Lonely Hearts Club

di yourkittyness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2.1 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Fanfiction scritta semplicemente come passatempo cui però mi son particolarmente affezionata. Spero la apprezziate come l'ho apprezzata io!
Inoltre, proprio per questo motivo, ci saranno davvero taaanti timeskips. E alcune cose non hanno particolarmente senso ma oh well, è un'AU.
Non mi andava di scriverlo nella descrizione ed efp non mi permette di specificarlo, but! I personaggi principali sono di Vento Aureo, con accenni a quelli delle serie passate e precedenti (principalmente Jolyne, Josuke, la famiglia Joestar e Gyro e Johnny in un solo capitolo). Non penso siano considerabili spoiler, quindi non ho taggato.
I pairing principali sono la Giomis e la Naratrish, con accenni di Bruabba! Have fun!
 

CAPITOLO 1

 

Guido Mista era all’ultimo anno del suo percorso universitario. Lo stava affrontando bene – più o meno, volendo escludere i piccoli pianti isterici alle tre del mattino a qualche giorno dagli esami – ed era deciso a continuare ad affrontarlo allo stesso modo, almeno per quegli ultimi mesi che lo separavano dalla fine – o meglio, dalla specializzazione, perché i tre anni passati nella triennale di Scienze Motorie, a quanto pare, non erano sufficienti.

Proprio mentre pensava a quanto gli ultimi anni della sua vita fossero stati una completa merda, Bruno interruppe il suo flusso di coscienza, lasciandolo con il bicchiere pieno di caffellatte a mezz’aria.

«Che hai detto?» chiese Guido, con sguardo interrogativo.

«Abbacchio ha fatto scappare il nuovo coinquilino» gli rivolse un’occhiata veloce, per poi tornare a guardare il cellulare. Guido bevve un sorso e si lasciò scappare un sospiro.

«Di nuovo?»

«A quanto pare. Almeno questo gli ha pagato l’affitto».

«Che scemo ‘sto qua però, che glielo paghi a fare dopo che ti ha trattato di merda?» poggiò il bicchiere di carta sul tavolo «ma almeno sai perché?»

«Non me l’ha detto» fece spallucce, «penso sia stata una semplice antipatia. Sai com’è, a volte».

Restarono in silenzio per qualche minuto, Guido intento a finire il caffellatte guardando le ultime storie su Instagram di Trish, lasciandosi scappare qualche sospiro. Chissà se cambiando modo di vestire finalmente avrebbe accettato il suo amore?

«Ancora Narancia non è arrivato?» sbottò Guido scocciato, posando malamente il cellulare sul tavolo.

«Dagli tempo, si è fermato a parlare con una persona. Tiè» disse, facendo partire una nota audio su Whatsapp, «parla» e gli avvicinò il cellulare al viso.

«Narancia muovi il culo e sbrigati … Oh, ma sta là» Guido spostò lo sguardo dall’amico alla ragazza bionda dietro di lui «chi è quella figa?» continuò, ignaro della registrazione ancora in corso, «che culo della madonna che c’ha».

Nel momento in cui il cuore di Guido Mista, età 21 anni, si spezzò in frantumi all’evidenza, Bruno inviò l’audio, cercando di mantenere un’espressione composta mentre Narancia e il suo amico si stavano avvicinando al tavolo.

«Narancia, ti abbiamo mandato un vocale qualche secondo fa, ascoltalo quando sei solo» sussurrò, lasciando il ragazzo più basso confuso. Si limitò ad annuire.

«Lui è il mio nuovo amico» fece un cenno con la mano verso il ragazzo biondo «anzi, il mio nuovo coinquilino» Bruno alzò un sopracciglio, mentre Guido aveva ancora la faccia poggiata contro il tavolo.

«Piacere di conoscervi» rivolse un’occhiata perplessa a Mista, prima di sorridere verso l’altro ragazzo moro al tavolo, «mi chiamo Haruno Shiobana, ma mi faccio chiamare Giorno Giovanna per comodità».

«Bruno Bucciarati» gli porse la mano, sorridendo.

«E lui è Guido Mista» aggiunse Narancia, «non so cos’abbia» sussurrò, «forse è stato rifiutato da qualche ragazza» Giorno si lasciò scappare una risatina.

«Non sono stato rifiutato da nessuno» sbottò, tossicchiando poco dopo, essendosi reso conto di aver attirato l’attenzione di gran parte del locale, e ignorando volutamente il “tranne da Trish” da parte di Bucciarati. «Sono solo … stanco» e si accasciò di nuovo sul tavolo, evitando di guardare in viso il biondo.

«Allora …» iniziò Bucciarati, «da quand’è che siete coinquilini?»

«Da ieri!» esultò Narancia, «mentre tornavo a casa, l’ho trovato seduto di fronte ad un palazzo con valigie e scatoloni! Ho scoperto che aveva bisogno di un posto dove stare e quindi ora è da me» Bruno sbatté un paio di volte le palpebre, spostando lo sguardo prima dall’amico, poi verso il ragazzo biondo.

«Senza offesa Giorno, ma…» fece una pausa, «Narancia non puoi accogliere così la gente in casa».

«Ma è uno a posto‼ Lo sai che è proprio lui l’ultimo coinquilino di Abbacchio?» nell’udire quel nome, Giorno si irrigidì. Bruno si lasciò scappare un lieve “oh” e persino Mista alzò lo sguardo verso il biondo.

«Possiamo… Non parlare di lui? Sono ancora, come dire… Traumatizzato?» Bruno si lasciò scappare una risatina, agitando Giorno che si mosse nervoso sulla sedia.

«Mi dispiace, Abbacchio a volte è … Particolare».

«Con tutti tranne che con te» aggiunse Guido, indicandolo. Bucciarati che fece un cenno con la mano, come a volerlo scacciare.

«A proposito Giorno, loro due abitano nella porta affianco, adesso il divertimento è raddoppiato‼ Vero ragazzi?».


Da quando si era trasferito definitivamente a casa di Narancia – quindi poco più di una settimana – Giorno ormai aveva capito che si sarebbe dovuto abituare a varie cose; due in particolare, però, non gli andavano molto giù: la presenza di Leone Abbacchio – l’individuo che era riuscito a rovinare i suoi primi giorni di università, che aveva da tempo aspettato e immaginato come dei giorni meravigliosi – e il fatto che Guido Mista, ora vicino di casa, non gli rivolgesse la parola, né lo salutasse. Non che la cosa gli pesasse particolarmente, non pretendeva certo diventassero amici, ma il mancato saluto lo incattiviva, specialmente dopo le tre volte in cui ci aveva provato e non aveva ricevuto risposta. Anzi, una risposta, una volta, l’aveva anche ricevuta: da una signora, dietro Mista, che subito dopo aveva guardato turbata l’amica e si era affrettata ad andarsene, convinta volesse derubarla.

Tuttavia, in linea generale, sembravano persone a posto (almeno da quanto aveva raccontato il coinquilino) e presto le avrebbe incontrate tutte, sperando di non dover cambiare idea. Almeno, dalla sua parte aveva Narancia, l’unica salvezza in quella settimana buia.

«Narancia» chiamò Giorno, mentre appoggiava la guancia sul palmo della mano, lasciando che la penna che aveva in mano rotolasse lungo il tavolo. «Mi hai detto che nel vostro gruppo c’è una certa Jolyne, vero?».

