La Vera Essenza della Magia

di Kharonte87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Inizio ***
Capitolo 2: *** Fuoco nella Pioggia ***
Capitolo 3: *** Ferite, Musiche e Canti ***
Capitolo 4: *** Luce e Ombra ***
Capitolo 5: *** Antichi e Nuovi Dei ***
Capitolo 6: *** Lo Sciamano e la Strega ***
Capitolo 7: *** Ophélia ***
Capitolo 8: *** Visioni ***
Capitolo 9: *** Viaggio in Coppia ***
Capitolo 10: *** L'incontro ***
Capitolo 11: *** La Finestra sul Tempo ***
Capitolo 12: *** Separazioni ***
Capitolo 13: *** I Segni delle Catene ***
Capitolo 14: *** Il Paradiso del Principe ***
Capitolo 15: *** Il Fantasma delle Paludi ***
Capitolo 16: *** Verso Orgrimmar ***
Capitolo 17: *** La Chiave del Potere ***
Capitolo 18: *** Una Fiamma Senza Calore ***
Capitolo 19: *** Diradare l'Oscurità ***
Capitolo 20: *** Alto nel Cielo ***



Capitolo 1
*** L'Inizio ***


Kharonte era seduto su di una roccia sulle sponde del fiume Elrandar in quella giornata di fine estate. Le acque del fiume dei Boschi di Cantoeterno gli scorrevano davanti calme, placide, come lo erano sempre a Quel'Thalas, un regno incantato affinché la primavera fosse sempre la padrona di quelle terre e di quei paesaggi. Quant'era bella la sua patria in quel periodo dell'anno, con gli alberi dipinti dei colori del fuoco e dell'oro e fare da cornice a splenditi tramonti sul Grande Mare o le lanterne incantate per illuminare le panchine dove i suoi compatrioti elfi andavano a rilassarsi con gli amici dopo una lunga giornata di lavoro o di studi.

Kharonte i suoi studi li aveva finiti, ed ora era uno stregone. Le arti demoniache l'avevano sempre affascinato, e ad usare quei poteri si dilettava non poco. Eppure, a volte sentiva ancora un leggero disagio ad utilizzare il potere demoniaco, si scontrava troppo con il suo io interiore, anche se ormai aveva imparato a convivere con quella sensazione. Era in attesa del suo compagno di viaggio e leggeva distrattamente alcuni fogli di pergamena che lui stesso aveva scritto, per lo più brevi cenni storici sulle grandi figure del pianeta Azeroth, dai regnanti ai grandi eroi, fino ad arrivare alle divinità leggendarie. Fu in quel momento che, alzando lo sguardo, si accorse che il suo compagno di viaggio lo stava per raggiungere, e si trovava a non più di dieci metri da lui.

“Sei arrivato finalmente, Zihark.” disse Kharonte alzandosi.

“Ehi Kharonte! Scusami se ti ho fatto aspettare, ma lo sai, gli studi della magia arcana portano via sempre un sacco di tempo, per gli dei, sembra di non finire mai!” gli rispose l'amico affrettando il passo per raggiungerlo.

Zihark era leggermente più alto di lui ed indossava sempre degli abiti eleganti, persino in occasioni come quella di un viaggio, era un elfo che teneva particolarmente al modo in cui appariva. Era stato suo compagno di studi in stregoneria negli anni dell'accademia, ma alla fine aveva abbandonato il potere demoniaco per abbracciare le pure arti arcane, che erano riuscite a conquistarlo. Kharonte ricordava ancora il momento in cui l'aveva conosciuto, un apprendista spaesato vicino ai portali di Undercity in un lontano giorno di dieci anni prima.

“Non importa dai, piuttosto faremo meglio ad incamminarci, ci aspetta un lungo viaggio prima di arrivare a Southshore.”, disse Kharonte con fare sbrigativo. Il viaggio sarebbe stato davvero lungo. “Hai portato tutto?”

“Si, si, ho tutto qui nelle borse da viaggio: provviste, pergamene, pozioni in caso di ferite da combattimento.. Hai tutto anche tu? E quelli? Perché te li stai portando dietro?” chiese Zihark appena notò i fogli di pergamena che Kharonte stava leggendo prima del suo arrivo. C'era una nota di sorpresa nella sua voce.

“Magari il nostro amico che stiamo andando ad incontrare sarà interessato a leggerli, è un appassionato di questo genere di cose come me, non si sa mai. Dovresti saperlo che trovare qualcuno con le tue stesse passioni è raro di questi tempi, e comunque si, ho tutto anche io”, rispose Kharonte con voce risoluta. La lettera che aveva ricevuto da questo misterioso Draenei l'aveva particolarmente colpito, ed aveva deciso di accettare un incontro per “discutere di ciò che per noi è la vera magia.”

“Ma ti vuoi decidere a raccoglierli in un tomo tutti quei scritti? Se la memoria ti funziona ancora, ricorderai bene come te lo dicessero praticamente tutti al circolo delle carte dell'accademia, com'è che avevano chiamato quel posto?”

“Pietra del Ritorno, Pietra del Cuore... qualcosa del genere”

“Si, ecco, quello. Ricordo che la recluta dei paladini, quella bell'elfa di Sevenxa, era particolarmente insistente, ed anche quell'altro, il veterano che aveva combattuto con il Principe anni fa, come si chiamava? Mi pare che il suo nome iniziasse per F... E non dimentichiamoci di Lady Ann e di Eden!”

Kharonte aveva letto i propri scritti al circolo delle carte dell'accademia di Silvermoon, un gioco che andava tra gli allievi e di cui ancora oggi lo stregone ed il mago non disdegnavano di fare qualche partita. Zihark aveva effettivamente ragione, tanti gli avevano chiesto di raccogliere i suoi scritti in un tomo, ma Kharonte non aveva mai preso in considerazione l'idea. Pensava non facesse per lui una cosa del genere.

“Te l'ho detto un sacco di volte, amico mio”, rispose lo stregone, “non credo di essere in grado di scrivere un tomo, né tanto meno di gestirlo dopo aver inserito questi scritti.”

“Sei proprio un testone quando ti ci metti, ci credo che sopporti tutte quelle robe sui demoni.” Zihark era quasi rassegnato. “Non vuoi scrivere un tomo, ma vuoi andare fino a Southshore per incontrare questo tipo che non è nemmeno un alleato! Come hai detto che si chiama?”

“Kentel.”

“Kentel! Come ti viene in mente di andare ad incontrare questo Draenei di cui non sai nulla quando invece potremo attraversare il Portale Oscuro ed andare nel paradiso di cui ci ha parlato il Principe! Quella si che sarebbe una cosa utile per i nostri studi sulla magia!”

Zihark aveva una vera e propria venerazione per il Principe Kael'thas Sunstrider, e non perdeva mai occasione per farla notare. Desiderava da tempo recarsi nelle Terre Esterne ed unirsi alle forze di Kael, era il suo più grande desiderio. Dal canto suo, Kharonte avrebbe preferito invece recarsi a nord, nel continente ghiacciato di Northrend. Quel luogo l'aveva sempre affascinato.

“Lo sai che per me la vera magia sono le grandi storie, Zihark. Ed è proprio per questo che ti ho chiesto di accompagnarmi in questo viaggio. Pronto?” Kharonte si rivolse all'amico dopo essersi messo la borsa da viaggio in spalla.

“Lo so, lo so... Ormai ho finito per accettare questa tua visione delle cose. Si, sono pronto.” Anche Zihark si mise la borsa da viaggio in spalla e superò Kharonte.

Lo stregone si voltò a guardare nuovamente i Boschi di Cantoeterno. Avrebbe più rivisto quel magnifico paesaggio? Cosa l'aspettava in quell'avventura che stava per intraprendere? 

“Allora, ti è finita la fretta?” Zihark aveva già superato il ponte sul fiume Elrandal.

“Arrivo, arrivo!” Kharonte si voltò e con passi veloci raggiunse il mago. Il viaggio era iniziato.

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Capitolo 2
*** Fuoco nella Pioggia ***


Erano arrivati alle cupe Radure di Tirisfal quando la pioggia li sorprese. Fino a quel momento, il viaggio di Kharonte e Zihark non era stato particolarmente movimentato. I non-morti delle Terre Infette non li avevano impegnati particolarmente, il mago e lo stregone erano riusciti a liberarsi facilmente di loro grazie alle loro arti arcane e demoniache.

“Credo ci convenga fermarci a Brill per stanotte! Con questa pioggia non credo sarebbe saggio inoltrarsi per la Foresta di Silverpine!”. Zihark dovette quasi urlare per farsi sentire dall'amico, tanto era forte il rumore della pioggia battente che cadeva sulle terre dei Forsaken. Da qualche secondo, anche il rombo dei tuoni si era unito a quel rumore.

“Non potrei essere più d'accordo!” urlò di rimando Kharonte, il quale si era anche procurato una piccola ferita al braccio durante il cammino da Quel'Thalas.

Con la vista accorciata dalla pioggia e l'udito martellato dai tuoni, il mago e lo stregone si diressero così verso la piccola città a pochi passi dalla capitale di Undercity. Non si poteva certo dire che Brill fosse la più ospitale delle città, sicuramente nemmeno lontanamente paragonabile alle assolate città elfiche. L'oscurità di quel posto aveva inghiottito infatti anche Brill ed i suoi abitanti (non che i Forsaken fossero di norma il massimo dell'allegria comunque), ed ovunque guardassero Kharonte e Zihark non videro altro che colori cupi, spenti, privi di vita. Per le strade c'era solo qualche passante, cadaveri ai quali mancavano spesso interi “pezzi di epidermide” che facevano quindi esporre le loro ossa alla vista altrui. Ma non erano nemmeno loro i più grotteschi, ad alcuni mancavano addirittura pezzi di cranio o un'intera mandibola.

“Trovi più allegria in un cimitero” sentenziò Zihark stringendosi il cappuccio per ripararsi il volto dalla pioggia.

“Non che questo posto sia tanto lontano dall'esserlo...” fu la risposta lapidaria di Kharonte.

Arrivati alla locanda, trovarono la porta chiusa e sbarrata dall'interno. Kharonte non potè far altro che bussare vigorosamente per farsi sentire sopra quel diluvio. Ad apparire dietro lo spioncino furono due occhi gialli, incastonati in una parte superiore del volto visivamente grigia e decrepita.

“Chi va là?” chiese il forsaken con una voce profonda e gutturale, sarebbe stata letteralmente la voce di un morto, se i morti avessero potuto averne una. Fu Zihark ha rispondere.

“Siamo viaggiatori, elfi di Quel'Thalas. Vorremmo alloggiare alla locanda per stanotte.”

“Ah, elfi!” la voce del forsaken cambiò in un tono che Kharonte presunse dovesse trattarsi di sollievo, anche se mantenne comunque quel qualcosa di sepolcrale che la caratterizzava. “Il vecchio popolo della Dama Oscura è sempre benvenuto qui.” Il forsaken si tirò indietro ed apri la porta con un grosso mazzo di chiavi. Davanti a Kharonte e Zihark si trovava un essere del tutto scheletrico, con dei capelli che sembravano chiodi di ferro piantati sul cranio, ed una bocca perennemente aperta. “Scusate ma quei cani della Crociata Scarlatta sono sempre in giro da queste parti, ed in notti come questa la prudenza non è mai troppa. Prego, entrate, accomodatevi.” Il forsaken fece un cenno come d'invito con la mano ossuta, al che Kharonte e Zihark entrarono dentro. Quella di Brill era una locanda angusta, al piano terra c'erano solo due tavoli, uno vicino al camino, alla sinistra del mago e dello stregone, con quattro posti a sedere, ed uno dalla parte opposta ad esso, con due posti. In fondo alla stanza c'era l'ingresso per le cucine e la cantina, mentre sulla destra una rampa di scale in legno saliva verso le stanze da pernottamento. In quel momento la locanda era particolarmente affollata, ed il tavolo di sinistra vicino al camino con il fuoco scoppiettante era totalmente occupato. Ad esso sedevano un gruppo di soldati Orchi, probabilmente in viaggio come loro. I quattro erano tutti in armatura, giovani alla vista, e decisamente stanchi. Uno di loro tuttavia, notò Kharonte, aveva una brutta ferita alla spalla, ed il sangue gli copriva l'intera zona in modo evidente. Ma quello che più colpì lo stregone non furono gli Orchi, ne la vista della ferita, ma la figura che stava curando quest'ultima. Una giovane elfa del sangue in abiti delicati, tipici dell'ordine sacerdotale. Aveva i capelli rossi come il fuoco, che risaltavano sulla sua pelle chiara. Non era molto alta, ed aveva anche un corpo esile. Kharonte la guardò per qualche istante, e come se potesse percepire quello sguardo, l'elfa si girò verso di loro. Gli occhi dello stregone e quelli verdi della giovane sacerdotessa si incontrarono per qualche breve istante... poi Kharonte si voltò verso Zihark e la sacerdotessa verso l'orco ferito.

“Ci tocca il tavolo più distante dal fuoco, purtroppo.” disse Kharonte iniziando a dirigersi verso quest'ultimo.

“La nostra solita fortuna!” commentò sarcastico Zihark mentre si abbassava il cappuccio “Prima tu con la lettera di questo Kentel, poi quei patetici non-morti alle Terre Infette ed ora questa dannata pioggia in questo paradiso dell'allegria... e sei pure riuscito a farti ferire...! Ma chi me l'ha fatto fare accompagnarti?” terminò il mago prendendo posto al fianco dell'amico e togliendosi il mantello da viaggio.

“Ho chiesto a te proprio per il tuo inguaribile ottimismo, amico mio.” rispose Kharonte rivolgendo un sorriso al mago “e poi questo è solo un graffio, mi passerà entro qualche giorno, tranquillo.”

“Ah, se solo mi avessi ascoltato e fossimo andati dal Principe... A quest'ora saremmo in un bel posto per servire la nostra gloriosa gente. Ed invece no, ci troviamo in questo cimitero ambulante bloccati da questa maledetta pioggia. Almeno hai idea di dove dobbiamo incontrarlo nello specifico a questo draenei?”

“La lettera dice al porto di Southshore...” Kharonte tirò fuori dalla borsa da viaggio la lettera che il draenei Kentel gli aveva spedito qualche giorno prima e la fissò per qualche istante... Kentel voleva parlare della “vera natura della magia” diceva nella lettera... ma come faceva a sapere che la sua visione della “vera natura della magia” fosse la stessa di quella di Kharonte?
“E poi basta parlare sempre del Principe! Non si fa sentire da anni, secondo me ci riponi troppa fiducia su quell'elfo!” disse lo stregone rivolgendosi all'amico mago, con un gesto di stizza, ma sempre con un mezzo sorriso in faccia.

Zihark era già pronto a replicare quando l'oste si avvicinò a loro. “Cosa vi porto, amici elfi?”

“Un boccale di idromele per me.” disse Kharonte

“La birra più forte che hai.” fu la risposta di Zihark.

“Tu non capisci!” Zihark scattò subito dopo, lo faceva ogni volta che gli toccavano Kael'thas. “Il Principe sta lavorando duramente per far tornare il nostro popolo alla grandezza! E noi abbiamo andare da lui nelle Terre Esterne per aiutarlo in questo grandioso compito! E' nostro dovere anche dopo che...”

Ma Kharonte si perse completamente quello che il mago disse in seguito a quelle parole. I suoi occhi erano tornati sulla sacerdotessa elfa che ora sedeva sul tavolo dal lato opposto. Gli orchi erano ripartiti e non si era neanche accorto che fossero usciti.. L'elfa lo stavo guardando di nuovo, proprio nello stesso momento in cui Kharonte la guardò, ma appena si accorse che anche lo stregone stava guardando lei, le sue guance arrossirono, e distolse lo sguardo.

“...come fai a non capire?!” Zihark aveva finito il suo discorso ponendo quella domanda come se la risposta ad essa fosse la più ovvia del mondo ed intanto l'oste aveva portato loro i boccali che avevano ordinato.

“Eh..? Ah si, voglio proprio vedere se sarà come dici tu!” Kharonte rispose in modo vago per non far capire che non aveva più seguito il discorso di Zihark.

“Salve amici compatrioti.” L'elfa si era alzata dal tavolo opposto ed ora in piedi a fianco al loro. La sua voce era candida ma allegra, vivace come il fuoco dei suoi capelli. “Cosa vi porta a Brill?”

Kharonte fu un attimo intontito dal ritrovarsela lì, e così fu Zihark il più rapido a rispondere. “Salve a te, giovane sacerdotessa. Siamo due amici in viaggio, nulla di che... E cosa ci fa invece una giovane elfa tutta sola così lontano da Quel'Thalas.”

La sacerdotessa accennò un timido sorriso e si toccò i capelli. “Sono stata inviata tempo fa ad Undercity dall'accademia per fare praticantato sulle arti curative, domani devo partire per Hammerfall.”

“Un viaggio pericoloso, mia signora”, rispose Zihark “Siete sicura di essere in grado di affrontarlo da sola?”

“Non temete compagno, si, avete le vesti da mago, vi ho riconosciuto, so benissimo cavarmela da sola.” rispose la sacerdotessa che poi pose il suo sguardo sul braccio di Kharonte. “Tu sei ferito! Permettimi di guarire le tue ferite con le mie arti mediche!” L'elfa fece per prendere il braccio dello stregone ma questi, che era rimasto tutto il tempo a guardarle il viso dai lineamenti delicati, fu come riportato alla realtà.

“Cosa? Nono, questo qui è solo una ferita superficiale, domani sarà scomparso, grazie cara sacerdot..”

“Lily. Il mio nome è Lily.”

“Ti ringrazio lo stesso...Lily.” La voce di Kharonte era visibilmente imbarazzata e lo stregone cercò subito di ricomporsi rivolgendosi all'amico mago. “Ehi Zihark, faremo meglio a salire nelle nostre stanze e riposare. Domani dobbiamo riprendere il viaggio.”

“Dove siete diretti?” chiese curiosa Lily

“A Southshore.” rispose Zihark alzandosi dalla sedia “dobbiamo incontrare un...”

“Un amico.” tagliò corto Kharonte.

“Si, un amico.” confermò Zihark.

“Allora, buonanotte sacerdotessa Lily, e buon viaggio verso Hammerfall!” fu il saluto di congedo di Kharonte, mentre Zihark si limitò ad un sorriso e ad un cenno della mano verso l'elfa.

I due salirono rapidamente le scale, mentre Lily si limitò ad osservarli con sguardo perplesso. Quella stessa notte però, il dolore al braccio si fece sentire per Kharonte, che dopo essersi svegliato lasciò Zihark al suo sonno profondo e scese al piano inferiore dove chiese una garza per fasciature.
Mettendosi di fronte al fuco del camino, iniziò così a fasciarsi il braccio sulla parte ferita, quando alle sue spalle, sentì una voce:

“Meno male che domani sarebbe dovuta sparire.”

Era Lily.

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Capitolo 3
*** Ferite, Musiche e Canti ***


“Non hai sonno, sacerdotessa?” Kharonte guardò la figura di Lily avvolta dalla penombra e soltanto sfiorata dalla luce proveniente dal fuoco del camino.

“Sapevo che quella ferita non ti avrebbe lasciato dormire questa notte”, rispose tranquillamente Lily, come se stesse dicendo una cosa ovvia ed evidente, “così ho deciso di scendere nuovamente ad offrirti le mie cure.” Nel completare la frase, Lily aveva fatto qualche passo e si era avvicinata a Kharonte, il suo viso ora era completamente illuminato. Per qualche istante, Kharonte non fu in grado di distogliere lo sguardo da quel quadro gentile, armonioso, incastonato da quei due smeraldi che era certo fossero due finestre verso chissà quale meraviglia rappresentate dagli occhi verdi di lei. Ma non doveva lasciare trasparire quella contemplazione.

“Ti ho già detto che domani questa ferita sarà sparita, ma ti ringrazio nuovamente per la tua gentilezza.” Lo stregone fece tutto il possibile per far sembrare la sua voce dura come la roccia, e decisa. Non avrebbe dimostrato debolezza di fronte ad una sacerdotessa novizia.

“Kharonte... non serve essere orgogliosi adesso. Quella ferita ti darà fastidio per un bel po', e ti rallenterà anche la tessitura degli incantesimi in battaglia. Lascia che faccia il mio compito, quello per cui ho studiato all'accademia.. lascia che ti curi.”

La mano di Lily si era poggiata sul braccio ferito, il suo tocca era delicato, dolce...curativo. Per la terza volta durante quella sera, gli occhi di Kharonte e quelli di Lily si incontrarono. Fu un momento lungo ed allo stesso tempo breve, intenso ed allo stesso tempo leggero...

“E va bene” riuscì a dire alla fine Kharonte, con tutta la fermezza di cui fu capace, “se dici che mi porterà noia in battaglia allora curala. Non ci tengo a rischiare la vita per un graffio.”

“Ho una pozione speciale per le ferite da non-morto nella mia stanza, vieni con me, te l'applicherò sulla tua.” Lily aveva sempre quel tono quasi fanciullesco nella voce, sempre allegro.. Era evidentemente contenta di poter esercitare la propria vocazione verso la guarigione.

“C-come, scusa?” Kharonte era incredulo. Sarebbe dovuto andare nella sua camera? Non gli sembrò del tutto appropriato. “Dobbiamo andare nella tua stanza? Non puoi andarla a prendere ed applicarmela qui?”

“La pozione è bruciante sulla pelle, non vorrei che ti mettessi ad urlare nel cuore della notte e svegliassi tutti.” Nello spiegarlo, Lily sembrò ripetere a memoria le righe di un vecchio tomo alchemico.

Kharonte sospirò. “D'accordo... andiamo.”

Salirono insieme le scale, ed arrivarono infine alla camera di Lily, una camera del tutto identica a quella occupata da Kharonte e Zihark se non fosse stato per il letto singolo. Come la loro, quella stanza era buia, spoglia, priva di colori, in pieno stile Forsaken e l'unica luce che la illuminava era quella . Eppure Kharonte non potè fare a meno di notare che in quella stanza ci fosse una sorta di calore, ma di quelli piacevoli, accoglienti.

“Vieni, siediti qui.” le disse Lily facendogli cenno con una mano verso la sedia in legno accostata vicino al piccolo tavolino della stanza mentre lei si dirigeva verso l'armadio per aprirne le ante. “Ricordo di averla messa nella mia borsa da viaggio, queste terre brulicano letteralmente di non-morti... lo sono perfino i proprietari della locanda!” Lily fece una debole risatina ed anche Kharonte accennò ad un sorriso, effettivamente era davvero ironico.

“Oh, eccola qui!” disse in tono trionfale Lily. “Allora, devo versartela sulla ferita e poi imporre le mie mani per guidarne l'azione curativa. Togli un po' quella fasciatura.”

“Speriamo che sia utile” disse Kharonte a metà tra lo speranzoso e lo scettico iniziando a togliersi le bende dal braccio.

Lily si piego su di lui e con una mano gli afferrò il braccio, mentre con l'altra gli versò lentamente la pozione sulla ferita. La sensazione di bruciore fu subito forte e Kharonte dovette stringere i denti per non emettere un lamento.

“Te l'avevo detto che aveva un effetto bruciante sulla pelle, ma vedrai, passerà subito.” cercò di rassicurarlo Lily, il tono della voce sicuro di chi sapeva cosa faceva e cosa diceva.

“Ah lo spero bene!” fu la risposta quasi esasperata di Kharonte, “avessi saputo che mi sarebbe sceso quest'inferno sul braccio mi sarei tenuto volentieri quel graffietto!”

Il volto di Lily cambiò totalmente espressione. Perse l'allegria e la luce che aveva avuto fino a quel momento e divenne spento, freddo.

“Ah si? E allora forse ti avrei dovuto lasciare di sotto con le tue bende invece che provare a curarti, testone che non sei altro!” lasciò il braccio di Kharonte e fece per tirarsi indietro, furiosa.

“Ehi, cosa fai? Non vorrai mica lasciarmi così!?” Kharonte afferrò a sua volta il braccio di Lily e scattò in piedi. Lo sforzò gli provocò una vampata sulla ferita e non poté fare a meno di emettere un gemito di dolore.

“Ahi...”

“Piano, lo devi lasciar riposare un po'!” Lily si voltò e la sacerdotessa e lo stregone si ritrovarono vicinissimi l'uno all'altra. Tutto tacque, tutto si zittì. L'unico suono era rappresentato dalla pioggia che continuava a battere violentemente sulla finestra aperta della stanza e dai tuoni che ogni tanto l'accompagnavano. Di nuovo quegli sguardi...

“La senti anche tu questa musica? Vuoi ballare?” disse all'improvviso Kharonte porgendo la propria mano a Lily con voce che sembrava quasi un sussurro, una goccia che rompeva il silenzio.

“Eh? Di cosa stai parlando? Io non sento assolutamente nulla...” La voce di Lily era diventata tremante ed le sue guance erano di colpo arrossate. Era rimasta chiaramente spiazzata dal repentino cambio nel tono della voce di Kharonte, ora profondo ma allo stesso tempo delicato.

“Sono i nostri corpi che stanno suonando, Lily” continuò lo stregone “i nostri corpi stanno suonando e cantando dalla prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati, e la musica è salita di tono ad ogni incontro dei nostri occhi.. Vieni piccola Lily, te la faccio sentire...”

