Irresistible. di LittleBunny (/viewuser.php?uid=983765)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° Capitolo ***
Capitolo 1 *** 1° Capitolo ***
Irresistible
● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
1° Capitolo.
Se qualcuno avesse potuto vedere esternamente la vita del
quattordicenne Peter Parker, avrebbe potuto constatare quanto fosse
perfetta.
Era un ragazzo brillante ed intelligente che eccelleva, in
particolare, nelle materie scientifiche - non per nulla, era diventato il fiore
all'occhiello della MidTown High School in brevissimo tempo - ed era adorato da buona parte
degli insegnanti.
Nonostante l'età delicata che stava vivendo, Peter era, fra le tante cose, una
persona tranquilla e matura - forse anche fin troppo per la sua
età - e non faceva che rendere fieri di lui i suoi zii.
Che poteva pretendere di più?
"Questa giornata è davvero uno schifo."
Proclamò l'adolescente in questione, rannicchiato davanti ai
lavandini del bagno, mentre cercava di sistemare i suoi appunti,
ora strappati e scarabocchiati orribilmente.
"Oh, fantastico Flash, mi mancava un disegno di un pene su un piano
cartesiano. Davvero, dovresti parlare con qualcuno di competente di
questa tua particolare 'fissa'." esclamò fra sé e sé
irritato, riponendo il foglio in questione sull'ultima pagina del suo
quaderno, per poi sospirare rumorosamente.
Decisamente, la vita di Peter era ben lontano dal definirsi ' rosa e fiori '.
Per quanto la sua maturità e la sua intelligenza fossero
ben apprezzate nel mondo degli adulti - il più delle volte,
almeno
- purtroppo, non si poteva dire lo stesso dei ragazzi della sua
età, che
sembravano prenderci davvero gusto a rendere la sua vita un inferno - e
se si pensava che la sua intelligenza non era proporzionata alla sua
forza fisica, si può ben intuire che fosse un bersaglio anche fin
troppo semplice da prendere di mira.
Ed era solo, in tutto ciò. Da una parte, aveva i suoi zii che
adorava e che non voleva assolutamente tediare per questioni del genere
- perchè sì, un tizio che sfogava la sua
frustrazione omossessuale sui quaderni di un povero nerd qualsiasi, non
era di certo un
problema di cui parlare a Zio Ben o Zia May - e dall'altra, invece,
aveva gli amici che cercava di evitare il più possibile
perchè, beh, era un'idiota.
Ad interrompere quell'ammasso di pensieri che gli stavano invadendo la
mente, fu lo sbattere della porta del bagno, che fecero sussultare
irrimediabilmente Peter dalla sorpresa.
Forse avrebbe dovuto controllare se fosse effettivamente da solo nel
bagno dei ragazzi, prima di mettersi a parlare da solo. Soprattutto, se
stava commentando la dubbia sessualità del suo principale
carnefice.
La sorpresa si trasformò in un istante in timore e si
ritrovò a deglutire rumorosamente, come rendendosi conto in quel
momento del passo falso appena compiuto.
Insomma, la sua situazione era qualcosa che poteva gestire al momento, ma... Beh,
far arrabbiare quei bulletti da strapazzo, non sembrava propriamente un
buon piano per migliorare quell'ottimo rapporto che già avevano. Dopotutto, conosceva piuttosto bene i suoi limiti.
Deglutì ancora, prendendo poi zaino ed appunti, per spostarsi
nell'angolo più remoto del bagno per cercare di guardare di
sottecchi il ragazzo che ora si stava lavando le mani, a circa un metro
o poco più distante da lui.
Okay, decisamente non era qualcuno che conosceva, neanche di vista,
quindi era probabile che non fosse qualcuno correlato al suo aguzzino.
Ma, dall'altro canto, era pur vero che Peter era così immerso
nello studio - e nel non farsi notare - che se anche quel ragazzo gli
fosse passato vicino mille volte, non l'avrebbe sicuramente ricordato.
O neanche proprio notato.
Ma di una cosa era sicuro : non era sicuramente uno studente della sua
classe. A dirla tutta, era abbastanza sicuro che fosse più
grande di lui, anche perchè lui-
Ecco che Peter si ritrovò ad abbassare subito lo sguardo, come notò l'altro ragazzo voltarsi di colpo.
Che l'avesse beccato? Non che non attirasse l'attenzione,
effettivamente, visto tutti quei fogli che stava raccattando.
Era davvero umiliante che qualcuno lo vedesse in quello stato, a pensarci bene.
Strinse le labbra, pulendosi poi gli occhiali, cercando di far finta di
nulla, sentendo il cuore battergli all'impazzata dal terrore.
Non poteva succedere quel genere di cose che accadevano sempre nelle
serie tv o nei film? Quel qualcosa che salvava il protagonista da un
destino nefasto? Non che si aspettasse che apparisse un Tardis nel
mezzo della stanza, ma il suono della campanella , che magari avrebbe
convinto l'altro a correre alla prossima lezione, non sarebbe stato
male.
Ovviamente, non era dentro qualche storia fantascientifica e Peter
continuò ad avvertire quello sguardo penetrante su di
sè - anche
perchè l'altro non tentò neanche di nascondere la cosa- e
la cosa non fece che
metterlo dannatamente a disagio, finchè... Finchè non
sentì un suono, come di qualcosa che veniva strappato,
all'altezza della sua schiena ed istintivamente si voltò.
"Uh." mormorò il ragazzo che ora stava davanti a lui con un
foglio in mano, con un sopracciglio alzato "Wow. Davvero, wow. E'
così che voi cercate di fare amicizia, qui? Non è un po'
ortodosso come metodo?"
Peter si ritrovò a sistemarsi gli occhiali nervosamente come se,
con quel gesto, potesse nascondere l'enorme disagio che stava provando
in quel momento. Disagio che sembrò aumentare quando si rese
conto che l'altro stava continuando a fissarlo.
"... Ermh, okay, immagino di doverti dire grazie...?" mormorò titubante, non
sapendo davvero che altro dire "Che c'è scritto nel f-?"
"Foglio? QUALE foglio??" lo interruppe di colpo, iniziando a strappare il pezzo di carta in questione.
Mentre l'altro cercava, con estrema difficoltà, di strapparlo in
pezzi sempre più piccoli , il ragazzo con gli occhiali si prese
qualche istante per osservare il suo strano interlocutore - anche se,
dire strano, era un eufemismo.
La prima cosa che gli venne in mente era che quel ragazzo sembrò il suo esatto opposto.
Insomma, era un ragazzo abbastanza alto - lo superava di altezza di una
decina di centimetri, più o meno - e, dalla sua corporatura,
non si sarebbe sorpreso di vederlo prossimamente come nuovo quarterback
della squadra della scuola.
Constatò anche che fosse di bell'aspetto e provò
istintivamente una gran pena per tutte le ragazze che ci avessero voluto
provare e avrebbero scoperto che in realtà quel tizio fosse uno
molto particolare.
... Ma a chi voleva darla a bene? Avrebbe avuto sicuramente successo,
visto la superficialità che caratterizzava i ragazzi del liceo, anzi, le
persone in generale.
"Beh, veniamo a noi."
Ecco che il più alto, dopo aver buttato quelli che ormai erano
un centinaio di minuscoli pezzetti nella spazzatura, gli si
avvicinò - anche fin troppo, per i suoi gusti, visto che non
amava particolarmente il contatto fisico- con un sorrisetto sornione a
contornargli il viso.
"Sembra che tu mi debba un favore, piccoletto."
"Prego?"
Il più piccolo fece un passo indietro senza distogliere lo
sguardo da quello del suo interlocutore, assumendo un'espressione
visibilmente confusa.
Non sembrava ci fosse rabbia nelle sue parole, anzi, sembrò piuttosto un tono divertito e... Lascivo?
E poi, che diavolo era quel nomignolo?!
"Quello che voglio dire è" esclamò il biondo, allargando il sorriso "Ti ho salvato la vita. Okay, non letteralmente
ma ehi, non è forse la reputazione una delle cose più
importanti per gli adolescenti? La reputazione, giovane Potter,
è quello che uccide i giovani d'oggi di questi tempi, più che di un' Avada Kedavra! Uh, forse
ho sbagliato citazione? Se non sei fan di Harry Potter, potrei-"
Dio.
Ma quanto parlava questo ragazzo? Peter sentiva la testa quasi girare
per colpa di quell'interminabile chiacchiericcio del biondo davanti a sè e- Com'è che ora era di nuovo
vicino a lui? E gli stava toccando il braccio, per giunta!
"... Quindi? Che te ne pare, dolcezza?"
Il moro si irrigidì all'instante alle sue parole, stringendo la
mascella all'istante, mentre un certo rossore gli contornò il
viso.
Non sapeva se stesse reagendo così perchè fosse davvero
irritato da tutta quella situazione, se ora avesse raggiunto il limite
dopo aver accumulato tanto stress a scuola o se, in qualche modo,
l'altro avesse intaccato il suo orgoglio con quelle parole.
Forse un mix di tutte quelle cose.
"Senti tu." sibilò, quasi sfiorandogli il petto con l'indice,
per poi tirarsi via dalla presa dell'altro "Non so cosa ti dica il
cervello, ma se pensi che io-"
Ed eccolo lì, il 'miracolo-da-storia-fantascientifica' che
il più giovane aspettava: il suono della campanella.
"... Beh, sei fortunato che debba andare a lezione." borbottò con
fare minaccioso, per poi allontanarsi del tutto e prendere velocemente
le sue cose.
"Ci vediamo. O forse è meglio di no. Per te."
Chiuse con forza la porte alle sue spalle, facendola sbattere
abbastanza rumorosamente, per poi camminare a passo veloce verso il suo
armadietto. Dopo averlo aperto, lo contemplò per un istante,
prendendo i libri necessari per la lezione successiva ed infine lo
richiuse.
Passò un lungo istante in silenzio, prima di iniziare a dare
delle, seppur lievi, testate sul suo armadietto, sotto lo sguardo
incredulo di alcuni studenti che, dopo averlo guardato in maniera
perplessa, decisero di allontanarsi.
Smise quasi all'istante, mugugnando parole incomprensibili, un unico pensiero ad invadergli la mente: era un'idiota.
Lo pensava già da un po' , ma ora aveva la conferma definitiva.
Era. Un. Totale. Idiota.
Come diavolo gli era saltato in mente di dire cose del genere ad uno
che era il doppio di lui? Non gli bastava quello che stava passando con
Flash, doveva per forza stuzzicare uno che poteva prenderlo a pugni,
senza trovare la benchè minima resistenza?
Ma non era pentito, almeno, non del tutto.
Il modo in cui gli aveva parlato e il modo in cui cercava di invadere i
suoi spazi vitali, l'avevano irritato non poco. E ancora non aveva
capito che diavolo volesse da lui!
In momenti come questi, avrebbe tanto voluto essere grande e forte,
più che essere intelligente e maturo, così da non doversi
preoccupare che qualche bulletto da strapazzo potesse picchiarlo
violentemente per il semplice gusto di farlo.
Si voltò, poggiando la testa, per poi passare una mano fra i
capelli già abbondantemente arruffati, per poi sospirare
pesantemente.
Forse, non era poi una cosa così grave.
Nel senso, era una cosa grave
ma la scuola era grande, c'erano tante classi, tanti studenti... Quante
probabilità c'erano di ribeccarlo nell'immediato?
L'anno era già bello che iniziato e, se era fortunato, quel tipo
era un diplomando e le possibilità di rivederlo diminuivano di
più.
Bastava non incontrarlo nuovamente fino a fine anno.
Sì, Peter Parker, per una volta nella sua vita, sentì che
poteva abbandonare la negatività che lo distingueva ed essere
positivo.
Scrollò quindi le spalle, dirigendosi velocemente nella prossima aula per non far tardi.
Il ricordo di quello che era successo in bagno stava diventando lentamente solo un vano ricordo.
****************
Un vano ricordo un cavolo.
"Parker, mi sta ascoltando?"
Sentendosi chiamare, il ragazzo sussultò e sbattè gli occhi ripetutamente, rivolgendo lo sguardo al preside.
"Assolutamente." mormorò con un sorriso nervoso, cercando di
controllare i sudori freddi che gli stavano percorrendo lungo la schiena.
L'uomo lo guardò perplesso, come se fosse incerto sulla veridicità delle sue parole, ma
dopo qualche istante di silenzio ritornò a parlare, e gli occhi
del moro caddero nuovamente sugli occhi azzurri del ragazzo al fianco del preside.
Ragazzo appena trasferito dal Canada, il cui padre era grand'amico del
preside. Stesso ragazzo, fra parentesi, beccato giusto qualche ora
prima nella toilette. Ragazzo che aveva bellamente minacciato e
che ora sembrava cercare di trattenersi con tutte le sue forze dal non
ridere - anche se non capì bene se lo divertisse di
più l'assurda situazione o l'espressione terrorizzata di
Peter.
"... Quindi gradirei che lo aiutassi ad ambientarsi a scuola. Potrebbe farlo, signor Parker?"
In tutta risposta, il ragazzo riportò l'attenzione sull'uomo davanti a sè, alzando poi un sopracciglio, perplesso.
Lo stava prendendo in giro? Stava chiedendo a lui, il ragazzo
più impopolare della scuola, di aiutare un tizio sconosciuto
minacciato giusto qualche ora fa ad ambientarsi?
Tuttavia, osservando lo sguardo severo del preside aveva capito che no, non scherzava per niente.
Se questa non era sfiga, non sapeva davvero cosa pensare. Chi diavolo glielo aveva fatto fare di essere 'positivo'?
"Uh... Credo. Insomma. Immagino che cercherò di fare del mio meglio...?"
Nonostante il tono poco convito, il rettore sembrò rilassarsi visibilmente a quelle parole, e sorrise bonario al giovane.
"Bene, molto bene dire. " bofonchiò in tono soddisfatto "Allora,
io torno ai miei doveri da preside. Vi lascio fare conoscenza."
Il moro deglutì rumorosamente come vide il preside allontanarsi
sempre di più, lasciandolo in pasto al suo aguzzino. Se Peter
aveva iniziato a tremare come una foglia, il ragazzo biondo davanti a
sè aveva allargato il sorriso sempre più.
Che stesse già pregustando il pugno in faccia che si era meritato per quello detto poco prima?
Sarebbe stata l'occasione giusta, effettivamente, non c'era nessuno in
quel momento nei corridoi e poteva agire indisturbato - non che
sarebbe cambiato qualcosa se ci fosse stato qualcuno, effettivamente.
"Quindi, era questo che intendevi con 'ci vediamo'?" esclamò in
tono divertito il ragazzo più grande, facendo qualche passo
avanti "Se l'avessi saputo prima, mi sarei preparato per l'occasione."
Come avanzò sempre più vicino a lui, il più
piccolo iniziò a tremare visibilmente. Quello lì era
sempre stato così
grande e grosso? O era la prospettiva di un pestaggio imminente a
renderlo così minaccioso? In quel momento fatidico, potè
quasi vedere la sua vita scorrergli davanti e dovette ammettere a
sè stesso che, oltre che breve, era stata anche parecchio
miserabile.
Appena l'altro fu abbastanza vicino, strizzò istintivamente gli occhi, preparandosi al pugno che ... Non arrivò.
"Aw, piccoletto, sei così
emozionato al pensiero di rivedermi? Così mi fai eccitare, anche
di brutto." esclamò invece, dandogli un colpetto sulla fronte
con l'indice.
Il più basso mugugnò un 'ow', massaggiandosi la fronte,
riaprendo gli occhi per potergli lanciare un'occhiataccia e si
ritrovò lo sguardo ancora sorridente dell'altro che ora gli
offrì la mano.
"Sono Wade Wilson. Ma puoi chiamarmi come meglio credi. Ma, cosa
più importante, puoi chiamarmi in ogni momento. Sì, anche
quelli più intimi e bagnati." esclamò, con tanto di
occhiolino.
"... Cos-"
"E tu come ti chiami, begli occhioni?" continuò ancora, non
dando l'opportunità di parlare all'altro "Qualcosa mi dice che
hai un nome carino. Ma ehi, se non me lo vuoi dire, va bene lo stesso.
Ho una lista immensa di nomignoli che ti potrei dare. Tesoro, stellina,
principess-"
"PETER." gridò il moro disperato, interrompendo quella conversazione imbarazzante e senza senso.
Prese un grosso respiro profondo, per poi continuare in un tono di voce più basso ma esasperato.
"... Parker. Sono Peter Parker. Ora potresti smettila con questi nomignoli idioti?"
Come il ragazzo strinse la mano dell'altro, Wade lo fissò soddisfatto, per poi fare un fischio di approvazione.
"Uh, avevo indovinato. Comunque, non so come dirtelo, Petey, ma i 'nostri' nomignoli idioti sono appena iniziati. E-"
Si bloccò di colpo, per poi schioccare le dita entusiasta, preso da chissà che illuminazione.
"Petey. Petey pie. E' perfetto."
In quel momento il più basso scrollò le spalle,
psicologicamente distrutto da quella conversazione. Come faceva una
persona ad essere così stancante?
Mentre il più grande continuava senza sosta a parlare di
nomignoli e quant'altro, immediatamente Peter si chiese che diavolo
avesse fatto di male nella sua già miserabile vita per meritarsi
una punizione simile.
~~Note dell'autrice~~
Eccoci qui con la mia prima fanfiction Spideypool! Spero vi piacerà!! ;_;
Essendo un ambiente un po' nuovo sia a livello di personaggi, che
di ambientazioni, spero di non aver scriveredi non scrivere in futuro
boiate >< (Ho comunque fatto le mie ricerche, visto che ,
ad esempio anche il nostro sistema scolastico è diverso da
quello americano).
Quindi... Niente, mi farebbe piacere se mi scriveste cosa ne pensiate,
se avete qualche consiglio su come migliorarmi, etc. (forse non sembra,
ma questo è un progetto davvero super importante e intenso (?) e
a cui tengo parecchio e che avevo in mente da parecchio tempo).
Detto ciò... Alla prossima. ★
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Capitolo 2 *** 2° Capitolo ***
Irresistible02
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
2°
Capitolo.
In
tutta la sua intera vita, Peter non aveva mai conosciuta una persona
logorroica
come Wade. Insomma, fra citazioni di telefilm, film e
quant’altro, gli stava
raccontando la storia della sua intera esistenza e il moro
iniziò a domandarsi perché
ancora gli stava appresso e perché non se ne andasse,
abbandonando l’ingrato
compito di mostrare la scuola al nuovo arrivato.
Notò poi, per l’ennesima volta, come quelli che
di solito gli facevano lo
sgambetto o lo spintonavano o gli davano spallate, – giusto
per elencare le cose
più 'soft'
che solitamente subiva – stavano a debita distanza dal
biondo e
Peter si ritrovò immediatamente a cambiare idea sul lasciare la sua
'ala
protettiva'.
A quanto pare, essere grandi e grossi al liceo, ti aiutava ad avere il
rispetto
degli altri più facilmente.
E okay, anche il fatto che il primo idiota che aveva
osato offendere il
più piccolo, era finito con la testa attaccata agli
armadietti, forse aveva
facilitato il tutto.
Peter non l’aveva fermato dal fare quel gesto –
perché era abbastanza palese che quel tipo se lo meritasse – tuttavia lo
bloccò dal fare peggio,
onde evitare che i professori lo beccassero e lo espellessero. Di nuovo.
Sì, perché fra le varie battutine e gli
ammiccamenti, Wade gli aveva raccontato
di come nella sua vecchia scuola in Canada era stato più
volte ripreso dal
preside ,come la volta che era stato beccato nel bagno della
scuola in atteggiamenti intimi con una ragazza – e qui il
moro dovette
stopparlo più volte perché stava dando anche fin
troppi particolari, che sinceramente non voleva sentire – o
la volta che aveva rotto un braccio ad un
ragazzo che faceva, come l’aveva definito lui, la ‘testa di cazzo’ con dei ragazzini più piccoli di lui o
come— Beh, a dirla tutta, Peter neanche
ricordava più tutti gli episodi che gli aveva raccontato, ma
non era difficile
intuire che ne aveva combinate tante e gravi se era finito a girovagare
per tutte
le scuole possibili, fino ad arrivare al Queens per poter continuare
con la
sua istruzione e, da quel che aveva capito, questa era anche la sua
‘ultima chance’.
Non che Peter gliela avrebbe fatta sprecare di certo, visto che il
preside
sembrava tenerci particolarmente al fatto che aiutasse il canadese ad
andare
'sulla retta via' – anche se non sapeva bene come –
e fare un favore al preside,
stava a significare buone probabilità per una
raccomandazione ad un buon
college e, sì, era una cosa che il newyorkese
teneva particolarmente.
Ad ogni modo, quell'intensa sessione di socializzazione compulsiva gli aveva permesso di conoscere un po' meglio il canadese.
La prima cosa importante che aveva capito, era che non correva pericolo
di essere pestato da lui, in quanto sembrava avere un 'target' ben
specifico.
Da quello che si evinceva dai suoi discorsi, tutte le persone che pestava malamente era gente che meritavadi
venire pestata, in un certo senso, come chi tormentava pesantemente gli
altri senza motivo. In poche parole, tutti i bulli erano un probabile
target.
Peter in qualche modo identificò immediatamente Wade come un
qualche sorta di 'buono' che non si faceva scrupoli a fare del male ai
'cattivi' – e se fosse stato
in un fumetto, il moro era sicuro che sarebbe stato di sicuro un
antieroe abbastanza popolare fra i lettori – e dovette ammettere a sè
stesso che, per quanto non fosse un amante della violenza gratuita,
trovò questo suo
lato quasi ammirevole.
Un'altra cosa che aveva imparato è che sembrava odiare
enormemente suo padre ma non nel classico modo in cui gli adolescenti
odiano tutto e tutti ma sembrava più qualcosa di profondo e
viscerale.
Infatti, a differenza dall'aura pacifica e scherzosa che emanava
solitamente, e a differenza di quando attacava al muro i cretini
della situazione, – e lì sembrava quasi un animale in preda agli
istinti – quando quelle poche volte aveva lo aveva
nominato, era diventato improvvisamente freddo e parlava a monosillabi
finchè, come accorgendosi della cosa, sorrideva come se nulla
fosse, cambiando drasticamente argomento.
Peter si chiese se quell'atteggiamento fosse dovuto al fatto che il genitore fosse un militare.
Insomma, il carattere ribelle di Wade doveva essere parecchio in contrasto con quello rigido di un membro dell'esercito.
... Non che quelli fossero affari suoi, comunque.
"Comunque, c'è stata quella volta, in cui ero con questa tipa un sacco più grande di me e noi-"
Proprio mentre stava per esplodere da tutte quelle inutili e scioccanti
informazioni, suonò la campanella, segno che le lezioni
erano finite e che potevano andare a casa e per il più basso
voleva dire far riposare il cervello, finalmente.
Non potè trattenere un sospiro di sollievo.
"Beh, si è fatto tardi." esclamò con fin troppo
entusiasmo, per poi massaggiardi la fronte. Avevano – Wade aveva
– parlato tanto, ma non della cosa davvero importante: farlo
andare bene a scuola.
"Domani a scuola ci vediamo per
metterci d'accordo con lo studio, okay? O se non domani, quando prefer–"
"Wooooh! Piano piano, piccoletto!" esclamò il canadese, un
sorriso storto ed uno sguardo palesemente confuso a contornargli il
viso "Tu cosa intendi con 'studio'?"
Ecco che immediatamente il newyorkese alzò il sopracciglio.
Che voleva dire con 'che intendeva con lo studio?' Era abbastanza sicuro che in Canada non avesse un significato diverso.
"Uh, voglio dire quello che ho detto." ribattè, senza battere
ciglio "Hai detto che hai 17 anni, giusto? Quindi vuol dire che
quest'anno ti diplomi. Sarà un anno difficile per te, per questo
il prima possibile dobbiamo programmare un piano di stu--"
"Okay fermo, giovane Hobbit." esclamò, mettendogli una mano
sulla spalla – che Peter spostò prontamente "Penso che
tutto quel discorso sui problemi di Susan ti abbia confuso le idee. E'
vero che è in una situazione complicata, ma cerchiamo di non
pensarci al momento, okay?"
Il più piccolo annuì con la testa, con fare solenne:
ovviamente, non aveva nessuna idea di chi diavolo stesse parlando ma
fece finta di niente.
"Innanzitutto," esordì il biondo " sono stato espulso al terzo
anno e quindi devo ripeterlo. Dovrai sopportarmi per altri due anni,
contento?"
Il moro sospirò pesantemente, incrociando le braccia al petto,
sentendo che stava esaurendo quel bricciolo di pazienza che gli era
rimasta.
Erano due anni al posto di uno, okay, un anno in più in cui
avrebbe dovuto fare degli appunti capibili anche da una scimmia ma
quall'era il punto?
"E poi... Beh. Non sono proprio tipo da 'studio', non so se mi spiego."
Lo sguardo eloquente che gli lanciò l'altro, bastò a far capire al canadese che no, non si era spiegato.
"Quello che voglio dire è che, sono bravo in tante, tantissime cose, devi credermi."
Ecco che Wade gli rivolse uno sguardo strano e qualcosa dentro Peter
gli suggeriva di non provare a chiedere spiegazioni a quelle parole.
"Ma?" commentò spazientito il moro. Perchè ci doveva essere un 'ma' in quel discorso strampalato, no?
"Ma lo studio non fa parte delle cose in cui sono bravo. E il preside
ti ha detto di 'aiutarmi', no? Quindi immagino dovremmo giocare sporco,
Petey pie. E parlando di sporco e di giocare, mi chiedevo se io e te--"
"No, aspetta." lo interruppe di colpo, capendo di colpo cosa l'altro
volesse dire "Stai dicendo che tu pretendi che io ti faccia i compiti o
qualcosa del genere?"
"Beh... Sì?"
Il moro passò dall'essere confuso, dall'essere visibilmente oltraggiato e arrabbiato. Avrebbe tanto
voluto dare una testata a quello zuccone ma– Beh sì, era
abbastanza sicuro che era così debole che il suo colpo
più forte sarebbe stato una semplice carezza per Wade quindi,
perchè sforzarsi inutilmente, rischiando di inimicarsi l'altro?
Sospirò pesantemente, posando l'indice e il pollice sulla base
del naso, massaggiandolo lievemente: più passava il tempo con il
più grande e più si sentiva stupido.
"Allora, mettiamo in chiaro le cose da subito." esclamò,
guardandolo dritto negli occhi "Le cose sono due, o ti aiuto a studiare
in
qualche modo o ti arrangi da solo, molto semplicemente."
Ora fu il turno del canadese di cambiare repentinamente espressione. Dire che sembrava sbalordito era dire poco.
"... Che c'è?" borbottò perplesso il più basso,
aprendo in quell'istante l'armadietto per prendere le sue cose
"C'è altro? Perchè dovrei andare a casa ora, quindi--"
"Sei stupefacente, Parker." esclamò in tono di pura
incredulità "Cioè, mi aspettavo che avresti acconsentito
senza fiatare, tremando come un micetto spaurito, terrorizzato dalla
vita, ed invece... Sei in piena fase ribelle, figliolo? Ora appiccherai
qualche incendio, preso dagli istinti degli ormoni adolescenziali??"
... Micetto spaurito!?
"Avrò sicuramenti tanti difetti." mormorò, cercando di
ignorare il commento di poc'anzi "Ma ho i miei principi. Non mi
metterò ad imbrogliare per fare un favore a te, al preside o
chicchessia, perchè per me è sbagliato."
Peter fece una pausa, aspettandosi da un momento all'altro che il
più grande gli facesse qualche commento irriverente ma
ciò non accadde e, anzi, Wade si era fatto silenzioso e continuava a guardarlo con uno guardo ricolmo di pura sorpresa.
"E poi non penso di dover aver paura di nessuna ripercussione. So che
non sei un cattivo ragazzo." continuò, scrollando le spalle
"L'hai detto tu stesso, in quella tua lunga chiacchierata, no? Dai una
'lezione' solo a quelli che 'se lo meritano' e io, beh, sono un bravo
ragazzo, non penso quindi avrò problemi con te, no?"
Non sapeva cosa gli facesse dire una cosa del genere, dopotutto
conosceva quel ragazzo solo da un paio di ore e si stava fidando solo
ed esclusivamente delle sue parole ma qualcosa gli diceva che poteva
fidarsi.Non che comunque avesse molta scelta. E non è che
l'avrebbe provocato in nessun modo in futuro, ovviamente.
E parlando di provocazioni... Perchè il più grande
continuava a non dire niente? La cosa si stava facendo sempre
più imbarazzante.
"Uuuuh, beh, mh, fammi sapere poi che vuoi fare per la faccenda
studio, mh?" esclamò nervosamente, alzando poi la mano in segno
di saluto.
Come se si fosse risvegliato da un lungo sogno, Wade sbattè gli
occhi più volte, tornando a focalizzarsi sul più basso.
"Ah, sì, giusto. Uh. Ci vediamo, Peter."
Peter? Wow.
Mentre usciva finalmente dall'edificio scolastico, il ragazzo si chiese
cosa avesse mai fatto o detto per zittire in quel modo il canadese. Era
riuscito pure a farsi chiamare col suo nome, senza nessun stupido
appellativo in mezzo.
Forse, se mai l'altro avesse deciso di prendere sul serio lo studio,
Peter avrebbe dovuto analizzare affondo la conversazione appena avuta,
per gestire al meglio Wade Wilson.
****************
Nonostante i pessimi soggetti che doveva sopportare, il moro aveva le sue piccole 'oasi' in cui rifugiarsi a scuola.
Il primo fra tutti era l'ora che passava al club di fotografia, dove
poteva fare ciò che più gli piaceva, senza doversi
preoccupare di essere deriso – anche se non si fidava
ancora di portare la sua macchina fotografica , regalatagli da zio Ben,
a scuola.
Il secondo era quel lasso di tempo dovuta alla pausa pranzo. Mentre i
ragazzi comuni mangiavano in mensa, il solitario Peter Parker la
passava fuori in giardino mentre, in pieno inverno come in quel momento, la passava
dentro l'aula di scienze. Soprattutta, quest'ultima era la sua
preferita.
La considerava calma ed accogliente e trovava sempre rilassante
quelle piccole cose che riguardavano la scienza: lo faceva sentire a
casa, in qualche modo.
Poi, fra un morso al panino – fatto con amore da zia May –
e un altro, si poteva portare avanti con gli esperimenti ma il lato
migliore era che nessuno, ma proprio nessuno, si avvicinava a quell'aula a quell'ora.
Forse era meglio dire che nessuno immaginava che Peter mangiasse lì.
"Petey, posso disturbarti un attimo?"
O almeno, così credeva.
"Mary J--"
Peter non potè finire di parlare perchè un pezzo di quei
meravigliosi panini gli rimase incastrato in gola e si mise a tossire.
"Uh, tutto bene? Vuoi che--?"
Il moro fece di no con la testa, continuando a tossire compulsivamente
, con le mani sulla bocca. Ovviamente, se non faceva una figuraccia a
giornata non era contento.
"Ti– Ti serve qualcosa?" balbettò in preda al nervosismo, abbassando subito lo sguardo.
Con la coda dell'occhio, intravide la rossa sorridergli e subito
sentì le guanche colorarsi orribilmente. La sua cotta per MJ era
alquanto imbarazzante.
"Oh Petey, non c'è bisogno di essere così nervosi con me,
te l'ho già detto." mormorò la ragazza, ridacchiando
appena – e il moro sentì l'urgenza di seppellirsi
all'istante "Ti dispiace se parliamo un po'?"
Il ragazzo si ritrovò nel panico per una richiesta così
semplice e si ritrovò a pensare quanto imbranato potesse
sembrare ai suoi occhi. Di bene in meglio.
"Certo, io- mh, è un paese libero."
...Che diavolo diceva?!
"Giusto." esclamò la rossa con un risolino, sedendosi di fianco
a lui e Peter sperò in cuor suo che non dicesse altre fesserie.
"Vorrei chiederti una cosa, se posso."
A quelle parole, il moro alzò lo sguardo, facendole segno che, sì, poteva chiedergli quello che voleva.
"Hai litigato con Harry, per caso?"
Il newyorkese si irrigidì a quella domanda, non sapendo bene che
dire, visto che non era così semplice dare una risposta chiara a quella domanda.
"Assolutamente." mormorò, con un sorriso forzato.
"Sì?" esclamò, spostandosi una ciocca di capelli dietro
l'orecchio – e l'altro sentì il suo profumo inebriarlo per
un istante "Eppure... Eppure Harry non fa che parlare di te, sai? So
che siete amici da tanto, però non vi vedo mai parlare. Anzi,
sembra quasi che tu lo stia ignorando."
A quelle parole, gli si strinse il cuore preso dai sensi di colpa: era vero.
Per quanto non avessero avuto una vera e propria litigata, Peter aveva
iniziato ad allontanarsi, fino ad isolarsi del tutto. Harry era il suo
migliore amico sin da quando erano bambini ed era una di quelle persone
a cui doveva davvero tanto, per vari motivi, ma... L'aveva ferito.
Era una cosa stupida e di poco conto, ma aveva bisogno di un po' di tempo per accettare quel 'colpo basso'.
"... Penso solo che abbia bisogno di un po' di tempo per se stesso."
mormorò, cercando di tranquillizzare la ragazza davanti a
sè "Insomma, per voi due. Ora state insieme, no? E' giusto che
abbiate un po' di tempo per fare i piccioncini."
Ugh, che dolore.
Era come se si fosse dato un calcio da solo all'altezza dello stomaco.
"Oh, che carino che sei." disse la rossa con un sorriso, non
accorgendosi per niente dei veri sentimenti dell'altro "Ma sai, a
lui... A noi, farebbe davvero piacere averti intorno come prima. Magari
possiamo organizzare un'uscita tutti e tre, come una volta, che dici?"
Il newyorkese si irrigidì nuovamente, non sapendo davvero che
scusa inventarsi anche perchè, sinceramente, non si sentiva
ancora di parlare con lui ma non voleva rattristare la ragazza.
"Vado a chiamarlo." disse con fare entusiasta, prima che l'altro potesse dire o fare qualcosa "Aspettami qui."
Dopo che vide la ragazza sparire dall'aula, il panico iniziò ad
invaderlo, tant'è che prese velocemente le sue cose ed
uscì poco dopo dall'aula.
Dove poteva andare? Nei bagni, forse? ... Okay, no, aveva capito che nei bagni attirava gente strana.
Forse in qualche aula vuota? Ma quale? E se l'avessero trovato anche lì?
Ugh, è dire che dopo avevano una lezione assieme, quindi sicuramente Harry gli avrebbe chiesto perchè–
"Ouch!"
Preso com'era da quei pensieri, non si accorse dello studente che aveva appena girato l'angolo e a cui andò addosso.
"Scusami, non ti avevo vist–"
"Oh– Ecco il mio nerd preferito!"
Ed eccolo lì, con un sorriso sornione a contornargli il viso ed
un tacos mezzo mangiato in mano, l'ultima persona che avrebbe voluto
vedere in quel momento: Wade Wilson.
"Oh, Wade, ciao. " esclamò nervosamente, guardandosi in giro "Ora non ho tempo, possiamo fare un'altra volta, mh?"
Come il moro cercò di sorpassarlo, subito l'altro lo fermò prendendolo dal colletto del maglione.
"Fermo, fermo, fermo" disse il canadese con aria sospettosa "Non me la
racconti giusta. Che succede? Non è qualche altra testa di cazzo
che ti tormenta, vero?"
"Che?!" esclamò esasperato il newyorkese, non sapendo come
toglierselo di dosso "No. Niente di tutto ciò. E' che... Ci sono
degli amici che– devo scappare da loro, è complicato."
"Mh." mugugnò il più alto, addentando un pezzo del suo
tacos "I tuoi amici sono una rossa da urlo e un tizio super serio?"
"Ehi, non parlarle in questi term– No, aspetta, come lo sai?"
"Sono esattamente dietro di te, amico."
Peter si voltò di scatto e, il tempo di riconoscere i due, che
subito girò l'angolo, portando con sè anche il più
grande, che non oppose per niente resistenza.
"Wow, quanta audacia." mormorò Wade , dischiudendo le labbra
dalla sorpresa "Quindi, dopotutto, non è vero che non sei un
cattivo ragazz–"
"Wade, non è il momento." lo interruppe nervosamente Peter, in preda al panico.
"Ehi, rilassati, quei due sono ancora fermi lì, a discutere di... Buh. Non penso ti abbiano visto, ancora."
disse l'altro, facendo poi spallucce. Riportò poi l'attenzione
sul più piccolo, osservandolo con fare curioso "Fammi
indovinare: ci hai provato con lei ed a lui non è piaciuta la
cosa?"
"Assolutamente no, ti sembro il tipo?!" ribattè, con fare oltraggiato.
"Okay." Il canadese si prese un attimo di pausa ma riprese poco dopo,
con sguardo stranamente serio. "Quindi, ci hai provato con lui e a lei
non è piaciuta la cosa?"
"..Che – Cosa? NO."
" Oh beh, in ogni caso." lo interruppe, facendo spallucce "Stanno arrivando, principessa. Che hai intenzione di fare?"
Preso com'era dal panico, Peter manco badò all'ennesimo soprannome discutibile di Wade.
Non sapeva davvero che fare. Era ormai troppo tardi per fuggire da
qualche parte e se l'avessero visto correre, si sarebbero insospettiti,
ed avrebbe confermato l'ipotesi che ce l'aveva con Harry.
Anche se non ce l'aveva con lui, davvero.
Insomma, un po' sì.
Era complicato.
Era complicato e non voleva affrontare la cosa ora, detto più seriamente.
Ma, a quanto pare, pareva che non avesse altra scelta: era in trappola.
"D'accordo Petey pie. Mi si stringe il cuoricino a vederti in
difficoltà quindiii indovina chi ti darà un aiuto non
richiesto? Anche se il mio metodo non ti piacerà, credo."
Dette queste parole, Wade mangiò in un sol boccone il suo tacos
– e Peter immediatamente si chiese come diavolo aveva fatto
metà di quel tacos enorme ad entrare nella sua
bocca – e gli si avvicinò velocemente,
stringendolo a sè, facendo poggiare la schiena sugli
armadietti davanti a loro.
".. Che diavolo–"
"Sssh, se non ti vedono, non succederà nulla, no?" gli
sussurrò al suo orecchio, con tono tutt'altro che dispiaciuto.
Il moro si ammuttolì, ritrovandosi immediatamente senza parole.
Si ritrovò in un istante con la testa vuota ed il cuore che gli martellava dolorosamente sul petto.
Non gli piaceva quella vicinanza. Odiava quella vicinanza.
Voleva solo scappare ma i suoi muscoli sembravano non rispondere ai
suoi commandi. Neanche la sua voce sembrava voler collaborare.
Non riusciva in nessun modo a dire che 'no', quello non lo voleva per niente e si sentiva terribilmente frustrato perchè quella brutta esperienza non gli aveva insegnato niente.
Era di nuovo lì, indifeso, senza fare nulla.
"Okay, sembra che siano andati. Sei libero!"
Come promesso, il canadese lo lasciò e Peter si ritrovò a
trovarsi in seria difficoltà a rimanere in piedi, visto come gli
erano diventate molli le gambe.
Le sue condizioni non erano certo delle migliori: era diventato
estremamente pallido, aveva iniziato a tremare e sembrò guardare
un punto non preciso.
"... Peter? Tutto bene?"
Nonostante il tono preoccupato, appena il moro vide nuovamente la mani
dell'altro avvicinarsi a lui, istintivamente le cacciò via,
tremando ancora di più.
"Non mi devi toc–"
Al più piccolo uscì la voce incrinata ed ebbe come
l'impressione che, se avesse continuato a parlare, avrebbe pianto sul
serio. Non poteva di certo permetterlo.
Abbassò lo sguardo e, dopo aver stretto le labbra, si spostò, avviandosi a passo svelto verso la prossima aula.
Ebbe comunque parecchia difficoltà ad ignorare lo sguardo
preoccupato e al contempo dubbioso di Wade, che non l'aveva abbandonato
nemmeno per un secondo.
~~Note dell'autrice~~
Ehi! Grazie a tutti quelli che hanno letto anche il secondo
capitolo e grazie a tutti coloro che stanno seguendo al momento la mia
storia.
Eeeee sì, la situazione fra i due pargoli è abbastanza
complicata (e il comportamento di Peter è abbastanza strano,
vero?) ma vedrete che con calma andrà meglio (sono una persona
orribile che si diverte a far stare male i personaggi delle storie,
ops).
Okay, piccola precisazione: in America le scuole superiori durano 4
anni (quindi ciò che ho scritto non è sbagliato, giuro!)
Quindi niente, sentitevi liberi di scrivere per qualsiasi cosa e
continuate a seguirmi se ne volete sapere di più uvu)/ <3
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Capitolo 3 *** 3° Capitolo ***
Irresistible02
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
3°
Capitolo.
Era da qualche giorno, per non dire settimane, che stava succedendo qualcosa di davvero strano a scuola.
O forse, era solo Peter a notare quanto fosse tutto troppo insolito?
Insomma, lì per lì, quando per giorni non era stato
'tamponato' da nessun ragazzo per avere i soldi del pranzo o per i
compiti o per il semplice gusto di sbatterlo al muro, aveva pensato che
stesse girando una qualche sorta di influenza - un'influenza che
colpiva, per qualche fortuito caso, gli spacconi dell'intera scuola.
Poi erano passate settimane e, nonostante avesse visto gli stessi
ragazzi che solitamente lo prendevano di mira, girare per la scuola
mentre gli lanciavano occhiate ostili, non aveva ricevuto un singolo
colpo. Nessun quaderno era stato trovato orribilmente strappato. Niente
di niente.
L'unica cosa che si era beccato, era un borbottio passivo-aggressivo,
ogni qualvolta passava per i corridoi, - un borbottio che spesso
diventava un 'sfigato' detto in tono sprezzante - ma niente che non
potesse gestire.
Non sapeva se fosse qualcosa nell'aria che rendesse tutti più
maturi o se gli studenti di quella scuola avessero finalmente raggiunto
un'intelligenza paragonabile quanto meno a quella di uno
scimpanzè, stava di fatto che era una situazione di cui non si
poteva di certo lamentare anche se, in cuor suo, aveva paura che questa
fosse la calma prima della tempesta.
Per certi versi, aveva paura a rilassarsi troppo.
Ma non era solo quello a essere strano ultimamente.
Infatti, in quello stesso periodo, aveva iniziato a ricevere dei 'regali'.
Lì per lì, quando per la prima volta aveva trovato un
pacco di Skittles con tanto di fiocchetto rosa, sul suo banco nell'aula
di letteratura inglese, aveva pensato ad un qualche errore, che magari
fosse per qualche ragazza del corso e che avessero sbagliato a
posizionare il regalo, così aveva spostato il pacchetto vicino
alla finestra, in modo tale che la diretta interessata se lo prendesse,
o che colui che aveva avuto questa brillante idea, ritornasse quando
non ci fosse stato nessuno e dare il regalo alla destinataria.
Tuttavia, quando il giorno dopo si ritrovò sul suo banco
dell'aula di matematica un pacco di Oreo, con l'immancabile fiocco
rosa, iniziò a capire che qualcosa non quadrava.
Per un po' cercò di ignorare i pacchettini di dolciumi, ma
questi sembravano aumentare sempre di più ed erano sempre di
marche diverse. Sembrava quasi che, chiunque fosse, cercasse di capire
i gusti del moro.
E quando arrivò a questa riflessione, immediatamente si chiese
se fosse collegato allo strano comportamento dei bulletti della scuola
e se questa fosse, in qualche modo una loro vendetta - magari,
aprendo uno dei pacchetti, non avrebbe trovato caramelle ma dei
bigliettini piena di minacce o qualche dolciume con dentro lassativo -
e, quasi a dimostrazione della sua tesi, arrivò un pacco di
caramelle chiamate Nerds che, dopo averlo fatto diventare rosso dalla
rabbia e dalla vergogna alla sola vista, li buttò senza pietà.
Quando però l'indomani, oltre ad un pacco diverso di dolci, si
trovò un bigliettino con su scritto 'Scusa, errore mio' con
tanto di faccine tristi , Peter non sapeva davvero che pesci pigliare.
Stava diventando paranoico per un po' di zucchero e iniziò a
dubitare che quei cretini, che solitamente lo tormentavano, avessero
ideato un piano così subdolo e diabolico. Non erano così
scaltri, nè tanto meno così intelligenti.
Ma soprattutto, chi buttava così tanti soldi per uno scherzo?
No, la vera domanda era chi buttava così tanti soldi in caramelle e merendine per Peter, senza un valido motivo!
Così , dopo che si ritrovò nuovamente dolciumi non
richiesti - un pacco di Twinkie e Sno Ball, per la precisione -
cedette e ne aprì un pacco e, dopo aver guardato per dei lunghi
istanti con fare titubante la prima merendina che gli capitò a
tiro, si decise ad addentarla.
Il primo morso fu lento e ricolmo di paura e si ritrovò ad
attendere un lungo istante prima di prendere un altro morso. Non
sentiva nessuna fitta alla pancia, quindi immaginava che fosse okay,
giusto?
... Oh beh, in ogni caso, sarebbe stato comunque troppo tardi.
"Qualcuno sembra avere un ammiratore."
Stava giusto dischiudendo le labbra per dargli un ultimo morso quando
sentì quella voce familiare e si ritrovò a voltarsi.
"Ah, ciao Harry." mugugnò l'occhialuto con un sorriso ricolmo di
disagio, ringraziando mentalmente il fatto di non essere riuscito a mangiare in
tempo l'ultimo boccone - onde evitare un'altra figuraccia
come quella con Mary Jane "Emh, ne sai qualcosa di questi...?"
"I 'regali' dici?" disse Harry, per poi ridacchiare sotto i baffi
"Sinceramente no. Ma non ho fatto a meno di notare che è da un
po' che li ricevi. Mh,
qualche idea di chi sia?"
Peter fece segno di no con la testa, per poi addentare l'ultimo morso della merendina.
Faceva strano parlare al suo amico, dopo tutto questo tempo - non che fossero passati anni, ma era comunque strano.
Era strano ma al contempo nostalgico.
Gli mancava avere queste interazioni con lui.
"Vuoi una?" mormorò titubante, offrendogli la scatola aperta.
"Sicuro che, chiunque sia, sarebbe felice di sapere che condividi
il tuo regalo con altri?" esclamò ancora l'amico, per poi
prendere comunque un dolcetto "Oh beh, poco male. Al massimo,
finirò all'inferno. Grazie di avermi condannato alla dannazione
eterna, Peter Parker."
A quella frase, immediatamente a Peter scappò una lieve risata, e l'amico sembrò sorridere a quella reazione.
"Wow, proprio macabro da parte tua ridere per le disgrazie altrui."
disse Harry, con fare fintamente offeso, per poi scompigliargli i
capelli, prendendo alla sprovvista il ragazzo con gli occhiali.
"E questa sarebbe una qualche sorta di vendetta o...?" disse, alzando
un sopracciglio, per poi sistemarsi come meglio poteva i capelli.
"Nah, è solo che mi mancava."
Dopo quella frase, notò come Harry gli rivolse un sorriso un po' triste e si sentì immediatamente in colpa.
Dopotutto, era solo per colpa sua se erano in quella situazione.
Fece per replicare, quando l'arrivo del professore riportò tutti al proprio posto.
"... Ne parliamo un'altra volta." gli sussurrò, toccandogli una
spalla e, prima che tornasse al suo posto, continuò con un "Se
hai bisogno-- beh, sai dove trovarmi."
Peter si ritrovò a deglutire, dando un ultimo sguardo a quello
che dovrebbe essere il suo migliore amico mentre si stava allontanando
con fare malinconico.
Mentre metteva le varie merendine in borsa e prendeva il necessario per
la lezione, sentì immediatamente una morsa all'altezza dello
stomaco, ma qualcosa gli diceva che non erano le merendine ad
averglielo provocato.
****************
"Parker, devi fare ancora due giri di campo. MUOVITI!"
Il giovane studente si ritrovò a sospirare stancamente mentre,
nel limite del possibile, cercò di completare il
compito che l'insegnante gli aveva richiesto.
Aveva la fortuna di piacere spesso e volentieri agli insegnanti,
perchè era maturo, tranquillo e molto intelligente. E non aveva
abbastanza vita sociale per trascurare lo studio.
Tuttavia, uno dei pochi insegnanti che proprio non lo tollerava era
quello di educazione fisica, che era anche la materia in cui riusciva
peggio - giusto per rispettare il pregiudizio dei nerd che allenavano
la mente e non il corpo.
Quindi eccolo lì, a correre come un pazzo, facendo il doppio
degli esercizi degli altri, senza lamentarsi minimamente, pur di avere
in qualche modo una A nella sua materia.
... Ah, cavolo, gli stava venendo un crampo.
Voleva proprio sapere chi avesse inventato una materia così stupida ed inutile.
"Beh, che dire Parker." borbottò l'insegnante, guardando il
cronometro, per poi spostare l'attenzione sullo studente che cercava prepotentemente di
riprendere aria - e magari di non svenire lì sul momento
"Decisamente non è il tuo forte lo sport, eh? Dannati
cervelloni..."
Il moro strinse i pugni, continuando a fare enormi respiri profondi per
cercare di riprendere fiato come meglio poteva. Posò le
mani sulle ginocchia, sentendo le gambe tremargli incredibilmente e,
appena riuscì a stare dritto, ne approfittò per pulirsi
gli occhiali ormai terribilmente appannati e... Wow.
Non una singola persona che prendesse le sue difese, nè che
prestasse attenzione alla scena in generale. Erano tutti lì
negli scalini, a ridere fra loro e a farsi gli affari loro.
".. Grazie ragazzi come sempre, il vostro calore è davvero
disarmante." borbottò sarcasticamente fra sè e sè,
appena l'allenatore si fu allontanato.
Non che si aspettasse che qualcuno sarebbe intervenuto, ovviamente, ma erano sempre desolanti situazioni del genere.
Lo facevano sentire terribilmente solo e, sì, anche arrabbiato.
"Bene ragazzi." proclamò a gran voce il professore, rimettendo
tutti gli alunni in riga "Oggi ci alleneremo con un'altra classe a
dodgeball. Mi raccomando, concentrazione."
Oh, fantastico, lo sport preferito di tutti.
A chi non piacerebbe ricevere una pallonata in faccia?
Mentre si massaggiava la parte superiore dell'addome, chiedendosi se
qualche organo stesse collassando, riflettè sul fatto che,
quanto meno, con il fatto che aveva fatto il doppio della corsa
rispetto agli altri, come minimo non gli avrebbe fatto fare subito un
altr--
"Parker, tocca a te, vai in campo."
Non era possibile. Era qualche sorta di sadico o cosa?!
"... Ma signore--"
A quella lieve protesta, l'insegnante si voltò verso di lui,
rivolgendogli un'occhiata ricolmo di astio e sufficienza. Uno sguardo
che sicuramente, non voleva dire una A.
"... Vado subito in campo." mormorò a voce bassa, stringendo nuovamente i pugni.
Quanto era umiliante, tutto ciò?
Si morse il labbro inferiore, cercando di contenere il nervoso che
stava provando per poi passarsi il braccio sulla fronte sudata, andando
in campo con lo stesso entusiasmo di un uomo al patibolo.
Era davvero stremato e già si vedeva correre all'infermeria con
un naso rotto e gli occhiali sfondati, visto che non credeva di avere
le forze essenziali per correre via per sfuggire ad eventuali pallonate. Non che, in situazioni normali,
sarebbe riuscito a fare di meglio.
Poteva solo sperare che, i ragazzi dell'altra squadra, avessero pietà di lui e ci andassero piano.
"Sei morto, Parker."
Ovviamente, tutte le sue speranze erano andate in frantumi appena si
accorse che Flash e alcuni suoi compagni di classe, erano i loro
'avversari'. Ed inutile dire che, dopo che Flash disse quella frase
così 'amichevole', i compagni di squadra di Peter abbassarono lo
sguardo e cercarono di tenersi più distanti possibile.
Ah, e in tutto ciò, il professore non aveva sentito niente o aveva finto di non sentire, chissà.
Brr, il vento gelido della solitudine.
Oh beh, quanto meno, un colpo e sarebbe tutto finito. Non sapeva neanche se
sperare o meno che gli risparmiasse quanto meno gli occhiali, per non
far spendere soldi inutili agli zii, visto che ogni cosa in cui sperava veniva brutalmente rovinata.
Così, appena l'allenatore fischiò l'inizio della partita,
il moro diede un'ultima occhiata a Flash, per poi strizzare gli occhi,
in attesa che una pallonata lo colpisse in piena faccia.
... Ma non avvenne niente.
Sentì solo un tonfo ma nessun tipo di dolore.
Solo quando sentì anche dei gridolini di sorpresa, si decise a riaprire lentamente gli occhi.
Notando lo sguardo allibito e confuso di tutti, si guardò in
giro cercando di capire che fosse successo - perchè, insomma,
dubitava che fosse stato lui che, scoprendo di aver ereditato
chissà che potere, aveva schivato magistralmente il colpo -
finchè notò qualcuno a terra, a pochi passi da lui.
Qualcuno che stava mugugnando dal dolore perchè, a quanto pare,
aveva preso la pallonata al posto suo, per qualche oscura ragione.
Qualcuno che, appena si voltò, nonostante il sangue che ora gli fuoriusciva dal naso, non era difficile da riconoscere.
"Ehi~ baby boy~ "
Wade.
****************
"Certo che, ogni volta che penso di capire come ragioni, mi stupisci
ogni volta." mormorò Peter , con fatica, mentre reggeva il
fianco del biondo abbastanza malconcio.
Dopo che il più grande si era letteralmente 'tuffato' per
prendere di faccia la palla destinata al moro, l'insegnante aveva
ordinato immediatamente a Peter di accompagnare Wade in infermeria. E
mentre il professore continuava a sbraitare su come il canadese
avesse fatto qualcosa
di davvero stupido e sconsiderato, lo studente non aveva potuto fare altro che
obbedire.
"Devo prenderlo come un complimento o--Ouch!" mugugnò dolorante
Wade, dopo che il più piccolo lo poggiò sul lettino più vicino, con
meno grazia di quanto immaginasse.
"Uh, scusami." disse, facendogli segno di stare seduto lì, per poi guardarsi in giro, massaggiandosi la fronte.
Perchè, ovviamente, nonostante l'altro fosse infortunato, non
aveva smesso un attimo di parlare lungo il tragitto e, anzi, i suoi
discorsi si erano fatti sempre più casuali e veloci - era
passato a parlare di quanto zucchero avesse messo nei suoi cereali
quella mattina, a come Nicolas Cage fosse un attore sottovalutato dalle
masse e di come Peter fosse incredibilmente carino quel giorno, tutto nel
giro di cinque minuti.
E, ovviamente, quando aveva più bisogno di un adulto responsabile, non c'era nessuno a cui potesse rivolgersi.
Tipico.
"... Okay campione, siamo solo noi due. Non sono un vero infermiere, ma
cercherò di fare del mio meglio, okay?" esclamò con un
sospiro, cercando di prendere il necessario per dare un primo soccorso
a Wade.
Borsa del ghiaccio, cottone, disinfettante, antidolorifici, cerotti... Ecco, doveva aver preso tutto.
Era diventato una farmacia ambulante.
Oh, giusto, anche un panno bagnato.
"Un infermiere? E io sarò il tuo paziente?? Beh, Petey pie, dimmi se questo non è l'inizio di un p--"
Ed ecco che di colpo, il biondo smise immediatamente di parlare nel
momento esatto in cui Peter gli sfiorò il viso con le dita, come se quest'ultimo
avesse toccato un qualche interruttore per spegnerlo.
