Light in the dark

di dada_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
<< Ci vediamo domani, buonanotte. >>
Sakura abbassò il cellulare e sorrise leggendo il nome della persona che aveva appena salutato. Il suo Syaoran ci teneva a sentirla tutte le sere prima di andare a dormire e lei, beh, poteva esserne solamente contenta, consapevole di non poter trovare un ragazzo come lui da nessuna parte. Aveva già parlato anche con Tomoyo, la quale si era assicurata che lei stesse bene e non avesse bisogno di niente, prima di ricordarle che il giorno dopo le avrebbe scattato una miriade di fotografie e l’avrebbe ripresa con la sua videocamera in ogni istante della gita. La ragazza sospirò al pensiero mentre si alzava dal divano e iniziava a fare un giro di perlustrazione al piano inferiore della sua casa per accertarsi che non ci fosse nulla fuori posto e che le luci fossero tutte spente. L’indomani si sarebbe svegliata presto per incontrarsi con i suoi compagni e gli insegnanti all’entrata della scuola, dove insieme sarebbero saliti su un pullman per raggiungere una riserva naturale situata nel nord del Giappone e poter così provare l’ebbrezza del campeggio lontani da ogni posto conosciuto. Dopo un viaggio di cinque lunghe ore sarebbero finalmente arrivati a destinazione e avrebbero passato due giorni indimenticabili, di questo Sakura ne era certa.
Si fermò alla base delle scale e prese un respiro profondo, poi spense la luce del corridoio – l’ultima rimasta accesa – e più veloce di un fulmine schizzò di sopra nella sua camera da letto, dove un caloroso bagliore l’avvolse di nuovo. Chiuse la stanza a chiave e si portò le mani al petto, cercando di contenere i battiti accelerati del suo cuore. Era a casa da sola, quella sera: suo padre si era spostato in un’altra città e vi sarebbe rimasto per un paio di settimane a causa di un’importante ricerca archeologica che doveva svolgere, mentre suo fratello aveva un turno di notte al lavoro che, essendo estate, non gli creava alcun problema con la scuola. Quanto a Kero-chan, in quel momento si trovava con Yuè in Inghilterra nella lussuosa dimora di Eriol a discutere con loro di qualche strano argomento che lei non aveva ben capito. Tutti questi imprevisti comportavano che lei rimanesse da sola per una sera e, nonostante avesse detto a tutti che non c’era alcun problema, iniziava a temere di non farcela. Trasse un sospiro e scosse la testa, mettendosi davanti allo specchio e guardandosi negli occhi. Si osservò per qualche secondo e infine sfoggiò un bel sorriso, decisa a calmarsi. Syaoran e Tomoyo erano preoccupati perché conoscevano le sue debolezze, ma lei li aveva rassicurati dicendo loro che tutto sarebbe andato per il meglio e non voleva deluderli proprio adesso che li aveva convinti della sua forza di volontà.
Distolse lo sguardo dal suo riflesso e si infilò il pigiama, dopodiché spense la luce e, di fretta e furia, si buttò sotto le coperte. Serrò subito gli occhi nella speranza di prendere sonno il prima possibile, ma qualcosa la fermò. Scossa da un brivido, lanciò un’occhiata al di sopra delle lenzuola e non poté far altro che notare uno strano chiarore argenteo invadere con prepotenza l’intera stanza. Alzò la testa e gli occhi le caddero sulla finestra, dove uno spirito di donna scrutava dall’esterno voltando la testa di qua e di là, valutando l’idea di entrare. Sakura, però, non ebbe paura, perché quel fantasma lo conosceva: era sua madre. La sua dolce, cara mamma… sicuramente l’aveva raggiunta per tenerle compagnia in quella tenebrosa notte di solitudine, pensò la ragazza con espressione raggiante e una voglia matta di scendere dal letto per correre incontro a quella figura eterea. Ma qualcosa non andava. Non riusciva a muoversi, era come se ogni nervo del suo corpo fosse paralizzato. Nuovamente spaventata, si rivolse alla donna, solo per rendersi conto che stava succedendo una cosa orribile: lo spirito stava scavalcando la finestra ma, ad ogni arto che metteva dentro la camera, si trasformava. In un attimo, un eterno attimo, la ragazza vide la rassicurante e splendente anima di sua madre tramutarsi in uno spettro maligno dai colori bui e spenti, che all’improvviso levò lo sguardo demoniaco su di lei, mettendo in mostra due occhi sferici, iniettati di sangue e malvagità. Sakura non ebbe alcuna reazione sul momento dato che il panico la immobilizzava, ma si mise subito ad urlare non appena quell’essere deforme e spaventoso mosse un primo passo verso di lei. Strillò con tutte le sue forze nella speranza che qualcuno – chiunque – la sentisse e corresse ad aiutarla, ma la voce non accennava ad uscirle dalla gola, come morta. Il mostro si fermò e la guardò per qualche secondo piegando la testa di lato, poi riprese la sua camminata emettendo versi rauchi e prettamente gutturali, senza mai togliere gli occhi dal viso terrorizzato di Sakura, che ormai non sapeva più che cosa fare. Prese il lembo delle coperte con entrambe le mani e si buttò al di sotto, pregando che in qualche modo potesse scampare alla bestia. Questa, però, si faceva sentire con i suoi borbottii agghiaccianti, mentre i suoi passi, felpati ma allo stesso tempo decisi, si avvicinavano poco alla volta.
“Smettila”, sussurrò la ragazza.
Era consapevole che la voce non aveva alcuna intenzione di assisterla, però voleva comunque provare perché sembrava proprio che il mostro riuscisse a sentirla, in qualche modo. I lamenti si arrestarono infatti, ma ripresero dopo qualche istante con un altro passo.
