Lacrime di Luna baciate dal Sole

di FairySweet
(/viewuser.php?uid=103013)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vicino a Te ***
Capitolo 2: *** Sussurra alla Luna ***
Capitolo 3: *** Rifiuto ***



Capitolo 1
*** Vicino a Te ***



                                                                                               Vicino a Te






Era bastato un ballo soltanto per distruggere la corazza di ghiaccio attorno al cuore.
Un ballo per costringerla a sorridere, a desiderare l'amore ancora e ancora perfino ora, dopo settimane da quella notte così strana e meravigliosa.
Non aveva ballato con un re ma con l'uomo che si nascondeva dietro all'armatura di roccia, l'uomo tenero e gentile che aveva stretto la sua mano incurante degli sguardi, dei bisbiglii.
Ci aveva messo giorni prima di riuscire ad accettare quel battito diverso nel petto, la gioia che le sfiorava il volto quando l'aveva vicino, quando si accorgeva del suo sguardo anche in mezzo alla folla di persone che formavano il suo seguito e si odiava per questo, odiava sé stessa e il proprio sciocco cuore perché osava contraddirla, osava scegliere un altro uomo dimenticando il marito tanto amato e troppo presto perduto.
Non era pronta, nessuno dei due lo era e molte volte, in quegli occhi scuri e profondi aveva letto paura, rabbia.
Domande continue che bruciavano nel petto, il desiderio per lei e la rabbia per quel rifiuto che ogni volta arrivava puntuale come l'alba.
Doveva dirgli addio lo sapeva bene, ma come? Come poteva negare a sé stessa la sua compagnia? Chiuse gli occhi sfiorando la fronte con le dita “Va tutto bene signora?” annuì appena cacciando via ombre e pensieri “Scusami Beebe” “Forse dovreste parlare con lui” un vassoio lucente prese posto sul tavolino e il profumo del te salì leggero dalle tazze “Potrebbe comprendere” “Lo credi davvero?” “No, ma cosa importa? Quella nave sarà qui entro tre settimane, con o senza il suo permesso” “Già” “Anna. Dov'eri finita? Ti ho cercato ovunque” “Perdonami, ho avuto lezione oggi” “Sei pronta?” la nota di allegria nella voce del capitano la lasciò perplessa.
Le loro vite si erano intrecciate assieme più e più volte dalla cena d'anniversario, gli aveva permesso di restare accanto a lei, ospite nella sua casa perché la sua vicinanza rendeva sopportabile quella tortura che non le dava tregua.
Charles era un brav'uomo, divertente, pieno di allegri aneddoti che spesso condivideva con Luis regalandogli ricordi di un padre orgoglioso e forte.
Ospitarlo non era stato un grande sacrificio, avevano più stanze di quanto in realtà servisse loro ed era costume inglese avere ospiti, il re non lo comprendeva, per lui era soltanto un altro noioso funzionario, inglese e per questo arrogante e privo di valori.
Ci erano voluti giorni prima che quel sovrano testardo accettasse la presenza del capitano Brake, conservava nei suoi confronti atteggiamenti freddi e scontrosi ma era sceso a compromessi per lei, controvoglia e con rabbia ma l'aveva fatto senza comprendere che quel tenero rapporto di amicizia tra compatrioti era diventato più saldo e forte unendoli, rendendoli intimi fratelli che necessitano uno della luce dell'altro per poter sopravvivere.
Non era amore, non era amicizia ma qualcosa nel mezzo che per Charles diventava ogni giorno più importante e che lei faticava ad accettare.
Era egoista? Forse si ma quello era l'unico modo che aveva per evitare di pensare a lui ogni dannato minuto di ogni ora.
“Allora? Sei pronta?” non ricordava nessun impegno, non erano date speciali né ricorrenze “Per cosa?” domandò confusa chiudendo il libro in grembo “Ho una sorpresa per te” “Charles ...” “No davvero, ora vai di là, cambiati” “Cambiarmi?” Beebe rise divertita battendo le mani “Tu ne sai qualcosa?” “Sarei una pessima domestica se confidassi così i segreti non credete ma'am?” la prese per mano sollevandola dalla poltrona “Coraggio, abbiamo una sorpresa” “Inizio a spaventarmi” Charles rise appoggiandosi allo stipite della porta mentre la vide scomparire dietro al paravento.
“Oggi è una giornata meravigliosa. La sera non è troppo calda e c'è un elegante ricevimento, lord Bradley ha espressamente richiesto la tua presenza, credo tu gli abbia rubato il cuore giovane insegnante ” “Stai scherzando vero?” “Ma'am, se vi muovete non riuscirò mai ad allacciare il corpetto” “Charles!” si voltò divertito da quella scena tutt'altro che normale.
La testa di Anna sbucava dal lato sinistro del paravento, aveva i capelli sciolti e disordinati davanti al viso mentre la domestica continuava a borbottare chissà cosa in indiano “Era questa la sorpresa?” “No” “Un ricevimento non è una sorpresa!” “Noiosa” ribatté tornando a vagare con lo sguardo per la saletta ignorando la ragazza che alle sue spalle impazziva tra nastri e tessuti.
