All my points of view

di Elenie87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio ***
Capitolo 2: *** Intermezzo: Ci sei ancora tu ***
Capitolo 3: *** Epilogo - In tutti i miei punti di vista ***



Capitolo 1
*** Preludio ***







 
Preludio
 
 


Plic, plic, plic
Le gocce d’acqua, che discendevano dalla fredda roccia, scandivano il tempo.
Con il respiro affannoso, Inuyasha ritrasse Tessaiga, guardando con un ghigno la figura innanzi a sé.
«Ho vinto» enunciò.
Quella annuì. Non ne era sorpresa; il suo volto non aveva tradito la minima emozione.
«Avanti» ringhiò, avvicinandosi a lei. «Conosco il prezzo»
Ella sorrise.
«Sei sicuro di te, Inuyasha. Lo sei sempre stato»
Il mezzo demone arcuò un sopracciglio.
Che cavolo ne poteva sapere, lei?
«Ti chiedi come posso saperlo? Come ti conosco?» disse, e lui emise un impercettibile sussulto.
«Quel giorno, nella caverna, ricordi? Parte del mio spirito era lì. Vi ho osservati» gli sorrise.
Inuyasha socchiuse gli occhi ambrati, a disagio.
«E poi, non dimenticare...» sussurrò.  «Ero sempre con voi, in ogni frammento»
Il mezzo demone sgranò le palpebre, leggermente confuso.
Ma che diamine voleva, quella donna?
Lei ridacchiò.
«Ma non indugiamo oltre. Sei qui per me, in fondo»
Inuyasha sbatté più volte le palpebre, tentando di mettere a fuoco quell’insano discorso, poi scosse la testa per accantonare ogni domanda sorta nella mente.
«Feh!» sbottò. «Pensavo che le chiacchiere non finissero più»
La donna avvicinò una mano al suo cuore, posandola infine sul petto.
«Non si può tornare indietro. Ne sei certo?» chiese un’ultima volta.
Negli occhi ambrati del demone non lesse alcun ripensamento.
«Ho solo una domanda» disse soltanto.
Lei sorrise.
«Non sei nella posizione di poterne fare»
Inuyasha ringhiò.
«Stammi a sentire, dannata...!»
«Tuttavia starò a sentire ciò che vuoi chiedermi» lo interruppe.
Solo allora il mezzo demone notò lo sguardo canzonatore della donna. Lo stava prendendo in giro!
Respirò profondamente, ritrovando la calma.
«Quanto tempo?»
«Non ti è dato saperlo» lo ammonì. 
«Perché?» serrò i pugni.
«Conosci bene il prezzo» lei restò impassibile, allontanando la mano dal suo cuore.
«Puoi ancora tornare indietro» aggiunse, dandogli il tempo di assimilare le parole.
Inuyasha si sentì come un bambino sperduto, prossimo alle lacrime. Aveva paura, poteva negarlo?
Strinse più forte i punti, chiedendosi perché erano dovuti arrivare a questo punto, perché diamine per colpa di Naraku e della sfera, aveva dovuto rinunciare a tutto.
«E sia» sussurrò, chiudendo gli occhi ambrati, consapevole sarebbe stata l’ultima volta.
Gli parve di attendere secondi infiniti, ma alla fine avvertì il delicato tocco della donna, di nuovo, all’altezza del cuore, poi un forte calore sprigionarsi dal suo corpo.
Sgranò le palpebre, colto dall’intenso dolore che quella forza sovrannaturale gli causava al petto e strozzò un urlo in gola.
Si accasciò lentamente a terra, fissando sconvolto in volto la donna innanzi a lui, che priva di ogni espressione gli toglieva la vita.
Dannata! Non provava la minima pena!
«Non farmi… aspettare troppo...» sussurrò in un ringhio, mentre le iridi ambrate perdevano il proprio colore dorato.
Lei non rispose, tuttavia lesse nello sguardo, solo per un istante, della dolcezza, del calore umano.
Cullato da quel misero conforto si abbandonò al sonno, mentre il corpo collassava a terra.
Poi fu solo il silenzio eterno.
 
Guardò stupita l’anima del mezzo demone nella sua mano, conscia che tra pochi istanti questa sarebbe scomparsa in mille frammenti.
Sorrise. Non aveva mai visto un’aura così pura e forte; egli non aveva avuto alcun tentennamento.
Ridacchiò, scuotendo la testa. Mai nessuno gli aveva parlato con tanta sfrontatezza e altrettanta decisione. In tanti anni di battaglie, nessun animo si era mostrato forte quanto quello del mezzo demone. In molti, al suo posto, avrebbero desistito.
«Inuyasha. Va’. Riposa, adesso» sussurrò.
L’anima del giovane si mosse in un leggero sfarfallio, poi scomparve, brillando come miriadi di stelle.
Guardò la luce svanire, poi ripeté le parole che gli aveva preannunciato.
Esse si persero tra le pieghe del tempo.
 
 
 
Passeranno le lune nuove, passeranno notti di tenebra.
Passeranno i secoli e nasceranno nuove stelle.
Attenderai nel tuo sonno, riposerai nel silenzio.
Il soffio di vita resterà immutato, sino a quando si farà di nuovo carne.
Non vedrai luce, non udirai conforto, non odorerai profumi.
Cesserai di esistere, perché questo è il prezzo.
Il prezzo della vita, per rivederla.
 






ANGOLO AUTRICE

Buonasera :)
So che questo fandom si sta disabitando, ma ero fortemente inspirata per questa mini-long di 3 capitoli.
Non sono lunghi nemmeno i capitoli, avrei potuto creare una OS unica, ma mi piaceva l'idea di lasciare un pochino di mistero nella storia e vedere come andava.
Mi manca un sacco leggere delle belle ff sulla mia coppia preferita, così in un momento di ispirazione, guardando un'immagine della bravissima disegnatrice Len {*}, è nato questo mini finale alternativo.
Spero abbiate voglia di spendere qualche momento per farmi sapere che ne pensate.
Un abbraccio!!
Manu

{*}  https://www.facebook.com/aquaspirits/?tn-str=k*F&hc_location=group_dialog


 

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Capitolo 2
*** Intermezzo: Ci sei ancora tu ***




 
All my points of view
 


 
Se penso al mio destino, tu ci sei in tutti i miei punti di vista.
 
 


Kagome, con un sospiro, chiuse l’ultima pagina del libro di “Storia Medievale”.
Si stiracchiò sonoramente, per poi passarsi una mano tra i lunghi capelli color ebano.
Sorrise leggermente nell’avvertire il senso di soddisfazione invaderla. Il primo anno universitario stava volgendo al termine e questo significava potersi godere un meritato riposo dallo studio e dal lavoro
part-time al Bar del centro.
Da quando il pozzo si era chiuso erano passati  esattamente quattro lunghi anni. Tante cose erano cambiate, principalmente dentro di lei. Era stato tremendamente difficile andare avanti, far finta che un anno della sua vita non fosse mai esistito. Era stato impossibile per lungo tempo non avere incubi e sonni infranti dal pianto perché Inuyasha non era più accanto a lei.
«Inuyasha… » mormorò al vento. Ancora oggi, una piccola parte di sé, sperava in un qualche miracolo. Ogni tanto si soffermava in prossimità del pozzo e restava lì, semplicemente in silenzio. Attendeva un rumore, un segno, qualsiasi cosa che le facesse varcare la distanza tra lei e la porta… ma puntualmente rimaneva immobile, per poi, dopo un tempo non quantificabile, allontanarsi.
Chiuse gli occhi per evitare che si riempissero di lacrime.
Al dolore del primo periodo era seguita la paura della follia. Aveva temuto di essersi sognata tutto, che quei mesi nell’era Sengoku fossero stati solo un sogno. Ma sua madre, Sota e il nonno la rassicuravano del fatto che non era pazza ma che doveva accettare la triste realtà: il pozzo non si sarebbe riaperto.
 
