I Dalton al liceo

di Myrianne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** Prime Impressioni ***
Capitolo 3: *** Il Dettato e l'Intervallo ***
Capitolo 4: *** La preparazione di William ***
Capitolo 5: *** La Scelta di Nellie e l'Appuntamento di William ***
Capitolo 6: *** Un Problema Inaspettato ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***




Nella testa di Joe c’erano sempre tante, troppe cose. Come quella ragazza, Nellie, sua ex-compagna di classe, che sembrava aver voglia sempre di scoprire qualcosa di nuovo, di inesplorato. Lui le avrebbe dato il mondo un giorno, l’avrebbe sempre protetta e amata, glielo aveva promesso. “Tu ti meriti il mondo, Nellie, e un giorno sarà nelle tue mani, un giorno anche la luna sarà nelle tue mani. Ti meriti questo e molto di più.”. “Oh, quanto sei dolce, Joe…” gli rispose Nellie, protraendo una mano per dargli quella che pareva una carezza.
Ma invece ricevette un ceffone e venne svegliato da un “JOE!” urlato.
“MAMMA?” le rispose il ragazzo toccandosi la guancia indolenzita. “Ma che ore sono?”
“Signorino, sono le sette e mezzo, i tuoi fratelli sono già in cucina a fare colazione. Muoviti! Hai già fatto lo zaino per te ed Averell?”
“Fatto ieri sera. Ma perché Averell non se lo può fare da solo, Mamma?”
“Perché l’ho deciso IO! Vai dai tuoi fratelli e non fartelo ripetere due volte!” lo sgridò la madre. Joe raggiunse quindi Jack, William ed Averell, e iniziò a mangiare con svogliatezza i soliti, disgustosi cereali: erano proprio ciò che ci voleva per iniziare una noiosissima giornata di scuola, la prima di liceo. A differenza sua, Averell mangiò voracemente un ciotolone con una porzione di cereali che corrispondeva a quattro volte la razione di Joe. “Come riesce a mangiare così tanto, senza ingrassare poi?!” si chiedeva Joe ogni volta. Suo fratello William gli aveva promesso di portare come argomento per la tesi di quinta superiore proprio la voracità di Averell. Ed era proprio William il più eccitato tra i quattro. William lo studioso, quello che voleva andare all’Università più di ogni altra cosa.
Appena i quattro si diressero in camera per vestirsi, però, William sembrava in ansia più per il decidere cosa mettersi che per l’incontro coi professori. Lo aiutò Jack, suo gemello, che un po’ di moda ne capiva: dei quattro, Jack era il tuttofare: era esperto in quasi tutto, soprattutto nella meccanica. In questo modo si rendeva come il perfetto completamento di William. Alla fine, i quattro fratelli finirono per indossare lo stesso completo “camicia-jeans-mocassini”, anche se per Joe la camicia era rossa, per Jack blu, per William verde e per Averell gialla.
Presi i propri smartphone e con gli zaini messi in spalla, i ragazzi salutarono la madre per dirigersi verso la fermata del Pullman. Joe cercò di approfittare del tragitto “da solitari” per fuggire e marinare la scuola, che non gli era mai piaciuta: sfortunatamente incontrò il signor Pit, conoscente della madre dei ragazzi che passava sempre per quel tratto di strada proprio nel momento in cui i Dalton prendevano il bus. Joe fu quindi costretto a seguire i fratelli in bus. Inseriti i biglietti nell’apposito “mangiabiglietti”, come lo chiamava Averell, i ragazzi trovarono quattro posti a sedere e iniziarono a parlare del più e del meno.
“Ragazzi,” iniziò Jack, “Sapete che in classe nostra ci sarà anche Nellie Bois?”
“La vecchia Nellie? Quella delle medie?” chiese William.
“Proprio lei! Me lo ha scritto su WhatsApp! Vorrebbe che uno di noi diventasse suo compagno di banco…”
“IO!” esclamò immediatamente Joe. Non riusciva ancora a credere che la vecchia Nellie, la protagonista dei suoi sogni d’estate, fosse in classe con loro. Sarebbe stata la grande occasione per dichiararsi.
“Ok… tutta tua…” affermò Jack, stupito. “Voi che cosa pensate di questo nuovo anno scolastico?”
“Per me è importante sapere se c’è un bar a scuola.” disse Averell con tono serio.
“Io mi aspetto professori competenti, compagni divertenti e… ragazze carine e intelligenti!” fece William.
“Io pure!” disse Jack, il cui parere concordava sempre con quello del gemello.
“Io voglio marinare la scuola e basta!” fece Joe. “Non m’importa dei compagni, dei prof, del bar e delle ragazze!”
“Nemmeno di Nellie Bois?” chiese William, alzando le sopracciglia.
“Nemmeno… di… Nellie…” rispose Joe a fatica. Come ammettere ai suoi fratelli che non avrebbe mai fatto a meno di lei?
“Ok, ma quando si mangia?” chiese Averell interrompendo Joe, che lo ringraziò mentalmente.
“Hai già fame?! Abbiamo mangiato mezz’ora fa!” fecero i due gemelli in coro, esterrefatti.
“Sì…” rispose Averell.
“Mangerai al bar del liceo! Siamo arrivati!” fece Joe.
"Davvero c'è un bar al liceo?" pensò Averell
In pochi minuti scesero dal bus e si ritrovarono davanti al Liceo Scientifico Dostoevskij, una struttura enorme e apparentemente molto moderna…

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Capitolo 2
*** Prime Impressioni ***


 

I fratelli si diressero nell’Aula Magna, dove erano attesi tutti gli alunni che avrebbero fatto parte delle classi prime. Quindi la preside pronunciò lunghissimi elenchi. Poi, finalmente, i loro nomi:

“Prima D!

Bois Nellie,

Dalton Averell,

Dalton Jack,

Dalton Joseph,

Dalton William,

Mahal Loris,

Meris Joanne…”

“Ma siamo no- iniziò a dire Averell prima di essere trascinato a forza da Joe assieme a Jack e William verso il gruppo di studenti che erano stati chiamati assieme a loro. Joe non riusciva ancora a credere che Nellie fosse nella sua stessa classe! Era entusiasta, e le corse incontro appena la vide.

“Ciao Ne-Ne-Nellie, co-come v-va?” chiese Joe balbettando.

“Benissimo. Sono contenta che voi quattro siate qui con me, nella stessa classe!” rispose frizzantemente Nellie.

“Anche io!” affermò Joe. “Ecco, che ne dici di… diventare compagni di banco?”

“Certo! Mi piacerebbe tanto! E poi… saresti stato la mia seconda scelta!” rispose lei con allegria.

“Ok! Aspetta… seconda scelta?” le chiese ancora Joe. “Chi… chi era la prima?”

“Meglio se lo tengo per me…” rispose la ragazza con un sorriso, avviandosi con Joe in classe. Anche il ragazzo sorrideva, ma forzatamente.

Joe non voleva essere la seconda scelta di Nellie.

Voleva essere la sua prima scelta, voleva essere il suo ragazzo.

Se Nellie aveva preferito non fare parola sula sua “prima scelta”, questo poteva voler dire solo una cosa: la prima scelta doveva essere uno dei suoi fratelli.

Allora Joe rivolse il suo sguardo verso i suoi fratelli. Chi avrebbe mai potuto essere tra loro il preferito di Nellie?

Jack? Troppo misterioso.

Averell? Troppo stupido.

William? Beh, William era intelligente, aveva un sacco di doti… ma Joe ripensò all'anno precedente: Nellie non aveva mai guardato William in modo particolare… oppure lo aveva fatto e lui non se ne era accorto?

Joe concluse che avrebbe dovuto osservare meglio sia il fratello che Nellie.

Intanto Jack, William ed Averell stavano contendendosi il posto accanto a Loris Mahal, amico d’infanzia di tutti e tre. Averell l’ebbe vinta, e quindi Jack e William furono costretti a sedersi accanto, non conoscendo nessun altro in classe. I gemelli si sedettero nella fila di fronte alla cattedra, Joe e Nellie dietro di loro e Averell e Loris, a loro volta, dietro Joe.

Attorno a loro nuovi e numerosi compagni ancora da conoscere. Jack adocchiò una ragazza molto carina, una certa Joanne, e cercò di elaborare sin da subito un piano per conquistarla durante l’anno.

Poco dopo entrò il primo, nuovo professore con andatura veloce e portamento elegante. Un uomo basso, mento molto pronunciato, occhialini da Pico De Paperis, basette marroni, viso sicuramente non bello.

