Deviant Team- alla ricerca della vernice perduta di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Deviant Team- alla ricerca della vernice perduta ***
Capitolo 2: *** Deviant Team- Ave Maria of Gracefully Flying Chickens ***
Capitolo 3: *** Deviant Team- La bolla (parte 1) ***
Capitolo 4: *** Deviant Team- La bolla si rompe (parte 2) ***
Capitolo 1 *** Deviant Team- alla ricerca della vernice perduta ***
Chi avrebbe mai
detto che sarei tornata nel fandom dei transformers dopo anni? :'D
Prima che iniziate a leggere voglio chiarire una cosa: questa one shot
a caso è slegata dalle altre cose sul Deviant Team che ho in
giro, incluse quelle su altri siti.
Buona lettura!
«’Taka».
«Sì, ‘Star?»
«Ricordami come e perché siamo finite qui
dentro».
“Qui dentro”, alias uno sgabuzzino malmesso,
stipato di roba
cybertroniana e polveroso, in cui le due transformer entravano per un
pelo.
Una situazione bizzarra ma c’era da dire che, nei loro
milioni di anni di vita, Mintaka e Deathstar -rispettivamente una
motocicletta
girgia, blu e nera e una jetformer nera, rossa e bianca- si erano
ritrovate in
situazioni molto più
strane.
«Questa volta non c’è bisogno di
riflettere granché per
concludere che non è tutta colpa nostra… ma
perlopiù di Stylequeen e del rosa
più rosa dell’Universo» disse Mintaka.
«EH! Quello!»
La loro amica Stylequeen era un’automobile, e probabilmente
era anche la femme rosa più rosa tra le femmes rosa.
Solo che il rosa di cui era dipinta la sua carrozzeria
attualmente aveva iniziato a sembrarle un po’slavato, ragion
per cui si era
messa in testa di cercare nientemeno che il rosa più rosa
dell’Universo con cui
ridipingersi.
Aveva costretto Pkangu -il tecnico nonché unico maschio del
gruppo- a cercare suddetta vernice in tutti i modi, in tutti i luoghi,
in tutti
i laghi (?) e soprattutto in tutte le reti in cui fosse riuscito a
penetrare,
incappando infine nel sito d’un tal Stuart Semple col suo
“Pinkest Pink”.
Peccato che ci fossero diversi problemi: per esempio che la
spedizione di quei prodotti fosse disponibile solo sul pianeta chiamato
Terra,
che suddetto pianeta fosse praticamente dall’altra parte del
cosmo e che la
piccola astronave del loro gruppo non possedesse un sistema adeguato
per
arrivare lì in tempi brevi. Era una tecnologia a
disposizione solo delle basi
militari presenti in tutte le colonie cybertroniane, e loro non si
erano mai
voluti schierare.
Solo che Stylequeen, per raggiungere il “suo” rosa,
non si
era fatta fermare da nulla di tutto ciò.
Escludendo dai propri recettori uditivi qualunque voce
ragionevole, nottetempo aveva convinto Deathstar e Mintaka ad aiutarla
a
infiltrarsi nella prima base Autorobot che avevano trovato.
Deathstar e Mintaka non erano precisamente due tipe
discrete, specialmente quando erano insieme, però Deathstar
era portatrice di
qualcosa che nessun’altra creatura conosciuta possedeva: il
mitico PDBDC, alias
il Potere Della Botta Di Culo. Proprio quel che serviva per entrare in
una base
militare e sfruttarne il teletrasporto a lungo raggio, insomma.
Era filato tutto abbastanza liscio, principalmente perché
Deathstar e Mintaka avevano premuto a caso un pulsante che aveva dato
il via a
un allarme che aveva causato un’evacuazione generale e fatto
svuotare la base
intera, ma le cose erano precipitate appena dopo la partenza di
Stylequeen,
quando vari soldati Autorobot erano rientrati e le avevano trovate
vicine al
teletrasporto.
Le due si erano gettate dentro immediatamente, venendo
teletrasportate via appena dopo aver visto un Autorobot precipitarsi al
computer per tentare di bloccarle, ed ora eccole lì, nello
sgabuzzino di chissà
quale edificio in chissà quale posto
dell’Universo.
«Non credo che Stylequeen abbia trovato qui la sua
vernice»
disse Deathstar «A dirla tutta mi chiedo anche se noi due
troveremo qui
Stylequeen, perché francamente questo non mi sembra un posto
molto vernicioso».
«Visto che hanno tentato di bloccarci è possibile
che siamo
finite in un luogo diverso da quello stabilito»
osservò Mintaka «Io dubito che
Stylequeen sia sbucata qui. Un po’ me lo auguro pure,
perché se no chi la
sente?»
«Ohé! Chi rosa vuole apparire un po’deve
soffrire!» sentenziò
la jetformer «Usciamo di qui e andiamo a cercarla,
va’».
Furono costrette a prendere in mano alcuni oggetti per poter
riuscire ad arrivare alla porta e ad aprirla.
Trovandosi davanti un Demolisher qualunque che in quel
momento stava passando proprio di lì.
«Ciao Coso!» lo salutò Deathstar
«Hai mica idea di dove
possiamo trovare la tizia rosa più rosa che tu abbia mai
visto?»
Il povero ufficiale Decepticon, troppo attonito per
rispondere e con la bocca semispalancata, rimase in silenzio.
«Vabbè, continuiamo a cercare. Grazie lo
stesso» sospirò
Mintaka, appioppando in mano al mech gli oggetti che aveva preso dallo
sgabuzzino.
«A buon rendere!» aggiunse Deathstar, rifilando a
Demolisher
anche i propri oggetti.
Entrambe corsero via e, finalmente, quando scomparvero
dietro l’angolo Demolisher si riebbe abbastanza da lasciar
cadere a terra tutto
quel che aveva in mano.
«Ma che diavolo?!...
devo avvisare subito Megatron!» esclamò.
Corse via a sua
volta, verso l’esterno, sapendo che avrebbe trovato
lì il suo capo. Il giorno
prima gli Auturobot si erano accaparrati il minicon e Megatron dunque,
come
testimoniava la presenza di nuovi crateri sul suolo lunare, era ancora
di
malumore.
Normalmente sarebbe stata un’ottima ragione per stargli
più
lontano possibile, però c’erano degli intrusi
nella base, quindi Demolisher
riteneva di doverlo avvertire. «Megatron!...»
«Che vuoi?!»
Un’accoglienza non delle migliori, che soffermandosi
sull’espressione del leader dei Decepticon e sulla Spada
Stellare che egli
stringeva saldamente in mano diventava pessima, però
l’ufficiale si fece
coraggio. «Ci sono degli intrusi, Megatron!»
«Cosa?! Intrusi! Mi stai dicendo che Optimus Prime e i suoi
cagnolini hanno osato penetrare nella mia base?!»
«No… trattasi di due femme sconosciute uscite da
uno
sgabuzzino, signore!»
Per un lungo, lunghissimo
attimo, Megatron lo guardò senza proferire verbo.
Poi però…
«IDIOTA!»
sbraitò.
«Ma
Megatron-»
«Non sono in vena di stare a sentire assurdità del
genere!»
lo interruppe questi «Femme che escono da uno sgabuzzino! Per
chi mi hai
preso?! Nemmeno Cyclonus crederebbe a una simile idiozia. Hai cinque
secondi
per toglierti di torno prima che decida di farti fondere!
Uno…»
«Ma ci sono davvero, lo giuro!» insistette
l’ufficiale.
«Cinque!»
«Va bene, va bene!» esclamò Demolisher,
allontanandosi più
in fretta possibile «Poi però che non si venga a
lamentare con me se succede
qualcosa, io glielo avevo detto» borbottò
«Anche se in effetti, due femme che
escono dallo sgabuzzino… forse me lo sono
sognato…»
Guardando Demolisher allontanarsi, Megatron scosse la testa
con fare seccato. «Un soldato con un livello di intelligenza
normale. Uno. Non mi sembra di
chiedere tanto» disse
tra sé e sé «Eppure a quanto pare
è troppo anche questo!»
La colpa di ciò era in parte imputabile a lui,
perché in
realtà non gli piaceva avere attorno persone di intelligenza
pari o superiore
alla sua, però era qualcosa che non avrebbe mai ammesso; e
con un ultimo sbuffo
seccato, dopo aver dato un’occhiata ai buchi nel terreno
creati dalle sue
cannonate, decise che sarebbe rientrato nella base a breve.
Base in cui nel frattempo Deathstar e Mintaka continuavano a
vagabondare indisturbate.
«Stylequeeeeen!
STYLEQUEEEEEEEEEEEEEEN!» strillò
Deathstar «RISPONDIIII-»
«STYLEQUEEEEEEN! Ho la
corazza graffiata da ridipingere!» urlò Mintaka
«…ok, non è ancora arrivata di
corsa, dunque mi sa proprio che non è qui. Ovunque sia
“qui”. A proposito, il
tizio di prima aveva simboli addosso?»
«Io non ci ho fatto caso. Chi diavlo
c’è?!» esclamò la jetformer,
affacciandosi in una stanza a
caso «Nessuno… chi diavlo
c’è?!»
gridò di nuovo poco dopo, facendo la stessa cosa in
un’altra stanza «Di nuovo
nessuno…»
«’Star, qui c’è
qualcuno» disse Mintaka, trascinando l’amica
in una stanza all’altro lato del corridoio.
Il qualcuno cui si riferiva Mintaka era nientemeno che
Cyclonus che, tanto per cambiare, stava poltrendo alla grandissima
sdraiato su
un paio di grosse scatole contenenti chissà che cosa.
Il suo sonno beato però ebbe vita molto breve,
perché le due
femme iniziarono a scuoterlo.
«Ehi!»
« Coso Due! Sveglia!»
«M-Ma che succed-» farfugliò
l’elicottero, ancora assonnato.
«Buongiorno!» lo salutarono in coro, sorridendo.
«Di’: è mica passata di qui la tizia
rosa più rosa che tu
abbia mai visto?» gli domandò Mintaka.
«Oltre che essere rosa è anche bona. Per la
precisione è
bona assai»
puntualizzò Deathstar.
«Eh, sarebbe bello averla vista!»
sospirò Cyclonus «Ormai è
da un pezzo che qui le donne più o meno belle ce le sogniamo
e basta… come sto
facendo io in questo momento, per esempio» aggiunse.
«A beh» Deathstar fece spallucce «Allora
noi continuiamo a
cercarla. Grazie lo stesso, Coso Due!»
«Mi chiamo Cyclonus. Fate, fate… non
c’è di che» sbadigliò
il Decepticon, per poi tornare a dormire.
«Comincio a chiedermi se troveremo Stylequeen entro
oggi»
disse Mintaka, uscendo dalla stanza assieme a Deathstar.
«Comincio a chiedermelo pure io. Non che in realtà
abbia
tutta questa fretta di trovare Chiacchiera» tale era il
soprannome di
Stylequeen «O meglio, una Chiacchiera che non ha avuto la sua
vernice… ma
perdersi in tre è meglio che perdersi in due, anche
perché lei ha più senso
dell’orientamento di noialtre».
«Un buon motivo per continuare a chiamarla, ‘Star. STYLEQUEEEEEEEEEN!»
«STYLEQUEEEEEEN!...
Mintaka, una cosa».
«Dimmi».
«Tu hai fatto caso alla presenza o meno di un simbolo sul
tizio che dormiva?» domandò Deathstar, continuando
a camminare.
Ormai erano arrivate davanti a un incrocio di corridoi in
cui sarebbe servito riflettere attentamente sulla direzione da prendere
-o
prenderne una a caso, come invece era tipico di loro.
Mintaka si diede un pugno in fronte. «L’ho
dimenticato! E va
beh, cerchiamo di farci caso col prossimo che incontriamo, se lo
incontriamo».
«Voi due chi siete?!»
Alla loro sinistra era spuntato un seeker dagli occhi
aranciati, che teneva la mano destra sull’elsa di una spada
ricavata dalla sua
ala sinistra. Dei Decepticon che le avevano incontrate fino ad ora,
Starscream
era l’unico a ritenerle qualcosa più di un sogno o
di traveggole.
«Ehi, ciao Coso Tre! Noi siamo Deathstar e Mintaka, stiamo
cercando una nostra amica che forse è qui dentro»
disse la jetformer, con la
massima nonchalance «Tu sai per caso dove possa essere la
tizia rosa più rosa
che tu abbia mai visto?»
«Quando abbiamo detto che avremmo continuato a cercarla,
Cyclonus ha detto “Fate, fate”» disse
Mintaka.
«Mi chiamo Starscream, non Coso Tre!... conoscete
Cyclonus?»
si stupì leggermente Starscream, togliendo la mano
dall’elsa.
Le due annuirono.
“Forse avrei dovuto immaginarlo. Sembrano due tipe piuttosto
scoppiate, come lui del resto” pensò il seeker,
guardando dritto nei loro
sensori ottici rossi prima una, poi l’altra.
«Quindi conoscete Cyclonus e c’è
una vostra amica che si è persa».
«Eh già. Allora? Hai visto una femme rosa
rosissima molto
rosa con gli occhi azzurri oppure no?» gli chiese Mintaka.
«No, mi spiace. Tsk… quel deficiente non
può far venire qui
delle civili e lasciarle girare tranquillamente. È una base
militare, non un
parco giochi» sbuffò Starscream.
«In questo posto per caso avete il Pinkest Pink di Stuart
Semple? È una vernice che hanno sulla Terra»
spiegò Deathstar «La nostra amica
Stylequeen è venuta qui per quella».
«Quello in cui ci troviamo è un posto che si
chiama Luna, è
il satellite del pianeta Terra» disse Starscream, facendo
loro segno di
seguirlo fino a un’apertura nel muro «Che
è quello che vedete laggiù» lo
indicò
«E comunque no, ovviamente non abbiamo una vernice in quel
modo».
«Allora non siamo sulla Terra!» esclamò
Mintaka «Come
pensavo, è andato storto qualcosa nel teletrasporto quando
siamo passate noi.
Lei però dovrebbe essere arrivata nel posto
giusto».
«Quindi non siete venute qui per fare visita a
Cyclonus»
osservò Starscream.
«Una cosa non esclude l’altra»
spallucciò Deathstar «Il
bagno dove sta? Se aspetto un altro minuto ti ritroverai una pozza di
energon
esausto vicino ai piedi, te lo dico!»
«Vi accompagno» disse il seeker, dopo una breve
esitazione.
La strada per raggiungere il bagno fu breve e durante il
tragitto nessuno disse una parola.
Una volta arrivati, Starscream aprì loro la porta.
«Prego.
Io vi aspetto qui fuori».
«Grazie, grazie!» sorrise Mintaka, entrando con
Deathstar e
chiudendo la porta dietro di loro «’Star, mi sa che
dobbiamo- cosa c’è?»
La jetformer, con un cenno del capo, indicò un robot scuro
assolutamente enorme che aveva appena finito di scaricare
l’energon esausto -e
che dunque non aveva ancora rimesso al suo posto
l’armamentario adibito allo
scopo.
Essendo tutti uomini solitamente non c’erano problemi di
sorta per quanto riguardava il bagno, però loro due non
erano uomini, e il
robot gigantesco in questione con un’espressione che gridava
“Voi siete donne
oddio cosa ci fate qui”.
«Oh. Eh… saaalve» disse Mintaka
«Noi non abbiamo visto
niente!»
«Come hai fatto a non vedere niente?!»
allibì Deathstar «È
grosso e lungo quanto il mio braccio, spalla e mano compresa! Fagli i
complimenti, se mai. Complimenti!» disse poi al gigante, con
un breve e sentito
applauso.
«Tydal Wave ringrazia» borbottò il
transformer.
«Ascolta, già che ci sei puoi mica aiutarci a
salire lassù?»
gli chiese Mintaka, indicando un ampio condotto di aerazione
«Io e la mia amica
dobbiamo fare dei lavori, siamo qui apposta».
Tydal Wave non si fece domande -un po’per la scarsa
intelligenza e un po’perché era ancora imbarazzato
e voleva solo che
quell’incontro finisse il più presto possibile- e
le accontentò, issandole fino
al condotto, nel quale le due si infilarono dopo un “Ciao
ciao!”.
«A quanto pare siamo finite in mezzo ai Decepticon,
‘Taka».
«Eh sì, ‘Star, quindi facciamo meglio a
cercare uno straccio
di teletrasporto o navetta d’emergenza, augurandoci che ce
l’abbiano, e andare
sulla Terra. Sperando che Stylequeen sia lì per davvero e
non sia dispersa qui
dentro» disse Mintaka, mentre lei e Deathstar procedevano a
gattoni nel
condotto.
«Se tre persone dicono di non averla vista vuol dire che non
c’è. Non è che sia molto discreta,
sai… e se finendo sulla Terra non ha trovato
la vernice che cerca, Primus abbia pietà di chi sta avendo a
che fare con lei
in questo momento!»
*** Terra, base degli
Autorobot ***
C’era un certo fermento all’interno della base e,
per una
volta, i minicon non c’entravano nemmeno un po’.
«Se anche è una terrena non importa, la faccio
volare io»
dichiarò Jetfire «In tutti i sensi che
vuole!»
«Ehi! Tieni giù le mani, ci sono prima io, Hot
Shot ha
mandato le immagini a me!» protestò il giovane
Sideswipe.
«Ah, ma andiamo! Quella non è una femme adatta a
un
ragazzetto, e io sono il vice comandante nonché un
pluripremiato asso
dell’aviazione. Fatti da parte che è
meglio» disse il jetformer, con voce
annoiata «Per l’amor di Primus! Una
femme!»
Sembrava che Hot Shot, durante un giro di ricognizione,
avesse trovato una cybertroniana poco lontana dalla base.
Avendo appurato che era una civile e che non aveva le idee
ben chiare né su dove si trovasse né sulla
propria destinazione, dopo aver
inviato delle immagini ai compagni per una breve verifica aveva chiesto
e
ottenuto il permesso di portarla alla base.
«Ti consiglio una doccia fredda, almeno non farai fare una
figura barbina a tutta la squadra» sbuffò
Scavenger, seccato «È una femme, e
allora?»
«Finalmente vedo una femme, dopo tutto questo tempo! E che femme! Avete visto che paraurti? E
vogliamo parlare del bagagl-»
«Sei il penultimo che è arrivato qui, Jetfire, hai
smesso di
avere compagnia femminile da molto meno tempo di noi! E in ogni caso
cerca di
contenerti con il linguaggio» gli ordinò Optimus
«Stiamo dando asilo a una
civile dispersa».
«Ma Optimus!...»
«Hai sentito il comandante. Contollati»
tagliò corto
Scavenger.
«Seh, seh… va bene» si arrese Jetfire
«Però ricordatevi che
l’ho prenotata io!»
Smokescreen alzò gli occhi al cielo. «Non puoi
prenotarla,
non è una cena in un locale».
«Meglio passare direttamente al dopocena infatt-»
«Jetfire!» lo riprese Optimus.
«Sì… scusa».
Nei comm-link di tutti giunse il segnale di una
comunicazione in entrata.
– Qui Hot Shot,
siamo arrivati, aprite.
Dalla voce sembrava che il giovane Autorobot fosse piuttosto
abbacchiato, però i più pensarono che fosse solo
un’impressione, mentre altri
non ci badarono proprio.
Fu in quel momento che gli umani fecero il proprio ingresso
nella stanza.
«Ehi Optimus! Che succede?» domandò Rad.
«Hot Shot sta tornando alla base insieme a una civile della
nostra razza» sintetizzò Bloor, lapidario come suo
solito.
«“Una” civile? Una femmina?» si
stupì Alexis «Ci sono delle
transformer femmine?! Quindi è così che nascono
nuovi transformers!»
«Per la creazione di nuovi individui abbiamo più
di un
metodo, alcuni richiedono più tempo e altri meno…
ma non penso sia opportuno
approfondire» si limitò a dire Optimus, che li
riteneva troppo giovani per
discutere di certe cose.