Un petalo di ciliegio entrò dalla finestra, portato dalla brezza primaverile, posandosi sulla mano di Kagome. Si riscosse, scuotendo la testa ed alzandosi malamente. Doveva smettere di pensarci, smettere di credere che sul quel davanzale, un giorno, ci avrebbe rivisto seduto Inuyasha.
Si era chiesta così tante volte come stava lui. E Sango, Miroku e Shippo. E la vecchia Kaede, Rin, Sesshomaru…
«Basta, Kagome. Non fai che tormentarti. È finita» sussurrò, avvicinandosi alla finestra con l’intento di chiuderla. Qualsiasi cosa loro stessero facendo, lei non poteva esserci. Le avventure nell’epoca Sengoku erano finite dal momento in cui la sfera era andata distrutta.
Era stato proprio quel mondo lontano a far sì che prendesse la scelta di studiare Storia Antica, con l’ambizione di diventare una professoressa. Una materia che aveva sempre odiato, ma che oggi oggi era diventata l’ultimo appiglio per quel passato che non sarebbe mai riuscita a dimenticare.
Sentì una lacrima solcare la guancia, silenziosa come i ricordi.
«Per quanto tenti di andare avanti, nel mio cuore… ci sei ancora tu» sussurrò guardando per un ultimo istante il Goshinboku dalla finestra, chiudendola poi definitamente.
 
 
 
«Higurashi, ecco i tè del tavolo 2» la avvisò il signor Keichi, il responsabile del Bar Neko dove lavorava nel pomeriggio per aiutare la famiglia a sostenere le spesse dell’Università.
«Vado subito!» rispose, ponendo sul vassoio le tazze fumanti. Si avvicinò al tavolino dove era seduto un gruppetto di ragazze. Dopo averle servite, raccolse il denaro e con un inchino si liquidò alle giovani, andando poi alla cassa per depositare il guadagno.
«Oggi abbiamo fatto un ottimo lavoro» commentò il signor Keichi sorridendole. Kagome ricambiò annuendo, togliendosi il grembiule.
«Hai già finito il turno?» disse l’uomo, osservando stupito l’orologio a muro. Si erano già fatte le sei di sera.
«Già, il tempo vola qui!» rispose ridacchiando. Keichi era un brav’uomo, gentile e amorevole con tutte le cameriere della sua caffetteria. Si preoccupava per le dipendenti e dispensava una paga onesta.
«Programmi per la serata?» si informò lui, mentre riempiva la macchina di caffè macinato.
Lei negò con la testa, afferrando la borsa.
«Kagome, possibile che ancor nessun bel giovane ti abbia rapito il cuore? Nessun pretendente dall’università?» borbottò contrariato.
Lei ridacchiò.
 «Niente di niente, capo. Non che mi importi» rispose.
Keichi notò come gli occhi grigi di Kagome si fossero adombrati un istante.
«A una ragazza giovane come te deve importare, invece. Il tempo vola, non va sprecato» le disse, azionando la macchina del caffè.
Lei abbassò il capo, lasciando che un sorriso triste facesse capolino sul volto.
«A volte il presente profuma ancora di passato ed è difficile andare avanti»
Keichi sospirò, posandole una mano sulla spalla. 
«Lascia che questo vecchio ti dia un consiglio: ci sono due errori madornali che si possono fare nella vita. Il primo è vivere nel passato, il secondo è cercare di cambiarlo»
Kagome sentì il proprio cuore sobbalzare e deviò lo sguardo per evitare che l’uomo potesse scorgere le lacrime.
«F-Farò tesoro dei tuoi consigli» sussurrò, allontanandosi di un passo. «Buona serata, capo. A domani» si liquidò, senza dargli tempo di replicare. Le parole di Keichi avevano toccato dei punti troppo sensibili. Sentiva un nodo in gola soffocarla. Aveva bisogno di uscire da lì.
L’uomo scosse la testa dispiaciuto e la guardò uscire dal Bar Neko di gran lena. Chissà cosa le era accaduto, al punto da rendere quei luminosi occhi grigi così tristi…
Qualunque cosa fosse, Kagome non aveva ancora curato le ferita della sua anima.
 
 
Venti minuti dopo, Kagome risaliva con estrema pigrizia le scale del tempio. Non aveva alcuna voglia di rientrare e cenare. Lo stomaco si era irrimediabilmente chiuso.
Le parole che le aveva detto Keichi non le erano, in fondo, nuove. Anche sua madre le aveva ripetuto più volte che ciò che aveva vissuto era stato certamente misterioso, incredibile e romantico… ma era finito.
«Non permettere a quei mesi di vita nell’era Sengoku di condizionare la tua intera vita e il tuo futuro» aveva detto il nonno.
Come se fosse facile dimenticare.
Una folata di vento le scompigliò i capelli; nel sistemarli dietro l’orecchio si soffermò accanto l’ingresso del pozzo. Ricordava ancora come fosse ieri il numero di volte in cui vi aveva visto uscire da lì Inuyasha, con l’aria torva e quel ghigno canzonatore.
Ridacchiò nell’immaginare ancora il mezzo demone sbuffare a fronte dei suoi dinieghi per ritornare indietro nel tempo, a causa degli esami.
«Mi chiedo se, ogni tanto, mi pensi ancora…» bisbigliò, consapevole di non poter ricevere risposta.
Sospirò, mosse un passo per riprendere il cammino verso casa, quando un rumore proveniente dal pozzo la raggelò sul posto.
Cosa?!
Si voltò piano, udendo nelle orecchie il tonfo del proprio cuore battere come un tamburo.
Ancora un rumore. Sobbalzò. C’era qualcuno… o qualcosa… lì dentro?
Deglutì. Il respiro si fece affannoso, mentre misurava ogni passo nell’avvicinarsi all’Hokora.
Che fosse… un demone? Oppure... 
Inuyasha?! 
L’ultimo pensiero le diede un improvviso coraggio; con poche falcate raggiunse la porta e la spalancò con decisione.
Gli occhi vagarono nella semi oscurità per secondi lenti, scanditi dal ritmo affannoso del respiro.
Lo sguardo cercò il mezzo demone, o un possibile intruso, ma non mise a fuoco né l’uno né l’altro.
«Non… c’è nessuno?» mormorò delusa. Portò una mano al viso, le dita tremanti accarezzarono la pelle liscia, poi coprirono la bocca distorta in una smorfia.
Con il cuore gonfio di dolore richiuse la porta dell’Hokora, poi si accasciò sulle ginocchia, reprimendo un singhiozzo.
«Sono una stupida. Mi basta un nulla per…!»
Qualcosa le si strusciò addosso. Qualcosa di peloso e non previsto.
Urlò, scattando all’indietro con una mossa fulminea, cercando con lo sguardo ciò che l’aveva sfiorata.
Quando i suoi occhi incontrarono l’oggetto di tanto spavento, si portò una mano al cuore.
«Cosa…? Eri tu?»
Una piccola gattina bianca si stiracchiò, puntando i propri occhi di giada nei suoi. Le si avvicinò, miagolando e strusciandosi ancora sulla sua gamba.
Kagome ridacchiò, scuotendo la testa.
«Come sei carina. Mi hai fatto venire un accidente» borbottò, accucciandosi a terra e accarezzandola delicatamente.
La micia prese a fare le fusa, divertendo Kagome.
«Ti piace, eh?» le chiese, sorridendo. «Che ci fai qui tutta sola?» aggiunse, grattandole il punto sensibile sotto al mento. Anche a Buyo piaceva un sacco essere coccolato nello stesso posto.
Miao, fece lei in risposta, regalando un sorriso alla giovane.
«Piccola peste...»
 
