A volte ritornano

di RoloChan105
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Prima di leggere questa storia, c'è il primo capitolo che ti aspetta qui ---> https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2515542&i=1

Il gelato stava finendo.
Era questo il primo pensiero di Nami nell'osservare il fondo del barattolino pistacchio e frutti di bosco. Nel giro di due giorni, spaparanzata sul divano a vedere film d'azione, non aveva fatto altro che mangiare, senza far caso al fatto a quel che effettivamente mandava giù.
Lei odiava il pistacchio...e i frutti di bosco non la facevano impazzire.
Un colpo di pistola esplose a tutto volume e annoiata, tornò a prestare attenzione allo schermo.
Avrebbe davvero voluto avere una pistola...l'avrebbe scaricata volentieri contro quell'imbecille di una settimana prima.
Quel rosso senza sopracciglia.
Quel gigante idiota.
Quel coglione cafone.
Lui.
Non ricordava il nome e nemmeno gli interessava. Ricordava che iniziava con la E forse e terminava con stacchio...pistacchio?
Nuovamente, abbassò lo sguardo sul barattolino.
Socchiuse gli occhi e con un sonoro sbuffo, si alzò in piedi. Con il cucchiaio, grattò via gli ultimi residui di gelato per poi, gettare il tutto nel lavello assieme ai piatti sporchi della cena.
Non era triste.
Non era arrabbiata. Non era nemmeno coi coglioni girati.
I suoi amici erano tutti impegnati e a lavoro, le avevano dato le ferie forzate.
“Lavori sempre”le aveva detto Smoker stringendo tra i denti il sigaro “...E fai un sacco di straordinari”. Candidamente, lei aveva fatto spallucce.
“Mi piacciono i soldi” Aveva dunque risposo e con un alzata di sopracciglia, il suo capo, le aveva fatto vedere il calendario.
“Un mese”
“Cosa!?”Aveva sbottato lei in piedi nel mezzo dell'ufficio.”Ma io...”
“Un mese Nami” Ignorando le sue proteste, aveva iniziato a sbarrare i giorni”è da due anni che non prendi né ferie, né permessi. Se qualcuno viene a controllarci, mi fanno un culo così” e nel dirlo, la nuvoletta del sigaro che teneva in bocca, si sparse per tutta la stanza.”Fai quello che cazzo vuoi, ma non farti vedere qui.”
Qualcun'altra nella sua situazione avrebbe fatto i salti di gioia ed invece, lei si annoiava.
Le piaceva il suo lavoro dannazione.
Parlare con gli amici, raccogliere informazioni per il giornale, stare al telefono a sentire testimonianze, fissare, nella scrivania di fronte, il culo sodo di Roronoa che ogni volta che si sedeva, i jeans lo mettevano in risalto...
Insomma, cosa diavolo doveva fare a casa?
Le sue amiche del liceo, Bonney, Bibi e Perona, erano tutte impegnate e non avevano il tempo di uscire con lei. Robin invece, aveva sposato di recente un milionario eccentrico amante dei coccodrilli cocco-banana ed insieme, erano partiti per il sud d'Alabasta per poter osservare quelle specie nel loro habitat naturale.
Con una nuova vaschetta di gelato sottobraccio, tornò a sedersi sul divano.
Una fila di DVD erano impilati uno sopra l'altro a mo di torre, aspettando di essere visti per...la milionesima volta forse.
Con uno schiocco di lingua, osservò il suo nuovo amico “mango e limone” che l'attendeva da decenni in quel frigo e che da sempre, si era ripromessa di buttare.
-A noi-Borbottò aprendo il coperchio e affondando il cucchiaio. Ebbe appena il tempo di constatare quanto facesse schifo, che il campanello suonò.
Socchiuse gli occhi per poi, imprecare ad alta voce ricordandosi che probabilmente, era il tipo della pizza. Sospirando, posò il gelato sul tavolino di fronte a sé, per poi, alzarsi e dirigersi alla porta.
Era vestita con una maglietta a maniche corte il doppio di lei, dei pantaloni rosa della tuta che portava quando faceva il liceo ed era struccata. I capelli erano un ammasso informe annodato e fissato in alto con una sottospecie di matita e la mattina, si era strizzata un brufolo sotto al mento.
Non era per il mangiare che stava trangugiando, si disse, era per il ciclo che sapeva, doveva arrivarle...il mese prossimo.
Tirando fuori dalla tasca dei pantaloni i soldi, aprì la porta.
-Avevo ordinato la pizza circa mezz'ora fa...-Borbottò per poi, trovarsi davanti una montagna d'uomo.
Era lui.
Il cafone.
Quello scemo coi capelli rossi senza sopracciglia.
Contrasse la fronte e perplessa, si guardò attorno. Nel suo pianerottolo, a parte una coppia di anziani e due sbarbatelli senza lavoro, non c'era grande movimento.
-Tu non sei l'uomo della pizza!- Concluse alzando infine lo sguardo su di lui.
