Il sole all'orizzonte

di Nao Yoshikawa
(/viewuser.php?uid=994809)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1x1 ***
Capitolo 2: *** 2x2 ***
Capitolo 3: *** 3x3 ***
Capitolo 4: *** 4x4 ***
Capitolo 5: *** 5x5 ***
Capitolo 6: *** 6x6 ***
Capitolo 7: *** 7x7 ***



Capitolo 1
*** 1x1 ***




Steve Rogers aveva appreso troppo tardi che forse sarebbe stato meglio fermare il suo migliore amico Tony Stark, quando questi aveva scommesso tutti i loro risparmi in una partita a poker
Dubitava che sarebbero stati tanto fortunati da vincere i due biglietti di sola andata per New York che erano in palio. Di certo, la vita non era mai stata generosa con loro.
«Ti avverto Tony, se perdiamo tutto per colpa tua, giuro che me la paghi», sussurrò Steve.
L’amico, d’altro canto, sembrava tutto fuorché ansioso o agitato.
Aveva appena finito di fumare l’ennesima sigaretta e stava per accendersene un’altra, non prima però di rispondergli.
«Dovresti fidarti più di me. So sempre quello che faccio.»
«Ah. E scommettere tutto ciò che abbiamo in una partita a poker ti sembra saggio?»
«… Se vinciamo la nostra vita cambierà totalmente, quindi adesso taci», lo rimbeccò aspramente Tony. L’altra coppia con cui avevano indetto quella scommessa non parlava granché bene la loro lingua, forse erano tedeschi o svedesi, non avrebbe saputo dirlo. Sollevò lo sguardo, osservando l’orologio appeso al muro, lì nella squallida taverna in cui si trovavano. «D’accordo, ragazzi. Due minuti. Non abbiamo più molto tempo, per cui… scoprite le carte.»
Steve gli lanciò un’occhiataccia. Non era mai stato un bravo giocatore di poker, a dimostrarlo le carte che aveva tra le dita.
«Niente, eh?» domandò Tony, passandosi due dita sul mento e osservando poi gli avversari. «E niente. Capisco… diamine…»
«Diamine? Che cosa? Non mi dire che abbiamo perso? Tony, cazzo, tutti i nostri risparmi, sei un vero…»
«Sai, potresti anche farmi finire di parlare, Steve», gettò le carte sul tavolo. «Guarda qui, abbiamo vinto, stupido. I biglietti sono nostri, saliremo su quella nave!»
Steve sgranò gli occhi. In un primo momento pensò che Tony lo stesse prendendo in giro, ma poi si rese conto del contrario. Avevano avuto una vera e propria manna dal cielo.
«No, non è possibile! Abbiamo vinto. Lasceremo questa città! Tony, io…»
«Non c’è tempo per i sentimentalismi! Raccogli le tue cose e andiamocene!»
Uno dei sue avversari però si sollevò indicando Tony e parlando con forte accento nordico.
«Hai barato!»
«Oh! Miei cari signori, io sono tante cose, ma certamente non baro!»
«Tony! Vuoi sbrigarti sì o no?!» lo rimbeccò Steve, facendolo sbuffare.
«Quanta pazienza. Mi piacerebbe rimanere qui con voi a parlare, ma ehi, c’è una nave che mi aspetta. Quindi… addio!»
Steve lo afferrò e lo attirò a sé, salvandolo da una probabile rissa, come molto spesso si era ritrovato a fare. Appena fuori dalla taverna c’era il porto e un gran via vai di carrozze e gente di ogni classe sociale che si apprestava a salire sull’imponente nave chiamata “Titanic”.
«Quindi… cos’è che stavi per dirmi prima?» domandò Tony.
«Pensavo non ci fosse tempo per i sentimentalismi. Corriamo o rimarremo qui a Londra!»
All’ennesimo richiamo da parte di Steve, Tony decise di darsi una mossa. Presero a correre, non badando neanche a chi incontravano o urtavano sul loro cammino. E non si fermarono neanche quando urtarono un uomo che era appena uscito dalla propria carrozza.
«Ma che…? Come hanno osato quei due urtarmi e passarmi davanti senza neanche chiedere scusa? Poveracci, senza ombra di dubbio, dovrebbero chiudere i porti a gente del genere!»
Era un uomo elegante, dai capelli corvini e i penetranti occhi verdi.
«Chiedo perdono, signorino Parker. Potete uscire adesso.»
Peter Parker avrebbe preferito non muoversi di lì. Di partire non ne aveva affatto intenzione, ma sapeva che ribellarsi o dire la sua sarebbe stato inutile.
Cercò di sistemarsi il colletto inamidato della camicia, sentendolo troppo stretto.
Cosa ci faccio io qui?
«Signorino Parker?»
Lo guardò. Era ancora un bambino, per molti aspetti. Ma per tanti altri era anche dovuto crescere troppo in fretta.
«Scusate, Loki. Mi ero solo fermato a pensare che… non ho mai preso una nave», rispose stancamente.
Loki Laufesyon sorrise gentilmente, eppure il suo sguardo non smetteva mai di essere gelido, attento ad ogni minimo dettaglio.
«Ci sono tante cose che non avete mai fatto. E dopotutto è normale. Siete ancora giovane.»
A quanto pare non abbastanza per impedirmi di sposarmi.
Questo si premurò di non dirlo ad alta voce. In fondo sapeva che a poco sarebbe servito.
«Suvvia, Loki. Non siate troppo severo con il ragazzo.»
Peter sorrise in direzione di Thor Odinson.
«Non fa niente. Sto bene. Quindi è questa la nave che hanno chiamato “Titanic”, eh? Capisco il perché…»
«Già, affascinante, vero?» fece Loki sbrigativo. «Su, andiamo. Non c’è tempo da perdere.»
Peter abbassò lo sguardo, avvertendo nuovamente un certo malessere farsi spazio in lui. Aveva sempre saputo che un giorno si sarebbe sposato più per convenienza che per amore, ma adesso quel giorno era lì. E la persona, che non aveva mai visto ma con cui avrebbe suo malgrado passato il resto della vita, era lì, oltre l’Atlantico. Thor, di gran lunga più empatico di Loki, se ne accorse e tentò quindi di tranquillizzarlo.
«Non preoccupatevi. Vedrete che andrà tutto per il meglio.»
Peter sforzò un sorriso, tuttavia dubitava che ciò si sarebbe avverato. Ma non era un problema, era rassegnato ad una misera esistenza fatta di doveri. Era sempre stato così, era stato cresciuto solo per far sì che arrivasse a quel momento.
E adesso, ad ogni passo che compiva, gli sembrava di portarsi dietro un pesante macigno.
Non si può avere paura di morire se si è già morti, giusto?
 
Tony e Steve avevano appena imboccato un lungo e stretto corridoio alla ricerca della loro camera, se così poteva essere definita. Quando si viaggiava in terza classe non si poteva pretendere chissà che e in fondo nessuno dei due pretendeva molto.
Dopo aver camminato per qualche minuto per quell’angusto luogo, arrivarono alla camera loro assegnata.
«Non posso crederci, siamo dentro», disse Steve.
«Puoi ben dirlo. Allora, cosa aspetti? Su, apri la porta!» esclamò Tony spingendolo. Una volta entrati si ritrovarono in una cabina spartana, con tre letti di cui due a castello. Capirono immediatamente che non sarebbero stati i soli, lì. Gli occhi di Steve infatti si posarono su una figura seduta su uno dei materassi.
«Salve. Scusate, dovevo immaginare che sarebbe arrivato qualcun altro. Sono Bucky Barnes, piacere di conoscervi» si presentò subito lo sconosciuto.
«Ah, sì, piacere mio, amico. Tony Stark. Comunque il letto di sopra è mio», dichiarò Tony sbrigativo, al che Steve alzò gli occhi al cielo.
«Perdonalo, fa così con tutti. A quanto pare ci ritroveremo a dover condividere la cabina.»
«Non è un problema, la compagnia non mi dispiace. E tu ce l’hai un nome?» chiese Bucky interessato.
«Sì. Steve Rogers» rispose lui con un sorriso.
«Capisco. Sono molto felice di conoscerti, Steve.»
 
Dopo che Peter si era sistemato nella sua lussuosa cabina, più simile ad una suite, in realtà, aveva sperato di potersene rimanere un po’ per i fatti suoi, ma non doveva dimenticarsi che un nobile era sempre obbligato a partecipare a eventi mondani. E lui odiava, odiava terribilmente tutto ciò, esisteva un limite di sopportazione per qualsiasi persona e lui non era da meno. Anzi, era forse il più fragile, proprio come un cristallo. Nel pomeriggio aveva conosciuto, sebbene molto di sfuggita, il capitano del Titanic, ovvero Nick Fury. Poi c’era stata una sorta di riunione, in cui altri nobili che conosceva si erano incontrati per parlare.
Ogni qualvolta, seduto tra Thor e Loki,  Peter si perdeva ad esaminarli tutti, con fare annoiato: c’era Bruce Banner, colui che aveva progettato la nave. Natasha Romanoff, bellissima quanto silenziosa e misteriosa. Clint Barton, silenzioso quanto Natasha e di lei la sua ombra. E c’era anche Carol Denvers. A lei Peter piaceva molto, per via della sua tendenza a dire sempre ciò che pensava.
Era nervoso. Non riusciva mai a stare fermo ad eventi del genere, si agitava facendo cadere a terra i cucchiaini da tè e venendo puntualmente richiamato da Loki.
«Smettetela di agitarvi come un pesce nella rete.»
«Devo andare al bagno», mentì.
«Ci siete già andato poco fa.»
«Suvvia, Loki. Se ha un’urgenza, lasciate che vada.»
Carol rise, mentre finiva di sorseggiare il suo tè.
«Guardatevi, sembrate un’adorabile coppia sposata. Non vorrei essere nei panni di Peter ad avervi come suoi tutori.»
«Sì, grazie tante, lady Denvers», rispose aspramente Loki.
Bruce allora si intromise, cercando di cambiare discorso.
«Allora è così? Andate a New York per incontrare la vostra futura sposa?»
Il ragazzo fece per rispondere, ma prontamente Loki parlò al posto suo.
«Sì, oramai è ufficiale. Il signorino Parker sposerà una lady di una ricca famiglia. Possiedono una miniera d’oro, se non erro…»
«Oh, mi chiedo come farà il povero Peter senza voi a vegliare su di lui», lo provocò Carol.
«Amh… scusate, io di questo adesso preferirei non parlarne», confidò Peter.
«Ti terrorizza l’idea di sposarti?» domandò allora Natasha, parlando forse per la seconda volta da quando era lì. Peter ingoiò un sorso di tè tanto zuccherato. Sarebbe servito a qualcosa parlare? Aveva già una vita e un futuro prestabiliti, a cosa serviva lottare? Quando era bambino era sempre stato un ribelle, ma adesso che si affacciava alla vita adulta, sentiva di non essere più in grado di volare in alto. Il solo pensiero gli provocava panico.
E le voci iniziavano a rimbombargli per la testa.
«Con permesso… io vorrei prendere un po’ d’aria.»
 
Tony osservava ora il foglio di carta, ora la persona che aveva deciso di ritrarre. O per meglio dire, la persona che si era offerta di farsi ritrarre, visto che se fosse dipeso da lui, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ma quando Bucky aveva saputo del suo talento nel disegno, lo aveva pregato.
«Come sta venendo?» domandò.
«Se non ti agitassi, magari…» si lamentò Tony.
L’aria era fresca, affatto fastidiosa, si erano lasciati alle spalle uno stormo di gabbiani e oramai la nave andava incontro al mare aperto.
«Allora… quindi state andando a New York per…?» chiese Bucky rivolgendosi a Steve. Sembrava molto più interessato a parlare con lui che con Tony.
«Fortuna, spero. Magari un lavoro. Penso che lo avrai già capito, di fortuna non ne abbiamo mai avuta molta.»
«Ah, a me lo dici? Anche io ho lasciato tutto – o per meglio dire, quel poco che avevo – per avventurarmi oltreoceano. E pensandoci… forse non è stata una scelta malvagia.»
Sorrise e sorrise anche Steve, mentre Tony rinunciava a ritrarre Bucky. Quei due avevano anche la faccia tosta di corteggiarsi a vicenda davanti a lui.
«Il mio genio artistico non è compreso…», borbottò sottovoce. Fece per alzarsi e sistemare i suoi fogli volanti in una carpetta in cuoio, ma nel momento in cui si sollevò, qualcuno lo urtò, facendo cadere per terra tutti i suoi lavori.
«Ehi! Ragazzino, perché non guardi dove metti i piedi?»
Peter si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati e un’espressione stralunata.
«Io… m-mi dispiace. Sono davvero rammaricato, se vuole l’aiuto, io…»
«Non importa, ci penso da solo. Sparisci.»
Il ragazzo annuì, allontanandosi con lo sguardo basso, mentre Tony si chinava a raccogliere i fogli.
«Dico, sei impazzito?» gli chiese Bucky.
«Che ho fatto?»
«Quello lì è un nobile. Per come lo hai trattato, potrebbe tranquillamente farti arrestare.»
«Figurati. Non mi creerà problemi.»
«Tu credi? Mai avere a che fare con gente del genere. Non per quelli come noi, almeno.»
«Sta tranquillo, Bucky. Tony ha la propensione a cacciarsi nei guai. Piuttosto, perché non mi parli dei tuoi progetti per il futuro? Così vediamo se combaciano con i miei», domandò guardandolo dritto negli occhi.
E Tony sospirò.
Davvero senza alcun ritegno.
 
 
La fuga di Peter era durata poco, poiché subito dopo Loki lo aveva recuperato e riportato indietro. Ed era così ogni dannatissima volta. Lui scappava e qualcuno veniva a prenderlo.
Era sempre stato così. Probabilmente anche con i suoi genitori, almeno da quel poco che riusciva a ricordare di quando erano in vita. Era più corretto dire che Thor e Loki lo avessero cresciuto, in quanto fidati amici della sua famiglia e ora suoi tutori. Ogni nobile aveva una vita prestabilita, nascere, crescere, studiare e cercare un matrimonio conveniente. Ma non era quello che lui voleva. Per tutta la vita si era sentito soffocare, rinchiuso in una bellissima gabbia dorata, senza possibilità di scegliere neanche la persona da amare. E d’altronde, lui l’amore non lo aveva mai provato. E dubitava che mai sarebbe accaduto. Avrebbe vissuto una vita infelice, tra la ricchezza e i privilegi, ma col cuore arido. Quando da piccolo gli capitava di vedere gli altri bambini, quelli normali, giocare in strada, si chiedeva come dovesse essere avere quel tipo di vita. E adesso che di anni ne aveva quasi diciotto, quella sua curiosità non era cambiata. Aveva resistito. Ma ora che si trovava sulla strada diretta per la sua eterna infelicità, si sentiva più oppresso del solito. C’era un peso proprio lì, lì dove batteva il cuore. C’era la voglia di elevarsi e correre via, pur trovandosi in mezzo all’oceano.
Durante la cena, Peter non sentiva più il tintinnio dei bicchieri e delle posate, né il vociferare. C’era e non c’era. Era un fantoccio in mezzo a gente tutta uguale. Era un guscio vuoto. E ogni sogno e speranza era stato  spezzato via. Ci aveva pensato tante volte. Sì, chiudere gli occhi e sprofondare sarebbe stato facile e forse indolore. Si era sempre trattenuto dal formulare certi tipi di pensieri. Ma cosa c’era a trattenerlo, adesso?
Sebbene lo conoscesse da anni, ancora Peter molto spesso sfuggiva allo sguardo attento di Loki. Nel bel mezzo della cena di gala si era alzato, scomparendo in un suo momento di distrazione.
«Quel ragazzino mi farà impazzire…» sibilò sottovoce. Thor lo guardò di sottecchi. Anche se doveva ammettere che Loki fosse bravo nell’eseguire i suoi doveri, alle volte era troppo rigido ed esagerato.
«Lascialo andare… Anche io scapperei al posto suo.»
«Hai qualcosa da ridire sui miei metodi?»
Thor sorrise. Provocare la sua ira poteva essere divertente e pericoloso al contempo.
«Non mi permetterei mai.»
Ridevano e scherzavano, ignari dell’oblio in cui Peter avrebbe voluto gettarsi.
 
Fuori l’aria era gelida, tagliente, penetrava le ossa e faceva mancare l’aria. Questo non aveva però fermato Peter che, in uno stato di confusione totale, era uscito fuori, camminando veloce, quasi correndo, urtando ogni tanto qualcuno. Si allentò il colletto e tolse il papillon. E prima che ne accorgesse, arrivò al parapetto della poppa. Poggiò le mani sul ferro e respirò a fondo.
Il mio desiderio è sempre stato quello di volare. Potrei farlo, adesso. Volare per poi cadere in mare. Respirare, anche se per un attimo, la libertà.
Aveva fatto di tutto per trovare una soluzione, com’era solito fare. Era grazie alla sua capacità di vedere il lato positivo nelle cose che era andato avanti. Ma adesso, anche volendo, non avrebbe trovato niente di positivo.
Tremò profondamente e scavalcò il parapetto, reggendosi. Sotto di sé, il mare era scuro e profondo. Lo avrebbero inghiottito. Oppure sarebbe morto per il gelo. L’idea lo spaventava. Morire faceva paura, ma gli faceva ancora più paura l’idea di continuare ad esistere senza poter effettivamente vivere.
Ma il cielo, il cielo era bellissimo e stellato. Tony stava osservando quelle stesse  stelle, dal momento che Steve lo aveva scaricato per Bucky, era stato costretto a trovarsi un passatempo. Un passatempo tranquillo. O almeno lo era stato finché non aveva visto e sentito un  ragazzo appeso al parapetto. E nonostante il suo solito disinteresse, quella volta, qualcosa gli disse di agire.
«Ragazzino, ma che diamine stai facendo?»
Peter si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati e lucidi. Si studiarono qualche istante prima di capire che in verità si erano già incontrati, il giorno stesso.
«Io… io non sto facendo niente…» mormorò.
«Ma davvero? Allora perché sei appeso lì? Cosa c’è, volevi vedere il mare da vicino? Avanti, scendi», cautamente si avvicinò, con una mano tesa.
«Non intendo scendere. Vi prego, lasciatemi in pace», rispose stancamente.
«Lo farei, ma purtroppo oramai sono qui. Perciò… niente da fare. Senti ragazzino, qualsiasi sia il problema, non credo che il suicidio sia la scelta giusta. Come se non bastasse, non sono ancora abbastanza senza cuore da lasciar morire una persona. E se ti butti dovrò salvarti.»
Peter fece una smorfia, stranito. Quello era lo stesso uomo che gli si era rivolto sgarbatamente appena qualche ora prima?
«Ma io non ve l’ho chiesto…»
«E io non agisco su richiesta. Senti, una volta che sei morto non c’è più niente da fare. Non pensi sia un po’ da codardi fuggire così?»
Peter corrugò la fronte.
«Neanche mi conoscete.»
«No, ma so che ti pentiresti di averlo fatto nel momento in cui ti lasceresti cadere. Se vuoi spiccare il volo ci sono altri modi per farlo. Andiamo, afferra la mia mano e risparmiati questo dolore.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo. Non contava di incontrare qualcuno che gli tendesse una mano. E a farlo era stato niente meno che un uomo comune, una di quelle persone che aveva sempre invidiato. Che fosse un segno del destino?
Tremando per il freddo e lentamente, si aggrappò a lui. Tony lo attirò leggermente a sé, incrociando i suoi occhi impauriti.
«Ce l’hai un nome, ragazzino?»
«S-sì. Sono Peter Parker.»
«E io sono Tony Stark. Sei stato fortunato che ci fossi io.»
A Peter venne da sorridere. Gli era sempre stato detto e insegnato che l’altra gente, quella di un ceto sociale più basso, fosse pericolosa. Eppure gli occhi di quell’uomo, di Tony, sembravano buoni. Una bontà d’animo nascosta da una finta durezza.
Se è venuto a salvarmi qui, in quest’istante, è perché così doveva andare. È perché forse io merito una seconda possibilità.
Allora si aggrappò a lui saldamente, facendo per scavalcare il parapetto. Ma non prestò abbastanza attenzione a cadde. Per un attimo avvertì il vuoto sotto di lui, ma la mano di Tony non si era staccata dalla sua, neanche un attimo. Lo sorreggeva, anche adesso, con forza.
«No! Non voglio cadere! Signor Stark, non lasciatemi!»
Ironico come adesso stesse cercando di tenersi stretto a quella vita che fino ad un attimo prima aveva cercato di buttare via.
«Va tutto bene, ragazzo. Ti tengo. Non ti lascio. Ti tiro su, ma aiutami ad aiutarti, d’accordo? Non mollare la presa!»
Peter lottò per tornare su, per non cadere giù, nell’oblio gelido dell’oceano. La presa di Tony era salda, era sicura. Non lo conosceva, ma sapeva, era certo, che non lo avrebbe lasciato.
Dopo aver compiuto uno sforzo disumano, Peter si rese conto di trovarsi tra le sue braccia che lo stringevano. Tremava, per il freddo e la paura, pallido come un fantasma e con gli occhi sgranati dopo aver visto la morte in faccia.
«È tutto a posto. Tutto a posto. Ti ho preso», lo rassicurò.
Come un bambino, Peter affondò il viso sulla sua spalla e sentì le lacrime solcargli il viso. Tony lo poggiò a terra, afferrandogli il viso tra le mani.
«Respira. Respira, guardami, okay? È tutto a posto, sei salvo.»
Ma il ragazzo non parlava, a malapena respirava. Tony sollevò poi lo sguardo quando vide due sottufficiali avvicinarsi, probabilmente attirati dalle loro grida. E allora capì che i suoi guai sarebbero iniziati di lì a poco.
 