Le afferrò la mano, ma con delicatezza, senza stringerla, e avvicinò la sacerdotessa a sé. La guardò, le sorrise, e le cinse un fianco con l'altra mano. In un silenzio assordante rotto solo dal rumore della pioggia, Kharonte e Lily iniziarono a a ballare un lento in quella camera spoglia e spartana della locanda di Brill.

“Kharonte, ma cosa...?” La sacerdotessa alzò lo sguardo verso lo stregone, ma non riusciva quasi a parlare, Kharonte si rese conto di quanto fosse imbarazzata in quel momento.

“Ssssh..” le sussurrò mettendole un dito davanti alla bocca, “non dire niente Lily... ascolta, ascolta le melodia dei nostri corpi...”

Ballarono quel lento per un po', poi i loro occhi si incontrarono per l'ennesima volta e Kharonte, dopo non potè fare a meno di sorridere alla sacerdotessa dai capelli rossi.

“Si..” disse Lily con un soffio di voce “la sento anch'io adesso...”

Kharonte avvicinò le sue labbra a quelle di lei, ed i due si baciarono, in un bacio lento, lentissimo, profondo... Ma Lily sembrò tornare di colpo alla realtà e cercò di allontanarsi dallo stregone.

“Cosa stiamo facendo? Non ci conosciamo nemmeno!” il suo volto era più rosso di un pomodoro adesso. Ma Kharonte non la lasciò andare, ne rispose alle sue parole. Si avvicinò semplicemente a lei, ancora una volta. Gli bastò muovere un solo dito per scostarle la veste e farla scivolare a terra, rivelando il corpo nudo di Lily. Kharonte non distolse mai i suoi occhi da quelli di lei mentre la spogliò, e lo stesso fece Lily, incapace di opporsi a quell'attrazione folle dei loro sguardi, delle loro anime. Alla fine fu nuovamente Kharonte a parlare, avvicinandosi all'orecchio di lei.

“Abbiamo sentito la musica, ora dobbiamo sentire il canto...” La prese per mano e la condusse verso il letto, dove la fece sedere sul bordo di quest'ultimo. Lui si inginocchiò davanti a lei, le prende un piede in un mano ed iniziò a baciarlo, lentamente... i suoi baci erano dello stesso fuoco dei capelli di Lily, il fuoco della passione che l'aveva e gli aveva travolti.

“Kharonte...Kharonte ti prego... cosa stiamo...” ma la voce gli spezzò in gola. Era tremante, come un ramoscello che cercava di opporsi alla tempesta che lo scuoteva, e che allo stesso modo stava scuotendo adesso lei, la giovane Lily, che come quel ramoscello, sapeva bene di non potersi opporre.

“Ssssh..” disse nuovamente Kharonte, “ascolta...”

Lo stregone proseguì nel suo percorso di baci lungo il corpo di Lily, imprimendo il sigillo della sua passione sulla caviglia, poi sulla gamba, poi sulle cosce, fino a quando non arrivò alla centro del piacere della sacerdotessa, difeso soltanto da un triangolino oscuro. Kharonte diede piccoli baci anche alla fortezza del godimento di Lily, prima che la sua lingua decidesse di assediarla direttamente.. Nel farlo, lo stregone guardò in viso la sacerdotessa, la quale ora iniziava ad avere il respiro affannoso, e le sue finestre si erano chiuse. Kharonte ora stava leccando freneticamente il sesso di Lily, e le sue mani accarezzavano i suoi piccoli ma marmorei seni, i cui capezzoli svettavano come montagne sull'orizzonte. Lily gli mise una mano sul capo ed iniziò a spingerlo ancora di più verso di lei. Anche lei voleva partecipare all'assedio della fortezza, voleva che cadesse, lo desiderava. Ma fu proprio in quel momento che Kharonte si fermò, e si rimise in piedi davanti a lei. Fu con voce calma e suadente che si rivolse alla sacerdotessa

“Lo senti anche tu adesso il canto?”

Ma senza nemmeno farlo finire di porre quella domanda, Lily era già scattata in piedi, e le sue mani e la sua bocca si erano avventate su Kharonte.

“Togliti i vestiti... togliti qualsiasi cosa tu abbia addosso, ora subito...” gli disse mentre freneticamente lo spogliava e lo baciava. Non c'era più traccia della timida sacerdotessa che Kharonte aveva visto fino a qualche minuto prima. Lily si era lasciata andare al vortice lussurioso che l'aveva travolta, che aveva travolto lei e quello stregone appena conosciuto in quella notte tempestosa. Tempestosa come la danza che stavano ballando le loro anime. Pochi secondi dopo si ritrovarono entrambi sul letto, ad abbandonarsi l'uno all'altra, ad crogiolarsi uno nel piacere dell'altra. Il cazzo eretto di Kharonte premeva sulla fica di Lily, desideroso, ansioso di averla, di unirsi a lei. I due intanto si baciavano senza sosta, senza alcun freno, guidati solo dalla voglia che lei di lui e lui di lei. Incredibilmente, ora era la piccola Lily a condurre il gioco, era lei a muoversi verso di lui, a volerlo dentro. Fu lei a farlo distendere sul letto, salire sopra di lui ed iniziare a cavalcarlo con uno spirito selvaggio, come se mai si potesse saziare del piacere che il suo strumento di goduria le regalava. Ma Kharonte non era certo il tipo da farsi sottomettere così.

Cinse Lily con le braccia e tenendola stretta ed impalata a sé, si alzò e con violenza la sbatté al muro facendo cadere per terra la brocca che era sul tavolino vicino.

“Kharonte...ah...Kharonte ci sentiranno...” disse Lily, gemendo ed ansimando ormai rumorosamente

“Chi se ne frega” fu la risposta di Kharonte, mentre penetrava Lily con sempre più vigore e velocità, mentre le sue labbra affondavano voraci ed avide nei suoi seni, nel suo collo, nella sua bocca. Ansimavano all'unisono, gemevano all'unisono... adesso il canto era ben udibile ad entrambi.

Continuarono a fare l'amore per l'intera notte e Kharonte sparse il suo seme all'interno di lei, inebriandosi del piacere del sentir pompare il suo desiderio dentro Lily, desiderio che le vide colare lungo le cosce, mentre la sacerdotessa era ormai completamente spossata, sudata come lui... e felice come lui.

Fu quando alla fine giacquero insieme sul letto di Lily che Kharonte finalmente capì cos'era quello strano calore che aveva avvertito quando era entrato in quella stanza. Era Lily, il suo calore, la sua allegria, la gioia del suo volto e della sua voce a dare colore a qualsiasi cosa ne fosse priva, vita a qualsiasi cosa fosse morta, luce a qualsiasi cosa fosse oscura. La guardo mentre stava dormendo, abbracciata a lui e con la testa appoggiata sul suo petto.

“Domani partirai con noi”, le disse.

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Capitolo 4
*** Luce e Ombra ***


Quando, il mattino seguente, Zihark si risvegliò, si accorse di essere da solo nella stanza, il letto del suo amico stregone era vuoto.

“Dove si è cacciato adesso Kharonte?” disse con voce assonnata, mentre si strabuzzava gli occhi. I primi timidi raggi del sole avevano già fatto ingresso dalla finestra della stanza, la tempesta della notte aveva lasciato il posto nuovamente al cielo sereno e ad un'aria fresca e frizzante. Si diede una rapita sciacquata al viso con l'acqua della tinozza posta all'angolo della camera, si rimise velocemente la sua tunica da mago, afferrò il suo bastone magico appoggiato di fianco all'armadio, aprì la porta e cominciò a scendere le scale. Dove poteva mai essere Kharonte? La ricerca fu più breve di quanto avesse mai osato sperare. Kharonte era al piano di sotto, e stava facendo colazione. E non era nemmeno da solo.

“Buongiorno, Zihark!” salutò Kharonte con voce allegra e vispa, “spero tu sia in forze e ben riposato per il proseguo del nostro viaggio!”

“Buongiorno...” rispose Zihark mentre stava ancora sbadigliando e prendeva posto vicino a Kharonte e a Lily. “Si, si.. sono prontissimo per lasciare questo posto maledetto”, afferrò il bicchiere di latte ghiacciato ed iniziò a berlo. “Ma dove sei stato stanotte?” chiese il mago dopo qualche sorso.

“Ah, ho avuto dolore alla ferita e sono sceso qui per farmi una fasciatura” iniziò risoluto Kharonte, “ma Lily è stata così gentile da..” lo stregone si interruppe per un istante in quel momento, e guardò con la coda dell'occhio la sacerdotessa dai capelli rossi accennando un sorriso, la quale avvampò ed abbasso lo sguardo sulla sua tazza di succo di baccaluna, “da curare la mia ferita con le sue arti magiche”, concluse infine Kharonte. Zihark notò solo allora che la ferita al braccio dello stregone era completamente guarita. Lo sguardo del mago passò dall'amico alla ragazza, ancora intenta a bere, poi tornò su Kharonte

“E pensare che ieri non ne volevi nemmeno sapere di fartela curare!” disse Zihark con tono sospettoso. Kharonte gli stava nascondendo qualcosa.

“A volte si cambia semplicemente idea” si limitò a dire lo stregone addentando una fetta di pane tostato. Zihark si disse che sarebbe stato meglio non indagare ulteriolmente. Qualche minuto dopo, anche il mago ebbe finito la sua colazione, si alzò, si mise lo borsa da viaggio sulle spalle e si rivolse a Kharonte, ancora seduto al tavolo vicino al camino, ora spento.

“Allora, andiamo?” domandò all'amico.

Kharonte si alzò subito. “Si, certo!” rispose, ma poi aggiunse qualcosa che Zihark non si sarebbe mai aspettato di sentire. “Lily, sei pronta?”

La sacerdotessa fece un grande sorriso e scattò subito per prendere le sue cose e dare un'ultima sistemata al suo sacco. “Si si, solo un secondo..!” Si mosse freneticamente come se avessero i demoni dietro le spalle pronti ad ucciderli.

Il mago guardò lo stregone con uno sguardo quanto mai interrogativo. “Viene con noi?”

La risposta di Kharonte fu così naturale che sembrò dire una cosa ovvia, già decisa da tempo. “Si. Lei va ad Hammerfall e Soutshore e sulla stessa strada... perché non dovremmo accompagnarla? D'altronde non sarebbe male avere una guaritrice con noi, no?”

“Ma fino a ieri non volevi nemmeno dirle dove eravamo diretti!” Zihark era davvero incredulo, un cambiamento d'idea così radicale...!

“A volte si cambia..”

“...semplicemente idea, va bene.” Era decisamente meglio non indagare oltre.

“Pronta!” disse infine Lily, il sacco in spalla, la tunica azzurra più splendente che mai e tutta l'eccitazione per quel viaggio che stava per intraprendere con i suoi nuovi amici.

“Benissimo, allora! Direi che il nostro viaggio può proseguire adesso.” Kharonte andò dall'oste per pagare la notte ed i due pasti che avevano consumato, dopodichè raggiunse Zihark e Lily sull'uscio della porte ed i tre compagni uscirono nella luce del mattino delle Radure di Tirisfal. Il loro cammino sarebbe passato ora per la Foresta di Silverpine a sud-ovest, e si diressero così in quella direzione.

La Foresta di Silverpine era un luogo un po' meno lugubre delle Radure di Tirisfal, ma non per questo meno inquietante. Grigi pini svettavano in ogni direzione, e la terra sotto i piedi dei tre compagni era dura, secca... quasi morta. Ma non c'era da meravigliarsi, quella regione aveva sofferto il Flagello tanto quanto quelle vicine, ed anche la Maledizione dei Worgen aleggiava tra quegl'alberi. La mattina era entrata nel suo vivo, ma anche con i raggi del sole, in quel luogo continuava a respirarsi un'aria fredda.

“Ora mi volete dire cosa vi sta portando da Quel'Thalas a Southshore?” domandò Lily a Kharonte e Zihark, “sono un'elfa curiosa, è dai ieri che me lo chiedo!”. Nemmeno l'atmosfera cupa della Foresta di Silverpine era riuscito a smorzare il tono allegro della voce della sacerdotessa. Fu Zihark a rispondere.

“Kharonte ha ricevuto una lettera da un draenei, un certo Kentel, in cui chiede di incontrarlo per discutere della “Vera Essenza della Magia”. Per me è una trappola, ma il nostro stregone qui, vuole andare...”

“La Vera Essenza della Magia? E che è? Per ognuno di noi la Magia ha un'essenza diversa no? Per te sarà l'arcano, per me la Luce, per Kharonte il Fel... Come fa la Magia ad avere un'unica essenza per tutti?” La voce di Lily aveva preso la piega dell' “allegra ma curiosa”.

“Ah guarda, io la penso esattamente come te... evidentemente c'è chi la pensa diversamente.” Fece cenno con lo sguardo verso Kharonte.

“La Magia non è quella che intendi tu, Lily. La Magia risiede anche in altri luoghi, in modi diversi da quelli che intendiamo normalmente. La Magia è anche...”

Artigli affilati sibilarono dietro di lui, e Kharonte fece appena in tempo a spostarsi afferrando Lily e facendola rotolare a terra con se. Le mani di Zihark emettevano già scintille di magia ed i due Worgen che li avevano attaccati era atterrati rumorosamente a qualche metro da loro. Zihark lanciò il suo incantesimo arcano che riuscì a colpire il Worgen più vicino, ferendolo, ed aumentando la sua rabbia e la sua furia. Kharonte e Lily intanto si erano rialzati velocemente e mentre lo stregone stava tessendo la sua magia oscura, la sacerdotessa dai capelli rossi si trovava con le mani giunte come in preghiera. Un istante dopo un caldo e gentile scudo di energia avvolgeva sia Zihark che Kharonte.

“Questo scudo di Luce attenuerà i colpi che riceverete!” disse Lily, la sua voce era ora decisa e perentoria, l'allegria e la fanciullezza di prima si erano del tutto dissolte.

I due Worgen tornarono subito all'attacco, le zanne da lupo voraci ed in bella vista, i loro corpi ricoperti di pelo ma al di sotto del quale erano ben visibili i muscoli tesi come la corda di un arco. Scattarono nuovamente in avanti, puntando Lily, ma furono raggiunti prima da un dardo d'ombra lanciato da Kharonte e da un'esplosione concentrata lanciata da Zihark che fece fermare di botto prima uno dei due licantropi, il quale cadde a terra in ginocchio con le mani a proteggersi lo stomaco con un vistoso buco nero nella pancia, e far volare di qualche metro l'altro, colpito alla spalla dal colpo di Zihark. I due ringhiarono ed imprecarono, ma prima che potessero tornare nuovamente alla carica, i loro corpi presero fuoco, colpiti nuovamente dalla magia demoniaca di Kharonte e da quella del fuoco di Zihark. Con un po' di affanno, i tre compagni si avvicinarono ai cadaveri.

“Mi sa che non sarà affatto un'attraversata tranquilla”, disse Zihark guardando lo sguardo riverso di un licantropo.

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Capitolo 5
*** Antichi e Nuovi Dei ***


Zihark aveva ragione. La traversata della Foresta di Silverpine non sarebbe stata affatto facile, per cui lui e i suoi due compagni decisero che avrebbero fatto una breve sosta a metà strada, nell'avamposto che i Forsaken chiamavano "Il Sepolcro".

In quel momento, Kharonte, Zihark e Lily si trovavano sul ponte dal quale era possibile osservare il Lago Lordamere.

"È stupendo, non trovate?" disse Lily con lo sguardo perso all'orizzonte tra le acque del lago.

"Eh sì, il Lago Lordamere è sempre affascinante", le rispose Kharonte con un sospiro ed avvicinandosi al passamano in legno ed appoggiando su di esso le mani, "nonostante tutte le grandi guerre a cui ha assistito. È il secondo lago più grande dei Regni Orientali, lo sapevi?" chiese infine alla sacerdotessa che nel frattempo aveva spostato la sua attenzione dall'orizzonte al viso dello stregone.

"Ah, si? No, non ne ero a conoscenza!" la voce di Lily era piena di sorpresa e curiosità, era evidentemente molto interessata ai fatti storici ed ai fatti curiosi. "E qual è il primo?" chiese senza mai distogliere lo sguardo dal viso di Kharonte.

"Il Lago Darrowmere, si trova più ad est di qui..." disse Kharonte facendo un rapido cenno alla sua sinistra con la mano guantata.

"Oh..capisco.." disse Lily con tono estasiato, "beh, io un tuffo nel Lago Lordamere lo farei comunque volentieri!" concluse riprendendo il suo ormai classico tono allegro.

"Ahahahahah" Kharonte scoppiò in una fragorosa risata. "Peccato che le rive del lago siano completamente infestate dai murloc, cara sacerdotessa!" disse rivolgendosi a Lily non riuscendo a trattenere le risate e staccando la presa dal passamano. "Quelle creature lo infestano da quando..." stava cercando di ricomporsi e finire la frase quando la voce di Zihark irruppe da dietro lo stregone e la sacerdotessa.

"Kharonte", disse Zihark con tono esasperato, il mago non si era avvicinato ai bordi del ponte ed era rimasto dietro i due compagni, "puoi fare la tua lezione di storia quando non correremo più il rischio che qualche lupacchiotto troppo cresciuto o qualche bestia feroce ci assalga, per favore?"

Kharonte si voltò e fece un rapido cenno di scuse all'amico. "Si, hai ragione Zihark, faremo meglio ad andare avanti, il Sepolcro è ormai vicino." disse infine dopo aver ripreso del tutto il controllo di sé. "Dai Lily, ormai manca poco."

I tre viaggiatori arrivarono così al bivio in cui strada alla loro destra saliva verso l'avamposto Forsaken, collocato in cima ad un bassa collina. Con passo rapido, Kharonte, Zihark e Lily cominciarono la breve salita e pochi secondi dopo avvistarono il cancello malridotto e praticamente a pezzi che fungeva da entrata nell'avamposto.

"Dei, che postaccio!" fu il commento di Lily quando oltrepassarono il cancello ed arrivarono in cima. 

"Beh, non si può certo dire che non abbiano azzeccato il nome di questo posto.." disse Zihark che arrivò subito dopo di lei con voce laconica.

Kharonte fu l'ultimo arrivare in cima e capì subito i commenti dei suoi compagni. Davanti ai suoi occhi si stagliava un vero e proprio... cimitero vivente. Alla sua sinistra, enormi pipistrelli stavano appesi a testa in giù legati a colossali anelli di ferro, sotto di loro, un Forsaken dai capelli lunghi stanziava immobile come di guardia. Davanti, vi erano solo... tombe. Tante, tantissime lapidi costellavano il terreno in qualunque direzione Kharonte volgesse il suo sguardo. Ma la cosa più bizzarra erano i Forsaken, che erano sostanzialmente dei morti, aggirarsi tranquillamente in quel luogo. L'attenzione dello stregone comunque fu subito catturata da una figura femminile a pochi metri da lui e dai suoi compagni, la quale stava discutendo animatamente con un Forsaken privo della mandibola.

"Ma che fastidio vi porta!?" stava dicendo la strega elfa del sangue, una donna sicuramente più avanti con l'età di Kharonte, ma dall'aspetto ancora giovanile. I suoi capelli erano lunghi e scuri, portava una veste di un blu pallido scoperta ai lati e che si restringeva sul seno prosperoso e sulla pancia. "Tanto siete morti, no? Non vi provoca mica! Siete tutti pelle decomposta ed ossa marce!" continuava a dire agitando una mano e con gli occhi che lanciavano saette verso il Forsaken, mentre al suo fianco una succube frustava il terreno. Il non-morto tuttavia, rispose con calma.

"Mi dispiace Ophélia, ma devi richiamare il tuo demone, non sono permessi qui. Non aggiungerò altro!"

"Al diavolo!", disse la strega con un gesto di stizza mentre il Forsaken si stava allontanando, "ho bisogno di lei addestrarmi nel controllo dei demoni, come farò altrimenti in battaglia!? Vorrà dire che ci fermeremo al prossimo avamposto, vieni Larissa!" fece rivolgendosi alla succube che immediatamente la seguì.

Passando accanto a loro, la strega guardò i tre viaggiatori ma non disse loro una parola, venendo inghiottita poco dopo dalla strada che si rituffava verso la Foresta di Silverpine.

"Faremo meglio a muoverci" disse infine Zihark, "questo posto mi mette i brividi.. prendiamo quello che ci serve ed andiamo via"

"Sono d'accordo!"

"Anch'io." Furono le risposte lapidarie di Lily e Kharonte.

I tre si mossero quindi verso la struttura principale dell'avamposto, un vero e proprio sepolcro che scendeva giù nella terra. C'erano teschi, ossa, e viscere essiccate ovunque.

Quando entrarono nella sala principale, si trovano di fronte ad una stanza piccola ma decisamente affollata, con un Forsaken in armatura che spiccava tra tutti i suoi simili, probabilmente il capo dell'avamposto.

A sinistra, invece, trovarono colui di cui avevano bisogno, un non-morto che stava armeggiando delle ampolle alchemiche.

"Ecco il nostro uomo" disse Kharonte

"Uomo è una parola grossa" rispose Zihark con un sorriso sulle labbra

Ma fu Lily ad avvicinarsi al non-morto.

"Ehm, salve!" cominciò Lily tentando di mantenere il suo tono di voce allegro, sebbene trovasse gli occhi gialli che la fissavano del Forsaken particolarmente inquietanti. "Siamo dei viaggiatori, ci servirebbero delle pozioni anti-veleni e contro i morsi da Worgen, abbiamo con noi le monete d'argento che servono per il pagamento" concluse allungano la mano verso il non-morto ed aprendo il palmo verso l'alto, rivelando una ventina di scintillanti monete.

"Ma certo signorina" la voce del Forsaken era stranamente...viva. "Le prepararo subito, ma ci vorranno una decina di minuti prima che siano pronte. Tu ed i tuoi compagni potete attendere lì" ed indicò con la mano scheletrica un piccolo tavolo alle spalle di Kharonte e Zihark.

"Perfetto, grazie!" rispose Lily riappropriandosi del suo solito tono di voce.

I tre compagni si avviarono così verso il vicino tavolo sopra il quale Kharonte notò esserci un libro, appoggiato sulla parte anteriore. Incuriosito, mentre lui ed i suoi amici si sedettero, prese il libro, lo girò, e ne lesse il titolo affinché anche i compagni, che avevano altresì notato il tomo, potessero sentirlo:

"Antichi e Nuovi Dei" di RossoCremisi.

"Chi è RossoCremisi?" chiese Lily, di nuovo in preda alla curiosità.

"Un paladino di Quel'Thalas" rispose Kharonte mentre apriva e sfogliava il libro.

"Si, un paladino che avrebbe dovuto fare lo storico!" fu il commento di Zihark che si era appoggiato completamente alla spalliere della cigolante sedia in legno. "Quell'elfo ha sbagliato strada, sa praticamente tutto di ogni cosa, secondo me starebbe meglio in un biblioteca piuttosto che con armature e Luci varie"

Ma Kharonte non lo stava ascoltando, stava attentamente leggendo un passo del libro su un Old God, creature leggendarie vissute millenni prima e che si pensava fossero ancora rinchiusi nelle profondità di Azeroth.

"Ehi, sentite qui!" disse lo stregone rivolgendosi ai suoi amici, "secondo le leggende l'Old God Yogg-Saron, fu il responsabile della Maledizione della Carne, un antico sortilegio che trasformò la pelle dei primi esseri viventi da ferro in carne.."

"Ah sì, ne avevo sentito parlare!" intervenne Zihark, "ho sentito che tra qualche mese il nano Brann Bronzebeard guiderà una spedizione esplorativa a Northrend, è convinto che la prigione di Yogg-Saron sia lì."

Kharonte si voltò verso l'amico mago con aria interrogativa.

"Tu non ricordi che al circolo delle carte dell'Accademia c'era un tipo fissato con questo Yogg-Saron? Non ricordo il nome adesso, ma ricordo bene la sua quasi venerazione per questo tipo..."

L'espressione di Zihark fu pensierosa per qualche secondo ma poi il suo volto si illuminò

"Ma certo, ho capito di chi parli! Non ricordo nemmeno io il nome, ma era il tipo nobile, un Duca mi pare! Sisi, era proprio un Duca!"

"Signori, le vostre pozioni sono pronte!" La voce del Forsaken li chiamò dall'altra parte della stanza.

"Arrivo!" rispose Lily rivolgendosi al non-morto, per poi aggiungere a bassa voce ai compagni "dai ragazzi, andiamo."

Prese le pozioni ed usciti dal Sepolcro, i tre viaggiatori lasciarono rapidamente l'avamposto Forsaken e si rimisero in viaggio, ma durante il cammino, un urlo squarciò il silenzio che gli alti pini della foresta avevano protetto fino ad un momento prima. Un urlo di donna, che chiedeva aiuto... Kharonte, Zihark e Lily si fermarono di botto sul posto in cui si trovarono e si scambiarono subito un'occhiata preoccupata, che nascondeva ora un nuovo dubbio, un nuovo problema: le Colline di Colletorto e Southshore erano ormai vicine, ma volevano davvero ignorare quella richiesta d'aiuto?