“Ti prego”, iniziò a ripetere Sakura nel tentativo di convincere la creatura a lasciarla in pace e magari a ridarle la rassicurante figura di sua madre.
Un altro passo, un altro mugugno, un’altra speranza che se ne andava.
“Per favore”, pensò lei con tutte le sue energie, sforzandosi di non dar retta alle immagini che passavano maligne nella sua mente, ma tutta la buona volontà che ci metteva non le era d’aiuto in quel momento. Nella sua testa vorticavano ormai mille domande, una più spaventosa dell’altra. Sarebbe arrivata intera al mattino seguente? Avrebbe rivisto suo padre, suo fratello, il suo ragazzo, la sua migliore amica? Perché sua madre si era trasformata in quell’essere orribile? Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?
In preda al pianto disperato e avvolta nelle tenebre, per qualche secondo non si rese conto che nella stanza, al di fuori delle coperte, non si sentiva più niente. Sembrava che non ci fosse più alcun movimento, nessun rumore o presenza. Forse il mostro si era finalmente deciso a darle tregua. Forse non c’era più alcun pericolo. Forse era di nuovo sola. Non ebbe il coraggio di uscire dal suo nascondiglio, non subito almeno. Dopo quella che a lei parve un’eternità, infatti, riuscì a persuadere se stessa, convincendosi che la cosa più giusta da fare era smettere di frignare per qualunque sciocchezza e di correre subito da qualcuno come una bambina… dopotutto non si sentiva più niente, magari aveva immaginato tutto. Determinata ad essere un po’ più audace, per il suo bene e per quello dei suoi cari, si liberò del suo rifugio improvvisato con un gesto secco del braccio. E fu in quel momento, proprio in quel preciso momento, che si ritrovò a fissare negli occhi sanguinolenti la paura in persona.


Sakura aprì gli occhi. Restò così, ferma, immobile, distesa ovunque si trovasse con gli occhi spalancati per qualche secondo, giusto il tempo di realizzare che era viva, che stava bene, che non le era successo nulla di male. Col fiato mozzo e il cuore che batteva a mille, si mise seduta e girò impercettibilmente la testa a destra e a sinistra cercando di orientarsi, per capire dove fosse e che cosa fosse capitato. Quando intravide nell’ombra tre figure femminili avvolte nelle coperte e profondamente addormentate, capì: era in gita con la sua scuola, i suoi compagni di seconda media, gli insegnanti. Si era già ritrovata davanti all’istituto con i suoi amici, quella mattina; avevano già preso quel maledetto pullman; erano già arrivati a destinazione… era già passata la prima giornata. In quel momento si trovava in una delle tende che lei e i suoi compagni avevano montato con l’aiuto dei professori poco dopo essere scesi dal mezzo, precisamente quella che condivideva con Tomoyo, Chiharu e Naoko. Era notte fonda e aveva passato dei momenti fantastici quel giorno, ma il suo cervello evidentemente aveva voluto giocarle un brutto tiro facendola assopire e dimenticare quello che aveva già vissuto, lasciandole credere che l’incubo fosse realtà. Ma perché? Perché non aveva capito che stava solo dormendo? Perché quando si era spaventata la prima volta non si era riscossa immediatamente? E se quel sogno avesse avuto un significato preciso e lei non l’avesse colto? Se non fosse stata una coincidenza? E se… no, non poteva essere, era assurdo. Doveva solo calmarsi, doveva svuotare la mente e rimettersi a dormire. Scosse la testa e si sdraiò, fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Un volto cadaverico con lo sguardo minaccioso e intriso di odio non tardò ad apparire nella testa della ragazza, nutrendosi della sua paura ogni volta che ella cercava di liberarsene. Sakura scattò in piedi e si portò le mani al viso, trovando un fiume di lacrime che scorreva inesorabile sulle sue guance. Si accovacciò vicino al suo zaino e tirò fuori un orologio, dal quale lesse l’ora: 02:48. Restò a fissare il quadrante per un po’, indecisa sul da farsi, anche se una cosa la sapeva per certo: non voleva più vedere quel mostro. Doveva riposare, ovvio, ma come poteva? L’orribile creatura avrebbe comunque trovato un modo per rovinarle il sonno, e lei non aveva abbastanza coraggio nemmeno per insistere o riprovare. Poco consapevole di quello che faceva per via della vista appannata dalle lacrime, ripose l’orologio al suo posto e, veloce come un fulmine, uscì dalla tenda.
La luce lunare la colpì in pieno volto, illuminandola col suo candore. Si passò una mano sugli occhi e li asciugò dalle sue pene, approfittando poi del ritorno di una vista normale per dare un’occhiata intorno a sé. Una ventina di tende sorgevano qua e là in mezzo a una radura incontaminata, dove fiori, piante e cespugli crescevano rigogliosi; poco più avanti il verde prato si apriva a una maestosa foresta, composta di alberi enormi e fitti che dominavano incontrastati l’intero paesaggio; infine, vicino al punto in cui loro avevano piantato le tende, un bellissimo lago si estendeva con le sue acque limpide fino a dove poi si ricongiungeva con la selva più pura e inviolata di tutto il parco. Sakura sospirò. Quella visione l’aveva tanto entusiasmata, quel pomeriggio. I fiori di svariati colori portavano allegria a chiunque li guardasse e offrivano un dolce riposo alle farfalle variopinte che svolazzavano leggiadre da una parte all’altra del giardino, mentre la foresta lasciava intravedere le sue mille sfumature con un fantastico contrasto di luce e ombra, e il lago, con un’imponente catena montuosa a fargli da sfondo, era gremito di vita e splendore, con i pesci che zampillavano fuori all’improvviso e l’acqua cristallina che permetteva a tutti di vedere e ammirare la sua profondità. Col calare della notte, invece, tutto si era addormentato insieme a loro. Tutto era buio, spento, scuro. Lei sentiva solo il corpo scosso dai brividi. Le sembrava di non provare altro che paura, mentre con calma si avvicinava al lago e si sedeva sulla riva con l’angoscia nel cuore. Come immaginava, quello specchio d’acqua trasparente non c’era più, era come se si fosse chiuso in se stesso e temesse di mostrarsi agli altri per quello che era davvero. Ma forse era solo il riflesso di ciò che c’era in lei. Era lei quella che si vergognava a far vedere quanto fosse codarda, era lei che aveva paura di mostrarsi fragile perché temeva di non essere all’altezza delle persone che amava… era lei quella che stava male e si era fatta scappare ogni possibilità di riposare a causa di un sogno.