«Eccola! Arriva!» esclamò Jetfire,
esaltato nel sentire il
rumore della porta che si apriva «Non vedo l’ora
di-»
«… ho attraversato metà Universo per
avere quella vernice,
quindi metterete da parte la ricerca dei minicon e mi aiuterete a
trovare il
Pinkest Pink di Stuart Semple, senza se, senza ma e senza protestare di
continuo come hai fatto tu. Possibile che i mech di oggi non siano
più disposti
a dare una mano a una femme giovane e bella come me?! Dove sono finite
la
galanteria e la cavalleria di una volta? Io allibisco! Ma che modi! Ma
che
roba!»
Sentendo ciò, tutti i presenti si scambiarono occhiate che
la dicevano molto lunga.
«Tutta tua!» sentenziò Jetfire, dando a
Sideswipe una pacca
su una spalla.
«No no, l’hai prenotata tu!» si
tirò indietro questi.
«Disdico!»
«Eccoci Optimus» disse Hot Shot, arrivando
finalmente sul
posto, con aria scocciata e sfinita «Questa
è-»
Un turbine del color rosa più rosa che si fosse mai visto
entrò nella stanza subito dopo di lui, dirigendosi
immediatamente verso il
comandante.
«Tu sei Optimus Prime, giusto? È un vero piacere
fare la tua
conoscenza. Il mio nome è Stylequeen» si
presentò la femme, con un sorriso
smagliante «E ho tanto, tanto bisogno dell’aiuto di un baldo e intrepido eroe» disse con aria supplichevole, stringendogli entrambe le mani «È una questione di vitale importanza! Aiutami a trovare la vernice color Pinkest Pink di Stuart Semple!»
Il più completo silenzio calò nella stanza per
almeno
quindici secondi.
«La vernice» ripeté Optimus, senza
sapere bene cos’altro
dire,
«Esatto. Il creatore di quella vernice ne definisce il
colore come “Il rosa più rosa
dell’Universo”, il che ovviamente la rende
perfetta per me perché, beh, guardami» disse
Stylequeen «Il punto è che la
vendono solo su questo buco di pianeta all’altro capo
dell’Universo, quindi per
arrivare qui in tempi decenti io e due mie amiche abbiamo dovuto
introdurci in
una delle tue basi e sfruttarne il teletrasporto, ma tu sei una persona
saggia,
sono certa che puoi comprendere che avevo ottimi motivi!... a proposito
delle
mie amiche, in realtà non ho idea di dove siano, avrebbero
dovuto essere con me»
aggiunse, quasi tra sé e sé «Immagino
che non siano riuscite a partire o sia
andato storto qualcosa durante il passaggio, ma tanto stanno bene di
sicuro…»
«Siete entrate in una base militare senza permesso e siete
venute fin qui per una vernice? Ci stai prendendo in giro o hai qualche
transistor saltato?!» allibì Scavenger, persona
troppo pratica per ritenere una
cosa del genere anche solo minimamente sensata.
«Zitto! Sto
parlando con Optimus Prime, non ti ho mai interpellato!»
ribatté Stylequeen con
un’occhiata tale che, se fosse stata un laser, avrebbe
incenerito il veterano
sul posto «So che avete da fare una guerra e trovare i
minicon e bla bla bla»
disse, tornando a rivolgersi a Optimus «Però
potete mettere da parte queste
cosette e aiutare una povera donzella in difficoltà,
vero?»
“Sarà una Decepticon sotto copertura?”
pensò Optimus “Però
se lei e le sue amiche, sempre che siano in giro davvero, fossero delle
Decepticon, ammettere di essersi introdotte in una delle mie basi per
venire
qui sarebbe assurdo. Per non parlare del fatto che se fossero delle
Decepticon
avrebbero utilizzato una delle loro… insomma, io dovrei
credere che questa
femme abbia fatto tutto ciò per avere una
vernice?!”
«Ehm. Io penso di poterti aiutare» disse Alexis.
Stylequeen si chinò immediatamente verso di lei.
«Tu sei una
femmina della tua specie, vero? Certo che lo sei. Chi altri avrebbe
potuto
capirmi se non una ragazza? Allora, sai dove posso trovare la mia
vernice?»
«In verità quello che stai cercando tu
è un pigmento, quindi
è in polvere, però volendo può
tranquillamente diventare la vernice che cerchi.
Posso fartelo provare, ho portato con me il barattolino
perché devo fare un
lavoro per scuola».
Carlos sollevò le sopracciglia. «Hai veramente
quel rosa
lì?»
“Sì, quindi glielo faccio provare, così
che poi ne ordini
uno stock e se ne torni presto a Cybertron” pensò
la ragazzina. «Certo. Ce l’ho
di là…»
«Hot Shot, accompagna nell’altra stanza i ragazzi e
la
nostra ospite» ordinò Optimus «Intanto
direi di cercare notizie sulle altre due
disperse, prima che finiscano in mano ai Decepticon».
«Sissignore» sospirò
l’Autorobot, rassegnato.
«Ci sono i Decepticon qui in giro? Allora sono sicuramente
finite lì per un qualunque motivo più o meno
assurdo ma non preoccupatevi,
ricompariranno presto» minimizzò Stylequeen
«Sapevo che sareste riusciti ad
aiutarmi, siete proprio brave persone. Grazie, grazie e
grazie!»
Appena Stylequeen si fu allontanata, il leader degli
Autorobot si lasciò andare a un sospiro. «Non so
bene come dovrei prendere
tutto questo. Non avevano il permesso di entrare nella nostra base ma
infierire
su qualcuno che ha già dei problemi ai transistor va contro
l’etica nella
nostra fazione».
«Io intanto ho contattato le nostre basi, una di esse ha
confermato che tre intruse sono entrate e hanno usato il
teletrasporto» disse
Red Alert «Problemi ai transistor o meno, le amiche di
Stylequeen sono
veramente in giro da qualche parte qui vicino. Spero per loro che non
siano
veramente finite in mano ai Decepticon».
«In quel caso invece di riunire il terzetto andando a
salvarle potremmo riunirlo consegnando a Megatron quella svitata di
là»
commentò Jetfire.
«Fare una cosa del genere è fuori
discussione» disse subito
Optimus, serissimo «In questa guerra non siamo noi gli
aggressori, consegnare quella
civile ai Decepticon ci renderebbe più spietati verso i
nostri nemici di quanto
loro siano con noi».
«… MA NON È
POSSIBILE!»
si sentì gridare Stylequeen dall’altra stanza
«Ho fatto questo viaggio assurdo
per una vernice che è dieci volte più slavata
della mia?! Si chiama Pinkest
Pink! Doveva essere il rosa più rosa del’Universo,
una cosa del genere non è
possibile! Fanno pubblicità ingannevole! Se non è
il rosa più rosa
dell’Universo allora non dovevano chiamarlo così!
Come hanno potuto?!»
«Hai senz’altro ragione, Optimus» disse
Scavenger «Io
propongo di cercare le altre due e trovare un modo di liberarcene in
fretta…
anche se non so come dato che, se il teletrasporto dalle nostre colonie
a qui
funziona, al momento quello inverso è inattivo».
«Mi inventerò qualcosa. Dividiamoci, chiediamo ai
ragazzi di
aiutarci con Laserbeak e cerchiamo le due disperse».
«Sissignore!»
*** Luna, base dei
Decepticon ***
«Ci conviene uscire da qui e scendere a cercare
teletrasporto o navette, da dentro questi condotti non si vede
granché» disse
Mintaka.
Deathstar indicò una grata alla loro destra.
«Buttiamola
giù!»
Rimossa la grata a suon di calci, le due sbucarono in una
grande stanza il cui elemento centrale era un trono di metallo. Sopra
di esso
era appeso un drappo rosso che contornava il simbolo violaceo dei
Decepticon e,
appoggiata contro il trono, c’era una grossa spada dalla
luminescenza
azzurrina.
«Uuuh, bella questa» disse Deathstar
«Niente teletrasporto
però è carina. ’Taka!»
«Dimmi!... che fai con quel drappo?»
Deathstar, ora in piedi sul trono con la spada in mano e il
drappo a mo’di mantello, si schiarì la voce.
«Io, Lady Deathstar, nomino te,
Lady Mintaka, cavaliere di… di che?»
«Del “che diavlo
è”, direi!»
«Eh! Giusto! Io Lady Deathstar» poggiò
la lama della spada
sulla spalla destra di Mintaka «Nomino te, Lady Mintaka,
primo e unico cavaliere
dell’ordine del Che Diavlo È!»
«Primo, unico e se non metti subito giù la mia
Spada
Stellare anche ultimo!»
Megatron -già pronto a sparare cannonate alle intruse-
sembrava
solo arrabbiato, ma in realtà si era sorpreso non poco
scoprendo che le due
femmes che Demolisher aveva visto uscire dallo sgabuzzino erano reali
al cento
per cento.
E che, pur sapendo per forza di cose di trovarsi in una base
Decepticon, si erano messe a giocare con il drappo.
Nonché con la Spada Stellare che lui, accorgendosi di non
avere nemmeno un cubo di energon extra forte in uno scomparto o
lì vicino,
aveva lasciato incustodita quarantadue secondi netti per andare a
prenderne un
paio dalle sue stanze private.
Quarantadue secondi netti che erano bastati e avanzati per
mandare la giornata ancor più a puttane, a quanto sembrava.
«Aaah…»
disse
Mintaka, guardandolo con gli occhi sbarrati.
Lei e Deathstar potevano non conoscere gli ufficiali
Decepticon ma la figura di Megatron, già solo per le corna,
era nota perfino a
loro.
«Eeeh… ciao»
disse la
jetformer, rivolta a Megatron «Di’, hai mica visto
passare di qua la femme rosa
più rosa che tu-»
«COOOOOOORRIIIIIIIIII!»
urlò Mintaka, trascinando via Deathstar appena prima che
venisse colpita da una
cannonata -la quale distrusse metà trono-.
«Non lascerete questo posto, tantomeno da vive! A tutti i
Decepticon, ci sono degli intrusi!» gridò nel
comm-link mentre si lanciava
all’inseguimento delle due donne «Bloccate tutte le uscite!»
– È da prima che io e
Tydal Wave cerchiamo di dare l’allarme, il sistema
è guasto!–
esclamò Starscream.
– Tydal Wave insegue.–
– Ma quindi non me le
ero sognate?– domandò Cyclonus.
– Io l’avevo detto che
erano uscite dallo sgabuzzino – disse Demolisher
– Thrust dove diavolo è?!
–
– Sto ancora studiando
il campo di battaglia per la trappola che volevamo preparare, che sta
succedendo lassù?! – si fece sentire lo
stratega, momentaneamente sulla
Terra.
«Due inette che si sono intrufolate nella base
sbagliata»
disse Megatron, chiudendo bruscamente ogni comunicazione mentre
continuava a
correre dietro Deathstar e Mintaka «Lasciate andare la spada,
non avete
speranze di scamparla, arrendetevi!»
«Noi cercavamo solo
Stylequeeeeeeeeeen»
strillò Deathstar, diretta verso l’unica uscita
praticabile, stringendo una
mano di Mintaka con la propria mano sinistra e la Spada Stellare con la
destra.
Erano veloci ma Megatron, spinto dal pensiero della Spada in
mani diverse dalle proprie, lo era quasi quanto loro. Ormai erano
vicine
all’uscita ma in due falcate le avrebbe raggiunte, mancava
poco, mancava
pochissimo, due falcate e un braccio teso, doveva solo…
«Ma cos-»
Per un attimo vide tutto rosso, colpa del drappo che era
volato via dalle spalle di Deathstar e si era appiccicato alla sua
faccia, poi
giunse il colpo.
Quello dello stipite dell’ingresso contro il suo naso.
«Maledette!» ringhiò, massaggiandosi il
volto.
«Megatron!» accorse Demolisher, appena giunto sul
posto
assieme agli altri Decepticon presenti nella base «Stai
ben-»
«Andate a prendere quelle due, idioti! Hanno la Spada
Stellare!» sbraitò il leader dei Decepticon.
«Cosa?! E come hanno fatto a prenderl-»
«Cyclonus, questo non è il momento di fare
domande!» tagliò
corto Starscream «Prendiamole, prima che volino
via!»
Non potevano saperlo ma Deathstar -intenta come Mintaka a
scappare evitando i loro colpi e urlando
“moriremo”- era probabilmente l’unica
jetformer esistente che avesse paura dell’altezza, senza un
motivo apparente
dato che a livello fisico stava benissimo, e che quindi non fosse in
grado di
volare.
«Dove andiamo?!» strillò, mulinando la
Spada Stellare in
modo randomico e finendo col deviare un colpo laser di Demolisher senza
nemmeno
accorgersene «Dove andiamoooooo?!»
«Non lo so! Speriamo in direzione del teletrasporto! Di
qua!» gridò Mintaka, saltando con Deathstar in
un’apertura causata da un colpo
di Megatron che le aveva evitate per un soffio.
«Possibile che non siate in grado di catturare nemmeno due
femmine a caso?!» inveì Megatron
all’indirizzo dei soldati «Che branco di
incapaci siete?!»
«Neanche tu le hai prese però»
borbottò Demolisher.
«Come hai detto?!»
«Ah… n-niente, signore!»
«Tydal Wave sfonda» sentenziò il
colosso, distruggendo
completamente la parete per entrare nell’apertura da cui
erano passate
Deathstar e Mintaka.
«Chissà se si riferiva alla parete» si
chiese Cyclonus.
Le due fuggitive intanto, purtroppo per loro, erano sbucate
in una stanza con una sola porta di entrata e nessun’altra
uscita, strapiena di
scatole dal contenuto misterioso, grandi abbastanza da poter entrare
entrambe
in una.
«’Taka! Che facciamo?!»
«Non lo so! I laser delle mie braccia non riusciranno mai a
bucare la parete!»
«Apriamo una di queste scatole, svuotiamola e infiliamoci
dentro!»
Non sapendo cos’altro fare, Mintaka decise di darle retta.
«Cubi
di energon. Dev’essere il magazzino dei
Decepticon!»
«Così pare! Nascondiamoci, arrivano!»
Fecero appena in tempo a chiudere il coperchio che Tydal
Wave, senza far caso al luogo in cui si trovava, sfondò la
parete e iniziò a
sparare all’impazzata, andando a colpire i cubi di energon
che le due femmes
avevano tirato fuori.
Cubi che, se colpiti da fuoco o laser, potevano causare
potenti esplosioni.
Come quella che fece volare fuori dalla base la scatola in
cui si erano rinchiuse le due deviate del Deviant Team, per esempio.
«MORIREMOOOOOO!»
urlarono all’unisono.
La scatola atterrò qualche decina di metri più
avanti e,
ringraziando Primus per averle fatte metalliche, nessuna delle due si
fece
male.
«Siamo fuori!» esclamò Mintaka, una
volta aperto il
coperchio.
«Già, peccato che il teletrasporto invece sia da
qualche
parte lì den… Mintaka! Mi sa che lo
vedo!» strillò Deathstar, indicando con la
Spada Stellare un punto davanti a loro.
L’esplosione aveva buttato giù buona parte delle
pareti del
magazzino che davano sull’esterno, ma aveva fatto crollare
anche una di quelle
interne, al di là della quale si trovava proprio il sistema
di teletrasporto
dei Decepticon.
«Sì! È lui!»
esultò Mintaka «Ora dobbiamo-»
Nessuna delle due però poté fare
un’altra mossa, perché
qualcuno le spinse brutalmente a terra e strappò a Deathstar
la Spada Stellare
dalle mani.
«Fine della corsa, signorine! Avete fatto abbastanza
danni»
disse Thrust, tornando alla modalità visibile «Ora
è tempo che Megatron si
occupi di v-»
«Ma che diavlo di
testa è?!» lo interruppe Deathstar, alludendo alla
testa a punta del mech e
scoppiando a ridere come una deficiente.
«… di voi, e spero che mi permetta di fare molto
male a
tutte e due» aggiunse lo stratega.
«E io spero che tu un giorno muoia peggio che male, per quel
“tutte e due” che hai detto»
ribatté Deathstar, senza più ridere.
Si sentì un rumore di passi in avvicinamento, ed ecco che
l’istante dopo si trovarono circondate da tutti i Decepticon
-escluso Tydal
Wave, danneggiato dall’esplosione.
«Hai recuperato la Spada Stellare e le hai bloccate, ottimo
lavoro Thrust» si complimentò Megatron, ghignando
soddisfatto nel farsi
restituire la Spada «Il tuo rientro alla base ha avuto un
tempismo perfetto».
«Grazie, signore».
Megatron puntò la Spada Stellare verso le due femmes,
entrambe inginocchiate e strette una all’altra.
«Non so per quale motivo siate
venute qui…»
Mintaka deglutì. «Cercavamo la nostra amica
Style-»
«Taci! Non so per quale motivo siate venute qui, ma dopo
tutto quel che avete combinato-»
«Guarda che il casino l’avete fatto voialtri per
inseguirci»
gli fece notare Deathstar.
«Silenzio! Dopo
tutto quel che avete combinato potete dire addio a tutte le vostre
speranze di
lasciare la mia base da vive!»
«Questo non lo aveva già detto prima
dell’esplosione?»
bisbigliò Mintaka a Deathstar, la quale annuì.
«Come atto di galanteria vi concedo di dire le vostre ultime
parole» concluse Megatron «Ora o mai
più».
«POTERE DELLA BOTTA DI
CULO AIUTACI!» gridò Deathstar, alzando
le braccia verso il cielo.
Cyclonus, Demolisher e perfino Thrust scoppiarono a ridere,
mentre Megatron guardò la jetformer con aria di sufficienza.
«Immagino che non
potessi aspettarmi qualcosa di meglio» commentò,
sollevando la Spada Stellare
«Add-»
La potente sirena di un allarme non meglio identificato
interruppe il mech prima che potesse finire la frase.
«Il sistema dev’essere tornato a funzionare almeno
in parte»
osservò Demolisher «Significa che ci sono altri
intrusi?»
«Questo non è l’allarme degli
intrusi!» esclamò Starscream,
improvvisamente molto allarmato «Questo è
l’allarme dei-»
«METEORITIIIIIIII!»
urlò Cyclonus, indicando il cielo.
Dal quale stava arrivando una scarica di meteoriti di
grandezza variabile che stava per cadere loro addosso.
«Abbiamo una barriera apposta, ci
proteggerà!» esclamò
Megatron.
«La barriera avrebbe dovuto essere già attiva! Via
di qui!»
gridò Thrust, dandosi alla fuga più velocemente
che poteva e, nonostante ciò,
senza riuscire a evitare di subire almeno parzialmente
l’impatto del primo
meteorite che precipitò a terra.
Megatron, come aveva fatto in un’altra occasione con lo
Scudo Stellare quando era ancora in suo possesso, distrusse con la
Spada
Stellare il meteorite che stava per colpirlo. «Questo
è maledettamente
impossibile!» sbraitò «Tu-»
Si era rivolto alla jetformer che fino a poco prima era a
terra, ma ormai né lei né la sua amica
c’erano più.
Sollevò lo sguardo e, quando le vide rientrare nella base in
direzione del teletrasporto, si lanciò
all’inseguimento, salvo venire sbalzato
indietro da un frammento di meteorite che cadde poco avanti a lui.
“Possibile? Possibile che sia solo una
coincidenza?!”
Rialzandosi fece in tempo a vedere le due femmes armeggiare
brevemente col teletrasporto e poi, senza voltarsi indietro,
scomparire,
dirette chissà dove -ma di certo sulla Terra-.
Fu allora che, com’era iniziata, la pioggia di meteoriti
finì.
«F-finita? è
finita?» balbettò Demolisher «Megatron!
Come stai? Sei stato colpito?!»
«No, sto bene» disse il mech «è
tutto a posto, lo stesso però non si può dire
della base…
ed è tutta colpa di chi dovrebbe occuparsi della
manutenzione del sistema! E
anche di chi, quando ha cercato di dare l’allarme, non
è stato capace di fare
niente per riattivarlo!» ringhiò «In
breve, la colpa di tutto questo è
soprattutto tua, Starscream!»