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Capitolo 6
*** Lo Sciamano e la Strega ***


Davanti a lui si stagliava un mare calmo, silenzioso, blu come la sua pelle. Erano le prime ore del mattino, ed erano già trascorse due settimane da quando aveva spedito la lettera verso Quel'Thalas, a quell'elfo del sangue che sembrava davvero pensarla come lui. Sedeva sulla banchina del porto, con i suoi totem intorno a lui. Fermo, in meditazione, stava cercando di comunicare con gli Elementi, così cari a quelli come lui, così preziosi per il mondo intero. La città alle sue spalle si stava risvegliando e il profumo del pane appena sfornato gli invase le narici, quando sentì una voce alle sue spalle chiamarlo

"Maestro, siete sicuro che quest'elfo si farà vivo e verrà qui?"

Fu allora che Kentel aprì gli occhi e parlò, senza voltarsi, a Relaha, la giovane tauren che era diventata sua apprendista qualche tempo prima. Era certamente inusuale che una tauren diventasse l'allieva di un draenei, ma sia Kentel che Relaha facevano parte del Circolo della Terra, l'ordine di sciamani che aveva il compito di salvaguardare il pianeta Azeroth tramite la loro comunione con gli Elementi.

"Ne sono sicurissimo, Relaha", la voce di Kentel era calda e profonda, di quelle che trasmettono serenità ma anche sicurezza. "Ho la certezza che Kharonte verrà qui per incontrarmi, non ho alcun dubbio in merito." Lo sguardo dello sciamano era fisso sul mare davanti ai suoi occhi, quel panorama gli ricordava le spiagge dell'isola di Azurmyst, il luogo da dove proveniva, e dove spesso aveva meditato.

"Ma maestro, come fate ad esserne così certo?" replicò Relaha senza avvicinarsi al draenei e stando ferma dietro di lui. "Non avete mai visto questo Kharonte, come fate ad essere così sicuro?"

La tauren non aveva un gran rapporto con gli sconosciuti e faticava a fidarsi di gente estranea, ma quando prendeva confidenza, diventava la ragazza più socievole del mondo, diventando una persona di grande compagnia. 

"È molto semplice cara, lo so perché io verrei. E Kharonte ha la mia stessa visione delle cose, per questo non nutro alcun dubbio sul suo arrivo", fu la risposta di Kentel alla sua apprendista, la quale stava per dire qualcosa, ma venne interrotta da un gran vociare alle sue spalle. Una grande folla si era riunita all'entrata di Southshore, dove erano appena rientrati i soldati dell'Alleanza, tornati dalla ronda nella parte occidentale delle Colline di Colletorto.

Incuriositi da tutto quel clamore, Kentel e Relaha, si avviarono verso il punto in cui la folla si era ammassata. Southshore era la classica città portuale umana, non molto grande come le immense metropoli di Stormwind o Dalaran, ma sicuramente un bel posto in cui vivere. Lo sciamano e la sua apprendista camminarono per coprire la breve distanza che separava la banchina dall'entrata della città, calpestando il soffice terreno ricoperto d'erba sopra la quale svettavano dei profumati fiori dai petali viola. Superarono alla loro sinistra l'edificio principale della città, luogo in cui risiedeva il leader di quest'ultima. Alla destra di Kentel e Relaha si trovava invece la locanda, il punto di ritrovo per i cittadini di Southshore di ogni sera, alla fine delle fatiche del giorno lavorativo. Alla sinistra di quest'ultima, un gruppo di bambini giocava con dei spadini di legno, incuranti della massa di adulti poco lontani da loro.

"Ero qui solo di passaggio, come ve lo devo dire!?" la voce che udirono il draenei e la sua apprendista arrivati a pochi passi dalla folla apparteneva ad una donna, sicuramente non umana, né appartenente a qualsiasi altra razza dell'Alleanza.

"Ah sì? Io dico che sei una spia di quei cani di Tarren Mill invece" aveva ribattuto una voce maschile, che Kentel riconobbe essere quella del Magistrato Henry Maleb, un uomo sulla quarantina, dai capelli e pizzetto rossicci, che era solito indossare una tunica dai colori violetti. La scena arrivò a portata d'occhio di Kentel e Relaha. Il maestro e l'apprendista videro così un'elfa del sangue dai capelli scuri, con una veste scoperta ai fianchi e che si restringeva sul seno sulla pancia della donna, appeso alla cintola portava un grimorio, elemento che fece capire al draenei che l'elfa catturata dai soldati fosse una strega. Quest'ultima aveva le mani legate, sicuramente per impedirle di lanciare i suoi incantesimi. Davanti a lei si trovava Maleb, mentre entrambi erano circondati dai soldati dell'Alleanza. Kentel e Relaha videro la strega scattare in avanti e scintille di fuoco comparire e scomparire sulle sua dita.

"E secondo voi mi addentro in territorio nemico da sola e senza nemmeno i miei demoni? Non vi facevo così idioti voi umani!" La voce dell'elfa era piena di disprezzo.

"Lo vedremo il motivo per cui ti aggiravi nei dintorni della città, strega elfica."

"Mi chiamo Ophélia, brutto imbecille!"

"Non credo che il tuo nome avrà molta importanza", disse Henry Maleb con un sorrisetto sul volto. Poi si rivolse ai cavalieri intorno a lui. "Guardie, rinchiudetela nella gabbia vicino alla banchina, decideremo più tardi cosa fare con questa spia. E che venga sorvegliata a vista, questi elfi legati alla magia sono sempre pericolosi. E voi tornate alle vostre faccende, lo spettacolo è finito qui!" Concluse infine rivolgendosi alla folla intorno a lui. I cittadini iniziarono a parlare tra loro mentre si allontanavano

"Quelli di Tarren Mill ci spiano" disse qualcuno preoccupato.

"Che si stiano preparando per attaccarci?" diceva invece qualcun altro.

Intanto, le guardie di Southshore erano scese dai loro cavalli e spingevano Ophélia per condurla alla gabbia all'interno della quale doveva essere rinchiusa. La strega tuttavia non smetteva di dimenarsi e le scintille che comparivano dalle sue mani erano ormai diventata delle autentiche fiammate.

"State commettendo un errore! Pagherete caro questo vostro sbaglio!" continuava ad inveire contro gli umani. Il corteo passò accanto a Kentel e Relaha ed i due sciamani incontrarono lo sguardo della strega, la quale si rivolse a loro dicendo, con voce concitata:

"Ehi! Voi due, sciamani del Circolo della Terra! Voi non siete come questi idioti dell'Alleanza, aiutatemi! Non permette che venga perpetrata questa ingiustizia!"

"Sta zitta e cammina, spia!" disse una guardia spingendo in avanti Ophélia che oltrepassò così il draenei e la tauren.

"Maestro..." cominciò Relaha rivolgendo il suo sguardo verso Kentel, il quale non distolse il suo dell'elfa del sangue.

"No, Relaha," rispose lo sciamano con la sua solita voce calma ed intuendo quello che la sua apprendista voleva dirgli, "nemmeno a me Ophélia sembra una spia." Si voltò verso la giovane tauren. "Dobbiamo parlarle, magari ha visto Kharonte lungo la strada... Ma non adesso, daremmo troppo nell'occhio. Aspetteremo questa sera, ed il favore delle ombre." disse infine il draenei, incamminandosi nuovamente verso la banchina, seguito dalla propria apprendista.

Per tutta la giornata, la gabbia in cui venne rinchiusa Ophélia fu meta dei curiosi abitanti di Southshore, che si divertirono a provocare la strega, sicuri che ella non potesse far loro del male. Tuttavia, le provocazioni dei cittadini caddero tutte nel vuoto, in quanto l'elfa si limitò semplicemente ad ignorarli, mentre il suo sguardo indugiò più e più volte su Kentel e Relaha.

Quando le tenebre scesero e coprirono con il loro oscuro manto la città di Southshore, il draenei e la tauren si avvicinarono alla gabbia, abbastanza vicino da poter conversare con la prigioniera, ma senza farsi notare dalle guardie.

"Vorrei scambiare due parole con voi, Lady Ophélia", iniziò Kentel con tono gentile.

"Se vuoi chiedermi anche tu a chi debba fare rapporto, stai sprecando fiato, sciamano. Io non sono una spia", rispose con tono stanco la strega dai capelli corvini, quella giornata rinchiusa nella gabbia l'aveva visibilmente provata, più nello spirito che nel corpo.

"Io non credo che tu sia una spia", ribatté Kentel, "voglio che mi racconti la tua storia. Cosa ti ha condotto qui?"

Un'espressione contemporaneamente sorpresa e sospettosa fece la sua comparsa sul volto nascosto dalle ombre di Ophélia.

"E perché dovrei raccontarti la mia storia, draenei? Chi mi assicura che tu non voglia fare il doppiogiochista andando poi a spifferare tutto a quel troglodita vestito di viola?"

"Il mio maestro ed io vogliamo aiutarti." Fu la voce giovanile e frizzante di Relaha ad irrompere nella discussione. "Fidati di noi, se sapessimo di più su di te, potremmo cercare di convincere Mabel a liberarti. Noi del Circolo della Terra non abbiamo nulla a che fare con il conflitto tra Orda ed Alleanza... Il mio maestro crede che tu sia innocente, ed io mi fido del suo giudizio. Aiutaci ad aiutarti..." concluse la tauren guardando sempre negli occhi Ophélia, la quale non poté non percepire il tono sincero e gentile dell'apprendista di Kentel.

"Come ho detto a questi umani", iniziò l'elfa del sangue, "ero qui solo di passaggio. Sono partita da Undercity verso Hammerfall, dove devo incontrare un amico. Volevo fare una breve sosta nella Foresta di Silverpine, ma quei dannati non morti del Sepolcro pretendevano che richiamassi la mia succube!" Anche se non la vide direttamente, Kentel fu certo che in quel momento Ophélia avesse un'espressione incredula dipinta sul volto. "Io dovevo solo allenarmi nel controllo dei demoni! Spero che i miei tre compatrioti che ho incontrato lì abbiano avuto più fortuna di me con quei senza cervello..."

All'udire quelle ultime parole, Kentel ebbe un sussulto ed il tono della sua voce di solito calmo, presentò una leggere piega di speranza prima e di compiacimento poi.

"Hai incontrato altri elfi del sangue al Sepolcro?" chiese lo sciamano alla strega.

"Si, due uomini ed una donna. Uno era uno stregone come me, l'ho capito dalle sue vesti, l'altro un mago.. la ragazza non saprei dire."

Kentel e Relaha si scambiarono un'occhiata. Che fosse Kharonte lo stregone? Ma chi erano gli altri due?

"Hai sentito i loro nomi? O dove fossero diretti?" chiese nuovamente il draenei alla strega.

"No", rispose Ophélia, e la speranza di avere notizie si spense un po' dentro lo sciamano. "Sono andata via da lì proprio nel momento in cui sono arrivati loro. Ma perché ti interessa tanto sapere chi fossero quei tre?" Adesso era l'elfa ad essere curiosa e ad avere domande.

"Vedi..." aveva cominciato Kentel, ma le sue parole vennero nuovamente interrotte dal vociare dei cittadini di Southshore, proprio come era successo al mattino. Stavolta però, molte fiaccole si stavano dirigendo verso la struttura principale della città, dove una guardi stava affiggendo un comunicato sulla parete esterna dell'edificio.

Rialzandosi, Kentel e Relaha si diressero verso la residenza di Henry Mabel, mentre la gente si spingeva ed accalcava per leggere il foglio di pergamena. Kentel riuscì a farsi spazio mentre Relaha restò indietro inghiottita dalla massa. Quando il suo maestro uscì da quel marasma e venne raggiunto dalla sua apprendista, la tauren non poté non notare l'espressione ansiosa e preoccupata dello sciamano draenei.

"Cosa c'era scritto?" chiese Relaha guardando il suo maestro, il quale aveva lo sguardo rivolto verso il basso.

Questi alzò lentamente la testa e guardò in direzione della gabbia.

"La vogliono giustiziare all'alba", disse con un filo di voce.

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Capitolo 7
*** Ophélia ***


Relaha sobbalzò. "Giustiziarla? Per spionaggio? E con quali prove?" chiese in tono grave al suo maestro.

"È proprio quello che ho intenzione di chiedere a Mabel" rispose Kentel con tono risoluto. "Tu va da Ophélia, io cercherò di far ragionare il magistrato", concluse e senza attendere la risposta della sua apprendista, il draenei diresse i suoi passi decisi verso la porta dell'edificio principale di Southshore, con un'espressione dura sul viso ed una rabbia visibile sulla sua persona. Alla porta erano stanziavano due guardie.

"Desidero parlare con il Magistrato Mabel." annunciò con voce ferma Kentel.

"Il Magistrato non riceve nessuno a quest'ora, draenei. Torna domattina se desideri essere ricevuto." Disse una delle guardie, un uomo piuttosto basso, i cui capelli iniziavano ad essere diradati sul capo.

"Non posso attendere domattina", replicò lo sciamano, "è una questione urgente. Non vorrete mica interferire sulle faccende del Circolo della Terra?" Kentel aveva posto quella domanda come se le due guardie stessero impedendo con il loro rifiuto la salvezza stessa di Azeroth. I due uomini si scambiarono uno sguardo e la strategia del draenei si rivelò vincente. Le due guardie fecero un passo di lato, aprirono la porta e fecero entrare Kentel nella residenza del leader di Southshore.

Mabel si trovava seduto dietro la sua scrivania, una candela illuminava la pergamena sulla quale era chinato il Magistrato per scrivere qualcosa. L'abitazione di Henry Mabel era decisamente quella di un nobile con diverse librerie sparse per la casa, Kentel ne contò tre solo in quella stanza e poi quadri rappresentati paesaggi, una poltrona in pelle colore bordeaux all'angolo della stanza, tappeti di un certo valore sul pavimento e due sedie in legno ben lavorato davanti al seggio del Magistrato. L'intera stanza era infine illuminata da delle piccole torce poste in quattro punti paralleli delle mura.

Quando sentì il rumore dei passi di Kentel ed alzò lo sguardo dalla sua pergamena, Henry Mabel vide lo sguardo severo di Kentel torreggiare su di lui.

"Sciamano!", disse sorpreso "cosa ci fate voi nella mia abitazione a quest'ora? Perché le guardie vi hanno fatto entrare"

Ma Kentel ignoró completamente quelle domande, arrivando subito al punto. "Perché avete condannato a morte quell'elfa del sangue?" La voce di Kentel non aveva nessuna flessione, nessuna traccia del tono rassicurante che di solito possedeva il suono delle sue parole. Mabel guardò per qualche secondo lo sciamano davanti a lui, poi replicò cercando di tenere testa alla durezza del draenei.

"Perché è una spia di Tarren Mill, mi sembra evidente."

"È una spia? E quali prove avete che sia una spia?"

Il Magistrato rimase in silenzio per qualche istante, poi abbasso lo sguardo, tornando a scrivere sulla sua pergamena.

"Queste non sono faccende che riguardano uno sciamano del Circolo della Terra", disse infine cercando di mettere insieme tutta la spavalderia che aveva dentro di sé.

Il volto di Kentel si infiammò di rabbia, e lo sciamano scattò verso la scrivania di Mabel.

"Io non permetterò che questa ingiustizia venga commessa in mia presenza!" Le parole uscirono dalla sua bocca con veemenza, con lo stesso carico d'ira che avvolgeva il suo corpo, e nel dirle sbatté violentemente il grosso pugno blu sulla scrivania, facendo sobbalzare Mabel.

"A me non interessa del vostro stupido conflitto, Magistrato, e non accetterò un assassinio ingiustificato davanti ai miei occhi! Ed ora ascoltatemi bene..."

Intanto, Relaha aveva raggiunto il punto in cui lei e Kentel erano seduti poco prima, vicino alla gabbia in cui era stata rinchiusa Ophélia. Per diversi minuti, la tauren e l'elfa del sangue non dissero una parola, e gli unici suonoli che si udivano quella notte erano quello del mare calmo di Southshore, ed il bubulare dei gufi. Fu la giovane apprendista a rompere quello strano silenzio.

"Hai paura di morire?", chiese alla strega. Quest'ultima non rispose subito, e lo fece solo dopo aver emesso un sospiro. La sua voce non era impaurita, ma serena, non c'era nessuna traccia di timore.

"Non ho paura di morire. Ho paura delle ingiustizia, delle falsità..." Ophélia stava facendo scorrere le mani legate lungo le sbarre. "Io ho la coscienza pulita", proseguì la strega, "se dovrò morire lo farò si con la rabbia nel cuore, ma non per qualcoss che avrò fatto io, ma perché un pregiudizio mi avrà condannata a morte." Altri lunghi secondi di silenzio. Poi fu ancora Ophélia a parlare, questa volta rivolgendo lei una domanda a quella tauren che le stava facendo compagnia, lì, nella sua ultima notte su Azeroth.

"Hai detto di fidarti del draenei. Perché?"

Relaha non fu molto sorpresa da quella domanda, gliel'avevano posta già diverse volte. Le venne così naturale rispondere, con voce rassicurante.

"Kentel è una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto. È gentile, disponibile.. ha il suo carattere un po' così irruento ma è buono. Non ti fa mai sentire sola, e poi è un eccellente maestro. Io ho una corazza invisibile che mi protegge e che a volte mi opprime, ma se riesco a toglierla sono in grado di esprimere la vera me stessa.. Purtroppo o per fortuna solo poche persone sono riuscite a superare questa corazza, e Kentel è una di queste."

Ad Ophélia comparì sul viso un sorriso amaro. "Ti capisco, sai? Apparire in un modo ma essere in un altro... So cosa significa." La voce della strega adesso aveva preso una piega malinconica, amareggiata. "La gente mi vede spesso come una strafottente, una a cui non interessa niente degli altri.. ma non è così. Certo, ho le mie convinzioni e le mie idee e le sostengo fermamente, ma anche io provo delle emozioni. Anche io piace il calore , non vivo nell'oscurità e nel cinismo. È solo che bisogna conoscermi un po' per vedere questo lato di me, e non fermarsi a quello che si vede in superficie..."

Le due ragazze continuarono a parlare a lungo, aprendo corazze e superando apparenze, fino a quando, i primi raggi del sole non illuminarono la gabbia.

"Beh.. mi sa che adesso dobbiamo salutarci, Relaha" disse Ophélia rivolgendosi alla tauren che ora poteva vedere. "Grazie per essere stata con me in questa notte.. siamo state poco insieme ma credo che siamo arrivate a capirci." Rivolse alla sciamana un sorriso, triste ed allo stesso tempo di gratitudine. "Sei una persona buona.."

Relaha si sentiva triste. Non voleva che Ophélia morisse, aveva legato subito con lei, aveva trovato un'amica. 

"Ophélia, sono sicura che il mio maestro..." Ma proprio in quel momento si sentì il cigolio della porta della residenza di Henry Mabel che si apriva. Ormai rassegnata ma con tutta la sua dignità ancora integra, Ophélia abbassò lo sguardo, pronta ad accogliere il suo destino. 

"Maestro!" La voce sorpresa ed allegra di Relaha la colpì come nemmeno il più potente degli incantesimi avrebbe potuto fare. La strega alzò lo sguardo, e vide avvicinarsi verso di lei non Mabel con il boia, ma Kentel, un grosso sorriso stampato in faccia, e le due guardie che erano di guardia all'abitazione del Magistrato. Quest'ultime aprirono la gabbia, senza mai smettere di guardare Ophélia, dopodiché se ne andarono.

"Cosa significa?" chiese la strega con incredulità uscendo dalla gabbia e rimettendosi in piedi. Lo sguardo fisso sul draenei.

"Maestro, vuole dire che la liberano?" chiese subito dopo Relaha, la felicità che iniziava a farsi strada dentro di lei e sul suo volto.

"Esattamente, mia apprendista" rispose Kentel raggiante, poi si voltò verso l'elfa. "Ho convinto Mabel a ragionare ed ha capito che tu non sei una spia, ma dovrai lasciare la città, ed ogni altro membro dell'Orda che verrà avvistato nelle vicinanze sarà un atto preso come prova dello spionaggio in atto da parte di Tarren Mill. In quel caso non si prenderanno la briga di portare qui i prigionieri.."

Il viso di Ophélia si riaccese e la strega riprese il suo tono caparbio e audace. "Ti ringrazio, Kentel. Ti devo la vita." Ma l'idillio venne spezzato dalla voce preoccupata di Relaha.

"Maestro, ma allora.." aveva iniziato. Ancora una volta però, Kentel anticipò la sua apprendista. 

"Lo so a cosa stai pensando, giovane Relaha, ma ho pensato anche a quello" disse lo sciamano con un sorriso sul volto. Poi continuò "ne parleremo all'entrata della città, dove accompagneremo Lady Ophélia."

Arrivati sul posto, Kentel si rivolse alla strega. 

"Ophélia, devi farmi un favore".

"Tutto quello che posso" fu la risposta dell'elfa, con tono deciso e determinato.

"Ascoltami, devi tornare indietro verso Silverpine. Se quello che penso è corretto, uno di quei tre elfi che hai visto al Sepolcro è la persona a cui avevo dato appuntamento qui." La voce dello sciamano si fece grave. "Ma adesso questo luogo non va più bene per il nostro incontro. Sono sicuro che li incontrerai nella strada che porta a Southshore. Devi dire loro che ci incontreremo a Tarren Mill, siete tutti dell'Orda a parte me, non dovremmo avere problemi lì. Tieni questo, lo mostrerai allo stregone che mi hai detto di aver visto, così avrà la prova che ti mando io a cercarli." Kentel prese uno dei suoi totem finemente intagliati dalla sua borsa e lo porse ad Ophélia, la quale guardò il piccolo oggetto con sguardo curioso e poi lo conservò nella propria borsa da viaggio.

La strega fece un cenno di consenso, evocò il suo voidwalker e si preparò a partire.

"Ti assicuro che mi rivedrai insieme a quei tre, Kentel." Disse rivolgendosi allo sciamano, poi rivolse il suo sguardo a Relaha, sorridendole. "E non vedo l'ora di parlare nuovamente con te, amica mia!" 

Detto questo e fatto un lieve inchino, Ophélia lasciò Southshore, per sparire all'orizzonte tra le basse colline delle vicinanze.

"Vieni Relaha" disse Kentel quando la sagoma dell'elfa non fu più visibile. "Recuperiamo le nostre cose e andiamo subito a Tarren Mill."
 

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Capitolo 8
*** Visioni ***


"Khar! Khar, svegliati!". L'udito ancora intorpidito dal sonno fece riconoscere a Kharonte la voce di Lily che lo stava chiamando. Lo stregone alzò il busto e si poggiò con le mani sulla soffice erba verde sotto di lui. Con la testa ancora bassa, si stropicciò gli occhi e sbadigliò, poi alzò il capo.

Il sole era appena sorto, ed il verdeggiante paesaggio delle Colline di Colletorto si stavano riappropriando dei dei propri colori. L'elfo si guardò un po' intorno. Lily aveva già spento il piccolo fuoco che avevano acceso la sera prima quando avevano deciso di accamparsi per la notte, ed ora era indaffarata a riporre le sue pergamene di studio nella borsa, oltre alle pozioni curative che aveva creato il giorno prima.

"Khar? Da quando mi chiami Khar?" disse Kharonte con voce ancora assonnata.

"Da ora", rispose ridendo la sacerdotessa, "se vuoi puoi chiamarmi anche tu con un diminuitivo!" aggiunse senza fermarsi dal riordinare la sua borsa da viaggio ma sorridendo verso lo stregone.

Kharonte la guardò perplesso. "Hai un nome talmente corto che non credo sia possibile trovarci un diminuitivo. Come ti dovrei chiamare? Lil??" 

"Se ti fa piacere...!"

Kharonte liquidò quell'argomento con un gesto distratto della mano. Si accorse solo allora che un membro del gruppo mancava all'appello.

"Dov'è Zihark?" chiese mentre si alzava a sua volta e raccoglieva le sue pergamene. La sera prima aveva deciso di scriverne una con alcune bizzarre curiosità sull'Old God Yogg-Saron. 

"Si è svegliato prestissimo questa mattina" rispose Lily, "è andato un po' in avanscoperta per controllare la strada che ci aspetta verso Southshore. Ha detto che avere un piano è sempre meglio che improvvisare."

Kharonte non si stupì che Zihark avesse detto quelle parole. L'amico era sempre stato un elfo molto pragmatico e razionale, e non certo un amante dell'improvvisazione e delle "cose fatte a caso", come le chiamava lui.

"Ah, bene. È un mago potente, saprà sicuramente badare a se stesso anche da solo.. aspettiamo che torni e poi andiamo, ok...Lil?"

Lo stregone si voltò verso la sacerdotessa una volta messo in spalla la sua borsa da viaggio e notò subito il piccolo contenitore che Lily stava tenendo in mano, una borsa delle anime che avevano trovato al confine tra la Foresta di Silverpine e le Colline di Colletorto, luogo in cui avevano sentito l'urlo di donna. Lily si era subito messa a correre senza dire una sola parola ai suoi compagni e Kharonte e Zihark si erano dovuti fare una bella corsa prima di raggiungere la loro compagna. L'unica cosa che avevano trovato però, era proprio quella borsa delle anime, e delle impronte di zoccoli di cavalli che si addentravano nella regione in cui si trovavano in quel momento.

Proprio in quell'istante, prima che Lily potesse rispondere, Zihark comparve in lontananza. Si stava dirigendo verso di loro ma, con sua grande sorpresa, Kharonte notò che l'amico mago non era solo.