“Sono già stata ad un ricevimento, vorrei evitare un altro ...” “Non ci sarà il re a mandare in subbuglio i pensieri” “Ehi!” “Scusami, dico solo che è sciocco tutto qui” “Sono cose più grandi di noi” “Forse hai ragione ma ti ama Anna, è così lampante” “Chiudiamo qui questa cosa” esclamò irritata apparendogli davanti.
Aveva il volto arrossato ma quel bell'abito scuro era un'incanto, non era ingombrante né pomposo e le permetteva movimenti liberi e leggeri “Che c'è?” domandò frastornata sistemando una ciocca ribelle dietro all'orecchio “Ti sei vista?” la tirò davanti allo specchio sorridendole attraverso il vetro “Sei bellissima” “Charles, cosa ...” “Madre!” la voce di Luis arrivò limpida dal giardino.
Uscì sul porticato e un meraviglioso cavallo dal manto color dell'avorio riempì il suo sguardo.
Aveva lucenti finimenti intarsiati d'argento e una sella scura con le sue iniziali sul fianco “Ma che ...” “Buon compleanno” esclamò Charles cingendole le spalle “Ma non è oggi” “Sei pignola, te l'hanno mai detto?” la spinse dolcemente giù dagli scalini costringendo un sorriso su quelle labbra volutamente arrabbiate “È davvero mia?” “E di chi altri?” sollevò una mano nell'aria lentamente, quasi come se fosse sospesa nel tempo finché le dita non sfiorarono il manto dell'animale e in quella carezza, riconobbe muscoli ben torniti, un corpo possente e agile creato dalla natura per correre.
“Ciao” sussurrò mentre il muso curioso le sfiorava il volto “Sei bellissima” “È bella vero? Vi piace?” domandò estasiato Luis abbracciandola “Ma come ...” “Volevo farvi una sorpresa madre ma non avevo alcuna idea di come poter trovare un cavallo bello come questo così ho chiesto aiuto al capitano. Quando ha saputo che tra qualche giorno avreste compiuto gli anni mi ha aiutato” “Dove l'hai trovata?” “Appartiene a lord Hosville, non fare quella faccia, so che lo conosci” “Hai speso un sacco di soldi per ...” “Per te? Sì e lo rifarei ancora, Anna” “Come posso ...” “Un semplice grazie andrà bene” la vide sorridere e poi, voltandosi verso il figlio esclamò “Ti ringrazio amore mio” finse indifferenza a quell'atteggiamento infantile che amava da morire e ridacchiando riprese “Indovina come andremo a quel ricevimento?” ma lei non lo ascoltava nemmeno più.
Infilò il piede nella staffa e senza fatica alcuna, montò in sella ridendo come una bambina.
Era sempre stata brava a cavalcare, suo padre le aveva insegnato l'equitazione e fin da piccola, si era presa cura del suo cavallino crescendo assieme a lui.
Ma sua madre, più attaccata alle severe regole inglesi, le aveva precluso quel tenero divertimento costringendola allo studio di francese e letteratura, al ricamo, alla musica, a tutto ciò che di noioso aveva da offrire la borghesia inglese.
Suo marito al contrario era di pensiero molto più liberale,  aveva sempre assecondato quella sua dolce passione asserendo che nulla di male poteva arrivare dall'equitazione, che aiutava il corpo e l'anima.
Strinse le redini accarezzando il collo dell'animale, la scorta si allineò compatta ad un ordine del capitano ma la gioia che bruciava nel petto di Anna oscurava tutto il resto.



“Avete il fiatone” “Perdonatemi vostra maestà, ero a cavallo e il tempo è ...” “Voi cavalcate?” “Si vostra grazia” “Perché non me l'avete detto?” “Perché voi non l'avete mai chiesto” il Kralahome al suo fianco tossicchiò costringendola a sussultare ma il re sorrise divertito togliendo gli occhiali e con un lieve cenno del capo, congedò il suo primo ministro.
“Siete un interessante miscuglio sapete?” "Davvero?" "Come posso asserire di conoscervi se ogni volta che vi ho davanti cambiate?" le sorrise mentre un tenero rossore le sfiorava il volto “Vi ringrazio” “Non credo di riuscire a ...” “Maestà, c'è una cosa di cui vorrei parlare con voi e non so come … non so se ...” “Lasciatela uscire” sussurrò sorridendole “Non è questo che mi avete detto una volta?” “Non è una cosa che si può semplicemente lasciar andare” “E perché no?” ma lo sguardo della giovane corse lontano.
Era confuso da quell'espressione apparsa dal nulla, confuso da lei, da quel vestito diverso che non aveva mai visto e da quel lieve rossore che le colorava il volto “È forse accaduto qualcosa?” “Cosa?”domandò tremante “È accaduto qualcosa di spiacevole?” “No, no vostra grazia, sto bene, non mi è accaduto nulla” “Non fare così” il cuore tremò appena mentre quegli occhi di notte le entravano dentro.
Ogni volta che voleva arrivare più vicino a lei  lasciava cadere la differenza di rango, i suoi doveri e le sue leggi, usava il tu scavando fino nell'anima a raggiungere la piccola Anna raggomitolata in un angolino buio e tranquillo.
