Lady Georgie-miscellanea

di vento di luce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pianoforte-Elisa ***
Capitolo 2: *** Spesa-Lowell ***
Capitolo 3: *** Spezzatino di montone-Mary Buttman ***
Capitolo 4: *** Carillon-Arthur ***
Capitolo 5: *** Prigione-Irwin ***
Capitolo 6: *** Letto-Jessica ***
Capitolo 7: *** Dipinto-Conte Gerald ***
Capitolo 8: *** Nave-Abel jr ***
Capitolo 9: *** Lametta-Maria ***
Capitolo 10: *** Cavallo-Becky ***
Capitolo 11: *** Bracciale-Eric Buttman ***
Capitolo 12: *** Assassinio-Signor Allen ***
Capitolo 13: *** Vanità-Famiglia Barnes ***
Capitolo 14: *** Bacio-Governatore di Sydney ***
Capitolo 15: *** Miseria-Joy ***
Capitolo 16: *** Veleno-Dottor Skiffins/Kenny ***
Capitolo 17: *** Serra-Abel ***
Capitolo 18: *** Dolci-Nonna di Lowell ***
Capitolo 19: *** Segreto-Signora Potter ***
Capitolo 20: *** Vestito-Zio Kevin ***
Capitolo 21: *** Turbamenti-Loop ***



Capitolo 1
*** Pianoforte-Elisa ***



Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Questi personaggi non mi appartengono ma sono di Yumiko Igarashi.
Un saluto a chi leggerà questa fanfic!


Pianoforte-Elisa
Flashfic

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Suonava Elisa quella sera,continuava a suonare incessantemene tormentata dai pensieri che non le davano tregua.
Non toccava cibo da giorni ed il suo nervosismo non faceva che aumentare sempre di più.
Dov'era il suo amato,dov'era Lowell?
"Mio zio il Duca non sembra ascoltarmi",pensò mordendosi il labbro inferiore,mentre le sue dita delicate,dita di chi non aveva mai conosciuto la fatica,continuavano a muoversi.
Non erano infrequenti ormai,da quel maledetto giorno in cui era fuggito con un'altra donna,episodi di aspri rimproveri verso la servitù,per il carattere per natura altezzoso e per l'esasperazione della situazione,da una tazzina in frantumi ad un nastro riposto male in un cassetto.
Niente sembrava placare la sua ira,la sua disperazione,se non i tasti di quel pianoforte a lei così caro,che possedeva sin da quando era una bambina.
Le sue mani stavano ancora volando,emettendo una melodia stridula,fino a quando all'improvviso sopraggiunse la lieta notizia,che aspettava oramai incredula,dalla voce di una cameriera a lei invisibile.
Era tornato finalmente,il suo unico amore era ritornato da lei.

*********
 

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Capitolo 2
*** Spesa-Lowell ***



Spesa-Lowell
Flashfic


*********

Carote,mele,pane,patate,formaggio,tutto si rovesciò impetuosamente a terra in quel medesimo istante.
Alimenti semplici cui non era abituato,per una nuova vita apparentemente normale,dopo che era fuggito con la donna che amava da Londra e dai loschi piani del Duca Dangering.
Un'esistenza in realtà squallida quella che si prospettava loro,in una cittadina densa di nebbia,dove l'umidità penetrava sin dentro le ossa.
Osservò una mela rossa rotolare fino all'uscio di quella stanza spoglia e maleodorante,mentre la sua testa d'improvviso collassò,Georgie gridò il suo nome e poi il buio.
"Devo farcela per lei",pensò nei giorni a venire dopo essere stato visitato da un dottore,rigirandosi di continuo in quel letto scricchiolante,dalle lenzuola lacere,guardando fuori dalla finestra. "Lavora duramente tutto il giorno solamente per me,così piena di entusiasmo."
Ma con il passare del tempo una forte fitta al petto lo attanagliava sempre di più,il respiro era affannoso ed il fazzoletto di seta che gli aveva regalato la nonna sempre più cremisi.
Era stanco Lowell,stanco di tutto,della malattia,della povertà,della solitudine e,giorno dopo giorno,cominciò a pensare che forse sarebbe stato meglio chiudere gli occhi per non pensare mai più.

*********
 

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Capitolo 3
*** Spezzatino di montone-Mary Buttman ***




Spezzatino di montone-Mary Buttman
Flashfic


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Era mattina presto,un giorno come tanti alla fattoria Buttman,almeno così sembrava.
C'erano molte cose da fare,i lavori di casa da svolgere,gli animali da accudire,i campi da arare.
"Il mio figlio adorato ritorna",pensò la signora Buttman mentre raccoglieva le uova nel pollaio,con mani tremanti. "Ritorna dopo tanto tempo".
L'ansia stava diventando sempre più tangibile,perchè in cuor suo sapeva il motivo che aveva spinto Abel a rincasare a metà del viaggio,dopo essersi imbarcato come mozzo.
"Non è riuscito a dimenticarla",bisbigliò prendendosi la testa fra le mani e scuotendola,mentre sistemava la casa dopo essere rientrata,cercando di tenersi occupata per pensare il meno possibile.
Anche Arthur e Georgie si erano svegliati,impazienti di vedere il fratello e nell'attesa il giovane andò a lavorare nei campi,mentre la ragazza aiutò la madre con le faccende di casa per andare poi,quando si fece ora,a prendere Abel al porto in sella al suo cavallo.
"E quasi tutto pronto" disse Mary soddisfatta controllando la stanza pulita ed il letto in ordine ed osservando il pane fragrante nella grande cesta,la zuppa di patate ed i fiori sulla tavola.
Mancava solamente la cosa più importante,lo spezzatino di montone,il piatto preferito di suo marito defunto,quando rientrava a casa dopo una faticosa giornata di lavoro e che tanto piaceva anche al suo Abel.
Mentre iniziò a tagliare a pezzetti la carne con un coltello affilato,emise un sospirò ed iniziò ad abbandonarsi ai ricordi.
"Perchè mi hai lasciata da sola Eric,non sempre penso di potercela fare,come devo comportarmi con i ragazzi,con Georgie?" sussurrò aggiungendo dell'acqua calda e delle spezie nella pentola,mentre la carne rosolava.
"Non riesco ad amare quella bambina,oramai una donna,come vorresti tu." Rimuginò su quanto fosse stata dura con lei dopo la partenza del figlio e,
mentre era ancora assorta nei suoi pensieri, ricevette la solita visita del vecchio Kevin,che sembrò quietare la sua agitazione con sagge parole.
Ma,nuovamente sola,tutte le sue paure riemersero una ad una.
"Abel,figlio mio,ti prego non distruggere la nostra famiglia",pensò continuando a girare lo spezzatino con un cucchiaio,stringendolo sempre più forte.
Quel dolce profumo che aveva pervaso la cucina la inebriò,richiamando alla mente memorie ormai lontane,mentre calde lacrime le rigavano le guance accaldate.
Continuava a cucinare Mary,stordita da quella fragranza,come se desiderasse che quel momento non terminasse mai più.

*********

 

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Capitolo 4
*** Carillon-Arthur ***




Carillon-Arthur
Flashfic


*********

Il sole risplendeva alto nel cielo,in quella giornata dolorosa,per il sensibile cuore di Arthur.
"Georgie",sussurrò con voce spezzata il giovane,osservando quel cofanetto che aveva nacosto in una cesta fuori casa dello zio Kevin,poco prima di entrare con Abel,per vegliare la ragazza che sembrava essersi ripresa.
Continuava a tenere fra le mani quel prezioso carillon,fissando la scritta dorata incastonata sul coperchio,Gray.
Lo aprì poi piano piano,fin quando una dolce melodia lo pervase,socchiuse allora lentamente gli occhi,potendo percepire il calore che emanava quella musica,l'energia vitale dell'amore.
In quei brevi istanti ripercorse con la mente tutti i frammenti di quel che era successo in così poco tempo,dalla rissa furiosa con il fratello,lui che odiava la violenza con tutto se stesso e di cui ancora portava i segni,alla rivelazione del segreto a Georgie da parte della madre,nonostante i suoi sforzi continui,a discapito del suo benessere,all'annegamento della ragazza nel fiume ed al disperato tentativo di salvarla,rischiando la sua stessa vita,al terrore che potesse morire per congelamento,fino alla decisione estrema di riscaldarla con il suo corpo nudo,trascurando il suo senso del pudore,quando pareva non esserci ormai più niente da fare.
Voleva solamente dimenticare tutto Arthur in quella triste giornata,troppe emozioni,troppi dolori,sentiva le tempie pulsare,la testa scoppiare.
Ma il suo cuore gentile non fece trapelare nulla in quei momenti decisivi,nulla che potesse turbare i suoi cari,mantendo un atteggiamento calmo e sereno.
"Arthur,Arthur mi stai ascoltando?" disse più volte una voce profonda.
"Zio Kevin",rispose il ragazzo in modo pacato "scusami,ero sovrappensiero. Ho deciso di tornare a casa dalla mamma,non voglio rimanga sola troppo a lungo. Ti chiedo solamente di dare questo a Georgie,vedi,è molto importante per lei,ma ti prego non dire niente ad Abel."concluse porgendo il carillon nelle ruvide mani dell'uomo,che si limitò ad annuire.
"Grazie",rispose poi il ragazzo affrettandosi ad andare via,prima che lo zio potesse vedere i suoi occhi lucidi.
"Georgie,lo so che ami un altro ma ti sarò vicino per sempre,come un fratello" bisgligliava Arthur correndo il più possibile,ormai lontano,mentre le lacrime bagnavano il suo viso.
"Ti amo mia piccola Georgie,ti ho sempre amata,come nessun'altra" sussurrava nel frattempo Abel ai piedi del letto dove la ragazza riposava. Le prese poi il viso fra le mani e poggiò le sue labbra delicatamente su quelle di Georgie,facendo inumidire i suoi bellissimo occhi verdi.
"Ti amo Georgie,ti amerò per sempre",continuava a ripetere Arthur,mentre correva ancora,più veloce che poteva,per le sconfinate praterie australiane.

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Capitolo 5
*** Prigione-Irwin ***




Prigione-Irwin
One shot


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"Non ti è bastata tutta la droga che ho iniettato nel tuo misero corpo,perchè continui a resistermi a questo modo,perchè sei così ribelle?" mormorò il giovane, mordendosi il labbro inferiore.
"Mi stai facendo impazzire dannazione",sbraitò mandando in frantumi il prezioso vaso cinese,regalatogli da suo cugino di ritorno da un viaggio.
"Non riesco più a dormire la notte,sei la mia ossessione Cain."
Pronunciava quelle parole continuando a camminare avanti ed indietro nella sua lussuosa stanza,Irwin Dangering,membro di una delle famiglie londinesi più potenti,afflitto da pensieri martellanti.
"Chi sei davvero,è questo il tuo vero nome,da che Paese provieni? Hai tentato persino il suicidio,se non avessi scoperto quel traffico di droga adesso non saresti qui,sciocco. Il fidanzamento con Maria",continuò sogghignando "solamente una copertura,tu sei nostro prigioniero,mio prigioniero e sei rinchiuso in quella squallida cella per la tua testardaggine. Sento le tue grida nella mia testa,ma non può finire così,non ti lascerò morire",disse ridestandosi da quei pensieri sciagurati.
Si diresse poi verso la cassettiera,dove custodiva gioielli e documenti importanti ed al secondo cassetto prese la pistola che aveva già usato contro il suo giocattolo preferito.
"Perchè hai provato più volte a scappare,chi era quel ragazzo?" sussurrò caricando l'arma,simulando uno sparo,mentre i lunghi capelli fluivano sulle spalle.
Si accertò poi che non ci fosse nessuno nel lungo corridoio ed uscì silenziosamente,socchiudendo la porta dietro di lui.
Procedeva a passi leggeri,mentre uno sguardo di follia illuminava le sue iridi.
"Maria,sorellina cara,quante lacrime hai versato per quello stolto,lo sai che nessuno deve intralciare i piani miei e di mio zio? E tu Cain non puoi lasciarti morire così,non mangi,non dormi,non parli più. Se davvero deve succedere,ti ucciderò io con le mie stesse mani" disse stringendo la pistola che aveva nella tasca destra dei pantaloni.
Giunto nei sotterranei del palazzo,scese fino a quella gelida prigione.
"Svegliati",gridò con tono aspro alla guardia che si era addormentata. "Consegnami subito la chiave lurido verme." Spalancò poi la porta polverosa e trasalì,attanagliato dal freddo e dall'umidità di quel posto lugubre.
Osservò quel corpo rannicchiato sotto il lenzuolo stracciato ed un'ira sempre più intensa lo pervase.
Chiuse gli occhi per un breve istante,pensando a quando lo conobbe per la prima volta,quello sguardo dolce,ma deciso nel rifiutarlo,le sevizie,gli abusi sessuali,la droga di cui l'aveva reso chiavo.
"Cosa ti sta succedendo Cain",disse Irwin sul punto di impazzire. "Non puoi fare così",continuò serrando i denti.
Si avvicinò poi lentamente,provando a poggiare le sue labbra su quelle del ragazzo,accarezzandogli il petto con la sua mano dalle lunghe dita bianche,ma il prigioniero si alzò di scatto.
"O con me o senza di me" disse il nobile fuori di se,puntando la pistola al volto del ragazzo che tanto desiderava,guardandolo profondamente.
Ma il giovane non abbassò lo sguardo,come era solito fare,anzi continuava a fissarlo in tono di sfida.
Il nipote del Duca osservò allora meglio quella figura davanti a se,era più alta,più muscolosa,i capelli leggermente più scuri. "Non sei Cain,maledetto! Chi diavolo sei? "disse sul punto di svenire. "Mostrami i segni che hai sul braccio,mostrameli ti ho detto",urlò.
In quel frangente Abel gli si gettò addosso,nel disperato tentativo di disarmarlo,ma,durante la colluttazione,partì accidentalmente un colpo.
Il suo sguardo si pietrificò,l'atto finale della depravata vita di Irwin Dangering si era consumato in quella prigione desolata,condannando a morte un uomo.

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Note: facendo riferimento al manga,Irwin è nipote del Duca Dangering,non il figlio e nella parte finale Abel invece di liberare Arthur si sostituisce a lui.



 

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Capitolo 6
*** Letto-Jessica ***




Letto-Jessica
one shot

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Era una giornata serena,il sole era alto nel cielo,navi partivano ed  arrivavano,nell'affollato porto di Sydney.
"Sono bella,bellissima",sussurrava la ragazza dai lunghi capelli neri,mentre osservava il suo volto nel grande specchio della sua stanza,sistemandosi il fiocco rosso che tanto amava indossare.
"Tanti uomini mi desiderano",disse allacciando il gancio della collana che le aveva regalato suo padre,capitano di bordo,morto molti anni prima in un naufragio.
"Solo per te sembro essere invisibile amore mio."
Osservò poi quel letto dalle lenzuola disfatte."Un'altra notte è passata",sussurrò,mentre un senso di disgusto la pervase,forti braccia nerborute dalla pelle avvizzita dal sole,di uomini di cui non ci si poteva mai fidare,la avevano ancora posseduta fino all'alba,per poi andare a lavorare alla locanda sino a tarda sera,fra schiamazzi e donne di malaffare,questa era la sua vita da sempre.
Infilò le scarpe dal tacco alto e si diresse alla finestra,aprendola,respirando a pieni polmoni quell'aria salmastra che penetrava dalle narici,osservando i gabbiani volare liberi nel cielo.
"Ti amo Abel,ti amo disperatamente",disse Jessica,mentre il suo sguardo si perdeva fra le onde dell'oceano.
Era quello il nome del bellissimo ragazzo dai ribelli capelli scuri,enigmatico e misterioso,che le aveva rapito il cuore.
"Ti prego,ritorna da me",mormorò sfiorando la collana poggiata sul suo seno prosperoso,mentre i ricordi cominciavano a riaffiorare uno ad uno nella sua mente,come il loro primo incontro al porto.
Quel giorno,che ormai sembrava essere lontano,cavalcò con orgoglio,nonostante non ne fosse capace,il cavallo di quello che per lei era all'inizio solamente un bamboccio,un nuovo divertimento. "Così vuoi diventare capitano"gli aveva detto lei con fare sicuro,deridendolo,mentre il giovane beveva un bicchiere dopo l'altro,fino a svenire. Fu quella la prima volta che lo portò nel suo letto,quella la prima volta che un uomo si distendeva su di esso senza avere un rapporto sessuale.
Ricordò poi la volta che andò a prendere il suo Abel al porto,dopo essersi imbarcato. Fu in quell'occasione che vide la sua rivale dai lunghi capelli dorati e dai profondi occhi verdi,una bellezza abbagliante,pulita.
"Georgie,che tu sia maledetta!",disse Jessica digrignando i denti. "Abel,non hai mai guardato me come guardi lei,non mi hai mai sorriso con quella dolcezza con cui sorridi a lei. Sei solamente uno sciocco,sei forte,coraggioso,un vero uomo e molte donne al porto vorrebbero averti,ma per te esiste solamente quella ragazzina. Non è nemmeno la tua vera sorella,me lo ha detto Kenny,un mio vecchio amante. Senza di lui non avrei mai saputo la verità,bastardo!"
Ripensò poi a quando finalmente fecero l'amore. "È figlia di un deportato,è figlia di un deportato",aveva gridato il ragazzo quella sera tempestosa,sconvolto per la rivelazione della madre,irrompendo nella locanda e bevendo fino a stordirsi.
La ragazza sospirò ricordando a quando la prese con la forza,la forza della disperazione,distesi su quelle lenzuola. I baci di Abel erano roventi come quelli di nessun altro,mentre nel frattempo,poco lontano da lì,Lowell e Georgie si scambiavano dei baci delicati in una grotta,in preda al primo amore.
"Ti amo Abel",disse Jessica dopo aver goduto del suo corpo per ore,con tutta la passione di cui era capace,fin quando a notte fonda si trovò scalza sotto la pioggia battente ad inseguirlo,piangendo lacrime amare.
"Non provo niente per te Jessica,addio",disse solamente il giovane. La ragazza riaprì in quel frangente i suoi occhi neri,quelle parole continuavano a martellare le sue tempie,portandola alla follia.
"Non può essere vero",sussurrò "quelle mani sicure,quel petto muscoloso,quella bocca soffice,quegli occhi penetranti,sai come amare una donna,posso ben dirlo,eppure ne ami solamente una,tua sorella adottiva,una sgualdrina!".
"Non può finire così",imprecò avvicinandosi al letto,sedendosi.
Tempo dopo,un giorno che sembrava essere come un altro,mentre saliva nella sua stanza dopo aver lavorato,sorrise beffarda,perchè forse per una volta il destino sembrava essere dalla sua parte,almeno così pensava. Aveva incontrato per caso Georgie al porto,travestita da ragazzo,in partenza per l'Inghilterra e di nuovo Kenny,non poteva fare incontro migliore."Questo è un anticipo ed il resto al tuo ritorno,uccidi Georgie senza alcuna pietà",disse Jessica con tono autoritario al marinaio,sbattendo sulle sue grandi mani un sacchetto pieno di monete.
"Sarà fatto",mormorò l'uomo. "Allora ragazzo,preparati a lavorare duramente",disse poì rivolgendosi a Georgie,mentre salivano sulla nave.
Nel frattempo Abel era giunto al porto trafelato,con il fratello "Ti inseguirò anche in capo al mondo,ti troverò ovunque andrai Georgie",urlava distrutto,guardando la nave con la ragazza che amava allontanarsi.
"Abel,quella ragazza non ti ama,altrimenti non sarebbe mai partita e per giunta senza dirti niente",disse Jessica,ma il giovane sembrava non ascoltarla,quella fu l'ultima volta che lo vide.
"Ti sistemerò io Georgie",continuava a ripetere la ragazza dai capelli neri qualche tempo dopo nella sua stanza,sorridendo soddisfatta,toccandosi le labbra con un dito,"è solo questione di tempo."
Ma passarono giorni,mesi,ogni mattina si alzava speranzosa da quel letto,porto sicuro della sua vita dissoluta,in vestaglia,i capelli disordinati,la bottiglia in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Era immersa in un tempo che sembrava ormai indefinito. "Morirai Georgie,lo so che morirai ed Abel sarà finalmente mio",continuava a ripetere,giorno dopo giorno.
Aspettava Jessica,continuava ad aspettare,pregustando la sua vendetta,quella notizia che non sarebbe mai arrivata.

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Capitolo 7
*** Dipinto-Conte Gerald ***




Dipinto-Conte Gerald
One shot


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Un tardo pomeriggio,nella nebbiosa Londra,per le strade caotiche del centro venditori ambulanti gridavano offrendo i loro prodotti,percorrendole avanti ed indietro,mentre carrozze signorili procedevano di continuo a gran velocità.
Non poco lontano da lì nel frattempo,in un maniero in decadenza,un uomo avvolto in un voluminoso mantello scuro spingeva un portone dissestato,dalle cerniere arrugginite.
"Non mi segue nessuno",sussurrò guardandosi intorno sospettoso,poco prima di entrare dentro,osservando le piante incolte del giardino,con occhi velati di malinconia.
Appena all'interno,un tanfo di chiuso lo pervase ed iniziò a tossire fortemente,come accerchiato da quelle mura umide ed ammuffite.
La testa iniziò a girargli,ma iniziò lo stesso a salire con prudenza quelle scale scricchiolanti,sino a quello che una volta doveva essere il salone.
Si diresse poi al tavolino dove soleva bere il suo whisky preferito e,fra la polvere e le ragnatele,prese fra le mani un piccolo dipinto dalla cornice dorata,dove una bellissima donna dai lunghi capelli biondi teneva in braccio una bambina dalle gote rosa.
"Sophie,Georgie",disse il Conte Gerald,sospirando.
Si guardò intorno desolato,i tendaggi erano consunti,i pregiati mobili di legno mangiati dai tarli.
Era un bell'uomo Fritz,dai capelli castano chiaro,che un tempo portava lunghi sulle spalle e dai baffi sottili che ne incorniciavano l'amaro sorriso,ma per lui non esisteva nessun'altra donna,all'infuori della sua Sophie.
L'aveva conosciuta una sera invernale molti anni prima a casa di un comune amico aristocratico,nella vicina campagna inglese ed i suoi modi gentili e delicati lo avevano conquistato da subito.
Una triste dolcezza pervase il Conte in quel momento,mentre si abbandonava a quei pensieri,non aveva più niente e nessuno,se non pochissimi amici fidati.
"Devo andare via da qui,devo lasciare Londra oggi stesso. Quell'uomo è troppo potente ed i suoi uomini mi sono addosso",mormorò increspando le labbra in una smorfia,mentre continuava a stringere quella piccola tela tra le mani,con occhi umidi.
"Fritz,guarda Georgie come sorride",sembrava sussurrargli Sophie,con le sue labbra ben delineate,dal grande quadro appoggiato alla finestra dai vetri in frantumi,che aveva dipinto il giorno del suo compleanno,cercando di catturare ogni sfumatura dei capelli aurei della moglie,mescolando le varie tonalità di giallo sulla tavolozza.
Volse poi lo sguardo a quel vestito rosa sdrucito,poggiato su un bracciolo del divano usurato,che Sophie aveva indossato il giorno prima dell'arresto,quando erano andati a fare acquisti tutti e tre insieme.
"Sophie cara,Georgie,quanto avete sofferto in quel campo di lavori forzati così lontano,in Australia. Tutto questo solamente per colpa mia,per la mia ostinazione,per le mie idee politiche e per il mio desiderio di giustizia. Fui persino accusato di essere l'attentatore alla vita della nostra amata Regina Vittoria.
Perdonatemi per avervi condannate all'infelicità,ma non potrò mai perdonare me stesso per quello che vi ho fatto",disse soffocato dai ricordi,non riuscendo quasi più a respirare.
"Fratello mio,anche tu mi hai lasciato solo morendo in mare,cosa devo fare?",disse il Conte Gerald rannicchiandosi su se stesso,piangendo. "Ogni mio tentativo è fallito e vogliono farmi fuori,ma non posso,non devo arrendermi. Georgie,bambina mia,come sarai diventata adesso,e se fossi morta?",bisbigliò l'uomo disperato,portandosi le mani al volto,dopo aver guardato nuovamente il grande quadro che anche Lowell ed Elisa avevano tanto ammirato da bambini.
"Lowell mi sento strana",disse nel frattempo Georgie,proprio in quel momento,mentre passava con il suo amato davanti quel vecchio palazzo. "Così questa era la mia tenuta?",continuò la ragazza,pervasa da una profonda tristezza".
"Si Georgie",rispose solamente Lowell.
"Ti prego fermiamoci,voglio vedere anche l'interno",continuò la ragazza agitata.
" No,non possiamo",rispose il giovane trattenendola per un braccio. "é troppo pericoloso,abbiamo gli uomini di Dangering alle calcagna."
"Qui vivevo con mio padre e mia madre",sussurrò Georgie annuendo ripetendolo più volte,poggiando una mano sul cuore.
In quel frangente il Conte trasalì,si sentiva improvvisamente inquieto,una voce interiore sembrava lo stesse chiamando.
"Devo uscire da qui",disse,come in preda alle allucinazioni. Si asciugò così gli occhi e prese la borsa di pelle con le sue poche cose,dirigendosi fuori.
"Dolci ricordi,chissà se ritornerete un giorno",sussurrò Gerald mentre percorreva il giardino,stringendo al petto sempre più forte quel dipinto,che emanava un calore indescrivibile.
Guardò poi una carrozza procedere rapidamente dal lato opposto della strada e ne prese anche lui una a sua volta,coprendosi il volto col mantello e si sedette stremato sul sedile di velluto,mentre si stava facendo sera.
"Dove andiamo signore?",chiese il cocchiere,un uomo robusto di mezza età
"Lontano da qui,il più lontano possibile",rispose solamente l'uomo con un filo di voce.
Scappava il Conte Gerald,mentre i cavalli correvano spediti,scappava dalla malvagità del Duca Dangering,dai dolorosi ricordi di quel luogo,ma soprattutto da se stesso e dalla sua anima tormentata,che lentamente lo stava distruggendo.

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Note:nell'anime il Conte Gerald ha i baffi ed i capelli corti,nel manga ha i capelli più lunghi senza baffi. Nel manga si vede davvero il Conte Gerald dipingere.

 

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Capitolo 8
*** Nave-Abel jr ***




Nave-Abel jr
One shot


*********

"Abbi cura di te,torna presto,ti aspetteremo qui",gridavano delle voci dalla terraferma,disperdendosi confuse fra le onde dell'oceano.
"Grazie amici,grazie di tutto,non vi dimenticherò mai",sussurrò la ragazza dai lunghi capelli biondi,affacciata alla balaustra della grande nave che man mano si stava allontanando dalla banchina,tenendo in braccio un bambino dai folti capelli scuri,che agitava contento una mano paffuta.
Emma,Dick,Catherine ed i suoi genitori,Joy,il signor Allen,il conte Wilson ed il suo adorato padre,erano tutti al porto per salutarla,in occasione del viaggio inaugurale della nave Lady Georgie,dall'Inghilterra verso l'Australia.
"Mamma è bellissimo qui",disse il piccolo raggiante,facendo un gran sorriso alla ragazza.
"Si amore",rispose Georgie tenendolo per mano,mentre si dirigevano di nuovo fuori,dopo aver sistemato i bagagli nei loro alloggi. Si sedettero poi su di una panchina,con il bambino che non riusciva a stare fermo ed a smettere di parlare,mentre la brezza marina solleticava i boccoli dorati della giovane.
"La mia Australia",sussurrò Georgie,osservando quel panorama sconfinato dinanzi a lei,mentre la nave procedeva spedita.
"Mamma,mamma guarda",disse in quell'istante il bambino,indicando in alto con un dito della sua mano minuta "cos'è quello?"
"Un gabbiano tesoro",rispose la ragazza "e vedrai quanti begli animali ci sono in Australia,"continuò mentre il bambino la ascoltava sbalordito,con la bocca leggermente aperta.
La giovane aveva lasciato Londra con il suo piccolo Abel jr,per far ritorno nella terra che l'aveva accolta,dove era cresciuta. Il suo cuore era colmo di gioia all'idea che suo figlio avrebbe finalmente conosciuto il luogo dove suo padre e sua madre erano vissuti felici.
"Così piccolo,eppure già una vita così avventurosa",mormorò Georgie sistemandogli il suo cappellino preferito sulla testa,mentre si era addormentato sul suo grembo.
Era così Abel jr,vivace ma dolce,proprio come suo padre.
Ogni volta che guardava quegli occhi,pensava Georgie giocando con le ciocche ribelli del bambino,rivedeva quelli dell'uomo che amava e che aveva scoperto di amare troppo tardi.
"Abel",mormorò la ragazza dallo sguardo velato di malinconia,pensando all'uomo che le era stato sempre vicino proteggendola da qualunque pericolo. Non voleva ricordare,ma,cullata dalle onde dell'oceno,i ricordi riaffioravano spontanei nella sua mente,ad uno ad uno.
Ripensò a come i suoi sentimenti erano cambiati giorno dopo giorno,dopo aver lasciato Lowell ad Elisa. Un qualcosa che esisteva da sempre,ma che non aveva mai voluto vedere,come quel bacio a casa dello zio Kevin,così diverso da quelli delicati di Lowell.
Ricordò quando,nonostante avesse respinto il suo amore,Abel le era stato sempre accanto,vegliando su di lei in disparte,anche nelle situazioni più pericolose,come la fuga da Dangering. Non riusciva e non poteva dimenticarlo,come non poteva dimenticare la prima ed unica volta che fecero l'amore,in quella cella gelida,grazie all'aiuto della dolce Maria. Alla visione del ragazzo che amava,vestito di stracci ed incatenato al muro,si era accorta di quanto lo volesse con tutta se stessa,di quanto avesse sempre desiderato affondare le sue  mani in quei capelli corvini,baciare quelle labbra morbide,accostare il suo seno a quel  torace muscoloso,accarezzare quelle ampie spalle. Era davvero quello l'amore?
"Amore mio",sussurrò cercando di allontanare quei pensieri,guardando il volto sereno di suo figlio,accarezzandogi una guancia. Non voleva pensare più a niente Georgie,ma i ricordi continuavano a tormentarla,gli sforzi per salvare Abel e quegli spari che le avevavano assordato il cervello.
"Abel,aspetto un figlio da te",aveva fatto solamente in tempo a dire al ragazzo morente,martoriato dai colpi di quell'arma da fuoco.
Quel giorno era ancora vivido dentro di lei,le urla,il dolore profondo e poi l'apatia in quel letto,culla della sua sofferenza.
"Arthur,Abel,mi avete lasciata sola",ripeteva solamente non mangiando e non dormendo più,bagnando di lacrime quel cuscino,sotto lo sguardo afflitto del padre.
Ma quella piccola creatura,che cresceva dentro di lei giorno dopo giorno,le aveva dato la forza di vivere,anche se molte volte avrebbe desiderato solamente morire.
"Mamma",bisbigliò nel frattempo il bambino nel sonno,girando la testa,ridestandola da quei dolorosi pensieri,come se reclamasse attenzioni. Georgie lo strinse allora ancora di più al suo grembo."Mamma",ripetè poi di nuovo il bambino intorpidito,aprendo gli occhi lentamente,sorridendole.
Le sorrideva come ogni volta che guardava quel quadro regalo del nonno Fritz,cui era tanto affezionato,che ritraeva il padre,il giorno che venne alla luce.
"Cresce ogni giorno di più,sano e forte",sussurrò Georgie guardando il figlio con occhi luminosi,pensando a quando aveva imparato a camminare,a quanto tutti lo avessero vezzeggiato e coccolato sin da subito. Emma che gli aveva cucito dei bellissimi vestitini marinari,Catherine e Joy che se lo contendevano.
"Da grande disegnerò anch'io le barche,come papà che ha disegnato questa",disse il piccolo in quell'istante con orgoglio alla madre commossa. Ripeteva spesso quelle parole,la ragazza gli aveva raccontato più volte di quando suo padre si era imbarcato per la prima volta al porto di Sydney ed ogni volta era come fosse la prima.
"Abel,perchè mi hai lasciata,perchè ci hai lasciati?",mormorò Georgie sospirando. "Volevi la felicità mia e di Arthur,ci hai sempre protetti,ma avevi promesso,avevi promesso."
"Mamma,sei triste"disse in quel momento il bambino preoccupato,toccandole un braccio con la sua piccola mano.
"No amore mio",rispose Georgie trattenendo a forza le lacrime,il suo cuore sanguinava ma provava anche una sensazione diversa,particolare. Il richiamo dell'Australia diventava sempre pù forte,istante dopo istante,ma non riusciva a comprenderne il motivo.
"Crescerai qui bambino mio,nel paese della mia infanzia",pensò guardando Abel jr teneramente.
Procedeva fiera nel frattempo la maestosa Lady Georgie,solcando le onde impetuose del mare,durante quella lunga traversata.
Il cielo era sereno e Georgie,riprendendo in braccio il suo bambino,volse lo sguardo in alto ed un improvviso tepore la pervase.
Sorrideva Abel da lassù,la sua nave stava portando la donna che amava più di ogni altra cosa e suo figlio verso una nuova vita,verso un futuro pieno di gioia e di speranza.

