Delitto D'Estate

di MattySan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 11 Giugno 1925 ***
Capitolo 2: *** L'Arrivo Di Cooper ***
Capitolo 3: *** Prime Indagini ***
Capitolo 4: *** Ombra Nella Notte ***
Capitolo 5: *** Omertà ***
Capitolo 6: *** Steele ***
Capitolo 7: *** Verso La Luce ***
Capitolo 8: *** Amara Verità ***
Capitolo 9: *** La Seconda Possibilità ***



Capitolo 1
*** 11 Giugno 1925 ***


La neve fresca che lentamente si scioglie, lasciando spazio a una distesa di verde nel quale è immersa la piccola cittadina di Nome.
Eh si, l’estate non era mai stata così mite in quel remoto punto dell’Alaska, soprattutto dopo la terribile epidemia di qualche mese prima.
 
Nome, Alaska, 11 Giugno 1925
 
Sono passati cinque mesi da quella terribile epidemia di gennaio, da quando l’antitossina era arrivata in città il 2 febbraio, Nome aveva ritrovato la pace e la serenità per un periodo, ma in particolare, un mezzo lupo aveva ritrovato la serenità interiore e la stima di sé stesso.
Balto adesso non rappresentava più una minaccia per la città, lo stesso Steele nonostante si rodesse l’anima a riguardo, ha dovuto ammetterlo ma non accettarlo completamente, infatti non aveva comunque perso il suo carattere arrogante e superbo, mentre gli altri cani della città e gli abitanti acclamavano ancora il cane lupo, che con la sua impresa aveva salvato molte vite.
Ma a Balto la popolarità non era mai interessata, e soprattutto, Balto non aveva padroni, era libero e indipendente, gli piaceva ancora vivere insieme a quel matto di Boris in quel relitto di una barca ai confini di Nome e andare a far visita alla sua Jenna di tanto in tanto.
Il suo spirito solitario non l’aveva del tutto abbandonato, ma la sua premura era rimasta tale e poteva finalmente passare la sua vita insieme all’amata Jenna.
Ma quel periodo di serenità sarebbe stato presto interrotto, Nome era già uscita scioccata dalla feroce epidemia di difterite ma mai avrebbe pensato di assistere ad un orrore simile.
Quella mattina faceva particolarmente caldo, abbastanza insolito per un posto come Nome anche se l’estate era iniziata. Balto se ne stava sdraiato sul relitto, il sole picchiava forte sulla sua testa e il cane lupo ne era abbastanza infastidito.
“Questo è davvero strano” pensò Balto mentre si alzava e scendeva dal relitto.
“Balto! Si può sapere dove hai nascosto quei due orsi!?” gridò Boris con voce isterica mentre saliva furiosamente sul relitto.
“Intendi Muk e Luk? Non ne ho idea, nemmeno li ho visti. Adesso vado da Jenna” disse Balto mentre si avviava verso il centro di Nome.
“Quei due me l’hanno combinata grossa stavolta! Non riusciranno a nascondersi per sempre, ho sopportato abbastanza i loro stupidi scherzi!” gridò Boris inferocito.
Balto fece una risata mentre sentiva in lontananza la voce starnazzante di Boris, si avviò verso il centro e andò a dirigersi verso casa di Jenna.
Arrivò davanti alla finestra e sbirciò all’interno ma di Jenna nemmeno l’ombra, decise perciò di fare un giro intorno alla casa e trovò la piccola Rosy, la quale gli corse in contro per abbracciarlo.
“Ciao bello! Se stai cercando Jenna non è qui! L’ho vista andare verso la spiaggia” disse la bambina indicando la direzione a Balto, il quale dopo averle sorriso, si avviò nella direzione indicata e passò difronte a molti negozi.
Ad un certo punto, un odore particolare lo fece inchiodare e non si mosse di un millimetro.
“C’è qualcosa che appesta l’aria, è nauseante…” si disse Balto mentre cercava di capire da dove provenisse quel fetore, dirigendosi verso la fonte che si trovava in una casetta appena dietro ai negozi della via centrale.
Sembrava tutto apposto ma ogni passo che faceva verso la casetta, il fetore aumentava ancora di più e Balto non aveva più dubbi, quella era la fonte e accanto fu sorpreso di trovate Nikki, Kaltag e Star che cercavano di salire su una catasta di legna per sbirciare dalla finestra e vedere all’interno.
“Ragazzi! Lo sentite anche voi?”.
“Si! Proviene da qui dentro! Qualcosa non va!”.
“Qui ci abita Jonas Form, uno dei falegnami della città! La porta principale però è sbarrata”.
Ma anche salendo sulla legna, attraverso il vetro della finestra non si vedeva niente di strano nella stanza.
“Proviamo dall’altro lato!” esclamò Kaltag improvvisamente e i cani si diressero sul lato opposto della casetta, dove vi era una seconda porta.
“Questa sembra socchiusa…” pensò Balto mentre cercava di aprirla, c’era tuttavia qualcosa che la bloccava dall’altra parte, così i cani decisero di spingere tutti insieme e riuscirono ad aprire la porta, grazie soprattutto a Nikki che era il più grande e forzuto di loro.
A bloccarla vi era uno scaffale che cadde a terra con un grande frastuono, e una volta entrati, lo spettacolo che si propagò difronte ai loro occhi non era sicuramente dei migliori.
Sangue e alcuni pezzi di arti si trovavano sparsi in fondo ad un angolo della stanza.
“Che putridume… ecco cos’era quel fetore insopportabile” osservò Balto, mentre Star e Nikki ebbero un conato e uscirono immediatamente dalla casetta.
“Non aveva mai visto una cosa del genere, che facciamo Balto?” chiese Kaltag.
“Vai a chiamare il signor Miller, noi non possiamo fare altro”  disse Balto mentre cercava di far riprendere Nikki e Star che erano ancora scioccati per lo spettacolo orrendo.
Kaltag fu un lampo, in poco tempo riuscì ad avvisare e radunare intorno alla casetta una folta folla di curiosi, i quali rimasero scioccati da quello spettacolo macabro, mentre il signor Miller l’ufficiale di polizia locale, decise di chiudere quella casa e di far allontanare tutti il prima possibile.
“Non avevo mai visto niente di simile qui a Nome, questo non è un caso come gli altri. Thomas! Vai dal telegrafista, digli di mettersi in contatto con Anchorage e che ci mandino qualcuno specializzato per questi casi” disse l’uomo al suo assistente che si diresse immediatamente al telegrafo.
Balto aveva ascoltato tutto, in quel momento arrivò Jenna e notò che tutta Nome era in subbuglio, la notizia si era sparsa a macchia d’olio e non solo gli abitanti ma adesso anche tutti i cani della città erano a conoscenza di tutto.
“Dov’eri andata stamattina?” chiese Balto.
“Ero sulla spiaggia, mi piace vedere il mare in estate quando non è ricoperto di ghiaccio e si respira inoltre un’aria fresca e pulita, ma cos’è successo? Vedo tutti agitati, la gente non fa che parlare e anche gli altri cani sono in fermento” chiese lei, quasi come se fosse uscita adesso da un’altra dimensione.
“A quanto pare hanno ammazzato crudelmente Jonas Form, uno dei nostri falegnami e credimi non è affatto un bello spettacolo da vedere, ho già avuto due conati di vomito da parte di Nikki e Star, quindi non avvicinarti a quella casa” concluse Balto mentre i due si avviavano verso casa di Jenna.
“Santo Cielo, e adesso cosa succederà?” chiese lei.
“Sembra che ci manderanno qualcuno da Anchorage per risolvere il caso, è abbastanza cruento e qui non si era mai visto niente del genere, ma tu non preoccuparti noi per ora non possiamo fare niente e dobbiamo lasciare che se ne occupino gli umani” disse affettuosamente Balto, dando un bacio alla sua amata per poi entrare in casa con lei.
Questo efferato delitto fu una doccia fredda per Nome, quasi come se l’estate felice che era appena arrivata se ne fosse subito andata, rigettando la cittadina nel gelido inverno.
 

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Capitolo 2
*** L'Arrivo Di Cooper ***


Nome, Alaska, 14 Giugno 1925
 
Un piccolo aereo giunse dal sud dell’Alaska ed atterrò a Nome proprio quella mattina, erano passati tre giorni da quel cruento delitto, tuttavia le voci si erano allargate sempre di più e la piccola cittadina si era riversata in una sorta di paranoia collettiva, col sospetto che ci fosse in giro un serial killer e che fosse proprio camuffato tra gli apparentemente normali e tranquilli cittadini.
Dall’aereo scese un ragazzo visibilmente agitato che si diresse subito verso gli agenti di polizia che lo stavano aspettando, ai quali strinse la mano.
Il signor Miller lo squadrò da capo a piedi, era calvo, indossava un completo e un lungo impermeabile neri, con la camicia bianca e la cravatta blu, ma soprattutto aveva ai piedi delle scarpe sempre nere del tutto inadatte al clima del luogo, aveva uno sguardo penetrante ma allo stesso tempo mostrava una espressione del tutto assente e scocciata.
“Benvenuto a Nome, signor…?”.
“Cooper, ispettore Greg Cooper, molto piacere” rispose il ragazzo che stava ancora stringendo la mano nervosamente.
“Come mai è così agitato?”.
“Era la prima volta che prendevo l’aereo, soffro di vertigini e non sono stato per niente a mio agio durante il viaggio, non mi ero mai spinto così oltre” concluse lui, iniziando a lanciare occhiate dappertutto e guardando la gente che si era riunita a fissare incuriosita il nuovo arrivato.
Cooper e Miller si misero in cammino verso il centro cittadino, Miller avrebbe voluto far fare un veloce giro del posto per mostrarlo a Cooper, ma quest’ultimo visibilmente scocciato di esser lì decise di non perdere tempo e si diressero subito sulla scena del crimine.
Intanto, i cani del posto fissavano Cooper con aria perplessa ma curiosa, Nikki si avvicinò al cane del telegrafista per saperne di più.
“Giù ad Anchorage dicono che Cooper sia uno dei più giovani ispettori del distretto di polizia locale, tuttavia ne parlano bene, ha risolto già alcuni casi anche se non molto complessi ma a me sinceramente non sembra tutto questo granché” commentò sarcasticamente il cane.
“Già, si vede lontano un miglio che detesta questo posto, non vede l’ora di andarsene via evidentemente non è abituato a stare in posti remoti come il nostro” commentò Nikki.
“L’importante è che scopra chi ha ucciso il povero Form, era benvoluto da tutti qui a Nome e mi dispiace immensamente per la fine orrenda che ha fatto” disse Star mentre una lacrima gli rigava il volto.
“Zitti! Voglio sentire!” disse Kaltag mentre si dirigeva verso la finestra della casetta.
Molti cani erano radunati fuori dalla scena del crimine, osservavano tutti Cooper che entrava nella casetta e ispezionava con molta attenzione la stanza, adesso non sembrava più scocciato ma era preso una grande concentrazione.
“Poveraccio, che brutta fine…” commentò mentre analizzava i resti, prestando particolare attenzione ai pezzi di arti che erano sparsi ancora per la stanza.
“Quest’uomo è stato preso ad accettate” disse mentre osservava un arto staccato dal resto del corpo.
“Ma ne è sicuro?” chiese Miller.
“Eccome, i tagli effettuati sul corpo sono netti, non penso che l’assassino abbia usato un coltello o simili per smembrarlo, adesso la domanda è capire dov’è l’arma del delitto e chiunque sia stato ha veramente una mira eccellente” concluse Cooper mentre usciva dalla casetta.
“Ponete sotto sequestro l’abitazione e non fate avvicinare nessuno, mi serve un elenco dei nomi di tutte le persone che erano a contatto o conoscevano strettamente Jonas Form, dopo dovrò interrogarli per saperne di più e mi raccomando fate tracciare il perimetro per la perlustrazione dobbiamo trovare l’arma del delitto, siamo intesi?” disse Cooper mentre frugava in tasca ed estrasse un portasigarette.
“Va bene ma non credo che sarà possibile perlustrare per un ampio raggio, siamo solo pochi agenti alla stazione di polizia e non possiamo lasciarla incustodita”.
“Cosa? Questa si che è una bella rottura!” esclamò Cooper mentre si accendeva la sigaretta con Miller che lo guardava esterrefatto.
Si voltò poi di scatto verso Miller.
“Mi occuperò io delle ricerche, non credo che debba essere così lontano quest’arma ma lei intanto pensi solo a procurarmi questa lista, è tutto” concluse Cooper mentre si avviava verso la via centrale, lasciando Miller indietro senza che potesse aggiungere parola.
Anche i cani dietro di lui che avevano seguito l’intera conversazione erano straniti.
“Ma questo da dove è uscito?” si chiesero tutti all’unisono.
Cooper fece un giro per le vie del centro, la neve era quasi sciolta ma ne rimanevano ancora molti residui e le scarpe che indossava non lo stavano certo proteggendo molto, il fatto è che non si era nemmeno preso la premura di adoperarsi per il clima di Nome, e in poco tempo le scarpe si bagnarono e il freddo gli invase i piedi.
“Ma questi come cazzo vivono?” pensò Cooper mentre fumava la sigaretta e osservava tutto intorno a lui come se si trovasse su un altro pianeta, effettivamente quel posto così remoto non apparteneva ai suoi gusti.
Si fermò e si appoggiò al muro di un negozio.
“Ad Anchorage ma anche in altre città ho visto casi peggiori, questi appena vedono un corpo a pezzi vanno nel panico più totale! Bah!” pensò ancora Cooper mentre finiva la sigaretta e la gettò dentro la neve fresca che doveva ancora sciogliersi.
Si diresse verso l’affittacamere locale.
“Sembra che non ci siano alberghi qui, questi non hanno nemmeno la stazione ferroviaria, ad Anchorage non c'erano aerei disponibili in quel momento, mi è toccato prendere il treno fino a Nenana e da lì arrivare qua con quel piccolo aereo perché questo posto non ha nessun altro collegamento! Ma chi me l’ha fatto fare? Non potevano mandarci qualcun altro?” sbuffò Cooper mentre entrava nell’edificio.
Tutte le camere erano occupate, Cooper si rivolse allora al negozio vicino, il quale gli indicò una casa che si era liberata da poco e dopo aver parlato con il proprietario riguardo il suo soggiorno a Nome, il ragazzo si diresse verso l’abitazione.
Era piccola ma c’era tutto, Cooper decise di accontentarsi e dopo aver sistemato le sue cose, si diresse a fare un altro giro per la città ed eventualmente anche a comprare un nuovo paio di scarpe che stavolta fossero adatte.
C’erano molti cani da slitta in giro, la posta era arrivata anche quella mattina e Cooper osservava con attenzione tutto quello che succedeva intorno a lui, nonostante il cruento delitto tutti sembravano apparentemente sereni e svolgevano come sempre le loro attività.
I cani della città fissarono ancora Cooper mentre si aggirava nei dintorni della periferia, passando davanti a casa di Rosy, dove Balto stava sonnecchiando sdraiato accanto a Jenna che nel frattempo si era profondamente addormentata, quando il cane lupo vide passare il ragazzo dalla finestra e si alzò.
“Voglio vedere questo nuovo umano da più vicino” pensò Balto mentre si dirigeva verso la finestra dalla quale uscì, seguendo Cooper che si era intanto diretto verso la spiaggia.