Si era preso questa libertà ormai molte settimane prima e glielo aveva lasciato fare, inconsciamente gli aveva permesso di ancorarsi ai pensieri, ai respiri diventando la catena solida che la teneva inchiodata al suolo quando la notte, i brutti sogni e le paure la portavano via “Non tenermi lontano” “Vi prego, non giocate con me” si alzò abbandonando i fogli sulla scrivania “Pensi di essere un gioco per me?” ma nessuna risposta lasciò le labbra della giovane.
“Che cosa ...” “Niente, ho solo bisogno di un po' d'aria fresca” “Aspetta” strinse la mano attorno al polso impedendole di scappare ma a quelle lacrime non era preparato.
“Perché piangi?” le barriere erano scomparse, il voi dissolto nel nulla. 
Dio come amava chiamarla per nome, costringerla ad arrossire, ad abbassare lo sguardo per nascondere l'imbarazzo come una bambina capricciosa perché quella donna aveva un potere termendo su di lui.
Anna era diventata la sua unica debolezza, la via d'uscita che gli permetteva di sentirsi "normale" e stava imparando giorno dopo giorno che non tutto al mondo era creato dagli uomini per gli uomini, che una sola donna aveva il potere di legare a sé un uomo e che il dominio di quest'ultimo, diventava solo mera illusione.
Anna aveva cambiato il suo cuore, lo aveva aiutato a crescere, a diventare uomo, un uomo diverso forse perfino migliore.
“Guardami ...” le sollevò il volto terrorizzato dal potervi trovare qualche segno di limpida debolezza ma c'erano solo lacrime in quegli occhi di cielo e nulla di più “ … è accaduto qualcosa di ...” “Ti prego, lasciami andare” quella supplica arrivò come un pugno in pieno petto.
La presa attorno al polso si allentò e le dita scivolarono tra le sue finché l'aria gelida non fu l'unica cosa che sentì sulla pelle.
La vide tremare, asciugare il volto spaventata forse perfino imbarazzata da quell'attimo di infantile debolezza e senza nemmeno guardarlo, si inchinò dolcemente scappando via da lui, lasciandolo stordito e confuso.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sussurra alla Luna ***


                                                   Sussurra alla Luna






I giorni passavano lenti e il tempo sembrava sospeso nel nulla. Amava quel paese, amava lo scorrere placido del fiume, il profumo che saliva dall'acqua dopo un temporale, i colori.
Le mancava l'India, le mancava la rassicurante routine del passato.
Sorrise al suo bambino che divertito saltava nell'acqua assieme a Charles e in quell'attimo si domandò se non fosse giusto così, se quella scena di tenero calore familiare non fosse la scelta giusta per Luis, per sé stessa.
Tornare in Inghilterra, iniziare una nuova vita accanto ad un brav'uomo, un uomo che assomigliasse a lei e dimenticare il resto del mondo.
Immaginava una bella casa immersa nel verde dei prati scozzesi, il giardino curato e pieno di rose e bambini che correvano divertiti giocando, sognando.
Era un futuro pieno di gioia e di vita, un futuro che inconsciamente aveva sempre desiderato ma c'era quest'altra sensazione nel cuore, un'emozione che offuscava il sogno, che lo cambiava, che insinuava dubbi e non le permetteva di respirare.
Si era chiesta migliaia di volte cosa sarebbe cambiato se avesse rinunciato all'Inghilterra, se fosse rimasta in Siam; non vuol dire forse amare la rinuncia a tutto ciò che da conforto all'anima per proteggere sé stessi, per proteggere la persona oggetto di tanta dolcezza? Ma più tentava di assecondare la decisione di partire, più sentiva le lacrime spingere per uscire.
Che futuro avrebbe avuto se fosse rimasta? Mesi, anni di sofferenza per colpa di leggi e regole antiche e severe e la consapevolezza di non essere mai nulla di più che una semplice insegnante inglese.
Niente dolcezze, niente carezze o baci, solo la ragionevole tortura di averlo a pochi passi e di non poterlo toccare.
Era arrabbiato? Deluso? Piangeva di notte, lontano dalla corte, lontano da occhi indiscreti? Se la sofferenza che questo legame le stava regalando apparteneva anche a lui, allora forse era giusto così, era giusto partire e lasciarlo libero, regalargli la possibilità di respirare di nuovo.




Era abituato allo sfarzo, al lucente tepore di un palazzo dove la miseria e le paure del mondo non potevano arrivare.
Le mura proteggevano quanto di più caro aveva al mondo, i suoi figli, i suoi meravigliosi bambini che avrebbero donato un glorioso futuro al Siam.
C'era grandezza nel loro domani e per loro avrebbe tenuto fede a sé stesso rifiutando quel tenero sentimento che fioriva nel petto.
Aveva sempre scelto ciò che di più bello il mondo aveva da offrire, gioielli, ricchezze, donne, piaceri ma lei no, lei, una giovane maestra venuta dal mare che rifiutava ogni sua attenzione, che provava dell'affetto per lui e che lo nascondeva egregiamente.
Testarda, a volte perfino irritante ma unico oggetto dei suoi pensieri da quel maledetto ballo.
