Do not go gentle into that good night

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rave at close of day;

Rage, rage against the dying of the light.
[Dylan Thomas]
[Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce]
 

1.

La guardò andarsene docile nella fine della notte e qualcosa nella sua figura lo costrinse a cambiare idea sul seguirla. Mentre lei rimuoveva la sua collana rossa, lui metteva quasi inconsciamente via la spada.
Lei continuava a camminare, lentamente e in modo regale, come una regina che si ergeva stoicamente dopo aver rifiutato la corona. Come una dea che finalmente tornava umana.
Davos non poteva far altro che fissarla quasi ipnotizzato, quasi fosse sotto incantesimo. Continuò a seguirla, in silenzio e in attesa, finché non vide la sua figura divenire sempre più piccola e più instabile e soprattutto i capelli rossi liberi al vento tramutarsi in grigi.
Quella trasformazione invece di paralizzarlo ancora di più, lo riscosse al contrario dalla sua contemplazione e lo spinse a muoversi nella direzione della donna con rapidità. Non aveva idea egli stesso di cosa volesse fare, forse finirla con un colpo di grazia oppure semplicemente comprendere l'esito di quella lunga vita da strega di cui lui aveva visto solo una piccola parte. Non aveva importanza, perché mentre si faceva strada tra i cumuli di cadaveri, il suo piede urtò qualcosa. Un tintinnio metallico nel silenzio attirò la sua attenzione e inconsciamente riconobbe l'oggetto da quel rumore ben prima di abbassare lo sguardo e vedere la ben nota collana della sua acerrima nemica. Senza esitare, spinto da un'inspiegabile frenesia, la raccolse e, al semplice contatto tra le sue mani e l'oro, freddo contro freddo, il rubino spento al centro si riaccese improvvisamente.
Il rosso brillante lo accecò, ma invece di gettare via il gioiello, si ritrovò a stringerlo ancora più forte, quasi convulsamente. Era così incantato da quella luce da esserne quasi soggiogato. Si trattava forse dell'ultimo incantesimo della Donna Rossa, mentre andava a morire?
Ma il rumore di una sequenza di soffici passi lo distolse dalla visione. Davanti a lui, si ergeva ora proprio Melisandre, ancora ardente di vita. Era bella e giovane come sempre, l'unica eccezione era l'espressione con cui lo fissava.
La notte oscura era passata ma il terrore era ora dipinto sul suo viso.
"Cosa sta succedendo?" chiese Davos, facendo istintivamente un passo indietro ma continuando a stringere la collana.
"Dovreste dirmelo voi, Ser Davos" replicó lei, per la prima volta priva di risposte e confusa almeno quanto lui.
Senza aggiungere altro allungò una mano verso l'uomo, non per toccare lui ma per sfilargli la collana. A dispetto della stretta che aveva dedicato al gioiello, nel sentire le dita della donna sfiorare il dorso della sua mano, lo lasciò quasi di scatto. Ma appena l'oggetto ritornò nelle mani della legittima proprietaria, il rubino tornò a spegnersi e un dolore invase la Donna Rossa, deformando i suoi lineamenti.
"Cosa sta succedendo? Cosa vi sta succedendo?" chiese di nuovo Davos, con nuova apprensione.
L'invecchiamento e la morte che su di lei aveva spiato qualche momento prima da lontano, adesso tornavano a mostrarsi più da vicino attraverso rughe, capelli bianchi e soprattutto lo spegnersi di una luce negli occhi azzurri.
Quasi con un ultimo impulso alla vita e alla luce, Melisandre gettò quasi la collana tra le mani di Davos e non appena nuovamente il rubino tornò a brillare, anche lei tornò a rifiorire e a risplendere.
"Stavo andando a morire, pensavo i miei giorni fossero finiti dopo una vita di centinaia di anni ma... Per qualche ragione mi state tenendo in vita, Ser Davos, proprio voi"
L'espressione di terrore non era sparita dal suo viso mentre pronunciava quell'abbozzo di spiegazione, ma al termine un sorriso ironico aveva increspato le sue labbra.
"Era la collana a tenermi giovane e bella... La luce della collana si stava spegnendo finalmente ma voi l'avete riaccesa"
Incredulo, l'uomo deglutì a vuoto e spostò lo sguardo dalla donna alla collana. Si trattava per davvero di un ultimo incantesimo, dopotutto, ma si era sbagliato: era lui a compierlo in qualche modo, senza volerlo, senza crederci e senza avere alcun minimo potere.
"Cosa dovrei fare?"
Nonostante la sua diffidenza e il suo odio, era ancora a lei che si rivolgeva. Sembrava confusa e spaventata, ma sicuramente doveva saperne più di lui. Quella donna lo aveva tirato nuovamente dentro ad un bel guaio e adesso doveva dirgli cosa fare per risolverlo. Ma quale poteva essere la soluzione, se egli stesso non capiva in fondo la natura del problema? Aveva intuito solamente che doveva tenere quella dannata collana in mano e che non si sarebbe liberato di quella donna nemmeno questa volta.
L'imprevista risatina di Melisandre lo colse ancora di più di sorpresa. Una risatina debole, triste, quasi compassionevole.
"Oh, Ser Davos, penso che dovreste proprio lanciare quella collana il più lontano possibile. Davvero non capite?"  affermò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
E in fondo lo era. Ora anche lui capiva.
Tenere la collana e tenere lei in vita erano un guaio solo se lui avesse voluto tenerla in vita. L'esistenza della strega era letteralmente nelle sue mani: sarebbe bastato effettivamente smettere di toccare quell'affare per vederla sparire. Per fare giustizia a Shireen. Quello che aveva tentato di ottenere, chiedendo un'esecuzione a Jon e poi pensando di seguirla proprio qualche minuto prima con la spada in pugno, adesso era lì per lui su un piatto di argento.
Anzi, su una collana d'oro e rubino.
Eppure esitava. Non sapeva perché, ma doveva essere per lo stesso motivo per cui aveva fatto aprire i cancelli durante la battaglia e l'aveva lasciata entrare. Allora, aveva capito che lei sarebbe potuta essere d'aiuto. Ora sapeva che lo era stata. Che aveva fatto anche del buono, anche se gli costava ammetterlo.
Che Melisandre di Asshai era la luce e l'oscurità.
Era la luce piena di terrori.
Era il limitare tra la notte buona e la luce morente.
"Vi ho promesso che sarei morta prima dell'alba. Avrei dovuto sapere che sarebbe toccato a voi farlo. Forza, uccidetemi"
Lei lo incitava, più con rassegnazione che disperazione, aspettando la morte e accettando quel cambiamento di piano solo come un ironico rimando.
Lui esitava ancora. Poteva ucciderla e avrebbe anche dovuto, ma improvvisamente era come se non volesse più farlo. Aveva sognato di ammazzarla con le sue stesse mani per tanto tempo, anche prima di aver scoperto di Shireen. Ma non voleva ammazzare lei, solo la strega che aveva sempre visto e non la semplice e fragile donna che vedeva adesso.
Restó immobile e in silenzio per un po', indeciso tra il passato, il presente e il futuro che avrebbe potuto concederle. Finché di colpo, si mosse, lontano da lei ma non dalla collana.
"Dove state andando Ser Davos?"
Si voltó a lanciare un'ultima occhiata, solo per scoprirla ora quasi arrabbiata e delusa. Quella reazione lo fece per la prima volta sorridere. Voleva davvero morire? Allora lui l'avrebbe condannata a vivere.
"Mi serve l'aiuto di Gendry. Non andate da nessuna parte, Donna Rossa"
E si allontanò verso il castello appena sopravvissuto alla battaglia, con la collana a ricordargli che la notte d'ora in poi poteva anche essere dolce, ma proprio lui era stato chiamato a continuare a lottare contro lo spegnersi della luce.
 

 








NDA: Salve a tutti con questa mia nuova storia! So benissimo di avere un'altra long-fiction in corso, ma dopo aver visto la puntata non ho potuto resistere! Finora ho sempre scritto storie su questa ship (in italiano o in inglese) o ambientate in un AU oppure in un punto della trama in cui l'evento di Shireen non era avvenuto. Stavolta invece voglio cimentarmi in qualcosa di diverso: fare in modo che i due personaggi si innamorino proprio a dispetto di tutte le cose brutte che sono successe, mantenedo il più possibile l'IC dei personaggi. Spero che l'idea vi piaccia, secondo me dopo le interazioni tra i due e il ruolo provvidenziale della Donna Rossa, un po' tutti li abbiamo shippati (non solo io povera visionaria, giusto? ahahah). Qualsiasi commento è gradito, anche solo per capire se la mia impresa è impossibile! Al prossimo capitolo!
LadyPalma

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Capitolo 2
*** 2. ***



2.

Entrando nell'improvvisato laboratorio del castello dove Gendry lavorava come fabbro, Davos non si aspettava davvero di trovare lì il ragazzo. In fondo era appena passata la fine del mondo, e per quanto ne sapeva, l'ultimo della discendenza Baratheon poteva anche essere fuggito prima della battaglia e aver ripreso a remare al contrario. Invece, contrariamente alle sue aspettative, non solo lo vide seduto al suo solito posto di lavoro, ma lo sorprese anche con la più giovane Stark tra le sue braccia, coinvolti in una passione evidente, che per lui non poteva che essere un lontano ricordo.
"Ehm... Scusate il disturbo" disse, palesando la sua presenza e insieme anche il suo imbarazzo.
Per lui, data l'età della coppia e il particolare rapporto che aveva instaurato con il ragazzo, era un po' come aver beccato in un atteggiamento amoroso due figli. De resto per loro, entrambi orfani, l'impressione non era dissimile dall'essere visti da un proprio genitore: il rossore sui loro volti quando si staccarono ne era la perfetta conferma.
"Ser Davos... Sono contento che siate sopravvissuto!" borbottò Gendry.
"Anche io sono contento di vedervi vivi... Ed entusiasti!"
Un breve silenzio seguì quella tiepida battuta, rotto infine da una risata improvvisa che coinvolse tutti e tre contemporaneamente. Una risata non divertita o allegra ma che risuonava di sollievo e incredulità. L'incredulita di essere usciti vincitori dalla notte e dai suoi terrori e di potersi permettere il lusso di pensare a cose come l'amore.
"A proposito, Lady Arya, mi è giunta voce che siete stata voi l'eroina a cui dobbiamo la salvezza" disse Ser Davos, soffermando lo sguardo sulla ragazza con piena ammirazione.
"Sì, pare fosse il mio destino da sempre. La Donna Rossa aveva ragione" replicò lei con uno strano sorriso.
Davos non era certo di quale fosse il significato di quelle parole, né se fossero state dette esplicitamente per dare un segnale a lui; in ogni caso non si perse dietro a quei nuovi interrogativi perché il riferimento a Melisandre lo riscosse dalla fugace allegria di quella riunione, ricordandogli improvvisamente il motivo per cui era lì. Allora, sollevò la collana che aveva ancora stretta in mano e mosse qualche passo verso di loro, pronto a esporre il problema e a chiedere al fabbro un aiuto per la soluzione. Prima che potesse parlare però, Arya diede segno di riconoscere l'oggetto.
"Cos'è successo alla Donna Rossa?"
"Si è tolta la collana e stava per morire... Sfortunatamente io l'ho raccolta e in qualche modo tenendo questo maledetto oggetto la sto tendendo in vita"
Forse richiamati dall'incanto silenzioso che la collana aveva esercitato anche su di lui, entrambi i giovani fecero un passo avanti udendo quelle parole. Senza parlare, la ragazza si protese verso il gioiello e glielo sfilò dalle mani, per poi passarlo dopo qualche istante al ragazzo. Come se le parole di Melisandre e quello che lui stesso aveva visto non fossero stati a sufficienza, Davos si sentì quasi sconvolto nel vedere il rubino perdere istantaneamente lucentezza tra le mani sia di Arya che di Gendry per poi tornare a riaccendersi solo a contatto con la sua propria pelle.
"La state mantenendo in vita per davvero" sussurrò Arya, con autentica meraviglia, nonostante tutte le altre meravigliose cose cui aveva assistito durante quella lunga notte. Ma ben presto, tornò a guardare verso il Cavaliere delle Cipolle con uno sguardo adesso improvvisamente severo. "Cosa avete intenzione di fare? Distruggere la collana e ucciderla?"
"Devo dire che l'idea mi tenta, in effetti"
"Beh, non posso permettervelo” disse lei in tono quasi minaccioso.
La reazione così forte della ragazza risultò insolita a entrambi gli uomini. Fu Gendry il primo a parlare queste volta.
"Non era uno dei nomi sulla tua lista?"
"Sì. Come Beric Dondarrion e il Mastino. Volevo ucciderli tutti, una volta. Ma ho spuntato questi tre nomi stanotte e ora sono in cima alla lista delle persone da difendere... Almeno chi di loro è ancora rimasto in vita" spiegò Arya, solenne. "Ho visto un disegno più grande e devo ringraziare ognuno di loro se sono riuscita nella mia missione"
Davos la studiò per un po', stupito di scoprire come la giovane Stark fosse pronta a difendere e a perdonare proprio la stessa persona che lui riteneva la peggiore sulla faccia della Terra. Un moto istintivo di rabbia e dolore lo prese inevitabilmente di fronte a quella che coglieva come una pura assurdità.
"Sono lieto che riuscite a perdonare così facilmente, Lady Arya. Io non posso. Forse non avete idea di ciò che quella donna mi ha fatto..."
"Oh sì, Ser Davos. Mia sorella Sansa mi ha raccontato ogni cosa. Non è una questione di perdonare, ma di capire. Ora penso di aver capito tutte le azioni della Donna Rossa. Al contrario, Cersei e la Montagna sono ancora nella mia lista e non ho intenzione di eliminarli"
Durante quella spiegazione, Arya aveva continuato a fissare Davos con aria di sfida, perfino di minaccia. L'ultimo sguardo prima che lasciasse la stanza fu riservato però a Gendry.
"Devo andare a trovare Jon. Controllalo" disse alludendo chiaramente a Ser Davos. "Non permettergli di farle del male. E soprattutto non aiutarlo in nessun modo"

 
**
 
"Non credo che Arya possa lamentarsi di questo tipo di aiuto" commentò Gendry una ventina di minuti dopo con una punta di ironia, contemplando il suo lavoro.
L'oro della collana giaceva distrutto sul suo piano di lavoro, ma il rubino, del tutto intatto, era invece ora incastonato in un bracciale di acciaio saldamente legato al polso di Ser Davos. Al contrario delle aspettative della giovane Stark, l'uomo non aveva intenzione di distruggere la collana, anzi era andato alla ricerca di Gendry proprio per poterla trasformare in qualcosa di più pratico che potesse portare sempre attaccato alla pelle.
L'aiuto che cercava non era per uccidere la Donna Rossa ma per salvarla.
"Posso farvi una domanda?" chiese poi, senza aspettare un cenno di assenso prima di continuare. "Perché? Perchè la state salvando se la odiate?"
Davos, che stava fissando a sua volta la nuova forma dell'amuleto, alzò lo sguardo a quella domanda e si prese qualche momento per riflettere. Da quando l'idea di chiedere l'aiuto del fabbro aveva sfiorato la sua mente, non vi si era soffermato abbastanza da porla in questione ma aveva preferito invece lasciarla sedimentare quasi in maniera inconsapevole. Aveva pensato di lasciarla vivere, aveva trovato il modo e aveva agito. Per il momento non voleva pensare al motivo per cui aveva deciso di lasciar andare la sua vendetta, sarebbe stato superfluo e del tutto deleterio per i suoi sentimenti contrastanti.
Adesso però, che la decisione era stata irrevocabilmente presa, il momento di riflettere si era ripresentato e la domanda di Gendry ne aveva solo dato una forma esterna.
"Non lo so" rispose alla fine.
Ed era vero. Era forse perché era rimasto sconvolto e incantato dal potere dell'oggetto? Perché aveva intuito che la morte di Melisandre per lei sarebbe stata una liberazione e non una giustizia? Oppure voleva lasciarla in vita il tempo sufficiente per poter istituire un processo contro di lei e giustiziarla nel modo più legittimo? Non avrebbe saputo dirlo, ma riconosceva la propria curiosità nel capire la natura del legame speciale che evidentemente doveva esistere tra lui e la Donna Rossa. Probabilmente Arya Stark aveva ragione dopotutto, in merito alla differenza tra capire e perdonare.
Ma al solo vago pensiero di poter arrivare a comprendere le azioni della sacerdotessa tornò a far comparire davanti ai suoi occhi la nitida immagine di Shireen Baratheon, la piccola sfortunata bambina che aveva amato come una figlia.
"Tu lo sai cosa quella donna ha fatto?" chiese al ragazzo, con improvvisa durezza. "Ha preso una bambina e l'ha bruciata viva. Shireen, la figlia di Stannis, era tua cugina! Ha convinto suo padre e sua madre a farla bruciare. E perché? Per seguire quello che credeva di vedere nel fuoco!"
Gendry apparve visibilmente dispiaciuto, ma per qualche ragione per nulla impressionato.
"È terribile, ma alla fine qualcosa nel fuoco lo ha visto giusto dopotutto, no?" disse il ragazzo un po' troppo bruscamente e infatti, accorgendosi che la rabbia del cavaliere era ben lontana dall'estinguersi, continuò. "Posso capire più di chiunque altro, Ser Davos. La Donna Rossa voleva bruciare anche me, ricordate? E sarei finito anche io come Shireen se non fosse stato proprio per voi. È per avermi rapito che Arya voleva ucciderla"
"Vuoi dirmi che tu l'hai perdonata per quello che ha fatto a te?"
Gendry accolse quella provocazione con un mezzo sorriso.
"No, ma al contrario di voi ho avuto tempo per stare lontano dalle guerre per il potere e per pensare... Mentre remavo" Il suo sorriso si ampliò nel riferirsi a quel ricordo condiviso, ma subito dopo si spense di colpo e la sua espressione ritornò seria. "Ho capito che la persona di cui dovevo aver paura non era mai stata la Donna Rossa. Posso capire l'idea di un sacrificio umano per un bene superiore, per i fanatici religiosi è cosa comune. Ma sapete chi è ben oltre la mia capacità di comprensione? Stannis. Se lo chiedete a me, quello sarebbe stato il primo nome che avrei scritto sulla mia personale lista"
Davos non rispose ma il moto di rabbia era sparito dal suo volto, lasciando il posto alla sorpresa e a una strana forma di paura.
Infatti era sorpreso che già due persone sembravano essere arrivate a comprendere la Donna Rossa.
E spaventato di scoprire che, se si fosse impegnato abbastanza, magari ci sarebbe potuto riuscire anche lui.