«La colpa è di chi le ha viste per primo e non ha
avvertito
nessuno, se mai!» ribatté il seeker, guardando
Demolisher.
«Guarda che io lo avevo detto subito a Megatron!»
ribatté
questi.
«Concentriamoci sul fatto che la Spada Stellare sia ancora
al suo posto» intervenne Thrust, visibilmente danneggiato,
trascinandosi vicino
al resto della squadra «Se volevano quella, non
l’hanno ottenuta!»
«Io mi concentrerei di più sul fatto che quelle ci
hanno
fatto arrivare addosso una scarica di meteoriti!»
replicò Cyclonus.
«Mera causalità» tagliò corto
Thrust.
“Io non ne sono altrettanto convinto ma, se davvero non
è
stato un caso, devo trovare il modo di impadronirmi di quel
potere” pensò
Megatron.
*** Terra, appena
fuori dalla base degli Autorobot ***
Stylequeen sospirò. Lei e le altre, ovunque fossero, avevano
fatto un viaggio così lungo per nulla, e oltretutto sembrava
anche che non
avrebbe potuto tornare a casa molto presto: gli Autorobot, prima di
partire
alla ricerca di Deathstar e Mintaka, le avevano detto che il
teletrasporto
inverso al momento non funzionava.
Sentendo il suono di una comunicazione in entrata nel
comm-link, la femme sospirò ancora, ma in modo nervoso. Dopo
la delusione
ricevuta non aveva la minima voglia di mettersi a discutere con Pkangu
o con
Zoira -l’ultimo membro del gruppo, femme anch’essa-
che sicuramente sarebbero
stati pronti a far loro una predica, ma sembrava proprio che non
potesse fare
altrimenti.
«Sentite, evitate commenti ok?!» fu la prima cosa
che disse
quando accettò la comunicazione «Sono
già abbastanza nervosa per aver scoperto
di essere molto più rosa della vernice che cercavo, quindi
se ora vi mettete a
dire che non dovevamo andare di qui o di là giuro che quando
vi rivedo finisce
a botte, non sto scherzando!»
–Io te lo avevo detto
che era una pessima idea– disse Pkangu, ignorando
l’avvertimento –Soprattutto
visto che al momento, stando ai
dati che ho crackato dai database di Autorobot e Decepticon, entrambe
le
fazioni hanno problemi col teletrasporto.–
«E noi come potevamo saperlo?!»
–Non sareste dovute
andare all’altro capo del cosmo, in primis, tantomeno dopo
esservi introdotte
in una base militare! Ti rendi conto che fare tutto questo per una
vernice è
folle?!–
«Tu non puoi capire, Zoira, non hai il mio stile!»
–Ma ho più buonsenso!
Deathstar e Mintaka dove sono?–
«Non ne ho idea» ammise Stylequeen «Anche
se mi hanno
parlato di una base dei Decepticon sul satellite che orbita attorno
alla Terra,
quindi se non sono qui saranno a fare danni lì».
–Poveri loro allora–
commentò Pkangu –Comunque
sia ho buone
notizie: prediche a parte, io e Zoira abbiamo trovato una base militare
abbandonata da tempo e siamo riusciti a rimetterne in funzione i
sistemi,
teletrasporto a lungo raggio incluso. Dunque quando quelle due
spunteranno
fuori tu fammelo sapere, vi riporteremo a casa.–
«Va ben-»
Fu allora che Deathstar e Mintaka, trasportate dal vortice
deformante dei Decepticon, comparvero all’improvviso a pochi
metri da lei.
«Ce l’abbiamo fatta!» esclamò
Mintaka «Ce l’abbiamo fatta!»
«Viva il Potere Della Botta Di Culo! Viva il… Stylequeeeeeeeeeen!»
strillò Deathstar,
indicandola «Eccola! L’abbiamo
ritrovata!»
– Mi sembra
di sentire le loro voci o sbaglio?–
«Sì, Zoira, sono loro. Si può sapere
dov’eravate finite voi
due?! Mentre vi divertivate io ho subito la delusione più
grande della mia
vita!» disse Stylequeen, con aria drammatica «Il
Pinkest Pink è dieci volte più
slavato del mio rosa, abbiamo fatto un viaggio inutile e voi non
eravate qui a
confortarmi!»
«Siamo sbucate nella base dei Decepticon e ci siamo messe a
cercarti, non è colpa nostra!» ribatté
Deathstar «Chissà se sono sopravvissuti
ai meteoriti…»
Meteoriti.
Stylequeen preferì non fare commenti, decidendo invece di
avvisare i ragazzini umani all’interno della base.
«Vi ringrazio per tutto ma
le mie amiche sono rispuntate fuori, come immaginavo, e ora torniamo a
casa.
Potete avvertire Optimus e gli altri, per favore? Grazie»
disse rapidamente «E
ora andiamocene, dopo questa disgrazia ho proprio bisogno di un lungo
bagno all’olio
caldo!»
Prima ancora che potessero essere avvertiti, Optimus e
Scavenger fecero ritorno alla base, riuscendo appena in tempo a vedere
le tre
femmes sparire in un portale di teletrasporto a lungo raggio.
«Ma che diavolo?!...» Scavenger corse sul posto
«Optimus!
Sono scomparse!»
«Eppure il teletrasporto inverso al momento non
funziona» si
stupì Prime.
I due mechs si guardarono.
«Squadra, le due disperse sono state ritrovate e sono
tornate a casa tutte e tre. Non facciamoci domande su come, limitiamoci
a
essere felici di non dovercene più occupare» disse
Scavenger nel comm-link
«Perché se per disgrazia le altre due fossero
state come la loro amica rosa avrei
preferito affrontare i Decpeticon disarmato, piuttosto!»
C’erano ancora tanti quesiti irrisolti… ma forse,
visti i
soggetti cui si riferivano, era meglio così.
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Capitolo 2 *** Deviant Team- Ave Maria of Gracefully Flying Chickens ***
C’erano
tante cose che
Megatron trovava abbastanza
fastidiose riguardanti gli esseri umani e, senza dubbio, quella che
più gli
dava noia era la dimensione ridotta delle infrastrutture che
costruivano. Le
volte in cui, per disgrazia, era obbligato ad avventurarsi in posti
diversi da
foreste, canyon, deserti e quant’altro, aveva sempre
l’impressione di trovarsi
nella versione estesa di una delle case di bambole della sua bab’ushka Valka.
Nell’idioma tipico del
settore di Cybertron in cui era nato
e cresciuto, una “bab’ushka” era quella
che un terrestre avrebbe chiamato
“nonna” -nel suo caso specifico la nonna paterna-
ed era una figura da
rispettare a prescindere. Se poi era una femme dal mestolo facile e
tanto grossa
quanto maledettamente svelta, lo diventava ancora di più.
Ricordava ancora quelle case di
bambole e quanto le aveva
sempre detestate fin dal profondo della propria Scintilla: la sola cosa
buona
della somiglianza tra esse e gli edifici terrestri, dunque, era la
consapevolezza
di poterli distruggere senza che nonna Valka lo prendesse a mestolate
dopo
averlo afferrato per le corna per impedirgli la fuga.
Edifici terrestri comunque molto
più piccoli del casermone
grigiastro dagli esterni poco illuminati cui si trovavano davanti,
circondato
da una rete che non sarebbe stata un problema per nessuno di loro.
«Quindi ora noi dovremmo
entrare lì dentro?» domandò
Cyclonus.
«Il Minicon si trova
lì. Questo sembra un posto meno
desolato del solito» osservò Demolisher.
«Però umani
attorno non se ne vedono lo stesso. Forse questa
“Polleria”» così recitava
l’insegna letta da Starscream «E anche gli edifici
circostanti vengono usati solo di giorno».
Non aveva tutti i torti, essendo
quella una zona industriale
nella quale non c’erano abitazioni private.
Ancora una volta avevano avuto una
certa fortuna, o così
pensò il seeker, che però sapeva fin troppo bene
che non era una cosa saggia
parlare a Megatron di “fortuna”: il rischio che
tornasse ad aggiungere a quella
verso il potere e verso la sconfitta di Optimus anche
l’ossessione verso le due
strane femmes che avevano quasi rubato la Spada Stellare era fin troppo
alto.
La visione dei filmati di
sorveglianza che avevano
registrato tutte le peripezie di quelle due -e confermato che erano
davvero in
cerca della loro amica, per quanto fosse assurdo!- non lo aveva
dissuaso, anzi,
l’aveva solo persuaso maggiormente del fatto che quella
pioggia di meteoriti
non fosse stata una coincidenza.
Si era convinto che
l’avessero causata loro o, più
precisamente, che potesse averla causata la jetformer dalle ali rosse
chiamata
“Deathstar”, e si era anche convinto che un simile
potere nelle sue mani gli
avrebbe permesso di conquistare Cybertron e l’Universo in
modo assai più
rapido, ragion per cui c’era stato un lasso di tempo in cui
si era fissato con
l’idea di doverla -o doverle- ritrovare per forza.
Starscream, pur essendo convinto
quasi quanto Megatron che Deathstar
o entrambe avessero un potere strano, era di tutt’altro
avviso: non vedeva come
una cosa simile potesse essere controllabile da chicchessia, sarebbe
stato come
maneggiare dell’esplosivo senza seguire alcuna norma di
sicurezza sperando che
non esplodesse lo stesso, quindi secondo la sua opinione sarebbe stato
meglio
tenersene ben lontani.
Peccato che la sua opinione non
contasse un accidenti, e che
quindi tempo prima si fosse trovato anche in mezzo a
un’incursione nella base
degli Autorobot, quando Megatron aveva pensato che quelle due -o tre,
se
avevano trovato l’amica perduta- si nascondessero
lì. Pensiero che poteva anche
avere senso, perché in teoria il teletrasporto
Terra/Cybertron non funzionava
da un po’, ma che si era rivelato inesatto.
La brutta sconfitta che era seguita
non lo aveva sorpreso
più di tanto, purtroppo, mentre sentire Optimus Prime dire
che “le donne in
questione non erano più sulla Terra da un pezzo ed era meglio così” lo
aveva stupito molto di più.
«Andiamo lì
dentro e basta» sbuffò Megatron, schiacciando di
proposito la recinzione mentre entrava nel perimetro della polleria
«Prima troviamo
quel Minicon, prima potremo andarcene da qui… cosa? Che
significa che “il
Minicon si sta muovendo”?!» si stupì,
sentendo Leader One avvertirlo.
«Può essere che
si sia già risvegliato e stia cercando il
modo di andarsene» osservò Thrust «Se
non erro è già capitato in passato che un
Minicon uscisse del tutto in autonomia dal proprio stato di
ibernazione».
«Era uno dei Minicon dello
Scudo Stellare» confermò
Starscream.
«O è
così o gli Auturobot sono già lì
dentro e se lo stanno
portando via!» esclamò Megatron
«Muoviamoci!»
«’Star…»
«Dimmi,
‘Taka».
«Io qui di polli vivi non
ne vedo».
Deathstar e Mintaka, munite di caschi
con fari luminosi e la
solita ignoranza di chi ignora, si stavano aggirando
all’interno della polleria
da circa dieci minuti, e in tutto quel tempo non avevano trovato un
solo
gallinaceo che avesse ancora la testa e le piume.
La sola cosa che avessero ottenuto
col loro girovagare a
vuoto era stata quello che Deathstar aveva definito “un
cosino verde luminoso”,
che Mintaka invece aveva raccolto e identificato come un Minicon
ibernato.
Lo avevano trovato appena arrivate,
perché il teletrasporto
le aveva fatte finire nei sotterranei della polleria. Non erano
riuscite a
spiegarsi la loro grandezza ingiustificata, tale da restituire loro
l’eco delle
rispettive voci mentre parlavano, né il motivo per cui le
pareti recassero
simboli strani -nonché una strana scritta, “Y’ai
‘ng’ngah, Yog-Sothoth
h’ee-l’geb e’
ai throdog uaaah”- né sapevano dire
quali mostri fossero raffigurati da
quelle statue dall’aria antica che avevano visto, ma a dir la
verità non
avevano neppure passato troppo tempo a chiederselo, preferendo uscire
alla
svelta da lì.
«Continuiamo a cercare, se
siamo davvero in una polleria»
una polleria gigantesca, la madre di tutte le pollerie, tanto era
grande «Allora
anche i polli vivi non possono essere tanto lontani» disse
Deathstar
«Piuttosto, del Minicon che abbiamo preso cosa ne facciamo?
Io non ne ho mai
avuto uno, non so come si usa».
«Non ne ho mai avuti
neppure io ma, da quel che so, si
connettono con te per potenziarti dopo aver analizzato la tua
struttura» le
spiegò Mintaka «In origine non avevano
quest’uso, dicono che la loro razza
abbia aiutato la nostra a costruire le città. Poi le cose
sono cambiate. Comunque
sia potremmo dare il Minicon a Pkangu… non
prenderà bene trovare la cuccetta
piena di polli!»
Ebbene sì: per quanto
potesse essere folle, quella era la
ragione per cui erano tornate sulla Terra.
Reduci dalla visione del film
terrestre “Galline in fuga” e
da una delle solite discussioni tra Deathstar e Pkangu, alle due
deviate del
Deviant Team era venuto in mente che portare qualche pollo nella base
militare
in disuso che avevano occupato fosse proprio una gran bella idea.
Possedere un
teletrasporto a lungo raggio funzionante aveva facilitato il gruppo sia
per
cose più serie, sia per idiozie come quella.
«Non si merita quel
Minicon!» protestò Deathstar «Ha detto
che faccio sempre casino!»
«Giocando con un videogame
hai fritto uno dei computer su
cui lavora» le ricordò l’altra.
Le jetformer fece spallucce.
«Non ho fatto apposta, lo sai,
mi sono pure scusata, che diavlo voleva
ancora?!»
Mintaka fece per rispondere, ma la
loro conversazione venne
interrotta dal rumore di una cannonata laser che sfondò
l’ingresso principale.
«Sparpagliatevi!»
ordinò Megatron nel fare irruzione
«Così
da trovare più in fretta quel…»
Si interruppe.
Le cose erano due: o stava avendo le
traveggole, o le femmes
di cui era andato in cerca fino a poco tempo prima erano lì
davanti a lui e
stavano accecando, senza volerlo sembrava, Cyclonus coi loro caschi
muniti di
fari luminosi.
«… che
cercavamo» proseguì «Ma guarda un
po’chi si rivede.
Restate ferme dove siete e datemi quel Minicon, noi tre dobbiamo fare
una
chiacchierata!»
«Eh, a proposito di
Chiacchiera, alla fine la nostra amica
l’abbiamo ritrovata poco dopo aver-»
«civuoleuccideRE-COOOOOOOOORRI!»
strillò Mintaka, lasciando cadere il Minicon e trascinando
via di peso
Deathstar senza tanti complimenti.
«Preso!»
esultò Thrust, scattato a prendere il Minicon con
la velocità di un ghepardo «Ce la siamo cavata
ancor prima di quanto pensassi,
possiamo anche ritirarc-»
«Non state lì
impalati, CATTURATE quelle due!»
sbraitò Megatron.
«Sissignore!»
esclamarono Cyclonus e Demolisher, senza particolare
entusiasmo, lanciandosi all’inseguimento.
«Cosa?!»
allibì lo stratega «Ma perché?! Abbiamo
quello che
volevamo!»
«Non finché non
le prenderemo, poche lagne e datti da fare!»
ribatté il leader dei Decepticon, iniziando a correre a sua
volta «…perché
quando dico di voler fare una chiacchierata pensano sempre ad
altro?!» borbottò
tra sé e sé «E le voglio illese! IDIOTA!»
urlò a Thrust, che aveva iniziato a sparare alle due donne
senza riuscire a
colpirle nemmeno una volta.
«Aaah… come
vuoi» disse lui, seccato «Però al di
là del
volerle vive non capisco perché le vuoi anche
illese».
Demolisher perse
l’equilibrio su un grosso nastro
trasportatore, e dai suoi cannoni partì un raggio laser che
colpì una trave
metallica del soffitto, che si ruppe cadendo addosso a un Thrust che
solo per
miracolo riuscì a evitarla.
«MA
COS-»
«Ecco
perché» disse Starscream, mentre saltava la trave
«Hai
già dimenticato i meteoriti?»
«Quella è stata
una coincidenza, solo una coincidenza,
esattamente come questa della trave, va bene?!»
ribatté Thrust «Non vorrai
dirmi che sei così idiota da credere alla magia?!»
«Perché non vai
a spiegare anche a Megatron che è un idiota,
allora?» ribatté il seeker «Ma
più che altro forse lo sei tu per aver
dimenticato la testa fluttuante di Sideways, che abbiamo cacciato
qualche tempo
fa. Quello è plausibile e questo no?»
«Sideways è
Sideways» replicò l’altro Decepticon nel
diventare invisibile «Queste due sono solo delle deficienti
che sbucano nei
posti più assurdi!»
Starscream fece spallucce.
«Se ti piace pensare così…»
Nel frattempo, Cyclonus aveva quasi
raggiunto le ragazze.
«Inutile che proviate a scappare, signorine, siamo in
troppi… e Megatron vuole
vedervi già da un po’!»
«’STAR!
Ci è addosso!»
strillò Mintaka.
«Esatto!» rise
l’elicottero «Quindi meglio che-»
Non completò mai la frase:
mise il piede su un muletto,
scivolò e cadde all’indietro, proprio addosso al
povero Demolisher che era poco
dietro di lui, e l’impatto fu tanto forte da far addirittura
perdere i sensi a
entrambi.
«Ho lasciato loro il
Minicon, se ci inseguono ancora è
perché vogliono ammazzarci» disse Mintaka
«Non c’è altra spiegazione».
«O vogliono quello che
abbiamo in mezzo alle gambe, sono
disposta a scommetterci venti crediti. Questi non vedono la valvola da
un
pezzo, ricordi?»
«Scommessa
accettata».
Deathstar alzò lo sguardo.
«Andiamo lassù!» esclamò,
indicando il piano superiore.
«Ma la rampa per andare su
era prim… ok non serve» concluse,
decidendo di usare Demolisher come appoggio per arrivare a destinazione
«Ti
aiuto a salire, sbrigati!» esclamò poi, tendendole
le mani.
“Sono i momenti come questo
quelli in cui rimpiango di non
saper volare” pensò Deathstar, aggrappandosi a
Mintaka. «Ci sono!»
La sua gamba destra venne stretta da
una morsa.
«Non andrete da nessuna
parte, invece» affermò Thrust, tornando
visibile «Non so bene perché Megatron si sia
fissato con voi ma stando così le
cose» evitò i calci che la jetformer cercava di
dargli con la gamba libera «Ne
approfitterò per farvela pagare una volta che non vi
vorrà più illese!»
“Ci vuole
illese?” si stupì Mintaka, che nella fuga non
aveva fatto caso a cos’aveva sbraitato Megatron in precedenza.
«Te l’ho detto
già l’altra volta, Coso, ti auguro di morire
malissimo, perché tu non mi piaci!»
sbottò Deathstar, contorcendosi nella sua
presa «Per niente!»
Il rumore metallico di qualcosa di
grosso che si stava
inesorabilmente piegando fece voltare tutti e tre verso sinistra,
giusto in
tempo per vedere una grossa cisterna -contenente chissà
cosa- che a causa delle
troppe vibrazioni del pavimento, dovute a corse, cadute e
quant’altro, si era
pericolosamente sbilanciata e stava precipitando nella loro direzione.
«Toh!»
esclamò la jetformer, riuscendo a dare un calcio in
testa a Thrust e a liberarsi per essere tirata su appena prima che la
cisterna
la raggiungesse.