Non era un segreto che Loki Laufesyon ce l’avesse a morte con le gente diversa, con quella di basso ceto. C’era un motivo se i poveri erano tali, probabilmente lo erano per scelta. O perché comunque lo avevano meritato.
E quell’uomo, quel certo Tony Stark, non era di certo da meno.
«Come hai osato aggredire un ragazzino? Un nobile? Questo è a dir poco oltraggioso!» esclamò rivolgendosi a lui. Tony aveva rischiato tante volte, ma era la prima volta che si trovava effettivamente ammanettato.
«Oltraggioso? Cosa? Il fatto che gli abbia salvato la vita?»
Loki assottigliò lo sguardo.
«Rispondi anche? Dovresti solo tacere. La gente come te è sempre pericolosa.»
Thor lo osservò inveire contro Tony, senza dire una parola. Vide poco dopo Peter, adesso più rosso in viso e avvolto da una coperta, avvicinarsi.
«Aspettate! Non sta mentendo. Quest’uomo mi ha salvato. Ho rischiato di cadere giù e se non fosse stato per lui… probabilmente sarei morto!»
Thor parve stupirsi.
«Come avreste fatto a cadere giù?»
«Amh… volevo vedere il mare e mi sono sporto troppo…», rispose. Poi guardò Tony, invitandolo silenziosamente a reggergli il gioco.
«È andata così?» chiese Loki sospettoso.
«Già. Dovreste tenere il vostro ragazzo sott’occhio. Adesso potete liberarmi?»
«Sono davvero rammaricato, signor…?» chiese Thor.
«Stark.»
«Stark. Forse potremmo ricompensarvi in qualche modo. Tu che ne pensi, Loki?»
«D’accordo, venti dollari.»
Peter fece una smorfia.
«Ma… la mia vita vale così poco?»
«Siamo permalosi, eh?» sospirò. «D’accordo, allora venti dollari e una serata in prima classe. Vi va bene, signor Stark?»
«Mi va bene qualsiasi cosa, purché mi lasciate andare», proferì infine, stufo. Aveva compiuto una buona azione verso quel ragazzino, ma non voleva essere invischiato negli affari e nelle situazioni di quei nobili.
 
 
«Ditemi la verità. Le cose sono andate davvero così?»
Peter era stato ad un passo dall’andare a dormire, quando Thor si era presentato nella sua camera e gli aveva posto quella domanda. Non con severità o rabbia, più che altro con apprensione. Peter allora aveva abbassato lo sguardo. Non avrebbe potuto dirgli la verità. Ora come ora si pentiva di quel gesto inconsulto e mentalmente ringraziava la presenza del signor Stark al momento opportuno. Non lo aveva neanche ringraziato a dovere.
«Certo che è andata così… è stato uno sfortunato incidente che per fortuna ha avuto un lieto fine. Davvero.»
E sorrise. Eppure la tristezza nei suoi occhi era qualcosa di evidente. Da un po’ di tempo Thor aveva iniziato a preoccuparsi. Conosceva Peter da quando era piccolo e lo aveva visto mutare da bambino ribelle e allegro a giovane uomo accondiscendente e passivo all’esistenza stessa.
Era spento.
Ma tutto ciò, Loki sembrava ignorarlo. Era sempre stato più propenso a preoccuparsi degli interessi economici, piuttosto che dei sentimentalismi. Anche mentre i due parlavano, quella sera, si presentò in camera di Peter tenendo una scatoletta in velluto bordeaux in mano.
«Scusate se vi interrompo. Peter, so che siete ancora scosso, ma c’era una cosa che volevo mostrarvi. Questo è il regalo di fidanzamento che darete voi stesso a Lady Watson, una volta arrivati a New York.»
Sentì nuovamente lo stomaco chiudersi, mentre Loki rivelava il contenuto della scatoletta: una collana con un diamante blu, a forma di cuore.
«Non badiamo a spese, eh?» chiese Thor.
«Non in questa occasione. Si chiama “Il cuore dell’oceano”. Cinquantasei carati, indossato niente meno che da Luigi XVI. Dovete custodirlo con molta cura.»
«Sì… grazie. Sarà fatto», lo rassicurò Peter.
Esattamente come aveva immaginato, le cose non sarebbero cambiate. Il tempo avrebbe continuato inesorabilmente a scorrere e lui avrebbe continuato ad essere infelice.
 
Nota dell’autrice
Titanic ha colpito anche in questo fandom. Non ce l’ho fatta, Peter e Tony si prestavano troppo bene ad un’AU del genere. AU che per certi versi manterrà alcuni elementi del film, mentre in alcuni casi no, completamente.
Ci saranno, come si è già capito, accenni ad altre coppie che mi piacciono, in particolare Stucky, Clintasha e Thorki.
Lo so che così a primo impatto Loki sembra il villain spietato della situazione, ma per come l’ho pensato io, non è esattamente così. Tra l’altro adesso lui e Thor che gli fanno da tutori/genitori è diventato il mio nuovo headcanon.
Inoltre, per me Carol e Peter sono una BROTP incredibile, ma anche questo penso si capirà meglio andando avanti.
Spero di aver mantenuto i personaggi IC, è la mia prima AU sul fandom e la cosa mi diverte alquanto. Spero che come idea vi piaccia ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2x2 ***


 
Peter ci aveva pensato tutta la notte. Alla fine era arrivato ad una conclusione: doveva rivedere quell’uomo, Tony Stark, e ringraziarlo. Era sempre stato attratto da quel tipo di persone, sembravano così libere e felici ma, si ripeté, non era certo questo il motivo per cui ci teneva tanto a parlare con lui. Doveva ringraziarlo, dopotutto gli aveva salvato la vita, oltre a metterlo nei guai. Loki gli aveva sempre raccomandato di non dare confidenza a persone di quel tipo, ritenendole pericolose e approfittatrici.
Era un ragazzo troppo ingenuo, gli ripeteva anche. E forse non aveva torto, ma Peter sentiva lo spasmodico bisogno di fare come voleva.
Quel pomeriggio assolato riuscì a trovare l’occasione giusta per uscire dalla sua lussuosa suite e andare a cercare più giù, per il ponte della terza classe, molto più chiassoso a causa dei numerosi bambini che scorrazzavano in giro. Dovette ammettere di sentirsi piuttosto fuori posto. E probabilmente, coloro che incrociava sul suo cammino, dovevano starsi domandando cosa ci facesse un giovane nobile lì.
A qualche metro di distanza, Tony Stark aveva deciso di lasciarsi alle spalle la sua disavventura del giorno prima, cercando di dedicarsi ai suoi disegni. Steve, però, sembrava non volergli lasciare tregua.
«E così, il freddo e invalicabile Tony Stark ha dato il suo aiuto ad un ragazzino nobile e ha anche rischiato di farsi arrestare, eh?»
«Non sei divertente, Steve. Ho fatto quello che dovevo, quello che era giusto.»
«Certo. E in cambio quelli ti hanno invitato al loro circolo dei ricchi?»
«Tanto non intendo andare, comunque. Lo sai che quelli odiano la gente come noi.»
Tony tagliò lì il discorso e Steve lo lasciò perdere, dedicandosi a rubare ogni tanto un bacio  o due a Bucky, seduto a lui di fianco. Era scoccata la scintilla e trattenersi molto spesso era impossibile.
Mentre Rogers gli rubava l’ennesimo bacio, dato di nascosto, sgranò gli occhi e si staccò all’improvviso.
«Beh? Cosa c’è?» domandò Bucky contrariato. Poi capì: Steve stava fissando un ragazzino.
«Amh… Tony… penso che tu abbia visite», mormorò. Seccato, l’altro sollevò lo sguardo. Peter era senza ombra di dubbio imbarazzato, ma anche apparentemente felice di vederlo.
«Emh… salve, signor Stark. Vi dispiacerebbe scambiare due parole con me?»
 
In seguito, Tony si sorprese della sua totale incapacità di rifiutare. Non voleva avere problemi con quella gente, ma se si trattava semplicemente di parlare, allora forse poteva anche concederglielo. Avevano preso a camminare sul ponte, quello della prima classe, poiché lì tirava un vento piacevole e batteva il sole. Peter era nervoso. Tony poté giurarci, non aveva mai conosciuto ragazzino più timido e impacciato.
«Io, ecco… volevo solo ringraziarvi per avermi salvato. Non ne ho avuto l’occasione.»
«Non c’era bisogno che mi ringraziassi, chiunque al posto mio lo avrebbe fatto. Anche se, certo, ho rischiato di farmi arrestare per molestia…»
Peter arrossì, avvilito.
«Loki è uno dei miei due tutori e… tende ad esagerare, ma ci tiene a me. Deve aver pensato che foste pericoloso…»
«Intendi perché sono un pezzente?»
«Sì. Cioè no! Molti nobili la pensano così, ma io no. Non do tutta questa importanza al ceto sociale.»
Peter lo vide ridere.
«Davvero? Ma tu pensa, ed io che credevo tu fossi il classico ragazzino viziato, sono sorpreso. Allora cosa sei? Un giovane tormentato?»
Il ragazzo sospirò, osservando l’immenso oceano di fronte a sé, l’orizzonte.
«Non credo mi prendereste sul serio, signor Stark.»
«Tony, chiamami solo Tony. Se lo pensi, mettimi alla prova. Mi piacerebbe sapere cosa ha spinto un giovane con tutta la vita davanti, al suicidio.»
Si stupirono entrambi. Quelli non erano fatti suoi, Tony Stark non era conosciuto per la sua empatia, ma con Peter era stranamente diverso. Leggeva nei suoi occhi una profonda tristezza ed esasperazione.
Se ne sorprese il più giovane. Assai raramente gli capitava di essere compreso, di essere letto dentro a quel modo. Ciò non lo mise a disagio come tanto aveva temuto, ma meglio.
«Cosa, mi chiedi? Tutto. Tutta la mia vita è stata un’oppressione continua. Perché pensi che io mi trovi qui? Chiaro, sto andando ad incontrare la mia promessa sposa. Non l’ho mai vista, non so neanche che aspetto abbia, sta di fatto che dovrò sposarla. E questo non è giusto. Dovrei poter scegliere con chi passare il resto della mia vita. Almeno questo.»
Tony lesse una grande malinconia nel suo tono. Visto dall’esterno, quel ragazzo possedeva tutto che si poteva desiderare. Ma bastava davvero poco per capire che soffrisse di tante mancanze, la libertà prima fra tutti. Lo aveva capito, Tony. Perché di fatto lui possedeva solo quella.
«Si usano ancora i matrimoni combinati? Che cosa medievale. Perché non provi a ribellarti?»
Peter sorrise tristemente.
«Perché non so come si fa.»
Non pretendeva di risolvere i suoi problemi, gli bastava avere accanto qualcuno che lo ascoltasse. Se dapprima Tony gli era sembrato quasi infastidito, adesso lo trovava più a suo agio. Poi, così com’era solito a fare, saltò da un discorso ad un altro.
«In quella cartella che ti porti sempre dietro ci sono i tuoi disegni, non è vero? Ti ho visto poco fa, te ne stavi chino sul foglio. Sei un artista?»
«Non per il resto del mondo, ragazzo.»
«Io lo trovo affascinante, invece. Potrei vederli…?»
E per l’ennesima volta, quel ragazzino finì per sorprenderlo. E sorprendere Tony Stark era già di per sé un’ardua impresa. Gli porse la cartella e allora Peter inizio a sfogliare i vari disegni realizzati in matita o in carboncino. La maggior parte erano ritratti.
«Wow… wow!» esclamò stupito. «Sono davvero bellissimi. Tony, tu diventerai famoso!»
«Oh, ti ringrazio, ma dubito sarà così facile.»
«No, dico davvero. Meriti molta più visibilità, a mio avviso.»
Ad un certo punto  i disegni avevano iniziato a cambiare. Non più semplici ritratti, ma corpi nudi di donne, di modelle sensuali dagli sguardi languidi.
Peter arrossì di colpo, richiudendo la cartella.
«Forse questo avrei dovuto immaginarlo…»
«Non mi dire che ti vergogni», lo stuzzicò Tony.
«U-un po’. Beh, immagino che tu abbia avuto molte avventure, allora…»
A Tony venne da ridere, trovava adorabile la goffaggine e la timidezza di quel ragazzo.
«In realtà sono un professionista, non faccio sesso con le mie modelle», poi assottigliò lo sguardo. «Sai cosa penso? Che ti presteresti bene per un ritratto.»
«Io? Davvero lo pensi?»
Gli venne da sorridere a quello che doveva essere un complimento. Adesso, portandosi una mano sul cuore, lo sentiva battere ingiustificatamente più forte.
Insieme a Tony si perse per ore a parlare, a camminare, in avanti e indietro per il ponte della prima classe. Ma nessuno dei due sembrava essersene accorto.
Tony dovette rendersi conto di quanto Peter fosse sorprendente. Era gentile, curioso, allegro, nonostante la malinconia che aveva negli occhi. Gli aveva fatto molte domande circa la sua vita, ne era sembrato quasi affascinato.
«Non c’è molto da dire su di me, se non che ho perso i genitori quando ero poco più giovane di te. Da allora ho lavorato qua e là, sopravvivevo. Ma non è un grosso problema, gli stenti mi hanno reso ciò che sono ora. E mi hanno portato qui. Non proverai pietà per me, vero?» domandò, pur sapendo già la risposta.
«Ah, no. Io non provo pietà. Sono solo affascinato. Hai viaggiato per il mondo?»
«L’ Europa.»
«Anche io, ma poco. Davvero poco. E non mi sono mai divertito per davvero.»
«Ma pensa, sei nel fiore degli anni e non ti sei mai divertito?» domandò sorpreso. «Mai giocato a pallone? Mai andato al mare? Mai ubriacato?»
«Non mi fanno toccare neanche un goccio d’alcol.»
«Ah, che mi venga un colpo! Sai, io e il mio amico Steve quante avventure abbiamo vissuto? D’accordo, ragazzino. Non puoi stare su questa terra se non conosci almeno un po’ i piaceri della vita.»
Peter sorrise radioso.
«Vorrai dire che mi porterai al mare?»
«Già. A giocare a pallone e a bere birra scadente.»
«Sembra meraviglioso. Allora promettimelo, Tony! Io e te al tramonto, sulle rive del mare!» sussurrò avvicinandosi al suo viso, come se volesse preservare il loro segreto.
Tony spalancò leggermente gli occhi per osservare meglio il viso del ragazzo, i suoi occhi pieni di speranza e qualche lentiggine sul viso.
Era bello. Senza ombra di dubbio.
«Signorino Peter?»
Il loro idillio venne interrotto bruscamente. Loki Laufesyon aveva lasciato un po’ di respiro a Peter, considerando la sua disavventura della sera prima, ma mai si sarebbe sognato di trovarlo in compagnia di quell’uomo. A seguirlo c’erano Thor e le due lady Romanoff e Denvers.
«Ah, emh! S-salve. Salve, signore. Posso presentarvi il signor Tony Stark? Lui è un artista.»
«Ah, non esageriamo…» disse sottovoce, alzando poi lo sguardo verso Loki. «È un piacere rivedervi.»
«Sì, il piacere è tutto mio.»
Thor si schiarì la voce.
«Allora, signor Stark. Vi aspettiamo questa sera a cena. Mi raccomando, non mancate.»
«Non lo farò di certo.»
«Meraviglioso, senza ombra di dubbio meraviglioso», tagliò corto Loki. «Signorino Peter, forse è meglio andare e iniziare a prepararsi per la serata.»
«Ah, giusto. Allora ci vediamo dopo, Tony. Cioè, signor Stark!» si corresse subito, seguendo i suoi tutori e lasciandolo in balia di Natasha e Carol, che avevano fatto caso al modo particolare in cui Tony lo guardasse.
«E così voi siete amico del nostro Peter?» chiese la seconda.
«Il vostro Peter?»
«Gli vogliamo bene come ad un fratello minore», chiarì subito Natasha. «Sembrate andare d’accordo, mi fa piacere. È giusto che si faccia qualche amico.»
«Già, già. Piuttosto signor Stark, non avrete mica intenzione di presentarvi a cena così?»
«Ho forse alternativa?»
Carol alzò gli occhi al cielo, prendendolo sotto braccio.
«Natasha, va a cercare Clint. Ci serve.»
 
Tony non capì come in seguito si fosse ritrovato tra le grinfie di quella donna, quella nobile così esuberante. Aveva fatto velocemente la conoscenza di Clint Barton, che era stato così gentile da prestargli un suo abito. E doveva ammettere che in smoking faceva una certa figura.
«Permettetemi di darvi qualche consiglio, signor Stark», disse Carol sistemandogli il papillon. «I nobili impazziscono per i soldi, quindi faccia finta di essere ricco e la adoreranno. Ci sono alcune persone più gentili come me e Natasha. E poi ci sono quelli come Loki.»
«Sì. Penso di aver capito che genere di persona sia», si schiarì la voce, sentendosi un po’ stretto in quegli indumenti. Cosa diamine ci faceva lì?
 