NDA: Ecco qui il secondo capitolo! L'idea è quella di cercare di istituire una sorta di "cordone di difesa" attorno a Melisandre, in modo che anche Davos con il tempo possa trovare in sè il modo di perdonare le sue azioni. Per quanto riguarda il pensiero di Arya, non credo sia una reazione troppo esagerata; credo che gli avvenimenti della 8x03 l'abbiano cambiata profondamente e ce la vedrei ad essere pronta a tendere la mano verso la Donna Rossa. Con Gendry invece ho iniziato a fare quello che tutti gli avvocati di difesa farebbero in un processo: puntare il dito verso qualcun altro, e quel qualcuno è Stannis. Oggettivamente, penso che lui sia stato responsabile dei crimini di Melisandre almeno quanto lei, ma non abbiamo mai visto Davos biasimarlo direttamente. Il "testimone migliore" me lo sto tenendo per il prossimo capitolo, Brienne di Tarth, e inserirò anche delle prime interazioni tra Davos e Melisandre. Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Davos non impiegò molto tempo a trovare la Donna Rossa. La mezz'ora in cui erano stati lontani sembrava per lei non essere trascorsa. Tutto intorno la vita aveva ripreso a scorrere: parenti, amanti e amici si riunivano, mentre altri sopravvissuti piangevano la morte di quelli che non erano stati altrettanto fortunati. In tutto questo, Melisandre era rimasta nello stesso posto dove lui l'aveva lasciata, a fissare la deserta strada innevata in cui era stata sul punto di dissolversi, prima che il gesto dell'uomo la riportasse inaspettatamente indietro. Lui la notó da qualche metro di distanza e si ritrovó a concedersi qualche istante per guardarla, con i capelli completamente sciolti al vento e il suo corpo tremante, stretto nel solo vestito scollato.
"Avreste dovuto raccogliere il vostro mantello da terra" esordì poi, quando le fu abbastanza vicino da poter essere udito "Non vi ho risparmiata per vedervi morire immediatamente di polmonite. Non che l'idea mi dispiaccia"
Udendo la famigliare voce del cavaliere, la donna si voltò. Il tono che aveva usato, più tagliente del freddo che provava, e la frecciatina velenosa che aveva aggiunto alla fine erano il minimo che si aspettava. Anzi, ciò che non si era aspettata era, al contrario, di essere ancora viva.
A dire il vero, per un paio di volte aveva sentito lo stesso dolore che aveva avvertito quando si era tolta la collana e aveva anche visto i suoi capelli iniziare ad ingrigire, ma proprio quando pensava che Davos avesse finalmente deciso di ammazzarla, tutto era poi tornato allo stato iniziale. Forse ci aveva provato ed aveva poi cambiato idea, oppure semplicemente aveva posato la collana per qualche istante. Istintivamente, abbassò lo sguardo sulle mani dell'uomo in cerca dell'oggetto e quando non lo trovò, non poté che rivolgergli un'occhiata interrogativa.
"State cercando il vostro prezioso rubino?" la anticipò Davos, indovinando i suoi pensieri. Con un semplice gesto, alzò la manica del suo pesante vestiario, mostrandole la nuova collocazione.
"Vi sta bene addosso" commentò la donna in un sussurro. Difficile dire se fosse ironica o sincera, il suo tono sembrava quasi lontano ed evanescente. "Suppongo di dovervi ringraziare, Ser Davos"
Un mezzo sorriso apparve sulle labbra dell'uomo, o piuttosto una smorfia di sdegno. Dopo anni in cui erano stati sempre nemici che curiosamente combattevano sempre dallo stesso lato della barricata, Melisandre ancora si stupiva di come quell'uomo così innegabilmente buono, dolce e saggio, riusciva a mostrare così disgusto e durezza nei suoi confronti.
"Non voglio nessun ringraziamento. Mi accontento di non vedervi mai più, e se questo non è possibile, di vedervi il meno possibile"
Nettamente in contrasto con quelle parole, la donna si protese verso di lui. Stava quasi per afferrargli un braccio, cercando di creare un contatto fisico, come sempre era abituata a fare con tutte le persone cui si trovava a dover dire qualcosa di importante - salvo poi fermarsi e ritirare la mano di scatto.
Ma qualcosa di importante sentiva di doverla dire e lui l'avrebbe ascoltata.
"So di avervi ferito, so quanto tenevate alla piccola-"
"Non vi azzardate a pronunciare il suo nome!"
Quel sibilo veloce la fece rabbrividire più che se fosse stato un urlo.
"Mi dispiace" riprese, tuttavia "Quello che sto cercando di dire è che vorrei fare qualcosa per voi. Se non per ringraziarvi, almeno per tentare di farvi stare meglio"
Stavolta lui la fissò in silenzio per qualche istante, mentre lei lo fissava di rimando. Occhi azzurri contro occhi azzurri, la durezza e la dolcezza dello sguardo per una volta completamente invertita.
"L'unica cosa che potrebbe farmi stare meglio è farvi soffrire come avete fatto con Shireen" le rispose alla fine, calcando il nome come per sottolineare il fatto che lui, a differenza di lei, aveva ogni diritto di pronunciarlo. E che non lo avrebbe mai dimenticato. "Ma questo non la riporterà indietro. Quindi semplicemente cercate di non farvi vedere e ricordate che semmai proverete a usare una delle vostre magie ancora, non esiterò a ucciderci stavolta" concluse, sollevando leggermente la mano, mostrando ancora una volta il bracciale con cui di fatto poteva controllare la sua vita.
Lanciandole un ultimo significato sguardo, si cominciò ad incamminare.
"Ser Davos" lo richiamò quasi immediatamente "Non posso più fare magie, insieme a quella collana ho perso ogni mio potere, non posso neanche più vedere nel fuoco... Sono solo una donna adesso"
Davos arrestò il passo e voltò la testa per osservarla ancora una volta. Effettivamente gli sembrava più umana con gli occhi così tristi e non poteva negare di trovarla per questo più bella di quanto avesse mai pensato. In quell'istante lo sfiorò l'idea che da semplice donna poteva essere molto più pericolosa che da strega.
Forse perché una donna la si può capire, mentre una strega è più facile da odiare.
In ogni caso si astenne dal fare quella considerazione e annuì semplicemente.
"Questa è una consolazione"

 
**
 
I sette giorni immediatamente successivi trascorsero rapidamente, come una pausa fatta di festeggiamenti e riposo, inframmezzata dalla conta dei morti e la sepoltura dei cadaveri. Per Davos l'entusiasmo della sopravvivenza era stato smorzato dal peso di quel nuovo oggetto attaccato al suo braccio; il pensiero di Melisandre lo coglieva spesso durante la giornata: un mare di odio con onde fugaci e inattese di indulgenza e compassione. L'unico sollievo era che almeno era riuscito a non incontrarla neanche una volta.
Tuttavia la ripresa dalla guerra non durò a lungo e al termine di quella settimana ci fu il primo incontro tra i Lord, i consiglieri e i principali cavalieri. Gli obiettivi erano principalmente due: organizzare la ricostruzione di Grande Inverno e preparare la guerra contro Cersei per il trono. Fu proprio al termine di quella riunione, mentre usciva dalla sala parlando con Tyrion Lannister, che fu avvicinata da Brienne di Tarth.
"Ser Davos, posso avere una parola in privato?"
L'uomo fu inevitabilmente sorpreso, ma in ogni caso fece cenno al nano di procedere senza di lui. Non riusciva a capire cosa lo scudo di Lady Sansa potesse volere da lui; per un momento si chiese perfino se non fosse un diversivo della donna per evitare i suoi due assidui corteggiatori.
"Ser Brienne, cosa posso fare per voi?" le domandò cordialmente, calcando sul nuovo lusinghiero appellativo.
La donna accennò un breve sorriso nel sentirsi chiamare in quel modo, ma giunse schiettamente all'oggetto che voleva trattare.
"Voglio parlare di voi in verità. Ho saputo della nuova situazione della Donna Rossa e, se permettete, volevo dirvi qualcosa su cui riflettere"
Lui accolse quelle parole con uno sguardo che esprimeva sospetto e al tempo stesso divertimento.
"Vi ha forse mandato Lady Arya?"
Brienne esitò per un momento.
"Lady Arya ha a cuore le sue sorti a quanto pare, ma è stata Lady Sansa ad informarmi e ciò che ho da dirvi è qualcosa di personale" disse e dall'espressione improvvisamente quasi dolorosa sul suo volto non si poteva dubitare della sua sincerità. "Se ricordate, anche io ho perso qualcuno di caro per colpa della Donna Rossa. Avevo una fedeltà assoluta per Renly e avrei fatto qualsiasi cosa per lui. È stata lei a creare il mostro che lo ha ucciso davanti ai miei occhi… Lei insieme a Stannis"
Fece una pausa, forse ripercorrendo nella sua memoria i tempi passati in cui era la guerriera del più giovane dei fratelli Baratheon, oppure tutte le avventure che aveva vissuto proprio perché a un certo punto il suo re era morto.
"Ho giurato vendetta per il mio re e l'ho avuta" riprese poco dopo. "Ho piantato una spada nel petto di Stannis, eppure per quante occasioni abbia avuto di uccidere la Donna Rossa, non ho mai sentito l'impulso di farlo. Riuscite a indovinare il perché?"
Davos la fissava in attesa. Non aveva dimenticato che era stata Brienne ad uccidere Stannis, ma aveva completamente rimosso che invece avrebbe dovuto uccidere anche Melisandre.
"Ditemelo" disse, quasi con urgenza.
"Perchè Renly non era nessuno per lei, voleva semplicemente vincere una guerra per il suo re e ha trovato il modo di farlo. E la stessa cosa è successa con la vostra Shireen, non lo capite? È stata lei a partorire l'ombra, è stata lei ad accendere il fuoco, ma solo perché l'idea è stata approvata prima da Stannis. Stannis ha dato l'ordine. Stannis era il fratello di Renly, Stannis era il padre di Shireen. Renly e Shireen erano sue responsabilità, non della Donna Rossa"
Il Cavaliere delle Cipolle si prese tutto il tempo per elaborare il significato di quel discorso. Non poteva dire di condividerlo, ma doveva ammettere che non aveva mai visto le cose in quella prospettiva.
Era da sempre stato così concentrato ad odiare Melisandre e ad addossare ogni colpa, che aveva finito per ridurre Stannis a un uomo privo di volontà che si era fatto irretire. Eppure l’uomo che aveva servito per anni aveva scelto volontariamente di affidarsi alla magia, e lo aveva fatto per ambizione e smania di potere. Era stato per la promessa del trono che aveva ucciso il fratello e la figlia.
Shireen per Melisandre era stata una bambina qualsiasi da bruciare in cambio di quello che credeva un bene più grande, un sacrificio folle per il Signore della Luce.
Ma quanto era valsa Shireen per Stannis? Una stupida battaglia.
Una figlia in cambio di una battaglia.
A pensarci adesso, in questi termini, si sentiva percorso dai brividi.
"Mi state suggerendo di perdonarla?" riuscì a domandare alla fine.
Curioso come ci fossero più persone di quante ricordasse che avrebbero avuto un motivo per odiare Melisandre.
Curioso come tutte quelle persone ora volevano al contrario difenderla.
Brienne scosse la testa e gli rivolse un sorriso.
"No, sto solo dicendo di cominciare finalmente a smettere di pensare a Stannis come l'amico che avete perso. Forse così troverete in voi uno spazio per odiare di meno la Donna Rossa"

 
 



 
NDA: Eccomi con un altro rapido aggiornamento. Dopo un periodo di vacanza, ho ripreso a scrivere a pieno ritmo la tesi ma questo non mi impedisce di partorire (ombre assassine?) idee per questa storia. In questo capitolo ho ufficialmente trasformato Stannis nel big villain; del resto credo che parte del grande odio di Davos per Melisandre sia proprio per l'incapacità del nostro cavaliere delle cipolle di accusare Stannis, che in qualche modo al contrario ha sempre cercato di giustificare. L'atteggiamento di Brienne verso la Donna Rossa in merito a Renly è effettivamente particolare: nella 6 stagione fa capire che è a conoscenza del ruolo svolto nell'uccisione del suo re ma non tenta minimamente di farle del male. Ho tentato dunque di esplorare i pensieri di Brienne e penso che questa sia l'argomentazione decisiva per provocare un piccolo cambiamento in Davos.
Un'ultima cosa: tenete a mente il fatto che Melisandre vuole fare qualcosa per sdebitarsi nei confronti di Davos e le parole di lui "L'unica cosa che potrebbe farmi stare meglio è vedervi soffrire". La nostra Mel farà qualcosa di molto stupido nel prossimo capitolo, che per questo sarà un po' dark (and full of terrors). Alla prossima!
 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Warning: Questo capitolo (e anche il prossimo) contiene accenni ad abusi sessuali. Niente di grafico, ma l'argomento è trattato. Consiglio di guardare le note finali dopo la lettura.


4. 

Davos Seaworth faceva parte naturalmente di coloro che sarebbero partiti per Approdo del Re, non tanto perchè le sorti del trono lo interessassero ormai più di tanto, quanto perchè nella sua vita gli era rimasto ormai ben poco a parte il suo ruolo di consigliere. Jon Snow sarebbe partito e lui sarebbe andato con lui, fiero per lo meno di seguire un comandante che fosse autenticamente e giusto. La nuova prospettiva su Stannis che prima Gendry e poi Brienne gli avevano suggerito gli rendeva in qualche modo più caro il giovane Re del Nord. Più ripercorreva le vicende di Stannis e i suoi torti, più gli risultava degno di stima Jon.
E allo stesso modo, senza che se ne rendesse neanche conto, anche la visione sulla Donna Rossa cambiava.
Proprio come aveva previsto Brienne, nel momento in cui aveva ripescato la figura di Stannis dal ripostiglio oscuro della memoria in cui l'aveva nascosto, aveva iniziato a canalizzare su di lui tutto il suo dolore e la sua rabbia. Aveva iniziato ad odiare Stannis e quell'odio in qualche modo era stato tolto a Melisandre. Se pensava a lei adesso, riusciva perfino a provare compassione. E allora, per quel sentimento, odiava un po' anche se stesso. Ma, paradossalmente, quell'odio era altro odio che veniva tolto da lei.
Forse era per quel turbine di dubbi e pensieri che tenevaa sua mente impegnata anche durante la notte prima della partenza, che non si sentì stranamente infastidito quando si vide comparire proprio la Donna Rossa davanti alla porta delle sue stanze.
"Ser Davos, sto interrompendo qualcosa?"
La voce leggermente tremante e gli occhi, ancora una volta pieni di una insolita tristezza, la facevano apparire davvero umana. Sembrava avere paura di essere scacciata, ma allo stesso tempo nel suo atteggiamento c'era anche la determinazione di farsi ascoltare. Nel rivederla così dopo una decina di giorni di distanza, dieci giorni in cui nella sua testa era avvenuta una lenta trasformazione, non riuscì a spingerla via. Al contrario la fece entrare nella stanza e l'espressione sul suo viso, poteva intuirlo, non era così fredda come avrebbe voluto.
"Che cosa volete?" le chiese sforzandosi di usare un tono brusco.
Melisandre chiuse la porta dietro di lei e si avvicinó lentamente a lui, fermandosi solo quando si trovó ad un paio di passi di distanza.
"Lo so che avete detto che non volete vedermi e manterró fede alla mia parola, ma prima devo in effetti sdebitarmi e penso di aver trovato il modo"
Prima che lui anche solo pensare di chiederle un'ulteriore spiegazione, lei si rimosse con un solo gesto il vestito restando completamente nuda di fronte a lui.
Davos spalancó gli occhi, completamente preso alla sprovvista e poi si impose di voltare la testa.
"Rivestitevi immediatamente" le disse e stavolta la durezza nella voce non era una finzione.
Sempre evitando di guardarla, fece per oltrepassarla ma lei fu più veloce e gli si gettó praticamente tra le braccia.
"Quanto tempo è passato dall'ultima volta che avete avuto una donna, Cavaliere delle Cipolle? Potete avere me. Usatemi. Mostratemi quanto mi odiate"
Le parole furono dei sussurri viso contro viso, i loro nasi si sfioravano. 
"Andatevene" 
"Fate di me ció che volete" 
Parlarono insieme e quando le loro bocche tornarono a chiudersi ci fu lungo attimo di silenzio, al termine del quale le loro labbra finalmente si unirono. 
Forse era per il tentativo di giustificarla ancora fresco nella sua mente, o perchè l'odio che provava in meno per lei quella sera era diminuito e aveva rivelato un'attrazione di fondo che c'era sempre stata, oppure ancora, molto più semplicemente, lui era un uomo e lei una donna a cui era impossibile dire di no. In ogni caso, la resistenza di lui alla fine fu vinta quando la bació con passione e la trascinó quasi immediatamente sul suo letto. 
Pensando al loro rapporto, ci si sarebbe potuto immaginare un incontro aggressivo o addirittura violento. Invece, lei lo lasció volontariamente prendere il controllo e lui si prese tutto il tempo per esplorare il suo corpo, per baciarla e assicurandosi che anche lei trasse piacere. Anzi, curiosamente darle piacere era la priorità. 
Un simile epilogo non era certamente quello che Davos si era aspettato aprendo la porta alla Donna Rossa. 
Ma d'altro canto, non era neanche quello che Melisandre era andata a cercare da lui. 

**

L'aveva baciata quando avrebbe dovuto morderla. 
L'aveva accarezzata quando avrebbe dovuto graffiarla. 
E le aveva donato piacere quando quello di cui  perversamente sentiva di avere bisogno era dolore. 
Stavano stesi l'uno accanto all'altra, la loro pelle si sfiorava sotto le lenzuola e i loro respiri tornavano lentamente al ritmo naturale. La loro passione si era appena conclusa e contro ogni aspettativa, Melisandre si ritrovó a piangere silenziosamente. Grazie alle luci delle candele a vota accese, Davos vide chiaramente le lacrime, forse ancor prima che se ne accorgesse lei stessa. 
"State piangendo" constató ad alta voce, confuso e anche un po' preoccupato da quella reazione. 
Anche se l'emozione predominante per un lungo momento fu la semplice meraviglia, dal momento che mai aveva pensato di vederla piangere. 
"State bene? Ho fatto qualcosa di sbagliato?" 
Melisandre si toccó le guance scoprendole bagnate e sembró meravigliata anche lei. Poi si voltó lentamente  di lui. Quelle domande e il tono premuroso con cui erano pronunciate per qualche strano motivo le facevano venir voglia di piangere ancora di più. Tuttavia scosse la testa debolmente e accennó un sorriso. 
"No, non avete fatto nulla di sbagliato ed è proprio questo il problema" sussurró. "Volevate vedermi soffrire e ve ne ho dato la possibilità... Questo avrebbe potuto sistemare le cose. E ora probabilmente avete rovinato tutto" 
Davos la fissava senza capire. Lei gli si era lanciata addosso e lui aveva rovinato tutto? In che modo? Nei brevi momenti di lucidità durante la loro passione, l'uomo si era convinto che lei lo volesse sedurre e che il risarcimento che aveva pensato fosse semplicemente il sesso. Adesso invece lei sembrava triste proprio del fatto che quel piano di seduzione avesse funzionato così bene. 
"Che cosa volevate? Che vi facessi del male? Che vi prendessi con la forza?" le chiese con pungente ironia, sforzandosi di capire. 
Ma lei non negó quella voluta esagerazione, al contrario lo fissó intensamente facendogli capire che aveva colto proprio nel segno. 
"Conosco gli uomini, Ser Davos. Si sentono sempre meglio quando quando possono punire una donna e ricavarne allo stesso tempo piacere. Questa volta non mi sarei opposta, me lo sarei meritata" 
"State dicendo che siete venuta qui per spingermi a... A fare cosa? A violentarvi? Che tipo di uomo credete che io-" 
Le parole indignate gli morirono in gola, non appena realizzó la reale portata di quello che lei stava dicendo. Non si trattava di un'accusa a lei, ma di una confessione accidentale su di lei. 
"Aspettate...Voi... Voi siete stata stuprata?" azzardó a chiedere, con il tono più delicato che riuscì a trovare, sperando di aver intuito male. 
Ma lei non si scompose minimamente e alzó leggermente le spalle con naturalezza. La risposta che gli diede gli fece gelare il sangue dentro le vene. 
"Parecchie volte, è normale





NDA: Confesso di essere un po' molto titubante nel pubblicare questo capitolo, anche se lo trovo congruente alla direzione che intendo far prendere alla storia. Alcune considerazioni sono doverose:
1- Il fatto che Melisandre abbia subito abusi è una mia idea personale, che nasce dalla scena tra Melisandre e Shireen quando dice alla principessa che pur non avendo una faccia macchiata aveva sofferto molto da giovane, quasi intendendo che la causa della sofferenza fosse stata proprio la bellezza. Il suo atteggiamento rispetto alla sfera sessuale è poi ambigua, la vediamo sempre come una grande seduttrice (Stannis, Gendry e Jon), ma ogni volta seduce per ottenere qualcosa in nome del Signore della Luce e non per ricavarne un piacere personale. Parte della mia teoria è che dunque si sia concessa anche a uomini con cui non sarebbe voluta stare e che prima di diventare effettivamente la Donna Rossa sia stata indottrinata a perdere il suo senso  morale, magari proprio arrivando a capire di dover considerare il suo corpo e la sua bellezza solo come un mezzo per un fine. 
2- Melisandre in questo capitolo: considerato il modo in cui intende la sfera sessuale perlomeno nella mia storia, ho immaginato che volesse dare a Davos un modo per punirla senza ucciderla. Altri uomini hanno sfogato il proprio odio su di lei in quel modo e per questo ci rimane sconvolta quando invece lui, proprio lui che dovrebbe odiarla più di tutti, esprime invece tenerezza verso di lei. Il pianto è da intendere come una reazione di sorpresa, anche perchè lei percepisce come sbagliato l'atteggiamento di Davos mentre interpreta normali gli abusi subiti.
3- Perchè ho deciso di inserire l'idea dell'abuso: Ci tendo a dire che NON è stato per far avvicinare i due personaggi (Davos sta già cambiando idea verso di lei e acconsente alla sua seduzione prima di scoprire questi particolari), ma per esplorare il passato della Donna Rossa e far capire davvero quanto ella stessa sia stata vittima della mancanza di morale. Non solo è stata pronta a sacrificare la vita di una bambina, ma anche la sua propria. 

