre di serie B.

Sono immerso in questi pensieri positivi, quando mi rendo conto che l'autobus ha sbagliato strada. Aggrotto la fronte, osservando dal finestrino il paesaggio familiare. Sta andando verso casa mia. Rimango a bocca aperta quando l'autobus si ferma proprio davanti al mio portone.

-Fermata speciale per Derek Hale! - sbraita l'autista, in tono non particolarmente entusiasta.

Ancora frastornato, mi alzo a fatica in piedi e barcollo fino alla cabina di guida. L'autista, un uomo sulla cinquantina con l'odio per il mondo dipinto sul viso stanco, mi rivolge un'occhiata annoiata.

-Lei è Derek Hale? Le dispiacerebbe scendere? Grazie a questa bella deviazione ho allungato il mio giro serale di almeno venti minuti, non mi faccia perdere altro tempo.-

-Io non capisco.- mormoro, disorientato.

L'uomo rotea gli occhi.

-Il suo fidanzato mi ha dato un assegno da duemila dollari se la portavo a casa. Ed ecco fatto. Ora le dispiace scendere?- insiste, facendo spalancare le porte alle mie spalle. L'aria fredda della sera mi colpisce il collo, ma io rimango imbambolato dove mi trovo, incapace di fare o dire qualsiasi cosa, tanto meno di specificare che Stiles non è il mio fidanzato, non ancora. Anzi, non lo è e basta!

Duemila dollari... non ci posso credere che ha speso duemila dollari solo perché non dovessi fare un pezzo di strada a piedi. Maledetto riccone maniaco del controllo iper protettivo. Posso sentirmi sorridere e mi odio immensamente per questo. Dovrei sentirmi indignato per il continuo imporsi di Stiles. Dirottare un intero bus solo perché pensava che non fossi in grado di difendermi da solo, in fondo non è tanto diverso dallo ordinare al ristorante per me. Eppure, non riesco a non trovarla una cosa dolce.

Non riesco a smettere di sentirmi speciale, per forse la prima volta in tutta la mia vita.

Non mi sono mai sentito di valere davvero qualcosa, non in confronto a Malia.

Ma per qualcuno, la mia sicurezza vale ben duemila dollari.

-Derek?! -

Mi volto di scatto e metto a fuoco Jackson che mi fissa a bocca aperta dal marciapiede, le chiavi della Porche in mano. Deve essere appena tornato a casa.

Mi affretto a scendere dall'autobus e con un'imprecazione colorita l'autista chiude le porte dietro di me e riparte immediatamente. Jackson mi viene incontro, guardandomi sbalordito.

-Perché il bus è passato di qui? E che ci facevi sul bus? Non eri con Stilinski? -

Scuoto la testa, ancora un po' confuso per tutto quello che è successo.

-E' una lunga storia. Abbiamo litigato e io sono scappato via dalla cena e... -

-Che ti ha fatto? - mi interrompe subito, incupendosi.

Mi trattengo a malapena dall'alzare gli occhi al cielo.

-Niente. Non mi ha fatto niente. Te l'ho detto, abbiamo solo discusso. -

Jackson inarca le sopracciglia, scettico.

-E fammi capire, quello ha i soldi che gli escono pure dalle orecchie ma non ha manco speso la benzina per riportarti a casa e ti ha fatto prendere un autobus pulcioso? -

-In realtà ha speso ben duemila dollari di autobus, per me. - ribatto e ancora mi sembra assurdo alle mie stesse orecchie.

Dalla faccia di Jackson, credo che sia assurdo anche per lui.

-Raccontami tutto. - ordina, con un tono che non ammette repliche.

Comincio a raccontargli della cena, di Miles, della telefonata e del comportamento di Stiles, infine della mia fuga e della follia di Stiles. Sto ancora parlando quando finalmente entriamo in casa.

-Non ci posso credere che hai davvero rimorchiato un miliardario e non hai nemmeno dovuto mentire su di te! – mi accusa poi Jackson, con voce risentita, mentre io chiudo piano la porta dietro di noi, non volendo svegliare Isaac – Sono anni che affino il mio fascino per conquistare un uomo ricco che mi mantenga per sempre e tu lo trovi senza nemmeno alzare un dito. Senza nemmeno doverti vestire bene! Lui sa che dormi con il copriletto di Spongebob e ti vuole ancora, maledizione! -

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, ma sorrido piano.

-Non sto uscendo con Stiles perché è ricco, Jackson. -

Jackson mi guarda male.

-Ecco. Vedi che non te la meriti tu questa fortuna? Non sai nemmeno apprezzarla. -

-Smettila. Piuttosto, credo che Isaac si sia dimenticato la luce accesa in salotto. - dico io, precedendolo nella stanza da dove proviene la luce della casa altrimenti buia.

Jackson mi segue, sbircia oltre la mia spalla e rilascia uno sbuffo morbido.

-Si è dimenticato proprio di andare a letto. - ironizza, ma la sua voce si è notevolmente abbassata, per non svegliare Isaac che sta dormendo tutto scomposto sul divano, un libro ancora aperto sulla pancia e un braccio sulla fronte.

Mi avvicino piano e recupero il libro, sistemando il segnalibro in mezzo alle pagine in modo da non perdere il segno.

-Che facciamo, lo lasciamo dormire qui? - bisbiglio, guardando Jackson incerto.

Jackson grugnisce e scuote la testa.

-E' stato tutto il giorno a farsi il culo in tribunale. Se lo lasciamo pure dormire sul divano domani dobbiamo farlo ricoverare d'urgenza. Lo porto a letto. -

Inarco un sopracciglio, rivolgendogli un sorrisetto.

-Ma come sei dolce. -

-Vaffanculo. - ribatte Jackson acidamente, senza guardarmi, e io rido piano. Mi stringo il libro di Isaac al petto e faccio un passo indietro, osservando Jackson piegarsi e sollevare con delicatezza Isaac dal divano. Barcolla per un secondo, ma riacquista subito l'equilibrio e salda la presa sulla schiena di Isaac e sotto le sue gambe. Isaac mugola piano, ma non si sveglia. Nel sonno gira la testa e la posa sulla spalla di Jackson, con un piccolo sospiro. Sembra quasi appagato. Jackson tiene gli occhi sulla testa scombinata di Isaac e, per un istante, mi sembra di cogliere qualcosa nel suo sguardo. Dolcezza, forse? Jackson si accorge che lo sto guardando e raddrizza il capo, assumendo il solito sguardo strafottente e indolente.

-Allora buonanotte. -

Non mi lascia nemmeno rispondere e si avvia verso la camera di Isaac, camminando lentamente per non svegliarlo.

Io rimango in salotto, la testa piena di mille pensieri. Abbasso lo sguardo sul libro di Isaac e sbuffo un sorriso esasperato nel vedere che è uno dei soliti mattoni storici che si spara lui. Apro il libro a metà e lo sguardo mi cade sul segnalibro. E' un biglietto da visita, per un attimo penso che sia quello dello studio legale dove lavora Isaac, ma guardandolo meglio mi rendo conto che si tratta di uno dei mille biglietti da visita che Jackson sparge per tutta casa, come se fosse l'unico pubblicitario del mondo. Il nome di Jackson è cerchiato di rosso e ho un vago flashback di Isaac al college, immerso fino alla testa da libroni, che proclama con la voce più seria del mondo che lui cerchia di rosso solo le cose assolutamente importanti. Chiudo il libro e sospiro, sedendomi lentamente sul divano.

E' davvero difficile stare dietro a tutta questa situazione. Insomma, so che Isaac è cotto perso di Jackson, in realtà penso che ormai lo sappiano anche i muri tranne il diretto interessato. Ma Jackson? A volte ha degli atteggiamenti ambigui, che mi fanno credere possa ricambiarlo. Il fatto che oggi abbia fatto tutta quella scena quando Isaac ha detto dell'appuntamento di domani con il suo collega, lo sguardo che aveva quando lo ha preso tra le braccia. Però Jackson è anche lo stesso stronzo che esce ogni sera sommerso da litri di profumo per andare a caccia di uomini ricchi. Anche stasera non sembrava fosse un'eccezione e sono sicuro di aver intravisto un succhiotto fresco spuntare dal colletto della camicia.

So che dovrei essere un buon amico per Isaac e cercare di capire cosa passa per la testa a Jackson, ma la verità è che in questo momento riesco solo a pensare alle labbra di Stiles sulla mia fronte e al suo sorriso.

Mi prendo il viso tra le mani, soffocandoci un grido.

Sono cotto del mio capo. Cotto perso.

 

 

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti <3

Spero che questo fantomatico primo appuntamento non vi abbia deluso <3

Grazie di cuore a tutti quelli che seguono in qualche modo questo trash, in particolare alle mie cicce, vi amo <3

Ci vediamo venerdì prossimo!

Un bacione,

Fede <3

 

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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***


 

 

 

Ottavo Capitolo

 

 

 

 

Sono ormai tre giorni che in casa c'è lo stesso clima piacevole e disteso che doveva esserci durante la Guerra Fredda.

Isaac non solo ha avuto l'ardire di uscire una volta con il suo collega, ma ha pure accettato un secondo invito la sera successiva, questa volta in un ristorante abbastanza elegante, non una semplice birra al bar. Come se non bastasse, Paul ha anche avuto la pessima idea di salire in casa per conoscerci, ignorando allegramente l'imbarazzo di Isaac, la mia assoluta apatia e il veleno nello sguardo di Jackson. In realtà Paul è un tipo a posto, se ti piacciono gli uomini in carne che hanno sempre il colletto della camicia sporco di sugo e che urlano mentre spiattellano felicemente tutti i segreti dei loro clienti legali. E' un po' difficile credere che Isaac voglia davvero uscire con lui, in effetti.

Jackson si premura di sottolineare quanto sia offeso da questa cosa sbattendo porte, grugnendo se gli rivolgo la parola e ignorando categoricamente Isaac, che si limita ad osservarlo a labbra strette, senza pronunciarsi.

Come se la guerra del silenzio tra loro non bastasse, anche Stiles mi sta ignorando.

Tre giorni.

Sono passati tre giorni dal nostro primo appuntamento e non ho più avuto nessuna notizia di lui. Ho sentito dire da Chris – cioè, forse ho origliato una sua conversazione con Nancy, ma comunque non è importante – che Stiles è tornato a Beacon Hills per qualche giorno e non si sa quando tornerà. Secondo Lydia è probabile che non torni più, anzi a tutti è sembrato strano che uno come Stiles si fermasse tanti giorni in un'unica filiale, quando ce ne sono sparse per tutti gli Stati Uniti.

E so che hanno ragione, ma sono stato talmente stupido da pensare che la filiale di New York fosse speciale solo perché c'ero io all'interno. Non dico che mi abbia preso in giro, che non gli interessassi, ma forse semplicemente non valevo così tanto la pena da salutarmi prima di partire. Non valevo così tanto la pena da restare.

Insomma, sono tre giorni che, quando non devo lavorare, vegeto sul divano guardando vecchi film d'amore senza seguirli davvero, mangiando popcorn al caramello e ripetendomi come un mantra “domani è un altro giorno”.

Cerco di prenderla con filosofia, insomma.

Vorrei solo che Isaac e Jackson facessero lo stesso.

-Jackson per la miseria, non senti che stanno suonando alla porta?- sento Isaac sbraitare proprio mentre esco dal bagno, ancora in accappatoio. Isaac mi supera come una furia, diretto alla porta, mentre io mi avvicino lentamente a Jackson, stravaccato sul divano con il cipiglio cocciuto di un bambino di due anni, intento a fissare con sguardo ostinato la partita. Inarco le sopracciglia, sia infastidito dal fatto che si sia impadronito del mio regno indiscusso – stasera dovevo guardare Colazione da Tiffany e giuro che lo guarderò, dovessi passare sopra il suo cadavere dai capelli perfetti – sia confuso dal programma che sta guardando. Jackson non ha mai seguito il football in tutta la sua vita. Il fatto che Isaac stia per uscire per la terza volta con “Paul” lo sta sconvolgendo parecchio, a quanto sembra.

-Capisco non parlargli, ma almeno aprire la porta potresti farlo. - sussurro per non farmi sentire da Isaac, sedendomi sul bracciolo del divano, accanto alla testa di Jackson.

-Vaffanculo. - è la sua risposta diplomatica e capisco che è meglio lasciar perdere.

-Oh! Ma cosa...! - la voce sorpresa e lieta insieme di Isaac mi spinge a guardare verso la porta di ingresso aperta. Con la coda dell'occhio noto Jackson fare lo stesso, con uno sguardo al cianuro.

Sulla soglia di casa c'è un fattorino, con le braccia completamente ingombrate da un enorme mazzo di fiori bianchi. Sono bellissimi e vagamente familiari e non posso fare a meno di pensare che debbano venire da Paul. Anche Jackson deve essere arrivato alla stessa conclusione, perché sento la sua mascella scricchiolare da quanto è serrata.

Anche se mi dà le spalle posso vedere Isaac coprirsi la bocca con una mano e sorrido appena. Ama queste cose romantiche almeno quanto me. Forse abbiamo giudicato Paul troppo in fretta.

Puoi essere un avvocato che ama le sagre della porchetta e allo stesso tempo avere un animo sensibile e romantico.

Ma poi il fattorino mormora qualcosa, talmente piano che non riesco a capire, vedo solo Isaac abbassare pesantemente il braccio e voltarsi a guardarmi, con uno sguardo esasperato ma privo di acrimonia.

-E ti pareva. Sono per te. Da parte di Stiles Stilinski. -

Cosa.

Mi alzo in piedi talmente velocemente che per un secondo mi gira la testa. Quando raggiungo Isaac, si è già fatto consegnare i fiori dal fattorino e richiuso piano la porta dietro di lui. Glieli strappo praticamente dalle mani e Isaac alza gli occhi al cielo, ma sorride.

-Ne possiamo dedurre che forse smetterai di deprimerti, adesso? - chiede, ma non lo sto ascoltando. Faccio scorrere freneticamente gli occhi su tutto il mazzo, registrandone appena l'odore meraviglioso o il fatto che siano dalie bianche. Stupido, meraviglioso Stiles Stilinski.

Isaac sospira e allunga una mano verso la vaporosa carta velina verde che avvolge i fiori, estraendone una piccola busta bianca.

-Immagino cercassi questo. -

Recupero immediatamente il biglietto, reggendo impacciato i fiori con un solo braccio. Il cuore mi batte velocemente e anche se so che non dovrei seppellire così in fretta il rancore verso una persona che è sparita per tre giorni senza nemmeno dare una cavolo di spiegazione, non posso fare a meno di sorridere come un idiota.

-Bel colpo Derek – è il commento caustico di Jackson dal divano, che improvvisamente guarda Isaac dritto negli occhi per la prima volta da tre giorni – Sembra che Paul invece non sia un tipo da grandi gesti romantici. Mi dispiace molto per te, Isaac. -

Isaac apre la bocca per ribattere, furibondo, ma in quel momento sentiamo il rumore assordante di un clacson dalla strada e vedo Isaac arrossire leggermente. Jackson inarca le sopracciglia, con un sorriso cattivo.

-Ma guarda. Credo proprio che sia il nostro Paul che ci delizia con la romantica e discreta segnalazione della sua presenza. Scommetto che quando ti scopa mastica bacon parlando della prossima fiera della pancetta o una cosa simile. -

-Vai a farti fottere. - dice solo Isaac, ma ha gli occhi lucidi e la voce gli trema un po'. Prima che possa dire qualsiasi cosa, ha già afferrato la sua giacca ed è uscito come una furia. La porta sbatte con forza dietro di lui, imbattendosi con la forza di un tuono nel silenzio della casa.

Rivolgo uno sguardo stanco a Jackson, che non sorride più e ha la decenza di mostrare un pochino di senso di colpa.

-Era proprio necessario? -

Jackson si limita a stringersi nelle spalle e io sospiro, dirigendomi velocemente in cucina. Non ho tempo per questo adesso, i loro drammi da bambini dell'asilo possono aspettare per un po'. Le dita mi tremano talmente tanto che quando sistemo i fiori in un vaso, accanto alle dalie un po' appassite che mi aveva portato Stiles tre giorni prima, spargo acqua ovunque. Non sto più nella pelle quando finalmente mi siedo e apro con dita impazienti la busta. All'interno c'è un piccolo cartoncino azzurro chiaro, vergato della grafia disordinata di Stiles, fitta e minuscola, per poter concentrare diverse righe in uno spazio così piccolo. Noto che è scritto su entrambi i lati e comincio a leggere, frenetico.

 

 

Caro Derek,

Mi scuso immensamente per essere sparito così improvvisamente e per un tempo così lungo, ma sono dovuto tornare urgentemente a casa e purtroppo mi sono reso conto di non avere il tuo numero di cellulare né di telefono quando ormai ero partito. Ho provato a cercarti sull'elenco, ma non ti ho trovato.

 

 

Impreco a bassa voce sulla maledetta decisione di intestare il telefono di casa a Jackson.

 

 

Spero comunque di non averti fatto preoccupare o arrabbiare. Ti avevo promesso un secondo appuntamento migliore, ed è quello che ho intenzione di fare. Spero che perdonerai il mio poco preavviso e la presunzione di pensare che un ragazzo come te non abbia niente di meglio da fare, ma sarei immensamente felice se volessi uscire con me domani sera. Puoi far sapere l'esito della tua risposta a Theo, purtroppo ancora per domani dovrò assentarmi dall'azienda. Lasciagli il tuo numero di casa e io ti chiamerò per accordarci. Spero tanto in una risposta affermativa, ma capirei un no.

Con affetto,

Stiles Stilinski

 

 

Scribacchiato in fondo c'è un numero di cellulare, subito seguito da un piccolo ps che mi strappa un grosso sorriso: mi è venuto in mente che è molto più semplice se scrivi direttamente a me. So quanto trovi Theo inutilmente intimidatorio.

-Vado in camera mia! - urlo e senza nemmeno aspettare risposta da Jackson corro verso la mia stanza, chiudendo bene la porta.

Guardo distrattamente l'ora prima di cominciare a trascrivere il numero sulla tastiera del cellulare. Sono appena le otto. Non è troppo tardi per chiamare. E anche se lo fosse, deve comunque farsi perdonare un'assenza ingiustificata di tre giorni. Avvio la chiamata e ascolto il telefono squillare, trepidante. Sto quasi per rinunciare, quando finalmente Stiles risponde.

-Pronto? -

Oddio. La sua voce.

Okay. Ora mi identifico e poi con calma gli dico che nonostante il suo comportamento orribile non mi dispiacerebbe così tanto uscire con lui.

-Certo che voglio uscire con te domani! - esclamo tutto d'un fiato, pensando nebulosamente che deve pur esistere un posto all'inferno per quelli come me.

C'è silenzio dall'altra parte, e vorrei morire.

-Derek? - chiede poi alla fine, con una risata che mio malgrado mi riscalda.

-Ciao. - mormoro, imbarazzato da morire, mentre cammino nervosamente su e giù per la mia stanza.

-Ciao.- replica Stiles, con voce calma e calda. Quasi riesco a vedere i suoi occhi brillare.

-Come stai? Sei ancora a Beacon Hills? - domando, trattenendomi dal chiedere perché sia dovuto tornare a casa. Se c'è qualcosa che ho capito di Stiles, è che non apprezza le domande di carattere personale.

-No, sono tornato questo pomeriggio in realtà. Domani non posso venire in azienda perché devo presiedere una teleconferenza con la filiale di Seattle. Ti risparmio i dettagli. -

Dimmeli. Mi interessano.

-Va bene- dico invece, pensando che è meglio non rischiare di indisporlo quando sembra così tranquillo e rilassato – Spero che comunque tu stia bene. -

C'è silenzio dall'altra parte per un po' e mi chiedo scioccamente se ho osato troppo. Eppure non penso di aver detto niente di male.

-Tu come stai, Derek? - chiede infine Stiles, con voce calda. Sembra un pochino esitante, ma potrebbe solo essere una mia impressione.

-Bene. Ora bene – rispondo di getto, prima di riuscire a trattenermi e darmi una parvenza di dignità – Mi fa tanto piacere sentirti. -

Perché.

Perché devo sempre espormi così tanto.

Dovrei essere incazzato con lui, è sparito per tre giorni, porca puzzola! Da dove la sto tirando fuori tutta questa lagna alla “mi sei mancato, che bello il suono della tua voce”?

Stiles rimane di nuovo in silenzio e io desidero per l'ennesima volta sprofondare sotto terra.

-Dio Derek – mormora infine, con un tono talmente basso che mi ritrovo a deglutire a vuoto – Mi stai rendendo le cose difficili. -

-Perché? - chiedo, perplesso e un po' mortificato.

Avrebbe potuto rispondere che anche a lui faceva piacere sentirmi, adesso mi sento un idiota.

-Perché ho organizzato tutto alla perfezione da tre giorni per il nostro appuntamento di domani sera, ma se tu mi dici con quella voce che ti fa tanto piacere sentirmi, mi fai venire voglia di mandare all'aria tutto e passarti a prendere tra dieci minuti. -

Rimango in silenzio per un po', stordito, mentre una lenta sensazione di calore mi sale dal petto alle guance.

Aveva organizzato il nostro appuntamento in questi tre giorni di assenza? Ha pensato a me anche mentre era lontano?

Improvvisamente mi viene in mente un dettaglio che mi fa aggrottare la fronte, facendomi perdere un po' della mia commozione.

-Avevi detto che questa volta avremmo fatto qualcosa di semplice, Stiles. Non penso che una cosa semplice includa tre giorni di pianificazione. -

-Ma è una cosa semplice – ribatte subito Stiles, ma il suo tono è talmente poco convincente che mi strappa un sorriso esasperato. Maledetto miliardario con cui è impossibile arrabbiarsi – E' talmente semplice che potrei spostare benissimo tutto a stasera, con qualche modifica. E se mi dai dieci minuti. Un quarto d'ora al massimo. -

Non riesco a trattenere una risata, mentre mi siedo sul letto tenendomi l'accappatoio ben chiuso con una mano.

-Sono appena uscito dalla doccia. Questo significa che potresti avere addirittura venti minuti pieni per il tuo diabolico piano. - sto al gioco, mordendomi il labbro.

-Stai... - Stiles esita e io trovo assurdo il modo in cui il mio sorriso stia lentamente trovando il modo di occuparmi tutta la faccia. E' ridicolo – Stai dicendo che va bene se usciamo stasera? -

-Credo di sì. -

-Bene. Bene. Molto bene – tono serio, indecifrabile. C'è una piccola pausa prima che aggiunga, con voce molto più calda: - Perché mi sei mancato terribilmente in soli tre giorni, Derek. -

Deglutisco di nuovo, sentendomi le guance dolere da quanto sto sorridendo.

-Bene. Bene. Molto bene – lo scimmiotto imitando il suo tono serio – Perché mi sei mancato anche tu, Stiles. -

Stiles ridacchia morbidamente e io mi chiedo se sia normale parlare così dopo un solo appuntamento catastrofico. Non ho mai provato questo senso di patetica dipendenza verso nessuno, di certo non verso Jordan. Ma adesso sento che la mia vita dipende da quanto velocemente io riesca a rivedere Stiles.

-Ti passo a prendere tra venticinque minuti allora.- continua Stiles, riscuotendomi dai miei pensieri.

-Pensavo te ne bastassero venti.- ghigno.

-Parlo in base all'esperienza dell'altra volta: se sei appena uscito dalla doccia, ci vorranno come minimo venticinque minuti perché tu sia pronto. - mi prende in giro con voce morbida e io gonfio le guance anche se non può vedermi.

Ci salutiamo e quando alla fine chiudo la chiamata ci sono solo io, nella mia stanza, seduto sul letto con il copriletto di Spongebob, avvolto in un accappatoio di spugna e con i capelli ancora bagnati, con soli venticinque minuti di tempo per essere pronto e un senso estetico praticamente inesistente.

Solo una persona può salvarmi.

-JACKSON! -

 

 

 

 

-Non ci posso credere! Dio Derek, ma non ti ho insegnato niente? Non si accetta mai un appuntamento con così poco preavviso. Cos'è che ti dico sempre? Meglio passare per maleducato che...-

-Che per disperato, sì, va bene – concludo in tono spiccio, voltandomi verso Jackson con le braccia spalancate – Allora? Che ne pensi? Camicia viola e jeans scuri a vita bassa? -

-Va benissimo per una serata anni ottanta, signor Travolta. - dice freddamente Jackson, offeso a morte per essere stato interrotto mentre si prodigava nei suoi preziosi consigli di vita. Credo che il suo pessimo umore dipenda anche da Isaac e Paul, ma adesso non ho proprio tempo di mettermi a indagare. Resto in silenzio mentre lascio docilmente che Jackson mi scansi per poter infilare tutta la testa nel mio armadio.

-Dio, Derek! Non hai nemmeno un vestito decente! Ma come fai di solito?! -

Beh, di solito metto i suoi vestiti. Ma non credo sia opportuno sfidare il suo già precario equilibrio in questo momento.

-Devi per forza metterti i miei vestiti. - dichiara Jackson in tono lugubre mentre si volta a guardarmi, facendomi strozzare con la mia saliva.

Okay, adesso comincio a preoccuparmi. Jackson non offrirebbe mai i suoi vestiti se non fosse sinceramente sconvolto.

-Jacks – comincio in tono esitante – Stai bene? -

-Io sto benissimo – scatta subito Jackson, simile a una grossa biscia stuzzicata da un bastone – Non sono io che accetto appuntamenti da uomini che conosco appena, illudendomi che ci sia non so che meravigliosa storia d'amore ad attendermi! -

Rimango in un silenzio cauto, anche perché sono abbastanza sicuro che questo discorso non si riferisca esattamente a me e a Stiles.

-Che problema avete, me lo spiegate? - continua Jackson con rabbia, mentre si sposta in camera sua, obbligandomi a corrergli dietro – Due moine e subito cadete ai piedi del primo venuto. -

-Che male c'è a uscire con persone che si conoscono da poco? Tu lo fai sempre. - decido di ribattere, un po' urtato. So che è Isaac che ha in mente, ma non voglio che sminuisca così quello che provo quando sono con Stiles. Non si tratta di due moine. E nemmeno del perseguire una grande storia romantica. Ce l'ho già avuta una storia romantica, ce l'ho avuta con Jordan. Con Stiles è diverso. Non penso ad andare a vedere case insieme o in quale località andare a sciare. Semplicemente, sono felice quando posso vederlo. E non mi ero mai sentito così per nessuno prima d'ora.

-Io scopo con persone che conosco appena – precisa Jackson con fierezza, mentre mi porge una delle sue costosissime camicie con i bottoni di madreperla – Non ci scappo insieme verso il tramonto. -

-Isaac non sta scappando verso il tramonto con Paul. - mi lascio sfuggire e capisco di aver fatto l'errore più grande della mia vita quando Jackson si gira verso di me come una furia e mi lancia i suoi preziosissimi jeans di Gucci invece di porgermeli con la massima reverenza.

-Cosa c'entra Isaac ora?- sibila e prima che possa balbettare qualche scusa incoerente, mi molla come un idiota in camera sua e poco dopo sento la porta del bagno sbattere senza delicatezza.

Oh no. Quando Jackson si rintana in bagno, vuole sempre dire che è turbato e che, soprattutto, non ne uscirà tanto presto.

Per fortuna mi sono già fatto la doccia.

Comincio a vestirmi lentamente in camera di Jackson, rubandogli anche un paio di calzini perfettamente stirati. Chi diavolo stira i calzini?

Mi sento un po' in colpa, se devo essere sincero. So che non sto facendo del mio meglio in tutta questa situazione tra Isaac e Jackson, ma in questo momento riesco solo a pensare a Stiles, al fatto che sta venendo qui e che non vedo l'ora di vederlo.

La felicità mi sta rendendo una persona orribile.

Quando sento suonare alla porta, esattamente dopo venticinque minuti dalla fine della chiamata con Stiles, resisto all'impulso di correre ad aprire e mi fermo dietro la porta chiusa del bagno.

-Jackson? - chiamo piano, ma ovviamente non ricevo nessuna risposta. Esito, chiedendomi vagamente se non stia facendo l'errore più grande della mia vita – Dovresti vedere il segnalibro di Isaac – butto lì, con la terribile sensazione di star pugnalando alle spalle il mio migliore amico. Ma se per puro caso la mia intuizione fosse giusta, Jackson ha solo bisogno di una spintarella – Dovresti proprio vederlo. -

Jackson non risponde e a quel punto mi arrendo e mi avvio verso l'ingresso. Cerco di spiarmi nervosamente sul tavolino di vetro tirato a lucido da Isaac, prendo un profondo respiro, invoco coraggio e alla fine apro la porta.

Stiles è lì, ha il fiatone come se avesse corso ed è appoggiato allo stipite della porta, con una mano sul petto come se volesse calmare il battito del proprio cuore.

E non posso credere che sia più bello di come mi ricordassi.

Non posso neanche credere di non avere già una dignità.

Il fatto è che non sono nemmeno gli abiti che indossa a renderlo così bello, di certo non quel maglione rosso bitorzoluto e il cappotto spiegazzato. E' che quando sorride, non importa nemmeno più cosa indossa, sei fregato in ogni caso.

E ora sta sorridendo e sorridendo anche se ha il fiatone ed è la cosa più bella del mondo.

Il fatto che Stiles non sia Mr. Broncio solo con me, è decisamente una delle cose più esaltanti che mi siano mai capitate.

Poi solleva un sacchetto di carta tra noi e io mi riscuoto con violenza.

-Ti ho preso la cheesecake con il biscotto a forma di dinosauro. - mi comunica con la voce più seria del mondo e io penso che non sono mai stato così vicino a innamorarmi di qualcuno in così poco tempo.

Mi limito a sorridere, mentre gli occhi di Stiles brillano calmi nei miei.

 

 

 

 

-Mi vuoi dire cosa tieni in quella borsa? - ripeto in tono petulante, mentre stiamo passeggiando per il lungo mare senza una meta precisa.

Stiles è stato misterioso per tutto il tempo in macchina e quando siamo usciti dalla pizzeria (almeno ha mantenuto la parola sui ristoranti di lusso) non ha voluto dirmi né dove stessimo andando né cosa tenesse in quella borsa a tracolla. Sembrerebbe la custodia di un computer portatile, ma non avrà davvero portato il lavoro al nostro appuntamento, vero?

-Ti ho già detto che lo vedrai a tempo debito. - risponde Stiles con pazienza, non nascondendo un sorriso.

Sbuffo, stringendomi nel cappotto. Perché deve fare così dannatamente freddo?

-Odio le sorprese. -

Stiles ride, guardandomi con calore. Improvvisamente non mi sembra che faccia così freddo.

-Sei un bugiardo. Ricordo benissimo che sull'aereo hai dichiarato di amare le sorprese. - mi accusa con voce dolce.

Sollevo il mento, sorridendo con un angolo della bocca.

-Io non me lo ricordo affatto. -

Stiles mi guarda con serietà, ma i suoi occhi non hanno perso il bagliore caldo di poco fa.

-Allora è una fortuna che io ricordi ogni tua parola. -

Arrossisco, cercando pateticamente di nasconderlo distogliendo lo sguardo.

-Proprio una fortuna. - borbotto ironico e posso sentire Stiles sorridere anche senza guardarlo.

-Forza, vieni.- dice improvvisamente, afferrandomi con scioltezza la mano e cominciando a trascinarmi verso una panchina del lungomare.

Mi lascio trascinare passivamente, osservando con terrore la mia mano nella sua. E' una cosa che facciamo? Prenderci per mano? Lo avevamo mai fatto? Credo che sia la prima volta. Questa sensazione di bagnato è la sua mano o la mia? Credo che sia la mia. Ovviamente devo sudare più di un maiale sgozzato proprio quando Stiles decide che vuole prendermi per mano. Potrei sfilarla e asciugarla velocemente sui jeans di Gucci. No. Jackson poi vorrebbe la mia testa. Potrei sfilarla velocemente e porgergli l'altra mano. Ma poi dovremmo camminare in modo strano e sarebbe ancora più imbarazzante. Magari posso mettermi velocemente dall'altro lato. Anche se forse sembrerebbe ridicolo. Oh mio Dio. Questo rumore. E' la mia pelle bagnata che si strofina contro la sua asciutta. Ne sono sicuro. Come fa a non sentirlo? Stiles sembra perfettamente rilassato. Forse la mia mano non è così sudata. Forse sto esagerando. E' un dannato sollievo quando finalmente lascia andare la mia mano e ci sediamo sulla panchina, lui disinvolto come al solito, io che sto ancora pensando al sudore, al fatto che mi abbia preso per mano e a quei cinque secondi in cui è stata davvero una bella sensazione prima che mi facessi prendere dal panico.

Il fatto è che non dovrebbe prendere per mano qualcuno senza avvisare. E' una cosa assolutamente rozza.

Penso che voglio lo rifaccia.

Stiles posa il sacchetto con la mia torta accanto a lui e si mette la borsa nera sulle gambe. Aggrotto la fronte quando effettivamente estrae un portatile.

-Davvero? Pensi di lavorare? Adesso? -

Stiles mi guarda sorpreso, poi sorride della mia espressione indignata.

-Ovviamente no – inclina la testa – Pensi davvero che mi metterei a lavorare con te seduto così vicino? -

Non riesco a impedire un piccolo sorriso che mi arriccia gli angoli della bocca.

-Non lo so. Sembri piuttosto preso dal tuo lavoro.-

Stiles mi guarda con la più assoluta serietà.

-Sono piuttosto preso da te. -

Oh mio Dio.

Mi schiarisco imbarazzato la gola e distolgo in fretta lo sguardo, odiando il piccolo sorriso dolce e soddisfatto di Stiles.

-Allora a cosa serve il computer? - domando, con un tono più scocciato del necessario che fa sorridere Stiles ancora di più.

-Ho pensato al fatto che l'altra sera hai rinunciato a Titanic pur di uscire con me e io ho rovinato tutto, comportandomi da perfetto idiota. Quindi, ti ho portato qui, con la tua cheesecake con il biscotto a forma di dinosauro in un sacchetto, per vedere insieme la triste storia di Jack e Rose. E se te lo stai chiedendo, ho scelto una panchina in riva al mare per ricreare l'atmosfera del film. - spiega in tono perfettamente rilassato, aprendo il computer e accendendolo.

Lo fisso a bocca aperta, ma Stiles è tutto concentrato nell'inserire un paio di cuffiette nell'apposita fessura e non mi guarda.

-Non ci posso credere! - esclamo infine, con un grosso sorriso, scivolando quasi senza accorgermene più vicino – E' un dannato film di tre ore, ne sei consapevole? -

-Perfettamente consapevole. - si volta a sorridermi con tranquillità.

-Parlerò per tutto il film. So le battute a memoria. - lo informo con tono solenne.

Stiles ridacchia, porgendomi una cuffietta.

-Spero proprio che tu lo faccia. -

E' tutto perfetto, ma il mio sorriso si spegne immediatamente quando vedo il nome del film che Stiles ha scaricato.

-La vera storia del Titanic? Stiles, sei sicuro di aver scaricato il film giusto, vero? - chiedo incerto.

-Mh? Beh, ho scaricato la prima cosa con il nome Titanic, ma non penso ci siano molti film con questo titolo, no? -

Improvvisamente mi sento invadere dallo sconforto. Sconforto che si amplifica quando Stiles fa partire il film e sin dai primi secondi appare chiaro che non si tratta del film, ma di un documentario di quasi due ore sulla vera storia del Titanic.

-Ma non è possibile! - esclama Stiles, mentre un signore con gli occhiali ci sta spiegando esattamente il funzionamento delle ventinove caldaie presenti a bordo – Non ci posso credere! Dove sta il biondino slavato e la rossa procace? -

Non riesco più a trattenermi e scoppio a ridere. Rido talmente forte che scivolo ancora di più verso Stiles, ricadendo pesantemente con la fronte contro la sua spalla. Rido così tanto che perdo la cuffietta e sono sicuro che tutti mi stiano guardando male, ma non mi importa.

Sento vagamente un braccio di Stiles circondarmi le spalle, ma al momento non ci faccio molto caso. E' solo quando il suo profumo mi colpisce e il suo naso mi sfiora i capelli, che mi rendo conto di quanto siamo effettivamente vicini. Sollevo di scatto il viso e trattengo il fiato, perché davvero riesco a contare ogni neo presente sulle sue guance coperte da un sottile strato di barba.

Smetto di ridere e devo sembrare totalmente un idiota, con gli occhi lucidi dalle risate e la bocca semiaperta. Non posso nemmeno allontanarmi, il braccio di Stiles è straordinariamente forte intorno alle mie spalle.

Anche Stiles non ride, è serio mentre mi fissa, i suoi occhi vagano irrequieti per tutto il mio volto, ed è strano, perché non è calmo come al solito. Sembra agitato quanto me, e la cosa ha un che di confortante.

Piega un po' il volto verso di me e la punte fredde dei nostri nasi si sfiorano.

-Sei la persona più bella che io abbia mai incontrato. - dichiara dal nulla, in tono talmente basso che se fossimo solo leggermente più lontani non lo avrei neanche sentito.

Non mi sento semplicemente arrossire, mi sento direttamente andare a fuoco, nonostante il freddo, nonostante il vento secco che continua a scompigliarmi i capelli e aprirmi il cappotto.

Nessuno mi ha mai detto una cosa simile, nemmeno Jordan. Nella mia famiglia quella bella è sempre stata Malia. Certo, io potevo essere carino. Bello al massimo. Ma mai nessuno mi aveva definito la persona più bella che avesse mai incontrato. E qualcosa mi dice che Stiles non si riferisse solo all'aspetto esteriore. Non sono abituato ad avere un ego. La cosa è troppo troppo troppo strana.

Come si risponde a una cosa del genere?

Assolutamente non richiesta, sento la voce di Jackson sussurrare rabbiosa nella mia testa.

Avanti, fa qualcosa! Fa un po' la sgualdrina Derek, per l'amor del cielo!

E così lo faccio. Chiudo gli occhi e protendo leggermente il viso, posando esitante una mano sul ginocchio di Stiles per non perdere l'equilibrio. Apro anche un po' di più le labbra, così, per non creare fraintendimenti su ciò che vorrei. Su ciò che voglio.

Potrei svenire quando le labbra fredde di Stiles sfiorano le mie, in una carezza esitante. Stiles poi si allontana appena, rimanendo comunque tanto vicino da far sfiorare le nostre bocche e dal farmi avvertire il suo respiro sul viso. Socchiudo gli occhi, incontrando quelli luminosi e grandi di Stiles.

-Wow. - soffio stupidamente.

Le labbra di Stiles si contraggono in un sorriso ed è la cosa più bella della mia vita.

-Sì? -

-Sì. -

Stiles mi accarezza la guancia con la punta del naso, portandomi involontariamente a serrare la presa sul suo ginocchio.

-Posso continuare? -

-Sì, ti prego.* - sussurro con urgenza, ma sono io a sporgermi con irruenza verso di lui, interrompendo sul nascere la sua risata e ancorandomi con la mano libera al colletto del suo cappotto. Stiles mugola soddisfatto contro le mie labbra, attirandomi con più decisione contro di lui, portando l'altra mano sul mio viso, inclinandolo finché baciarci non diventa la cosa più semplice del mondo e lasciare che le nostre lingue si incontrino la cosa più intelligente e necessaria da fare. Sento vagamente un rumore sordo, credo che il computer sia caduto dalle gambe di Stiles, ma a nessuno dei due importa minimamente. La mano di Stiles corre tra i miei capelli, li accarezza gentilmente mentre con l'altro braccio continua a tirarmi sempre più verso di lui, finché non perdo l'equilibrio e mi ritrovo completamente tra le sue braccia. Gli stringo le mie contro il collo mentre apro la bocca e gli permetto di continuare a baciarmi e lo bacio a mia volta. Non ricordo di essermi mai sentito così durante un bacio. Mi sembra di aver vissuto solo per questo momento.

Anche quando il bacio finisce, Stiles rimane vicinissimo al mio viso, mentre con le mani mi copre delicatamente le guance. Mi sorride e io ricambio con calore.

Sono così incredibilmente felice.

-Il primo bacio. - sussurra Stiles, con gli occhi che brillano talmente tanto che per un attimo sono costretto ad abbassare lo sguardo.

-Dopo l'appuntamento perfetto. - aggiungo io e non riesco nemmeno a vergognarmi del tono pateticamente dolce che mi è uscito. Non posso vergognarmene se Stiles mi fissa come se avessi detto la cosa più bella dell'universo.

-L'appuntamento perfetto... - mormora poi pensieroso, con uno sguardo indulgente e dolce, mentre mi accarezza le guance con i pollici – Avevo prenotato una sala intera di un cinema solo per noi due per domani sera, avremmo guardato Titanic su uno schermo gigante senza interruzioni pubblicitarie, circondati da tutti i comfort. E invece siamo finiti su una panchina al freddo, con un documentario di tre ore su quante eliche aveva il Titanic. Ma tu pensi che questo sia l'appuntamento perfetto.-

Nonostante il patetico calore che sento al centro del petto, mi sforzo di inarcare le sopracciglia, fingendomi infastidito.

-Un'intera sala di un cinema solo per noi due, Stiles? Avevi promesso che sarebbe stata una cosa semplice. -

Non riesco resistere allo sguardo che mi sta rivolgendo. Gli potrei perdonare qualsiasi cosa in questo momento. Qualsiasi.

-Tu avevi detto che volevi andare al cinema. - si giustifica con tono innocente e non trovo altra migliore risposta che tirarlo verso di me con le braccia che stringo ancora intorno al suo collo e baciarlo, baciarlo, baciarlo.

Le sue braccia scivolano immediatamente intorno alla mia schiena, portandomi con decisione contro di sé. E' un abbraccio possessivo il suo, ma non è opprimente. Non mi sono mai sentito più al sicuro.

Niente potrebbe rovinare questo momento.

-Stiles! -

Oh no. Non è possibile. Quella voce intimidatoria.

Mi stacco immediatamente da Stiles, ma lui non mi permette di sciogliere il nostro abbraccio, stringendomi con possessività mentre volta infastidito la testa. Lo imito e deglutisco nervosamente quando mi rendo conto che davanti a noi c'è proprio Theo Raeken, l'assistente personale di Stiles.

E non sembra affatto contento.

-Si può sapere che fine avevi fatto? Provo a chiamarti da ore, per fortuna hai ancora il GPS del telefono acceso. -

-Sì, un errore che non farò mai più – risponde Stiles amaramente, guardandolo scocciato – Sono impegnato, se non lo hai notato. -

Theo mi lancia uno sguardo di sufficienza e io arrossisco appena. Cerco di nuovo di scostarmi con discrezione, ma Stiles non sembra intenzionato a lasciarmi allontanare.

-Sì. Lo vedo – replica poi Theo asciutto, riportando lo sguardo su Stiles – Ma è davvero urgente, o non ti avrei mai disturbato. -

Stiles sospira, rassegnandosi a sciogliere la presa su di me. Mi scosto subito, rimanendo comunque seduto abbastanza vicino da permettere alle nostre ginocchia di toccarsi in modo stranamente confortante. E' ancora più confortante quando Stiles posa delicatamente una mano sul mio ginocchio, accarezzandolo piano con il pollice.

-Cosa c'è? -

Theo lo guarda sorpreso per un attimo, poi mi lancia un breve sguardo prima di guardare Stiles a sopracciglia inarcate.

-Penso sia meglio che ne parliamo da soli. -

Lancio un'occhiata a Stiles e mi scappa un sorrisino soddisfatto quando noto che è contrariato. E' un bel miglioramento rispetto alla serata al ristorante. Theo si limita a scuotere la testa, non lasciandosi impressionare dall'espressione tesa di Stiles.

-Non riguarda il lavoro. - dice solo e non faccio nemmeno in tempo a mostrarmi confuso che Stiles si è alzato immediatamente in piedi, la presa confortante sul mio ginocchio è sparita e io mi sento di nuovo sulle spine.

Si scorderà di nuovo completamente di me come al ristorante? Mi escluderà e tratterà male per un motivo che non vuole spiegarmi? Ma questa volta gli occhi di Stiles sono gentili e dispiaciuti quando si volta appena verso di me, sorridendomi in una maniera che mi rassicura immediatamente.

-Ci vorrà solo un minuto, Derek – la sua espressione si fa furba, mentre ammicca al sacchetto di carta accanto a me – Puoi mangiare la tua cheesecake con il biscotto a forma di dinosauro nel frattempo. -

Assottiglio chi occhi guardandolo male, anche se le mie labbra sono arricciate in un piccolo sorriso. Theo mi sta chiaramente giudicando dall'alto, ma non mi preoccupa molto cosa pensa uno che va in giro perennemente in giacca e cravatta e sembra costantemente un robot senza sentimenti.

-Penso proprio che lo farò. - dico ad alta voce, lanciando anche uno sguardo di sfida a Theo, che si limita a roteare annoiato gli occhi.

Stiles mi sorride divertito e caldo, poi segue Theo verso il corrimano della passeggiata, avvicinandosi al mare e allontanandosi da me.

So che dovrei starmene buono, farmi gli affari miei e mangiare la mia torta, ma penso di avere un problema con l'origliare le conversazioni altrui, non riesco a farne a meno. Per questo me ne sto seduto tutto sporto in avanti, assottigliando gli occhi nel cercare di capire dalla sua labiale cosa stia dicendo Theo.

Riesco appena a decifrare le parole “Scozia” e “macchina”, prima che Theo si volti di scatto verso di me, con gli occhi socchiusi e l'espressione più impassibile della terra. Mi ritraggo immediatamente sulla panchina, deglutendo nervosamente. Comincio a pensare che sia davvero un robot.

Theo distoglie subito lo sguardo, ma prende Stiles per un braccio e gli sussurra qualcosa nell'orecchio. Stiles mi lancia un'occhiata fugace, costringendomi immediatamente a fingere di stare ponendo tutta la mia concentrazione nell'aprire il sacchetto con la torta.

Quando sollevo di nuovo la testa, Theo ha già allontanato Stiles da me quanto basta per impedirmi di capire minimamente cosa si stanno dicendo.

Che razza di stronzo! Non stavo nemmeno origliando davvero, stavo solo cercando di tenermi informato! Io non ho parole su quanto le persone siano davvero inopportune certe volte.

Visto che non mi rimangono molte altre alternative, comincio a mangiare di malavoglia la mia torta. E' buonissima e il biscotto a forma di dinosauro è talmente bello che non me la sento di mangiarlo (l'ho anche chiamato Rex), ma non riesco nemmeno a gustarmela. Continuo a gettare occhiate verso Stiles e Theo, divorato dalla curiosità e anche da uno strano senso di inquietudine.

Cosa è successo? Deve essere qualcosa di grave se Theo ha addirittura rintracciato Stiles con il GPS e non si è fatto scrupoli a interrompere quello che palesemente era un appuntamento. Ha detto che non riguardava il lavoro. Forse ci sono problemi a casa di Stiles, a Beacon Hills? Eppure sono abbastanza sicuro che Theo abbia detto “Scozia”. Ora che ci penso, non ho mai saputo cosa Stiles stesse facendo in Scozia il giorno che l'ho incontrato. Mi aveva chiesto di non dirlo a nessuno, però, e sembrava anche piuttosto deciso nel tenere il suo viaggio segreto. Improvvisamente vengo colto dall'ansia. E se Stiles avesse qualche scabroso segreto? Tipo una famiglia in Scozia di cui io sono completamente all'oscuro? La voce di Jackson che dichiara che Stiles è stato alcuni anni con una modella mi rimbomba in testa. E se l'avesse sposata? E magari ci avesse fatto anche dei figli? La voce di Jackson mi risuona di nuovo molesta nelle orecchie.

No, si sono lasciati circa un anno fa, dopo l'incidente di McCall. In ogni caso, non è mai sembrato che tenesse particolarmente a lei. E' stata anche la sua unica relazione riportata dai giornali. Alcuni dicono che sia stata una specie di copertura.

Oh mio Dio. Quindi forse... ha un marito in Scozia? E dei figli avuti da una madre surrogata? E se la madre surrogata fosse la modella?! Oddio, ci sono! La modella è rimasta incidentalmente incinta di Stiles, che però stava già con Patrick, il marito che sicuramente Stiles ha in Scozia, e allora Stiles ha dovuto pagare il silenzio della modella per proteggere il suo matrimonio segreto e...

Sto vaneggiando.

Sono diventato pazzo.

Ripenso al modo in cui Stiles mi ha guardato subito dopo avermi baciato.

Era uno sguardo aperto e totalmente sincero.

Non mi nasconderebbe mai una cosa così grossa. No, non lo farebbe.

Mi sento ancora un po' agitato quando finalmente Stiles torna verso di me. Theo è rimasto appoggiato alla balaustra e non sembra molto contento, ma comunque non mi importa. Osservo ansiosamente Stiles, cercando di leggerne l'espressione. Sembra preoccupato, ma il suo sguardo su di me è dolce e sorride al mio aggrottare la fronte.

Invece di sedersi, si accuccia davanti a me, le sue mani sono di nuovo sulle mie ginocchia e provo di nuovo quella sensazione confortante che mi avvolge tutto e per un attimo placa la mia agitazione.

-Sto per dirti una cosa che non ti piacerà. - esordisce, e non è che abbia iniziato proprio nel migliore dei modi.

-Dimmene prima una che mi piacerà. - dico subito.

Non mi importa di sembrare un bambino. Ho appena riposto un biscotto a forma di dinosauro perché non volevo provocare l'estinzione anche di Rex, direi che dopo questo non mi devo più preoccupare di niente.

Stiles mi guarda sorpreso per un attimo, poi sorride.

-Sono stato benissimo stasera. E la pizza era terribile, la panchina scomoda e il film un documentario, quindi penso che il merito sia esclusivamente tuo. -

Combatto per non distogliere lo sguardo dal suo, ma dal modo soffice in cui ridacchia capisco di essere arrossito dal piacere.

-Okay – mi costringo a dire, cercando disperatamente di mantenere un tono pacato e non esaltato – La cosa che non mi piacerà? -

Stiles esita, poi sospira.

-Temo di dover andare – al mio sguardo perplesso aggiunge con aria di scuse – Devo tornare a casa. Piuttosto urgentemente. -

Lo fisso intensamente, il cervello che lavora rapido.

-A casa, a Beacon Hills? - domando improvvisamente, prima che riesca a contenermi.

Stiles sembra sorpreso per un attimo, ma poi si ricompone nella solita espressione gentile, anche se ho l'impressione che sia un pochino più rigido.

-Sì. Certo. Dove altrimenti? -

Sto per chiedergli della Scozia, ma mi mordo prontamente il labbro, dicendomi che non è una grande mossa ammettere che stavo tentando di origliare una conversazione privata.

-E quando pensi di tornare? - domando, cercando e sperando di non suonare inquisitorio.

Stiles sospira, le sue mani mi lasciano carezze fugaci sulle ginocchia.

-Sinceramente? Non lo so – mi guarda implorante e io mi odio per il fatto che non riesco nemmeno ad arrabbiarmi – Mi dispiace tanto, Derek. So che ti avevo promesso un appuntamento perfetto ma, credimi, se quello che devo fare ora non fosse della massima importanza per me, non me ne andrei mai e poi mai. -

Lo fisso, mordendomi incerto il labbro.

-Non puoi proprio dirmi cosa sta succedendo, vero? -

Stiles esita, poi una sua mano risale lentamente lungo la mia gamba per prendermi dolcemente la mano che tengo in grembo. Cerco di ignorare la sensazione di calore che mi avvolge al suo tocco e mi concentro nel mantenere un'espressione risoluta. O quanto meno, non totalmente persa.

-No. Mi dispiace. Ci sono... altre persone coinvolte... Per ora non posso dirti molto, Derek. -

Lo fisso, poi sospiro scuotendo la testa, arrendendomi. Stiles mi guarda con ansia e io gli rivolgo un piccolo sorriso.

-Basta che questa volta tu non sparisca nel nulla, Stiles Stilinski. -

Gli occhi di Stiles si riempiono di sollievo mentre lentamente ricambia il mio sorriso.

-Ti chiamerò ogni sera, te lo giuro. Sarò talmente appiccicoso che ti stancherai di me. -

Non penso che sia possibile, ma mi limito a roteare gli occhi con un piccolo sorriso.

-Almeno salutami come si deve. - mormoro poi e, non so con che coraggio, tiro Stiles per la mano che ancora stringe la mia e lo faccio sollevare quanto basta per poter poggiare le labbra alle sue.

Dopo la prima sorpresa, Stiles pianta le mani ai lati delle mie gambe per non perdere l'equilibrio e ricambia con decisione il bacio, alternando baci profondi a piccoli baci all'angolo della bocca. Le mie mani si stringono al bavero del suo cappotto e penso che non lo lascerei mai andare se non fosse per il colpo di tosse assolutamente violento e assolutamente non necessario che sento giungere da Theo.

Mi stacco di malavoglia da Stiles, trattenendo a stento un sospiro. Stiles mi fissa, gli occhi luminosi e un sorriso incredulo e enorme sulle labbra.

-Wow. Stai cercando di farmi pentire più tardi di aver preso un dannato aereo, non è così? -

Mi stringo nelle spalle con aria furba, sporgendomi a lasciargli un bacio sul suo sorriso. Amo il suo sorriso. E' così bello, come tutte le cose rare. Gli lascio un bacio e poi un altro, poi un altro ancora. Passerei la mia vita a baciare il suo sorriso.

Da quanto sono così patetico?

-Devo veramente, veramente, veramente andare. - mormora contro le mie labbra, ma una sua mano si è serrata con forza quasi disperata sui miei capelli.

Decido di avere pietà di lui e mi scosto un po', mentre la sua mano scivola dai miei capelli a una guancia, accarezzandola con dolcezza.

-Theo ti riporterà a casa. - dice tranquillo, osando addirittura roteare gli occhi quando io sbarro i miei, inorridito.

-Che cosa?! Mi stai affidando a Mr. Robot che mi guarda come se volesse strapparmi il cuore a mani nude e cibarsene? - bisbiglio con stizza.

-Le assicuro che sono un essere umano, signorino. E pure poco incline al cannibalismo! - esclama ad alta voce Theo, che si sta osservando le unghie appoggiato al corrimano a pochi metri da noi.

Mi sento arrossire di colpo. Forse non ho bisbigliato come credevo.

Stiles mi guarda male, ma lo so che gli scappa un po' da ridere, nonostante il suo sguardo sia serio su di me.

-Derek, per favore. Non ho tempo ora per convincerti dell'assurdità di prendere l'autobus a quest'ora quando Theo può accompagnarti in tutta sicurezza a casa in pochi minuti. Ti chiedo, solo per questa volta, di farmi prendere una decisione al posto tuo, per la mia salute mentale. Non posso affrontare un volo di cinque ore senza essere certo che tu sia a casa al sicuro. -

Rimango a fissarlo e mi odio perché il mio cuore sta battendo fortissimo e so già che cederò e andrò in macchina con Theo Sguardo di Ghiaccio, solo perché Stiles mi sta guardando in quel modo, quel modo caldo e intenso che mi sta facendo impazzire, perché è il modo in cui si guarda qualcosa di inestimabile che va protetto a ogni costo.

-Potrei prendere un taxi - la butto lì poco convinto, ma sbuffo rassegnato davanti allo sguardo serio e esasperato di Stiles – Va bene, va bene! Penso che tu sia totalmente paranoico e con dei gravi problemi di iperprotettività, ma se ti fa stare più tranquillo, mi farò accompagnare a casa. -

-Mi fa stare decisamente più tranquillo.- conferma Stiles in tono assurdamente sollevato, piantandomi un bacio veloce sulle labbra imbronciate prima di alzarsi in piedi. Mi porge una mano e io mi faccio aiutare a tirarmi in piedi, portandomi dietro nel processo la busta di carta con ancora il biscotto a forma di dinosauro dentro.

La porgo a Stiles, che la accetta perplesso, senza lasciarmi l'altra mano. Mi guarda interrogativo e io arrossisco un po'.

-E' il biscotto della torta. Era talmente carino che non ho avuto il coraggio di mangiarlo. E poi mi sembrava di contribuire ulteriormente all'estinzione dei dinosauri. Il meteorite non ha già fatto abbastanza? Ma ho pensato che potessi prenderlo tu, così penserai a me durante il volo. Almeno finché la fame non ti spingerà a staccare la testa a Rex. L'ho chiamato Rex – aggiungo, come se tutto il discorso non fosse già abbastanza umiliante.

Stiles mi guarda in silenzio, con gli occhi che brillano. Non dice niente, ma solleva le nostre mani intrecciate e mi lascia un bacio gentile sul polso, proprio sulle vene che pulsano furiose, arrossandomi appena la pelle con la barba.

-Avrei pensato a te in ogni caso, ma avrò cura di Rex. - mormora parlando contro la mia pelle, fissandomi dal basso.

Sorrido imbarazzato e cerco di mantenermi composto anche quando Stiles mi lascia la mano e si allontana di un passo.

Mi sorride un'ultima volta, poi si gira verso Theo. Non posso vedere l'espressione di Stiles, ma a giudicare da come Theo si è irrigidito, deve essere abbastanza minacciosa.

Si avvicina fino a sussurrargli qualcosa nell'orecchio e Theo mi lancia una rapida occhiata infastidita prima di tornare a guardare Stiles, ignorando il mio sguardo perplesso.

-Puoi stare tranquillo, Stiles. - risponde meccanicamente Theo, ma sembra abbastanza sincero e questo mi porta a rilassarmi impercettibilmente.

Forse non getterà il mio cadavere squartato in qualche canale.

Stiles si volta per gettarmi un sorriso dolce da sopra la spalla e immediatamente sento la preoccupazione abbandonarmi del tutto.

Mi ritrovo a ricambiarlo come un idiota.

E poi se ne va, lasciandomi solo con Theo, che si sta già premunendo di raccogliere con cura il pc di Stiles, ancora a terra.

Io fisso la schiena di Stiles che si allontana sempre di più, diretto alla jeep.

Mi chiedo se sia giusto che io non abbia più alcun segreto con Stiles, mentre lui ne ha così tanti con me.

Ma poi, a tradimento, ripenso alle sue mani sul mio corpo, alle sue labbra sulle mie, al bacio più bello che io abbia mai ricevuto e dato.

Sei la persona più bella che io abbia mai incontrato.

Vale anche per me, e il resto improvvisamente, oh, sembra così poco importante.

 

 

 

Il viaggio in macchina con Theo è la cosa più imbarazzante della mia vita.

A mia difesa, io ho cercato di rompere un po' il ghiaccio con barzellette adorabili ( come si chiama la figlia di un pizzaiolo? Margherita), o con giochi assolutamente divertenti ( “giochiamo a vedo!!! vedo un grosso albero e...” “La prego.”), ma quell'uomo è assolutamente inflessibile.

Penso che mi odi, anche se non ho ben chiaro il perché.

In realtà è stato piuttosto gentile per tutto il tragitto, ma penso che dipenda unicamente dalla paura di ritorsioni da parte di Stiles. In ogni caso, sembra piuttosto sollevato quando finalmente si ferma davanti al mio portone. Esito un po', prima di scendere dal sedile posteriore.

-Sicuro che non può dirmi perché Stiles se ne è dovuto andare così all'improvviso? -

Theo mi getta uno sguardo sarcastico dallo specchietto, ma non mi scompongo particolarmente. I segreti mi piacciono, sia averli che scoprirli.

E poi i miei non fanno del male a nessuno e quindi sono legittimato ad averne, Stiles probabilmente ha tutta un'altra famiglia da qualche parte del mondo.

-Ne deduco che non sia riuscito ad origliare come sperava. -

Gonfio le guance, sentendomi mio malgrado arrossire appena.

-Non stavo origliando. Monitoravo la situazione. -

L'espressione di Theo dice chiaramente che è profondamente stanco di me.

-Non le dirò niente, quindi tanto vale che si arrenda da subito. -

-Bene! - esclamo infastidito, aprendo la portiera con violenza eccessiva, riuscendo a spaventare un gatto randagio che passava di qua ma senza smuovere Theo di un centimetro – Non me lo dica! Non mi interessava in ogni caso! Buonanotte e grazie per il passaggio! -

Scendo dalla macchina, mi assicuro di sbattere bene la portiera e mi avvicino alterato al mio portone. Mentre cerco le chiavi nella tasca del cappotto, noto con la coda dell'occhio che Theo è ancora parcheggiato pochi metri davanti a me e mi fissa dallo specchietto retrovisore.

Inarco un sopracciglio.

Sta controllando che entri in casa sano e salvo? Mi sento di nuovo arrossire, ma questa volta di puro piacere, perché so che lo sta facendo perché glielo ha chiesto Stiles. E voglio dire, è paranoico e un po' inquietante che si preoccupi così tanto, ma è una cosa dolce che tenga a me in questo modo. Anche Jordan aspettava sempre che rientrassi in casa prima di andare via con la jeep, è vero, ma eravamo fidanzati. Non lo so, forse questa cosa tra noi sta correndo troppo. Sta correndo decisamente troppo, ma non riesco proprio a fare nulla per impedirlo, né lo voglio.

-Insomma, vuole entrare o no?! -

Trasalisco al suono della voce scocciata di Theo, che si è sporto dal finestrino per gettarmi un'occhiataccia. Arrossisco lievemente all'idea che mentre io stavo qui in preda alle mie fantasie romantiche, lui mi fissava chiedendosi da quali turbe mentali fossi afflitto.

-Buonanotte e grazie ancora! - urlo mentre apro il portone e Theo alza gli occhi al cielo così vistosamente che riesco a vederlo anche da qua.

Quando entro in casa, noto subito che tutte le luci sono spente. Faccio luce in salotto e controllo la camera di Jackson e poi quella di Isaac, ma nessuno dei due è in casa. Sul tavolino del salotto c'è il libro di Isaac, spalancato a rivelare il segnalibro con il nome di Jackson cerchiato. Lo chiudo delicatamente, il cervello che lavora veloce. Jackson non è andato a fare qualche scenata all'appuntamento di Isaac e Paul, vero? O peggio, non è che Jackson è rimasto sconvolto dallo scoprire i sentimenti di Isaac ed è andato a fare lo stronzo in giro? Questo sarebbe molto da lui, in effetti. Eppure una parte di me si sente stranamente fiduciosa.

O forse sono semplicemente troppo felice per pensare che qualcosa possa andare storto.

Per la prima volta nella mia vita, sembra stranamente tutto al posto giusto. Avevo sempre questa strana sensazione quando stavo con Jordan. Era tutto perfetto tra noi, Jordan era perfetto, eppure non riuscivo mai a rilassarmi. Mi sembrava sempre che ci fosse qualcosa che non andava, come un pezzo di un puzzle fuori posto.

Mi sfioro con le dita le labbra piegate in un sorriso, mentre mi lascio cadere sul mio copriletto di Spongebob, ancora perfettamente vestito.

Ripenso alle labbra di Stiles sulle mie e, per la prima volta, tutto sembra abbia trovato un posto.

Io, ho trovato un posto.

 

 

 

 

 

*è un po' una vergogna ammetterlo perché non sono una grande fan del film, ma mi sono ispirata allo scambio di battute di Elio e Oliver in Call me by your name (“posso baciarti?” “sì, per favore”). Sorry, ma è tipo la mia scena preferita di tutto il film e ci stava troppo bene ahah.

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti!

Grazie di cuore per l'affetto, davvero <3

E' bello sapere di poter far ridere qualcuno con così poco, ne sono felice!

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo <3

A venerdì!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 9
*** Nono Capitolo ***


 

Nono Capitolo

 

 

 

 

-Cazzo, puoi smettere di fissare l'orologio per almeno due secondi?! -

Trasalisco, ritornando lentamente alla realtà. Sbatto le palpebre, mettendo a fuoco dove mi trovo. Sono a casa mia, in cucina, Isaac mi sta fissando perplesso ma paziente con una pentola fumante tra le mani, mentre Jackson ha sollevato lo sguardo dai documenti della sua agenzia solo per guardarmi male da sopra i suoi occhiali da lettura.

-Non stavo fissando l'orologio. - bofonchio imbarazzato, guardando male Jackson che sbuffa forte, sfilandosi gli occhiali e posandoli sul tavolo. Nel movimento sfiora il fianco di Isaac, in piedi accanto a lui, in un gesto apparentemente casuale. Isaac sta sorridendo, ma quando vede che lo fisso si schiarisce bruscamente la gola.

-Ti stavo chiedendo quanta pasta vuoi, Derek. -

-Tanta. Sto morendo di fame. - gemo lamentoso, mentre allungo il piatto per farmi servire da Isaac. In teoria, ci sarebbero dei turni per chi deve cucinare. In pratica, cucina sempre Isaac, per la sicurezza di tutti.

Serve anche Jackson, che lo ringrazia guardandolo negli occhi. Isaac gli sorride, arrossendo appena.

Inarco le sopracciglia, smettendo per una attimo di divorare la mia pasta.

Sono parecchi giorni che sono strani. Voglio dire, all'apparenza sembra tutto normale tra loro, ma sono bruscamente passati dal non parlarsi al sorridersi continuamente, a essere gentili l'uno con l'altro e toccarsi con le scuse più disparate pensando che io non li veda.

Non ho idea di cosa sia successo venerdì sera, so solo che quando ho chiesto a Isaac come fosse andata con Paul, ha bofonchiato qualcosa sul fatto che avessero deciso di rimanere solo amici, mentre Jackson lo fissava con uno dei suoi irritanti sorrisi pieni di sé.

So quale sarebbe la cosa più ovvia da pensare, naturalmente.

Ma se si fossero messi insieme Isaac me lo avrebbe detto.

Giusto? Cioè sono una persona totalmente affidabile e degna di essere messa a parte dei suoi segreti, andiamo.

Pensare a venerdì sera, mi fa venire in mentre un'altra cosa.

Getto uno sguardo rapido all'orologio attaccato alla parete e Jackson sbuffa, esasperato.

-Derek, rilassati. Stilinski chiama sempre alle otto e mezza, sono a malapena le otto. -

Isaac ridacchia morbidamente, mentre io lo fulmino.

No, è impossibile che Jackson abbia trovato l'amore, altrimenti non sarebbe ancora così stronzo.

-Lo so. Sono totalmente tranquillo. - mento con tono altezzoso, facendo inarcare le sopracciglia a Jackson.

-Sì? Ogni volta che squilla il telefono ti precipiti a rispondere come se stesse andando a fuoco la casa. -

-Quando torna Stiles? - chiede Isaac in tono conciliante, sporgendosi a toccare delicatamente il braccio di Jackson per zittirlo.

Guardo per un attimo con sospetto la faccia inquietantemente calma e accomodante di Jackson, prima di voltarmi verso Isaac.

-Non lo so – ammetto di malumore – Presto spero. Voglio sentire la sua voce dal vivo, non per telefono. -

Stiles ha mantenuto la parola e mi ha chiamato ogni sera, da quando è partito. In realtà ci sentiamo praticamente tutto il giorno, tra messaggi e mail. Ma la sera è il nostro momento. Alle otto e mezza so che mi chiamerà e che parleremo per ore.

In realtà, parlo io.

Ma Stiles è un buon ascoltatore, è attento a ogni cosa che dico. Ride quando imito la voce di Chris o le scenate di Erica a lavoro. Mi chiede cosa ho fatto, cosa ho mangiato, se ho preso l'ombrello perché probabilmente pioverà. E' sempre un po' schivo quando gli chiedo come è il tempo in California o cosa sta facendo, ma parla volentieri quando tocchiamo argomenti generali o che, purtroppo, mi riguardano. Stiles non sembra giudicare abbastanza sapere tutti i miei segreti, ogni volta vuole sapere sempre qualcosina in più. Fa domande e domande, a volte non ho nemmeno il tempo di rispondere che già mi sta chiedendo qualcos'altro. E' strano che qualcuno voglia conoscermi così bene, Jordan conosceva solo le parti di me che volevo vedesse e... beh, forse non sono sempre stato totalmente trasparente con lui. Stiles invece sa praticamente tutto, senza bugie o filtri. Ed è ancora qua, a volere sapere di più.

Inaspettatamente, il cellulare accanto al mio piatto squilla e io mi precipito ad afferrarlo, con il cuore che batte.

Stiles è in anticipo, ma non si può certo dire che mi dispiaccia.

Mi dispiace quando leggo il nome che lampeggia sul display.

Guardo ad occhi spalancati i miei due coinquilini, che ricambiano perplessi.

-E' Malia. - mormoro disorientato.

Malia non mi chiama mai. Nemmeno a Natale, anche se alle cene di famiglia spergiura sempre che ha provato e riprovato a chiamarmi ma non c'era mai campo.

-Malia?! - ripete Isaac, incredulo e visibilmente contrariato.

-Che vuole la stronza? - sbotta Jackson e io non posso fare a meno di sorridere.

Isaac e Jackson sono probabilmente le uniche persone in questo mondo a non adorare Malia. E' per questo che io adoro loro, per inciso.

So di non poter lasciare squillare il telefono all'infinito, così mio malgrado accetto la telefonata, mentre mi alzo in piedi e mi incammino verso il salotto. Lancio una rapida occhiata all'orologio da polso di Jackson abbandonato sul tavolino.