Il moro ingoiò il boccone di pasta che aveva in bocca – erano le 16:40 del pomeriggio e lui stava mangiando la pasta cacio e pepe. Giorno aveva preferito non porsi domande.

«Sì, non ricordo il cognome adesso… È giapponese, tipo il tuo nome» Giorno sbatté un paio di volte gli occhi, possibile che fosse proprio lei? Dopo aver riflettuto attentamente, si decise a parlare di nuovo.

«Per caso va di cognome Kujo?» quasi al ragazzo gli andò il boccone di traverso perché subito si alzò in piedi, gli occhi che luccicavano.

«La conosci?» Giorno annuì, sporgendosi in avanti per recuperare la penna dal centro della tavola.

«Si può dire che sia mia cugina… Cioè, non siamo proprio cugini, ma la situazione nella mia famiglia è un po’… Strana quindi ci consideriamo cugini senza porci tante domande» si fermò un attimo, ponderando le parole, «anche se li sento davvero di rado».

«Dovete incontrarvi‼ Sono sicuro che le farà davvero piacere vederti‼» Giorno sorrise.

«Lo spero» sussurrò, «non vorrei creare fastidio nel vostro gruppo» strinse le labbra per poi riprendere a parlare, «sono appena arrivato, magari darei fastidio a… Hai capito chi».

«No, no, no‼» cominciò a urlare Narancia che si affrettò a piazzarsi di fronte a Giorno, poggiandogli le mani sulle spalle, «Abbacchio è così con tutti. Cioè, non proprio, ma se dovesse dire qualcosa sono sicuro che Bruno lo rimprovererebbe e anche io lo farò se ti fa stare meglio!» Giorno si lasciò scappare una risata, guardando con che fervore il ragazzo gli stava parlando, «e poi sono tutti gentili! Sono sicuro che adorerai Trish quanto la adoro io‼» le guance del più basso s’imporporarono, «anzi‼» urlò, Giorno fece una smorfia, sicuro che i suoi timpani fossero stati ormai distrutti, «gli scrivo di vederci, stasera stessa, organizziamo una festa‼».

Per fortuna di Giorno e sfortuna di Narancia, nessuno quella sera sarebbe stato libero quindi decisero – Narancia decise – che per consolidare la loro amicizia avrebbe dovuto guardare i rispettivi film Disney preferiti, optando per Mulan e Oceania. A Giorno la compagnia di Narancia non dispiaceva affatto, era piacevole stare con lui e, per quanto le loro personalità potessero sembrare opposte, in verità pensava fossero un incontro molto fortunato. Il più basso colmava gli interminabili silenzi di Giorno, lasciandogli comunque lo spazio di cui aveva bisogno.

Erano a metà del secondo film, quando Narancia si mise a controllare il cellulare.

«Scusa … È che mi sono ricordato che Bruno mi aveva mandato una nota vocale, quando ci siamo incontrati al bar, e mi sono scordato di ascoltarla» Giorno annuì, mettendo in pausa il film e prendendo in mano a sua volta il cellulare.

“Narancia muovi il culo e sbrigati … Oh, ma sta là … Chi è quella figa? Che culo della madonna che c’ha”.

Giorno rimase un attimo perplesso. La registrazione era del giorno in cui si erano incontrati per la prima volta, oltre lui, assieme a Narancia non c’era nessun altro. “… Aspetta”. Il biondo, incredulo, alzò lo sguardo verso Narancia che lo guardava a sua volta sbigottito, la chat con Bucciarati ancora aperta.

«Be’…»  cominciò, «che dire». E Giorno avrebbe voluto ridere, se solo il commento non fosse stato fatto credendolo una ragazza.

«Quell’audio… Chi era?» chiese, nonostante fosse totalmente certo che il ragazzo in questione fosse il vicino che si rifiutava di salutarlo: Guido Mista.

«Guido» Narancia si portò una mano alla bocca e cominciò a ridere, «cazzo mi dispiace, Bruno me l’aveva detto di ascoltarlo quand’ero da solo ma non mi aspettavo questo» Giorno si sistemò una ciocca di capelli dorati dietro l’orecchio, sospirando.

«Posso quindi dedurre che il motivo per cui non mi saluta è questo o c’è qualcos’altro sotto?» Narancia smise di ridere e lo guardò, sbattendo le folte ciglia nere.

«Questa mi è nuova» scrollò le spalle, «francamente non saprei, ti direi “non penso” ma Guido ha un rapporto un po’ strano con… l’omosessualità» ridacchiò, grattandosi la testa, «Hai presente i classici tipi che “ho amici gay, ma …” è lui. Solo che gli amici gay li ha davvero. Non credo sia omofobo, è che l'argomento lo mette a disagio».

Giorno annuì, guardando fisso un punto sotto il televisore. Non aveva di certo ammesso apertamente, di fronte a Bruno o a Guido, il suo orientamento sessuale, era qualcosa che poteva essere soltanto dedotto, e il fatto che Mista, senza avere certezza di nulla, avesse deciso di ignorarlo per tale motivo lo disgustava. Per quale assurda ragione l’orientamento sessuale di una persona sarebbe dovuto essere un buon motivo per evitare ogni tipo di rapporto, quando lui era stato quantomeno educato? Non si aspettava di certo che il vicino di casa si prodigasse per accoglierlo, fargli esplorare la zona o anche stringere un minimo rapporto di conoscenza, ma almeno salutarlo a prescindere dal fatto che fosse gay o no.

«Comunque, ora che siamo in tema, mi sembra doveroso dirti che, effettivamente, sono… gay?» disse Giorno, incerto, incontrando lo sguardo di Narancia.

«Okay? Voglio dire, per me non c’è problema, davvero» fece spallucce, «l’importante è che mi dici quando viene qualcuno, sai per… hai capito, così me ne vado e fate quello che volete» Giorno si lasciò scappare una risata.

«È un’ipotesi inverosimile, ma apprezzo anche il solo averlo ipotizzato, mi fa sembrare meno solo di quel che sono in realtà».

Rimasero per un po’ in un silenzio confortevole fino a quando Narancia non riprese in mano il telecomando e fece ripartire il film.


Era quasi passata una settimana dalla sera della nota vocale e Narancia si sentiva un po’ in colpa per tutta quella storia. Non era poi un senso di colpa dovuto all’aver messo in luce il carattere particolare del suo amico, quanto per Giorno: in un certo senso si sentiva di averlo forzato nel fare coming out e, soprattutto, non voleva che le sue relazioni col vicinato diventassero tese. Comunque, nonostante tutti i problemi che Narancia aveva elaborato, Giorno sembrava sereno: continuava a salutare Bruno, ogni giorno con un sorriso un po’ più ampio del precedente – cosa che, nonostante si conoscessero da poco, gli sembrava strana. Giorno non sorrideva poi così spesso con gli estranei – e ignorava Guido, il che lasciava però quest’ultimo un po’ perplesso, come se effettivamente non se lo aspettasse.