Forse forse, era il suo giorno fortunato.
"Wow, certo che hai preso una bella botta, mh?" commentò il
più piccolo, spostandogli il viso per osservarlo meglio e
notò quanto fosse malridotto.
Aveva un bernoccolo sulla fronte, alcuni piccoli tagli, un livido
all'altezza del collo e la faccia completamente intrisa di sangue.
"Almeno non ti esce più sangue dal naso." continuò,
spostando le mano e posando invece il panno bagnato sotto il naso -
cosa che notò fece irrigidire l'altro - "Ti
conviene lavarti la faccia dopo. Hai mal di testa? Nausea?"
L'altro gli rispose con un cenno del capo, per fargli intendere che no,
non aveva niente di tutto ciò e il moro iniziò a sentirsi
un po' stranito da quello strano silenzio.
Silenzio, unito ai suoi occhi puntati su di lui, come se stesse studiando ogni suo più piccolo movimento.
Per qualche oscura ragione, Peter era davvero imbarazzato da quello sguardo.
Quasi gli mancava il Wade tutto chiacchierone e poco silenzio.
Ma, soprattutto, pochi sguardi.
"Dunque." esordì, sperando di farlo rinsavire "Sei in classe con
Flash, mh? Non ti invidio, immagino che spasso averlo in giro per
così tante ore di scuola."
Fece una pausa, sperando di scrutare un minimo di reazione da parte
dell'altro ma il canadese sembrò più intento a prestare
attenzione al panno bagnato che il moro gli stava passando in viso,
piuttosto che alla conversazione in sè.
"Quindi, è per questo che ti sei lanciato a prendere la palla?
Era un modo bizzarro e suicida per avere la sua attenzione o...?"
Nuovamente, Wade non rispose ma stavolta abbassò lo sguardo, come se rimuginasse su qualcosa a Peter sconosciuta.
"Okay, mmh. Mi puoi almeno dire perchè continui a lasciarmi regali sui banchi?"
"Cos--" Il ragazzo sussultò di colpo, alzando immediatamente lo sguardo "Come fai a sapere che sono stato io!?"
Oh, finalmente una reazione.
Era ora.
"Come, non te lo ricordi?" esclamò Peter con un sospiro,
togliendo il panno dalla sua faccia e prendendo un pezzo di cotone "E'
una delle tante cose che mi hai farfugliato mentre venivamo qui. Hai detto qualcosa alla 'perchè hai rifiutato i miei
regali fatti con tanto amore?' e poi una manciata di lamentele a
riguardo a cui non ho prestato tanta attenzione."
"Uh..."
In quel momento, il più grande iniziò a farfugliare
qualcosa fra sè e sè e il più piccolo fece finta
di niente, versando il disinfettante sul cotone. Immaginava che questo
fosse un suo modo per riordinare le idee o qualcosa del genere.
Una delle tante stranezze di Wade Wilson.
"Beh, che dire. Non sono bravo a tenere i segreti, immagino? Forse
dovrei mettere un lucchetto nella bocca, così, per evitare problemi del
genere. Dici che esistono piercing del genere? Parlando di piercing,
io-"
"Wade." lo ammonì Peter, mettendogli il cotone imbevuto di disinfettante su uno dei tagli senza avvertirlo volutamente.
"OUCH, okay okay! Parlerò." esclamò il biondo, sussultando a quel tocco.
Nonostante le sue parole, il canadese tacque per un lungo istante e il newyorkese si ritrovò a sospirare.
"Wade, non ho tutta la gior-"
"E' ... E' solo che--" lo bloccò l'altro, iniziando finalmente a
parlare "Insomma, l'altra volta non abbiamo avuto una conversazione
così piacevole. Tu... Tu... Beh, lo sai. Non è stato
carino, cioè, non so bene in cosa, insomma, non volevo fare
nulla di male ma, sì, l'ho capito che ho sbagliato. E ho pensato
'cosa potrebbe far star meglio Peter Parker?' e mi è venuto in
mente che- che, beh, tu mangi, no? E a chi non piace un po' di zucchero
nel sangue? Insomma, io se potessi me lo inietterei direttamente nelle
vene e-- No, sto divagando. Però non sapevo bene i tuoi gusti e
sono andato a caso?? Poi ho visto che con quel tipo mangiucchiavi il mio regalo che, non vorrei allarmarti ma, era qualcosa di esclusivo per te,
ma non fa nulla, davvero, eh, però insomma è qualcosa di
serio? Cioè, è un qualche sorta di amico del cuore o--"
"Okay, okay, fermo un attimo."
Peter spostò la mano, buttando poi il cottone nel cestino, scrollando le spalle.
Perchè aveva avuto l'idea malsana di farlo parlare nuovamente?
Nel mentre, Wade prese quell'attimo di pausa per scegliere con cura i
cerotti da mettere - cosa con molto poco senso, visto che i tagli erano davvero
minuscoli.
Ovviamente, fra i migliaia di cerotti classici, scelse gli unici con gli
unicorni sopra e il moro non si sarebbe aspettato niente di meno da lui.
".. Okay, sintetizzando." mormorò Peter, prendendogli dalle mani
i cerotti, applicandoglieli sui graffi "Hai capito di non esserti
comportato correttamente con me e volevi farti perdonare ma, non
conoscendomi abbastanza, hai optato per qualcosa di un po' basilare,
offrendomi delle caramelle. Corretto?"
Il canadese annuì velocemente a quelle parole, iniziando a battere le mani un paio di volte.
"Wow, hai reso quello che ho detto meno stupido e più semplice
da spiegare." mormorò, sinceramente ammirato "Comunque,
sì, esatto. Quello, in più ho fatto in modo che nessuno
ti tormentasse in alcun modo."
Ecco che il newyorkese si ritrovò ad allargare gli occhi dalla
sorpresa e le sue labbra si dischiusero, iniziando poi a balbettare.
"No-- Tu-- Cosa? Perchè hai-- No, okay, ora devi rispondere ad alcune domande."
"Oh certo. Come vuoi, Petey pie."
Peter notò, con suo enorme disappunto, come l'altro ora sembrasse
tranquillo e, anzi, era tornato a sorridere come se nulla fosse
successo.
Che si divertisse del percettibile shock dell'altro?
"Non chiamarmi- vabbè, lasciamo stare. Intanto, metti la borsa del ghiaccio sulla fronte." mormorò,
incrociando le braccia al petto "Ad ogni modo, che vuoi dire che hai
fatto in modo che nessuno mi tormentasse? E come facevi a sapere ogni
volta dove mi sedevo? E perchè hai buttato così tanto
soldi per una cosa del genere? Ma, soprattutto, visto che volevi solo
scusarti, perchè non mi hai scritto direttamente un bigliettino
dove ti scusavi?"
"Okay, dunque." mormorò, mugugnando dal dolore per il ghiaccio
sulla fronte "Punto prima, non ho fatto niente di che. Parlato con
qualche tipo. Minacciato qualche tipo. Niente di più."
Fece una pausa, per poi notare lo sguardo scettico dell'altro.
"Oh, andiamo, non fare quella faccia! Sì, okay, va bene, ho anche
pestato qualche tipo, ma se lo meritavano! E poi mi sono divertito,
è da un po' che non pestavo così tanta gente e-- Uh,
sì, non ne ho beccato uno. Cioè. Flash. Non l'ho mai
beccato nel momento giusto. E poi è stato a casa per un po',
credo influenza? Penso ne abbiano anche parlato, ma, ahimè, non
presto spesso attenzione a quello che dicono gli altri."
Perchè Peter non ne era assolutamente sorpreso?
"Bene, prossima domanda! E' stato facile sapere dove ti sedevi,
insomma, sei un tipo abbastanza abituale. E' bastato osservarti un
po', fare qualche domanda in giro e il gioco era fatto."
Okay, ora era seriamente inquietato da Wade.
"E per rispondere alle ultime domande. L'ho fatto perchè volevo
farlo e poi eravamo in periodo di San Valentino, quindi, perchè
no? Tutti hanno bisogno di zucchero a San Valentino. E il tutto
è venuto a costare qualche spiccio. E sul perchè non ho
scritto un bigliettino... Uh...."
Il canadese si stoppò e il newyorkese gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"... Ermh, non ho una risposta. Non ci ho proprio pensato."
esclamò, facendo spallucce per poi assumere uno sguardo
sbalordito "Wah, effettivamente, facendo così avrebbe avuto
tutto più senso e sarebbe stato più facile. Cavolo, sei proprio un genio!"
"Gggià." confermò il moro, roteando gli occhi esasperato
"Comunque. Quindi mi hai comprato una marea di merendina. Mi hai, emh,
sei diventato il mio..."
"... 'Serial killer personale'?"
"... Stavo per dire 'angelo custode' ma, sì, immagino vada bene
anche quel termine." mormorò, facendo spallucce "Insomma. Hai
fatto tutto questo... Perchè?"
Wade rimase per un lungo istante in silenzio, per poi poggiare la borsa
del ghiaccio di fianco a sè, iniziando a giocherellare con le
dita.
"... Eeee che..." esordì, con un leggero sorrisetto "Potrai non
credermi, ed insomma, non ti biasimo, chi lo farebbe mai? Maaaa, non
so, ti trovo interessante? Sei particolare, mi piacciono le cose
particolari! Non che tu sia una cosa, sia chiaro, le persone non sono
cose, le cose non sono persone. Uh. Dicevo? Ah sì, io volevo
davvero davvero davvero aiutarti quella volta! Con quel tipo. Che non
so chi sia. ... E' il tuo amico dell'altra volta? Il tuo forse
amico del cuore? Ma stavi scappando l'altra volta, quindi magari io
potrei-- No no no no no , Wade, basta cambiare discorso!"
Era una sua impressione o si era appena parlato in terza persona?
"Ti ho osservato in tutto questo tempo e-- cioè, non osservato
nella maniera creepy degli stalker ma tipo, a volte controllavo che
stessi bene ed effettivamente sembravi stare meglio? Più
tranquillo?? Credo. E.. E oggi, oggi non mi aspettavo che le nostre due
classi avrebbero lavorato assieme e- ho cercato di non farmi notare
troppo, ho pensato, 'se magari lo innervosisco e non mi vuole vedere?'
e- è andata. Ma- Non so, ho visto come ti trattava l'insegnate,
come gli altri facessero finta di nulla e- non so, dovevo fare
qualcosa. Quindi, mi sono lanciato e-- e---"
" ... Hai provato a proteggermi?" sussurrò con sorpresa, non aspettandosi per nulla un discorso del genere.
"SI'. Sì, è quello ciò che volevo dire, bene,
suona molto meno
imbarazzante detta da te." esclamò il biondo, guardandosi
intorno - e il moro avrebbe quasi giurato che le sue guance si fossero
colorate un po' "Quindi... Non ti volevo
spaventare, quella volta. E non volevo creare, altri problemi ora. Non
sono bravo a scusarmi, quindi non credo che riuscirò a dire
qualcosa meglio di questo discorso senza senso."
Peter non sapeva davvero che pensare di questo discorso.
Insomma, era confuso dal perchè avesse attirato così
tanto l'attenzione dell'altro e del perchè avesse
così tanto al cuore il moro.
Decisamente, il modo che aveva di pensare era insolito e, in qualche
modo, per quanto il discorso forse strano e confuso, era riuscito a
riscaldargli il cuore in qualche modo.
"...Non - Non mi ero spaventato quella volta." commentò quasi senza voce, passandosi una mano fra i capelli.
Dopo tutto quello che gli aveva confessato, il newyorkese quasi sentiva
che dovesse dargli una spiegazione, come minimo, ma non ci riusciva.
Era una cosa troppo difficile di cui parlare con chiunque, figurarsi
con una persona che conosceva appena.
"... D'accordo." esordì nuovamente il canadese, inclinando il capo "Quindi. Siamo apposto, io e te?"
"... Sì, va bene." esclamò il newyorkese, lasciandosi scappare un sospiro di sollievo.
Era davvero grato che l'altro non avesse insistito oltre.
Dopotutto, per quanto avesse dei modi discutibili e, per molte cose, non sembravano compatibili, non lo odiava.
E poi, quelle merendine e quelle caramelle che gli aveva regalato erano davvero buone.
E--- Oddio, stava ammettendo a se stesso che Wade Wilson gli stava quasi simpatico.
"Uh, ancora non arriva nessuno." esordì Peter, cercando di
cacciare l'imbarazzo che provava in quel momento "Vuoi, mh, qualcosa
per quel livido?"
"Livido?" chiese sorpreso il canadese "Che livido?"
Il più piccolo si guardò in giro, per poi trovare su uno
dei tavolini uno specchietto, che portò poi all'altro, in modo
che potesse vedersi.
"Vedi?" insistette, facendogli ancora segno "Vuoi che ti cerchi una pomata Wade, o-?"
Dopo che l'altro individuò il livido, alzò lo sguardo
visibilmente perplesso, per poi scrutare il viso di Peter, come se
volesse cogliere qualcosa.
Ma, notando l'espressione confusa dell'altro, Wade gli rivolse un sorriso strano.
"Oh tesoro, non so come dirtelo." mormorò con tono fintamente
intenerito, cosa che infastidì il più piccolo "Ma questo
non è un livido."
"Come non è un livido?" esclamò l'altro sorpreso, sbattendo ripetutamente gli occhi "Allora cos'è?"
Calò nuovamente il silenzio fra loro.
Peter guardava Wade.
Wade guardava Peter.
Peter guardava in maniera sempre più confusa Wade.
Wade iniziò a mordersi il labbro inferiore, tremando, distogliendo lo sguardo.
A quel punto, finalmente Peter capì che quello era un succhiotto
e arrossì terribilmente mentre Wade cercava malamente di
trattenere le risate.
Fortunatamente in soccorso del newyorkese - o forse, meglio dire in
soccorso del canadese, visto che Peter era lì lì per
strozzarlo - ecco che arrivò finalmente la
responsabile dell'infermeria, segno che finalmente potesse lasciare il
più grande in buone mani.
"Oh, uh." borbottò, distogliendo lo sguardo, cercando di calmarsi "Ora meglio che vada."
Davvero, per un istante, si era intenerito per uno come lui? Decisamente, aveva preso un abbaglio.
Non che comunque, ora avrebbero dovuto frequentarsi o qualcosa del genere. Quindi-
"No, aspetta!"
Il biondo si alzò di scatto e sembrò avere un giramento
di testa così Peter e l'infermiera dovettero soccorrerlo all'istante per sorreggerlo e farlo
sedere nuovamente.
"Penso tu abbia preso una brutta botta" ipotizzò l'infermiera "Forse dovresti--"
"Sìsì, un attimo." la bloccò subito Wade, -ricevendo in cambio un'occhiataccia dalla donna - per poi
rivolgere l'attenzione nuovamente al più basso "Quindi. Uh.
Possiamo. Sai. Fare quella cosa dello studiare?"
A quelle parole, il ragazzo lo guardò stranito, come se si fosse messo a parlare una strana lingua di punto in bianco.
Wade stava completamente impazzendo?
"... Anche se non ti farò i compiti?"
"Sì!"
"Anche se ti farò studiare sodo?"
"Sì."
"Anche se dovrai lavorare duramente?"
"Uh-uh, mi piace come suona..." mormorò il canadese con tono
flirtante, per poi osservare lo sguardo serio di Peter che, no, non
stava scherzando "... Cioè, sì."
Peter era davvero deciso se accettare perchè, insomma, aveva dei veri e propri alti e bassi con Wade.
A volte lo inteneriva, alcune volte l'avrebbe lanciato volentieri da una scogliera: era una relazione strana.
Tuttavia, pensò a tutto quello che il più grande avesse
fatto per lui e di come si fosse ridotto per una pallonata destinata a
lui. Effettivamente, se non fosse stato per l'altro, ora ci sarebbe il
newyorkese sul lettino dell'infermeria.
Eh poi sì, al ragazzo faceva ancora gola quella probabile raccomandazione all'università.
".. Va bene."
"Va bene? Davvero?" esclamò il biondo, in tono sbalordito.
"Sì." borbottò Peter , sorpreso dalle sue stesse parole "Va bene. Ci... Vediamo venerdì in biblioteca?"
"Sì! Assolutamente. Quando vuoi. 24 su 24. Anche se vuoi fare al--"
"Ragazzo, adesso basta." commentò spazientita la responsabile
"Vedo che ti hanno prestato delle prime cure, ma ora è il caso
che ti visiti io. E cambiati quella maglietta, è orribile."
"Dottoressa, è un suo modo per flirtare con me o-"
"E' un modo per dirti che quella maglietta è così intrisa
di sangue che sembra che tu abbia sgozzato un animale perciò
muoviti. " esclamò stizzita, per poi far segno a Peter di
allontanarsi con la mano "Tu torna a lezione, al tuo amico di
penso io."
Il newyorkese annuì con la testa e dischiuse le labbra per
salutare quando il biondo, senza vergogna alcuna, si tolse la maglia e
la lanciò da un lato.
Peter non ebbe neanche il tempo di imbarazzarsi di nuovo, che vide
qualcosa che lo sconvolse ancora di più: quelli che vedeva su
tutto il corpo di Wade, questa volta, era assai sicuro che non fossero
succhiotti.
//Salve ragazzi <3
Intanto alcune precisazioni.
Sì, mi sono dimenticato di dirlo, la storia è ambientata
verso metà gennaio (in questo capitolo dovrebbe essere
metà Febbraio, more or less) quindi tranquilli, non ho sbagliato a scrivere. uvu
E sì, quelle che ho elencato sono tutti dolcicaramelle americane (alcuni
li ho anche assaggiati, tipo gli Sno Ball, sono buonissimi,
consigliatissimi per chi ama il cocco **)
E niente, dopo questa pubblicità occulta (?) spero il capitolo
vi sia piaciuto! Grazie ancora a tutti che continuano a sostenermi
e che leggono la storia!
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Capitolo 4 *** 4° Capitolo ***
Irresistible04
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
4°
Capitolo.
"Bene Wade, stavolta hai capito qualcosa di quello che ho detto?"
Peter alzò lo sguardo dai suoi appunti e, con suo enorme
disappunto, si accorse nuovamente che il diretto interessato sembrasse
più preso a fare navi di carta piuttosto che capire qualcosa
della matematica.
Si ritrovò a sbuffare infastidito, incrocciando le braccia al
petto, aspettando che l'altro gli prestasse nuovamente attenzione -
gli avrebbe volentieri urlato contro ma era abbastanza sicuro che, a
quel punto, la bibliotecaria della scuola li avrebbe cacciati fuori a pedate.
Ed ecco che, finalmente, forse avvertendo il troppo silenzio calato fra
loro, il canadese alzò lo sguardo e gli sorrise come se nulla
fosse.
"Ti stai divertendo Wade?" borbottò, assottigliando gli occhi.
"A dirla tutta, sì." esclamò l'altro, mostrandogli con
orgoglio la nave appena creata "Guarda, questo è il nuovo
prototipo della RCN*. Non è meravigli--?"
Senza dargli il tempo di completare la frase, il newyorkese
arrottolò il suo quaderno e lo diede in testa al canadese,
facendo un sonoro tonfo.
La responsabile della biblioteca gli lanciò un'occhiataccia.
"Ouch, sei crudele Parker." esclamò in tono teatrale, assumendo
un'espressione fintamente dolorante "Pensi davvero che, in questo modo,
le informazioni mi trapasseranno il cervello tramite ostosi?"
Il più piccolo sospirò afflitto, passandosi una mano fra i capelli.
"Osmosi. Si chiama osmosi, Wade."
"E io che ho detto?"
Dette queste parole, il più grande sistemò al meglio il
quaderno di Peter e, dopo aver ripreso in mano il proprio quaderno
degli appunti, tornò nuovamente a studiare, con la stessa
espressione di un povero malcapitato che provava a tradurre l'aramaico
senza successo.
Tuttavia, dopo appena qualche minuto che prendeva appunti, il moro notò
l'altro iniziare di punto in bianco a fare disegnini sul proprio
quaderno, così arrivò alla conclusione che Wade avesse la
stessa attenzione di un pesce rosso.
Peter sospirò nuovamente, allungandosi sulla sedia e facendo scricchiolare la schiena, per poi dare un'occhiata
sconfortata all'altro.
Non importava quanta cura e attenzione nei dettagli mettesse negli
appunti, o quanto cercasse di renderli leggibili e chiari o quanto
cercasse di sembrare calmo e chiaro mentre cercava di spiegare
ogni punto a voce, sembrava proprio che non ci fosse verso per il
canadese di imparare qualcosa e i suoi voti sembravano confermarlo.
Il newyorkese non sapeva davvero che pesci pigliare e stava iniziando davvero a preoccuparsi.
Non tanto per la paura di perdere la futura raccomandazione del
preside, - anche se era comunque qualcosa che gli faceva ancora gola -
ma perchè era genuinamente preoccupato per il futuro dell'altro.
Per quanto in momenti del genere avrebbe voluto solamente prenderlo a
calci, dovette ammettere a se stesso che non gli dispiaceva la sua
compagnia.
Il più grande sapeva essere davvero piacevole quando voleva e
sembrava provarci davvero tanto nell'andare d'accordo con lui - faceva
attenzione a cosa gli desse o non gli desse fastidio, evitava il
contatto fisico non richiesto - e, assurdo ma vero, Peter lo
considerava quasi un amico ormai. Quasi.
Ma era vero che Wade sembrava essere una brava persona, quando si
impegnava, ma anche se non fosse, aveva comunque un debito nei suoi
confronti.
Dopotutto, non si era fatto scrupoli a dare una lezione ai bulli della scuola per fare
in modo che il newyorkese avesse una normale e tranquilla vita scolastica.
Gli tornarono alla mente i lividi che gli aveva visto in infermeria e gli si strinse lo stomaco al solo ricordo.
Si chiese se fosse per colpa sua o se ci fosse dell'altro ma il canadese non sembrava volesse dirgli qualcosa a riguardo.
Avrebbe dovuto chiedere ed insistere per farsi dire la verità? E, nel caso, ne avrebbe qualche
diritto? E, anche se gli avesse detto la verità, avrebbe potuto
fare qualcosa a riguardo? Dopotutto, era solo un ragazzino gracilino, che non valeva questo granchè.
Poteva davvero fare qualcosa di concreto per aiutarlo?
Incurvò la schiena, abbassando lo sguardo sconsolato dai suoi
stessi pensieri, posando successivamente il gomito sul tavolo e poi la
guancia sulla mano, guardando poi il biondo di sottecchi.
Perlomeno, poteva impegnarsi ad aiutarlo con lo studio, in qualche modo, visto che in teoria era il suo campo forte.
In teoria.
Che stesse sbagliando metodo di approccio? Magari Wade non era abbastanza
spronato?
Si bloccò a quei pensieri, mordendosi l'interno guancia : Wade aveva un'idea di cosa fare del suo futuro?
"Wade?" mormorò il moro, cercando di attirare la sua attenzione.
Come se fosse stato beccato a fare qualche marachella, il ragazzo
sussultò, per poi alzare lo sguardo verso l'altro e allungare il
braccio, cercando in qualche modo di nascondere il quaderno.
"Petey pie." esclamò con un sorriso come se nulla fosse "Senti,
lo so che sono bellissimo e simpaticissimo e vuoi stare tutto il giorno
a parlare con me, ma, ehi, qui sto lavorando e nel mio glitteratissimo
quaderno sto scrivendo cose importanti. Appunti. Sì,
dettagliatissimi e importantissimi appunti."
Si bloccò, guardandolo negli occhi per un lungo istante.
"Oh no, non farmi quello sguardo, non posso mentirti. Non posso, gghh--
Okay okay, confesso, ho mentito, stavo facendo disegni cretini sul mio
quaderno."
"Ma non mi dire." ribattè sarcasticamente il moro, incrociando le braccia al petto.
"So che avevi delle enormi aspettative sui miei appunti fantastici ma, ehi, io--"
"Senti, " lo interruppe Peter, scrollando le spalle con fare stanco "Non c'è-- qualcosa a cui aspiri?"
Notando lo sguardo palesemente confuso dell'altro, il più piccolo continuò.
"Sai, solitamente uno cerca di prendere bei voti a scuola o si butta
nello sport a scuola, per avere qualche borsa di studio per andare al
college. Ma-" si bloccò, mordendosi il labbro.
Spesso dimenticava che bastava avere una bella manciata di soldi, per
avere il via libera ad una buona istruzione. Non è che tutti
avessero problemi di soldi come lui.
"... Cioè, non tutti sono obbligati ad avere A ovunque, ma,
insomma, quanto meno uno deve passare i corsi con la sufficienza, no?
Anche se più raccomandazione hai e meglio è."
Si passò una mano fra i capelli, per poi mettersi a giocherellare con le dita.
"Quindi, penso dovresti pensare al--"
"Non mi interessa andare al college." proclamò candidamente Wade, per poi poggiare la guancia sulla mano.
Il moro sbattè ripetutamente gli occhi, rimanendo spiazzato
dalla schiettezza dell'altro ma, a pensarci, era vero che non tutti
puntavano a continuare gli studi. Forse aveva già un mestiere
ben specifico in mente che non richiedeva l'ingresso al college.
"Punti a trovare un lavoro dopo il liceo?"
"Uhhh, immagino di sì?"
Peter rimase con la bocca semi socchiusa mentre lo osservava riprendere a disegnare come se nulla fosse.
In tutta la sua vita, non aveva mai incontrato qualcuno di così poco motivato a fare qualsiasi cosa.
Sembrava che non avesse nessuno scopo nella vita e la cosa lo preoccupò non poco.
Possibile che non avesse nulla che gli piacesse fare? Qualcosa a cui aspirasse?
"Quindi che lavoro--"
"Peter senti," mormorò Wade con lo sguardo perso nel vuoto "sei carino a
dire tutte ste' cose incoraggianti e tutto maaa sto bene, okay?
Insomma, per me la scuola è come. Ugh. Come spiegarlo. Ah!
Sì, un po' come quando spalavo la neve dal giardino della
signora Brown da piccolo, in cambio di qualche dollaro canadese e
qualche biscotto fatto in casa. Con l'unica differenza che qui non ci guadagno nulla. E' solo un dovere. Un doloroso dovere
senza soldi e senza biscotti."
Tacque per un'istante, osservando Peter per un breve istante, per poi rivolgergli un caldo sorriso.
"Anche se, beh, non è che non abbia qualche vantaggio
dall'andare a scuola." bofonchiò poi, dandogli un colpetto con
l'indice sulla fronte, facendogli strizzare gli occhi di riflesso
"Quindi per il lavoro, non so, immagino cercherò qualcosa che
non mi faccia finire sotto un ponte? O qualcosa del genere. Insomma, mi
arrangerò come sempre." E dette queste parole, ritornò a
scarabocchiare sul suo quaderno, in silenzio.
Se possibile, questo discorso preoccupò ancora di più
Peter, che rimase senza parole lì impalato, senza sapere che
aggiungere.
Era davvero allarmato dal fatto che il biondo avesse un'idea
così misera di se stesso e di quello che sarebbe potuto essere
il suo futuro.
Pensò che si svalutasse più di quanto desse a vedere e
iniziò a chiedersi se, sotto quel sorriso, ci fosse
qualcosa sotto - oltre la rabbia, ovviamente.
... Forse, neanche la sua vita era così perfetta.
I suoi stessi pensieri lo sconfortarono e il moro iniziò a
tamburellare le dita sul tavolo, in cerca di una soluzione ma,
più ci pensava, più si innervosiva e più si
sentiva uno stupido a non avere idea su cosa fare.
"Ehi."
Sussultò appena sentì le dita del canadese sfiorare le
sue, in una lieve carezza. Carezza che si spostò fino alle
nocche, dove le dita del più grande fecero dei piccoli
cerchietti immaginari e il moro si ritrovò ad osservare quei
movimenti quasi ipnotizzato. Si sentiva un po' più calmo ora.
"Che hai ora Petey, mh? Non sarai realmente preoccupato per me?" esclamò con un tono di voce basso e calmo, in
contrapposizione al suo sorriso beffardo "Se continui così
potrei quasi pensare che mi vuoi bene."
Preso in contropiede da quelle parole, Peter spostò la mano di
scatto, imbarazzato per qualche motivo da quella situazione, dando poi
un'occhiataccia all'altro - occhiataccia che fu abbastanza sicuro che
non fosse troppo minacciosa per colpa del lieve rossore che ora gli
contornava il viso.
Dischiuse le labbra, pronto per rispondere a tono, quando un'idea gli balenò in testa all'improvviso.
"Hai detto che da quella signora ci 'guadagnavi' qualcosa, giusto?" mormorò pensieroso.
"Uh, sì??" ribattè confuso il canadese - e dalla sua
espressione, si capì che aveva immaginato un altro tipo di
reazione da parte del moro "Perchè? Vuoi farmi dei biscotti
personalizzati, principessa?"
"E che stavo pensando" disse il più piccolo, ignorando
completamente le ultime parole dell'altro "Con l'idea di poterci
guadagnare qualcosa, magari potresti essere più spronato a
studiare."
"E' tipo" mormorò l'altro, dopo una breve pausa "Come-- Come
quando Aladdin trova la lampada magica ed esprime tre desideri ma
invece di tre desiderio ne ho finchè prenderò voti alti a
scuola...?"
In verità, l'esempio che venne in mente a Peter era di un cane
che, dopo aver alzato la zampa correttamente, veniva premiato dal
padrone con dei croccantini - perchè ce lo vedeva Wade come un
enorme e grosso cane. Ovviamente, non disse nulla a riguardo ed
annuì semplicemente con la testa.
"Okay. Sembra forte." ammise il canadese "Ma ora sono davvero curioso. Che mi daresti in cambio, scusa?"
Appena il più grande tornò a fissarlo, il newyorkese deglutì rumorosamente.
Effettivamente, questo era un dettaglio a cui non aveva pensato.
Non è che avesse tante cose a disposizione, nè tanto meno
soldi a disposizione e nè aveva la più pallida idea di
cosa uno come Wade Wilson volesse.
"Io- Uh-- Hai in mente qualcosa che vorresti da me?"
A quella domanda, il canadese allargò gli occhi, dischiudendo le labbra dalla sorpresa, irrigidendosi di botto.
Peter doveva averlo colto davvero di sorpresa, perchè
lo vide lanciargli diverse occhiate, mentre chiudeva e apriva
più volte la bocca, come se volesse dire qualcosa ma non
sapesse come dirla.
Quando lo vide abbassare lo sguardo, nascondendo la faccia con le
braccia e lo sentì farfugliare non sapeva bene cosa fra
sè e sè, si chiese se non l'avesse rotto per sbaglio.
Che gli fosse sfuggito qualcosa?
"Facciamo--Facciamo così." disse di colpo Wade, uscendo dal suo
'nascondiglio' "Ora- Ora provo a finire i miei fantastici appunti,
usando i tuoi ancora più fantastici e magici appunti e- e nel
mentre penserò a-- qualcosa di-- beh, qualcosa di fattibile, mh?
E vediamo se questo metodo funziona. Potrebbe rivelarsi, uh,
sorprendente, sì,"
Proclamate queste parole, il canadese riprese i quaderni e la penna ed
iniziò a scrivere, con un'espressione seria mai vista prima.
Il newyorkese, con fare preoccupato, iniziò a chiedersi che diavolo si stesse immaginando quella testa baccata.
****************
"FINITO!"
Come il biondo urlò, tutti i ragazzi che c'erano nella
biblioteca si voltarono verso di loro e la responsabile esordì
con un sonoro 'sssh', lanciandogli l'ennesima occhiataccia.
Peter iniziò a chiedersi se fosse il caso di cambiare luogo dove studiare.
Scrollando le spalle, prese il quaderno dalle mani dell'altro e
iniziò a sfogliare le pagine, con una penna rossa in mano e, con
un sorrisetto sulle labbra, si accorse che il suo piano avesse
funzionato : a parte qualche piccolo errore d'ortografia e qualche
disegno sparso qua e là, gli appunti erano scritti in maniera
chiara e concisa.
"Sembra tutto apposto."
Pienamente soddisfatto di se stesso e del suo piano, fece per ridare il
quaderno all'altro, quando notò qualcosa nell'ultima pagina
degli appunti.
"Uh, questi cosa dovrebbero rappresentare?" chiese perplesso, indicando con l'indice due stickman.
"Noi due." esclamò, visibilmente orgoglioso del suo operato "Perchè siamo un fantastico team."
" ...D'accordo." mormorò, ancora più perplesso "E' il cuore al centro perchè--?"
Wade gonfiò il petto orgoglioso, facendo un enorme sorriso.
"Per indicare che siamo amici del cuore."
"... Ma noi non siam--"
"Non ancora, Petey pie. Non ancora."
Il newyorkese fece per aprire bocca ma, no, non gli vennero altre
parole per ribattere a tutta quell'idiozia ed era abbastanza sicuro di
non voler altre spiegazioni da lui.
"Duunque," esordì il canadese, con occhi ricolmi di speranza "Quindi posso esprimere un desiderio, giusto?"
"Beh, immagino di sì?" esclamò l'altro con un sorrisetto nervoso,
ritrovandosi a deglutire rumorosamente "Solo- Uh- Qualcosa di piccolo,
okay? Dopotutto, hai solo copiato degli appunti correttamente."
Wade annuì vigorosamente con la testa, con un enorme sorriso e
Peter sperò con tutto il cuore che non gli chiedesse qualcosa di
più costoso di un pezzo di pizza.
"So già cosa voglio." mormorò con fare serio il biondo,
facendolo irrigidire "O, meglio, so già cosa voglio sapere."
Quel commento lo sorprese ma sentì improvvisamente le spalle non più cariche di tensione.
Voleva che rispondesse ad una domanda? Niente di più semplice.
Sperò solo che non fosse nulla di troppo stran--
"Chi era quello là?"
Ecco, appunto.
"Come prego?" esclamò Peter, visibilmente confuso.
"Io. UH. Insomma. E' tipo, quel- quel tipo che-- oh, dai, lo sai di chi sto parlando!"
borbottò Wade, iniziando a gesticolare in aria come se, facendo
in quel modo, potesse rendere più chiaro ciò che volesse
dire.
"Wade, giuro che non ho la più pallida idea di cosa tu stia cercando di dirmi."
"Ma sì, quello-- Quello della volta che ti prendevo merendine e-- gliele hai fatte mangiare-- anche se-- erano per te."
Dopo qualche istante di spaesamento, finalmente il più piccolo capì.
"Ah sì, dici Harry giusto?"
"Sì, Harry."
ripetè il biondo, facendo una vocina stupida, incrociando le
braccia al petto, con una faccia visibilmente offesa "Quindi? Chi
sarebbe?"
Il newyorkese lo fissò per un lungo istante, come cercando di
capire se lo stesse prendendo in giro o meno ma, lo sguardo serissimo
dell'altro gli fece capire che no, non stava scherzando per niente.
"Penso che tu sia la prima persona al mondo a non conoscere Harry
Osborn." esordì Peter, con un sospiro stanco per poi roteare gli
occhi alla vista dello sguardo spazientito e ancora più confuso
del ragazzo con gli occhi azzurri "Harry è il figlio di Norman
Osborn, il fondatore della Oscorp una famosa multinazionale
miliardiaria. Finiscono spesso in tv, insieme alla Stark Industries che
è--"
"Dove lavora Iron-man."
"Sì Wade, dove lavora Iron-man."esclamò con una scrollata
di spalle "Cioè, insomma, Tony Stark è
l'amministratore delegato. Sono gli altri che lavorano per- Vabbè, non importa. Comunque dicevo, sono due società
rivali. Un po' come-"
Il ragazzo dagli occhi nocciola si bloccò per un'istante,
cercando un esempio pratico che anche uno come il canadese potesse
capire.
"... Un po' come le console della Nintendo e della Playstation. Solo
che le due società non trattano di cose del genere, capito?"
Il canadese annuì con la testa per intendere che, sì, aveva capito il discorso.
"Ad ogni modo, davvero non conosci gli Osborn? Eppure appaiono in tv
tanto quanto Tony Stark." spiegò ancora, per poi posare l'indice
al centro degli occhiali, spingendoli all'indietro "Anche se Harry non
ha bisogno del nome del padre per farsi conoscere. E' di bell'aspetto,
bravo nello studio e di buon cuore. Lo è sempre stato. Credo che lo amino tutti in questa scuola."
Per il moro, l'amico era la versione diecimila volte migliore di lui,
qualcosa a cui non si sarebbe mai avvicinato, neanche volendo.
Non c'era da sorprendersi che Mary Jane avesse l'avesse scelto.
Strizzò istintivamente gli occhi a quel pensiero, che ancora gli
faceva male, dandosi poi mentalmente dell'idiota in quanto sapeva
quanto fosse terribilmente sbagliato stare lì, a crogiolarsi di
gelosia ed invidia per quello che doveva essere il suo amico d'infanzia.
"Meh, sarà." borbottò Wade in tono acido, interrompendo i
pensieri di Peter "Io non ci vedo tutto sto granchè,
sinceramente."
Si avvicinò quindi all'altro, facendogli l'occhiolino.
"Per me, tu sei più carino."
A quelle parole, il newyorkese rimase in silenzio con le labbra socchiuse, non aspettandosi quelle parole.
Allungò poi la mano, dandogli un colpetto con l'indice sulla fronte.
"... Ah-ah, battuta molto divertente, Wilson." esclamò, incrociando le braccia al petto "Ora torniamo a studiare."
Era strano ma, per qualche motivo, nonostante sapesse che quello era
semplicemente il modo di scherzare dell'altro, quel semplice commento
era riuscito a fargli tornare il buonumore.
****************
"Peter, posso parlarti un attimo?"
Il ragazzo nominato stava giusto per aprire la porta dell'ingresso
della scuola, per tornare a casa dopo uno stressante ma proficuo
pomeriggio di studio con il canadese e constatò che si
trovò davanti la persona di cui stavano parlando
giusto qualche oretta prima.
Che avessero eseguito un'evocazione senza saperlo?
"Oh ciao, certo."
Harry gli sorrise caloroso, per poi mettergli il braccio intorno alla spalla, portandolo a chiacchierare in un angolo.
"Senti, so che non è molto ma," esordì a bassa voce, in
modo che non lo potessero sentire eventuali studenti "Ho pensato a
quello che è successo con il coach. Non mi va che faccia lo stronzo con te perchè pensa che può farlo."
"Harry, guarda che io sto bene, davvero." disse nervosamente il newyorkese "Non devi-"
"Certo che devo."
ribattè l'altro "Cioè, non ho fatto nulla di così
eclatante, credimi. Gli ho solo parlato per trovare un compromesso e
credo che tu lo possa aiutare con la squadra di football. Domani prova
a parlargli, okay?"
Peter si morse il labbro inferiore per poi abbassare lo sguardo, senza sapere davvero che dire.
Sin da piccolo, l'amico era sempre rimasto al suo fianco ed
era sempre intervenuto, in caso di necessità per aiutarlo e
ciò non faceva altro che aggravare il suo senso di colpa.
"Io--Uh-- Grazie Harry..."
"Dovere Pete." esclamò staccandosi da lui, dandogli un leggero
pugnetto sulla spalla con fare affettuoso "Comunque, so che non dovrei
chiedertelo ma..."
Il ragazzo dai capelli corvini tacque, come timoroso di continuare e
l'altro inclinò la testa, guardandolo con fare interrogativo.
"Senti, so che non ho alcun diritto di dirlo. So che magari ce l'hai con me e-"
"Non ce l'ho con te."
"Sì invece, Pete." esclamò Harry, in tono lievemente
più alto "E va bene, hai tutto il diritto di essere arrabbiato
con me. Ma..."
Il ragazzo sospirò lievemente, per poi rivolgergli un sorriso malinconico.
"... Mi manchi, dico davvero. Ma non ti dico di perdonarmi,
così, su due piedi. Solo... A piccoli passi, cerchiamo di
recuperare la nostra amicizia. Chessò, chiacchieriamo nei
corridoi o unisciti a pranzo con me e Mary Jane, qualche volta. Ti
assicuro che anche a lei manchi."
Peter lo fissò per un lungo istante, non sapendo davvero che dire.
Non è che non gli mancassero, ma non era fosse peggio
frequentarli di nuovo come se nulla fosse successo? Nulla fosse
cambiato?
Sinceramente, non si sentiva pronto a frequentarli di nuovo.
... Ma non voleva dire di no ad Harry.
"Certo, non penso sia un problema." esclamò, cercando di fingere un sorriso sincero.
"Grande!"
L'amico gli rivolse un enorme sorriso, visibilmente sollevato dalla sua risposta e il newyorkese si sentì morire dentro.
"Un'ultima cosa e poi ti lascio andare." disse Harry, guardandolo
dritto negli occhi "Ti stanno scocciando ancora? Dico Flash e gli
altri."
"Che? Ah, no. Diciamo che in qualche modo ho risolto."
Grazie a qualcuno avrebbe
voluto aggiungere, ma ovviamente non era per niente il caso di dire una
cosa del genere perchè ciò avrebbe portato altre domande
e non era sicuro di come l'amico avrebbe preso l'idea di un ragazzo che
andava a picchiare i 'cattivi' della scuola.
"...Mh." mugugnò il ragazzo dai capelli corvini, con fare pensieroso.
Sembrò sul punto di dire altro, quando sembrò guardare
qualcosa alle spalle dell'amico e il suo sguardo cambiò.
"Scusami, ti ho intrattenuto anche fin troppo, ora devo proprio andare.
C'è dietro il tuo allievo che sembra voglia dirti qualcosa.
Meglio che vi lasci soli, ciao Pete!"
Mentre Harry si allontanava, Peter si chiese che gli fosse preso così all'improvviso.
Sbaglio o le ultime frasi erano state glaciali?
... Aspetta, che intendeva con 'allievo'?
"Ora parlate di nuovo, Petey pie?"
Ah, ecco a chi si riferiva.
Ecco che il tempo di riconoscere la sua voce, che Wade gli mise l'indice e il pollice sulle guance stringendo appena.
L'espressione di Peter era parecchio buffa, in quel momento.
"Ehi-- che diamine fai?!" esclamò il newyorkese, mettendo una mano in faccia al biondo , cercando di spostarlo.
"Evito che il tuo faccino si rovini mentre cerchi di sforzarti."
Il moro si sorprese da quelle parole, guardandolo per un istante con occhi spalancati.
Da quando Wade capiva quando 'fingeva'?
"Non so di cosa tu stia parlando." borbottò il ragazzo, mentendo spudoratamente, abbassando lo sguardo "Che ti serve?"
"Eh- Uh- Sì." Ora sembrò Wade preso in contropiede.
Sembrò quasi che non avesse niente da dirgli. "Eeeeh...
Sì, giusto. Dici che dovrei puntare a qualche attività
extra qui a scuola? Tipo, non so, il football?"
Strana cosa che, dopo che ne aveva parlato con Harry, magicamente anche il biondo tirasse fuori il discorso. Era forse un caso?
"Beh, sì, fa sempre comodo nel proprio curriculum fare
attività extra." ammise Peter, facendo spallucce "E sì,
potresti essere portato per il football, vista la tua stazza. Ma
penserei anche ad altro. Più cose fai e meglio è."
"Figo." esclamò il più grande, con un sorrisone "Quindi ci beccheremo più spesso, giusto?"
Okay, decisamente Wade aveva ascoltato la discussione di poco prima. Quasi scordava che con lui non esiste il caso.
"... Wade, hai ascoltato la conversazione che ho avuto con Harry per caso?"
Il canadese sgranò gli occhi, come se avesse assistito ad una qualche sorta di magia dal vivo.
"Okay Parker, sei inquietante. Come diavolo hai fatto a capirlo?"
esclamò allibito e sinceramente sorpreso "Comunque. Come dire?
Diiiciamo di sì, ma non era del tutto intenzionale."
Ah-ah, certo, come no.
"E che, sinceramente, non so che pensare." continuò l'altro,
facendo spallucce "Insomma, pensavo lo volessi evitare a tutti i costi
mentre ora ti vedo parlaci come se nulla fosse. Insomma, più o
meno, si vedeva che volevi scappare looontano da qui."
Peter si stupì da quelle parole: era davvero quella l'impressione che dava?
"Non è affatto così." mentì di nuovo, incrociando
le braccia al petto e distogliendo lo sguardo "Non è che lo
voglio ignorare o scappare da lui in eterno. E' solo che- spiegato in
breve, ci sono rimasto male per una cosa che ha fatto. Ma niente che
non si possa risolvere con un po' di tempo. Dopotutto, siamo amici da
tanto, sarebbe stupido da parte mia tenergli il broncio per una cosa
così poco grave."
Sinceramente, il più piccolo non aveva la più pallida
idea di perchè stesse raccontando così tante cose
all'altro.
Forse aveva solo paura che se la prendesse con Harry senza motivo, pensando che fosse anche lui qualche sorta di bullo.
"Sarà Petey." mormorò il canadese, facendo spallucce
"Dico solo che non dovresti sforzarti a perdonarlo, se non vuoi,
qualsiasi cosa sia successa. Anche se è il fighetto e il beniamino della scuola o quello che cavolo è."
Da quando in qua era diventato così saggio?
Dovette ammettere che, se non fosse che stesse parlando del suo migliore amico, avrebbe detto che aveva ragione.
Strana cosa da dire di Wade Wilson.
"Ti prego, dimmi che non è il cervellone o il più bravo della scuola. Potrei vomitare da tutta questa perfezione." continuò l'altro, in tono schifato.
"Come mai tanta curiosità per lui?" esclamò stancamente,
scrollando le spalle "Comunque, te l'ho detto anche prima. E' bravo
negli studi. Ma..."
Si bloccò per un istante, non sapendo se fosse giusto o meno continuare la frase.
"E' vero che prende voti alti ma non sono più alti della classe, diciamo."
Il biondo rimasse per un lungo istante a riflettere sulle parole
dell'altro, come se le stesse elaborando. Poi, come se avesse capito
quale verità, si illumino.
"Non mi dire, Petey, sei più cervellone di lui, eh?? Lo sapevo
che eri meglio tu." esclamò entusiasta, dandogli una pacca sulla
schiena che lo fece sussultare "Sembra proprio che il signor perfettino
non sia poi così perfettino."
"Wade, piantala adesso." lo ammonì Peter, trattenendosi
più che potè dal sorridere. Era pur vero che era forse la
prima volta che qualcuno che non fosse un suo familiare lo lodasse, in
quel senso.
"Okay, okay, un ultima cosa." esclamò Wade, alzando le braccia
in segno di resa "Visto che siamo in tema, cosa è meglio secondo
te : Oscorp o Stark?"
"Prego?"
"Oh andiamo, hai parlato della rivalità fra le due prima ma sono
sicura che c'è una che preferisci di più delle altre."
ribattè, con un sorrisone "Dove lavoreresti più
volentieri? Dal padre del tuo amico o da Iron-man?"
Il newyorkese lo guardò dritto negli occhi, rimanendo per un
lungo istante senza parole. Non è che non conoscesse la risposta.
"Beh," esordì, spostandosi una ciocca di capelli dietro
l'orecchio e guardando un punto indefinito davanti a sè "penso
che entrambe abbiano dei punti forti e dei punti deboli, come tutto.
Penso sia impossibile scegliere su due piedi."
"Capito, capito." ribattè l'altro, roteando gli occhi. Fece per
andarsene quando si avvicinò per sussurrargli una cosa
nell'orecchio "Concordo che le armature-robotiche di Iron-man siano
decisamente un sacco forti, per quanto non siano il mio genere."
Mentre quello gli dava le spalle, alzando la mano per salutarlo, Peter
si chiede da quando Wade avesse imparato a leggerlo così bene.
*Royal Canadian Navy
//Buonsalve ragazzi! **
Eccoci finalmente al nuovo entusiasmante capitolo, vi ringrazio ancora
di buon cuore per tutti quelli che stanno seguendo e recensendo la
storia. Davvero, mi fate felice. <3
Piccolo annuncio : parto anche io in vacanza! Quindi è probabile
che per agosto non avrete aggiornamenti, scusate, ci si vede a settembre
><
Detto ciò, sentitevi liberi di scrivermi per dirmi che ne pensate <3 byee
|
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Capitolo 5 *** 5° Capitolo ***
Irresistible05
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
5°
Capitolo.
"Beh Pete, come ti stai trovando col tuo nuovo 'lavoro'?"
Appena gli fu rivolta quella domanda, il ragazzo nominato alzò
lo sguardo dai suoi appunti per poi guardare i suoi due interlocutori, non
sapendo bene come rispondere.
Il lavoro - se così si poteva chiamare tale - che svolgeva col
coach da qualche settimana, era difficile da definire.
Quello che doveva fare era stare seduto ed osservare i giocatori di
football e annotarne i dati
-ad esempio, quanti touchdown sono stati passati dal quarterback o quanti yard sono stati percorsi dal
corridore - per portare in campo la formazione
migliore ad ogni partita.
In poche parole, quello che faceva era semplice statistica e forse non
era la cosa più entusiasmante al mondo ma, quanto meno, non
doveva più strafare nelle ore di educazione fisica.
"Non è male." rispose dopo un lungo silenzio, facendo un mezzo sorriso.
"'Non è male'?" ripetè Mary Jane con un leggero sbuffo, per
poi indicare Harry al suo fianco "Sai che, se questo qua pensasse che il
tuo 'non è male' voglia dire 'fa schifo', sarebbe capacissimo di far
licenziare l'allenatore con uno schiocco di dita?"
"Esagerata." rispose il diretto interessato, per poi alzare un
sopracciglio "Piuttosto, non dovresti tornare ad allenarti con le tue
amiche cheerleader, invece che perdere tempo con noi comuni mortali?"
"E tu non dovresti smetterla di fare la mammina apprensiva con Pete e dedicarmi qualche attenzione in più?"
ribattè l'altra, per poi stringere il braccio dell'altro,
rivolgendogli poi un sorriso furbetto.
Dopo aver distolto lo sguardo dai due che ora sembravano scambiarsi
attenzioni da piccioncini, incuranti del fatto che lui fosse
letteralmente al loro fianco, il moro riflettè sulle
parole della ragazza. Effettivamente, non è che 'esagerasse' su
Harry e sul suo essere iperprotettivo.
"Sì, voglio dire. Va tutto bene." si corresse immediatamente,
per poi cercare di non storpiare la faccia con una qualche espressione disgustata, sentendo i due scambiarsi effusioni -
rifiutandosi categoricamente di guardare nella loro direzione.
"Beh, meglio così." esclamò il corvino poi, dopo aver dato un'occhiata all'amico, mise la
mano sulla spalla della sua ragazza, spostandola lievemente "Ora basta,
lo stiamo mettendo a disagio. E dicevo sul serio prima, forse dovresti andare."
Mary Jane allargò gli occhi a quelle parole, alzandosi di
scatto, palesemente infastidita. Fece per aprire bocca ma, dopo aver
notato che le sue compagne di squadra stavano iniziando a radunarsi,
alla fine si limitò a lanciare una semplice occhiataccia ad
Harry.
"Beh, devo proprio scappare! Ci vediamo." disse con un sorriso affabile, rivolgendosi a Peter -
che rabbrividì, percependo a pelle quanto l'altra fosse in
realtà davvero irritata.
E mentre la rossa si allontanava, facendo un gestaccio al suo
fidanzato, il moro dovette far uso di tutta la sua forza di
volontà per non guardare troppo intensamente il suo bel fisico,
rinchiuso in quella tutina aderente - a sua discolpa, aveva sempre
avuto un debole per le
divise delle cheerleader.
"Tutto bene, Pete?"
"Eh? Ah, sì." borbottò il ragazzo con gli occhiali,
avvicinando un pugno alla bocca per tossire, cercando di nascondere in
qualche modo il lieve rossore sulle guance "Piuttosto, tu con Mary
Jane? Tutto bene fra voi? Forse dovresti andare da lei, mi sembrava un
po'-"
"Va tutto bene, le passerà." lo interruppe, facendo spallucce
"Sai com'è fatta. Piuttosto, scusa se ti abbiamo disturbato."
Il newyorkese tacque a quelle parole, abbassando nuovamente lo sguardo sui suoi appunti, rimuginando su quello appena successo.
Sicuramente, uno dei lati poco piacevoli del suo nuovo 'ruolo' nella
squadra di football della scuola, era questa situazione fra loro tre.
Nonostante, qualche tempo fa Harry gli avesse assicurato che avrebbero
iniziato a frequentarsi di nuovo per 'gradi', - con qualche
chiacchiera nei corridoi e per la pausa pranzo ogni tanto,
giusto per citare le sue parole - stava di fatto invece che gli stavano sempre attaccati.
Forse il suo comportamento avuto in precedenza era stato scorretto - insomma, prima fuggiva letteralmente ogni volta che li vedeva in giro - ma era anche vero che l'improvviso attaccamento nei suoi confronti era eccessivo.
Non è che li odiasse, questo no, ma si sentiva davvero soffocare.
E se lui si sentiva così, aveva come l'impressione che la rossa,
al contrario, si sentisse alquanto trascurata dal suo ragazzo.
Insomma, era vero che tendeva ad essere abbastanza suscettibile, ma
come darle torto se, tutte le volte che voleva stare col suo ragazzo,
c'era Peter in mezzo?
E dire che aveva provato più volte a far ragionare l'amico, dicendogli che
fosse più che normale che dovesse passare un po' di tempo con lei, ma l'altro sembrava irremovibile.
Si chiese quindi se fosse colpa sua questa situazione strana, se fosse
perchè Harry aveva paura che 'scappasse di nuovo'.
A quel pensiero si sentì davvero mortificato.
Sperò, quanto meno per lei, che fuori dalla scuola avessero una normale vita di coppia, che uscissero e quant'altro.
Se lo meritava, dopotutto.
E Peter, beh, poteva dire che gli unici momenti in cui potesse
'staccare' dai tre, senza ferire i sentimenti di nessuno, era quando
tornava a casa e quando studiava con Wade.
A proposito di Wade...
Ecco che, mentre appuntava con cura le informazioni sul suo quaderno,
vide spuntare in campo proprio il canadese, cosa che lo fece sorridere
di riflesso.
Non sapeva per quale motivo precisamente, ma ogni volta che lo vedeva in campo, gli tornava subito il buon'umore.
Ma forse era normale così, dopotutto, sul campo mostrava un lato di sè che lo divertiva parecchio.
Infatti, nonostante fosse davvero portato per quel gioco - anche se era un
'novellino' visto che aveva iniziato per la prima volta il football nello stesso periodo in
cui Peter aveva iniziato a fare il 'consulente' - , il biondo si
perdeva
in stupidate, facendo finire gli allenamenti in un macello.
In quel momento, ad esempio, dopo aver afferrato la palla e schivato
senza troppa difficoltà i difensori ed averli distanziati di
parecchio, ecco che il più grande si fermò, di punto in
bianco, in mezzo al campo, solo perchè aveva
visto Peter dalle panchine e voleva salutarlo.
Nonostante fossero distanti, il newyorkese potè benissimo
distinguere il sorriso a 32 denti dell'altro mentre muoveva velocemente
la mano, stringendo con l'altro braccio il pallone di football e
continuò così per un bel po', finchè i difensori
finalmente non lo raggiunsero, buttandolo con un tonfo a terra.
La cosa che ogni volta catturava l'attenzione del più piccolo
era che, non importava quanto l'allenatore urlasse come un pazzo verso
di lui, quanto apparentemente si fosse fatto male, Wade rideva sempre
di puro cuore.
