Harry Potter: il Viaggiatore Temporale

di Colarose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ho più niente da perdere ***
Capitolo 2: *** Un piccolo undicenne ***
Capitolo 3: *** Semplicemente Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Di topi e scherzetti ***
Capitolo 5: *** Buona fortuna ***
Capitolo 6: *** Pozione Rigeneratrice e pregiudizi ***
Capitolo 7: *** I Malandrini ***
Capitolo 8: *** La piccola ramanzina di Harry ***
Capitolo 9: *** Sanguemarcio ***
Capitolo 10: *** Io so ***
Capitolo 11: *** Piccoli sospetti e Cercatori stupidi ***
Capitolo 12: *** Solo per Regulus ***
Capitolo 13: *** Riconciliazioni sgradite e consigli ***
Capitolo 14: *** Era pur sempre suo fratello... ***
Capitolo 15: *** Smascherato ***
Capitolo 16: *** Il caos di Capodanno ***
Capitolo 17: *** L'altra parte di me ***
Capitolo 18: *** Lasciati aiutare! ***
Capitolo 19: *** Il Duellante di Ferro ***
Capitolo 20: *** Castello di Bugie ***
Capitolo 21: *** Le Cucine ***
Capitolo 22: *** Parlando delle stelle ***
Capitolo 23: *** Pozione dell’Euforia ***
Capitolo 24: *** Potter Manor ***
Capitolo 25: *** La scelta giusta ***
Capitolo 26: *** Exulcero ***
Capitolo 27: *** La serva più fedele ***
Capitolo 28: *** E Peter? ***
Capitolo 29: *** La piccola libreria in salotto ***
Capitolo 30: *** Non mentirmi ***
Capitolo 31: *** Ah, i Cooman... sempre a profetizzare! ***
Capitolo 32: *** Viscide, lucide e disgustose ***
Capitolo 33: *** Colpa del cibo e dei pugni ***
Capitolo 34: *** I Veri Mostri ***
Capitolo 35: *** La Notte delle Lacrime ***
Capitolo 36: *** Solo ricordi. ***
Capitolo 37: *** Dai lamenti al putiferio ***
Capitolo 38: *** Rincorrere i segreti altrui, portando solo guai ***
Capitolo 39: *** Cinque minuti prima di dividerci ***
Capitolo 40: *** Il mio posto felice ***
Capitolo 41: *** Egoista. ***
Capitolo 42: *** Marcare il territorio ***
Capitolo 43: *** Imprevisto previsto ***
Capitolo 44: *** I limiti sono solo per i deboli ***
Capitolo 45: *** Sembrava un angelo ***
Capitolo 46: *** Fragilità ***
Capitolo 47: *** Permesso? Quale permesso? ***
Capitolo 48: *** Al rintocco di mezzanotte ***
Capitolo 49: *** Darsi per scontato ***



Capitolo 1
*** Non ho più niente da perdere ***


Non ho più niente da perdere

Harry ormai si trascinava avanti di giorno in giorno, ancora appesantito dalle perdite che aveva subito. Ormai nel Mondo Magico regnava la pace, le persone ricominciavano a vivere, a superare la morte dei loro familiari, quasi tutti, in un modo o nell’altro ritornavano alla loro vita prima che essa fosse sconvolta dalla guerra. Appunto, quasi tutti, il nostro eroe, invece, si crogiolava nei propri sensi di colpa, isolato dal mondo e impegnato a trovare la forza necessaria per riprendere in mano le redini della propria vita.

Perché certo, il destino aveva deciso che far perdere a Harry i suoi genitori, Sirius Black e Albus Silente non bastava, infatti aveva deciso anche di togliergli Remus, Tonks, Ron, Hermione e Ginny. Harry ormai aveva capito che il destino ce l'avesse con di lui, probabilmente quest’ultimo si era accanito sulla sua vita, deciso a renderla il più dolorosa possibile. Era stato un trauma per lui vedere i suoi amici di sempre, la donna che amava e quello che considerava come uno zio, stesi a terra con sguardi vitrei. Era stato ancora più un trauma vedere l’intera famiglia Weasley piangere tre dei componenti della loro famiglia ormai morti.

Harry si riteneva responsabile, non andava più alla Tana da un mese, non ce la faceva, davvero, a vedere i loro volti senza essere assalito dai sensi di colpa. Quindi eccolo lì, che nel cuore della notte si agitava nelle coperte come un forsennato, in prenda agli incubi. Eppure, proprio quella notte fece anche un sogno, non solo incubi.

Harry non sapeva con esattezza dove si trovasse. Insomma, esiste una parola nel vocabolario inglese per chiamare un luogo bianco e vuoto? Forse non avete capito: bianco, solo ed interamente bianco, pareva non avesse confini. Persino il pavimento era strano, Harry sapeva che poggiava i piedi su qualcosa, ma era come essere sospeso nel vuoto. Quel luogo gli dava una sensazione di pace e… serenità? Sì, serenità, si sentiva in pace con il mondo e felice. Era simile al luogo dove aveva incontrato Silente, ma non vedeva niente che somigliasse a King’s Cross, ed era sicuro che non avesse rischiato di morire ultimamente per finire in quello strano limbo. In lontananza vide delle figure, camminò incerto verso di loro, ma si bloccò quando le riconobbe. Harry stava rischiando davvero di svenire. Una bellissima donna dai capelli rossi ed occhi identici ai suoi camminava affiancata da un uomo con una zazzera di capelli neri che la circondava con un braccio per la vita, camminando insieme a lei.
«Mamma… Papà…» esalò Harry incredulo. Lily Potter restò semplicemente a guardarlo, felice di poter vedere suo figlio e incapace di proferire parola. James, invece, dopo il primo minuto di estasi si riprese e fece un sorriso smagliante.

«Siamo fieri di te, Harry» disse semplicemente, deciso a farlo sapere subito a suo figlio.

Harry fece un sorrisetto incerto: lui non lo era poi così tanto. «Perché?» chiese infine, suo padre aggrottò le sopracciglia, perplesso da quella domanda insolita.

«Per tutto» rispose per lui Lily.
«Ho fatto morire tante persone, non sono stato capace di proteggere le persone che amo. E io, ancora una volta, sono sopravvissuto, quando loro lo meritavano più di me» buttò fuori Harry.Lily fece un sorriso dolcissimo.

«Non darti colpe che non hai, figliolo. Ti assicuro che stanno bene, e che sono felici di essere morti per una giusta causa. Tu hai fatto tutto il possibile per loro, e questo è l’importante» rispose il  padre.

«Hai rimpianti?» gli chiese Lily. Harry sospirò.
«Sì» rispose infine, con lo sguardo Lily lo esortò a continuare «Il fatto di non aver potuto fermare prima questa guerra, o di non avervi conosciuto meglio, per esempio»

James Potter fece un sorrisetto malandrino. «Si può rimediare, no?»
Lily sorrise, poi guardò suo figlio con sguardo serio «Harry.»
«Si?» lei sospirò.
«Io ti do la possibilità di non avere questi rimpianti. Io potrei… mandarti indietro nel tempo, se vuoi»

Harry la guardò incredulo, poi sentì la voce di Hermione rimbombare nella propria testa «Cose terribili succedono ai maghi che si intromettono nel tempo» mormorò Harry come in trance.

«Lo sappiamo. Ne abbiamo discusso a lungo con Silente, e abbiamo deciso che sarà una scelta tua. Non volevamo privarti di questa alternativa. Noi ti sosterremo sempre Harry, qualsiasi sia la tua scelta» disse James.

Harry ci pensò un po’ e fece la scelta che più ci si aspettava da lui. «Accetto» proclamò infine.

I suoi genitori annuirono lentamente. «D-dammi la mano» balbettò Lily con voce tremante, incredula di star gettando il proprio figlio in un’avventura pericolosa. Si afferrarono la mano, e anche James si unì alla stretta.

«Sei sicuro?» si accertò Lily.
«Non ho più niente da perdere» disse deciso Harry.

Detto questo Lily lo guardò con amore e preoccupazione e chiuse gli occhi. Harry si ritrovò a emanare luce bianca, e prima di scomparire disse quel che si era tenuto dentro da troppo tempo:

«Vi voglio bene.»

E così ci fu un nuovo inizio, con risvolti negativi o positivi, questo ancora non si sa.










Angolo Autrice
Ehilà gente!
Questa è la mia prima fanfiction, quindi siate clementi. Sono accettate critiche furchè siano costruttive.
Eh si, come potete leggere, ho fatto morire Ron, Hermione e Ginny, ma era necessario! Dovevo trovare un motivo che spingesse Harry a lasciare per sempre quel "tempo", dove ormai non ci sono più persone che ama particolarmente, si sente un po' abbandonato e questo lo spinge a cercare di cambiare la storia. Ci tenevo a dirvi che ho preso un po'  ispirazione da una fanfiction chiamata "The fifth Marauder" di foxfeina che, ahimè, è incompleta ma con solo due capitoli mi ha rapita.
Credo che aggiornerò venerdì prossimo e se ce la faccio anche prima
e Ciriciaooo





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 2
*** Un piccolo undicenne ***


Un piccolo undicenne

Quando Harry aprì gli occhi, ancora stordito, ci mise un po’ ad elaborare il pensiero che di certo la sua camera non fosse a cielo aperto, fatto sta che quando ci riuscì fece un tale balzo che se qualcuno lo avesse visto lo avrebbe paragonato ad una lepre.
 
Gli bastò un’occhiata per capire dove si trovasse, in effetti il castello di Hogwarts di fronte a lui non passava inosservato. Era nel parco della scuola e Harry avvertiva un silenzio innaturale, suppose quindi che non ci fosse nessuno studente e che fossero le vacanze estive.
 Si sistemò gli occhiali ancora storti sul naso, e nel farlo vide la sua mano. La sua piccola mano, la mano di un bambino. Si tastò il corpo con crescente agitazione, e ne ebbe la conferma, era un bambino.
 
Ma questo non glielo avevano detto, affatto. Cercando di calmarsi, fece un paio di respiri profondi. Ma chi voleva prendere in giro? Avete mai sentito una storia che parla di un mago che va indietro nel tempo attraverso un sogno e che si risveglia nel suo corpo da bambino? Harry no.
 
Decise di incamminarsi verso il castello, tanto meglio di stare impalato in mezzo al parco. Quando varcò la soglia un’ondata di famigliarità lo invase, e per un po’ si perse nei ricordi, mentre camminava per quei corridoi senza una meta precisa. A ridestarlo da quel turbine di malinconia fu la sua goffaggine, rischiò infatti di cadere faccia a terra per mezzo di un gradino.
 
Cascando dalle nuvole, restò un attimo confuso, per poi ricordarsi che non era decisamente il momento di vagare nei ricordi. Al terzo piano si imbatté in Nick-Quasi-Senza-Testa che volteggiava annoiato guardandosi intorno.

«Nick!» lo chiamò. Lui si voltò piuttosto infastidito dall'impertinenza, ma quando lo vide restò sorpreso.

«Un bambino?! Ma che ci fai qui!?» sbottò confuso.

«Che giorno è oggi?» chiese Harry ignorando la domanda del fantasma. Quest’ultimo lo guardò ancor più confuso.

«Il 26 agosto» rispose.

«E… che anno?» Harry si sentiva tremendamente stupido.
Probabilmente Sir Nicholas pensò che lo stesse prendendo in giro e rispose in modo irritato: «Il 1971, no? E ora vai a fare queste domande stupide a qualcun altro» detto questo proseguì rapido per la sua strada.
 
Confuso più che mai, Harry restò fermo in mezzo al corridoio deserto. Perché mandarlo così indietro? Da quel che ne sapeva Voldemort aveva creato gli Horcrux, ma non li aveva nascosti dove lui sapeva. Basti pensare che il medaglione era stato nascosto in quella grotta intorno al 1979.
 
Poi, una lampadina si accese all’improvviso nella testa di Harry: nel 1971 i suoi genitori e i Malandrini avrebbero frequentato il primo anno ad Hogwarts. Possibile che i suoi genitori lo avessero mandato lì per conoscerli quando erano ancora undicenni? Pensando che di possibilità ormai ne avesse solo una, prese una decisione.
 
Doveva andare da Silente.

 
*


Albus Silente se ne stava seduto dietro la scrivania, accarezzando Fanny meditabondo. Recentemente c’erano state molte sparizioni, il Ministero stava dando di matto per trovare il colpevole, eppure, Albus aveva un nome che da un bel po’ gli ronzava in testa.
 
Decise di farsi una camminata per i corridoi, a volte lo aiutava a pensare. Quando però aprì il gargoyle si ritrovò davanti un bambino che respirava con fare affannoso.
 
Il Preside lo guardò confuso, che ci faceva un bambino ad Hogwarts in estate? Come aveva fatto ad entrare senza passare per il cancello? Perché, di certo, lo avrebbero avvisato se ci fosse stato un ospite. Il bambino in questione alzò di scatto lo sguardo, Albus notò un certo smarrimento nei suoi occhi, lo vide squadrarlo da capo a piedi come se fosse un fantasma. Il ragazzino parve ritornare in sé e puntò gli occhi sul suo volto, sembrava che non fosse minimamente a disagio in sua presenza, cosa che stupì Silente.

«Salve, Professor Silente» lo salutò.

«Salve» fece Silente con tono allegro, non facendo notare il suo smarrimento. «Vuoi entrare?» chiese accennando al suo ufficio, il ragazzino annuì ed entrambi salirono. Una volta accomodati, Silente rivolse la sua attenzione al suo ospite.

«Vuoi una caramella al limone?» il ragazzino declinò l’offerta e guardò Fanny, quest’ultima gli volò in grembo, lasciandosi accarezzare.

«Vedo che Fanny ti si è già affezionata» commentò Albus con un sorrisetto.  «Ma non mi hai detto ancora il tuo nome.»

«Mi chiamo Harry Potter, signore» rispose immediatamente Harry, per poi maledirsi mentalmente, doveva inventarsi un nome falso!

«Bene Harry, cosa ti porta qui?» chiese Silente curioso.

«Non mi è stata consegnata la lettera per Hogwarts» rispose.
 «Dovevo riceverla settimane fa» aggiunse. Silente annuì.
«Sicuro di essere un mago?»

«Si, ho avuto molti incidenti di magia involontaria.»

«Allora scusaci per la nostra sbadataggine. Vecchio come sono avrò dimenticato di aggiungerti alla lista» concluse Silente un po’ divertito.

«Everand, puoi avvisare Minerva che uno studente di nome Harry Potter non ha ricevuto la lettera?» il mago nel quadro annuì, e passando da un quadro all’altro (cosa che infastidì non poco i presidi) uscì dall’ufficio. Dopo circa dieci minuti, si sentì un bussare alla porta.

«Prego» entrò una donna alta e rigida, non un capello sfuggiva dalla sua crocchia «Ho saputo da Everand che uno studente non ha ricevuto la lettera.» disse, quando notò il bambino occhialuto gli si avvicinò porgendogli una spessa lettera, tenuta chiusa da uno stemma in cera.

«Mi scusi per la dimenticanza, Signor Potter. Sono la Professoressa McGranitt, insegnante di Trasfigurazione» si presentò infine.

«Grazie, professoressa» rispose Harry prendendo la lettera. «Se permettete, devo tornare da mio padre» si congedò Harry alzandosi.

«Arrivederci, Harry» lo salutò gioviale il preside.
«Arrivederci» rispose Harry con un piccolo sorriso prima di uscire dall’ufficio.

Minerva sospirò. «Non era mai capitata una cosa simile.»

«Tutto ha una sua prima volta» rispose semplicemente Silente.
 *

Quando Harry uscì dai cancelli, fu colto da un dubbio: aveva la bacchetta? Perché se così non fosse, era spacciato.
 
Si tastò le tasche e fece un sospiro di sollievo quando la trovò. Aggrottò le sopracciglia quando, tastando le tasche anteriori, notò una protuberanza. Tirò fuori dalla tasca un mini-baule. I suoi genitori avevano fatto le cose in grande, si ritrovò a pensare Harry.
 Sollevato di avere almeno dei vestiti e una bacchetta, rimise il mini-baule in tasca e si smaterializzò. La Traccia non era un suo problema, ce l’aveva già disattivata, poiché essa teneva conto dell’età mentale, non certo dell’aspetto.
Si ritrovò in un vicolo buio, ma Harry sapeva che se usciva da lì c’era il Paiolo Magico.

I soldi.

Gli servivano i soldi per pagare la camera. Prese immediatamente il mini-baule dalla tasca facendolo subito tornare a dimensioni normali. Sperò ardentemente che ci fosse anche qualche galeone là dentro. Quel che gli saltò all’occhio, tra vestiti adatti a un bambino e alcuni da adulto, fu una borsetta. Curioso l’aprì, e quel che la mano ci tastò all’interno, lo lasciò interdetto.
 
 La borsetta era sicuramente dotata di un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile. C’erano tanti galeoni, falci e zellini. Probabilmente c’era tutta la sua Camera della Gringott. I suoi genitori avevano fatto decisamente le cose in grande.
 
Prese il necessario per alloggiare al Paiolo per quattro giorni e se li mise in tasca, poi chiuse il baule e lo rimpicciolì rimettendolo in tasca. Decise di trasfigurarsi, dubitava fortemente che un undicenne, non accompagnato, passasse inosservato.
 
 Diventò più alto e suoi capelli diventarono color paglia, più corti ed ordinati. Gli occhi non se li voleva cambiare, non voleva rischiare di diventare cieco. Uscì dal vicolo indisturbato ed entrò nel Paiolo.

«Salve» gracchiò annoiato Tom, il barista, quando lo vide.

«Salve, quanto costa una camera?» chiese Harry.

«Quattro galeoni a notte» rispose. Harry glieli porse.

«Bene, signor…» si fermò il barista. Harry esitò, e ora che doveva dire?

«Granger… Cedric Granger» concluse Harry dopo un attimo di esitazione.
«Ok, signor Granger, la sua camera è la numero 17» gli porse le chiavi, e dopo averle prese Harry si avviò verso la sua camera.
 
 Non era niente di che, le assi del pavimento emettevano suoni sinistri se camminava, nell’angolo c’era un vecchio armadio e infine c’era un letto fatto in legno con delle coperte logore, probabilmente vecchie di anni. Harry ingrandì il baule e lo mise vicino al comodino, poi si buttò sul letto.
 
Ancora gli sembrava incredibile quel che stava succedendo. Un luccichio di speranza si accese negli occhi del Prescelto.

Speranza che se ne era andata per troppo tempo.

 










Spazio Autrice
Ed eccomi qui! Sono riuscita a pubblicarlo in anticipo, anche se capisco che non è niente di che. Harry è tornato nel 1971 e dovrà affrontare il primo anno ad Hogwart con la vecchia generazione, come avete visto. So che è molto addietro, ma ci tenevo a realizzare questa idea. Spero vi piaccia, ed al prossimo capitolo! 
 

 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 3
*** Semplicemente Hogwarts ***


Semplicemente Hogwarts

Harry scattò come una molla non appena la sveglia suonò. Era il grande giorno: sarebbe partito per Hogwarts!
 
Quei giorni erano passati in un attimo, aveva avuto solo cinque giorni per prepararsi alla meglio. Il primo giorno aveva girato per Diagon Alley, comprando tutto il necessario, aveva aperto un conto bancario alla Gringott, intestato Granger, e incredibile ma vero, aveva comprato un libro di Occlumanzia, i restanti 4 giorni li aveva passati a esercitarsi con gli incantesimi, leggendo i libri in più che aveva comprato, e a costruire delle deboli barriere mentali. Si sarebbe esercitato di più in seguito, per farle quantomeno decenti. Una cosa che lo consolava, era che Silente non approfittava della sua abilità di Legilimens, la usava solo in casi di estremo bisogno.
 
Uscito dal Paiolo, salutando il barista, ritornò bambino e si smaterializzò a King’s Cross. Apparì dietro una colonna, fortunatamente nessuno aveva fatto caso alla sua apparizione dal nulla.
 
C’era molta gente, e grazie a questo si confuse in mezzo alla folla. Si diresse vicino alla barriera tra il binario nove e dieci, e l’attraversò di corsa. Harry guardò il treno sentendosi incredibilmente felice, era da tanto che non sentiva questa sensazione.
 
Davanti a lui si ergeva il binario 9¾, le famiglie si apprestavano a salutarsi, e tra abbracci commoventi e raccomandazioni dei genitori, si sentiva il fischiare di un treno che emetteva sbuffi di fumo: ormai stava per partire. Ci salì sopra, alla ricerca di uno scompartimento vuoto.

 
*



Remus non sapeva bene come si sentisse. Era euforico ma allo stesso tempo terribilmente preoccupato. Finalmente ci stava andando, come un qualsiasi bambino normale! Sapeva che fosse un'illusione, lui non avrebbe mai potuto essere una persona normale.
 
Guardò fuori dal finestrino, salutando i suoi genitori per l’ultima volta sventolando la mano mentre il treno si apprestava a partire. Sapeva che erano preoccupati, come lui del resto, ma questo loro non lo sapevano, si era mostrato felice e sicuro di sé, sapeva che se i suoi genitori avessero saputo che lui aveva paura sarebbero tornati sulle loro decisioni, rischiando di non andarci più.
 
Quando Silente gli aveva detto che poteva frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts gli era sembrato un miraggio. E no, non voleva perdere questa occasione, a Hogwarts voleva andarci, a dispetto delle sue paure. Ce l’avrebbe fatta a resistere? E se avesse attaccato qualcuno riuscendo a uscire dal suo rifugio? Avrebbe avuto degli amici? E se qualcuno lo avesse scoperto?

Già si immaginava la sua vita da solitario ad Hogwarts, probabilmente sarebbe stato da solo anche nel viaggio in treno. Eppure, dopo pochi minuti, la porta si aprì di scatto.

«Sono occupati?» chiese il bambino sulla soglia, accennando ai posti liberi.
«No no, siediti pure» lo invitò Remus gentile. Insieme misero il baule nel porta bagagli e si sedettero. Si osservarono a lungo, non sapendo che dire. Il bambino di fronte a lui era piuttosto magrolino, aveva dei capelli sparati in tutte le direzioni e degli stupefacenti occhi verdi cerchiati da degli occhiali rotondi, inoltre, cosa alquanto stramba, aveva una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Il ragazzino gli sorrise e gli porse la mano.

«Harry Potter» si presentò, Remus strinse la mano presentandosi a sua volta.

«Remus Lupin.»

«Devi fare anche tu il primo anno?» gli chiese Harry, Remus annuì.

«Secondo te a che casa finirai?» continuò Harry curioso.

«Non lo so, forse Corvonero, oppure Tassorosso» rispose Remus incerto, il bambino lo perforò con i suoi occhi intensi, Remus si sentì messo a nudo, sembrava che gli stesse leggendo l’anima.
 
Quando guardò a sua volta gli occhi del moro, rabbrividì per quello che vi lesse dentro, c’era tanto dolore, ma anche speranza, Remus si chiese vagamente quanto fosse forte un ragazzino per trovare ancora della speranza in mezzo a tanto dolore. Infine Harry sorrise, un sorrisetto vagamente malizioso che lasciò confuso Remus.

«Per me sarai un Grifondoro!» esclamò risoluto, facendo aumentare la confusione di Remus: un Grifondoro?! Lui?! Non aveva poi così tanto coraggio.

«Un Grifondoro?! Come fai a dirlo?» chiese Remus sorpreso.

«È una sensazione» rispose semplicemente Harry, facendo spallucce. Remus aggrottò le sopracciglia, piuttosto scettico.
 
«Non credo di essere così coraggioso, Harry» rispose Remus. «Insomma, non ho mai fatto niente di coraggioso!» aggiunse.

«E chi ti dice che il coraggio debba essere visibile?» Remus tacque, soppesando le parole di Harry. Alla fine annuì, non tanto sicuro.

Passò la signora del carrello, e per la gioia di Remus comprarono un bel po’ di Cioccorane e delle caramelle Tutti i Gusti +1.

«I tuoi genitori sono maghi?» chiese Remus.

Harry esitò «Mia madre è una strega e mio padre un Babbano» mentì «I tuoi?» chiese.

«Anche per me è così, solo che è il contrario.»

«Come l'ha presa tua madre?» chiese Harry.
 
«Non era ancora nato quando l’ha saputo, ma mio padre mi ha detto che essendo di mentalità aperta l’ha presa bene. Tuo padre?»

«È svenuto e mia madre lo ha svegliato. Poi con qualche difficoltà è riuscito ad abituarsi alla scoperta” rispose Harry con un sorriso, Remus ricambiò divertito, immaginandosi un signore che cadeva a terra svenuto mentre vedeva un vaso volare...

Passarono il resto del viaggio così, scherzando, conoscendosi e mangiando caramelle.

 
 *



James guardava estasiato il paesaggio che gli si parava di fronte a lui. Grande ed imponente, Hogwarts si ergeva in tutta la sua bellezza medievale.
 
 I primini erano sulle barchette per attraversare il Lago Nero, e tutti avevano la sua stessa espressione. Gettò un’occhiata a Sirius accanto a lui. Lo aveva conosciuto in treno, gli era simpatico, avevano parlato come se si conoscessero da una vita e sperava ardentemente che finissero nella stessa casa.
 
Scesero dalle barchette e entrarono nella scuola dal grande portone del castello. Si trovavano in un atrio e di fronte a loro c’era una signora, che James suppose fosse una professoressa. Aveva un'espressione severa e la postura rigida.

«Grazie Hagrid, vai pure al tavolo degli insegnanti, da qui ci penso io» disse la donna al guardiacaccia. La professoressa li condusse fino a una stanzetta vuota, la donna attese che tutti entrassero prima di parlare:

«Benvenuti a Hogwarts. Il banchetto per l’inizio dell’anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima verrete smistati nelle quattro case: Tassorosso, Corvonero, Grifondoro e Serpeverde. Per il tempo che resterete ad Hogwarts, i successi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell’anno, la Casa con più punti vincerà la Coppa delle Case, il che è un grande onore. La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Tornerò appena saremo pronti per la cerimonia» detto questo se ne andò. I bambini presero a parlare concitati, alcuni dicevano che si dovesse duellare contro un insegnante e altre prove strane, alcuni invece dicevano esasperati che si dovesse solo indossare un cappello. Sirius era stranamente taciturno.

«Siry, secondo te cosa ci faranno fare?» chiese James.

«Non lo so, i miei genitori non me l’hanno mai detto. E non chiamarmi Siry!»

«Perché non dovrei, Siry?» chiese innocentemente James. «Siry è un nomignolo così bello! Puccioso, amorevole…» James fece un sorrisetto malizioso, e avrebbe pure continuato se non fosse stato interrotto.

«Non devi chiamarmi così perché io non sono così!» ringhiò Sirius.

«Mettetevi in fila e seguitemi» la professoressa era tornata, ordinatamente tutti i bambini si misero in fila. Attraversarono di nuovo la Sala d’Ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte ed entrarono nella Sala Grande. James guardò incantato il soffitto, che rifletteva il cielo fuori, in quel momento era trapuntato di stelle.
 
Si diressero fino al tavolo degli insegnanti e la professoressa, senza far rumore posizionò uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello piuttosto logoro. Il cappello si contrasse, uno strappo vicino al bordo si spalancò assomigliando molto a una bocca, e lui cominciò a cantare

Vi sembrerò vecchio e malandato 
scucito e rattoppato
ma non ci si inganna alle apparenze
conoscete prima di far sentenze.
Altri come me non ci sono

da mille anni or sono.
Le vie della vostra mente
al mio potere son tutte aperte.

Indossatemi e ascoltate:
La mia decisione è ove da oggi restate.
Chi ha coraggio, audacia e cavalleria
Grifondoro è la vostra via.
Impavidi e fieri
dei cavalieri!
Corvonero, saggio e di grande intelletto
svegli e pronti di mente 

ragione e sapienza lì vanno a braccetto.
Oppure Tassorosso
pazienti a più non posso
il duro lavoro è sempre premiato
qui la lealtà è un primato.
Forse Serpeverde: quei tipi ambiziosi,
in astuzia provetti, per nulla pivelli
fino alla fine intraprendenti.
Fidatevi, non ho mai sbagliato

ma già troppo ho parlato.
Indossatemi pure!
Io son il cappello Parlante!

La Sala scoppiò in un fragoroso applauso.

La professoressa si fece avanti con un lungo rotolo di pergamena.
«Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.»

Incominciò a chiamare. La prima fu «Acevedes Roxanne!» la bambina posò il cappello in testa «CORVONERO!» dopo che un certo Boulding fu smistato a Tassorosso, arrivò il turno di Sirius.

«Black Sirius!» Sirius si avvicinò cercando di fare una camminata più naturale possibile per mascherare il nervosismo, e si mise il cappello in testa. Dopo circa due minuti il cappello urlò «GRIFONDORO!»
 
 «Bennett Susan!» «GRIFONDORO!» «Cox Alban» «SERPEVERDE!» furono chiamati Copson e Dillard, e dopo venne il turno della ragazzina dai capelli rossi che aveva incontrato in treno. O meglio, con cui aveva litigato.
 
«Evans Lily» la bambina camminò ansiosa verso lo sgabello, si sedette e indossò il Cappello Parlante «GRIFONDORO!», la vide gettare un sorrisetto dispiaciuto a quell’olio vivente di Mocciosus. E continuò ancora per molto, mentre James aspettava paziente, doveva essere abolita questa cosa dell’ordine alfabetico.

«Lupin Remus» un bambino si fece avanti e indossò il Cappello «GRIFONDORO!» lo vide gettare uno sguardo stupito e un sorrisetto verso qualcuno dei primini rimasti, ma non capì a chi.

 «MacDonald Mary» una bambina con una corta chioma corvina si posizionò il Cappello sul suo capo. «GRIFONDORO!» «Marchal David!» «CORVONERO!» «Mulciber Avery» «SERPEVERDE!» «Minus Peter» dopo quattro minuti il Cappello si decise a parlare prima che James lo strozzasse «GRIFONDORO!»
Dopo cinque studenti di cui a James non importava un emerita ceppa, finalmente venne il suo santo nome:

«Potter James» James quasi saltò dalla gioia e quasi corse verso il cappello gettandoselo in testa impaziente.

«Quanto coraggio, ragazzo mio! Vedo un certo disprezzo per le regole, e lealtà verso gli amici, talento da vendere… Sei senza dubbio GRIFONDORO!»

James si diresse verso il tavolo festante di Grifondoro e si sedette accanto a Sirius.

«Potter Harry» James guardò sbigottito il bambino, pressoché identico a lui, indossare il Cappello.

«È un tuo parente?» gli chiese Sirius
«No, mi pare di no» rispose James aggrottando le sopracciglia, confuso. Erano terribilmente uguali, eppure non era un suo parente...

«GRIFONDORO!» Harry Potter si diresse verso il tavolo di Grifondoro, sedendosi accanto a Remus Lupin, che, guarda caso, era di fronte a James e Sirius. Quest’ultimo spostava lo sguardo da Harry a James, da James a Harry e viceversa. Quando lo smistamento finì Silente si alzò con le braccia aperte, quasi come ad abbracciare tutti gli studenti.
 
«Benvenuti a Hogwarts per gli studenti più giovani e bentornati a quelli più anziani. Non sto qui a farvi un discorso, più che altro vi dico: abbuffatevi!» detto questo si sedette, nei piatti comparve del cibo, e Sirius gli si buttò sopra come una belva.

«Era ora!» anche James si servì qualcosa, fino al discorso di Silente lui e il ragazzino si erano guardati negli occhi, uno bianco come un cencio e l’altro incuriosito, James sentiva che ci fosse una specie di strana chimica tra loro.

«Ciao! Siamo per caso imparentati?» chiese al ragazzino con un sorriso smagliante.

«No… n-non credo. Ho il padre Babbano» rispose quello balbettando a disagio.

«Ehi, ma che hai sulla fronte?» chiese Sirius aggrottando le sopracciglia incuriosito, vincendo il Premio Nobel per Indelicatezza.

«È una cicatrice» rispose vago Harry, acquistando un po’ di colorito.

«Con questa forma stramba?» chiese Sirius perplesso.

«Che ci posso fare. Potevo mai decidere io la forma?» rispose Harry facendo spallucce con sorrisetto divertito. James ridacchiò.

«Come te la sei fatta?» chiese poi quest’ultimo, Harry si prese un attimo per rispondere.

«In un incidente d’auto, un pezzo di vetro è saltato e mi ha inciso questa strana forma sulla testa.»

«Audo?» chiese stranito il Black.

«Ma sì, Sir! Quelle specie di scatole che i Babbani usano per spostarsi!» rispose James convito, il ragazzino affianco a Harry fece sfuggire una piccola risatina.

«Perché ridi?» chiese James leggermente offeso.

«Scusami, ma penso che definire un auto “scatola” non sia proprio la definizione adatta» commentò Remus divertito.

«Io credo che i Babbani siano dei geni! Insomma come si fa a vivere senza magia?» disse James con sorriso.

«Finchè non sai che esiste, non ne hai bisogno, no?» fece Remus.
James annuì. Passarono il resto della cena a chiacchierare del più e del meno, finchè Silente non li congedò.
*
 
I quattro ragazzi fissarono il baule sul quinto letto della stanza.

«Secondo voi di chi è?» chiese Sirius, Remus si avvicinò al baule.

«È di Peter Minus» rispose infine.

«Come fai a saperlo?» chiese James.

«È scritto» rispose semplicemente Remus.

«Ah» fece James dandosi delle stupido. «Beh, lo vado a cercare, che ne dite?», gli altri annuirono, e James si diresse verso la porta. I tre si sedettero stanchi sui loro letti: troppe emozioni in un giorno. Ma nessuno era più provato di Harry, che in quel momento stava ingaggiando una lotta interiore. Sapeva che doveva comportarsi normalmente, altrimenti avrebbe sollevato sospetti. Stava cercando un motivo per cui in quel momento non dovesse odiare Minus.
 
La porta si aprì, rivelando James con accanto un bambino piuttosto basso e grassottello, con dei grandi occhi acquosi, dei capelli color paglia, con un'aria impacciata e timida.
 
«Ciao» squittì.

Ed Harry si rese conto che un motivo forse c’era: Minus non aveva ancora tradito i suoi genitori, era ancora un ragazzino. Si, era meglio pensarla così, voleva pensare che il Minus che aveva conosciuto e Minus, amico dei Malandrini, fossero diversi.
 
Tutti si presentarono, anche Harry, con un sorriso decisamente forzato. Si misero il pigiama, e si ficcarono sotto al letto, stanchi delle tante emozioni provate quella giornata.

«Buonanotte Siry» si sentì una voce nell’oscurità.
 
«Buonanotte Jam.»

«Che razza di nome è Jam?»

«È il diminutivo di James»

«Ma è orribile!».

«Stiamo parlando di Siry o Jam?» domandò Sirius ironico nell’oscurità.

«Ma non dire baggianate, Siry suona bene. Jam fa venire un arresto cardiaco».

«Certo, allora io sono un Mago Oscuro».

«Merlino, Sirius! Mi sembravi…».

«Razza di idiota!» si udì uno spostamento d’aria e poi un tonfo.

«Ma si può sapere che vi prende?!» Sbottò una terza voce. Ops, Sirius aveva colpito il letto a destra invece di quello di sinistra.
 
«Scusa Harry, volevo colpire James».

«Ti colpisco io!» James lanciò un cuscino a Sirius che lo colpì in pieno.
I due iniziarono a prendersi a cuscinate, poi un cuscino li prese entrambi di sorpresa. 

«Ma la volete smettere?» era Remus, che aveva acceso la luce per vederci qualcosa. James e Sirius si scambiarono un sorriso… malandrino. Iniziarono a riempire di cuscinate il povero Remus.

E fu così che ebbe inizio la grande battaglia, in cui tutti, in un modo o nell'altro, si ritrovarono coinvolti.
 











Spazio Autrice
Ecco a voi il terzo capitolo! Come vedete è piuttosto lungo. Ho saltato i cinque giorni in cui Harry  è stato al Paiolo Magico,semplicemente perché ritenevo inutile descrivere dei giorni in cui non succedeva niente di che, credo che sarebbero stati piuttosto noiosi. Ci ho messo un po’ di tempo a fare la filastrocca del Cappello Parlante, so che non è il massimo, ma ho fatto del mio meglio. Ho voluto concludere il capitolo con una battaglia di cuscini, perché, sono pur sempre futuri malandrini, e non mi piaceva l’idea che filassero subito a letto. Spero che vi sia piaciuto, recensite e ci vediamo al prossimo capitolo ( :





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 4
*** Di topi e scherzetti ***


Di topi e scherzetti

 
Sirius quella mattina non ebbe un risveglio piacevole.
 
Stava dormendo tranquillamente nel suo amato letto a baldacchino, quando ad un tratto James Potter aveva deciso che i timpani di Sirius non erano degni di vivere, progettando un timpanicidio(?).
 
Aveva spostato malamente Harry che cercava di svegliarlo con le buone, e gli aveva urlato dritto nell’orecchio facendolo cadere dal letto per lo spavento. E ora si trovava lì, seduto a terra, a massaggiarsi la schiena per la botta.

«Ma ti è andato in pappa il cervello?» ringhiò Sirius, mentre James rideva senza ritegno.

«Dobbiamo prepararci» giunse la voce di Remus.
 
Di malavoglia Sirius si alzò dal pavimento, mentre la sua mente già progettava vendetta, e prese la divisa dal baule. Senza dire una parola, si diresse in bagno e chiuse la porta dietro di sè. I ragazzi presero a vestirsi e prepararsi, Minus stava avendo particolari difficoltà ad annodare la cravatta, Harry cercava disperatamente di appiattire i suoi capelli, ben sapendo che non ci sarebbe mai riuscito e Sirius stava litigando con un ciuffo di capelli che non voleva saperne di togliersi dagli occhi.

 
 *

«Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure» mormorò Sirius leggendo il foglio che gli aveva consegnato la McGranitt prima che una marea di gufi entrasse in Sala Grande.
 
Un gufo nero e regale si posò con eleganza di fronte a Sirius, porgendogli una lettera. Sirius la prese e trattenne il fiato, l'aprì e cominciò a leggere mentre la sua espressione si faceva man mano più arrabbiata.
 
 La lettera era da parte dei suoi genitori. Ribadivano e sottolineavano in continuazione il disonore che aveva portato ai Black, di non frequentarsi con la feccia, e gli dicevano di non tornare a casa per Natale. Quando finì di leggere si vide strappare il foglio da mano.
 
James aveva preso il foglio e lo stava strappando tranquillo, poi con indifferenza lo appallottolò e lo posò sul tavolo.

«Sono stato uno stupido» mormorò amaro Sirius, ricordandosi quando il cappello gli avesse chiesto di scegliere se stesso o il suo cognome.

«Non dire cretinate» disse fermo James incatenando i suoi occhi a quelli di Sirius «Se non ti accettano per quel che sei, loro hanno qualche problema, non tu. È inutile cercare di non essere ciò che sei, Sirius» Sirius annuì lentamente.

«Io l'avevo detto che eri un tipo apposto» disse James compiaciuto. Sirius sorrise divertito.
 
«Sono onorato di esserlo» ribattè Sirius.

 
 *

Era passata ormai una settimana, e in poco tempo Harry si era conquistato la fama di studente prodigio senza neanche volerlo.
 
I professori erano piacevolmente impressionati, per non parlare della McGranitt, che non aveva mai visto uno studente che trasfigurasse un fiammifero in un ago al primo tentativo.
 
Harry, intanto, all'insaputa di tutti, si stava esercitando su magie del settimo anno e con gli incantesimi non-verbali, e lo faceva anche durante le lezioni, cercando di non dire la formula degli incantesimi più semplici.

Era sabato pomeriggio ed Harry stava morendo dalla noia. Si era anche esercitato con alcuni incantesimi e aveva anche provato a finire il tema di Pozioni, ma alla fine lo aveva rimandato a più tardi, non c’era niente da fare, non riusciva a concentrarsi.
 
Decise di farsi un giro per i corridoi.
 
 Incontrò Remus che lo informò che era stato in biblioteca per finire il tema di Pozioni. Harry stava giusto per che chiedergli di aiutarlo a finire il suo quando Sirius e James sfrecciarono davanti a loro come treni e svoltarono a sinistra. Poco dopo Argus Gazza, presentandosi in tutta la sua bruttezza si avvicinò a loro.

«Avete per caso visto Potter e Black?» chiese il custode. Poco c’era voluto prima che Gazza conoscesse i nomi dei due studenti. In una settimana avevano invaso l’ufficio del poverino di Caccabombe, colorato Mrs Purr di rosa shocking e si erano fatti beccare a zonzo per i corridoi di notte.

«Sono andati a destra» rispose Harry provando a essere il più innocente possibile. Gazza prese il corridoio opposto a quello dei ragazzi sparendo poco dopo. Uscirono James e Sirius (nascosti finora dietro un’armatura) ancora con un po’ di fiatone.

«C’è mancato poco» sussurrò Sirius avvicinandosi ai due.

«Grazie Harry» disse James.

«Che avete combinato?» chiese Remus esasperato.

«In verità non abbiamo fatto niente» rispose James, Remus alzò un sopracciglio, scettico.

«Ok, non proprio così» disse James con un ghigno.

«Diciamo che casualmente un secchio d’acqua gli è caduto addosso, mentre noi eravamo nelle vicinanze» corresse Sirius con lo stesso ghigno.
 
«Nel posto sbagliato, al momento sbagliato» disse James, facendo spallucce.

«Certo» borbottò Remus.

«Ora dobbiamo fare ehm… i compito» inventò Sirius voltandosi.

«Che scherzo avete intenzione di fare?» chiese Harry prima che potessero muovere un passo.

«Sei sordo Harry? Andiamo a fare i compiti» rispose James.

«Ah peccato, volevo darvi una mano» disse Harry facendo spallucce. Si trovò tre facce a guardarlo confuse.

«Darci una mano?» fece James con un sorriso eccitato, ricordandosi la bravura dal compagno.

«Sai, James, i compiti possono aspettare» disse Sirius con un ghigno.

«Harry, è contro le regole!» affermò Remus.

Ma Harry aveva ormai deciso di divertirsi un po’, infrangendo le regole senza rischiare la vita.

«Quindi?» chiese Harry rivolto a Remus con un sorrisetto furbo, Remus lo guardò scandalizzato.
 
«Sei nel gruppo» proclamò James felice, sentendo uno strano orgoglio nascergli in petto.

«Allora, stavamo pensando di invadere di topi il dormitorio delle ragazze del terzo anno. In particolare quello di una tizia di cognome Wills” sussurrò Sirius mentre si incamminavano verso la loro Sala Comune.

«Perché volete farle uno scherzo?» chiese Remus.

«Ha fatto la spia dicendo che avevamo le Caccabombe alla McGranitt» rispose James.

«Comunque mi dispiace per voi, ma non si può entrare nel dormitorio delle ragazze» disse Remus cercando di farli desistere.

«Ma che galantuomo» commentò Sirius con un sorriso canzonatorio. Remus arrossì leggermente.

«In Storia di Hogwarts c’è scritto che Godric Grifondoro fece un incantesimo sulle scale dei dormitori femminili. Qualunque maschio avesse solo provato a salire le scale, queste si sarebbero trasformate in uno scivolo facendolo cadere a terra» Li informò Remus.

«Cosa?!» esclamò James scandalizzato.

«Ma che mancanza di fiducia!» esclamò Sirius indignato.

«Ho già trovato la soluzione a questo» disse Harry.
«Il Wingardium Leviosa!» esclamò James colto da un'illuminazione scambiandosi uno sguardo con Harry.

«E dove li prendete i topi?» chiese Remus quasi sfidando Harry a trovare una soluzione.

«Portatemi uno mucchio di inutili cianfrusaglie e farò io» rispose Harry.
 


Remus osservò Harry mentre prendeva una piuma rotta e puntava la bacchetta su di essa.

«Snufflifors» disse Harry ondeggiando la bacchetta. Immediatamente la pergamena cominciò a cambiare, prese ad ingrandirsi, a diventare più pelosa, spuntarono delle zampe e una coda, poi si sentì uno squittio. In mano a Harry c’era un piccolo topo, che mise nella gabbia che una volta era del gufo di Sirius.
 
I primini osservarono sorpresi il topolino che si muoveva curioso.

«Ma non l’abbiamo ancora imparato!» esclamò Remus.

«Ho anticipato il programma» si inventò Harry su due piedi.

«Come si fa?» chiese Remus armandosi di bacchetta. Harry lo spiegò a Remus, che dopo una decina di tentativi riuscì a trasfigurare una pergamena in un topo. James invece ci riuscì dopo otto tentativi, subito dopo seguito da Sirius. Quando tutti riuscirono a trasfigurare gli oggetti in topi, ne avevano fatti un totale di cinque topi, ognuno ne aveva fatto uno, tranne Harry, che ne aveva fatti due.
 
Remus si era trovato, senza neanche accorgersene, a partecipare allo scherzo. Decisero di agire quella stessa notte. Remus fece da palo, Harry fece levitare uno per volta James e Sirius in cima alle scale, e gli ultimi due si occupavano di infestare il dormitorio della Wills.

Vi basti sapere, che la mattina dopo, la Torre di Grifondoro fu svegliata dagli strilli di alcune ragazze.





Angolo Autrice

Mi scuso per il ritardo, ma ero arrivata a un certo punto del capitolo che non sapevo come continuare.  Spero vi sia piaciuto il capitolo e ringrazio coloro che leggono questa storia. Al prossimo capitolo (:
   
 
 




Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 5
*** Buona fortuna ***


Buona fortuna


Harry era in Sala Comune a fare il tema di Incantesimi che avrebbe dovuto consegnare da lì a un’ora. James e Sirius stavano giocando a spara schiocco e Remus stava spiegando a Minus una pozione, ovviamente basandosi solo sulla teoria (Harry aveva scoperto che Remus non andava molto d’accordo con la materia).

Parlando di Minus, il corvino non sapeva dire, quando esattamente se lo fossero trovato intorno.
 
Si ricordava che James voleva andare ad esplorare il terzo piano, e tutti e quattro, sotto il Mantello d’Invisibilità, erano usciti dal ritratto. Ma qualcuno, probabilmente Sirius, aveva calpestato il Mantello ed erano caduti uno addosso all’altro. Nelle vicinanze c’era Minus, che li aveva visti comparire dal nulla ed era pressoché scioccato. Dopo che si furono alzati, Remus aveva chiesto ad un tratto e gentilmente a Minus se volesse venire con loro, ricevendo un flebile  «Sì» come risposta. Da quella notte, Minus li seguiva da ogni parte come un bravo cagnolino. O come un topolino, dipende dai punti di vista.

Harry vide con la coda dell’occhio James ghignare e prendere di nascosto la bacchetta. Seguì il suo sguardo. Lily Evans stava entrando dal ritratto con una borsa piena di libri, accompagnata da Alice Prewett che parlava concitata. Un colpo di bacchetta, una formula sussurrata, e i capelli da rosso passarono a verde. Passò qualche secondo, nel quale Lily si voltò lentamente guardando una ciocca di capelli verdi. Un altro secondo, nel quale Lily ispezionò la Sala Comune con un suoi occhi fiammeggianti, individuando Potter che ghignava. E poi, ci fu l’esplosione.
 

«POTTER! RIMETTILI SUBITO APPOSTO!» Urlò Lily infuriata.

«Cosa?» James guardò Lily fintamente confuso, la bacchetta già nascosta nella tasca «Non ho fatto niente. Non tutte le disgrazie che ti capitano sono colpa mia, Evans» continuò innocentemente.

«Certo Potter» ribatté la-non-più-rossa, sarcastica «Dillo a qualcuno con i tuoi stessi neuroni, che forse ci crede.»

«È un complimento?».

«POTTER!» Urlò Lily al limite della pazienza, trattenendosi dal fargli una fattura. James sorrise.

Harry si chiese come suo padre riuscisse a cambiare comportamento da un momento all’altro. Perché James, con gli amici, non era così. Harry trovò piuttosto odioso il sorriso arrogante di James in quel momento.
 
«METTIMELI A POSTO!» continuò, mentre Sirius sghignazzava apertamente.

«Ma perché Evans? I tuoi capelli si abbinano meravigliosamente con i tuoi occhi» rispose James. Lily evitò di dirgli che sembrava più una lattuga che altro.
 
«Idiota degenere, arrogante, pallone gonfiato, cr-» borbottò Lily tra sé e sé.

«Sono onorato da tutti questi complimenti, Evans» la interruppe James ironico.

«Davvero? Se vuoi te ne faccio di più» sibilò Lily «E ora prendi con la manina la bacchetta, agitala, e fammi ritornare come prima.»

«C’è un problema, Evans» rispose James con un ghigno.

«Quale?» ringhiò Lily.

«Non so il controincantesimo» disse James scrollando le spalle. Calò il silenzio.

«Stai scherzando?» chiese Lily, incredula.

«E perché dovrei?».

«VORRESTI DIRMI CHE DEVO ANDARE IN GIRO CON I CAPELLI VERDI?!» esplose Lily.

 «Intelligente, Evans.»

Harry, stanco di quella situazione, prese la bacchetta e la puntò su Lily, mentre questa si voltava verso di lui, già sulla difensiva. L’agitò e i capelli di Lily ritornarono rossi come prima. Lily guardò i suoi capelli e gli sorrise.

«Grazie» lo ringraziò, grata.

«Traditore!» esclamò James indignato. Harry scrollò le spalle.

«Sinceramente, James, neanche a me sarebbe piaciuto andare in giro con i capelli verdi» rispose Harry tranquillo. James si sedette sul divano con un broncio infantile.
 
Dopo alcuni minuti, Remus parlò esitante. «Ehm… che ne dite di avviarci verso l’aula di Incantesimi?».
 
*


«Scusa, andavo di fretta e non ti ho visto» farfugliò Lily imbarazzata mentre raccoglieva fogli e libri che aveva fatto cadere a terra scontrandosi con qualcuno. Lo sconosciuto si chinò per aiutarla e fu in quel momento che Lily si prese la briga di alzare lo sguardo per guardare in faccia con chi si fosse scontrata.
 
Incrociò un paio di occhi verdi e un viso tremendamente somigliante a quello di Potter. Si ricordava di lui, proprio quella mattina le aveva fatto ritornare i capelli normali.

«Grazie» disse una volta alzata. Harry Potter, o almeno credeva così si chiamasse, le sorrise.

«Dove stavi andando così di fretta?» le chiese incamminandosi con lei.

«In Sala Grande, devo aiutare la mia amica Mary a fare il compito di Storia della Magia» rispose Lily «Sembra che sia l’unica della classe a prendere appunti» continuò Lily divertita.

«Ci credo, Ruf ha un effetto soporifero. Persino Remus a un certo punto non riesce a concentrarsi» disse Harry «E qui la cosa è grave»  fece con una faccia fintamente seria. Lily ridacchiò.

«Non posso dire che gli argomenti siano tanto interessanti, ma è pur sempre utile prendere appunti.»

«Se lo dici tu» Harry scrollò le spalle.

 «Sai, a volte mi chiedo come tu riesca a fare gli incantesimi al primo colpo» disse Lily.

«Oh beh» fece Harry grattandosi la nuca. No, lui non aveva mai padroneggiato perfettamente un incantesimo al primo colpo. Si ricordava lui al primo anno, che aveva della difficoltà. Non era così arrogante da credere di essere il più bravo, dopotutto non era alle prime armi.

«Non ci riesco al primo colpo» rispose infine «Mi esercito prima della lezione.»

Lily lo guardò leggermente sorpresa.

«Riesci ad esercitarti con Potter e Black in giro?» Harry rise.

«Vabbè, poi ti ci abitui» rispose quest’ultimo.
 
«Io non ci riesco con le mie amiche. Mary parla in continuazione del Quidditch e della sua squadra preferita. Marlene sbuffa ogni minuto e Alice è terrorizzata che nel nostro dormitorio possano entrare dei topi, come in quello delle ragazze del terzo anno» elencò Lily «Ah e poi c’è Fawley che si è presa una cotta per Potter» concluse Lily inorridita.
 
 Parlarono ancora un po’, e Lily scoprì di essersi fatta un’idea sbagliata di lui: aveva pensato che dato che avesse come amici Potter e Black, fosse idiota e arrogante come loro, quando non era affatto così. Entrarono in Sala Grande, Lily individuò Mary e lo salutò dirigendosi verso l’amica. Harry vide James e Sirius guardarlo un po’ sorpresi.

«Da quando parli con la Evans?» gli chiese Sirius una volta che Harry si sedette.

«Da oggi. L’ho incontrata per i corridoi e abbiamo fatto il tragitto insieme.»

«Come hai fatto a sopportarla?» chiese James sorpreso.

«Non è per niente male. Anzi, è simpatica» rispose Harry piccato. A questo punto i due erano scioccati.