«Ecco dov’eri finita! Ti ho cercata dappertutto!»
 
Si voltò spontaneamente, in direzione di quella voce. Una giovane donna, dai capelli castani e leggermente mossi camminava verso di loro.
Il volto della sconosciuta era dolce e gentile, con dei grandi occhi nocciole.
Le ricordava vagamente qualcuno, constatò, aggrottando le sopracciglia.
«Chiedo scusa; la mia gattina ti ha, forse, importunato?» chiese lei.
«Oh, no. Affatto» rispose sinceramente, sorridendo e alzandosi in piedi.
Le labbra della donna si curvarono all’insù, ma restò in silenzio.
Kagome arrossì. C’era qualcosa in quella figura che la rendeva nervosa. Era una sensazione di familiarità e pace, eppure era certa... di non aver mai incontrato quella donna.
«Ci conosciamo?» le chiese spontaneamente. Quella inclinò la testa di lato.
«Può darsi» rispose.
Che diamine di risposta era?, si chiese, deglutendo.
Mosse le labbra cercando di incespicare qualche parola, tuttavia i pensieri si accavallavano l’uno sull’altro, accompagnati dal battito forsennato del cuore.
La giovane restò in silenzio un istante, poi con una scrollata di spalle le si avvicinò, accucciandosi per afferrare la gattina.
«Ti sembra il modo di sparire? Mi hai fatto preoccupare!»  borbottò rivolta al quadrupede.
Kagome osservava il tutto basita, non riuscendo a dire o fare nulla.
La sconosciuta, dopo aver accarezzato la micia, le sorrise di nuovo.
«Ti ringrazio di averle tenuto compagnia. Sai, a lei piace girovagare nei templi»
Kagome ascoltò in silenzio, mentre quella continuava.
Nei templi?
«È una gattina molto speciale» terminò, stringendola a sé, come se questo spiegasse la stranezza.
«Non deve ringraziarmi, non ho fatto nulla. È stata lei… ad attirare la mia attenzione» mormorò, rammentando che per un istante, a causa del rumore, aveva creduto che il passaggio tra le epoche si fosse riaperto.
No, Kagome. Non pensarci di nuovo!
La giovane scosse la testa, scacciando l’improvvisa malinconia.
Quando guardò di nuovo la sconosciuta, ella la stava osservando con uno sguardo profondo e gentile. Arrossì, muovendo un passo indietro d’istinto.
Santo cielo, le pareva che quella donna potesse leggerle dentro!
«Ad ogni modo, i-io adesso devo andare. È stato un piacere conoscerla» balbettò, facendo un breve inchino.
La misteriosa ragazza sorrise e ricambiò l’inchino, mentre la brezza muoveva delicatamente i capelli morbidi.
«Anche per me, Kagome. Ci vediamo» sussurrò, dandole le spalle.
Lei strabuzzò gli occhi, osservando la giovane allontanarsi con la piccola gattina bianca tra le braccia.
Miao, disse la piccola palla di pelo, arrampicatasi sulla spalla della donna, e quasi sembrò sorriderle.
«M-Ma che significa tutto questo?» balbettò confusa, scrutando la figura della donna illuminata dal tramonto.
Un pensiero improvviso la colpì, stordendola un istante: era una sua impressione o non le aveva affatto detto il suo nome?
Scuotendo la testa, roteo gli occhi al cielo. Forse stava semplicemente impazzendo.
Si incamminò, rincasando finalmente, e terminando la giornata stranamente con l’animo più sereno.
 
 
«Svegliati»
Un lieve soffio sul viso gli fece sfarfallare le palpebre.
«Inuyasha? Avanti»
Chi lo chiamava?
«Il tuo prezzo è stato pagato. Svegliati» disse caparbia la voce.
Svegliarmi? Perché?
Si sentiva così stanco.
«Ti sta aspettando»
Chi? Io sono solo.
«No, Inuyasha. Risveglia la tua coscienza. Ricorda il suo volto. Di’ il suo nome»
Il suo volto.
Un paio di occhi grigi e sorridenti comparvero nella sua mente, il sangue prese a fluire più velocemente.
Sì, conosceva quel viso, ricordava la dolcezza di quel sorriso.
«Pronuncia il suo nome»
Un ghigno apparve sulle sue labbra, mentre la coscienza sopita si risvegliava completamente.
«Kagome»
Gli occhi dorati si aprirono.
 
 


 
Un mese dopo.
 