Peter aspettava impaziente. E nell’attesa, aveva preso a parlare con Thor riguardo la fantastica giornata che aveva appena passato.
«Mi fa piacere sapere che avete un nuovo amico», gli disse l’uomo.
«Non poteva essere altrimenti. Lui è così intelligente, divertente… sa un sacco di cose e poi è un artista.»
«Brutta razza gli artisti», si lamentò Loki. «Dovreste fare amicizia con qualcuno della vostra età. E del vostro ceto sociale.»
«Suvvia Loki, non siate esagerato.»
«Non sono esagerato.»
Peter non ebbe più modo di ascoltarli. Perché davanti a lui, in cima alle scale, era apparso Tony. E si incantò a guardarlo per qualche istante. Non era un qualcosa che aveva mai provato in vita sua, ma era piacevole. Sottobraccio a Tony arrivò lady Denvers, già pronta a prendere in mano la situazione.
«Oh, salve. Qualcuno vuole scortare una signora al tavolo? Tony, andate con Peter, io dopotutto posso vantare due cavalieri. Thor, Loki.»
«Sì, lady Denvers, grazie. Arrivo. State molto bene, signor Stark» affermò il corvino languido, senza alcun calore.
Peter tentò di trattenere una risatina di imbarazzo, per poi avvicinarsi a Tony.
«Scusa. Ti ho lasciato nella fossa dei leoni.»
«Non fa niente, ho affrontato di peggio. E così sono entrato nel circolo dei ricconi.»
«Già, benvenuto. Ci sono tante persone qui, ma quelle con cui abbiamo più confidenza te le dirò adesso. Lady Denvers la conosci già. Ha ereditato le sue ricchezze dalla famiglia e come avrai potuto notare è molto particolare.»
«Puoi ben dirlo.»
«L’uomo con gli occhiali laggiù è Bruce Banner, nonché progettista di questa nave. Probabilmente in serata verrà a trovarci il capitano Fury, chi può dirlo? Natasha Ramanoff è una giovane vedova. Ma noi pensiamo abbia una relazione con Barton. Lui però è sposato, quindi sta cercando di nasconderlo.»
«Però, sei informato, ragazzino.»
«È giusto che tu conosca almeno le basi. Immagino che lady Denvers ti abbia già detto cosa dire, vero?»
«Già.»
Peter sorrise in direzione di Natasha, Clint e Bruce, i quali stavano conversando con Nick Fury, il capitano del Titanic.
«Signori, lasciate che vi presente ufficialmente Tony Stark. Nonché mio salvatore e artista.»
«Ah, vedo che il mio vestito vi sta bene», notò Clint, sottobraccio a Natasha.
«Sì. Grazie, comunque.»
«Capitano Fury», salutò poi Peter, facendo un cenno.
«Singorino Parker, è un piacere vedere che state bene. Ho saputo quanto è successo. È una fortuna che ci fosse il signor Stark con lei. Ottimo lavoro.»
«Non è stato niente di che. Il ragazzino qui si caccia nei guai.»
Peter fece per lanciargli una gomitata, ma la cena fu annunciata poco dopo e non ne ebbe l’opportunità. Lui e Tony si sedettero accanto. Nonostante fosse in un luogo che non gli confaceva, gli sembrava molto a suo agio. O almeno fingeva di esserlo. Sembravano tutti molto interessati a lui e al fatto che fosse un artista. Eccetto Loki, che sembrava star cercando in tutti i modi una scusa per umiliarlo.
«È la prima volta che ho a che fare con una persona come voi. Ovviamente spero che non vi sentiate a disagio, immagino che siate abituato a tutt’altro ambiente, dico bene signor Stark?» domandò Loki sorseggiando il suo champagne.
«Effettivamente sì. State tranquillo, sono davvero poche le cose che riescono a mettermi a disagio.»
A Peter venne da sorridere al pensiero che ci fosse qualcuno in grado di tenere testa a Loki, non era capacità di molti.
«Peter poc’anzi diceva che siete un artista», disse ad un tratto Bruce.
«Non mi considero un artista, ma possiamo dire che è così.»
«Andate a New York per cercare fortuna?» domandò Natasha a bassa voce.
«Può darsi. Chi può dirlo? Mi sono ritrovato su questa nave per semplice fortuna, grazie ad un biglietto vinto a poker. Ieri vivevo tra gli stenti di Londra, oggi sono qui a mangiare caviale con dei nobili, domani chi può dirlo? Sempre meglio non pensare troppo al domani e vivere al momento.»
«E a voi va davvero bene questa vita?» domandò Loki lapidario. Tony lo osservò un istante prima di rispondere.
«Assolutamente. Trovo assai meno noioso il fatto di non avere una vita programmata. Non si sa mai cosa può succedere. Se c’è una cosa che ho imparato nel corso della mia esistenza, è che la vita è preziosa e lo è ogni suo singolo attimo.»
Sembravano tutti incantati dalle parole di Tony, Peter per primo.  Più parlava con lui, più lo conosceva e più bramava di somigliargli, di avvicinarglisi, forse anche più di quanto avrebbe dovuto.
«A questo punto non posso che proporre un brindisi» disse proprio il ragazzo. «Alla vita e ad ogni suo singolo attimo.»
Loki vedeva bene le occhiate d’intesa tra quei due. Quell’amicizia non gli piaceva.
Peter era un ragazzino ingenuo, alle volte tendeva ad essere ribelle , non sapeva ancora cosa era meglio per lui. E di certo, la presenza di quell’uomo non rendeva più facili le cose.
Tutti lì sembravano essere affascinati da Tony e dalla sua storia, lui invece pareva l’unico a provare un certo ribrezzo. Alla fine della cena, Thor, che ovviamente sembrava far sempre di tutto per andargli contro, la raggiunse nella sala fumatori, mentre il corvino beveva dello scotch.
«Non sapevo fumassi, Loki»
«Ah, Thor. Che cosa vuoi?»
«Non sei bravo a nascondere il tuo malumore.»
«Non è questione di non saper nascondere il malumore. Quel Tony Stark non mi piace. Cos’è, un maniaco? Mira a farsi amico Peter? Che cosa vuole?»
«Sono certo che Peter sa benissimo quello che sta facendo. Suvvia, non ha mai
 avuto un amico.»
«E allora che si faccia un amico della sua età. E del suo stesso ceto sociale.»
Thor capì che insistere non sarebbe servito a nulla. Sembrava che fossero da soli, gli altri uomini stavano parando di affari. Motivo per cui ne approfittò, poggiando una mano sulla parete e guardandolo dritto negli occhi.
«Non so se questo modo di fare sia inquietante o tenero. Sei un bravo tutore. Un po’ troppo rigido, forse.»
«Bene, perché tu sei un tutore pessimo. Dobbiamo compensare, in qualche modo», affermò, mandando giù infine lo scotch tutto ad un fiato.
 
«Tony! Tony, ma che ci fai lì?!»
Peter era andato un po’ in panico nel non vedere più Tony, ma aveva poi trovato quest’ultimo in cima alle scale ad attenderlo e subito lo aveva raggiunto.
«Ehi! Vuoi già andare via?»
L’uomo, per tutta risposta, si voltò, guardandolo con un sorriso.
«In effetti sì, ma pensavo di andare via con te. Mi hai mostrato come voi nobili vi divertite, mi sembra giusto adesso ricambiare il favore. Cosa pensi?»
A Peter brillarono gli occhi. Si sarebbe cacciato nei guai di nuovo, poco ma sicuro, ma Tony gli stava offrendo una possibilità che non poteva assolutamente rifiutare. Quindi afferrò la mano che lui gli aveva teso.
 
 
Fu strano, in seguito, ritrovarsi in un posto completamente diverso. Diversa era la musica, niente più violini, più che altro cornamuse e una melodia allegra. E non champagne, bensì fiumi di birra, niente abiti eleganti, solo gente comune che si divertiva in allegria. Fu ancora più strano quando Tony lo presentò al suo migliore amico Steve e a Bucky, che inizialmente si erano approcciati a lui con diffidenza, ma poco dopo, probabilmente complice anche l’alcol, si erano subito sciolti.
«Un nobile da queste parti, eh?» Steve gli circondò le spalle con un braccio, mentre con la mano libera teneva il boccale. «Tu non sembri però così male, probabilmente perché sei ancora giovane e innocente.»
«Già. Non mi avevi fatto una buona impressione, ma se sei amico di Tony allora non puoi essere così orribile », affermò Bucky. Peter sorrise, non aveva ancora toccato il suo boccale di birra, in verità non sapeva cosa sarebbe successo se si fosse lasciato andare all’alcol. E Tony? Perché lo aveva lasciato da solo con quei due? Erano simpatici, ma lo stavano molestando.
«Beh… grazie. Mi piace l’atmosfera che c’è qui. Tutto ciò sembra così… divertente.»
«Lo è. Scommetto che voi piccoli nobili avete un’idea tutta vostra del divertimento», Steve finì di bere. «Oh, guarda Tony. Non ricordavo fosse così bravo a ballare.»
E in effetti Tony aveva offerto un ballo ad una sua piccola ammiratrice di otto anni circa. A quella visuale, il cuore di Peter si era riempito di tenerezza.
«È davvero fantastico», sussurrò sognante.
«Già. Ehi, Bucky. Balli con me?»
«Me lo chiedi? Scusa ragazzo, il mio cavaliere mi chiama», lo congedò lui. E Peter non poté fare a meno di pensare che ciò che per gli altri poteva essere strano, per lui era incredibilmente naturale.
Guardò il boccale di birra e decise che un po’ non avrebbe avuto chissà quali conseguenze. Ne bevve un sorso e scoprì di apprezzare il sapore amaro.
All’improvviso Tony si avvicinò, con una mano tesa.
«Sono sicuro che sai ballare, ma sono certo che non hai mai ballato sulle note della magnifica musica celtica. Avanti, alzati.»
«I-io? Non sono sicuro che sia una buona idea.»
«Il mio è un ordine, Peter. Vieni!»
Lo afferrò per un braccio e a quel punto il ragazzo si ritrovò senza altra scelta. Due uomini che ballavano insieme? Questo andava ogni oltre sua immaginazione. Ma non quanto la mano di Tony che ora si poggiava dietro la sua schiena e lo attirava a sé.
«Dobbiamo stare vicini. Coraggio, non essere rigido!»
Il tocco di Tony era sempre stato gentile, sicuro, per questo gli infondeva un sacco di protezione. I loro cuori vicini, ne era certo, dovevano star battendo alla stessa velocità. In verità Peter era davvero molto portato nel ballo, ma tutta quella situazione era completamente nuovo.
Sospirò e pensò che forse, in quel mondo, tutto era concesso e che quindi poteva lasciarsi andare. Nel vederlo più rilassato, Tony lo trascinò con sé in quella danza forsennata, allegra e poco dopo lo scoppiò a ridere. Oh, decisamente nulla a che vedere con il valzer.
«Sei bravo, ragazzo.»
«Grazie! Ma non andare così veloce o rischio di cadere.»
«Questo non accadrà, ti tengo io.»
Lo so, lo so che mi tieni. Lo sento.
Accanto a loro, Bucky e Steve, ormai completamente andati, si erano concessi qualche effusione un po’ spinta.
«Rogers, aspetta almeno che la festa sia finita!» lo richiamò Tony.
Per tutta risposta, l’amico sorrise.
«Ehi, Stark, vedo che ti sei trovato un compagno, guarda un po’ tu che carini che siete!»
Era diverso, Peter se ne rendeva conto. Non si sentiva più a disagio, anzi, era come se in qualche modo lui fosse sempre vissuto lì, tra quella gente.
Tony afferrò forte le sue mani.
«Ti gira la testa?»
«Da morire, ma non voglio più fermarmi! Non farmi cadere!»
Il perfetto controllo che ogni qualvolta sforzava era finalmente scomparso. Poteva finalmente ridere come qualsiasi ragazzo della sua età faceva, cadere e rialzarsi, senza preoccuparsi di essere rimproverato. Per la prima volta, Tony vide i suoi occhi brillare e si sentì incredibilmente bene. Peter era giovane, innocente pieno di speranza. E in qualche modo la sua presenza gli faceva solo tanto bene.
All’ennesima giravolta, Tony capì che sarebbe stato meglio sorreggerlo prima che cadesse. Peter però stava bene e, anzi, non aveva nascosto il suo desiderio di bere ancora un po’.
«Forse non dovresti esagerare», gli consigliò lui, accendendosi una sigaretta.
Per tutta risposta, Peter gli tolse quest’ultima dalle labbra.
«Non ho mai fumato, chissà com’è?»
Inspirò a fondo il fumo, finendo poi per tossire rumorosamente.
«Ah-ah!» lo prese in giro Bucky. «Povero piccolo, gli è andato di traverso!»
«Non prendermi in giro. Io non sono piccolo! Sono grande!»
Fiero, Peter compì un passo in avanti e probabilmente sarebbe caduto rovinosamente al suolo se sono Tony non lo avesse afferrato.
«Sì, un grande stupido. L’alcol ti ha dato alla testa, ragazzino?»
Con il viso arrossato, Peter lo guardò.
«Mi hai salvato», sussurrò, felice, col cuore leggero, per la prima volta dopo tanti anni.
 
Era decisamente arrivata l’ora di andare, ma prima di riaccompagnare Peter alla sua suite, Tony aveva convenuto fosse meglio fargli prendere un po’ d’aria. Si era premurato di coprirlo con la sua giacca per evitare di fargli prendere un malanno, oltre a sostenerlo poiché totalmente incapace di camminare.
«Mi piace questa musica. Oh, Tony. Gira tutto.»
«Ragazzo, non c’è nessuna musica. Si vede che non sei abituato a certe cose.»
«È stato bellissimissimo!» esclamò il ragazzo, ignorandolo. «Averti incontrato è stata una fortuna.»
«Lo pensi davvero o è l’alcol a parlare?»
«No, è vero! Tu mi piaci. Mi piaci un sacco. Sei Tutto ciò che voglio... e che voglio essere!» fece gonfiando le guance. «Oh, guarda che belle le stelle, non sono stupende?»
Più che le stelle, Tony si era perso a guardare proprio lui, chiedendosi la motivazione del calore che stava provando. Peter andava protetto, ma non era solo ciò. Era un’anima diversa dalla sua, ma per certi aspetti anche simile. Stava iniziando ad essere spaventato, da ciò che stava iniziando a provare. Di certo, l’immagine di Peter che osservava le stelle, gli sarebbe rimasta in mente.
«Forza, ragazzo. Meglio affrettarci.»
 
 
Peter aveva dormito tutta la notte e l’indomani si era svegliato con un dirompente mal di testa, eppure non riusciva a smettere di pensare alla sera precedente. Probabilmente la serata più bella che avesse mai vissuto. Stava pian piano prendendo atto del fatto che quella verso Tony non era solo semplice ammirazione. Avrebbe dovuto essere spaventato, ma forse per incoscienza non riusciva a provare timore alcuno. Dopotutto non sarebbe successo nulla, se avesse custodito quel segreto.
Si presentò a colazione pallido in viso e con addosso i postumi della sbornia, ma tentò di non darlo a vedere. A Loki però non era potuta sfuggire la sua fuga improvvisa.
«Siete sparito ieri sera. Immagino foste con il signor Stark», affermò mescolando lo zucchero nella tazzina da tè.
«Eh… sì, esatto. Mi spiace di aver fatto tardi, ma… non mi sono accorto del tempo che passava», ammise.
Thor vide Loki riposare il cucchiaino e guardando la sua espressione capì che doveva star partendo l’ennesima ramanzina.
«Quell’uomo ci sa fare, non c’è dubbio, ha conquistato la simpatia dei nostri amici. E mi dispiace constatare che non mi ascoltate.»
«Ma… lui è mio amico…»
«Forse per voi. Siete ancora giovane e non sapete quanto può esser complessa e maligna la mente di un adulto. Per questo preferirei che non lo vedeste più.»
«Loki, non vi pare un po’ troppo?» si intromise Thor.
«Proteggere Peter non mi sembra troppo.»
«Ma non faccio nulla di male! Lui è così in gamba, mi ha praticamente illuminato su… su tutto…»
«Ci sono cose che non capite…»
«Io capisco e…»
«Non capite! Il tempo di sognare è finito. Siete cresciuto oramai e siete salpato su questa nave per incontrare la vostra futura moglie!»
Peter si era zittito a quel rimprovero. Si era alzato e aveva fatto stridere la sedia.
Cos’era che non capiva? Cosa? Non era uno stupido come tutti pensavano.
«Vorrei semplicemente che mi lasciaste in pace», mormorò, in modo che l’altro potesse sentire.
Senza aggiungere altro, se ne andò, mentre Loki evitava di richiamarlo a sé.
«Gli passerà.»
«No che non gli passerà. Loki, perché ti comporti così?»
«Perché, mi chiedi? Io mi sono accorto di come lui lo guarda. In modo in cui un ragazzo non dovrebbe mai guardare un uomo.»
Thor se n’era accorto. E come non avrebbe potuto? Peter era completamente cristallino.
«Perché giudicarlo quando sei esattamente come lui?» domandò in un sussurro, al che Loki si sentì rabbrividire, ma badò bene a non far notare il suo sgomento.
«Non tirare in ballo questo discorso. Visto che ovviamente Peter non mi ascolterà, andrò a parlare direttamente col signor Stark.»
Thor lo afferrò saldamento per un polso.
«Non farlo. Sarà inutile.»
Sapeva che non gli avrebbe dato retta. Ma neanche Loki avrebbe potuto mettere un freno a ciò che stava per sbocciare.
 
Nota dell’autrice
Che dire, mi è piaciuto scrivere questo capitolo ancor più del precedente. Tony e Peter sono totalmente cotti e tra una festa e l’altra l’amore sta sbocciando. Da un lato c’è Carol che si comporta da brava Starker shipper, dall’altro Loki che vorrebbe mettere un freno a questa relazione. E poi c’è Thor in mezzo, non sa cosa fare visto che chiaramente c’è qualcosa fra lui e Loki. Quindi cosa combinerà quest’ultimo?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3x3 ***



 
 
«Peter è diverso da come mi aspettavo.»
Steve e Tony avevano approfittato del bel tempo per fumare una sigaretta. Davanti a loro ancora acqua e solo acqua, un po’ come se New York paresse irraggiungibile e stessero viaggiando a vuoto.
«Me ne sono accorto anche io. Non è come gli altri nobili», rispose lui, pensieroso. Non riusciva a levarsi dalla mente le immagini della loro serata trascorsa insieme. Erano stati così bene che il tempo era sembrato poco. Davvero troppo poco. Era rimasto conquistato da Peter, dalla sua dolce ingenuità, ma anche dalla caparbietà e determinazione. Ancora non aveva trovato un nome a ciò che stava sentendo. O per meglio dire, sì, ma evitava di dirlo ad alta voce.
«Sei molto preso da lui, non è vero?»
Steve era la persona che meglio lo conosceva. Per questo, era stato per lui facile capire che qualcosa non andava nel suo amico. Tony era diverso. Era diverso quando vedeva Peter o anche solo quando parlava di lui.
Gli occhi gli si illuminavano.
«È un bravo ragazzo e mi stima molta» mormorò, senza però guardarlo negli occhi. E quella per Steve non fu che un ulteriore conferma,
«Soltanto questo?»
«Cosa stai cercando di farmi dire?»
«Solo quello che pensi davvero, Tony. Ti conosco meglio di chiunque altro , penso di poter capire quando c’è qualcosa che non va»
«Non c’è niente che non va. Io e Peter siamo soltanto amici. All’incirca.»
«Bene. È esattamente come pensavo. Ti prego Tony, fa attenzione.»
«Sai, sei davvero insistente. Volevo prendere aria per trovare un po’ di ispirazione, ma blocchi la mia vena creativa. Fare attenzione a cosa? Io e Peter non siamo amanti, contrariamente a te e Bucky.»
«Non è la stessa cosa. Perché Peter è giovane, poco più che un bambino. Ed è un nobile. Quelli ti fanno fare una brutta fine. Quindi, se volete compiere il grande passo, fate in modo di non farvi prendere.»
«Rogers, metti un’ansia tu…» soffiò fuori il fumo, fingendosi rilassato. Grande passo, grande passo. Era innegabile che fosse attratto da Peter, fisicamente e mentalmente, ma non lo avrebbe mai sfiorato, non era ancora così incosciente da lasciarsi andare alla passione. Non con lui, perché avrebbe finito solo per creargli problemi.  E questo non lo voleva.
 