Da Thrust, che invece venne colpito
in pieno, giunse solo un
urlo soffocato; poi la cisterna si schiantò a terra e si
ruppe, rivelando di
essere piena d’acqua e causando uno tsunami di proporzioni
epiche all’interno
della polleria.
Sempre se si trattava di una vera polleria
e non una strana copertura
di un luogo di culto di
qualche genere o la futura dimora e magazzino di cibo di qualche
creatura gigantesca
e orripilante, perché in tal caso c’era da
chiedersi cosa facessero lì un
sotterraneo con idoli mostruosi e un affare di quelle dimensioni.
«Deathstar, stai
bene?!» domandò Mintaka, aiutandola ad
alzarsi.
«Io sì! Spero
che invece il tizio con la testa a punta sia
crepato» disse Deasthstar «Ora mi sa che facciamo
meglio ad andarcene, prima
che-»
A pochi passi da loro, Megatron
saltò fuori dalla “piscina”
che ormai era diventata il piano inferiore, totalmente allagato.
«Pare che vi piaccia
fare danni, eh?! Perlomeno stavolta non sono nella mia base! E non
provate a
fare una mossa» le avvertì, puntando il cannone
contro di loro.
«Siamo partiti col piede
sbagliato ma in realtà noi non
volevamo fare casino, noi cercavamo solo Stylequeen, tutto il resto
è stato un
effetto collaterale, quindiiiii…
potresti non spararci?» gli chiese Deathstar «Per
questa volta?»
«Non
sarebbe mia
intenzione spararvi ma se tenterete di fuggire potrei sempre cambiare
idea».
«Che vuoi da noi? Il
Minicon lo hai già» gli ricordò Mintaka
«L’ho lasciato cadere».
«Ed è uno dei
motivi per cui ho ordinato ai miei uomini di
non colpirvi. Però il Minicon non mi basta. Non sono sicuro
se siate entrambe o
solo tu, femmina con le ali rosse, e intendo capirlo presto…
ho dei piani per
chi è in grado di fare questo» indicò
l’acqua «E cose come quella dei
meteoriti».
«Ma non siamo state noi,
è stato il PDBDC, il Potere Della
Botta Di Culo! E comunque mi chiamo Deathstar, non “femmina
con le ali rosse”»
disse la jetformer, un po’ più tranquilla di
quanto sarebbe stato normale «Che
faresti se ti chiamassi “maschio
cornuto”?»
«Se non fossi single la
prenderei male» rispose Megatron, di
getto.
Mintaka annuì.
«Mi pare lecito».
“Sembra che si siano
calmate un po’. Forse riuscirò a farle
venire con me senza faticare oltre” pensò mech.
«Tornando a noi: voi due diventerete
Decepticon e farete la vostra parte nella mia conquista
dell’Universo».
«Ma noi non vogliamo
diventare Decepticon, noi vogliamo solo
dei polli vivi da mettere sulla cuccetta di un nostro amico»
disse Deathstar
«Siamo qui apposta».
Avevano attraversato lo spazio per
dei polli.
Chissà perché,
Megatron non stentava a crederlo.
«Non mi interessa dei
vostri polli! E comunque gli organici
di questo pianeta primitivo non possono sopravvivere altrove senza
aiuto!»
«Ah no? La loro biologia
non glielo permette? Peccato»
sospirò Mintaka «Abbiamo fatto un viaggio a vuoto.
Comunque grazie per l’offerta
ma non siamo interessate a diventare Decepticon, noi un gruppo ce lo
abbiamo
già».
«Era
l’illustrazione di quello che sarà il vostro
futuro,
non un’offerta».
Deathstar e Mintaka si guardarono.
«Dici che il momento di
quiete prima del nuovo casino è
finito e che quindi dovremmo cercare di scappare nel corridoio dietro
di noi,
‘Star?»
«Penso di sì,
‘Taka. Non penso che sia molto contento di
sapere che non vogliamo fare le Decepticon».
Era una situazione surreale anche per
Megatron, che pure non
era nuovo ad avere a che fare con stravaganze di vario tipo.
Una situazione surreale…
che divenne ancor più strana
quando, nei meandri del corridoio indicato da Mintaka, iniziarono a
udirsi un rumore
di passi metallici e l’eco di una voce femminile
arrabbiatissima che diventava
man mano sempre più chiara.
«Quelle due se ne vanno in
giro, Zoira è in ricognizione,
Pkangu deve occuparsi del teletrasporto e quindi chi è che
deve andare a
recuperarle?! IO! E chi altri?!
Sono
stata nella mia vasca di olio solo dieci minuti, ci rendiamo conto?!
Avevo
detto che non volevo essere disturbata per almeno due ore e invece no,
sia mai
che possa farmi un bagno in pace! E sono sbucata in un sotterraneo
bruttissimo!
E
mi
sono persa!»
Prima ancora che il leader dei
Decepticon potesse chiedersi
di chi si trattava, Deathstar e Mintaka corsero a nascondersi dietro di
lui.
Quale che fosse la minaccia in
avvicinamento doveva essere
terribile, se aveva portato a rifugiarsi dietro di lui due femmine che
volevano
scappare fino a un attimo prima.
«Che sta
succedendo?!»
«Stai per conoscere
l’amica che cercavamo l’altra volta»
disse Deathstar a Megatron.
«Ma quelle due mi
sentiranno! LE PICCHIO!»
continuò a sproloquiare Stylequeen, la cui figura
iniziava a intravedersi nel buio.
«Se la cercavate siete
piuttosto masochiste» commentò il
mech «Al posto vostro l’avrei…»
Stava per dire “lasciata
dov’era” ma quando Stylequeen, in
tutto il suo rosa e la sua immane “gnoccaggine”,
mise piede fuori dal
corridoio, dovette mordersi la lingua per non completare la frase con
un poco
elegante quanto veritiero “scopata in ogni verso possibile e
immaginabile”.
L’effetto dovuto
all’apparizione della femme tuttavia finì
molto presto.
«VOI
DUE!»
Per la precisione appena lei
aprì bocca nuovamente.
L’aura da rottura di
scatole galattica, oltre a essere simile
a quella di nonna Valka, era troppo potente per essere contrastata da
qualsiasi
altra cosa.
«Si può sapere
perché siete tornate su questo buco di
pianeta i cui abitanti non sono in grado di creare un rosa come si
deve?! Eh?!»
strillò Stylequeen «Che vi è saltato in
testa, si può sapere?! Guardate che
avete combinato!»
“MEGATRON!
Guarda
cos’hai combinato!”
“Io
le odio quelle
case delle bambole, va ben- IL MESTOLO NO! Ahi! AHIO!
Bab’ushka!”
“Che
ti è saltato in
mente?! Disgraziato! Vergognati!”
“Ora lo so: mia nonna non
è dispersa, è morta e si è
reincarnata in questa femmina qui” pensò Megatron,
con i flashback della
propria infanzia a scorrergli ancora davanti agli occhi “Ma
io sono un mech
adulto adesso! Il ricordo di nonna Valka non ha più potere
su di me!”
«Difendici!»
esclamò Deathstar «Sei grande e forte e hai
anche un cannone grosso e lungo… quanto?»
«Mi stai davvero chiedendo
quanto è lungo il mio-»
«Quattro metri e
quarantadue centimetri!» dichiarò Mintaka,
dopo una breve misurazione «Più lungo della
media».
Tutto quel che Megatron riusciva a
pensare era un gigantesco
“Ma COSA”- e non c’era da far altro se
non capirlo.
Gli sembrava di trovarsi in un sogno
molto strano, complici
l’assenza di rumore attorno a tutti loro, il fatto che i suoi
uomini fossero chissà
dove -tre forse erano sott’acqua, ma Starscream che fine
aveva fatto? Che fosse
stato colpito anche lui?- e l’atteggiamento alquanto bizzarro
di quelle due
femmes.
Anzi, tre, perché anche
quella rosa non si era minimamente
scomposta nel trovarsi davanti a lui.
«Volete smetterla di fare
le deficienti?! È
megatron!» strillò
Stylequeen «Il tizio che ha cercato di uccidervi
l’altra volta, avete presente?!»
«Che le persone tentino di
ucciderci quando ci incontrano la
prima volta non è una novità, statisticamente
succede nel 77,28% dei casi»
replicò Mintaka «Solo che quando stavamo per
cercare di fuggire da lui sei
arrivata tu e abbiamo concluso che tu, da arrabbiata, sia peggio di
lui!»
«Come come?! Io sono
Megatron, leader dei Decepticon e
futuro dominatore dell’Universo!»
protestò il mech, afferrando entrambe le
femmes per un braccio «Sono la sola e unica vera minaccia che
possiate
incontrare in questo stramaledetto posto e ho-»
«Una corazza dai colori
orribili: cosa c’entrino insieme il
grigio, il rosso, il verde e il viola lo sai solo tu, una cosa del
genere non
si può proprio guardare, te lo dico, non so come tu possa
sentirti a posto ad
andare in giro conciato così» sospirò
Stylequeen «Quindi ascolta, lascia andare
Deathstar e Mintaka, così prima di tornare a casa possiamo
fissare un
appuntamento per un recolor, non ti farò nemmeno pagare,
è un atto di pietà».
Sì: ogni minimo briciolo
di senso che potesse avere quella
nottata era andato a farsi benedire, e lui si sentiva sempre
più vicino al
punto in cui avrebbe iniziato a sparare a tutto e tutto o avrebbe
sfondato la parete
per lasciare la polleria, lasciare il quartiere, la città,
la nazione, il
pianeta, la galassia…
Eppure, ancora una volta,
cercò di mantenere i nervi saldi.
«Non sono interessato ai recolor e sono eccezionalmente di
buon umore per aver
trovato chi volevo trovare, nonostante l’assurdità
della serata, dunque ti
suggerisco di toglierti di torno alla svelta. Le tue amiche invece
restano con
me. Hanno delle abilità che voglio, o comunque le ha una
delle due».
«Vuoi questo?»
Stylequeen indicò il disastro «Perché
di
questo si tratta!»
«Da scatenare contro i miei
nemici? Certo» annuì Megatron.
«Non è
controllabile, non lo è mai stato, guarda quel che ci
è capitato stasera solo perché io e Mintaka siamo
venute in cerca di polli»
disse Deathstar, senza neppure provare a divincolarsi dalla presa del
Decepticon «Non è che volessi questo, eppure come
simili capitano lo stesso
tutte le volte!»
Dopo qualche breve istante
d’immobilità, Megatron lasciò
andare Mintaka, spingendola verso Stylequeen. Aveva capito che non era
necessaria. «Però sopravvivete. Diventa una
Decepticon, vinciamo la guerra e
avrai tutti gli onori che il signore dell’Universo intero
potrà darti» disse,
passando dallo stringere il braccio di Deathstar a stringere la sua
mano «Anche
il tuo cosiddetto “gruppo” sarà a posto,
non verrà mai toccato. Cosa mi dici?»
Un’offerta del genere non
era sorprendente come poteva
sembrare: in passato aveva proposto a Hot Shot di unirsi ai Decepticon
per
“scoprire il suo vero potere” e aveva anche salvato
da un incendio un
Autorobot, tal Wheel Jack, in cambio di lealtà assoluta,
ciò senza che nessuno
dei due fosse in grado di fargli cadere addosso meteoriti e cisterne.
«Dalla mia risposta
dipenderà anche l’uso che farai del
cannone?»
Megatron le avrebbe fatto volentieri
notare quanto quella
domanda suonasse ambigua, tuttavia non ne ebbe il tempo materiale.
Si sentì il rumore di
un’esplosione e, dopo ciò, le luci
finora spente si accesero tutte alla massima potenza, i macchinari
presenti
-non più totalmente coperti dall’acqua, che
finalmente aveva iniziato a
defluire- iniziarono a fare un baccano infernale, e
l’impianto audio
dell’intero edificio cominciò a riprodurre una
canzone.
“Ave
Maria!
Jungfrau
mild…”
Le luci dei fari lo stavano accecando
quasi completamente.
Era il “quasi”
tuttavia a fare la differenza, permettendo ai
suoi sensori ottici di scorgere in modo piuttosto chiaro qualcosa che gli fece
comprendere che si era
sbagliato a pensare che la nottata non potesse diventare ancor
più assurda.
“Erhöre
einer Jungfrau
Flehen,
Aus diesem
Felsen
starr und wild…”
Il tempo, complice quella canzone
-trovata da lui noiosa in
quanto lenta, oltre che cantata in una lingua sconosciuta- sembrava
quasi aver
rallentato, creando una visione degna di un pazzo.
“Soll
mein Gebet zu
dir hin wehen, Zu dir hin wehen.
Wir schlafen
sicher
bis zum Morgen,
Ob Menschen
noch so
grausam sind”.
Perché solo nella visione
di un pazzo si sarebbero potuti
vedere dei cadaveri spennati e decapitati di volatili terrestri venire
sputati in
alto dai macchinari e precipitare addosso a tutti loro come una
delicata
pioggia primaverile.
“O
Jungfrau, sieh der
Jungfrau Sorgen,
O Mutter,
hör ein
bittend Kind!”
Megatron, unico e solo leader dei
Decepticon, si chiese
cos’accidenti stesse diventando la sua vita.
“Ave
Maria!”
E, soprattutto, come si fosse potuti
arrivare a ciò partendo
dalla classica caccia a un nuovo Minicon.
Ah, ma che sciocco: aveva la risposta
accanto a sé, la stava
tenendo per mano.
«Cos… ma
dov’è andata?! Si è
liberata!» trasecolò,
rendendosi conto di star stringendo solo aria.
Doveva aver perso la presa su di lei
senza rendersene conto,
cosa che le aveva permesso di sgattaiolare via assieme alle sue amiche,
delle
quali non riusciva a vedere nemmeno i contorni.
«Le incontrerò
ancora. LA
incontrerò ancora, e questa volta non andrà da
nessuna parte, quant’è vero che
il mio nome è Megatron!»
.:: Base degli
Autorobot ::.
Jetfire scosse lentamente la testa.
Le immagini che stavano arrivando sui
monitor grazie a
Laserbeak, alias il gingillo che Red Alert aveva costruito ai
ragazzini,
riguardo l’attività dei Decepticon erano tali da
non poter suscitare altra
reazione.
Inizialmente, quando Laserbeak era
entrato nell’edificio e
aveva visto Megatron con quelle due femmes sconosciute, il secondo in
comando
si era preparato a dire a tutti quanti di intervenire; non solo
perché era
giusto così, ma anche perché tutto sommato erano
carine e non sembravano pazze
isteriche come la femme rosa che aveva conosciuto l’ultima
volta.
Femme che era arrivata poco dopo e
che aveva metaforicamente
fatto incollare al pavimento i piedi di Jetfire: la voglia di avvertire
chicchessia gli era passata completamente, e comunque non gli era
più sembrato
che le altre due avessero chissà quale bisogno di aiuto per
scappare da
Megatron, dal momento che si erano rifugiate dietro di lui
all’arrivo di
Stylequeen.
Non che si sentisse di dar loro
torto, lui stesso tra
l’affrontare un Megatron arrabbiato e quella femme tutta rosa
-e altrettanto
arrabbiata- avrebbe scelto Megatron senza alcuna esitazione,
già solo perché
tirargli un pugno in faccia non avrebbe generato dubbi tipo
“È più sessista
colpirlo o non colpirlo?”.
E ora c’erano i polli morti.
La pioggia di polli a suon di musica.
“Cosa sto
vedendo?” pensò.
«Jetfire?»
Fece caso a malapena del fatto che
Optimus Prime, appena
entrato nella stanza, lo stesse chiamando.
“Cosa sto vedendo ma,
soprattutto, perché?”
«Jetfire? Non mi hai
sen…»
Anche Optimus iniziò a
guardare i monitor.
Silenzio tombale.
«Deduco» disse
dopo un po’ «Che le tre civili possano essere
tornate sulla Terra».
«Prima di questo stavano
parlando con Megatron abbastanza
tranquillamente, Optimus» confermò Jetfire, ancora
ipnotizzato a guardare lo
schermo «Non credo abbiano bisogno del nostro
aiuto».
«Le cose stanno
così? Capisco» concluse il leader degli
Autorobot.
Pochi secondi dopo
l’immagine proiettata sul monitor tornò
buia, però poterono vedere bene che Megatron era da solo.
Jetfire spense tutto.
«Facciamo conto di non aver visto
niente, per stavolta. Ti prego».
«Di certo non vedo civili
da aiutare» rispose Optimus, con
semplicità «Nulla che richieda il nostro
intervento, essendo già tutto
distrutto non possiamo fare nulla nemmeno su quel fronte».
E anche stavolta, con buona pace dei
sonni tranquilli di
Optimus, l’etica era salva.
.: La polleria :.
«Perché ci stai
aiutando a fuggire? Tu sei un Decepticon»
disse Mintaka, dopo che Starscream ebbe divelto la porta di
un’uscita
secondaria.
Approfittando della scena assurda dei
polli, il Decepticon
aveva preso tutte e tre le ragazze -erano di stazza un po’
ridotta rispetto
alla sua- e le aveva portate via, all’uscita che aveva
cercato e trovato
durante tutto il macello che c’era stato e da cui si era
intelligentemente
tenuto fuori.
«Perché
è sveglio e cavalleresco, tutti i mech con i colori
abbinati bene di solito lo sono» sorrise Stylequeen,
ammiccante.
«Vi sto facendo fuggire
perché se qualcosa andasse storto quella…
cosa… che fate potrebbe ritorcersi contro tutto il nostro
esercito, cosa a cui
non tengo. Sto aiutando più la mia fazione che
voi» disse il seeker «Per questo
mi sono nascosto e, quando mi è venuta l’idea, ho
fatto saltare il quadro
elettrico. Evitate di tornare sulla Terra, non è detto che
riusciate a fuggire
un’altra volta… e sarà bene che mi
sbrighi anche io a farmi trovare “privo di
sensi” sotto qualcosa, altrimenti dovrò vedermela
con Megatron».
«Ma vieni con noi,
no?» lo invitò Mintaka «Almeno non
dovrai
vedertela con nessuno in ogni caso!»
«Io ho prestato giuramento
di fedeltà a Megatron» ribatté
Starscream «E comunque siete un po’troppo assurde
per i miei gusti. Muovetevi».
Tutte e tre, dopo averlo ringraziato,
non se lo fecero
ripetere due volte e corsero via.
«Pkangu, le ho
trovate» disse Stylequeen nel comm-link
«Teletrasportaci
via, ti dico i dettagli appena torniamo».
–In
che casino si sono
messe stavolta?– sospirò il mech.
«Volevamo dei volatili vivi
da metterti nella cuccetta!»
strillò Deathstar.
–Ti
lascio lì.–
«Se Megatron non si fosse
messo in testa di volerla, presumo
nella speranza di distruggere gli Autorobot a suon di meteoriti e
satelliti che
cadono, appoggerei l’idea» disse Stylequeen
«Vai, Pkangu».
–Speriamo
di non dover abbandonare questa base troppo
presto per colpa dei Decepticon. Una cosa però è
sicura: voi tre, sulla Terra,
mai più!–
«Mi sa che non conviene,
no» sospirò Mintaka, prima di
essere teletrasportata via.
Note
finali
- il nome "Yog Sothoth" e il culto bizzarro di cui si
accenna
dovrebbero risultare familiari a chi ha presenti le opere di Lovecraft
:)
- questo capitolo probabilmente non sarebbe mai nato, se non avessi
beccato questo video
... dal
quale è tratto anche il titolo!
Nient'altro da dire se non un ringraziamento per chi ha letto :)
|
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Capitolo 3 *** Deviant Team- La bolla (parte 1) ***
Seduta
accanto al fuoco di un bivacco in una zona di
Cybertron devastata ma al momento tranquilla, Zoira -femme jetformer
colorata
di vari tipi di azzurro e membro più
“normale” del Deviant Team- stava
osservando il cielo da qualche minuto.
Anzi, no: non
era il cielo l’oggetto delle sue attenzioni,
quanto piuttosto la luna di Cybertron, o meglio, quella che fino a quel
momento
avevano tutti conosciuto come tale.