In momenti come questi, il più grande poteva essere paragonato ad un
bambino che amava saltare sulle pozzanghere, incurante del fatto che
potesse scivolare e farsi male o che i poveri genitori
avrebbero dovuto smacchiargli i vestiti rovinati.
Effettivamente, ce lo vedeva da piccolo comportarsi in quella
maniera, facendo impazzire chiunque gli stesse intorno - non che ora
non lo facesse.
"Perchè ridi?"
Trasalì di colpo a quella domanda, che lo fece tornare di botto alla realtà.
"Prego?"
"Ti ho chiesto perchè ridi." ripetè Harry, alzando un
sopracciglio quasi divertito "Di punto in bianco, ti ho visto
sghignazzare sotto i baffi e mi chiedevo se avessi per caso visto
qualcosa di divertente."
"Ah..." mugugnò l'altro, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, in imbarazzo.
Non sapeva per quale motivo ma Peter non riusciva a parlare apertamente di Wade con il suo amico.
Forse perchè aveva paura che l'altro lo giudicasse male. Forse
perchè non sapeva spiegarsi manco lui quella strana simpatia
verso il biondo.
"Non è niente." mentì, facendo un mezzo sorriso "Ero solo sovrappensiero, tutto qui."
Il corvino non sembrò convinto e il newyorkese notò
l'altro dare un'occhiata al campo, cambiando immediatamente espressione.
"Sei molto amico di Wade Wilson, mh?"
Colto in flagrante, il ragazzo si irrigidì di colpo a quella domanda.
"Beh, immagino si possa dire così..." borbottò l'altro,
mordendosi il labbro inferiore. Non sapeva manco lui perchè si
stesse giustificando in questo modo, visto che non stava facendo nulla
di male. "Qual è il problema?"
"Mi stai dicendo che non sai tutte le voci che girano sul suo conto?"
esclamò Harry con uno sbuffo infastidito, incrociando le braccia
al petto.
Quel commento irritò Peter non poco.
"No, e non capisco perchè dovrei ascoltarli, nel caso."
mormorò irritato, lanciandogli un'occhiataccia "E mi sorprende
che tu mi dica una cosa del genere. Hai sempre detestato questo genere
di cose."
"Peccato che so per certo che molte di quelle voci sono vere."
Che si riferisse al fatto che fosse stato espulso? Della sua condotta
violenta contro le persone che, secondo lui, se lo meritavano?
"Beh, non mi importa." ribattè ancora, schioccando la lingua
"Wade mi ha sempre detto la verità su di lui, non mi ha mai
nascosto niente. Per questo so per certo che non mi farebbe mai nulla
di male."
A quelle parole, notò come il corvino strizzò gli occhi,
come se le parole dell'altro l'avessero ferito. Inconsapevolmente,
aveva fatto breccia su una ferita ancora aperta e Peter si sentì
in colpa al riguardo. Tuttavia, irritato com'era, non sentì
davvero il bisogno di scusarsi.
"Scusami tanto se sono preoccupato che il mio migliore amico possa
frequentare un poco di buono, per non dire delinquente." esclamò
Harry, dopo un lungo silenzio, abbassando poi lo sguardo "Ti ha anche
detto che è un dongiovanni? E sappi che sto usando il termine
'dongiovanni' per essere delicato."
"Io-- Sì, certo." borbottò il newyorkese, ripensando alla
prima volta che aveva incontrato il canadese e di come, senza alcun
problema, gli aveva raccontato alcune esperienze - e sarebbe andato
anche sul dettaglio, se non fosse che il moro l'avesse più volte
bloccato. Quel pensiero lo innervosì, per qualche motivo che non seppe spiegarsi. "Non condivido il modo di
approcciarsi a, mh- queste cose. Ma la vita è sua e
finchè è felice lui e non fa del male agli altri, non
capisco perchè dovrebbe essere un problema."
"Sì? E non sei un po' preoccupato?"
Calò per un po' il silenzio e Peter si ritrovò gli occhi seri del suo migliore amico puntati addosso.
"Perchè dovrei preoccuparmi?" borbottò, sentendosi
incredibilmente a disagio "Non è che io sia una ragazza e, anche
se fosse, non sono decisamente il suo tipo."
Gli occhi del corvino sgranarono di colpo a quelle parole, per poi tacere per un lungo istante.
"Peter..." mormorò infatti l'amico, con fare grave "... Davvero sei ancora così ingenuo?"
"PARKER, ALZATI E VIENI A DARE UNA MANO!"
Lo studente non fece in tempo a ribattere, che l'allenatore lo chiamò, segno che doveva andarsene immediatamente.
"Io- scusa, ne parliamo un'altra volta." borbottò, salutando Harry con una mano, scendendo gli scalini.
Solitamente, era questo il lato di quel 'lavoro' che odiava di
più in quanto, per il coach, raccogliere dati sui giocatori non
era troppo faticoso e
così lo obbligava a raccogliere l'attrezzatura o a fare
commissioni.
In teoria lavorava sulle statistiche, in pratica era una sottospecie di raccattapalle.
Normalmente, avrebbe sbuffato sulla cosa, arrabbiato che dovesse essere
comunque lo sguattero della situazione, ma non quella volta.
Dopotutto, grazie al coach, era fuggito da un discorso che Peter era sicuro non volesse sentire.
****************
"Mi spieghi perchè, fra tutti i posti possibili ed inimmaginabili, hai deciso di incontrarci proprio qui??"
Il moro lanciò un'occhiataccia al canadese, incrociando le braccia al
petto, irritandosi ancora di più della faccia beota dell'altro.
Insomma, l'altro l'aveva 'letteralmente' placcato mentre riforniva di
acqua la squadra, chiedendogli con una certa urgenza di incontrarsi.
Peccato che il loro luogo d'incontro fosse il dannatissimo spogliatoio,
dove delle dannatissime persone giravano dannatissimamente nude.
"Perchè? Che c'è di male?" esclamò il più
alto, guardandolo in maniera confusa "Pensavo che lo usassi anche tu."
"Prego?"
"Sì, insomma," continuò, alzando gli occhi al
cielo, grattandosi una guancia "Fai anche tu parte della squadra,
cioè, non sei propriamente un giocatore maaa l'allenatore ti fa
sempre sgobbare quindi- insomma- pensavo che- sì, facessi la
doccia con-- insomma, hai capito."
Il più piccolo alzò il sopracciglio mentre ascoltava il discorso dell'altro.
Per qualche oscuro motivo, qualcosa non quadrava e-- ecco che uno dei
giocatori camminò tranquillamente come se nulla fosse, con
appena un misero asciugamano a coprirgli le vergogne, proprio davanti a
loro, costringendo Peter a guardare un punto non specifico del soffitto.
"Io- No, preferisco di gran lunga la doccia di casa mia. Sai, meno
gente nuda in giro." borbottò sarcasticamente, in completo imbarazzo.
"Ma sai, Petey" insistette l'altro, passandosi una mano fra i capelli
ancora umidicci "Anche se è più soleggiato, fa ancora
abbastanza freddo lì fuori. E rischi di ammalarti, visto che sudi anche tu, a fare avanti ed indietro. Quindi non
sarebbe forse meglio fare una bella doccia calda qui, in modo tale che
la persona più intelligente della scuola non si ammali di colpo?"
"Da come stai insistendo Wade, sembra quasi che tu ci tenga
particolarmente ad assistermi mentre mi faccio la doccia." ribattè poco serio, riposando gli occhi sui suoi, come il
ragazzo di poco prima si fu allontanato abbastanza.
A quel commento, il canadese allargò gli occhi, rimanendo a bocca lievemente socchiusa.
Era solo una sua impressione o era appena arrossito?
"Ehi ragazzi!" esclamò un altro ragazzo, salendo sopra una
delle panchine dello spogliatoio - e il newyorkese notò l'amico
trasalire, come se si rendesse conto solo ora di dove fossero - "Volete
vedere come faccio l'elicottero col mio cazz--?"
"WITH THE LIGHT OUT" cantò - o, meglio dire, urlò - di
colpo il più grande, coprendo tempestivamente con le mani gli occhi del
più piccolo che balzò dallo spavento "IT'S LESS DANGEROUS. HERE WE ARE NOW,
ENTERTAIN US. I FEEL STUPID AND CONTAGIOUS. HERE WE ARE NOW, ENTERTAIN
US."
Mentre Peter veniva trascinato via dall'altro, senza riuscire a capire
che stesse succedendo o che stessero dicendo gli altri, - e, in cuor suo, sapeva
che fosse meglio così - sentì improvvisamente un profumo
dolciastro.
Che provenisse da Wade? Dopotutto, erano davvero vicini ora.
Effettivamente, sembrava che si fosse appena fatto la doccia,
così si chiese se fosse la fragranza del suo profumo o se usasse
un bagnoschiuma particolare.
Era, ad ogni modo, un aroma che gli stava molto bene addosso.
... Perchè diavolo stava pensando ad una cosa del genere?
"Peter Parker!" lo ammonì il biondo, lasciandolo finalmente
andare appena furono fuori, per poi chiudere la porta alle loro spalle "Te l'avevo detto che
non era il caso di incontrarci nello spogliatoio ma tu eri tutto un 'ma
no Wade, devo farmi la doccia, c'è freddo fuori' ma sai che ti
dico, signorino? D'ora in poi la farai a casa la doccia, fine del
discorso."
Di tutta risposta, Peter gli lanciò un'occhiataccia e, se non
fosse stato troppo imbarazzato, avrebbe detto giusto due cosette a quel
cretino.
"Ora. Si può sapere che dovevi dirmi?"
A quella domanda, gli occhi azzurri dell'altro si illuminarono di colpo
e subito un enorme sorriso affiorò sul suo volto, mettendo in
enorme difficoltà il più piccolo, che quasi non riusciva
più ad essere arrabbiato con lui.
Il canadese si frugò le tasche, come in cerca di qualcosa
per poi, finalmente, estrarre un ammasso di fogli accartocciati, che
diede immediatamente all'altro.
Dopo che li ebbe sistemati, il newyorkese notò che erano tutti
compiti in classe di Wade nella quale aveva preso voti che andavano da
D a C-.
Il newyorkese non poteva credere ai suoi occhi.
"Ho recuperato tutti i corsi." esclamò orgoglioso, dandosi un
pugnetto sul petto "Quindi, se continuo così, passerò
l'anno senza problemi. Sono stato bravo, vero?"
"Tu- Sei stato bravissimo, Wade." gli rispose senza fiato, per poi
sorridergli di puro cuore "Si vede che ti sei impegnato tanto."
Apparentemente, potevano sembrare voti di poco conto, ma sapendo quanto
impegno ci avesse messo per recuperare in quei mesi, - contando che
inizialmente non riusciva neanche a copiare un paio di appunti - era
stata davvero un'impresa straordinaria.
Diede un ulteriore occhiata ai vari compiti, con uno sguardo di puro
orgoglio in volto, per poi restituirli al proprietario che ora sembrava
aver assunto uno sguardo stralunato.
"... Che c'è? Non era quello che ti aspettavi?" chiese Peter, perplesso dal suo sguardo.
"E' la prima volta che ti vedo sorridere. Mi ha sorpreso." ammise con
le labbra semi socchiuse, per poi rivolgergli un sorriso gongolante
"Allora è vero che ti piaccio almeno un po'!"
Il newyorkese roteò gli occhi a quell'affermazione, sospirando apparentemente esasperato.
Sinceramente, non sapeva perchè doveva comportarsi in questo modo, nei suoi confronti.
Potrebbe anche dirglielo, che per lui ormai era un amico. Che gli stava
simpatico. Che adorava tutte le piccole attenzioni che aveva nei suoi
confronti. Che lo faceva stare bene la sua presenza e lo faceva
sorridere. Che lui-- Okay, no, poteva benissimo evitare tutti questi
dettagli, - anzi, doveva evitarli nella maniera più categorica -
però quanto meno poteva dirgli la prima parte del discorso,
dell'amicizia insomma.
Ma che ci poteva fare, se il solo pensiero lo faceva imbarazzare da morire?
"Il solito antipatico." esclamò Wade, fintamente offeso "Comunque, ora posso chiedere il mio premio, sì?"
"Oh, uh."
Ah, quasi dimenticava quel piccolo dettaglio.
Piccolo dettaglio che aveva convinto l'altro a studiare, tra parentesi.
"Beh, certo." rispose il newyorkese, titubante "Ma sappi che non ho un soldo. Quindi se tu--"
"Oh no, no. Niente del genere." disse l'altro sorridente, per poi fargli segno di avvicinarci.
Come sentì la voce bassa dell'altro, rabbrividì, sorpreso
di come il suo timbro di voce potesse essere così caldo.
... Seriamente, che diavolo gli stava prendendo oggi? Il sole gli aveva dato alla testa?!
Fortunatamente, ad allontanarlo da quel genere di pensieri, ci pensò la strana richiesta dell'altro.
"Quindi? Può andare bene?" chiese il canadese, con tono di voce eccitato.
"Uh, per andare bene, va bene. Ma..."
"Ma?"
Il più piccolo esitò per un breve istante, prima di continuare.
"Sicuro che la cosa ti vada bene?"
Il ragazzo lo guardò intensamente negli occhi per un istante, per poi sorridere raggiante.
"Assolutamente."
****************
"Continuo a non capire perchè hai voluto fare una cosa del
genere." borbottò Peter, sistemandosi meglio sulla poltrona,
stringendo a sè la busta con dentro dei popcorn.
"Petey pie, sarà almeno la centesima volta che lo dici."
esclamò placidamente l'altro, per poi infilarsi in bocca una bella
manciata di patatine, masticandole poi rumorosamente "Ziffo e godifi il
film."
Nonostante le parole dell'altro, il newyorkese non riusciva
semplicemente a 'stare zitto e godersi il film' visto che quell'uscita
l'aveva messo in una situazione scomoda.
Era rimasto molto sorpreso alla richiesta di andare al cinema insieme, per quel fine settimana, come 'premio' per i suoi voti.
Non che gli fosse dispiaciuto quell'invito, era pure felice di poter
accontentare l'altro senza problemi - e senza spendere chissà
che soldi - ed era da un sacco di tempo che non vedeva un film sul
grande schermo ma, seriamente, chi avrebbe mai voluto passare del tempo
con Peter Parker all'infuori della scuola? Neanche lui avrebbe voluto
uscire con se stesso se avesse potuto, quindi che diavolo di problema
aveva Wade a volere una cosa del genere, fra tutte le cose che avrebbe potuto desiderare!?
Come se non bastasse, appena furono arrivati, si diressero in primis
davanti al bancone dove vendevano ogni tipo di cibo spazzatura dedicato
al cinema che, ovviamente, costava un occhio della testa, figurarsi per
le povere tasche del povero nerd.
Fece per dire che non prendeva nulla, magari si sarebbe potuto
inventare che non avesse tutta questa fame - giusto per non mettere a
disagio nessuno - quando vide il canadese comprare letteralmente
tutto il possibile - sotto lo sguardo sconvolto del newyorkese e della
commessa - per poi, con un sorrisone dire 'prendi quello che vuoi,
offro io'.
E lo fece sul serio, non importavano le sue proteste - che
ignorò
bellamente - e come se nulla fosse, gli chiese che film volesse vedere,
intenzionato a prendere anche i biglietti del cinema per entrambi.
A quel punto, Peter non ebbe altra scelta: per quanto ci fossero tanti
nuovi film intriganti, puntò all'unico film vecchio visto e
rivisto ma che costava pochi dollari.
"Ad ogni modo, non sapevo che ti piacesse così tanto Jurassic
Park." mormorò di nuovo il canadese, ingurgitando un'altra
manciata di patatine.
"Eh già..." borbottò Peter, con un sorriso tirato. Quanto
meno, era riuscito a fargli spendere pochi dollari per i loro
biglietti. "Mi spieghi perchè hai dovuto offrire tu? Non c'era
minimamente bisogno, dico sul serio."
Il più alto si girò per fissarlo, mangiucchiando
piuttosto lentamente le patatine che aveva in bocca - e il newyorkese
cercò con tutte le sue forze di non ridergli in faccia, visto che aveva le
guance gonfie come quelle di un criceto.
"Che c'è?" mormorò, cercando di tenere un'espressione seria.
"Uh..." borbottò il biondo, ingoiando tutto d'un colpo le
patatine "E' che penso tu sia una delle prime persone che si preoccupa
di quanto spendo, cioè, sai, la gente non si fa mica problemi se
'spendi' per loro, sai?"
"Wade, ma con che razza di individui esci di solito, me lo spieghi?" chiese l'altro stizzito, senza peli sulla lingua.
Prima che potesse anche solo rendersi conto del poco tatto usato e
pensare all'eventualità di scusarsi, il ragazzo a suo fianco
scoppiò in una fragorosa risata.
Nervosamente, il più basso si guardò intorno,
aspettandosi da un momento all'altro che qualcuno gli urlasse contro di
fare silenzio ma, sarà stato il fatto che ci fosse ancora la
pubblicità, sarà stato che, per quanto fosse un
classico, era un film davvero vecchio, sembrava che non ci fosse
nessun'altro, oltre loro due, in quella sala.
"... Che c'è da ridere?" borbottò, cercando di cacciare
l'imbarazzo - imbarazzo per cosa, poi?! - "Mi sembra una cosa comune fra
amici, non approfittarsi l'uno dell'altro, no? E poi non sei mica una banca."
A quelle parole, il canadese smise improvvisamente di ridere e un sorriso sornione gli apparve in volto.
"Quindi ammetti che siamo amici, mh?"
Ah, era stato beccato in flagrante.
Mentre si mordeva il labbro inferiore, cercando di non arrossire, Wade
gli rivolse lo sguardo di chi la sapeva lunga per poi, di punto in
bianco, addolcire la sua espressione.
"Penso di non aver mai incontrato una persona genuina come te." ammise,
girandosi una patatina fra le dita "E poi, insomma, non voglio essere
troppo gay a dire una cosa del genere, ma, ecco. Sei tipo, la prima
vera persona che si preoccupa per me, sai? E, non so, ero... Ero davvero
felice di vedere che fossi, sai, felice per me? Uh, ha qualche senso
logico questa frase? Dimmi di sì, ti prego."
Il newyorkese fu colpito dalle parole dell'altro.
Aveva sempre avuto come l'impressione - e il discorso che stava facendo
l'altro
sembrasse volerlo confermare - che, nonostante fosse una persona
amichevole con lui, in realtà fosse incredibilmente solo, e che
avesse solo persone pessime a girargli intorno.
Lo trovava così assurdo! Anche uno come lui, che non era di
certo un campione nel socializzare, aveva qualcuno su cui contare:
Harry, Mary Jane, i suoi zii.
Possibile che nessuno ci tenesse a lui? I suoi genitori, per esempio?
"I tuoi..." disse in un sussurro, titubante, per poi farsi coraggio ed
alzare lievemente la voce "I tuoi non si preoccupano? Non erano
felici dei tuoi voti?"
Capì subito che avesse detto la cosa sbagliata, perchè avvertì immediatamente il gelo calare su di loro.
Wade abbassò lo sguardo, guardando un punto non ben
definito, la mascella si indurì e non emise nessun suono
per un bel po'- tant'è che il moro iniziò a chiedersi se,
quanto meno, respirasse.
"No." disse infine, posando nuovamente gli occhi su di lui - e Peter si
irrigidì notando quanto spenti fossero ora i suoi occhi
"Non penso siano interessati a questo genere di cose."
Come il più grande tornò a guardare davanti a sè,
senza che la sua espressione cambiasse di una virgola, il newyorkese si
sentì davvero un idiota per avere creato quella situazione.
Insomma, l'aveva invitato ad uscire e- e- ora era lì, con l'umore sotto i piedi.
Abbassò lo sguardo sconfortato, guardandosi i piedi.
E dire che voleva semplicemente che fosse una bella giornata, voleva
che l'altro si divertisse e che non pensasse a niente.
Provò a schiarirsi la voce, nel vano tentativo di attirare la
sua attenzione ma il canadese sembrava più intento a guardare
davanti a sè - anche se era abbastanza sicuro che non fosse per niente
interessato a vedere la pubblicità di un nuovo profumo.
Iniziò a tamburellare le dita sulla poltrona, frustrato dall'idea di non sapere come risolvere quella situazione.
Dopotutto, fra i due, non era lui quello chiacchierone e bravo a
parlare della prima cosa che, letteralmente, gli passasse in mente.
Sospirando lievemente, abbassò lo sguardo notando come ancora
l'altro giocherellasse con la patatina ancora fra le dita, in maniera
frenetica e nervosa e a Peter venne improvvisamente in mente quando,
quella volta in biblioteca, Wade l'aveva tranquillizzato facendo dei
piccoli cerchi con le dita sulla sua mano.
Avrebbe dovuto fare lo stesso? Così sarebbe riuscito a tranquillizzarlo?
"Umh..." mugugnò in maniera titubante, sfiorandogli la mano con le dita in maniera goffa.
Per niente sicuro di se stesso e di quello che stava facendo, il suo
tocco risultò incerto e titubante e il più piccolo era
già in procinto di allontanare la mano, sperando che l'altro non
si fosse accorto della cosa, quando, spostando lo sguardo, si accorse
che gli occhi azzurri dell'altro erano puntati su di lui.
Dall'espressione fra il perplesso e l'incuriosito che gli stava
mandando, sapeva che purtroppo era tardi per tornare indietro e che
doveva dire qualcosa alla svelta.
"Tu, beh" balbettò ancora più in ansia "Ti, uh, piacciono i dinosauri?"
Fra tutte le cose che potevano frullare nella mente di Peter Parker,
questa era decisamente la cosa più stupida che potesse mai
tirare fuori, in una situazione del genere.
Pensò mentalmente ad un modo veloce e indolore per sotterrarsi
lì, sul momento, quando notò un sorriso abbozzare sul
viso dell'altro.
"Sì, non sono male ma gli unicorni sono decisamente meglio."
mormorò con tono decisamente meno glaciale del precedente "Quindi è per questo che ti piace
Jurassic Park? Per i dinosauri?"
Il newyorkese gli rivolse un sorrisetto imbarazzato, non potendo di
certo dirgli che aveva scelto proprio quel film perchè non
voleva che spendesse tanto per lui.
In quel preciso momento, tuttavia, ricordò che era un film che
aveva avuto un certo significato per lui, in un certo senso.
Non aveva idea del perchè si dovesse ricordare di una cosa del genere proprio ora.
"Sì, io" sussurrò, con fare timido "Insomma, da piccolo
era il mio film preferito, ne ero letteralmente fissato. Tant'è
che
mi regalarono un, uh, peluche. Di, sai, un t-rex che- mh- adoravo,
al pari di un amico, credo. Cioè, insomma, lo portavo sempre con
me ovunque, ci, emh, dormivo assieme... Mi aiutava davvero tanto,
quando ero giù."
Si interruppe di colpo, sentendo la vergogna sopraggiungere e bloccargli le parole in gola.
Ora, fra tutte le cose che poteva raccontare al canadese, doveva
dirgli per forza qualcosa di così imbarazzante e stupida?
Certo, quando era solo un bambino era stato un 'giocattolo' molto
importante per lui, perchè l'aveva aiutato ad affrontare determinate cose
quando non aveva nessuno, o quasi, al suo fianco ma era pur vero che
non era esattamente una cosa che un adolescente condividerebbe
così facilmente con chiunque.
Conosceva abbastanza il più grande da sapere che non l'avrebbe
di certo preso in giro per una cosa del genere, ma non voleva che ai
suoi occhi risultasse infantile e patetico.
Si chiese da quando, effettivamente, la sua opinione valesse così tanto.
"Peter" mormorò il diretto interessato, facendo un grosso sospiro e il newyorkese raggelò.
Non lo chiamò Petey Pie, come faceva di solito, nè usò qualche altro nomignolo discutibile.
Solo Peter.
"L'ho capito che l'hai fatto per distrarmi, non sono così scemo." continuò l'altro, scrollando le spalle "Ma davvero, non c'era bisogno di inventarsi una storia del genere."
Oh, pensava che se lo fosse inventato.
Si sarebbe dovuto sentire sollevato della cosa, visto che fino a due
secondi fa se ne stava vergognando da morire, eppure si sentì
male alle sue parole.
Poteva essere una cosa stupida - anzi, sicuramente lo era - ma Peter
era uno che difficilmente si apriva e sapere che aveva fatto uno sforzo
tale, fidandosi di Wade, per rivelargli qualcosa del genere per niente, lo faceva sentire umiliato.
E ora si sentiva ancora più stupido per sentirsi umiliato per un peluche.
Un peluche ed un dannato canadese.
"Non me lo sono inventato." borbottò stizzito, per poi pentirsene un secondo dopo.
Sperava che non l'avesse sentito - perchè in quella serata,
mancava solo che lo vedesse offeso per un pupazzo che ormai non vedeva più da anni - ma
lo sguardo sorpreso che si sentì addosso gli confermò che
sì, aveva sentito e anche piuttosto bene.
Dannazione.
Avvilito da come stava procedendo l'intera serata, abbassò lo
sguardo, decidendo che forse era il caso di spostare le mani di dosso
dall'altro - contando che non era servita a nulla - quando sentì
una lieve pressione.
Spostò nuovamente lo sguardo e vide l'altro stringergli la mano,
per poi accarezzargliela dolcemente col pollice per un breve istante.
Il più piccolo rimase letteralmente spiazzato da quel tocco,
così dolce e tenero, che sembrava fatto apposta per
tranquillizzarlo.
"Non dovresti distrarti ora, Petey pie." disse il più alto con
voce improvvisamente bassa, rivolgendogli uno dei suoi soliti sorrisoni, indicando poi lo schermo
"Sta iniziando il tuo film preferito dell'infanzia. Cosa direbbe
Spielberg se ti vedesse in questo momento? Vuoi dargli un tale dispiacere?"
Dette queste parole, Wade lasciò subito la presa per poi
posizionare la mano a fianco a quella dell'altro, in un gesto puramente
casuale.
Il newyorkese, rosso in volto, si chiese perchè il suo cuore stesse battendo così forte per quel gesto.
****************
La serata si rivelò più piacevole di quello che credeva.
Wade aveva riacquistato la sua solita parlantina e in ogni momento
'morto' del film, trovava sempre l'occasione per avvicinarsi a Peter e
sussurrargli qualche battuta all'orecchio - che non fecero altro che
aumentare la tachicardia e la confusione del povero ragazzo.
Fra i vari commenti, quello che attirò di più la sua
attenzione era la confessione che anche lui aveva un peluche, con cui
dormiva tutt'ora - 'e non solo' , aveva anche aggiunto il canadese e,
come al solito, il suo sesto senso gli diceva che era meglio non
saperne di più.
Era un unicorno, ovviamente, e si chiamava Charlie e qualcosa gli
diceva che gliel'aveva detto di proposito, per non farlo sentire a
disagio dopo la sua 'confessione' di poco prima.
Gli venne da sorridere a quel gesto, che lo fece riflettere : il
canadese sembrava cercare di fare di tutto per farlo stare bene in ogni
occasione, anche con dei piccoli gesti.
Si domandò da quando aveva iniziato a fare caso ai piccoli gesti dell'altro, in maniera così frequente almeno.
"Terra chiama Petey, ci sei?"
A distoglierlo dai suoi pensieri, la mano che l'altro sventolò ad un palmo dal naso, facendolo sussultare lievemente.
"Io- Uh- Sì, scusami." disse, sistemandosi gli occhiali "Dicevi?"
"Dicevo," rispose, aprendo la porta del cinema facendo passare il
più piccolo "Sembri tanto minuto e tutto, ma mangi quanto me!
Cioè, ci siamo spazzolati tutto il cibo che tu non volevi dal bancone del cinema."
"Non è che non volevo, non volevo che tu me lo comprassi." borbottò, per poi alzare il sopracciglio "Stai forse dicendo che sono grasso?"
"Che? Nuh-uh, assolutamente." esclamò alzando le mani, in segno di resa "Ero solo sorpreso. Piacevolmente sorpreso. Solitamente, nessuno mangia quanto me, in quel senso."
"E pensa che avrei un po' di spazio anche per altro."
Si incamminarono fino all'ingresso del cinema, per poi fermarsi l'uno di fronte all'altro.
La fine del film aveva segnato la fine della loro uscita e il newyorkese si sentì giù di morale a quel pensiero.
Non è che non avrebbe più visto il biondo, visto che
andavano a scuola assieme, ma non gli sarebbe dispiaciuto passare
ancora un po' di tempo assieme.
Oh beh, ormai, la sua parte l'aveva fatta.
"Beh, allora ci ved--"
"Senti, Petey, pensavo-" lo interruppe Wade, passandosi una mano sulla
nuca "Insomma, la notte è ancora giovane- no, non è
ancora notte, ma sai- quello che volevo dire è- è presto,
e mi domandavo se ti andasse di, sai, visto che hai detto che hai
ancora un buco nello stomaco, di- sì, mangiare qualcosa assieme,
ecco."
Peter stentava a crederci.
Dopo tutte le varie gaffe, i momenti imbarazzanti e quant'altro, aveva
ancora voglia di passare del tempo con lui, sul serio? Non poteva che
esserne felice.
"Certo, perchè n-"
"Pete?"
Appena sentì la voce provenire dalle sue spalle, il ragazzo
appena nominato si irrigidì, voltandosi molto lentamente,
riconoscendo all'istante chi l'avesse chiamato.
"Uh, ciao Harry." mormorò con un sorriso tirato, mettendosi al fianco di Wade.
Notò immediatamente che fosse con Mary Jane ed entrambi
sembravano vestiti particolarmente bene : che fossero ad un
appuntamento?
"Ciao ragazzi, qual buon vento vi porta qui?" mormorò il corvino
con fare apparentemente pacato e amichevole. Il moro notò subito
come stava squadrando Wade mentre diceva quelle parole, per non parlare
del sorriso forzato che aveva in volto.
Non vedeva l'ora di allontanarsi immediatamente da lì.
"Stiamo facendo solo un giro." esclamò il biondo, che non fece
nulla per nascondere il profondo astio che aveva nei confronti di Harry
- e il più piccolo per un istante ebbe quasi paura che potesse
dargli un pugno da un momento all'altro. "Vedo che sei impegnato con la
tua ragazza, quindi, che ne pensi se vi lasciamo fare i piccioncini e
andiamo via? Così evitiamo che il tuo bel faccino subisca una
paralisi facciale, mh?"
Mary Jane ebbe l'ardire di ridacchiare a quelle battute, con il
risultato di ricevere uno sguardo di puro astio dal suo fidanzato.
Qualcosa diceva al newyorkese che era meglio che se ne andassero alla
svelta, prima che Wade ed Harry si prendessero a cazzotti sul serio.
"Sì, uh, forse è davvero meglio se noi-"
"Perchè piuttosto non vi unite a noi?" disse invece il corvino,
posando nuovamente lo sguardo sui due "Peter magari si divertirebbe di
più insieme ai suoi amici."
Okay, questo era decisamente troppo.
Sapeva che il suo amico voleva solo proteggerlo perchè, fra le altre cose, di Wade non si fidava, ma qui si esagerava.
"Harry, che diavolo dici ora?" sbottò di colpo Peter, alzando la
voce "Anche Wade è mio amico quindi è ovvio che mi stia
divertendo con lui, ti pare?"
Di colpo calò il silenzio e il newyorkese notò che i tre gli stavano lanciando strane occhiate.
Il primo sguardo che avvertì fu quello del corvino, che
sembrò carico di disappunto e ulteriore astio nei confronti del
canadese.
Lo sguardo di Mary Jane era, invece, fatto di pura sorpresa e
curiosità ma immaginò fosse dovuto al fatto che fosse la
prima volta che lo vedeva arrabbiato.
Ma lo sguardo che più di tutti lo mise in difficoltà -
oltre a farlo imbarazzare da morire - era sicuramente quello del
più grande.
Quasi poteva vedere i suoi occhi carichi di devozione ed aspettative
farsi a cuoricino nel momento in cui l'aveva definito 'suo amico' e
quindi, no, Peter non poteva più rimangiarselo.
Già se lo immaginava a breve dirgli cose alla 'Ah-ah, l'hai
detto Petey pie, l'hai detto! Ora la prossima tappa è diventare
amici del cuore' per tutto il resto della serata.
"... D'accordo, mi sono espresso male." commentò Harry,
incrociando le braccia al petto, con tutto fuorchè uno sguardo
ricolmo di dispiacere "Ma la mia proposta rimane valida. Perchè
non usciamo tutti assieme? Se siete già andati al cinema,
possiamo andare da qualche altra parte, dove preferite voi."
"Ma- come scusa?!" protestò la rossa, parandosi davanti "Come
sarebbe a dire? Mi avevi promesso che saremo andati al cinema insieme,
noi due soli! E' da una vita che aspettavo questa uscita!"
Inutile dire che i due si misero a litigare di fronte a degli ignari
passanti che non persero tempo a osservare la situazione, incuriositi
dalla lite fra i due e il newyorkese si ritrovò a sospirare
pesantemente.
Cavolo, quanto stava odiando questa situazione.
Oltre a sentirsi a disagio per tutti quegli sguardi, si stava sentendo
in colpa, sentendosi il responsabile di queste discussioni fra loro.
Perchè doveva finire in questo modo? Voleva solo stare in pace, senza far preoccupare nessuno.
Invece finiva puntualmente per o far preoccupare da morire Harry o rovinare gli appuntamenti di Mary Jane.
Sembrava non ci fosse soluzione al problema.
... Forse sarebbe stato meglio mettersi d'accordo per fare un'uscita
loro quattro, cercando di trovare un modo per accontentare i due, in
qualche modo.
"Petey?"
Sentendo la voce del biondo, si voltò, accorgendosi in
quell'istante che istintivamente aveva stretto un pezzo di stoffa della
manica della giacca del canadese.
Si sentì uno stupido al suo stesso gesto. Non voleva sempre aggrapparsi a lui, quando stava male. Non voleva pesargli.
"Ah-" mugugnò, con voce stanca "Scusami, io...-"
Fece per togliere la mano ma Wade lo prese in contropiede,
stringendogliela di colpo, facendogli allargare gli occhi dalla
sorpresa.
"Beh, è stato bello seguire le vostre liti coniugali degne di
Beautiful ma, sinceramente, mi avete rotto il cazzo." esordì
Wade, senza troppi giri di parole "Quindi, se non vi dispiace, potreste
togliervi di culo, che dovremo passare, mh? Lo avete messo anche fin
troppo in imbarazzo."
I due fidanzati smisero di colpo di litigare, abbastanza sorpresi dalle
parole dell'altro che, come aveva annunciato, si fece strada fra i due
trascinando il più piccolo con sè, senza lasciargli la
mano.
La cosa non passò inosservata ad Harry.
"Scusami? In imbarazzo?" esclamò rabbioso - e in quel momento il
moro decise di mettersi il cappuccio, in un vano tentativo di
nascondere la faccia "Fra i due non sono di certo io quello che lo
tiene per mano, davanti a tutti, sapendo benissimo che non ha quel genere di inclinazioni!"
Calò il silenzio fra loro quattro mentre il chiacchiericcio fra
i passanti aumentò pericolosamente - davvero, nessuno sapeva
farsi i cavoli propri nel Queens, quando serviva?!
Se Peter non stesse valutando davvero l'opzione di buttarsi sotto una
macchina, si chiese che diavolo frullasse nel cervello dell'amico.
Qua si andava decisamente oltre l'essere iperprotettivo!
"Che- Harry, sei impazzito? Lui non è--"
"... Oh. Quindi è questo?" esclamò il canadese,
mettendosi una mano sulla guancia, formando una 'o' con la bocca, in
un'espressione di finta sorpresa "Ce l'hai con me per pura e semplice
omofobia?"
Prima che l'altro potesse controbattere, il più grande
mollò la presa della mano del moro, avvicinandosi
pericolosamente al corvino.
Il newyorkese sbiancò, terrorizzato che potessero picchiarsi da
un momento all'altro e, dallo sguardo che incrociò della rossa,
sembrò che la pensasse allo stesso modo.
"Senti Perry." sibilò Wade, a denti stretti.
"Harry." lo corresse l'altro, che sembrò perfettamente tranquillo, nonostante la situazione.
"Perry, ascolta." continuò imperterrito, ignorando le sue parole
"Se non prendo a pugni quel visino del cazzo che ti ritrovi, devi
ringraziare la presenza di Peter che, per qualche oscura ragione,
sembra tenerci particolarmente a te. Detto ciò, il fatto che mi
piaccia il cazzo non è affar tuo. Chiaro, mh? E magari fatti due
domande. Tanto immagino avrai capito di cosa sto parlando, no?"
Il biondo gli fece l'occhiolino, per poi allontanarsi mentre Harry,
pian piano, diventò rosso dalla rabbia ma a quel punto,
fortunatamente, intervenne tempestivamente la ragazza, che lo
allontanò, stringendolo dal braccio.
Wade osservò con uno sbuffo la scena, per poi prendere
nuovamente per mano Peter e trascinarlo via e lui, dall'altra parte,
non oppose nessuna resistenza.
Fra il terrore e la confusione che stava provando in quel momento, non
era in grado di ragionare questo granchè ma , doveva ammettere a
se stesso che c'erano delle cose che non quadravano in tutta quella
storia.
In primis, non capiva il corvino.
Era sempre stato protettivo nei suoi confronti e, alcune piacevoli
situazioni, l'avevano reso ancora più protettivo ma addirittura
omofobo? Che diavolo, l'amico d'infanzia che conosceva non gli
sarebbe passata neanche nell'anticamera del cervello di giudicare
qualcuno in questo
modo, che fosse per l'orientamento sessuale, la religione o quant'altro.
E poi, che voleva dire Wade con quel discorso? C'era qualcosa che non
conosceva? Ed era per questo che l'amico sembrava odiare così
tanto il biondo.
Ma c'era una domanda che, per qualche oscuro motivo, fra tutte le cose
successe, tormentava la sua mente: Wade era davvero gay?
//Eccoci di nuovo qui, ragazzi <3
Visto il ritardo, ho deciso di allungare il capitolo, spero gradirete la cosa :3
Fatemi sapere cosa ne pensate <3 ((10 punti alla vostra casata se trovate il riferimento all'unicorno di Wade (....)))
|
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Capitolo 6 *** 6° Capitolo ***
Irresistible06
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
6°
Capitolo.
Il sole stava tramontando nel Queens, colorando il cielo di varie
tonalità di arancione, segno che a breve sarebbe calata la
sera.
Le persone iniziavano a stringersi nelle loro giacche, per via del
freddo che caratterizzava quelle ore, radunandosi intorno ai mezzi
pubblici per tornare a casa, chi dal lavoro e chi dalla scuola.
Insomma, una serata come un'altra, se non fosse che era la serata
peggiore nella vita di Peter Parker.
Okay, non esattamente la peggiore in assoluto ma era entrata nella top
ten.
Dopo essersi liberato dalla morsa di Wade - ed era abbastanza sicuro
che, se non l'avesse fatto, la sua mano si sarebbe quantomeno rotta -
il newyorkese, irritato e frustrato, decise che non aveva
più
voglia di uscire e che voleva solo tornarsene a casa.
La cosa che non si aspettava, tuttavia, era che il canadese potesse
insistere per accompagnarlo.
Appena uscito da un'affollatissima metropolitana, il moro si prese un
attimo per dare un'occhiata al suo amico: aveva smesso di
rivolgergli la parola e ogni tanto gli lanciava delle occhiate tristi e
desolate, come se non sapesse come comportarsi in quella situazione.
Quando poi lo sentì sempre più spesso borbottare
da solo
con fare sconsolato, Peter si ritrovò a sospirare,
riflettendo
sul fatto che forse era il caso di parlargli, prima che
andasse completamente in tilt.
"... Sai, se vuoi tornare a casa, puoi farlo." disse stancamente,
facendo spallucce "Insomma, casa mia è davvero a pochi passi
da
qui, non c'è bisogno che mi riaccompagni."
A quelle parole, Wade sbiancò, con fare quasi terrorizzato e
il
più basso provò istintivamente una fitta dolorosa
al
petto nel vederlo in quello stato.
Era questo ciò che chiamavano 'empatia'?
"Oh andiamo, non ti sto mica abbandonando sul ciglio della strada!"
esclamò con uno sbuffo, tirandogli la guancia, facendo
sussultare l'altro "Era per non farti perdere tempo se, sai, devi
tornare a casa."
A quelle parole, il canadese si illuminò, rivolgendogli un
sorriso storto, come se non aspettasse altro che quelle parole.
"Nu-uh Petey, rimango. E se ti rubano? Poi come faccio senza di te??"
Nonostante stesse scherzando, un lieve rossore colorò il
viso di
Peter che si ritrovò ad abbassare lo sguardo, iniziando poi
a
camminare verso casa, seguito a ruota dall'altro.
Mentre percorrevano la strada insieme, tornò nuovamente il
silenzio fra loro ma gli sguardi che ora sentiva addosso, erano
sicuramente più vispi ed incuriositi rispetto a prima e il
più piccolo sperò con tutto il cuore che
quell'atmosfera
imbarazzante cessasse all'istante.
"Quiiindi... Il tuo 'amico' Harry è una persona abbastanza
'particolare', mh?"
Okay, il newyorkese doveva fare attenzione a quello che desiderava.
Decisamente, non era dell'umore di parlare di qualcosa del genere.
"Mh." mugugnò il newyorkese, facendo spallucce "Un po' come
te."
A quelle parole, il canadese si fermò di botto, allargando
la bocca per formare una grossa 'o'.
Tono indignato tra 3, 2, 1-
"Peter Parker!"
Ecco, appunto.
"Come osi paragonarmi ad un idiota del genere? Sono molto, molto deluso da te,
signorino!"
Dal tono che utilizzò, il newyorkese capì che non
era
arrabbiato con lui ma si vedeva che, sotto sotto, c'era rimasto un po'
male per quel commento.
Dopotutto, anche Peter ormai lo conosceva piuttosto bene.
"Non vi paragono." obiettò il più piccolo,
roteando gli
occhi "E concordo che sia stato un idiota. Ma questo non toglie che lo
sia stato anche tu."
Continuarono ad avere quella sorta di battibecco finchè,
finalmente, il newyorkese non arrivò a casa sua.
Ah, casa dolce casa.
Certo, era una casa piuttosto vecchia e malandata ma era pur sempre
casa sua, ormai.
A quel pensiero, Peter si appuntò mentalmente di dire a zio
Ben
di riverniciarla assieme i muri di casa, visto che stavano perdendo
colore.
"Beh, sono arrivato. Ora puoi andare, ci vediamo a scuola."
Il newyorkese lo salutò con la mano, per poi fare quei tre
scalini che lo separavano dalla porta d'ingresso.
Arrivato davanti alla porta si voltò, poggiandosi allo
stipite
del portone con la spalla, per poi fissare per un breve istante il suo
amico che ora lo guardava con fare interrogativo.
"Sai..." confessò il ragazzo, guardandolo con sguardo triste
"Non volevo che finisse così, davvero. Mi sono divertito con
te,
al cinema."
Il biondo allargò gli occhi a quelle parole, guardandolo con
sguardo di puro stupore.
"Peter, io-"
"Tranquillo, non devi dire niente."
Peter sospirò, passandosi una mano fra i capelli, con fare
sconfortato, per poi accennare ad un lieve sorriso, apprendo l'ingresso
di casa.
"Ciao Wade."
Prima che l'altro potesse replicare, il moro entrò chiudendo
immediatamente la porta alle sue spalle.
Fece aderire la schiena sulla porta, per poi guardare in basso, in un
punto non ben preciso.
Forse era meglio che fosse finita così la serata.
Insomma, aveva provato delle sensazioni strane in presenza del suo
amico e non era sicuro che volesse approfondire la cosa, ora come ora.
"Tesoro, sei a casa?"
In quel momento, apparve una donna sulla sessantina, che portava dei
lunghi
capelli raccolti ordinatamente in una crocchia, con un lungo vestito
blu e un grembiule bianco legato sopra i fianchi.
"Sì zia May, sono a casa." esclamò il moro,
avvicinandosi a lei, cercando di sorriderle "Dov'è zio Ben?"
"E' andato a fare una commissione, tornerà presto... Mh?"
La donna lo osservò per un lungo istante, per poi posare le
mani sulle sue guance, accarezzandole con affetto.
"Tutto okay? Mi sembri un po' giù." disse, rivolgendogli un
sorriso ricolmo d'affetto "Successo qualcosa stasera?"
Il ragazzo tacque per un breve, fissando la donna, indeciso su cosa
dirle o meno.
Alla fine allargò il sorriso, decidendo che non era il caso
di allarmarla per qualcosa di così stupido.
"Non ti preoccupare, sono solo un po' stanco."
La zia alzò un sopracciglio a quelle parole, per nulla
convinta,
ma tacque e Peter la ringraziò mentalmente per la cosa.
"... Va bene. Nel caso sai che io e zio Ben siamo qui per te, va bene?
Ora su, vai a cambiarti, la cena sarà pronta fra un'ora."
E dopo che May lo strinse a sè, regalandogli un bacio in
fronte,
improvvisamente i
suoi ricordi andarono a quell'uscita, prima che venisse rovinata da
quella stupida litigata e, in particolare, alla sensazione delle mani
di Wade sulle sue.
Strinse gli occhi, affondando la testa sulla spalla della
zia, cercando di cacciare via quei pensieri, che lo fecero avvampare
all'istante.
Sì, dopotutto, era meglio che fosse finita così.
****************
Come volevasi dimostrare, non c'era nulla che la torta di mele della
zia non potesse risolvere, infatti ora si sentiva decisamente meglio.
Salì pigramente le scale, sbadigliando rumorosamente diretto
verso camera sua e, arrivato a destinazione posò lo sguardo
sulla sua scrivania, dove aveva abbandonato il suo cellulare appena era
tornato a casa.
Mentre si grattava la pancia con fare svogliato, accese il
cellulare, per poi storcere il naso per i tanti messaggi arrivati in
chat che quasi glielo mandarono in palla.
La maggior parte dei messaggi erano di Harry e potevano essere
riassunti in 'sono mortificato per quello che è successo ma
è colpa di Wade' - e Peter decise che non aveva voglia di
rispondergli, ora come ora - e
alcuni messaggi di Mary Jane, in cui gli chiedeva se stava bene e
affermava che
Harry era un cretino.
La cosa che notò istintivamente era che, al contrario dei
suoi amici, Wade non gli aveva mandato neanche un messaggio.
Okay, non era di certo obbligato ma, insomma, poteva dirgli quantomeno
che era tornato a casa o qualcosa del genere.
... Che forse non fosse tornato a casa?
Insomma, visto le sue abitudini, magari... Magari ora era con qualche
altra ragazza o ragazzo.
A quel pensiero, strinse istintivamente il pugno, sentendo la pancia
contrarsi dolorosamente.
Non è che non lo sapesse, aveva sempre saputo com'era fatto
il
canadese, quindi, perchè proprio ora gli faceva male...?
A farlo sussultare dalla sorpresa, l'ennesima vibrazione del cellulare,
segno che era arrivato un altro messaggio e, sconfortato, si accorse
che era nuovamente di MJ.
《 Sai
Pete, devo confessarti che mi hai sorpreso prima. Non ti ho mai visto
così irritato. Ti deve piacere davvero tanto
Wade.》
Appena lesse quel messaggio, il newyorkese allargò gli occhi
dallo stupore, per poi rileggere più e più volte
ciò che gli aveva scritto.
Credeva che lui per Wade--?
Un enorme tonfo alla sue spalle lo ridestò dai suoi pensieri
o, meglio dire, lo terrorizzò a morte.
Che diavolo era?!
Si guardò intorno, credendo che qualche libro o simile gli
fosse caduto, ma non notò niente di strano intorno.
Iniziò a grattarsi nervosamente le mani, che erano diventate
improvvisamente sudate: che se lo fosse sognato...?
Un altro tonfo, oltre a spaventarlo a morte, gli fece capire che, no,
non se l'era sognato.
Si irrigidì immediatamente, iniziando ad andare nel panico
all'idea che potesse essere entrato qualcuno in casa e
iniziò a
valutare l'idea di chiamare quantomeno i suoi zii, quando
scoprì
che quel tonfo proveniva dalla sua finestra : sembrava che qualcuno
stesse lanciando qualcosa.
Gradualmente, il suo terrore si tramutò in pura irritazione.
Chi diavolo faceva questi scherzi cretini a quell'ora? Volevano
rompergli la finestra per caso??
Senza pensarci due volte, con le mani ancora tremanti dal terrore,
aprì la finestra, per poi affacciarsi.
"CHI DIAVOLO--??"
"Ehii Rapunzel, sciogli i tuoi capelli!"
Il newyorkese rimase a bocca aperta, fissando la scena che si
presentava sul prato di casa sua, stentando a credere ai propri occhi:
c'era Wade con un sorriso gongolante, le braccia alzate e fra le mani
una scatola della pizza.
Non importava quanti pizzichi si desse sul braccio, sembrava tutto
abbastanza reale.
"WAD-- Wade..." mormorò in tono di voce più
basso,
rendendosi conto che i suoi zii - e probabilmente mezzo vicinato -
stavano
dormendo "Che ci fai qui? Non dovresti essere a casa invece di lanciare
sassolini contro le finestre altrui?"
"Petey, pensavo a quello che hai detto." rispose il canadese "E, sai,
neanche io volevo che finisse così. E, insomma, mi sono
arrangiato eee niente di meglio di una buona pizza per scaldare gli
animi, giusto? ... Anche se ora non ho la più minima idea di
quanto possa essere ancora calda, a pensarci."
Il moro non poteva crederci.
L'amico aveva fatto chissà che giro assurdo per il Queens,
al buio e al
freddo, solo per prendere una pizza da mangiare con Peter sotto casa?
Perchè neanche a lui era piaciuto come era finita la loro
serata?
Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata a quel pensiero,
al pensiero di quanto potesse essere stupido il suo amico.
"... Allora? Mi dai un'altra possibilità? O mi lasci
mangiare la
pizza in solitudine, e con fare triste e sconsolante? Avresti
il
cuore di lasciarmi qui agonizzante da solo?"
"B-Beh..." balbettò in preda all'emozione, trovando una
grossa
difficoltà a formare una frase di senso compiuto "... Alla,
uh,
alla pizza non... Non posso dire di no, per cui... Dammi, dammi qualche
minuto, okay?"
Dopo che vide l'altro annuire velocemente con la testa, Peter
chiuse la finestra, fissando per un lungo istante il pavimento, per
poi rannicchiarsi , cercando di contenere le emozioni
che
stava provando in quel momento.
Insomma, era solo Wade, no? Con della pizza. Dell'ottima pizza,
almeno sperava per lui.
E non è che ci fosse chissà che significato
speciale
della sua presenza lì e, anche se fosse, non avrebbe dovuto
importargliene più di tanto. Giusto?
Rendendosi conto che stava ancora tremando, optò per andare
prima al
bagno, per sciacquarsi un attimo la faccia e magari darsi una calmata.
Facendo il minimo rumore, si chiuse nella stanza, aprendo il rubinetto
e lavandosi la faccia con acqua gelida, per poi fissarsi per un istante
allo specchio, cercando di darsi una sistemata ai capelli.
Sbuffò poi frustrato, accorgendosi che,
più toccava i
suoi capelli e più questi si scompigliavano, inesorabilmente.
Abbassò poi lo sguardo, fissando il suo pigiama primaverile
che
gli stava quanto meno tre
volte tanto - preso super scontato ai grandi magazzini - con il
funghetto di Super Mario e la frase 'I need a power up' e
notò
quanto sfigato sembrava in quel momento ma, ehi, non è che
potesse andarsi a comprare abiti firmati.
Abbassò poi lo sguardo, notando l'abbinamento con i calzini
blu
con lo stemma di Capitan America e le ciabatte e storse il naso.
Quanto meno, poteva mettersi delle scarpe più decenti, prima
di
raggiungere il suo amico che era impaziente di incontrare per
qualche oscuro motivo.
****************
"Quindi... Come hai fatto a sapere dove fosse camera mia?" chiese
Peter, appena si sedette sulla panchina vicino casa, sistemandosi
di fianco al canadese "Non potevi mandarmi semplicemente un messaggio?"
"Allora, innanzitutto, sono andato a caso," ribattè l'altro
con fare orgoglioso - e
il newyorkese ringraziò mentalmente il fatto che i suoi zii
dormissero dall'altra parte della casa - " E... Beh- UH. Dovresti
conoscermi abbastanza da sapere che non sempre penso prima di agire.
Anzi, diciamo che non lo faccio mai."
Il newyorkese roteò gli occhi a quelle parole, lì
per lì per
fargli qualche commento irriverente, quando il suo sguardo venne
catturato dalla scatola della pizza poggiata sulla gambe dell'altro
appena aperta e,
immediatamente, i suoi occhi si fecero a cuoricino.
Il biondo non solo ne aveva presa una gigante ma l'aveva anche condita
parecchio, infatti poteva vederci sopra patatine fritte, prosciutto,
salame, wurstel... Era tutto bellissimo, tranne per l'angolino dove
c'erano i peperoni.
"I peperoni li mangi tu, sì?" chiese innocentemente,
prendendo
con nonchalance il pezzo più ricolmo di condimenti "A
proposito,
quanto ti devo?"
"Niente, signor odiatore di verdure." rispose il canadese, ricevendo
immediatamente un'occhiataccia dal più piccolo "Ma cosa
più importante: hai davvero così freddo?
Seriamente?"
Peter lo fulminò con lo sguardo a quelle parole,
osservandolo
poi togliersi la giacca, rimanendo in t-shirt , per poi prendere un
pezzo di pizza come se nulla fosse.
Erano arrivati in quel periodo dell'anno nella quale, durante
tutta la giornata faceva caldo ma, quando calava la sera, le
temperature si abbassavano drasticamente, tant'è che prima
di
uscire il newyorkese si era fermato davanti all'ingresso fissando
l'enorme ma davvero misero giaccone di zio Ben e il poco virile ma
caldo cardigan rosa con i fiori di zia May, meditando attentamente
quale sarebbe stato adatto per quella giornata.
Sfortunatamente era un adolescente stupido che aveva paura di sembrare
troppo sfigato così, stringendosi al giaccone,
sospirò.
"Giàà, pensavo che lo soffrissi anche tu, sai,
come i
comuni mortali, visto che ti sei portato una giacca..."
borbottò
sarcasticamente, poggiando i piedi sulla panchina, per poi stringersi
le gambe mentre continuava a mangiucchiare.
"Comuni mortali? PFFF." esclamò, mordendo un pezzo di pizza
con
fare stizzito "Questo è niente in confronto al Canada. E poi
sai, pensavo potesse servire al cinema."
"Per?"
"Beeeeeeh sai."
Il biondo roteò gli occhi, masticando molto lentamente, per
poi fare spallucce.
"Solitamente, nei cinema fa freddo per, boh, condizionatori a palla
senza alcun motivo apparente. Sono dei gran sadici, non trovi? Fanno di
tutto per farti ammalare e-- beh, insomma, ho pensato che magari te
l'avrei potuta prestare se, uh, ne avessi avuto bisogno. Sai, ho preso
spunto dalle commedia romantiche."
Il più piccolo alzò un sopracciglio a quelle
parole, trattenendosi dal sorridere.
"E tu segui i consigli delle commedie romantiche da...?"
"Da sempre, Petey. Sempre." rispose come se fosse la cosa
più
ovvia del mondo, per poi dare un'occhiata al moro, che si stringeva
sempre di più a se stesso "Ad ogni modo. Visto che tu hai
freddo, io ho una giacca e i clichè sono sempre belli... La
vuoi? Tanto non mi serve."
Indicò la sua giacca per poi guardare il più
basso, rivolgendogli un sorrisetto furbo.