Chiuse gli occhi per un istante, per lasciarsi accarezzare dalla leggera brezza che tirava, ma il volto terrificante ricomparve e Sakura fu costretta, ancora una volta, a riscuotersi dal momento pacifico e a cadere in una tormenta di pensieri crudeli. Appoggiò la testa sulle ginocchia e, alla fine, scoppiò a piangere. Aveva aspettato quella gita con ansia e ora qualcosa aveva deciso di rovinargliela. Il sogno che aveva fatto era strano, in parte vero, in parte frutto della mente: ricordava alla perfezione i dettagli in cui si preparava per il viaggio del giorno dopo, ma nella realtà non era mai stata a casa da sola, anche perché mai, in nessuna circostanza, suo padre e suo fratello l’avrebbero abbandonata di notte, ancor di più sapendo della sua fobia smisurata dei fantasmi e del paranormale. Quello spettro, però… non riusciva proprio a concepire perché sua madre si fosse trasformata in un essere mostruoso che voleva spaventarla, farle del male, ucciderla forse. Per quale motivo il suo cervello avrebbe dovuto partorire, tra tante cose, proprio quell’immagine atroce? Magari c’era un significato nascosto in tutto quel caos, una verità che lei non capiva… o che si rifiutava di capire.
<< Sakura? >>


NdA:
Ciao a tutti! Scusatemi per questo capitolo troncato a metà, nel vero senso della parola. Nella mia testa avevo intenzione di scrivere una one-shot, ma come al solito scrivo troppo e la storia alla fine è diventata troppo lunga per poterla pubblicare in un unico capitolo. Spero comunque che vi possa piacere, nonostante questa volta abbia optato per un momento puramente romantico e tranquillo, senza colpi di scena o effetti speciali. A volte ho proprio bisogno di una bella dose di miele, e spero di non essere l'unica matta :)
A presto col nuovo capitolo!
dada_97

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
<< Sakura? >>
La ragazza spalancò gli occhi, sorpresa di sentirsi chiamare nel bel mezzo della notte. Non ebbe alcuna paura, però, perché quella voce era riconducibile a tutti i ricordi più belli della sua esistenza, a tutte le esperienze che l’avevano fatta sentire viva, a tutti i momenti che l’avevano fatta crescere e diventare una persona migliore. Era la voce che più era in grado di calmarla e farle provare forti emozioni, quella che più le dava sicurezza ed era capace di sostenerla e incoraggiarla in ogni situazione. Alzò la testa e, dopo aver tentato di eliminare dal suo viso ogni traccia di debolezza, si voltò lentamente.
<< Che cosa ci fai qui? >> chiese. Syaoran sorrise e si avvicinò a lei di qualche passo, fermandosi alle sue spalle.
<< Potrei farti la stessa domanda. >>
Sakura sospirò e tornò a guardare davanti a sé, non sapendo se aprirsi o meno.
<< Non riuscivo a dormire. >> disse infine.
<< Capisco. >> rispose lui dopo averla osservata per qualche secondo.
La ragazza si accorse di quello sguardo. Sapeva che Syaoran stava cercando di capire che cosa avesse per evitare di fare domande indiscrete, ma era difficile comprendere quello che le si era stagnato nel cuore quella notte.
<< E tu? >> domandò ricevendo in risposta una scrollata di spalle.
<< Sono stato svegliato da una strana sensazione. >> si sedette accanto a lei, che lo guardò perplessa. Lui, di rimando, le rivolse un’occhiata penetrante. << Era un’inquietudine che poteva riguardare soltanto te. >>
Sakura sgranò gli occhi a quelle parole. Il suo ragazzo si era svegliato per lei, perché sentiva che stava male e che aveva bisogno di supporto. Un timido sorriso prese forme sulle sue labbra. Solo un amore forte come il loro poteva dare origini a sensazioni del genere.
<< Mi dispiace. >> si scusò, ma Syaoran la guardò ricambiando il sorriso e le accarezzò una guancia.
<< Tranquilla, mi fa piacere poter stare un po’ con te. >> rispose.
Restarono seduti lì, in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri. Nonostante un fastidioso peso sul cuore, Sakura dovette ammettere che una parte delle sue paure se n’era andata nello stesso istante in cui era arrivata un po’ di compagnia. Cercando di non farsi notare, si girò ad osservare Syaoran, che in quel momento si stava sdraiando sul prato incrociando le braccia dietro la testa e chiudendo gli occhi. Era bellissimo anche in pigiama, si ritrovò a pensare la ragazza guardando i suoi tratti illuminati dalla luna. Soprattutto, però, era fantastico come cercasse di apparire rilassato e distaccato quando in realtà – e di questo lei ne era certa – dentro di sé moriva dalla preoccupazione per il suo stato d’animo. L’aveva raggiunta ma non le aveva fatto domande indiscrete, non aveva avanzato ipotesi e proposto soluzioni; si era limitato a sedersi lì vicino aspettando che fosse lei a convincersi che parlare e sfogarsi era la cosa giusta da fare per sentirsi meglio.