«Certo, la Evans è carina» commentò James guardando la rossa «Ma da qui a dire che è simpatica… ».

«Beh, non puoi dire se è simpatica o no, quando parli con lei soltanto per litigarci» rispose Harry.

 «Comunque, Harry, sai un incantesimo per far ballare le persone?» chiese James cambiando argomento con un ghigno malandrino.
*

Remus aveva un sospetto: Harry sapeva.
 
Si era ripetuto più volte che era impossibile, dopotutto doveva ancora venire la Luna Piena e che quindi Harry non aveva ancora motivi per pensare che lui fosse un lupo mannaro. Ma a volte, gli veniva di pensarlo così, durante alcuni momenti delle giornate. Quando i suoi amici gli avevano chiesto come si fosse procurato una cicatrice sul collo, lui aveva risposto che era colpa del suo gatto, (immaginario, casomai) James e Sirius non erano sembrati tanto convinti, ma Harry gli aveva gettato un sguardo piuttosto urgente e aveva cambiato velocemente argomento. Come se lo stesse aiutando a coprirsi. Quando mentiva, Harry gli rivolgeva sguardi eloquenti, quasi a rimproverarlo. Eppure, non diceva niente.

Remus cercava di convincersi che stava diventato un po’ paranoico. Al massimo Harry poteva aver capito che mentiva, ma non la verità. Aveva quella sensazione d’avvertimento, ma la ignorava, cercando di vedere le cose obbiettivamente.

«È impossibile, Remus» si ripeteva, alzò gli occhi al cielo dopo aver formulato il pensiero «ora parlo anche con me stesso. Sto impazzendo.»
*

«Remus, perché stai preparando il baule?» chiese Peter.

«Devo tornare a casa, mia madre sta male» rispose Remus, evitando di guardarlo negli occhi con la scusa di posare dei calzini. Aveva pensato bene di fare il baule, non poteva mica far finta di andarsene senza. Dopo sarebbe andato in infermeria e quella stessa notte nella Stamberga Strillante.
 
«Che ha, Remus?» chiese Sirius. Remus si irrigidì.

«Mio padre non me l’ha voluto dire nella lettera, lo saprò quando arriverò lì» inventò, chiudendo il baule.

«È stato gentile Silente a permetterti di andare a trovarla» commentò James.
 
«Sì, infatti» rispose Remus distrattamente «Beh, io vado» disse alzandosi. Gli diedero delle pacche sulle spalle, ma Harry, senza farsi notare dagli altri, avvicinò le labbra al suo orecchio.

«Buona fortuna» gli sussurrò.



 
 
Angolo Autrice
​Salve! Ecco a voi un nuovo capitolo. Mi sono divertita a scrivere il battibecco tra Lily e James, ci tengo a precisare che questo non era il loro primo battibecco, ce ne sono stati altri, solo che non ho scritto. Remus sospetta che Harry sappia della sua licantropia, e non ha torto. Harry sta imparando a sopportare il piccolo Peter, che ormai, fa parte del gruppo. Come avete letto, le amiche di Lily sono: Alice Prewett (la madre di Neville), Mary MacDonald e Marlene Mckinnon.
​Alla prossima! 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 6
*** Pozione Rigeneratrice e pregiudizi ***


Pozione Rigeneratrice e pregiudizi 


Remus era terribilmente in ansia mentre percorreva il parco accompagnato da Madame Chips. Era stato per un'ora nell’infermeria a capire quel «Buona fortuna» e poi mezz’ora a convincersi che Harry lo avesse detto per augurargli fortuna nel trovare la madre con niente di grave, e non di certo per la trasformazione.

Si sentiva come un condannato al patibolo mentre Madame Chips lo salutava e se ne andava su per il tunnel. Eppure, non era la sua prima trasformazione. Forse si sentiva così in ansia perché aveva paura che il lupo potesse scappare e attaccare Hogsmeade.

«Silente non è uno sciocco» si disse «Avrà sicuramente messo delle protezioni.»

Il respiro si fece sempre più affannoso, mentre le nuvole, lentamente, scoprivano completamente la Luna Piena.

Ed eccola lì, quasi a farsi beffe di lui, del dolore e degli spasmi che stavano invadendo il corpo. Urlò di dolore, incapace di trattenersi.

E furono quelle urla di quella notte, e tante altre ancora delle notti successive, a far pensare agli abitanti del villaggio, che forse, quella casa malridotta, non fosse abbandonata come si diceva.
*

Harry aveva anche pensato agli Horcrux e a Voldemort in quelle due settimane. Probabilmente erano stati già fatti, ma una cosa certa, è che non tutti erano nei posti dove conosceva. Il Diadema di Priscilla Corvonero era ad Hogwarts, ma non gli sembrava saggio distruggerlo di già, aveva paura che Voldemort se ne sarebbe accorto e che avrebbe messo protezione ancora più potenti sugli altri. Nella Camera Blindata dei Lestrange, dubitava fortemente che ci fosse la Coppa di Tosca Tassorosso. Voldemort l’aveva messa lì perché Bellatrix era una sua fedele seguace, ma nel 1971 non era neanche diventata una Mangiamorte, Voldemort non doveva ancora uscire allo scoperto! Il Diario di Tom Riddle non era stato ancora affidato a Lucius Malfoy, che era ancora ad Hogwarts. L'anello di Orvoloson Riddle era probabilmente nella casa dei nonni di Riddle, Nagini era semplicemente un serpente in giro per le foreste d’Albania, se stesso che non lo era più e infine, c’era il medaglione. Era stato nascosto all’incirca nel 1979, e non poteva aspettare tutto questo tempo. Vada bene qualche anno, ma addirittura 8 anni. Harry storse la bocca.

«Un pochino esagerato» pensò sarcastico.

Ma non conosceva altri luoghi personali, o importanti, in cui Voldemort poteva aver nascosto gli Horcrux. E se neanche Silente era riuscito a trovarne di più, dubitava fortemente che lui li avrebbe trovati. Inoltre non aveva neanche un’ arma per distruggerli, la Spada di Godric Grifondoro era inutile, non era impregnata di veleno di Basilisco. E non aveva proprio intenzione di affrontare quel maledetto serpente di nuovo. Conosceva solo l’Ardemonio, ma era una magia complicata, oscura e difficile da controllare e, francamente, non valeva fare la stessa fine di Tiger.

«Harry? HARRY!» urlò una voce.

«Eh?» sobbalzò Harry ridestandosi. Si voltò a guardare Sirius che lo fissava irritato.

«È da cinque minuti che ti sto chiamando» sbottò il Black.

«Oh» rispose Harry stupidamente «Ehm scusami, stavo pensando» borbottò.

«Ok, perfetto, ora che hai finito di pensare, che ne dici di sederci?» chiese James indicando con un cenno i banchi.

Mentre James e Sirius si sedevano all’ultima fila, Harry si dovette sedere accanto a Peter. Remus era ancora in infermeria.

Il Professor Lumacorno entrò salutando con entusiasmo.

«Oggi prepareremo la Pozione Rigeneratrice.» Disse con un sorriso bonario.
«Ma prima di prepararla, ho deciso di cambiarvi di coppia» proclamò il professore, ricevendo facce sorprese e mormorii di disapprovazione.

«Silenzio per favore» li pregò Lumacorno con tono autoritario «Vorrei evitare, gli incidenti delle scorse lezioni» spiegò scoccando uno sguardo ad Alice e Mary e Sirius e James. Evidentemente, non aveva gradito le esplosioni delle loro pozioni.

«Vorrei cercare di mettere i più dotati con quelli meno, per fare in modo che questi migliorino» continuò.
«Minus con Sploke» disse, e cambiò ancora un paio di coppie «Potter» i due Potter si voltarono «Ehm, intendo James Potter» chiarì il professore «Con Lily» Lily per poco si trattenne da sbattere la testa sul banco. Cambiò Alice e Mary e ancora qualche coppia.

«E…» Lumacorno osservò Piton e Harry rimasti soli e non ci fu altro da fare che dire «Harry Potter con Severus.»
 Harry si voltò verso il ragazzino dai capelli unti e si chiese perché, perché proprio lui. Neanche Piton sembrò molto contento.
 
James e Sirius (capitato con Marlene) per poco non scoppiavano a ridere, e Peter probabilmente lo stava compatendo. Perché?! Entrambi erano bravi. Harry perché, insomma, erano pozioni del primo anno, bazzecole in confronto a quelle del quinto e sesto anno, e Piton semplicemente aveva talento. Non poté far altro che prendere la borsa e dirigersi verso la sedia vuota lasciata da Lily. Piton gli scoccò un’occhiata gelida, Harry la ignorò: non voleva partire già sul piede di guerra.

«Bene» disse Lumacorno «Ritornando alla lezione, la Pozione Rigeneratrice è una pozione di guarigione, ha il potere di risvegliare una persona da un sonno indotto magicamente» Spiegò «Come un sonno indotto dal Distillato della Morte Vivente.»
«Ecco gli ingredienti» indicò la lavagna con la bacchetta e comparvero tutti gli ingredienti necessari «a pagina trentadue del vostro libro troverete come prepararla. Un calderone per ogni coppia!» esclamò.

Harry prese alcune provette, bilancia d’ottone e il libro andando a pagina trentadue. Piton andò a prendere un calderone, per poi posarlo sul banco.


«Potter, passami sette zanne di Chizpurfle» disse Piton concentrato sul liquido del calderone. Harry passò ciò che gli venne chiesto. «Sono diventato un passa oggetti» pensò Harry ironico. Piton stava facendo tutto da solo, e lui lo stava lasciando fare. Tanto non gli era mai piaciuta pozioni.

«Taglia il rametto di Menta Peperita» disse Piton girando il mestolo in senso antiorario due volte e una volta il senso orario. Harry prese il coltello e il rametto e tagliò senza prestarci davvero attenzione. Sinceramente si stava stufando di quella situazione. Piton scoccò un occhiata ai pezzettini del rametto.

«Potter, stai tagliando talmente storto che neanche il più incapace saprebbe eguagliare» disse con voce melliflua «E poi i pezzettini devono essere fini, sta scritto sul libro. Mi auguro che sai leggere» continuò. Harry gli scoccò un’occhiata di fuoco.

«Mi auguro che tu capisca che poiché il libro sta alla tua destra non posso fare il giro del banco per leggerlo» ribatté Harry. Davvero, non capiva tutto questo disprezzo, non gli aveva fatto niente, era la prima volta si parlavano. Che avesse di nuovo a che fare con i Malandrini? Quando era insegnante gli riversava il suo rancore addosso perché somigliava a suo padre, e ora perché era amico dei Malandrini. Incredibile.

Piton irrigidì la mascella e portò il libro in mezzo a loro. Poi se ne andò verso gli scaffali e prese un altro rametto. Rubò il coltello dalle mani di Harry e se lo mise a tagliare, per poi buttare i pezzettini nella pozione. Tagliò e si prese gli ingredienti da solo per un po’, ignorando Harry, mentre questo lo osservava immobile

«Per quanto tempo devo stare immobile, pr… Piton?» Harry si corresse prima di dire “professore”. La domanda gelida di Harry ci mise un po’ a ottenere una risposta dal ragazzo dai capelli unti.

«Non saprei Potter, mi trovo meglio se tu non stai fra i piedi» rispose Piton indaffarato a versare quattro gocce di sangue di Salamandra.

«Peccato che sia un lavoro di coppia» borbottò Harry. Non ottenendo risposta, Harry sospirò.

«Perché tutta questa ostinazione?» si decise a chiedere Harry esasperato. Di nuovo non ottenne risposta. Sembrava che Piton fosse totalmente preso dal suo lavoro, quasi come se la voce di Harry non fosse altro che un fastidioso ronzio. Harry fu tentato di prendere un ingrediente a caso, gettarlo nella pozione, e farla esplodere sotto il lungo naso di Piton. Per quanto lo rispettasse per i suoi atti futuri, per averlo protetto per amore di sua madre, restava sempre il fatto che non lo sopportava.

«Perché sei idiota» arrivò la risposta di Piton dopo anni luce. Harry sentì la rabbia crescere in lui. Su cosa si basava? Certo, forse era idiota su certi versi, ma se si conoscevano a malapena, come poteva giudicarlo così superficialmente?!

«E su cosa ti basi?» chiese Harry cercando di mantenere la dovuta calma, anche se fulminandolo con gli occhi.

«Chiunque sia amico di Potter e Black, a mio parere, è idiota» rispose mellifluo. «Inoltre, il fatto che sei un Grifondoro aumenta la tua stupidità.»
 
Harry strinse i pugni e chiuse gli occhi.

«Svuota la mente» si disse.

Riuscì a ritrovare la dovuta calma. Harry prese il Dittamo e lo passò a Piton, prima che lui lo prendesse. L’ultimo ingrediente.

«Quindi, seguendo il tuo ragionamento, Lily è stupida» disse con nonchalance Harry, sapendo di aver toccato il tasto giusto. Vide Piton irrigidirsi.

«Io, personalmente, non penso che sia stupida. Se per te tutti i Grifondoro sono stupidi, e chi è amico di Sirius e James è idiota, allora io penso che poiché sei una serpe e ti stai facendo amici come Avery e Malfoy, sei sporco e infido e sarai sempre così» continuò Harry mentre l’altro imbottigliava la pozione. Piton si girò a guardarlo. «Non ti interessa guardare oltre, ti bastano le apparenze e i pregiudizi e credi che questi siano giusti. Ma non sempre è così» concluse Harry guardandolo con indifferenza.

«E ora consegniamo questa boccetta» disse Harry quasi come se non fosse successo niente. Lasciando Piton scosso ed irritato.
*

Remus alzò gli occhi a cielo, sbuffando divertito mentre guardava James.
 
L’occhialuto aveva un sorriso eccitato stampato in volto mentre si dirigevano verso la prima lezione di volo. Anche Sirius e Harry sembravano felici ma almeno cercavano di contenersi. In poco tempo Remus, anzi, tutti e quattro, avevano capito che James amava il Quidditch e volare. Aveva raccontato della sua Nimbus 1400 e per quanto secondo lui era ingiusto il fatto che i primini non potessero portare le proprie scope a scuola. Aveva addirittura cercato di convincere sua madre a fargliela portare ma la Signora Potter era stata irremovibile.

Se James fosse eccitato per la lezione imminente, non si poteva dire lo stesso per il povero Peter. Era piuttosto in ansia e si mordicchiava in continuazione le unghie. Il suo terrore era di cadere davanti a tutti come una pera cotta.
Raggiunsero il parco, dove Madama Bumb, una stramba professoressa con gli occhi gialli, li aspettava. A terra erano disposte ordinatamente una serie di scope.

«C’è gente che ha l’audacia di chiamare quei pezzi di legno “scope”?» sussurrò James divertito ad Harry che ridacchiò.

Ogni alunno si posizionò accanto una scopa, e una volta che tutti furono pronti, Madama Bumb parlò.

«Buon pomeriggio, ragazzi» disse in tono piuttosto frettoloso.
 
«Buon pomeriggio Madama Bumb» risposero in coro i ragazzi.

«Benvenuti alla prima lezione di volo» annunciò con un sorrisetto la professoressa «Mettetevi alla sinistra della vostra scopa» disse «Avanti fate presto.»

«Stendete la mano destra sulla scopa» disse stendendo la propria «e urlate “Su!”»
«SU» urlarono i primini. Non tutte le scope si alzarono immediatamente. Tra quelli che ci riuscirono al primo tentativo ci furono James, Sirius ed Harry.

Quando finalmente tutti ci riuscirono, Madama Bumb continuò.

«Una volta afferrata la scopa, voglio che ci montiate» tutti ubbidirono «e aggrappatevi bene, non vorrete mica scivolare a terra.»

«Quando soffio nel fischietto, con i piedi vi darete una spinta forte. Tenete la scopa ben salda» raccomandò di nuovo alla fine «Sollevatevi un momento, inclinatevi leggermente in avanti e ritoccate terra» continuò pratica
«Tre… due… uno» e fischiò. I bambini fecero come aveva detto la professoressa, Peter perse il controllo cadendo dalla scopa quando era a meno di un metro da terra.
 
Alcuni ridacchiarono venendo poi fulminati da James e Sirius.

«Ora, rialzatevi di nuovo, e inclinate più in alto la scopa» i bambini si ritrovarono ben più in alto, alcuni, sebbene un po’ impauriti, non ritornarono a terra.
«Ora, abbassate la schiena e fate pressione verso sinistra, in modo che possiate girarvi» continuò Madama Bumb . Dopo un po’ di tempo, tutti riuscirono a girarsi.

Madama Bumb continuò con ancora un altro po’ di istruzioni, facendoli andare in avanti, indietro, girare, e tornare a terra.

«Fate un piccolo giro, non andate troppo velocemente e non allontanatevi. E non andate troppo in alto.»

«Che noia questa lezione» disse James scocciato agli altri.

«Non tutti sapevano già volare come te, James» disse Remus. Dopo un po’ di volo calmo, James decise che non voleva ulteriormente annoiarsi.

Prese a fare piccole acrobazie e ad andare più velocemente, per poi sotto gli occhi di Madama Bumb rallentare e mettere su una faccia angelica.

«Su Sirius, non fare il bravo studente» Sirius ghignò e non se lo fece ripetere due volte, facendo come James.

«Harry» chiamò Sirius con un sorrisetto malandrino.

«Oh beh…» tentennò Harry.

«Non vorrai stare per tutta la lezione questi stupidi giri» continuò James. Harry sorrise e i tre si misero il più lontano possibile dalla vista della professoressa e presero a volare. “A volare davvero” come aveva detto James.

Harry prese a fare acrobazie e picchiate, ad andare in alto e partire di nuovo verso il suolo. Poco dopo anche Remus si unì, che benché non fosse bravo come loro, né aveva intenzione di fare picchiate del genere, si divertì. Peter preferiva tenersi il più vicino al suolo.

«Potter! Potter! Black! Lupin!» chiamò la professoressa, i quattro si fermarono all’improvviso.

«Ho detto esplicitamente di volare piano e a bassa quota» continuò «Dieci punti in meno a Grifondoro» poi sorrise «e cinque in più per la bravura» sussurrò.
 
 







Angolo Autrice 
​Ecco a voi un nuovo capitolo! Harry ha avuto il primo incontro con Piton, e si, non è andato tutto rosa e fiori. So che ci sono alcuni che desiderebbero che Piton ed Harry diventassero amici, ma non so se riuscirò a farli diventare e inoltre mi pareva un po' troppo presto. Piton si è comportato in modo gelido e diciamocelo, odioso, ma gli ho fatto avere questo attegiamento perchè Harry è amico di James e Sirius, quindi lui lo reputa altrettanto arrogante e pieno di sè.
​Mi farebbe piacere ricevere delle recensioni.
​Alla prossima!  






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 7
*** I Malandrini ***


I Malandrini


Silente osservava incuriosito gli studenti della Sala Grande. Si era sempre interessato molto ai suoi studenti, a volte per concedersi un po’ di svago nel tempo libero, pensava a ciò che stava accadendo nella scuola. Non sembrava, ma Silente notava molto di più dei voti ottimali e comportamenti indisciplinati.
 
 Oh, si. Silente si divertiva un mondo vedendo le situazioni sentimentali dei suoi amati studenti. L’anziano preside aveva i suoi studenti preferiti, benché non volesse darlo a vedere. Quell’anno il suo interesse era su un gruppetto di cinque ragazzini, e perché no, anche su quello di una certa rossa.
 
 E come poteva non conoscerli? Minerva stava raggiungendo un esaurimento nervoso per colpa loro. Peter Minus, Harry Potter, Sirius Black, James Potter e Remus Lupin erano dei veri burloni.
 
James Potter e Sirius Black si erano da subito distinti, ottenendo quattro punizioni solo la prima settimana di scuola, oltre ad avere uno spiccato talento e dei buoni voti, che Silente sapeva, senza neanche toccare i libri.
 
Remus Lupin lo aveva da subito attirato anche per la sua condizione, era uno studente diligente e studioso, ma ben presto si unì insieme ai suoi amici James e Sirius, e probabilmente, anzi sicuramente, aveva partecipato a molti dei loro scherzi. Peter Minus era sempre con loro, molto insicuro e pauroso, e i quattro lo avevano accolto sotto la loro ala protettiva.
 
Lily Evans, era conosciuta per la sua bravura in tutte le materie e per le sue storiche litigate con il suo compagno di casa nelle quali non faceva mai mancare di far notare il disprezzo per quest’ultimo.
 
Infine, Harry Potter. Ad Albus a volte dava l’impressione che fosse più maturo di quanto sembrasse. Aveva sentito numerose volte il suo nome fra gli insegnanti, che non facevano che rimanere impressionati dalla sua bravura. Si poteva dire, che il ragazzino, sapesse già fare tutto quello che insegnavano. Minerva gli aveva parlato orgogliosamente dello studente, di come riuscisse a fare le trasfigurazioni al primo colpo e aveva affermato di averlo visto cercare di farli non verbalmente, riuscendoci sempre a fine lezione.
 
Aveva successo in tutte le materie, tant’è che si era guadagnato la fama di studente prodigio. Silente puntò lo sguardo su di lui: mangiava silenziosamente il suo pasto, un po’ scuro in volto, per poi sorridere di fronte agli sguardi degli amici che lo osservavano preoccupati. Il ragazzino si voltò verso di lui, e il preside incrociò i suoi occhi verdi. Chissà cosa lo preoccupava, era forse qualcosa di grave?

Cercò di saperlo, facendo un lieve attacco di Legilimanzia, ma sorprendentemente fu respinto. Il bambino distolse velocemente lo sguardo. Silente lo fissò incuriosito più di prima e leggermente indagatore.
 
Occlumanzia? Un bambino di undici anni? Possibile?

Silente sentiva che qualcosa gli sfuggiva: qualcosa di estremamente importante.

 

Harry aprì il giornale della Gazzetta del Profeta. Aveva fatto l’abbonamento annuale, decidendo che doveva sapere meglio cosa succedeva in quell’epoca. Adocchiò la prima pagina sulle quali capeggiava a caratteri cubitali il titolo che stava facendo discutere molti studenti a tavola:


LA FAMIGLIA CROUCH ATTACCATA

La famiglia di Barty Crouch, noto Capo del Dipartimento Applicazione delle Leggi Magiche due giorni fa ha rischiato la vita. I carnefici sono coloro che recentemente stanno dando del filo da torcere al Dipartimento Auror e sui quali fino a poco tempo fa non si sapeva molto.

La famiglia è riuscita a sopravvivere grazie all’intervento tempestivo degli Auror che si sono precipitati lì dopo aver ricevuto una chiamata d’urgenza dalla signora Wilson, un’impiegata dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, che vive vicino alla casa della sfortunata famiglia.

«Dalla finestra di casa mia che si affaccia verso la casa del signor Crouch, ho visto delle figure nere entrare sfondando la porta. Poi tanti lampi di luci e urla. Non dimenticherò mai quelle urla terrorizzate, ho avuto così paura…» ci dice l’impiegata scossa «Sono andata in panico, e ho chiamato subito il Dipartimento Auror.»

I misteriosi maghi non sono riusciti a uccidere nessuno della Famiglia Crouch ma i due coniugi hanno dovuto subire la Maledizione Cruciatus.
 
«È stato terribile» commenta la Signora Crouch sconvolta «Grazie a Merlino mio figlio non era presente. Io e Barty stavamo cenando quando ad un tratto abbiamo sentito un forte schianto. Siamo corsi verso l’entrata e c’erano quattro o cinque uomini vestiti in nero… con delle maschere a nascondere il loro volto. Ci hanno puntato le bacchette addosso. Abbiamo duellato, ma erano molto abili. Poi… non ricordo molto dopo che la bacchetta mi fu sottratta, solo un fortissimo dolore…» conclude in lacrime «Ricordo che urlavo… e loro ridevano e ridevano.»

«Farò pentire a quei mostri di aver attaccato la mia famiglia. L’Ufficio della Legge Magica e il Dipartimento Auror sta dando il massimo per riuscire a sbatterli ad Azkaban. Riusciremo a catturare quei maghi da quattro soldi» dice adirato il Signor Crouch.

Non ci resta che sperare e riporre la nostra fiducia nel Ministero.
 



Harry scosse la testa rassegnato. Dovevano ancora capire che dietro a quegli omicidi, scomparse e questi uomini vestiti in nero, che non erano altro che Mangiamorte, ci fosse qualcosa di più grande?

«Cosa dice?» chiese Peter.

«La famiglia Crouch, del Direttore dell’Ufficio della Legge Magica è stata attaccata da dei Ma… criminali vestiti di nero» si corresse Harry.

«Mio padre pensa che dietro questi attacchi ci sia molto di più di quel che sembri» disse James mangiando una brioche.

«Voi non avete idea di cosa ci aspetta» pensò Harry amaramente.

«Andiamo?» chiese Remus alzandosi. Annuirono e si avviarono verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.

«Oggi impareremo l’incantesimo di disarmo» proclamò il Professor Wittle «L’incantesimo di disarmo è generalmente un incantesimo che si usa nei duelli per difendersi. Fa in modo che qualunque cosa l'avversario stia tenendo in mano voli via, talvolta finisca addirittura nelle mani dell'altro mago o strega. Pur essendo efficace come metodo di difesa contro alcuni incantesimi, può provocare seri danni alla persona come se questa fosse stata colpita da uno Schiantesimo. Se lanciato troppo debolmente, l'incantesimo causa un debole fremito all'oggetto, a volte lo allontana di poco» spiegò «Questo incantesimo viene annunciato da un intenso getto di luce rosso fuoco, rendendolo riconoscibile prima che venga scagliato.»

«Vorrei che vi disponeste in coppie per provare a farlo. La formula è “Expelliarmus”. E dovete fare questo movimento» e ondeggiò la bacchetta.

Gli studenti obbedirono, Harry capitò con Sirius ed entrambi si disposero in posizione d’attacco.

«VIA!» urlò il professore, e gli studenti presero a cercare di fare l’incantesimo. Il professore passava tra le coppie e eventualmente correggeva gli studenti. Era un bravo professore, era severo al punto giusto ma era anche gentile e disponibile e ad Harry piaceva il suo modo di spiegare.

«Expelliarmus» urlò Sirius, un debole getto di luce rossa uscì dalla sua bacchetta che Harry schivò prontamente, senza neanche dare il tempo a Sirius di rendersi conto di cosa stesse succedendo, Harry scagliò l’incantesimo dritto alla bacchetta di Sirius. La bacchetta del Black volò nelle sue mani, e quest’ultimo ebbe anche un leggero sballamento all’indietro per la potenza dell’incantesimo.

«Perfetto, Potter» si complimentò il professore «Una buona prontezza di riflessi e un'ottima potenza. Cinque punti a Grifondoro» annunciò. Harry restituì la bacchetta a Sirius sorridendo, e lui ricambiò con un ghigno.


Ben presto Harry si limitò a difendersi, per permettere a Sirius di esercitarsi meglio. I suoi incantesimi erano diventati più potenti dopo pochi tentavi, e ora riusciva a padroneggiarlo perfettamente.

«Expelliarmus!» esclamò Sirius, Harry lo schivò ancora, ma Sirius non gli diede neanche il tempo di voltarsi di nuovo che gliene lanciò un altro. Harry vide l’incantesimo dirigersi verso di lui, no, non ce l’avrebbe fatta a schivarlo, e agì d’istinto, senza neanche pensarci tanto.

«Protego!» esclamò, l’incantesimo andò ad infrangersi sullo scudo. Sirius lo guardava stupito, e Harry capì dello stupido errore che aveva fatto.


«Merda» pensò «Non l’abbiamo ancora fatto. Che emerito idiota che sono.»

D’altra parte il professore si era voltato di scatto quando aveva sentito un incantesimo diverso dall’Expelliarmus e aveva visto lo scudo di Harry. Era anche lui piuttosto meravigliato.
«Cinque punti a Grifondoro per Black, e dieci punti a Grifondoro per Potter» disse con un sorrisetto.
«Potter, chi te lo ha insegnato?» chiese poi a Harry. Harry si grattò la nuca.

«Oh… Ecco… l’ho letto su un libro e l’ho imparato» si inventò Harry. Quella frase era così in stile Hermione, pensò un po’ malinconico. 

 
*

Settembre sfumò in Ottobre, spalancando le porte per l’autunno che non mancò di tingere gli alberi di Hogwarts di vari colori. James era stato colto da un'idea nell’ultimo mese: 

«Ragazzi, che ne dite di darci un nome?» chiese d’un tratto pensieroso una sera. 

«Eh?» Remus lo guardò confuso.

«Sei un genio, Jamie!» esclamò Sirius.

«E perché dovremmo darci un nome?» chiese Peter perplesso.

«Ma è ovvio, Peter! Tutti ci conoscono per i nostri scherzi -Remus alzò gli occhi al cielo per l’evidente ego di James- e dobbiamo fare in modo che con poche parole si capisca ciò che facciamo. Poi pensa che comodità per quelli che parlano di noi, sai che scocciatura dire “Potter, Black, Minus, Lupin e Potter hanno fatto uno scherzo” è troppo lungo!» spiegò James sorridendo.

«Ah.»

«Che ne dici dei: “I Cinque Fenomeni”» propose Sirius con un ghigno.

«I Magnifici Cinque!».
 
«I Burloni!».

«I Bellissimi Ragazzi».

«Certo Sir, già che ci siamo che ne dici di chiamarci “I Fenomenali, Stupefacenti, Bellissimi, Talentuosissimi Ragazzi?”» chiese Remus sarcastico.

«Non sarebbe male» commentò Sirius con un ghigno.

«Che ne dite dei Ma…» iniziò Harry.

«POTTER!» Lily piombò nella Sala Comune come una pantera e si avvicinò a loro con gli occhi che dardeggiavano. I cinque la osservarono attoniti.

«E ANCHE VOI QUATTRO!» Sputò Lily mentre Harry la osservava terrorizzato.
«COME VI SIETE PERMESSI DI FARE UN INCANTESIMO A I LIBRI DI SEVERUS IN MODO CHE MORDESSERO?!» Harry ricordava di non aver fatto proprio niente, ma decise di tacere di fronte a quella furia.

«IMMATURI! DIRÒ TUTTA ALLA MCGRANITT! E VEDETE SE QUESTA VOLTA LA SCAMPATE!» urlò.
 
«Io sono innocente!» esclamò Harry che non aveva per niente voglia di avere una punizione dalla suddetta professoressa. Lily lo ignorò.

«SIETE PROPRIO DEI… DEI… MALANDRINI!» concluse Lily. James la osservò con tanto d’occhi.

«Evans…» esalò mentre sorrideva felice e trionfante.
 
«Che vuoi, Potter?» domandò Lily brusca.

«Malandrini… È perfetto» James guardò gli altri che sorrisero soddisfatti in risposta.

«Evans sei geniale!» esclamò alla fine James mentre Lily lo guardava 






Angolo Autrice
Ciao a tutti! So che ci ho messo di più a pubblicare il capitolo rispetto a come faccio di solito, e mi scuso.  Silente sta iniziando a puntare gli occhi su Harry e quei cinque si sono finalmente dati un nome! Non ci sono stati molti capitoli nel mese di settembre, ma non volevo annoiarvi con altri capitoli che non avevano niente di interessante. Proprio perchè in quel mese non succede niente di che. Un bacio a tutti e alla prossima!





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 8
*** La piccola ramanzina di Harry ***


La piccola ramanzina di Harry 


«Sev!» esclamò Lily chiamando il ragazzo in questione, avvicinandosi.

«Ciao Lily» rispose Severus lanciandole un piccolo sorriso. La sua amica osservò curiosa il libro che aveva in mano.

«Di che si tratta?» domandò. Severus fece finta di nascondere casualmente il titolo con il braccio.

«Oh niente…un libro di incantesimi» rispose vago. Non gli piaceva mentirle, ma sapeva che Lily non sarebbe stata tanto d’accordo se avesse saputo di cosa si trattava. Lo aveva trovato su un tavolo della biblioteca e aveva incominciato a leggerlo.

«Dov’eri?» chiese cambiando discorso.

«Stavo parlando con Harry prima che venissero i suoi amici» rispose Lily storcendo il naso alla parola “amici”. Ah giusto, Harry. Quella fotocopia vivente di James Potter. Lily si era fatta un nuovo amico. Severus ebbe appena il tempo di sentire dei passi veloci dietro di loro prima di essere travolto da quegli idioti quali erano Potter e Black. Gli cadde il libro a terra insieme alla borsa.

«Oh scusate, non vi avevamo visto» disse James fermandosi e voltandosi con un sorriso arrogante.

«Oh no James! Devo lavarmi la divisa! E se Mocciusus me l'avesse sporcata con il suo unto?!» esclamò Sirius fintamente scandalizzato. Piton digrignò i denti mentre Lily era prossima ad esplodere. Cercò di prendere il libro, quando un’altra mano lo prese con un movimento fluido.

«Dammelo, Potter!» ordinò Piton.

«Uh uh… Cos’è questo? “Le Maledizioni dai Meandri dell’Oscurità”» lesse schifato James. Lily, che aveva aperto la bocca per urlare contro quei due, la richiuse di scatto, guardando sorpresa l’amico.

«Interessato alle Arti Oscure eh? Lo sapevo che eri un serpe vi-».

«SIRIUS!» urlò una voce interrompendo il Black. Harry correva verso di loro insieme a Remus e a Peter.

«Ma si può sapere che vi è preso?» chiese Harry prima di notare la situazione.

«Che state facendo?» chiese Remus.

«Oh niente. Abbiamo urtato per sbaglio Mocciusus e la Evans…».

«Certo, per sbaglio, Potter. Perché giustamente quegli occhiali non ti bastano per vedere bene» sbottò Piton.
«Ci vedo bene dal momento che riesco a leggere perfettamente il titolo di questo orribile libro» rispose James a tono.
«Sono deliziato dal fatto che il tuo cervello sia riuscito a imparare 26 lettere e a saperle leggere. Calcolando che è piccolo come quello di una gallina» rispose Piton.

«Che libro?» chiese Peter curioso prima che James aprisse bocca per ribattere.

«Le Maledizioni dai Meandri dell’Oscurità» rispose Sirius recitando il titolo.

«Volete del tè e dei biscotti o deve aspettare domani per riavere quel dannato libro?» sbottò Lily.

«Oh andiamo, Evans, ti rendi conto che il tuo Sev è interessato a delle Maledizioni Oscure? Sai generalmente non è una cosa positiva» rispose James con una nota ironica.

«Che ne dici Potter di finire questo teatrino e di ridarmi il libro?» chiese impaziente Piton, la mano già posizionata sulla bacchetta nella tasca.

«Mmm, non credo Mocciosus» rispose James.
«Dopotutto scommettiamo che sai già abbastanza maledizioni» continuò Sirius.
«E non è di certo adatto a una persona della nostra età, sai?» James sorrise arrogante.

«E il tuo ego non è adatto a stare nel corpo di un ragazzino, sarebbe adatto in quello di un elefante, giusto per starci meglio.»

«BASTA!» urlò Lily facendo sobbalzare tutti «POTTER DAI IL LIBRO A SEVERUS O TI GIURO CHE TI AFFATTURO!» gli occhi puntati su di loro, già considerevoli prima, aumentarono.

«Sai Evans, siamo a un metro di distanza, ci sentiamo benissimo» sbottò Sirius infastidito.

«James, dai il libro a Piton» propose Remus con tono ammonitore.

«Ma neanche per sogno! Deve fare una visita al caminetto della Sala Comune!» esclamò Potter.
 
Harry aveva seguito la scena in silenzio con sguardo critico. Non gli piaceva affatto il modo in cui si comportava suo padre, Piton portava con sé un libro sulle Arti Oscure, e non era di certo una cosa positiva, ma suo padre si stava comportando troppo arrogantemente e diciamocelo, da bullo. E lui non sopportava vedere suo padre comportarsi in quel modo, provava sempre un po’ di vergogna, forse perché all’inizio credeva che fosse una persona scherzosa e brava, ma non anche un bullo arrogante.
 
Accorgendosi che il gruppetto continuava a bisticciare, e James e Piton avevano sguainato la bacchetta, decise che era il momento di intervenire. Era il più grande in un certo senso, no?

«James dai quel maledetto libro» disse, James sbuffò.

«Anche tu?».

«Che cosa ci ricavi a tenertelo? Credi che comportandoti in questo modo cambi qualcosa? Non lo so, secondo te Piton dice “Potter mi ha preso in giro! Meglio non leggere più sulle Arti Oscure!”?» chiese irritato Harry. James e Sirius lo guardarono un po’ sorpresi, Harry scommetteva che non si aspettavano un'uscita del genere. Sapeva che rischiava di litigare con loro, ma non voleva che arrivassero ad appendere in aria Piton davanti a tutta la scuola.

«Tanto che senso ha non darglielo e bruciarlo? Faresti solo imbufalire Madama Pince e lui andrebbe a prenderne un altro.» Continuò prima che potessero aprire bocca «In questo modo voi due -indicò James e Sirius- vi fate sembrare più antipatici di quanto in verità non siate. Perdiamo solo tempo, lo facciamo perdere a Lily, Piton e a noi» Concluse con voce ferma ed irritata. I Malandrini e Piton lo guardavano increduli, Lily invece gli sorrideva ringraziandolo.

«Ma da che parte stai?» chiese Sirius arrabbiato.
 
«E dopo tutto questo sproloquio tu gli chiedi questo?» chiese Remus esasperato.
 
«Stare dalla vostra parte non significa prendere parte a questi stupidi dispetti» ribatté Harry. Si sentiva un po’ il prefetto della situazione, ma era meglio far capire loro questi concetti quando erano già piccoli e non quando erano più grandi. James sembrava indeciso sul da farsi.

«Però sembra che tu stia dalla parte di Mocciosus» Osservò James guardandolo torvo.

«Bah, la Evans ha una brutta influenza su di lui» commentò Sirius.

«Poteva essere pure quello della porta accanto e avrei fatto la stessa cosa!» sbottò Harry. I due sbuffarono e diedero il libro a Piton che se lo prese con uno scatto e se ne andarono, seguiti poco dopo dagli altri tre.

Camminarono per un po’ in silenzio.

«Che ti è preso, Harry?» domandò ad un tratto James.

Harry fece spallucce. Sirius sbuffò.

«Ci stavamo solo divertendo» sbottò.

«Voi vi stavate divertendo» sottolineò Remus.

«E perché dovremmo far divertire Mocciosus?» chiese James scandalizzato.

«Probabilmente non sa neanche come fare un sorriso» commentò Sirius con un ghigno. Peter sghignazzò.

«Potete divertirvi anche senza prendere di mira qualcuno» disse alla fine Harry.

«Ma Mocciosus è… Mocciosus!» esclamò James. Remus alzò un sopracciglio.

«Ma davvero James? Pensavo fosse una sirena» disse sarcastico. I quattro lo guardarono sconcertati.
 
«Se vuoi puoi anche restarne fuori» propose Sirius a Harry. Quest’ultimo si voltò fermandosi e guardando Sirius intensamente

«A me interessa di voi, non di me.» E poi riprese a camminare. Camminarono tutti e cinque in silenzio per un po’.

«Remus?».
«Mhm?».
«Non si può immaginare Mocciosus da sirena.»
«Si vede che sei dotato di poco fantasia, Sirius.»

 
​ *

Marlene osservò la propria amica sfogarsi attaccando e sfracellando un'innocente salsiccia incappata sfortunatamente nella sua furia.

«Lily?» la chiamò pacata. La diretta interessata si voltò verso di lei. Marlene aveva i capelli biondo sporco e mossi con dei bei occhi castani che in quel momento guardavano la rossa attenti e guardinghi. Marlene, come le altre due, aveva capito in poco tempo, che quando Lily era irritata, doveva essere trattata con i guanti. Se si era troppo diretti, poco pazienti e irritati, poteva esserci l’alto rischio che fraintendesse quello che le si diceva e ti rispondesse in malo modo.

«Potter! Sempre e solo Potter!» esclamò Lily anticipando la domanda di Marlene.

«Che ha fatto stavolta?» chiese una ragazzina dai capelli mori e lunghi, con degli occhi color cioccolato degni di un cerbiatto.

«Come che ha fatto, Alice?! Non hai visto che mi ha tirato delle palline di carta per tutta la lezione di Incantesimi?! È così infantile!! Per non parlare di quando mi ha fatto cadere la mia pozione a terra! Oppure quando continuava a fissarmi in Sala Comune, era così fastidioso! E poi…»
 
«OK ,ok, ok» la interruppe Mary prima che continuasse per altri cinque minuti. Si mise distrattamente una ciocca nera della sua chioma sbarazzina dietro l’orecchio, nel farlo i suoi occhi verdi si posarono brevemente verso sinistra. Si voltò verso Lily con un piccolo sorriso malizioso.

«Anche ora ti sta guardando» sussurrò divertita. Lily si voltò di scatto verso James Potter che le sorrise arrogantemente, per poi distogliere lo sguardo prendendo a parlare con Minus.
 
Lily sospirò cercando di darsi una calmata. Di solito si considerava piuttosto pacifica, ma con James Potter perdeva sempre le staffe. Ma non era colpa sua se era così odioso. In quasi due mesi di scuola non aveva fatto altro che litigare con lui ed era certa che non avrebbero mai raggiunto una tregua.

«Oggi Black e Potter non volevano ridare il libro a Sev» sospirò Lily. Alice le gettò un’occhiata, Mary sbuffò e Marlene si trattenne dal gettare un'occhiata al tavolo dei Serpeverde. A tutte e tre non piaceva Severus Piton, ovvero il migliore amico di Lily.
 
Non capivano come facesse Lily a stare insieme a lui, era scontroso e antipatico. Queste erano state le loro impressioni quando ave vano scambiato poche parole con lui. Inoltre, sosteneva Mary, si vedeva lontano un miglio che disprezzava i Grifondoro, e se lui disprezzava loro, che erano Grifondoro, anche loro avrebbero disprezzato lui, che era Serpeverde. Marlene giudicava quel discorso un po’ infantile, ma aveva lasciato perdere. Dopotutto, era comunque antipatico. Non apprezzavano che Lily si vedesse con lui, ma non potevano di certo privarle di vederlo, e quindi si erano fidata del giudizio di Lily.
 
Probabilmente, sotto quell’antipatia c’era qualcosa di bello che aveva portato Lily a essere sua amica.

«Quindi alla fine gliel’hanno ridato?» chiese Mary.

«Sì, ma scommetto che non glielo avrebbero ridato se non fosse intervenuto Harry» rispose Lily.

«Chi è Harry?» chiese Alice. Lily la guardò un attimo confusa.
 
«Non ve l’ho detto?» chiese aggrottando le sopracciglia.

«Io mi ricordo solo che mi stavi dicendo che ti eri fatta un nuovo amico, ma poi sei stata interrotta dalla McGranitt che era entrata in classe» rispose Mary ricordando quel particolare, avvenuto circa a fine settembre.

«Ma Harry Potter?» chiese Marlene. Lily annuì indicandolo con un cenno della testa. Il ragazzino stava parlando animatamente con James Potter e Sirius Black. Marlene riuscì a distinguere qualche parola come “rosa” “Serpeverde” e “Sala Comune”.

«Il clone di James Potter!» esclamò Mary divertita.

«O lo “Studente Prodigio del Primo Anno”» disse Alice con un sorrisetto.

«Un po’ lungo come nome» commentò Marlene.

«Che ci vuoi fare, lo chiamano così» rispose Alice facendo spallucce. Alice era un’affamata di gossip, sapeva tutte le dicerie. Era un’ottima fonte di informazioni se volevi sapere quel che si dicesse in giro. Si appostava dappertutto per ascoltare quel che dicevano le più grandi, e talvolta si intrometteva nei discorsi delle ragazzine della sua età. È un po’ inquietante come cosa, se ci pensate. Comunque il secondo Potter veniva chiamato così da quelle del primo e secondo anno, Alice in particolare aveva sentito quel nome per la prima volta uscire dalla bocca di una certa Camilla Brown.

«Solo di aspetto sono uguali. Di carattere sono molto più diversi» disse Lily «ed è anche maturo. Ha fatto una ramanzina a quei due decerebrati» continuò.

«Da quanto siete amici?» chiese Marlene.

 «Credo quasi due mesi» rispose vaga Lily.
 
«E tu ora ce lo dici?!» esclamò Alice. Lily fece spallucce abbozzando un sorriso.
 
«Ero convinta di avervelo detto. Me ne sarò dimenticata.»

*


Lily guardò di sottecchi i cinque ragazzi seduti vicino a un tavolo della Sala Comune, che parlavano fitto fitto. Qualcosa le diceva che ne avrebbero combinata una delle loro. James Potter parlava con uno strano luccichio negli occhi, mentre gli altri, lo interrompevano per dire qualcosa pensierosi.

«Sì ma non sappiamo neanche dov’è» disse Remus incerto.

«Lo scopriremo» disse Harry sussurrando.

«Basta che seguiamo uno di loro» disse convinto Sirius.

«Ma se ci scoprono?» chiese timoroso Peter.

«Non ci scopriranno, Pete» tentò di rassicurarlo James «Faremo in un attimo. Abbiamo imparato perfettamente l’incantesimo» continuò sorvolando sul fatto che a Peter non gli riuscisse sempre -giusto per non mettergli più ansia- «E poi abbiamo sempre con noi il M-»

«Che volete fare?» li interruppe una voce. I cinque si voltarono di scatto trovandosi Lily Evans di fronte. Sirius sbuffò.

«Evans, non sono affari tuoi» rispose di fretta voltandosi un’altra volta. Alcuni bambini dal primo anno e qualche studente più grande si voltarono per guardarli. Niente da fare, i loro battibecchi erano diventati già leggenda.

«Invece sono affari miei, poiché farete perdere punti a Grifondoro e sicuramente avete in programma di infrangere le regole» rispose piccata Lily.


«Cara Evans, cerchi ogni pretesto per parlare con me! Ti manco, vero?» chiese James con un sorriso arrogante e malandrino.

«Personalmente Potter, potresti sparire dall’Inghilterra e a me non me ne importerebbe niente» rispose acida Lily.

«Così mi ferisci, Evans» James si portò drammaticamente una mano sul cuore. Lily strinse le labbra per non permettere loro di alzarsi verso l’alto anche solo minimamente.

«Menomale Potter. Era mia intenzione» rispose «ora, cosa programmate di fare tu e la tua banda di mascalzoni?» continuò.

«Non chiamarci mascalzoni, Evans» disse James con un sorrisetto giocoso. «Credo che sia più adatto “Malandrini”. Sai, ci chiamiamo così» continuò. Lily alzò un sopracciglio.

«Malandrini?».

 «Malandrini» confermò James.

«Direi che è adatto» commentò Lily.

«E tu ora come ti vuoi chiamare?» chiese James con un sorriso arrogante «Che ne dici di “Il Candido Giglio?”» continuò. Lily acchiappò il primo libro a portata di mano -che era sul tavolo- e glielo sbattè in testa.

«Grazie mille Potter» disse ironica «Ma va benissimo il mio nome» e se ne andò. James si sedette di nuovo massaggiandosi la testa un po’ dolorante, sorridendo complice.

«L’hai distratta» disse Remus capendo, sorridendo un po’ stupito. Peter lo guardava con ammirazione.

«Sì lo so, sono un genio» disse James scherzosamente pomposo.
 









Angolo Autrice
Sono tornata! Severus sta leggendo libri sulle Arti Oscure, eh! Mi sono basata su una frase detta da Sirius in un libro “Quando è arrivato a scuola, conosceva più incantesimi di quelli del settimo anno e faceva parte di una banda di Serpeverde che sono diventati quasi tutti Mangiamorte”. Ho immaginato che tra questi incantesimi, c’erano anche alcuni oscuri, e che quindi, essendone attratto, abbia continuato a imparare e a leggere libri sulle Arti Oscure anche ad Hogwarts U.U. Harry ha impedito a James e a Sirius di bruciare il libro, facendogli una bella ramanzina (ho paura di essere risultata un po’ OOC). Harry sa cosa significa essere umiliati (anche se quella scenetta non era niente a confronto di quella che fanno al quinto anno) e non gli piace che proprio suo padre e suo padrino siano gli artefici dell’umiliazione.                                                                                                                          
Abbiamo conosciuto meglio Marlene, Mary e Alice e spero che vi siano piaciute. E poi il capitolo si è concluso con un battibecco tra James e Lily, nel quale James fa sapere il nome che si sono dati “i cinque mascalzoni”. E sicuramente diventerà di  dominio pubblico (sapete, le voci girano veloci ad Hogwarts!).
Penso di aver scritto abbastanza. Alla prossima!






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 9
*** Sanguemarcio ***


Sanguemarcio 

Ogni Serpeverde, quella mattina credette davvero di avere le allucinazioni. 

A detta di tutti, la loro Sala Comune era sempre stata verde e nera, con un'atmosfera un po’ misteriosa. Quindi, si aspettavano come ogni mattina, di scendere dai dormitori e trovarla sempre uguale, i soliti divani neri, con i soliti tappeti verde e argento e con le solite pareti di pietra grezza nera. 

 

Non di certo di trovarsi davanti tutto rosa. 

 

Un rosa insopportabile per chi se lo trovasse davanti appena sveglio. Divani rosa, tappeti rosa, il camino rosa, le statuette di teschi rosa, il tavolo e le sedie rosa, perfino le pareti rosa.

 

I poverini guardarono la loro Sala Comune sconvolti e disgustati, e andarono subito a chiamare il loro Direttore, che a sua volta chiamò la McGranitt. Sembrava quasi innaturale guardare il quadro della situazione: la McGranitt e Lumacorno furenti in mezzo alla Sala Comune rosa e gli studenti (la maggior parte ancora in pigiama) a guardarsi intorno confusi e inorriditi. I professori ci provarono, ci provarono davvero, a togliere quell’orribile rosa, ma tutto fu vano. Quel colore non voleva saperne di togliersi dalla Sala Comune di Serpeverde.

 

Alla fine, dovettero dire agli studenti verde-argento che credevano che il colore si sarebbe tolto tra circa due o tre giorni massimo. E fu lì che si scatenò il pandemonio.

 

 Studenti e studentesse che urlavano le loro proteste, svegliarono anche quelli più dormiglioni ancora a dormire nei dormitori -ignari della condizione della loro Sala Comune- alcuni studenti si permisero addirittura di dare degli incompetenti ai professori.

 

«SILENZIO!» Urlò la McGranitt con voce autoritaria, tutti si zittirono. «Questo è un incantesimo di Tinta Permanente*, come alcuni di voi sapranno questo incantesimo rende difficoltoso rimuovere un colore da una superficie. Chiunque abbia fatto questa impresa idiota, l’ha fatto piuttosto potente, ma non abbastanza da farlo rimanere per sempre. L’effetto svanirà entro circa due giorni e riavrete la vostra Sala Comune. Fino a quel momento, mi dispiace, dovete abituarvi a questo colore» spiegò la McGranitt rigida e severa.

 

«Non vi preoccupate, troveremo il colpevole e verrà severamente punito» li rassicurò Lumacorno «Chiederemo ai quadri nella Sala se ieri notte hanno visto qualcuno o sentito qualcosa e vedrete che lo smaschereremo. Non credo che questi si sappia rendere invisibile.»

 

«Ora andate a prepararvi per le lezioni. La colorazione della vostra Sala Comune non giustificherà un vostro ritardo» disse infine la professoressa McGranitt, uscendo dal ritratto, seguita poco dopo dal Professor Lumacorno.

 

I professori, di certo non sapevano, che 7 piani più in alto, nella Torre di Grifondoro, cinque facce ghignavano soddisfatte.

 

 

 

In breve tempo la voce si era fatta spazio tra i corridoi di Hogwarts, e c’erano ben pochi studenti che non sapessero del fatto. Tutti sapevano chi fosse il colpevole, o meglio, chi fossero i colpevoli, perfino i professori. Ma come Sirius aveva fatto notare, a un’infuriata McGranitt -con tanto di faccia innocente- purtroppo, non c’erano prove.

 

«Potter! Lupin! Black! Minus! Potter!» li aveva chiamati la McGranitt con le narici che fremevano «Questa volta avrete una punizione esemplare!» Aveva continuato furibonda.

 

«Per cosa, Professoressa?» aveva chiesto James fintamente confuso.

 

«Non faccia finta di non sapere, signor Potter. La Sala Comune di Serpeverde è stata colorata di rosa, e non l’ha fatto di certo da sola» la McGranitt li scrutava rigida e severa.

 

«Quindi ci sta accusando di averlo fatto noi!» aveva esclamato James indignato.

 

«Ci sono prove?» Sirius era intervenuto innocentemente «Non può punirci senza avere delle validi prove, professoressa» aveva continuato.

 

In effetti, i pochi quadri ancora svegli di notte della Sala Comune verde-argento non avevano dato molte informazioni utili. Non avevano visto chi fosse stato a causa dell’oscurità e non avevano visto neanche delle sagome. Avevano sentito solo dei bisbigli sommessi e appena udibili.