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Capitolo 3
*** Prime Indagini ***


Balto si diresse con calma verso la spiaggia, Cooper aveva già le case di Nome alle spalle e si fermò sulla riva del mare, fissando l’orizzonte senza dire una parola.
Il cane lupo era poco più dietro, il mare era calmo e le onde basse, intorno vi era ancora qualche ghiaccio che galleggiava nell’acqua, soffiava un vento fresco e il sole era sempre alto nel cielo.
Cooper si frugò in tasca ed estrasse qualcosa dall’impermeabile ma Balto non riuscì a vedere di cosa si trattasse, decise perciò di avvicinarsi ancora, incuriosito da cosa stesse facendo l’umano.
“Elizabeth, mi manchi, chissà cosa starai facendo in questo momento… io sono in una cittadina quasi in capo al mondo, ora è estate ma l’ultima volta che ci siamo visti faceva molto freddo… mi sono abituato ormai, stai tranquilla, ma è successo tutto così in fretta e sono convinto che dopotutto mi vuoi ancora bene, ne sono assolutamente sicuro e scusami tanto ma vivo bene anche da solo…” disse Cooper a bassa voce mentre fissava l’orizzonte.
“Ma sta parlando da solo?” pensò Balto mentre continuava ad avanzare, e quando fu vicino, inavvertitamente pestò un piccolo ramoscello che si spezzò sotto le sue zampe.
Cooper smise di parlare e si rificcò la mano in tasca.
“Chi c’è?” gridò voltandosi con un tono quasi minaccioso.
Balto si bloccò completamente di fronte a lui, era la prima volta che lo vedeva per bene in volto, non era andato a incontrarlo nemmeno quando era sceso dall’aereo qualche ora prima.
Cooper appena vide il cane lupo si rilassò e si abbassò verso di lui.
“Ehi, ciao bello! Tu sei Balto, vero? Ho sentito quello che hanno detto i giornali, sei ben famoso qui, eh? Hai salvato tutti quei bambini” disse Cooper con un tono dolce e tranquillo, allungando la mano verso Balto, il quale dopo un attimo di esitazione si avvicinò pian piano e si lasciò accarezzare.
Aveva un tocco gentile e delicato, Balto se ne accorse subito e si rilassò, lasciandosi scappare un sorriso felice, comprendendo che non aveva cattive intenzioni.
“Che cosa ci faccio qui io? Sono sicuro che te lo stai chiedendo anche tu, ma la verità è che non saprei risponderti, devo comunque ammettere che per essere una cittadina in questo posto remoto, voi vivete abbastanza bene e andate avanti nonostante tutto, e tu? Che fai di bello?” gli disse sfoggiando un grande sorriso ma vennero interrotti da una voce in lontananza, era il signor Miller che correva verso di loro con un foglio in mano.
“Questa è la lista delle persone più vicine a Form come lei mi ha chiesto, se voleva la lista completa allora avrei fatto prima a portarla all’anagrafe di Nome, qui tutti conoscevano Form, siamo una cittadina piccola dopotutto” disse Miller porgendo il documento a Cooper.
“Grazie mille per la sua battuta Miller, ora se mi permette devo andare a sentire un bel po’ di persone, con permesso” disse Cooper iniziando a incamminarsi verso il centro di Nome.
Balto lo seguì a ruota, camminando pari passo con lui.
“Vedo che ha conosciuto Balto” osservò Miller.
“Il piacere è stato tutto mio, ma chi si occupa di lui qui?” chiese Cooper.
“Beh, diciamo un po’ tutti, Balto non ha padroni, vive in un relitto proprio qui vicino e ogni tanto viene in città, solitamente è sempre a casa dei Connors per vedere Jenna, il cane della piccola Rosy” spiegò Miller, improvvisamente Cooper si voltò verso di lui e poi lesse di nuovo il documento.
“I Connors? Sono sulla lista, penso proprio che inizierò da loro” disse mettendo il documento in tasca, salutando Miller e dirigendosi in città, Balto gli passò davanti correndo e gli fece strada verso la casa.
Il cane lupo strappò un sorriso al giovane ispettore.
“Grazie mille, vuoi aiutarmi a risolvere il caso?” gli chiese ridendo e dandogli un'altra carezza, prima che il cane lupo tornasse a davanti a lui facendogli ancora strada verso la meta.
Una volta arrivato davanti alla casa, venne fatto accomodare dai signori Connors e si presero tutti una tazza di caffè caldo.
“Il clima qua è sempre freddo, fortunatamente in estate è meglio” osservò la signora Connors guardando fuori dalla finestra, Rosy se ne stava a giocare con Jenna e Balto nel vicolo accanto.
“Interessante signora, comunque grazie per il caffè ma sono qui per porvi alcune domande se non vi dispiace. Innanzitutto, come se la passava Form ultimamente? E quand’è l’ultima volta che lo avete visto?” chiese Cooper, pronto ad ascoltare ogni minimo dettaglio mentre finiva di sorseggiare il caffè.
“Form era una bravissima persona, anche se ultimamente lo si vedeva poco in giro devo essere sincera, qui in città abbiamo quattro falegnami e lui era uno dei più rinomati, ha prestato servizio presso di noi un sacco di volte, ha persino fatto una bella slitta di legno pregiato alla nostra Rosy!” rispose la signora con un sorriso.
Cooper la fissò intensamente, c’era un particolare nel suo sguardo che aveva catturato l’attenzione dell’ispettore.
“Mi dica, questa slitta quando è stata fatta? Adesso non è stagione adatta, penso che probabilmente l’avrà realizzata qualche mese fa, giusto?”.
“Si, agli inizi di gennaio…” la voce della signora Connors si fece cupa.
Cooper si alzò in piedi, posando la tazza vuota sul tavolo e andando davanti alla finestra, osservando la piccola Rosy che si divertiva fuori.
“Proprio durante lo scoppio dell’epidemia di difterite, io scommetto che sua figlia ne è rimasta purtroppo vittima prima di riuscire fortunatamente a salvarsi grazie all’intervento di Balto, è esatto signora?” chiese Cooper.
La signora Connors non disse più niente, si limitò ad annuire con la testa, la sua espressione si era fatta triste e sconsolata, anche il signor Connors se ne stava a sedere senza proferire parola.
La voce di Cooper si fece seria.
“Signori, ho visto chiaramente che Form non realizzava solo slitte, nella sua casetta vi erano ammatassate in un angolo delle piccole bare, probabilmente avrà pensato di realizzarle in vista della eventuale morte dei bambini a causa della gravità dell’epidemia, è giusto?” chiese l’ispettore.
Il signor Connors si alzò in piedi di scatto.
“Basta così! Non vogliamo ricordare certe cose!” esclamò.
“Io la capisco benissimo ma non ho ancora finito, scommetto quello che volete ma in mezzo a quelle bare vi era sicuramente anche una preparata per Rosy! Non lo potete negare!” disse chiaro e conciso Cooper, facendo cadere un silenzio tombale in tutta la casa.
Cooper rivolse uno sguardo sospettoso verso i due.
“Ma sapete cos’è che non capisco? Questo pover’uomo era così tanto conosciuto e benvoluto da tutti… che nessuno è andato a preoccuparsi di cercarlo durante la sua assenza, mi sbaglio?” chiese, rivolgendo direttamente lo sguardo alla signora.
Lei non disse niente, si limitò al massimo a balbettare qualcosa.
“Il fetore che ho sentito quando sono entrato in quella casetta, prova che era morto da diversi giorni e l’autopsia lo confermerà sicuramente, quindi è possibile che in tutto questo tempo nessuno si fosse accorto della sua scomparsa? Molto strano se consideriamo che questa cittadina è piccola, si conosco tutti bene qui! Non è stata proprio lei a dirmelo prima che Form era conosciutissimo?” chiese, rivolgendosi direttamente alla signora Connors.
Il signor Connors si avviò verso Cooper.
“Penso sia meglio che lei ora vada, tra poco dovremo pranzare”.
“Bene signori, io per il momento ho finito ma ci rivedremo molto presto”.
Cooper uscì dalla casa e si diresse verso la via principale.
Estrasse la lista e cancellò i Connors.
“Bene, questi li ho fatti, mi mancano altre tre famiglie” pensò, mentre si avviava a interrogare le persone rimaste.
Passò il tempo, era ormai pomeriggio inoltrato, il sole si stava già abbassando e Cooper ne approfittò per andare a fare un sopralluogo sulla scena del crimine.
Per prima cosa, decise di ispezionare meglio i dintorni.
Intorno alla casetta vi era un grosso spiazzo dove la neve non si era ancora del tutto sciolta, vi erano altre case e alcuni vicoli, tutti protetti da recinzione, eccetto uno che sbucava su una via secondaria accanto alla strada principale.
Cooper esaminò a fondo quella zona, iniziando a fare le più svariate ipotesi.
“Probabilmente l’assassino è passato di qui, ma ci sono ancora molte cose che non mi tornano, eppure sembra così facile da capire, almeno il movente” pensò mentre controllava il vicolo.
Da lontano, Balto e Kaltag lo guardavano con curiosità.
“Ma che sta facendo secondo te?” chiese Kaltag.
“Forse non riesce a trovare una pista da seguire” ribatté Balto.
L’husky e il cane lupo tenevano sotto stretto controllo l’umano, Cooper aveva fatto un giro intorno a tutta la piazza per la terza volta ma l’arma del delitto non si trovava, l’ispettore controllò anche dentro le casse, dietro i barili e nei punti nascosti dei vicoli ma non vi era niente.
Ritornò dentro per ispezionare la stanza.
“Davanti alla porta c’era un mobile che la bloccava da dentro, ma questa era solo quella secondaria, mentre la principale era chiusa a chiave, le finestre sono integre e pare non ci siano segni di effrazione, probabilmente Form conosceva il suo assassino e lo ha fatto entrare” pensò Cooper mentre stava osservando porte e finestre, decidendo però di continuare il giorno successivo, dato che la visibilità era calata con il sole che stava ormai tramontando.
Uscì e si diresse verso casa.