Come volevasi dimostrare, i tentativi di persuasione di Thor erano stati vani. Dopo la sfuriata di Peter, Loki era immediatamente andato a cercare il signor Stark, giù, nel ponte di terza classe, non nascondendo un'espressione di dissenso. Lo aveva trovato a fumare insieme a Steve e allora si era avvicinato lentamente, impettito.
«Signor Stark.»
«Signor Laufesyion. A cosa devo la vostra visita nei bassi fondi?»
«Sono venuto qui proprio per parlarvi. In privato», affermò lapidario, guardando Steve, il quale non protestò, ma si ritrovò a pensare a quanto quel tipo poco gli piacesse.
Tony gettò la cicca ormai consumata in mare.
«Immagino siate qui per informarmi che non vi  è affatto piaciuta la nostra fuga di ieri sera, no?»
«Siete un uomo saggio, signor Stark. Per questo confido nel fatto che capirete la situazione e che sarebbe meglio che vi allontanaste dal signorino Peter.»
Se l’era aspettato, ma aveva sperato che non accadesse. Se l’era aspettato, ma si era comunque fatto trovare impreparato.
«Non mi sembra il caso di prendere una decisione così drastica. Io e Peter siamo solo conoscenti, le nostre vite si separeranno una volta scesi da questa nave»
«Forse sì. O forse no», Loki si avvicinò di un passo, guardandolo con i suoi grandi e profondi occhi verdi. «Vedete, Peter è una creatura assai fragile. Ha perso i genitori che era solo un bambino e probabilmente vede in voi un esempio da seguire. Ma tutte quelle sciocchezze come il divertimento, la libertà, le feste, non si addicono ad un giovane nobile. Voi capite?»
Fragile? Peter non è fragile, ha molto più forza di me, di chiunque altro.
Ma ancora non lo sa.
«Capisco, ma non la penso come voi» proferì. «Mi prendo la responsabilità di aver risvegliato certi desideri di Peter, ma non potrete fermare in nessun modo la sua natura. E i suoi desideri. Se cercherete ti imprigionarlo, lui fuggirà. Sempre.»
Un sorriso dipinse le labbra di Loki.
«Se questo devo fare per proteggerlo da gente come voi, così sarà», sussurrò al suo orecchio. «Perché anche io vi ho capito perfettamente.»
Loki non aggiunse una parola, ma non ci sarebbe stato bisogno. Tony rabbrividì,  fu bravo a non mostrare alcun sgomento. Non aveva alcuna intenzione di mettere nei guai quel ragazzo, di causargli problemi. In genere non gli sarebbe importato, ma con Peter era diverso. Lui non meritava alcun male. Per questo, decise silenziosamente che lo avrebbe tenuto lontano, per il suo bene.
 
Peter aveva fatto presto a dimenticarsi della sua sfuriata contro Loki. Cosa quest’ultimo dicesse o meno non aveva importanza, lui avrebbe continuato a seguire la sua strada, le sue decisioni. Per questo il pomeriggio stesso aveva deciso di lasciare la prima classe e addentrarsi nella famigerata terza classe alla ricerca di Tony. Da un po’ nella sua mente risuonava una sola parola: amore. Poteva essere amore, quello? Non ne era certo, eppure non gli sembrava così assurdo. Certamente era per lui più naturale che dover sposare una ragazza che non aveva mai visto.
Tony aveva sperato che Peter non venisse a cercarlo. Aveva cercato di concentrarsi invano sulla sua arte, ma sembrava aver perso la capacità di disegnare. E poi udì la sua voce chiamarlo e si chiese se sarebbe stato in grado di tenerlo lontano da sé.
«Ehi, Tony!» esclamò il ragazzo, raggiante. Lui si sollevò, mostrando sin da subito un’espressione diversa dal solito.
«Peter», mormorò.
«Ciao! Perché quella faccia? Non sei felice di vedermi?»
«Sì che sono felice», furtivo si guardò intorno. «Ma penso che non dovresti essere qui.»
«Lo so che non dovrei, ma oramai…»
«No, Peter. Non hai capito. Penso che non dovresti più venire qui. Penso che non dovremmo più vederci.»
Sentì qualcosa nel petto, in realtà la sentirono entrambi. Forse angoscia, forse delusione, al pensiero di doversi separare.
«Cosa? Perché dici così? Ho fatto qualcosa che non dovevo?»
«No. Non è questo. Ma tu sei solo un ragazzo. Sei un nobile. E probabilmente io sono l’ultima persona che dovresti frequentare…»
«Loki ti ha detto qualcosa? È questo? Qualsiasi cosa ti abbia detto,  ignoralo, per l’amor del cielo!»
Fece un passo in avanti e Tony lo frenò bruscamente. Ebbe paura di ciò che stava sentendo. Lo stava allontanando per il suo bene o semplicemente perché era solo un codardo?
«Ascolta, Peter. Tu sei forte e non devi farti sottomettere. Se c’è qualcosa che non vuoi fare, non farla. Puoi fare quello che vuoi nella vita, puoi andare avanti, ma puoi farlo anche senza di me.»
Peter abbassò lo sguardo, sentendo gli occhi pizzicare. Come poteva andare avanti e dimenticare? Dimenticare ciò che aveva provato?
E poi sopraggiunse la rabbia.
«Perché devi essere così codardo? Maledizione, avresti dovuto pensarci prima. Ti detesto», sibilò stringendo i pugni, senza incrociare il suo sguardo.
Tony si trattenne a fatica dal tenerlo stretto a sé, dal dirgli che in verità non avrebbe voluto lasciarlo, mai e poi mai. Lo vide poi allontanarsi forzatamente, forse per evitare di piangere davanti a lui. E si pentì della decisione presa, in quello stesso istante.
 
Aveva pianto parecchio a causa dei nervi, ma poi era arrivata l’apatia totale. Nel pomeriggio, l’ennesima riunione con i suoi conoscenti nobili per un tè, ma contrariamente al solito, Peter non si muoveva, non si agitava, né parlava. Lady Denvers e lady Romanoff , sedute al tavolo con lui, se n’erano ben presto rese conto. E avevano capito anche quale potesse essere la questione.
«Peter, come mai siete qui? Ero sicura che foste col vostro amico, Tony Stark», disse Carol.
«Non lo nominate, ve ne prego. È uno stupido, un codardo, un… tutto, dannazione», si lamentò, poggiando sonoramente un cucchiaino da te sul piattino. «Come può allontanarmi così? Questo non è giusto. Di cosa ha paura?»
Le due donne così trovarono una conferma ai loro dubbi.
«Forse vi ha allontanato nel tentativo di proteggervi da qualcosa…», suggerì Natasha.
«Proteggermi da cosa? Lo so che in quanto nobile la nostra amicizia non è facile, ma cosa c’entra?»
«O magari la vostra non è semplice amicizia», azzardò Carol, sorridendo mentre beveva il suo tè.
Peter sgranò gli occhi, chiedendosi come mai fosse così palese. Non era ancora stato capace di realizzare, com’è che gli altri ci riuscivano così tranquillamente?
«Cosa…? Voi…? Come…?»
«Non preoccupatevi, ovviamente non siamo qui per giudicarvi, ma per darvi un consiglio. E se posso azzardare un’ipotesi, direi che provate un sentimento romantico verso quell’uomo, e che quell’uomo ricambi. Ma sapendo quanto potrebbe essere difficile e doloroso, soprattutto per voi, cerca di tenervi distante. Tutto ciò sarà però inutile. Niente può tenere separati a lungo due amanti destinati ad incontrarsi. E se lo volete davvero, dovete andare da lui e insistere. Se vi desidera davvero, non vi lascerà andare.»
Era incredibile la saggezza che trasudavano le parole di lady Denvers. Peter era rimasto ammaliato, c’era stato qualcuno in grado di comprenderlo. Forse Tony aveva paura? Sarebbe stato logico, erano entrambi esseri umani. E d’altronde di paura ne aveva anche lui, ma non voleva rinunciare, per nulla al mondo.
Si alzò, quasi di scatto.
«Io… amh… io… c’è qualcosa che devo fare. Vi ringrazio, davvero, ma devo proprio andare!»
La luce era tornata nei suoi occhi. E sia Natasha che Carol poterono ritenersi soddisfatte.
 
Era la cosa giusta, questo continuava a ripetersi. In verità Tony si sentiva uno stupido, un perfetto idiota. Da quando si preoccupava di ubbidire e sottostare? Non gli era mai importato niente, ma adesso c’era Peter e tutto aveva assunto un significato diverso. Non si sarebbe mai perdonato se gli fosse accaduto qualcosa. Ma faceva male.
«Allora è proprio finita? Fra te e Peter intendo?»
Steve sembrava volesse inferire di proposito. Ma Tony sapeva che il suo migliore amico era fatto così, diceva chiaramente ciò che pensava e molto spesso ciò si rivelava un bene.
«Puoi per far favore smetterla di ricordarmelo?»
«Mi dispiace, è che non lo accetto. Sarete infelici entrambi se ora accetti di dar retta a quello lì.»
«Di cosa stai parlando? Credevo che non fossi d’accordo»
«Io ho semplicemente detto che devi fare attenzione, non di rinunciare. Perché tu provi qualcosa per quel ragazzo, è innegabile, lo vedo, vedo la luce nei tuoi occhi. E vuoi rinunciare per cosa? Per paura? Questo non è il Tony Stark che conosco.»
«Attento a come parli. Mi stai facendo innervosire.»
«Almeno reagiresti. Sono sicuro che se adesso lasci andare Peter, te ne pentirai per il resto della vita.»
«Potrebbe essere uno dei tanti.»
«O forse no. Io sto trovando l’amore su questa nave, magari lo stesso è per te, invalicabile signor Stark. Perché non lo scopri?»
Odiò Steve e la sua capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Anche se avesse voluto, Peter sicuramente si sarebbe rifiutato di vederlo, ed avrebbe avuto ragione. Era sempre stato più propenso ad ascoltare la ragione più che i sentimenti.
Era il tramonto quando, vicino alla poppa, Tony pensava e ripensava a ciò che fosse più consono fare. Proprio in quel punto si erano conosciuti, lui aveva salvato la vita di Peter, o forse gliel’aveva rovinata. Il vento soffiava, senza però infastidirlo e il cielo sopra la sua testa era di mille sfumature diverse.
Inizialmente non avvertì Peter arrivargli alle spalle, né il suo respiro affannoso, a causa del rumore del mare.
«Tony!»
Lui si voltò.
«Peter? Ragazzo, come sapevi che ero qui?»
«Infatti non lo sapevo. Ti ho cercato ovunque. Tranne che… beh, qui. Senti, guarda che ho capito tutto. Ho capito perché l’hai fatto, ma ti prego, non avere paura. A me non importa niente di ciò che sono o di ciò che vogliono che io sia. E non deve importante neanche a te!»
«Peter, ho capito. Silenzio adesso», proferì a quel punto l’uomo, afferrandolo per mano e attirandolo delicatamente a sé.
Il sole sembrava star affondando nel mare, ma Peter lo pregò silenziosamente di rimanere lì,  bloccato nell’orizzonte, affinché quel momento non terminasse. Aveva preso a tremare, poiché mai nessuno lo aveva toccato in quel modo, facendolo sussultare. Si perse per qualche istante ad osservare l’infinito davanti ai suoi occhi. E lentamente, senza dire una parola, si avvicinò al parapetto della poppa. Era incredibile come, lo stesso posto da cui aveva tentato di buttarsi, adesso stesse assumendo un significato diverso. Si arrampicò, tenendosi con una mano.
«Il mio sogno è sempre stato quello di volare. Lontano, libero, da tutto e da tutti», sussurrò, il vento tra i capelli. Tony gli si avvicinò e gli afferrò la mano occupata a reggerlo, stringendola alla sua, stringendolo così forte che mai e poi mai sarebbe caduto.
«Così?» domandò al suo orecchio. Non poté vederlo. Ma sorrise. Sentì il suo viso sul proprio, guancia contro guancia e Peter si voltò. Si guardarono, per un breve istante. E poi si arresero a ciò che doveva succedere. Si sfiorarono piano le loro labbra, con lentezza si assaggiarono, poi con passione, sempre più desiderio, sempre più disperazione.
Ignari che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbero visto la luce.
 
 
Il mare aveva inghiottito il sole. In preda ad una felicità contagiosa, Peter aveva trascinato Tony nella sua suite, approfittando del fatto che né Loki né Thor fossero nei paraggi.
Non era solo lui a sembrare quasi inebriato, ma lo stesso Tony, che aveva messo da parte buona fetta della sua ragione.
Il ragazzo aveva fatto presto a prendere il diamante, il Cuore dell’Oceano, e a mostrarglielo.
«Hai visto? Te l’avevo detto io che è esageratamente… troppo!» esclamò afferrando il gioiello e lasciandolo ondeggiare.
«Caspita, un diamante enorme», constatò lui rigirandoselo tra le mani. «Il colore non è male.»
«Sì, piace anche a me. Probabilmente se fossi una donna lo indosserei»
Immediatamente dopo aver formulato quella frase, gli venne un’idea assurda, un’idea che al solo pensarci lo faceva arrossire da capo a piede. Ma sapeva che Tony non gli avrebbe mai detto o no.
«Amh… io voglio un ritratto. Con questo addosso.»
«Ne hai di gusti strani, ragazzo.»
«… Con solo questo, addosso», aggiunse, senza neanche guardarlo negli occhi. Fu invece Tony a rivolgergli un’occhiata sorpresa. Aveva ritratto e visto tanti e tanti corpi, ma con Peter non sarebbe assolutamente stata la stessa cosa.
«È un problema?» mormorò il ragazzo, temendo di essere stato un po’ troppo sfrontato.
«Io sono un professionista, non direi mai di no», disse serio, ma con un certo tremore nella voce. Peter rabbrividì e sentì ansia. Ma era un’ansia di quelle positive.
 
 
Sì, il gran professionista dei suoi stivali. Ma che gli era saltato in mente? Desiderava ardentemente Peter, sarebbe stato difficile resistergli, ma fare mosse avventate era l’ultimo dei suoi desideri. Sistemò i suoi strumenti e affilò il carboncino con cui avrebbe creato il ritratto.
Peter comparve poco dopo, indossava una semplice vestaglia e il cuore dell’Oceano intorno al collo gli donava decisamente più di quel che pensava.
«Sono qui», annunciò.
«Umh… bene. Quando vuoi, stenditi pure sul divano.»
Lui annuì, sentendo il respiro mancare. Era stata una sua dannatissima idea, quindi doveva portarla a termine. Era in imbarazzo sì, ma anche giustamente eccitato. Decise di smettere di pensare e di chiudere gli occhi nel momento in cui lasciò cadere la vestaglia, rivelando il suo corpo senza più barriere. Sentì Tony sospirare e solo allora ebbe il coraggio di riaprire gli occhi.
«Posso?»
«S-sì. Vai», si chiarì la voce, non potendo evitare di mostrare un certo imbarazzo. Peter si distese, sistemandosi.
«Così?» domandò.
«Sì, solo… guarda me. Aspetta. Così, guarda.»
A quel punto si era avvicinato e con delicatezza estrema gli aveva afferrato il viso, costringendolo a puntare gli occhi su di sé. Ed era bastato quel lieve contatto per far fremere entrambi.
«Bene, così il Cuore dell’Oceano si vede e… adesso sta fermo e rimani serio», gli raccomandò, tornando a sedersi.
Peter si rese conto di quanto fosse tutto così inopportuno, meraviglioso ed emozionante. Tony non lo guardava solo con attenzione, ma anche con ardore, poteva percepire il desiderio nei suoi occhi mentre iniziava a tracciarne la figura sul foglio. E lui era così, totalmente esposto, ma per nulla a disagio.
«Tony, ma tu… arrossisci? Pensavo fossi abituato a questo genere di cose», sussurrò sorpreso.
«In realtà è la prima volta che mi ritrovo a ritrarre uno come te. E ad essere emotivamente così coinvolto. Ma la pressione mi fa bene», si portò un dito sulle labbra. «Cosa ti dicevo riguardo al silenzio?»
Peter sorrise.
«Chiedo scusa.»
Effettivamente smise di parlare e calò il silenzio, al che era possibile ascoltare il suono del suo cuore che batteva all’impazzata.
Tony, al di là di tutto, si dimostrò essere davvero professionale e finì il ritratto senza ulteriori indugi, aggiungendo la sua firma e il nome.
«Wow, è stupendo!» esclamò Peter dopo essersi rivestito. «Sicuramente il tuo lavoro migliore.»
«Presuntuoso.»
Peter sorrise e attirandolo a sé lo baciò, questa volta prendendo lui l’iniziativa e lasciando un po’ da parte quell’inutile pudore.
Ma sussultò all’improvviso, quando sentì delle voci a lui familiari.
«Non è la voce di Loki?»
«Dannazione! Via di qui!»
«Aspetta, e il mio disegno?»
 
 
«Cosa vuol dire che non lo hai trovato?»
Loki camminava furente mentre si dirigeva verso la propria suite e Thor gli andava dietro.
«Qual è il problema? Non è un bambino, cosa vuoi che gli succeda?»
«Farai meglio a chiudere la bocca, Thor. So che saresti in grado di coprirlo, perché tu vai sempre contro quello che dico.»
Thor si fermò un attimo, imprecando mentalmente. Loki sapeva essere davvero terribile quando si intestardiva su qualcosa.
«Loki, dannazione», lo chiamò.
Il corvino entrò ben presto nella suite e trovò tutto perfetto ordine. L’unica cosa fuori posto era un certo disegnato lasciato in bella vista sul tavolo. Gli bastò lanciargli una prima occhiata per inorridire.
«Amh, Loki…»
«Quell’uomo ha una mente perversa, lo avevo detto io. Non possono essere lontani. Peter!»
 
Trascinandosi Tony per mano, era riuscito ad uscire da retro della cabina. Camminavano impettiti, trattenendo a stento le risate.
«Dobbiamo fare finta di niente?» domandò l’uomo guardando dritto davanti a sé.
«Sì, finché è possibile», mormorò il ragazzo.
Loki aveva fatto presto ad affacciarsi fuori dalla suite e ad occhiarli. Poi li indicò.
«Voi due!»
Peter sgranò gli occhi.
«Bene, adesso però dobbiamo correre!»
Fu così che ebbe inizio la loro corsa forsennata. Prima o poi avrebbe dovuto fermarsi e decisamente le conseguenze ci sarebbero state, ma almeno per il momento riuscivano solo a ridere. Rideva Peter, che aveva trovato il coraggio di scappare, come un bambino che giocava ad acchiapparello, mano nella mano con l’uomo che lo stava salvando.
Si scontrarono con qualcuno nella loro corsa, probabilmente urtarono qualche persona, ma ciò sembrava non importare. Anche Tony sembrava aver riacquistato una vitalità che credeva perduta. Voleva trascinarlo via con sé, da tutto e da tutti.
Peter lo tirò per un braccio, ansimando, facendogli intendere il suo desiderio di riprendere fiato, desiderio che Tony gli concesse.
«Ti avverto, il tuo tutore mi fa paura.»
«Già, posso capire di che parli. Dici che avrà visto il ritratto che mi hai fatto?»
«Sì, dal momento che non mi hai dato il tempo di riprenderlo. Temo si arrabbierà parecchio.»
Peter udì di nuovo Loki chiamarlo e imprecando ad alta voce afferrò di nuovo il suo amante per un polso.
Riuscirono a raggiungere l’ascensore, chiudendovisi dentro prima che Loki potesse raggiungerli. Il corvino arrivò appena in tempo per vederli scendere verso il piano inferiore.
«Peter! Si può sapere cosa diamine stai facendo?!»
Il ragazzo sorrise dispetto, congiungendo le mani come se stesse pregando.
«Pagherò per i miei peccati, ma non adesso!»
«Tu! Maledizione», imprecò lui. Quei due gli erano scappati di nuovo.
Bisognava seminarlo, si erano detti mentalmente. Arrivarono alle caldaie, le attraversarono correndo, avrebbero corso fin quando non avrebbero avuto più aria nei polmoni. Infine giunsero ad un tranquillo magazzino dove, finalmente, poterono arrestare la loro corsa. Lì in mezzo vi trovarono una marea di cianfrusaglie, oggetti più svariati, ma ciò che non poté loro non saltare all’occhio fu un automobile, sembrava nuova di zecca.
«Wow», ansimò Peter. Tony, già ripresosi dallo sforzo, si avvicinò, aprendo lo sportello.
«Prego, signorino Parker, entrate»
Quest’ultimo rise e decise di stare al gioco, mentre l’uomo prendeva il posto davanti.
«Allora, dove volete che vi porti?»
«Dunque, vediamo. Innanzitutto voglio che mi porti in riva alla spiaggia come mi avevi promesso. E poi non so. Voglio andare lontano, voliamo via di qui.»
«Sarebbe bello se potessimo farlo davvero.»
Peter annuì, stringendogli con forza una spalla. Da quel solo tocco, Tony poté sentire tutta la sua tensione. Decise allora di raggiungerlo nel sedile posteriore e subito godette del calore del suo tocco. Le loro mani si strinsero subito, quasi avessero bramato per chissà quanto quel contatto. Adesso erano di nuovo soli, soli con i loro respiri, i loro cuori, desideri  trattenuti a stento. Tony si permise di sfiorare il viso arrossato e caldo di Peter, accarezzando i suoi lineamenti delicati, quasi bambineschi.
«Tony, non avere paura di toccarmi», gli sussurrò muovendo piano le sue labbra rosse.
«Non posso non provare paura. Temo di poterti fare del male»
«Mi fai del male se non mi tocchi, invece», lo pregò, il fiato contro il suo. Afferrò la sua mano e lo invitò a poggiarlo sul suo fianco. Tony si lasciò guidare, mentre sentiva la ragione annullarsi, ancora una volta. E forse era meglio così. Il bacio che arrivò subito dopo se lo scambiarono nello stesso istante. Sentì le labbra giovani e inesperte di Peter, la sua lingua cercare la propria, sentì il suo tremore, la sua fragilità e la sua forza e se ne innamorò per l’ennesima volta. Aggrappandosi a lui, Peter lo stava pregando di non lasciarlo mai. E d’altronde, non ne aveva alcuna intenzione, perché si erano trovati per salvarsi a vicenda e adesso, nonostante tutto, nonostante tutto ciò che erano, voleva solo averlo. Volevano solo aversi.
 