 

Ma in quel momento, Lily, per quanto detestasse i Malandrini (più in particolare Potter e Black) e per quanto morisse dalla voglia di vederli in punizione, aveva ben altre cose da pensare e da chiarire.

 

«Perché leggi libri sulle Arti Oscure, Sev?» chiese Lily indagatrice. Ma Severus lesse anche qualcos’altro nei suoi occhi: delusione. 

Severus si zittì e abbassò lo sguardo, e si sentì anche un po’ uno schifo.

«Noi a scuola impariamo a difenderci dalla Arti Oscure» continuò Lily insistentemente «Non le vorrai mica praticare, vero, Sev?» chiese d’un tratto incredula e un po’ ansiosa come colpita improvvisamente da quell’idea. 

 

Piton alzò di scatto lo sguardo.

 

«No, certo che no» farfugliò «È che vorrei capire da cosa ci impariamo a difendere. Per essere più preparato, Lily» continuò più calmo. 

 

La ragazzina alzò un sopracciglio, scettica.

 

«Davvero Lily, potrei mai essere capace di fare quelle atrocità scritte in quel libro? Fidati» la tipica astuzia da serpe. 

 

Lily parve tentennare indecisa, per poi sospirare.

«Mi fido» disse infine, anche se non del tutto convinta.

 

E Severus si sentì davvero uno schifo.

 

*

Remus vide James lanciare una fattura a un bambino del loro stesso anno che passava di lì. 

 

Immediatamente la sua faccia fu ricoperta di brufoli, il bambino urlò e scappò via, probabilmente verso l’infermeria. Peter sghignazzò, mentre Sirius e James sorridevano divertiti. 

 

Erano solo in quattro, Harry era probabilmente con Lily.

 

«James!» esclamò Remus guardandolo con disapprovazione «Che ti ha fatto quello lì?!» domandò.

 

«Mi stava guardando troppo insistentemente, capisco che sono bello, ma quello stava diventando inquietante» rispose sghignazzando, seguito da Sirius.

 

«Non potevi direttamente farglielo notare invece di scagliargli una fattura?» domandò Remus un po’ ironico.

 

«Andiamo Remus! Non sarebbe stato divertente! E poi neanche lo conoscevi quello» disse Sirius con leggerezza. 

 

Remus non replicò.

 

Aveva paura. Paura che se li contraddicesse troppo, potesse perdere gli unici amici che si era fatto.

 

E in quel momento desiderò essere un po’ come Harry, che non aveva paura di sgridarli, e dire ciò che secondo lui non era corretto.

 

*

 

«Mi ha detto che non vuole praticarle, ma vuole solo sapere da cosa dovremmo difenderci in caso di pericolo» spiegò Lily. 

 

Non era molto convinta di questa spiegazione, ma Sev era suo amico, e doveva fidarsi di lui. Altrimenti che razza di amica era se non si fidava del suo migliore amico?

 

Anche se era strano il fatto che volesse informarsi così bene sulle Arti Oscure solo per sapere da cosa difendersi. Non era così tanto interessato a Difesa.

 

«E tu gli hai creduto?» chiese Harry. Aveva deciso di confidarsi con il suo nuovo amico e non con Alice, Mary o Marlene. Sapeva già cosa gli avrebbero detto, ovvero di non fidarsi, che Severus era un tipo losco e oscuro. Ma loro non conoscevano davvero Severus. Neanche Harry lo conosceva, ma sperava che da lui ci fosse un parere un po’ più oggettivo.

 

«Io mi fido di Sev!» esclamò Lily, Harry fece per aprire bocca prima di bloccarsi a causa di una voce proveniente da dietro

 

«Guarda, guarda» disse Avery, con dietro la sua banda, composta da Rosier, Mulciber e… Piton? «Una sanguemarcio e…»

 

«Non è di certo un purosangue, Avery» disse con un ghigno Rosier «Non c’è nessun Harry Potter nell’albero genealogico dei Potter» 

 

«Ho sentito dire che ha il padre babbano» disse Mulciber.

 

«Oh, Oh» disse allora Avery «Una sanguemarcio e un mezzosangue: che bella accoppiata!» continuò con un ghigno canzonatorio. Harry si irrigidì.

 

«Taci, Avery» intimò Harry gelido mentre Lily guardava tutti confusa. Che significava sanguemarcio? Comunque, qualunque cosa significava, pensò Lily, non era di certo un complimento.

 

«Come ti permetti?» ringhiò Avery.

 

«Avery faremo tardi a lezione di Incan-» iniziò Piton cercando di sviare quella conversazione che stava prendendo una piega che non gli piaceva.

 

«Chi se ne frega del ritardo, Piton!» disse Rosier

 

«Smettila di fare per una buona volta il secchione» esclamò Mulciber infastidito. 

 

Piton gli gettò un'occhiataccia che sarebbe stata degna di uccidere «Sai, non vorrei far perdere punti a Serpeverde» mentì con voce controllata. Gli altri lo ignorarono. Avery guardò Lily disgustato.

 

«Ma quella non è la tua amica Grifondoro?» chiese rivolgendosi a Piton seppur continuando a guardare Lily. Piton tacque, chiedendo con lo sguardo scusa a Lily.

 

«Che problemi hai?» domandò Lily gelida facendosi avanti sfidandolo con lo sguardo. Piton avrebbe notato in seguito a come i suoi occhi, quando era arrabbiata, diventassero dello stesso colore dell’Avada Kedavra.

 

«Ma come non lo sai?» chiese Avery fingendosi sorpreso «Non sai che quelli come te infettano il mondo dei maghi?» continuò maligno. Lily restò per un attimo senza parole, stava per ribattere quando Harry lo fece prima di lei.

 

«Casomai quelli che infettano il mondo dei maghi siete voi. Sapete, con le vostre stupide idee purosangue potreste rovinare chiunque vi creda» Harry prese Lily per il braccio, e dopo aver scoccato a Piton un’occhiata di rimprovero, si voltò pronto per andarsene. 

 

Ma colse un lieve movimento e fece appena in tempo ad abbassare lui e Lily prima che un incantesimo potesse colpirli. Si girò di scatto sguainando la bacchetta e poco dopo Lily lo imitò. Rosier, Avery e Mulciber avevano sguainato la bacchetta, mentre Piton se ne stava in disparte, indeciso se intervenire o no.

 

«Se duelliamo infrangiamo le regole» sussurrò Lily concitata ad Harry.

 

«Secondo te possiamo fare altro?» domandò di rimando Harry scettico.

 

Erano tre contro due, ma Avery e Mulciber erano solo del primo anno, mentre Rosier del secondo anno. 

 

Comunque, Harry credeva che sapessero duellare poi tanto bene.

 

«Locomotor Mortis!» esclamò Avery. Harry lo schivò.

 

«Tarantallegra!» gridò Lily colpendo Mulciber che prese a ballare una danza frenetica

 

«Expelliarmus!» esclamò Rosier.

 

«Protego!» l’incantesimo andò ad infrangersi sullo scudo di Harry.

 

«Impedimenta!» disse poi, sbalzando Rosier all’indietro, poi puntò la bacchetta su Mulciber che respirava affaticato a causa dei suoi piedi che non si erano fermati un attimo.

 

«Incarceramus!» Mulciber si ritrovò legato con delle funi, poi cadde a terra continuando a muoversi come un pesce fuor d’acqua. E poi, per ultimo Avery che guardava Harry all’erta. 

 

Peccato che Avery si fosse dimenticato di Lily, e fu per questo che si ritrovò disarmato da lei e legato da Harry.

 

«Ora che facciamo?» chiese Lily.

 

«Lasciamoli qui» rispose Harry facendo spallucce. Lily gettò un’occhiata poco convinta ai Serpeverde, per poi annuire e avviarsi con Harry . 

 

Si erano dimenticati di una serpe, nascosta nell’ombra, che li guardava sconcertata con i suoi occhi neri.

 

 

«Harry?» il silenzio che li aveva accompagnati per gran parte del tragitto fu rotto da Lily.

 

«Mhm?».

 

«Che significa Sanguemarcio?» chiese curiosa. Harry si bloccò. Perchè proprio lui doveva spiegarlo?

 

«Vedi, ci sono dei maghi che si credono superiori agli altri solo perché provengono da un’antica famiglia di maghi. Loro si fanno chiamare purosangue. Non tutti i purosangue la pensano così, ma la maggior parte sì. Secondo loro, qualsiasi mago che provenga da dei Babbani, ha rubato la magia. Poiché i Babbani, secondo loro, sono feccia. Con la parola Sanguemarcio, si intende che tu abbia il sangue infettato dai Babbani, il sangue sporco. Ma tutte queste cose sono solo stupidaggini» Spiegò Harry.

 

«E se io non fossi davvero una vera strega?» chiese Lily insicura.

 

«Tu sei una strega. Hai magia dentro di te, il sangue non definisce proprio niente. Pensa, anche se non provieni da un famiglia di maghi, sei la strega migliore del nostro anno!» esclamò Harry facendo arrossire leggermente Lily.

 

«Me la cavo» si schernì mantenendo la testa alta anche se era imbarazzata.

 

«Chissà perché Severus era con loro» si domandò Lily.

 

«Beh, magari ha fatto amicizia con loro anche se non condivide le loro idee. Sono della stessa casa dopotutto» le rispose Harry, ben sapendo che Piton condividesse quelle idee.

 

*

 

 

I giorni passarono in un soffio fino ad arrivare al 31 Ottobre. 

 

Le zucche coltivate da Hagrid erano diventate enormi, e per il guardiacaccia era arrivato il momento di raccoglierle. Le zucche furono svuotate, su di loro vennero intagliati ghigni malefici, dentro vi furono messe delle candele e vennero appese al soffitto. 

 

Per quel giorno i Malandrini avevano preparato una grande varietà di scherzi: nel corridoio del quinto piano ci furono esplosioni di caccabombe, Severus Piton fu rincorso per tutto il castello da una confezione di shampoo, ci fu un'infestazione di ragni nei bagni delle ragazze, Malfoy girò per Hogwarts per un’ora con una cravatta da Grifondoro finché qualcuno non glielo fece notare, e le divise di alcuni studenti furono tirate da una forza invisibile, facendoli cacciare un urlo. 

 

Si poteva dire, che per i Malandrini, non esistesse “dolcetto o scherzetto?” ma solo scherzetto. 

 

Comunque, questi notarono anche un po’ di malumore da parte di Harry, che era più taciturno del solito. 

 

James lo aveva beccato a guardare malinconicamente lui e la Evans, e si era chiesto giustamente perché si comportava così, di certo il ragazzino non sapeva che quello era l’anniversario della loro morte nel futuro.

 

Ma Harry si era un po’ ripreso quando erano entrati nella Sala Grande, piena di decorazioni di Halloween. Stormi di pipistrelli spuntarono dal soffitto e dalle pareti, e altri stormi neri volarono sui tavoli imbanditi dei più dolci e deliziosi pasti. Silente aveva ingaggiato degli orribili scheletri ballerini e quando gli studenti si congedarono verso le loro Sale Comuni, molti di loro non ne potevano più della musica ballata dagli scheletri.

 

 

Marlene e le ragazze si rimboccarono le coperte assonnate con la pancia piena. Ma Marlene non aveva sonno. Quella mattina, essendo domenica, si era svegliata molto tardi, lei era molto dormigliona e aveva un sonno pesante. 

 

Odiava essere svegliata presto inutilmente nelle mattine, che a detta sua, erano per dormire, ovvero quelle del sabato e della domenica.

 

Dopo essersi girata innumerevoli volte, alla ricerca di una posizione che la soddisfacesse, si arrese e si alzò silenziosamente. 

 

Indossò le pantofole e la vestaglia e decise di scendere in Sala Comune.

 

Si stava avvicinano verso una soffice poltrona vicino al fuoco ancora acceso, quando notò una figura seduta comodamente sul divano. 

 

Era un ragazzino magrolino, con degli scompigliati capelli neri e degli occhi verdi dove venivano rispecchiate le fiamme del focolare rendendoli più luminosi e spettacolari. Marlene poteva dire dalla corporatura che aveva la sua stessa età, ma quando guardò attentamente quel viso e quegli occhi, notò una grande stanchezza e malinconia che aveva visto solo in alcuni adulti. 

 

Il ragazzino guardava con sguardo vuoto il focolare accesso, perso probabilmente in ricordi a lei sconosciuti. Harry Potter -perché sì, Marlene aveva capito chi fosse- si grattò la nuca e si voltò verso di lei, sobbalzando per la sorpresa. 

 

Marlene fece un sorrisetto incerto.

 

«Ciao» lo salutò «Posso sedermi…?» chiese incerta accennando al posto affianco a lui sul divano

 

«Oh, sì certo» disse spostandosi leggermente per farle più spazio. 

 

Marlene si sedette e seguirono alcuni minuti di silenzio imbarazzante. 

 

Marlene non conosceva bene Harry Potter, e né voleva chiedergli perché prima fosse così triste, dopotutto non si conoscevano e dubitava che Potter volesse confidarsi con una sconosciuta, ma decise che non aveva molta importanza sapere il perché di quella tristezza, in quel momento gli bastava rallegrarlo. Si guardò intorno e vide un pacchetto di Caramelle Tutti Gusti+1 poggiato sul tavolo in fondo alla Sala. 

 

Si alzò e si diresse verso il tavolo, seguita dallo sguardo di Harry. Prese il pacchetto -ancora mezzo pieno- e lo portò con sé risedendosi sul divano. Lo aprì e prese una caramella a caso -gialla con delle macchioline marroni, per la cronaca-.

 

«Vuoi?» chiese ad Harry, lui annuì e la ringraziò con lo sguardo prendendo una caramella rossa. Marlene osservò la propria caramella.

 

«Io scommetto che la mia è banana!» esclamò Marlene «la tua?».

 

«Penso che sia ciliegia» rispose Harry.

 

«Sicuro? A me sembra lombrico» chiese Marlene dubbiosa. Harry osservò attentamente la caramella.

 

«Nah, è ciliegia» disse alla fine convinto. 

 

Marlene fece spallucce. «Pensala come vuoi tu» disse.

 

Si scambiarono uno sguardo e si misero in bocca le caramelle nello stesso momento. 

 

Marlene gustò la caramella alla banana mentre Harry fece una faccia schifata che fece scoppiare a ridere la bionda.

 

«Che schifo!» esclamò Harry sputando la caramella in mano.

 

«Io ti avevo avvertito» disse Marlene divertita. 

 

Presero altre due caramelle, Harry prese una verde e Marlene una giallo chiaro.

 

«Credo che quella sia uovo marcio» disse Harry guardando quella di Marlene.

 

«Per me è limone. A te invece penso sia caccole» rispose Marlene. Entrambi guardarono le caramelle incerti per poi mettersele in bocca e masticarle.

 

«Mela verde!» esclamò Harry masticando lentamente. Marlene fece un verso schifato.

 

«Avevi ragione» disse.

 

«Non la sputi?» chiese Harry divertito.

 

«No! La voglio ingoiare» disse determinata. Harry osservò le varie smorfie del suo viso mentre masticava l’orribile caramella. Alla fine scoppiò in una risata contagiosa.

 

 Marlene sorrise felice, nonostante il sapore disgustoso in bocca : era riuscita a farlo sorridere, anzi, a farlo ridere! E poco dopo si trovarono a ridere insieme.

 

E quando Marlene si infilò sotto le coperte, sentiva ancora la risata di Harry Potter che le rimbombava dolcemente nella testa.











*incantesimo inventato da me

Angolo Autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo! Piaciuto lo scherzo nella Sala Comune di Serpeverde? Si lo so, qui non sono molto presenti i Malandrini, ma cercherò di rimediare nel prossimo capitolo. Lily ha scoperto che c’è razzismo anche nel mondo nei maghi e Remus non ha il coraggio di sgridare i Malandrini. Siamo giunti a fine ottobre, e abbiamo un po’ più approfondito il personaggio di Marlene. Spero vi sia piaciuto l’incontra tra lei e Harry e l’idea delle Caramelle Tutti Gusti+1. Fatemi sapere cosa ne pensate della storia recensendo e alla prossima!





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 10
*** Io so ***


Io so 

La biblioteca  era uno dei posti più tranquilli e silenziosi presenti nel castello. Si poteva dire, che fosse tra le più vaste d’Inghilterra.

C’erano scaffali e scaffali pieni di libri dove potevi trovare una vasta gamma di informazioni, tavoli e sedie posti negli angoli se desideravi sederti per leggere un libro in pace o per fare i compiti.

 Era quello che stava facendo Remus, intento a scrivere un saggio di Trasfigurazione che doveva essere lungo un metro. Non c’erano i Malandrini con lui, James e Sirius si rifiutavano categoricamente di metterci piede a soli tre mesi di scuola, Peter se n’era andato poco prima per mangiare alcune Cioccorane perché gli era venuta un'improvvisa fame ed Harry… non lo sapeva.

 Domani c’era la Luna Piena, e questo comportava che Remus diventasse più pallido e malaticcio, più irritabile, più stanco, più aggressivo e più sensibile agli odori e ai rumori. Poteva sentire addirittura i bisbigli a due scaffali di distanza e questo non gli andava molto a genio: davano un terribile fastidio.
 Remus non si illudeva che i suoi amici non avessero notato qualcosa, sentiva i loro sguardi confusi e vagamente indagatori addosso. Ma si consolava nel fatto che sicuramente non avevano capito cosa fosse, altrimenti lo avrebbero già cacciato dal loro dormitorio, no? Remus si augurava che lo scoprissero il più tardi possibile, chissà quanto gli avrebbe fatto male vedere i loro sguardi disgustati…
 
Probabilmente sarebbe stata una ferita che si sarebbe portato per tutta la vita.
 
Sospirò e dopo aver messo accuratamente la pergamena e il libro di Trasfigurazione in borsa si alzò dirigendosi verso l’uscita. Camminò per po’ per i corridoi quasi isolati, molti studenti probabilmente erano in Sala Grande per la cena.
 Remus sentì in anticipo dei passi dietro di lui e un odore di vaniglia prima che Harry gli si affiancasse.

«Dov’eri?» chiese Remus

«Con Peter, stavamo per entrare in Sala Grande, ma gli ho detto che ti sarei prima venuto a cercare» rispose Harry. Il moretto poteva dire ormai che riusciva perfettamente ad ignorare che Peter avrebbe tradito i suoi genitori. Qui non sarebbe successo, non lo avrebbe permesso.


«Non c’era bisogno, stavo per arrivare» disse Remus con un sorrisetto «Domani sera ho una punizione con la McGranitt» mentì poi.

«Lo so.»

«In che senso “lo so”?» chiese Remus confuso voltandosi a guardare Harry.

«Sapevo che domani sera non potevi stare con noi» rispose Harry che con orrore di Remus, lanciò una breve occhiata alla luna quasi piena che si vedeva dalla finestra del corridoio.

Remus si impose di stare calmo «Sono coincidenze, no?» pensò. Harry lo guardò intensamente continuando a camminare.

«Io so, Remus» scandì lentamente. Il diretto interessato si fermò pietrificato, mentre iniziava a sudare freddo. Era spacciato, rovinato. Avrebbe dovuto dire addio ad Hogwarts, perché Harry sicuramente avrebbe fatto causa al Ministero e lo avrebbero cacciato.

Avrebbe dovuto salutare per sempre Sirius, James e Peter, che sicuramente scoperta la verità non lo avrebbero neanche più voluto vedere. Non avrebbe più potuto scherzare con loro, fare quei dannati scherzi, infrangere le regole, riprenderli sullo studio e cercare di fermarli dal fare imprese stupide. E tutto per colpa di cosa? Di quella maledetta maledizione che si portava dietro da quando aveva cinque anni, di quel mostro dentro di lui.

«Sai cosa, Harry?» chiese accennando un sorrisino incerto, cercando di aggrapparsi all’unica pallida speranza che gli era rimasta.
 
Harry sbuffò e lo prese per un braccio, entrarono nella prima aula che trovarono e chiuse la porta sigillandola con un incantesimo.
«Muffliato» disse Harry puntando la bacchetta verso la porta «Ho insonorizzato la stanza» spiegò senza che gli venisse chiesto. Poi posò la bacchetta in tasca e si voltò verso Remus che lo guardava pieno di ansia e terrore.

«Perché?» esalò Remus riferendosi alle precauzioni adottate da Harry.

«Qualcuno ci potrebbe sentire, e sinceramente non voglio che l’intera scuola sappia che tu sei un Lupo Mannaro» disse Harry semplicemente.

Remus sbiancò ulteriormente, si poggiò su un banco, si passò una mano sui capelli in un gesto di stizza e chiuse gli occhi, prendendo due profondi respiri. Quando si ritenne abbastanza calmo si voltò verso Harry e lo guardò sconfortato.

«Come l’hai capito?» chiese stanco.

«Sparisci ogni mese quando c’è la Luna Piena e ogni volta che torni hai qualche graffio o cicatrice. Certo, non è la prima cosa che qualcuno va a pensare il Lupo Mannaro, ma conoscevo una persona con il tuo stesso problema -«che altro non sei che te stesso del futuro» pensò Harry- e quindi mi è venuto facile riconoscere i sintomi e collegarli alle tue sparizioni» concluse infine il moretto. Remus deglutì.

«Non ti preoccupare, se vuoi sparirò per sempre dalla tua vita. Posso chiedere a Silente di spostarmi di dormitorio, se desideri» disse Remus mogio.

«Cosa?» chiese Harry incredulo anche se sotto sotto se l'aspettava una reazione del genere. Prima che Remus potesse aprire bocca per sparare altre idiozie continuò.
 
«Non cambierà assolutamente niente!» esclamò Harry avvicinandosi a Remus che alzò di scatto lo sguardo. Harry fece un sorrisetto divertito.

«Io non ho mai detto che devi sparire dalla mia vita, Remus!» disse. Vedendo che il ragazzino era ancora incerto sospirò.
«Sei Remus, no? Solo Remus. Cosa cambia se una volta al mese diventi un Lupo Mannaro? Sei sempre la stessa persona, hai solo un… problema» disse consapevole che non era molto bravo a consolare la gente. Remus lo guardò sorpreso, ma l’emozione che seguì non era quella che Harry si aspettava. Remus non sorrise, anzi, lo guardò tristemente.

«Harry, tu non hai idea di ciò che divento durante la Luna Piena. Potrei sbranare chiunque e non me ne importerebbe niente. Potrei attaccarti senza esitazione. Sono un mostro. S-» Ma che gli prendeva? Prima Harry gli diceva che non cambiava niente, e poi lui cercava di convincerlo a disgustarlo?

«Tu non sei un mostro!» lo interruppe rabbiosamente Harry cogliendolo di sorpresa «Non lo pensare neanche! Stiamo parlando del Lupo Mannaro o di Remus? Tu sei sempre lo stesso! Di certo non cerchi di sbranarmi ogni giorno! Qui si parla di una volta al mese in cui non sei te stesso! Perdi il controllo, non sei più tu! Per il resto dell’anno, togliendo dodici giorni sei sempre Remus, gentile, buono, responsabile e che non farebbe male a una mosca» Concluse determinato.
 
Vedendo l’espressione sorpresa e incredula di Remus il suo sguardo si addolcì. Il lupo mannaro si sentì preso delicatamente per le spalle. Harry incatenò i suoi occhi verdi a quelli nocciola chiaro di Remus. «Il fatto che tu sia un Lupo Mannaro non definisce ciò che sei, Remus. A me va benissimo essere tuo amico» disse dolcemente.
 
Lasciò il tempo a Remus di assimilare le sue parole e fu più che soddisfatto quando vide un sorriso radioso farsi spazio su quel volto pieno di cicatrici.

Remus non ci poteva credere, era forse un sogno? Harry lo aveva… accettato? Non lo disgustava, odiava, terrorizzava? Sentì un inspiegabile calore avvolgerlo nel petto e si sentì felice come non mai. Ma poi si diede dello stupido. Come aveva potuto credere che Harry lo avrebbe odiato? Lui non era così superficiale.
 Lo abbracciò di slancio senza pensarci, e sentì Harry ricambiare impacciato.

Resosi conto di quello che aveva fatto, si allontanò di scatto un po’ rosso in viso. Harry gli sorrise e Remus non poté far altro che ricambiare. Furono avvolti da un silenzio piacevole per un po’.
 «Quando hai intenzione di dirlo agli altri?» chiese Harry incerto. Remus si irrigidì.

«Io non so…».

«Fidati che la prenderanno più che bene. Non ti cacceranno né ti odieranno. Sono sicuro che la penseranno come me.» disse «Sul serio, ce li vedi a farsi oscurare da degli stupidi pregiudizi?» domandò retorico.

«No, però… non me la sento» disse Remus abbassando lo sguardo. Harry sospirò.
 
«Promettimi che entro quest’anno glielo dirai» disse Harry. Remus tacque.

«Tanto lo scopriranno prima o poi, in un modo o nell’altro. È inutile tenerglielo nascosto. E se, ipotizziamo per assurdo, che non la prendessero bene, io…» si interruppe arrossendo.

«Tu…?» lo invitò a continuare Remus.

«Ci sarò» disse alla fine deciso. Remus sorrise.

«Ma non credo che questo accadrà. Quindi, lo prometti?» domandò di nuovo. Dopo alcuni minuti di silenzio, Remus sospirò.

«Lo prometto».

*


«Ragazzi, io non penso sia una buona idea…».
«Taci, Remus. È un’idea geniale!».
«Certo, per andare in punizione.»
«Ragazzi finirà male… molto male…».
«Perché dovrebbe finire male? Tanto ci nasconderemo.»
«Quello saprà sicuramente delle Maledizioni Oscure! Quello ci scanna, Sirius!».
«Hai davvero paura di Mocciosus, Peter?!».
«E poi non ha fegato di farlo.»
«Non ne sarei tanto sicuro, James.»
«Ma perché vi siete fissati con lui! Sta lì in pace a leggere uno stupido libro!».
«Un libro sulle Arti Oscure, sicuramente!».
«È un libro di Pozioni, razza di deficiente.»
«Sempre così preciso, Rem…».

«Aaaaaaaaaaah» urlò esasperato James «Smettetela altrimenti vi butto dritti sul coso che si muove come un forsennato.»

«Il Platano Picchiatore?» domandò Peter terrorizzato.

«Come si chiama, si chiama» sbottò James.

Erano dietro una colonna da dieci minuti a tenere d’occhio Piton seduto tranquillamente in un’aula vuota, che leggeva un libro di pozioni, totalmente preso dalla lettura. Sirius e James avevano intenzioni di fargli uno scherzetto, Remus, Harry e Peter cercavano di farli ragionare a non farlo, o meglio, Harry e Remus cercavano di farli ragionare, e Peter li pregava di lasciar perdere.

«Basta! Lasciamolo in pace! Non ci ha fatto niente!» esclamò deciso Harry.

«Merlino, Harry, è uno scherzo!» esclamò Sirius esasperato. A volte non capiva proprio perché Harry stesse sempre dalla parte di Mocciosus in questi casi. Era un’untuosa, viscida, malefica serpe, che leggeva sulle Arti Oscure ed era tremendamente odiosa.
 Non lo stavano di certo per cruciare, volevano solo far profumare un po’ quelle tendine nere che si trovavano ai lati di quell’orribile viso. E poi lo aveva visto, Sirius, che mentre avevano svoltato l’angolo l’altro ieri, Mocciosus aveva tirato fuori la bacchetta per colpirli alle spalle, quando poi non lo avevano nemmeno notato. Per fortuna o per sfortuna (perché sì, Sirius voleva vedere la sua faccia quando sarebbe stato battuto in un duello) la Evans era arrivata e Piton aveva riposto subito la bacchetta. Vedendo che Harry stava per ribattere, James lo fermò.

«Siamo Malandrini! Cosa fanno i Malandrini? I bravi scolaretti?!» chiese ironico «Facciamo scherzi!» esclamò alla fine

«Ma non alla stessa identica persona! Ci sono duecento studenti in questo castello!» esclamò Harry «Io non ho nessuna intenzione di dare il tormento a nessuno! Anche perché so cosa si prova a essere presi di mira!» continuò imperterrito e arrabbiato.

Calò il silenzio.

Harry si ricordò di Malfoy, di Piton da professore, di quando la scuola lo credeva l’Erede di Serpeverde, di come credevano che avesse imbrogliato per partecipare al Torneo, di come l’intero mondo magico lo credesse pazzo solo perché diceva la verità. Di come alla scuola babbana venisse sempre messo da parte, preso in giro, e picchiato da Dudley e la sua stupida banda, di come lo chiamavano mostro e lo chiudevano nel sottoscala al buio.

Ad Hogwarts aveva Ron ed Hermione, solo grazie a loro era riuscito a superare tutto questo, li voleva bene e li voleva bene ancora, e come sempre, per tutte le persone che amava, erano morti per colpa sua, gli mancavano i consigli e la dolcezza di Hermione, come gli mancavano i sorrisi e l’umorismo di Ron.

 Piton aveva solo Lily, perfino la sua casa non l’apprezzava, aveva un padre che odiava la magia e tutti lo giudicavano antipatico e scontroso standogli alla larga. Non voleva che ci si mettessero pure i Malandrini.
E sotto gli occhi più attenti dei quattro, lo sguardo di Harry si oscurò, mentre gli occhi, che non erano mai stati bravi a nascondere le sue emozioni, si intrisero di un intenso dolore per un attimo, prima che Harry distogliesse lo sguardo cercando di calmarsi.

«Noi… n-» iniziò Sirius.

«Lascia stare» lo interruppe Harry «Io non chiedo di non fare scherzi, questo mai. Ma di non farlo per umiliare le persone, ecco. Gli scherzi dovrebbero far divertire tutti, perfino la vittima potrebbe divertirsi. Piton è impossibile da far divertire, e se proprio volete fargli qualche scherzo, non fateglieli in continuazione. Casomai fateli per un motivo, non lo so, per vendetta ad esempio. Ma se non ha fatto niente, non capisco perché dovremmo farlo» disse.

«L’altra volta ci stava per attaccare alla spalle» disse Sirius incerto.

«Non ti è bastato ieri strappargli il libro?!» domandò Harry. Sirius e James quasi si sentivano di fronte a un adulto, in quel momento.

«Ok» disse semplicemente James con un sorrisetto cercando di alleggerire la tensione. Avevano capito che quello che facevano non era tanto giusto, ma non lo avrebbero mai ammesso.

«Che ne dite se lo facciamo a Vitious durante la lezione?» domandò con un sorriso impertinente.

«Sei pazzo!» esclamò Remus «Hai idea della punizione?!» disse guardandolo come se avesse due teste.

«Andiamo, Rem! Vitious ha un senso dell’umorismo a differenza di Piton!» esclamò Sirius sorridendo incamminandosi verso la lezione che avevano tra dieci minuti.

«Vero, Pete?» chiese Sirius in cerca di supporto.

«Certo!» disse Peter sorridendo anche se non tanto sicuro.

«Bene!» disse James soddisfatto «Che ne dici, Harry?» chiese al suo così detto “sosia”. La risposta di Harry non arrivò subito.

«Ma sì, perché no?» disse infine, perché un malandrino si era innescato anche in lui, dopotutto.

«Vedete che ci premierà per la nostra bravura» disse Sirius sogghignando.
«Oh no, premierà me, perché io ve l’ho insegnato» ribattè Harry beffardo.
«Ehi! Io l’ho trovato su un libro!» intervenne Remus.
«Io ho detto di fargli uno scherzo!» intervenne allora James «Sono stato io il primo che ha detto che sarebbe stato bello usare l’incantesimo per uno scherzo, in verità!» si inserì Peter orgoglioso.
«Ma se fino a cinque minuti fa ci pregavi di non farlo!» si fece beffe di lui James. Peter arrossì.
«Ma perchè era Piton. Cioè, Piton. Io non ho detto di farlo a lui!» borbottò, imbarazzato.
«Sì, sì, abbiamo capito, Pete, non preoccuparti!» Sirius gli diede una pacca sulla spalla.
Alla fine, si ritrovarono a ridere tutti e cinque divertiti.


«Professore…» Remus alzò la mano come concordato per attirare l’attenzione del professore.

«Sì, Lupin?» Il professor Vitious si voltò verso di lui, dando le spalle ai due malandrini per eccellenza.

«Scusi, non ho capito bene gli effetti del Flipendo» continuò innocentemente.
 
«Oh, certo, non si preoccupi…».

James fu fluido, fingendosi distratto, mosse la bacchetta sussurrando una formula. Vitious si trovò in testa un cespuglio di rose. La classe scoppiò a ridere mentre il professore li guardava interrogativo.

«Professore» avanzò timidamente Peter facendosi coraggio «Ha un cespuglio di rose in testa» continuò.
Vitious fece comparire dal nulla uno specchio e guardò il suo riflesso.

«Le sta divinamente, professore» disse Sirius sfacciato.

«Grazie mille, Black. Ma preferisco senza.» Agitò la bacchetta e fece scomparire il cespuglio sorridendo divertito. «Per quanto la fattura sia stata fatta perfettamente, sarò costretto a mettere una punizione al Signor Potter. Non si preoccupi, non ne parlerò con la Professoressa McGranitt» disse guardando James facendo un sorrisetto.

«Ma come…?» si lasciò scappare Sirius. Vitious era di spalle, come aveva fatto a vederlo?

«Ci sento bene, Black» disse il professore.

Dopo che le acque si furono calmate, e le domande dei primini sull’incantesimo a Vitious furono finite, il professore riprese la lezione.

*


«Io sono affascinante!» esclamò James.
«E io sono bellissimo!» ribattè Sirius.
«Io ho il carisma dalla mia parte!».
«E io sono divertente! Ti ricordi le mie battute?».

«Non sono molto d’accordo su questo punto…» intervenne Remus che fu ignorato totalmente.

«Le tue battute sono squallide!» esclamò James.
«Oh, ma tu che ne sai! Io ho dei lineamenti regali!» disse Sirius ricordandosi le parole di sua madre mentre si pavoneggiava dei suoi figlioletti Regulus e Sirius.

«Ti dimentichi il fascino del “Bello e dannato”» li interruppe Harry sorridendo un po’ impertinente.

«Ecco! Esatto!».

«Io ho i miei meravigliosi capelli Marchio Potter!» ribattè James.
«Ah certo! I capelli che hanno vita propria!» disse Sirius.
«Io sono più forte!».
«Non dire cretinate! Io sono più forte!».

«Vediamo?» chiese James con aria di sfida. Si ritrovarono ad azzuffarsi sul pavimento. Remus li guardò con un sopracciglio alzato, per poi tornare alla lettura come se fosse tutto normale.

«No! Ragazzi!» esclamò Peter allarmato.

«Ehi! I miei occhiali! Non ci vedo niente! Non vale!» gridò James colpendo Sirius a caso per scrollarselo di dosso.

«E sei pure mezzo cieco!» esclamò Sirius divertito osservando i tentativi dell’amico.

«Cos'è tutta questa discriminazione per le persone con gli occhiali?!» esclamò James esasperato, tastando la faccia di Sirius.

«Levami le tue manacce di dosso!» disse Sirius scostandosi.

«E tu levati di dosso, deficiente!» urlò James «Che non ci vedo un Bolide!» continuò muovendosi e rotolando sul pavimento per cercare di togliersi di dosso Sirius che rideva senza ritegno.

«Oh, James, non sai quanto mi stia divertendo!» gongolò Sirius.

«LA VOLETE SMETTERE VOI DUE!» urlò Remus chiudendo di scatto il libro, prese la bacchetta lanciando un’ incantesimo che scaraventò Sirius all’indietro.

«Grazie, Rem! Sei un santo!» disse James sorridendo guardando la mano di Remus convinto che fosse la faccia.

«Mi dai i miei occhiali?» chiese poi.

«TE LI CERCHI DA SOLO!» urlò Remus riaprendo il libro stizzito. Così James dovette tastare l’intero dormitorio borbottando su persone poco gentili e discriminazioni verso i miopi.







Angolo Autrice
​ Ecco un nuovo capitolo! Harry ha fatto promettere a Remus di dire la verità ai Malandrini sulla sua condizione, e lui ha accettato. Chissà che succederà, eh? James e Sirius hanno un po’ capito che quello che fanno loro a Piton non è giusto e hanno saputo qualcosina in più sul passato di Harry con una semplice frase. I capelli di Vitious sono diventati un cespuglio di rose conferendogli un nuovo stile e James ha dovuto cercare i suoi occhiali senza che nessuno avesse pietà per lui. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, recensite che mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate della storia (oltre che a incoraggiarmi a continuarla) e alla prossima!  





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 11
*** Piccoli sospetti e Cercatori stupidi ***


Piccoli sospetti e Cercatori stupidi

In una piccola torre chiusa a chiave, dove non ha mai messo piede nessuno studente, c’è un pesante libro che non è mai stato toccato da mani umane sin dai tempi dei fondatori. Affianco a esso, c’è un piccolo calamaio d’argento sui cui è posta una piuma di Augurey: sono *la Piuma dell’Accettazione e il Libro dell’Ammissione. Rappresentano l'unica procedura attraverso la quale vengono selezionati gli studenti che frequenteranno la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Nel preciso momento in cui un bambino mostra i primi segni di magia, la Piuma, sembra essere più permissiva del Libro. Per la Piuma è infatti sufficiente che il bambino dimostri di possedere anche solo un pizzico di magia mentre il Libro si chiude spesso con forza, rifiutandosi di essere scritto fino a quando non ottiene un numero sufficiente di prove di reale abilità magica.

Infatti, la severità del Libro ha uno scopo: i bambini senza abilità magiche nati da streghe e maghi hanno talvolta una piccola quantità di aura magica residua lasciata dai loro genitori, ma una volta che questa magia si esaurisce diventa chiaro che non saranno mai in grado di eseguire un incantesimo. La sensibilità della Piuma e l'ostinazione del Libro non hanno sinora mai commesso alcun errore.

Alcuni presidi di Hogwarts, però, hanno fatto visita a quella misteriosa stanza, molti di loro rimasero lì per ore, cercando di capire quale straordinaria magia ci fosse dietro quegli oggetti che sembravano avere una vita e una personalità tutta loro.

Nessuno ci riuscì.

In quel momento, alle prime luci del mattino, una figura avvolta in una stramba veste gialla con motivi arancioni, camminava proprio verso quella stanza tranquillamente mentre la sua veste strusciava leggermente sul pavimento.

Una volta di fronte a una porta spessa, tirò fuori la bacchetta, puntandola verso la serratura dorata e ancora per niente arrugginita (nonostante i secoli), incominciando a mormorare una cantilena in latino. Poco dopo, la serratura si illuminò e scattò, lasciando la porta socchiusa.

Albus Silente, soddisfatto, abbassò la bacchetta e entrò nella stanza. Subito si diresse verso la scrivania al centro della stanza e si sedette sulla sedia affianco. Voleva cercare il nome di uno studente, poiché gli era sorto un dubbio. Non poteva toccare il libro con le mani, il libro non glielo avrebbe permesso, richiudendosi di scatto ed era impossibile toglierlo dalla scrivania. Quindi puntò la bacchetta verso il libro e parlò:

«Harry Potter.»

Silente non sapeva perché esattamente quello studente lo avesse attirato così tanto. Forse era perchè gli era sembrato strano che un primino riuscisse a fare al primo colpo tutti gli incantesimi che per i bambini della sua età erano difficili. Ne aveva visti di studenti estremamente dotati, ma nessuno che riuscisse a fare gli incantesimi la prima volta che gli venivano presentati. Forse perché gli era sembrato più maturo di quanto sembrasse, in certe circostanze i suoi gesti e le sue parole stonavano con il suo piccolo corpo da bambino. Forse perché gli sembrava sempre all’erta, anche quando sembrava rilassato, c’era qualcosa nella sua postura che faceva capire che sarebbe stato pronto immediatamente all’azione in caso di pericolo, e Silente sapeva che quella era la posa di chi aveva vissuto la guerra. Ma era un bambino, non aveva vissuto alcuna guerra. Oppure era stato il fatto che avesse delle buone basi di Occlumanzia, cosa inusuale per quella età.

Poi, il Preside, pensando nel suo ufficio, si era accorto che non sapesse granché di questo ragazzino.
 

Gli era tornato in mente che il bambino era venuto da lui, chiedendo la lettera, e che il suo nome non c’era sulla lista. Quindi, Silente, aveva riguardato il suo ricordo mentre prendeva la lista, comparsa magicamente sulla scrivania, e non aveva letto alcun “Harry Potter” e  la lista non sbagliava mai, poiché fatta dalla stessa Piuma.

Soltanto cinque pagine si girarono e il nome “Harry Potter” gli comparve di fronte alla quarta riga. Cosa strana, stranissima, se avesse cercato nomi di altri studenti del primo anno, sarebbero comparsi circa una ventina o trentina di pagine addietro. Il bambino gli aveva detto che aveva avuto tanti eventi di magia involontaria, ma cinque pagine equivalevano a qualche mese addietro da ora.
 

Silente sospirò mentre si alzava, e uscì dalla stanza che si chiuse automaticamente a chiave di nuovo. Uscì da quella stanza decidendo che sì, doveva saperne decisamente di più.
 

Doveva andare al Ministero.

 

*


 

«Non vedo l’ora di vedere la faccia delusa dei Serpeverde quando li batteremo» disse Mary ghignante.

«Lo stai dicendo da una settimana, abbiamo capito» sbuffò Alice «E poi non hai neanche visto come gioca Grifondoro, che ne sai, magari non siamo questa gran squadra» continuò.

«Io, a differenza tua, ho visto gli allenamenti e posso dire che vinceremo. Solo il Cercatore non è molto bravo.»

«Proprio il Cercatore! Quello che deve prendere il Boccino!» disse Marlene un po’ scoraggiata.

«Io non ho detto che è incompetente! Intendevo che era il meno bravo, ma è decente, insomma!» disse Mary cercando di non far perdere le speranze.

«Il Boccino è quello che mette fine alla partita e fa conquistare 150 punti, giusto?» chiese Lily incerta. Era la prima volta che andava a vedere una partita di Quidditch essendo una Nata Babbana, ed era curiosa di come fosse questo gioco di cui Mary le aveva riempito la testa per due mesi.

Si stavano dirigendo verso il Campo da Quidditch dove si sarebbe tenuta la partita tra Serpeverde-Grifondoro. Lily vide in lontananza i Malandrini parlare concitati con dei Serpeverde.

«Io scommetto su Grifondoro!» esclamò Sirius a uno di loro, che ghignò in risposta.

«Allora preparati a perdere tre galeoni, Black» rispose il Serpeverde.

«Preparati tu» rispose Sirius aspro. «Siete dei perdenti in tutto, soprattutto con quel Bulstrode al comando della squadra» continuò ghignando spavaldo, il Serpeverde fece una faccia infastidita per poi voltarsi e andarsene.

«Hai fatto cinque scommesse, Sirius» gli ricordò Remus.

«E allora?» chiese Sirius noncurante.

«Ti rendi conto che se perderemo dovrai dare almeno quindici galeoni, vero?» continuò Remus.

«Certo, ma se vinceremo ne guadagnerò quindici»rispose Sirius piccato. Remus sospirò.


Lily e le sue amiche si diressero verso gli spalti e vi si sedettero. La rossa si guardò intorno, osservando alcuni ragazzi che sbandieravano bandiere e scritte, altri che avevano delle macchie gialle e rosse sulle guancia e alcuni che venivano trascinati dai loro amici controvoglia. Sfortunatamente, i Malandrini decisero di sedersi dietro di loro senza neanche rendersene conto. Quando se ne accorsero, Potter ammiccò, Sirius fece per alzarsi, bloccato da Lupin, Peter guardò tutte e quattro indeciso e Harry la salutò ignorando le reazioni degli altri. Il ragazzino lanciò anche un piccolo sorriso a Marlene, a cui le si imporporarono leggermente le guancie e ricambiò. Lily aggrottò le sopracciglia.

«Vi conoscete?» chiese Lily sottovoce alla sua amica.

«Oh sì, ci siamo conosciuti in Sala Comune» rispose. Lily la guardò confusa.

«Quando?»

«Tu già dormivi, era notte» tagliò corto Marlene. Lily lasciò perdere.

«Buongiorno gentaglia! Benvenuti alla prima partita stagionale Grifondoro-Serpeverde! Ed ecco la squadra di Grifondoro che entra in campo. Il nostro capitano, nonché abilissimo Battitore Tom Hughes, seguito dal suo compagno Barrie Green, i cacciatori Alban Robinson, Alyson Morris e Christine Wright, il portiere Lewis Begum e infine… il nostro cercatore! Martin Stevens» disse il commentatore.«Entra in campo la squadra di Serpeverde, il gorilla- capitan-»

«Rogers!» Lily sentì la McGranitt rimproverarlo.

«Ma è la verità! Qualcuno dovrà pur aprirgli gli occhi! Ok, ha ragione professoressa. Vabbene professoressa, ma ora torniamo alla squadra. Dicevamo, il capitano e cacciatore Maurice Bulstrode, seguito da John Rowle e Richard Scott, i battitori grandi quanto delle montagne… Professoressa, montagne non è un termine offensivo! Comunque, i battitori Rodolph Selwyn e Triston Morgan, il portiere Zander Bailey e infine il cercatore Simon Dixon!».

«Le palle vengono liberate!»

Lily osservò incuriosita e meravigliata le scope volare, i bolidi sfrecciare per tutto il campo e le mosse abili dei giocatori. Ben presto si ritrovò a fare il tifo e a urlare. Si gli piaceva il Quidditch, ma non si sarebbe mai sognata di giocarci, era troppo pericoloso e lei non sapeva volare così bene. Lily osservò James Potter e Black urlare a squarciagola, e notò divertita che anche Harry osservava attentamente il campo e eventualmente esultava o protestava contro qualche fallo.

«Sessanta a cinquanta per Serpeverde! Ce la potete fare a superarli! Siete dei Grifondoro o no?» urlò Rogers. Dopo dieci minuti di passaggi e parate i Grifondoro si trovarono a esultare nuovamente «La Pluffa viene intercettata da Morris, schiva Rowle e un Bolide, la passa a Robinsons che si dirige rapidamente verso la porta, ma aspettate! L’ha passata in basso! La Pluffa viene presa da Wright che… segna! Voi l’avevate vista? Io no!»

Lily, Marlene e Mary urlarono.

«Sì, vai!» urlò James.

«Quella era una Manovra di Porkoff!**» urlò Sirius sovrastando le altre voci. James annuì ma poi notò Harry che sibilava insulti guardando in alto.

«Ma guardati intorno, per Merlino! Ma perché sei così stupido!» diceva.

«Harry?» chiese James, ma Harry non distolse lo sguardo dal cielo, ma gli fece cenno di continuare «Che succede?» chiese mentre anche Sirius guardava Harry perplesso.

«Stevens non vede il Boccino! Sta lì in alto! E ci è anche vicino! Invece sta a guardare la partita!» spiegò Harry saettando d’improvviso gli occhi per poi indicare un punto. James seguì la sua indicazione e vide un bagliore dorato.

«È vero!» esclamò.

«Ma dove lo vedete?!» sbottò Sirius. James prese a sbracciarsi e a urlare per attirare l’attenzione di Stevens, mentre Harry guardava ancora il boccino che si stava spostando da una parte all’altra.

«STEVENS! RAZZA DI IDIOTA GIRATI!»urlava James.

«Potter si può sapere che Merlino ti prende?!» sbottò Lily infastidita voltandosi di scatto.

«COSA MI PRENDE, EVANS!? STEVENS NON VEDE IL BOCCINO! PER MORGANA!» urlò James continuando a sbracciarsi.

«E tu l’hai visto?» chiese Lily alzando un sopracciglio.

«Certo! O meglio Harry l’ha visto, ma anche io!» disse James saltando e sbracciandosi «Dov’è, Harry?» chiese poi all’amico. Harry osservò tutto il campo attentamente. Era tutto più difficile quando si era così in basso.

«Alle porte!» esclamò.

«STEVENS!» James urlò e si mise anche Sirius a urlare. Finalmente Stevens si voltò confuso individuandoli.

«IL BOCCINO STA VICINO ALLA PORTE DI GRIFONDORO!» urlò Harry.

«INCOMPETENTE!» aggiunse Sirius, Harry era troppo educato per dirlo.

Stevens si voltò di scatto notando un bagliore dorato, prese a volare a velocità massima verso le porte.

«Pare che Stevens abbia individuato finalmente il Boccino! Si sta dirigendo verso le porte, viene affiancato immediatamente da Dixon! Si dirigono in picchiata verso il suolo e poi di nuovo… in alto! E… Stevens afferra il boccino, gente! Grifondoro vince per centosettanta a ottanta! “ urlò Rogers ed esplosero le urla. Lily prese a saltare e James e Sirius a ballare trascinando anche gli altri. La squadra di Grifondoro si abbracciò e si diedero tutti il cinque.

 

*


 

James sbuffò annoiato.

«Che facciamo?» pigolò di nuovo per la milionesima volta, cambiando di nuovo posizione.

«Organizziamo qualcosa?» chiese Remus anche lui annoiato. Gli altri lo guardarono sorpresi.

«Remusino!» tubò felice Sirius, facendo inorridire il diretto interessato per il soprannome orribile «Sono così fiero di te! Lo spirito malandrino sta nascendo nella tua anima !» continuò civettuolo. Remus ghignò.

«Non sarò un Malandrino per niente!» esclamò «Sirisiuccio» continuò con un sorriso canzonatorio.

«Ok, che facciamo?» sbottò James interrompendo Sirius sul nascere delle sue parole. James era incontenibile, non riusciva a stare perfettamente fermo per troppo tempo.

«Che ne dite di liberare quei Folletti della Cornovaglia che tiene in gabbia il Professor Wittle nel suo ufficio?» propose Peter.

«E tu come fai a sapere cosa c’è nell’ufficio del professor Wittle?» chiese Sirius perplesso.

«Ehm… Stava per scattare il Coprifuoco e Mrs Purr aveva svoltato il corridoio, mi sono intrufolato in una stanza a caso… ed era il suo ufficio. Per fortuna non c’era…» spiegò incerto Peter.

«Probabilmente era a fare la ronda con gli altri professori» disse Harry.

«Ti è venuta un’idea geniale Peter, sarà il nostro prossimo scherzo, ma oggi è Domenica, credo che il professore sia nei suoi quartieri» disse James.

«Potremmo…» iniziò Sirius meditabondo «mettere a soqquadro la biblioteca!» esclamò illuminandosi di colpo. James lo guardò eccitato.

«Così faremo ancora più incavolare la Evans!» esclamò.

«Già ho fatto una cosa del genere con Reg! So l’incantesimo!» disse Sirius con un sorriso.

«Chi è Reg?» chiese Peter perplesso. Sirius si bloccò per poi sorridere.

«Regulus Black! Mio fratello! Spesso facevo dei piccoli scherzetti a mia madre rubando la bacchetta di mio padre e Reg mi avvertiva se veniva qualcuno dal corridoio. Altre volte invece li facevamo insieme. Di solito non venivano scoperti ma quelle volte che capitava …» il sorriso che Sirius aveva avuto per tutto il piccolo racconto si incrinò leggermente «Il prossimo anno verrà ad Hogwarts» aggiunse.

Sirius prese a raccontare dei piccoli scherzi che facevano, parlò di Regulus, di come fosse sempre calmo e pacato (l’opposto di lui) un po’ ingenuo, come si facesse influenzare a volte dalle idee dei Black, e che lui, Sirius, ogni volta aveva dovuto farlo ragionare, a fargli capire come erano stupide quelle idee. Ma comunque, suo fratello non riusciva a contrariare realmente sua madre.

«Ha paura di deluderla» spiegò Sirius con una nota di amarezza.

Harry aveva capito che Sirius era davvero molto affezionato a suo fratello, si vedeva da come ne parlava, da come sorrideva raccontando di lui e di come non si stancasse mai. Quando il suo padrino, in quel tempo, aveva accennato alla sua famiglia, lo aveva sempre fatto in modo scontroso e brusco, lasciando per un attimo che il suo viso di oscurasse. Ma quando parlava di Regulus, era tutt’altra storia: sorrideva e parlava concitato. Harry immaginò cosa avrebbe fatto il suo padrino, nel futuro, se avesse saputo che Regulus fosse morto tradendo Voldemort, cercando di contribuire alla sua sconfitta. Probabilmente sarebbe stato sopraffatto dall’angoscia e dai sensi di colpa per non aver fatto niente per tirarlo fuori dal Lato Oscuro. E mentre osservava Sirius che ghignando, raccontava dei piccoli incantesimi elementari che lui e suo fratello avevano usato per far sbalzare dei libri da uno scaffale, sentì una vocina nella sua testa.

«Beh, siamo venuti qui per cercare di cambiare gli eventi, no?» chiese retorica, con una nota furbesca.