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Capitolo 4
*** Ombra Nella Notte ***


La sera era scesa su Nome, Cooper si trovava in casa sua a consumare la cena.
“Il pesce da queste parti è ottimo, tuttavia non sono così abituato a mangiarlo ma sempre meglio di niente” pensò mentre finiva il suo piatto, diede un’occhiata fuori dalla finestra e notò il cielo stellato.
Era così bello, solitamente l’aurora boreale risplende in quei luoghi e Nome non aveva mai dimenticato come risplendeva l’aurora evocata da Jenna, la quale fece da guida a Balto illuminando il ghiacciaio di fronte alla cittadina.
Mentre Cooper era immerso in quello spettacolo, sentì bussare alla porta e andò ad aprire, sulla soglia vi era il signor Miller con in mano un fascicolo che consegnò all’ispettore.
“Questi sono i risultati dell’autopsia”.
“Grazie Miller, adesso può andare”.
Cooper si sedette al tavolo e iniziò a esaminare i documenti, da essi era chiaro che la sua intuizione era vera, Form era già morto da diversi giorni e l’arma del delitto era sicuramente qualcosa riconducibile ad un accetta per via della forma dei tagli, ma questa arma ancora non si trovava.
Quello che pareva inizialmente un semplice caso di omicidio, si stava rivelando qualcosa di più articolato, come se fosse già stato premeditato e studiato tutto con calma in precedenza, i dubbi aumentavano a causa anche della strana reazione dei cittadini, in particolare dei Connors che avevano insospettito non poco Cooper.
“Temo che dovrò rimanere qui ancora per un po’ di tempo” pensò Cooper.
Mentre l’ispettore leggeva i documenti, fuori dalla casa vi erano Kaltag e Balto che passeggiavano per i vicoli della cittadina ormai silenziosa, tutti erano nelle proprie case e le strade erano tutte libere e deserte, solo le luci che provenivano dalle strutture illuminavano le vie.
“Bella serata, eh?”.
“Lascia perdere Kaltag, sto ancora pensando a quello che è successo”.
“Penso che dovremo andare al locale caldaie, stasera ci sarà una riunione”.
Kaltag aveva ragione, in poco tempo, al locale caldaie erano arrivati tutti i cani di Nome per richiedere un consiglio generale, non mancava nessuno, ad eccezione di un cane in particolare.
“Dov’è Steele? Non lo vedo da nessuna parte” si chiese Jenna improvvisamente.
“Ma è da giorni che non lo si vede, forse è meglio così, d’altronde non penso che sarebbe stato preso sul serio se fosse venuto qui, è proprio in questa stanza che i suoi inganni vennero alla luce” commentò sarcasticamente Star.
“Si ma non è stato del tutto bandito dal consiglio dei cani della città…” ma prima che altri potessero parlare, il cane più anziano fece zittire tutti per dare inizio alla riunione straordinaria.
L’omicidio aveva scosso non solo gli umani ma anche i cani della città, sapevano che non potevano fare molto ma era meglio comunque risolvere al più presto la faccenda, a causa di un dubbio atroce che si era insinuato nelle loro menti e che Nome non sarebbe rimasta tranquilla a lungo, specialmente se in giro vi poteva essere un assassino a piede libero.
“Non voglio perdere la mia amata padrona!” gridò una voce dal gruppo di cani.
“Ha ragione! Nemmeno io!” disse un’altra voce.
“Se è vero quello che pensiamo, dobbiamo assolutamente scovare questo assassino prima che possa mietere altre vittime, magari i nostri padroni!” gridarono altre voci.
“Siamo d’accordo!” continuarono a gridare i cani, creando un forte brusio di sottofondo che stava aumentando sempre di più, costringendo i membri più anziani a chiedere più volte di fare silenzio per riprendere il controllo della situazione.
Ad osservare tutta la scena, vi era Steele, nascosto in un angolo della stanza dove un pezzo di legno della struttura aveva ceduto e si era creato un piccolo passaggio dal quale lui entrava e usciva furtivamente.
“Questi sono tutti nel panico più totale, che ammassa di imbecilli!” se la rise l’husky mentre osservava la scena, a lui non era mai importato niente di loro e nemmeno di Nome, pensava solo al suo orgoglio e alla sua supremazia sugli altri.
Steele era convinto che la cosa si sarebbe presto risolta, non serviva tutta quella paura ritenuta da lui inutile, decise di ascoltare ancora un po’ i loro discorsi e poi si diresse a casa, dove ad accoglierlo vi era il suo amorevole padrone, totalmente ignaro del vero carattere del cane, il quale si comportava docilmente con lui e dava il peggio di sé quando era fuori casa.
Tutti i cani di Nome sapevano di questo e concordavano che uno come Steele non si meritava un padrone tanto affettuoso, ma probabilmente l’husky per primo se ne fregava dell’uomo, inscenando un finto affetto per lui solo perché aveva bisogno di un tetto sotto il quale vivere.
Il tempo scorse velocemente, era calata la notte fonda su Nome, tutte le luci degli edifici erano state spente e tutti i cani erano tornati alle loro case ad eccezione di Balto, il quale si diresse ancora una volta sul luogo del crimine davanti alla casetta del defunto Form.
Il cane lupo sentiva che c’era qualcosa che non andava nell’aria, ma non sapeva con esattezza che cosa, il cielo era stellato ma tutto intorno a lui era silenzioso, nessuna luce in giro per le strade, Nome pareva essere diventata una città fantasma e c’era una strana aria tetra che parve avvolgere il cane lupo come un’onda fantasma.
Quel silenzio era troppo strano e a dir poco inquietante, Balto iniziò a guardarsi intorno ed essere assalito da strani pensieri e sensazioni, c’era una presenza nell’aria che lui avvertiva benissimo, cercò di concentrarsi al massimo e di isolare tutti gli odori intorno a lui, provando a stabilizzarsi solo su un odore in particolare e identificare a chi appartenesse.
I suoi occhi si muovevano continuamente intorno a lui e iniziò a fare un giro della casetta, ispezionando i dintorni e tentando di scovare la “presenza”.
“Lo sento… è qui vicino…”.
Balto guardò con attenzione i vicoli intorno all’edificio, ma non c’era nessuno e nemmeno in tutta la piazzetta adiacente non vi era anima viva, decise però di avvicinarsi all’entrata della casetta e sbirciare dalla finestra, visto che la porta era stata sbarrata nuovamente per isolare la scena del crimine.
Dei rumori sinistri che sembravano scricchiolii di legno provenivano dall’edificio.
Balto drizzò le orecchie.
Il cuore iniziò a battergli all’impazzata, adesso percepiva benissimo quell’odore sospetto di quella “presenza”, si avvicinò con calma alla finestra e allungò la testa per vedere all’interno.
Quasi gli venne un colpo, quando nel buio scorse una figura alta di spalle che si aggirava nella stanza, sembrava avesse qualcosa in mano ma non riuscì a capire cosa e si immobilizzò completamente per lo spavento, continuava a fissarla senza staccarle gli occhi di dosso.
Non sapeva cosa fare, non si mosse di un millimetro era paralizzato ma mentre stava pensando sul da farsi, la figura si bloccò anch’essa e si girò improvvisamente di scatto verso il cane lupo.
Dei grandi occhi bianchi lo fissavano, Balto fece un salto indietro staccandosi di colpo dalla finestra e correndo verso la casa di Cooper, la quale si trovava vicina a soli pochi metri di distanza.
Cooper si svegliò di soprassalto a causa di rumori di colpi e un incessante abbaiare.
“Ma che diamine?” esclamò l’ispettore alzandosi di corsa dal letto e indossando la sua vestaglia, dirigendosi ad aprire la porta e trovando Balto che continuava a scagliarsi contro di essa per attirare la sua attenzione.
“Balto! Ma cosa cazz…” ma non fece in tempo a dire altro che il cane lupo lo afferrò mordendogli la vestaglia per cercare di trascinarlo verso la casetta, e in quel preciso istante si udì un tonfo in lontananza provenire da quest’ultima.
Cooper intuì subito la situazione e una volta tornato velocemente in casa per afferrare una lanterna, si mise a correre insieme a Balto verso la casetta, passando davanti al posto di polizia dove Miller e altri agenti erano usciti per capire cosa stesse succedendo, altri abitanti iniziarono a uscire in strada attirati dal continuo abbaiare del cane lupo.
“Cooper! Ma cosa…”.
“Miller! Vada a chiamare i suoi agenti e mi segua, presto!”.
Cooper era ormai vicino alla casetta, Balto gli stava davanti per fargli strada e non appena i due voltarono l’angolo, Cooper vide chiaramente per pochi secondi una figura di spalle in lontananza che correva via, andando a rifugiarsi nei vicoli.
“Eccolo! Vai Balto, vai!” gridò Cooper.
Balto non perse tempo, si lanciò subito all’inseguimento del sospetto con dietro Cooper che non lo perdeva di vista.
Alle sue spalle apparse Miller con i suoi uomini.
“Cooper! Tenga!” gridò, lanciando la sua Colt all’ispettore che la prese al volo con un gesto di ringraziamento, proseguendo la sua corsa insieme a Balto.
“FERMO!” gridò Cooper puntando il revolver verso il sospetto che si imbucò in un altro vicolo adiacente, ma quando Balto e Cooper svoltarono l’angolo, rimasero a bocca aperta entrambi.
Il sospettato era sparito, non c’era più, come se si fosse dissolto nel nulla.
L’ispettore e il cane lupo rimasero fermi e confusi, venendo in breve raggiunti da Miller con i suoi uomini e anche alcuni degli abitanti che si erano svegliati per tutto il trambusto.
“Che succede Cooper? Dov’è il sospettato?” chiese frettolosamente Miller alle sue spalle.
“Non lo so! Ma è assurdo! Era qui un attimo fa, ha svoltato l’angolo ed è sparito!” riuscì solo a dire Cooper in stato confusionale e perplesso, anche Balto era allibito e non avvertiva più nemmeno l’odore del fuggitivo.
Il vicolo portava alla via principale, non era possibile che il sospettato lo avesse percorso tutto in pochi secondi per poi dileguarsi, Cooper non ci voleva credere e fece una corsa sino alla fine del vicolo ma non trovò niente, se non la gente che si stava pian piano radunando in strada e le luci delle case che si stavano accendendo una ad una.
Anche i cani si era svegliati ed erano scesi in strada, Jenna raggiunse subito Balto chiedendo spiegazioni ma anche lui non sapeva cosa dire.
Cooper tornò indietro e decise di recarsi alla casetta, dove trovò la finestra sfondata ed entrambe le porte chiuse, ne aprì una ed entrando vide un gran trambusto sul pavimento, venendo raggiunto da Miller e dagli altri.
“Che cosa hai trovato?”.
“Qualunque cosa stesse cercando quel tizio penso che non ci sia riuscito, qui c’è molto disordine e stava sicuramente cercando qualcosa con molta furia, non è riuscito però a guardare dappertutto perché lo abbiamo messo in fuga, qui ci sono alcuni cassetti e mobili che non sono stati toccati” disse Cooper, indicando alcuni mobili aperti e altri chiusi.
Molta gente si era ammassata fuori, Miller riuscì a mandare tutti a casa e anche Cooper decise di tornarci, facendo mettere sotto controllo la casetta per evitare altre intrusioni da parte del sospettato, però mentre stava tornando dentro per prendere la lanterna che aveva posato sul tavolo, vide qualcosa luccicare per terra sotto la gamba del tavolo.
Si trattava di una piccola chiave dorata, la raccolse e la mise in tasca.
“Chissà di quale porta si tratta, ma poi perché quel tizio è entrato e poi ha sfondato la finestra se già poteva scappare dalla porta principale?” si chiese Cooper mentre Balto gli girava intorno incuriosito, Cooper se ne accorse e si chinò a terra per accarezzarlo.
Gli sorrise, ringraziandolo del suo aiuto e poi si alzò, uscendo dalla casetta e tornando a casa, seguito da Balto.
“Se solo tu potessi parlare… mi diresti cosa hai visto lì dentro, buonanotte Balto” commentò sarcasticamente Cooper rivolto a Balto, prima di entrare in casa e di chiudersi la porta alle spalle.
“Ci puoi giurare Cooper, ci puoi giurare…” pensò ironicamente Balto, mentre si avviava anche lui a casa, il sole stava quasi per sorgere, ponendo termine a quella breve e intensa notte.