Nota dell’autrice
Indovinate di chi questo è il capitolo preferito? Sì, il mio. Perché è il punto dove Peter e Tony si uniscono e poi beh, la parte del ritratto, mica potevo non metterla?
Si ringrazi Carol e Steve che hanno dato una rimbeccata ai loro migliori amici, Loki non è riuscito a tenerli lontani a lungo. Anzi, è stato caldamente preso in giro. Ma stiamo parlando di Titanic, lo sapete cosa succede adesso.
Al prossimo – assolutamente non tragico – capitolo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4x4 ***


 
 
Loki era infuriato. Per questo, aveva sentito il bisogno di tornare nella suite e bere uno o due bicchierini di scotch. Non aveva mai amato essere preso in giro, soprattutto non amava l’idea che quei due fossero fuggiti così. Thor lo guardava crogiolarsi nella propria rabbia, arrivati a quel punto era chiaro che neanche la testardaggine di Loki potesse portarli da nessuna parte.
«Non potresti semplicemente lasciar perdere?» domandò, pur sapendo che quella domanda avrebbe scatenato una reazione sproporzionata da parte del corvino.
«Lasciar perdere? Scherzi, vero? Mi chiedo come tu possa essere così leggero riguardo la questione. Abbiamo praticamente cresciuto quel ragazzo, possibile che non ti importi?»
«A me importa anche troppo», Thor aveva alzato la voce. «È proprio per questo che ti dico che dovresti smetterla. Perché anche se pensi di star facendo il suo bene, sai che non è così.»
«Come fai ad esserne sicuro?» domandò in un sussurro.
Fu allora che Thor gli si avvicinò, poggiando la mano sulla sua, al che entrambi provarono un brivido profondo.
«Perché lui è proprio come me, come te, come noi. Quindi dovresti capirlo.»
Loki serrò le labbra, c’era tanto che avrebbe voluto dire, ma al contempo non riusciva a parlare. , avrebbe voluto dirgli, e che vita abbiamo avuto? Quanti soprusi abbiamo dovuto sopportare, quando avevamo la sua età?
Per quelli come noi non esiste la felicità, non esiste la serenità. Perché dovrei starmene qui a guardare, quando posso impedirlo?
«Non c’è nessun noi. E smettila di toccarmi così, qualcuno potrebbe entrare.»
«Tu non riesci ad accettarlo. Dopo tutto questo tempo, ancora non riesci ad accettare quello che c’è tra noi. E ovviamente non capisci neanche ciò che c’è fra Peter e quell’uomo», sospirò, scostando la mano.
«Sta zitto. Non c’è niente da capire. Pensi che io sia una persona orribile? È questo che pensi?»
Come poteva, come poteva Thor, amarlo così tanto, in maniera così ardente e far finta che così non fosse? Come si poteva vivere così?
Gli prese il viso tra le mani.
«Io penso che niente può separare due amanti destinati a stare insieme. È lo stesso per noi, non ti pare?»
Noi. Noi. Che parola fastidiosa e al contempo così meravigliosa.  Il suo tocco era caldo, rassicurante, scacciava via ogni malessere, ma Loki sapeva di non poter cedere, nonostante in fondo sapesse che scappare era da codardi. Semplicemente, non lo avrebbe mai ammesso.
«Non è la stessa cosa», fu tutto ciò che riuscì a dire, mentre distoglieva da lui lo sguardo.
 

 
Peter cercò la mano di Tony e, dopo averla trovata, la strinse, il viso poggiato su suo petto e il silenzio scandito da dolce battito del suo cuore.
Tony lo stringeva, lo accarezzava dolcemente, lo teneva con sé.
Sempre. Sempre.
Gli aveva donato tutto e mai avrebbe potuto compiere  scelta migliore se non proprio quella.
Per la prima volta in vita sua si sentiva vivo, sentiva di poter toccare con mano la felicità vera, quella a lungo bramata. Era lì con lui.
«Ti sento tremare. Hai freddo?» sussurrò lui ad un tratto.
«Un po’», ammise Peter, mentre ancora col fiato corto, stanco per lo splendido amplesso di poco prima, si sollevava e lo baciava per la centesima, millesima volta? Forse aveva perso il conto, la ragione, ogni cosa. Ed era molto meglio così.
Dubitavano che Loki li stesse ancora cercando, per questo dopo essersi ricomposti e rivestiti, uscirono nuovamente all’esterno, incontrando l’aria fredda e piacevole della sera. Sia Tony che Peter si sentivano leggeri, come se nulla potesse accadere.
Negli occhi quel ragazzo aveva la gioia e la luce che tutti i ragazzi alla sua età avrebbero dovuto avere. E se ne innamorò. Ancora e ancora.
«Tony!» lo chiamò ad un tratto Peter. «Ho deciso. Quando arriveremo a New York, io scenderò con te, andremo insieme!»
«Insieme, Peter? Ma sei sicuro? Mi vedi, io non ho nulla che posso darti.»
«Tu invece puoi darmi ogni cosa!» esclamò a gran voce. «Mi immagino già io, te, Steve e Bucky sulla spiaggia al tramonto. Sì, è perfetto. Ormai non c’è niente che può farmi cambiare idea!»
Era un raggio di sole nella notte. Tony capì che aveva bisogno di quel ragazzo esattamente come Peter aveva bisogno di lui. Lo strinse e, ignorando il fatto che qualcuno avrebbe potuto vederli, lo baciò con tanta foga da fargli mancare l’aria.  Peter fu felice di non riuscire a respirare, mentre stringeva il suo futuro.
Un futuro, che tra qualche istante, non sarebbe più stato certo.
Si sentirono sbalzare all’indietro, ma Tony fu abbastanza agile da impedire a Peter di cadere. C’era stato un forte boato e subito pensò che la nave dovesse aver sbattuto contro qualcosa, ma cosa poteva provocare un urto del genere?
«Peter, stai bene?»
«Io sì. Ma che è successo?»
Tony si guardò intorno. L’urto aveva portato la gente ad affacciarsi per cercare di capire cosa diamine fosse accaduto.
«Nulla di grave. Almeno credo.»
 
Steve aveva sussultato nel buio a causa dell’urto e subito si era alzato per accendere la luce. Ma prima che potesse farlo, si ritrovò con l’acqua alle caviglie.
«Cazzo!» imprecò ad alta voce. Bucky, ancora assonnato, si mise seduto.
«Steve, che c’è?»
«Non hai sentito che rumore infernale? Guarda qui cosa succede!» esclamò. «Dai, alzati, veloce!»
Steve fu il primo ad affacciare la testa in corridoio e a rendersi conto che anche gli altri passeggeri, spaventati, erano usciti, mentre gli uomini della sicurezza intimavano loro di rimanere calmi e di non scatenare panico.
«Steve, hai capito che è successo?» bisbigliò Bucky.
«Non lo so, Buck. Ma non fido a rimanere qui. Indossa qualcosa di pesante e usciamo.»
 

 
Thor si aggirava per la suite nervosamente. Il Titanic si trovava in uno stato di caos e nessuno sapeva ancora il perché. E cosa faceva Loki? Spariva, così all’improvviso senza dire una parola. Insieme a lui c’erano Lady Romanoff, Cint Barton e lady Denvers, quest’ultima si era seduta e si stava versando un po’ di scotch.
«Su, Thor. Non agitatevi così, vedrete che non c’è alcun tipo di problema», tentò di rassicurarlo.
«Ho sentito dire che abbiamo sfiorato un icebarg. Questo spiegherebbe il forte boato che abbiamo sentito», aggiunse Natasha.
«Non è per questo che sono preoccupato. È per Loki. È per Peter. Dov’è quel ragazzo?»
«Sono certa che Peter sarà in buona compagnia», sospirò Carol. «Tutta questa confusione per cosa, poi? Ci hanno fatto agitare per nulla, ve lo dico io…»
Thor fece per rispondere, per dire che niente avrebbe potuto calmarlo, ma finalmente Tony e Peter arrivarono, mano nella mano. E in verità a ciò non ci fece neanche caso.
«Peter, santo cielo, finalmente! Dove siete stato? Non vedete che lì fuori è il caos?!»
«Io… io… mi dispiace, ma abbiamo avuto un piccolo… contrattempo.»
«Ah! Visto? L’avevo detto io che non c’era motivo di preoccuparsi», ammiccò Carol, già brilla.
«Direi che adesso manca solo Loki all’appello», sospirò Natasha agitando lentamente il ventaglio.
«Forse non dovrei farmi trovare qui», sussurrò Tony agitato, rivolto a Peter. Aveva il brutto presentimento che Loki non sarebbe stato per niente felice di vederlo.
Quest’ultimo aveva ne frattempo deciso che, visto che nessuno era disposto ad ascoltarlo, doveva agire in maniera diversa. Nel palmo della mano stringeva il Cuore dell’Oceano, ma quando entrò, approfittando del breve attimo di distrazione prima che gli altri si accorgessero di lui, lo fece scivolare agilmente dentro la tasca di Tony, scostandosi immediatamente, ma non agli occhi di Thor, il quale si lasciò andare ad una smorfia.
«Cosa stai…?»
«Ho perso tempo. Lo so, chiedo scusa, ma ho avuto uno spiacevole contrattempo. Tuttavia adesso sono qui», annunciò serio. «Temo che siamo stati rapinati»
Carol aguzzò l’udito.
«Non mi sembra il momento giusto adesso, siamo in stato di emergenza!» esclamò Natasha.
«Per me è molto importante, lady Romanoff, poiché si tratta del Cuore dell’Oceano, vale molto, quindi mi perdonerete se insistito», schioccò le dita. «Sicurezza.»
Peter sgranò gli occhi.
«Ma che succede?»
La polizia stava afferrando Tony, che per la seconda volta si era ritrovato ammanettato come un criminale.
«Di nuovo? Io non ho rubato niente, se è questo che pensate!»
«Vi prego, fate cessare questa follia! Il Cuore dell’Oceano… l’avevo io!» confessò il ragazzo. «Devo averlo lasciato qui, da qualche parte e…»
Il fiato gli morì in gola quando vide un poliziotto estrarre dalla tasca di Tony proprio il gioiello.
Loki sorrise.
«Esattamente come pensavo.»
«Queste sono idiozie! Io non ho preso niente, non ho idea di come sia finito nella mia tasca! Peter, te lo giuro.»
Il ragazzo però, dal canto suo, pareva piuttosto sconvolto. Tony non avrebbe mai fatto nulla del genere. Vero, la gente molto spesso rubava e ingannava, ma non lui!
«Io penso di sapere cosa sia successo. Il qui presente Tony Stark vi ha circuito e ingannato per arrivare a derubarvi. Temevo che sarebbe successo. Vi prego, arrestatelo!»
«Arrestarmi per cosa?! Peter, non provare a credere ad una sola parola di questo qui!»
Il più giovane indietreggiò, portandosi una mano sul cuore. Si rifiutava di credere a quella storia, ma allo stesso tempo la realtà sembrava quella che aveva appena visto. Tony stava venendo portato via. Possibile che avesse solo mirato a quello? E tutto ciò che c’era stato, allora?
Mentre lo vedeva portare via, sentiva il suo cuore, attimo dopo attimo, perdere un battito.
Lady Denvers si offrì di portarlo con sé, sicuramente sarebbe stata una compagnia più adatta, visto che entrambi  i suoi tutori sembravano più intenti a discutere che a preoccuparsi dell’imminente pericolo che ancora ignoravano.
Thor era incredulo. Loki aveva appena fatto arrestare un uomo innocente e lui se n’era stato a guardare come un vile. Questo non era da lui.
«Ti prego, non puoi averlo fatto veramente.»
«Fatto cosa?»
«Loki, hai fatto arrestare un innocente! Dico, hai forse perso la ragione? La tua ossessione nel voler proteggere Peter è appena sfociata in qualcosa di terribile! Perché sei arrivato a tanto?»
«Allora perché te ne sei rimasto in silenzio?!»
«Perché ti amo, maledizione! Perché ti amo, perché ci amiamo sin da quando riusciamo a ricordare. E io me le ricordo, sai? Mi ricordo gli insulti, i soprusi, mi ricordo come ci difendevamo a vicenda! So quanto abbiamo sofferto e so cosa vuol dire doversi nascondere. Non mi hai negato l’amore, perché devi negarlo a loro?!»
«Perché il nostro ragazzo è troppo fragile.»
«Non è così. Non è affatto fragile, è molto più forte di quanto pensi. E se adesso lo costringi a vivere una vita che non vuole, sarà infelice per sempre. Un tempo eri diverso, Loki. Un tempo pensavi che l’amore potesse vincere su tutto.»
«Erano i sogni di un ragazzino innamorato. È passato tanto tempo da allora.»
Aveva poggiato le mani sul suo petto come a volerlo spingere via, ma Thor invece gli si avvicinò e così, a tradimento, lo baciò. Ricordavano bene il sapore dei baci dati di nascosto, perché per loro erano sempre esistiti solo quelli. Eppure non vi avevano mai rinunciato. Quante volte si erano detti “basta” senza però mai riuscire ad allontanarsi?
Forse era vero che niente riusciva a separare due amanti destinati a stare insieme.
Non poté sottrarsi a quel bacio. Un amore come il loro poteva essere meraviglioso, ma anche così doloroso. Forse Peter aveva già scoperto entrambi i lati della medaglia.
Si staccarono soltanto a causa di un ufficiale che bussò alla suite, chiedendo loro di indossare i giubbotti di salvataggio per ogni evenienza.
Ma l’espressione di Loki era ora cambiata. Rosso in viso, qualcosa gli era esploso dentro, qualcosa che in verità era sempre esistito.
 

 
Natasha cercava di tirarsi dietro il lungo strascico del suo abito, sotto braccio a Clint.
«Rallentate, rischio di cadere!»
«Perdonatemi, ma non c’è tempo per questo. Dobbiamo trovare qualcuno che ci dica cosa diamine sta succedendo. Peter, lady Denvers, non rimanete indietro!»
Peter aveva lo sguardo basso, mentre Carol era piuttosto indispettita e sospettosa.
«Peter, non crederai davvero che Tony sia un ladro, vero?» gli domandò.
«Io non so più cosa pensare, sono confuso. Perché Tony avrebbe fatto questo a me? Non ha alcun senso!»
«No che non ha alcun senso», lo afferrò per un braccio, costringendolo a  fermarsi. «Qualcosa mi dice che Loki lo abbia incastrato.»
Peter non mancò di far notare il suo dissenso, sia con la stessa espressione del viso che con le parole.
«Lui? No, non è possibile»
«Lo so che non vuoi credere che a volte le persone che amiamo fanno cose sbagliate. Ma purtroppo è così», sospirò Carol. Il ragazzo sentì un alito di vento freddo sfiorargli il viso. C’era una certa confusione lì attorno a sé, gente che si accalcava, correva, strepitava. Natasha e Clint erano andati avanti e si stavano adesso ritrovando a parlare con il capitano Fury e con Bruce Banner. Il primo li aveva velocemente liquidati e raccomandati di fare attenzione. Quando Carol li aveva visti, seppur a debita distanza e con il terrore negli occhi, si era avvicinata trascinandosi dietro Peter.
«Ma che succede?»
«Il capitano Fury ci ha informati che a causa dello scontro con l’icebarg, stiamo imbarcando acqua», spiegò Clint mestamente.
«E allora?»
Qualche secondo di silenzio e poi Natasha parlò.
«Questa nave affonderà.»
Peter sgranò gli occhi.
«Cosa? Ma non può affondare. Non può, vero?»
Dicendo ciò si era voltato a guardare Bruce, che aveva il dolore negli occhi a causa di quello che considerava un suo fallimento.
«A quanto pare può eccome. La nave che ho progettato e a cui ho lavorato, è destinata a sparire, inghiottita dal mare», affermò con tono greve.
«Beh, quale sarebbe il problema?» domandò Carol. «Ci sono le scialuppe, no? Potremo metterci al riparo!»
Bruce aveva preso a scuotere il capo e si era tolto gli occhiali da vista, mostrando l’espressione stralunata.
«Non capite. Le scialuppe bastano solo per la metà dei passeggeri.»
Fu solo allora che Carol e Peter, che ancora si rifiutavano di credere alla realtà dei fatti, capirono. Capirono che si trovavano in pericolo e che metà della gente su quella nave sarebbe morta. Ma chi?
Peter sentì l’aria mancargli e gli venne istintivo aggrapparsi a Carol, per non cadere.
«Hanno già dato l’ordine di far evacuare prima le donne e i bambini. È giusto così», ammise Clint, chiudendo gli occhi, ma Natasha fece subito per zittirlo.
«Non mi muovo senza di te»
«Nat, ti prego. Se hai la possibilità di andare, vai. Io me la caverò.»
«Non ci penso neanche, non voglio. Non c’è alcuna certezza che tu possa sopravvivere. Tienimi con te, ti prego!»
Sentì una fitta al cuore, Peter, mentre si ritrovava a pensare, guardandoli, a quanto l’amore potesse essere meraviglioso e al contempo doloroso. E lui? Lui l’amore l’aveva forse perduto? Che ne sarebbe stato di Tony? Dov’era lui?
«Allora? Cos’è questa storia? Stiamo affondando davvero?»
Riconobbe la voce di Loki, il quale insieme a Thor si stava avvicinando, evidentemente infastidito.
«Arrivate giusto in tempo. Il capitano e Bruce ci hanno confermato che… dov’è andato Banner?» domandò Carol guardandosi intorno.
«Cosa volete che importi?»
Loki sembrava più aggressivo del solito, ma quando scorse Peter tremare per il freddo, un modo di dolcezza e anche senso di colpa lo colse e lo portò a togliere il pesante  cappotto che aveva addosso, per porgerglielo.
«Indossa questo, gelerai altrimenti.»
«Eh…? Ah, grazie», mormorò.
«Allora è così? Non ci sono abbastanza scialuppe?», chiese Thor. «Dannazione. Beh, sono assolutamente d’accordo all’idea che donne e bambini dovrebbero andare per primi. Ma Peter, anche tu dovrai andare.»
«Io? Io non sono un bambino, sono un uomo.»
«Tu sei un ragazzino e non puoi morire qui. Sei un nobile, non ti faranno problemi», aggiunse Loki. «Sei troppo giovane per rischiare di morire.»
Peter indietreggiò, sentendo l’aria mancare.
«Ma io non posso andarmene. Devo parlare con Tony.»
«Non puoi farlo.»
«Non posso andarmene così. Io devo parlare con lui. Devo andare a cercarlo», scosse il capo, sembrava fuori di sé. «Ditemi la verità, Loki. Ditemela. Siete stato voi ad incastrarlo? Ditemi la verità adesso e io non vi odierò, ma vi prego, devo saperlo perché sto impazzendo!»
Peter sembrava ad un passo dal pianto. Erano già bastate le parole di Thor di poco prima, se adesso anche lui gli si poneva in quei termini, resistere diveniva pressappoco impossibile.
«Ho dovuto farlo. Non sapete a cosa andate incontro. Ma io lo so. Proteggervi è compito mio.»
Peter sospirò, non era arrabbiato, bensì sollevato.
«Io oramai non ho più bisogno di protezione», disse lentamente, senza rabbia alcuna. «Io sono più forte di quanto può sembrare. E se adesso lascio andare l’uomo che amo e che mi ha fatto capire cos’è la libertà, non potrò perdonarmelo. Non so cosa avete passato, ma questa è la mia vita…»
Peter era davvero cresciuto. Non più il bambino di una volta, ma un uomo, dallo sguardo deciso e pieno di determinazione.
Si volse Peter e prese a correre.
«Peter, aspettate!»
«Loki, lascialo andare!» Thor lo afferrò per mano. «È giusto che anche lui viva la sua vita.»
Per una volta, non aveva trovato niente da dire. In seguito non gli sarebbe servito molto prima di ammettere ad alta voce di aver sbagliato tutto solo a causa della sa enorme codardia.
 