Una volta tornato a casa, si lasciò cadere pesantemente sul divanetto, sentendo Giorno urlare dalla sua camera “ben tornato”. Erano le 22 ma probabilmente stava ancora studiando; ogni tanto si chiedeva come sarebbe stato se avesse deciso di continuare gli studi come i suoi amici, forse non si sarebbe sentito un pesce fuor d’acqua quando uscivano i soliti discorsi sull’università. Quando capitava, si sentiva un po’ perso, provava ad ascoltare e a capire, ma non avrebbe mai potuto effettivamente dire “ah, è vero” o “oddio, non sai cosa è successo a me”. Era un mondo incredibilmente lontano da lui e neanche si pentiva di non aver intrapreso quello stesso percorso; era solo che si sentiva… diverso.

Mentre divagava, stravaccato sul divano con lo sguardo verso l’alto, non si era accorto dell’arrivo del coinquilino. Quando gli diede un lieve colpo in testa, gli fece scappare un urletto, provocando una risatina da parte del biondo.

«Ti ho aspettato per mangiare».

«Che? Sei pazzo? Perché?»

«Perché quando mi porti la pizza, tu la mangi con me, quindi è il minimo quando torni così tardi» fece una pausa, «poi è triste mangiare da soli, no?» Narancia si stiracchiò, per poi fare un balzo, atterrando in piedi di fronte al divanetto.

«Sei proprio il coinquilino della mia vita» affermò, dirigendosi verso la cucina, riscaldando, involontariamente, il cuore di Giorno con quella frase. «Che si mangia?»

«Tortellini».

«Tortellini?»

«Be’, sì? Mio “nonno” Joseph me li ha mandati, totalmente a caso, e sono… molti, quindi ci conviene iniziare a mangiarli» fece una pausa, «magari possiamo darne un po’ a Bruno, che ne dici?» il moro spostò lo sguardo dalla tavola apparecchiata al misero piano cucina totalmente coperto da buste piene, più che probabilmente, di tortellini. Cominciò a ridere, annuendo.

«Deve essere bello avere una famiglia così premurosa» sospirò, grattandosi la nuca e sedendosi sulla sedia, «vorrei che mio padre facesse lo stesso» sussurrò, sperando subito dopo di non essere udito.

«Se ti consola, io non ho mai conosciuto il mio».

«Oh» rimase in silenzio, incerto su cosa dire, per poi puntare sul classico “mi dispiace”, ricevendo come risposta un’alzata di spalle.

«Ci sono abituato. Non posso neanche sentire la sua mancanza perché nessuno me ne ha mai parlato, neanche mia madre» appoggiò il mento sulla mano, «tra l’altro, dal poco che sono riuscito a cacciare dalla bocca di quelli che attualmente sono la mia famiglia di fatto, ma non di sangue, non era neanche una brava persona. Quindi meglio?» il biondo alzò lo sguardo verso l’amico, «scusa se ne ho parlato» si affrettò a dire, abbassando lo sguardo e sistemando le posate di fronte a lui, «solitamente non ne parlo, sono cose che potrebbero mettere a disagio, non ci ho pensato».

«Giorno, Giorno, Giorno» iniziò il moro, facendo alzare lo sguardo del ragazzo di fronte a lui, «quante volte ti devo dire che ora siamo coinquilini e quindi amici?» lo puntò col dito, «più cose mi dirai su di te, più la nostra amicizia progredirà‼ Non devi scusarti per essere mio amico!» Giorno rise, stropicciandosi un occhio.

«Sei buffo».

«Cosa? Come osi?» rispose il moro ridendo, sentendo un piacevole calore all’altezza del cuore.


Quel sabato sera, finalmente o per sfortuna – dipendeva dai punti di vista – il sogno tanto atteso di Narancia si era realizzato. Bucciarati aveva insistito con Mista per rendere la serata più piacevole possibile per Giorno e, nonostante Guido fosse un po’ stizzito, aveva comunque deciso di collaborare per cause di forza maggiore – cioè i suoi migliori amici. Purtroppo per lui, una volta arrivati gli ospiti d’onore, l’unico posto libero per Giorno era proprio accanto a lui.

Non appena Giorno si sedette sul divano – leggermente sfondato – Mista notò un improvviso irrigidimento dei muscoli, accentuatosi una volta costretto a girarsi per salutarlo. Quasi a Mista venne voglia di prenderlo in giro, se solo lo sguardo con cui gli si era rivolto dimostrasse solo sete di sangue, differentemente dal suo sorriso.

«Allora Giorno» iniziò Bruno, facendo nascere sulle labbra del biondo un sorriso un pochino troppo eccessivo per quelli che aveva capito fossero i suoi standard – non che lo avesse osservato di nascosto. «Come sta andando in questi giorni?»

«Tutto bene» il biondo cominciò a giocare con le dita, mentre teneva lo sguardo abbassato, «Narancia è molto gentile con me» rivolse lo sguardo verso il coinquilino, intento a cercare qualcosa nel frigo, come se fosse il suo, «penso anche troppo».

Guido dovette scostare lo sguardo perché il modo in cui il ragazzo stava sorridendo verso il suo migliore amico era così pieno d’affetto – come se gli avesse salvato la vita – che lo metteva a disagio per un motivo che non riusciva bene a capire.

«Pensavo saresti scappato dopo qualche giorno» Bruno sorrise e a Guido sembrò che Giorno fosse arrossito. Schioccò la lingua contro il palato, alzandosi dal divano e allontanandosi, riuscendo comunque a sentire uno scocciato “oh, be’, dopo Abbacchio sono pronto a tutto”.

Stava cominciando ad innervosirsi, la presenza di Giorno inspiegabilmente lo irritava, gli faceva prudere le mani. Per distrarsi si diresse verso Narancia che aveva finalmente tirato fuori dal frigo due bottiglie di birra – una anche per lui, avendolo visto arrivare. Con un gesto secco, Guido fece volare via il tappo e senza troppi indugi mandò giù il primo sorso.

«Tutto ok, bro?» Mista alzò le spalle, troppo seccato per rispondere, lo sguardo che si spostava da Bruno a Giorno: chiaramente il biondo ci stava provando con l’amico. Anche se non fosse stato davvero così, non ci sarebbe stato comunque modo per scacciare quel pensiero dalla mente di Guido che, senza mezzi termini, ne era disgustato.

«Senti, lo so che Giorno non ti sta molto simpatico ma è uno okay, sai? È gentile, non capisco perché non ti vada giù, vai d’accordo con tut-».

«Non me ne frega un cazzo se è uno okay o no, mi dà fastidio. Non so perché, non lo so, non lo sopporto» cominciò, agitando la bottiglia di birra, la sua voce quasi simile a un sibilo.

«Potresti almeno salutarlo».

«Che te ne frega, tanto m’ignora quello stronzo» Narancia appoggiò la schiena contro il bancone.

«Se solo avessi ricambiato il suo saluto, appena si è trasferito, forse adesso riuscireste ad avere un rapporto civile» sospirò, dopo essersi beccato un’occhiataccia da parte dell’amico. «Senti, mi sta bene se non ti piace ma, per favore, non farlo sentire a disagio» Guido spostò lo sguardo a destra, iniziando a fissare il cestino dei rifiuti. «Ha passato dei giorni davvero duri» il ragazzo non rispose, rimanendo in silenzio accanto al suo migliore amico che, dopo avergli rivolto un ultimo sguardo, tornò a contemplare il soggiorno.