Insegnante, moglie, madre, nascondeva al mondo la parte più importante di sé stessa ma era lampante davanti ai suoi occhi: era donna, una bellissima donna dallo sguardo limpido di cielo e i capelli lucenti di grano, un grano mischiato alla cenere dove sfumature di fiamma si divertivano a giocare come spiriti dispettosi.
Aveva sempre ignorato la sua bellezza, non che passasse inosservata certo, ma si era ripetuto centinaia di volte che non faceva bene a sé stesso e al Siam assecondare quell'infantile bisogno di averla e rideva di quel pensiero tanto sciocco perché il grande sovrano che era diventato, scompariva dietro all'immagine di un bambino arrabbiato che rivolgeva le sue attenzioni ad un gioco fino ad ora ignorato. Quel gioco ora davanti a lui, così puro e innocente, che gli era stato portato via senza nemmeno dargli il tempo di comprendere.
Ma sebbene quel pensiero lo costringesse a provare tenerezza, il cuore continuava ad urlare: Lei non è un gioco, lei non puoi averla.
Non era un gioco no, era una tortura che se ne stava seduta sulla sabbia in riva al fiume incurante dell'ora tarda o della solitudine.
Sfiorava l'acqua con una mano mentre sull'altra appoggiava il peso del corpo.
Era così una donna inglese? Sotto a quel mare di tessuto e nastrini, era così una donna inglese? Sorridente, smarrita in chissà quale pensiero mentre mostrava al mondo la perfezione del suo incarnato.
Ricordava bene la prima volta che la vide così indifesa, ricordava lo stupore nello scoprire che la favola dei cappelli era pura invenzione.
Ora però ai suoi occhi era diversa, più bella, più dolce, più Anna.
I raggi della luna ne sfioravano i lineamenti e ad ogni movimento della giovane, i muscoli si tendevano scavando solchi nella pelle, seguendo armoniose forme che celava agli occhi del mondo.
Non indossava abiti né vestaglie ingombranti solo un corpetto chiaro abbracciava il seno e i fianchi ma era slacciato sulla schiena, i lacci allentati com'erano anche i suoi pensieri, il respiro lento, regolare.
Quei capelli così belli intrecciati dolcemente sulla spalla sinistra lasciavano libero il collo e le spalle.
Spesso aveva visto immagini di dame inglesi, impettite, avvolte da strati e strati di tessuto.
Vivevano celate agli occhi del mondo perché non era conveniente, non era sano mostrarsi eppure lei a quelle immagini non ci assomigliava.
Quelle dame gli erano sempre sembrate bambole senza alcun senso ma ora più che mai, avrebbe voluto strappare quella stoffa dalle sue gambe scoprendo l'incarnato prezioso della coscia, del ventre.
Sottili nastri avorio bloccavano il tessuto appena sopra al ginocchio torturando la mente, spingendo il pensiero a chiedersi quali meraviglie fossero nascoste sotto alla seta.
Ma a lei non importava nulla dei pensieri di un re, lei continuava quel gioco con l'acqua consapevole di avere un potere immenso su quell'uomo, così grande che le bastava sorridere per mandarlo in confusione.
“Se continuate ad infastidirmi, sarò costretta a chiamare aiuto” sorrise scendendo lentamente dalla roccia “E chi verrà in vostro aiuto a quest'ora di notte?” “Conosco un'uomo molto forte signore” “Un uomo?” “Un re” riprese il suo gioco come se dare le spalle ad un re fosse una cosa perfettamente normale “Perdonatemi, non volevo intimorirvi” “Non lo ero la prima volta che siete venuto qui, cos'è cambiato da allora?” ribatté divertita, il viso si girò appena e sulla schiena d'avorio si mossero rapidi muscoli e armonia, lo sguardo percorse lento quella scia di chiara seta lucente, il collo, le spalle, la linea delicata che giocava con lei fino ai fianchi “Cosa fate qui sola, ma'am?” “Pensavo” “Ve l'ho già detto, queste ore sono per il riposo non per i pensieri” “Pensavo a quante favole ha da raccontare ...” seguì il suo sguardo fino alla luna nel cielo “ … è lassù a spiare le vite degli uomini, quanti di essi ha confortato con la sua luce?” “Non ho una risposta per i vostri pensieri” “Secondo voi soffre?” sussurrò cercando il suo sguardo ma come poteva risponderle? Come poteva articolare un pensiero coerente? Fece un bel respiro fermandosi al suo fianco “No, lei non soffre. La sua luce è forte e pura, vivrà attraverso gli anni e i secoli e non importa quante nuvole vi siano ad infastidirla, sarà sempre lì pronta a consolare gli uomini” “Perché siete così lontano dal palazzo?” “Pensavo” “Anche voi?” rispose divertita, la risata cristallina della giovane gli entrò nel cuore con la velocità del lampo, tese la mano verso di lei aiutandola ad alzarsi “E a cosa pensavate vostra grazia?” sfilò la mano da quel caldo intreccio ma la presa del re divenne più forte attorno al polso “Come ci riuscite?” “Vostra grazia?” “Come riuscite a torturarmi così?” trattenne il respiro mentre una carezza delicata le sfiorò il volto, le labbra “Avete un'idea di quanto vi desideri?” “È sbagliato” “Lo so” esclamò tremante ma lei sorrise posando la fronte sulla sua.