Peter imboccò il corridoio che lo avrebbe portato al salone dove in genere si tenevano le serate di gala. Non aveva idea di dove Tony si trovasse, dove lo avessero portato, ma doveva trovarlo prima che fosse troppo tardi. Se la nave stava davvero imbarcando acqua, non aveva tempo da perdere. All’interno trovò il caos come si aspettava. Il panico sembrava essersi diffuso in fretta, ed anche lui in effetti tremava al pensiero di poter morire.
Andò contro il flusso di persone che camminava nella direzione opposta e, vicino all’orologio, scorse proprio Bruce Banner.
«Signor Banner, ecco dov’eravate!» gridò.
«Peter, cosa ci fate qui dentro? Dovreste tornare fuori!»
«Non posso! Voi sapete dove il sottoufficiale porta i prigionieri?! Vi prego, ditemelo, mi risparmierete un sacco di tempo.»
Bruce non capì, ma d’altronde non sarebbe servito fare domande, lo sguardo disperato di Peter era già abbastanza esaustivo.
«D’accordo. Prendi l'ascensore, arriva al ponte E nella zona riservata all'equipaggio, poi a sinistra e sali le scale. Dopodiché gira di nuovo a  sinistra e quando arriverai ad un lungo corridoio, sempre dritto. hai capito bene?»
«… Sinistra, scale, corridoio, dritto…», si ripeté a mente quelle parole, non c’era tempo per memorizzarle. «Ho capito perfettamente, grazie!» fece per andarsene, ma prima si sentì in dovere di dirgli una cosa. «Signor Banner, non sentitevi in colpa. Non potevate sapere che sarebbe finita così. Mettetevi in salvo.»
Gli aveva dato le spalle e se n’era andato. Chissà se lo avrebbe rivisto, quel ragazzo, così pieno di speranze, dall’animo così profondo?
Chissà se si sarebbero salvati, tutti loro?
 
Nota dell’autrice
In una scala da 1 a 10, a quanto arriva il livello di ansia?
Almeno è stato appurato che Loki non rompe le scatole a caso. Lui e Thor sono sempre stati innamorati, ma per motivi abbastanza ovvi non è stata mai facile la vita per loro. Vorrebbe evitare a Peter le stesse sofferenze, ma l’amore è amore e quando arriva non c’è niente da fare. Quindi sì, Tony è stato incastrato, ma Peter sta andando a cercarlo.
Poi io amo troppo scrivere di Clint e Nat, anche se sono personaggi secondari, piango.
Ne approfitto per ringraziare tutti i coloro che stanno leggendo/recensendo questa storia. Alla settimana prossima ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5x5 ***



 
5x5


Continuò a ripetersi a mente quelle parole, Peter, mentre percorreva il corridoio a grandi passi, tremando per il freddo, nonostante il cappotto che aveva addosso. La poca gente che gli capitava di incontrare sul suo cammino, andava nella direzione opposta e probabilmente doveva ritrovarsi a pensare che quel ragazzino fosse un pazzo ad andare incontro ad una probabile morte.
«Ascensore, ascensore!» esclamò, giungendo a quest’ultimo, sbracciandosi per attirare l’attenzione dell’ascensorista. «Portatemi giù!»
«Sono spiacente signorino, l’ascensore è fuori uso.»
Imprecò mentalmente. Cos’è che gli era stato insegnato? Ad essere sempre gentile, educato, posato?
«Al diavolo!» esclamò entrando e strattonando l’ascensorista. «Mi porti subito giù se non vuole ritrovarsi un pugno stampato in viso!»
Se si fosse visto dall’esterno, probabilmente non si sarebbe riconosciuto, ma era stato necessario far uscire un po’ fuori la sua aggressività. L’ascensore scese al piano successivo e quasi Peter imprecò quando sentì l’acqua gelida bagnargli le caviglie. Quella parte del Titanic era già sommersa dall’acqua.
«Ah, non provate a premere quel pulsante!» esclamò aprendo le porte e in seguito ansimando a causa del gelo. L’acqua, infatti, gli arrivava fino alle ginocchia. Tentò di non badare al suo respiro, quanto più a raggiungere la meta. Ma camminare era sempre più difficile a causa del gelo, così iniziò ad invocare il suo nome, nella speranza di essere udito.
«Tony! Tony, sono io! Dove sei? Ti prego, rispondimi!»
 
Tony Stark non aveva fiatato quando lo avevano portato lì e ammanettato ad una colonna di cemento. No, non avrebbe dato loro quella soddisfazione. Gli era bastato poco per capire che la situazione fosse però molto più grave di quel che credeva. Dal suo oblò adesso vedeva acqua, acqua e nulla più. E poi, l’acqua aveva preso ad entrare da sotto la porta, dandogli una conferma: il Titanic si trovava in un ostato d’emergenza e tutti loro erano in pericolo. Aveva imprecato, perché di certo non intendeva morire così da miserabile. E a quel punto gli era toccato chiedere aiuto. La sua ora non era ancora giunta.
«Qualcuno mi sente? Aiuto! Venite a soccorrermi, sono bloccato qui! Ehi!»
Peter aveva continuato a correre senza fiato, in modo frenetico. Ed era già pronto a lasciarsi andare allo sconforto, quando sentì, tra lo scrosciare dell’acqua, una voce implorare aiuto. E riconobbe immediatamente che non poteva essere che lui.
«Tony? Tony! Sei tu? Dove sei?!»
In un primo momento Tony credette di averlo immaginato, ma al sentirsi chiamare per la seconda volta capì che doveva essere reale. Non sapeva come, ma Peter era lì.
«Peter! Sono qui dentro! Vieni a darmi una mano!»
Tentò con la voce di sovrastare il rumore dell’acqua, sempre più forte.
Peter individuò ben presto il luogo da cui aveva sentito provenire la sua voce. Si mosse nell’acqua, con gran difficoltà, fin quando non arrivò: davanti a lui, Tony era ammanettato e completamente bloccato.
«Peter», sussurrò con immane sollievo. Il ragazzo aveva le lacrime agli occhi, stava di nuovo piangendo. Non avrebbe voluto, non in quel momento, ma era stato quasi naturale.
«Tony, Tony!» ansimò, stanco, il cuore martellava forte nel petto, ma felice. Lo abbracciò, stringendolo forte a sé. «Mi dispiace, perdonami se non ti ho creduto, non avrei dovuto dubitare di te!»
«Peter, sapevo che saresti venuto a cercarmi. Loki mi ha messo il diamante nella tasca e io non…»
«Sssh, lo so, so tutto. Mi dispiace», ripeté, passandosi una mano sul viso. «Come faccio a liberarti? Non c’è una chiave?»
«Temo di no. È per questo che devi andare a cercare aiuto», disse guardandolo negli occhi. «Il livello dell’acqua sale velocemente. Trova qualcuno. O trova qualcosa che può aiutarci. Ti prego, Peter. Lo so che  hai paura, te lo leggo in faccia. Ma mi fido di te.»
Peter serrò le labbra. La paura era tanta da scoppiargli nel petto, ma la vita di Tony dipendeva da lui. Anche se aveva paura di andare da solo, lo avrebbe fatto comunque.
Strizzò gli occhi e gli posò un bacio sulle labbra.
«Farò più in fretta che posso. Tu aspettami.»
Tony annuì, accennando un sorriso rassegnato.
«Non ho altra scelta, mi pare.»
 
Il livello dell’acqua si alzava velocemente, ma non si aspettava fino a questo punto. Si ritrovava sommerso, adesso fino ai fianchi e ciò rendeva ancora più difficoltoso il suo cammino. E come se non bastasse, sentiva di star gelando. Si sbrigò a risalire le scale e a giungere nel corridoio deserto. Cominciò a chiamare aiuto, ma dubitava che ci fosse anima viva disposto ad aiutarlo.
«Dannazione!» imprecò. «Possibile che non ci sia nessuno?!»
Si immobilizzò ad un tratto, avvertendo la nave fare uno strano rumore. Ricordava bene la parole del signor Banner, sarebbero sprofondati nell’oceano e lui non aveva alcuna intenzione di morire. Sarebbe andato via di lì con Tony. Si voltò e vide sulla parete, vicino all’estintore, una teca al muro, contenente un’ascia. E sgranò gli occhi. Forse aveva trovato la soluzione.
 
Tony aveva cercato quanto meglio poteva di tenersi lontano dall’acqua, ma quest’ultima avanzava indisturbata, raggelandogli il sangue nelle osa. Temeva che fosse capitato qualcosa a Peter e quando se lo vide arrivare davanti, tirò un sospiro di sollievo.
«Cos’hai lì?»
«Un’ascia, credo», annaspò. «Può funzionare?»
«Immagino di sì. Hai una buona mira?»
«I-io non lo so, in realtà.»
«Va bene, non importa», Tony irrigidì le braccia, mostrandogli il punto della catena da colpire. «Un colpo secco, capito? Cerca di non tremare. Io mi fido di te.»
Peter annuì. E chiuse gli occhi, non voleva guardare.  Trattenne il piato e poi sferrò un colpo. Si udì un sonoro “ding”, segno che le manette dovevano essersi spezzate.
«Peter, apri gli occhi! Ce l’hai fatta!»
«C-ce l’ho fatta?!» esclamò felice e sollevato. L’uomo gli si avvicinò, gli afferrò il viso e lo baciò caldamente.
«Adesso andiamo via di qui se non vogliamo morire affogati. Tieniti stretto a me!»
La sua mano si ancorò a quella del ragazzo. L’acqua era salita ancora e il gelo si era loro insinuato sotto la pelle e nelle ossa. E in corridoio la situazione non era migliore.
«Noi dovremmo andare di lì, ma non possiamo, c’è troppa acqua!» esclamò Peter indicando la sua destra.
«Allora vorrà a dire che andremo a sinistra.»

Loki si chiese come aveva potuto essere così stupido da lasciare andare Peter da solo. Lì dentro era il caos e lì fuori la gente imprecava, urlava, spingeva, completamente in panico. E poi, in sottofondo, il dolce rumore dei violini, un connubio decisamente ironico.
«Se non torna entro due minuti, giuro che vado a cercarlo», sibilò.
«Loki, non dire assurdità. Non lo sai cosa troverai lì dentro.»
«Non lo sapeva neanche Peter, eppure è andato comunque! E se morisse? Te lo perdoneresti?» gli domandò, acido. Carol Denvers aveva aggrottato la fronte. Stimava profondamente Peter per il suo coraggio, ma ce l’aveva a morte con Loki, di fatto era strato lui che lo aveva portato ad agire così.
«Oh, vi prego. Dateci un taglio. Avreste dovuto pesarci prima di incastrare Stark. Sapevate sin dall’inizio che Peter lo amava e avete fatto di tutto per tenerli lontani.»
«Mentre voi invece avete fatto di tutto per tenerli vicini. Siete migliore di me, d’accordo», rispose lui sarcastico.
«Perdonate, non credo che questo sia il momento giusto per parlarne», si intromise Thor. «Lady Denvers, voi dovete andare. Prometto che non andrò via di qui prima di aver messo Peter al sicuro, parola mia»
A Carol, Loki non era mai piaciuto, ma Thor era completamente diverso da lui e sapeva che poteva fidarsi.
«Mi fido di voi», disse greve. Di fianco a loro, gli ufficiali si stavano occupando di riempire l’ennesima scialuppa. Ma per le donne era difficile separarsi da amanti e mariti, per i figli era terribile separarsi dai padri.
Era difficile per Natasha staccarsi da Clint. Perché lui l’aveva sempre seguita come un’ombra e ora non poteva immaginare di mettersi in salvo e lasciarlo lì.
«Non posso andare. Non posso.»
«Ne abbiamo già parlato, Nat», le rivolse quel soprannome che era solito a darle nell’intimità delle loro notti. «Tutte le donne devono andare. Io, Thor e Loki e anche Peter sopravvivremo.»
«Come posso esserne certa?» domandò seria, gli occhi luccicanti a causa delle lacrime. Clint sospirò.
«Perché mi sono ripromesso che una volta tornati a casa, sarei stato con te per sempre. Avrei voluto aspettare a dirtelo.»
Lei sgranò gli occhi, leggermente. La prospettiva di poter vivere con lui alla luce del sole, senza doversi nascondere e suscitare scalpore, le faceva venire voglia di sperare. Lo guardò e dimenticandosi per un attimo di tutto il mondo poggiò le labbra rosse alle sue, disperatamente.
«Sopravvivi, torna da me, torna da me», sussurrò, con la voce spezzata dal pianto.
Lui la strinse.
«Tornerò da te, Nat.»
Non c’era niente di più triste degli amanti costretti a separarsi, forse a dirsi addio, convenne Thor. Almeno lui, in quello era fortunato. Che fosse morto o sopravvissuto, lo avrebbe fatto accanto a Loki.
 
Peter non riusciva a credere allì’idea che sarebbe morto. Come poteva morire dal momento che aveva scoperto solo da poco cosa volesse dire vivere? In qualche modo, era convinto che lui e Tony sarebbero sopravvissuti entrambi, sarebbe bastato uscire di lì. Quell’uomo aveva una volontà di vivere e andare avanti tanto quanto lui, soprattutto quando lo vide sfondare una porta dopo aver preso la rincorsa, sbucando in un altro corridoio, all’asciutto e senza la minima presenza d’acqua.
«Ahi, che botta. Tony, stai bene?» domandò Peter preoccupato.
«Sono stato meglio», confidò, un po’ stordito. Dal vociferare che udivano, dovevano esserci delle persone a poca distanza da loro. Dovettero camminare poco prima di ritrovarsi davanti ad un mucchio di gente che sulle scale protestava, poiché a sbarrare loro la strada vi era una sorta di cancello che era stato appositamente chiuso. Gente di terza classe, donne e anche bambini, ovviamente una cosa del genere non sarebbe mai successa ad un nobile.
«Ma che succede, non si passa di qui?» domandò Peter. Tony fece una smorfia. Aveva appreso da Peter che i posti in scialuppa bastavano appena per la metà dei passeggeri, non c’era quindi da sorprendersi che stessero cercando di tenere lontani la metà che forse non meritava di essere salvata.
«Lo vedremo», sibilò. Poi si insinuò, facendosi spazio tra le persone che si accalcavano e protestavano.
«Ehi, voi!» esclamò rivolgendosi ai due ufficiali che stavano cercando di contenere il caos. «Qui ci sono tante donne e anche tanti bambini, potreste almeno far passare loro. Tenerci qui e impedirci di salvarci è disumano!»
«Indietro! State indietro ho detto!»
Tony imprecò, farsi ascoltare in mezzo al delirio e al panico non era impresa facile. Quindi indietreggiò e raggiunse Peter, rimasto giù.
«Allora? Come facciamo adesso?» mormorò, battendo i denti per il freddo.
«Mio Dio, Peter. Stai congelando, hai la pelle quasi blu», notò, prendendo le sue mani tra le proprie nel tentativo di riscaldarlo. «Dobbiamo trovare il modo di passare.»
Il ragazzo sospirò appena, godendo di quel lieve e piacevole calore. Poi delle voci familiari giunsero al suo orecchio.
«Tony! Peter!»
Il primo sgranò gli occhi e con la gioia negli occhi abbracciò caldamente il suo migliore amico.
«Steve! Bucky! Ma allora state bene.»
«Sì che stiamo bene. Ma non durerà molto se non sfondiamo quel dannato cancello», si lamentò Bucky. «Vogliono lasciarci qui a morire!»
Tony guardò Peter. Non poteva permettersi di arrendersi, doveva salvarsi, ma soprattutto doveva salvare lui. Dovevano vedere il sole tramontare in riva al mare.
«Col cavolo! Bucky, Steve, seguitemi. Tu, Peter, stacci dietro e fai attenzione.»
Ancora una volta, Tony risalì le scale, deciso a far udire la sua voce.
«Voi maledetti, mi ascoltate o no? Fateci uscire di qui, non siamo carne da macello»
«Di qui non passerà nessuno!» gridò l’ufficiale. Steve imprecò ad alta voce, lanciando maledizioni, ma Tony gli picchiettò su una spalla.
«Senti Rogers, se non ci fanno passare, sfondiamo noi questo dannato cancello! Tu e Bucky aiutatemi. Peter, anche tu»
«Io?! Che devo fare?!»
Era confuso, ma una cosa l’aveva ben capita, Tony era determinato a sopravvivere a tutti i costi. E d’altro canto lo era anche lui. Capì meglio quando lo vide, assieme a Steve e Bucky, sradicare dal pavimento una panca in legno. E allora capì, non stava scherzando, voleva davvero sfondarlo.
«Oh, cavolo. Indietro, state tutti indietro, spostatevi!» gridò. «Tony, ti aiuto!»
«Molto bene, ragazzo. Allora andiamo al mio tre, tutti intesi?»
«Non osate fare un singolo passo!» gridò l’ufficiale dall’altro lato.
«Tre. Due. Uno. Adesso!»
Andarono contro il cancello, una prima volta. Poi una seconda, più forte. E infine la terza volta, che servì a sfondarlo completamente. A quel punto, le persone intrappolate erano libere di fuggire via.
«Ben fatto, Stark!» si congratulò Steve.
«Fammi i complimenti alla fine, Rogers. Peter, andiamo. Si va via di qui»
Afferrò la mano del ragazzo. Ad attenderli c’era la salvezza.
O forse no.
 