“Buongiorno ragazzi!” esclamò l’uomo. “Sono il professor Peabody, ma potete chiamarmi Melvin. Sono il vostro nuovo professore di francese e coordinatore di classe. A me piace dialogare con gli studenti, quindi non abbiate paura di dire alla classe ciò che pensate sia giusto dire. Veriticitudine sempre! A turno, ognuno di voi può presentarsi e dire qualcosa di sé.”

“Mi chiamo Dolly Sinclair.” disse la prima ragazza, mora e dall’aspetto esile. “Sono di Minneapolis, mi sono trasferita in Francia dall’America cinque anni fa. Ho una grande passione per i libri, soprattutto i classici d’autore, ma anche per la tecnologia.”

“Bene, Dolly. Passiamo a… come ti chiami?” chiese Peabody indicando un’altra ragazza.

William non ascoltò più nessuna presentazione. Da quando aveva visto Dolly Sinclair, aveva cercato di memorizzare tutti i particolari del suo aspetto fisico e del carattere. Amava i classici d’autore come lui, e si era trasferita dall’America in Francia come avevano fatto lui e i suoi fratelli. Già due cose in comune!

Il ragazzo ritornò più attento quando Jack, timidamente, si presentò: “Ciao… Sono Jack Dalton. Sono qui con i miei tre fratelli, accanto a me c’è il mio gemello… mi piace… beh, mi piace aggiustare gli oggetti e sono molto… timido.”

“Non si era capito, Jack! Tranquillo, va tutto bene qui. Tu accanto, sei il suo gemello?” chiese Peabody.

“Sì! Il mio nome è William Dalton. Noi Dalton siamo una famiglia originaria del Pennsylvania e ci siamo trasferiti a Marsiglia tre anni fa. Ho grandissime passioni per le lingue straniere, la scienza, di tutti i tipi, e la letteratura. Ho letto molti autori: Zola, De Balzac, De Maupassant, Flaubert, ma anche italiani come Pirandello, Manzoni, Dante, Leopardi, inglesi come Shakespeare, ma il mio preferito è sicuramente il russo Dostoevskij!”

“Benissimo, William. Piacere di conoscerti!” fece contento Peabody. “Già si vede la tua ottima proprietà di linguaggio. Avanti con la prossima!”

Toccò alla famosa Joanne presentarsi. La ragazza si alzò in piedi ed iniziò a parlare: “Ciao, io sono Joanne Meris, sono di Marsiglia e mi piace moltissimo studiare la tecnologia e mi piace seguire il calcio! Tifo proprio per il Marsiglia!”

Dopo aver parlato, gli occhi della ragazza incontrarono prima quelli di Jack, che ebbe un sussulto, e poi quelli del professor Peabody, che definì simpaticamente come “poco patriottica”.

Due minuti dopo, fu Averell a presentarsi: “Io sono Averell Dalton, sono un Dalton, adoro il macinato della mamma e la mia passione è mangiare ”

“Ma la tua unica passione è mangiare, Averell?” chiese Peabody.

“Non c’è niente di meglio che mangiare, a parer mio!” rispose Averell.

“Va bene…” commentò l’insegnante, perplesso. “Tu invece sei?” chiese il docente indicando il più basso dei quattro fratelli.

“Io sono Joseph Dalton, ma potete chiamarmi Joe. Sono un Dalton e adoro i veicoli e i miei fratelli. Sono molto bravo in… ehm… chimica!”

“Chimica? Bene, Joe!” cinguettò Peabody. “Ora che voi tutti vi siete in un certo senso “conosciuti”, scegliete la persona che sarà vostro compagno o compagna di banco per questo mese e per il prossimo!” disse Peabody esortando gli alunni.

Nellie rimase accanto a Joe, che arrossì lievemente. Nellie aveva scelto lui!

Averell e Loris rimasero compagni di banco.

William fu invitato da Dolly, invece, a sedersi accanto a lei. Il ragazzo accettò di buon grado, con un sorriso a 32 denti.

Jack si sedette accanto alla ragazza che lo aveva fatto innamorare, Joanne Meris.

Anche l’ora seguente Peabody sarebbe stato in 1^D, così ne approfittò per sottoporre la classe ad un difficile dettato ortografico, per capire chi di quei ragazzi davvero sapeva qualcosa…

 

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Capitolo 3
*** Il Dettato e l'Intervallo ***


“… Il fantasma, veloce come un lampo, mise le code di rospo nella crema e il peperoncino nel tubetto del dentifricio. Quindi la bambina, appena si lavò i denti, sentì strane sensazioni…”
Successivamente il professore venne interrotto dallo squillo del telefono. “Scusate, ragazzi,” disse. “Devo uscire un attimo per rispondere. E’ il preside…”
Dopo che Peabody era uscito per rispondere, Joe approfittò della situazione per chiedere a William per chiedere come si scrivesse la parola ‘sensazioni’, che lui aveva scritto con due zeta. Ma William era troppo impegnato a parlare con Dolly della trama de ‘I Fratelli Karamazov’ per accorgersi della richiesta di Joe.
“Senti, invece di flirtare, rispondimi!” gli intimò Joe.
“No, non ti rispondo, preferisco continuare a parlare con Dolly, o, come dici tu, ‘flirtare’… Avresti dovuto studiare prima!” gli rispose William, notando un risolino di Dolly.
Joe allora chiese a Jack, ma neanche quello si accorse delle sue richieste.
Allora chiese ad Averell.
“Con due zeta, Joe! Io l’ho scritto così!” gli disse quello.
“Finalmente una risposta! Ti voglio bene, Averell!”
Dopo la fine del dettato suonò la campanella dell’intervallo, puntuale come un orologio svizzero. Joe, insicuro dell’informazione che gli aveva dato Averell, domandò a William come si scrivesse ‘sensazioni’.
“Con una zeta,” rispose William, “Perché?”
“AVERELL TI DETESTOOOOO!”
E mentre Joe inseguiva Averell per tutta la classe, William e Jack si misero a discutere di argomenti più seri: “Hai visto? Il Lione ha vinto contro il Manchester City in Champions League!” affermò Jack guardando l’ultima notifica arrivata sul suo telefono.
“Mah, io preferisco seguire la Major Soccer League, il calcio statunitense… ho nostalgia di casa, lo sai…” disse William.
“Lo sappiamo tutti che tifi per il L.A. Galaxy…” fece Jack.
“Ma io Zlatan Ibrahimović lo amo! A 37 anni riesce a fare azioni grandiose, non trovi?”
“Beh, in effetti è uno stakanovista…” commentò Joanne, arrivata sul momento. “Bisognerebbe lodare di più le sue qualità, non credi Jack?”
“S-sì…” rispose Jack. “Adoro gli L.A. Galaxy, sono la mia squadra preferita da quando ero nato, Joanne! Però tifo anche per il Lione… e mi sta anche simpatico il Marsiglia, diciamo…”
“Che strano…” pensò William. “Fino a due minuti fa non considerava proprio la MLS, e ora dice di amare i MIEI Galaxy! C’è qualcosa che non quadra… qualquadra che non cosa… insomma!”
Poi guardò Joanne, che si era messa a parlare con Jack di calcio in generale.
“E se Jack fosse innamorato di Joanne?” pensò il più astuto dei Dalton. “Sarebbe ragionevole: Jack, pur di avvicinarsi a lei e parlarle, sarebbe disposto quindi a imparare qualcosina sul calcio! Sì, sì, sarà così… Anche il modo in cui la guarda è strano…”
Ci pensò ancora un attimo e capì che il suo ragionamento doveva per forza essere corretto.
“A cosa stai pensando?” gli chiese una voce.
“Dolly! C-ciao! Io stavo pensando a…” iniziò William, cercando una via di scampo.
“…al fatto che una volta potremmo uscire insieme dopo la scuola, solo io e te!”
Ma cosa gli era saltato in mente? Doveva trovare un motivo valido.
“Perché… perché non ci basta il tempo trascorso sui banchi di scuola per discutere animatamente sul pensiero di Pirandello o sullo stile di Flaubert! Dovremmo vederci… sì!”
Così si fa.
“Mmh… hai ragione. Ti va di vederci domani, dopo scuola? Andiamo alla libreria Victor Hugo, la raggiungiamo col bus… e poi potremmo pranzare assieme! Ti va?” le propose la ragazza eccitata all’idea.
“Sì! Assolutamente, è un’ottima idea!” commentò William, parendo, anch’egli, forse troppo eccitato all’idea.
La ragazza si avviò canticchiando allegramente dalle altre ragazze, e Joanne Meris, dapprima rimasta con Jack, la seguì. William si diresse dal gemello.
“Ti sei innamorato di Joanne, nevvero?” gli chiese William.
“E tu di Dolly, nevvero?” fece Jack di rimando.
“Beh, possiamo aiutarci a vicenda!” propose William. ”Tu mi aiuti a trovare dei vestiti eleganti per domani… Io ti darò nozioni sul calcio statunitense!”
“Affare fatto!” affermò Jack. “A partire da… ora! Su, ti prego, elencami la rosa dei Galaxy! Mancano ancora 7 minuti alla fine dell’intervallo!”
“Bene, i tre portieri sono: Bingham, Sylvestre e Lampson! Ma c’è anche Vom Steeg… quarto portiere!”
“Ma Silvestre non è dell’Empoli, quella squadra italiana…”
“No, questo è Sylvestre con la ‘y’! Quindi, ripetimi i nomi dei portieri!”
“Bingham, Sylvestre, Lampson e Vom Steeg!”
Fortunatamente Jack aveva una buona memoria.
Continuarono così per altri 3 minuti, fin quando Jack dimostrò di conoscere a memoria la rosa del Galaxy e persino i nomi delle riserve!
Intanto Joe ed Averell continuavano a rincorrersi. Ad un certo punto Averell, si fermò urlandogli: “Joe, ho fame, io vado al bar a mangiare qualcosa!”
“Fai come vuoi,” rispose Joe, “Ma non me la passerai liscia!”
Averell così andò al bar della scuola. In quel momento si sarebbe cibato anche dei banchi della sua classe.
“Ciao!” disse il ragazzo quando arrivò il suo turno. “Vorrei un panino con l’insalata! Quanto costa?”
“Cinque euro” rispose prontamente la commessa. Averell le diede i soldi e tornò in classe allegramente.
“Guarda, Joe, ho preso un panino al bar! Ne vuoi un pezzettino?” chiese al fratello ancora arrabbiato per la faccenda di ‘sensazione’.
“… va bene, in effetti ho fame anche io.” rispose Joe.
Si avvicinarono i due gemelli.
“Vedi, Jack?” disse William all’altro. “Questo è quello che chiamo ‘sandwich della pace’!”
“Forte!” rispose Jack ridacchiando.
“Zitti, voi due! Non mi avete detto la risposta giusta!” fece Joe arrabbiato.
“Ma Joe, a scuola è vietato copiare!” si giustificò Jack.
“Ma io voglio farlo! E nessuno me lo vieterà!”
“Allora perché non hai copiato da Nellie Bois? E’ la tua compagna di banco… era una delle più brave della classe l’anno scorso!” commentò William.
Joe si astenne dal rispondere. Lui non voleva che Nellie venisse coinvolta nelle sue azioni ‘criminali’. Stava per rimettersi a parlare quando si sentì il suono della campanella, e tutti vennero costretti a rimettersi a sedere ai propri posti.
“Il solito ‘salvato dalla campanella’! Pfft!” commentò Jack.

