But now the rains weep o'er his hall, and not a soul to hear

di chemist
(/viewuser.php?uid=1110647)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tyrion & Cersei ***
Capitolo 2: *** Tyrion & Jaime ***
Capitolo 3: *** Jaime & Cersei ***
Capitolo 4: *** Tyrion & Jaime & Cersei ***



Capitolo 1
*** Tyrion & Cersei ***


PREMESSA: in questi 4 capitoli, pubblicati tutti insieme, ho voluto dare un’interpretazione personale dei 4 momenti che hanno segnato l’uscita di scena di Cersei, Jaime e Tyrion, nell’ottava ed ultima stagione di Game of Thrones. Le loro sono state alcune delle (purtroppo) poche scene della stagione a coinvolgermi in tutto e per tutto, dal punto di vista emotivo. Perché gli Stark sono la mia casata preferita, ma per scrittura e sviluppo dei personaggi, ritengo che i Lannister non siano secondi a nessuno. Spero che i suddetti capitoli vi piacciano e, se volete, potete lasciarmi delle recensioni: sarebbero ben accette. Grazie a chi leggerà :)
NOTA: per il titolo della storia ho scelto un estratto della canzone “Le piogge di Castamere” perché, sebbene elogi la potenza dei Lannister, trovo che descriva bene anche il loro malinconico epilogo.

 
1. Tyrion & Cersei
Era piccolo, Tyrion Lannister. Lo era da tutta la vita, e al confronto di qualsiasi persona si era trovata davanti: figuriamoci quanto poteva esserlo dinnanzi alle mura di Approdo del Re. Eppure in quel momento ogni passo che faceva sembrava spaccare il terreno sotto i suoi piedi e riecheggiare nell’aria, come se fosse stato fatto da un gigante. La tensione era padrona: Cersei aveva catturato Missandei e ora la teneva in ostaggio sulle mura, sotto gli occhi agonizzanti di Daenerys. La situazione sembrava pronta a precipitare. Una volta arrivato ad una distanza tale da poter farsi sentire, il Folletto si fermò, scambiandosi uno sguardo enigmatico con Cersei.
Sua sorella. La regina.
Non riusciva più a distinguere le due cose: infondo, Cersei con lui era stata tutt’altro che una sorella giusta. Lo aveva tormentato fin da quando era nato e sapeva che lo avrebbe fatto fino all’ultimo dei suoi giorni. Non si illuse neanche per un secondo di poter cambiare questa cosa.
Cersei alzò la mano destra e, praticamente all’istante, i numerosi arcieri alle sue spalle incoccarono frecce nei propri archi. Era da tempo che Tyrion non si trovava così vicino alla morte: un solo gesto della regina e sarebbe stato travolto da un nugolo di dardi dalla punta metallica, freddi come il suo cuore. Tuttavia non si ritrasse: già da molto tempo aveva perso la paura di morire.
La regina. Sua sorella.
Cersei infine chiuse la mano a pugno e la tirò giù. Per quanto lo odiasse, non era mai riuscita ad assestargli il colpo che ponesse fine alla sua vita. Ci provava da anni, ma al momento decisivo sembrava sempre che una forza invisibile la trattenesse. Fu allora che Tyrion si decise a parlare.
“So che non ti importa della tua gente, perché dovrebbe? Ti odiano, e tu odi loro. Ma tu non sei un mostro, ho visto personalmente che non lo sei. Hai sempre amato i tuoi figli, più di qualunque altra cosa al mondo”.
Era vero: c’era stato un tempo in cui, isolati dalle orecchie indiscrete del resto della corte, Cersei gli parlava delle sue preoccupazioni per Joffrey, Tommen, Myrcella…e Jaime. Era il massimo dell’intimità che avessero mai raggiunto. Gli sembrava che fosse passata un’eternità.
Vide qualcosa negli occhi di Cersei, ma non seppe dire cos’era. Compassione? Paura? Di certo non era il disprezzo che aveva visto in lei pochi attimi prima.