 
Nota dell’autrice
Almeno per il momento, Steve, Bucky, Peter e Tony si sono salvati, ma come ben sappiamo la vera sofferenza arriverà solo dopo. Loki, dal canto suo, è molto preoccupato per le sorti del ragazzo, ma Thor cerca di tranquillizzarlo. Separare Nat e Clint è stato un colpo al cuore, ma dovevo *sigh*. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6x6 ***


6x6
 
Il caos e il panico erano dilagati come la peste. L’imponente nave si stava ritrovando ad affondare, giù nell’oscurità delle acque dell’Oceano Atlantico. Senza sosta alcuna, le scialuppe venivano calate in mare, nel tentativo di portare in salvo più passeggeri possibili. Ma molti erano ancora lì, tanti altri erano già morti e chissà quante altre vittime sarebbero state mietute.
Era stato lanciato poco prima un S.O.S, il Titanic aspettava un aiuto, ma sarebbe mai arrivato in tempo?
Loki tremava per il freddo, aveva dato il suo cappotto a Peter e sperava che quest’ultimo si fosse messo in salvo, in qualche modo. Non osava neanche immaginarselo, travolto dall’acqua e morto con gli occhi vitrei. No, non poteva essere. Peter era troppo forte per morire così, ne era una prova la sua cocciutaggine. Magari, se non fosse stato per lui, non sarebbe successo niente. Perché dopotutto, se stesso era l’unico a cui poteva dare la colpa. Thor lo vedeva, immobile e con lo sguardo vitreo e quasi sentiva il cuore pianger e sanguinare. La situazione era critica, nessuno dei due sapeva se si sarebbero effettivamente salvati, eppure Loki, in parte, pareva già molto.
«Per l’amor del cielo, Loki. Riprenditi. Non ti servirà a nulla rimuginare», gli disse, cercando il suo sguardo che però non trovò.
«Al mio posto reagiresti allo stesso identico modo. Cos’altro dovrei fare? Siamo qui in balia del gelo e della morte, la gente  muore e non possiamo farci niente. Chi mi dice che sono un codardo ho ragione, ma nella mia codardia non dovevo trascinare anche quel ragazzo.»
«Smettila, ti prego», Thor lo aveva afferrato per le spalle, in una stretta in cui non vi era né prepotenza, né rabbia, solo una grande dolcezza e rassicurazione. «Capisco il senso di colpa, ma non provare a formulare strani pensieri. Tu sopravviversi. E anche Peter, Stark tiene a lui, non permetterebbe mai che gli accadrebbe qualcosa.»
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Forse perché anche io sto cercando di proteggere qulcuno.»
Ed in effetti, Thor c’era stato. Avrebbe dovuto provare disgusto, ribrezzo nei suoi confronti, per come si era comportato. Avrebbe potuto e in ogni caso sarebbe stato giustificato, ma non lo aveva fatto. Era rimasto, era rimasto sempre, nonostante tutto. Nonostante per quelli come loro la vita non fosse mai facile, era rimasto.
«Se dopo tutto questo tempo mi sei ancora accanto o sei pazzo oppure…»
«Oppure, forse, semplicemente ti amo. E proprio perché ti amo, andremo via di qui insieme. O moriremo insieme. Preferirei la prima opzione, ma in ogni caso non intendo affrontare nulla senza di te.»
Si era avvicinato e le punte dei loro nasi si erano sfiorati. Loki non aveva mai osato neanche rubargli un bacio, non in mezzo a tanta gente.
Ma la gente non guardava loro, troppo impegnata ad avere paura. Il suo atto di coraggio su azzerare le distanze e baciarlo ad occhi chiusi, forse per paura che potesse essere l’ultima volta. Non aveva capito niente, fino a quel momento. Non aveva capito quanto lui e Peter provassero le stesse cose. Al di là di tutto, del ceto sociale, dell’età, del sesso, era lo stesso identico sentimento.
 
Tony aveva tenuto la mano ancorata a quella di Peter e grazie a ciò erano riusciti a non separarsi. Finalmente erano di nuovo fuori e anche lì il caos era dirompente. La gente correva e spintonava all’impazzata, tutti volevano salvarsi. Anche loro.
«Abbiamo perso di vista Bucky e Steve», gli fece notare Peter.
«Lo so. Ma non preoccuparti per loro, sapranno cavarsela. Adesso è a te che devo pensare.»
«A me? Cosa intendi dire? Tony?»
Aveva chiamato il suo nome, ma Tony lo aveva ignorato, trascinandoselo dietro. Su di lui non aveva alcuna certezza, ma quel ragazzo forse poteva salvarsi in qualche modo. Era così giovane, lo avrebbero fatto salire su una scialuppa senza alcun problema. O almeno ciò sperava.
Peter lo tirò per un braccio, cercando di  riprendere aria. E nel cercare di farsi spazio tra la folla, andò ad urtare qualcuno.
«Peter!»
Nell’immediato riconobbe subito la voce di Thor.
«Thor…?» domandò.
Subito aveva sentito due braccia stringerlo. Loki non lo aveva mai abbracciato, in realtà non era mai stato un tipo particolarmente affettuoso, ma adesso lo stringeva con una foga non indifferente.
«State bene! Come vi è venuto in mente di andarvene così? Potevate morire, siete ferito?»
Non avrebbe saputo dire se fosse arrabbiato, spaventato, sollevato o semplicemente tutte e tre le cose.
«Io…? Io sto bene. Ma voi…?»
Tony non si era staccato da lui. Anzi, lo stringeva con maggior vigore e lo tirava a sé. Aveva fatto caso a come stesse guardando Loki.
«Lasciatelo stare.»
«Tony, aspetta»
«Cos’avete in mente? Peter si è messo in pericolo per venire a salvarti.»
«Oh, sentiamo, chi è che mi ha incastrato? Mi avete fatto passare per un ladro e quasi morire affogato! Lasciate stare Peter, siete una persona orribile!»
«Vi sembra questo il momento di discutere?!» Thor cercò di sovrastare le loro voci.
«Mi sembra il momento eccome! Cosa vuoi sentirti dite? Che ho sbagliato nel cercare di incastrarti? Che le mie convinzioni erano sbagliate e che ho agito per codardia?! D’accordo, lo dico. Ma non vedo cosa possa cambiare. Tengo a quel ragazzo come se fosse mio figlio. E non hai idea, Stark, di cosa si possa arrivare a fare per un figlio. Anche diventare il diavolo in persona.»
Peter aveva sgranato gli occhi. Era sempre stato convinto che mai si sarebbe sentito dire quelle parole.
Tony adesso sembrava meno infervorato, tuttavia non aveva ancora mollato la presa sul suo polso.
«Questo cosa significa? Che non tenterete di separarmi da lui facendomi ammazzare?»
«Se lo facessi, Peter sarebbe infelice. E poi è inutile fingere di non capirvi. Sono come voi.»
Peter non fece domande. Aveva capito bene cosa si celasse dietro quel “Sono come voi”. Lo aveva capito ancor meglio quando aveva visto Thor portargli una mano intorno alle spalle, con delicata dolcezza. Aveva compreso, ciò che era stato celato per anni. E capì anche Tony, capì che quella poteva essere forse l’inizio di una tregua.
Solo l’insistente scrosciare dell’acqua li riportò alla realtà, facendo ricordare loro che dovevano far qualcosa se non volevano morire lì.
«Peter, tu salirai su una scialuppa», annunciò Thor, lasciandolo piuttosto sbigottito.
«P-perché? Possono andare solo le donne e i bambini, io non sono un bambino.»
«Per l’amor di Dio, Peter, dacci un taglio. Qui nessuno ti permetterà di morire così, d’accordo? Sei giovane, non ti lasceranno qui.»
«I-io non vado da nessuna parte! Non vi lascio qui, Tony…?»
Sperare che quest’ultimo lo ascoltasse sarebbe stato inutile. Voleva che si mettesse al sicuro, ma come poteva andare e lasciarlo lì, così? Non aveva alcuna certezza che si sarebbe salvato e da quella nave dovevano scendere insieme. Insieme avrebbero dovuto attendere la prossima alba.
«M-ma Tony…»
Mormorò appena il suo nome, ma quest’ultimo lo spinse verso la scialuppa.
«Vai, ti prego», sussurrò, chiudendo gli occhi. Peter sgranò gli occhi, guardò lui, poi guardò Thor e anche Loki, intuendo quanto per nessuno dei tre dovesse essere facile, quanto tutti si stessero sforzando di non lasciarsi andare ad un addio strappalacrime, perché altrimenti sarebbe stato troppo difficile.
«Dannazione, vai Peter, vai!», Tony lo incitò, dandogli un’altra spinta. Il ragazzo non se ne accorse neanche, ma aveva indietreggiato e quasi cadendo si era ritrovato dentro la scialuppa assieme ad altra povera gente che piangeva e si disperava.
Poi la barca iniziò ad essere calata, lentamente, verso il basso.
Cosa diamine stava facendo?
«Almeno lui si è messo in salvo», sospirò Tony, portandosi una mano sul viso. Non aveva rimpianti. O forse sì, solo uno, il più grande: il mantenere fede alla parola data, il portarlo via con sé.
«Tu sai… che non c’è alcuna garanzia di salvezza per noi, vero?»
Loki gli aveva sussurrato, con gli occhi lucidi, quella domanda. C’era rassegnazione nel suo tono.
Abbassò lo sguardo.
«Lo so.»
Peter, cosa stai facendo? Perché stai andando via?
La sua coscienza poneva domande. Tony, tutti loro, volevano che si salvasse, che avesse la possibilità di continuare a vivere, perché era giovane e non meritava di morire. E loro? Neanche loro lo meritavano.
Non lo meritava Tony, che lo aveva salvato, salvato da se stesso, da uan vita vuota.
«Ce l’hai un nome, ragazzino?»
«S-sì. Sono Peter Parker.»
«E io sono Tony Stark. Sei stato fortunato che ci fossi io.»

 
«Vorrai dire che mi porterai al mare?»
«Già. A giocare a pallone e a bere birra scadente.»
«Sembra meraviglioso. Allora promettimelo, Tony! Io e te al tramonto, sulle rive del mare

 
Gli occhi si riempirono di lacrime nel ricordare. Di tutto ciò che aveva provato, tutto ciò che aveva detto, tutto ciò che gli aveva donato.
No. Sarebbero andati via da quella nave insieme. Da morti o da vivi non aveva importanza.
Fu così, che silenziosamente, prese la decisione più importante della sua vita. Continuare a vivere.
E spiccò un salto.
«Peter!»
Lo aveva visto saltare, arrampicarsi come un piccolo e agile ragno e poi rientrare nella nave, solo un piano più giù.
«Ma che sta facendo?!» gridò Loki senza ottenere però nessuna risposta.
Tony allora corse. Un folle, era un folle! Oh, ma lo avrebbe rimbeccato per bene, quello sconsiderato!
Si ritrovarono nella sala delle feste e delle serate di gala, tutta in oro, si videro e poi si corsero incontro. Peter piangeva e, incredibilmente, piangeva anche lui.
«Peter, dannato ragazzino, sei un pazzo! Perché sei qui, perché?» esclamò afferrandogli il viso tra le mani, guardandolo tuttavia senza alcun rimprovero.
Peter gli sorrise tra le lacrime.
«Perché vedremo insieme sorgere il sole», gli sussurrò.
Allora lo capì, Tony. Capì che l’unico modo che entrambi avevano per vivere era rimanere insieme, fino alla fine. Forse era un pensiero egoista, ma era l’unico modo. Era il loro modo. Si scambiarono un abbraccio, lungo, un bacio altrettanto disperato, dimenticandosi del pericolo costante in cui si trovavano. Tony sollevò lo sguardo e avvertì un rumore che aveva  oramai imparato a riconoscere molto bene.
«Maledizione», imprecò. Peter, ancora stretto a lui, fece una smorfia. Gli ci volle poco per capire. L’acqua era arrivata anche in quella parte della nave e stava ora avanzando verso di loro come un fiume in piena.
«Tony!»
«Peter, devi correre, hai capito? Non fermarti per nulla al mondo, io ti vengo dietro!»
Non si erano ritrovati per morire subito dopo, sarebbero usciti di lì, in qualche modo. Peter corse così veloce che gli parve quasi si sfrecciare il volo.
Ma il mare sapeva essere meraviglioso, quanto nemico, molto spesso. Arrivò loro alle caviglia con una forza impetuosa, facendoli cadere. Peter sbatté, si fece male, ma non ci pensò neanche, troppo occupato a cercare la mano di Tony e, nel frattempo, a tentare di tenersi a galla. Ma l’acqua era gelida e respirare era sempre più difficile.
«Tony, non voglio morire così!»
«Chiudi la bocca e cerca di non ingoiare acqua!», lo afferrò, usando tutte le forze per attirarlo a sé. Poi si aggrappò al muro, scorgendo una rampa di scale davanti a loro. «Sali qui, coraggio!»
Peter tremava, mentre piano si reggeva sulle sue fragili gambe. Arrivati in cima alle scale, a sbarrar loro la strada c’era l’ennesimo cancello chiuso.
«Oh, no! Come usciamo di qui?! L’acqua presto ci sommergerà!»
«Deve esserci qualcuno che può aiutarci! Dannazione, che qualcuno venga a darci una mano, adesso!» si sforzò di gridare, cosa non facile visto il terrore e la mancanza d’aria.
Le loro preghiere furono ascoltate, poichè poco dopo scorsero un uomo tutto intento a correre, probabilmente un membro dello staff a giudicare dalla divisa.
«Lei! La prego, ci aiuti!» supplicò Peter. «Non ci lasci morire, veda se riesca ad aprire questo cancello!»
Quello, dopo un primo momento di dubbio, decise di dare il suo aiuto a quei due sconosciuti. Tirò fuori dalle tasche un mazzo di chiavi e con mani tremanti iniziò a cercare. Ma tra la paura e la corrente che continuava ad andare e tornare, il mazzo finì con il cadere malamente in acqua.
«M-mi dispiace. Le chiavi sono cadute, non c’è niente che posso fare!» esclamò l’uomo mestamente.
Peter sgranò gli occhi, allungando una mano.
«No, aspetti, la prego! Dannazione! Tony, che facciamo?!»
Il livello dell’acqua stava continuando ad alzarsi, senza dare tregua a nessuno dei due. Tony prese un respiro profondo. Doveva assolutamente ritrovare quel mazzo di chiavi, unica loro salvezza. Così chiuse gli occhi e si immerse, allungando un braccio e cercando a tentoni di ritrovare il mazzo perduto.
Qualche istante dopo tornò in superficie, tossendo.
«Le ho trovate!»
«E qual è quella giusta?! Tony, ti prego, io ho paura», tremò, ormai certo che sarebbe morto affogato.
«Non dirlo neanche per scherzo, ragazzino!»
Il suo compito era sempre stato proteggerlo, fin dall’inizio. Sì, anche quando non lo sapeva ancora, era sempre stato quello il suo compito.
Dopo un paio di tentativi a vuoto, Tony provò la chiave più piccola. Riuscì ad infilarla nella serratura, non con poca difficoltà visto che l’acqua era arrivata loro fin sopra al collo.
«T-Tony…» boccheggiò Peter.
Lui non rispose, limitandosi a girare la chiave e ad aprire, con una forte spinta, il cancello. Afferrò Peter per un polso, riuscendo a trascinarlo via da quel luogo di morte certa e tornando, finalmente, a respirare.
 
I due avevano lasciato all’esterno il caos più totale. Metà della nave era praticamente coperta d’acqua e di conseguenza l’altra metà si stava sempre più sollevando verso l’alto. Oramai sembra essere scoppiata una guerra, poiché  tutti stavano cercando di accalappiarsi un posto, una salvezza, una possibilità per il futuro.
Bucky tremava per il freddo, ma il calore di Steve in qualche modo gli era di sollievo.
«Steve, che facciamo qui?»
«Tranquillo, Buck. Andrà tutto bene, nessuno dei due morirà qui, te lo prometto.»
La gente intorno a loro spingeva e si accalcava, per questo i sottufficiali, ad una certa, erano stati costretti ad uscire le pistole.
«Fate un altro passo e giuro che sparo!»
«Cazzo, questi lo fanno davvero. Steve…», sussurrò.
«Ho detto che non devi preoccuparti. Ehi, maledizione, non spingete!»
Steve era certo che finché Bucky sarebbe rimasto accanto a lui, niente di male sarebbe potuto succedere. Perché lo aveva stretto tra le proprie braccia. Poi però era bastato il rumore di uno sparo a mandare in frantumi le sue sicurezze. E le sue speranze per il futuro.
Il proiettile aveva colpito Bucky. Ironico il fatto che se fosse stato appena due centimetri a destra, avrebbe colpito lui. Ironico quanto crudele.
«Bucky!»
Lo vide sgranare gli occhi, aprire la bocca e sputare sangue. E poi lo vide cadere. Ancora una volta lo strinse tra le proprie braccia , ma questa volta non avrebbe più potuto proteggerlo.
«No, no! Maledetto, perché?! Bucky, Bucky, resisti! Vi prego, aiutatemi! Bucky, non provare a chiudere gli occhi!»
Urlava eppure nessuno pareva sentirlo. Ecco che ad un tratto non sentiva più freddo. Solo il calore dato dal suo sangue che ora gli sporcava le dita e si mescolava all’acqua.
 
Loki vide Clint Barton venirgli incontro. Pareva stanco, col fiato corto, ed era bagnato fradicio.
«Ho dato una mano a riempire le scialuppe. Oramai non c’è più ordine, è il caos più totale, è per questo che un sacco di gente sta morendo!»
«Un sacco di gente morirà comunque», ricordò Loki, il tono spento. Non sembrava aver para di poter morire. O forse era solo bravo a fingere.
«Forse per noi c’è la possibilità di salvarci.»
«Io non vado da nessuna parte senza Peter. Lui è vivo, è un pazzo, ma è davvero difficile da far fuori. Ma voi, voi dovete andare.»
«Perché dovrei poterlo fare?»
«Perché se morirò, lo farò accanto alla persona che amo. Lady Natasha vi aspetta. Non dategli un dolore tanto grande come quello della vostra perdita.»
Clint sospirò guardando il mare scuro davanti a lui. Non poteva sapere, ma poteva immaginare, che Natasha stesse aspettando proprio lui, mentre cercava di scacciare via il freddo.
«Non perdonerò nessuno dei due, se doveste morire.»
Loki annuì. Era giusto che due amanti potessero stare insieme fino alla fine. Gli ci era voluto un po’, ma alla fine lo aveva capito anche lui.
«Loki, sembri quasi rassegnato», gli disse Thor.
«Anche se fosse? Non sarei l’unico, Qui c’è un sacco di gente che è rassegnata a dover morire.»
«Ma non tu. Hai freddo?»
Il corvino annuì e allora lui gli si avvicinò, circondandogli le spalle con un braccio e poggiando la fronte sulla sua.
Loki allora aveva sentito il bisogno di chiudere gli occhi.
«Farà male? Morire, intendo. Secondo te, farà male?»
«No, non farà male. Fingi di essere in un letto, con me. Fingi che la notte sia arrivata e che stiamo per addormentarci», la sua voce si spezzò inesorabilmente e si odiò per non essere in grado di fargli forza, fino alla fine.
 
Tony e Peter erano riusciti a mettersi all’asciutto, ma non al sicuro. Si erano resi conto d quanto la nave fosse instabile, oramai il pavimento in cui correvano non era più orizzontale, bensì obliquo. Dovevano solo uscire di lì e forse avrebbero trovato un modo per salvarsi.
«Tony, aspetta!»
Il ragazzo lo pregò di fermarsi, riconoscendo la figura triste e malinconica di Bruce Banner che, fissando un orologio, pareva star aspettando solo la sua ora.
«Signor Banner?»
«Signorino Parker. Ma allora state bene. Tutti e due state bene», affermò mestamente, ma sorridendo. «Mi dispiace di aver costruito una nave così poco robusta.»
«Signor Banner, ma non cercherà di salvarsi?»
«Non preoccupatevi per me», mormorò, abbassando poi lo sguardo.
«Peter, non c’è più tempo adesso, dobbiamo andare», gli ricordò Tony. Peter sentì il cuore far male. Sapeva che Bruce Banner doveva essere corroso dal senso di colpa e che avrebbe potuto trovare la sua pace solo nel morire assieme alla sua nave. Ma la consapevolezza non lo aiutò a stare meglio. Così lo abbracciò, donandogli il suo ultimo saluto
Sorpreso, Bruce Banner ricambiò l’abbracciò.
«Buona fortuna»
«Buona fortuna anche a voi.»
 