 

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Capitolo 4
*** La preparazione di William ***


Le ore trascorsero velocemente, accompagnate dalla presenza dei professori di scienze e di inglese. Non accadde nulla di eclatante, se non che in Joe iniziò a maturare un odio ancora più intenso verso la scuola: infatti passò le ore a controllare quanti minuti mancassero al suono della campanella finale.
I ragazzi corsero via di furia per prendere il bus che li avrebbe riportati a casa: infatti questo passava per la stazione più vicina alla scuola solo una volta all’ora perché frequentato da pochissime persone.
I quattro ragazzi montarono sul bus reduci da una corsa intensa. Jack e William si sedettero vicini. 
“Come lo dirai alla mamma, a Joe e ad Averell che domani esci con Dolly?” chiese Jack a William.
“Semplice.” rispose William: “Dirò che la devo accompagnare dal dentista, che sua madre è vedova e al lavoro in quel periodo di tempo e che lei non vorrebbe andare da sola...”
“Sei un vero genio!” affermò Jack. “Ti consiglierei, però, di dichiararti subito: un sacco di ragazze adorano i ragazzi che si dichiarano subito!”
“Hai ragione, ma non una parola a Joe ed Averell! Piuttosto, come mi vesto?”
“Stasera usciamo noi quattro, andiamo al Centro Commerciale ‘LaFayette’ e ci compriamo qualcosa di carino ed elegante…”
“Grandioso! Sei un fratello, Jack… aspetta, ma lo sei di sangue, quindi è inutile dirlo, no?”
I due scoppiarono in grosse risate mentre Joe li osservava con sguardo interrogativo. Stavano forse tramando qualcosa contro di lui? E cosa poi? Forse stavano organizzando un piano per conquistare Nellie Bois alle sue spalle! Non gliela avrebbe fatta passare liscia!
“Joe, guarda che non sei tu l’unico innamorato di qualcuno in classe…” gli sussurrò Averell. Come se gli avesse letto nel pensiero!
“Che significa?” chiese Joe.
“Tu ami Nellie, Jack ama Joanne e William è innamorato di Dolly!” 
Joe rimase senza parole. “Ma… come fai a saperlo?”
“Si vede dagli atteggiamenti che avete, lo date troppo a vedere… soprattutto tu, Joe!”
“Ehi, non una parola con Jack e William o ti spenno vivo!”
“Ma l’avranno capito anche loro! Si vede!” 
“Comunque… secondo te cosa stanno tramando?”
“Non saprei… a che ora si mangia?”
Joe non rispose, e capì che sarebbe stato meglio osservare lo strano comportamento dei due gemelli…
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Appena i quattro ragazzi arrivarono a casa, la madre li accolse con un lauto pranzo: “Allora, come è andata? Raccontatemi le vostre impressioni!”
“I panini del bar della scuola sono buoni, ma nulla batte il tuo macinato, mamma! L’ho detto anche al prof di francese!” iniziò Averell.
“Già, il prof di francese… meno male che c’era lui le prime due ore! Le altre due le abbiamo passate con quei due arroganti dei prof di scienze e inglese! Già mi stanno antipatici!” continuò Joe. “A proposito… Ti ricordi della vecchia Nellie? È in classe con noi!”
“Ah, mi fa piacere, Joseph! Tu cosa ci dici, Jack?” chiese curiosa la madre.
“Ho conosciuto una ragazza che è poi diventata mia compagna di banco.” rispose Jack. “Si chiama Joanne, ed è di Marsiglia. Le ho parlato tutto il tempo!”
“Si vede come le stavi dietro, durante il dettato ti chiedevo suggerimenti e non mi sentivi!” fece Joe.
“Non è vero!” mentì Jack, rivolgendo lo sguardo altrove.
“E tu, William? Come ti è parsa la scuola?” chiese ancora Ma’ Dalton.
“Grande, moderna, i prof sono severi e i compagni divertenti… ci divertiremo parecchio!” rispose il ragazzo.
“Hai già fatto nuove amicizie, William?” 
“Eccome se non ne ha fatte, Mamma!” disse Joe.
“Fai rispondere tuo fratello, Joseph!”
“Beh…” iniziò William. “Sì… con una ragazza, Dolly. A tal proposito, le ho promesso che domani l’avrei accompagnata dal dentista dopo la scuola… sai, lei vive sola con la madre e quella donna lavora tutto il giorno… e Dolly, non volendo andare da sola dal dentista, mi ha chiesto di accompagnarla… si è offerta di ospitarmi da lei per pranzare assieme, prima di andare lì...” spiegò il ragazzo.
“William, certo che puoi!” rispose Mamma Dalton. “Sono contenta che tu ti sia trovato una persona che può contare su di te! Ma state attenti sempre, capito?”
“Certo, vuoi scherzare?” commentò William. “Quello sempre!”
I quattro ragazzi furono liberi di mangiare con tranquillità. Jack e William si strizzarono l’occhio destro in segno di complicità. Dopo aver pranzato, Joe sfidò Averell ad una partita di Fifa20, mentre Jack e William iniziarono a parlare dell’appuntamento di quest’ultimo.
“Hai intenzione di dichiararti, giusto?” iniziò Jack.
“Mah, ho un po’ paura che possa friendzonarmi…”
“Io penso che non lo farebbe mai! Piuttosto come glielo dirai?” 
“Ho preparato un estratto ispirato a ‘Romeo e Giulietta’ di Shakespeare e a ’Notti Bianche’ di Dostoevskij, te lo mostro subito…”
William così aprì il computer e, non appena mostrò a Jack un file Word di tre pagine, il fratello lo chiuse.
“Più spontaneo, William! Non puoi sempre ispirarti ai libri!”
“Ma lei da me non si aspetterebbe un semplice ‘Ti Amo’... aspetta, ho un ‘Piano B’!”
William gli mostrò un altro file, più corto, di mezza paginetta scarsa, segretamente ispirato ad una pagina de ‘Il Diario di Anna Frank’.
“Questa è decisamente una soluzione più romantica, la farai sciogliere, bravo!” commentò Jack.
“Per il vestito, invece, come facciamo, Jack?” chiese William.
Nel bel mezzo della loro conversazione la porta della camera dove i due gemelli si trovavano si aprì di colpo. “Posso aiutarvi, ragazzi?” chiese Mamma Dalton.
“Ma… tu…” iniziò William.
“William, tesoro, avevo capito tutto sin dal principio, e sono disposta ad aiutarti per conquistare quella ragazza!”  affermò la mamma. È proprio vero, le mamme capiscono sempre tutto dei figli, soprattutto quando questi meno se l’aspettano.
“Ecco, abbiamo bisogno di un abbigliamento adatto per l’appuntamento…” iniziò Jack.
“So come aiutarti!” rispose Ma’ Dalton. “Permettimi di uscire un attimo…” 
Appena la madre uscì di casa, si sentì un urlo provenire dal soggiorno: “GOALLLL!”
Joe aveva segnato contro Averell e gioiva di felicità: “Con il numero 10… ha segnato Leo Messi!”
“Non è giusto, hai utilizzato uno dei tuoi glitch!” protestò Averell.
“Sta’ zitto!” 
I gemelli, che avevano ascoltato tutta la conversazione, scoppiarono a ridere.
~~~
Due minuti dopo Mamma Dalton bussò alla porta. Jack e William la accolsero in casa e videro che la donna aveva in mano dei vestiti. 
“Provalo, William.”
Il ragazzo indossò ciò che gli aveva portato la madre: un giubbotto di jeans, una maglietta verde a maniche corte e un jeans color blu.
“Come lo trovi, Jack?” chiese Mamma Dalton all’altro gemello.
“Sta benissimo così! William, la scioglierai!” rispose quello.
“Sicuri?” chiese ancora William ai due.
“Certo, stai benissimo senza ombra di dubbio! Ora pensa a come comportarti domani…” sorrise Mamma Dalton andandosene dalla stanza.
Rimasti soli, Jack e William tirarono un respiro di sollievo. Andarono così a vedere cosa stessero combinando Joe ed Averell.