Normalmente i
satelliti erano inerti, non iniziavano a
tremare e spaccarsi, né facevano fuoriuscire corna
metalliche dalla loro
superficie, quelle di un mostro dal nome ancora sconosciuto e che di
inerte non
aveva proprio niente.
«Io
mi chiedo ancora cosa sia quell’affare lassù. Come
se il
casino tra Autorobot e Decepticon non fosse stato già
abbastanza».
«Direi
che “quell’affare lassù” sia,
principalmente, lo
stronzo per colpa del quale abbiamo dovuto scappare via dalla base
militare
abbandonata» disse in tono neutro Pkangu, jetformer grigio e
verde nonché unico
maschio del gruppo «In ogni caso penso di poter dare una
risposta parziale alla
tua domanda: le informazioni che sto prendendo dai database degli
Autorobot»
sollevò il datapad che aveva in mano «Dicono che
il nome di quel coso è
“Unicron”. Parlano di voglia di distruzione
generalizzata e poteri di vario
tipo. La sua esistenza è quasi più incredibile
del fatto che per una volta
Deathstar e Mintaka non c’entrino nulla con questo
casino…»
«Cadendo
nella bocca, o qualunque cosa sia quell’affare che Unicron
ha tra un corno e l’altro, non avresti fatto un soldo di
danno. Sappilo!»
esclamò Deathstar, aggiungendo l’universale gesto
del dito medio.
«Avrei
dovuto lasciare che lì dentro ci cadessi tu, se mai, come
c’è mancato poco che accadesse dato che non
voli» ribatté lui «Questo sì
che
non avrebbe fatto un soldo di danno!»
La base
militare abbandonata in cui si erano nascosti era
situata proprio sulla luna di Cybertron, a poche decine di metri da
dove la
“bocca” -o quel che era- di Unicron era fuoriuscita
dal terreno. Tutto quel che
aveva potuto fare il gruppo era stato andarsene in fretta e furia
agguantando
quel che aveva potuto agguantare, e se ci erano riusciti era stato
grazie a
Pkangu e Zoira che avevano portato via in volo le altre tre.
Il terremoto
che aveva devastato l’area aveva fatto crollare
il soffitto e le pareti sul teletrasporto a lungo e corto raggio,
purtroppo,
nonché sull’astronave che avevano utilizzato prima
del trasferimento nella
base.
«Ti
ho già ringraziato per il salvataggio, ma ricordami un
po’chi ha trovato questo posto per il bivacco, con tanto di
scorte di cubi di
energon in questi palazzi vicini mezzi crollati? Io e Mintaka!
Già! Io e lei!
Non tu! Tu eri troppo impegnato a creare nuovi filtri per le foto che
‘Queen
mette su InstaCybertron!»
«Ho
fatto anche
quello,
non “solo” quello, ok?! Voi avete trovato questo
posto ma sono io quello che
tiene tutti aggiornati in tempo reale sulle “zone
calde” in cui i due eserciti
-ma più che altro i Decepticon dal momento che ormai
controllano Cybertron
quasi del tutto- fanno maggiore casino. Zoira, se vuoi leggere
personalmente i
dati che ho trovato prendi il datapad, io dormo. Svegliami solo se
serve»
concluse Pkangu, sdraiandosi bocconi e poggiando la testa sulle braccia
conserte.
L’attimo
dopo era già addormentato, e Deathstar era pronta a
disegnare su di lui con un pennarello nero.
«Deathstar,
no» la fermò Zoira.
«Ma
Zooooiraaa….»
«Non
sei più una protoforma da tanto tempo, su».
Nel ricordarlo
a Deathstar, Zoira lo ricordò anche a se
stessa.
Sebbene su
Cybertron fosse sempre stata presente un po’di
tensione tra i due “poli” principali, le cui
capitali erano Kaon e Iacon, e tra
le rispettive milizie -che in seguito si erano infoltite anche grazie a
metodi
di riproduzione non naturali ma più veloci- Zoira poteva
ricordare che i tempi in
cui Megatron non aveva ancora scatenato la guerra erano stati belli.
Amava molto il
suo pianeta, vedere come si era ridotto
sarebbe stato come ricevere una pugnalata alla Scintilla ogni santo
giorno se
la presenza del resto del gruppo e le distrazioni che essa comportava
fossero
venute a mancare.
Quando si
soffermava a riflettere sul gruppo, Zoira si
rendeva conto di essere quasi fortunata.
Aveva perso molti dei suoi cari, come tutti quanti, aveva perso la casa
dove
aveva vissuto da giovane -di nuovo, come tutti quanti- e aveva perso
qualsiasi
prospettiva di carriera al di fuori di una in uno dei due eserciti;
tutto molto
spiacevole ma in quella tragedia generalizzata riusciva a rendersi
conto che,
da quando il Deviant Team era diventato la sua unica famiglia, aveva
vissuto in
una sorta di… bolla.
Erano
consapevoli che fosse in corso una guerra di
proporzioni epiche, eppure erano costantemente tagliati fuori da
quest’ultima.
Nei milioni di anni in cui era scoppiata e andata avanti, e anche nei
quattro
di “tregua”, non avevano fatto altro se non vagare
raminghi nello spazio e
venire coinvolti in assurdità varie che con Autorobot e
Decepticon non avevano
avuto a che fare -eccetto quelle due volte sulla Terra- e dalle quali
erano
usciti quasi o del tutto senza danni fisici; e anche adesso, nonostante
si
trovassero sul pianeta che era lo scenario principale del conflitto, se
avevano
visto delle battaglie era stato solo da lontano, e solo prima che
Deathstar e
Mintaka trovassero il loro attuale rifugio.
Quanti altri
Transformers presenti su Cybertron in quel
momento potevano permettersi di guardare il cielo, di dormire
tranquillamente,
di farsi fare fotografie e video da mettere sui social e fare
stupidaggini in
generale senza temere di essere uccisi? Ben pochi. Forse, a parte loro,
nessuno.
«Vado
a vedere che combinano ‘Queen e ‘Taka. Ormai sono
in
giro a fare foto da dieci minuti» osservò
Deathstar, stiracchiandosi.
«Ne
avranno ancora per parecchio. Sai com’è fatta
Stylequeen, se la foto non è perfetta te la fa rifare anche
sedici volte. La
pazienza di chi si presta a questo» in quel caso di Mintaka,
solitamente di
Pkangu «È impressionante».
«Eh,
abbastanza» annuì Deathstar, allontanandosi dal
bivacco
«STYLEQUEEEEEEEEEN!
MINTAAAAAKAAAAA!»
«SIAMO QUAAAAAAA!»
sentì
strillare Mintaka, da un punto
indefinito alla sua sinistra.
La jetformer
raggiunse le due amiche con una breve corsa,
trovando Mintaka intenta a scattare foto a Stylequeen, poggiata in una
posa
plastica contro un muro semi diroccato.
«Deathstar,
vieni qui! Facciamo qualche foto insieme» disse
Stylequeen «Almeno ne ho più da mettere in
coda».
La femme fece
spallucce. «’kay».
«Poi
però non ti lamentare se ti scrive gente…» disse
Mintaka.
Improvvisamente
scazzatissima, Stylequeen abbandonò la posa
plastica. «La “gente” in questione
è stata permanentemente bloccata grazie a
Pkangu, non scrive più senz’altro! Dove
Megatron-»
«Ora
è Galvatron».
«Trovi
il tempo di stare su InstaCybertron a rompere le
scatole lo sa solo lui» continuò l’altra
«E comunque, Megatron o Galvatron che
sia ha sempre abbinamenti di colore che non stanno né in
cielo né in terra:
devo ancora capire come sia possibile, ma sta di fatto che dopo il
recolor è
perfino peggiorato! Ma come si fa?!»
Deathstar,
guardando un punto indefinito all’orizzonte, fece
spallucce. «Concordo col dire che stava meglio prima ma anche
così non è tanto
male, dai…mh?»
«’Star?
Visto qualcosa di strano?» le domandò Mintaka,
avvicinandosi.
«Se
mai “qualcuno”, anche se me lo ricordavo con colori
diversi. Non è mica quel Decepticon che ci ha fatte fuggire
l’altra volta,
quello a cui una volta tornate avevo appioppato quel
soprannome…»
«Starscream,
alias “Allegria”?» suggerì
l’amica.
«Esatto!»
confermò
Deathstar «Allegria! Mi ero proprio dimenticata
di-»
«Cosa
gli hanno fatto? Cos’hanno fatto alla sua
armatura?!»
allibì Stylequeen guardando con occhi sgranati il
Decepticon,
troppo lontano o troppo preso dai propri
pensieri per udire chiunque «Ma come lo hanno colorato?!
È inaccettabile! Non
esiste proprio!»
«’Queen,
dove stai-»
«Non
posso restare qui a guardarlo andarsene in giro in quel
modo, devo intervenire e ripristinare i suoi colori originali! E non
cercate di
farmi cambiare idea! La mia è una missione sacra! Sacra!»
sentenziò la
femme, lanciandosi di corsa verso il suo obiettivo «STARSCREAM DEI
DECEPTICON FERMATI IMMEDIATAMENTE!»
Il seeker
trasalì, voltandosi nella direzione da cui aveva
sentito provenire quello strillo femminile e trovandosi davanti le
ultimissime
persone che avrebbe mai potuto pensare di incontrare in quel frangente.
C’era
un motivo molto serio per cui si trovava in quel
posto: tra un po’di tempo Galvatron e Optimus si sarebbero
incontrati a breve a
poca distanza da lì, ed era sua intenzione cercare di
smuovere la coscienza del
proprio leader per convincerlo ad allearsi con Optimus.
Oltre a
questo, dopo una lunga serie di riflessioni
tormentate, stava andando lì per chiudere una certa storia:
la propria.
Persona fin
troppo onorevole, Starscream non si era ancora
perdonato per il breve periodo che aveva trascorso con gli Autorobot.
Non
importava che in seguito fosse tornato all’ovile,
né importava che si fosse
ribellato per un’esasperazione del tutto
“umana” e altrettanto giustificata:
molto tempo addietro lui aveva fatto a Megatron un giuramento di
fedeltà, un
giuramento che poi aveva spezzato, cosa per cui riteneva di dover
ricevere la
massima punizione.
In parole
povere, stava andando a farsi ammazzare e quella
passeggiata era l’ultima prima di una condanna a morte che
aveva scelto da solo
di farsi infliggere.
«Tu
non vai da nessuna parte con questa faccia rossiccia, mi
hai capita?!»
Ed ora quelle
tre erano lì, davanti a lui, e quella
schizzata tutta rosa sembrava avercela con i colori della sua armatura.
Assurdo. Il solo motivo per cui non pensava di star delirando era che
le aveva
già viste in azione sulla Terra: che fossero illese, libere
e intente a gironzolare
su quel pianeta devastato non era più improbabile dei
meteoriti o del disastro
nella polleria.
«Galvatron
e Optimus tra un po’si incontreranno a relativamente
poca distanza da qui. Vi consiglio di andarvene di corsa dalla parte
opposta
del pianeta».
«Oook,
grazie. Solo una cosa: se Optimus e Galvatron si
incontrano a breve avrebbe più senso che tu fossi col tuo
capo, quindi come mai
sei qui in giro da solo?» gli chiese Mintaka.
«Potrei
farvi la stessa domanda, se non immaginassi una
risposta poco sens-»
«Noi
siamo qui per colpa di quello» disse Deathstar,
indicando Unicron nel cielo «La base militare abbandonata in
cui ci eravamo
trasferiti stava sulla luna di Cybertron, che a quanto pare non
è una luna ma è
una specie di mostro».
«Eravate
lassù?!... chissà perché sono meno
stupito del
dovuto» borbottò il seeker «Tutto quanto
ultimamente riguarda Unicron, anche se
Galvatron continua a ostinarsi a non capirlo. Ma dopo oggi…
dopo oggi, magari…»
mormorò «Beh, addio».
Sentì
il suo braccio destro stretto in una morsa assassina.
«Tu
non vai da nessuna parte» affermò Stylequeen
«Tu ora
vieni con me e ti fai verniciare. Caso chiuso. Eri così
bello e guarda come ti
sei ridotto!» sospirò la femme «Ma ora
rimediamo, tranquillo».
«Chi
se ne importa dei colori, io non vedrò l’alba di
domani
e se quei due non si alleano non la vedrà neppure chiunque
altro!» sbottò il
seeker «Lasciami!»
«Aspetta,
cosa vuol dire che non vedrai l’alba di domani?
Non fa pensare benissimo» disse Mintaka, un
po’allarmata «Non è che hai voglia
di fare qualcosa di stupido, vero?»
«Vuol
dire quello che ho detto, se anche fosse sono affari
miei, adesso lasciatemi in pace!»
Le tre femmes
si guardarono.
«Salviamolo!»
Dopo
quell’esclamazione corale saltarono tutte e tre addosso
al povero Starscream, facendolo cadere a terra, determinate a salvare
la sua
vita e ricolorarlo.
«Voi siete completamente
pazze!»
gridò il seeker «Lasciatemi andare subito, non
costringetemi a farvi del male!»
“Sperando
che quel che ho detto non comporti un meteorite
sulla testa, non è il modo in cui devo morire”
aggiunse mentalmente.
«No
aspe’ fammi capire, tu vuoi ammazzarti random e le pazze
saremmo noi? Tu di problemi ne hai tanti. Ma tanti!» disse
Deathstar, faticando
parecchio per tenerlo giù.
Nella
concitazione del momento, Starscream riuscì comunque a
udire una voce femminile del tutto sconosciuta.
«Che
state facendo a quel povero disgraziato?!»
«Si vuole ammazzare,
ZOIRA, non sto scherzando!»
strillò Mintaka.
«Vi
ho già detto che se anche fosse sono affari miei, miei, non vostri! Non
voglio essere
salvato, sono io che devo cercare di salvare tutti! Lasciatemi andare
immediat-»
Emise un verso
soffocato quando, meno di un minuto dopo,
qualcuno gli sollevò la testa con forza e come se nulla
fosse gli piantò un
grosso ago alla base del collo.
«Mi
avete svegliato e mi avete fatto usare il tranquillante
per salvare un Decepticon? Sul serio?»
La vista del
seeker si stava appannando rapidamente, eppure
riuscì a vedere bene l’espressione annoiata del
mech grigio e verde che aveva
appena parlato.
«È
quello che ci ha aiutate in passato, non potevamo
lasciarlo fare» disse Stylequeen «E mentre
è addormentato posso ricolorarlo!»
«N-no…
il recolor no…» fu l’ultima cosa che
disse
Starscream, prima di perdere del tutto i sensi.
[…]
«Ho
detto di no!»
«Zoira,
se non mi lasci fare finiamo a botte, ti avviso!
Guarda quella faccia rossastra che ha!...»
«Non
puoi ricolorarlo mentre è incosciente, Stylequeen,
è
troppo perfino per te! Pensi davvero che aggiungere un abuso,
perché questo
sarebbe, a qualcuno che si voleva uccidere sia una bella idea?! Non
sappiamo
neppure perché volesse-»
«Ma
che abuso e abuso, il mio è un favore! E riguardo il
perché, beh, ha a che fare con quel maleducato del suo capo
tutti i giorni,
verrebbe anche a me voglia di ucciderlo o di uccidermi».
«Si
è mosso, mi sa che si sta svegliando».
«Ma
che diavlo di
resistenza ha?! Il tranquillante non doveva stenderlo per oltre
un’ora, Pkangu?»
«A
giudicare dall’età non è nato
“naturalmente” come noi, è
di sicuro un mech assemblato in tempo di guerra, quindi è
possibile che gli
abbiano aumentato la resistenza. Questo spiegherebbe tutto».
La mente di
Starscream era ancora estremamente confusa,
ragion per cui quando i suoi sensori ottici tornarono a vedere
pensò, per
qualche attimo, di star guardando da lontano il pianeta Terra e un suo
gemello;
Terra, il pianeta che brillava come un gioiello azzurro -gioielli che
in quel
momento erano due- e che per lui era diventato croce e delizia al cor,
pardon,
alla Scintilla.
Un luogo dove
si era sentito apprezzato, dove aveva trovato
degli amici -Alexis in particolare- e dove dei valori che aveva sempre
posseduto erano tornati a galla.
Così
come la strada per l’inferno era lastricata di buone
intenzioni, la strada della sua condanna era lastricata anche di cose
belle.
«Ti
sei svegliato… scusaci, scusaci tanto! Non volevamo
farti del male, volevamo evitare che te ne facessi tu!»
Man mano che
la vista diventava un po’più nitida, si rese
conto che quelli che vedeva non erano la Terra e un suo pianeta
gemello, bensì
i sensori ottici gentili e preoccupati di una femme sconosciuta che gli
stava
parlando da distanza ravvicinata.
«I-io…
d-dove, cosa…»
«Va
tutto bene. Sì insomma, va tutto bene nel senso che non
devi temere niente da noi. Ti abbiamo portato nel posto dove ci siamo
accampati» continuò la femme «Io mi
chiamo Zoira, sono un’amica delle tre matte
che già conosci. Sarebbe stato meglio incontrarsi in
circostanze diverse ma
pare che non fosse destino».
«Non
capite…» iniziò ad agitarsi il seeker,
rendendosi conto
di essere stato legato «Devo andare, voi non capite, se quei
due non si alleano
moriremo tutti, se devo sacrificarmi lo farò…
Autorobot, Decepticon, è tutto
confuso da quando c’è Unicron, e-e poi…
io non sono riuscito a restare fedele
alla mia fazione, nonostante lo avessi giurato»
continuò, ancora sotto
l’effetto del tranquillante, che lo stava facendo parlare a
ruota libera «E non
sono riuscito a farlo nemmeno con l’altra, che mi aveva
accolto, perché sono
tornato da Galvatron. Il traditore di tutti, questo sono. Se la
farò finita
riuscendo a farmi ascoltare, sarò stato utile almeno una
volta nella mia vita.
Lasciatemi andare, lasciate che faccia qualcosa di
buono…»
«Allegria
ha fatto venire voglia di suicidio anche a me»
commentò Deathstar.
«Vedi,
anche se ho sprecato del tranquillante per colpa tua qualcosa
di buono lo hai fatto» disse Pkangu al povero Starscream.
«No,
dai, non è una cosa su cui scherzare» li riprese
Mintaka «Fate i seri per favore».
Pkangu
alzò le mani. «Hai ragione. Scusa».
«Forse
avresti fatto meglio a venire con noi per davvero
quando te lo abbiamo detto l’altra volta. È un
dispiacere vederti ridotto così,
e non parlo solo dei colori» sospirò Stylequeen
«Se per disgrazia rivedrò quel
grandissimo screanzato del tuo capo, perché sono sicura che
perlopiù la colpa
di tutto questo è sua, ti giuro che mi sentirà!
Come si fa a lasciar ridurre
così una giovane povera stellina come te?!»
“Stellina”.
Un motivo in
più per suicidarsi.
«Senti,
so che per un assemblato magari è un
po’più
difficile staccarsi dalla propria fazione o da entrambe,
però non saresti il
primo che ci riesce» disse Zoira.
«Non
posso. Non voglio».
«Allora
mettiamola in un altro modo: io non so bene cosa ti
abbia spinto a lasciare i Decepticon, andare tra gli Autorobot e poi
tornare
tra i primi, però se Galvatron, che non è famoso
per essere carino e coccoloso,
ti ha ripreso e non ti ha ucciso, vuol dire che quel che hai fatto non
è del
tutto imperdonabile» affermò la jetformer azzurra
«Inoltre hai aiutato le mie
amiche a scappare, cosa che non eri obbligato a fare ma che hai fatto
lo
stesso, e se hai aiutato perfino delle casiniste come loro
è
probabile che tu abbia fatto anche altre cose
gentili di cui non sono a conoscenza. Non sei inutile come pensi e
qualcosa di
buono lo hai già fatto, sei degno di vivere come me e come
chiunque altro».