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Capitolo 5
*** Omertà ***


“Qui non abbiamo niente, niente a ancora niente!” gridò Miller sbattendo i pugni sul tavolo, rivolgendo la sua attenzione verso Cooper che se ne stava comodamente seduto a leggere per l’ennesima volta i documenti sul caso.
L’ufficio della polizia locale non era mai stato così gelido, anche se era estate inoltrata e vi era un’atmosfera tesa all’interno dell’edificio, erano passati due giorni e non vi era nessuna novità, ma i cittadini di Nome non avevano dimenticato niente, il delitto era ancora vivo nei loro occhi.
“Quest’arma del delitto non si trova, ieri ho perlustrato per mezza giornata ogni angolo intorno a quella casetta, sono andato anche nella periferia della città ma non ho trovato assolutamente niente” commentò Cooper, afferrando il suo portasigarette ma Miller gli fece un gesto con la mano di riabbassarlo.
“Che fa? Non può fumare qui, Cooper! Non lo vede che è tutto fatto di legno?” lo rimproverò, Cooper sbuffò e si alzò dalla sedia.
Fissò fuori dalla finestra la gente che passava per strada, quella monotonia di Nome che regnava sovrana, lo stava decisamente annoiando e innervosendo.
“Comincio a pensare che l’arma sia ancora qui in città, sicuramente non è uscita da Nome e l’assassino ha pensato bene di nasconderla da qualche parte, ora però è su altro che dobbiamo concentrarci”.
“E mi dica Cooper, su che cosa?”.
Cooper mise sulla scrivania davanti agli occhi di Miller un foglio, sopra al quale vi erano scritte tutte le testimonianze raccolte.
“Ho interrogato tutte le famiglie più vicine a Form che lei mi aveva fornito, la cosa che più mi ha stranito è che hanno reagito tutte allo stesso modo, specialmente i Connors, tutti a idolatrare Form ma poi a presentare un atteggiamento ostile non appena si parlava dell’epidemia di cinque mesi fa”.
Miller lanciò un’occhiataccia a Cooper.
“E con questo cosa vuole dire?”.
“Che ho tratto le mie conclusioni! E mi sono anche accorto dello sguardo che mi ha appena rivolto, lo sa vero Miller? E la sa anche un’altra cosa? MI AVETE ROTTO I COGLIONI! TUTTI!” gridò improvvisamente Cooper, tirando un calcio alla sedia.
Miller si diresse verso Cooper, fulminandolo con lo sguardo e sbattendo ancora i pugni sul tavolo ma Cooper rispose subito fissando Miller con uno sguardo altrettanto infuocato.
“Lei non si deve permettere!” gridò Miller.
“Ma la finisca con questa sceneggiata! Lo sa quali sono le mie conclusioni? Che in questa città vige un’omertà assoluta su tutta la faccenda, ce l’avevano tutti con Form! E anche lei a quanto pare non è da meno, questo caso è strettamente collegato all’epidemia, se prima era solo un sospetto, ora ne sono sicuro più che mai!” gridò Cooper, lanciando i documenti per tutta la stanza.
Miller lo fissò impietrito ma ancora furioso.
“Ma dica un po’, secondo lei siamo tutti colpevoli? E poi mi sembra di vedere un ragazzino sbraitare solo a guardarla, quanti anni ha? A me lei sembra troppo giovane per fare questo lavoro! Già dalla pelata mi sembrava più anziano! E ora fuori di qui! Torni a fare le sue ricerche e non si azzardi più a dettare legge nel mio uffi…” ma non ebbe il tempo di finire, Cooper afferrò la giacca voltandosi di scatto e si diresse verso la porta.
Rivolse un altro sguardo a Miller, sembrava che la situazione si fosse appiattita ma la tensione era ancora alle stelle, Miller rimase impietrito ad osservare Cooper senza dire un’altra parola.
“Esco con piacere, ma si ricordi bene Miller, non penso che siano tutti colpevoli ma tutti sanno sicuramente qualcosa che non vogliono dire, e io mi sono rotto di essere preso in giro da questa cittadina! Jonas Form fabbricava anche bare per i bambini vittime dell’epidemia oltre che attrezzature in legno, la sapeva questa? Ma sicuramente lei la sa come la sanno tutti, e stia tranquillo che sono più vicino alla soluzione di quanto lei pensa! E comunque ho 33 anni e sono in servizio da quando ne avevo 19 e facevo il semplice poliziotto, e io i capelli ce li ho benissimo, mi piace solo tenerli rasati, BUONGIONO!” gridò infuriato Cooper, sbattendo la porta e uscendo dall’ufficio.
Si accese una sigaretta e si diresse verso la casetta, era talmente nervoso che gli cadde la sigaretta in una piccola pozza d’acqua, si infilò furiosamente la mano in tasca alla ricerca del portasigarette e si accorse di avere ancora quella strana chiave dorata.
La tirò fuori e la osservò bene, si era dimenticato di averla persino in tasca, ma ora decise che era il momento giusto per provarla e si diresse alla porta principale della casetta, mentre la secondaria era ancora sbarrata.
“O agisco adesso o posso scordarmi il caso” pensò Cooper, aprì la porta che si richiuse da sola alle sue spalle, iniziò a ispezionare ancora la stanza alla ricerca di una serratura nella quale sarebbe potuta essere inserita la chiave, aveva già capito che non era una chiave come le altre.
Nei cassetti non entrava, nemmeno negli armadi o in altre serrature presenti in tutto l’edificio, Cooper iniziò a stancarsi ma ad un certo punto quando stava per uscire, si accorse che la porta principale era bloccata, si era richiusa prima alle sue spalle e ora era come incastrata e la maniglia non funzionava, era sicuramente rotta.
 “Quindi è tutto chiaro, il sospetto quella notte è entrato dalla porta principale ma quando Balto lo ha scoperto, la porta si è richiusa alle sue spalle e preso dal panico ha infranto la finestra per scappare, ecco spiegato anche perché quando è stato ritrovato il corpo di Form erano entrati tutti dalla porta secondaria, evidentemente Form non aveva fatto riparare la maniglia” pensò Cooper, ma ancora si interrogava sull’uso della chiave dorata, tuttavia ebbe un dubbio improvviso e decise di cambiare programma, avviandosi verso il centro cittadino per richiedere alcune informazioni.
Balto, Kaltag, Star, Nikki e Jenna erano riuntiti sul relitto –casa del cane lupo per discutere di quanto era appena successo la notte scorsa.
“Appena girato l’angolo è sparito, non so cos’altro dire” disse Balto.
“Sicuramente avrà preso un passaggio segreto o qualcos’altro” ribatté Star, prendendosi un cazzotto in testa da Kaltag come al solito.
“Passaggi segreti? Ma che diamine dici? In un vicolo?” replicò l’husky giallo.
“Comunque potrebbe essere, Nome è piena di segreti sconosciuti anche ai cani più anziani della città, non possiamo escludere nessuna ipotesi a questo punto” esclamò Jenna.
Balto e Nikki annuirono.
“Jenna ha ragione, forse è meglio concentrarsi di più sulle indagini di quell’umano e cercare di dargli una mano” disse Nikki.
“Giusto, mi avvantaggio un attimo, voi raggiungetemi quando volete” disse Balto mentre si dirigeva verso la città.
Cooper intanto fece il suo ingresso in un negozio.
L’uomo con gli occhiali dietro al bancone si diresse subito ad accoglierlo.
“Buongiorno! Piacere, sono James Hackett! Lei è l’ispettore Greg Cooper, quello nuovo…” ma Cooper lo interruppe.
“…quello nuovo venuto da Anchorage, si sono proprio io e non vedo di ritornarci giù ad Anchorage, ho letto dall’insegna che qui lei si occupa principalmente di edilizia e ferramenta, volevo chiederle alcune cose su Jonas Form, scommetto che lei lo conosceva bene”.
“Si, è sempre venuto da me per i lavori riguardanti la sua casetta, cosa voleva sapere?”.
“Avrebbe una mappa dell’edificio?”.
Hackett parve distrarsi improvvisamente, si riprese subito e afferrò un grande foglio sul quale vi era disegnata l’intera struttura della casa di Form, anche se però il disegno non era l’ultimo più recente, infatti la data citava il 1924 mentre l’ultimo risaliva agli inizi di gennaio 1925 ma la carta non era presente in negozio.
“L’ho data al mio collega Joseph Mackenzie, abita giusto in fondo alla strada”.
“Bene, andrò a fargli visita” disse Cooper, ringraziando e uscendo dal negozio.
Mentre camminava, Balto incrociò la sua strada e i due si diressero a fare quattro passi per il centro cittadino, Cooper si accese un’altra sigaretta e osservò la gente che via via passava per la strada con uno sguardo perso, senza accorgersi che lui e Balto erano già arrivati davanti alla casa di Mackenzie.
Cooper fece qualche passo avanti verso l’entrata, da fuori pareva non esserci nessuno e dalle finestre non si vedeva niente all’interno, Balto fece qualche passo ma poi si fermò e rivolse il suo sguardo verso il paesaggio fuori da Nome.
Cooper si fermò anche lui per osservare il cane lupo.
“Cosa c’è Balto?” gli chiese, ma Balto pareva come immobilizzato.
Anche se era estate, un vento fresco proveniente dal nulla lo investì ma in modo gentile e leggero quasi come volesse accarezzarlo, i suoi occhi erano rivolti verso una collina che era rimasta inspiegabilmente ancora bianca ricoperta di neve fresca in mezzo ad una valle tutta verde, su questa collina vi era una figura tutta bianca a lui ben riconoscibile.
La fissò con intensità, il suo cuore iniziò a battere all’impazzata.
“Mamma…” disse lui sottovoce.
Cooper non poté ovviamente capire la lingua del cane lupo, l’unica cosa che udì fu un guaito mentre Balto non staccava gli occhi dalla lupa bianca che lo stava fissando e ora anche lo stesso Cooper sembrava paralizzato, la lupa non si mosse per qualche secondo e poi improvvisamente com’era comparsa, sparì avvolta da un vento fresco e bianco che arrivò dalla vallata.
Balto si risvegliò subito da quella specie di ipnosi, i suoi occhi erano bagnati da lacrime di gioia mista a nostalgia, sentì una mano di Cooper accarezzargli dolcemente la testa.
“Andiamo bello, non sono sicuro nemmeno io di cosa ho visto” disse Cooper con un sorriso mentre bussava alla porta.
Non aprì nessuno.
Cooper gridò il nome di Mackenzie ma ancora niente, la porta era però aperta ma non appena l’ispettore la spalancò, Balto iniziò a irrigidirsi e a ringhiare contro l’oscurità che avvolgeva la casa nonostante fuori fosse giorno.
Cooper estrasse la Colt di Miller che aveva ancora con sé ed entrò lentamente all’interno dell’abitazione, non c’era nessuno ma riuscì solo a scorgere una porta in lontananza e vi si avvicinò con molta cautela, sentendo degli scricchiolii che non riusciva a capire da dove provenissero.
Non appena fu davanti alla porta, la spalancò con un calcio e tenendo il revolver puntato davanti a sé ma non c’era niente, solo un piccolo bagno, tuttavia, Balto trovò le scale che entrando non aveva inizialmente notato, salì al piano superiore dove c’era un’altra porta e non appena vi fu davanti, iniziò a grattarci sopra.
“Calmo, calmo…” disse Cooper sottovoce mentre saliva le scale, si avvicinò alla porta e la aprì con molta cautela, scorgendo un letto in fondo alla stanza.
Si avvicinò lentamente.
“Signor Mackenzie?”.
Nessuna risposta, vi era qualcuno sotto le coperte rivolto dall’altra parte.
Cooper accese una lampada che era sul comodino, afferrò le coperte del letto per tirarle verso di sé, facendo un salto indietro per lo spavento insieme a Balto.
Una testa mozzata cadde sul pavimento, il resto del corpo era dentro il letto con le bianche lenzuola inzuppate di sangue che gocciolava a terra, illuminato dalla lampada accesa sul comodino.
“Merda! Siamo arrivati tardi” esclamò Cooper.