Sono le otto e un quarto. Ho esattamente un quarto d'ora prima che Stiles chiami.

-Malia? - chiamo esitante e anche un po' nervoso.

-Derek! Tesoro! - strilla mia cugina, costringendomi ad allontanare un po' il telefono dall'orecchio per non diventare sordo.

-Ehi! Quanto tempo! - faccio io, sentendomi totalmente imbranato. E' che non esagero quando dico che Malia non mi chiama mai. Non so come comportarmi.

-Non ti fai mai sentire! - mi rimprovera con una risatina irritante e io mi mordo le labbra per non ribattere con qualche cattiveria. Tipo che anche lei ha due mani e un cellulare, per esempio.

-Sì... sono stato molto impegnato – lancio un'altra occhiata all'orologio di Jackson. Le otto e sedici – Mh, volevi qualcosa? -

-Ti chiamavo per il compleanno della zia Talia. Stavo pensando che sarebbe meraviglioso spostare la festa a casa mia e di James. In fondo è molto più grande di quella degli zii, Cora potrebbe anche usare la piscina, sono sicura che si divertirebbe, conoscendola! -

Odio quando Malia parla dei miei genitori e delle mie sorelle come se fossero parenti solo suoi e non anche miei, soprattutto miei, ma cerco di rimanere concentrato.

-Ma abbiamo sempre organizzato la festa di mamma nella nostra casa nel Vermont. Papà fa la brace, nonno Frank dorme sul divano e noi giochiamo a Pictionary mentre Laura prepara la cioccolata calda. – obietto, sorridendo mio malgrado ai ricordi piacevoli che ho della casa dove sono cresciuto.

Sin da quando ero piccolo, mio padre ha sempre voluto festeggiare il compleanno di mia madre durante il weekend, non importava quando effettivamente cadesse. Mia madre viene da una famiglia numerosa, con tanti fratelli e sorelle e il suo compleanno spesso passava in sordina. Mio padre si è sempre impegnato perché mamma festeggiasse il suo compleanno in grande, con tutta la famiglia riunita intorno a lei. Quest'anno il suo compleanno cade di Sabato, il che è una fortunata coincidenza. Festeggiamo ogni anno nella casa dove sono nato e cresciuto fino a che non sono andato al college. Quindi non capisco perché Malia voglia cambiare le cose e organizzare la festa a casa sua e di suo marito.

Ah sì. Malia è già sposata. Cosa che non si dimentica di sottolineare ogni volta che qualcuno dei nostri parenti mi chiede quando mi deciderò a sistemarmi. Quando ho portato Jordan a cena per la prima volta, mia madre praticamente voleva chiamare un prete in casa per farci sposare subito, mentre Malia non smetteva di stendere bene la mano sul tavolo per far vedere la fede, come a dire “tanto sono arrivata prima io”. So di essere probabilmente prevenuto nei confronti di Malia e che dovrei smettere di credere che ogni cosa che fa sia un tentativo di sabotaggio nei miei confronti, ma non riesco ad evitarlo. Devo davvero credere che sia stato un caso che lei abbia annunciato che James le aveva chiesto di sposarlo, nello stesso istante in cui io dicevo ai miei di essermi messo con Jordan?

Oddio. Jordan.

La mia famiglia ancora non sa che abbiamo rotto.

E loro lo amano, tipo. Persino nonno Frank ha un debole per lui e nonno Frank odia tutti tranne il sottoscritto, e solo finché non mi sono fatto crescere i capelli, poi sono diventato “stupido”.

-Possiamo fare lo stesso tutte queste cose a casa mia! - trilla Malia, impaziente – Voglio far vedere a zia Talia come è venuta la cucina nuova! -

Ah, ecco. Vuole fare la festa a casa sua solo per potersi vantare come al solito di quanto la sua vita sia perfetta, lei sia perfetta e lei e James siano semplicemente la coppia perfetta.

-La festa deve essere fatta nel Vermont, Malia. - dichiaro, perentorio.

Malia non dice niente per un po' e capisco che sia stupita. Sono stupito anche io. Di solito non mi faccio valere mai in questo modo con Malia, ma è già abbastanza brutto che io non possa fare una sorpresa a mamma con la notizia della mia promozione senza che Malia trasformi la sua festa in un party per auto celebrarsi.

-Molto bene – dice infine e noto subito il sottile veleno che ha condito il suo tono allegro – Come vuoi tu. Immagino che ci atterremo al solito programma, allora. -

-Esatto - confermo, sollevato. Lancio un'occhiata all'orologio. Le otto e ventidue – C'è altro? Perché dovrei veramente... -

-Ah, un'altra cosa! Zio Richard mi ha chiesto se pensavi di portare anche Jordan, sai, per regolarsi con le porzioni di cibo. -

Tipico di mio padre rivolgersi a Malia piuttosto che parlare direttamente con me. Non dico che non mi voglia bene, ma non l'ho mai sentito veramente fiero di me, del fatto che fossi suo figlio. Quando ero piccolo e non volevo giocare a football con lui perché preferivo far giocare Cora con le bambole, vedevo le sue labbra stringersi e il suo sguardo farsi acuto, potevo sentirlo pensare “cosa ha che non va”. Me lo chiedevo anche io, mentre osservavo lui e Malia giocare in giardino a football per ore, ridendo e rincorrendosi. Quando gli ho detto di essere gay, ho rivisto le sue labbra stringersi e il suo sguardo farsi acuto, ho sentito quello stesso identico pensiero “cosa ha che non va”. Il nostro rapporto è andato peggiorando da allora.

Almeno Jordan sembrava piacergli un sacco, peccato che Jordan non ci sia più.

-Ehm. No, verrò da solo. - dico, cercando di rimanere sul vago ma sentendomi sulla graticola in modo orribile. Malia è la persona più impicciona del mondo.

-Ma come! - esclama infatti subito, in tono esageratamente sconvolto – Jordan deve lavorare tutto il weekend? Non può fare nemmeno un salto domenica? -

Prendo un profondo respiro, gettando uno sguardo all'orologio. Le otto e ventisette.

-Ci siamo lasciati qualche settimana fa – mi risolvo a confessare, perché tanto lo so che lo avrebbe scoperto comunque, in qualche modo – Preferirei che non lo dicessi a mamma e papà, per ora. - aggiungo frettolosamente, sperando che non sia una richiesta vana.

Nemmeno Malia può essere così stronza, vero?

-Oh Derek! Mi dispiace tantissimo! Certo che non lo dico a nessuno! - esclama subito, ma la ascolto appena, ormai ho gli occhi fissi sull'orologio – Ma cosa è successo? Oh, è un vero peccato! Era un ragazzo così dolce, semplice, di poche pretese. Era perfetto per te! -

Decido di ignorare il velato insulto nelle sue parole.

-Non andava più tra noi. - decido di dire, rimanendo sul vago.

-Oh. Un vero peccato. Anche perché così non avrai un compagno con cui stare in squadra per Pictionary nella gara tra coppie! Oh beh, immagino tu possa fare coppia con nonno Frank. -

Certo. Nonno Frank che russa tutto il giorno sul divano. Vinceremo sicuramente.

-Immagino di sì. Senti Malia, devo proprio andare, ci vediamo sabato, okay? -

-Aspetta, volevo chiederti una cosa per il regalo di zia... -

Okay, so che è maledettamente maleducato da parte mia, ma le riattacco il telefono in faccia. D'altronde non è un problema mio se mancano pochi giorni al compleanno di mia mamma e lei non ha ancora pensato a un regalo.

Ripenso con orgoglio al pacchetto termale che le ho comprato mesi e mesi fa, due giorni tra coccole e massaggi in una spa vicino a casa sua, un posto adorabile, nel verde. Malia lo sa e probabilmente teme un po' il confronto. Ogni anno le fa sempre questi regali super costosi, facendomi inevitabilmente sfigurare, come quella volta che le regalai un portafoglio di Armani e Malia si presentò con borsa e portafoglio di Louis Vuitton. Ma quest'anno ho risparmiato in anticipo proprio per poterle fare il regalo dei suoi sogni. Mamma adora le spa, sarà entusiasta. Qualsiasi regalo decida di farle Malia, non potrà reggere il confronto, anche se si presentasse con trenta borse di Gucci. Chissà, forse per una volta sarò io a oscurare lei e a fare felice mamma.

La decisione di buttare il telefono in faccia a Malia mi appare ancora migliore quando vedo che Stiles mi sta chiamando.

Sorrido. E' in perfetto orario.

-Pronto? -

-Buone notizie per te, piccolo. - esordisce immediatamente e io mi ritrovo a paralizzarmi in mezzo al salotto.

Piccolo? Da quando mi chiama così? E perché mi piace così tanto? Oddio, sono patetico, è ufficiale.

-Torno a casa questo sabato. -

Dimentico in un attimo l'imbarazzo e scoppio in un sorriso enorme.

Registro anche il fatto che Stiles abbia detto “torno a casa” riferendosi a New York, che è tutto tranne casa sua.

Ma New York è casa mia.

Quindi io sarei casa di Stiles?

Okay, penserò a questo dopo. Non posso iperventilare proprio adesso.

Mi devo concentrare. Devo rispondere a Stiles in modo contento, ma non troppo. Deve capire che la mia vita non ruota tutta intorno a lui e che non è che fossi qui ad aspettare il suo ritorno in preda alla depressione. Devo mostrare un tiepido interesse per il suo ritorno, nulla di più.

-Ma è fantastico, Stiles! Sono così felice!-

Mi odio.

- Era ora che tornassi, potremmo... -

Ma mi interrompo bruscamente, mentre il sorriso mi si affloscia in viso. Non potremmo proprio un bel niente. C'è il compleanno di mia madre. Sono incastrato con la mia famiglia per tutto il weekend.

-Derek? -

-Sto per dirti una cosa che non ti piacerà. - butto fuori d'un fiato, arrabbiato con me stesso per rovinare così un momento felice.

Stiles rimane in silenzio per un po', poi parla e posso sentire il sorriso nella sua voce.

-Dimmene prima una che mi piacerà. - ribatte e io sorrido mio malgrado, riconoscendo le mie stesse parole.

-Beh – abbasso un po' la voce, per non farmi sentire dai miei coinquilini rimasti in cucina – Ho delle novità sui comportamenti strani di Isaac e Jackson e appena ci vediamo potremo spettegolare un sacco – faccio una pausa studiata – Jackson ha accarezzato il fianco di Isaac, stasera. -

-No! - esclama subito Stiles e, okay.

Forse siamo un po' pettegoli, lo ammetto. E probabilmente non dovremmo impicciarci nella vita sentimentale di Isaac e Jackson. Ma quei due stanno diventando davvero assurdi, non potrebbero essere più palesi neanche se li trovassi a scopare sul tavolo. E visto che si ostinano a fare finta di niente, Stiles e io ogni tanto ci divertiamo a parlare di loro.

A mia difesa, non è colpa nostra se non possiamo avere una nostra vita sentimentale perché Stiles è lontano e siamo costretti a ripiegare su quella – presunta – di Isaac e Jackson. Ognuno fa come può.

Posso considerare la nostra una vita sentimentale, vero? Stiles ed io siamo già a quel punto? Francamente, ho rinunciato a capirci qualcosa da tempo.

-E la cosa che non mi piacerà? - chiede a quel punto Stiles e io mi riscuoto.

-Purtroppo questo weekend non ci sono. C'è il compleanno di mia mamma, una cosa di famiglia nel Vermont... non posso proprio svincolarmi, per la mia famiglia i compleanni sono una cosa seria, con tanto di braci, giochi stupidi come pictionary, tornei di carte e ti risparmio gli altri dettagli horror. Ma possiamo sicuramente organizzare qualcosa per lunedì. - aggiungo speranzoso.

Stiles rimane in silenzio e provo l'irrazionale paura che si sia offeso. Ma invece lo sento sospirare affranto.

-Oh, Derek. Mi dispiace un sacco. Vedi, tornavo questo weekend per farti una sorpresa e passare del tempo con te, ma ho un aereo lunedì mattina. Devo andare a Chicago a rilasciare un'intervista in questo talk show in cui mi hanno invitato mesi fa... Purtroppo è una cosa seria, trasmessa a livello internazionale, non posso proprio cancellarla. -

-Oh. - riesco solo a dire, mentre la delusione scorre prepotente in me.

Non penso di riuscire a reggere altri giorni senza vedere Stiles. Già adesso riesco a malapena a farmi bastare le nostre telefonate, ma poi, mi manca davvero troppo. Mi manca così tanto che ho vietato a Isaac di buttare le sue dalie, anche se ormai sono appassite e Jackson si lamenta che siano totalmente antiestetiche.

-E quanto dovresti rimanere a Chicago? - chiedo, odiandomi per il groppo alla gola improvviso.

-Almeno un paio di giorni... mi dispiace davvero, Derek.- ripete e lo sembra davvero dispiaciuto.

Sospiro, cercando di darmi un contegno. So che non è colpa di Stiles, non ha chiesto lui di diventare importante e famoso. Anzi, conoscendolo, se potesse scegliere preferirebbe stare con me a spettegolare su Isaac e Jackson, che rilasciare un'inutile intervista a qualche rete televisiva pronta a sfruttarlo solo per fare ascolti.

-Fa nulla. Immagino che dovremo solo aspettare qualche giorno in più.-

-Sì... - la voce di Stiles è esitante e automaticamente mi metto in ascolto più attentamente – Oppure... - sospira, sembrando stranamente a disagio – Lascia perdere, è un'idea stupida. -

-Avanti, dimmi. - lo incoraggio io un po' lagnoso, mostrando il labbro come se potesse vedermi.

-Beh, so che è un po' prematuro, visto che si tratta di un evento di famiglia, ma, forse, potrei venire con te alla festa per tua madre. Se ti va, ovviamente. - aggiunge precipitoso.

Okay, questa non me lo aspettavo.

E' un po' prematuro? Decisamente sì, visto che ho presentato Jordan ai miei solo dopo un anno che stavamo insieme.

Ma Stiles mi manca. Mi manca davvero tanto. Ho bisogno di rivederlo, di sapere a che punto siamo, dopo quel bacio.

-Derek? Ti ho spaventato, vero? - la voce di Stiles è dispiaciuta e mi maledico per essere rimasto in silenzio così a lungo facendolo preoccupare.

-Ti andrebbe davvero di venire alla festa di mia madre? - mi voglio assicurare e so di avere usato un tono un po' incredulo.

-Certo – risponde subito Stiles, un po' perplesso – O non te lo avrei proposto. -

-Ho solo paura che ti potresti annoiare. - mi decido a confessare, sentendomi immediatamente scemo.

So che Stiles non è per niente come certe persone ricche che guardano dall'alto in basso quelli... beh, quelli come me. Ma l'idea di farlo venire in casa mia, di fargli salire gli scalini rotti del patio, di sussurrargli di stare attento a dove si siede sul divano perché non è mai stato più lo stesso da quella volta che Cora ci ha saltato sopra per due ore, di presentargli nonno Frank che, nelle più rosee aspettative, gli darà dello stupido, mi rende incredibilmente nervoso. Cosa penserà di mia madre e dei suoi pranzi surgelati? Ovviamente lui sarà abituato a cene di classe. Storcerà il naso davanti a mio padre che si sgola davanti alla partita? Troverà Laura e Cora noiose e sciatte solo perché non possono permettersi vestiti firmati e ridono forte, come se non temessero il giudizio di nessuno, con quella risata che amo perché è la stessa in tutta la mia famiglia? Ci troverà terribilmente provinciali e rozzi?

E Malia.

Cosa penserà di Malia?

Ovviamente la preferirà a me.

E' sempre così.

Persino Jordan subiva il suo fascino, come tutti.

Già mi vedo, a giocare a carte con nonno Frank mentre Stiles e Malia ridono piano ed elegantemente in veranda, un bicchiere di vino rosso in mano, le teste vicine come se stessero condividendo un segreto solo loro. In fondo Malia è l'unica che possa minimamente avvicinarsi a Stiles come tenore di vita. Sarebbe naturale che la trovasse più interessante di me.

-Sarò con te, per l'amor del cielo – esclama d'un tratto Stiles, strappandomi bruscamente dalla mia disperazione – Come faccio ad annoiarmi? -

Sembra irritato, ma mi ritrovo a sorridere leggermente per le sue parole.

-Sei pur sempre un miliardario – mi lascio scappare, prima che possa trattenermi – Posso capire se una serata a giocare a pictionary nel salotto dei miei non sia esattamente il tipo di evento a cui partecipi di solito. -

-Sceglierei mille serate a giocare a pictionary nel salotto dei tuoi, con te accanto, piuttosto che uno solo degli eventi a cui devo partecipare di solito. E non dovrei pensarci nemmeno mezzo secondo, Derek. - dice e sembra incredibilmente serio.

Sento un sorriso tornare ad affiorare sul mio viso, mentre il cuore mi batte forte.

Sempre più patetico, Derek Hale.

-Dici sul serio? Vuoi venire con me nel Vermont questo weekend? -

Quando Stiles mi risponde, posso immaginarmi perfettamente ogni particolare del suo sorriso mentre parla.

-A che ora la devo passare a prendere, signorino? -

 

 

 

 

 

 

Non sto iperventilando.

Sì, Stiles ed io partiamo tra meno di un'ora per andare nel Vermont a passare il weekend dalla mia famiglia, ma non sto iperventilando.

Sono perfettamente calmo e rilassato.

No, non sto andando a controllare per la decima volta la mia valigia per essere sicuro di non aver dimenticato niente.

Assolutamente no.

Oh, okay, forse sto andando a controllare, ma sono nervoso e almeno se penso alla valigia non penso ad altro. Tipo a me e Stiles con la mia famiglia. Per tutto il weekend.

Apro il mio trolley arancione. Noto subito che, sulle mie camicie mal stirate, ci sono varie cose, cose che decisamente non ho messo io.

Lancio un urlo, così, giusto perché sono calmo e rilassato.

Jackson e Isaac arrivano di corsa, il primo infastidito e il secondo allarmato.

-Derek, si può sapere perché gridi come un'aquila? -

-Tutto bene, Derek? -

Tremando di rabbia, mi volto come una furia verso Jackson, perché è ovvio che sia opera di Jackson.

-Hai messo una scatola di preservativi e due tubetti di lubrificante nella mia valigia?! -

Potrei seriamente spaccargli la faccia quando Jackson si limita a stringersi indifferente nelle spalle, ignorando il mio sguardo omicida e quello sbigottito di Isaac.

-Lo sai che sono un fan del sesso sicuro. Con Jordan ormai non usavate più protezioni, visto che eravate monogami. Ti sto solo rieducando. -

Sono talmente scioccato che noto appena che non ha espresso il suo consueto disgusto per la monogamia condendo la frase con qualcosa come “schifosamente monogami”.

-Mi stai solo... Jackson, io non sono un cane e non farò sesso con Stiles questo weekend! - strillo, con una voce talmente acuta da poter essere recepita solo dai cani.

Jackson aggrotta la fronte come se quello che sto dicendo fosse assurdo e, Dio, quanto lo odio.

-Perché no? Week-end insieme, casa tutta per voi... cosa aspetti, un invito scritto? -

-E' casa dei miei genitori, razza di sessuomane! - esclamo, incredulo e vagamente terrorizzato dall'immagine di me e Stiles che ci diamo dentro con le mie sorelle al piano di sotto che giocano a carte con nonno Frank.

Isaac sospira e getta un'occhiata in tralice a Jackson, ma non è nemmeno lontanamente incazzato come dovrebbe essere. Mi sento tradito pure da lui.

-Jackson, quando esattamente la vita sessuale di Derek è diventata affare tuo, di grazia? -

Jackson lo fissa, sconvolto.

-Lo è sempre stata! Un buon amico ha come principale compito quello di assicurarsi la felicità sessuale del suo amico. -

-Noi non saremo mai più amici dopo oggi, razza di pervertito. - sibilo, fulminandolo. Jackson si limita a roteare gli occhi con aria annoiata, mentre si avvicina alla mia valigia aperta, mostrante ancora gli oggetti incriminati che io non userò.

-Non c'è bisogno di fare tanto il pudico, okay? Non ti ho mica detto che devi scoparci per forza, anche se ne avresti bisogno, se chiedi a me. Posso riprendermi tutto, sicuramente serve più a me che a te, a questo punto. - aggiunge, con un sorrisetto. Con la coda dell'occhio vedo Isaac arrossire, ma ora non ho tempo per la loro torbida relazione, o qualunque cosa sia.

-Io non ho affatto bisogno di scopare! - strillo, ma mi sento arrossire.

Ne ho bisogno.

Oh, se ne ho bisogno.

Non mi ricordo nemmeno qual è stata l'ultima volta che ho avuto un orgasmo, uno non procurato da me.

Prima di Jordan sono uscito per qualche tempo con un giocatore di basket del college. Aveva i criceti al posto del cervello, ma Diego sapeva muoversi, lo ammetto. Siamo stati insieme poco, comunque, perché lui era convinto fosse perfettamente normale stare con me e allo stesso tempo andare a letto con l'intera squadra delle cheerleader.

Ho avuto qualche altra esperienza, ma erano tutte storie di una notte di cui ricordo poco e niente.

Ho ventotto anni e Jordan è stata la mia prima vera relazione seria, la prima persona di cui mi sono fidato veramente dopo la mia traumatica prima volta con Kate, che mi ha fatto perdere ogni interesse futuro per il genere femminile, per inciso.

Jordan mi faceva stare bene e mi faceva sentire protetto, è per questo che per tanto tempo ho cercato di mettere i sentimenti che provavo davanti al sesso. Ma tre anni di insoddisfazione sessuale sono tanti.

E Stiles ha questa sorta di carica sessuale che lo avvolge e mi attira a sé come una calamita. Non è solo il sesso. E' proprio come mi fa sentire quando sono intorno a lui. E' come se non dovessi più preoccuparmi di niente, perché so che si prenderà cura di me. In tutti i sensi.

Insomma, forse voglio fare sesso con lui. Ma ho paura che sia presto. Ma soprattutto, ho paura di deluderlo.

Voglio dire, lui usciva con una modella e, sì, l'ho cercata su Google. Un metro e ottanta di pelle scura, gambe chilometriche, fisico scolpito e viso stupendo. E ha pure l'aria intelligente e simpatica, come se la bellezza ultraterrena non fosse abbastanza. E scommetto che Stiles ha avuto tanti altri partner, altrettanto belli e scommetto pure bravi a letto.

Io mento sul mio peso da dieci anni e non ho una prostata, come faccio a competere?

Già mi immagino la scena: Stiles che mi chiede “ci sei? L'ho trovata?” e io che fingo un orgasmo mentre penso alla Foresta Amazzonica rivelandomi come la scopata più noiosa che abbia mai avuto.

Ma in fondo io ho avuto un solo ragazzo in tutta la mia vita, cosa ne posso sapere del sesso? Del sesso fatto bene, poi.

E' ovvio che sarò una delusione per Stiles, su tutti i fronti.

Improvvisamente il panico mi assale e sento a malapena Jackson che, chino sulla mia valigia, si lamenta che solo i barboni mettono lo shampoo e il bagnoschiuma sciolti e non in un'apposita trousse. A quanto pare questo ha la priorità sui preservativi e il lubrificante, perché li lascia dov'erano e si dirige a passo di marcia in camera sua, deciso a trovarmi un contenitore adatto. Isaac sospira rassegnato e si rintana in salotto, io dopo un attimo di esitazione seguo Jackson, la testa piena di pensieri assordanti.

Lo trovo in bilico su una sedia, intento a perlustrare il ripiano più alto del suo armadio. Entro nella stanza, chiudendo piano la porta.

Jackson mi lancia un'occhiata distratta da sopra la spalla, poi continua a borbottare tra sé e sé come se non ci fossi.

-...totalmente assurdo... e se il bagnoschiuma si aprisse e macchiasse le camicie? Totalmente irresponsabile... tipico di Derek...-

-Jackson – esclamo, con voce un po' acuta – Posso parlarti di una cosa? -

-Se non ne puoi fare a meno. - e okay, si tratta di Jackson. E' l'assenso più gentile che possa sperare di ricevere.

Mi attorciglio nervosamente le mani, avanzando di qualche passo.

-Forse voglio fare sesso con Stiles. - sputo velocemente, concentrandomi sull'enorme gigantografia di Jackson stesso che occupa tutta la parete del letto.

-Lo sapevo che c'era ancora speranza per te – replica Jackson, tranquillo ma soddisfatto – Puoi tenerti i preservativi e il lubrificante. Modestamente, ne ho una bella scorta. -

-E se andasse male? - butto lì, chiedendomi vagamente se io stia facendo la cosa giusta. Voglio davvero aprirmi per la prima volta su un argomento così delicato con Jackson, Jackson che una volta ha fatto piangere una matricola al college deridendola per aver preso A meno?

Isaac sarebbe sicuramente più comprensivo e gentile, ma ho bisogno di un'opinione schietta e di qualcuno che non abbia paura di ferirmi dicendomi la verità. E poi Jackson è una specie di guru del sesso.

Jackson mi lancia una vaga occhiata, ancora non del tutto coinvolto nella nostra conversazione.

-Perché dovrebbe andare male? - ridacchia e io mi sto già pentendo di tutto, soprattutto di essere nato – Hai paura che ce l'abbia piccolo? -

-No – cerco di stare calmo. Avanti Derek. Puoi farcela – Non è lui il problema. Sono io che ho paura di... di fare qualcosa di sbagliato. -

-Che intendi? - chiede Jackson aggrottando la fronte e adesso sembra totalmente coinvolto. Ha persino smesso di cercare nell'armadio.

Mi mordo un labbro, dicendomi che questa è la cosa più difficile che io abbia mai fatto.

-E se lui non trova qualcosa che dovrebbe trovare perché io non ce l'ho e ci rimane male? -

-Derek, che cazzo stai dicendo? - Jackson sembra confuso e vagamente irritato, come se si pentisse di avermi dato retta. Non posso che dargli ragione – Farete sesso, non una caccia al tesoro. Che deve trovare? -

-Quella cosa lì – esclamo disperato, desideroso che mi capisca e incapace di dirlo apertamente – La prostata. - mi decido a dire, sentendomi arrossire completamente.

Jackson pare scioccato per un istante, ma devo dire che si riprende piuttosto velocemente.

-Perché non dovrebbe trovarla? Non ci vuole un ingegnere, Derek. Se persino Jordan ci riusciva, penso che anche Stiles Stilinski possa farcela. -

Le sue parole sono seguite da un silenzio orrendo. Jackson mi guarda perplesso per un po', poi capisce.

E sbianca.

-Derek – la sua voce è bassa e vagamente implorante, gli occhi spiritati – Jordan ti trovava la prostata. Dimmi che te la trovava, ti prego. -

-Beh – la mia voce è ridotta a un pigolio, non ho il coraggio di guardarlo negli occhi – Sono sicuro che facesse del suo meglio. -

Uno schianto assurdo e in un istante Jackson è per terra, la sedia rovesciata con un tonfo sordo.

-Jackson!- urlo spaventato, precipitandomi a tirarlo su.

Oh Mio Dio.

E' totalmente inerme.

Ha gli occhi chiusi.

L'ho ammazzato.

Io e la mia prostata timida abbiamo ucciso Jackson.

-Derek? Che succede? - esclama Isaac, entrando trafelato in camera, allertato dai rumori.

Mi volto verso di lui, consapevole di essere il ritratto del panico.

-Ho ammazzato Jackson! - piagnucolo, disperato.

Isaac fa appena in tempo ad aggrottare la fronte, che Jackson lancia un basso mugolio dal pavimento. Mi volto di scatto verso di lui, pieno di sollievo.

E' vivo, sia ringraziato il cielo!

Isaac si precipita ad aiutarlo ad alzarsi e con il mio aiuto riusciamo a farlo sdraiare sul letto.

-Ma si può sapere che è successo? - chiede Isaac, scrutando preoccupato il viso pallido di Jackson, che tiene ancora gli occhi chiusi ed è pallido come un cencio.

-Era sulla sedia a cercare una cosa nell'armadio e ha perso l'equilibrio. - bofonchio, evasivo.

Non c'è bisogno di umiliarmi anche con Isaac. Se sono fortunato la botta ha fatto perdere la memoria a Jackson e non dovremmo parlarne mai più.

Ma Jackson apre di scatto gli occhi e sia io che Isaac facciamo un balzo indietro, fottutamente spaventati.

-Sei stato tre anni con uno che scavava, scavava e non trovava mai l'oro?! Era la tua missione umanitaria o cosa, Derek?! -

Penso che la sua metafora mineraria per niente imbarazzante l'abbiano sentita anche in Cina. Voglio ufficialmente morire.

-Cosa? - Isaac guarda confusamente da me a Jackson e ritorno – Di che sta parlando, Derek? -

Ma è Jackson a rispondere, mentre io faccio del mio meglio per cercare di diventare invisibile.

-Derek mi ha appena candidamente confessato che Jordan lo ha torturato per tre anni! - strilla, per nulla drammatico.

-Jordan lo torturava? Derek, perché non me ne hai parlato? Sono un avvocato, ti avrei aiutato a sporgere denuncia. - Isaac pare sempre più confuso e preoccupato e io sempre più imbarazzato.

-Stai esagerando, Jacks – mi decido a dire, riuscendo persino a guardarlo un po' male – Il sesso non è la cosa più importante in una relazione. -

-Che c'entra il sesso ora? - chiede Isaac esasperato, ma Jackson lo ignora, guardandomi sconvolto.

-Non sarà la cosa più importante, ma è importante cazzo! Mi stai veramente dicendo che è da Diego che non hai un orgasmo decente?! -

-Diego? Lo stronzo con cui usciva Derek al college? Ma mi volete spiegare che succede? - Isaac quasi strilla e a quel punto sono costretto a rivelare la verità anche a lui.

Isaac fa del suo meglio per rimanere impassibile e pieno di supporto, ma vedo come la sua espressione cambia impercettibilmente man mano che procedo nel racconto.

Quando pronuncio le parole “ma comunque mi bastava pensare alla Foresta Amazzonica e riuscivo a venire anche io!”, sembra che stia per scoppiare a piangere.

-Oh mio Dio Derek. Ma è terribile. - mormora portandosi una mano alla bocca, mentre Jackson annuisce ferocemente.

Sono un po' irritato. Possibile che debbano essere così drammatici? C'è molto di peggio che fingere orgasmi per tre anni, andiamo! La fame nel mondo dove la mettiamo? E la povertà? Le malattie? Il sole che prima o poi esploderà uccidendoci tutti? E giuro che l'ho letta da qualche parte questa cosa, è scienza.

La mia prostata è davvero così importante rispetto a tutti questi problemi?

-Quello che mi fa più male – interviene Jackson, con voce cupa e stentorea – E' che non ci siamo resi conto di niente. Avremmo potuto aiutarti. E invece hai affrontato tutto da solo. -

-Jackson, non stavo esattamente affrontando un inferno. - gli faccio presente, un po' esasperato.

-Avrei dovuto capirlo. Eri sempre irritato, teso, nervoso, nonostante avessi un fidanzato. All'inizio pensavo che non lo faceste abbastanza spesso, ma ora è tutto chiaro. Quello che hai dovuto sopportare è mille volte peggio dell'astinenza. E io, nel momento più importante, non ci sono stato per te. - Jackson mi guarda come se mi avesse abbandonato in autostrada con quaranta gradi all'ombra lasciandomi al mio destino.

Isaac invece ha ancora l'aria di stare per scoppiare a piangere per le tragedie che hanno costellato la mia vita.

Non penso di poter reggere una situazione del genere ancora per molto.

Mai suono fu più gradito di quello del citofono, annunciatore della libertà.

-E' Stiles! - strillo alzandomi in piedi di scatto, lieto di avere una buona scusa per allontanarmi. Mi precipito in camera mia e chiudo la valigia così com'è, in questo momento non mi importa di essermi dimenticato qualcosa. Voglio solo andarmene.

Per fortuna avevo già detto a Stiles di aspettarmi giù con la jeep e di non stare a salire, altrimenti avrei dovuto assistere a scene come Jackson che lo prega di donarmi un orgasmo e Isaac che singhiozza sulla sua spalla di non farmi più del male.

Li abbraccio frettolosamente cercando di ignorare gli occhi ancora lucidi di Isaac e Jackson che mi sibila all'orecchio di far trovare il mio oro a Stiles.

Mio Dio. Non pensavo potesse esserci una metafora più imbarazzante di quella della dalia. Jackson ancora una volta ha superato le mie aspettative. In peggio.

Insomma, scendo velocemente le scale del palazzo, e sono agitato, imbarazzato, nervoso, vagamente irritato.

E poi vedo Stiles, in piedi dall'altra parte della strada, appoggiato alla sua jeep orribile, e tutte le angosce, le preoccupazioni e l'imbarazzo si dissolvono come per magia. Esiste soltanto lui che si solleva gli occhiali da sole sulla testa e mi guarda con gli occhi che brillano, bello come il sole.

Mi ritrovo a correre verso di lui, senza che possa fare qualcosa di concreto per impedirlo. Sento a malapena il trolley scivolarmi dalle dita e schiantarsi per terra mentre butto le braccia intorno al collo di Stiles, schiacciando goffamente la bocca contro la sua. Il mio cuore si riempie di gioia quando Stiles mi stringe a sua volta, senza nessuna esitazione, circondandomi forte la vita con le braccia e prendendo il controllo del bacio, rendendolo più calmo e profondo.

Sembra la cosa più naturale del mondo baciarci, come se fosse una cosa che facciamo sempre, e non per la seconda volta.

Stiles si stacca leggermente, continuando a tenermi vicino a sé. Mi sorride e con un dito mi solletica una guancia, costringendomi a piegare il volto per nascondere un sorriso imbarazzato.

-Mi sei mancato - dichiara con il tono più naturale del mondo e, oh mio Dio, sta cercando di uccidermi – Io non ti sono mancato? - insiste davanti al mio silenzio e mi basta alzare per un secondo il volto verso di lui per notare il mezzo sorriso beffardo e gli occhi che brillano.

Che bastardo.

Come se non sapesse benissimo la risposta, come se corrergli tra le braccia non fosse una risposta sufficiente.

-Un pochino. - decido di punirlo con tono di sufficienza, ma Stiles si limita a ridere soffice, abbassandosi per premermi un bacio gentile sulle labbra.

-Un pochino è meglio di niente. - dichiara con un mezzo sorriso, chinandosi per recuperare la mia valigia.

Mi mordo un labbro mentre osservo i suoi movimenti. Dopo aver sistemato il mio trolley dietro, mi tiene aperta la portiera della jeep, sorridendomi con calore.

-Prego, signorino. -

-La ringrazio. - sto al gioco con un piccolo cenno del capo, sistemandomi sul sedile del passeggero.

Stiles chiude con delicatezza la mia portiera e poi si sistema al posto di guida.

Mette in moto e d'un tratto mi sento di nuovo agitato, non del tutto negativamente.

Okay, forse mi terrorizza l'idea di passare un weekend con Stiles dalla mia famiglia, famiglia che è totalmente all'oscuro del suo arrivo, tra l'altro.

Ma sono anche emozionato all'idea di passare del tempo con lui, lontano da New York e dai nostri doveri. E' qui, mentre guida con la sua polo blu e gli occhiali da sole e sembra meravigliosamente un ragazzo normale, non il capo di un'azienda miliardario e pieno di problemi.

Un ragazzo normale che sta andando a conoscere la famiglia del suo ragazzo. E io mi sento così maledettamente fortunato a essere qui, accanto a lui.

-Volevo solo avvisarti che mi stai fissando. - mi informa con voce dolce, riscuotendomi dai miei pensieri, mentre stiamo velocemente lasciando la mia via.

Gli faccio una linguaccia, ma distolgo velocemente lo sguardo.

-Non ti stavo fissando. - borbotto e non riesco a trattenere un sorriso alla risata sommessa di Stiles.

-Certo. Allacciati le cinture, okay? -

Ubbidisco in silenzio, immerso nei miei pensieri. Forse sono un po' troppo immerso nei miei pensieri, perché Stiles dopo circa mezz'ora di viaggio richiama la mia attenzione posando la mano che non stringe il volante sul mio ginocchio. La fisso, perché è più facile fissare la sua mano che guardare lui.

Ha delle mani stupende, con delle dita lunghissime. Jordan aveva le dita abbastanza corte.

Forse era per questo che non trovava mai l'oro.

Oh mio Dio. Cosa cavolo sto pensando! Perché Jackson ha dovuto dirmi questa stronzata dell'oro?! Adesso passerò tutto il weekend a fissare le dita di Stiles e a pensare a scavatori e miniere, grazie tante Jackson!

-Va tutto bene? - sento Stiles che mi scruta con la coda dell'occhio, ma non ho il coraggio di guardarlo – Sei stranamente silenzioso e adesso sei tutto rosso. -

-Sto bene – strillo, continuando a fissare le sue dita e cercando di scacciare dalla mia testa la voce di Jackson che strepita fagli trovare l'oro Derek! - Sto bene, davvero. - insisto e visto che posso sentire lo sguardo scettico di Stiles indugiare su di me, gli afferro la mano che tiene sul mio ginocchio e la stringo tra le mie, tenendola in grembo.

Stiles muove il pollice per accarezzarmi le mani e per un po' nessuno dice niente, lui guida in silenzio e io fisso le nostre mani, cercando di darmi un contegno.

E' stata una buona mossa prendergli la mano? Dio, sento le mani sudare. Posso chiedergli di mettere l'aria condizionata? O forse è meglio se apriamo il finestrino? Oppure...

-Derek, se tu fossi nervoso all'idea di presentarmi alla tua famiglia, o avessi qualche ripensamento, io lo capirei, davvero. - dice Stiles d'un tratto, con voce bassa e gentile e mi prende talmente alla sprovvista che finalmente lo guardo.

Stiles sta guardando la strada, ma mi lancia una breve occhiata e mi si stringe il cuore a vedere quanto sia sinceramente preoccupato per me.

Sorrido, stringendo più forte la sua mano tra le mie.

-Nessun ripensamento. -

Oddio, la fossetta che gli spunta quando sorride con un angolo della bocca è la cosa più bella della mia vita.

-Sicuro? -

-Sicuro – esito un istante, prima di aggiungere con tono di scuse: - I miei non sanno che ho rotto con Jordan. Né che verrò con te.* -

Stiles non dice niente, ma sembra più pensieroso che arrabbiato. Il suo pollice lascia ancora cerchi delicati sulle mie mani.

-E tu vuoi che lo sappiano? - domanda infine, intuitivo come al solito.

Mi mordo un labbro, agitandomi un po' sul sedile.

-Non lo so. Cioè se dipendesse solo da me, certo. Ma loro adoravano Jordan e ci siamo lasciati davvero da poco e so che non dovrei lasciarmi influenzare così tanto dal loro giudizio, ma Malia è sposata e invece le mie relazioni durano quanto lo yogurt e... -

-Derek – mi interrompe Stiles con una risata dolce, stringendomi alla meglio un polso – So abbastanza della tua famiglia da capire perfettamente se non te la senti di dire la verità. E non sarebbe corretto da parte mia metterti fretta quando ho chiesto a te discrezione sul nostro frequentarci. Gli diremo che sono un tuo amico, va bene? Tutto, purché tu stia tranquillo. -

Lo fisso, senza parole.

Perché lui parla di discrezione e di non mettermi fretta, e io improvvisamente voglio dirottare questa stupida jeep per andare a sposarci in qualche chiesa sperduta di campagna, a vivere dei frutti della terra e della nostra felicità? Cosa c'è di sbagliato in me?

So che visto che ha usato la parola “frequentarci”, dovrei considerarmi rassicurato sulla natura della nostra relazione, ma proprio non ce la faccio.

-Ma tu non sei solo un amico, giusto? - domando in tono incerto, sentendomi immediatamente un idiota quando Stiles mi lancia un'occhiata sorpresa. Ma poi mi sorride e automaticamente mi rilasso.

-No. Nemmeno un po'. - mormora e approfitta di un semaforo rosso per sporgersi a lasciarmi un veloce bacio sulle labbra.

Sorrido perso, mentre Stiles si rimette al proprio posto.

Si libera la mano dalle mie giusto il tempo di cambiare marce, poi me la rimette sulla gamba e io subito la stringo tra le mie, sorridendo ampiamente.

Sono molto più rilassato per tutto il resto del viaggio.

Andrà tutto a meraviglia.

Ne sono certo!

 

 

 

ANGOLINO

 

Amo concludere il capitolo con Derek che è positivo e inconsapevole di tutto quello che succederà *ghigna in un angolo *

Come al solito grazie mille a chiunque segua questa storia, in particolare le mie cicce. Vi amo <3

Jackson che sclera è tutto per te Giulia e spero che sia alle altezze delle tue aspettative.

Ci vediamo il prossimo venerdì!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 10
*** Decimo Capitolo ***


 

Decimo Capitolo

 

Sorrido sotto i baffi nell'osservare quanto Stiles sembri nervoso, in piedi davanti alla porta dei miei genitori, mentre cerca di bilanciare il mazzo di peonie e la scatola di pasticcini che tiene tra le braccia.

Grazie a Dio non ha deciso di portare a mia madre un mazzo di dalie, perché penso mi sarei suicidato una volta per tutte (il ricordo di me che strillo mi hai fatto fiorire come una dalia mi perseguiterà in eterno, lo so).

-Rilassati. Mia mamma adora i fiori e tutti amiamo i pasticcini. Sai anche quali sono i nostri gusti preferiti grazie alla mia logorrea sull'aereo. Farai un figurone. - sussurro facendomi un po' più vicino, sfiorandogli il braccio in un modo che spero sia rassicurante e sorridendogli.

Stiles mi guarda con autentica ansia.

-Non so giocare a Pictionary, Derek. Mi sento totalmente incompetente. - confessa in tono serio, guardandomi preoccupato.

E' talmente prezioso che non posso fare a meno di ridere.

-Ti insegnerò a giocare a Pictionary, giuro. In ogni caso non si tratta di ingegneria aerospaziale. E' il gioco più stupido della terra. -

Stiles accenna un sorriso, ma i suoi occhi sono ancora pieni d'ansia in modo buffo e tenero insieme.

-E' solo che è la prima volta che conosco i genitori di una persona che frequento, l'idea mi rende leggermente nervoso, tutto qui. -

Aggrotto la fronte, perplesso.

Come la prima volta? Non è possibile. Premetto che non sono affatto uno stalker e che non ho setacciato tutti i giornali e guardato le vecchie interviste televisive di Stiles da quando abbiamo cominciato a frequentarci, ma ho comunque svolto le mie ricerche.

Jackson aveva ragione a dire che la relazione con la modella gambe lunghe fosse l'unica che Stiles avesse confermato pubblicamente, ma in realtà nel corso degli anni gli sono stati attribuiti vari flirt e relazioni, sia con ragazze che con ragazzi. E di tutti questi partner non ha mai conosciuto i genitori? Sono davvero io il primo? Non riesco proprio a crederci.

All'improvviso mi invade, prepotente e inaspettata, la consapevolezza di essere speciale per Stiles, ed è tutto così assurdo e fin troppo bello che ho voglia di urlare e ridere istericamente allo stesso tempo.

Dovrei dire qualcosa di rassicurante adesso, oppure lasciare emergere la mia sgualdrina interiore e placcarlo contro la porta e baciarlo.

Ma non posso fare nessuna delle due cose perché la porta si spalanca di colpo e in un attimo uno strillo acuto ci assorda e un secondo dopo sono soffocato dalle braccia e dai capelli di mia sorella Laura.

-Derek! Mi sembrava di aver sentito la tua voce! - esclama tutta contenta, mentre io sorrido e la stringo forte a me.

Laura è una vera rompiscatole quando vuole, ma ammetto che mi rendo conto di quanto mi sia mancata ogni volta che la rivedo.

-Ciao Laura. Come stai? - le chiedo, sciogliendo delicatamente il nostro abbraccio.

Mia sorella spalanca la bocca per rispondere, ma poi i suoi occhi scivolano su Stiles e si ammutolisce, spalancando anche gli occhi.

-Oh. E lui chi diavolo è, Derek? -

-Laura! - sibilo esterrefatto. Laura forse non è stata educata a Buckingham Palace, ma non è mai stata così sgarbata con un estraneo.

Stiles però non si scompone, limitandosi a lanciarmi uno sguardo rassicurante prima di liberarsi con leggera difficoltà una mano per porgerla a Laura, che la stringe dopo un attimo di incertezza.

-Sono Stiles. Un amico di Derek. - si presenta sorridendole con gentilezza ed è talmente prezioso nell'essere educato con Laura nonostante tutto che vorrei solo baciarlo, davvero.

Laura inarca le sopracciglia voltandosi a guardarmi.

-Lo spero che sia solo un amico, Der. Perché Jordan è seduto in salotto a prendere il the con mamma e papà. -

Questo è talmente assurdo che mi scappa una risata. Una risata che diventa rapidamente isterica quando mi rendo conto che Laura è seria.

Laura è seria, cazzo!

Il mio ex si trova davvero nel salotto dei miei a bere il the. Questo è un fottuto incubo.

Non riesco nemmeno a guardare Stiles, non ne ho il coraggio.

-Che cosa? Laura, come è possibile che Jordan sia qui? Chi lo ha invitato? -

Ma nel momento stesso in cui formulo la domanda, so già la risposta.

-E' stata Malia. Ci ha detto che avevate litigato e che per questo non lo volevi invitare alla festa di mamma, ma che era sicura che se aveste avuto l'occasione di passare del tempo insieme in un'atmosfera rilassata avreste risolto tutto. - mi informa mia sorella, in tono perplesso e continuando a lanciare occhiate di sottecchi a Stiles, che non ha ancora detto una parola.

Io sono semplicemente troppo incazzato per dire qualcosa.

Come ha osato Malia fare una cosa del genere?

Non solo ha detto a tutti di me e Jordan, ma ha pure distorto i fatti, come al solito.

Porca Puzzola, ecco di chi era la Jeep parcheggiata nel vialetto dei miei! Come diavolo ho fatto a non riconoscerla immediatamente?!

Sono un idiota. Ma un idiota che ha intenzione di mettere in chiaro le cose.

-Jordan e io non abbiamo litigato – dichiaro con fermezza, con un tono talmente freddo che per un attimo non mi riconosco – Ci siamo lasciati – faccio una breve pausa esitante, poi aggiungo in tono appena meno deciso: - Sto con Stiles, adesso. -

Laura mi fissa sorpresa e posso sentire anche lo sguardo di Stiles spostarsi rapidamente su di me.

So che avevo detto di non volere uscire allo scoperto con la mia famiglia, ma tanto ormai grazie a Malia il danno è fatto. A questo punto meglio essere totalmente sinceri adesso, no?

Okay, lo ammetto. L'ho detto anche per sondare la reazione di Stiles. Non mi ha contraddetto quindi ormai è fatta. Non può tirarsi indietro. Ah ah, fregato. Stiamo insieme, mi dispiace.

-Merda. Che casino.- mormora mia sorella, mortificata.

Proprio quando sento che la mia rabbia o mi porterà a uccidere Malia o, più probabilmente, a scoppiare a piangere davanti a Laura, Stiles mi sfiora delicatamente una guancia con la punta delle dita, spingendomi a guardarlo.

Noto con sollievo che non c'è rabbia nei suoi occhi, non verso di me almeno. Mi sorride dolce come al solito e i suoi occhi hanno il potere di calmarmi con effetto immediato.

Sento che se non ho ancora avuto una crisi nervosa, il merito è solo suo.

-Stai tranquillo, okay? Adesso io vado a prendere la jeep e mi faccio un giro dell'isolato, in modo da non dare nell'occhio. Tu vai a parlare con la tua famiglia e con Jordan e vedi se si può risolvere la situazione, okay? -

Lo fisso, senza parole.

Non può essere vero. Non può essere così perfetto. Non può davvero propormi di sua volontà di sparire per un po', in modo che Jordan non lo veda. Non può capire di cosa ho bisogno solo guardandomi un secondo negli occhi.

-Mi dispiace. - mi limito a dire, con una voce piccola piccola.

Stiles si limita a scuotere la testa, dandomi un ultimo buffetto sulla guancia.

-Non è colpa tua. Chiamami quando le acque si saranno calmate, d'accordo? Io rimango comunque nei paraggi. -

Annuisco mestamente e Stiles dopo essersi congedato laconicamente da Laura ripercorre a ritroso il vialetto, con fiori e pasticcini annessi, e sale nuovamente sulla jeep.

Lo osservo andare via e improvvisamente un senso di rabbia e ingiustizia mi assale e mi invade tutto.

Assottiglio gli occhi.

Adesso andiamo a parlare con la stronza.

 

 

-...sì sì, un nuovo tipo di pistola, ti dico! E' un modello davvero interessante, vedi, il calibro... -

Okay, non ho più dubbi che si tratti di Jordan.

Prendo un grosso respiro prima di entrare in salotto. Laura ha saggiamente deciso di salire al piano di sopra da Cora e nonno Frank, evitando qualunque effetto collaterale della mia ira.

Appena entro mi si staglia davanti agli occhi l'assurda immagine dei miei genitori e di Malia e James seduti con aria interessata e attenta sul divano, mentre Jordan è seduto sulla poltrona davanti a loro, una tazzina tra le mani, tutto preso dal suo monologo sulle pistole.

Mi schiarisco la gola e tutti si voltano di scatto verso di me. Posso vedere Jordan ammutolire di colpo e fissarmi, con uno sguardo che sembra in modo orribile felicità e amore puri. Distolgo in fretta lo sguardo, prima che mi assalga la consueta sensazione di essere una persona orrenda.

Mia madre si alza in piedi, genuinamente contenta di vedermi.

-Derek, tesoro!-

Si precipita ad abbracciarmi e mentre la stringo fisso con durezza da sopra la sua spalla Malia, che mi sorride imperturbabile, il ritratto dell'innocenza.

Questo disgustoso verme divoratore di escrementi di mucca!

-Buon compleanno, mamma. - dico sbrigativamente, mentre mio padre, una volta raggiuntoci, mi scompiglia i capelli in un gesto di affetto impacciato.

-Ce ne hai messo di tempo, piccolo. Jordan è arrivato ore prima di te. -

-Ah davvero? - guardo mio padre, senza riuscire ad evitare un tono profondamente sarcastico – Questo è stupefacente, soprattutto perché non pensavo che Jordan sarebbe venuto, in realtà. -

Malia emette una risatina irritante e, Dio, la voglia di strozzarla con lo stupido foulard che ha intorno al collo!

-Penso che sia colpa mia, in realtà – assume un'aria mortificata così poco credibile che mi domando come facciano i miei genitori e Jordan a guardarla come se fosse l'incarnazione di Madre Teresa di Calcutta – Ci sono rimasta talmente male quando mi hai detto dell'incomprensione con Jordan, che ho pensato di farti una sorpresa e far venire Jordan qui, come ai vecchi tempi – emette un'altra risatina idiota – Beh, sorpresa! -

Beh, ti ammazzo!

-Ma che pensiero dolce – mi costringo a dire, anche se sono consapevole di avere il tono più velenoso di sempre – Potrei scambiare due parole in privato con Jordan? -

I miei genitori si lanciano uno sguardo, ma acconsentono subito, uscendo rumorosamente dal salotto.

Malia ovviamente non sembra disposta ad andarsene, ma per fortuna James decide di rendersi utile e la accompagna fuori con dolcezza ma determinazione.

Sempre detto che James ha fatto l'errore più grande della sua esistenza a sposare Malia.

Rimaniamo solo Jordan e io in salotto, lui è ancora seduto, mentre io sono in piedi. Mi guarda e mi sorride e d'improvviso mi rendo conto che dovrò ferirlo di nuovo e mi sento malissimo.

Ed è tutta colpa di Malia.

E' colpa sua se io adesso dovrò ferire l'uomo più buono e gentile del pianeta.

Sospiro, mentre mi vado lentamente a sedere sul divano di fronte a lui.

-Come stai? - decido di chiedere, perché l'ultima volta che l'ho visto era ubriaco marcio e non esattamente in sé. Ho provato a chiamarlo qualche giorno dopo, ma ho trovato la segreteria telefonica. Penso che si vergognasse. In realtà non ha niente di cui vergognarsi, sono io che dovrei farlo.

-Ora bene. Sono stato così contento quando Malia mi ha chiamato dicendo che tu volevi sistemare le cose.- dice in tono allegro e nuovamente mi invade l'odio verso mia cugina.

-Jordan – comincio, cercando di tenere un tono calmo e delicato, nonostante la rabbia mi stia invadendo – Non so cosa ti ha detto Malia, ma per me le cose non sono cambiate dall'ultima volta. -

Il suo sorriso vacilla per un istante e devo prendere un profondo respiro per avere la forza di continuare.

-Mi dispiace tanto che tu sia venuto fin qui e... e per tutto il resto, ma non penso proprio che ci sia una possibilità di risolvere le cose. -

Jordan rimane in silenzio per un po', poi sospira, abbassando un po' la testa. Sembra triste, ma non arrabbiato. Jordan non si arrabbia mai con me.

E la cosa mi fa sentire un verme schifoso, tanto per la cronaca.

-Dovevo immaginarlo. Mi sembrava troppo bello per essere vero. - dice poi con un sorriso dolente e, mio Dio, quest'uomo ha fatto un corso per far sentire in colpa le persone.

-Mi dispiace tanto. - mormoro, con un filo di voce.

Jordan scuote la testa, come a dirmi che non è colpa mia.

-Magari potrei restare comunque per il weekend, come amico. Potrei farti da compagno alla gara di pictionary. Vinciamo sempre noi due. - propone poi speranzoso e il panico mi investe prepotente.

-No! - quasi urlo e all'espressione mortificata di Jordan mi costringo a modulare il tono – Ehm... no, grazie. Sei molto dolce, ma forse sarebbe meglio se te ne andassi per evitare situazioni imbarazzanti per entrambi. Magari quando saremo entrambi a New York potremmo vederci e parlarne meglio. -

Jordan piega la testa, non molto convinto.

-Sei sicuro? Così saresti solo a tutte le gare di famiglia. Sai bene che tuo nonno Frank si addormenta sempre sul divano durante tutti i giochi. A me non dispiace fermarmi e farti compagnia, davvero. -

Oh mio Dio.

Okay, so che questa situazione è in parte anche colpa mia. Sarebbe tutto più facile se gli dicessi che frequento un'altra persona, ma non voglio ferirlo. E' per questo che tengo dei piccoli segreti, per non ferire le persone.

Che male c'è?

-Davvero, non preoccuparti. Non mi dispiace stare da solo.- mento con un piccolo sorriso, aspettando che il diavolo venga a reclamare la mia anima prima del tempo.

Jordan sembra ancora un po' dubbioso e giuro che sono a un passo dal pregarlo di andarsene.

-Se è questo che vuoi... - mormora infine, e sto quasi per esibirmi in una danza della vittoria, quando Jordan comincia a cercare qualcosa nella tasca della giacca.

-Quasi dimenticavo... Ho già dato a Talia il suo regalo, ma questi sono per te. -

Mi porge due biglietti stropicciati e io li afferro, perplesso.

Mi ritrovo a fissare inorridito due biglietti per la sagra del Western che si terrà in primavera. Sulla carta è disegnato uno sceriffo con i baffi, la stella al petto, il lazo in una mano e un fumetto che recita “Ti ho acchiappato, vile canaglia! Affrettati a partecipare all'evento che ti farà torcere le budella! Birra e fagioli a volontà. E farai bene a presentarti in costume, se non vuoi farmi arrabbiare!”

Sono totalmente senza parole.

Jordan a quanto pare ne ha abbastanza per entrambi.

-Li avevo presi quando stavamo ancora insieme – dice in tono lento e solenne. Non guardarlo adesso è diventata una necessità, se voglio rimanere serio – Mi ero dimenticato di darteli e... e penso che sia giusto che li tenga tu – fa una pausa delicata e commossa – So quanto ami il western.-

Oh mio Dio.

-Jordan, non posso proprio accettare – pigolo con voce acuta, incapace si staccare lo sguardo dallo sceriffo terrificante – Dovresti tenerli tu, tu ami queste sagre. -

Faccio per porgergli i biglietti, ma Jordan mi respinge dolcemente la mano, stringendomela per un istante tra le sue. E' una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita, e ne ho vissute tante di situazioni imbarazzanti.

-Derek, per favore. Forse la nostra storia non era destinata a durare, ma ci rimarrà sempre il western. -

-Ehm. Certo. Ci rimarrà sempre il western. -

Sono una persona orrenda.

Jordan si sporge a baciarmi la fronte e devo fare violenza su me stesso per non scostarlo bruscamente.

Questo è il gesto di Stiles.

Stiles che sta girando a vuoto solo per non mettermi in difficoltà. Stiles che vorrei tanto avere accanto a me in questo istante.

-Ci vediamo, Derek. - mi saluta Jordan, alzandosi in piedi.

-Ci vediamo. - gli faccio eco, e la mia voce sembra lontana alle mie stesse orecchie.

Guardo Jordan e penso solo che voglio Stiles.

Voglio che sia Stiles a baciarmi la fronte, Stiles a stringermi la mano.

Voglio Stiles, anche se Stiles non sa giocare a pictionary e non è idolatrato da tutta la mia famiglia, voglio comunque lui.

E non riesco nemmeno a sentirmi in colpa per questo.

Appena sento la porta d'ingresso chiudersi dietro Jordan, lascio i biglietti sul tavolino e mi precipito in cucina, furioso.

Mamma, Papà e Malia sono seduti intorno al tavolo. Non so dove sia James e nemmeno mi interessa.

Fronteggio Malia, i pugni serrati lungo i fianchi.

Non penso di essere mai stato più arrabbiato di così in vita mia.

-Come cavolo hai osato?! -

-Derek! Ti sembra il modo di parlare a tua cugina? - abbaia mio padre, ma io lo ignoro, continuando a fissare Malia.

Lei spalanca gli occhioni scuri, nella sua classica espressione da cerbiatta innocente. Era la stessa espressione che faceva da piccola, prima di farmi finire nei guai per qualcosa che aveva combinato lei. Aveva la stessa espressione quando mi ha spinto a sei anni provocando danni irrimediabili alla mia natica, questa stronza.

-Derek, io volevo solo aiutarti, davvero! Tutti amiamo Jordan e voi due siete davvero una coppia perfetta! Volevo solo aiutarvi a risolvere le cose. -

-Non stava a te farlo! - quasi urlo, anche se sono consapevole degli sguardi di disapprovazione dei miei – Ti avevo chiesto di tenerti una cosa per te, una cosa maledizione! E tu non solo non l'hai fatto, ma hai fatto venire Jordan qui, sapendo quanto la cosa mi avrebbe sconvolto! Per colpa tua ho dovuto ferirlo e adesso dovrà affrontare un dannato viaggio per tornare a New York! -

-Torna a New York? - interviene mia madre, stupita – Ma Derek, perché non lo hai fatto rimanere qui? Povero caro... dopo tutto il viaggio... Poteva dormire nella stanza degli ospiti. -

-Sì, Derek, perché non lo hai fatto rimanere? - chiede anche mio padre.

Mi sento scoppiare e non riesco più a trattenermi.

-Perché non sono solo! - esclamo con rabbia – Perché sono venuto con il mio nuovo ragazzo, maledizione! -

Posso sentire chiaramente il loro giudizio silenzioso, glielo leggo in faccia cosa pensano. Mia madre ha aggrottato la fronte in un'espressione preoccupata e dispiaciuta, ovviamente chiedendosi se non sia un po' presto e rimpiangendo la perdita del genero perfetto. Mio padre mi fissa con un'espressione tra la confusione e la disapprovazione, cioè la sua espressione standard quando guarda me. Malia ha semplicemente un piccolo ghigno di trionfo e glielo leggo negli occhi che pensa sia una sgualdrina.

Ma non mi importa.

Non mi importa perché lei non può capire e non capirà mai.

Lei non guarderà mai James nel modo in cui io guardo Stiles.

Stiles.

Mio Dio, è ancora in giro senza una meta.

-E ora, scusate, ma vado a cercarlo! - concludo con decisione, dandogli le spalle prima che possano dire qualsiasi cosa.

Mi avvio ad ampie falcate verso la porta e quando la spalanco Stiles ha appena salito le scale dell'ingresso ed è proprio davanti a me, di nuovo carico dei fiori e dei pasticcini.

Mi sorride con calore, non facendo caso alla mia espressione, al mio petto che si alza e si abbassa furiosamente.

-Ehi piccolo. Ho visto Jordan andarsene e ho pensato di avere via libera. Sta tranquillo, lui non mi ha visto. Preferisci che scarichi ore le valigie dalla macchina o... -

Non lo faccio nemmeno finire di parlare.

Mi butto tra le sue braccia con tanta irruenza che perde la presa su quello che teneva tra le mani. Affondo di prepotenza la testa sul suo petto, artigliandomi al suo cappotto spiegazzato.

Stiles fa passare solo pochi secondi, prima di cingermi con forza, attirandomi a sé con decisione e cullandomi contro il suo petto.

Respiro forte contro il suo maglione, sia per aspirare il suo odore sia per calmare i battiti forti del mio cuore. Sono talmente arrabbiato che mi viene da piangere, anche se la cosa non ha minimamente senso.

-Ehi – mormora Stiles in tono dolce, abbassandosi a baciarmi la testa – Che succede? -

-Niente – ringhio uno strano singhiozzo contro il suo petto, stringendolo ancora più forte – Sono solo contento che tu sia qui. -

Stiles non dice niente, si limita a cullarmi con dolcezza, mormorando tanti piccoli “shh” contro il mio orecchio.

-Sono qui e non vado da nessuna parte. - mormora dopo un po', quando mi sono calmato.

Io sospiro felice, strofinando la guancia contro il suo cuore.

-Bene. -

Per un po' nessuno dei due parla.

-Ho detto che sei il mio ragazzo. Obiezioni? - mugugno poi, non molto intenzionato a riemergere dal mio rifugio tra le sue braccia molto presto.

Stiles ridacchia in modo soffice contro il mio orecchio, mandandomi brividi in tutto il corpo.

Cosa non mi fa quest'uomo...

-Totalmente favorevole. E lo ero anche quando lo hai buttato casualmente lì davanti a tua sorella, per la cronaca. -

Arrossisco e nascondo ancora di più il viso contro di lui, mentre Stiles ride.

Mi bacia una guancia, quello che riesce a raggiungere per lo meno, e improvvisamente non esiste Malia, Jordan, i biglietti per la sagra del Western.

Ci siamo solo Stiles ed io, stretti sulla porta di casa mia.

 

 

 

Penso che questa sia la cena di famiglia più tesa a cui abbia mai preso parte.

Penso che gli unici rilassati siano nonno Frank (ma solo perché nonno Frank è rilassato in ogni situazione. Dice sempre che siamo un branco di stupidi e se non fosse vecchio ci avrebbe già abbandonato. Credo che sia il mio parente preferito) e Stiles, che sta amabilmente chiacchierando con la mia sorellina Cora.

Per quanto riguarda me, penso di non star dando di matto solo per la mano di Stiles posata sul mio ginocchio.

Non si è mai spostata da lì da quando ci siamo seduti in sala da pranzo, e non posso che essergli grato per questo.

Osservo Stiles ascoltare con autentico interesse Cora che gli sta spiegando, rigorosamente urlando, non so che leggenda norvegese imparata al corso di letteratura nordica al college e mi scappa un piccolo sorriso.

Stiles ha detto di non avere fratelli né cugini, ma è fantastico con i ragazzini.

E' fantastico in generale.

Merita di trovare il tuo oro, Derek.

Mio Dio, ma che cazzo di problemi ho?! E soprattutto perché adesso la mia sgualdrina interiore parla con la voce di Jackson?!

-Che lavoro hai detto di fare, Stiles? -

La voce acuta e cantilenante di Malia mi strappa dai miei pensieri compromettenti e presto subito la mia attenzione a ciò che sta avvenendo, sporgendomi un pochino verso Stiles, protettivo.

Dietro ai sorrisi e agli occhi da cerbiatto, Malia è più pericolosa di un serpente a sonagli.

Lo sguardo infastidito di Stiles per il fatto che Cora sia stata interrotta dura solo pochi secondi, forse sono addirittura l'unico ad averlo colto. Poi sorride, gentile come al solito, ma senza che il suo sorriso gli illumini gli occhi. Ha addosso il suo sorriso di circostanza e lo odio, perché ora che so com'è davvero il suo sorriso, vorrei vederlo sempre.

-Non penso di averlo detto, in realtà – fa una piccola pausa, durante la quale beve un sorso di vino – Sono un imprenditore. -

Inarco le sopracciglia, senza commentare.

Certo, un imprenditore che è anche proprietario di una multinazionale ed è un miliardario, ma se vuole rimanere sul vago è libero di farlo. In realtà me lo sarei dovuto aspettare. Stiles è una delle persone più modeste e umili che conosca.

-Un imprenditore?! Ma è fantastico! Lo sono anche io! -

Ecco, Malia invece non lo è. Per niente.

Stiles spalanca gli occhi, fingendo stupore, e devo tamponarmi la bocca con il tovagliolo per soffocare una risata.

Come se non sapesse tutto sulla vita di Malia, grazie a me.

-Ma dai! E di cosa si occupa? -

Malia fa una risatina irritante, agitando la mano in aria e facendo quasi saltare gli occhiali al povero James seduto accanto a lei.

-Ma dammi del tu, sciocchino!- potrei vomitare sul polpettone scongelato di mamma proprio ora - Ho un'agenzia di viaggi. - aggiunge poi, in tono indubbiamente orgoglioso, come se possedesse un ospedale in cui vengono effettuati trapianti di urgenza.

-Dev'essere un'attività molto proficua. - commenta Stiles pacato e io gli lancio uno sguardo divertito.

Stiles non mi guarda, ma vedo la sua bocca arricciarsi appena e con la mano mi stringe gentilmente il ginocchio, come a dire “stai buono e lasciami fare”.

-Oh, non mi lamento. - risponde Malia, in uno slancio di modestia del tutto fasullo.

-Malia è la nostra star. - la coccola mamma, lanciandole uno sguardo venerante.

- Eccome se lo è. Laureata a Harvard con il massimo dei voti! Anche la nostra Laura è in gamba, ovviamente. La nostra star del balletto. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto se avesse finito il college prima di darsi alla danza a livello professionistico. - si accoda mio padre, dando un buffetto sulla testa di mia sorella, seduta accanto a lui.

-Papà, non cominciare. - fa Laura alzando gli occhi al cielo, ma sorride appena.

Sento la gola serrarsi in modo spiacevole, mentre comincio a stuzzicare senza scopo il mio polpettone, solo per non dover guardare in faccia nessuno e far vedere i miei occhi lucidi.

Stiles mi lancia uno sguardo, prima di rivolgersi direttamente a mio padre.

-So che anche Derek si è laureato con il massimo dei voti. Alla Columbia. - commenta, e il suo tono non è più pacato. Sembra seccato e quando azzardo un'occhiata verso di lui, ne ho la conferma.

Papà pare imbarazzato e preso in contropiede, come se non ci avesse mai pensato fino a questo esatto momento. Una parte di me pensa che sia proprio così.

-Oh, sì, certo. Ovviamente anche Derek ci ha reso orgogliosi. -

-Derek ha solo un po' di sfortuna a trovare lavoro – cinguetta Malia, guardandomi con un sorriso di melassa – Lavori ancora in quell'azienda, vero? Come è che si chiama... corporation qualcosa? Fai il caffè, giusto? -

Potrei morire dall'umiliazione.

-Sono assistente marketing. - sussurro con un filo di voce, le guance che scottano.

-Oh – Malia si mostra dispiaciuta, ma è tutta una farsa – Niente promozione allora? - domanda mielosa, come se non sapesse benissimo la risposta.

-No. - mormoro, mentre Stiles mi stringe gentilmente il ginocchio.

-Lo sapevo che eri l'unico che avrebbe mai combinato qualcosa. Adoro le barrette energetiche che producete – interviene Nonno Frank in tono solenne, staccando per un attimo gli occhi dalla lotteria trasmessa in tv. Sono quasi commosso, anche se aggiunge subito dopo: - Ma devi tagliarti i capelli perché così sembri uno stupido. -

Scuoto la testa con un sorriso e arrossisco quando Stiles si china sul mio orecchio e sussurra in tono perfettamente udibile da tutti “per me sei bellissimo così”.

Non riesco a trattenere un grosso sorriso lusingato, soprattutto quando le mie sorelle emettono gridolini estasiati e Nonno Frank borbotta “sono stupidi ma carini”.

Noto mamma e papà scambiarsi un'occhiata, mentre l'espressione di Malia si inacidisce appena.

-Comunque, Stiles – esclama ad alta voce, per riportare l'attenzione su di sé – Se mai avessi bisogno di consigli, non esitare a rivolgerti a me. Da donna di affari a uomo di affari. -

La fisso incredulo. Che faccia tosta! Se solo sapesse con chi sta parlando!

Ma Stiles si limita a sorriderle, ineccepibilmente cortese.

-Grazie, Malia. Lo terrò presente. -

Malia fa un cenno del capo, prendendo elegantemente un sorso di vino.

-Dimmi Stiles – interviene mia mamma, con un sorriso cordiale – Come vi siete conosciuti tu e Derek? -

Oddio. Domanda di riserva, mamma?