Sakura, quindi, tornò a fissare il panorama che aveva di fronte.
<< Ho fatto un sogno… strano. >> proferì il più silenziosamente possibile, un po’ per la vergogna e un po’ per la paura di rievocare quel mostro nella sua mente. Syaoran aprì gli occhi e si rialzò subito, tornando accanto a lei.
<< Un sogno? >>
Sakura annuì, iniziando a sentire nuovamente le lacrime formarsi negli occhi.
<< Era la sera prima della gita e per qualche motivo mi trovavo a casa da sola. Nonostante fossi un po’ agitata, tutto era tranquillo, quindi decisi di spegnere la luce e infilarmi di corsa sotto le coperte. Una volta nel letto, però, vidi una luce brillare fuori dalla finestra, ma mi accorsi quasi subito che si trattava del fantasma di mia madre. Inizialmente ero felice, ma poi… >> s’interruppe, il volto devastato dal pianto. Si nascose velocemente tornando con la testa sulle ginocchia, provando a darsi un contegno. Syaoran l’aveva vista piangere molte volte, ma lei non voleva che succedesse. Detestava essere proprio lei ad arrecargli pensieri e dolore, ed era innegabile che lui stesse male nel vederla soffrire. Era intenta a cercare in ogni modo di soffocare i singhiozzi quando, all’improvviso, si sentì stringere la mano destra. Alzò la testa e rivolse il lacrimoso sguardo verso il suo ragazzo, che sembrava immerso in ragionamenti distanti mentre teneva gli occhi puntati verso l’orizzonte. In verità, però, era solo un modo per darle coraggio senza metterle alcuna pressione addosso, perché col cuore e la mente le era più vicino che mai. Sakura, allora, rafforzò la presa delle loro mani.
<< …mentre entrava nella stanza, lo spettro poco alla volta si trasformò in una creatura orrenda. Aveva degli occhi spaventosi, rossi come il sangue, e poco dopo iniziò a muoversi verso di me facendo dei versi disumani. Mi nascosi sotto le coperte piangendo e pregandola di lasciarmi in pace, quando ad un certo punto non sentii più niente. Presa da un insolito coraggio e convinta che quel mostro avesse ascoltato le mie suppliche, decisi di uscire dalle lenzuola… trovandomi faccia a faccia con ciò che volevo evitare. >>
Sakura si liberò di un sospiro tremolante che stava trattenendo da chissà quanto tempo. Odiava sentirsi giù, proprio lei che era sempre stata il ritratto della felicità e della leggerezza. Aveva il viso completamente bagnato e i denti che battevano un po’ per il freddo e un po’ per la paura, ma quantomeno aveva smesso di singhiozzare, forte della vicinanza di Syaoran, che le teneva ancora la mano come se non volesse lasciarla andare mai.
<< E poi ti sei svegliata, giusto? >> chiese il ragazzo con lo sguardo nuovamente su di lei. Sakura annuì.
<< Non capisco perché non mi sono svegliata prima. Mi sono spaventata tantissimo già quando il fantasma si è trasformato in quel mostro, ma non riuscivo a muovermi, come se fossi davvero in trappola. >> aggiunse con voce flebile.
<< Beh, adesso è tutto finito. Dovresti cercare di tranquillizzarti. >> disse Syaoran tentando di farla ragionare, ma lei chinò il capo.
<< Lo so, però… non ci riesco. >>
Passarono alcuni minuti nel totale silenzio. Sakura non accennava a tirare su la testa, e se un attimo prima Syaoran guardava lontano per non forzarla a dire qualcosa che non voleva, in quel momento la fissava intensamente: era una ragazza forte, non poteva lasciarsi sopraffare così dai pensieri, dalle difficoltà o da qualunque cosa avesse scatenato quel sogno. Non distolse lo sguardo da lei nemmeno per un secondo e, anche se lei non dava segni di ripresa, lui continuò a tenerle saldamente la mano nel tentativo di infonderle il coraggio che le mancava. In quella situazione c’era sicuramente qualcosa che gli sfuggiva, perché la sua Sakura si sarebbe spaventata per un incubo, ma non ne sarebbe rimasta turbata così tanto. Forse non la capiva appieno, forse era lui troppo razionale, ma in ogni caso sarebbe stato lì per lei, pronto a difenderla e a consolarla. Se non avesse compreso subito il suo stato d’animo, beh, di certo non sarebbe scappato; sarebbe rimasto accanto a lei e si sarebbe fatto spiegare la situazione centomila volte se necessario, finché non fosse stato in grado di esserle d’aiuto al 100%. Istintivamente, strinse ancor di più la sua mano.
<< Che cosa ti tormenta? >>
Sakura sgranò gli occhi. Che cosa la tormentava? Perché in quel momento stava così male da non riuscire a calmarsi, da non riuscire nemmeno a fare un respiro profondo e a godere della dolce compagnia che le era capitata? Che cosa si era insinuato nel suo cuore quella notte da impedirle di stare bene come sempre? Forse il motivo era davvero quello che temeva, tanto semplice quanto assurdo. La scena di sua madre che poco alla volta diventava un mostro senza cuore e senza alcun riguardo per la sua bambina le tornava alla mente ogniqualvolta cercasse di distrarsi: la figura scura, lo sguardo assassino e sanguinoso, la presenza minacciosa. Mentre la sua testa le mostrava le immagini del sogno una dopo l’altra come se fossero delle diapositive inserite in un proiettore, la ragazza si sentì ancora una volta sul punto di perdere il controllo e, difatti, non riuscì a contenersi, scoppiando in un pianto colmo di dolore.