“Il tuo regno è finito, ma non è detto che tu debba morire, né che debba farlo il figlio che aspetti”.
Nell’udire quelle parole, Cersei cadde in un ultimo istante di indecisione, generato senz’altro dal pensiero di quanto le era più caro. Ma se ne rialzò in fretta e in lei prevalse infine l’orgoglio: come una leonessa si voltò verso Missandei, stringendole il braccio e guardandola con l’espressione altezzosa che aveva avuto dal giorno in cui sposò Robert Baratheon. Quindi accadde tutto in una fretta atroce: Gregor Clegane sollevò la spada e decapitò la ragazza di Naath.
Tyrion rimase per qualche secondo in silenzio ad osservare quella testa riccioluta, sperando che ciò che aveva appena visto non fosse mai successo. Quando realizzò che era tutto vero, si voltò lentamente e si incamminò verso Daenerys, con gli occhi bassi e la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a cambiare sua sorella.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tyrion & Jaime ***


2. Tyrion & Jaime
“Come ti hanno trovato?”, disse Tyrion entrando sommessamente nella tenda dove Jaime era stato incatenato, ancora una volta da solo. In effetti quella situazione gli fece venire in mente i tempi in cui era prigioniero di Robb Stark. Tante cose erano cambiate da allora, il Giovane Lupo era morto e con lui una moltitudine di altri uomini, ma lui era ancora lì ed era di nuovo ai ceppi. Trovò in tutto ciò persino un pizzico di ironia.
Per rispondere al fratello, Jaime sollevò la mano dorata. Tyrion rinvenne e sospirò.
“Hai mai pensato di togliertela?”.
“Una volta Cersei mi disse che ero il più stupido dei Lannister”.
Jaime non era il più stupido dei Lannister. Era, forse, solo il più impulsivo, soprattutto se confrontato con le menti lucide e manipolatrici di Tyrion e Cersei. Per non parlare di suo padre Tywin.
“Eppure stai tornando da lei”. Le parole di Tyrion arrivarono alle sue orecchie non come un rimprovero, bensì come una sorta di supplica: voleva che ci ripensasse. E sembrava esserci dell’altro…
“Sono stato io a difendere Approdo del Re l’ultima volta, posso dirti con certezza che domani la città cadrà. E Cersei morirà”, proseguì il Folletto.
“L’hai già sottovalutata in passato”.
“Morirà comunque. A meno che tu non la convinca a cambiare i suoi piani”. Nel dire ciò, Tyrion estrasse dalla tasca una piccola chiave, che Jaime capì subito essere quelle delle sue manette. I suoi occhi, scuri e asimmetrici, erano sempre più supplichevoli.
Jaime si stupì ancora una volta dell’astuzia di suo fratello, ma non arretrò di un centimetro sulla sua posizione. “Quando mai sono riuscito a convincere Cersei a fare qualcosa?”, disse con un ghigno intriso di divertimento e amarezza allo stesso tempo.
“Provaci ancora, un ultima volta. Ora ha un motivo per ascoltarti, anzi ce l’avete entrambi. Fallo per l’innocente che porta in grembo”.
“Le cose più orrende Cersei le ha fatte proprio per i suoi figli”. L’espressione di Jaime mutò, divenendo terribilmente cupa. Anche lui, inevitabilmente, pensava a Joffrey, a Tommen, a Myrcella. Anche lui, durante il lungo viaggio che li aveva portati a quella guerra, aveva perso tanto.
Tyrion gli si avvicinò di qualche passo e Jaime sentì una nuova sfumatura farsi largo nella sua voce: la paura.
“Allora scappate, scappate insieme. Se continui a scendere le scale sotto la Fortezza Rossa, arriverai ad una spiaggia: lì ci sarà una barca a remi ad aspettarvi. Vi porterà a Pentos”. Jaime ascoltò quelle indicazioni con gli occhi spalancati.