-In realtà si può dire che lavoriamo insieme. - si limita a rispondere Stiles e ancora una volta mi ritrovo ad ammirarlo per come riesca a mantenere la calma in ogni situazione.

Se fosse dipeso da me avrei già urlato GLI HO DETTO DI NON AVERE UNA PROSTATA.

Malia inarca le sopracciglia, sorpresa.

-Davvero? - ridacchia – E com'è Derek sul lavoro? -

-Perfetto – risponde Stiles senza la minima esitazione, fissando Malia senza la traccia di un sorriso sul volto – Come sempre, d'altronde. -

La mia mano va a stringere quella di Stiles sul mio ginocchio, in un muto ringraziamento. Stiles mi accarezza il dorso con il pollice.

-Dimmi, tesoro, hai un posto auto dove lavori, per mettere la Camaro? - chiede mamma curiosa e allegra, in un tentativo di smorzare la tensione palese tra Malia e Stiles.

-Mh. No. Vado a lavoro in bus. - rispondo distrattamente, stringendomi nelle spalle.

Mamma spalanca gli occhi, gettando un'occhiata rapida a nonno Frank che è completamente assorbito dalla lotteria, prima di riportare lo sguardo su di me.

-Derek! Non dirmi che ti ostini a girare di sera in autobus! Sai che nonno Frank è molto apprensivo su questo argomento, da quando ha letto quell'articolo sul venticinquenne rapinato sulla metro! -

Okay, può darsi che abbia lasciato credere a nonno Frank che giro sempre con la Camaro di sera, ma ciò che non sa non può ferirlo, no? E' per questo che ho dei piccoli segreti, per non ferire le persone, ed è più che legittimo.

E per la cronaca, il venticinquenne rapinato sulla metro ero io. Solo che non mi hanno rapinato, è stata solo una piccola bugia che ho detto a Isaac per non dover ammettere di aver deliberatamente dimenticato il suo computer sulla metro. Non è colpa mia se lui dall'alto senso della sua giustizia mi ha obbligato a fare la denuncia!

Ed è per questa piccola non proprio verità che ho conosciuto Jordan.

Mi domando se non significhi qualcosa.

-Mamma, lo sai che a New York girare con l'auto è un inferno. Sto attento, non ti preoccupare. - sibilo in risposta, cercando di non farmi sentire dal nonno.

Lo sguardo di disapprovazione di mia mamma è qualcosa di aspettato, quello di Stiles no.

-Io sono totalmente d'accordo con lei, Talia. E' pericoloso girare di sera tarda in autobus, ma Derek è così testardo. -

Gli lancio un'occhiataccia, mentre mamma fissa Stiles come se fosse il suo figlio prediletto.

Quest'alleanza alle mie spalle è francamente ingiusta, per la cronaca.

-Sì, Derek è un sacco testardo. Sempre stato, sin da piccolo! Non puoi immaginarti poi come sia stato avere a che fare con lui da adolescente! Un incubo! - conferma mia mamma con sussiego, e forse mi sono perso il passaggio in cui la serata si è trasformata in “critichiamo il carattere testardo di Derek con lui presente”.

-Non stento a crederlo. - conferma Stiles in tono gentile e divertito, e so che dovrei arrabbiarmi, ma in realtà mi viene un po' da ridere.

E poi è difficile arrabbiarsi con il pollice di Stiles che continua a disegnare cerchi concentrici sul dorso della mia mano.

-Mamma, mi annoio! Apri i regali! - si lamenta Cora a un certo punto, sporgendo il labbro come se avesse tre anni e non diciannove.

Papà la guarda con indulgenza.

-Non siamo nemmeno alla torta, signorina. Lascia stare mamma e finisci la cena. -

-Oh, vi prego. Non fingiamo che il polpettone non sia immangiabile solo perché c'è Stiles! - esclama Laura e io, Cora e Stiles scoppiamo a ridere, mentre mamma la guarda male – Apri i regali, mamma, così poi possiamo mangiare la torta e bere la cioccolata calda mentre giochiamo a Pictionary. -

-Sì! - strilla Cora e mamma alza gli occhi al cielo, ma sorride.

-Beh, immagino che non possa oppormi alla voce del popolo – sospira, poi scosta un po' la sedia e allarga un po' le braccia – Fuori i regali, coraggio. -

Ci spostiamo in salotto e in un attimo mamma è sommersa da svariati pacchetti.

Stiles è seduto accanto a me sul divano, ma sembra distratto. Seguo il suo sguardo e noto che sta fissando la boccia di Miles. Cioè, il falso Miles. Ma comunque quanto possono cambiare i pesci rossi tra loro?

Anche mamma nota il suo sguardo e gli sorride.

-Ti piacciono gli animali, Stiles? -

-Non particolarmente – risponde pacatamente Stiles e io annoto immediatamente l'informazione, avido di ogni più piccolo fatto personale che Stiles si lascia scappare di tanto in tanto – Ma questo pesciolino è proprio carino. Lo avete da tanto? -

Mi irrigidisco, mentre mamma annuisce con allegria.

-Oh sì. Da quando Laura era piccola – emette un verso angosciato, lanciando uno sguardo affettuoso al pesce rosso – Non riesco proprio a immaginare la nostra famiglia senza Miles. -

Oddio mamma, è solo uno stupido pesce! E, per dirla tutta, era talmente importante per te che non ti sei nemmeno resa conto che è stato sostituito almeno quattro anni fa, quando è stato accidentalmente ucciso dal sottoscritto.

E comunque il nuovo pesce è quasi identico a Miles!

-Però, è un esemplare particolarmente longevo per essere un pesce rosso. Di solito non vivono al massimo vent'anni? - commenta Stiles in tono apparentemente casuale. Gli pizzico una coscia cercando di non farmi vedere.

Posso vederlo ridere sotto i baffi anche con la coda dell'occhio.

Che stronzo.

Mia madre spalanca gli occhi, gettando poi un'occhiata stranamente attenta a Miles. O comunque il suo sosia.

-Non ci avevo mai pensato! -

-A quanto pare Miles ci sta proprio bene nella sua boccia! Perché non apri i regali, mamma? - intervengo io quasi urlando, pizzicando più forte la coscia di Stiles, che ormai sta cercando invano di trattenere le risate.

Mamma fa un sacco di feste a Stiles per i fiori e i pasticcini, ringrazia a profusione Cora e Laura per averle comprato proprio il libro che voleva da tempo e tempesta papà di baci per questa collana bellissima ed elegante, con il ciondolo a forma di stella.

Ed ecco che finalmente è il mio momento.

Quasi mi tremano le mani quando le passo l'elegante busta rossa in cui ho messo il buono termale.

Mamma la apre con curiosità e, proprio come speravo, lancia un verso estasiato non appena si rende conto di cosa si tratti.

-Oddio Derek! Ma è un regalo meraviglioso! - esclama al settimo cielo, mostrando anche a papà il buono termale per due da spendere quando vogliono.

-E ci sono anche le maschere rigeneranti comprese nel prezzo! - la informo con orgoglio.

Stiles ridacchia gentilmente del mio entusiasmo e mi bacia la guancia, mentre mamma non fa altro che ringraziarmi e ripetere quanto sia meraviglioso e persino papà si congratula per l'ottima idea.

Per circa dieci secondi, è davvero tutto perfetto.

-Oh santo cielo! - esclama Malia in un falsissimo tono mortificato che mi mette subito sull'attenti – Questo è davvero spiacevole! -

-Cosa, tesoro? - chiede mia madre, perplessa, ma io capisco tutto non appena Malia estrae dalla borsetta una busta verde acqua, molto più voluminosa della mia.

No.

Non può averlo fatto sul serio.

-Temo che Derek ed io abbiamo avuto la stessa idea. - ridacchia, porgendo a mamma la busta.

Io sono totalmente paralizzato e osservo apatico mamma estrarre dalla busta un buono di una settimana in un centro termale extra lusso all inclusive.

In pratica il mio regalo adesso può essere legittimamente considerato una schifezza.

-Oddio che meraviglia! - esala mamma, chiaramente entusiasta, mentre Malia gongola.

Percepisco vagamente Stiles sussurrarmi qualcosa all'orecchio, ma non lo sento davvero.

Ho la vista offuscata e il sangue che mi pulsa nelle tempie.

-L'ha fatto apposta. - dichiaro, gelido.

Immediatamente cala il silenzio.

Mio padre è il primo a ritrovare la parola.

-Avanti Derek, non fare il bambino! Capita a tutti di fare un regalo simile! -

-Non è capitato! - ribatto, alzando un po' la voce. Sento gli occhi lucidi e mi odio per questo – Malia sapeva benissimo che avrei regalato a mamma un buono per le terme, glielo ho detto quando lei ancora non le aveva comprato niente! -

-Non so di cosa stai parlando – Malia mi sorride mielosa e, davvero, non penso di avere mai odiato qualcuno di più in vita mia – Ho comprato il regalo alla zia mesi e mesi fa! -

-Sei una bugiarda, porca puzzola! - esplodo, esasperato.

-Derek! - mia madre mi fissa, allibita e piena di disapprovazione – Non capisco davvero perché tu faccia così! Amo entrambi i vostri regali, davvero! -

-Secondo me ha ragione Derek. - borbotta nonno Frank dalla poltrona, ma dato che stava dormendo fino a due secondi fa, nessuno gli da retta.

Persino Laura e Cora mi stanno guardando come se fossi pazzo. James sta guardando Malia un po' in tralice, ma è ovvio che non si metterà mai contro sua moglie per difendere me.

Mi alzo di scatto in piedi, ignorando il braccio di Stiles che cerca di trattenermi. Senza una parola mi dirigo ad ampie falcate in cucina. Ho la testa che pulsa dolorosamente mentre con mani tremanti cerco di versarmi un bicchiere di vino rosso, tanto per calmarmi.

Ovviamente perdo la presa sulla bottiglia e ne rovescio buona parte sul marmo del bancone.

-Maledizione, maledizione. - sibilo tra i denti, scostando con un gesto nervoso la bottiglia, che oscilla pericolosamente.

Una mano grande e bianca spunta dal nulla e ferma gentilmente l'ondeggiare della bottiglia.

E poi, prima che possa realizzare qualcosa, mi ritrovo avvolto da un abbraccio da dietro e il profumo di Stiles mi circonda.

-Promemoria per me: mai lasciarti solo con delle bottiglie di vino. - sussurra al mio orecchio, con tenerezza.

Chiudo gli occhi e lascio che Stiles mi culli in silenzio.

Ci vuole un po' prima che mi renda conto che sto tremando dalla rabbia.

-L'ha fatto apposta. - sibilo dopo un po', senza accennare a voltarmi.

Stiles appoggia il mento sui miei capelli e mi stringe più forte.

-Lo so. Ti credo. -

Il fatto che Stiles sia l'unico a credermi mi porta inaspettatamente sull'orlo delle lacrime.

-La odio, porca puzzola. So che non si dovrebbe odiare nessuno, tanto meno i parenti, ma la odio. - piagnucolo in tono rabbioso e lamentoso insieme.

Stiles mi fa voltare con dolcezza e mi rendo conto di aver perso alcune lacrime solo quando passa con estrema delicatezza le dita sulle mie guance umide.

-Odiare è inevitabile. E penso che Malia porterebbe chiunque a provare un sentimento simile nei suoi confronti, persino una persona buona come te. -

Lo fisso, cercando di concentrarmi sul colore dorato dei suoi occhi per calmare il mio respiro.

Alla fine sospiro, accennando un piccolo sorriso.

-Spero per te che la tua famiglia non sia come la mia. Cioè, so che non hai fratelli o cugini, ma spero che i tuoi genitori non siano come i miei. Spero che tua madre ti crederebbe in casi simili. -

Stiles esita e per un attimo penso che cambierà discorso, come ogni volta che verte su di lui o sulla sua vita.

Per cui sono a dir poco sorpreso quando mi risponde.

-Mia mamma è morta quando ero piccolo.- mormora, la voce pacata e gli occhi solo leggermente tristi.

Ecco. Adesso se possibile mi sento ancora peggio.

-Oddio – mormoro mortificato, desiderando strozzarmi con le mie stesse mani – Oddio Stiles, mi dispiace tantissimo. So che è la frase più scontata e inutile da dire, ma davvero mi dispiace. Non ne avevo idea. -

Stiles ridacchia in maniera soffice, gli occhi che brillano affettuosi su di me. Mi circonda le guance ancora bagnate con le sue mani grandi e meravigliose e appoggia la fronte alla mia.

-Non potevi saperlo. E comunque è tutto okay. E' successo tanto tempo fa. Ormai fa male solo un po'. -

Appoggio le mie mani sulle sue, cercando di trasmettergli tutto quello che non riesco a dire a parole. Che mi dispiace. Che ci sono. Che non voglio che sia triste mai più e che non gli accada mai più nemmeno il più piccolo dei mali.

-E tuo padre? - mormoro dopo un po', sperando di non stare osando troppo.

E' la prima volta che Stiles si apre con me e non voglio assolutamente tirare troppo la corda e spaventarlo.

Sorprendentemente, Stiles si apre in un sorriso furbo.

-Oh, lui è fantastico, ma non penso che ti piacerebbe – davanti al mio sguardo perplesso inarca le sopracciglia – E' uno sceriffo. -

Oh mio Dio.

O forse è perché odio i western, quelli con lo sceriffo che va in giro a cavallo con la stella puntata al petto. Non sopporto quel cavolo di sceriffo, mi irrita e non so perché!

-Non intendevo questo! - esclamo, gonfiando offeso le guance quando Stiles scoppia a ridere di gusto.

E' bello sentirlo ridere, in realtà.

-Lo so, lo so – arriccia le labbra in un sorrisetto – Potrebbe addirittura piacerti. Niente baffi e niente cavallo. Solo la stella puntata al petto, ma per te la leverebbe, ne sono sicuro. -

Socchiudo gli occhi, anche se sto sorridendo.

-Stronzo.-

Stiles ride di nuovo, abbassandosi poi per lasciarmi un bacio sulle labbra imbronciate.

-Sei adorabile, ma mi scuso comunque. Non è carino da parte mia prenderti in giro. -

Scuoto la testa, poi sospiro.

-Ci conviene tornare di là. Ormai si chiederanno che fine abbiamo fatto. -

Stiles inarca le sopracciglia, facendo un passo indietro per poter guardarmi bene in faccia.

-Non siamo costretti a tornare di là, se non ti va – fa una piccola pausa -Anzi, non siamo proprio costretti a rimanere. -

Lo guardo, perplesso.

-Che vuoi dire? E' il compleanno di mia madre, non è che possiamo andarcene solo perché voglio strozzare Malia. -

Stiles scuote la testa, guardandomi seriamente negli occhi.

-Possiamo fare tutto quello che vuoi, Derek. E se vuoi restare per me va benissimo. Ma non sei obbligato, non dopo il modo in cui sei stato trattato. -

E' il mio turno di scuotere la testa.

Quest'uomo è meraviglioso.

Non penso di meritarmelo.

Mi sollevo sulla punta dei piedi e gli circondo le guance con le mani come ha fatto lui poco prima con me. Gli bacio teneramente le labbra, guardandolo negli occhi.

-Grazie. Per tutto. - mormoro e Stiles mi accarezza delicato la schiena con una mano, fissandomi con uno sguardo un po' incrinato.

-Grazie a te. - sussurra e non faccio in tempo a chiedergli per cosa mi stia ringraziando, che sentiamo la voce di mamma chiamarci dal salotto.

Sospiro e Stiles aggrotta appena la fronte, fissandomi.

-Sei sicuro di voler tornare di là? -

Annuisco, anche se non sono poi così convinto.

-Ma stammi vicino. - aggiungo precipitosamente, sentendomi immediatamente patetico.

Ma Stiles si limita a sorridermi, staccandosi da me solo per poter far scivolare la sua mano nella mia.

Me la stringe, e improvvisamente sento di avere la forza per affrontare venti Malia.

-Sono proprio qua. -

 

 

 

Quando torniamo in salotto, Cora e Laura sono già andate al piano di sopra a recuperare i cartelloni per giocare a Pictionary, e mi sento già un pochino meglio.

Se giochiamo forse Malia sarà troppo occupata a battermi come al solito per darmi il tormento.

-Tutto bene, Derek? Sei sparito per un sacco!- esclama proprio la fonte del mio malumore.

Le sorrido fasullo, sotto lo sguardo di disapprovazione di mia madre.

-E' colpa mia. Sono un tale chiacchierone. - interviene Stiles, in tono perfettamente impassibile, e non so se ridere per la totale assurdità di questa scusa, o baciarlo per il fatto che sta cercando di darmi una mano.

-Ehm. Sì, certo. - Malia sorride diplomatica e cala di nuovo un silenzio denso e spiacevole.

Eppure io sto benissimo, con il braccio di Stiles drappeggiato sulle spalle e i nostri fianchi che coincidono completamente.

Quando Stiles volta il viso per baciarmi distrattamente una tempia, sento lo sguardo di mio padre concentrarsi su di noi e mi preparo mentalmente per un altro esaurimento nervoso.

-E da quanto vi frequentate, voi ragazzi? - domanda, in un tono che vorrebbe essere disinvolto e invece sembra solo inquisitorio. Mia madre, la regina della discrezione, gli rivolge un'occhiataccia perfettamente notabile da tutti.

-Non penso da molto, non mi avevi detto che tu e Jordan vi eravate lasciati da poco, Derek? - domanda Malia, perfettamente non interpellata.

La odio, cazzo. E' ovvio che stia cercando di farmi passare per una sgualdrina.

Faccio per aprire la bocca, ma la richiudo quando mi rendo conto del modo in cui Stiles sta guardando Malia.

Porca puzzola.

Quello non è odio.

E' pura volontà omicida.

Le sorride, e giuro che è la cosa più inquietante e terrificante che io abbia mai visto.

-Malia, perché non mi parli di più della tua agenzia di viaggi? Ammetto che ne sono rimasto molto colpito prima. -

Malia si illumina tutta, come al solito immune agli sguardi d'odio, se conditi di qualche complimento.

-Oh, non c'è molto da dire. E' un'attività tutta mia, la gestisco da sei anni. Devo ammettere che è proprio bello essere il capo di se stessi, non so proprio come faccia Derek a prendere ordini da chiunque in quel suo piccolo ufficio. -

-In realtà prendo ordini solo da Chris. E l'ufficio è grande il triplo di questo salotto. - ribatto freddamente, ma Malia mi ignora con disinvoltura, continuando a rivolgersi a Stiles.

-Ho un sacco di dipendenti e l'attività va a gonfie vele, modestamente. -

Stiles annuisce con gentilezza, mostrandosi interessato.

-Sono davvero ammirato. Anche se... perdonami Malia, forse è solo un mio limite, ma proprio non capisco perché, se la tua attività va così bene come dici, hai rifiutato a Derek un posto nella tua azienda quando te lo chiese anni fa, dicendoti che era disperato e senza lavoro. -

Silenzio.

Totale silenzio.

Cazzo.

Non ci posso credere che lo abbia detto sul serio.

Non lo avevo mai detto a nessuno a parte Stiles, fino a questo esatto momento. Nemmeno Isaac e Jackson lo sanno, perché mi sentivo talmente tanto un fallimento che non ho avuto il coraggio di dirglielo.

Malia diventa di un brutto colore terreo e papà volta di scatto la testa verso di lei, l'espressione completamente mutata rispetto a quando lodava la sua piccola stella.

-Cosa? E' vero Malia? - chiede bruscamente, con quel tono arrabbiato che ci terrorizzava sempre da piccoli, e forse anche adesso – Non hai aiutato Derek quando te lo ha chiesto? -

-No! - strilla Malia, ancora rossa in viso – Cioè, non proprio! Non è andata esattamente così, zio! -

-A me sembrava fosse andata così. - mormora James fissandosi le ginocchia e, mio Dio, non ci posso credere che sta davvero cercando di uscire dalla sua sottomissione. D'un tratto provo un istintivo senso di simpatia verso di lui.

Malia lo fulmina, poi si rivolge disperata a mio padre.

-Volevo solo che Derek ce la facesse con le proprie forze, che capisse l'importanza del duro lavoro e di reggersi sulle proprie gambe! -

-Cavolate! - esclama mia mamma e penso che sia la prima volta in tutta la mia vita che la vedo arrabbiata con Malia – Tu non avresti nemmeno un'agenzia di viaggi senza l'aiuto economico che ti abbiamo dato tuo zio ed io all'inizio della tua attività, Malia, o te ne sei dimenticata? E dopo tutto quello che questa famiglia ha fatto per te, tu non hai aiutato Derek? -

A questo punto Malia si volta verso di me e ha il coraggio di tentare un sorriso mieloso.

Questa persona mi fa venire il voltastomaco.

-Derek, ci deve essere stato un fraintendimento, non è così? Forse non ti sei spiegato molto bene nella mail che mi hai mandato, se avessi saputo che avevi davvero bisogno di aiuto, di certo te lo avrei dato. -

Oh no. No.

Non ci deve nemmeno provare.

-Non c'è stato alcun fraintendimento – dico con freddezza, stringendo forte i pugni sulle cosce – Ti scrissi chiaramente che ero nei guai, che erano due mesi che Jackson pagava la mia parte di affitto, che non trovavo lavoro e che non volevo chiedere soldi a mamma e papà, non dopo che mi avevano pagato il college e la macchina. Ti ho chiesto di farmi lavorare con te e tu non mi hai nemmeno risposto e due giorni dopo mi hai fatto chiamare dalla tua segretaria per farmi dire che non assumevate nessuno al momento. -

-Che carognata! - esclama nonno Frank, che a quanto pare si è appena svegliato.

Malia pare sulla graticola, e non potete immaginare quanto la cosa mi dia una selvaggia soddisfazione al momento.

-Derek, devi capire che anche se siamo parenti gli affari sono affari e io non potevo proprio... -

-Cosa? - la interrompo con un sorriso sarcastico e feroce – Farmi lavorare con te un paio di mesi finché non mi fossi messo in sesto? Avanti Malia, ti avevo anche scritto che avrei accettato la paga minima, davvero non potevi assolutamente assumermi? L'agenzia è tua e puoi fare quello che vuoi, ma almeno abbi l'onestà di ammettere che non mi hai voluto assumere e mi hai lasciato nella merda, non accampare scuse per metterti in buona luce e far passare me come il fallito che non sapeva camminare sulle proprie gambe.-

Malia scuote la testa e a questo punto si rivolge a Stiles, implorante.

-Stiles, ti prego. Cerca di far ragionare Derek. Tu sei un piccolo imprenditore come me, sai bene quanto possa essere difficile gestire un'attività in proprio quando si è appena cominciato. Gli errori sono inevitabili. -

Stiles la fissa impassibile, ha lo stesso sguardo di Jackson quando si parla di creme per il corpo non di marca.

Disgusto puro.

-In realtà non penso di capire, Malia. Sono a capo della Sciles Corporation da quando ero un ragazzino, non ho fratelli o cugini, ma ti posso assicurare che non ho mai chiuso le porte in faccia a qualcuno che mi chiedeva aiuto. -

Malia impallidisce di colpo, mamma e papà si scambiano degli sguardi increduli e James solleva di scatto il volto.

-Sciles Corporation? - domanda, pieno di meraviglia – Lei è Stiles Stilinski? Il miliardario? -

Stiles si limita a un brusco cenno del capo, mamma sibila in tono perfettamente udibile a mio padre “non posso credere di aver servito polpettone scongelato a un miliardario, che figura!” e nonno Frank dichiara in tono spassionato di amare le barrette che Stiles produce.

-Derek – comincia Malia in tono basso e urgente, ma non riesco nemmeno a guardarla – Davvero, mi dispiace. -

-Non penso che le tue scuse siano sincere e comunque sono in ritardo di almeno quattro anni. - ribatto gelido.

Odio il fatto di avere la gola serrata e gli occhi che bruciano.

Perché faccio parte di quelle persone che quando si arrabbiano piangono?

-Non volevo ferirti, io... -

-Tu non mi hai ferito! - esclamo guardandola dritto negli occhi – Mi hai umiliato, che è diverso. Ma in fondo lo fai da quando sei venuta ad abitare qui. E pensare che io ti ammiravo così tanto e volevo solo il tuo affetto, ma tu non hai fatto altro che mettermi in cattiva luce e togliermi l'affetto della mia famiglia. -

-Derek – mormora mamma, guardandomi sconvolta – Questo non è vero. Noi... nessuno potrebbe mai toglierti il nostro affetto. - dice impacciata e lo so che nella nostra famiglia nessuno ha mai brillato particolarmente per la capacità di esternare sentimenti, ma dopo tutto quello che ho passato, le sue parole non sono nemmeno lontanamente sufficienti per farmi credere che davvero mi vogliono bene.

Tiro su con il naso e mi sento davvero a un passo dallo crollare.

Non posso restare qui.

Mi alzo in piedi con difficoltà, perché mi tremano le gambe. Piego un pochino il viso per incrociare gli occhi seri e preoccupati di Stiles.

-Possiamo andare via? - sussurro, implorante.

Stiles non mi lascia nemmeno finire la frase che è già scattato in piedi, efficiente, le chiavi della jeep già strette tra le dita.

-Certo. -

-Derek! Non puoi andare via durante la festa di tua madre! - esclama mio padre e fa per alzarsi in piedi, ma Stiles lo blocca con un gesto gentile ma assolutamente deciso del braccio, mentre l'altro va a circondarmi con forza la parte bassa della schiena.

-Con tutto il rispetto, signor Hale, ma non credo che Derek abbia molta voglia di restare - mi lancia uno sguardo, ma io tengo gli occhi bassi, cercando di controllare il respiro e di non scoppiare a piangere – Quindi ce ne andiamo. Ci dispiace perdere la brace di domani, ma non possiamo proprio più restare a questo punto. Grazie per la cena e porgete le nostre scuse a Laura e Cora – fa una piccolissima pausa - Mi sarebbe piaciuto imparare a giocare a Pictionary. –

Quest'uomo è troppo prezioso per essere vero.

Stiles lancia uno sguardo a nonno Frank, che è di nuovo caduto addormentato.

– E salutate nonno Frank, quando si sarà svegliato. -

Nessuno ha il coraggio di replicare e Stiles annuisce soddisfatto.

Mi guida con dolcezza verso la porta, senza lasciare mai per un secondo la presa su di me. Non so nemmeno in che modo mi sono ritrovato nella jeep, con le cinture allacciate e le mani di Stiles che mi circondano gentilmente le guance e la sua voce preoccupata che mi chiama.

-Derek? Dimmi solo dove vuoi andare, okay? Penso io a tutto, ma tu dimmi cosa vuoi che faccia, piccolo. Vuoi tornare a New York? -

Sbatto le ciglia rapidamente per scacciare le lacrime e mettere a fuoco il suo viso ansioso. Strizzo gli occhi per poter leggere l'ora sull'orologio di Stiles.

Sono le dieci, non arriveremo mai a New York a un'ora decente.

-No – mormoro quindi con voce roca, tornando a guardarlo – No, voglio solo andarmene da qui, non mi importa dove. -

Stiles annuisce, sporgendosi a baciarmi con dolcezza le labbra.

-Va bene. Vediamo di trovare un posto per la notte allora, sei d'accordo? -

Annuisco piano e quando Stiles mi sorride, è come se un po' della rabbia e della tristezza svanisse per puro miracolo.

Mi sento al sicuro ed è sorprendentemente facile ricambiare il sorriso di Stiles.

 

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti <3

Come al solito grazie per il supporto a questa trashata <3

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo <3

Allora... siamo sempre più vicini alla scena clou (a buon intenditore poche parole).

Stiles troverà l'oro di Derek? ( mi sto vergognando tantissimo solo a scriverlo!)

Lo scopriremo venerdì prossimo <3

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 11
*** Undicesimo Capitolo ***


 

Undicesimo Capitolo

 

 

 

 

Stiles guida per circa un'ora prima che riusciamo a trovare un piccolo Bed and Breakfast sulla strada. Sembra un po' fatiscente, infatti Stiles esita prima di spegnere il motore.

Lo guardo con la coda dell'occhio e ridacchio benevolo.

-Non è come i posti in cui alloggi di solito, immagino. -

Stiles mi lancia uno sguardo, l'angolo della bocca arricciato in quel sorriso che amo.

-In realtà ho visto di peggio quando ero un ragazzo squattrinato. Mi preoccupavo per te, in realtà. Non voglio che ti venga il tetano o una cosa del genere. -

Rido scuotendo la testa e mi blocco solo quando noto che lo sguardo di Stiles è così intenso su di me da farmi quasi male. Accenno un sorriso imbarazzato.

-Cosa c'è? -

-Niente. Sono solo molto felice di vederti ridere. - mormora dolcemente e io abbasso un po' lo sguardo, mentre il mio sorriso si fa più ampio.

-Dai, la reggia di Versailles ci attende. - borbotto, ma prima che possa uscire dalla macchina, Stiles mi trattiene delicatamente per il polso.

Lo fisso e Stiles mi guarda con occhi seri.

-Stai bene, Derek? Non hai più parlato da quando siamo saliti in macchina. -

-Sono solo un po' scombussolato. Ma sto bene, tranquillo. - sorrido rassicurante, ma lo sguardo di Stiles si mantiene scettico.

-Sei sicuro che non ce l'hai con me? Mi rendo conto che non fosse un mio diritto tirare fuori la questione del lavoro senza il tuo permesso. -

Sospiro, scuotendo piano la testa.

-Hai fatto bene. Se fosse dipeso da me, nessuno lo avrebbe mai saputo e Malia l'avrebbe fatta franca – accenno un piccolo sorriso – Almeno adesso passerà un po' di guai, forse.-

Stiles sembra pensieroso, mentre allunga una mano per accarezzami distrattamente una guancia.

-E' una persona orrenda. Non riesco a capire come possiate essere parenti. - dichiara infine e io rido.

-Se conoscessi mio zio Peter, lo capiresti. -

Stiles scuote piano la testa, guardandomi intensamente. Troppo intensamente, per la cronaca.

-No... tu sei diverso da tutti, dai tuoi, dalle tue sorelle. Voglio dire, hai gli occhi di tua madre e i tratti di tuo padre e tu e le tue sorelle ridete nello stesso identico modo che adoro. Ma tu... hai una luce che loro non hanno. Sei... sei davvero la persona più bella che abbia mai incontrato, Derek. In ogni senso. -

Per una volta non arrossisco, non abbasso lo sguardo. Lo fisso dritto negli occhi. Sono caldi e dolci, ma per una volta so che anche i miei sono esattamente così.

C'è anche una strana atmosfera tra noi, una tensione carica di eccitazione.

-Anche tu. Anche tu lo sei. - mormoro e quando Stiles accenna un sorriso vagamente imbarazzato, mi sporgo a baciarglielo.

Stiles mi accarezza i capelli, poi si scosta con delicatezza. Mi sorride, con un accenno di malizia.

-Andiamo, prima di dare spettacolo nel parcheggio dell'albergo. -

Ora sì che arrossisco, e Stiles ride mentre spegne la macchina.

Stiles insiste per portare entrambi i nostri bagagli, quindi non posso fare molto altro che seguirlo, guardandomi nervosamente intorno mentre attraversiamo il parcheggio deserto.

E' buio pesto e questo posto sembra tutto tranne che affidabile.

Ma sono davvero esausto e non sarebbe giusto far guidare Stiles altre ore.

La hall non è molto migliore dell'esterno.

C'è un unico lampadario che emette una luce debole e intermittente, condannando ogni cosa alla penombra. Fisso una piantina moribonda all'ingresso e penso che al confronto quella di Erica sembra uscita direttamente dalla Foresta Amazzonica.

Al bancone della reception c'è solo un uomo in sovrappeso che sta facendo le parole crociate mentre mangia patatine fritte.

Quando nota la nostra presenza, si schiarisce rumorosamente la gola, nasconde le parole crociate in un cassetto e si pulisce le dita unte sui pantaloni.

-Benvenuti al nostro Raggio di Sole, pensione di alto lusso! Io sono Anthony Marin, ma potete chiamarmi Tony. In cosa posso esservi utile? Dovete cenare? - sbraita, in tono tutto sommato gentile. Nonostante l'aspetto discutibile, mi ispira simpatia.

Anche se ho dei seri dubbi sia sul nome dell'albergo sia sulla definizione “pensione di alto lusso”.

-Buonasera – Stiles si avvicina con sicurezza e io lo seguo, impacciato – Sarebbe possibile avere due camere per stanotte? -

Ah.

Due.

Beh.

Noi siamo in due.

La cosa ha senso, effettivamente.

Devo solo mettere a tacere la mia sgualdrina interiore che si sta ribellando, e capirò che la cosa ha davvero molto senso.

Tony assume un'aria mortificata.

-Mi dispiace signore, ma siamo al completo – guarda me, con aria compiaciuta – Sa, il nostro Raggio di Sole è una meta prediletta dai turisti, modestamente. -

Accenno un sorriso imbarazzato, evidentemente anche Tony mi ha preso in simpatia, ma Stiles si para davanti a me, infastidito, riportando l'attenzione di Tony su di lui.

-E' sicuro che non ha proprio niente? La posso pagare molto bene. -

Tony si passa una mano sul mento, pensieroso.

-Beh ci sarebbe una camera effettivamente, ma è una matrimoniale – fa passare lo sguardo da me a Stiles, esitante – Sarebbe un problema dividerla, per voi? -

Oddio.

Non lo so.

E' un problema per me?

Non lo so!

Oddio mi sta venendo una crisi isterica.

E la mia sgualdrina interiore non mi sta aiutando in questo momento, per la cronaca!

Stiles si volta a guardarmi, con la fronte contratta.

-Cosa ne pensi, Derek? - chiede a bassa voce, in tono gentile – Posso anche guidare fino a un altro albergo, se preferisci. -

Lo guardo, guardo le sue occhiaie e l'aria stanca sul suo viso.

C'è solo una risposta possibile.

-No, va benissimo. Non preoccuparti. -

Stiles non sembra molto convinto e mi chiedo, con un certo senso di panico, se non sia lui quello che non vuole dividere la stanza con me.

Ma Tony interrompe i miei dubbi battendo rumorosamente le mani e facendoci sobbalzare.

-Benissimo, allora! Vi mostro la vostra camera, è una me-ra-vi-glia, ve lo assicuro! - urla con aria allegra.

 

 

 

 

La nostra camera è tutto, tranne che una meraviglia.

Credo che sia disabitata da quando l'albergo è stato costruito, perché è incredibilmente fredda. Penso che quel caminetto tutto arrugginito non sia mai stato acceso in vita sua.

La lampadina funziona male esattamente come quella della hall e il letto sembra piuttosto vecchiotto.

E sono abbastanza sicuro che non aprirò mai quell'armadio di legno, ho visto abbastanza horror da sapere come ci si comporta nelle stanze d'albergo inquietanti, grazie tante.

-Deliziosa, non è vero? - chiede speranzoso Tony e non ho cuore di contraddirlo.

-E' semplicemente adorabile! - esclamo con fervore, gettando un'occhiataccia a Stiles che ha inarcato le sopracciglia verso di me con un vago ghigno.

Okay, a volte mento alle persone.

Che male c'è a non voler ferire gli altri?

E quando Tony mi guarda tutto contento non posso che essere felice di una piccola bugia.

E poi non è davvero male, dai.

Se non ti concentri sulla carta da parati grigio tortora e scrostata in diversi punti e la moquette macchiata di cose che non tengo a identificare.

-Ecco le chiavi! - esclama Tony, mettendo una pesante chiave di ottone tra le mani di Stiles – Spero che abbiate una buona permanenza, ci vediamo domattina a colazione! -

-Non vediamo l'ora. - mormora sarcasticamente Stiles, e io gli tiro una gomitata mentre sorrido esageratamente a Tony.

-Staremo una favola! -

Tony ci augura la buonanotte con calore e poi ci lascia soli.

E improvvisamente mi rendo conto di essere a disagio.

Perché c'è un solo letto in questa cavolo di stanza.

E noi siamo due.

Non aiuta nemmeno il fatto che Stiles stia evitando il mio sguardo.

E' ovvio che non vuole dividere la stanza con me.

Forse pensa che sia presto.

In effetti lo è.

Ma allora perché io ero così deluso quando voleva che dormissimo separati e sono così eccitato ora?

Ho qualcosa che non va. Sono una sgualdrina, punto.

Osservo nervosamente Stiles posare le nostre valigie sulla cassapanca ai piedi del letto. Rimane un po' piegato, con lo sguardo assorto sui nostri trolley.

Poi solleva di scatto il volto e, finalmente, mi guarda.

-Mi dispiace, Derek. Questa stanza è oscena. -

-No! - esclamo subito, un po' preso di contropiede. E' preoccupato per questo? - E' carina e poi, davvero, non mi importa. Mi basta stare con te. - e per una volta sono sincero, in maniera imbarazzante, pure.

Stiles mi sorride, ma il suo sorriso è nervoso, irrequieto, non è come dovrebbe essere.

Io lo guardo, perplesso.

Che gli prende?

-Fa freddo – esclama prima che possa chiedergli cosa c'è che non va – Ti congelerai stanotte. Vado a chiedere a Tony se si può alzare il riscaldamento. - dice nervosamente, tutto d'un fiato.

Lo fisso, sempre più preoccupato. Non lo riconosco neanche più.

-Davvero, non importa, va... -

Ma non faccio nemmeno in tempo a finire la frase che Stiles è già uscito frettolosamente dalla stanza. Rimango imbambolato dove mi trovo, confuso e vagamente nel panico.

Ho fatto qualcosa di sbagliato?

Sono nervoso e deluso, quindi mi avvicino alla mia valigia e la apro, tanto per avere qualcosa da fare.

In effetti, è stata una giornata lunga, mi ci vorrebbero una doccia e dei vestiti puliti.

Appena apro il trolley, mi rendo conto di non aver mai rimosso il lubrificante e i preservativi di Jackson.

E questo è abbastanza imbarazzante.

Anche se...

Siamo soli.

In una stanza d'albergo.

Abbiamo il lubrificante.

I preservativi.

Un letto solo.

Oddio, è per questo che Stiles è nervoso? Pensa che... che potremmo farlo? Vuole o non vuole? E io voglio o non voglio?

Oh, andiamo, chi voglio prendere in giro.

Io lo voglio.

Non ho mai desiderato qualcuno come desidero Stiles.

E' così bello, gentile e forte.

E' la persona più bella che io abbia mai conosciuto, in tutti i sensi.

Peccato che io e la mia prostata saremo destinati a deluderlo, inevitabilmente.

Oh mio Dio.

Non possiamo farlo.

Stiles sa tutto di me, non posso fingere a letto, non con lui.

Saprà benissimo che non sto godendo e lo deluderò, tutto per la mia prostata introvabile.

Ma io voglio farlo, maledizione!

Sono nel panico e mi rendo conto di non poter affrontare la situazione da solo.

Cerco il cellulare nella tasca della giacca e avvio la chiamata. Aggrotto la fronte quando la voce metallica mi informa che Isaac ha il telefono spento. Provo senza molta speranza con Jackson, ma ovviamente ha il telefono spento pure lui.

In un ultimo disperato tentativo, provo a chiamare a casa.

Jackson non risponde al telefono come stile di vita, quindi questo vuol dire che mi rimane un'unica possibilità.

Ti prego, Isaac, rispondimi.

Ho quasi perso le speranze, quando Isaac si decide a rispondere al decimo squillo.

-Mh... pronto?- ridacchia senza fiato e si sentono dei rumori strani in sottofondo.

Aggrotto la fronte mentre sento quella che è indubbiamente la voce di Jackson sibilare “riattacca e torna qua” e Isaac sussurrare in tono perfettamente udibile “non posso, è Derek”.

Oddio, quanto sono idioti e così poco discreti.

Okay, Derek. Tu vuoi bene a entrambi, quindi, cerca di non ridere.

Spero solo di aver chiuso a chiave la mia stanza prima di partire, perché è l'unica con il letto matrimoniale e Dio non voglia che sia costretto a dargli fuoco.

-Ehi. Vi disturbo? Che stavate facendo? - chiedo, nel tono più serio che mi riesce.

-Stavamo... ahm... stavamo spostando i mobili. -

Sì, certo. Ora si dice così.

-Alle undici? -

-Volevamo dare un nuovo aspetto all'appartamento! Come è andata la cena da tua mamma? - Isaac cambia abilmente argomento e in fondo avrei dovuto aspettarmelo, è pur sempre un avvocato.

-In realtà... - sospiro, passandomi una mano tra i capelli – Malissimo. E' per questo che ti ho chiamato. Ho discusso con i miei e con Malia e, per fartela breve, adesso sono in una camera d'albergo, con un letto solo, Stiles che è sparito e tipo un chilo di preservativi e lubrificante nella valigia. E sto andando nel panico. -

Isaac non risponde subito, poi lo sento bisbigliare qualcosa lontano dal ricevitore, qualcosa che sembra vagamente un “Derek dice che si trova in una stanza d'albergo con Stiles, una stanza matrimoniale, e che non sa cosa fare!”

In men che non si dica, mi ritrovo in viva voce.

-Derek? Sta tranquillo, siamo qua per salvarti! - esclama Jackson in tono vagamente psicotico.

Perché. Perché mi ostino a confidarmi ancora con loro.

Ovviamente Isaac e Jackson cominciano a parlare in contemporanea.

-Derek, non sei comunque costretto a fare niente, se non te la senti! -

-Ci devi assolutamente fare sesso Derek! Fagli trovare il tuo oro, Derek! -

-Ho paura di deluderlo – ribatto io, cominciando a camminare nervosamente davanti al letto – E lui invece è sempre così dolce e meraviglioso con me... e io non ho nemmeno una prostata. - adesso piagnucolo e mi rendo conto di essere patetico, ma non posso farci niente.

-Derek, può darsi che il sesso con Stiles sia migliore di quello con Jordan. - tenta Isaac, incoraggiante.

-Di certo difficilmente potrà peggiorare. In tal caso ti consiglierei di farti monaco di clausura. - aggiunge Jackson, delicato come sempre.

-Non lo so, lui magari non è così propenso a fare sesso come lo sono io. E' letteralmente scappato dalla stanza con una scusa assurda... Eppure mi sembrava fossimo in sintonia, non solo mentale, anche fisica. Se non fosse attratto da me quanto io da lui? - chiedo disperatamente.

-Fai come ti dico, e sarebbe impossibile rifiutarti anche volendo. - dichiara Jackson con decisione, e so che dovrei assolutamente smettere di ascoltarlo, ma non ci riesco.

-Adesso tu ti levi i tuoi vestiti da pezzente da dosso, ti fai una doccia veloce e ti fai trovare nudo sul letto circondato dal lubrificante e dai preservativi, giusto per fargli capire come la pensi tu. Poi, cazzo, voglio vedere se ti rifiuta. -

-Non lo so Jacks, mi sembra un po' eccessivo. - interviene Isaac e sono assolutamente d'accordo con lui.

-Cosa suggerisci, allora? - domanda Jackson, irritato.

-Mh, parlare, ad esempio? Derek potrebbe parlare con Stiles e, pensa un po', potrebbero pure avere una discussione civile su questo. - replica Isaac, con sottile ironia.

-Non ci posso credere che il tuo consiglio sia parlare! -

-E io non posso credere che il consiglio che dai al nostro migliore amico sia di farsi trovare nudo sul letto! -

-Derek, ascolta me. Nudo, letto, preservativi e lubrificante. E questa prostata la troviamo, fidati di me. -

-Derek, non lo ascoltare. Parla con Stiles, digli come ti senti! Il dialogo è la forma più alta di potere. -

-Nudo. -

-Parlare. -

-Nudo.-

-Parlare. -

Continuano così per un bel po' e io so che Isaac ha ragione e che Jackson è un coglione.

Per questo non capisco assolutamente in che modo io possa aver pronunciato queste parole.

-Okay. Okay. Nudo sul letto. Posso farlo – mi passo la lingua sulle labbra, nervosissimo, cercando di ignorare Isaac che sibila che questa sia la stronzata più grande che io abbia mai pensato di fare – Con o senza perizoma? -

-Senza, ovviamente! - esclama Jackson, quasi oltraggiato.

Forse si dimentica che non è che faccio queste cose tutti i giorni.

Anzi, non le ho mai fatte.

Una volta ho cercato di fare un massaggio sexy a Jordan ed è andata a finire che lui ha dovuto portare me dall'ortopedico.

E' solo che non ho mai desiderato tanto una persona quanto desidero Stiles e voglio soltanto che lui provi lo stesso. Voglio essere un buon partner, non il genere di partner senza prostata che finge un orgasmo pensando alla foresta amazzonica.

Uno come Stiles deve avere avuto centinaia di partner.

Deve essere abituato a persone che sanno quello che fanno a letto.

Devo assolutamente essere all'altezza.

Perché, a questo punto, non posso perdere Stiles. Non posso.

Così lo faccio.

Chiudo la telefonata e mi precipito in bagno. L'acqua della doccia è ghiacciata, quindi ci sto sotto giusto il tempo di darmi una rinfrescata. Per fortuna gli asciugamani in bagno sembrano puliti e mi tampono con uno di quelli i capelli e il corpo.

Esito solo un istante, prima di lasciar cadere l'asciugamano sul pavimento del bagno e avviarmi nudo verso il letto.

Comincia a non sembrarmi una buona idea.

Le macchie sospette sul copriletto rafforzano questo pensiero.

Prendo un grosso respiro, chiudo gli occhi e affondo alla cieca la mano nella mia valigia, afferrando qualche preservativo e una bottiglia di lubrificante.

Le getto sul letto, faccio il giro e mi metto sul lato destro.

E rimango in piedi, completamente nudo, come un perfetto imbecille.

Che cazzo sto facendo?!

Io non sono così.

Non mi faccio trovare nudo sul letto circondato da preservativi e lubrificante solo perché voglio fare sesso.

Non sono Jackson.

E nemmeno Stiles è così.

Stiles è dolce e buono e, oh, così meravigliosamente all'antica.

E' quel tipo di persona che ancora apre le portiere e ti bacia la fronte.

Non dobbiamo fare per forza sesso stasera, non qui, non così.

Non voglio mettere Stiles in difficoltà né costringerlo a fare niente, non se lo merita.

Probabilmente pensa che sia presto, in fondo ci conosciamo da poco.

Sicuramente vorrà aspettare.

E io rispetterò la sua volontà.

Non importa se sono frustrato sessualmente da tre anni e anelo disperatamente un orgasmo come un uomo acqua nel deserto.

Posso resistere perfettamente.

Ho deciso, mi rivesto, nascondo tutto di nuovo in valigia e aspetto Stiles seduto sulla sedia come una persona normale.

So che è la cosa giusta da fare.

Vorrei solo essere arrivato a questa conclusione prima.

La porta si spalanca di colpo, prima che possa fare qualsiasi cosa.

-Niente paura, Tony è qua e adesso vi accenderà un fuoco con i fiocchi! - tuona Tony, entrando con aria allegra nella stanza, con un sacco di ceppi tra le braccia.

Si blocca e mi fissa.

Io lo fisso.

Tony mi fissa.

Ci fissiamo.

-Porco Diavolo, ma lei è nudo! - urla Tony e anche io urlo, cercando disperatamente di afferrare dei vestiti dalla mia valigia, qualunque cosa, e ottenendo come solo risultato quello di inciampare e cadere sul letto, rendendo ancora più manifesta la mia nudità.

Tony urla di nuovo e anche io urlo.

Sarebbe abbastanza comico, in effetti, se non fosse la mia vita.

-Cosa succede? -

Questa è la voce di Stiles. Magnifico. Non tento nemmeno di coprirmi con le lenzuola.

E' troppo tardi ormai, niente potrà impedire la mia totale umiliazione.

-Ma cosa... Derek, cosa diavolo stai facendo?! -

In circa due secondi Stiles ha scostato bruscamente Tony, ancora imbambolato in mezzo alla stanza con i suoi ceppi tra le braccia, e si è parato davanti a me. Lo osservo sfilarsi velocemente il suo bitorzoluto maglione rosso e subito dopo me lo porge con un gesto brusco.

Cerca di guardarmi meno che può e, se possibile, mi sento ulteriormente umiliato.

Lo afferro immediatamente, infilandomelo dalla testa e cercando di coprirmi alla meglio. Almeno è abbastanza grande da arrivare a metà coscia.

Dio, voglio morire.

E in tutto questo, Tony è ancora pietrificato a fissarmi con gli occhi più grandi che abbia mai visto, la bocca spalancata in una o gigante.

Stiles si guarda da sopra la spalla, notando anche lui la presenza di Tony.

Impreca, mentre continua a stare davanti a me per coprirmi, anche se ho il suo maglione addosso.

-Tony, può uscire, se non le dispiace? - esclama, e non l'ho mai sentito così poco calmo e privo del solito autocontrollo.

-Ma... il caminetto... - balbetta Tony confusamente, continuando a fissarmi.

Penso di essere rosso come il maglione di Stiles a questo punto.

-Lasci perdere il caminetto, ci arrangeremo! Esca, per favore! -

Tony ci mette un po' a ritrovare le capacità motorie, ma alla fine esce rumorosamente dalla stanza.

Quando la porta sbatte dietro di lui, io tengo ancora gli occhi bassi, mentre cerco di trovare una posizione il meno compromettente possibile.

Non penso che riuscirò mai più a guardare Stiles negli occhi.

Mai più.

-Derek. -

La voce di Stiles sembra gentile e di nuovo calma, ma non ce la faccio a guardarlo, non posso proprio.

-Derek, per favore, non piangere. -

Oh.

Non me ne ero nemmeno accorto, ma in effetti le mie guance sono umide.

Bene, ci mancava giusto il pianto isterico.

Odio la mia vita.

Stiles sospira e il materasso sobbalza delicatamente quando lui si siede sul letto, a una distanza ragionevole da me.

E' ovvio che voglia starmi lontano. Penserà che sia un pazzo furioso. Sono un pazzo furioso.

-Derek, per favore, guardami – il tono di Stiles è ancora incredibilmente gentile, e per qualche assurdo motivo mi fa ancora più venire da piangere – Non è successo niente. Guardami, Derek. -

E alla fine sollevo il viso e lo guardo.

Stiles è davanti a me, la fronte contratta e gli occhi pieni di preoccupazione, ma non sembra arrabbiato né spaventato a morte da me.

Certo, ovviamente gli faccio pena. E poi lui è una persona gentile. Aspetterà che abbia smesso di piangere prima di lasciarmi per sempre.

-Mi dispiace così tanto. - mormoro, portandomi le mani sul viso.

Sento Stiles strisciare più vicino, quanto basta per farmi abbassare delicatamente le mani.

Ora i miei occhi sono di nuovo nei suoi e noto con sorpresa che sta sorridendo con un angolo della bocca, gli occhi che brillano di una luce strana.

-A me non dispiace così tanto. - mormora in tono morbido, mentre i suoi occhi indugiano per un istante sulle mie gambe nude e sui preservativi e il lubrificante accanto a noi, prima di tornare sul mio viso.

Lo fisso, preso di contropiede. Smetto persino di piagnucolare.

-Cosa? Non sei... arrabbiato? -

Stiles scuote la testa, con un sorriso dolce e... malizioso?

-No. Cioè, avrei ovviamente preferito che Tony non ti avesse visto nudo, ma... - emette un sospiro estasiato e mi ritrovo ad arrossire, questa volta di piacere – Sei dannatamente bello, Derek. -

-Io... io pensavo che tu non mi volessi in questo modo. Non ora almeno.- ammetto a questo punto, cercando di non balbettare.

Stiles aggrotta la fronte, confuso.

-E perché avresti dovuto pensarlo? Pensavo fosse chiaro che mi piaci da impazzire, in tutti i sensi possibili. -

Oh mio Dio.

Vuole la mia morte, ormai è chiaro.

-Non lo so... eri così nervoso prima e sembrava che non ti facesse piacere dividere la stanza con me. - borbotto, imbarazzato.

Stiles mi guarda sorpreso un istante, prima di sciogliersi in un sorriso.

-Derek, perdonami, ma sono umano. Anche io posso innervosirmi all'idea di dividere un letto con te per la prima volta – i suoi occhi sono insopportabilmente caldi nei miei, mentre la sua voce si abbassa notevolmente – Questo non significa che non ti voglia, come non ho mai voluto nessun altro. -

Lo guardo confusamente.

-Io pensavo... insomma, hai chiesto due camere quando siamo arrivati. -

Stiles aggrotta la fronte.

-Beh, volevo essere rispettoso nei tuoi confronti. Non volevo che ti sentissi costretto o altro. E se prima ti sono sembrato così nervoso, è anche perché mi sentivo in colpa all'idea di starti sforzando in qualche modo, dormendo insieme – accenna un sorriso lieto e imbarazzato insieme – Ed è abbastanza un sollievo riscontrare che invece la pensavamo allo stesso modo. -

Deglutisco, mentre il cuore mi batte tanto forte che sento che scoppierà da un momento all'altro.

Quest'uomo è meraviglioso.

-Quindi... vuoi fare sesso con me? - sussurro, sentendomi ridicolo per il solo fatto di porre una domanda del genere.

Ma Stiles non ride di me. E' maledettamente serio mentre mi fissa.

-Non proprio. -

Oh.

Lo sapevo.

Cazzo lo sapevo.

Va bene, non essere tragico.

Non ti vuole, ma il mare è comunque pieno di pesci e se ti getti dalla finestra puoi sempre morire.

-Vorrei fare l'amore con te, Derek. -

Oh mio Dio.

Si può morire, di felicità?

Stiles mi sorride, quasi timido, e io mi riscuoto, rendendomi conto che sono stato a fissarlo con gli occhi a cuore senza dire assolutamente niente.

-Tu vuoi fare l'amore con me, Derek? - chiede in tono gentile e, davvero, penso che il fatto che due minuti prima fossi nudo su un letto, sia una risposta più che sufficiente.

-Certo che voglio. - mormoro comunque, e il sorriso che mi rivolge Stiles è la cosa più luminosa dell'universo.

Amo, amo il suo sorriso.

Lo ricambio, per un istante, prima che mi venga in mente il perché fossi così nervoso all'idea di andare a letto con lui.

-Ho solo paura di deluderti. - sputo velocemente, facendomi coraggio.

Stiles aggrotta la fronte, rivolgendomi un sorriso incredulo.

-Deludermi? Derek, non so a cosa ti riferisci, ma non potresti mai deludermi. -

E' così meravigliosamente gentile.

Il che non aiuta molto ciò che sto per dire.

-E' solo che... che... non voglio che tu ci rimanga male quando non mi troverai la prostata e io dovrò pensare alla Foresta Amazzonica per venire. - butto fuori tutto d'un fiato, mangiandomi quasi le parole.

Per quella che pare un'eternità, Stiles mi fissa, senza dire niente.

Sembra totalmente sconcertato.

Beh, posso capirlo.

-Fammi capire – inizia poi in tono basso e lento, guardandomi negli occhi quasi con severità – Stai parlando dell'eventualità che io non riesca a far godere te, e ti preoccupi di far rimanere male me? Come se fosse colpa tua? -

Inclino il capo, perplesso.

-Mh, sì? -

Stiles mi fissa, incredulo.

-Derek, ascoltami bene e mettiti queste parole nella tua testolina testarda. Il fatto che Jordan non sia mai riuscito a farti godere, non è mai dipeso da te, ma unicamente da lui. Con tutto il rispetto per Jordan. - aggiunge, come a ripensarci.

Oh. Come è ingenuo.

Lo guardo con benevolenza, sporgendomi a coprirgli la mano che tiene sul copriletto con la mia.

-Sei molto dolce, ma a questo punto mi pare ovvio che io non abbia una prostata. Forse ce l'ho avuta in passato, ma non penso che sia tutta colpa di Jordan se non ho mai avuto un orgasmo prostatico in tre anni di relazione. -

Stiles mi fissa, impassibile.

-Scusa se ti contraddico, ma è esattamente tutta colpa di Jordan, se non hai mai avuto un orgasmo prostatico. E possiamo smettere di parlare del tuo ex fidanzato quando stiamo per farlo? - aggiunge, lievemente infastidito.

Oddio. E' ancora più carino quando è geloso.

Anche se la sua ottusità sta cominciando a irritarmi.

-Ti dico che ho qualche problema alla prostata. - insisto, piccato.

-E io ti dico che non hai nessun problema, se non sfortuna nello scegliere i fidanzati! - ribatte Stiles, esasperato.

-Perché ne sei così sicuro?! - sbotto, ormai apertamente infastidito.

Trattengo il fiato quando Stiles si sporge inaspettatamente verso di me, tanto vicino che le nostre labbra si sfiorano quasi.

Mi sorride con un angolo della bocca e penso di avere un infarto in corso.

-Perché sono totalmente sicuro che posso farti venire senza nemmeno sfiorarti. Solo muovendomi dentro di te. - sussurra e penso di non essere mai stato così eccitato in tutta la mia vita.

Deglutisco nervosamente, cercando con una certa disperazione di mantenere la mia aria di sfida.

-Questo è impossibile. - ribatto, alzando un po' il mento.

Stiles socchiude gli occhi e per un attimo una scintilla infastidita sostituisce quella maliziosa ed eccitata.

-Beh, non ci resta che scoprirlo, dico bene? -

Scuoto la testa, combattuto.

Da una parte voglio solo che quest'uomo mi salti addosso, da brava sgualdrina.

Dall'altra...

Io tengo a Stiles.

Non è solo sesso, per me.

E non voglio che ci rimanga male quando lo deluderò, perché so che lo farò.

-Ehi – la voce di Stiles adesso è di nuovo morbida, mentre piega la testa per intercettare i miei occhi e mi accarezza una guancia con tenerezza – Ascolta. Anche se tu... Dio, cosa sto per dire... anche se tu non avessi una prostata, non potresti mai deludermi. Non potresti deludermi in nessun caso, in nessuna circostanza, in nessuna dannata situazione. Al massimo sono io che potrei deludere te, chiaro? Ma tu non hai niente che non vada. Non è colpa tua se con Jordan il sesso non andava bene, sono cose che succedono. E non sarà colpa tua se magari questa volta non andrà bene come ci aspettavamo – mi sorride con un angolo della bocca e, Dio, ho paura dei sentimenti che provo per quest'uomo – Vorrà dire che ci riproveremo e se andrà di nuovo male ci riproveremo ancora, e ancora e ancora, finché Tony non ci caccerà da questa stanza orrenda. -

Scoppio in una risatina tremula e Stiles mi fissa, con gli occhi che brillano.

Sospiro, strisciando un po' più vicino a lui. Strofino la mia guancia contro la sua, mentre una mano di Stiles mi circonda il fianco ancora coperto dal suo maglione e l'altra si serra con dolcezza sui miei capelli.

-Va bene – sussurro, baciandogli una guancia prima di staccarmi leggermente, per poterlo guardare negli occhi – Hai qualche suggerimento, prima di cominciare? -

Stiles mi fissa, di nuovo confuso.

-Suggerimento? - ripete e io arrossisco.

-Sì... insomma... è ovvio che sei stato con un sacco di persone. E tu sai benissimo con quante sono stato io e come fosse... ehm, complicata dal punto di vista sessuale la mia ultima relazione. Pensavo che magari potessi condividere con me qualche trucco. - bofonchio, evasivo.

Stiles spalanca gli occhi, mentre il suo volto si apre lentamente in un sorriso incredulo e divertito.

-Derek... esattamente con quante persone pensi che sia stato? -

Un centinaio?

-Una trentina? -

Stiles scoppia a ridere di gusto e io gonfio le guance, offeso. Non è giusto che rida di me!

-Derek, non so nemmeno se arrivo a dieci! - esala alla fine, guardandomi con tenerezza e appoggiando la fronte alla mia, baciandomi il naso.

Okay, questo è leggermente rincuorante.

-Davvero? - sussurro, scrutandolo attentamente.

Stiles sorride, muovendo piano la testa contro la mia in un cenno positivo.

-Davvero. E comunque, te l'ho detto. Non ho mai voluto nessuno come voglio te. -

Non riesco a impedire a un grosso sorriso scemo e gongolante di fiorire sulle mie labbra e Stiles ride di nuovo, baciandomele teneramente.

E lentamente il bacio si fa più intenso fino a quando, non so come, mi ritrovo sdraiato sotto Stiles, le sue mani che mi accarezzano lo stomaco da sotto il maglione e le mie braccia serrate con forza intorno al suo collo.

Non ci siamo mai baciati così, con questa urgenza.

Improvvisamente realizzo che lo stiamo davvero per fare, e mi sento allo stesso tempo eccitato e terrorizzato.

-Davvero non hai nessun trucco da condividere con me? - sussurro senza fiato contro le sue labbra, approfittando di un piccolo momento di pausa.

Stiles mi fissa e i suoi occhi non sono mai stati più luminosi.

O più maliziosi.

Lentamente, senza perdere il contatto visivo, fa scorrere le sue mani lungo i miei fianchi, sollevandomi il suo maglione poco alla volta e arricciandomi la pelle.

-In effetti, ne ho un paio. -

Spalanco gli occhi, faccio per sollevarmi, ma Stiles mi tiene dolcemente giù con il suo corpo.

-Che aspetti? Dimmeli!-

Stiles sorride con un angolo della bocca, socchiudendo gli occhi.

Dio. Quest'uomo mi farà morire.

-Non te lo ha mai detto nessuno, Derek? - abbassa deliberatamente la voce, mentre mi sfila una volta per tutte il maglione, lasciandomi nudo sotto di lui. Si abbassa a baciarmi profondamente, gettando allo stesso tempo il suo maglione per terra.

Mi scocca un sorriso furbo e maledettamente attraente, e deve smetterla, sul serio.

Deve smetterla di farmi battere il cuore in questa maniera.

Gesù, ho ventotto anni e lui mi fa sentire un quindicenne alla sua prima esperienza.

-Certe cose si mostrano, non si dicono. - sussurra sulle mie labbra, prima di leccarle.

Addio mondo.

Sono definitivamente morto.

 

 

 

Io lo sapevo.

Cazzo lo sapevo che non avrebbe funzionato.

Mi sta preparando da una vita e niente.

Tutto morto lì dentro.

Lo sapevo di essere biologicamente sbagliato.

Ora dovrò pensare alla foresta Amazzonica, per forza.

Sollevo un po' la testa dal cuscino, per osservare Stiles.

E' assolutamente tranquillo, sdraiato tra le mie gambe con la bocca premuta sull'osso iliaco, ignorando totalmente la mia erezione come aveva preannunciato.

E mi prepara con assoluta calma, per nulla preoccupato dalla mia mancanza di reazioni.

E' molto carino da parte sua fare buon viso a cattivo gioco, davvero.

Ma ormai è chiaro che Malia mi ha procurato danni irreversibili con quello spintone a sette anni.

Una malformazione alla natica può portare al ritiro della prostata?

Ovviamente no.

Ma io sicuramente sono l'eccezione che conferma la regola.

Santo cielo!

Non verrò mai e poi mai. Basta, mi devo semplicemente arrendere all'evidenza e farmi monac-

-OH MIO DIO. -

Ho urlato talmente forte che il lampadario sopra di noi traballa un po' e Stiles si blocca, fissandomi preoccupato, ma senza spostarsi di un centimetro.

Cosa cavolo era.

Cosa era questa scarica di eccitazione che mi ha attraversato tutto il corpo, portandomi a contorcere e a urlare?

Forse...

No!

Non è possibile!

-Che c'è, ti ho fatto male?- Stiles si è fermato e mi sta guardando bene in viso, ma non sembra sul serio preoccupato di avermi fatto male.

I suoi occhi brillano come non mai.

Che razza di bastardo.

-Oh mio Dio, rifallo. Lo stesso movimento di prima, ti prego. - imploro senza voce per l'urlo di prima, premendo disperatamente la testa sudata sul cuscino.

Stiles adesso sorride con consapevolezza e muove ancora le dita nello stesso modo di prima, guardandomi negli occhi.

-Guarda che ho trovato... - mormora, ripetendo gli stessi movimenti ancora e ancora.

E io urlo.

Urlo talmente forte che penso che gli altri ospiti crederanno che qua si stia svolgendo qualche sorta di rito satanico o un sacrificio umano.

Ma non posso farne a meno.

E quando Stiles sfila le dita e entra delicatamente in me, è ancora peggio.

O meglio, a seconda dei punti di vista.

A questo punto ho perso ogni parvenza di autocontrollo.

Non faccio che gemere e urlare, gli graffio la schiena e poi mi aggrappo alle lenzuola, sollevo i fianchi per andare incontro alle sue spinte calme e profonde e, oh, così fottutamente perfette.

A Stiles non sembra importare se sembro posseduto. Mi bacia e mi accarezza le cosce ancorate al suo bacino e ha pure il coraggio di guardarmi con reverenza.

Quest'uomo è adorabilmente fuori di testa.

Quando ormai sono vicino, allungo una mano per toccarmi, ma Stiles la intercetta, con un sorriso furbo e gli occhi che brillano come non mai.

-No, non credo che lo farai. -

-Ne ho bisogno. - quasi ringhio, guardandolo male, ma Stiles non si scompone, limitandosi a inchiodarmi con dolcezza le mani al cuscino, ai lati della mia testa, tenendole con forza misurata nelle sue.

-E io non te lo negherei mai, ma oggi ho una scommessa da vincere. – abbassa un po' la testa e mi sussurra le parole successive direttamente nell'orecchio, mandandomi brividi incontrollabili per tutto il corpo, mentre le sue spinte si fanno più forti.

-Lo vogliamo avere questo orgasmo prostatico o no? -

Oh mio Dio.

Morirò.

 

 

 

Sono sdraiato sopra le lenzuola, cercando di respirare lentamente per riprendere fiato, gli occhi fissi al soffitto scrostato sopra di noi.

Stiles è steso accanto a me, ha anche lui il fiatone e guarda il soffitto, è talmente vicino che le nostre braccia sudate si sfiorano.

Non abbiamo detto una parola da quando ho avuto l'orgasmo più sconvolgente della mia vita. Penso di avere persino perso coscienza per qualche istante, perché non mi ero nemmeno reso conto che Stiles si stesse ancora muovendo in me, venendo poco dopo.

Con un respiro profondo volto la testa sul cuscino, cercando di ignorare il modo disgustoso in cui la federa giallognola si attacca alla mia guancia sudata. Stiles fa lo stesso e adesso ci guardiamo negli occhi.

-Ho una prostata. - gli comunico, commosso.

Stiles spalanca gli occhi e mi fissa per un istante, poi scoppia a ridere.

Sono talmente estasiato, incredulo e felice, che non me ne importa niente.

Che mi prenda pure in giro, io oggi sono rinato.

-Ho una prostata, te ne rendi conto? -

Stiles continua a ridere e ridere, ha persino le lacrime agli occhi.

Ci faccio appena caso, mentre continuo a guardarlo con un grosso sorriso meravigliato.

-Sì, Derek. Me ne rendo conto. - ansima poi tra le risate, guardandomi con occhi dolci e brillanti.

Rotolo su un fianco, facendomi più vicino. Stiles immediatamente solleva un braccio e me lo passa sulle spalle, tirandomi addosso al suo corpo nudo.

E' ammirevole che voglia stare appiccicato a me anche se siamo entrambi sudati e accaldati.

Mi sistemo sul suo petto, puntando il mento sulla sua clavicola e fissandolo.

-Sei un dio del sesso. - mormoro, venerante, e Stiles ride di nuovo, passandosi una mano sulla faccia per coprirsi il volto.

Sorrido incredulo. Oddio, è arrossito! Ho fatto arrossire Stiles.

-Oddio... tu sai certamente come gonfiare l'ego di un uomo, Derek. - mormora, e il suo occhio brilla in maniera calda dallo spiraglio delle sue dita.

In effetti, sono grande a gonfiare l'ego delle persone.

Anche se non sono sempre sincero come adesso.

Questo mi fa venire in mente uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita.

Mi hai fatto fiorire come una dalia!

Ora sì, che sono fiorito come una dalia!

-Cosa? -

Mi riscuoto, trovando Stiles che mi fissa con aria perplessa e un po', molto, divertita.

Cazzo.

L'ho detto ad alta voce, non è vero?

Ho detto che mi ha fatto fiorire come una dalia ad alta voce.

Preso dal panico mi metto sopra di lui e lo bacio, soffocando la sua risata con la mia bocca.

-E' inutile che cerchi di uccidermi con un bacio, non dimenticherò mai quello che hai detto! - ride senza fiato nella mia bocca e sorrido anche io, pettinandogli con tenerezza i capelli sudati all'indietro.

-Non ho detto niente. Niente. Mi piacciono le dalie, tutto qui! -

Stiles adesso mi fissa, ha smesso di ridere e mi rivolge questo sguardo dolce ma un po' triste.

Baciargli una guancia e sistemarmi meglio sul suo corpo, in una sorta di goffo abbraccio, diventa una necessità impellente.

Odio quando diventa malinconico.

Odio sentirlo lontano da me e non poter fare niente per farlo stare meglio, per il semplice fatto che non ho idea di cosa gli stia passando per la testa.

-Piacciono anche a me le dalie. - sussurra, mentre con un dito mi accarezza piano la guancia.