“Come è finita la partita?” chiese loro Jack.
“Vittoria per meee!” gioì Averell.
“Ma non avevi segnato, Joe?” chiese William.
“Sì, posso utilizzare tutti i glitch che voglio ma vince sempre lui…” rispose lo sconfitto.
“William, hai fatto bene a consigliarmi di mettere Zlatan! Mi ha segnato una tripletta!” fece Averell al fratello poco più basso di lui. “Lo sanno tutti che Zlatan è più forte di Messi!” concluse William.

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Capitolo 5
*** La Scelta di Nellie e l'Appuntamento di William ***



“14 settembre 2019”.
William, il primo ad alzarsi, si segnò quella data: il suo primo appuntamento con una ragazza sarebbe stato un ricordo memorabile, non se ne sarebbe mai dimenticato.
Mise nel suo zaino, oltre ai libri di scuola, anche altri libri, “giusto un paio”: ‘I Fratelli Karamazov’, ‘Delitto e Castigo’, ‘Il Giocatore’ e ‘Le Notti Bianche’ di Dostoevskij; ‘Romeo e Giulietta’ e ‘L’Amleto’ di Shakespeare; ‘Oliver Twist’ di Dickens; ‘Uno, Nessuno e Centomila’ e ‘Le Novelle’ di Pirandello; un libro di poesie di Flaubert, da leggere durante l’intervallo.
“Ma… sono troppi!” esclamò Jack, che, svegliato dal fracasso provocato dal fratello nel prendere i libri, aveva visto tutti quei libri nello zaino del fratello.
“Dici?” chiese William. “A me paiono pochi…”
William fu anche il primo dei tre a fare colazione e a vestirsi. Finì di sistemarsi alle 6 e 23 di mattina. Secondo i suoi calcoli, aveva ancora un’ora e sette minuti prima di scendere con i fratelli per andare a scuola. Cosa poteva fare in tutto quel tempo? Aveva già fatto la doccia e si era ripetuto per tre volte il discorso che avrebbe utilizzato per dichiararsi!
“Ti vedo agitato! Devi stare tranquillo, andrà tutto bene!” gli disse Jack.
“Chi me lo garantisce?” gli chiese ancora l’altro.
Jack un po’ si sentiva in colpa: non poteva certo dirgli che Joanne, che Jack aveva scoperto essere migliore amica di Dolly, gli aveva rivelato che quest’ultima avesse iniziato già il primo giorno di scuola a guardare William in un modo diverso da quello con cui guardava gli altri ragazzi.
Così tentò di rassicurarlo: “Will, dieci a uno che ci riuscirai!” 
“Ci sto!”
William andò quindi nel soggiorno per rilassarsi giocando alla Playstation 4 lì presente. Non ci giocava mai, ma quando lo faceva batteva gli altri fratelli lasciandoli a bocca aperta, poiché non utilizzava nessuno dei glitch o hack solitamente propri di Joe. Lì salutò la madre dandole il buongiorno. 
“William, tesoro, ho una cosa per te!” gli disse la donna, porgendogli una rosa. “Dagliela alla fine o all’inizio dell’appuntamento, mi raccomando!” gli suggerì.
“Merci, mère!” 
Nella stanza dove dormivano i quattro, Jack, intanto, sistemò i vestiti per sé, Joe ed Averell sui rispettivi letti: una camicia di lino bianca e jeans neri.
“Così scialbi noi tre oggi?!” chiese Joe. Sapeva che il fratello avesse buongusto in fatto di moda, ma non si aspettava una scelta del genere.
“Sì…”
Poi entrò William per prendere il proprio zaino. Appena lo vide, Joe esclamò: “Will, ma non porti quella ragazza nel Far West, la porti dal dentista!”
“Nel Far West? Perché?” chiese allora William.
“A me sembri un cowboy, ti mancano cavallo e cappello, haha!”
“Joe, finiscila! È vestito così casual… farà colpo!” disse Averell strizzando l’occhio sinistro al più basso dei quattro.
“Averell ha ragione!” commentò Jack.
Arrivati a scuola, Joe, Jack ed Averell si accorsero che le poche ragazze già presenti guardavano William in modo strano. ‘Poche’ perché William, ansiosissimo, aveva chiesto ai fratelli di scendere mezz’ora prima.
A quanto pare, però, il Dalton non doveva essere l’unico ansioso: Dolly arrivò qualche secondo dopo, mentre il giorno precedente per un minuto non era arrivata in ritardo.
Tutti i ragazzi posarono i propri occhi sulla ragazza, specialmente William: Dolly aveva scelto di indossare un vestitino nero lungo fino alle ginocchia, calze trasparenti e scarpe con un tacco non altissimo. Abbigliamento decisamente poco consono alla scuola, ma la ragazza stava comunque benissimo.
“William, forza, vai da lei!” lo spinse Joe.
“Fatti coraggio!” esclamò Jack.
“Se si è vestita così ci sarà un motivo…” disse Averell.
Così il ragazzo andò da Dolly senza pensarci due volte. Pensò che farle un complimento sarebbe stato l’ideale per iniziare una conversazione. Così, si avvicinò a lei, la salutò e le disse: “Eccoti! Ti stavo cercando nell’incanto di tutti i colori della primavera!”
Dolly gli sorrise: “Wow… E quindi cosa vuoi dimostrarmi? Che cosa c’è in me che ti… ispira?”
Quello rise di rimando: “Voglio semplicemente dirti che in tutti gli esseri viventi c’è qualcosa di speciale perché infatti…” a questo punto la guardò negli occhi prima di pronunciare una celebre frase di Flaubert, “… ‘non c’è particella di vita che non abbia poesia all’interno di essa’…”
A tal punto Dolly arrossì e, non appena vide Joanne arrivare, si diresse subito da lei per raccontarle tutto ciò che era successo poco prima. A propria volta, William si diresse dai suoi fratelli, che avevano ascoltato tutta la conversazione ed erano rimasti paralizzati dalla dialettica del ragazzo.
“Come sto andando?” chiese loro, con sguardo interrogativi.
“E quella si chiama ansia, William? Al mio paese si chiama ‘essere romantico’…” rispose Joe ridendo.
“Anche al mio!” esclamò Jack. “Pareva la scena di un film! Mancavano solo i pop corn!”
“Pop corn? Quando si mangia?” chiese Averell.
“Come volevasi dimostrare…” pensò William sorridendo. 
Il ragazzo si diresse al proprio banco, aprì lo zaino ed iniziò a leggere ‘Delitto e Castigo’ di Dostoevskij.
“Che leggi?” gli chiese Dolly alle sue spalle.
“'Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.'”
La ragazza rabbrividì.
“Dostoevskij?”
“’Delitto e Castigo’.”
“Uno dei miei preferiti! L’ho letto un sacco di volte!” esordì Dolly.
“Anche io! Guarda cosa ho portato nel mio zaino!” la esortò William.
La ragazza fece come chiestole e vide la marea di libri portati.
“Avremo di che parlare, questo pomeriggio.”
“Già!” le sorrise William.
La ragazza si sedette quindi accanto a lui, e William abbandonò il libro.
Era iniziata la prima ora di lezione con il professor Peabody. 
“Ragazzi,” disse, “oggi vi consegno i dettati! Li ho corretti, e devo dire che alcuni di voi non conoscono proprio le basi. Vi chiamerò uno per uno alla cattedra. Inizieremo dai voti più alti. Dalton!”
“Dalton chi, prof?” chiese Averell confuso. “Siamo quattro noi!”
“Beh, in effetti… Dalton William! Zero errori e un 10 spaccato! Bravissimo!”
William, tutto contento, andò dal professore prese il compito e tornò al proprio posto.
“Il secondo più bravo… o per meglio dire, la seconda…” continuò il professore, “è proprio la tua compagna di banco, che coincidenza! Sinclair, vieni pure!”
Dolly si diresse dal professore.
“Hai fatto un errore talmente banale, hai scritto ‘sette’ a cifre invece che a parole! Fossimo alle medie non te l’avrei contato… ma qui si fa sul serio! Ma proprio per la banalità dell’errore ti ho dato solo un meno… quindi 10-!”