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Capitolo 9
*** Lametta-Maria ***




Lametta-Maria
One shot


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"Così si chiama Cain e vive con te nella tenuta di tuo zio",disse una sofisticata ragazza dai capelli rossi un sereno pomeriggio,sorseggiando una tazza di tè nel lussuoso salotto del Duca Dangering.
"Si Sarah,mio fratello mi prende sempre in giro,per lui è come fossimo già sposati",rispose Maria Dangering,la nipote del potente aristcratico londinese.
"Dicono sia un nobile di campagna",contiuò la prima prendendo con la sua mano delicata un biscotto alla vaniglia da un vassoio decorato "e che sia stato adottato dal Duca in persona."
"Si e tutti gli vogliamo bene",replicò di nuovo la seconda.
"Allora ce lo presenterai al ballo reale,vero Maria?,disse un'altra ragazza dai fluenti boccoli neri.
"Certo mia cara Jane",rispose gentilmente la giovane Dangering.
Mentre le fanciulle continuavano a conversare amabilmente,un giovane dai tristi occhi chiari guardava il mondo dietro le sbarre di una finestra,rinchiuso in una torre,quella era la sua vita da tempo ormai.
"A Cain piacerà più questo fermaglio con le perle o questi nastri?",si chiese Maria quella sera,guardandosi allo specchio sorridendo compiaciuta,poco prima di partecipare all'evento che attendeva da tanto.
"Cain te lo ripeto,vedi di comportarti bene,ti terremo d'occhio di continuo,sei il fidanzato di Maria e non puoi non partecipare",imprecava nel frattempo un ragazzo dai capelli lunghi,sistemandosi i polsi della preziosa camicia. "E voi non perdetelo d'occhio nemmeno per un istante",ordinò agli uomini dallo sguardo poco raccomandabile che erano con lui.
Alle ore venti in punto la grande sala del palazzo del Duca Dangering,dove si tenevano i ricevimenti ufficiali,inziò piano piano ad affollarsi,carrozze continuavano ad arrivare nel grande giardino e fra i nobili,tutti elegantemente vestiti,alcuni danzavano con aggraziate movenze,altri conversavano riuniti in piccoli gruppi,mentre altri ancora sorseggiavano dai calici di vetro i pregiati vini che il Duca sceglieva personalmente,sotto lo sguardo della Regina.
Maria era molto bella quella sera,un sarto era venuto apposta nella residenza signorile dei Dangering per gli ultimi ritocchi del vestito che aveva scelto con cura ed i boccoli le scendevano morbidi sulle spalle,in una accurata acconciatura.
"Cain non devi allontanarti da solo,non stai ancora bene",disse la ragazza vedendo il giovane rientrare dalla terrazza,sotto lo sguardo divertito del fratello,sempre al loro fianco.
"Così questo è Cain",esclamarono le amiche di Maria raggiungendoli,osservando il ragazzo con curiosità. La giovane Dangering lo presentò a tutti come il suo fidanzato,ma a volte avvertiva una strana sensazione nel pronunciare quella parola,essendo rare le volte in cui potevano stare soli. La serata trascorse piacevolmente e la ragazza continuava a parlare con le altre nobili,osservando il suo Cain ballare al centro della sala con Georgie,una fanciulla bionda che aveva appena conosciuto.
"Portatelo via immediatamente,nessuno deve vederlo in queste condizioni",disse poco dopo Irwin ai suoi uomini dietro una colonna,dopo aver inseguito Arthur  dolorante per tutta la grande sala,mentre la sorella continuava a conversare.
"Perchè lo tengono sempre nascosto",pensò come tante altre volte Maria, quando tutti ormai erano andati via a notte fonda,prima di addormentarsi nel suo letto a baldacchino. "Perchè per stare con lui devo sempre chiedere il permesso a mio fratello,perchè quegli uomini ci seguono sempre?" Quegli individui erano la loro ombra,sempre presenti anche alle riunioni familiari,come quella volta in cui Elisa aveva affermato perfidamente che era molto strano che Cain non fosse stato presentato ufficialmente. Nel ripensare a quelle parole Maria comprese ancor di più che qualcosa non  andava.
"Devi partecipare a quel ricevimento Cain,Maria è stata invitata al compleanno della sua migliore amica per la prossima settimana",disse Irwin con tono autoritario.
"Non voglio,non voglio più recitare questa parte",rispose Arthur prendendosi la testa fra le mani,scuotendola.
"Maria ti ama stupido!" imprecò il nobile schiaffeggiandolo. "Ti vuole ed anch'io ti desidero",continuò accarezzandolo.
"Meglio morire che essere umiliati in questo modo riprovevole",sussurrò il giovane con gli occhi pieni di lacrime,mentre Maria era intenta a scegliere nel suo ricco guardaroba il vestito più grazioso,per quelle poche occasioni che era loro permesso uscire da soli.
"Cain,quando finalmente saremo sposati avremo del tempo tutto per noi,senza mio fratello che ci controlli sempre",mormorò la ragazza con aria sognante,mentre provava un abito color lavanda."Prenderemo casa fuori Londra,in campagna,dove potrai respirare aria pura ed io imparerò anche a cucinare".
Ancora immersa in quei pensieri scese poi la grande scalinata,fino ad uscire fuori,andando incontro a Cain che la stava aspettando accanto ad Irwin.
"Divertitevi",disse il fratello sogghignando,guardando i due giovani camminare verso la carrozza,quando all'improvviso scorsero dei cavalli scalpitanti,come fossero usciti dal nulla,che correvano imbizzarriti dirigendosi verso di loro.
"Ci vengono addosso,ci vengono addosso",urlarono gli sgherri del Duca.
"Aiuto,aiuto",urlò Maria terrorizzata,un gran trambusto li travolse rimanendo tutti fortunatamente illesi e poi lo sparo,mentre un ragazzo sul cavallo fuggiva gridando ed un altro colpo ancora.
"Cain",gridò Maria accorata asciugando con il suo fazzoletto di seta il sangue che sgorgava dal volto del ragazzo. "Amore mio stai bene,dovresti comportarti meglio",continuò ancora,non comprendendo però il motivo per il quale pronunciò davvero quelle parole.
"Se provi un'altra volta a fuggire sei morto",disse Irwin alterato.
Maria non capiva,il fratello in quel frangente sembrava essere un'altra persona,come se celasse la sua vera natura.
La ragazza cercava di non pensare,di rimuovere i brutti pensieri,ma troppe cose erano oscure,come quando quegli uomini sinistri nel corridoio vicino la sua stanza avevano parlottato riguardo l'accento australiano di Cain.
"Cain,allora vuoi parlare! Chi era quel ragazzo? O vuoi assaggiare ancora la mia frusta!",disse con crudeltà Irwin durante uno dei soliti abusi che ormai stavano diventando sempre più frequenti. "Ma come sei sfortunato,se non ti fossi trovato in quel posto quella volta ora non saresti nostro prigioniero. Ringrazia solamente che io e mia sorella proviamo affetto per te,altrimenti saresti già morto",continuò mettendogli una mano sulla gamba.
"Non toccarmi",gridò Arthur esasperato.
"Raddoppiate la dose",disse allora Irwin duramente ai suoi scagnozzi.
"Non riuscirò mai ad uscire di qui,voglio farla finita,la mia vita vita non ha più senso",pensò Arthur distrutto,soffocando il viso sul cuscino.
Al pronunciare quelle parole soffocate,Maria,che in quel momento stava leggendo un libro per distrarsi,percepì un forte peso al cuore,come un macigno.  Desiderava tanto incontrarlo,ma dopo quel giorno in cui rischiarono di essere travolti da quegli animali,non glielo avevano più permesso,le dicevano solamente che il ragazzo doveva riposare.
"Voglio vederti Cain,non ce la faccio più",affermò Maria con decisione chiudendo quelle pagine noiose. Per una volta voleva agire di testa sua e si diresse silenziosamente da lui,camminando a piccoli passi per quei lunghi corridoi. Ma quando incontrò quegli occhi allucinati e scorse quegli orribili segni sulle braccia,si mise una mano sulla bocca come per reprimere il suo dolore e per poco non ebbe un mancamento.
"Maria,cosa ci fai qui? Stupida ti avevo detto di non venire a trovarlo!",gridò Irwin adirato. "Cain è malato."
"Ti prego fratello,dimmi qual è la sua malattia,chiamiamo un dottore,non posso vederlo ridotto così",disse la ragazza supplicandolo.
"Maledizione!",bisbigliò il nobile mordendosi il labbro inferiore,assecondandola nel tentativo di calmarla.
Sempre grazie alla ragazza poi il Duca Dangering e suo nipote acconsentirono affinchè Cain trascorresse quotidianamente alcune ore in giardino,mentre Maria raccoglieva spesso dei fiori,porgendoli al ragazzo ormai del tutto apatico.
"Cain perchè fai così?'",gli chiedeva lei dolcemente,ma lui si limitava solamente a sorriderle.
Maria si illudeva che tutto andasse bene,fino a quando un pomeriggio,mentre stava indossando uno dei suoi cappelli più belli pronta per uscire con Cain,che sembrava essersi ristabilito,accadde un evento terribile.
Giunta davanti al bagno per vedere se il ragazzo fosse pronto,vide la porta aperta ed Irwin dentro impietrito. Arthur era accasciato vicino alla vasca da bagno,con una mano nell'acqua mischiata al suo sangue ed una lametta cremisi per terra,vicino alle sue ginocchia, Alla vista di quell'oggetto Maria urlò e poi svenne.
"Dobbiamo farlo chiudere nel sotterraneo",disse poi aspro il Duca Dangering a suo nipote,fumando un sigaro nervosamente e continuando a camminare avanti ed indietro nel suo studio ."Bisogna evitare in tutti i modi un suicidio pubblico,se si venisse a sapere una cosa del genere si inizierebbe a sospettare di noi. Non deve arrivare nemmeno una parola alle orecchie della Regina."
"Si zio,provvederò io",rispose Irwin.
"Dove volete portarmi,lasciatemi stare",gridò Arthur in seguito mentre gli uomini di Dangerig lo spingevano a forza giù per le scale.
"Dove lo state portando,è disumano rinchiuderlo in prigione",urlava Maria inseguendoli. "Non potete farlo!"
"Vattene Maria,tuo zio ti ha proibito di scendere quaggiù",disse Irwin seccato.
"Che cosa volete fargli",continuava Maria afflitta.
"Sorella dimenticalo,Cain ha una malattia mortale,torna immediatamente di sopra",replicò il ragazzo facendo un cenno ai suoi uomini.
"Aprite,aprite questa dannata porta,fatemi uscire di qui",gridava intanto Arthur bussando su quel legno duro,mentre gi uomini portavano via la ragazza.
"Cain,Cain",continuava a gridare Maria per tutto il palazzo ed a quelle urla continue gli sgherri di Dangering furono costretti a metterle un mano sulla bocca,spingendola poi fino alla porta della sua stanza,gettandola sul letto.
"Ci scusi signorina,sono gli ordini di suo fratello",disse uno di quegli uomini, con una vistosa cicatrice sulla guancia,chiudendola a chiave.
"Cain,chi sei veramente,perchè ti trattano come un prigioniero,nessuno vuole dirmi la verità",mormorò Maria piangendo su quelle lenzuola.
"Perchè ti hanno rinchiuso nei sotterranei,dicono che devi essere isolato ma sento che mio zio e mio fratello mi stanno nascondendo qualcosa. Amore mio,perchè hai tentato il suicidio con quella lametta?",sussurrò la ragazza in stato confusionale,non riuscendo a levarsi dalla testa quell'orribile scena. "Cosa ti ha davvero spinto a fare una cosa simile?"
Continuava a piangere disperata Maria,vittima di un amore puro e sincero e delle spaventose trame di Irwin e del Duca Dangering,fino a non avere più lacrime,pensando a quanto sarebbe stata felice insieme al suo amato Cain.

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Capitolo 10
*** Cavallo-Becky ***


 

Cavallo-Becky
One shot


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"Così vuoi andare a fare un giro da sola a cavallo",disse una mattina assolata un robusto uomo con i baffi,mentre faceva colazione.
"Si papà,voglio fare una lunga cavalcata",rispose la ragazza dai lunghi capelli castano chiari e dai grandi occhi azzurri seduta a tavola con lui,mentre riprendeva una cameriera con un cenno della mano,sorseggiando una bevanda fumante.
"Va bene ma non fare troppo tardi",replicò bonariamente il padre,mentre continuavano a mangiare.
"A dopo papà",disse poi la ragazza rivolgendosi al padre che si stava ancora servendo su quella tavola imbandita,dirigendosi fuori a passo spedito sino alla stalla.
"Ciao Fulmine",esclamò la ragazza accarezzando un maestoso cavallo bianco. "Allora Charles,è pronto il mio cavallo?",ordinò rivolgendosi allo stalliere.
"Certamente signorina",rispose solamente l'uomo guardandola montare l'animale con sicurezza ed allontanarsi man mano sempre più velocemente.
Ogni volta che era in sella a quel cavallo,che le aveva regalato il suo amato padre,si sentiva serena e libera da ogni pensiero negativo.
"Sei diventata bravissima a cavalcare Georgie",disse nel frattempo Arthur non poco distante da lì,mentre assaporava un delizioso panino preparato dalla ragazza,seduto su di un prato insieme ad Abel.
"Grazie fratellino",rispose Georgie sorridendo "Guardate che bei fiori,voglio raccoglierli per la mamma",continuò poi correndo entusiasta sotto lo sguardo dei due ragazzi.
"Se Georgie sapesse la verità,a volte sono proprio tentato di dirglielo",sussurrò Abel amareggiato.
"Non pensarci nemmeno",rispose il fratello.
"Arthur,io...",disse l'altro ma non fece in tempo a pronunciare quelle parole che udirono proprio in quell'istante delle accorate grida femminili.
"Aiuto,qualcuno mi aiuti",urlava terrorizzata la ragazza dal cavallo bianco,che correva all'impazzata per i prati australiani.
"Devo aiutarla!",mormorò Abel senza riflettere nemmeno per un secondo,raggiungendola poco dopo in sella al suo cavallo,balzando impetuosamente sull'altro imbizzarrito tenendolo con foza per le briglie,fino a cadere per terra,proteggendo la ragazza dall'urto con le sue braccia.
"Ti sei fatta male?",le disse poi il giovane preoccupato,ma quando la ragazza si girò lentamente mostrando quel volto dai lineamenti aggraziati,ne rimase abbagliato.
"Riportami a casa",esclamò lei solamente con tono pretenzioso,scostandosi con una mano i capelli lisci.
Abel non aveva mai visto una ragazza così elegante,era in perfetta tenuta da cavallerizza,il nastro rosso che ne decorava la fluente chioma riprendeva il colore della giacca,mentre dei preziosi guanti bianchi proteggevano le sue mani delicate.
"Ti sei fatta male,stai bene?",chiese anche Georgie accorrendo pochi istanti dopo con Arthur,ma la ragazza dai capelli castani fece solamente un cenno altezzoso alla vista di quella fanciulla sorridente.
"Allora vuoi riaccompagnarmi a casa?",disse di nuovo con  tono brusco ad Abel che si limitò solamente ad annuire,ignorando gli altri due.
Il ragazzo si sentiva stordito dal profumo dei lunghi capelli della ragazza,cavalcando sino alla sua grande tenuta,dall'insegna Clarke. Molte bestie pascolavano in quei campi sconfinati,sotto lo sguardo meravigliato dei tre fratelli,fino a giungere davanti la grande villa di campagna della ricca ragazza,quando voleva riposarsi col padre dalla vita frenetica che conducevano a Sydney.
"Allora sei qui",disse la giovane Clarke adirata,scorgendo il suo cavallo."Ora ti faccio vedere io",continuò iniziandolo a frustare sotto gli occhi della servitù e dei tre ragazzi.
"Fermati subito",gridò Abel irritato,togliendole di mano il frustino con decisione. "Non si trattano così gli animali."
"Questo cavallo merita una lezione per quel che ha fatto,vuoi forse dirmi tu cosa devo fare?",rispose la giovane digrignando i denti,nessuno aveva mai osato trattarla in quel modo.
"Bravo ragazzo",disse in quel momento un uomo dalla voce profonda,camminando verso di loro. "Sei il primo che é riuscito a domare la mia Becky,nessuno ci era mai riuscito fino ad ora".
"Papà,questo ragazzo mi ha salvato la vita",mormorò la fanciulla dopo essersi calmata.
"Bene,venite dentro,siete miei ospiti",li invitò cortesemente l'uomo,facendo loro strada.
"Voi potete anche andare via",disse Becky prendendo Abel sottobraccio,portandolo in casa,sotto lo sguardo attonito di Georgie ed Arthur.
"Quella ragazza non mi piace,"esclamò poi la giovane Clarke con fare sicuro,nel gran salone al piano di sopra,vicino ad una finestra.
"Non parlare male di mia sorella",sbottò il ragazzo alzandosi da quel morbido divano.
"Senti Abel,il rapporto con tua sorella è molto strano,me ne sono accorta da subito,sembra quasi la tua fidanzata",continuò la fanciulla sospettosa. " Mi dici quale ragazza può prendere in considerazione uno che sta sempre con sua sorella?"
"Ti separerò da lei",sussurò poi Becky guardando fuori dalla finestra,sorridendo beffarda,mentre il ragazzo continuava a rimanere in silenzio.
"Adesso fammi vedere questa ferita,vedrai la curerò subito",esclamò la  ragazza andando verso Abel,posando delicatamente le sue labbra sul braccio muscoloso del ragazzo.
"Non muoverti,ti sto disinfettando",disse  fasciando infine la ferita di quel giovane che sembrava imbambolato.
"Abel",esclamò poi Becky posando la sua testa sulla spalla di quel ragazzo che provocava in lei un'attrazione irresistibile,"perchè non rimani a dormire qui questa notte",continuò  volgendo uno sguardo di sfida a Georgie,che era appena entrata nella stanza con il fratello.
"No Becky,non posso",rispose Abel turbato.
"Non puoi?Cosa vuoi fare,tornare a casa con la tua amata sorellina?",disse Becky adirata,chiudendo a tradimento il ragazzo a chiave. "Vediamo se riesci a tornare a casa",sussurrò scendendo le scale al piano di sotto ridendo,incontrando di nuovo lo sguardo sbigottito di Georgie ed Arthur che erano già usciti dal salone.
"Becky quel ragazzo deve piacerti davvero",disse il  padre,osservando la figlia stringere i pugni nervosamente.
"Non è vero",rispose la ragazza,quando udì un tonfo dal di fuori.
"Abel ti amo",gridò Becky incredula per quella sua improvvisa reazione,affacciata fuori dalla finestra,guardando il ragazzo che si stava allontanando a cavallo con i suoi due fratelli,dopo essersi calato agevolmente.
"Ti prego non andare via,resta con me",continuava a gridare.
"Papà,quel che hai detto è vero,mi sono innamorata di Abel",disse la ragazza affranta,battendo i pugni sul petto del padre.
Da quando la moglie era morta la aveva viziata ancora di più,concededole qualunque cosa per colmare quella carenza. La famiglia Clarke era infatti una delle più potenti a Sydney.
"Abel",continuava a ripetere Becky piangendo nella stalla,rimanendo lì fino ad ora di cena,"troverò il modo di rivederti,non può finire così. "Solo tu puoi capirmi veramente",bisbigliò a quel cavallo bianco che tanto amava,che le aveva regalato suo padre. Cavalcare era una delle sue più grandi passioni,proprio come sua madre.
Nel frattempo quella sera Abel,sdraiato sul suo letto,era più irrequieto del solito,non aveva appetito e non faceva che pensare alle parole accorate che gli aveva gridato Becky mentre andava via.
Sapeva di piacere alle ragazze,anche più grandi,con il suo modo di fare brusco ed impetuoso non sapevano resistergli. Alcune lo fermavano spesso quando andava a fare acquisiti per la madre,altre al porto quando era intento ad osservare le grandi navi che arrivavano e partivano.
"Papà non ho fame",disse in quel frangente Becky,spostando scocciata con una mano il filetto pregiato che le avevano appena servito.
"Sforzati di mangiare qualcosa Becky,è per quel ragazzo vero?",chiese dispiaciuto il padre.
La ragazza annuì.
"Ascoltami ho un'idea,la prossima settimana sarà il tuo compleanno,voglio dare una grande festa in tuo onore ed oltre alle tue amiche potrai invitare Abel ed i suoi fratelli,manderò anche una carrozza a prenderli".
"Davvero?Grazie papà",rispose la ragazza con occhi lucidi.
"Allora quale abito mi sta meglio?"chiese con arroganza la ricca fanciulla giorni dopo alla sua cameriera personale,mentre le porgeva ad uno ad uno nella sua stanza i vestiti che le erano stati mandati dal negozio più alla moda di Sydney.
"Le sta benissimo qualunque cosa signorina",rispose con fare sottomesso la ragazza.
"Sarò belissima Abel,non avrai occhi che per me alla festa,non per quella sciocca di tua sorella. Questo andrà bene",mormorò volteggiando con indosso un prezioso vestito rosa.
"Ora vai",disse bruscamente Becky alla cameriera, "e rimetti tutto in ordine."
La ragazza ripose tutto ordinatamente nelle scatole ed andò via facendo un cenno con la testa,mentra la giovane Clarke si sedette al suo scrittoio  per scrivere con cura la lettera,che arrivò puntale alla famiglia Buttman per mano dello Zio Kevin.
"Stavolta vincerò io Georgie",sussurrò sicura Becky,dopo aver indossato il vestito scelto con tanta cura il giorno della festa,mentre la carrozza che era andata a prendere i tre ragazzi giunse nel grande palazzo di Sydney all'ora prestabilita. Becky era molto nervosa e,nonostante stesse studiando come una perfetta lady in quanto in un futuro prossimo sarebbe andata a studiare in Inghilterra,la sua vera natura era indomita ed orgogliosa.
Un maggiordomo condusse i tre invitati appena arrivati sino alla grande sala della festa,dove la giovane Clarke li attendeva con le sue amiche. Sia Georgie che Becky erano bellissime,la prima nella sua semplicità,la seconda nella sua fastosità.
"Buon compleano Becky",disse Georgie porgendo con gentilezza un bouquet di fiori di campo alla ragazza,che contraccambiò con un sorriso tirato,rendendo da quel momento la ragazza bionda ridicola ed umiliandola in tutti i modi.
"Ragazze guardate come le sta bene questo vestito",esclamò la ragazza dai capelli castano chiaro rivolgendosi alle sue amiche,dopo che erano  state servite pietanze prelibate. "Ma non è di seta,è di cotone",rispose una nobile fanciulla disgustata.
"Cara ma come è stato fatto questo abito?",mormorò allora la giovane Clarke. "Con le mie mani",rispose sorridendo Georgie alla perfida ragazza.
Quando poi Becky rovesciò  di proposito un bicchiere sul vestito della ragazza bionda,Arthur non resistette più a quel triste teatrino.
"Ora basta,Georgie va tutto bene?",esclamò alzandosi da tavola.
"Si,non ti preoccupare",rispose la giovane serenamente.
La festa continuò poi con Becky che mostrò le sue abilità musicali al pianoforte,incontrando sempre i profondi occhi di Abel e continuando a sbeffeggiare Georgie che non conosceva quello strumento.
Ma le risposte gentili della ragazza bionda non fecero che colpire la ricca fanciulla nel suo orgoglio,facendola innervosire sempre di più.
"Adesso basta prendere in giro mia sorella",risbottò di nuovo Arthur in difesa di Georgie,mentre il fratello maggiore continuava a non parlare.
"Balliamo Abel",disse poco dopo Becky scocciata per l'atteggiamento impassibile di Georgie,perchè non era quella la reazione che voleva provocare. Sbuffando si diresse così verso Abel,guidando con grazia e sicurezza il ragazzo visibilmente imbarazzato,stringendosi a lui.
"Ragazze fate assaggiare il pudding a Georgie",esclamò poi Becky infida,pensando che la avrebbe spuntata lei,mentre continuava a danzare conducendo Abel fuori dal palazzo.
"Ora sei tutto per me",sussurrò al ragazzo che continuava a non dire niente. "Abel devi dirmelo,perchè quel giorno sei andato via,perchè sei sempre agli ordini di quella ragazzina?"
"Ti sbagli",le rispose il giovane con un filo di voce,mentre Becky aveva appoggiato la testa sul suo petto.
"Abel tua sorella mi irrita,sento che può disporre totalmente di te",disse Becky con un tono di voce più dolce,in quel giardino fiorito. "Mi comporto  come se fosse una mia rivale,devi provarmi che non è vero,dille di andarsene immediatamente,deciditi",esclamò poi di nuovo adirata.
"Abel,Abel ti prego"gridò in quel momento la voce di Arthur accorata fra le siepi,"ti prego vieni subito,il pudding era pieno di liquore."
"Georgie",sussurrò Abel dopo esser rientrato di corsa nella grande sala,vedendo la ragazza camminare barcollando e ridendo,farfugliando parole confuse,fino a cadere fra le sue braccia appena in tempo.
"Allora Abel,cosa aspetti,dille di andarsene!"esclamò Becky con fare autoritario,mentre le amiche bisisbigliavano fra di loro.
"Ma si Abel rimani pure,porterò io Georgie a casa",disse Arthur davvero arrabbiato,quando proprio in quel momento la ragazza bionda riaprì gli occhi.
"Abel perdonami,ho fatto del mio meglio per non offendere Becky",sussurrò la fanciulla piangendo."Ho fatto finta di non ascoltare tutte quelle cattiverie,lo ho fatto per te,ora vorrei solamente tornare a casa".
Il ragazzo guardò intensamente quei limpidi occhi verdi pieni di lacrime,come se non esistesse nient'altro,dirigendosi poi con lei verso l'uscita.
"Abel",esclamò Becky,"se ora vai via fra di noi è finita."
"Tu sei una ragazza troppo di classe per me,addio",le rispose solamente il giovane senza voltarsi più.
La ragazza lo guardò allontanarsi sconvolta,non poteva credere a quelle parole e per la rabbia corse via più veloce che poteva,mentre le amiche continuavano a chiamare il suo nome.
"Non voglio avere a che fare con uno che prende ordini da sua sorella",esclamò uscendo fuori,precipitandosi nella stalla.
Nel frattempo al tramonto,sulla via del ritorno,Abel osservava Georgie dormire appoggiata sul suo petto ed una sensazione di protezione e di infinita dolcezza lo pervase.Era solamente lei la ragazza che voleva,che amava davvero,ormai non aveva più dubbi,pensò accarezzando quei boccoli biondi.
"Abel ti odio",continuava a ripetere Becky che non voleva vedere nessuno,se non il suo cavallo dal quale non si separava mai,nemmeno quando si trovava in città "Ti amo Abel",sussurrò poi accarezzando il manto bianco di quell'indomito animale molto simile a lei,che le aveva fatto conoscere il ragazzo che le aveva spezzato il cuore.