Gli prendo la mano e ne bacio il palmo, e la tengo tra le mie.

Non mi importa nemmeno se ho le mani sudate.

Voglio solo che Stiles sappia che sono qui.

-Penso di averlo intuito, dopo tutte quelle che mi hai mandato. - mormoro con un sorrisino e Stiles ride e, Dio, è così bello quando ride.

Dove devo firmare per averlo sempre così, sempre felice e luminoso? Perché firmerei qualsiasi contratto. Qualsiasi.

Ci baciamo e in un attimo mi sento di nuovo eccitato, il che è strano, perché ricordo distintamente che dopo il sesso con Jordan mi fingevo praticamente morto nel terrore che volesse un secondo round.

Okay, so che avrei potuto dirgli che il sesso non mi piaceva e che non volevo rifarlo, ma non volevo ferirlo.

So che è colpa mia, ma ho questo enorme problema di non riuscire a dire la verità alle persone a cui voglio bene.

Ma con Stiles non ho questo problema. Posso essere sincero sempre, totalmente.

-Voglio rifarlo. -

Okay, forse anche troppo.

Stiles mi guarda sorpreso per un attimo, poi scoppia a ridere, portando le braccia a circondarmi la parte bassa della schiena, mentre io lo guardo sopra di lui, un piccolo sorriso che mi increspa le labbra.

-Temo di non avere più la stessa resistenza di quando avevo vent'anni. Ho bisogno di un po' di tempo di recupero. - si scusa con un mezzo sorriso, ma io non sono arrabbiato o deluso.

Al contrario il mio sorriso si fa più grosso, mentre mi sollevo rimanendo seduto sul suo stomaco, strappandogli un ansimo misto a risata.

-Oh mio Dio. Non ci avevo mai pensato. Tu sei vecchio. Sto con un vecchietto. -

Stiles ride di nuovo, scuotendo la testa.

-Trentasei anni ti sembrano tanti solo perché adesso ne hai ventotto, amor mio. -

Arrossisco dalla punta dei piedi alla punta dei capelli.

Okay, so che l'ha detto in senso ironico, per prendermi in giro e in un contesto scherzoso.

Ma mi ha chiamato amor mio.

E poi pretende che aspetti i suoi tempi di recupero! E' altamente scorretto!

-Tutto bene? Sei tutto rosso. -

Abbasso lo sguardo su Stiles e noto che ha un sorrisetto consapevole e so che dovrei risentirmi per il modo in cui mi prende in giro, ma non è mai stato così bello, tutto nudo sotto di me, con i capelli scompigliati e gli occhi che brillano.

Ho paura di quello che provo quando lo guardo.

Scuoto la testa, cercando di distrarmi e di non avere pensieri compromettenti.

Mi chino su di lui e gli mordo il naso, strappandogli un'altra risata.

-Sei vecchio. - cantileno contro le sue labbra, prima di baciargliele. Stiles mi accarezza il retro del collo mentre ricambia con dolcezza e quando mi stacco non sposta la mano, continuando a tenermi vicino a lui.

Mi fissa e riconosco ancora lo sguardo leggermente malinconico di poco prima.

-Tu – comincia con voce bassa e lenta, guardandomi con estrema serietà – Tu mi fai sentire in un modo, in cui pensavo che non mi sarei sentito mai più. -

Lo guardo, cercando di decifrare il suo viso, di capire dai suoi occhi quello che pensa e non mi dice.

-E in che modo ti faccio sentire? - mormoro, senza staccare lo sguardo.

Allunga un po' il viso e io abbasso il mio, per rendergli più facile baciarmi.

-Felice. - risponde in un sospiro morbido e io rimango in silenzio, appoggiando la fronte alla sua e accarezzandogli piano una guancia.

Spero che non noti che mi sono venuti gli occhi lucidi.

Stiles si mette a sedere, circondandomi con le braccia per tenermi in grembo e mantenendo la fronte appoggiata alla mia.

Non sono mai stato così intimo con nessuno finora. E non parlo solo della posizione o del fatto che siamo nudi.

Il modo in cui mi guarda... nessuno mi ha mai guardato così.

-Dopo la morte di Scott... - la voce gli si spezza un po' e io gli bacio la guancia, incoraggiandolo a continuare. Stiles mi stringe più forte, prendendo un grosso respiro – Dopo la morte di Scott, pensavo che non sarei stato felice mai più. Non è stato... - si schiarisce la gola e distoglie un istante lo sguardo, come se non volesse farsi vedere vulnerabile da me – Non è stato semplice. Era come un fratello per me e quando lui è morto... beh, penso che sia morta anche la parte migliore di me. -

Gli accarezzo le guance, scuotendo piano la testa, incapace di dire qualcosa. So solo che mi viene da piangere, ma non posso permettermelo. Non quando Stiles è così fragile tra le mie braccia.

Improvvisamente risolleva gli occhi nei miei ed è un sollievo riscontrare che sono meno tormentati e più luminosi. Sono come dovrebbero essere gli occhi di una persona felice.

Sono esattamente come i miei.

-Ma ecco che incontro un ragazzo sull'aereo. E' un tipo un po' strano, legge People nascondendolo sotto il New York Times ed esclama totalmente a caso che deve controllare i tassi di mercato. -

Ridacchio imbarazzato e faccio per nascondermi contro la sua spalla, ma Stiles me lo impedisce dolcemente, facendo pressione con la sua fronte contro la mia e costringendomi a guardarlo.

Adesso sorride e i suoi occhi sono la cosa più bella della mia vita.

-E poi, questo ragazzo un po' strano e chiassoso, mi afferra la mano e mi comunica di non avere la prostata – arriccia le labbra in un sorrisetto e inarca le sopracciglia – Sono rimasto totalmente affascinato. -

E' il mio turno di inarcare le sopracciglia con aria scettica, ma sorrido e sono tutto rosso.

-Davvero? Quello è stato il momento in cui sei rimasto affascinato? Io che ti dicevo di non avere una prostata? -

Stiles annuisce con serietà, accarezzandomi la schiena con le sue mani grandi.

-Assolutamente. Mi hai conquistato immediatamente. -

Rido e scuoto la testa, mentre Stiles rimane serio, gli occhi che bruciano nei miei.

Esita un po' prima di parlare di nuovo.

-Sai cosa ho pensato, mentre mi parlavi dei tuoi problemi, dei tuoi sogni, della tua vita? -

Faccio segno di no, guardandolo con curiosità.

Stiles sospira, un sospiro tremulo, tirandomi ancora più vicino.

-Ho pensato... che dovesse essere un segno del destino. Che non potesse essere casuale che proprio nel momento in cui Scott mi mancava come l'aria e mi sentivo così disperato che quasi speravo che davvero l'aereo precipitasse, tu ti fossi seduto accanto a me con la tua valigetta e le tue riviste. Ho pensato che qualcuno ti avesse mandato da me, per me. Solo per me. -

Lo guardo in silenzio, con serietà.

Sono totalmente senza parole.

Stiles abbassa un po' il viso, con un sorriso imbarazzato.

-Mi dispiace. Ho reso un momento che doveva essere spensierato e felice, cupo e deprimente. Davvero, mi... -

Non lo lascio nemmeno finire di parlare. Gli afferro con dolcezza il viso tra le mani e glielo sollevo finché non siamo di nuovo occhi negli occhi.

-Questa – sussurro con voce roca e commossa, fissandolo con serietà – Questa è la cosa più bella che mi sia mai stata detta. In tutta la mia vita. -

Stiles sorride e mi tira verso di lui per un bacio. Lo ricambio, con il cuore che batte fortissimo.

Mi guida con dolcezza sotto di lui, ribaltando le nostre posizioni e non smettendo di baciarmi mentre ci copre con la trapunta.

Io gli accarezzo i capelli, accoccolandomi poi al suo fianco quando Stiles si sistema supino e solleva un braccio in un chiaro invito.

Mi sistemo sul suo petto, guardandolo bene in viso.

Fatica a tenere gli occhi aperti e le sue occhiaie sono ancora più evidenti del solito.

Deve essere l'una passata ormai. E Stiles ha guidato praticamente tutto il giorno, deve essere esausto.

-Dormiamo, adesso. - sussurro, baciandogli la clavicola.

Stiles mi guarda e sorrido al suo cercare di rimanere sveglio e reattivo.

-Pensavo che volessi rifarlo. Riesco a rifarlo. - si oppone debolmente e devo mordermi un labbro per non ridere dolcemente di lui.

Non mi è mai importato meno del sesso in tutta la mia vita.

-Sto tanto bene così, ora. - sussurro, accarezzandogli il viso finché Stiles non cede e chiude gli occhi con un sospiro. Mi tira contro di lui, finché non ho di nuovo la testa sul suo petto e le gambe intrecciate alle sue.

Lo guardo un'ultima volta, osservo attentamente il suo petto alzarsi e abbassarsi al ritmo lento del respiro, il viso stanco rilassarsi poco alla volta.

Poi lo abbraccio e chiudo anche io gli occhi.

 

 

 

Mi sveglio con un ticchettio fastidioso nelle orecchie. Sembra un cellulare.

Mugolo confusamente, visto che la mia bocca è premuta contro qualcosa di indefinito.

Pelle. Pelle un po' appiccicosa, ma dall'odore buono.

Il ticchettio cessa immediatamente e sento un rumore attutito, come di qualcosa che viene posato sul comodino.

-Ehi. Sei sveglio? -

Una voce dolce, una mano che mi accarezza i capelli.

Apro a fatica gli occhi, mettendo a fuoco dove mi trovo.

Sono nella stessa stanza orrenda dell'altra notte, sono ancora nudo e sudato, fa freddissimo e sono sdraiato su Stiles, con la testa sul suo petto.

Deve essere questa la felicità.

Lo guardo e il sorriso di Stiles mi riscalda immediatamente.

-Come ti senti, piccolo? - mormora, gentile e premuroso come sempre.

-Benissimo. -

Anche se...

-Ho freddo. - piagnucolo e Stiles ridacchia in maniera soffice, portandomi più vicino al suo corpo, nel tentativo di riscaldarmi.

Siamo entrambi nudi e eccitati e mi ritrovo ad arrossire come una dodicenne.

-Forse non è stata una buona idea andare a dormire nudi. - mormora contro la mia fronte e mi odio perché la mia sgualdrina interiore invece pensa che sia stata un'idea splendida.

-Forse avremmo dovuto far accendere il caminetto a Tony. - ribatto io e me ne pento quando vedo Stiles ghignare in maniera ben poco rassicurante.

-Io glielo avrei lasciato fare volentieri, ma volevo anche impedire che ti vedesse mentre eri sdraiato tutto nudo sul letto. -

Gonfio le guance, sapendo di essere andato a fuoco, purtroppo.

-E' stata un'idea di Jackson. - borbotto imbronciato, ma mi sento un po' meglio quando Stiles ridacchia contro la mia tempia, prima di baciarla dolcemente.

-Chissà perché, ma la cosa non mi sorprende molto. -

Roteo gli occhi, poi scivolo agilmente fuori dal suo abbraccio, ignorando il verso di disappunto che emette.

Scosto le coperte e mi metto seduto lateralmente, lanciando le gambe fuori dal letto. Volto il viso per guardarlo da sopra la spalla e arriccio le labbra quando noto che Stiles non ride più, ma osserva ogni mio movimento con sguardo famelico.

-Penso che farò una doccia calda e poi mi metterò dei vestiti. Rimani pure qua, non ci metto molto. Poi possiamo andare a fare colazione, se ti va. -

Non aspetto una risposta e mi alzo in piedi, tutto nudo, per poi avviarmi lentamente verso il bagno cercando di non ridere.

Sento lo sguardo di Stiles bruciarmi la schiena.

Entro in bagno senza preoccuparmi di chiudere la porta.

Mi guardo fugacemente allo specchio, mentre aspetto che l'acqua diventi calda. Ho le guance arrossate, i capelli sudati e attaccati alla fronte, le occhiaie e gli occhi lucidi.

Ho un aspetto orrendo.

Eppure non mi sono mai sentito così bene.

Entro nella doccia e sorrido quando dopo appena cinque secondi sento lo sportello aprirsi nuovamente. Chiudo gli occhi e rilascio un gemito quando sento il corpo di Stiles aderire alla mia schiena, le sue labbra aperte sul mio collo bagnato. Mi mette le mani sui fianchi e mi fa voltare con dolcezza ma decisione e subito la sua bocca trova la mia.

Gli allaccio le braccia intorno al collo e ridacchio senza fiato quando mi passa le braccia sotto le cosce, sollevandomi contro le piastrelle.

Socchiudo gli occhi, fissandolo attraverso il vapore che l'acqua bollente ha creato.

-Deduco che tu abbia recuperato le forze, vecchietto? -

Gli occhi di Stiles brillano, mentre muove le sopracciglia in maniera suggestiva.

Le cose che mi fa provare quest'uomo, Dio mio.

-Vediamo se riesco a farti fiorire un'altra volta. - sussurra contro le mie labbra, prima di baciarmele dolcemente.

Lo odio.

Giuro che...

Oh, chi voglio prendere in giro.

Mi sto innamorando, porca puzzola.

 

 

 

 

Okay.

Penso che questa sia la situazione più imbarazzante della mia vita.

Siamo entrati in sala da pranzo mano nella mano per la colazione e mi sento tutti gli sguardi addosso.

Sono sicuro che Tony abbia cantato con tutti, aveva un'espressione troppo colpevole quando siamo passati per la hall.

Oppure i nostri vicini di stanza hanno sentito le mie urla ieri notte.

O stamattina.

Per due volte.

A quanto pare la nottata di sonno ha fatto bene a Stiles, perché non ha avuto nemmeno bisogno del tempo di recupero.

Stringo forte la mano di Stiles, che al contrario di me sembra totalmente rilassato e noncurante.

Certo, di lui si diranno solo cose belle.

Sono io la sgualdrina che si fa trovare nuda dal proprietario dell'albergo e grida di avere una prostata durante l'orgasmo (è successo stamattina, e non ne vado fiero. Quando siamo usciti dalla stanza abbiamo incontrato una vecchietta che stava nella stanza accanto alla nostra e sembrava terrorizzata da me. Terrore puro).

Deglutisco e tiro un po' Stiles verso di me, per potergli parlare nell'orecchio.

-Ho cambiato idea, facciamo colazione in camera. -

Stiles mi lancia un'occhiata perplessa, poi sorride dolcemente.

-La staranno rifacendo, Derek. E non penso comunque che possiamo farlo – aggrotta la fronte, scrutandomi preoccupato – Qualcosa non va?-

Scuoto la testa, guardando prima lui e poi facendo passare lo sguardo verso tutte le persone che ci fissano.

Okay, forse ci fissano perché siamo gli unici idioti in piedi e stiamo pure bloccando l'accesso al buffet, ma comunque.

-Mi stanno guardando tutti. Mi odiano. - sibilo ansiosamente e Stiles ride di cuore, passandomi un braccio intorno alle spalle e spingendomi dolce e inesorabile verso il primo tavolo libero.

-Ma non è vero. Al massimo ti guardano perché non sei mai stato più bello di stamattina. - mi offre con un sorriso gentile, scostandomi la sedia.

Gli scocco un'occhiataccia mentre mi siedo, anche se so che sto sorridendo.

-Ruffiano. - lo prendo in giro, ma Stiles scuote la testa afferrandomi una mano e baciandomi il palmo, rimanendo in piedi davanti a me.

-Lo penso sul serio. Così bello. - mormora contro la mia pelle, fissandomi con uno sguardo infraintendibile, che urla cose irripetibili che abbiamo fatto sotto la doccia.

Okay, forse è per questo che ci stanno guardando.

Eppure la cosa mi fa gongolare, invece di imbarazzarmi.

Sì, signora con uno stupido cappellino blu che mi sta guardando male: quest'uomo mi ha fatto avere un orgasmo prostatico da paura e adesso mi sta facendo il baciamano e quando torneremo nella nostra camera orrenda rifaremo sesso e fiorirò di nuovo.

E ora continui pure a mangiare la sua ciambella e a rodersi il fegato.

-Vado a prendere qualcosa al buffet. Richieste particolari? - la voce di Stiles mi riscuote e riporto l'attenzione su di lui.

-Uova e pane tostato. E succo d'arancia. - lo prego sporgendo il labbro e Stiles sorride, baciandomi un'ultima volta sulla bocca prima di allontanarsi.

Rimango da solo e per cercare di non pensare a tutti gli sguardi giudicanti che mi sembra di avere addosso, estraggo il mio cellulare dalla tasca dei jeans e lo sblocco.

Merda.

Ho dieci chiamate senza risposta.

Cinque da mia madre, due da mio padre, una da Jackson e due da Isaac.

Jackson mi ha pure mandato un messaggio, in realtà. Una melanzana, delle gocce d'acqua e un punto di domanda.

Cosa ha che non va questo ragazzo.

Deglutisco, fissando esitante lo schermo del cellulare.

Alla fine lo capovolgo sul tavolo, decidendo di continuare a fingere che il mondo sia composto solo da me e Stiles.

Che tutta la nostra vita inizi e finisca in un albergo sperduto dove nessuno ci conosce e dove Stiles è solo un ragazzo normale e io non sono il pazzo che ha abbandonato una cena di famiglia con una scenata.

Solo per un altro po'.

Quando Stiles torna verso il tavolo, noto subito che ha un piatto solo e che sta guardando con aria concentrata il cellulare che tiene nell'altra mano.

Aggrotto immediatamente la fronte, preoccupato.

Non è mai un buon segno quando Stiles sta al cellulare e stamattina l'ho sentito distintamente messaggiare con qualcuno.

So che dovrei rilassarmi, perché abbiamo appena fatto l'amore per la prima volta ed è tutto perfetto, ma non posso fare a meno di chiedermi cosa sia successo.

C'entra ancora la Scozia? Sta parlando con Theo?

I miei occhi non abbandonano Stiles per tutto il tempo che gli ci vuole per mettersi seduto e appoggiarmi il piatto fumante davanti.

Non ha ancora staccato gli occhi dal cellulare.

Proprio quando ormai sto andando nel panico, Stiles posa il cellulare accanto al mio, solleva il volto e mi guarda.

Ed è impossibile non sciogliersi come un perfetto idiota davanti al suo sguardo.

Mi ritrovo a ricambiare il suo sorriso senza nemmeno accorgermene.

-Grazie per avermi portato la colazione. Tu non mangi? - domando poi, fissando perplesso il mio piatto pieno e il nulla davanti a Stiles.

Stiles scuote la testa, continuando a sorridermi gentilmente.

-Non faccio mai colazione. Prenderò un caffè più tardi. -

Lo guardo con disapprovazione, mentre mi infilo un chilo di pane tostato in bocca, come la persona altamente raffinata che sono.

-Ma la colafione è il pafto più importante! -

Sento vari sguardi disgustati su di me, visto che penso di aver sputacchiato pane ovunque, ma gli occhi di Stiles su di me esprimono solo luce e un'inspiegabile venerazione, per cui non mi preoccupo.

-Hai ragione. Dopo mi prendo una brioche, promesso. -

Annuisco con soddisfazione, poi sorrido con un angolo della bocca, deglutendo rumorosamente.

-Hai dimenticato il mio succo d'arancia, comunque. -

Stiles spalanca gli occhi e fa per alzarsi, ma io rido e mi allungo a prendergli la mano, tenendolo seduto accanto a me.

-Scherzavo. Resta qui. Lo prendo dopo, così prendo anche una brioche per te. -

Stiles si limita ad accarezzarmi la mano. Sorride, ma vedo che ogni tanto indugia con gli occhi verso il suo cellulare. Seguo il suo sguardo e sospiro.

-Chi era al telefono stamattina? - domando cercando di essere casuale, mentre infilzo alcuni pezzi di uova con la forchetta.

Stiles esita solo un istante, prima di rispondere, con un sospiro.

-Allora eri sveglio. Era Theo. -

Inarco le sopracciglia, ma non commento.

E ti pareva, il robot simpaticone.

-Che voleva? Cose di lavoro? -

Stiles non mi guarda, ha gli occhi fissi sulle nostre mani unite.

-Sì. Qualcosa del genere. - risponde e ho l'opprimente sensazione che mi stia mentendo.

Ma non voglio pensare a queste cose, non adesso. Abbiamo fatto l'amore ed è stato stupendo. Qualunque cosa sia successa, siamo solo noi adesso, ancora per un po'.

Questo mi fa venire in mente un'altra cosa piuttosto deprimente.

-Quand'è che devi partire per Chicago? - chiedo, già con il magone.

Stiles solleva il viso e mi guarda, ed è un sollievo vedere che il suo sguardo adesso è aperto e sincero, non più sfuggente ed esitante.

-Domattina alle dieci. E a questo proposito... - accenna un piccolo sorriso, stringendomi più forte la mano – Mi chiedevo se ti andasse di stare qui anche stanotte. Prenderci la giornata per noi, visitare un po' i dintorni o fare quello che vuoi. Poi domattina farò venire Theo a prenderti per portarti a New York, mentre io andrò direttamente in aeroporto. -

Okay, ignorerò volutamente la seconda parte del suo discorso per concentrarmi solo sulla prima.

Faccio un sorriso enorme, che si rispecchia negli occhi luminosi di Stiles.

-Sarebbe meraviglioso! Ma davvero possiamo restare un'altra notte, così, senza preavviso? -

Stiles annuisce, con aria furba.

-Non penso che Tony farà storie, soprattutto quando vedrà la mancia. -

Mi mordo un labbro, improvvisamente a disagio.

-Non mi va che paghi sempre tutto te – mormoro, afflitto – Prima la follia dell'autobus e la cena, ora l'albergo... non voglio... non voglio dare l'idea di starti sfruttando per i tuoi soldi. -

Stiles spalanca gli occhi, sinceramente sbalordito.

-Derek! Non lo penserei mai e poi mai. Come ti viene in mente? E so che non avresti problemi a pagare la tua parte, mi fa semplicemente piacere poter farlo io per te. Me lo posso permettere e lo faccio volentieri, ma se la cosa ti fa sentire a disagio posso smettere – mi rivolge un sorriso di scuse tenerissimo – Penso di avere un debole nel viziarti. -

Lo fisso seriamente.

-Come fai a essere così perfetto? - sbotto alla fine, quasi irritato, e Stiles scoppia a ridere dolcemente.

Roteo gli occhi con un sorriso, mentre sciolgo dolcemente le nostre mani.

-Vado a prenderti da mangiare, miliardario da strapazzo. - bofonchio, alzandomi in piedi.

Stiles mi sorride, tranquillo.

-Grazie. -

Ma quando gli passo accanto, mi afferra per un polso e mi tira verso di lui per potermi bisbigliare all'orecchio.

-La colazione è il pasto più importante, dopotutto. E devo essere in forma per quando ti farò fiorire di nuovo. -

Mi ritraggo di scatto, rosso in viso.

Stiles ghigna, con gli occhi che brillano e, davvero, odio quest'uomo.

-Magari la prossima volta non ci riesci. - lo provoco con un bisbiglio dispettoso.

Gli occhi di Stiles si riempiono di una scintilla provocatoria e calda.

-Io dico di sì. -

 

 

 

 

-OH MIO DIO. Ancora! Non ti fermare! Non fermarti! -

Okay, forse Stiles è riuscito a farmi fiorire di nuovo.

Non che mi stia lamentando.

Ci sono volte in cui bisogna semplicemente accettare la sconfitta con un sorriso sulle labbra.

...o urlando a squarciagola tutto il tuo apprezzamento.

Stiles ride e mi tappa la bocca con la sua, sussurrandomi tanti piccoli ssh sulle labbra.

Merda, è vero. E' tipo l'una di notte. Ormai ci odieranno tutti in questo albergo.

Comunque questa è stata una delle giornate più belle di sempre.

Stiles e io abbiamo fatto un po' i turisti in giro e io ho insegnato a Stiles come si fanno i selfie (okay, non vado fiero nemmeno di questo, ma siamo davvero carini in tutte le centoquaranta foto che ho scattato).

Abbiamo cenato in un ristorante grazioso poco distante dal Raggio di Sole e passeggiato mano nella mano per il paese.

E, beh, poi siamo tornati in camera.

E Stiles mi ha dimostrato di essere ancora perfettamente in grado di trovare la mia prostata.

Quest'uomo è un dio del sesso e non mi vergogno ad ammetterlo.

Dopo che siamo venuti per l'ennesima volta, Stiles si toglie il preservativo e poi rotola nel suo lato del letto, tirandomi immediatamente addosso a lui.

Mi bacia la fronte con tenerezza e io mi accoccolo al suo fianco, ronzando soddisfatto.

-Sei meraviglioso. - sussurra e io arrossisco di piacere, lieto di non essere l'unico ad apprezzare le doti dell'altro.

Per un po' rimaniamo in silenzio, si sente solo il battito dei nostri cuori e il crepitio del fuoco nel caminetto.

Sì, Tony ha approfittato del fatto che siamo stati via tutto il giorno per accenderci il caminetto senza dover imbattersi in persone nude.

-Non voglio che tu parta. - mugugno poi, con la bocca premuta contro la sua spalla.

Stiles volta la testa per guardarmi. Sembra dispiaciuto, esattamente come lo sono io.

-Se potessi, resterei con te. Lo sai. -

Sospiro, disegnando cerchi distratti sul suo petto con le mie dita.

-Cosa hai detto di dover fare a Chicago? Un'intervista? -

Stiles annuisce e i suoi occhi brillano di nuovo.

-Sì. Grazie al tuo suggerimento sulla semplicità siamo riusciti a sviluppare delle idee piuttosto interessanti per la nuova linea dedicata a giovani uomini in carriera. Pensiamo che sarà un successo come la linea donne dell'anno scorso – si stringe nella spalle – Mi intervisteranno su questo, in modo che possa fare un po' di pubblicità all'azienda. -

Sorrido ampiamente, davvero contento che le cose stiano andando bene per la sua campagna.

-Ma è meraviglioso, Stiles – il mio sorriso prende un'aria furba – E quando trasmetteranno l'intervista? Voglio vedere il mio ragazzo in diretta e pavoneggiarmi un po' tra me e me. -

Stiles ride, baciandomi la fronte.

-Mercoledì alle cinque, sul canale economico. -

-Sarò collegato! - prometto solennemente.

Stiles ridacchia, baciandomi la fronte sudata. Si scosta un po' e mi guarda apprensivo, passandomi un dito sulle guance rosse.

-Penso sia meglio se stanotte dormiamo vestiti. Non voglio che ti ammali. -

Roteo gli occhi a questa premura, ma non sono così infastidito.

Ci alziamo entrambi dal letto e mentre Stiles si infila un paio di boxer e basta, io mi infilo velocemente un perizoma pulito prendendolo dalla valigia, poi raccolgo dal pavimento la maglietta di Stiles e me la infilo.

E' abbastanza lunga da coprire le mie mutandine, ma il modo in cui Stiles mi sta guardando mi dice che non sono stato abbastanza rapido.

Alzo gli occhi al cielo, anche se sono arrossito.

-Che c'è? Ho anche delle mutande normali, giuro, ma penso che Jackson abbia messo naso nella mia valigia, perché c'erano solo perizoma. -

Stiles mi fissa, gli occhi che brillano come non mai e un sorrisetto furbo.

-Non mi sto esattamente lamentando, comunque. Mi stavo solo chiedendo se non stessi scomodo. Sai, per via della taglia sbagliata. -

Grugnisco senza rispondergli e mi infilo a letto, sotto le coperte. Stiles mi limita, trascinandomi immediatamente su di sé. Ammetto che adesso è difficile mantenere il broncio e non sorridere.

-Sei bellissimo, lo sai? - mi chiede in un sussurro e io alzo un sopracciglio, arrendendomi a un sorriso.

-Me lo dici perché indosso un perizoma troppo stretto e maledettamente scomodo? -

Ride di cuore, passandomi una mano tra i capelli.

-Te lo direi anche se indossassi uno scafandro, giuro. -

Okay, deve smetterla con queste frasi dolci a tradimento.

Davvero.

Sono così inopportune.

Penso che debba continuare così per sempre.

-E' colpa di Jackson. - insisto comunque, piccato.

Stiles sorride, continuando a tenermi praticamente sul suo corpo. Io mi rannicchio contro il suo collo, sentendomi totalmente al sicuro.

-Bel tipo Jackson... Penso che con Isaac formino la coppia più improbabile del mondo. - osserva poi, divertito.

Sbuffo una risata, disegnando distrattamente cerchi sul suo petto con un dito.

-Lo penso anche io. Sono così idioti, poi. Penso che potrebbero arrivare a sposarsi in segreto e continuare a fare finta di niente fino al sesto anniversario di matrimonio. -

Stiles mi guarda con curiosità.

-Da quant'è che si girano intorno senza concludere nulla? -

Prendo un attimo per riflettere, corrugando la fronte.

-Beh, noi tre siamo cresciuti insieme. Ci conosciamo da una vita. Penso che Isaac sia sempre stato innamorato di Jackson, ma Jackson... beh, Jackson è Jackson, appunto. Così Isaac ha provato a uscire con questo tipo terrificante, Patrick. Un idiota totale. Sono stati insieme per un sacco di anni, fino al college. -

-E poi che è successo? - domanda Stiles, accarezzandomi piano la schiena sotto la sua maglietta.

Sospiro, incupendomi un po'.

-Jackson e io abbiamo beccato Patrick che scopava nel letto di Isaac con uno che decisamente non era Isaac. -

-Che bastardo. - mormora Stiles dispiaciuto e io annuisco gravemente.

Poi però sorrido.

-Jackson però è stato fantastico. Ha trascinato Patrick giù dal letto e gli ha tirato un cazzotto così forte che gli ha spaccato il naso, dicendogli che o spariva dalla vita di Isaac dopo avergli detto che razza di merda fosse, oppure lo avrebbe fatto sparire lui. In un fossato. E tipo, non ho mai visto Jackson picchiare qualcuno prima di allora. Dice sempre che gli si rovina la manicure. -

Stiles mi guarda per un po' in silenzio, poi sorride con un angolo della bocca.

-Adesso capisco. -

Lo guardo perplesso.

-Cosa? -

-Che è sempre stato innamorato di Isaac. - risponde con semplicità e immagino che abbia un senso.

A parte che...

-Ma perché se provava sentimenti per Isaac non glielo ha semplicemente detto, invece di scoparsi anche le serrature? Non ha senso. -

Stiles si stringe nelle spalle, gettandomi poi un'occhiata affettuosa.

-Non è che le cose debbano sempre avere senso in amore. Quel che è certo è che non reagisci così per una persona che consideri solo amica. -

Pondero le sue parole, meditabondo.

-Immagino che tu abbia ragione. Jackson è la persona più competitiva del pianeta, ma lascia sempre che Isaac vinca a Pictionary. Deve esserci un motivo. -

Stiles scoppia a ridere, guardandomi con occhi luminosi.

-Ho l'impressione che Pictionary sia una parte fondamentale della tua vita. -

Gli rivolgo un grosso sorriso esaltato.

-Devo ancora insegnarti a giocare! - mi imbroncio – Perché non abbiamo delle lavagnette e dei pennarelli? -

Stiles fa il gesto di mettersi seduto, anche se il mio peso rende difficile il movimento.

-Posso procurarteli facilmente, posso fare una telefon...-

Mi affretto a interromperlo con un bacio profondo, schiacciandolo sul materasso.

E' talmente pazzo che potrebbe davvero fare arrivare un jet privato con dentro lavagnette e pennarelli alle due di notte solo per rendermi felice.

-Fa niente – sussurro sulle sue labbra, poi ammicco – Posso insegnarti la versione da viaggio. -

Stiles inarca un sopracciglio, continuando ad accarezzarmi la schiena con reverenza.

-Cioè? -

Gli faccio scorrere le dita sul braccio nudo, sorridendogli.

-Ora disegnerò delle cose sulla tua pelle e tu dovrai indovinare di che film si tratta, va bene? Chiudi gli occhi. -

Stiles rilascia uno sbuffo divertito, annuendo piano e chiudendo gli occhi.

Mi mordo il labbro e mi concentro, mentre comincio a muovere delicatamente le mie dita sulla pelle di Stiles, lasciando segni invisibili.

Una specie di enorme triangolo. Un semi ovale rovesciato. Una linea dritta con un triangolino attaccato.

Sono chiaramente l'iceberg e il Titanic, con il suo albero maestro, la bandiera americana e tutto quanto.

Mi vergogno da quanto sia semplice. Traccio pure i contorni di quelli che sono senza dubbio Jack e Rose, abbracciati sul ponte di comando.

Stiles aggrotta la fronte.

-Penso di avere qualche difficoltà a capire. -

-Ma come! E' così ovvio! - esclamo oltraggiato, tracciando le linee più forte sulla pelle di Stiles.

Stiles ride, dimenandosi leggermente sotto di me.

-Ahi! Derek non penso che se mi torturi io capirò la cosa oscena che stai disegnando... un cesto di frutta, comunque? -

Boccheggio oltraggiato, ma in realtà sto sorridendo.

-Un cesto di frutta! Hai appena chiamato la nave dei sogni un cesto di frutta! -

Stiles apre un occhio, mi osserva per un po', poi capisce.

-Derek, io ti adoro indiscutibilmente, ma quello era tutto tranne il Titanic. - dice in tono serissimo, per poi scoppiare in una risata sbuffata quando mi getto di prepotenza sul suo corpo, schiacciandolo e ingaggiando una stupida lotta.

-Si capiva benissimo. - borbotto imbronciato, mordendogli una guancia.

-Hai ragione. Penso di essere io poco portato per il gioco. - mi asseconda con serietà, ovviamente prendendomi in giro.

Lo guardo un po' male, porgendogli il mio braccio nudo.

-Vediamo cosa sai fare tu, forza. - lo provoco, serrando forte gli occhi.

Stiles ride soffice, accarezzandomi il braccio senza tracciare nessuna figura.

-Non vedo tanti film. - dice e se non li avessi chiusi, alzerei gli occhi al cielo.

-La cosa non mi sorprende, oh grande miliardario che non ha mai visto Titanic. -

-Ehi, non bullizzarmi. Fammi pensare. - si lamenta, pizzicandomi giocoso un fianco. Io rido, facendo segno di sì con la testa.

Sento Stiles esitare un attimo, prima che le sue dita comincino a muoversi sul mio braccio.

Aggrotto la fronte, cercando di concentrarmi.

Una linea verticale. Una specie di cerchio. Una u.

Stiles ripete i movimenti una seconda volta e capisco che il cerchio in realtà è un cuore.

Sorrido. E' fin troppo facile.

-Ps: I love you! - esclamo vittorioso, aprendo gli occhi e specchiandoli in quelli leggermente confusi di Stiles.

Sembra un pochino nervoso in realtà.

-Mh? - chiede e io roteo gli occhi, abbassandomi a baciargli le labbra.

-Il film. Era ps: I love you. - ripeto contro la sua bocca e gli occhi di Stiles brillano in maniera strana, ma poi sorride ed è tutto normale.

-Esatto. Wow, sei un fenomeno. - mi loda in tono da presa in giro, accarezzandomi la schiena e ridendo quando gli do un altro pizzicotto.

Per un po' rimaniamo in silenzio a coccolarci, le mie dita che vagano di nuovo sul petto di Stiles e le sue che mi accarezzano la schiena con dolcezza.

All'improvviso Stiles abbassa la testa per guardarmi, sembrando abbastanza serio.

-Hai più sentito la tua famiglia? - domanda, con voce gentile.

Abbasso un po' lo sguardo, infastidito.

Non voglio parlare di loro.

Voglio fingere che esistiamo solo noi almeno fino a domattina.

-No. Non me la sento. -

Mi aspetto quasi che mi rimproveri, che mi dica che sono un ingrato, che comunque sono i miei genitori e io sono fortunato ad averli ancora entrambi, a differenza sua.

Ma Stiles non fa niente di tutto questo. Si limita ad abbracciarmi più forte.

-E' legittimo. E non c'è fretta. Parlerai con loro quando te la sentirai. -

Lo fisso e anche se la stanza è buia e l'unica luce è quella del caminetto, cerco disperatamente di registrare ogni particolare del suo volto, così come è adesso, per potermelo ricordare quando saremo lontani.

Il cuore mi batte forte.

Penso di essermi innamorato.

 

 

 

ANGOLINO

 

Questa è la cosa più trash della mia vita.

Aspetto rassegnata i pomodori ahaha

Questa cagatina è comunque per le mie cicce, in particolare Giuls che aspettava con ansia il momento in cui, e la cito, “Stiles avrebbe trovato la castagna di Derek”. Come si fa a non amarla.

Vi amo cicce <3

Comunque, Derek, a quanto pare, ha tutto al posto giusto e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Anche se adesso comincia l'angst, ve lo dico.

Grazie di cuore a tutti coloro che sprecano un po' di tempo con questa trashata, davvero.

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 12
*** Dodicesimo Capitolo ***


 

Dodicesimo Capitolo

 

 

Quando Theo mi viene a recuperare alle otto di mattina al Raggio di Sole, ce l'ha dipinto sul volto che mi odia profondamente e che pensa sia tutta colpa mia se ha dovuto venire fino in Vermont per riportarmi a casa.

Beh, in effetti, è così.

Bisogna riconoscergli però che è stato molto paziente mentre salutavo Stiles.

E l'ho salutato tipo dieci volte prima di rassegnarmi a lasciarlo andare.

In realtà, Stiles ha dovuto staccarmi di viva forza e consegnarmi a Theo, quando ormai stava per perdere l'aereo.

Okay, soffro di ansia da separazione, direi che è legittimo dopo le montagne russe emotive che sono state le ultime quarantotto ore, no?

Come al solito, Theo sembra molto sollevato quando finalmente può scaricarmi sotto il mio appartamento.

Non appena entro in casa, vengo travolto da Isaac che mi butta le braccia al collo e mi abbraccia come se fossi stato via dieci anni e non due giorni.

-Oddio Derek, eravamo così in pensiero! Perché non rispondevi? - mi getta subito addosso la sua preoccupazione, continuando a stringermi come se fossi stato in guerra.

-Dimmi che è perché ti stavi facendo scopare come si comanda! -

Questo, se qualcuno avesse dei dubbi, è Jackson che ci sta venendo incontro dalla sua camera.

Ma se pensano che io riveli dettagli della mia vita sessuale a loro due, si sbagliano di grosso.

Sono una persona riservata e molto timida.

Mi terrò questi due giorni con Stiles per me, per sempre, custodendoli nel posto più intimo e segreto di tutti, il mio cuore.

-Ragazzi, non potete capire, ho una prostata! - urlo esaltato, spalancando le braccia.

Non ho idea di come sia successo, ma nel giro di due minuti sono seduto sul divano con Jackson e Isaac e sto allegramente spiattellando fatti privati e riservati.

Cosa ho di sbagliato?

-... non potete capire, una sensazione sconvolgente... -

-...e mi ha fatto urlare un sacco! -

-...bastava orientare le spinte un pochino a destra ed ecco! E' subito lì! -

-... rifatto per tipo tre volte, è stato grandioso! -

-...non si era spostata durante la notte, capite? Stiles l'ha ritrova subito...-

-...un dio del sesso, davvero! -

Isaac cerca di mantenere un'espressione interessata e gentile, ma quando comincio a mimare con le mani la posizione della mia prostata, Jackson decide di intervenire.

-Oh mio Dio, Derek! Hai avuto un orgasmo, abbiamo capito! Capisco che per te sia una novità, ma solitamente è quello che succede quando si fa sesso, non hai scoperto l'America. -

Io no.

Stiles sì.

Oh mio Dio, devo smetterla con queste metafore imbarazzanti sulla mia prostata.

-Siamo contenti che tu ti sia divertito, tesoro. - conclude Isaac dolcemente, lanciando un'occhiataccia in tralice a Jackson, che sbuffa.

-Divertito? - ripeto incredulo, sempre con questo gigantesco sorriso che mi occupa la faccia da quando sono entrato in casa. In realtà sono complessivamente su di giri, ho il cuore che batte a mille, gli occhi enormi e le guance rosse.

-Non mi sono semplicemente divertito. Sono stati i due giorni più belli di sempre, Stiles è meraviglioso, dolce, gentile e, oh, così bello. Io... io... io penso di amarlo. -

Okay.

Non pensavo che lo avrei detto davvero.

L'immediato silenzio accoglie le mia parole.

Jackson mi sta guardando come se fossi pazzo completo ma allo stesso tempo fosse anche contento per me, mentre Isaac ha la fronte contratta dalla preoccupazione.

Mi sta guardando come quando cercava di convincere un me quindicenne che tatuarmi una farfalla sulla chiappa sinistra fosse una pessima idea e che non l'avrebbe affatto resa più grande.

E non è un buon segno.

-Va bene, io mi ritiro nella mia stanza, di cazzate romantiche non ne voglio sentire! E sapete che ho ancora delle riserve sul fatto che sappia tutti i segreti di Derek! - esclama Jackson, ma sorride appena.

Si alza in piedi e scompiglia i capelli di Isaac con una mano. Vede che lo fisso e scompiglia anche i miei, prima di andarsene con un grugnito.

Adesso siamo solo Isaac ed io in salotto. Mi basta guardarlo negli occhi azzurri che conosco meglio dei miei, per sapere che non sarà una conversazione piacevole.

-Derek... ma come puoi dire di amarlo? Non lo conosci affatto. - mormora, con voce gentile, ma inesorabile.

Mi ritiro appena contro il divano, sentendomi incredibilmente ferito.

Okay, non pensavo che sarebbe stato così diretto.

-Sì che lo conosco. - ribatto debolmente, ma Isaac fa un verso di commiserazione, guardandomi con dolcezza mista a risolutezza.

Ha lo stesso sguardo di quando ascolta qualche accusato che non vuole confessare il reato commesso.

E la cosa mi irrita abbastanza.

Da quando innamorarsi è un reato?

-Davvero? Perché io direi che è Stiles a conoscere te, non il contrario. -

-E questo che vorrebbe dire? - ribatto, cominciando a irrigidirmi.

Isaac mi lancia uno sguardo eloquente. Si vede che sta cercando di non ferirmi, ma non ci sta riuscendo granché.

-Avanti Derek. Cosa sai di lui? E intendo cose che non siano riportate sui giornali. Quando mai si è aperto con te? Ti ha mai spiegato di chi fossero quelle telefonate che gli facevano cambiare umore all'improvviso? Perché se ne è dovuto andare dal vostro secondo appuntamento? O perché fosse in Scozia quando l'hai conosciuto? -

Questo è ingiusto.

Non lo direi mai ad Isaac, questo no, ma c'è stato un momento in cui Stiles si è aperto con me: nella cucina dei miei, quando mi ha parlato di sua madre e di suo padre.

E anche nella nostra camera al Raggio di Sole, quando ha detto di come si fosse sentito dopo la morte di Scott e di come mi considerasse un segno del destino mandato appositamente per lui.

E sono stati entrambi momenti importanti e preziosi per me, mi sono sentito così felice all'idea che Stiles mi avesse davvero fatto confidenze così personali.

Però...

Però è tutto qui.

Questi sono stati gli unici due momenti in cui Stiles si è lasciato un po' andare e mi ha permesso di guardare qualcosa oltre alla barriera che si è costruito attorno.

Mentre io mi sono subito lasciato andare con Stiles. Gli ho detto tutto, proprio tutto, dal primissimo istante. Sa di cosa ho paura, cosa mi piace, cosa no. Sa che sogno la foresta amazzonica e una carriera promettente nell'azienda. Sa che sogno un grande amore, come quello di Jack e Rose. Sa dei miei problemi con la mia famiglia, di come mi sento con Malia attorno.

Io cosa so di lui?

Quello che riportano i giornali e le mezze frasi che Stiles lascia cadere di tanto in tanto.

Stiles invece sa tutto di me.

Un rapporto può davvero funzionare se è così sbilanciato? Tutto contro niente?

E poi c'è anche la questione Scozia, ovviamente. Stiles non mi ha mai detto cosa stesse facendo lì, non mi ha mai spiegato perché durante il nostro primo appuntamento si è innervosito così tanto dopo quella telefonata misteriosa. Non mi ha spiegato nemmeno perché dopo fosse sparito per tre giorni o perché Theo fosse venuto a cercarlo durante il nostro secondo appuntamento.

Non mi ha mai detto niente di niente.

Lo sguardo di Isaac si fa dispiaciuto, quindi so di avere gli occhi lucidi.

E pensare che ero così felice fino a poco prima...

-Oddio Derek, non fare così. - mormora Isaac dispiaciuto, strisciando più vicino a me sul divano e passandomi un braccio sulle spalle.

-Non intendevo dire che non ci tenga a te o che la vostra storia non abbia futuro. E' solo che ti vedo già così coinvolto e non ti avevo mai visto così per nessuno prima d'ora! Voglio solo evitare che ti faccia del male. -

Mi passo le mani sugli occhi, senza guardarlo.

Lo so che lo dice per il mio bene, ma questo non diminuisce il mio risentimento per aver rovinato un momento che era semplicemente perfetto, prima che decidesse di esternare la sua opinione.

-Quindi per te che dovrei fare, lasciarlo? - domando, un po' acidamente.

-No, certo che no! - Isaac adesso sembra offeso e questo se possibile mi irrita ancora di più. La voce di Isaac poi si addolcisce e quando mi abbraccia più forte e mi ritrovo ad aspirare il suo odore dolce e familiare, sento la rabbia verso di lui evaporare lentamente.

-Ti sto solo chiedendo di andarci piano, va bene? Non voglio vederti soffrire. -

Lo guardo e vedo che i suoi occhi sono sinceri e pieni di vera preoccupazione per me. Annuisco e quando Isaac si sporge ad abbracciarmi come si deve, lo ricambio meccanicamente, la testa piena di mille pensieri.

Soffrire?

Stiles potrebbe davvero farmi soffrire?

Ripenso alle nostre notti insieme, al modo in cui mi guardava, al suo sorriso, alla sua voce tremante che mi diceva che ero arrivato proprio nel momento in cui si sentiva più disperato.

No, non posso credere che Stiles potrebbe mai farmi soffrire.

Isaac non sa di cosa sta parlando.

 

 

 

Oggi c'è grande fermento in azienda.

A quanto pare tutti hanno saputo dell'intervista di Stiles che verrà trasmessa questo pomeriggio e Chris si è addirittura impuntato di trasformare l'evento in un'attività didattica di gruppo, quindi siamo tutti pregati di presentarci alle cinque in aula video, muniti di blocco per gli appunti e assoluta serietà.

Beh, per una volta la disciplina ferrea di Chris non mi pesa più di tanto. Avrei comunque visto l'intervista.

L'idea di potere, a differenza di tutti gli altri miei colleghi, guardare l'intervista con la consapevolezza che quell'uomo meraviglioso è anche il mio ragazzo, mi esalta come un bambino di tre anni.

Spero di riuscire a mantenere un certo contegno, o addio discrezione promessa a Stiles.

Come se lo avessi evocato con la forza del pensiero, il telefono comincia a squillare, segnalandomi una chiamata da Stiles.

Aggrotto la fronte, felice ma perplesso.

Sono appena le tre.

Stiles di solito mi chiama verso sera, quando possiamo parlare in tranquillità fino a notte tarda.

E' strano che mi chiami adesso.

Che sia successo qualcosa a Chicago? Sarebbe dovuto tornare domani, non è che mi dirà che è stato trattenuto per qualche insulso motivo?

Spero vivamente di no, mi manca già troppo.

Mi allontano con discrezione dalla mia scrivania con la scusa di un caffè, mettendomi al riparo dalle orecchie indiscrete dei miei colleghi e dagli occhietti maligni di Erica che mi spiano dalle fronde della sua piantina.

-Stiles? - rispondo con un filo d'ansia, una volta che mi sono trovato un angolino tranquillo.

-Piccolo, ciao. - risponde immediatamente Stiles con voce calda e l'ansia viene subito sostituita da un sorriso gigante.

Sono patetico, lo so.

-Ehi. Tutto bene? E' strano che mi chiami a quest'ora. - mormoro, con tono lieto ma un po' perplesso.

-Oh, niente di che. Volevo solo sapere come stessi – risponde Stiles, ma qualcosa nel suo tono non mi convince. Sembra... ansioso?

-Io sto bene... sei sicuro di stare bene? - insisto, anche se mi sento scemo in questo continuo chiedersi stai bene reciproco.

-Sì, tranquillo. In realtà ti chiamavo per darti una bella notizia. Riesco a tornare a New York stasera, abbiamo finito prima. -

-Davvero? Ma è meraviglioso, Stiles! - esclamo, senza nemmeno cercare di suonare indifferente.

Non devo più fingere di avere una dignità.

Stiles è mio adesso.

Posso essere imbarazzante quanto voglio.

-Potremmo vederci stasera. Posso passare da te, che dici? Devo vedere con i miei occhi Isaac e Jackson che fanno finta di essere solo amici, ti prego. - mi scongiura e io rido, sentendomi meravigliosamente felice e in pace.

-Va bene. Spero solo di finire di lavorare a un'ora decente – piego le labbra in un sorrisetto – Per colpa tua oggi devo fermarmi di più. A quanto pare Chris ritiene assolutamente necessario che tutti noi guardiamo l'intervista del nostro capo di super successo. -

Stiles rimane in silenzio per un po', tanto che temo che sia caduta la linea.

-Stiles? Stai bene? -

-Devi per forza guardare quell'intervista? - domanda a bruciapelo, cogliendomi di sorpresa. Non è da Stiles suonare così ansioso. Per un'intervista poi.

L'ha rilasciata ieri mattina e non mi ha raccontato molto, ma sembrava che fosse andata bene. Forse non ha voluto dirmi la verità perché era imbarazzato? Questa cosa mi ferisce un pochino. So che non posso costringerlo ad aprirsi con me e che ognuno ha i suoi tempi, ma vorrei che lui mi raccontasse le cose senza paura di essere giudicato. Vorrei che sapesse che farei qualsiasi cosa per sostenerlo ed aiutarlo. E se la sua intervista davvero è andata male me ne può parlare tranquillamente e io lo ascolterò e conforterò per tutto il tempo che vuole.

Okay, potrebbe esserci il piccolo problema che forse, preso dall'orgoglio di avere un ragazzo così importante da lasciare interviste in tv, potrei avere detto a tutta la mia rubrica di collegarsi alle cinque in punto sul canale economico.

Ho mandato una mail persino alla mia famiglia, anche se evito tutte le loro chiamate da giorni.

Ho mandato una mail persino a Jordan, porca puzzola!

Ma non è colpa mia, non avevo proprio preso in considerazione l'ipotesi che l'intervista potesse essere andata male. Sono solo un ragazzo entusiasta e che supporta il proprio fidanzato. Che male c'è?

-Beh, sì – mi decido a rispondere, in tono lento e guardingo – Chris ci ha obbligato a riunirci in aula video alle cinque per vederla tutti insieme. Dice che riunirsi intorno a un leader rinforza lo spirito di squadra. O una cosa del genere, sai che non ascolto quasi mai Chris. -

-E' che speravo che avremmo potuto vederla insieme. Sai, come un momento solo nostro. - replica Stiles e immediatamente tutto il disappunto e il sospetto abbandonano il mio corpo.

Oh mio Dio. Ma quanto è dolce quest'uomo? E io che stavo pure pensando male! Sono una persona orrenda.

-Piacerebbe tanto anche a me, ma non dipende da me... - mormoro, mordendomi il labbro.

-Non puoi svincolare con qualche scusa? - chiede Stiles, speranzoso.

Quasi mi viene da ridere.

Svincolare da Chris, sì certo. E poi cos'altro vuole che faccia, che voli sulla luna?

Non voglio deluderlo però, sembra tenerci così tanto al fatto di guardare la sua intervista insieme, noi due soli.

Così decido di dirgli una piccola bugia.

Non proprio una bugia, una verità che non è proprio verità, ecco.

Sì, so che avevo promesso a me stesso che non avrei riempito Stiles di bugie come ho fatto con Jordan, ma questa è davvero piccola, minuscola. E poi è solo per non farlo rimanere male, che male c'è?

-Sono sicuro che in qualche modo riuscirò a evitare la riunione in aula video. - dico quindi, in tono allegro.

-Oh. Bene. Ne sono felice. - esclama Stiles, ma più che felice sembra... sollevato?

Dubbi e sospetti tornano a turbinare nella mia testa, ma la voce di Stiles mi distrae.

-Non vedo l'ora di vederti e stringerti. - dice in tono basso e caldo e, ovviamente, mi ritrovo a sciogliermi come la persona patetica che sono.

Non mi ricordo neppure più a cosa stessi pensando. Stiles se ne esce con queste cose e io non capisco più niente, solo che mi manca e che voglio stringerlo anche io.

-Magari riesco a convincere Jackson e Isaac ad andarsi a fare un giro e a lasciarci l'appartamento per stanotte. - bisbiglio con le guance rosse, guardandomi attorno per assicurarmi di essere sempre da solo.

-Non chiedo di meglio. - risponde Stiles e la sfumatura maliziosa della sua voce è abbastanza per farmi andare su di giri come un dodicenne.

-Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi? - chiedo, anche se non ho nessuna voglia di tornare a fare il mio stupido lavoro. L'unica cosa che mi infonde forza è la prospettiva che entro stasera sarà di nuovo tra le mie braccia.

-Certo, piccolo. Buon lavoro, non farti mettere troppo sotto da Chris. -

Sei l'unico che può mettermi sotto, tranquillo.

Che cazzo di problemi ha la mia sgualdrina interiore?! Certi pensieri sono da manicomio, Dio.

-Ehm, sì certo. A dopo. -

Ci salutiamo e poi chiudo la chiamata. Emetto un piccolo sospiro sconfortato all'idea di dover tornare al lavoro.

Sono appena rientrato in ufficio e Sam mi viene incontro con aria trafelata, un sacco di fogli in mano.

-Derek, Chris dice che devi consegnare questi a Nancy. Sono i bilanci del mese e sai che la strega vuole che siano consegnati di persona. Chris proprio non può e mi ha chiesto di darli a te. -

Li afferro svogliatamente, mentre Sam corre di nuovo via, di sicuro per portare a termine un altro compito di Chris.

Mi avvio lentamente verso l'ufficio di Nancy e mentre cammino sfoglio distrattamente i bilanci.

Aggrotto immediatamente la fronte quando leggo che Chris suggerisce, per quanto riguarda la nostra linea sport, di diminuire la produzione delle nostre barrette energetiche e di aumentare quella delle bevande al mirtillo.

Ci deve essere un errore. Mi occupo personalmente della gestione delle vendite e le nostre barrette vanno fortissimo, nonno Frank le adora! Diminuirne la produzione potrebbe essere un errore disastroso. Al contrario, le nostre bevande al mirtillo non stanno riscontrando molto successo al momento.

Non posso consegnare queste cose a Nancy, Chris finirebbe sicuramente nei guai. Forse dovrei tornare indietro e parlarne con lui. Però, si tratta di Chris. L'essere più orgoglioso del pianeta. Non ammetterebbe mai l'errore.

Mi mordo un labbro, guardandomi intorno.

Non c'è nessuno nel corridoio.

Mi appoggio al muro e con la stilografica che tengo sempre nella tasca dei jeans (l'ho già detto che Jackson è uno stronzo che fa bei regali di compleanno, vero?) inverto i codici dei prodotti, in modo che risulti che Chris stia suggerendo l'aumento di produzione delle barrette.

Spero solo di non starmi sbagliando.

E soprattutto spero che Chris non lo venga mai a sapere!

 

 

Appena entro in aula video, che in realtà è semplicemente il nostro ufficio con più sedie ammassate, più disordine e uno schermo gigante in più, Chris mi fulmina.

-Sei in ritardo, Derek. -

-Lo so, ma ti ho portato il caffè! - esclamo, porgendogli il suo caffè corto rigorosamente amaro e tenendomi il mio cappuccino all'orzo.

L'espressione di Chris si ammorbidisce appena, mentre grugnisce un ringraziamento. Penso che sia per il caffè che gli porto quasi tutti i giorni che Chris non mi ha ancora licenziato, visto il mio essere un ritardatario cronico.

-Siediti, su. - mi redarguisce abbastanza blandamente e io mi affretto a posizionarmi in ultima fila, dove Lydia mi ha tenuto un posto accanto a lei.

E' impressionante come Chris sia riuscito a costringere praticamente tutta l'azienda ad assistere all'intervista di Stiles.

Mi sento un pochino in colpa a proposito.

Avevo promesso a Stiles che avrei visto l'intervista con lui...

Ma non posso fare altrimenti, purtroppo. Sto abbastanza simpatico a Chris ( possiamo pure dire che mi adora, rispetto all'odio viscerale che prova per Sam e le sue trovate), ma non avrebbe esitato ad uccidermi se non mi fossi presentato oggi.

Stiles non deve saperlo per forza, comunque! Sono bravissimo a fingermi sorpreso. Non si accorgerà nemmeno che l'ho vista senza di lui.

E poi spero che potrò distrarlo con altro...

-Derek, mi fai passare o no?! - la voce fastidiosa di Erica interrompe i miei sogni da sgualdrina e mi riporta bruscamente alla realtà.

Con un profondo sospiro ritraggo le gambe, permettendo a Erica di passare e sedersi dall'altro lato di Lydia, che è contenta quanto me di questa vicinanza, tra parentesi.

-Sono così emozionata! - esclama Erica, senza che nessuno le abbia chiesto un bel niente – Non vedo l'ora di scoprire cosa abbia in mente Stiles per la nuova campagna! -

-Ma non avevi detto che lo sapevi già? -

Questo è Sam, che con questo intervento si è appena guadagnato la mia fedeltà eterna. Lydia e io ridacchiamo e Sam ci strizza l'occhio.

Erica diventa tutta rossa, mentre lo guarda stizzita.

-Ho detto che avevo intuito di cosa si trattasse, è diverso. -

-Se lo dici te. - Sam si stringe noncurante nelle spalle, prima di lasciarsi cadere di peso sulla sedia accanto alla mia.

-Molto bene – interviene Chris ad alta voce, squadrandoci severamente dalla sua postazione accanto allo schermo gigante della tv aziendale – Ora che tutti hanno deciso di degnarci della loro presenza – e lancia un'occhiata penetrante a me e a Sam – possiamo iniziare. E ricordatevi che questo è un momento didattico. Consiglio a tutti di prendere appunti e di fare propria ogni parola che Stiles Stilinski pronuncerà. -

Dio, Chris è sempre il solito fanatico.

Estraggo comunque il mio taccuino dalla valigetta, anche se so che finirò a scrivere Mr. Broncio tra mille cuori.

Se devo essere sincero, dell'intervista mi importa relativamente poco.

Ho piena fiducia nelle capacità di Stiles e sono sicuro che la nuova campagna sarà meravigliosa.

Ma è rivedere Stiles ciò che veramente bramo, anche solo sullo schermo.

Non vedo l'ora di averlo di nuovo tra le braccia questa sera.

Sono le cinque in punto e Chris accende diligentemente la tv.

Sento il cuore scoppiare mentre sento la consueta musichetta del talk show di Ellen e Darren. Ellen è una giornalista economica e Darren un presentatore esperto di finanza. Intervistano spesso imprenditori e uomini d'affari. Era solo questione di tempo prima che invitassero anche Stiles.

Ormai scalpito quando la telecamera fa un primo piano di una sorridente Ellen.

Datemi Stiles, avanti.

-Buon pomeriggio, America! Come stai, Darren? -

Ed ecco il faccione di Darren. Voglio Stiles. Inquadrate Stiles, porca puzzola.

-Benissimo Ellen! E come potrebbe essere altrimenti, quando siamo in compagnia di una figura così eccezionale del mondo degli affari? -

-Ben detto, Darren! Stiamo parlando di un uomo che ha fondato un impero ad appena vent'anni con il suo migliore amico, la dimostrazione vivente che puoi nascere in una piccola città come Beacon Hills e conquistare il mondo in un battito d'ali! Miliardario, imprenditore e filantropo, la sua azienda ha cominciato con la produzione di barrette energetiche per sportivi e poi non si è più fermata, spaziando in ogni campo, dalla vestiaria alla produzione alimentare! Il suo motto è “oh my God, that's great” e noi possiamo dire certamente la stessa cosa di lui! Signore e signori, qui con noi Stiles Stilinski! -

Parte l'applauso del pubblico e poi, ecco. Finalmente inquadrano Stiles.

Sento il cuore scoppiare mentre il viso mi si apre in un sorriso.

Quanto è bello.

Sembra visibilmente imbarazzato per la presentazione pomposa di Ellen e lo adoro ancora di più per questo. Si vede che non gli piace stare in tv, ha un sorriso rigido e piuttosto falso e con due dita continua ad allargarsi il nodo della cravatta.

Nonostante questo riesce comunque a trasmettere sicurezza di sé e calma.

-Che figo che è in giacca e cravatta. - mormora Lydia leccandosi le labbra e devo stringere forte il bordo della sedia con le mani per trattenermi dallo scrollarla e urlare “lui è mio!”, come un pazzo psicopatico.

-Buon pomeriggio e grazie per l'invito. - dice Stiles educatamente, facendomi riportare l'attenzione su di lui.

-Allora Stiles, abbiamo sentito che dopo il successo della linea giovani donne in carriera, adesso proporrai al mercato anche una linea maschile! Non ci stupisce per niente, non ti fermi mai! - lo adula Darren, con un grosso sorriso tutto denti bianchi.

Stiles annuisce con modestia, facendosi un po' più serio.

Mi lascio scappare un sorriso.

E' così carino quando è tutto concentrato e preso dal suo lavoro.

-Sì, esatto. Eravamo un po' preoccupati per il lancio di questa linea, perché se da una parte la nostra linea dedicata alle giovani donne è stata innovativa rispetto a un tipo di target prettamente maschile, lanciare una linea dedicata agli uomini significa confrontarsi con giganti dell'imprenditoria americana. Tutte le grandi aziende di vestiaria hanno una linea dedicata agli uomini in carriera e noi sentivamo la necessità di essere diversi dagli altri, non banali, ma originali e innovativi. -

Oddio come parla bene. E' così intelligente.

Ellen sorride affettata, sporgendosi verso Stiles in un modo che trovo un tantino invasivo.

-Avete già pronto un marchio per la nuova campagna, non è così? -

Stiles annuisce, guardandola seriamente.

-Non è stato facile, ma sì. Abbiamo un marchio. -

-E noi ve lo mostreremo subito! - tuona Darren, facendo un cenno alla regia.

Oddio, sono così emozionato! Non ho idea di cosa il reparto grafica abbia prodotto dopo che Stiles ha bocciato l'idea della valigetta-pene.

Alle spalle di Stiles viene proiettato su uno schermo il nuovo marchio.

Lo sfondo è verde scuro, verde bosco per la precisione, e in basso c'è una scritta bianca in stampatello: Amazzonia.

Ma è il disegno che mi lascia senza parole.

E' un ragazzo di profilo, solo abbozzato. Ha i capelli arruffati e colorati di nero, la cravatta storta ed è seduto a una scrivania. Si tiene il mento con una mano e guarda fuori da una grande finestra, da cui si possono vedere altissimi grattacieli stilizzati. Ma, solo nel punto in cui sembra che il ragazzo guardi, è disegnata quella che appare in tutto e per tutto come una piccola foresta.

Tutti i miei colleghi emettono versi estasiati e Erica proclama ad alta voce che è un'idea bellissima e originale, anche se lei l'aveva già intuita, ma io non riesco a dire niente.

Sono semplicemente paralizzato, mentre osservo me stesso proiettato sullo schermo.

-Amazzonia! - scandisce Ellen, in tono allegro – Che nome particolare! Come mai hai scelto di chiamare la tua nuova linea di vestiti proprio così, Stiles? -

Stiles si stringe brevemente nelle spalle, ma sembra un po' nervoso.

Io non ci posso ancora credere.

Non posso credere che il suo marchio sono letteralmente io.

-Come ho detto, abbiamo cercato di essere innovativi e volevamo una campagna fresca, giovanile, semplice. Non volevamo prendere come modello il solito impiegato macchina, con la cravatta perfetta e tutto devoto al suo lavoro. Per la creazione di questo marchio ci siamo ispirati a un ragazzo semplice, spontaneo, un po' sognatore. Magari uno che guarda fuori dalla finestra del suo ufficio e invece dei grattacieli vede... non so, la foresta Amazzonica. -

Il cuore mi batte forte, mentre una sensazione di calore mi invade tutto.

Parla di me... sono io che l'ho ispirato. Oh, se solo i miei colleghi ne avessero idea! Ho voglia di urlarlo a tutto il mondo, ma non è decisamente il caso.

Ciò non toglie che sia incredibilmente lusingato.

-Dobbiamo dedurre che il ragazzo a cui ti sei ispirato esista davvero, Stiles? - ammicca Darren.

-In un certo senso... - Stiles adesso sembra sulla difensiva, e posso capire perché.

Odia le domande personali.

Ellen aggrotta la fronte, scettica.

-Non so! Dobbiamo davvero credere che questa non sarà la solita campagna dove verrà esaltato il ruolo dell'uomo macho e che non deve chiedere mai? L'uomo d'affari potente e dominante, che ha tutto il mondo ai suoi piedi? -

Stiles si irrigidisce appena e così faccio io. Non mi piace che lo stia mettendo alle strette.

-Ti assicuro che questa campagna è la cosa più lontana alla mascolinità tossica che tu possa immaginare, se è questo che stai suggerendo. - risponde Stiles, con voce trattenuta.

Non sembra arrabbiato, ma ho passato abbastanza tempo con lui per sapere che lo è. E molto.

- Mi sembra francamente difficile che possa esistere un ragazzo del genere, non è di certo ciò che ci si immagina quando si pensa a un uomo in carriera. E se esistesse, di certo non penserei che un uomo importante come te possa arrivare a comprendere quello che tu stesso definisci un ragazzo semplice. Cosa ha Stiles Stilinski a che vedere con un ragazzo semplice, spontaneo, un po' sognatore? - domanda Ellen, apertamente polemica.

Sento la rabbia invadermi.

Che razza di domanda è? Se conoscesse davvero Stiles, saprebbe che è l'uomo più semplice e spontaneo della terra. Stiles non è quello che vede seduto davanti a lei, in giacca e cravatta. Il vero Stiles, il mio, è quello che inventa il fascicolo Harris insieme al suo migliore amico, è un sognatore che indossa maglioni assurdi e guida una jeep scassata.

Anche Stiles sembra irritato.

-Invece conosco questo ragazzo. E si può dire che lo comprenda perfettamente. -

Ellen inarca un sopracciglio.

-Come puoi esserne così sicuro? -

-Perché io so tutto di lui. - sbotta Stiles, piccato.

-E che tipo è? - domanda Darren, pettegolo.

Ora sicuramente Stiles dirà che non è lì per fare gossip e cambierà argomento, tornando a parlare della campagna in sé.

Ma invece succede qualcosa che proprio non mi sarei aspettato.

-Un ragazzo piuttosto comune, molto giovane, nemmeno trentenne. Magari... magari omosessuale, anche se ha avuto esperienze anche con ragazze. -

Stiles si lecca le labbra e continua a parlare.

Sembra un fiume in piena.

-Magari... magari viene da una famiglia numerosa, in cui non sente di avere un posto. E' quello che viene messo da parte durante le riunioni di famiglia, quello che la cuginetta spinge senza conseguenze. -

Aggrotto la fronte.

Okay.

Tutto questo ha un sapore molto familiare.

-Probabilmente soffre per questa situazione, ma non ne parla con la famiglia. E' un tipo molto orgoglioso. E testardo. E' il tipo di persona che prende l'autobus di notte e si sposta con l'abbonamento dell'autobus sempre, anche se possiede una macchina. -

Oddio sta davvero parlando di me. E non in modo carino e discreto come ispirarsi a me per il suo marchio. Sta spettegolando su di me. In diretta internazionale.

Stiles, direi che è il momento di cambiare argomento, okay?

-E cosa gli piace? - chiede Ellen, suo malgrado curiosa.

Okay, ora sicuramente Stiles dirà che stanno esagerando e che è meglio tornare sull'argomento principale.

E invece...

-Adora il cappuccino all'orzo. - risponde immediatamente Stiles, con sicurezza.

Lydia mi tira una leggera gomitata, guardandomi con un sorriso sorpreso.

-Quella robaccia che bevi sempre tu, Derek! - esclama, accennando alla tazza che tengo tra le mani.

La ignoro, continuando a fissare inorridito Stiles.

Non lo sta facendo sul serio...

-Il suo piatto preferito è lo spezzatino al curry, ma è goloso in generale. Adora le caramelle alla menta, mentre non gli piacciono quelle al mou. Dice di desiderare mangiare la creme brulee in un ristorante di lusso, ma in realtà gli piacciono le cheesecake con i biscotti per bambini. Ha queste piccole incoerenze, ecco. -

Allora, intanto avere gusti variegati non significa essere incoerenti, e poi non c'era scritto da nessuna parte che la cheesecake con il biscotto a forma di dinosauro fosse da bambini! E' un paese libero, posso mangiare quello che voglio!

-Gli piace leggere le riviste di gossip, come People, ma per darsi un'aria intellettuale le nasconde dietro una copia del New York Times. -

-Lo fai sempre anche tu! Ti ho visto con i miei occhi! - sibila Erica, sporgendosi oltre Lydia per lanciarmi uno sguardo penetrante.