"... O preferisci stringerti forte forte a me? Sono un calorifero
umano, davvero. Wade Wilson 2.0 al tuo servizio. Poi però
non ti
staccherai più, ti avviso!"
A quelle parole, Peter sbuffò, finendo di mangiare
l'ennesimo pezzo di pizza.
Pensava davvero di metterlo in difficoltà con
così poco?
"Non ti preoccupare, sto bene con questo enorme e caldo
giaccone." mentì, per poi stringersi nelle spalle "Proprio
un
peccato che tu non mi abbia offerto prima la giacca. Sarebbe stata perfetta."
A quelle parole, il più grande lo guardò
oltraggiato e
gli mise il broncio, tornando a borbottare fra sè e
sè,
per poi poggiare la scatola vuota di pizza sul lato vuoto della
panchina.
Il newyorkese ridacchiò a quella scena, fissandolo poi di
sottecchi con un lieve sorriso perchè, diciamolo, quelle
parole
l'avevano colpito, in fondo.
Diciamo anche che l'avevano un po' intenerito.
Okay, quelle parole gli avevano davvero fatto piacere, anche se
faticava ad ammetterlo.
Dopotutto, l'amico diceva davvero tante stranezze e chi mai porterebbe
una giacca appresso, tutta la giornata, solo per poter fare il galante
e dargli la giacca per non sentire freddo? Chi mai farebbe una tale
adorabile scemenza?
... Beh, Wade Wilson potrebbe.
In quel momento abbassò lo sguardo e si accorse che fra il
braccio e il fianco del biondo c'era abbastanza spazio per infilare il
braccio di Peter.
Quel pensiero lo fece arrossire e fece per allontanarsi, quando vide lo
sguardo del suo amico ancora imbronciato.
Forse... Avrebbe dovuto annullare quella distanza?
Insomma, il canadese sembrava tenerci tanto a lui e chiedeva in cambio
solo un po' di considerazione e un po' di contatto fisico, quindi
poteva farlo per una volta, no?
Così, senza pensarci due volte, infilò il braccio
sull'apertura, in modo tale che stessero a braccetto.
Quell'improvvisa vicinanza e la consapevolezza del suo braccio
attaccato al suo, lo fecero avvampare ulteriormente.
"Hai ragione, sei davvero caldo..." mormorò Peter, cercando
di sembrare naturale, fallendo miseramente.
Era nervoso da morire ma, a quanto pareva, non era il solo.
"... Perchè quella faccia...?" continuò con fare
insicuro, vedendo l'espressione sconvolta del biondo "Sei tu che mi hai
detto che se volevo, potevo attaccarmi."
"... No! Cioè, uh, sì. Ammetto che non mi
aspettavo una
cosa del genere. Cioè, che avresti fatto qualcosa del
genere."
A quelle parole, il più piccolo ammutolì
mortificato e,
nella più totale vergogna, provò ad estrarre il
braccio
ma senza successo.
"EHI! Dove scappi!" esclamò l'amico offeso, stringendo la
presa
del braccio "Non ho mica detto che mi da fastidio, anzi! Lo sai che amo
il contatto fisico. Pensavo solo che, mh, insomma, non sei amantissimo
di queste cose e pensavo ti desse fastidio? Che non lo odi
completamente è bene. Anzi. Sai cosa? Ha senso che ora
possiamo
permetterci determinate cose. Sai perchè?"
Wade lo fissò per un istante, come se fosse indeciso
se fare o meno qualcosa ma poi, alla vista dello sguardo fra il confuso
e l'incuriosito del moro, gli sorrise ampiamente, per poi inclinare la
testa, affondando la guancia fra i capelli di Peter.
"Perchè ora siamo ufficialmente amici del cuore."
A quelle parole e a quel gesto - soprattutto a quel gesto - il rossore
del più piccolo si espanse fino alle orecchie e la testa
iniziò a girargli, per via di tutte quelle emozioni che
stava provando.
Successivamente, venne inebriato da un odore dolciato già
sentito prima e lo riconobbe come quello sentito
qualche tempo fa su Wade e prese consapevolezza di quanto fossero
vicini in quel momento,
quanto il suo collo fosse vicino.
Che cavolo stava pensando in un momento simile?!
"... Non ho mai detto che siamo amici del cuore."
borbottò il moro, cercando di darsi una calmata, cercando di
ignorare quella situazione "Ed esattamente, ti stai strusciando fra i
miei capelli perchè...?"
"Ho sempre sognato di affogarci dentro." confessò l'altro in
tono sognante, chiudendo gli occhi "Ho sempre visto i tuoi capelli come
delle nuvole soffici. Ho sognato anche di mangiarli. Letteralmente.
Sapevano di cioccolato, se proprio vuoi saperlo."
Fece per obiettare a tutte quelle assurdità - come, ad
esempio,
che le nuvole non fossero morbide, in quanto costituite da vapore
acqueo e che non potessero avere un sapore specifico - quando
sentì l'altro accarezzargli i capelli.
Lì per lì si irrigidì appena,
più dalla
sorpresa che altro, per poi gradualmente rilassarsi sotto quelle
piccole attenzioni.
Scoprì infatti che non solo amava essere toccato fra i
capelli
ma che il canadese era davvero bravo in quel genere di effusioni.
Inizialmente passava una mano fra i capelli, con fare casuale, poi
iniziava a prendere alcune ciocche fra le dita, accarezzandole verso la
punta.
La cosa che stupì di più il newyorkese era che il
suo
tocco era davvero delicato e dolce ma anche molto cauto, come se avesse
paura di fare male all'altro.
Lentamente, si ritrovò a socchiudere gli occhi, e
sentì i
suoi pensieri farsi più chiari e lineari, non più
agitati
come prima.
Mentre stava per addormentarsi, si chiese se concedesse a qualcun'altro
quel genere di effusioni.
Se con altri ragazzi e ragazze fosse così affettuoso.
"Ti comporti così anche con gli altri?"
Immediatamente, Wade smise di accarezzarlo e si staccò e
Peter si sentì un cretino.
Proprio ora doveva pensare alle parole di Harry? Doveva per forza
rovinare il momento per una sua stupida curiosità?
Okay, niente panico.
Magari l'amico non aveva collegato. Forse, se fosse stato abbastanza
fortunato,
avrebbe potuto pensare che si riferisse agli amici, in generale. E
magari-
"Stai pensando a quello che ha detto il tuo amico?"
Ovviamente, non era una persona baciata dalla fortuna anzi, era
più probabile che gli avesse sputato in un occhio.
"... Scusami, sono un idiota." esclamò con fare dispiaciuto,
abbassando lo sguardo "Non volevo metterti in difficoltà con
domande del genere. Perdonami, io-"
"Cos- Ma che dici, Petey pie!!"
Improvvisamente, il canadese si staccò dal suo braccio, solo
per
stringerlo di lato e attaccare la guancia alla sua, facendo avvampare
immediatamente l'altro.
"Non è mica un segreto! Davvero. Cioè. Anzi. Non
credevo che non l'avessi ancora capito."
"... Ho capito, ma ti sposti?" esclamò il più
piccolo disperato, cercando di spostargli la faccia con la mano.
L'altro fece immediatamente come gli era stato detto, ridendosela di
gusto, per poi guardarlo, inclinando il capo.
"Davvero non l'avevi capito?"
Il moro lo guardò confuso, tornando ad abbracciarsi le gambe.
"Io..."
Di colpo, nella mente gli affiorarono vari ricordi come, ad esempio,
alcuni apprezzamenti sui suoi professori, sguardi - che Wade lanciava
credendo di non essere visto - ai sederi di alcuni suoi compagni, i
cerotti con gli unicorni, gli unicorni
in generale.
"... A pensarci ora, non è che non me l'avessi mai fatto
capire.
Mh..." ammise, per poi roteare gli occhi nella sua direzione
"Però quando parli delle tue..."
Fece una pausa, iniziando ad agitare nervosamente le mani, non sapendo
come esprimersi.
"...Emh, 'conquiste'." borbottò, facendo ridere il biondo
"Tu hai sempre e solo nominato ragazze, quindi..."
Il più grande tacque per un istante, pensieroso, poi
poggiò la schiena sullo schienale della panchina, posando le
mani dietro la nuca.
"Non ho mai avuto delle, sai, preferenze." esordì il
ragazzo,
alzando lo sguardo verso il cielo "Se trovavo un ragazzo carino, andavo
con un ragazzo carino. Se trovavo una ragazza carina, andavo con una
ragazza carina. Alcune volte, neanche dovevo scegliere, come quella
volta che ero con questi due e io-" si bloccò, notando
l'occhiataccia del moro "Oh andiamo, anche questo è esplicito
per te? Lo riferirò al mio avvocato." rise di gusto, per poi
continuare "Tuttavia, ammetto che non sono stato troppo chiaro su quel
punto, perchè- insomma- non credo di- uh, di esserti stato
simpatico all'inizio, mh? E, insomma, non ero sicurissimo che tu-"
I lineamenti di Peter si ammorbidirono e gli rivolse uno sguardo
ricolmo di dispiacere.
"Wad-"
"No no no no no, cioè, lo so che è assurdo,
okay?" lo
interruppe l'altro, inclinandosi nuovamente, guardando in basso e
gesticolando freneticamente con le mani "Cioè, ti ho fatto
tutti
quei commenti ambigui e e e tutte quelle uscite strane e, sai,
è
scappata anche una mezza cosetta con uno dei tizi che prima ti
scocciavano ma, sai, è strano, perchè ho
conosciuto tante
persone ma di te- di te ho , insomma, timore che tu mi possa o--"
Il più grande si interruppe subito nel momento in cui il
più piccolo gli strinse le mani, guardandolo con un sorriso
rassicurante.
"Non è assolutamente un problema." gli disse semplicemente,
in tono basso e tranquillo.
"... Sì?" chiese l'altro, dopo qualche attimo di silenzio
"Anche
se sono molesto, mi appiccico e sogno di mangiarti i capelli?"
"Certo." rispose con sincerità, accarezzandogli con dolcezza
le
mani "Ma non puoi mangiarmi i capelli. Non sanno di cioccolato e non
voglio diventare calvo."
Risero entrambi di gusto per poi rimanere in silenzio per un po'
finchè, ad una certa, il biondo ricambiò la presa
dell'altro.
"Però... Sai... Andare con gli altri, insomma, è
divertente ma - Penso mi stia annoiando, cioè- quello che
voglio
dire è- non sono più stato con nessuno.
Cioè, da
un po', ecco."
A quella confessione, Peter lo guardò incuriosito ma dovette
ammettere che, nonostante fosse dell'idea che l'amico dovesse vivere la
vita come meglio credeva, si sentiva molto più tranquillo
all'idea che non frequentasse nessuno in quel senso... In tutti i sensi.
"... E c'è un motivo per questa scelta?"
A quella domanda, il canadese allargò lievemente gli occhi,
guardando poi Peter, il quale si sentì confuso dalle sue
stesse
parole.
Perchè, nonostante non avrebbe dovuto importargliene, era
così
curioso della vita privata dell'amico? Perchè lo faceva
stare
così male l'idea che potesse stare con qualcuno e lo
rassicurava
l'idea che non avesse nessun altro?
Improvvisamente però, tutte queste idee sembrarono andare in
secondo piano.
"No, aspetta. " disse il moro, prima che l'altro potesse rispondergli
"In che senso 'ti è scappata una mezza cosetta con uno dei
tizi
che mi scocciava'? Che hai combinato?? E con chi?"
Il più grande rimase in silenzio per un breve momento,
rivolgendogli un sorriso nervoso, per poi appoggiarsi nuovamente sui
capelli dell'altro come se nulla fosse.
"Viiisto che ora siamo amici e siamo in tempo di confessioni." disse,
ignorando la domanda dell'altro che sbuffò "Non sarebbe
forse il
caso di spiegarmi che è successo con Harry?
Perchè
scappavi da lui come se fosse la peste?"
Il più piccolo allargò la bocca a quelle parole,
scrollando le spalle : ancora non si era arreso con quella storia?
"... Giuro che non capisco perchè ne sei così
ossessionato."
"Petey pie, ora che siamo amici."
sottolineò la parola in tono diverso, allargando il sorriso
"E'
ovvio che debba sapere tutto anche dei tuoi amici. E se si è
comportato in maniera pessima nei tuoi confronti? Devo saperlo.
Dopotutto, siamo amici,
l'hai detto anche tu,no?"
Peter alzò gli occhi al cielo - almeno, più che
potè visto che l'altro sembrava essersi affezionato alla sua
testa - e sospirò : sapeva che si sarebbe pentito di averlo
detto.
"Se te lo racconto." disse, con fare arrendevole "Prometti che poi
farete pace?"
Wade allargò di colpo gli occhi, spostandosi da quella
posizione, guardandolo oltraggiato.
"Cosa?! Con uno come lui?? Io no--"
"Wade, te lo dico una volta e poi mai più."
esclamò ,
incrociando le braccia al petto "Si è comportato male,
è
vero. Ma non sei stato un santo neanche tu. Poi è vero,
parlando
in percentuali, lui ha il 90% della colpa, non c'è dubbio ma
potevi benissimo ignorarlo, invece di rispondere alle sue provocazioni."
Il biondo tacque, in difficoltà, guardandolo con un
adorabile broncio in viso.
"... Ma lui..."
"E' un cretino, lo so." ammise Peter, annuendo con la testa "Ma ti
sembra il caso di diventarlo anche tu?"
Rimasero per un istante a fissarsi e, alla fine, il canadese
sbuffò.
"D'accordo, d'accordo..." borbottò, poco convinto "Non posso
dirti di no, uff. Spero per te che non abbia fatto nulla di grave."
"Non l'ha fatto. Anzi, è davvero una cosa stupida."
Peter sospirò, preparandosi al discorso e l'amico rimase in
silenzio, in attesa che l'altro parlasse.
"... Devi sapere che io..." mugugnò, abbassando lo sguardo
imbarazzato "... Avevo una cotta per Mary Jane. Insomma, si
è
trasferita qui vicino da sua zia verso le elementari- e, insomma, le
nostre zie erano amiche e quindi ci frequentavamo anche noi e-
sì, alle medie mi accorsi di avere una gigantesca cotta per
lei."
Fece una pausa, passandosi una mano fra i capelli ormai completamente
sparpagliati per colpa dei vari trattamenti ricevuti nel corso della
serata.
"In quel periodo divenni anche grande amico di Harry e... Verso la
terza media gli confessai questa mia cotta. E, insomma, all'inizio
sembrava andare tutto bene. Cercava di aiutarmi a starle più
vicino. Uscivamo tanto insieme noi tre. Ma..."
Strinse lievemente gli occhi, mordendosi il labbro inferiore.
"Di colpo divennero strani, come se nascondessero qualcosa. All'inizio
del liceo scoprii semplicemente che la cosa che mi
stavano 'nascondendo' era che si erano messi assieme. Li scoprii
perchè li vidi baciarsi nel corridoio della scuola."
Senza guardarlo negli occhi, rialzò lo sguardo, non sapendo
bene
che dire. Questa storia era l'emblema della pateticità e non
si
sarebbe sorpreso se Wade l'avesse preso in giro, dopo questa storia.
"Ma che stronzo!"
Il moro si voltò verso l'altro e si accorse che aveva uno
sguardo ricolmo di irritazione e disprezzo.
"Cioè, okay, non si merita un cazzotto ma, insomma, ha
tradito
la tua fiducia e e e e- è stato stronzo, ecco! Era
importante
per te."
Il newyorkese ridacchiò a quelle parole e il biondo gli
rivolse uno sguardo offeso.
"Guarda che sono se-"
"Lo so." esclamò Peter, con un sorriso "E hai ragione,
magari
non si è comportato in maniera corretta ma- sono dell'idea
che
abbia avuto un ottimo motivo per comportarsi così. Anche se,
ovviamente, mi sfugge quale potrebbe essere."
"... La verità è che tu sei fin troppo buono,
Petey." rispose l'altro, scrollando le spalle.
Il più piccolo ridacchiò ancora, facendo poi di
no con la testa.
"Diciamo che, qualche tempo fa, mi ha aiutato con qualcosa di davvero
serio e... Beh, da allora ha la mia più completa fiducia,
dico
davvero."
Fece una pausa per un istante, mentre il suo sguardo cambiò
e il suo sorriso sembrò incrinarsi.
"Ad ogni modo, non è un problema. Nel senso, non ho
più una cotta per Mary Jane."
"... Sì...?" mormorò l'altro dubbioso, alzando un
sopracciglio.
"Sì, davvero."
Peter si sorprese alle sue stesse parole.
Effettivamente, da quand'è che non provava più
niente per
la rossa? Da quando aveva smesso di soffrire per loro due come coppia?
Il suo sguardo si posò sull'altro, accorgendosi che era da
quando lui era entrato prepotentemente nella sua vita, non era stato
più male per la cosa.
Stava per chiedersi il perchè di questo cambiamento quando
notò qualcosa in strada che lo fece sbiancare.
Si alzò di scatto dalla panchina, per poi cercare di
trascinare l'altro con sè.
"Ehi ma che succede?!" esclamò allarmato, vedendo l'altro
così spaventato.
"Vedi quella casa laggiù?" disse il moro nervosamente,
indicando
qualche casa più in là con il capo "Abita
lì MJ. E
vedi quella macchina costosissima che sta arrivando? E' quella del
padre di Harry. Dobbiamo nasconderci, muoviti."
Un po' controvoglia, l'altro lo seguì e si nascosero in un
lato della casa di Peter.
"Ma non dicevi che dovevi farci pac--"
"Shhh!" esclamò, posando la mano sulla sua bocca "Non ho
voglia
nè di vederlo, nè di sentirvi litigare di nuovo."
Il biondo alzò un sopracciglio ma il rumore di una portiera
che si apriva li distrasse da qualsiasi cosa.
Poco più in là, videro uscire il corvino che
tenne la
porta della rossa per farla uscire dalla macchina, per poi camminare
verso la porta di casa.
Parlarono per un po' e poi, con un sorriso si scambiarono un lieve
bacio sulle labbra e, immediatamente, il canadese lanciò
un'occhiata preoccupata all'amico.
Niente.
Non provava assolutamente niente, se non gioia per il fatto che il loro
appuntamento non era andato in malora per colpa sua.
"Sono felice che sia andato tutto bene fra loro..." ammise, con un
sorriso sollevato sulle labbra.
Tuttavia, quel momento di gioia passò nel momento in cui
Harry,
dopo aver salutato la sua ragazza si diresse nella direzione della casa
di Peter: che li avesse visti?
"V-Vieni qui!" esclamò disperato, tirando verso di lui Wade
per la maglia, il quale si irrigidì.
"Nu-uh Petey." sussurrò in difficoltà, facendosi
forza
sul muro di casa "L'ultima volta- tu sei stato tipo, sai, mal-"
"Lo so ma ora è diverso!" mormorò con fare
deciso, per poi guardarlo con fare implorante "... Per favore."
Il canadese esitò per un istante ma poi fece come l'altro
gli aveva chiesto.
Il newyorkese si ritrovò con la schiena al muro mentre
l'altro
quasi aderiva sul suo corpo, cercando di farsi notare meno possibile
dal corvino.
Dopo che fu percorso da alcuni brividi di piacere appena
sentì
il respiro dell'altro sul suo collo, con il cuore a mille e avvampando
pericolosamente, si chiese perchè aveva dovuto fare una
scelta
così stupida.
Insomma, di cose che avrebbe potuto fare ce n'erano tante.
Potevano nascondersi dietro casa, ad esempio, o invitare Wade dentro
casa.
Perchè diavolo si era messo in una situazione
così imbarazzante e idiota?
Non era di certo da lui, ragionare in quella maniera.
"... Se n'è andato...?" sussurrò il moro,
all'orecchio dell'amico.
Lo vide sussultare a quelle parole e, dopo un lungo istante, si
spostò lievemente, allungando il collo verso la strada.
"... Uh, nah." disse, facendo spallucce "Ma ha visto il cartone della
pizza e lo sta buttando nella pattumiera. Che bravo amante
dell'ambiente."
Tipico di Harry.
Sin da quando lo conosceva, era sempre stato contro qualsiasi tipo di
inquinamento e, anzi, uno dei suoi più grandi sogni nel
cassetto
era inventare una qualche soluzione a questo genere di problemi.
Insomma, sapeva che non era una persona cattiva.
"... Tutto okay?"
Le parole e il successivo tocco di Wade sui suoi capelli, gli fecero
ricordare in che situazione era.
Stava iniziando ad amare quel genere di attenzioni.
"Sai, non dovresti toccarmi i capelli così spesso."
borbottò invece, guardandolo imbronciato "Mi fai venire
sonno."
Il biondo lo fissò, inclinando il capo, per poi rivolgergli
un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.
"... Vuoi dire che ti rilassa?"
La sua espressione doveva essere davvero esaustiva perchè
l'amico strinse le labbra, lì per lì per
scoppiargli a
ridere in faccia.
"Sei proprio un cretino." borbottò, in imbarazzo "Harry
è andato via ora...?"
"Mmmh."
Il canadese si allungò nuovamente e fece di sì
con la
testa, segno che finalmente era andato via e ciò significava
niente incontri strani.
Tuttavia, nonostante non fossero più 'in pericolo' Wade non
si
mosse dalla sua posizione e, anzi, ora lo guardava dritto negli occhi.
"Mi chiedo perchè, puntualmente, vengo trascinato da te in
qualcosa." mormorò, con un lieve sorriso "Anche l'altra
volta mi
hai trascinato con te, ricordi?"
Ovvio che se lo ricordava, era la volta che voleva scappare da Mary
Jane e Harry, perchè non se la sentiva ancora di parlare con
loro.
La volta dell'attacco di panico.
A pensarci ora, aveva davvero fatto una pessima figura quella volta.
"C'è un motivo?" chiese il più grande che,
notando la
confusione dell'altro, continuò "Sul fatto che vengo
trascinato
da te continuamente."
Non c'era irritazione nella voce dell'amico, solo e semplice e pure
curiosità mentre il newyorkese ora lo fissava con seria
difficoltà.
Non sapeva davvero cosa rispondergli ed, effettivamente, era la prima
volta che ci pensava.
"Credo... Istinto." mormorò, facendo spallucce "Avevo paura
e tu
eri lì. Come... Stavolta, ecco. Più o meno."
Wade rimase di stucco a quelle parole, non aspettandosi minimamente
quella risposta, ma, quello decisamente più sorpreso era
Peter.
Istinto? Da
quando ragionava con qualcosa del genere? E dov'era finito il suo
istinto di sopravvivenza?
Solitamente ragionava prima di pensare, non come un certo cretino di
sua conosc-- Oh, gli venne improvvisamente in mente una cosa.
Il moro si mise a cercare nelle sue tasche qualcosa e, facendo
sussultare l'altro - tant'è che fece due passi indietro -
gli
infilò dei soldi in tasca.
"Petey, che cosa--?!"
"Sono soldi." disse l'ovvio, incrociando le braccia al petto "Per la
pizza. Non so quanto hai speso perchè non me lo vuoi dire ma
almeno è qualcosa. Ricordi quello che ti ho detto al cinema,
no?
Non voglio sfruttarti e tu non devi comprarmi in alcun modo, dico sul
serio."
Il ragazzo ammutolì e prese a fissare con fare scioccato il
newyorkese, il quale si chiese se avesse fatto qualcosa di sbagliato...
Finchè non vide l'altro ridere.
"Peter Parker, non smetti mai di sorprendermi."
Prima che l'altro potesse replicare, gli si avvicinò,
strusciando la fronte alla sua, sotto il borbottio di protesta
dell'altro.
"Rispondendo alla tua domanda di prima." mormorò, in tono
estremamente dolce "Se mi comporto così anche con altri.
Ebbene,
la risposta è no."
Si staccò, giusto quanto bastava per guardarlo dritto negli
occhi.
"Solo con te."
Peter ringraziò il fatto che stavano al buio in quel
momento,
che i suoi lineamenti si vedevano poco e niente - o almeno
così
sperava - perchè a quelle parole sentì il cuore
battere
all'impazzata, come se fosse sul punto di esplodere, e il viso farsi
ridicolmente caldo.
"Beeeeeeh, Petey, la mia dose gay te l'ho lasciata oggi."
esclamò improvvisamente l'altro, roteando gli occhi,
apparentemente in imbarazzo "Ora credo sia il caso di andare,
sennò rischio di rimanere qui."
Il canadese fece qualche passo indietro, per poi salutare l'altro con
la mano ed, infine, allontanarsi.
Mentre osservava l'altro andare via, con il suono del cuore a
spaccargli quasi i timpani, il newyorkese capì.
Capì perchè non provava nulla per Mary Jane,
perchè era cambiato, perchè la vicinanza di Wade
lo
influenzasse così tanto e perchè era diventato
così importante per lui.
Peter Parker era innamorato di Wade Wilson.
//Eccoci di nuovo! Grazie davvero tutte le persone che recensiscono,
mettono la storia fra i preferiti\seguiti\ricordati! <3
In particolare, ringrazio la mia amica Alice che, in questi ultimi
capitoli, mi sta aiutando a correggere i capitoli.
E' davvero un tesoro! ;__;
Detto ciò, avrei due annunci.
Uno, siamo all'incirca a metà della storia! *^* mancano
all'inicirca 7\8 capitoli per finire (dipende un po' cosa riesco ad
inserire ad ogni capitolo).
Due, nei prossimi capitoli, potrebbero esserci "contenuti forti"
(eventualmente, avviserò all'inizio di ogni capitolo).
Tre... Il prossimo aggiornamento potrebbe subire un ulteriore ritardo!
Fra Lucca Comics/impegni vari, non so se riesco a pubblicare a
Novrembre... E' probabile che ci rivedremo a Dicembre.
Detto ciò, niente, fatemi sapere cosa ne pensate! ;*; Alla
prossima. <3
|
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Capitolo 7 *** 7° Capitolo ***
Irresistible07
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
●
!!! Attenzione, capitolo con tematiche delicate!!!
7°
Capitolo.
Parlare di amore alla giovane età di 14, quasi 15 anni, era
davvero
un azzardo.
O almeno, così pensava il giovane Peter Parker.
Forse aveva esagerato nel supporre che fosse addirittura innamorato di
Wade.
Dopotutto, l'amare qualcuno implicava un forte sentimento, un legame
particolare che collegava due persone, un qualcosa che spingeva a
fare le peggio pazzie pur di rendere felice e proteggere l'altra
persona.
Poteva davvero dire di provare un sentimento così forte a
quell'età, per un ragazzo che conosceva da neanche un anno?
No, ovviamente no.
Tuttavia, era innegabile che gli piacesse, anche parecchio - e non come
un semplice amico - e quella consapevolezza non faceva altro che
confondere la sua ormai delicata psiche.
Insomma... Da quand'è che gli piaceva? E, soprattutto,
questo
voleva dire che era gay? E se quest'ultima affermazione fosse vera, era
possibile che,
improvvisamente, ora gli piacessero - anche? - i ragazzi? E se invece
non
fosse così, avrebbe voluto dire che il canadese era una
qualche sorta di
eccezione?
Erano queste le domande che iniziarono a tormentarlo nel cuore della
notte, non facendolo riposare , e solo quando rischiò di
addormentarsi durante un esperimento di chimica a scuola,
trasse la
conclusione che era il caso di darsi una calmata in qualche modo e,
fortunatamente, la soluzione non tardò ad arrivare: non
doveva pensarci.
Sembrava banale come tattica ma era effettivamente la cosa migliore che
potesse fare.
Tutto sommato, cosa gli cambiava che fosse o meno omosessuale?
Assolutamente niente ed era sicuro che i suoi zii lo avrebbero sempre
amato, qualsiasi cosa fosse accaduta - non che si sentisse obbligato a
dire
qualcosa a loro o a qualcun'altro, specie perchè non sapeva
bene
neanche lui come 'definirsi' ed, effettivamente, ora come ora non
sentiva la necessità di 'etichettarsi' in nessun modo.
Aveva una cotta per un ragazzo e per il momento non sentiva la
necessità di aggiungere nient'altro a questa sentenza.
Per quanto riguarda il suo interesse amoroso... Beh, non è
che
avesse mai avuto speranze con lui da principio e il fatto che gli
piacessero anche i ragazzi, non era una cosa che andava a suo
vantaggio, semmai il contrario.
In conclusione, non solo non doveva pensare alla cosa ma doveva
assolutamente trovare un
modo per farlo.
Fortunatamente la macchina fotografica regalata dallo zio Ben era un
ottimo modo per passare il tempo e non pensare a quei drammi
adolescenziali.
Si era autoimposto, come regola, di non portarla mai dentro le mura
scolastiche per paura di romperla ma la sua situazione - e il fatto che
Wade l'avesse liberato da chiunque avesse potuto farla cadere accidentalmente -
lo convinse a cambiare radicalmente idea , utilizzandola ogni quanto
poteva durante le pause.
"Cosa stai facendo di bello?"
A farlo sussultare, mentre era concentrato a catturare l'ennesimo
scatto, il suono della voce della persona a cui cercava di non pensare.
"Io, uh, ciao Wade..." balbettò in maniera impacciata il
newyorkese, abbassando subito lo sguardo "Nulla di che, sto, ecco,
facendo qualche foto."
Per quanto si sforzasse in tutti i modi, nonostante i suoi buoni
propositi per sembrare che non fosse cambiato niente, proprio non
riusciva a parlargli senza
balbettare o arrossire in maniera imbarazzante e, dagli innumerevoli
sguardi straniti che ogni volta gli lanciava - come in quel momento -
sembrava che il biondo se ne fosse accorto ma sembrava non volerne fare
alcuna parola, al momento.
Non ne sapeva il motivo ma Peter lo ringraziava mentalmente della cosa.
"Oh, davvero??" esclamò il maggiore, visibilmente
interessato "
Mi avevi accennato che facessi foto ma non ti avevo, sai, mai visto in
azione! Posso vedere?"
"... Beh, se vuoi..." borbottò ancora, non sapendo dire di
no a
quegli occhioni azzurri puntati su di lui "Sono ancora alle prime armi,
quindi non aspettarti granchè e-- uh, fai attenzione alla
macchina fotografica e molto importante per me."
Come se gli avessero addossato chissà quale
responsabilità, Wade prese lentamente l'oggetto, toccandolo
con
la stessa cautela con cui si tocca una bomba pronta ad esplodere, per
poi mettersela intorno al collo.
La cosa fece sorridere il moro.
"Waaaah, altro che 'alle prime armi', sono delle foto un sacco belle!"
disse con fare concitato il biondo, facendo spaventare per un istante
l'altro, per lo scatto improvviso che diede alla macchina fotografica
"Non ne capisco niente, ehi, mi sembrano tipo... sai, perfette e--Uh?"
Mentre scorreva ancora le foto, il canadese si imbattè di
alcune
foto di Mary Jane e si ritrovò ad alzare un sopracciglio
verso
Peter che arrossì immediatamente, come colto sul fatto.
"E... ehi, non è come sembra!" provò
immediatamente a giustificarsi "Prima che si mettessero assieme, le
facev-- gli
facevo un sacco di foto! Non c'è solo lei, ecco."
Ed, effettivamente, scorrendo ancora le foto, c'erano foto dove
appariva anche Harry da solo o con MJ ma, ovviamente, di quest'ultima
c'erano decisamente molte più foto.
... La sua ex cotta stava diventando davvero imbarazzante.
"E tu non ti fai fare qualche foto?"
Il minore fu sorpreso di quelle parole, che comunque lo fecero
sospirare di sollievo.
Si aspettava qualche battuta sul fatto che aveva avuto una cotta anche
fin
troppo evidente per la sua amica - e che magari aveva ancora -
e non
voleva assolutamente che lo pensasse, per quanto fosse sciocca come
cosa.
"Io- Beh, preferisco fotografare, piuttosto che essere fotografato."
"Chissà perchè, la cosa non mi sorprende."
esclamò
in tono canzonatorio, per poi guardarlo dritto negli occhi "Quindi...
prossimamente fotograferai anche me?"
A quella richiesta, si sorprese e perse le parole per qualche istante.
"... Perchè? Vuoi debuttare come modello con un fotografo
alle
prime armi?" mormorò con sarcasmo, senza riuscire a
nascondere
un sorriso un po' impacciato.
"Beh, perchè no? Magari divento famoso per, boh, qualche
shampoo
glitteroso o qualche intimo sexy ma strano. Insomma- sarebbe anche il
mio stile ma- uh, con le tue foto, sicuramente finirei in prima pagina,
sicuro."
"... Sai, vero, che dovresti fare qualcosa di importante o grave per
finire in prima pagina, sì?"
"Oh, hai ragione." esclamò l'altro, dando un pugnetto sulla
mano
aperta, come trovando finalmente un'idea " Dici che se rapino una banca
mentre indosso biancheria sexy potrebbe bastare per farmi finire in
prima pagina?"
Suo malgrado, il moro si ritrovò a ridere di gusto per
l'affermazione del suo amico.
"Sei davvero imbarazzante."
"Oh, andiamo, sai che non lo farei mai. Forse." esclamò
Wade,
con un sorriso gongolante "Però non merito anche io di
stare in quella macchina fotografica? Dopotutto, siamo amici, no?"
Distolse subito lo sguardo a quell'affermazione, arrossendo lievemente
: il modo in cui il canadese sembrava tenere al loro rapporto era
davvero sconcertante.
"... Beh, dipende." borbottò Peter, cercando di cambiare
discorso "Hai fatto pace con Harry, come ti avevo chiesto?"
Fortunatamente, nominare il corvino servì nell'intento.
"Quindi eri serio l'ultima volta...?"
"Mi sembra ovvio." esclamò deciso, per poi dare un'occhiata
dietro le spalle dell'altro "Guarda, è lì con
Mary Jane e
stanno finendo di pranzare. Potrebbe essere la tua occasione."
Il biondo guardò nella stessa direzione del newyorkese, per
poi
guardare quest'ultimo, e fece così per un paio di volte, con
espressione sempre più corrucciata.
Fece per aprire bocca - e il minore ipotizzò che volesse
fare i
soliti discorsi alla ' io non parlo con quello là ' - ma,
improvvisamente, si bloccò.
Ora il suo sguardo era titubante anche se, nei suoi occhi, si poteva
intravedere un certo interesse.
"Che c'è?" mormorò Peter, decisamente a disagio.
"Farò come mi hai chiesto, Petey pie, promesso." disse in
tono serio l'amico "Ma..."
"....Ma?" ribattè il minore, con fare sospettoso.
"Vorrei condurre un esperimento, prima."
Okay, ora le aveva sentite tutte.
"Wade, hai sbattuto la testa per caso?" mormorò il moro,
guardandolo sospettoso "Non dirmelo, non avrai provato qualche sostanza
stra--"
"Cos-?!" Esclamò il canadese, alzando poi le mani in segno
di
resa e scosse velocemente la testa "No, no, no, no e no! Ma ti pare che
io potrei- beh, oddio, conoscendomi, ci si aspetterebbe di tutto da me-
ma, insomma, niente del genere. E' per, sai, l'amore della scienza."
... L'amore della scienza?
Se prima Peter si chiedeva se avesse preso qualche sostanza
stupefacente, ora ne era quasi certo.
"Ah-ah, giusto." borbottò sarcasticamente, incrociando le
braccia al petto "E che c'entrerebbe la scienza?"
Il biondo assunse un'espressione colpevole , per poi passarsi una mano
sulla nuca.
"Beh, sai, da quello che mi hai detto, in, ermh, scienze se hai una
teoria, per essere valida, deve essere dimostrata, o qualcosa del
genere, no? Sennò tutti direbbero cazzate apocalittiche a
gratis."
Wah, lo ascoltava sul serio quando gli spiegava le cose.
Era seriamente colpito.
"Quindi, sai, per dimostrare questa teoria...." concluse, stavolta
usando un tono cauto "... Devo abbracciarti."
Doveva avere problemi di udito quel giorno, perchè gli
pareva di
aver sentito che l'amico volesse abbracciarlo per un 'esperimento
scientifico'.
"Uh, sai, non credo di aver-"
"Aaaaaah, andiamo Petey, non renderla così imbarazzante!"
esclamò il maggiore, posando lo sguardo al cielo "Ho chiesto
un
abbraccio, sì, ecco, se ho il tuo permesso, ovviamente."
Immediatamente, il moro si paralizzò, sentendo le guance
riscaldarsi come realizzò che aveva sentito anche fin troppo
bene.
Questa esclamazione era abbastanza ridicola, visto che la richiesta era imbarazzante.
"...Non capisco. E' una qualche sorta di scherzo?"
"Che? No! No... Uh."
Il biondo si passò una mano fra i capelli, per poi sospirare.
"Non ti , uh, posso spiegare il motivo." spiegò, scrollando
le
spalle "Diciamo che ho una teoria, come ho detto. E diciamo che, se la
mia teoria è corretta si dovrebbero innescare... Delle
reazioni?
Ho formulato la frase in maniera corretta?"
Il minore annuì per dire che sì, aveva formulato
la frase
in maniera corretta, e la cosa non faceva altro che spaventarlo ancora
di più.
"E ho notato che sei più... In buona con il contatto fisico?
Cioè, ovviamente, non voglio abusare della cosa.
Sarà una
cosa di una decina di secondi, sempre se non vorrai allungare la cosa e
io, ovviamente, non sono nessuno per vietartelo perchè a me
piace. Il contatto fisico, sì. Non che sia un obbligo, eh,
ma-"
Wade bloccò il suo sproloquio, guardando intensamente negli
occhi l'altro, con sguardo sincero.
"Solo... fidati di me."
Ecco che, sostituendosi alla confusione iniziale, il terrore si
impadronì di Peter, come un enorme dubbio si
insinuò dentro
di lui: che il maggiore avesse capito che gli piaceva?
No, era folle, il canadese non poteva essersi accorto della sua cotta
per lui, a malapena se n'era accorto lui stesso... giusto?
Si ritrovò quindi a deglutire, sentendo che non importava
che
risposta avrebbe dato, ai suoi occhi sarebbe potuto sembrare sempre
più 'colpevole'.
O, forse, era solo il moro a farsi paranoie inutili? Dopotutto, Wade
sembrava tenerci tanto a lui e alla loro amicizia.
E poi gli aveva detto di fidarsi e quel commento non l'aveva lasciato
indifferente.
"Io... non so cosa ti passa per la testa ma immagino si possa fare."
rispose, guardandosi poi intorno, sentendosi più leggero
dalla
constatazione che non ci fosse tanta gente in giro "Ma se si
rivelerà uno scherzo, non te la perdono."
Il maggiore si illuminò, per poi annuire energicamente e
porse
immediatamente la macchina fotografica all'altro, in modo che potesse
conservarla.
Come lo fece, il moro si ritrovò ad arrossire ancora quando
notò
la vicinanza dell'amico, che ora lo guardava con occhi seri.
Forse era la sua impressione, ma sembrava quasi che volesse baciarlo, il che
era assurdo, contando che all'altro non piace-
Ecco che il suo cervello si resettò completamente come le
braccia del biondo lo circondarono, avvolgendolo in una stretta calda e
rassicurante.
Inutile dire che il rossore peggiorò drasticamente, sia al
pensiero di un ipotetico bacio - che, in ogni caso, non sarebbe mai
arrivato - sia al fatto che, quella vicinanza, non faceva
che agitarlo ancora di più.
Era una sensazione piacevole quella che stava provando, tutto il
contrario della prima volta con gli armadietti, e avrebbe tanto voluto
che non finisse mai.
Era anche strano, come il suo fisico secco sembrava combaciare
perfettamente con il petto forte dell'altro, come le braccia intorno ai
suoi fianchi sembravano essere fatte apposta per quel momento.
Con la testa che girava e le gambe che sembravano non volergli reggere
dall'emozione, si chiese se avesse dovuto ricambiare in qualche modo
quel gesto.
Non era tipo da abbracciare, quindi non sapeva bene che fare.
Era meglio mettergli le braccia intorno alla schiena? Intorno al collo?
Non fare nien-
"CHE DIAVOLO FAI?"
Proprio nel momento in cui stava alzando le braccia, quell'urlo lo fece
desistere e, appena vide la faccia paonazza dalla rabbia di Harry,
seguito a ruota da una Mary Jane che cercava di fermarlo, quello che
voleva fare Peter era solo sotterrarsi da qualche parte.
"Oh, ciao Osborn." disse Wade con una semplicità disarmante,
non accennando a lasciare la presa dal moro.
"Ma ti sembra il caso?" esclamò adirato il corvino,
indicandolo
"Siete in una scuola, dove tutti sparlano di tutti. Ti sembra il caso
di far correre pettegolezzi su voi due? Perchè devi
coinvolgere
Peter nelle tue stupidaggini?"
"Pettegolezzi? Che pettegolezzi, scusa?" ribattè
prontamente, stringendo più forte a sè l'amico.
Ora il newyorkese era in una posizione tale dove aveva la testa
completamente attaccata al petto dell'altro, tant'è che
poteva sentire i battiti del suo cuore.
Il moro, che si sentiva sempre più morire dentro per una
serie
di cose data da questa situazione, constatò che quello era
tutto
fuorchè solo 'una decina di secondi'.
"Siamo solo due buoni amici che si stanno abbracciando."
continuò imperterrito il maggiore "E anche
volendo, non mi sembra di notare qualcuno oltre a voi due. Eeeeeeh ah,
sì, visto che ci sono, volevo davvero davvero scusarmi per
la
discussione di qualche giorno fa. Sono davvero mortificatissimo. Spero
che diventeremo super amici."
"... Che fai, prendi per i fond ---"
"Dio Harry, e basta!" sbraitò Mary Jane, infuriata "Non sei
mica sua madre! Che ti frega se si abbracciano. Magari..."
La rossa si fermò un attimo, guardando per un istante i due
di fronte a sè.
"... magari, che ne sai, stanno davvero insieme e-"
A quelle parole, il minore si irrigidì, per poi spostarsi
bruscamente dal canadese, completamente paonazzo.
"No!" esclamò immediatamente, per poi guardare i due e il
canadese, abbassando subito lo sguardo "Non- Siamo solo amici, ecco."
Calò per un istante il silenzio fra loro quattro, che venne
poi spezzato dal sospiro del corvino.
"Capisco." esclamò Harry, con un tono di voce decisamente
più calmo, per poi guardare il canadese "Ad ogni modo, scuse
accettate, Wilson. Ora vi conviene rientrare comunque, credo che la
pausa pranzo sia quasi finita."
Dette queste parole, il ragazzo sorrise e , prendendo per mano la
ragazza abbastanza irritata, rientrarono all'ingresso della scuola.
"Beeeh, l'esperimento è finito." borbottò Wade e
sembrò parlare più a sè stesso che
all'altro.
Successivamente gli sorrise, per poi dargli delle leggere pacche sulle
spalle e salutarlo con la mano, rientrando anche lui a scuola.
Il moro si ritrovò a rimanere per un lungo istante
lì impalato, guardando l'amico con fare perplesso.
Era lui o ora sembrava avere uno sguardo estremamente triste?
****************
Peter non sentiva di aver fatto nulla di male, quel pomeriggio.
Perchè, allora, si sentiva così in colpa?
Eppure, in quei pochi messaggi che si erano scambiati durante i corsi
pomeridiani, nella quale il canadese gli scriveva metà cose
in
francese, per stare 'in tema con il suo corso' - e, ogni volta, si
sorprendeva come l'altro si fosse trasformato da 'che mi cambia se mi
bocciano o meno' a ' faccio francese, che almeno sono avvantaggiato' -
a Peter sembrava un po'... malinconico?
Non sapeva come spiegarlo, era più una sensazione.
E anche se fosse vero, non avrebbe senso, insomma, era lui che doveva
sentirsi giù!
Insomma, aveva detto apertamente che non c'era niente fra loro e la
cosa l'aveva mortificato da morire, per quanto pensava di aver
già accettato la cosa.
E poi... e poi... che voleva dire quello spettacolino di fronte ad
Harry e Mary Jane? Era stato alquanto imbarazzante ed inopportuno!
Ma, dopotutto, non era forse vero che il maggiore era il suo esatto
opposto in quel senso? Insomma, magari per lui, quello era un abbraccio
normale che avrebbe dato a chiunque e... okay, decisamente questo
pensiero, non lo aiutava a farlo star meglio.
Cavolo, perchè si era dovuto complicare la vita, facendosi
venire la cotta per uno dei suoi più cari amici?
Ad ogni modo, si erano messi d'accordo per vedersi all'ingresso della
scuola ed uscire, quindi magari ne avrebbe potuto approfittare per
vedere se era davvero triste e, nel caso, cercare di tirarlo su.
Aaah, cosa gli toccava fare per quello stupido...
Appena uscì dalla scuola e si diresse verso l'ingresso,
notò immediatamente che l'aria intorno a lui era diventata
elettrica e i
ragazzi fuori sembrava più nervosi del solito.
Solo tramite vari bisbigli, capì che c'era una qualche sorta
di rissa.
La prima reazione che ebbe Peter, fu quella di sbuffare infastidito,
mentre allungava il passo - insomma, fra tutti i posti in cui i
ragazzini cretini dovevano fare a botte, doveva per forza essere
l'ingresso della scuola? - poi un pensiero lo bloccò,
facendolo
sbiancare: Wade avrebbe dovuto aspettarlo all'ingresso.
Che fosse lì in mezzo? O, peggio, fosse lui che stava
picchiando o che si stava facendo picchiare?
Col cuore in gola, che non smetteva di fargli male per l'apprensione,
si diresse alla zona dell'incontro, sperando con tutto il cuore che si
sbagliasse, che quel pensiero fosse solo una inutile paranoia di un
pessimista Peter Parker.
Mai come in quel momento, era così sconvolto dall'aver avuto
ragione.
Poggiato sul muro, inerme, mentre riceveva cazzotti da un uomo ben
piazzato sulla quarantina, c'era proprio Wade.
Il cuore iniziò a martellargli dolorosamente mentre il suo
corpo si irrigidiva, incapace di fare alcunchè.
Il newyorkese si odiava per essere così debole mentre
qualcuno a
cui teneva era così in difficoltà ma odiava
ancora di
più tutte quelle persone che passavano e facevano finta di
nulla.
Gente in gruppo. Ragazzi più piazzati di lui.
Tutte queste persone avevano la forza di fermarli, eppure preferivano
ignorare la situazione, piuttosto che intervenire.
Era davvero desolante come tutti preferivano ignorare il tutto,
piuttosto che fare la cosa giusta.
E parlando di fare la cosa giusta... forse, poteva fare qualcosa.
Se il suo corpo avesse iniziato a collaborare di nuovo, magari avrebbe
potuto chiamare la polizia, come minimo, e magari... magari...
Ecco che il suo cuore si fermò di colpo, come lo sguardo del
canadese incontrò il suo.
Il maggiore non chiedeva aiuto e nella sua espressione non sembrava
provare rabbia o tristezza per la situazione, per il newyorkese
lì impalato, per quel tizio che lo colpiva all'impazzata,
per
gli altri che ignoravano la situazione, no, quello che si leggeva sul
suo
volto era solo e semplice rassegnazione.
Come se sapesse che nessuno avrebbe fatto qualcosa.
Come se sapesse che Peter
non avrebbe fatto qualcosa.
Nonostante il dolore che stava provando, la paura sembrò
prendere il sopravvento per un istante e gli diede le spalle.
Dopotutto, che poteva fare lui, misero e secco com'era? Avrebbe solo
peggiorato la situazione ed era davvero terrorizzato per quello che
poteva accadere.
Quindi fece un passo, poi un altro ed un altro ancora.
Poi si voltò di scatto e si mise in mezzo ai due, di colpo.
Fortunatamente, l'uomo che ora stava di fronte a lui si
stupì così
tanto di quel gesto che si bloccò, dando il tempo al
newyorkese,
a tentoni, di prendere l'amico per il braccio.
"N-n-n-n-non può rimanere." balbettò,
allontanandosi lentamente "D-dobbiamo studiare, addio."
E, dette queste parole, se la diedero a gambe.
****************
"Cristo Peter, ti vuoi fermare?!"
Peter non rispose, anzi, non emise proprio alcun suono, almeno
finchè non raggiunse casa sua, dove entrò con il
canadese
all'istante.
"Certo che ti muovi veloce, quando vuoi..."
Nuovamente, il newyorkese tacque, chiudendo a chiave la porta
dell'ingresso, per poi chiudere le tende, in un gesto quasi meccanico.
Si ridestò quando vide il maggiore quasi crollare a terra,
andando subito a reggerlo.
"Scusami, ho fatto più che potevo ma... Immagino sia stato
difficile nelle tue condizioni..."
Fu in quel momento che il moro si accorse di essere senza fiato e che
le sue gambe fossero stremate, per non parlare dei suoi occhiali
appannati.
Aveva fatto uso della sua misera forza per muoversi il più
velocemente possibile, senza rendersene conto.
"Ce la fai ad arrivare al soggiorno?"
Prima che l'altro gli rispondesse, si mise un suo braccio intorno al
collo, aiutandolo come poteva a raggiungere la sala, facendolo infine
sedere sulla poltrona.
"Okay... vuoi un po' d'acqua? Qualcosa?" chiese, per poi passarsi una
mano fra i capelli, riflettendo su quello che avrebbe dovuto fare in
quel momento "Sì, giusto. In bagno c'è la
cassetta del
pronto
soccorso. Dammi un secondo che vado a prenderla."
Il minore vide giusto di sfuggita l'altro annuire con la testa, visto
che si avviò molto velocemente nella zona.
Appena fu entrato, si chiuse dentro poi, con uno scatto, si diresse
verso il water, dove si piegò per vomitare, iniziando a
singhiozzare
sommessamente.
Era come se, dopo la carica di adrenalina, il suo corpo avesse deciso
di crollare, facendolo stare male.
Strinse gli occhi, nel panico, cercando di respirare profondamente, in
un vano tentativo di calmarsi e cercò di trattenere il suo
pianto più che potè, sperando che l'altro non lo
sentisse.
Non poteva mostrarsi così debole, aveva bisogno di reggere,
almeno un altro po'.
Wade aveva bisogno di lui.
Appena riuscì a regolarizzare il respiro e le sue lacrime
smisero di scendere,
tirò lo sciacquone, assicurandosi di non aver sporcato in
giro,
per poi lavarsi i denti e la faccia.
Si guardò quindi allo specchio, sperando che non sembrasse
troppo devastato.
Ovviamente, era in condizioni pietose.
Sperò quanto meno, che l'altro non se ne accorgesse.
Fece quindi un sospiro profondo, prendendo poi la cassetta del pronto
soccorso con sè.
Come ritornò, notò che Wade si era sistemato
meglio sul
divano e aveva posato una mano sul petto, mentre il suo sguardo
sembrava essere contorto dal dolore.
Quella vista gli spezzarono il cuore e sentì nuovamente gli
occhi farsi lucidi.
"... Tutto okay? Sei stato parecchio in bagno." mormorò il
canadese, lanciandogli un'occhiata indagatrice.
Il moro si morse il labbro inferiore, cercando di contenersi,
scrollando la testa, nel tentativo di darsi un contegno.
"Dovrei essere io a chiederlo a te, ti pare?"
Ecco che a quelle parole, il biondo tacque nuovamente e il newyorkese
ne approfittò per sedersi di fianco a lui, prendendo il
necessario dalla cassetta.
Maledicendosi per le sue mani che avevano preso a tremare, prese
innanzitutto dei fazzoletti pulendolo come meglio poteva dal sangue,
cercando di trattenere la nausea dovuta a quell'odore ferroso che aveva
invaso la camera.
Appena ebbe finito, lanciò i fazzoletti il più
lontano
possibile, osservandogli il viso decisamente più pulito, per
cercare di capire meglio la situazione: aveva un occhio nero, il naso
ridotto malissimo - molto probabilmente era rotto - e aveva una sfilza
immane di ecchimosi rossastri sul viso e sulle braccia.
All'apparenza, sembrava che non si fosse difeso per niente, il che era
strano per uno come lui.
"... Come ti senti? Vuoi che ti porti all'ospedale?"
"No, non è necessario. Ci sono abituato."
Quelle parole, fecero scappare ulteriormente un altro campanello
d'allarme e si ricordò di quei lividi che gli vide tempo fa
in
infermeria.
Che fossero collegati?
Decisamente, c'era qualcosa che non andava in quella storia e, cavolo,
quanto si malediceva per non aver insistito troppo, quella volta.
"Ascolta..." mormorò il newyorkese, cercando di assumere un
tono
di voce più fermo possibile "Si può sapere che
è
successo?"
Il maggiore si fece silenzioso e l'altro si ritrovò a
mordersi
il labbro inferiore dal nervoso, mentre iniziava a mettere del
disinfettante in un pezzo di cotone.
"Wade, non sei d'aiuto se fai così. Non va bene la cosa e,
se
è una cosa che va avanti da tempo, dovremmo fare qualcosa a
riguardo." disse ancora e, constatando che l'altro continuava a tacere,
sospirò frustrato "Okay, allora ti farò un
discorso vago,
visto che non mi vuoi dire che diavolo è successo."
Il ragazzo posò gli occhi azzurri su un punto non ben
definito
del pavimento, come se cercasse di evitare gli occhi del suo amico, che
iniziò a passargli il cotone su tutto il viso.
"Non so che è successo, se hai fatto o non hai fatto
qualcosa ma
non importa. Sai perchè? Perchè nessuno dovrebbe
azzardarsi a fare qualcosa del genere, per nessun motivo. Nessuno, capito?
Non so il motivo, ma non dovresti proteggerlo."
In tutta risposta, il ragazzo sbuffò e Peter non sapeva
davvero
più che altro dire, per convincere l'altro a parlare.
"Oh, andiamo!" sbottò disperato "Possibile che non ci sia
niente
che posso dire o fare per farti aprire con me? Siamo amici,
maledizione!"
Finalmente, a quel punto, il canadese posò gli occhi azzurri
sui
suoi nocciola e, dopo un lungo istante, sembrò borbottare
qualcosa.
"... Wade, non ho capito..." mormorò il newyorkese,
inclinando il capo.
" Dicevo..." disse in un sussurro appena udibile "Ci tieni
così tanto a sapere questa cosa? A qualsiasi costo?"
Peter si irrigidì per un istante a quelle parole, percependo
che
ci fosse come un significato nascosto a quella domanda ma non
riuscì a capire quale.
Ad ogni modo, non era importante, visto che la risposta era abbastanza
ovvia.
"Certo."
Il maggiore tacque nuovamente e sembrò quasi osservare ogni
piccolo dettaglio e movimento di Peter, tant'è che
quest'ultimo
si sentì parecchio a disagio.
"Allora..." sussurrò l'amico, guardandolo negli occhi "Mi
abbracceresti?"
Lì per lì, a quella domanda, il minore
alzò il sopracciglio.
Che diavolo gli chiedeva in un momento simile? E che era tutta quella
fissa per gli abbracci quel giorno?!
Improvvisamente, si mise a riflettere su quella richiesta.
Forse, quello era il suo modo di chiedere aiuto e conforto da qualcuno
che reputava suo amico e, magari, non conosceva altro modo.
A quel pensiero, sentì il cuore farsi pesante.
"Se non vuoi, non-"
"D'accordo." esclamò prontamente il ragazzo, per poi aprire
le
braccia, guardandolo infine con fare impacciato "Solo- Uh- non penso di
saper abbracciare qualcuno."
A quel commento, il canadese fece un sorriso storto, forse credendo che
stesse mentendo.
"Oh, andiamo, non guardarmi così, sono serio!"
sbraitò il
newyorkese, in completo imbarazzo "Lo sai anche tu, no? Che non sono
uno che dà affetto facilmente."