*Questo racconto l’ho trovato su Pottermore. Quindi, gestire le ammissioni per Hogwarts non è compito del Ministero come molti credevano, ma di questi due magici oggetti. Da quel che ho letto,  l’ammissione è un personale compito delle Scuole di Magia, e ognuna di loro ha un sistema diverso. Il come si apre la stanza l’ho scritto io, poiché non c’era scritto da nessuna parte.


** mossa secondo la quale il Cacciatore in possesso di Pluffa vola verso l’alto, facendo credere ai Cacciatori avversari che sta tentando di sfuggire da loro per segnare, ma poi scaglia la Pluffa in basso, a un Cacciatore della sua squadra pronto afferrarla. È essenziale un tempismo perfetto ( da Quidditch Attraverso i Secoli). Ho pensato che Sirius, così come James, sapesse alcune mosse del Quidditch, essendo così appassionati.


Angolo Autrice
Ciao a tutti! Piaciuto il nuovo capitolo? Spero vivamente di sì. Siamo entrati con Silente in quella magica e misteriosa stanza,  veniamo a sapere che sta avendo dei sospetti su Harry e che andrà a cercare più informazioni al Ministero (ammettiamolo, Silente ficca il naso un po’ in tutto). E la partita di Quidditch? Mi sono divertita a scrivere le urla di James a Stevens (in particolari gli insulti XD). E si, a Lily piace il Quidditch e tifa attivamente da buona grifoncina quale è. Per ultimo abbiamo Sirius che racconta ai malandrini del suo fratellino, e questa è la prima volta che i suoi amici sanno un po’ di più sulla sua famiglia. Ed Harry, giustamente, starà lì per un motivo, no? Io vi saluto e Ciriciaooooo        





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 12
*** Solo per Regulus ***


Solo per Regulus


Due settimane erano passate dalla partita di Quidditch Grifondoro-Serpeverde, e una sola settimana dal giorno in cui la biblioteca fu trovata a soqquadro.

«PRESIDE!» Aveva urlato inferocita Madama Pince entrando nello studio del Preside come una belva. «LA BIBLIOTECA! VOGLIO I RESPONSABILI!» Aveva continuato rossa in viso, mentre Silente si riprendeva dalla breve sorpresa per l’irruzione tutt’altro che calma nel suo ufficio. «SEMBRA CHE CI SIA PASSATO UN TORNADO! I LIBRI SPARPAGLIATI DA TUTTE LE PARTI! GLI STUDENTI NON HANNO PIÙ RISPETTO PER LA CULTURA!» aveva poi sbraitato continuando a gesticolare freneticamente.

A Silente quasi non sembrava più lei, era sempre stata rigida e composta mentre ora sembrava una bestia pronta a torturare chiunque avesse rovinato i suoi sacri libri.

«Calmatevi per favore, Irma. Gazza, il custode, si occuperà di rimettere a posto la biblioteca, e tornerà come prima, non preoccupativi» aveva detto calmo mentre Madame Pince respirava affannosamente per riprendere fiato.

Quando, il povero custode, aveva visto la biblioteca, un luccichio pericoloso si era acceso nei suoi occhi.

«Quelle cinque canaglie…» aveva sibilato «Preside! Sono stati quei cinque mascalzoni! Ne sono più che certo!» aveva esclamato arrabbiato a Silente.

«Purtroppo non abbiamo prove, Argus» aveva detto Silente composto.

«Ma che prove, Preside! Chi altro se non loro? Oh la pagheranno, eccome se la pagheranno. Per loro è un divertimento eh, distruggere la scuola, ma questo è solo lavoro in più per me! Li beccherò, Preside, per punizione mi può dare gentilmente il permesso di usare le mie catene che ho stipate?»

«Non credo sia necessario, Argus. Una punizione senza torture fisiche va più che bene» aveva risposto Silente un po’ divertito.


Da quel giorno, i cinque venivano perseguitati ancor di più da Gazza, infatti sembrava che sbucasse da ogni angolo, oppure c’era Mrs Purr che da dietro le armature se ne usciva e si parava davanti a loro guardandoli malevola. Anche la Evans si era fatta sentire, sbraitando contro di loro, ma principalmente su James. Che, Sirius, non capiva come, talvolta si divertiva a litigare con la rossa.

«SEI UN IRRESPONSABILE! SE TU NON VAI IN BIBLOTECA NON È DETTO CHE GLI ALTRI NON CI VADANO! NON ESISTI SOLO TU AL MONDO, POTTER! RAZZA DI EGOCENTRICO» aveva urlato Lily. James, che stava concentrato su una partita a scacchi con Peter, aveva alzato lo sguardo svogliatamente.
 

Ecco, in quel momento non aveva voglia di battibeccare, era troppo concentrato a non farsi fare scacco matto da Peter che era straordinariamente bravo a quel gioco.

«Cosa c’è, Evans?» aveva chiesto, come se non avesse sentito minimamente le sue urla, e forse era così. Lily era diventata ancora più rossa in viso, e James aveva alzato lo sguardo fino a guardarla negli occhi.

Pessima scelta, o forse non tanto. James era rimasto ammutolito da quegli occhi. Oh, lui non si era mai fermato a fissare per bene gli occhi di Lily, era quella l’unica volta che lo aveva fatto e ne rimase affascinato (e anche terrorizzato). Gli occhi di Lily erano verdi, ma non quel verde banale o spento, ce li aveva di un fantastico verde smeraldo brillante. E in quel momento, erano dello stesso colore dell’Avada Kedavra e brillavano quasi a diventare fosforescenti. Di sicuro non erano molto comuni, aveva pensato James. Quegli occhi però, gli sembravano un po’ familiari. Gli era piaciuto che fossero rivolti a lui e che fossero così brillanti, così accesi (anche se di rabbia) a causa sua, e da quel momento aveva iniziato sempre di più a provocare la Evans, per vedersi rivolto il suo sguardo.

Quindi, Lily Evans, in questo modo, aveva affinato il suo sarcasmo, la sua acidità e perfezionato il suo vocabolario da usare contro di lui per contrastarlo. I loro battibecchi ormai venivano considerati spettacoli d’intrattenimento.


A inizio dicembre, la neve cominciò a cadere candidamente dal cielo notturno, ricoprendo il parco di Hogwarts di un gelido manto bianco il mattino dopo. I Malandrini, da Malandrini quali fossero, ne avevano approfittato per ingaggiare una partita a palle di neve in cui alla fine erano finite coinvolte addirittura alcune amiche di Lily e qualche Grifondoro.

 James, Harry, Mary avevano bombardato la base di Sirius, Remus, Peter e Marlene. Harry aveva fatto un incantesimo per sparare palle a raffica. Sirius ebbe l’idea di costruire un muro di difesa di neve e mentre lo costruiva, gli altri tre avevano continuato ad attaccare coraggiosamente la squadra avversaria. Una palla di neve finì dritta sul viso di Harry, che gli bagnò e fece cadere per la botta gli occhiali.

«Maledizione!» imprecò Harry mezzo cieco, strizzando gli occhi nella speranza di vederci più chiaro. Peccato che fu nuovamente bombardato da palle di neve, e mentre imprecava per il cretino che stava facendo questa crudeltà, sentì la risata simile a un latrato di Sirius.

Gliela avrebbe fatta pagare, ci poteva contare. Harry distinse una sagoma che somigliava a un tronco di un albero e ci andò dietro, tenendosi la testa con le mani per coprirsi almeno quella parte dalla neve. Dopo che fu al sicuro dietro l’albero, pensò disperatamente che aveva bisogno dei suoi occhiali e a come recuperarli.

Si mise a pensare per circa dieci secondi per poi darsi dello stupido.

«Insomma, sono un mago o no?»pensò.

Tirò fuori la bacchetta e sussurrò, puntandola tra la neve «Accio occhiali» i suoi occhiali gli arrivarono immediatamente in mano, e tastandoli, notò che erano rotti.

«Reparo» sussurrò, ricordandosi con nostalgia che di solito, anzi sempre, era Hermione che glieli aggiustava.

 Era una sorta di loro tradizione, perché anche se Harry sapeva fare perfettamente il Reparo, l’aggiustare i suoi occhiali era un compito esclusivamente di Hermione. Scacciò velocemente quei pensieri e si rituffò nella battaglia.

Quando rientrarono, erano completamenti bagnati fradici.

«Voi restate ad Hogwarts per Natale?» chiese Peter rompendo il silenzio, che i ragazzi stavano usando per riprendere fiato. Harry quasi sorrise felice, Peter aveva chiesto proprio quel che gli serviva.

«Io credo che torno a casa, i miei genitori vogliono rivedermi» rispose Remus.

«Io non lo so… Ma credo che se resta Sir, resto anche io. Poi papà dice che Hogwarts è bellissima a Natale» disse James.

«Io resterò qui, naturalmente. I miei genitori mi hanno detto di non tornare a casa e anche se non lo avessero detto non sarei comunque andato» disse Sirius facendo spallucce.

«Io credo invece che dovresti tornarci» Harry, armatosi di coraggio, pazienza e determinazione, aveva detto quelle parole.

«Cosa?!» chiese Sirius sorpreso, mentre gli altri lo guardavano altrettanto basiti.

«Sai… per Regulus» disse Harry. Sirius aggrottò le sopracciglia.Harry sospirò, ripassandosi il discorso che si era fatto mentalmente dieci volte, ma che ora ricordava a malapena. Decise di andare per istinto.

«Da quel che ho capito, tu detesti la tua famiglia…» cominciò.

«Come si può non detestarli!» lo interruppe Sirius. Harry gli gettò un’occhiata del tipo: “Taci-e-fammi-finire-di-parlare”.

«Ma tu vuoi bene a tuo fratello, giusto?»

«Harry puoi arrivare direttamente al punto?!» domandò scocciato Sirius, Harry sbuffò.

«Quel che sto cercando di dirti è che se lasci troppo tempo tuo fratello da solo con i vostri genitori finirà per farsi influenzare troppo e potrebbe diventare come loro, l’hai detto stesso tu che non è in grado di contraddire vostra madre. Se tu non vuoi che Regulus diventi come tutta la vostra famiglia devi aiutarlo e stargli vicino. Hai detto che più volte in questi anni hai dovuto aiutarlo a capire cosa fosse vero e cosa falso, ma cosa pensi che succedesse se per nove mesi consecutivi non ci sarai a farglielo capire?» disse Harry.

«Sono sicuro che Regulus riuscirebbe a capirlo da solo!» esclamò Sirius.

«Regulus ha paura di deludere la sua famiglia, Sirius! Gli staranno già inculcando per bene che i babbani sono feccia e che tu sei il disonore delle famiglia! Poi penserà che sia l’unico a poter riscattare il nome dei Black e allora farà esattamente ciò che gli diranno, solo per renderli fieri!» esclamò Harry.

«Ma tu che ne sai?! Non lo conosci neanche!» esclamò Sirius irritato, anche se una vocina nella sua mente, la ragione (che Sirius dubitava di avere) gli sussurrava che Harry, con molte probabilità, avesse ragione. Ma lui cercava di ignorarla.

«Potrei dire quasi di conoscerlo visto che hai parlato di lui per più di dieci minuti!» esclamò Harry, cercando di contenersi. «Tuo fratello ha bisogno di te! Non è ribelle e forte come te, Sirius! Ha bisogno del sostegno di qualcuno, qualcuno che tenga a lui! E allora chi se non tu!? Penserà che quello che dicono i vostri genitori sia pura verità e diventerà come tutti loro! Devi fargli capire che gli vuoi bene e che sarai sempre accanto a lui per sostenerlo, devi convincerlo che i pregiudizi della vostra famiglia non sono veri! Se non lo farai, diventerà come loro, e se ti conosco bene, sono sicuro che in futuro verrai tormentato dai se e dai ma, chiedendoti se avresti potuto salvarlo se solo avessi fatto qualcosa in più» Concluse Harry. Sirius ammutolì e affrettò il passo superandoli. I quattro si scambiarono un'occhiata e alla fine Remus lo seguì, la persona più adatta a fare ragionare e calmare le persone.

«Sei stato un pochino duro, Harry» sussurrò Peter.

«Sirius è testardo, per fargli capire come stanno le cose non puoi essere delicato» rispose Harry.

«Tu pensi davvero che…?» iniziò James.

«Si, ne sono sicuro. Regulus diventerebbe come loro se Sirius non lo aiutasse» lo interruppe Harry. Calò il silenzio.

«Secondo voi Sirius mi ascolterà?» chiese Harry, mostrando un po’ della sua insicurezza. James gli diede una pacca sulla spalla.

«È pur sempre Sirius. Lo farà» rispose con un sorriso fiducioso.

 

*


Intanto, Remus cercava di stare al passo di Sirius.

«Sirius, aspetta!» esclamò facendo una piccola corsetta per mettersi al suo fianco. Sirius non si decise a parlare finchè non si trovarono al settimo piano, di fronte al ritratto della Signora Grassa.

«Grifone Orgoglioso» disse sbrigativo Sirius, il ritratto si aprì. Sirius, vedendo che le poltrone erano occupate da alcuni del quinto anno, si tuffò per le scale del dormitorio, con Remus al seguito.

Finalmente, il Black si fermò e si buttò sul proprio letto, guardando il soffitto pensieroso.

Stava pensando se tornare a casa fosse una buona idea. Pensandoci bene, Regulus forse non sarebbe riuscito da solo a contrastare sua madre e suo padre e le loro idee. Sirius non ce lo vedeva ad affermare con decisione che stavano dicendo tutte stronzate, né a scatenare qualche sorta di ribellione da solo, contro loro. Forse aveva davvero bisogno che qualcuno lo sostenesse, dopotutto le uniche persone che Regulus conosceva e che gli volessero bene erano Bella, Cissy e Dromeda. L’unica che aveva capito le balle che diceva la famiglia Black era Dromeda, ma era finita diseredata perché aveva sposato un Nato Babbano, mentre Bellatrix e Narcissa credevano nelle loro idee Purosangue, un po’ meno Cissy, ma Bella ne era assolutamente convinta, senza contare che fosse folle. Quindi, in sintesi, non c’era nessuno che potesse aiutare Regulus, solo lui. Ma poteva essere che quando tornava, i suoi genitori non gli avrebbero permesso di vederlo, oppure che Regulus aveva imparato già a disprezzarlo convinto anche lui che fosse un disonore.

Non contando che cosa gli avrebbe fatto la sua famiglia. Ma dopotutto questa non era un problema, poiché non tornando a Natale, avrebbe rimandato le urla (e chissà cos’altro) in estate.

Sirius voleva molto bene a Regulus, era il suo fratellino. Voleva proteggerlo come aveva sempre fatto davanti a sua madre, prendendosi tutte le colpe di qualsiasi cosa avesse fatto Reg. Se sarebbe diventato un Purosangue convinto, che distribuiva “Sanguemarcio” come se fossero caramelle, Sirius ne sarebbe rimasto molto deluso e arrabbiato. Si sarebbe sentito tradito.

«Io credo che valga la pena tentare, Sirius» disse Remus, che era stato tutto il tempo a guardare in attesa l’espressione accigliata e pensierosa del suo amico. Sirius sobbalzò: si era dimenticato della sua presenza.

«Può essere che appena tornerò lì, mio fratello mi eviterà come la peste. Oppure scoprirò che mi disprezza e che i miei genitori gli abbiano già fatto il lavaggio del cervello» disse amaramente. Remus fece spallucce.

«Sì, forse può essere così» disse. Remus era realista, la parte dell’ottimista la faceva fare a James.

«Ma devi comunque tentare. Sicuramente non sarà facile, non te lo aspettare. Dovrai armarti di pazienza, tanta pazienza e speranza. Non devi arrabbiarti se lui ti lancerà insulti o ti ignorerà, dovrai passare oltre questo. Devi abbattere le sue difese e ottenere la sua completa fiducia. Tu non sei molto paziente Sirius, ma è necessario che tu lo sia. E anche gentile, arrabbiandoti non cambierà niente. Può essere anche che sia esattamente come prima che tu partissi, magari non ti odierà o ignorerà, ma devi comunque convincerlo fermamente che quelle idee sono sbagliate e che gli vuoi bene, così capirà che se si distaccherà dalla sua famiglia, avrà sempre qualcuno su cui contare» Remus concluse il suo discorso troppo maturo per la sua età, a detta di Sirius.

«E se non ci riuscirò?» chiese Sirius incerto. Lui sapeva perfettamente che “paziente” non fosse un aggettivo che gli calzasse molto.

«Allora saprai che hai fatto il massimo per lui nonostante tutto» rispose Remus «Andiamo, Sirius, davvero vuoi lasciare il tuo fratellino solo per colpa di queste idee pessimiste?» chiese Remus con un sorrisetto.

«No!» esclamò Sirius indignato «Tornerò a casa per Natale. Per Regulus, solo per Regulus» disse deciso. Remus gli sorrise. Si avviarono verso la porta.

«I miei genitori mi scanneranno appena sapranno che tornerò» borbottò divertito immaginandosi la faccia infuriata e indignata di sua madre.

«E quando te n'è mai importato?» domandò retorico Remus con un sorrisetto.

 

*


 

Due settimane dopo, sulla lista della McGranitt (sugli studenti che tornavano a casa), c’era scritto anche il nome di Lily Evans, Alice Prewett e Mary McDonald. Lasciavano da sola Marlene al castello, e non poterono evitare di sentirsi in colpa. Marlene, purtroppo, non poteva tornare a casa per Natale per festeggiare con la sua famiglia.

Infatti, i suoi genitori, erano in America per stare vicino a sua nonna. La signora -che Marlene aveva visto solo una o due volte- era un pochino svitata, aveva accettato una bevanda da uno sconosciuto che si era rivelato essere un veleno. Quindi, si trovava in un ospedale su un lettino, mentre la sua esistenza oscillava tra la vita e la morte.

Marlene aveva detto alle sue compagne di non preoccuparsi per lei, e aveva stroncato sul nascere alcune loro proposte di restare al castello con lei. Le sue amiche meritavano di festeggiare il Natale con la loro famiglia e non sarebbe stata certo lei a impedirglielo.

Anche i Malandrini si sarebbero separati. Remus, Peter e Sirius sarebbe tornati a casa, due di loro che non vedevano l’ora di rivedere i loro genitori, e uno che ne avrebbe fatto volentieri a meno di tornare a casa ma che lo faceva lo stesso per il suo fratellino. Sirius non tornava a casa per festeggiare il Natale, ma per una missione -Oh si, lui ormai l’aveva chiamata così-. Da quando aveva accettato codesta missione, i suoi compagni, soprattutto James e Remus (e anche un po’ Harry) non avevano fatto altro che dargli consigli, ripetendogli di portare pazienza e comprensione, talmente tante volte che a un certo punto Sirius aveva chiesto irritato se non lo credessero un ritardato (e avevano avuto anche la faccia tosta di rispondere che un po’, forse lo era).

Riguardo a James, lui restava per Harry. Aveva parlato della cosa ai suoi genitori, e quando Harry aveva tentato di dissuaderlo, aveva risposto che voleva vedere Hogwarts a Natale, quindi sarebbe lo stesso rimasto.

Forse era una scusa un po’ campata in aria, di certo se non ci fosse stato Harry, James sarebbe tornato a casa, ma tanto ci stava e tanto valeva.

Inoltre, era comunque un po’ curioso di vedere le decorazioni di Hogwarts, quindi avrebbe approfittato dell’occasione. E poi, il Natale si passa in compagnia, non poteva lasciare un suo amico tutto solo.

Harry aveva lasciato perdere, suo padre era cocciuto e sarebbe stato inutile tutto quello che avrebbe detto.

Inoltre, un po’ egoisticamente, ne era felice.













Angolo Autrice
Ehilà! Sirius tornerà a casa per Natale, cercando di “salvare” Regulus, e a Hogwarts resteranno Marlene, Harry e James. Sinceramente, questo capitolo, lo vedo un po’ frettoloso . Insomma, ho saltato quasi l’intero mese di Novembre e due settimane di dicembre! Ma sinceramente, non vedevo perché allungare ancora di più la storia con un capitolo pieno di scene inutili messe lì solo per riempire lo spazio. Per questo, sono andata velocemente a scene più importanti. Nel prossimo capitolo vedremo il Natale trascorso dai nostri personaggi, facendo vari punti di vista (capirete, se mi soffermerò di più sul Natale a Grimmauld Place). Spero che vi sia piaciuto il capitolo e non dimenticatevi di recensire, un bacio a tutti!





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 13
*** Riconciliazioni sgradite e consigli ***


Riconciliazioni sgradite e consigli
 
Sirius, di certo, durante il suo viaggio in treno -in cui si auto-convinceva che poteva riuscire nella sua “missione” nonostante i probabili ostacoli- aveva ovviamente pensato che non l’avrebbe passata facile. Quindi non fu per niente sorpreso quando trovò un elfo domestico ad aspettarlo in stazione, in mezzo a tutta quella gente. I suoi genitori sicuramente lo consideravano già un essere inutile che non era degno della loro attenzione. L’elfo si era inchinato e si erano smaterializzati in quell’orrida dimora che Sirius stentava a credere si potesse chiamare casa. Non aveva perso tempo a cercare i suoi stupidi genitori per dargli un saluto, poiché sapeva che questo non sarebbe stato di gradimento a nessuno di loro.
Stava giusto per salire le scale, privo del baule che l’elfo aveva già messo nella sua camera (e probabilmente già svuotato) quando sentì una voce gelida e disgustata chiamarlo.

«Sirius» il Black in questione si voltò lentamente, incontrando lo sguardo di sua madre.

«Madre» disse Sirius con disprezzo.

«Cosa non ti era chiaro nella lettera che ho scritto a settembre, piccolo traditore?!» disse Walburga irata «Con quale rispetto disubbidisci ai miei ordini e a quelli di tuo padre, scrivendoci improvvisamente che torni qui?!» Sirius assunse un’espressione sfacciata e di sfida.

«Non ti preoccupare, madre, ho capito ogni parola di quella lettera. Ma ho pensato che se non venivo voi sareste stati troppo felici, e io non voglio questo» rispose, con addirittura il coraggio di sorridere arrogantemente. Sirius non era così stupido da dire «Sai madre, volevo salvare Reg da questa banda di pazzi. Posso passare più tempo con lui in modo da fargli capire le cretinate che dice questa famiglia, per piacere?» per poi essere rinchiuso in camera come unica compagnia un elfo domestico che portava da mangiare.

Walburga si infuriò ancor di più.

«Come osi… sudicio traditore del tuo sangue!» Sirius stava giusto per ringraziare del complimento, ma sua madre riprese a parlare velocemente, con il tono della voce che aumentava pian piano. «Io mi chiedo cosa ho sbagliato con te-».

«Non hai pensato che forse sei tu a essere sbagliata?» chiese innocentemente Sirius.

A quel punto, Sirius capì che avrebbe dovuto trattenersi e andarsene. Lo capì dallo strabuzzare degli occhi e della voglia matta di cui furono invasi, come se volesse lanciargli un Crucio seduta stante e, in seguito, Sirius non avrebbe saputo dire come si fosse trattenuta.

«Come ti permetti, ti insegnerò io a rispettare i tuoi superiori! Non permetterò che il primogenito dei Black disonori ancor di più questa antichissima e prestigiosa stirpe-».

«Ma quale stirpe e stirpe! I Black non sono altro che criminali pazzi e senza cervello!» urlò Sirius adirato, interrompendola. Se solo ci fosse stato un buon Ministero, forse se avessero saputo i segreti oscuri che c’erano in quella casa, se solo avessero visto come sua madre usava le cruciatus, forse, ma forse l’antica e prestigiosa stirpe sarebbe andata a quel paese, con la sua famiglia rinchiusa ad Azkaban. Ma era inutile dire qualsiasi cosa, il Ministero non era un Ministero giusto. Alla fine, se mai fossero stati scoperti, il potere dei soldi sarebbe bastato a mettere tutto a tacere.

«TRADITORE DEL TUO SANGUE! ABOMINIO DELLA MIA CARNE! CHE TU LO VOGLIA O NO SEI UN BLACK E RISPETTERAI LA TUA FAMIGLIA» questa volta la faccia si fece rossa, e a quel punto, si disse Sirius, che era andato troppo oltre e che ormai era inutile ritirarsi. La sua voce, di cui strilli, se la casa non fosse stata protetta da incantesimi e tutto, si sarebbero sentiti anche al palazzo di fronte, si alzò in modo spropositato.
«IO NON RISPETTERÒ PROPRIO NIENTE! SE ESSERE UN BLACK SIGNIFICA TORTURARE DELLA GENTE ALLORA IO NON VOGLIO ESSERLO!» ringhiò, decidendo che superare sua madre di urla era l’unico modo per risponderle e farsi sentire. Urlare così forte era forse l’unica cosa buona che aveva ereditato da lei, per quando fosse disgustato di aver ereditato qualcosa del suo carattere. E considerarla cosa buona.

«O LO SAPEVO CHE CIRCONDATO DA QUEI MEZZOSANGUE E SANGUEMARCIO TI SARESTI ROVINATO! NARCISSA MI HA DETTO CHE TI FREQUENTI CON TRADITORI DEL LORO SANGUE E MEZZOSANGUE!»

Per tutti i gargoyle se non aveva avuto un colpo quando l’aveva saputo.

«NON TI PERMETTERE DI INSULTARLI! LORO SONO MOLTO MEGLIO DI TUTTI I BLACK MESSI INSIEME». 

«QUESTO È UN INSULTO! INSULTI LA TUA STESSA FAMIGLIA, MOCCIOSO!».

«E SAI QUANTO ME NE IMPORTA?!».

«FILA NELLA TUA STANZA E NON USCIRCI FINO A CENA!» gridò sua madre rossa in viso. Entrambi erano con il fiatone e si guardavano ferocemente. Presi dalle loro urla, non si erano accorti di Orion, silenzioso, che se ne stava dalla parte di sua madre. Sirius incontrò lo sguardo di suo padre, terribilmente freddo e intimidatorio. E naturalmente, non ebbe la forza di contrastarlo.

«Vai nella tua camera, Sirius. La punizione per il tuo comportamento la avrai dopo» disse gelido suo padre tagliando l’aria. Sirius si costrinse a mantenere una faccia impassibile, e si trattenne dal deglutire. Sirius sapeva bene quale fosse la punizione, all’inizio, quando aveva cominciato a comportarsi scorrettamente a otto anni, non era subito stato sottoposto a quel genere di punizione, ma poi suo padre aveva capito che con i rimproveri e gli schiaffi non cambiava proprio niente, e quindi era passato a punizioni, secondo lui, più… adatte. 

Sirius salì rabbiosamente le scale. Mentre percorreva il corridoio adirato, vide una porta aprirsi lentamente. Si voltò di scatto incontrando due occhi grigi, molto simili ai suoi, guardarlo indecisi e sorpresi. Sulla soglia c’era Reg.
Ma la sorpresa durò poco: gli occhi di Regulus divennero come due lame di ghiaccio. Il suo fratellino non l’aveva accolto con il sorriso, ma con una gelida indifferenza.

 «Regulus…» esalò Sirius confuso.

«Ti sei divertito a Hogwarts?» chiese Reg con una nota accusatrice nella voce.

«Cosa è successo?» chiese Sirius ignorando la domanda di suo fratello, o forse era meglio dire provocazione.

«È successo che hai tradito la tua famiglia» sbottò Regulus. Sirius lo guardò incredulo.

«Vorresti dire che essere se stessi vuol dire tradire la propria -Sirius fece una smorfia- famiglia?» concluse.

«Devi essere solo un Black, essere se stessi o no non ha importanza» disse Regulus, per poi chiudergli la porta in faccia. Sirius restò a guardare imbambolato la porta per un altro po’, sentendo un sordo dolore crescergli nel petto, ma venne immediatamente scacciato dalla rabbia e dall’ indignazione. Sirius percorse a gran passi il corridoio giungendo di fronte alla sua stanza ed entrandoci.



«Regulus ha paura di deludere la sua famiglia, Sirius! Gli staranno già inculcando per bene che i babbani sono feccia e che tu sei il disonore delle famiglia! Poi penserà che sia l’unico a poter riscattare il nome dei Black e allora farà esattamente ciò che gli diranno, solo per renderli fieri!»



Il tonfo di una porta che si chiudeva rabbiosamente fu sentito addirittura da Orion, seduto nel salotto al primo piano.

​ *


Lily aveva davvero sperato che a sua sorella fosse passata la sua rabbia verso di lei.

Naturalmente non era così. Quando era scesa dal treno era stata accolta dai suoi genitori, che le avevano sorriso e abbracciata. Ma Lily non aveva potuto fare a meno di rattristarsi quando aveva notato che Petunia non c’era. Tornata a casa, l’aveva abbracciata ignorando completamente la faccia ripiena di disprezzo e rancore della biondina, ma sua sorella maggiore non aveva ricambiato l’abbraccio, e quando Lily si era staccata, la rossa aveva fatto del suo meglio per non far vedere la sua delusione. I loro genitori l’avevano guardata dispiaciuti e sua madre aveva scoccato un'occhiata di rimprovero a Petunia. Lei in risposta aveva contraccambiato con uno sguardo furente e aveva salito le scale, rifugiandosi in camera.

Ora era in salotto a raccontare a suo padre e sua madre, rispettivamente Jeremy e Susan Evans, cosa le era successo negli ultimi tre mesi. Lily aveva ereditato i suoi fantastici occhi da suo padre, che aveva i capelli biondi e una corporatura piuttosto robusta. Era spiritoso, socievole e molto protettivo tant’è che poteva essere spaventosamente minaccioso con chi voleva far del male “alle sue tre donne”. Non amava molto stare al centro dell’attenzione e non amava le ingiustizie. Sua madre invece, aveva i capelli rossi, un po’ più chiari di quelli di Lily, degli occhi marroni e la pelle chiara, che faceva un bel contrasto con i suoi capelli. Era molto comprensiva e gentile, scherzosa, e per lei aveva una certa importanza la sua reputazione e quella della famiglia. Gli piaceva sapere i vari gossip e capitava che ne spettegolasse con le sue amiche.

Lily parlò degli incantesimi, delle pozioni e delle trasfigurazioni. Dei fantasmi, dei professori e dei suoi compagni. Parlando a lungo di Mary, Alice, Marlene e Harry. Disse che lei e Sev erano stati smistati in Case che erano rivali da secoli, ma che comunque con un po’ di difficoltà erano restati migliori amici. I suoi genitori ascoltarono tutto affascinati e curiosi. Parlò anche di…

«Ci sono cinque ragazzi che si divertono a fare gli scherzi ed a infrangere le regole. C’è anche Harry fra loro, ma è molto più calmo e maturo in confronto a quelli. Ci sono due di loro, Potter e Black, che sono i peggiori di tutti e cinque. Non ho mai visto gente così arrogante e prepotente! Hanno preso in giro Sev ma ora si sono un po’ calmati, penso che sia a causa di Harry, lui li mette in regola. Ma quello che li batte tutti è James Potter! Un borioso pallone arrogante, egocentrico e imbecille! Mi ha tinto i capelli di verde ed è… così odioso! Almeno due volte al giorno devo litigarci!» esclamò Lily concitata «È così viziato! Pensa che tutti devono inchinarsi al suo cospetto!».

«Fallo incontrare con tuo padre e vedi che non ti darà più fastidio» disse la signora Evans divertita, indicando con un cenno del capo il marito che ascoltava con un po’ d’irritazione la descrizione del giovanotto.

«Ci sono addirittura quelle che perdono la testa per lui! Una mia compagna di dormitorio, Alysha Fawley, non fa altro che parlare di quanto sia bello, affascinante, carismatico… Pff! Io e le altre non la sopportiamo più!»

«Ti insulta, Lily?» chiese il padre usando il tono più calmo possibile. Lily ci pensò.

«Mmh, no, a volte capita che mi faccia dei complimenti» Disse Lily. Gli occhi di Susan si accesero di una luce maliziosa, ma non condivise con gli altri del perché di questa reazione.

«Beh, mi dispiace molto non poter vedere questa fantastica scuola sinceramente. Sono contenta che ti trovi bene. Per quanto riguarda James, vedrai che col tempo maturerà, sono sicura. È ancora giovane, per i ragazzi è normale comportarsi in questo modo» Disse Susan sorridendo.

«Harry non si comporta in questo modo, né Sev» disse Lily corrucciata.

«Ognuno ha il suo carattere» disse Jeremy alzandosi con un sospiro dal divano.


 
*


Remus non seppe per quanto tempo i genitori lo abbracciarono. Gli chiesero ansiosi come fosse andata e gli chiesero di raccontare tutto quello che era successo. Remus fu ben contento di parlare dei suoi amici e degli scherzi che avevano fatto. Quando però si ritrovò a parlare di Harry, esitò sul dire o no che lui avesse scoperto tutto quanto. Alla fine si decise.

«Riguardo a Harry… c’è una cosa che non vi ho detto nelle lettere. Lui sa che sono un Lupo Mannaro» disse tentennante.

«Quando l’ha scoperto?» chiese Hope, sua madre, allarmata. Era una Babbana, aveva il viso tondo e le guance sempre un po’ rosa, i capelli biondo scuro e degli occhi nocciola.

«Me lo ha detto a novembre, il giorno prima della Luna Piena» rispose Remus.

«Come l’ha presa?» chiese Lyall, con un po’ di rassegnazione negli occhi, come se fosse già un po’ convinto che la cosa non fosse andata bene. Lyall Lupin era un uomo alto e snello, con degli occhi castano chiaro come quelli del figlio, i capelli castano scuro e il viso un po’ sottile. Remus sorrise.

«L’ha presa benissimo, papà. Non ci potevo credere! Mi ha detto che sarebbe comunque rimasto mio amico e che non mi considerava affatto un mostro!» esclamò Remus sorridendo, ancora felice al ricordo. I suoi genitori lo guardarono un attimo sorpresi, prima di sorridere anche loro felici per il proprio figlio.

«Vedo che te li sei scelti bene gli amici, figliolo» commentò suo padre assestandogli una pacca sulla spalla.

«Però…» incominciò Remus.

«Però?» chiese Hope.

«Mi ha fatto promettere di dirlo agli altri entro quest’anno. Secondo lui la prenderanno bene anche loro» concluse il licantropo.

«Tu vuoi dirlo a loro?» chiese sua madre dolcemente.

«Sì… però ecco, se non la prendessero bene? È rischioso» disse Remus incerto.

«Secondo te come la prenderebbero?» chiese Lyall.

«Non lo so… Credo bene, ma c’è sempre quella piccola possibilità…» Remus lasciò la frase in sospeso.

«Io credo che dovresti dirlo ai tuoi amici, per correttezza nei loro confronti. Ma se non te la senti, puoi anche non dirlo. Puoi dire al tuo amico che non te la senti e sono sicuro che capirà» disse suo padre rassicurante.

«Da come li hai descritti, ho capito che loro ci tengono molto a te. Non ti lasceranno solo per stupidi pregiudizi. Ti fidi di loro?» chiese Hope.

«Sì» disse Remus, benché si conoscessero solo da tre mesi, la loro amicizia era molto salda.

«Bene, allora metti da parte il cervello e le conseguenze e segui il tuo cuore. Sono sicura che quel che ti dirà sarà la scelta più giusta» concluse sua madre saggiamente.































Angolo Autrice
 
Ciao a tutti! Siamo passati dal Maniero dei Black, a casa Evans e poi a Casa Lupin. Regulus si è fatto più freddo e distante con Sirius, e quest’ultimo, poverino, ha dovuto affrontare sua madre, l’urlatrice per eccellenza. Il tutto va a finire con la punizione di suo padre, ma che non ho scritto. All’inizio avevo scritto ben otto pagine di capitolo, ma poi l’ho cancellato tutto perché ho avuto dei ripensamenti. Abbiamo un po’ conosciuto i genitori di questi tre e gli unici che mancano di una vera e propria descrizione sono i coniugi Black, ma lì ho voluto dare più importanza alle azioni. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e alla prossima! 
   
 









Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!
 

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Capitolo 14
*** Era pur sempre suo fratello... ***


Era pur sempre suo fratello...

Ehi Jamie!

Ti sto scrivendo questa lettera nel cuore della notte, se mia madre mi dovesse beccare sono nei guai. Ma tanto vale, personalmente non me ne importa più di tanto. Anzi, spero che le sue urla contro di me prima o poi finiranno per farle perdere la voce. Ma sto divagando. Come va a Hogwarts? Tu e Harry vi state divertendo? È bello lì il Natale? L’anno prossimo resto lì, non ne voglio sapere niente. Qui a Grimmauld Place il Natale è un abominio. È tutto così freddo qui. L’unica cosa che sembra far capire che è Natale, è l’albero nell’angolo. Per il resto è tutto uguale: freddo. Sinceramente non ho voglia di fingermi allegro, quindi ti sto per scrivere delle parole pessimiste che sicuramente non apprezzerai.
Appena arrivato, il benvenuto di mia madre sono state le sue sonore urla e come se questo non bastasse, Reg mi ha chiuso la porta in faccia. Bel fratello, eh? È più distaccato e a malapena riesco a parlargli. Non credo di riuscire a cambiarlo, non quando non mi lascia parlare e non quando lo incontro solo a pranzo e a cena. Concorderai che non posso fare discorsi morali e assolutamente ragionevoli di fronte ai miei genitori che probabilmente se me li sentissero fare mi troverebbero un posto in mezzo alle tante teste di elfi domestici sulla parete accanto alle scale. Diventerà come loro, ormai gli hanno fatto il lavaggio del cervello e lui si è offerto volentieri per farselo fare. E sono sicuramente la persona meno adatta a fare questo compito. Non sono paziente e né una persona di cui sangue è fatto interamente di zucchero per dire frasi sdolcinate. Sinceramente non so che fare.

Dalla pecora bianca delle famiglia Black

Sirius



James sospirò e passò la lettera a Harry per fargliela leggere. Dopodomani sarebbe stato Natale, ma dalla lettera di Sirius sembrava che fosse tra un anno, talmente era l’amarezza che si avvertiva da quelle parole. James andò a prendere una pergamena e una piuma e iniziò a scrivere. Quando finì la piegò e se la mise in tasca.

«Vado un attimo in Guferia» disse rivolto a Harry. Lui annuì e James uscì dalla Sala Comune. Salì numerose scale e percorse vari corridoi per raggiungere la sua meta. Chiamò Cacao, un gufo dal piumaggio color… cacao. James non era certo di poter spedire la lettera in quel momento, doveva essere consegnata di notte, ma lui non sapeva quanto fosse lontana Grimmauld Place quindi era meglio spedirla ora per sicurezza. Legò alla zampa, oltre alla lettera, anche un pacchetto.

«Cacao, devi spedire questa lettera di notte, quando solo Sirius sarà sveglio» disse. Il gufo parve aver capito e dopo avergli beccato la mano giocosamente, si alzò in volo con la lettera legata alla zampa.

James tornò alla Torre di Grifondoro e trovò Harry a parlare con una ragazza. James la guardò attentamente. Non era forse un’amica della Evans?

«Oh… mi dispiace» disse Harry. La ragazzina fece spallucce.

«Non la conoscevo poi molto. Certo mi dispiacerà per mio padre che forse perderà sua madre» disse.

«Ehi Harry! Stai facendo conquiste?» chiese James avvicinandosi con un sorriso malizioso. Marlene arrossì leggermente.

«Stavamo solo parlando, Potter» rispose restando comunque a testa alta «Tu parli con le ragazze solo per conquistarle?» chiese poi accennando un sorrisetto. James si buttò sul divano.

«Oh beh, altrimenti per cosa? In verità non c’è neanche bisogno che io parli, cadono ai miei piedi guardandomi soltanto!» rispose compiaciuto.

«Certo! Il grande James Potter!» esclamò Marlene divertita. Essendo una delle amiche di Lily, sapeva perfettamente quanto il ragazzo fosse arrogante e permaloso ma lei, personalmente, lo trovava piuttosto divertente. Le battutine che faceva a Lily l’avevano sempre fatta sorridere, a differenza della rossa che si irritava.

«È leggermente permaloso, non dargli retta» disse Harry alzando gli occhi al cielo.
«Ehi!» esclamò James indignato. Marlene e Harry risero.
«A proposito, da quanto vi conoscete?» chiese incuriosito James.

«Ci siamo conosciuti a notte fonda, mentre tu te ne stavi a dormire nel letto» rispose Marlene.

«In una posizione assurda, aggiungo. Come fai a dormire con la fronte fuori dal letto, un braccio penzolante e le gambe spalancate?» chiese Harry divertito. Marlene rise immaginandoselo. James sorrise beffardo.

«E vogliamo parlare di te, Harry? Che ti rigiri in continuazione fino a che le coperte non ti avvolgono le gambe come delle anguille?» disse sorridendo, Harry gli gettò un’occhiataccia, imbarazzato «Ah, giusto, sai che una volta è caduto dal letto di mattina?» aggiunse James rivolgendosi a Marlene che aveva una mano sulla bocca.

«E tu invece? Ti ricordi quando ti sei trovato steso orizzontalmente sul letto e nel tentativo di scendere hai sbattuto la testa sul pavimento?» disse Harry alzando un sopracciglio in segno di sfida. Quella espressione a James ricordò molto quella della Evans. Sorrise divertito, mentre Marlene sfoggiava la sua risata cristallina.

«Ok, basta ragazzi.» disse riprendendo fiato «Basta» ripeté quasi supplichevole quando James aprì bocca per ribattere.



Passarono due giorni e Marlene passava gran parte del tempo con i due Malandrini. La mattina di Natale si svegliò riposata e si alzò. Mise la vestaglia e un paio di ciabatte e scese in Sala Comune. Sotto all’albero che era stato messo lì c’erano un bel po’ di regali, probabilmente alcuni erano suoi, altri di Harry,altri di James e altri di quel Grifondoro del quarto anno. Guardò indecisa i regali, soffermandosi su quelli di James e Harry . Doveva svegliarli per aprirli tutti insieme? O doveva aprirli da sola? Adocchiò le scale del dormitorio maschile e decise di svegliarli. Si scartavano i regali in compagnia, no?

Stava giusto per salire il primo gradino, quando notò di essere in ciabatte, vestaglia e pigiama. Per qualche assurdo motivo non voleva farsi vedere così. Soprattutto da Harry. Arrossì a quel pensiero e si diresse spedita verso il suo dormitorio.

Si cambiò mettendosi un maglioncino bordeaux e un pantalone. Si diede una sistemata ai capelli e si lavò la faccia. Poi scese di nuovo giù e prese a salire le scale del dormitorio. Osservò le varie porte lungo il piccolo corridoio finchè non trovò quella che cercava.


Dormitorio Maschile
Primo anno Grifondoro
Alunni:
Sirius Black, Peter Minus, James Potter, Remus Lupin, Harry Potter.


Bussò alla porta, ma dal momento che nessuno gli rispose, decise di entrare. Aprì la porta esitante, adocchiando la camera piuttosto disordinata. E se due Malandrini erano capaci di fare questo, non immaginava quanto ne potessero fare cinque. James dormiva placidamente, con la testa poggiata sul cuscino -che era in senso verticale- abbracciato dal proprietario. Le coperte gli arrivavano fino al mento e un piede spuntava sul bordo. Harry invece dormiva su un fianco e le coperte erano leggermente attorcigliate sulle sue gambe. Aveva un'espressione accigliata e mugugnò, rigirandosi dall’altra parte.
Marlene sorrise guardandoli e si diresse verso il letto di Harry. Con quell’espressione doveva aver bisogno di un risveglio allegro. Marlene sorrise con una punta malandrina e trattenne il fiato. Mise da parte l’imbarazzo e saltò sul letto del suo amico come una leonessa.

«Harry! Ragazzi! È Natale!» urlò saltando in continuazione, seduta sopra Harry. Quest’ultimo si svegliò di soprassalto, come James.

«Marlene?!» strillò sorpreso. Marlene sorrise sorniona, accantonando il fatto che sentiva le guance accaldarsi.

«Ci sono i regali! Su forza scendete!» disse balzando via da Harry, che era ancora stordito dal risveglio. Harry si riprese totalmente e scese giù in poco tempo seguito da James che sorrideva entusiasta.
Scartarono i regali insieme. James ricevette dai suoi genitori un kit di manutenzione per la sua scopa (che era a casa), da Remus il libro “Il Quidditch Attraverso i Secoli”, da Peter delle varie leccornie e Cioccorane, da Harry alcuni oggetti proveniente sicuramente da Zonko e da Sirius… uno specchietto.



Probabilmente ti starai chiedendo se stando qui, a Grimmauld Place, sia ancora mentalmente stabile. Non pensare che io ti abbia regalato questo specchietto per farti rimirare ogni volta che ti pare, non è così, mi dispiace. Questo specchietto non è un semplice specchietto: è uno specchio gemello. Gemello al mio, di specchietto. Con questo puoi metterti in comunicazione con me anche se siamo distanti di chilometri. Basta pronunciare il mio nome e io ti risponderò, apparendo nel riflesso. Se ho voglia di risponderti, si intende.
Buon Natale James!

Dal bellissimo e geniale
Sirius Black

P.S Una copia di questo specchio, forse, ma forse, ce l’avrà anche un’altra persona



James osservò lo specchio ammirandolo, per poi metterselo in tasca. Lo avrebbe chiamato più tardi.



​ *


«Madre, Padre» salutò Regulus scendendo dalle scale. «Buon Natale» disse.

«Buon Natale anche a te, Regulus. Scarta i regali se vuoi» disse sua madre. Regulus corse verso l’albero di Natale prendendo a scartare regali. I suoi genitori gli avevano regalato degli eleganti e pregiati guanti neri e una sciarpa con i colori di Serpeverde, Cissy una bella camicia, Bella delle scarpe e zio Alphard un libro sulle Pozioni. Ma Regulus notò l’assenza di un regalo, e questo, lo fece divenire malinconico, per poi rimproverarsi di questa reazione. Non gli importava niente di suo fratello, non più almeno. Vero?

«E allora perché quel regalino? Ti sei forse scordato che quel regalo è per lui e in questo momento è nella tua camera?» disse una vocina nella sua testa. Regulus la scacciò.

«Sirius?» chiese rivolto al padre.

«Credo che stia dormendo» rispose Orion.



Sirius invece non stava affatto dormendo. Anzi, era seduto sul letto adocchiando in continuazione un pacchetto posato ai piedi del letto. Doveva darglielo o no? E se faceva la figura dello scemo? Sospirò frustato e suoi occhi si andarono a posare sulla lettera di James sulla scrivania. La prese e i suoi occhi si soffermarono su una parte della lettera in particolare.



“Una volta, da piccolo, avevo litigato con mia madre. Ho fatto i capricci e ho detto cose che non pensavo affatto. Le ho detto che la odiavo e che era la peggior madre del mondo. La ferì e quando me ne resi conto, non sapevo che fare. Mio padre mi suggerì di scusarmi, e disse una frase che dimenticherò difficilmente «Metti da parte l’orgoglio, James, ne vale la pena… Ho visto persone litigare e non parlarsi più perché erano troppo orgogliose per scusarsi. In generale, l’orgoglio è alla base di tutti i grandi errori». Mi fece capire che quelle parole non si riferivano solo a quella piccola litigata con la mamma, ma anche alle possibili litigate che avrò in futuro. Quindi, se ne vale davvero la pena, devi mettere da parte l’orgoglio. E sono sicuro, che per tuo fratello, ne vale la pena, Sirius”



Sirius si alzò di scatto, prendendo il pacchetto e mandando a farsi fottere l’orgoglio e le incertezze. Aprì la porta, in tempo per vedere la porta della camera di Regulus chiudersi. Posò la mano sulla maniglia della porta che dava alla camera di Reg, ad un tratto esitante.

«E se non lo accetta? E se non riesco a cambiarlo?» pensò incerto.



«Allora saprai che hai fatto il massimo per lui nonostante tutto» la frase di Remus gli tornò in mente. E facendosi coraggio («Sono un Grifondoro o no?» pensò Sirius) aprì la porta.



​ *


Lily scese entusiasta le scale fiondandosi sotto l’albero di Natale seguita da Petunia, imbronciata. Lily era piombata in camera sua svegliandola e l’aveva obbligata a scendere. Comunque, quell’espressione sparì leggermente quando vide i regali sotto l’albero.

«Buon Natale!» esclamò Lily rivolta ai suoi genitori, che osservavano le due sorelle scartare i regali. Lily ricevette un romanzo dai i suoi genitori, un maglioncino soffice rosa scuro da Alice, da Mary delle piume e pergamene di riserva, da Marlene una collanina argentata con attaccato un ciondolo che raffigurava una L, da Harry un libro di Incantesimi (la sua materia preferita) e da sua nonna una sciarpa fatta a mano. Da Petunia non aveva avuto niente… si voltò ferita verso Petunia che la ignorò totalmente continuando a scartare regali. Arrivò il turno del regalo di Lily. Era una boccetta con un liquido dentro.

«Che cos’è?» domandò brusca alla sorella allontanando la boccetta.

«È una pozione Lisciaricci. Ti basterà metterla sui tuoi capelli e diventeranno in un attimo lisci» spiegò incerta Lily. Petunia, infatti, aveva i capelli ricci e talvolta se ne lamentava, dicendo che avrebbe preferito avere i capelli lisci, in modo che potesse fare più acconciature e pettinare i capelli senza stare ore davanti allo specchio. Petunia guardò la pozione disgustata.

«Io non voglio niente che provenga da quella scuola di matti!» strillò Petunia buttando la fiala che andò a frantumarsi.

«Non è una scuola di matti!» esclamò Lily indignata.

«Mi è bastato vedere gli assurdi vestiti che si era messa quella donna ad agosto per capire che son tutti matti!» strillò Petunia riferendosi alla McGranitt, venuta lì per spiegare la situazione.

«Non voglio rovinarmi i capelli con una pozione fatta da quelli!» continuò. Lily si alzò.

«Siamo uguali a tutti gli altri esseri umani, soltanto che abbiamo la magia!» sibilò.

«Certo come no! Non è normale che si usino scarafaggi da trasformare in bottoni, zampe di ragno, occhi di insetti, erbe e tante altre cose schifose per fare delle stupide pozioni! Non è normale far volare gli oggetti e tante altre cretinate che fate solo voi mostri! Sei un mostro, Lily, perché una strega non può essere altro che questo!» strillò Petunia sotto gli sguardi sconvolti dei suoi genitori e quello di Lily. Lily aveva gli occhi lucidi, ma combatteva per non fare uscire neanche una lacrima.

«Bene!» esclamò Lily arrabbiata «Sei io sono un mostro allora tu sei peggio! Io ho la magia in me e non posso farci un bel niente ! Io sono una strega e voglio essere una strega! Quindi smettila di fare l’invidiosa Petunia e comportati da sorella!» esclamò Lily. Petunia si irrigidì e uscì dalla stanza.



​ *


Regulus alzò di scatto la testa quando sentì la porta aprirsi. Sulla soglia, colui che non si era per niente aspettato, c’era Sirius. Quest’ultimo nascondeva qualcosa dietro la schiena. Sirius si fece avanti imbarazzato e esitante.

«Regulus» disse, facendo un piccolo sorriso. Regulus lo guardò sorpreso, per poi accigliarsi.

«Cosa vuoi, Sirius?» chiese. Sirius deglutì, e tirò fuori la mano dietro la schiena. Teneva stretto un pacchettino, avvolto in una carta verde scuro (Sirius non aveva trovato altra carta in casa). Regulus guardò il pacchetto con la bocca poco elegantemente spalancata.

«Per me?» boccheggiò. Sirius annuì. Reg lo prese esitante.
«Perché?» chiese contemplandolo.
«Come perché? È Natale, no?» rispose Sirius sorridendo.
«Perché?» chiese di nuovo Regulus, non cascando in quella stupida battuta. Sirius sospirò.
«Perché sei comunque mio fratello Reg» rispose con fermezza. Regulus inghiottì la coscienza e qualsiasi affetto fraterno per dire quel che disse.

«Ma io non ti voglio come fratello» Sirius chiuse gli occhi e incassò il colpo.



«Calma, Sir. Con la rabbia non concluderai niente, ignora i suoi insulti e oltrepassa le sue difese» disse la Voce-Remus nella sua testa.
«È logico che mente, Sirius. Tutto quel che avete combinato insieme non si cancella in tre mesi» disse la Voce-James.
«Fagli capire che ha altre scelte oltre a quella di seguire gli ideali della sua famiglia» disse la Voce-Harry.
«Ti vuole ancora bene, Sirius. Non arrenderti» disse la Voce-Peter.



Sirius trattenne un sorrisetto. I Malandrini erano lì a sostenerlo anche se non erano presenti. Si guardò intorno, prendendo tempo per cercare una risposta adatta. Poi notò un pacchettino in fondo alla scrivania. Regulus seguì il suo sguardo, e si impanicò, si alzò di scatto dal letto per prenderlo prima di Sirius, ma suo fratello fu più veloce. Sirius contemplò il pacchettino trovandoci un biglietto "Per Sirius" diceva.