Oddio, sto sudando.

Stiles, sta zitto.

-In realtà è molto intelligente, ma spesso finge si sapere cose che non sa solo per darsi un tono. Come i tassi di mercato, ad esempio. -

-Come si veste, di solito, questo ragazzo modello? - chiede Darren, interessato.

Stiles ci pensa per un istante poi, con mia grande costernazione, risponde.

-Abbastanza casualmente. Non dà molta importanza a ciò che mette, anche se ogni tanto cerca di sforzarsi. Ruba frequentemente gli abiti del suo coinquilino, anche se gli vanno leggermente stretti. Ah, è molto insicuro sul suo corpo. Dice a tutti di pesare settantun chili e mezzo, ma in realtà ne pesa settantotto e mezzo. -

No! Non può aver detto anche questo!

Non è nemmeno una bugia, solo una piccola anticipazione!

Un giorno mi metterò a dieta e un giorno peserò settantun chili e mezzo!

David, che si occupa di distribuire le uniformi dell'azienda, si gira a guardarmi.

-Derek, non sei tu che pesi settantun chili e mezzo? - chiede, perplesso.

Non rispondo, limitandomi a scuotere la testa in preda al terrore.

E, intanto, Stiles continua a parlare.

-Ha piccole fissazioni sul suo corpo, come il fatto che la natica sinistra sia leggermente più grande della destra. Indossa i perizoma, ma li trova molto scomodi, visto che il suo fidanzato, non conoscendo il suo vero peso, glieli regala della taglia sbagliata. -

Non ci posso credere.

Stiles sta parlando della mia biancheria intima. In tv. In un programma che stanno guardando tutti.

Anche mio nonno, porca puzzola!

Va bene, devo stare calmo. Non ha ancora detto nulla di così compromettente da portare le persone a credere che parli di me.

-E cosa non piace a questo ragazzo in affari? - domanda Ellen, sempre più coinvolta.

Ellen, vai a rifarti la plastica al seno per la decima volta e stai zitta!

Stiles, ovviamente, risponde subito.

Non sembra nemmeno lui, sembra come in trance mentre parla senza sosta, a una velocità impressionante.

-Detesta gli uomini con i baffi, i film western, le jeep e i rally. Non è un grande amante dello scii, anche se ha fatto credere al suo fidanzato di essere una specie di campione. -

Oh mio Dio.

Ho detto a Jordan che avevo vinto la coppa dei giovani talenti alpini solo perché ero nervoso, va bene?!

Ora un uomo non può nemmeno mentire al secondo appuntamento senza venire messo alla gogna?! E' un paese libero o no?!

-Quindi il nostro ragazzo in carriera ha un fidanzato? - incalza Ellen, con gli occhi che brillano.

Stiles.

Non.

Rispondere.

-Fino a poco tempo fa, sì. Ma diciamo che... non era una relazione soddisfacente, sotto molti punti di vista, soprattutto quello sessuale. Magari... magari questo ragazzo fingeva di stare bene, ma in realtà preferiva di gran lunga guardarsi Titanic il giovedì sera che fare sesso con il suo ragazzo. -

Ellen e Darren ridono. I miei colleghi ridono.

Io sono l'unico che fissa paralizzato l'immagine sgranata di Stiles.

Magari le persone con cui lavoro non sono a conoscenza del fatto che amo Titanic, ma la mia famiglia sì.

Isaac e Jackson sì.

Jordan sì.

Oh mio Dio.

Jordan sta guardando questa roba. Gli ho chiesto io di guardare questa roba! E adesso Stiles sta praticamente dicendo a tutti quanto poco mi piacesse il sesso con lui.

Voglio morire.

-Questo ragazzo è il tipo di persona che magari mente alle persone a cui vuole bene per non ferirle – continua Stiles, implacabile – Non importa quanto sarà controproducente per lui, deve assicurarsi che l'altra persona sia felice, a costo di riempirla di bugie come... come dire che ama i baffi del fidanzato quando non è affatto così. Certo, dice bugie anche a suo vantaggio. Come far credere ai propri genitori di non aver accidentalmente ucciso il loro pesce rosso sostituendolo con uno quasi uguale. Oppure nascondere al proprio capo di aver rotto la cornice con la foto di sua figlia... - Chris si irrigidisce visibilmente, ma almeno non si è voltato verso di me. Merda, tutti sanno della cornice scomparsa di Chris – O far credere al suo migliore amico di essere stato rapinato per non ammettere di aver dimenticato il suo computer sulla metro. -

Stai zitto. Zitto. Zitto.

-Probabilmente il nostro ragazzo ha un lato un po' frustrato, causato da tutte le cose che non dice, al suo fidanzato, alla sua famiglia, ai suoi amici. E' per questo che spesso si perde nei propri pensieri, fantasticando sulla Foresta Amazzonica. Magari... magari ha anche fantasie strane, come lui e il suo migliore amico che fanno sesso parlando in spagnolo. -

Questo è totalmente fasullo! Ha deformato completamente la realtà! Non si trattava di una fantasia, ma di un sogno, c'è differenza!

-Non regge l'alcol, ma questo non gli impedisce di bere molto, anche se significa fare una fotocopia del suo sedere in perizoma e appenderla alla parete dell'ufficio. -

No.

Non ci credo.

-Ma sta parlando del nostro ufficio! La cornice di Chris, la fotocopia delle chiappe...sta parlando di uno di noi! - sibila Sam in tono eccitato, guardandosi frenetico intorno.

Con mio sommo orrore, tutti lo imitano, guardandosi con curiosità intorno nel tentativo di individuare il fantomatico ragazzo.

-Se becco quella sgualdrina maschio...! - sibila Lydia, inferocita.

Sono l'unico che guarda dritto davanti a sé, immobile come una statua.

-E' un bel ragazzo? - chiede Darren, con un sorrisino malizioso.

Stiles rimane impassibile, ma fa un rigido cenno affermativo con il capo.

-E' molto bello. Ovviamente ha i capelli neri come nel disegno, ma è un ragazzo normale, non è un modello dai capelli perfetti. Sono sempre spettinati e spesso ha briciole di cibo in testa – sento lo sguardo di Lydia saettare dritto verso il mio capo, dove so di avere le briciole del toast mangiato a pranzo – E' alto nella media, ha i fianchi morbidi e gli zigomi squadrati e gli incisivi leggermente sporgenti – mi copro la bocca con la mano, ma tanto è inutile. Tutti sanno come sono i miei incisivi – Sarebbe un ragazzo come tanti, se non fosse per i suoi occhi. I suoi occhi sono l'emblema della nostra campagna, di Amazzonia. Sono grandi e verdi, con qualche pagliuzza dorata. -

Nessuno ormai sta più guardando lo schermo.

Mi stanno guardando tutti, persino Chris.

Ho una trentina di occhi addosso e non mi sono mai sentito più a disagio in tutta la mia vita.

-Oh mio Dio! - strilla Erica nel silenzio, puntandomi con il dito come se non fossi seduto praticamente accanto a lei o non mi conoscessero tutti – E' Derek! Stiles Stilinski sta parlando di Derek! -

 

 

 

Odio questo silenzio. Lo odio con tutto me stesso.

-E' ridicolo! - strillo con voce acuta, dimenandomi un pochino – Non sono affatto io, potrebbe essere chiunque! -

Ma non penso di essere stato molto convincente.

-La fotocopia delle chiappe è tua e tu hai lasciato che tutti credessero fosse il mio sedere?! - esclama Lydia furiosa, allontanando un pochino la sedia da me come per sottolineare il disgusto che prova verso di me.

-Non l'ho esattamente lasciato credere, io... -

-Non pesi settantun chili e mezzo? - domanda David, quasi offeso – Tutte le divise che ti ho preparato erano della taglia sbagliata? -

-Beh, un giorno mi sarei messo a dieta, ma... -

-Hale, hai rotto la cornice con la foto di Allison?! Dove diamine è ora?- abbaia Chris, squadrandomi furioso.

-Stai indossando un perizoma anche adesso?! - quasi urla Sam, più curioso che disgustato, squadrandomi dalla testa ai piedi.

Continuo a balbettare frasi a metà, ma Stiles riprende a parlare e tutti tornano a prestare attenzione alla tv. Non so davvero se sia un bene o no.

-... è un ragazzo molto dolce, tenero quasi. Dorme con il copriletto di Spongebob e una rana di pezza, il cui nome è ottenuto dalla fusione dei nomi delle sorelle. -

Ma certo.

Non c'è mai limite al peggio, in fondo.

-Spongebob? - ride Harry, un totale coglione che nessuno dell'ufficio sopporta, ma che al momento sta raccogliendo abbastanza consensi nel suo sbeffeggiarmi – Davvero, Hale? Dormi con il ranocchio? E ti ciucci pure il dito? -

-E' una rana femmina! - strillo, prima che possa trattenermi, con il solo risultato di far ridere più forte Harry e i suoi amici.

Mi gira la testa e ho la nausea.

Voglio solo scappare da qui.

-E' molto legato alle sorelle, ma ha anche paura che loro preferiscano la cugina a lui. Vive nella costante paura di non essere abbastanza per le persone che ama e questo non fa che alimentare le sue insicurezze. E' profondamente convinto che il padre in realtà non accetti la sua sessualità, ad esempio, e ciò lo porta a vivere con ansia i momenti in famiglia. -

Grazie per l'analisi, Freud.

-Ha anche un lato vendicativo. - aggiunge Stiles e io sbarro gli occhi, voltando di scatto la testa verso la scrivania di Erica, dove troneggia la sua piantina moribonda.

No, Stiles. Ti prego non farlo.

-Tipo? - chiede Ellen curiosa e io chiudo gli occhi, perché so che Stiles risponderà.

-Magari avvelena da anni la piantina della collega sgarbata con lui, con il toner della stampante. Cose così. -

-Sei un assassino! Lo sapevo che ci fosse qualcosa sotto! Mi vendicherò, mostro! - urla Erica praticamente in lacrime, alzandosi di scatto in piedi e rovesciando la sedia.

Prima che possa anche solo provare a difendermi, Erica corre via, sbattendo forte la porta dell'ufficio dietro di sé.

-Infine – continua Stiles, mentre io lo fisso con occhi vuoti, ormai rassegnato – E' un ragazzo moderno ed è per questo che l'ho scelto come modello della nuova linea. E' un ragazzo a cui piace il sesso, non ha paura di farlo vedere, anche se ha avuto esperienza deludenti. E' il tipo che parte per il weekend con la valigia piena di lubrificante e preservativi. -

Non è assolutamente vero! E' stato Jackson, maledizione!

Dio, non ci credo che mia mamma stia guardando questa cosa.

Mio padre non sa nemmeno che sia il lubrificante, scommetto.

Sto traumatizzando una famiglia.

-Ed è il tipo che si fa trovare in perizoma sul letto? - ammicca Darren.

Stiles lo fissa, serissimo.

-No. Preferisce farsi trovare nudo. - risponde con naturalezza.

Mi sento andare a fuoco.

Gli occhi mi bruciano, mentre sento che tutti mi fissano, bisbigliando e ridendo.

Come ha potuto...

Ellen scoppia a ridere, sporgendosi a toccare il ginocchio di Stiles.

-Beh, che dire Stiles! Mi hai convinta! Questo ragazzo è davvero la cosa più lontana alla mascolinità tossica che possa immaginare! La tua campagna sarà davvero innovativa! -

E in quel momento succede una cosa strana.

Stiles sbatte le palpebre una, due volte, e fissa Ellen come se la vedesse per la prima volta. Si passa una mano sul viso, sembrando nervoso e stanco insieme.

-Io... credo di avere parlato troppo. Scusate. Mi sono lasciato un po' trasportare. -

Un po' trasportare.

Un po' trasportare!

E' come dire che Isaac è un po' fissato con l'igiene. O come dire che Jackson è un po' stronzo.

-Oh, sei stato assolutamente perfetto Stiles! - lo rassicura Darren, con un grosso sorriso, anche se Stiles non sembra per niente tranquillo. Beh, è il minimo, direi – Ora, cambiando un istante argomento, vorrei chiederti... -

Nessuno presta più attenzione all'intervista. Stanno di nuovo tutti guardando me ed è orrendo. Il silenzio è opprimente.

-Non capisco – Sam è il primo a parlare, sussurrando e guardandomi con occhi grandi come palline da ping pong – Come fa Stiles Stilinski a sapere tutte queste cose di te? -

Mi sento la gola serrata e il petto pesante, ma cerco comunque di articolare una risposta sensata.

-Perché... perché io... perché noi... -

-Mi sembra ovvio che si sia fatto scopare dal capo! - esclama Harry con disprezzo e penso che la mia espressione sia una confessione più che sufficiente.

I miei colleghi mi fissano, chi disgustato, chi con espressione ammiccante, come di chi la sa lunga.

Derek Hale che si fa scopare dal capo dell'azienda per avere la sua ambita promozione.

Peccato che io pensassi di essere in una relazione. E che alla promozione non ci abbia mai nemmeno pensato.

Sono stato così stupido, come ho potuto credere che fosse lo stesso per Stiles? Che volesse semplicemente stare con me? E' ovvio che uno come lui non avrebbe mai scelto me, se non ci fossero stati secondi fini.

Ero solo uno strumento, una specie di modello per la sua stupida linea.

Per tutto questo tempo io vivevo una fottuta storia d'amore stile Titanic e invece lui mi ha usato.

Tutti i miei più intimi e imbarazzanti segreti, tutte le cose più strane di me che solo lui sapeva, adesso le sanno tutti.

Non mi sono mai vergognato così tanto in vita mia.

-Hale...- comincia Chris, in tono grave, e io so che mi sta per licenziare.

Ma non fa in tempo a dire niente che i telefoni dell'ufficio cominciano a squillare senza sosta, tutti insieme.

Alcuni miei colleghi si alzano per rispondere, io rimango seduto, incapace di fare qualsiasi cosa, tanto meno muovermi.

-Derek, ho tuo nonno in linea! Sembra piuttosto preoccupato, continua a chiamarti stupido e a parlare di percentuali di gente rapinata e uccisa sul bus notturno! - esclama Sam, un po' perplesso.

Nonno Frank?

-Derek, c'è Jordan sulla due! Sta piangendo e continua a chiedere dei baffi! - mi informa Lydia, guardandomi con astio.

Oddio, Jordan.

Oh no. No, no, no.

-Derek c'è tua madre al telefono, vuole parlare con te, dice che è urgente! - abbaia Chris, guardandomi in tralice.

-Derek, uno dei tuoi coinquilini, Isaac mi sembra, vuole parlare con te! -

-Derek, c'è l'altro tuo coinquilino che vuole parlare con te. Sembra piuttosto incazzato. -

-Derek, tua cugina... -

-Derek, le tue sorelle...-

-Derek, tuo padre...-

-Derek!-

-Derek! -

E' tutto un turbinio di voci intorno a me e i telefoni continuano a squillare, mentre la testa mi fa così male che penso esploderà da un momento all'altro.

-Basta! -urlo con quanto fiato ho in gola, alzandomi di scatto in piedi.

Il cuore mi batte fortissimo e non riesco a respirare. Devo andare via da qui.

Mi precipito verso l'uscita, spingendo di viva forza chiunque si frapponga fra me e la porta.

Ce l'ho quasi fatta, quando qualcuno mi afferra brutalmente un braccio. Strillo quando una mano stringe senza delicatezza le mie natiche, prima una e poi l'altra.

-A me sembra che siano perfettamente uguali, tesoro. - mi canzona Harry all'orecchio e io scuoto la testa, disgustato, spingendolo via con quanta forza ho.

-E dai, facci dare un'occhiata al perizoma, Stilinski può vederlo e noi no?! Possiamo aiutarti a risolvere il tuo lato frustrato! - mi urla dietro, ma io non mi fermo.

Nel corridoio una donna in carne che conosco solo di vista, Meggie della posta?, mi blocca la strada, rivolgendomi un sorriso gigantesco.

-Derek! Ti stavo proprio cercando! Sono Mary della posta! -

Beh, c'ero quasi.

-Ciao, Mary. Scusami, ma devo proprio... - faccio per oltrepassarla, ma Mary mi blocca fisicamente la strada, guardandomi ancora con quel sorriso inquietante sul volto paffuto.

-Ciò che devo dirti è assolutamente nel tuo interesse, caro! Faccio parte di un gruppo di sostegno, ci incontriamo ogni venerdì alle cinque! - trilla in tono allegro, schiaffandomi in mano un volantino.

E' il disegno di una persona magra e una più in carne che si abbracciano e sotto campeggia una scritta enorme che recita “AMA IL TUO CORPO, BASTA VERGOGNA!”

Oh mio Dio.

-Non devi vergognarti dei tuoi chili in più, Derek! Amare se stessi è il primo passo per una vita lunga e felice! -

-Io... io... - balbetto rosso in viso, sentendomi così umiliato.

So che non c'è nulla di male nel gruppo di sostegno in sé e penso che in realtà sia un messaggio bellissimo quello che vuole trasmettere, ma questa donna non mi conosce, non mi ha mai parlato in due anni che lavoro qui. E adesso si sente in diritto di parlare del mio corpo e dei miei sentimenti riguardo a questo, solo perché ha visto una stupida intervista e ora pensa di conoscermi.

Beh, non mi conosce. Affatto.

-Scusa, ma devo proprio andare! - esclamo con forza, rimettendole il volantino in mano e riuscendo finalmente a superarla.

Mary mi urla qualcosa dietro che sembra vagamente “ama te stesso e la vita ti amerà!”, ma io non mi fermo.

Continuo a correre e a correre, finché non sono al sicuro nell'ascensore. Premo il tasto del piano terra, con le dita che tremano terribilmente.

Sono talmente sotto choc che non riesco nemmeno a piangere.

Il mio cellulare vibra furioso nella tasca dei miei jeans e, riluttante, lo estraggo.

Ho una ventina di chiamate perse da praticamente tutte le persone che conosco e che hanno visto questa stupida intervista.

Ma la mia attenzione viene attirata da un unico messaggio.

Stiles.

Piccolo, ho provato a chiamarti ma non rispondevi. Non arrabbiarti, ma devo tornare a casa per qualche giorno. Mi dispiace davvero tanto. Mi precipiterò da te non appena potrò. Mi manchi tanto.

Non ci posso credere che stia continuando con questa farsa, come se davvero gli importasse di me.

Prendo un grosso respiro, mentre le mie dita si muovono come controllate da una forza misteriosa e indipendente da me e digitano solo cinque parole.

Non voglio vederti mai più.

Poi spengo il cellulare, lascio andare la testa contro la parete di metallo e, finalmente, scoppio a piangere.

Non mi sono mai sentito più umiliato in tutta la mia vita.

Perché sono le persone che ami, quelle a ferirti di più?

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Io lo avevo detto che sarebbe arrivato l'angst...

Come al solito ringrazio chiunque segua questa storia. Anche questo capitolo è per le mie cicce, vi amo <3

Vi devo avvisare che sto finendo i capitoli già pronti e che si avvicina per me la temuta sessione estiva, accompagnata da quell'incubo che è la mia tesi. Penso che venerdì prossimo riuscirò ad aggiornare normalmente, ma magari potrebbero ritardare i prossimi aggiornamenti.

Farò del mio meglio per non tardare troppo, spero che sarete pazienti <3

Un bacione,

Fede <3

 

 

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Capitolo 13
*** Tredicesimo Capitolo ***


 

 

Tredicesimo Capitolo

 

 

 

Vorrei essere ricco.

Se fossi ricco, potrei farmi la chirurgia plastica, cambiare identità e migrare in qualche località sperduta e cominciare una nuova vita grazie ai miei soldi.

Ma sono povero e quindi dovrò seriamente trovare il coraggio di entrare in casa, prima o poi.

Ho cercato di tardare questo momento il più possibile, ho fatto il giro dell'isolato almeno sei volte, ma adesso non posso più tergiversare.

Devo entrare in casa e affrontare l'ira delle due persone a cui voglio più bene in assoluto.

Già vedo Isaac che mi urla contro di restituirgli la tazza del miglior migliore amico del mondo e Jackson che mi sibila che gli faccio più schifo dei saldi ai Grandi Magazzini.

Mi cacceranno di casa e sarò costretto a vivere sotto un ponte. E ovviamente morirò nel giro di qualche giorno perché sono a malapena in grado di sopravvivere in condizioni di vita decenti, figuriamoci come me la caverei con la vita nomade.

E questo ad essere positivi.

Prendo un grosso respiro, poi apro piano la porta. Entro con cautela, aspettandomi quasi che mi vengano incontro brandendo delle lance per cacciarmi dall'appartamento. Ma la casa al contrario è molto silenziosa e l'unico indizio che ci sia qualcuno è costituito dalla luce accesa del salotto.

Deglutisco nervosamente, mentre trascino i piedi verso la mia condanna a morte.

Jackson e Isaac sono seduti molto vicini sul divano e prendono il the. Sembrano entrambi abbastanza tranquilli, anche se Jackson ha l'aria un po' scocciata.

Quando nota la mia presenza, Isaac mi rivolge un grosso sorriso, allungandosi a posare la sua tazza sul tavolo.

-Tesoro! Finalmente sei qui. Perché... ehm, perché non ti siedi? Ho fatto il the. -

In effetti, c'è una terza tazza fumante sul tavolino.

Perplesso e vagamente all'erta, mi siedo con lentezza sulla poltrona solitamente occupata da Jackson. Ho ancora la giacca addosso e penso di avere i segni del pianto sul viso, ma nessuno dei due commenta.

In realtà, sembrano voler evitare il contatto visivo.

Prendo meccanicamente la mia tazza tra le mani, ma non la bevo. Dopo essere stato a lungo fuori, vagando senza una meta, il calore della ceramica contro le mani fredde è piuttosto confortante.

-Derek – esordisce Isaac all'improvviso e con voce acuta, facendo sobbalzare sia me che Jackson – Noi... noi vorremmo chiederti scusa. -

Okay, questa non me l'aspettavo.

Jackson grugnisce, chiaramente in disaccordo, ma quando Isaac gli tira una gomitata tra le costole, sputa fuori lo “scusa” meno sincero del mondo.

Ma comunque si sono scusati.

Per che cavolo si stanno scusando? Sono io che dovrei scusarmi con loro. Ho mentito a Isaac sul suo computer e ho preso moltissimi vestiti di Jackson senza chiederglielo.

Quindi non capisco cosa stia succedendo.

-Noi non avevamo capito che tu... tu provassi certe cose per me – continua Isaac, nel tono più delicato che gli riesce.

Cosa?

Aggrotto la fronte e faccio per parlare, ma questa volta parla Jackson.

-Per quanto mi riguarda avresti potuto semplicemente dirlo, che cazzo, Derek. Che senso ha conoscersi da una vita se poi ti tieni per te la tua merda e non ci permetti di aiutarti. -

Davvero, non capisco.

Isaac gli getta un'occhiataccia e Jackson grugnisce di nuovo, tacendo e incrociando le braccia al petto.

-Davvero Derek, mi sento così in colpa. Immagino quanto sia stato difficile per te vedermi con Patrick per tanti anni o sentirmi parlare dei miei sentimenti per Jackson e mi sento una persona orrenda. -

-Woah, aspetta un attimo! - tento, preso dal panico quando finalmente riesco a capire cosa stia succedendo, ma Isaac mi interrompe con un gesto fermo del braccio.

-Derek, non cercare di farmi stare meglio. Sono stato insensibile, sei il mio migliore amico eppure non mi sono accorto che provavi dei sentimenti per me e continuavo a tormentarti con Jackson e... -

-Isaac, era solo un dannato sogno! - strillo, esasperato.

Isaac e Jackson mi fissano, un po' scioccati.

-Ma Stiles ha detto... - comincia Isaac e devo davvero trattenermi per non rispondere con rabbia.

-Stiles ha detto una cazzata. Non era una fantasia, okay? Era solo uno stupido sogno in cui noi due lo facevamo e, credimi, è stata l'esperienza onirica più brutta della mia vita. Scalciavi e parlavi spagnolo e, voglio dire, tu non parli spagnolo. Non sono innamorato di te, se è questo che ti preoccupa. -

Isaac sbatte le palpebre, mentre cerca di riorganizzare le nuove informazioni ottenute. Jackson accanto a lui sembra ridicolmente soddisfatto, ma Isaac sembra quasi offeso.

-Mi stai dicendo che nel tuo sogno faccio schifo a letto?! -

Non sta succedendo sul serio.

-Era solo un sogno, Isaac! Facevamo entrambi schifo, io a un certo punto ti ho tirato una gomitata esclamando “mi amor, mi amor!” - esclamo, esasperato.

-Ah, da come l'hai messa giù sembrava che facessi schifo solo io, ma okay! - ribatte Isaac, permaloso come non mai.

-Io mi accontenterei di essere bravo nella realtà, eh, tesoro? - sbotta Jackson in direzione di Isaac, chiaramente scocciato.

Cala immediatamente il silenzio, mentre Isaac diventa rosso fuoco.

Jackson si schiarisce la gola, tentando in maniera ridicola di fare marcia indietro.

-Mh. Intendevo dire, Isaac, che sono sicuro che nella realtà le tue prestazioni sessuali siano assolutamente nella... -

-So che state insieme – lo interrompo stancamente, ma mio malgrado sorrido appena. Ed è un bel passo in avanti, visto che pensavo che non avrei sorriso mai più fino a qualche ora fa – Nel caso pensaste di essere discreti e di avere un futuro da attori, vi dico subito che eravate evidenti in modo imbarazzante. -

Isaac boccheggia, il ritratto dell'imbarazzo.

-Da quanto lo sai? -

-Da quando è cominciata, immagino. -

Jackson mi fissa con gli occhi socchiusi per un po', poi si volta come una furia verso Isaac.

-Fantastico! Ora che abbiamo appurato che la nostra relazione non solo non ferisce minimamente Derek, ma che lui ne era pure a conoscenza, possiamo accantonare l'idea cretina di lasciarci? -

Isaac lo guarda male, mentre io lo fisso, sconvolto.

-Che cosa?! Volevate lasciarvi? Per me? -

Isaac mi guarda, sulla difensiva.

-Non avevo intenzione di lasciare Jackson, ho solo proposto una piccola pausa di riflessione finché non avremo risolto le cose con te! Scusa se pensavo di star ferendo i tuoi sentimenti! -

-Non stai ferendo i miei sentimenti – lo rassicuro subito, ancora un po' sconvolto e anche rincuorato. Isaac e Jackson non mi odiano. Anzi, mi vogliono talmente bene che erano pronti a lasciarsi in nome dei miei sentimenti repressi per Isaac – Anzi, sono felice per voi due, davvero. -

Isaac sorride sollevato, mentre Jackson gli passa possessivo un braccio intorno alle spalle, come a rimarcare che l'idea di lasciarsi è stata definitivamente accantonata.

-Non capisco perché non me lo abbiate detto, però – continuo, in tono perplesso – Perché avete continuato a fare finta di niente? -

Isaac si irrigidisce appena e vedo chiaramente Jackson sfoderare la sua espressione esasperata alla “ti prego, non di nuovo”.

-Jackson non vuole che si sappia che sta con me. - risponde in tono tranquillo, ma conosco abbastanza bene Isaac da percepire il veleno nella sua voce.

Jackson emette un suono esasperato.

Immagino che non sia la prima volta che ne discutono. Questo non mi rende meno imbarazzato, per la cronaca.

-Per l'ennesima volta: ho impiegato anni a costruirmi una certa reputazione, è importante per me! Non puoi pretendere che ci rinunci così, da un giorno all'altro! -

-Jackson, penso che tu sia l'unica persona al mondo che vuole tenersi una reputazione che fa schifo. - ribatte Isaac acidamente, scrollandosi con un gesto secco il suo braccio dalle spalle.

-Cerca di capire! Ho passato tutta la vita a dire che non mi sarei mai legato esclusivamente a qualcuno, che avrei sposato un uomo ricco solo per farmi mantenere in eterno e che non avrei mai amato nessuno! E adesso sto con te, siamo monogami, tu sei praticamente povero rispetto agli uomini che frequentavo di solito e io ti amo, maledizione. Pensa se lo dicessi a qualcuno dei miei vecchi amici, alla mia famiglia! Che figura di merda! - si sfoga Jackson, gesticolando come un pazzo.

Isaac lo fissa. Il suo sguardo è ancora arrabbiato, ma non è lontanamente duro come prima. Si vede benissimo che sta lottando contro un sorriso.

-Tu sei un coglione e il tuo discorso è degno di un bambino di cinque anni. Ma hai detto di amarmi, quindi cercherò di non soffermarmi troppo sul resto, per ora. -

-Grazie tante. - ringhia Jackson, incazzato.

-Non capisco – dico dopo un po', in tono cauto – Perché non lo avete detto almeno a me? -

Isaac sembra un po' imbarazzato, mentre Jackson inarca un sopracciglio, guardandomi con sarcasmo.

-Perché tu i segreti li sai tenere a meraviglia, vero? -

Ouch. Colpito e affondato.

Abbasso un po' lo sguardo, ignorando Isaac che sibila a Jackson che è un insensibile e Jackson che sbotta che non capisce cosa abbia detto di male.

-Mi odiate? - domando, con un filo di voce.

-Derek! - il tono di Isaac è talmente sconvolto che mi costringo a guardarlo – Come ti viene in mente! Non potremmo mai odiarti! - accenna un piccolo sorriso – Non ti odierei nemmeno se mi smarrissi ottanta computer sulla metro. -

-Mettiamola così – aggiunge Jackson, squadrandomi male, ma in quella maniera velatamente affettuosa così tipica di Jackson che mi scalda il cuore – Se non ti volessi davvero, davvero bene, tu non saresti vivo, dopo aver preso i miei vestiti senza chiedere. -

Li fisso, il cuore pieno di amore incondizionato per loro.

Poi, scoppio a piangere.

-Porca puttana, odio questa vita. - borbotta Jackson, ma comunque in circa due secondi sono sul divano, stretto tra lui e Isaac.

-E' stato orrendo! Tutti i miei segreti, rivelati così, davanti a tutti! - singhiozzo disperatamente contro la spalla di Isaac.

-E' stata una cosa orrenda da parte sua, tesoro. - concorda Isaac, continuando a cullarmi contro di lui.

Trasaliamo entrambi quando Jackson sbatte con forza il pugno sullo schienale del divano.

-Orrenda?! Non è stata solo una cosa orrenda. Stilinski ha commesso la cosa più grave che un uomo possa commettere contro un altro uomo. Rivelare i segreti di qualcuno è semplicemente disumano. Più grave dell'omicidio. - scandisce con cura ogni parola, in tono lugubre e lievemente drammatico.

Io mi limito a gettargli uno sguardo disperato tra le lacrime, mentre Isaac lo guarda un po' storto.

-Come avvocato mi sento in dovere di dissentire con quello che hai detto, per quanto riguarda il senso letterale. Ma abbiamo afferrato il concetto. -

-Dico sul serio, Derek – insiste Jackson, guardandomi severamente – Se lo perdoni giuro che ti tiro un pugno. Deve starti alla larga, okay? E comunque io te lo avevo detto sin dall'inizio che non fosse una cosa buona il fatto che lui conoscesse tutti i tuoi segreti! Ti sei reso troppo vulnerabile e guarda cosa ha fatto! -

-Non voglio vederlo mai più – mormoro in tono triste, staccandomi da Isaac per potermi asciugare gli occhi con la manica del mio cardigan – Non posso credere di essere stato così stupido da... da... da innamorarmi e da non accorgermi che mi stesse solo usando per la sua cavolo di campagna. -

Isaac aggrotta la fronte.

-Aspetta. Che ne sai che ti stesse usando? Te lo ha detto lui? -

Apro la bocca per rispondere, ma Jackson mi anticipa, furiosamente.

-Beh, mi pare ovvio no? Non si è fatto molti scrupoli a dire a tutti di come lui e Derek lo facevano solo per provare che la sua cazzo di linea fosse davvero innovativa. Derek può solo stare meglio senza di lui. -

Isaac lo guarda, visibilmente contrariato.

-Non pensi che ne dovrebbero almeno parlare? -

-Cazzo, non cominciare con la storia che parlare risolve tutto! - sbotta Jackson alzandosi di scatto in piedi, e non l'ho mai visto così incazzato, non con Isaac – Non la stai gestendo tu questa cosa di Derek e Stilinski, okay? Ti conosco, lo spingeresti a parlare con Stiles, ad ascoltarlo e alla fine Derek lo perdonerebbe e non ci saremmo liberati dello stronzo! Ti ho visto farlo con Patrick fin troppe volte, ma adesso non ti permetto di farlo fare pure a Derek! D'ora in poi questa cosa la gestisco io e Derek deve stare lontano dallo stronzo, caso chiuso! -

E' talmente spaventoso in questo momento, che né io né Isaac troviamo niente di meglio da fare a parte annuire.

Jackson grugnisce un “bene” e poi si rintana in camera sua, premurandosi di sbattere bene la porta.

Isaac rimane in silenzio per un po', poi sospira.

-Non so se trovarlo tenero per il fatto di essere ancora geloso di Patrick dopo tutti questi anni o irritarmi perché pensa di poter prendere il comando e decidere per noi. - mormora, rassegnato.

-Però ha ragione – sussurro io, guardando assente le mie ginocchia – Non dovrei perdonarlo. Non dovrei nemmeno parlargli. Mi ha umiliato completamente – guardo Isaac con gli occhi lucidi, sentendomi disperato come non mai – Avevi ragione a dirmi che non lo conoscessi affatto. Avrei dovuto stare più attento, fidarmi di meno. -

-Oh, tesoro – mormora Isaac, abbracciandomi stretto – Non è stata colpa tua. Sei innamorato, è normale fidarsi in questi casi. So quello che ti ho detto sul fatto che non lo conoscessi, ma penso che dovresti comunque provare a parlare con lui, a prescindere da quel che dice Jackson – accenna un piccolo sorriso – Vuoi davvero prendere consigli sentimentali da uno che ha la sua prima relazione seria a quasi trent'anni e la nasconde come se fosse un segreto scabroso? -

Rido piano, stringendo però la mano di Isaac come per confortarlo.

-Jackson è proprio un idiota. Dovrebbe mettere i manifesti sul fatto che sta con te – dichiaro solidale, guadagnandomi un grosso sorriso da Isaac. Lo ricambio, poi sospiro – Non me la sento proprio di parlare con Stiles, ho pure spento il cellulare per non rischiare che mi contattasse – sento gli occhi riempirsi di lacrime – Il modo in cui ha rivelato tutte le piccole cose di me che solo lui sapeva, come se non valessero niente per lui... non lo so, mi sento come se mi avesse strappato dal petto il cuore e lo avesse gettato in pasto ai lupi. -

-Lo so, tesoro, lo so. - mormora Isaac, dispiaciuto.

Mi passo con rabbia le mani sugli occhi, cercando di scacciare le lacrime.

-Non posso credere che adesso tutti conoscano la mia vita sessuale, è così umiliante. -

Isaac non risponde e quando sollevo il viso, noto che ha il labbro incastrato tra i denti e un'espressione colpevole.

-Cosa c'è? - chiedo, rassegnato.

Ormai non può succedere nulla di peggio.

Giusto?

Isaac esita un istante, poi sospira e scuote la testa.

-Okay, non volevo dirtelo oggi, ma penso che sia giusto che tu lo sappia – prende un profondo respiro e mi guarda dispiaciuto – Jordan è venuto a cercarmi allo studio legale. -

Mi sento impallidire.

-Cosa?! Perché? -

-Tu non gli rispondevi al telefono, i tuoi colleghi non sono riusciti a farlo parlare con te, a casa nostra non c'era nessuno e non eri nemmeno in ufficio... così penso abbia pensato che fossi in studio con me. - spiega Isaac con voce piccola piccola.

Oddio, cosa non mi sta dicendo?

-E quindi? - chiedo, con un groppo in gola – Cosa ti ha detto? -

Isaac sembra nel panico.

-Jordan... Oh, Derek, non le pensava sul serio tutte quelle cose! Delirava ed era chiaramente ubriaco! Non riuscivo nemmeno a stargli dietro, continuava a blaterare di dalie che fioriscono e poi appassiscono e di non so che biglietti per la sagra del western! -

Voglio morire.

Mi sento così in colpa.

Quanto devi essere orribile per riuscire a ferire uno degli uomini più buoni di sempre? Io ci sono riuscito. Innumerevoli volte.

Ma questo... oh, questa è la cosa più brutta che gli abbia mai fatto. Adesso sa che gli ho mentito per tre anni, su quasi tutto.

E il sesso... per colpa di quella stupida intervista ora tutti sanno che odiassi il sesso con lui. Posso solo immaginare quanto possa sentirsi umiliato. Immagino cosa abbia detto di me, Isaac è solo troppo buono per ripetermelo e sconvolgermi ancora di più. Ma la verità è che non c'è insulto troppo pesante per me. Mi merito la rabbia di Jordan, mi merito che mi sputi addosso cattiverie.

Non è quello che ho fatto indirettamente io, attraverso Stiles? Non ho sparato cattiverie su di lui e la nostra relazione?

-Siamo riusciti a calmarlo, comunque, dopo un po' – esclama Isaac, con il nobile intento di rincuorarmi – Eric lo ha portato a casa. -

-Eric? - chiedo con voce vuota, stropicciandomi il viso con le mani.

Sono così stanco.

-Sì, un mio collega. Ha sentito le urla nel mio ufficio ed è venuto a darmi una mano. In realtà è stato abbastanza fantastico, ha convinto Jordan che spaccare la mia finestra con l'estintore non lo avrebbe fatto stare meglio e poi gli ha fatto passare la sbornia con sei litri di caffè. Penso di averlo amato, in quel momento. Cioè, platonicamente parlando. Non dirlo a Jackson, comunque. -

Isaac parla a raffica, cercando chiaramente di alleggerire l'atmosfera e farmi stare meglio ed apprezzo il suo tentativo, davvero, ma non c'è niente che possa farmi stare meglio, in questo momento.

L'uomo che amo mi ha spezzato il cuore.

Come fai a stare meglio qualcuno, dopo questo?

-Penso che andrò a dormire. - mormoro, alzandomi in piedi.

Isaac cerca di trattenermi, preoccupato, ma io lo ignoro.

Voglio solo stare da solo, è stata una lunga giornata.

Appena apro la porta della mia stanza, mi blocco.

Fisso apatico il mio letto con il copriletto di Spongebob, la mia rana di pezza posata sul cuscino.

Spongebob? Davvero, Hale? Dormi con il ranocchio? E ti ciucci pure il dito?

Non ci vedo più dalla rabbia. Strappo con furia il copriletto e lo butto per terra, poi afferro Lora e la scaravento dall'altra parte della stanza.

So che domani mi sentirò incredibilmente in colpa e le chiederò scusa venti volte baciandole la testa, ma ora non mi importa.

Mi lascio scivolare per terra, con la schiena appoggiata al letto e la testa tra le ginocchia, come la persona estremamente patetica che sono.

Non ho nemmeno più la forza di piangere.

In un moto di coraggio, decido di provare ad accedere il mio cellulare.

Ho qualcosa come cento chiamate perse, la maggior parte sono di Stiles.

Mi ha lasciato anche un sacco di messaggi, che lentamente scorro.

 

Hai visto l'intervista, non è vero?

 

Derek, posso spiegarti, te lo giuro. Rispondi alle chiamate, ti prego.

 

Non voglio spiegarti per messaggio, per favore.

 

Derek, ti prego, mi sta uccidendo il fatto di non poter nemmeno vederti perché sono dall'altra parte del paese. Rispondi al cazzo di cellulare, per favore!

 

 

Stringo le labbra, stringendo anche la presa sul cellulare. Questa è l'ennesima prova che non ci tiene davvero a me. Se ci tenesse davvero, avrebbe preso un fottuto aereo e sarebbe tornato da me, in questo momento starebbe strisciando davanti alla mia porta implorando perdono, e sono così scemo che probabilmente gli avrei pure permesso di spiegarsi.

Ma invece è sparito senza spiegazioni, come al solito, a fare chissà cosa. Sono stanco del fatto di essere l'unico tra noi a non poter avere segreti, quando lui non fa che mentirmi dal primo momento in cui ci siamo visti.

Cosa ci facevi davvero in Scozia, Stiles?

Proprio in questo momento, il cellulare comincia a vibrare, avvisandomi del fatto che Stiles mi sta chiamando.

Osservo apatico lo schermo per un po', poi mi alzo in piedi, tenendo ben saldo il cellulare, anche se ho le gambe che tremano. Mi avvicino alla finestra e la apro goffamente con un braccio.

Il mio cellulare vola sgraziatamente verso l'asfalto e anche se non vedo niente perché ormai è notte, sento il rumore di vetro rotto.

Gli unici suoni adesso sono quelli familiari e rincuoranti del traffico notturno di New York.

Il cellulare ha smesso di squillare.

Vorrei solo che almeno questo mi facesse sentire un pochino meglio.

 

 

 

Sospiro e sporgo il labbro, guardando implorante Isaac per l'ennesima volta.

Isaac sbuffa, continuando ad aggiustarmi la cravatta e ignorandomi.

-Ho detto no, Derek. -

-Ma io non ci voglio andare. - mi lamento piano, mettendo il broncio.

Isaac mi lancia un'occhiata accondiscendente.

-Lo so, ma ci devi andare comunque. Ieri ti abbiamo lasciato stare a casa perché eri sconvolto e avevi bisogno di tempo, ma non puoi non andare a lavoro anche oggi, Derek. -

-Che importa? Tanto Chris mi licenzierà comunque. - ribatto, tirando su con il naso.

-Beh, in ogni caso sempre meglio cercare di evitare questa possibilità! - esclama Isaac, facendo un passo indietro per esaminare il suo operato.

Non capisco perché si impegni tanto, sappiamo entrambi che avrò la cravatta storta non appena metterò piede fuori di casa. Come se avere la cravatta perfetta potesse indurre Chris a non licenziarmi, poi.

-Perché non posso venire allo studio legale con te? - piagnucolo di nuovo, mentre Isaac alza esasperato gli occhi al cielo – Giuro che me ne sto buono in un angolo e non ti do fastidio. Ti porto perfino il caffè! -

-Ne abbiamo già parlato, Derek – ribatte Isaac con decisione, anche se si vede che sta cercando di essere paziente – Non puoi continuare a nasconderti qua dentro. Non puoi buttare la tua vita dalla finestra come hai fatto con il tuo cellulare. Devi affrontare la situazione e tornare a lavoro. Ti ricordi quanto eri depresso quando eri disoccupato? Vuoi davvero tornare così? -

-Tu non capisci – gemo, spalancando gli occhi e guardandolo come se mi avesse pugnalato alle spalle – Mi odiano tutti. Mi bullizzeranno! -

-E tu parla con loro e spiega con calma le tue ragioni! Non c'è niente che il dono della parola non possa risolvere! - ribatte Isaac con calma e a volte odio lui e il suo essere così ottusamente avvocato in ogni cosa che fa, davvero.

-Derek? Sei pronto? - interviene Jackson, sbucando dalla sua camera vestito di tutto punto, le chiavi della porche in mano.

Gli lancio un'occhiata infelice, prima di rivolgermi nuovamente ad Isaac.

-Perché Jackson deve accompagnarmi a lavoro? Non ho tre anni. - mi lagno, pestando un piede.

Jackson emette un grugnito scettico e io lo guardo male.

Isaac chiude un istante gli occhi e io lo so che sta cercando di radunare tutte le sue forze per evitare di darmi un pugno in faccia.

-Perché ora come ora non mi fido affatto di te e voglio essere sicuro che tu vada sul serio a lavoro, Derek – sospira, allontanandosi per recuperare il suo pc dal tavolino – Ti accompagnerei io, ma ho davvero un sacco di lavoro da fare e sono indietro con le scadenze. -

E' troppo buono per dirlo, ma so che il motivo per cui è indietro sono io. Ieri si è assentato dallo studio solo per potermi stare dietro tutto il giorno per controllare che non mi suicidassi, che mangiassi qualcosa e che non cercassi di annegare nelle mie lacrime.

Non posso essere così egoista. Isaac ha la sua vita da vivere e sono già stato di peso fin troppo.

Così non posso fare altro che sospirare e mettermi la mia valigetta a tracolla, con l'aria da martire.

Osservo Jackson avvicinarsi a Isaac e baciarlo affettuosamente, accarezzandogli la nuca con la mano.

Mi fa ancora strano vedere Isaac e Jackson fare i fidanzati davanti a me alla luce del sole, ma sono davvero carini.

E Isaac sembra così felice che non mi stupirei se emettesse luce propria.

-Buona giornata. - sussurra Isaac sulle sue labbra, sorridendo come non mai.

Jackson gli dà un buffetto sul naso, poi si volta e mi guarda. Sembra felice quanto me alla prospettiva di dovermi accompagnare in azienda. E' chiaro che entrambi stiamo facendo questa cosa solo perché l'idea di opporci ad Isaac ci terrorizza.

-Avanti, muoviamoci. Non posso fare tardi, ho una riunione oggi. - sbotta e io sollevo gli occhi al cielo.

Isaac mi abbraccia prima di lasciarmi uscire e mi sussurra all'orecchio “ricorda, non c'è niente che non possa essere risolto con la forza del dialogo”.

So che nella sua mente questo dovrebbe infondermi forza e positività, ma non faccio altro che pensare a buttarmi giù dall'auto in corsa, mentre sono in macchina con Jackson.

Jackson probabilmente è meno menefreghista di quello che vuol far credere, perché mi getta un'occhiata e poi fa scattare le sicure.

Fantastico.

Adesso non posso neanche uccidermi.

Grazie tante, Jackson.

Non parliamo granché durante il viaggio e sinceramente preferisco così, Isaac avrebbe tentato di farmi i suoi discorsi incoraggianti e positivi e non ne sono proprio in vena.

Osservo con aria infelice l'entrata dell'azienda, mentre Jackson rallenta fino a fermarsi.

Mi sento il respiro bloccato in gola e il cuore impazzito.

Non voglio andare a lavoro, non voglio.

Non voglio dover vedere tutti quanti, dover affrontare la loro rabbia e le loro prese in giro. Non ce la faccio.

-Giusto perché tu non ti faccia venire strane idee – richiama la mia attenzione Jackson, squadrandomi male – Isaac mi ha detto di rimanere qua finché non fossi stato sicuro che tu fossi veramente entrato. -

Non faccio nemmeno lo sforzo di negare, limitandomi a guardarlo disperatamente.

-Non voglio andare. Sarà un incubo. -

Jackson sospira e io mi mordo il labbro mentre lo osservo slacciarsi la cintura per potersi voltare e parlarmi più liberamente.

-Senti, è inutile negare che per i primi giorni sarà difficile, ma non parleranno di te in eterno. Sei solo lo scandalo del mese, il mese prossimo ci sarà qualcun altro di cui parlare. E se ti infastidiscono, un bel calcio nelle palle e hai risolto il problema. -

Spalanco gli occhi.

-Ma Isaac mi ha detto di utilizzare il dono della parola per risolvere i problemi. -

Jackson impreca in modo colorito.

-Ovvio che lo abbia detto – ringhia e io devo trattenere un sorriso – Ascolta me, Derek. In certi casi le parole non servono a un cazzo. Un calcio nelle palle è pulito, efficace e veloce. Fidati di me. -

-Okay. - mormoro, non molto convinto.

Jackson mi fissa, poi sospira.

-Fatti coraggio, okay? E se è tutto troppo orribile... chiamami, va bene? -

Lo guardo, sorpreso.

-Pensavo che oggi fossi in riunione. -

Jackson rotea gli occhi e questa volta sorrido sul serio.

-Tu chiamami in ogni caso. -

-Grazie. - mormoro, anche se grazie non esprime minimamente tutta la gratitudine e l'affetto che provo al momento.

Jackson non risponde, si limita a darmi un buffetto sul naso come ha fatto con Isaac prima.

-Avanti, muovi il culo, Hale. -

Gli mostro la lingua, poi con un grosso respiro mi aggrappo alla mia valigetta e scendo dall'auto.

Le gambe mi pesano come macigni mentre salgo i pochi scalini dell'ingresso. Non posso nemmeno voltarmi e scappare, visto che Jackson è davvero rimasto fermo a guardarmi.

Entrare in questo edificio dopo tutto quello che è successo, è la cosa più difficile che abbia mai fatto, ma alla fine ci sono, sono dentro.

Okay, Derek.

Adesso cammina velocemente verso l'ascensore. Non guardare nessuno in faccia e non fermarti per nessun motivo.

Ce la puoi fare.

A essere onesto vado abbastanza bene fino all'entrata in ascensore. Me la cavo senza intoppi pure nell'attraversare il corridoio. E' quando mi trovo davanti alla porta del mio ufficio che mi sento sull'orlo di un attacco di panico.

Da fuori si sentiva il solito casino di sempre, ma appena entro, tutti si ammutoliscono e mi fissano.

Non sono tutti sguardi ostili, a dire il vero, ma non sono nemmeno amichevoli.

Sam ce lo ha scritto in faccia che si sta chiedendo se stia indossando un perizoma o no.

Deglutisco, mentre avanzo a disagio fino alla mia scrivania. E' sempre stata così lontana?

Odio tutto questo silenzio giudicante.

Ricorda, non c'è niente che non possa essere risolto con la forza del dialogo.

-Ciao a tutti! - quasi urlo, agitando goffamente la mano.

Ovviamente, tutti mi ignorano. Sento gli sguardi malevoli intensificarsi.

Magnifico consiglio, Isaac.

Erica mi spia dalle fronde della sua piantina morente, e il suo sguardo è addirittura più cattivo del solito.

A ogni modo, non faccio nemmeno in tempo a sedermi, che Chris spunta dal suo ufficio.

-Derek. Devo parlarti. Ora. - scandisce, serio come non mai.

Sento il panico assalirmi, ma c'è da dire che me lo aspettassi.

Cerco di ignorare il ghigno vittorioso di Erica, mentre mi trascino come un condannato a morte nell'ufficio di Chris.

E' già seduto dietro la sua scrivania e io prendo posto in silenzio, guardandolo nervosamente.

-Sono licenziat... -

-Volevo ringraziarti, Derek. - sbotta Chris, interrompendomi, e noto con stupore che sembra vagamente imbarazzato, ma non arrabbiato.

Aspetta, mi ha ringraziato?

Non mi sta licenziando per avere giaciuto come una sgualdrina con il mio capo, avere rotto la cornice di sua figlia e essere rimasto a casa per un giorno intero senza avvertire?

-Ringraziarmi? - chiedo quindi, perplesso.

Okay, non mi sbagliavo. Chris è sicuramente in imbarazzo.

-So cosa hai fatto. Con i bilanci – comincia, con voce bassa – Mi hai parato il culo con Nancy. E lo hai fatto senza aspettarti qualcosa in cambio. Quindi... grazie. -

Sbatto le palpebre, frastornato.

Mi ero completamente dimenticato di aver corretto i bilanci per aiutare Chris.

-Uhm, non c'è di che. Ho fatto solo il mio dovere. -

Gli occhi di Chris mi squadrano con serietà.

-No, non è vero. Avresti potuto prenderti il merito con Nancy per aver risolto l'errore oppure avresti potuto fare finta di niente. Ma sei stato leale. Ed è una cosa che apprezzo. -

-Beh, tu sei il mio capo, ovvio che sia leale verso di te – argomento, un po' confuso – Non volevo che Nancy faccia da gallina se la prendesse con te. -

Le labbra di Chris tremano in un sorriso e la cosa è talmente rara che viene anche a me da sorridere.

-Non chiamarla faccia da gallina, Derek. E' pur sempre un nostro superiore. - finge di rimproverarmi, ma è talmente poco convincente che sorrido solo di più.

-Va bene. Sono piuttosto sicuro che il soprannome faccia di gallina lo abbia inventato tu, ma va bene. -

Chris mi guarda male, ma è molto meno spaventoso del solito.

-Quindi volevi dirmi solo questo o... -

-Penso che sia giunto il momento di pensare di darti una promozione. - mi interrompe nuovamente Chris, deciso.

Lo fisso, incredulo.

-Chris – dico poi dopo un po', sentendomi persino un po' infastidito – Non devi darmi una promozione solo perché ti senti in debito o pensi di dovermi qualcosa. Non ti ho aiutato perché mi aspettassi qualcosa in cambio, l'ho fatto perché volevo farlo. -

-Non ti sto offrendo una promozione perché mi sento in debito. Lavori qui da quasi tre anni, sei bravo e ti impegni più di tutti. E, come hai detto tu, non ti aspetti niente in cambio – gli occhi di Chris brillano mentre fissa la mia faccia attonita – Penso che tu te la meriti. -

Boccheggio, completamente senza parole.

-Io ero convinto che mi avresti licenziato.- esalo, con sincerità.

Chris mi guarda in tralice.

-Stai un altro giorno a casa senza avvisare, e sarà così. -

Lo fisso, ancora incredulo.

-Non ce l'hai con me per la cornice di Allison? - insisto, con voce piccola – Giuro che te lo avrei detto prima o poi, volevo pure portarla a ripararla, ma la situazione mi è sfuggita un po' di mano. Ma, davvero, mi dispiace. -

Chris stringe gli occhi.

-Potrei essere magnanimo, se ricomparisse magicamente sulla mia scrivania entro le quattro. Insieme a un caffè nero, magari. -

Adesso sorrido apertamente.

Ho sempre pensato che Chris fosse il capo più terrificante del mondo, ma penso che potesse andarmi molto molto peggio.

-Potrebbe succedere. -

Chris mi guarda ancora male, ma il suo sguardo è troppo morbido per essere preso sul serio.

-Torna a lavoro, Derek, o cambierò presto idea su quella promozione. -

Mi affretto ad obbedire, alzandomi allegramente.

-Derek? - mi richiama Chris, quando sto per uscire.

Mi volto a guardarlo, incrociando il suo sguardo serio.

-Se qualcuno dei tuoi colleghi ti infastidisce troppo, la mia porta è aperta. -

Lo guardo, meravigliato.

-Perché, potresti fare qualcosa in merito? -

Chris inarca le sopracciglia, ma non mi sta già più guardando, tutto preso da non so che documenti.

-Ho sospeso Harry per una settimana per averti importunato, tu che ne pensi? - replica, in tono disinteressato e annoiato.

Sento un enorme sorriso stirarmi lentamente le labbra.

Sì, poteva decisamente capitarmi un capo peggiore di Chris.

 

 

 

Se con Chris le cose sono andate bene, il resto della mia giornata è un incubo completo.

Sono stato bersaglio di battutine e doppi sensi per tutto il dannato giorno.

Miguel dell'ufficio contabile è venuto addirittura a dirmi che era disposto a fare sesso con me e a sussurrarmi cose in spagnolo all'orecchio, se la cosa mi eccitava. In realtà l'ha chiesto con vero interesse e spirito di sacrificio, ma ciò non ha reso la cosa meno raccapricciante.

Quando finalmente torno a casa, sono esausto e ho i nervi a fior di pelle.

Voglio solo buttarmi a letto a sperare che il materasso mi assorbi e mi trasformi in un acaro.

Vorrei solo stare in pace, ma appena entro in salotto Isaac mi corre incontro e mi getta le braccia al collo, facendomi quasi cadere.

-Ce l'ho fatta! - esclama con un grosso sorriso, continuando a stringermi – Non ci credo, ho vinto! -

-Di cosa stai parlando? - chiedo confuso, accarezzandogli comunque la schiena con una mano.

Isaac si stacca leggermente da me, sembrando un po' imbarazzato.

-Scusa, hai ragione. Non te ne avevo parlato. C'è questa causa enorme su cui stavo da mesi, insieme ad altri miei colleghi associati. E oggi ce l'ho fatta, ho vinto la causa! Ho trovato un cavillo che era sfuggito agli altri e ho vinto! E adesso lo studio vuole organizzare una cena in mia onore e... oh Derek, è tutto troppo bello per essere vero! -

Isaac sembra fatto di luce propria mentre fa su e giù per il salotto, gesticolando e sorridendo a più non posso. Quasi mi gira la testa mentre lo guardo ancora confuso, ma felice per lui.

-Ma è meraviglioso, Isaac! Congratulazioni! Perché non me ne hai parlato? -

L'espressione contenta di Isaac vacilla un po', mentre finalmente si siede sul divano e smette di camminare.

-Oh. Non mi sembrava il caso con tutto quello che stava succedendo con Stiles. Non volevo appesantirti. -

Capisco l'intento, ma questo non cambia che adesso mi sento terribilmente in colpa.

Sono diventato l'amico che monopolizza l'attenzione e pretende che i suoi problemi siano sempre più grandi di quelli degli altri?

So che negli ultimi tempi sono stato troppo assorbito dalla mia relazione con Stiles per prestare davvero attenzione alla vita di Isaac, ma è comunque il mio migliore amico, per la miseria. Dovrei saperlo quando succede qualcosa di grosso nella sua vita, e invece non sapevo né del lavoro né di Jackson.

Isaac non mi ha detto niente, perché ero troppo impegnato a deprimermi per Jordan e poi per Stiles e non voleva interferire con tutto il mio dramma.

Mi faccio un po' schifo.

Mi faccio ancora più schifo quando Jackson entra in casa circa cinque secondi dopo.

Isaac sorride di nuovo e scatta in piedi, mentre Jackson entra in salotto con aria stanca, ma ancora perfetto nel suo completo di marca.

-Ho vinto! - esclama solo e non ha bisogno di dire altro che tutta la faccia di Jackson si rilassa e si illumina.

A quanto pare, a lui ne aveva parlato.

In un secondo ha mollato la sua borsa per terra senza cura e ha percorso in poche falcate lo spazio che lo divide da Isaac. Jackson lo stringe talmente forte che lo solleva da terra, mentre Isaac ride e si appende al suo collo.

E in tutto questo io sono ancora in un angolo del salotto, a sentirmi per la prima volta in più di vent'anni di amicizia il terzo incomodo.

-Cazzo, lo sapevo! Te lo avevo detto che avresti vinto tu, testa di cazzo! E tu che continuavi a dire che avrebbe vinto Melanie! Vedi che ho sempre ragione io? -

Jackson lo insulta e lo elogia allo stesso tempo, riempiendogli il viso di baci mentre Isaac ride e finge di divincolarsi.

E' tanto orribile da parte mia provare l'istinto di chiudere gli occhi e tapparmi le orecchie? So che dovrei essere contento che le cose tra loro vadano finalmente bene e lo sono, davvero.

Ma una piccola, disgustosa e comunque consistente parte di me, continua a pensare che quelli avremmo potuto essere io e Stiles.

Se solo Stiles non avesse deciso di spezzarmi il cuore in mille pezzi, certo.

Quando Jackson finalmente lascia andare Isaac, sembrano accorgersi di me. Sembrano sentirsi in colpa e questo di riflesso fa sentire in colpa me. Hanno tutto il diritto di essere felici e innamorati. Non è colpa loro se la mia vita fa schifo.

Isaac si schiarisce la gola, rivolgendomi un sorriso un po' imbarazzato ma sincero.

-So che potrebbe essere un evento un po' noioso, ma verresti alla cena organizzata dallo studio? Sarà il prossimo venerdì. -

-Certo che verrò, Isaac. - rispondo subito, sorridendogli per fargli capire che non ha niente per cui sentirsi imbarazzato o in colpa, che è ovvio che ci sarò e che sono molto orgoglioso di lui.

Se io sono orgoglioso, Jackson lo guarda come se Isaac abbia letteralmente portato la pace nel mondo o sia un miracolo vivente.

E quest'uomo pensa di non avere già la reputazione rovinata solo perché non dice a tutti quanto vergognosamente sia innamorato di Isaac.

Come se non fosse comunque tra le cose più ovvie dell'universo.

Jackson accarezza un'ultima volta i capelli di Isaac, poi si volta a guardarmi.

-Come è andata a lavoro? Hanno fatto i coglioni con te? - domanda, corrugando la fronte.

Esito. Non voglio dire loro di come i miei colleghi si siano presi gioco di me, è troppo umiliante. E non voglio nemmeno dirgli della probabile promozione che mi ha offerto Chris. Ora è il momento di Isaac, ed è giusto che sia tutto per lui.

-Poteva andare peggio, presumo. - rispondo quindi, con il tono più allegro che mi riesca.

So di non essere convincente, infatti non mi stupisce lo sguardo scettico di Jackson e l'espressione preoccupata di Isaac.

-Sei sicuro, Derek? - chiede il mio migliore amico, facendo un passo verso di me – Sai che puoi dirci tutto, vero? -

Oh.

Okay.

So che avevo detto che non avrei rovinato il grande momento di Isaac eccetera.

Ma in fondo sta insistendo lui, no?

Non c'è niente di male se mi lamento un po' sulla mia vita per qualche secondo.

Dieci minuti al massimo.

Un piccolo resoconto senza drammi.

Sono quasi pronto a rendere noto quanto sia stata orribile la mia giornata, quando il telefono di casa squilla.

Isaac continua a squadrarmi con preoccupazione, mentre si avvia a rispondere. Mi sposto a disagio, decidendo infine di lasciarmi cadere sul divano accanto a Jackson, che si sta sciogliendo il nodo della cravatta.

-Pronto? -

Guardo distrattamente la schiena di Isaac e aggrotto la fronte quando mi rendo conto che si è irrigidito.

Oddio, spero che non siano ancora i miei genitori.

-Oh – Isaac si volta lentamente verso il divano, fissandomi con apprensione – Ciao, Stiles. -

Spalanco gli occhi, sentendomi improvvisamente soffocare.

Ha chiamato a casa.

Pensavo che si fosse arreso dopo che ho distrutto il mio cellulare.

A quanto pare, mi sbagliavo.

Jackson, accanto a me, sta praticamente ringhiando, e questo non mi aiuta molto a mantenere la calma.

-Quindi vorresti parlare con Derek... - Isaac parla in tono lento, sempre fissandomi in maniera eloquente. Io scuoto frenetico la testa, agitando anche le mani in segno di negazione, con la stessa grazia di una foca moribonda.

-Ma, vedi, Derek non è in casa in questo momento! - esclama velocemente Isaac, nel tono più acuto e falso del mondo.

Merda. Mi ero dimenticato della totale incapacità di Isaac di mentire. Jackson si è portato una mano al viso, condividendo in maniera molto solidale la mia angoscia.

-No, lo so che hai bisogno di parlare con lui, ma Derek non è in casa, davvero... - Isaac sta annaspando ed è quasi straziante da vedere.

Una parte di me, quella stupida e che non impara mai, registra il fatto che Stiles non si sia arreso. Sta continuando a chiedere di me. Vuole parlarmi sul serio.

Non che la cosa mi importi, ovviamente.

Sono totalmente indifferente.

Cioè, sono un fascio di nervi e non riesco a staccare gli occhi da Isaac ripetendomi ossessivamente che dall'altra parte del telefono c'è l'uomo che amo, ma comunque non mi importa niente.

Stiles può andare a quel paese.

Sono passato totalmente sopra lui.

-Stiles, non posso farti parlare con Derek, non è in casa. Non sto mentendo! Senti, Stiles, mi dispiace, ma... -

A questo punto Jackson si alza in piedi, con un grugnito esasperato.

Si avvicina con decisione a Isaac e gli sfila delicatamente il telefono dalle dita.

-Ascolta, stronzo, Derek non vuole parlare con te. Non vuole vederti, non vuole sentirti, non vuole parlarti. Quindi smettila di rompere il cazzo. E non chiamare più. - sbotta, prima di mettere giù con violenza.

-Jackson! - esclamiamo Isaac ed io in contemporanea, con lo stesso tono incredulo e incazzato.

Cioè, sono contento che abbia messo le cose in chiaro con Stiles, davvero. In effetti non voglio parlargli.

Non voglio.

-Cosa? - sbotta Jackson, guardandoci male – Mi sembrava che fossimo d'accordo che Derek dovesse stargli alla larga! E tu – aggiunge puntando Isaac – Sei troppo buono. So che prima o poi finirai per organizzargli una cena di riconciliazione, quindi d'ora in poi rispondo io al telefono. -

-Non hai mai risposto al telefono in sei anni che viviamo insieme. - gli faccio notare, ma ho gli occhi puntati sul telefono ora silenzioso.

Stiles non chiamerà davvero più?

Sarebbe la cosa migliore, ovviamente.

Spero proprio che non chiami più. E anche se chiamasse, io non risponderei. Ho una dignità e non ho intenzione di cedere e ascoltarlo.

Quello che ha fatto è stato orribile e imperdonabile.

Niente al mondo potrà farmi cambiare idea.

-Mi faceva pena! - esclama Isaac in tono difensivo, guardando Jackson – Tu non hai sentito come fosse la sua voce, era tutta tremante e roca, come se stesse per piangere! Continuava a supplicarmi di passargli Derek e non sapevo cosa dire! -

Sento il cuore stretto in una morsa.

-Stava per piangere? - chiedo, con voce sottile.

Isaac mi guarda, inorridito, mentre Jackson emette un suono esasperato, portandosi le mani tra i capelli.

-Fantastico, ci mancava il senso di colpa! - sbraita, lasciandosi di nuovo cadere sul divano.

-Oh, no no! - esclama invece Isaac, guardandomi allarmato – Sono sicuro che non stesse per piangere, tesoro. -

-Gli tremava la voce? - insisto, e mi odio perché è la mia voce a tremare.

Perché dico di non volere avere niente a che fare con Stiles, ma odio ancora l'idea che sia triste con tutto me stesso? Perché i sentimenti non possono essere spenti con un bottone?

-Sai come sono i telefoni, deformano sempre la voce! - risponde Isaac, nel panico.

Il telefono squilla di nuovo e tutti e tre facciamo scattare gli occhi in quella direzione.

La tensione si taglia con il coltello.

Penso a Stiles da qualche parte, da solo, con le occhiaie e la barba di qualche giorno, mentre si strofina gli occhi cercando di non piangere e aspettando che io risponda al telefono.

Quest'immagine dovrebbe rallegrarmi.

Voglio dire, se lo merita di soffrire. Mi ha completamente umiliato e poi se ne è andato chissà dove a fare le sue cose segrete da super miliardario.

Non me ne dovrebbe importare niente della sua tristezza.

Assolutamente niente.

-Derek, non osare...- comincia Jackson con voce bassa e funerea, ma ormai sono scattato in piedi.

-Derek, non rispondere, cazzo! - esclama, ma ho già afferrato in maniera febbrile il telefono.

Isaac non ha fatto nulla per ostacolarmi, anzi si è addirittura spostato di lato, lanciando un breve sguardo di scuse a Jackson, che è palesemente incazzato.

-Stiles? - soffio nella cornetta, stringendo forte il telefono tra le mani.

Per un po' c'è silenzio e l'idea che abbia buttato giù mi terrorizza.

Ma alla fine qualcuno parla.

-Sono Jordan. - è l'apatica e totalmente incolore risposta.

Oh, merda.

-Jordan! - squittisco, in preda al panico – Mi dispiace, pensavo che fossi... -

-Sì, è abbastanza chiaro chi pensavi che fossi. - mi interrompe con sarcasmo e una punta di lamento nella voce.

Non faccio nemmeno in tempo a inventarmi una scusa plausibile, che mi ha buttato il telefono in faccia.

-Jordan? - chiamo inutilmente, un fastidioso groppo alla gola.

Mi sento così incredibilmente in colpa.

Sono la solita persona orrenda ed egoista.

Ero talmente preso da Stiles, da non pensare minimamente a quanto potesse essere sconvolto Jordan. Ha dovuto ascoltare un altro uomo mentre parlava di come non riuscissi a godere con lui. Sa che l'ho riempito di bugie. E, ovviamente, sa che deve esserci stato qualcosa con Stiles.

Isaac ha detto che era sconvolto quando si è precipitato nello studio legale. Avrei dovuto parlare con lui, cercare di spiegargli.

E adesso gli ho appena dato conferma che, mentre lui si sta struggendo per me, io mi sto disperando per un altro uomo.

-Ancora non ci siamo liberati di mr. Buco nell'Acqua? - chiede Jackson dopo un po', spezzando il silenzio con la solita delicatezza.

-Devo parlare con lui. - esclamo tormentato, guardando ad occhi spalancati Isaac e Jackson.

-Non oggi, Derek – interviene subito Isaac, squadrandomi preoccupato – Oggi è stata una giornata già abbastanza pesante. Parlerai con Jordan domani. -

-Non che tu sia obbligato a farlo. - aggiunge Jackson, lanciandomi un'occhiata penetrante.

Lo guardo incredulo.

-Non pensi che si meriti una spiegazione? E' stato il mio ragazzo per tre anni! -

-Sì, ed era palesemente la persona sbagliata per te! Non gli devi chiedere scusa per questo! -

Scuoto la testa, guardandolo male.

-Tu come ti sentiresti se... se Isaac andasse a dire in tv che ogni singolo momento a letto con te era una tortura e che preferiva guardarsi un film che fare sesso con te?-

Isaac sembra che si stia per sentire male, ma Jackson rimane impassibile.

-Semplice, non mi sentirei in nessun modo, perché questo è assolutamente impossibile. Trovo prostate da quando tu leggevi ancora i fumetti sotto le coperte, non vedo come possa lamentarsi. -

-Okay, troppe informazioni! - esclama Isaac, rosso fuoco, avvicinandosi a Jackson e tappandogli la bocca con la mano.