Quella notte non aveva dormito. Le occhiaie erano evidenti sul viso spento di Kagome.
I capelli erano in disordine, il volto stanco.
Ingoiò ancora un boccone della colazione, poi si versò un poco di caffè nella tazza.
Non c’era sta stupirsi sul suo stato. Aveva fatto l’ennesimo sogno, l’ennesimo incubo, rivivendo l’attimo della chiusura definitiva del pozzo, il momento in cui si era svegliata a terra, nella fredda pietra, senza che il passaggio si fosse più riaperto.
Sospirò, mordicchiandosi il labbro.
Dèi, perché non poteva scacciarlo dalla sua mente? Perché una parte di lei ancora credeva in un miracolo?
«Mamma, vado in Università. Hai bisogno che compri qualcosa per cena, nella via del rientro?»
La donna si massaggiò distrattamente il capo, poi si illuminò.
«Potresti prendermi dei funghi shiitake? Ho un mente una nuova ricetta da provare» le disse.
Kagome annuì.
«D’accordo. Dopo al lavoro mi fermerò al supermercato»
La donna la osservò dubbiosa un istante, poi si avvicinò alla figlia, posandole poi le mani sulle spalle.
«Tesoro, stai bene?» mormorò.
Kagome avvertì immediato il groppo in gola.
«Sì, mamma» bisbigliò, avvertendo le lacrime salire agli occhi. «È solo che mi manca ancora. Troppo»
La madre sospirò e le carezzò i capelli con comprensione.
«Lo so, Kagome. Ma non puoi continuare ad essere infelice, lo capisci questo?» le disse, afferrandole le mani.
La figlia singhiozzò, asciugandosi una lacrima con rabbia.
«Perché ho dovuto incontrarlo, innamorarmi di lui e poi perderlo così?» chiese.
La mamma le sorrise tristemente.
«Sono certa che se vi fosse stato un modo per riaprire il passaggio tra le epoche, Inuyasha lo avrebbe fatto. Forse, doveva solo andare così»
Kagome scosse la testa, dando le spalle alla madre.
«E se mi avesse dimenticato, invece?» sussurrò, scrutando con gli occhi grigi un punto indefinito.
«Sai bene che non è così. Quel ragazzo ti amava. Per lui eri la cosa più preziosa al mondo»
Il cuore di Kagome si sciolse, sentendo quelle parole.
Le labbra si curvarono appena all’insù.
«Grazie, mamma» le disse, lasciando la stanza con l’animo ancora in subbuglio.
Sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 
Kagome chiuse il libro con un tonfo.
Dannazione, quella lezione era stata mortalmente noiosa.
Sbuffò, mettendo i quaderni nello zaino ed alzandosi dal banco scocciata.
Questa giornata procede di male in peggio.
«Ehi, Kagome! Vai a lavorare anche questo pomeriggio?»
La voce allegra della compagna di corso, Yuka, la fece voltare.
«Già. Ma non mi pesa molto, in realtà» rispose con una alzata di spalle.
L’amica ridacchiò.
«Sei sempre così piena di energie! Io al contrario, non ne sarei capace» disse, portando poi l’attenzione sun un gruppo di ragazzi poco distanti che le osservavano.
Yuka sorrise.
«Indovina chi ti ha puntato»
Kagome sbatté le palpebre confusa, poi cercando con lo sguardo individuò il ragazzo della conversazione.
Sbuffò.
«Povero Hojo, ci prova dai tempi delle medie. Dimmi, è più tornato all’attacco?» chiese Yuka.
Il caro Hojo, almeno una volta ogni due settimane la veniva a trovare al Bar dove lavorava, per poi cercare il momento per chiederle di uscire.
Sogghignò, imbarazzata.
«Diciamo che non si arrende» ammise, iniziando ad incamminarsi verso l’uscita assieme all’amica.
«Senti, perché non gli dai una possibilità? In fondo non è male e tu non ti frequenti con nessuno» disse Yuka.
Arrestò il passo, socchiudendo gli occhi grigi. Nell’udire quelle parole, il cuore aveva mancato un battito.
«No, Yuka. A me va bene così» confessò.
«Ma perché, Kagome? Sei bella, dolce, simpatica e-»
«Basta così, ti prego» la interruppe con tono triste ma deciso.
Yuka inclinò la testa di lato, preoccupata. Lo sguardo della giovane era così... malinconico.
«Kagome...»
Lei le sorrise.
«È complicato. Diciamo che... il mio cuore appartiene ancora a qualcuno e non sono pronta a dimenticarlo»
L’amica curvò le spalle, mentre l’immagine del ragazzo strano, che un paio di volte aveva intravisto, le saettò tra i pensieri.
«Capisco. Allora non insisto»
Kagome annuì, poi guardò l’orologio al polso.
«Devo scappare. Tra poco inizio il turno. Ci vediamo!»
Salutò con una mano Yuka che ricambiò il gesto, voltandosi poi veloce e iniziando a correre, trafelata.
Diavolo, Keichi mi farà la ramanzina!, pensò, notando che avrebbe certamente fatto almeno cinque minuti di ritardo.
Fu mentre correva che avvertì un brivido lungo la schiena e con un sussultò si arrestò d’improvviso con i sensi allerta.
Gli occhi grigi scrutarono lo spazio attorno ma non vi era nulla di strano, né nessuno di sospetto.
Le persone camminavano sui marciapiedi tranquilli, chiacchieravano e sorridevano.
Nulla pareva turbare quell’idillio.
Deve essere stata la mia impressione, pensò.
Corse per gli ultimi metri fino ad arrivare innanzi la porta del locale.
Si guardò un’ ultima volta alle spalle, non riuscendo a scrollarsi di dosso quella strana sensazione, poi con un sospiro entrò nella caffetteria.





ANGOLO AUTRICE

Buongiorno, eccoci al capitolo di intermezzo, necessario a far comprendere come se la passa Kagome nel frattempo e quale sia la sua vita.
Immaginarla felice e spensierata non è nel mio stile, ce la vedo più nel cercare di esserlo nonostante tutto, non riuscendoci per nulla.
Grazie a chiunque ha speso un attimo per recensirmi e lo spenderà ancora!! Siete dei tesori!
Vi aspetto nel capitolo finale della mini long!
<3 Un abbraccio
Manu
 

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Capitolo 3
*** Epilogo - In tutti i miei punti di vista ***






IN TUTTI I MIEI PUNTI DI VISTA






 
Quando uscì dal Bar, erano le 18 passate. La leggera brezza serale le scompigliò i capelli color pece e inspirò a pieni polmoni il profumo dei fiori portati dal vento.
Guardò distrattamente l’orologio, ricordandosi di dover passare al market per comprare quanto chiesto dalla madre. Per fortuna, la distanza tra il supermercato e casa non era molta, avrebbe fatto in fretta.
Caricò meglio lo zaino in spalla ed affrettò il passo. Si sentiva stanca, la giornata era stata dura. I ricordi l’avevano tormentata in ogni ora del giorno e la notte insonne non era stata d’aiuto.
Si passò una mano tra i capelli, ricordando il momento in cui Inuyasha era corso da lei per salvarla dalle tenebre della sfera. Se sfiorava la pelle delle dita le pareva ancor oggi di poter avvertire il calore dell’abbraccio in cui l’aveva stretta con disperazione.
«Come se non avesse mai voluto lasciarmi andare…» sussurrò al vento. Ed ecco di nuovo, puntuali, le lacrime salire agli occhi.
Sciocca, non fai che torturarti, si disse. Prendendo un respiro profondo, accantonò ogni pensiero, giungendo finalmente davanti al market.
 