"Mai un giorno tranquillo.." disse lo stregone mentre cercava di capire chi fosse la compagnia dell'amico mago. Anche Lily volse lo sguardo dietro di sé, cercando anch'ella di capire.

Quando furono a portata d'occhio, lo stregone e la sacerdotessa poterono vedere un'elfa del sangue a fianco di Zihark, una strega, la stessa che avevano incrociato per pochi secondi al Sepolcro. I due si avvicinarono rapidamente a Kharonte e Zihark e mentre sul volto del mago vi era un'espressione annoiata e frustrata, quella presente sul viso di Ophélia, Kharonte ricordava di aver sentito il non-morto del Sepolcro chiamare la strega così, era soddisfatta, l'elfa stava anche sorridendo.

"Se quel che dici è vero", senti dire Kharonte a Zihark mentre quest'ultimo si rivolgeva ad Ophélia ed indicava lo stregone, "lui è quello che stai cercando."

"Sei tu Kharonte?" La voce di Ophélia era di quelle suadenti e il suo sguardo era magnetico. Lo stregone non aveva dubbi che l'elfa davanti a lei doveva avere parecchi ammiratori.

L'elfo guardò prima Zihark in cerca di una qualche spiegazione, ma il mago fece spallucce, poi spostò nuovamente la sua attenzione sulla strega davanti a lui.

"Si, sono io." disse con voce circospetta. "Ricordo di averti vista al Sepolcro, ma allora non ci degnasti nemmeno di una parola... Come mai ora viene fuori che mi stavi cercando?"

La strega scoppiò a ridere. "Sei sospettoso, per essere un mio compatriota, mi hanno già dato della spia, vuoi farlo anche tu?"

"Rispondi alla domanda che ti ha fatto Khar...ehm Kharonte". Lily non aveva smesso nemmeno per un secondo di fissare Ophélia. Sul suo volto non c'era la solita espressione allegra, ma una sospettosa. La strega rivolse a lei il suo sguardo, osservando divertita la sacerdotessa.

"E vedo che c'è anche chi è più sospettoso di te...Khar! Ehi, ma quella è la mia borsa delle anime!" La strega si accorse di quello che stava tenendo per le mani e con uno scatto la strappò dalle mani della sacerdotessa. Le guance di Lily si arrossarono ed i suoi occhi saettarono sulla figura di Ophélia. "Mi manda Kentel" disse poi rivolgendosi di nuovo allo stregone.

"Mi ha detto che la voce che abbiamo udito a Silverpine era la sua. Gli umani di ronda l'hanno presa per una spia nonostante si trovasse ben lontana da Southshore. Probabilmente era solo una scusa per uccidere qualche membro dell'Orda...il nostro amico draenei l'ha salvata dalla morte stanotte. Gli umani l'avevano catturata e condannata, pensavano fosse una spia di Tarren Mill", intervenne Zihark rivolgendosi all'amico. "Le ho chiesto se potesse provare quello che diceva e mi ha risposto di avere qualcosa ma che l'avrebbe mostrata solo a te, così l'ho portata qui."

"È così?" chiese Lily, la voce ferma.

"Si, è come ha detto il vostro amico. Kentel mi ha salvato la vita e mi ha chiesto di tornare indietro per avvisarvi che il vostro incontro sarebbe avvenuto a Tarren Mill, e non più a Southshore. Dopo il mio caso, hanno deciso di uccidere a vista ogni membro dell'Orda che si fosse aggirato per nei dintorni della città."

Kentel? Quella donna conosceva Kentel ed il draenei aveva mandato lei per avertirlo di vedersi a Tarren Mill? A Kharonte quella situazione suonò strana, ma forse non così negativa come aveva pensato all'inizio. C'era solo una cosa da fare, per accertarsi che il racconto della strega fosse vero.

"Hai detto a Zihark di aver con te qualcosa che provi quello che ci dici. Io sono qui adesso, mostramela." 

"Certo, subito!" Ophélia iniziò a frugare nella sua borsa da viaggio, e ne tirò fuori un piccolo totem, con una K incisa su di esso. Lo mise davanti a sé e poi si avvicinò a Kharonte per porgerlo allo stregone. Nel farlo, i suoi occhi andarano a cercare Lily, alla quale rivolse un sorriso, poi tornò a guardare Kharonte.

"Ecco qua..uh ma guarda un po'!" esclamò guardando Kharonte da vicino ammiccando con lo sguardo. "Quando andavo io all'accademia non avevo mica compagni così.." Fece per passare un dito sul viso di Kharonte, ma questi alzò lo sguardo guardando Ophélia in modo torvo. La strega fece un passo indietro e tacque. Lily era diventata paonazza. Strappò il totem dalla mano di Kharonte e fece qualche passo avanti, arrivando a fianco di Zihark.

"Dobbiamo andare a Tarren Mill allora? Benissimo, mettiamoci subito in marcia!" La sacerdotessa fece di tutto per far sì che la sua voce risultasse la più naturale possibile, ma non si poteva non notare un filo d'irritazione in essa.

"Beh, la vostra amica sembra più risoluta di voi" disse Ophélia ridendo. Lily la fulminò con lo sguardo.

"Mi chiamo Lily." disse con voce piatta.

"Piacere di fare la tua conoscenza, Lily. Io sono Ophélia." disse la strega con tono gioviale, facendo qualche passo ed arrivando al fianco della sacerdotessa. "Sono sicura che diventeremo ottime amiche!" concluse facendo l'occhiolino.

"Bene, direi che allora possiamo incamminarci verso Tarren Mill allora, prima finisce questa storia e meglio è per tutti mi sa!" disse Zihark dando uno sguardo fugace ad Ophélia e Lily. "Allora, Kharonte, andiamo?"

Ma lo stregone era distratto e non stava ascoltando le parole dell'amico mago. Kharonte stava osservando la vicina spiaggia alla propria destra, dove si trovava una figura femminile che gli dava le spalle. I suoi capelli erano lunghi e castani, o forse neri, il colore cambiava sotto la luce del sole. Indossava una leggera veste di un colore giallo acceso ed era scalza, con l'acqua del mare che le bagnava i pieid. La ragazza misteriosa di voltò ed osservò Kharonte. Si trattava di un'umana, e lo stregone non le avrebbe dato più di una trentina d'anni d'età. Era bellissima, una delle più belle umane che Kharonte avesse mai visto. Gli occhi della ragazza erano del colore delle nocciole, il suo sguardo allo stesso tempo deciso ed incantevole. Lo stava guardando, stava guardando lui, e Kharonte non riuscì a dire quale espressione stesse trasmettendo il quel momento quel viso che lo fissava. Si voltò a guardare i suoi compagni. Ophélia e Lily erano vicine e guardavano il paesaggio delle Colline di Colletorto in direzioni opposte, dandosi le spalle. Zihark stava invece guardando lui con un'espressione di esasperazione e perplessità dipinta sul viso e negli occhi vispi.

Possibile che i suoi compagni non l'avessero notata? Eppure era lì, a non molta distanza da loro. Si girò di nuovo verso la spiaggia ed alzò timidamente una mano per provare a salutare la ragazza del mistero. Quest'ultima però, non rispose al saluto di Kharonte. Si limitò a volgere lo sguardo alla sua sinistra ed ad indicare in quella direzione con una mano. Poi tornò guardare Kharonte per qualche breve istante, prima di voltarsi verso il mare.

"Ehi! Ma dico ti sei addormentato!? Ci muoviamo a vuoi aspettare che quelle due si prendano a colpi d'incantesimi!?"

Zihark gli stava strattonando il braccio. Kharonte si voltò di scatto, come se l'amico l'avesse appena svegliato dal sonno. Si rese conto di dover sembrare un intontito, a giudicare da come lo stava guardando Zihark.

"Eh? No, è che stavo guardando..." Iniziò a a dire cercando di riprendere il controllo della sua voce e di sé stesso, ma quando si voltò di nuovo verso la spiaggia, la ragazza umana era sparita. "Ma che diavolo...?" Lo stregone si guardò intorno, ma dell'umana non c'era nessuna traccia in nessuna direzione egli guardasse.

"Cosa guardavi? Il mare?" chiese sarcastico Zihark. "Dai muoviti, che prima arriviamo a Tarren Mill e prima evitiamo che queste due qui scatenino la Quarta Guerra!"

"Si.. certo.." disse Kharonte guardano ancora verso la spiaggia ora deserta. Si voltò ed raggiunse i suoi compagni, iniziando il breve cammino verso la città dei Forsaken. "Di nuovo in un cimitero, mamma mia che fortuna!" sentì dire con il suo tono ironico a Zihark. "Io sono d'accordo con te, mago. Io sto iniziando a non sopportarli quei cadaveri ambulanti", sentì rispondere Ophélia. "Secondo me non sono così male come dite voi, basta saperli prendere!" aveva detto invece Lily.

Ma l'attenzione di Kharonte era tutta per la ragazza umana. Chi era? Possibile che la potesse vedere solo lui? E cosa voleva indicare? Per il momento, lo stregone non decise di non dire nulla ai suoi compagni di quella, si convinse, era stata una vera e propria visione.

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Capitolo 9
*** Viaggio in Coppia ***


Era ancora sovrappensiero quando Zihark gli toccò il braccio e si avvicinò a lui.

"Kharonte, non pensi sia meglio dividerci in coppie fino a Tarren Mill? In quattro tutti insieme potremmo dare nell'occhio e quelli di Southshore a quanto sappiamo attaccano a vista.."

La voce arrivò alle orecchie dello stregone come un suono lontano proveniente da un luogo molto distante. Kharonte stava infatti ancora pensando alla ragazza umana che solo lui aveva visto poco prima. Alzò lo sguardo e fissò Zihark per qualche istante, poi sembrò ritornare alle Colline di Colletorto.

"Eh..? Ah sì, penso proprio che sia un'ottima idea", iniziò a dire lo stregone guardandosi intorno. Il villaggio umano era poco distante da loro, e percorrere la strada in quattro non sembrò una bella idea nemmeno a lui. "Chiamiamo le ragazze" disse infine prima di voltarsi verso le due elfe a poca distanza da lui.

"Lily, Ophélia! Avvicinatevi un attimo qua, Zihark ha fatto un'ottima osservazione". La strega e la sacerdotessa fecero quei pochi passi che le separavano dallo stregone e dal mago.

"Allora, cos'ha pensato il nostro amico mago?" disse Ophélia voltandosi verso Zihark e rivolgendogli un sorriso. Il mago la guardò perplesso, mentre Lily non pronunciò nemmeno una parola, limitandosi a guardare Kharonte.

"Zihark ha pensato che sarebbe meglio se ci dividessimo in coppie per la strada verso Tarren Mill. Con le notizie che ci ha portato Ophélia da Southshore non sarebbe prudente procedere in quattro."

"Per me va bene" disse Lily con la sua voce tornata allegra come sempre. Ophélia invece, non sembrò subito molto incline all'idea.

"E quindi? Siamo due stregoni ed un mago, ed abbiamo anche una curatrice.. che ci atticchino pure! Gli faremo pentire di averlo fatto". Il tono della strega era spavaldo, così come l'espressione del suo viso. Kharonte pensò che Ophélia dovesse avere un carattere bello tosto, almeno all'apparenza.

I tre compagni però, guardarono Ophélia con la perplessità a fare da padrona sui loro volti. Resasi conto che i tre avevano già deciso, anche la strega si allineò

"...ma è anche vero che non mi va di rischiare la vita due volte in ventiquattr'ore, quindi va bene, andiamo a coppie. Io vengo con te, Kharonte?" Nel porre la domanda Ophélia si era avvicinata allo stregone, guardandolo negli occhi con il suo sguardo penetrante.

Kharonte iniziò a pensare. Di certo non avrebbe messo in coppia Ophélia e Lily. Quelle due insieme avevano iniziato a fare scintille sin da subito ed era meglio tenerle distanti, almeno per il momento, almeno fino a quando non si sarebbero conosciute meglio. Dall'altra parte però, non si sentiva a suo a suo agio nemmeno con l'intraprendenza della strega nei suoi confronti... Kharonte guardò Lily. La sacerdotessa avevo lo sguardo rivolto in avanti, e subito dopo iniziò a rovistare tra la sua borsa da viaggio.

"Io andrò con Lily", disse dopo qualche secondo Kharonte, il tono di voce deciso. "Tu invece Ophélia andrai con Zihark." Lo stregone lanciò una rapida occhiata all'amico. "Per te non è un problema, vero?"

"E perché mai dovrebbe esserlo? Lo sai che per me è indifferente, se devo andare con lei, andrò con lei." Effettivamente Zihark non si era mai fatto "problemi di compagnia". Era un elfo abbastanza aperto alle nuove conoscenze e dava sempre a tutti una chance. Il problema era quando questi ultimi si dimostravano persone povere dal punto di vista umano.

Ophélia arricciò la bocca. "Che c'è, non mi vuoi?" disse a Kharonte con voce a metà tra il divertito e l'ironico. "O hai paura di cadere in tentazione?" E detto questo scoppiò a ridere, poi si voltò verso Zihark, non prima di aver dato un veloce sguardo a Lily, che aveva adesso la testa abbassata. "Dai andiamo Zihark, lasciamo soli i due piccioncini". Nuovamente, Ophélia scoppiò a ridere, mentre si incamminava seguita dal mago.

"Faremo meglio ad andare via dalla strada per il momento. Qua vicino ci sono dei campi ed un avamposto presidiato da umani, se giriamo un po' verso destra l'unica cosa di cui dovremmo preoccuparci sarà qualche orso ed un paio di ragni di foresta." Disse Zihark voltandosi indietro verso Kharonte mentre raggiungeva Ophélia davanti a lui.

"Benissimo!", replicò lo stregone. "Lily, andiamo?" La sacerdotessa alzò lo sguardo ed i suoi occhi incontrano quelli di Kharonte come non succedeva da un po' di tempo. Lily sorrise allo stregone e le sue guance arrossirono leggermente.

"Andiamo, Khar."

"Cosa c'è tra quei due?" Ophélia rivolse quella domanda a Zihark voltandosi indietro a guardare Kharonte e Lily, a pochi metri di distanza dietro di loro. Il mago continuò invece a guardare davanti a lui.

"Ah guarda, non lo so e sinceramente non lo voglio nemmeno sapere", rispose con tono tranquillo. "A me basta che lui stia bene, poi le relazioni che vuole intrattenere non sono di certo affar mio. Perché, tu sei interessata a lui?"

Ophélia si girò nuovamente e guardò il mago. "Magari sono interessata a lei...!" Accennò un sorriso ironico. "Figurati, non posso essere interessata a qualcuno che non conosco. Però mi piace provocare!" E di nuovo Ophélia rise di gusto.

"Ti diverti proprio, eh?"

"Tantissimo! Ho appena rischiato di morire, ci vuole qualche sana risata, ti riconcilia con la vita!"

"Khar, ti fidi davvero di lei?" Lily rivolse quella domanda a Kharonte senza guardarlo, tenendo gli occhi su Ophélia, la quale era davanti a loro intenta a parlare con Zihark.

"È sicuramente stata mandata a cercarci da Kentel, quel totem con la sua iniziale penso sia una buona prova. E poi, se vuoi sapere cosa penso Lil, secondo me non è così intraprendente e provocatoria come fa apparire lei.. credo sia più una sorta di meccanismo di difesa."

Kharonte aveva osservato attentamente Ophéliabe non per il suo, pur gradevolissimo aspetto fisico. Erano più i suoi modi di fare ad incuriosirlo, a spingerlo a voler scoprire cosa ci fosse sotto quei comportamenti apparentemente così...audaci. I suoi pensieri però furono interrotti dalla risatina divertita della sacerdotessa al suo fianco.

"Che hai da ridere?"

"Mi hai appena chiamato Lil, non te ne sei accorto?" La voce di Lily era si divertita, ma anche compiaciuta. Era evidente che avesse apprezzato il fatto che lo stregone l'avesse chiamata in quel modo.

"Beh, se tu mi chiami Khar, io ti chiamo Lil!" Fu la risposta di Kharonte, che decise, per una volta, di giocare d'attacco con la sacerdotessa. "Mi pare che in quella notte a Brill non facessimo tutta questa attenzione ai nomi, o sbaglio?" chiese guardando sornione Lily, la quale avvampò e spinse leggermente di lato lo stregone.

"Sei uno scemo!" disse, ma non poté fare a meno di sorridere. "Certo che questo posto è davvero bello, non credi?" chiese poi guardandosi intorno. Le Colline di Colletorto erano davvero uno dei posti più belli di Azeroth, pieno di verde, di colori, di vita ed il mare a sud dava quel tocco magico di libertà sconfinata.

"Sarebbe più bello se non ci fossero gli umani pronti a seccarci a vista... Personalmente ho sempre desiderato visitare Northrend. Quel luogo mi affascina da sempre", fu la risposta laconica di Kharonte. Al sentire nominare il continente ghiacciato, il volto di Lily si illuminò.

"Northrend! Adoro anch'io io quel posto! Hai mai sentito parlare del Bacino di Sholazar? Sembra sia un paradiso in terra!" Il volto della sacerdotessa aveva assunto un'espressione sognante, lo sguardo perso nell'orizzonte.. Kharonte non poté non notare quanto Lily fosse bella in quel momento. Spinto da quella sensazione, da quel senso di bellezza, si buttò.

"Magari un giorno ci andremo insieme, che dici, Lil?" disse prendendo la mano di Lily nella sua. La sacerdotessa abbassò lo sguardo visibilmente imbarazzata e rossa in volto.

"Khar..io... sarebbe bellissimo..."

Tuttavia, ben presto il tempo delle parole e delle risate finì. Lungo la strada per Tarren Mill infatti, Zihark ed Ophélia abbatterono tre orsi e due ragni di foresta che li avevano attaccati. In quei frangenti, la magia del gelo dell'elfo si rivelò molto utile, immobilizzando le bestie feroci mentre la magia demoniaca di Ophélia ed il suo Voidwalker eliminavano la minaccia.

Anche Kharonte e Lily ebbero il loro bel da fare con le belve delle Colline di Colletorto. Lo stregone si adoperò nell'uso del ramo dell'afflizione della magia demoniaca, mentre Lily lo supportava con la sua magia curativa e quella di protezione con scudi magici che proteggevano Kharonte ed in alcune circostanze, la sacerdotessa si potè permettere anche di lanciare qualche incantesimo d'ombra, scuola della quale era ancora inesperta.

Il gruppo si riunì così all'entrata di Tarren Mill una città Forsaken ma decisamente più "umana" rispetto al Sepolcro. La città era infatti originariamente abitata dagli umani e le case erano costruite nel loro stile. Non erano molte e sulla sinistra, a pochi metri dall'entrata, vi era un campo da coltivazione ed una fucina.

Zihark e Lily furono i primi ad entrare nella locanda, mentre l'attenzione di Kharonte venne attirata dalla pergamena affissa fuori dalla struttura. Su di essa vi era l'immagine di una giovane elfa della notte dai capelli viola e dagli occhi argentei. Lo stregone lesse in silenzio la didascalia sotto l'immagine

"Breeselion, elfa della notte, ricercata. Individuo pericoloso, chiunque la catturerà e la condurrà in una qualsiasi capitale dell'Orda, sarà lautamente ricompensato."

"Dai su, entra!" Lily si era voltata indietro per chiamare Kharonte, il quale distolse lo sguardo dalla pergamena, ed entrò nella locanda di Tarren Mill, seguito da Ophélia.

L'interno non era particolarmente affollato e Kharonte notò subito la figura possente seduta di spalle ad un tavolo alla sua sinistra. Con lui c'era una giovane tauren verso la quale si diresse subito Ophélia, con un grande sorriso stampato sulla faccia.

"Rehala! Sono così felice di rivederti!" disse alla tauren che Kharonte capì essere una sciamana del Circolo della Terra. Poi la strega si voltò verso il draenei accanto a lei.

"Missione compiuta, sciamano, erano proprio loro!"

Il draenei si alzò lentamente e si girò verso il trio ancora in piedi dietro di lui.

"Ecco il nostro amico, Kharonte. Spero vivamente che tu abbia un valido motivo per averci fatti finire fin qui, draenei", disse Zihark

Lo sciamano non perse la sua calma e l'affabilità del suo volto. "Vedrai che sarà così, arcanista". Poi volse la sua attenzione verso lo stregone davanti a lui. "Finalmente ci incontriamo, Kharonte" disse Kentel.

L'elfo del sangue non disse una parola.

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Capitolo 10
*** L'incontro ***


Passò qualche istante prima che le parole gli uscissero dalla bocca. Mille pensieri passavano adesso per la mente di Kharonte, ora che finalmente si trovava davanti a quell'essere misterioso da cui settimane prima aveva ricevuto una lettera. E fu proprio di quest'ultima che lo stregone parlò inizialmente allo sciamano.

"Quindi sei tu ad avermi spedito questa?", chiese a Kentel dopo aver tirato fuori la missiva da una tasca della tunica rossa che indossava. Il draenei, un essere possente anche per la sua razza, aveva due profondi occhi color celeste e quattro tentacoli che gli scendevano dal viso. Due più lunghi alle estremità di quest'ultimo e due più interni e più corti. Indossava delle vesti semplici, tipiche dell'ordine del Circolo della Terra. Accanto a lui c'era una giovane tauren, anche lei vestita con lo stesso genere di abiti. Lo sciamano guardò prima la lettera fugacemente, poi tornò su Kharonte. La sua espressione era gioiosa, egli aspettava quel momento.

"Si Kharonte, sono stato io a mandarti quella. Ed ora che sei qui, vorrei parlare con te della nostra visione, che sono certo sarà la medesima, dell'essenza della Magia, della vera essenza. Sarai sicuramente stanco di questo lungo viaggio, e sicuramente lo saranno anche i tuoi amici!", disse guardando Zihark e Lily che erano al fianco dello stregone e rivolgendo loro sorrisi gentili. "So che dovevamo vederci a Southshore, ma come vi avrà sicuramente detto la nostra amica Ophélia", si girò a guardare la strega che intanto si era accorta del cartello da ricercato dell'elfa della notte e lo stava adesso leggendo, "le cose hanno preso una piega diversa dal previsto..." Nel pronunciare queste parole, il tono di voce di Kentel si fece leggermente rammaricato. Poi lo sciamano si scostò, facendo un largo gesto con la mano ed invitando il trio davanti a lui. "Ma prego, accomodatevi adesso, qui potremo finalmente parlare. Ah, e lasciate che vi presenti la mia apprendista" Si voltò in direzione della tauren. "Lei è Rehala."

"Salve, amici elfi!" disse Rehala in un tono che a Kharonte parve neutro. Non di certo ostile, ma nemmeno troppo entusiastico. "Il mio maestro ti attendeva da tempo, Kharonte, e non ha mai dubitato del tuo arrivo. Sei il benvenuto."

"Grazie, Rehala", rispose l'elfo con tono distratto. Lo stregone era infatti sovrappensiero in quel momento. Quando aveva iniziato quel viaggio a Quel'Thalas, aveva pensato che quell'incontro si sarebbe svolto in tre. Adesso invece si ritrovavano ad essere addirittura in sei. Fu solo allora che Kharonte pensò che anche lui avrebbe dovuto presentare i suoi compagni. "Loro sono Zihark, un mio vecchio e caro amico che mi accompagna dalla mia terra", disse lo stregone indicando l'elfo alla sua destra, il quale fece un profondo inchino e disse con voce solenne: "Lieto di fare la vostra conoscenza." Quello di Zihark era stato un semplice saluto formale, freddo. Era chiaro come il mago non si fidasse ancora del draenei. Kharonte si voltò poi alla sua sinistra. "E lei è Lily, la mia..."

Si bloccò. Cos'era Lily? Non aveva mai affrontato quell'argomento con la sacerdotessa. Era successo tutto così in fretta ed in modo così...naturale che non gli era passato per la testa di parlare di cosa fossero loro due. Lily intanto era arrossita ed aveva abbassato lo sguardo, mentre le orecchie di Zihark erano scattate. Anche Ophélia aveva interrotto la lettura del cartello da ricercato e stava guardando adesso Kharonte. Alla fine quest'ultimo optò per la scelta che avrebbe richieduto meno spiegazioni. "... la mia amica. Ci siamo incontrati a Brill." Kharonte non considerava Lily un'amica, ma non si sentì nemmeno di dire che fosse la sua ragazza, non prima di averne discusso con lei.

Si accomodorano così al grande tavolo della locanda. Da una parte Kharonte, Zihark e Lily, dall'altra, Kentel e Rehala. Ophélia intanto si era diretta verso il bancone dell'oste. "Vado a chiedere di più su 'sta tizia ricercata", aveva detto.

Quando fece per sedersi, Zihark trovò un libro sopra la sua sedia.

"La grande battaglia di Silvermoon, di RossoCremisi" lesse ad alta voce. Prese il libro e lo voltò verso Kharonte. "I Forsaken devono avere una passione per quel bibliotecario", disse con tono ironico. Kharonte non rispose. La sua attenzione era tutta su Kentel e sulla loro prossima conversazione.

"Possiamo iniziare dunque?" chiese il draenei rivolto a tutti i presenti al tavolo. Tutti acconsentirono ma fu lo stregone a parlare.

"Direi di si, ed avrei subito una domanda. Come hai saputo di me?"