Direi di aver concluso. Gradirei un commento per questo capitolo per capire se sto un po' mandando al diavolo i buoni propositi dei primi capitoli ahah Credo di lasciarvi con questo cliffhanger per un po', dal momento che vorrei recuperare anche la scrittura della mia altra long-fiction Moden AU. A presto!

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Capitolo 5
*** 5. ***


Warning: Anche in questo capitolo, come nel precedente, ci sono accenni al tema di abusi sessuali. 

5. 

Un lungo silenzio seguì le parole di Melisandre. Davos la fissava sconcertato, incapace di articolare i pensieri che gli vorticavano nella mente. Solo una decina di giorni prima vedeva quella donna come il diavolo, allora perché adesso gli si stava mostrando a poco a poco come qualcosa di più simile ad una damigella da salvare? Più di tutto odiava quel sentimento in lui che lo spingeva ad essere lui la persona che doveva salvarla.
In quel momento, guardandola con i capelli arruffati, gli occhi grandi e brillanti di lacrime, riusciva ad individuare la crepa sulla maschera di controllo e potere che le aveva sempre visto addosso.
Curiosamente ciò che gli veniva in mente era un paragone tra lei e una cipolla.
Proprio come una cipolla, si presentava integra nell'involucro mentre all'interno conteneva tanti strati diversi. Tentare di rimuovere ogni strato provocava una reazione di difesa e tutto ciò che rimaneva dopo una scoperta erano le lacrime.
E lui, anche se era noto come il Cavaliere delle Cipolle, non si sentiva pronto ad affrontare la cipolla rossa che gli stava davanti. Rimuovere ogni strato intimo dell'animo e della storia di quella donna comportava più dolore e sorpresa di quanti avesse mai previsto.
"Non guardatemi così" disse Melisandre, interrompendo il silenzio.
Come se la sua voce lo avesse liberato da un incantesimo, Davos scosse la testa debolmente e abbassò lo sguardo. Non aveva bisogno di chiederle cosa intendesse con la parola così; sapeva da sé che il suo viso doveva comunicare un sentimento che lei non poteva tollerare: la compassione.
"Non c'è bisogno che vi dispiacete per me. Gli stupri nella religione del Signore della Luce sono frequenti quanto gli incendi. Fanno parte del rituale. Una delle prime cose che insegnano è come sacrificarsi completamente in nome del Dio e anche come poter ottenere grandi cose attraverso il proprio corpo"
Nonostante fossero passati secoli da quando era stata poco più che bambina, ricordava perfettamente le serate attorno ai falò in cui il suo giovane corpo veniva violato e la sua volontà piegata. Era destinata ad una missione importante, le avevano insegnato, e in virtù di quella missione più grande alcuni dolori erano più che accettabili. Ricordava anche i suoi pianti nel cuore della notte e le sue proteste, ma non c'era voluto molto prima che capisse ogni lezione e che si trasformasse in una delle migliori sacerdotesse che il culto della Luce avesse mai avuto.
Intanto, nel parlare, aveva posato delicatamente due dita sotto il mento di lui per costringerlo a guardarla. Ma lui quasi bruciato al contatto si sottrasse di scatto, anche se tornò effettivamente a fissarla con nuovo orrore. Quell'istinto di allontanarsi da lei non era stato dettato dal disgusto o dalla paura, ciò che non poteva accettare era il modo in cui il tono paziente della sua voce e il gentile tocco della sua pelle sembrassero avere l'intenzione di consolarlo – consolare lui - di fronte agli orrori del mondo.
Se lei non poteva sopportare di essere compatita, lui non poteva sopportare di essere trattato da ingenuo.
Effettivamente però lo era, dato che non si era mai documentato sulla natura dei culti che tanto aveva disprezzato ma era stato solo pronto a puntare il dito contro di lei. Nuovamente gli si schiudeva uno spiraglio di mondo e un'altra prospettiva interpretativa su di lei si imponeva. Così come aveva scelto di non pensare alle responsabilità di Stannis, così non si era mai posto domande su chi fosse e perché agisse la Donna Rossa. Aveva deciso che era una strega fanatica e tanto gli era bastato.
"Stannis..." mormorò, risvegliato alla memoria dal collegamento dei suoi pensieri. "Il bambino d'ombra era una di queste grandi cose"
Lei annuì, facendo un mezzo sorriso.
"Certo. Ho partorito molti bambini ombra nella mia lunga vita" ammise con un velo quasi impercettibile di tristezza. "Come vi ho detto, il mio corpo è un mezzo per aiutare il mio Signore"
"Quindi avete sedotto Stannis solo perché lo avete visto nel fuoco?"
"Per quale altro motivo altrimenti? Di certo non perché lo desiderassi..." rispose, ricordando quella sera in cui era dovuta ricorrere ad ogni mezzo possibile per poter convincere il suo re a generare l'orrenda creatura che avrebbe poi ucciso Renly. Lei era riuscita a sedurre lui, ma a sedurre lei era stata solo la convinzione che quell'azione fosse necessaria. "È normale"
Quella parola, di nuovo quella parola, e tutta la reazione di Davos che si era andata lentamente formando esplose improvvisamente.
"Normale?" le fece eco con una smorfia sprezzante. "Niente tutto questo è normale! L'ho detto già una volta e lo ripeto: il vostro Dio è un Dio malvagio!"
"Ma la mia missione è completa, ha avuto un senso. Il Re della Notte è stato sconfitto e tutto quello che ho fatto ha contribuito a questa pace!"
"Sì e quale è stato il prezzo?" le domandò, la rabbia sempre più percettibile per la sua voce. "Non c'è nessun fine che possa giustificare certi mezzi. Bruciare bambine innocenti è sbagliato, lo stupro è sbagliato!"
Melisandre abbassò lo sguardo, rifiutandosi di perorare ulteriormente la causa del suo Dio. Non perché avesse capito la fallacia del suo modo di ragionare, ma più perché sapeva che di nuovo avevano toccato l'argomento impossibile da superare. Vedeva chiaramente che Davos era arrabbiato ma fraintese completamente i motivi di quell'ira.
"Mi dispiace... Mi dispiace così tanto per quello che ho fatto a-" si interruppe, non osando commettere l'errore di pronunciare quel nome che per lei era proibito. "Mi dispiace"
Lui non disse nulla, ancora una volta si prese del tempo per guardarla. Ogni sguardo gli rivelava una persona nuova, ogni nuova informazione svelava un nuovo strato e lui non poteva che esserne meravigliato. Dov'erano stati nascosti tutto quel dolore e quella fragilità per tutto quel tempo? Era forse la rimozione della collana che, togliendole i poteri, le aveva restituito l'umanità? Possibile che lei fosse stata così brava a giocare il ruolo della strega, possibile che lui fosse stato così ingenuo e troppo rapido a emettere i giudizi?
I confini tra giusto e sbagliato potevano essere ben demarcati, ma quelli tra buoni e cattivi erano decisamente più sfumati.
Doveva saperlo ormai che c'era una netta differenza tra una persona cattiva e una persona che ha commesso azioni cattive e a cui altrettante cose cattive sono accadute.
"E per voi? Chi si dispiace per voi?"
La domanda gli uscì dalle labbra prima che potesse anche rendersene conto. Diceva che le dispiaceva per quello che aveva fatto a Shireen, e sembrava sincera. C'erano così tanti che si erano dispiaciuti per la piccola principessa, lui per primo in suo nome aveva bandito una spada ed era stato sul punto di commettere un omicidio. Ma c'era forse qualcuno che si era mai dispiaciuto per lei, per la spietata Donna Rossa?
Per quanto gli costava ammetterlo, a lui adesso non solo dispiaceva, ma il dolore di lei gli creava sofferenza e rabbia. Rabbia non contro di lei, ma per lei.
"Non c'è bisogno di dispiacersi per me" rispose lei, ancora confusa. "Se mi fate questa domanda è solo perché in fondo siete un uomo dannatamente buono, Ser Davos. Ma io ho fatto delle scelte, ho scelto di seguire la mia missione e-"
"Nessuno sceglie di farsi stuprare" la interruppe, duramente, con l'intento di farle vedere la realtà per com'era.
Forse dopotutto l'ingenua era lei e non lui.
Come poteva incolpare una persona di un male commesso se non riusciva a riconoscere il male che era stato commesso verso di lei stessa?
Dieci giorni prima avrebbe voluto ucciderla, adesso avrebbe voluto assurdamente svelare tutto il suo dolore e poi farsene carico egli stesso.
Come per rimediare alle sue brusche parole, posò dolcemente le mani sulle sue braccia. "E se davvero avete scelto, perché allora state piangendo?"
Forse fu per il tocco inaspettato o per la logica stringente di quelle parole, ma Melisandre sussultó. I loro occhi si incrociano e di fronte allo sguardo di lui così apprensivo e comprensivo, lei si sentì di nuovo fragile e debole come non si era mai sentita da anni... Secoli. E così scoppiò a piangere, rumorosamente, quasi collassando in avanti per l'intensità di quell'emozione seppellita troppo a lungo. Ma invece di piegarsi su se stessa, si ritrovò a cadere dritta nelle braccia di quell'uomo che, istintivamente, intuendo la direzione del suo movimento, si era mosso verso di lei. La sorresse e la strinse consolandola senza parole ma semplicemente abbracciandola e accarezzandole i capelli. Rimasero in quella posizione per alcuni lunghi minuti, finché i singhiozzi della donna si calmarono, e allora lui la fece tornare a stendere lentamente sul letto, continuando a tenerla stretta.
"Dovreste dormire, mia Lady" le sussurrò dolcemente.
Melisandre si mosse leggermente e alzò gli occhi per guardarlo. Sembrava ancora confusa, stavolta per una nuova ragione.
"Qui? Con voi?"
"Qui" confermó "Sempre se voi volete"
La donna non rispose ma semplicemente tornò ad accoccolarsi contro di lui. Come se improvvisamente non potesse farne a meno, come se lo avesse potuto vedere sparire da un momento all'altro.
Perchè in effetti sarebbe andato via, lontano, verso una nuova guerra.
Ma il giorno dopo.
Quella notte starebbe rimasto lì con lei e non sarebbe andato da nessuna parte.





NDA: Salve a tutti, avevo concluso le note dello scorso capitolo dicendo che mi sarei dedicata alla mia altra storia, ma non ho tenuto fede alla promessa. Ho avuto giusto un po' di tempo per scrivere oggi pomeriggio e questo capitolo è nato quasi di getto - del resto, non potevo lasciare la situazione a metà troppo a lungo. Spero di aver chiarito un po' meglio l'idea che avevo in mente e che l'avvicinamento tra i due vi sia piaciuto. Ora, li vedremo separati per un paio di capitoli, il tempo necessario per far elaborare un po' le nuove emozioni suscitate, ma vi prometto che oltre all'introspezione non mancherà qualche evoluzione importante alla trama. Alla prossima!

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Capitolo 6
*** 6. ***


6. 

Quando Davos aprì gli occhi la mattina successiva, la prima cosa che vide fu la schiena di Melisandre che veniva ricoperta del consueto abito rosso cremisi. Forse fu proprio il rumore dei movimenti della donna a svegliarlo, ancor prima che il servitore passasse a bussare a tutte le porte dei cavalieri in partenza. Del resto, era comprensibile che lei volesse andare via prima di quel momento. Era un tacito accordo quello di lasciare  quella notte come un segreto, più per non rovinare quel momento che per un'eventuale vergogna della situazione, a dire il vero.
Poteva forse una notte cambiare tutto l'odio che c'era stato tra loro? In quei momenti mentre la fissava di spalle rivestirsi e sistemarsi i capelli, lui si sentì di rispondere intimamente di sì.
Perché in quei momenti si ritrovò a desiderare di non dover partire. Gli parve quasi di avere un motivo per restare.
Non disse nulla; aspettò pazientemente in silenzio che lei si voltasse verso di lui e lo trovasse sveglio. In effetti, non dovette aspettare molto e quando i loro sguardi si incrociarono, lei accennò un sorriso. Curvandosi su di lui, gli posò una mano sul viso.
"Mi sembra un bel modo di lasciarci. Manterrò la mia parola, non ci vedremo... In cambio voi restate vivo giù al sud"
La sua voce era un sussurro, ma non si riusciva a intuire nessuna particolare sfumatura di emozione. Le lacrime erano sparite dal suo viso insieme alla fragilità e alla tristezza, per lasciare spazio a un'espressione indecifrabile.
Davos non si aspettava nulla di diverso, sapeva che quella notte aveva rappresentato il loro primo vero incontro e allo stesso modo anche il loro momento di addio. Lui sarebbe potuto non sopravvivere alla battaglia e morendo, anche lei, la cui vita era legata a lui tramite il rubino, sarebbe morta. Ma anche nel caso in cui lui fosse sopravvissuto e tornato a Grande Inverno, sapeva che lei molto probabilmente non sarebbe stata lì al suo ritorno. Viva sì, ma non lì.
Erano questi i termini dell'accordo che lui stesso aveva voluto: la teneva in vita in cambio di non dover più sopportare la sua presenza.
Lei glieli aveva appena ricordati e sembrava pronta a mantenerli. Del resto era troppo tardi per cambiarli. E forse era troppo pericoloso pensare alla possibilità di farlo.
Era pericoloso pensare a come adesso non gli sarebbe dispiaciuto rimanere in vita e mantenerla in vita solo per vederla di nuovo.
Era pericoloso e anche a suo modo doloroso. Perché il conflitto interiore delle emozioni che provava verso di lei si era solo acuito.
La odiava, si disse, ma intanto le prese la mano dalla sua guancia e gliela strinse.
Avrebbe dovuto vederla morta, provò a ripetersi, mentre si metteva a sedere e, con le mani ancora intrecciate, avvicinò lentamente il suo viso a quello di lei, fino a far sfiorare le loro labbra.
"Addio, Ser Davos" gli sussurrò lei, con un leggero e breve bacio.
Lui non rispose - né al bacio, né alle parole. Preferì restare in silenzio mentre lei abbandonava la stanza senza voltarsi neanche una volta.
Non poteva perdonarla.
Era questa l'unica frase negativa vera che era rimasta dopo quella notte. Ma purtroppo era l'unica che riguardava non i suoi sentimenti ma il suo onore. E quello era qualcosa che non sarebbe mai potuto cambiare nel giro di una notte.

 
***
 
Nel giro di poche ore tutti i cavalieri, i soldati e i Lord erano partiti e il castello si era praticamente svuotato. A parte i domestici, restavano Lady Sansa, Brienne, Bran e Gendry, che era stato legittimato e aspettava di scoprire l'esito della guerra per poter occupare la terra che ora gli spettava in qualità di Lord.
Melisandre era rimasta momentaneamente come ospite, ma aveva già deciso che quel soggiorno non sarebbe durato a lungo. La sua missione era finita ma la sua vita no e in qualche modo doveva trovare un altro obiettivo. Quale non lo sapeva, ma doveva essere lontano da lì, perché aveva una promessa da mantenere. Non vederla mai più era l'unica vera cosa che Davos le avesse chiesto e lei lo avrebbe accontentato, specialmente dopo quella notte che la faceva sentire ancora più in debito con lui.
Per la prima volta, aveva messo in dubbio la necessità delle azioni della sua vita e il buon fine dei dolori che aveva provato.
Per la prima volta, si era sentita amata, perché anche se lui diceva di odiarla, di certo non era stata mai odiata così.
Per la prima volta, aveva pianto.
Quella notte era servita a cementare lo strano sentimento che già aveva iniziato a provare verso quell'uomo e quel sentimento era allo stesso tempo il motivo per cui voleva restare e il motivo per cui sapeva di dover andare via.
"Con tutta questa pace non sembra che la vita abbia trionfato sulla morte"
La voce alle sue spalle la fece sussultare, ma un sorriso le affiorò sulle labbra quando, voltandosi, si trovò di fronte la più giovane delle ragazze Stark. Era davvero agile e impercettibile nei movimenti, non le riusciva difficile credere di come neanche il Re della Notte si fosse accorto di lei.
"Lady Arya, non credevo foste rimasta al castello"
Qualcosa in quella frase fece corrucciare il volto di Arya e non tardó a manifestarlo.
"Non c'è bisogno adesso di essere così formali, Donna Rossa" le disse, rigettando allo stesso tempo l'uso del voi e l'appellativo di Lady. Poi si avvicinò di più, ponendosi al suo fianco davanti al parapetto che dava sul cortile. "Farò ancora in tempo a raggiungerli, non è troppo tardi..."
"Ma qualcosa ti trattiene"
"Gendry è stato nominato Lord di Capo Tempesta"
"Così ho sentito dire"
"E mi ha chiesto di sposarlo"
Arya rivelò quell'informazione così importante senza mezzi termini e con lo sguardo ancora fisso sul cortile deserto e innevato. Ostentava indifferenza eppure nel tono si intuiva una richiesta di aiuto che Melisandre poteva capire; quello che non capiva era però perché fosse proprio diretta a lei.
"Perché lo stai dicendo a me?"
La ragazza si voltò per guardarla e i suoi occhi esprimevano quello smarrimento ancora più del tono.
"Mi hai detto una volta cosa fare, ora forse puoi farlo di nuovo. Non posso fare la lady, non è il mio ruolo, ma non posso neanche più essere nessuno. Sono così stanca di essere nessuno"
Sorprendentemente, Melisandre ridacchiò leggermente, ma era una risatina di incredulità e non di scherno.
"Non posso dirti cosa fare. Non posso dirti se devi sposare il tuo giovane Lord fabbro. Posso dirti però che la tua missione è finita con la battaglia contro gli Estranei, così come è finita la mia, e sei libera di prendere qualsiasi decisione"
"Ma ho ancora dei nomi sulla lista..."
"Dei nomi che non è tuo compito eliminare. Una volta ti ho detto che avresti chiuso occhi marroni, occhi verdi e occhi blu. Ce l'hai fatta, Arya Stark... Chi vorresti uccidere ancora dopo aver annientato la morte stessa?"
Melisandre l'aveva afferrata delicatamente per le spalle e la guardava dritto negli occhi con un tiepido sorriso. Non conosceva quella ragazzina molto bene, se non per quanto aveva sentito di dire di lei e il poco che aveva visto, però si era rivelata essere la persona che aveva cercato per tutta una vita e che l'aveva liberata dalla schiavitù della sua missione durata centinaia di anni. Ciò era bastato per creare tra loro un legame particolare, come provava il fatto che Arya si era imposta per difenderla quando Davos avrebbe voluto ucciderla. Ecco perché ora la Donna Rossa non poteva che provare una sorta di affetto per lei e sperare che almeno lei, che era ancora molto giovane e non aveva fatto ancora nessun imperdonabile errore, avrebbe potuto vivere il resto della sua vita in un modo diverso.
"Tu ami Gendry?" aggiunse dopo qualche istante di silenzio.
Arya esitò solo un istante prima di annuire con decisione.
"Bene. Allora, resterai?"
Arya restò in silenzio, probabilmente soppesando quel consiglio, ma quando parlò non fu che per fare una domanda a sua volta.
"E tu? Anche la tua missione è finita... Tu cosa farai adesso?"
La donna non dovette riflettere a lungo sulla risposta, l'aveva ormai chiara nella sua mente.
"Cercherò un nuovo obiettivo per passare i miei ultimi giorni dato che Ser Davos ha deciso di lasciarmi vivere" rispose, non potendo evitare di incrinare quasi impercettibilmente la voce nel pronunciare quel nome. "aspetterò qui di sapere l'esito della battaglia per il trono e poi me ne andró. Verso Essos, forse tornerò a Asshai, dove tutto è iniziato"
"Spero troverai quello che cerchi" disse Arya, con un cenno di saluto.
Si voltò e iniziò infatti ad avviarsi con il suo solito passo felpato, salvo poi ripensarci e voltarsi di nuovo indietro.
"Melisandre?"
"Sì?"
"Tu sei mai stata innamorata?"
A quella domanda, la donna abbandonò la sua solita espressione controllata e spalancò leggermente gli occhi, manifestando sorpresa. Non era una domanda assurda e non era la prima volta che le veniva posta. Ma non se l'aspettava in quel momento, non da quella ragazzina che sembrava leggere dentro le persone tanto quanto una volta si vantava di riuscirci lei; non dopo la nottata che aveva vissuto e la decisione che aveva preso.
Amore? In circa trecento anni di vita lo aveva visto manifestarsi in tante forme, ma sulla sua pelle non lo aveva mai provato. Da quando era diventata sacerdotessa del Signore della Luce, aveva deciso che l'amore era qualcosa di irrilevante per una persona come lei.
Eppure adesso sembrava sconvolta e la risatina sprezzante che di solito faceva nel sentir parlare d'amore le morì in gola.
Cos'era cambiato? Niente. O forse tutto.
Ma alla fine ridacchiò comunque, non di compassione verso qualcun altro, ma verso se stessa.
Stavolta non era assurda la domanda.
Ma la risposta.
"Forse sì"