Cinque minuti dopo stava uscendo da lì con il sacchettino raffigurante il logo del supermercato.
Aveva trovato i funghi shitake, ma non aveva resistito dal comprare anche delle brioches calde da mangiare la notte con un po’ di latte, perché certamente si sarebbe svegliata in preda all’angoscia e ai ricordi.
Quando accadeva, si alzava e dirigeva in cucina, per poi prepararsi qualcosa di caldo.
Sospirò tristemente, mentre camminava sul sentiero che costeggiava il parco, guardando la volta celeste tingersi di rosso.
Rosso, come il suo Kariginu. E con quelle nuvole bianche, il cielo gli assomiglia proprio.
Sorrise, sentendosi ridicola. Si era data solo poco prima della sciocca, ma sapeva di essere bugiarda nel promettersi di non pensarlo.
La verità era che tutto aveva perso ogni colore, ogni vitalità.
I giorni passavano e sembravano tutti uguali. Il suo futuro era grigio, perché in ogni scenario senza Inuyasha, non vi era amore. Aveva immaginato così tanti frangenti del futuro, che aveva perso il conto.
Ma da qualsiasi punto di vista provasse a scrutare la sua vita, in ogni possibilità lui era sempre presente.
Arrestò il passo, chiudendo gli occhi.
«Mi pensi mai, Inuyasha?» bisbigliò al vento. Inspirò ed espirò, per calmare quel dolore sordo che la colpiva negli attimi di mancanza.
A volte, ho così paura che sia stato tutto un sogno…
Sollevò le palpebre e guardò dritto di fronte a lei. Nemmeno si era resa conto di essere ormai arrivata alla base dei gradini del tempio Higurashi.
Mosse un passo, accompagnato dall’ennesimo sospiro, quando qualcosa la obbligò ad arrestarsi di nuovo.
Intravide una figura indistinta, ferma in cima alla scalinata.
Un ragazzo, con i capelli neri, legati in un’alta coda, era immobile, con lo sguardo fisso sulla sua figura, mentre teneva le mani nelle tasche dei pantaloni.
Sembrava in attesa di qualcosa.
Kagome arcuò un sopracciglio, sentendosi improvvisamente nervosa.
Perché qualcosa, in quei lineamenti sfocati, le era familiare?
Si inumidì le labbra, avvertendo un nodo alla gola incomprensibile.
Lo sconosciuto prese a scendere i gradini, lentamente e con passo misurato; quando gli fu abbastanza vicino la giovane sentì un tonfo all’altezza del petto.
Non è vero. Non è reale.
La mano, come privata della forza, lasciò cadere a terra il sacchetto della spesa, mentre i suoi occhi grigi mettevano a fuoco l’aspetto del ragazzo e i polmoni arrestavano la respirazione.
Sebbene fasciato in un paio di jeans e una maglietta bianca, avrebbe riconosciuto ovunque quella postura fiera, quelle braccia tornite e quello sguardo malinconico.
E i capelli: neri come la notte, ma ricordava ancora la morbidezza di quei fili setosi.
Infine, le pozze d’ambra.
Annegò nell’oro, mentre si portava una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo e calde lacrime prendevano a scendere sulle sue guance.
Il cuore batteva così forte che pareva scoppiare.
Lui discese l’ultimo gradino, fermandosi di fronte a Kagome, lasciando solo pochi passi a dividerli.
La giovane respirava affannosamente, sentendosi prossima allo svenimento.
Se era uno scherzo o un’ illusione, sperava solo finisse al più presto. Non avrebbe retto la delusione di vederlo scomparire.
Ma lui non svanì e restò lì, con le mani in tasca e una espressione indecifrabile, puntando gli occhi d’ambra in quelli grigi e increduli della ragazza.
Lo fissò smarrita per istanti interminabili di silenzio, quando le labbra del giovane si mossero, facendola sussultare.
«Quando viaggiavamo insieme mi arrabbiavo spesso, perché eri costantemente in ritardo. Sono persino venuto a prenderti nel tuo mondo, in qualche occasione, poiché avevo l’impressione che tu non arrivassi mai. Altre volte, invece, ho dovuto aspettare il tuo ritorno, raccontandomi che l’impazienza che sentivo era solo il desiderio di concludere al più presto la ricerca dei frammenti»
Inuyasha fece una pausa e lei credette che il cuore potesse scoppiarle in petto da un momento all’altro.
«Questa volta sono stato io a prendermi il tempo necessario per poter tornare da te… e mi chiedo se tu hai fatto come facevo io» aggiunse, senza distogliere lo sguardo dal suo. «Hai aspettato, Kagome?»
Lasciò che una lacrima scivolasse lungo la guancia, mentre un sorriso, di contro, faceva capolino sul volto.
«Stupido. Certo che ti ho aspettato» mormorò. «Sempre» aggiunse, mentre azzerava la distanza che li separava, lasciando che le braccia di Inuyasha la avvolgessero e stringessero a sé.
Oh, Dèi, è qui! È qui con me! Non è un sogno.
Un singhiozzo incontrollato uscì dalle sue labbra assieme a una risata di gioia.
Inspirò il suo profumo e si sorprese di quanto bene lo ricordasse: aspro, forte.
Inuyasha si chinò, affondando il viso tra i suoi capelli d’ebano.
 
Cielo, quanto gli era mancata.
La sentì afferrare la maglietta bianca tra i pugni, affondando il viso nel suo petto e mormorare:
«Sei qui»
La strinse più forte, notando come fosse piccola tra le sue braccia. Più piccola di come la rammentasse.
Kagome si scostò un poco, asciugandosi le gote, poi gli sorrise.
«Come hai fatto?» chiese ancora incredula.
Inuyasha sorrise a sua volta.
«Ho dormito qualche secolo» rispose, con un ghigno beffardo.
Lei lo guardò stranita.
«Non capisco. Non si è aperto il passaggio attraverso il pezzo?»
Il giovane negò con la testa e solo allora gli occhi di Kagome si soffermarono sui suoi capelli color pece; gli afferrò una ciocca, carezzandola piano.
«Sei umano…» bisbigliò. «Come…?»
Inuyasha ridacchiò e quando la vide arrossire, sentì una fitta piacevole attraversargli il petto.
Dèi, quanto era bella.
«Quando il passaggio ha smesso di collegare le nostre epoche ho passato diverso tempo a cercare un modo per riaprirlo. Purtroppo non ebbi fortuna» ammise con uno sguardo malinconico che provocò a Kagome una dolorosa stilettata al cuore.
«Erano trascorsi mesi da quando te ne eri andata. Un giorno degli uomini del villaggio raccontarono che, in un luogo non lontano dal pozzo, era apparsa una sacerdotessa dai poteri incredibili»
Lei si accigliò.
«Una sacerdotessa?» ripeté pensierosa.
Inuyasha ghignò. Era ovvio che non potesse avere idea di chi stesse parlando.
«Così, incuriosito, mi recai sul monte dove lei pareva aver creato un luogo sacro, ove si diceva compisse purificazioni e riti potenti.  Quando la trovai, lei mi stava già aspettando»
Kagome si sentì ancora più confusa.
«Com‘è possibile? Poteva vedere il futuro?» gli domandò,  Inuyasha incrociò le braccia.
«Non ne ho mai avuto la certezza, ma a giudicare da ciò che ho avuto modo di constatare, i suoi poteri sono inimmaginabili» disse.
«Cosa accadde dopo?» lo incalzò, non riusciva a trattenere la curiosità.
Inuyasha si grattò pensieroso il capo, poi incrociò le braccia al petto.
«Beh, a dire il vero… sono quasi morto»
 