-Già- Rispose lui pragmatico mettendosi a braccia conserte.
-Che cazzo vuoi?- Domando lei in modo cordiale.
-Sono...- Non riuscì ad udire altre parole che la porta si chiuse insonorizzando l'ambiente.
-Ah giusto-Nami scosse le spalle-Non me ne frega.-
Quel coglione lì? A casa sua? Chi diavolo gli aveva spifferato dove abitava? Immediatamente, il pensiero corse a Nojiko.
Non fece in tempo ad afferrare il cellulare che nuovamente, il campanello suonò. Con uno sbuffo, alzò gli occhi al cielo e tornò ad aprire.
Per sua sfortuna, era sempre lui, ma questa volta, aveva in mando la sua pizza.
-Dammela- Allungò la mano per prenderla ma in tutta risposta, lui le spalmò sul naso un dito medio. Con passo deciso, si avvicinò alla finestrella delle scale e aprendola, gettò il contenuto dalla finestra.
-Prenditela-Borbottò osservando l'ascesa del magnifico cibo, finire dritto nel cassonetto dell'immondizia.
Nami rimase immobile, senza parole per poi stringere in mano il telefono e tirarglielo contro.
-Brutto coglione che non sei altro-Gridò divaricando le gambe-QUELLA ERA LA MIA SECONDA CENA!-
-Non me ne frega un cazzo- Dolorante, si massaggiò il naso che fortunatamente, era stato colpito dal telefono di lei. -E sapevo che non dovevo venire qui. Sei fuori di testa!-Ad interrompere le sue parole, il suo cellulare questa volta, suonò.
Socchiuse le labbra quando vide il nome di Ace lampeggiare e con un imprecazione, le voltò le spalle e rispose.
-Che vuoi?-
-Allora come sta andando?-Domandò il moro con Nojiko che sottobraccio, stava già dormendo.
-Non dovevo venire-Gli rispose Kidd tenendosi il ponte del naso-Cazzo, questa ha problemi!-
-Cosa ti avevo detto?-
-Non ricordo-
-Inizialmente anche Nojiko sembrava fuori di testa, ma dopo...-
-COSA!?-Sbraitò la moglie che nel sentire le offese del marito, si era ridestata.
-Ah, no niente amore-
-HAI DETTO CHE SONO FUORI DI TESTA!?-
-No, io-
-Hey stronzo!-Nami si avvicinò al rosso afferrandolo per la giacca-Mi hai dato della fuori di testa coglione?!-
-Si, sei una pazza isterica-Le rispose Kidd allontanando di poco il telefono. -Vestita così sembri una gattara!-
Le sue parole non fecero altro che gettare benzina sul fuoco.
Il telefono, non appena cadde a terra chiuse la conversazione e delle grida, rimbombarono per tutto il pianerottolo.
Nami, stanca di sentirsi offendere da quell'uomo, era partita all'attacco, gettandolo a terra e prendendolo a pugni.
Il rosso, in tutta risposta, cercava di pararsi il volto e di tentare di prenderle i polsi.
-Sei un grande stronzo, te l'ha mai detto nessuno!?-
-Si, tua madre!-
Immediatamente, Nami si fermò quando udì la porta dell'appartamento di fronte aprirsi. Era il signor Igaram con un mano una carabina.
-è uno stupratore?-Domandò osservando la scena.-Vuole una mano miss Nami?-
Prendendo fiato, la rossa scosse il volto.
-No, me la cavo da sola.-Borbottò lei sventolando una mano tranquillizzandolo e mettendosi poi a sedere di lato.-è solo un stronzo che non arriva in orario e ha gettato dal quinto piano la mia pizza.-
Nel sentire le sue parole, Kidd ringhiò.
-Sei pazza-Ripetè per l'ennesima volta quella sera-Dovevo buttare te dalla finestra, non la pizza.-
-Oh senti, vaffanculo-Esplose di nuovo Nami cercando, nonostante il fiatone di alzarsi da terra.
Igaram invece, rimase immobile.
-è il tuo ragazzo?- Entrambi assunsero un espressione disgustata.
-MAI-
-Piuttosto me lo taglio.- Nel sentire la sua risposta, Nami si mise a braccia conserte.
-Immagino che non ci sia poi molto da tagliare...-
-Hai rotto-
-è sicura che non devo sparargli?-Nami rimase in silenzio, per poi, scuotere il volto. Salutò e ringraziò il vicino che venne immediatamente tempestato di domande dalla moglie e tornò il silenzio.
-Sei ancora vivo perchè mi devi dieci berry-Kidd rimase perplesso.
-COSA?-
-Per la pizza-Indicò la finestra-la mia cena.-Il rosso socchiuse gli occhi.
-L'avevo pagata io, perciò, era come se fosse mia!-
-L'avevo ordinata io però!-Si colpì il petto in tutta risposta lei.-Io!-
-Chissene frega!-Il rumore di una pancia gorgogliante, assordò i presenti. La rossa rimase ad ascoltare e ad osservare l'uomo.
-Già, chissene frega.- Stanca, riprese il cellulare che era rimasto a terra e si diresse verso il suo appartamento. -Non voglio più vederti...coso.- Non ricordava il suo nome e nemmeno voleva saperlo.
-Tranquilla-Borbottò lui voltandole le spalle e raccogliendo il suo-Fossi matto nel volerti vedere ancora!-