Dopo pochi secondi, fece capolino nella stanza Trish, facendo scattare Guido come una molla. Nonostante il saluto della ragazza nei suoi confronti fosse stato molto più arido rispetto a quello che aveva ricevuto il suo migliore amico, proprio al suo fianco, si sentì molto più offeso nel constatare che lo sguardo di Trish si era illuminato tutto d’un colpo non appena aveva visto quello che era diventato la sua nemesi: Giorno Giovanna.

«Come faccio a tollerarlo se Trish si comporta così nei suoi confronti?» riprese, sempre con la stessa voce bassa e tono adirato. Narancia si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

«Chill bro, non hai paura di lui proprio perché è gay?» gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò, lanciandosi poco dopo su Bucciarati, stringendolo in un abbraccio. Guido rimase un attimo perplesso, dovette impiegare qualche secondo per recepire appieno quanto gli era stato appena detto, dovendo anche contenere la voglia di urlargli dietro qualcosa tipo “vaffanculo a te e a Giorno Giovanna”. Bevendo l’ultimo sorso della bottiglia, pensò che forse era così che si era sentito Abbacchio quando aveva deciso di farlo scappare dall’appartamento.

Con la seconda birra in mano, era tornato al centro della discussione, lieto che Trish si fosse seduta al posto suo – nonostante stesse parlando con Giorno e lo stesse complimentando per i capelli che, anche Guido doveva ammetterlo, erano proprio belli. Si sedette a terra, vicino alla poltrona di Bruno. Il ragazzo col caschetto moro lo guardò un attimo, sospirando, e, rendendosi conto dell’espressione scocciata del ragazzo, gli diede un paio di pacche sulla testa, come fosse un cane; a Mista non dispiacquero affatto.

Bruno rivolse un’occhiata al cellulare, annunciando che Abbacchio non li avrebbe raggiunti, causando un repentino rilassamento dei muscoli del nuovo arrivato, accompagnato da un’espressione un po' più serena. “L’ha proprio traumatizzato”, si ritrovò a pensare, tra sé e sé.

«Manca solo Jolyne quindi…» sussurrò Trish.

«Ma non siete coinquiline?» chiese Guido, mandando giù un altro sorso, attirando l’attenzione anche di Giorno. Subito, si girò nuovamente verso la ragazza quando i loro sguardi si incrociarono.

«Sì ma era uscita, non so dove sia andata» Mista annuì, facendo segno di aver capito e spostando l’attenzione verso Narancia che sembrava un po’ perso nel vuoto, lo sguardo rivolto verso Trish. Non si fermò ad arrovellarsi il cervello a riguardo perché fu immediatamente interrotto dalla nuova arrivata.

Non solo Jolyne entrò in casa urlando “sono qui bitches” ma cominciò a strillare ancora di più una volta visto Giorno.

«Che cazzo ci fai qui?! Oh mio dio Giorno, perché non mi hai detto niente?!» il biondo sembrava in imbarazzo mentre la cugina lo sgridava scherzosamente con le mani piantate sulle sue spalle, non riuscendo comunque a celare un certo entusiasmo.

«Non pensavo fossi qui … E Jotaro non mi ha detto niente al riguardo, quindi ho dedotto-»

«Bold of you to assume che mio padre non sia una testa di cazzo e sappia qualcosa sulla mia vita» gli fece un occhiolino – che vista la frase poteva risultare lievemente inquietante – e prese una bottiglia di birra sotto lo sguardo divertito degli spettatori – tutti tranne Mista, ovviamente. Non era proprio terrorizzato da Jolyne, ma diciamo che se lo avesse minacciato di staccargli il cazzo lui sarebbe scappato, non ironicamente. Tra l’altro, la sua situazione con Giorno non vergeva certo in suo favore.

«Quanto sei cresciuto …» sospirò, «mi ricordo quando eri alto così» fermando la mano a metà coscia. Giorno si mise a ridere.

«Tu non eri certo molto più grande di me… forse più forte» pronunciò l’ultima frase in un sussurro, che a quanto pare riuscirono a sentire solo lui e Jolyne che, ridendo, lo tirò a sé in un abbraccio.

«Solo felice che tu sia qui» continuò la cugina e Guido spostò il suo sguardo, sentendosi quasi un estraneo in una situazione familiare lontana anni luce dalla sua.

Per Giorno, la serata era passata in relativa tranquillità e, nonostante Mista lo avesse ignorato tutto il tempo – cosa di cui gli era stato grato –, aveva incontrato e legato, per quanto fosse possibile in poche ore, con persone che in tempi normali non avrebbe mai pensato di incontrare. Si sentiva grato nei confronti del coinquilino.

«Allora, che ne pensi?» chiese Narancia, leggermente euforico dopo aver mandato giù probabilmente troppo birre. Poco prima, stava piagnucolando perché voleva dormire con Bucciarati ed era riuscito a convincerlo a tornare a casa soltanto dicendogli che il giorno dopo sarebbe potuto stare con Bruno tutta la giornata – una bugia, perché Narancia il pomeriggio doveva lavorare, ma se ne era dimenticato.

«Sono stati davvero tutti molto gentili» rispose Giorno, portando le ginocchia e il cellulare al petto, «è un gruppo molto… variegato» Narancia rise, annuendo.

«Bruno ci ha uniti tutti assieme! Tranne Jolyne, lei è arrivata grazie a Trish» Narancia fece una pausa, sospirando, «hai visto quanto è bella?» Giorno piegò la testa di lato.

«A chi ti riferisci esattamente?» chiese, cauto perché Narancia non era nel pieno delle sue facoltà mentali. L’ultima cosa che Giorno voleva fare era ficcare il naso negli affari di qualcuno in quelle condizioni.

«Di Trish» Narancia cominciò a fissare un punto dietro le spalle del biondo, «non so se posso parlartene…» aggiunse.

«Non farlo allora» il ragazzo focalizzò di nuovo lo sguardo sull’altro, piegando la testa di lato.

«Non vuoi saperlo?»

«Solo se tu vuoi dirmelo».

«Mi stai confondendo» sospirò, arruffandosi i capelli. Nonostante si stesse impegnando, Giorno non riusciva a decifrare le espressioni di Narancia: cambiavano con così tanta velocità che era di certo difficile capire cosa avesse in testa, ma non lo era altrettanto capire che, forse, neanche il ragazzo sapeva effettivamente come porre ogni cosa in ordine.

«Mi piace Trish» proferì, dopo quasi un minuto di silenzio, cogliendo Giorno di sorpresa. Stava per aprire la bocca quando l’altro lo interruppe, «e non ci dovrebbe essere nulla di male, dirai» Giorno annuì, perché era esattamente quello che voleva dire – per un attimo gli tornò in mente suo nonno. «Ebbene‼» “conosce una parola del genere?” si ritrovò spontaneamente a pensare, «non ci dovrebbe essere nulla di male se solo… A Guido non piacesse la stessa persona, credo, non lo so, ormai mi sembra sono un meme per lui».

Giorno rimase basito per un attimo, a Guido piaceva Trish? Non se ne era accorto. “Forse perché hai evitato di guardarlo per tutta la sera? Touché”, si rispose da solo. Eppure… Sembrava strano? Non si sarebbe detto? Non aveva percepito nulla che potesse farlo intendere. Era anche vero che lei non gli aveva neanche dato tante chance per fare conversazione, forse perché sapeva già dove il ragazzo volesse andare a parare?