Sirius sorrise.

«Strano, mi hai detto che non mi vuoi come fratello, ma mi fai il regalo di Natale, Regulus» chiese voltandosi verso il fratellino che se ne stava pietrificato a guardarlo.

«Ho cambiato idea» disse velocemente Regulus allungando una mano per riprendersi il pacchetto. Sirius se lo mise protettivamente dietro la schiena.

«Vuoi diventare come loro?» chiese Sirius appoggiandosi al muro, in modo da sbarrare qualsiasi via per andargli dietro le spalle.

«Voglio diventare un vero Black. Non voglio essere un traditore del proprio sangue come te.»

L’insulto irritò ancor di più Sirius. Non per il significato dell’insulto in sé, ma piuttosto per chi lo diceva. Quindi, per suo fratello non era altro che questo… Possibile che avesse dimenticato tutti i giochi, le risate che avevano condiviso? Possibile che avesse dimenticato chi lo consolava quando la madre lo sgridava? Chi, facendo un passo avanti, si prendeva qualsiasi colpa attribuita a Regulus? E chi, si subiva Cruciatus in più per lui?

Anche se il fatto della Cruciatus Regulus non lo sapeva ancora. Era ignaro, il suo fratellino, delle punizioni che gli davano.

«I Black non sono altro che matti attratti dalla Magia Oscura» Disse freddamente Sirius.

«Se fossero matti non sarebbero rispettati» ribattè Regulus.

«La maggior parte della gente è intimorita dai Black, non li rispettano. Probabilmente si mettono paura di subirsi una Cruciatus, o altre torture atroci. Oppure perdere il lavoro perché i Black hanno corrotto tutti con i loro schifosi soldi» rispose Sirius mentre sentiva l’irritazione crescere.



«Calma!» esclamò la Voce-James che Sirius ignorò completamente.



«Noi non usiamo le Cruciatus, Sirius» Rispose Regulus. Questo era un affronto, e ignorando la coscienza che gli diceva di calmarsi, buttò fuori tutta la rabbia che si era trattenuto per quattro infernali giorni.

«Sai cosa ho visto a sette anni, Regulus? Lo sai? Bene! Allora te lo racconto! Così hai una vaga idea di quanto siano dei mostri i nostri genitori! Stavo cercando nostra madre per chiedergli non mi ricordo cosa e stupidamente sono andato a cercarla in cantina. Ho aperto la porta senza far rumore e indovina cosa ho visto?! Nostra madre fare una Cruciatus a una bambina, mentre un signore, sicuramente il padre, legato e imbavagliato era costretto a guardarla! Babbani! Erano Babbani! Così a caso! Quelli non avevano fatto un bel niente, ma nostra madre li torturava lo stesso! Io ho visto una parte del suo viso, Reg, e ti posso giurare che aveva un disgusto e una furia glaciale nello sguardo. E mica quella era l’unica volta! Certo che no! Tu dove pensi che sia una volta al mese nostra madre? Credi che vada a bersi un drink al Paiolo Magico?! No! Invece se ne sta a torturare Babbani! E neanche nostro padre è tanto diverso! Sai in cosa consistono le mie punizioni Reg? 10 minuti di cruciatus! Si, Reg, vengo Cruciato ogni volta che faccio qualcosa di sbagliato! Tu dimmi Reg, spiegami davvero! Quale padre fa una cosa del genere al proprio figlio?! I nostri genitori non ci considerano neanche veri e proprio figli! Per loro siamo solo qualcosa di loro, una proprietà! Di cui farsene quel che si vuole! Siamo utili solo per sfornare eredi!» concluse Sirius furioso.



«Razza di deficiente ritardato! Ma si può sapere che Merlino hai fatto!? Dovevi controllarti! Hai praticamente sconvolto tuo fratello con la forza di un uragano!» urlò la Voce-Remus.



Infatti, Regulus lo guardava sconvolto. Sirius si maledì ripetutamente in mente e si lasciò scappare un imprecazione. Aveva abbattuto le sue difese, ma non nel modo in cui desiderava. Cercò di usare un tono dolce.

«Torturano Babbani per degli stupidi ideali. Noi non siamo meglio di loro, Reg. I Nati Babbani sono esattamente come noi, ad esempio, c’è una ragazza a scuola -Sirius si bloccò non credendo di star nominando proprio quella ragazza- che è una Nata Babbana ed la più brava del nostro anno, oppure un mio amico, che non è purosangue, ma riesce a fare tantissimi incantesimi al primo colpo e ne sa altri che non abbiamo ancora studiato. E poi c’è Tiger, un tizio del sesto anno, purosangue, e dicono che a malapena ricordi il suo nome.»

«E che mi dici dei Babbani, Sirius?» chiese Regulus cercando di usare un tono freddo e altezzoso, ma facendone uscire un tono esitante. Si stava aggrappando all’ultima piccola certezza. Sirius gli aveva fatto tante volte un discorso del genere, ma riusciva sempre a convincersi che non era vero, sopprimendo la ragionevolezza. Ma in quel momento non aveva la forza di farlo. Non dopo tutto quel che gli aveva detto Sirius. Ad un tratto gli sembrava che tutto quel che usciva dalla bocca di Sirius in quel momento, non fosse altro che verità.

«I Babbani sono geniali, Reg. Hanno creato cose che neanche ci immaginiamo di creare. Riescono a vivere senza magia con nessuna difficoltà. A differenza nostra, che impazziremmo» rispose Sirius «Ha detto Remus che hanno trovato un modo per volare nel cielo senza magia, di parlare in tempo reale con delle persone senza la Metropolvere. E sicuramente tante altre cose che io non so» continuò sorridendo. Regulus deglutì.

«Quindi quelle sono stupidaggini?» chiese Regulus. Sirius annuì.

La consapevolezza che i suoi genitori torturavano, che tutti quegli ideali non fossero altro che stupidaggini sparate da dei purosangue permalosi e che suo fratello venisse torturato dal suo stesso padre lo abbattè.
Sirius si avvicinò indeciso, e lo abbracciò. Regulus suo malgrado ricambiò la stretta, affondando la testa nell’incavo del collo di Sirius. Gli era mancato, era pur sempre suo fratello.

Non sapeva, Sirius, che le sue parole, avevano lasciato un segno in Regulus. In quei tre mesi, quando sentiva i commenti sprezzanti sui Babbani da parte dei suoi genitori, gli erano tornate in mente le parole di Sirius, e si era chiesto se forse suo fratello avesse ragione. Oppure, quando era suo fratello, a essere insultato. Oh, lì Regulus si era maledetto. Era frustrante aprire bocca per cercare di difendere qualcuno ma non trovare la forza di farlo. Era frustante rendersi conto che era una codardo, uno senza spina dorsale. Come era frustante rendersi conto che lui, Sirius, suo fratello, lo avesse sempre difeso a spada tratta. E lui che faceva, come ricambiava? Standosene zitto senza dire niente, acconsentendo, addirittura, a quello che dicevano. Il fratello peggiore della Terra, si insultava.

Regulus strinse le labbra, abbracciando inconsciamente un po’ più forte Sirius.

Fin da bambino, aveva sempre un po’ ammirato Sirius. Per il suo differenziarsi, per la sua determinazione, il suo coraggio, per il suo affrontare a testa alta qualsiasi cosa, per la sua forza nel difendere sempre quel che lui pensava, senza esitazioni. Era diventato addirittura un suo modello. Che tuttavia, non riusciva a imitare. Poi lo aveva accantonato, quando aveva visto la faccia infuriata di sua madre. Suo fratello… un Grifondoro. Ma da una parte un po’ se lo aspettava, suo fratello era sempre stato diverso. Sempre stato troppo coraggioso per essere un Serpeverde.

«Regulus…» lo chiamò Sirius richiamandolo al presente. Regulus si accorse che era abbracciato a Sirius da troppo tempo. Sapeva che a Sirius non dava fastidio, ma per Regulus era un po’ imbarazzante.

«Scusami» disse Regulus «Per come… mi sono comportato» concluse, asciugandosi frettolosamente gli occhi, che prima, senza che lui se ne rendesse conto, avevano fatto scendere qualche lacrima. Sirius sorrise.

«Non fa niente, ti ho già perdonato» rispose Sirius.

«Hai ragione» disse Regulus deglutendo, riferendosi chiaramente a quel che diceva Sirius a proposito degli ideali. «Ma non voglio gettare ulteriormente i nostri genitori nella vergogna.»

«Perché dovremmo importarcene della loro vergogna se a loro non importano le nostre idee?» chiese Sirius alzando un sopracciglio. Regulus tacque un attimo per poi annuire sospirando, dando di nuovo ragione a suo fratello.

«È che…» iniziò esitante.
«Che?»
«Io non sono forte come te. Solo io contro loro perderei chiaramente» disse «per non parlare delle conseguenze. Non riuscirei ad affrontare tutto questo» concluse nascondendo l’imbarazzo.

«Primo -Sirius alzò l’indice- sono sicuro che hai tanta forza, hai bisogno solo di un po’ di grinta per tirarla fuori. Secondo -Sirius alzò un altro dito- io non ho mai detto che sarai solo. Ci sarò e affronteremo le conseguenze insieme» disse sicuro. Regulus spalancò gli occhi, ma poi il suo sguardo divenne incerto.

«Tu starai a Hogwarts, Sirius» disse. Sirius sorrise malandrino.

«Starò sempre con te, qui» disse toccando il petto di Regulus «Ma ho trovato anche un altro modo per parlarci. Infatti, qui entra in gioco questo» disse prendendo il pacchetto dalle mani di Regulus, che non si era neanche accorto di tenerlo ancora in mano. Regulus lo guardò interrogativamente.

«Scartalo» lo esortò. Regulus lo aprì e ci trovò uno specchietto.

«Questo è uno Specchio Gemello» disse Sirius a mo' di spiegazione. Così fece una breve spiegazione dell’oggetto e quando finì Regulus sorrideva.

«Ah, anche a James, James Potter, ho regalato uno di questi. Sono tutti e tre collegati. Oltre che chiamare me, puoi chiamare anche lui, ma non penso che lo farai» aggiunse.

«Dove li hai trovati?» chiese Regulus continuando a contemplare lo specchietto.

«Erano in quella stanza in fondo al corridoio, al terzo piano. Dentro un armadietto» rispose Sirius. Poi Regulus prese il suo regalo e lo porse a Sirius. Il primogenito lo scartò con un sorriso. All’interno c’era un bracciale di cuoio, nero, molto semplice ma elegante, con una piccola scritta argentata "Brothers". Mentre Sirius lo contemplava, Regulus andò verso il comodino vicino al letto, aprì il primo cassetto e prese un bracciale uguale a quello di Sirius. Se lo mise al polso sinistro subito imitato da Sirius.

«Figo» commentò semplicemente Sirius, con un sorriso che diceva molto di più.

























 
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Si, il capitolo è più lungo del previsto, soprattutto a causa delle scena dei fratelli Black che ci ho messo più pagine per scriverla. Marlene e James si sono conosciuti, le sorelle Evans hanno litigato davanti ai loro genitori e Regulus e Sirius si sono riappacificati. Questo è forse uno degli eventi che più fa capire che la linea temporale stia cambiando. Come avete visto esistono tre specchi gemelli. In verità da nessuna parte c’è scritta una cosa del genere, l’ho inventata io. Magari nella linea temporale originaria Sirius ne prese solo due perché non sapeva a chi dare il terzo. E probabilmente l’avrebbe dato a Natale del 1972, poiché non sarebbe tornato a casa per Natale e quindi non li avrebbe trovati. Comunque, avevo bisogno che ce ne fossero tre. Nella parte in cui ho scritto i pensieri di Reg, sinceramente non ne sono interamente soddisfatta. Volevo immedesimarmi di più nel personaggio ma non ci sono riuscita nonostante ci abbia provato varie volte. Ma alla fine ho capito che dato che era la prima volta che facevo una cosa del genere, non potevo pretendere troppo da me. Ci vuole più pratica. Mi raccomando recensite e fatemi sapere cosa ne pensate.
Un Bacio!

Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!



 

 

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Capitolo 15
*** Smascherato ***


Smascherato
 

“James!” esclamò una voce. James si guardò intorno. Lui e Harry avevano appena finito di vestirsi per scendere in Sala Grande, togliendosi il pigiama che avevano tenuto fino a poco tempo prima e con cui erano scesi in Sala Comune. Lui e Harry si guardarono interrogativamente.
“Merlino James! Ma sei sordo??” parlò di nuovo la voce. Harry si voltò lentamente verso il letto di James, sentendo la voce provenire da lì.
“Lo specchio!” esclamò indicando l’oggetto in questione. James si girò di scatto e prese lo specchietto, mentre la voce continuava a chiamarlo. 
“Sirius!” esclamò James, guardando il riflesso dell’amico. Harry si affiancò a lui.
“Finalmente! Pensavo di dover aspettare altre due ore!” esclamò scocciato Sirius.
“Questo specchio è una figata!” disse James estasiato. Sirius lasciò perdere l’espressione scocciata, lasciando posto alla stessa espressione.
“Hai perfettamente ragione!” disse sorridendo. Harry intanto stava pensando a quanto fosse strano vedere lo specchio per intero, lui era abituato a vederlo spaccato. Pensò al suo specchietto, probabilmente in qualche stanza di Grimmauld Place (del futuro), dove era andato a vivere dopo la battaglia.
“Però, ti sei ribellato per bene vedo. Addirittura a farti un Potter come amico!” esclamò un'altra voce sconosciuta, divertita.
“Io non faccio mai le cose a metà, Reg!” rispose Sirius, muovendo lo specchio e inquadrando anche un altro ragazzino. Aveva gli occhi grigi come quelli di Sirius, dei capelli corti e neri e la pelle diafana.
“Oh, tu devi essere Regulus!” esclamò Harry.
“Sirius ci ha assillato di chiacchiere su di te. Siamo stati costretti ad ascoltarlo per mezz’ora!” disse James gettando un’occhiata canzonatoria a Sirius. Quest’ultimo gli gettò un’occhiataccia, arrossendo impercettibilmente.
“Davvero?” chiese Regulus.
“Certo!” rispose James ignorando i segnali di Sirius che gli diceva di smetterla.
“Ci ha raccontato quasi dieci anni della vostra vita! Per non parlare di tutti i pre…” iniziò Harry, intenzionato a mettere in imbarazzo Sirius.
“Ok, avete reso l’idea.” Tagliò corto Sirius, non notando lo sguardo colpevole che Regulus gli rivolse brevemente. Harry e James fecero spallucce.
“Quanto ci avete messo per fare pace?” chiese James.
“Voi sapete?” chiese Regulus, leggermente sorpreso.
“Harry sapeva che senza Sirius ti saresti fatto influenzare più facilmente dai vostri genitori.” Rispose James.
“Quindi l’ho convinto a tornare a casa” concluse Harry.
“Ah e poi Sirius mi ha mandato una lettera per spiegarmi la situazione” disse James “ A cui io ho risposto con dei consigli saggi e filosofici”  aggiunse compiaciuto. Sirius sbuffò divertito.
“Naturalmente copiati da tuo padre” disse.
“Intanto scommetto che sono stati utili” rispose James piccato “quindi se avete fatto pace è anche merito mio.”
“E anche mio! Se io non avessi detto a Sirius di tornare a casa non sarebbe successo niente di tutto questo!” si intromise Harry.
“Siete tutti uguali voi Potter! Il merito è soprattutto mio, che ho fatto la parte attiva” disse Sirius fintamente indignato.
“Voi Potter? Sono fratelli?” chiese Regulus aggrottando le sopracciglia.
“No no, non siamo imparentati.” Disse James.
“Certo, papà” pensò Harry ironico.
“Ha il padre babbano. Sai, da quel che ne so, il cognome Potter è piuttosto diffuso tra di loro”continuò James. Regulus storse leggermente il naso, inconsciamente infastidito dalla parola ‘babbani’, ma quando notò l’occhiata ammonitrice di Sirius, gli gettò un sorrisetto di scuse. Era diventata un'abitudine avere quella reazione.
“Per non essere imparentati vi somigliate molto” disse Regulus rivolto ai due, lasciando perdere il breve scambio di sguardi che era avvenuto tra lui e Sirius.
“Ce lo dicono in molti” rispose James sorridendo. “Il bello è che anche se non è imparentato con la mia famiglia, ha il marchio Potter!” continuò divertito.
“E qual è questo marchio?” chiese Sirius alzando un sopracciglio, anche lui divertito.
“Ma naturalmente i nostri indomabili capelli!” esclamò James scompigliandosi i capelli, disordinandoli ancor di più. Harry lo imitò sorridendo con una punta di finta arroganza.
“Sirius” Regulus chiamò il fratello “Credo che tra poco sia ora di pranzo. A momenti Kreacher verrà a chiamarci. Non penso sia saggio farti trovare con uno specchio che può metterti in contatto con i tuoi amici” continuò.
“Giusto” disse Sirius “Vi salutiamo ragazzi” disse frettolosamente, i due ricambiarono il saluto e la connessione si interruppe.
 
“Andiamo anche noi a mangiare?” chiese Harry, incamminandosi verso la porta. James annuì.
“Ho un certo languorino” disse toccandosi la pancia. Scesero giù e trovarono Marlene ad aspettarli ai piedi delle scale.
“Finalmente! E pensare che si dice che i ragazzi facciano meno tempo a prepararsi!” esclamò un po’ spazientita.
“Andiamo, ho fame!” continuò voltandosi per uscire dalla Sala Comune, seguita dai due ragazzi.
 
 
La giornata passò tranquilla, fino alla tanto attesa cena di Natale. I ragazzini (tranne Harry) restarono sorpresi dal notare che le quattro tavole delle Case erano scomparse, lasciando posto a un unico e grande tavolo rettangolare. Senza i tavoli, la Sala pareva ancora più grande, pensò Marlene.
“Perché hanno tolto i tavoli?” chiese James perplesso.
“Credo per cenare tutti insieme. Siamo pochi, dopotutto, ed è più bello fare la cena di Natale in compagnia, piuttosto che sparsi per la Sala, ognuno al proprio tavolo”  rispose Harry, entrando e prendendo posto. C’erano già seduti due studenti del settimo anno di Corvonero e un Tassorosso del terzo anno. Marlene e James presero posto ai suoi lati.
“Ma questo vuol dire che dobbiamo cenare con Mocciosus?” sussurrò James con una smorfia.
“Credo proprio di sì” sospirò Harry, benché difendesse sempre Piton, non lo sopportava neanche lui.
“Una volta l’ho salutato e non mi ha nemmeno risposto!” si intromise Marlene.
“Ma perché la Evans è sua amica?” chiese James un po’ curioso, non accorgendosi che un Serpeverde, l’ultimo degli arrivati fra gli studenti, si era ritrovato costretto a sedersi di fronte a loro a 3 posti di distanza, e questi non aveva problemi nel sentire anche involontariamente cosa stavano dicendo. Marlene sospirò, sorridendo leggermente.
“Lily è fatta così. Io credo… che riesce sempre a vedere del buono negli altri.”  Rispose.
“Vorresti dirmi… che c’è del buono in Mocciosus?” chiese James scettico.
“Non è che lo conosci tanto a fondo da poterlo giudicare” si intromise Harry contrariato. “Se io non ti avessi conosciuto per bene, ti giudicherei arrogante e pomposo, ma ti ho conosciuto e so che non sei solo questo” continuò, con quella punta di ingenuità che da sempre lo caratterizzava.
“Quando può essere buono un tizio che legge sulle Arti Oscure?” chiese James sarcastico.
“Non puoi basarti solo su questo!” ribattè Harry. James sbuffò divertito.
“Quando parli così mi ricordi tanto la Evans” disse sorridendo.
“Arti Oscure?” chiese Marlene perplessa “Lily non ci ha detto niente del genere!”. Ma si interruppero quando videro la Sprite e Vitious entrare in Sala e sedersi alla estrema destra del tavolo. Poco dopo vennero Lumacorno e Hagrid. Ognuno si sedette su una sedia (a eccezione di Hagrid, che si sedette su due). Infine, entrarono per ultimi Silente e la McGranitt che parlavano tranquillamente. Silente si sedette al capotavola, mentre all’ultimo posto sulla sinistra la McGranitt. Era strano ritrovarsi a tavola con loro.
“Miei cari studenti!” esclamò Silente gioviale “Spero che abbiate appetito, perché la cena di Natale inizia proprio ora!” continuò. Nei piatti e nei vassoi comparirono vari cibi e pietanze, come il tacchino ripieno, il purè di patate, il pasticcio di carne o le uova  fritte alla scozzese e tanto altro che fece venire l’acquolina in bocca a tutti, che presero a servirsi.
“Dimmi Potter, ti stai portando di nuovo avanti con il programma?” chiese la McGranitt a Harry, tagliando una coscia di tacchino, 
“Ehm...sì” rispose il ragazzino incerto, non si aspettava che la professoressa lo interpellasse.  
“E a cosa stai?”chiese di nuovo la professoressa.
“Sto… leggendo come trasformare un oggetto in un uccello, ma ho già imparato come trasformare un calice in un topo” si inventò Harry.
“Uhm, posso vedere?”
“Certo…” Harry estrasse la bacchetta e la puntò al calice “Snuflifflors” disse, benché ormai sapesse farlo anche senza dire la formula. Il calice si trasformò immediatamente in un piccolo topo bianco.
“Davvero notevole Potter” commentò la Mcgranitt, trattenendo un sorrisetto orgoglioso.
“Anche James lo sa fare” aggiunse Harry volendo distogliere l’attenzione della professoressa su di sé.
“Cosa?” James si voltò, avendo sentito il suo nome.
“Il signor Potter mi stava dicendo che sai trasformare un calice in un topo” spiegò la McGranitt.
“Oh si” James estrasse immediatamente la bacchetta e la puntò al calice “Snufflifors” disse, ottenendo lo stesso risultato di Harry.
“ Niente male, Potter. 10 punti a Grifondoro a testa” proclamò la McGranitt. James fece un sorriso arrogante, mentre Harry si limitò a fare un sorrisetto e a riprendere a mangiare. Sentì un pizzicore alla nuca, cercò di ignorarlo. Si sentiva osservato. Alla fine alzò la testa dal piatto e vide Piton guardarlo intensamente . Tanto intensamente da ricordargli il Piton-adulto. Si guardarono per un po’ negli occhi, ed Harry, decise che era arrivato il momento di vedere la faccia stupita di Piton. Fece un sorrisetto semplice, senza nessun tipo di beffa dietro. Sperava solo che Piton non lo prendesse per un sorriso arrogante. Quest’ultimo spalancò gli occhi fissandolo incredulo per po’, per poi distogliere lo sguardo e puntarlo sul suo piatto.
 “Scusi, Signor Potter, mi potresti passare per cortesia un po’ di purè di patate?” chiese Silente  a Harry. Quest’ultimo annuì e glielo passò. I loro occhi si incontrarono e Harry eresse immediatamente degli scudi mentali. VIGILANZA COSTANTE. E aveva ragione, sentì Silente fare leggermente pressione per poi smetterla.
“A proposito, Harry, mi farebbe un gran piacere se dopo cena venissi con me nel mio studio” disse il preside.
“Perché, signore?” chiese Harry, facendo un’espressione fintamente confusa mentre dentro di lui si scatenava il panico. Silente sapeva, non c’era altra spiegazione. Ma riuscì comunque a rimanere con quell’espressione, una perfetta maschera, ottimo attore. Tal volta si sentiva una serpe. Si ricordava ancora il suo smistamento quell’anno. 
 
Oh,oh! Cosa abbiamo qui! Un viaggiatore temporale!”
“Ehm, si. Come va?”
“Bene, grazie. Non molti me lo chiedono. Ma passiamo alla smistamento. Vedo che il mio io del futuro ti ha smistato in Grifondoro… uhm, si, è una Casa che rispecchia molti tuoi aspetti. Il coraggio non ti manca, sei orgoglioso e hai una certa audacia. Ma la Guerra ti ha un po’ cambiato, ragazzo mio.”
“C-cambiato?!”
“Um, direi di si. Ti sei fatto più astuto e furbo. Intraprendente lo sei sempre stato. Per non parlare delle tue ambizioni… cambiare il futuro. Sai vero che è un grande compito?”
“Si, lo so. Ma io sono tornato soprattutto per questo”
“C’è tanta determinazione... Come nel futuro, mi ritrovo indeciso tra Serpeverde e Grifondoro, ma a differenza di quella volta, sono molto più incline tra i Serpeverde”
“Ti prego, ti prego, Grifondoro! Renderebbe tutto molto più facile, se vado a Serpeverde le cose si complicheranno soltanto”
“. Uhm… certo tra i Grifondoro staresti bene ma…”
“Ti supplico! Grifondoro, Grifondoro”
“Vabbè, se insisti. Ti auguro buona fortuna. GRIFONDORO!”
 
“Ne parleremo nel mio ufficio” rispose Silente risvegliandolo dai ricordi.
“Va bene, signore” rispose.
 
                                                                            *

Quando la cena finì, e quasi tutti si erano congedati (tra cui un Hagrid sbronzo e una McGranitt eccessivamente ridente per i suoi standard), arrivò il momento per lui e Silente di andare nell’ufficio di questi. Disse a James e Marlene di non aspettarlo svegli e accompagnato da un’occhiata curiosa di Piton, seguì il Preside.
“Cioccoli Giganti” pronunciò Silente, facendo scattare il gargoyle. Salirono le scale fino a trovarsi di fronte a una porta in ebano che dava alla stanza, questa si aprì da sola permettendo ad entrambi di entrare.  Silente si sedette dietro la scrivania, mentre Harry sulla sedia di fronte. Non prese le caramelle al limone dalla ciotola sulla scrivania, né gliene offrì una. Questo non era un buon segno, pensò Harry  evitando di incrociare gli occhi del Preside.
“Allora, Harry disse scrutandolo con i suoi penetranti occhi azzurri “Mi vuoi raccontare qualcosa di te?” chiese.
“D-di me?” balbettò Harry. L’uomo sospirò.
“Appena ti ho visto, hai catturato subito il mio interesse, Harry. Mi sono accorto, qualche mese fa, che non conoscevo assolutamente niente di te.” Disse il preside prendendo una caramella al limone, evidentemente non aveva resistito alla tentazione. “Non so chi siano i tuoi genitori né dove abiti. Ho deciso di scoprirlo, e sono andato al Ministero per aggiustare questa  mancanza nei tuoi confronti. Ma ahimè, il tuo nome non c’era in nessun registro. Né britannico o/e  internazionale. Da quel che ne so io, non esiste un bambino di nome Harry Potter che sia un mago” concluse Silente guardando attentamente le reazione di Harry. Il bambino era sbiancato visibilmente e si muoveva in continuazione sulla sedia in preda al nervosismo.
“Quindi” continuò Silente “Vorrei che mi dessi una spiegazione plausibile per questo.”
Harry ormai aveva capito di essere stato messo alle strette, che non c’era nessuna scusa abbastanza plausibile da convincere Silente. L’unica cosa che poteva convincerlo, era la verità, doveva confessare. E sapeva che doveva dare almeno delle prove, quindi doveva sottoporsi a Legilimanzia. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma aveva sperato il più tardi possibile. Perché? Vi chiederete. Perchè Silente era maledettamente un abile burattinaio, e Harry non voleva far parte delle sue marionette. Non di nuovo, almeno. Sapeva di essere in vantaggio perché sapeva più di Silente, sapeva già degli Horcrux e più o meno dove erano nascosti alcuni di loro, o dove sarebbero stati nascosti, poiché ora dubitava fortemente che fossero dove lui sapeva. Ma Silente era bravo a estorcere informazioni, a giocare le situazioni a suo favore e sapeva riconoscere i punti deboli delle persone e questo, decisamente, non giocava a suo vantaggio. In verità aveva pensato, prima o poi, di dire tutto quanto al Preside di sua spontanea volontà, per magari chiedergli di aiutarlo. Harry era consapevole che tutti gli Horcrux, soprattutto l’anello nella casa dei Gaunt, erano protetti da potenti maledizioni che lui non sarebbe mai riuscito a sciogliere, ma solo un mago molto abile e potente. Quindi Silente, in poche parole.
Ritornando al presente, Harry gettò un occhiata azzardata al mago dietro la scrivania. Se ne stava a osservarlo tranquillamente, rispettando il suo silenzio. Harry sospirò e si decise a guardarlo, abbassando le sue difese mentali, per mostrare che quel che stava per dire era la verità e che poteva pure entrargli nella mente. Gli avrebbe fatto vedere solo lo stretto necessario, niente più.
“Signore, quel che sto per dirle ha dell’assurdo” cominciò. Lo sguardo di Silente si fece interessato.
“Ho viste e ho sentito così tante cose assurde nella mia vita, Harry, che sono pronto a tutto” rispose il Preside con una nota divertita.
“Quindi il fatto che un mago diciassettenne, proveniente dal futuro, abbia viaggiato nel tempo di circa ventisette anni attraverso un sogno e si sia ritrovato nel corpo di se stesso undicenne, non è niente di cui sorprendersi?” domandò Harry ironico. Silente lo osservò confuso.
“Attraverso un sogno?” chiese. Harry annuì.
“Sapevo che si potesse viaggiare nel tempo di tanti anni addietro attraverso complicati incantesimi mortali e di elevatissima potenza, oppure usando le rune e un’altissima concentrazione di magia. Ma nessuno, che io sappia, ci è ma riuscito. Richiedeva troppa magia, di cui un mago non dispone. Ma che si possa viaggiare nel tempo attraverso un sogno, questa mi è nuova” rispose interessato.
“Si, ha dell’assurdo. Come sempre sono sempre il primo a mettere in dubbio le leggi naturali del Mondo Magico” borbottò Harry contrariato.
“Perché cosa altro è successo?” chiese Silente aggrottando le sopracciglia.
“Sono sopravvissuto a due Avada Kedavra, signore” rispose Harry.
“Straordinario” gli occhi di Silente avevano preso a luccicare più del solito “Ma di questo parleremo quando sarà il momento, posso sapere perché hai deciso di viaggiare nel tempo?” chiese.
“Per sconfiggere Voldemort” disse Harry con occhi determinati.
“Tom Riddle?” chiese Silente. Si ricordava che Tom intorno al sesto anno aveva iniziato a farsi chiamare così dai suoi, per così dire, ‘ammiratori’.
“Esatto” confermò Harry “Diventerà il mago oscuro più potente di tutti i tempi, anche più di Grindewald” continuò.
“E come puoi tu, riuscire a sconfiggerlo? Non sei un po’ troppo giovane?” chiese Silente perplesso. Harry scrollò le spalle.
“Non sarà facile, ma se ci sono riuscito una volta, ci riuscirò di nuovo” affermò sicuro. I loro occhi si incrociarono e a Harry tornò immediatamente in mente la battaglia finale, e seppe che Silente gli stava leggendo nella mente.   
“Sono ammirato dalla tua determinazione, Harry.” Disse con un luccichio negli occhi, ma poi si fece serio “Ma spero che tu sappia che stravolgere il futuro è pericoloso, potrebbe finire peggio di come è finita nella linea temporale originaria” disse.
“Farò di tutto per non far morire altre vite innocenti per ideali stupidi come la purezza del sangue” sibilò Harry un po’ irritato. Silente lo studiò attentamente per poi sospirare.
“Va bene, sappi che sarò sempre disposto a aiutarti in questa impresa” disse “Ma vorrei che risolvessi un mio dubbio” al cenno di Harry continuò “Tom ha cercato di sconfiggere la Morte, vero?” chiese.
“Si” rispose asciutto Harry.
“E come?” chiese Silente.
“Penso che sia inutile dirglielo ora, signore.” Replicò Harry impassibile, difendendo la sua mente da possibili intrusioni del Preside. Silente chiuse gli occhi ma non insisté, dopo aver provato un attacco di Legilimanzia fallito. Harry stesso era sorpreso dal fatto che si era scoperto piuttosto abile in Occlumanzia senza l’influenza di Piton.
“Immagino che conoscevi il me più vecchio” disse Silente.
“Si, la conoscevo. Mi è stato molto vicino e mi ha aiutato a sconfiggere Voldemort” rispose Harry brevemente. Silente era anche stato un po’ come un nonno in verità, ma questo voleva tenerselo per sé.
“Credo che non vuoi dirmi altro” disse Silente guardandolo, ma non sembrava irritato. Era un po’ affranto in verità. Harry annuì.
“Allora puoi tornare dai tuoi amici” disse gentile, sorridendo leggermente. Harry si alzò e lo salutò, dirigendosi verso la porta. Aveva giusto posato la mano sulla maniglia, quando sentì di nuovo la voce di Silente.
“Ah Harry, non mi hai detto chi sono i tuoi genitori” disse, il ragazzino si voltò.
“James Potter e Lily Evans” rispose sorridendo.
“Lo immaginavo” rispose divertito il Preside.
Harry, congedandosi, uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
 
‘Questo, è stato un Natale particolare’ pensarono tre persone quel giorno. La prima trattenendo a stento le lacrime, la seconda sorridendo , e la terza sospirando.
Sì, lo era stato decisamente.

 


Angolo Autrice
Ecco un nuovo capitolo! Sono successe un bel po’ di cose questo 25 dicembre 1971: Sirius ha fatto pace con il fratello, Lily ha litigato con Petunia ed Harry è stato scoperto. Eh si, Silente ha smascherato Harry in pochi mesi, ma dopotutto a quest’uomo non sfugge mai niente. Harry è piuttosto diffidente nei suoi confronti e quindi non gli rivela tutto.  E come avete letto, ho scritto anche lo smistamento di Harry, che nel capitolo 3 (‘Semplicemente Hogwarts’) non abbiamo visto, poiché tutto era visto dal punto di vista di James. Attraverso questo flashback veniamo a scoprire che Harry è un po’ più serpe di prima. Inoltre, vi è piaciuto almeno un po’ il dialogo tra James, Harry e i fratelli Black? Spero vivamente di sì. Per di più, una notizia scioccante! Harry che fa un sorriso a Piton, credo che anche al nostro futuro professore sia venuto un colpo XD. Vi saluto e al prossimo capitolo!
Bye Bye!
P.S. Mi scuso per eventuali errori grammaticali o/e battitura 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 16
*** Il caos di Capodanno ***


Il caos di Capodanno

 
Il 31 dicembre arrivò in un batter d’occhio a detta di James. Tra tre giorni il castello sarebbe stato di nuovo  invaso dagli studenti, i Malandrini sarebbero tornati. La Evans, sarebbe tornata. James ghignò malandrino. Inoltre, a mezzanotte, James avrebbe scatenato l’inferno, insieme al suo fedele compare.
“Cos’hai da ghignare, James?” chiese Marlene curiosa, mentre si dirigevano in Sala Grande per il pranzo.
“Oh, niente di che. Stavo pensando al miglior modo per far arrabbiare la Evans senza morire.” Mentì James con nonchalance.
“E immagino anche il modo per resistere a non guardarla per 10 minuti buoni” rispose Marlene sorridendo canzonatoria.
“Io non la guardo affatto!” ribattè James arrossendo leggermente mentre Harry seguiva il battibecco divertito.
“Oh, certo. Hai solo puntati gli occhi su di lei, non la guardi. Oh, questo, mai nella vita!  Neanche per sogno per l’amor di Morgana “rispose Marlene fintamente scandalizzata.
“E sentiamo, perché dovrei guardarla?” chiese James alzando un sopracciglio.
“La guardi perché la trovi straordinariamente bella! Perché sei cotto di lei James!” James non arrossì come un pomodoro maturo solo perché era James Potter. Si limitò a un rossore leggero.
“Io non sono cotto della Evans! È isterica, insopportabile e acida! Di certo non mi piace una come lei!” ribattè James convinto, Harry ebbe l’impressione che cercasse di convincere più se stesso “E poi, McKinnon  non mi venire proprio tu a parlare di cotte! Quando tu tieni gli occhi fissi su Harry!” continuò, tirando il ragazzino in ballo. Marlene divenne paonazza.
“Come?!” esclamò Marlene mentre Harry si sentiva leggermente accaldato sulle guance, capendo cosa intendeva James  “Io non lo guardo!”
“Ma sei hai gli occhi a cuoricino!” ribattè James ghignando.
“Ehm, scusate. Sapete, sono ancora qui” intervenne  Harry, poiché sembrava proprio che si fossero dimenticati di lui. I due si voltarono di scatto. Marlene spalancò gli occhi diventando più rossa degli stendardi di Grifondoro mentre James sghignazzava indicando la faccia della biondina.
“H-Harry” balbettò Marlene imbarazzata per poi girarsi di scatto verso James.
“Tu razza di demente!” esclamò arrabbiata e imbarazzata dando un pugno sul braccio di James facendolo gemere di dolore “Quando ti renderai conto di essere cotto a puntino di Lily non smetterò di rinfacciartelo per anni” sibilò con una scintilla pericolosa negli occhi, per poi prendere a camminare velocemente, superandoli di gran carriera cercando di mettere più distanza possibile tra loro e lei. Soprattutto da Harry.  Seguirono alcuni istanti di silenzi.
“Comunque” esordì James d’un tratto “Stasera, a mezzanotte, sarà Capodanno”
“Davvero? “ chiese Harry ironicamente.
“E noi, due rispettabili malandrini, non possiamo rimanercene con le mani in mano” continuò James ignorandolo.
“Cos’hai intenzione di fare, James?” chiese Harry guardandolo
“Mio caro clone” iniziò James carezzevole, Harry sbuffò. Dopo Natale James aveva ideato quello stupido soprannome. “è ovvio che faremo caos” continuò l’occhialuto.
“Hai già pensato a cosa fare?” chiese Harry con una luce malandrina negli occhi.
“No, solo alcune cose. Il resto lo ideeremo insieme” rispose James. I due allora presero a confabulare, cambiando direzione e dirigendosi in Sala Comune.
 Il pranzo fu completamente dimenticato.
 
“A che ora lo facciamo lo scherzo?” chiese Harry.
“A mezzanotte, mentre tutti dormono” rispose James “Che tristezza, qui se ne fregano altamente di Capodanno” continuò.
“Ma noi glielo faremo ricordare” rispose Harry sorridendo.
“Dobbiamo svegliare tutti!” esclamò James.
“Che dici se facciamo partire dei piccoli razzi per il castello? Magari facendoli entrare nei quartieri dei professori?” chiese Harry, sinceramente non sapeva come gli era venuta in mente quella pazzia.
“Si! Devo avere una scatola intera nel baule!” esclamò James, totalmente incredulo e euforico per l’idea del compagno. “Facciamo quello di Vitious, McGranitt e Lumacorno” continuò. Harry annuì, cercando di ignorare l’immagine nella sua mente di una McGranitt imbufalita che urlava contro di loro. Guardò James, che se ne stava a osservare il vuoto.
“James?” lo chiamò Harry sventolando la mano davanti agli occhi ‘del suo clone’. Quest’ultimo si voltò lentamente verso di lui.
“Harry… non hai idea di cosa mi è venuto in mente” disse, mentre un sorriso tremendamente malandrino gli si dipingeva in faccia lentamente.
“Cosa?”
“Noi dobbiamo fare caos, giusto?” chiese James sorridendo, Harry annuì.
“E perché non farci aiutare da colui che adora il caos? Qualcuno che vive per fare caos?” continuò. Harry lo guardò stupito, mentre realizzava. Si scambiarono uno sguardo d’intesa, prima di correre fuori dal ritratto cercando Pix, il Poltergeist.
 
“Pix!” lo chiamò James affaticato, trovandolo dopo quasi due piani. Il Poltergeist si voltò stupito, per poi ghignare.
“Due pivellini! Ma ciao! Perché non siete a pranzo? Non vorrete mica, destare sospetti?” disse, capovolgendosi e guardandoli malevolo con la testa all’ingiù.
“No affatto Pix. Vorremmo chiedere un tuo aiuto” esordì Harry guardandolo.
“E perchè dovrei aiutarvi? “ chiese Pix vagamente interessato, ritornando in posizione eretta  e sporgendosi verso di loro.
“Perché abbiamo lo stesso obbiettivo” disse James ghignando.
“ E sarebbe?” chiese Pix curioso.
“Fare caos” rispose James prontamente. Pix lo guardò, studiandolo.
“Due pivellini vogliono fare caos, e perché mai? “ chiese guardandoli con un ghigno “aaah” disse ad un tratto come ricordandosi di qualcosa “Ma voi non fate parte di quel gruppo di cinque mostriciattoli? Mi pare i Malandrini, si fanno chiamare” disse pensieroso, mettendosi in una posizione alquanto buffa.
“Esatto Pix. I Malandrini fanno scherzi, creano scompiglio” rispose Harry, ghignando anche lui, cercando di fare il ghigno in questione più malandrino possibile.
“Quindi avete voglia di fare uno scherzetto, eh?”esordì il poltergeist.
“Esatto” rispose James “vogliamo svegliare tutti a mezzanotte, poiché sarà Capodanno” continuò. Pix li guardò assottigliando gli occhi
“Cosa volete da me?” chiese infine interessato.
“Vogliamo che inizi a fare il conto alla rovescia, dieci secondi prima della mezzanotte. Urla più forte che puoi. Infine, quando scoccherà, cerca di far cadere più armature possibili e non lo so, fai del tuo meglio” disse James. A Pix brillarono gli occhi
“E voi? Che farete? “ chiese.
“Noi faremo partire dei razzi nei quartieri dei professori, forse anche per i corridoi. “disse Harry. Pix sorrise, sfregandosi le mani eccitato.
“Quindi, vuoi aiutarci?” chiese Harry.
“Consideratemi vostro alleato” disse Pix ghignando, per poi superarli velocemente sghignazzando.
 
Harry e James passarono la giornata ad entrare di nascosto nei quartieri dei professori per nascondere, negli angoli più nascosti, alcuni razzi Filibuster. Fu estremamente difficile, poiché era raro che uscissero fuori. Ma Pix, inaspettatamente, li avvisava ogni volta che un professore stava camminando per il castello, o che comunque non era nei suoi quartieri. Poi li misero alcuni nelle armature, soprattutto quelle nel corridoio dove stava l’ufficio del Preside poiché non avevano alcuna intenzione di entrare nei quartieri di Silente. Tutti i razzi, erano stati programmati per scattare alle 00:00. Alla fine, verso l’ora di cena, avevano finito.
 
A mezzanotte meno due minuti, i due si trovavano nel dormitorio, perfettamente svegli ma a letto. Non avevano nessuna intenzione di dormire, in verità erano lì per sembrare dei semplici studenti come tutti. Che naturalmente, erano stati svegliati di Pix. Se si fossero fatti trovare fuori dal dormitorio, aveva fatto notare Harry, i sospetti sarebbero subito ricaduti su di loro.
“Harry” sussurrò James sorridendo, guardando la sveglia sul comodino.“Tra dieci secondi, il conto avrà inizio” disse ghignando. Infatti, dopo dieci secondi, sentirono la voce di Pix, chiara e forte anche se si trovava al secondo piano.
“10!” urlò il poltergeist, a cinque piani di distanza spalancando le braccia “9” continuò, mettendosi a testa in giù mentre sentiva dei passi affrettarsi verso di lui. Intanto, i professori rimasti sobbalzarono nel proprio letto “8!” esordì Pix cambiando di nuovo posizione, ammiccando verso il custode.
“STA ZITTO PIX! STUPIDA CANAGLIA!” urlò Gazza
“7!” continuò imperterrito ghignando, mentre tutti gli abitanti si alzavano dal letto.
“6… 5…4…3…2…1…” urlò a squarciagola “AUGURO UN BRUTTO ANNO A TUTTI” strillò, avventandosi sulle armature, facendone cadere una dopo l’altra sotto gli strilli di Gazza. Nello stesso momento, esattamente 23 razzi scoppiarono. La McGranitt spalancò gli occhi scioccata quando vide quattro razzi, spuntati dal comodino, sotto il letto, dal soffitto e dall’armadio partire per le stanze. Lumacorno urlò invece, quando tre razzi spuntarono dal nulla e presero a distruggere e colpire tutto, mentre il professore si nascondeva dietro una poltrona. Vitious, riuscì a malapena a schivare tre razzi che si dirigevano verso di lui,mentre due razzi si avventavano su libri, divano e camino. Quattro razzi uscirono da delle armature che ancora dovevano essere investite da Pix, nel corridoio, vicino al gargoyle dell’ufficio del Preside, mentre proprio questi usciva, proteggendosi con uno scudo. Sette razzi in totale esplosero negli altri corridoi. Inutile dire che il chiasso fu davvero ma davvero tanto. Tra un Gazza urlante, tra studenti che urlavano e che si precipitavano fuori dalle Sale Comuni, tra la McGranitt che spalancava imbufalita la porta delle sue stanze (con una vestaglia scozzese e i capelli disordinati), tra Lumacorno che strillava incantesimi cercando di centrare i razzi, tra Vitious che correva ad aiutare il professore di pozioni, tra la Sprinte che si aggiungeva, correndo per i corridoi cercando i responsabili, tra l’abbaiare di Thor, il cane di Hagrid, che era uscito di corsa dalla capanna, dove anche lì si era sentito tutto il chiasso, tra il fracasso continuo delle armature, accompagnato da una canzoncina volgare e oscena di Pix e i continui razzi che andavano a sbattere contro le pareti, non si capiva più niente.
“PIX!” urlò rossa in viso la McGranitt.
“COSA STA SUCCEDENDO?!” strillò una bambina di Tassorosso del secondo anno impaurita.
“È GIUNTA L’APOCALISSE! METTETEVI AL RIPARO!” urlò un ragazzo di Grifondoro del quarto anno.
“AIUTOOOOO” Urlò un Corvonero del settimo anno, rincorso da un razzo.
“CHE CAZZO SONO STI COSI?!” strillò un Serpeverde del quinto anno.
“MODERI IL LINGUAGGIO SIGNOR VOTLEY!” urlò la McGranitt per farsi sentire sopra quel chiasso, mentre invano cercava di mettere ordine. James e Harry giunsero fingendo di essere scandalizzati.
“OH PER LE SCARPE NUMERO 42 GIALLE E VERDI DI MORGANA! LO SAPEVO! LO SAPEVO! MI VOGLIONO MORTO!” urlò James mettendosi le mani fra i capelli, drammatico “PROTEGGIMI, OH MIO CORAGGIOSO CLONE!” Continuò rivolto a Harry.
 “SILENZIO!” Urlò Silente con un Sonorus ben piazzato. “MANTENETE LA CALMA! I RAZZI SI SCARICHERANNO ENTRO POCHI MINUTI, E QUANDO LO FARANNO, RICHIEDO LA VOSTRA PRESENZA NEL SALONE D’INGRESSO! E PREGHEREI PIX DI DIRIGERSI ANCHE LUI!” continuò.
A James venne da pensare a quanto sarebbe stato bello se nella scuola ci fossero stati tutti gli studenti invece di solo 12. Intanto Marlene, che si stava dirigendo verso di loro, sembrava cercasse a malapena di nascondere un sorrisetto.  A pochi centimetri tra loro, schivò per un pelo un razzo ma nel farlo inciampò cadendo verso Harry.
“Aaa!” esclamò Harry quando Marlene gli si abbatté addosso, cercò invano di mantenere l’equilibro, ma alla fine fallì, cadendo a terra con la biondina mentre James scoppiava a ridere.
“Ehi!” esclamò Harry indispettito guardando l’altro malandrino.
“Oh… voi non… avete idea… di come siete… buffi” riuscì a formulare James tra una risata e l’altra. Harry cercò di trattenersi, ma alla fine scoppiò a ridere anche lui. Marlene si unì poco dopo.
Quando tutti e tre si furono calmati, si fermarono a riprendere fiato con ancora i sorrisi stampati sui volti.
“Ehm… Marlene” la chiamò incerto Harry, solo allora la McKinnon si accorse di essere ancora addosso a lui, stesi a terra. Arrossì e si tolse immediatamente.
“Scusa, Harry” disse accennando un sorrisetto.
Si guardarono intorno, e notarono che ‘L’Apocalisse’ si era calmata e che ora tutti si dirigevano verso il Salone d’Ingresso, anche Pix con al fianco il Barone Sanguinario. Il poltergeist non faceva altro che fargli i complimenti con una faccia da leccapiedi.
“C’entrate qualcosa con tutto questo, vero?” sussurrò Marlene.
“Forse sì, forse no” rispose Harry con un ghigno facendo spallucce “Ah, e buon 1972” continuò.
“Buon 1972” rispose Marlene.
Giunsero al Salone d’Ingresso, dove li aspettava già Silente, davanti al portone principale.
“È stato Pix, Preside! Quella canaglia inutile! Quell’essere dobbiamo cacciarlo!” inveì Gazza facendosi avanti, con Mrs Purr in braccio.
“Lo so già, Mastro Gazza.” Disse pacato il Preside.
“Prima di tutto, auguro un felice anno nuovo a tutti. Pix ci ha voluto ricordare che stanotte è iniziato un nuovo anno, ma suppongo, che lui non ha fatto tutto questo da solo. Giusto?” chiese rivolto al poltergeist.
“Oh, preside. Può essere che qualche studentello mi abbia dato una mano, ma niente di cui preoccuparsi” rispose Pix ghignando, mentre James gli gettava di sottecchi un’ occhiataccia. La McGranitt puntò immediatamente gli occhi sui due malandrini, con le narici che fremevano pericolosamente.
“Beh, Albus, me pare piuttosto ovvio chi siano stati questi studenti” disse Lumacorno, gettando occhiate anche lui ai Potter.
“ Voi Potter! Se scopro che avete fatto una cosa simile nessuno vi toglie quattro mesi di punizione” sibilò la McGranitt.
“Che cosa?! Professoressa ma noi stavamo dormendo!” esclamò indignato James.
“Pix, sono stati loro?” chiese la Sprinte al poltergeist.
“Oh, Pomona, Pomona” cominciò Pix cantilenante “possono essere stati loro come non possono essere stati loro. Ora, se non vi dispiace, tolgo il disturbo” continuò Pix ghignando per poi andarsene alla velocità della luce.
“Certo Preside! Sono stati senza dubbio questi due!” disse Gazza convinto.
“Non potete accusarci se non avete prove!” esclamò Harry.
“Se non abbiamo prove, le troveremo” disse la McGranitt risoluta, prendendo a camminare spedita.
“Professoressa, dove sta andando?” chiese James seguendola con Harry.
 “Alla Torre di Grifondoro” rispose la McGranitt.
“Cosa? E perché?” chiese Harry cercando di non apparire troppo impanicato.
 “ Per trovare prove” rispose semplicemente.
Dopo sei piani raggiunsero il quadro della Signora Grassa, stupita per quello strano trio.
“Stelle di Capodanno” disse la McGranitt, il quadro si aprì. Si diresse verso le scale dei dormitori maschili di Grifondoro.
“Come?! Questa è invasione della privacy! Non può farlo!” esclamò James scandalizzato e incredulo. 
“Sono la tua Capocasa, Potter, posso farlo” rispose ferma la Professoressa.
La Vicepreside spalancò la porta del dormitorio dei Malandrini e tirò fuori la bacchetta.
“Accio scatola razzi Filibuster!” disse e immediatamente, la scatola saettò nelle sue mani. Era piuttosto piccola, non sembrava potesse contenere 23 razzi, ma d’altronde, c’è sempre un trucchetto .Si girò verso di loro, contemplando la scatola.
“Questa è una prova” disse guardandoli severamente. Harry notò le narici che fremevano e le labbra strette all’inverosimile.
Dopo di che li portò dal Preside, che stava ancora al Salone d’Ingresso insieme a tutti gli studenti e gli insegnanti in attesa. Silente diede libera scelta alla McGranitt per la punizione e davanti a tutti (cosa che non importava a James ma che a Harry importava) tolse 120 punti a Grifondoro, assegnò  4 mesi di punizione e disse che avrebbero dovuto aiutare Gazza a mettere in ordine il castello e a pulirlo. Dopo inutili proteste da parte di James (“Ma professoressa! Grifondoro è la sua Casa!  Così non vinceremo la Coppa della Case!” e “Ma non c’entriamo niente con le armature! Quella è stata opera di Pix!”) Silente spedì tutti gli studenti a letto. Comunque, nonostante la punizione e i punti tolti, James e Harry non poterono non concordare su una cosa: era stato fantastico.
                                                                         
                                                                                                        *

Si sentì un bussare alla porta, Sirius si  alzò dal letto e guardò per un attimo la porta.
“Avanti” disse, la porta si aprì e nella camera entrò Regulus facendo rilassare Sirius. Pensava fosse sua madre.
Regulus si guardò intorno, notando il baule chiuso ai piedi del letto.  Guardò Sirius, domani sarebbe tornato a Hogwarts.
“Reg” lo salutò sorridendo Sirius “Come mai qui?” Regulus fece spallucce.
“Volevo salutarti” rispose avvicinandosi e sedendosi affianco al primogenito. Non era per niente felice, e questo Sirius lo notò, anche se cercava di non darlo a vedere.
“E… domani torni a Hogwarts. Te ne andrai da questo inferno. Sei felice, suppongo” disse Regulus a disagio rompendo il silenzio tombale.
“Ho sempre pensato che l’inferno fosse rosso, con tutte le fiamme intorno. Ma non pensavo che l’inferno può avere tante forme e tanti aspetti e neanche che lo si può conoscere senza diventare cattivi e morire” rispose Sirius, accennando un sorrisetto “Lo so che sei insicuro, Reg. Inutile che me lo nascondi, la facciata Black con me non funziona” continuò guardando il fratellino.
“Non sono insicuro” ribatté Regulus aggrottando le sopracciglia.
“Certo e io sono un Black esemplare” rispose Sirius ironico.
“È che insomma… te ne andrai… poi mamma e papà… e se riuscissero a farmi cambiare idea? E se riprendo a far finta di disprezzarti?” si sfogò Regulus.
“Allora, una vocina nella tua testa, che sarà molto ma molto simile alla mia, ti dirà che sei stupido e che devi ragionare con il tuo cervello” rispose tranquillamente Sir “Ti dirà di cacciare fuori la tua grinta e di far vedere chi è davvero Regulus Black. E se sarai indeciso, ti risponderà che ci sarò sempre, e che ci sono anche quando non sono presente fisicamente”  continuò.
“Ti rendi conto che stiamo parlando di una vocina nella mia testa? Non è un po’ da matti?” chiese divertito Regulus, si vedeva che si era un po’ rilassato.
“Vabbè, non ha importanza. Meglio essere un po’ matti che tremendamente e noiosamente sani di mente. Pensa a me, che quando ho discusso con te avevo ben 4 vocine nella mia testa, che erano uguali a quelle dei miei amici” rispose Sirius sorridendo “Poi se non ce la farai più a sentire solo la mia voce, perché ti manca tremendamente il mio viso affascinante (e non avrai tutti i torti) hai sempre lo specchietto, basta che non mi chiami durante le lezioni a meno che non sia urgente” continuò Sirius, facendosi serio alle ultime parole.  Regulus tirò fuori dalla tasca lo specchietto, osservandolo.
“Portalo sempre con te, i nostri genitori non dovranno mai vederlo” disse Sirius. Reg annuì.
“Sembra che stia andando a combattere la guerra” ironizzò Regulus sorridendo.
“Sei tu che sei venuto in camera mia per essere rassicurato!” ribattè Sirius corrucciato.
“Ma volevo solo salutarti!” esclamò Regulus sorridendo.
“Bugiardo!”
Si guardarono e scoppiarono a ridere.
                                                                                                   
                                                                                                       *

Se ne stavano per andare, suo padre portava il baule e ormai avevano aperto la porta per andarsene. Petunia non veniva, restava a casa dove tra poco sarebbe arrivata una sua amichetta. La sorella maggiore se ne stava lì, vicino alla porta che dava al salone. Lily si voltò verso Petunia, che la guardava sprezzante. Lily non fece un piccolo sorriso, nè gli rivolse uno sguardo triste. Ma la guardò fieramente, gettandole un’ occhiata gelida. E con questo, Lily voleva far capire che ormai non gliene importava più di sua sorella, tantomeno del suo giudizio. Che la disprezzasse, che la invidiasse, che la ripudiasse ma a Lily, non importava più.