"Okay okay, ho capito Petey pie. Allora mi- sai- accascio su di te e
poi stringi? Magari piano eh, che sono malconcio."
"... 'Ti accasci'? Non stai mica mor--"
Prima che potesse finisse di parlare, ecco che Wade si
catapultò sul suo petto, poggiando il mento sulla sua spalla.
Se non fosse che era agitato da morire per l'incolumità
dell'amico, sarebbe morto dalla vergogna.
Appena l'altro si fu sistemato, lo strinse, cercando di fare
più
piano possibile, iniziando ad accarezzargli in maniera impacciata la
schiena.
Improvvisamente, il canadese scoppiò a ridere di gusto.
"Oddio Petey, sei davvero negato... Non pensavo che qualcuno potesse
fallire in qualcosa del genere! Sembra che stai, non so, accarezzando
un cane..?"
A quelle parole, il ragazzo avvampò vergognosamente.
"Cos- O-Oh senti, ti avevo avvisato che- che sono negato-!!"
balbettò, imbarazzato " E poi... e poi... sono
più tipo
da gatti."
"Ahaha, certo, certo." esclamò il maggiore, stringendosi di
più a lui "Puoi provare ad accarezzarmi i capelli?"
Con un evidentissimo broncio sul viso ed uno sbuffo infastidito,
cercò di fare come gli era stato chiesto e cercò,
stavolta, di essere più delicato e, gradatamente,
sentì
l'altro rilassarsi fra le sue braccia.
Era quasi ironico come, vista da fuori, quella scena poteva sembrare
dolce.
E sarebbe stato anche giusto così, erano solo dei ragazzini,
non avrebbero dovuto affrontare questo genere di cose.
"Era mio padre."
Sentita quella frase, il sangue gli si gelò e, per un
istante, smise di respirare.
"Tuo... padre?" ripetè, sperando di aver sentito male.
"Giààà, il mio vecchio, in carne e
ossa."
commentò il biondo con uno sbuffo "E' sempre stato
così,
fin da quando ho memoria. Non è che ci si prende sempre a
cazzotti, eh! Ma oggi... Beh, era più incazzato del solito.
Penso non avesse creduto che stavo frequentando corsi pomeridiani a
scuola e che ero ad abbordare qualcuno eeeee oddio, come dargli torto.
Certo, poteva anche evitare di prendermi cazzotti di front-"
"Wade." mormorò l'altro, con tono grave "Il fatto che sia
tuo
padre, non migliora di certo le cose, anzi. Dovresti denunciarlo, non
può fare così. E'... è sbagliato."
"Aaah Petey, non è mica così semplice."
sussurrò,
accoccolandosi di più a lui "Innanzitutto, è un
ufficiale
dell'esercito. Il che è buono, visto che non sta mai a casa
e
posso fare quello che mi pare. Il male, è che quando
c'è
fa danni ma, ehi, tutti lo rispettano, perchè gli avranno
dato
chissà che sbrilluccicosa medaglia al valore, wow! Sai che
succede se lo denuncio? Mi ridono in faccia e becco altri cazzotti eee
sai, non credo di essere così masochista."
"...Io..."
Effettivamente, il discorso dell'amico non faceva una piega ma la cosa
non faceva che farlo sentire inutile.
"E...e... tua madre? Non può aiutarti...?"
"...E' complicato." mormorò il canadese, poggiando la fronte
sulla sua spalla "Ma diciamo che sono solo. E diciamo anche che non
sono
abbastanza autosufficiente per dire, to', 'vado a vivere da solo'.
Quindi preferisco divertirmi in giro ed andare avanti, in qualche modo,
semplice."
Dio, quella situazione sembrava davvero senza uscita.
... Se solo fosse più forte, forse lui avrebbe potuto-
"Pete?"
Sussultò inesorabilmente come si sentì chiamare
e,
voltandosi di scatto, vide suo zio Ben che lo guardava fra il perplesso
e l'imbarazzato.
Effettivamente, stava abbracciando e coccolando un ragazzo nel
soggiorno... chissà che diavolo avrà pensato.
"Uh, zio... "bofonchiò imbarazzato, spostandosi lentamente
dall'amico " Non è come--"
"Oh, buon dio, figliuolo, che ti è successo?"
Appena si rese conto delle condizioni del canadese, gli si
avvicinò, osservandolo minuziosamente con preoccupazione.
"Eeeeeeermh, guardi, sono meno gravi di quello che sembrano."
esclamò il biondo, cercando di scherzare sulla cosa "Giuro,
ho
fatto decisamente più danni io al-"
"Peter, prendi il cappotto e manda un messaggio alla zia e avvisala che
torniamo più tardi." disse l'uomo, in tono fermo "E tu
ragazzo,
ce la fai ad alzarti? Ti porto all'ospedale, hai seriamente bisogno di
aiuto. E non accetto un no come risposta."
Wade esitò per un istante, per poi sbuffare appena e
annuire, alzandosi con qualche difficoltà.
Mentre mandò il messaggio come gli era stato ordinato, il
newyorkese non potè fare a meno di guardare zio Ben che
aiutava
a sorreggere Wade, per portarlo alla macchina.
Mai come in quel momento desiderò essere grande e forte come
lui.
****************
"Fortuna che non è nulla di grave, ragazzino. La prossima
volta, cerca di evitare le risse con i tuoi amici, okay?"
Il biondo se la rise di gusto al commento dell'infermiera, blaterando
qualcosa sul fatto che non poteva di certo fermare i suoi ormoni
adolescenziali.
La capatina all'ospedale si rivelò abbastanza lunga ma,
fortunatamente, l'amico non sembrava avere niente di rotto: era solo un
po' tanto
ammaccato.
Tuttavia, visto che un minorenne era ridotto comunque abbastanza male,
sopraggiunsero un sacco di domande e Peter si chiedeva come l'altro
riuscisse a mentire così bene sull'accaduto - lui stesso
aveva
dovuto mentire a zio Ben ed era stato assai difficile, oltre che
estremamente doloroso.
Si chiese se era dovuto al fatto che, il maggiore, fosse ormai abituato
a quelle domande e quel pensiero non fece altro che aumentare
il
peso che sentiva nel suo cuore.
"Senti, so che il tuo amico ha detto che non vuole un passaggio per
tornare a casa." aveva esordito l'uomo, come Wade si fu
allontanò per un istante per andare al bagno "Ma non mi
sembra
il caso di lasciarlo da solo, in quelle condizioni. Cerca di stargli
vicino quanto puoi, okay? Magari a te, che sei suo amico,
darà
retta."
Peter dubitava fortemente di quelle parole - se non era riuscito a
convincerlo ad andare all'ospedale, figurarsi accompagnarlo a casa - ma
era d'accordo con lui sul fatto che non poteva mollarlo in quel modo,
ecco perchè rimase con il biondo alla fermata del pullman,
lasciando lo zio, con un bacio sulla guancia e la promessa di non fare
troppo tardi.
"Uh... Perchè non sei tornato a casa con tuo zio?" chiese
immediatamente il maggiore, sospettoso.
"Io- emh- avevo voglia di camminare un po'... Tutto qui"
bofonchiò il moro, abbassando lo sguardo.
"Ah-ah, certo, come no." ribattè l'altro, per poi sbuffare
sonoramente "Sei un pessimo bugiardo, Petey, ma sei adorabile quando ci
provi, quindi te lo concedo. Ad ogni modo, senti, non te la prendere,
ma non voglio che - insomma- ti avvicini lì, non quando
c'è quello là, okay? Non è sicuro."
A quelle parole, il minore strinse i pugni, sentendosi frustrato dalla
situazione.
Era sicuro che, se fosse grande e forte come lo zio, non avrebbe detto
quelle parole e si sarebbe fatto aiutare e, anzi, avrebbe pure trovato
una soluzione a quella faccenda.
Ed invece...
"... Uuuuh, non dirmelo Petey pie- ti sei offeso?" continuò
l'amico, inclinandosi lievemente, posando l'indice nel punto esatto in
cui la fronte del minore era aggrottata "Dai, lo sai che non lo
sopporterei se fossi arrabbiato con me- farebbe più male di
tutti i pugni del mondo."
"Non dirlo manco per scherzo, stupido." rispose in tono acido,
lanciandogli poi un'occhiataccia.
A quel punto, il canadese si bloccò e spostò la
mano
dalla fronte ai capelli di Peter, scompigliandoglieli con affetto,
ricevendo in cambio borbottii di protesta.
"Ah, mio caro, tu sottovaluti il potere che hai su di me."
esclamò con fare melodrammatico "Sarei davvero tristissimo,
dopo
tutto quello che ti ho fatto passare oggi, poi..."
Tacque, per poi allontanare la mano e fare un passo indietro,
rivolgendogli un sorriso malinconico.
"Mi dispiace."
Il moro lo guardò con tristezza a quelle parole e, subito,
sentì come un nodo alla gola.
"Non-" sussurrò, per poi schiarirsi la voce "Non ti devi
mica scusare, non hai fatto nulla di male."
Nonostante le sue parole, l'espressione del maggiore non
cambiò e successivamente si voltò.
"Oh, quello è il mio pullman." esclamò, forse in
un vano
tentativo di cambiare discorso "Almeno ti faccio tornare subito a casa."
"Già..." mormorò l'altro, con un sospiro.
Farlo ragionare e fargli capire che non era un problema e che, anzi,
l'avrebbe accompagnato volentieri a casa, sembrava abbastanza inutile.
"Ad ogni modo." disse ancora il canadese, facendosi pensieroso "Mi
è dispiaciuto, sai, che sia saltata l'uscita oggi. Avevo
già in mente di farti imparare un sacco di termini in
francese."
"... Beh, sarà per la prossima volta" disse quindi Peter,
con un
mezzo sorriso "Ma sei ancora in tempo, se vuoi, puoi dirmi una frase
ora, prima che arrivi il pullman. Ma ti avverto, sono pessimo nelle
lingue."
Wade se la rise di gusto a quell'affermazione, per poi pensarci per un
breve istante ed, in seguito, avere come un'illuminazione.
Il moro lo vide deglutire e guardarlo con un certo nervosismo, per poi
dirgli una frase in francese.
Doveva ammettere che era affascinante mentre sussurrava in una lingua
straniera ma, ahimè, aveva imparato a sue spese quanto
avesse un
debole per la voce dell'altro.
"...Quindi?" disse il biondo, appena ebbe finito, con una certa
apprensione alla voce.
"Uh? Mi hai fatto una domanda?" esclamò il minore, confuso
da
quell'improvviso cambio d'umore dell'altro "Te lo detto che non sono
portato per le lingue, no? Che mi hai detto? Qualcosa di importante?"
Il maggiore esitò per qualche lunghissimo istante, a bocca
semi
socchiusa quando, l'arrivo del pullman lo fece sussultare di colpo.
"Io- No, niente." mormorò l'amico, sorridendo come se nulla
fosse "Ora scusa ma vado. Ci vediamo a scuola, Petey!"
Ecco che, come il pullman si allontanò, come vide l'altro
allontanarsi sempre di più, salutandolo energicamente con la
mano, il newyorkese ebbe di nuovo la spiacevole sensazione di aver
sbagliato qualcosa.
//Salve a tutti!
Okay, non so come, non so perchè, sono riuscita all'ultimo a
pubblicare prima di dicembre ahahah
Beeeh, cosa ne pensate di questo capitolo? Vi piace? :3
Fatemi sapere nei vostri commenti.
Su su, lo vedo che siete in tanti a seguirmi u_u
Ad ogni modo, ringrazio tutti quelli che seguono la storia e, in
particolar modo, ringrazio la mia amica Alice che anche a sto' giro mi
ha aiutato a correggere qualche punto. ;_; Bless her <3
Ci vediamo al prossimo capitolo (che sarà a
Dicembre\Gennaio, causa feste natalizie) ! <3 <3
|
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Capitolo 8 *** 8° Capitolo ***
Irresistible08
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
●!!!
Attenzione, capitolo con tematiche delicate!!!
8°
Capitolo.
"Come sarebbe a dire che non sono in squadra?!"
A quelle parole - seguite da un breve ringhio e uno sguardo sprezzante
- istintivamente, Peter fece un passo indietro, dando quasi le spalle
al coach.
Se all'inizio il suo 'lavoro' nella squadra come
'ragazzo-che-lavora-con-le-statistiche' aveva fatto storcere il naso a
tutti, ora le cose erano drasticamente cambiate grazie alle
innumerevoli vittorie che avevano collezionato.
Quando vinsero la prima volta, tutti si stranirono, ma ben presto non
ci badarono più di tanto, considerandola solo una mera
coincidenza - 'fortuna del nerd' l'aveva definita il professore
stesso - tuttavia non fu l'ultima partita
che vinsero grazie al suo duro lavoro e ora il ruolo del newyorkese era
ben accettato e
rispettato da tutti.
Per quanto avesse ancora il ruolo secondario di raccattapalle, la A in
educazione fisica non gliel'aveva tolta nessuno.
Tuttavia, nonostante il benestare generale della squadra e del coach,
c'erano delle volte che i ragazzi della squadra si irritavano per le
scelte del minore, specie se comportavano la sostituzione dei ragazzi
dal loro ruolo in squadra.
Questo, ovviamente, era uno di quei casi.
"Thompson, piantala! Ormai la decisione è stata presa."
esclamò l'uomo, allontanandosi subito dopo.
"Oh, andiamo coach, è un'idiozia!" continuò
Flash,
imperterrito, cercando di attirare la sua attenzione "E' palese che
Parker abbia scelto Wilson come nuovo
quarterback perchè è il suo cazzo di amichetto
del cuore."
"... Non è esatto." intervenne a quel punto il moro,
cercando di
tenere un tono di voce fermo, posando lo sguardo sull'insegnante che
era uscito definitivamente dallo spogliatoio.
Possibile che lasciasse sempre il lavoro sporco a lui?
Sapendo ormai per certo che non sarebbe più tornato,
sospirò sconsolato, posando lo sguardo sul suo quaderno
"Ho
fatto semplicemente presente tutte le variabili, in maniera neutrale.
Per fartela breve, è vero,
sei il quarterback da un bel po' e hai sempre fatto un buon lavoro sia
in campo, che con la squadra. Ma..."
Peter fece una piccola pausa, deglutendo appena.
"...ultimamente le tue performance sono state parecchio scarse."
Il newyorkese non si azzardò ad alzare lo sguardo dai suoi
appunti ma sentì abbastanza distintamente l'ennesimo ringhio
venire dal ragazzo.
"Wade, invece, nonostante sia entrato nella squadra ad anno inoltrato,
ha imparato in fretta e le sue statistiche sono migliorate a vista
d'occhio in pochissimo tempo."
Istintivamente, diede una veloce occhiata al canadese e,
come notò che i loro sguardi si erano incrociati,
abbassò
nuovamente la testa verso il suo quaderno.
"... tuttavia è parecchio indisciplinato, non è
bravo a
fare lavoro di squadra ed è parecchio impulsivo." concluse
frettolosamente "Ho dato tutte queste informazioni al coach e gli ho
lasciato scegliere. Lui
ha scelto Wade. Quindi io non-"
"TUTTE STRONZATE."
Con un colpo secco, il più grande gli fece cadere gli
innumerevoli fogli pieni di statistiche a terra, prendendo poi per il
braccio il newyorkese, stringendolo forte.
"'Performance scarse'?" sbraitò, stringendo sempre
più
forte la presa "Mi hai visto bene, eh nerd? Secondo me, semplicemente,
non capisci un cazzo del-"
A bloccare il discorso dell'ormai ex quarterback, il canadese che lo
spintonò in maniera tale da allontanarlo da un bel po'
dall'altro.
"Dolcezza, non ti sembra di star facendo, come dire? Un po' troppo la testa di cazzo?"
esclamò il biondo, mettendosi repentinamente in mezzo ai due
e,
dalla sua espressione sembrava sul
punto di prendere a cazzotti l'altro.
"Un frocio
come te non si
dovrebbe neanche azzardare a toccarmi." sibilò Flash
irritato,
anche lui sul piede di guerra "Lo sanno tutti, sai? Che ti scopi
qualsiasi cosa cammina, senza badare alle conseguenze delle tue azioni.
Il tipo che ti menava l'altra volta è la prova lampante.
Come
minimo sarà qualche stronzo a cui non gliel'hai saputo
succhiare
per bene."
A quelle parole, Peter si irrigidì, capendo benissimo a cosa
si stesse riferendo.
Come aveva previsto il biondo, in seguito al suo pestaggio, la gente
aveva fatto girare i peggio pettegolezzi sull'accaduto, traendo
conclusioni errate basandosi sulla pessima reputazione
dell'altro.
Fra ciò che gli aveva riferito Mary Jane, fra ciò
che
leggeva nei bagni o anche solo sentiva nei corridoi della scuola,
sapeva che stavano girando le peggio cose a riguardo, come che
quell'uomo fosse un amante
di
Wade o che quest'ultimo avesse avuto uno o più rapporti
intimi
con qualche parente stretto dell'uomo - come moglie o figli.
C'era addirittura chi aveva voluto esagerare ed aveva parlato della
possibilità che il biondo fosse immischiato in qualche cosa
illegale, tipo droga e quant'altro.
Ovviamente, solo il newyorkese sapeva la verità - la
verità su quell'individuo che non era portato a essere una
figura genitoriale e che il canadese doveva subire passivamente - ma,
ovviamente, non
poteva fare o dire nulla perchè glielo aveva promesso.
Non che potesse fare qualcosa comunque, visto che era solo un povero
ragazzino del Queens, che non valeva nulla in confronto ad un ufficiale.
Tuttavia, con il passare dei giorni, il moro stava accumulando una
forte rabbia e, in momenti come questi - dove la gente sparava a zero
solo per far star male il suo amico - avrebbe solo voluto prenderli a
cazzotti ma, la cosa che forse gli faceva più rabbia e lo
faceva
stare peggio era come Wade, invece, sembrava sempre calmo ed
indifferente
ai pessimi commenti su di lui come se fosse
abituato.
Come in quell'esatto momento.
"Pensala come vuoi." disse, facendo spallucce "Anche se, è
stranino questo discorso, sai? Non so, ho come il dubbio che, sotto
sotto, voglia provare le
mie attenzioni. Vuoi provare a domare il piccolo, grande
Wilson? Non è un problema, eh, ma non so quanto riusciresti
a reggerlo."
"Ora piantatela..." esclamò Peter, in un mormorio appena
udibile, sfiorando il
braccio del biondo, vedendo Flash sempre più furente e
preoccupato che potesse decidere di
fare a botte con il canadese "Non ne vale la pena. Lo dico per
entrambi."
Tuttavia, improvvisamente, sul volto dell'ex quarterback
spuntò un enorme ghigno, che non prometteva nulla di buono.
"Ah, ora capisco." mormorò, improvvisamente calmo, posando
lo
sguardo sul più piccolo "Te la fai con il nerd, eh, Wilson?
Ora
ha senso la cosa, Parker è la tua fottutissima troiet--"
Prima che potesse concludere il discorso e il newyorkese potesse
elaborarlo appieno, Wade tirò un pugno
in piena faccia a Flash, facendolo cadere a terra.
A quel punto, i compagni di squadra - che fino a quel
momento erano rimasti a guardare - si mobilitarono, chi per tenere
fermo
il biondo e chi a soccorrere Flash.
"Maledetto, giuro Wilson che--"
"Oddio Flash, piantala!" esclamò uno dei ragazzi, mentre lo
teneva "Lo sai benissimo anche tu che Parker ha ragione! Da quando ti
sei lasciato con Liz non ragioni ma, ehi amico, puoi sempre rimediare,
non è la fine del mondo!! Non è che non giocherai
più."
Dopo qualche protesta, l'ex quarterback si calmò e venne
presto
rilasciato dai suoi compagni di squadra, che gli consigliarono di
andare in infermeria visto che il naso gli sanguinava copiosamente -
molto probabilmente era rotto.
"... Me la pagherete." borbottò il ragazzo, lanciando
un'occhiata a Wade e successivamente a Peter, che stava tremando come
una foglia.
Appena se ne fu andato, si sfiorò il braccio precedentemente
stretto, che ora gli doleva da morire, cercando di tranquillizzarsi.
Possibile che gli idioti dovevano circondarlo costantemente?
E parlando di idioti...
Se Flash si era calmato, non si poteva dire lo stesso del canadese, che
ancora si stava sbracciando per liberarsi dalla presa dei suoi compagni
di squadra.
Il newyorkese era allibito come anche tre ragazzi, che erano il doppio
del biondo, fossero così in difficoltà davanti
alla sua
forza.
Mentalmente, il newyorkese si appuntò di non far arrabbiare
mai l'amico.
"Wade, calmati." esclamò ,a quel punto, in tono calmo,
avvicinandosi "Quel cretino se n'è andato, puoi stare
tranquillo."
Istintivamente allungò il braccio verso di lui, ma prima che
potesse raggiungerlo, l'altro si scostò bruscamente poi,
come rendendosi conto di quel gesto, si calmò di botto,
guardando
Peter con sguardo indecifrabile.
"Waaah Parker, sei un grande." disse uno dei ragazzi, dopo aver mollato
la presa dal canadese "Oltre che un bravo stratega, hai un talento
innato come
domatore di animali feroci!"
Dette queste parole, anche gli ultimi ragazzi si allontanarono -
ignorando l'occhiataccia lanciata dal moro per come avevano affibbiato
l'amico - e Wade e Peter si ritrovarono da soli.
"... Wade, va tutto bene." mormorò il newyorkese, cercando
di
usare un tono rassicurante, come vide lo sguardo mortificato di Wade.
Sembrava sul punto di piangere.
"Eri arrabbiato, non eri in vena di contatto fisico, e chi
più
di me può capirti?" cercò di ironizzare, per
farlo
ridere, fallendo miseramente "Comunque... Prima di uscire, prenditi
qualche attimo per riprenderti, mh? Non hai una bella cera."
Il biondo annuì dopo qualche istante, sedendosi poi
stancamente
sulla panchina dello spogliatoio mentre Peter si mise a raccogliere gli
appunti precedentemente caduti che erano stati malamente calpestati
da mezza squadra.
Mentre sbuffava, borbottando su quanto il suo lavoro non fosse
rispettato dagli altri, ogni tot lanciava delle veloci occhiate al suo
amico, notando come ora fosse inclinato, con i gomiti appoggiati sulle
gambe mentre aveva le mani fra i capelli, borbottando in maniera
più rumorosa del solito fra sè e sè.
Il newyorkese era davvero preoccupato per tutta quella situazione.
Oltre alla consapevolezza della sua orribile situazione familiare,
oltre il vedere come la gente sapeva tirare solo il peggio di
sè, denigrando una persona, senza curarsi assolutamente
della
verità, vedeva come il canadese sembrava volersi fare carico
della situazione da solo.
Quasi a confermare la sua teoria, dopo la volta che l'aveva
accompagnato in pullman, Wade sembrava volerlo evitare il
più
possibile.
Sì, certo, si vedevano ancora per studiare e per le partite
ma
niente di più e ogni qualvolta il moro cercasse di
instaurare
una conversazione un po' più profonda o anche provava a
chiedergli di uscire, il biondo si irrigidiva e cambiava discorso o
inventava qualche scusa.
A quel punto, Peter aveva ipotizzato che avesse bisogno dei suoi spazi
e così l'aveva lasciato in pace... anche se, il dubbio che
non volesse
più avere a che fare con lui, ce l'aveva eccome e,
ovviamente,
il pensiero non poteva che farlo star male.
Dal punto di vista romantico, sapeva benissimo che non era alla sua
portata, ma non voleva perderlo anche come amico.
Dopotutto, ci teneva tanto a lui.
Facendo un sospiro sconfortato, si chiese se le cose sarebbero state
diverse se fosse stato forte e coraggioso quanto bastava per dare un
cazzotto al padre, quella volta, o se fosse stato abbastanza ricco o
quantomeno importante, da poter denunciare questi maltrattamenti ed
essere creduto o anche se solo l'intera scuola si fosse comportata in
maniera più umana.
"Tieni."
A farlo sussultare dalla sorpresa e a farlo tornare nella
realtà, Wade che ora era accovacciato vicino a lui e gli
stava
porgendo uno dei suoi fogli.
"Oh grazie ma non c'era bisogno, davvero."
Il biondo tacque, continuando a guardarlo con sguardo colpevole, per
poi mormorare qualcosa fra sè e sè e, di tutto
quel
discorso, il moro capì solo un 'scusa'.
"Ah, dici per prima?" chiese, per poi fare spallucce ed alzarsi "Non
era niente, te l'ho detto. Avevi solo bisogno di stare per i fatti tuoi
e calmarti."
"Io non inten- sì anche per quello ma- no, non importa."
Il canadese si fece silenzioso nuovamente, alzandosi lentamente,
rivolgendogli un'espressione enigmatica.
Dio, quanto
odiava quanto non blaterava come suo solito.
"... Uh, d'accordo. Quindi devi stare qui o-"
"Ti fa male?"
Peter sussultò per poi strizzare gli occhi istintivamente
come
l'altro gli strinse lievemente il braccio stretto qualche istante prima
da Flash.
Con la pelle scoperta per la camicia a maniche corte, si potevano
intravedere dei segni rossi dovuti alla stretta.
Il moro pensò immediatamente che, sicuramente, gli sarebbe
venuto il livido.
"... No, sto bene." mentì, con un lieve sorriso "Non ti
preoccupare."
Doveva essere proprio un pessimo bugiardo perchè, a quelle
parole, l'amico alzò un sopracciglio poco convinto, per poi
passarsi una mano fra i capelli.
"Evitalo. E' una testa di cazzo." borbottò, sbuffando "Mi
prudono ancora le mani. Dovevo dargli un colpo più forte."
"Credo che il pugno che gli hai dato sia più che
sufficiente."
rispose con un sospiro "Però, davvero, fai attenzione, okay?
Stai andando bene a scuola e sei diventato il quarterback della
squadra. Non ti rovinare per me, dico davvero! Va tutto bene."
Wade aprì la bocca, come se stesse per dire qualcosa, ma
alla
fine sembrò rinunciarci e sospirò, posando lo
sguardo a
terra.
Successivamente si avvicinò alla porta ma, prima di
allontanarsi, gli rivolse un sorriso malinconico.
Detestavo vederlo così.
"... Wade- aspetta." esclamò Peter, facendo qualche passo
verso di lui, ritrovandosi in poco tempo alle sue spalle.
C'erano tante cose che avrebbe voluto dirgli ma era davvero difficile,
fra queste, scegliere le parole di cui aveva bisogno l'altro.
"Tu... non sei solo, lo sai questo, vero?"
Il biondo si voltò appena, rivolgendogli un mezzo sorriso.
"... Ci vediamo, Peter."
E con quest'ultima frase, ora il newyorkese poteva vedere perfettamente
il muro che si era formato fra loro.
****************
"Sicuro che non vuoi che rimaniamo con te, Pete?"
"No ragazzi, state tranquilli." esclamò il ragazzo,
sorridendo appena ai suoi due amici "Ce la faccio."
Come i suoi amici si allontanarono, Peter sospirò, sedendosi
sugli asfalti, guardando il campo dove poco prima c'era stata
l'ennesima partita vinta.
Sorrise lievemente, per poi passarsi una mano fra i capelli bagnati,
osservando la sua macchina fotografica, felice nel constatare che
almeno lei non avesse preso acqua.
Durante questa partita infatti, il coach aveva insistito
particolarmente per fare qualche foto durante le partite per il
giornalino della scuola, per commemorare l'ennesimo successo.
Sfortunatamente però, nonostante fossero in piena stagione
primaverile, aveva iniziato a piovere molto forte e si era innalzato un
terribile vento tant'è che, nonostante Harry e Mary Jane lo
avevano aiutato il più possibile tenendogli l'ombrello e la
borsa, era comunque riuscito ad inzupparsi dalla testa ai piedi - forse
perchè aveva cercato di proteggere la macchina fotografica
dalle
intemperie, piuttosto che se stesso.
E dire che ora aveva smesso, come se nulla fosse successo.
... Decisamente, oggi non era la sua giornata.
Tirò su col naso e iniziò a scorrere le foto che
aveva
fatto e si ritrovò istintivamente a sorridere quando
beccò alcune foto di Wade.
Era stato... fantastico.
Se avevano vinto la partita era grazie a lui.
Non che gli interessasse così tanto quello sport in
sè,
ma doveva ammettere che il biondo ce l'aveva davvero messa tutta.
Certo, tendeva anche fin troppo a fare le cose da solo, ma aveva dato
i risultati sperati.
Istintivamente, sfiorò lo schermo dell'oggetto mentre il suo
sorriso si incrinò.
Da quella volta nello spogliatoio, il canadese lo aveva completamente
ignorato e la cosa non aveva fatto altro che renderlo sempre
più triste.
Era davvero finita così la loro amicizia?
Improvvisamente, si ricordò delle parole che Harry gli
rivolse durante la partita.
'Ammetto che lui non sta al centro delle mie simpatie' gli aveva detto
' ma penso siano ignobili i pettegolezzi che girano su di lui.'
In qualche modo, ricordava che l'aveva reso felice quel commento
perchè gli faceva pensare che, in fondo, c'era
qualcun'altro,
oltre a lui, che pensava che stesse vivendo un'ingiustizia.
Magari, se tutti questi cretini avessero smesso di far girare certe
voci,
magari Wade sarebbe stato più tranquillo e magari...
magari...
sarebbero tornati amici come prima.
"Aaaaah Petey pie, ma che hai fatto? Sei completamente bagnato."
Il newyorkese si voltò lentamente, non sapendo come reagire
alla
vista del canadese sorridente, che ora gli sedeva a fianco.
Sembrava che più si avvicinasse al canadese e più
quest'ultimo si allontanasse ma, al contempo, se Peter prendeva le
distanze, questo riappariva come se nulla fosse.
Ormai non sapeva neanche più come reagire.
Sapeva solo che da 'Peter' era tornato nuovamente a 'Petey pie'.
"Beh, c'è stata la pioggia e dovevo fare le foto... insomma,
ho
potuto fare solo una cosa per volta." mormorò, facendo
spallucce.
"Uh-uh, Petey, non va bene. Ti prendi troppe responsabilità,
avresti dovuto mandare a quel paese il coach, per quella richiesta
strampalata e con quel tempo, perdonami il termine, del cazzo e se lo
dico io che sono strambo di mio, beeeeehhh.."
Si fermò di colpo, posando lo sguardo sulla macchina
fotografica e gli occhi gli si illuminarono di botto.
"Quello... quello sono io?!" esclamò estasiato,
avvicinandosi di
più al moro, che arrossì d'istinto "Ma ma ma ma
sono
ancora più super iper mega figo del solito! Sei davvero
bravissimo Petey, te lo dicevo io!"
Incantato com'era dalle foto, posò le mani sulla macchina
fotografica, posando le dita molto vicino alle dita del minore che si
ritrovò a fissarlo di sottecchi.
Peter si chiese se fosse il caso di provare ad approcciarsi a lui
nuovamente.
"Wade, mh..." sussurrò in imbarazzo, sfiorandogli goffamente
le dita con le proprie "Ultimamente sei strano. Cioè, uh,
non il
tuo strano solito ma strano... strano. Hai capito, no? Sembra che... tu
mi stia evitando. Penso di lasciarti in pace e, puff, ecco che
d'improvviso riappari e ti comporti come se nulla fosse
successo. E
io... non capisco più che fare."
Il biondo non spostò lo sguardo dalla macchina fotografica
e,
per un istante, sembrò quasi che non avesse sentito poi,
improvvisamente, spostò le dita per accarezzare dolcemente
quelle dell'altro.
Peter arrossì ancora di più, sentendo il suo
cuore battere all'impazzata.
Gli mancavano questi momenti e sperava che non finisse tanto presto.
"... Mmmhh.... Non volevo, cioè, non devi stare male, non ne
vale la pena." mormorò con un sospirò, per poi
posare gli
occhi sui suoi "Ma... fidati, è meglio così. Non
ci
pensare."
Peter si chiese se ci fosse un significato più profondo in
quelle parole ma , non ebbe il tempo di chiedere, che il
canadese
lasciò la presa e si alzò, frugando poi
il suo
zaino.
"In realtà ero venuto qui perchè volevo prendermi
cura
del mio protetto, come qualsiasi fata madrina che si rispetti." gli
disse il biondo, porgendogli quello che il minore identificò
come dei vestiti "E' la mia tuta. Sì, ti starà
enorme
e ci navigherai dentro ma ehi, almeno è roba
asciutta."
Il minore prese i vestiti, per poi guardare l'amico confuso.
"Wade, uh, apprezzo il pensiero ma ora vado a casa e mi cambio. Non ha
molto senso mettermi la tuta con sotto la roba bagnata."
"Per questo," replicò l'altro con un sorriso "speravo che
potessi usare le docce degli spogliatoi. Lo so che non ti piace l'idea
ma buh, ora non c'è nessuno, sono sicurissimo al cento per
cento, si sono tutti lavati e, profumatissimi, sono usciti tutti.
Sarai da solo, davvero."
Il newyorkese tacque, passandosi quei vestiti fra le dita, ancora
dubbioso.
Effettivamente era fradicio, e rischiare di ammalarsi in questo periodo
era un rischio che non poteva correre ma d'altro canto-
"Petey." sussurrò Wade con un tono di voce dolce, posando
una
mano sulla sua spalla "Non c'è nessuno, davvero, fidati di
me."
A quel punto, visto che a quel tono di voce non sapeva dire di no,
annuì timidamente e il canadese gli sorrise rassicurato, per
poi
incamminarsi a passo leggero verso l'uscita.
"Seriamente..." mugugnò il newyorkese fra sè e
sè
appena si fu allontanato abbastanza il suo amico, stringendo a
sè la sua tuta "chi ti capisce è bravo.."
****************
"C'è qualcuno?"
Come sentì solo il rimbombare della sua voce nella stanza
buia e
vuota, Peter potè tirare un sospiro di sollievo sentendosi,
subito dopo, un po' stupido.
Scrollò le spalle, accendendo le luci per poi chiudere la
porta alle sue spalle, dirigendosi infine alle docce.
Posò lo zaino sulla panchina, sistemando meglio la macchina
fotografica al suo interno, pensando mentalmente dove avrebbe potuto
poggiare gli abiti bagnati e arrivò la conclusione che,
molto
probabilmente, se li sarebbe dovuti tenere a mano.
Sospirò di nuovo, stavolta in maniera sconsolata, e
sperò
con tutto il cuore che, almeno, non tornasse a piovere come prima.
Aprì l'acqua della doccia e in attesa che questa, con calma,
diventasse calda ed iniziò finalmente a spogliarsi,
strizzando
i suoi abiti il più possibile, per togliere tutta l'acqua
che
avevano accumulato.
Dopo aver messo le vesti fradice sopra un termosifone - e, in cuor suo,
sperò in qualche legge della fisica ancora sconosciuta
all'umanità, che facesse asciugare i vestiti bagnati sul
termosifone in 5 minuti - posò gli occhiali sulla panchina
vicino al suo zaino, per poi entrare finalmente in doccia.
Sentì i suoi muscoli rilassarsi come l'acqua
sfiorò
gentilmente il suo corpo e si ritrovò a ringraziare
mentalmente
Wade per la sua trovata.
Sorridendo, si ritrovò a pensare che lui sembrava davvero il
suo
'angelo custode' - o il suo 'serial killer personale', come si era
definito l'amico - e la cosa, per un istante, lo fece felice.
... Poi improvvisamente, si ritrovò a pensare come il loro
rapporto si era incrinato ultimamente e smise di colpo di sorridere.
Certo, col fatto che gli aveva prestato la tuta, aveva la scusa per
riparlargli... ma dopo quello? Avrebbero continuato a parlargli? O
avrebbe dovuto aspettare che fosse prima il maggiore a interagire con
lui? E quando sarebbe durata? Qualche mese? Fino al suo diploma? Anni?
Per sempre?
Ogni volta che ci pensava, una fitta gli prendeva alla bocca dello
stomaco, come se l'avessero colpito fisicamente.
Mentre si insaponava velocemente, si chiese se sarebbe cambiato
qualcosa se fosse stato il suo 'tipo ideale'.
Immaginava che in questo momento, il canadese voleva tutto
fuorchè una relazione - visto tutti i casini che stava
passando
- e sapeva bene che, come amico, era abbastanza 'inutile' - per non
dire una palla al piede - ma si chiedeva se sarebbe cambiato qualcosa
se, quanto meno, fosse stato quel qualcuno di 'speciale' per l'altro.
Ma qui sorgeva un'altra domanda: qual era il tipo ideale dell'altro?
A quel pensiero, si passò una mano sulla pancia, per poi
tirare
un lembo di pelle ed, istintivamente, gli si formò una
smorfia
di puro disgusto in volto.
Sapeva perfettamente che il suo corpo non era qualcosa che qualsiasi
persona potesse considerare 'bello' anche perchè non era
niente di
eccezionale: era la normalità fatta a persona.
Non era particolarmente alto, non era muscoloso, non era snello, era
magro ma una magrezza 'morbida', dovuta forse alle porcherie che
mangiava costantemente.
Insomma, Wade che ci avrebbe visto in un fisico come--?
A smuoverlo dai suoi pensieri, un rumore improvviso che lo fece
sussultare di colpo e lo fece voltare di scatto.
Inizialmente si guardò in giro confuso, non capendo se c'era
stato sul serio o se lo fosse inventato ma, non sentendo più
niente, lasciò perdere, finendo di farsi la doccia.
Fu quando chiuse l'acqua, che i rumori tornarono e stavolta furono
molto più forti, tant'è che Peter si chiese se
fosse
stato un terremoto o qualcosa del genere.
Si bloccò completamente, terrorizzato da quello che stava
accadendo ma ciò lo aiutò ad analizzare meglio la
situazione.
Notando che sì, il rumore era forte ma non stava tremando
niente
intorno a lui, dedusse che sicuramente non era un terremoto e, a
sentire meglio, sembrava un suono ripetuto, un po' come il rumore
dell'acqua del rubinetto quando gocciola ma più forte, come
se
stessero sbattendo ripetutamente un armadietto.
Fu in quel momento che, sbiancando di colpo, capì che c'era
qualcun'altro in quei spogliatoi.
Ma chi diavolo poteva essere a quell'ora? La squadra di football
era andata via e, a quell'ora, c'era giusto qualche membro di qualche
club che comunque
non dovrebbe stare all'interno degli spogliatoi.
Visto il rumore sempre più assordante, iniziò a
chiedersi
se non fosse qualche malintenzionato che stava cercando di sfondare
qualche armadietto e la cosa lo terrorizzò.
Preso dal panico com'era, non si fece troppe domande, e si mise
velocemente il sopra della tuta, gli occhiali e prese l'arma
più vicino a lui - una scopa.
Con il cuore a mille, strinse a sè la scopa, incamminandosi
verso l'uscita - con qualche difficoltà, visto che gli
occhiali
non facevano altro che appannarsi - sperando di non incontrare qualche
malvivente lungo il percorso.
Forse, se riusciva a uscire poteva chiamare qualcuno e-
Si bloccò di colpo, nascondendosi dietro un muro, sentendo
che
la provenienza dei 'rumori' era proprio lì davanti a lui.
Tremando come una foglia, si pulì per l'ennesima volta gli
occhiali, per poi osservare di nascosto la situazione e il sangue gli
si gelò.
A terra c'erano tre ragazzi - che riconobbe essere Flash ed altri della
squadra - che sembravano svenuti e ridotti abbastanza male, come se
fossero stati pestati malamente e in un angolo Wade, seduto, che
parlava da solo mentre dava ripetutamente dei pugni su un armadietto.
Sembrava che, apparentemente, il canadese avesse fatto a botte con i
tre e che ora stesse scaricando la rabbia sul primo oggetto che gli era
capitato a tiro.
Quasi preferiva l'idea strampalata, dovuta dal panico, nella quale
pensava che qualche criminale avesse voluto svaligiare la roba
puzzolente di qualche atleta adolescente.
A ripensarci... davvero, a che pensava?
Con un leggero sospiro, lasciò la sua arma fidata in un
angolo, deciso ad avvicinarsi con cautela, al canadese.
I ragazzi non sembravano in pericolo di vita, ma lo preoccupava che il
maggiore sembrasse così furioso: che avevano fatto di
così orribile da farlo esplodere così, lui che
aveva sempre
reagito con indifferenza alle loro provocazioni?
Ma... soprattutto, che ci facevano lì?
Per far luce su queste cose, sicuramente, avrebbe dovuto fare con calma
e con circospezione, per cercare di tranquillizzare in primis il
biondo, che sembrava voler picchiare chiunque lo sfiorasse.
Ovviamente, l'idea di avvicinarsi a lui con delicatezza, fu mandato
all'aria da uno starnuto abbastanza rumoroso che gli uscì e
che
rimbombò in tutto la stanza e, inutile dirlo,
catturò
l'attenzione dell'amico.
"... Ciao..." mormorò con un leggero sorriso il newyorkese,
a pochi passi da lui, tirando su col naso, notando poi che l'altro
aveva cambiato repentinamente atteggiamento.
Aveva smesso di prendere a pugni l'armadietto e ora, semplicemente, lo
fissava, con uno sguardo un po' ebete in viso.
Sembrava quasi
che lo stesse fissando con interesse.
Il minore avvampò per questo pensiero stupido.
"... Sono morto e ora sono in paradiso?" disse di colpo il maggiore,
imbambolato, lasciando il moro sempre più confuso.
Solo quando si accorse di un enorme specchio di fronte a loro, si rese
conto del perchè di quello strano atteggiamento da parte
dell'altro.
Preso com'era dal panico, non aveva avuto il tempo nè di
asciugarsi, nè di sistemarsi meglio, col risultato che la
parte
superiore della tuta - l'unica cosa che era riuscita a mettere -
nonostante fosse enorme, gli rimaneva appiccicata al corpo e, come se
non bastasse, avendo lasciato la cerniera mezzo aperta, una piccola
parte del petto e una spalla erano completamente in bella vista.
"I-I-io," balbettò in completo imbarazzo, chiudendosi
istintivamente la tuta "uh, senti non... non prendermi in giro, okay?
Avevo, mh, ecco, sentito dei rumori, mi sono spaventato e, insomma, non
è che ho proprio pensato che sarei dovuto uscire
decentemente."
"Ma io non ti sto..." ribattè Wade, facendo una pausa nel
momento stesso in cui Peter si alzò la cerniera fino in
cima,
deglutendo rumorosamente "... Prendendo in giro, mh-"
"...Sì, certo." borbottò sarcasticamente l'altro,
posando
una mano sulla fine dell'indumento, cercando di tirarla inutilmente
giù.
La sua unica fortuna in quella situazione era che, essendo il canadese
il doppio di lui e che anche a quest'ultimo piacesse vestire largo, sul
newyorkese quella tuta gli faceva da vestito, tant'è che gli
arrivava fino alle ginocchia ed era un bene visto che non aveva niente sotto.
Sperò con tutto il cuore che l'altro non se ne fosse accorto
o
sarebbe stata la volta buona che scappava in Messico dalla vergogna.
"Tornando a noi..." mugugnò il minore, cercando di cacciare
l'imbarazzo per quella situazione con tutte le sue forze "... che
è successo? Perchè vi siete picchiati? E
perchè qui
poi? Avevo capito che tutti se n'erano andati da un pezzo."
Il biondo, in tutta risposta, non disse una parola e distolse lo
sguardo.
"... Oh sì Wade, davvero esaustivo da parte tua."
esclamò
con sarcasmo, sbuffando, guardando nuovamente i tre stesi a terra.
In quel momento, si accorse di un cellulare con lo schermo rotto vicino
alla 'scena del crimine' e, come vide il canadese irrigidirsi di colpo,
immaginò che centrasse qualcosa.
"Peter... non- non dovresti prendere quel cellulare..."
Il maggiore cercò di allungare il braccio verso di lui ma
sembrò che un qualcosa gli impedisse di toccarlo, quindi si
bloccò, mostrandosi in estrema difficoltà e Peter
si
ritrovò a guardarlo con un sopracciglio alzato, non capendo
davvero che gli stava prendendo.
Era davvero il contenuto del cellulare così importante?
Preso dalla curiosità, osservò l'oggetto
elettronico,
notando che funzionava ancora e che stava registrando un video, che
stoppò all'istante.
Di colpo si irrigidì e si chiese se quei tre deficienti
avessero
ripreso Wade in qualche situazione particolare, per il solo gusto di
bullarsi di lui, magari anche ricattarlo.
Avrebbe spiegato il perchè di quella rissa.
Il sangue gli ribollì nelle vene a quei pensieri e si
ritrovò ad avviare il video senza pensarci, preparandosi al
peggio.
Tuttavia, non trovò quello che pensava.
-Eccoci ad una nuova puntata di
'Quanto può scendere in basso uno sfigato come Peter
Parker?'-
Peter sbiancò terribilmente mentre le risate dei tre ragazzi
risuonavano sprezzanti nel video che stava vedendo.
A quanto pare, avevano iniziato a riprendere fuori dagli spogliatoi,
dove fra una battutina e l'altra, parlavano di come si sarebbero
vendicati facendogli passare 'la migliore serata della sua miserabile
vita', iniziando con una ripresa della sua 'sicuramente minuscola
virilità' - e no, non avevano usato queste esatte parole.
Il newyorkese sentì il cuore farsi pesante, come vide quei
tre
farsi silenziosi ed entrare - senza però riuscire ad evitare
il
rumore causato dalla porta - ed avvicinarsi quatti quatti alle docce.
... Almeno finchè un qualcosa -Wade - non era sbucato da non
si sa bene dove e li aveva attaccati.
Non si capiva bene che fosse successo di preciso - visto che il
cellulare era caduto dopo il primo impatto - ma era palese
che il
canadese ci fosse andato giù pesante.
La cosa forse più sorprendente dell'amico, e che era
riuscito a
coglierli così tanto di sorpresa, che non erano riusciti a
contrattaccare.
Era stato sorprendente.
"Peter?"
Fu solo quando il biondo lo chiamò, che si rese conto che
aveva
smesso da un po' di respirare: quel video l'aveva sconvolto enormemente.
Non tanto per il contenuto - in quanto, grazie al maggiore, i ragazzi
non erano arrivati alle docce e quindi Peter neanche si vedeva - ma per
le loro intenzioni.
Quelli volevano riprenderlo in un momento di intimità, dove
più era indifeso e perchè? Perchè li
aveva 'esclusi' da alcune partite? Perchè, per i loro
canoni, era uno sfigato?
E se non fosse intervenuto Wade, quali altre cattiverie gratuite
avrebbe dovuto subire?
Era assurdo, completamente assurdo.
Lui non gli aveva mai fatto niente di male e, anzi, a pensarci, sin da
subito erano stati Flash e altri ragazzi come lui a prenderlo di mira
brutalmente, solo per il semplice gusto di tormentare uno
più
debole di loro.
Perchè era questa l'unica spiegazione che si dava, l'unico
motivo per cui chiunque sembrasse volerlo tormentare alla prima
occasione, perchè il moro sapeva benissimo di non aver fatto
nulla, di essersi sempre comportato in maniera corretta con tutti.
L'unica sua colpa era di non essere abbastanza forte da fargliela
pagare.
Tuttavia, di fronte a questa cattiveria, non si capacitava, di come
qualsiasi persona potesse fare così tanto male a
qualcun'altro, per una motivazione così stupida.
A quei pensieri, oltre a diventare sempre più pallido,
iniziò a tremare brutalmente e gli occhi iniziarono a
pizzicargli.
"... utto ben...?"
Preso com'era dai suoi pensieri, si scosse brutalmente come vide due
braccia che cercavano di afferrarlo e si spostò di scatto.
Si rese conto solo tardi che era semplicemente Wade che, molto
probabilmente vedendolo sconvolto, voleva dargli 'supporto' a modo suo
con un abbraccio.
Si sentì mortificato, come si rese conto che l'aveva
scacciato in quel modo.
"Scusa io-" mormorò e si rese immediatamente conto che la
voce gli era uscita più piccola del normale.
"... sì, insomma, " disse ancora, dopo essersi schiarito la
voce
"ero sovrappensiero e- non volevo respingerti. Dammi, uh, solo un
attimo, okay?"
Il biondo lo fissò con uno sguardo di pura tristezza in
volto ed
annuì, rimanendo ad una certa distanza - e il newyorkese si
maledì a quella consapevolezza e sperò con tutto
il cuore
che l'altro non pensasse che lo odiasse o qualcosa del genere.
A quel punto, Peter fece un enorme respiro profondo e cercò
di
calmarsi perchè tutto voleva, tranne avere un attacco di
panico
davanti all'amico.
Abbassò quindi lo sguardo verso il cellulare che ancora
aveva in
mano e, per prima cosa, cancellò il video incriminante per
poi
controllare che non avesse mandato in giro altri video di quel tipo e,
fortunatamente - a parte insulti gratuiti qua e là - non
aveva
mandato nulla di strano.
Con un sospiro di sollievo, lievemente più tranquillo, si
mise a cancellare, a cancellare e ancora cancellare.
Non voleva che ci fosse più niente.
Dopo che fu soddisfatto, buttò a terra il cellulare
senza tante cerimonie e frugò nelle tasche degli altri due,
in
cerca del loro cellulare, per avere un'ulteriore conferma che non ci
fosse
niente di strano conservato per poi, anche con loro, cancellare tutto
senza pietà.
"... Stai sanguinando." notò a quel punto il moro,
osservando le
nocche di Wade che stavano praticamente gocciolando "Hai delle fasce
con te?"
"Sì, certo, in borsa." rispose l'altro, osservandosi la mano
"Ma non è così import-"
"Prendile." ordinò Peter, guardandosi poi in giro,
indicandogli poi la panchina, facendogli segno di sedersi lì.
Come l'amico obbedì e prese la borsa poco distante, il
newyorkese spostò per un istante lo sguardo sui tre ragazzi
ancora incoscienti: per come aveva l'umore, quasi sperava che fossero
schiattati.
Scosse subito la testa, cercando di cacciare via i brutti pensieri, per
poi dirigersi verso le panchine, dove c'era l'amico ad attenderlo.
"Prima di fasciarla, forse ti conviene lavarle prima con l'acqua."
Nuovamente, il biondo eseguì le sue indicazioni senza
battere
ciglio e, come questo gli diede le spalle per aprire l'acqua, il
newyorkese ne approfittò per spostare le sue cose e sedersi,
facendo attenzione che la tuta non si alzasse troppo e mostrasse cose
indesiderate.
"... Scusa Petey..."
Come sentì la voce del maggiore, che lo guardava con fare
afflitto, il moro si stranì non poco.
"Certo che ti scusi tanto, ultimamente." disse a mo' di battuta,
sforzandosi di fargli un mezzo sorriso "Anche se, a sto' giro, non mi
sembra che tu abbia fatto nulla di male. Semmai sono io che dovrei
ringraziarti."
Il più alto non disse niente e spostò lo sguardo
sul suo
zaino e, dopo averlo frugato per un po', trovò e porse le
fasce
all'altro.
Come Peter iniziò a srotolare la benda, si accorse
immediatamente come l'altro ora sembrava agitato, che posava lo sguardo
ovunque tranne nella sua direzione.
Che fosse preoccupato per la sua reazione di poco fa?
Sentendosi nuovamente in colpa verso la pessima reazione che aveva
avuto - con l'unica persona che l'aveva aiutato, per giunta - con
delicatezza, gli sfiorò la mano in una dolce carezza,
facendo
dei piccoli cerchietti sul palmo della mano.
"Pet- uh-" mugugnò il canadese, con un'espressione
indecifrabile
- sbagliava, o era appena arrossito? "Io, sai, non voglio togliere
nulla a- CIOE' non togliere nel senso di togliere- ma voglio dire,
insomma, sei gentile a fare- quello- ma, sai, forse dovresti
solo,
sì, tipo, bendarmi e basta. E lo dico per la
sanità
mentale di entrambi, specie la mia, che sai, è
già
abbastanza instabile."
... Era una sua impressione o l'amico era imbarazzato da morire?
Non sapeva la ragione ma la situazione, nonostante l'esperienza
orribile vissuta prima, l'aveva fatto ridacchiare.
"D'accordo, d'accordo, come vuole lei signor Wilson."
esclamò
con un sorriso sincero, sistemandosi al meglio le maniche di
quell'enorme tuta "Se ti
faccio male, fai un fischio, okay?"
Il canadese annuì, sorridendo anche lui, lievemente
più
tranquillo e Peter si chiese se non fosse semplicemente preoccupato per
lui.
A quel pensiero, allargò il sorriso e si mise, con
delicatezza, a sistemargli le bende, cercando di non fargli male.
Calò nuovamente il silenzio fra loro, almeno
finchè il
newyorkese non avvertì il tocco della mano libera del
canadese
sui suoi capelli.
"Hai i capelli fradicissimi Petey, mh." sussurrò pensieroso,
senza togliergli gli occhi di dosso "Cioè, sai, sei carino
anche
così eh, non fraintendermi, ma sai sei bagnato. ...
Perchè detto da me suona malissimo la parola 'bagnato'? E'
una
parola così intensa e- no, dicevo, rischi di ammalarti,
quindi
ti conviene vestirti, sai? Per la salute. Di entrambi. Specie la mia,
quella mentale. Ti prego principessa, abbi pietà."
Nonostante il nomignolo discutibile, il moro si ritrovò a
ridere nuovamente al suo discorso strampalato.
"Ho perso ormai il conto delle volte che mi hai definito 'carino',
quindi o ti diverti a prendermi in giro o dovrei regalarti un paio di
occhiali, come i miei." esclamò il minore, passandogli le
fasce
nell'altra mano "Comunque, sì, dovrei decisamente
sistemarmi.
Non è l'ideale girare con solo il sopra della tuta addosso."
Ci fu nuovamente un silenzio terrificante, nella quale il moro si rese
conto di aver detto qualcosa che non doveva dire.
"... Solo...?" mormorò in tono stranito il biondo, facendo
un
lungo respiro profondo "Nel senso, letteralmente, cioè,
quindi,
hai. solo. quello. addosso?"
In tutta risposta, Peter arrossì fino alla punta delle
orecchie,
non sapendo come dare una risposta all'altro, e di certo lo sguardo che
gli stava lanciando non lo aiutava per niente.
"Bene bene, chi abbiamo qui?"
Al suono di quella voce che il newyorkese conosceva piuttosto bene, si
raggelò, girandosi molto lentamente dove ora Flash e gli
altri
suoi compari erano in piedi, ammaccati ed arrabbiati.
"Wilson, sappi che me la paghi per quello che ci hai fatto."
grugnì, passandosi una mano sulla testa, dove ora c'era un
enorme bernoccolo "E i nostri cellulari sono resettati, che cazzo gli
avete fatto?! Parker, sono sicurissimo che centri tu in questa storia."
Il minore si mise a tremare brutalmente, sentendo la bocca
improvvisamente secca e, quando vide il canadese alzarsi, non seppe
davvero come reagire: era come se il suo intero corpo si fosse bloccato
di colpo.
Tuttavia, anche se i tre ragazzi stessi si irrigidirono, pronti per
un'altra scazzottata, Wade andò nella direzione opposta,
dove
c'erano le docce e aprì l'acqua, bagnandosi la testa con
l'acqua
gelida per una manciata di secondi.
Sotto lo sguardo attonito dei presenti, il ragazzo semplicemente chiuse
l'acqua, per poi scuotersi i capelli a mo' di cane bagnato.
"Sì, sì, arrivo, dovevo fare una cosa importante"
esclamò semplicemente, gonfiando il petto, improvvisamente
più rinvigorito "Quindi, chi devo pestare per primo?"