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Capitolo 11
*** Bracciale-Eric Buttman ***




Bracciale-Eric Buttman
One shot


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"Non puoi,non devi perderlo",sussurrava nel cuore della notte un uomo sofferente,dal volto imperlato di sudore,rigirandosi di continuo fra le lenzuola,nella sua stanza. "Scappa,scappa dalla foresta,corri più forte!",esclamò poi con tono di voce alterato,aprendo lentamente le palpebre,ridestandosi da quell'incubo che tanto gli ricordava la prima volta in cui incontrò quella piccola bambina bionda,che in quel frangente stava dormendo con la testa appoggiata sul suo braccio robusto,mentre Abel ed Arthur,nella camera accanto,non riuscivano a prendere sonno.
"Papà,paparino non mi lasciare",mormorava nel frattempo la piccola Georgie,crollata in preda al sonno.
Nell'udire quelle parole il suo padre adottivo,il signo Eric Buttman,un fattore australiano,sorrise dolcemente pensando che avrebbe rifatto tutto quel che aveva fatto anche altre cento volte. Lo aveva riportato a casa sotto la pioggia battente il vecchio Kevin,dopo che l'uomo era tornato da quella gita tanto desiderata con i suoi ragazzi,avendolo messo poi a letto aiutato da Mary ed avendo medicato quella ferita sanguinante.
Il signor Buttman sospirò guardando quella bambina,ripensando a come tutto era iniziato,sfiorando la sua morbida mano,fino a toccare quel braccialetto dalle preziose pietre incastonate.
Nella sua mente tutto era chiaro,come in quel terribile giorno,il temporale improvviso mentre era fuori con i suoi adorati figli,quel pianto disperato di neonata nella foresta ed una bellissima donna bionda schiacciata da un massiccio tronco.
"Signora si faccia coraggio,la aiuterò io",le aveva detto Eric in quella circostanza,cercando disperatamente di liberarla con tutta la forza che aveva in corpo.
"Per di qua,venite,sento il pianto della bambina",avevano però gridato in quel medesimo istante le guardie che si stavano avvicinando sempre di più,durante quella caccia feroce.
"La prego salvi mia figlia,per me è finita,dia questo alla mia piccola Georgie,le dica di conservarlo sempre",aveva sussurrato la donna disperata,al limite delle forze.
Il signor Buttman,nonostante si trovasse dolorante in quel letto,non riusciva ancora a  dimenticare quel giorno,si tormentava da sempre per non aver potuto salvare quella donna.
"Sei un regalo della Divina Provvidenza Georgie",mormorò poi l'uomo continuando a toccare quel bracciale che la bambina teneva sempre con sé.
La pezza che Georgie teneva in mano per asciugare la fronte del suo amato padre era caduta per terra,mentre il fuoco ardeva vivace nel camino.
"Hai fatto tutto questo per me",sussurrò Eric con occhi lucidi guardandosi intorno,mentre anche il koala della bambina riposava,rannicchiato su sé stesso in un angolo.
"Paparino non puoi andartene,dobbiamo fare tante cose insieme",bisbigliò Georgie più volte,muovendo leggermente la testa,continuando a riposare.
Ascoltando quella voce Eric si sentì sollevato,come se provasse meno dolore,ripensando a tutti i bei momenti che avevano trascorso insieme anche ad Abel ed Arthur,da quando la avevano accolta in quella casa. Sospirò ricordando come,ogni volta che tornava dal paese,i bambini gli andavano incontro festosi,percorrendo con lui sul carro l'ultimo tratto per tornare a casa,tempestandolo di domande,mentre Georgie spesso gli regalava dei fiori profumati.
Anche il momento della cena era un dolce ricordo quando,dopo una faticosa giornata di lavoro nei campi,erano riuniti tutti insieme a tavola,mentre la piccola aiutava la mamma,che spesso la rimproverava,a servire,portando pentole più pesanti di lei.
"Diventerai una brava moglie",ripeteva spesso l'uomo alla bambina che adorava,dopo che avevano finito di mangiare,farsi prendere in braccio dal padre,percependone il profumo rassicurante.
Nonostante in quel momento non potesse alzarsi,afflitto dai dolori,Eric si sentiva sereno. Era un bellissimo uomo dagli occhi azzurri e dai folti capelli castani,alto e possente ed i suoi due figli,Abel ed Arthur,gli somigliavano come due gocce d'acqua.
Diventeranno due bellissimi ragazzi proprio come lei,gli ripetevano spesso i conoscenti quando si recava a vendere i suoi prodotti.
Il signor Buttman era una persona generosa,altruista ed amava la sua famiglia al di sopra di ogni altra cosa,i suoi adorati figli,la piccola Georgie e sua moglie Mary,figlia di un fattore della zona,una donna che reputava semplice e di buon cuore,che aveva conosciuto in chiesa durante una delle tante messe domenicali,chiedendola poco dopo in sposa.
Sapeva che non amava Georgie quanto la amasse lui e,sebbene cercasse di mascherare il suo disappunto per quella situazione,la donna molte volte non riusciva a fingere,come quando non voleva far tenere alla bambina quel piccolo koala.
"Tu assecondi sempre ogni suo capriccio",gli ripeteva infatti spesso la moglie nervosamente.
"Finche ci sarò io potrai sempre contare su di me",mormorò Eric alla bambina che ancora dormiva,giocando con le sue dita delicate,non volendo però fare una colpa alla moglie per quel suo comportamento,sebbene alcuni episodi lo facevano soffrire,come quella volta in cui Mary si era opposta fermamente alla costruzione della capanna sull'albero,accordando loro solamente una piattaforma. In quell'occasione Eric si era preso tutte le colpe per la delusione dei bambini,cercando sempre di proteggerli e di non far loro capire,per quanto poteva,quali fossero i reali sentimenti della madre.
Ricordò poi con affetto la prima volta che avevano ammirato quel panorama meraviglioso in cima al grande albero.
"Papà ti voglio tanto bene",gli aveva detto Georgie quel giorno,dandogli un piccolo bacio sulla guancia.
"Anche io ti voglio tanto bene",disse Eric in quel momento come le aveva risposto quella volta da lassù e,sebbene fosse molto stanco e provato,non voleva chiudere le palpebre anche se stavano diventando sempre più pesanti,come non volesse perdere nemmeno un istante.
Quando stava con i suoi bambini era l'uomo più felice del mondo,viveva per loro e per sua moglie,nonostante molte donne avessero provato varie volte a destare la sua attenzione,senza però alcun risultato.
"Bambini miei",mormorò pensando a quanto li amava,ma proprio in quel momento una fitta scosse il suo corpo indebolito,l'effetto del calmante che gli aveva somministrato lo zio Kevin,nell'attesa che il medico venisse l'indomani mattina a visitarlo,stava iniziando a perdere efficacia.
Sapeva di avere qualcosa di ben più grave,nonostante avesse udito nel dormiveglia lo zio rassicurare i ragazzi,non era un dolore superficiale ma veniva dal profondo,era difficile si sbagliasse anche perchè varie volte aveva aiutato i fattori della zona,vittime di incidenti.
Cominciava così a sentirsi sempre più stremato,le forze lo stavano abbandonando quasi del tutto,se non avesse portato i ragazzi a visitare l'isola Lucertola,che avevano tanto desiderato vedere,come gli aveva all'inizio sconsigliato la moglie,forse non si sarebbe trovato in quelle condizioni. Ma non si pentiva di niente Eric,anzi era grato alla vita,grato per tutto quello che aveva e poi non voleva pensare al peggio.
"I miei bambini hanno bisogno di me",bisbigliò pensando a quella vecchia canoa,a quell'impatto fortissimo per fermarla e riportarla a riva per salvare Georgie in balia della corrente,ma non aveva niente da rimproverarsi,il destino aveva voluto così.
Non avrebbe mai dimenticato quella giornata,impressa indelebile nella sua mente,i canguri che saltavano sui prati,quel cestino ricco e gustoso,la pesca nel fiume,gli animali nel bosco.
Eric continuava a guardare malinconico quella bambina,che l'aveva sempre ammirato per la sua forza quando spaccava la legna nel bosco,come lo ammirava suo figlio Abel che ripeteva sempre di voler diventare coraggioso come lui.
Stare con loro era tutto quel che desiderava e,nonostante i malumori della moglie,la amava profondamente,di un amore puro e sincero.
"Devi amare Georgie come Abel ed Arthur",le ripeteva spesso dolcemente,sperando di farle cambiare idea.
"Ogni volta che vedo quel braccialetto mi ricordo che non è mia figlia,che è figlia di un galeotto",gli rispondeva però Mary.
Ripensò a quelle parole,toccando di nuovo quell'oggetto di valore al polso della bambina ed ogni volta provava una sensazione particolare,di tristezza commista a speranza.
L'unica volta che sgridò la piccola fu infatti proprio quando lo perse,giocando nei prati.
"Non devi perderlo mai più bambina mia,conservalo sempre gelosamente",bisbigliò accarezzandole la testa.
Questa era la più grande preoccupazione di Eric,quel bracciale era l'unica traccia che legava quella creatura venuta  dal cielo alle sue vere origini ed aveva diritto di scegliere riguardo il suo futuro una volta cresciuta,questo aveva sempre pensato l'uomo.
Non voleva riaddormentarsi,ma le palpebre erano sempre più pesanti ed i dolori stavano divenendo sempre più intensi.
"Georgie ti proteggerò sempre",sussurrò poi prima di crollare sfinito fino all'alba.
"Papà,dissero l'indomani i figli andando incontro al padre,osservando Georgie che lo vegliava di nuovo sveglia,con costanza.
"Resisti caro,fra poco arriverà il dottore",disse Mary all'uomo ormai del tutto sofferente."Come va il dolore alla gamba?",continuò la donna.
"Ho male dappertutto",rispose solamente Eric.
"Papà,Georgie ti ha vegliato per tutta la notte",disse Arthur al padre.
"Piccola mia",sussurrò Eric che già sapeva tutto,incontrando gli occhi della bambina ed increspando le labbra in una smorfia,provava ormai un dolore insopportabile e non riusciva più a controllare gli spasmi del volto.
"Papà il dottore è arrivato",disse in quel momento Abel trafelato rientrando in casa,dopo essere andato incontro al medico.
"Signora",esclamò preoccupato il medico,dopo aver visitato l'uomo in un silenzio quasi sacrale,"non è la ferita che avete ben medicato il problema,ma una lesione allo stomaco,non so come abbia fatto suo marito a riportare a casa i ragazzi",continuò il dottore dopo che gli fu raccontato cosa fosse successo.
"É un uomo eccezionale,io però non posso fare niente per lui,",disse infine il medico scuotendo la testa. "Ha bisogno di un chirurgo per essere operato al più presto,solo così potrebbe avere salva la vita". Si rimise poi il cappello,prese la borsa e,facendo un cenno con la testa,andò via.
I bambini erano come impietriti dopo aver udito quelle parole,non riuscivano a parlare e Mary,in uno scatto di rabbia,gettò nel fuoco il nastro per capelli che aveva comprato per la piccola Georgie il giorno prima,quando era andata a fare acquisti.
"È tutta colpa tua",imprecò la donna mentre il marito ormai si contorceva nel letto sempre di più,"si,tutta colpa tua e di quella stupida bestiaccia. Non dovevamo prenderlo e non dovevamo prendere nemmeno..."
"No,ti prego!",esclamò  Eric sporgendosi dal letto con un filo di voce,al limite delle forze. "Bambini vi prego,lasciate soli me e la mamma per un momento",li invitò il padre. "Cara lo so che per te è difficile,lo ho sempre saputo",continuò l'uomo.
"Perdonami ma me lo sentivo,sapevo che sarebbe accaduto qualcosa di terribile e non riesco a dimenticare che è la figlia di un deportato!",disse Mary piangendo disperata,con la testa su quelle lenzuola impregnate di sudore.
"Solamente io,te e Kevin sappiamo la verità,ti prego,i ragazzi non dovranno mai sapere",la supplicò l'uomo poggiandole una mano sulla testa. "Georgie è un dono di dio,dobbiamo volerle tutti bene",sussurrò infine Eric piegato in due,ormai non riusciva quasi più a parlare.
"Abel,Arthur,presto venite qui",gridò allora Mary portandosi una mano alla bocca,rivolgendosi ai ragazzi che si trovavano in quel momento tristi nella loro stanza,mentre Georgie piangeva sul letto per quelle dure parole.
"Cara ti prego,promettimi che ti curerai sempre di Georgie",disse Eric alla moglie,ormai pallidissimo.
"Papà!",esclamarono i figli,entrando nella stanza preoccupati.
"Figli miei,Georgie,bambina mia,non devi mai perdere quel braccialetto,mai",sussurò l'uomo alla piccola,cercando di alzarsi,mentre quelle parole gli stavano morendo in bocca. In quello stesso istante il bracciale scivolò via dal minuto polso della bambina cadendo per terra,tintinnando per pochi secondi,una dolce melodia per Eric,fino a quando non chiuse le palpebre,lasciandosi cadere sul letto.
Pianse Mary quel doloroso giorno,abbracciando forte i figli,mentre Georgie,pietrificata in disparte,raccoglieva poco dopo quel bracciale tanto caro all'uomo,correndo fuori più veloce che poteva,con il viso bagnato dalle lacrime che scendevano copiose. Il suo adorato padre aveva chiuso gli occhi per sempre.

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Capitolo 12
*** Assassinio-Signor Allen ***




Assassinio-Signor Allen
One shot


*********

Era una mattina come tante al porto di Londra ed il signor Allen,un famoso ingegnere navale,che quel giorno indossava un cappello,un gilet a righe ed un papillon,fumando uno dei suoi sigari preferiti,stava facendo la sua consueta passeggiata,osservando con occhio critico le tante navi che partivano ed arrivavano di continuo.
"Buongiorno ingegnere,salve signor Allen",esclamarono voci di gente che conosceva ormai da anni,dai marinai ai negozianti della zona.
Era un uomo robusto,stempiato e barba e baffi coprivano in parte il suo volto.
Mentre continuava a camminare,guardando ogni dettaglio della struttura delle varie imbarcazioni,molte delle quali aveva progettato lui stesso,un ragazzo, non molto lontano di lì,stava seduto su di una vecchia cassa di legno,bisbigliando a bassa voce.
"Georgie pechè vuoi sposare un uomo del genere,un uomo che non ti merita,che non ha niente in comune con te?",mormorò il giovane calciando un piccolo sasso ai suoi piedi. "Ma io ti proteggerò lo stesso,sarò sempre al tuo fianco in disparte",continuò sospirando.
"Abel,Abel",gridò in quel frangente una ragazzina malvestita,con la sua solita cesta,andandogli incontro ridestandolo da quei pensieri.
"Joy",rispose il giovane sorpreso.
"Ciao fratellino,posso chiamarti così vero Abel?"
Il ragazzo annuì sorridendo.
"Ho sempre desiderato essere tua sorella ed avere un fratello bello e forte come te",esclamò Joy. 
"Bella ragazza,bella ragazza",gracchiò in quel momento Diggerydoo volando intorno alla ragazzina festoso,come volesse partecipare a quel discorso,fino ad appoggiarsi sulla sua spalla.
"Hai capito!",esclamò Abel con tono scherzoso,mentre proprio in quell'istante due uomini sinistri,avvolti entrambi in un lungo mantello nero,si stavano avvicinando ai due ragazzi sempre di più,con fare minaccioso.
"É lui",disse uno dei due,dal volto coperto per metà da un fazzoletto.
"Pensavi di poter scappare Cain",esclamò l'altro rivolgendosi ad Abel.
Il ragazzo non fece in tempo a rispondere che un coltello affilato lo colpì in pieno torace.
"Muori maledetto!",disse uno dei due sicari. "Per te è finita Cain".
I riflessi di Abel furono istantanei ma quei criminali riuscirono a colpirlo nuovamente.
"Non sono Cain,state sbagliando persona",iniziò allora a gridare Abel,cercando di evitare i colpi di quegli uomini che continuavano a ferirlo senza pietà.
"Aiuto,qualcuno ci aiuti",gridò Joy terrorizzata ed impotente.
"Maledizione falla tacere!",ordinò uno sgherro al suo compare.
"Non toccatela vigliacchi",urlò Abel,mentre un coltello gli trafisse un braccio ed il sangue ormai colava sempre più copioso dalle varie ferite disseminate sul suo corpo.
"Non sono io",continuò a ripetere il ragazzo stremato.
"Guarda",disse poi il sicario dal volto coperto all'altro,osservando meglio il giovane,"non ha i segni sulle braccia."
"É vero",rispose l'uomo "ed è anche molto più forte,però gli somiglia tanto."
"Cosa sta succedendo qui,voi due cosa state facendo?",urlò in quel frangente il signor Allen,mentre accorreva verso i due in pericolo,avendo riconosciuto le grida della ragazzina.
"Signor Allen vogliono ucciderci",gridò Joy con tutta la forza che aveva in corpo,agitando una mano.
"Dannazione,meglio filarcela!",dissero infine i due sicari del Duca Dangering,sparendo fra i vicoli.
"Fratello,stai bene fratellino mio?",chiese Joy accorata al ragazzo,accasciatosi a terra.
"Piccola non devi preoccuparti,ci penso io",esclamò il signor Allen sorridendole,caricandosi il giovane svenuto sulle spalle,fino alla sua casa ufficio,poco distante da lì.
"Dove sono",chiese Abel stordito a voce bassa,poco tempo dopo aver ripreso conoscenza.
"Non sforzarti ragazzo,devi solamente riposare adesso",gli disse bonariamente il signor Allen.
"Abel,il signor Allen è un famoso progettista navale ed è anche un uomo generoso,compra sempre i miei fiammiferi al porto",esclamò la ragazza sorridendo al giovane adagiato su quelle lenzuola,nell'abitazione di quell'uomo che stimava tanto.
"Un progettista navale",sussurrò Abel scorgendo un prezioso modellino ed un mappamondo su di un antico mobile,libri ovunque,un timone e varie cartine geografiche appese al muro.
"Per fortuna le ferite non erano profonde,ora devi solo pensare a guarire",continuò il signor Allen,"sei stato davvero molto bravo a difenderti dai loro colpi",disse infine l'uomo seduto su di un divano,davanti al letto dove giaceva Abel.
"Se Joy non avesse gridato,forse adesso non sarei qui",sussurrò Abel,mentre la ragazza lo stava medicando,fasciando infine i suoi tagli.
"Dimmi Abel,perchè quegli uomini volevano ucciderti?",esclamò poi il signor Allen pensieroso.
"Fratellino di lui puoi fidarti",intervenne Joy guardando il ragazzo titubante,mentre riponeva tutto a posto nella borsa di primo soccorso che il progettista teneva in casa per le emergenze.
"Non lo so,non so perchè mi hanno aggredito",rispose Abel affaticato,"ripetevano solamente il nome di Cain."
L'ingegnere nell'udire quel nome si portò le grosse dita della mano destra sulla bocca,toccandosi le labbra per qualche istante,"confusero Abel con Cain,come i due fratelli della Bibbia",esclamò.
"Arthur",bisbigliò Abel ripensando a quel ragazzo che giorni prima lo aveva chiamato al porto col nome del fratello,chiedendo come stesse e dove fosse finito.
"Allora sei qui a Londra",mormorò Abel dolorante cercando di alzarsi da quel letto,poggiandosi su di un gomito.
"Abel ti prego rimettiti giù,devi riposare",gli disse preoccupata Joy,rimboccandogli le coperte.
"Joy ha ragione,ora riposa Abel",esclamò l'ingegnere alzandosi dal divano.
"Verrò a trovarti domani",mormorò Joy dandogli un bacio sulla fronte,uscendo dalla stanza con il signor Allen.
Nei giorni successivi Abel,che aveva un fisico forte e sano,si ristabilì in fretta,grazie anche alle amorevoli cure di Joy ed all'ospitalità dell'ingegnere. L'uomo infatti si intratteneva spesso la sera col giovane,raccontandogli vari aneddoti ed anche Abel iniziò ad aprirsi con l'uomo sempre di più,parlandogli della sua infanzia in Australia,della morte prematura del padre.
Quando un giorno poi il signor Allen trovò il ragazzo in piedi davanti alla sua scrivania di lavoro,intento ad osservare i suoi progetti,comprese che fosse ormai del tutto guarito.
"Vedo che stai meglio",disse l'uomo rivolgendosi al giovane.
" Si signor Allen",rispose Abel,"volevo ringraziarla per le cure e per tutto quello che ha fatto per me in questi giorni. Adesso però è meglio che me ne vada,è stato fin troppo gentile e devo cercare un lavoro."
"Non avere fretta ragazzo",esclamò l'uomo,che ormai si stava abituando alla presenza di quel giovane,posandogli una mano sulla spalla. "Puoi rimanere qui tutto il tempo che desideri. Ho visto che stavi guardando questo progetto,ti interessa?",chiese l'ingegnere.
"Si molto",risposeAbel,"non gliel'ho ancora detto ma deve sapere che ho fatto il marinaio ed un tempo ho anche desiderato diventare capitano."
"Bene",esclamò l'uomo accarezzandosi il mento,ascoltando il giovane descrivere con entusiasmo il suo progetto nei dettagli.
"Abel",disse poi l'uomo dopo aver riflettuto per qualche istante,"che ne dici di diventare il mio assistente?",continuò il signor Allen. "Sai,ho dovuto licenziare il ragazzo che lavorava prima con me perchè purtroppo era vittima della droga,le sue braccia erano piene di segni."
"Segni?",sussurrò Abel. "Anche Cain è coinvolto con la droga,Arthur",pensò il giovane sbarrando gli occhi,ricordando quell'aggressione e quel che avevano detto quegli uomini,annuendo commosso per quella proposta.
Il signor Allen diventò così nel periodo successivo un porto sicuro per Abel,lavorare ai progetti dell'ingegnere lo faceva distrarre in attesa di liberare Arthur,dopo aver scoperto che  era prigioniero dei Dangering,mentre Georgie era scappata con Lowell.
"Ti tirerò fuori di lì Arthur",ripeteva spesso il ragazzo alla scrivania fino a tardi,rivolgendo il pensiero anche alla donna che amava,immaginando cosa stesse facendo in quel momento.
Il signor Allen,vivendo con quel ragazzo tormentato giorno dopo giorno,si stava affezionando a lui sempre di più.
La sua vita abitudinaria,fatta di passeggiate,progetti navali,lavori al porto,letteratura,stava iniziando a cambiare e si sentiva sempre più coinvolto nella vita di quel giovane,avvolto però da un'aura misteriosa,come se qualcosa lo angosciasse,nonostante gli avesse raccontato della sua vita,specialmente la sera quando,seduti sul divano,bevevano qualcosa insieme. Di notte il ragazzo,agitandosi nel letto,ripeteva di frequente i nomi di Georgie e di Arthur,ma l'uomo preferiva non chiedergli nulla,sapeva che,nel momento in cui lo avesse desiderato,Abel si sarebbe confidato con lui.
Il signor Allen non era mai stato sposato,si era sempre dedicato allo studio e conduceva una vita abbastanza solitaria,l'unico affetto era la piccola Joy.
"Abel",disse poi un giorno l'uomo a quel ragazzo che ormai aveva imparato a conoscere nonostante i suoi silenzi,"ho chiesto ai miei amici riguardo la pianta del palazzo del Duca Dangering come desideravi,ma purtroppo non la possiedono",continuò l'ingegnere sconsolato.
"Grazie lo stesso per l'aiuto",rispose il ragazzo accennando un sorriso,mentre guardava dei fogli pieni di appunti.
"Abel,posso chiederti perchè ti interessa?",disse il signor Allen a quel ragazzo così riservato,facendosi coraggio,ma proprio in quel momento bussarono alla porta. Era Georgie che era appena tornata a Londra,per lasciare Lowell da Elisa.
"Georgie",esclamò Abel sconvolto,"Come mai sei qui?"
"Abel",rispose solamente la ragazza turbata.
Ascoltando quelle parole e vedendo quegli sguardi,il signor Allen si congedò,lasciandoli soli.
Quella sera stessa Abel decise di raccontare tutto a quell'uomo che si era sempre dimostrato generoso e discreto nei suoi confronti,della prigionia del fratello nelle grinfie del Duca Dangering,di chi fosse realmente Georgie.
Ormai si fidava di lui ed ogni giorno che passava il loro rapporto diveniva sempre più stretto.
Il signor Allen era ormai così coinvolto nella vita di Abel che ospitò persino Geogie ed Emma,la sua amica sarta,nella sua casa,rendendola un atelier.
La sua abitazione,che era sempre stata silenziosa,si era trasformata,voci e risate la animavano a tutte le ore del giorno.
"Signor Allen come mi sta questo vestito,lo hanno cucito per me Georgie ed Emma",disse Joy uno dei tanti pomeriggi in cui veniva ad aiutare le due ragazze.
La vita dell'ingegnere aveva preso ormai questo corso ed anche Abel sembrava essere più sereno per la vicinanza di Georgie.
Al signor Allen in quel periodo sembrò anche di essere diventato più creativo,frequentando tutti quei giovani.
"Abel ho progettato questa nave usando molte delle tue indicazioni",disse una mattina il progettista al giovane che stava passeggiando con Georgie al porto,vicino ad un'imbarcazione in costruzione.
"Quel ragazzo ha molto talento",sussurrò l'uomo osservando poi il ragazzo allontanarsi con la fanciulla bionda,che sembrava essere l'unica capace di consolarlo per la prigionia del fratello. Fu proprio durante una di quelle camminate che Georgie ritrovò il padre che da tanto la cercava e,da quel momento in poi,gli eventi si susseguirono veloci uno dopo l'altro.
L'ingegnere fu molto lieto di conoscere il conte Gerald,un uomo nato privilegiato ma dalle larghe vedute e dotato di grande umanità.
Grazie alla sua presenza ed anche all'aiuto di Maria,la nipote del Duca Dangering,la situazione per liberare Arthur si sbloccò. Abel decise così di sostituirsi al fratello nella cella sotterranea dove era tenuto prigioniero,un'impresa pericolosa ma nessuno ormai poteva tirarsi più indietro,nemmeno il signor Allen.
Quest'ultimo prenotò così a suo nome tre posti su di una nave in partenza il giorno della liberazione di Arthur su richiesta di Abel,che sarebbe rimasto in prigione fino a quando la nave non si fosse allontanata dal porto.
Era davvero un piano rischioso ed il signor Allen stimava sempre di più quel giovane che stava facendo di tutto per salvare il fratello,mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Ma gli eventi purtroppo presero un altro corso,del tutto inaspettato.
"Edizione straordinaria,edizione straordinaria,il nobile Irwin Dangering è stato assassinato",gridò al porto quel maledetto giorno un ragazzo con in mano dei giornali,mentre Georgie in una locanda attendeva,con il padre,Emma ed il marito Dick,l'arrivo di Abel all'ora prestabilita,dopo che Arthur era ormai disperso nel Tamigi.
"Dammene uno",disse Joy trafelata a quel ragazzo che continuava a gridare,facendosi largo tra la folla,mentre aspettava anche lei al porto Abel insieme al signor Allen.
"Una notizia terribile",gridò l'ingegnere poco dopo fuori di sé ai suoi amici,entrando in quella taverna con la ragazzina. "Abel ha ucciso Irwin e gira voce della sua condanna a morte."
Senza pensare nemmeno per un secondo,il progettista fu tra i primi ad attivarsi per scoprire,sotto la direzione del Conte Gerald e del suo amico,il Conte Wilson,i traffici di droga del Duca Dangering.
Il carico per incastrare il potente aristocratico arrivò proprio il giorno in cui era stata fissata l'esecuzione di Abel ed il signor Allen,che era sempre stato un uomo tranquillo ed abitudinario,si trovò coinvolto in una pericolosa operazione. 
Non avrebbe mai immaginato,dopo aver conosciuto quel ragazzo,di poter vivere una situazione simile,ma gli voleva molto bene ormai ed anzi,prima di conoscerlo,gli sembrò quasi di aver condotto un'esistenza vuota.
Sapeva che non avrebbe mai potuto sostituire il vero padre di Abel,ma avrebbe fatto ogni cosa che era in suo potere per aiutarlo.
Così insieme a Dick ed al Conte Gerald si armò di coraggio,dirigendosi al porto il giorno dell'esecuzione.
Al loro arrivo ci fu una violenta colluttazione con i sicari del Duca,Dick fu ferito ad una spalla ed il Conte Gerald,che odiava la violenza,fu costretto a sparare.
"Presto,presto!",gridò poi il signor Allen dopo che riuscirono a caricare sul carro la droga ed i contrabbandieri imbavagliati,l'unica prova per salvare Abel e per smascherare il Duca Dangering una volta per tutte.
L'ingegnere,alla guida di quel carro,frustò i cavalli che correvano all'impazzata più che poteva,in quella corsa disperata.
"Fermatevi",gridò poi insieme a Dick ed al Conte,giunti in quella piazza,ma proprio in quel momento udirono gli spari. Calò un silenzio tombale ed un dolore profondo pervase i presenti,vedendo quel giovane corpo martoriato a terra.
"Abel",riuscì solamente a dire Joy con voce spezzata,mentre il signor Allen,sceso di corsa dal carro,la abbracciò più forte che poteva,coprendole gli occhi con una mano.
Tutto era cominciato quel giorno al porto,con un tentato assassinio e tutto era finito in quel momento,con il reale assassinio di Abel,il ragazzo che aveva davvero amato come un figlio,pensò l'uomo asciugandosi le lacrime.
Da quel giorno il signor Allen,che la sera guardava spesso quella scrivania ormai vuota,non prese più nessuno a lavorare.