La luce del mattino era una sveglia dolce e silenziosa. L'aveva imparato in quei giorni a beneficiarne e adesso, il solo sentire il cellulare squillare e ricordarle che era ora di alzarsi, la fece quasi sbuffare.
Lenta, mosse una mano verso il telefono e disattivò quell'orribile suoneria. Non ricordava di averla messa, ma poteva essersi sbagliata.
La segreteria segnava ben dieci messaggi.
Cavolo, le sue amiche si erano ricordate tutte di lei quella mattina?
Tornando con la testa sul cuscino, mise il vivavoce e rimase ad ascoltare i messaggi.
-Hey stallone...-Una voce da donna, sensuale e peccaminosa, piena di ansiti e probabilmente asmatica, le fece aprire gli occhi.- è da un mese che non ti fai più sentire...mi manchi.- Un bip prolungato diede spazio ad un altra voce. Nami scosse il volto: probabilmente, si disse, avevano sbagliato numero.-Sono Alvida della sezione relazioni interne.-Un altro gemito gracchiò contro la cornetta-Chiamami...-Ok...perchè questa Alvida voleva che la chiamasse? E perchè ansimava?
Un nuovo messaggiò si attivò e anche questo, aveva una donna che ansimava.
-Ma che cavolo...?-Stoppando la segreteria si tenne la testa per poi, urlare spaventata quando il telefono si mise a squillare.
-Pronto?-
-Dove diavolo sei?-Una voce maschile e autoritaria la fece fermare.
-Cosa?-Chi diavolo era? Non lo riusciva a riconoscere.-Sono...sono a casa.-
-A casa?-Domandò questo per poi fermarsi.-Aspetta...Kidd? Non sei Kidd?-
Kidd? E chi diavolo era?
-EH?-
-Ah...-La voce all'altro capo, sospirò pesantemente.-è lì vero?-
-Cosa? Ma chi è lei?-Sarà che era mattina presto e ancora non riusciva a mettere in moto il cervello per rendersi conto che il telefono non era il suo, ma davvero, stava avendo seri problemi a comprendere la situazione.
-Sono Killer-Si presentò-Il segretario del signor Eustass Kidd- Eustass Kidd...ah!
-Il coglione senza sopracciglia!-Esclamò per poi, portarsi una mano alla bocca.
-Si, lui-Senza fare una piega, l'uomo confermò le sue parole.
-Che diavolo vuole ancora da me? Mi deve dieci berry!-
-Veramente...-Cercò di parlare-Il signor Eustass evidentemente, ha lasciato il telefono da lei ieri sera...- Nami rimase immobile per poi, socchiudere gli occhi. Quel cretino non era entrato in casa sua... allora...
Lenta, osservò il telefono trovandolo identico al suo. La segreteria che aveva ascoltato, però, le fece infine comprendere che si erano scambiati i telefoni.
-Oh...- Storse le labbra.-Emh...no. Ci siamo scambiati per sbaglio i telefoni. A quanto pare quello scemo ha preso il mio...-Immediatamente, sbiancò.
QUEL CRETINO AVEVA PRESO IL SUO TELEFONO!
Diavolo! Se si metteva a guardare le foto, poteva vedere lo scatto che aveva inviato a Robin del suo brufolo! O quella dove da ubriaca, aveva la testa nel cesso.
-DOVE SI TROVA!?-Con ferocia, si tolse di dosso le coperte.
-Cosa?-
-Dove abita? Glielo porto io!-
-Veramente...-
-ME LO DICA!-