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Capitolo 6
*** Steele ***


Nome, Alaska, 17 Giugno 1925
 
Il corpo di Mackenzie venne portato via dalla polizia e trasferito all’obitorio per eseguire l’autopsia, Cooper non aveva nessun dubbio a riguardo di come fosse stato ucciso e non trovò ovviamente la mappa che stava cercando come si aspettava, non aveva nemmeno voglia di rispondere a tutte le domande della stampa locale e della gente che si era ammassata tutta fuori dall’abitazione.
Tra la folla, Cooper scorse i Connors e si avvicinò a loro con uno sguardo decisamente molto serio, non avrebbe ancora atteso oltre per avere risposte da loro.
“Come vi avevo detto in precedenza eccoci qua, ci siamo rivisti e adesso è giunto il momento che voi parliate, so bene che nascondete qualcosa, soprattutto lei signora”.
“Si allontani da mia moglie!”.
Il signor Connors stava per avventarsi su Cooper, furono la moglie e la piccola Rosy a fermarlo.
“Lei adesso mi ha davvero stancato, lo sa? Ma non capisce che sto cercando solo di aiutarvi e di risolvere il caso? Va bene, ora non ne posso più di voi, faccio volentieri a meno del vostro aiuto e troverò la soluzione da solo ma vi avverto, quando accadrà la mia reazione non sarà molto piacevole come adesso, ve lo garantisco” sentenziò Cooper, per poi allontanarsi e scorgendo tra la folla anche Hackett che piangeva da una parte.
Gli diede una pacca sulla spalla.
“Io e Joseph eravamo grandi amici, conosciuti da tutti come i fratelli J.J. come ci avevano affettuosamente soprannominato, anche Form collaborava spesso con noi, cosa sta succedendo Cooper? La prego, prenda quel bastardo al più presto!”.
Cooper annuì, si diresse verso l’ufficio postale dove erano appena arrivati i cani da slitta con la posta nuova, c’era anche una lettera per lui proprio da parte di Elizabeth e si diresse sulla spiaggia, sedendosi sopra un masso per leggerla.
Più leggeva, più ricordi affioravano nella sua mente, la lettera diceva chiaramente che lei stava bene e che era in procinto di sposarsi con un altro uomo col quale si era fidanzata da tempo ormai.
Cooper finì di leggere e accartocciò la lettera, guardò l’orizzonte con sguardo perso.
“Va bene così, è giusto che sia andata in questo modo, scommetto che se tu fossi qui però sapresti bene come risolvere questo casino” si disse, lasciandosi sfuggire una piccola risata ironica e rimanendo lì fermo ad osservare il mare.
Sentì dei passi alle spalle, era il signor Connors che gli pose la mano.
“La prego di perdonarmi per come ho reagito, non ce l’abbiamo con lei ma per noi ricordare certe cose è come un inferno, mia moglie è sempre fragile ogni volta che parliamo dell’argomento, comunque voglio dirle tutto, anche perché non è affatto un segreto come lei pensa”.
Cooper lo guardò, annuì e si alzò in piedi per fare una passeggiata insieme a lui.
Nella caldaia della città, tutti i cani si erano nuovamente riuniti e Balto aveva spiegato a loro tutta la situazione, prendendo infine l’unanime decisione che tutti avrebbero contribuito a catturare questo pericoloso assassino.
“Ho visto mia madre, Jenna ti giuro che l’ho vista ed è stata lei a salvarci, sento che se fossimo entrati in quella casa un attimo prima, l’assassino ci avrebbe fatto a pezzi sono sicuro che era ancora dentro quella casa, ed è stato proprio quel breve lasso di tempo che siamo rimasti fuori a risparmiarci, non so se Cooper l’ha vista ma le sue parole erano molto enigmatiche” disse Balto con gli occhi pieni di emozione, Jenna lo abbracciò e i due andarono verso casa.
Mentre la sera calava su Nome, un husky si aggirava nei pressi dell’ufficio postale.
“Vieni Steele, andiamo a casa!” disse il suo padrone uscendo dalla struttura.
Il cane si diresse a casa insieme all’uomo, il quale dopo aver cenato, iniziò a sfogliare dei fascicoli che riguardavano la posta che aggiuntiva che una muta di cani sarebbe dovuta andare a prendere il giorno successivo, e doveva essere proprio lui a capitanarla.
Per agevolare la spedizione, anche Balto avrebbe partecipato, conosceva quei sentieri ancora meglio degli altri e il suo istinto di lupo avrebbe velocizzato il tutto, escludendo Steele per permettergli di riposarsi in quanto aveva già partecipato alla spedizione precedente.
Il cane non appena udì quelle parole, venne colto da una rabbia immensa ma pensò anche che era il momento adatto per sbarazzarsi definitivamente del cane lupo, non gli era bastato essere disprezzato da tutti i cani di Nome dopo quelle che successe durante la corsa del siero, aveva ancora intenzione di eliminare Balto una volta per tutte.
Cooper aveva scritto una relazione completa su quello che finora aveva scoperto quel caso intricato, l’avrebbe inviata ai suoi superiori ad Anchorage il giorno successivo, era scesa la notte ormai ed era molto tardi.
Si alzò dalla sedia e fissò il cielo stellato dalla finestra, sentendo grattare alla porta e andò ad aprirla, sfoggiando un grande sorriso.
“Balto! Vieni, entra pure puoi restare qui se vuoi”.
Il cane lupo era appena tornato da casa di Jenna e non se la sentiva di andare a dormire nel suo solito relitto che usava come casa, si mise accanto al letto di Cooper che si era già coricato e in breve, tutte le luci della casa furono spente.
Durante la notte, Balto si alzò dal tappeto per andare sul letto di Cooper ma nel farlo urtò la giacca dell’ispettore che cadde a terra, facendo scivolare fuori dalla tasca una foto di una ragazza che risplendeva alla luce della luna.
“Deve essere quell’umana di cui parlava l’altro giorno sulla spiaggia, deve volerle molto bene anche se il loro amore ormai è sfumato per sempre” pensò Balto, osservando Cooper mentre dormiva beatamente.
Si distese ai piedi del letto e si addormentò.
La mattina dopo, Cooper si svegliò di soprassalto, aveva dormito troppo ed era già mattinata inoltrata, si guardò attorno, Balto non c’era ma vide la sua relazione pronta che stava ancora appoggiata sul tavolo.
“La posta!!” esclamò Cooper, scendendo dal letto e vestendosi in fretta e furia, spalancò la porta di casa ma si accorse di non aver preso la relazione, tornò indietro ma inciampò sulla soglia della porta cadendo a terra con il culo per aria, scatenando le risate dei bambini che da fuori avevano osservato la scena.
“ZITTI!” gridò esasperato l’ispettore, afferrando la relazione e dirigendosi a corsa verso l’ufficio postale, non fece però in tempo, la slitta con Balto e gli altri era già partita.
Steele quella stessa mattina prima che Balto uscisse dalla casa di Cooper, aveva già sabotato la corda che lo avrebbe tenuto unito alla slitta e agli altri cani durante la corsa, allentandola in modo che si sarebbe spezzata prima o poi, Balto sarebbe così potuto essere travolto dagli altri cani o finire fuori strada, cadendo sicuramente dalla montagna.
Cooper si rivolse all’addetto.
“Non ci sono altre slitte che portano la posta?”.
“Per questa settimana abbiamo finito, dovrà aspettare la prossima!”.
“MA COME! Io devo spedire questa relazione adesso!”.
L’addetto non poté far molto, ma Cooper non aveva intenzione di arrendersi.
“Potrebbe provare a raggiungere la muta per consegnare la sua relazione e poi tornare indietro, cosa ne dice? Sono partiti da pochi minuti, non saranno lontani e se vuole ho una slitta pronta nell’altra stanza, può trasportarla anche solo un cane, provi con quel grande e forte husky di proprietà del signor Newton, il capitano della muta che è partito adesso, abita laggiù in fondo. Lo porti qui e le preparo la slitta” rispose l’addetto.
Cooper non se lo fece ripetere due volte, corse subito alla casa di Newton dove trovò Steele che stava dormendo sul tappetto, lo svegliò immediatamente.
“Mi spiace bello, ora devi aiutarmi!”.
Steele ringhiò furioso, ma poi pensò che sarebbe stato divertente assistere all’incidente che avrebbe avuto Balto, così anche se riluttante alla sola idea di dover aiutare Cooper, decise di seguirlo e si fece preparare per guidare la slitta.
Cooper era la prima volta che manovrava una slitta ma Steele era forte e veloce, guidò lui praticamente al posto dell’ispettore e si diressero verso un sentiero che saliva su per la montagna, dove Steele sentì l’odore di Balto sempre più vicino e aumentò il passo.
Ma le cose avrebbero preso una piega inaspettata.
Dopo qualche metro, eccoli lì, Cooper si sentì sollevato e iniziò a chiamare Newton per farlo fermare e consegnargli la relazione da mettere nel pacco postale, ma in quel momento si udì un rumore di rottura e non era la corda di Balto.
Sotto gli occhi esterrefatti di Cooper, la slitta di Newton si spaccò improvvisamente da un lato e cedette all’istante, staccandosi dai cani che si fermarono subito, mentre Newton venne sbalzato insieme ai pezzi della slitta fuori dal sentiero, finendo in fondo a una scarpata giù per la montagna.
Steele si bloccò, i suoi occhi erano colmi di terrore come quelli degli altri cani.
Avrebbe voluto urlare.
Iniziò ad abbaiare disperato e senza controllo.
Si liberò dalla corda che lo teneva legato alla slitta e corse verso il bordo del sentiero.
“NO! STEELE!” gridò Cooper afferrando l’husky per il collare un attimo prima che potesse precipitare anche lui nel vuoto, voleva raggiungere il suo padrone.
Gli altri cani arrivarono subito per cercare di calmarlo, Cooper osservò il corpo di Newton in fondo alla scarpata, aveva fatto un volo enorme.
“Oh no…” sibilò l’ispettore.
 
Qualche ora dopo…
 
Tutti erano davanti alla casa del dottor Welch, il medico locale, il quale aveva tenuto sotto controllo il corpo di Newton per tutto il tempo ed erano in tanti ad attendere un risultato, i cani di tutta la città erano riuniti fuori dalla finestra, Steele era accanto a Cooper davanti all’ingresso, c’era una grande folla intorno.
La porta si spalancò, Welch uscì a chiamò Cooper, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Cooper si voltò verso la folla e i cani, aveva gli occhi tutti puntati su di lui, poi si abbassò e prese una zampa di Steele che lo guardava con uno sguardo perso e ansioso.
“Mi dispiace Steele, non c’è stato niente da fare”.
In quel momento il mondo parve crollare addosso a Steele.
Non sapeva nemmeno cosa gli prendeva, era sparito tutto, e lui sembrava essere sparito con tutto il resto, stava provando sensazioni che non si sarebbe mai aspettato dal suo carattere spregevole e spietato, forse teneva veramente al suo padrone e non se n’era mai reso conto per tutto questo tempo?
Si sentì esplodere, si voltò immediatamente e scorse lo sguardo di Jenna.
Colei che non era mai riuscito a conquistare.
Accanto a lei, Balto era sano e salvo, la sua corda non si era spezzata.
Gli occhi si riempirono di lacrime miste a rabbia, nessuno aveva mai visto Steele piangere e gli altri cani non credevano che sarebbe stato capace di provare alcun sentimento profondo, Steele ringhiò verso Balto.
“TU! BASTARDO MEZZO SANGUE!” ringhiò, ma poi si ricordò che era stato proprio lui a sabotare la corda del cane lupo, forse con questo aveva anche in qualche modo sabotato la stessa slitta e forse era stato lui stesso ad uccidere il suo ormai ex padrone, non lo sapeva ma fu come una coltellata al cuore per lui.
E tutto questo perché aveva voluto sbarazzarsi di Balto.
Guardò ancora Jenna, stava per esplodere, era come se fosse accerchiato e tutti gli fossero contro ancora una volta dopo la storia dell’epidemia, ma gli occhi di Jenna erano una condanna e non poteva più sopportarli.
Ora era veramente solo.
Gli era rimasto solo il suo padrone, l’unico che gli voleva veramente bene e adesso non c’era più nemmeno lui.
Steele corse via in mezzo alla folla che gli fece spazio, tutti i cani lo guardarono senza dire una parola, Jenna si appoggiò a Balto, anche lui era sconvolto.
“Meglio che resti un po’ da solo, si deve sfogare” disse Cooper mentre osservava l’husky correre via, una profonda malinconia si era impossessata del suo sguardo e non poté far a meno di rivolgere il suo sguardo al cielo, dove nel frattempo le nuvole nere avevano coperto il sole.