Lo sciamano poggiò le grandi braccia sul tavolo, incrociando le mani. "Ho sentito parlare di te durante uno dei miei viaggi a Quel'Thalas. Stavo meditando per entrare in comunione con gli Elementi quando ho sentito parlare alcuni elfi del circolo delle carte di questo stregone che era appassionato della storia di questo mondo. Dicevano che aveva scritto delle pergamene e che le leggeva proprio al circolo, sostenendo che quelle storie fossero la "vera essenza della Magia". Anch'io la penso come te, Kharonte, ed è per questo che ti ho scritto quella", continuò Kentel indicando la lettera poggiata sul tavolo. "Ho delle notizie per te."

Il draenei non aveva mai smesso di guardare non solo Kharonte, ma tutti i presenti al tavolo, come se la cosa riguardasse tutti. Fu Lily in quel momento a prendere la parola ed a rivolgersi allo sciamano.

"Ma scusami", la voce della sacerdotessa era timida, ma allo stesso tempo curiosa. "Come fanno delle storie ad essere la vera essenza della Magia?"

Kentel si schiarì la voce. "Vedi Lily", inizió, "alcuni credono che l'essenza della magia sia la Luce" disse indicando proprio la sacerdotessa, "altri il fel", indicò Kharonte, "altri ancora l'energia arcana" guardò Zihark. "Ma cosa sono tutte le magie di questo mondo, senza un VERO MOTIVO per usarle? E come può questo motivo essere il mero potere o lo squallido diletto personale? Abbiamo visto quali grandi catastrofi hanno portato queste motivazioni nell'uso della Magia nel corso della storia, ed è proprio qui che è quest'ultima a diventare il motivo per cui adoperarla, lo scopo. Far si che quelle cose non succedano mai più. E sono sicuro che anche Kharonte la pensa così."

Lo stregone rimase stupefatto. Kentel aveva detto esattamente quelle che erano anche le sue idee. "Si, è così.. anch'io la penso così", confermò.

"Ed ecco ora le notizie che ho per te, amico mio. Ho saputo che esistono tre libri citati solo nelle leggende che narrano VERAMENTE le catastrofi provocate dall'uso egoistico della Magia. La mia intenzione era quella di andare insieme a te alla loro ricerca, anche se ci sarebbe voluto un bel po' di tempo, dato che a quanto pare uno si trova a Stormwind, un altro ad Ashenvale, ed il terzo addirittura nelle Terre Esterne. Avremmo dovuto trovare quei libri e trascriverli, in modo da consegnarli ai regnanti di questo mondo affinché mettessero un freno a questo crescente arricchimento di Magia che si sta facendo sempre più pericoloso!" La voce di Kentel, partita con tono deciso, si era fatta ora speranzosa. "Ma a quanto pare la fortuna ci assiste! Se i miei occhi non mi ingannano siamo in sei adesso, quindi potremmo dividerci in coppie da due ed andare alla loro ricerca, se siamo tutti d'accordo ovviamente!" concluse guardando tutti gli altri.

Intanto, Ophélia aveva fatto ritorno, portando altre notizie. "Sentite un po'", iniziò a dire con tono eccitato e fremente. "L'elfa della notte, quella del cartello, è ricercata per razzie in vari piccoli villaggi dell'Orda. Ma quel che si dice in giro è che sia stata aiutata da uno dei nostri, un elfo del sangue."

"Perché mai un elfo del sangue dovrebbe aiutare una kaldorei?" chiese Zihark con tono scettico. "Noi non li possiamo vedere quei nottambuli"

"Non ne ho idea", rispose la strega con tono incurante, "ma per quella taglia combatterei volentieri anche con qualsiasi mio compatriota. Quasi quasi mi metto alla sua ricerca."

"A quanto pare i piani sono altri", intervenne Rehala. Ophélia guardò la giovane sciamana con un'aria interrogativa, così la tauren spiegò alla strega quello che il suo maestro aveva appena detto al gruppo. Kharonte notò che l'atteggiamento di Rehala verso Ophélia era completamente diverso da quello che aveva avuto verso di loro. Pensò che le due potessero essere già entrate in confidenza.

"Beh, questa sembra addirittura un'avventura più eccitante! E non è detto che non incontreremo comunque l'elfa della notte!" Ophélia sembrava addirittura più eccitata di prima.

"Bene, se tutti sono d'accordo.." iniziò Kentel, ma la voce di Lily lo interruppe.

"Io.. veramente dovrei andare ad Hammerfall..." disse guardando infine Kharonte. "Credo di non poter venire con voi..."

"Hammerfall! Oddio, me ne stavo quasi dimenticando!" Ophélia si portò la mano alla fronte e pronunciò quella frase con tono grave. "Anch'io devo andare lì! Sentite, ecco la soluzione! Io e Lily potremmo andare ad Hammerfall insieme e poi dirigerci a Stormwind. Così avremo già formato una coppia!" Poi si voltò verso Kharonte, con il suo inconfondibile ormai sguardo provocatorio: "Sempre che al nostro stregone vada bene. Non vorrei che avesse paura che gli sciupi la piccola novizia"

Kharonte fece per rispondere ma senti la mano di Lily stringere la sua. "Khar.. io..." le guance dell'elfa si erano nuovamente colorate di rosso e continuò a guardare verso il basso. "Io non vorrei..separarmi da te..."

"Lil...", iniziò a dire Kharonte, ma la saggezza di Kentel interruppe quel momento di imbarazzo.

"Ascoltate, amici. Siamo tutti stanchi. Che ne dite se passiamo la notte qui e ci riposiamo? Domani poi, con calma ed a mente fredda decideremo i dettagli della nostra missione. Siete d'accordo?"

Tutti annuirono e così, dopo aver preso le stanze disponibili, si preparano a trascorrere la notte a Tarren Mill. Tuttavia, l'idea di doversi separare da Lily, che quella notte dormiva accanto a lui nella sparatana stanza che ricordava tanto quella di Bri, rese la notte di Kharonte insonne. Lo stregone decise così di uscire a prendere un po' d'aria, trovando, con sua grande sorpresa, Ophélia appoggiata alla staccionata all'ingresso della città.

"Insonnia anche per te?" chiese la strega quando vide Kharonte avvicinare a lei. Le guardie dei Forsaken sorvegliavano in silenzio i confini della città. C'erano solo loro due oltre ai pallidi Forsaken.

"No, a quanto pare", rispose lo stregone dopo averla raggiunta. "A te cosa tiene sveglia?" chiese poi.

Ophélia rispose guardando il cielo di Tarren Mill, completamente pieno di stelle in quella notte serena. "Ho avuto una giornata piuttosto movimentata, non credi? Mi viene difficile prendere sonno"

Kharonte era quasi sospettoso. "Davvero? Niente provocazioni? Niente battute?"

La strega si mise a ridere. "No, stavolta no! E a te invece? Cosa tiene sveglio?"

Anche Kharonte si mise a guardare il cielo. "Il pensiero di separarmi da Lily", disse semplicemente. Ophélia fu iniziale colpita da quell'affermazione, ma poi il suo tono si fece improvvisamente serio. "Dì la verità, non è solo un'amica come hai detto oggi, vero? Cos'è lei per te?"

Senza distogliere lo sguardo dal cielo, Kharonte fece un sospiro.

"Lily è una persona che cercavo da tempo. Perché io non sto davanti a lei per bloccarla. Allo stesso modo, lei non sta davanti a me, per oscurarmi la vista. Lily è quella persona che mi sta accanto, mi prende per mano e mi fa vedere cose che io non vedo. Lei è.."

Stava ancora parlando quando una sensazione di freddo lo travolse. Sentì gelarsi il sangue, una sensazione di torpore travolgerlo. La vista gli si annebbiò, alzò lo sguardo e vide Ophélia con un'espressione sbigottita, allarmata, incredula sul volto. Le sue gambe divennero molli, iniziò pure ad avere dei forti giramenti di testa. Si costrinse ad abbassare lo sguardo anche se non aveva più le forze per fare nemmeno quello e vide la punta di una freccia spuntargli da poco sotto alla sua spalla destra. Cercò di guardare nuovamente Ophélia, ma non ce la faceva più. I suoi occhi si stavano chiudendo, e mentre cadde al suolo su un fianco, udì a malapena le grida di Ophélia chiamava il suo nome e poi quello dei suoi compagni, né le grida di battaglia che si udirano provenire da ogni direzione. Poi la luce si spense.

Quando Kharonte riaprì gli occhi, si ritrovò disteso. Ma non era a Tarren Mill, non era con i suoi compagni e non era nemmeno ferito. Si alzò di scatto e si guardò intorno. Dietro, a sinistra, a destra, non c'era nulla. Solo un'enorme spazio bianco, completamente vuoto. Ma la cosa più incredibile si trovava davanti ai suoi occhi. Una spiaggia. Una spiaggia bellissima con una casa di legno nella sua riva. All'angolo di essa, in piedi, rivolta verso il mare, lo stregone vide una figura familiare. Una ragazza umana, dai lunghi capelli castani e la veste gialla e scalza. Come se percepisse la sua presenza in quel luogo così incredibile, quest'ultima si voltò verso di lui.

"Ciao, Kharonte."

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Capitolo 11
*** La Finestra sul Tempo ***


La voce della ragazza umana era eterea. Leggera come una piuma, delicata come seta sull'acciaio. Aveva un viso dai tratti decisi, eppure la sua bellezza era innegabile. Non c'era dubbio, era la stessa ragazza che il solo Kharonte era riuscito a vedere prima di arrivare a Tarren Mill. Si accorse di non avere indosso nulla ma stranamente non aveva caldo, ne sentiva freddo, ed instintivamente, la sua mano andò a toccare poco sotto la spalla, nel punto in cui ricordava di essere stato colpito.Non c'era nessuna traccia della ferita. Cautamente, lo stregone, rispose al saluto della donna misteriosa.

"Ciao", disse con tono incerto. L'elfo era ancora frastornato da quel luogo che era, ma al tempo stesso non era. "Tu sei la ragazza, che ho visto sulle rive delle Colline di Colletorto prima di arrivare a Tarren Mill." Non era una domanda, se c'era una cosa di cui Kharonte era certo, era che si trattasse proprio della stessa persona.

"Si, sono io", rispose lei. Lo stregone non riuscì a carpire nessuna emozione dalle parole pronunciate dalla ragazza ed un sospetto iniziò ad insinuarsi nella sua mente. "Vieni accanto a me", gli disse poi, "non trovi che questo panorama sia splendido?"

A piccoli passi, Kharonte avanzò verso la piccola casetta in legno sopra la spiaggia. Il paesaggio era davvero tanto surreale quanto bello. Non aveva mai visto, né letto di una spiaggia simile in tutta Azeroth. La sabbia era bianchissima, ed il mare di un blu cobalto. Nel cielo non c'era nemmeno una nuvola ed il sole si stagliava all'orizzonte pronto a sorgere. L'unico suono che si sentiva era il verso di alcuni gabbiani che l'elfo non riusciva però a vedere da nessuna parte. Quando arrivò all'estremità del piccolo pontile in legno su cui la casa era stata costruita, Kharonte si sedette vicino alla ragazza e quest'ultima si girò verso di lui curvando le labbra per accennargli un sorriso, prima di tornare subito dopo a scrutare l'orizzonte. Con le gambe a penzoloni, rimasero entrambi in silenzio per lunghi instanti. Fu Kharonte il primo a rompere quello strano silenzio, ponendo una domanda che la sua mente aveva elaborato sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi.

"Sono morto?" chiese girandosi lentamente verso la donna misteriosa. Nei suoi occhi e nella sua voce non c'era paura, quanto più preoccupazione.

"Lo sarai se vorrai esserlo", rispose l'umana senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte. Altri lunghi momenti silenziosi seguirono quell'enigmatica risposta.

"In che luogo ci troviamo?", chiese di nuovo l'elfo, stavolta anche lui restò con lo sguardo fisso davanti a sé.

"Questa è una finestra sul Tempo, un limbo tra la vita e la morte."

Un limbo tra la vita e la morte. Un turbine di pensieri invase la mente di Kharonte in quel momento. Non era ancora morto, forse per questo lo sarebbe stato solo se lui l'avesse voluto. Gli veniva quasi da sorridere, ucciso da una freccia scoccatagli alle spalle. Non di certo una gran fine, non di quelle che si leggono nelle storie o nei racconti. Ma alla fine non era certo quello un gran rimpianto. A Kharonte non erano mai interessate la gloria o la grandezza, le sue priorità erano sempre state altre. In quel momento finalmente comparvero i gabbiani dei quali aveva udito il verso, che planarono sulla sabbia. Kharonte osservò la scena, prima di porre la terza domanda.

"Che ne è degli altri?"

"Prova a guardare tu stesso" rispose la ragazza indicando con una mano il sole all'orizzonte davanti a loro. La leggera veste gialla che indossava sembrava fluttuarle intorno al corpo, senza intaccare la sua pelle.

"Eh? Davanti a me? Ma c'è la spiaggia davan.." Kharonte si era voltato verso la ragazza con un'espressione perplessa sul viso, ma quando tornò a guardare l'orizzonte, all'interno del semicerchio in cui sarebbe dovuto esserci il sole erano presenti ora delle immagini in scorrimento. Vide il suo corpo a terra, e su di esso vide Lily, la quale stava cercando freneticamente qualcosa all'interno della sua borsa da viaggio. Gli reggeva la testa con una mano, non l'aveva mai vista così agitata e spaventata. Sopra di loro, ai lati, erano presenti in piedi Ophélia e Zihark, impegnati a tessere incantesimi d'ombra, arcani, di fuoco... Contro di loro Kharonte intravide lanciarsi delle figure che sembravano essere quelle di umani, erano armate di spade, lance, asce, torce. Che quelli di Southshore avessero deciso di sferrare un attacco a Tarren Mill? I suoi pensieri furono interrotte dalla voce leggera della ragazza.

"I tuoi amici stanno lottando, come vedi. Sembrerebbe che quella sacerdotessa stia facendo di tutto per estirpare il veleno che ti è entrato il corpo tramite la freccia."

Lo stregone sembrò confuso, incredulo, preoccupato. Iniziò ad agitarsi pure lui. Voleva essere lì con loro ad aiutarli. Voleva aiutare Zihark, l'amico di una vita con il quale aveva condiviso tante avventure. Voleva mandare i suoi demoni a dar manforte ad Ophélia, che sapeva essere una brava persona sotto quell'apparenza di strega provocatoria e seducente. Kharonte aveva capito che quel modo di fare era solo un sistema di "difesa preventiva", un atto teatrale per nascondere un'elfa in verità fragile, forse insicura, che voleva solo proteggere il suo vero io. Voleva aiutare Kentel che si, aveva appena conosciuto, ma si era subito dimostrato un essere saggio ed allo stesso tempo risoluto, dai forti princìpi. E voleva aiutare anche Rehala, che era sicuro fosse una persona valida tanto quanto il suo maestro.

Ma più di qualsiasi altra cosa, lo stregone voleva cancellare l'espressione impaurita che si era appropriata del viso di Lily. Voleva distruggere ogni singolo pezzo di quella paura, far scomparire le lacrime che le stavano riempiendo gli occhi, soffiare via quell'agitazione che scuoteva il corpo della sacerdotessa. Non sopportava quella vista, non voleva vederla e avrebbe fatto di tutto per non averla davanti agli occhi mai più. Di scatto Kharonte si alzò, rivolgendosi alla ragazza, che invece rimase immobile al suo posto. Aveva completamente dimenticato di essere nudo, ma non gli importava nemmeno, così sembrava non importare nemmeno all'umana. La sua voce adesso era più veemente, più decisa.

"Hai detto che non morirò solo se lo voglio, giusto? Beh, io non voglio morire. So che non sei umana, e so che quando hai indicato in direzione di Tarren Mill quando ti ho vista alle Colline di Colletorto stavi indicando esattamente il momento in cui sarei stato colpito dalla freccia. Tu sei un drago bronzeo, vero? Bene, riportarmi indietro! Voglio andare ad aiutare i miei amici!"

La ragazza rimase tutto il tempo che Kharonte impiegò a dire quelle cose guardandolo negli occhi. Quelli dell'umana erano due occhi bellissimi, molto espressivi, di un colore verde non molto acceso.

"Perché ti sei alzato? Dove vorresti andare? Siediti, Kharonte." Non c'era traccia d'ira nella voce dell'umana, la sua era proprio una voce... fuori dal tempo.

"Non voglio sedermi, voglio tornare indietro ti ho detto!" Lo stregone fece un passo verso la ragazza ma quest'ultima ancora una volta non si mosse, restando a fissarlo in viso. Stranizzato ed in un certo senso colpito dalla fermezza di quello sguardo, Kharonte tornò a sedersi. L'impeto che l'aveva animato un minuto prima si dissolse.

"Si, sono un drago di bronzo" iniziò subito dopo la ragazza, che stava ora guardando i gabbiani che stavano girando caoticamente sulla spiaggia. "In questa forma mortale il mio nome è Valenix, e sto osservando da molto tempo."

Kharonte assunse un'espressione interrogativa. Quel drago, quel Valenix lo stava osservando da tempo? Eppure lui era sicuro di aver visto la ragazza soltanto il giorno prima. Come a leggere nei pensieri dell'elfo, Valenix rispose ai suoi dubbi facendo un cenno della mano in direzione dei gabbiani. Kharonte li guardò ed improvvisamente i volatili preso prima la figura sua e di Zihark che parlvano delle carte del gioco diffuso all'accademia, poi di sé stesso che leggeva la lettera di Kentel, poi ancora di lui che aspettava l'amico mago ai confini di Boschi di Canteterno. Era come proiezioni astrali, che si muovevano sul posto e parlavano senza emettere suono. I gabbiani continuarono ad assumere le forme più diverse. Da Kentel che arrivava a Southshore insieme alla sua apprendista Rehala, ad Ophélia che veniva catturata al confine di Silverpine....

"Mi diverto sempre a vedere il passato", stava intanto dicendo Valenix abbozzando una risatina, "ci sono così tante cose da vedere nelle Vie del Tempo che finisco sempre per vedere gli eventi passati, più che quelli presenti". Kharonte stava ancora fissando le proiezioni davanti a lui. "La vostra avventura avrà una grande rilevanza per questo pianeta. Nemici aspettati e inaspettati vi attendono lungo il cammino, alla ricerca di quei tre libri..."

Intanto, le figure davanti agli occhi dello stregone avevano assunto la forma sua e di Lily, nel loro primo incrocio di sguardi alla locanda di Brill. Quegli sguardi che erano stati tutto per loro, non solo un semplice guardarsi, ma un modo per entrarsi dentro, un'esplosione di emozioni, di sensazioni. E poi ancora, altre scene passate con protagonisti lo stregone e la sacerdotessa, loro due a letto in quella stessa notte, Lily che lo guardava sul ponte di Silverpine, lui che le prendeva la mano prima di arrivare a Tarren Mill, proponendogli quella visita al Bacino di Sholazar..

"Lil..." Quelle semplici tre lettere uscirono dalla voce di Kharonte come un sussurro... Non l'avrebbe lasciata sola, non prima di essere andato con lei a Sholazar. Così come non avrebbe lasciato soli i suoi amici.

"Dovevi solo volerlo, Kharonte. Ci rivedremo.."

L'elfo fece per girarsi a guardare il drago bronzeo, ma Valenix era già svanita quando i suoi occhi guardarono sul posto in cui era seduto il leviatano dalle sembianze umane. Poi, uno dopo l'altro sfumarono anche la casa ed il pontile, i gabbiani, la spiaggia... Ed infine il sole all'orizzonte irradiò una luce di una luminosità intensissima che costrinse Kharonte a chiudere gli occhi e proteggersi il volto con le mani.

Quando lo stregone li riaprì, si ritrovò su di un letto della locanda di Tarren Mill. Lily era chinata sul bordo del letto e stava dormendo, con la mano stretta in quella di Kharonte.

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Capitolo 12
*** Separazioni ***


“Khar!” Lily si svegliò e si alzò di scatto quando sentì la mano di Kharonte muoversi dentro la propria. La sacerdotessa abbracciò lo stregone, provocando a quest'ultimo una fitta alla spalla che ora aveva fasciata.

“Ahi! Piano Lil, mi fai male così...” disse l'elfo emettendo un lamento. Come se si stesse rendendo solo in quel momento di ciò che stava facendo, Lily si staccò bruscamente da Kharonte e lo stregone vide nel volto della sacerdotessa comparire il rosso dell'imbarazzo.

“S-scusa...” la voce di Lily era ancora più imbarazzata del suo viso, ed istintivamente abbassò lo sguardo. “Ero solo contenta che ti fossi risvegliato.. mi ero preoccupata, sai?”

Anche Kharonte in quel momento fu colto da un lieve imbarazzo, e fece uno sforzo per mettersi seduto ai bordi del letto, non senza dolori alla spalla ferita.

In quel momento fece la sua comparsa Zihark, in piedi sulla soglia della porta.

“Oh, finalmente ti sei deciso a svegliarti!” disse voltandosi poi verso la stanza adiacente a quella di Kharonte. “Ragazzi, si è svegliato!”

Uno dopo l'altro, Kentel, Rehala ed Ophélia fecero il loro ingresso nella stanza. Kharonte posò il suo sguardo su ognuno di loro. Gli sembrò così strano vedere tutta quella gente riunita lì, tutte quelle storie così diverse che alla fine si erano intrecciate in un'unica grande rete. 

“Guarda un po' te dovevo finire a preoccuparmi per uno stregone semi-sconosciuto” stava dicendo Ophélia a Rehala prima di girarsi verso Kharonte e fargli l'occhiolino. Allo stregone sarebbe piaciuto conoscere di più quella strega così particolare. In qualche modo lo incuriosiva, ma allo stesso tempo percepiva una sorta di sottilissima barriera tra lui e l'elfa, un qualcosa che temeva non sarebbe mai sparito. 

“E' sempre stato così”, le rispose Zihark che intanto si era portato ai piedi del letto ed aveva preso a guardare Kharonte mettendosi le braccia conserte, “è sempre riuscito a farsi voler bene in poco tempo.”

Kharonte accennò un lieve sorriso, poi domandò. “Ma cosa è successo? Chi mi ha scoccato quella freccia?” 

“Quelli di Southshore hanno attaccato Tarren Mill. Ho ucciso personalmente l'umano che ti ha colpito”. Ad echeggiare nella stanza fu la profonda voce di Kentel. “Questa maledetta eterna lotta tra Orda ed Alleanza finirà per distruggere questo mondo, proprio come ha fatto con il mio...” Nel dire queste ultime parole, la voce di Kentel si affievolì e seguirono alcuni istanti di assoluto silenzio.

“E' per questo che dobbiamo trovare quei libri di cui parlavi.” A rompere il silenzio Lily. “Non voglio più assistere a nottate come quella che abbiamo trascorso. Ne voglio rischiare di perdere le persone a cui voglio bene, per una stupida lotta.” In quel momento, lo stregone sentì stringersi la mano in quella della sacerdotessa.

Tutti annuirono.

“Dunque, direi che è arrivato il momento di decidere le coppie che intraprenderanno quest'importante viaggio” disse risoluto Kentel, che poi continuò: “Ci porterà in luoghi molto distanti tra loro, addirittura in un altro mondo... ed è lì, se a voi va bene, che vorrei recarmi io.. Per vedere ancora una volta quella che un tempo fu la mia casa.”

“Non ho nulla in contrario”, disse Kharonte che poi si voltò a guardare Zihark. “Perchè non vai tu con lui?”

Un'espressione di sorpresa si dipinse sul viso del mago, non si aspettava assolutamente quella proposta. “Io? Ma...”

“Non dicevi sempre di voler vedere il paradiso in terra dove si trovava il Principe? Ora ne hai l'occasione..”

“Si, ma io volevo andarci insieme a te! Abbiamo sempre condiviso le nostre avventure insieme, ed anche tu penso voglia vedere quel posto!” ribattè Zihark, come se stesse dicendo una cosa ovvia, sulla quale non si doveva nemmeno discutere.

Kharonte accennò una leggera risatina. “Come vedi io adesso non posso muovermi ancora bene... Ho bisogno ancora di qualche giorno per riprendermi completamente, senza contare che noi due insieme non possiamo intraprendere un viaggio così lungo e pericoloso... nessuno di noi due conosce le arti curative, amico mio...”

Zihark rimase per qualche secondo in silenzio fissando Kharonte. Effettivamente aveva ragione... poi però pensò ancora ad un particolare.

“E Rehala? Sicuramente lei non si vorrà separare dal suo maestro!” disse il mago voltandosi verso la giovane tauren, la quale aveva un'espressione incredula e lo sguardo fisso su Kentel.

“Maestro...”, iniziò con voce insicura, “io... non capisco. Non vengo con voi?”

Kentel rimase in silenzio e fece qualche passo avvicinandosi a Rehala.

“Rehala”, disse con voce ferma “credo sia ora che tu metta in pratica gli insegnamenti che ti ho dato in questi mesi. Per questo credo che tu debba separarti da me, ed andare con qualcun altro. E' ora che anche tu esca dall'ombra ed inizi a splendere, mia apprendista.”

La sciamana aveva gli occhi lucidi, ma capiva quella scelta del suo maestro. Anche lei d'altronde desiderava la libertà, l'autonomia... risplendere di luce propria, come le aveva appena detto Kentel.