Malgrado tutto scoppio a ridere, anche se sento ancora il cuore pesante come un macigno.

Domani.

Domani gli parlerò.

Vorrei poter dire che sono sollevato quando vado a dormire senza che il telefono abbia più squillato.

Anzi, lo sono. Sono sollevato.

E' meglio che Stiles si sia arreso.

E' meglio così, sul serio.

 

 

 

 

Prendo un profondo respiro, cercando di infondermi coraggio.

Avanti, Derek.

E' solo un citofono.

Allunga il dito e basta.

Okay, ho suonato.

Ce l'ho fatta. Ora devo solo cercare di non vomitare dall'ansia e andrà tutto a meraviglia!

-Sì? -

La voce è quella di uno dei tre coinquilini di Jordan. Non saprei dire chi, precisamente. Ammetto che ho una leggera tendenza a confonderli, ma giuro che si ammogliano in modo impressionante. Penso che Jordan si sia fatto crescere i baffi per essere più in sintonia con loro.

-Ehm, ciao, sono Derek. -

C'è silenzio dall'altra parte e non è un buon segno.

Phil, Will e Bill sono le persone più logorroiche che io conosca.

-Ehi Derek – il tono è gentile come al solito (chiunque sia), ma non posso fare a meno di notare che sia un po' esitante – Come stai? -

-Bene, grazie. Senti... -

Phil? Bill? Will?

- Senti. Non è che potrei salire un attimo? Ho bisogno di parlare con Jordan.-

C'è di nuovo silenzio.

-Derek, non so se sia una buona idea. Potrebbe non essere dell'umore adatto a vederti. O a vedere esseri umani in generale. O a fare qualsiasi cosa che non comporti deprimersi. – ammette alla fine, con molta diplomazia.

-Per favore... ho davvero bisogno di parlargli, poi giuro che me ne andrò e non vi disturberò più! -

Sento sospirare dall'altra parte.

-D'accordo, sali. -

Quando arrivo al pianerottolo dell'appartamento di Jordan, trovo la porta già aperta e Phil ad aspettarmi.

O è Bill?

-Ehm. Ciao, Phil. -

Phil ride, dandomi una poderosa manata sulla schiena quando sono abbastanza vicino, procurandomi probabilmente danni permanenti ai polmoni.

-Sei sempre il solito buffone, Derek! Sai benissimo che sono Will! -

-Ehm. Sì, certo. - mormoro, evitando il suo sguardo mentre mi fa entrare in casa.

-Ehi, Derek! -

Questo è Bill (molto probabilmente), che affianca Will con un grosso sorriso. Oddio, sono praticamente identici. Dovrebbe essere illegale permettere alle persone con gli stessi capelli ricci e rossi di farsi crescere anche i baffi uguali.

-Ciao Bill. -

Bill ride, dandomi un'altra manata sulla schiena. Addio polmoni.

-Carina questa! Lo sai che sono Phil! -

Oh mio Dio, ma perché devono chiamarsi tutti allo stesso modo?!

Sforzo una risata.

-Sì, certo. -

Il mio sguardo si fa serio mentre li guardo nervosamente.

-Jordan è in camera sua? -

Phil e Will si scambiano uno sguardo.

-C'è Bill dentro con lui. Abbiamo pensato che fosse saggio... sai, disarmarlo e sigillare la finestra prima di farti parlare con lui. - replica Phil, con leggerezza, mentre Will annuisce e sorride gentilmente.

Deglutisco. Non mi sento molto rassicurato dal fatto che Jordan al momento oscilli tra tendenze omicide nei miei confronti e tendenze suicide. A meno che non voglia gettare me dalla finestra, il che sarebbe comprensibile.

Sentiamo una porta aprirsi rumorosamente e un minuto dopo Bill ci ha raggiunto, con il fiatone e la fondina con la pistola di Jordan in mano. Si posiziona accanto a Will e Phil e mi gira la testa da quanto tutti e tre si assomiglino. E' assurda questa cosa.

-Okay, non è stato facile, ma ora dovrebbe essere innocuo – Bill si accorge della mia presenza e mi rivolge un grosso sorriso – Oh ciao, Derek! Puoi andare a parlare con Jordan tranquillamente ora, gli ho sequestrato la pistola ed è anche parzialmente sobrio. Non dovrebbe ucciderti! -

-Ehm, grazie, Bill. Molto rassicurante. -

Una parte di me sa che, nonostante tutte queste sceneggiate, Jordan non mi farebbe mai del male. E' troppo buono per farlo, ma comunque l'idea che sia ridotto in queste condizioni per colpa mia, mi spezza il cuore.

Voglio dire, non ho mai visto Jordan bere in tre anni di relazione. Da quando ci siamo lasciati è stato più ubriaco lui di Robert Baratheon di Game of Thrones.

Prendo un grosso respiro, mentre mi avvicino alla camera di Jordan. Busso con delicatezza alla porta chiusa, ma quando non ricevo risposta la apro ed entro.

Jordan è in piedi davanti alla finestra, le braccia incrociate al petto e un'espressione ferita e arrabbiata non molto promettente.

Deglutisco nervosamente, mentre mi affretto a chiudere la porta dietro di me.

-Jordan, io... -

-Non ti piacciono i baffi? - chiede Jordan a bruciapelo, con una specie di rantolo sofferente nella voce.

Okay, non pensavo che il nostro confronto sarebbe partito subito così diretto.

Per un attimo penso di dirgli che invece mi piacciono tantissimo, che amo gli uomini con i baffi. Ma poi lo guardo negli occhi e capisco che non se lo merita. Non si merita che continui a mentirgli.

-No, effettivamente, no. - sussurro, stringendomi nelle braccia e appoggiandomi alla porta alle mie spalle.

Jordan mi guarda come se gli avessi ucciso un figlio.

-Almeno ti piace sciare? Hai davvero vinto un premio da ragazzo? -

-Ho sciato da ragazzo – la prendo alla larga, trovando d'un tratto interessante le punte delle mie scarpe – Ma, ahm. Non ero un granché bravo – sospiro – Odio sciare. Preferisco le escursioni nei boschi o nelle foreste. Mi dispiace. -

Jordan scuote la testa, guardandomi incredulo.

-E tutte le sagre del western a cui ti ho portato? Vuoi farmi credere che mentre pensavo ti stessi divertendo come un matto, in realtà ti stessi annoiando a morte? -

-Non a morte – ribatto con voce sottile, guardandolo sulla difensiva – Solo un pochino. -

Jordan mi guarda ancora come se non ci potesse credere.

-Perché cavolo non me lo hai detto? -

-Volevo solo che fossi felice. - mi difendo, anche se suona ridicolo alle mie stesse orecchie.

Il modo in cui Jordan mi guarda mi fa sentire un perfetto stupido.

-Che senso ha essere felice se tu non lo sei? - domanda retoricamente, e in effetti ha senso.

Penso, semplicemente, che nella mia testa fosse più importante rendere felice Jordan che esserlo io. Perché Jordan era perfetto, era il primo ragazzo decente che avessi incontrato, mi trattava bene e mi faceva sentire protetto. E io volevo solo ricambiare, in qualche modo.

-E il sesso! - esclama improvvisamente Jordan e io mi sento morire – Perché non mi hai detto che non ti piaceva? Pensi che... che non mi sarebbe importato? Che non avrei fatto di tutto per fare in modo che fosse bello anche per te? -

-No! - esclamo subito, inorridito, facendo un piccolo passo verso di lui – No, certo che no! So che ti sarebbe importato, è per questo che non te l'ho detto! -

Jordan mi guarda con esasperazione, anche se i suoi occhi sono ancora incredibilmente feriti.

-Questo non ha senso, Derek. -

-Volevo che fossi felice – ammetto disperatamente, cercando di farmi capire – Ti conosco, se ti avessi detto del sesso ti saresti dispiaciuto e avresti incolpato te stesso. So che avremmo dovuto parlarne, ma pensavo... pensavo che potessi gestirla da solo! -

-Fingendo di godere! Ottimo modo per gestirla! - Jordan urla e io faccio di nuovo un passo indietro.

Jordan non mi ha mai urlato addosso prima d'ora, e la cosa non mi piace molto.

I suoi occhi bruciano mentre mi fissa. Non c'è traccia della luce amorevole con cui mi guarda di solito. Mi sento male, un forte senso di nausea mi opprime.

-Non volevo ferirti. - tento ancora, con voce piccola.

Jordan scuote la testa, senza distogliere lo sguardo dal mio.

-C'è stata almeno una singola volta in cui ti è piaciuto fare sesso con me? - chiede, arreso, e io mi sento le guance bruciare.

Dobbiamo per forza parlarne? Che senso ha rinvangare il passato? Ma so che gli devo almeno questo, così cerco di farmi coraggio e rispondere.

-Beh... - mi sento annaspare. Andiamo, Derek. Cerca di ricordare una dannata volta in cui sei stato bene - C'è stata quella volta! Sì, quella volta! Al mio compleanno, quando mi portasti in quel cottage! Molto romantico. -

Jordan mi guarda a bocca spalancata, incredulo, mentre io ricambio perplesso. Che ho detto di male, ora?

-E' stata l'unica volta in cui hai fatto l'attivo, Derek. -

Oh merda.

-Jordan, questo non ha importanza! - esclamo, con voce un po' acuta – Non stavo con te per il sesso, provavo dei sentimenti per te! E su questi non ti ho mai mentito. Avrei potuto continuare a stare con te, ma ti ho lasciato quando ho capito di non sentirmi più allo stesso modo. Perché so che tu meriti qualcuno che ti ami completamente. -

Jordan, se possibile, pare ancora più arrabbiato. Fa un passo verso di me, che d'istinto mi appiattisco contro la porta.

-Ecco, parliamo dei tuoi sentimenti. Stiles Stilinski. Da quanto tempo va avanti? -

Lo fisso, sentendomi un po' infastidito per la prima volta.

-Perdonami, ma questi non sono affari tuoi. Noi ci eravamo lasciati. -

Jordan inarca le sopracciglia, con fare scettico, innervosendomi ancora di più.

-Quindi vuoi farmi credere che non mi hai tradito con lui? -

Spalanco disgustato la bocca, la sensazione di nausea che aumenta fino a farmi soffocare.

-Come puoi chiedermi una cosa del genere? Sai che non lo farei mai! Mi conosci, maledizione! - urlo per la prima volta da quando sono entrato nella sua stanza.

-No, io non ti conosco! - urla anche Jordan, avvicinandosi ulteriormente – Il Derek che pensavo di conoscere in realtà non esiste! Mi hai fatto vedere quello che pensavi avrei voluto vedere, ma era tutta una bugia! Ho amato un'illusione per tre anni! -

Trasalisco, ferito.

-Questo è ingiusto – sussurro e mi odio perché la voce mi trema e sento gli occhi riempirsi di lacrime – Io ti ho amato davvero. Forse non nel modo giusto e sicuramente ho fatto i miei errori, ma i miei sentimenti erano veri, lo sono stati per tanto tempo. -

Jordan fa un verso scettico con la gola, i suoi occhi non si ammorbidiscono mentre mi fissa con furia.

-Io ti ho sempre mostrato il vero me. Tu mi hai riempito di bugie. Lo fai con tutti. Infatti mi chiedo se ci sia una sola persona che ti ami per quello che sei, e non per quello che vuoi far credere. -

Lo fisso senza parole, sentendomi completamente svuotato di energie e emozioni.

Ha ragione.

Ha ragione su tutto.

Nessuno mi conosce davvero, nessuno mi ama per quello che sono.

Pensavo che Stiles fosse l'unica persona a vedermi davvero e ad amarmi sul serio, ma è chiaro che questa fosse un'altra illusione.

Stiles non mi ama, non mi ha mai amato.

Mi ha usato per la sua stupida campagna, mi ha umiliato e poi è sparito. E il fatto che ora si senta in colpa e cerchi di contattarmi, è solo perché in fondo è dispiaciuto. Conoscendolo vorrà scusarsi. Ma è tutto qui.

Nemmeno Stiles mi ama. Sono stato io stupido a pensare che qualcuno avrebbe potuto farlo, se avessi mostrato tutte le mie debolezze, le mie fissazioni, i miei stupidi piccoli segreti.

E in tutto questo, la cosa che mi ferisce di più, non è aver ferito Jordan, la mia famiglia o i miei amici.

Ma è il fatto che io invece sono totalmente innamorato di Stiles Stilinski.

Sono una persona orrenda ed egoista.

Guardo Jordan, quasi rassegnato.

-Mi dispiace. Davvero. Ma voglio che tu sappia... che tu sappia che tutte le bugie che ti ho raccontato... erano solo tentativi disparati di piacerti quanto tu piacevi a me. Al nostro secondo appuntamento, tu eri bellissimo, così elegante e perfetto... e io mi sentivo così inadeguato, così noioso. Quando hai parlato del fatto che ti piacesse sciare, sono andato nel panico e ho mentito. E ho continuato a farlo poi, perché volevo disperatamente essere alla tua altezza. Perché mi piacevi davvero. -

Qualcosa si ammorbidisce negli occhi di Jordan, ma io mi sono già voltato.

Devo uscire da questa casa, prima che vomiti davvero.

La nausea ormai è opprimente, ho solo voglia di piangere e urlare finché non mi venga meno la voce.

Esco velocemente dall'appartamento, ignorando Will (o Bill? Oppure è Phil?) che cerca di trattenermi.

Scendo di corsa le scale e quando finalmente sono all'esterno, all'aria aperta, mi appoggio al muro del palazzo e scoppio a piangere.

Non mi sono mai sentito più miserabile in tutta la mia vita.

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Ciao.

Sì, l'angst continua. Perdonatemi, giuro che finirà tutto bene!

Grazie come al solito a chiunque segua questa storia. Un bacio speciale alle mie cicce, vi amo <3

Giuro che nel prossimo capitolo rivedremo il nostro miliardario preferito. Spero di poter aggiornare venerdì, ma può anche darsi che possa ritardare un po', vi chiedo un po' di pazienza <3

Un bacione e a presto!

Fede <3

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordicesimo ***


 

Quattordicesimo Capitolo

 

 

 

-Quando ce lo fai vedere il culetto d'oro, Hale? -

-Vaffanculo, Greenberg! - esclamo esasperato, mentre entro alla Sciles Corporation.

Sento il suono di una risatina malevola alle spalle, e quando mi volto vedo Lydia.

-Non è piacevole vero, Derek? -

-Ti ho già chiesto scusa ottanta volte per non aver detto che la fotocopia delle chiappe fosse mia, Lydia! Ti ho portato una decina di cappuccini da Starbucks, ti ho comprato cioccolatini, fiori e il tuo profumo preferito! Che altro devo fare per farmi perdonare da te? - chiedo, disperato.

Per tutta risposta Lydia mi mostra il medio e accelera il passo.

Sospiro rassegnato e mi avvio all'ascensore, solo per scoprire che sta andando fino al ventesimo piano.

Lydia deve aver premuto tutti i pulsanti, per farmi dispetto.

So di meritarlo, ma vorrei piangere perché oggi indosso un dannato perizoma e odio fare le scale con quel coso addosso che tira e stringe.

Dovrei davvero fare il mio bucato più spesso, invece di aspettare che Isaac lo faccia per me vinto dalla pietà. Avrei più boxer puliti, almeno.

Quando finalmente arrivo alle porte del mio ufficio, sono sudato marcio e già di pessimo umore.

Penso che niente potrebbe andare peggio, ma ovviamente mi sbaglio.

Ci sono i miei genitori davanti alla mia scrivania, che si dondolano impacciati sui piedi mentre si guardando con curiosità intorno.

Dio, mio padre sta guardando la fotocopia del mio sedere con la fronte contratta.

E mia madre ha tra le braccia una piantina con il vasetto dipinto di rosso e una scritta bianca che recita “we love you soooo much”.

Non so quale delle due cose sia peggio.

-Ehi – soffio, avvicinandomi ansiosamente a loro e cercando di ignorare Erica che guarda con aria vendicativa la nuova pianta, tramando terribili torture – Che ci fate qui? -

-Derek, amore! - mamma sorride esageratamente, sembra un po' imbarazzata, ma la sua contentezza nel vedermi sembra sincera.

-Ehi, cucciolo. - borbotta mio padre, alzando un braccio in un goffo saluto e, grazie a Dio, distogliendo lo sguardo dal mio sedere.

Li guardo e c'è questo silenzio pieno di disagio che ci opprime facendoci sentire ancora più imbarazzati.

Perché siamo dei tali disastri sociali?

-Ti ho portato una piantina! - esclama mia madre, in un disperato tentativo di alleggerire la tensione, agitando inutilmente la pianta sotto il mio naso, come se non l'avessi ancora notata.

-Ehm, grazie, mamma. Non dovevi disturbarti. -

-Sciocchezze! La tua scrivania è così spoglia, ci vuole un tocco di colore! -

-Ci piace molto dove lavori, per inciso. - si aggiunge papà, mentre mamma annuisce con entusiasmo.

Okay, stanno diventando decisamente inquietanti.

-Non rispondevi alle nostre chiamate – continua poi mio padre, in tono stranamente cauto – Eravamo preoccupati. -

-Mi si è rotto il cellulare. - rispondo meccanicamente.

Oh, andiamo. Non è una bugia. Si è rotto sul serio. Non devono per forza sapere che l'ho gettato dalla finestra.

-Oh. Devi assolutamente comprarne uno nuovo, tesoro! Possiamo aiutarti se vuoi! - replica subito mamma e so che lo dice con tutte le buone intenzioni, ma mi irrita un po'.

-Ce li ho i soldi, mamma. - sbotto, un po' troppo bruscamente.

Mamma trasalisce e papà stringe le labbra, ma non arriva nessuna ramanzina, come mi sarei aspettato.

Non è da loro questo atteggiamento. Sembra che stiano camminando sul cristallo, come se non volessero rompermi.

-Derek, ci chiedevamo se potessimo... parlare un po' con te. - sussurra infine mamma, posando con delicatezza la piantina sulla mia scrivania.

-Sto lavorando, mamma. - ribatto, cercando di non sembrare troppo terrorizzato alla prospettiva di parlare con loro.

-Hale! - Chris urla affacciandosi dal suo ufficio. Meraviglioso, ora manderà via i miei genitori. Grazie Chris.

– Visto che sei arrivato in ritardo come al solito, puoi anche portare i tuoi genitori a fare colazione da qualche parte, così magari smettono di stare in mezzo all'ufficio a distrarre gli altri! -

Lo guardo ad occhi spalancati, pregandolo silenziosamente di non farlo, ma Chris ha già sbattuto forte la porta, dileguandosi.

-Beh, perfetto! - cinguetta mia mamma alle mie spalle, ignorando la mia espressione disperata – Il tuo capo è molto carino, Derek! -

-Non lo è affatto. - sibilo tra i denti, poi sospiro, arrendendomi.

-Andiamo, vi porto in un bar qui vicino. - bofonchio, infelice.

I miei si affrettano a precedermi, mentre io mi attardo un attimo. Guardo Erica con aria rassegnata.

-Puoi avvelenare la piantina, se ti fa sentire meglio. -

 

 

 

Penso che questa sia una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita.

Siamo seduti in questo tavolino troppo piccolo per tre persone da almeno un quarto d'ora e nessuno di noi ha ancora parlato, se si escludono le asserzioni di mio padre sul tempo umido e mia madre che comunica le nostre ordinazioni al cameriere.

Sto mescolando il mio cappuccino all'orzo ad occhi bassi, sperando che questa tortura finisca presto.

-Abbiamo visto l'intervista. - esordisce alla fine mio padre, schiarendosi impacciato la gola.

Deglutisco, azzardando un'occhiata. Non sembra arrabbiato, nemmeno mamma lo è. Sembrano solo... tristi?

-E' vero Derek? - sussurra mia madre e mi rendo conto con orrore che ha gli occhi lucidi – Tutto quello che ha detto Stiles su come ti senti, sul fatto che pensi che non ti amiamo quanto amiamo Malia. E' vero? -

-Io... io... - annaspo, sentendomi messo con le spalle al muro.

Cosa dovrei dire ora?

Potrei mentire, in fondo l'ho sempre fatto. Ma, inaspettatamente, scopro di non averne molta voglia.

-Sì. E' vero. -

Mamma sbatte rapidamente le palpebre e odio vederla sull'orlo delle lacrime.

-Ma tesoro... come puoi anche solo pensare... voglio dire... tu e le tue sorelle... siete la mia vita, Derek. Io ti amo, con tutto il mio cuore. L'ho sempre fatto. - mormora con voce soffocata, interrompendosi per soffiarsi rumorosamente il naso.

Papà le dà qualche colpetto affettuoso sulla spalla, senza staccare gli occhi da me.

-Ci dispiace se ti abbiamo fatto sentire in questo modo, Derek. Adesso ci rendiamo conto che avremmo dovuto gestire le cose in modo diverso, starti più vicino quando Malia si è trasferita da noi. Ma vogliamo che tu sappia che tu hai un posto in questa famiglia, ed è un posto che né Malia né nessun altro potrà mai toglierti. -

-Papà... - mormoro, incapace di dire altro. Improvvisamente sento di avere bisogno anche io di un fazzoletto.

Noto con orrore che anche gli occhi di mio padre si fanno lucidi, ed è la prima volta che lo vedo piangere.

-Quello che mi ha fatto più male, è sentire che pensi che non abbia accettato la tua sessualità – si strofina gli occhi con la mano, mentre io lo osservo con la gola serrata – Derek... tu sei... tu sei il mio bambino, il mio cucciolo. Lo sei stato sin dal momento in cui sei uscito dal corpo di tua madre con tre settimane d'anticipo e ti hanno messo tra le mie braccia e io avevo paura di stringerti troppo, perché eri così piccolo. Eri minuscolo, ma già così forte. Il fatto che ti piacciano i ragazzi, non cambierà mai questo, non cambierà mai il fatto che sono orgoglioso che tu sia mio figlio. -

Penso che questo sia il discorso più lungo che gli abbia mai sentito fare.

-Vorremmo avere la possibilità di recuperare il nostro rapporto con te – aggiunge mia madre, sorridendomi tremula – Non devi risponderci ora, ma saremmo davvero felici se tu venissi con noi in Europa, quest'estate. Un viaggio di famiglia, solo noi cinque.-

Aspetta. Noi cinque?

-Niente Malia? - chiedo, con voce sottile.

Mamma e papà si scambiano un'occhiata, poi mamma si allunga sul tavolo per prendermi una mano.

-No, tesoro. Solo noi e le tue sorelle. -

-Anche loro ti vogliono tanto bene, Derek. Sperano che tu voglia vederle, quando ti sentirai pronto. - soggiunge mio padre, cauto.

Li fisso, sentendomi sopraffatto da tante emozioni tutte insieme.

-Ho ucciso Miles quando me lo avete affidato per andare a quel safari – sbotto, sentendomi gli occhi bruciare – Non mi odiate? -

-Cucciolo, era solo un pesce. E non potremmo mai odiarti. - mi rassicura mio padre, allungandosi per prendermi goffamente la mano libera.

E' un po' imbarazzante il fatto che ci stiamo tenendo la mano a vicenda sul tavolino, ma è anche bello, se la cosa ha senso.

-E poi il nuovo Miles è praticamente identico al vecchio Miles. Forse addirittura più simpatico. - aggiunge mia madre in tono leggero e io scoppio in una risata lacrimosa.

-Derek, so che nella nostra famiglia non siamo granché bravi nelle dimostrazioni palesi di affetto, ma voglio che tu sappia che noi, che io... che insomma... - mio padre annaspa e provo la contrastante voglia di piangere e ridere allo stesso tempo.

-Oh per l'amor del cielo, Richard – sbotta mia madre a bassa voce, senza smettere di guardarmi con affetto – Dì a tuo figlio che lo ami e basta. -

-Ti amo tanto, cucciolo. - butta fuori d'un fiato, con gli occhi lucidi.

Penso che sia la prima volta che lo dice esplicitamente.

Tiro su con il naso, cercando disperatamente di non piangere.

-Vi amo anche io, ragazzi. - sussurro, stringendogli forte le mani.

Rimaniamo ancora un istante a tenerci le mani e a guardarci con amore, poi di comune accordo decidiamo silenziosamente che la situazione si sta facendo troppo imbarazzante e sciogliamo in modo goffo le nostre mani unite, distogliendo lo sguardo.

Penso che ci vorrà del tempo prima di superare questo imbarazzo tra di noi, ma è anche vero che abbiamo fatto più progressi in venti minuti spesi in un bar che in vent'anni.

Per un po' beviamo in silenzio le nostre bevande e rispetto a prima c'è molta meno tensione. Poi mio padre fa scivolare gli occhi verso un punto imprecisato alle mie spalle.

-Derek, quello non è il tuo fidanzato? - domanda, un po' imbarazzato.

Mi volto di scatto, con il cuore che batte forte.

Non ci posso credere.

Stiles Stilinski è sulla soglia del bar.

Ha il fiatone, come se avesse corso fino a qui, l'aria provata e il viso scavato. Non ha mai avuto un'aria più infelice e tormentata di questa. Sembra spossato, le sue occhiaie sono più evidenti che mai.

Ma, nonostante questo, mi sta fissando con assoluta determinazione, gli occhi dorati bruciano quasi nei miei.

Non appena Stiles accenna a muoversi nella mia direzione, mi volto di scatto verso i miei genitori, cercando disperatamente di mascherare il mio nervosismo.

-Non è il mio fidanzato. Ignoratelo, non parlategli. - ordino, con voce un po' acuta.

-Ma Derek – bisbiglia mia mamma, gettandogli un'occhiata -Non possiamo ignorarlo, è maleducazione. -

-Mamma, non lo guardare! - quasi strillo, in preda al panico.

-Scusa, scusa! - mia madre si affretta a riportare lo sguardo sulla sua tazza, anche se non si risparmia dall'inarcare con disapprovazione le sopracciglia.

-Sta venendo qui. - mi informa mio padre a mezza bocca, tenendo anche lui il capo verso la sua tazza, ma sbirciando Stiles in una maniera strabica che mi farebbe ridere, in qualsiasi altra circostanza.

-Papà, non lo guardare! -

-Non lo sto guardando! -

-Se sai che sta arrivando, allora lo stai guardando! Ignoralo e basta! -

-Derek, tutto questo è francamente... -

-Signori Hale. Buongiorno. -

Anche se mi rifiuto con ostinazione di guardarlo, quella alle mie spalle è indubbiamente la voce di Stiles. E' gentile e pacata come al solito, anche se sembra un po' triste.

Dio, mi era mancata la sua voce.

I miei genitori si scambiano un'occhiata e poi guardano me, chiaramente incerti su cosa fare, se salutare Stiles e tradirmi dopo che avevamo appena risolto le cose, o passare per cafoni e ignorarlo.

Grugnisco, senza guardarli.

-Potete salutarlo. - borbotto, sentendomi un po' ridicolo.

-Salve, signor Stilinski. -

-Stiles! Come stai, caro? -

Okay, forse avrebbero dovuto mettersi d'accordo sulla linea d'adottare. Io comunque appoggio la formalità di mio padre. So che mia madre lo ha amato sin dal momento in cui l'ho portato alla sua festa, ma io sono suo figlio! Dovrebbe appoggiarmi nella mia decisione di odiare Stiles fino alla fine dei miei giorni, non dovrebbe chiedergli come sta.

-Sono stato meglio, signora Hale – risponde Stiles con sincerità e sento i suoi occhi scavarmi la nuca.

- Ciao, Derek. -

So di essere estremamente patetico, ma il suono del mio nome nella sua bocca, dopo tanto tempo, mi provoca un piccolo brivido. Lo ha pronunciato dolcemente, cullando le lettere una a una.

Odio il fatto che si stia rendendo impossibile da odiare.

E' uno stronzo.

Non mi volto comunque, fingendo di trovare particolarmente interessante lo zucchero depositato sul fondo della mia tazza.

-Posso parlarti in privato, per favore? - se è irritato per il fatto che lo stia ignorando non lo da a vedere.

La sua voce è ancora pacata, anche se velata da un nuovo accenno di disperazione.

Davanti al mio silenzio, i miei genitori si scambiano un'occhiata.

-Ehm, forse è meglio se vi lasciamo da soli, così potete...-

-No! - quasi urlo, fulminando mia madre – Questa è la nostra colazione! E quindi noi faremo colazione! -

-Derek, abbiamo finito di fare colazione più di un quarto d'ora fa. - tenta di farmi ragionare mio padre, ma quando fulmino anche lui, tace e distoglie lo sguardo.

-Molto bene – esclama Stiles e questa volta l'irritazione è palese nel suo tono. Spero che adesso se ne vada, ma noto con orrore che invece si limita a lasciarsi cadere pesantemente al tavolino di fianco al nostro – Vorrà dire che aspetterò che finiate la vostra colazione. -

Senza che possa impedirmelo, alzo finalmente lo sguardo e lo fisso con rabbia. Anche gli occhi di Stiles sono arrabbiati, ma quando incrociano i miei si ammorbidiscono notevolmente.

Dio, fai che i miei non si siano ammorbiditi.

-Scusa se te lo dico, ma questo è terribilmente maleducato da parte tua. Stai facendo una scenata davanti ai miei genitori. - sibilo, mordendo ogni parola.

-Hai ragione e mi dispiace, ma non ho intenzione di andarmene finché io e te non avremo parlato. - ribatte Stiles, gentile ma irremovibile.

-Potresti aspettare a lungo! - sbotto, guardandolo con astio.

-Sono disposto ad aspettare tutto il tempo che occorre, non preoccuparti. - replica Stiles, ricambiando con uno sguardo di sfida.

-Bene!-

-Bene. -

-Bene! -

-Bene. -

I miei genitori si scambiano l'ennesimo sguardo.

-Derek, per favore, facci andare via. - rantola infine mio padre, esasperato.

-No! - sbotto, guardandolo male – Non ha nessun diritto di venire qua e pretendere che ve ne andiate solo perché ha deciso che adesso dobbiamo parlare! -

-E' una dannata settimana che provo a parlarti, Derek! - esclama Stiles, e per la prima volta la sua voce si alza un po' – Non ho deciso adesso che voglio parlarti, ci provo da giorni! -

Lo ignoro, guardando deciso mio padre.

-Avanti papà. Raccontami qualcosa della tua vita. - lo sprono simulando un tono allegro e ignorando categoricamente lo sguardo furibondo di Stiles su di me.

-Io, ahm... - mio padre si passa una mano sulla nuca, visibilmente a disagio – Non saprei... ho vinto un torneo di golf l'altro giorno...? -

-Io amo il golf! - cinguetto.

-Tu detesti il golf. - interviene Stiles, atono.

Mi volto a fulminarlo.

-Grazie tante Stiles, adesso hai completato ufficialmente la lista dei miei segreti da divulgare, sei soddisfatto?-

Stiles ha la decenza di assumere un'aria colpevole e mortificata, mentre mio padre sussurra a mia madre “davvero Derek detesta il golf? Perché ci abbiamo giocato per dieci anni, allora”.

-Voglio solo parlare con te – sussurra Stiles, sporgendosi un po' verso di me, gli occhi imploranti – Ti supplico. Ho volato per quindici ore solo per tornare da te e poterti spiegare. Sono venuto in azienda direttamente dall'aeroporto e ho praticamente minacciato Chris di licenziamento per farmi dire dove fossi. Concedimi solo qualche minuto del tuo tempo, ti prego. -

Stringo le labbra, mentre lo fisso, quasi sul punto di cedere. Ma poi mi volto di scatto verso mia madre, fingendo un grosso sorriso.

-Mamma! Qualche novità nella tua vita? -

Mamma mi guarda con aria di rimprovero, sollevando un sopracciglio nella tipica espressione di disapprovazione tipica degli Hale.

-Non ci provare, Derek. Non userai le vite poco emozionanti di me e tuo padre per evitare di parlare con Stiles. -

Non ci posso credere che i miei stessi genitori mi stiano remando contro. Stiles ha detto a tutti delle mie abitudini sessuali! Dovrebbero essere scioccati, odiarlo!

Come lo odio io, per inciso.

-Molto bene – esclamo, alzandomi di scatto i piedi, gli occhi di Stiles che seguono i miei movimenti in modo ossessivo – Visto che non volete parlare con me e io non voglio parlare con lui, penso che me ne tornerò a lavoro. -

Okay, nella mia testa questo discorso suonava più ribelle e meno da bambino di tre anni offeso. Ma comunque, ognuno fa come può.

Mi volto e cammino velocemente verso l'uscita del bar, senza guardarmi indietro.

Ormai sto diventando un campione nell'uscire dai posti senza pagare.

-Derek! -

Non è davvero una sorpresa il fatto che Stiles mi abbia seguito per strada. Questo non significa che debba ascoltarlo. Continua a camminare a testa alta, Derek. Ignoralo. Non ti fermare, continua a...

-Attento! -

Mi sento tirare indietro da una presa forte sul gomito, mentre una macchina sfreccia a un centimetro dalla mia faccia, portandosi dietro l'insulto del guidatore. Sono talmente spaventato che per un attimo non realizzo di essere completamente addossato al petto di Stiles. Riconoscerei questo maglione rosso ovunque.

Stiles respira in modo pesante tra i miei capelli, continuando a stringermi forte il braccio e a tenermi vicino.

Sono ancora sotto shock quando mi volta con delicatezza, scrutandomi preoccupato il viso. E' ancora più pallido rispetto a prima e sembra aver visto la morte in faccia.

Credo di avere lo stesso identico sguardo al momento.

-Dio, non farlo mai più. Sei pazzo ad attraversare così, senza guardare? Se non fossi stato proprio dietro di te... non ci voglio nemmeno pensare, guarda. -

Il suo tono oltre alla preoccupazione contiene una scintilla di rabbia, e basta quella per farmi recuperare immediatamente l'ostilità nei suoi confronti. Strappo bruscamente il braccio dalla sua presa, guardandolo male.

-Nessuno ti ha chiesto niente, me la sarei cavata benissimo! -

Stiles non risponde, si sta passando una mano sul volto e noto con stupore che sta tremando un po'. Voglio dire, anche io mi sono spaventato, ma Stiles sembra assolutamente terrorizzato.

Ho la strana sensazione che la sua reazione non riguardi solo me.

-Stiles? - lo chiamo dopo un po', incerto – Stai bene? -

-Non farlo mai più. - si limita a ripetere dopo diversi istanti, scoprendosi il viso e guardandomi con serietà.

Qualcosa nel suo sguardo mi spinge ad annuire. I suoi occhi si addolciscono immediatamente, mentre si fa un po' più vicino.

-Derek, ti giuro che mi dispiace davvero tanto per quello che è successo, io... -

-Ti dispiace?! - lo interrompo, di nuovo furioso – Di cosa ti dispiace, esattamente? Di avermi fatto credere che fossimo i nuovi Jack e Rose senza Iceberg e poche scialuppe, di avermi fatto... di avermi fatto affezionare a te, riempiendomi di bugie su come fossi il tuo dannato segno del destino e ti avessi affascinato, per poi farmi scoprire in una stupida intervista che per tutto questo tempo mi hai solo usato per avere idee per la tua stupida linea? -

Stiles sbatte le palpebre e sembra sinceramente sconvolto.

Che attore, mio Dio.

-E' davvero questo che pensi? - domanda con voce bassa e un po' affannata, guardandomi quasi con rabbia – Pensi che ti abbia usato? -

-Non è così? - rilancio, mordace.

-Dio, no! - esclama Stiles, sembrando quasi disgustato alla sola idea. Mi sento vacillare un po'. Magari Stiles è davvero un bravo attore, ma è veramente così bravo?

-Ogni singolo momento che abbiamo passato insieme è stato vero, Derek. Tutte le cose che ti ho detto la notte che abbiamo fatto l'amore per la prima volta erano vere e mi offende che tu possa anche solo pensare che ti abbia mentito in modo così crudele. -

Lo fisso. Sembra abbastanza sincero, ma io sono ben lontano dal deporre la mia rabbia.

-Questo non ha importanza comunque! Hai detto tutti i miei segreti in tv, Stiles! Hai parlato delle mie mutandine e hai detto il mio vero peso, senza nemmeno specificare che un giorno mi sarei messo a dieta, maledizione! - urlo e il mio tono giunge ferito alle mie stesse orecchie.

L'espressione arrabbiata di Stiles vacilla, i suoi occhi si riempiono di nuovo di dispiacere e pentimento.

-Lo so, lo so e mi dispiace. Non volevo davvero dire tutte quelle cose, ma Ellen continuava a punzecchiarmi sulla campagna e poi Darren mi ha chiesto di parlare di te e... voglio dire Derek, io parlerei sempre di te. -

Lo fisso, cercando con disperazione di rimanere impassibile. Non può dire queste cose, non può.

Stiles accenna un microscopico sorriso.

-Sì, mi sono basato su di te per la mia campagna e sì, forse ho la rincresciosa tendenza a confondere la vita privata con il lavoro. Ma solo perché tu sei sempre nei miei pensieri. Ogni volta che vado in un ristorante, la prima cosa che faccio è controllare la lista dei dolci per vedere se hanno la cheesecake. Ogni volta che vado a comprare il New York Times, non posso fare a meno di chiedermi se tu hai già comprato il nuovo numero di People. Ogni volta che entro in un bar, devo controllare che facciano anche il cappuccino all'orzo. Quando i miei collaboratori mi sottopongono un'idea, il mio primo pensiero è se a te piacerebbe e cosa diresti. Dio, l'altro giorno ero in riunione e non stavo affatto ascoltando quello che mi stessero dicendo e quando Theo mi ha toccato la spalla per farmi rispondere, tutto quello che sono riuscito ad esclamare è stato “pictionary!”. Pictionary – gli occhi di Stiles sono quasi liquidi per l'angoscia, mentre mi guardano imploranti – Capisci cosa mi fai? Non riesco a smettere di pensare a te nemmeno un dannato istante. Né voglio farlo, se devo essere sincero. -

Sento gli occhi lucidi e questo è totalmente ingiusto.

Non può passare per quello carino quando ha torto marcio. Non può farmi provare questi... queste cose per lui, mentre sto cercando di odiarlo. E' completamente disonesto.

-Questo... questo non ti giustifica, Stiles! Hai divulgato un sacco di cose private, cose che solo tu sapevi... -

-Lo so! - mi interrompe Stiles, precipitoso e ansioso di spiegarsi – Lo so, ma ti giuro che non volevo davvero farlo. Non so che mi è preso, ero agitato e le luci erano troppo forti, la cravatta stringeva e tutti mi fissavano e stavo andando nel panico. Poi mi hanno chiesto di te e improvvisamente mi sono sentito a mio agio, il solo pensiero di te mi ha fatto stare meglio. E così ho continuato a parlare senza sosta, senza nemmeno rendermi conto di cosa stessi dicendo. Derek, ti giuro che quando mi hanno fatto vedere l'intervista ho chiesto che quella parte fosse tagliata, ma hanno detto che ormai fosse troppo tardi. -

Lo guardo, scuotendo in silenzio la testa, indeciso.

Sembra davvero pentito e sincero. E ha detto delle cose davvero belle su di me. Sono abbastanza sicuro che non mi abbia usato, ma una parte di me ancora non è sicura di voler perdonarlo. Una parte di me è ancora incredibilmente ferita e umiliata.

Ma gli occhi di Stiles sono così dolci, imploranti e pentiti. E ha detto che pensa sempre a me...

Sto quasi per cedere e dargli un'altra possibilità, quando Stiles parla.

-Comunque, è davvero così grave? Insomma, non possiamo passarci sopra e andare avanti? -

Lo ha detto con tono sinceramente convinto, come se davvero pensasse che quello che ha fatto sia una sciocchezza, qualcosa che può essere cancellato con delle scuse per poi fare finta che non sia mai accaduto.

Sento la rabbia invadermi di nuovo.

-Se è davvero così grave? - esclamo, guardandolo incredulo e arrabbiato, perché non ci credo che stia davvero sminuendo quello che ho provato quando l'unica persona di cui mi fidassi ha lasciato che milioni di persone venissero a conoscenza dei miei segreti – Stiles, tu mi hai rovinato la vita! - urlo, e il tempo sembra fermarsi.

Stiles assume quest'aria ferita e triste e io vorrei solo poter tornare indietro, rimangiarmi tutto, ma sono davvero troppo arrabbiato e pieno di rancore e il mio stupido orgoglio non mi permette di fare marcia indietro.

Stiles mi fissa seriamente, facendo un piccolo passo indietro per guardarmi meglio. Io deglutisco, ma mantengo il contatto visivo, cercando di mostrarmi risoluto.

-Ti ho rovinato la vita? - ripete, con voce bassa – E' davvero così brutto se la gente adesso sa la verità su di te? -

Scoppio in una risata sarcastica, guardandolo con ferocia.

-La verità su di me? Tu quella la chiami la verità? Erano solo particolari imbarazzanti della mia vita, Stiles! -

-Ma sono quei particolari imbarazzanti che ti rendono te! - esclama Stiles, guardandomi incredulo, come se davvero non si capaciti di come non possa arrivarci – Tu non saresti tu senza le tue strane convinzioni anatomiche, senza il tuo copriletto di Spongebob o senza la tua tazza del miglior migliore amico del mondo! Sono tutte queste cose che tu definisci imbarazzanti a renderti quello che sei, a renderti così... così amabile, maledizione. E la gente dovrebbe saperlo. -

Mi sento arrossire e mi odio per questo.

Quell'ultimo commento poi che vuol dire? Che sono amabile in generale? O che sono amabile per lui?

...Stiles mi ama?

-Se mi permetti, penso che tu stia prendendo tutta questa faccenda un po' troppo tragicamente. - continua Stiles e immediatamente il rossore sparisce dalle mie guance. Ha appena cancellato con una sola frase tutta la storia del “tu sei così amabile”.

-E io penso che tu invece stia sminuendo i miei sentimenti! - urlo, ignorando alcuni passanti che mi guardano male – Le tue scuse non valgono niente se tanto pensi che stia esagerando o che non sia grave quello che hai fatto! Tu non capisci! - la voce mi si incrina un po', mentre Stiles mi fissa, un po' sconvolto - Per te i miei segreti non valgono niente, e sì, posso capire che le mie convinzioni anatomiche siano abbastanza ridicole, o che la mia biancheria intima non sia una questione di stato o che le mia attitudini sessuali non siano materia da Casa Bianca, ma per me erano importanti! E adesso in ufficio è un incubo! Tutti mi odiano, Lydia non mi parla, Miguel mi offre sesso in spagnolo...-

-Aspetta, Miguel cosa? - esclama Stiles, ma io lo ignoro.

-Erica probabilmente sta avvelenando la mia nuova piantina proprio adesso, Mary mi chiede di partecipare alle riunioni di “ama il tuo corpo” ogni giorno, Harry mi ha toccato il sedere...-

-Chi diavolo è Harry?! - quasi urla Stiles, ma continuo a ignorare la sua stupida gelosia.

-Per non parlare di Jordan, che adesso giustamente mi odia a morte! Va tutto male, Stiles, quindi non venirmi a dire che sto esagerando! - concludo, con la voce che trema un po'.

Stiles mi fissa per un lungo istante, passandosi nervosamente la lingua sulle labbra, mentre io lo guardo, ansante.

Una parte di me sa che stiamo dando spettacolo, fermi in mezzo al marciapiede, ma non ho comunque la forza di andarmene, non ancora.

-Li licenzio – dice infine Stiles, con voce serissima e calda, facendo un passo in avanti solo per prendermi con dolcezza una mano nelle sue -Ogni singola persona che ti ha ferito, che ha riso di te o che ha osato importunarti, tu considerala licenziata da questo esatto momento. -

Emetto un grugnito scettico, ma non posso ignorare il calore che si è diffuso al centro del mio petto. Non tolgo la mia mano da quelle di Stiles.

-Dovresti licenziare metà azienda, allora. -

-Così sia, allora. Così imparo a comportarmi da stronzo con l'unica persona al mondo che non se lo merita. - risponde subito Stiles senza vacillare, stringendomi forte la mano e guardandomi intensamente negli occhi.

Mi mordo un labbro, abbassando un po' la testa.

-Derek, per favore – Stiles piega il capo per poter incrociare il mio sguardo – So di avere sbagliato e che non avrei dovuto sminuire i tuoi segreti o i tuoi sentimenti. Ma per favore, dammi un'altra possibilità – accenna un sorriso dolente e mio malgrado sento il cuore stringersi – Le cose tra noi stavano andando bene, no? -

Raddrizzo la testa, guardandolo con serietà. Ora non sono più arrabbiato, solo stanco e triste.

-Davvero? Andavano bene? -

Stiles aggrotta la fronte e troverei buffa la sua espressione di panico, in qualunque altra circostanza.

-Non è così? -

Scuoto la testa, mordendomi un labbro.

-Stiles, ci conosciamo da quasi due mesi e siamo al punto che tu sai ogni più piccola cosa di me e io non so praticamente niente. Non funzionano così i rapporti, non può essere così sbilanciato. Devi fidarti un po' di me, altrimenti non puoi pretendere che io continui a farlo con te. -

Stiles mi lascia andare la mano e odio vederlo così rigido e sulla difensiva. E' chiaro che non ha nessuna voglia di esporsi con me e la cosa mi ferisce oltre misura.

-Cosa vuoi sapere? - chiede, ma la sua voce è roca, poco convinta.

I suoi occhi sono così spaventati.

So che è una carognata da parte mia, so che non dovrei colpire il suo punto debole proprio quando è così vulnerabile, ma non riesco a fare a meno di pensare con rabbia al fatto che pensasse che io stessi esagerando, quando è lui quello che non mi dice niente, che non ha mai voluto dirmi niente.

-Cosa ci facevi in Scozia, quando ci siamo conosciuti? - chiedo quindi con voce decisa, alzando un po' il mento.

Stiles mi fissa, le labbra strette e gli occhi scuri.

-Sai che non posso dirtelo. - scandisce lentamente, come se fossi un bambino stupido.

-Quindi funziona così! - esclamo furibondo – Tu puoi sapere tutti i miei segreti, ma io non posso sapere neanche l'unico che ti ho chiesto! -

-Con tutto il rispetto, Derek – la voce di Stiles è gentile anche se trattenuta, ma i suoi occhi contengono una scintilla ironica che non fa altro che irritarmi – Ma i miei segreti sono leggermente più importanti dei tuoi. -

Oh, questa poi!

Lo fisso incredulo, facendo un piccolo passo indietro.

-Lo stai rifacendo! Mi stai di nuovo sminuendo! Oh certo, tu sei il grande Stiles Stilinski, il padrone di un impero! Tu sei una persona importante, i tuoi segreti sono importanti! Io invece cosa sono? Il tuo passatempo del mese, i cui segreti sono talmente stupidi e frivoli da poter essere tranquillamente divulgati ai quattro venti! - mi sfogo, alzando di nuovo il tono di voce, attirando gli sguardi curiosi delle persone di passaggio.

-Non sei affatto il passatempo del mese! - urla anche Stiles, cercando di riguadagnare vicinanza facendo un piccolo passo verso di me – E io adoro i tuoi segreti, sono importanti per me, tu sei importante per me, non è quello che intendevo dire! Tu sei... tu sei speciale per me, maledizione! -

-Ah sì? - rilancio, gettandogli uno sguardo di fuoco – Eppure lo hai detto tu stesso quando Darren ti ha chiesto di parlare di me! Un ragazzo piuttosto comune, così hai detto! -

Gli occhi di Stiles si riempiono di senso di colpa, mentre la rabbia lentamente lo abbandona.

-Mi sarei voluto strozzare con le mie stesse mani non appena l'ho detto – ammette, in tono basso, tormentato – Tu... tu sei tutto tranne che comune, Derek. E credimi, credimi almeno su questo. Il mio non volerti mettere a parte di certi aspetti della mia vita, non dipende nemmeno in minima parte dal mio non considerarti importante o speciale. Perché, per me, sei ogni cosa straordinaria che esista al mondo, te lo giuro, Derek. -

Lo fisso e mi odio per tutte le emozioni contrastanti che sto provando in questo momento. Mi odio perché, essenzialmente, il mio amarlo supera qualsiasi altro sentimento di rancore e rabbia.

E questo non è giusto. Non devo cedere. Non devo fargli vedere quanto disperatamente vorrei solo perdonarlo e riprendere la nostra storia. Perché quello che ho detto prima è vero, il nostro rapporto è troppo sbilanciato. E' come se avessi affidato tutto ciò che ho di più caro al mondo a una persona che invece non vuole darmi niente in cambio.

-In ogni caso siamo troppo diversi per funzionare! - esclamo, e la voce mi trema e, Dio mio, quanto faccio pena a mentire quando si tratta di Stiles.

Stiles spalanca gli occhi, il suo viso si fa un po' più pallido e io mi odio un po' di più.

Che sto facendo?

Io voglio stare con lui. Io voglio perdonarlo.

Io lo amo.

E allora perché è così facile ascoltare la vocina malevola e arrabbiata nella mia testa che mi sussurra che si merita di essere ferito come lo sono stato io?

Che non è giusto che non voglia dirmi della Scozia dopo tutte le cose che gli ho confidato io?

-E da quando la pensi così? Cosa stai dicendo? - sussurra, scrutandomi attentamente e io abbasso lo sguardo, perché so che leggerebbe la verità nei miei occhi, come ha sempre fatto.

-Siamo troppo diversi... veniamo da due mondi troppo lontani... tu sei... sei così ricco, mentre io fatico a pagare la bolletta a fine mese e... -

-Non ci provare! Non provare a recitare Titanic con me! - esclama Stiles, più terrorizzato che irritato. Le sue mani improvvisamente sono sui lati del mio viso. Me lo alza gentilmente, guardandomi con attenzione negli occhi. So di averli leggermente lucidi, mentre i suoi sono seri e caldi.

-Ascoltami, ascoltami piccolo – sussurra sul mio viso e voglio così disperatamente baciarlo e allo stesso tempo spingerlo via, che mi sembra di impazzire – So che ce l'hai con me, hai ragione ad avercela con me. Ma ti scongiuro, non cercare di allontanarmi con la storia del “siamo troppo diversi”. Perché sai benissimo che non è mai stato un problema. -

Scuoto la testa, prendendogli delicatamente le mani e scostandole dal mio viso. Cerco di ignorare lo sguardo ferito a morte che mi lancia, ma è così dannatamente difficile.

-Forse no. Ma ci sono altri problemi. Quello che ti ho detto prima rimane vero. Tu non mi dici mai niente, non ti fidi di me. E questo non mi sta bene, non più. Penso che... che abbiamo bisogno di un po' di tempo. Non vederci per un po', stare per conto nostro. - dico, pur odiando ogni singola cosa che sto proponendo più di me stesso.

Stiles mi fissa. Sembra svuotato da ogni emozione ed è orribile vederlo di nuovo così, come se fosse ancora l'uomo imbronciato sull'aereo. Come se non fosse mai stato il mio Stiles, che ride e sorride e che, Dio, è la cosa più luminosa e bella dell'universo.

-Pensi davvero che ti abbia rovinato la vita? - chiede, quasi in un sussurro.

No.

Dì di no, Derek.

Sollevo un po' il mento, lasciando che sia il mio orgoglio ferito a parlare.

-Sì. -

Stiles deglutisce, abbassando un po' lo sguardo.

Devo andarmene da qui. Devo andarmene prima di cedere e scoppiare a piangere.

-Se la pensi così... non abbiamo più niente da dirci al momento. - butta infine fuori, ogni parola sembra grattata via dalla sua gola a forza.

Annuisco, passandomi velocemente una mano sugli occhi. Gli volto le spalle, ma prima che possa anche solo fare un passo, Stiles mi ha afferrato per un braccio.

Volto appena la testa incrociando i suoi occhi, disperati per la prima volta.

-Derek, per favore. Io... - si interrompe, inspirando bruscamente.

Piego un po' la testa, sinceramente perplesso.

-Tu cosa, Stiles? - incalzo, impaziente.

Stiles mi fissa, arrabbiato e disperato insieme.

-Sai cosa. - sibila e il suo tono non fa altro che irritarmi di più.

Strappo il braccio dalla sua presa, fulminandolo.

-No Stiles, io non so un bel niente di te! -

Quando mi volto e corro via, questa volta non mi segue.

Meglio così, perché davvero non voglio che mi veda piangere.

 

 

 

 

-Dovresti vendicarti. -

Isaac sospira profondamente, continuando a tenermi abbracciato a lui, ma scoccando un'occhiata fulminante a Jackson, in piedi a braccia conserte davanti a noi.

-Jackson, no. -

-Perché no? - si ribella Jackson, irritato – Se lo merita! Prima diffonde tutti i segreti di Derek e poi si comporta come se non avesse fatto niente di male! Addirittura ha detto che il suo stupido segreto scozzese fosse più importante della prostata di Derek! -

-Beh, potrebbe non avere tutti i torti su questo. - mormoro in tono ragionevole, staccandomi un pochino da Isaac solo per soffiarmi il naso.

-Ha avuto delle uscite spiacevoli – ammette Isaac, annuendo accondiscendente – Ma io penso che sia stato anche molto romantico quando ha detto che avrebbe licenziato tutta l'azienda per Derek. -

Jackson grugnisce, sarcastico.

-Oh, certo. Romantico da morire. Se ti piacciono queste stronzate. -

Isaac inarca un sopracciglio.

-Per favore. Per te il massimo del romanticismo è abbracciarmi dopo il sesso dicendo che lo fai solo perché “il riscaldamento non funziona mai in questa cazzo di casa” e il calore umano ti impedirà di morire congelato. -

Jackson spalanca le braccia.

-E' molto romantico! -

Isaac evita di rispondere, tornando a rivolgermi uno sguardo preoccupato.

-Mi dispiace tesoro che l'incontro con Stiles ti abbia scombussolato. -

Sospiro, stringendomi nelle spalle.

-Prima o poi avrei dovuto affrontarlo. Almeno mi sono tolto questo peso. Penso. -

Jackson mi fissa intensamente, contrariato.

-Io continuo a pensare che dovresti vendicarti! - sbotta, in tono bellicoso, ignorando gli occhi al cielo di Isaac – Ascolta Derek, ho un amico che fa il giornalista e mi deve un favore... -

-Sono quasi certo che non voglio sapere di che tipo di favore tu stia parlando. - cinguetta Isaac, con un sorriso sarcastico.

Jackson agita sbrigativo una mano nella sua direzione.

-Taci, era prima di te e di tutta la storia della monogamia. Comunque. Potrebbe far uscire un bel articolo scandaloso su Stiles e il suo scabroso segreto scozzese. -

-Che ne sai che si tratti di un segreto scabroso? - protesto, anche se l'ansia improvvisamente mi assale.

Se Stiles è così deciso a non dirmi niente, deve trattarsi di qualcosa di grosso, no?

Ripenso ai miei iniziali sospetti e deglutisco nervosamente, fissando Jackson.

-Tu pensi... pensi che potrebbe avere tipo un'amante in Scozia? Una famiglia segreta? -

-Ovvio! - esclama Jackson lapidario, ma ha la decenza di sentirsi un pochino in colpo davanti alla mia espressione disperata e allo sguardo di fuoco di Isaac – Voglio dire... non lo so, ma sarebbe la cosa più naturale a cui pensare, no? -

-Sono sicuro che Stiles non abbia affatto una famiglia segreta in Scozia, Derek. - interviene Isaac in tono rassicurante, posando una mano sul mio ginocchio.

Mi mordo il labbro, non molto convinto.

-Non importa quale sia effettivamente il suo segreto comunque! Si tratterebbe solo di agitare un po' le acque, far uscire fuori la faccenda, ripagarlo con la stessa moneta! - insiste Jackson.

-No – proclamo deciso, sollevando il volto verso di lui – Non voglio vendicarmi, non voglio fare niente contro di lui. Solo dimenticare, o provarci. E lo farai anche tu, chiaro? -

Jackson mi guarda con espressione ribelle e per nulla convinta e Isaac sospira.

-Jackson? Prometti. -

Jackson sbuffa, alzando drammaticamente gli occhi al cielo.

-Che palle! Odio vivere con due moralisti! -

Aggrotto la fronte e sto quasi per fargli presente che non ha promesso, quando Isaac richiama la mia attenzione.

-Derek, forse non è il momento opportuno, ma devo dirti una cosa. -

Lo guardo, preparandomi in silenzio al peggio.

-Sai la cena in mio onore che si terrà questo venerdì? Ecco... il mio collega, Eric, potrebbe avere invitato Jordan. -

Per un attimo non ho la più pallida idea di chi sia Eric, ma poi mi ricordo. E' il collega di Isaac che ha calmato Jordan quando si è presentato ubriaco allo studio legale.

-Oh – faccio, non sapendo bene come sentirmi a proposito. Dopo la nostra ultima discussione preferirei evitare contatti con Jordan, ma sono anche felice che stia voltando pagina – Beh, va bene per me. -

Isaac si morde il labbro.

-Sicuro? Devo avvertirti che Eric... beh, è un bravissimo ragazzo, davvero, solo che ha questa filosofia di vita secondo cui va a letto con i ragazzi al primo appuntamento. E di solito non si fa molti problemi sul farlo in luoghi pubblici. Pensavo che dovessi saperlo nel caso, ehm, ti imbattessi in qualcosa di strano. -

Lo fisso, cercando disperatamente di non ridere.

So che dovrei essere triste all'idea di Jordan che fa sesso con un semi sconosciuto a una festa in cui ci sono io, ma andiamo.

Jordan è il ragazzo che non mi ha toccato con un dito per sei mesi, finché non gli sono praticamente saltato addosso urlando un elegante “oh mio Dio, scopiamo e basta!”.

E adesso vorrebbe farlo al primo appuntamento? Con uno che conosce a stento?

-Jordan non è il tipo. - dico subito, convinto.

Ma Isaac scuote la testa.

-Non lo so. Eric è abbastanza irresistibile. Non ha mai interrotto la tradizione. Con nessuno. -

-Sei abbastanza informato sulle abitudini di questo Eric. - interviene Jackson, cercando di suonare indifferente, ma sembrando solo più acido di uno yogurt scaduto.

Isaac gli rivolge un sorrisetto sarcastico e io trattengo a stento un sospiro esasperato, perché sono sicuro che non sia mai stato a letto con Eric.

Lui e Jackson sono solo degli idioti.

-Era prima di te e di tutta la storia della monogamia. - lo scimmiotta, guadagnandosi uno sguardo incazzato da Jackson.

Non li ascolto, mentre cominciano a bisticciare.

Mi limito a rannicchiarmi sul divano, stringendomi tra le braccia.

Vorrei solo riuscire a fare quello che ho detto a Jackson.

Vorrei solo riuscire a dimenticare Stiles per almeno cinque secondi.

 

 

 

 

 

-Oh, andiamo. - mormoro frustrato, guardando male la barretta al cioccolato che è rimasta incastrata nella macchinetta.

Che poi è assurdo che io debba veramente pagare per le barrette in azienda.

Voglio dire, sono le nostre barrette, io lavoro qui. Non dovrebbero essere gratuite?

Sto per tirare un calcio al distributore (non lo faccio sempre. Solo qualche volta), quando sento qualcuno schiarirsi la gola alle mie spalle.

Mi volto con aria colpevole, ma la mia espressione si fa subito sorpresa quando mi trovo davanti Steve faccia da topo Carter. E' strano che si trovi al mio piano, il reparto grafica è praticamente dalla parte opposta dell'edificio.

-Permette? - chiede, con inaspettata cortesia. Inebetito, lo osservo scavalcarmi e inserire un'altra moneta nella fessura.

Poco dopo la mia barretta scende e Steve si china a raccoglierla e me la porge.

-Oh, grazie mille! - esclamo, a dir poco stupito dalla sua gentilezza. Pensavo che dopo la faccenda della valigetta-pene mi odiasse. Mi tasto le tasche dei jeans – Aspetti, lasci che la ripaghi. -

Ma Steve mi ferma con una mano, sorridendo. Il suo sorriso ha qualcosa che non va. E' indubbiamente gentile, ma non arriva agli occhi, che invece sono freddi e irritati. Improvvisamente mi ritrovo a deglutire. Quest'uomo mi odia ancora a morte, ne sono sicuro.

-Non si preoccupi. Lo consideri un ringraziamento. -

Aggrotto perplesso la fronte.

-Un ringraziamento per cosa? -

Steve butta fuori una risata accondiscendete che mi riempie di irritazione.

-Suvvia, non faccia il modesto. Il successo del nostro nuovo marchio è tutto merito suo, in fondo. -

Mi irrigidisco, cercando con tutte le mie forze di non distogliere lo sguardo.

-Non so di cosa stia parlando. -

Steve d'un tratto perde il sorriso e si fa apertamente ostile.

-Io penso che lei lo sappia perfettamente – stringe gli occhi - Sa da quanto lavoravo sul marchio che lei ha demolito in circa dieci secondi, durante quella patetica riunione a cui Stiles Stilinski ha voluto che partecipasse? Sei mesi. Poi basta una sua parola e Stilinski decide di eliminare tutti gli sforzi fatti da me e dalla mia squadra e ci costringe a lavorare su Amazzonia.– il suo tono si condisce di veleno, mentre io lo fisso, senza parole.

Wow, ci teneva davvero tanto al suo pene.

Cioè.

Alla valigetta. Alla valigetta-pene.

-Non è colpa mia se al signor Stilinski non piaceva la vostra idea precedente. - ribatto, trattenendomi a stento dallo specificare che fosse orrenda.

-Oh, per favore – Steve mi rivolge un sorriso cattivo – Non faccia finta di non godere di un trattamento di favore solo perché si è fatto la storiella con il capo. -

Sono furibondo. E sono davvero stanco delle battutine sulla mia relazione con Stiles, come se senza di lui non valessi niente o lo avessi usato per i miei scopi. Questa gente non mi conosce, ma pensa di potermi giudicare comunque.

Sto per urlargli contro che solo un idiota poteva davvero pensare che quella valigetta non sembrasse un pene, quando una voce conosciuta parla alle mie spalle, melliflua e sarcastica.

-Tutto bene, qui? -

Mi volto di scatto e non so bene come sentirmi alla vista di Theo Rakaen, indolente e impeccabile come sempre nel suo completo firmato.

Sento il cuore accelerare. Lo ha mandato Stiles?

Non sarebbe la prima volta, in fondo.

Theo guarda soltanto me, in maniera straordinariamente gentile, eppure riesce a emanare un'aurea minacciosa tutta intorno a lui.

E' quasi soddisfacente vedere l'atteggiamento e l'espressione di Steve cambiare completamente davanti a Theo, facendosi gentile e ossequioso.

-Signor Raeken! Il signor Hale e io stavamo solo... -

-Mi scusi – lo interrompe Theo con un sorriso glaciale, scattando con gli occhi su di lui – Le ho forse dato l'impressione di star parlando con lei? -

Steve non risponde, mortificato. Theo lo fissa dall'alto in basso ancora per qualche secondo, poi si volta verso di me.

-Tutto bene, signorino? - ripete, con un velo della vecchia impazienza.

-Ahm. Sì, certo. -

Theo mi scruta, poi guarda di nuovo Steve.

-Forse dovrei informarla, signor Carter, che il signor Stilinski non è molto contento di certi atteggiamenti che alcuni dipendenti stanno tenendo verso il signorino Derek ultimamente. Se fossi in lei starei attento. Se tiene al suo lavoro, certo. -

Steve impallidisce, mentre io, al contrario, arrossisco. Stupido Stiles Stilinski. Non ci credo che stia davvero minacciando in modo indiretto i miei colleghi di licenziamento.

Theo sembra estremamente soddisfatto.

-Se non le fosse chiaro, adesso sarebbe meglio se ci lasciasse. - gli comunica, scoccandogli un sorriso letale.

Non ho mai visto qualcuno allontanarsi così velocemente.

Quando rimaniamo soli nel corridoio, Theo torna a guardami con serietà. -Possiamo parlare? - domanda, con il tono più scocciato del mondo.

Evidentemente, ora che ha rimesso a posto Steve Carter, non pensa che sia più necessario essere gentile con me.

Mi viene naturale mettermi sulla difensiva.

-Se l'ha mandata Stiles, può pure dirgli che... -

-Non mi ha mandato Stiles- mi interrompe irritato – A contrario di quello che voi due sembriate pensare, io non sono il vostro piccione viaggiatore. Sono qui di mia iniziativa. Ora possiamo prendere il maledetto caffè e avere la nostra maledetta conversazione? - conclude, a denti stretti e con gli occhi che mandano lampi di morte e distruzione.

Deglutisco nervosamente.

Immagino che dire di no non sia un'opzione.

 

 

Okay.

Tutto questo è molto strano e imbarazzante.

Siamo seduti da venti minuti in un tavolino di Starbucks e mi sento assolutamente a disagio, più di quanto fossi durante la chiacchierata con i miei genitori.

Theo ha pure insistito per offrirmi un cappuccino all'orzo. E io non gli ho dovuto dire niente, si ricordava che mi piacesse.

Non ha preso niente ed è stato tutto il tempo a fissarmi in maniera torva, con le braccia incrociate al petto.

Non capisco.

Se non lo ha mandato Stiles, cosa vuole da me?

Perché mi ha difeso con Steve e adesso mi ha offerto il cappuccino e... oh.

Aspetta un attimo.

Non è che forse... dietro i modi sprezzanti e l'odio nei miei confronti... sotto sotto... in realtà gli piaccio?

Oddio, questo sarebbe proprio imbarazzante.

Cioè, sono sicuro che Theo in fondo, ma proprio in fondo, sia una brava persona, ma la sola idea di qualcosa di romantico tra noi mi fa venire la ridarella.

Va bene, Derek. Se c'è qualcosa che tutta la faccenda con Jordan ti ha insegnato è che l'onestà paga sempre. Sii sincero e gentile e andrà tutto bene.

-Theo – esordisco con il tono più dolce che mi riesca, cercando di ignorare lo sguardo infastidito di Theo. E' davvero bravo a fingere di non sopportarmi, lo ammetto – Sono davvero lusingato dal suo interesse e sono sicuro che lei sia una persona assolutamente degna di amore, cosa che le auguro davvero di trovare prima o poi, ma io... -

-Io non la sopporto – mi interrompe Theo, con voce del tutto vuota e sguardo funereo – Sarebbe l'ultima persona sulla faccia della terra che potrebbe interessarmi. -

Oh.

Immagino che tutto sommato Theo non faccia così finta di odiarmi.

Ma comunque non sono offeso. Voglio dire, ognuno ha i suoi gusti!

Lo odio così dannatamente tanto.

Theo mi fissa, poi sospira, alzando con indolenza la mano sinistra. Sbarro gli occhi, notando per la prima volta un sottilissimo anello dorato al suo dito anulare.

-In più, sono sposato – fa una pausa, poi aggiunge con voce completamente priva di qualsiasi inflessione: - Felicemente. -

-Oddio, congratulazioni! - non riesco a trattenermi dallo strillare, mentre Theo rotea gli occhi – Non avevo idea che fosse sposato! Come si chiama sua moglie? -

Theo mi guarda come se fossi qualcosa di appiccicato alla sua scarpa, ma poi sospira e si arrende a rispondermi.

-Liam. - snocciola, monocorde.

Per un attimo penso che sia un nome davvero strano per una donna, ma poi realizzo che, semplicemente, la moglie di Theo è in realtà un marito.

-Che bel nome! - cinguetto, senza riuscire a frenare l'entusiasmo. Le storie d'amore mi elettrizzano, okay? Anche se il fatto che ci sia davvero qualcuno disposto a passare tutta la sua vita con Theo mono espressione Raeken continua a inquietarmi – E da quanto tempo voi... -

-Non parlo della mia vita privata. - sbotta Theo, esasperato.

Rimango in silenzio, muovendomi un po' a disagio sulla mia sedia. Theo mi guarda, chiude brevemente gli occhi come a infondersi forza, poi comincia a parlare.

-Non mi ha mandato Stiles. Ma sono qui per parlarle di Stiles. -

-Non voglio saperne niente – ribatto, infastidito – Stiles e io ci siamo già detti tutto quello che dovevamo dirci e adesso ho solo bisogno di un po' di tempo da solo senza che lui spunti ogni dieci secondi a incasinarmi la testa. -

Theo chiude di nuovo gli occhi e inspira, come ad invocare pazienza.

Gonfio le guance.

Non ha nessun diritto di trattarmi come un bambino!

-Voi due mi farete impazzire... - mormora tra i denti, prima di riportare con decisione lo sguardo su di me.

-Derek, da quanto conosce Stiles? -

Lo fisso, quasi con sospetto.

-Due mesi, all'incirca. Perché? -

-Due mesi – Theo si passa la lingua sulle labbra – Bene. Io invece lo conosco da vent'anni. -

Lo fisso, perplesso.

-Non capisco. E' una specie di competizione? -

Theo rotea per l'ennesima volta gli occhi.

-Lo conosco da vent'anni – continua, ignorandomi – E posso dirle con assoluta sincerità che ha avuto parecchie relazioni – i suoi occhi azzurri mi squadrano, mentre io cerco di nascondere un piccolo moto di gelosia. Voglio dire, non mi importa niente!