Quello era un grattacielo. L'aveva visto una volta in un documentario, ma mai di persona.
Non che la sua città fosse piccola, ma si era sorpresa nell'apprendere che quel coglione, abitasse in un posto tanto magnifico...
A grandi passi, si diresse verso il campanello e faticò non poco a trovare il suo nome.
Per sicurezza, aveva sondato il suo telefono... e la sua galleria nel caso quel deficiente si fosse divertito a spiare le sue foto. L'aveva trovata piena di foto di fogli di lavoro, qualche foto di lui con un amico, liquori di marca ed infine, un sacco di foto sfocate fatte probabilmente a caso e senza esserne a conoscenza. Il campanello squillò una, due, tre volte ed infine, dopo essersi attaccata al campanello per un intero minuto, una voce impastata dal sonno rispose alla chiamata.
-Se?-
-SCENDI DI SOTTO, COGLIONE E RIDAMMI IL CELLULARE!-

 

-continua-

 

 

Cos'è questo?

Non lo so. Avevo voglia di one piece e rileggendo le varie storie che ho scritto, questa mi aveva attirato. Immagino che a nessuno fregherà qualcosa o sarà interessato a leggerla e nemmeno so se un continuò arriverà o meno. Volevo solo provare, tutto qui.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Aveva compreso che quello non era il suo telefono nell'esatto momento in cui una certa Robin si complimentava per un brufolo.

Non che lui ne avesse, ma ricordava bene che non era il tipo da inviare certi messaggi e foto ad una donna. Che senso aveva inviare la foto di un brufolo, quando poteva inviare un immagine del suo pene?

Con gli occhi impastati dal sonno, osservò la sveglia che per tutto quel tempo, aveva suonato. Era la sua seconda sveglia. L'aveva messa Killer nel caso lui, com'era solito fare, non sentisse la prima del cellulare. Sospirante, aveva iniziato a sondare quel piccolo telefono, osservando foto che sinceramente, avrebbe fatto a meno di vedere. Ma in tutte quelle, si disse Eustass, poteva intravedere la personalità di quell'isterica...

Spigliata, libera, senza paura.

Infantile, pazza, incosciente.

Aspetta.

Quelle erano tette?

Stava per approfondire la visione quando qualcuno e già immaginò chi fosse, si attaccò al suo campanello. Un suono spietato da udire, sopratutto di prima mattina, riempì l'appartamento, costringendolo ad imprecare sonoramente, per poi, bestemmiare.

Ogni tanto lo faceva. Non era credente, ma un abitudine era un abitudine.

A piedi scalzi, scese dal letto e lentamente, arrivò fino al campanello.

Nel tragitto era anche riuscito ad andare al cesso.

-Seh-Rispose alzando gli occhi al cielo nel vedere la rossa davanti casa dalla piccola telecamera.

-SCENDI DI SOTTO, COGLIONE E RIDAMMI IL CELLULARE!-

Nel sentire quelle urla, Kidd rimase in silenzio per poi, riagganciare la cornetta e dirigersi verso la cucina. Era stata chiara la rossa: non voleva più vederlo.

E lui, era un tipo di parola.

Il telefono di casa iniziò a squillare.

Nessuno lo chiamava a quel numero se non il suo segretario. Sbuffante, si avvicinò all'apparecchio e con un ringhio, rispose al biondo.

-Buongiorno anche a te-Killer, inflessibile e temerario, aveva imparato a conoscere, dopo anni, il suo strambo capo.-Hai intenzione di presentarti stamani?- Un altro sbuffo si fece largo dal petto di Kidd e con un imprecazione, scosse il volto.