La ragazza saltò di gioia e si diresse dal compagno di banco, che le sussurrò: “Brava, Dolly!”.
“Ma tu sei stato più bravo di me!”
“No, siamo stati bravi allo stesso modo! Anche io stavo per scrivere ‘sette’ a numero, sai?” disse sorridendole.
Poi venne chiamata Joanne che gongolava per il suo 9-, quindi Jack, che aveva preso lo stesso voto. Nellie prese 8 , Averell invece 7, Loris 7 e mezzo mentre Joe 6. Di lui il professore disse che, in effetti, ci sono molti chimici che sbagliavano in ortografia secondo aneddoti di scuola a loro legati. “Questo prof mi è già simpatico!” pensò Joe, il che era strano perché Joe, appunto, odiava generalmente scuola e professori.
“Bene, ragazzi!” disse quindi il professore con l’intento di iniziare la lezione del giorno. “Oggi parliamo di adolescenza e dei problemi dell’adolescente… avete mai letto qualcosa che parla del periodo adolescenziale? Vediamo cosa ci dice il signor Dalton!”
“Quale dei quattro, prof?” chiese Joe educatamente.
“Vorrei… il signor Jack Dalton!”
“Beh… mio fratello William mi ha consigliato di recente ‘Il Diario di Anna Frank’, che unisce la tematica della Seconda Guerra Mondiale a quella adolescenziale, proprio perché è una ragazza a parlare sia dei suoi problemi sia di ciò che avviene attorno a lei, e quindi non solo di ciò che fa Hitler ma anche dei cambiamenti del proprio corpo, delle discussioni avute con i genitori, delle amicizie avute prima della guerra, dell’amore per Peter…”
“William, sai anche consigliare bene le letture! Mi fa piacere che questo libro ti sia piaciuto, Jack.” commentò il professore. “Proprio perché si uniscono due tematiche molto importanti lo dovremmo leggere tutti! E poi in effetti, durante l’adolescenza anche le relazioni e i legami si fanno più importanti, le prime cotte… dico bene?”
Gli alunni ridacchiarono in segno di risposta. Invece Dolly, a quelle parole, guardò William con occhi sognanti. La notarono in molti, anche il professore, ma William non se ne rese contò essendosi voltato verso Jack.
L’ora successiva la nuova professoressa di latino elencò una marea di motivi per i quali imparare il latino: ovviamente mezza classe si addormentò e non vi furono avvenimenti eclatanti. 
Gli studenti si prepararono quindi per l’ora successiva, la prima di arte: un pallosissimo dialogo sulla definizione di arte. Averell fu stranamente l’unico realmente interessato. “Ma la gastronomia è un’arte?” chiese.
“Averell, ma che dici?” gli fece Joe. “Scusi, prof, lui pensa sempre e solo al cibo!”
“Ma no, non preoccupatevi Joseph.” rispose il professore. “Averell ha fatto una giusta osservazione, voglio darti un +, signorino Dalton!”
William e Jack si guardarono, sorpresi. La reazione di Joe, invece, non si fece attendere. “Un + solo per un’insulsa osservazione, non ci credo!” sussurrò Joe a Nellie.
“Per te forse è insulsa!” rispose Nellie. “Averell è da stimare!”
“Da stimare?!” chiese Joe.
“Sì, è così un bravo ragazzo… ora si dimostra anche intelligente.” rispose ancora Nellie, voltandosi a guardarlo.
Solo allora Joe comprese l’identità della prima scelta di Nellie.
Averell. Chi lo avrebbe mai immaginato?
D’altronde, che cosa aveva di migliore rispetto a lui?
Per la rabbia, Joe prese le matite colorate che aveva portato e iniziò a romperle una ad una. 
“Dalton, cosa stai facendo?!” chiese il professore.
“Niente, prof, niente di personale.” rispose Joe digrignando i denti.
Le altre due ore di matematica e fisica passarono in fretta. Al suonare dell’ultima campanella, i ragazzi si sparpagliarono. William si avviò tranquillamente con Dolly al bus che li avrebbe condotti alla libreria Victor Hugo. Quindi vi salirono e si sedettero vicini.
“Comunque stai molto bene vestito così, William. Il giubbotto di jeans fa molto… figo.” ammise la ragazza abbassando il capo.
William cercò di confortarla: “Ehi, non provare vergogna a dire una cosa del genere! Sentirla può solamente farmi piacere! E poi, tu sei la più bella ragazza che io abbia mai visto, sia fisicamente che caratterialmente: sei meravigliosa, Dolly, non chinare la testa, sollevala e fammi un sorriso!” 
“Sono davvero lusingata ad averti come amico, lo sai?” commentò Dolly sollevando la testa e posandola sulla spalla del ragazzo, il cui cuore batteva a mille dopo essersi reso conto di ciò che le aveva detto.
Rimasero così finchè l’autista non ebbe annunciato la loro fermata. Scesero correndo all’impazzata verso la famosa libreria: un negozio enorme, spazioso, vi erano due piani di libri e diversi tavolini dove sedersi e discutere di libri. Al piano terra vi erano soprattutto i grandi classici della letteratura, romanzi di formazione, gialli e biografie. Al secondo piano romanzi veristi e naturalisti, romanzi storici, psicologici, raccolte di fiabe e favole. I due, senza pensarci due volte, salirono al secondo piano.
“Lev Tolstoj, ‘Guerra e Pace’, non l’ho mai letto, sai? Quasi quasi lo prendo…” commentò Dolly indicando un mattone russo.
“Se ti è piaciuto Dostoevskij, ti piacerà anche il buon vecchio Lev!” le disse William. “L’ho già letto, ed è un libro stupendo!”
“Mi hai convinto! È pure in offerta, il libro!” esclamò Dolly entusiasta.
Intanto William aveva notato una raccolta di poesie di Jacques Prévert. “Questa mi manca!”
“Ah, Prévert! Il mio poeta preferito!” fece Dolly. “Lo adoro sin da piccola, davvero. Non hai mai letto nulla di suo, Willy?”
“No, Willy non ha mai letto niente di suo… perché mi hai chiamato… ‘Willy’?” ridacchiò William. L’idea di quel soprannome era carina, in fondo era il primo soprannome che gli fosse mai stato attribuito.
“Perché fa rima con ‘Dolly’!”
“Mi pare ragionevole!” 
Presi e pagati i nuovi libri, i due ragazzi andarono ai tavolini per discutere anche dei libri che William aveva portato nello zaino. 
“Hai portato le opere di Pirandello? Adoro la sua filosofia, mi hai letto nel pensiero!” esultò Dolly.
“Anche io! Ho portato proprio le opere di Pirandello per l’esame di stato dell’anno scorso!” raccontò William.
“Qual è la tua novella preferita?”
“’Lumie di Sicilia’.”
“Di che tratta?”
“Di una ragazzo che per amore di una povera coetanea le donò tutto il necessario per iscriversi ad una prestigiosa scuola di canto. Poi, diventato adulto, lui va da lei con delle Lumie siciliane per farle ricordare dei bei momenti vissuti assieme in Sicilia, loro terra natale, ma lui la trova cambiata e lei non lo riconosce più per via del fatto che la sua fama di soprano affermata nel mondo avesse portato a trasformarla completamente.”
“Wow, toccante…”
William tirò un sospiro profondo. Con il cuore ricolmo di tristezza, perché quella non era solo la sua novella preferita ma anche la più triste che avesse letto, disse più a se stesso che a Dolly: “Mi chiedo: se mai avessi una ragazza e le dessi tutto il mio cuore, quest’ultima si comporterebbe così?” 
Dolly si sentì di consolarlo: “Tu sei una persona buona, Willy. Non devi assolutamente pensarlo, perché meglio di te non c’è!”