“Con chi andrò io allora?” chiese con la voce spezzata.

Il draenei si voltò verso Ophélia. “Credo che la nostra strega possa fare al caso nostro. Tra voi due vedo sintonia, ed avete iniziato a sviluppare un bel rapporto di amicizia... Per te va bene, Ophélia?”

La strega si mostrò un po' sorpresa, ma sembrò gradire quella prospettiva. “Devo essere sincera”, disse, “mi aspettavo di andare con Zihark, ma capisco la situazione che si è creata. E sono sicura che viaggiare con Rehala sarà divertente” guardò la tauren e le sorrise. “Anche se...” e nel dire questo guardò con i suoi occhi magnetici e maliziosi Kharonte e Lily “ammetto che un po' mi dispiace separarmi da voi due... Iniziavate davvero a piacermi.”

“Kharonte è sicuramente in ottime mani, cara Ophélia. Per questo non credo ci sia bisogno di discutere dell'ultima coppia.” disse Kentel guardando Lily, ormai sempre più rossa in viso. 

Tutti gli altri si misero a ridere, consapevoli che quella potesse essere una delle ultime volte che avrebbero potuto farlo tutti insieme. 

Si ritrovarono così all'entrata di Tarren Mill. Ognuno aveva con se la propria borsa da viaggio, ma anche la propria risolutezza, la propria determinazione, le proprie speranze. 

“Qui ha dunque inizio il nostro viaggio”, iniziò a dire Kentel mentre tutto il gruppo era disposto in cerchio. “Ed è anche qui che torneremo quando quest'ultimo finirà. Questo sarà il nostro punto di ritrovo, una volta che una coppia avrà recuperato un libro, tornerà a Tarren Mill ed aspetterà gli altri. Siamo tutti d'accordo?” chiese poi guardandoli uno ad uno.

Un “si” all'unisono fu la risposta che lo sciamano ricevette. “Bene”, disse il draenei, poi rivolgendosi a Zihark affermò: “Mi sa che dovremo usare uno dei tuoi portali, Zihark. Almeno per arrivare a Stonard, e da lì, attraversare il Portale Oscuro.”

“Non potrei essere più d'accordo, Kentel. Inizia a già a piacermi la nostra coppia”, rispose il mago che iniziò così la tessitura dell'incantesimo per creare il portale. Intanto, Ophélia si avvicinò a Kharonte.

“Sembra sia arrivato il momento dei saluti, compagno d'arti oscure.” La strega provò a sorridere, ma a Kharonte fu evidente il velo di tristezza che l'avvolgeva. L'elfa si girò verso Lily. “Sei fortunato ad aver trovato una simile creatura, Kharonte, non me la maltrattare”, concluse infine avvicinandosi alla sacerdotessa e scoccandole un bacio sulla guancia. 

“Non lo farei mai”, fu la risposta di Kharonte, che poi aggiunse “Lo so che non sei quello che vuoi fare apparire, Ophélia. Quando ci rivedremo, finiremo quel discorso che avevamo iniziato la scorsa notte.”

“Allora cercherò di essere la prima a tornare qui con il libro” disse la strega andando ad abbracciare lo stregone.

Più in là Rehala stava parlando con il proprio maestro.

“Vedrete, non vi deluderò” stava dicendo la giovane tauren a Kentel. “Metterò in pratica tutti i vostri insegnamenti, e difenderò Ophélia come voi stesso fareste.”

“Non ho alcun dubbio in merito, Rehala” rispose il draenei alla sua apprendista, sorridendole.

“Il portale è pronto, Kentel!” disse Zihark, mentre alle sue spalle si era formato un cerchio pulsante di magia, oltre il quale si riusciva ad intravedere l'austero villaggio di Stonard nelle Paludi del Dolore. Lo sciamano si rivolse ancora una volta all'intero gruppo.

“Buona fortuna a tutti voi” disse. “Ci rivedremo qui, spero il più presto possibile”, poi si voltò e varcò il portale.

“Mettiamoci in cammino anche noi Rehala!” disse Ophélia alla giovane tauren ed poco dopo, le due ragazze erano scomparse all'orizzonte in direzione di Hammerfall, dove avevano deciso di andare velocemente prima di partire per Kalimdor.

Così, gli ultimi a restare fu il trio che in un certo senso aveva dato inizio a quell'avventura. Zihark arrivò ad un passo dal portale, prima di voltare il capo verso il suo amico Kharonte. Il mago e lo stregone si ritrovarono a guardarsi, per alcuni istanti. Nessuno dei due disse niente, non c'era bisogno di parole. Zihark si limitò ad alzare una mano in cenno di saluto, gesto che Kharonte ricambiò, prima di vedere il mago sparire dentro il portale e quest'ultimo chiudersi davanti a lui.

“Spero tanto che ci ritroveremo tutti” disse Lily guardando Kharonte, il quale stava ancora fissando il punto in cui il portale creato da Zihark era sparito. “Anch'io”, rispose lo stregone.

Ma dentro di se, Kharonte temeva, sentiva, che alcuni di quei volti che ormai gli erano diventati cari, non li avrebbe mai più rivisti.

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Capitolo 13
*** I Segni delle Catene ***


POV: OPHÉLIA

Tarren Mill era appena scomparsa all'orizzonte quando Ophélia e Rehala volsero infine lo sguardo da-vanti a loro. Avevano salutato, cercato con lo sguardo il gruppo fino all'ultimo istante.

"Devo ammetterlo", iniziò l'elfa rivolgendosi alla compagna di viaggio, "anche se sono stata poco tempo con quei tre, sento che mi mancheranno. Persino quello stregone complicato di Kharonte."

"A me più che un tipo complicato o un appassionato di storia come diceva il maestro, mi è sembrato un cretino", rispose Rehala. 

Ophélia scoppiò a ridere. “Interessante punto di vista, ma non credo lo sia! Nasconde molto più di quello che lascia vedere. E’ un tipo… da scoprire oserei dire!” Il tono dell’elfa era…convinto.

“Sarà come dici tu”, rispose la tauren, “alla fine tu l’hai conosciuto più di quanto l’abbia fatto io in quelle poche ore a Tarren Mill.”

Le due compagne erano arrivate nei pressi delle rovine della Fortezza di Durnholde, quando vennero attaccate dai banditi del Sindacato, un’organizzazione criminale umana che presidiava quella parte delle Colline di Colletorto. 

Ad attaccarle furono due uomini ed una donna, i primi tramite i poteri dell’Ombra, l’altra con l’acciaio di uno spadino. Fortunatamente per loro, la succube di Ophélia era riuscita a tenere a bada uno dei sacerdoti ombra, cosicché le due potessero concentrarsi ognuna su un nemico. La strega si liberò abbastanza facilmente del suo avversario, colpendolo prima con un dardo d’ombra e ponendo poi fine alla sua vita prosciugando la sua energia vitale tramite una magia demoniaca. Nel frattempo, Rehala stava combattendo con la donna, la quale era più volte andata vicina colpire la sciamana con le sa la lama avvelenata. Tuttavia, i totem di Rehala risultarono decisivi. Grazie ad uno di essi infatti, la criminale venne rallentata nei movimenti, permettendo così alla tauren di colpire il suo bersaglio con un potente fulmine seguito da un getto di lava incandescente. Alla fine, Ophélia e Rehala si occuparono insieme dell’ultimo uomo, colpendolo simultaneamente con i poteri del Fuoco uccidendolo senza che questi potesse muovere un muscolo.

“Direi che ce la caviamo bene insieme!” disse con tono adrenalinico la strega mentre il rumore del tonfo del corpo dello sconfitto riempiva l’aria. 

“Lo direi anch’io!” convenne una decisa Rehala. “Penso che ci troveremo proprio bene insieme”, concluse.

Si misero così nuovamente in cammino e quando arrivarono proprio davanti alla Fortezza, Ophélia si fermò a guardare le rovine. Rehala, accortasi che la compagna aveva interrotto la sua marcia, si girò a guardarla. La strega sembrava avere uno sguardo perso lontano, forse in ricordi passati, forse in emozioni remote. Aveva gli occhi fissi sulle rovine, ora solo un pallido ricordo di ciò che un tempo era stata, aveva rappresentato quell’imponente costruzione.

“Qui è stato prigioniero il nostro Warchief Thrall, lo sapevi? Me l’ha detto il mio maestro” disse Rehala. “Lo sapevi?”

“Si, conosco la storia…” l’elfa risposte a quella domanda distrattamente non distogliendo lo sguardo dalle rovine e la tauren se ne accorse. 

“Stai bene, Ophélia? E’ tutto ok?”

“Si…stavo solo pensando…”

“Sei stata prigioniera anche tu?”

Un sorriso amaro comparse sul bel volto della strega. “Forse lo sono ancora adesso…”, disse in un sussurro, prima di abbassare lo sguardo e voltarsi nuovamente verso Rehala, riprendendo la marcia. Quest’ultima restò ferma a guardare la strega superarla, uno sguardo interrogativo sul volto.

“Anche adesso? Cosa intendi?”

Ophélia sospirò. “Ci sono molte forme di prigionia, Rehala, non solo quella fisica. Le persone possono essere libere nel corpo, ma non nello spirito o nella mente. Ci possono essere ferite che ti segnano ben più delle catene ai polsi o alle caviglie.. ferite che poi finiscono per segnarti dentro, per avere il controllo su di te…” Improvvisamente poi, Ophélia cambiò espressione, tornando ad esibire quella spavalda, maliziosa e intraprendente di sempre. 

“Dai, dobbiamo andare adesso.”

“Ok…” disse un’incerta Rehala “ma ne voglio sapere di più su questa storia…”

La strega rise. “Forse se curiosa quanto me, amica mia. Ti dirò di più si, più in la…”

Le due compagne ripresero così il cammino verso gli Altipiani di Arathi. Avevano infatti deciso che, dopo aver risolto le faccende della strega ad Hammerfall, avrebbero preso il volo per Undercity, e da lì lo zeppelin per Orgrimmar, da dove poi avrebbero raggiunto la Foresta di Ashenvale.

“Il Muro di Thoradin!” esclamò poi Ophélia quando si trovarono sotto alle rovine della grande muraglia che separava Colletorto da Arathi. “Una volta, il primo Impero umano finiva qui, sai? Oltre questo punto vi era solo territorio appartenente ai Troll Amani. L’ho sentito dire a Kharonte che lo diceva a Lily sulla strada per Tarren Mill!” Si voltò verso Rehala che stava osservando il Muro. “Non è così cretino come dici, vedi?” L’elfa scoppiò in una fragorosa risata. 

Ma dentro di lei, la strega Ophélia era ancora tormentata. Aveva accettato di intraprendere quel viaggio per aiutare quelle persone che in poco tempo aveva iniziato a considerare amiche certo, ed anche come segno di riconoscenza verso Kentel che le aveva salvato la vita. Ma non poteva mentire a sé stessa. Più di ogni altra cosa, Ophélia sperava che quel viaggio la liberasse dalle catene che da tempo le opprimevano non il corpo, ma l’anima. Quella era la cosa più importante, forse anche più della ricerca del libro di Ashenvale stesso.

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Capitolo 14
*** Il Paradiso del Principe ***


POV: ZIHARK

Stonard era davvero il classico avamposto degli Orchi. Spartano, essenziale, per nulla elegante.

"Almeno non avremo più a che fare con cimiteri e morti per un po' di tempo", disse Zihark. Il mago aveva appena visto il portale che aveva portato lui e Kentel molto più a sud di quanto fossero prima, guardando le sagome del suo amico Kharonte e di Lily sparire.

"Non puoi proprio vederli quei Forsaken, eh?" disse il draenei che si trovano poco davanti a lui.

"Da quando siamo partiti da Quel'Thalas con Kharonte non ho praticamente visto altro! Capirai che passare dalla mia lussureggiante terra a dei cadaveri ambulanti non sia proprio il massimo."

Kentel emise una leggera risatina. "Certe volte dimentico che voi elfi tenete lo stile quasi più in alto della sostanza"

"Non è il mio caso, te l'assicuro. Io non sono per lo stile, sono per la sostanza CON stile."

Il mago osservò lo sciamano avvicinarsi a lui e dargli una pacca sulla spalla. "A quanto ho intuito non hai molta fiducia in me, Zihark. "

"Hai intuito bene, Kentel. Anche se devo ammettere che hai pienamente azzeccato la visione delle cose che ha Kharonte ed anche il tuo modo di ragionare l'ho apprezzato. Direi che sei sulla buona strada per renderti simpatico, anche se sei un draenei", concluse infine l'elfo mentre con la mano si puliva la veste violetta.

"Spero davvero che diventeremo dei buoni compagni, Zihark. La nostra missione va messa sopra ogni rivalità o antipatia", disse lo sciamano.

"Non potrei essere più d'accordo, ed anzi, direi che faremmo bene a metterci in cammino verso le Terre Devastate. Il Portale Oscuro è a poca distanza da qui, e sono ansioso di vedere il paradiso di cui parlava il Principe."

Kentel annuì, ed i due compagni si misero così in cammino in quel lembo di terra che separava le Paludi del Dolore dalle Terre Devastate. Una volta entrati nella regione nella quale era perpetuamente in atto una tempesta di energia, Kentel si rimise a parlare.

"Mi sa che resterai un po' deluso da questo....paradiso", disse rivolgendosi al mago dopo che quest'ultimo aveva appena ucciso un cinghiale contaminato dalla magia. Lo sciamano lo aveva assistito con i suoi poteri curativi, tirando fuori i suoi totem che ripristinavano l'energia vitale e magica di Zihark. Il mago si accigliò a quelle parole. Se iniziava a mettere in dubbio la parola del Principe, quel draenei partiva già con il piede sbagliato con lui.

"Ah sì? Ed in base a cosa dici ciò?" chiese.

"In base a quello che ho visto", rispose con voce ferma Kentel. "Le Terre Esterne non sono affatto un paradiso, sono le rovine di un pianeta spezzato, distrutto, dilaniato e profanato. La mia gente viene da quel posto, ha visto come la vecchia Orda ha fatto a pezzi quello che era un pianeta meraviglioso, pieno di vita.." il tono di Kentel si abbassò, divenne triste, debole come una candela che andava spegnendosi. Zihark pensò che il ricordo di quei momenti che stava narrando fossero ancora ben vivi dentro di lui. "Abbassa le tue aspettative, elfo del sangue. Una volta varcato il Portale Oscuro non troverai alcun paradiso, ma solo distruzione."

Zihark fu quasi assalito dal dubbio. Kentel sembrava sicuro di quel che diceva, e non c'era motivo perché gli mentisse. Probabilmente, lo sciamano in prima persona aveva vissuto quella distruzione di cui parlava e forse erano stati proprio quegli eventi a spingerlo ad avere la stessa visione del mondo del suo amico Kharonte. Ma possibile che il Principe avesse mentito al suo popolo? No, l'elfo non volle nemmeno prendere in considerazione un'eventualità del genere. Kael'thas aveva salvato il suo popolo, l'aveva fatto rialzare, l'aveva letteralmente salvato dall'oblio. No, ci doveva essere una spiegazione, di questo Zihark era assolutamente certo.

"Ci crederò quando lo vedrò con i miei occhi", disse infine. "Senti un po', hai idea di dove si trovi questo libro?"

"Secondo le informazioni che ho raccolto dovrebbe trovarsi a Netherstorm, custodito vicino a Tempest Keep", rispose Kentel avviandosi verso il cratere.

"Uhm, non ho idea di dove sia, ma sono sicuro che tu.."

Ma il draenei aveva appena tappato la bocca di Zihark con la sua possente mano. Il mago venne colto alla sprovvista da quell'azione, ed istintivamente formò un globo di ghiaccio sulla mano libera.

"Ascolta!" gli disse in un sussurro Kentel. Zihark tese le lunghe orecchie da elfo. Inizialmente non udì nulla, ma poi dopo qualche secondo, anche lui iniziò a sentire delle voci.

"...ti diverti tanto, vero? Ti ricordi vero che sei ricercata e se mi beccano con te mi rovino la reputazione?" Era chiaramente la voce di un elfo, di un elfo del sangue. Tuttavia, come risposta a quella domanda il mago sentì soltanto dei versi felini, come di una pantera o di una tigre.

"Vengono dal cratere del Portale", disse piano Kentel. "Vieni, saliamo su quelle alture e nascondiamoci per non farci vedere!" e subito si avviò, con quanta più furtivitá che il suo corpo imponente potesse permettergli. Zihark annuì e seguì il compagno. Si appiattarono contro una roccia in cima alle piccole colline che scendevano a strapiombo sul cratere del Portale Oscuro, tirando fuori solo la testa affinché potessero sbirciare giù. Al centro del cratere, a pochi passi dal gigantesco Portale, Zihark vide una figura che mai avrebbe pensato di trovare in quel luogo desolato e semi deserto.

"Guarda un po' chi c'è... E lui che ci fa qui?"

Il paladino era in piedi, con indosso una scintillante armatura di colore rosso. Aveva i lineamenti delicati, era giovane come Zihark lo ricordava. Egli però stava parlando ad un animale, una sorta di pantera di colore scuro. Questa sembrò non curarsi delle parole del paladino, crogiolandosi ancora nel corpo del demone che aveva appena dilaniato con i propri artigli. Il mago non capiva. Perché RossoCremisi stava parlando con un animale? E che ci faceva lì? Il destino sembrò leggergli nella mente. 

In quello stesso istante, il felino iniziò a cambiare forma, fino ad assumere quella di un'elfa della notte.

"Ma vuoi rilassarti? Tu e questa smania che hai di attraversare il Portale per cercare quel dannato libro di cui parli." L'elfa aveva i capelli lunghi, di un colore simile alla veste di Zihark, forse di una tonalità più chiara. Io indossava degli abiti di pelle, dei pantaloni lunghi leggermente aderenti ed una maglietta color avorio. "E poi che ti lamenti? Avevi detto di volermi vedere nuda, no? Io ti stavo solo accontentando!" Disse infine mentre scoppiava a ridere.

"Non era proprio questo che intendevo, ma faresti meglio a non cambiare discorso" ribatté RossoCremisi con voce calma. Zihark ricordò di non aver mai sentito il paladino bibliotecario, come lo chiamava lui, alterato.

"E va bene, va bene... Dai, andiamo. Che dici, ti accontento prima che andiamo? Mi spoglio?"

"Molto bene, ora si che hai la mia attenzione." 

L'elfa si girò, e fece per sollevarsi la maglietta, ma pochi secondi aveva iniziato a ridere e si era nuovamente trasformata in un felino, scattando verso il Portale ed attraversandolo

"Ed io che ancora ci casco...", disse il paladino andando verso il Portale ed attraversandolo anch'egli poco dopo. 

Zihark e Kentel emersero dal loro nascondiglio e scambiarono un'occhiata. "Era l'elfa della notte ricercata a Tarren Mill! Ma è un druido! E l'elfo del sangue che si diceva l'aiutasse è quel libro vivente di RossoCremisi!" Il tono del mago era incredulo.

"E cosa più importante", intervenne Kentel "anche loro sembrano alla ricerca di un libro.." Lo sciamano si dimostrò più risoluto che mai. "Vieni Zihark, se è come penso, non dobbiamo perdere le tracce di quei due nemmeno per un istante! Dobbiamo attraversare il Portale Oscuro immediatamente"

"Se Ophélia fosse qui gli sarebbe già alle calcagna" disse Zihark con un mezzo sorriso sul viso. Quasi gli dispiaceva per la strega.

I due scesero così velocemente il dirupo ed attraversarono il cratere, prima di arrivare alla piccola salita che conduceva al Portale Oscuro. Le due statue che spalleggiavano il colossale varco dimensionale era davvero impressionante. Ma molto di più era la magia che permeava quel varco. In altri momenti, il mago Zihark sarebbe rimasto volentieri lì a studiarla quella magia, ma Kentel aveva ragione, se anche RossoCremisi e l'elfa della notte erano sulle tracce del libro che anche loro stavano cercando, non avevano tempo da perdere. Lo sciamano si voltò verso di lui.

"Dai, andiamo"

Zihark fece un profondo respiro, dopodiché, attraversò anche lui il Portale. Quando arrivò dall'altra parte, sbarrò gli occhi dalla sorpresa. Intorno a lui c'era una terra arida, rossa come il fuoco, morta. Il Portale Oscuro, dalle parte delle Terre Esterne era dieci volte più imponente e maestoso di quello di Azeroth. Una scala interminabile scendeva e dei membri dell'Orda era ai suoi piedi pronti ad accogliere i nuovi arrivati. Interi pezzi di terra fluttuavano nell'aria, come sospesi o sostenuti da una forza invisibile. Quel luogo sembrava tutto fuorché un paradiso.

"Ti avevo avvertito", disse Kentel voltando il capo verso l'elfo.

Il mago Zihark iniziò a porsi delle domande.

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Capitolo 15
*** Il Fantasma delle Paludi ***


POV: Kharonte

Dopo due giorni dalla partenza dei loro compagni si erano messi in marcia, riuscendo ad attraversare quella parte degli Altipiani d'Arathi che aveva consentito loro di arrivare alle Paludi Grigie.

"Dovremo attraversarle e poi scendere verso Loch Modan" aveva detto Kharonte puntando il dito sulla mappa. "Sarà un viaggio davvero lungo! Ed in pieno territorio nemico per giunta."

Effettivamente era proprio così. Il percorso dello stregone e della sacerdotessa che li avrebbe portati a Stormwind prevedeva l'attraversamento di gran parte del territorio dei Nani prima e degli Umani dopo, con ben pochi avamposti dell'Orda lungo la via. Le Paludi Grigie erano un posto molto cupo, composto per la maggior parte da piccoli fiumiciattoli e laghi, oltre che, ovviamente, da vaste zona paludose. La traversata degli Altipiani d'Arathi non era stata particolarmente faticosa. Kharonte e Lily avevano dovuto affrontare solo qualche grande ragno nero ed alcuni grandi raptor, che comunque erano caduti velocemente sotto gli incantesimi dello stregone e le magie d'ombra della sacerdotessa.

"Che brutta zona!" disse Lily poggiando i piedi in una delle poche zone solide che il terreno delle Paludi aveva da offrire. "Perfino il cielo qui è grigio e questa nebbia non fa nemmeno vedere molto lontano."

Kharonte la prese per mano e l'aiutò a stabilizzarsi in quel debole equilibrio che avevano raggiunto sopra quella roccia, lo stregone stava guardando davanti a sé.

"Questa è una delle zone più ricche di storia di Azeroth, sai?" Disse poi voltandosi verso la sacerdotessa. "In queste paludi si sono combattute diverse battaglie, sin dalla Seconda Guerra. Laggiù..." Kharonte indicò oltre le montagne ad ovest, "...c'è l'antica fortezza di Grim Batol, dicono che sia maledetta!"

"Beh, preferirei quasi andare ad esplorare questa fortezza maledetta piuttosto che andare a Stormwind!" dichiarò Lily.

Kharonte assunse uno sguardo malizioso e di scatto l’afferrò cingendola per la vita ed avvicinandola a sé. "Però vuoi mettere una bell'infiltrazione con il tuo stregone preferito?" Aveva portato il viso dell'elfa vicinissimo al suo e quest'ultima, presa alla sprovvista, aveva fatto emesso un debole grido di sorpresa.

"Ah! Scemo!" disse Lily. "Ti pare il momento? Ti ricordo che ad Arathi ti ho preso per i capelli quando ci siamo trovati quegli umani davanti vicino a Stromgarde, ed io stavo per essere sfracellata da un Ogre mentre tu eri impegnato a farmi domande sul mio abbigliamento!" La sacerdotessa abbassò la testa, distogliendo il suo sguardo da quello di Kharonte, con un'espressione imbronciata sul viso.

"Ma te l'ho detto, avevo un raptor addosso in quel momento! E non avevo visto l'ogre che ti aveva attaccata, o stai sicura che mi sarei precipitato da te!"

"Sarà..." disse l'elfa sempre con la testa abbassata. L'aria perennemente fredda ed umida delle Paludi si faceva sentire con maggiore veemenza quando si stava fermi e Kharonte sentì il freddo pungergli le ossa sotto la tunica.

"Ehi, guardami.." lo stregone alzò delicatamente con due dita il mento di Lily. "Avremmo potuto morire in mille modi prima d'ora. E potremmo morire in altri mille d'ora in poi. Ma combatteremo per ogni secondo che ci resta da passare insieme." Lo sguardo della sacerdotessa era intenso, i suoi occhi quasi tremavano mentre guardavano quelli di lui. "Che siano due minuti, due giorni o vent'anni, noi ci prenderemo cura l'uno dell'altra." Lo stregone si avvicinò alla sacerdotessa e le diede un tenero, breve bacio sulle labbra, che Lily ricambiò con altrettanta tenerezza. "Hai capito, Lil?"

Kharonte vide le guance dell'elfa arrossire come ormai facevano sempre quando lui le faceva qualche complimento o le diceva qualcosa di carino. "Khar...io..." iniziò a dire Lily, la voce spezzato da un imbarazzo misto a qualcosa di bello, ma inspiegabile. Kharonte scoppiò a ridere.

"Non sai cosa dire, come al solito!" disse sorridendo all'elfa davanti a lui. Lily lo abbracciò ed affondò il volto sul suo petto. Kharonte la strinse a sé, ed accarezzò la testa della sacerdotessa.