 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 17
*** L'altra parte di me ***


L’altra parte di me

 
“Secondo me, è meglio la Shaw” disse Sirius, guardando attentamente la ragazzina. Aveva dei fluenti capelli neri e lunghi, un viso un po’ tondo, le labbra rosee e carnose e degli occhi azzurri. Era piuttosto formosa per la sua età.
Harry ascoltava annoiato il discorso. James e Sirius stavano discutendo delle ragazze più belle del loro anno. La Shaw, la tizia che aveva nominato Sirius, era un’oca. Tutti sapevano che lo era. Peccato però, la bellezza ce l’aveva, se fosse stata anche intelligente e con un cervello che non fosse di una gallina sarebbe stata perfetta. Non che a Harry interessassero le bambine. Se proprio doveva interessargli qualcuno a scuola sarebbero state di certo le ragazze dal quinto o sesto anno in su. Ma lui aveva ancora in testa Ginny. I suoi bellissimi capelli rossi, color carota, tipici dei Weasley. Le sue numerose lentiggini, la sua bocca rosea e un po’ carnosa, la sua carnagione pallida, i suoi caldi occhi marroni e il suo sorriso sghembo. L’umore di Harry calò precipitosamente a quei pensieri. Gli mancava, tanto. E l’amava ancora. Non avevano neanche avuto il tempo di vivere abbastanza la loro relazione. Harry credeva di non avere più lacrime da piangere, ormai. Era stato un mese in depressione, un mese terribile, e quell’ opportunità che gli era stata data era stata la sua salvezza . Aveva trovato un obbiettivo, e per compierlo aveva messo da parte tutto il dolore. Aveva altro da fare, non poteva perdere tempo a compiangersi. A volte in quel brutto mese gli era passato per la mente di lasciar perdere, magari lasciarsi andare, farsi accogliere dalle braccia della Morte. Ma non l’aveva fatto, non aveva tentato il suicidio. A parte il fatto che fosse decisamente una cosa non da lui: lui sceglieva sempre ciò che era giusto, non ciò che era facile. E poi si sentiva in colpa a farlo, insomma, tutti i suoi cari, Sirius, James, Lily, Hermione e Ron erano morti per salvarlo. Hermione si era sacrificata. Si ricordava che era di spalle, e un Mangiamorte, non sapendo che era Harry Potter (altrimenti non l’avrebbe fatto, Voldemort ci aveva tenuto a specificare che era suo, e solo lui doveva ucciderlo) gli aveva scagliato un Anatema che Uccide, e quando lui si era voltato, ormai il raggio era troppo vicino, non sarebbe riuscito a schivarlo. Ed Hermione si era messa in mezzo alla velocità della luce, prendendo il raggio verde il pieno.
E poi era caduta a terra, come un guscio vuoto.
Se si fosse ucciso, avrebbe fatto un torto a lei, ai suoi genitori e al suo padrino. Erano morti per salvarlo, e facendo così, avrebbe reso il loro sacrificio vano. Inutile.
“Harry? Harry! Per merlino Harry! Fai impressione” esclamò James agitato.
“Cosa?” chiese Harry risvegliandosi dal suo stato di trance trovandosi davanti gli sguardi preoccupati di Sirius, James e Peter.
“Stai bene?” sussurrò Sirius studiandolo.
“Sì” rispose Harry confuso. “Perché?”
“Come perché?!” esclamò Peter sorpreso.
“Il tuoi occhi… insomma erano così cupi e sofferenti…” esalò James, guardandolo attentamente. Harry iniziò a sentirsi a disagio.
“Sarà stata una vostra impressione” rispose Harry sorridendo forzatamente. “Comunque, avete deciso chi è la più bella?” chiese cambiando discorso. Sirius e James lo guardarono indagatori, per poi lasciar perdere.
“Io sono convinto che sia la Shaw” disse Sirius. James sbuffò
“Andiamo Sirius. La Shaw è stupida” Sirius lo guardò aggrottando le sopracciglia.
“E allora? Stiamo parlando di bellezza, mica di cervello” rispose.
“Ti dico che è molto più bella la Evans. È pure intelligente, questo è un punto bonus” rispose James convinto. Sirius sbuffò.
“La Evans non è per niente male, ma è insopportabile. “
“E allora? Stiamo parlando di bellezza.” Rispose James, usando quasi la stessa frase di Sirius.
“E poi ci sono ragazze più belle. Prendiamo la McDonald o la Shaw, loro sono meglio” continuò il Black ignorandolo “E poi la Evans fa la difficile. Non capisco proprio perchè insisti su una ragazza acida e con cui litighi sempre.”
“Lo sai che è più divertente se è difficile conquistare una ragazza? Se poi tutte cadono all’istante ai tuoi piedi diventa noioso” rispose James.
“Quindi vuoi conquistare la Evans?” chiese Sirius divertito.
“Esatto” confermò James.
“E secondo te ci riuscirai?” chiese Peter mettendo in bocca una caramella.
“Certo!” esclamò James sorridendo.  
“Scommettiamo?” chiese Sirius ghignando tendendo una mano. James la strinse con una sguardo di sfida.
“Scommettiamo” confermò.
“Allora scommetto 20 galeoni…” iniziò Sirius.
“Venti galeoni? Non sono un po’ pochi per una scommessa del genere?” lo interruppe Harry introducendosi.
“Facciamo 50 galeoni! “ esclamò James.
“Ok, allora scommetto 50 galeoni che non ci riuscirai” si corresse Sirius sorridendo.
“Io scommetto 50 galeoni che ci riuscirò!” rispose James convinto.
“Quando scadrà questa scommessa?” chiese Peter interessato. Sirius ci pensò per un attimo.
“Alla fine del settimo anno. Se James non ci riuscirà entro questa data, allora vinco io “disse Sirius.
“Bene!” esclamò James “Mi raccomando, metti da parte 50 galeoni, che poi me li devi dare” continuò ghignando.
“Mettili tu piuttosto.” Rispose Sirius con lo stesso ghigno.   
“Io vado in biblioteca” annunciò Harry, alzandosi dal tavolo della Sala Grande dove stavano facendo i compiti. O almeno, l’intento era quello, ma Harry aveva fatto solo il tema di Pozioni.
“Ecco a voi, signori e signore. Harry Potter! Il clone di James Potter e sostituto speciale di Remus Lupin” esclamò teatrale Sirius. Harry lo guardò infastidito, mentre Peter sghignazzava.
“Vado in biblioteca” ripetè Harry, per poi uscire dalla Sala.
In verità non stava andando in biblioteca, ma in infermeria. Ieri era il 15 febbraio. La Luna Piena. Remus era in infermeria e ormai ogni mese Harry andava a fargli visita rifilando qualche scusa agli amici.
Giunse davanti alla porta dell’ infermeria ed entrò. Si guardò intorno e vide un letto con le tende tirate. Si diresse lentamente verso quello.
Scostò lentamente le tende, e vide Remus con un libro in mano e l’avambraccio fasciato.
“Ciao Harry” lo salutò Remus sorridendo. Harry rispose al sorriso e si mise sulla sedia accanto al letto.
“Come stai?” chiese Harry preoccupato.
“Oh bene. Avevo vari graffi sparsi per il corpo ma Madame Chips li ha curati in un attimo. Le ferite più gravi e profonde sono solo due. Una sull’avambraccio- e alzò leggermente il braccio sinistro- e una sul petto. Ma non resteranno cicatrici.” Rispose Remus.
“Quando ti vuole dimettere?”
“Domani o dopodomani, credo” rispose Remus incerto chiudendo il libro. Notò lo sguardo incuriosito di Harry.
“È solo il libro di Difesa Contro le Arti Oscure” disse Remus prima che Harry chiedesse “Poiché pretendere degli appunti è troppo da voi, allora leggo i capitoli che in teoria fate a lezione” continuò divertito.
“Posso chiedere a Lily. Lei prende sempre appunti” disse Harry.
“Non fa niente. Non disturbarla per uno che neanche conosce” rispose Remus. Harry aggrottò le sopracciglia, ma poi lasciò perdere e fece spallucce. Seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Non ti senti ancora pronto?” chiese Harry, non voleva far pressione, ma sinceramente giudicava inutile tutta questa attesa. Dopotutto sapeva benissimo che i Malandrini l’avrebbero presa più che bene, certo, Remus non era sicuro se l’avrebbero presa bene perché giustamente non proveniva dal futuro. Ma sperava che la fiducia verso di loro fosse aumentata, in modo da mettere da parte le sue insicurezze. Questo era solo tempo sprecato, che si poteva usare per cercare di diventare Animagi. Harry ci aveva pensato, e avevo concluso che oltre ad aiutare Remus , diventare un Animagus si poteva rivelare molto utile in guerra. Per non farsi riconoscere, per avere più possibilità di scappatoia (soprattutto se si era piccoli. Anche se non sempre era possibile, ad esempio, suo padre che si sarebbe trasformato in un cervo, non sarebbe riuscito a scappare da una cella con un palco di corna in testa. A meno che non volesse sfondare la porta, facendo un baccano enorme. Se invece si trovava in un luogo aperto, le sue gambe agili e leggere gli avrebbero permesso di scappare veloce come una gazzella) e per avere un asso nella manica anche senza bacchetta.
Remus si agitò.
“Io… non lo so Harry. Ci ho pensato, ci penso sempre. Ma c’è sempre quel qualcosa che mi blocca” disse infine rassegnato. Harry lo guardò per un lungo momento.
“Quel qualcosa è la paura di non essere accettato, Rem. E devi superarla, altrimenti non riuscirai mai a dirlo. Smettila di pensare ai se o ai ma, non andrai da nessuna parte così. Se hai paura di non essere accettato persino dai tuoi amici, non immagino quanto sia grande questa paura”
“Sono cresciuto cambiando casa continuamente, sono sempre capitato con dei vicini che appena capivano cosa sono iniziavano ad avere paura di me! O a disgustarmi e disprezzarmi! Scusami se non voglio ripetere l’esperienza ed essere cacciato dalla scuola!” esclamò irritato Remus. Harry mandò al diavolo il pensiero di non fare pressione. Se non gliela avesse fatta sarebbero giunti a giugno e Remus lo avrebbe detto in treno, solo perché aveva promesso di dirlo entro quell’anno. O nel peggiore dei casi, avrebbe infranto la promessa.
“Ma quelli sono tuoi amici Remus! I tuoi migliori amici!  Non sono persone a caso che a malapena ti conoscono! Sirius si sta distaccando dalla sua famiglia per degli ideali Purosangue e sono sicuro che se è riuscito a fare un ragionamento decente e logico, ci riuscirà ancora, capendo perfettamente che essere un Lupo Mannaro non è stata una tua scelta e che non puoi farci niente se una volta al mese ti viene voglia di sbranare qualcuno! Per James non c’è niente di più importante degli amici, e non li abbandonerebbe mai, Peter accetterebbe la notizia e seguirebbe a ruota James e Sirius. Poi ci sono io, che ti ho dato il mio appoggio e ti ho accettato. Non tutte le persone sono uguali, non tutti hanno lo stesso cervello! E se quelle persone non ti hanno accettato è perché sono terribilmente stupidi! Hai bisogno dall’altro per farti coraggio e dire la verità?!” chiese infine Harry guardando Remus irritato.
“Né tutti sono come te che accettano di buon grado un Lupo Mannaro!” rispose Remus. Harry si alzò.
“Bene, ho capito. Non ti fidi dei tuoi amici.” Remus abbassò lo sguardo. “ Gli stessi amici che si fidano di te e non fanno una domanda, né sospettano neanche un po’ che tu non vada da tua madre malata. Che hanno lasciato perdere i loro dubbi, anche se hanno pensato che un gatto non è di certo capace di fare tutte quelle cicatrici. Che vuoi fare? Non lo vorrai mai dire finchè loro non lo scopriranno?!” chiese Harry, aveva un tono di voce normale, ma lo sguardo era tutt’altro che calmo. La faccia era leggermente rossa e gli occhi scintillavano “Perché ci tengo a dire che lo scopriranno, non sono stupidi. E fidati, che quando succederà, saranno arrabbiati perché non l’hai detto, e non di certo per la tua condizione” concluse guardando intensamente Remus che torturava un lembo delle coperte. Harry si voltò e uscì dall’infermeria.  
“Maledizione!” esclamò Remus dando un pugno sul letto.
                                                                          *
Harry si era già pentito del suo sfogo. Anche lui stesso,  non sopportava che qualcuno gli facesse pressione. Quando succedeva gli veniva ancora meno voglia di dire o fare quel gli stavano dicendo. Sospirò e si rigirò nel letto. Come poteva convincere Remus? Cosa fare?
“Prima di tutto, devi chiedergli scusa” disse una vocina nella sua testa, troppo simile a quella di Hermione. Harry sobbalzò e si guardò intorno per poi sospirare e rimettere la testa sul cuscino. Perfetto, davvero. La sua testa si prendeva gioco di lui. E poiché ora sospettava che Voce-Hermione fosse diventata la sua coscienza, doveva sentirla ogni volta che fosse necessario. Non gli dispiaceva, era bello sentire la sua voce. Ma era anche doloroso.
Scacciò quei pensieri.
Sì, doveva chiedergli scusa. E doveva convincerlo.
Sbirciò nel letto accanto, alla sua destra. Riusciva a vedere la sagoma di James nell’oscurità, che dormiva profondamente.
Gli venne in mente un’idea.
Un ghigno nacque sul suo viso, che ormai da mesi aveva imparato a fare. Poi chiuse gli occhi, soddisfatto.
 

Il giorno dopo Remus fu dimesso,  e ora si trovava in dormitorio a finire il tema di Trasfigurazione. James e Peter giocavano a sparaschiocco, Sirius scarabocchiava qualche disegnino su un foglio e Harry sul letto a leggere un libro (“Creature Oscure: quali sono e come sono”).  
Erano appena tornati da cena, e i Malandrini (stranamente) tranquilli si erano diretti lì. Remus non si era illuso, sapeva benissimo che quando facevano così voleva dire che avevano programmato qualche bella malefatta, in cui lui sarebbe stato, come al solito, coinvolto.
Stamattina, appena dimesso, aveva trovato Harry ad aspettarlo fuori, in imbarazzo.
“Harry?” aveva domandato confuso. Il corvino si era grattato la nuca, a disagio
“Ciao Remus” aveva risposto, alzando lo sguardo con un po’ di sicurezza ritrovata ”Volevo chiederti scusa… sai per ieri” aveva continuato. Il licantropo lo aveva guardato per un attimo.
“Non ce n’era bisogno. Comunque, scuse accettate” aveva risposto sorridendo gentilmente. Harry gli aveva sorriso in risposta, e insieme erano andati a lezione.
“James” disse Harry rivolto al ragazzino, facendo tornare Remus al presente. Non ci prestò tanta attenzione, continuando a scrivere
“Hm?”
“Cosa ne pensi dei Lupi Mannari?”
Remus si irrigidì, teso come la corda di un violino.  Ma che prendeva a Harry? Era idiota?
Si sicuramente era idiota, Remus non aveva dubbi. E sapeva, che lo stava chiedendo per lui. Ma poi saltarsene con una domanda così insolita, a nessuno viene voglia d’un tratto di chiedere cosa ne pensa qualcuno dei Lupi Mannari. Si voltò lentamente a guardarlo e notò il libro che aveva in grembo.  
Non ci poteva credere.
Aveva programmato pure quello.
Si trattenne da scuotere la testa incredulo. Si voltò verso James: questi continuava a giocare a sparaschiocco.
“Oh, beh. Ho sempre pensato che fossero fighi” rispose semplicemente. Harry si trattenne dallo scoppiare a ridere di fronte alla faccia sconvolta di Remus.
“E come tratteresti un Lupo Mannaro?” si costrinse a chiedere
“Come dovrebbe trattarlo, Harry?” chiese Sirius lanciandogli un’occhiata inquisitoria. Remus deglutì, ma nessuno lo notò, tranne Harry.
“Sinceramente lo tratterei come farei con tutti. Il fatto che sia un Lupo Mannaro non cambia l’idea che ho di lui, antipatico o simpatico che sia” rispose James facendo spallucce “Non pensi anche tu, Sirius?”
“ Sono totalmente d’accordo con te, fratello.” Esclamò Sirius, per poi allontanare il foglio da sé, per guardare meglio la sua opera. Remus li guardava con gli occhi spalancati che brillavano come stelle.
“Sì però… le notti di Luna Piena diventa…” sussurrò Peter spaventato.
“Peter!” esclamò Sirius sbuffando “nessuno è così stupido da andare a trovare un Lupo Mannaro quando è trasformato! Basta che non lo incontri quelle notti e non ti succede un bel niente!” continuò.
Peter tacque. Remus si voltò velocemente, riprendendo a scrivere, non volendo far vedere la sua felicità. Eppure non riuscì a non sorridere.
                                                                                              *
“Domani un’altra ora in punizione” sbuffò James mentre si dirigevano a Storia della Magia.
“Ringrazia che non la fai ogni giorno invece di lamentarti” lo rimproverò Remus “Per uno scherzo del genere potevate avere l’espulsione” continuò.
“Silente ci adora, non lo avrebbe permesso” affermò James. fieramente. Sirius sorrise divertito.
“Uffi, potevate rimandare lo scherzo all’anno prossimo. Così c’ero pure io” disse Sirius ghignando.
“Mi dispiace Siry” si scusò James fintamente dispiaciuto.
“Non chiamarmi Siry, Jam!” ringhiò Sirius.
“Io mi chiamo J-A-M-E-S  o se proprio vuoi accorciare il mio nome chiamami Jamie, ma non Jam!” esclamò indispettito James.
“Ok J-A-M-E-S” Disse Sirius facendo lo spelling con un ghigno canzonatorio mentre Peter ascoltava il battibecco divertito. James lo fulminò. Remus approfittò del battibecco fra i due per sussurrare qualcosa di nascosto a Harry.
“Credo che... oggi glielo dirò” Harry sorrise. Era ora, erano passati due giorni da quando aveva chiesto dei Lupi Mannari ai Malandrini. Non sapeva perché, ma Remus aveva voluto aspettare ancora.
Entrarono nell’aula del Professor Ruff e si sedettero.
 
Erano tutti e cinque in dormitorio. Remus era in bagno, James e Sirius giocavano a scacchi, Peter mangiava caramelle assistendo alla partita  mentre Harry era steso sul letto a fissare il soffitto sovrappensiero. Poco dopo Remus uscì dal bagno. Era teso e scrutava attentamente tutti quanti. Harry lo adocchiò e capì che era arrivato il momento. Remus si schiarì la voce, deglutì e poi si rischiarì di nuovo la voce.
“Ragazzi” li chiamò Remus con tono serio, che fece voltare tutti quanti.
“Devo… dirvi una cosa” continuò, Harry gli fece un sorrisetto rassicurante, cosa che oltre a essere notata da Remus, fu notata anche da Sirius.
“Ecco… penso che sia importante che voi lo sappiate. C’è una parte di me che non conoscete e che avete il diritto di sapere. Capirò se dopo aver saputo questa cosa non volete più stare-“
Sirius sbuffò.
“Remus, vai dritto al punto” disse, James gli gettò un’occhiataccia. Era evidente che Remus era nervoso, voleva mettergli ancora più ansia?
Remus sospirò, poi si sedette sul tappeto.
“Esattamente sette anni fa, in una notte di Luna Piena, un bambino, con addosso il pigiama, si era rimboccato le coperte per andare a dormire. Ma il bambino quella sera aveva una brutta sensazione. Aveva come l’impressione che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di davvero brutto. Ma andò a dormire lo stesso, ignorando quella sensazione. Circa a mezzanotte, il bambino fu svegliato da un fracasso proveniente dalla finestra. Un grossa bestia con degli occhi iniettati di sangue l’aveva rotta. La bestia balzò sul bambino, mentre il piccolo urlava. Spalancò le sue fauci, mostrando i suoi denti affilati. Morse il bambino sul collo. La porta si spalancò, e i genitori del bambino piombarono nella stanza. Il padre, che era un mago, prese a lanciare incantesimi su incantesimi, finchè l’animale non se ne andò ululando. La bestia era un Lupo Mannaro e dal quel giorno il bambino fu affetto da licantropia. E ora, quello stesso bambino, vi sta raccontando questa storia” concluse Remus in un sussurro, abbassando lo sguardo.
“Quindi tu sei…” esalò James.
“Un Lupo Mannaro” completò Sirius. Seguirono alcuni istanti di silenzio e tensione.
“Beh, secondo me avere un amico Lupo Mannaro è una figata” se ne uscì Sirius ghignando, smorzando la tensione. Remus alzò di scatto lo sguardo, mentre si tratteneva dallo scoppiare a ridere.
“Concordo, fratello. Tu che ne dici, Pete?” chiese James a Peter. Peter lo guardò un attimo, era sbiancato. Fece un sorrisetto incerto.
“Certo, James. Proprio una figata” confermò, cacciando da chissà dove una Cioccorana.
“Quindi voi non avete paura, non mi disgustate, non mi chiederete di fare i bagagli e volete restare miei amici?!” esalò incredulo Remus. James e Sirius lo guardarono confusi, mentre Peter si stava auto-convincendo che Remus era sempre Remus. Quando ci riuscì, si unì anche lui agli sguardi confusi. Harry sbuffò divertito.
“Sei sempre il solito” disse.
“Certo che continuiamo a essere amici. I Malandrini non si separano per una sciocchezza del genere” rispose James con fare ovvio.
“Insomma, siete sicuri? Capite, io potrei uccidervi-“ James, Sirius e Peter scoppiarono a ridere.
“Ucciderci Rem?!” chiese James ridendo, poi si voltò verso gli altri tre “Secondo voi stiamo parlando dello stesso Remus? Perché il nostro non farebbe male a una mosca” disse.
“Mi sa che questo qui sta parlando di un altro Remus, fratello” rispose Sirius fintamente preoccupato.
“Per Morgana, e come facciamo a parlare di un Remus se non sappiamo di quale Remus si parla?” chiese James, Harry e Peter stavano iniziando a perdere il filo del discorso.
“Non lo so… che ne dici se il Remus di questo qui lo chiamiamo ‘Remus 1’ e il nostro ‘Remus 2?’ ” chiese Sirius fingendosi meditabondo.
“Non sono un po’ banali?“ chiese James.
“Hai ragione. Allora chiamam-“ incominciò Sirius.
 “Ragazzi smettetela! Sono serio!” esclamò Remus. Sirius lo guardò, poi si mise una mano sul petto in modo drammatico, facendo una faccia indignata.
“ No! IO sono Sirius!*” esclamò  con voce stridula. James, Peter e Harry scoppiarono a ridere. E poco dopo anche Remus si ritrovò a ridere.
Non rideva solo per l’assurdità di quella conversazione, ma anche per altro. Gli occhi si fecero lucidi mentre rideva, ma anche quello era per altro.
I suoi amici gli volevano bene nonostante fosse un Lupo Mannaro. Volevano restare con lui comunque e non lo avevano abbandonato. Era così felice, gli sembrava che la testa galleggiasse.
Quando aveva saputo che sarebbe venuto a Hogwarts, non avrebbe mai immaginato di trovare amici del genere. Non avrebbe immaginato di incontrare Harry, così leale e altruista, James arrogante ma con un cuore d’oro e una gran propensione a vedere sempre il lato positivo, Sirius ribelle e  sempre pronto a difendere la sua opinione, e poi Peter ingenuo e con una semplicità che era capace di non far sembrare le situazioni ingarbugliate anche se lo erano. E non si sarebbe neanche immaginato di poter essere loro amico senza maschere, senza segreti, senza bugie, ma poteva essere semplicemente lui. Remus quello calmo, quello studioso, quello più responsabile, ma anche il Lupo Mannaro.
Aveva degli amici matti, fuori dal comune. Che riuscivano a passare sopra la sua licantropia, e solo dei matti potevano farlo. E ci tenne a dirlo.
“Voi siete matti” esalò riprendendosi dalle risate, asciugandosi gli occhi. Evidentemente capirono che quella lacrima era sfuggita per altro.
“Meglio essere un po’ matti che tremendamente e noiosamente sani di mente.” Rispose Sirius ghignando, ripetendo la frase che aveva detto al suo fratellino.
“E mi andate bene così” disse Remus.
“Ooooh! Il nostro lupastro!” esclamò James civettuolo, buttandosi sopra Remus stendendolo a terra, in quello che doveva essere un abbraccio. Sopra di lui si buttò Sirius (Remus fece un verso strozzato).
“Su! Venite! Questo è un abbraccio di gruppo!” esclamò Sirius
Harry con un ghigno si buttò su di loro, e sopra di lui si buttò Peter.
“Questo è un tentato omicidio” ci tenne a chiarire Remus a fatica.

 


*in italiano questo gioco di parole non ha molto senso, ma in inglese è più che perfetto. Sirius e serious (serio)  hanno quasi lo stesso identico suono! Quindi, la battuta sarebbe “Guys stop it! I’m serious!” “No! I am Sirius!”
 

Angolo Autrice
Ehi gente! Ecco a voi un nuovo capitolo! Si lo so, ho saltato l’intero mese di Gennaio U.U .
James e Sirius hanno fatto la fatidica scommessa, e proprio a causa di essa Jamie inizierà ad andare dietro la nostra rossa. Abbiamo anche scoperto la circostanza in cui è morta Hermione, e cioè sacrificandosi per Harry. E secondo me, la cosa è molto da lei. Tra Harry e Remus ci è stato un piccolo litigio, ma alla fine hanno fatto pace. E niente, avere un amico Lupo Mannaro è una figata XD! Spero vi sia piaciuta la reazione dei Malandrini. L’ho scritta due volte, poiché non sapevo proprio che fare. Non volevo essere troppo sdolcinata, ma né troppo frivola. Volevo fare una scenetta degna dei Malandrini!  
Quando Remus ha voluto rivelare di essere un Lupo Mannaro lo ha fatto raccontando la sua storia, tipo favola. Ho pensato che Remus lo facesse per ammorbidire la notizia ai suoi amici, temendo che avrebbero avuto un attacco cardiaco. All’inizio la storia era diversa, infatti raccontava che era uscito fuori da solo di notte per prendere un giocattolo dimenticato, ma poi mi sono informata e ho scoperto che Grayback era piombato in camera sua. So che in questo capitolo come personaggi ci sono solo ed esclusivamente i Malandrini, spero che la cosa non vi sia pesata. La questione degli Animagi sarà nel prossimo capitolo, non vi preoccupate. Ero indecisa sul titolo del capitolo, e neanche sono molto soddisfatta con questo che ho messo. Ma la mia mente non riusciva a partorire di meglio! Alla prossima!
P.S mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura

 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!  

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Capitolo 18
*** Lasciati aiutare! ***


Lasciati aiutare!
 

“A proposito, Harry, ma tu già sapevi del… ecco…” incominciò Sirius, per poi fermarsi indeciso su come proseguire.
“Del piccolo problema peloso di Remus” gli venne in aiuto James mentre Remus si sbatteva una mano in faccia mezzo esasperato e mezzo divertito.
“Spari certi nomi James…”borbottò sconcertato. James gonfiò il petto fieramente.
“Lo so, sono geniali”  rispose. Sirius ignorò la conversazione.
“Si, del piccolo problema peloso di Remus, giusto?” continuò, completando la domanda.
Harry annuì.
“Potreste evitare di parlarne in Sala Grande, per favore? Ci sono tanti pettegoli…” sussurrò Remus concitato.
“Già, per esempio, guardate quella lì. Ci sta guardando in modo strano” sussurrò Peter rabbrividendo. La ragazzina, di cui nome Camilla Brown, li osservava con uno sguardo quasi famelico. 
“Ma perché non vuoi far sapere in giro del tuo coniglio, Rem!” esclamò Sirius alzando leggermente la voce per farsi sentire facilmente dalle persone.
“Ma poi non capisco proprio perché insisti a tenertelo! È così violento! E questo si vede già dalla tua faccia” gli diede corda James, fingendosi preoccupato. Remus li guardò incredulo. Sirius gli gettò un’occhiata, e stette al gioco.
“Ragazzi! Sapete che me lo ha regalato mia zia! Mi sentirei in colpa ad abbandonarlo” disse, con uno sguardo categorico.
“Sì ma non capisco proprio perché non ce l’hai detto prima” disse James guardandolo, ritornando a un tono di voce normale.
“Avevo paura di come avreste reagito, ragazzi” rispose Remus, i malandrini capirono che non si riferiva di certo al coniglio  “Soprattutto tu Sirius, a te non ti sono mai piaciuti i conigli” aggiunse, per rendere più credibile la farsa.
“Ma Harry lo sapeva!” esclamò Peter.
“Harry lo ha scoperto” rispose Remus, guardando l’occhialuto in questione.
“Quando lo hai scoperto?” chiese Sirius a Harry.
“A Novembre” rispose, Remus evitò di dire che secondo lui lo sapeva da settembre.
“Perché non ce l’hai detto?” chiese Sirius guardandolo confuso.
“Non mi sembrava corretto nei confronti di Remus, così ne ho parlato prima con lui. E lui mi ha chiesto di non dire niente perché non era pronto” rispose tranquillamente Harry, mettendo in bocca un pezzo di carne.
“Capito. Comunque ora che lo sappiamo ti aiuteremo” disse James deciso. Remus lo guardò sorpreso.
“Ragazzi non c’è cu-“ si interruppe bruscamente “Cura” completò sussurrando. Mai pensassero che il coniglio violento si doveva curare.
“E chi ha detto che ti vogliamo curare?” chiese sussurrando Sirius con un sopracciglio alzato .“Di certo non siamo imbecilli, sappiamo benissimo che non c’è cura. Vogliamo aiutarti, il più possibile. Ad esempio, che ne dici di trovare un modo per stare accanto a te quelle volte?
“COSA?!” Urlò Remus facendo voltare mezza Sala Grande. Poi si rese conto di aver urlato e arrossì fino alla punta delle orecchie guardandosi intorno, notando tantissimi sguardi puntati verso di lui. Si sedette immediatamente imbarazzato.
James quasi cadeva dalla panca, talmente che rideva.
“Ragazzi non pensateci neanche-“  Remus stava già iniziando le sue proteste, ma Harry lo interruppe.
“Non qui. Ne parleremo più tardi” disse categorico
Remus sospirò. Gettò uno sguardo alla Brown, pensando quanto fosse stato assurdo per lei ascoltare stralci delle loro conversazioni. Dopotutto, per lei stavano parlando di un maledetto coniglio violento.
                                                                       
*

“Sapete, si dice in giro che Lupin ha un coniglio chiuso in dormitorio” disse Alice mentre andavano verso la lezione di pozioni.
“Un coniglio?” chiese stranita Marlene.
“Certo! E che gli ha fatto un paio di cicatrici! Un ragazzo ha detto che l’ ha visto per un attimo, lo ha descritto come un coniglio enorme, gli occhi da maniaco e degli artigli affilati e lunghi” continuò Alice felice che fossero interessate all’argomento.
“Come può un coniglio essere così? A me i conigli sembrano tutti puri e innocenti…” commentò Mary  dubbiosa.
“Mia madre dice che puzzano” disse Lily distrattamente.
“Per di più lo ha tenuto nascosto agli amici per mesi, perché aveva paura delle loro reazioni! Soprattutto di Black! Dicono che odia i conigli!”continuò Alice. Marlene sbuffò. Quella storia era totalmente assurda! Remus Lupin aveva un coniglio che gli aveva fatto quella cicatrici?! Era totalmente inverosimile! Ma poi dove si era visto un coniglio con gli artigli affilati e lunghi!? Per non parlare del fatto che condivideva il dormitorio con i suoi amici e quindi sarebbe stato totalmente impossibile nascondere un coniglio del genere.
Altrimenti dove lo teneva nascosto?! Nelle mutande?!
“ Non crederai davvero a queste dicerie, Ali” disse Lily, scendendo le ultime scale per i sotterranei.
“Sì lo so, è un po’ strano questo racconto. Ma un ragazzo ha visto il coniglio” rispose Alice facendo spallucce.
“Il ragazzo potrebbe essere un bugiardo” rispose Marlene con fare ovvio.
“Ok! Va bene gente! Non facciamone una questione di stato!” esclamò Mary  spalancando le braccia per zittirle, in modo alquanto buffo.
“Sempre esagerata!” esclamò Alice scuotendo la testa.
“Ora, Lily, preparati psicologicamente ad affrontare tutti gli elogi e i complimenti di Lumacorno” disse Mary con tono solenne ignorando Alice. Lily sorrise divertita.
Gli piaceva molto il Professor Lumacorno, gli era simpatico ed era un buon insegnante. La cosa che però a Lily non piaceva era il fatto che la riempisse di continui complimenti ogni lezione. Ogni volta che lo faceva non poteva non sentire un certo orgoglio, che però passava subito in secondo piano quando subentrava il terribile imbarazzo e il disagiante disagio (?). A Lily sarebbe benissimo bastano un “Ottimo, Signorina Evans” e ne sarebbe stata contenta. Riempiendola di complimenti la metteva al centro dell’attenzione, si sentiva tutti gli sguardi puntati addosso, e a lei non piaceva questa sensazione.
Entrarono in aula e Lily andò subito a sedersi vicino a Severus, come suo solito.
“Ehi Evans! Vedo che di olio non ne hai mai abbastanza!” esclamò Potter lanciando un'occhiata a Mocciosus. Sia quest’ultimo che lei si voltarono di scatto.  
“ Per fortuna hai la fonte vivente di questo liquido a tua disposizione!” diede man forte Sirius.
“E voi due invece? Di fare la figura delle zucche vuote non ne avete mai abbastanza?” sibilò Sev.
“Parla per te Mocciosus!” esclamò James ghignando.
“E voi che ne dite di tenere le bocche chiuse e non comportarvi da emeriti imbecilli?” ringhiò Harry strattonandoli e lanciando un’occhiata da far impallidire un Basilisco.
“Quante volte deve fare quel maledetto discorso?!” sibilò Remus completamente dalla parte di Harry.
“Date ascolto ai vostri amichetti che hanno ragione!” esclamò Piton ghignando, Harry gli lanciò la stessa occhiata che aveva rivolto ai due. Un brivido corse lunga la schiena dorsale di Severus, quegli occhi erano dannatamente simili a quelli di Lily, ed erano allo stesso modo capaci di terrorizzare chiunque.
“Vuoi unirti al club degli imbecilli?” domandò Harry sarcastico..“Prego prego! Entra pure!”continuò.
“Si può sapere cosa sta succedendo?!” esclamò Lumacorno entrando d’un tratto. Tutti si bloccarono.
“Niente di importante, Signore.” Rispose prontamente Remus con una faccia da bravo studente. Lumacorno li guardò dubbioso.
“Sedetevi e tirate fuori il materiale! Su, veloci!” disse infine lasciando perdere.
 
“Hey Evans!” James corse al fianco di Lily, appena uscirono dalla classe. Lily lo ignorò, cosa che non fece Marlene.
“James!” esclamò “È arrivato il momento di infastidire Lily?”chiese divertita.
Lily notò con una certa esasperazione che li stavano raggiungendo anche gli altri Malandrini.
“Ma che infastidire e infastidire!  Io voglio solo parlare con il mio adorato Giglio!” esclamò James sorridendo.
Alice, Mary e Lily si dovevano ancora abituare al fatto che Marlene era amica dei due Potter, e lo stava diventando a breve anche dei Malandrini. Si ricordavano ancora quando lo avevano saputo, erano in Sala Grande, il primo giorno che erano tornate.
 
Marlene!” aveva esclamato James, sedendosi accanto alla biondina. Tutte le altre lo avevano guardate con uno sguardo accigliato (soprattutto Lily), che poi si era trasformata in uno sguardo sorpreso quando avevano visto Marlene sorridere, mentre Harry si affiancava a James.
“Si ritorna alla vecchia vita, allora” aveva continuato James.
“Eh, si Jamie, pare proprio di si. Non credo Lily apprezzerebbe stare con te più del dovuto” aveva risposto Marlene sospirando, fingendosi desolata.
“Non ti preoccupare Marlene! James sta sempre intorno a Lily! Sono sicuro che possiamo parlarci!” aveva detto Harry ghignando.
“Marlene, ma cosa…?” aveva esalato Lily.
“uuuh uhhh”  aveva fischiato James con un sorrisetto “Hai lasciato senza parole la Evans! Meriti un premio!” aveva continuato mettendo un braccio sulle spalle di Harry, facendogli alzare le sopracciglia.
“Sei diventata loro amica?” Alice si stava piano piano riprendendo.
“Secondo te?” aveva replicato Marlene con un sopracciglio alzato, poi si era sentito Sirius chiamare a gran voce i due che se ne erano andati.
“Come fai a essere amica di James Potter?!” gli aveva chiesto Lily, Marlene aveva fatto spallucce.
“È simpatico” aveva risposto, facendo credere a Lily che fosse uscita di testa. Poi la rossa aveva scosso la testa, abbattuta.
 
Ritornando al presente, Lily si voltò arrabbiata verso Potter-idiota.
“Non permetterti di chiamarmi ‘il mio adorato Giglio!’. Per prima cosa mi chiamo Lily, e per secondo io per te sono solo Evans!”
James rispose con un ghigno che fece irritare ancora di più Lily.
“Ma perché non vuoi essere chiamata ‘Giglio’? Tu sei bella come un giglio, o forse anche di più, perciò ti chiamò così!” la adulò James. Lily arrossì, forse per l’imbarazzo, o forse per la rabbia.
Era la prima volta che Potter gli faceva dei complimenti senza che tenesse i capelli di qualche strano colore o fosse coperta di una sostanza di discutibili proprietà.
E c’era sicuramente qualcosa sotto.
“ Non ti presto gli appunti Potter, sappilo. Non te li ho mai prestati e mai te li presterò.” Se ne uscì Lily, voltando la testa e guardando davanti a sé senza degnarlo di uno sguardo.
“Ma io non ho chiesto niente del genere!” esclamò James indignato. Lily lo guardò scetticamente, come a dire che non lo aveva detto, ma di certo quello era il suo obbiettivo.
“Bene, allora lasciati dire che dei tuoi stupidi complimenti non me ne faccio niente” rispose acida Lily.
James sbuffò. La sfida gli si presentava più difficile del previsto. Ma non si sarebbe arreso, pensò ghignando, James Potter non si arrendeva MAI.
                                                                       
   *

La giornata passò tranquilla (naturalmente se si escludevano alcune cosette fuori dal comune, come trovare misteriosamente delle sanguisughe attaccate al soffitto della Serra numero 1) e i Malandrini, appena poterono, si rifugiarono nel dormitorio, posto dove ormai si discutevano faccende Top Secret.
“Bene!” esclamò James battendo le mani. “Dobbiamo trovare un modo per aiutare il lupastro” continuò sorridendo.
“E il lupastro dice che questa idea è folle!” si adirò Remus.
“Chi è con me?” chiese James, alzando subito la mano seguito da tutti quanti tranne da Remus.
“Ragazzi per Merlino! Cercate di ragionare! Se volete davvero stare con me durante le notti di Luna Piena rischierete grosso! Non solo potrei mordervi facendovi diventare Lupi Mannari per tutta la vita, ma potrei anche uccidervi! Io non sono in me, sarei capace di attaccare persino voi! Per il Lupo basta che siate carne umana, e gli andrete benissimo!” esclamò Remus quasi sull’orlo dell’esasperazione.
“Ci deve essere un modo per non rischiare di diventare Lupi Mannari o essere visti come carne da macello” pensò a alta voce Sirius.
“Il fatto è che noi siamo umani, Sirius, già il fatto di cosa siamo ci dà problemi” disse Peter un po’ mogio.
“Ma io ho trovato un modo!” annunciò Harry sorridendo. Quattro sguardi si voltarono di scatto verso di lui, tre felici e increduli, e uno sempre incredulo ma per niente felice.
“Pure tu Harry! E ti reputavo addirittura più intelligente! Neanche tu capisci che è pericoloso?! Ma perché ho come amici certe teste calde!”
“Su spara il rospo Harry”  lo esortò James ignorando Remus
“Appena ho scoperto che Remus era un Lupo Mannaro, ho cercato subito se c’era un modo per aiutarlo. Mi stavo esasperando dopo aver cercato su libri e libri, ma poi durante una lezione di Trasfigurazione mi è balzata in mente un’idea” Harry raccontò questa storia che non aveva niente di vero. Lui sapeva da anni come doveva essere aiutato Remus e quindi non si era di certo messo cercare su libri e libri.
Gli altri lo ascoltavano attentamente, Remus in particolare pregava che quello che stava per dire Harry si sarebbe rivelata una incredibile cretinata.
Gli faceva piacere che i suoi amici volevano aiutarlo, MA DAVVERO non era proprio necessario. Non voleva essere colpevole delle loro ferite, o addirittura della loro morte. Già era tanto che lo avevano accettato.
“Dovete sapere, che in ogni maledetto testo di cui si parla di Lupi Mannari, si specifica che il morso è letale solo per gli umani, e non per gli animali. Un Lupo attacca un umano per pura sete di sangue, ma non attacca un animale che non si mostra un pericolo, o come una preda succulenta. Quindi, ho pensato… e se diventassimo animali? Se diventassimo anche… amici del Lupo? Tutte le Lune Piene potremmo restare accanto alle versione lupesca di Rem” continuò sorridendo.
“E come diventiamo animali?” chiese Peter ottusamente, aggrottando le sopracciglia. James e Sirius guardavano il vuoto, con un sorriso eccitato che gli si disegnava in volto. Remus, invece, al contrario di tutti, lo guardava orripilato.
“La McGranitt è un Animagus” disse Sirius voltandosi verso James.
“ E quindi dobbiamo diventare Animagi!” lo incalzò James, poi si voltarono entrambi verso di lui.
“Sei un genio, un genio Harry! È assolutamente un’idea fantastica!” esclamò James euforico.
“NON  VI PERMETTETE DI FARE UNA COSA DEL GENERE!” urlò Remus facendo trasalire tutti , poi respirò profondamente per darsi una calmata. Non funzionò granchè.
“Ma perché? Capisci che vogliamo solo aiutarti?!” chiese Sirius contrariato.
“Non potete farlo! Siete minorenni e non si può diventare Animagi se lo si è! E questo non è contro le regole, ma è contro alla legge!  Inoltre dovete essere registrati e quindi questa è un’idea completamente irrealizzabile!” rispose Remus, almeno non aveva urlato, pensò quest’ultimo.
“Ma io non ho certo detto che lo faremo legalmente!” esclamò Harry trattenendo un ghigno.
Remus sbiancò
“Tu sei diventato il mio idolo” sussurrò James a Harry.
“ MA CHE MORGANA STAI DICENDO?! IMPAZZITO IMPAZZITO! COMPLETAMENTE ANDATO! SAPETE COSA SUCCEDE SE VI SCOPRONO? AD AZKABAN FINITE, AD AZKABAN!” urlò Remus perdendo le staffe.
Branco di imbecilli! Stupidi altruisti incoscienti! Come poteva anche solo passare nelle loro teste di fare una cosa del genere?
 Di fronte a questa affermazione gli sguardi di Sirius e  James ghignarono.
“In fondo lo sai, Remus. A noi piace il rischio” replicò Sirius osservando attentamente Lupin. Era strano vederlo così, di solito era sempre calmo.
Il Lupo Mannaro abbassò lo sguardo, poi lo rialzò. Aveva un’espressione un po’ più pacata ma determinata. 
“Io non voglio che rischiate cose del genere per me, ragazzi. Smettetela di fare gli stupidi. Qui non si rischia una semplice punizione, dei punti tolti o delle sgridate dai genitori, qui si rischia l’incarcerazione nella prigione peggiore della Gran Bretagna” disse cercando di farli ragionare.
“Noi siamo tuoi amici Remus, e vogliamo aiutarti. È questo che fanno gli amici, no?” chiese Peter flebilmente, stupendo tutti. James gli diede una pacca sulla spalla.
“Ben detto, amico” disse rivolto al paffutello che arrossì.
“Gli amici aiutano ma solo quando non rischiano di essere uccisi!” esclamò Remus passandosi la mano fra i capelli in un gesto di frustrazione.
“I veri amici si aiutano sempre! Anche quando si rischia grosso!” ribattè Sirius facendo un passo avanti.
“Ma io non voglio che rischiate grosso! Non voglio essere aiutato, non aiutatemi! Non vi ho chiesto un bel niente! Perché cavolo dovete mettervi in mezzo?! A me va benissimo come sto adesso! Facendo questa stupidaggine non farete altro che farmi preoccupare di più! Io non mi perdonerei mai se vi uccidessi, se vi ferissi! MAI! MAI!” Remus alzò il tono alle ultime parole, dando maggior enfasi.
“Allora sarò lo stesso felice, perché l’ho fatto per una buona ragione! Per aver aiutato un mio amico! Ma nessuno ha detto che rimarremo uccisi! Non è detto che vada a finire male! Pensaci bene Rem! Se non ci scoprissero? Se dopotutto, alla fine, andasse tutto bene? Non hai pensato a questa possibilità?! “ domandò James scaldandosi.
“Ma vuoi smetterla di essere così dannatamente ottimista, per favore!? Con la tua dannata positività rischi sempre di oscurare la realtà! Quante possibilità ci sono su 100 che non succeda?! Quante?! Per non parlare della trasformazione per diventare Animagi! Anche qui rischiate! Rischiate di restare con una parte di animale per sempre, di subire conseguenze orribili! Vi rendete conto?! Volete rendervi conto, che purtroppo, non siete capaci di tutto?!” quasi urlò Remus.
“E tu vuoi sperare una volta per tutte?! Se vedi sempre il lato negativo ci credo che dici così!” esclamò James “Se non speri non ti impegni, e se non ti impegni non combini un bel niente! Se non ci speriamo, se non iniziamo a guardare un’altra possibilità di come potrebbe andare, ci abbattiamo fin dall’inizio! Si deve provare e provare, e non c’è niente di cui non si è capaci, si potrebbe riuscire a fare qualsiasi cosa se ci mettessimo d’impegno!” continuò, e ci credeva fermamente a quel che stava dicendo. Glielo avevano insegnato fin da piccolo.
“Per Circe Remus, lasciati aiutare!” insisté Sirius cercando di fargli cambiare idea anche lui.
“Rischiate troppo, troppo, troppo. E io non posso permettervelo”
“Noi ti aiuteremo, e non puoi fare niente per smuoverci” intervenne Harry, dopo aver ascoltato tutto il litigio in silenzio. Remus li guardò uno a uno, ma nessuno cambiò espressione di una virgola.
Scosse la testa.
“Io vi sono grato, ma la mia gratitudine passa in secondo piano in questo momento. Mi importa molto di più che siate al sicuro” disse Remus, uscendo dalla stanza e trattenendosi dallo sbattere la porta.
Perché non capivano? Non capivano che se gli fosse successo qualcosa, lui si sarebbe dato la colpa per tutta la vita? Poteva andare male, rischiavano troppo. Perché dovevano essere così coraggiosi e incuranti del pericolo? Perché dovevano essere così altruisti? Perché volevano per forza aiutarlo? Perché si dovevano comportare così… da migliori amici?
 
 
Angolo Autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo! Mezza Hogwarts crede Remus abbia un coniglio violento e James inizia a corteggiare Lily, naturalmente solo per la scommessa (Siamo proprio sicuri?). I Malandrini hanno deciso di provare a diventare Animagi, ma Remus non è per niente d’accordo. Questo porta a una bella litigata, poiché il nostro lupastro non vuole metterli in pericolo solo per aiutarlo.
Remus è un po’ diviso, poiché da una parte è felice e grato che gli amici vogliano aiutarlo, dall’altro è troppo preoccupato per loro. La seconda parte vince, e quindi cerca di farli ragionare. Ma son teste dure! Non ci sta niente da fare!
James e Sirius hanno attaccato briga con Piton (lo so, hanno ‘deciso’ di non esagerare, ma non cambiano da un momento all’altro, ogni tanto scappa qualcosa) ed Harry, naturalmente, li riprende e gli dà degli imbecilli.
Spero che il litigio tra i Malandrini vi sia… piaciuto? Non può piacervi un litigio, intendo come l’ho scritto. Ad esempio Remus, l’ho fatto almeno un po’ comportare come farebbe il vero Remus? Secondo voi è un po’ OOC?
Vi prego recensite, io vi saluto e al prossimo capitolo!
 