«Ci
sono già tante brutture in giro, come quella cosa
lassù
nel cielo» disse Mintaka, riferendosi a Unicron «Di
aggiungere un suicidio non
c’è proprio bisogno».
Mentre
l’effetto del tranquillante svaniva man mano,
Starscream si stava rendendo conto di due cose: la prima era che la
persona che
aveva fatto i nodi non era stata capace di stringerli bene, dunque
sarebbe
riuscito a liberarsi con un altro strattone o due, mentre la seconda
era che
quei cinque lì non erano persone cattive. Tralasciando i
metodi utilizzati,
stavano cercando di salvargli la vita… e quella femme di
nome Zoira, oltre ad
essere una volatrice e ad avere gli occhi azzurri come la Terra vista
da
lontano, era gentile.
Peccato che
lui continuasse a ritenere necessario cercare di
infilare un po’di sale in zucca a Galvatron e a sentirsi un
traditore senza
identità.
Il solo che
forse avrebbe potuto convincerlo di non esserlo
forse era Galvatron stesso, il che riduceva all’osso le
possibilità di venir
fuori dal baratro in cui era caduto.
«Avete
il cervello un po’fuso ma tutto sommato credo siate
brave persone. Una ragione in più per andare avanti con la
mia idea e per
cercare di far sì che questo incubo abbia termine. Io presto
me ne andrò»
dichiarò, intendendolo in molteplici sensi «Voi
cercate di fare la stessa cosa.
Cercate di continuare a stare lontani dalla guerra, in particolare
dalla mia
fazione e, nel tuo caso» indicò Deathstar con un
cenno del capo «Da Galvatron.
È passato del tempo ma non ti ha dimenticata».
«Eh
lo so, poco tempo fa ha scritto a Stylequeen su
InstaCybertron perché voleva parlare con me» disse
Deathstar «Lei lo ha
bloccato».
Galvatron
bloccato da Stylequeen sui social.
Galvatron.
Bloccato.
Da.
Stylequeen.
Sui.
Social.
Il modo in cui
Starscream riuscì a trattenere la risata
isterica che minacciava di esplodere dalla sua bocca risulta tuttora
misterioso.
«Ovvio
che l’ho bloccato! Il tuo capo» disse Stylequeen,
rivolta a Starscream «Mi ha ordinato -nemmeno
“chiesto”, ordinato, rendiamoci conto- di
dargli il contatto di Deathstar già
nel primissimo messaggio che mi ha mandato, senza nemmeno uno straccio
di
saluto tipo, non so, “Buonasera”! Chi gli ha
insegnato le buone maniere?! Un
alloygator particolarmente zotico? Ma dico! Dovevano chiamarlo
MegaVillano, non
Megatron!»
«Galvatron»
la corresse Mintaka.
«E
allora Villanotron!»
“Questa
tizia rosa deve avere un desiderio di morte più
potente del mio per- ah, già, immagino che la cosa dei
meteoriti e degli
incidenti valga anche per lei, come non detto”
pensò Starscream, con una faccia
ancor più basita di prima e l’ombra di una nuova
risata isterica sulle labbra.
Fu allora che
i suoi recettori uditivi iniziarono a captare
il rumore di una battaglia che si stava svolgendo piuttosto nelle
vicinanze, all’incirca
nel luogo in cui avrebbero dovuto trovarsi Optimus e Galvatron. I
rumori erano
iniziati da poco prima che si risvegliasse, però gli effetti
del tranquillante
e le chiacchiere del Deviant Team lo avevano distratto troppo
perché potesse
farci caso.
«Hanno
già cominciato!...»
«Eh,
direi di sì» annuì Deathstar
«Ma tanto non ti
interessa, sei legato e non ci vai».
«Io
ho sprecato del tranquillante per te» ripeté
Pkangu
«Il minimo che puoi fare dopo questo è
restare in vi-»
«Ancora
con questa storia del tranquillante?!» sbuffò
Stylequeen «È da prima che vai avanti a
lamentarti, tanto per cambiare, ti
lamenti sempre…»
«Lo
faccio perché la mia scorta di quello è limitata
e non
si sa mai quando uno ne avrà bisogno, vorrei vedere cosa
faresti se per
disgrazia incontrassi un guinea pigatron gigante, mutato e rabbioso sul
tuo
cammino!... a parte che bloccarlo sui social, intendo!»
Deathstar e
Mintaka scoppiarono a ridere nella stessa
frazione di secondo e fu allora che Starscream si decise ad agire: se
fosse
rimasto lì ancora un po’, nonostante la situazione
psicologica -e non- fosse
drammatica, avrebbe rischiato di mettersi a ridere come un deficiente
nel
guardare Galvatron e immaginare un guinea pigatron con le corna.
Ruppe le corde
con uno strattone deciso e, barcollando leggermente
solo all’inizio, si allontanò dai componenti del
Deviant Team che, colti di
sorpresa, non reagirono con sufficiente prontezza.
«Siete
stati da galera e allo stesso tempo gentili con me,
quindi vi ringrazio, però io non ho cambiato idea. Non
cercate di ostacolarmi,
state lontani dalla battaglia, andate via finché siete in
tempo» ripeté loro,
sperando che lo ascoltassero.
«No,
aspetta! Non andare!» gridò Zoira.
«Addio!»
esclamò il seeker, prendendo il volo.
In piedi sul
terreno disastrato, Zoira lo guardò
allontanarsi, sentendosi impotente e sapendo che inseguirlo per
bloccarlo prima
che arrivasse sul posto sarebbe stato inutile: era una jetformer ma la
forma
veicolare di Starscream, essendo da battaglia, era più
veloce della sua. «Non
possiamo lasciarlo andare così!»
«Perché
no? Se dopo i nostri discorsi ha ancora voglia di farsi
uccidere alla fine sono affari suoi, noi un tentativo di salvarlo lo
abbiamo
fatto» spallucciò Deathstar «So che ti
dispiace, dispiace un po’anche a me,
però alla fine basta».
«Per
una volta sono d’accordo con la casinista» disse
Pkangu
«Nessuno lo ha obbligato ad andare».
«Noi
però non abbiamo mai negato un aiuto a chi ne aveva
bisogno e non ci aveva fatto niente di male»
obiettò Mintaka.
«E
infatti ogni tanto mi chiedo come abbiamo fatto a
sopravvivere fino ad ora» sospirò il mech
«… dove vai, Stylequeen?!»
«E
lo domandi pure?! Se n’è andato senza che io
potessi
iniziare a convincerlo a ricolorarsi, cosa che non sarebbe stata
necessaria se qualcuno» ossia
Zoira «Me lo avesse lasciato
fare mentre era addormentato, quindi ora vado, lo prendo e faccio quel
che va
fatto, e questo è quanto!» sentenziò,
schizzando via nella sua forma veicolare
di automobile rosa.
«Guarda
che dove stai andando tu ci sono Galvatron e Optimus
Prime che se le danno!» le gridò dietro Pkangu.
«SE VILLANOTRON DICE
QUALCOSA
LO STRONCOOOOOH!»
fu la risposta, con tanto di eco, della femme.
«Com’è
riuscita a passare dal ricordare a noi due che
Galvatron dovrebbe essere pericoloso, come ha fatto nella polleria, a
“lo
stronco”?» chiese Deathstar a Mintaka.
«La
frenesia da verniciatura, immagino».
«Giusto.
Beh, immagino che ora dovremo andarle dietro, Zo’,
sii contenta, forse riusciamo a salvare Allegria… a meno
che….» la femme dalle
ali rosse guardò Pkangu «Tu che voli e puoi
raggiungerla prima che arrivi a
destinazione, quanto tranquillante hai ancora?»
«Non
abbastanza da sedarla stavolta e tutte le altre in cui
ci urlerebbe contro per averlo fatto, purtroppo, quindi ci tocca
assecondarla.
Andiamo».
.: Altrove :.
Nelle tenebre
di una dimensione che era alla soglia di tutte
le altre e alla quale nessuna di esse poteva accedere, negli abissi
infiniti che avevano fatto perdere la ragione a qualunque creatura
senziente li
avesse anche solo intravisti attraverso la cortina fumogena di incubi
oscuri e
maledetti dai quali nessuna divinità da loro pregata avrebbe
potuto salvarle,
Yog Sothoth -il Dio Esterno, la Porta e la sua Chiave, colui che era il
Tutto
in Uno e l’Uno in Tutto- si mosse.
La carne
protoplasmatica e i tentacoli di quella creatura,
antica più del Tempo stesso e non soggetta alle leggi
né di questo né dello
Spazio, iniziarono ad agitarsi leggermente mentre i bubboni
luminescenti che
costituivano una sorta di occhi di un colore sconosciuto e senza
pupilla
iniziarono a scrutare con più attenzione tra ogni
più piccola piega nell’infinità
del Multiverso.
Yog Sothoth si
era animato e, benché un simile essere non
fosse soggetto ai bisogni di qualunque comune mortale -né a
quelli di divinità
minori- la sua mente infinita e perversa aveva formulato un pensiero
che si
sarebbe potuto tradurre solo in un modo:
“Mi
è venuta voglia di
uno snack. Devo trovarne uno”.
Ebbene
sì, signori e signore: è proprio Yog Sothoth,
che era stato vaghissimamente citato già nello scorso
capitolo! Io stessa sono incredula per aver infilato il Dio Esterno di
Lovecraft in tutto questo ma, ehi, prendetevela con Dylan Dog :'D (se
lì la Regina Elisabetta è la progenitrice dei
Grandi Antichi, a maggior ragione io posso coinvolgere Lovecraft in una
fanfiction demenziale. E punto xD)
Grazie a chi
sta leggendo!
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Capitolo 4 *** Deviant Team- La bolla si rompe (parte 2) ***
Ci aveva
provato.
Gli aveva intimato di andarsene, gli aveva detto di
ritirarsi, gli aveva ripetuto di arrendersi: tutto inutilmente.
Non era qualcosa che a Galvatron capitava spesso, perlopiù
tendeva a porre fine alle vite che a cercare di risparmiarle ma, per
una volta,
aveva provato per davvero a far sì che le cose non finissero
in quel modo.
«Come fai a restare ancora in piedi, Starscream?!»
La lama della Spada Stellare -unica delle tre armi
leggendarie rimaste in suo possesso da che Thrust aveva tradito i
Decepticon e
portato a Unicron le altre due- come sempre rifulgeva di azzurro, ed
era
conficcata nel petto del seeker.
«È il minimo che io possa fare!»
Sorrideva, Starscream.
Era ferito gravemente, eppure sorrideva.
Perché? Galvatron non riusciva a capirlo, ed era tanto
colpito da quel gesto folle del suo soldato che improvvisamente la
presenza di
Optimus Prime non aveva più importanza, come non aveva
importanza che Unicron
avesse iniziato a fare il diavolo a quattro.
Sebbene quel mostro si fosse ulteriormente animato e stesse
scagliando devastanti fulmini sulla superficie di mezzo pianeta
-scenario degno
di una manifestazione d’ ira divina, che però in
quel caso era una semplice
dimostrazione di forza- nessuno di essi sarebbe stato, per il leader
dei
Decepticon, potente quanto il fulmine a ciel sereno rappresentato dalle
azioni
di Starscream, ancora cosciente, ancora in piedi.
«Non capisco… da dove stai traendo tutta questa
forza?!»
Negli ultimi tempi lo aveva visto irrequieto per colpa di
Unicron e aveva tollerato fin troppo pazientemente -secondo la propria
opinione- le sue chiacchiere su quanto sarebbe stato saggio accettare
la
proposta di alleanza contro Unicron fattagli da Optimus Prime,
però Galvatron
non avrebbe mai pensato a un simile epilogo, con Starscream trafitto
dalla sua
lama.
«Non c-credo che questo… abbia importanza, ora,
Galvatron».
Vero, il loro rapporto era sempre stato abbastanza difficile:
in particolare l’ultimo periodo trascorso sulla Terra, in cui
il seeker si era
ribellato e si era unito agli Autorobot. Quella era stata una mossa
avventata
da parte del ragazzo, che se l’era presa a male solo
perché lui e quel
traditore di Thrust avevano deciso di abbandonarlo sul campo di
battaglia per
andare a prendere il Requiem Blaster nella base degli Autorobot.
Base semivuota, dal momento che la maggior parte della
squadra di Prime era, per l’appunto, sul campo.
Nulla di che insomma, soprattutto perché Starscream era
tornato vivo e quasi del tutto integro alla base lunare,
però il suo carattere
troppo sensibile e delicatino lo aveva fatto reagire come un giovane
che decide
di fuggire di casa per fare torto ai genitori… e che poi,
come tale, torna
all’ovile.
Starscream infatti era tornato, portandogli in dono lo Scudo
Stellare che fino a quel momento era stato in mano agli Autorobot, lui
aveva
deciso di riprenderlo e, a parte il trascurabile
momento in cui aveva cercato di costringerlo a distruggere la Terra con
il
Cannone Idra, Galvatron riteneva di poter affermare di essere stato per
lui un
leader generoso e molto accomodante, a riprova del fatto che la
“questione
ammutinamento temporaneo” era finita lì.
Almeno per lui. Starscream invece si era…
“La lama della sua spada è inattiva, mi ha
lasciato
un’apertura mentre combattevamo”.
…si era lasciato colpire di proposito?
Lo guardò nuovamente in faccia. Aveva ancora quel sorriso.
Sì: lo aveva fatto di proposito.
«Dimmelo! Perché hai voluto che io ti trafiggessi,
soldato?!
Hai deliberatamente scelto di sacrificarti!»
Fu solo allora che il seeker, senza mutare espressione,
cadde all’indietro. La sua spada, ormai inutile,
andò a conficcarsi nel
terreno.
Stava avendo quel che voleva. Ancora non del tutto, perché
era vivo -con delle cure avrebbe potuto perfino scamparla-
però non sarebbe durata
ancora molto.
Era determinato a farla finita, l’unica cosa buona del poter
ancora parlare era la possibilità di tentare ancora una
volta di convincere
Galvatron ad allearsi con Optimus.
Tentare di convincere il proprio leader… e, prima, parlare
con lui per davvero, finalmente.
“Mi ascolterai almeno adesso, Galvatron? Starai a sentire
davvero quel che ho da dire per una volta nella tua vita?”
«Ti ricordi… molti, molti anni fa… ti
feci un giuramento,
Galavtron: che mai avrei potuto tradire…»
«Lo progettavi da tempo, non è vero?!»
Per lui quella faccenda si era conclusa, ma allora perché, perché quel folle e stupido
d’un ragazzo
non l’aveva capito e non aveva fatto quel che avrebbe dovuto,
ossia
considerarla conclusa a sua volta?! Se per lui, Galvatron, una cosa era
a
posto, allora avrebbe dovuto esserlo per tutti, soprattutto per i suoi
sottoposti.
Loro erano lì per obbedirgli, non per pensare troppo, non
per “sentire”. Così aveva creduto fino a
quel momento, sbagliando.
«Sì, è così… ma
tutto questo avrebbe potuto essere evitato,
se mi avessi mostrato un po’di rispetto!»
riuscì a dire il seeker, con
un’energia di cui nemmeno lui sapeva stabilire la
provenienza.
Forse era l’esasperazione profonda, forse era la
disperazione o forse la consapevolezza che erano i suoi ultimi momenti,
oppure
era tutto insieme.
«Risparmia il fiato adesso» disse il leader dei
Decepticon,
brusco come suo solito nonostante fosse alquanto scosso.
Non erano tempo né luogo giusti per parlare di certe cose
-non solo per Unicron e i fulmini, ma anche per la presenza di Optimus-
e a dir
la verità riteneva di aver già visto e sentito
abbastanza. Starscream aveva
fatto una follia, lui aveva capito perché, quindi non si
poteva passare alla
parte in cui ognuno tornava alla propria base e quello schizzato di un
seeker
veniva curato?!
«Ho provato a guadagnarmi la tua stima, ma nulla di quello
che facevo sembrava andare bene» continuò
imperterrito Starscream, deciso a
usare le forze rimaste per sputare fuori tutto quel che aveva da dire
prima di
cercare definitivamente la fine «Non importava quante
battaglie combattessi,
trovavi sempre il modo di umiliarmi. Poi ho visto come Optimus
Prime» il quale,
dopo aver evitato di intromettersi nel loro combattimento, si stava
avvicinando
«Trattava i suoi soldati, e ho capito quanto lui fosse
onorevole… al contrario
di te».
In fondo alla Scintilla, Galvatron era consapevole che
purtroppo almeno la prima parte del discorso Starscream era del tutto
vera… però,
per un attimo, un sonoro “Ma vaffanculo!” e il
pensiero di lasciarlo lì a
crepare come lui desiderava gli vennero in mente lo stesso.
«Eri troppo debole per guadagnarti la mia stima»
sentenziò,
mentendo e sapendo di mentire. Lui era il suo soldato più
forte, lo era sempre
stato.
«Tutto questo ormai non ha più
importanza!» esclamò il
seeker, con uno sforzo mastodontico per sfidare l’impossibile
e rialzarsi in
piedi, come aveva sempre fatto, ancora una volta «Devi
ascoltarmi! Fai ciò che
dice Optimus, unisci le tue forze alle sue o non ci sarà
scampo per nessuno!»
emise un verso strozzato «Ti prego… fallo per
me».
L’espressione sul suo volto era dolorante, un
po’supplicante
perché sperava con tutta la Scintilla di essere ascoltato ed
era anche sollevata,
perché aveva detto tutto quel che doveva dire e a breve
avrebbe messo fine a
ogni dolore, a ogni dramma interiore.
Tutto questo però cambiò nell’istante
in cui vide dietro
Optimus e Galvatron cinque persone che non avrebbero dovuto
assolutamente
essere sul posto.
«C-cosa…»
Il gruppetto di matti gentili e da galera lo aveva seguito.
Erano lì, immobili, a guardare con la scena con gli occhi
sgranati e del
sincero dispiacere dipinto sui loro
volti.
Per cause di forza maggiore, alias cercare di raggiungere
Starscream zigzagando tra un fulmine di Unicron e l’altro,
erano arrivati solo
nel momento in cui il seeker era stato trafitto. La scena cui avevano
assistito, in tutta la sua drammaticità, aveva avuto anche
su di loro un
impatto tale da calmare temporaneamente i bollenti spiriti, inclusi
quelli di
Stylequeen -il che era tutto dire.
«Andate via da qui!» intimò loro
Starscream, barcollando in
avanti «È pericoloso! Andatevene!»
Forse Optimus Prime, voltatosi e visto il gruppo di civili
neutrali, avrebbe dovuto urlare qualcosa di analogo a quel che aveva
urlato
Starscream, eppure il solo pensiero che avesse in mente era “Oddio, quelle”.
«Si può sapere con chi diavolo stai
parl-» avviò a dire
Galvatron, salvo interrompersi appena si voltò a guardare
dietro di sé «Ah… era
impensabile che poteste essere voi, qui e ora, ma forse è
proprio per questo
che avrei dovuto immaginarlo. Non provate a-»
«Quando si incontra qualcuno a quest’ora si gli si
dice
innanzitutto “Buonasera”, brutto villano che non
sei altro!» lo interruppe
Stylequeen, cui sentirsi rivolgere la parola aveva fatto passare
l’effetto
dovuto alla scena drammatica.
«Nessuno si rivolge a me in questo modo, tantomeno una femme
col cervello andato in tilt da quando è caduta in un lago di
vernice rosa!»
ribatté Megatron, dirigendosi verso i cinque a grandi passi
«E in ogni caso non
sono interessato né a te né a qualunque idiozia
tu abbia voglia di strillarmi
contro, quindi tu e quelli che non mi interessano levatevi di
torno!»
C’era una sola persona in quel gruppo con cui gli
interessasse parlare, e quella persona era Deathstar.