 

NDA: E niente, la storia finisce qui con i due sfortunati amanti che si salutano e non si rivedono più.
Scherzo, purtroppo per voi questa storia avrà come minimo altri 6/7 capitoli quindi dovrete sopportare la mia presenza ahah Melisandre sta realizzando di essersi forse innamorata del suo nemico di vecchia data, ma quali saranno i sentimenti di Davos? E davvero lei è pronta ad andarsene per sempre o qualcosa la costringerà a restare? Rispondere a queste domande è l'obiettivo dei prossimi capitoli insomma. Spero vi sia piaciuto il momento Melisandre/Arya, è un rapporto che ho intenzione di sviluppare un pochino in questa storia.
Piccola nota: non prendo in considerazione gli eventi dopo la 8x03, come avrete potuto intuire già dalla storyline di Arya. 
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** 7. ***


7. 

"Sul serio Jaime, avresti fatto meglio a restare a Grande Inverno se devi avere quella lugubre espressione"
"Stiamo andando in guerra, Tyrion, se non te ne fossi accorto. E contro Cersei. Perdonami se non riesco a mostrarmi felice"
"Certo, ma non stai pensando alla nostra cara sorella o mi sbaglio? Pensi piuttosto all'altissima guerriera che hai lasciato al Nord..."
A pochi passi dai fratelli Lannister, Davos ascoltava quello scambio di battute con un sorriso vagamente divertito. In effetti anche lui aveva notato la tenerezza che si era creata tra Jaime e Brienne soprattutto dopo la Battaglia contro gli Estranei, e anche se stavano in effetti andando a combattere, ciò non costituiva un motivo sufficiente per approfittare di una delle brevi soste verso  Approdo del Re per pensare a cose meno gravose. Questo almeno pensava, finché anche lui stesso non si ritrovò vittima delle sagaci osservazioni del nano.
"Ora che ci penso, anche voi sembrate piuttosto pensieroso, Ser Davos" lo chiamò in causa, mentre sorseggiava il vino dal suo inseparabile calice. "A chi state pensando voi? A una nemica da cui non vorreste tornare o a un'amante che non vorreste aver lasciato?"
La domanda era stata fatta in verità più per lanciare un'altra frecciatina al fratello che per mettere in difficoltà il cavaliere delle Cipolle. Eppure lui si ritrovò a corto di parole e il sorriso gli sparì dalle labbra. Effettivamente quelle parole, dette per caso, erano riuscite a descrivere perfettamente la sua situazione e la natura dei suoi sentimenti contrastanti. Inaspettatamente si ritrovava a vivere lo stesso conflitto interiore dello Sterminatore di Re.
Solo che per il Lannister i termini di quel dilemma incarnavano due donne diverse, Cersei e Brienne.
Per lui, invece, si trattava sempre della stessa donna, Melisandre.
"Oh, capisco. La nemica è anche l'amante" commentò Tyrion, interpretando a modo suo la mancanza di una pronta risposta.
Se prima si era rivolto al Cavaliere delle Cipolle solo per scherzo, ora tutta la sua attenzione era concretamente su di lui. E di fronte a quello sguardo indagatore, Davos si sentì esposto, talmente tanto da scuotere la testa e fare una risatina forzata.
"Non ho detto nulla. Dovreste smetterla di vedere intrighi in ogni dove" tentò di protestare.
"Non ce n'è bisogno. Il vostro sguardo dice tutto. Sinceramente non mi aspettavo un risvolto amoroso tra voi e la Donna Rossa"
Davos spostò istintivamente lo sguardo. Per qualche motivo, a quella allusione ad alta voce, si sentiva ringiovanito di circa una quarantina di anni - e non in senso positivo. Si sentiva come un ragazzino alla prima cotta. Ma dato che non era più un ragazzino, quel momento di imbarazzo fu presto vinto e quando tornò a guardare il nano era già pronto a negare. Tuttavia, prima che potesse parlare, si intromise nel discorso anche Jaime, forse contento di poter indirizzare per un po' le speculazioni di Tyrion su qualcun altro - e i suoi propri pensieri sui problemi di qualcun altro.
"Allora non sei stato attento, caro fratello. Stai cominciando a perdere colpi. Non hai forse notato il modo in cui Ser Davos accarezza in maniera quasi ossessiva quell'amuleto?"
Entrambi i fratelli fissavano ora le sue mani e il loro sguardo si era mosso in modo così repentino che ancora una volta Davos non poté controllare la propria reazione. Fatale errore. Anche in quel preciso istante una delle sue mani era infatti sovrapposta all'altra in modo da toccare il rubino.
"Non c'è nulla di strano" disse, cercando di essere rapido e di suonare disinvolto. "Esattamente come la nostra Regina Daenerys, anche io ho un drago lanciafiamme da dominare"
Nessuno dei due fratelli sembrò convinto da quel tentativo. Il significato di quell'amuleto aveva fatto a poco a poco un po' il giro del castello, ma non bastava a giustificare la cura che Davos chiaramente dimostrava verso l'oggetto. L'evoluzione di un sentimento di cura anche verso la persona che si celava dietro il rubino, da semplice scherzo si stava trasformando sempre più in un'ipotesi valida.
Ma se Jaime appariva apertamente divertito, negli occhi di Tyrion comparve una scintilla di preoccupazione.
"State attento, ho paura che il vostro drago finirà per dominare voi" gli disse, quasi come una sorta di avvertimento.
Davos scosse la testa e, senza rispondere, si allontanò verso il suo cavallo, approfittando dell'annuncio di Jon Snow di riprendere il cammino.
Ma per tutto il viaggio, quelle parole risuonarono nella sua mente, unendosi al ricordo della notte passata con Melisandre che non lo aveva mai abbandonato del tutto.
Non era ancora pronto ad ammetterlo ad alta voce, ma il suo istinto lo sapeva. Il suo personale drago dominava effettivamente i suoi pensieri e di lì non ci avrebbe messo molto a dominare anche i suoi sentimenti.
Quella donna doveva decisamente avergli fatto un incantesimo.
Proprio ora che aveva smesso di praticare la magia.

 
**

Le notizie dal Sud giungevano in maniera abbastanza costante e aspettare quelle informazioni, per quanto incomplete e sempre ritardatarie rispetto agli eventi reali, era di fatto la principale occupazione di tutto il piccolo gruppo rimasto a Grande Inverno. Ci vollero ben tre mesi prima che finalmente Sansa potesse comunicare a gran voce la vittoria dell'esercito di Daenerys e la proclamazione ufficiale della nuova regina. O meglio della regina e del re, dopo la diffusione della notizia delle vere origini di Jon Snow. I due Targaryen, presto uniti in matrimonio, avrebbero regnato insieme in una diarchia in modo da consigliarsi e temperarsi a vicenda.
 L'unione del fuoco e del ghiaccio: questo era stato l'ultimo consiglio di Tyrion Lannister, prima di perire in battaglia nell'ultimo disperato tentativo di convincere sua sorella Cersei a deporre le armi.
Non erano ancora diffusi i dettagli su tutti i superstiti e tutti i caduti, ma Melisandre poteva comunque essere certa che il cavaliere delle Cipolle era sopravvissuto dal momento che lei era rimasta in vita. In verità, negli ultimi tempi non era stata molto in forma e aveva accusato una strana debolezza e stanchezza, ma era convinta che la ragione di quel malessere fosse da imputare non a qualcosa capitato a lui, quanto piuttosto alla lontananza fisica dall'amuleto.
Ciononostante, come preventivato, era già pronta a partire e a mettere altre miglia di distanza tra sè e la collana. Tra sè e Ser Davos.
Un mantello sulle spalle e un cavallo concesso da Lady Sansa erano tutto ciò di cui aveva bisogno per iniziare il suo viaggio. Una sensazione di dejavu la colse per un momento nell'attraversare il cortile innevato. Ricordava bene il giorno in cui si era allontanata dal Nord  sempre con un mantello e con un cavallo, mandata via proprio da Davos.
Di fronte alle sue colpe era fuggita, adesso fuggire era l'unico modo per espiarle.
"Quindi te ne vai così?"
Melisandre sorrise nel sentire la voce di Arya alle sue spalle, ormai del tutto abituata a quel suo passo felino.
"Cosa vorresti? Non mi sembri il tipo di ragazza da abbracci e addii sdolcinati"
La Stark fece qualche altro passo verso di lei e le due si guardarono per qualche istante. Nessuna delle due era il tipo da mostrare tenerezza, ma a dire il vero in quel momento la tentazione di abbracciarsi fu per entrambe forte. Al di là del significato che la Lunga Notte aveva avuto per entrambe e per il loro legame, in quei tre mesi erano state in qualche modo di conforto l'una per l'altra. Se Arya era rimasta alla fine a Grande Inverno lo doveva in parte alla conversazione con Melisandre e adesso, forse, si sentiva in qualche modo in dovere di ricambiare il favore.
"Rimani per il matrimonio, almeno"
Quella frase fece ampliare il sorriso dell'ex strega.
"Arya... Quel povero ragazzo sta ancora aspettando una tua risposta ufficiale, non posso restare mica qui per sempre!"
La ragazza apparve per un attimo contrariata, ma poi ridacchio leggermente, ben consapevole della propria volontà di allungare il più possibile quel fidanzamento e di quanto suonasse effettivamente ridicolo quel pretesto per far rimandare il viaggio.
La risata non era ancora finita che la Donna Rossa le prese entrambe le mani, concedendosi quel contatto come segno di dolcezza.
"Prenditi cura di te stessa, Arya Stark, ma permetti anche Gendry di fare lo stesso con te"
Arya annuì e sul suo volto sempre molto controllato era visibile una leggera commozione. Sembrava sul punto di dire qualcosa di carino a sua volta e, forse, dopotutto, quell'abbraccio aveva ancora una possibilità di verificarsi.
Tuttavia, prima che l’addio fu pronunciato, una voce a poca distanza da loro colse entrambe di sorpresa, compresa l'agile guerriera. Questo perché la persona non si era avvicinata di soppiatto; al contrario non si era proprio mossa e aveva osservato per tutto il tempo la scena da un angolo del cortile.
"Un uomo la cui fiamma arde alta e torrida"
Bran Stark non disse altro, rivolgendosi a loro, ma senza guardarle - con gli occhi persi nello svelare il presente invisibile e nel riavvolgere le fila del passato.
"Che cosa significa?" chiese Arya, confusa.
Ma Melisandre lasció semplicemente andare le mani della ragazza e si avvicinò a passi lenti verso il Corvo a Tre Occhi.
Lei sapeva benissimo cosa quelle parole significassero e provò istantaneamente un'indicibile paura.
Paura di aver capito male.
Paura di aver capito bene.


NDA: Silenzio stampa sul finale della stagione... Per questa storia mi atterrò a questa risoluzione: Daenerys e Jon sul trono e Tyrion tra i caduti in nome di questo nuovo mondo di pace (?); man mano aggiungerò anche altri cambiamenti rispetto al canon della serie.
In ogni caso, cosa significherà mai la frase di Bran? Detta così non molto in verità, ma preciso che è una frase presa dai libri di GOT ed è una frase che Melisandre dice a Davos sulla barca dopo aver partorito l'ombra. Bran sta ovviamente tirando fuori qualcosa dal passato e in particolare quell'episodio... Tirerà fuori qualche nuova colpa della Donna Rossa o al contrario la farà riflettere su qualche dettaglio che la farà restare?

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Capitolo 8
*** 8. ***


8.

Melisandre ricordava perfettamente quella frase, un uomo dalla fiamma alta e torrida: così aveva definito Ser Davos mentre tornavano sulla sua barca dopo il parto dell'ombra. Lui era sconvolto dalla visione cui aveva dovuto assistere e lei aveva trovato quella reazione in qualche modo divertente. Così gli aveva detto che i bambini non sarebbero mai potuti nascere dall'ombra e che il loro re, Stannis, non aveva abbastanza luce per poter farle generare qualcosa di vivo. E poi gli aveva detto che al contrario in lui vedeva una fiamma alta e torrida.
Si trattava di una provocazione e di un modo per continuare a terrificarlo, ma allo stesso tempo in quelle parole ci aveva anche creduto.
Non era stata una vera e propria visione, ma più che altro di una sensazione.
"In questo momento i fuochi del re ardono talmente deboli che non oso nutrirmene per generare un altro figlio. Lo sforzo lo ucciderebbe. Ma un altro uomo, un uomo la cui fiamma arde torrida e alta. Se tu veramente desideri servire la causa del tuo re, vieni nelle mie stanze una notte." *
Le esatte parole che aveva pronunciato quella notte, udite adesso a distanza di tempo nella voce atona e senza tempo del Corvo a tre occhi, sembravano qualcosa di davvero vicino a una profezia. E la vaga sensazione che la donna aveva avuto quella notte ora tornava a ripresentarsi, acquisendo improvvisamente una concretezza inaspettata.
"Lo ricordo"
"E allora Donna Rossa, ricordate anche cosa avete detto dopo" proseguì Bran, guardandola dritto negli occhi come se potesse scandagliare ogni aspetto dei suoi pensieri passati e presenti. "Che tramite la fiamma vitale di Ser Davos vi sarebbe stato possibile generare. E prima della partenza di Ser Davos per Approdo del Re, voi siete effettivamente andata nelle sue stanze e avete giaciuto insieme" 
Melisandre chiuse gli occhi per un momento. Il sospetto che aveva avuto dopo la prima frase del ragazzo, diventava ora una certezza. Il collegamento tra la richiesta che aveva fatto a Davos di una notte insieme per generare una creatura e la notte che effettivamente anni dopo avevano passato insieme, lasciava poco spazio a differenti interpretazioni.
"Aspetta... Tu e Ser Davos siete stati a letto insieme?"
Era stata Arya con quella schietta domanda a rompere il silenzio che aveva seguito le parole di Bran. La sua voce comunicava tutta la sorpresa per un simile risvolto, ma quella sorpresa era destinata solo ad aumentare. Melisandre infatti le lanció una singola occhiata, che le permise di cogliere gli occhi della ragazza spalancarsi improvvisamente. La loro notte insieme non era l'unico contenuto della rivelazione di Bran e non era neanche quello importante. Dietro a quello che poteva apparire come un semplice pettegolezzo, si nascondeva un'informazione implicita di cui la stessa Donna Rossa era stata fino a quel momento all'oscuro.
Fu Arya alla fine a pronunciarla ad alta voce, una volta che anche lei elaboró del tutto il senso del discorso del fratello.
"Melisandre... Tu sei incinta"
La donna abbassó lo sguardo per un istante, inconsciamente verso la sua pancia che nonostante fossero passati tre mesi, non mostrava ancora alcun minimo segno di quella presunta gravidanza. Certo, ora la debolezza che aveva provato e che aveva attribuito ingenuamente a una causa magica, acquisuiva tutto un altro senso, insieme a tanti altri piccoli dettagli che potevano confermare quella verità.
Una ragione c'era, ma non era magica... Era al contrario così umana, così terribilmente umana, da superare anche le regole della magia. 
Non era un incantesimo, doveva essere un miracolo. 
Quando sollevó di nuovo gli occhi, li rivolse non verso la guerriera ma verso il Corvo, in cerca di una conferma esplicita. Lui annuì e uno strano, debole, sorriso comparve per poco sul suo volto.
"Quella notte Ser Davos vi aveva rifiutato dicendo di non volere nessuna parte nè di voi nè del vostro Dio. Diceva che avreste potuto generare un orrore. Evidentemente ha cambiato idea nel tempo"
Qualcosa in quella frase riuscì finalmente a tirare fuori una reazione esplicita dalla donna. Sembrava improvvisamente colta da un moto di rabbia, che forse dopotutto era in realtà solo paura.
"Ed è così?" domandó in tono duro. 
"Cosa?" 
"Un orrore... Questa creatura è un orrore esattamente come tutte le altre?" precisó con impazienza. 
Il sorriso di Bran si allargó e per un momento parve qualcosa di autentico e assolutamente umano. 
"Oh no... Sarà una bambina bellissima" 
"Una bambina?" 
La voce di Melisandre era adesso leggera e incerta. Un'incertezza in cui si bilanciavano curiosamente paura e speranza. 
Per tutta la vita aveva solo potuto generare ombre, la sua fertilità era stata solo foriera di morte. E ora le veniva detto di avere dentro di sè un essere vitale, una bambina. 
Trecento anni le avevano provato che una simile cosa era impossibile, ma una parte di lei sapeva che invece era possibilissimo, era sempre stato possibile - con un uomo che aveva una luce e una fiamma abbastanza brillante. Curioso come quell'uomo era stato al suo fianco per anni, anni in cui si erano odiati e combattuti. 
Per convincerla a resuscitare Jon Snow, Davos le aveva detto che lei era stata capace di mostrargli che i miracoli esistono. 
Ora il miracolo lo aveva fatto lui. 
Mentre un vortice di pensieri invadevano la sua mente, esteriormente era rimasta paralizzata e il suo volto quasi del tutto indecifrabile. Si riscosse solo quando Arya si mosse e afferró per le briglie il cavallo che avrebbe dovuto accompagnarla nel viaggio e che invece ora stava per essere ricondotto nelle stalle. 
"Tu resti" disse la ragazza semplicemente. Non era un ordine o un consiglio, ma la mera comprensione di una decisione che la donna aveva già preso. 
Melisandre infatti annuì leggermente. 
Voleva cercare un nuovo obiettivo? Il suo nuovo obiettivo era proprio lì, insieme a lei, dentro di lei. 
Aveva giurato di andarsene per sistemare le cose con Davos? Fuggire sarebbe stato adesso solo un modo per infliggergli più dolore. Una nuova colpa verso di lui stavolta fatta in modo del tutto intenzionale. 
Forse la odiava ancora, ma non avrebbe mai odiato quella bambina.
Del resto, poteva essere proprio quello il modo in cui poteva finalmente espiare il suo peccato. 
Una figlia gli aveva tolto. 
Una figlia gli avrebbe dato. 