<< Non so se ho fatto qualcosa di sbagliato, ma temo che mia madre non voglia più starmi accanto. >> ammise con voce soffocata.
Syaoran inarcò le sopracciglia, sorpreso da quelle parole. Ora capiva qual era il problema. Non si trattava del sogno in sé, ma del comportamento alquanto bizzarro che sua madre aveva assunto nella sua mente. E, di certo, le sue straordinarie capacità che le permettevano di prevedere il futuro in sogno in quel momento non aiutavano a farla stare meglio. La guardò per qualche istante con un’espressione a metà tra la tristezza e la preoccupazione, infine sospirò e decise cosa fare: con un gesto veloce e deciso, la prese delicatamente per i fianchi e la trascinò davanti a sé, abbracciandola forte. Sakura restò un attimo senza fiato e smise di singhiozzare, presa alla sprovvista dalle azioni del suo ragazzo; nonostante infatti non potesse negare di sentirsi già più sicura e protetta tra le sue braccia, alzò la testa dal suo tenero nascondiglio e gli rivolse un’occhiata perplessa. Lui, però, non diede alcuna spiegazione.
<< Che cosa vedi davanti a te? >> domandò continuando a stringerla e poggiando il mento sulla sua spalla destra.
<< Eh? >> mugugnò lei, più stranita e confusa che mai. Il suo ragazzo era forse impazzito? In ogni caso, da Syaoran non ottenne risposte, ma solo un sorriso. Un dolce, bellissimo sorriso.
<< Guarda davanti a te e dimmi che cosa vedi. >> insistette lui. Sakura, con un sopracciglio ancora inarcato per la stranezza di quella richiesta, si voltò lentamente e osservò la scena che aveva di fronte.
<< Ehm… il lago? >> concluse incerta. Syaoran continuò a sorriderle.
<< Sai che cosa vedo io, invece? >>
<< Che cosa? >>
<< Vedo la serenità della luce lunare specchiata nell’acqua, la calma e la tranquillità trasmesse dalla natura che dorme, la libertà che si intravede sulle montagne all’orizzonte… tutte le cose meravigliose che una notte buia come questa può offrire. >>
Sakura restò di sasso. Non si sarebbe mai aspettata un discorso del genere dal ragazzo scontroso e testardo che una volta non faceva che parlarle di rivalità ricorrendo a parole al veleno e frasi crudeli. Certo, Syaoran era cambiato molto da allora e non sarebbe mai più tornato a quei modi bruschi, ma sicuramente aveva mantenuto il suo bel caratterino complicato. Sentirlo parlare così, quindi, era una cosa alquanto strana, e lei non poté far altro che girarsi nuovamente a guardarlo.
<< …e tu, Sakura, sei il motivo per cui vedo tutto questo. >> aggiunse Syaoran.
<< Io? >> chiese la ragazza, vedendolo annuire.
<< Guardare alla vita con ottimismo è una cosa che ho imparato da te. >>
Sakura spalancò la bocca, stupefatta. Ciò che le era appena stato detto andava oltre ogni limite della sua immaginazione.
<< Syaoran… >>
<< Tua madre non ti abbandonerebbe mai. Si sarà trattato di un incubo, nulla di più. >> affermò lui, rivolgendole finalmente lo sguardo. Sakura si sentì mozzare il fiato, colta nuovamente impreparata dalla profonda espressione degli occhi di Syaoran. Le succedeva sempre quando la guardava in quel modo, specie se il suo viso era intriso di dolcezza.
<< Era così reale… >> rispose incerta, ma lui scosse lentamente la testa.
<< Sicuramente è stato solo un incubo dettato dalle storie horror che Naoko ci ha raccontato prima di andare a dormire. >>
In effetti, quella era una possibilità. Prima di rifugiarsi in tenda per la notte, avevano acceso un falò con l’aiuto degli esperti per poi sedersi tutti in cerchio a raccontarsi storie paurose. Inutile dire che la loro amica aveva fatto del suo meglio per raccontare le peggiori.
<< Ma perché proprio mia madre? >>
Sakura evitò lo sguardo del ragazzo, spaventata dalla risposta che avrebbe potuto ricevere. Syaoran stava tentando di rassicurarla… e se le sue parole mirassero solamente a calmarla? Se la verità fosse stata un’altra? Lui, però, era davvero convinto delle sue affermazioni.
<< La tua mente avrà associato alle storie di Naoko l’unico fantasma che conosce. >> disse con un sorriso che riuscì a tranquillizzare Sakura, almeno in parte. Il viso della ragazza era più rilassato, ma il piccolo broncio sulle sue labbra dimostrava che non era del tutto convinta.
<< Forse hai ragione, però… >>
<< Non devi preoccuparti. >>
Sakura aggrottò le sopracciglia. Era confusa, infastidita, arrabbiata. Arrabbiata col suo cervello perché aveva creato nella sua testa delle immagini che non avrebbe mai voluto vedere, ma ce l’aveva anche col suo cuore che non aveva alcuna intenzione di liberarsi di quella sensazione opprimente che poco alla volta la stava divorando.