“Questo lo dici tu… Sai, non ho mai avuto fortuna in amore. Mi sono innamorato fin troppe volte, mi hanno rifiutato fin troppe volte…”
“Io invece mi sono innamorata per la prima volta quest’anno, a scuola.”
William ebbe un sussulto: “Posso sapere di chi?”
“È un ragazzo molto intelligente ma che si rivela a volte poco furbo, capelli neri e un cuore grandissimo. Pensa, la sua faccia è uguale alla tua!”
“Non mi dire che è Averell!”
“Assolutamente no!”
“Allora deve essere Jack!”
“No…” disse con un sorriso.
Allora William capì che doveva per forza essere Joe, ma preferì sviare il discorso: “Dai, ti porto in un bel posto qui vicino!”. Strattonò la mano destra della ragazza e i due corsero ridendo verso la pizzeria ‘Tous les deux’. I ragazzi vennero accolti da un cameriere dall’aria gioviale: “Benvenuti! Avevate prenotato?”
“Sì, un tavolo per due a nome ‘Dalton’!”
William aveva prenotato per lei? Dolly non ci credeva.
Il cameriere li condusse all’unico tavolo per due libero. William e Dolly si ritrovarono faccia a faccia; i due ragazzi ordinarono due margherite veraci. Dolly intanto si accorse che William la stava guardando in modo strano…
A casa Dalton Joe, Jack ed Averell avevano già mangiato del pollo arrosto e delle patate. In assenza di William, Averell mangiò anche la parte di quest’ultimo.
“Mamma, oggi ci hanno riconsegnato i dettati che abbiamo fatto ieri! Ho preso 9-!” fece Jack.
“Io ho preso il primo 6 dell’anno! SEEEH!” disse Joe trionfante.
“Io ho preso 7!” finì Averell.
“Bravi ragazzi!” esclamò entusiasta la madre. “E William?”
“Ha preso 10, mamma! È stato il migliore!” rispose Jack tutto contento per il gemello.
“Ma che bravo!”
E mentre Joe ed Averell iniziavano la solita partita di FiFa, Mamma Dalton chiese a Jack di raccontarle come si era comportato William con Dolly. Jack le raccontò di come William l’avesse fatta arrossire al suo arrivo, di come si fosse comportato durante le lezione, del modo in cui si guardavano…
“Tuo fratello è bravissimo a fare il romantico! Sono contenta per lui!” commentò Mamma Dalton. “Direi che chiamarlo per rassicurarlo potrebbe essergli utile!”
“Sì! Metti il vivavoce!” chiese Jack, ansioso di sentire la voce del fratello.
William stava raccontando a Dolly della volta in cui Averell aveva mangiato del sapone dichiarando poi che fosse la cosa più buona mai provata quando il suo telefono squillò.
“Scusami…” fece a Dolly, che scoppiava dal ridere, “è mia madre.” 
Così William rispose alla madre con un:
“שלום?" (?pronto) 
“Ma che stai dicendo?” chiese la madre dall’altro capo.
“Parla in ebraico quando è in ansia, lascia fare a me!” rispose Jack. “Qual è il problema?”
“דולי אמרה שהיא אוהבת אחד מארבעתנו! גיליתי שזה לא ג'ק 
ולא אברל ..."
“Dice che Dolly gli ha detto che le piace uno di noi quattro fratelli, ma che non le piacciamo né io né Averell!” tradusse Jack.
“אני חושבת שהיא אוהבת את ג'ו ..."
“Secondo William a lei piace Joe, per questo è agitato!” tradusse ancora Jack.
“William, tesoro, dichiarati comunque! Secondo me non le piace Joe, le piaci tu!”
“אני מפחד לקחת את זה יותר 
מדי רע ..."
“E se la prendesse troppo male?” tradusse Jack.
“Almeno ci hai provato, Will!”
“אני אנסה ...
להתראות..."
Disse infine riattaccando.
“Perché parlavi in ebraico con tua madre?!” chiese Dolly.
“È… è una lunga storia…” rispose William a capo chino.
Intanto arrivarono le pizze.
“Dai, dimmi tutto! A cosa servono le confidenze?” gli chiese Dolly.
“Va bene, ma non prenderla troppo male…” disse William.
Aveva intenzione di iniziare a recitare la dichiarazione ispirata al Diario di Anna Frank ma scelse invece di improvvisare.
“Hai presente ‘I Fratelli Karamazov’?” le chiese.
“Beh, sì…” rispose quella.
“L’antagonista è quel pazzo del padre dei protagonisti, Fëdor Pavlovič Karamazov, che nel romanzo compie diverse follie. Anche nella società di oggi compiamo diverse follie, o meglio, molte azioni che compiamo possono essere viste come follie, così come le persone, che possono essere viste come folli o meno, come dice Pirandello nel suo saggio ‘L’Umorismo’. Tutto varia dal punto di vista. Ma sai cosa è considerata come azione folle sia nei libri che nella realtà? Dichiararsi al primo appuntamento! Questo perché, spesso, l’amore platonico, quello di Eros, è ritenuto impossibile o quasi. E poi una dichiarazione fatta dal primo momento potrebbe portare da un lato ad un fidanzamento, ad una vita più felice, dall’altro ad una tristezza perenne, che può, nei casi peggiori, tramutarsi in depressione. E se lo facesse una persona intelligente? E se lo facessi io? Per te sono intelligente. Sarebbe strano fare, in questo momento, una dichiarazione alla persona che ho davanti ai miei occhi. Sarebbe folle.”
“Sarebbe ancora più folle ricambiarti, allora!”
“Sì!”
“E allora credo di essere più folle di te. Sono pronta a fare anche questo.” 
Dolly si alzò e si avvicinò a William. Quest’ultimo non resistette più e lo baciò.  Un bacio tenero, avvolgente, che entrambi vissero con il sorriso sulle labbra.
“T’amo.”
“T’amo anch’io. Ti ho amato sin dal primo momento che ti ho visto, William. Parlando con te, poi, sembrava ci conoscessimo da una vita!”
Il ragazzo sorrise. Poi si ricordò di una cosa molto importante per lui. Chiese al cameriere di portare un vaso vuoto, e vi mise la rosa che la madre gli aveva dato.
“Ora sì che possiamo mangiare le nostre pizze.”
 

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Capitolo 6
*** Un Problema Inaspettato ***


Dopo un paio d’ore di baci e abbracci tra i due fidanzatini, William propose a Dolly di riaccompagnarla a casa. La ragazza accettò, e così, dopo aver inviato un messaggio alla propria madre, William rincorse Dolly fino al bus. I due salirono insieme e si sedettero vicini.
“Non avrei mai immaginato che uno come me potesse stare con una persona come te.”
“Ma smettila, dai! Sei anche più di quello che credo di meritare nella vita! Baciami e non pensarci più!”
I due si misero a ridere ma nel momento esatto in cui William fece per baciarla, il cellulare di lui squillò.
“Will, come è andata?” chiese la voce proveniente dallo smartphone: era quella di Jack!
“Beh, posso dire di star accompagnando la mia ragazza a casa!” rispose William, notando che di fronte al ‘Mia’ Dolly aveva fatto un sorriso bellissimo. “Dì a mamma che tornerò tra una ventina di minuti!”
“Certo! Comunque lei voleva parlare con te, puoi?”
“Diciamo che con Dolly tra le braccia la cosa non è semplice! Mi potete richiamare tra qualche minuto, per favore? Siamo quasi arrivati alla fermata!”
“Certo, a dopo! Ho anche io delle cose da dirti…” concluse Jack riattaccando. Chissà cosa gli aveva celato…
Intanto i due ragazzi scesero alla fermata di fronte al condominio dove vivevano Dolly e la madre. Era un edificio di sette piani, e Dolly viveva proprio al settimo.
“Dai, sali un attimo da me! Sai, ho parlato a mia madre di te! Voleva conoscerti, almeno vederti!” lo esortò Dolly.