-Sappiamo entrambi che questa merda non fa per me.-

-Se solo provassi...-

-Ne abbiamo già parlato, cazzo-

-Non abbastanza a quanto vedo...-Controbatté Killer per poi, rimanere in silenzio.-Allora?-

-C'è qualche incontro importante?-In risposta, ricevette il suono di qualche foglio spostato qua e là, agende gettate oltre la scrivania, scartoffie accartocciate...

-No-Gli diede conferma-Hai solo una festa questa sera per la ri-apertura di un noto ristorante, ma niente di chè.-

Perfetto.

Poteva evitare tutta quella merda e gettarsi sul suo hobby che da mesi, aveva dovuto mettere in disparte per quella stronzata d'azienda.

Era un meccanico lui.

Non aveva studiato o si era laureato. Aveva sgobbato fin da piccolo nell'officina di suo padre e spaccandosi la schiena ogni giorno, aveva imparando tutti i segreti del mestiere. Era bravo cazzo, il migliore.

Poi, nel giro degli ultimi anni, aveva ereditato, alla morte di sua madre che da che aveva ricordo, se ne era andata, un sacco di aziende e soldi a palate.

A lui piacevano i soldi. Così, aveva tentato di capirci qualcosa e sebbene agli inizi, tutto sembrasse rosa e fiori, nel giro di un paio di settimane, si era già frantumato le palle.

Si era comprato un auto da sogno e da quanti soldi aveva, si era pure preso un isola.

E una barca.

La barca era per giocare a fare il pirata.

Donne fino a scoppiare e pure quelle che lo etichettavano come un cesso a pedali, si erano sciolte non appena aveva mostrato loro quanto schifosamente ricco fosse diventato.

Le aveva scopate senza sosta per poi, abbandonarle non appena ne perdeva interesse.

E dopo un anno passato a fare così, cercando di scimmiottare il grand'uomo d'azienda, si era rotto. Ancor più di prima.

Odiava quel lavoro, odiava quella vita e odiava i suoi genitori.

Suo padre perchè l'aveva preso a cinghiate e a botte sin da bambino. Un ubriacone che solo in sporadici momenti sembrava essere ancora un uomo.

Sua madre, perchè l'aveva abbandonato a quel coglione, sparendo dalla sua vita, per poi ritrovarsi completamente sola e morire per chissà quale fottuto male.

Aveva degli amici almeno.

Heat e Wire erano i fratelli che non aveva mai avuto e Killer...beh, si stava dimostrando davvero un aiuto prezioso. Molte volte, come quel giorno, nemmeno andava a lavoro e ci pensava direttamente lui.

“Perchè non ti occupi direttamente tu di tutta questa merda”? Gli aveva infine proposto.

“Perchè fa schifo anche a me”.

Il suono di vari pugni alla porta, lo strappò dai propri pensieri e con un imprecazione, riattaccò il telefono. Lento, si avvicinò, immaginando già di vedere quella pazza dai capelli color carota, imprecare come una pazza.

Non appena aprì, si stupì di vederla infervorata, nervosa e sopratutto, accaldata.

-Che cazzo vuoi?-Domandò brusco. Stava per rispondergli Nami, quando i suoi occhi scesero verso il suo bacino.

-SEI NUDO!-Sbraitò sorpresa.

-Dormo sempre nudo.-Con un braccio, si appoggiò allo stipite della porta e superandola con i suoi due metri d'altezza, rimase a fissarla.-Allora?-

-Sei nudo-Ripetè lei cercando di spostare lo sguardo altrove, ma non riuscendoci.

-L'hai già detto- Socchiuse gli occhi.-Che vuoi?!- Cercò di parlare nuovamente Nami non ci riuscì. Senza parole, contrasse le sopracciglia per poi, alzare un braccio e farlo ricadere al proprio fianco.

-è che...-Finalmente, alzò lo sguardo su di lui-Mi sta fissando!- Kidd contrasse le inesistenti sopracciglia per poi piegare da un lato il volto.

-Se ti stesse fissando veramente, te ne saresti accorta-Borbottò-Per fortuna al mio cazzo sembri non piacergli.- Al sentire quelle parole, Nami si stizzì.

Prendendo coraggio, si fece più vicina e puntando i pugni sulle anche, cercò di darsi una parvenza da donna cazzuta.

-Rivoglio il mio cellulare!-

-Hai detto che non volevi più rivedermi-La corresse lui assottigliando lo sguardo.