«Ti stavo aspettando, Inuyasha»
La voce della donna, alle sue spalle, lo colse completamente impreparato, facendolo sussultare.
Non aveva udito alcun suono, né percepito alcun odore.
Le iridi dorate cercarono la sacerdotessa e quando si posarono su di lei sussultò.
I capelli castani, leggermente mossi, ondulavano mossi da una brezza inesistente. Gli occhi scuri, ma buoni e gentili, gli sorridevano.
«T-tu sei…» balbettò, non certo se potesse avere senso pronunciare quel nome.
Lei inclinò il capo di lato.
«Ne sei sorpreso?»
Il mezzo demone deglutì, confuso.
«Cosa sei? Non sei umana» chiese Inuyasha. Era ovvio che la sacerdotessa non fosse viva, eppure, non aveva nemmeno l’aspetto di un essere moribonda, come lo era stata Kikyo, appesa tra la vita e la morte.
«Sono diventata uno spirito errante e protettore. Gli Dèi non ritengono sia ancora il momento di riprendersi la mia essenza» gli disse, poi sorrise misteriosa.
«So perché sei qui, Inuyasha»
Lui si accigliò, improvvisamente sulla difensiva.
«Che vuoi dire?» domandò guardingo.
La sacerdotessa ridacchiò.
«Hai udito voci di una potente sacerdotessa in grado di purificare i demoni con un solo tocco. Hai sentito persone che dicevano che potesse salvare uomini dalla morte…» asserì; Inuyasha sentì il proprio cuore aumentare le palpitazioni.
«… dunque, sei venuto sin qui per pormi una domanda. Mi sbaglio, forse?»
La gola si chiuse, già arsa.
Come poteva conoscere il quesito che era nato nel profondo della sua anima e lì custodito gelosamente?
La donna non sbagliava, affatto. La curiosità e l’istinto si erano manifestati potenti, a causa di quelle chiacchiere al villaggio, e la speranza l’aveva spinto a compiere quel viaggio.
Miroku e Sango avevano compreso sin da subito il perché li stava salutando con quel fare così diverso dal solito, e loro l’avevano  abbracciato stretto con le lacrime agli occhi, augurandogli “buona fortuna”.
Quindi, forse... lei era in grado?
«Puoi farlo?» domandò con voce roca e carica di dolore. «Puoi riaprire il passaggio?»
Non diede ulteriori dettagli, poiché era chiaro che la donna avesse un qualche potere mistico che gli permetteva di leggergli nel pensiero -o una diavoleria simile-.
Lei sorrise e, sorprendentemente, scosse la testa.
Il mezzo demone strabuzzò le palpebre.
«E-Eh?...Dannata!» ringhiò Inuyasha. «Mi prendi per il culo? Che diavolo significano, allora, tutte queste chiacchiere?!»
Imperturbabile, la sacerdotessa si avvicinò a lui, fermandosi a pochi passi dalla sua figura.
«Il pozzo non si riaprirà. Così è stato deciso dagli Dèi» esordì, puntando gli occhi castani in quelli d’ambra del mezzo demone.
«Feh!.» soffocò un’imprecazione, poi strinse i pugni, sconfitto. Maledizione, che diavolo ci era venuto a fare sin qui? A farsi prendere per i fondelli da uno spirito errante?
«Tuttavia, se lo desideri, c’è ancora un modo»
Sussultò profondamente ed alzò il capo di scatto, nell’udire quelle parole.
La sacerdotessa sorrise, osservando le pozze cariche di speranza di Inuyasha.
«Quale» mormorò lui. Se c’era anche solo una strada per rivederla, lui l’avrebbe percorsa.
«La morte»
Ancora una volta, Inuyasha sobbalzò, questa volta per la freddezza di tali parole.
Cos..?, pensò.
Una vena prese a pulsare sulla fronte, segno che la pazienza stava giungendo al termine.
«Maledetta, cosa diamine vai blaterando?!» grugnì, estraendo Tessaiga.
La sacerdotessa restò impassibile e, con un solo gesto della mano, richiamò a sé la spada, la quale venne tolta senza alcuna resistenza dalle mani di Inuyasha.
«Che cosa?! Come hai fatto?!» urlò, sorpreso all’inverosimile. Si era impossessata dell’arma senza che lui potesse fare alcunché.
«Dannata, ridammi Tessaiga!» urlò, sgranchendo gli artigli e preparandosi all’attacco.
«Vuoi uccidermi, Inuyasha? È tutto qui il tuo amore per Kagome?» disse sibillina.
Il braccio teso, pronto ad attaccare la sacerdotessa, venne arrestato per volontà, nell’udire quel nome.
Ringhiò, tremante per la tensione. Non capiva, non ci capiva più niente! Era un’amica o una nemica? E come sapeva così tante cose di lui?
«Che diavolo ne sai tu, di cosa  mi lega a Kagome?» sbraitò.
La donna si avvicinò a lui.
«So ogni cosa necessaria. So che la ami, la desideri, ma non puoi averla. So che anch’ella ti ama e ti desidera, ma non può tornare. Il vostro tempo è diviso tra presente e passato e questo fatto è invalicabile»
Lasciò la frase in sospeso ed Inuyasha strinse i pugni, in attesa.
«Stammi a sentire, tu! Adesso mi dici cosa diavolo hai in testa e come rivedrò Kagome! O ti faccio fuori» sbraitò.
Lei restò impassibile, poi la sua voce riempì il vuoto.
«Passeranno le lune nuove, passeranno notti di tenebra. Passeranno i secoli e nasceranno nuove stelle. Attenderai nel tuo sonno, riposerai nel silenzio. Il soffio di vita resterà immutato, sino a quando si farà di nuovo carne. Non vedrai luce, non udirai conforto, non odorerai profumi. Cesserai di esistere, perché questo è il prezzo. Il prezzo della vita, per rivederla»
Che?!, pensò. Ma che cavolo andava blaterando?
«Non comprendi?» gli disse. «Ebbene, sarò più chiara: in questo tempo e in questa vita non ti è permesso di amarla. La rivedrai, certo, ma prima dovrai cessare di esistere. Null’altro ti è concesso sapere di più. Questo è il prezzo»

Doveva morire?! Possibile che stesse intuendo bene?
Sentì il cuore accelerare.
Cessare di esistere.
Era pronto a farlo? Poteva fidarsi di quella donna? L’istinto gli diceva che, per quanto lo inquietasse e lo facesse incazzare, lei non mentiva.
Si bagnò le labbra aride con la lingua, poi strinse i pugni.
La sacerdotessa sorrise e puntò Tessaiga al suo petto.
«Ti trafiggerò con la tua spada. Lascerai che lo faccia, o mi fermerai?» gli chiese, spingendo la lama appuntita contro la sua pelle. Istintivamente mosse un passo indietro.
E se mentisse?, si chiese. Come poteva crederle? Sebbene conoscesse delle sue gesta, come poteva sapere se diceva il vero?
Si umettò le labbra nervoso, di nuovo.
«Ho bisogno di pensarci» ammise.
Lei sorrise.
«Hai tutto il tempo. Questo è un luogo sacro, ma puoi restare» gli disse, arretrando di un passo e abbassando la spada.
Inuyasha annuì, ma quando la vide voltarsi e allontanarsi con Tessaiga sussultò.
«E-ehi, aspetta, dannata! La mia spada!»
Quella ridacchiò, ma non si degnò nemmeno di girarsi.
«Oh, la tengo io. Fino a quando non prenderai una decisione»
Il mezzo demone ringhiò, imprecando sonoramente.
«Dove diavolo vai?!» sbraitò, fissando la sua schiena.
«Nella mia grotta. Io vivo lì» sentì la risposta echeggiare nella radura, poi lei scomparve alla sua vista e il silenzio lo avvolse.
Sbuffò, sedendosi a terra e afferrandosi il capo con le mani.
Aveva un gran mal di testa.
Cosa diavolo doveva fare? Era giusto lasciare tutti? E quella donna, era buona d’animo?
Sussultò, mentre un pensiero gli accese una flebile speranza: Tessaiga non l’aveva respinta. La spada poteva perfettamente percepire la malvagità, ma non aveva reagito nei confronti della sacerdotessa.
Quindi, lei non poteva essere una nemica.
E se fosse un trucco? Se vi fosse un secondo fine?
Sospirò, appoggiando la schiena alla corteccia di un albero guardando il cielo.
La luna stava iniziando a fare capolino nella volta celeste. Presto sarebbe giunta la notte. Chiuse gli occhi, lasciando che il sonno lo cogliesse e potesse portargli consiglio.
 