– Ma il modo in cui Stiles si comporta con lei, come la guarda, come si preoccupa per lei... beh, non l'ho mai visto così. Con nessuno. -

Mi sento arrossire, mentre il cuore riprende a battermi veloce. Perché queste frasi mi fanno ancora effetto? Dovrei odiare Stiles!

-So che non è perfetto e che si è comportato da coglione con lei – va avanti Theo, del tutto atono – Ma pensavo che lei lo dovesse sapere. Da quando lei è in giro, Stiles sembra quasi tornato quello di un tempo. -

-Quello di un tempo? - chiedo, in un sussurro.

So che l'incidente di Scott ha segnato profondamente Stiles e anche se non lo conoscevo prima, ho sempre sospettato che fosse cambiato. Solo, non so se sono pronto per sentirlo dire esplicitamente.

Theo stringe un istante le labbra, come se non volesse parlarne, ma poi sospira e per la prima volta sembra provare qualche emozione.

-Non è sempre stato lo stronzo ossessionato dal lavoro che vede ora, quello che non sorride mai e che fa paura a tutti. Prima che morisse Scott, riuscivamo a malapena a farlo stare zitto per più di dieci minuti. Rideva sempre, scherzava di continuo. Quando Scott è morto si è come spento. A volte stento persino a riconoscerlo. -

Mi si stringe il cuore a immaginarmi uno Stiles più giovane, più felice.

Ora comprendo meglio ciò che mi ha detto la sera del nostro primo appuntamento.

Prima di diventare Mr. Broncio, ero piuttosto logorroico. Ogni tanto riemerge questa parte di me.

-Come è successo? Come è morto Scott? - domando, perché mi rendo conto di non saperlo, di non averlo mai chiesto. Sono abbastanza sicuro di aver letto qualcosa sui giornali anni fa, quando ancora non lavoravo per l'azienda, ma non riesco a ricordare.

Theo mi soppesa.

-Non è questo che conta adesso, signorino. Quello che cerco di farle capire è che da quando c'è lei... Stiles sembra rinato. -

Non posso combattere contro la sensazione di calore che si propaga dal centro del petto.

-So che ha fatto casino tra voi, ma penso anche che se lei gli desse un'altra possibilità, non farebbe due volte lo stesso errore. E' un uomo intelligente, impara dai propri sbagli – Theo fa una piccola pausa, guardandomi seriamente – E ci tiene a lei. Si merita una seconda possibilità. -

-Gli deve volere molto bene. - osservo mio malgrado, con un piccolo sorriso.

Theo rotea gli occhi.

-Lo detesto. Quello stronzetto impertinente che pensa che il mio lavoro consista nel fare da autista al suo ragazzo scemo. -

Per un po' lo guardo perplesso, poi capisco chi sia il ragazzo scemo.

-Ehi! -

Theo grugnisce.

-Siete le persone più esasperanti e insopportabili che io conosca. Lei che si deprime qui, facendo l'orgoglioso, lui che si deprime in albergo, sbattendo porte e tiranneggiando a destra e a manca... Siete due tormenti. Dovete stare insieme. Perché pensa che non sia tornato a casa, ma stia ancora qui a New York? Qua non ha nessuno, nemmeno uno straccio di amico. Solo lei. Sta aspettando lei. -

Non rispondo, abbassando la testa e mordendomi pensieroso il labbro.

Dobbiamo stare insieme?

Theo mi squadra, cominciando già ad alzarsi in piedi.

-Ci pensi almeno, d'accordo? -

Quando torno a lavoro, mi è abbastanza chiaro che non riuscirò a concentrarmi per niente.

Ripenso alle parole di Theo, sul fatto che Stiles e io dovessimo stare insieme.

Ho pensato che qualcuno ti avesse mandato da me, per me. Solo per me.

Non riesco a togliermi la voce di Stiles dalla testa, non importa quanto disperatamente ci provi.

 

 

 

ANGOLINO

 

Eccomi qui <3

Spero che questo capitolo non sia la schifezza che mi sembra che sia. Grazie a chiunque segua la storia, in particolare alle mie ciccce, vi amo <3

Giovedì prossimo ho un esame, quindi non penso di riuscire ad aggiornare venerdì, il prossimo aggiornamento sarà un po' a sorpresa, mi dispiace.

Un bacione a tutti,

Fede <3

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Capitolo 15
*** Quindicesimo Capitolo ***


 

 

Quindicesimo Capitolo

 

 

 

 

Quando torno a casa venerdì, capisco immediatamente che ci sia qualcosa che non va.

Intanto la porta di casa è spalancata e dall'ascensore continuano a salire e a smontare fattorini con le braccia cariche di vasi di fiori.

Fisso stupito un uomo passarmi accanto, con questi fiori bianchi come la neve e vaporosi come bomboniere di nozze.

Dalie bianche.

Il secondo segnale che ci sia qualcosa che non va, sono le esclamazioni soffocate di Isaac, da dentro casa.

-No, no! Non lì! Oddio state mettendo tutto in disordine, vi prego! Signore, pensa che non l'abbia vista nascondere il terriccio che le è caduto sotto il tappeto? Vada a prendere una scopa, adesso. -

-Mi scusi – fermo un uomo che mi sta per superare, con delle dalie questa volta violette – Cosa sta succedendo? Perché state portando in casa mia tutti questi fiori? -

L'uomo si stringe nelle spalle.

-Seguo solo gli ordini, signore. Qualcuno ha fatto un ordine per cento vasi di dalie. E siamo solo a ottantacinque, quindi se non le spiace... -

-Che cosa?! - quasi urlo, sbarrando gli occhi, ma l'uomo se ne è già andato.

Non posso impedire al mio cuore di accelerare.

Non ci posso credere.

Cento vasi di dalie...

Conosco solo una persona abbastanza pazza da fare una cosa del genere.

Questo non vuol dire che ti debba fare piacere, Derek!

Anzi, sono proprio indignato.

Come si permette? Pensa di comprare il perdono con questo infimo, dozzinale, stupido trucchetto da... oh mio dio, ma quelle dalie rosse screziate di giallo sono bellissime.

Non posso fare a meno di allungare una mano per sfiorarne la corolla morbida, quando l'ennesimo fattorino mi sorpassa.

-Derek? -

A quanto pare Isaac ha sentito il mio urlo, perché si è affacciato alla porta, bianco come un cencio. Sembra che stia per piangere.

-Derek, ti supplico, falli smettere. Non puoi capire in che stato sia l'appartamento. Noi non abbiamo spazio per cento vasi di dalie. - la sua voce si fa isterica verso la fine.

Scuoto impotente la testa, raggiungendolo e seguendolo dentro casa.

Rimango allibito all'immagine che mi si prospetta davanti agli occhi.

L'intero appartamento è coperto da questi fiori colorati. Sono dappertutto, persino sul divano e sullo stereo di Jackson.

A proposito di Jackson, non sembra particolarmente contento mentre aiuta un fattorino a sistemare un vaso di dalie rosa nel poco spazio rimanente in salotto.

Anche Isaac lo nota.

-Jackson! Non incoraggiarli dandogli una mano! Digli di smetterla di portare in casa questi dannati fiori! - strilla, esasperato.

Jackson lo guarda, avvicinandosi con cautela. A giudicare dalla sua aria provata, è da tanto che sta cercando di gestire i nervi di Isaac.

-Tesoro, ci ho già provato una dozzina di volte ricordi? - chiede in tono sarcastico, rivolgendomi intanto un secco cenno di saluto – Ma hanno detto che sono stati già pagati e devono portare a termine la consegna. Se gli do una mano almeno evito che spargano terra sui tuoi libri o sul tuo portatile. -

Beh, questo è davvero molto carino da parte di Jackson. Ma Isaac non sembra pensarla così, a giudicare da come si volta come una furia verso di me.

-Questa è tutta colpa tua, Derek! -

Spalanco la bocca, indignato.

-Colpa mia?! In che modo sarebbe colpa mia?! -

-Se tu avessi fatto pace con Stiles, lui non avrebbe mandato questi stupidi fiori, portati da questi uomini che non si sono nemmeno puliti le scarpe sullo zerbino anche se glielo ho chiesto tipo venti volte e che continuano a spargere terriccio sul tappeto, non è vero Bob? -

Quello che deve essere Bob trasale e posa il vaso per terra, gettando un'occhiata terrorizzata a Isaac.

-Derek ha fatto bene a non fare pace con quello stronzo. - interviene Jackson seccamente, poi guarda l'espressione disperata di Isaac e il suo volto si addolcisce. Gli tocca un braccio.

-Coraggio, hanno quasi finito. Giuro che domani troveremo una soluzione. -

-Domani? - la voce di Isaac si fa di nuovo acuta, mentre balza via da Jackson – Tu sei pazzo! Devo sistemare questo scempio ora. -

-Ma tra qualche ora c'è la cena dello studio legale. Sei l'ospite d'onore non puoi fare tardi.- intervengo io, in tono timoroso.

Isaac ha ancora l'aria di chi m ucciderebbe con un paio di cesoie, giusto per rimanere in tema.

Isaac mi fulmina e anche Jackson mi lancia una vaga occhiataccia, come a rimproverarmi della mia scarsa sensibilità. Jackson! Che rimprovera me! Di scarsa sensibilità!

Oh, questa è tutta colpa tua Stiles Stilinski.

-Motivo per cui sistemeremo la faccenda dei fiori domani. Ora cerchiamo solo di evitare che facciano troppi danni. Derek – mi lancia uno sguardo acuto – Comincia ad andare a prepararti. Ci metti sempre una vita e non ho intenzione di aspettare te. -

Senti chi parla!

Gli rivolgo un'occhiata offesa, ma con Isaac con i nervi evidentemente a pezzi, non me la sento di discutere.

Appoggio una mano sulla spalla di Isaac, sorridendogli solidale.

-Vedrai che stasera andrà tutto alla grande – esito – E mi dispiace per i fiori, sul serio – faccio un'altra piccola pausa – Ma comunque secondo me non c'è tanto disordine, davvero. -

Per tutta risposta Isaac si butta tra le braccia di Jackson, affondando il viso contro il suo collo e mugugnando che non ha il coraggio di guardare cosa stia facendo Bob con quel tappeto.

Okay, è chiaro che non posso essere più d'aiuto qua. Con sollievo, lascio a Jackson il compito di calmare Isaac e faccio per avviarmi verso il bagno, tirandomi intanto con una mano il nodo della cravatta.

Ho bisogno di una bella doccia, per essere minimamente pronto ad affrontare una festa.

So che Isaac ci tiene molto e non mancherei mai per nulla al mondo, ma ho proprio l'umore sotto i piedi.

E essere circondato da cento vasi di dalie provenienti da Stiles, al momento non fa che confondermi ancora di più.

-Mi scusi, è lei Derek Hale? -

Mi volto, trovandomi davanti un fattorino che tiene premuto contro il fianco quello che spero sia l'ultimo vaso di dalie bianche. Noto subito che ha una busta verde nell'altra mano.

-Sì, sono io. -

L'uomo mi porge la busta.

-Allora questa è per lei – mi sorride – E' un ragazzo fortunato, sa? Non ho mai visto qualcuno spendere così tanto in fiori per un'altra persona, anche se si deve far perdonare chissà cosa. Ha fatto innamorare qualcuno, mi sa. -

Io non rispondo, gli occhi fissi sulle poche righe di intestazione della busta, vergate nella grafia disordinata di Stiles.

Perché il cuore mi batte di nuovo forte?

Perché voglio soltanto chiudermi nella mia stanza e leggere questa dannata lettera mentre annuso questi fiori variopinti?

Invece, mi sforzo di lasciare la lettera sul mio letto, prima di andare a farmi la doccia.

In fondo ho delle priorità, questa è la serata di Isaac, non posso fare tardi.

Questo non significa che non pensi a quella dannata busta per tutto il tempo.

 

 

Qualche ora dopo, la pace è parzialmente tornata nell'appartamento.

Siamo ancora assediati da dalie ovunque, ci sono tre vasi persino nella mia stanza, ma almeno i fattorini se ne sono andati.

Jackson ha dovuto fare sei camomille per calmare Isaac, ma almeno ha smesso di passare l'aspirapolvere su macchie di terra invisibili e si sta preparando per la sua gran serata.

Per la prima volta nella mia vita, io sono già pronto, con almeno un'ora di anticipo.

Non mi era mai successo, quindi adesso non so assolutamente cosa fare della mia vita.

Sono seduto sul bordo del mio letto, fasciato nel mio miglior completo grigio scuro, i capelli ancora umidi di doccia che mi cadono sulla fronte e sfiorano il colletto inamidato della camicia bianca che Jackson mi ha imprestato (cioè, non lo sa ancora che me l'ha imprestata, ma glielo dirò presto).

E non posso fare a meno di guardare i maniera ossessiva quella stupida lettera che mi provoca dalla mia scrivania.

E' lì, insopportabilmente verde, che implora di essere aperta e letta.

Conosco abbastanza bene Stiles, da sapere che la scelta della busta verde abbia a che fare con qualche cosa melensa e romantica riguardante il colore dei miei occhi.

Non sono per niente impressionato, comunque.

Cioè non è che questa cosa mi faccia sciogliere o arrossire.

Assolutamente no.

Nel giro di due secondi sono in piedi e ho quella stupida busta verde in mano.

Va bene, non c'è niente di male a darle una letta veloce, giusto?

Non mi farò condizionare dal contenuto.

Ho detto a Stiles che avevamo bisogno di tempo distanti e così sarà.

Niente mi farà cambiare idea.

Annuendo convinto, apro la busta.

Dentro c'è un foglio, scritto sul davanti e sul retro nella grafia disordinata di Stiles.

Mi risiedo sul letto, cominciando avidamente a leggere.

 

 

Caro Derek,

mi dispiace se con questa pagina logorroica vado contro alla tua richiesta di tempo, ma in fondo tu hai parlato di non vederci, non mi hai detto di non scriverti. E mi dispiace se ho un po' esagerato con i fiori, immagino di aver creato il panico e messo in crisi Isaac.

Ma io ho assolutamente bisogno che tu sappia delle cose.

Ho bisogno che tu sappia quanto mi hai migliorato la vita.

Mi dispiace se io a te l'ho rovinata. So di essermi comportato male e ti chiedo di nuovo scusa.

Ma tu hai fatto l'esatto opposto con la mia, Derek. Ti ho conosciuto, e d'un tratto mi è sembrato di tornare a respirare. Mi è sembrato che vivere tornasse ad avere un senso.

Da quando ti sei seduto accanto a me e hai cominciato a parlarmi della tua vita, qualcosa è cambiato in me.

Non mi piacciono le persone, penso avrai notato che sono un uomo solitario o, almeno, lo sono diventato.

Non mi piacciono le persone.

Ma non appena hai aperto bocca, ogni più piccolo, contorto e imbarazzante dettaglio di te, mi ha colpito e affascinato. Mi sei piaciuto subito, tutto di te mi è piaciuto, ogni pregio, ogni difetto.

Sembra impossibile, una cosa da film, ma è vero.

Ma non è solo quello che mi hai detto su quell'aereo ad avermi colpito. Anche dopo, quando ho avuto occasione di conoscerti davvero, non hai smesso di attirarmi a te.

Il modo in cui mi tieni testa, in cui credi fermamente nel tuo diritto ad avere un caffè all'orzo decente, il modo in cui hai scritto la lettera Harris.

Ogni cosa di te è amata da me.

Avrei dovuto custodire tutto questo come un tesoro prezioso e ritenermi fortunato ad essere l'unico a cui avessi concesso tanto, ma invece ho lasciato che tutto il mondo invadesse il tuo privato e di questo non potrò mai chiederti scusa a sufficienza. Mi dispiace di non avere capito subito quanto fosse grave quello che avevo fatto, ma spero di essere ancora in tempo per rimediare.

Deve esserci qualcosa che possa fare per rimediare, Derek.

Resterò a New York per tutto il tempo necessario, Derek, almeno fino a quando non mi dirai che non c'è più alcuna speranza.

Giuro che se mi darai un'altra possibilità, non succederà mai più una cosa simile.

Fidati di me (spero che la citazione da Titanic possa farmi guadagnare qualche punto in più).

Con enorme affetto,

Stiles

 

 

ps: per la cronaca, non aveva mai sentito nominare “ps: I love you” in tutta la mia vita.

 

 

Mi bruciano gli occhi mentre continuo a fissare il fondo della lettera, senza vedere davvero le parole.

Lo odio.

Giuro che lo odio.

Come guidato da una forza misteriosa, mi alzo in piedi, il foglio ancora stretto in mano. Mi avvicino alla scrivania e recupero il cellulare che Jackson mi sta imprestando in via temporanea.

So il numero di Stiles a memoria, e so che questo già non è un buon segno.

Ascolto assente il telefono squillare a vuoto, la voce metallica dirmi di lasciare il mio messaggio dopo il segnale acustico.

Ho ben chiaro cosa gli debba dire. Gli dirò che magari possiamo vederci in questi giorni e parlarne ancora. Che forse posso pensare di perdonarlo.

In ogni caso, devo mostrarmi risoluto e distaccato.

Incline al perdono, sì, ma non troppo.

Devo essere formale, equilibrato.

Il segnale acustico si diffonde e io apro la bocca, pronto con il mio discorso preparato accuratamente nella mia testa.

-Stiles, io ti amo. - esclamo, tutto d'un fiato.

Oh mio Dio, no!

No!

Torna indietro, Derek, torna indietro!

-Voglio dire, sono proprio innamorato di te! -

Oh. Mio. Dio.

Basta, mi arrendo.

Lascio perdere ogni discorso preparato nella mia testa e, semplicemente, dico quello che penso. Quello che, in fondo, sento.

-La verità è che non penso di riuscire a stare senza di te e non ce la faccio a rimanere arrabbiato con te. Cioè, so che dovrei essere arrabbiato con te, ma non ci riesco. Ed è colpa tua perché tu fai queste cose idiote come invadere casa mia di dalie o mandarmi una stupida lettera a cuore aperto con la busta verde. Isaac ti odia per inciso. E anche Jackson. Ma io no, io ti amo. -

Oddio, perché continuo a dire di amarlo! Che problemi ho?

Smettila, Derek.

-Io ti amo... e non è vero che mi hai rovinato la vita - faccio una pausa, perché d'un tratto sento a gola dolorosamente serrata – Prima di te... era tutto falso, io dicevo un sacco di bugie, a Jordan, alla mia famiglia, ai miei amici. A me stesso. Poi sei arrivato tu e d'un tratto tutto è diventato reale ed è così bello, Stiles. Per cui, no. Non mi hai rovinato la vita, non potresti mai rovinarmi la vita. -

Mi passo la lingua sulle labbra, lo sguardo mi cade sulla cravatta nera appoggiata allo schienale della sedia, che dovrei indossare stasera.

-Quindi, se davvero vuoi riparare le cose, vieni da me. Sarò alla cena in onore di Isaac, in un ristorante appena fuori città, la Falce Azzurra. Vieni da me... entro la mezzanotte – oddio, perché ho dovuto aggiungere questo dettaglio da Cenerentola? Devo seriamente fare qualcosa per questo mio spiccato lato drammatico – Io ti aspetterò. E ti amo. -

Basta, basta! Derek, chiudi questa telefonata, ti prego.

Sto per farlo, quando mi rendo conto di una cosa importante.

-Ah, comunque sono Derek, non so se l'avevo detto! - esito – Spero che il post scriptum della tua lettera fosse un modo di dirmi che mi ami, perché io ti ho detto ti amo un sacco di volte e se tu non mi ami potrebbe essere imbarazzante. Per cui ti amo, se mi ami anche tu. Se non mi ami, mi rimangio i miei ti amo. Ma se mi ami, sono tutti veri. -

Devo chiudere questa telefonata.

-Ciao, ti amo. -

Mi mordo il labbro, guardando il soffitto in una muta imprecazione.

-Cioè, ti amo se lo fai anche tu. Ciao. Ti amo tanto. -

Finalmente ho il buon senso di chiudere la chiamata e gettare il telefono lontano da me, facendolo rimbalzare sul letto.

Lo fisso inorridito.

Mio Dio, cosa ho fatto?

E' stato il messaggio più patetico mai lasciato a memoria d'uomo.

Ho concluso la chiamata con “ciao, ti amo tanto”!

Devo cancellare quel messaggio e lasciarne uno meno psicopatico.

Devo, o Stiles non vorrà davvero più avere niente a che fare con me.

Sono quasi in procinto di riavvicinarmi al telefono, quando Jackson entra nella mia stanza.

Ha la fronte aggrotta e osserva con sospetto la mia espressione colpevole.

-Con chi parlavi? -

-Con nessuno! - squittisco, suonando falso alle mie stesse orecchie.

Jackson inarca un sopracciglio.

-Beh, muoviti, stiamo partendo. -

Annuisco, continuando però a occhieggiare il telefono.

-Okay, un minuto e arrivo. -

Jackson mi fulmina.

-No, non hai capito. Tu vieni di là ora. Non mi lascerai affrontare l'isteria di Isaac da solo, se non vuoi mi riappropri della mia camicia facendoti venire a petto nudo. -

Okay, immagino di non avere molta libertà di scelta.

Do un'ultima occhiata mesta al telefono, prima di seguire Jackson in salotto.

Spero davvero che Stiles mi ami, solo così non penserebbe di aver ricevuto il messaggio di uno psicopatico.

 

 

 

Come previsto, sto odiando ogni momento di questa cena.

In realtà il ristorante è bellissimo, il cibo ottimo e tutto intorno c'è un giardino stupendo, pieno di alberi e illuminato dalla luce tenue di tanti lampioni.

Però.

Sono le undici e mezza e continuo a gettare occhiate nervose all'ingresso.

Perché ho detto entro mezzanotte? Non potevo dire entro le due e mezza? Così sarei stato più tranquillo.

Non sono riuscito nemmeno a godermi come si deve il discorso di Isaac, anche se mi sono sentito pieno di orgoglio quando tutti i suoi colleghi e i suoi capi hanno brindato in suo onore.

Jackson ha persino messo da parte la pantomima del “è solo il mio coinquilino io non ho relazioni monogame” per baciarlo appassionatamente davanti a tutti, quando Isaac è tornato al nostro tavolo.

Okay, forse lo ha fatto perché Paul stava guardando un po' troppo spesso verso di lui, ma Isaac è comunque diventato di un bel rosa accesso ed è stato allegro per tutta la serata, quindi va bene così.

E sono contento per loro, davvero, solo che non è il massimo stare allo stesso tavolo con i tuoi due migliori amici che ti pomiciano praticamente in braccio mentre tu ti struggi per l'uomo che ami.

Perché gli ho detto di amarlo!

Pensa che figura di merda se lui non si presentasse. O peggio, se si presentasse, ma solo per dirmi che mi vede solo come un amico e che non intendeva davvero dirmi che mi ama con quel post scriptum.

Okay, so che questo è un po' assurdo dopo tutto quello che ha fatto per farsi perdonare, ma Stiles continua a non arrivare e io sono in ansia.

Come se non fosse abbastanza, ho anche scoperto che Eric non solo è un avvocato di successo, ma ha anche almeno due anni in meno di me, un sorriso splendente, gli occhi azzurri e i capelli perfetti. Stupidi capelli perfetti. Scommetto che non ha mai avuto una briciola di pane nei capelli in tutta la sua perfetta esistenza.

Lui e Jordan sono stati a chiacchierare tutto il tempo al loro tavolo, le teste vicine e le mani che si sfioravano sulla tovaglia. In realtà non li vedo da un po' adesso.

In realtà sono felice pure per loro, davvero, solo che una parte di me, la parte egoista e petulante, non può fare a meno di pensare che non è giusto che io sia l'unico che non può essere felice.

Forse ho esagerato con Stiles. Avrei dovuto essere meno duro con lui quando ha cercato di parlarmi la prima volta, essere più gentile.

Gli ho detto che mi ha rovinato la vita.

Forse non ha ascoltato il messaggio in segreteria? E se l'avesse cancellato per sbaglio?

E se l'avesse sentito e non gli importasse?

Quando arriva la mezzanotte, mi sento la testa scoppiare.

Jackson e Isaac continuano a baciarsi, ridere e parlare, tutti intorno a me si divertono e bevono, ma io ho solo voglia di piangere.

Corro in bagno, trovandolo con sollievo vuoto.

Mi sciacquo il viso con l'acqua fredda, cercando di calmarmi.

E' mezzanotte.

E Stiles non è venuto.

Non mi vuole più.

Il peggio è che non riesco nemmeno a biasimarlo.

L'ho trattato malissimo l'ultima volta che ci siamo visti, gli ho detto che mi ha rovinato la vita, ho preteso che si confidasse con me quando evidentemente non era pronto. E' ovvio che le mie scuse siano giunte troppo tardi.

Mio Dio, gli ho detto di amarlo. Per telefono.

Che razza di idiota lo farebbe?

Mi sto ancora disperando, quando sento dei rumori strani provenire da uno dei bagni.

Arrossisco furiosamente quando mi rendo conto che si tratta di un gemito.

Una serie di gemiti in realtà, accompagnati dall'infraintendibile suono di un corpo che sbatte ripetutamente contro la porta. Mio Dio, qualcuno sta scopando lì dentro.

Sto quasi per tagliare la corda, quando la voce di una delle due persone che se la stanno spassando mi blocca sul posto.

-Ti... ti piace? -

E' affannata e un po' incredula, ma non c'è dubbio che si tratti della voce di Jordan.

Non ci posso credere. Sta facendo sesso con quel tipo. In un bagno pubblico!

L'altro, quello che ormai ho capito essere Eric, emette una risata cristallina, nonostante i colpi contro la porta non siano cessati.

-Ti sembra che non mi piaccia? Essere scopato così bene contro la porta da un poliziotto... ti assicuro che è in cima alle mie fantasie erotiche. -

Aggrotto la fronte, appoggiandomi al lavandino e guardando perplesso la porta chiusa. Okay, so che me ne dovrei andare, ma non posso fare a meno di pensare che l'unica volta che Jordan ha provato a scopare me contro un muro, ho sbattuto la testa talmente forte che quasi mi è venuta una commozione cerebrale.

Che comunque era sempre meglio del sesso.

-Me lo puoi dire se non ti piace. - insiste Jordan, un po' petulante per i miei gusti.

Ma Eric ride di nuovo.

-Ti giuro che sto amando ogni momento. - sussurra e geme più forte, come a sottolinearlo.

Oh mio Dio.

Stanno praticamente girando un porno lì dentro.

Basta, me ne devo andare.

Ma proprio mentre mi sto decidendo a staccarmi dal lavandino, Jordan parla di nuovo.

I colpi alla porta sono cessati, quindi presumo che si sia fermato.

-Va bene, ammettilo! - esclama, arrabbiato, e io aggrotto ancora di più la fronte, confuso.

A giudicare dal tono perplesso e vagamente irritato di Eric, non devo essere l'unico a essere confuso.

-Ammettere cosa? - chiede, poi sento il suono di una serie di baci lascivi – Dai, muoviti cowboy... -

-Ammetti che stai facendo finta che ti piaccia solo per non ferirmi! - esclama Jordan, lamentoso.

Sento tutto il sangue lasciarmi il volto.

Oh mio Dio.

Okay, questa potrebbe essere colpa mia.

-Che cosa?! - il tono di Eric è incredulo e vagamente incazzato – Perché dovrei farlo? Chi è così stupido da fare finta che gli piaccia il sesso solo per non ferire il partner? -

Ehi! Non hai nessun diritto di giudicarmi, tu piccolo sessuomane dalla pelle e dai capelli perfetti!

-Quindi ti è davvero piaciuta la mossa con i fianchi di prima? - chiede Jordan, palesemente perplesso.

Oddio quella mossa.

La tomba dell'eccitazione, se si chiede a me.

-Mh, intendi quella che mi ha fatto urlare talmente tanto che hai dovuto tapparmi la bocca? - replica invece Eric in tono sarcastico, l'irritazione ancora presente nella voce – Tu cosa ne pensi? -

-Quindi prima gemevi sul serio? Voglio dire, non fingevi? -

-Oh mio Dio – Eric emette una risatina incredula – Non ci posso credere che stiamo avendo questa discussione mentre sei ancora dentro di me e sono sospeso da terra come un idiota! Sì, okay? Erano stramaledetti gemiti veri, succede quando qualcuno mi trova la prostata! -

Che cosa?!

-Senti Eric, puoi essere sincero con me. Giuro che non mi arrabbio, ma non voglio più essere preso in giro. - insiste Jordan e posso sentire un grugnito e l'inconfondibile tonfo di una testa che sbatte contro la porta.

-Ancora?! Che motivo avrei di prenderti in giro o di mentirti?! Non stavo fingendo, stavo davvero avendo la scopata migliore della mia vita, prima che tu mi assillassi con queste paranoie senza senso! -

-Senti, non devi mentirmi, sul serio... -

-Ma chi ti sta mentendo! Io... -

-Se la mossa dei fianchi non ti piace, puoi semplicemente... -

-Oh mio Dio, Jordan! Credigli e basta! - strillo, senza che possa impedirmelo in alcun modo.

Mi tappo la bocca con entrambe le mani, ma ormai è fatta.

Ho appena fatto la figura di merda peggiore della mia vita.

Per un po' dal cubicolo non proviene nessun rumore.

-Derek? - chiama poi Jordan, con voce totalmente incredula.

-Derek? Il tuo ex? - domanda Eric, con voce più curiosa che infastidita.

Con mio sommo orrore sento il suono di piedi che si posano per terra e cinture che vengono riallacciate.

Senza pensarci due volte, scappo dal bagno, prima che quei due escano e io sia costretto a dargli una spiegazione.

Che figura di merda! Sorpreso a fare il guardone mentre il mio ex faceva sesso selvaggio nei bagni!

Mi precipito in giardino, ho il fiatone e la faccia tutta rossa. Mi guardo disperatamente intorno, cercando di individuare dove Jackson ha parcheggiato la porche, anche se è perfettamente inutile perché io non ho le chiavi della macchina.

Maledizione, devo andarmene da qui.

-Derek! -

Oh no, no, no. Faccio per correre via, ma Jordan mi ha già raggiunto, afferrandomi con delicatezza il braccio per impedirmi di scappare. Mio malgrado, sollevo gli occhi nei suoi, solo per constatare che il suo sguardo è gentile, solo fortemente imbarazzato.

-Mi dispiace che tu abbia sentito... ehm. Sei stato lì tutto il tempo? -

Scuoto la testa, cercando di deglutire il nodo che sento in gola. Perché improvvisamente sono di nuovo sull'orlo delle lacrime?

Forse perché Jordan è ancora carino con me anche se non me lo merito.

O forse perché è mezzanotte passata e Stiles non è qui. E non verrà.

-Ehi – la voce di Jordan si fa preoccupata, mentre abbassa un po' il volto per incrociare i miei occhi pieni di lacrime – Derek, stai bene? Perché piangi? -

E alla fine scoppio.

-Perché avevi ragione tu! - urlo, piangendo in modo isterico - Nessuno mi ama per quello che sono, nemmeno Stiles lo fa! Gli ho detto che mi ha rovinato la vita e adesso l'ho perso per sempre! Mi odia, proprio come mi odi tu! Rovino tutte le cose belle che mi capitano, l'ho fatto con te e adesso lo sto facendo con Stiles, e morirò solo, sotto un ponte, piangendo sulla mia misera vita e... -

-Shh – Jordan mi passa una mano dietro la nuca, vincendo le mie blande resistenze per potermi stringere in un abbraccio confortante. Chiudo forte gli occhi mentre mi aggrappo con le mani alla sua camicia stropicciata – Shh. Calmati ora. Va tutto bene. Tutto bene. -

Singhiozzo ancora un po' contro il suo petto, finché non mi sono calmato quasi del tutto.

Jordan scioglie il nostro abbraccio solo per passarmi un braccio dietro la schiena e condurmi verso gli scalini di entrata. Mi aiuta a sedermi, prendendo posto accanto a me. Ora non mi tocca più, ma siamo talmente vicini che le nostre ginocchia si sfiorano appena.

Tiro su con il naso, senza avere il coraggio di guardarlo.

-Lo sai che è impossibile che Stiles Stilinski ti odi, vero? - chiede dopo un po' Jordan, in tono gentile.

Scuoto la testa, guardandomi le scarpe.

-Come puoi dirlo con sicurezza? - sussurro, amaro.

-Perché è impossibile odiarti – risponde Jordan con semplicità e lo sento sorridere anche senza guardarlo – Se fosse possibile, lo avrei già fatto, credimi. -

Mi volto a guardarlo, la bocca leggermente spalancata.

-Non mi odi? -

Jordan si limita a scuotere la testa, senza smettere di sorridere.

Aggrotto la fronte.

-Ma l'altra volta... -

-L'altra volta ero molto arrabbiato con te – mi interrompe Jordan, pacato – E penso che volessi solo ferirti. Non pensavo la maggior parte delle cose che ho detto – sospira, guardandomi intensamente negli occhi – Derek, un sacco di persone ti amano per quello che sei. E sono certo che Stiles Stilinski sia uno di loro. -

Aggrotto ancora di più le sopracciglia.

-Ma tu hai detto che ti eri innamorato di un'illusione. Perché io riempio tutti di bugie e impedisco alle persone di amarmi davvero. -

Jordan scuote la testa, senza abbassare lo sguardo.

-Vuoi sapere di cosa mi ero innamorato? Del tuo sorriso. Del tuo modo di ridere. Della tua gentilezza. Del modo buffo in cui dormi. E di tantissime altre cose. Cose su cui non hai mai mentito – mi sorride leggermente – Come puoi vedere, sei perfettamente amabile senza che ti sforzi. Ed è per questo che sono sicuro che Stiles Stilinski non ti odi affatto, qualsiasi cosa sia successa tra di voi. -

Okay, adesso potrei scoppiare di nuovo a piangere. Non mi merito che Jordan mi consoli, eppure le sue parole mi hanno riscaldato il cuore. Mi sento già un po' meglio.

Vorrei poter dire qualcosa di valore, ringraziarlo come si deve, ma in quel momento sentiamo dei passi che scendono i gradini e entrambi alziamo lo sguardo.

Eric ci sta guardando perplesso, ma non sembra arrabbiato. Non posso fare a meno di notare che i suoi perfetti capelli castani adesso sono tutti sparati all'aria e che non sta facendo nulla per coprire il succhiotto sul collo.

Oddio, non ha nemmeno i pantaloni abbottonati bene.

Questo ragazzo è senza pudore.

Mi ricorda Jackson e, inaspettatamente, provo un moto di simpatia.

-Eccovi qui - i suoi occhi azzurri scivolano su di me, che ho ancora le guance rosse e chiazzate di lacrime – Ehi, tutto bene? - domanda subito, in tono gentile e preoccupato.

E' gentile e si preoccupa per me, invece di incazzarsi per aver urlato un suggerimento al mio ex mentre scopava con lui e averlo fatto precipitare al mio inseguimento.

E' fatto per stare con Jordan.

-Derek ha solo avuto una giornata pesante. - mi viene in aiuto Jordan, sorridendo morbido a Eric, solo vagamente imbarazzato.

Eric ricambia per un attimo il sorriso, poi riporta lo sguardo su di me.

-Ti porto un bicchiere d'acqua. Ti va? -

-Oh no – dico subito, passandomi le mani sulle guance per portare via le lacrime – Non ti disturbare, davvero. -

Eric si stringe nelle spalle.

-Nessun disturbo – mi scruta attentamente, inclinando un po' la testa – O forse preferiresti un bicchiere di vino? -

Accenno un sorriso timido.

-In effetti penso che mi farebbe bene. Grazie. -

Eric mi scocca un sorriso luminoso.

-Sento già che andremo d'accordo! - fa un occhiolino a Jordan e poi si allontana allegramente.

Sia io che Jordan osserviamo la sua schiena finché non scompare all'interno dell'edificio.

-Sembra molto carino. - mormoro, sorridendo a Jordan.

Jordan annuisce, passandosi una mano dietro la nuca.

Sembra imbarazzato, ma sorride felice ed è la prima volta che lo vedo così, da quando ci siamo lasciati. Il cuore mi si riscalda. Jordan se lo merita.

Anche se, considerano come gestisce le cose Eric, tra un mese troverò tra la posta la partecipazione del loro matrimonio a Las Vegas.

-Sì. Molto carino. Ha anche detto che gli piaccio davvero, che vorrebbe che non fosse soltanto sesso – mi getta un'occhiata apprensiva - E' strano, vero? -

Improvvisamente mi sento di nuovo in colpa.

-No che non è strano, Jordan. Sei una persona straordinaria, piaceresti a chiunque dotato di un po' di cervello – il mio sguardo si fa serio – E, per favore, in futuro non mettere in dubbio i sentimenti di Eric solo per colpa mia. Solo perché io sono stato un idiota e ti ho mentito, non significa che debba farlo anche lui. -

-Gli piacciono i baffi – esclama Jordan, con un sorriso incredulo ed estasiato sul volto – Non ci posso ancora credere! -

Beh, nemmeno io se è per questo, ma mi sforzo di mostrare entusiasmo.

-E sai che ha partecipato a tutte le sagre del western a cui siamo andati anche noi? Ci è andato con la sua jeep. -

Cerco di sforzare un sorriso e di mostrarmi solidale, anche se trovo decisamente inquietante che qualcuno possa sul serio apprezzare quelle sagre.

-Ma è meraviglioso, Jordan. -

Jordan mi guarda e d'un tratto perde il sorriso.

-Scusa, è insensibile da parte mia parlarti di Eric quando tu sei ancora giù per Stiles. -

Sospiro, stringendomi nelle spalle.

-Non ti preoccupare. Mi sto lentamente rassegnando alla prospettiva di passare tutta la mia vita in un convento di clausura. -

Jordan apre la bocca, poi i suoi occhi scivolano alle mia spalle e le sue labbra si incurvano in un piccolo sorriso.

-Io aspetterei un attimo prima di farmi monaco. -

Al mio sguardo perplesso, mi dà un buffetto sulla spalla e mi fa segno di girarmi.

Volto solo la testa, confuso.

E come nei migliori film d'amore per ragazzine depresse (che io guardo solo raramente, per inciso), Stiles è all'ingresso del giardino, con il petto ansante e gli occhi fissi nei miei.

Mi alzo immediatamente in piedi, con le gambe tremanti.

Lo sguardo si Stiles si fa un po' incerto, accenna un passo nella mia direzione e poi si blocca, interrogativo.

E' chiaro che vuole essere sicuro che voglia veramente vederlo.

Non ho bisogno di ulteriori incoraggiamenti.

In un attimo ho sceso tutti gli scalini e ho corso verso Stiles, la ghiaia sottile che scricchiola sotto la suola delle mie scarpe eleganti.

Mi fermo con uno scivolone davanti a Stiles, fino a che non ci sono solo pochi metri a dividerci.

Stiles mi guarda e per un po' nessuno dei due dice niente.

Poi solleva le braccia, come per scusarsi, imbastendo un'espressione mortificata.

-Ti giuro che ho disperatamente cercato di essere qui entro mezzanotte, ma ho ascoltato il tuo messaggio solo quando ormai ero incastrato in questa stupida cena d'affari! Theo ha dovuto fingere di avere la dissenteria e di aver bisogno di qualcuno che lo accompagnasse in ospedale per permettermi di andarmene. Non me lo perdonerà mai. E tu non hai idea del traffico che abbiamo trovato! Ho lasciato Theo e la macchina a due isolati da qui e me la sono fatta a piedi e... -

Non lascio nemmeno finire la sua logorrea nervosa. Mi butto tra le sue braccia, aggrappandomi ai suoi fianchi e affondando il viso contro il suo petto. Sorrido ad occhi chiusi quando sento le braccia di Stiles stringermi fortissimo in risposta, senza neanche un attimo di esitazione.

-Non farlo mai più – gemo contro il tessuto del suo maglione – Non fare più questa cosa che discutiamo, poi non ci parliamo e ci allontaniamo.-

Stiles mi stringe più forte, lasciandomi un sacco di baci dolci e disperati tra i capelli.

Penso che sia troppo buono per ricordarmi che è colpa mia se abbiamo fatto questa cosa che discutiamo, non parliamo e poi ci allontaniamo.

-Non lo faccio più. Te lo prometto, piccolo. Mai più. - dice invece e, Dio, lo amo.

Rimaniamo stretti in questo modo per un po', finché Stiles non si stacca un pochino e mi solleva con gentilezza il viso con due dita.

-Ehi – sorride e penso che potrei rimanere anche tutta la vita tra le sue braccia, a guardare il suo sorriso e i suoi occhi che brillano – Ti amo anche io. Quindi non rimangiarti niente. - mormora, la voce calda e seria, gli occhi semplicemente felici.

Arrossisco di pura gioia e quando Stiles abbassa la testa, sono già pronto ad accogliere un bacio.

Stiles mi ama.

Mi appendo con le braccia al suo collo, mentre Stiles mi tira contro di lui, tenero e possessivo.

Al termine del bacio, Stiles mi accarezza una guancia con due dita, tenendomi contro di lui e guardandomi intensamente.

Io gli sorrido, guadagnando un altro bacio a fior di labbra.

Gli occhi di Stiles scivolano per un attimo alle mie spalle e io seguo il suo sguardo, solo per osservare le schiene di Jordan e Eric che ritornano all'interno del ristorante, tenendosi per mano. Ho il cuore colmo di gratitudine e affetto verso di loro. Devo assolutamente ringraziarli per essere stati carini e pazienti con me stasera. E magari scusarmi di avere interrotto il loro sesso selvaggio. Chissà se stanno andando a portare a termine la tradizione di Eric.

Ugh, in realtà non penso di volerci pensare. Sono contento che Jordan stia cominciando ad andare avanti, ma non sono ancora pronto a immaginare il mio ex che fa il cowboy selvaggio con Eric.

-Immagino di essermi perso un po' di cose. - la voce di Stiles è morbida e dolce, ma basta per farmi voltare di nuovo verso di lui, con un grosso sorriso.

-Ti aggiornerò su tutto! - prometto, stringendogli il collo e alzandomi sulle punte per baciargli ancora le labbra. Gli passo le mani sulle guance e non posso fare a meno di notare che nonostante ci sia la barba a ricoprirle, la sua pelle è freddissima.

-Andiamo dentro, stai congelando. - mormoro, intrecciando le nostre dita e voltandomi verso il ristorante.

Lancio un'occhiata perplessa a Stiles, quando sento che fa resistenza.

Sembra nervoso mentre mi guarda, anche se sorride.

-Ti va se facciamo due passi, invece? Vorrei parlarti. -

Inclino la testa, sorridendogli in maniera beffarda, anche se il mio sguardo è dolce.

-Pensavo avessimo già parlato a sufficienza. Non voglio davvero più affrontare il discorso, quello che è successo ormai è passato. -

Stiles scuote la testa, stringendomi forte la mano.

-No, non è di quello che è successo tra noi che vorrei parlarti – il suo sguardo si riempie di incertezza e provo l'irrazionale istinto di abbracciarlo e cullarlo contro di me finché non sembrerà più vulnerabile.

-Vorrei parlarti della Scozia. -

Lo fisso, senza nemmeno cercare di nascondere lo stupore.

-Stiles – dico infine, guardandolo con serietà – Non sei obbligato. Cioè, so quello che ho detto l'ultima volta, ma ero arrabbiato. So quanto sia difficile per te aprirti, non voglio che tu lo faccia contro la tua volontà solo per far contento me. -

Stiles scuote di nuovo la testa, accennando un piccolo sorriso. E' un sollievo vedere i suoi occhi brillare di quella luce calda che amo.

-Lo so. Ma voglio farlo. Avrei dovuto farlo molto prima in realtà – Stiles fa vagare gli occhi nervosi sul piccolo giardino che ci circonda – Possiamo camminare? Mi viene più facile parlare se camminiamo. -

-Certo. - sussurro immediatamente, permettendogli di tirarmi gentilmente la mano verso la direzione che preferisce.

Per un po' camminiamo in silenzio, Stiles che guarda dritto davanti a sé con le labbra contratte, io che guardo lui, preoccupato.

Alla fine, non ce la faccio più ed esplodo.

-Puoi dirmelo se hai una famiglia segreta con la modella in Scozia! - esclamo, con tono più stridulo di quanto avrei voluto.

Stiles si blocca di colpo e mi fissa, il ritratto dello sconvolgimento.

-Che cosa? - chiede in tono sinceramente perplesso e io arrossisco miseramente.

-Insomma – bofonchio, senza guardarlo – So che hai frequentato per un po' questa modella e ho pensato... -

-Che l'avessi messa incinta e avessi mandato lei e la mia prole illegittima a svernare in Scozia? O che nascondessi un amante lì? - la voce di Stiles è sarcastica, ma i suoi occhi sono gentili, con una scintilla di divertimento.

Abbasso il viso, mortificato.

In mia difesa, sembrava un'ipotesi molto meno idiota quando la ripetevo ossessivamente nella mia testa, ma ora che l'ho pronunciata ad alta voce, mi rendo conto di quanto sia assurda. Stiles non lo farebbe mai. Se avesse davvero messo incinta qualcuna, si sarebbe preso le sue responsabilità, non avrebbe nascosto suo figlio e la madre in un altro continente. E non porterebbe mai avanti due relazioni in contemporanea. Stiles mi ama.

Mi ama.

Le mani gentili e dolci di Stiles mi sollevano con delicatezza il volto, finché i miei occhi non sono di nuovo nei suoi.

Mi sorride e mi sento subito meglio.

-Non ti farei mai una cosa del genere. – sussurra, guardandomi con serietà e godendosi il mio corpo che si rilassa immediatamente tra le sue braccia.

-Non ho una famiglia in Scozia – continua. Il suo sguardo si fa leggermente incerto, mentre mi guarda – Ma si può dire che andassi a trovare la famiglia. -

Aggrotto la fronte, perplesso e confuso. Stiles sospira, facendo scivolare le mani via dal mio viso in una carezza fantasma.

Lo osservo incerto tastarsi nella tasca della giacca e recuperare il suo portafoglio. Ne estrae una foto, in formato fototessera. L'allunga verso di me, ponendola sotto la luce di uno dei lampioni che costeggiano il viale.

-Purtroppo con me ho solo questa, una delle circa venti foto scartate quando abbiamo provato a farle la foto da mettere sui documenti. - dice, la voce delicata, morbida.

Allungo il collo, curioso.

E' la foto di una bambina. E' piccola, avrà circa cinque anni. Sta sorridendo e il suo piccolo viso ovale è tutto fossette e lentiggini sul naso. Tiene un occhio chiuso, quello aperto ha una chiara forma a mandorla, di un castano luminoso e caldo. Anche i suoi capelli sono castani, portati a caschetto con la frangetta che le cade scomposta sulla fronte. La sua pelle è mulatta, ma è chiaro dai suoi occhi che abbia anche delle origini orientali.

Il suo sorriso mi ricorda qualcuno, anche se non riesco a capire chi.

Poi guardo Stiles, osservo il modo in cui sta praticamente cullando la foto con gli occhi e improvvisamente capisco ancora prima che lui mi dica qualcosa.

-Scott aveva una figlia – mormora, anche se lo so già. Mi lancia un sorriso nervoso, anche se i suoi occhi brillano nella penombra – Dalia McCall Yukimura. -

Riporto lo sguardo sulla bambina, pieno di stupore.

Dalia.

Piacciono anche a me le dalie.

Ora nella mia testa la voce malinconica di Stiles acquisisce un senso.

Cerco anche di scacciare qualsiasi connessione con la mia prostata.

Oh mio Dio, devo assolutamente cambiare metafora.

D'ora in poi la mia prostata sarà un girasole, un'orchidea, qualsiasi cosa.

Ma non una dalia.

-Non capisco – mormoro dopo un po', senza staccare lo sguardo dal volto sorridente di Dalia – Non mi sembra di aver mai sentito parlare di una figlia di Scott. -

Stiles sospira, mettendo di nuova la foto nel portafoglio e riponendolo nella giacca.

-Perché nessuno lo sa. Io stesso lo venni a sapere dopo la morte di Scott - il suo sguardo si indurisce e intuisco che questa è una ferita che ancora non si è rimarginata.

Mi lancia un'occhiata, le labbra arricciate in un piccolo sorriso amaro.

-Scott aveva tanti pregi. Ma non penso che la maturità fosse uno di quelli. Sapevo che per un periodo avesse frequentato Kira, questa stagista bella e molto intelligente che avevamo appena preso in azienda. Quello che non sapevo era che, dietro l'improvvisa scomparsa di Kira, ci fosse la nascita di Dalia. -

Scuoto la testa, cercando di mettere insieme tutte le informazioni.

-Kira se ne è andata senza dire del bambino a Scott? -

Stiles stringe le labbra.

-Oh, no. Lo sapeva. Scott non era molto interessato... alla paternità. Ha promesso che avrebbe riconosciuto Dalia, cosa che poi in effetti ha fatto, e ha proposto a Kira di trovarle una bella casa in California, dove potesse vivere con Dalia. Le ha anche proposto di farle degli assegni mensili per il loro mantenimento. Tutte cose che non prevedevano una sua partecipazione attiva, comunque – Stiles stiracchia le labbra in un sorriso che sembra affettuoso – Solo che Kira non è esattamente una donna dal compromesso facile. O tutto o niente. Non ha accettato nessun aiuto da parte di Scott e ha deciso di raggiungere una sua cara amica in Scozia, per far crescere Dalia lì – i suoi occhi si fanno cupi, il suo sorriso di nuovo amaro – Tutto questo l'ho scoperto solo un paio di anni fa, quando all'apertura del testamento di Scott, ho letto per la prima volta il nome di Dalia. -

Lo fisso, senza sapere bene cosa dire. D'un tratto capisco che l'aurea negativa che si portava dietro Stiles dalla morte di Scott, non fosse dovuta solo alla tristezza, anche se preponderante.

Era anche rabbia e risentimento verso il suo più vecchio amico, che se n'era andato lasciandosi dietro una figlia di cui nessuno sapeva niente.

-Andavi in Scozia a trovarla. - dico e non è una domanda.

Conosco Stiles, ho sentito la sua rabbia a malapena trattenuta quando ha detto che Scott non fosse interessato alla paternità.

So che è così.

-All'inizio si trattava solo di contattare Kira per farle sapere del testamento – la voce di Stiles è distante, i suoi occhi sono puntati a qualcosa di indefinito oltre la mia testa. Vorrei abbracciarlo, ma mi stringo tra le braccia per trattenere questo impulso – Ho pensato... che me la sarei cavata in un paio di giorni. Una cosa rapida e semplice, poi ci avrebbero pensato gli avvocati. Ma ovviamente non è andata così – sorride, con calore - Dalia è uscita dalla sua cameretta ed è venuta dritta verso di me e non importa quanto Kira la richiamasse, lei non ascoltava, continuava a guardare me, a chiedermi di giocare con lei. Ed era... come riavere Scott. Due gocce d'acqua. -

La sua voce si spezza un po' e io fingo con delicatezza di non notarlo, distogliendo lo sguardo e aspettando che sia pronto per continuare a parlare.

-Quella bambina... è tutto ciò che mi rimane del mio migliore amico. All'inizio era solo questo, una parte di Scott che era rimasta con me. Ma presto ho smesso di vederla come una sorta di proiezione del mio amico. Certo, quando sorride o inventa queste storie incredibili dal nulla, è lui che vedo. A volte gli somiglia così tanto che mi fa male guardarla – sorride leggermente, con un angolo della bocca – Ma è anche solo la mia dolce Dalia, con caratteristiche unicamente sue – ride leggermente – E la testa dura e l'intelligenza di Kira, ovviamente. -

Gli lancio uno sguardo esitante. Ho paura di apparire come un idiota, ma il dubbio mi sta uccidendo.

-E tu e Kira... - butto lì, cercando disperatamente di suonare casuale.

Ma dal modo in cui gli occhi di Stiles brillano nei miei con indulgenza e la bocca si arriccia in un sorriso gentile, direi di non esserci riuscito molto.

-No, mai. Vogliamo entrambi ancora troppo bene a Scott anche solo per pensare una cosa del genere – ridacchia – E immagino che il fatto che all'inizio non fosse troppo entusiasta della mia presenza, non abbia favorito questa possibilità - mi rivolge uno sguardo caldissimo – E poi adesso ci sei tu, in ogni caso. -

Mi sento invadere dal sollievo e senza accorgermene rilascio il respiro, rilassandomi, mentre Stiles mi sorride con dolcezza.

Ora che so la verità, cerco di fare mente locale di tutte le volte che Stiles è sparito misteriosamente.

-Quindi tutte le volte che mi dicevi di dover tornare a casa o che fosse successo qualcosa di urgente... andavi da Dalia? -

Stiles annuisce con serietà.

-Kira non vuole assolutamente che Dalia venga travolta da tutto ciò che comporta essere l'unica figlia e erede di Scott McCall, non quando è ancora così piccola. Solo Theo, io e pochi altri sappiamo la verità – mi rivolge uno sguardo di scuse – E' per questo che non volevo assolutamente che il mio viaggio in Scozia trapelasse, non volevo che risalissero a Dalia in alcun modo. E' una bambina straordinaria, ma è anche molto delicata. Soffre di attacchi di asma, proprio come Scott. Kira e io siamo d'accordo ad evitarle qualsiasi tipo di stress finché non sarà abbastanza grande da sapere la verità su suo padre e la sua eredità - sorride leggermente – Fino a quel momento io sono il misterioso zio Stiles che viene a trovarla dall'America con regali sempre nuovi. -

-Ora capisco perché non volessi parlarmene. - mormoro, sentendomi leggermente in colpa.

Ho insistito tanto per sapere della Scozia, ho persino pensasse che avesse un amante lì. E invece Stiles si conferma ancora una volta come l'uomo meraviglioso di cui mi sono innamorato. Non succede quasi mai, ma a volte le persone sono esattamente come sembrano.

Mi riscuoto quando sento la mano di Stiles sulla guancia, delicata.

-Te ne sto parlando ora. Perché mi fido di te. -

Sento il cuore battermi forte.

-Queste sono le parole più belle che potessi dirmi. - affermo con convinzione, sovrapponendo la mano alla sua.

Stiles mi sorride per un istante, poi si fa di nuovo serio.

-Al nostro primo appuntamento, quando ti ho trattato male e ti ho fatto scappare via... ero solo molto nervoso perché Kira mi aveva chiamato per informarmi che Dalia stesse avendo un'altra crisi asmatica – i suoi occhi si rabbuiano – Mi sento così inutile quando sta male e io sono in un altro continente, lontano da lei. -

Gli accarezzo la mano, cercando di trasmettergli conforto.

-E al nostro secondo appuntamento? - chiedo, delicatamente.

Stiles si irrigidisce un po' sotto il mio tocco, ma almeno non si scosta.

-Lì è stato ancora peggio se possibile, infatti sono voluto partire immediatamente. Kira e Dalia sono rimaste coinvolte in un incidente stradale. Niente di grave, non sono nemmeno state ferite, solo portate in ospedale per un controllo di routine, solo che... - sospira con fatica e chiude un istante gli occhi – Che non ho potuto fare a meno di rivivere il giorno in cui è morto Scott, quando quella macchina spuntata dal nulla lo ha investito, uccidendolo sul colpo. -

Deglutisco, rivedendo davanti agli occhi me stesso tirato indietro appena in tempo da Stiles, i suoi occhi spaventati, il suo viso pallido.

Tutto ha un senso adesso.

Stiles mi guarda, muovendo la mano sulla mia guancia in carezze lente e dolci.

-Tutte le volte che sembravo distante o guardavo il cellulare... era tutto legato a lei. L'unico modo per sapere se sta bene è tenermi in contatto con Kira, penso capirai che normalmente non posso andare molto spesso in Scozia e visto che Kira si rifiuta di sradicare la bambina dall'ambiente in cui è cresciuta e portarla in America... -

-Non devi giustificarti – dico subito, con decisione – Lo capisco – sorrido con dolcezza – Penso che sia meraviglioso da parte tua volerti occupare della figlia del tuo migliore amico. -

Stiles scuote la testa, aggrottando la fronte.

-Non faccio niente di speciale. Chiunque lo avrebbe fatto. -

Rido piano, girando la testa per baciare il palmo che Stiles tiene sulla mia guancia.

-Di solito apprezzo la tua modestia. Ma ora sei solo ingenuo, amore. -

Improvvisamente sono di nuovo tra le braccia di Stiles. Mi sta abbracciando come se ne valesse della sua vita, e io ricambio con uguale forza, affondando il viso contro il suo petto e aspirando avidamente il suo profumo.

Mai più...

Mai più lontani.

-Grazie per avere capito. - mi sussurra all'orecchio, con voce soffocata.

-Grazie per avermelo detto. - ribatto tranquillo, ricevendo un bacio sui capelli.

-Un giorno... - la sua voce è esitante, mi stringe più forte contro di lui – Un giorno mi piacerebbe fartela conoscere. Se vuoi, certo. Penso che andreste d'accordo, avete la stessa fantasia travolgente – lo posso sentire sorridere anche senza vederlo – Ti amerebbe tanto quanto ti amo io, ne sono sicuro, così sicuro. -

Sorrido, premendo il volto contro la sua camicia, anche se so che sto bagnando il tessuto di lacrime.

Stupido Stiles Stilinski.

-Non chiedo di meglio. -

Stiles mi circonda il volto con le sue mani grandi, arse dal freddo.

Ci baciamo dolcemente alla luce dei lampioni, senza sciogliere il nostro abbraccio.

Sono così assurdamente felice.

 

 

 

ANGOLINO

 

Ciao a tutti <3

Eccoci qui con il nuovo capitolo, alla fine sono riuscita ad aggiornare!

Penso che il prossimo sarà l'ultimo, a meno che non decida di dividerlo in due. Comunque ci sarà anche un breve epilogo <3

Questo capitolo è per le mie cicce ( I love you) e in particolare per Giulia, che aspettava i Jeric (Jordan e Eric, ovviamente) come un uomo aspetta acqua nel deserto. Spero che siano all'altezza delle tue aspettative, l'appellativo cowboy usato da Eric è solo un omaggio a te e alle tue idee meravigliose <3

Finalmente abbiamo scoperto della Scozia!

Ora ci sarà fluff, un pizzico ancora di angst, quindi soffrirete, ma poi sarete felici e vedrete.

Grazie a chiunque segua la storia <3

A presto!

Un bacione,

Fede <3

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Capitolo 16
*** Sedicesimo Capitolo ***


 

Sedicesimo Capitolo

 

 

 

-Non ci posso credere! -

Jackson cerca di mantenere la voce bassa per non svegliare Isaac, praticamente svenuto dentro la Porche, ma con risultati molto scarsi.

Io mi mordo il labbro con aria colpevole.

-Pensavo dovessimo odiarlo! Ha detto a tutti i tuoi segreti, Derek. -la voce di Jackson è lugubre e piena di accusa. Sembra anche stranamente nervoso, in realtà. Insomma, so che non è un grande fan di Stiles, ma da quando gli ho detto che siamo tornati insieme, mi sta trattando come se gli avessi fatto un torto personale.

-Non ce la faccio ad odiarlo! Anche se ha detto tutti i miei segreti. - quasi mi giustifico, dondolando sui piedi.

Jackson mi fissa disgustato, appoggiato con un gomito al tettuccio della macchina, mentre l'altro braccio è infilato dentro la portiera aperta e cerca di contenere Isaac che delira dal sedile del passeggero.

Isaac ha esagerato un po' con il vino. Il fatto è che Isaac regge se possibile anche meno di me e stasera, con la scusa che fosse il festeggiato, tutti non facevano che riempirgli il bicchiere. Inoltre penso che il debutto di Jackson nel mondo della monogamia pubblica lo abbia reso un po' troppo euforico.

Stiles ed io eravamo seduti sugli scalini del ristorante a chiacchierare (cioè io raccontavo a Stiles cosa si fosse perso in questo interminabile tempo passato l'uno lontano dall'altro), quando abbiamo sentito Jackson imprecare mentre trascinava in giardino un Isaac ridacchiante e completamente fuori di testa.

E quindi eccoci qui, fermi accanto alla Porche di Jackson, dopo che abbiamo aiutato Isaac a vomitare tra i cespugli pregando che il suo capo non lo vedesse.

La cosa più imbarazzante è che è riuscito a schizzare di vomito le scarpe di Stiles. La cosa ancora peggiore è che, mentre Stiles è in bagno a darsi una sistemata, Jackson ne sta approfittando per farmi il discorso “ sei-sicuro-che-perdonarlo-sia-la-scelta-giusta-guarda-che-ha-detto-tutti-i-tuoi-segreti”.

Jackson mi fissa dritto negli occhi, serissimo.

-Sei assolutamente sicuro? Non lo odi più? Non dobbiamo più odiarlo? - domanda a bruciapelo e io inclino il capo perplesso.

-Certo che sono sicuro, non lo odio e non dovete farlo nemmeno voi. -

Jackson emette un profondo sospiro.

-Cazzo. Missione annullata allora. - borbotta nervosamente e io lo guardo perplesso.

Sto per chiedergli di cosa stia parlando, quando un tocco delicato sulla spalla mi fa voltare appena la testa.

Stiles è di nuovo al mio fianco e basta questo per farmi dimenticare tutto e farmi sciogliere completamente. Stiles è qui. Siamo di nuovo insieme e niente ci separerà questa volta.

Mi sorride dolcemente e io ricambio, sorridendo appena.

Dio, è stupido pensare che sia ancora più bello dall'ultima volta che l'ho visto vero? La lontananza mi ha reso ancora più irrecuperabile.

-Come sta Isaac? - chiede Stiles gentilmente, guardando Jackson con cautela.

Stiles è abbastanza intelligente da capire che Jackson rimarrà in modalità ostile ancora per un po', almeno finché non sarà certo che io stia bene. Poi si calmerà. Almeno spero.

Isaac però era felice che fossimo tornati insieme. O perlomeno, sembrava felice prima che si appendesse a Jackson strillando che dovesse vomitare.

-Ubriaco marcio. - risponde Jackson, laconico, continuando ad accarezzare con gesti lenti i capelli di Isaac, che si sta lamentando piano da dentro la macchina, la testa piegata contro il sedile e gli occhi chiusi.

-Dovremmo andare a casa. - dico preoccupato, gettandogli un'occhiata apprensiva.

-Se vuoi posso accompagnarti io. - propone Stiles, sempre con cautela.

Esito, gettando un'occhiata a Jackson.

Non chiedo di meglio di stare ancora un po' con Stiles, ma non voglio nemmeno abbandonare Isaac quando sta male.

Ma Jackson sbuffa, ancora vagamente disgustato, ma meno in modalità assassina rispetto a prima.

-Vai. Mi occupo io di Mr. Bevo Ancora Un Bicchiere Che Sarà Mai. E' tutto sotto controllo. -

-Sicuro? - insisto per scrupolo, ma le mie dita hanno già cercato e trovato quelle di Stiles, stringendole forte.

Jackson annuisce, alzando gli occhi al cielo.

-Andate, prima che vomiti anche io per tutto lo zucchero che trasudate. -

Stiles ride piano, mentre io scoppio un sorriso enorme.

-Grazie! - cinguetto, sporgendomi sulle punte per baciare una guancia a Jackson, che emette un verso disgustato, giusto per essere gentile.

Mi abbasso un pochino verso Isaac, che sta ancora bofonchiando cose senza senso, pallido come un cencio.

-Isaac? Ci vediamo dopo, va bene? Jackson si prenderà cura di te.-

-Mmh no, reggo benissimo, dammi il vino bianco. - borbotta Isaac ad occhi chiusi, aggrottando la fronte.

Okay, immagino che dovrò aspettare domattina per avere una conversazione di senso compiuto con lui.

Dio, gli rinfaccerò questa cosa per secoli.

Dopo anni passati a sorbirmi i rimproveri di Isaac sul fatto che bevessi troppo, finalmente avrò la mia vendetta.

Così Stiles e io ci ritroviamo a passeggiare mano nella mano, diretti alla sua macchina. Ormai è fine aprile, non fa più tanto freddo, ma questo non mi impedisce di tenermi stretto a Stiles come se stessi affrontando un gelido inverno in Russia.

Quanto mi era mancato.

Non posso fare a meno di osservare il suo profilo, di registrare ogni dettaglio del suo viso, come se non lo vedessi da mesi e non da pochi giorni. La barba gli è cresciuta ancora, sembra pungente ma era morbida sotto le mie dita, mentre ci baciavamo. Ha l'aspetto scombinato e austero di sempre, ma i suoi occhi brillano, il suo viso è rilassato, le sue labbra si piegano ogni volta che si accorge che lo sto fissando.

E' felice.

Basta questa consapevolezza a riempirmi il cuore di gioia e a farmelo accelerare.

-Quindi, riassumendo le cose che mi sono perso – esordisce Stiles, facendo dondolare le nostre mani intrecciate e strappandomi una risatina – Jordan sta con qualcuno che ama i baffi... -

-E il western! Non posso credere che gli piaccia davvero il western. -

-... e Jackson e Isaac hanno ammesso di stare insieme. -

Ridacchio.

-Sì. Isaac mi ha pure raccontato come si sono messi insieme. Jackson a quanto pare ha fatto irruzione al suo appuntamento con Paul e ha cominciato a urlare cose sconnesse sul perché non avrebbero assolutamente funzionato come coppia e su quanto lo odiasse, alternate a vari motivi per cui Isaac dovesse stare con lui e non con Paul. Il tutto davanti a Paul che non capiva cosa stesse succedendo. -

Stiles emette un verso angosciato.

-Maledizione. Avrei dato via tutto il mio patrimonio per potere assistere a una scena del genere. -

Rido di nuovo, sporgendomi a baciargli una guancia.

Adoro che Stiles abbia un lato pettegolo quanto il mio, sebbene più discreto.

Siamo fatti per stare insieme, nessuno può osare negarlo.

-Anche io! Vedere Jackson che si auto contraddice mandando all'aria la filosofia di una vita per fare il monogamo con Isaac... sarebbe stato un sogno che si avvera. -

Stiles mi lancia uno sguardo saputo.

-Te lo avevo detto che fosse innamorato di lui da sempre. -

Sorrido, non resistendo a baciargli di nuovo la guancia, solo che questa volta Stiles volta il viso, facendo scontare dolcemente le nostre bocche.

Lo fisso e so che i miei occhi sono luminosi quanto i suoi.

-Lo so. Hai sempre ragione. - mormoro contro la sua bocca e Stiles sorride, accarezzandomi una guancia.

-Non sempre. Solo quelle poche volte in cui tu hai torto, ovviamente. - mi arruffiana prendendomi dolcemente in giro, e io gli mordo il naso per dispetto.

Dopo qualche minuto, arriviamo finalmente alla macchina.

Non è la jeep di Stiles, è la macchina nera e grande con cui Theo mi ha accompagnato a casa dopo il mio secondo appuntamento con Stiles. Deve essere la macchina con cui Stiles si fa accompagnare agli eventi importanti. Infatti, seduto al posto di guida con l'espressione più letale e irritata del mondo, c'è proprio Theo.

Scommetto che riuscirò a fargli tornare il sorriso, quando saprà che Stiles e io siamo tornati insieme! Ci teneva così tanto al fatto che facessimo pace, in fondo.

Stiles mi apre la portiera sul retro, salendo poi dopo di me.

Theo non si gira neppure verso di noi, non ci saluta. Si limita ad avviare il motore e a patire in maniera così brusca che avrei sbattuto la testa contro il finestrino, se Stiles non mi avesse afferrato per il braccio, aiutandomi poi a mettere la cintura.

Okay, ho un po' paura di Theo quando ha questo umore. E' sicuro farlo guidare? Stiamo affidando le nostre vite a un uomo che ha dovuto fingere un attacco di dissenteria solo per far venire Stiles da me. Non penso che sia sicuro.

Ma Stiles sembra assolutamente tranquillo, mentre si mette a sua volta le cinture.

Penso che sia abituato, e non so se questo dovrebbe rassicurarmi o meno.

-Accompagniamo prima Derek a casa. - si limita a dire Stiles, facendo scivolare una mano nella mia. La stringo forte, portandomela in grembo e accarezzandola con i pollici.

Theo si limita a un grugnito.

Okay, spetta a me risollevare il suo umore.

-Siamo tornati insieme! - esclamo, senza nemmeno cercare di contenere la felicità.

Sento Stiles ridacchiare con affetto, ma l'espressione di Theo rimane assolutamente immutata nello specchietto.

-Contento per voi. - snocciola, in tono piattissimo.

Aggrotto la fronte, senza perdere il sorriso.

-Pensavo che ne saresti stato contento, dopo tutto il discorso che mi hai fatto sul fatto che dovessimo stare insieme eccetera. -

Theo si irrigidisce appena, mentre Stiles scoppia in una risata incredula, guardando la nuca di Theo con tanto d'occhi.

-Sul serio, Raeken? -

-Non ho idea di cosa stia parlando, signorino. - si limita a dire Theo, atono.

Aggrotto ancora di più la fronte, confuso.

-Ma sì! Sei venuto da me e mi hai detto che avrei dovuto dare una seconda possibilità a Stiles, che non me ne sarei pentito e... -

-Non ricordo niente del genere. - mi interrompe Theo, con tono indifferente.