* Citazione tratta dai libri di GOT (Tempesta di spade)



NDA: Eccoci qui con la risposta all'interrogativo: cosa diavolo aveva intenzione di dire Bran? A quanto pare nella mia storia è l'Alfonso Signorini della situazione che distribuisce gossip a gogo ahahah so che forse l'idea della gravidanza è terribilmente clichè, ma sinceramente mi sembrava l'unico modo plausibile per: a) costringere Melisandre a restare a Grande Inverno; b) creare un legame di fatto tra Melisandre e Davos che li veda coinvolti insieme in qualcosa; c) iniziare un percorso di perdono.
Inoltre, quella frase nei libri mi ha fatto completamente volare, insomma lei gli ha praticamente detto (forse per provocarlo, ok) che insieme avrebbero potuto generare qualcosa di diverso da un'ombra! Si parla di canon. E se non erano queste le intenzioni di Martin fingerò di aver capito male, del resto mi chiamo Martin(a) e questa è la mia fanfiction senza pretese ahahah
Spero davvero che questo clichè non abbia rovinato il corso della storia, mi farebbe davvero molto sapere cosa ne pensate! Grazie mille per leggere la storia!
P.S. Bran ha un motivo effettivo perchè è interessato alla bambina e verso la fine di questa storia riprenderò la questione, cerco il più possibile di non lasciare nulla al caso.

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Capitolo 9
*** 9. ***


9.
 

"Ser Davos voleva ucciderla, è impossibile..." mormoró Gendry, non nascondendo la propria sorpresa.
Arya, seduta al suo fianco nella Sala principale del castello, fece un sorriso mentre prendeva un sorso di birra. Nessuno a parte lei e Bran era ancora a conoscenza della gravidanza di Melisandre, ma dopo ben tre  settimane di silenzio, la giovane Stark non si fece troppi scrupoli a spifferare  la notizia al ragazzo. Del resto, le erano rimaste ben poche carte da giocare per rimandare il discorso sul loro matrimonio e la nuova situazione di pace a Grande Inverno non offriva dei diversivi. Quasi si ritrovava a rimpiangere il pericolo dei Non morti, ma prima di arrivare a quel punto, supponeva che gli inaspettati sviluppi nelle vicende della Donna Rossa e del Cavaliere delle Cipolle potessero bastare a distrarlo almeno per quella sera.
Infatti, come previsto, ora Gendry stava fissando la donna seduta dall'altro lato della stanza, che aveva neanche a farlo apposta una mano posata in maniera quasi impercettibile sul suo grembo.
"Ti dico che è incinta, lo ha detto Bran!"
"Va bene. Ma non può essere Ser Davos il padre, è assurdo! Quei due si odiano. Hai dovuto letteralmente minacciarlo per risparmiarle la vita, non te lo ricordi? E poi..."
Il ragionamento del ragazzo si interruppe improvvisamente quando vide con i propri occhi Melisandre afferrare una cipolla sbucciata e addentarla come se fosse una mela. Perplesso e anche leggermente disgustato, si voltò verso la sua promessa sposa che adesso ridacchiava leggermente.
" Allora Gendry, hai bisogno di altre prove?"

 
**

"Non lo sapete che il rosso è il mio colore?" chiese Melisandre inarcando un sopracciglio.
Sul suo letto giaceva un vestito turchese confezionato appositamente per lei da una delle sarte del castello, ora che, con il progredire della gravidanza, i vestiti abituali le erano troppo stretti. Un pensiero gentile, se non fosse stato appunto per il colore. La donna spostò lo sguardo sulla persona che le aveva portato quel dono e il sospetto di un dispetto divenne improvvisamente certezza.
"Io non vi piaccio, non è vero Lady Sansa?"
L'interpellata fece un sorriso molto tirato.
"Vi sto facendo un dono e dovreste accettarlo così com'è, specialmente perché corrisponde a una vostra necessità" rispose freddamente. "O intendere forse andare in giro nuda? Beh, ora che ci penso non vi creerebbe troppi problemi a quanto ne so" aggiunse, l'ironia ora esplicita.
Melisandre sospirò e scosse debolmente la testa. Erano passati mesi dalla fine della battaglia contro i Non morti e moltissime cose erano cambiate per lei. La maggior parte sorprendentemente in positivo: quella notte con Ser Davos, l'amicizia costante con Arya e l'imminente nascita di una bambina, una bambina vera. Non tutto però era stato perfetto e, in particolare, tutti gli ostacoli che vedeva si concentravano in un nome, che curiosamente non era Ser Davos. Certo, pensava di continuo a lui in un misto di tristezza e dolcezza, non aveva ancora deciso cosa fare una volta aver dato alla luce la sua bambina, e si interrogava spesso su come l'uomo avrebbe reagito - non verso la bambina ma piuttosto verso di lei. Il loro rapporto era rimasto in sospeso, al confine tra l'odio e qualcosa di completamente di diverso che aveva paura di chiamare con il suo nome.
Tuttavia, non era quella relazione lontana che la preoccupava, ma piuttosto quella più concreta e immediatamente vicina con la più grande delle sorelle Stark. Al contrario di Arya che con i suoi modi bruschi l'aveva implicitamente inclusa nel cerchio dei suoi affetti più cari, Sansa sembrava non riuscire a tollerarla e lo faceva ben capire attraverso frecciatine più o meno velenose.
"No, non vi piaccio proprio" ribadì, accennando un sorriso amaro. "Quello che non riesco a capire è il perché. Ho fatto del male a molte persone, ma non penso di aver fatto mai del male a voi..."
Sansa non negò, esitò solo qualche istante prima di sedersi liberamente sul bordo del letto e rispondere.
"Non serve avermi ferito personalmente. Avete fatto tante cose spregevoli e tanto già basterebbe. Per di più, siete anche riuscita a convincere tutti del vostro cambiamento. Non vi conosco bene ma sapevo bene che tutti volevano uccidervi e ora...  Mi dispiace, ma non basta vedervi in dolce attesa per ingannare me."
Melisandre non tentò di difendersi né di persuaderla. Si limitò semplicemente a guardarla per un po'. Da una parte era lieta che  stessero finalmente avendo quel confronto, anzi decise di incalzarlo maggiormente.
"E allora perché mi tenete come ospite nel vostro castello?"
A quella domanda, Sansa fece un nuovo sorriso che stavolta era colorato di esasperazione.
"Perché tutti sono dalla vostra parte, l'ho già detto. Mia sorella Arya, Gendry, Brienne... Perfino Bran! E Ser Davos... Non riesco ancora a credere che quell'uomo così buono che voleva giustiziarvi con le sue mani, sia il padre del vostro bambino!"
"Non mi importa se ci credete o meno" rispose la Donna Rossa, rapidamente. "Non ho chiesto io di darmi una seconda possibilità, ero pronta a morire e francamente mi aspettavo molte più reazioni diffidenti come la vostra che persone pronte a perdonare."
Lady Stark apparve sorpresa, non tanto per il contenuto di quella risposta ma per la schiettezza.
"E allora cosa è successo?" domandò, stavolta con sincero interesse.
L'altra donna sollevò leggermente le spalle.
"Non lo so. Ho seguito una missione per tutta la vita e ora che è finita, ho scoperto che è finita la missione ma non la vita. Non sono cambiata, no, è solo che sto scoprendo altro cui non avevo dato mai importanza prima, posso concedermi il lusso di vedere le cose sotto un'altra prospettiva. Potrei dire di essere cresciuta in un certo senso."
"Cresciuta?"
"Sì, capita dopo 300 anni."
Melisandre sorrideva con autoironia e un sorriso era presente anche sulle labbra di Sansa. Ancora una volta non era un sorriso cordiale, però.
"Molto bene" commentò, alzandosi in piedi con la consueta grazia. "Allora mentre scoprite cose nuove, perché non iniziate a imparare che ci sono altri colori oltre il rosso?"
La Stark se ne andò chiudendosi la porta dietro di sé e Melisandre fu lasciata sola con il pancione e la stoffa turchese.
Stranamente, in quel momento, la seconda cosa era quella che la turbava di più.

 
**
 
Arya aveva cercato di allungare il più possibile il fidanzamento con Gendry, finché all'improvviso aveva deciso una data per il matrimonio con un preavviso di solamente un singolo giorno. Odiava i festeggiamenti e le cerimonie sontuose, però amava davvero il ragazzo e, quando aveva compreso che diventare una lady non le avrebbe impedito di essere una lady a modo suo, aveva voluto sposarlo immediatamente. In più, puntava sull'effetto sorpresa che di fatto non permetteva di fare nessun preparativo né di invitare residenti esterni al castello. Fu una cerimonia intima e breve, in cui la sposa decise di indossare un'armatura e gli unici partecipanti furono Sansa, Bran, Melisandre, Brienne e Podrick.
"Sansa non capisce ma è proprio come desideravo, io non sono una Lady" confessò a Melisandre nel breve momento di preparazione.
"Bene. Cosa diciamo al Dio della vita e della gioia?" le rispose la donna, distorcendo volutamente la frase che le aveva detto prima della sconfitta del Re della Notte.
Arya ridacchiò leggermente, poi annuì decisa.
"Oggi!"
La volle vicina per tutto il tempo senza chiederlo espressamente. In quell'occasione le mancavano da morire Jon e Sandor, ma neanche questo avrebbe ammesso mai. Se proprio però doveva avere solo donne vicino a lei, era lieta che fossero donne atipiche come Brienne e Melisandre.
Quando il momento del rito finì, ci fu comunque modo di dare una piccola festa per rendere più che altro contenta Sansa, e fu in quel momento nel mezzo del banchetto per lord, dame e cavalieri che il gruppetto iniziale inevitabilmente si disperse.
Nessuno si accorse dell'assenza degli sposi che si ritirarono ben presto in modo conforme alla loro natura ma la Lady di Grande Inverno non ci mise molto a rivelare la mancanza di qualcun altro. In un solo colpo d'occhio comprese di essere l'unica rossa nella sala.
"Dov'e la Donna Rossa?" chiese tra sé e sé, in un tono seccato, che tradiva però una sorta di preoccupazione.
"Sansa, devi aiutarla. È in pericolo."
La ragazza si voltò rapidamente, trovandosi di fronte il fratello che evidentemente aveva udito la sua domanda. Arya le aveva raccontato il ruolo che Bran aveva svolto nel trattenere Melisandre nel castello e adesso, nel sentire con le proprie orecchie un suo nuovo intervento in favore di quella donna, era ancora più perplessa.
"Perché? Perché ti preoccupi così tanto per la Donna Rossa?"
"Non è lei... È sua figlia."
"Sua figlia? Intendi che sarà importante per il mondo? Hai avuto una visione sulla bambina?"
Sansa si era aspettata che Bran si chiudesse nel suo solito mutismo impassibile o che deviasse quelle domande che non aveva di fatto il diritto di porre. Invece, si ritrovò ad affrontare una reazione che non si era aspettata: lui la guardò, dritto negli occhi, e vide un barlume di autentica paura in quello sguardo.
"Ti prego, Sansa" disse semplicemente, con urgenza, prima di distogliere lo sguardo.
Ma quel contatto, breve e interamente umano, c'era stato. Era certa che in quell'attimo non era stato il Corvo a Tre Occhi a parlare, ma suo fratello. Non sapeva se quella bambina non ancora nata sarebbe stata importante per il mondo, ma di certo aveva una qualche importanza per Bran e questo per la lady era più che sufficiente.
Non rispose; uscì invece dalla sala e iniziò a muoversi per il castello alla ricerca di Melisandre.







NDA: Che ritardo clamoroso e imperdonabile! Purtroppo la mia ispirazione in questo periodo si è concentrata principalmente su oneshots, ma prometto di tornare ad aggiornare con più regolarità. Si tratta di un capitolo di passaggio, lo so, ma ci tenevo a mettere una sorta di punto alla relazione di Arya e Gendry e soprattutto ad approfondire un pochino il rapporto tra Sansa e Melisandre: diciamo che il ruolo di Sansa è quello di bilanciare un po' l'amicizia che gli altri personaggi hanno dimostrato alla Donna Rossa, mostrando quanto meno diffenza. Per quanto riguarda Bran, si conferma il suo interesse per la bambina, ma ancora una volta rimane un po' misterioso.
Nel prossimo capitolo tornerà Davos e sarà tutto incentrato sul confronto Davos e Melisandre finalmente!
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** 10. ***


10.

Il viaggio da Approdo del Re era stato come previsto piuttosto lungo e per nulla semplice. Eppure quando Jon Snow, ora legittimato Targaryen e divenuto re al fianco della sua regina Daenerys, aveva deciso di tornare per un breve periodo al Nord dalla sua famiglia, Davos si era offerto immediatamente di accompagnarlo. Certo, era stato nominato Primo Cavaliere del Re e accompagnare il suo sovrano era più che naturale; tuttavia, la spedizione comprendeva già personaggi di spicco come Jaime Lannister e Sandor Clegane e la sua presenza sarebbe stata forse più utile nella capitale ad offrire supporto alla Regina in merito alle nuove modifiche da apportare nella ricostituzione del nuovo regno.
"D'accordo! Devo controllare che la Donna Rossa non abbia ripreso a incendiare il mondo. Cosa c'è di strano?" disse in modo sbrigativo, alle insistenti allusioni dello Sterminatore di Re che si erano protratte per tutto il viaggio.
Curioso come ora che era rimasto l'unico Lannister in vita, sembrava avere incorporato tutto il gusto per gli intrighi tipico di Cersei e la sottile ironia per cui era noto Tyrion.
L'intelligenza per percepire una bugia, invece, Jaime l'aveva già da prima.
"La vostra risposta rivela di più di quella del Mastino, ve lo concedo. Possibile che sono l'unico ad ammettere apertamente che lo scopo di questo viaggio è quello di ritrovare Brienne?"
Davos apparve sorpreso, non dal contenuto di quella confessione ma piuttosto per la sua trasparenza. E proprio per questo, la sua espressione si addolcì inevitabilmente.
"Il vostro amore per lei era evidente quando l'avete resa cavaliere. Certo, credo che questo abbia complicato le cose... Ora che è diventata Ser Brienne accetterà di diventare la Lady di Castel Granito?"
Jaime annuì e accennò un sorriso un po' amaro, fissando la strada che si apriva davanti a loro. Stava per rispondere, quando improvvisamente arrestò il suo cavallo e restò immobile, bne presto imitato dal resto del piccolo gruppo di cavalieri. Il Castello di Grande Inverno era ormai visibile.
"Credo che lo saprò presto" disse il Lannister alla fire. "Così come voi vedrete presto il vostro drago, Ser Davos" aggiunse poi con una punta di ironia, prima di riprendere il passo.
Davos non rispose e continuò a sua volta a procedere. Interiormente però, non potè che sussultare.
Per quanto tempo fosse passato, il pensiero di Melisandre occupava ancora i suoi pensieri.  In modo ambiguo e discordante certo, eppure costante. 
Per quanto avesse provato a negarlo ad alta voce, sapeva perfettamente che il motivo che l'aveva spinto a intraprendere quel viaggio era stato quello di rivederla. 
E il dubbio che lo attanagliava era peggiore di quello di Jaime; qui non si trattava di scoprire se tra loro ci potesse essere qualcosa e se avessero potuto avere un futuro insieme. Quelle erano domande che lui non era ancora arrivato mai a porsi. L'unica domanda che lo accompagnava mentre arrivava alle porte del castello era invece un'altra: lei si trovava di fatto ancora nel castello? L'avrebbe mai effettivamente rivista?