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 19
*** Il Duellante di Ferro ***


Il Duellante di Ferro


Harry uscì dal dormitorio nel buio della notte, avvolto nel Mantello dell’Invisibilità. Si sentiva quasi emozionato, era la prima volta che usciva di notte col mantello senza i Malandrini ad accompagnarlo. Invece ora stava uscendo, da solo, col Mantello dell’Invisibilità rubat- No, preso in prestito. Anche se James non lo sapeva, ma questi erano futili dettagli. Gliel’avrebbe restituito, e suo padre non si sarebbe accorto di niente. Una persona che ruba non restituisce, quindi non lo aveva rubato.
Un ragionamento perfettamente logico.
Harry camminò per i corridoi, ricordando le passeggiatine notturne che faceva al primo anno, e il fatto che ora fosse teoricamente un undicenne, lo faceva immergere ancora di più nella nostalgia. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo (o avanti?). Giunse al settimo piano, sua meta fin da quando era uscito dal dormitorio.
Si mise a camminare avanti e indietro di fronte all’arazzo di ‘Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll’.
Mi serve un posto dove imparare magie avanzate, mi serve un posto dove imparare magie avanzate, mi serve un posto dove imparare magie avanzate” pensò intensamente Harry
Alla terza camminata, comparve una porta dal nulla. Harry sorrise, e con cautela, guardando nei dintorni , l’apri e si infilò dentro la Stanza in un attimo, chiudendola dietro di sé.
Si tolse il mantello e si guardò in giro. La stanza era piuttosto simile a quella che usava per l’Esercito di Silente, ma c’erano alcune differenze.
Era un po’ più grande, e c’erano molti più libri. Harry suppose che era così perché aveva chiesto magia avanzata in generale, quindi probabilmente c’erano libri di Trasfigurazione, Difesa Contro le Arti Oscure, Pozioni, Incantesimi e altro. C’erano dei manichini in metallo  in un angolo della stanza, poi da un lato c’era un tavolo con un armadietto.
Harry si avvicinò curioso e lo aprì. Guardò l’interno stupito e riluttante:  su delle mensole erano posti numerosi ingredienti e boccette, mentre sotto a tutto, dove c’era molto più spazio, c’era un calderone.
Harry fece una smorfia.
Insomma… devo proprio?” pensò sconsolato. Lo chiuse, non era sicuro che si sarebbe esercitato in Pozioni.
Anzi, non si sarebbe esercitato, assolutamente.
“Bene” sospirò Harry, parlando fra sé e sé “Dove comincio?” si chiese guardandosi intorno.
 
Harry si avvicinò a una libreria, decidendo che doveva iniziare proprio dai libri.
Fatture per Affatturati… Difendersi con gli Incantesimi… Come Gabbare le Arti Oscure… L’Arma della Trasfigurazione… Potenti Incantesimi... Sciogliere Maledizioni e Malefici… Le Pozioni più utili… Segreti e Strategie di un Buon Duellante…
Harry prese interessato l’ultimo libro e pensando di aver bisogno di un posto dove leggerlo, comparve una poltrona.
Sulla prima pagina del capitolo 1 c’era scritto:

Regole FONDAMENTALI  di un duello:
1)    MAI abbassare la guardia
2)    Non sottovalutare l’avversario, potrebbe essere fatale.
3)    In ogni duello ci si deve mettere d’impegno, anche se appunto, l’avversario vi sembrerà al di sotto dei vostri standard
4)     In un vero duello tutte le magie sono concesse.
5)     Un vero duello si vince non solo con la magia, ma anche con strategia, astuzia e intelligenza.

 
Lesse almeno due capitoli e apprese vari incantesimi e strategie. Tra le strategie più usate, a detta dell’autore, era l’effetto sorpresa. Un esempio era far credere al tuo avversario che ti stai indebolendo, e se quello farà la sciocchezza di abbassare la guardia (magari per deriderti o robe simili) tu approfitterai della cosa dando un attacco finale.
L’autore sottolineava anche di non esporre nessuna parte del corpo al pericolo, e neanche di essere troppo sicuri di sé. Perché poi troppa sicurezza sfocia in arroganza, e l’arroganza tende a sottovalutare chiunque. Ti induce a credere che nessuno sia al tuo livello, portandoti ad abbassare la guardia.
 
Harry lesse anche altri libri, soprattutto di Difesa, ma anche di Trasfigurazione e Incantesimi. Si esercitò almeno per un'oretta e mezza. C’erano magie che non aveva mai imparato, forse perché non erano nel programma scolastico, o forse perché venivano insegnate al settimo anno. Remus e Hermione sarebbero fieri di lui, mentre Ron e gli altri Malandrini gli direbbero di salvarsi dai libri, prima di essere affetto da Libro-mania.
Sbadigliò e si chiese che ore fossero. Pensò a un orologio, e immediatamente ne apparve uno sulla parete.
Erano le due meno venti.
Harry si alzò, stiracchiandosi e decidendo che era arrivato il momento della vera azione. Gli passò per la mente di fare un duello, ma il problema è che non aveva nessun avversario.
Sospirò frustato, aveva assolutamente bisogno di un avversario. Doveva fare pratica, imparare gli incantesimi era una cosa, ma usarli in un duello era un’altra.
Si sentì un rumore dal fondo della stanza.
Harry si voltò di scatto e strabuzzò gli occhi. E da quando i manichini camminavano?!
Un manichino di ferro, dotato di gambe e braccia, con una specie di elmo a fargli da testa, avanzava verso di lui. Harry estrasse immediatamente la bacchetta, in allerta. Poi il manichino si fermò di fronte a lui, immobile. Harry notò agitato che aveva una bacchetta nella mano destra.
“Ehm… salve?” lo salutò incerto Harry, con ancora la bacchetta puntata verso il manichino. Seguì il silenzio.
Harry si allontanò cautamente, con la bacchetta impugnata. Poi i suoi occhi colsero una scritta sulla ‘fronte’ del manichino: ‘Duellante di Ferro’.
Harry bloccò la sua retrocessione, sorpreso. La Stanza gli aveva offerto un… duellante-manichino?!
Questo… questo era assurdo! Davvero la Stanza aveva cose del genere?!
Quindi doveva duellare con quel coso. Ma... se si fosse rivelato oscuro e pericoloso?
Harry guardò indeciso il manichino, poi decise di fidarsi della Stanza.
“E vabbene, duelliamo” acconsentì. Comparve dal nulla una pedana, facendo sobbalzare Harry. Il corvino ci salì sopra, e il manichino salì dall’altra parte, mettendosi di fronte a lui.
Non assunse una posizione d’attacco, ma camminò verso il centro della pedana. Harry lo guardò un attimo confuso, per poi capire che cosa voleva fare.
Si inchinarono e ritornarono alle loro posizioni, mettendosi in posizione d’attacco. Il manichino attaccò per primo. Harry vide dirigersi verso di lui un incantesimo, forse era uno schiantesimo. Lo schivò e contraccambiò con una fattura.
Ben presto Harry capì che il manichino era assai abile. I suoi incantesimi erano tutti non-verbali e scagliava potenti fatture e contro-fatture. Harry sapeva fare degli incantesimi non verbali, ma non per tutto il duello. Di istinto gli scappava sempre la formula.
Il manichino fece comparire dal nulla delle palline e le spedì verso di lui a una velocità impressionante. Harry le guardò agitato e le immobilizzò e le trasfigurò in boccini, spedendoli verso l’avversario, ma quello li fece scomparire.
 
Duellavano da tre minuti, ed Harry sentiva sempre più vicina la sconfitta. Tutte le sue fatture venivano schivate e parate. Harry pensò velocemente mentre continuava a scagliare fatture affaticato.
“Fastronum!” esclamò Harry, e esplose un breve suono fortissimo, che stordì il manichino. Harry approfittò dello stordimento per far comparire delle piante dal suolo, che presero ad avvolgere le gambe dell’avversario, ma vennero in poco tempo fatte scomparire.
Il manichino spedì verso di lui degli uccellini di carta, ed Harry fece fatica a schivarli tutti. Erano stati troppo veloci, non gli avevano dato neanche il tempo di fare qualche magia per fermarli. Ma mentre cercava di non farsi colpire da quello stormo, si ritrovò schiantato e la sua bacchetta cadde. Harry alzò la testa e notò che la bacchetta era stata appellata dal manichino.
Si alzò un po’ dolorante per la botta, e si diresse verso il manichino che gli porse la bacchetta. La prese rabbiosamente.
Si era fatto sconfiggere da un manichino.
Il suo orgoglio ne risentì a quel pensiero. E con la guerra? Come avrebbe dovuto fare? Doveva saper duellare bene, doveva combattere. Non doveva essere un principiante.
Il manichino era abile.
Come certi maghi, e questi maghi ci saranno anche nelle schiere di Voldemort” pensò amaramente.
 
Le sorti della guerra erano nelle sue mani.
Non poteva essere inesperto.
Dove allenarsi e dove ampliare la sua conoscenza. Doveva diventare un ottimo duellante. Ma come capire quando lo si riesce a diventare?
Ed Harry era sicuro, quasi glielo dicesse la stessa Stanza, che per capire- quando sarebbe arrivato il momento- se era riuscito nel suo intento, doveva sconfiggere quel dannato manichino.
                                                                            
  *

La mattina dopo Harry fece una gran fatica ad alzarsi dal suo amato letto.
Sbadigliò assonnato e guardò con occhi stanchi la stanza. Peter ronfava, James dormiva in posizione obliqua e Sirius era voltato su un fianco. Il letto di Remus era vuoto e ordinato.
Toccava a lui svegliarli.
Prese a scuotere Peter, il più facile da svegliare. Era da tre giorni che era così. Remus li evitava e non parlava con loro, fermo sulla sua idea che stessero facendo una gran stronzata. Naturalmente tutti avevano notato questo distacco fra i Malandrini, di solito sempre insieme. Il fatto poi che erano stati visti in biblioteca, aveva attirato ancora di più  le occhiate degli studenti. Si, perché Harry era stato già visto un bel po’ di volte, Peter ogni tanto, ma James e Sirius MAI. Tantomeno erano stati visti a leggere numerosi libri.
Ma le ricerche erano a un punto morto. Avevano trovato qualcosina nei libri, ma da nessuna parte c’era scritto come diventare Animagi. Non c’era nessun testo in biblioteca che andasse a fondo nell’argomento.
Ma comunque non si arrendevano, non ne avevano nessuna intenzione. Harry sapeva che c’era scritto da qualche parte (altrimenti i Malandrini come avevano fatto nella linea temporale originaria?) e cercava e cercava ancora. Forse sarebbe diventato più facile se ci fosse stato anche Remus, poiché conosceva la biblioteca come le sue tasche.
Ma Remus non c’era, e benché avessero cercato di parlargli- sia per ritornare a parlare con loro, sia per aiutarli- non ci erano riusciti.
James e Sirius si stavano spazientendo, e il suo padrino aveva borbottato che prima o poi lo avrebbero rapito, costringendolo ad ascoltare quel che volevano dirgli.
 E non stava scherzando!
“Ok ragazzi, dobbiamo rapirlo” proclamò Sirius con uno sguardo serio, tutti e tre lo guardarono confusi.
“Veramente stai facendo?” chiese Harry incredulo.
“Certo! Quando mai scherzo?!” sbottò Sirius alzando un sopracciglio.
“Sempre” borbottò Peter alzando gli occhi al cielo.
“Allora, Remus di solito, va in biblioteca prima di cena. Quando giunge l’ora di mangiare, si alza e fa la strada principale, e non la scorciatoia” prese a spiegare Sirius senza che nessuno glielo chiedesse.
“E come fai a saperlo?” chiese James vagamente scettico.
“Siamo stati suoi amici per quasi 6 mesi, idiota!” rispose Sirius irritato per l’interruzione “Quindi, ho pensato di nasconderci in una delle aule del corridoio, e acchiapparlo proprio mentre passa davanti alla porta. Poi dobbiamo chiudere a chiave la porta, e se in caso si dimeni, dobbiamo tenerlo fermo. Ah, naturalmente dopo qualcuno deve parlargli.”
“E che dobbiamo dirgli?” chiese James un po’ agitato
“Come cosa dobbiamo dirgli?! Hai passato gli ultimi giorni a ripetere che dobbiamo parlargli e non sai che dirgli?” Sirius guardò James incredulo e irritato, con gli occhi spalancati.
“Anche tu l’hai detto!” replicò James sulla difensiva, mettendo le mani di fronte a sé.
Sirius sbuffò.
“Possiamo dirgli che anche se fa così noi continueremo comunque, quindi tanto vale che ci aiuta” disse Harry pensieroso, aggiustandosi gli occhiali storti.
“Ben detto!” esclamò James dandogli una pacca sulla spalla.
“Perfettamente perfetto! Non ci sono sdolcinerie e né rischieremo di prenderci il diabete!” disse Sirius ghignando.
“A voi non sembra un po’ un… ricatto?” chiese Peter incerto, guardandoli con i suoi occhi acquosi.
“Ma no!” rispose Sirius scuotendo la testa.
 
Erano le 19:30 quando Remus, ignaro di ciò che gli stava per succedere, uscì dalla biblioteca con uno sguardo malinconico. Passò vicino a un’aula in disuso, e la porta si spalancò. Remus ebbe appena il tempo di sobbalzare prima di venirci trascinato letteralmente dentro.
“Ma cos…?” riuscì a biascicare Remus, contro la mano che aveva sulla bocca, mentre cercava la bacchetta.
Quando però fu lasciato, restò sorpreso da chi fossero i rapitori.
“Voi?” sbottò incredulo abbassando immediatamente la bacchetta mentre Harry chiudeva la porta a chiave.
“Aspetta ma cosa vuoi fare?!” chiese voltandosi di colpo verso il corvino, avendo sentito lo scatto della serratura.
“Chiudere a chiave la porta” rispose tranquillamente Harry, guardandolo come se fosse normale tutto ciò. Remus rialzò la bacchetta.
“Andiamo Remus, non vogliamo farti niente” sbuffò Sirius alzando gli occhi al cielo.
“Vogliamo solo parlarti” sussurrò Peter quasi supplichevole.
“E dovevate trascinarmi in un’aula per farlo?!” sbottò Remus alzando un sopracciglio.
“Certo, è difficile parlare con una persona quando questa ti evita” disse James quasi a sfidarlo.
“Io non lo sto facendo!” esclamò Remus dopo un attimo di tentennamento, abbassando la bacchetta.
“Ma no, assolutamente no” borbottò Sirius sarcastico.
“Allora, vogliamo mettere una cosa in chiaro” intervenne James con sguardo deciso e categorico “Facendo in questo modo non cambierai un bel niente. Cercheremo di diventare Animagi lo stesso, quindi tanto vale che ci aiuti . Non vogliamo perderti come amico” continuò. Quest’ultimo deglutì, poi sospirò.
“Stupide teste dure…” disse scuotendo la testa. Ci aveva pensato molto in quei giorni, a tutti i pro e contro che comportava questa pazzia.
“potreste farvi mal-“ James spazientito gli mise le mani sulle spalle, scuotendolo leggermente.
Andrà tutto bene” disse lentamente, con uno sguardo talmente pieno di speranza e sicurezza che Remus si sentì travolto da esse.
Sì, forse sarebbe andato tutto bene.
“Ma perché riuscite a convincermi sempre?!” borbottò esasperato Remus, facendo ridacchiare gli altri.
                                                                   
 *

Degli occhi grigi guardarono sconsolati il calendario, appeso sopra la scrivania.
Era il primo marzo.
Doveva aspettare altri tre lunghissimi mesi per rivedere Sirius, e cinque lunghissimi mesi per andare a Hogwarts.
Regulus aveva fatto varie fantasticherie su Hogwarts. Sapeva che era bellissima, glielo aveva detto Sirius, ma non aveva voluto scendere nei dettagli- per non rovinargli la sorpresa, aveva detto-  con gran disappunto di Regulus.
Si era chiesto, come tanti ragazzini prima di Hogwarts, in quale Casa sarebbe stato smistato. Se glielo avessero chiesto mesi fa, probabilmente avrebbe risposto senza esitazioni ‘Serpeverde’. Ma ora non era tanto sicuro.
Forse… forse tra le quattro Case, Serpeverde era la più adatta a lui. Era un Black, faceva parte di una dinastia Serpeverde da generazione.
Ma anche Sirius è un Black, ma non è di certo finito a Serpeverde.
Oh, beh, ma è ovvio” disse una vocina nella sua testa, in modo saputello “Ce lo vedresti mai Sir in un covo di serpi? È troppo… impulsivo e coraggioso. Per di più non ha molto spirito di conservazione” continuò la vocina “Al contrario tu sarai sicuramente un Serpeverde. Sei codardo e furbo. Sì, un Serpeverde come un vero Black” continuò maligna.
Regulus spalancò gli occhi.
No, no, no. Non voleva essere un Serpeverde. Sirius era un Grifondoro, e magari vedendolo andare a Serpeverde avrebbe pensato che era un vero Black, convinto che i Babbani fossero feccia e allora non gli avrebbe parlato più.
No, no,no.
Inoltre la faida tra le Case avrebbe peggiorato addirittura le cose.
Non voleva essere un Serpeverde, tantomeno un vero Black.
Aveva sempre sbandierato la sua famiglia con fierezza, era incredibile che ora la trovava una vergogna.
Sospirò.
A conti fatti Serpeverde era la sua Casa, e poco importava se non voleva esserlo. Dopotutto lo smistavano in base a ciò che era, non di certo per le sue scelte.
Immerso nei suoi pensieri, sobbalzò quando sentì un bussare alla porta
“La cena è pronta, padroncino Regulus” disse la voce gracchiante di Kreacher.
Il secondogenito dei Black si alzò dal letto, sistemandosi i vestiti.
“Vengo” rispose.
 
Scese le scale lentamente, poi andò verso la Sala da Pranzo, occupata da un tavolo troppo lungo per sole tre persone. Sua padre era seduto a capotavola, mentre sua madre era dalla parte opposta. Regulus si sedeva nel mezzo.
Non aveva mai capito perché si doveva mettere tutta quella distanza fra loro, dopotutto sua madre poteva benissimo mettersi alla sinistra di suo padre, mentre lui poteva mettersi di fronte a lei.
Presero a magiare, dopo un ‘Buon appetito’ generale. Il pasto era squisito come sempre, costatò Regulus. Per un po’ si sentì solo un tintinnio delle posate, poi sua madre prese a parlare.
I suoi genitori parlavano delle notizie della Gazzetta, a proposito di uomini che attaccavano i Babbani e mezzosangue, e anche qualcuno del Ministero.
“A mio modesto parere, c’è qualcuno che li comanda. Che gli dice che fare” disse Orion, con la solita voce composta priva di emozioni.
“Senza dubbio, Orion. E colui o colei che lo fa deve avere le idee chiare. Ha puntato ad attaccare la feccia e babbanofili, per non parlare dei Crouch,  da sempre oppositori alle Arti Oscure. Comunque, trovo che fa più che bene, dopotutto se lo meritano” disse Walburga, fredda e sprezzante.
“Può essere che sia qualche folle, che vuole divertirsi senza curarsi del Ministero. Probabilmente a breve lo cattureranno”
“Io ho invece la sensazione che sta iniziando qualcosa di grande” rispose Walburga con un piccolo ghigno, poi fece elegantemente spallucce “E poi, che venga catturato o no a noi non ci riguarda. Ma se rimanesse in libertà ne sarei più soddisfatta, dopotutto è divertente leggere le notizie di uccisioni di famiglie Babbane” continuò.
“Tu cosa ne dici, Regulus?” chiese Orion, rivolgendosi d’un tratto al figlio. Quest’ultimo riuscì a non spalancare gli occhi impanicato solo perché fortunatamente sapeva nascondere perfettamente le sue emozioni.
Ma dentro era tutt’altra cosa.
Cosa doveva dire? Doveva rispondere che avevano ragione? O opporsi e rischiare grosso? Doveva dimostrare che non era d’accordo o no?
No, con ce l’avrebbe fatta. Lui non aveva questo coraggio, non aveva la forza
Ma no, Reg! Tu ce l’hai eccome, ti basta solo un po’ di grinta.” disse la Voce-Sirius, venuta spesso a fargli visita in quei tre mesi.
Il problema, era che in quel momento, Regulus la grinta non la trovava.
“Sono d’accordo con mia madre” mentì deglutendo, facendo una voce priva di emozione. Poi abbassò lo sguardo, rimproverandosi all’inverosimile. Sirius ne sarebbe stato deluso? Probabilmente.
“Chi è Regulus Black?” la domanda gli piombò in mente.
Un codardo” si rispose odiandosi.
 

Angolo Autrice
Inizio con lo scusarmi del mio piccolo ritardo. Ieri sono stata impegnata e non ho potuto completare il capitolo.
Harry ha iniziato a esercitarsi, andando nella Stanza delle Necessità a tarda notte. Il nostro eroe si sta mettendo d’impegno, tant’è che si è anche messo a leggere libri XD!
Ha duellato con un manichino animato (assurdo lo so, mi sono chiesta se una magia del genere era possibile, ma alla fine ho supposto di sì, dopotutto il Cappello Parlante è un esempio, no?) straordinatamente abile, e Harry rimane sconfitto (purtroppo non si vince sempre). Questo, oltre a fargli capire che deve migliorare ancora di più, lo colpisce anche un po’ nell’orgoglio, e inconsciamente prende il tutto un po’ come una sfida. I Malandrini hanno fatto pace, e senza tante sdolcinerie (“Non vi sembra un po’ un… ricatto?” cit. Peter). Remus alla fine cede e si arrende alla testardaggine dei suoi amici. Poi si conclude il tutto a Casa Black, dove veniamo a sapere un po’ i pensieri di Regulus, e la sua piccola paura. Non mi piace molto il dialogo tra Walburga e Orion, che essendo di alto rango hanno un linguaggio piuttosto… fine. Comunque, Walburga è senza dubbio sadica.
Regulus non è riuscito ad opporsi e ha dato ragione alla madre. Ci tengo a precisare (anche se con alte probabilità lo avete capito, ma lo specifico lo stesso) che Regulus non si sta facendo influenzare dalle idee Purosangue, e che quindi ha dato ragione alla madre solo perché non riusciva a trovare il coraggio per non farlo. Eh si, è ancora presto.
Io vi saluto e al prossimo capitolo!
P.S.  mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.  
 
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 20
*** Castello di Bugie ***


Castello di Bugie 

 Gli uccellini cinguettavano, il sole riscaldava i giardini di Hogwarts e un lieve venticello rinfrescava gli studenti.
Una giornata perfetta, insomma! Calcolando che ieri c’erano certi nuvoloni nel cielo, era abbastanza strana la cosa. Ma molti di loro avevano rinunciato a capire il clima di Marzo o delle Scozia in generale.
Resta il fatto, che cinque ragazzini non si stavano godendo quella giornata. Magari approfittando di qualche ora buca, o dei piccoli intervalli per uscire fuori.
Avevano attirato molte occhiate sconcertate e sospettose in quell’angolino della biblioteca, ma non ci avevano fatto molto caso:  riuscivano a malapena a captare le parole di uno dei tanti libri sul tavolo, figuriamoci rendersi conto delle occhiate di qualche studente curioso.
James, da sempre un po’ iperattivo, odiava stare seduto per troppo tempo. Si muoveva in continuazione, cambiando sempre posizione senza neanche accorgersene. I suoi occhi nocciola, annoiati, leggevano disinteressati una pagina del libro “Trasfigurazione: Cambiare Sé Stessi”. Era tutto così… noioso. Lui odiava annoiarsi, e il fatto che ci fosse troppo silenzio non faceva che aumentare la noia.

Questa Biblioteca è inutile, inutile! Non si trova un Boccino! Ma perché non c’è un maledetto libro su come diventare Animagi?!” pensò esasperato.

Quando lesse per l’ennesima volta il paragrafo sugli Animagi, che aveva letto milioni di volte poiché scritto più o meno uguale in ogni santo libro, chiuse di scatto il tomo facendo più rumore possibile.
Sirius sobbalzò, Peter alzò di scatto la testa da una pagina, Harry fu svegliato dal suo stato di trance- in cui guardava senza vedere veramente la pagina di un libro, con una faccia assonnata- e Remus chiuse anche il suo libro sospirando.
“Non c’è niente” si lamentò James con una faccia avvilita.
“Non possiamo fare una piccola pausa? Magari per riacquistare le nostre energie vitali?” chiese Sirius, mettendosi con distratta eleganza un ciuffo dei suoi capelli dietro l’orecchio.
“Io credo che in questa settimana abbiamo letto più libri di Trasfigurazione avanzata di quanti ne abbiano letti quelli del settimo anno” disse Peter guardando il libro che stava leggendo quasi fosse un suo nemico.
“Ci deve stare da qualche parte, è impossibile che non ci sia” biascicò Harry, stropicciandosi gli occhi trattenendo uno sbadiglio.
“Ma dormi la notte?” chiese Remus guardandolo, alzando un sopracciglio
Harry avrebbe tanto voluto rispondere che no, non dormiva.
“Si, Rem, dormo. È la decima volta che lo chiedi” mentì invece, spazientito.
“E allora si può sapere perché sembri uno che non dorme abbastanza da giorni?” chiese James scettico.
Era da più di una settimana che Harry era così. Aveva delle lievi occhiaie e nei momenti di nullafacenza i suoi occhi si socchiudevano, trattenendosi dal dormire . I Malandrini iniziavano a preoccuparsi, ma non volevano che il compagno si sentisse forzato a confessare. Avevano aspettato che dicesse il perché oppure che raccontasse loro cosa gli aveva causato quelle ombre che ogni tanto facevano capolino nei suoi occhi.
Oh si, perché nessuno di loro si era dimenticato ciò che avevano visto in quelle poche occasioni.
Dall’altra parte, Harry iniziava a capire che non poteva andare ogni notte nella Stanza delle Necessità. Primo perché era troppo rischioso, secondo perché aveva bisogno di dormire. Aveva in mente di fare un programma, fissando i giorni in cui ci sarebbe andato e quelli no.
Si malediva per non essere nato notturno.
“Facciamo una pausa” proclamò infine Harry, ignorando la domanda di James. Si alzò e mise apposto tutti i libri, quasi ne avesse bisogno.
Ma gli altri continuavano a guardarlo in attesa. Sospirò stanco
“Davvero ragazzi, non è niente.” Disse alzando gli occhi al cielo. Notando che quelli non fecero una piega, decise che doveva dare una piccola spiegazione. Avrebbe mentito un’altra volta, ancora e ancora. Per quanto tempo avrebbe dovuto farlo?
Se solo sapessero…  
Forse la verità avrebbe reso tutto più facile. Ma non poteva.
Era una verità troppo grande, talmente grande che forse loro, a quell’età, non ne avrebbero capito l’importanza.
Era in quei momenti che la mancanza di Ron, Hermione o Ginny gli attanagliava lo stomaco. In quei momenti aveva bisogno di loro, per sfogarsi, per avere consigli.
Ma non c’erano, e per quanto i Malandrini fossero ottimi, più che ottimi amici, non poteva farlo con loro. Semplicemente perché era tutto diverso, tutto troppo complicato. C’erano di mezzo troppe cose.
Gli occhi attenti di Remus notarono la postura di Harry curvarsi impercettibilmente, quasi portasse un peso. Fu un attimo, perché poi tornò subito dritta, riprendendo il controllo.
“Faccio qualche incubo la notte. Niente di importante” mentì Harry, muovendo la mano quasi come a scacciare una mosca. Tutti aggrottarono le sopracciglia.
“Che incubi?” chiese Sirius, Harry scosse la testa
“Non… ne voglio parlare” rispose guardando interessato il pavimento, quasi fosse diventato un’opera d’arte.
Si sentiva uno schifo.
Un viscido bugiardo. Non si meritava la loro preoccupazione né la loro pura amicizia. Si era costruito attorno un castello di bugie e loro neanche se ne accorgevano.
“ok…” sussurrò Sirius abbassando lo sguardo. Fu uno sforzo immane per lui non insistere.
L’affermazione fu seguita da un lungo istante di tensione
James si alzò, seguito poco dopo dagli altri. Diede una pacca sulla spalla di Harry, stringendola leggermente.
“Quando… quando sarai pronto ce li vuoi raccontare? Noi siamo sempre qui, per qualsiasi cosa” sussurrò studiandolo. Harry fece un piccolo sorriso, mentre ricostruiva al meglio la propria maschera.
“Anche se ci dici che questi incubi consistono nella McGranitt che ti rincorre per la scuola con un coltello. Ti capiremo, non penseremo che tu sia pazzo” scherzò Sirius sorridendo.
“Dopotutto ognuno ha le sue paure” disse James facendo spallucce, stando al gioco. Harry fece un sorriso divertito, mentre Remus scosse la testa.
Sempre i soliti.
Poi gettò un’occhiata di sottecchi a Harry. Il suo istinto gli diceva che non la raccontava giusta. E il suo istinto, raramente sbagliava.
                                                               
  *

“Buongiorno piccolo Giglio!” esclamò James sorridendo, avvicinandosi alla rossa.
Lily alzò gli occhi al cielo.
“Buongiorno Potter-idiota. E non chiamarmi ‘piccolo Giglio’ “rispose, spalmandosi la marmellata alle fragole su una fetta biscottata. Anche se ormai si stava arrendendo a dirglielo ogni volta. Ogni mattina lo diceva, e ogni mattina Potter lo ignorava.
Con suo grande orrore, Potter si sedette accanto a lei. Guardò disperata le sue tre amiche, poi tornò su Potter.

Potter-idiota = Malandrini

Poi scorse Harry che le sorrise.
La sua unica salvezza.
“Harry!” esclamò con un sorriso, poi spinse come se nulla fosse James lontano da lei facendolo quasi cadere per la sorpresa e facendogli rovesciare la piccola tazza di latte che aveva in mano.
James si ritrovò a un posto di distanza, con il latte sulla camicia.
“Evans per Merlino!” esclamò indignato e incredulo, guardando la camicia. Poi si voltò verso Lily irato.
Ma lei non fece una piega, anzi parlò con Harry.
“Mettiti qui, Harry. Presto!” esclamò battendo la mano sul posto della panca alla sua destra.
Harry si sedette confuso. Lily sospirò sollevata.
“Come stai?” chiese al suo amico sorridente, mentre Black e Lupin si sedevano affianco a Mary e Marlene- che erano di fronte a lei- e Minus affianco a Potter.
“Evans ti rendi conto che mi hai bagnato la camicia?!” esclamò James richiamando l’attenzione di Lily.
Lily fece un sorrisetto. Un sorrisetto che fece strabuzzare gli occhi a James.
Un… sorrisetto malandrino?!
Ma in che universo era?!
“Quindi? Almeno così impari a sederti vicino a me” rispose  per poi mordere la fetta biscottata con nonchalance.
James spalancò la bocca incredulo, mentre Sirius scoppiava a ridere.
“Mio dio! Non ci posso credere….” Esalò Sirius indicando James “La Evans… dio mio….” Guaì ricominciando a ridere. Gli altri non si trattennero più, e ben presto le loro risate attirarono un paio di sguardi.
James ghignò.
“Sai, Evans, mi piace molto questo tuo lato” disse con occhi furbi.
“Ti consiglio di non fare complimenti in questo stato, Potter. Sembri solo più ridicolo” rispose Lily alzando un sopracciglio.
James sbuffò.
“E mo che faccio?!” si lamentò toccandosi la camicia.
“Sei un mago, James” disse Remus.
“Davvero?!” chiese James ironico. “Peccato che non so fare incantesimi casalinghi!” esclamò.
Stette un attimo in silenzio, mentre gli altri riprendevano a parlare.
“Harry” James chiamò il suo clone, con guardo supplicante. Quest’ultimo si voltò verso di lui, interrompendosi mentre parlava con Lily.
“Si?”
“Vuoi pulire questa maledetta camicia?” chiese.
“E chi ti dice che lo so fare?” rispose Harry alzando un sopracciglio, per il puro gusto di divertirsi.
James sbuffò.
“Lo so che lo sai fare! Non fare il babbeo!” rispose piccato.
Harry aprì bocca nel momento stesso in cui i gufi entrarono in Sala Grande.
Un gufo bruno si posò di fronte a lui, tendendo la zampa col giornale, mentre nell’altra vi era un borsellino.
Harry pagò e prese il giornale.
“Harry!” lo richiamò  James, per poi essere completamente ignorato. Ma Harry teneva lo sguardo fisso sulla prima pagina, leggendo avidamente.
James continuò a chiamare, poi si rivolse a Remus, che spazientito, con un colpo di bacchetta ripulì la camicia.
Lily si sporse verso Harry per leggere anche lei
                                         
 
                                                                                        UN NUOVO MAGO OSCURO


Proprio ieri, i criminali che ormai iniziano a seminare panico nella comunità magica si sono fatti vivi. Si sono diretti verso la Casa Owen, dove vive Cecelia Campbell in Owen insieme a suo marito e i suoi figli. La Signora Owen è un membro del Wizegamot da 20 anni, ha partecipato esattamente a 38 processi. Purtroppo nessuno della famiglia è sfuggito all’attacco, sono stati tutti brutalmente uccisi.
La Gazzetta del Profeta dà le sue più sincere condoglianze a tutti i familiari di questa famiglia.
Ma uno di questi assassini è stato catturato dagli Auror, arrivati appena in tempo sul posto. Gli altri sono riusciti a fuggire, smaterializzandosi in un attimo.
“Lo abbiamo sottoposto a ore di interrogatorio, ma non si decideva a confessare” ci dice uno degli Auror “Ci ha detto solo che si chiamava Lucian Burke”
Ma il Ministero ha preso una decisione drastica: far ingerire il Veritaserum a Burke
Un gentile impiegato del Ministero, tale Napier Chandran ci ha rilasciato un’intervista:
“A questo punto non è bastato che fare le domande giuste per ottenere risposte veritiere. Il Signor Burke ci ha detto di essere un seguace di un Mago Oscuro, il suo Signore. Quando gli abbiamo chiesto il nome di questi, si è dimostrato assai riluttante a dirlo. Alla fine, ha detto che si faceva chiamare ‘Lord Voldemort’ e che non sapeva il suo vero nome. Non ci ha dato altre risposte, non sapeva l’identità degli altri seguaci, nessuno di loro la sapeva. Non c’è neanche un covo, poiché il luogo di ritrovo cambia ogni volta.” Ha detto l’impiegato

Ma qual è l’obbiettivo di questo Signore Oscuro, o per meglio dire, Lord Voldemort?

Il nostro inviato ha chiesto anche questo.
“Dalle parole del Signor Burke, pare che Lord Voldemort voglia, per così dire, ‘purificare’ la comunità magica. Come molti di voi sanno, alcuni maghi giudicano i Nati Babbani e Mezzosangue delle persone impure, che sporcano la comunità magica. Seconda la mia modesta opinione, tutto questo non ha molto senso, ma sembra che questo Signore Oscuro non la pensi così. Perciò, come detto, vuole eliminare chiunque non sia ‘puro’. Naturalmente non ci riuscirà, poiché sicuramente in poco tempo sarà sbattuto ad Azkaban” ha concluso fiducioso il Signor Chandran
Inoltre, ci informa che dopodomani ci sarò il processo di Lucian Burke.
Speriamo che questo nuovo Mago Oscuro faccia la stessa fine di Gellert Grindewald, attualmente in prigione.
      
 

Andare a pagina pag 4 per più informazioni su Cecelia Campbell in Owen 
                                                           Andare a pag 7 per più informazioni su Gellert Grindewald 
                                                          Andare a pag 10 per più informazioni su Lucian Burke
 
 
Harry  posò il giornale con sguardo cupo.
“Cosa dice?” chiese Remus interessato e preoccupato, Harry gli passò il giornale senza dire niente. Poi si voltò verso Lily, che se ne stava immobile a guardare il vuoto.
“Lils?” la chiamò Harry scrutandola, Lily si risvegliò scuotendo la testa.
“È un pazzo, arrivare addirittura a questo.” Mormorò.
“Ma è un idiota patentato!” esclamò d’un tratto James, una volta finito di leggere la prima pagina del giornale, passato da Remus.
“Io non capisco qual è la vera differenza, Harry. I Purosangue vengono da famiglie da generazioni maghi, ma cosa hanno in più? Non lo so, qualche altro potere?! Io non ci vedo nessuna differenza tra me e loro. Davvero si credono superiori solo per questo banale motivo?” chiese Lily scrutando Harry.
“Te lo dico io, Evans. Sono solo una banda di permalosi. Io sono Purosangue, e sinceramente non puoi invidiarmi niente in magia.”  Disse James inzuppando distrattamente la brioche nel latte.
Lily lo guardò un attimo.
“Grazie, Potter” sussurrò Lily. James si voltò di scatto incredulo, ma Lily diede un altro morso alla fetta biscottata, come se non avesse detto niente. L’occhialuto la osservò un attimo indeciso, non gli piaceva vederla così.
“Cosa ti prende oggi, Evans? Prima fai la birbantella e poi mi ringrazi? Sei sicura di stare bene? Oppure il mio fascino ti ha stregato?” chiese James ghignando.
“Certo che sto bene, Potter. Ma se vuoi posso anche affatturarti per  darne una prova. Ma poi, quale fascino?” rispose Lily piccata.
Presero a battibeccare e la tensione si sciolse.
Solo quando arrivò l’ora di alzarsi per andare ad Erbologia, Lily si accorse che Potter l’aveva  strappata dai suoi pensieri più cupi con una semplice e giocosa provocazione.
Poi scacciò quei pensieri. Per quanto gli fosse grata, lui rimaneva un arrogante pomposo.
Punto.
                                                                             *
 
“Ragazzi” disse James “È da troppo tempo che non facciamo un vero scherzo” continuò, buttandosi sulla poltrona.
“Perché quello di ieri cos’era?” chiese Peter confuso.
“Far rincorrere Mrs Purr da un topo gigantesco non è un vero scherzo, Pete” disse James eloquente, mentre gli altri si sedevano sui divani, approfittando del fatto che non fossero occupati dai ragazzi più grandi.
Sirius si mise all’erta, già pregustando l’idea di fare un vero scherzo.
Remus notò Peter aggrottare le sopracciglia perplesso
“Intende un grande scherzo, Peter. Come quello della biblioteca o di capodanno.” Spiegò pazientemente al suo compagno.
“Aah, ho capito. E che facciamo?” chiese curioso guardando con i suoi occhi acquosi James. La sua domanda fu seguita da un attimo di silenzio.
“Non lo so” rispose James facendosi pensieroso. Dopo un po’ in cui tutti si erano messi a spronare il cervello, Sirius si raddrizzò di scatto, guardando euforico Peter. Quattro paia di occhi saettarono verso di lui.
“Peter!” esclamò guardando quest’ultimo.
“Che c’è?!” rispose sorpreso l’altro.
“Certo, l’hai detto, l’hai detto, Peter! Merlino… come abbiamo fatto a dimenticarcelo… una cosa così geniale!”  esalò esaltato.
“Cosa ho detto?!” domandò Peter non capendoci niente, come anche gli altri del resto.
“Non mi ricordo quando, forse a Novembre, hai detto che il professor  Wittle aveva dei Folletti della Cornovaglia nel suo ufficio e hai proposto di liberarli in Sala Grande! E non l’abbiamo più fatto! Questo è un grande scherzo!” disse concitato Sirius.
“Davvero?!” chiese sorpreso Peter “Non me lo ricordo…” mormorò.
“Ah!” disse sorridendo “Ora lo ricordo!” continuò.
“Per Circe! Dobbiamo subito metterci in azione!” esclamò James alzandosi di scatto con un sorriso furbesco e malandrino.
“Frenate, frenate!” esclamò Remus spalancando le braccia, cercando di placare gli animi. 
“Non fare il guastafeste!” sbuffò Sirius.
“Andiamo, non sarebbe bello?” chiese Harry sorridendo. Sembrava essersi ripreso in quei giorni. I Malandrini avevano pensato che gli incubi fossero diminuiti, ma in verità Harry si era organizzato. Quattro giorni alla settimana (Lunedì, Mercoledì, Venerdì e Sabato) andava nella Stanza delle Necessità, restandoci dalla 22 alle 3 di notte.  Gli altri giorni si riposava. 
“Ci sono tantissimi cose che potrebbero andare storte! I Folletti della Cornovaglia potrebbero uscire dalla Sala Grande e mettere a soqquadro l’intero castello, per non parlare poi di cosa potrebbe succedere se il professore ci beccasse nel suo ufficio, se ci vedranno liberare i folletti potremmo essere-“
“Diamine, Rem! Ma secondo te il professore ha con sé un intero esercito di Folletti della Conovaglia?!” lo interruppe James alzando gli occhi al cielo “E poi chiuderemo le porte della Sala Grande” continuò.
“Cercate di rag-“
“Se ragionassimo penseremo alle conseguenze. Meglio agire d’impulso, altrimenti non si combina niente. Poi fa parte del mestiere di un Malandrino rischiare” disse Sirius risoluto bloccando di nuovo Remus. Quest’ultimo non sembrava gradire l’ennesima interruzione.
Dopo varie e disperate preghiere, riuscirono a convincere il Lupo Mannaro.
 
In poche ore si erano procurati la gabbia dei Folletti, approfittando di un intervallo particolarmente lungo tra Trasfigurazione e Storia della Magia. Avevano deciso di liberarli a pranzo: James aveva coltivato la speranza che in questo modo i professori decidessero di annullare le lezioni per riparare il danno.
Dopo aver verificato se le porte della Sala Grande potessero chiudersi, o semplicemente muoversi dalla loro consueta posizione (non le avevano mai viste chiuse).
Poi avevano dovuto fare i conti con un altro problema: trovarsi in Sala Grande mentre si scatenava il caos.
Sì, perché per loro sfortuna dovevano essere presenti per non destare sospetti.
Ma Remus e Harry trovarono una soluzione, dopo aver passato cinque minuti buoni parlottando fra loro.
I ragazzi avevano alla fine concluso che bastava un solo Malandrino invisibile per svolgere il tutto.
All’una del pomeriggio, mentre gli studenti pranzavano allegramente senza avere il minimo sospetto di quel che si sarebbe scatenato da lì a poco, Sirius con una gabbia di Folletti in mano- sotto il Mantello dell’Invisibilità- si dirigeva verso un angolo remoto della Sala Grande. Nessuno notò una gabbia comparire dal nulla, né che si aprì apparentemente da sola.
Però tutti notarono immediatamente una quindicina di folletti saettare per la Sala Grande, rompendo ogni cosa che capitasse a tiro nello loro mani.
“SONO FOLLETTI DELLA CORNOVAGLIA! LASCIATE FARE A ME! VI SALVERÒ TUTTI!“ urlò un Corvonero del settimo anno sguainando la bacchetta.  
“NON DIRE STRONZATE, ALLOCK! NON È PROPRIO IL MOMENTO!” urlò un ragazzo moro, vicino a una crisi di nervi.
Intanto Sirius, tra le urla di tutti gli studenti, si diresse frettolosamente verso il portone, chiudendolo in poco tempo. Poi mischiandosi tra la folla urlante (rischiò di essere travolto innumerevoli volte) si tolse il mantello con nonchalance e se lo mise in tasca, mettendo su una finta faccia terrorizzata e incredula.
“I MIEI CAPELLI, I MIEI CAPELLI!” strillò Eliza Shaw, mentre un  paio di folletti glieli tiravano.
Un fracasso di piatti rotti, bicchieri, e tutto ciò che si poteva rompere rimbombò a lungo nella Sala.
“STUPIDA BESTIACCIA! COSA DIAMINE VUOI DA ME?! VATTENE, VATTENE!” urlò un Tassorosso  fendendo l’aria con un libro, schiacciando tutte le bestioline che osavano avvicinarglisi. Qualcuno che lo vide dubitò fosse un vero Tassorosso.
I folletti presero a lanciare del cibo, e tutti gli studenti presero a correre per la Sala, chi andando a sbattere su una panca, chi inciampando e chi mettendosi sotto a un tavolo
“L’INFERNO,L’INFERNO! SONO DIAVOLI, SONO DIAVOLI! NONONO NON VOGLIO MORIRE GIOVANE” urlò drammaticamente Sirius.
“LASCIATEMI! LASCIATEMI!” strillò terrorizzato un ragazzino di Serpeverde del primo anno mentre veniva trascinato sempre più in alto.
Silente alzò la bacchetta insieme alla McGranitt, con la toga sporca di succo di zucca volato da chissà dove.
“Glacius!” urlarono insieme e immediatamente tutti i folletti si immobilizzarono, sospesi a mezz’aria.
La Sala Grande era un completo disastro: bicchieri, piatti, posate e cibo sparsi per il pavimento, alcune finestre rotte, studenti sotto ai tavoli, stendardi strappati, panche rotte e quant’altro.
Seguì un lungo istante di silenzio.
“Qualcuno pare aver pensato che fosse una buona idea liberare dei Folletti della Cornovaglia” disse Silente guardando la folla di studenti con i suoi luccicanti occhi azzurri, con la voce un po’ grave. “Creature dispettose che amano fare scherzetti e trucchetti. Purtroppo in questo modo ha distrutto la Sala Grande, e per questo annuncio il totale annullamento delle lezioni per questa giornata.” L’ultima affermazione creò un vociferare eccitato per la Sala. Silente richiamò il silenzio. “Il corpo insegnanti dovrà contribuire a riparare il danno. Inoltre, la Professoressa McGranitt mi ha chiesto di specificare che il colpevole, o i colpevoli, verranno severamente puniti se scoperti. Potete andare nei rispettivi dormitori e nelle vostre rispettive Sali Comuni, sicuramente tutti hanno bisogno di una sistemata dopo quel che è successo” concluse con un sorrisetto, poi le porte della Sala Grande si spalancarono. Gli studenti, come risvegliati, presero a parlare e a dirigersi velocemente verso l’uscita.
Tutti e cinque i Malandrini, evitarono accuratamente di girarsi indietro.  Erano consapevoli che gli occhi della loro cara professoressa di Tasfigurazione li stessero fissando, e non avevano alcune intenzione di incrociarli. Il loro istinto, gli diceva che era meglio così se volevano dormire la notte.









Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 21
*** Le Cucine ***


 

Le Cucine

 Severus aggiunse la milza di pipistrello e fece quattro giri in senso antiorario. Con suo grande disappunto, la pozione non divenne lilla leggermente scuro come aveva descritto il libro, ma di un lilla un po’ troppo scuro.
Prese il mestolo indeciso, forse se faceva… un solo giro orario? Che succedeva?
Lo fece seguendo l’istinto, il lilla si schiarì. Severus assunse un'espressione soddisfatta, e senza sapere il perché, ne fece uno antiorario, totalmente assorbito nel lavoro.
Ecco, quello era il lilla perfetto!
Velocemente cercò una piuma nella cartella, mentre faceva rimanere la pozione per 30 secondi sul fuoco come c’era scritto. Alla velocità della luce prese anche una pergamena e scrisse velocemente quell’appunto.
Non poteva scriverlo sul libro, poiché lo aveva preso dalla biblioteca. Madama Pince lo avrebbe ucciso se lo avesse fatto. Poi alzò lo sguardo sulla pozione, e la vide diventare viola. Certo, doveva essere così, il problema era che erano passati 20 secondi. Spense immediatamente il fuoco.
Finita la pozione, perfettamente riuscita per giunta, la versò in una fialetta.
Ne versò una goccia su un ragno morto e quello si ingrossò all’istante. Severus ghignò, compiaciuto di se stesso.
Eppure si chiese come mai fosse venuta bene. Dopotutto non aveva seguito le istruzioni del libro, quindi sarebbe dovuta venire un autentico fiasco, un po’ come quelle che faceva quel zuccone di James Potter.
Scosse la testa. Nah, Potter era Potter: la sua imbecillità era ineguagliabile.
Si distolse dai quei pensieri, e si accorse di aver affrettato il processo!
Forse l’aveva anche un po’ migliorata… doveva verificare immediatamente. Tuttavia non si fece trasportare troppo dalle fantasie, non voleva darsi false speranze.
Svuotò il calderone e rifece di nuovo la Pozione Dilatante, questa volta attenendosi completamente alle istruzioni del libro usato.
Quando la finì prese con calma una dose, e versò una goccia su un altro ragno morto. Passarono circa due secondi, prima che il ragno si ingrossasse di colpo.
Severus non poté che ghignare, estremamente soddisfatto e compiaciuto della sua scoperta. La Pozione Dilatante modificata da lui aveva fatto ingrossare prima il ragno.
Certo, si parlava di due secondi, ma comunque per lui era un bel traguardo. Insomma, si doveva considerare la sua situazione: un ragazzino del primo anno, che era riuscito a fare perfettamente una pozione del secondo anno, e come se questo non bastasse, ne aveva affrettato il processo e gli effetti.
Stava giusto per far tornare normali i ragni, con l’antidoto che aveva preparato, prima che la porta dell’aula di Pozioni si aprisse .
“Cosa ci fa un primino qui?” chiese un ragazzo con un ghigno sfrontato e beffardo, dai lunghi capelli biondo platino, perfettamente pettinati. La spilla di Prefetto luccicava sulla veste.
Severus lo guardò indifferente. “Mi stavo esercitando, è per caso vietato?” Chiese impassibile, ben sapendo che no, non era vietato.
Lucius avanzò con eleganza e sicurezza, chiudendosi la porta dietro di sé.
“Esercitando? E dimmi, che pozione stai preparando?” chiese guardandolo all’alto in basso, quasi a sbeffeggiarlo.
“Non vedo come possano essere affari tuoi, dal momento che non so neanche chi sei” ribatté Severus restando impassibile, trattenendo l’irritazione.
 “Oh, scusa per la maleducazione. Lucius Malfoy, sesto anno, piacere” si presentò il prefetto chinandosi per arrivare alla sua altezza, con un  ghigno. Piton la strinse, dopo averla osservata un attimo.
“Severus Piton, primo anno “ rispose. Lucius lo studiò un attimo.
“Sei un sanguemarcio?” domandò, pronunciando la parola con disgusto. Severus alzò le sopracciglia.
“No, mia madre è una strega” rispose guardandolo più diffidente di prima.
Malfoy non disse niente, e scrutò il calderone e le fiale sul banco, fino a quando i suoi occhi non si fermarono sui ragni ingrossati, arricciando le labbra con fastidio.
“Una Pozione Dilatante, giusto?” chiese a Piton, quest’ultimo annuì.
Fu il turno di Lucius di alzare le sopracciglia.
“Se non sbaglio è nel programma del secondo anno” disse, mentre un luccichio d’interesse si affacciava dai suoi occhi.
Severus lo colse, e decise di approfittarne. Magari  riusciva a metterselo tra le simpatie. Era un Malfoy, dopotutto.
“Si, lo so. L’ho anche un po’ modificata” rispose trattenendo un ghigno. 
“Modificata?” ripeté Lucius guardandolo.
“Ho scoperto come velocizzare gli effetti” gli spiegò Severus.
“Interessante. Puoi mostrarmelo?” chiese Lucius, con un sorriso affabile.
Severus ghignò da vero Serpeverde, e prese le due fiale.
“Questa è quella fatta seguendo le mie istruzioni, e  quest’altra seguendo le istruzioni del libro” disse, alzandone una e poi l’altra per far capire.
Fece tornare i ragni normali, e poi riversò una goccia di ciascuna pozione su di loro.
Ci fu lo stesso effetto di prima.
Lucius osservò la fialetta contenente la pozione modificata da Severus, interessato. Poi ghignò.
“E dimmi, come faccio a sapere che non è il contrario?” chiese.
Severus alzò un sopracciglio, indignato. Gli rispose malamente
“Se non vuoi credermi, non farlo. Io non mi rimetto di certo a rifare la pozione solo per dimostrarti che sto dicendo la verità” disse acido.
Lucius lo studiò un attimo.
“Come hai ottenuto questo risultato?” chiese alla fine decidendo di credergli.
“E io secondo te lo dico come uno stolto?” rispose Severus, ghignando divertito.
Lucius fece quello che somigliava a un sorrisetto. Gli piaceva quel giovane, si vedeva che aveva del talento.
“Arrivederci, Severus. È stato un piacere conoscerti, spero che potremmo perderci in chiacchiere ancora.” Lo salutò con un ghignetto, lasciando perdere. Si avviò verso la porta, poi scorse con la cosa dell’occhio un libro che fuoriusciva dalla borsa del ragazzino.
Un libro a lui familiare.
Ampliò il ghigno quando uscì dall’aula.
Decisamente interessante quel Severus Piton, anche se era un Mezzosangue.

*

Harry sbuffò guardandosi allo specchio. Si stava decisamente irritando. Era da cinque giorni che cercava di fare quell’incantesimo bene e ormai era metà Aprile.

No, Harry. Devi stare calmo, in pace, la rabbia ti distrae. Calmo, ci riuscirai, prima o poi, basta concentrarsi” si disse chiudendo gli occhi, cercando di svuotare la mente.