Mentre il caos infuriava dentro di lei, la ragazza venne improvvisamente sorpresa da un cambiamento: la leggera brezza che fino a quel momento aveva rinfrescato la serata si trasformò in una folata di vento impetuoso. Questo diede una scossa alla natura, facendo increspare l’acqua del lago, muovendo i rami degli alberi in lontananza, alzando dal prato numerosi soffioni che volteggiarono davanti agli occhi stupefatti della coppia come in una danza lenta e soave, prima di sollevarsi nel cielo e sparire nel buio. Sakura muoveva la testa di qua e di là con lo sguardo perso nel vuoto, consapevole di una cosa: quello non era un normale vento, perché era carico di energia positiva che lei poteva perfettamente percepire; inoltre, nonostante la sua fermezza, le aveva sfiorato delicatamente il viso… come una carezza. A questo pensiero un sorriso le illuminò il volto, mentre un calore inaspettato irradiavo nel suo cuore e in tutte le vene del suo corpo, dissolvendo la preoccupazione e donandole la felicità che tanto aveva ricercato quella notte. Aveva colto l’indizio che le era stato mandato. Sua madre era vicino a lei e con quella dolce corrente d’aria aveva voluto manifestare la sua approvazione alle parole di Syaoran, sperando che lei capisse che mai avrebbe smesso di amarla e proteggerla, per nessuna ragione al mondo. E così come comprese la verità, il vento si placò e tornò a scompigliarle delicatamente i capelli, come se nulla fosse successo. Da quel momento in poi, però, Sakura non ebbe più alcun peso fastidioso sulla coscienza, perché era finalmente riuscita a scindere sogno e realtà.
Senza mai smettere di sorridere, si sistemò meglio nelle braccia del suo ragazzo, che in cambio la strinse più forte. Finalmente si sentiva bene, in pace con se stessa. Finalmente avrebbe potuto dedicarsi interamente alla persona fantastica che aveva accanto, che aveva deciso di starle vicino per ascoltarla, consolarla e proteggerla quando invece avrebbe potuto rigirarsi nelle coperte e ignorare la sensazione che stava disturbando il suo sonno. Quella persona che aveva al suo fianco da anni e che non si stancava mai di lei nonostante fosse costretto a sorbirsi tutti i suoi piagnucolii da bambina. Quella persona che l’aiutava sempre a riemergere dallo sconforto in cui piombava ogni volta che si lasciava sopraffare dalle sue paure, proprio com’era appena successo. Quella persona che l’amava da morire. Quella persona di cui lei, ogni giorno, s’innamorava di più.
 
 

NdA:
Eccoci di nuovo, ragazzi! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, il primo era più che altro un'introduzione, essendo tagliato a metà per una questione di lunghezza.

Al prossimo capitolo, che sarà l'ultimo ;)
dada_97

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Era trascorso un po’ di tempo nel totale silenzio. Sakura era ancora stretta tra le braccia di Syaoran, e non aveva alcuna intenzione di spostarsi; sentiva di poter stare lì per sempre. Quello che voleva fare, invece, era liberarsi delle parole che il suo cuore le stava gridando da quando era riuscita a calmarsi.
<< Grazie. >> sussurrò al ragazzo.
<< Io non ho fatto niente. >> rispose lui con una scrollata di spalle.
Sakura alzò la testa per guardarlo in volto.
<< È merito tuo se ora sto meglio. >>
<< No. >>
<< Sì, invece. >>
Syaoran si girò verso di lei, in modo che potesse guardarla dritto negli occhi.
<< Il merito è tuo, non mio. Io non ho fatto altro che starti accanto e cercare di infonderti coraggio, perché sapevo che la mia Sakura non si sarebbe lasciata abbattere da niente. >>
Era vero, lei non si arrendeva mai alla fine. Questo, però, solo perché aveva la fortuna di avere delle persone speciali accanto, persone che non l’abbandonavano mai e che trovavano sempre il modo di aiutarla in ogni situazione… persone meravigliose come lui. In un attimo, Sakura sentì il volto bagnarsi nuovamente, ma sapeva che erano lacrime dal sapore diverso, questa volta. Erano lacrime di gioia, piccole gocce d’amore che Syaoran, sorridendo, si affrettò ad asciugare col pollice. Lei, felice come non mai, ricambiò il sorriso.
<< Che cosa farei senza di te? >> chiese, ricevendo in risposta una risatina.
<< È il contrario, Sakura. Sei stata la mia salvezza. >> ribatté il ragazzo, accarezzandole il braccio con i tocchi delicati delle dita. Lei rabbrividì leggermente al contatto, prima di guardarlo con occhi stupiti.
<< Ma che dici? >>
<< Nient’altro che la verità. >>
Sakura continuò ad osservare ogni suo minimo movimento e ben presto lo vide puntare lo sguardo verso l’orizzonte e perdersi nei pensieri.
<< Che ti prende? >> domandò confusa ma anche un po’ preoccupata. Syaoran, comunque, si limitò a sospirare.
<< Pensavo ai vecchi tempi. >> ammise poi mostrando un amaro sorriso. << La prima volta che arrivai in Giappone ero un’altra persona, non trovi? >>
La ragazza sbatté le palpebre. Non capiva che cosa stesse succedendo, ma decise di assecondare la piega che la conversazione stava prendendo.
Le parole che erano appena uscite dalla bocca del suo fidanzato erano vere, indubbiamente, però non erano ricordi che la facevano stare male. Appena trasferitosi da Hong Kong, spedito in Giappone dalla madre per una missione speciale, Syaoran si ritrovò in una terra straniera senza famiglia e senza amici, scoprendo poi che per portare a termine il suo importante compito avrebbe dovuto collaborare con una ragazza che, all’epoca, era una frana di prima categoria. A lei sembrò scorbutico e antipatico inizialmente, ma ci volle davvero poco per capire che la sua era solo una corazza, indossata a protezione dei suoi sentimenti e delle sue emozioni più intime. Più tempo fu necessario perché fosse lui ad aprirsi e lasciarsi andare, ma lei non demorse finché non riuscì a conquistare la sua fiducia e, più avanti, la sua amicizia. Questo, però, l’aveva davvero cambiato? No. Era solo un’illusione. Lui era sempre stato una bellissima persona. Lei, con la sua insistenza, aveva solamente fatto in modo che questa venisse alla luce dopo essere rimasta imprigionata nel suo cuore per molto tempo.