Quando lui e i Decepticon si trovavano ancora sulla luna
terrestre, a nulla era valso dare alle forze Decepticon di stanza a
Cybertron
l’ordine di cercare lei e il suo gruppo, a nulla era valso
aspettarsi di
vederla saltare fuori in un qualunque momento improbabile vissuto in
Terra e
dintorni -e ce ne erano stati parecchi- e a nulla era servito essersi
iscritto
ai social in un momento libero, aver trovato Stylequeen e averle
perfino
scritto per poter parlare con quella femme dalle ali rosse e dallo
strano
potere: tutto quel che aveva ottenuto era stato poter guardare i video
e le
immagini del gruppo, fino a quando era stato bloccato. Ricordava di
essere
rimasto colpito e incredulo dalla serenità che trasmettevano
la maggioranza di
essi.
C’era un’immagine in particolare che aveva in
mente, quella
di Deathstar che, ridendo, aveva spruzzato in aria l’acqua di
una pozzanghera
con quella che doveva essere stata una piroetta piuttosto sghemba.
Guardare
quell’immagine e le altre gli aveva dato
l’impressione che la guerra non li
stesse toccando affatto, come se fossero stati protetti da una sorta di
bolla.
«A-andatevene» gemette Starscream, cercando di
camminare in
avanti «Andat-»
Barcollò pericolosamente ed era probabile che sarebbe
caduto, se Zoira e Mintaka non fossero corse a sorreggerlo.
«Il dottore del gruppo non sono io ma credo che anche non
Stylequeen
possa fare molto, qui» disse Zoira «Non so come tu
possa essere sopravvissuto
né tantomeno come tu possa riuscire a stare in piedi,
è impossibile, n-non…»
chiuse un attimo gli occhi, ritrovando la calma «Il tuo
tentativo non è andato
a buon fine, hai delle possibilità di sopravvivere, quindi
sfruttiamole e
cerchiamo di estrarre questa spada, va bene?»
«Possibilmente prima che a Galvatron venga in mente di
sparare a Stylequeen, di dare il via a un inseguimento per cercare di
prendersi
Deathstar o entrambe le cose» aggiunse Pkangu, avvicinatosi
con molta più
calma.
«Però durante il procedimento mi sa che
è meglio cercare di
andarci piano, cioè, gli hanno ficcato una spada nel
petto» disse Mintaka «È un
punto delicat-»
Pkangu, con un unico gesto secco, estrasse la spada dal
petto di Starscream, che emise un rantolo di dolore e sarebbe crollato
nuovamente a terra se le due femmes non lo avessero tenuto in piedi.
«Prego» disse il jetformer, conficcando nel terreno
la Spada
Stellare «Hai delle componenti fisiche invidiabili, se fossi
in te non le
sprecherei tentando di uccidermi un’altra volta».
Ingoiando una serie di improperi dovuti all’indelicatezza,
Starscream si limitò a lanciargli un’occhiataccia.
Tornò a guardare Galvatron
giusto in tempo per vedere che lo stava guardando a sua volta e, appena
se ne
accorse, girarsi con aria innervosita verso la tizia rosa ancora
intenta a
dargli dello zotico.
Pareva proprio non volerlo morto, se aveva lasciato che quei
tre si avvicinassero per assisterlo.
“Io però sono così
stanco…” pensò il seeker, cui la voglia
di porre fine alla propria esistenza non era ancora passata.
«… e sei TU
che non
parli così a ME, hai
capito?! Non c’è
da meravigliarsi che tu sia single! Non hai educazione! Non hai stile!
Hai la
finezza di un branco di armodrilli ubriachi!»
continuò Stylequeen, sempre
rivolta a Galvatron «E guarda come hai ridotto quella povera
stellina lì, lo
hai portato al suicidio e poi l’hai quasi ucciso tu stesso,
ma non ti
vergogni?!»
«“Stellina”»
ripeté il leader dei Decepticon.
«Uccidetemi. Mi chiamerà in quel modo da qui alla
fine dei
miei giorni, uccidetemi subito» borbottò
Starscream.
«…a proposito, complimenti per aver fatto qualcosa
di
concreto per impedire che il povero Allegria, che ti stima pure, si
mettesse in
mezzo nella battaglia tra te e Galvatron finendo a farsi
trafiggere» applaudì
Deathstar, all’indirizzo di Optimus Prime
«Bravo!»
«Io gli ho detto più volte di andarsene ma era una
cosa
loro» ribatté Optimus, dopo un attimo di sconcerto
per essere stato apostrofato
in quel modo «Non ci si intromette in un duello
altrui».
«Però si lascia tranquillamente che altri si
intromettano
nel proprio, perché meglio una spadata a loro che a
te» replicò la femme «Ha
senso eh, ma a questo punto “onorevole” una
sega».
«Non hai idea della soddisfazione che sto provando in questo
momento, Prime» disse Galvatron, con un sogghigno
«E tu sei saltata fuori
proprio al momento giusto, femmina con le ali rosse.
Quell’affare nel cielo»
alias Unicron «Mi ha già causato troppe seccature,
inclusa quest’assurdità di
dovermi alleare con il mio nemico giurato. Non puoi
occupartene?»
Forse perché Unicron lo aveva sentito, forse semplicemente
per il gusto di farlo, scagliò una dozzina di fulmini
contemporaneamente tutto
attorno a loro, senza colpirli ma più vicino di quanto
avesse fatto in
precedenza. Era come osservare un gatto intento a giocare con dei
topolini, che
si stava divertendo a ricordare loro che erano in trappola e toglieva
loro
spazio di secondo in secondo.
«Noi dovremmo andarcene da qui» mormorò
Mintaka.
«M-ma Galvatron, io credevo che avessi capito-»
avviò a dire
Starscream.
«L’ho fatto» lo interruppe Galvatron
«Ti ho capito. Per
quanto riguarda il resto però è una decisione che
spetta a me soltanto, se posso
evitare di allearmi con Prime è meglio
così».
“Ma di che sta parlando?!” pensò
Optimus. Sperava di
sbagliarsi ma le parole di Galvatron lasciavano intendere che quella
femme lì
possedesse abilità strane come quelle di Sideways, se non
qualcosa di peggio
-cosa che, guardandola, nessuno avrebbe mai detto.
Deathstar gli rispose con un’occhiata perplessa.
«Tralasciando
che comincio a pensare che mi chiameresti “femmina con le ali
rosse” anche se
fossi la madre dei tuoi figli, non capisco cosa intendi col dire che
dovrei
occuparmene, perc-»
Non riuscì a finire la frase, perché
l’attimo successivo si
ritrovò a non toccare più i piedi a terra, solo
vagamente consapevole di essere
stata presa da qualcuno che ora era a mezz’aria,
l’aveva issata su una spalla e
aveva afferrato anche Stylequeen.
«ZOIRA!»
gridò
Pkangu «Via!»
Il Decepticon depresso per il momento era salvo, del recolor
mancato -del quale Stylequeen si stava già lamentando mentre
si contorceva
nella sua presa- non gli importava granché e Galvatron si
era messo in testa
idee troppo strane per i suoi gusti, o che in generale poteva essere
pericoloso
cercare di realizzare, quindi Pkangu riteneva opportuno tagliare la
corda.
«Voi non andrete da nessuna parte! Mi avete sentito?!»
sbraitò Galvatron «Mi avete-»
Fu allora che Unicron, forse perché alcune prede
minacciavano di abbandonare il campo mentre lui voleva continuare a
divertirsi,
decise che era il momento di iniziare a giocare un
po’più duro.
Il fulmine che sparò in quell’occasione, di uno
spessore e
una potenza nettamente superiori a quelli di prima, colpì il
terreno e,
indirettamente, tutti i presenti, a parte i tre che erano in aria.
Optimus e Galvatron erano i più vicini al punto
dell’impatto, ma…
«ZOIRA! MINTAKA!»
urlò Pkangu, persa tutta la
calma abissale che aveva mantenuto fino a quel momento.
Zoira aveva esitato troppo, presumibilmente per non aver
voluto mollare Starscream di botto lasciandolo cadere, finendo per
essere
colpita assieme a Mintaka.
Non c’erano zone franche in quel biancore assoluto causato
dal fulmine e, per quanto Pkangu le stesse cercando disperatamente
facendo
guizzare i sensori ottici da una parte all’altra come un
forsennato, non
riusciva a vedere neppure le sue due amiche, mentre le altre due per
colpa di
grida e movimenti inconsulti minacciavano seriamente di scivolare via
dalla sua
presa.
“Fa’ che non le abbia ammazzate, fa’che
non le abbia
ammazzate” pensava il jetformer
“Fa’che-”
[…]
Quando i suoi sistemi tornarono online, ci furono degli
istanti in cui Galvatron si sentì piuttosto confuso. Tutto
quel che udiva erano
voci ovattate, tutto quel che vedeva erano luci e ombre prive di senso.
Quando la visuale si schiarì e riuscì a ragionare
un minimo,
cercò di fare mente locale: si trovava nel luogo
d’incontro che lui e Optimus
avevano fissato per le trattative. Avevano iniziato a combattere poco
dopo, o
meglio, lui a combattere e Prime a difendersi. Poi era arrivato
Starscream, e…
“Starscream!”
Gli tornò in mente tutto quel che era capitato
dall’arrivo
di Starscream in poi, incluso il fulmine finale con cui Unicron aveva
colpito
tutti, e il primo pensiero fu: “Avrà resistito
anche a questo?”.
Si rizzò a sedere e, appena lo fece, riuscì a
vedere il
seeker a poca distanza da lui. Le due femmes non c’erano,
dovevano aver provato
ad allontanarsi quando il fulmine aveva già colpito terra.
Sentì delle voci femminili, una delle quali sembrava
particolarmente isterica ma in quel momento non se ne curò,
così come non notò
che Unicron stava facendo una pausa nel suo far danni.
Impiegò solo un attimo per raggiungere Starscream, ancora
privo di sensi. La prima cosa che vide fu che, nonostante tutto quello
cui era
stato sottoposto, la Scintilla del suo soldato splendeva ancora
fieramente
dallo squarcio sul petto, sfidando l’impossibile.
«Starscream… ti ordino di smetterla di comportarti
come un
rammollito e di svegliarti immediatamente! Mi hai sentito?!»
L’ordine parve essere percepito per davvero dal cervello del
seeker che, con un fievole gemito, si svegliò sul serio
pochi istanti dopo.
«Ecco. È così che si comporta un vero
soldato Decepticon»
disse Galvatron.
Solo allora iniziò a dare attenzione anche a tutto il resto
delle cose e delle persone che aveva attorno, notando che Optimus Prime
si era
svegliato a sua volta e aveva già iniziato a rialzarsi. Per
non essere da meno,
lui fece lo stesso.
«Unicron ha colpito per bene stavolta» furono le
prime
parole del leader degli Autorobot
«Starscream…»
«Vivo. È perfino sveglio».
«Incredibile. Meglio così» disse
Optimus, del tutto sincero.
La conversazione tra i due leader venne interrotta dalle
esclamazioni e dagli strilli dei civili.
Strilli che ora ai loro recettori uditivi stavano assumendo,
per la maggior parte, l’inquietante forma di
“Mintaka, Mintaka non si sveglia,
non reagisce, Mintaka è fredda, la Scintilla di Mintaka non
può essersi spenta,
ma lei è fredda, è
fredda”.
«Svegliati! Svegliati!»
strillò Stylequeen,
dimentica di ogni nozione di medicina, mentre scuoteva
l’amica inerte «MINTAKA!»
«Non si sveglia… non si
sveglia…» ripeteva Pkangu, in
ginocchio, incapace di accettare quel che stava vedendo.
«A-abbiamo provato ad allontanarci m-ma non… anche
i-io sono
stata colpita però… p-però
non…» stava farfugliando Zoira,
anch’essa china su
Mintaka, con gli occhi sgranati dallo shock e pieni di lacrime
«Io mi sono
ripresa, perché lei invece?...»
In realtà conosceva la risposta: Mintaka in
gioventù era stata
molto cagionevole -cosa plausibile nei cybertroniani nati naturalmente-
e,
sebbene col tempo si fosse irrobustita rispetto al passato, laddove la
fortuna
ricevuta “di riflesso” non riusciva a proteggerla
era ancora poco resistente.
«Oh no» mormorò Optimus
«Senti, penso che entrambi siamo
d’accordo sul fatto che Unicron va fermato e che da soli non
ce la facciamo,
quindi ora vado a fare qualcosa per quei civil-»
Galvatron gli strinse un polso, trattenendolo sul posto.
«Fermo, Prime».
«Ma-»
«Fermo» ripeté il mech, senza tuttavia
guardare il suo
nemico giurato.
La sua attenzione era rivolta tutta a Deathstar che era in
piedi, immobile a fissare Mintaka con gli occhi sbarrati e lacrime
silenziose a
rigarle le guance.
Nella mente di Galvatron si affacciò nuovamente
l’immagine
che aveva visto in rete, quella dell’acqua della pozzanghera
e della piroetta
sghemba. Ricordò l’impressione che aveva avuto,
quella della “bolla” che aveva
tenuto quei cinque lontani dalla guerra e dalle sue possibili
conseguenze.
La bolla si era rotta.
Vide Deathstar iniziare a tremare.
«Quella cosa» disse la jetformer, con voce chiara
nonostante
tutto «Deve morire».
Al leader dei Decepticon fece un effetto stranissimo -e
trovò significativo- vedere gli altri tre del gruppo, quelli
al capezzale di
Mintaka, alzare le teste simultaneamente con espressioni da
“Oh, cazzo”.
«Quella cosa deve…» le si
spezzò la voce e quel che stava
dicendo divenne un grido «Deve
MORIRE!
Muori!» gridò
ancora con tutta la
rabbia e la disperazione che aveva in corpo, rivolta a Unicron
«Muori!»
ripeté, ancor più stridula di
prima «MUORI!!!»
Il grido fu talmente “inumano” e di tale lunghezza
che
Galvatron pensò che la scatola vocale di quella femme
dovesse essere diventata
inservibile.
Vide Stylequeen abbandonare il capezzale dell’amica (forse)
morta per andare a stringere Deathstar, senza che
quest’ultima avesse alcuna
reazione. Dovette riconoscere che quella svitata rosa, pur essendo
un’isterica
schizzata, forse aveva almeno un pregio.
E lì, accadde.
L’aria divenne più elettrica di quanto i fulmini
di Unicron
l’avessero mai resa, divenne pesante, densa come melassa.
Calò per qualche attimo un silenzio del tutto innaturale,
spezzato
poco dopo dai Minicon che, se prima fluttuavano
nell’atmosfera di Cybertron
decisissimi a combattere Unicron e cercare di limitarne i danni almeno
un
pochino, adesso stavano sciamando in ogni dove come se qualcosa li
stesse
facendo impazzire, emettendo un suono acuto, fastidioso e terribilmente
simile
al grido d’orrore più acuto e potente che si fosse
mai udito.
«Che sta succedendo?! Galvatron!»
esclamò Optimus «Che sta
succedendo?!»
Una linea rossastra irregolare, luminosa e tanto lunga da
non riuscire a vederne la fine comparve in cielo, dietro Unicron.
I cybertroniani non potevano saperlo, ma Unicron e le sue
dimostrazioni di potenza avevano attirato l’attenzione di uno
Yog Sothoth in
cerca di uno stuzzichino.
«Quel che succede a sfidare troppo la sorte,
Prime».
La linea si allargò, rivelando la propria natura di
spaccatura che dava sull’abisso dell’Orrore
più assoluto.
Optimus Prime aveva vissuto tante cose strane nella propria
esistenza, era perfino morto e risorto di recente, però
nulla avrebbe mai
potuto prepararlo a questo. Anzi, la precedente esposizione al
paranormale
l’aveva reso più sensibile di altri alla
consapevolezza di essere alla presenza
di qualcosa di distorto e malvagio, un’entità
mostruosa che rendeva Unicron -Unicron,
il mostro che stava nel cielo e
minacciava il loro pianeta e l’Universo intero- uno
scherzetto, una bazzecola,
il nulla assoluto.
Quando le luci di quei bulbi vitrei si spostarono tutte
insieme, come fossero stati occhi intenti a guardare Unicron, e
filamenti della
carne protoplasmatica di quella cosa avvolsero
il mostro che tanto li aveva preoccupati fino a quel momento, lo
sconcerto
divenne orrore e l’orrore divenne follia. La reazione
più naturale di fronte a
un’aberrazione inconcepibile che sfuggiva a ogni
ragionamento, a una deviazione
rispetto a ciò che era conosciuto che per Optimus risultava
inaccettabile, seppur
fosse parte di una realtà dannata.
La sua mente sconvolta non riuscì neppure a registrare il
fatto che Galvatron stesse ridendo.
Era cosa tutt’altro che nuova sentirlo ridere nei momenti
meno consoni e più improbabili, e lo stava facendo anche
dinanzi al Dio Esterno.
Un po’forse era dovuto a una mezza reazione folle per la
semplice
presenza di quest’ultimo, molto invece era dovuto alla
soddisfazione.
“Avevo ragione! Lo sapevo! Questo è ciò
di cui è capace!”
pensò, riferendosi a Deathstar, che secondo la sua opinione
era responsabile di
quell’apparizione “Questo è quello che
cerco!”
Rise ancora, avvertendo distintamente un rumore di
masticazione, dovuto al fatto che quell’orrore avesse
iniziato a il suo pasto,
facendo scomparire a morsi Unicron in recessi del suo disgustoso essere
che
costituivano una sorta di bocca.
Rise ancor di più vedendo gli sforzi inutili che il titano
-come faceva ridere quella definizione, ora che Unicron stava venendo
divorato!- in forma planetoide stava facendo nel tentativo disperato di
liberarsi, mentre il suono del suo grido straziante si univa al suono
acuto dei
Minicon ancora terrorizzati.
Una scena terrificante, eppure Galvatron si sentiva
entusiasta.
« Questo è quello che cerco!»
esclamò, stavolta a voce alta
«Esattamente questo!»
Abbassando lo sguardo, vide Starscream che fissava il cielo
con aria terrorizzata e piangeva.
Fece per rimproverarlo, poi però cambiò idea,
avendone avuta
una migliore.
«Un buon motivo per evitare l’aldilà:
per quanto ne sappiamo
davvero, potresti trovarti davanti
quello» disse, alludendo al Dio Esterno nel cielo
«Hai ancora voglia di morire,
Starscream?»
Il seeker non rispose, limitandosi a fare una faccia ancor
più spaventata.
No, non aveva più voglia di morire, gli era passata
completamente.
«Immaginavo» commentò Galvatron
«Optimus Prime, pare che-»
«YOG SOTHOTH FTHAGN!»
urlò Optimus, preda
di una risata
isterica e completamente fuori di sé «Egli
è la Porta e la Chiave! Il figlio
del Caos e del Vuoto! Egli è Passato, Presente e Futuro! Il
Tutto in Uno! L’Uno
in Tutto! YOG SOTHOTH! YOG SOTHOTH! YOG-»
Un diretto in faccia da parte di Galvatron, inquietato più
dalla reazione di Optimus che da tutto il resto, zittì il
leader degli
Autorobot.
Dopo qualche momento in cui lo sguardo di questi rimase
perso nel vuoto totale, venne attraversato da un brivido e nei suoi
occhi tornò
un minimo di lucidità.
«C-cosa, come-» balbettò, immemore di
tutto ciò che aveva
gridato. Aveva l’impressione di essere sprofondato in una
voragine oscura per
qualche momento, o per secoli, ed esserne appena uscito.
«Il mio soldato a terra ferito è meno rammollito
di te, mi
deludi».
Di cosiddetti “rammolliti” però
sembravano essercene fin
troppi. Durante il suo incontro con Optimus, Autorobot e Decepticon
avevano
continuato a darsi battaglia altrove, e i suoi recettori uditivi non
captavano
più il rumore di spari a distanza: tutto ciò che
udiva adesso erano le urla
assatanate di migliaia di transformers.
Quello di Unicron, del quale ormai al mostro -Yog Sothoth?-
restava un singolo frammento da divorare, non si sentiva
più. Era andato.