«Non sembrerebbe…» si ritrovò a pensare ad alta voce, attirando lo sguardo confuso di Narancia.  «Voglio dire, lei non sembra ricambiare, no? E poi quello… Guido, voglio dire, non è che abbia fatto tanto per farsi notare» stava gesticolando più del solito, chiaro segno che neanche lui fosse effettivamente certo di quello che stesse accadendo tra i suoi pensieri.

Narancia si lasciò scivolare lungo il divano, «è perché lei l’ha rifiutato tipo … Tre volte? E penso che Mista voglia evitare la quarta, dice che il quattro porti sfiga» Giorno rimase fermo, la bocca leggermente aperta nel tentativo di capire il senso della frase, senza coglierlo effettivamente, decidendo, alla fine, di rinunciare.

«Okay… quindi…?» non sapeva cosa stesse succedendo, si sentiva stordito. Una birra, Narancia e i problemi mentali di Guido Mista lo avevano portato a un punto che non aveva mai raggiunto: la totale confusione.

«Quindi‼» si avvicinò a Giorno all’improvviso, facendolo arretrare, «non posso provarci con la tipa che piace al mio bro».

«Però lei l’ha rifiutato tre volte, cavolo, dovrebbe metterci una pietra sopra, no è no» Narancia sospirò e si gettò sul divano, con le mani nei capelli.

«Ma io lo so» biascicò, «ma non so che fare». Giorno si fece spazio accanto a lui, per quanto fosse possibile, e gli poggiò la mano sul capo, accarezzandogli i capelli.

«Non pensarci per ora, non in queste condizioni. Adesso devi andare a dormire, sperare di non stare male domani mattina e poi quando starai bene e vorrai parlarne, me lo dici, ok?» Narancia alzò lo sguardo verso di lui, «perché so che in una situazione normale non me ne avresti parlato, quindi su, a nanna».




Grazie mille per aver letto fin qui! Non ho molto da aggiungere se non: sopportate Guido per ora, cambierà! Spero non troppo velocemente per i vostri gusti!!
Quasi mi scordavo: piccole specificazioni sui personaggi e le loro facoltà (ho pensato proprio a tutto!!)

Giorno - biologia.
Guido - scienze motorie.
Bruno - economia aziendale.
Leone - giurisprudenza.
Trish & Jolyne - accademia (moda & design).

My baby boy Narancia lavora uwu

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Capitolo 2
*** 2.1 ***


Piccola premessa: avendo scritto questo capitolo nell'arco di - penso - più di una settimana, all'epoca non mi sono resa conto di quanto certi avvenimenti stessero accadendo molto velocemente, di conseguenza ho pensato di dividerlo in due parti, piccoline ma meglio di niente. Also: sono giustificata perché teoricamente questa storia sarebbe dovuta rimanere a me a poche persone soltanto, per favore perdonatemi!!

Timeskip: due mesi e mezzo/tre!
 

P.s. Il prossimo capitolo cercherò di farlo uscire entro la prossima settimana, purtroppo sono in sessione e sono pigra.


CAPITOLO 2.1

 

Guido era da poco uscito dall’università, sentiva ancora un po’ di adrenalina addosso dopo aver consegnato il foglio del parziale sorprendentemente non in bianco. Aveva studiato – o almeno ci aveva provato, cioè Bucciarati aveva provato a costringerlo – e forse, solo forse, sarebbe riuscito a passarlo. A prescindere dal risultato, aveva deciso di premiarsi e recuperare le ore sprecate a studiare giocando a qualcosa di nuovo. Con passo lento, si avvicinò ed aprì la porta del GameStop vicino alla sua università, facendo un cenno al commesso; ormai si ricordava di lui – forse perché lo aveva un po’ spaventato qualche giorno prima? – e si mise a guardare in giro, ben sapendo cosa stesse cercando ma volendo comunque girovagare e osservare per la dodicesima volta i Funko Pop che ormai conosceva a memoria.

Era intento ad osservare la statuita di Naruto, indeciso se comprare anche quella, quando sentì un ragazzo, appena arrivato, salutare il commesso. “Quindi quel tizio si chiama Koichi?”. Posò la figure nuovamente sullo scaffale e si diresse verso la sezione dedicata ai giochi della Nintendo Switch, ricordandosi nuovamente della sua unica e fondamentale missione: comprare Super Smash Bros.

Tuttavia, non appena poggiò le mani sulla scatolina, lo stesso fece il tizio appena arrivato. Quando alzò lo sguardo, vide un ragazzo più o meno della sua stessa altezza con una capigliatura strana. “Be’, i miei cappellini non sono il massimo, non posso giudicare”, si ritrovò a pensare, spostando lo sguardo sul viso del ragazzo che lo guardava con un’espressione anche troppo seria.

«Quindi anche tu vuoi questo gioco» iniziò, impassibile; dopo un paio di secondi in cui si erano fissati, Guido non poté non notare una lieve somiglianza con il suo vicino di casa. “Smettila di vedere Giorno Giovanna in tutto e in tutti” si rimproverò.

Il ragazzo di fronte a lui, con estrema lentezza ma non mollando la presa dalla scatola, spostò lo sguardo da lui allo scaffale. Poco dopo gli s’illuminò il viso e lasciò la presa, mettendo le mani su una confezione identica.

«Fiuuu… » si passò una mano sulla fronte come se avesse effettivamente sudato, «menomale che ce n’era un altro o sarei stato disposto a lottare. E sembri uno tosto» Guido alzò un sopracciglio, schioccando la lingua contro il palato.

«Pensi davvero che saresti riuscito a vincere?» poggiò una mano sul fianco, spostando il peso da un piede all’altro.

«Non sottovalutarmi» rispose il moro, sorridendo.

Mentre colui che, secondo Mista, aveva corso il rischio di diventare un rivale peggiore di Giorno Giovanna, venne distratto da un nuovo cliente appena entrato, Guido si affrettò verso il bancone, volendo fare il prima possibile per tornare a casa a giocare. Sembrava un tipo simpatico e aveva anche un lieve accento che lo faceva sembrare buffo. Quasi si sentì in colpa ad avere approfittato di un momento di distrazione per sgattaiolare via.

Poggiò i soldi sul bancone per poi girarsi nuovamente, il ragazzo moro era dietro di lui con il cellulare in mano. Era la sua occasione, poteva parlargli, attaccare bottone, magari, finalmente, sarebbe riuscito a farsi un amico con i suoi stessi interessi, dato che il suo gruppo era troppo altolocato per giocare ai videogiochi. Solo Narancia si salvava ma non era un opponente particolarmente capace.

«Comunque» alzò lo sguardo, «mi chiamo Guido Mista, piacere» il ragazzo sorrise, per poi guardare perplesso la mano tesa di fronte a lui.

«Josuke Higashikata» fece un piccolo inchino, continuando a guardare la mano di Guido a mezz’aria, «devo… stringerti la mano? Scusa, mi sono spostato da poco, non sono abituato» rispose ridendo, prendendo la mano di Mista e muovendola con troppa foga.

«Quindi sei giapponese come pensavo» il ragazzo posò a sua volta i soldi sul bancone, «come mai proprio in Italia?»

«Mio… padre» disse con un po’ di esitazione, «Ha insistito perché venissi qui e ha convinto mia madre che mi ha praticamente costretto a partire» salutò il commesso, che a quanto pare doveva essere suo amico, e si diressero fuori.

«Però lo sai bene l’italiano» Josuke sorrise.