E se Kagome non mi stesse più aspettando?
Si svegliò nel cuore della notte con la fronte imperlata di sudore e la domanda più terrificante a rimbombargli nella mente.
E se si fosse rifatta una vita?
Poteva accaparrarsi il diritto di ripiombare nella sua esistenza e sconvolgerla?
«Cazzo...» sussurrò roco.
Cercò di calmare il battito del suo cuore respirando profondamente.
Una volta aveva espresso questa paura con Sango e Miroku, eppure loro l’avevano rassicurato, a loro modo.
«Non possiamo sapere come se la passa Kagome, nel suo mondo. Però sono certo di una cosa, Inuyasha: se non tenti, non potrai mai sapere se lei ti sta ancora aspettando» aveva detto il monaco con una strizzatina d’occhio.
Sango gli aveva messo una mano sulla spalla.
«Non hai, forse, detto tu stesso che senza Kagome sei infelice?»
Nel ricordare quelle parole il cuore prese a battere forte e potente, sino a sentirne il rimbombo nelle orecchie.
Sono proprio un idiota, si disse. Stava lì a farsi mille domande ma non avrebbe mai avuto risposta a nessuna di quelle.
La ami?, gli chiese la voce interiore.
Sì, maledizione!
E vuoi rivederla?, aggiunse. Sbuffò, Schiaffeggiandosi la faccia.
Che domande idiote.
E cosa sei disposto a fare, pur di riaverla?
Silenzio. La sua mente si arrestò su quel quesito, poi dopo qualche istante, sorrise malinconico.
L’alba era finalmente giunta.
 
Entrò nella grotta, ove l’aveva vista dirigersi la sera prima.
Quando la chiamò - il sole era appena sorto- non lo fece certo gentilmente.
La donna ricomparve, tenendo sempre nella sua mano Tessaiga.
«Hai, dunque, fatto la tua scelta?»
Il mezzo demone deglutì. L’aveva fatta, certo, non senza paura.
Ma se vi era un solo modo di rivedere Kagome, la sua Kagome… doveva tentare.
In fondo, cos’era la vita senza di lei? Dopo aver scoperto l’amore, la dolcezza, l’accettazione in quel mondo che pareva non avere un posto per lui, con la chiusura del pozzo aveva perso tutto. E lui, quel tutto, lo rivoleva, a qualunque costo.
Ella gli puntò nuovamente la spada al petto, cancellando dal volto ogni traccia di clemenza.
Inuyasha trattenne il fiato per un istante, poi ringhiò.
«Se osi ingannarmi, se non la rivedrò… troverò un modo per tornare e ti ucciderò con le mie stesse mani. È una promessa» sibilò, senza distogliere le iridi ambrate da quelle scure della donna.
Lei non rispose e attese per secondi infiniti che lui si tirasse indietro, attimi scanditi solo dal respiro affannoso di Inuyasha,
Ma lui restò lì, immobile.
Così, la donna allungò il braccio, lasciando che la spada trapassasse il corpo del mezzo demone.
Egli sgranò gli occhi, soffocando un gemito e annaspando per il dolore straziante; incapace di restare sulle sue gambe si accasciò in cerca d’aria.
La donna sorrise e scosse la testa.
«Incredibile. Hai davvero lasciato ti uccidessi» mormorò. Con un sospiro incredulo ritirò la spada dal suo corpo, gocciolante del sangue di Inuyasha.
Tuttavia, non appena l’arma venne estratta, il sangue scomparve, così come ogni dolore dal corpo bruciante del mezzo demone.
«Cosa?...» mormorò affannato, avvertendo il corpo formicolare e la sofferenza attenuarsi, sino a cessare totalmente.
Guardò incredulo il suo petto e notò che non vi era alcuna traccia della ferita.
«Un’ illusione?» domandò con stupore, alzando gli occhi verso il volto della sacerdotessa.
Quella ridacchiò.
«Sono colpita, Inuyasha. Hai superato la prova» disse, porgendo l’elsa della spada a Inuyasha.
Lui, con sguardo incredulo, la afferrò, issandosi in piedi.
Una prova?, pensò, assottigliando le iridi ambrate, mentre un spiegazione logica si materializzava nella mente:  si era dovuto meritare Kagome?
«Mi hai giocato, dannata» sibilò, seriamente incazzato.
La sacerdotessa fece spallucce, ma gli sorrise.
«Ho vinto» enunciò Inuyasha, mentre un ghigno nasceva spontaneo sul volto improvvisamente più sereno.
Al diavolo. E adesso...
«Avanti» ringhiò, avvicinandosi a lei. «Conosco il prezzo» 
 