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Capitolo 13
*** Vanità-Famiglia Barnes ***





Vanità-Famiglia Barnes
One shot



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Un pomeriggio,in un grande palazzo aristocratico nella nebbiosa Londra,una ragazza dai capelli biondi,stanca del lungo viaggio in nave dall'Australia verso l'Inghilterra,era sdraiata su di un letto confortevole,in una stanza dai lussuosi arredi.
"Finalmente sono arrivata,Lowell,papà",sussurrò la giovane portandosi una mano sul petto.
"Posso entrare",disse in quel momento una graziosa voce femminile,bussando alla porta.
"Si Catherine,vieni pure",rispose la ragazza alzandosi.
"Georgie scusa se ti disturbo,volevo dirti che la mamma è impaziente di conoscere meglio la tua storia. Sai,le sei piaciuta subito,ti aspettiamo nel salotto al piano di sotto",esclamò entusiasta la fanciulla dai capelli castano chiaro e dagli occhi azzurri.
"Va bene,scendo fra poco",disse Georgie.
"Signorina,di qualunque cosa avesse bisogno sono a sua disposizione",esclamò una delle cameriere di quella residenza signorile,congedandosi con un cenno della testa.
"Grazie",bisbigliò solamente la ragazza bionda,non abituata a quel modo di vivere così formale.
Aveva conosciuto la nobile famiglia Barnes,padre e figlia,al porto di Sydney,in fuga dall'Australia alla ricerca di Lowell e delle sue vere origini,imbarcandosi travestita da marinaio. Sorrise mentre pettinava i capelli,seduta davanti ad una specchiera,dopo le scomodità di quella lunga traversata,ricordando il primo incontro con la piccola Catherine,che da quel momento in poi non aveva più voluto separarsi da lei.
Il padre della fanciulla,il Conte Barnes,era un gentiluomo che assecondava tutti i capricci della figlia,come quel cappotto di canguro che la nobile ragazza aveva tanto desiderato avere,prima di imbarcarsi per Londra. Catherine si era innamorata dal primo istante di Joe Buttman,il giovane secondo lei più affascinante che avesse mai incontrato,esasperando il padre più volte per le sue intemperanze,durante quel lungo viaggio in mare. Come quella volta che aveva recitato una poesia sotto le stelle a notte fonda,scappando dai suoi alloggi o quando era caduta in acqua,rischiando di essere divorata dagli squali,se Georgie non l'avesse salvata.
"Tu sei l'amore del mio destino,sono felice di averti trovato,non voglio lasciarti mai più",non aveva fatto che ripetere Catherine a Joe,anche durante le incombenze quotidiane più faticose,come spostare pesanti casse,standogli sempre appiccicata. Dal giorno dell'incidente poi,il Conte Barnes era diventato ancora più indulgente con la figlia,per il nobile gesto di Joe che si era tuffato coraggiosamente fra le onde impetuose dell'oceano. L'aristocratico aveva così parlato con il Capitano della nave per far promuovere Georgie da mozzo a cameriere per le persone di alto rango e per fare in modo che avesse più tempo libero da poter trascorrere con sua figlia.
"Hai rischiato la tua vita perchà mi ami,non è vero mio principe?",non aveva fatto altro che dirle Catherine sempre più invadente,una ragazza continuamente immersa nei suoi sogni,che aveva immaginato quegli squali famelici come dei delfini,superando del tutto il limite quando aveva voluto dormire con Joe negli alloggi dei marinai.
"Una ragazza non può dormire con un uomo",le aveva ripetuto il padre più volte,sforzandosi di essere autoritario,ma non riusciva mai ad arrabbiarsi davvero.
Quel marinaio era ormai diventato il chiodo fisso di Catherine e,anche quando aveva scoperto la sua vera identità per l'omicidio del dottor Skiffins,la sua fantasia divenne ancora più fervida.
"Non ha importanza che tu sia una ragazza,mi piaci lo stesso",aveva detto la nobile ragazza a Georgie,sorridendole dolcemente,pronta a vivere una nuova avventura.
"Georgie non voglio separarmi da te,ti prego vieni a vivere a casa nostra",le aveva infine detto supplicandola,giunti al porto di Londra,davanti al padre che non  obiettò nulla.
"Signorina posso entrare",disse poco dopo Rose,la cameriera che le aveva parlato poco prima,ridestandola da quei pensieri "La Contessa e la Contessina la pregano di scendere per un tè nel salone principale."
"Va bene,sono pronta",rispose Georgie,uscendo dalla grande camera da letto che la famiglia Barnes le aveva riservato.
"Se vuole seguirmi",disse poi la cameriera facendole strada.
"Così Georgie ti sei imbarcata per Londra,dal porto di Sydney,travestita da ragazzo?",le chiese poco dopo la madre di Catherine,sorseggiando del té caldo,mentre continuava a fare domande alla ragazza bionda,incuriosita.
La Contessa era una bella donna dai capelli castano chiaro ben acconciati ed un raffinato vestito acquamarina.
"Si mamma,il marinaio Joe Buttman e dovevi vedere come era carino",intervenne Catherine,"Georgie ha affrontato il mare e tanti pericoli solamente per incontrare il suo grande amore."
"Che avventura romantica",esclamò la madre sospirando,"lascia che ti prepari io",disse poi la donna portando la  loro ospite in una grande stanza dal ricco guardarba,facendole provare ogni genere di vestito.
"Quando il tuo amato ti vedrà rimarrà senza fiato",esclamò la Contessa compiaciuta,mentre il marito le attendeva davanti alla grande scalinata,per accompagnare Georgie con la loro carrozza alla residenza dei Gray. Ma il Conte Barnes,nonostante fosse già pronto,sapeva che non sarebbero uscite da quella stanza prima di un paio d'ore. Sua moglie e sua figlia erano fatte così,sognatrici,chiacchierone,esuberanti,a volte invadenti ma,malgrado questo,non poteva vivere senza di loro.
"Che ne dici di questo Georgie?",disse la donna alla ragazza bionda,mostrandole un vestito color lavanda.
"Mamma è troppo scollato",le rispose Catherine.
"Ma cara,Georgie è bellissima,perchè non dovrebbe mostrarsi?",esclamò la donna.
"Quel vestito è troppo grande",continuò la ragazza.
"Ed i tuoi invece sono troppo piccoli",disse la Contessa.
"Mamma basta",sbottò poi Catherine,"tu vuoi solamente attirare l'attenzione di Georgie,è amica mia e sceglierò io il vestito per lei"
"É vero le sono molto affezionata,ma credo di intendermene più di te riguardo queste cose",rispose la donna continuando a battibeccare con la ragazza.
"Tale madre tale figlia,ora capisco perchè Catherine parla in questo modo",sussurrò Georgie sorridendo,mentre cominciava a girarle la testa nel vedere tutti quei vestiti,iniziando a comprendere certe espressioni del Conte Barnes.
Catherine e la madre sembravano vivere in una dimensione incantata,fra sogno e vanità,ma sentiva che voleva loro bene sempre più bene,nonostante alcuni atteggiamenti a volte eccessivi.
"Ho trovato la soluzione",esclamò poi Georgie sorprendendole,"cucirò da sola un vestito utilizzando questi due",continuò prendendo due degli abiti che più le piacevano.
"Georgie sei meravigliosa",disse poi la Contessa mentre osservava la ragazza cucire,seduta su di un divano.
"Se so farlo è tutto merito della mia mamma",rispose la ragazza bionda,con tono di voce malinconico.
"Sei stupenda",esclamò infine la signora Barnes,prestandole uno dei sui cappelli più eleganti,"sembri davvero una nobildonna",continuò mentre Catherine guardava la ragazza con ammirazione.
"Buona fortuna Georgie",disse poi la Contessa salutando la fanciulla,il marito e la figlia,diretti in carrozza verso la residenza di Lowell.
"Che grande amore vero papà?",sussurrò poco dopo Catherine al Conte,mentre guardavano Georgie scavalcare il cancello dei Gray,pur di vedere il ragazzo che amava,lasciandola poi sola,ritornando a casa.
Fu difficile per Georgie al suo ritorno contenere la curiosità della madre e della figlia,che non facevano che guardarla sorridendo.
"Georgie sono così impaziente di conoscere Lowell",esclamò la Contessa Barnes mentre erano in salotto,non riuscendo più a contenere la sua curiosità,"deve essere un ragazzo meraviglioso."
"Sicuramente mamma",le rispose subito la figlia,"altrimenti non lo avrebbe mai scelto."
"É tutto cosí romantico,che cosa meravigliosa l'amore",disse la donna che,da quando Georgie viveva con loro,non faceva che ripetere quelle parole.
"Georgie",esordì poi Catherine non riuscendo più a resistere,"tu e Lowell vi siete baciati?"
Nell'udire quelle parole Georgie arrossì,pensando a quando Lowell aveva appoggiato il volto sul suo seno nudo.
"Cara tutti gli innamorati lo fanno",rispose la Contessa alla ragazza che si sbrigò ad uscire dalla stanza,congedandosi imbarazzata.
"Mamma è una storia bellissima,proprio come quella di Romeo e Giulietta",disse Catherine.
"Si,è proprio così",rispose la madre sospirando,non ricordando più quante volte avesse letto quell'opera alla figlia.
"Dove sei Georgie",dissero poi le due nobili poco dopo,cercando la ragazza per tutto il palazzo,fino a quando la trovarono fuori dal cancello,abbracciata ad un giovane alto,dai folti capelli castano scuro,avvolto in un lungo mantello.
"Mamma hai visto?",sussurrò la ragazza alla Contessa.
"É naturale per due fidanzati abbracciarsi",le rispose la madre.
"Georgie chi è quel ragazzo?",le chiese Catherine che in quella giornata non sembrava volerle dare tregua.
"Sono un vecchio amico di Georgie",rispose prontamente Abel a fianco della ragazza bionda in imbarazzo.
"Prego entrate",disse la Contessa Barnes,continuando ad osservare quel ragazzo misterioso,mentre percorrevano i lunghi corridoi del palazzo,lanciando sguardi d'intesa alla figlia.
"In questo salotto non vi disturberà nessuno",esclamò poi la donna facendo un cenno con la testa,chiudendo la porta,accomodandosi con la figlia nella stanza accanto.
"Allora quel ragazzo non è Lowell",disse Catherine prendendo un biscotto da un vassoio,mentre il pappagallo di Abel svolazzava intorno alle due nobili.
"No cara",le rispose la madre sorridendo,"si chiama Abel ed ha detto di essere un amico di Georgie,venuto dall'Australia per salutarla"
"Ed ha affrontato un viaggio cosi lungo solamente per questo?",esclamò stupita Catherine.
"Credo che Abel la ami ed è normale,Georgie è una ragazza meravigliosa,non si può non amarla. E poi hai visto quanto è bello quel ragazzo",continuò la madre estasiata "con quei capelli scuri,quegli occhi blu e le sue mani,un vero uomo si riconosce sempre dalle sue mani."
"Duca Dangering sono onorato che abbiate scelto me come cerimoniere per il matrimonio di sua nipote",diceva nel frattempo il Conte,del tutto soggiogato dal potente aristocratico,in una una carrozza con la nipote Elisa,diretti a palazzo Barnes,mentre la moglie e la figlia continuavano a fantasticare.
"Georgie ti amo,Georgie!",ripeteva il volatile in quella stanza,mentre Catherine lo guardava divertito.
"Abel deve avergli ripetuto queste parole chissà quante volte e con quanta passione",esclamò la donna.
"Mamma anche io voglio un ragazzo che mi ami in questo modo",disse la piccola Catherine.
"Anche io cara",rispose la Contessa,sorridendo poi imbarazzata,portandosi le mani al volto,alla figlia che la guardava perplessa.
"Georgie per noi è molto importane signor Duca,è come facesse parte della nostra famiglia",disse il Conte Barnes a disagio proprio in quel medesimo istante,nel salotto accanto nella sua residenza,cercando di giustificarsi,sotto lo sguardo sospettoso del nobile e l'irritazione di sua nipote Elisa,mentre prendevano gli ultimi accordi per i preparativi di nozze,non pensando di trovarvi Georgie con un ospite.
"Ma cosa succede?",esclamò poco dopo la Contessa Barnes,sentendo delle voci provenire da fuori,uscendo dal palazzo con la figlia.
"Mamma chi è quel ragazzo?",disse Catherine stupita,osservando un giovane dai capelli biondi discutere animatamente con il Duca Dangering.
"Deve essere Lowell",rispose la madre,osservando come quel ragazzo difendeva la sua amata.
"Georgie ha due pretendenti",esclamò poi la donna dopo esser rientrata in casa con la figlia "e sono tutti e due stupendi,superbi ",continuava mentre il Conte Barnes si era rinchiuso in una stanza,vittima di un forte mal di testa,non sapendo come comportarsi,dopo che Lowell aveva sfidato apertamente il Duca,non volendo sposare sua nipote.
"Conto su di lei affinchè non ci siano problemi",gli aveva detto in tono quasi minaccioso il Duca Dangering,posando una mano sulla spalla,dopo che il giovane Gray e Georgie erano andati via insieme,sotto lo sguardo di Elisa del tutto adirata,ripensando a quelle parole la testa sembrava scoppiargli.
"A me piace di più Lowell mamma",disse Catherine nel frattempo,continuando a sognare,"è proprio il principe azzurro,biondo con  gli occhi dello stesso colore del cielo."
"A me piace di più Abel,ha un modo di fare così deciso,intrigante,quando sarai più grande capirai. Perchè anche tuo padre non è così",disse la donna sospirando.
"Devo parlarvi",esclamò poco dopo il Conte preoccupato,entrando nel salone dove sua moglie e sua figlia si stavano riposando,dopo aver rimuginato riguardo a quella sgradevole situazione.
"Georgie deve lasciare questa casa il prima possibile,le prenderò una stanza in affitto",disse cercando di avere un tono deciso.
"Vuoi mandare via Georgie?",esclamò la Contessa sconvolta.
"Papà se farai una cosa simile io andrò via con lei",disse Catherine.
"Ma non capite?",rispose il Conte Barnes,"voglio solamente che sia al sicuro,anche io voglio molto bene a Georgie,come gliene volete voi,proprio per questo desidero tenerla lontana dalle grinfie del Duca Dangering e di sua nipote Elisa. É un uomo molto pericoloso,ha l'appoggio della Regina e non dobbiamo offenderlo in nessun modo o potrebbe farci confiscare tutto. Ricordate il Conte Gerald deportato in Australia?"
"Il Conte Gerald",esclamò la Contessa sospirando,"era un uomo bellissimo,molto più affascinante di te",continuò pensando a quando lo aveva incontrato partecipando a varie feste dell'aristocrazia londinese,ma il Conte non aveva occhi che per Sophie,prediligendone la sua discrezione. La signora Barnes aveva così finito per sposare un uomo che la aveva corteggiata in modo a volte goffo,che non era molto coraggioso e che non le aveva mai fatto vivere avventure romantiche,come quelle che leggeva spesso la sera sfogliando i suoi libri preferiti.
"Smettila e cerca di capire la situazione",disse il Conte Barnes sbattendo le mani su di un tavolino,in una delle rarissime volte in cui si arrabbiava. "A causa di Lowell il Duca ce l'ha con Georgie,potrebbe farle del male e potebbe farlo anche a noi che la proteggiamo."
"Non è giusto che qualcuno si intrometta fra Georgie e Lowell",disse Catherine
"Lo so ma purtroppo non posso fare niente,il Duca è un uomo troppo potente",rispose sconsolato il padre.
"Non voglio che corrano dei rischi per me",sussurrò in quel momento Georgie dopo essere rientrata a palazzo,avendo ascoltato tutta la loro conversazione dietro la porta.
"Mamma perchè Georgie non torna?"disse poi Catherine,mentre si sistemava i capelli insieme alla madre,pronta per andare a dormire.
"Cara,Georgie è con il suo amato,non preoccuparti",le rispose la donna.
Nel pronunciare quelle parole udirono qualcosa graffiare sulla porta.
Non appena la aprirono due bellissimi cuccioli,uno dei quali aveva una foglietto legato al collare,entrarono scodinzolando.
"Mamma,Georgie se ne è andata",disse Catherine con voce spezzata,dopo aver letto la lettera della ragazza,"questi due cagnolini sono un regalo per me",continuò piangendo,accarezzandoli.
"Georgie è una ragazza indipendente,è meravigliosa",esclamò la Contessa asciugandosi le lacrime,dispiaciuta quanto la figlia per quell'improvviso abbandono.
La signora Barnes abbracciò in quell'istante la piccola Catherine che continuava a piangere,con tutto il calore che aveva in corpo e si accorse,come un'illuminazione improvvisa,che le storie impossibili,i pericoli,le grandi passioni che leggeva da sempre forse non le interessavano più. L'amore vero era quello per sua figlia,che cresceva ogni giorno sana e serena e per suo marito,che la amava di un amore fedele e sincero,sopportando tutte le sue frivolezze. Pensando quella notte alle persone che davvero amava,comprese che era tempo di smettere di sognare.

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Capitolo 14
*** Bacio-Governatore di Sydney ***




Bacio-Governatore di Sydney
One shot


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"Avanti bello,corri più veloce!",disse Abel sereno un'assolata mattina,giorno dell'inaugurazione della linea ferroviaria da Sydney a Brisbane,in sella al suo cavallo.
I lunghi capelli di Georgie,seduta davanti,gli solleticavano il volto,potendone percepire il profumo delicato. Ogni volta che cavalcavano per quei prati sconfinati,il ragazzo si sentiva libero da ogni pensiero,come quando la sorella era andata a prenderlo al porto,dopo essersi imbarcato in giro per il mondo.
"C'è troppa gente Abel,non riesco a vedere niente",esclamò la ragazza al fratello che la teneva per mano,giunti poco dopo in piazza della stazione.
Nel frattempo Arthur era andato in paese con la madre per ritirare i soldi della lana che avevano venduto il giorno prima,offrendosi di accompagnarla,prima di assistere alla cerimonia.
"Speriamo ci sia ancora posto",sussurrò poi la signora Buttman dispiaciuta,rivolgendosi al figlio che stava guidando il carro verso lo spiazzale,a ritmo sostenuto.
"Non preoccuparti mamma,vedrai che riusciremo a vedere la locomotiva",le rispose Arthur,sorridendo dolcemente.
"Georgie ho un'idea",esclamò intanto Abel,mentre cercavano di creare un varco tra le persone presenti,molte delle quali vestite con eleganza,le donne tenevano in mano un ombrellino,mentre molti uomini indossavano un cappello.
"Cosa fai!",esclamò stupita la ragazza bionda,ritrovandosi all'improvviso seduta sulle spalle del giovane.
"Dimmi,riesci a vedere qualcosa,ci sono la mamma ed Arthur?",le chiese il ragazzo sostenendo il peso della sorella.
"É bellissimo",rispose Georgie,scorgendo al centro del piazzale la locomotiva che sbuffava,meravigliata per non aver mai visto niente di simile in vita sua.
Allo sparare dei cannoni l'inaugurazione ebbe inizio,la banda ben posizionata iniziò a suonare una melodia solenne,sotto lo sguardo estasiato della folla.
"Li ho visti,li ho visti,eccoli laggiù!",gridò poi Georgie indicando la madre ed Arthur,muovendosi con foga,facendo quasi perdere l'equilibrio al fratello.
"Se  vuoi assistere alla cerimonia posso tenerti io,non preoccuparti",esclamò Abel,mentre la ragazza continuava a descrivere con entusiasmo quel che vedeva,sino a quando un uomo robusto in alta uniforme,con barba e baffi bianchi,si stava accingendo a salire sul palco.
"Il Colonnello Gray",mormorarono alcune donne,guardandolo con ammirazione.
"É il nuovo governatore di Sydney e quel bel giovane è Lowell J. Gray,suo nipote",sussurrarono altre.
"Lowell J . Gray",bisbigliò Georgie,osservando quel ragazzo biondo di spalle,che le sembrava di aver già incontrato.
"Quella elegante fanciulla al suo fianco invece è Elisa,la sua fidanzata,discendente di una delle più nobili famiglie inglesi",continuarono a dire alcune persone fra di loro.
"Non può essere lui",mormorò Georgie mentre il governatore,dopo essersi schiarito la voce,stava per iniziare il suo discorso.
"Biondino,dico a te,girati!",gridò la ragazza d'istinto a Lowell,facendolo girare,incontrando i suoi occhi azzurri come il cielo.
Il colonnello Gray rimase sbigottito per quell'improvvisa esternazione,pensando che gli australiani fossero molto diversi dagli inglesi,più spontanei,meno formali.
Mentre la gente mormorava per quanto accaduto,Abel si sbrigò a portar via la ragazza imbarazzata,con le guance accaldate per la vergogna.
"Sei troppo forte Georgie",disse il ragazzo ridendo poco dopo,sdraiato su di un prato fiorito poco lontano da lì,mentre anche la signora Buttman ed Arthur avevano lasciato la piazza,cercando di non dare nell'occhio.
Ma la ragazza bionda non faceva che ripetere nella sua mente il nome di Lowell come imbambolata,non prestando attenzione al fratello.
Qualche giorno dopo poi,non pensando più a quanto fosse successo,Abel e la sorella andarono a trovare lo zio Kevin che stava poco bene ed al loro ritorno videro Arthur dirigersi verso di loro,agitando un giornale.
"Che succede Arthur?",chiese Abel incuriosito.
"Guardate,guardate qua",rispose il giovane indicando un articolo in prima pagina.
"É stato organizzato un torneo di boomerang per la cerimonia d'insediamento del nuovo governatore di Sydney ed il vincitore riceverà come premio una raccoglitrice per cereali!",esclamò entusiasta Georgie, "ma è proprio quella che serve a zio Kevin,io sono bravissima ad usarlo",continuò la ragazza.
"Si,ma c'è scritto che è un torneo per soli uomini",disse Abel amareggiato,indicando le ultime righe dell'articolo,rientrando poi in casa con i fratelli per lavorare fino ad ora di cena.
"Così non mi riconoscerà nessuno",sussurrò poche ore dopo Georgie,dopo aver aiutato la madre nelle solite incombenze,indossando dei vecchi vestiti di Arthur,che le stavano un pò larghi.
"Allora come sto?",chiese poi a Mary ed ai fratelli che erano già seduti davanti alla tavola imbandita. "Vi presento Joe Buttman",esclamò sistemandosi i lunghi capelli biondi sotto il cappello,sorridendo.
Il giorno del torneo il governatore era di nuovo in alta uniforme,il capo con cui si sentiva più a suo agio data la sua formazione militare,ma amava anche divertirsi,proprio per questo,su suggerimento di alcuni suoi collaboratori,aveva deciso di organizzare quella gara,anche per entrare in contatto con la gente del posto ed imparare a conoscerne le abitudini. Quella mattina prese così posto in un palco a lui riservato,riparato dal sole da una grande tenda,insieme al nipote ed alla sua fidanzata.
"Levati dai piedi ragazzino",ripeterono più volte i partecipanti a Georgie sbeffeggiandola,mentre la ragazza aveva notato Lowell guardarla con insistenza.
"Ognuno di voi dovrà colpire le mele lanciate in aria con il boomerang ed il vincitore sarà quello che ne colpirà di più",disse il giudice proclamando l'inizio  del torneo.
I concorrenti così,man mano che la gara procedeva,sfoggiarono la loro abilità per essere poi eliminati ad uno ad uno,a differenza di  Georgie che effettuava dei lanci sempre più precisi,mentre la folla gridava ed Abel ed Arthur,anche loro presenti,la incitavano.
"Quel ragazzo è bravo ed anche molto carino,non è vero Lowell?",esclamò  Elisa mentre applaudiva Joe,seduta accanto al fidanzato,che sembrava assorto nei suoi pensieri.
La gara proseguì fino a quando non rimasero due contendenti per il premio finale,Georgie ed un omaccione dal petto villoso.
Il vincitore del torneo è Joe Buttman",esclamò poi il giudice,dopo un serie di lanci serrati,al termine della gara.
"Bravo,sei un campione,bravo!",iniziarono ad urlare le persone presenti,quando Lowell notò quel bracciale al polso di Georgie trasalendo.
"Sei stato davvero bravo ragazzo,possiedi un grande talento",disse il governatore alzandosi in piedi,dirigendosi verso Joe,"per questo ti concedo l'onore di un un premio speciale,un bacio dalla futura moglie di mio nipote",continuò l'uomo.
Nell'udire quelle parole Georgie si levò il cappello senza pensare,mostrando una cascata di boccoli biondi.
"Vi prego perdonatemi",sussurrò la ragazza spaventata,"lo ho fatto solamente per mio zio che ha bisogno di quella raccoglitrice."
Il colonnello Gray,nell'osservare quella scena,spalancò gli occhi incredulo,stringendo nervosamente i pugni,per poi scoppiare a ridere in una fragorosa risata.
"Non sono arrabbiato",esclamò l'uomo,"sei una ragazza eccezionale,l'Australia è una terra bellissima con ancora tanta strada da fare ed ha bisogno di giovani come te. Dal momento che sei una ragazza il premio speciale,un bacio sulla guancia,te lo darà mio nipote Lowel",disse infine stringendole le mani.
"Non è necessario",rispose Georgie imbarazzata allontanandosi dal nipote del governatore che si avvicinava sempre di più,guardandola intensamente negli occhi,fino a poggiare le sue labbra su quelle della ragazza.
A quel contatto Georgie si sentí come sospesa in un'altra dimensione,provando delle sensazioni nuove,indescrivibili.
"Bastardo!",gridò Abel in quel momento,mentre Elisa urlò nel vedere Lowell cadere a terra,colpito in pieno volto.
"Non toccare mia sorella",esclamò il giovane adirato,cingendo con un braccio la vita della sorella,portandola via.
"Fermate subito quel ragazzo",intimò però il Colonnello ai suoi uomini,trasformando il suo volto dall'espressione bonaria in autoritaria.
Se prima quello spettacolo lo aveva divertito,non poteva in quel frangente tollerare un simile affronto,da persone per di più di rango inferiore.
"Georgie,Abel",disse Arthur sconvolto,correndo verso i fratelli,distendendo le braccia  a loro difesa.
"Ti prego nonno",intervenne Lowell repentino per cercare di placare gli animi,"la colpa è solamente mia,non di quel ragazzo,ho sbagliato ma questa fanciulla è così bella che non sono riuscito a controllarmi. Perdonami",disse infine il ragazzo a Georgie,che non riusciva a proferire parola.
"Aspettate",esclamò però Elisa ai tre fratelli che stavano tornando a casa. "Lowell si è scusato,ma voi non lo avete fatto. Non sapete che nel colpire una persona come lui,nipote del governatore e mio fidanzato,è prevista la condanna a morte?"
"Smettila Elisa!",mormorò Lowell.
"C'è una differenza abissale fra noi e voi",continuò la ragazza senza ascoltare il suo promesso sposo,"voglio che ti inginocchi ai piedi di Lowell",concluse guardando Abel con aria di sfida.
"Sarò io a scusarmi al posto di mio fratello",disse prontamente Arthur.
"Elisa,se tu permetterai che accada questo chiederò perdono a Georgie nello stesso modo",sussurrò Lowell alla fidanzata ad un orecchio.
"Basta così",esclamò poi la nobile ridendo beffarda,mentre Arthur stava per chinarsi,"spero che adesso abbiate capito quanto i nostri mondi siano diversi",disse infine con disprezzo.
"Mi dispiace",mormorò solamente Lowell desolato,incontrando gli occhi di Arthur.
"Posso comprendere,mio fratello Abel avrebbe preferito morire che inginocchiarsi davanti a qualcuno",rispose l'altro,che avrebbe fatto qualunque cosa per le persone che amava,"ma penso che non si possa parlare in questo modo solamente perchè si occupa una posizione sociale diversa."
"Sono d'accordo con te",disse il nipote del governatore accennando un sorriso,guardando i tre fratelli andare via.
Quando Georgie,Abel ed Arthur portarono la raccoglitrice per cereali allo zio Kevin nel pomeriggio,il vecchio a stento trattenne le lacrime per la felicità e,mentre la fanciulla rimase in casa a fargli compagnia,i due ragazzi fuori dalla fattoria,ancora turbati per quanto accaduto quella mattina,ammirarono il tramonto senza parlare,come non volessero rovinare quel momento.
"Arthur ti ringrazio per quello che hai fatto per me",esclamò però poi Abel,rompendo quel silenzio quasi sacrale.
"L'importante è che tu sia qui",rispose il fratello.
"Però quel Lowell si è approfittato di Georgie,l'ha baciata e non riesco a dimenticarlo",disse Abel cambiando tono di voce,stringendo un pugno,come se fino a quel momento avesse tenuto tutto dentro. "Io non posso nemmeno pensare che nostra sorella possa innamorarsi di qualcuno,lasciarci da soli."
Arthur ascoltò quello sfogo senza dire niente,sapendo invece che un giorno quello che il fratello temeva sarebbe successo,se non con Lowell con qualcun altro e loro avrebbero dovuto continuare a volere bene a Georgie,almeno così sperava.
"Buonasera,sono riuscito a sapere che eravate qui",esclamò in quel momento il giovane Gray in sella ad un cavallo bianco,interrompendo quel momento così intimo fra i due fratelli. "Volevo scusarmi ancora per oggi e comunicarvi che siete invitati tutti e tre al ricevimento di domani sera a casa di mio nonno,il governatore,mi raccomando vi aspetto",concluse infine andando via,mentre Georgie,che era uscita fuori richiamata da quelle voci,aveva ascoltato quelle parole senza riuscire a rispondere per l'emozione.
Quella notte Lowel si era ritirato nella sua stanza senza cenare,non faceva che pensare a Georgie,a quel bacio appassionato,così diverso da quelli casti che si scambiava con Elisa. Anche la ragazza bionda,sdraiata sul letto,ripercorreva con la mente quanto successo,mentre Abel,avendola osservata mangiare radiosa poco prima di andare a dormire,si sentiva inquieto. Nonostante avesse confidato al fratello le sue sensazioni provava una forte gelosia che non riusciva a dominare,non riusciva a dimenticare come Georgie si fosse lasciata andare fra le braccia di quel ragazzo. Avrebbe voluto essere al posto di Lowell,ma non poteva perchè lei lo credeva suo fratello,non poteva rivelare i suoi sentimenti all'unica ragazza di cui era davvero innamorato e questo gli faceva ribollire il sangue.
L'indomani nel palazzo del Colonnello Gray fervevano i preparativi,camerieri indaffarati andavano avanti ed indietro,erano stati sistemati fiori profumati nei vasi,date disposizioni ai cuochi riguardo quel che doveva essere cucinato,mentre gli ambienti venivano puliti con minuzia.
"Chissà se Georgie verrà questa sera,non vedo l'ora di vederla",pensò Lowell in quel momento sospirando,osservando quel panorama incontaminato fuori da una finestra,mentre il vento gli accarezzava i capelli.
Suo nonno intanto,aiutato dal cameriere personale,stava indossando tutte le medaglie ben lucidate che amava sfoggiare in simili eventi.
"Spero che sarà pronto tutto in tempo",disse poi il Colonnello poco dopo al maggiordomo,entrando nel salone principale del palazzo,"mi auguro abbiate sistemato anche lo spiazzo per fare i lanci con il boomerang."
"Eccellenza,non ero a conoscenza che voleste assistere ad un altro torneo",rispose imbarazzato l'altro colto di sorpresa,"provvederò subito",disse poi l'uomo richiamando alcuni membri della servitù,mentre il governatore annuiva.
"No nonno,non ci sarà nessun torneo",esclamò Lowell con tono di voce alterata rientrando in quella grande stanza,avendo ascoltato tutta la conversazione. "Sarà solamente un'esibizione davanti ai nostri ospiti,non una gara. ",rispose il Colonnello.
"Georgie non è stata invitata per far divertire te ed i tuoi amici",replicò il giovane adirato,"inoltre  indosserà un vestito come le altre invitate,come puoi pretendere una cosa del genere?"
Il governatore guardò perplesso il nipote,toccandosi i baffi,non comprendendo il motivo per il quale se la prendesse tanto,per lui quella gente non contava molto.
"Ma non capisci Lowell?",intervenne poi Elisa in uno sfarzoso abito,andando verso di loro,"quale vestito può indossare una ragazza come quella? É una contadina come i suoi volgari fratelli ed insistendo nel volerla qui non faresti che farla sentire a disagio."
"A disagio?",sussurrò Lowell.
"Non sa comportarsi,l'unica cosa che puoi fare per farla sentire importante è farle usare quel boomerang,come un animale addomesticato,non è vero?",continuò la perfida ragazza rivolgendosi al Colonnello.
"Certamente",rispose l'uomo ridendo.
"Povera Georgie",mormorò il giovane Gray uscendo di nuovo fuori dal salone,non riuscendo più ad ascoltare quei discorsi,mentre la sua fidanzata continuava a sogghignare con suo nonno.
Quello che credeva un uomo giusto e di sani principi,in realtà era solamente un essere umano consapevole della sua posizione sociale,abituato al potere ed ai privilegi e che non aveva la minima considerazione delle persone di rango inferiore,se non per il suo personale divertimento.
Nonostante però quelle risate sgradevoli Lowell,perdendo lo sguardo verso l'orizzonte,pensò che doveva essere grato a suo nonno. Grazie al torneo ed al premio speciale voluto proprio dal Colonnello,diede quel bacio dal sapore dolce e selvaggio,come quella ragazza che,sentiva dal profondo del suo cuore,le avrebbe cambiato per sempre la vita.