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Capitolo 7
*** Verso La Luce ***


Un giorno era passato, le nuvole nere persistevano e Nome era gettata in una morsa di buio e di paura, sembrava che la notte avesse preso possesso del giorno e pioggia come lacrime scendeva dal cielo, andando a infrangersi sui tetti delle abitazioni ma anche bagnando un husky che se ne stava fermo in un vicolo, immobile e silenzioso a lasciare che la pioggia lo colpisse, come se volesse lasciarsi inondare e spazzare via.
Cooper osservò la scena dalla finestra della sua camera.
“Ancora? Ma è da stamattina che è fermo laggiù, si prenderà un accidente!”.
Cooper uscì di casa con un ombrello e si diresse verso l’husky, quest’ultimo non appena lo vide avvicinarsi, senza nemmeno voltarsi iniziò a correre via verso la periferia della cittadina, lasciando Cooper indietro.
“Steele… maledetto idiota!” pensò Cooper tornando di corsa dentro casa.
Si diresse verso un’altra stanza che lui aveva momentaneamente trasformato nel suo studio personale, prese la sua relazione mai consegnata e la rilesse attentamente, era così sicuro di essere vicino alla soluzione ma questi nuovi avvenimenti avevano scosso sia lui che i cittadini di Nome per l’ennesima volta, non solo gli umani ma anche i cani.
Jenna e Balto sono sempre vicini in casa Connors, non escono più da un giorno ormai e anche gli altri cani sono rintanati nelle loro case, non hanno più niente da fare, Craig Newton era un mito per tutti loro, uomo dalla grande generosità ed esperto musher di cani da slitta, uno dei migliori di Nome.
Cooper fissò i fulmini che squarciavano il cielo, lanciando in aria con rabbia la relazione che teneva tra le mani.
“Merda! Questo non basta!” gridò furioso alzandosi dalla sedia.
“Manca qualcosa, ma cosa?” si disse e ridisse mentre girava per la stanza.
Qualcuno bussò alla porta, era Miller che era venuto per portare altri risultati delle scientifica, Mackenzie risultava decapitato da un taglio perfetto e lineare come Form e ciò significava che l’arma era sempre la stessa, mentre su Newton stavano ancora analizzando la slitta ormai distrutta.
Mentre parlava, Miller vide che Cooper gli allungò la mano con impugnata la sua Colt.
“Tenga, questa è sua, io non uso la pistola solitamente” disse Cooper a voce bassa.
“Ma come? Facendo questa professione prima o poi…”.
“Lo so bene Miller, ma io non ho mai sparato a nessuno e non so se avrei il coraggio di farlo, anche solo una volta”.
Cooper aprì la finestra e si accese una sigaretta, fissando le strade vuote e bagnate dalla pioggia incessante, riflettendo su tutti gli indizi che avevano a disposizione e sforzandosi di trovare un punto luminoso in tutto quel buio nel quale brancolava.
Oggi era anche il giorno predisposto per il funerale di Form, Mackenzie e Newton, se il tempo si fosse rimesso, si sarebbe sicuramente celebrato e anche Cooper avrebbe partecipato.
Negli occhi dell’ispettore si rifletté un altro fulmine.
“Comunque, Connors mi ha detto tutto, l’altro giorno sulla spiaggia mi ha rivelato che in realtà Form era odiato da mezza Nome, si servì dell’epidemia per creare più bare possibili per quei poveri bambini, il tutto facendole pagare il doppio e crearsi una sorta di business personale con le loro vite, che cosa schifosa! E tutto perché si era messo nei guai, aveva accumulato molti debiti non so ancora per cosa e infatti usciva poco di casa, ora non mi sorprendo il perché nessuno si sia preoccupato della sua sparizione quando non fu più visto in giro” disse Cooper, lanciando un’occhiataccia a Miller, lui sapeva benissimo già tutto ma finora aveva fatto il gioco del silenzio insieme al resto di Nome.
Miller abbassò la testa e annuì.
“Le chiedo scusa Cooper, non è facile raccontare certe cose, lei viene da una città più grande, qui siamo isolati da tutto il resto, abbiamo una mentalità e un modo di fare del tutto diverso dal suo, me ne rendo conto” disse Miller, Cooper fece un cenno con la mano per dire che era tutto a posto, ormai la cosa fondamentale era trovare l’assassino.
Cooper pensò a fondo, finché un ennesimo fulmine illuminò il vicolo dove prima era Steele, e come un flash, un’idea balzò in mente all’ispettore che si voltò verso Miller.
“Quando il tempo si sarà calmato lei deve fare una cosa per me, faccia radunare tutti i migliori cani di questa città con i loro padroni, ci vedremo nella piazza principale”.
Miller era sbalordito da questa richiesta, tuttavia doveva per forza esserci una spiegazione e un valido motivo, così non disse altro e annuì, uscendo dalla casa per tornare in ufficio.
Poche ore dopo, il tempo migliorò e molti cani di Nome si erano riuniti nella piazza cittadina, tutti i loro padroni erano straniti ma curiosi di questa insolita richiesta e attesero tutti Cooper, il quale tardò qualche minuto, arrivando poco dopo.
“Dov’era finito Cooper?” chiese Miller.
“Niente di che, facevo una passeggiata per la casetta di Form” rispose Cooper.
Cooper rivolse la sua attenzione a tutti i cani e i padroni presenti davanti a lui, non erano ancora chiare le sue intenzioni ma erano tutti in attesa di una risposta o di una qualsiasi indicazione da seguire.
Cooper guardò anche i cani in prima fila, tra i quali riconobbe subito Kaltag, Nikki e Star mentre Jenna e Balto non erano presenti.
“Buonasera a tutti, scusatemi se vi ho fatto venire qui senza un motivo valido ma ora ho bisogno dell’aiuto dei vostri cani, vorrei che facessero una specie di battuta di caccia ma in un altro modo stavolta, è importante per scovare finalmente l’assassino, so che vi sembra strano ma fidatevi di me” disse Cooper, ottenendo pian piano il cenno positivo di tutti i padroni, poi rivolse la sua attenzione ai cani.
“Ragazzi, fate questo favore per me e dopo come ricompensa ci saranno croccantini per tutti!” disse sorridendo ai cani, i quali lo ricambiarono abbaiando e scodinzolando con un’espressione felice che da tempo non si vedeva sui loro volti.
Cooper estrasse dalla tasca un pezzo di stoffa, lo fece annusare ai cani e in poco tempo, tutti si diressero in varie direzioni della città, mentre l’ispettore si guardava intorno cercando Jenna e Balto che non aveva visto, ma voltandosi verso la periferia, li vide mentre stavano andando nella stessa direzione dove prima era andato Steele.
Nel mentre, venne chiamato dal dottor Welch e si diresse subito da lui.
Steele era sulla collina che sovrasta Nome, la stessa dove vi era una grande montagna sulla quale era stata proiettata l’aurora boreale che fece da guida a Balto per tornare a Nome con l’antitossina pochi mesi prima, l’husky non voleva credere a tutti quello che era successo e non la smetteva di piangere.
Per una volta anche lui stava provando dolore e disperazione, tutte emozioni che aveva sempre attribuito ai deboli, lui che non aveva mai amato nessuno ma solo finto, ora sapeva cosa significava finalmente amore e affetto, non erano trofei e oggetti preziosi che si potevano vincere facilmente, ed era proprio questo che gli faceva una grande rabbia.
“Steele!”.
Steele si voltò attratto da quella voce, era Jenna che stava avanzando lentamente verso di lui, ma l’husky abbassò la testa e le diede le spalle.
“Vattene Jenna, non hai tempo da perdere con me e io non ne voglio perdere con te”.
“Steele, so bene quello che stai provando adesso”.
“No, tu non sai niente, vattene via, vai con quel mezzo lupo del ca…” ma Jenna non lo lasciò finire, il suo tono cambiò e gridò di aver visto la corda della slitta di Balto morsicata e allentata, sapendo benissimo che era stato lui ed era un ennesimo tentativo di ucciderlo, Steele si voltò verso di lei e ringhiò.
“E allora? Cosa ti aspettavi? Ma ormai non posso più niente contro di lui, sono tutti ancora contro di me e non ho più nessuno! SONO SOLO!” ringhiò, ma poi si tappò la bocca e diede ancora le spalle a Jenna, consapevole che in pratica aveva appena fatto un ammissione che non si addiceva a uno come lui.
Jenna era sbalordita, non credeva che un essere così spregevole come Steele potesse provare dei sentimenti, pur di essere il migliore di tutti non aveva esitato a tentare di ostacolare anche cercando di uccidere chiunque intralciava la sua strada, aveva già tentato di uccidere Balto mesi prima e inconsapevolmente stava mettendo a rischio la vita di molti bambini di Nome solo per il suo egoismo, malato orgoglio e sete di potere.
Eppure, aveva appena ammesso di voler bene al suo ex padrone, Jenna rimase sconvolta e confusa ma anche allietata da un lato, Steele non voleva rimanere solo era questa ed è sempre stata questa la sua vera paura, anche sottomettendo gli altri alle sue angherie era un modo pur sempre sbagliato ma era un modo per avere sempre qualcuno intorno a lui, era questo il più grande terrore dell’husky: la solitudine.
“Steele!” gridò un’altra voce e stavolta non era Jenna, ma una voce odiosamente ancor più familiare per l’husky, il quale si voltò vedendo Balto davanti a lui.
Rise, ma la sua risata maligna stavolta sembrò faticare a uscire dalla sua bocca, non aveva nemmeno la forza di fare quella, Balto se ne accorse subito.
“Ma guarda chi c’è! Il mezzo lupo bastardo, so che hai ascoltato tutto quello che ho detto e non mi importa niente, sono stato io ad allentare la tua corda e ora cosa vuoi fare? Sei venuto per uccidermi? FATTI SOTTO!” ringhiò e si mise in guardia, ma Balto non aveva alcuna intenzione di lottare.
“Non penso che sia stata colpa tua se Newton è morto”.
Steele si fermò.
“Cosa dici? Non voglio la tua compassione, bastardo! Sei solo feccia per me!”.
Jenna era d’accordo con Balto, stavolta Steele era nuovamente con le spalle al muro ed era stanco di tutto questo, ma i suoi ringhi erano ormai deboli e non avevano più nessun effetto, e incredibilmente, l’husky si accasciò a terra davanti a Balto e Jenna, le lacrime cominciarono nuovamente a sgorgare dai suoi occhi.
Balto si avvicinò e gli allungò la zampa ma Steele la rifiutò.
“Non voglio niente da te!”.
“E invece io penso che tu meriti una seconda possibilità”.
Quelle parole scossero Steele, guardò per un attimo Balto negli occhi ma con uno sguardo diverso stavolta.
Entrambi furono interrotti da Cooper, il quale si avvicinò a Steele e quest’ultimo stavolta non si scansò, lasciandosi prendere la zampa dall’umano.
“Sei un idiota! Ti saresti potuto prendere un malanno! Comunque, mi hanno appena informato che la slitta del tuo ex padrone era stata sabotata da qualcun altro prima che potesse partire, essendo stata segata alle fondamenta si sarebbe potuta rompere dopo breve tempo” gli disse Cooper guardandolo negli occhi.
Balto e Jenna fissarono l’husky con un’espressione felice e sollevata.
“Lo sapevo! Non sei stato tu Steele!” gridò Balto.
Steele era immensamente felice, finalmente un grande peso se l’era tolto dal cuore ed era in pace con sé stesso, guardò ancora Cooper che si voltò verso Nome, vedendo arrivare Miller.
“Cooper! I cani sono tutti tornati! Quello che hanno scoperto è incredibile!”.
“Lo so lo so, e ora andiamo”.
“Dove andiamo?”.
Cooper si voltò verso di lui.
“A prendere l’assassino”.