- Derek, piccolo, fatico a credere qualcosa del genere. - concorda Stiles, sempre con un mezzo ghigno sul volto.

Non stacco gli occhi dalla testa di Theo, spalancando la bocca, indignato.

-Che bugiardo! Ammettilo che ci tieni a me! Siamo praticamente amici dopo quel discorso! -

-Ne dubito fortemente. - sibila Theo.

-Se Derek vuole esserti amico, penso che dovresti permetterglielo, Theo. - canticchia Stiles con gli occhi rivolti al tettuccio della macchina, l'aria di starsi divertendo un mondo.

Vedo Theo stringere la presa sul volante in maniera allarmante. Mi ricordo improvvisamente il dettaglio di vitale importanza del fatto che sia Theo a guidare e a decidere della nostra morte.

-Come vuole, signore. - sputa, in tono sarcastico e velenoso.

Stiles si limita a ridacchiare, ma non replica ulteriormente e anche io decido di lasciar perdere.

Preferisco di gran lunga godermi il viaggio in silenzio, con la testa appoggiata alla spalla di Stiles e le nostre mani ancora intrecciate.

Non sono per niente contento quando Theo ferma la macchina davanti al mio palazzo.

Mi stringo inconsapevolmente a Stiles.

Non voglio scendere. Non voglio andarmene. Non voglio separarmi da Stiles.

Stiles volta la testa per guardarmi, gli occhi che brillano di consapevolezza.

-Forse... potrei salire. - sussurra esitante, il suo sguardo che esprime insieme tenerezza e desiderio.

Mi mordo un labbro.

Ho maledettamente voglia di lui, voglio ogni singola parte di Stiles su ogni singola parte di me, per intenderci.

Invece sospiro e scuoto la testa.

-Casa mia è un casino, ci sono fiori ovunque, non che mi dispiaccia. In più non voglio complicare le cose a Jackson, con Isaac in preda ai postumi della sbornia. -

Gli occhi di Stiles si riempiono di delusione che lui cerca di dissimulare malissimo, schiarendosi la voce e cercando di mascherare il suo sguardo desideroso.

Devo mordermi forte un labbro per non scoppiare a ridere.

-Giusto. Ovvio. Hai ragione, ovviamente. Allora ti auguro una buona... -

-Potrei venire in albergo con te. - lo interrompo con voce bassa, sporgendomi appena verso di lui e sbattendo le ciglia in una mossa che dovrebbe essere sexy e fatale, ma che so che mi farà solo sembrare Laura quando mette male le lenti a contatto.

Ma a giudicare da come Stiles mi sta fissando, come se mi stesse per saltare addosso da un momento all'altro, forse sto facendo qualcosa di giusto.

-Dici davvero? Vuoi venire in albergo con me?- mormora, guardandomi tutto il viso con occhi frenetici e più luminosi che mai.

Annuisco, trattenendo a stento una risatina.

Inclino la testa e sorrido con un angolo della bocca.

-Basta che mi prometti che questa volta non ci saranno caminetti da accendere. - sussurro, mentre Stiles scoppia a ridere di gusto.

-E' qualche doppio senso sessuale che non posso e non voglio capire, vero? - chiede Theo senza nemmeno voltarsi, vagamente disgustato.

Non rispondo, anche perché proprio in quel momento Stiles mi arriccia teneramente le guance tra le mani, posandomi un bacio sulle labbra.

 

 

 

-Perdonami, non è molto accogliente. -

Stiles sembra quasi imbarazzato mentre mi fa entrare nella sua stanza al Plaza, dopo aver passato la carta magnetica nella serratura.

Mi guardo con curiosità intorno, mentre Stiles chiude la porta alle mie spalle.

La suite di Stiles è grande quasi quanto il mio intero appartamento, ma non è calorosa nemmeno la metà.

Non ci sono i libri di Isaac sparsi ovunque, non c'è nessun tavolino pieno di cianfrusaglie inutili, non ci sono i biglietti da visita di Jackson su ogni mensola o su ogni superficie piana, non ci sono i miei vestiti ovunque.

C'è solo un enorme divano di pelle nera, un tavolo praticamente sgombro, mobili immacolati e scintillanti, una cucina perfetta e mai utilizzata. Niente è fuori posto, niente è disordinato. Non c'è nessun segno tangibile che indichi che Stiles viva qui, eppure sono ormai due mesi che è a New York.

Mi rendo conto che la cosa sia un po' triste.

Provo l'impellente necessità di far sentire Stiles un po' più a casa. Sento che mi fissa ansiosamente alle mie spalle, ma per il momento lo ignoro.

Mi tolgo la giacca e la butto con noncuranza per terra, poi mi sfilo la cravatta e la lancio sul divano. Mi guardo un po' attorno e decido di calciare via le mie scarpe a caso, abbandonandole sul pavimento.

-Che stai facendo? -

Mi volto verso Stiles, che mi guarda calmo ma incuriosito.

Sorrido.

-Sto cercando di creare l'effetto casa. Pensavo che sarebbe carino fare il the, Isaac lo fa sempre – inclino la testa – Abbiamo un bollitore? E delle bustine per il the? -

Stiles mi fissa incredulo per qualche istante, poi ride piano, avvicinandosi a me e intrappolandomi in un abbraccio caldo.

Starei tra le sue braccia per sempre, per quanto patetico possa sembrare.

-Sei. Incredibile. - scandisce ogni parola con un bacio pieno di devozione, prima su un occhio, poi su un altro.

-Aspetta di assaggiare il mio the, prima. Jackson lo chiama pipì di gatto per un motivo. - scherzo in tono leggero, facendolo ridere di nuovo e guadagnandomi un altro bacio, questa volta sulle labbra.

Scopriamo che, effettivamente, l'enorme cucina di Stiles, anche se finora rimasta inutilizzata, è equipaggiata di ogni sorta di utensili. C'è persino frutta fresca, in un cesto al centro del tavolo.

Stiles trova un bollitore e io scopro un intero assortimento di The in uno dei diecimila cassetti.

-Come hai fatto a non usare la cucina per due mesi? - chiedo, mentre verso con attenzione l'acqua calda in due tazze.

Stiles si stringe nelle spalle, mettendo gli infusi nell'acqua.

-Di solito utilizzo il servizio in camera. O mangio fuori. Non amo molto cucinare. -

Emetto un verso d'assenso, mentre mi volto per cercare lo zucchero.

-Nemmeno io. Di solito cucina Isaac. Però... penso che non potrei rinunciare al the o alla cioccolata fatta in casa. Non ha lo stesso gusto, se te la porta il cameriere. -

Trovo lo zucchero e mi volto trionfante verso Stiles. Mi rendo conto che mi fissa con gli occhi che brillano, mentre vado a sedermi accanto a lui sul divano.

-Prometto che, quando troverò una casa vera, farò in modo di avere sempre la credenza piena di bustine di the e di scatole di cioccolata calda. -

Gli getto un'occhiata perplessa, mentre prendo un piccolo sorso di the.

-Un casa vera? -

Stiles sorride, giocherellando distrattamente con la cordicina che pende fuori dalla sua tazza.

-Beh, se davvero voglio rimanere a New York a tempo indeterminato, dovrò trovare una sistemazione più stabile di una stanza d'albergo.-

-Ahi! -

Mollo di scatto la mia tazza fumante sul tavolo, sventolandomi la lingua ustionata con una mano, mentre fisso Stiles ad occhi spalancati.

-Ehi, ti sei fatto male? - chiede preoccupato, posando anche la sua tazza e sporgendosi apprensivo verso di me.

Lo ignoro, continuando a fissarlo come se non fosse vero.

-Intendi... intendi davvero trasferiti qui? A New York? - domando, con la lingua ancora dolorante, ma il cuore che batte fortissimo.

Gli occhi di Stiles si fanno dolci, mentre allunga una mano per accarezzarmi una guancia, in quel gesto dolce che fa sempre, e di cui non ne ho mai abbastanza.

-Sì. Se tu vuoi, ovviamente. - aggiunge a bassa voce, quasi incerto, come se davvero avesse qualche dubbio sul fatto che lo voglia qui.

Stupido, meraviglioso, Stiles Stilinski.

Emetto un gemito esasperato e insieme commosso, e in circa dieci secondi mi sono arrampicato sulle ginocchia di Stiles e lo sto baciando come se ne andasse della mia vita.

Qual è il mio problema?

Ma a Stiles non sembra dispiacere per niente.

Risponde con altrettanto ardore, stringendomi forte la schiena con le braccia, tirandomi meglio sul suo grembo.

Non è molto una sorpresa, per entrambi, quando ci troviamo a spingerci freneticamente verso la camera da letto, cercando di baciarci, spogliarci e camminare tutto insieme.

Amo quest'uomo in un modo che non credevo francamente possibile. Non mi capacito della portata dei miei sentimenti, mentre sono sopra di lui e lo accolgo dentro di me. E d'un tratto non c'è più la frenesia di poco prima. Abbraccio il collo di Stiles e lo fisso dritto negli occhi dorati che sembrano bruciare nei miei, mentre mi muovo piano, cullato e guidato dalle mani di Stiles sui fianchi, che approvano e incoraggiano questo ritmo lento, dolce.

Mi bacia tutto il viso, quasi con disperazione, mentre continuo a ondeggiare sopra di lui, chiudendo gli occhi e buttando la testa indietro con un lungo gemito quando mi trova la prostata.

Quando mi trova la prostata.

Dio, non ci posso ancora credere, sul serio.

Non devo nemmeno pensare alla Foresta Amazzonica!

Non mi ricordo nemmeno cosa sia la Foresta Amazzonica!

Stiles mi fa venire per primo, solo muovendosi dentro di me e sfiorandomi appena, e sto per piangere.

Non mi era mai successo di venire per primo, prima di Stiles.

Stiles non è ancora venuto, ma io sono troppo stanco per continuare a muovermi su di lui.

Come se mi avesse letto nel pensiero, rovescia le nostre posizioni, portandomi sotto di lui e arricciandomi le guance tra le mani. Mi bacia con calma, senza fretta.

-Stai bene? Posso continuare? - chiede poi in un sussurro, guardandomi serio.

Annuisco senza forze, sorridendogli e accarezzandogli i capelli.

Mi bacia di nuovo e ricomincia a muoversi, mentre io lo stringo e tengo il suo viso contro il mio collo, baciandogli la tempia a ogni spinta sempre più debole e stanca.

Quando tutto è finito e ci siamo parzialmente puliti, Stiles mi prende tra le sue braccia e non ci posso credere che sia tutto risolto tra noi.

Non posso credere di essere davvero qui, abbracciato a lui, a bearmi di ogni dettaglio del suo viso.

Sento che questo tra noi sia un momento importante, la prima volta che facciamo l'amore dopo il nostro litigio.

Devo dire qualcosa, qualcosa di importante e poetico, qualcosa a cui Stiles possa ripensare con affetto e commozione negli anni a venire.

-Sei un dio del sesso. - ansimo, imprecando mentalmente.

Stiles ridacchia senza fiato, stringendomi più forte e baciandomi con indolenza una guancia.

-Tu mi idealizzi troppo, a sentire te sono perfetto. - scherza, ma i suoi occhi sono già un po' meno luminosi rispetto a prima e posso sondare della tensione nel suo tono all'apparenza leggero.

Aggrotto la fronte, scostandomi un po' per poterlo guardare bene in faccia.

-Stiles, io vedo un alberello morente e penso alla Foresta Amazzonica. Certo che ti idealizzo. E' quello che faccio sempre – sfodero un sorriso storto, cercando di alleggerire la tensione – E per me tu sei perfetto. -

Stiles però non ride, mi accarezza pensieroso un fianco nudo senza guardarmi negli occhi, provocandomi un leggero solletico.

-Dici così perché non conosci tante cose di me. - dice alla fine, sempre senza guardarmi.

Aggrotto ancora di più la fronte. Prendo il suo viso tra le mani, alzandoglielo con decisione in modo che mi guardi negli occhi.

-Me le dirai quando sarai pronto – scandisco con forza, cercando di fargli leggere nei miei occhi che va tutto bene, che ho capito che per lui sia difficile aprirsi. Non farò due volte lo stesso errore, non farò più pressioni a Stiles per sapere i suoi segreti – Non ho nessuna fretta, te lo giuro. -

Stiles mi fissa, i suoi occhi sono dolci nei miei.

-Che ho fatto per meritarti? -mormora, commosso.

Apro la bocca, pronto a dargli una risposta che sia altrettanto commovente e aulica. Qualcosa di poetico, di delicato.

-Mi hai trovato la prostata. -

Perché.

Stiles mi fissa sorpreso per qualche secondo, poi scoppia a ridere forte, rovesciandosi sul letto. Grugnisco e gli vado sopra, cercando di zittirlo, ma lui ride nei miei baci e finisco per scoppiare a ridere anche io.

Il suono delle nostre risate e dei nostri baci è l'unico che si sente per un bel po'.

Sono così felice.

Niente potrà andare storto tra noi questa volta.

Ne sono sicuro!

 

 

 

Mormoro soddisfatto, stiracchiandomi a pancia sotto sulle lenzuola sfatte. La luce del mattino che filtra dalle tende mi lambisce delicatamente, ma non è una sensazione fastidiosa.

Questo letto è così morbido e comodo. E' ovvio che non sia il mio.

Questo mi fa tornare alla mente su dove mi trovi e soprattutto con chi. Sempre ad occhi chiusi, allungo una mano verso l'altro lato del letto.

Aggrotto la fronte quando lo trovo vuoto.

Non mi piace questa cosa.

In ogni film d'amore che si rispetti il letto vuoto la mattina dopo aver fatto l'amore significa solo una cosa: calamità.

Ma cerco di essere positivo.

Magari Stiles non mi ha abbandonato qui migrando in Messico.

Magari lo ha investito un autobus mentre andava a comprare il giornale!

Ma quando mi trascino con difficoltà nel salotto, con addosso solo i miei boxer e una maglietta di Stiles, ciò che vedo mi riscalda il cuore e mi fa spuntare un enorme sorriso sul volto.

Stiles è in piedi in cucina, nudo a parte i boxer, e sta guardando con aria angosciata un pentolino sul fuoco. Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, non sta emettendo rumori rassicuranti.

Sul tavolo ci sono anche uova bruciacchiate, il pane tostato più nero che abbia mai visto e succo d'arancia con pezzetti di frutta che galleggiano nel bicchiere in modo poco invitante.

E' la colazione più terribile che abbia mai visto.

Ma l'ha fatta per me.

Quelle sono tutte le cose che ho mangiato al Raggio di Sole, dopo la nostra prima volta.

Avrebbe potuto ordinare il servizio in camera, ma ha cucinato lui, per quello che ho detto ieri sul fatto che cucinare rendesse tutto un po' più casa.

Mi avvicino lentamente alle sue spalle, cercando di non fare rumore.

Non trattengo una risatina quando mi rendo conto che quella nel pentolino è, o dovrebbe essere, cioccolata calda.

Penso nebulosamente che è una fortuna che Stiles sia ricco e Isaac sia il mio migliore amico, altrimenti, visto le nostre scarse capacità culinarie, saremmo morti di fame da tempo.

Stiles si volta di scatto verso di me e la sua espressione disperata muta completamente.

Mi sorride, spegne il fornello e mi trascina verso di lui, tirandomi per la sua maglietta.

Gli passo le braccia intorno alle spalle, sorridendogli.

Gli occhi di Stiles sono pieni di calore mentre mi accarezza i fianchi da sotto la maglietta e mi bacia.

-Nei miei piani avresti dovuto dormire ancora due ore, così avrei potuto buttare via tutto e chiamare il servizio in camera fingendo di aver fatto tutto io. - mormora contro la mia bocca, gli occhi che brillano divertiti nei miei.

Scoppio a ridere, spingendo Stiles a darmi un altro bacio.

-Questo sarebbe stato barare, signor Stilinski. - fingo di rimproverarlo, inarcando un sopracciglio.

Stiles sta al gioco, emettendo un mugolio dispiaciuto mentre mi morde con dolcezza una guancia.

-Mi perdoni signorino. E' assolutamente imperdonabile da parte mia negarle la cioccolata fatta in casa - i suoi occhi sono luminosi e sereni, ed è così bello vederlo felice. Mi rendo improvvisamente conto che sia felice a causa mia, e questo aumenta di gran lunga anche la mia felicità, se è possibile – Potrei farmi perdonare andando personalmente a prenderle un cappuccino all'orzo allo Starbucks all'angolo? Magari insieme alla sua copia di People? -

Fingo di pensarci, sollevando gli occhi al soffitto e godendomi la risatina sommessa di Stiles.

-Mh sì – dico infine, tornando a guardarlo con un grosso sorriso, alzandomi sulle punte per baciargli il naso – Potrei effettivamente gradire qualcosa del genere. -

-Mmh, lo sospettavo. - mormora Stiles, sorridendo e abbassando la testa per baciarmi. Continua ad accarezzarmi i fianchi nudi con le mani e ben presto mi ritrovo ad ansimare.

-Ho davvero bisogno di un caffè prima di fare qualunque altra cosa. - lo avverto con voce seria e divertita insieme, visto che una mano di Stiles è scesa ad esplorare una coscia nuda.

Stiles ridacchia, per nulla offeso, lasciandomi andare con gentilezza, con un ultimo bacio sulle labbra.

-Ricevuto. Vado a vestirmi e scendo. Torno subito, tu mettiti comodo, mangia qualcosa – lancia uno sguardo alle uova e al pane carbonizzati – Forse è meglio se ti metti comodo e basta. Prenderò anche qualcosa da mangiare. -

Rido piano, annuendo e issandomi sul bancone accanto ai fornelli. Faccio dondolare le gambe nude nel vuoto, gettando un'occhiata alla cioccolata nel pentolino. Penso che si sia solidificata un po' troppo, sembra pan di spagna.

-Non mangiarla piccolo, non voglio averti sulla coscienza. - scherza Stiles accarezzandomi un ginocchio con affetto, prima di voltarsi e tornare in camera.

Ben presto sono rimasto solo.

Seguo ciecamente il consiglio di Stiles e non degno nemmeno di uno sguardo la pseudo cioccolata calda, optando invece per mangiare un pezzetto di pane non particolarmente abbrustolito.

Mi ritrovo a gironzolare per la suite, annoiato. Trovo qualche libro che penso sia di Stiles e lo sfoglio, curioso. Sto seguendo con le dita il contorno di alcuni soprammobili, quando lo sguardo mi cade sul cellulare che mi ha prestato Jackson, abbandonato sul tavolo dalla sera prima.

Mi mordo un labbro, sentendomi invadere dal senso di colpa.

Dovrei telefonare a Isaac per vedere come sta?

Mi sento come se lo avessi abbandonato.

Ma in fondo una sbronza non ha mai ucciso nessuno e poi c'era Jackson con lui.

Non affiderei a Jackson nemmeno un pesce rosso (riposa in pace Miles), ma con Isaac è diverso. Penso che Isaac sia effettivamente l'unico essere umano all'infuori di se stesso di cui gli importi.

Sono ancora immerso nei miei dubbi, quando il cellulare comincia a squillare.

Aggrotto la fronte quando mi rendo conto che è proprio Isaac a chiamare, come se mi avesse letto nel pensiero. Prendo il cellulare e accetto la chiamata.

-Isaac? -

-Derek! - la voce di Isaac presenta una chiara sfumatura isterica, ma è totalmente sobria. Ah, Jackson e i suoi rimedi post sbornia – Sei ancora da Stiles? -

-Sì – aggrotto la fronte – Isaac, stai bene? -

-Merda – a imprecare è stato Jackson e capisco di essere in viva voce. E' una cosa che fanno spesso quella di dare per scontato che io voglia sempre parlare con entrambi e mi irrita un sacco – Derek, devi andartene da lì. Subito. -

-Cosa? -

Forse era Jackson ad essere ubriaco ieri sera e non me ne sono accorto?

-Ma che stai dicendo? Senti Jackson, capisco che tu ce l'abbia ancora con Stiles, ma... -

-Derek, non capisci. Jackson ha combinato un casino. - mi interrompe Isaac, disperato.

-Per l'ennesima volta, non credevo che quel coglione lo avrebbe fatto davvero! E non pensavo che Derek si sarebbe rimesso con Stilinski! -

-Oh andiamo, Jackson! Chiunque pensava che Derek si sarebbe rimesso con Stiles! E' Derek! Sai quanto sia incoerente! -

-Ehi! - intervengo io, alzando la voce per sovrastare la nuove lamentele di Jackson – Mi spiegate che sta succedendo? Mi state facendo preoccupare. -

-Ti ricordi quando... mh, ho accennato a quell'amico giornalista che poteva gettare un po' di fango su Stiles? - butta lì Jackson dopo un po', usando il tono più casuale e falso del mondo.

Mi sento gelare il sangue nelle vene, il tempo sembra fermarsi intorno a me.

-No – sussurro, inorridito – No, non l'hai fatto. -

-Non volevo davvero che lo pubblicasse! - esclama Jackson, con una sorta di disperazione nella voce – Gli ho soltanto detto che avresti dovuto vendicarti, che al tuo posto avrei voluto sapere cosa avesse fatto Stiles in Scozia e non appena me lo sono lasciato sfuggire mi sono interrotto e gli ho detto di lasciare perdere! Ma quello stronzo ha fatto uscire la notizia sul giornale di oggi. -

Questo deve essere un incubo.

-Jackson, tu non hai idea di quanto io sia furioso con te in questo momento. - mi limito a dire con quieta furia, dopo un bel po'.

-Siamo in due. - interviene Isaac, gelido, e sono certo che lo stia fulminando.

Per tutta risposta Jackson sbuffa sonoramente.

-Mi dispiace, okay? Derek, spiegherò tutto a Stiles e gli dirò che è stata colpa mia, ma ti conviene venire via da lì. Appena vedrà la notizia si incazzerà da morire. Il mio amico... ehm, potrebbe avere caricato un po' i fatti. -

Scuoto la testa, senza nemmeno cercare di indagare in che senso i fatti siano stati caricati. Me lo posso immaginare. Come io ho sospettato che Stiles avesse una famiglia in Scozia, anche un giornalista può farlo, no?

Dio, che casino.

E pensare che fosse tutto perfetto fino a pochi minuti fa.

-No – dico con decisione, dopo un bel po' – Stiles deve sapere la verità da me. Non gli ho mai mentito e non ho intenzione di cominciare ora – sospiro – Spero che capisca e che non si arrabbi troppo. - dico, ma non sono molto convinto delle mie stesse parole.

-Derek, mi dispiace. - ripete Jackson, e la sua voce è sincera.

-Lo so – dico in tono appena più morbido – Sei un coglione, ma lo so che lo hai fatto solo perché mi vuoi bene. Ne parleremo quando tornerò a casa. Ora devo cercare di aggiustare la situazione con Stiles. Ci sentiamo dopo. -

Chiudo la chiamata senza dargli il tempo di aggiungere niente e mi lascio cadere pesantemente sul divano, prendendomi la testa tra le mani.

Che dannato casino.

Quando Stiles torna, sono ancora nella stessa identica posizione.

Sollevo di scatto la testa quando sento la porta richiudersi dietro di lui.

Mi alzo dal divano e gli corro incontro, per poi bloccarmi a qualche metro di distanza, non appena scorgo il suo viso. Non ha né il mio cappuccino né la mia copia di People, ma ha una copia del New York Times in mano ed è chiaro come il sole che sappia tutto.

Mi aggira con rabbia e sbatte il giornale sul tavolo, facendomi sobbalzare.

-Cosa nasconde Stiles Stilinski in Scozia? - recita in tono feroce, senza staccare gli occhi dai miei – Pensavo che i giornalisti adoperassero più creatività nello scegliere i titoloni da prima pagina, ma sono stato deluso nelle mie aspettative. -

Lo fisso con timore per un po', non sapendo bene cosa dire. Non ho mai visto Stiles così infuriato.

Alla fine, mi avvicino con cautela al giornale aperto. Getto un'ultima occhiata al viso teso di Stiles, poi abbasso lo sguardo sulla prima pagina.

C'è una foto enorme di Stiles all'aeroporto, chiaramente scattata senza che se ne accorgesse. Sotto il titolo principale c'è un sottotitolo più piccolo: i segreti di Stiles Stilinski: una famiglia con Amelia Brown?

Spalanco la bocca. Amelia Brown è la modella che Stiles ha frequentato prima di me. So di aver avuto gli stessi sospetti all'inizio, ma non ci credo che un giornalista abbia davvero seguito questa pista idiota.

Mi basta un'occhiata veloce all'articolo per rendermi conto che siano tutte sciocchezze. E' chiaramente basato sul nulla, continua a parlare di amanti e figli segreti senza concludere niente di sensato. Nessun cenno a Dalia, Kira o a Scott.

Ma capisco che non sia solo questo il problema.

Stiles non è un uomo che si fida facilmente, ma si è aperto con me, sulla Scozia, su Dalia. E adesso tutto il mondo sa che è stato in Scozia diverse volte e si sta chiedendo perché e cosa abbia fatto.

Immagino quanto possa sentirsi tradito.

Ma non è stata colpa mia, maledizione. Spero che Stiles questo lo sappia, ma nel caso non lo sapesse, non è stata colpa mia.

Glielo sto per dire, quando Stiles mi anticipa.

-Con chi hai parlato? - chiede, a bruciapelo, controllando a stento il tono di voce.

Lo fisso, senza capire.

-Come con chi ho parlato? -

Stiles mi fissa, con impazienza.

-Sì, Derek! Con chi hai parlato? -

Lo guardo, gli occhi che si ingrandiscono sempre di più man mano che capisco cosa voglia dire.

-Aspetta... non penserai che sia stato io a far trapelare la notizia, vero? -

Grugnisce, senza guardarmi.

-Non intenzionalmente. Mi sembra chiaro che ti sia lasciato sfuggire qualcosa di troppo con qualcuno. -

-Non mi sono lasciato sfuggire niente! - esclamo, oltraggiato, senza nemmeno avere la prontezza di ricordargli che anche Isaac e Jackson sapevano della Scozia, e lui ne era a conoscenza. Mi ferisce il fatto che sia subito saltato alla conclusione che sia stata colpa mia, senza nemmeno fermarsi a riflettere su altre possibilità – Non lo farei mai Stiles, non tradirei mai la tua fiducia o i tuoi segreti! -

-Scusa Derek – il sorriso di Stiles è apertamente sarcastico e mi ritrovo a deglutire a vuoto, ferito come non mai – Ma io sapevo tutta la tua vita e quella dei tuoi amici e familiari dopo appena dieci minuti che ti avevo conosciuto. E' un po' difficile avere una cieca fiducia in te, con queste premesse. -

Faccio un passo indietro, guardandolo incredulo.

-Che vuoi dire? -

-Voglio dire che penso che tenere i segreti non sia il tuo forte, nonostante tu abbia altre innumerevoli qualità. Penso che tu sia poco affidabile in questo frangente, tutto qui. - taglia corto Stiles brusco.

Lo fisso, senza trovare niente da dire.

Stiles continua a camminare avanti e indietro davanti al tavolo, l'argento vivo addosso.

-Devo chiamare Theo, vedere se si può fare qualcosa per contenere la notizia... sì, devo andare immediatamente... -

-Forse non sono molto bravo a tenere i segreti – lo interrompo, con voce fredda e calma – E' vero, dopo mezz'ora tu sapevi tutto di me. Mi sono fidato di te, anche se non del tutto razionalmente. E io non sono uno che si fida. Penso avrai notato che difficilmente dico la verità alle persone – il mio sguardo si indurisce – Ma l'ho detta a te, sempre. Forse ho sbagliato a fidarmi così tanto di te, ma preferisco essere... poco affidabile che fare come te, che non dici mai niente a nessuno, che non ti fidi di nessuno, nemmeno di me. Per quel che vale, non sono stato io. Ma tu continua pure a credere quello che ti pare, non penso che ti importi a questo punto. Hai già deciso che sono stato io. -

Lo sguardo di Stiles si incrina di incertezza, ma dura soltanto un istante.

-Non ho tempo per questo adesso. Devo parlare con Theo, noi parleremo dopo. - dice bruscamente e io sento gli occhi bruciare, ma mi sforzo di mantenere la mia espressione risoluta.

-Non penso che mi troverai qui, al tuo ritorno. - dico, cercando disperatamente di non far tremare la voce.

Non ci credo che non voglia nemmeno ascoltare quello che ho da dire, la mia versione dei fatti.

Pensa che io sia inaffidabile, che gli farei intenzionalmente del male.

Stiles saprà anche tutto di me, ma non mi conosce affatto.

Stiles per un attimo sembra ferito, come se la prospettiva di me che vado via lo distruggesse, ma recupera subito la sua espressione fredda, da uomo d'affari impegnato.

Da Mr. Broncio.

Questo non è l'uomo che appena un'ora fa rideva con me in cucina e mi accarezzava il ginocchio.

Rivoglio quell'uomo.

-Come vuoi. Se vuoi farti una doccia o qualunque altra cosa, fai pure. Io devo andare. -

Annuisco rigidamente, senza guardarlo.

Non voglio che si accorga che ho gli occhi lucidi.

Stiles cammina verso la porta. Quando mi è vicino, si ferma accanto a me, esitante.

Con la coda dell'occhio lo vedo scuotere la testa e sorpassarmi.

Non posso impedirmi di sobbalzare leggermente quando la porta sbatte dietro di lui.

Mi stringo tra le braccia, sentendo improvvisamente un gran freddo. Mi guardo intorno disperatamente, tirando su con il naso.

Beh, immagino che non mi rimanga altro che radunare la mia roba e andarmene.

Stiles non ha comunque lasciato trapelare che mi desiderasse qui.

Non ci posso credere che non si fidi di me, che pensi sul serio che abbia parlato con qualche stupido giornalista.

Sto per scoppiare a piangere come la persona altamente patetica che sono, quando improvvisamente la porta di ingresso si spalanca di nuovo.

Prima ancora che possa rendermi conto di cosa stia succedendo, sento un petto collidere contro la mia schiena e un paio di braccia stringermi forte da dietro. Chiudo gli occhi, lasciandomi andare contro il maglione bitorzoluto di Stiles, aspirando il suo profumo confortante.

-Mi dispiace. Scusa. Ti avevo promesso che non avrei più fatto questa cosa che litighiamo, non parliamo e ci allontaniamo. Scusa. Scusa. - continua a ripetere disperato contro il mio orecchio.

Sovrappongo le mie braccia nude alle sue, accarezzandogli le mani che mi stringono la vita.

-Non sono stato io, te lo giuro. - sussurro, aprendo gli occhi di uno spiraglio.

Stiles grugnisce, facendomi voltare con decisione verso di lui.

Adesso la sua faccia è proprio come dovrebbe essere. Non è la faccia di Mr. Broncio. E' la faccia dell'uomo che amo, preoccupata, amorevole e dolce.

Potrei piangere dal sollievo.

-Lo so. Dio Derek, l'ho sempre saputo che non potevi essere stato tu. Ero solo arrabbiato e... e mi sono comportato da idiota colossale. Ma so che non sei stato tu. -

Lo guardo speranzoso, lasciando che Stiles mi prenda delicatamente il viso tra le mani.

-Lo sai?-

Stiles annuisce, guardandomi serio. I suoi occhi splendono inflessibili nei miei.

-Non ne saresti capace. - afferma, con semplicità, e io mi lascio scappare un singulto sollevato.

Lo ha capito, allora.

In un attimo sono tra le braccia di Stiles e ricambio con forza il suo abbraccio.

Per un po' nessuno dei due dice niente, poi Stiles sussurra qualcosa al mio orecchio, talmente piano che devo chiedergli di ripeterlo.

-Ho paura del buio. Sempre avuta. Dormo con una mazza da baseball sotto il letto perché sono convinto che un giorno spunterà un mostro dal mio armadio e mi ucciderà.-

Mi stacco da Stiles, guardandolo confuso.

Ma Stiles continua a parlare, lo sguardo agitato, la lingua che passa nervosa sulle labbra.

-Ho perso la verginità con una mia amica di infanzia, a una festa. Ho dovuto usare i preservativi del fratello perché non me li ero portati dietro, diciamo che all'epoca non era molto speranzoso sul fatto che delle ragazze volessero davvero venire a letto con me. Beh, questi preservativi erano di taglia XXL. Il giorno dopo, a scuola, me ne è caduto uno dallo zaino e tutti lo hanno visto e hanno riso. Mi hanno chiamato Stiles XXL per giorni, è stato orribile. -

-Stiles... - cerco di interromperlo, sempre più perplesso, ma Stiles sembra un fiume in piena.

-Al liceo non ero esattamente popolare, avevo i capelli rasati e sembravo una palla da bowling, anche se ho bruciato ogni fotografia e annuario che potesse provarlo. Mi piace la trippa, anche se so di essere probabilmente l'unico al mondo a mangiarla. Ogni tanto parlo da solo e mi do degli auto incoraggiamenti, tipo “ehi Stiles, stai andando alla grande, continua così”. Sono fermamente convinto che il sole prima o poi esploderà uccidendoci tutti. A volte dimentico il compleanno di mio padre e do la colpa al fuso orario, anche se non sono in nessun posto in cui ci sia il fuso orario. Non ricordo mai i nomi dei miei colleghi, Theo me li deve sussurrare all'orecchio prima di ogni riunione. Non ho idea di cosa siano i tassi di mercato, davvero. A volte non ho la minima idea di cosa io stia facendo, mi guardo attorno e mi domando “ma le conosco queste persone?”, lo chiedo a Theo e mi risponde che ci lavoro da dieci anni. L'anno scorso ho detto a tutti che mi ero rotto il polso dando un pugno a un ladro che voleva derubarmi, ma la verità è che sono inciampato su una macchinina di Dalia. Dico a Dalia che deve mangiare le verdure, ma io non le mangio da almeno quindici anni. Ho paura del mare aperto, dei clown e dei ragni.-

Più parla, più capisco cosa stia facendo.

Sorrido, sentendomi di nuovo gli occhi lucidi, ma per un motivo ben diverso rispetto a prima.

Mi sta dicendo i suoi segreti, tutti i suoi segreti.

-Non mi piacciono le barrette che produciamo in azienda, compro quelle della concorrenza e spero che nessuno lo scopra mai. Amo il gelato al cioccolato, una volta ne ho mangiato talmente tanto che mi hanno ricoverato per due giorni – si interrompe, guardandomi con attenzione, il ritratto del nervosismo – C'è qualcosa che ti ho detto che ti spingerebbe a scappare a gambe levate da me? -

Scuoto la testa, senza smettere di sorridere.

Ripenso alla nostra conversazione di ieri notte e capisco improvvisamente cosa gli faccia tanta paura.

-No. Sei ancora perfetto ai miei occhi. - lo rassicuro, con voce dolce e decisa.

Stiles mi guarda con tutto l'amore del mondo. Anche lui ha gli occhi leggermente lucidi.

Ma poi scoppia in un sorriso luminoso, prendendomi per mano e conducendomi verso il divano. Mi fa sedere accanto a lui, senza lasciare la mia mano. Io me le porto entrambe in grembo, come sempre.

-Bene – gli occhi di Stiles sono brillanti e caldi nei miei – Perché ho davvero tantissime cose scabrose da raccontarti. -

Mi sporgo verso di lui, fissandolo intensamente negli occhi.

-Mettimi alla prova. - lo provoco, con un sorriso.

E Stiles continua a parlare, mentre io ascolto pazientemente.

Parla, parla e parla.

Le ore passano e noi siamo ancora qui, su questo divano.

Io ascolto e Stiles mi racconta.

Mi racconta tutto.

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Eccoci qui <3

Siamo quasi alla fine di questa avventura! Non mi dilungo molto perché ci sarà un epilogo, e farò i dovuti ringraziamenti lì. Intanto grazie a chiunque segua questa storia, davvero <3

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo tantissimo <3

Spero che il capitolo non vi deluda!

Un bacio,

Fede <3

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


 

 

Epilogo

 

 

 

Va bene.

Può darsi che io abbia qualche segreto.

Ma sono segreti piccoli, di quelli che abbiamo tutti.

Non devo sentirmi in colpa per questo, vero?

Voglio dire, sono segreti che non fanno male a nessuno.

Ad esempio, potrei effettivamente aver preso il romanzo preferito di Isaac e la cravatta prediletta di Jackson, quando mi sono trasferito con Stiles.

E, okay, potrei aver fatto finta di niente quando si sono lamentati della scomparsa degli oggetti. E, okay, magari ho lasciato che si incolpassero a vicenda e litigassero.

Ma non volevo ammettere che avessi preso quelle cose durante il trasloco per avere qualcosa di loro sempre con me, adesso che non abitiamo più insieme.

Un altro piccolo segreto potrebbe essere che, mentre ero sull'aereo diretto in Europa con le mie sorelle e i miei genitori, ho detto a Laura e Cora che volessi tenergli la mano perché mi erano mancate tanto.

In realtà volevo soltanto del contatto umano prima che l'aereo precipitasse, cadesse nell'oceano e noi morissimo tutti in stile Titanic.

Anche se alla fine non è morto nessuno e siamo arrivati sani e salvi a Parigi, proprio come Stiles mi aveva detto al telefono almeno venti volte.

A proposito di Stiles.

So di avergli promesso che avrei trattato in maniera professionale e distaccata Clark, il mio nuovo autista personale (Theo purtroppo è tornato in California da Liam e viene a New York solo saltuariamente, altrimenti so che avrebbe amato continuare il nostro rapporto lavorativo e di amicizia).

Gli ho promesso che non avrei più cercato di invitarlo a cena o di farmi mostrare le foto di sua moglie e delle sue figlie.

Ma non è colpa mia se Clark e io abbiamo gli stessi gusti teatrali! Il prossimo venerdì danno Billy Elliot e Clark aveva casualmente un biglietto in più. E poi il prossimo venerdì Stiles è a Chicago per lavoro, quello che non sa, non può ferirlo!

E comunque, ci tengo a precisare che non sono l'unico con segreti scabrosi. Alla festa di Natale dell'azienda dell'anno scorso, ho incontrato questo ragazzo super carino e simpatico e visto che Chris aveva praticamente rapito Stiles, mi sono messo a chiacchierare con lui. Era un ragazzo anche più giovane di me, con gli occhi chiari e i capelli castani e si è messo a parlarmi a raffica di suo marito, di quanto fosse dolce, perfetto, paziente e spiritoso. Di quanto lo assecondasse su tutto e fosse sempre sorridente e disponibile. E poi è spuntato Theo alle sue spalle e io stavo per dire al mio nuovo amico di scappare perché Theo era tipo l'incarnazione del malumore, dell'antipatia e del fatto che i robot presto avrebbero sostituito l'umanità, ma il mio nuovo amico ha strillato “amore” e si è gettato su Theo e lo ha baciato.

Ed è così che ho scoperto che Theo, mr. Robot, in realtà è il marito più melenso del mondo.

E' stato bellissimo passare la serata con loro e vedere la disperazione di Theo, diviso tra la voglia di uccidermi e la necessità di essere dolce e carino come al solito, davanti a Liam. Stiles mi ha rimproverato dicendo che è stato sadico da parte mia proporre a Theo di giocare a Pictionary quando non poteva rifiutare davanti a Liam, ma si vedeva lontano un miglio che stesse anche lui cercando di non ridere.

Ma torniamo a me e ai miei piccoli e assolutamente non importanti segreti.

Ad esempio, mi viene in mente che, anche se sono stato promosso e adesso sono responsabile marketing, tengo ancora la tazza del miglior migliore amico del mondo sulla mia scrivania. E ogni tanto uso il computer per controllare il mio oroscopo. Ma non spesso. E una volta o due è capitato che fingessi di leggere una pratica, ma in realtà stessi leggendo People.

Ma a parte questo, sono totalmente professionale.

A parte quando Lydia e io fingiamo di dover cercare qualcosa in archivio per poter andare da Starbucks.

Ho promesso a Lydia che le avrei pagato il caffè da qui all'eternità se mi avesse perdonato e lei ha accettato. E' un prezzo che pagherei mille volte per la nostra amicizia.

Non deve per forza sapere che i nostri caffè sono sempre offerti dalla casa, visto che sono il fidanzato di Stiles e sembra che il gestore di Starbucks sia un grandissimo fan di Amazzonia.

Non è colpa mia!

Un altro piccolo segreto potrebbe essere che, anche se Erica pensa di avere il pollice verde, in realtà io stia giornalmente concimando la sua piantina con un fertilizzante speciale che mi ha consigliato Jordan.

Su questo mi rifiuto di sentirmi in colpa! Sto facendo del bene, solo non voglio che Erica lo sappia e si illuda che non siamo più nemici mortali solo perché sto cercando di rimediare a anni e anni in cui ho avvelenato la sua piantina.

So che ho promesso a me stesso che non avrei mentito a Jordan mai più, ma forse non ero proprio sincero sincero sincero quando mi ha fatto vedere la casa dove lui e Eric si sono trasferiti e ho strillato che fosse incantevole.

Penso che quei cavalli imbizzarriti dipinti su ogni parete siano un po' troppo, okay?

E' legittimo avere opinioni diverse. Solo che ho preferito non dirglielo per non ferirlo, che male c'è?

Stiles ha provato a fare un commento sul poster di Balla coi Lupi a grandezza naturale in salotto, ma gli ho stretto il braccio abbastanza forte da fargli dire con un sorriso sarcastico quanto fosse “elegante e raffinato” il loro arredamento.

Per fortuna né Jordan né Eric colgono con facilità il sarcasmo.

E, okay, magari l'ultima volta che siamo stati in Scozia a trovare Dalia, forse non avevo davvero gli occhi rossi perché stavo sbucciando una cipolla, ma perché Dalia mi aveva chiamato per la prima volta zio Derek mentre giocavamo ai dinosauri.

A giudicare da come Kira ha alzato gli occhi al cielo e Stiles ha ghignato con tenerezza, direi che non sono stato molto convincente.

Stiles è abbastanza tollerante quando dico le mie non proprio verità alle persone. Anche se ogni tanto mi pugnala alle spalle, come è successo quando mi ha portato a Beacon Hills a conoscere suo padre.

Okay, potrei aver detto che penso che lo sceriffo sia una professione straordinaria e potrei aver buttato lì che sono un grande appassionato di film western, quelli con lo sceriffo che va in giro a cavallo eccetera. Ma l'ho detto solo perché ero nervoso e volevo fare colpo sul padre del mio fidanzato!

Stiles non ha detto niente, limitandosi a sorridermi con un angolo della bocca, le sopracciglia sollevate.

Poi si è girato verso suo padre e gli ha detto che sono un grande appassionato di pistole.

E così il padre di Stiles mi ha parlato per tre ore e mezza di tutti i tipi di pistole in circolazione, di come si spara, cos'è il contraccolpo e come si smonta e carica una calibro nove.

Volevo morire.

E in tutto questo Stiles mi stava accanto, cercando di non ridere mentre io facevo del mio meglio per apparire interessato ed entusiasta. Che stronzo.

Uno stronzo che amo.

Non gli mentirei mai, davvero.

Okay, forse non ero proprio sincero quando gli ho detto che con Clark stessi mantenendo un rapporto puramente professionale, come mi aveva raccomandato.

Ma è tutto qui.

Oh, okay.

Forse c'è un'altra cosa. Una cosa piccola, successa proprio ieri notte.

Forse ho frugato nelle tasche del giaccone di Stiles, mentre Stiles era sotto la doccia dopo che avevamo fatto l'amore.

Ma l'ho fatto solo perché lui ha passato una settimana a tastarsele con aria nervosa e io sono una persona curiosa!

Non è colpa mia se dentro una delle tasche c'era una scatolina.

E se dentro la scatolina c'era un anello.

Io comunque ho dato solo una sbirciata! Ho appena fatto in tempo a notare che fosse una fede d'argento e che all'interno ci fosse inciso il mio nome in corsivo, insieme alla data in cui ci siamo conosciuti.

Quindi le cose stanno così.

Stasera, alla nostra cena di anniversario alla Petite Paris, mentre siederemo al tavolo che Miles ci ha appositamente riservato, mangiando cheesecake e spezzatino al curry, Stiles mi chiederà di sposarlo.

Non sto uscendo di testa, davvero.

Non ho chiamato Isaac e Jackson alle tre di notte per urlarglielo, – dirglielo.

Non ho mandato mail a praticamente tutti quelli che conosco.

Sono stato composto e discreto, ripetendomi ossessivamente che io in teoria non avrei dovuto saperlo.

A mia difesa, Stiles mi aveva già dato alcuni segnali.

Il mese scorso, durante quella cena con un suo socio di Boston, quando Walt si è riferito a me come “suo marito”, Stiles non lo ha corretto.

E poi aveva quello sguardo strano, quando gli ho detto che Jackson avesse chiesto a Isaac di sposarlo.

Ma non c'è problema!

Sono bravissimo a fingermi sorpreso, non si accorgerà di nulla!

Sto provando da tre ore allo specchio la mia migliore espressione sconvolta alla oh-mio-dio-non-me-lo-sarei-mai-mai-mai-aspettato, e anche la migliore inclinazione del tono di voce per quando dirò “sì”.

Ho deciso che dirò a Stiles che ho intenzione sposarlo in maniera dolce, pacata, quasi come se gli stessi facendo un favore donandogli me stesso per l'eternità.

Non voglio assolutamente apparire disperato, come se morissi dalla voglia di sposarlo! E non è così. Assolutamente no.

Insomma, ho segreti di questo tipo.

Niente di speciale.

So che non dovrei mentire al mio futuro marito, ma è solo per non farlo rimanere male e rovinargli tutta la sorpresa!

Che c'è di male?

 

 

 

 

 

Scendo di corsa le scale d'ingresso dell'azienda, precipitandomi verso la jeep di Stiles.

Stiles è appoggiato alla fiancata dell'auto, ha le braccia incrociate su una semplice camicia blu e sorride a non finire, luminoso e bello come il sole.

Ha pure messo la giacca elegante, ed è ancora più bello del solito.

Adoro Clark, davvero, ma amo quando Stiles riesce a venirmi a prendere al lavoro con la sua stupida jeep scassata.

E poi oggi è il nostro secondo anniversario, dobbiamo andare al ristorante con la jeep.

Stiles e io faremo esattamente le stesse cose dell'anno scorso. Ceneremo alla Petite Paris, ordineremo la cheescake da portar via e la andremo a mangiare sulla nostra panchina in riva al mare, dove vedremo il documentario sul Titanic e poi torneremo a casa e faremo l'amore per ore.

Solo che, stasera, c'è qualcosa di diverso.

Stiles mi chiederà di sposarlo.

Non sto più nella pelle.

Cioè.

Sono abbastanza contento.

Voglio dire, gli posso concedere l'onore di diventare mio marito, presumo.

Oh mio Dio, non vedo l'ora di dirgli di sì, porca puzzola!

Corro tra le braccia di Stiles, praticamente buttandomi addosso a lui.

Stiles ride con calore, mentre mi prende tra le braccia e mi bacia a lungo.

I suoi occhi brillano nei miei, mentre mi tiene ancora stretto.

-Buon anniversario, piccolo. -

-Buon anniversario. - mormoro di rimando, estasiato.

Non ce lo eravamo ancora detti di persona.

Stiles è dovuto uscire di casa prestissimo stamattina per andare a una riunione fuori città, così quando mi sono svegliato ho trovato solo il letto vuoto e un mazzo di dalie bianche sul mio comodino, con un bigliettino verde e la scrittura disordinata di Stiles che mi diceva ti amo.

E ovviamente c'era anche la colazione più disgustosa mai vista ad attendermi in cucina.

Di solito abbiamo una cuoca che si assicura che non moriamo di fame, ma Stiles e io ci sforziamo di cucinare da soli per le occasioni speciali. Il risultato è sempre terrificante, ma a noi piace così.

Da parte mia, ho messo ieri sera il fascicolo Harris nella valigetta di Stiles, con attaccato un post- it con scritto “per ricordarti che ti amo”. Ci ho anche disegnato un piccolo dinosauro. E una magnifica ricostruzione del Titanic in miniatura.

Jackson ha detto che faceva schifo, ma lo sanno tutti che le foto non rendono.

Comunque a Stiles è piaciuto, ha capito il simbolismo che sta dietro il fascicolo Harris, e questo è l'importante.

-Fame? - chiede Stiles, lasciandomi andare ed aprendomi la portiera.

-Da morire. - dico sincero e Stiles ridacchia, mentre chiude con delicatezza la mia portiera e fa il giro dell'auto.

In macchina ci raccontiamo come siano state le nostre giornate, mentre io tengo una mano di Stiles tra le mie, in grembo.

Quando siamo quasi arrivati al ristorante, Stiles ferma la macchina sul ciglio della strada, mi guarda e io capisco immediatamente.

Senza dire nulla, scendo dall'auto con un sorriso.

Salgo sul retro, mettendomi dietro il sedile di Stiles.

Stiles sorride, mentre i suoi occhi incrociano i miei dallo specchietto.

-Dove la porto, signorino? -

So che dovrei mantenere il personaggio e dire la battuta, ma scoppio a ridere, sporgendomi felicemente verso Stiles e tirandolo finché quasi non lo trascino con me sui sedili dietro.

Lo bacio e Stiles ride sulle mia labbra, accarezzandomi i capelli con una mano.

Isaac dice che Stiles e io siamo la coppia più monotona e chiusa che conosca, con le nostre tradizioni, tutti i nostri sguardi in codice e le cose che sappiamo solo noi, come il fascicolo Harris.

Ma a me non importa.

Non penso di essere mai stato così felice.

 

 

 

 

 

-Spezzatino al curry per il signorino, filetto con patate glassate per il signore. -

Miles ci deposita i piatti davanti, sorridendomi con calore. Lo ricambio e mi trattengo a malapena da attaccare un discorso su come stiano sua moglie e i ragazzi, solo perché non voglio che Stiles ricominci con la storia che do troppa confidenza alle persone.

E' assurdo!

Quando Miles si allontana, Stiles sta già tagliando il suo filetto perfettamente a metà. Me ne mette una parte nel piatto, insieme a un po' delle sue patate. Io faccio lo stesso con il mio spezzatino, facendone scivolare un po' nel piatto di Stiles.

Anche questa è una nostra tradizione. Ed è anche un'ottima precauzione per non litigare mai più sulle portate.

-Mercoledì prossimo ho una cena di lavoro, a casa di Nancy – dice Stiles dopo un po', alzando gli occhi al cielo come per sottolineare quanto consideri la cosa noiosa, facendomi sorridere leggermente – So che queste cose sono tediose da morire, ma ti va di accompagnarmi? Puoi raggiungermi dopo il lavoro. -

Annuisco, bevendo un sorso di vino (che Stiles si è premurato di versarmi prima di posizionare la bottiglia il più lontano possibile da me).

-Certo, sai che non ti abbandonerei mai. E poi mi piace quando sparliamo dei tuoi colleghi –Stiles ride, mentre io mi faccio pensieroso – Devo solo chiedere a Clark se può accompagnarmi. -

Stiles ritorna serio, guardandomi con un filo di esasperazione.

-Per l'ennesima volta, Derek. Non devi chiedere a Clark se può accompagnarti. E' letteralmente il suo lavoro accompagnarti ovunque tu voglia. Lo paghiamo per questo, non per farvi andare insieme a vedere Billy Elliot a teatro. -

Assumo di colpo un'espressione colpevole.

-Lo sapevi? -

Stiles inarca un sopracciglio, ma sta sorridendo con un angolo della bocca.

-Tesoro, hai moltissime qualità che io amo, ma temo che la discrezione non faccia parte di queste. -

Metto su il broncio.

-Va bene, devo comunque chiedere a Clark se non ha altri impegni. - insisto, piccato.

-Gentile da parte tua chiedergli se ha tempo di fare il suo lavoro. -replica Stiles, con un sorriso sarcastico.

Lo fisso, mordendomi un labbro.

-Non voglio parlare di queste cose! - esclamo, lamentoso – Finiamo sempre per litigare quando discutiamo del mio modo di approcciarmi ai dipendenti e stasera non voglio. -

Stiles ride morbido, sporgendosi ad afferrarmi una mano, in maniera rassicurante.

-Il problema è proprio il tuo non considerarli dipendenti, ma come vuoi piccolo – mi strizza l'occhio, strappandomi un grosso sorriso – Vorrà dire che litigheremo domani. -

La serata procede benissimo, Stiles e io chiacchieriamo e ridiamo come al solito, parlando di quanto sia assurdo il nuovo quadro che Eric e Jordan hanno comprato o quanto sia insopportabile Isaac in modalità “organizzazione matrimonio”.

Solo che io sono sempre più nervoso man mano che il tempo passa.

Okay.

Quand'è che Stiles mi chiederà di sposarlo?

Sicuramente dopo cena. Sì, sicuramente.

Appena i nostri piatti saranno vuoti e il vino sarà quasi finito, Stiles tirerà fuori quell'anello meraviglioso e mi chiederà di sposarlo.

E io dirò di sì, ovviamente.

Dio, muoviti Stiles.

Ormai fremo sulla sedia, devo stringere con le dita i bordi della mia sedia per impedirmi di balzargli addosso, tramortirlo e prendere dalla tasca della sua giacca ciò che è mio.

-Derek. -

Raddrizzo di scatto la testa, smettendo di fissare la sua giacca e guardando Stiles.

Oh mio Dio.

Mi sa che ci siamo.

Sguardo serio...

Lingua nervosa sulle labbra...

Occhi che brillano...

Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio.

Ricorda Derek, qualsiasi cosa accada, dimostrati superiore. Dì di sì, ma con distacco.

Stiles si porta lentamente una mano alla tasca della giacca e io mi sento svenire.

Ci siamo!

-So che ci eravamo detti di non farci regali... -

Derek, respira. Inspira ed espira, inspira ed espira.

-...ma spero che vorrai accettare un piccolo pensiero da parte mia. -

-Sì, mille volte sì! - quasi urlo e vorrei strozzarmi con le mie stesse mani.

Cazzo, avrei dovuto aspettare almeno che tirasse fuori l'anello.

Ma Stiles mi guarda un po' perplesso, mentre tira fuori dalla tasca un... cosa?

Due biglietti aerei?

Che ne è stato del mio anello?

Che ne è stata di tutta la mia vita da passare accanto a Stiles?

Io odio prendere l'aereo!

A che gioco sta giocando?

Cerco di calmarmi, mentre lentamente prendo i biglietti che Stiles mi sta porgendo.

Immediatamente il cuore mi si scioglie.

Sono due biglietti aerei per la Scozia, per il mese prossimo.

Andiamo da Dalia.

-Non sei felice? -

Alzo gli occhi sull'espressione incerta e dispiaciuta di Stiles e mi sento subito in colpa.

-Certo che sono felice. - dico con forza, ed è la verità.

Io adoro Dalia. Vorrei che potessimo vederla più spesso, vorrei che Kira accettasse di trasferirsi a New York come Stiles le ha proposto mille volte. Amo andare a trovarla, affronto volentieri un viaggio infinito in aereo, se so che poi il premio sarà il suo sorriso.

Però...

Dov'è il mio anello.

Dov'è la nostra vita da passare insieme.

Dov'è la mia proposta di matrimonio a cui rispondere sì con aria di sufficienza!

Stiles mi studia con occhi acuti e io distolgo in fretta lo sguardo perché so che leggerà la verità sul mio viso come sempre.

-Sei arrabbiato perché ho rotto la promessa di non fare regali? - insiste Stiles, e in qualsiasi altro momento troverei la sua ansia immotivata tenera.

Ora voglio solo scuoterlo urlando “dammi il mio anello!”.

-Non sono arrabbiato – lo sguardo di Stiles è ancora scettico, allora mi stringo i biglietti al cuore e cerco di formare un sorriso sincero – Grazie mille. Sono molto felice. -

-Mh. -

Stiles mi fissa ancora come se non credesse a una sola parola di quel che ho detto e improvvisamente mi sento a disagio. Poso i biglietti sul tavolo e mi alzo in piedi.

-Devo andare in bagno. - annuncio con decisione.

Lo sguardo di Stiles è sempre più confuso.

-Okay... -

Prima che possa dire altro, sto marciando in bagno.

Non appena entro, mi chiudo la porta alle spalle ed estraggo il mio cellulare (un regalo di Stiles. Ha detto che era colpa sua se avevo gettato il mio dalla finestra e si sentiva in dovere di rimediare).

Avvio la chiamata, fremente.

Con mio disappunto, il telefono squilla per un minuto buono.

Isaac un tempo era molto più efficiente a rispondere al telefono. Jackson lo ha rovinato.

Finalmente risponde.

-Mh... - risatina, rumori strani, molle del letto che scricchiolano e Jackson che sbuffa – Derek? Tutto bene? -

-Stiles non mi ha ancora chiesto di sposarlo! - esclamo indignato, rifiutandomi categoricamente di preoccuparmi del momento che ho interrotto.

-Cosa? Stiles non ha ancora... Jackson, fermo! -

Sento il bip del viva voce e faccio appena in tempo ad alzare gli occhi al cielo, che una seconda voce si unisce ad Isaac.

-Porca puttana, Derek! Devi smetterla di chiamarci ogni volta che ti spezzi un'unghia! - sbraita Jackson, con un po' di fiatone – Stavamo scopando qui! Che cazzo vuoi? -

-Jackson! -

-Non capisco! - mi lamento, ignorandoli – C'era l'anello ieri sera, io l'ho visto! Perché ancora non mi ha chiesto di sposarlo? Era tutto perfetto, avevamo appena finito di cenare, era il momento giusto! -

-Sei sicuro che l'anello fosse per te? - chiede Isaac, un po' distratto e con la voce pesante.

E' ovvio che Jackson gli stia facendo cose indicibili, per fare domande così sceme.

-C'era il mio nome sull'anello! - esclamo, furioso e indignato.

-Magari te lo darà dopo... - cerca di calmarmi Isaac, con tono conciliante. Sento Jackson sbuffare di nuovo, quindi credo gli abbia fatto smettere di fare qualsiasi cosa stesse facendo.

-Magari dovresti semplicemente rilassarti e ricordarti che non avresti dovuto nemmeno sapere di questa cosa! Se tu ti facessi gli affari tuoi, queste cose non succederebbero. - mi rimbecca Jackson.

-Non l'ho fatto di proposito! - mi difendo, arrossendo appena – Mi è capitata tra le mani la scatolina e ci ho dato uno sguardo, chiunque lo avrebbe fatto! -

-Derek, ascolta. Ora torni di là, cerchi di goderti la tua cena di anniversario con l'uomo che ami e smetti di fare il pazzo, okay? - interviene Isaac, con tono autoritario.

Metto il broncio.

-Va bene! - esclamo alla fine, con rabbia – Siete inutili, per la cronaca! -

-Sì, sì, lo sappiamo! Chiamaci domani, non prima! - taglia corto Jackson e le ultime cose che sento prima che riattacchi sono la risata di Isaac e il suono di un bacio.

Non ci posso credere che siano così egoisti da abbandonarmi solo per scopare! L'amore li ha rovinati.

Se non li amassi, boicotterei il loro matrimonio a giugno, davvero.

Con l'umore sotto i piedi, torno in sala.

Stiles è seduto al nostro tavolo, sta guardando il cellulare, come al solito.

Però gli devo dare il merito di non averlo guardato nemmeno una volta mentre era con me. Faccio un sospiro lieve, mentre lo osservo con occhi innamorati.

Quanto è bello, con la sua barba di due giorni e i capelli scombinati.

Io lo amo.

Lo amo e non importa se non mi chiederà di sposarlo proprio stasera, non c'è fretta.

Sono davvero convinto di questo pensiero, ma poi Miles mi passa accanto, con una serie di piatti vuoti tra le braccia.

Immediatamente, gli sono accanto.

Miles mi lancia subito un'occhiata allarmata e impaurita, ma io lo ignoro.

-Miles, tu sai qualcosa dell'anello? -chiedo a bruciapelo.

-L'anello, signorino? - domanda Miles, con un tono lamentoso che implica un tacito “ma perché”.

Inarco le sopracciglia con aria cospiratoria.

-Sì. L'anello. Stiles lo ha per caso fatto mettere in una delle due cheesecake da portar via? -

-No, signorino – Miles mi guarda ad occhi spalancati, sinceramente perplesso – Penso che violerebbe almeno venti norme igienico-sanitarie. -

Sento il cuore sprofondare.

Okay, so che l'anello nella torta è una delle cose più pacchiane del mondo, ma Stiles sa che mi piacciono queste cose da commedia romantica, quindi avevo pensato che forse...

Ma no!

Cosa dico!

E' ovvio che Stiles mi chiederà di sposarlo mentre guardiamo il finto Titanic in riva al mare!

Saremo sotto la luna e le stelle, con il mare a pochi passi... è super romantico!

Produco un sorriso enorme mentre abbandono il povero e confuso Miles e mi dirigo con passo allegro verso Stiles.

Ora sono molto più tranquillo.

Andrà tutto benissimo, ne sono sicuro!

 

 

 

 

Quando torniamo a casa, sono a un passo da un disastroso e inevitabile crollo emotivo.

Stiles non mi ha chiesto di sposarlo.

Nemmeno quando ha stoppato il documentario e messo il vero Titanic e si era creata la giusta atmosfera romantica.

Okay, le cose sono due.

Potrebbe aver perso l'anello.

Sarebbe una cosa tipica di Stiles, è persino più disordinato di me.

Oppure...

Potrebbe aver cambiato idea.

Oh mio Dio, magari adesso il mio anello è stato fuso ed è destinato a diventare un qualche scaldabagno perché Stiles non vuole più sposarmi.

Sono a pezzi.

Mi sono buttato sul divano con aria depressa non appena siamo entrati a casa, e non ho nessuna intenzione di muovermi da qui tanto presto.

Perché Stiles non vuole sposarmi?

Okay, so di non essere perfetto.

E l'altro giorno ho pure rotto non so che bicchiere di cristallo da centinaia di dollari (la cameriera era disperata, io continuo a pensare che volessi solo rendermi utile aiutandola. A Stiles comunque non sembrava importare molto, non si ricordava nemmeno di quel servizio di bicchieri. Non credo che sia per questo che non voglia sposarmi).

Ma Stiles mi ama. Stiamo insieme da due anni. Il fatto che lasci che i suoi soci si riferiscano a me come suo marito, lo sguardo che mi ha rivolto quando gli ho detto del matrimonio di Jackson e Isaac... deve significare pur qualcosa.

Forse mi ama, ma non è pronto a sposarmi.

Va bene, rispetterò questa sua scelta.

Certo, io gli chiederei di sposarmi anche domani, ma visto che aveva comprato lui l'anello e fatto il primo passo, mi sembra un po' brutto prendere in mano la situazione.

No, devo solo aspettare con pazienza che Stiles sia di nuovo pronto a farmi la proposta.

D'altronde io sono una persona molto paziente.

Sarà più facile di quel che credo.

-Sei contrariato, piccolo? - chiede Stiles in tono leggero, mentre appende la propria giacca all'ingresso.

Emetto un grugnito sconfortato, affondando ancor di più nella pelle del divano.

-Tutto bene. - mugugno, rifiutandomi di guardarlo.

Stupido quasi marito.

No, Derek! Avevi promesso a te stesso che saresti stato paziente, ricordi?

-Sei sicuro? Sembri incredibilmente triste per uno che sta bene. - commenta Stiles in tono bonario, con un pizzico di presa in giro.

Ovviamente, ciò non fa che aumentare la mia irritazione.

-Ho detto che sto bene! - sbotto, anche se sento gli occhi lucidi.

Stiles mi prende in giro. Mi prende in giro quando io ho passato le ultime ventiquattrore a pensare quanto sarebbe stato meraviglioso sposarlo.

Stiles non si scompone, si limita a un verso pensieroso mentre si posiziona dietro il divano e mi mette le mani sulle spalle.

Devo lottare veramente tanto contro me stesso per non scrollarmelo di dosso.

-Non c'è niente che possa fare per farti sorridere? -

Mi imbroncio ancora di più, anche se Stiles non può vedermi in faccia.

-No, tranquillo. Va tutto bene. - ripeto, meccanicamente, tirando su con il naso.

-Mh – Stiles toglie una mano dalla mia spalla e sento che si sta frugando nella tasca dei jeans. Mi passo una mano sugli occhi lucidi, dicendomi che un fazzoletto è proprio quello di cui ho bisogno – Vediamo se così, forse... -

E poi mi fa ondeggiare qualcosa davanti alla faccia.

Non è un fazzoletto.

Oh mio Dio...

E' la scatolina.

E' aperta.

E dentro c'è il mio anello, il mio bellissimo anello, semplice, lucente, perfetto.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, mentre boccheggio senza riuscire ad articolare nessuna parola.

Sento Stiles ridere in maniera soffice alle mie spalle e nel giro di pochi secondi ha fatto il giro del divano ed è inginocchiato davanti a me, con la scatolina in mano.

Sorride più luminoso che mai, gli occhi che brillano.

-Pensavi davvero che non avessi capito che lo sapevi? - sussurra, in un tono tra il tenero e il divertito.

Sbatto velocemente le palpebre, guardandolo con un piccolo sorriso incredulo e lacrimoso.

-Lo sapevi?!-

Stiles ride, guardandomi con assoluto amore.

-Avevo intuito qualcosa ieri notte, quando sono tornato a letto e hai esclamato totalmente a caso “oh mio Dio, ti amo tantissimo!”. -

Arrossisco al ricordo.

Okay, effettivamente avrei potuto essere più discreto.

-Poi stasera ho avuto la conferma man mano che il tempo passava e tu ti imbronciavi sempre di più – Stiles si morde un labbro, guardandomi con aria colpevole – Non ho resistito a prenderti un po' in giro, perdonami piccolo. -

Assottiglio gli occhi, ma sorrido.

-Sei crudele. Meschino. Stupido. Stronzo e... -

-Vuoi sposarmi, Derek? - mi interrompe Stiles, con un sorriso enorme, sollevando un po' la scatolina.

Non posso fare a meno di notare che anche i suoi occhi siano un po' lucidi adesso.

Allungo una mano e gli accarezzo una guancia, pungendomi con la barba. Stiles inclina il capo, appoggiandosi al mio tocco, senza smettere di fissarmi trepidante.

Okay Derek.

E' il tuo momento.

Dimostrati superiore.

Discreto.

Sobrio.

-Certo. Oh mio Dio. Certo! Certo, sì! - a questo punto Stiles sta ridendo, mentre io gli sono saltato addosso, facendoci cadere sul tappeto, noi e il mio anello – Mille volte sì! - strillo ancora, riempiendogli il volto di baci.

Stiles ride e ride, ricambiando ogni bacio e stringendomi forte a lui.

Alla fine, ansimante, riesce a recuperare l'anello e a infilarmelo all'anulare, continuando a tenermi abbracciato a lui.

Stiles fissa il mio dito, ma io fisso lui, il suo viso rosso per le risate e la nostra mezza lotta, gli occhi luminosi, il sorriso felice.

E improvvisamente lo realizzo.

Sarei stato felice di passare tutta la vita accanto a lui anche senza matrimonio.

Stiles alza di scatto il volto verso di me e i suoi occhi si fanno subito dolci nei miei. Mi abbraccia forte, premendomi il volto contro il suo collo mentre affonda il suo tra i miei capelli.

-Lo terresti un segreto per me? - sussurra contro il mio orecchio, lasciandoci un piccolo bacio.

Annuisco, stringendo forte le dita sul tessuto della sua camicia.

Il mio anello brilla come non mai anche nella penombra.

Stiles esala un sospiro tenero contro il mio orecchio.

-Ti amo, come non ho mai amato nessun altro. Sarà sempre così. -

Sorrido, commosso.

La cosa strana, è che per una volta il suo segreto coincide perfettamente con uno dei miei.

Eppure, mentre Stiles mi stringe a sé, mi bacia e mi spoglia con tenerezza, arrivo alla conclusione che non potrò mai più avere segreti con quest'uomo. Non posso e non voglio.

Sarò sempre un libro aperto con lui, lo giuro.

Per quanto riguarda gli altri...

Beh.

I miei sono segreti piccoli, che non fanno male a nessuno.

Che male c'è?

 

 

 

 

ANGOLINO

 

Eccoci qui <3

La storia è finalmente finita! Spero che sia riuscita a farvi ridere o a strapparvi un sorriso, perché l'ho scritta con l'intento preciso di far ridere ( se qualche volta sfociava nell'angst è perché non ne posso proprio fare a meno, scusate).

Grazie mille a chiunque abbia commentato o anche solo letto questa trashatina, davvero <3

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo <3

Un grazie speciale a Giuls, che ha letto ogni capitolo sclerando tantissimo, facendomi ridere e rallegrandomi per molti venerdì. Avevo in mente questo epilogo da tempo, ma le aggiunte sulla vita di Eric e Jordan sono tutte a suo beneficio. Spero che non mi odierai troppo per la fine di questa storia, ricordati che io ti amo <3 (ora sgancia la preferita, sai di cosa sto parlando).

Per chi mi ha chiesto di Odi et Amo, spero di riuscire ad aggiornare prima o poi, ora che questa storia è finita, ma non prometto niente perché sono in piena sessione, sorry.

Che dire, ancora mille volte grazie e un bacione grande a tutti <3

Fede <3

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