 
L’acqua gelida gli sfiorava le gambe. Nonostante questo, nonostante oramai non riuscisse più a respirare, non si era staccato un attimo da Bucky, inerme e con un proiettile incastrato nel petto che lo stava portando inevitabilmente alla morte. Non ci sarebbe stata speranza per lui di salvarsi. La presenza di Steve era forse l’unica fonte di calore.
«Steve… lasciami andare. Salvati, almeno tu», lo pregò, quasi boccheggiando.
Steve guardò dritto davanti a sé. Stava arrivando, la morte. Incombeva sulle loro teste in maniera soffocante. Oramai lo aveva capito, non avrebbe trovato il modo di sopravvivere, per questo preferiva morire accanto a lui, che disperarsi nel tentativo di trovare una via di fuga.
«Non ti lascio, Buck. Rimango con te fino alla fine.»
Lui tossì, sputando sangue.
«Sei un testardo…h-ho freddo… e ho anche paura…»
Chino su di lui, Steve lo abbracciò.
«Sssh. Sarà finita a breve, Buck. Stiamo andando in un bel posto. Lo posso già vedere. Saremo felici e ci divertiremo.»
Bucky lo sentì piangere e quasi di riflesso gli si aggrappò.
«Stiamo andando a New York?»
Steve annuì, non riuscendo a trattenere un gemito, a causa del pianto.
«Sì., Buck. Stasera ti porto a ballare.»
Venne da sorridere ad entrambi. Tremavano, scossi dai brividi di freddo e dalla paura. Steve gli si strinse ancora di più, mentre l’acqua li raggiungeva. Forse il loro viaggio aveva inizio solo in quel momento, chissà. Ripensò a Tony e si augurò, ma in realtà, ne era quasi certo, che sarebbe sopravvissuto. Lui non era stato così fortunato. Ma qualsiasi posto lui e Bucky avrebbero raggiunto non aveva importanza, perché erano insieme.
 
Il capitano del Titanic si era mostrato impassibile davanti ai passeggeri spaventati. Ma adesso che si ritrovava da solo vicino al timone, non poteva fare a meno di lasciarsi andare allo sconforto. Nick Fury sapeva che un bravo capitano non abbandonava mai la propria nave. Lui non lo avrebbe fatto di certo. Ironico pensare che sarebbe dovuto andare in pensione proprio dopo quel viaggio. Per l’ultima volta, aveva navigato la nave più grande mai costruita al mondo.
Morì qualche minuto più tardi, travolto dall’acqua che entrando aveva rotto i vetri. E nello stesso momento, la forza del mare si era portata via anche Bruce Banner.
 
 
Nota dell’autrice
Questo capitolo è stato emotivamente distruttivo da scrivere. Quando sono arrivata a rileggere la morte di Bucky e Steve mi sono messa a dire “Non ce la faccio”, ma alla fine ho tenuto duro. Ne ho fatto fuori quattro in una volta sola e mi dispiace terribilmente, ma ancor una volta il mio animo sadico ha vinto. Quindi RIP Bucky, Steve, Fury e Bruce. L’ultimo capitolo sarà l’ultimo. La vera domanda è: qualcun altro ci lascerà?

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7x7 ***


 
                                
7x7
 
Tony e Peter erano riusciti a raggiunger l’esterno, solo per vedere morte, distruzione e il mare che inghiottiva ogni cosa. Che rimaneva del Titanic, del suo splendore, di tutti i coloro che avevano creduto di poter raggiungere l’America oltre l’Atlantico? Niente.
Era calato il buio e coloro che era rimasto stava cercando di mettersi in salvo, correndo all’impazzata, ma invano.
«Oh, no. Dove sono gli altri? E Thor. E Loki? Sono morti tutti? Non me lo dire, non me lo dire.»
Peter aveva iniziato a tremare, probabilmente anche a farsi prendere dallo sconforto. Adesso poteva constatare con i suoi occhi quanto  terribile il loro destino fosse.
«Tony… io non voglio morire. Dio, salvaci, salvaci, ti prego, ti prego.»
Aveva chiuso gli occhi e se Tony non fosse stato lì a sorreggerlo, probabilmente sarebbe caduto.
«Ragazzo, non ti servirà a niente pregare, se ora non corri. Dobbiamo andare dall’altro lato, dobbiamo rimanere più che possiamo su questa nave, hai capito? Non lasciarti andare, non adesso.»
Peter annuì e, senza smettere di tremare, si aggrappò a lui. Era tutto ci a cui poteva rimanere aggrappato, per sopravvivere, forse per vivere.
 
Loki sentiva il braccio di Thor stringergli forte la vita, poteva sentire il battito accelerato del suo cuore. Avvertivano, tutti loro, la stessa identica sensazione, la paura, l’adrenalina, il respiro mozzato e il disperato desiderio di mettersi in salvo.
«Cammina, non fermarti», gli sussurrò.
«Cadremo», mormorò Loki.
«Non cadremo. Ho detto cammina. Clint ci ha preceduto, andiamo. Lotta fino alla fine.»
C’era odore e presagio di morte nell’aria. La nave si stava innalzando, fra qualche istante si sarebbe ritrovata a galleggiare verticalmente in mare e infine sarebbe affondata.
«Andiamo, sbrigatevi!» Clint si arrampicò, incitandoli a darsi una mossa. «Prendete molta aria, ci servirà quando questa nave affonderà.»
Loki avvertì una fastidiosa morsa allo stomaco. Era vivo ma fra un secondo sarebbe potuto morire. Oramai non importava più il ceto sociale. Anzi, non importava più niente di niente. Perché la morte avrebbe preso tutti indistintamente.
 
Anche Peter e Tony avevano raggiunto la poppa e poi il parapetto. Si erano arrampicati e il ragazzo era stato costretto a chiudere gli occhi. Erano sospesi e sotto di loro la gente precipitava in mare, a volte prima schiantandosi malamente e sfracellandosi le ossa. Tony era accanto a lui, lo stringeva.
«Peter, ti ricordi cosa è successo qui?» domandò a bassa voce, quasi dolcemente.
«Qui? Qui  è dove ci siamo conosciuti», ricordò, aprendo gli occhi. Si ricordò, di quando era ancora ignaro, di quando credeva che avrebbe vissuto da miserabile. Si ricordò del sole che sperava di rivedere ancora.
Tony annuì e lo strinse cautamente a sé.
«Io sento di amarti», gli disse poi. Non avrebbe mai detto quelle parole con leggerezza, probabilmente in un altro contesto avrebbe anche aspettato. Ma adesso non c’era tempo e probabilmente non c’era neanche futuro. Peter sorrise, con le lacrime agli occhi.
«Sento di amarti anche io.»
Avrebbe voluto baciarlo. Sì, magari donargli l’ultimo bacio. Ma non ne fu in grado, perché si ritrovarono entrambi a sussultare a causa di un movimento improvviso. Ecco che la nave, completamente eretta, stava iniziando la sua discesa nelle profondità dell’oceano. E le urla si erano levate in alto.
«Tony… Tony, cosa…?»
«Ascolta, Peter. Devi trattenere il fiato, il più a lungo possibile. Lo so che hai paura, ma è importante che tu faccia come dico.»
Lo stava ascoltando sì, ma con gli occhi sgranati che fissavano il mare di fronte a sé.
«Peter, al mio tre, hai capito?»
Annuì.
Trattieni aria, il più possibile.
«Tre.»
Non sei arrivato fino a questo punto per morire così.
Non è giusto.
«Due.»
Vedrete insieme sorgere il sole.
«Uno.»
Spalancò la bocca a incamerò tutta l’aria possibile. Infine non avvertì niente se non un gelo disumano e il buio. Stava annegando e stava andando giù, eppure poteva chiaramente sentire Tony ancora stretto a sé. Solo fino ad un certo punto, perché poi non lo avvertì più e la sua mano si muoveva disperata nel tentativo di afferrarlo.
Solo dopo una manciata di secondi riuscì a tornare in superficie, a respirare e gridare il suo nome. Erano tutti lì, che si dimenavano e chiamavano aiuto. E lui che lo cercava, pregando Dio o qualsiasi altra entità, che non fosse annegato.
«Tony! Mio Dio Tony, dove sei?»
«Peter, Peter sono qui!»
A causa dell’oscurità non era in grado di vedere come avrebbe dovuto, ma gli bastò seguire il suono della sua voce. A grandi bracciate lo raggiunse e, se non si fossero ritrovati sommersi, probabilmente lo avrebbe abbracciato,
«Stai bene, temevo fossi affogato!»
«Sì che sto bene, ma dobbiamo trovare qualcosa a cui aggrapparci»
Era spaventoso. Il gelo era entrato loro nelle ossa e nelle orecchie erano entrare le urla di angoscia e dolore, in alcuni casi anche urla di bambini.
Iniziarono a nuotare in mezzo a quel mare di disperazione, fin quando Tony non lo richiamò a sé.
«Ho trovato qualcosa, vieni qui, avanti!»
Peter non capì bene di cosa si trattasse, pareva una zattera a vederla così, ma qualunque cosa fosse, li avrebbe sicuramente aiutati.
«Ce la fai a salire? Ti do una spinta?» ansimò Tony. Peter fece un cenno con il capo, sforzandosi di tirarsi su. L’aria era altrettanto gelida, ma sempre meglio che essere sommersi. Poco dopo anche Tony si tirò su, potendo finalmente sospirare. Adesso che erano accanto, stesi su quella zattera di legno, potevano rimanere in silenzio a riprendere fiato e ad ascoltare il rumore della morte.
 
Poco distante, si trovavano le scialuppe con su i passeggeri che erano riusciti a salvarsi. Natasha ad un certo punto si era alzata in piedi.
«Clint. Oh, no. No, non può essere, dimmi che non è morto»
Subito aveva sentito le braccia di Carol sorreggerla.
«Natasha, va tutto bene, sarà sopravvissuto sicuramente, non temere.»
«Voi donne!» esclamò l’ufficiale con loro nella scialuppa. «Rimanete giù se non volete farci cadere in mare»
«Oh, beh, questa poi», fece Carol. «Invece di rimanere qui a guardare, perché non facciamo qualcosa per aiutarli? Quella è gente come noi che ha bisogno di aiuto!»
«Rimanga ferma e non tocchi nulla! Se adesso li facciamo salire, ci faranno imbarcare acqua. Quindi rimanga in silenzio e al suo posto!»
Carol evitò accuratamente di mal rispondere, aveva qualcosa di molto più importante da fare, come cercare di rassicurare Natasha e sperare che i suoi amici fossero tutti sani e salvi.
 
Quanto tempo era passato, da quando si trovava lì?
Peter non avrebbe saputo dirlo. Si era perso a guardare le stelle sopra la sua testa. Stelle infinte in un cielo ancora più grande. Cercava di distrarsi, di non pensare a quanto orribile fosse il silenzio che man mano calava. Coloro che piangevano, urlavano, si disperavano, finivano pian piano con lo zittirsi, spegnersi, morire.
La mano non si era staccata da quella di Tony. Anche quest’ultimo faticava a parlare, erano entrambi blu in viso, con il ghiaccio tra i capelli e il gelo nelle ossa.
«Ragazzino… rimani sveglio, non costringermi a darti uno scappellotto»
«Tony, ho freddo. E ho sonno. Posso dormire? Posso dormire solo un po’?»
«No, Peter. Non provarci. Rimani qui, con me. Stavi contando le stelle, no? A quanto sei arrivato? Mille? Mille e venti?»
Peter si muoveva a malapena. Doveva avere i muscoli interamente atrofizzati a causa del gelo. Ed era talmente pallido e i suoi occhi tanto vitrei da sembrare quasi una bambola di porcellana.
«Io… ho… perso… il conto… Tony. Tony, inizio ad avere paura. Nessuno ci salverà?»
«Di cosa stai parlando? Certo che ci salveranno. Vivrai, vivrò io, vivremo entrambi.»
Non lo sapeva, in verità. Non aveva mai avuto certezze, adesso peggio che mai. Sapeva che se non fossero arrivati a salvarli entro tempi brevi sarebbero morti, entrambi, mano nella mano. E non sarebbe stato neanche tanto male, se solo non fosse stato per la loro promessa. Volevano vedere il sole insieme, nascere dal mare, un’altra volta.
«Ho freddo, ho freddo Tony. Non respiro.»
Peter riuscì lentamente a voltare il capo per guardarlo. Gli sembrava sempre più fragile, sempre più stanco.
«Peter. Non è ora la tua ora, d’accordo? Prima di morire dovrai vivere tanti e tanti anni, vivere delle esperienze bellissime. Viverle con me, perché non intendo lasciarti andare, adesso. Incontrarti è stata la cosa migliore che mi sia successa.»
«Che ci sia successa… Non farmi chiudere gli occhi, Tony», sussurrò, con le palpebre socchiuse, allungando un braccio, come a voler ritrovare un po’ di calore.
In seguito, nessuno dei due avrebbe saputo dire se si fossero addormentati. Probabilmente no, perché se così fosse stato, sarebbero passati dal sonno alla morte senza neanche accorgersene. Forse erano al limite, un po’ sospesi,  tra la vita e la morte, con i respiri sempre più deboli e il cuore che batteva sempre più lentamente.
E Peter aveva smesso di sentire, quasi di essere cosciente. Voleva vedere il sole, voleva lottare, ma una parte di sé voleva anche lasciarsi andare, era stanca, voleva addormentarsi e scivolare nell’oblio.
Fu una luce ad attirare la sua attenzione. Forse la luce di una torcia e poi delle voci indistinte. Erano venuti a salvarli? Avevano fatto loro la grazia di salvarli?
«Tony… Tony guarda… c’è qualcuno», sussurrò.
Tony aprì lentamente le palpebre. Era stato ad un passo dall’addormentarsi, ma adesso era incredibilmente sveglio. Per quanto privo di forze fosse, doveva attaccarsi a quell’ultima possibilità.
«Grida con tutto il fiato che hai in corpo, anche se non ce la fai, sforzati, devi sforzarti.»
Peter si mise seduto, attento a non cadere in acqua e iniziò a gridare aiuto. E poi pianse, perché adesso non voleva più scivolare nel sonno, né nel gelo. Voleva vivere, voleva vivere veramente, accanto a Tony, voleva ricominciare.
Avvertì un po’ di calore quando la torcia gli fu puntata contro.
Un minimo calore, ma incredibilmente piacevole.
 
Alla fine si addormentò comunque. A condurlo nel sonno era stato il battito del cuore di Tony, riposava sul suo petto e non si sarebbe staccato per le successive ore. Adesso avvertiva di nuovo il calore e la mente si era svuotata e non pensava più a nulla. Tony, dal canto suo, era riuscito a dormire meno di lui, nonostante si sentisse stanco. Stringendo con una mano l’esile corpo di Peter, non poteva che fissare il cielo. Lui si era salvato. Si erano salvato entrambi perché forse non meritavano di morire. Perché meritavano di rinascere e vivere insieme. In quanti erano morti quella notte? Migliaia.
Ripensò a Steve, a Bucky, si chiese se erano riusciti a salvarsi, pensò che quando Peter si sarebbe svegliato avrebbe cercato disperatamente i suoi amici. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di loro. Ma non aveva importanza, perché lentamente il sole stava tornando a sorgere, a scacciare la notte e a colorare il cielo di decine di sfumature. E Peter ancora dormiva.
Era mattino inoltrato quando toccarono terra, anche se toccare terra era un modo di dire. Una nave americana era arrivata a dar loro soccorso e ad aiutare coloro che erano sopravvissuti.
Peter tirò un profondo sospiro di sollievo quando poté bere qualcosa di caldo, ancora avvolto nella sua coperta. Era spossato, pallido, stanco, la mente ancora vuota. Erano un gruppo di sfollati sopravvissuti, molti dei quali avevano perso tutto.
A gambe incrociate, sollevò lo sguardo quando vide Tony raggiungerlo, con lo sguardo afflitto.
«Cosa ti hanno detto?»
Gli bastò vedere la sua espressione e le lacrime che gli pungevano gli occhi, per capirlo.
«Né Steve né Bucky sembrano essere su questa nave. Probabilmente sono morti. Ma che dico, lo sono sicuramente.»
C’era rabbia nel suo tono e rancore. Lo vide distogliere lo sguardo e ricacciare invano le lacrime. Il suo migliore amico era morto e non aveva avuto neanche la possibilità di dirgli addio.
«Mi dispiace, Tony. Mi dispiace. Non è giusto», mormorò, chinando la testa.
«Già, puoi ben dirlo. Quei due… avevano tanti progetti per il futuro. Ma qualcosa mi dice che sono insieme anche lì, ovunque si trovino adesso.»
E non poté non sorridere. Ci sarebbero state tante altre cose che avrebbe voluto dirgli, ma sicuramente Steve sarebbe stato bene.
Peter invece non aveva trovato il coraggio di chiedere, né di Thor né di Loki. Come avrebbe potuto? Già una volta aveva perso i genitori, la seconda volta non sarebbe stata più facile da affrontare. Era sospeso, tra il voler sapere e il non voler ricevere una brutta notizia
Dopotutto si parlava sempre della sua famiglia.
«Peter…»
Una voce familiare sopraggiunse alle sue orecchie e in un primo momento credette di averlo immaginato. Si staccò dal braccio di  Tony e quando si voltò vide sia Loki che Thor, pallidi come lui, scossi e infreddoliti.
In un primo momento indietreggiò.
«Voi… voi siete riusciti a salvarvi?» mormorò, con le lacrime agli occhi. Dietro di loro, Clint Barton stava sospirando rumorosamente. Nessuno loro contava di poter vedere nuovamente la luce del sole.
Loki aveva sorriso nella direzione del ragazzo.
«Forse sono sopravvissuto solo nella speranza che tu possa perdonarmi. Lo so che mi odi, che mi odiate. Avete tutte le ragioni del mondo. Ma spero che un giorno riuscirai a capire, il perché. Abbiamo molto di cui parlare, ma adesso… adesso è l’importante che tu stia bene e sei vivo, nient’altro.»
Thor poté finalmente vedere Loki mostrare un minimo di dolcezza e affetto verso Peter, il quale non era di certo in grado di provare odio. Avevano sofferto, ma alla fine ne era valsa la pena. Si portò una mano sul viso.
«Non ti odio», mormorò. «Sono felice che tu sia vivo»
Allora Loki fece una cosa che in genere non avrebbe mai fatto. Lo abbracciò, perché dopo aver rischiato di morire non voleva più perdersi o rimandare nulla. Lentamente Thor si unì al loro abbraccio e Tony rimase in silenzio.
«Sarò libero, adesso?» domandò ad un tratto Peter. Loki lo guardò. E guardò infine Tony.
«Lo saremo tutti.»
Fu allora che Tony capì che quello era il modo di Loki per dirgli che lo accettava, che lo accettava in famiglia.
«Clint, Clint!»
Questa volta era stata una voce femminile a parlare. Natasha si trascinava a fatica, seguita da Carol. Immediatamente aveva spalancato le braccia e aveva stretto a sé il suo amante.
«Sei riuscito a sopravvivere.»
«Te l’avevo detto io che sarei tornato.»
Carol guardò Peter e sorrise nella sua direzione, intuendo l’immediata riappacificazione che c’era appena stata, in quella che era a tutti gli effetti una famiglia.
 
Tony e Peter potevano osservare ancora una volta il tramonto, quello che sarebbe stato uno dei tanti. Sopravvissuit ad un disastro che aveva portato via migliaia di vite, quello era per loro un nuovo inizio. La nave si stava dirigendo verso New York e al ragazzo pareva già di vederla. La città che aveva maledetto, avrebbe segnato l’inizio.
Si portò una mano in tasca e si accorse che il Cuore dell’oceano era ancora lì, non era andato perduto.
«Tony, guarda»
«Quello è il Cuore dell’oceano. Pensavo fosse caduto in mare.»
«No, è rimasto con me per tutto questo tempo.»
Tony sorrise.
«Un vero peccato che il tuo ritratto sia andato perduto, era la mia opera migliore. Ma magari un giorno verrà ritrovato.»
Peter rise, stringendosi al suo braccio, la collana ancora stretta in mano.
C’era profumo di sole.


 
The end
 
Nota dell’autrice
Ed eccoci arrivata alla fine di questa storia. Il finale è migliore di quanto ricordassi, nel senso che mentre lo scrivevo non ero convinta, ma nel rileggerlo ho cambiato idea. Comunque avevo in mente fin dall’inizio di far sopravvivere  sia Tony che Peter, anche se in compenso ho sacrificato altri. Spero che questa storia vi sia piaciuta e spero di aver dato un minimo di giustizia al finale di Titanic che ogni volta mi fa soffrire. Alla prossima e grazie a tutti per essere arrivati fin qui!

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3840919