«Me l’ha insegnato Rohan… cioè un mio conoscente» sospirò, «Ogni tanto mi scordo che la gente non conosce ogni mio amico. Sempre che questo tizio possa essere considerato tale».

Ed ecco che era caduto un silenzio imbarazzante. “Vedi Guido, non sei capace” si ritrovò a pensare e forse Josuke aveva captato un certo imbarazzo, che subito si apprestò a chiedere al ragazzo se volesse mangiare qualcosa da qualche parte; era quasi ora di pranzo. Mista gliene fu grato, non ci sarebbe mai arrivato, fosse stato per lui sarebbero rimasti lì, di fronte alla fermata a guardare il nulla.

Così, grazie all’intervento di Josuke, si ritrovarono a parlare di fronte a un piatto di pasta. Josuke era un tipo divertente e particolare; aveva scoperto che al momento era al primo anno di ingegneria informatica – scelta strana considerando che era giapponese e probabilmente sarebbe stato più utile studiarla lì. Viveva in un appartamento, poco lontano dal ristorante in cui stavano mangiando, che condivideva con il commesso di Gamestop. A quanto pare gli aveva anche parlato di lui, quella volta che lo aveva spaventato per sbaglio, avendolo scambiato per un ragazzino delle medie.

«Purtroppo ancora non mi sono fatto molti amici» sospirò, mettendosi una forchettata di pasta in bocca che masticò appena, prima di inghiottirla, «mi trovano un po’ strano, sarà che sono straniero».

«Oh be’, se vuoi posso presentarti i miei amici, ci sono ben due giapponesi, magari ci fai amicizia» fece una piccola pausa, «non che a me stiano particolarmente simpatici» Josuke sbatté un paio di volte le palpebre, confuso.

«Se posso chiedertelo, come mai?»

«Niente di che, con una ho avuto un primo incontro un po’ particolare. A causa di un mio commento un po’… Diciamo abbastanza sessista mi ha lanciato via lo zaino… e me lo sono meritato e, soprattutto, sono cambiato» Josuke stava sorridendo divertito, «con l’altro… Non mi sta molto simpatico, a pelle. Poi sono stato infantile e non l’ho mai salutato, quindi se l’è presa a male».

«Però, se fa parte del tuo stesso gruppo non dovresti, mmmmh, come si dice? Fare il primo passo per far pace?»
«Be’, sì, teoricamente…» Josuke rise.

«Comunque, è una fortuna che le nostre università siano vicine» aggiunse Josuke, «almeno so che se mai dovessi essere da solo potrò contare su di te».

«Sono già la tua seconda scelta, vedo» fece finta di asciugarsi una lacrima, «ma come hai intenzione di fare affidamento su di me se non hai il mio numero di cellulare?» Josuke sbattè un paio di volte le palpebre.

«Era una pick-up line? No dignity» cominciò a ridere e Mista arrossì improvvisamente.

«Non è come credi! Non in quel senso, non ci ho pensato‼» Josuke continuò a ridere, dandogli qualche pacca sulla spalla.

«Tranquillo, non ti preoccupare… come si dice? No homo» Mista si portò una mano sul viso.

In tutta la sua vita, non era mai riuscito a dire una pick-up line ad effetto a nessuna ragazza che gli era piaciuta. Ecco che, finalmente, era riuscito a far uscire il Don Giovanni che c’era in lui ma… con un ragazzo. Sarebbe stato meglio se Bucciarati non lo avesse mai scoperto.

 
Giorno si ritrovò a mescolare, ancora una volta, l’espresso che aveva di fronte. Davanti a lui, Trish era intenta a postare una foto su Instagram, mentre commentava ad alta voce gli hashtag da usare. Giorno non se ne intendeva di quelle cose e, infatti, era stata l’amica a creare e curare il suo account; si era proposta di fargli anche le foto perché «sei così carino che devi trovare un fidanzato altrettanto carino per te, così può picchiare Mista quando non ti saluta».

Lui non è che ci tenesse più di tanto, però un po’ sperava di poter attirare l’attenzione di una persona. Effettivamente, qualcuno ci aveva anche provato con lui – ed ovviamente Trish si era occupata di rispondere, mentre lui si lamentava al suo fianco, cercando di nascondere il rossore che copriva interamente il suo viso. Peccato fossero tipi un po’ strani che, tra l’altro, nemmeno lo salutavano quelle poche volte in cui s’incrociava tra i corridoi dell’università. Quasi si era convinto che fosse un’abitudine degli italiani, non salutare, nonostante effettivamente vivesse in Italia da sempre.

«Continui a mescolare il caffè e ancora non l’hai bevuto» Trish poggiò il viso sulla mano, aprendo leggermente le labbra rosa acceso, «sovrappensiero?» sorrise. Giorno sospirò, lasciandosi scivolare sulla sedia.

Erano giorni che pensava se effettivamente fosse il caso di parlargliene, ormai erano passati almeno due mesi e mezzo da quando si erano conosciuti e poteva considerarla la sua migliore amica; tuttavia, una parte del ragazzo, quella ancora convinta che prima o poi tutti gli avrebbero voltato le spalle, si rifiutava di farlo aprire totalmente su certi argomenti. Senza contare tutte le volte in cui quella fastidiosa vocina nella sua testa gli ricordava da quanto tempo le persone del suo gruppo si conoscessero tra loro e da quanto conoscessero lui: due mesi e mezzo contro anni di amicizia.

«Promettimi di non dirglielo» appoggiò le mani sul tavolo, avvicinandosi al viso della ragazza.

«A chi?» Giorno prese un bel respiro.

«Penso… Penso, voglio sottolinearlo, che… Mi piaccia…» lo sguardo di Trish si illuminò, «Non posso dirlo! Non ce la faccio» si portò le mani in faccia, non riuscendo però a nascondere le orecchie rosse. Sentì la mano calda di Trish stringersi attorno al suo braccio, delicatamente, cercando di spostare almeno una mano dal suo viso, inutilmente.

«Quanto può essere imbarazzante?» Trish stava ridacchiando, «Non sarà mica Mista?» Giorno scostò le mani dalla faccia, mostrando il viso incredulo.

«Ho tanti problemi, ma non un principio di sindrome di Stoccolma» Trish rise, accarezzandosi il mento con le dita.

«Lo conosco?» Giorno annuì, facendo strizzare gli occhi alla ragazza, «è del nostro gruppo?» Giorno distolse lo sguardo, facendo finta di non sentire.

«È Bruno!» urlò la ragazza, facendo saltare sulla sedia il biondo che le portò le mani sulla bocca continuando a intimarle di fare silenzio. Lo sguardo di Giorno, molto lentamente ma abbastanza terrorizzato, si spostò dalla ragazza di fronte al lui al ragazzo che era appena entrato e che si era girato verso di loro, non appena aveva sentito il nome del suo coinquilino.

Il biondo stirò un sorriso e alzò la mano destra, in segno di saluto. Il ragazzo moro guardò un attimo lui, poi Trish e infine la sua mano, ricambiando, incerto. In un attimo Giorno si schiacciò contro il tavolo, attirando la ragazza di fronte verso di lui.

«C’è Mista, ha sentito il nome di Bucciarati, voglio morire» Trish si girò, salutando il ragazzo con un cenno della mano.