<< Credo che avessi solo bisogno di tempo per mostrare chi eri davvero. >>
Syaoran ghignò, affatto sorpreso da quella risposta. Le rivolse lo sguardo e scosse la testa.
<< Il tempo, da solo, non avrebbe potuto fare nulla. Il cambiamento tra ieri e oggi lo sento ancora adesso, come se fosse accaduto da poco. >> affermò chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo, mentre Sakura lo guardava con un’espressione seria, leggermente accigliata. Detestava non riuscire a capirlo a fondo, sapendo che invece a lui bastava un’occhiata per comprendere ciò che albergava nel suo cuore. D’altronde erano fatti in modi diversi: lei era un libro aperto, lui un enigma da risolvere.
<< Sei sempre stato una persona meravigliosa, e penso che lo fossi anche prima di trasferirti a Tomoeda. >> rispose, dando voce a quelle che erano le sue considerazioni.
<< Sì, Sakura, ero una brava persona. Ma ero freddo, distaccato. Con chiunque. Facevo fatica a parlare persino con la mia famiglia. Pensi che a Hong Kong avessi degli amici? >> ribatté Syaoran, scuotendo la testa in risposta alla sua stessa domanda.
Sakura si morse il labbro e distolse lo sguardo. Pensare al lato oscuro della vita del suo ragazzo le lasciava un profondo senso di tristezza.
<< Avevi un buon rapporto con Meiling, no? >> chiese, vedendo Syaoran scrollare le spalle.
<< Diciamo di sì, ma solo perché lei si prese prepotentemente un posto accanto a me. Non mi faceva stare meglio, comunque. Anzi, il più delle volte era una sensazione insopportabile. >> rispose lui, ripuntando lo sguardo verso le montagne.
<< Perché? >> chiese Sakura a bruciapelo, ricevendo l’attenzione del ragazzo. << Ci sarà stato un motivo se provavi tutto questo. >>
Syaoran la fissò per qualche secondo e il battito del suo cuore cominciò ad accelerare. Non aveva mai raccontato a nessuno le emozioni che gli avevano tanto scombussolato l’esistenza, perciò si sentiva alquanto agitato. Aveva scelto lui di parlargliene, però. Lei si era confidata con lui, esponendosi oltremodo al suo giudizio e ai suoi pensieri, dimostrandogli quanto si fidasse. Era giusto che, ora, fosse lui a raccontarle qualcosa di sé.
<< La verità è che mi sono sentito solo tutta la vita, e alla fine mi ci sono abituato. Mio padre morì quando ero piccolo, non ricordo quasi niente di lui; mia madre, un po’ perché ero l’unico maschio della famiglia, un po’ perché ero l’unico ad aver ereditato i suoi poteri magici, è sempre stata molto severa con me. Non dico che non mi volesse bene, ma non mi ha mai dimostrato l’affetto di cui un bambino avrebbe bisogno. >> cominciò a dire, alzando lo sguardo al cielo. Sakura ascoltava attentamente senza fiatare. << La sua priorità era accrescere i miei poteri, addestrandomi per anni ad essere coraggioso di fronte ad ogni pericolo. Intanto, però, dentro di me si faceva strada la paura nei confronti della cosa più naturale del mondo. >>
<< I sentimenti. >> disse la ragazza. Syaoran sospirò sommessamente, poi annuì.
<< Più mi allenavo, più mi chiudevo in me stesso, rendendo difficile ogni conversazione al di fuori di quelle indispensabili. Col tempo, però, mi convinsi che fosse un sacrificio necessario se volevo soddisfare le aspettative di mia madre e diventare davvero forte, così me ne feci una ragione e smisi di interrogarmi su ciò che provavo, diventando sempre più apatico e scontroso. >>
Sakura aggrottò le sopracciglia. Lo conosceva da molto, ma non aveva mai saputo niente di questi retroscena del suo passato. Non avrebbe mai immaginato che avesse sofferto tanto durante la sua infanzia se lui non gliel’avesse detto… e chissà quante altre sofferenze teneva imprigionate dentro di sé. Si accoccolò ancor di più a lui e gli strinse la mano.
<< Non è stata colpa tua. >> disse, ma Syaoran si strinse nelle spalle.
<< Può darsi, ma forse avrei dovuto cercare quell’affetto che mi mancava da altre persone invece che concentrarmi troppo su mia madre, che a circa un mese dal mio decimo compleanno mi spedì in Giappone per recuperare le carte di Clow. >>
<< Ti dispiacque lasciare Hong Kong e venire qui? >>
<< No, a dire il vero. Ormai ero convinto anch’io che i miei poteri fossero la cosa più importante in assoluto, infatti non mostrai alcuna pietà o considerazione per niente e per nessuno non appena giunsi a Tomoeda. Questo, però, sono sicuro che lo ricordi bene… >>
Il tono della voce di Syaoran si affievolì mentre pronunciava le ultime parole, prima di spegnersi del tutto per qualche attimo.