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Capitolo 15
*** Miseria-Joy ***




Miseria-Joy
One shot


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Una mattina più fredda del solito,nella città di Londra,una ragazzina,appena alzatasi dal letto dopo essersi sciacquata il viso,stava legando i capelli in disordine con un nastro logoro,infilando poi il solito vestito rattoppato e le scarpe consunte,mentre osservava il cielo plumbeo dalla finestra.
"Uff",sbuffò guardando il suo volto cosparso di lentiggini,riflesso in un piccolo specchio trovato nei vicoli del porto che di solito percorreva,cercando di sistemare alcune ciocche ribelli.
"Joy cosa stai facendo ancora?",la richiamò una voce femminile per la solita colazione frugale,così diversa rispetto alle tavole imbandite dei nobili che ammirava qualche volta di nascosto fuori dai loro lussuosi palazzi,provando ad immaginare il profumo,il sapore di quei cibi prelibati.
"Arrivo",rispose la ragazza sgranocchiando poco dopo insieme alla madre un pezzo di pane duro e del latte riscaldato,desiderando in silenzio qualcosa di più nutriente.
Il padre si era dovuto allontanare qualche giorno per pescare,come spesso faceva a malincuore,sperando di guadagnare qualche soldo in più,lasciando sole la moglie e la figlia,che cercavano di tirare avanti come potevano.
La donna,nonostante fosse ancora giovane,era afflitta da una tosse perenne per l'aria malsana che si respirava in quei sobborghi mal frequentati e per la mancanza di igiene e non era in condizioni di lavorare. La piccola Joy comprese così,sin da subito,quanto potesse essere dura la vita nei bassifondi di una Londra vittoriana,dove vigeva l'affermazione del potere e la differenza di classe.
"A cosa stai pensando?",chiese la madre osservando la figlia consumare quel pasto semplice,più pensierosa del solito.
"Niente mamma,adesso devo andare",rispose solamente la ragazzina masticando l'ultimo tozzo di pane,allacciandosi poi in vita quel grembiule sgualcito e prendendo da un mobile malconcio la cesta con le scatole di fiammiferi.
"Ci vediamo stasera",disse Joy salutando la donna che la guardava allontanarsi,impotente per non poter fare di più.
"Georgie,Georgie",gracchiava nel frattempo un pappagallo con tono squillante,appoggiato sulla spalla di un ragazzo dai capelli scuri.
"Dove sarai adesso",sussurrò il giovane vagando per il porto,dopo essere arrivato a Londra da qualche giorno,"scusate,avete visto una ragazzina bionda vestita da marinaio?",chiese per l'ennesima volta alle persone che incontrava,da uomini che scaricavano casse pesanti vicino le navi,a gente poco raccomandabile che frequentava le taverne lì vicino.
"Un marinaio morto in mare in quella nave,era un uomo hanno detto,no era una ragazza",sussurrò Abel confuso,ripetendo le risposte diverse che gli avevano fornito,"non mi arrenderò,riuscirò a trovarti,sento che sei qui",bisbigliò poi continuando a camminare per i vicoli.
"Georgie,Georgie",ripeteva ancora il volatile ormai da giorni senza stancarsi,fino a svolazzare con insistenza intorno ad una ragazzina.
"Didgeridoo lasciala stare,non è lei",gridò Abel rivolgendosi al suo compagno di viaggio.
"Cosi cerchi una certa Georgie",esclamò Joy sistemandosi le maniche del vestito.
"Si,è una ragazza bionda poco più grande di te ed è vestita da marinaio",le rispose Abel.
"Da marinaio?",disse la ragazzina stupita.
"Era  l'unico modo che aveva per partire dall'Australia. La nave con cui ha viaggiato è arrivata al porto pochi giorni fa,tu hai visto o sentito qualcosa?,chiese il giovane speranzoso.
"Deve essere proprio in gamba questa Georgie. Se comprerai una scatola di fiammiferi ti dirò quello che so",sibilò Joy.
"D'accordo",disse Abel,mettendosi una mano in tasca.
"Tieni",bisbigliò poi porgendo una moneta alla ragazzina,ma non fece in tempo a parlare che aveva già girato l'angolo.
"Dove vai?",chiese il ragazzo sbigottito,alzando il tono di voce.
"Mi dispiace,non ho mai visto questa Georgie",rispose Joy,abituata a quel genere di imbrogli,correndo via.
"Questa  moneta però vale molto",sussurrò poi la ragazza stringendola fra le mani,dopo essersi allontanata dal porto,sentendosi in colpa. "Vorrà dire che troverò quella ragazza,si,chiederò in giro."
"Stai attenta!",urlò all'improvviso una voce maschile,ridestando la fanciulla dai suoi pensieri,"ti sei fatta male,per poco non ti investivo,guarda dove cammini la prossima volta",le disse bruscamente il cocchiere,al servizio di una famiglia aristocratica.
"Grazie signore,starò più attenta",rispose Joy ricomponendosi,raccogliendo alcune scatole cadute a terra.
Nell'alzare la testa scorse lo sguardo gelido di un uomo che la stava osservando ed al suo fianco vi era una graziosa fanciulla,che sembrava sorriderle,dai capelli castano chiaro e dai grandi occhi azzurri.
Joy osservò poi quella carrozza andar via immaginando,mentre tornava stanca a casa,di essere seduta su quel morbido velluto al posto di quella ragazza dai lineamenti delicati.
"Sei tornata",esclamò la madre nel vederla aprire la vecchia porta,mentre era intenta a girare una zuppa sul fuoco,felice di vederla rincasare.
"Guarda cosa mi ha dato oggi un signore comprando una scatola di fiammiferi?",disse la ragazzina allegra,non facendo trapelare il suo stato d'animo per quanto successo poco prima,porgendo la moneta alla donna.
"Joy",la rimproverò la madre.
"Veramente io...",farfugliò la ragazza osservando la donna che la guardava sospettosa,"domani andrò a cercarlo e gli chiederò scusa".
"Sciacquati le mani,la cena è quasi pronta",esclamò la signora scuotendo la testa ed accennando un sorriso,posando la pentola sul tavolo di legno.
"É davvero più buona del solito",sibiló la ragazza soddisfatta,gustando tutto sino all'ultimo cucchiaio,"e poi ero davvero affamata,ho camminato tutto il giorno",disse ridendo mentre la madre la guardava malinconica.
La donna si era dovuta abituare a stare sola tutto il giorno,mentre la figlia la aiutava come poteva girando per Londra,specialmente nella zona del porto ma,nonostante le difficoltà,cresceva serena. Si raccolsero poi davanti al fuoco,per percepirne il tepore in quelle fredde sere,con la madre che amava ascoltare i racconti di Joy in quei brevi momenti che era loro concesso stare insieme.
"Dove sei Georgie",sussurrava nel frattempo Abel in una squallida pensione,accarezzando il suo pappagallo,l'unica presenza familiare in quella città sconosciuta. "Ti ritroverò",mormorò più volte,poco prima di addormentarsi fra quelle lenzuola impolverate.
"Hey,hey mi senti?",gridò l'indomani mattina una voce femminile al porto,mentre il ragazzo camminava avanti ed indietro,fermando qualunque persona incontrasse.
"Allora sei tu piccola imbrogliona!",esclamò il giovane girandosi d'istinto,avvicinandosi poi alla ragazzina che agitava una mano. "Che cosa vuoi ancora?",continuò portandosi le mani sui fianchi,facendo finta di essere arrabbiato.
"Signore mi dispiace,è difficile vendere fiammiferi a persone nuove e bisogna usare l'ingegno",esclamò la fanciulla.
"Così piccola e già così furba,va bene ti perdono,ma non farlo mai più,comunque mi chiamo Abel",le disse sorridendo.
"Ed io sono Joy",rispose la ragazza.
"Hai per caso scoperto qualcosa?",le chiese poi il giovane.
"Purtroppo no,ma ho molte conoscenze al porto,dammi tempo e sono sicura che riuscirò a scoprire dove si trova Georgie. Senti,intanto vuoi venire a dormire a casa mia?",sibilò la ragazza dopo aver pensato per un attimo,"mio padre è andato a pescare e non tornerà prima di qualche giorno,potrai dormire nel suo letto. Allora vieni?"
"Veramente alloggio in una pensione qui vicino",rispose il ragazzo sorpreso per quella proposta.
"Dai,ti troverai bene da me,ti farò pagare solamente la metà,scherzo,non ti farò pagare niente,ma solo perché mi sei simpatico",esclamò infine la ragazza facendo la linguaccia,prendendo il giovane per un braccio,senza dargli nemmeno il tempo di rispondere.
"Ecco,questa è la nostra casa,mamma ti presento Abel",disse Joy poco dopo facendolo entrare nella sua umile dimora.
"Piacere signore,benvenuto",salutó la donna con un cenno della testa,coperta da una cuffia per l'umidità di quel luogo angusto,"questo è il letto di mio marito,è molto comodo",disse scostando una tenda.
"Grazie signora",mormorò Abel.
"Mamma va bene secondo te?",esclamò poi la ragazza alzando il coperchio della pentola che sbuffava nel camino.
"Joy non è ancora pronto,imparerai mai a cucinare?",rispose la madre sorridendo.
"Certo",affermó la ragazza risentita,"la prossima volta cucinerò io e sarà tutto buonissimo".
Nel vedere la giovane e quella donna parlare in quel modo,Abel chiuse gli occhi per un istante sospirando,ricordando Georgie e la madre che cucinavano nella loro casa in Australia e,memore di quei ricordi,quella sera raccontò le sue avventure vissute in mare quando si era imbarcato come marinaio.
"Buonanotte Abel",gli disse infine Joy prima di coricarsi,contenta per la bella serata,osservando il ragazzo sdraiarsi sul letto di suo padre,come se quel vuoto per una volta fosse stato colmato.
Mentre la fanciulla si era addormentata subito per la stanchezza,Abel non riusciva a dormire,nonostante il calore di quel posto.
"Georgie",sussurrò più volte rigirandosi fra quelle lenzuola,immaginando di sposarla,di girare il mondo con lei e,immerso in quei pensieri,chiuse infine lentamente gli occhi.
"Abel mi ascolti?",disse Joy l'indomani al ragazzo che guardava fuori dalla finestra.
"Hai finito con i tuoi imbrogli?",le rispose il giovane richiamato da quella voce squillante,guardando la ragazzina trafelata,che quella mattina era uscita più presto del solito per chiedere in giro.
"Ho trovato Georgie",esclamò Joy entusiasta,rivolgendosi al ragazzo che la guardava come fosse imbambolato. "Al porto ho incontrato un marinaio che si trovava sulla sua stessa nave e mi ha detto che è ospite del Conte Barnes."
"Georgie,il Conte Barnes",disse il giovane prendendo il mantello,correndo subito dopo via per quei vicoli.
"Abel aspetta,niente,è andato via,questa Georgie deve essere davvero importante",sussurrò Joy riprendendo il suo cesto,pronta ad avventurarsi di nuovo in mezzo alla gente,cercando di vendere quante più scatole di fiammiferi poteva.
Nel percorrere quelle strade affollate amava molto osservare i vestiti eleganti delle signore che avrebbe voluto tanto indossare anche lei,i loro cappelli e gli uomini ben vestiti che le accompagnavano. Era un modo per distrarsi da quella misera vita,nonostante la affrontasse ogni giorno con il sorriso.
Camminò così senza tornare a casa nemmeno per mangiare qualcosa,sino al pomeriggio.
"Possibile sia...",sussurrò poi incredula mentre cercava di vendere qualche scatola ai passanti che le rispondevano in malo modo,osservando uscire da un negozio di abiti proprio in  quel momento una ragazza con indosso un prezioso vestito celeste ed un uomo al seguito che portava dei pacchi.
"Salve",disse la nobile a Joy,incontrando il suo sguardo.
La ragazza,non abituata ad essere considerata da persone di quel rango,le rispose solamente con un cenno della testa.
"Volevo dirti che mi dispiace per quanto successo ieri",continuó l'aristocratica avvicinandosi.
"Non è successo niente,non si preoccupi",rispose Joy stupita per quelle parole e perchè quella ragazza si era ricordata di lei.
"Il mio nome è Maria",esclamò la nobile presentandosi.
"Il mio Joy",rispose la ragazzina,imbarazzata per quei modi gentili.
"Vorrei scusarmi anche da parte di mio zio e mi farebbe piacere se accettassi un mio invito,come in quel posto",sibiló la nobile indicando un raffinato locale dove amava confidarsi con le sue amiche,mentre l'uomo al suo servizio sistemava i pacchi nella carrozza.
"Aspettami qui per favore",chiese poi al cocchiere incamminandosi con Joy sino ad entrare in quel posto elegante,molto diverso dalle taverne che la povera ragazza frequentava.
"Non fare complimenti,sei mia ospite",disse l'aristocratica cercando di metterla a proprio agio.
"Maria,posso chiederti se hai dei fratelli?",esclamò Joy dopo aver parlato di argomenti generici,mentre assaggiava un dolce squisito,servita come una vera signora.
"Certamente,ne ho uno,ha dei bellissimi capelli lunghi e possiede un'intera collezione di camicie francesi,sono la sua passione".
"Davvero?",domandó Joy stupita.
"Si,molte ragazze lo trovano affascinante. E tu invece?",chiese la  fanciulla sorseggiando una tazza di tè.
"Non proprio,ma ho conosciuto un ragazzo che adesso è ospite a casa mia ed inizio a volergli bene come ad un fratello. E poi è bello,forte,ha i capelli scuri e gli occhi blu."
"Come il mio Cain",sussurrò la nobile.
"Chi è Cain?",sibiló Joy continuando ad assaporare quel dolce.
"É il mio fidanzato",rispose Maria imbarazzata,portandosi le mani sul volto,"e sembra somigliare un pò al tuo amico,ha i capelli castano chiaro e dei profondi occhi celesti."
"Mi piacerebbe proprio vederlo",disse Joy sentendosi sempre più a suo agio,come se conoscesse quella ragazza da sempre,non badando più agli sguardi di quelle persone presenti,che ogni tanto le osservavano.
"Si e spero ci sposeremo presto",esclamó Maria con gli occhi che sembravano quasi brillarle,"ti confesso che il mio più grande desiderio è vivere con lui in una grande casa fuori città,lontano da questa vita caotica".
"Te lo auguro",disse Joy poco prima che andassero via,salutandosi.
"Dimenticavo,ti prego di accettare questo dono,"sibiló la nobile facendo un cenno al suo servitore che sistemò una scatola nella carrozza fatta chiamare per riportare a casa la ragazza,"è un vestito che avevo portato come modello,mi farebbe piacere accettassi,sono sicura che starà benissimo con il colore dei tuoi capelli."
"Ti ringrazio Maria",rispose la fanciulla commossa.
"É stato un piacere averti conosciuta Joy,",disse infine l'aristocratica prendendole le mani,"adesso devo andare o mio zio si preoccuperà."
"Arrivederci",gridò la ragazza agitando una mano,"ti auguro tanta felicità",sussurrò guardando la carrozza allontanarsi fino a vederla scomparire.
Quella che sembrava essere stata una giornata come tante,la avrebbe portata per sempre nel suo cuore,pensò Joy tenendo fra le mani quel bellissimo abito color rosa cipria,osservando il panorama scorrere fuori dalla carrozza.
Per una volta,la vita misera e di stenti che era costretta a condurre ogni giorno,non le era mai sembrata così dolce.

*********
 

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Capitolo 16
*** Veleno-Dottor Skiffins/Kenny ***