“Fanno così perché loro non sanno
quello che so io, non
sanno che lo ha evocato lei”
pensò
Galvatron “Per vendetta e che quindi una volta finito
andrà via”.
Le cose non stavano precisamente così, perché il
Dio Esterno
cercava cibo da prima che Mintaka venisse colpita, ma Galvatron non
poteva
saperlo, né saperlo lo avrebbe fatto smuovere dalla sua
convinzione che
Deathstar lo avesse portato lì.
La tiepida reazione dei cinque civili era, secondo lui,
un’altra conferma della sua teoria: Zoira e il mech jetformer
si stavano
tenendo per mano, senza fare altro, Stylequeen continuava a tenere
stretta
Deathstar -in modo un po’più convulso di prima,
però era tutto lì- e, quanto a
quest’ultima, continuava a piangere silenziosamente e a
fissare con espressione
assente la cosa che aveva evocato, come a dirle “A me basta
che tu tolga di
torno Unicron, il resto non mi interessa”.
L’ultimo pezzetto di Unicron venne masticato da Yog Sothoth
che, per nulla interessato a quei granelli di polvere privi di potere
rilevante, decise di andarsene. Quella fatta era stata una merenda
soddisfacente, perfetta per placare la sua voglia di uno spuntino.
Dopo un rutto mega galattico che i cybertroniani scambiarono
per l’ennesima manifestazione della sua malvagità
incomparabile, la frattura
dimensionale nel cielo iniziò a richiudersi rapidamente.
La formidabile creatura svanì all’improvviso,
così com’era
venuta… e, poiché il rutto aveva scagliato in
aria alcune “briciole” del pasto,
lo Scudo Stellare, il Requiem Blaster e parte di quella che un tempo
era stata
la testa di Thrust atterrarono a neanche dieci metri da Optimus e
Galvatron.
Sembrava che alla fine l’ex stratega Decepticon che si era
schierato con Unicron e gli aveva portato due delle tre armi
leggendarie fosse
rimasto vittima delle proprie decisioni sbagliate.
“Spero che tu un
giorno muoia peggio che male, per quel “tutte e
due” che hai detto”.
“Te l’ho detto
già
l’altra volta, Coso, ti auguro di morire malissimo,
perché tu non mi piaci!”
O forse di una maledizione, o di entrambe le cose. Non era
dato sapere!
«È… è andato»
constatò Optimus, con un filo di voce, ancora
sconvolto e spaventato all’idea che il mostro magari tornasse
«Non posso crederci,
non ci credo…»
«…la volete piantare di comportarvi come
mammolette
isteriche?! È andato, e Unicron con lui, tanto meglio e
basta!» sbottò
Galvatron nel comm-link rivolto ai propri uomini, mentre si affrettava
a
raccogliere il Requiem Blaster, lo Scudo Stellare e a recuperare la
Spada
«Quindi smettetela di scaricarvi l’energon esausto
addosso e portate qui
un’astronave, Starscream ha bisogno di cure mediche. E fate
in fretta! Idioti!»
concluse «Bene, Prime, dov’eravamo rimasti con la
nostra trattativa riguardo
l’alleanza? Ah, sì: scordatela pure. Ti
schiaccerò come stavo già per fare
prima che Unicron si mettesse in mezzo».
Quella pessima notizia mandò definitivamente in malora la
giornata di Optimus. «Non puoi parlare sul serio, come puoi
voler combattere
ancora dopo quello che abbiamo visto?! Sei pazzo!»
Galvatron sogghignò. «Senti la sconfitta che si
avvicina,
mh? Fai bene, anche perché da oggi in poi avrò
una quarta arma su cui contare»
affermò, indicando il Deviant Team con un cenno del capo.
Peccato che, dopo aver fatto questo ed essere tornato a
guardare la femme dalle ali rosse, avvertì una sensazione
strana e
sgradevolissima all’altezza della Scintilla. Lei stava ancora
piangendo, ora
col volto tra le mani, e nonostante Stylequeen fosse ancora
scombussolata il
suo abbraccio era tornato a essere tenero, puramente consolatore in un
dolore
condiviso.
Quello avrebbe potuto essere il momento giusto di cui
approfittare per tirare Deathstar definitivamente dalla sua parte. Una
persona
cara le era venuta a mancare, era fragile, bisognosa di sicurezza, e
chi
avrebbe potuto darle più sicurezza del futuro imperatore
Galvatron?
Sulla carta era tutto perfetto, tuttavia non se la sentì.
Non riuscì nemmeno ad avvicinarsi ad alcun membro del
gruppo.
«Una quarta arma su cui contare» ripeté
«Quando si sarà
ripresa un po’. Ma quando arriva quella maledetta
astronave?!» sbuffò.
Zoira accarezzò il viso di Mintaka. Si sentiva terribilmente
in colpa: si riteneva responsabile per aver esitato troppo e non essere
riuscita a decollare assieme a lei e si riteneva responsabile per aver
insistito col voler cercare di salvare Starscream, un semi sconosciuto,
finendo
col perdere qualcuno che invece conosceva da una vita.
In un certo senso si riteneva responsabile anche per la
comparsa del mostro che aveva mangiato Unicron perché, se
loro cinque non
fossero andati lì, a Mintaka non sarebbe successo nulla e
quell’abominio -che
ovviamente l’aveva spaventata- non sarebbe mai apparso.
«Perdonami» mormorò, poggiando la mano
sulla guancia tiepida
di Mintaka.
Un momento.
Tiepida?!
«AAAH!»
strillò
Mintaka, tornata improvvisamente online, rizzandosi a sedere di scatto
«Ma
che cazzo?!...»
Pkangu e Zoira urlarono per la sorpresa, finendo quasi per
cadere all’indietro. Stylequeen si voltò verso di
lei con gli occhi azzurri già
grandi resi enormi dallo stupore.
Deathstar fece lo stesso, asciugando ogni traccia di lacrime
col dorso di una mano. «Sei viva!»
strillò,
un po’rauca per colpa dell’urlo disperato di prima,
raggiungendo Mintaka con un
balzo «VIIIIIIIVA!»
ripeté,
stritolandola in un abbraccio.
«Beh, certo» disse Mintaka, un po’confusa
per quella
reazione «È stato un brutto colpo ma sono
viva… ragazzi, ero veramente messa in
modo tale da farvi pensare così tanto male?»
chiese loro, notando che stavano
piangendo.
«Eri fredda. Eri fredda come solo un transformer morto
può
essere ma forse… forse siamo stati precipitosi, forse non
eri davvero fredda
come ci eri sembrata, o forse il colpo preso ha portato la tua
Scintilla a
un’attività talmente minima da non far avvertire
nemmeno un po’di calore, o…
ah, chi se ne frega» concluse Pkangu, unendosi
all’abbraccio, così come Zoira e
Stylequeen subito dopo.
«Salva anche lei… meglio
così» commentò Optimus.
La femme con le ali rosse aveva gridato a Unicron di morire
e lui era stato divorato vivo, quindi più stava tranquilla
meglio era.
Il pensiero di un potere del genere lo atterrì: e se un
giorno qualcun altro del gruppo fosse morto, cos’avrebbe
fatto quella donna?
Avrebbe evocato di nuovo quel mostro o qualcosa di addirittura peggiore
che
avrebbe distrutto non solo il responsabile, ma tutto
l’Universo?
E cosa sarebbe successo se, per disgrazia, Galvatron l’avesse
davvero convinta a unirsi a lui?
“Meglio così, sì”
pensò Galvatron. Se Mintaka era viva e
Deathstar era a posto poteva tornare al piano originale, anche
se… in quella
sua idea c’era qualcosa che mancava. Lo sentiva, ma non
sapeva cosa fosse.
«Mi dispiace di avervi fatti preoccupare, mi dispiace
tanto»
si scusò Mintaka, contrita e ancora abbracciata a Deathstar,
alzandosi in piedi
con un po’di aiuto di quest’ultima «Non
volevo che…»
Si interruppe.
Guardando in alto aveva visto che mancava qualcosa.
«’Star».
«Dimmi».
«Che fine ha fatto Unicron?»
Deathstar si staccò dall’abbraccio e sorrise, con
tutta la
naturalezza del mondo. «È comparso un altro mostro
che se lo è mangiato e poi è
andato via».
«Mangiato» ripeté Mintaka.
«Sì, ‘Taka» annuì
la jetformer «Mangiato. Gnam gnam. Addio
UniStronz».
Dopo un istante, Mintaka fece spallucce. «Perfetto
direi!»
“Tutto qui?!” pensò Optimus
“Tutto qui quel che hanno da
dire su- dove sta andando Galvatron?!”
“Mangiato. Gnam gnam”.
Quelle parole e quella calma assoluta nel descrivere
l’accaduto avevano fatto capire a Galvatron qual era il
tassello che mancava
alla sua idea.
Raggiunse Deathstar con pochi passi, facendola voltare verso
di sé. «Matrimonio. Ora».
Silenzio tombale e sconcerto generale.
«Tu e chi?» chiese Deathstar a Galvatron,
genuinamente
perplessa.
Al leader dei Decepticon cascarono le braccia. «Come sarebbe
a dire “Tu e chi”?! Intendevo-»
«NOOOOOON
ESISTEEEEEEEEEE!» strillò Stylequeen,
riuscendo non si sa come ad
agguantare Deathstar per la vita, sollevarla sopra la propria testa e
correre
via con lei come se non pesasse nulla «NON
CON QUELLO ZOTICO COLORATO MALEEEEEEEE!»
«Cos… ah!» realizzò
Deathstar, piegando la testa
all’indietro per guardare Galvatron «Intendevi me e
te!»
Stavolta Zoira non esitò nemmeno un secondo ad alzarsi in
volo con Mintaka, così come Pkangu non esitò ad
acchiappare Stylequeen e
Deathstar e volare via con loro. Giusto in tempo, dato che
l’astronave
richiesta da Galvatron era in avvicinamento.
«RIPORTATELA QUI IMMEDIATAMENTE,
VOI-» avviò a dire, solo per essere
interrotto e buttato a terra da una
spallata improvvisa di Optimus, che aveva deciso di agire nonostante si
trovasse davanti un Galvatron munito Spada, Scudo e Blaster.
«A tutti gli Autorobot: sono in arrivo cinque civili, sono
tre
volanti e due terrene di cui una tutta rosa, date loro
un’astronave col modulo
per l’iperspazio! Una di quelle fornita di tutto! È UN ORDINE!»
gridò Optimus nel comm-link.
«Grazie!» esclamò Zoira, lontana ma non
abbastanza da non sentire.
«Come osi?!» diede in escandescenze Galvatron,
puntando il
Requiem Blaster contro l’avversario «Come osi
intrometterti tra me e mia
moglie?!»
«Non è tua moglie! Ed è meglio perdere
un’astronave che
darti modo di averla vicino!» ribatté Prime, che
dopo aver evitato il colpo del
Blaster solo per un soffio fu costretto a darsi ingloriosamente alla
fuga
«Jetfire, ci sei?!»
–Ci sono. Sono nei
paraggi, arrivo subito. Optimus, hai visto anche tu quel…
quel mostro? Hai
visto cos’ha fatto? Lo ha divorato! Ha divorato Unicron! Per
tutti i Prime, ma
da dove è saltato fuori?!–
«Ne parliamo dopo!» tagliò corto
Optimus, avvertendo il
calore di un altro colpo del Blaster passargli troppo vicino.
«Scappa! Scappa pure! Tanto la pagherai cara per esserti
messo in mezzo!» sbraitò Galvatron
«Cybertron è quasi tutta nelle mie mani, ho
le tre armi e il deus ex machina che doveva impedirti di essere
sconfitto da me
è stato mangiato! MI HAI SENTITO?!
Io
ti schiaccerò, Optimus Prime!»
Optimus continuò a fuggire, cercando di soffocare quel lato
di lui che, data la situazione attuale, temeva che Galvatron avesse
ragione.
.:: Circa
un’ora dopo, astronave madre dei Decepticon ::.
Non poteva credere di essere veramente sopravvissuto a
quella giornata. Era conciato male, infatti era in terapia intensiva,
però era
vivo e non più attanagliato dal desiderio di farla finita.
“Per quanto ne
sappiamo davvero, potresti trovarti davanti quello.
Hai ancora voglia di morire, Starscream?”
I macchinari cui era attaccato, a causa dell’agitazione,
iniziarono a emettere dei “bip” minacciosi.
Doveva cercare di stare calmo, lo sapeva, però era
inevitabile che al pensiero di Yog Sothoth -aveva udito le grida folli
di
Optimus Prime e, captato quel nome, chissà perché
si era sentito certo che
fosse quello giusto- tornasse a provare un terrore profondo.
La porta scorrevole dell’infermeria si aprì.
«Starscream».
Il seeker piegò la testa di lato.
«Galvatron».
«I medici hanno confermato che te la caverai. Riuscirai
perfino
a tornare operativo in breve tempo, il che è ottimo. Unicron
non esiste più,
dunque dobbiamo solo vincere la guerra… che
c’è?»
«Pensi ancora alla guerra dopo quel che hai visto?»
ebbe il
fegato di chiedergli Starscream «N-non… non
sarebbe meglio restare uniti, se
mai cose come… non so, un altro Unicron, o il mostro che lo
ha divorato o
qualche altra cosa ancora dovessero presentarsi?»
«Sono convinto che esistesse un solo Unicron e che
l’altro
mostro non si farà più vedere, a meno che
l’amica della femmina con le ali
rosse “muoia” di nuovo così di botto,
cosa di cui dubito. Non farti problemi,
Starscream».
«Io avrei voluto che vivessimo tutti in pace»
mormorò il
Decepticon, ignorando Galvatron e il fatto che avesse alzato gli occhi
al
soffitto «E poi... se invece non l’avesse evocato
lei come pensi, se lui fosse
arrivato qui per fatti suoi attirato dal potere di Un-»
«Deathstar ha
urlato a Unicron che doveva morire e lui è morto,
così come Thrust, cui tempo
addietro aveva augurato la stessa cosa. Lo ha evocato lei e lo ha fatto
andare
via una volta finito, certo che è così! Anche
perché se non fosse così... se
quel mostro fosse venuto qui di propria volontà e un giorno
decidesse di
tornare per farci fare la fine di Unicron, non potremmo fare
assolutamente
niente a riguardo» disse Galvatron «Neppure
alleandoci con gli Autorobot. Tu a
quale versione preferisci credere, soldato?»
«Lo ha sicuramente evocato lei con quelle sue
abilità
strane, Galvatron».
«Appunto. Riguardo al voler vivere in pace, se spazziamo via
gli Autorobot la guerra finirà. Tu impegnati a far
sì che i Decepticon vincano
e il tuo desiderio di pace verrà esaudito».
«Ma se tu e Optimus-»
«Non mi alleerò mai con il bastardo che ha
interferito nel
matrimonio tra me e mia moglie! E non dire che non è mia
moglie!» lo avvertì
Galvatron «Lo sarà, quindi è come se lo
fosse già!»
«Ma allora dicevi sul serio quando parlavi di
sposarla?!»
allibì Starscream.
«Quella femmina con le ali rosse è la prima cui ho
parlato
di matrimonio e l’ultima cui ne parlerò. Una volta
sconfitto Optimus, durante
la nostra espansione nel resto del cosmo, la cercheremo e la
troverò!» dichiarò
«La troverò, dovessi dare alle fiamme mezza
galassia!»
«Ma non è necessaria, insomma, abbiamo le tre
armi, possiamo
riuscire da soli a espand-»
«Ovvio che ce la facciamo da soli, Starscream. Ritieni
plausibile il contrario?!»
«No, certo» si affrettò a dire il seeker
«Però non capisco.
Se non è strettamente necessaria, allora…
perché?»
Galvatron fece spallucce. «E perché no?»
Guardandolo uscire dall’infermeria, Starscream
pensò che il
periodo post guerra da passare dando la caccia a quei cinque si
preannunciava
incasinato.
Molto, molto incasinato.
.::Nel frattempo,
nella nuova astronave del Deviant Team::.
«Ma come si fa?! Ma io non lo so! Ma che modi! Ma che roba!
Ma non sa stare al mondo! Ma ci rendiamo conto?! Vi siete incontrati
tre volte,
la prima delle quali ha cercato di spararvi addosso e adesso,
così di botto,
senza senso, se ne esce col matrimonio! Vi conoscete appena! E non ha
parlato
di cambiare quei colori orrendi della sua corazza: rosso scuro,
arancio, viola,
bianco, grigio, ma che senso hanno?! Tu lo vedi? Certo che non lo vedi!
Perché
non ce l’ha!... e ti viene a parlare di matrimonio!
Non esiste proprio!»
Dal momento in cui avevano raggiunto gli Autorobot, avevano
ricevuto l’astronave ed erano partiti in fretta e furia
lasciando il pianeta
Cybertron, Stylequeen non aveva fatto altro che parlare del matrimonio
che,
secondo lei, “non s’aveva da fare”. Era
più sconvolta lei per quella proposta
di quanto lo fosse la destinataria.
«In effetti è andato un pochino di
corsa» concordò Deathstar
«Avrebbe potuto chiedermi di uscire insieme, invece di fare
una proposta che
nemmeno avevo capito!»
«Se invece ti avesse chiesto di uscire tu cosa gli avresti
risposto?» le domandò Stylequeen «A
parte “Dopo che ti sarai lasciato
verniciare dalla mia amica altrimenti non se ne parla
proprio”?».
«Gli avrei risposto “Non
oggi”».
Pkangu, finito di impostare la rotta dell’astronave,
abbandonò i comandi. «Più che di
proposte e richieste dovreste parlare di
ordini e comunicazioni. C’è qualche
probabilità che non sia un mostro completo,
ma sempre di Galvatron si parla».
«E io la penso come Pkangu. Sono sincera, adesso come adesso
non vi vedo bene né sposati né a bere qualcosa
insieme da qualche parte» disse
Mintaka «Non finché manterrà questi
toni, anche se in futuro riuscisse davvero
a dominare su tutto».
«Eeee questo è uno dei motivi per cui gli avrei
risposto
“Non oggi”. Anche se il principale è che
questa è stata una brutta giornata»
sospirò Deathstar «Difatti mi sa che tra poco vado
a dormire».
«E io con te» aggiunse Zoira
«È stata proprio una giornata
da dimenticare… anche se, al di là dei brutti
momenti, noi siamo sempre messi
meglio di quel povero disgraziato col petto rott- no!
Non iniziare! Ti avviso!» esclamò,
rivolta a Stylequeen e alla
sua tendenza a vedere coppiette dappertutto.
«Non c’è niente di male, Starscream era
molto, molto carino con i suoi
colori
originari! Ed è galantuomo, non zotico come il suo capo! Se
lo avesse mollato
per stare con noi, io non avrei avuto niente in contrario»
disse la femme rosa.
«Io sì. Ha cercato di farsi ammazzare per averlo
mezzo
mollato una volta, se lo rifacesse è probabile che lo
troveremmo morto suicida
in bagno per i troppi sensi di colpa, e poi chi altri se non
l’unico dotato di
maggior forza fisica dovrebbe sollevare il cadavere e spararlo nello
spazio?»
Pkangu si indicò «Non ci tengo, grazie».
«Ti lamenti sempre! Anche di cose che non
succedono!» sbuffò
Stylequeen.
La guerra non era ancora finita e il futuro era incerto,
però una cosa era sicura: anche dopo Unicron e Yog Sothoth,
la bolla del
Deviant Team si era risanata.
Credo sia la fanfiction più breve che ho scritto,
però... sapete cosa? Va bene così!
I possibili scenari per quello che sarà il futuro del DT e
del matrimonio che non s'ha da fare sono tanti, quasi quanti sono gli
Universi su cui il nostro adorabile Yog Sothoth può posare
lo sguardo quando è in cerca di uno spuntino :)
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia. Magari mi rivedrete
presto xD
Alla prossima,
_Dracarys_
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