**
 
Il dubbio del cavaliere delle Cipolle fu destinato a durare per almeno un'altra ora tra le riunioni famigliari e un breve aggiornamento delle questioni in merito alla guerra, al matrimonio che doveva essere ancora celebrato tra i due sovrani alla pari Daenerys e Jon e all'altro che invece era stato celebrato in gran fretta solo un mese prima tra il Lord e la Lady di Capo Tempesta. Mentre Jaime era andato a cercare Brienne e Jon e Sansa si erano ritirati per parlare delle questioni politiche riguardanti il Nord, Davos si era avvicinato a Gendry e Arya per porgere loro le proprie sentite congratulazioni. Fu in quell'occasione che finalmente ne approfittò anche per chiedere, nel modo più casuale possibile, informazioni in merito alla Donna Rossa. Con sua sorpresa, li vide scambiarsi un'occhiata chiaramente divertita ma poi, con suo sollievo, gli indicarono senza mezzi termini la stanza in cui l'avrebbe trovata. 
Vi si recò senza ulteriori indugi e, attraverso la porta lasciata spalancata, la vide di spalle rivolta verso la finestra. C'era qualcosa di insolito nella sua figura, ma era impossibile non riconoscere i suoi lunghi capelli rossi che le coprivano tutta la schiena. Davos si concesse solo qualche istante per guardarla, prima di bussare leggermente alla porta per palesare la sua presenza. Melisandre si voltò immediatamente e lo guardò a sua volta con un'espressione indecifrabile. 
"Ser Davos, ce ne avete messo di tempo" esordì alla fine, curvando le labbra in un piccolo sorriso. "Oppure dovrei dire Lord Davos adesso? Mi è giunta voce che Re Jon vi ha concesso un titolo e delle terre" 
Al contrario di lui che aveva dubitato fino a quel preciso istante della possibilità di un nuovo loro incontro, lei, che aveva avuto il vantaggio di conoscere in anticipo l'imminente arrivo del re Jon e il suo seguito al castello, non era affatto sorpresa. Era certa che si sarebbero rivisti, l'unica incognita era il quando. Infatti, le sue parole sembravano esprimere addirittura un leggero rimprovero. 
Fermo sullo stupite della porta, l'uomo rimase a fissarla per un tempo imprecisato. Ora che se la ritrovava davanti, tutto quello che aveva pensato di dirle si era disintegrato nei suoi pensieri, mentre l'unica cosa chiara diventava il particolare della figura della donna che stonava con il ricordo che ne aveva. Fu così che, senza preavviso, si ritrovò a dire alla fine la prima cosa che gli passò per la mente. 
"Sì, sono un Lord" rispose, precisando il titolo con un evidente fastidio. "E voi adesso siete la Donna Azzurra invece?" 
Melisandre inarcò le sopracciglia, poi abbassò lo sguardo sul suo vestito, uno di quelli fatti dalla sarta del castello con la stoffa turchese suggerita da Lady Sansa. A dispetto dell'antipatia che il colore ancora le suscitava, ridacchiò leggermente, più che altro per l'assurdità della situazione. Davvero dopo mesi di attesa per quell'incontro stavano parlando di titoli e abiti? Aveva imparato a sufficienza a conoscere l'atteggiamento dell'uomo per capire che quella battuta ironica dipendeva dal suo nervosismo, ma dal suo punto di vista lui non aveva nulla per cui essere nervoso. Era lei quella che doveva svelare qualcosa che gli avrebbe cambiato in qualche modo la vita e le toccava anche farlo mantenendo il sangue freddo. Ecco perchè lasciò cadere nel vuoto quella domanda superflua e, quando tornò a guardarlo, fece sparire dal suo volto anche il sorriso. Gli si avvicinò e gli afferrò il polso, proprio nel punto in cui si trovava il rubino rosso che la teneva in vita. Mentre lei faceva scorrere lentamente le dita sulla fredda pietra, lui non si ritrasse ma la lasciò fare, come in attesa di scoprire la prossima mossa. 
"Vuoi ancora uccidermi?" gli chiese finalmente, fissandolo ora dritto negli occhi. 
Quella domanda sembrava aver riportato indietro il tempo al momento in cui si erano lasciati, facendo riemergere le questioni davvero importanti tra loro. E aveva anche instaurato quel livello di intimità che rendeva inutile ogni ulteriore artificiale utilizzo del "voi". 
La domanda era stata secca e la risposta giunse rapida e semplice. 
"No" 
"E quella notte... Ti penti di quella notte?" 
Stavolta Davos esitò, non tanto per l'incertezza di quello che provava, ma al contrario che la certezza di dirlo ad alta voce avrebbe segnato un punto di non ritorno. 
"No" sussurrò in ogni caso. 
Melisandre non trattenne il sospiro sollevato che le uscì dalle labbra e il sorriso che vi comparve poco dopo. 
"Bene. Credo che dovremmo parlare di quella notte. So che avevo promesso di andarmene ma poi..."
Lei era decisa a svelare il suo segreto. 
Lui era quasi sul punto di bloccarla e dirle che era contento che non se ne fosse andata. 
Ma la voce di qualcun altro interruppe il potenziale decorso del discorso: un pianto improvviso richiamò la loro attenzione. Melisandre chiuse gli occhi per un lungo attimo e poi si precipitò nella stanza, verso la direzione del suono, lasciando l'uomo completamente confuso. Il vestito azzurro era un dettaglio di poco conto in confronto al vero elefante nella stanza: una culla accanto al letto che evidentmente doveva ospitare un neonato. Dallo stipite della porta, Davos osservò sempre più incredulo la donna afferrare una piccola creatura avvolta in una copertina rossa e stringerla con una dolcezza insospettabile al petto. 
"Chi è quel bambino?" chiese lui in un sussurro, quando il pianto fu cessato del tutto.
Lei inclinò la testa leggermente e si sforzò di mantenere un sorriso sulle labbra, anche se le uscì incerto e quasi triste. 
"È una bambina a dire il vero. È mia figlia... E anche tua". 
"Ma come... Come è possibile?" chiese sconcertato. Poi accorgendosi della ridicola interpretazione che poteva essere data alla domanda, proseguì. "Voglio dire... Credevo che tu non potessi generare bambini veri ma solo ombre"
"Lo credevo anche io" rispose lei con un sospiro, lanciandogli un'occhiata, prima di tornare a dedicare tutta la sua attenzione alla bambina. "Mi piace credere che sia un piccolo miracolo". 
Presto gli raccontò ogni cosa, di cosa era successo in quei mesi, del ruolo di Bran nel rivelarle la gravidanza e di quello di Sansa che l'aveva aiutata a partorire nella stessa sera del matrimonio di Arya e Gendry esattamente ventuno giorni prima. Gli rammentò anche della lontana conversazione che avevano avuto sulla sua barca e di come la fiamma alta che lei aveva visto brillare in lui si era rivelata l'unica spiegazione per ció che fino a quel momento anche lei aveva pensato come qualcosa di impossibile. Davos la ascoltò in silenzio senza interromperla e quando tutto il resoconto si era concluso, si ritrovò con la bimba tra le braccia, che lo fissava con i suoi due occhioni azzurri. 
Era sempre stato un uomo con un naturale istinto paterno che lo aveva portato a prendersi cura di tutti i giovani soli e in difficoltà, eppure nessun legame era comparabile con la sensazione che provava in quel momento. Un simile amore lo aveva provato solamente quando aveva stretto per la prima volta il suo defunto figlio, ma allora era ancora un ragazzo pieno di speranze; invece questa bambina era arrivata in modo del tutto inaspettato, nel crepuscolo della sua vita, quando era rimasto ormai privo di affetti. 
Non c'era dubbio anche per lui che doveva trattarsi di un miracolo. 
"Come l'hai chiamata?" 
"Arya la chiama Cipollina e per il momento la chiamo così anche io". 
"Cipollina?" le fece eco in un tono a metà tra lo scettico e il divertito. 
"Devo pur chiamarla in qualche modo" rispose lei, stringendosi leggermente nelle spalle. "In verità so esattamente come voglio chiamarla ma avevo bisogno della tua approvazione".
Davos le lanciò un'occhiata. "La mia approvazione? Perchè, come pensi di chiamarla, Fiamma, Rossa, o direttamente Azor Ahai?" 
Ma la battuta cadde nel vuoto e quando i loro sguardi si incrociarono, quello di Melisandre era tremendamente serio. In un sussurro, pronunciò un nome. L'unico nome che le era proibito pronunciare e che ora era intenzionata a dire di continuo nel darlo a sua figlia. 
"Shireen
Davos spalancò gli occhi, senza fiato. 
Quello fu il preciso istante in cui, senza ammetterlo razionalmente, dentro di sè sentì di averla perdonata. 




NDA: Cosa ne pensate della piccola Shireen Seaworth? Credo che la scelta del nome fosse abbastanza prevedibile - per me era esattamente il punto d'arrivo per il percorso di redenzione di Melisandre nel proporre lei stessa il nome per la bambina, come memento di ciò che aveva compiuto. Finalmente dopo alcuni capitoli "filler" che servivano per far avanzare la trama, sono tornata a scrivere su Davos e Mel e alcuni nodi sono venuti al pettine! Ma ovviamente la storia non è finita, anzi tutta la questione dei rapporti tra loro due come coppia sono ancora da risolvere, quindi attendetevi ancora nuovi sviluppi, specialmente ora che Davos è un "Lord".
Suggerimento random: nella stesura di questo capitolo, mi ha ispirata molto la canzone "For Blue Skies" degli Strays don't sleep, che a prescindere dalla storia, vi consiglio di ascoltare perchè è davvero una bella canzone.
Al prossimo capitolo (che conto di postare prima del 15, giorno della mia laurea, yay!)

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Capitolo 11
*** 11. ***


11.
 
Il ritorno di Davos nel castello aveva reso in qualche modo la situazione migliore per Melisandre. Una volta affrontata la questione della piccola Shireen, avevano trovato una sorta di routine, fatta di incontri perlopiù silenziosi ma cordiali in cui la loro principale occupazione era proprio la bambina. Completamente assorbiti nel nuovo ruolo di genitori, non avevano ancora trovato occasione di parlare di loro due come esseri distinti da quel legame che li teneva ora indissolubilmente uniti. Anzi, forse era più corretto dire che entrambi a loro modo evitavano quel momento il più possibile, già contenti di quella vicinanza pacifica e forse spaventati di poter rompere in qualche modo il fragile equilibrio.
Non sarebbero restati a Grande Inverno per sempre: lui sarebbe dovuto tornare a Approdo del Re insieme a Jon oppure a controllare le sue nuove terre, mentre lei non aveva ancora deciso se finalmente era arrivato il momento di partire, anche se questo avrebbe dovuto significare rinunciare a sua figlia.
Intanto però si trovavano lì e non sembrava esserci nessuna fretta imminente di ridurre la durata della permanenza.
Tuttavia, nonostante la situazione con Davos fosse per Melisandre al centro delle preoccupazioni, non era rimasta così estranea alle vicende del castello. Anzi, paradossalmente, si sentiva più coinvolta in ciò che accadeva intorno a lei per non pensare troppo ai cambiamenti che la riguardavano personalmente. Così, mentre gli altri si interrogavano su quella strana inaspettata accoppiata che da pianificare omicidi a vicenda era passata a giocare alla famigliola felice, lei cercava di indovinare se Jaime Lannister avesse finalmente avuto il coraggio di chiedere a Brienne di sposarlo o se Sansa e il Mastino avessero osato dirsi qualsiasi cosa che andasse oltre banali frasi di circostanza. A proposito della seconda questione, non si trattava però di semplice curiosità; oltre l'imprescindibile aiuto con il parto, la più grande delle ragazze Stark non era stata mai ben disposta verso di lei e la ex sacerdotessa desiderava ancora appianare le loro ostilità. Per questo, ben conoscendo l'indole mattiniera della ragazza, all'alba di una nottata in cui Davos aveva insistito per accudire Shireen nella sua stanza, aveva deciso di alzarsi e dirigersi nella Sala centrale del castello sicura di incontrarla.
“Buongiorno Lady Sansa” disse, palesando la sua presenza.
Sansa, seduta sulla sua sedia da Lady di Grande Inverno, non nascose la propria sorpresa e neanche il fastidio.
“Lady Melisandre, è un po' presto per trovare qualcuno già sveglio a quest'ora”.
“In verità stavo cercando proprio voi”.
“Me?” ribatté la giovane, accigliandosi. “Che cosa posso fare per voi?”
Melisandre si avvicinò lentamente, prese una sedia, la accostò al tavolo principale e con tutta calma si sedette di fronte a lei.
“Vorrei darvi un consigli” disse infine, rompendo ogni altro indugio. “Non dovreste tenere così a distanza il Mastino. C'è così tanto da dire e non dire tra voi che sarebbe proprio un peccato sprecare del tempo. È naturale che starete insieme alla fine, in ogni caso”.
La sacerdotessa aveva parlato senza nessuna vergogna, infilandosi in questioni intime e personali senza chiedere il permesso e perfino senza il dovuto tatto. Era Sansa a sentirsi imbarazzata invece e cercò di mascherare quella sensazione con una risatina ironica.
“Ah sì, e avete visto tutto questo in una visione?”
Melisandre le restituì un sorriso debole, che per parte sua era però sincero.
“Oh no, ho solo osservato ciò che è già evidente a tutti. Certo che poi Sandor Clegane è anche un uomo scelto dal Signore della Luce, dato che il fuoco lo ha baciato”.
La ragazza non rispondeva, curiosamente rimasta senza parole. Così fu la donna a continuare, cambiando decisamente registro. Senza soluzione di continuità tra quell'inizio quasi scherzoso e l'argomento cupo che ora si apprestava ad affrontare, alluse alle violenze di Ramsey. Anche questa volta non adoperò alcun tipo di tatto, ma offrì insieme una inedita e inaspettata confessione su di sé e sul suo passato. Era la prima volta che parlava a qualcuno degli abusi che aveva subito, anzi prima di quella notte con Davos non li aveva mai neanche considerati tali, e parlarne adesso la faceva sentire stranamente più libera e consapevole.
Forse, quella ragazza di ghiaccio con il corpo sempre nascosto nella pesante veste nera rappresentava solo il rovescio della medaglia della donna di fuoco spesso nuda che lei nel tempo era diventata.
Non concedere neanche una mano da baciare a un singolo uomo oppure offrire il proprio corpo a tutti gli uomini indistintamente: forse erano queste le uniche due opposte e ugualmente tragiche alternative che potevano porsi nel non riuscire ad affrontare correttamente un passato simile.
“Siete una donna forte, siete riuscita a imporvi contro gli uomini che vi hanno fatto del male e a dimostrare come da sola potete affrontare tutto. Siete stata più brava di me e per questo vi ammiro sinceramente Lady Sansa. Avete subito tante violenze e avete deciso di sfruttare quella sofferenza per diventare più forte... Io neanche avevo capito di aver sofferto.” Melisandre si interruppe per fare un piccolo sorriso amaro, ma riprese presto osando afferrare la mano dell'altra che, rapita dal discorso, non si ritrasse al contatto. “Siete un esempio per come una donna possa rialzarsi da sola... Ma, vedete, non dovete anche camminare da sola per il resto della vita. Sono sicura che il Mastino vi prenderebbe volentieri per mano, se solo riusciste a superare anche questa paura”.
Al termine di quel discorso, Sansa aveva gli occhi lucidi e le due si stringevano le mani come se fossero amiche da sempre, trovandosi insospettabilmente più vicine di quanto avrebbero mai immaginato.
“È terribile” mormorò la Stark, parlando per la prima volta.
“Che cosa?”
In risposta, fece un sorriso per la prima volta interamente cordiale.
“Adesso cominciate a piacere perfino a me”.
Melisandre ridacchiò leggermente e diede un'ultima stretta alle mani della ragazza, prima di alzarsi e fare per allontanarsi, lieta di aver risolto la grande tensione che era rimasta in sospeso tra loro e di aver offerto il proprio aiuto, utilizzando per una volta non un'arte magica ma al contrario solo la propria umanità.
Sansa però aveva ancora qualcosa da dire e la richiamò indietro. Forse voleva rendersi utile anche lei, sebbene il messaggio che doveva riferire non sarebbe stato piacevole, come suggeriva la sua espressione non più distesa.
L'ex sacerdotessa lo intuiva, ma non poteva di certo immaginare quanto le prossime parole l'avrebbero sconvolta.
“Due sere fa ho ascoltato casualmente una conversione tra Jon e Lord Davos. Stavano definendo i termini del matrimonio imminente di Lord Davos con l'ultima Frey rimasta, Lady Rosmund. Pensavo solo che doveste saperlo”.

 
**
 
In merito alla nuova scoperta, Melisandre non aveva detto neanche una parola, ma dentro di lei stava avvenendo una rivoluzione difficilmente esprimibile a parole. Sapeva di provare dei sentimenti per lui così come non li aveva mai provati per nessuno e sapeva anche che non sarebbero stati sempre vicini, ma non era pronta a vederlo scomparire dalla sua vita così presto e soprattutto non in questo modo. Se non aveva mai pensato concretamente che avrebbero potuto avere un futuro insieme, non aveva mai neanche pensato che lui nel suo futuro senza di lei sarebbe stato con un'altra donna. Ora, invece questa possibilità si imponeva direttamente come una certezza e non aveva il tempo per poterla elaborare.
Così, quel giorno aveva parlato il meno possibile e aveva lasciato semplicemente che la routine procedesse come al solito, fino al momento della buonanotte. Seduta sul suo letto, si limitava semplicemente a guardare Davos cullare la bambina tra le braccia e raccontarle cose che non poteva ancora capire. Solo a un certo punto, si alzò e si avvicinò alla culla per sottrargli la bambina e lasciarlo così libero di tornare nella sua stanza.
“Buonanotte, Davos” gli disse senza guardarlo, risedendosi di nuovo sul letto, stavolta con Shireen in braccio.
Lo stava facendo in modo appena percettibile, però di fatto lo stava evitando. E forse quella reazione di rabbia e tristezza non risolte si sarebbe trascinata a lungo, se lui non si fosse fermato, scrutandola con una sorta di premura e chiedendole:
“Cosa succede?”
Melisandre alzò lo sguardo per incrociare il suo, salvo poi scuotere la testa e rimproverarsi da sola per quella debolezza. Ma ormai era troppo tardi, lo aveva guardato e aveva visto la preoccupazione nei suoi occhi. Così, pur riabbassando lo sguardo, le parole le uscirono di bocca ineluttabilmente.
“Perché non resti? Sì, resta qui…”
Esitò un momento, indecisa se aggiungere un più subdolo "con noi" o un più esplicito "con me". Alla fine preferì tacere, ma non importava perché tanto lui aveva capito comunque ed era già tornato indietro.
Si stesero entrambi sul letto, divisi dalla piccola Shireen e un muro invisibile di pensieri.
“Non vado da nessuna parte” sussurrò lui a un certo punto, voltando la testa per fissarla dritto negli occhi.
Melisandre non nascose un sorriso ironico a quella scelta di parole ed evitò stavolta di guardarlo, soffiando sulla candela per far piombare la stanza nel buio.
Non avrebbe mai immaginato che lui sapesse mentire così bene.




NDA: Ecco qui il nuovo capitolo! Purtroppo non sono riuscita a scrivere prima della mia laurea come avevo previsto, ma ho già iniziato a scrivere il prossimo. Ovviamente non potevo lasciar durare troppo a lungo il momento di felicità famigliare: Davos deve effettivamente sposare questa Frey, un matrimonio combinato con una nobile mi sembrava la cosa più naturale ora che lui è stato nominato "Lord". A parte questa nota di drama, mi è piaciuto far tornare Sansa e far dialogare la Sansa della serie (con tutte le violenze che ha subito) con la Melisandre della mia storia che, con il background che le ho dato, può comprenderla e anche spingerla a credere di nuovo nell'amore. A proposito, non ho resistito a inserire accenni sansan. Al prossimo capitolo, con un altro po' di angst in arrivo!

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Capitolo 12
*** 12. ***


12.

Il fatto che Davos, rispondendo alla richiesta di Melisandre di recarsi nella sua stanza, l'avesse trovata intenta a fare un bagno non era stato accidentale. Al contrario, la donna aveva pianificato i dettagli di quella situazione con cura, inclusa l'assenza della bambina, affidata per qualche ora alla balia. Per almeno venti minuti era rimasta immersa nella vasca completamente nuda, con i capelli bagnati raccolti e un calice di vino a farle compagnia, prima che l'uomo bussasse alla porta e lei lo invitasse finalmente ad entrare. Il motivo era semplice: la notizia del suo prossimo matrimonio la tormentava e, pur sapendo di non poter impedire la cosa, sperava di tenerlo in qualche modo legato a sé e di non perderlo del tutto. Ancora una volta l'unica arma di cui sapeva di potersi fidare era la seduzione. Il suo corpo era stato nel corso di secoli irresistibile per molti uomini e le aveva fatto ottenere tante cose in nome del Signore della Luce; ora era pronta a usarlo per guadagnare qualcosa per sé stessa, ben consapevole che il cavaliere delle Cipolle, nonostante per anni l'avesse respinta e odiata, adesso non era affatto immune al suo fascino. Dopotutto, l'esistenza stessa di Shireen lo provava.
"Oh, non credevo di... trovarti...così. Tornerò più tardi" esordì Davos, con leggero imbarazzo.
Per tutta risposta, Melisandre sorrise e si mise seduta all'interno della vasca, in modo da lasciare il seno completamente esposto al di sopra dell'acqua.
"Non ce n'è bisogno. Non è la prima volta che mi vedi nuda, Davos... Abbiamo una figlia insieme addirittura, ti ricordo" ribatté, in un tono vagamente malizioso. "Perché non mi passi quell'asciugamano, così mi rendo presentabile?"
Lui si addentrò nella stanza, per afferrare il telo bianco posato sul letto, ma quando le si avvicinò fu difficile mantenere il sangue freddo. Infatti lei si alzò lentamente in piedi con lentezza, con il preciso scopo di farsi guardare, prima di prendergli la stoffa dalle mani e stringersela attorno al corpo. Poi, si portò una mano tra i capelli e li lasciò cadere lunghi e bagnati.
"Ho bisogno di una mano" disse, prima che lui potesse indietreggiare.
Gli afferrò un braccio con il pretesto di uscire dalla vasca, ma dopo aver messo il primo piede a terra, completò il suo progetto fingendo di scivolare. Come previsto, lui si mosse istintivamente per sorreggerla e in questo modo lei si ritrovò letteralmente tra le sue braccia, i visi vicinissimi.
Se alla vista del corpo di lei, Davos si trovava già imbarazzato, adesso l'attrazione che sentiva era decisamente innegabile. Allo stesso tempo però era ancora abbastanza lucido da intuire che c'era qualcosa di strano; non era uno sciocco: aveva  il vago sospetto che quella situazione fosse stata architettata e che quel loro secondo momento di vicinanza fosse di nuovo frutto di un piano di seduzione, di cui stavolta però gli sfuggiva completamente il fine.
"A che gioco stai giocando?" sussurrò, impedendole di baciarlo.
Melisandre gli posò le mani sul petto e avvicinò di nuovo il proprio viso al suo.
"Non sto giocando. L'unica domanda è: tu mi vuoi?"
Ancora una volta lei fu vicina a baciarlo, ma ancora una volta lui la bloccò, posandole due dita della mano buona sotto il mento per poterla guardare dritto negli occhi.
"Che cosa vuoi tu? Cosa vuoi da me, Melisandre?"
Lei esitò per qualche istante, in parte spaventata dalla portata di quella domanda. Era indecisa su quanto fosse disposta a rivelare dei sentimenti che provava; era innamorata di lui, ormai ne era del tutto consapevole, ma non era pronta a svelare quella che considerava come una debolezza.
Per tutta la vita si era abituata a spogliarsi come mezzo per un fine, ma mettere a nudo la sua anima era un'assoluta novità.
"Voglio questo... Voglio te" si risolse a dire alla fine, trovando un compromesso tra quello che voleva e quello che non poteva dire.
La sincerità di quell'affermazione doveva essere evidente, perché lui ritenne quella motivazione più che sufficiente per vincere le sue remore. Fu lui a baciarla - un bacio dolce e lungo, carico di passione ma soprattutto di un innegabile sentimento. Era passata una vita da quando lui aveva dato un simile bacio, mentre lei così forse non era stata mai baciata. Il piano fu portato a termine, anche se alla fine era difficile dire chi aveva sedotto chi.