Sakura alzò lo sguardo sul suo ragazzo e mise sulle labbra un piccolo broncio, triste per ciò che lui stava provando in quel momento. Sapeva che cosa gli frullava per la testa: nient’altro che il ricordo del loro primo incontro. Nel cortile della scuola, durante l’intervallo, ebbero una conversazione abbastanza spiacevole, sotto ogni punto di vista; lui alterato e infastidito, lei spaventata e confusa, finirono per urlare e litigare violentemente a causa delle carte di Clow… quelle stesse carte che, più avanti, li unirono. Il motivo per cui lui, ora, si sentiva così in colpa era perché in quell’occasione la trattò piuttosto male, aggredendola verbalmente e arrivando anche a strattonarla. A lei, però, non importava più. Era passato un sacco di tempo da allora, e lui si era fatto perdonare milioni di volte, standole accanto in ogni difficoltà, proteggendola sempre, aiutandola a gestire i suoi poteri magici e a far venir fuori il suo vero potenziale. Non doveva più star male per quel vecchio episodio.
<< Ricordo solo un grande cuore nascosto dietro a un’imponente corazza. >> affermò con un sorriso.
Syaoran non poté fare a meno di ridacchiare alla dolcezza della sua fidanzata.
<< E io ricordo che all’epoca non avevo idea che avrei incontrato una persona in grado di cambiarmi la vita. >>
Sakura continuò a sorridere.
<< Ma io non ho fatto niente. >> rispose alzando le spalle. Syaoran, però, le accarezzò i capelli e scosse la testa.
<< Mi hai parlato a cuore aperto, mi hai guardato negli occhi con sincerità, mi hai sorriso con dolcezza. All’inizio ero spaventato da tutto questo, e non sai che confusione c’era nella mia testa quando ho capito che, in qualche modo, eri speciale e mi facevi sentire cose che non avevo mai provato prima. Dopo un po’ di tempo, però, dopo tante riflessioni, ho accettato il fatto che tu mi piacessi davvero. >> ammise rivolgendole lo sguardo. << I tuoi sono stati tutti piccoli gesti che poco alla volta mi hanno insegnato ad amare. >>
Sakura si morse nuovamente il labbro mentre sentiva le guance prendere fuoco, imbarazzata da quelle dichiarazioni.
<< Non penso di essere stata l’unica ad averti dato queste cose. >> affermò, ricevendo un sorriso da Syaoran.
<< Sei stata l’unica a farlo con spontaneità, senza nemmeno renderti conto del bene che mi facevi, senza mai desiderare nulla in cambio. >> rispose lui.
Sakura si strinse nelle spalle.
<< Mi sono sempre comportata come credevo giusto, tutto qui. >>
<< Ed è proprio questo a renderti la meraviglia che sei. >> Syaoran la strinse più forte a sé, chiudendo gli occhi e respirando il dolce profumo dei suoi capelli. << Se oggi sono una persona completamente diversa da quella che ero, se non ho più alcun peso sul cuore e nessuna paura di aprirmi e lasciarmi andare, se ora sono in grado di amare e voler bene ai miei cari… beh, è solo merito tuo. Quindi grazie, grazie di essere la cosa più bella che mi sia mai capitata, grazie di essere la gioia più grande della mia vita… grazie di esistere. >>
Così come quelle parole lasciarono la bocca di Syaoran, Sakura scoppiò a piangere. Si sistemò meglio tra le braccia del ragazzo, che le sorrise amorevolmente, e appoggiò la testa nell’incavo del suo collo. Lo sentì strofinarle la schiena nel tentativo di calmare i suoi singhiozzi, nonostante sapesse che erano lacrime di felicità. E quante volte le aveva causato il pianto con la sua tenerezza! Amava da morire ogni lato del suo carattere, dal più limpido al più enigmatico. Amava da morire il comportamento protettivo che assumeva nei suoi confronti quando c’era qualche pericolo o quando qualcuno osava anche solo risponderle male. Amava da morire quando usciva dalla sua scorza per mostrarle uno dei tanti segreti che nascondeva dentro di sé, anche quelli più dolorosi, per permetterle di conoscerlo sempre meglio e di arrivare al suo cuore per guarire tutto ciò che aveva bisogno di cure affettuose. Amava da morire lui, la persona che era nella sua totalità, il ragazzo che aveva a fianco giorno dopo giorno, anno dopo anno, possibilmente per tutta la vita.
<< Grazie a te. >> sussurrò tra le lacrime, mentre i singhiozzi andavano via via scemando.
Nessuno disse niente per un po’. Il silenzio e il buio della notte li avvolgevano, ma non facevano più alcuna paura, perché nel cuore dei due ragazzi si era accesa una luce destinata a non spegnersi mai, pronta a illuminare col suo chiarore ogni ombra che avrebbe tentato di insinuarsi nel loro cammino. Sakura, ormai calma, sorrise contro la pelle di Syaoran. Non le sembrava di esser mai stata così serena. Finché avevano l’un l’altra, tutto sarebbe andato per il meglio. E sapeva che sarebbero rimasti insieme fino alla fine; il loro legame esisteva ancora prima che si incontrassero, perché era stato creato dal destino.
Sull’onda di questi pensieri felici, la ragazza sentì improvvisamente la mente fuggirle via, e poco dopo si lasciò cadere in un meritato riposo. Percependo chiaramente un delicato bacio tra i capelli, si addormentò sulle dolci note di un “ti amo”, stretta tra le ali protettive di un angelo. Il suo angelo.


NdA:
Siamo arrivati all'ultimo capitolo. Mi piaceva l'idea di creare un momento di tenerezza tra Sakura e Syaoran senza che venissero interrotti da azioni o pericoli imprevisti. Volevo che la situazione fosse sotto il pieno controllo del loro amore, e spero di esserci riuscita. Spero anche che vi sia piaciuta questa dose di zucchero :)
A presto con una nuova fanfiction!
dada_97

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