Era un errore, un errore enorme che entrambi cercavano di mascherare ma che la razionalità riconosceva bene ma gli concedeva sé stessa, gli concedeva quell'attimo di debolezza perché non aveva idea di come giustificare l'essere quasi nuda tra le sue braccia e non provare imbarazzo o vergogna.
Imprimeva a fuoco nella memoria la dolcezza del suo respiro, il calore del suo tocco, le mani forti strette così forte attorno ai fianchi come se d'improvviso potesse sfuggirle via “Sei così diversa” “Sono sempre la stessa” “No ...” le sollevò il volto perdendosi nell'azzurro del cielo “… sei Anna” posò una mano sul petto dell'uomo, proprio lì, proprio sul cuore e con dolcezza lo spinse appena allontanandolo da sé “Questo è sbagliato” “Perché!” c'era rabbia nel suo sguardo, confusione, paura.
Non era abituato ai rifiuti, ad una donna che gli negava sé stessa, ad una scelta già presa e impossibile da cambiare “Sono il re, posso cambiare le leggi!” “No, non è vero” la tirò in avanti inchiodandola a sé “Sei una tortura Anna, sei fuoco e non so come spegnerti” “Sono sempre io, sono la stessa che è scesa da quella nave e che vi ha fatto impazzire con l'arroganza inglese, ricordate le vostre parole?” ma a nulla serviva allentare la solitudine che lo strappava via da lei perché ignorò quell'attimo di debole allegria sussurrando “Ho bisogno di te” “Dovete lasciarmi andare vostra grazia, lasciatemi partire e ...” “No” esclamò gelido allentando la presa “Non potete tenermi qui” una lacrima scivolò via dagli occhi costringendolo a tremare.
Sollevò la mano sfiorando la scia che quella perla aveva lasciato sulla guancia della giovane “Non piangere, ti prego non … non piangere” “Pensavo a questo poco fa, pensavo a come dirvi addio, a come lasciarvi senza farvi più male di quanto non ci stia già facendo questa cosa tra noi” “È quel capitano?” la vide abbassare lo sguardo quasi intimorita dalla sua reazione “È arrogante” “È un brav'uomo. Si è offerto di accompagnarci in Inghilterra” si allontanò da lei ancora una volta cercando di trovare un modo per aggiustare le cose, per riordinare i pensieri senza permettere all'odio di invaderli “Non fatemi questo, ve ne prego” “È gentile con te?” “Cosa?” “Voglio sapere se ti tratta con rispetto, se è gentile e ...” “Ve l'ho detto, è un brav'uomo” ma non c'era gioia negli occhi di Anna né quella luce calda e brillante a cui era abituato.
Eppure avrebbe dovuto capirlo, i continui rifiuti, quel comportamento così strano e la voglia di restare sola che la spingeva continuamente lontano da lui.
Il capitano Brake era davvero un brav'uomo, retto, giusto, con un forte senso del dovere e non poca allegria.
Aveva scelto di restare più del dovuto in Siam, immaginava fosse per chissà quale strano attaccamento alla patria ma la verità che ora aveva davanti agli occhi era diversa.
“E così, vuoi partire” annuì appena stringendosi nelle spalle “Quando?” “La nave sarà in porto tra sei mesi vostra grazia” “Sei mesi” ripeté tremante spiando la luna “Sei mesi per dirti addio” il respiro si bloccò da qualche parte in fondo alla gola mentre l'aria gelida, fu tutto quello che riuscì a sentire.
Cercava un modo per allontanarla, per tenerla oltre il confine sicuro che si era imposto di rispettare perché altrimenti l'avrebbe baciata, lì, su quella spiaggia nascosta agli occhi del mondo avrebbe preso il suo calore e il suo respiro ancora e ancora fino a quando le prime luci dell'alba non avessero colorato il cielo.
“Mi devi fare una promessa” sollevò lo sguardo da terra confusa da quel tono così diverso, da quell'emozione che gli incrinava la voce “Giurami che verrai da me, che se il tuo capitano si comporterà diversamente verrai da me. Giurami che sarai felice, Anna. Giurami che se le lacrime ti sfioreranno mai il volto, salirai di nuovo su quella nave e tornerai qui” “Perché?” ma la risposta la conosceva bene, era racchiusa in quegli occhi di notte, nella sofferenza che vi leggeva dentro e nel tu volutamente usato per avvicinarla al proprio essere.