"Wade, aspetta."
Il maggiore guardò con fare interrogativo al moro, che ora
puntava uno sguardo di puro astio verso i tre ragazzi della squadra.
Grazie allo strano 'spettacolo' offerto dall'amico, quantomeno, ora era
più tranquillo ed aveva trovato il coraggio per parlare.
"Penso sia il caso di parlare di cosa succederà dopo."
"'Dopo', hai detto?" esclamò uno dei ragazzi, con fare
derisorio
"Il tuo amichetto verrà espulso e tu verrai prossimamente
chiuso
in qualche armadietto."
I ragazzi se la risero di gusto e Peter dovette ingoiare un enorme
rospo, per riuscire a continuare ad essere calmo, per poi dare
un'occhiata all'amico, che sembrava sul punto di esplodere.
Doveva agire in fretta.
"Mi spiego meglio." esordì il newyorkese, schiarendosi la
voce
"Prima di resettare il vostro cellulare, mi sono mandato il video che
avevate fatto. Sapete cosa vuol dire?"
Sotto lo sguardo confuso e scettico dei presenti, continuò.
"Mettete che il video finisca nelle mani del preside, cosa
significherebbe? Che non solo dei suoi studenti hanno avuto un
comportamento inaccettabile ma che c'è stata anche poca
sicurezza nella scuola. Che succederebbe quindi se la notizia uscisse
fuori dalle mura scolastiche? Uno scandalo, ovviamente. Quindi si
cercherebbe di tenere la cosa sotto controllo ma, al contempo, di
punire i colpevoli della situazione. E chi pensate siano i cattivi
della situazione? Io, la vittima di uno scherzo, oltre che essere un
bravo studente, Wade che ha cercato di impedire il tutto, che
è
il nuovo quarterback della squadra, oltre il fatto che il padre
è amico del preside o voi tre, che nel video avete
abbondantemente espresso il desiderio di fare le peggio cattiverie, e
che ormai a livello scolastico e sportivo non siete delle cime?"
Capendo perfettamente dove il discorso di Peter volesse andare a
parare, i due ragazzi della squadra sbiancarono e si guardarono
preoccupati, mentre Flash digrignò i denti.
"Se pensi che noi-"
"Flash, dio, stai zitto!" disse uno dei ragazzi, mettendosi una mano
fra i capelli "Non voglio finire nei casini perchè tu volevi la tua
vendetta del cazzo."
"Davvero, ci dispiace." disse l'altro, guardando il moro con uno
sguardo di completo panico "Non lo faremo più, ne ti daremo
fastidio in nessun modo, okay? Ci è sfuggito di mano, non
accadrà più."
Il minore, in tutta risposta, schioccò la lingua, irritato
da questa situazione.
Era disgustoso come fossero diventati così sottomessi e
gentili,
pronti anche a scannarsi l'un l'altro, dopo che erano stati minacciati
di perdere qualcosa a loro caro.
"D'accordo, non farò vedere il video." mormorò
Peter,
incrociando le dita al petto "A patto che chiediate scusa anche a Wade."
Il ragazzo appena nominato, che in tutto quel tempo si era fatto
silenzioso, sbattè gli occhi ripetutamente a quelle parole,
guardando l'amico confuso.
"No- io- cosa?" esclamò, grattandosi la testa, confuso "No
no,
cioè, la scusa migliore che ho ricevuto da loro è
l'essersi fatti menare da me, quindi insomma, al massimo se sono pronti
ad un nuovo giro, io-"
"Ci dispiace." dissero i ragazzi in risposta a quella 'velata'
minaccia, a parte Flash, che ricevette un'occhiataccia da parte dei
suoi amici "... A-Anche lui si scusa, vero?"
"... Sì certo." brontolò, incrociando le braccia
al petto
"Ma non finisce qui, Parker. Appena farai un passo falso, io-"
Prima che potesse aprire ulteriormente bocca, gli amici lo
intercettarono, tappandogli la bocca e trascinandolo fuori dagli
spogliatoi con la forza.
Nuovamente, Peter e Wade si ritrovarono da soli e si scambiarono una
lunga occhiata.
Il moro fece per dire qualcosa, ma il rumore di un tuono lo fecero
sussultare.
"... Hai un ombrello con te?" mormorò Wade, ricevendo subito
un
no con la testa da parte di Peter "D'accordo, senti, io ho l'ombrello
quindi sai cosa? Ti accompagno, almeno eviti di beccarti altra acqua.
Ora, sì, meglio che esca, visto che mi sto distraendo anche
fin
troppo. Ti aspetto fuori dalla porta, okay?"
Visibilmente confuso, il moro osservò il suo amico uscire
dalla stanza con un'espressione strana in volto.
****************
"Si può sapere che hai? E' finita bene lì dentro,
dovresti essere felice, non pensi?"
In tutta risposta, il biondo fece spallucce e, a quel gesto,
il
minore si ritrovò a sbuffare sonoramente, ormai esasperato
dalla
situazione.
Appena era uscito dallo spogliatoio - con la tuta e la sua roba mezza
asciutta addosso - il maggiore l'aveva accolto sotto il suo ombrello ma
non aveva spiaccicato bocca e, anzi, sembrava perso nei suoi stessi
pensieri.
A quel punto, Peter si trovò a domandarsi se quella
situazione avesse scosso anche l'altro, in qualche modo.
"Sei... sei stato sorprendente, prima." disse finalmente l'altro
"Insomma, più ci penso e più, wah, hai ideato
quel piano
complicato in pochissimo tempo. Cioè, woh, chi l'avrebbe mai
detto che in una situazione di quel genere, avessi avuto la testa per
pensare ad inviarti il video? Insomma, più ci penso e
più
sono rimasto sorpresa dalla tua parlantina e-"
"Uh, attualmente..." sussurrò il moro, mordendosi il labbro
inferiore "... non era vero."
A quel punto, il canadese si bloccò di colpo e
guardò l'altro con occhi semi spalancati.
"Come?"
"Beh io..." disse ancora il moro, guardandosi poi attorno, per avere
conferma che non ci fosse nessuno "... ero sconvolto quando avevo
visto... beh, hai capito. Il mio primo istinto è stato
cancellare tutto. Poi mentre stavate per litigare, mi è
venuta
questa idea e- beh- fortunatamente ha funzionato. Almeno non ci
scocceranno più, no?"
A quel punto, Peter guardò negli occhi l'altro, non
riuscendo a
decifrare la sua espressione e, mai come ora, avrebbe voluto che gli
dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
"Dico io, sei completamente andato fuori di testa?!"
Okay, non esattamente qualsiasi cosa.
"... Prego?" esclamò il newyorkese con un film di voce,
guardando l'altro con la bocca spalancata dallo shock.
"Ti sembrava il caso?" ribattè con irritazione "E se
scoprissero
che, non so, guarda un po', le tue belle paroline di minaccia di morte
erano tutte fesserie? Secondo te come potrebbe andare? Aaaaaaaah,
Peter, perchè ti sei cacciato in questa situazione??"
Il newyorkese lo fissò, ferito a morte dalle sue parole.
Non è che avesse avuto molte scelte e Wade doveva saperlo
piuttosto bene.
"... Scusa, allora che avrei dovuto fare?"
"Niente." ribattè il maggiore, senza pensarci troppo
"Assolutamente niente, ci avrei pensato io, in qualche modo. Sai, a
suon di colpi in testa, avrei potuto fargli dimenticare anche i loro
nomi, puoi starne certo! Non era necessario il tuo intervento, anzi,
è stato stupido."
A quelle parole, il moro si fermò di colpo, guardandolo in
cagnesco e, dall'espressione del suo amico, si capiva che era conscio
di aver detto qualcosa che non doveva dire.
"Quindi sarei stupido?!"
"Non ho detto che tu
sei
stupido." cercò di spiegarsi, con un sorriso nervoso "La tua
azione è stata stupida, c'è, insomma, differenza,
no? Era
per dire che non era, emh, necessario il tuo intervento."
"... Quindi faccio cose stupide e
sono inutile?!" ribattè il minore, stringendo i pugni.
"Beh, sì!"
A quella conferma, Peter lo guardò con fare ferito,
sconvolto che l'altro avesse potuto dire una cosa del genere.
E dire che si era preoccupato per tutto questo tempo per quello stupido.
"... Ho capito." disse in tono tagliente, per poi allontanarsi a passo
svelto, incurante della pioggia che continuava a scendere.
"Pete--- Peter, aspetta."
Il canadese cercò di rincorrerlo e gli si parò
subito davanti, con lo sguardo mortificato in volto.
"Io- uh- sai, no? Le parole non sono il mio forte e- so quello che
può sembrare- ma sai- io non--"
"Era quello che hai sempre pensato di me?" esclamò il moro,
interrompendolo "E' per questo che mi hai allontanato?"
Il maggiore si irrigidì a quelle parole, guardandolo con
fare perso.
"... Uh? Petey, io non capis--"
"Pensi che non me ne sia accorto?" ribattè nuovamente il
ragazzo, con rabbia "Di come mi hai allontanato? Pensi che io sia così
stupido da non capire che hai cercato per tutto questo tempo di
chiudere la nostra amicizia??"
A quel punto, l'altro non provò neanche a ribattere ma lo
osservò con sguardo mortificato e questo valeva
più di
mille conferme verbali.
"... Sei assurdo." ridacchiò amaramente, passandosi la mano
sui
capelli nuovamente bagnati "Hai insistito così tanto per
essere
amici, per cosa? Buttarmi alla prima occasione?"
Nuovamente, il biondo non si azzardò a dire una parola.
"Per tutto questo tempo sono stato male per te, mi sono preoccupato,
chiedendomi se fosse colpa mia questa situazione, se sarebbe cambiato
qualcosa se io fossi stato abbastanza forte da aiutarti quando avevi
bisogno. Se avessi potuto fare qualcosa, dandoti i tuoi spazi. Ho
cercato davvero di fare qualsiasi cosa in mio possesso per starti
vicino e ora dici a me,
per una volta che sono riuscita a cavarmela con le mie solo forze e ti
ho aiutato, che non era necessario??"
E ancora, Wade non disse una parola e Peter era disperato.
Sarebbe bastata una sola parola, una soltanto, e avrebbero concluso
quella stupida discussione.
Avrebbe voluto sentirsi dire che si sbagliava, che non era
così, che aveva frainteso tutto.
Ma quel silenzio era terrificante, era soffocante.
... E gli confermava semplicemente che tutto ciò che stava
dicendo era la pura e semplice verità.
E dire che, dopo questa situazione orribile, avrebbe solo voluto la sua
presenza, un suo abbraccio caloroso, un 'sei stato bravo'.
Non credeva che fosse chiedere molto ma, a quanto pareva, si sbagliava.
"Credevo che fossi mio amico." disse semplicemente, con una strana
calma, sorridendo con un flebile sorriso "Che fossi uno dei miei
migliori amici ma penso che abbiamo due concetti diversi di amicizia."
Sospirò afflitto, per poi fare spallucce.
" Comunque, non ti preoccupare, d'ora in poi non ti dovrai
più
preoccupare del fatto che faccio stupidate." sussurrò,
guardandolo dritto negli occhi "Abbiamo chiuso."
//Scusate il ritardo e, visto che non l'ho fatto prima, BUON ANNO!
Spero abbiate passato delle buone feste! <3
Beh, che dire... anche a sto giro never a joy sempre e comunque, ops ;^)
Prima che me ne dimentichi ( di nuovo ) , ad ottobre ho fatto il
kinkober (un writober p0rn, basato su kink) e OVVIAMENTE ho scritto
anche qualche spideypool. Qualcuno è interessato a leggere
qualche oneshot nel caso? Me lo faccia sapere :3
Come al solito , ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia!
<3 In particolare, ringrazio Ali per la correzione del capitolo
<3
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate! Alla prossima <3
Ps: siamo a -3/4! <3
|
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Capitolo 9 *** 9° Capitolo ***
Irresistible09
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
9°
Capitolo.
"Tesoro, non è decisamente il caso che tu vada a scuola
oggi."
proclamò la zia, dopo aver dato un'occhiata al termometro.
"Ma zia..." bofonchiò Peter, posando successivamente la mano
sulla bocca, tossendo per un lungo istante "... sto bene, non
è
così alta e-"
"Oh no Pete, tu rimani qui." esclamò la donna, con un
sospiro,
sistemandosi meglio sul letto per guardarlo in faccia "E' meglio che ti
prenda un giorno di riposo in casa ora, piuttosto che stare male a
scuola dopo. Poi guardati, stai tremando e hai una brutta tosse...
potresti
peggiorare."
Il nipote tacque a quelle parole, sistemando la testa vicino alle sue
gambe, in modo che la parente potesse sfiorargli delicatamente i
capelli.
Ammalarsi in pieno maggio dove, a parte per la giornata del giorno
prima, c'era un sole che spaccava le pietre, era una cosa davvero
assurda - e da sfigato, se proprio doveva dirlo.
Per non parlare del fatto che era il periodo in cui, solitamente, a
scuola riempivano di compiti in classe quindi non era proprio il caso
di-
"Oh caro, posso leggere nella tua bella testolina quello che pensi."
disse May con tono di voce affettuoso, dandogli un buffetto sulla
guancia "So che è un periodo stressante ma vedrai, anche se
mancherai qualche giorno, sono sicurissima che recupererai senza
problemi. Sei tanto intelligente Pete, e sai che se hai bisogno, io e
tuo zio saremo sempre pronti per aiutarti."
Il moro sorrise lievemente a quelle parole incoraggianti, per poi
guardare sua zia alzarsi e sgranchirsi lievemente la schiena.
"Però devo ammettere che sei stato un po' sconsiderato ieri
sera." proclamò la donna, sospirando nuovamente "Insomma,
ieri
sei tornato a casa fradicio e sei andato a letto senza praticamente
toccare cibo... Capisco che sei giovane, ma non sei invincibile,
pulcino. Fai più attenzione la prossima volta, okay?"
Il newyorkese tacque per un lungo istante, per poi annuire debolmente
con la testa.
"Bene." sussurrò la zia, dandogli poi un bacino in fronte
"Ti ho
sgridato abbastanza, ora cerca di riposare, okay? Devo uscire a fare
qualche commissione, ma ti lascio sul comodino qualcosa da mangiare e
la medicina. Cerca di sforzarti e prenderla, va bene?"
Si avvicinò lentamente alla porta, in procinto di uscire,
per poi indicargli la sedia.
"Prima che me ne dimentichi, ti ho lavato i vestiti di ieri, te li ho
appoggiati sulla sedia. Quando ne hai voglia, conservali, okay?"
Come la donna andò via, chiudendo la porta alle sue spalle,
Peter non potè fare a meno di posare lo sguardo sui vestiti
piegati e, più precisamente, sulla tuta prestata da un certo
qualcuno.
Improvvisamente, i terribili ricordi della serata di ieri apparirono
nella sua mente e, rannicchiandosi nel lenzuolo, per la prima volta
nella sua vita, si rese conto che non era poi così
dispiaciuto
di stare a casa quel giorno.
Insomma, chi glielo faceva fare di stare in un ambiente dove veniva
costantemente preso di mira?
Certo, ora sembrava averli tenuti ' a bada ' ma chi glielo diceva che
la cosa sarebbe durata?
Detto sinceramente, non aveva mai odiato l'umanità come in
quel momento.
Se non fosse stato per quei tre amici che aveva a scuola, lui-
... Ah già, erano tornati ad essere due.
Si morse il labbro inferiore, al ricordo della terribile discussione
con Wade che l'aveva portato a chiudere ogni rapporto con lui.
Aveva sentimenti contrastanti in merito a quella faccenda in quanto,
sì, sapeva che aveva esagerato - la situazione avvenuta
negli
spogliatoi della scuola non era stato di certo un toccasana per i suoi
nervi - ma il canadese non aveva fatto niente per
impedirlo.
Non aveva detto niente quando l'aveva accusato di allontanarlo o di
come lo considerasse in generale.
A pensarci meglio, non aveva detto proprio niente.
Tuttavia, ricordava perfettamente i suoi occhi sbarrarsi, le labbra
dischiudersi in una smorfia di puro dolore e la mano libera stringersi
in un pugno, come gli aveva annunciato la chiusura del loro rapporto.
Davvero, più ci pensava e più il minore non
capiva cosa
gli passasse per la testa e, soprattutto, perchè non avesse
detto neanche una minima parola.
Si odiava per questo, ma nonostante fosse stato il primo a chiudere il
rapporto con l'altro, era anche vero che era il primo che ogni volta
guardava il cellulare, speranzoso di un suo messaggio che magari lo
esortava a fare pace con lui.
Ovviamente, sapeva che era solo uno stupido e, il fatto che avesse una
cotta gigantesca per l'altro, lo rendeva ancora più stupido.
Sospirando sconsolato, posando una mano sul petto che gli faceva male
per tutti quei pensieri, pensò che dopotutto, non gli
avrebbe
fatto poi così male stare a casa.
... Anche se, i terribili brividi di freddo che gli percorrevano il
corpo, la tosse e gli occhi lucidi che si facevano via via pesanti, gli
davano l'idea che sarebbe mancato per un po' a scuola.
Prima di addormentarsi, Peter si chiese se il biondo avesse il cuore
spezzato come ce l'aveva lui in quel momento.
****************
Come il newyorkese si svegliò, dopo qualche ora, un
terribile
mal di testa lo obbligò a borbottare, per maledirsi in
centomila
lingue diverse.
Chi glielo aveva fatto fare di ridursi in questo modo?
Nonostante ogni fibra del suo corpo gli ordinasse di andare in un
letargo tattico, il moro si autoimpose di mangiare qualcosa e prendere
la medicina, sperando che questo lo aiutasse a stare subito meglio.
A tentoni, allungò il braccio verso il comodino, in cerca
dei
suoi occhiali e come li indossò - focalizzando quello che,
fino
a quel momento, erano macchie indistinte - potè guardare con
disgusto
quello che la zia gli aveva lasciato, per poi piangere dentro al suo
stesso pensiero: una fetta di pizza.
In situazioni normali, avrebbe mangiato più che volentieri
la
pizza avanzata dal giorno prima - anche se era poco probabile che ne
sarebbe avanzata, in caso - ma quando stava così male,
qualsiasi cibo diventava stomachevole, anche il più
invitante.
E ciò significava solo una cosa: non gli sarebbe bastato un
giorno per rimettersi.
Sbuffando a quel pensiero, cercò di sistemarsi come meglio
poteva sul letto e addentò l'alimento il più
lentamente
possibile controvoglia, per poi ingoiare la pastiglia.
Una forte nausea si impadronì di lui e, stanco morto,
sperò
che gli passasse in fretta, almeno così poteva tornare a
dormire.
Tuttavia, in un baleno, il suo malessere passò per un
istante in
secondo piano in quanto, una gamba - insieme al resto di un corpo -
stava entrando dalla finestra di camera sua.
Non ebbe manco la forza di urlare per lo spavento, semplicemente smise
di respirare e, molto probabilmente, sarebbe svenuto se non fosse che
quasi subito riconobbe la persona che aveva scavalcato la finestra di
camera sua come se nulla fosse.
"E tu cosa ci fai qui?!"
"Ciao a te, Petey pie." cinguettò come se nulla fosse Wade,
pulendosi i vestiti dalla terra e dalle foglie.
"Io- tu-" balbettò il più piccolo senza fiato
"Cioè, sei salito al piano di sopra utilizzando l'albero
fuori in
giardino--? Ma è una pazzia, potevi romperti l'osso del
collo e-"
In quel preciso momento, si mise a tossire per un lungo istante,
tant'è che fu costretto a strizzare gli occhi e mise le mani
sopra la bocca.
Come li riaprì, lacrimando per lo sforzo,
sussultò trovandosi il biondo a qualche centimetro dalla sua
faccia.
"Non hai una buonissima cera, uh." mormorò pensieroso,
osservandolo per un lungo istante "Quindi è per questo che
non
sei andato a scuola oggi?"
"... Per quale altro motivo, sennò?"
Il biondo non rispose e, come cercando di cambiare argomento,
indicò il termometro sul comodino.
"Quanto hai?" chiese con sincera preoccupazione
"Niente fahrenheit, eh! Da nobile canadese alpha, mi rifiuto
di
usare i vostri barbari metodi di misurazione!"
"Ah, uh..." mormorò Peter, troppo debole per ribattere alle
sue
fesserie "Dovrebbe essere... 38° celsius. Circa. Forse qualcosa
in
meno, uh, non ho voglia di fare calcoli."
"O- emme- gi!" esclamò immediatamente l'altro, posando le
mani
sulle guance, con fare scioccato "Cosa fai Petey, devi correre
immediatamente a letto! Ah no, cioè, sei già a
letto- ma
sai, insomma, dovresti riposare- oddio, forse lo stavi già
facendo e-"
Mentre il biondo continuava praticamente a parlare da solo, Peter non
poteva che chiedersi che diavolo ci facesse l'altro in quella casa.
Insomma, avevano litigato, chiuso per sempre, e allora
perchè?
Come se non bastasse, c'erano un'infinità di motivi per cui
non voleva il canadese in stanza.
Punto primo, era in condizioni ancora peggiori del solito -
non si era visto ancora allo specchio, ma ne era più che
sicuro.
Secondo, era in pigiama e non quei pigiami fighi, no, aveva un
pigiama stra largo e stra usato comprato a chissà quale
mercatino delle pulci - giusto per rimarcare ulteriormente la sua
povertà.
E terzo - ma non ultimo - motivo, era proprio la sua stanza,
che trasudava nerd da tutti i pori.
Infatti, nella seppur piccola stanza di Peter Parker, oltre ad un
piccolo armadio malandato, un letto a una piazza e mezzo, un comodino
ed una scrivania ricolma di libri, scartoffie e un portatile aggiustato
chissà quante volte, aveva appeso nei muri tutti vari
telefilm
che seguiva - mai come ora era pentito di non aver tolto quel poster di
Xena che lo fissava con sguardo sprezzante - o foto di cui andava
particolarmente fiero.
In quei pochi scaffali che si ritrovava, si potevano trovare tutti vari
premi e trofei legate a cose di natura scientifica, oltre a due action
figure di Iron Man e di Capitan
America - perchè, insomma, chi non era fan di Steve Rogers?
-
regalate da Harry quando erano piccoli e poi libri, libri e ancora
libri.
Aveva già detto libri?
Infine, in uno spazietto che gli era particolarmente caro - e di cui
andava fiero, nonostante l'imbarazzo - c'era uno scaffale dove teneva
le foto a cui teneva di più.
La foto dove raffigurava Peter e lo zio Ben e la loro prima volta a
pesca assieme, la volta che aveva ricevuto la macchina fotografica dai
suoi zii, il primo compleanno passato con Harry, la prima uscita con
Mary Jane ed Harry... Insomma, tutti i suoi ricordi più cari.
A pensarci, non aveva fatto in tempo a fare neanche una foto insieme a
Wade, nonostante lui per primo la volesse.
... O beh, in ogni caso, ormai era tardi.
****************
"Petey!"
Sentendosi chiamare, il più piccolo riaprì gli
occhi, guardandosi in giro spaesato.
Quando diavolo si era addormentato? E da quanto tempo Wade stava nella
sua camera?!
"Ow, mi sa ti eri appena addormentato, uh." mormorò il
canadese, inclinando il viso "Devi
stare davvero tantissimo male, principessa. Insomma, se te lo sei
perso, avevo preso il tuo gameboy e vedevo che hai solo Super Mario e
parlavo del fatto che-
aspetta."
Si bloccò per qualche istante, fissando il moro e poi la sua
vecchia console.
"C'è la principessa Peach. E tu sei Peter Parker.
Principessa. Peter. Peach. Parker. P.P. Capisci??"
Ovviamente, non aveva idea di che cavolo stesse parlando e non aveva
troppa voglia di scerverllarsi per capire come funzionasse il suo
cervello bacato.
"... Uh, Wade, tu sei venuto qui, perchè...?"
"Ah! GIUSTO."
Con un sorrisetto soddisfatto, il biondo estrasse un quaderno dal suo
zaino, indicandolo con l'indice.
"Tadaaaan!"
Non ricevendo alcun tipo di risposta, avvicinò il quaderno
alla
faccia di Peter, e ripetè la parola in tono più
alto.
"TA-DAAA-"
"Wade, sono ammalato, non sordo." mormorò il newyorkese con
un
sospiro, prendendo poi l'oggetto fra le mani "Che sarebbe?"
"Beeeeeh, oggi hai saltato la nostra intensa sessione di studio e,
insomma, ho chiesto nella tua classe eeee...."
Fece un lungo respiro profondo, facendo un sorrisone, come preparandosi
al 'gran finale'.
"... eeee ho chiesto ad una tua compagna se poteva prestarmi il suo
quaderno, sai, per gli appunti."
Con sguardo molto perplesso - perchè, insomma, chi diavolo
prendeva appunti oltre a lui?? - guardò sulla prima pagina,
per
vedere a chi appartenesse quel quaderno e sospirò, posando
una
mano sulla faccia.
"Sai almeno chi è Elizabeth Allan?" chiese il moro,
continuando
successivamente allo sguardo da pesce lesso dell'altro "E' Liz, una
delle ragazze più popolari della scuola... oltre a essere
l'ex
di Flash. Ricordi, l'avevano nominata quella volta e-"
Il ragazzo con gli occhiali tacque, mordendosi il labbro inferiore,
cercando di cacciare via i ricordi dei giorni scorsi.
"... non è una che segue in classe, sicuramente ti ha
lasciato
il quaderno per darti il suo numero o qualcosa del genere."
"Che?!" esclamò il più grande, riprendendosi il
quaderno,
iniziando a sfogliarlo velocemente "Ma ti pare che una ragazza del
genere, mi dia il quaderno perchè vuole--?"
Ecco che, improvvisamente, il canadese si stoppò e, senza
aggiungere altro per un lungo istante, strappò un foglio,
tagliandolo in minuscoli pezzettini.
"... Bene ma non benissimo, non ci sono più le giovani
scolare
di una volta." esclamò oltraggiato, nascondendo i pezzettini
dentro il suo zaino, rimettendoci poi il quaderno stesso
"Vorrà
dire che
chiederò a qualcun'altro."
"Non c'è nessuno che prenda appunti decentemente e che segua
anche tutti
i miei corsi." ribattè l'altro, roteando gli occhi "Se non
Harry."
Sentito quel nome, come previsto da Peter, Wade arricciò il
naso.
"Quel riccone del cavolo." borbottò, sbuffando sonoramente
"Visto che è tanto figo e perfetto e un super amico,
perchè non è venuto a trovarti per darti i
compiti lui
stesso?"
"Ha una salute abbastanza cagionevole." disse semplicemente il
newyorkese, facendo spallucce "Una volta è venuto dopo che
sono
stato un paio di giorni a casa con l'influenza ed... è stato
un
mese a casa. E' un periodo abbastanza stressante, non è il
caso che se la rischi."
Senza contare che il padre non permetterebbe mai che il ragazzo uscisse
per trovare l'amico malato, ma questo era un altro discorso.
"Meh. E quell'altra? La rossa?"
"Lei prende appunti ma non segue tutti i miei stessi corsi."
mormorò il più piccolo con voce impastata,
sentendo che
si stava per addormentare da un momento all'altro.
Decisamente, aveva bisogno di chiudere quella conversazione subito.
"Wade, l'unico che può darmi gli appunti giusti è
Harry.
Ad ogni modo, non capisco perchè questa discussione, non sei
obbligato a prendere gli appunti per me."
Calò per un lungo istante un silenzio pesante, che venne
spezzato giusto dallo scricchiolio del legno, causato dai passi di
Wade, diretto nuovamente alla finestra.
"... okkkkay, forse è il caso di lasciarti riposare."
esordì il biondo, con un tono di voce che non nascondeva il
suo disagio "Ci vediamo, Peter."
Guardandolo di sottecchi sparire dalla finestra - chiedendosi
perchè la porta dell'ingresso gli facesse così
schifo -
si rese conto che l'altro l'aveva chiamato nuovamente 'Peter'.
Che avesse esagerato e fosse stato esageratamente tagliente nei suoi
confronti?
Forse, ma che altro poteva dire?
Era la pura verità, ufficialmente, non erano più
amici e, anzi, avevano chiuso ogni rapporto.
O almeno, avrebbero
dovuto.
... Sinceramente, iniziava a non capirci più nulla, ed era
un tutto dire visto che Wade era... beh, Wade.
Mentre lentamente cadeva fra le braccia di Morfeo, Peter si chiese se
quando l'avrebbe rivisto, la situazione fra loro sarebbe stata ancora
così imbarazzante ma tanto, sapeva benissimo che non
l'avrebbe
rivisto così tanto presto.
****************
"Eccomi di nuovo qui! Ti sono mancato??"
Come non detto.
Era di nuovo lì, in camera sua, dopo essere passato dalla
finestra e sembrava che, nuovamente, non fosse successo niente fra loro
e, anzi, era arrivato con un sorriso più trionfale di ieri.
"... Non pensavo saresti tornato..." ammise il moro, con voce nasale.
"Perchè?? Dovevo portarti gli appunti giusti, era una
questione
di principio!" disse, porgendogli un'altra serie di appunti "Ecco a te
il quaderno del Principe Mezzosangue! E ce ne sono tantissimi altri,
eh!"
Il newyorkese non proferì parola ma non fu sorpreso
più
di tanto nel vedere che il nuovo quaderno apparteneva ad Harry, in
quanto quest'ultimo l'aveva avvisato con un messaggio che diceva 'ho
prestato gli appunti a quel tuo amico strambo, fammi sapere se sono
arrivati tutti integri' ma era piuttosto stupito dal fatto
che
il canadese avesse superato le avversità con il suo amico
per
prendere quegli appunti... per lui.
Se non fosse che stava davvero male e che era rosso di suo per la
febbre, sicuramente sarebbe arrossito a quel pensiero.
Si chiese perchè facesse tutti quegli sforzi ma molto
probabilmente, come detto da lui stesso, era una questione di
principio e, si sa,
quando il più grande aveva in mente qualcosa, nulla poteva
fargli cambiare idea.
Doveva essere questo il motivo o, almeno, era questo che si ripeteva
mentalmente, per non farsi un'idea sbagliata della situazione.
"... Grazie." disse semplicemente, cercando di sistemarsi meglio nel
letto "Potresti passarmi i miei quaderni? Inizio a copiarli."
"Cos-" esclamò il canadese, guardandolo scioccato "Peach,
stai male, devi pensare a riposare, mica a studiare!"
Peach?!
Da quando quel nome faceva parte dei suoi soprannomi?
"... Devo farlo." disse semplicemente, facendo spallucce "Servono anche
ad Harry, non posso tenermeli in eterno, deve studiare anche lui."
"Ma tu-- AAAAAH, Dannazione! Non potevi essere un normalissimo ragazzo
di 14 anni che si droga??" esclamò esasperato, prendendo gli
appunti dalle mani del più piccolo "Va bene, va bene, ho
capito.
Copierò io gli appunti, sei fortunato che sei carino."
A quelle parole, Peter non potè che lanciargli uno sguardo
di puro scetticismo.
"Wade, sei sicuro di capirci qualcosa?"
"Ovviamente no." rispose, senza alcuna vergogna "Ma tanto devo solo
copiare, no? Non importa che capisca o meno."
Il newyorkese lo fissò per un lungo istante, in quanto molte
delle sue affermazioni erano in qualche modo sbagliate, ma
sospirò, e si accasciò sul letto, troppo stanco
per
ribattere.
E, anche volendo, conosceva abbastanza l'altro da sapere che avrebbe
fatto comunque come voleva.
"Come vuoi." disse semplicemente, rannicchiandosi sulle coperte
"Lì ci sono i quaderni e le penne. Cerca di scrivere in
maniera
che io possa capire, almeno."
****************
Nuovamente, che il newyorkese lo volesse o no, si rese presto conto che
si era nuovamente addormentato mentre il più grande parlava
di
come avrebbe copiato velocemente tutti quei quaderni in pochissimo
tempo.
Chissà che fine aveva fatto... ora non sentiva nulla, quindi
forse era andato via.
Ora come ora non importava, in quanto sentiva solo un gran freddo e
l'unica fonte di calore che aveva intorno sembrava il cuscino che stava
abbracciando in quel momento.
Anche se, a pensarci, aveva una forma strana, ma poco importava in quel
momento.
"Ugh, mi stai bloccando la circolazione."
Sentendo quella voce familiare, Peter riaprì debolmente gli
occhi, rendendosi conto che stava abbracciando il braccio del canadese,
che ora era chinato a terra mentre, col braccio libero, scriveva ancora
su un quaderno.
"Buongiorno principessa, dormito bene?" esclamò con un
sorrisone, guardandolo con sincero stupore "Mi molleresti il braccio?
Ti ho sfiorato la fronte per vedere come stavi e- insomma, giuro, non
facevo nulla di strano e- sì, ti sei appiccicato tantissimo,
e
non c'è nulla di male, ma sai, penso che sto perdendo il
braccio, potresti mollarlo o--?"
In tutta risposta, il moro non disse nulla e strinse ancora di
più il braccio a sè, poggiando la guancia sulla
mano
aperta dell'altro.
E questo faceva parte dei mille e uno motivi per cui non voleva che
Wade lo vedesse in quelle condizioni.
Quando aveva la febbre alta, il suo comportamento diventava quasi
l'opposto del suo solito e diventava estremamente appiccicoso e
bisognoso di attenzioni.
Diciamo che sarebbe stato capacissimo di confessarsi e chiedergli
qualche coccola, in quella situazione.
... Sì, decisamente imbarazzante.
"... Non ti importa della fine che farà il mio braccio?
Molto sadico da parte tua, Parker."
Il biondo sembrò osservarlo per un lungo istante, per poi
mollare gli appunti e sistemarsi più comodamente,
avvicinandosi
col viso a quello di Peter, poggiando la guancia sul braccio libero.
"Mmmmh, stai proprio male, eh?" disse ancora, muovendo le dita sulla
guancia dell'altro, per donargli una delicata carezza "E' stato un
susseguirsi di merdate una dietro l'altra, questi giorni."
Rimase per un lungo istante in silenzio, guardando un punto non
precisato della stanza, per poi voltarsi nuovamente verso Peter, che
aveva nuovamente gli occhi socchiusi.
"Scusami Petey, ma meglio che vada, hai decisamente bisogno di riposare
decentemente, senza rompipalle psicopatici intorno."
esclamò,
estraendo delicatamente il braccio dalle grinfie del minore, che
sbuffò infastidito in quanto la sua fonte di calore si era
appena allontanata.
Come vide il canadese poggiare i vari quaderni sopra la scrivania e
sistemare lo zaino, gli occhi nocciola del ragazzo si spostarono per un
istante sulla sedia, dove ancora erano sistemati i vestiti che la zia
aveva lavato.
"... La tua tuta..." borbottò Peter con voce impastata.
"Che? Oh." esclamò Wade, ormai già
metà fuori la
finestra per poi fare spallucce "Beh, non ti preoccupare, la
prenderò la prossima volta. Ci si vede!"
Dopo che passarono alcuni istanti, il newyorkese si obbligò
ad
alzarsi per chiudere la finestra e poi sfogliare con
curiosità
gli appunti fatti dall'altro.
Nonostante alcuni disegni nei lati e qualche errore d'ortografia, erano
scritti abbastanza bene e si leggevano tranquillamente.
Posò poi lo sguardo fuori, notando solo in quel momento
che fosse sera inoltrata e rimase turbato, pensando a quanto tempo
l'altro avesse dedicato a quegli appunti.
Perchè passare un intero pomeriggio, in una posizione
scomodissima, a scrivere un'infinità di cose su
un'infinità di quaderni?
Perchè fare tutto questo... per lui?
****************
Dire che stava uno schifo era dire poco.
Certo, ora la febbre era calata ed era più 'lucido', ma
aveva
una fortissima nausea che faceva in modo tale che, qualsiasi odore di
cibo sentisse, lo faceva correre in bagno a rigettare anche l'anima.
Mai come ora si sentiva come una donna in stato di gravidanza.
Era appena ritornato da una delle sue 'capatine al bagno', quando si
ritrovò in camera nuovamente un canadese di sua conoscenza,
che
addentava con voracità dei biscotti.
...Decisamente, non era l'ideale ora come ora.
"Fao Fetey." borbottò con la bocca piena, ingoiando di colpo
"Ti
racconto una storia buffa. Stavo nuovamente per arrampicarmi in camera
tua quando tua zia mi ha visto e ha detto che era pericoloso e di
entrare dall'ingresso. E' stata proprio gentile, mi ha dato anche dei
biscotti appena sfornati! Li vuoi anche tu??"
"Detto sinceramente, ora come ora qualsiasi cosa mi nausea, quindi..."
"Non c'è problema, risolvo io la situazione."
Detto queste parole, prese tutti i biscotti che aveva sulle mani e se
li infilò nella bocca, masticandoli poi rumorosamente.
In un momento del genere, una scena del genere non faceva che farlo
stare peggio.
"Comunque stavo pensando, i tuoi zii sembrano un sacco fighi, ma quindi
abiti solo con loro? Non ho visto i tuoi, sono quel tipo di genitori
che stanno spesso via o...?"
"Non mi va di parlarne." lo bloccò il moro con fare
tagliante, incrociando le braccia al petto "Che volevi?"
Il biondo non sembrò scoraggiarsi da quelle male parole e
gli mostrò una busta di plastica.
"Sai cosa? E' stata proprio una fortuna aver beccato tua zia,
effettivamente, con questo addosso sarebbe stato un po' difficile
scalare la finestra."
Estrasse dalla busta una pentola e, come tolse il coperchio, il
più piccolo sbiancò, sentendo lo stomaco
contorcersi
nuovamente.
"E'...?"
"Brodo di pollo." esclamò orgoglioso l'altro "E' una cosa
che si
porta agli ammalati! L'ho visto su Gilmore Girls. O era O.C.? Oh beh,
non importa, ma l'ho cucinato con le mie dolci manine, quindi devi
assaggiare."
"... Senti..."
Decisamente, Wade aveva trovato il giorno peggiore per insistere sulle
fesserie, senza contare che quella situazione, la loro situazione, lo
stava stressando non poco.
"Io non capisco." esordì, posando l'indice e il pollice sul
setto nasale, massaggiandolo lievemente "Fino a qualche giorno fa non
mi potevi vedere e non hai battuto ciglio quando ti ho chiesto
spiegazioni, nè quando ho chiuso la nostra amicizia. E ora,
che
sto male, non ho voglia di vedere niente e nessuno, appari ogni giorno
come se non fosse successo niente, come se fossimo dei super amiconi!
Mi spieghi che diavolo hai per la testa? Io non ti capisco
più."
Il maggiore di bloccò a quelle parole, allargando gli occhi,
per
poi iniziare a borbottare da solo velocemente non si sapeva bene cosa.
Capendo che ne avrebbe avuto per le lunghe, il moro si sedette sul
letto, sentendo che era troppo stanco per rimanere in piedi oltre -
senza contare che, se avesse dovuto aspettare che l'altro si decidesse
a parlare, sarebbe diventato vecchio.
"Ho... capito." esclamò con sguardo triste l'altro,
porgendogli
la pentola "Me ne vado, però, sai, dovresti prenderne almeno
un
po'. Non sei costretto eh, ma ti farebbe bene."
Rimase per qualche secondo fermo, come se volesse dire qualcosa, poi
lentamente si avvicinò, scompigliò delicatamente
i
capelli dell'altro e se ne andò, chiudendo lentamente la
porta
di camera sua.
Come se ne andò, Peter sentì un enorme dolore al
petto ed
era abbastanza sicuro che non fosse per la zuppa che aveva portato
l'altro - almeno, non solo per quello.
Si era pentito amaramente delle parole che gli aveva appena rivolto, ma
che altro poteva fare?
Non poteva stare per sempre in balia degli umori dell'altro, non era
giusto per se stesso.
Si ritrovò quindi a sospirare, osservando il brodo con certo
disgusto per poi, nonostante tutto, prendere il cucchiaio all'interno
della busta e assaggiarlo.
Nonostante i suoi pensieri, era comunque in balia di Wade.
****************
Quel
giorno aveva fatto preoccupare da morire i suoi zii, quando la
temperatura gli si era alzata pericolosamente, costringendoli a
chiamare un medico, il quale gli aveva prescritto dei farmaci specifici
- facendo sentire in colpa il moro per lo spreco di soldi.
Aveva passato l'intera giornata a dormire, svegliarsi per qualche
istante, per guardare la finestra e poi sospirare, riaddormentandosi di
nuovo.
Non importavano le volte che si ripeteva di aver ragione ad aver
chiuso, non importava quanto si dicesse che non gliene fregava
più nulla e non importava quante volte incolpasse la febbre
per
il suo umore, sapeva benissimo quanto il biondo gli mancasse, quanto
avrebbe voluto che riapparisse e quanto avrebbe voluto fare pace con
lui.
Quanto l'avrebbe voluto vedere ancora.
Ovviamente, sapeva bene che la cosa non era possibile in quanto,
innanzitutto, il suo orgoglio glielo avrebbe impedito, per non parlare
del fatto che l'altro si ostinava a non dargli spiegazioni e, infine,
dopo
il modo in cui l'aveva trattato l'ultima volta, era abbastanza palese
che non l'avrebbe rivisto così tanto presto.
Era
l'incoerenza fatta a persona.
Come se non bastasse, ogni volta che dormiva, sognava in maniera
confusa momenti quotidiani passati assieme, nella quale
chiacchieravano, ridevano o anche solo si facevano compagnia l'un
l'altro.
Per questo non si sorprese più di tanto di sognare il
maggiore
in camera sua, con la divisa da cheerleader della squadra di football e
i pompon.
"DATEMI UNA P. DATEMI UNA E. DATEMI UNA T. DATEMI UN- UH- MI SONO PERSO
MA VA BENE UGUALE, GUARISCI PRESTO NON FARMI URLARE. OLE'!"
Mentre osservava con sguardo vuoto quel Wade-sogno che scuoteva con
passione i suoi ponpon giallo fluo, dovette ammettere a sè
stesso che non era affatto male.
Insomma, quel toppino gli stringeva al punto giusto il petto, mostrando
per bene i suoi addominali perfetti, per non parlare della pelle nuda
sulla pancia ed infine, la gonna che gli arrivava alle cosce.
Forse a parlare era l'influenza, il fatto che non lo vedesse benissimo
o il suo debole per le cheerleader, ma gli stava enormemente da dio e
ne era pressocchè affascinato.
Quindi, perchè non approfittare di quella situazione, nella
realtà irrealizzabile, per stare in pace con se stesso,
almeno
un pochino?
In completo silenzio, allungò quindi il braccio verso di
lui,
accarezzandogli la gamba, spostandosi verso
l'altro, prendendogli
infine un pezzo di stoffa della gonna, alzandogliela lievemente.
"... Eh? Boxer al posto degli slip?" esclamò contrariato,
sbuffando, lasciando immediatamente la presa "Neanche nei sogni
può essere tutto perfetto..."
Con qualche difficoltà, si voltò dall'altra
parte, dando
le spalle alla versione sogno del suo ex amico, rannicchiandosi sotto
le coperte.
"Invece di apparire nei sogni altrui, non dovresti comportarti da
persona decente nella realtà? Stupido."
Tirò su col naso, prendendo uno dei suoi cuscini per
abbracciarlo, sentendo gli occhi farsi nuovamente pesanti.
"Forse lo stupido sono io, visto che spero che fra noi due
torni tutto come prima..."
E mentre perdeva nuovamente conoscenza, pensò che quelle
mani
che poco dopo raggiunsero i suoi capelli, fossero tremendamente reali e
calorose.
****************
Non seppe quanto tempo era passato dall'ultima volta che era sveglio e
lucido, ma sapeva che qualcosa era strana in quel
momento, nella
sua stanza, nel suo letto, quella sera.
Perchè Wade era addormentato sul suo letto e lo stava
abbracciando?!
Okay, era il caso di ragionare a mente lucida, per quanto gli era
possibile.
Intanto, indossava un paio di jeans ed una maglietta quindi era
abbastanza sicuro che non fosse un altro sogno di dubbia
moralità.
Il fatto strano era che, nonostante fossero a maggio e si
morisse di caldo -
a parte Peter che
aveva la febbre -
il canadese indossava il sopra
della sua tuta e l'aveva usata per 'imprigionare' il moro sul suo petto.
Il newyorkese sentì il viso arrossarsi nuovamente, ma
stavolta
non per la febbre e, con la faccia così vicino alla sua,
dovette
ammettere che l'altro mentre dormiva era davvero carin- no, non era
questo il momento.
Che diavolo era successo mentre dormiva? E perchè l'altro
era
lì? Pensava che non l'avrebbe rivisto, se non a scuola e-
"Mh-"
A interrompere i suoi pensieri, il borbottio del ragazzo al suo fianco
che lo strinse ulteriormente, per poi sgranchirsi le gambe.
" 'Giorno Petey pie." mormorò con voce impastata "Come stai
ora?"
Senza aspettare una risposta, allungò il collo verso la
fronte
del minore, dandogli un leggero bacio, un gesto così
familiare
ed intimo da spiazzare l'altro.
"Mi sembri fresco." disse ancora pensieroso "Tu che dici? Ti senti
ancora male?"
Come poteva parlare così tranquillamente dopo aver fatto
qualcosa del genere ad un altro?
Insomma, okay, era stato intimo con 'tante persone' - in
maniera
decisamente più passionale - ma, insomma, doveva pur sapere
che
Peter non era abituato a quel genere di cose!
"... Non dovresti stare così appiccicato a qualcuno di
malato."
borbottò invece, guardandolo con un leggero broncio in viso.
"Che? NAH, vai tranquillo, non mi ammalo mai. Potrei far concorrenza a
Capitan America e- sì, l'ho nominato apposta
perchè ho
visto il modellino e- è stata una sorpresa, sai? Okay Iron
Man
ma Cap- non c'è nulla di male eh, però non
pensavo che
fossi tipo da-"
Ecco che mentre il moro si stava perdendo nuovamente nei suoi discorsi
sconclusionati, il ragazzo si bloccò, guardandolo con fare
intenso, mettendo in difficoltà Peter.
"... Che c'è?"
"Hai le lentiggini." disse, con sguardo intenerito, sfiorandogli con
l'indice il naso "Sono solo qui e si vedono appena ma ti stanno un
sacco bene. Non le avevo mai
notate perchè porti sempre gli occhiali e- okay, sono
carinissime.
Togli gli occhiali più spesso. Okay, forse no, non
è
l'ideale se non ci vedi. Hai mai pensato di usare le lenti a contatto?"
"Uh, non sono tutto sto' granchè, d'estate poi sono una
tragedia
e non ho soldi per una cosa di così futile..."
mormorò in
imbarazzo, non sapendo davvero che dire "Umh, Wade, esattamente siamo
in questa situazione perchè...?"
"Oh? OH."
Fu a quel punto che il biondo tacque e, per la prima volta in quella
serata, sembrava essere lui quello in imbarazzo.
"Sono venuto a trovarti come mio solito e mi sembravi che stavi davvero
male e..." mormorò, bloccandosi nuovamente per un breve
istante
"Mi sembra che hai borbottato il mio nome e che avevi freddo e- sono
intervenuto."
... Oddio.
Ora lo nominava pure nel sonno?
Quanto cavolo era patetica la sua cotta per l'altro?!
"Non potevi semplicemente mettermi la tuta sopra o chiedere a mia zia
una coperta...? Perchè beccarti caldo a caso?"
"Io..."
Il canadese alzò lo sguardo al cielo, poi lo
spostò di lato e infine lo guardò dritto negli
occhi.
"... Sai com'è, non sono bravo a prendere decisioni sensate
in
situazioni di stress. Ma anche in situazioni normali." disse, facendo
spallucce "Hai caldo?"
"Beh... Sì. Siamo anche fin troppo appiccicati."
mugugnò
il newyorkese in imbarazzo, abbassando lo sguardo "Forse è
il
caso di staccarti."
Il maggiore fischiettò felice, avvicinandosi velocemente,
abbassando la cerniera della tuta che stava dietro la schiena di Peter.
Il suo respiro sul collo, unito alle dita che gli percorrevano appena
lungo la spina dorsale, lo fecero rabbrividire piacevolmente, oltre a
causargli l'ennesimo rossore.
Decisamente stava molto meglio ma non era il caso che fosse
così 'reattivo' in quei casi.
"Oooooh, aria finalmente!" esclamò Wade, lanciando da una
parte
la tuta, facendosi aria con la maglietta "Ammetto che stavo soffocando
là dentro."
Il newyorkese rimase in silenzio e, distanziandosi un po' dall'altro,
appiccicandosi al muro piacevolmente freddo, lo guardò con
fare
interrogativo.
"Uh... Sei qui perchè...? Hai bisogno degli appunti?"
"Eh?"
"Beh..." mormorò roteando gli occhi "Tempo fa ti sei
lamentato
perchè non mi ero presentato alla nostra sessione di studio.
Ho
provato a scriverti qualcosa ma non avevo proprio testa."
"Cos- Sei assurdo Peter Parker." borbottò il biondo con uno
sbuffo infastidito, mettendosi a pancia in su sul letto "Ti pare che
vengo per studiare? IO? E comunque, stai male da una settimana, oggi
è sabato."
Wow, si era assentato per parecchio a scuola, non osava immaginare
tutto ciò che avrebbe dovuto recuperare.
Tuttavia, gli fece rendere conto che l'altro aveva passato quasi
l'intera settimana a prendersi cura di lui, in un modo o nell'altro.
Quel pensiero, bastò per stringergli il cuore e lo convinse
a
provare un'ultima volta a capire cosa frullasse nella mente del ragazzo
a suo fianco.
Così gli strinse la maglietta, in modo da attirare la sua
attenzione e farlo smettere di borbottare fra sè e
sè.
"Wade... Ascolta." borbottò Peter, in imbarazzo per la
situazione "A me non ha fatto piacere com'è andata la
situazione
di- beh, lo sai. Non ti dico di tornare amici, specie se non lo vuoi,
ma quantomeno vorrei capire... che è successo, ecco."
A quelle parole, il canadese allargò gli occhi, sconvolto.
"Oddio, Petey, non ho mai detto che io voglio-!! E poi tu-!!! E questo
perchè--AAAAHH!"
Il moro osservò l'altro mettersi una mano sulla faccia,
tornando
a borbottare fra sè e sè in maniera frenetica e
non
potè fare altro che aspettare lì, pazientemente,
che
l'altro formulasse una frase di senso compiuto.
Dopo un lungo momento, il maggiore sembrò bloccarsi di
botto,
per poi fare un grosso respiro profondo e respirare più
regolarmente.
"E' colpa mia."
Il newyorkese alzò un sopracciglio a quella frase detta
dall'altro con un filo di voce, ma continuò a tacere, in
modo di
dare all'altro la possibilità di spiegarsi.
"Quello che è successo negli spogliatoi era colpa mia."
continuò, mettendosi una mano sugli occhi "Nel senso, non
doveva
esserci nessuno, no? Era così. Per questo, quando il coach
mi
chiese dov'eri e gli risposi, non pensavo che Flash e quegli altri
avrebbero sentito. Nè che avrebbero usato la cosa contro di
te.
Ma poi li ho visti confabulare e- e- ero in panico. Ma ormai era fatto,
no? Ho provato tanta rabbia e- però ho provato a non
esagerare,
sai? Non volevo che i tuoi sforzi di farmi rigare dritto andassero a
farsi friggere ma- poi ho sentito che ti sei inventato quella storia
del video e sono andato in panico nuovamente perchè,
insomma,
sono forte, ma non sono onnipresente e se succedesse qualcosa e lo
scoprissero e io non ci fossi a proteggerti? Sono queste le cose che mi
hanno bloccato-"
"Oh Wade..."
"No aspetta Petey, non ho finito." esclamò nuovamente,
raccogliendo nuovamente fiato "Lo so che ti ho evitato ed era quello
che volevo. Ma non perchè non provi più affetto
nei tuoi
confronti. Ma perchè mi sto rendendo conto che è
egoista
da parte mia coinvolgerti nei miei casini. Insomma, avessi i problemi
adolescenziali da ragazzino cringe, tant'è tanto, ma ho dei
grossi problemi con la violenza e il fatto che mio padre è
più psicolabile di me non migliora di certo la situazione. E
se
la prossima volta fossi coinvolto in qualche casino grosso per colpa
mia? Non me lo perdonerei mai."
Si bloccò nuovamente e, a sto giro, il moro si chiese se
stesse trattenendo le lacrime o qualcosa del genere.
"Ma nonostante i miei bei propositi del cazzo e l'idea che fosse meglio
per tutti e due se ci frequentassimo meno ... Beh, eccomi a romperti le
palle ogni volta che ne ho la possibilità." concluse, con
uno
sbuffo "Sono un casino, ecco la verità."
Peter lo osservò per un lungo istante, senza sapere davvero
come rispondere dopo un discorso simile.
Era struggente vederlo soffrire in quel modo, non solo per
ciò
che gli capitava, ma perchè era tutto così
dannatamente
difficile.
Cosa dirgli, in casi del genere?
Come poteva, uno come lui, che non aveva niente, che non era niente, riuscire a
tranquillizzarlo?
Sinceramente, avrebbe voluto risolvere tutti i suoi problemi e dubbi,
ma oramai era abbastanza appurato che non potesse fare nulla, a
riguardo.
Riflettè quindi per un lungo istante sui suoi vari discorsi
sconclusionati, per poi sfiorare la mano sopra i suoi occhi e spostarla
lievemente, in modo da poterlo guardare negli occhi.
"Innanzitutto." esordì, rivolgendogli un leggero sorriso "Un
enorme problema bisognerebbe scomporlo in tanti problemi più
piccoli, in modo che sia più facile risolverlo."
Mentre il maggiore gli lanciava un'occhiata ricolma di pura confusione,
Peter si sistemò meglio sul letto, in modo che potesse
guardarlo
meglio.
"Punto primo, pensi davvero che non me la possa cavare da solo, neanche
minimamente?" esclamò, schioccando la lingua "Ho combattuto
con
gente del genere per una vita, non crollerò così
facilmente per cretini del genere, davvero."
Come cercando di tranquillizzarlo, gli sfiorò i capelli
lievemente arruffati con le dita, nonostante non fosse tutto sto
granchè a fare le coccole.
Tuttavia, il canadese non fiatò a quel gesto, nè
sembro volerlo allontanare.
"Per la situazione di tuo padre... Beh. E' difficile. E non
è
una cosa che si possa risolvere così, su due piedi." ammise,
con
un sorriso triste "Ma non sarà sempre così, no?
Praticamente l'anno è finito e andrai avanti. Avrai solo un
anno, poi potrai lavorare dove vuoi. Hai un'infinità di
scelte
davanti a te, così potrai andartene di casa. Dovrai...
Dovrai
solo mettercela tutta per un po'."
Mentre continuava a sfiorare i capelli dell'altro, si chiese se un
discorso del genere fosse fin troppo ottimista, per una persona che non
aveva alcuna idea di cosa fare nella vita.
Senza contare che avrebbe dovuto aspettare un bel po'.
" E... e poi sai, io dopo il liceo andrò sicuramente ad un
college e mi cercherò un lavoretto, per cercare di non
pesare
troppo sui miei zii. E, quindi, se mai avessi delle
difficoltà
potremo, non so, lavorare assieme un giorno, vivere in un appartamento
orribile per dividere i costi... insomma, quelle cose lì."
"Sai Peach" esordì Wade a quel punto, guardandolo con un
sorriso
"Dai tuoi discorsi sembra quasi che tu mi stia chiedendo di sposarci o
qualcosa del genere."