Veleno-Dottor Skiffins/Kenny
One-shot


*********

La grande nave,dove Georgie si era imbarcata come marinaio,era partita all'ora prestabilita quell'assolata mattina dal porto di Sydney.
Marinai indaffarati lavoravano senza sosta,alcuni ospiti riposavano nei loro alloggi,mentre altri guardavano la città allontanarsi sempre di più,tra i quali un uomo dallo sguardo malinconico.
"Addio dolce Australia,purtroppo le mie ricerche sono state vane",sussurrò mentre il vento gli accarezzava i capelli. "Come posso dirgli che non ti ho trovata?",continuò socchiudendo gli occhi,ripensando a quando era arrivato per la prima volta in quella terra dalla natura variopinta.
Un luogo che fin da subito gli era sembrato bellissimo,così diverso dalla nebbiosa Londra,dove aveva sempre vissuto.
Capelli biondi,occhi verdi,un braccialetto d'oro di antica fattura al polso,aveva ripetuto più volte quella descrizione a tutti i negozianti della zona,nel suo campo di ricerche,come la signora Potter,ma nessuno sembrava sapere niente.
In più di un'occasione si era sentito a disagio,perchè molti osservavano con insistenza e curiosità il suo aspetto distinto.
Indossava un cilindro,una giacca elegante,guanti bianchi,stivali alti e si era addentrato a cavallo fino alla Valle del Sole,nella campagna più selvaggia,pur di ritrovare quella ragazza,giungendo infine nella sacra dimora di sorella Kate,che gli indicò la fattoria dei Buttman.
"E se mi avessero mentito?",sussurrò il dottor Skiffins riaprendo gli occhi,pensando a quei due ragazzi che lo avevano mandato via in malo modo,affermando che Georgie era la loro sorella nata in Australia e che non possedeva alcun braccialetto.
Ripensò poi a come aveva vagabondato per giorni sconsolato,fino ad alloggiare in una pensione al porto la notte prima di rientrare in patria mentre,poco distante da lì,Jessica si era concessa a Kenny con tutta la passione che aveva in corpo,per placare la sua disperazione. Non aveva mai provato niente per quell'uomo,ma era uno dei suoi amanti più abili che,ogni volta che poteva,ne approfittava. Sia il medico che il marinaio si erano poi imbarcati sulla stessa nave di Georgie,travestita da Joe Buttman,ognuno con diversi desideri e speranze.
"Ti ritroverò mai?",bisbigliò il dottore rientrando nei suoi alloggi,mentre Kenny si trovava sotto coperta,al riparo da sguardi indiscreti,per bere del vino. 
"Dove troverò un'altra come te fra queste rammollite",mormorò pensando alla notte bollente trascorsa con Jessica. "Anche quel ragazzino dovevi affibbiarmi,come già non ne avessi abbastanza di guai",imprecò cercando di escogitare un modo per far fuori Joe il prima possibile.
Era una scocciatura ma non poteva rifiutare un favore alla ragazza più bella di Sydney,sotto lauta ricompensa.
Aveva un debole per le donne sensuali e dalle forme procaci e,nonostante la preferisse tra le altre,non aveva mai pensato di esserle fedele.
Pur non essendo bello aveva il fascino rude del marinaio che attirava il sesso femminile,molte cadevano ai suoi piedi,anche le più insospettabili. Portava una benda sull'occhio destro per un terribile incidente ed amava indossare foulard di diversi colori
"Che diamine stai facendo,vedi di lavorare sodo o ti butto in pasto ai pesci idiota",diceva Kenny durante il viaggio ogni volta che incontrava Joe,sgridandolo di continuo da quando erano saliti su quella nave,facendogli svolgere i lavori più pesanti.
"Dove sarai Georgie?",continuava invece a ripetere il dottore,che non riusciva a darsi pace.
Skiffins,il quale Conte Gerald era l'appellativo nobiliare,apparteneva all'aristocrazia inglese,come suo fratello Fritz.
Nonostante l'indicibile sofferenza per la perdita della cognata Sophie,della nipote Georgie e la deportazione del fratello,era ancora un bell'uomo dai folti capelli grigi e dai baffi ben curati.
"Devo trovare il modo di sbarazzarmene al più presto",mormorò Kenny un pomeriggio increspando le labbra in una smorfia,mentre osservava Joe pulire il ponte,"che diavolo fai!",disse in tono aspro osservando quel secchio pieno d'acqua rovesciato,ogni pretesto era buono per rimproverarlo.
La presenza di quel ragazzino stava diventando per lui sempre più fastidiosa,toglieva tempo ai piaceri più depravati ai quali amava abbandonarsi come suo solito durante le lunghe traversate,bere,godere della compagnia di qualche donna disponibile o rubare oggetti preziosi negli alloggi degli ospiti più facoltosi.
Il medico invece guardava spesso il mare,divenendo sempre più malinconico e leggeva libri di medicina,la sua grande passione,per fuggire dal suo triste passato,ma spesso i pensieri gli tornavano alla mente.
I fratelli Gerald,prima che Fritz fosse sottoposto ai lavori forzati in Australia dopo quel terribile tranello,erano molto ammirati nell'alta società londinese.
Il dottore aveva un carattere riflessivo e spesso si prendeva cura,in forma del tutto gratuita,delle persone più povere,mentre l'altro era sempre attivo socialmente. Entrambi non ritenevano giusto che solamente pochi potessero usufruire di determinati privilegi,per diritto di nascita,rispetto a molte persone che vivevano di stenti. Skiffins,a differenza di suo fratello Fritz,non si era mai sposato,nonostante fosse molto corteggiato non era riuscito a trovare una donna sensibile e di nobili principi,aveva così dedicato tutta la sua vita allo studio per alleviare le sofferenze altrui.
Era molto legato alla sua famiglia,mentre Kenny non la aveva mai avuta,era stato allevato da una vecchia zia,i suoi genitori erano morti quando era molto piccolo ed aveva imparato a cavarsela presto da solo,imbarcandosi molto giovane e subendo qualunque tipo di vessazione,fino ad avere il rispetto degli altri marinai.
Quella era stata da sempre la sua vita,alcol,sesso,piccoli furti,l'ambiente rude nel quale era sempre vissuto aveva plasmato il suo carattere già predisposto.
La sua casa era il mare,il porto più familiare quello di Sydney,dove viveva Jessica,mentre il dottore,nonostante la sua umanità,aveva frequentato sempre posti raffinati. Così procedeva il viaggio per questi due uomini che non erano mai venuti in contatto,sino a quando udirono quelle urla strazianti.
"Aiuto,aiutatemi",gridò un pomeriggio la Contessina Barnes trascinata dalle onde,infestate dagli squali.
"Resisti Catherine",urlò Joe gettandosi in acqua con una corda,non appena vide la ragazza.
"Mi raccomando Kenny,contiamo su di te",disse un marinaio dando una pacca all'uomo. 
"Sarà fatto",rispose l'uomo con un sorriso diabolico,facendo salire la corda che teneva Georgie molto lentamente.
"Sbrighiamoci o li divoreranno",strillarono con foga i membri dell'equipaggio,"gettate la carne presto!"
"Se non le dispiace prendo io il suo posto",esclamò Skiffins con voce profonda,posando una mano sulla spalla di Kenny contrariato,tirando su la corda più veloce che poteva,mentre gli squali mangiavano con voracità  grandi pezzi di cibo A quel contatto il dottore ebbe un brivido.
"Aggrappati",urlarono poi a Georgie i marinai che avevano gettato la scala a pioli.
"Bravo Joe,bravo",acclamarono tutti infine a gran voce il ragazzo,che si sentiva sempre più debole dopo essere salito di nuovo a bordo.
"Mi occuperò io di questo piccolo eroe,vedo che la tua gamba è ferita,provi molto dolore?",disse il medico mentre Georgie annuì.
"Sono il dottor Skiffins",si presentò.".
"Per qualunque cosa la mia cabina è vostra disposizione",si offrì il Conte Barnes,ancora incredulo che sua figlia fosse salva.
"Questo odore di tabacco,questo petto caloroso,è tutto così familiare",sussurrò Georgie ignara fra le braccia dello zio,che la stava portando verso gli alloggi di prima classe.
"La tua ferita guarirà in pochi giorni,non c'è da preoccuparsi",esclamò poi il medico rassicurandola,fasciandole la gamba,dopo averla disinfettata con cura.
"La ringrazio molto dottore",rispose la ragazza iniziandosi a sentire meglio. 
"Grazie anche da parte mia",intervenne il Capitano prima di andarsene," e tu Joe mi raccomando,guarisci presto."
"Non potrò mai sdebitarmi abbastanza per quello che hai fatto per mia figlia Joe,le hai salvato la vita",esclamò il Conte commosso tenendo le mani di Georgie.
"É mio dovere signore",affermó solamente la ragazza imbarazzata,ma proprio in quel momento il dottore trasalì,notando quel braccialetto.
"Non è possibile,eppure lo ho visto,come può indossarlo lui? Devo assolutamente saperlo",mormorò Skiffins sconvolto quella notte nella sua cabina.
"Joe come va la gamba,senti ancora dolore?",chiese l'indomani l'uomo a Georgie,mentre portava da bere ad alcuni nobili,cogliendo l'occasione.
Dopo quel brutto incidente,su richiesta del Conte Barnes e per volontà del Comandante,la fanciulla era stata promossa a cameriere,un lavoro più leggero.
"Provo ancora un pò di dolore,ma va molto meglio",rispose Georgie.
"Ne sono lieto,se vieni nella mia cabina posso controllarti e poi vorrei parlarti un minuto",disse il medico.
"Va bene,la ringrazio che si preoccupa per me,ma solo per un attimo,sto lavorando",esclamò la fanciulla..
"Chi ti ha dato quel braccialetto?",chiese Skiffins con un tono brusco,prendendola per un polso,dopo aver chiuso la porta.
"Mi lasci dottore,la prego",balbettò Georgie confusa per quella reazione improvvisa.
"No,devi dirmi chi te lo ha dato,devi dirmelo Joe",continuò il medico,"so per certo che appartiene ad una ragazza,dove lo hai preso?"
"Mi scusi devo andare",mormorò la ragazza liberandosi da quella stretta,dopo esser rimasta imbambolata qualche secondo nell'udire quelle parole.
"Joe aspetta",gridò l'uomo,ma era già corsa via. "Sono stato troppo impulsivo,ma il viaggio è ancora lungo,la prossima volta glielo chiederò di nuovo",mormorò rientrando nella sua cabina,mentre Kenny si era appartato come suo solito fra vecchie casse e barili,inviperito per aver fallito.
"Sei riuscito a scamparla ragazzino,ma hai le ore contate,vedrai che bella sorpresa ti aspetta",bisbigliò mentre il pregiato brandy che aveva rubato al Conte Barnes gli bruciava la gola. "Questa la rivenderò ad un buon prezzo una volta sceso a terra",continuò stringendo fa le mani la collana della piccola Catherine.
"Sei qui Kenny",disse in quel momento Joe,passando per quei corridoi,scorgendolo.
"Che vuoi ragazzino",rispose alterato l'uomo ,infilando il prezioso oggetto in tasca.
"Sam mi ha detto,se ti avessi visto,di avvisarti che ti stava cercando",esclamò Georgie,notando la bottiglia di brandy.
"Ho capito,adesso vai",disse il marinaio scacciandola via. "Mi ha visto,forse ha capito che sono io il ladro",sussurrò sempre più arrabbiato,una volta rimasto solo.
"Le auguro una buonanotte signore",si sbrigò nel frattempo a dire Georgie al dottore incontrandolo vicino la sua cabina,prima di ritirarsi negli alloggi dei marinai,dopo aver servito il pasto serale.
"Non riuscirò ad evitarlo ancora per molto,ma perchè è cosi interessato al mio braccialetto,forse mi ha scoperta,ha capito che sono una ragazza? E se invece sapesse qualcosa del mio passato? Forse dovrei parlare con lui,dirgli la verità,no non posso essere scoperta proprio adesso",bisbigliò Georgie pensierosa fra quelle lenzuola dall'odore stantio una volta coricatasi,fino ad addormentarsi.
Mentre ormai la ragazza dormiva di un sonno profondo,dei passi leggeri percorrevano il lurido legno fino al suo letto,mettendo quelle mani ruvide sul suo collo delicato.
"Per te è finita,addio Joe",disse Kenny sul punto di strangolarla.
"Mio principe dove sei",esclamò proprio in quel momento una graziosa voce femminile in quel putrido dormitorio. 
"Maledizione,la Contessina Barnes",mormorò il marinaio dileguandosi il più velocemente possibile. "Al diavolo,per un soffio non lo ho ucciso",imprecò poi dando un calcio ad un sacco a terra.
Il giorno seguente,mentre il dottore si trovava sul ponte,vide Joe che parlava con Catherine.
"Fa di tutto per evitarmi,devo sapere riguardo quel braccialetto",sussurrò continuando a guardare il marinaio.
"Il dottore mi fissa,che cosa devo fare",bisbigliò Georgie indecisa,sentendosi quello sguardo addosso.
"Divertiti Joe finchè puoi,vedrai che la prossima volta non fallirò",disse Kenny che osservava di nascosto anche lui la ragazza,con un ghigno sulle labbra.
"Scusatemi se vi disturbo",esclamò poi il dottore avvicinandosi con garbo alle due fanciulle,pronto a saperne di più,mentre l'altro andava di nuovo a rovistare negli alloggi di prima classe.
"Dovrei parlare con Joe,vorrei innanzitutto scusarmi per  l'altro giorno",disse Skiffins osservando Catherine che teneva il broncio. "Sono stato brusco,ma solo tu puoi aiutarmi,la fanciulla che cerco indossa un braccialetto identico al tuo,sono venuto apposta dall'Inghilterra per cercarla,ha i capelli biondi,gli occhi verdi,è importante."
Nello scorgere quegli occhi limpidi,Georgie si chiese chi fosse davvero quell'uomo.
"Allora devi incontrare una ragazza in Inghilterra?",iniziò a lamentarsi Catherine nell'ascoltare quelle parole.
"Mi dispiace dottore,non so niente",disse Georgie combattuta mordendosi il labbro inferiore.
"Va bene",rispose il medico sconsolato,ma se ti dovesse venire in mente qualunque cosa,anche insignificante,sai dove trovarmi. 
Il marinaio annuì tornando a lavorare,fino a quando il Comandante gli chiese,nel suo ufficio,di fornirgli un rapporto riguardo i furti nelle  cabine di prima classe.
"Joe,hai scoperto che sono io,ma non riuscirai a denunciarmi,ti eliminerò,stanne certo",esclamò Kenny odorando quell'aspro profumo dalla tazzina che teneva in mano. "Aspetta un momento",disse poi incontrando Georgie vicino la cabina di una Duchessa. "Vedo che stai lavorando sodo,prendi questa e riposati un attimo",continuò l'uomo porgendole del tè fumante.
"É per me?",rispose la ragazza sorpresa.
"Certo e mi raccomando,non farti vedere da nessuno,potrebbero sgridarti"disse Kenny beffardo.
"Sei stato davvero gentile",esclamò Georgie,fugando qualunque sospetto che aveva avuto su di lui nei giorni precedenti,dopo aver visto quella bottiglia di brandy.
"Arrivederci all'inferno",sogghignò poi il marinaio vedendola allontanarsi.
"Ciao Joe",disse Skiffins poco dopo andando incontro alla fanciulla,che notò essere sola,mentre osservava affascinato le onde impetuose.
"Salve dottore,vuole del té,non l'ho toccato",rispose Georgie con cortesia,porgendogli la tazzina.
"Ti ringrazio molto",esclamò il medico sedendosi accanto a lui,girando la bevanda con il cucchiaino. "Allora,ti è per caso venuto in mente qualcosa?"
"Posso sapere prima per quale motivo sta cercando quella ragazza?",disse Georgie osservando quell'uomo dai lineamenti gentili,sentiva che poteva fidarsi.
"Sono venuto in Australia su richiesta di qualcun altro",esclamò  Skiffins,sentendosi la bocca impastata da un sapore amaro,sorseggiando quella bevanda.
"Chi è questa persona?",chiese Georgie incredula. 
"Joe,prima che continui,vorrei sapere chi ti ha dato quel bracciale",chiese ll'uomo guardandola intensamente.
"Mi hanno raccontato che apparteneva a mia madre",rispose la ragazza sospirando,"è l'unico legame che ho per scoprire le mie origini,mio padre fu deportato in Australia."
"Deportato? Ma allora tu sei...",sussurrò il dottore sbarrando gli occhi,"sei una ragazza,quei capelli biondi,quegli occhi verdi,il tuo nome è..."
"Georgie signore",esclamò Joe.                                         
"Georgie,sei tu Georgie", mormorò Skiffins iniziando a sentire un senso di soffocamento in gola.
"Si,adesso posso sapere perchè mi stava cercando?",esclamó la ragazza.
"Il motivo è... il motivo è... ",disse il dottore con un filo di voce,facendo cadere all'improvviso la tazzina per terra,accasciandosi.
"Dottore,cos'ha,sta male?",domandó Georgie sconvolta,chinandosi sull'uomo sofferente. "Aiuto,aiutatemi,il dottore sta male",gridò poi la ragazza rialzandosi.
"No aspetta",la trattenne Skiffins,non riuscendo quai più a respirare.
"Maledizione,cos'è questo trambusto",imprecò Kenny sospettoso,vedendo tutti i marinai accorrere sul ponte.
"Georgie,la persona che mi ha mandata è tuo padre,si trova a Londra",disse il medico contorcendosi. "Il suo nome è,il suo nome è..."
"Dottore",urlò Georgie,"mi risponda,la prego",continuò scuotendolo.
"Che succede Joe?",chiese un marinaio venuto in suo soccorso ,fino a quando in poco tempo tutti si radunarono intorno a lei.
"Qui si mette male",esclamò Kenny vedendo Skiffins a terra,affrettandosi ad andare nella sua cabina.
"Purtroppo è morto avvelenato,probabilmente il veleno si trovava nel tè",riportò il medico di bordo al Comandante,indicando la tazzina in frantumi,dopo aver constatato il decesso di Skiffins,mentre Kenny rovistava con foga fra le sue cose.
"Questo andrà bene",disse il marinaio prendendo un pettine d'argento.
"Sei stato tu a mettere il veleno,come hai potuto maledetto",esclamò un membro dell'equipaggio.
"Povero dottore,era una così brava persona",bisbigliarono i passeggeri,sbigottiti per quanto accaduto.
"Non sono stata io,non sapevo che quel tè fosse avvelenato,me l'ha dato Kenny",rispose Georgie a sua difesa.
"Che diavolo stai dicendo?",imprecò l'uomo adirato,dopo essere tornato sul ponte. "Ti hanno visto gironzolare davanti la cabina del dottore più volte,cosa volevi fare,derubarlo?"
"È vero,io l'ho visto",confermó un marinaio.
"Anche io,ti sei messo in une bel guaio Joe",esclamò un altro tenendolo fermo.
"Io volevo solamente parlare con il dottore,vi prego credetemi,ve lo giuro",rispose Georgie accorata.
"Avanti confessa,parla",la esortarono quegli uomini strattonandola.
"Perchè non controlliamo dove dorme,così vedremo se dice la verità",propose Kenny.
"Va bene,procedete",ordinò amareggiato il Comandante.
"Qui non c'è niente",disse un marinaio frugando nel bagaglio di Joe,in quei fetidi alloggi.
"Guardiamo anche nel letto",continuò Kenny scostando la tenda polverosa.
"Ma quella è una borsa,è del dottore",esclamò un marinaio. "Lo hai ucciso perchè ti aveva scoperto,dillo Joe!"
"Non ho mai visto quella borsa,ve lo giuro",si difese di nuovo Georgie mentre la tenevano per le braccia.
"Sei solamente uno sporco ladro ed un assassino",incalzò Kenny.
"Ci hai disonorati,gettiamolo in mare",iniziarono a gridare gli altri marinai.
"É finita per te Joe",disse Kenny tirandolo per i capelli fino al ponte,mentre la ragazza non riusciva quasi più a parlare.
"No,lasciatelo stare,Joe è innocente",urlò Catherine disperata,tirando Georgie per la camicia,fino a quando emerse dai lembi il seno nudo della fanciulla,in quel continuo tirare.
"Joe è una ragazza",disse sbalordito un marinaio,come lo erano il Comandante,il Conte Barnes,i passeggeri e l'intero equipaggio.
"Mi dispiace Catherine,non volevo ingannarti,ma era l'unico modo che avevo per arrivare a Londra",sussurrò Georgie alla nobile che annuiva.
"Una ragazza che mi ha salvata in mezzo al mare dagli squali non può essere un assassino",affermò la contessina Barnes decisa.
"É vero,ha avuto un coraggio straordinario",disse il Capitano.
"Noi non ci siamo tuffati,mentre lei non ha esitato neppure per un secondo. Una persona così altruista non può avere ucciso per una borsa",esclamarono in coro i marinai.
"Ma che cosa state dicendo",rispose Kenny che sentiva il sangue ribollire. "Il fatto che sia una ragazza non cambia niente,voleva rubare il pettine d'argento nella borsa del dottore,controllate",
"Ha ragione,il pettine è qui dentro",disse un marinaio prendendolo in mano.
"Allora,avete ancora dei dubbi?",esclamò Kenny in tono sprezzante. "Come facevi a sapere che c'era un pettine d'argento in quella borsa?",rispose Georgie rincuorata, dopo che Catherine l'aveva coperta con il suo scialle.
"L'abbiamo aperta adesso per la prima volta",borbottò un marinaio inarcando un sopracciglio.
"Rispondi Kenny",gli intimò il Capitano.
"Io...",balbettò l'uomo indietreggiando sempre di più,mentre i suoi compagni iniziarono ad andargli incontro furiosi.
"Prendiamolo,presto",urlarono a gran voce.
"Non sono stato io,non sono stato io",gridò Kenny nel disperato tentativo di salvarsi.
"Fermatelo!",urlarono gli altri,mentre da una tasca dei pantaloni del marinaio cadde per terra il sacchetto contenente la refurtiva.
"Quella è la mia collana",esclamò Catherine stupita.
"Il mio anello,il mio bracciale", bisbigliarono altre nobildonne.
"Adesso non ci sono più dubbi,ladro,assassino",disse un marinaio robusto,cercando di bloccarlo.
"No,no",si difese ancora Kenny sporgendosi troppo,fino a cadere in mare.
"Uomo in mare,presto,gettiamo la scialuppa di salvataggio",strillarono i membri dell'equipaggio.
"Perchè l'hai fatto",sussurrò poi Georgie nella cabina del Conte Barnes,dopo aver appreso dal Comandante che del corpo di Kenny non vi era più nessuna traccia. "Quel tè avvelenato era per me,ma perchè volevi uccidermi? Dottore,chi è davvero mio padre?",continuò la ragazza tormentata da quei pensieri,mentre il corpo di Skiffins era stato portato in una cabina in disuso.
Alla fine di quella triste giornata tutti tornarono nei loro alloggi senza dire più niente,due morti drammatiche avevano sconvolto l'intero equipaggio ed i passeggeri,durante quel lungo viaggio. Il corpo del medico giaceva pallido,privo di vita,sotto un lenzuolo bianco,ma il suo sacrificio non era stato vano,mentre quello di Kenny,figlio del mare,annegato o divorato dagli squali.
Il primo era morto per salvare Georgie,l'altro per ucciderla. Due uomini così diversi nell'anima,così lontani eppure cosí vicini,accomunati dallo stesso tragico destino in quel terribile giorno,mentre la nave procedeva nella sua traversata.

*********
Note: nel manga Kenny tenta di uccidere Georgie su ordine di Jessica,mentre nell'anime perchè crede che la ragazza abbia scoperto sia lui l'autore dei furti.

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Capitolo 17
*** Serra-Abel ***




Serra-Abel
One shot


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Una gelida sera,nella grande città di Londra,la neve cadeva copiosa,mentre una ragazza bionda guardava fuori dalla finestra nella lussuosa stanza di un palazzo aristocratico.
Nel socchiudere gli occhi immaginò i due candidi cigni,che aveva osservato scambiarsi effusioni,nel lago della dimora dei Gray quel pomeriggio.
"Amore mio",sussurrò sfiorandosi le labbra ripensando alle parole di Lowell.
"Perdonami Georgie",le aveva detto il ragazzo,rapito anche lui dalla danza dell'amore di quei due splendidi animali,"ti chiedo solamente un pò di tempo,sono sicuro che riuscirò a rompere il fidanzamento,parlerò con mia nonna e,se necessario,chiederò aiuto a mio nonno",aveva infine aggiunto abbracciando la fanciulla in quel manto innevato.
"Va bene",aveva risposto solamente Georgie,perdendosi in quegli occhi limpidi.
"Non amo Elisa,amo te",aveva continuato Lowell accarezzando quei setosi capelli biondi.
"Ti amo anche io e ti aspetterò",aveva mormorato la giovane,stringendosi a quel torace.
"Presto saremo marito e moglie e tutto sarà diverso,potremo finalmente vivere insieme",esclamò Georgie riaprendo gli occhi,sedendosi sul letto.
Nel ricordare quella promessa aveva gli occhi lucidi,non riusciva a pensare ad altro,nemmeno a dormire,da quando era ospite del Conte Barnes.
Anche un'altra persona a lei molto vicina,in quella fredda notte,non riusciva a prendere sonno,sdraiata in un misero letto nei sobborghi maleodoranti della città.
"Amore mio ti troverò e finalmente potremo sposarci",sussurrò Abel a casa di Joy,pensando al futuro insieme alla ragazza che amava da sempre,la sua sorella adottiva,la sua futura moglie,la sua ragione di vita.
"Ti amo Lowell",bisbigliò Georgie,provando a dormire per qualche ora fra quelle fresche lenzuola.
"Ti amo Georgie",esclamò Abel fiducioso,continuando a guardare il soffitto in quella putrida dimora,fino a chiudere gli occhi.
Non poteva immaginare i reali sentimenti,desideri della fanciulla,di quale mondo era entrata a far parte.
"Quanto mi manchi Lowell,ogni istante passato senza di te sembra interminabile",sussurrò la giovane l'indomani,camminando emozionata in giardino.
Mentre il cuore le batteva all'impazzata,Abel percorreva le affollate strade di Londra,chiedendo in giro dove si trovasse la residenza dei Barnes,dopo che Joy gli aveva detto che la fanciulla bionda era loro ospite.
"Georgie,Georgie",continuava nel frattempo a gracchiare Didgeridoo seguendo fedelmente il suo padrone,volando nei cieli della città
"Che bei colori,la tua padrona si chiama come me non è vero?",disse la ragazza distendendo un braccio,mentre il pappagallo si posò sul ramo di un albero. "Aspetta non muoverti",continuò Georgie salendo lentamente,alzandosi il vestito.
"Didgeridoo,Didgeridoo dove sei?",esclamò in quel momento una profonda voce maschile,sempre più vicina.
A quel richiamo il pappagallo volò via,posandosi sul muscoloso braccio del suo padrone,giunto davanti al cancello di palazzo Barnes.
"Abel",sussurrò la giovane incredula,guardando in basso,incontrando quegli occhi blu per un tempo che sembrava indefinito.
"Georgie",esclamò il ragazzo perdendosi in quelle iridi verdi,spalancando le braccia.
A quel richiamo,il richiamo della sua terra,la fanciulla si gettò senza alcun timore,fino a posare la testa su quell'ampio torace,un posto dove si era sempre sentita al sicuro.
"Australia,quanti ricordi,i suoi cieli azzurri,il suo caldo sole,i prati verdi,la mia infanzia",disse Georgie nel calore di quell'abbraccio,riconoscendo quell'odore così familiare.
"Ti ho trovata finalmente",mormorò Abel accarezzando quella folta chioma bionda con delicatezza. "Durante tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a te,non ti lascerò mai più",esclamò poi prendendole il viso,guardandola intensamente.
Da quando era partito per inseguire la donna che amava,non aveva desiderato altro che averla fra le sue braccia,ma a quelle parole la ragazza si irrigidì.
"Non mi stai parlando come un fratello",bisbigliò Georgie rimanendo poi in silenzio,fino a quando la Contessa Barnes e sua figlia,dopo aver fatto la conoscenza di Abel,li fecero accomodare in un grande salotto.
Il ragazzo,seduto su quel divano,continuava a guardare la fanciulla camminare nervosamente per la stanza.
Georgie sentiva che non poteva più considerarlo un fratello,si era illusa,ma ormai non potevano tornare indietro. Lo guardava con la coda dell'occhio,poteva percepire le sue aspettative,voleva camuffare quell'imbarazzo,dire qualcosa,ma si morse il labbro inferiore.
Abel era sicuro di quel che provava e non poteva minimamente immaginare quello che stesse passando in quel momento per la testa della ragazza.
"Raccontami com'è andato il viaggio,chissà quanta gente avrai conosciuto",disse poi Georgie facendosi coraggio,cercando di non incontrare quegli occhi che la stavano scrutando. "Come stanno Arthur,la mamma e lo zio Kevin?",continuò con un sorriso tirato,come poteva dirgli la verità?
"Stanno tutti bene",rispose seccamente Abel,stringendo un pugno.
"E Loop,come sta Loop,combina ancora guai?",esclamò ancora l'altra.
"Adesso basta !",sbottò il giovane non riuscendo più a controllarsi,"perchè non mi chiedi il motivo per il quale ti ho seguita fino a Londra,perchè continui a farmi queste domande sciocche,hai forse paura?"
"Non posso ritornare in Australia,mi dispiace",rispose solamente la fanciulla mortificata.
"Stai tranquilla,non sono venuto per riportarti a casa",disse Abel sollevato,alzandosi e posando le sue mani sulle spalle minute della giovane. "L'unica cosa che desidero è vivere al tuo fianco,a Londra o in qualunque altro posto non ha nessuna importanza. Mi troverò un lavoro e,appena potrò,comprerò una barca per girare il mondo insieme a te,farò il mercante,vieni a vivere con me Georgie."
Chiuse gli occhi immaginando l'imbarcazione che solcava il mare di paesi lontani,lui che guidava il timone,la ragazza che pescava,che contrattava con gli abitanti locali.
"Durante il mio lungo viaggio non ho fatto altro che pensare a te,alla nostra vita insieme. Non appena avrò messo da parte un pò di soldi tornerò a riprenderti",concluse infine il ragazzo riaprendo gli occhi.
"Mi dispiace Abel,ma non posso accettare",rispose Georgie in difficoltà per la piega che stava prendendo la conversazione.
"Se hai bisogno di pensarci prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno",esclamò il ragazzo con voce pacata.
"No,non posso,perdonami",disse la fanciulla sconfortata sperando non insistesse più,gettandosi a terra,"non posso vivere ancora della generosa ospitalità di questa famiglia."
"Allora vieni a vivere con me,finchè non ti sentirai pronta  potremo vivere come fratello e sorella",continuó Abel che aveva aspettato quel momento per tutta la vita. Dopo quel bacio a casa dello zio Kevin non si era mai chiesto se la ragazza provasse gli stessi sentimenti,quale fosse la vera ragione per la quale era fuggita dall'Australia,non aveva mai riflettuto riguardo i segnali che Arthur gli aveva lanciato. Quello che davvero contava per lui era essere riuscito a dire le sue reali intenzioni,a dichiararsi alla donna che amava.
"Ascolta Abel,devo dirti che...",disse Georgie facendo un grande respiro,"devo dirti che sono innamorata di un altro ragazzo",concluse tutto d'un fiato,non potendo più tacere.
Nell'udire quelle parole il ragazzo sbarrò gli occhi ed il suo volto si pietrificò.
"Mi dispiace,non avrei voluto dirtelo in questo modo,ma sono stata costretta",continuò la fanciulla con voce accorata.
"Non è vero,non è vero",rispose Abel sconvolto,strattonandola con occhi umidi,fino a portare il suo viso a pochissima distanza da quello della ragazza,percependone il respiro.
"Si e ci sposeremo,capisci adesso il mio comportamento?,replicò Georgie.
In quel momento il giovane si sentì come risvegliato da un brutto sogno,non poteva credere che la donna che aveva aspettato per tutta la vita,per la quale provava un'immensa dolcezza ed una passione sfrenata,amasse un altro uomo. Per lei aveva sempre rifiutato le altre,anche le più facoltose,specialmente il periodo in cui si era imbarcato come marinaio,non esisteva nessun'altra.
"Sono innamorata di lui Abel e tutto quel che desidero è stargli accanto,perdonami",disse la ragazza con il viso pieno di lacrime.
In quel frangente il giovane si rese finalmente conto che Georgie parlava seriamente e che tutti i suoi sforzi per ritrovarla erano stati inutili.
Senza dire più niente uscì da quella stanza,lasciandola a terra che piangeva.
Percorse i lunghi corridoi di palazzo Barnes sentendosi impotente,deluso,arrabbiato,camminando disorientato,fino ad udire delle voci.
"La ragazza della gara di boomerang",mormorò scorgendo Elisa dallo spiraglio della porta della stanza dove si era nascosto. "Come mai si trova qui,chi è quell'uomo? Georgie non posso credere che tu voglia stare con gente simile",esclamò ricordando come quella nobile aveva umiliato lui ed i suoi fratelli,osservando dietro di lei un uomo dallo sguardo gelido.
"Abel perdonami",continuava nel frattempo a gemere Georgie,fino a quando vide il Conte Barnes,Elisa e suo zio,il Duca Dangering,entrare nella stanza.
"Ci incontriamo di nuovo",disse sprezzante l'aristocratica nel guardare la ragazza ricomporsi,mentre Abel,colto da un brutto presentimento,ascoltava dietro la porta.
"Adesso basta",esordì poi il ragazzo poco dopo,non riuscendo più a sopportare la voce stridula di Elisa che continuava ad insultare Georgie. Nonostante la ragazza gli avesse appena confessato di amare un altro,il suo senso di protezione era sempre forte.
"Conte Barnes può presentarci questo signore?",disse Dangering con tono inquisitorio.
"Duca veramente io...",balbettò il nobile.
"So io chi è zio",intervenne Elisa con tono sicuro,"è un uomo volgare e dai modi rozzi,è il fratello di Georgie."
"Signorina,visto che sono come dice lei,non rimarremo fra gente come voi un secondo di più",rispose Abel con aria di sfida.
"Rimani contadino,so abbassarmi con grazia a persone del genere. Allora Conte Barnes,iniziamo a parlare delle nozze fra me ed il signor Lowell J. Gray.",esclamò perfida la nobile.
"Lowell",sussurrò Abel sorreggendo Georgie,che stava per avere un mancamento.
"Ma come mia cara,non dirmi che non ne eri  conoscenza",sogghignò Elisa.
"Si,ma so anche che è un matrimonio combinato da quando eravate bambini e se Lowell non darà il suo consenso non potrete sposarvi",replicò Georgie,cercando di mantenere un contegno.
"Lowell,il nipote del governatore di Sydney",mormorò Abel schiudendo le labbra,pensando a quando vide quel ragazzo biondo per la prima volta,a quel bacio rubato,a quando lo aveva colpito in pieno volto,era lui il suo rivale.
Mentre le due continuavano a discutere,il giovane si sentiva come sospeso,non avrebbe mai pensato di incontrare di nuovo Lowell sulla sua strada ed in quell'istante sentì che tutto stava andando in frantumi.
"Credo ci sia un errore",intervenne poi il Duca Dangering con voce autoritaria,"è già tutto organizzato ed il signor Gray deve aver fatto confusione."
"Sei invitata anche tu al matrimonio mia cara,ci sposeremo tra un mese,consideralo un regalo da parte mia",disse Elisa in tono provocatorio.
"Solo se Lowell è d'accordo",rispose l'altra. "Tra un mese?",sussurrò però in quel momento crollando definitivamente,la testa sembrava d'improvviso scoppiarle ed i pensieri iniziarono ad affollarsi nella mente uno dopo l'altro. "Vogliate  scusarmi",disse infine la ragazza bionda con voce spezzata,sentendosi quasi soffocare.
"Se fosse tutto vero,se Elisa dicesse la verità? Lowell perchè non mi hai detto niente,cosa sta succedendo?",mormorò correndo per quei corridoi,scoppiando in un pianto accorato.
"Georgie aspetta,Georgie!",gridò Abel inseguendola,fino ad uscire nel giardino innevato.
"Devo parlare con Lowell,ho bisogno di vederlo,devo sapere la verità",continuava a ripetere la fanciulla fino a quando una caldo mano non la trattenne.
"Lasciami andare Abel ti prego",esclamò la giovane con sguardo supplichevole,cercando di divincolarsi.
Nell'incontrare quelle iridi cristalline il ragazzo serrò le labbra trascinando Georgie dentro una serra accanto,gettandola su un tappeto di fiori.
Vederla piangere e disperarsi in quel modo lo fece contorcere dal dolore. Forte rabbia e tristezza al tempo stesso lo pervasero,si guardò intorno osservando quei grandi vasi,quelle rose profumate,quell'antico tavolino,quelle grandi vetrate e quell'altalena che sembrava richiamarlo.
Si avvicinò sfiorandone le corde,facendola dondolare,mentre i ricordi iniziarono a riaffiorare nella sua mente.
"Come eravamo felici io,te,Arthur,la mamma che si preoccupava per noi",sussurrò con occhi velati di malinconia. "Sono scappato dall'Australia,dalla mia famiglia per inseguirti".
"Abel",esclamò Georgie che in quel momento provava un sentimento inspiegabile nell'osservare quel ragazzo,una volta suo fratello,uno dei punti di riferimento della sua vita.
Il giovane si ridestò da quei pensieri guardando quella bellissima fanciulla bionda seduta fra i fiori,con gli occhi gonfi. Ogni volta che quella voce femminile  lo chiamava aveva un sussulto.
"Per tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare alla nostra vita insieme,credo che Lowell non possa renderti felice",disse il ragazzo con amarezza. Aveva rinunciato a tutto per lei,alle sue ambizioni da capitano,al vivere nella sua Australia,all'amore fraterno per Arthur,all'affetto di una madre.
"Ascolta Abel",rispose Georgie prendendogli una mano,"io lo amo e lui ama me."
"Vorrei tanto crederti,ma proprio non ci riesco",rispose il giovane serio.
"Non so se il mio matrimonio durerà per sempre,non so cosa succederà,l'unica cosa che so è che voglio vivere con lui",continuò Georgie ferita da quelle parole,mente le lacrime continuavano a bagnare il suo volto.
"Vuoi perdere tempo dietro ad un uomo che sta per sposare un'altra,dietro ad un vigliacco?",sbottò Abel.
"Non è vero",rispose la ragazza,"Lowell mi ha detto che romperà il fidanzamento con Elisa,che parlerà con sua nonna."
"Ma non ti rendi conto che ti sta prendendo in giro?Un vero uomo non deve chiedere a nessuno il consenso per sposare la donna di cui è innamorato",esclamò il ragazzo,"dimmi allora perchè continui a piangere?"
"Piango perchè con te posso farlo,sei mio fratello",disse la giovane gemendo.
"Fratello",sussurrò Abel ripetendo quella parola. Aveva passato una vita cercando di comportarsi come il migliore dei fratelli,come aveva sempre fatto Arthur nonostante i turbamenti,ma non aveva potuto continuare ad esserlo dopo quanto successo quella notte in cui la madre aveva rivelato alla ragazza le sue vere origini.
Il suo cuore era dilaniato fra l'amore fraterno e l'amore passionale,desiderava proteggerla ed amarla con tutto se stesso.
"No,non lo sarai mai",sussurrò poi Georgie pensando che stesse mentendo a se stessa,che non poteva più considerarlo un fratello,che era solamente un uomo innamorato di lei.
Guardò quell'altalena ricordando anche lei l'infanzia in Australia,pensando a quante volte lei ed Abel avevano cavalcato fino a sdraiarsi su quei prati ad ammirare il cielo limpido,non riusciva a smettere di piangere.
"Georgie con lui non sarai felice",esclamò di nuovo Abel,"siete cresciuti in modi diversi,tu sei una ragazza generosa,spontanea,abituata a vivere in mezzo alla natura,come puoi pensare di vivere accanto a persone del genere?Io ti sarò vicino,ma sappi che non approvo questo matrimonio."
"Basta ti prego,non voglio più ascoltarti,non voglio più sentire che parli male di Lowell",disse la ragazza osservando il giovane colpire con un pugno un vaso,mandandolo in frantumi.
"Davvero vuoi essere una prigioniera come i fiori in questa serra?",gridò Abel guardando Georgie fuggire via.
Sarebbe rimasto con lei per sempre in quel posto pur di non perderla,a contemplare la sua bellezza.
"Fermati",disse poi inseguendola di nuovo fino a quando,proprio in quel momento,vide scendere da una carrozza davanti al cancello di palazzo Barnes un giovane ben vestito.
Nel vedere Georgie correre da lui abbracciandolo sentì un forte dolore al petto,era Lowell J Gray.
"Tu sei Abel",esclamò il ragazzo stupito,ma l'altro non gli rispose,facendosi da parte.
"Adesso cosa vuoi fare,sposare Georgie?",chiese poi Abel bruscamente,dopo aver ascoltato il Duca Dangering ed Elisa minacciare Lowell.
"Si",rispose il giovane biondo"e spero che almeno tu darai il consenso alle nostre nozze,"ho intenzione di presentare Georgie come mia fidanzata al prossimo ballo reale."
"Non posso approvare un matrimonio infelice alla nascita,mi dispiace",esclamò Abel guardando la donna che amava salire su quella carrozza,quasi la stesse supplicando di non lasciarlo. A quello sguardo la ragazza trasalí.
"Georgie non posso perdonarti per quello che hai fatto,questa volta non sarà sufficiente baciarmi i piedi. Non so cosa abbia fatto a Lowell,ma non posso credere che preferisca una contadina a me,perchè questo sei!",esclamó poi Elisa rabbiosa nel vedere l'uomo che amava andare via.
"Sarà anche una contadina,ma sei stata lasciata per lei,piccola principessa",rispose Abel uscendo fuori da quel giardino,avvolgendo il suo corpo in un lungo mantello,con il fedele pappagallo sulla spalla.
Vagò per la città innevata quel giorno senza meta,fino a fermarsi ad osservare,da un ponte,il Tamigi.
"Ti proteggerò sempre amore mio",sussurrò il ragazzo,comprendendo che Georgie aveva il diritto di decidere per la sua vita e lui non poteva far altro che stare a guardare,continuando ad amarla di un amore puro ed incondizionato.
Guardando quelle acque torbide per un tempo che sembrava indefinito,Abel si rese finalmente conto che la ragazza di cui era innamorato non poteva essere come quei bellissimi fiori in quella serra e che,da quel giorno,niente sarebbe più stato come prima.