“Giuramelo Anna e niente di tutto questo accadrà di nuovo, te lo prometto” la vide sospirare, giocare con una ciocca di capelli e poi un sorriso delicato, falso e bugiardo, creato apposta per ingannare “Vostra grazia dovrebbe rientrare ora, vi staranno cercando ovunque” scosse leggermente la testa sospirando, un passo, un altro ancora lontano da lei “Buona serata ma'am” distolse lo sguardo da quell'uomo tornando a cercare la luna nel cielo, la sua luce unica testimone di un pianto violento che mai più avrebbe permesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Rifiuto ***


                                                                         Rifiuto 





“Charles?” rise di quell'espressione confusa che le colorava lo sguardo “Che ci fai qui?” “Un uccellino mi ha comunicato a che ora avresti tenuto lezione oggi” “E quell'uccellino è discretamente bello, testardo e figlio di una bravissima insegnante?” domandò divertita “Non c'era un harem da qualche parte?” “Non saresti comunque autorizzato ad avvicinarti, ci sono donne bellissime e bambini indifesi” ma lui sospirò tirandola tra le braccia come un fratello dispettoso, il libro che stringeva tra le mani cadde sulla scrivania aprendosi e una rosa scivolò via dalle pagine candide “C'è una donna bellissima anche qui e nessuna guardia, che grave mancanza da parte di un sovrano” le sfiorò il collo con le labbra, un gesto intimo certo ma considerava quella tenerezza al pari di attenzioni fraterne senza comprendere quanto importante stava diventando per Charles.
Erano lontani dal palazzo, protetti certo ma lontani dalle soffocanti mura che ne avvolgevano i tesori e per questo era grata al re.
La divertiva insegnare all'ombra di quel bel patio in riva al fiume, le sembrava di galleggiare sull'acqua come una foglia, come un fiore a cui i bambini dedicavano stupende poesie “Voi rischiate complimenti del genere?” “Chi mai potrebbe sfidarmi a duello? I bambini?” ribatté divertito “Io credo, capitano, che siate un po' troppo invadente” “Ah si? Giovanotto” Luis distolse lo sguardo dal suo gioco correndo tra loro “Sei d'accordo con tua madre? Mi trovi invadente?” il bambino arricciò il naso, lo sguardo che correva da sua madre a quell'uomo a cui ormai era affezionato “Attento sai? Ho un bellissimo regalo da qualche parte” “Per me?” esclamò estasiato “Direi che ti aspetta all'ingresso del parco” “Non so di cosa stava parlando madre ma, credo abbia ragione il capitano” le fece l'occhiolino scappando verso quell'ingresso ora così pieno di mistero e fantasia.
“Non puoi comprare mio figlio” “I fatti dimostrano il contrario signora Leonowens. Come puoi fare lezione senza studenti?” “I miei studenti sono scappati via di colpo, suppongo sia opera tua” “Mia?” “Sei un'estraneo, un possibile pericolo e di conseguenza devono essere protetti” “E tu?” domandò amabile “Non sei più un'estranea?” “Sono la loro insegnante” “Lady Elisabeth si è innamorata di te lo sai?” riprese Charles cambiando d'improvviso argomento “Davvero?” strinse lo scialle attorno alle spalle sistemando i capelli “Non fa altro che ripetere a suo marito quanto siano belli i tuoi occhi e quanta gioia ci sia nella tua voce” “E lo fa prima o dopo il vino?” “Divertente” si strinse a lui camminando al suo fianco come una sposa, come una compagna, come qualsiasi cosa potesse farla sembrare felice e distaccata.
“Dovremo controllare Luis” “Perché?” “Beh ecco, il suo regalo è un tantino irrequieto” “Oh ti prego” “Non temere, c'è il mio secondo ad assicurarsi che non cada di sella” “Non mi fa sentire meglio Charles” la strinse più forte intrecciando le dita alle sue “Non scherzavo” “Riguardo a cosa?” “Potremmo trovare una piccola e graziosa casa fuori Londra” “Ne abbiamo già parlato, io non ...” “Anna” la voltò dolcemente verso di sé sorridendole “Non ti sto chiedendo di sposarmi né di amarmi. Voglio solo essere sicuro che non ti manchi nulla. Tornare a casa dopo così tanto tempo è difficile credimi, io lo so bene. Mia madre sarebbe più che felice di avere qualcuno di mente così brillante con cui discorrere” “Ne sei sicuro?” “Ripete sempre che è circondata da sciocchi pomposi nobili senza spina dorsale. Come potrebbe rifiutare la compagnia di una giovane donna indipendente e orgogliosa?” “Luis è la mia unica priorità” “Lo so” “Devo parlarne con lui, non posso metterlo di fronte ad un cambiamento così radicale” “Non devi scusarti per questo” “No, è solo … siamo stati io e Luis per così tanto tempo, ora siamo io, Luis e la promessa di una vita diversa” “Promettimi solo che ci penserai” ci mise qualche secondo a rispondere, indecisa forse perfino spaventata si mordeva le labbra come una bambina accendendo in Charles quella scintilla di innocente protezione che lo spingeva a desiderarla, ad averla accanto perché Anna stava diventando velocemente il centro dei suoi pensieri.
“Non si lascia una bella donna da sola, è pericoloso” un debolissimo sorriso sfiorò le labbra della giovane mentre stringeva la mano al suo braccio riprendendo la passeggiata.
Non le sarebbe mai appartenuta lo sapeva bene, non era pronta ad amare nessun altro all'infuori del re. Si era accorto di quei sospiri stanchi, dello sguardo sfinito e spesso invaso da tremante emozione ma era brava a mascherarlo, brava a fingere una normalità estenuante e si era accorto del cambiamento d'umore del re.
Spesso era nervoso, concedeva a stento udienze e cercava la solitudine impedendo a sé stesso qualcosa che altrimenti sarebbe stato distruttivo per Anna e per quel mondo scintillante.