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Capitolo 8
*** Amara Verità ***


Nella piazza centrale dove vi era anche la chiesa, si stava svolgendo la messa funebre di Form, Mackenzie e Newton, dopo la quale tutti uscirono fuori trasportando le bare e si diressero verso il cimitero, dove le persone più vicine tennero un discorso in onore dei defunti alla presenza di mezza Nome.
Cooper stava attraversando la piazza centrale dove i cani si erano riuniti coi loro padroni dopo essere tornati e aver completato la missione, l’ispettore li guardò e si complimentò con loro, facendogli cenno di seguirlo mentre lui si recava al cimitero dove vide la gente che scorreva da un discorso all’altro.
Rimase in silenzio ad osservare, poi si diresse verso il prossimo al quale toccava fare il discorso ma appena dopo che ebbe pronunciato poche parole, Cooper si avvicinò ancora di più a lui.
“NO!” gridò Cooper, interrompendo il discorso e facendo voltare tutti verso di lui.
“Non diciamo stronzate, visto che siamo davanti alle bare di Form, Mackenzie e Newton credo che ormai sia il caso di dire la verità, cosa ne dice signor Hackett?”.
Tutti si voltarono verso James Hackett che era rimasto impietrito, ma i presenti lo erano ancora di più.
“Ma come si permette? Non lascerò che…”.
“Ma stia zitto per favore, devo farle anche i complimenti per come ha recitato bene la sua parte del pianto l’altro giorno, delle vere lacrime di coccodrillo!”.
Tutti erano confusi, si stava creando un grande brusio di sottofondo e gli sguardi erano puntati su Hackett e su Cooper, il quale aveva uno sguardo molto deciso e Hackett pareva essere ancora più confuso degli altri.
“Ironicamente la chiave di tutto questo schifo di faccenda è appunto una chiave” disse Cooper estraendo dalla tasca la famosa chiave dorata, Hackett la fissò e si bloccò, non staccandogli gli occhi di dosso.
“La riconosce? No? Allora le rinfresco io la memoria, finalmente ho capito anche io dove andava infilata questa benedetta chiave che lei ha cercato e cercato sempre, non sapendo che era finita in mano mia” disse Cooper mentre si avvicinava sempre di più ad Hackett.
“Jonas Form era in verità odiato da Nome poiché aveva tentato di costruirsi un business personale sulla pelle dei bambini, sfruttando l’epidemia per la costruzione di bare che faceva pagare il doppio, ma grazie all’intervento di Balto, il suo piano andò a monte e i bambini si salvarono, così si indebitò con lei signor Hackett visto che era proprio lei a fornirgli il pregiato legno per la costruzione delle sue bare, e non potendo pagare il debito, essendo anche da quanto ho capito i toni molto accesi tra di voi, prima o poi sarebbe successa una tragedia sicuramente, non credo proprio che Form sapesse come saldare il debito e l’unica soluzione era di ucciderla visto che lei stava tormentando Form” disse Cooper, lasciando tutti silenziosi e immobili.
“Balle!” esclamò Hackett ma Cooper continuò.
“Inizialmente mi sbagliavo, pensavo che Form quella notte fatale avesse aperto la porta a lei per farla entrare e magari chiarire per l’ennesima volta la questione del debito, ma non le ha aperto perché la porta principale era rotta e da dentro non si poteva aprire e allora come avrà fatto lei ad entrare? Semplice, da una botola sotterranea!”.
Tutti fissarono Cooper sbalorditi.
“Nome è attraversata da una serie di corridoi sotterranei, nei primi del 1900 questa città era una delle mete della febbre dell’oro, io penso che questi corridoi sono i resti delle miniere che i cercatori d’oro costruirono anche per comunicare fra di loro, questo quando Nome prima era una tendopoli e le case non c’erano, ma quando furono costruite vennero lasciate intatte delle uscite ed entrate segrete che si possono trovare sparse per gli edifici di Nome, ci ho messo un po’ per arrivarci ma una volta capito il meccanismo è stato molto facile”.
Hackett ascoltò tutto con una vena rabbiosa che gli stava crescendo sulla testa, non si mosse ma si limitò a stringere i pugni.
“Gliela faccio breve, lei quella notte si è intrufolato nella casetta di Form passando per una botola segreta ma Form se n’è accorto e fra voi è nata una colluttazione, durante la quale lei ha perso la chiave dorata che l’unica serratura nel quale andava inserita era proprio quella della famosa botola che io non trovavo all’inizio. Dopo che lei ha fatto a pezzi Form, se n’è andato passando sempre dai sotterranei, scordandosi della chiave e tentando di andare di notte a cercarla ma è stato sorpreso da Balto, e rimasto chiuso dentro a causa della porta rotta, ha sfondato la finestra ed è fuggito, poi io la mattina successiva io ho trovato la chiave”.
“BASTA!” gridò Hackett imbestialito.
“NO! DEVE ASCOLTARMI! Lo sa come ho trovato la botola nascosta? Lei mi ha fatto vedere una mappa della costruzione della casetta di Form non aggiornata, aveva dato quella più recente a Mackenzie che ha prontamente ucciso, in questa mappa dell’anno scorso mi sono messo a ispezionare proprio stamattina ogni angolo dell’edificio, dato che ormai non avevo più dubbi, trovando un asse del pavimento a doppio fondo rimovibile dove ho inserito la chiave e aperto la botola che stava sotto, e tutto questo perché la botola prima non c’era è stata costruita dopo e lei non mi ha fatto avere la mappa più recente perché vi era inclusa la sua costruzione e io me ne sarei accorto subito, infatti quando l’ho aperta ho trovato un pezzo di stoffa incastrato su delle scale che scendono nei sotterranei” disse Cooper, estraendolo dalla tasca e mostrandolo a tutti i presenti.
Rivolse poi la sua attenzione ad Hackett.
“Questo è un pezzo del maglione che lei indossava quando ci siamo visti la prima volta, lei forse non se ne sarà nemmeno accorto che gli era rimasto impigliato nelle scale, io prima l’ho fatto annusare ai cani col miglior fiuto della città che inevitabilmente hanno scovato tutte le entrate nascoste dalle quali lei è sempre passato che conducevano ai sotterranei, tra i quali anche quella del vicolo dove lei è scomparso la notte scorsa, ed ecco spiegato come lei ha fatto a sparire così in fretta”.
Tutti ora avevano gli occhi verso Hackett, lui non si mosse, stava sudando freddo e non aveva più lo stesso tono arrogante di poco fa, la gente iniziò a guardarlo malissimo e i cani tutti attorno iniziarono a ringhiare.
“Un piano molto intricato e ben accurato il suo, si è sempre mosso praticamente senza essere visto ed era proprio sotto i nostri piedi, ma ha commesso due errori, è stato troppo precipitativo, già da quando ho trovato il cadavere di Mackenzie avevo sospettato di lei, mentre il secondo errore sono stati i cani, gli stessi cani che sono l’anima di questa città e che lei ha sottovalutato fin troppo, gli stessi che mi hanno infine condotto da lei scoprendo i passaggi segreti e che hanno sabotato i suo piani di un business macabro riuscendo tutti insieme a portare qui l’antitossina mesi fa e salvare i bambini, mentre lei ha ucciso Mackenzie nel sonno poiché era diventato scomodo anche se in passato eravate grandi soci, e ha ucciso Newton perché dopotutto era stato l’uomo che aveva contribuito di più alla riuscita della spedizione dell’antitossina, sabotando ancora i suoi piani. Glielo devo dire, provo una profonda tristezza per lei” concluse Cooper fissando con uno sguardo gelido Hackett, il quale si era completamente ammutolito.
“E un ultima cosa, se si chiede come facevo a sapere che Form si era indebitato proprio con lei, mi è bastato chiedere in giro, lei è uno dei migliori boscaioli di Nome e sa bene dove procurarsi il legno pregiato nei boschi qui vicini, un boscaiolo come lei non avrà nemmeno problemi a usare con grande maestria un’accetta con la quale fare tagli precisi e che sicuramente troveremo nascosta in casa sua insieme alla mappa che ho citato nel discorso precedente, e sempre uno come lei che sa usare bene questi attrezzi non avrà avuto problemi a segare la slitta di Newton nei punti più fragili, dico bene?” concluse Cooper, davanti ad Hackett che ormai non aveva più niente da dire.
La vena sulla sua testa era sparita, l’uomo era sbiancato totalmente e la gente lo fissava ormai con sguardo feroce, c’era una grande agitazione in tutta la folla, anche i cani erano nervosi e ringhiavano senza controllo.
Cooper sospirò.
“Confesso che questa storia mi lascia pieno di amarezza, James Hackett la dichiaro in arresto per triplice omicidio!”.
Cooper estrasse le manette dalla tasca della giacca, Hackett  fece un balzo indietro.
“Bastardi! Tutti quanti! Non mi avrete!” gridò mentre cercava di fuggire verso l’uscita del cimitero con una folla inferocita che lo inseguiva, ma ad attenderlo all’ingresso vi erano i cani che Cooper si era portato prima dietro, i quali assalirono Hackett che cadde a terra tentando di liberarsi ma erano troppi e gli furono tutti addosso in un attimo, tenendolo fermo per non farlo fuggire.
Pian piano, altra gente stava arrivando da tutte le strade, una grande folla si riversò davanti al cimitero per allontanare i cani e prendere Hackett, arrivò anche Miller con i suoi uomini per evitare che Hackett rischiasse sicuramente di essere linciato dalla folla inferocita.
Cooper si avvicinò e consegnò le manette a Miller.
“Tenga, spetta a voi arrestarlo, io non c’entro niente con questa città vi ho solo dato una mano, ma la ferita più profonda l’ha inferta a voi” disse Cooper, il suo sguardo venne accolto con un cenno d’intensa da Miller che lo guardò con profondo rispetto, mettendo le manette ai polsi di Hackett e portandolo via.
Cooper si allontanò, in lontananza vide Balto, Jenna e Steele che erano rimasti ad osservare tutta la scena, Steele si diresse correndo e ringhiando verso l’assassino del suo ex padrone.
Cooper lo afferrò per il collare.
“Steele! No!” gli gridò.
Proprio come quando lo salvò dal cadere nel dirupo, lo afferrò per il collare appena in tempo, Steele si voltò a fissarlo contrariato ma lo sguardo dell’umano era caldo e sincero.
“Non ne vale la pena” gli disse.
Steele smise di ringhiare, il suo sguardo si fece più calmo.
Balto e Jenna osservarono la scena con un sorriso speranzoso, forse qualcosa si era attivato in quello spregevole e arrogante husky.

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Capitolo 9
*** La Seconda Possibilità ***