*********

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Capitolo 18
*** Dolci-Nonna di Lowell ***




Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Volevo ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita sin qui,in questa raccolta,lasciando una recensione:Francyzago77,Rebecca_lily,Postogna04,Tetide,CarSav,Sissi1978,Perla18,alessandroago_94,Kumo no Juuza,Kika777,Alarnis,NeveDelicata.

Grazie anche agli altri appassionati di questo fandom,dove ho avuto piacevoli scambi commentando le loro storie o che hanno commentato altre mie storie e grazie a tutti gli altri. Mi fa sempre piacere se anche i lettori,che mi seguono in silenzio,vorranno dire la loro opinione.
 

Dolci-Nonna di Lowell
One shot



*********
 

“Con questo ho finito”,disse un’anziana signora sorridendo,posando l’ultimo lampone sulla torta spolverata di zucchero che aveva preparato,un freddo pomeriggio invernale,nella sua dimora.
“Georgie”,sussurrò nel frattempo in un lussuoso palazzo,poco lontano da lì,un giovane dai capelli biondi a letto,posando una mano sulla fronte accaldata,”come vorrei che fossi qui.”
“Signor Lowel,posso entrare?”,chiese in quell’istante una voce maschile,bussando alla porta.
“Vieni pure James”,rispose il ragazzo alzandosi a fatica,coprendosi con una vestaglia di seta.
 “Sua nonna mi ha pregato di dirvi che vi attende nelle sue stanze”,esclamò il maggiordomo di fiducia dei Gray,poggiando un vassoio,con un bicchiere d’acqua,su un antico mobile.
“Mia nonna?”,disse Lowell inarcando le sopracciglia,bevendo a piccoli sorsi,”va bene,vado subito.”
L’uomo annuì con un cenno della testa,congedandosi.
  “Georgie,quanto mi manchi”,mormorò di nuovo il giovane andando verso la finestra dalla grande vetrata,dove amava osservare il paesaggio innevato. ”Strano la nonna non sia a uno dei suoi soliti ricevimenti”,continuò dopo essersi vestito,percorrendo poi quei corridoi silenziosi,quando si accasciò all’improvviso. “Maledizione”,disse afflitto dalla tosse che da tempo lo perseguitava,tamponando le labbra secche con un fazzoletto di seta,guardandosi intorno.
Da quando era ritornato in Inghilterra,ogni momento della giornata sembrava trascorrere uguale,spento come il cielo di Londra,tranne quando raggiungeva quella tavola imbandita,nelle stanze della nonna,pervaso dal profumo invitante e dai colori variopinti di prelibatezze di ogni genere.
Lowell amava assaporare quei dolci sin da quando era un bambino per la merenda o,come preferiva chiamarla l’anziana donna,per il tea party,unica consolazione in quella casa vuota,per la perenne assenza dei genitori,ancor di più da quando il nonno era partito per l’Australia.
 
“Salve nonna”,esclamò il ragazzo alla porta.
“Vieni caro”,rispose l’altra,che indossava uno dei suoi abiti più ricercati,invitando il nipote ad accomodarsi,”oggi è un’occasione speciale.”
 “Davvero?”,disse Lowell osservando la tovaglia apparecchiata con cura,con al centro solamente una torta.
“Si,vorrei che assaggiassi questo”,esclamò l’anziana donna tagliando una fetta di quel dolce dall’aspetto invitante,servendola su piattino decorato.
“Grazie”,rispose il giovane assaporando a piccoli bocconi il pan di spagna,impregnato della confettura di lamponi,sciogliersi in bocca,”ha un gusto semplice e delicato,è deliziosa.”
“Oh Lowell,sono così contenta che ti piaccia”,disse la nonna a mani giunte,”devi sapere che il suo nome è Victoria sponge,in onore della Regina.”
“Della Regina?”,ripeté il nipote.
“Si,una conoscente di Lady Margaret,una delle mie migliori amiche molto vicina a sua Maestà,è riuscita a farsi dare la ricetta. Capisci? La Regina in persona degusta questo dolce durante i suoi tea party pomeridiani”,esclamò l’anziana donna con gli occhi che le brillavano,mentre versava del tè in due tazze. “Come vorrei anch’io,almeno per una volta,essere una delle nobildonne che le tengono compagnia,stare seduta a quella tavola dall’argenteria splendente e dalle delizie più disparate,curata nei minimi dettagli.”
“Sarebbe fantastico”,rispose il ragazzo,grattandosi un sopracciglio.
 “Presto tu ed Elisa vi sposerete,Elisa è una Dangering,una delle famiglie più vicine alla Corona e allora forse…”,disse la nonna,prendendo le mani gelide del nipote.
“Si”,sussurrò solamente Lowell che aveva sentito quelle parole numerose volte,sempre più insopportabili da quando era ritornato dall’Australia,“se adesso vuoi scusarmi,ho un leggero mal di testa da stamattina”,continuò abbozzando un sorriso,fino a rifugiarsi di nuovo fra quelle lenzuola,nel suo letto a baldacchino,dove ormai trascorreva la maggior parte del tempo.
Socchiuse gli occhi sognando anche lui,come l’anziana donna,di essere in un altro posto quel pomeriggio,di passeggiare per i verdi prati australiani,di sentire il calore di quel sole abbagliante sulla pelle bianca,di udire il suono di quella fresca risata,ma le forze,ogni giorno che passava,stavano venendo sempre meno.
 
“Cosa succede qui?”,esclamò Lowell uscendo in giardino,una giornata che sembrava essere come tante,destato da alcuni rumori. ”Georgie!”,continuò  stropicciandosi gli occhi,vedendo la ragazza svestita fra le siepi. Non vi fu poi bisogno di molte parole,abbracciati su un divano di velluto,in quella stanza riscaldata dal fuoco scoppiettante del camino,come non si fossero mai lasciati. Cullato dalla pelle nuda della ragazza,da quel seno morbido,il tempo per Lowell sembrava essersi fermato.
“Dove vuoi portarmi?”,disse Georgie,quando il giovane la prese all’improvviso per mano,dirigendosi in corridoio.
”Prenderemo in prestito un vestito della mamma”,sussurrò Lowell davanti l’elegante guardaroba della donna.
“Come mi sta?”,esclamò  poco dopo la fanciulla,dopo averne provato uno,”tua madre deve essere una donna molto bella.”
“Georgie,devi sapere che…”,stava per rispondere il ragazzo,quando delle grida nella stanza vicino lo fecero trasalire.
 “Nessuno può dirmi cosa devo fare,vado a tutti i ricevimenti che voglio ”,disse una voce femminile.
“Devi smetterla di infangare il nome dei Gray”,rispose un’altra potente,maschile.
“Presto vieni”,mormorò Lowell,nascondendosi.
“Sei forse geloso?”,continuò la donna,stringendo in una mano un gioiello,nella profonda scollatura.
“Tu sei solo alla ricerca di soldi.”
“Come un’altra che conosco.”
“Cosa vorresti insinuare?”,esclamò l’uomo toccandosi i baffi.
“Quella donna si è impadronita delle proprietà della mia famiglia e anche di mio figlio. E tu non hai mai provato a fermarla.”
“Che cosa avrei dovuto fare,Lowell non è nemmeno mio figlio!”
“Come ti permetti”,disse la donna dandogli uno schiaffo.
“Lowell”,sussurrò Georgie,guardandolo tremare.
“Tu dormiresti con chiunque. Hai una prova che sia mio figlio?”,continuò l’uomo,massaggiandosi la guancia arrossata.
“Non voglio più ascoltarti”,gridò l’altra,sbattendo la porta.
“Lowell”,esclamò di nuovo Georgie,con le mani poggiate sul petto del ragazzo.
”Questi sono i miei genitori”,mormorò il giovane Gray prendendosi la testa fra le mani,”è sempre stato così,a loro non importa niente di me. Mio padre sta tutto il giorno fuori casa per lavoro,mia madre è sempre occupata a fare vita mondana. Non si amano,si sono sposati per interesse,io per loro sono solamente un intralcio e mio padre mi odia.”
“Mi dispiace,non sapevo”,rispose Georgie sorreggendolo per un braccio,fino alla sua stanza.
“Ti ringrazio ma non preoccuparti”,disse Lowell seduto sul letto,”mia madre e mio padre litigano da quando ero piccolo,ormai ci sono abituato.”
Nell’udire quelle parole la ragazza rimase in silenzio e,osservando quel volto dai lineamenti delicati,non avrebbe mai immaginato tanta solitudine.
 
“Che fai Lowell?”,esclamò poco dopo Georgie,fra sue braccia,mentre procedeva a grandi passi sulla neve fresca del giardino di palazzo Gray,fino ad una tenuta vicino.
“Devi sapere che questo per me è il posto più familiare e mi piacerebbe farti conoscere una persona,per me la più cara al mondo,prima di conoscere te”,le confidò il ragazzo,”questa persona è mia nonna,l’unica che si è presa cura di me,se non ci fosse stata lei non so cosa avrei fatto.”
“Oh Lowell”,sussurrò la fanciulla,perdendosi in quegli occhi azzurri.
“Nonna dove sei?”,la chiamò il nipote,”sempre ai suoi soliti ricevimenti”,bisbigliò  grattandosi la testa.
“Che buon profumo”,disse Georgie,seguendo Lowell in quelle stanze,inebriata da quell’aroma che si insinuava fra le narici,fino a vedere un tavolo apparecchiato,colmo di dolci.
 “Questi sono per te”,esclamò il giovane avvicinandosi, ”puoi mangiare tutto quello che desideri.”
 “Sei sicuro che possa?”,chiese l’altra,deglutendo,”devono essere deliziosi.”
“Ma certo Georgie,ce ne sono di tutti i tipi,mia nonna li cucina ogni giorno per me da quando ero piccolo,sa che mi piacciono e quando ritorna a casa vuole sempre sapere cosa ne pensi.”
Nell’osservare la ragazza gustarne uno alla crema,sporcandosi le labbra ben delineate Lowell,assaggiandone uno al cioccolato,percepì un sapore diverso quella volta,il sapore della condivisione.
“Deve essere una donna meravigliosa,proprio come  te”,disse poi  Georgie baciandolo su una guancia,”pensi che ci darà il consenso alle nozze?”
“Certamente,per lei sono la persona più importante e sono sicuro che non appena ti conoscerà si innamor…”,rispose l’altro,quando sentì delle voci provenire dal salotto vicino.
“Nonna non piangere più,siediti qui adesso”,esclamò una giovane voce femminile.
“Grazie cara”,mormorò l’altra singhiozzando.
”Georgie aspettami qui”,sussurrò Lowell sbarrando gli occhi,posando le mani sulle spalle minute della fanciulla. “Salve nonna”,disse poi il ragazzo andandole incontro,”vorrei parlarti se possibile.”
“Lowell”,rispose l'altra che non riusciva a smettere di piangere,tenendo tra le mani un fazzoletto umido,”la duchessa di Savoy mi ha umiliata a casa della viscontessa di Windmire,se non ci fosse stata Elisa.”
“Io…”,esclamò il nipote.
“Nonna non pensarci più”,lo interruppe Elisa,aggrottando le sopracciglia,incrociando  quelle iridi chiare,”fra poco io e Lowell saremo sposati e allora tutte le dame faranno a gara per invitarti,vedrai.”
“Sono così contenta di averti come futura nipote”,disse l’anziana donna stringendo le mani della nobile,”il sogno della mia vita si sta avverando,finalmente i Gray faranno parte dell’aristocrazia.”
“Nonna”,provò a parlare di nuovo il ragazzo.
“La nonna è stanca,deve riposare”,intervenne di nuovo Elisa,aiutandola a rialzarsi.
Lowell,nel vederle andare via,strinse i pugni,percependo le fauci secche,impastate di un sapore amaro.
 
“Georgie,come vorrei averti al mio fianco adesso. Ma dobbiamo avere pazienza ancora per poco amore mio e presto saremo marito e moglie”,ripeteva spesso il giovane Gray dopo quel giorno,rannicchiato vicino al lago,tormentato dalla promessa che aveva fatto alla fanciulla e dal dolore che avrebbe arrecato alla nonna.
 “Lowell”,udì ad un tratto il ragazzo,mentre contemplava il volto dell’amata nell’acqua ghiacciata,vedendo l’anziana donna andargli incontro,agitando una mano,”Elisa ha fissato la data del matrimonio,sono così felice.”
“La  data del matrimonio?”,rispose il nipote sobbalzando.
“Proprio così,forse ha anticipato un po’ i tempi,ma credo sia meglio per tutti”,disse l’altra sorridendo.
“Ne sei sicura?”,chiese Lowell,torturandosi il labbro inferiore con le dita sottili di una mano.
“Ma certo,mi è stato riferito che il Duca Dangering ha incaricato il Conte Barnes di occuparsi dei preparativi.”
“Non può essere vero”,disse il giovane,correndo via d’impeto.
“Lowell”,lo chiamò la nonna,“Lowell”,lo chiamò più volte fino a vederlo scomparire.

Nel guardare quelle impronte sulla neve,l’anziana donna si portò una mano al volto,rientrando infine in casa. Seduta alla solita tavola,non andò ad uno dei suoi abituali incontri quel pomeriggio,ma sorseggiò una tazza di tè guardando il cielo grigio,fuori dalla finestra,farsi sempre più scuro. Per ingannare il tempo portò poi delle camicie pulite in camera del nipote,quando un luccichio su un mobile catturò la sua attenzione.
“Georgie”,sussurrò leggendo quel nome,inciso all’interno di un piccolo ciondolo a forma di cuore.
La signora Gray,tenendo quel prezioso oggetto fra le dita nodose,bagnato da calde lacrime che le rigavano il volto,aspettò il ritorno del suo Lowell fino a sera,o forse suo non lo sarebbe stato mai più.
 

*********

Note:

-La Victoria sponge cake era la torta preferita della Regina Vittoria. Si dice che l’idea del tè inglese delle cinque sia della Duchessa di Bedford. Sembra che la donna provasse un languore pomeridiano,da soddisfare,prendendo così l’abitudine di invitare i suoi amici per bere la nota bevanda,accompagnata da dolci,fra i quali quello che prenderà il nome di Victoria sponge. Infatti questa abitudine della Duchessa divenne popolare e contagiò anche sua Maestà,che amava degustare questa torta semplice ma deliziosa,denominata con tale nome in suo onore.

- Nel manga,il luogo dove Lowell ha la sua consueta abitudine di degustare i dolci preparati dalla nonna,è una casa vicino al palazzo dove abita,sempre nella residenza dei Gray.

-La lite che avviene fra i genitori di Lowell è presente davvero nel manga.
 
Visto che siamo in tema,sarebbe bello degustare un tè pomeridiano insieme a tutti voi,attorno ad una tavola apparecchiata in modo raffinato,assaporando la Victoria sponge,scambiando opinioni e pensieri. Un caro saluto a tutti e a tutte. :)
 

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Capitolo 19
*** Segreto-Signora Potter ***


Segreto-Signora Potter
One shot



*********


“Con questi barattoli abbiamo finito ragazzi”, disse una mattina la signora Potter, una donna robusta, dal sorriso bonario, a volte un po’ pettegola, con i capelli raccolti nella solita voluminosa cipolla, controllando la lista che le aveva consegnato Abel, per conto della madre. “Come sei cambiata Georgie”, continuò rivolgendosi alla ragazza, che aveva sempre trovato deliziosa, poggiando i gomiti sul bancone del suo negozio ben fornito, punto di riferimento per gli abitanti della zona.
  “Davvero sono cambiata?”, rispose entusiasta l’altra, che aveva accompagnato il fratello, avendolo incontrato per la strada mentre era in giro a cavallo.
“Molto e tu e Abel formate proprio una bellissima coppia ”, esclamò la signora Potter iniziando a chiacchierare come d’abitudine con i clienti, specialmente con i Buttman, per i quali provava una particolare simpatia. “Sai una cosa però, non somigli per niente a tua madre”, affermò strofinandosi le mani sul grembiule, mentre la fanciulla la ascoltava divertita.
“Georgie dobbiamo andare”, intervenne ad un tratto Abel con fare brusco, interrompendo quei discorsi che non riusciva più ad ascoltare.
“Ciao cara, salutami Mary ”, disse così la donna vedendoli uscire quando, avvicinandosi ad una finestra aperta per socchiuderla, udì i due giovani, che stavano finendo di caricare la merce sul carro, parlare.
In quello scambio di battute la signora Potter, scostando un poco una tendina, osservò ancor di più quanto Georgie non somigliasse neanche al fratello.
“Cos’hai da ridere”, esclamò Abel rivolgendosi alla sorella, con sguardo cupo.
“Ripensavo a quello che ha detto la signora Potter, che stiamo bene insieme”, rispose l’altra, portandosi le mani alla bocca.
“Lo trovi così divertente?”, disse il ragazzo, “io credo che potrebbe anche essere cosi, non pensi?”
“ Abel, tu e io siamo fratelli”, esclamò Georgie con candore.
“è così”, sussurrò l’altro fissandola con intensità, perso in quegli occhi verdi. Scosse poi d’improvviso la testa, sciogliendo la corda di uno dei cavalli legati al carro, salendoci sopra con un agile balzo, “ è meglio che torniamo a casa adesso, porta tu a casa la spesa ”
“Ma  dove vai Abel, non torniamo insieme?”, disse la ragazza schiudendo la bocca, rincorrendolo mentre si allontanava di corsa, fino a vederlo scomparire.
 
Alla signora Potter, che aveva assistito a tutta la scena, non erano sfuggiti quegli sguardi e, strofinando una guancia grassoccia con una mano, ritornò al bancone sistemando alcune scatole, pensando che in quella famiglia ci fosse qualcosa che non andava, come una nota stonata. Sapeva che il suo intuito, oltre alla perspicacia per i tanti anni trascorsi a lavorare in pubblico difficilmente si sbagliavano, ma era davvero così?
 
Immersa in quelle riflessioni le tornarono così alla mente altri episodi riguardanti i Buttman, dove aveva notato degli strani comportamenti, ai quali però al momento non aveva fatto caso più di tanto. Primo fra tutti quando, molto tempo prima, Mary era venuta in negozio proprio il giorno in cui era accaduta quella terribile disgrazia al marito. Le due donne avevano parlato del più e del meno, dalla raccolta del mais a discorsi più personali come la crescita dei figli ma, appena la signora Potter aveva nominato Georgie, la madre si era irrigidita, sempre distratta e di poche parole ogni volta che si trattava della figlia. La donna ricordò che, in quell’occasione in particolare, Mary aveva comprato delle scarpe per Abel e Arthur, scegliendo le migliori, mentre era stata indecisa se comprare o meno un nastro per capelli a Georgie.
“ Sono graziosi non trovi? Pensa che vengono dalla Gran Bretagna, sono sicura che le starebbero molto bene”, aveva esclamato la signora Potter, osservando l’altra andar via in silenzio, per poi ritornare ad acquistarlo.

Continuando a ripercorrere quanto accaduto, la donna andò nel retrobottega, nella stanza dove si riposava quando non c’erano clienti, sedendosi alla piccola tavola bevendo una tazza di tè, come quella volta che si era confidata proprio con la signora Buttman. L’aveva vista in rare occasioni dopo la morte di Eric ed era stata contenta di osservare una luce diversa nei suoi occhi, mentre affrontava con coraggio le difficoltà della vita. La signora Potter aveva saputo riguardo quella terribile notizia da alcuni conoscenti, provando un grande dolore per quella madre ancora giovane, rimasta sola con tre figli piccoli da crescere, in condizioni economiche non floride.
”Accomodati, non farti pregare troppo a lungo”, aveva detto a Mary, che considerava un’amica e che amava per la sua discrezione..
“ Va bene, ma soltanto per pochi minuti, mi fa piacere scambiare quattro chiacchiere con te, hai sempre molte novità da raccontare”, aveva risposto l’altra, iniziando ad ascoltare con interesse quei racconti, dai normali fatti di vita quotidiana, come i lupi che avevano attaccato gli allevamenti della zona fino a quelli più personali. In particolare l’aveva colpita fra tutte la storia del signor Smith, un vecchio fattore che era stato costretto a vendere i propri possedimenti agricoli perché non aveva figli e nessuno se ne sarebbe potuto occupare.
“Tu non hai questi problemi, la mia famiglia invece finirà con me”, aveva esclamato la signora Potter.
“Scusami, ma ricordavo che anche tu avessi dei figli”, aveva risposto Mary.
“ Si, uno, ma non era interessato a gestire il negozio e quando fu grande partì per mare.”
“Si imbarcò come marinaio?”
“Si”, aveva detto la donna annuendo, con occhi lucidi, “ durante una tempesta la nave di mio figlio affondò e lui con essa.”
 “Devi scusarmi”, aveva risposto l’altra mordendosi un labbro, mentre la signora Potter iniziò a piangere, “ti ho fatto ricordare il passato non volendo.”
Mary, ascoltando il pianto disperato di quella madre, non avrebbe mai immaginato che, vedendola sempre così gaia, avesse subito anche lei un grave lutto, portando un simile peso nel cuore.
“Nonostante mi sforzi non riesco a fare a meno di pensarci, ma non preoccuparti”, aveva poi esclamato la donna accennando un sorriso, sfiorando la mano della signora Buttman e asciugandosi con un fazzoletto, “anzi mi ha fatto bene sfogarmi con te, parlare con gli amici mi aiuta a distrarmi.”
 
La signora Potter, continuando a sorseggiare la sua bevanda preferita, pensò che Mary e i suoi figli le stessero davvero a cuore, a differenza di tanti altri. Ricordando ancora le tornò poi alla mente quella volta in cui era venuto nel suo negozio quell’uomo distinto ed elegante, che teneva un cilindro fra le mani. Le aveva detto che era alla ricerca di una ragazzina di circa dodici, tredici anni, dai capelli biondi e dagli occhi verdi rivelandole anche, poco prima di andarsene, che avrebbe dovuto indossare un braccialetto d’oro di antica fattura. Proprio in quell’occasione erano venuti a far compere insieme Abel e Arthur, che avevano reagito in un modo insolito quando la donna, conversando con loro, aveva pensato che quella fanciulla potesse essere proprio la loro sorella.
“Come siete cresciuti. Georgie ha già qualche ammiratore?”, aveva detto la signora Potter, mentre prendeva la farina e lo zucchero.
“ No, è presto, ha soltanto dodici anni”, le aveva risposto prontamente Abel, seccato.
“ Hai ragione, che sbadata. Allora può essere Georgie, corrisponde proprio alla descrizione che mi ha fatto. Sentite, quell’uomo che è appena uscito sta cercando una ragazza.”
“Una ragazza?” , aveva esclamato Abel, guardando il fratello.
“Chi è quest’uomo e per quale motivo sta cercando una ragazza?”, aveva risposto Arthur, quasi battendo le mani sul bancone.
“Non lo so, mi ha riferito solamente che è un medico di bordo appena arrivato da un Paese lontano e che sta cercando una ragazzina di dodici anni”, aveva detto la donna continuando a servirli, “ dovrebbe anche possedere un bracciale d’oro, è una strana storia non credete?”
“Un bracciale d’oro?”, avevano ripetuto i due giovani insiemi.
“ Che stupida a pensare a Georgie, per quanto ne so è stata sempre la vostra adorata sorellina” aveva esclamato infine la signora Potter appurando invece, a distanza di tempo, quanto fosse tutto più chiaro, il modo con il quale i due fratelli si erano guardati, la fretta con la quale erano andati via.
 
La donna, avendo così ripercorso quelle vicissitudini, alla luce anche del singolare comportamento di Abel di poco prima, lasciando tornare a casa la sorella da sola, constatò che, ogni volta che si parlava di Georgie, ci fosse sempre un’atmosfera particolare nei componenti di quella famiglia, come un qualcosa di non detto.
Chiudendo poi il negozio perché si era fatto tardi, pensò però che alla fine potesse essere anche tutta una coincidenza, frutto solamente della sua fantasia, per il troppo tempo libero che aveva avuto a disposizione.
 
Per qualche tempo non rimuginò così più riguardo i Buttman ma, quando un giorno Arthur giunse nel suo negozio per vendere la lana, ipotizzò che forse non si era sbagliata e che le cose stavano davvero a quel modo.
Fra i vari clienti che si lamentavano stanchi di attendere, molti più del solito quel pomeriggio, la signora Potter osservò il figlio di Mary, assorto nei suoi pensieri, tamburellare le dita di una mano su una ruota del suo carro quando lo sentì sussurrare, calciando un sasso:
“A quest’ora la nave sarà arrivata da un pezzo. Chissà se Georgie è riuscita a incontrare Abel.”
La donna rimembrò che, proprio pochi giorni prima, la signora Buttman le aveva confidato che finalmente Abel sarebbe tornato a casa, dopo essersi imbarcato come marinaio. Possibile che Arthur fosse nervoso solamente per questo? Pensò notando che ancora una volta ci fosse di mezzo Georgie.
 “Ragazzo parlo con te”, disse in quel momento il commerciante di lana scuotendo la testa, guardando la signora Potter che faceva da intermediario nelle trattative, “non farai mai buoni affari se ti metti a dormire nei momenti più importanti.”
“Ha ragione, mi dispiace”, rispose il giovane, destato da quella voce maschile.
“Questa volta porterai a casa un bel gruzzoletto”, esclamò la donna rivolgendosi ad Arthur, iniziando a contare i soldi, “scusa, non ho abbastanza denaro per pagarti ma non importa, vado in banca e ti porto la differenza, aspettami qui”, disse infine.
“ Mi dispiace ma ho fretta e devo andarmene. Prenderò i soldi domani”, esclamò il ragazzo con tono concitato.
“Ci metto solo un attimo”, insistette la signora Potter, sconcertata da quella risposta.
“Meglio domani”, rispose l’altro già sul carro.
“è proprio strano”, disse la donna guardandolo allontanarsi di corsa. Sapeva bene quanto la signora Buttman si raccomandasse ogni volta con i figli per i pagamenti e non aveva mai visto Arthur comportarsi in un modo simile. Ma quello che soprattutto non poteva comprendere era il motivo per il quale fosse andato via senza prendere i soldi, se era già andata Georgie a prendere Abel al porto.
 
A fine giornata, dopo aver pagato tutti i clienti la signora Potter, rientrando stanca nel negozio, si sedette per un attimo meditando riguardo quanto accaduto.  Pensò che ormai era evidente che in quella famiglia ci fosse qualcosa che non riusciva a spiegarsi, forse un segreto riguardante Georgie, ma quale?
Portandosi una mano al volto la donna, sospirando, s’incamminò poi verso casa, osservando il sole che era iniziato a tramontare nel rosso cielo d’Australia.
 

*********
 
Note:

L’inizio  di questo racconto riprende un mio scritto denominato “heart storm”, un viaggio nel cuore disperato di Abel.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Vestito-Zio Kevin ***




Vestito-Zio Kevin
One shot
 
 
*********
 
“Così Abel ha deciso d'imbarcarsi”, ricordò Kevin, un vecchio australiano dalle folte sopracciglia, dalla corporatura asciutta e dalla pelle rovinata dal duro lavoro nei campi, mentre si dirigeva dai Buttman, ripensando alla conversazione avuta con Mary poco prima che il figlio partisse.
 “Si, vuole fare il marinaio, così però se ne andrà per sempre, non so davvero cosa fare”, aveva risposto la donna, che si confidava spesso con lui dopo la morte del marito. L’anziano uomo voleva molto bene a quella famiglia e Abel, Arthur e Georgie lo chiamavano zio, consapevole però che non avrebbe mai potuto sostituire Eric.
“Posso immaginare cosa provi, credo però che abbia preso la decisione giusta”, aveva esclamato Kevin, "dovresti provare a comprenderlo, vuole allontanarsi da Georgie per cercare di capire cosa prova. Lasciagli fare quel che sente.”
 