"Dai, Lil", disse dopo qualche secondo, "dobbiamo andare adesso, abbiamo ancora molta strada da fare prima di arrivare a Stormwind...e sia mai che Zihark trovi il suo libro prima di me!" concluse infine ridendo di nuovo e facendo ridacchiare anche Lily che intanto si era staccata da lui.

Iniziarono così l'attraversamento delle Paludi Grigie. Un attraversamento che si rivelò lento non tanto per i nemici che incontrarono lungo la strada, coccodrilli feroci, murloc selvaggi o qualche orco del clan Dragonmaw, quanto per il terreno di quella zona, che impediva una traversata veloce. Dovevano scegliere attentamente un punto d'appoggio ad ogni passo che facevano, così da evitare di sprofondare nel terreno paludoso e fragile di quella regione. Quando erano arrivati a tre quarti dell'attraversamento, la nebbia si fece più fitta ed il freddo si intensificò.

"Ma è normale tutto questo freddo e questa nebbia? Non riesco a vedere a cinque metri da noi!" disse Lily stringendosi sul suo mantello da viaggio ed alzandosi il cappuccio. Lo stesso fece Kharonte.

"Non lo so", rispose lo stregone, "di solito il clima qui è questo ma non così accentuato!"

Improvvisamente, i due videro spuntare dalla nebbia davanti a loro una sagoma. Era certamente quella di un uomo, il quale sembrava portare un largo cappello in testa.

Istintivamente, Lily si avvicinò a Kharonte. La sacerdotessa non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sagoma in avvicinamento, come se una forza invisibile la costringesse a guardare. Kharonte, più che impaurito, sembrò incuriosito. La sagoma avanzò lentamente, fino ad emergere dalla fitta nebbia che era calata sulla palude.

Di fronte a loro, Kharonte e Lily si trovarono un uomo, un umano di mezza età con una folta barba incolta e capelli lunghi nascosti da un largo cappello nero. I suoi occhi erano scavati, così come il suo volto. Indossava un'armatura, dalla cotta di maglia sul torace ai gambali, ma era sprovvisto di armi. Ma la cosa che più colpì i due elfi, fu che la figura davanti a loro era incorporea.

"Ah... viaggiatori...ancora viaggiatori..." la voce del fantasma era più fredda dei gelidi venti del nord. "Quando gli spiriti di questo luogo potranno riposare in pace..?" Lo spirito non li stava nemmeno guardando e quella domanda non sembrava nemmeno rivolta a Kharonte e Lily. Lo stregone azzardò una domanda, la più ovvia.

"Chi sei?"

Ma lo spirito sembrò non sentirlo. "Ah... viaggiatori...ancora viaggiatori...quando gli spiriti di questo luogo potranno riposare in pace?"

Lily guardò Kharonte. "Khar..." La sacerdotessa era ancora impaurita. Lo stregone provò a muovere qualche passo in avanti, ma appena provò a fare ciò, immediatamente lo spirito si voltò verso di loro, come se fosse stato svegliato da un colpo di frusta. Kharonte indietreggiò, Lily sempre attaccata al suo braccio. "Non vuoi farci passare? Chi sei?" chiese nuovamente l'elfo.

"Il paladino...lui ha superato la prova..lui è passato... Viaggiatori devono pagare pegno di dignità per passare da qui..." Il fantasma era tornato a guardare in basso, la testa che gli ciondolava come un orologio a pendolo, seguito da tutto il corpo.

"Che prova?" Chiese Lily, "cosa dobbiamo fare?"

Lo spirito eruppe in una risata che avrebbe fatto gelare il sangue a chiunque.

"Guardatevi intorno...viaggiatori..." disse mentre continuava a ridere con la sua voce spettrale.

Kharonte e Lily spostarono gli sguardi tutto intorno a loro e da ogni angolo iniziarono a vedersi sagome ciondolanti in avvicinamento, tutti che intonavano, come una cantilena, la stessa frase dello spirito davanti ai due. "Ah... viaggiatori...ancora viaggiatori...quando gli spiriti di questo luogo potranno riposare in pace?"

Il freddo si era fatto ancora più pungente, più intenso, più innaturale. Kharonte e Lily si separarono, ormai era evidente che avrebbero dovuto combattere quegli strani esseri spuntati dal nulla. Si guardarono, per un breve istante. Questa volta non per sguardi complici o teneri.. ma per cenno d'intensa, due sguardi determinati, pronti alla lotta.

"Viaggiatori ora si uniranno agli spiriti delle Paludi" continuò a dire il fantasma, che poi aggiunse qualcosa che Kharonte e Lily non avrebbero mai creduto di poter udire da quell'essere.

"Il libro non deve essere ritrovato." Alzò la testa e sul suo volto si dipinse un sorriso maniacale, folle. Il suo corpo non smise mai di ciondolare.

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Capitolo 16
*** Verso Orgrimmar ***


POV: OPHÉLIA

Hammerfall era il classico avamposto dell'Orda realizzato dagli Orchi. Spartano, essenziale, privo praticamente di qualsiasi decorazione. Esso era composto da poche costruzioni, poste su due piani, uno al livello del terreno e l'altro rialzato, collegato al piano basso da una lunga scala. Alla sinistra di quest'ultima si trovava una piccolissima fucina, alla quale lavorava senza sosta un vecchio orco. Ophélia e Rehala, dopo essersi fermate per qualche secondo subito dopo l'entrata dell'avamposto per riprendere fiato dalla lunga traversata degli Altipiani d'Arathi, iniziarono a salire la scala, dirigendosi alla locanda.

"Maledizione!" Stava dicendo Ophélia mentre proseguiva per i gradini. "Ci speravo davvero ad incontrare quell'elfa della notte ricercata!" Sul volto della strega c'era un velo di amarezza. "Ho bisogno di un po' di azione, di mettere all'opera le mie arti demoniache!"

Rehala le stava sorridendo. Era stata una compagna di viaggio addirittura migliore di quel che Ophélia potesse pensare. Una persona di spirito, attenta, a volte addirittura irriverente, cosa che l'elfa non avrebbe mai pensato la prima volta che vide la tauren insieme al suo maestro. Ma per Ophélia, la miglior qualità della sua compagna era forse quella di saperla ascoltare, la cosa di cui, forse senza esserne pienamente consapevole, aveva più bisogno.

"Il nostro viaggio è ancora molto lungo" disse Rehala mentre arrivarono in cima alla scala. "Potremmo sempre incontrare Breeselion ad Ashenvale, d'altronde quella è la Foresta sacra degli Elfi della Notte e non sarebbe di certo strano che un druido si aggiri da quelle parti."

Ophélia serrò il pugno. "Lo spero davvero! Voglio essere io a catturare quella criminale ed a riscuotere la taglia sulla sua testa! E perché no, magari potremmo usare quell'oro per farci un bel viaggio insieme, Rehala!" La strega scoppiò a ridere.

"Non riesci mai a stare ferma eh?" disse la sciamana ridendo anche lei.

"Mai! L'azione mi fa sentire viva!"

Ophélia pronunciò quella che sapeva essere una bugia come se quelle parole potessero trasformarla in verità. In verità, l'elfa voleva agire perché l'azione le impediva di pensare, di rimuginare sulle sue ombre, sugli abissi della sua anima. Ophélia voleva tenersi più lontano possibile da quei pensieri.

Le due compagne entrarono così nella locanda, in quel tempo in gestione ad una tauren più grande di Rehala. In quel momento il locale era semi deserto, e solo alcuni soldati orchi erano seduti ad un tavolo a rifocillarsi. D'altronde era assai raro che una taverna fosse piena in pieno giorno, specie in un luogo come Hammerfall, da sempre luogo di continua lotta, di continua azione, di scarso riposo. Ophélia si guardò un po' intorno, ma del suo amico non vi era nessuna traccia.

"Strano" disse mentre i suoi occhi scuri continuavano a fare il giro della stanza. "Eppure dovevamo vederci qui."

"Magari ha visto che ritardavi ed è andato via.. l'imprevisto con Kharonte ti ha rallentato un bel po'" dichiarò Rehala. "Hai intenzione di aspettarlo?"

"Assolutamente no!" Il tono di Ophélia era deciso. "Abbiamo una missione da compiere, anzi due" puntualizzò sorridendoe pensando alla taglia su Breeselion. "Dai, compriamo qualche provvista per il viaggio ed poi prendiamo il volo per Undercity."

Alla locanda comprarono cibo e bevande, mentre alla forgia fecero dare una controllata alle loro armi, facendole affilare. Dopodiché, montarono entrambe sopra le grandi quanto maestose viverne degli Orchi, il mezzo da viaggio aereo usato dal popolo di Orgrimmar. Ophélia trovò quel volo verso Undercity quasi terapeutico. Sentì il vento accarezzargli i capelli, il volto e l'aria che respirava sapeva di libertà, di quella libertà che tanto desiderava non per il suo corpo ma per la sua mente e per il suo cuore.

"È bellissimo, non è vero?" Urlò girandosi verso Rehala mentre con le mani teneva saldamente la criniera della viverna. In quel momento Ophélia stava sorridendo, non solo con la sua bocca ma con tutto il suo essere.

"Volare in alto è sempre stupendo!" Gli rispose di rimando Rehala.

La viverna non stava volando a forte velocità, così, per qualche istante, Ophélia azzardò di lasciare la presa sulla criniera della bestia, allargando le braccia e chiudendo gli occhi.

"È così bello essere liberi..." disse poi in un sussurro udibile solo a sé stessa.

Alle Radure di Tirisfal pioveva, come spesso accadeva da quella parti. La strega e la sciamana uscirono così dalle loro borse da viaggio i loro mantelli con cappuccio e se li misero addosso per ripararsi dalle gocce battenti. La fatiscente costruzione che faceva da stazione per i zeppelin dei Goblin si trovava poco più a sud della capitale dei Forsaken, sorvegliata notte e giorno dagli uomini di Sylvanas. Per loro fortuna, Ophélia e Rehala trovarono lo zeppelin già sul posto, vedendolo sin dalla base della torre.

"Presto, prima che parta!" disse la strega iniziando quasi a correre, seguita da Rehala. "Non vorrei che lo perdessimo e poi ci toccasse aspettare chissà quanto sotto questa pioggia!"

Salirono i gradini della torre più in fretta che poterono per quanto il carico delle loro borse glielo consentisse, ma alla fine riuscirono ad imbarcarsi sullo zeppelin. Quest'ultimo era quasi vuoto, salvo che per un guerriero non morto fermo sulla parte posteriore del mezzo e per una figura femminile sulla parte anteriore, quasi sul bordo dello zeppelin.

"Io vado sotto coperta" annunciò Rehala. Tutto questo camminare di questi giorni mi ha stancata un po' ed ho anche un leggero mal di schiena. Ho bisogno di riposare."

"Ti raggiungo subito" rispose Ophélia mentre continuava a guardare la figura femminile che sembrava incuriosirla particolarmente. "Mi godo un po' il panorama appena partiamo e poi scendo anche io" concluse infine.

Mentre con passo stanco, la sciamana tauren sparì lentamente sotto i gradini che portavano nella pancia dello Zeppelin, Ophélia si avvicinò alla figura femminile che non si era mossa neppure di un millimetro. Quest'ultima aveva una veste gialla, con un cappuccio che le copriva quasi completamente il volto. Era senz'altro slanciata ed alta, ma altro Ophélia non poté dire, in quanto anche il corpo era completamente coperto dalla veste pesante.

"Salve!" provò a dire la strega. Quella donna l'aveva incuriosita sin da subito. Doveva sapere chi era. Quest'ultima non si voltò nemmeno, restando a guardare davanti a sé, con la pioggia che le scendeva inesorabile davanti agli occhi. Ophélia però fu in grado di sentire il suono divertito che emise la voce della donna.

"Un altro sind'orei, ed anche questo che si diletta con le arti oscure... Questo mondo è davvero piccolo!"

La voce di quella che l'elfa capì essere una giovane ragazza era melliflua, etera, quasi ipnotizzante. Ophélia si accostò a lei.

"Come dici scusa? Hai incontrato un mio compatriota?"

"Diciamo di sì... Anche se in circostanze non certo ricorrenti... non per voi almeno!" Leggera risatina.

Ophélia non capiva. Chi era quella ragazza? Di che stava parlando? "Come ti chiami?" Chiese mentre i motori dello zeppelin si mettevano in moto e la grande nave del cielo iniziava a muoversi.

"Valenix" rispose la ragazza.

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Capitolo 17
*** La Chiave del Potere ***


POV: ZIHARK

Passò una notte agitata, piena di fuoco e di visioni.

"Non dicevi sempre di voler vedere il Paradiso in terra dove si trova il Principe?"

Si trovava in un'ampia zona completamente spoglia. Non c'erano ciuffi d'erba, non c'erano alberi, non c'erano fiori. Quella che calpestava era una terra sterile, dura, arida. In lontananza però, come un puntino all'orizzonte, poteva vedere magnifici alberi dalle foglie color oro e rosse, grandi praterie, bellissime costruzioni. Stava camminando verso quella che poteva sembrare un'oasi nel deserto, poteva fare tutto, qualunque cosa, ma non poteva, non doveva voltarsi indietro.

"...vedere il Paradiso in terra dove si trova il Principe?"

Alla sua destra vide Kharonte, che stava giocando con lui al gioco di carte in voga all'accademia. "Ho ricevuto una lettera", gli stava dicendo mostrandogli un piccolo rotolo di pergamena.

"...vedere il Paradiso in terra in cui si trova il Principe?"

Davanti a lui c'era ora un libro, aperto ed adagiato sopra un finissimo tavolo. Un tavolo in mezzo al deserto. Si avvicinò. "Kael'thas è l'ultimo dei Sunstrider." Nel momento stesso in cui lesse quell'unica frase, l'inchiostro iniziò a sciogliersi, a colare sulla pagina per poi evaporare. Quest'ultima restò bianca.

"...vedere il Paradiso in terra in cui si trova il Principe?"

Voleva voltare le pagine, vedere se vi era scritto qualcos'altro in quel libro, ma la luce verde fece capolino da dietro, ed un caldo asfissiante gli invase tutto il corpo. L'oasi all'orizzonte sembrava adesso ancora più lontana di prima. Doveva andare avanti, non poteva fermarsi.

D'un tratto, solo per qualche istante, non fu più solo. Accanto a lui vide sé stesso con Ophélia. "Ti manda Kentel? Anche tu conosci questo Draenei? Va bene, ti porterò da Kharonte." “Kharonte è davvero diverso da me," iniziò a dire rivolgendosi a Kentel ma sempre guardando davanti a sé. "Lui tende sempre ad essere emotivo, fa praticamente tutto perché è quello che se sente di dover fare. Crede che le emozioni possano salvare le persone, farle capire... Vorrei che fosse meno emotivo, perché so che tutta questa emotività gli fa male, anche se magari non lo da a vedere. Ma ormai ho capito che è fatto così, e niente lo farà mai cambiare. Io invece sono convinto che la chiave di tutto sia la conoscenza, la cultura, la verità. È vero, sono due modi molto diversi di vedere le cose, eppure non abbiamo avuto quasi mai contrasti. Forse perché la sua emotività gli fa vedere l'amico che lui è per me, e lo stesso fa la mia conoscenza, che mi da la certezza dell'amico che io sono per lui." Poi le due figure sparirono, si dissolsero nel nulla come polvere al vento.

"...vedere il Paradiso del Principe..."

Aveva perso la cognizione del tempo, non sapeva più da quanto tempo stava camminando. Eppure l'oasi era sempre lontanissima da lui, mentre il calore verde alle sue spalle si faceva sempre più vicino. Doveva raggiungere l'oasi a tutti i costi o le fiamme di smeraldo l'avrebbero raggiunto, l'avrebbero travolto. Decise di mettersi a correre.

"...vedere il Paradiso del Principe..."

Il caldo era diventato insopportabile, la terra stessa sotto i suoi piedi sembrava sciogliersi subito dopo il suo passaggio. Vide il libro, il tanto agognato libro che lui e Kentel stavano cercando, lo sapeva che era quello. Era lì, a pochi passi da lui, sopra una sorta di piedistallo. Era chiuso, la copertina finemente lavorata con dei rilievi rappresenti una figura mostruosa, i cui occhi erano due rubini rossi come il sangue. Allungò il braccio, fece per aprirlo... Ma una volta aperto dal libro emerse una colossale fiamma, di un rosso acceso, violenta, indomabile, che corse fino al cielo ed ancora più su.

"...il Paradiso del Principe..."

Zampilli di quelle fiamme che il libro aveva emanato scesero in picchiata sulla terra intorno a lui, come provenienti da un vulcano in eruzione. Ma quelle fiamme scesero dolcemente sul suolo, prendendo la forma dei grandi sovrani di Quel'Thalas. Dath'remar, Anasterian erano intorno a lui, impugnando entrambi la stessa lama infuocata. Intorno a loro altre figure, altri nobili. Ma essi non erano luminosi, non erano sfavillanti, non brillavano. Erano poco più che delle ombre, poco più che scheletri con la pelle cadente e le regali vesti lacerate. "Più veloce" gli urlavano alcuni. "Più veloce, più veloce."
"Voltati indietro e sarai perduto per sempre" gli urlavano invece altri. Anche il cielo era diventato buio, oscurato da due gigantesche ali. Non ce la faceva più, stava correndo con tutte le sue forze, eppure poteva sentire le fiamme verdi divorarlo, dall'esterno e dall'interno. Chiuse gli occhi, convinto di stare per essere distrutto.

"...il Paradiso..."

Ma improvvisamente, il calore cessò. Aprì nuovamente gli occhi e l'oasi, che fino ad un secondo prima era ancora lontanissima da lui, si stagliava ora davanti al suo sguardo. Quella che pensava essere un'oasi, era Quel'Thalas, era casa sua. Le fiamme alle sue spalle si ritirarono, il calore si fece sempre più lontano. Davanti a lui c'era ora il trono di Quel'Thalas ed un elfo, coperto dalla veste più elegante che avesse mai visto, rossa, larga. Sulle spalle vi erano dei raffinati spallaci, più larghi della veste stessa, e dietro la stoffa saliva oltre il collo. Attorno alla testa dell'Elfo dai lunghi capelli biondi ruotavano tre sfere verdi, pulsanti di magia. Nella cinta color oro che stringeva la veste, riuscì a leggere una parola. "Sunstrider".
"L'ultimo." Alla destra dell'elfo c'era Ophélia, comparsa dal nulla, anche lei guardava verso la figura di spalle. "L'ultimo." Nella parte sinistra era invece comparso Kharonte. Le loro voci erano piatte, freddissime e rimbombavano per tutta la stanza.

"...il Principe..."

Si avvicinò, esitante, verso il Principe Kael'thas. Ai piedi sembrava avere delle palle di ferro incatenate. Un passo dopo l'altro, passi che sembravano decine, centinaia. Allungò la mano, toccando la spalla del leader degli Elfi Sangue, facendolo girare verso di lui...ma quello che videro i suoi occhi fu il suo stesso volto.

Zihark si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata da sudore freddo ed il respiro affannato. Dall'altra parte della stanza della locanda di Thrallmar, Kentel stava dormendo profondamente. Si costrinse a calmarsi, a rallentare il respiro, a chiudere gli occhi.

Sognò di nuovo, ma questa volta non vi furono fiamme, spettri o voci. Solo una stanza, vuota, al centro del quale fluttuava un bastone magico. Quest'ultimo era di un colore verde acqua, semplice nell'asta quanto intricata nelle estremità. La base presentava un'allungata forma ovale con due sorte di speroni ai lati, al centro dell'ovale vi era un cristallo viola pallido, tendente al rosa. L'estremità del bastone era invece divaricata in tre parti. Le due ai lati sembravano fluttuare, staccate dall'arma principale, mentre sopra quella centrale c'era un grosso cristallo viola, il quale roteava incessantemente su stesso. Zihark si diresse verso il bastone. Questa volta era leggerissimo, gli sembrava quasi di levitare sulla terra. Lo sguardo gli cadde sull'incisione lungo l'asta del bastone magico. "Chiave del Nexus". Allungò la mano e strinse il bastone con presa salda. Immediatamente, il mago sentì confluire dentro di sé un potere mai avvertito prima di allora.

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Capitolo 18
*** Una Fiamma Senza Calore ***


POV: ROSSOCREMISI

In quell'ambiente riusciva a sentire chiaramente il rumore dei suoi passi. Dopo un lungo volo era finalmente arrivato alla sua destinazione, ed ora avanzava circondato da mura bianche ed irregolari e da elfi del sangue come lui. Erano per lo più incantatori o sacerdoti, tutti dalle tuniche dai colori sgargianti. RossoCremisi, protetto dalla sua lucente armatura da paladino, avanzò ancora e dopo aver attraversato il lungo corridoio iniziale arrivò ad una grandissima sala molto ampia. Il centro di quest'ultima era vuota, mentre ai lati due elfi badavano a dei cuccioli di dragofalco. C'erano due rampe ai lati che permettevano la salita al piano superiore della stanza. Da lì, il paladino avrebbe quindi deviato per proseguire per la stanza centrale di quella struttura. Si trovava in una fortezza, non umana, né elfica, né nanica. Il grande complesso di Tempest Keep era di natura aliena, costruita dai Naaru, questo un elfo di cultura come RossoCremisi lo sapeva bene. La struttura in cui si trovava lui era quella più grande dell'intero complesso, posta in posizione centrale. The Eye si chiamava quel posto, "l'Occhio". "L'occhio con cui il Principe guarda al nostro futuro, forse," pensò RossoCremisi quando un piccolo sorriso spuntò nel suo volto.

Stava salendo la scalinata di destra quando le strane luci che illuminavano la Stanza della Fenice, come i suoi fratelli avevano chiamato quel grande spazio, si oscurarono. Il motivo di quell'oscuramento e di quel nome stava proprio volteggiando sopra la sua testa. Al'ar, il dio delle fenici, il fedele compagno del Principe Kael'thas stava spiegando le sue infuocate ali in tutta la loro maestosità. La fenice era l'animale più grande, spaventoso ed allo stesso tempo bello che RossoCremisi avesse mai visto. L'elfo si fermò per qualche secondo, alzando lo sguardo per godersi quello spettacolo che non si poteva dire certo di tutti i giorni.

"Molto bene", disse con un filo di voce.

Proseguì, prendendo il piccolo corridoio che portava alla sala principale, sulla strada trovò altri elfi del sangue, impegnati a conversare tra loro o che si esercitavano nelle loro arti. Dopo che superò i due grandi costrutti a cui era stata data la vita grazie alla magia del suo popolo che facevano da guardia ad uno degli ingressi, RossoCremisi entrò.

La stanza era molto grande anche se aveva più una forma ad imbuto rovesciato rispetto alle altre tre di The Eye, che avevano una forma circolare. La stanza non aveva altri elfi al suo interno, se non i cinque che la occupavano stabilmente. RossoCremisi inspirò profondamente prima di incamminarsi verso la parte nord della stanza. Non vedeva il Principe da qualche mese, Kael lo aveva convocato poco dopo aver conquistato Tempest Keep. Il Principe aveva descritto quel posto come un paradiso, ma RossoCremisi sapeva bene che le rovine del pianeta Draenor erano tutto fuorché un paradiso. Pochi anni prima un enorme cataclisma aveva letteralmente spaccato quel mondo, ed ora le Terre Esterne, come i sopravvissuti le avevano chiamate, non erano altro che un pugno di regioni instabili e lacerate.

L'elfo entrò nella stanza con passo deciso, i cinque elfi erano in piedi nella pedana, messi uno accanto all'altro, come se fossero una sorta di giudici di qualche tribunale. Mentre si dirigeva verso di loro, RossoCremisi diede un'occhiata a coloro che il Principe aveva scelto per essere i suoi consiglieri. All'estrema sinistra della pedana c'era Thaladred, il guerriero. Indossava un'armatura imponente, nera con striature arancioni, in testa un elmo con due corna che spiccavano verso l'alto. Stretta nella sua mano c'era un'enorme ascia bipenne, a cui Thaladred aveva dato il nome di Devastazione. RossoCremisi pensò che nessun altro nome sarebbe potuto essere più adatto di quello. Accanto a lui c'era Telonicus, il mastro ingegnere di Quel'Thalas che il Principe aveva voluto con sè. Anche Telonicus era in armatura, anche questa nera, ed il suo elmo gli copriva pressoché totalmente il volto. L'unica cosa che RossoCremisi riuscì a vedere furono due scintille verdi all'altezza degli occhi del mastro ingegnere, che a quanto era stato detto al paladino, si stava ora occupando della costruzione di un gigantesco costrutto.
Dalla parte opposta, all'estrema destra della pedana, si ergeva invece un paladino dall'armatura rossa. Quest'ultimo aveva un possente martello da guerra nella mano destra, un grande scudo nella nella sinistra ed il suo sguardo era fisso davanti a sé. Ben poco si sapeva di Lord Sanguinar, un elfo dalle poche parole, e che a Silvermoon si vociferava fosse un lontano parente della bandita Valeera Sanguinar. Accanto a lui, c'era l'ultimo dei consiglieri del Principe, un'elfa dai capelli corvini che le scendevano fino alle spalle, avvolta in una tunica rossa. RossoCremisi sapeva che quella doveva essere la Gran Astromante Capernian, la maggiore esperta della magia del fuoco di Quel'Thalas.
Al centro di quella pedana e di quella formazione, si trovava Kael'thas Sunstrider, il Principe degli Elfi del Sangue. Kael era un elfo molto anziano se paragonato a RossoCremisi, ma nonostante questo il suo aspetto era molto giovanile, con i fluenti capelli biondi che gli incorniciavano il viso regale dai tratti delicati, delicatezza che andava in contrasto con gli occhi del Principe, uno sguardo fiero, duro, ardente. Le tre sfere verdi, pulsanti di magia, giravano intorno a Kael senza sosta.