Eppure, nonostante la distanza imposta, si era accorto del suo sguardo, di quella presenza costante che la proteggeva anche da quella portantina sistemata a debita distanza dalla classe.




“C'è qualcosa che non va?” sussultò riportata alla realtà dalla voce profonda del sovrano “Perdonatemi, non volevo spaventarvi” i bambini chinarono il capo sfiorando il marmo lucido del pavimento con la fronte “Vostra grazia” sussurrò alzandosi “Vi chiedo scusa, non vi ho sentito ...” “Perché vi scusate?” mosse appena una mano e i piccoli principi scapparono via giocando e ridendo.
In pochi attimi, attorno a loro scomparve ogni figura umana e soltanto gli uccelli rallegravano quel silenzio colmo di angoscia “Perché non sorridete?” “Cosa?” “Siete diversa” ma lo sguardo della giovane divenne più profondo inchiodandosi al suo, togliendogli il respiro “Siete qui per questo? Non mi avete cercata per giorni e ora?” lo vide scuotere il capo mentre una risata piena di sconforto abbandonava le sue labbra “Lo so che questa cosa è giusta, so che è necessaria ma come posso ...” “No vostra grazia, vi prego non parlate” “No?” si avvicinò a lei sostenendo il cielo in tempesta senza il minimo sforzo “Io ti amo” esclamò gelido.
Prima o poi sarebbe accaduto e malediceva sé stessa per non essersi accorta prima di quelle stupide parole, per non averlo fermato, per non avergli impedito di rendere reale ciò che fino ad ora era sempre stata mera fantasia.
E così pregava Dio affinché accadesse qualcosa, affinché il primo ministro comparisse tra loro per salvarla ma non c'era nessuno, solo il cinguettare allegro e quel vento profumato di pioggia “Non puoi dirmi …” “Che ti amo? Hai un'idea della fatica che ho fatto ad accettarlo? Ad accettare il fatto che una donna mi costringa a restare sveglio di notte!” l'afferrò per un polso tirandola in avanti, le labbra a pochi centimetri dalle sue così dolci e invitanti “Cosa vuoi da me, Anna!” era arrabbiato, le dita strette così forte attorno a lei da farle male.
“Cosa vuoi da me! Non vuoi ascoltare, non vuoi le mie parole, non vuoi lasciare quell'uomo!” “Lasciami andare” “Sei venuta qui, hai cambiato il mio mondo e ora non posso nemmeno respirare senza vederti, dimmi Anna, è questo l'amore che vivono gli inglesi?” c'era sarcasmo nella voce ma lei sorrise “Questo è un amore vostra grazia, né più né meno” cercava di mettere distanza tra loro restituendogli l'importanza del suo rango ma non l'ascoltava “Tu sei mia!” “Io non sono un gioiello ...” sollevò il polso ancora imprigionato tra le sue dita “ … non sono un anello che puoi comprare o vendere!” spinse con forza la mano sul suo petto costringendolo ad indietreggiare “Non sono tua né di nessun altro!” ma anche così, arrabbiata e con il volto arrossato ai suoi occhi appariva tremendamente bella “Lasciami andare” “No!” “Mi fai male” la mano dell'uomo tremò e quel tocco pieno di rabbia scomparve lasciando solo aria fresca sulla pelle “Mi dispiace, io non volevo ...” “Lascerò il Siam e non importa quanto la cosa vi faccia male, lascerò il paese perché non ho altra scelta! Perché non posso vivere ogni giorno della mia vita pregando di vedervi, sperando di avervi soltanto per me” “Non devi pregare per ...” “No! No non è così che funziona, non è questo che ...” “Io non posso darti quello che cerchi!” ma quanto male faceva accettare la realtà di quelle parole.
Non era colpa sua, era confuso e spaventato da qualcosa che fino ad ora non aveva mai affrontato, qualcosa di più grande di eserciti e battaglie, qualcosa che si avvicinava al cielo e che faticava a comprendere.
Lo vedeva nei suoi occhi, cercava di sostenere la velocità del cuore ma più tentava di convincersi, più cercava un modo per accettare le sue scelte e più odiava sé stesso e quelle maledette leggi che non aveva nessun diritto di cambiare “Lo so” era un sussurro, due parole sospirate nel silenzio che lo ferivano, che prosciugavano ogni forza “Non è colpa tua, non voglio niente, non cerco niente ma salirò su quella nave e nemmeno la vostra collera potrà cambiarlo” ma lui rise passandosi una mano in viso “Tu non hai nessuna idea del … se ora ti lascio andare, se ti permetto di partire andrai avanti con la tua vita, mi dimenticherai e non sono pronto a questo!” era egoista? Si lo era, ma lei aveva fatto la stessa cosa accettando la vicinanza di Charles, fingendo qualcosa che non esisteva soltanto per allontanarlo ed ora, come poteva fargliene una colpa se utilizzava lo stesso egoismo per sopravvivere? In fondo, lei aveva già provato un sentimento tanto profondo.
Thomas era stato il suo amore, il padre di suo figlio, il suo migliore amico.
Aveva riso, aveva amato e pianto con lui, il passato che da un lato l'aveva distrutta, dall'altro era riuscito a renderla più forte, preparata al mondo e alle sue cattiverie.