“Iniziate una nuova vita nel continente orientale. Promettimi che lo farai, Jaime”.
Lo Sterminatore di Re guardò per qualche istante il suo piccolo fratello, che continuava a ravvivare il barlume di speranza che ormai si era acceso dentro di sé.
“Hai la mia parola”.
Tyrion parve sollevato quando udì quelle parole, dunque si adoperò per liberarlo. “Se il piano funziona, dà l’ordine di suonare tutte le campane: per Daenerys sarà il segnale che Approdo del Re si è arresa”.
“La tua regina ti ucciderà per questo”.
“Se dovesse riuscire a conquistare il Trono senza inutili spargimenti di sangue, forse risparmierà la vita a colui che ha reso possibile la cosa. E se pure dovessi morire? La vita di migliaia di innocenti per quella di un nano non esattamente innocente, mi sembra uno scambio equo”.
Jaime non seppe cosa rispondere, quindi tacque. E pensava che anche Tyrion sarebbe rimasto in silenzio prima di uscire dalla tenda. Ma poi il fratello lo sorprese ancora una volta, un’ultima volta.
“Senza di te non sarei sopravvissuto neanche alla mia infanzia”.
Jaime alzò gli occhi e incontrò quelli di Tyrion. Erano lucidi. Le parole gli stavano morendo in gola, ma trovò la forza di farle uscire.
“Certo che lo avresti fatto”. Il Folletto scosse il capo.
Per qualche assurda ragione, Tyrion pensò a Tysha. Aveva sempre provato una punta di rancore nei confronti di Jaime, per avergli fatto credere all’amore laddove non ce n’era traccia. Ma crescendo, aveva capito che l’aveva fatto per un solo motivo: perché gli voleva bene. Era l’unico ad avergli voluto bene ed era l’unico a volergliene ancora.
“Sei stato l’unico che non mi ha mai trattato come un mostro. Eri tutto ciò che avevo”.
Era nato col fardello di aver condotto alla morte sua madre Joanna. Suo padre e sua sorella lo avevano odiato fin dal primo momento. Joffrey lo aveva umiliato pubblicamente in più occasioni. Shae lo aveva illuso per poi tradirlo a bruciapelo e gettarsi nel letto di suo padre. Sansa lo aveva sposato con le lacrime agli occhi e mai gli aveva permesso di diventare suo marito. Gli altri cortigiani lo disprezzavano da sempre ed altre persone avevano persino provato ad ucciderlo. Ma Jaime…Jaime era l’unico ad essere rimasto dalla sua parte, dal primo giorno fino ad allora.
I due infine si sciolsero in un abbraccio liberatorio, che aveva infiniti significati.
Tyrion, abituato a godersi la vita tra vino, donne e lusso, non sorrideva più da tempo immemore e stava ancora cercando il suo posto nel cuore dell’ennesima donna, Daenerys, che amava senza essere corrisposto. In più, si sentiva tremendamente invecchiato e stanco del mondo intorno a lui.
Jaime aveva perso quasi ogni traccia del vecchio se stesso: forte, affascinante, orgoglioso e sbeffeggiatore. Adesso era un uomo sfinito, privato di tutte le certezze. Quelle certezze che si materializzavano nella mano destra che gli era stata tagliata. La mano della spada. La mano che aveva trafitto il Re Folle rendendolo famoso in tutti i Sette Regni.
Si abbracciarono a lungo e con le lacrime agli occhi. Poi si separarono, Tyrion uscì dalla tenda, e i due fratelli seppero che non si sarebbero più rivisti.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Jaime & Cersei ***


3. Jaime & Cersei
Stava correndo quando lo trovò, poggiato ad una colonna della sala con la mappa di Westeros in cui si erano salutati tempo addietro, prima che lui se ne andasse a Nord a combattere contro gli Estranei. Il cuore le batteva all’impazzata, ma quando lo vide si fermò per qualche secondo, prima di riprendere a pulsare con ancora più vigore.