A
quelle parole, avvampò brutalmente, in seria
difficoltà.
Che avesse esagerato con le sue parole?
Effettivamente, gli aveva praticamente proposto di vivere insieme, in
un futuro.
"Non fare quella faccia, principessa, mica ti sto dicendo di no."
esclamò, con un sorriso sornione "Però sai, non
sono mica
uno facile! Voglio come minimo un anello fatto di rubini e- nah, okay,
lo perderei, ma almeno una cenetta romantica, okay? E voglio avere un
bellissimo abito da sposa, scollatissimo ovviamente. Voglio essere sexy
anche in chiesa."
A quel punto, Peter scoppiò a ridere e, successivamente,
anche l'altro.
Risero assieme per un lungo istante finchè, con le lacrime
agli
occhi, non tornarono a guardarsi intensamente negli occhi.
"Scherzi a parte..." esordì nuovamente il minore " Quello
che
sto cercando di dirti... non sei da solo, Wade. Ma questo te l'ho
già detto, no?"
A quel punto, il canadese non gli rispose ma allungò il
braccio
verso di lui, sfiorandogli dolcemente la guancia, per poi portargli
dietro l'orecchio alcuni ciuffi ribelli.
Il newyorkese arrossì a quel gesto ma, quella
volta, non
disse, nè fece niente e, anzi, lasciò fare
all'altro
ciò che voleva.
Non sapeva se aveva usato le parole giuste con lui ma spero che,
almeno, fosse più tranquillo e che non lo allontanasse
più.
E non era forse giusto così?
Insomma, stavano bene assieme e entrambi sembravano stare male quando
si allontanavano l'uno dall'altro, per cui perchè avrebbero
dovuto dividere le loro strade? Non aveva senso.
Tuttavia, c'era un'altra cosa che non aveva senso in quel momento:
l'atmosfera in quella camera.
C'era uno strano silenzio fra loro e sembravano comunicare solo con gli
sguardi che si lanciavano.
Non era un silenzio imbarazzante o ricolmo di disagio ma era calmo, ma
strano, come se entrambi sapessero che sarebbe successo qualcosa, anche
se non sapeva bene cosa.
Fu quasi all'ultimo che il minore si accorse di come l'altro aveva
quasi azzerato la distanza fra loro e continuava a guardarlo con occhi
carichi di non si sapeva bene cosa.
Che Wade lo stesse per...?
"Peter, tesoro, come stai?"
Come il moro sentì la porta della sua camera aprirsi,
istintivamente, spinse via il maggiore, facendolo finire a terra con un
tonfo.
Quando la zia entrò, il minore era completamente rosso in
viso,
nascosto buona parte dalle coperte, mentre l'amico era di profilo, con
il gomito poggiato a terra e la mano a reggergli la testa, sorridendole
come se nulla fosse.
"Buonasera, signora Parker."
"Oh Wade caro, non sapevo che fossi qui." esclamò con un
sorriso
cordiale, avvicinandosi a Peter "Sei passato nuovamente dalla finestra?
Te l'ho detto che è pericoloso!"
"Non si preoccupi, sono uno sprezzante del pericolo."
Il biondo si spostò, sedendosi più in
là per
terra, mentre la signora sfiorava dolcemente la fronte del nipote,
assumendo uno sguardo più rilassato.
"Oh, meno male, sembra che la febbre sia calata del tutto."
esclamò, dandogli un bacio in fronte, porgendogli gli
occhiali "Ti va di mangiare qualcosa, tesoro?"
Dopo che il nipote annuì con la testa, si voltò
poi verso
Wade, che sembrava sul punto di prendere le sue cose ed andare via,
rivolgendogli un enorme sorriso.
"Ti va di fermarti anche tu per cena?"
"Uh?" il canadese rimase sinceramente sorpreso da quelle parole, come
se non fosse abituato a cose del genere "Errrmmhm, non vorrei
disturbare signora."
"Nessun disturbo e puoi darmi del tu." rispose la donna, avvicinandosi
poi alla porta "Peter, ti consiglio di farti la doccia, prima di
scendere, sei davvero sudato. E... Oh. Anche tu Wade, sei messo nella
stessa situazione."
Il maggiore si guardò la maglietta, facendosi aria con essa,
incuriosito dalla cosa.
Forse si era scordato la sauna fatta con il sopra della tuta, per far
caldo al minore.
"Forse è il caso che ti rinfreschi anche tu."
esclamò,
pensierosa "Ti lascio una maglietta pulita in bagno, okay? Dovrei avere
da qualche parte una maglia della tua taglia."
"Ma non c'è-"
"Trovi tutto in bagno." disse, con un dolce sorriso che non permetteva
repliche "Mi raccomando, fra un'ora scendete, okay?"
Come la donna chiuse la porta alle sue spalle, calò
nuovamente
il silenzio fra loro e, nuovamente, i suoi occhi azzurri tornarono su
quelli nocciola dell'altro.
"Lo so, è tosta, ma a zia May non puoi dire di no."
esclamò il newyorkese con un sorrisetto imbarazzato,
sperando di
cambiare argomento.
Insomma, non voleva parlare di certo di quello che era successo prima.
Perchè, davvero, che diavolo era successo prima?
Cos'era quell'atmosfera strana fra loro?
Si era immaginato cose o stava succedendo qualcosa di strano?
In ogni caso, non era certo di volerlo scoprire, ora come ora.
"Sì, hai ragione." rispose Wade, facendo spallucce - e Peter
ringraziò mentalmente che anche l'altro sembrava non voler
parlare della cosa "Comunque, devo ammettere che l'idea di tua zia mi
ha salvato la vita. Effettivamente, avevo proprio bisogno di
rinfrescarmi."
Senza aggiungere altro, si tolse di botto la maglietta di dosso,
mostrando senza vergogna, il suo bel fisico e il moro si sorprese di
quanto fosse simile al sogno che aveva fatto qualche giorno fa.
No, non era il momento di pensare ad una cosa simile.
Perchè si stava spogliando in camera sua?!
"Oh, scusa, ti da fastidio?" esclamò il più
grande, con
una strana cadenza nella voce "Mi sentivo davvero appiccicoso e non
vedevo l'ora di togliermi quella stoffetta di dosso~."
"... Ah... Capito." riuscì a balbettare appena l'altro, non
sapendo davvero dove guardare.
O meglio, dove non guardare, visto che non riusciva a smettere di
guardare gli addominali dell'altro.
Dio, sembrava un maniaco.
Sperò almeno che l'altro non si fosse accorto della cosa.
"Oh Petey, senti ancora." disse ancora, avvicinandosi in maniera quasi
lasciva "Sto pensando. Dici che tua zia se la prenderebbe se le
chiedessi di farmi direttamente la doccia? Non mi sento appiccicoso
solo sul petto."
Posizionò l'indice vicino all'ombelico, scendendo poi
lentamente fino alla sua cintura, giocherellandoci appena.
"... Che dici, dovrei togliere anche questo?"
Fu a quel punto che il cervello del moro smise di funzionare e perse
completamente l'uso della parola.
Aveva perso anche la capacità di elaborare un pensiero di
senso compiuto.
Era abbastanza sicuro che avrebbe perso a breve la capacità
di
far funzionare i polmoni e il cuore, se non fosse stato per il suono
della risata di Wade.
"Oddio Peach, dovresti vedere la tua faccia, è- pff,
fantastica."
Il newyorkese, che finalmente riusciva ad elaborare quello che gli
dicevano, guardò con bocca semi spalancata l'altra,
rivolgendogli poi un'occhiataccia.
"... E' stato uno scherzo di pessimo gusto." mormorò con
tono indispettito.
"Uh?" rispose Wade, calmandosi di botto "Scherzo? Chi ha mai detto che
era uno scherzo?"
Mentre il minore gli rivolgeva uno sguardo assai confuso, il biondo si
sedette al suo fianco, continuando a sorridergli come se nulla fosse.
"Non scherzerei mai su una cosa del genere con te." proclamò
Wade "Vedila così, volevo solo dimostrare una tesi che avevo
in
testa da un po'."
Certo che, ultimamente, quello di 'dimostrare tesi' era diventato un
vizio per lui.
Specie poi perchè con le sue 'tesi', gli faceva sempre
prendere un infarto.
"Sì?" borbottò, il moro con fare stizzito "Tesi
su?"
"Un dubbio che avevo da un po'." rispose semplicemente, alzandosi poi
dal letto "Grazie a te, però, ho avuto una conferma."
Mentre Peter lo guardava ancora più confuso, facendo finta
di nulla, Wade aprì la porta di camera sua.
"Oh, un'ultima cosa." esclamò, posando lo sguardo su di lui
"Prometto di fare il bravo e di andarci piano. Ma..."
Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.
"... Se vuoi seguirmi in bagno e fare una doccia davanti a me, non ti
dico di no~."
esclamò con voce calda, per poi ridersela da solo e chiudere
la porta alle sue spalle.
A quelle parole, con un certo terrore, il moro iniziò a
chiedersi che diavolo avesse capito quell'idiota.
//Eh-eh, volevate il porno, eh?
ED INVECE NO, MUAHAH.
Ad ogni modo, purtroppo ho già appuntato cosa doveva
succedere
in questo e nei prossimi capitolo, quindi davvero, era programmato dal
almeno un anno che Peter si ammalasse, quindi spero che non la
prenderete a male, visto i casini che stanno succedendo 3
Spero che voi tutti stiate bene e che vi sia piaciuto questo capitolo!
Ci stiamo avvicinando sempre più alla fine, sob (-3!)
Concludo ringraziando tutti quelli che mi seguono ed in particolare la
mia amica Alice, che oramai mi sta correggendo tutti i capitoli,
è un angelo!;_;
Alla prossima ragazzi, fatemi sapere che ne pensate! <3
Ps: ho pubblicato la famosa raccolta di cui vi parlavo lo scorso
capitolo! Andate a leggere e fatemi sapere che ne pensate della prima
storia, se vi va <3
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Capitolo 10 *** 10° Capitolo ***
Irresistible010
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
10°
Capitolo.
La sua vita era diventata - ulteriormente - un inferno grazie a colui
che era tornato ad essere il suo amico.
Chi? Ovviamente Wade Wilson.
Glielo aveva fatto capire a quella cena con gli zii, con quegli sguardi
che sembravano volergli leggere dentro, con quei sorrisi maliziosi che
non facevano altro che imbarazzarlo, per non parlare del piedino sotto
il tavolo che gli fece andare di traverso il polpettone di zia May.
Aveva una cotta gigantesca per l'amico e il biondo lo sapeva benissimo,
a quanto pareva.
Non si azzardava neanche più a pensare che 'non poteva
andare
peggio di così' perchè non c'era mai fine al
peggio e,
per l'esattezza, non c'era mai fine a quanto potesse cadere in basso.
Mentre percorreva i lunghi corridoi della scuola, stringendo forte lo
zaino al petto, non poteva fare a meno di guardarsi
intorno con circospezione, con l'angoscia di trovarsi davanti, quando
meno se l'aspettava, il canadese.
Sinceramente, non si sentiva psicologicamente pronto a essere rifiutato
da uno dei suoi migliori amici - perchè era questo quello
che
stava per succedere, no?
Sarebbe arrivato il momento in cui il più grande avrebbe
smesso
di scherzare sulla cosa e gli avrebbe dato il due di picche e-
"Pete!"
"AH!"
Il newyorkese saltò letteralmente sul posto, come si
sentì sfiorare la spalla da Mary Jane, che ora lo guardava
con
un sopracciglio alzato.
"Mi fa piacere che ti sei ripreso dall'influenza." esordì la
ragazza, incrociando le braccia al petto "Ma pensavo saresti stato
più felice di rivedermi, dopo tanto tempo."
"Oh- scusami, davvero, non è per te." si scusò
l'altro,
con un sorriso flebile "È che, emh, diciamo non ho voglia di
incontrare
gente oggi."
"E dove sarebbe la novità?"
Si bloccò un attimo a rimuginare, per poi guardarlo con fare
sospettoso.
"... C'entra qualcosa Wade?"
A sentire quel nome, istintivamente, le sue guance si colorarono di
rosso.
"Io- Lui- No, cioè, perchè dovrebbe c'entrare
lui?"
"Mmh... Sarà." mormorò, per poi posare lo sguardo
su un
qualcosa di non precisato di fronte a sè "Allora non
sarà
un problema, visto che il tuo amico si sta dirigendo proprio qui."
"Cos-"
"Ehi, principessa~"
Come sentì quella voce familiare, trasalì
istintivamente
e non ebbe neanche il tempo di inventarsi qualche scusa per fuggire da
quella situazione che la rossa, senza dire una parola, si
allontanò alla velocità della luce.
Era bello vedere le amicizie nel momento del bisogno.
"Ciao..." borbottò, girandosi molto lentamente nella
direzione dell'altro "Ti, uh, serve qualcosa?"
Il maggiore lo guardò per un istante, con un sorrisone
stampato sul viso e gli occhi che lo guardavano con fare
interrogatorio.
"Come mai così 'rigido'? Successo qualcosa?"
Mentre parlava, Wade gli si avvicinò, cosa che
costrinse Peter a
poggiare la schiena sugli armadietti, nel vano tentativo di
allontanarsi in qualche modo.
Il canadese sembrò notarlo e il suo sorriso si
allargò.
"Beh, c'è da dire che le cose rigide non mi dispiacciono poi
così-"
"Che vuoi??"
A quella reazione, il biondo se la rise fra sè e
sè, a
quanto pare divertito nel vedere il moro andare sempre più
nel
panico.
Era in momenti come questi che sperava davvero di sbagliarsi, che
magari era semplicemente più 'vivace' del solito ma erano
anche
i momenti in cui più era conscio di quanto fosse palese il
suo
interesse nei confronti del maggiore.
Dannazione.
"Devo avere un motivo specifico per voler parlare col mio migliore
amico?"
Disse l'ultima frase con un certo orgoglio e il minore non
potè
fare a meno di roteare gli occhi, quasi con esasperazione visto che non
aveva fatto che ripete 'migliori amici'
almeno un'infinità di volte, in qualsiasi contesto, in quel
brevissimo arco di tempo in cui avevano 'fatto pace'.
Peter stava pagando il prezzo di parlare troppo con quel cretino.
"Ti sei proprio fissato.." borbottò, incrociando le braccia
al petto, ancora a disagio per via di quella vicinanza.
"Non so a cosa ti riferisci" disse, con una finta espressione innocente
"Però dovevo parlarti di qualcosa."
Il moro si irrigidì di colpo a quelle parole e si
ritrovò a deglutire istintivamente.
Che fosse arrivato il momento di essere rifiutato?
Non che non se l'aspettasse da un momento all'altro ma, ehi,
non
così all'improvviso ma, soprattutto, non davanti a mezza
scuola
che potess-
"Sai cosa c'è fra poco?"
Okay, questo non se l'aspettava.
"...Eh?"
"Oh, andiamo, non fare finta di niente! C'è..."
Fece una pausa, imitando il suono del rullo di tamburi con la bocca,
per poi gesticolare con le mani, come se stesse suonando una batteria
immaginaria.
"... il ballo di fine anno!"
Il minore lo fissò perplesso, alzando un sopracciglio.
"Quindi?"
"Come quindi!" esclamò in tono oltraggiato "Penso che
dovremo fare qualcosa quel giorno! Insieme, ecco."
Peter sbattè gli occhi ripetutamente, come se cercasse di
capire
se quello che si stavano dicendo fosse vero o fosse frutto della sua
immaginazione.
"... Mi stai chiedendo di venire al ballo con te o qualcosa del genere?"
"Teeeeecnicamente," esordì l'altro, facendo spallucce " ti
sto
chiedendo di fare qualcosa con me quel giorno. Potrebbe, non so, essere
figo, no? Ma se vuoi, possiamo fare qualcosa di più
tranquillo,
tipo-"
"Sì." esclamò il newyorkese di colpo, tutto d'un
fiato
"Io, uh, ci vengo. Cioè, non so bene che hai in mente ma"
"GRANDE." ribattè il biondo, con un sorrisone radioso
"Allora, ci sentiamo, okay? WAAHHH"
Wade si esibì davanti al moro - e a tutti quelli che
passavano
per quel corridoio, che lo guardavano perplessi - in alcune
mosse, che sembravano un incrocio con le tecniche di Dragonball e
Karate Kid.
"Ho fatto proprio bene a chiedertelo ora." disse ancora il ragazzo,
facendo un po' di stretching sul posto "Ora sarò ancora
più carico per gli allenamenti! Ci vediamo dopo, allora. Per
la nostra solita sessione di studio! Ok??"
Mentre il minore lo salutava con la mano vedendolo allontanarsi, un
piccolo sorriso gli affiorò in viso.
Stava succedendo davvero? L'aveva davvero invitato al ballo? Era
davvero così semplice?
Da Wade ci si aspettava di tutto, quindi magari aveva in mente altro ma-
"Quindi hai un appuntamento??"
Ecco che, da dietro l'angolo, riapparve nuovamente Mary Jane che lo
fece nuovamente sussultare.
"Cos- Non eri andata via?"
"Mi ero solo messa in disparte per lasciarvi un po' di privacy."
ribattè, senza battere ciglio "Comunque non cambiare
discorso.
Ho sentito bene, ti ha invitato al ballo? Quindi Harry non si sbagliava
quella volta. Lui è... insomma. E tu 'ci stai'?"
Peter avvampò brutalmente a quelle insinuazioni.
"Che... Che diavolo vorrebbe dire, scusa?!" esclamò,
cercando di
celare l'imbarazzo con il disdegno, fallendo miseramente "Il fatto che
a lui piacciono anche i ragazzi, non vuol dire che ci stia provando con
me. E poi, conoscendolo, non ha davvero intenzione di-"
"Ah-ah, certo." lo interruppe l'altra, roteando gli occhi
"Però, nel caso l'invito fosse quello che sembra,
hai qualcosa di decente da metterti?"
"Cioè?"
"Come cioè? Stiamo parlando di un ballo!" disse con
esasperazione
"Metti che ci andate, anche solo come amici perchè
magari non trova qualcuno con cui andare, cosa tra parentesi
improbabile, visto che è parecchio popolare... non penserai
di
andarci con felpa e jeans, vero?"
Immediatamente il moro si irrigidì a quelle parole, non
tanto
per la consapevolezza che il suo armadio fosse composto dal 90% proprio
di felpe e jeans ma che Mary Jane sostenesse che Wade fosse popolare.
Non che ne dubitasse, visto che era conscio di quanto fosse di bella
presenza, ma...
Che la rossa avesse visto l'amico con altre persone in atteggiamenti
particolari? O qualcun'altro parlasse di lui, in quel senso? O...?
"Ehi! Terra chiama Pete!!" esclamò l'amica esasperata,
passandogli la mano davanti agli occhi "Non mi hai risposto."
"Ah, uh." borbottò il newyorkese, cercando di ricomporsi
"Io.. sì, credo di avere qualcosa."
"... Credi?"
Mary Jane fece un enorme sospiro profondo e si mise le mani sui fianchi.
"Sigh, sei fortunato: voglio darti una mano. E fortunatamente, abbiamo
un po' di tempo prima della grande serata."
" In che senso?" ribattè Peter, alzando un sopracciglio "Che
hai intenzione di fare?"
"Beh..." esclamò l'altra, facendogli l'occhiolino "Vedrai."
****************
"Sai Mary Jane, non penso che questa sia una buona idea... Lascia
perdere."
"Oddio Pete!" sbraitò, avvicinandosi pericolosamente
all'altro
con una spazzola "Sono giorni che ti sento ripetere la stessa cosa! Ora
stai zitto e fatti aiutare, stasera è il gran giorno,
dopotutto."
Mentre delle lacrimucce di dolore gli uscivano dagli occhi come la
rossa si
avventò malamente sui suoi capelli, il moro non
potè fare a meno di pensare in che modo erano passate le
settimane
con l'amica.
Dopo che lo aveva convinto a farle vedere cosa avesse nell'armadio per
quella
sera ed appurato che per il sopra fosse okay - anche se aveva storto il
naso a sapere che la cravatta l'avrebbe chiesta in prestito allo zio -
aveva insistito per andare a comprare assieme un bel paio di pantaloni
eleganti.
Pur di convincerlo, era arrivata a mettere in mezzo zia May che,
appurata la notizia che il nipote avesse una serata speciale in ballo,
gli aveva prestato qualche spicciolo,
raccomandandogli di prendere quello che voleva, senza preoccuparsi dei
soldi.
Era quasi ammirevole che, in un modo o nell'altro, l'amica stava
convincendo la gente intorno a sè a fare come volesse lei.
Oltre ad essere abbastanza spaventoso, ovviamente.
Mentre sembrava che l'altra avesse quasi finito di torturarlo, dopo
avergli strappato brutalmente metà dei suoi capelli, Peter
pensò all'ironia della situazione.
A inizio anno era stracotto di lei e cercava di evitarla il
più
possibile dopo la pugnalata al cuore con Harry ed ora eccoli di nuovo
insieme, con Mary Jane che lo trattava peggio di una bambola, per
riuscire ad avere l'appuntamento perfetto con un ragazzo.
Se al tempo, qualcuno dal futuro gli avesse detto che le cose si
sarebbero evolute in questo modo, molto probabilmente gli avrebbe riso
in faccia.
"Okay." esclamò la rossa, esasperata "I tuoi capelli sono
completamente ingestibili, non importa quanto cerchi di domarli. Se
usassi delle forcine? Giusto per dargli una forma."
"Vuoi davvero che dia la mia opinione o è una domanda
retorica e
farai comunque come pare a te?" rispose, stancamente l'altro.
"Va bene, vada per le forcine."
Scrollando le spalle, posò lo sguardo distrutto sullo
specchio, dandosi velocemente un'occhiata.
Indossava una camicia nera, con intorno una cravatta blu scuro ancora
da annodare e dei pantaloni dello stesso colore della camicia che erano
anche fin troppo aderenti per i suoi gusti - ma sulle scelte di Mary
Jane non osava più aprir bocca - mentre la giacca rossa, che
era un
mix fra qualcosa di sportivo ed elegante, era appesa in attesa di
essere indossata.
Doveva ammetterlo : oggi si faceva meno schifo del solito.
"Ecco qua, trovate!" disse eccitata, avvicinandosi pericolosamente con
le forcine fra le mani "Ora però devi stare fermo."
Peter cercò di stare fermo come gli era stato detto
ma, essere toccato in quel modo fra i capelli, era davvero una rottura.
"Piuttosto, come sta andando fra te e Harry?" chiese per concentrarsi
su altro, piuttosto che per vera e propria curiosità a
riguardo.
"Oh..." mormorò l'altra "Normale direi."
Dal modo un po' piatto - e dal fatto che la presa sui suoi capelli era
più delicata - il moro intuì che ci dovesse
essere
qualcosa.
Ovviamente, la cosa non potè fare altro che impensierirlo,
non
solo perchè era una sua cara amica ma perchè era
preoccupato che fosse responsabile di qualche loro problema.
"Se non vuoi dirmelo, non importa, ma... ci sono problemi?"
"Mh, no, problemi no." ribattè, con un sospiro "Diciamo che
è più complicato da capire di quanto pensassi.
Agli inizi
era così dolce, ora invece..."
Sospirò nuovamente, facendosi di colpo silenziosa e l'amico
non
aveva idea su cosa fare a riguardo, se insistere per saperne di
più o se lasciarla fare.
Purtroppo, non ebbe il tempo di decidere, perchè un sonoro
colpo alla spalla lo fece desistere.
"Ecco fatto Cenerentola, ora sei pronto per il ballo!"
cinguettò l'altra, come se nulla fosse.
Il newyorkese si alzò e sulla bocca si formò una
piccola
'o' dalla sorpresa, appena vide la trasformazione finale dei suoi
capelli.
Nonostante tenessero il loro stile 'ribelle', con le forcine Mary Jane
era riuscita a dargli una forma, spostandogli da un lato.
"Beh, c'è da dire che hai del talento." ammise il ragazzo,
guardandosi allo specchio ancora esterrefatto.
"Lo so." esclamò, sorridendo soddisfatta "Sarebbe ancora
meglio se tu togliessi quegli occhiali."
"Sai vero che questi occhiali mi permettono di vedere, vero?
La rossa sbuffò a quelle parole, per poi avvicinarsi
all'altro,
mettendogli il braccio intorno al suo, prendendolo a braccetto.
"Vedrai Pete, questa serata sarà un successone."
****************
Se il moro avesse saputo un modo per sparire in un istante dalla faccia
della terra, sicuramente l'avrebbe fatto.
Dopo che aveva sentito il campanello ed aveva salutato gli zii con un
bacio - per non mettersi pressioni da solo, gli aveva semplicemente
detto che un amico l'aveva invitato al ballo per non andare da solo -
aprì la porta e, come si trovò davanti Wade,
capì
immediatamente che qualcosa non andava.
Quando vide il canadese, che a differenza sua, era vestito in maniera
abbastanza casual - con una canottiera rosa e un paio di jeans corti
abbastanza aderenti - inizialmente fu confuso ma non ci fece caso
più di tanto.
Insomma, l'altro era capacissimo di presentarsi ad un importante
conferenza col tutù di Hello Kitty, quindi questo era
davvero il
minimo.
Ma quando vide, poco più avanti, dei ragazzi parcheggiati in
macchina che incitavano il biondo a prendere il suo amico per il party,
non solo capì che aveva capito male l'intera uscita - e che
quindi non ci sarebbe stato nessun ballo - ma che non poteva
sotterrarsi sul momento, anche se avrebbe voluto.
E, cosa forse ancora peggiore, il canadese non parlava e non faceva
altro che fissarlo, facendolo sentire ancora più umiliato.
"Scusa, avevo capito che-"
"Ti sei fatto carino solo per me?"
Quella domanda fatta così di colpo e in tono così
serio,
lo spiazzò e non potè fare a meno di arrossire.
Praticamente, ormai era diventato l'andazzo con l'amico, ogni qualvolta
gli parlasse.
"Io... non è che l'ho fatto per te."
si precipitò a puntualizzare Peter, in preda alla
vergogna
"Pensavo che, insomma, sai, saremmo andati al ballo, cioè
dai
tuoi discorsi sembrava- e insomma, ci siamo capiti male, credo."
"Ow, sì, effettivamente, ho il brutto vizio di non essere
chiaro." rispose, senza togliergli gli occhi di dosso "... Ma, sai, non
è che non si possa rimediare."
Il moro lo guardò con fare interrogativo, in attesa di una
spiegazione.
"Beeeeh, oggi sei... wow. Ecco. Non che tu non lo sia di solito, non
fraintendermi, ma oggi sei... più wow del solito e-" disse,
sorridendo in maniera un po' ebete "Quindi, insomma, non mi faccio
problemi a dire a quegli altri di farsela a piedi per il party in
spiaggia. Lo sai, no? Macchina mia, regole mie."
"Ma sono tuoi amici." replicò Peter, osservando da lontano
quei
ragazzi in macchina che non facevano che sbraitare e fare confusione
"Non hai preso impegni anche con loro? E, sai, non hai proprio
l'abbigliamento adatto al ballo."
"Tranquillo, non penso se la prenderebbero. Non siamo poi
così
amici." esclamò, facendo spallucce come se nulla fosse "E
come
sarebbe che non ho il vestito adatto? Io sarei sempre il top nelle
feste, anche se andassi nudo!"
Vedendo che aveva fatto ridere il moro, Wade continuò con un
sorriso più largo.
"Ma se ci tiene così tanto all'etichetta e al bon ton,
possiamo
andare a mangiare qualcosa assieme. Italiano? Messicano? CHIMICHANGA!"
disse ancora, sempre più entusiasta all'idea "Almeno siamo
diversi assieme. E' un idea molto intelligente, soprattutto detta da
uno come me, no?"
Mentre il più basso continuava a ridere, si accorse ben
presto di una mano che, delicatamente, gli sfiorava la guancia.
"Dio, non riesco a toglierti di dosso." esclamò il biondo
con
fare perso, spostando la mano verso una ciocca dei suoi capelli "E...
davvero, principalmente, oggi volevo stare con te quindi... Ballo o
tacos o anche solo barboneggiare sulla panchina, va bene per me."
Con estrema difficoltà visto quanto gli batteva forte il
cuore a
quelle parole e a quei tocchi, il newyorkese riflettè su
quelle
parole.
Sinceramente, era ovvio che avrebbe preferito qualsiasi cosa allo stare
in macchina con gente che non conosceva - e che non gli facevano a
tatto un'ottima impressione - per andare ad un party dove avrebbe
ballato e sarebbe stato schiacciato da un milione di persone:
praticamente il suo incubo.
D'altro canto, pensò alla situazione dell'amico a livello
scolastico e familiare.
Wade aveva bisogno di persone che gli stavano intorno - non solo di
Peter - e, per come era fatto, un party era l'ideale per fargli
ricaricare un po' le batterie, dopo tutto quello che aveva e stava
passando.
Forse, era proprio questo il motivo per cui aveva deciso di fare quel
genere di uscita.
Quindi, che diritto aveva di rifiutare?
"Io..." mormorò il minore, titubante "Non è un
problema se andiamo in spiaggia con i tuoi amici."
Il biondo alzò un sopracciglio, sospettoso.
"Sicuro? Non devi sentirti obbligato a-"
"Ma sì, cioè, fa bene cambiare una volta tanto...
no?"
disse ancora, con fare per niente convinto "Ma, mh, penso
dovrò
cambiarmi. Non penso sia il caso di farmi vedere così
elegante."
"...Nah, te l'ho detto, sei carino." replicò il canadese,
guardando pensieroso "Magari c'è da fare qualche modifica..
posso?"
Il newyorkese annuì e la mano dell'amico si
spostò sul suo petto.
Con delicatezza, gli fece togliere la giacca, che gli mise fra le mani,
per poi sfiorargli la camicia e allentargli con lentezza la cravatta.
I suoi movimenti e lo sguardo intenso che gli lanciò durante
tutta la durata di quell'atto, lo agitarono e gli fecero sentire un
improvviso caldo in tutto il corpo, per qualche motivo a lui
sconosciuto.
Quando poi l'altro lo liberò dal primo bottone della
camicia, si
ritrovò a deglutire, per poi avvampare completamente quando
fece
lo stesso con il secondo bottone.
"Così dovresti andare bene." sussurrò il canadese
con voce calda "Puoi lasciare la cravatta e la giacca a casa."
In quel preciso momento, il minore si chiese come non fosse cascato
rovinosamente a terra, visto come le sue gambe si erano fatte di burro.
"Io..." borbottò Peter, schiarendosi successivamente la voce
"Sei.. sicuro? Siamo praticamente a giugno ma in spiaggia dovrebbe fare
freddo. Sei sicuro che dovrei lasciare la giacca qui?"
"Non ti preoccupare." proclamò l'altro, facendogli
l'occhiolino "Nel caso, ho portato la felpa di riserva per te."
****************
Più
passava il tempo in quella macchina, più si stava pentendo
di
non essere in qualche chioschetto a mangiare un hot dog in compagnia
del suo amico.
Come era entrato in quella macchina, posizionandosi praticamente a
fianco di Wade, che era il guidatore, subito il moro si
ritrovò
a storcere il naso per l'odore di sigaretta - e forse anche di altro -
che emanavano i suoi amici che stavano fumando dentro la macchina con i
finestrini chiusi.
Sentendo tossire il più piccolo e vedendolo cercare di
aprire
invano il finestrino - a quanto pare rotto - il biondo
minacciò
gli altri che, se non avessero spento tutto, avrebbero fatto meglio a
'mettere il culo fuori dalla macchina e farsela a piedi' e questo fece
guadagnare al newyorkese la sua prima occhiataccia dai membri di quel
gruppetto strampalato.
La seconda occhiataccia che si beccò in quella macchina fu
quando i ragazzi si lamentarono che il biondo andasse 'troppo piano' ed
era 'troppo precisino' e il minore era davvero sconcertato, visto che
in quel breve lasso di tempo non aveva rispettato mezzo stop e,
nonostante avesse la cintura, si reggeva comunque alla maniglia
interna, per paura di volare via da un momento all'altro.
Non osava immaginare come guidasse di solito.
A quel punto, i tre ragazzi situati sul sedile posteriore, decisero di
passare alle "attività ricreative".
Per la precisione, Noah e Liam - o almeno, così gli sembrava
di
aver capito che si chiamassero, visto che neanche si erano presentati
decentemente- decisero di stringersi fra di loro e di infilarsi la
lingua nelle loro reciproche bocche.
' Stronzetti ' aveva detto il maggiore a quel punto 'se trovo ancora
macchie strane nel sedile, vi spacco il culo' e, se Peter era rimasto
assai turbato da quel 'ancora' , non si potevano definire turbati i
due, che continuarono a pomiciare come se nulla fosse.
Nonostante ciò, quei due non erano quelli che lo
preoccupavano
di più - anche se si rifiutava di guardare dietro, per paura
di
quello che avrebbe potuto vedere.
Cassidy, l'unica ragazza all'interno della macchina, non solo sembrava
non essere per niente preoccupata dei due che, al suo fianco, erano nel
pieno di effusione pubbliche , ma sembrava avere un certo interesse per
Wade, con il quale non perdeva occasione di parlare delle cose
più effimere in maniera languida o di toccargli il petto da
dietro o di infilarsi in qualche modo al centro del sedile, inclinarsi
e fare in modo, di stringere le braccia per mettere in
risalto ulteriormente la sua scollatura al seno.
Ovviamente, la cosa non faceva altro che irritare un certo newyorkese
di nostra conoscenza per quanto apprezzasse che l'altro la rifiutasse
ogni volta.
"Oh dio Wade, sei diventato noioso!" esclamò la ragazza, con
voce stridula "Quando ti ho conosciuto eri più divertente."
"Beh Cassy, la gente cambia ed evolve come un fottutissimo pokemon."
ribattè l'altro, esasperato "Ora mi lasci guidare in pace?"
"Ma-"
"Scusa ma..." borbottò il moro a quel punto, nascondendo
difficilmente la sua irritazione "Non conviene che ti metta... non so,
la cintura? Potresti perdere l'equilibrio..."
Cassidy tacque per la prima volta da quando erano in macchina, per
osservare Peter dall'alto verso il basso per un lungo istante.
"Con tutto il rispetto, damerino, sono rimasta in equilibrio a 'rodei'
più intensi di questo, non so se mi spiego." rispose usando
un
tono di superiorità e malizia assieme "Una macchina
è
niente."
"Cassidy, è l'ultimo avvertimento." disse rabbioso Wade,
lanciandogli un'occhiataccia "Sai che non mi interessa se sei una
donna, la faccia te la spacco come chiunque altro, sì?"
"Uff, da quanto ti interessa così tanto di qualcuno?"
mormorò con un finto broncio, tornando a toccargli il
braccio,
accarezzandoglielo sensualmente "Sei stressato, per caso? Sai che io
conosco un ottimo modo per scaricare lo stress con-"
"AAAH!"
Ad interrompere la conversazione, fu l'urlo improvviso del moro che
fece frenare il canadese dallo spavento, causando la caduta sul
tappetino del sedile posteriore dei ragazzi e la perdita di equilibrio
alla ragazza, che andò a sbattere sulla radio, accendendola
di
colpo.
La canzone Wannabe delle Spice Girls risuonava nell'aria mentre i
cinque riprendevano fiato dallo spavento.
"Dio, che male..." esclamò Cassidy dolorante, tornando a
sedersi
con una mano sulla fronte "Ma sei cretino? Che urli a fare?!"
"... Scusate..." borbottò il newyorkese in imbarazzo "Mi
pareva
di aver visto un gatto che attraversava in mezzo alla strada..."
"Ma quale gatto?? Io non ho visto nessun gatto!"
"Beh, non mi pare che stessi badando tantissimo alla strada..." gli
fece notare il biondo, con uno sbuffo.
"Ti dico che non c'era!" sbraitò ancora "E potevo farmi male
sul serio!"
"Beh... ti avevo detto che era il caso di metterti le cinture di
sicurezza..." gli fece notare Peter, guardandola dallo specchietto
della macchina.
A quel punto, la ragazza divenne furente e fece per dire qualcosa
quando i ragazzi al suo fianco, che nel mentre si erano sistemati
nuovamente sui sedili posteriori, si misero a ridere.
"Beh Cassy, non sei brava a montare senza perdere l'equilibrio come
pensavi..."
Mentre dietro iniziò una discussione animata fra i tre, il
ragazzo dagli
occhiali iniziò a muoversi molto lentamente in direzione del
più grande, con l'enorme paura che fosse arrabbiato con lui.
Invece, oltre ogni aspettative, Wade era chino sul volante mentre
nascondeva
metà del viso, e lo fissava con sincera curiosità.
"... Cosa?"
A quel punto, il maggiore si spostò da quella posizione,
facendo
segno all'altro di avvicinarsi, per poi inclinarsi verso di lui.
"... Uh gatto, mh?" gli sussurrò all'orecchio, in modo che
solo lui potesse sentirlo, con un sorriso sulle labbra.
A quel punto, il newyorkese arrossì, tornando a
sistemarsi sul
suo sedile, guardando il finestrino, evitando di proferire nuovamente
parola fino a fine tragitto.
A quanto pareva, anche l'amico aveva capito che non c'era stato nessun
gatto in mezzo alla strada.
****************
In qualche modo, con indomito coraggio, era riuscito a sopravvivere
quell'eterna mezz'ora in macchina con tre - quattro, se si contava Wade
- pazzi furiosi ed era riuscito a non ammazzarsi e non ammazzare
nessuno: era fiero di sè stesso.
Tuttavia, vedendo poco distante il party, con gente più
mezza
nuda che vestita, che ballava a suon di musica a palla, la voglia di
scappare si era fatta prepotentemente strada in lui.
Se solo pensava a quanto fosse stato stupido a credere che davvero
l'amico l'avesse invitato al ballo...
Sperava con tutto il cuore che Mary Jane - sua amica e , purtroppo, sua
vicina di casa - non l'avesse osservato dalla finestra per vedere come
andava la situazione o, ancora peggio, che i suoi zii non avessero
fatto lo stesso.
Sarebbe stato.... alquanto imbarazzante, vista poi come si era evoluta
la situazione.
"Bene, finalmente siamo nuovamente da soli, principessa~"
Quelle parole, seguite dal braccio del più alto che gli
circondò il fianco, per avvicinarlo a sè, lo
fecero
sussultare.
"Uh... Cosa?" balbettò in preda all'imbarazzo, sentendo le
guance colorarsi "E i tuoi amici dove...?"
"Loro? Boh, saranno andati da qualche parte a divertirsi."
mormorò, stringendolo un po' di più a
sè, posando
la guancia fra i suoi capelli "Te l'ho già detto che oggi i
tuoi
capelli sono più belli del solito? Hai fatto qualcosa di
particolare?"
"Wade, li ho solo lavati e ci avrò messo qualche forcina...
Non è niente di che."
"Niente di che, Petey?" esclamò l'amico in tono offeso,
spostandosi
di colpo per guardarlo negli occhi "Niente di che? Mi sento oltraggiato
per la tua mancanza di prospettiva nel capire quanto tu sia una bomba,
in questo momento."
"Perchè ho come l'impressione che tu non sappia il
significato
di metà delle parole che hai detto...?" mormorò
il
newyorkese, rivolgendogli un sorriso divertito.
Il biondo aprì la bocca fino a formare una 'o' per poi
incrociare le braccia al petto, facendo la parte dell'arrabbiato.
"Sei uno schianto e manco ci credi se te lo dico. Sono arrabbiato,
basta!" esclamò, in maniera sempre più teatrale
"Come
minimo, soprattutto dopo il colpo che mi hai fatto prendere in
macchina, mi merito un bacio."
A quella proposta, il minore arrossì di botto fissandolo con
occhi semi sbarrati dallo stupore.
"I-io... cosa?"
"Maaaa sììì..." esclamò il
canadese,
ghignando compiaciuto dalla reazione dell'altro, per poi inclinarsi e
porgergli la guancia "Siamo migliori amici, no? E quale modo di far
pace da bravi amichetti nel cuore se non con un bacio sulla guancia,
mh?"
Peter lo fissò per un istante perplesso, senza parole dalla
sfacciataggine e dall'infantilità dell'amico, che sembrava
lo
facesse apposta ad imbarazzarlo.
Anzi, sembrava proprio che lo divertisse metterlo così tanto
in difficoltà.
Beh, questa volta sarebbe stato diverso.
Facendosi coraggio, avvicinò le labbra alla sua guancia,
sporgendosi lievemente in punta di piedi, e gli scoccò un
leggero e veloce bacio.
"B-Beh..." esclamò in preda alla vergogna, staccandosi di
qualche metro "Ora siamo apposto, sì? La smetti di fare lo
stupido??"
Tuttavia, il più alto non si mosse.
Rimase per un lungo istante in silenzio, guardandolo con la stessa
intensità di un baccalà morto, senza quasi
respirare.
Il moro iniziava a dubitare, effettivamente, se l'altro stesse
respirando.
"... Uh, Wade tutto-?"
Prima che potesse rispondere, il maggiore diede un colpo alla sua
macchina - un fuoristrada già malconcio di suo - per poi
iniziare uno dei suoi solito sproloqui in solitario, ed infine fare un
enorme respiro profondo.
"Assolutamente, sto benissimo." disse infine l'amico, prendendolo poi
per mano "Ora , prima che mi vengano idee strane, tuffiamoci nella
mischia!"
Il newyorkese non ebbe neanche il tempo di chiedersi cosa intendesse
l'altro con 'idee strane' che venne letteralmente trascinato dall'altro
in mezzo alla folla.
Per il ragazzo, fu come un tuffo in acqua, dove dovevi premunirti di
prendere più fiato possibile per riuscire a stare sotto il
più a lungo possibile e infatti, come appunto succede quando
stai troppo
tempo senza fiato in acqua, il senso di soffocamento si fece sentire
ben presto e
non migliorò la situazione quando iniziò a
scontrarsi con
la gente, ricevendo spallate, sentendosi sfiorare di sfuggita da mani
sconosciute.
"Tutto bene??"
Sussultò violentemente quando sentì la voce di
Wade
rimbombare prepotentemente sulle sue orecchie, visto che era costretto
ad urlare per via della musica assordante.
Con un sorriso flebile, cercando di cacciare via queste sensazioni,
annuì debolmente con la testa.
"Sicuro?" gli urlò ancora all'orecchio, per farsi sentire "
Non hai per niente una bella cera..."
Cercando di essere più convincente possibile,
cercò di
annuire più vigorosamente con la testa ma come venne colpito
per
sbaglio nuovamente, facendogli perdere quasi l'equilibrio,
sentì
una forte nausea invaderlo.
"... Senti, ho un'idea." disse ancora il canadese "Aspettami
più
avanti, sulla spiaggia. Lì è più
calmo,
solitamente fanno giochi stupidi come il gioco della bottiglia e
simile. Non dovresti avere problemi con la folla. Nel mentre io vado a
cercare un po' di cibo, okay? Solitamente c'è sempre chi
ordina
un trilione di pizze, magari con qualcosa sullo stomaco va meglio, mh?"
A quel punto, Peter avrebbe tanto voluto trovare la forza di dirgli
'no', che andava tutto bene, che poteva stare in mezzo alla folla e
provare - goffamente - a ballare ma era arrivato davvero al limite e,
annuendo con un sorriso flebile, si allontanò il
più
velocemente possibile dalla folla.
Dopo vari spintoni, beccandosi un sacco di accidenti di ogni tipo per
la poca grazia con cui stava letteralmente scappando, finalmente
ritrovò l'aria e potè respirare in pace.
Appena si fu tranquillizzato, ripensò a quanto dovesse
essere pesante per il maggiore, uscire con uno come lui.
Praticamente, se non erano attività che riguardavano lo
studio o
il mangiare o lo stare chiuso in casa, il moro storceva il naso o si
sentiva male, come in quel momento.
Era in momenti come questi che il newyorkese si chiedeva che ci vedesse
l'altro di tanto divertente in lui..
A peggiorare la situazione, un ragazzo palesemente già
ubriaco
che, mentre il ragazzo era perso nei suoi pensieri, gli
rovesciò
per sbaglio la bottiglia di birra addosso.
"Oddio, scusa amico, non ti avevo visto..." biascicò il
ragazzo
particolarmente perso, andando poi a trascinarsi verso altri ragazzi
che bevevano allegramente.
La tristezza del ragazzo con gli occhiali si trasformò
presto in
rabbia e frustrazione, vedendo come tutta la camicia e i pantaloni
fossero orribilmente imbrattati di alcol, per non parlare dell'odore
amaro nauseante.
E dire che buona parte della roba o l'aveva indossata davvero poco o
comunque era stata comprata di recente, con i soldi che gli zii
faticosamente guadagnavano.
"Bah, ci mancava solo questa..." borbottò irritato,
guardandosi,
sperando con tutto il cuore che con un lavaggio, la roba tornasse come
nuova.
"Che disdetta... Uh, Pietro, giusto?"
Sentendo quella voce si voltò e riconobbe subito la ragazza
dai
capelli lunghi boccolosi, il trucco eccessivo e dalla scollatura
esagerata.
"Ciao Cassidy." borbottò Peter, per niente in vena di essere
educato in un momento come questo "Ti serve qualcosa? Comunque,
è Peter."
"Oooh, scuuusa! Tieni questo per farmi perdonare. " rispose con voce
civettuola, prendendo dalla sua borsetta minuscola un fazzoletto di
stoffa che gli porse "Ecco a te, meglio di niente, mh?"
Assai perplesso, il moro prese dopo qualche tentennamento il
fazzoletto, usandolo per tamponare il più possibile.
Doveva ammettere che, almeno apparentemente, era stato un bel gesto.
"Grazie."
"E di che, zuccherino?" esclamò la ragazza, sorridendogli
"Ad
ogni modo, perchè non aspetti Wade lì, sul
pontile di
legno? Lì c'è sicuramente meno gente ed eviti
questi
spiacevoli incidenti, che dici?"
Il newyorkese fissò il pontile poco distante da
lì
indicato dalla corvina, facendoci un pensierino : effettivamente, li
pareva non esserci nessuno o quasi.
"Sì ma Wade..."
"Lo avviso io Wade." si propose la ragazza, con un sorriso ancora
più raggiante "E poi, se ci sono problemi, puoi
semplicemente
tornare qui, no?"
Vedendo il ragazzo ancora titubante a quelle parole, Cassidy
continuò.
"... O puoi andare a raggiungerlo o aspettare qui Wade e sperare di non
beccarti altra birra addosso. Decidi tu!"
A quel punto, il moro si ritrovò a non avere altra scelta.
Aveva decisamente bisogno di un posto tranquillo, senza ubriachi in
giro, anche se ciò costava il fidarsi di una ragazza che
gli aveva fatto una pessima impressione.
"Io... D'accordo, allora grazie." mormorò con un sorriso,
restituendole il fazzoletto "Allora, mi fido di te."
****************
Peter iniziò a domandarsi perchè, nonostante si
definisse
il primo ad odiare tutta o quasi l'umanità, si ostinasse a
fidarsi così tanto delle persone.
Insomma, era passato parecchio tempo, circa una ventina di minuti, ma
il biondo non si era fatto vedere e sì, era vero che ora il
newyorkese aveva completamente ricaricato le batterie, seduto sul
pontile con il suono delle onde del mare nelle orecchie a calmarlo -
interrotto a volte, dalle coppiette che venivano lì per
avere un
po' di intimità - ma ora iniziava a pensare sul serio che
quella
ragazza gli avesse mentito.
O se ne fosse fregata, visto il tipo.
Aveva provato anche a scrivere vari messaggi al canadese senza ricevere
alcuna risposta.
Le cose erano due : o era ancora in cerca di pizze o era successo
qualcosa.
In ogni caso, si era davvero scocciato di aspettarlo, ora sarebbe
andato a cercarlo e lo avrebbe pregato di andarsene da lì.
Conosceva Wade abbastanza da sapere che lo avrebbe capito e,
regalandogli un sorriso, l'avrebbe portato dove avesse voluto.
"Scusaci piccoletto."
Nel momento esatto in cui il moro si alzò, qualcuno lo
spinse e, ben presto, si ritrovò letteralmente in acqua.
Era quasi ironico come, poco prima si sentisse come essere nel fondo
del mare e ora ci si ritrovasse letteralmente.
Il ragazzo riemerse subito dopo, fortunatamente, senza perdere gli
occhiali, guardando sconcertato i ragazzi che l'avevano spinto, che
riconobbe essere i ragazzi in macchina.
"Liam, te l'ho detto che il ragazzo sapeva nuotare..."
esclamò
uno dei due, dando una pacca consolatrice sulla schiena dell'altro.
"Scusaci piccoletto!" disse l'altro rivolto a Peter "Non abbiamo niente
contro di te, davvero! Ma Cassidy è una nostra amica, non
abbiamo potuto evitare di farle questo favore. Uh, spero ci perdonerai,
ci vediamo."
Mentre vedeva i due ragazzi andare via dal pontile il moro, che ora
stava ribollendo di rabbia, si ritrovò a perdere
completamente
la fiducia nell'umanità. Stavolta sul serio.
... Doveva assolutamente trovare Wade.
****************
Quella sera, il nostro protagonista aveva fatto il pieno di
ciò
che più odia nella vita: i fumatori, la birra addosso, gli
scherzi stupidi, feste assordanti e ragazze irritanti che ci provavano
con il ragazzo che gli piaceva.
Quando nuotando il più velocemente possibile, si
ritrovò
nuovamente in riva, si strizzò la camicia, passandosi poi
una
mano fra i capelli, per toglierli dal viso.
Immediatamente, ebbe un'illuminazione e si guardò
freneticamente le tasche dei pantaloni.
Il suo portafoglio era completamente zuppo e dovette aprirlo con
cautela, per non strappare i documenti e quei pochi spicci che aveva
lì dentro - sperò con tutto il cuore che,
asciugando i
soldi, avrebbe potuto continuare ad usarli senza problemi - per poi
prendere il suo cellulare: nonostante fosse pieno d'acqua,
fortunatamente, sembrava funzionare.
Sicuramente avrebbe dovuto smontarlo ed asciugare tutti i componenti e
cambiarli se era necessario ma, in quel momento, sperò con
tutto
il cuore che durasse fino al suo ritorno a casa e per far questo,
doveva trovare il canadese che... a proposito, che diavolo di fine
aveva fatto?
Ormai era da un bel po' che non si erano visti e iniziò a
stringergli il petto.
... Non l'aveva dimenticato, giusto?
Insomma, lo conosceva abbastanza bene da sapere che lui non-
"WADE, DEVI FARE LA PENITENZA!"
Sentito quel nome, Peter si voltò immediatamente, notando un
gruppo di persone attorno ad un fuoco a qualche metro di distanza,
notò di spalle qualcuno che sembrava proprio il suo amico.
... Perchè era lì invece di cercarlo?
Un momento, forse era arrivato alla conclusione sbagliata: se Cassidy
gli aveva fatto quel brutto tiro, era probabile che Wade non sapesse
dove stava e che lo stesse aspettando lì.
Anche se non capiva perchè stava giocando al... gioco della
bottiglia?
"Sìsì ho capito." lo sentì dire, con
voce annoiata "Che devo fare?"
Per qualche oscuro motivo, il moro si irrigidì e qualcosa
gli diceva che sarebbe successo qualcosa di pessimo a breve.
"Mmmh, vediamo un po'..." esclamò una ragazza che riconobbe
come Cassidy.
Gli occhi della ragazza e del moro si incrociarono e, sul viso della
corvina, apparve immediatamente un ghigno malefico.
"Come penitenza... Devi essere baciato da me." disse, in tono
canzonatorio "Che ne pensi?"
A quelle parole, gli occhi del newyorkese si sbarrarono e
sentì il cuore fare terribilmente male.
Nonostante avesse già capito che sarebbe successo da
lì a
breve, dentro di sè urlava di no, di non farlo, anche se non
c'era motivo alcuno per rifiutare, perchè loro erano solo
amici
e niente di più.
Avrebbe tanto voluto urlare ma, per quanto avesse
le labbra socchiuse, gli uscì a malapena un piccolo rantolo
soffocato.
Ti prego,
avrebbe voluto dire, tu
mi piaci.
"Boh okay." gli sentì rispondere e il mondo del newyorkese
gli cadde addosso.
Di lì a poco, tutte le scene che si susseguirono andarono
come a rallentatore.
I fischi di approvazione da parte dei ragazzi intorno a loro.
La corvina che, senza troppi giri di parole, gli si era messa a
cavalcioni sulle gambe.
I loro visi che si avvicinavano.
Le urla di approvazione ancora maggiori dell'inizio.
Non seppe dire quanto durò quel bacio ma sembrò
sentire
distintamente dentro di sè qualcosa che non sentiva da
troppo
tempo ma comunque abbastanza familiare: il suono del suo cuore a pezzi.
// Bello che ogni capitolo ormai inizia sempre - o quasi - con 'Wade
Wilson mi sta rovinando la vita' , AHHAAHAH
Btw, ciao ragazzi, come state? Scusate il ritardo, ma il mood non
è esattamente nei migliori per scrivere ;_;
Ho avuto pure un dubbio amletico (dubbio che poi riguardava TUTTA la
parte di questo capitolo) e rip, fortunatamente CREDO di non aver
scritto fesserie.
Come state? Spero che la vostra quarantena non si stata troppo
stressante. ;_;
Parlando della storia... beh, che dire, ad ogni capitolo che passa,
c'è sempre qualche casino.
E pensare che mancano altri 2 capitoli (e, oddio, mi fa così
strano pensare di avere quasi concluso una long!)
Ringrazio come al solito Alice per le correzioni, ci vediamo al
prossimo capitolo <3
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate fra le recensioni, se vi
va! <3
|
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Capitolo 11 *** 11° Capitolo ***
Irresistible011
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
11°
Capitolo.
Non sapeva bene quanto fosse rimasto lì impalato, forse
secondi, minuti, ore?
Stava di fatto che il mondo iniziò lentamente a scorrere
quando sentì il tocco di una mano sulla sua spalla.
"Ehi Pete." mormorò quello che si rivelò essere
Harry, con un lieve sorriso "Che ci fai qui?"
Quella era proprio una bella domanda, se lo stava chiedendo anche lui.
L'amico sembrò accorgersi immediatamente che qualcosa non
andava
perchè sembrò guardarlo con un mix di confusione
e preoccupazione.
"Dimmi un po' se non è il nostro Peter che è
diventato
super carino grazie a qualcuno." esclamò Mary Jane al suo
fianco, con un sorrisone "Piuttosto, come mai sei qui? E
dov'è-?"
Le parole della rossa le morirono subito in gola quando anche lei
guardò meglio il suo amico.
Peter si chiese se sembrasse più patetico perchè
puzzava
di alcol, perchè era completamente bagnato o per la sua
espressione, che sicuramente doveva sembrare ancora più
patetica.
A farlo desiderare di scomparire all'istante, fu quando si voltarono a
si accorsero che a pochi passi da loro c'era Wade, completamente
all'oscuro della loro presenza, ancora appiccicato a Cassidy - era
più la ragazza appiccicata a lui, che sembrava non volersi
staccare ma, dopo ciò che aveva appena visto, non
è che
facesse poi chissà che differenza.
Istintivamente il moro posò lo sguardo sul suo amico,
notando
come il suo sguardo si fosse indurito e sembrasse sul punto di andare
lì e prendere a pugni il canadese ma, fortunatamente
ciò
non accadde e, anzi, prese delicatamente il moro dal braccio e lo
trascinò nella direzione opposta, seguito a ruota dalla sua
ragazza.