Conosceva l'amore, quello vero, sapeva quanto male poteva fare un rifiuto ma non aveva nessun diritto né pretendeva di insegnare a lui come sentirsi, cosa provare.
Era un sentimento conosciuto e nuovo assieme, era spaventoso e fresco e sebbene fosse preparata alle conseguenze di tale scelta, non impediva a sé stessa le lacrime.
Sentiva gli occhi bruciare e quel nodo alla gola che ricordava ma non avrebbe pianto, se gli avesse mostrato quanto dolore custodiva dentro l'avrebbe distrutto.
Fece un bel respiro cercando di ritrovare sé stessa, la mano sinistra stretta dolcemente attorno al polso arrossato e lo sguardo lontano dal suo volto.
Dio come avrebbe desiderato prenderlo a schiaffi per quella confessione inaspettata, indietreggiò di un passo allontanandosi da quegli occhi di notte “Mi dispiace avervi arrecato tali disguidi” “Non farlo Anna, non costringermi ad odiarti” “Credo sia meglio che le lezioni terminino qui. Il capitano ha già provveduto a spostare i miei bagagli, non appena la nave sarà in porto prenderò congedo e tornerò a casa” chinò leggermente il capo sospirando “Vi ringrazio per avermi regalato un anno di meravigliose scoperte” prese il libro dalla scrivania e ignorando la sua rabbia, si incamminò lungo il sentiero lastricato.


“Cosa ne pensi?” “Una casa solo per noi?” “Il capitano Brake ci ha offerto ospitalità, per qualche giorno resteremo con lui e poi cercherò una bella casa” “Madre?” distolse lo sguardo dai bagagli incontrando il faccino confuso del figlio “Lui vi piace?” “Chi?” “Il capitano” “È un brav'uomo” “Si lo so, non era quello che … insomma, vi piace?” sorrise sedendo sul divanetto “Vieni qui” prese la mano del figlio tirandolo dolcemente al suo fianco “Non ho alcuna intenzione di sposarmi. Tuo padre è stato l'unico uomo con cui abbia diviso la mia vita” “Non amate più?” la voce del bambino si colorò di tristezza “No amore mio, non devi pensare questo” lo strinse tra le braccia cullandolo appena “Io amo te, amo il mio lavoro” “E il re?” chiuse gli occhi sospirando “Madre io lo so che vi fa stare bene, siete felice quando parlate con il re e sorridete. Perché non possiamo restare?” “Perché non può esistere un sentimento così ...” lo staccò da sé innamorandosi ancora di quella lucente somiglianza che riportava Thomas al suo fianco “ … non è il momento giusto né il luogo. Provo affetto per lui è vero ma tu sei l'unica priorità bambino mio” “Lo so” “E allora cosa ti spaventa?” “Mi piace vedervi sorridere, i vostri occhi diventano luminosi come il sole e non voglio la tristezza, ricordate i primi mesi in India? Eravate triste e non voglio le lacrime” “Hai otto anni, comportati da bambino e lasciami fare l'adulta” rise divertito da quel cambio di voce nel tono materno “E se dovessi mai sentirmi soffocare a Londra, ti prometto che sarai il primo a cui ne parlerò e decideremo assieme” “Promesso?” “Promesso” si strinse alla madre nascondendosi nel suo abbraccio “Mi piace il capitano” “Si?” “Mushi dice che ha grandi scuderie e che può insegnarmi la scherma” “Posso farlo anche io” “Si ma voi non ...” “Cosa?” domandò divertita facendogli il solletico, la risata del figlio riempì la stanza riportando in vita Thomas, Beebe entrò reggendo un paio di camice piegate “I bagagli sono pronti signora” “Tutti?” la donna annuì amabile chiudendo l'ultima borsa “Il capitano ha mandato i suoi uomini, volete lasciare la casa ora?” Luis studiò qualche attimo il volto della madre poi un bel sorriso sulle labbra mentre la prendeva per mano sedendosi al suo fianco “Si, si raggiungiamo Charles. Perché non vai ad aiutare Mushi tesoro?” “D'accordo” Beebe scompigliò i capelli del bambino prima di vederlo sparire dietro alla porta “Avete l'aria stanca” “Non ho dormito molto bene” sussurrò massaggiandosi la fronte “Dovreste lasciar uscire i brutti pensieri signora, non si riposa bene con la mente offuscata” “Dal sciocco rifiuto di un uomo testardo?” l'altra alzò gli occhi al cielo raccogliendo dal tavolino gli ultimi libri di Anna “Solo perché rifiuta di vedervi non vuol dire che voi dobbiate fare lo stesso” “No, hai ragione” mormorò stringendo più forte i pugni.
Ci mise pochi secondi appena a comprendere la velocità del pensiero, si alzò dal divanetto sistemando i lunghi capelli.
Un bell'intreccio d'argento e perle ne fermava la maggior parte sul capo ma la loro lunghezza era lasciata libera di splendere su spalle e schiena, una ad una le ciocche vennero raccolte e le mani di Beebe le vennero in soccorso fermando intrecci, sistemando ribelli ciocche dorate “Porta Luis con te, io vi raggiungo” le sorrise dallo specchio annuendo.


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3821348