Tra le tante persone che aveva incontrato in quel giorno apocalittico, l’unica che Cersei non si sarebbe mai aspettata di incontrare era proprio Jaime. In un attimo, dimenticò Euron Greyjoy, Daenerys Targaryen, Qyburn, la Montagna, il Mastino…dimenticò tutti, e con le lacrime che iniziavano a fuoriuscire corse dall’unico uomo che avrebbe potuto consolarla e aiutarla in quel momento drammatico.
Jaime la strinse a sé come aveva fatto mille volte in passato. Che strano rapporto, il loro: segreto ma sotto gli occhi di tutti, calunniato ma mai apertamente giudicato. Amore e odio. Cersei chinò la testa incoronata sul petto di Jaime e seppe ancora una volta che i loro destini erano legati indissolubilmente.
Anche Jaime pensò la stessa cosa. Provava rimorso per come si era comportato con Brienne, certo, e sarebbe stato riconoscente alla donna di Tarth per tutta la vita. Eppure…eppure neanche le sofferenze e le lezioni degli ultimi anni riuscirono a tenerlo lontano dal suo vero amore. Da Cersei.
Restarono l’una tra le braccia dell’altro per un periodo indeterminabile, che però parve loro assurdamente lungo, incuranti di quanto stava accadendo intorno a loro. Incuranti delle fiamme del drago di Daenerys, delle urla di terrore degli innocenti, della Fortezza Rossa che, un tempo inviolata, ora cadeva a pezzi. Non si curarono più di nulla. Esistevano soltanto loro due.
Poi Jaime ricordò. Ricordò il piano di Tyrion. La loro via di fuga.
Cersei era ancora profondamente scossa, così Jaime dovette trascinarla per un braccio fino ai bassifondi della Fortezza. L’agonia della città che stava per cadere fece sembrare ogni loro passo lento come la fine dell’Inverno.
Una sensazione che durò poco, e alla quale subentrò la rassegnazione. Ogni passaggio verso la spiaggia alla base della Fortezza, infatti, era inaccessibile per via dei mattoni crollati. Jaime provò ad aprirsi un varco, in un ultimo, disperato tentativo di evasione. Ma farlo con una sola mano e con le numerose ferite inflittegli da Euron era proibitivo, se non impossibile.
Fu allora che Cersei iniziò a capire. Capì che non c’era più scampo per lei e per Jaime, che la fine si avvicinava, che le sue manie di potere l’avevano portata alla rovina e che, per una volta, avrebbe dovuto accordarsi con Tyrion. Ricominciò a piangere e si avvicinò a Jaime barcollando.
Lo stesso Jaime nel frattempo aveva mollato. Non ce l’avrebbero fatta, non c’era modo di uscire di lì. La morte li avrebbe raggiunti nello stesso luogo in cui erano custoditi i teschi dei draghi dei Targaryen.
Già, i Targaryen. Gli unici che non si vergognarono mai dell’incesto. Ancora una volta Jaime colse dell’ironia nel destino che gli era stato assegnato.
“Jaime, ti prego, fa’ qualcosa. Non voglio che il bambino muoia”. La voce di Cersei lo riportò alla realtà.
Il bambino. Suo figlio. L’unico figlio che sarebbe stato insindacabilmente suo. Lo avrebbero odiato per questo, ma a lui non importava. Voleva solo smetterla di cercare scorciatoie e vivere alla luce del giorno.
Voleva vivere, innanzitutto. Ma capì anche lui che non sarebbe stato possibile, e questo lo fece sentire ancora più inerme e impotente.
“Voglio che nostro figlio viva Jaime. Ti prego, non lasciarmi morire!”.
Jaime si avvicinò a Cersei ma tutto ciò che riuscì a fare fu stringerla ancora una volta, l’ultima. Lei lo supplicava, ma stavolta non c’erano soluzioni, non si intravedeva alcuna via d’uscita da quella prigione che li stava opprimendo.