 
In quell’occasione Mary sembrava avesse trovato un po’ di pace, sopportando l’assenza di Abel. Ma, quando l’anziano uomo era venuto a conoscenza che il ragazzo aveva deciso di ritornare, pensò che doveva andare a parlare di nuovo con la donna, specialmente dopo aver incontrato Georgie lungo la strada, preferendo rimandare alcune commissioni in un secondo momento.
“Immagino che tua madre sarà felicissima per il ritorno di Abel”, aveva detto Kevin rivolgendosi alla fanciulla.
“Non so che dire, forse è contenta o forse no”, aveva risposto la ragazza rimanendo poi in silenzio.
“In che senso?”
“Non lo so, ma è molto arrabbiata con me.”
Kevin aveva sbarrato gli occhi nell’udire quelle parole e, senza aggiungere altro, aveva salutato Georgie con un sorriso bonario, apparentemente privo di qualunque preoccupazione.
 
 
“Ho immaginato che fosse questo”, esclamò una volta seduto a quel tavolo familiare nella cucina dei Buttman, sorseggiando una tazza di tè.
“Sono molto felice che Abel ritorni”, disse Mary, “ma non riesco a non pensare al perché abbia deciso di lasciare l’imbarco a metà del viaggio, così all’improvviso.”
“ Credi che abbia deciso qualcosa riguardo a Georgie?”, chiese Kevin sapendo già la risposta, vedendo la donna annuire, “stavolta deve averci pensato molto bene stando solo, lontano da tutti.”
“ Che cosa devo fare, Abel ormai è grande e anche Georgie”, esclamò Mary portandosi una mano su una guancia.
L’anziano uomo sospirò guardando per alcuni istanti il volto corrucciato della donna, cercando di trovare ancora una volta le parole giuste.
“Devi lasciare che tutto segua il suo corso”, iniziò a dire con voce pacata, “ ognuno ha il proprio destino da seguire sin dalla nascita, è la volontà di Dio e, per quanto ci sforziamo, non possiamo cambiarlo. Se è destino che Georgie e Abel si sposeranno nessuno potrà fare niente, nemmeno tu perché qualunque cosa farai si sposeranno ugualmente.”
“La volontà del signore”, ripeté Mary.
“Si, era destino anche che Georgie venisse ad abitare in questa casa”, disse Kevin versandosi dell’altro tè, “tante altre cose l’attendono nel futuro, ogni cosa è scritta, incontri, imprevisti, separazioni, noi possiamo solamente stare a guardare e vedere cosa accadrà.”
“Va bene”, rispose la donna iniziando a sentirsi più rasserenata. Anche in quell’occasione l’anziano uomo, con la sua saggezza, aveva saputo confortarla in un momento difficile, carezzando la sua anima.
“Poi non sappiamo ancora il motivo per il quale Abel ha deciso di tornare, magari vuole solo assistere all’inaugurazione della ferrovia”, aggiunse infine Kevin.
“Non penso, comunque sono contenta di aver parlato con te e forse hai ragione tu, come al solito mi sento meglio”, esclamò Mary accennando un sorriso.
 
 
Così, proprio il giorno della cerimonia in cui tutti gli abitanti dei dintorni fremevano dalla curiosità, la signora Buttman era di nuovo in compagnia del suo confidente, ripensando a quanto le aveva detto, che dovevano stare solamente a guardare.
“La nuova generazione comincia qui”, disse l’anziano uomo vedendo Arthur rincorrere e salutare quella locomotiva che divorava gli estesi prati australiani, “questo treno prenderà il posto dei nostri vecchi carri a traino come i giovani prenderanno il posto dei più anziani, questa è la vita.”
“È vero, anch’io sento che sto invecchiando e non sono al passo con i miei figli, quando ci penso mi sento sola”, esclamò la donna riflettendo sulla sua condizione.
Condizione che, pur non avendolo mai dato a vedere, pesava ancor di più al vecchio Kevin che, portando le mani dietro la schiena e alzando lo sguardo al cielo esclamò:
“I figli devono prendere la loro strada e noi dobbiamo imparare a sopportare la solitudine.”
 
 
 Sino a quel momento i Buttman avevano sempre avuto bisogno della sua preziosa presenza ma, con il trascorrere del tempo, sentiva che anche lui iniziava ad aver bisogno della freschezza e delle forze vitali dei suoi adorati ragazzi, come quella volta che si ammalò.
 “Lo zio Kevin non sta bene, sta a letto col raffreddore”, disse Georgie tutto d’un fiato leggendo il biglietto che era legato al collare di Junior, il fedele cane dell’anziano uomo che alleviava in parte il senso di vuoto che lo attanagliava.
Nemmeno il tempo di sapere delle sue precarie condizioni di salute che Abel e la sorella erano già sul carro con il bollito che Mary aveva cucinato apposta.
Kevin nel frattempo, in attesa del loro arrivo, sempre più stanco per  gli anni che avanzavano, tossiva avvolto in una vecchia coperta, riscaldato dal tepore del camino, nella sua stanza da letto arredata solamente con una vecchia sedia a dondolo e un mobile di legno.
“Il brodo è pronto, l’ha cucinato la mamma per te, stai attento che scotta”, esclamò Georgie una volta arrivata, porgendogli il piatto bollente, mentre il fratello era andato subito a portare le pecore al pascolo.
L’anziano uomo raffreddò il cucchiaino assaporando quel liquido fumante, chiudendo gli occhi per un momento, commosso per le attenzioni dei due ragazzi e inebriato da quel profumo, il profumo del calore familiare.
 
 
Una commozione ancora più intensa quando Georgie si travestì da ragazzo per partecipare al torneo di boomerang in onore del nuovo governatore, infrangendo il regolamento.
“Davvero è per me? Grazie tanto Georgie, mi sarebbe piaciuto esserci”, disse lo zio Kevin con occhi lucidi ancora a letto, accarezzando con le mani ruvide la raccoglitrice per cereali che la fanciulla aveva vinto per lui.
Guardando poi tutti e tre i giovani riuniti nella sua stanza, provò una grande gioia e al tempo stesso una profonda malinconia nell’osservare quegli sguardi, quei sorrisi tirati e il silenzio di Abel.
 “Si può sapere cosa è successo?”, chiese a Georgie dopo che i due fratelli erano andati via in tutta fretta.
“Non lo so, adesso ti preparo il tè”, rispose l’altra evasiva, andando in cucina.
Ascoltando quella risposta Kevin capì che ancora una volta era successo qualcosa, preferendo tacere.
 
 
Il giorno seguente sentì che le forze stavano pian piano ritornando, si alzò così di buonumore, consumando il primo pasto della giornata con appetito. Dopo aver sbrigato alcune faccende lo sguardo cadde su quella porta di fronte a lui, che apriva raramente. Decise di varcarla, osservando  al centro della stanza il grande letto matrimoniale che un tempo condivideva con la moglie, ormai defunta. Chiuse gli occhi  ricordando i momenti felici trascorsi insieme, asciugandoli con le dita di una mano. Aprì poi il vecchio armadio di legno, prendendo una grande scatola che aveva conservato con cura, richiamando infine il suo cane, legandogli ancora una volta un biglietto al collare, indirizzato però solamente a Georgie.
La fanciulla, dopo aver letto quel messaggio, corse subito a casa dello zio Kevin, ripensando alle parole che le aveva detto Abel poco prima: “Ti prometto che quando diventerò ricco ti comprerò il vestito più bello. E ti dico anche che per me sei la ragazza più bella di tutte quelle che parteciperanno alla festa.”
“Vieni, volevo mostrarti qualcosa”, disse l’anziano uomo vedendo la ragazza all’entrata, conducendola nella sua stanza fino a farla accomodare sul letto, “questo è il vestito più bello che possedeva mia moglie, lo indossava da giovane.”
“è meraviglioso”, esclamò Georgie sorpresa, osservando quell’abito rosa ricamato.
“Sono felice che ti piaccia, ho saputo che non hai niente da mettere per la festa. Vorresti andarci non è vero?”, disse Kevin porgendoglielo, “tieni, è un ringraziamento per tutto quello che hai fatto per me.”
“Davvero è per me?”, esclamò la fanciulla con le iridi che brillavano per l’emozione.
“Ma certamente, prendi anche questo”, disse l’altro dandole anche una scatola più piccola.
“Ma è bellissimo”, esclamò Georgie ammirando quel cappello lilla decorato.
“Spero che ti divertirai stasera.”
“Purtroppo non posso andarci”, esclamò la giovane con sguardo malinconico, “la mamma non vuole.”
“Come mai?”, disse lo zio corrucciando le sopracciglia.
“Pensa che non saremmo graditi. Ma posso provarlo lo stesso? Vorrei che Abel e Arthur mi vedessero.”
“Ma certo, è tuo”, esclamò l’anziano uomo.
“Grazie, me ne prenderò molta cura”, disse l’altra allontanandosi per un istante.
Quando Kevin la vide tornare volteggiando con leggiadria rimase estasiato, osservandola poi dalla finestra andar via raggiante. In quel frangente si rese conto, tutto d’un tratto, che il tempo era passato e che Georgie era diventata bellissima. Quell’abito fasciava le sue forme divenute più femminili, più floride e il vecchio sospirò pensando alla difficile situazione nella quale si trovava Mary. Due figli nel pieno della loro giovinezza sempre al fianco della loro splendida sorella, consapevoli non fosse tale. Sospirando pensò che tutto quello che poteva fare era continuare a star il più vicino possibile a quella famiglia, come aveva sempre fatto.
 
Immerso in quei pensieri Kevin non poteva però minimamente immaginare cosa stesse accadendo nel frattempo proprio dai Buttman e quanto di ancor più grave sarebbe accaduto di lì a poco quella notte, facendo precipitare tutto.
  “ Non posso sopportarlo, non può portarmi via la mia Georgie, non lo permetterò mai! Non può, non deve innamorarsi di nessun altro”, esclamò Abel tornando a casa sconvolto, bevendo un bicchiere dopo l’altro seduto in cucina, dopo aver visto la ragazza baciarsi al fiume con Lowell.
“Cos’hai?”, disse Arthur mentre sistemava alcuni pezzi di legno vicino al camino.
“Basta, ho deciso, dirò a Georgie la verità”, continuò l’altro alzandosi, sbattendo le mani sul tavolo.
“Di cosa stai parlando? Non capisco.”
“Tu ti accontenti di essere solamente il suo caro fratellino, io no, Voglio essere molto di più per Georgie, continua a recitare questo ruolo, ma io non ce la faccio più”, esclamò Abel.
“Che stai dicendo? Hai bevuto troppo, sei ubriaco.”
“Perché non posso essere io a renderla felice? Dimmelo! Adesso le rivelerò che non sono suo fratello, così lei sarà libera di innamorarsi di me.”
“Ti prego non farlo, perché vuoi svelarle il segreto? Lei pensa di essere nostra sorella, non puoi fare questo, la faresti soffrire, lascia le cose come stanno”, disse Arthur, mentre Abel aprì la porta d’uscita senza rispondere. “No non passerai, non te lo permetterò, non voglia che tu le faccia del male, che la faccia soffrire. Perché vuoi rovinare tutto?”, continuò il giovane mettendosi davanti, piangendo.
“Io non voglio perderla, ma non posso più vivere così, non ce la faccio più.”
“Sei soltanto un egoista. Come puoi pensare di farle del male solo per far piacere a te stesso?.”
“Basta, togliti di mezzo”, disse Abel.
“No, dovrai prima passare sul mio corpo e batterti con me. Ricordati che se lo farai non sarai più mio fratello”, rispose Arthur scuotendo la testa.
“Smettila di fare il bravo ragazzo.”
“Te lo impedirò.”
“Adesso ti faccio vedere io”, rispose Abel iracondo, colpito con forza all’addome, sbattendo al tavolo,  iniziando poi a prendere l’altro a pugni .
La cosa che Mary temeva più di ogni altra al mondo alla fine era successa. I suoi adorati figli si stavano battendo per Georgie senza esclusione di colpi mentre Kevin, ignaro di tutto, beveva in quei drammatici istanti una tazza di tè come d’abitudine, assaporando dolci memorie.
  “Io sono l’unico che può farla felice. Adesso glielo dirò e tu non potrai fare niente, hai capito? ”, esclamò Abel continuando a colpire il fratello.
 “Ti sbagli, Georgie sarà felice anche senza di noi e potrà essere felice con noi solo se ci crederà suoi fratelli. Non devi dirle la verità, se lo farai distruggerai ogni cosa”, disse Arthur con il volto tumefatto e un rivolo di sangue all’angolo della bocca, dando poi un calcio all’altro facendolo sbattere di nuovo contro il tavolo.
“Me la pagherai cara”, esclamò  Abel passandosi una mano sulle labbra, colpendo il fratello con ancora più forza.
I due giovani massacrarono così i loro bei volti a turno, fino al rientro della madre che, sconvolta, rivelò loro il triste segreto della nascita di Georgie, figlia di un deportato.
 
 
“Sono tornata. Che ne pensi Arthur, ti piace? Me lo ha regalato lo zio Kevin”, disse la ragazza tornando poco dopo, mentre Mary tremava con la testa sul tavolo per aver fatto fuggire Abel.
 “Georgie, levati subito quell’abito, è indecente”, esclamò la donna alzando il capo di scatto al suono di quella voce acuta, che odiava con tutta se stessa, guardando quella scollatura con una rabbia che avrebbe quasi voluto strapparle quel vestito di dosso.
Un vestito che Kevin aveva invece donato alla ragazza con amore, non potendo immaginare che avrebbe alimentato ancora di più  l’ira e il risentimento di Mary, che ormai rischiava di esplodere da un momento all’altro.
 
 
Quello che l’anziano uomo aveva così costruito con calma e pazienza, dispensando buoni consigli, si era del tutto sgretolato. All’ora della cena consumò il suo frugale pasto, con impresso nella mente il sorriso di riconoscenza di Georgie, mettendosi poi a letto. Si rigirò più volte fra le lenzuola provando una strana inquietudine quando iniziò a piovere, fino poi ad addormentarsi. Non poteva sapere quanto di terribile sarebbe accaduto in quelle ore, cambiando il destino della famiglia Buttman per sempre. Al rumore di un tuono si svegliò di soprassalto, raccogliendo da terra il cappello che indossava per dormire, avvertendo un forte peso al cuore. Proprio in quel momento il corpo di Georgie stava fluttuando nelle acque gelide del fiume, dopo che la madre le aveva rivelato ogni cosa riguardo le sue origini, tirandole la testa per i capelli sotto la pioggia battente. Kevin guardò per alcuni istanti quel cielo di lampi e fulmini per poi riaddormentarsi a fatica quando, alle prime luci dell’alba, sentì bussare alla porta.
“Zio Kevin”, gridò Arthur più volte colpendo la porta con forza, “apri ti prego.”
“Chi diamine è?”, disse il vecchio stropicciando gli occhi, indossando una vestaglia mentre Junior abbaiava con foga.
“Arthur! Cosa le è successo?”, esclamò vedendo Georgie fra le braccia del ragazzo, fradicia e incosciente.
“È caduta nel fiume, stava per annegare”, rispose il giovane.
“Sbrigati, entra”, disse l’anziano uomo mettendo la ragazza a letto, togliendole la camicia da notte zuppa. “Georgie, rispondimi Georgie. Arthur accendi il fuoco svelto! Ancora non l’hai acceso?”
“La legna è bagnata”, rispose l’altro con voce spezzata, continuando a provare.
“Sbrigati fai qualcosa”, esclamò Kevin toccando il polso della fanciulla, “accidenti, sta diventando sempre più fredda, la temperatura è troppo bassa, bisogna trovare il modo di scaldarla o morirà.”
“Georgie, se potessi ti donerei la mia vita. Non morire ti prego, voglio vederti sorridere ancora almeno una volta ”, sussurrò Arthur con lo sguardo perso nel vuoto per un momento nell’udire quelle parole, levandosi poi d’impeto i vestiti sdraiandosi sopra quel corpo minuto, cercando di reprimere il suo senso del pudore, “adesso ti scalderò e ti salverò con la forza del mio amore.”
Gli occhi dell’anziano uomo, nel vedere quella scena, divennero umidi fino ad inondarsi di lacrime.
Strofinandosi il naso andò poi vicino al camino, sistemando quella camicia da notte che continuava a gocciare, appesa a un filo. Un filo al quale era appesa anche Georgie, sospesa fra la vita e la morte.
 Toccando quella stoffa bagnata ricordò la sensazione di quella setosa del vestito donato alla fanciulla, che aveva danzato gioiosa in quella stanza solamente poco prima.
Pianse il vecchio Kevin continuando a stringere quel tessuto fra le dita ruvide di una mano, pregando per la salvezza della piccola Georgie. Non poteva morire.
 
*********
 .
 

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Capitolo 21
*** Turbamenti-Loop ***




Turbamenti-Loop
One shot



*********
 

“In realtà non è Becky la ragazza che amo”, disse Abel seduto ai piedi di un albero in compagnia di Georgie, dopo aver lavorato per ore nei campi, avvicinandosi sempre più, “quella che mi interessa veramente è…”
 “Abel!”, lo interruppe con tono brusco Arthur, che fino a quel momento era rimasto teso, in disparte, ad osservare i due dialogare in intimità.
La ragazza aveva chiesto ad Abel se fosse arrabbiato con lei per aver dovuto abbandonare la festa della giovane Clarke che, dopo quanto accaduto, era partita subito per l’Inghilterra.
“Però a te piaceva Becky, non è vero?”, aveva insistito Georgie, fino a provocare quella risposta inaspettata del fratello, che stava quasi per rivelarle le sue origini se non fosse intervenuto Arthur.
La fanciulla, vedendo quegli strani sguardi fra i ragazzi, quei silenzi improvvisi, sbottò dicendo: “ho capito, mi state escludendo dai vostri segreti. Sono vostra sorella ma mi trattate come un’estranea!”
Abel, osservandola poi andare via imbronciata, strinse un pugno quasi a conficcare le unghie nella pelle. I sentimenti che nutriva nei confronti di quella creatura, per lui divina, stavano diventando ogni giorno che passava più intensi, facendo ormai fatica a trattenersi. Ma quello che lo faceva più stare male, che non lo faceva dormire la notte, era non poter dire la verità all’unica ragazza che davvero amava. Avrebbe voluto fermarla in quel momento, urlarle tutto il suo amore e invece Georgie, ancora una volta, aveva frainteso.


“Loop, dove sei? Torna qui!”, iniziò a dire più volte la fanciulla mordendosi un labbro, addentrandosi nella foresta, pentita per aver rimproverato poco prima il tenero koala.
 “Sei soltanto un pasticcione, lo sapevo che non dovevamo portarti con noi. Vai via, abbiamo da fare qui”, aveva aggiunto Abel in quel frangente, rincarando la dose. Allora Loop, mortificato, vedendo quelle espressioni adirate, si era allontanato mesto.
I tre fratelli erano cresciuti, le loro esigenze non erano più quelle di una volta, avevano meno tempo per il piccolo koala e anche meno pazienza. L’animale così, in alcune circostanze era diventato più un fastidio che una compagnia.
 “Dove sarà andato a finire, non dovevamo comportarci a quel modo”, esclamò Georgie vagando fra gli alberi quando Arthur, sentendo la sua voce, la raggiunse poco dopo insieme al fratello dicendo: “Non preoccuparti, vedrai che lo ritroveremo.”
“Loop deve capire che non possiamo giocare sempre con lui”, intervenne Abel, spostando una ciocca di capelli dalla fronte, scocciato.
 “Magari si è perso e non trova la strada”, disse  la ragazza guardandosi intorno, “ho paura che non lo rivedremo mai più.”
“Stai tranquilla, vedrai che lo riporteremo a casa”,  esclamò Arthur accennando un sorriso, poggiando le sue mani sulle spalle delicate della ragazza, rassicurandola ancora una volta, “sarà soltanto nascosto da qualche parte.”
“Forse so  dove si è cacciato quel combina guai. Si sarà sicuramente rintanato nel bosco degli eucalipti”, disse Abel grattandosi la testa, “cerchiamolo separati così  lo troveremo prima.”


Loop nel frattempo, inconsapevole di quanto Georgie fosse preoccupata per lui, stava mangiando proprio delle foglie di eucalipto, di cui era ghiotto, in compagnia di una femmina di koala.
“Non puoi avermi abbandonata”, sussurrò la fanciulla una volta rimasta sola, continuando a chiamarlo senza tregua, quando vide ad un tratto talmente tanti koala che si sentì quasi mancare. Toccandosi per un momento la testa con una mano sentendola girare, facendo un profondo respiro li osservò con attenzione, alcuni stavano giocando mentre altri dormivano rannicchiati. Ma nessuno di loro era Loop, con la sua espressione buffa, un essere speciale che avrebbe riconosciuto tra tutti.  Georgie così, sospirando, proseguì a cercarlo, immersa in quell’odore balsamico che tanto amava annusare sul pelo soffice del suo compagno di giochi,  ripensando al loro primo incontro.


Un giorno di tanti anni prima aveva accompagnato suo padre adottivo, Eric, a tagliare la legna insieme ai fratelli e, annoiandosi non potendo aiutarlo in quel faticoso lavoro, si era allontanata sedendosi sotto un albero, vedendo d’improvviso qualcosa di morbido caderle addosso.
“Abel sei tu? Smettila di scherzare, vieni fuori”, aveva esclamato la bambina non vedendo nessuno, sentendo poi quella strana cosa cascarle di nuovo sopra. In quel momento una palla di pelo, mostrando un grazioso musetto, si era aperta davanti ai suoi occhi.
“Come sei carino”, aveva detto Georgie osservando quel cucciolo di koala, animale tipico dell’Australia, del quale si era subito innamorata. “Non hai la mamma?”, aveva continuato prendendolo in braccio accarezzandolo, sorridendo dopo averlo osservato arrampicarsi in modo goffo sul tronco di un albero, cadendo più volte, “allora da adesso sarò io la tua mamma.”
Ci era voluta poi tutta la persuasione di Eric e dei figli per convincere Mary a tenere quel piccolo animale ma, dopo tanta insistenza, la donna alla fine aveva ceduto. Quella sera così, nella stanza che condivideva all’epoca con i fratelli Georgie, perdendosi in quegli occhietti dolci, aveva deciso di chiamare il suo nuovo amico Loop. Da quel giorno il koala era diventato un componente della famiglia Buttman.


Ridestandosi da quei pensieri la ragazza pronunciò ancora il suo nome e, proprio in quell’istante l’animale, avvertendo quel richiamo accorato, scese dall’albero dove stava ammirando il panorama, risalendo però subito dopo per tornare dalla sua compagna.


“Loop vuoi venire fuori si o no? Maledizione, sto iniziando a perdere la speranza”, esclamò nel frattempo Abel, seguitando anche lui a cercarlo, con la testa però immersa in tutt’altri pensieri. Si sedette poi su un masso, mordendo l’unghia di un dito sempre più nervoso, quando sentì un rumore.
“Arthur”, disse con un bastone in mano, vedendo il fratello spuntare dalle siepi.“ dal rumore che hai fatto credevo fosse un lupo.”
“Per un attimo ho pensato che volessi colpirmi”, rispose l’altro.
“Secondo te sarei stato davvero capace di farlo?”, esclamò Abel gettando quel pezzo di legno a terra, “ma ti confesso che l’ho desiderato tanto. Tu riesci a comportarti con Georgie come un bravo fratello, non lo sopporto! Sei davvero sicuro che provi solamente questo per lei?”
 “Per me è soltanto una sorella”, disse Arthur con fare calmo e il subbuglio nel cuore, mentre il vento s’insinuava fra i suoi capelli castani.
“D’accordo, ma se scopro che hai mentito non esiterò ad ucciderti”, esclamò il fratello guardandolo dritto negli occhi.
“Va bene, però stai attento anche tu. Se farai qualcosa che farà soffrire Georgie te la farò pagare. Per lei siamo i suoi veri fratelli e nessuno ha il diritto di toglierle quest’illusione, nemmeno noi.”
“Lo so”, sussurrò Abel socchiudendo gli occhi, poggiando una mano al tronco di un albero, “io la amo  e vorrei gridarlo al mondo intero ma non lo farò. Tanto lo scoprirà da sola prima o poi, non è vero?”
Arthur, guardando con sguardo malinconico quegli occhi blu imploranti, fece solamente cenno di assenso con la testa.
I contrasti tra i due fratelli, riguardo il destino di Georgie, erano appena cominciati.


Lontano dai problemi degli umani, come vivesse in un’altra dimensione Loop, in quel frangente, continuava a trascorrere momenti sereni, assaporando nella sua incoscienza animale quelle nuove sensazioni. Guardarsi per pochi istanti, conoscersi e capire di voler condividere insieme a qualcun altro la propria esistenza, senza intrusioni di nessun tipo. Una vita semplice in confronto a quella degli uomini.


Georgie invece continuava a camminare ormai del tutto sconfortata, all’oscuro di quanto era accaduto fra Abel e Arthur, di essere la causa della loro contesa, quando ad un tratto vide un koala di spalle sul ramo di un albero.
“Loop sei tu?”, disse incredula. Non appena l’animale si girò, la ragazza illuminò il suo bellissimo volto di un sorriso radioso dicendo: “Ti ho cercato dappertutto, pensavo non ti avrei più rivisto.” Subito dopo comparve tra le foglie di eucalipto una koala, che strusciò la testa a quella del suo amico e la ragazza, schiudendo la bocca, aggiunse: “Hai trovato una compagna!”
Tentò poi più volte di convincere Loop ad andare via con lei ma invano, inciampando anche su una radice di un albero, cadendo a terra.


 “Georgie!”, esclamò Abel trovandosi nei paraggi, accorrendo subito dopo aver sentito la sorella gridare, seguito da Arthur, “ ti fa molto male?”, sussurrò piegandosi, accarezzando la gamba della fanciulla.
Le sue mani scorsero, tremando, su quella pelle setosa con una tale delicatezza che, chi lo avesse visto in quell’istante, non avrebbe mai potuto pensare fosse la stessa persona di poco prima. Quando era vicino a Georgie il suo tono, spesso aspro si addolciva, come se le parole gli si sciogliessero in bocca, i suoi gesti bruschi diventavano di velluto.
“Grazie, non preoccuparti”, rispose la giovane rialzandosi.
“Hey ma quello non è Loop?”, intervenne Arthur.
“Si, si è trovato una compagna”, disse l’altra.
 “Anche lui doveva averne una prima o poi no?”, esclamò Abel con voce incrinata, ammirando la sua Georgie, di una bellezza sempre più ammaliante, ogni giorno che trascorreva.
 “Sembrano proprio innamorati”, disse la ragazza, non potendo immaginare minimante il tormento interiore del fratello.
“Somigliano agli uomini”, commentò Arthur.
“Georgie dobbiamo rassegnarci, Loop non vorrà più venire a casa con noi”, esclamò poi Abel.
 “è normale, se si ama qualcuno tutti gli altri diventano meno importanti”, rispose la fanciulla sorridendo, “anche i fratelli.”
Nell’udire quelle ultime parole al giovane si gelò il sangue.
“Vorrei tanto incontrare anch’io un uomo da sposare, bello e forte, ma solo se posso vivere vicino ai miei due fratelli e vederli ogni giorno”, continuò Georgie giungendo le mani, muovendosi  allegra a passo di danza, fino quasi a sfiorare il volto di Abel. Piccoli atti che la ragazza compiva nell’ingenuità di un rapporto fraterno, ignara delle sensazioni, inconfessate, che poteva scatenare.
Stordito da quella vicinanza inaspettata, da quel profumo, il fratello avrebbe voluto baciarla incurante di tutto, sentendo di non riuscire più a resistere. Voleva sentire il suo sapore, sfiorare la sua anima ma, facendo un profondo respiro, trattenne quell’energia bruciante, che lo stava devastando, con tutta la forza che aveva in corpo.
“Certo, nessuno può portarti via da me”, disse Abel prendendola in braccio.
“Mettimi giù!”, esclamò Georgie facendo finta di lamentarsi, dando dei colpetti su quelle spalle maschili che tanto la facevano sentire al sicuro dopo la morte del padre.
“Non posso, sei ferita.”
“E Loop?”
“Stai tranquilla, verrà a trovarci ogni volta che vorrà”, rispose il giovane incamminandosi, stringendo la ragazza percependola così fragile a contatto con il suo petto muscoloso. In quel frangente non esisteva per lui nient’altro che Georgie.


Arthur, lasciato invece indietro, li osservò ancora una volta in disparte, non vedendo più un fratello e una sorella, ma una coppia che si stuzzicava con affetto. Si chiese quanto Abel  sarebbe riuscito ad arginare quel che provava nei confronti della fanciulla. Un pensiero assillante, tanto da rendere le gambe pesanti, quasi incapace di muoversi.
 “Sono felice per voi, potete amarvi senza che nessuno dica niente”, disse poi il ragazzo guardando Loop e la sua compagna, “io invece non posso dire a nessuno che amo Georgie, nemmeno a mio fratello”, aggiunse con un nodo alla gola, pronunciando quelle parole.
Scuotendo la testa, con gli occhi umidi fino ad inondarsi di lacrime, corse via d’improvviso al tramontar del sole, soffocando nel profondo del cuore quel sentimento crescente. Non poteva farlo, non poteva ferire Abel, vittima lui stesso di un miraggio d’amore.


Così, in quello che doveva essere un giorno spensierato come tanti, le naturali effusioni di quel piccolo koala avevano smosso gli animi dei tre fratelli, facendo provare ad ognuno di loro diverse, intense sensazioni.
Il tempo dei giochi era finito e quello dell’amore per Abel, Arthur e Georgie, con i suoi turbamenti, era appena cominciato.
 

*********
 

Note:

-Alcune informazioni sul koala.

Il koala trae sostentamento dalle foglie di eucalipto, tossiche per altri esseri viventi, ma adatte al suo particolare apparato digerente, fornendogli cibo ma anche i liquidi necessari alla sua sopravvivenza. Questo animale, avendo come habitat prediletto le foreste di eucalipto, è caratterizzato da un forte odore balsamico che impregna il suo pelo donandogli questo tipico profumo, proteggendolo anche dai parassiti.
 
 
 
 

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