Arrivati alla porta di casa, Dolly aprì e chiamò la madre a gran voce, senza ricevere risposta. Mentre la ragazza la cercava dappertutto, William esaminò l’appartamento di Dolly: era molto spazioso ma più piccolo di quello in cui lui viveva con Jack, Averell, Joe e la madre. Notò anche una terrazza grandissima, che dava su una buona parte di Marsiglia. Ciò che però attirò di più l’attenzione del ragazzo era, senza dubbio, un biglietto lasciato sul tavolo del soggiorno. Approfittando del fatto che la ragazza fosse interessata ad altro, William lo lesse. Era scritto in francese, e la calligrafia frettolosa con cui era stato scritto sembrava quella di un uomo adulto:
“Questo messaggio è per Dolly, la figlia della signora che abita qui. Dolly, tua madre ha avuto un attacco cardiaco, e stiamo per portarla in ospedale. Ci ha detto di dirti di non preoccuparti, e ti consiglia di andare a dormire da quello che abbiamo capito essere il compagno a cui sei più affezionata. Il suo caso non è grave ma gravissimo, fortunatamente abbiamo individuato come si può risolvere ma richiederà tempo e cure. Ora dobbiamo andare, tua madre sarà ricoverata all’Hopitale de la Timone.
Dottor Kenneth.”
William rimase scandalizzato, ma i suoi pensieri vennero interrotti da Dolly: “Mia madre dovrebbe tornare a breve, dai, vieni in camera mia!”
“Dolly, veramente c’è…”
“Ssh!” gli disse, mettendogli un dito sulle labbra. “Non dire una singola parola e seguimi!”
La ragazza strattonò il fidanzato per la mano e lo condusse nella sua stanza, quindi lo spinse sul letto, si mise accanto a lui e fece per abbracciarlo. William, però riuscì a fermarla: “Dolly, c’è una cosa abbastanza importante che dovresti sapere… riguarda te…” le disse con gentilezza.
“Cosa c’è, Willy?” gli chiese la ragazza.
Il ragazzo le mostrò il pezzo di carta trovato in soggiorno.
“Ho trovato questo sul tavolo del soggiorno…”
La ragazza si mise a leggerlo. Poco dopo scoppiò in lacrime. William la abbracciò.
“Dolly, ti prego, non agitarti. Sei qui con me, ora.”
“Ma dove andrò a dormire?”
“Vieni da me, non vedo quale sia il problema…”
“Ho paura di essere non gradita…”
“Quattro delle cinque persone che abitano nel mio appartamento già ti conoscono. E ho parlato di te a mia madre, già ti ha in simpatia… e poi credo che una donna in più non farà male a casa mia. Soprattutto se è la mia donna.”
“Tu dici?”
“So cosa fare, stai calma.”
William sciolse a malincuore l’abbraccio, ma nonostante ciò la ragazza si strinse a lui dandogli un piccolo bacio.
“Grazie per la comprensione, grazie per tutto quello che fai per me.”
“Se sei sempre nei miei pensieri, un motivo ci sarà.”
Il ragazzo fece una foto al biglietto e la mandò via WhatsApp a Jack. Il fratello la vide subito e lo chiamò all’istante.
“William, ma che è successo?” chiese Jack.
“Succede che la madre di Dolly è grave all’Hopitale de la Timone, Jack. Devo chiedere una cosa alla mamma, passamela, in fretta.”
Il ragazzo fece come detto e passò il cellulare alla madre.
“Ma’, hai visto la foto?”
“Sì…”
“Ti prego di ospitarla! Prenderò io la responsabilità di accudirla! Non abbiamo letti? Dormirò per terra e le lascerò il mio, non vedo dove sia il problema! Le cederò la mia porzione di cibo tutti i giorni! Studierà con me e non sarà affatto un peso! Farei di tutto per lei, ma, ti prego, è una situazione così difficile che…”
“Ma io ho già accettato, stai tranquillo! E’ una povera ragazza! Successe ad una mia amica la stessa cosa, ricordi? Il fidanzato stava male, e la potevo ospitare solo io! Dì alla povera Dolly di fare le valigie! Avrei voluto conoscerla con gioia ma in modo diverso da questo… Ma ora importa solo lei qui! L’unico problema è il letto…”
“Dormirà con me! Oppure… io dormirò sul divano!”
“Ok, ci penseremo dopo… ora portala a casa!”
“Ovvio, a dopo!”
Chiusa la telefonata, William annunciò a Dolly: “Prendi una valigia e mettici dentro dei vestiti, lo spazzolino e tutto ciò che ti serve. Sfrutta anche lo spazio dello zaino. I libri li condividerai con me, spiegheremo tutto al prof. Ci sono io per te, baby.”
La ragazza si mise a ridacchiare per quel ‘baby’ dal tono così serio.
“Silenzio!” intimò William col tono serio ma il sorriso sulle labbra. “Fai quello che ti ho chiesto, baby.”
La ragazza fece le valigie in fretta e furia. Poi William la portò alla stazione ferroviaria.
“Ok che mi fido di te, ma… perché siamo qui?” chiese Dolly.
“Ho l’abbonamento del treno, io! Pensavo di farti un biglietto, poi! Il treno è più veloce del bus! Percorre una strada più breve!”
“Ok, ma il biglietto lo pa-“
“Non ci pensare nemmeno! Te lo pago io, il biglietto!”
Appena i due arrivarono a casa Dalton, Jack stritolò il fratello appena tornato. “Lo sapevo che ce l’avresti fatta, Will!”
Invece Dolly venne accolta a braccia aperte da Mamma Dalton. Come la vide con le lacrime agli occhi, la donna le diede un fazzoletto dicendole: “Qui sei la benvenuta, fa’ come se fossi a casa tua. William, falle fare un giro dell’appartamento e aiutala a disporre i suoi oggetti!”
“Con piacere,” rispose William, “anche se io l’ho pregata di darmi qualcosa da portare, ma ha voluto fare tutto lei!”
“Comprensibile!” constatò Mamma Dalton. “Fate i vostri comodi! Tra mezz’ora arriveranno le pizze per tutti e sei!”
William cinse le spalle di Dolly con il proprio braccio e la portò nella stanza dove dormivano i quattro fratelli. I due fidanzatini erano intanto osservati con curiosità da Joe, Jack ed Averell: Jack, che sapeva tutto, poteva solo essere contento per il fratello, mentre Joe ed Averell davvero non comprendevano fino in fondo cosa ci fosse tra William e Dolly.
“Ragazzi,” chiese loro Jack, “ma davvero non l’avevate capito che quei due si sono fidanzati? Dolly non doveva andare dal dentista, è William che le ha chiesto di uscire e si è dichiarato…”
“Davvero? Perché non ce lo hai detto prima?” chiese Joe. “Io ed Averell lo sospettavamo che sotto sotto ci fosse qualcosa di losco, vero Averell?”
“Cosa vuol dire ‘losco’, Joe?” chiese quello distrattamente.
“Lascia stare.” Gli rispose Joe. “Perché non spiamo quei due?”
“Ma Joe, sono momenti privati, da fidanzati, non possiamo farlo…” rispose Jack.
“Ma è la prima volta che uno di noi quattro si fidanza e non vi viene la curiosità di vedere cosa si fa tra fidanzati, ma dai…” affermò Joe, cercando di convincere il fratello. “E poi, non faremo rumore!”
Allora i tre aprirono di poco la porta per osservare i fidanzatini. Sul letto di William videro quest’ultimo baciarsi la fidanzata in braccio; il ragazzo cercava di farla sentire più a suo agio tra le proprie braccia, quindi tra un bacio e l’altro arrivavano anche carezze e abbracci. Joe, Jack ed Averell osservavano tranquilli e zitti la scena, ma ad un certo punto Averell si sporse troppo, perse l’equilibrio e cadde su Joe. Jack ne approfittò per darsela a gambe. I fidanzatini se ne accorsero: Dolly iniziò a ridacchiare per la caduta esilarante di Averell, mentre William si arrabbiò con i fratelli: “Voi due! Non avete mai visto due ragazzi che si baciano? Lasciateci la nostra privacy! Se proprio volete essere perdonati… chiamateci Jack qui!”
I due fratelli fecero come richiesto e poi andarono, come d’abitudine, a giocare alla Playstation.