A quel punto, il newyorkese non potè che tirare un sospiro
di
sollievo e ringraziare la maturità del corvino, che
già
se lo vedeva lì a litigare nuovamente col biondo o fargli
una
ramanzina alla ' te l'avevo detto ' : non ne aveva decisamente voglia,
ora come ora.
Mentre si allontanavano velocemente, il ragazzo dagli occhi nocciola si
voltò un'ultima volta per guardare il ragazzo lì,
vicino
al falò, così divertito e spensierato.
Sembrava non ci fosse posto per lui, lì in mezzo.
... Forse, non c'era mai stato.
****************
Oltre ad avere il cuore frantumato in mille pezzi per l'ennesima
delusione d'amore e ad essere infuriato per ciò che aveva
dovuto subire in quella serata, era attanagliato dai sensi di colpa per
essere stato nuovamente un pessimo amico.
Dopo essere scappati a gambe levate dalla festa in completo silenzio -
silenzio interrotto puntualmente dall'amica che borbottava cose come
'è proprio un idiota' e, puntualmente, veniva zittita
da un'occhiataccia di Harry - i suoi amici lo portarono ai parcheggi,
offrendogli un passaggio verso casa, che rifiutò
più
volte e non solo perchè non voleva rovinargli ulteriormente
la
serata ma, soprattutto, perchè non aveva voglia di
interagire
con nessun essere vivente, neanche se stesso se avesse potuto.
Così l'avevano caricato in un taxi - chiamato e pagato
dall'amico, facendo sentire ancora più in colpa Peter -
insieme
alla raccomandazione di avvertirli quando fosse tornato a casa.
In quel tratto di strada che lo separava da casa sua, il cellulare
non aveva smesso per un istante di vibrare, invaso di notifiche da
parte dei suoi migliori amici, che sembravano sinceramente preoccupati
per lui e gli chiedevano come stava, di avvisare quando fosse
tornato a casa e che ci sarebbero stati se avesse voluto parlare di
'quello'.
-Sto bene, sono a casa
- aveva scritto freddamente nel loro gruppo, appena uscito dal taxi - Penso che spegnerò il
cellulare e lo metterò nel riso per via dell'acqua. Voi
pensate a divertirvi, ok?-
Era orribile, aveva degli amici fantastici e non voleva assolutamente
sapere di loro - almeno non in quel momento.
Sperò perlomeno che, nonostante il brutto inizio di serata,
almeno per loro ci sarebbe stato un lieto fine.
Con passi lenti e con lo sguardo perso nel vuoto si ritrovò
davanti al suo portone, giocherellando con le chiavi tra le dita,
quasi come se fosse un anti-stress.
Si ritrovò a chiudere gli occhi, pensando a cosa avrebbe
dovuto fare appena entrato in casa.
Non aveva infranto nessun 'coprifuoco' in quanto i suoi zii gli avevano
dato via libera - visto quanto andasse bene a scuola, quanto
fosse un bravo ragazzo e quanto poco uscisse di solito -
perciò era sicuro che non ci fosse nessuno ad aspettarlo
sveglio
ma doveva fare completo silenzio mentre asciugava il cellulare con
metodi casalinghi, metteva i suoi vestiti a lavare - sperando che con
un
lavaggio la roba sarebbe stata 'come nuova' - si faceva una doccia per
eliminare quella pseudo fragranza di salsedine e birra e, dopo aver
cancellato altre eventuali prove come sabbia e quant'altro, morire sul
letto, deprimendosi su quanto schifosa fosse la sua intera esistenza.
Riaprì quindi gli occhi, inserendo la chiave per poi
entrare, cercando di evitare il più piccolo rumore.
Quando richiuse la porta alle sue spalle, si ritrovò a
pensare a
quanto l'indomani avrebbe peggiorato la sua 'condizione psicologica',
mentendo spudoratamente ai suoi zii.
Insomma, che altro poteva fare? Spiegargli che c'era stato un cambio di
programma ed era finito in un party dove girava alcol, fumo e
quant'altro? Quando l'unica regola che gli avevano imposto era proprio
evitare quel genere di cose?
Non aveva scelto, eppure-
"Peter?"
Ad irrigidirlo così tanto da bloccare il flusso dei suoi
pensieri, fu la voce di suo zio che lo accolse nel momento stesso in
cui varcò la cucina.
"Zio Ben..." balbettò il moro in preda al panico "C-che ci
fai qui ancora sveglio?"
"Non riuscivo a dormire." rispose l'uomo, ridendo in tono basso e
pacato, per poi dargli una lunga occhiata con un
sopracciglio alzato "Piuttosto, che ti è successo, figliolo?"
Il newyorkese passò un lungo istante di silenzio cercando di
non
iperventilare sul posto, per essere stato scoperto prima ancora di
poter azionare il suo - non così tanto infallibile - piano.
Ovviamente, per completare la serata disastrosa in bellezza.
"I-io..." mormorò sempre più nervoso "So cosa
può
sembrare, ma non è così. Giuro. E' stato... tutta
una
serie di spiacevoli incidenti, dico davvero."
"D'accordo Peter."
"No davvero, io-"
A quel punto, Peter si bloccò rendendosi conto che con una
calma invidiabile, mentre sorseggiava quello che dall'odore sembrava
caffè, l'uomo non sembrava aver battuto ciglio sulla mezza
spiegazione farfugliata del ragazzo.
"... tu mi credi?" disse, incredulo.
"Figliolo, ti ho praticamente cresciuto io e so che sei un bravo
ragazzo." rispose l'altro, con una sincerità disarmante
"Avrai
sicuramente i tuoi buoni motivi, che mi spiegherai con più
calma
domani. Ora come ora, non mi sembri proprio in vena di parlare, dico
bene?"
Il moro non gli rispose ma non riuscì a non rivolgergli un
sorriso colpevole.
Era circondato da persone stupende e, in un modo o nell'altro, finiva
sempre per approfittare di loro.
Notò subito dopo lo zio dargli un'occhiata indagatoria ai
suoi
abiti ed, immediatamente, il pensiero di aver rovinato, forse per
sempre, degli abiti comprati praticamente nuova si fece strada in lui.
"Ti va qualcosa di caldo?"
Nuovamente, il parente disse qualcosa che Peter non si aspettava - non
in un momento come quello, almeno - e, in poco tempo, gli
avvicinò una tazza lievemente ricolma di caffè.
"Uh... sicuro?" chiese, alzando un sopracciglio "Pensavo che la zia
avesse detto che avrei potuto berlo quando sarei stato più
grande."
"E' solo una piccola goccia, non ti farà nulla ma... nel
caso, teniamolo segreto alla zia, okay?"
Nonostante tutto, a quelle parole il minore si ritrovò a
ridacchiare, posando poi lo sguardo sul liquido nero in fondo alla
tazza, per poi avvicinarlo lentamente alla bocca.
"E'... strano." affermò il ragazzo, facendo una faccia
indecifrabile.
"Lo apprezzerai di più da grande." affermò lo
zio,
prendendogli la tazza, mettendola subito a lavare "O forse no? Non so
se augurartelo. Dopotutto, ne sono dipendente."
Il newyorkese si ritrovò a sorridere nuovamente alle sue
parole
- che aveva capito erano fatte apposta per tirarlo su di morale - poi,
in completo silenzio, sotto lo sguardo dello zio, iniziò
ad asciugare come poteva il suo cellulare e lo immerse in un bicchiere
colmo di riso.
"...Non mi chiedi che sto combinando?" chiese il ragazzo, come a
spezzare quello strano silenzio fra loro.
"Ragazzo, dopo che ti ho visto aggiustare un televisore
all'età
di 8 anni, non mi faccio più domande." rispose, con un
sorriso
affabile "Piuttosto, ti va di stare con me ancora un po'? Ho voglia di
chiacchierare con te. Non ti devo fare nessuna ramanzina, promesso."
A quelle parole il minore non potè non annuire:
dopotutto, almeno quello glielo doveva.
"Bene." esordì l'uomo, bevendo un altro sorso di
caffè
"Ti ho mai raccontato di come ho rischiato di chiudere la relazione con
tua zia, in gioventù?"
Peter alzò un sopracciglio, molto confuso da quella
rivelazione.
"Forse non ci crederai." continuò con la massima
tranquillità "Ma da ragazzino ero parecchio ribelle,
frequentavo
pessime compagnie e facevo arrabbiare parecchio la zia ma mi perdonava
sempre. Finchè un giorno non la feci infuriare seriamente,
tant'è che mi diede un ultimatum. Diciamo che non ci sarebbe
stata una
'prossima volta', se mi fossi comportato nuovamente male. Ero
abbastanza
ostile ma amavo, e amo ancora, May, quindi ci mettemmo seduti per
trovare un compromesso che potesse far funzionare la nostra relazione."
Il newyorkese non sapeva cosa dire e non capiva il perchè di
questo discorso proprio ora ma, con quel racconto, non potè
non
immaginarsi lo zio da giovane in una versione alternativa di Danny Zuko
e la cosa lo fece sorridere indirettamente.
"Okay, ma questo bel racconto a lieto fine, perchè...?"
"Ora ci arrivo." promise lo zio "Con la zia andò bene ma ti
posso assicurare che ho avuto esperienze di ogni tipo, ho tenuto
strette le relazioni a me care ma anche chiuso quelle che non facevano
per me. Posso farti l'esempio delle amicizie che frequentavo ai tempi
di tua zia non erano pazienti e comprensivi come lei, non andavo
più bene per loro e loro per me. Il punto del mio discorso
è, caro Peter, nel corso della tua vita, avrai a che fare
con
tante, tantissime persone, a cui vorrai davvero molto bene. Ma bada,
figliolo, ogni persona è unica nel suo genere e questo, a
volte,
crea dei contrasti quindi fai attenzione a non lasciarti sfuggire
occasioni. Se hai l'opportunità e pensi che ne valga la
pena, fai
tutto il possibile per ritrovarti a 'metà strada' con la
persona a
cui tieni di più al mondo, di trovare un compromesso che
faccia
felici entrambi."
Fece una piccola pausa, posando anche la sua tazza a lavare, aprendo
lievemente l'acqua del lavandino per lavare le due tazze, sotto lo
sguardo attento del nipote.
"Tuttavia Peter, a volte non ne vale semplicemente la pena. Ci saranno
persone che se ne vogliono approfittare, che vogliono buttarti
giù con loro o, più semplicemente, per quanto ci
si
provi, non si può proprio trovare un modo per 'far
funzionare le
cose'. A quel punto, se fa troppo male, se non ce la fai
più...
lascia perdere. So che, detto così, sembra un discorso
egoistico
e insensibile ma, in momenti come questo, dovrai pensare a quello che
va bene a te, quello che ti fa star bene. In sostanza, quello che
voglio dire è, se pensi che una relazione, qualsiasi tipo di
relazione, è troppo, non ce la fai più e non
trovi altri
modi per sistemarla... beh, non c'è nulla di male ad essere
egoisti, in questi casi."
Il ragazzo rimase molto interdetto dopo quel discorso, non sapendo bene
dove volesse andare a parare lo zio.
Non credeva di aver afferrato appieno il discorso ma si chiedeva se
l'altro gli avesse fatto quel discorso, riferendosi in qualche modo a
qualcuno di particolare.
"Non è importante se tu abbia capito ora quello che ti ho
detto." disse Ben, come capendo cosa stesse pensando il nipote e, con
un altro sorriso, dopo essersi asciugato le mani, gli
scompigliò
delicatamente i capelli "Da grande sono sicuro che capirai."
****************
Nonostante il caffè gli avesse lasciato un saporaccio in
bocca,
ammise che gli era servito per essere un pochino più lucido
per
tutto quello che aveva dovuto fare prima di andare a letto: aveva messo
la sua roba a lavare, fatto una doccia, messo un pigiama, pulito
qualsiasi residuo di sabbia, preso il bicchiere col riso e il cellulare
per portarlo in camera, messo la roba a stendere e tutto in completo
silenzio.
Si era appena seduto sul letto, quando sentì l'effetto della
caffeina svanire e la stanchezza stravolgerlo in pieno.
Mentre posava gli occhiali sul comodino e si stendeva sul letto, i suoi
pensieri ricaddero sul discorso avuto poco prima con lo zio e,
successivamente, ricaddero su Wade e la serata appena
trascorsa.
Si chiese che dovesse farci del rapporto col canadese, se fosse il caso
di farla finita con quella stupida cotta e rimanere amici o chiudere
definitivamente.
Ultimamente, con tutto quello che era successo fra loro, ogni tanto
quel pensiero ritornava in mente.
Stare vicino ad uno come lui era un po' come andare sulle montagne
russe: era in grado di farlo sentire al settimo cielo ma, quando meno
se l'aspettava, lo faceva precipitare di botto giù.
Come quella sera...
Posando nuovamente lo sguardo sulla finestra, quasi si aspettava che,
da un momento all'altro,
apparisse come aveva fatto la volta scorsa, magari
dandogli una spiegazione plausibile a tutto quello accaduto quella
notte ma... c'era davvero una spiegazione che avrebbe voluto sentire
su quanto successo?
Stanco, si ritrovò a sospirare, prima di chiudere gli occhi
e
cercare di dimenticare.
Dimenticare l'appuntamento disastroso.
Dimenticare come aveva posto fiducia sulle persone sbagliate.
Dimenticare il barbecue.
...Dimenticare Wade.
Tuttavia, sembrava che i piani dovessero andare diversamente.
Quando sembrava che si stesse per addormentare, sentì vari
colpetti provenire dal vetro della sua finestra e , riaprendo gli
occhi, si ritrovò il canadese volenteroso di entrare.
Lì per lì si chiese se fosse stato
così
traumatizzato da sognarsi il maggiore - un po' come successo tempo fa -
ma, più sbatteva gli occhi e più la forma di Wade
sembrava non voler sparire e, immediatamente, si risedette di colpo
sul letto, sentendo il cuore andare in tachicardia dal panico e si
rese presto conto di non voler proprio vedere l'altro, ora come ora.
Che diavolo gli avrebbe dovuto dire poi?
Effettivamente, perchè era lì?
... Che fosse venuto ad informarlo che si era fidanzato?
Scrollando le spalle, si ritrovò ad aprire molto lentamente
la finestra, ormai arreso al suo destino.
Sperò, perlomeno, che se fosse stato il caso, avrebbe potuto
mettere una pietra sopra ai sentimenti che aveva per l'altro.
"Waaah, era ora che mi aprissi Peach!" esclamò come se nulla
fosse Wade, sgranchendosi le braccia appena fu entrato "Si
può
sapere che fine avevi fatto? Se ti annoiavi così tanto
potevamo-!"
"Che ci fai qui?"
Il maggiore di bloccò per un lungo istante, guardandolo con
fare
confuso, e Peter si chiese se l'altro avesse notato quanto si fosse
immediatamente distanziato o il tono freddo usato per parlare.
"...Come sarebbe che ci faccio qui?" chiese, alzando un sopracciglio
"Avevamo un appuntamento, ricordi? Sono andato a prenderti le pizze
e... Puuff! Sparito in bagno. Quanto cavolo erano distanti per farti
arrivare fino a qui??"
"... Il bagno?"
"Sì, il bagno!" rispose con una certa convinzione "Non ti
trovavo e Cassidy mi aveva detto che ti eri allontanato per cercare un
bagno."
Ah,
perchè la cosa non lo sorprendeva?
"Siccome non tornavi, mi ha convinto ad aspettarti vicino ad un
falò e-"
"Okay, basta così."
Il moro si massaggiò le tempie, facendo un sospiro: non era
sicuro di voler sapere il resto della storia.
"Wade, è stata... una lunga, lunghissima serata. E voglio
solo
dimenticare e dormire, quindi se non ti dispiace potrest-?"
"Dimenticare? Che vuoi dire??"
Istintivamente, il biondo annullò la distanza fra loro e il
newyorkese arricciò il naso, sentendo provenire da lui un
odore
che conosceva ormai piuttosto bene.
"Hai... bevuto un sacco di birra, pare." borbottò, senza
riuscire a
nascondere uno sguardo disgustato "Hai guidato fino a qui ubriaco?"
"Ubriaco? Io? PFF. Ci vuole di più per stendermi."
ribattè il canadese, convintissimo della cosa "Ad ogni modo,
non
cambiare discorso, principessa! Ti ho mandato anche un sacco di
messaggi e-"
Si bloccò, notando nel comodino il cellulare completamente
immerso nel riso.
"... E' una nuova moda?" chiese, alzando un sopracciglio.
"Solo un metodo casalingo per asciugare il cellulare, con la speranza
che sopravviva."
"... Come 'asciugare'? Che diavolo hai combinato?" esclamò
Wade,
sempre più confuso, per poi irrigidirsi, come se avesse
intuito
qualcosa "Ti hanno fatto qualcosa? Dimmi chi è stato, che
gli
sfondo il cu-"
"WADE, NON E' QUELLO IL PUNTO."
Cadde nuovamente il silenzio fra loro e Peter si morse il labbro
inferiore,
cercando di controllarsi : non poteva di certo urlare in piena notte.
"... Non è questo il punto." ripetè, in tono di
voce molto più basso "Anche se fosse successo realmente qualcosa,
non mi sembra che a te importi qualcosa."
"Sai Petey, non capisco se sono io che ho bevuto più di
quanto
credessi o sei tu che stai parlando più arabo del solito
perchè, davvero, non ti capisco!" rispose il più
grande,
grattandosi la guancia "Ti ho scritto, ti ho cercato per mezzo party,
beccando il tuo 'amichetto' che, ew, lasciatelo dire è
sempre
più irritante e- che dicevo? Ah sì, e lui mi ha
detto che
eri tornato a casa e ho pensato fosse tutto strano, insomma mi
guardavano male e- e- non ho capito niente! E ora anche tu mi parli
così e- insomma. Con la tua bella
boccuccia potresti spiegarmi ad uno scemo come me che è
successo
per farti correre a gambe levate dal party?"
"... Io..."
Il moro tacque, passandosi nervosamente una mano fra i capelli, sapendo
benissimo che fosse arrivato il momento di dire la verità.
Come poteva non fare altrimenti? Non è che potesse spiegare
il
perchè il bacio con quella ragazza l'avesse shockato
così
tanto, se non dicendogli quello che provava.
E non poteva proprio evitare di omettere proprio quella
parte, per cui...
"Sono... successe delle cose e..." disse in un sussurro, arricciandosi
una ciocca di capelli fra le dita "ma... la cosa che mi ha ferito di
più
è che..."
Si fermò, abbassando lo sguardo.
"Diciamo che... era abbastanza palese che non ti importasse della mia
presenza lì."
Era un vigliacco.
Un vigliacco che non sapeva neanche affrontare la cruda e dura
verità ma la sua bocca non sembrava voler collaborare, come
ad
impedirgli di dire quelle parole che gli avrebbero fatto rimembrare
ciò che avrebbe voluto dimenticare.
"... Non mi importerebbe?"
A ridestarlo dai suoi pensieri quella frase ripetuta e si rese presto
conto della schiena appoggiata all'armadio e
dell'impossibilità
di scappare via, visto le braccia dell'altro attaccate al legno.
L'atmosfera fra loro divenne improvvisamente strana e a Peter
mancò il fiato, completamente impossibilitato dal fare
qualsiasi
cosa.
Fu una cosa molto lenta e silenziosa - silenzio interrotto da dei
borbottii indefiniti provenienti da Wade - ma, in qualche modo, le loro
labbra si unirono in un delicato bacio a stampo.
Il moro era davvero spiazzato da quel gesto completamente inaspettato
e, a fine di quell'atto - che, nonostante fosse arrivato in maniera
molto lenta, finì in maniera molto veloce - lo
guardò con
occhi sbarrati, sentendo il cervello come se si fosse resettato
completamente.
Quindi lo fissò, inerme, sperando che l'altro potesse
spiegargli il perchè di quel gesto.
Dare un senso a quella situazione.
"Uh, sai di caffè." esclamò, dandogli una leggera
pacca
sulla spalla, allontanando subito i loro visi "Maaaa avevo proprio
bisogno di cambiare sapore, se capisci cosa intendo~"
Peter continuò a tacere ma presto iniziò a
sentire una
pesantezza assurda alla pancia, come se gli stessero strappando le
viscere dal corpo.
Immaginava che per il biondo, un bacio del genere non fosse niente di
che - avrà sicuramente fatto molto, molto
altro - ma sapere che non avesse significato niente per l'altro, lo
faceva stare male, facendogli provare una sensazione parecchio
soffocante.
E poi, cosa voleva dire con 'cambiare sapore'? Si riferiva a quanto era
successo con Cassidy?
... Già.
Perchè baciarlo se poco prima aveva baciato un'altra?
Sapeva bene che molte sue relazioni fossero state superficiali, ma
doveva sapere benissimo che lui non fosse uno da baciare qualcun altro
, tanto per.
Perchè non aveva pensato ai suoi sentimenti?
Perchè aveva reagito senza pensare alle conseguenze delle
sue azioni?
"... Petey..."
Sentendosi chiamare, posò lo sguardo sull'amico e
notò
che anche lui ora sembrava parecchio spaesato, per non dire spaventato,
e pareva parecchio pallido mentre lo fissava con occhi sbarrati.
Inizialmente, pensò che si fosse reso conto del suo gesto e
se
ne fosse pentito ma presto, il newyorkese si sfiorò le
guance e
si rese presto conto perchè il biondo sembrava
così tanto
scosso: stava piangendo.
Come il moro si rese conto che aveva iniziato a piangere, presto
trasformò quelle delicate lacrime in veri e propri
singhiozzi
disperati.
Si era reso conto che stava piangendo letteralmente di fronte all'amico
e rischiava di svegliare i suoi con quel pianto ma, più
cercava
di trattenersi, più quel senso di disperazione aumentava,
facendolo stare peggio.
"Okay, uh, okay." balbettò Wade, che sembrava andare
più
in panico dell'altro "Io... io... mi dispiace, okay? Ti prego, non
stare male, io- uh, non sono buono a risolvere queste cose- sei- sei tu
quello bravo a parlare, a dire la cosa giusta al momento giusto- e - e-
se non parli, non posso capire come aiutarti e-"
In tutta risposta, il moro tremante gli mise le braccia sul petto,
allontanandolo da sè debolmente: non voleva essere toccato.
"... Va bene, mi sposto, okay...? Ma tu stai tranquillo, va bene...?"
mormorò in un filo di voce "Anzi, è stata,
è stata
una cattiva, cattivissima idea venire qui. Tu non volevi vedermi e io
ho... frainteso cose e- uh, ora me ne vado, mh?"
Quando vide l'altro allontanarsi ulteriormente, istintivamente
allungò verso la sua mano, stringendola con fare tremante.
Era strano non volere nessuno vicino ma, al contempo, non volerlo
vedere andare via?
"... D'accordo Peter..." disse l'altro, ricambiando il gesto,
stringendogli la mano "Se è questo che vuoi,
starò qui.
Non ti preoccupare. Pensa solo a calmarti."
E Wade mantenne la sua promessa, rimanendo con lui tutto il tempo
necessario.
****************
Quando il moro si risvegliò il giorno successivo, un
terribile
mal di testa lo accolse insieme al gonfiore agli occhi, quasi come se
l'intero universo gli dicesse che quel giorno era meglio stare a letto.
Si mise a sedere con grossa difficoltà e, confuso, si
guardò intorno, cercando di fare mente locale su
quanto fosse successo la sera prima.
Mentre aveva avuto un'imbarazzante crisi con tanto di lacrime e
singhiozzi vari, Wade era rimasto lì, attendendo che si
fosse
finalmente calmato e l'aveva portato a letto, rimanendo con lui tutto
il tempo, perchè Peter continuava a volere che rimanesse con
lui.
... Dio, che imbarazzo.
Come se non bastasse, l'amico sembrava davvero in preda al panico e
genuinamente preoccupato da morire per lui, senza contare che sembrava
non avere la più pallida idea su perchè e cosa
avesse
fatto soffrire il newyorkese,
Forse... Forse meritava una minima spiegazione.
Ieri non era riuscito a spiegarsi ma magari al telefono, si sarebbe
sentito più sicuro.
... Aveva già detto che si sentiva un vigliacco,
sì?
Dopo un enorme sospiro, prese il suo cellulare e lo accese, constatando
fortunatamente che non sembrasse avere nulla di rotto.
Insomma, non aveva proprio nessuna scusa per non chiamarlo.
Fece un lungo respiro profondo, preparandosi mentalmente a quella
chiacchierata, per poi comporre il numero.
"Oddio, Petey, che succede??" esclamò con voce acuta il
canadese, agitatissimo.
"Uh.. ciao?" rispose il moro, a disagio "... Volevo, emh, solo sentire
come stavi."
"... Beh, è un orario un po' assurdo per chiedermi come sto,
ti pare?"
Peter rimase un po' confuso, per poi guardare l'orologio sul suo
comodino : le 5.40 del mattino.
Effettivamente, a vedere ora, fuori dalla finestra, il sole stava
sorgendo in quel momento.
"... Perdonami, eeerrmmmh." borbottò , in preda
all'imbarazzo
per la gaffe "Mi sono svegliato e la prima cosa a cui ho pensato
è stata di... chiamarti, ecco. Ieri non... ci siamo
'salutati'
nel migliore dei modi e-"
"Peter, risparmia le belle parole, so benissimo di aver commesso un
enorme cazzata ieri."
Il ragazzo tacque, stringendo istintivamente il cellulare per poi
deglutire.
Intendeva quello successo con quella ragazza? O con lui quella notte?
"Ho frainteso i... emh, segnali che mi mandavi e- cioè, so
che
è colpa mia, sei sempre carino e io- insomma- non dovevo
fare
quello che ho fatto, ti piacciono le ragazze e immagino che il tuo
gesto ti abbia-"
"No aspetta." lo bloccò subito il newyorkese "Pensi che sia
stato quello il motivo? Per, emh, quello che è successo?"
"... Non è così...?"
Dal tono palesemente confuso, il moro istintivamente sbuffò
frustrato.
"Okay, Petey, allora." esclamò in tono demoralizzato il
biondo,
facendo sussultare l'altro "Sono confuso, okay? Non ci sto capendo
più niente. Lo sappiamo tutti che sei quello più
intelligente, ti andrebbe di spiegarmi cosa ti ho fatto? Giuro, vorrei
capire e sono troppo stanco per ragione, quindi se la facessi in
termini più semplici possibili ti sarei grato."
Il minore riflettè alle sue parole, sentendosi un po' in
colpa nei confronti dell'altro.
L'aveva fatto soffrire, era vero, ma non sembrava che se ne fosse
reso conto e aveva scontato abbondantemente la pena,
prendendosi cura di lui la sera prima.
... A proposito, chissà quando era tornato a casa?
"... Anche io sono stanco e non mi va di parlare di quella sera...
quindi... quindi... cerca di prestare attenzione, perchè
cercherò di essere sintetico, okay?"
Calò il silenzio e Peter iniziò a domandarsi se
fosse caduta la linea.
"Wade?"
"AH sì, ci sono, scusa." esclamò, per poi
sbadigliare
sonoramente "Ho tipo, dimenticato che non potevi vedermi annuire. Vai
pure avanti.
Il newyorkese si ritrovò a sospirare ancora.
"Allora... non ero entusiasta di andare al party."
"Ma dai?" esclamò l'altro sarcasticamente.
"... Ma, insomma, sembrava che ci tenessi ad andarci e ho provato ma
è stato un fiasco. Sono stato male ma, ancora peggio, mi
hanno
tirato un brutto tiro e- diciamo che per una serie di cose sono finito
in acqua. Per questo sono stato via per tanto e-"
"Ah-ah! Quindi c'è davvero qualcuno a cui devo rompere il
culo."
"Wade, non la finiamo più se mi interrompi ogni due
secondi." esclamò esasperato il più piccolo.
"Ops, pardon."
"... Dunque, dicevo." mormorò stancamente "A quel punto me
ne volevo andare ma... umh."
Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.
A quanto pareva, neanche parlarne al telefono rendeva le cose
più facili.
"Petey?"
"... Ti ho visto e... sembrava che ti fossi dimenticato di me, che non
ti fossi accorto che ero svanito e- ci sono rimasto male. E ho visto
delle cose che- beh- uh, a quel punto sono arrivati Harry e Mary Jane e
mi hanno convinto a tornare a casa. Poi a casa è successo-"
Si ritrovò ad arrossire, nonostante la situazione, a quel
ricordo.
"... Emh, diciamo che unito a quello successo e a come è
successo... pensavo non fossi tanto serio e-"
"Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta." lo bloccò nuovamente
"Non
so bene che è successo alla festa, fra quei cretini e- e-
boh,
non pensavo di essermi comportato così male e, anche ora non
capisco bene che ho fatto ma- insomma. Ero , forse sono ancora, un po'
brillo e magari ho fatto qualche cretinaggine che non ricordo. Strano
però, ero abbastanza lucido e- sto divagando. Ma non ho
capito
l'ultima cosa. Che volevi dire che 'non pensavi fossi serio'?"
"... Beh..." borbottò Peter, in preda all'imbarazzo "Sei
abituato a baciare tante persone e-"
"Petey, mi stai dando della zoccoletta?" ribattè l'altro,
senza trattenere un certo risolino nella voce.
"COSA? NO." esclamò in tono più acuto del
previsto "E' che
so bene che sei una persona con - uh- più esperienza di me e
quelli sono magari gesti che... si fanno con più
facilità, senza pensare."
"Okay, questo mi ferisce." mormorò, con un sospiro
rassegnato "Pensi che farei qualcosa come questa con
facilità?"
Il newyorkese ripensò a quanto fosse bastato il gioco della
bottiglia per far in modo che il biondo baciasse qualcun'altra.
... Ma non voleva assolutamente nominare la cosa, ora come ora.
"Uh, più o meno." borbottò, un po' irritato a
quel ricordo.
"... Okay, è vero. Sono un po' sciacquetta."
confermò
l'altro "Ma non era stato questo il caso. Cioè, non con te."
"Wade, hai presente che dopo che mi hai baciato hai commentato sul
fatto che almeno avevi cambiato sapore o qualcosa del genere?"
"... Petey, pensi che ti abbia scambiato per un collutorio?"
ribattè ancora, ridacchiando nuovamente e, a sto giro,
irritò non poco il moro.
"Senti, non lo so che diavolo si dice in un momento del genere ma so per certo che
quello non
fossero propriamente le parole adatte in quella situazione." rispose in
tono sempre più irritato "E anche ora non mi sembri tanto
serio."
"Principessa, sono più serio di quanto tu creda ma,
ammetterai
che sono sempre stato strano forte e non ho chiuso occhio e mi hai
chiamato ad un orario improponibile ma che comunque ti sto parlando
perchè ci tengo, anche se ho un modo folle di tenere alle
persone?"
Il minore sapeva che l'altro non aveva tutti i torti, ma era troppo
stanco e il suo mal di testa non aveva fatto che aumentare nel poco
tempo che aveva parlato con l'altro, quindi non era per niente in
condizione di fare la persona matura, ora come ora.
Non gli restava altro che sbuffare con fare infastidito, non trovando
nessuna argomentazione valida per ribattere.
"Ammetto che mi sono un po' perso e penso che molte cose tu non me le
voglia dire... ancora." disse pensieroso il maggiore "Però
ad
una cosa devi rispondere."
"A cosa?"
"Siamo più o meno d'accordo che non ho avuto i modi, il- uh,
tatto giusto? Ma... Se l'avessi avuto?" chiese, con sincera
curiosità "Se avessi dimostrato che fossi stato serio,
sarebbe
cambiato qualcosa? Vuoi che la prossima volta ti porti dei fiori, ti
faccia una richiesta scritta o-"
"Dio,
quanto sei cretino." sbottò il più piccolo,
esasperato "Ovvio
che sarebbe cambiato. Sarebbe cambiato tutto."
E a quel punto, Peter si rese conto cosa avesse appena detto.
"... Mh, interessante~"
Mai il newyorkese avrebbe voluto sotterrarsi come in quel momento.
"Peach, ci sei ancora?"
"Vorrei dire di no." borbottò, in completo imbarazzo
"Perchè con te divento sempre più stupido?"
"Non saprei, ma credo sia contagioso." esclamò l'altro in
tono
allegro, quasi raggiante "Seeeeenti, avrei un'idea. Ora siamo stanchi,
fusi, isterici eeee non mi vengono altri aggettivi, quindi mi fermo
qui. Ma magari non sarebbe male parlarne... Faccia a faccia? Chiarire
definitivamente? Non ti dico ora, magari dopo aver riposato o fra
qualche giorno o- quando preferisci. Basta che tu... stia tranquillo,
ecco."
Peter rimase in silenzio per un lungo istante, cercando di cacciare via
la vergogna per quanto ammesso poco prima e per tutta quella situazione
in generale, per poi riflettere sulle sue parole.
Avevano bisogno di parlare di tante, tante cose ma, soprattutto, in
completa tranquillità.
"... Sì, penso anche io."
Avrebbero dovuto chiarire, in bene o in male, una volta per tutte.
// Scusate l'ennesimo ritardo! ;_;
Ero convintissima di riuscire a pubblicare per i primi di giugno... Ed
invece, eccomi quasi a luglio. ;7;
Comunque... Ragazzi, vi rendete conto che, oltre ad essere quasi alla
fine (il prossimo è l'ultimo capitolo) è passato
un
annetto dalla pubblicazione?**
E' un anno che state seguendo questo mio progretto e siete aumentati
sempre più! (Fra le gente che ha messo la storia nei
preferiti,
ricordata, etc. siamo a circa una quarantina di persone che leggono **)
Come al solito, ringrazio la mia amica Alice per le correzioni e per
tutta la sua pazienza.
Che dire? Ci vediamo fra un mesetto (e stavolta dovrei essere anche
puntuale, visto che il prossimo pezzo è un po'
più breve
(?)) con la fine di questa fanfiction. <3
|
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Capitolo 12 *** 12° Capitolo ***
Irresistible012
● In
questa fanfiction, NON
si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a
quello dei fumetti;
● I
personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
●!! Attenzione, leggere le note a fine capitolo!!
12°
Capitolo.
- Quindi ora state assieme? -
A quel messaggio appena mandato dall'amica, Peter istintivamente si
era grattato la guancia, guardando per un lungo istante la tastiera
del suo cellulare, quasi sperando che il correttore gli consigliasse la
risposta corretta a quella domanda ma... la verità, era che
non
esisteva una vera e propria risposta.
Teoricamente, lui e Wade si erano incontrati, avevano parlato e, anche
se non avevano chiarito del tutto - il moro non aveva avuto nuovamente
il
coraggio di chiedere di quel fantomatico bacio - avevano fatto pace e
ora sembrava tutto tornato alla normalità.
Nonostante ciò, il loro rapporto sembrava profondamente
cambiato
infatti, ad esempio, anche se le scuole erano chiuse per le vacanze
estive, i due si
vedevano piuttosto regolarmente - e con regolarmente intendeva dire che
un giorno sì ed uno no, anche solo per qualche ora, si
vedevano.
Ovviamente, il biondo aveva comunque una vita, usciva con i suoi soliti
amici e lo stesso faceva il newyorkese.
... O almeno, avrebbe voluto dire così.
D'estate Harry partiva col padre all'estero e solitamente passava le
giornate con Mary Jane ma, da dopo la festa, sembrava un po' fredda nei
suoi confronti e aveva iniziato a parlargli un po' di più
solo
recentemente.
Si chiedeva se le avesse fatto qualcosa o, peggio, se fosse successo
qualcosa fra lei e il suo migliore amico per colpa sua ma, ogni volta
che provava a
chiederle qualcosa, evadeva la domanda e gli parlava di tutt'altro e, a
quel punto, Peter aveva iniziato a non chiederle più niente.
Insomma, fra il corvino che era chissà dove in Europa e la
rossa
che si faceva sentire di rado, Wade era l'unica persona con cui uscire,
letteralmente.
Era strano, si era sempre considerato introverso e spesso agognava un
momento di pace, lontano dai problemi ma, ora che passava giornate
intere senza fare niente, se non studiare, senza quasi sentire
qualcuno, lo facevano sentire... solo.
Ovviamente, il minore faceva attenzione a non menzionare la cosa al
canadese, praticamente l'unica persona che sentiva con
regolarità, per paura che si precipitasse e si presentasse
24
ore su 24 sotto casa sua.
Non era giusto, non voleva dipendere troppo da lui e non voleva di
certo che la sua vita ruotasse solo intorno alla sua.
... Al contempo, Peter avrebbe tanto voluto che il maggiore chiudesse i
ponti con le sua amicizie.
Non tanto per ' averlo tutto per sè' , ma più per
la pessima influenza che avevano su di lui.
Da quel che aveva visto la volta del party, non erano per niente delle
brave persone e aveva paura di cosa sarebbe successo al canadese se
avesse continuato a frequentarle.
Wade aveva tanta rabbia dentro di sè, probabilmente per la
situazione familiare, ma aveva come l'impressione che la costante
esperienza di individui del genere non facesse altro che fermentare
questo sentimento e, una piccola parte di sè, aveva paura di
dove questo l'avrebbe portato.
Aveva provato più volte ad affrontare il discorso,
soprattutto
perchè molti dei loro 'incontri' erano causati dal biondo
che
'per puro caso' si ritrovava nelle vicinanze della casa del newyorkese
e, con un
sorriso ebete, gli chiedeva se poteva fargli da infermiere personale,
presentandosi con qualche ferita dovuta a chissà quale lite.
'Non ti preoccupare, sto bene', lo rassicurava prontamente il ragazzo,
ogni volta
'ho avuto i miei buoni motivi per ridurmi in questo stato' e da
lì gli raccontava come aveva menato qualche cretino a fin di
bene e la discussione finiva sempre con un gran sospirone da parte del
minore.
Col tempo, il più piccolo aveva iniziato a fare sempre meno
morali all'altro, in parte perchè non sapeva davvero che
altro
dirgli - Wade era testardo e Peter non era poi tanto sicuro di essere
la persona adatta per convincerlo del contrario - e in parte
perchè iniziava a pensare che avesse ragione.
Nonostante fosse comunque preoccupato che l'altro rischiasse di farsi
male sul serio, doveva ammettere che ammirava sempre più
questo
lato di lui.
Insomma, era una vita che il moro aveva a che fare con la gente
che lo derideva, lo prendeva in giro e lo umiliava e quell'anno, dopo
tutto quello che era successo, era nato dentro di lui un forte
risentimento e
quasi invidiava il canadese che aveva tutta la forza e il coraggio che
a lui mancavano.
A quei pensieri, finiva sempre con avere uno strano broncio combattuto,
mentre magari sistemava qualche benda o simili all'amico e
puntualmente, notando la cosa, il maggiore gli si avvicinava per
scoccargli un piccolo bacio sulla fronte, facendolo arrossire
all'istante.
Infatti, la loro quotidianità non era fatta solo di sgridate
e fasciature ma di carezze, abbracci e coccole in generale.
All'inizio si sentiva stranito di come l'altro, pian piano, si fosse
preso sempre più confidenze e, al contempo, avesse reso la
cosa
così naturale ma, in qualche modo, era riuscito ad abituarsi
-
per quanto questo significasse diventare rosso come un peperone
ogni volta.
Certo, c'erano delle volte che il moro non voleva quel genere di
attenzioni - specie se si trovavano in pubblico - e l'altro non lo
premeva più di tanto ma, appena ne aveva
l'opportunità o
anche solo vedeva Peter più in 'vena', eccolo che lo
abbracciava
o lo riempiva di bacini sulla guancia o se lo prendeva in braccio,
stringendolo forte a sè.
Per quanto, a pensarci era strano perchè, nonostante tutte
quelle effusioni, non aveva più provato a baciarlo sulle
labbra,
neanche una volta.
Ma ancora più strani erano i loro 'appuntamenti'.
Solitamente stavano a casa a giocare a qualche videogioco che il biondo
riusciva a procurarsi o uscivano al parco a mangiare un gelato.
Effettivamente, molte loro uscite erano molto limitate, un po' per il
caldo afoso che faceva passare la voglia di fare qualsiasi cosa ma, in
parte, il newyorkese sentiva che fosse per colpa sua, anche
perchè l'altro sembrava evitare il più possibili
i posti
affollati.
Ma non era questa la cosa strana.
Lo era il fatto che passavano momenti in cui parlavano tantissimo -
Wade aveva provato ad insegnargli addirittura un po' di francese, per
poi smettere alla consapevolezza che l'altro non fosse portato per
niente - a momenti in cui praticamente si ignoravano, facendo ciascuno
un'attività diversa nonostante fossero nella stessa stanza.
Una volta, all'ombra di un albero al parco, dopo aver abbassato il
libro di chimica, aveva guardato timidamente l'altro che stava giocando
da solo con un frisbee, saltando da una parte e l'altra, chiedendogli
se non si annoiasse in sua presenza e quello, molto semplicemente, gli
aveva regalato un sorrisone commentando con 'nah, mi piace la tua
compagnia, anche se facciamo cose diverse. E poi devi studiare tanto se
mi vuoi sposare, aspetto ancora la mia cenetta come proposta di
matrimonio.'
Inutile dire che, da allora, si era rifiutato di chiedergli qualsiasi
cosa, per non morire dall'imbarazzo.
Con un grosso sospiro, Peter spostò momentaneamente il
cellulare,
dopo aver letto almeno un altro milione di volte il messaggio
dell'amica e
accantonò tutti quei pensieri, per posare lo sguardo sul suo
amico, che ora dormiva placidamente per terra.
Da qualche tempo, il minore era riuscito a convincere l'altro a
rimanere qualche volta a dormire da lui anche se il più alto
si
rifiutava di dormire sullo stesso letto perchè
'è meglio così per entrambi, fidati' gli aveva
detto e il
moro non aveva insistito.
Il suo primo pensiero, appena lo vedeva dormire così
tranquillo,
per terra, con un semplice lenzuolo e un cuscino era che, almeno, non
stava sotto lo stesso tetto di quel padre tossico.
L'altro era che fosse il caso, prima o poi, di prendergli una qualche
sorta di materasso per dormire.
Sospirò, constatando sempre di più quanto fosse
strano, tutto troppo
strano quando si trattava di Wade e, a quel punto, decise di rispondere
alla rossa.
- Non lo so. -
****************
"Che ti è arrivato di bello?"
Appena sentì quella voce accompagnata dal tocco di due
braccia
che gli circondarono la vita da dietro, sussultò
imbarazzato,
per poi sfiorare appena i capelli biondi dell'altro, con un mezzo
sorriso.
Solitamente quando riapriva gli occhi la mattina, Wade non c'era quasi
mai, se ne andava prima che lui si svegliasse.
Le rare volte in cui rimaneva, erano le volte che la zia lo
beccava scappare dalla finestra e lo costringeva a tornare a casa, come
quella mattina.
Non si poteva dire di no a zia May, mai.
"La vera domanda è perchè sei in boxer."
borbottò, guardandolo di sottecchi.
"Perchè l'estate da voi è atroce e rischio di
sciogliermi
da un momento all'altro." esclamò con tono teatrale, posando
una
mano sulla fronte e accasciandosi ancora di più al corpo di
Peter che a malapena riusciva a reggerlo.
"... Eppure mi resti appiccicato, nonostante il caldo."
ribattè, arrossendo lievemente.
"Perchè non posso resisterti" rispose, con quel suo tono fra
il
divertito e il malizioso, che non si capiva mai se fosse serio o no
"Poi i tuoi non ci sono e non rischio di scandalizzare nessuno.
Perchè tu per primo, non sei scandalizzato no? Sono
sicurissimo
al 113% che non ti dispiace guardare."
A quel punto, il newyorkese sospirò, prendendo il taglierino
che
era posto sopra il tavolo per aprire il pacco, non avendo
più
voglia di rispondere all'altro.
In parte perchè era inutile ed era quasi stancante trovare
risposte con un senno logico per farlo ragionare e in parte
perchè poteva avere, anche se in minima parte, ragione.
Si staccò quindi dall'altro, inchinandosi per tagliare con
cautela il nastro adesivo che ricopriva l'intera scatola, immaginando
già chi gli avesse spedito il pacco senza neanche leggere il
mittente.
Da principio, vide solo un ammasso di imballaggio e carte poi,
dopo tanto scavare, estrasse da là dentro vari pacchi e
pacchettini contenenti dolci, statuine e quant'altro.
"Cos'è?"
"Souvenir." rispose il moro con un lieve sorriso "Harry, ogni volta che
parte, mi spedisce un pacco contenente cose riguardanti i posti che ha
visto. Gli ho detto che è una spesa inutile ma non ascolta
mai.
Vallo a capire..."
"...Mh" borbottò il maggiore, in modo contrariato
"Perchè quel pacco ha un fiocco sopra?"
"Ah.." mormorò distrattamente Peter, estraendo i pacchettini
rimasti, per poi rimettere apposto e buttare la scatola con all'interno
tutto l'imballaggio da una parte "Ad Harry dispiace saltare il mio
compleanno ogni anno, così mi manda il regalo in anticipo ed
io
lo apro il giorno giusto. Comunque, puoi prendermi un gelato dal
congelatore che-?"
"No aspetta." disse Wade, guardandolo con fare indecifrabile "Cosa hai
appena detto?"
"Eh?" disse il più piccolo, con fare confuso " 'Prendi il
gelato dal congelatore?' "
"No, prima."
"Cosa allora? 'Mi manda un regalo in anticipo'?"
"No! Cioè sì! Cioè- AH! Odio questi
clichè." esclamò il canadese con fare frustrato
"Dicevo.
Sì insomma. Compleanno? Come, dove, quando? E
perchè non
ne sapevo niente?!"
"... Allora, uh." rispose l'altro, abbastanza a disagio "Faccio gli
anni fra qualche settimana, ad agosto e- insomma, non pensavo
ti interessasse."
Ovviamente aveva detto, al solito, la frase sbagliata,
perchè ora l'amico
lo guardava con occhi sbarrati, con uno sguardo abbastanza offeso, come
se l'avessero appena insultato.
"Come osi tu, Peter Parker, osare dire che io, il mago delle feste, il
migliore intrattenitore, il bellissimo ragazzo canadese della porta
accanto, non gli importa della festa compleanno della mia principessa
preferita?"
C'erano molte cose che non gli quadravano nell'affermazione appena
detta da parte dell'altro ma non ebbe il tempo di dire o fare altro
che, il tempo di aprire bocca, Wade prese ed uscì dalla
stanza e successivamente dalla casa, incurante di quello che gli disse
il
newyorkese, nel vano tentativo di fermarlo.
Ritornò indietro giusto quando gli fece notare che era
uscito
dalla casa in mutande, per poi cambiarsi, rubare un gelato ed andarsene
nuovamente, con fare indignato.
****************
Nonostante il loro rapporto fosse mutato drasticamente, c'erano ancora
delle
cose che il moro proprio non riusciva a comprendere dell'altro, in
particolare, come ragionasse.
Non erano passati manco tre quarti d'ora da quando era uscito
di casa, che Wade gli aveva scritto un messaggio lunghissimo - e
scritto molto velocemente, visto tutti gli innumerevoli errori di
battitura - nella quale gli chiedeva il giorno preciso del suo
compleanno, se avesse dei programmi e , nel caso, di prepararsi
psicologicamente perchè avrebbero festeggiato il compleanno
assieme, solo loro due.
Quando gli aveva chiesto un minimo di spiegazioni, il biondo aveva
sbottato con un 'oh andiamo, mi sto impegnando tanto per far finire
questa storia con un happy ending, dammi tregua!'.
Ovviamente, non aveva idea di cosa significasse, sapeva solo che la
sera del suo compleanno era stato costretto a non prendere nessunissimo
impegno, perchè sarebbe passato e gli avrebbe fatto una
sorpresa
- e, conoscendolo, poteva essere qualcosa di stupefacente o
traumatizzante.
Nonostante si fosse ripromesso di non crearsi troppe
aspettative per
non ricascare in situazioni come quella del ballo - che gli aveva
lasciato una ferita ancora aperta - era davvero su di giri per la
serata che avrebbe passato con il maggiore, così tanto che a
malapena mangiò una fetta della sua torta al cioccolato
fatta
dalla zia e aprì frettolosamente il loro regalo, il
microscopio
che tanto voleva.
Si sentiva davvero in colpa per essere un cattivo nipote - specie
pensando a quanto avranno speso per quel regalo - e sapeva che nessun
bacio e abbraccio che aveva dato loro quella sera sarebbe bastato a
ripagarli per tutto l'amore e la pazienza che gli davano ogni giorno -
ma... non poteva fare a meno di controllare ogni minuto quella dannata
porta d'ingresso, in attesa che l'altro arrivasse.
Dopotutto, a parte per i suoi zii, l'uscita con il canadese era una
delle sue piccole gioie del compleanno, visto che Mary Jane a malapena
gli aveva fatto gli auguri ed Harry era all'estero e- a proposito, non
aveva ancora aperto il suo regalo quindi si ripromise di farlo a fine
di quella serata.
Aveva appena finito di cenare e di aiutare a sistemare la cucina,
quando finalmente bussarono e Peter si precipitò, quasi
cascando
sui suoi stessi piedi e, quando vide l'altro, gli si illuminarono gli
occhi.
"Ciao Wade! Vuoi entrare un attimo? E' rimasto un pezzo di torta e-"
"Petey pie, sono in tremendo ritardo." lo interruppe l'altro, senza
fiato.
Il newyorkese gli diede un'occhiata un po' stralunata, per poi posare
lo sguardo lo sguardo sull'orologio che aveva al polso: non solo non
era in ritardo ma era arrivato anche in anticipo.
Nonostante ciò, l'altro sembrava aver fatto una lunga corsa
per
arrivare lì, rovinando in parte la sua camicia bianca per
colpa
di sudore, ed era un peccato perchè gli stava davvero bene,
gli
metteva in risalto i suoi-- okay, doveva concentrarsi.
"Veramente sei perfettamente in orario."
"No, non hai capito, io-" esclamò, passandosi
frettolosamente
una mano fra i capelli "Cioè, lo so che ufficialmente sono
qui
ma non sono propriamente qui ma- insomma, ho avuto dei problemi- mio
padre e io-"
"Okay, calma, non riesco a capirti." lo bloccò il moro,
preoccupato sentendo nominare il padre dell'altro "E' successo qualcosa
con tuo padre? Ti ha fatto qualcosa o--?"
"No! Diciamo, okay sì. Più o meno."
Il biondo inspirò profondamente, schiarendosi la voce.
"... Non ci ho... diciamo, discusso a sangue, se è quello
che
pensi ma-" borbottò, con fare pensieroso "Ma è
tornato a
casa prima del previsto e- posso dire che- ecco, non sono riuscito a
finire... 'tutto'."
"Tutto?" chiese con sincera curiosità "Tutto cosa?"
"LA SORPRESA!" disse Wade, come se fosse la cosa più ovvia
del
mondo "Non ho fatto in tempo e ora è tutto rovinato!"
"... Okay." rispose con un leggero sospiro, molto più
sollevato
che non fosse successo niente di grave "Beh- non fa niente.
Cioè, ci sarà un'altra occasione per-"
"NO!" lo bloccò, guardandolo con fare quasi disperato
"Doveva
essere oggi. Stasera. Dovevano succedere cose... su cose... ma ora...
uh..."
Peter non sapeva davvero che dire, l'altro sapeva davvero sconvolto per
la cosa.
"Allora... come mai sei arrivato prima?"
"Beh, per sistemare mi ci voleva davvero un sacco di tempo ed avevo
paura di far tardi e rovinare tutto ma... se ci penso ora, in qualche
modo, è come se avessi comunque rovinato tutto."
A quel punto, il minore si appoggiò allo stipite della
porta,
fissando l'altro con sguardo intenerito: sembrava davvero che ci
tenesse a fargli questa sorpresa per il suo compleanno.
Era... davvero uno stupido, quando faceva così, ma in senso
buono.
"Potresti..." mormorò il moro, goffamente "Potresti,
insomma, potrei darti più tempo. Ti ci vuole tanto?"
Il canadese lo guardò dritto negli occhi, sbattendo un paio
di volte le palpebre.
"... Penso qualche ora." rispose pensieroso "Ma... sei sicuro? E' il
tuo compleanno, non vorrei mandarlo a rotoli."
A quelle parole, il newyorkese gli sorrise dolcemente, tirandogli la
guancia successivamente.
"Che stupido, mandare a rotoli cosa? Non ho comunque altri impegni per
la serata."
Il più grande si lasciò tirare le guance, senza
togliere
gli occhi di dosso all'altro, per poi stringerlo forte a sè,
lasciando di sasso il festeggiato.
Gli scoccò un bacio sulla guancia, per poi staccarsi di
colpo, con un enorme sorriso.
"Farò super in fretta per il mio super festeggiato
preferito." annunciò, iniziando ad allontanarsi.
Quando ancora Peter era fuori dalla porta, il ragazzo si
voltò, alzando le braccia per salutarlo energicamente.
"Ritornerò presto! Tu aspettami, okay??"
Il ragazzo con gli occhiali, se la rise a quelle parole, per poi
chiudere la porta alle sue spalle, sorridendo in maniera un po' ebete.
Era felice di quel giorno, felice di Wade e felice di quello che
avrebbe riservato quella serata.
Chissà cosa aveva in serbo per lui? Beh... L'avrebbe
sicuramente scoperto fra qualche ora.
Andò subito a mettere la suoneria al massimo, in caso
l'altro lo
chiamasse e fece quello che gli era stato chiesto: aspettò.
Attese...
Attese...
Ma Wade non tornò.
Fine Prima Parte.
//Bene ragazzi, spero mi abbiate stiate leggendo ora perchè
ho un annuncio da fare!
Penso l'abbiate capito ma ci
sarà un continuo.
Ebbene sì, la storia di questi due piccoli, grandi (?)
imbecilli
non si fermerà qui (pensavate davvero che avrei lasciato
questo
finale inconcludente? E lasciato così tanti buchi di trama??
TSK
TSK).
Non so dirvi con esatezza quando riprenderò a scrivere
(volevo
fare un po' di pausa, mettere in ordine tutte le idee e magari
riprendere cose lasciate in sospeso e continuare le cose che ho ancora
aperte) ma posso già dirvi che il
titolo sarà Indestructible e farà parte della
raccolta
'You and Me are' quindi niente, spero di rivedervi tutti appena
farò uscire la seconda parte. <3
Detto ciò, ho un enorme
favore da chiedervi.
Essendo un favore, non siete obbligati, ma mi farebbe davvero, davvero comodo
avere dei pareri dalle persone che leggono la storia, in particolare mi
piacerebbe sapere cosa
ne pensate del modo in cui scrivo, quali buchi di trama avete notato (sì,
sono stati fatti apposta in previsione di un seguito, non vi
preoccupate lololol),
cosa vorreste vedere prossimamente e, in generale, se avete qualche
critica costruttiva.
Mi farebbe davvero comodo, anche solo per migliorarmi e darvi in futuro
'lavori' migliori!
Quindi, non siate timidi e, se avete voglia, dite tutto alla vostra
Bunny (?) <3 ( pubblicherò comunque, anche se nessuno
dovesse
scrivere, non vi preoccupate).
Detto ciò, voglio ringraziare come al solito tutte le
persone
che mi seguono dall'inizio, tutte quelle che hanno trovato anche solo
un minuto di recensirmi o anche chi solo la legge in silenzio, amandola
silenziosamente (?) ed in particolare, grazie a tutti quelli che mi
hanno sostenuto ma, soprattutto, alla mia amica Alice che mi ha aiutato
a sistemare il 90% dello scritto di questa fanfiction (se è
un
minimo decente è anche grazie a lei u.u)
Quindi, detto ciò, non mi dilungo oltre.
Alla prossima ragazzi. <3
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