-Ed è così!-

-Perfetto-Gli voltò le spalle per chiudere la porta, ma evidentemente, non aveva tenuto conto della sua ostinazione. Quando lei bloccò la porta col piede, l'ennesima imprecazione della giornata, uscì dalla bocca del rosso.

-Hai rotto-

-Ridammi il telefono!-

-NO-

-Ma perchè!?-

-L'hai lanciato contro la mia fronte-Se la indicò-Ora mi appartiene- Nami rimase in silenzio, per poi, tirare fuori dalla tasca quello dell'uomo.

-Non ho intenzione di stare ancora qua a sentire le tue stronzate.-Proclamò- Ho bisogno di quel cellulare, dentro ci sono tutti i miei numeri di lavoro, di clienti, foto da usare per degli articoli e molti ricordi...-

Kidd rimase a fissarla per poi cercare di far di nuovo leva contro la porta per poterla scacciare via.

-MI HAI ASCOLTATO!?-Sbraitò lei facendo forza a sua volta per non farlo chiudere.

-No-Commentò nuovamente in modo acido.

-Che cazzo te ne fai del mio telefono!?-Alle spalle, Nami sentì una porta aprirsi. Una donna, vestita in modo elegante e con fare snob, iniziò a fissarla. Si, era lei l'autrice di quel casino e si, sebbene si fosse vestita in modo più consono ad uscire fuori, non era certamente circondata da abbastanza soldi da ambire a portare una pelliccia come quella di prima mattina, capelli rosa, sigaro alla bocca e occhi all'ingiù.

-Posso denunciarti alla polizia per furto!-Suo padre, Genzo, un vecchio poliziotto in pensione, aveva ancora qualche conoscenza.

-Io pure, perchè una pazza invasata vuole entrare in casa mia.- Si sentì rispondere.

-Ridammi il cellulare!-

-Ebbene!?-La donna dell'appartamento accanto, le si avvicinò. -Crede di essere a casa sua? Questo è un condominio, non una piazza del mercato.- Mettendosi a braccia conserte, si tolse per qualche secondo la sigaretta.-La smetta di importunare il signor Eustass, altrimenti, sarò costretta a chiamare la sorveglianza e a farla scortare giù.-

Nami rimase in silenzio, per poi, digrignare i denti e cercare di contenere la sua rabbia.

La signora aveva ragione, ma ciò non toglieva che quel cretino, aveva il suo telefono.

Lo rivoleva indietro.

Le serviva.

-Mi dispiace...-Mormorò per poi abbassare il volto. Quell'attimo di distrazione le costò cara: sentendo la porta nuovamente libera, Kidd la chiuse del tutto, tagliandola fuori e troncando la sua discussione.

-Sarà meglio. Non voglio rivederla più qua...- Con fare infastidito, la donna girò i tacchi e si diresse verso l'ascensore.

 

 

Perchè cazzo era così ostinato?

Perchè non voleva dargli quel fottuto telefono? Che se ne faceva lui alla fine, di quell'aggeggio. Era uguale al suo e se voleva, poteva comprarsene mille di quei cellulari.

Nemmeno lui sapeva perchè si stava comportando in quel modo.

Nuovamente, il campanello riprese a suonare. Con insistenza e con un suono decisamente fastidioso.

-Hey Eustass-Era nuovamente la voce di Nami.- Sul serio, ho bisogno di quel cellulare.-

-Se ne avevi così bisogno, perchè me l'hai tirato in testa?-

-Perchè mi avevi buttato fuori la pizza!- Alzò il tono per poi riabbassarlo. Non voleva di nuovo incappare in qualche snobbona che la trattasse di merda.

-Cosa vuoi in cambio del telefono?-

Kidd rimase sorpreso.

Cosa voleva in cambio?

Si stava davvero mettendo alle sue condizioni per riavere quel diavolo di aggeggio?

Immediatamente, l'immagine di lei, pronta a far qualunque cosa per riavere il suo cellulare, gli balenò in mente nei modi più sporchi e depravati che conoscesse. Subito, però, cambiò idea e si immaginò ad invitarla da qualche parte a cena, ma il volto di Nami con un espressione di derisione e piegata in due a terra dal ridere, lo fece desistere.

Con uno sbuffo, si portò una mano sul volto e aprendo la porta, si mise ad osservarla.