Jack quindi si trovava di fronte alla stanza dove c’erano Dolly e William.
“Jackie Jack! Siediti con noi, dai!” lo esortò il fratello.
“Vengo solo per Dolly… lei non mi chiama ‘Jackie Jack’!” rispose Jack.
“Ma dai! Vieni, per favore!” disse William, ridacchiando.
Così anche Jack si sedette sul letto del gemello.
“Ho scoperto” iniziò Dolly, “che i Galaxy faranno un’amichevole internazionale con il Marsiglia!”
“Wow! Davvero?” chiese Jack. “Quando?”
“Il 20 gennaio 2019! I biglietti sono in vendita da ieri!” continuò William.
“Potremmo andarci noi tre e portarci anche Joanne, che ne dici?” chiese Dolly. “Anche se so quanto William tifi i Galaxy, quindi noi due saremmo costretti ad andare nel loro settore, mentre voi due rimarreste soli in quello del Marsiglia…”
“CI STO!” fece Jack tutto eccitato. “Ecco, sarà una buona occasione per vedere come reagisce… ad un match…”
“Jack, guarda che Dolly ha già capito tutto.” lo rassicurò William.
“Tu sei cotto di Joanne e Joanne è cotta di te.” affermò Dolly. “Però Joanne è un tipo che ama farsi corteggiare, quindi ti consiglierei di iniziare, appunto, a dedicarle attenzioni, magari invitate me e lei a vedere partite di calcio in TV qui, a casa vostra, o a mangiare una pizza insieme…”
“Beh, sì, ecco… cioè, sì, io…”
Vennero interrotti dal suono del campanello: le pizze erano arrivate a casa sane e salve.
“PIZZAAAAAA!” gridò Averell, felice, correndo verso la porta di casa e aprendola.
“Sette pizze a nome Dalton!” fece il pizzaiolo.
“Sette?!” chiese Joe alla madre. “Ma siamo sei!”
“Ma Averell mangia per due, Joe!” rispose la madre.
Tutti i ragazzi si riunirono attorno alla tavola della sala da pranzo e la discussione ebbe inizio.
“Ho saputo che avete fatto un dettato in classe, come è andata, Dolly?” chiese Mamma Dalton alla ragazza.
“Ho preso 10- per un errore minimo…” rispose Dolly.
“Lo stavo per fare anche io, pensa Ma’” la giustificò William.
“Però tu sei bravissimo in francese… sei anche bilingue… anzi, trilingue!” gli fece Dolly.
“A me risultava che William parlasse fluentemente inglese e francese… qual è la terza lingua?” chiese Jack.
“Intendi l’italiano che ho imparato alle medie?” chiese William.
“Ma no! Quando hai telefonato a tua madre, hai iniziato a parlare in ebraico…” rispose Dolly.
“Ah, già! Una volta, d’estate, mi ero messo in testa che dovevo imparare a tutti i costi a parlare in ebraico. Così presi un libro… ed eccomi qui!” rispose ancora William.
“Anche io ho sfogliato quel libro qualche volta,” fece Jack, “ma non ho mai avuto la volontà di impararlo completamente!”
“Tutti in famiglia sono poliglotti,” spiegò Joe, “William parla francese, inglese, ebraico, italiano e sta iniziando ad imparare il russo, mentre Averell parla inglese, francese ed il linguaggio del cibo!”
“Ma anche tu sei poliglotta, Joe!” rispose Averell, “Sai parlare anche il linguaggio dei glitch!”
“Smettetela, ragazzi!” cercò di calmarli Jack. “Così… così spaventerete la povera Dolly!”
In realtà la povera Dolly si tratteneva dal ridere.
Appena i ragazzi ebbero finito di cenare, Joe decise che avrebbe insegnato a Dolly qualcuno dei suoi glitch preferiti, approfittando che William stesse raccontando per filo e per segno l’intero appuntamento.
“Bene, Dolly” iniziò. “Ti piace il calcio?”
“Beh, più o meno…”
“Bene, allora ti piacerà anche FiFa! Componi una squadra con i miei giocatori.”
Dolly compose così un bel 4-3-3 con i giocatori che erano secondo lei i più forti e adatti tra quelli di Joe: in porta Cech; in difesa Ghoulam, Manolas, Sokratis e Torreira; a centrocampo Fabiàn Ruiz, Zielinski e Xhaka; in attacco Insigne, Aubameyang e Ibrahimovic Icon. “Perché così tanti giocatori del Napoli?” chiese Joe.
“Volevo creare la miglior intesa possibile!” rispose Dolly.
Joe quindi le illustrò diversi trucchetti per vincere le partite e fare più goal possibili. “Con questi si vince sempre…” insisteva Joe. “Dimostrazione! William! Vieni qui, facciamo una partita!”
William costruì anche lui un 4-3-3, ma, al contrario delle aspettative di Joe, vinse 16-0.
“Ma come è possibile! Ho utilizzato tutti i trucchetti che conoscevo… bah!” esclamò Joe a fine partita.
“Saranno quelli che ti fanno perdere, no?” scherzò William.
Un’ora dopo i ragazzi andarono a letto. Dolly si era stesa inconsapevolmente nel letto di William, e i due non ci avevano fatto caso. Averell era l’unico che non riusciva a dormire, così andò a svegliare Joe per chiedergli di raccontargli una fiaba della buonanotte. “Imbecille, perché mi hai svegliato? Sei sempre il solito!” gli rispose Joe con un tono di voce basso, chiudendo gli occhi e coprendosi con le lenzuola fin sopra la testa pur di non sentire il fratellino. Jack dormiva come un sasso. William, che si era soffermato a guardare i lineamenti della sua Dolly, era l’unico sveglio e aveva sentito tutto.
“Averell, oggi te la racconto io la fiaba, basta che non svegli nessuno, ok?” gli disse William. Averell accettò e così il ragazzo iniziò a raccontare. “Tanto tempo fa, un mendicante vagava per il regno di Napoli. Era brutto e riteneva di non possedere quasi nessuna qualità se non fosse stato per il suo grande intelletto e la sua buona dialettica. Un giorno, la principessa del regno, sedicenne e in cerca di marito, indisse un ballo al quale avrebbero partecipato tutti i sedicenni del regno. Il mendicante, anch’egli sedicenne, fu quindi costretto ad andarvi. Aveva comunque paura di fare brutta figura, perché non aveva vestiti abbastanza eleganti per la serata, ma una fatina giunse in suo aiuto e gli fece avere i vestiti più eleganti di tutto il regno. Il mendicante andò allegramente al castello dove si sarebbe svolto il ballo, e non appena vide la principessa se ne innamorò. Anche la principessa si innamorò del mendicante, e si diresse subito da lui dicendogli: ‘Voi, voi dovete divenire mio marito!’ ‘Ma, principessa, io non ho nulla da offrirvi, sono un povero mendicante senza alcuna qualità…’ ‘Ma io credo di amarvi ugualmente… dovete solo dimostrarmi il vostro amore…’
Pochi minuti dopo il re, padre della principessa, svenne. Allora il mendicante, ricordando ciò che faceva il padre, dottore, in situazioni simili, gli pose il cuscino di una sedia sotto la testa e gli praticò la respirazione bocca-a-bocca. Questo comportamento venne reputato come assurdo dalle guardie, che cercarono di bloccare il mendicante, ma poco dopo il re si risvegliò e proclamò il mendicante proprio erede. ‘Mio signore, ma perché io? Sono solo un povero mendicante innamorato di vostra figlia…’ ‘Ma tu mi hai salvato la vita, quindi sei in grado di salvare il regno! Figlio mio, hai dimostrato coraggio, audacia e fedeltà verso il regno! Mia figlia sarà felice di sposarti!’. Alla fine il mendicante sposò la principessa e vissero tutti felici e contenti…”
Dopo aver raccontato la fiaba, Averell si addormentò e William pure. Sul volto di Dolly, che aveva ascoltato tutto facendo finta di dormire, si disegnò un sorriso.
 

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