“Guardami, Cersei. Guardami negli occhi. Non conta nient’altro. Non conta nient’altro. Soltanto noi”.
Per un’ultima volta le accarezzò il viso, quel viso che lo aveva fatto innamorare e penare. Non trovò più nulla da dire.
Rimasero fermi in quel punto, in attesa che la morte venisse a prenderli, naturalmente insieme come quando nacquero.
Ed essa non tardò ad arrivare, sotto forma di un cumulo di macerie che sommerse i loro corpi, uniti come se fossero uno solo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tyrion & Jaime & Cersei ***


4. Tyrion & Jaime & Cersei
Si guardava intorno alla ricerca di un senso a ciò a cui aveva appena assistito. Non credeva ai suoi occhi.
Un vero e proprio massacro si era consumato ad Approdo del Re. Daenerys era uscita di senno proprio al rintocco delle campane, quello che lui aveva invece interpretato come il tanto agognato segnale di resa.
Le strade della città erano stracolme di cadaveri pugnalati o carbonizzati, o entrambe le cose. Fu uno spettacolo orribile e impietoso verso ciò che restava in piedi della Fortezza Rossa.
Tyrion teneva gli occhi bassi: era un uomo molto ostinato e non volle abbandonare la speranza. La speranza che almeno suo fratello e sua sorella fossero riusciti a fuggire verso Essos, prima di quell’inferno di fuoco e sangue che aveva travolto la capitale.
Il percorso verso i bassifondi gli parve un labirinto, un dedalo di scale sgretolate e annerite dalle fiamme. E poi, quando arrivò a destinazione, iniziò a capire.
Quel luogo era ormai impraticabile, era solo un enorme ammasso di mattoni e polvere. Tyrion vagò nei dintorni senza uno scopo preciso, prima che un dettaglio catturasse la sua attenzione, facendolo sussultare.
Una mano. Una mano dorata che emergeva dai mattoni rovinati dal soffitto.
Tyrion ebbe un mancamento. Le gambe gli diventarono pesanti come il piombo, il suo respiro si fece affannoso e le braccia gli si afflosciarono, tanto che fece cadere la torcia che stava mantenendo.
Si avvicinò a quella specie di guanto metallico e un impulso irrazionale lo spinse a spostare i mattoni soprastanti, anche se ormai era certo di ciò che vi avrebbe trovato sotto.
I suoi sospetti divennero timori, e i timori si tramutarono in una straziante consapevolezza. Scavando tra le rovine fece emergere nuovamente i volti di Jaime e Cersei, impolverati e tumefatti. E notò che erano abbracciati.
Tutta la rabbia insita nel suo corpo confluì nelle lacrime, le ultime lacrime che avrebbe versato. Le lasciò scorrere lungo il suo viso, segnato da troppe battaglie e troppa violenza gratuita. Singhiozzando, colpì ripetutamente i pugni contro quei mattoni, quasi a volerli punire per la perdita che gli avevano causato. Ma non c’era alcuna valvola di sfogo che potesse liberarlo dal dolore che provava in quel momento.
Strinse la mano dorata di Jaime, come se quel contatto potesse restituirgli per un po' il suo amato fratello. E baciò la guancia insanguinata di Cersei: per quanto assurdo potesse sembrare dopo tutto il male che si erano fatti negli ultimi anni, Tyrion in cuor suo amava anche lei ed era profondamente addolorato per la sua morte.
Dopo qualche minuto trascorso in un imperturbabile silenzio, si alzò. Ora era l’ultimo Lannister rimasto in vita. Ma lo era davvero? Lo era davvero, se al petto portava ancora la spilla donatagli da colei che aveva fatto morire gli ultimi membri della sua famiglia?
Abbassò di nuovo lo sguardo e fissò per l’ultima volta i corpi dei suoi fratelli.
Almeno, erano morti insieme.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3847141