Kagome non aveva quasi respirato, incredula e totalmente incantata da quel racconto.
«Quindi sei… rinato nella mia epoca?» mormorò, inspirando il profumo della pelle del ragazzo.
Inuyasha le sorrise. Un sorriso caldo e rassicurante che le fece vibrare il cuore.
«Presumo di sì. Ho iniziato ad avere una strana consapevolezza che fossi in questo mondo per uno scopo, sin da piccolo. Più crescevo, più i ricordi della mia vecchia vita si manifestavano. All’inizio è stavo davvero complicato» ridacchiò, e Kagome deglutì. Non ricordava che Inuyasha avesse una risata tanto… sexy.
«Finché un giorno, circa tre mesi fa, ho rimembrato Kikyo, Naraku, la sfera. E te» concluse, carezzandole dolcemente una guancia.
«Ho finalmente ricordato qual era mio scopo, cosa fosse quel senso di insoddisfazione che mi attanagliava da sempre. Dovevo trovarti» concluse, afferrandola per i fianchi ed attirandola a sé.
Kagome trattenne il fiato, sentendo il cuore balzarle in gola.
«Così ti ho cercato…» mormorò, mentre gli occhi dorati bruciavano di un sentimento così profondo che toccò la ragazza nel profondo.
«E mi hai trovato» concluse lei in soffio, affondando il viso nel suo petto caldo.
«Non che vi fossero molte famiglie Higurashi, a Tokyo, che gestiscono ancora un tempio» ridacchiò il ragazzo, e lei sorrise, accentuando l’abbraccio.
Sentì Inuyasha chinarsi e immergere il volto tra i suoi capelli d’ebano con un mugugno di disperazione, e lei sussultò, stupita.
Quanto doveva aver sofferto anche lui? Quanta mancanza poteva aver provato, tanto da arrivare ad accettare un prezzo così alto, per rivederla?
«Sei morto per me. Stupido» bisbigliò con la voce rotta dall’emozione.
Avvertì le braccia del ragazzo stringerla con veemenza.
Le lacrime tornarono a solcarle le gote: l’amore che Inuyasha aveva per lei aveva sconfitto il tempo.
Sentendo qualcosa di bagnato sfiorargli la pelle, lui si ritrasse e sospirò contrariato, notando quelle piccole perle cadere dagli occhi grigi di Kagome.
«E questo ti fa frignare come una bambina?» le chiese con tono giocoso, asciugando le lacrime con il pollice, in una flebile carezza.
Lei ridacchiò, mentre tirava in su con il naso, osservandolo totalmente innamorata, con le guance rosee e gli occhi chiari luminosi.
Inuyasha si sentì travolgere dalle emozioni: le era mancata troppo per poter aspettare ancora.
«Quanto sei sciocca» bisbigliò con voce roca, incapace di trattenersi dal fare ciò che desiderava da secoli.
Si chinò su di lei e si appropriò delle sue labbra con un gemito soffocato.
Kagome sussultò per un istante, sorpresa, poi il cuore prese a battere forsennato e lo strinse a sé, abbandonandosi a quel bacio.
Le labbra si cercavano con impazienza mentre i respiri ansanti si mescolavano l’un l’altro.
Quando ebbero bisogno di prendere fiato si allontanarono il minimo indispensabile.
«Il tuo profumo è ancora buono come lo ricordavo» mormorò Inuyasha, trattenendosi dal non ricominciare a baciarla immediatamente.
Kagome arrossì e sorrise felice.
«Sbaglio, o dicevi sempre che era fastidioso?» lo schernì.
Inuyasha sbuffò.
«Stupida»
Lei ridacchiò, poi inclinò la testa un poco, osservando il suo viso di colpo attratta da un dettaglio.
«I tuoi occhi sono rimasti dorati» mormorò incantata, in una muta domanda. Quel dettaglio le piaceva terribilmente.
Inuyasha la guardò compiaciuto.
«Un piccolo promemoria della mia vita passata» rispose.
Kagome si accigliò.
Promemoria?
Così, l’anima di Inuyasha era rinata in quel mondo, priva del lato demoniaco, ma mantenendo comunque un segno distintivo della sua reincarnazione.
Come era accaduto in lei, con l’anima di Kikyo, rinascendo nella sua epoca con la sfera dei quattro spiriti in corpo e i poteri spirituali della sacerdotessa.
Sorrise, comprendendo l’importanza di quel particolare: il passato non andava dimenticato, ma serbato nel cuore per quello che era. Un tassello fondamentale per il proprio presente.
Si allontanò un poco da lui e gli afferrò una mano dolcemente, ebbra di gioia.
«Che ne dici se andiamo a casa? La mia famiglia sarà felicissima di rivederti» propose.
Inuyasha ghignò e sciolse la presa solo per raggirarla e andare a raccogliere la borsa della spesa che Kagome aveva lasciato cadere a terra poco prima.
«Tuo nonno tenterà ancora di esorcizzarmi?» le chiese ironico, mentre le si riavvicinava e le afferrava la mano.
Lei gonfiò le guance fintamente offesa.
«Può darsi» replicò, mentre Inuyasha le passava un braccio attorno alle spalle.
Kagome arrossì. Certo che... lui era così diverso. Così a suo agio e così… umano.
No, semplicemente... sé stesso.
Appoggiò il capo alla spalla del ragazzo, sospirando felice.
Quella sacerdotessa aveva fatto avvenire un vero miracolo.
Mentre salivano i gradini del tempio, una domanda lasciò le sue labbra.
«Inuyasha, senti… chi era, alla fine, la donna misteriosa?»
Lui le sorrise furbescamente e avvicinò il volto al suo orecchio.
«Cerca la risposta in ogni frammento della sfera» sussurrò.
La sfera dei quattro spiriti?, si chiese
Kagome sgranò gli occhi sorpresa. portandosi le mani alla bocca incredula, mentre l’immagine dei suoi ricordi della sacerdotessa si sovrapponeva perfettamente alla sconosciuta che aveva incontrato quel giorno orsono.
Una lacrima di gioia le cadde sulla guancia, mentre con una risata felice si accoccolava al petto di Inuyasha.
Lui sorrise, posandole un leggero bacio tra i capelli.
l sole tramontava davanti a loro, illuminando i loro volti.
 
 
Li osservò incamminarsi, la gioia negli occhi parlava più di mille parole.
Ridacchiò, scuotendo la testa.
«Oltre cinquecento anni di attesa per questo momento. Gli Dèi, ogni tanto, sono davvero strani, non trovi?»
Avevano vegliato su di loro per così tanto tempo, che probabilmente ne avrebbero sentito la mancanza.
«Andiamo, Kirara. Il nostro tempo è finito» disse, stiracchiandosi.
La gattina bianca riassunse la sua reale forma e guardò preoccupata per un istante la padrona.
La donna sembrò intuire il suo disappunto.
«Tranquilla, amica mia. Saremo insieme anche là» sussurrò, carezzandole il capo.
Kirara rilassò il corpo e strusciò il muso contro la sua mano, esprimendo l’approvazione per quel dato di fatto. Il suo posto era sempre stato accanto a lei, e anche nell’al di là, era al suo fianco che voleva restare.
«Chissà se capiranno mai che, comunque fosse andata, avevano una possibilità...» si chiese la donna, sorridendo all’amica.
In fondo, quel particolare fato si era attivato dall’istante in cui Kagome, quel giorno, si era avvicinata al pozzo. Ma, se questo non fosse avvenuto in quell’esatto momento, nulla di quell’incredibile avventura sarebbe accaduto: la demone millepiedi non avrebbe mai avvertito la sua presenza e non l’avrebbe mai trascinata nell’epoca Sengoku...
Tuttavia, Inuyasha, esisteva comunque nel tempo di Kagome, anche se senza alcun ricordo e come semplice umano.
Kirara mosse la coda, curiosa.
«Non ho fatto altro che donare a quel ragazzo i ricordi della sua vita precedente. Ma sai bene che certe concessioni hanno un prezzo» rispose e la nekoyasha miagolò, capendo perfettamente il nesso con il passato.
La demone tuttavia si agitò di nuovo e attese.
«Se si sarebbero incontrati comunque?» mormorò la sacerdotessa, spostando lo sguardo su Inuyasha e Kagome che risalivano i gradini del tempio abbracciati.
«Sai, Kirara...» bisbigliò.
Il corpo della donna e della sua fedele compagna prese a brillare in una miriade di luci: non c’era più tempo.
«... io credo proprio di sì»
La sacerdotessa carezzò il capo della demone e guardò sorridendo, un’ultima volta, i due giovani innamorati. Infine scomparvero, lasciando il mondo terreno in un leggero sfavillio.









ANGOLO AUTRICE


Insomma, siete arrivati fino a qui? :D Lo spero vivamente! Annoiati? Stupiti, (schifati)?
Beh, non lo so, si era meterializzato tutto questo nella mente e volevo scriverlo. Avete capito, vero, chi è la sacerdotessa? L'indizio più grande è Kirara, perchè in una puntata... viene mostrata in chiusura proprio come la fedele compagna di questa signorina!!! Mi piaceva molto l'idea di riunirle!
Cosa posso dire, ringrazio Len per avermi fatto nascere l'idea con la sua stupenda mini storia! Vi lascio il link, se volete sbirciare! https://www.facebook.com/pg/aquaspirits/photos/?tab=album&album_id=10156644504973768&ref=page_internal

Ed inultimo, spero tanto di avervi emozionato almeno un pochino e che la piccola long vi sia piaciuta! Io nello scriverla ero commossa da sola, spero di avervi trasmesso le mie emozioni!
Grazie per avermi recensito con questo entusiasmo, spero di ritrovarvi anche nel finale!
Vi abbraccio di cuore
Manu
 

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