«Figurati se ha capito… Ma aspetta, significa che è lui?!» il biondo stava per avere un mental breakdown.

«Parla... a bassa voce, per favore…» Trish stava cercando di non ridere, «penso che mi piaccia, non lo so, non ho mai avuto effettivamente una cotta per qualcuno, ma lui… penso che siano i sentimenti che dovrei provare?»

«Sembri un robot, sei un alieno?» la ragazza gli spostò un ciuffo biondo scappato dalla treccia che era solito farsi, incastrandolo dietro l’orecchio. Lo guardava con sguardo dolce, ma leggermente incupito.

«Sono felice di apprendere i tuoi sentimenti» esitò, «ma… Bruno è… particolare. Come dire» picchiettò le dita sul tavolo, «diciamo che l’ultima cosa cui pensa è… l’amore? Non penso sia interessato ad avere una relazione? Ogni mese almeno una o due persone ci provano o gli chiedono di uscire, è molto popolare tra gli universitari, sarà che è uno dei rappresentanti. Ma ogni volta che me ne ha parlato… non dico fosse scocciato, ma chiaramente non interessato» si morse il labbro, «mi ha proprio detto “continuano a provarci ma non capiscono che non ho interesse, ho altro per la mente e ho i miei amici, a che mi serve una relazione” o una roba del genere. Presta attenzione solo ed esclusivamente a noi, i suoi amici, perché siamo la sua famiglia» Giorno sospirò.

«Come al solito, ho buon occhio quando si tratta di crearmi problemi» spostò lo sguardo sul caffè, ancora nella tazzina, probabilmente freddo, «almeno posso dire di non essere stato friendzonato perché mi considera suo fratello». Trish prese le mani del ragazzo tra le sue.

«Con tutto il mio cuore vorrei dirti di non mollare e di provarci lo stesso, ma l’ultima cosa che voglio per te è provare i tuoi primi sentimenti veri e forti nei confronti di qualcuno che probabilmente non li ricambierà» gli poggiò una mano sulla guancia, «e poi tieni conto che Abbacchio ha un cotta per Bruno dall’alba dei tempi e non l’ha ancora capito, non vorrai mica stare con uno sentimentalmente tonto come lui, no?» Giorno rise, non riuscendo comunque a far andar via il macigno che sentiva all’altezza del petto.

«Preferisco non essere odiato ancora di più da Abbacchio, semmai».

 

Dal pomeriggio al caffè con Trish erano quasi passate due settimane, oramai Dicembre era alle porte e questo significava solo una cosa: la prima sessione di esami di Giorno era sempre più vicina. Purtroppo per lui, studiare stava diventando un’impresa sempre più ardua. Il motivo? Continuava a pensare a Bucciarati. Quasi gli veniva da ridere: ne aveva parlato con la sua migliore amica, lei gli aveva detto con tutta onestà quale fosse la verità e lui era ancora allo stesso punto, se non peggio. In tutto ciò, Giorno stesso stava personalmente riscontrando in prima persona la situazione descritta dall’amica. Qualunque cosa facesse, era consapevole che Bruno lo stesse guardando con lo stesso affetto con cui poteva guardare un amico o un fratello, nulla di più. Eppure continuava. Non che Giorno fosse particolarmente esperto, non aveva idea di quali fossero le tecniche di flirt ed era anche impacciato, ma ormai tutti se ne erano accorti – Abbacchio compreso, che un giorno lo aveva preso da parte e lo aveva insultato; Giorno aveva scrollato le spalle e se ne era andato, senza rispondere, anche se i commenti del più alto gli avevano trapassato il petto come una lama. Lo sapeva di non essere la persona che Bruno stava cercando, lo sapeva di non poter competere con chi era stato accanto a lui per anni, ma questo non andava a spegnere la voglia, dentro di lui, di occupare un posto d’onore al suo fianco.

Vista, dunque, la situazione particolarmente drammatica in cui versava Giorno, prima di segregarsi definitivamente in casa per la sessione, aveva pensato di aggregarsi a dei gruppi studio: forse, assieme ad altri, avrebbe smesso di pensare al vicino di casa e avrebbe cominciato a focalizzarsi su biochimica. Grosso errore di calcolo: finì semplicemente per confondersi ancor più le idee, mettendosi poi a divagare su una vecchia conversazione avuta con il moro.

Un pomeriggio – uno dei migliori della sua vita da fuori sede, ormai l’aveva appurato – Bruno lo aveva invitato a prendere un caffè, totalmente a caso. Quasi aveva sperato che significasse qualcosa di più; in realtà, oltre loro due era presente anche Mista e doveva esserci un amico di quest’ultimo, che all’ultimo minuto dovette declinare perché gli avevano anticipato una lezione. «Il nuovo amico di Mista si è trasferito dal Giappone e avevamo pensato di farvi conoscere» Giorno aveva sorriso ma dentro di sé si chiese se si ricordassero che aveva vissuto in Italia da che ne avesse memoria. Nonostante tutto, Bruno aveva preparato un caffè – bruciato, ma il biondo preferì non farci caso – e si erano trovati in tre, a tavola, in silenzio: Giorno guardava la tazzina, Bruno sorseggiava in silenzio guardando fuori dalla finestra, Guido era rannicchiato sulla sedia con il cellulare in mano a giocare a qualcosa. Il silenzio era così pregnante e lievemente imbarazzante che il biondo per una volta si sentì grato a Mista per non aver abbassato del tutto il volume del cellulare.

Tutto ciò cui Giorno riusciva a pensare era che stesse sprecando un’opportunità importantissima: parlare da solo con Bucciarati – ignorando totalmente la presenza di Guido. Fino a quel momento erano sempre stati circondati da persone pronte ad interromperli, così finivano per lasciare discorsi a metà e Bruno lo guardava con un espressione che voleva dire “scusa, ne parliamo dopo, ok?”. Peccato non ne parlassero più.

Per sua fortuna, Bruno aveva cominciato a parlare: passarono dai convenevoli, alle domande sull’università, con tanto di “be’, io non ne capisco di biologia, ma se ti dovesse servire un aiuto in economia puoi far affidamento su di me”. Il biondo non riusciva neanche a ricordare il filo di parole che li aveva condotti lì, ma si ritrovarono a parlare di libri. Parlarono dei loro autori preferiti, degli ultimi libri letti e dei passati un po’ oscuri che avevano condiviso – scoprendo che Mista era stato, e ancora un po’ lo era, un grande fan di Twilight.

Proprio da questo continuo scorrere di memorie e pensieri, Giorno si ricordò di quando aveva promesso, scherzosamente ma non proprio, che avrebbe regalato a Bruno una copia di Diritto e Castigo, un libro che a suo parere avrebbe apprezzato molto. Così aveva abbandonato il gruppo studio con una scusa davvero banale, sperando che ciò non avrebbe compromesso i rapporti universitari che si reggevano in piedi a stento, e si recò nella Feltrinelli più vicina alla facoltà, con l’intenzione di andare a casa il prima possibile, regalargli il libro e aspettare in trepidante attesa che lo finisse per parlarne insieme.