Nome, Alaska, 19 Giugno 1925
 
Dopo l’arresto, le gallerie sotterranee di Nome vennero ben esplorate e grazie anche al fiuto dei cani, vennero trovati nuovi indizi che conducevano a tutti i passaggi effettuati da James Hackett nella cronologia degli omicidi, passaggi che si ricollegavano ad entrate e uscite segrete nascoste dentro alcuni edifici, proprio come aveva spiegato Cooper.
Dentro la casa di Hackett vennero trovate nascoste alcune piante dei sotterranei e altre mappe illustrative, mentre venne finalmente rinvenuta l’ascia insanguinata con la quale erano stati commessi gli omicidi, nascosta dietro un muro con doppia apertura, insieme alla quale fu trovato anche l’ipotetico seghetto col quale era stata sabotata la slitta di Newton.
“Hackett è stato sicuro, troppo sicuro di sé e fin troppo precipitativo, grazie a questo errore ha praticamente lasciato indizi dappertutto anche se aveva nascosto bene almeno inizialmente questo complesso e intricato piano, non avevo mai visto niente di simile finora, la soluzione non era davanti a noi ma è stata sotto di noi per tutto il tempo e non ce ne siamo accorti” commentò Cooper mentre esaminava la lama sporca di sangue dell’accetta, rivolgendo il suo sguardo anche ad una stanza segreta nella quale vennero trovati altri cunicoli nascosti.
Ce n’erano tre, uno conduceva alla casetta di Form, l’altro all’abitazione di Mackenzie e l’ultimo vicino all’ufficio postale, vi erano anche delle mappe illustrative che indicavano bene tutti e tre i percorsi e le vie da seguire.
“Quando sono uscito dal negozio di Hackett per la prima volta, lui deve aver subito preso il tunnel sotterraneo per andare a casa di Mackenzie e ucciderlo prima che io arrivassi, ricordo che io e Balto abbiamo esitato qualche secondo prima di entrare e scommetto che questo ci ha salvato la vita, se fossimo entrati un attimo prima ci sarebbe stato sicuramente Hackett ad attenderci con l’ascia pronta dietro la porta d’ingresso, e tutto questo prima che potesse scappare nuovamente per il tunnel, ma chi lo sa, non ricordo nemmeno cosa ho visto quel giorno ma sono sicuro che qualcosa  c’era su quella collina bianca, Balto l’avrà vista meglio di me” pensò Cooper.
Fece un altro giro della casa mentre Miller e i suoi uomini prendevano tutti gli indizi possibili, decise di uscire e farsi una passeggiata, osservando con sorriso velato che finalmente la tranquillità sembrava essere tornata a Nome.
Le facce degli abitanti erano provate dagli avvenimenti dei giorni precedenti, ma adesso erano pronti a tornare alle loro normali attività e la vita quotidiana poteva riprendere in quella piccola cittadina, anche i cani erano più sereni adesso, durante un nuovo consiglio nel locale caldaie tutti vennero elogiati per l’aiuto dato alla risoluzione del caso, potendo tornare felicemente dai loro padroni.
Nikki, Kaltag e Star se ne stavano sdraiati al sole che quel giorno era più caldo del solito.
“Te lo avevo detto! C’erano dei tunnel sotterranei sotto la città!”.
“Stai zitto Star!”.
Ma Kaltag dovette ammettere che stavolta Star aveva ragione, infatti non lo colpì in testa come al solito, si limitò ad abbozzargli un sorrisetto forzato senza dire altro ma Star apprezzò comunque il gesto, quei due bizzarri amici andavano d’accordo dopotutto.
Cooper si diresse verso la piazza centrale dove venne raggiunto da Miller.
“Il mio compito qui è finito, cosa ne sarà di Hackett?”.
“Lo manderanno sicuramente giù ad Anchorage o a Juneau, dipende da cosa deciderà il governatore ma sicuramente non lo lasceranno qui, comunque volevo davvero ringraziarla per il suo prezioso aiuto”.
Cooper si grattò la testa ed estrasse il suo portasigarette dalla tasca.
“Ho fatto solo quello che dovevo ma il danno principale lo avete subito voi, io non c’entro niente qui”.
Miller abbozzò un sorriso.
“Proprio non riesce a sopportarci, eh Cooper?”.
“Non è questo Miller, è proprio che non mi piace tutto questo isolamento e non so se sarò mai in grado di abituarmi a una location simile, ammetto comunque che siete una bella comunità organizzata, non male per una piccola cittadina” disse mentre si accendeva la sigaretta.
“Di questo sono lusingato, ma ora? Cosa farà? Tornerà giù ad Anchorage?”.
“Ecco io…” ma Cooper si interruppe, la sua attenzione venne attirata da un husky in lontananza che se ne stava da solo davanti ad una lapide.
“Miller mi scusi un secondo” disse Cooper, avvicinandosi al cimitero.
Steele era davanti alla lapide del suo ex padrone, i suoi pianti erano ben udibili.
Cooper si fermò all’entrata e lo osservò senza proferire parola.
“Maledetto, maledetto… perché te ne sei andato così? NON DOVEVI! Non doveva succedere, non doveva… non doveva…” non faceva altro che ripetersi Steele, la sua zampa era appoggiata sulla fredda lapide ma i suoi artigli erano sguainati, era come se volesse afferrarla e strapparla dal terreno.
Cooper si ritrovò accanto a sé Balto e Jenna, gli accarezzò senza togliere lo sguardo da Steele che non sembrava volersi staccare dalla lapide, i suoi sentimenti di affetto per Newton erano reali e non stava affatto fingendo, fu l’ennesima dimostrazione di quanto in realtà un cuore gelido e spregevole come il suo fosse in verità fragile ed emotivo.
“Io non credo che tutti meritano una seconda possibilità, specialmente se commettono più di una volta lo stesso identico errore, ma Steele mi sembra come un’anima smarrita ormai, non ha più nessuno al mondo e credo che in fondo lui non lo volesse tutto questo anche se avrebbe dovuto pensarci prima” disse Balto, ma in cuor suo proprio non ce la faceva a voler male all’husky, era più forte di lui.
“Tu riesci sempre a vedere il buono negli altri, ma ormai Steele si è scavato la fossa da sé e ironicamente solo adesso ha compreso cosa significano certi valori, mi dispiace solo che si sia arrivati a questo punto, solo ora è venuta fuori la sua vera personalità” disse Jenna mentre metteva si appoggiava a Balto, anche lei non riusciva proprio a capire come fosse possibile tutto ciò e le dispiaceva sinceramente.
Steele sentiva di essere osservato, si staccò dalla lapide e uscì dal cimitero passando davanti ai protagonisti, si voltò a guardargli con una smorfia rabbiosa ma ormai anche il suo sguardo non aveva la freddezza di un tempo, i suoi occhi erano vuoti e del tutto assenti, non incutevano più timore.
Gli altri cani lo osservarono passare in mezzo a quella strada che sembrava non avere una fine precisa, come un condannato che si avvia al patibolo, ecco come si era ridotto il cane che un tempo era il più forte e popolare di Nome, ora era visto con disprezzo da tutti già alimentato dal forte rancore provato per l’episodio dell’epidemia e per come aveva insultato Balto in mezzo a tutti lo scorso giorno, fortunatamente il cane lupo non aveva rivelato a nessuno che Steele gli aveva sabotato la corda della slitta altrimenti l’odio sarebbe potuto drasticamente peggiorare.
Tutte le cagnoline che lo adulavano e lo ammaliavano ora se ne stavano in disparte, lui non le fissò nemmeno e non fece altro che camminare per quella strada, sapeva bene di avere addosso gli occhi di molti cani un tempo suoi sfrenati ammiratori, tutti quegli sguardi lo stavano schiacciando e soffocando come fossero un pesante macigno, ma lui non ci pensò nemmeno troppo e rimase in silenzio per tutto il tempo, le lacrime avevano anche smesso di sgorgare dai suoi occhi.
Cooper venne raggiunto da Miller, anche lui stava osservando l’intera scena.
“E ora? Cosa succederà a Steele?” chiese Cooper.
“Cercheremo di prendercene tutti cura, un po’ come facciamo con Balto, ma penso che ci sarà qualcuno in città che lo adotterà sicuramente, ci vorrà un po’ di tempo ovvio, ma lei ha mai pensato di…” disse rivolgendo lo sguardo verso Balto.
Cooper scosse la testa.
“No, Balto è uno spirito libero, lui non ha padroni e non voglio assolutamente privarlo della sua libertà, sono sicuro che si trova già bene con voi nella vostra comunità e poi è come se lo avessero adottato i Connors visto che va sempre da loro” disse, rivolgendo un sorriso a Jenna che contraccambiò.
“Come vuole lei, intanto visto che qui ha finito ho già fatto mettere un cartello davanti a casa sua per indicare che sarà libera a breve, lei sistemi pure con comodo la sua roba e più tardi farò mandare dal telegrafista un messaggio ad Anchorage perché mandino un aereo a prenderla” disse Miller, dirigendosi verso la centrale di polizia.
Cooper rimase fermo con lo sguardo perso nel vuoto.
Strinse un pugno.
 
“Steele!”.
 
Steele si fermò voltando la testa di scatto, tutti i cani fecero altrettanto e anche Balto e Jenna guardarono Cooper con aria interrogativa, anche Miller si era fermato e voltato.
Cooper fece un passo avanti.
“STEELE!” gridò nuovamente con un tono di voce più alto.
Steele si voltò completamente verso Cooper, il suo sguardo era sorpreso come la maggior parte degli altri intorno a loro ma lo sguardo dell’ispettore ere ben serio e deciso, l’husky se ne accorse subito e dopo un interminabile silenzio decise di tornare sui suoi passi e si avvicinò a Cooper, il quale rimase fermo e immobile ad attenderlo.
Steele si fermò a qualche centinaio di metri da Cooper.
I loro sguardi erano enigmatici, Steele decise di fare ancora qualche passo avanti fino a quando arrivò di fronte a Cooper, il quale si inginocchiò a terra e con uno scatto veloce abbracciò l’husky, stringendolo forte a sé.
Tutti rimasero sbalorditi da quel gesto totalmente inaspettato, Steele per primo ne fu travolto ma non si sottrasse all’abbraccio, anche se gli stava ribollendo il sangue.
“Cos’è? Lo sdolcinato addio prima della partenza? Basta con queste stronzate smielate! Non mi mancherai affatto Cooper! Anche se…” ma il pensiero di Stelle si interruppe bruscamente, Cooper lo stava accarezzando sulla testa e lui non osò sottrarsi nemmeno a quello stavolta, iniziò a scodinzolare come fosse un cucciolo felice.
“…anche se mi hai salvato la vita e consegnato alla giustizia l’assassino di Newton… smettila subito! SMETTILA! Tu non mi conosci, tu non sai cosa ho fatto, tu non sai cosa sono capace di fare, smettila Cooper… dannato idiota!” pensò Steele ma la sua rabbia era fortemente soppressa da un innato senso di calore e felicità, solo Newton finora era stato capace di fargli provare certe sensazioni che lui teneva sempre nascoste agli altri con il suo carattere spietato, arrogante e altezzoso.
Cooper lasciò andare Steele, si rialzò in piedi e venne raggiunto da Miller.
“Cooper, ma cosa…”.
L’ispettore si voltò di scatto verso Miller.
“Miller! Chi le ha dato il permesso di mettere un cartello davanti a casa mia quando io sono ancora qui?” esclamò improvvisamente Cooper, mandando in confusione Miller.
“Come? Non la seguo…”.
“E se proprio vuole mandare un messaggio ad Anchorage gli dica che qui in estate si sta proprio bene! E anche che siete una cittadina organizzata nonostante la posizione, aggiunga anche che l’aereo se lo tengano pure, non so proprio che farmene adesso!”.
Miller aveva gli occhi illuminati.
“Questo significa che…” ma Cooper lo interruppe ancora.
“Siccome ho notato che comunque Nome non è molto sicura mi faccia un favore, da domattina la prima stanza vuota che trova in centrale ci ficchi dentro una sedia e una scrivania e metta il nome sulla porta, penserò io a completare successivamente l’arredamento” concluse Cooper.
Miller lo guardava con un grande sorriso, a stento riusciva a parlare ma venne nuovamente interrotto da Cooper che aggiunse di mandare ugualmente un messaggio ad Anchorage per far venire su altri agenti, con lo scopo di incrementare la forza di polizia locale.
Miller gli strinse la mano.
“Sono veramente felice che ha deciso di restare qui da noi! Ma lui?” disse rivolgendo lo sguardo a Steele.
“Non si chiama lui, si chiama Steele ed è il mio cane!” esclamò Cooper.
Balto e Jenna avevano gli occhi sgranati come tutti gli altri cani presenti, anche Miller era allibito da questa scelta improvvisa, Steele aveva la bocca spalancata e uno sguardo incredulo e allibito ma lo sguardo di Cooper era invece molto serio come poco fa e non era mai mutato per tutto il tempo.
Cooper fissò Steele e quest’ultimo pareva non si rendesse ancora conto della situazione.
Non avrebbe mai pensato che qualcun altro lo avesse adottato, solo i cani sapevano delle sue malefatte mentre gli umani invece dopo aver comunque visto che fu Balto a portare l’antitossina e non lui, avevano solo perso abbastanza interesse considerandolo non più forte e affidabile come dimostrava durante le gare organizzate in città, per questo lo avevano rilegato a partecipare solo a qualche consegna postale e nulla più, lo avevano in pratica gettato nel dimenticatoio anche loro.
Cooper cambiò sguardo, si inginocchiò ancora e tese la mano a Steele.
L’husky dopo un iniziale tentennamento decise di allungare anche lui la zampa, posandola sul palmo della mano aperta dell’ispettore.
“Accetto solo perché sono in debito con te, non farti illusioni” pensò Steele ma poi si voltò verso il cimitero dove scorse in lontananza nuovamente la lapide di Newton, la fissò e si rivolse nuovamente a Cooper, fissandolo con occhi diversi.
“Ma ripensandoci, forse sei proprio l’unico che avrei seguito” pensò ancora l’husky ma stavolta con un espressione più felice.
Miller fissò l’ispettore e il cane con un espressione solare dipinta in volto.
“Ma è fantastico! Ora però ci saranno da firmare i fogli di adozione e…”.
“Miller! Firmerò tutte le scartoffie che vorrà ma adesso vada a fare quello che le ho appena chiesto!” gridò Cooper.
Miller non perse tempo e si diresse subito verso la centrale, Cooper si incamminò verso casa sua insieme a Steele mentre Balto e Jenna gli stavano osservando insieme agli altri cani, tra tutti c’era come un velo speranzoso per Steele, specialmente per Balto.
“Questa è la sua seconda possibilità, spero proprio che ora sappia come apprezzarla e non si giochi tutto come ha fatto in passato, sono contento per lui in fondo”.
“Anche io” disse Jenna.
Forse qualcosa si era davvero smossa in Steele ma loro non potevano saperlo.
Cooper arrivò davanti casa, prese il cartello e lo gettò in un bidone lì vicino, aprì la porta e si voltò indietro, osservò quella cittadina che non gli era per niente piaciuta da quando ci aveva messo piede ma chissà perché ora aveva nettamente cambiato idea, non se lo spiegava e non voleva nemmeno saperlo alla fine.
Tutto ciò che fece fu abbozzare un sorriso, rivolse poi la sua attenzione a Steele che era rimasto immobile davanti all’abitazione.
“Dai, vieni Steele!” gli disse.
Steele non se lo fece ripetere due volte, corse verso l’ingresso ed entrò in casa, pronto a ricominciare un’altra vita col suo nuovo padrone.

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