Era un peccato che le cose erano andate male in quel loro primo incontro. Aveva fatto tardi, ma non era colpa sua, piuttosto dei suoi innumerevoli impegni per quell'azienda del cazzo.

Ora ci si metteva anche quella a stravolgergli la vita.

Non che la sua vita facesse schifo, ma non ne era soddisfatto. Tutte finzioni e i soldi che valevano per ogni dannata cosa, avevano cambiato anche il valore del vero interesse e dei sentimenti verso le persone. Fissò gli occhi di Nami che nuovamente, in silenzio, stava combattendo una battaglia interiore sul tenerli incatenati ai suoi o ri-abbassare lo sguardo verso il suo panorama.

Probabilmente, anche lei non era davvero interessata a lui, ma solo al suo denaro.

-Tieni- Le fece cadere in mano il telefono. - Volevo solo strapazzarti un po'-Affermò infine cancellando dal volto di lei la sua espressione sorpresa.

-Non mi hai strapazzato, mi hai fatto incazzare. È diverso.- Con velocità, sbloccò il telefono per poi andare a vedere la sua galleria di immagini. Sospirò di sollievo quando vide che ogni cosa, era al proprio posto.

-Beh, siamo pari-

 

 

Non erano pari.

Affatto.

Non capiva perchè, ma per tutto il giorno, il pensiero di quello che era successo il giorno prima e quella mattina, non smetteva di tormentarla.

Sebbene fosse una bella ragazza, non aveva da tempo una sottospecie di interazione con il genere maschile. Guardare il culo di Roronoa, non era un interazione.

Inoltre, non lo faceva solo lei, ma tutte le donne in ufficio.

Perchè non ci aveva mai provato con lui? Mah.

Era di bell'aspetto, un corpo da favola e delle volte, l'aveva anche visto in situazioni divertenti.

Il punto era che non era scattato niente in lei che la portasse a fare un passo interessato, verso di lui.

Probabilmente sarebbe stato un compagno magnifico però... però sembrava così sicura quella vita che quasi, l'annoiava al solo pensarci.

Inoltre, non aveva mai visto Roronoa mostrare interesse verso di lei.

Nuovamente, il pensiero di Kidd le balenò alla mente.

Era stato un cretino e un cafone però, quando le aveva ridato il telefono, sembrava aver perso qualcosa. Era come se il divertimento avuto fino a quel momento, fosse sparito.

Con un sospiro, Nami tornò sdraiata sul letto.

Era inutile fasciarsi la testa per quel deficiente.

Non erano pari ad ogni modo.

Lui le doveva una pizza.

E una cena.

E il tempo perso per averla fatta aspettare in quel locale.

E l'abito.

Cazzo il suo abito.

Lenta, socchiuse gli occhi dandosi poi della deficiente.

Aveva ancora il telefono di lui nella borsa.

 

 

Aveva perso la cognizione del tempo.

Gli capitava quando si divertiva.

Heat e Wire erano la miglior cura che conosceva. Con loro poteva essere se stesso e a loro, poco importava dei suoi soldi o di quello che era diventato: anzi, forse il fatto di averli era quasi un agevolazione per quello che facevano e lui, era contento di poterli usare.

Riparare macchine, cercare pezzi di ricambio, ampliare il loro capanno... era quello il suo vero lavoro. Non prendere le redini di una grande società.

Al solo pensarci, il suo umore si guastò.

Con entrambe le mani in tasca, si infilò nell'ascensore e attese che questo, salisse verso il suo piano.

Lento, cercò le chiavi e il suono del loro tintinnio, assieme a quello di qualche vite e bullone rimasto, lo fece calmare.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono, svoltò l'angolo e si avviò per il pianerottolo color nocciola e il pavimento rigorosamente in marmo.

Quante dannate raffinatezze inutili...

Non appena tirò fuori le chiavi, si immobilizzò.

A sedere, davanti alla sua porta, c'era di nuovo la rossa.

Con entrambe le sopracciglia contratte, si avvicinò a lei, notando che tra le mani, teneva un cartone bello grosso di pizza.

-Che ci fai qui?-Domandò, senza salutare. Nel vederlo, lei si alzò per poi, storcere le labbra.

-Mi devi una pizza.-

 

-Continua -
 

Perdonatemi per il ritardo.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo e che hanno letto questo scempio.

Ci si vede per il terzo capitolo!

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