"Altezza." RossoCremisi si inginocchiò davanti a lui, poco sotto la pedana. "Il Gran Magistro Rommath mi ha detto che volevate vedermi."

Kael'thas stese in silenzio per qualche secondo, osservando l'elfo inginocchiato al suo cospetto con lo sguardo abbassato.

"Ah, Rommath è arrivato a Silvermoon allora." La voce del Principe era calma, melliflua, quasi musicale. "E vedo che ha obbedito al mio ordine.." Kael'thas sorrise. "Lieto di rivederti, Cremisi, quali notizie da Silvermoon? Lor'themar sospetta qualcosa?"

Il paladino non alzò lo sguardo e rispose. "Lord Theron non sospetta nulla, Altezza. Il vostro piano è ancora al sicuro."

Kael'thas aveva rivelato a RossoCremisi, che da sempre era stato un dei più fermi sostenitori, il suo piano per ridare lustro a Quel'Thalas, anche se non era entrato nei particolari. Ma il Principe aveva promesso di riattivare il Pozzo Solare, così che gli Elfi del Sangue ritornassero ad avere quella che per millenni era stata la fonte dei loro straordinari poteri. L'elfo paladino ricordava bene il giorno in cui il Pozzo Solare era stato distrutto, travolto dalla furia del Flagello dei Non-morti. Quell'evento aveva segnato profondo RossoCremisi, il quale aveva perfino iniziato a scrivere un nuovo tomo su quella tragica battaglia.

"Eccellente, Cremisi". Kael'thas ormai lo chiamava solo "Cremisi". Diceva che RossoCremisi era un nome troppo lungo. "E conto che anche tu abbia fatto il tuo dovere..."

Fu solo in quel momento che l'elfo davanti al Principe alzò lo sguardo. La vista di Kael infondeva sempre un certo timore su RossoCremisi. Quest'ultimo era sicuramente un nuovo che si impressionava molto difficilmente, durante la sua esistenza ne aveva visto davvero tante, ma il potere che la figura di Kael'thas Sin emetteva, accendeva sempre un formicolio dentro di lui, una fiamma fredda, senza calore.

"Si, Altezza, ho fatto tutto quanto avete ordinato. Ho consegnato la Chiave del Nexus ad uno dei miei uomini e li ho mandati sulla strada per Hellfire."

"E dei libri che mi dici?"

I libri. RossoCremisi aveva saputo dallo stesso Principe dell'esistenza di tre tomi leggendari, all'interno dei quali era scritto i più grandi segreti della magia, "la sua essenza" aveva detto Kael. Gli aveva ordinato di recuperarli tutti, il motivo però non gliel'aveva rivelato.

"Abbiamo ritrovato il primo, mio Principe. Sono io stesso ed i miei uomini a sorvegliarlo in attesa dei vostri ordini. Gli altri due..."

Kael'thas fece una smorfia d'impazienza. "Si, Cremisi? Gli altri due?"

Il paladino esitò per qualche istante poi sospirò. "Gli altri due saranno presto nostri, Altezza. Ho già mandato una persona a recuperare quello di Ashenvale, mentre per quello nascosto a Stormwind.." RossoCremisi esitò ancora. "Sembra che l'Alleanza lo custodisca molto gelosamente, mio Principe."

Le tre sfere verdi si iniziarono a muovere con più velocità. "Ci possiamo fidare di questa tua conoscenza che hai inviato ad Ashenvale, Cremisi?"

Il paladino questa volta non esitò. "Sicuramente, Altezza. Anche se è una Kaldorei, m fido di Breeselion ciecamente."

E come poteva non farlo? I pensieri di RossoCremisi corsero a quella strana, esuberante, curiosa elfa della notte che aveva incontrato qualche tempo prima in una taverna di Shattrath, l'antica capitale dei Draenei di Draenor. L'aveva notata quando era seduta al bancone, a bere una bevanda alcolica di cui aveva già consumato tre intere bottiglie. RossoCremisi aveva capito ben presente che quella Kaldorei aveva molto nascosto dietro la sua insolenza e la sua stravaganza. Erano diventati compagni di viaggio in poco tempo.

Al paladino scappò un sorriso quando ricordò le parole con cui lui e Breeselion si erano salutati, davanti al portale per la capitale elfica di Darnassus. "Secondo le nostre spie, un gruppo dei nostri amati amici si sta dirigendo ad Ashenvale. Porta i miei saluti ad Ophélia, se la incontri."

La druida aveva risposto con un ghigno ed ironico "Certamente, mio signore".

"Voglio ancora fidarmi di te, Cremisi. D'altronde, sei sempre stato dalla mia parte, e credo che la tua grande conoscenza ci possa tornare utile in futuro..." stava continuando intanto Kael'thas. "Confido nella fiamma della tua devozione, Cremisi. Nella tua fredda fiamma della conoscenza."

RossoCremisi piegò un braccio e si batte un pugno all'altezza del cuore. "Non vi deluderò, mio Principe." Il suo tono era sicuro, determinato.

"Ora vai pure, Cremisi. E la prossima volta che ti vedrò mi aspetto che tu mi porta tutti e tre i toni leggendari."

Fosse stato per RossoCremisi, il libro che aveva ritrovato l'avrebbe già consegnato a Kael'thas. Ma il Principe di Quel'Thalas aveva spiegato che "per conoscerne i segreti, i libri vanno aperti tutti e tre insieme."

Il paladino RossoCremisi si alzò, e senza voltarsi ritornò da dove era venuto. Quando rientrò nella Sala della Fenice, Al'ar stava nuovamente volteggiando.

"Molto bene", pensò sorridendo.

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Capitolo 19
*** Diradare l'Oscurità ***


POV: LILY

"Attenta!"

Quando aprì gli occhi, Lily vide Kharonte torreggiare su di lei. La sacerdotessa era stata scaraventa a terra da uno degli incantesimi dello spirito che per primo aveva sbarrato la strada ai due compagni. Lo stregone era in piedi, la tunica strappata in più punti, il respiro corto. Si era frapposto all'ultimo momento tra lei e l'incantesimo d'ombra lanciato dallo spettro. Stava stringendo i denti ed il dolore procurato dal colpo subìto era visibile sul suo viso.

"Alzati, Lil!" La voce di Kharonte stava tremando. "Alzati..." ripetè di nuovo porgendole la mano. La sacerdotessa aveva gli occhi sbarrati.

"Khar! Ma cosa fai?" Guardò ancora una volta gli occhi dell'elfo. Quelli erano fermi, fissi. Loro non tremavano. Afferrò la mano di Kharonte e si rialzò. "Cosa ti viene in mente?"

Lo stregone abbozzò un sorriso. "Non crederai sul serio che gli lascerò farti del male.. devo ancora ripagarti per avermi guarito la ferita al braccio.."

"Khar..io.." Kharonte scostò Lily da davanti a sé, e con la mano lanciò una fiammata per contrastare l'incanto di ghiaccio che stava dirigendosi proprio nel punto in cui si trovava Lily fino a qualche istante prima.

"Parleremo dopo!" tagliò Kharonte, "Prima dobbiamo liberarci di questi spettri! Riesci a crearmi uno scudo di energia attorno a noi? Così potremo andare all'attacco" continuò lo stregone guardandosi intorno. C'erano almeno cinque spettri a circondarli. L'aria si era fatta estremamente fredda e la nebbia non permetteva di vedere se non a pochi passi da sé.

"S-si..certo che posso!" Doveva farsi forza. Sapeva di essere ancora inesperta nelle arti curative, aveva paura di non riuscire, paura di non essere all'altezza della situazione.

"Allora, sei pronta?" Kharonte si rivolse a lei, senza guardarla, continuando a lanciare incantesimi agli spiriti che tentavano di avvicinarsi a loro. Poi, avvertendolo l'esitazione di Lily, si voltò a guardarla. "Lil?"

Lily vide il sudore invadere il viso di Kharonte, le gocce sulla sua fronte risplendevano come perle. No. Non doveva aver paura. Non sarebbero morti lì. Avere Kharonte al suo fianco le dava sicurezza, ed era stato così fin da quando i loro sguardi si erano incrociati in quella notte a Brill. Senza staccare lo sguardo da quello dello stregone, Lily alzò una mano ed in un batter d'occhio uno scudo di luce calda si formò intorno alle figure dei due compagni. Vide Kharonte sorriderle di nuovo ed in lei altro calore si aggiunse a quello offertole dallo scudo di luce.

"Andiamo, Khar. Siamo stati sulla difensiva troppo a lungo.. non ci voglio stare più in queste paludi.." anche lei sorrise.

Protetti dagli scudi di luce, Kharonte e Lily partirono all'attacco degli spettri, determinati a distruggere quei maledetti fantasmi e continuare il loro viaggio. Fu un tripudio di luci bellissime e terribili, archi d'ombra e di fuoco percorrevano il cielo in tutte le direzioni con lampi di luce ad accompagnarli mentre il terreno paludoso prendeva fuoco, si anneriva, moriva. Lily bruciò un paio di spettri grazie ai suoi incantesimi di Luce, dando sempre un'occhiata verso Kharonte, il quale abbattè altri due fantasmi grazie alle magie dell'ombra e del fuoco. In una di queste occasioni, la distrazione costò alla sacerdotessa un bel taglio sulla gamba, procurato da una delle spade spettrali impugnate dai fantasmi. Lily gemette dal dolore. Quel colpo le fece di colpo sentire tutta la fatica, tutto il dolore che quell'estenuante battaglia le stava provocando. Con un nuovo lampo di luce riuscì a bandire dal piano fisico lo spettro che le aveva causato la ferita, poi sentì girarle la testa.. la ferita stava vistosamente sanguinando, la sua veste era sporca di fango, il suo corpo esausto. Sentiva le palpebre pesanti, gli occhi che si chiudevano.

"Khar..." La sua voce era poco più che un sussurro quando si sforzò di guardare verso lo stregone. Questi stava combattendo contro lo spettro principale, quel maledetto fantasma che aveva deciso di sbarrare loro la strada chissà per quale motivo.

"Lil!" Sentì la voce di Kharonte provenire da lontano, come se fossero ai lati opposti del mondo. La testa le si era fatta pesante, la stava supplicando di cadere, di chiudere gli occhi. Lily riuscì a vedere solo la sagoma dello spettro che si avventava su Kharonte.

"Quella donna è la tua debolezza..." La voce ghiacciata dello spettro le rimbombò in testa. I suoi occhi intanto si erano chiusi, troppo pesanti per restare ancora aperti. Ora c'era solo il buio, l'oscurità. Ovunque c'erano solo ombre.

"Lil!!" La voce di Kharonte era sempre più lontana, sempre più debole... Un'altra voce però, irruppe dentro di lei. Chiara, vicina, limpida.

"Voglio morire? Voglio che lui muoia? Quanta oscuritá..."

No, non c'era solo oscurità. Eccolo lì, un piccolissimo, minuscolo puntino luminoso. Era una goccia di luce in un oceano di tenebre profonde. Brillava intensamente.

Altre voci affollarono il buio.

"Questa ferita? Non è niente, domani sarà scomparsa.."

"Vuoi ballare?"

"Ascolta la musica.. ascolta i canti..."

"Domani tu partirai con noi.."

Il puntino luminosa brillò ancora con più intensità.

"No..non voglio morire.. e non voglio che muoia lui.. devo.."

Improvvisamente il puntino luminoso iniziò ad espandersi, divenne prima come una pozzanghera, poi come un lago. Si espandeva a macchia d'olio.

"...devo essere forte...per me, per lui, per i nostri amici..."

Un mare, un oceano. Sempre più grande.

"....non lo lascerò adesso... anch'io devo brillare..."

La Luce ormai la invadeva da ogni direzione. Calda, splendente, abbagliante. Lily urlò. Urlò tutta la sua voglia di vivere, tutta la sua voglia di andar via da quelle paludi, tutta la sua voglia di distruggere quegli spettri, tutta la sua voglia di veder vivere Kharonte...insieme a lei. Un'accecante esplosione di luce partì dalla figura di Lily, investendo in pieno lo spettro che intanto aveva attanagliato lo stregone, spazzandolo via come polvere al vento. Anche la si diradò, lasciando il posto al sole del tardo pomeriggio. Dopo, l'oscurità tornò ad inghiottire Lily.

Quando la sacerdotessa aprì nuovamente gli occhi, si trovò appoggiata da una pietra vicino alla strada principale. Kharonte era vicino al suo fianco, la mano stretta nella sua.

"Ci siamo svegliati finalmente, eh?"

L'elfo era ancora visibilmente provato dalla battaglia con gli spettri, ma il suo volto ora era rilassato, un sorriso stampato in faccia.

"Khar..." iniziò Lily con voce debole. "Cosa...?"

"Mi hai salvato ancora una volta, Lil. Devi avere un talento naturale nel salvarmi!" Kharonte rise. La sacerdotessa si guardò. La gamba ferita era fasciata ed indossava una delle sue tuniche di riserva. Di colpo la sua voce si svegliò con lei.

"Ehi, ma come faccio ad avere questa...?" Si voltò verso Kharonte con sguardo imbarazzo e furioso allo stesso tempo. "Non dirmi che hai...?"

Kharonte sorrise sornione. "Ma su, non è niente che non abbia già visto! E poi non potevo mica lasciarti con quella veste tutta sporca di fango!"

Lily notò che anche Kharonte si era cambiato. Con la poca forza che aveva in corpo gli diede un pugno sulla spalla.

"Scemo!"

"Però ancora una volta lo hai salvato questo scemo.. quell'esplosione è stata incredibile, eri completamente avvolta dalla luce! Potevo persino sentire la paura dello spettro!"

Lily guardò Kharonte ed vide la soddisfazione nel suo volto. Era fiero di lei.

"Io..non so cos'è successo... Non volevo che tu..." Si fermò e sentì le guance avvampare di calore. Abbassò lo sguardo. "Chissà come ho fatto..."

Kharonte le alzò il mento con un dito, così da guardarla negli occhi. "Non lo avrei mai permesso. Non prima di portarti a Sholazar. Devi avere fiducia in te, Lil. Come la ho io. Oggi hai distrutto gli spettri e diradato la nebbia che ci avvolgeva. E sono sicuro che questo sia il tuo grande dono, mia sacerdotessa...diradare le avversità."

Ora era il viso era completamente rosso come i suoi capelli. Provò ad alzarsi, ma la gamba le doleva.

"Non ti sforzare, devi riposare adesso, ed anch'io! Partiremo domani mattina, accenderemo un fuoco e passeremo la notte qui."

Lily avrebbe voluto partire subito e non perdere ancora tempo nelle Paludi Grigie, ma la gamba non glielo consentiva proprio.

"Ma chi era quello spirito?"

Kharonte stava per rispondere quando un rumore di zoccoli invase le orecchie dei due elfi. In lontananza un cavaliere in sella ad un cavallo cavalcava verso di loro.

"Dobbiamo andare via da qui!" disse allarmata Lily, che ancora una volta tentò di alzarsi ed ancora una volta venne fermata dal dolore alla gamba ferita.

Kharonte intanto era scattato in piedi.

"Stai giù. Ci penso io adesso"

Quando il cavaliere arrivò a pochi metri da loro, Lily vide un umano, con una possente armatura lucente recante il simbolo di una mano guantata. "Il Silver Hand.." pensò la sacerdotessa.

Quando il paladino li vide, arrestò la corsa del suo cavallo. Guardandoli per qualche secondo. Kharonte era già pronto allo scontro. L'umano parlò nella Lingua Comune, che i due elfi conoscevano da quando il loro popolo era stato nell'Alleanza di Lordaeron. Ma le sue non furono parole ostili.

"Ragazzò, serve aiuto?"

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Capitolo 20
*** Alto nel Cielo ***


POV: OPHÉLIA

Stavano cavalcando verso nord, sotto il sole delle aride Savane Settentrionali, quando Ophélia ripensò al suo arrivo ad Orgrimmar a bordo dello Zeppelin. Relaha era tornata su dalle cabine e si era rivolta a lei in un modo che sorprese la strega.

"Ma cosa fai, parli da sola? Il sole ti deve aver annebbiato la mente" disse la giovane tauren che sembrava non vedere l'altra figura, l'umana che era proprio lì, accanto all'elfa.

Valenix anticipò la sua risposta. "Lei non può vedermi, Ophélia. Solo tu potevi farlo." La strega si girò verso la ragazza dalla voce melliflua, gli occhi sbarrati dalla sorpresa. "Ora vai, e ricorda quello che ti ho detto."

"Ma che guardi? Ophélia, sei sicura di star bene? Perché non sei scesa a riposare?" Relaha stava iniziando a preoccuparsi. La strega tentò di ricomporsi, rispondendo alla sciamana nel modo più naturale di cui fu capace.

"Sisi, tutto ok! Stavo solo dando un ultimo sguardo al panorama da quassù... Avresti dovuto vederlo durante il viaggio, Relaha, è stato un vero spettacolo!"

La sciamana si strinse nelle spalle. "Ok, comunque ora siamo arrivate, faremo meglio a scendere prima che questo affare ci riporti ad Undercity."

"Certo, andiamo subito", aveva concordato Ophélia. Quest'ultima si rimise in spalle la propria borsa da viaggio e seguì Relaha nello scendere dallo Zeppelin. Arrivati sul bordo del mezzo Goblin, la strega si voltò. Lo sguardo di Valenix era fisso su di lei. Sul suo volto un'espressione indecifrabile, mentre la veste del color del sole veniva accarezzata dalla calda brezza che spirava a Durotar.

Nella principale capitale dell'Orda, che Ophélia aveva trovato troppo spartana per i propri gusti, l'elfa e la tauren avevano fatto provviste per il viaggio, comprando dal cibo, alle bevande, da alcune pozioni a delle bende di emergenza. Dopodiché, avevano preso due cavalcature, due grossi lupi sapientemente addestrati dagli Orchi di Thrall. Ophélia aveva scelto un lupo dal pelo bianco ed occhi di un blu profondo, mentre Relaha aveva optato per uno dal pelo nero come la notte e gli occhi che sembravano oro liquido. Le due compagne di viaggio erano uscite non dai cancelli di Orgrimmar, ma da un ponte che si trovava all'estremità occidentale della capitale, che dava sulle Savane Settentrionali, da quel punto avrebbero raggiunto la Foresta di Ashenvale in molto meno tempo. Non era sicuramente il caso di attraversare gran parte di Durotar con tutti i pericoli che ne conseguivano. Primo tra tutti il gran caldo, che non dava pace alle due compagne dal momento stesso in cui erano arrivate a Kalimdor. Stavano cavalcando ormai da mezza giornata, ed il sole non aveva smesso di picchiare sulle loro teste nemmeno per un secondo. Quella regione era una vera e propria landa desolata, una distesa pianeggiante, con qualche rara collina e delle ancora più rare piccole oasi che impedivano a quelle Savane di essere un vero e proprio deserto. Avevano scelto di restare sulla strada principale, alla fine erano ancora nel territorio dell'Orda e non c'era pericolo da costringerle seguire sentieri secondari. Eppure, eppure...

Ophélia non riusciva a togliersi dalla testa una frase pronunciata da Valenix.

"Una grande prova di aspetta, Ophélia. Io sono qui per accertarmi che tu sia pronta ad affrontarla."

La strega aveva capito che quella che aveva le sembianze di una ragazza umana, sicuramente non fosse affatto un'umana, anche se Valenix, sempre che quello fosse il suo vero nome, non aveva voluto rispondere a quella sua domanda. "Non ha importanza", le aveva risposto. Ed aveva ragione. Da quando l'aveva sentita, Ophélia non aveva fatto altro che pensare a quella "grande prova". Ci stava pensando così tanto da perdere la percezione del mondo intorno a sé, tanto da perdere la sua parlantina ironica e pungente. Relaha si era ormai convinta che avesse preso una brutta insolazione durante il viaggio.

"Perché?" continuava a chiedersi. "Perché do importanza alle parole di quella ragazza? Chi era?" Eppure, la strega Ophélia aveva percepito un grande potere risiedere latente in quella figura femminile, un qualcosa di sconosciuto continuava a sussurrarle all'orecchio che doveva fidarsi di lei. Ma quale poteva essere allora questa grande prova? Poteva aver a che fare con il libro che lei e Relaha stavano cercando? "Si, è sicuramente così", si disse, "si riferiva sicuramente al libro." D'altronde era impensabile che avrebbero trovato il leggendario tomo senza avere la minima difficoltà. Allontananndo quel pensiero, si voltò a guardare Relaha. La giovane tauren si era rivelata un'ottima compagna di viaggio, più volte era riuscita a farla ridere con il suo spirito allegro ed a volte persino irriverente, aspetto che l'elfa apprezzava parecchio. La sciamana si era rivelata una persona buona, o come aveva preso a definirla Ophélia, "un abito di seta sotto una corazza d'acciaio".

"Che ne dici di fermarci in quell'oasi laggiù?" Fu Relaha a tirarla fuori dai suoi pensieri. "I lupi mi sembrano stanchi ed inoltre sta per scendere la notte. Non vorrei addentrarmi ad Ashenvale con le tenebre a favorire eventuali attacchi degli Elfi della Notte."

Ophélia non poté fare a meno di constatare quanto le parole della sua compagna di viaggio fossero veritiere. I lupi stavano boccheggiando e anche la loro andatura era diminuita. Farli abbeverare e dare loro del cibo avrebbe sicuramente consentito loro di arrivare alla foresta sacra dei Kaldorei con le bestie in forze. Per quanto riguardava gli attacchi invece, l'elfa si trovò d'accordo solo in parte. C'era sempre un'elfa della notte che Ophélia sperava ancora d'incontrare.

"Si, direi che è una buona idea", concordò infine. "Anche se non mi sono dimenticata di Breeselion. Spero tanto d'incrociare il suo cammino.. non permetterò a nessun'altro di catturarla, dovrò farlo io." Gli occhi della strega saettarono nel pronunciare quelle parole.

Legarono i lupi ai tronchi di due palme dopo averli fatti bere la l'acqua cristallina di quella piccola oasi. Il sole era stava adesso tramontando, ed il caldo si era attenuato, lasciando il passo ad piacevole frescura. Mentre Rehala preparava il fuoco che avrebbero acceso di lì a poco, Ophélia, seduta tra le verdi foglie dell'oasi, alzò lo sguardo al cielo. Ancora una volta, le parole di Valenix fecero capolino nella sua mente. Ciò che le aveva chiesto di fare la ragazza umana non era certo facile. Non per lei. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere all'indietro, allargando le braccia. Sentì il soffice e raro verde presente nelle Savane premerle dolcemente contro la schiena. Come avrebbe fatto? Lei, così impulsiva, con il sangue caldo quanto il fuoco demoniaco che dominava le arti magiche che usava. Ophélia sentì l'interno di sé stessa come svuotarsi. Dentro di sé sentì come un incredibile ed impetuoso torrente di emozioni, che le percorrevano tutto il corpo per infrangersi contro le barriere del suo corpo, così forte ed allo stesso tempo così fragile. Nel momento in cui riaprì gli occhi, un gabbiano stava solcando il cielo purpureo del tramonto. Quanto avrebbe desiderato essere quel gabbiano e volare su, alto nel cielo. Quanto avrebbe voluto che due ali le spuntassero dietro la schiena e le permettessero di volare, lontano da tutti i suoi pensieri, da tutti i suoi ricordi, ma soprattutto lontano da quelle catene così pesanti che la tenevano a terra, tanto invisibili agli altri quanto visibili per lei. Quanto era difficile...

"Ophélia! La carne è pronta!" Ralaha la riportò alla realtà. I cosciotti di cinghiale che avevano preso ad Orgrimmar riempirono bene lo stomaco delle due compagne prima che la notte scendesse a coprire le Savane e tutta Kalimdor. L'elfa si sistemò a terra, poggiata ad uno delle palme, con le stelle a coprire il sonno suo e quello della giovane tauren, troppo stanca per stare ancora sveglia.

"Lo che pensi che ti stia chiedendo molto. Ma devi riuscirci."

Allontanò ancora una volta le parole di Valenix dalla sue mente, non avrebbe permesso che invadessero anche i suoi sogni. Si costrinse a pensare a qualcosa di bello. La prima cosa che le venne in mente fu il giorno prima della partenza, prima dell'inizio del viaggio, quando erano ancora tutti insieme. Zihark, Kentel, Kharonte, Lily... chissà dov'erano, chissà come stavano... Si addormentò prima di accorgersene.

Ophélia venne risvegliata dai raggi del sole e dal caldo che era tornato a governare le Savane. Caldo che lasciò il posto al gelo della paura quando l'elfa aprì gli occhi. I lupi erano scomparsi e cosa più importante, era scomparsa anche Relaha.

"Una grande prova", continuava a ripetersi la strega Ophélia mentre il panico cresceva dentro di lei. "Una grande prova"...

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