 
**

Se Davos era riuscito a mantenere la calma nella confusione tra l'imposizione di sposarsi e la scoperta di avere una figlia, la nuova intimità con Melisandre era destinata inevitabilmente a sconvolgere gli apparenti equilibri. I giorni trascorsi con lei gli avevano mostrato una nuova donna ed era stato quasi facile dimenticare quanto si erano odiati in passato. Pensare di lasciarla era impossibile, e di fatti non ci pensava. Aveva vissuto quei giorni come se fossero durati per sempre: ecco perché, mentre era steso sul suo letto dopo aver fatto l'amore con lei, il pensiero di dover tornare al Sud e sposare un'altra donna non gli passava neanche lontanamente per la mente. Quel momento faceva parte di quella parentesi lontano dal mondo. Le accarezzava i capelli, la stringeva in silenzio, e tutto ciò che pensava non era che sarebbe stato bello se tutto fosse continuato sempre così nel futuro, ma piuttosto che sarebbe stato bello se tutto fosse stato sempre così dall'inizio. Non se lo dicevano, non lo avrebbero mai fatto, ma si amavano.
Sarebbe stato meraviglioso se si fossero incontrati prima, prima che lei diventasse una sacerdotessa fanatica e lui un uomo incapace di credere in nulla. Prima che si facessero tutto quel male.
Oppure dopo, dopo che la guerra contro la morte aveva ridato umanità a lei e speranza a lui. Dopo, quando farsi del male non sarebbe servito più a nulla.
Però purtroppo, si erano incontrati esattamente nel mezzo e il male che si erano fatti era impossibile da cancellare. Pensare al prima faceva male, al dopo sembrava impossibile, e allora tutto ciò che potevano fare era vivere quel fragile momento di beatitudine.
Tuttavia, nonostante la disposizione di Davos, era impossibile per lui non notare lo sguardo distratto della donna.
"Non stai piangendo stavolta e questo è un bel cambiamento. Ma non mi sembri contenta" disse, rompendo il silenzio. "Comincio a credere di essere io a renderti triste".
Voleva essere una battuta, ma nascondeva una preoccupazione reale e ben tangibile. Melisandre si lasciò sfuggire un fugace sorriso, ma quando voltò la testa per guardarlo aveva un'espressione seria. Ora si vedeva improvvisamente oggetto di due dei tratti della personalità di lui che le erano stati sempre preclusi - la bonaria ironia e la premura - e questo le dava ancora di più una motivazione per non voler perdere quello che si era creato tra loro.
"So del matrimonio" disse semplicemente, come se quella sola frase potesse spiegare tutto.
E in effetti spiegava, se non tutto, molto.
"Ah, quindi è per questo che hai fatto la scena della vasca?" le chiese, non riuscendo a mascherare un improvviso fastidio nella voce, anche solo nel sentire il discorso del futuro emergere così prepotentemente.
Lei distolse per un attimo lo sguardo, ma non negò. "Voglio semplicemente restare più a lungo possibile con Shireen. E con te. Che cosa c'è di sbagliato?" disse, come giustificazione.
Davos si mise a sedere lentamente e, con lo sguardo, riuscì in qualche modo a costringerla ad assumere la stessa posizione. Invece di addolcirlo, quell'ammissione lo feriva. Aveva sperato che ciò che l'aveva spinta fosse stato davvero il semplice desiderio di stare con lui; invece aveva solo cercato di usare il sesso come mezzo per convincerlo a seguire un suo qualche piano mentale. Possibile che non lo valutasse abbastanza da parlargli in modo chiaro invece di ricorrere a sotterfugi? Possibile che ancora pensasse di lui così poco da credere che le avrebbe sottratto sua figlia?
"E’ vero, re Jon mi ha nominato Lord delle Torri Gemelle, attraverso il matrimonio con Lady Rosmund Frey, l'ultima rimasta in vita delle figlie di Walder Frey" disse, esponendo ad alta voce l'intera trama che era stata prevista per lui. "Ma ho intenzione di portare Shireen con me, di legittimarla e darle il mio cognome. E sappi che non ho mai pensato di portartela via. Potrai venire anche tu alle Torri, se vorrai, e alloggiare ovunque vorrai nelle vicinanze del castello... E vedere la piccola in qualsiasi momento tu vorrai".
Lui aveva parlato in tono risentito, eppure l'espressione sul volto della donna non era né sorpresa né soddisfatta. Al contrario di quanto Davos avesse pensato, lei non aveva avuto alcun dubbio in merito alla cura che lui avrebbe riservato alla loro bambina né al fatto che le avrebbe permesso di vederla il più possibile.
Con uno sguardo indecifrabile, avvicinò il suo viso a quello di lui e lasciò aderire le loro guance fino a poter sussurrare direttamente nel suo orecchio.
"E te? Potrò vedere anche te ogni volta che vorrò?"
Quando tornarono a guardarsi, piuttosto era lui quello sorpreso.
"Ho detto che voglio restare con Shireen e con te. Anche con te" ribadì Melisandre, con una rabbia controllata e calma ma non per questo meno sofferta. Il fuoco dei suoi capelli rossi si era esteso fino agli occhi azzurri. "Tutto quello che volevo fare è ricordarti quanto possiamo stare bene insieme e che siamo legati, in più modi..." continuò, accarezzando ora distrattamente il rubino al polso dell'uomo, prima di prendergli la mano buona. "Dimmi, è così terribile per me volere una cosa del genere?"
"E cosa suggerisci di fare allora?" le chiese lui di rimando, ora sinceramente interessato.
Se davvero quello che lui aveva provato in quei giorni non era stato unilaterale e se davvero anche lei voleva stare insieme a lui, allora forse non dovevano per forza separarsi. Un'idea assurda stava prendendo forma nella sua mente, ma prima era curioso di sapere il piano che lei intanto aveva elaborato.
"So che devi sposare questa Lady Frey... Ma potresti prendermi come tua amante nel castello" suggerì, lasciando intrecciare le loro dita.
Sembrava convinta della bontà della sua proposta e, nonostante Davos aborisse una simile idea, si sentì mosso da una tenerezza verso di lei che non aveva avuto precedenti. La donna che aveva conosciuto da sempre come la seduttrice capace di piegare ogni uomo al suo volere, adesso era pronta ad appartenere a lui, a lui soltanto, nel ruolo di amante. Per quanto conoscesse molto bene le nefandezze che aveva commesso, per quanto una parte di lui la odiasse e la disprezzasse ancora per quel passato, non avrebbe mai potuto negare quanto fosse una donna speciale.
E invece lui non era mai stato speciale.
Lei non aveva avuto un trasporto emotivo neanche per Stannis che era un re, e ora invece mostrava dei sentimenti per lui che non rimaneva altro che il figlio di un venditore di granchi.
Preso da quella dolcezza, sciolse il legame tra le loro dita e le afferrò dolcemente il viso tra le mani, per poi posarle un bacio dolce e rapido sulle labbra.
"Non potrei mai avere un'amante, specialmente nello stesso castello di mia moglie" rispose, tuttavia.
Lei si allontanò leggermente e sembrò irritata. "Perché? Tu non la conosci neanche questa Lady Rosmund!" esclamò. Non era irritata, solo confusa e confusamente gelosa.
"No" ammise lui con calma. "Però conosco te".
"E questo cosa vorrebbe dire?"
Fu Davos ad allontanarsi questa volta. Senza rispondere, si rivestì rapidamente e uscì dalla stanza accennando un saluto.
Sola nella stanza, Melisandre restò per qualche secondo a fissare la porta chiusa e poi si lasciò ricadere sul letto. In quel momento si sentì come le era capitato raramente di sentirsi. Completamente priva di idee su ciò che sarebbe potuto accadere.



 
NDA: Ecco il nuovo capitolo, in cui i miei adorati Davos e Melly affrontano il discorso del matrimonio di lui ma senza venire a capo di nulla. Cosa succederà? Intanto vi anticipo che in tutto dovrebbero esserci 16 capitoli, quindi ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione. Spero la storia vi stia piacendo e a presto!

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Capitolo 13
*** 13. ***


13.


Il nuovo re Jon Targaryen, primo del suo nome, fissava Lord Davos con autentica sorpresa. Lo aveva invitato ad una passeggiata per le strade innevate di Grande Inverno per rinnovare ancora una volta la richiesta di averlo come Primo Cavaliere del re e della regina ora che Tyrion Lannister era morto ma, dopo aver ottenuto finalmente una risposta positiva, la conversazione aveva preso una direzione che non si era affatto aspettato.
"L'ultima volta che mi avete parlato della Donna Rossa, volevate che la giustiziassi o lo avete dimenticato?" domandò, con una durezza non voluta e anche piuttosto non caratteristica di lui.
"Non l'ho dimenticato" replicò Davos, assumendo un'espressione grave a sua volta dovuta principalmente al ricordo sempre vivo del perché l'aveva voluta morta per tanto  tempo. "Ma ora le cose sono cambiate..."
"Sì, la piccola Shireen" lo interruppe Jon, accennando un fugace sorriso. L'aveva vista solo un paio di volte e aveva saputo dalle sue sorelle - o per meglio dire cugine - per sommi capi come si era arrivati alla nascita di quella bambina, in primo luogo. Tuttavia, era rimasto finora abbastanza estraneo alla vicenda e di certo preoccupazioni e pensieri alternativi non erano mancati.
"Ma voi volete prendervi cura di lei, riconoscerla e darle il vostro cognome. È più di quanto molti uomini, per quanto onorevoli, hanno fatto con i loro bastardi" riprese, pronunciando quella parola con tristezza ma non con il tipico disprezzo a cui solitamente era associata. "Devo la mia vita alla Donna Rossa e sarò sempre debitore nei suoi confronti, ma voi Davos... Voi avete deciso di tenerla in vita e, considerato il vostro rapporto, non le dovete più nulla".
Il cavaliere delle Cipolle scrutò il suo re in silenzio per un po', riuscendo facilmente ad indovinare i suoi pensieri. Era chiaro che stesse pensando a sé stesso e alla sua giovinezza trascorsa sì a Grande Inverno insieme agli Stark, ma con la piena consapevolezza di essere un escluso e un reietto e con un trattamento peggiore di quello riservato a Theon Greyjoy che non aveva nessun legame di sangue con la famiglia e che aveva per giunto finito per tradirla. Ned Stark, l'uomo più giusto e onorevole che tutti ricordassero, si era preso cura di Jon ma non si era spinto mai a renderlo ufficialmente uguale ai suoi figli. L'infelice passato avrebbe sempre pesato su quel giovane uomo che ora reggeva le sorti del mondo, ma c'era un dettaglio che Jon stava dimenticando. Quell'onorevole di Ned Stark un figlio bastardo non lo aveva mai veramente avuto.
"Il nostro rapporto..." disse alla fine, soffermandosi sull'ultima parte delle parole che gli erano state dette. "Con tutto il rispetto, maestà, non potete capire il rapporto che c'è tra me e Lady Melisandre. Giuro che a volte non lo capisco neanche io".
"Diverse persone mi hanno fatto notare come ci sono molte cose che non capisco o che non so e non ho la presunzione di dire il contrario" ribatté il re in tono conciliante. Ma arrestò improvvisamente il passo e afferrò il cavaliere per il braccio, fissandolo dritto negli occhi. "Capisco che vogliate assumervi le vostre responsabilità, ma questo non significa che dobbiate restare ancorato a una donna che odiate. Un giorno Maestro Aemon mi disse che l'amore è la morte del dovere. E aveva ragione, però è anche vero il contrario: il dovere è la morte dell'amore".
Davos considerò quelle parole e annuì, riconoscendone la grande saggezza, ma non riuscendo ad applicare il loro significato al suo caso. Probabilmente Jon pensava che la sua richiesta di modificare gli accordi presi in merito al suo matrimonio derivassero unicamente dal suo senso del dovere. Ma non era così, lui era un uomo molto meno onorevole di Ned Stark.
"Lasciate che vi faccia una domanda: il vostro matrimonio con la regina Daenerys è un atto di dovere o di amore?"
Jon aggrottò le sopracciglia per un attimo ma non rifletté a lungo sulla risposta.
"Sposarla era la cosa più giusta da fare per unire i due pretendenti al trono ed evitare nuove sollevazioni. Anche se avessi rinunciato e mi fossi ritirato qui al Nord, in me avrebbero visto un volto dietro il quale poter tramare contro Daenerys. Come aveva tentato di fare Varys, lo ricordate bene". Fece una piccola pausa e quando riprese a parlare, la solennità lasciò il posto all'emotività, la razionalità al cuore. "Però amo Daenerys, lei sarà sempre la mia regina... E anche questo sapete bene".
Davos si lasciò sfuggire un sorriso. Era stato presente durante il primo incontro tra i due sovrani, testimone delle prime fasi del loro innamoramento ed era stato il primo a insinuare un possibile sviluppo romantico.
"Allora siamo due uomini fortunati, Jon Snow" disse infine, calcando con affetto sul nome che il re aveva abbandonato ma che sarebbe sempre stato parte di lui. "Per noi il dovere e l'amore non sono in conflitto".
L'uomo più anziano cominciò lentamente a ripercorrere la strada al contrario e il più giovane lo seguì, non prima di lasciarsi sfuggire un sorriso disteso e divertito. Forse per una delle poche volte nella vita, Jon aveva colto qualcosa prima di tutti gli altri. Davos non se n'era reso conto ma aveva praticamente ammesso ad alta voce di amare la Donna Rossa.

 
**

Nonostante l'idea fosse stata ormai approvata durante la mattina, Davos aspettò la sera prima di incontrare Melisandre. Non le parlò durante la consueta cena nella Sala grande del castello, né la raggiunse nelle sue stanze, ma la fermò nel mezzo, mentre percorreva il corridoio che la avrebbe portata da un posto all'altro. I suoni e le voci della cena ancora in corso li raggiungevano, ma il corridoio era deserto e loro due erano soli.
"Lord Davos, ora volete parlarmi?" chiese lei, voltandosi verso di lui. La voce e l'espressione erano calme, ma l'implicazione delle sue parole e l'utilizzo completamente inutile del titolo lasciavano ben intuire quanto fosse ancora irritata per il modo ambiguo in cui lui l'aveva abbandonata la sera precedente.
Gli aveva rivolto una domanda e lui non aveva risposto, andandosene semplicemente. E adesso era nuovamente lì di fronte a lei, anche se non erano le risposte quello che era pronto ad offrire. Senza dire nulla, infatti, le porse una stoffa piegata di colore grigio scuro.
"Che cos'è?" domandò lei dubbiosa, passando a esaminare la stoffa.
Non le ci volle molto per dispiegarla e ritrovarsi tra le mani un mantello con un ben noto disegno sopra. Una barca nera con una cipolla sulla vela, lo stemma della giovanissima casata Seaworth.
"È per te. Voglio che lo indossi domani" disse lui, con un tono quasi indifferente, senza spiegare molto di più.
Ma Melisandre non aveva bisogno di spiegazioni. Era cresciuta ad Asshai ed era stata una sacerdotessa del Signore della Luce, ma aveva vissuto ormai abbastanza nel Continente Occidentale da sapere cosa significasse da quelle parti per una donna indossare il mantello di un uomo.
"Dovresti darlo a Lady Rosmund Frey, non a me" disse in un tono tagliente, senza tuttavia alzare lo sguardo dal tessuto, né fare alcun cenno per restituirglielo.
Davos, lontano dallo sguardo di lei, accennò un sorriso. Aveva previsto una simile reazione: la confusione, la sorpresa e quella strana e incerta gelosia di cui già aveva dato prova.
"Questa mattina ho avuto modo di parlare con il re e gli ho suggerito una unione tra Lady Rosmund e Lord Bronn. Non preoccuparti per lei, non credo rimpiangerà molto le Torri Gemelle quando diventerà Lady di Alto Giardino".
Quella notizia ebbe l'effetto di far alzare immediatamente lo sguardo della donna. E così Lady Frey era fuori gioco e la possibilità di poter avere vicino Shireen e Davos assumeva una forma che neanche nelle sue congetture più temerarie aveva sfiorato la sua mente. Diventare sua moglie, sposarlo... Mai si era spinta a pensare tanto. La sola idea le sembrava assurda e quella idea potesse diventare realtà le faceva venire unicamente voglia di ridere. E così, senza preavviso, scoppiò a ridere ed era una risata aperta e cristallina, ma allo stesso tempo nervosa.
Davos aggrottò le sopracciglia e la fissò incuriosito. Di certo quella era una reazione che non si era aspettato. Nell'ultimo anno in cui tutto tra loro era cambiato, l'aveva vista sorridere, piangere, mostrarsi umana, dolce e fragile. Ma fino ad allora non l'aveva mai vista ridere per davvero e non poteva fare a meno di trovarla adorabile, anche se in quel momento una risata era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
"Io non sono una Lady" disse, quando la risata cessò del tutto e si ridusse ad un tiepido sorriso in qualche modo triste.
"Se è per questo neanche io sono un Lord, sono nato nel Fondo delle Pulci e sono stato un contrabbandiere per anni. E Bronn? Il nuovo Lord di Alto Giardino è stato un mercenario al soldo dei Lannister. E Gendry? Il Lord di Capo Tempesta era un fabbro e la sua origine è quella di essere un bastardo. Perfino il nostro re Jon, fino a poco fa credeva di essere un bastardo e vestiva il Nero!"
C'era del vero nella replica appassionata del cavaliere delle Cipolle ma lei non sembrò mutare espressione.
"Quello che voglio dire è che non sono una moglie" precisò per tutta risposta, con un’aria che sembrava stanca.
È spaventata, decise Davos guardandola. Tutti gli anni che aveva vissuto e mai che si fosse innamorata, mai che avesse pensato di appartenere ad un uomo e vivere una vita semplice abbandonando la sua missione. Era spaventata di essere una donna in carne ed ossa con tutte le implicazioni del caso, ma ormai era già troppo tardi per questo, non se ne rendeva forse conto?
"Non eri neanche una madre, eppure te la cavi splendidamente con Shireen" le fece notare, ma non le diede modo di soffermarsi su quel complimento. Si stava rivelando incredibilmente una buona madre e glielo avrebbe ripetuto in seguito, ma adesso non era quello il punto del discorso. "Avevi detto di voler stare con me e, per quanto assurdo sia, anche io voglio averti accanto. Ma non prendo amanti, Melisandre. Se vuoi stare con me, allora sarai mia moglie e la lady delle Torri".
La donna tacque ma nei suoi occhi azzurri apparve un lampo di decisione. Senza fretta, piegò il mantello e glielo restituì, anche se ora c'era un'ombra di sorriso sul suo volto.
"Devi tenerlo tu fino a domani, allora. Se non ricordo male, secondo le usanze dell'occidente, è l'uomo a dover mettere il mantello addosso alla donna, o mi sbaglio?"
Senza aspettare la risposta, si incamminò verso la sua stanza mentre il suono della risata di lui alle sue spalle accompagnava i suoi passi.
Effettivamente, era Davos ora a ridacchiare. Il fatto che fosse stato lui a proporre quella follia non gliela faceva apparire meno folle. Dal giorno in cui non aveva bloccato Maestro Crassen nel suo tentativo di avvelenarla fino alla Lunga Notte quando l'aveva inseguita con la spada, aveva sperato di ucciderla.
Quanto l'aveva odiata, e ora quanto la amava.
Non c'era stato un momento in cui aveva deciso di smettere di provare disprezzo per lei, ma era successo e quel sentimento negativo era stato sostituito da uno positivo che non aveva avuto eguali nei confronti di una donna. Si vergognava ad ammettere che neanche per la sua defunta moglie Marya aveva provato un simile trasporto. A quel pensiero, il sorriso si congelò sul suo viso e per la prima volta dopo tanto tempo pensò agli dei - chiunque essi fossero.
Nella sua mente, pregò gli dei di perdonarlo per averla perdonata.