Salì di corsa le due rampe di scale che lo separavano dal suo appartamentino, quando, mentre cercava le chiavi, sentì un chiacchiericcio molto acceso provenire dalla porta dei vicini di casa. Quasi si sentì uno spione, ma le porte erano quasi attaccate e la voce che sentiva, oltre quella ben nota di Guido Mista, gli sembrava familiare; per non parlare del lieve accento giapponese… Quando finalmente realizzò l’identità del famigerato amico, Guido aveva aperto la porta, presentando un Giorno con le mani ancora nello zaino, alla disperata ricerca della chiave, che guardava nella loro direzione.

«Giorno?» chiese Josuke, la voce chiaramente alterata per l’eccitazione, incredibilmente felice di vedere suo cugino. Lo sguardo del biondo, ancora immobile, si spostò dal cugino al vicino, i capelli ricci scompigliati e lo sguardo duro, puntato su di lui. Aveva la mascella chiaramente irrigidita e non ci volle molto per notare le mani strette a pugno.

«Josuke?» e Giorno avrebbe voluto sembrare più entusiasta, ma lo sguardo di Mista gli stava letteralmente perforando il cranio.

Non ci volle molto perché il cugino cominciasse a fare le feste di fronte a lui. Non si vedevano da anni nonostante avessero passato ogni estate dei loro anni migliori e più spensierati insieme: un anno in Italia, un anno in Giappone; viaggi ovviamente finanziati da, “nonno” o padre, Joseph.

«Non avrei mai immaginato conoscessi mio cugino!» urlò Josuke, rivolto verso l’amico.

«Quante riunioni di famiglia, eh Giorno?» Josuke non sembrò badare al sarcasmo, probabilmente neanche lo aveva colto, ma il biondo aveva cominciato a sentirsi a disagio. Non riusciva a capire per quale motivo il moro si stesse comportando in quel modo con lui, proprio quando il loro rapporto si era stabilizzato ad una civile convivenza, sia perché erano abbastanza maturi per andare oltre a delle semplici antipatie, ma soprattutto perché non volevano che gli attriti tra loro andassero ad intaccare altre persone a loro care. Era stato un accordo tacito che entrambi avevano colto ma sembrava stesse per essere infranto.

Guido aveva colto chiaramente il disagio di Giorno e quasi ci provava gusto nel vederlo in quello stato, decidendo di mantenere lo sguardo freddo e il tono distaccato. Era infantile e lo sapeva bene, ma l’episodio fece scattare dentro di sé una sorta di meccanismo di autodifesa.
Ormai conoscevano Giorno da tre mesi, non era stata certo colpa sua se era rimasto senza appartamento e il fatto che fosse il coinquilino del suo migliore amico gli stava anche bene; era consapevole che Narancia non lo avrebbe sostituito con lui e il loro rapporto fosse nettamente più saldo rispetto a quello che aveva con Giorno. Aveva quindi deciso di lasciar correre e, anzi, proprio per lo stesso amico, aveva deciso soffocare la sua antipatia e mantenere dei rapporti civili.

Poi era entrato nel loro gruppo, evento ragionevole: era amico di Narancia ed erano vicini di casa. Insomma, una conseguenza naturale. Decise quindi, di nuovo, di lasciar correre. Peccato che fosse il cugino di Jolyne: tra lui e la ragazza non vi era astio, non vi erano sentimenti in generale. Stavano nello stesso gruppo, se si trovavano a parlare lo facevano, altrimenti diventavano meri conoscenti. Fu allora che il primo di quei pensieri cominciò a farsi strada nella sua mente. Sempre di più cominciò a temere che la presenza di Giorno potesse non tanto oscurarlo, ma portargli via ciò che lui considerava la sua famiglia; pian piano, a partire dalla cugina, avrebbero cominciato a preferire il biondo a lui. Era riuscito anche a tollerare l’amicizia con Trish perché si era detto “be’, è gay, figurati se si mettono insieme”, anche se la vocina gelosa che gli oscurava la ragione rimaneva lì, persistente e ogni giorno un po’ più forte. Non poteva permettersi che Giorno Giovanna gli portasse via quello che gli era più caro: gli restavano solo Josuke e Bucciarati; era cosciente della cotta di Giorno per Bruno – chi non lo era, d’altronde, a parte il ragazzo stesso? – ma l’idea di una loro relazione gli sembrava così lontana e improbabile che quasi non ci dava peso. Non era neanche capace di iniziare una conversazione con il coinquilino, le probabilità che riuscisse ad attirare la sua attenzione come qualcuno più importante di un amico erano pari a zero.

Però ecco che arrivava a Josuke. Non appena si riconobbero, Guido sentì un macigno al posto del cuore. Era arrivato anche a lui, l’unico con cui la possibilità di rapporto, in casi normali, sarebbe stata ridotta a numeri decimali. Non avevano nulla in comune, Josuke non conosceva bene gli altri suoi amici, era in gruppo a parte o con Mista; aveva anche pensato di presentarglieli, ma l’idea che Giorno potesse rubargli anche lui lo tormentava ed ecco che, invece, erano addirittura cugini! Sembrava uno scherzo.

Molto presto, Josuke dovette andarsene, chiamato da un altro impegno, ma promettendo al biondo di sentirsi presto, facendosi promettere a sua volta che sarebbero usciti loro due e Jolyne. Quando il ragazzo si chiuse la porta dell’ascensore alle sue spalle, Guido rivolse il suo sguardo verso Giorno che aveva aperto la porta di casa ma non accennava ad entrare. Stava per chiudersi la porta alle spalle, quando sentì il ragazzo più giovane chiamarlo.

«Guido, scusa…» la sua voce era flebile e incerta, a Guido venne da ridere per il tono stranamente dolce utilizzato, mai usato fino ad allora, «Bruno non è in casa, vero?» teneva in mano una busta della Feltrinelli; Guido alzò un sopracciglio, poggiandosi allo stipite della porta.

«Perché?»

«Volevo dargli questo» rispose, sollevando un po’ la busta di carta. Guido scoppiò a ridere – una risata forzata e aspra.

«Cos’è? Vuoi attirare la sua attenzione con un libro?» Giorno piegò la testa di lato, «credi davvero che avrai mai delle chance con lui?» il biondo chiuse un attimo le palpebre, per poi fissare i suoi occhi verde smeraldo su quelli color pece del ragazzo di fronte a lui. Guido sentì un brivido lungo la schiena, mai in quei mesi il ragazzo più basso lo aveva guardato dritto negli occhi, se non per pochi secondi.

«Non ho chiesto la tua opinione sulla mia vita sentimentale, ti ho chiesto se Bruno è in casa» Guido irrigidì di scatto la mascella, scostandosi dallo stipite della porta e piazzandosi di fronte al biondo, sovrastandolo per quanto i neanche dieci centimetri di differenza glielo consentissero.

«Non mi importa da chi lo vuoi prendere, ma evita di ronzare troppo attorno ai miei amici» Giorno non aveva accennato a distogliere lo sguardo, anche se il più alto notò chiaramente le sue labbra tremare per un attimo.

«Sei la persona di merda che credevo, grazie per averlo confermato» il biondo gli diede le spalle, rientrando in casa e sbattendosi la porta dietro di lui. Si era portato con sé il libro.



Ultima nota del capitolo!! 
Ho introdotto Josuke e Koichi un po' a random, principalmente per la mia amica. Non hanno motivo per stare in Italia... Neanche Jolyne ma va bene comunque! Okuyasu è l'unico in Giappone e ancora non so perché, il mio cervello non ve lo sa spiegare. Anche questa fan fiction è una bizarra avventura.

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