 
NDA: Finalmente l'happy ending! Ho cercato di tirarla un po' per le lunghe, anche per rendere il tutto credibile e dare ai personaggi il modo di analizzare al meglio i loro sentimenti, ma non potevo negare la felicità a questi due. La mia sfida di operare un percorso di redenzione (per Melisandre) e di perdono (per Davos) e di farli innamorare si può dire conclusa e mi auguro davvero di tutto cuore che il percorso sia risultato credibile a voi lettori:) Tuttavia, la storia non è ancora conclusa, ci sono ancora alcune questioni in sospeso che intendo sciogliere. Intanto, nel prossimo capitolo ci sarà il matrimonio, quindi finalmente un capitolo dolce. A presto!

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Capitolo 14
*** 14. ***


14.

La cerimonia fu perfino più semplice di quella delle nozze dei coniugi Baratheon. I presenti erano ridotti al minimo indispensabile: re Jon, in quanto garante di quell'unione, e come testimoni Gendry e Arya, la quale teneva in braccio la piccola Shireen. Gli sposi giurarono davanti all'albero diga e utilizzarono il rituale più diffuso del Continente Occidentale, in modo da rendere quel vincolo inviolabile sia davanti ai vecchi che ai nuovi dei. Le loro mani furono legate insieme, la formula tipica di invocazione ai Sette fu pronunciata da entrambi e, per concludere, lui posò sul vestito immancabilmente rosso di lei il mantello con lo stemma di casa Seaworth, legando le estremità con un emblematico fermaglio a forma di cipolla di colore rosso. Non ci fu nessun festeggiamento e, nel giro di quindici minuti, i due sposi si dileguarono soli verso le stanze che erano state assegnate a lui e che per i pochi giorni che ancora avrebbero trascorso a Grande Inverno sarebbero state di entrambi.
"Non credi a una singola parola di quello che hai detto, non è così?" disse Melisandre, rompendo all'improvviso pacifico silenzio.
Si era fermata davanti alla porta chiusa e, appoggiandovisi contro, si era voltata a guardarlo. 
"Cosa intendi dire?"
Di fronte all'espressione confusa di Davos, lei accennò un sorriso. 
"Fabbro, Padre, Guerriero, Madre, Vergine, Vecchia, Straniero" recitò in tono quasi divertito. "Tu non credi in questi dei".
"Beh, tu le statue di questi stessi dei le hai bruciate, direi che neanche tu ci credi" ribattè lui con una punta di ironia.
"Già. Ma la differenza è che tu non credi in nessun dio, tu non credi in nulla".
Era una constatazione non un'accusa, eppure Davos sentì in sè il desiderio di rassicurarla.
"No, non ci credo, è vero. Però credevo davvero nelle parole che ho detto dopo... Sai... Io sono suo e lei è mia, da oggi fino alla fine dei miei giorni" disse, e la seconda parte di quella formula suonava dalle sue labbra tutto tranne che divertita.
La sua espressione era vagamente imbarazzata e vi era un leggero tremito nella voce nel pronunciare quelle parole dal significato così profondo. Melisandre ne era colpita e anche compiaciuta, anche se tentò di non darlo a vedere.
"Bene, allora, mio caro cavaliere, non avrai problemi a fare un nuovo giuramento davanti a un altro Dio" gli disse, sorridendo ora apertamente e aprendo finalmente la porta. 
Nella stanza c'erano dei dettagli in più che Davos proprio non ricordava; evidentemente prima della cerimonia ufficiale, Melisandre aveva fatto dei preparativi per un'altra celebrazione più intima e più sentita, che a giudicare dagli elementi presenti sarebbe dovuta essere nel nome del Signore della Luce. 
Un telo rosso era stesso sul pavimento proprio davanti al letto e tutto attorno vi erano disposte delle candele spente. Senza dire nulla, la donna scavalcò le candele e si sedette sul telo; poi, protese una mano verso di lui, facendogli cenno di sedersi al suo fianco. Quando furono entrambi seduti, il sorriso sparì dal volto di Melisandre in favore di un'espressione completamente solenne. Con precisione e lentezza, accese una candela e ad una ad una anche tutte le altre proprio mediante quel fuoco di partenza, fino a che i due si ritrovarono ben presto al centro di un cerchio infuocato. 
"Non credevo ci fosse un rito di matrimonio anche secondo la tua religione" sussurrò Davos, cercando di farsi un'idea dello scenario che stava prendendo vita, di fronte al quale non poteva negare di sentirsi un po' intimorito. 
"C'è un rito matrimoniale per ogni religione, Davos. Tutto quello che occorre per celebrato è un sacerdote, o una sacerdotessa nel mio caso..."
Lui alzò le sopracciglia, ora incuriosito da quel risvolto inaspettato. "Quindi tu hai celebrato dei matrimoni?" 
Melisandre annuì ma non aggiunse altro. Aveva vissuto trecento anni e tanto le era capitato in quella lunga vita; ci sarebbe stata occasione per raccontare alcune parti degne di nota e mai il tempo per raccontarle tutte. Adesso però non era il momento per condividere storie: si trattava del momento più solenne e sacro che la sacerdotessa stava vivendo, l'unico in cui era allo stesso tempo semplice fedele e ministra del culto, donna e maga. Pose al centro la candela iniziale e poi prese entrambe le mani di Davos nelle sue, tenendo quella doppia stretta sospesa sopra la piccola fiamma. Mormorò delle parole in valiriano antico, una preghiera breve ma ripetuta almeno cinque volte, al termine della quale lei soffiò su ogni candela, lasciando accesa solo quella al centro.
"Adesso siamo ufficialmente sposati!" annunciò lei, sciogliendo il legame tra le loro mani. 
"Molto bene, Lady Seaworth" disse lui, enfatizzando sul nuovo titolo con un leggero divertimento. "Allora, cos'è che hai detto durante il rituale?" chiese poi, mostrando nuovamente la sua curiosità. 
Melisandre sorrise a quella domanda, anche se mantenne lo sguardo fisso sul fuoco dell'unica candela accesa mentre recitava quella stessa preghiera nella lingua comune. 
"Non andartene docile in quella buona notte. Infuriati, infuriati contro il morire della luce
"Sono delle belle parole" commentò lui, sembrando sinceramente colpito. "Anche se, non ho ben capito perché sono legate a un matrimonio".
"È un po' come una promessa di mantenersi insieme nella luce e di tenere lontana l'oscurità. Secondo la leggenda, era la preghiera di un uomo alla sua sposa di resistere alle tentazioni del buio... Lui lottò per lei e fece anche di più: la spinse a lottare per sé stessa".
Mentre spiegava, Melisandre aveva tenuto ancora lo sguardo abbassato, anche se non più sulla fiamma, ma sul rubino che lui portava costantemente al braccio. Per lei, era sempre stato quello il simbolo della luce e non era forse un caso che quell'oggetto ora ce lo aveva lui. Finalmente, alzò gli occhi per incontrare quelli di lui e con dolcezza gli posò una mano sulla guancia. 
"In un certo senso è esattamente quello che tu hai fatto per me, lo sai? Potevi lasciarmi morire e ne avresti avuto tutto il diritto, ora lo capisco. E invece non lo hai fatto... Quella mattina tu non mi hai lasciato andare docile nelle tenebre". 
Davos non riuscì a rispondere per lungo tempo, e stavolta non perché non avesse compreso, ma al contrario perché aveva compreso fin troppo. Sentiva dentro di sè ancora una volta quel desiderio di tenerezza e di protezione verso di lei, un sentimento strano soprattutto perché ormai non sembrava strano affatto. Tuttavia, il vedere quella dolcezza da parte di lei non mancava mai di stupirlo; gli aveva fatto capire tra le righe di non avere mai amato nessuno nella sua lunga vita eppure era lì a confessargli il suo amore, seppur non nel modo convenzionale. 
Alla fine, lui afferrò la mano di lei ferma sulla sua guancia e se la portò alle labbra, senza smettere di guardarla negli occhi. 
"Io non ho intenzione di lasciarti andare mai... questo lo sai, Mel?" 
Lei annuì senza esitazione e lui scostò con attenzione la candela tra di loro per prenderla tra le braccia. 
Era ancora la donna che lo aveva ferito e che aveva giurato di uccidere, ma allo stesso anche quella che era scoppiata a piangere davanti a lui e che gli aveva dato una bambina. 
Si erano fatti del male e di fronte a quel male tutto ciò che lui poteva fare era stringerla e continuare a infuriare contro il morire della luce.





NDA: Con un ritardo clamoroso posto finalmente questo aggiornamento! Ammetto di aver riscritto il capitolo perchè non ne ero convinta e non lo sono neppure adesso (il completo fluff non fa tanto per questi due, vero? ahah). Avevo però l'intenzione di mostrare uno spaccato del matrimonio, soprattutto in una versione secondo il rito del Signore della Luce che naturalmente ho inventato di sana pianta. Inserire la poesia di Dylan Thomas come preghiera valyriana ha un po' l'obiettivo di chiudere il cerchio della storia, riconducendo il coronamento del loro amore al titolo. Ormai mancano solo due capitoli... Il prossimo sarà una "carrellata di momenti" che ha l'obiettivo di mostrare un po' il percorso dei Seaworth nel corso degli anni. Spero che la storia vi continui a piacere, a presto!;)

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Capitolo 15
*** 15. ***


15.

Lasciavano Grande Inverno in una mattinata luminosa. Se ne andavano verso sud come una piccola famiglia e con loro avrebbero viaggiato anche Jon, Jaime e Brienne. La donna guerriera aveva accettato la proposta di matrimonio dell'ultimo Lannister e di lasciare il servizio della giovane lady per le quale aveva giurato di morire. Era stata combattuta tra l'amore e il dovere, ma il suo conflitto si risolse poi facilmente quando Sandor Clegane la prese in disparte per comunicarle la sua intenzione di rimanere al servizio di Sansa per proteggerla, e lo fece con una passione e una determinazione così evidente che Brienne stessa dovette ammettere di non aver mai provato... Se non forse per Renly.
I saluti furono molteplici e calorosi: Melisandre ricevette questa volta un lungo e sentito abbraccio da parte di Arya e addirittura uno, più contenuto, da parte di Sansa con cui ormai ogni dissapore era stato superato.
La persona che ottenne più attenzione fu però Shireen, che nel giro di quei pochi mesi aveva conquistato l'affetto di tutti. Perfino Bran che era rimasto estraneo agli addii fino a quel momento, manifestò l'intenzione di salutare la bambina.
"Ciao Shireen, un giorno ci rivedremo" disse in quel suo tono distante e profetico, che però, come era successo già solo in relazione con la piccola Seaworth, sembrava colorata di una sensibilità del tutto umana. E nel restituire la bambina tra le braccia della madre, lanciò uno sguardo alla sacerdotessa. "Un giorno le dirai di tornare a Nord, il suo ruolo è qui. Prometti che lo farai".
Melisandre sentì un brivido di freddo lungo la schiena a quelle parole, sconvolta dall'urgenza con cui erano state pronunciate. La sua splendida figlia così piccola e innocente sarebbe stata forse chiamata a un ruolo pericoloso o a una nuova estenuante missione proprio come era successo a lei?
Esitò, spostando lo sguardo tra gli occhioni azzurri inconsapevoli della bambina e quelli scuri del Corvo a tre occhi che al contrario sembravano sapere tutto.
E poi promise.

 
**

Daenerys Targaryen aveva incontrato una sola volta Melisandre, però era stata informata sulle nefandezze che aveva compiuto e allo stesso tempo sullo sviluppo del tutto imprevisto del suo rapporto con il Cavaliere delle Cipolle. 
Quella donna aveva dato fuoco ad una bambina innocente, ma anche salvato la vita al suo Jon. 
Nel vedersela comparire a corte come moglie del nuovo Primo Cavaliere, non volle neanche ascoltare la sua versione della storia. La invitò semplicemente ad avvicinarsi a Drogon e a rimettersi al suo giudizio. Sorprendentemente, il drago si fece accarezzare dalla donna che nelle vene doveva ancora portare il fuoco che per secoli aveva dominato. Il giudizio del suo drago fu sufficiente alla regina per assolvere completamente la strega, e prese quel segno talmente tanto sul serio da volerla addirittura nel Consiglio Privato.
"Non puoi accettare, Mel... Io te lo proibisco!" esclamò Davos in tono categorico, una volta che lei gli ebbe comunicato l'imprevista proposta di Daenerys. 
Lei sollevò un sopracciglio. "Tu me lo proibisci? E questo cosa vorrebbe dire?" 
"È che sono preoccupato" sbottò lui, smettendo di camminare avanti e dietro nella loro stanza. "Ricordo bene come diventi quando entri nelle trame di potere. Ricordo quanto la politica può trasformarti..." 
Il riferimento era chiaro. Si erano conosciuti quando erano entrambi al servizio di Stannis, e per tentare di portarlo sul trono lei aveva ordito complotti e compiuto omicidi. Erano stati già insieme coinvolti nella politica ed era stato il periodo in cui si erano odiati e in cui lui aveva giurato di ucciderla. 
"Me lo ricordo anche io" sussurrò lei, in tono ferito. "Ma è proprio per questo che voglio accettare. Per rimediare". 
Il suo proposito fu mantenuto. A volte i coniugi Seaworth si trovarono in disaccordo in merito alle questioni del regno, ma riuscirono sempre a trovare un equilibrio. 
Davos riuscì a spronare Jon all'azione quando era necessario e a fargli intendere l'utilità pratica di alcune scelte oltre l'ideale. 
Melisandre, al contrario, riuscì ad ammansire l'occasionale furia di Daenerys  e a mostrarle come domare il fuoco che ardeva fuori e dentro di lei. 
Se l' Età del Re del ghiaccio e della Regina del fuoco - come passò alla storia il regno di Jon e Daenerys - fu così pieno di successo, allora il merito fu in parte anche della curiosa combinazione della consigliera del fuoco e del consigliere dell'acqua. 

 
**

Se le discussioni relative agli affari del regno si rivelarono minori del previsto, non mancavano altre ragioni di attrito. Curiosamente nei primi tempi a corte la principale era quella tipica delle relazioni e dei matrimoni normali. 
"Potresti evitare di adocchiare tutte le guardie del castello" disse lui un pomeriggio mentre passeggiavano nei giardini, guardando Shireen giocare. Il suo tono voleva essere scherzoso e leggero, ma l'irritazione riuscì a trapelare lo stesso. 
Melisandre si accigliò. "Forse sono loro ad adocchiare me, piuttosto. Non posso farci nulla se sono così affascinante" rispose, accennando un sorriso divertito. 
"No, certo, però potresti evitare di incoraggiarli allora" ribattè lui, suonando ora decisamente serio. "Perché quel dothraki che sta sempre vicino alla Regina mostra un po' troppo il suo interesse se non te ne sei accorta..." 
L'ex sacerdotessa lo scrutò in silenzio finchè il suo sorriso si tramutò in una risatina compiaciuta. 
"Sei geloso". 
"Certo che lo sono!" esclamò lui a sorpresa. 
"Beh, non hai motivo di esserlo" replicò lei tranquillamente. "Sono di nuovo incinta, quindi smetterà di trovarmi granchè interessante quando diventerò grande quanto Drogon". 
Davos restò senza fiato per un momento. Non aveva avuto idea della nuova gravidanza e la felicità all'idea di avere un altro figlio oltre Shireen si scontrava con il fastidio per il modo quasi casuale in cui lei glielo stava rivelando. Mentre stavano battibeccando, poi. 
"Io... Io ti odio" mormorò, con gli occhi pieni di un'emozione ben diversa. 
Lei gli afferrò dolcemente una mano, senza smettere di sorridere. 
"Lo so. Anche io ti odio, mio cavaliere". 

 
**

Quando la notizia si diffuse, Daenerys prese in disparte la sua consigliera per congratularsi con lei. Tuttavia era evidente che quelle felicitazioni non erano del tutto sincere e che quella conversazione le provocava dolore. 
"Anche io pensavo di non poter mai avere figli, mi avevano detto che potevo generare solo ombre. Eppure adesso sono madre" disse Melisandre con tatto, intuendo le emozioni della regina. 
La bionda fu colta di sorpresa, ma in questo caso non le diede troppo fastidio vedere i suoi sentimenti venire così facilmente indovinati. Non se a farlo era una donna che aveva vissuto una situazione simile e poteva rappresentare ora una speranza per sé. 
"C'è una profezia sul mio conto" mormorò, lasciando che la tristezza si svelasse un altro po'. "Non posso avere figli" ribadì, ma non in tono perentorio, quasi come se volesse che l'altra la smentisse e le offrisse l'alternativa che non aveva mai smesso di sognare. 
E questo fu esattamente ciò che Melisandre fece, prendendole le mani e guardandola con insolita dolcezza. 
"Anche su di me c'era una profezia. Ma ti dirò un segreto, Maestà, un segreto che nessun altro sacerdote avrà mai il coraggio di dire: le profezie spesso mentono". 
E quella fu una sorta di profezia azzeccata, perché due anni dopo i Sette Regni festeggiarono la nascita dell'erede al trono, Rhaegar Targaryen... Appena tre mesi prima della nascita dell'ultima Seaworth, Rubinia, così chiamata per il gioiello che aveva unito in modo indissolubile i suoi genitori. 

 
**

"Rhaegar! Ruby!" 
C'era fermento nel castello, e la ragione era talmente grave che il re, la regina, il Primo Cavaliere e la consigliera lasciarono in fretta la Sala del Consiglio. La balia aveva perso di vista il principe e i suoi tre amichetti mentre correvano in giardino e adesso il piccolo Rhaegar e la piccola Ruby erano scomparsi. A dare l'allarme erano stati i due Seaworth più grandi, Denton di nove anni e Shireen di undici. Tutte le guardie e i servi si misero subito alla ricerca e ben presto anche i genitori stessi, perlustrando ogni angolo della Fortezza Rossa. Ma i due bambini non furono trovati da nessuna parte, com'era logico del resto dal momento che si trovavano ben lontani da quelle mura. Fu solo un'ora dopo che infatti ricomparvero stretti l'uno all'altra e ridendo allegramente sul dorso di Drogon. In tutto quel tempo, nessuno aveva notato che si era assentato anche il drago.  
Tutti restarono ammutoliti nel vedere lo spettacolo assolutamente insolito di due bambini di sette anni che cavalcavano un drago potenzialmente molto pericoloso e feroce. Ma ancora più insolito era il fatto che uno dei due bambini non aveva affatto il sangue Targaryen e che il drago si fosse fidato abbastanza da lasciarsi guidare da lei.
Quel giorno la piccola Rubinia dai capelli rossi attirò l'attenzione e l'ammirazione di tutta la corte, e fu presto nominata con l'appellativo "la cipolla di fuoco". 
Sarebbe stata una donna speciale un giorno, in quel momento questo sembrava essere chiaro, e la prima a riconoscerlo fu proprio Daenerys.
"È destinata ad entrare nella stirpe del Drago" disse con aria solenne.
E quella fu un'altra strana profezia che circa dieci anni dopo si sarebbe avverata.








NDA: Eccomi qui con il penultimo aggiornamento di questa storia. Ho deciso di mostrare "a pennellate" - diciamo così - cosa succede nella vita di Davos e Melisandre: diventano i consiglieri dei sovrani e hanno altri due figli oltre Shireen, una delle quali è destinata ad avere un futuro particolarmente significativo... Ma non ho dimenticato che è Shireen la Seaworth a cui Bran è interessato. Vi aspetto dunque all'ultimo capitolo, per chiudere definitivamente il cerchio. A presto!

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