Poi li riaprì e puntò la bacchetta sopra la testa, determinato.
“Desilludo” scandì lentamente. Si sentì come se un uovo gli fosse stato spaccato in testa, e immediatamente il suo corpo scomparve.
Harry guardò lo specchio con occhio critico.
Ma perché non riusciva a farlo più potente!?
Certo, era invisibile, ma si vedeva leggermente la sua sagoma. Ed era anche un po’ opaco.
“Finite Incantem” sussurrò un po’ rassegnato. Ci doveva riuscire, assolutamente.
Stava per rifarlo, quando colse un lampo di luce dirigersi fulmineo verso di lui. Si spostò di scatto, e l’incantesimo andò a colpire lo specchio che si ruppe. Sguainò la bacchetta e fece partire una fattura non-verbalmente, talmente veloce e rapido che non si ricordò nemmeno come aveva fatto.
Harry guardò con occhi increduli il Signor Duellante (Si, lo aveva chiamat0 così. Problemi?) puntargli contro la bacchetta.
“Ma che ti prende?!” sbottò incredulo ben sapendo che il suo avversario era muto, tenendo alta la guardia. A Harry passò di mente che ad un tratto fosse diventato malvagio.
In risposta, quello scagliò un altro schiantesimo, poi un incantesimo di Disarmo e poi una fattura.
Schiva. Scudo. A terra. Fattura.
Presero a duellare ed Harry usò tutti gli incantesimi che aveva imparato in quei tre mesi in cui si era allenato.
“Ebublio, Excelsiosempra,Exlucero, Incarceramus!” esclamò rapidamente, dopo cinque minuti di duello. Il primo lo scagliò verso la pancia dell’avversario, il secondo al fianco sinistro, il terzo al fianco destro e l’ultimo verso le gambe.
Credeva di averlo messo alle strette, ma con suo grande stupore quello evocò uno scudo completo, una specie di bolla che andò a coprire tutto il corpo.
Si appuntò mentalmente che doveva impararlo per bene.
Dopo un altro minuto estenuante, in cui Harry si concentrava per non far uscire nemmeno una lettera dalla sua bocca, il Signor Duellante sembrò prendere la carica.
Corse e fece un salto verso di lui, tant’è che Harry pensò volesse combattere alla maniera babbana, ma cogliendolo di sorpresa, all’ultimo minuto gli puntò la bacchetta al petto e lanciò uno schiantesimo.
Harry volò e andò a sbattere contro un muro, mentre la bacchetta gli sfuggiva di mano.
Gemette di dolore per la botta che aveva subito la sua povera schiena.
Dopo un po’ vide il Signor Duellante chinarsi davanti a lui e porgergli la bacchetta.
E Harry capì.
Lo aveva colto di sorpresa, per allenargli i riflessi. La prese e si alzò, ringraziò mentalmente quel ‘VIGILANZA COSTANTE’ che Moody gli aveva piantato in testa con la forza, altrimenti avrebbe già perso sei minuti fa.
Poi lanciò l’ennesimo sguardo di sfida al manichino e ripresero a duellare.
Otto minuti dopo, Harry si curava le maledette bolle che quel maledetto Signor Duellante gli aveva lasciato come regalino.
Passò le altre due ore tra incantesimi, libri e duelli.
Quando finalmente giunsero le tre del mattino, prese il Mantello dell’Invisibilità e se lo mise addosso. Uscì silenzioso dalla porta e se la chiuse dietro di sé.
In poco tempo arrivò in Sala Comune e salì le scale del dormitorio.
Aprì la porta del suo dormitorio, la chiuse in modo più silenzioso possibile e si tolse il Mantello. L’unica cosa che lo aiutava a vederci piuttosto bene era la lieve luce della luna che filtrava dalle finestre.
Lo ripiegò con cura e aprì il baule di James, rimettendolo all’interno. Poi in punta di piedi si avvicinò al suo letto e ci si infilò silenziosamente, ben attento a non fare il minimo rumore. Poi si sistemò meglio e chiuse gli occhi mentre, a sua insaputa, un paio di occhi indiscreti lo osservavano silenziosamente.

*

Peter prese a scappare come mai aveva fatto in vita sua, mentre Rosier e Avery lo seguivano con due volti ghignanti che non promettevano niente di buono. Maledisse la sua sbadataggine per aver dimenticato il libro di Pozioni in aula, maledisse la sua stupidità di aver rifiutato che James lo accompagnasse.
Se ci fosse stato lui, probabilmente Avery e Rosier si sarebbe ritrovati con delle pustole in faccia, non di certo a inseguirlo!

Stupido, stupido!” pensò affaticato, schivando per un pelo un incantesimo.

“Hei Miiinuuus, che c’è? Non ci sono i tuoi amichetti, eh? Stai realizzando quanto sei inutile senza di loro?” urlò Rosier maligno.
Peter semplicemente lo ignorò e accelerò la corsa, facendo forza sulle sue gambe grassocce.
Era nei Sotterranei! Sotterranei! Vicino al covo delle Serpi! Per di più non conosceva molto quel piano, anzi, conosceva solo il modo per andare nella Sala Comune di Serpeverde e nell’aula di Pozioni. E poi basta!
In poche parole, stava correndo alla cieca.
Salì una scalinata, che sapeva portare al piano terra, dove c’era la Sala Grande, ma quella d’un tratto si mosse. La guardò incredulo e terrorizzato, aggrappandosi alla ringhiera. Non poteva credere alla sua sfiga!
Guardò, col panico che cresceva, Rosier e Avery prendere un’altra scala per raggiungerlo.
Ma non si arrendevano mai?
Partì in quarta verso un corridoio a caso quando le scale (finalmente!) si fermarono.
Ma dov’era? Dov’era finito?
Salì della scale sempre correndo. Non era certo se lo seguissero ancora, ma meglio seminarli il prima possibile e andare più lontano che poteva.
Passò affianco a un una decina di botti senza neanche farci caso, ma poi inciampò su i suoi stessi piedi.
Cercò di aggrapparsi alla parete, ma toccò un quadro con un cesto di frutta, andando a sfiorare la pera.
Ma comunque cadde.
Poi si sentì una risatina. Alzò di scatto la testa, già rosso in faccia, pensando che qualcuno lo avesse visto.
Ma quando capì la fonte del suono ne rimase sorpreso.
La…pera? Una pera stava ridendo?

Perfino le pere ti prendono in giro, Peter” pensò amareggiato mentre si alzava.

Poi si voltò a guardare la pera. No no no, aspetta! Cos’era quella? Una maniglia?!
Curioso la spinse, e il quadro si aprì, quasi fosse una porta.
Gli si parò di fronte una sala immensa, con quattro tavoli disposti nello stesso modo di quelli della Sala Grande. In fondo alla stanza, invece, c’era un grande focolare di mattoni.
Ma quello che più stupì Peter, era la presenza di centinaia di quelli che sembravano Elfi Domestici, tutti affaccendati a cucinare e pulire.
Immediatamente una decina di loro corse verso di lui.
“Il signorino ha bisogno di qualcosa?”
“Il signorino desidera dei pancakes?”
“Il signorino vuole del succo di zucca?”
“Il signorino vuole delle fette biscottate? Del cioccolato? Una zuppa? Qualsiasi cosa signorino, e Pity ve la porterà!”
A Peter, che già venuta l’acquolina in bocca al pensiero di tutte quelle prelibatezze, dovette fare forza su stesso per non ordinare immediatamente tutto.
“Ehm, Pity” disse incerto, sperando di aver azzeccato il nome “Dove sono?” continuò.
“Nelle cucine, signorino! È qui che si prepara il cibo che mangiano gli studenti!” disse entusiasta l’elfa, sembrava molto allegra per un motivo a Peter ignoto.
“Oh e… gli studenti lo sanno?” chiese Peter, sperando di aver fatto una nuova scoperta che non tutti sapevano.
“Da quello che sa Pity, signorino, pochi studenti sanno dove sono le cucine, signorino”
Peter sorrise felice. Doveva subito dirlo agli altri! Chissà quanto si sarebbero complimentati!
Ma potevano aspettare… prima doveva riempirsi lo stomaco!
 

Parecchie leccornie e pietanze dopo, Peter si alzò soddisfatto, completamente dimentico che l’ora che aveva trascorso doveva essere spesa in una lezione di Trasfigurazione.
Uscì dalle cucine, dicendo a Pity che sarebbe sicuramente ritornato.
E può contarci!” pensò gongolando.
 Al secondo piano si scontrò con i suoi amici.
“Peter, per Morgana!” esclamò Sirius, correndo verso di lui insieme agli altri.
“Ma dove eri finito?! Ti abbiamo cercato dappertutto!”esclamò James tirando un sospiro di sollievo.
“Ci hai fatto preoccupare” disse Remus scrutandolo
Peter in risposta sorrise.
“Voi non avete idea di cosa ho trovato, ragazzi! Circe, devo subito mostrarvela!” esclamò saltellando. I quattro aggrottarono le sopracciglia.
“Cos’ hai trovato, Peter?” chiese Harry curioso.
“Le Cucine! Lo sapete che ci sono centinaia di Elfi Domestici?! Per non parlare della loro disponibilità! Mi hanno fatto mangiare come mai prima d’ora!” Peter assunse una faccia sognante.
“Cosa?!” urlò quasi James, incredulo.
“Portaci verso il Paradiso, Pete!” disse Sirius solenne , puntando l’indice verso il lungo corridoio che pullulava di studenti.
“E dove sono?” chiese Remus curioso. Harry si limitò a fare una finta faccia sorpresa.
“Ve le faccio vedere!” disse Peter, incamminandosi con loro al seguito. Remus disse qualcosa a proposito che tra mezz’ora c’era la lezione di Storia della Magia, ma fu completamente ignorato.
Dopo un po’, Peter si fermò nel bel mezzo della scale che si muovevano.
 “Peter?” lo chiamò impaziente Sirius. Il risposta Minus fece un sorrisetto incerto.
“Ehm, ragazzi, fatemi pensare… non credo di ricordarmi bene…” rispose incerto, mentre il suo viso si tingeva di rosso.
“Come fai a non ricordarti la strada per una cosa simile?” chiese James incredulo, mentre si passava una mano fra i capelli.
Peter prese a gesticolare. “È che stavo correndo, Rosier e Avery mi stavano inseguendo! Non facevo caso a dove andavo!” spiegò concitato
“Rosier e Avery….?” Esalò James, mentre la sua espressione si deformava per la rabbia
“Quegli stron-“ iniziò a sibilare il Black
“Sirius!” lo rimproverò Remus, quasi scandalizzato.
Harry si trattenne dallo scoppiare a ridere. Riprese il controllo della sua espressione facciale e cercò di calmare tutti.
“Calmatevi, ragazzi. Gliela faremo pagare” disse ghignando malandrino, mettendo le mani nelle tasche. Non era molto arrabbiato in verità, certo gli dispiaceva per Peter, ma non aveva quel senso di protezione che avevano gli altri. Poteva averlo accettato, iniziato a volergli un po’ bene, ma comunque, per quanto avesse cercato di scacciare questo pensiero, in fondo in fondo la sua mente lo etichettava ancora come “Futuro Traditore”. Questa cosa lo frustrava, ma sarebbe riuscita a toglierla solo se il piccolo Peter avesse dato una vera prova che era diverso dalla sua versione adulta.
Peter intanto, osservava meditabondo tutte le entrate che vedeva da lì, sopra le scale. Poi, ebbe l’illuminazione.
“Ma certo! È lì!” esclamò, indicando un corridoio non molto illuminato, molto in basso.
“Ma quello è il seminterrato!” disse Remus  alzando un sopracciglio.
“È quello! Quello! Ne sono sicuro!” disse convinto Peter.
Dopo un bel po’ di scale, e qualche corridoio, Peter si fermò  di fronte al ritratto.
Come si apriva? Doveva cadere? O doveva solo far ridere la pera?
La grattò e quella rise, poi si trasformò in una maniglia. La spinse e si gustò le facce incredule e eccitate degli altri.
“Sei un genio, Pete! Ed è la secondo volta che te lo dico!” esclamò Sirius entrando di corsa, mentre veniva circondato da Elfi Domestici.
 

“Avete idea di cosa significa questo?” domandò James con un sorriso smagliante (di quelli che facevano svenire le ragazzine) mentre mangiava un cornetto al cioccolato.
“Cosa?” chiese Harry, con una fetta di torta alla melassa nel piatto.
“Insomma…” James gesticolò in preda all’euforia, spalancando le braccia, cercando di far capire che era così ovvio quello che aveva pensato.   “ Le Cucine sono nascoste, non tutti sanno dove sono, di certo non immaginano che sia dietro a un quadro della frutta.  È una specie di passaggio segreto, ecco! Non avete pensato al fatto che possano essercene altri?! Insomma, Hogwarts è enorme! Quanti passaggi segreti, scorciatoie, corridoi dimenticati persino da Dio ci sono in questo castello!? Tantissimi! E poche persone li sanno tutti! Non sarebbe fantastico far parte di queste persone?! Noi siamo i Malandrini! Hogwarts non deve avere segreti per noi” continuò, col sorriso sulle labbra.
Gli altri lo guardarono per alcuni secondi. Harry pensò amareggiato che li sapeva già tutti, e che non poteva dirli, altrimenti avrebbe creato sospetti.
Lui aveva la Mappa del Malandrino già stampata in mente.
“ E che aspettiamo! Andiamo a trovarli! “ urlò Sirius balzando in piedi, facendo cadere un paio di Elfi Domestici per la sorpresa. In particolare, a un elfo chiamato Baloo, cadde il vassoio con una fetta di torta, poiché Sirius lo aveva urtato.
Ma Sirius non si accorse di niente, talmente era impaziente. Harry si scusò con l’elfo, giustificando il compagno.
“Non dire scemenze, Sir! Primo, abbiamo lezione, secondo, il castello è enorme. Certo, possiamo anche iniziare, ma non ora! Ci sono tantissimi alunni per il castello, e se ci facciamo vedere a setacciare muri  ci prenderanno per pazzi!” esclamò Remus, fermandolo.
“Ma che ci prendano per pazzi!” disse in risposta Sirius imbronciato.
“Di notte sarà più appropriato” sussurrò Remus cercando di farlo ragionare, stupendo perfino se stesso.
“No aspetta!” disse James, mettendo una mano sul cuore “Tu, studioso, responsabile studente, tale Remus Lupin, stai suggerendo di…”
“Uscire di notte e violare il coprifuoco?!” concluse incredulo e impanicato Harry. No no no, ci mancava solo che uscissero ogni notte e a quel punto non avrebbe più potuto esercitarsi. E se anche avesse trovato il tempo, comunque avrebbe dormito quattro ore a notte!
Le orecchie di Remus si tinsero di rosso.
“E allora?” domandò Remus schiarendosi la voce “Lo abbiamo già fatto, no?” continuò.
“Certo che lo abbiamo già fatto!” esclamò James, quasi indignato che si potesse pensare il contrario “Ma lo abbiamo sempre proposto noi!”
Sirius mise un braccio intorno alle spalle di Remus, poi strofinò il pugno sulla testa del Licantropo in modo scherzoso.
“Sirius!”
“Il nostro Remmy! Quando fai uscite del genere mi rendi tanto tanto fiero!” disse  sghignazzando.
“Lasciami!” esclamò Remus dimenandosi.
 



Angolo Autrice
Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo! Severus ha incontrato Lucius Malfoy, e credo che capirete che questa non è una cosa molto positiva. Lucius non è delle migliori influenze per Piton. C’è anche un piccola scena di Harry nella Stanza delle Necessità, vediamo che sta migliorando e che il Signor Duellante non attacca solo quando è programmato. Riguardo agli incantesimi molto avanzati, sto pensando di inventarne alcuni io, poiché non ce ne sono molti assai avanzati che vengono detti nel libro o nei film.
Peter trova le Cucine (e chi se no?) in un modo piuttosto bizzarro. I Malandrini si mettono in testa di cercare altri passaggi segreti e Remus da di nuovo prova, che per quanto responsabile e studioso sia, è comunque un Malandrino. Non ci può fare niente, e neanche se ne dispiace XD.
Harry viene visto mentre torna in Dormitorio alle tre di notte (Chi è, cari ragazzuoli?) e rischia di dire addio al suo tanto amato sonno.
Vi prego recensite e alla prossima!
P.S. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
 

 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 22
*** Parlando delle stelle ***


 

Parlando delle stelle

 
Il 2 Maggio era per Harry una data significativa. Il giorno della vittoria ma anche, in un certo senso, della sconfitta.

Guardava i corridoi e vedeva continue immagini della battaglia senza riuscire a imporsi di smetterla. Forse ero solo una sua impressione, anzi, sicuramente era una sua impressione, ma gli giungeva alle narici perfino l’odore di sangue, sudore e polvere. La sua mente, crudele e masochista, gli faceva ricordare gli esatti punti in cui aveva visto, con i suoi stessi occhi, i cadaveri di persone che lui conosceva.

Ad esempio, proprio quel muro era crollato investendo Fred. Oppure, proprio lì vicino a quella colonna aveva visto il corpo sanguinante di Ron, con gli occhi azzurri chiusi e con nessuna intenzione di aprirsi.

Il suo sguardo cupo e vuoto aveva fatto preoccupare i Malandrini che cercarono di tirarlo su di morale. Avevano fatto ingerire a Mastro Gazza dell’Amortentia facendolo innamorare ancor di più di Mrs Pur, prendendo a coccolarla e a dargli dei bacetti sulla sua testolina, se l’era portata in braccio per i corridoi dicendo romanticherie da far venire il diabete, Peter l’aveva fatto vincere a scacchi apposta senza che lui se ne accorgesse, James era salito sul tavolo della Sala Grande cantando un'imbarazzante canzone a Lily, Remus gli aveva offerto una barretta di cioccolato e Sirius aveva fatto ridicolamente il melodrammatico più del solito.

Lily, quando lo aveva trovato da solo, seduto a terra in un corridoio a guardare il vuoto, gli si era seduta accanto, mettendogli delicatamente una mano sul braccio. Harry era sobbalzato e si era girato di scatto, la rossa in risposta gli aveva donato un piccolo sorrisetto dolce. Poi Lily aveva poggiato la testa sulla sua spalla, rispettando il suo silenzio. Non aveva detto niente né chiesto niente, non aveva cercato di farlo ridere né di distrarlo. Gli aveva fatto solo capire che c’era, silenziosa certo, ma c’era.

Maledetti i fantasmi del passato, maledetto lui che non riusciva a spazzarli via. Doveva affrontarli, ma come si affrontavano? Cosa doveva fare per affrontarli?

Aveva subito incubi, aveva passato notti insonni e smesso di vivere per un mese. Comunque, aveva fatto di tutto per non piangere e distruggere Grimmauld Place n 12 per la frustrazione e la rabbia. Sapeva di cosa era capace se in preda alle emozioni, come aveva ridotto l’ufficio di Silente ne era solo una prova.

Quella stessa sera si diresse verso la Torre di Astronomia, quando ormai il Coprifuoco era già scattato. Ma il Mantello dell’Invisibilità rimase nel baule di James: non ne aveva più bisogno. Si rese invisibile con un colpo di bacchetta e giunse sull’ alta Torre dopo varie piccole scorciatoie, passando bellamente al fianco di un Prefetto di Tassorosso.

Non sapeva perché si era diretto proprio lì. Dopotutto non c’erano i migliori ricordi in quel posto. Si sedette e tolse l’incantesimo, guardando lo stupendo panorama che gli si parava di fronte. Il cielo era pieno di stelle quella sera…

Gli angoli della bocca si inclinarono leggermente verso l’alto, pensando che Sirius sarebbe riuscito a individuare tutte le costellazioni se fosse stato lì.

Ma quella specie di sorrisetto se ne andò velocemente come era venuto. Chissà se loro erano lassù… pensò maliconico. Ma appena pensò a quel “loro” delle immagini atroci gli piombarono in mente.

Strinse le labbra e serrò la mascella. Cercò di distrarsi, guardando il cielo e contemplando le luminose stelle. Ma la sua memoria non era evidentemente d’accordo, perché si ricordò quando aveva proposto a Ginny di fare un giro di notte sulla scopa. Erano saliti sulla sua Firebolt e Ginny lo aveva abbracciato da dietro , poi era partito in quarta sentendo il vento sbattergli in faccia insieme al profumo inebriante di fiori che ormai conosceva fin troppo bene. Erano andati talmente in alto da permettere loro di vedere Hogwarts stagliarsi nella notte, incorniciata da un cielo trapuntato di stelle. Lo sguardo meravigliato e felice che Ginny fece, era una cosa che gli sarebbe rimasta impressa nella mente per sempre. Ma subito a quell’immagine si sovrappose quella del suo sguardo vuoto e spento.

Gli occhi gli pizzicarono mentre abbassava lo sguardo. Poi lo rialzò di scatto quando sentì la porta aprirsi lentamente. Si voltò e vide una ragazza ferma sulla soglia della porta. Era molto più alta di lui, cosa che fece capire a Harry che era due o tre anni più grande di lui.

 “Scusa, non volevo spaventarti” disse con voce vagamente sognante, poi entrò e chiuse la porta dietro di sé. Si avvicinò e si appoggiò alla ringhiera. Aveva lunghi e lisci capelli biondo cenere, degli occhi tondi e un po’ sporgenti e la pelle cerosa. La cravatta al collo era blu con le strisce leggermente grigie, dimostrando fieramente la sua Casa d’appartenenza.

 “Non fa niente” rispose Harry alzandosi, con l’intenzione di andarsene. Pensò distrattamente che, chissà perché, quella ragazza gli era familiare.

 “Sai, vengo sempre qui” disse d’un tratto la ragazza, guardando il cielo. Sembrava che fosse lì ma che allo stesso tempo non ci fosse. Parlava sovrappensiero, con la testa fra le nuvole.

 “Oh, ehm, davvero?” domandò incerto Harry, non sapendo che dire. “E perché?” chiese poi, per interrompere il silenzio che si era creato.

“Mi piace tanto guardare le stelle e il cielo. Il cielo mi permette di perdermi nelle mie fantasie, la sua immensità mi lascia pensare che non ci sono limiti da rispettare quando immagino. A volte spalanco le braccia verso di esso e mi sento… piena, completa, in pace. Le stelle… sono belle, davvero belle. Posso urlare a loro i miei perché, posso  vagare nei miei sogni insieme a loro. Posso mostrarmi vulnerabile e riversare su di loro il mio dolore, perché poi spariscono, portandosi via anche quello. Ma cosa più importante, illuminano la notte, sono la luce nell’oscurità” la ragazza si voltò verso di lui, sorridendo pigramente, negli occhi una scintilla di dolcezza “Secondo me, ognuno può avere una o più stelle, e non è detto che devono essere in cielo” continuò, per poi volgere lo sguardo di nuovo al cielo, con un sorriso sognante.

Harry la scrutò intensamente. Sembrava che sapesse cosa lo stava affliggendo, che sapesse che non era un normale undicenne.

 “ E se le tue stelle si spengono?” chiese poi, quasi senza accorgersene. Non sapeva cosa gli prendeva, ma quella ragazza ispirava fiducia. Stava in un certo modo rivelando qualcosa di lui, in un modo contorto e strano.

 “Le stelle possono continuare a brillare se le immagini brillare. Se le immagini spente le farai perdere tutto il loro valore. Ricordati la loro brillantezza con il sorriso, perché è sicuramente così che vogliono essere ricordate.” Rispose tranquillamente la ragazza, con gli occhi azzurro chiaro che riflettevano come uno specchio il cielo da lei tanto amato.

Harry tacque, e rimasero in silenzio per un bel po’, con i nasi rivolti verso l’alto.
“Io devo andare, altrimenti il mio amico Xeno si preoccupa” disse d’un tratto la ragazza, togliendo i gomiti dalla ringhiera. Harry spalancò gli occhi, mentre la ragazza si dirigeva verso la porta.

 “Scusa, come ti chiami?”  chiese voltandosi. La ragazza sorrise, aprendo la porta.

 “Pandora”
 
                                                                             *

Marlene quel pomeriggio aveva tutta l’intenzione di godersi quella giornata soleggiata di metà Maggio. Facevo molto caldo, e gli studenti - liberati dal dovere di andare a lezione poiché era sabato- brulicavano per il parco allegramente. Le sue amiche era già fuori, probabilmente sotto un albero per un posto più fresco. Sorrise immaginandosele: Lily che leggeva un buon libro con l’ansia imminente degli esami e Alice che riempiva Mary di discorsi zuccherosi riguardanti Paciock. Ah, naturalmente Mary non l’ascoltava neanche tanto, troppo occupata ad occhieggiare dei bei ragazzi.

Camminò velocemente per i corridoi, cercando di arrivare il prima possibile all’uscita. Poi, i suoi occhi notarono una figura molto più avanti, e subito fece caso agli indomabili capelli neri. Marlene sorrise

Era James o Harry? Lo guardò meglio, era quasi impossibile distinguerli quando li si guardavano da dietro.

Era Harry, concluse dopo un accurato esame. Lui aveva l’andatura un po’ più diversa da quella di James, e inoltre se fosse stato James si sarebbe già passato la mano fra i capelli. Aveva imparato a distinguerli in lontananza dopo che li aveva studiati per bene (ok, forse aveva studiato molto più Harry. Era molto più bello guardare lui, secondo lei).

Non poteva farsi scappare l’occasione

 “Harry!” urlò per farlo voltare “aspettami!” aggiunse correndo. Quando giunse accanto a lui gli sorrise 

 “Anche tu vai al parco?” chiese lui, riprendendo a camminare. Marlene annuì.

 “Le altre sono già fuori. Ci è voluto un bel po’ per convincere Lily dallo staccarsi dal suo posto personale in biblioteca.” Parlò la biondina, poi alzò gli occhi al cielo, mezza divertita e mezza esasperata “È da Aprile che ha iniziato il suo programma di ripasso. All’inizio ha cercato di convincerci ad iniziarlo anche noi così presto, ma ben presto ha capito che non avevamo alcuna intenzione di stare più del dovuto sui quei noiosissimi tomi” continuò, dicendo “noiosissimi” con particolare enfasi.

Harry sghignazzò “Anche una mia amica era così” si lasciò scappare. Si maledisse, ma ormai era troppo tardi.

“Chi?” chiese Marlene curiosa, mascherando abilmente la lieve irritazione che l’aveva colta per un attimo. 

Harry sorrise con una punta di malinconia, ricordando quando lei li rimproverava di essere degli irresponsabili. E anche quando lui la persuadeva ad aiutarlo con la sua professionale faccia da cerbiatto triste. 

Dopo tanto tempo riuscì a non pensare al suo cadavere, ma se la immaginò solo com’era. Con gli occhi espressivi e il suo sguardo esasperato. Non gli venne voglia di piangere e troncare subito l’argomento, voleva parlare di lei.

Sua sorella.

 “Le stelle possono continuare a brillare se le immagini brillare. Se le immagini spente le farai perdere tutto il loro valore. Ricordati la loro brillantezza con il sorriso, perché è sicuramente così che vogliono essere ricordate”

 “La mia migliore amica babbana delle elementari.” mentì voltandosi verso la sua amica, che lo aveva guardato attentamente per tutto il tempo. Non poteva dire tutta la verità “Era molto studiosa, aveva sempre il naso immerso in un libro. Le piaceva molto leggere, e quando si avvicinavano le verifiche finali ripassava sempre tutto mesi prima. Sapeva cose che dovevamo ancora studiare, e lo dimostrava sempre con aria saccente” sorrise divertito “ Per molti non era altro che questo, una… bambina che studiava in continuazione, che non si interessava molto alle bambole né ai vestitini più alla moda. Ma lei era anche altro, era una persona molto comprensiva e gentile, intelligente e con un cuore d’oro, e certo, alle volte era molto pignola e piuttosto testarda, ma è stata una fantastica amica.” Concluse con nostalgia, distogliendo lo sguardo da quello della biondina.

 “È stata…?” domandò perplessa Marlene
“Non c’è più” rispose Harry frettolosamente. Marlene lo guardò sorpresa e dispiaciuta.

 “Io… scusa… non immaginavo…” farfugliò, Harry le sorrise, calmandola. Marlene non sapeva che dire, ‘Mi dispiace’ era davvero troppo banale e patetico. Harry doveva proprio tenere molto a questa amica, lo aveva capito dal suo sguardo mentre ne parlava. ‘Mi dispiace’ erano parole vuote.  

 “Non fa niente, non lo sapevi” rispose, poi uscirono finalmente dal portone, e furono subito investiti dal caldo. Stettero in silenzio per un po’, poi Harry lo ruppe.

 “Fa più caldo di quanto immaginassi” disse, passandosi distrattamente una mano fra i capelli. Forse suo padre lo aveva leggermente influenzato.

 “Si, infatti” rispose Marlene a disagio. Notò i Malandrini e le sue amiche seduti sotto due alberi vicini. James e Lily stavano battibeccando, no no, James stava corteggiando Lily e Lily cercava di ucciderlo, si corresse

Harry notò il suo disagio. Poi si guardò intorno. Sorrise malandrino, con gli occhi che luccicavano per la marachella che stava per attuare.

 “Il Lago Nero è molto allettante” costatò casualmente.

 “Eh?” Marlene distolse lo sguardo dalla  sua coppietta preferita, poi il suo cervello analizzò e capì quello che Harry aveva detto. Aggrottò le sopracciglia.

 “Non mi dire che hai voglia di buttarti là dentro!” esclamò incredula, conosceva abbastanza Harry dal capire che quello che aveva detto era troppo casuale. Harry in risposta ghignò.

 “Non sarebbe male, grazie per l’idea. Però non voglio farlo da solo” il suo ghignò si ampliò e prima che Marlene potesse dire qualcosa, se la caricò in spalla come un sacco di patate.

 “HARRY!” strillò Marlene rossa in viso ed indignata “CHE MERLINO VUOI FARE!? NO, HARRY METTIMI GIÚ! NON STARAI FACENDO SERIAMENTE, VERO?! TU SEI PAZZO!” urlò dando pugni sulla schiena del poverino. Nonostante questo, Harry continuò a ghignare e non si arrese. Intanto avevano attirato l’attenzione di molti di loro, che osservavano, chi divertito, chi infastidito, la scenetta.

 “Certo che faccio seriamente, Lene” rispose Harry continuando a procedere

 “HARRY… non so il tuo secondo nome”



“James” la informò tranquillamente Harry, quasi come se nessuno gli stesse dando pugni e urlando contro. 

 “HARRY JAMES POTTER! IO TI UCCIDO! METTIMI GIÚ E VATTI A FARE IL BAGNO DA SOLO!” riprese a strillare Marlene

 “Marlene, preparati! Stai per farti un bagno!” esclamò Harry, un secondo prima di buttarla in acqua, poi si buttò anche lui.

Marlene riemerse da sott’acqua, incredula e bagnata.

 “RAZZA DI IDIOTA!” urlò prendendo a schizzarlo come se non ci fosse un domani. Harry ben presto ci vide a malapena e prese a schizzare alla cieca sorridendo divertito. Appena poté, asciugò gli occhiali e li rese impermeabili 

Ora poteva essere una sfida leale!

Ben presto Marlene smise di essere arrabbiata e presero a giocare.

“Prendi questo, Potter!” Esclamò battagliera, prese fulminea la bacchetta bagnata e la puntò verso l’acqua. Harry non seppe che incantesimo avesse fatto, ma si ritrovò un enorme getto d’acqua addosso.

 “Non dovevi proprio farlo, McKinnon” disse annaspando, prese a nuotare verso di lei per acchiapparla. Marlene rise e prese a sguazzare per sfuggirgli.

 “Non mi prendi, Potterino, no no” disse con voce infantile, facendogli una linguaccia, continuando a nuotare. Poi fece emergere i piedi dall’acqua e prese a farli schiaffeggiare la superficie, schizzando da tutte le parti mentre nuotava, rendendo la missione di Harry molto più difficile.

“ È UFFICIALE HARRY!” urlò una voce, che Harry riconobbe come quella di James “SEI IL MIO IDOLO! DEGNO MALANDRINO!” continuò euforico e orgoglioso. Entrambi si fermarono e videro i loro amici correre verso di loro. I Malandrini e Mary avevano delle facce visibilmente eccitate, Alice sembrava preoccupata e Lily sembrava pronta a una sfuriata.

Appena i Malandrini giunsero abbastanza vicini al Lago, ci si tuffarono dentro senza esitazioni. Harry era sorpreso dal fatto che Remus si era fatto così trasportare.

Tutti e sei presero a nuotare e scherzare, schizzando e ridendo.

 “AAAH! COME VORREI VEDERE LA FACCIA DI MIA MADRE IN QUESTO MOMENTO!!” urlò Sirius euforico e sognante

“Hey! Vengo anche io!” urlò Mary buttandosi, prendendo parte ai giochi mentre Remus prendeva di mira Peter.

 “VOI  SETTE IDIOTI, USCITE IMMEDIATAMENTE!” urlò inviperita la Evans, con gli occhi che mandavano tuoni e lampi. Fu ignorata

 “Vieni anche tu, Ali!” esclamò Mary rivolta all’amica, premendo tranquillamente la testa di Sirius sott’acqua,rischiando di soffocarlo.

 “McDonald, vuoi forse uccidermi?!” urlò Sirius liberandosi dalla sua stretta con il fiatone. Era piuttosto rosso in volto. Mary sorrise “Può darsi” rispose provocatoria.

Sirius la guardò con la bocca aperta, indignato.  

 “Adesso ti faccio vedere io…” sibilò , e le gettò un’ondata d’acqua addosso.  

 “Vuoi la guerra?” chiese Mary con sfida

 “Puoi contarci!” esclamò Sirius con un ghigno.

Alice osservò tutti divertirsi, poi guardò Lily, indecisa.

 “Oh, al diavolo” pensò, poi si buttò con un urlo battagliero. Lily la osservò incredula.

 “Evans! Manchi solo tu!” esclamò James avvicinandosi alla riva, con una luce negli occhi che non prometteva niente di buono. Lily indietreggiò

 “NON AVVICINARTI, POTTER!” strillò puntando la bacchetta verso di lui. James sorrise, poi lentamente, come se si stesse avvicinando a un animale selvatico, uscì dall’acqua e alzò le mani. 

 “Andiamo, Evans, non trovi faccia caldo?” chiese con un ghigno, Lily continuò a puntare la bacchetta verso di lui. Poi indietreggiò di un altro passo. James la guardò canzonatorio.

 “Paura, Evans?” chiese, sempre con le mani alzate.

 “Non ho paura di te, Potter, solo un lombrico potrebbe. E se non l’hai notato, sei bagnato e io non ho intenzione di bagnarmi” sputò Lily tagliente. James ghignò, poi puntò lo sguardo dietro le spalle di Lily, come se avesse improvvisamente visto qualcosa.

 “HEY, MOCCIOSUS!” urlò al nulla, Lily si voltò di scatto. James ne approfittò e prese la carica, se la issò in spalla mentre alla rossa cadeva la bacchetta di mano per l’improvviso urto.

 “POTTER! LASCIAMI! EGOCENTRICO, IDIOTA, STUPIDO MALANDRINO, ARROGANTE!!LASCIAMI!!! IO TI UCCIDO, TI UCCIDO! RESTERAI NELL’INFERMERIA PER UN MESE INTERO!” urlò Lily furiosa con gli occhi ridotti a fessure, dando pugni di notevole potenza sulla schiena bagnata di James, che trattenne delle smorfie di dolore.

 “Bisogna anche divertirsi, Evans!” esclamò, per poi buttarla in acqua. Poco dopo fece un tuffo anche lui. La vide riemergere.

Stupidamente la trovò ancora più bella con i capelli bagnati e fradici, le gocce d’acqua che gli scendevano dal viso e gli occhi che brillavano più del solito.

Lily gli urlò un insulto e si buttò su di lui.

 “Evans! Non c'è bisogno di buttarsi così! Sono tutto tuo se vuoi!” esclamò James sorridendo arrogantemente. Lily prese a buttare ondate d’acqua su di lui, gli occhi delle stesso colore dell’Avada Kedavra.   

Presero a fare la battaglia più furiosa tra tutti. Sirius lo notò e, sfiorando con la mano la superficie, fece un giro come una trottola, schizzando ovunque, urlando:

 “SCATENATE L’INFERNO!”
 
*

 Se per Harry il 2 Maggio era un giorno particolare, il 16 Maggio lo fu per Regulus. Il giorno iniziò come tanti altri, venne svegliato da Kreacher nel solito letto alle 8:30, si alzò di malavoglia e andò a farsi una doccia. Poi si vestì con gli abiti per la casa (per quanto potevano essere considerati vestiti da casa dei pantaloni stretti di seta pregiata e una camicia a maniche lunghe leggera), si sistemò i capelli e scese di sotto. Fosse stato per Regulus, si sarebbe svegliato anche più tardi, ma fin da bambino gli era stato imposto di svegliarsi alle 8:30 per scendere a fare colazione alle 9:00 con la ‘famiglia’. Sentiva i suoi genitori sparlare con le loro soliti voci monotone, parlando di Lord Voldemort, della pensata di Bellatrix di unirsi a Voldemort che sembrava un mago parecchio potente, dei Babbani che sembravano triplicarsi di giorno in giorno, delle lettera che aveva ricevuto sua madre da Hogwarts…

No aspetta… la lettera che sua madre aveva ricevuto da Hogwarts?!

Regulus si mise sull’ attenti.

 “Da parte di Minerva McGranitt, insegnante di Trasfigurazione? Cosa sarà mai successo dallo scomodare una professoressa  di scriverci una lettera?” domandò Orion, suo padre, perplesso e curioso. Regulus vide l’espressione di sua madre indurirsi, come se al solo pensiero di quello che aveva scomodato la professoressa le salisse subito la furia. Poi si alzò di scatto, facendolo sobbalzare. Prese la lettera che aveva poggiata sul mobile e la porse a suo padre con uno scatto secco e rigido del braccio.

 “Leggi, Orion, leggi! Il disonore che porta quel moccioso, traditore del suo sangue!” esclamò sua madre ancora in piedi, sull’orlo dell’isteria. Sembrava che finalmente aveva trovato qualcuno con cui sfogarsi. Intanto, suo padre apriva lentamente la lettera.

Il corpo di Regulus, comunque, si era irrigidito a quelle parole. Sirius si era messo nei guai, di nuovo. E loro lo stavano insultando, e questo, gli dava fastidio. In quei mesi, per quanto incredibile potesse sembrare, i suoi genitori avevano parlato raramente di Sirius. Sembravano più che disposti a ignorare l’esistenza di un primogenito, e non lo nominavano. Sua madre perché gli saliva il nervoso, suo padre perché… beh, forse voleva evitarsi gli scleri di sua moglie.  La faccia di sua madre di stava facendo rossa piano piano, mentre i suoi occhi venivano invasi dal gelo e un pizzico di pazzia.

 “QUELLO SCONSIDERATO SCANSAFATICHE È STATO TROVATO A SGUAZZARE COME UN BIFOLCO NEL LAGO NERO! Oltre ad aver portato un disonore inimmaginabile al suo nobile cognome, era per finire, insieme a una mandria di sanguemarcio e mezzosangue! In quella lettera sono elencati i nomi di coloro che sono coinvolti, e indovina un po’!? Solo due Purosangue, i Potter*! Babbanofili per giunta! Si mischia allegramente alla feccia come se niente fosse! Sporca il suo cognome senza curarsene! Oh, io non posso sopportare un simile fardello, no no! I Lestrange e i Rosier e le altre importanti stirpi mi guardano quasi con compassione! Un figlio del genere, doveva capitare proprio a noi?! Ma vedrà quando tornerà, farò di tutto per farlo rigare dritto, aumenterò le punizioni e gli farò vedere come si comporta un vero Black! A costo di prenderlo a frustate e-“

“Basta!” urlò Regulus alzandosi di scatto, con una voce talmente glaciale da far diventare ghiaccio il fuoco.

Come… come si permetteva sua madre di dire cose tanto brutte e terribili? Come si permetteva di immaginare, anche soltanto, di fare cose del genere a Sirius?

Regulus non sapeva cosa gli era preso, aveva agito d’impulso, spinto dalla rabbia e dell’angoscia che le immagini di Sirius frustato e cruciato gli avevano procurato, una volta balzate in mente.

 “Io l’ho sempre detto che ti bastava la grinta” disse una vocina compiaciuta nella sua testa, Voce-Sirius per essere precisi.

Sapeva che non poteva fare granchè per far cambiare idea a sua madre, ma ormai aveva deciso che se a Sirius aspettava quella permanenza a casa dolorosa, allora l’avrebbero affrontata insieme. Non che poi Regulus avesse uno spirito masochista, ma per una volta, una sola volta, voleva che fosse lui, Regulus, a difendere Sirius, e non Sirius a difendere lui. Era arrivato il momento di ripagare Sirius per tutto, forse difendendolo anche se non sarebbe cambiato niente, ma già il fatto di difenderlo gli bastava. Poté quasi sentire l’adrenalina scorrere in corpo quando i suoi genitori lo guardarono con occhi sorpresi e increduli. Ma quegli sguardi durarono poco, l’espressione di sua madre divenne terribilmente minacciosa e intimidatoria, mentre lo guardava come una bomba pronta ad esplodere.

 “Cosa hai detto?!” sibilò Walburga, rossa in viso e con gli occhi spalancati, che fecero notare ancora di più le sue iridi pazze. Regulus deglutì, ma cercò di rimanere impassibile, benché stesse rivalutando la sua uscita improvvisa nel momento meno adatto. Sua madre era già arrabbiata di suo, poteva solo immaginare come avrebbe sfogato la sua rabbia su di lui, insieme alla rabbia per Sirius.  

 “Ah, Reg, cerca di vederla con occhi diversi. Guardala, è ridicola! Ha i capelli fuori posto, la faccia rossa come un pomodoro maturo e gli occhi talmente fuori dalle orbite che tra poco gli cadono!” suggerì la Voce- Sirius.

Riprese coraggio, guardando negli occhi di sua madre, quasi a sfidarla.

 “Ho detto basta” ripeté Regulus più deciso di prima, riprendendo il suo tono di ghiaccio. Aveva un comportamento calmo, niente urla, niente di niente. E se possibile, la cosa poteva essere più inquietante per chiunque. Ma non per Walburga, che non si faceva di certo zittire da un mocciosetto “Smettila di dire fandonie e di insultare mio fratello, oltre a minacciarlo di torture atroci” continuò.

 L’espressione della madre si accartocciò dalla furia mentre suo padre osservava la scena, silenzioso come sempre.

 “Come osi rivolgerti a tua madre così?! Come osi dirmi COSA FARE E NON FARE !? COME OSI DIFENDERE QUEL LURIDO TRADITORE, FECCIA DELLA MIA STESSA CARNE!?” strillò Walburga oltraggiata.

 “Oso, invece. Quando voi mi avete riempito di cose assolutamente false che credono solo i Purosangue come voi. Mezzosangue, Nati Babbani e Purosangue, non c’è alcuna differenza. Che differenza fa da dove provengono?! Nessuna, tanto hanno tutti la magia! Che importa del resto?!” rispose Regulus, sporgendosi dall’altra parte del tavolo. “E Sirius non è feccia. Oso dire che è uno dei pochi che ha ragionato con la logica per capire tutte le bazzecole a cui voi credete!”

 “STUPIDI INGENUI E DEPRAVATI! I babbani prima o poi ci sporcheranno e influenzeranno con i loro modi barbari, faranno estinguere la magia! Quello che ti ritrovi come fratello non è altro che un fastidioso ribelle, che non capisce concetti semplici come questo! E tu ti stai facendo influenzare! Lo sapevo che dovevo incaricare quello stupido elfo domestico di tenerlo d’occhio!” inveì Walburga, puntando un dito verso di lui.

 “Ci saremmo già istinti se tutti avessero seguito la vostra idea! Le streghe e i maghi sarebbero sempre diminuiti e sarebbero diventati sempre più pazzi! Lo sapete che sposarsi tra parenti  in continuazione può far diventare sempre più fuori di testa le nuove generazioni?! E non insultare Kreacher!” esclamò Regulus, mentre la finestra si spalancava per magia. Walburga sguainò la bacchetta.

 “CRUCIO!” Urlò con voce pregna di rabbia, e mentre Regulus si faceva scappare un urlo di dolore per l’improvvisa e inaspettata maledizione, lei strillò:

 “DEVO FORSE RICORDARTI CHE FAI PARTE DI QUESTA FAMIGLIA?!” 

 Regulus ormai non capiva più niente, sentiva solo mille aghi trafiggerlo da ogni parte, un lancinante dolore che si faceva spazio per tutto il corpo e le sue urla, che suonavano quasi come se le stesse facendo uno sconosciuto. Vedeva tutto offuscato e si strinse a palla su stesso, contorcendosi e girandosi dall’altra parte, nell’ingenua e inconscia speranza di diminuire il dolore. 

 “Supplica che io la smetta!” esclamò crudele sua madre, mentre Orion si alzava.

Ma Regulus  non parlò.

 “Se ti dico che tu devi pregare, lo farai!” strillò Walburga, con un'espressione spietata in faccia. Il fatto che poi Regulus somigliasse molto a Sirius, non faceva altro che farla godere di più. Aumentò l’intensità

 “T-ti- aaaah” urlò Regulus, stringendosi il corpo e piegando le ginocchia. Una mano si posò sulla spalla della donna.

 “Credo che possa bastare” disse Orion con voce impassibile e ferma, Walburga abbassò di malavoglia la bacchetta.

 “Fila in camera tua!” ordinò al suo secondogenito, che si alzò dolorante. Comunque, mentre si rifugiava in camera piangendo lacrime, nessun rimorso si fece strada nel suo cuore.

Era stato… coraggioso, per la prima volta.

 Ciononostante le lacrime continuarono a scorrere. Non aveva mai visto sua madre così, così crudele, che lo aveva cruciato senza esitazioni. Poi… il dolore, era terribile, bruttissimo.

Singhiozzò e si coprì la faccia con le mani. Pianse tanto. La vedeva ancora lì, che ascoltava senza un minimo di pietà le sue urla, che gli ordinava di supplicare.

Come aveva fatto Sirius a non impazzire per tutti quegli anni, con le cruciatus come punizioni? Si ritrovò a chiedersi dopo quasi 6 minuti di pianto.

Sirius…

 Doveva parlargli, doveva chiedergli come aveva fatto, doveva confidarsi con qualcuno. Chi, se non Sirius? Lui l’avrebbe capito, poi lo avrebbe fatto sorridere con quelle sue stupide battute e gli avrebbe detto che tra meno di un mese sarebbe tornato.

Si asciugò bruscamente le guance, cercando di darsi un contegno. Prese velocemente lo specchietto dalla tasca.

 “Sirius…” lo chiamò con voce roca “Sirius” riprovò. Poi ad un tratto apparve suo fratello, non lo vedeva di faccia, lo vedeva da sotto il mento.

 “Aspetta, Reg” bisbigliò senza neanche guardarlo, anche se sembrava leggermente preoccupato. Solo in quel momento Regulus si ricordò che probabilmente Sirius era a lezione. Che idiota.

 “Scusa, mi ero dimenticato… ti chiamo dopo…” farfugliò Regulus

 “No!” bisbigliò immediatamente Sirius “Aspetta un attimo” continuò, poi Regulus vide tutto buio, ma continuò a sentire le voci. Immaginò che Sirius avesse messo lo specchietto in tasca.

 “Ehm, professor Ruf?” sentì Sirius, che faceva una voce stentata, di chi sta male.

 “Si, Blot?”

 “Mi sento davvero molto male, posso andare in infermeria?”

 “Certo, vada pure. Come dicevo i Folletti attaccarono prima gli Elfi nel 270 a.C e…”

Dopo un po’ comparve la faccia di Sirius. Regulus lo vide scrutarlo agitato e preoccupato.

 “Cosa diamine è successo, Reg?” sbottò d’un tratto Sirius. Regulus, infatti, non aveva il miglior degli aspetti. I suoi occhi erano gonfi e rossi, le guance umide, i capelli scompigliati e un labbro gonfio, a forza di morderselo per non urlare troppo.

 “I-io ho reagito, capisci. Loro ti stavano insultando, mamma diceva che quando saresti tornato ti avrebbe preso a cinghiate e cruciato di più, poi diceva che non ti voleva come figlio e-e… io ti ho difeso. Poi abbiamo preso a… litigare, poi mi ha lanciato una cruciatus d’un tratto e mi ha torturato. Sembrava crudele e spietata, mi ha chiesto persino di-“ Regulus prese a parlare a vanvera, balbettando in alcuni punti, quando però giunse alla parte della tortura i suoi occhi si inumidirono leggermente di nuovo. Non notò neanche la faccia inquietante che fece Sirius.

 “Hey, hey basta” lo interruppe Sirius dolcemente, cercando di mettere da parte la sete di vendetta che aveva per sua madre. “Come stai?”domandò, poi mentre Regulus apriva la bocca lo interruppe di nuovo sul nascere “Sii sincero”.

Regulus fece una smorfia .

 “Mi sento tutto dolorante e ho la gola infiammata. La maledizione è stata parecchio intensa” rispose infine arrendevole

 “Non dovevi rispondere solo per difendermi, Reg. Non voglio che per colpa mia ti ritrovi in queste condizioni ogni volta che lo fai. Sembri quasi un barbone ” disse dopo un po’ Sirius, con uno sguardo categorico, ma allo stesso tempo ammorbidito. Fece un piccolo sorrisetto all’ultima affermazione. Regulus pensò distrattamente che era un'espressione strana.  

 “Posso solo immaginare quante Cruciatus in più che hai preso al posto mio” sussurrò Regulus abbassando lo sguardo, preso dai sensi di colpa “Io non ho mai fatto niente. E io, come tuo fratello, ho il dovere di difenderti” continuò.

Il secondogenito sentì Sirius ridacchiare.

 “Tu non hai proprio nessun dovere, Regulus. E non sentirti in debito, non pretendo niente di tutto questo da te. Già il fatto che stai dalla mia parte mi va più che bene”

 “Era una cosa personale, dovevo togliermi un peso. All’inizio non ho fatto niente, poi mi sono balzate in mente le immagine di te frustato, che urlavi… e ho agito d’impulso” spiegò Regulus, quasi disperato.

 “Io ti ringrazio, Reg, ma non farlo più” ribadì Sirius, guardandolo intensamente. Regulus si morse di nuovo il povero labbro inferiore.

 “Ma poi loro crederanno che mi sono arreso, che ho cambiato idea e-“

 “Che pensino quel che vogliono, va benissimo che sappia solo io che mio fratello non ha cambiato idea, gli altri non importa” lo interruppe di nuovo Sirius, deciso. Regulus lo scrutò, era preoccupato, anche se cercava di nasconderlo. Annuì.

 “Però, sai, quando ho interrotto mamma con l’adrenalina che scorreva in corpo, mi sono sentito... coraggioso, e sì, anche forte.” Gli confidò Regulus dopo un po’ di piacevole silenzio. Sirius gli sorrise.

 “Lo sapevo che eri coraggioso, è scritto nella notte” proferì, Regulus aggrottò le sopracciglia. Se non fosse stato così stanco ci sarebbe pure arrivato a quel che Sirius intendeva, ma non aveva voglia di pensare.

 “Che intendi?” domandò confuso. Sirius alzò gli occhi al cielo, sorridendo sghembo.

 “Certo che stai diventando proprio tardo!” esclamò “Regolo  è la stella più brillante della costellazione del Leone, stupido! ”  
 
 
 


 
 


 
 


 
 


 
 


 
 
*Walburga non sa che Harry per tutti è un mezzosangue, di nome Potter poichè questo cognome è parecchio diffuso fra i Babbani. Semplicemente la Signora Black ha visto “Harry Potter” e ha subito pensato che fosse un purosangue.
 
Angolo Autrice
Ciao cara gente! Mi scuso per la lunghezza di questo capitolo. 14 pagine, ho fatto 4 pagine in più del normale. Ma mi sono sempre imposta di fare almeno tre scene a capitolo, e questa volta per farne tre ho scritto così tanto. Spero che non vi scoccerete di leggere tutte queste pagine.

Prima che me ne dimentichi, devo avvisarvi di una cosa: tra pochi giorni partirò per le vacanze e non sarò a casa per due settimane. Poi tornerò ad Agosto e poi ripartirò. Non so quando aggiornerò di nuovo, poiché ho un computer fisso e non portatile. Però state certi che non abbandono la storia.

Ma ora passiamo al capitolo. Harry sente il peso delle morti dei suoi amici ancora di più il 2 Maggio. Proprio quel giorno, per qualche consolazione si dirige sulla Torre d’Astronomia , dove incontra una ragazza. Pandora, una ragazza del quinto anno Corvonero (nel capitolo non  c’è scritto di che anno è, ma ve lo metto qui.) che ama il cielo, con un atteggiamento vagamente sognante. Quanti di voi hanno capito chi è? Credo davvero in molti. Danno via a un discorso che a orecchie esterne parla di stelle, ma che in verità ha un significato diverso. Già quando Harry parla con Marlene si capisce che sta imparando a seguire il consiglio della ragazza.

 Riguardo a loro due, Harry parla con lei di Hermione, mentendo su alcune informazioni, ma descrivendola con affetto e nostalgia. Poi, quando Lene apprende che Hermione è morta, Harry cerca di rimetterla a suo agio.

E quindi la butta nel Lago Nero! Mi pare ovvio, no? Ben presto si aggiungono gli altri e danno via a una battaglia.
Poi veniamo a sapere che sono stati beccati, mentre Walburga fa il suo sproloquio degno di Satana. Scatta qualcosa in Regulus, che difende suo fratello e cerca di far notare a sua madre le stronzate che spara. Devo dire che è stato parecchio difficile scrivere quel litigio, manovrarlo e scrivere le battute dei personaggi. Regulus viene cruciato (si lo so, Walburga somiglia un po’ a Bellatrix) e tutto dolorante chiama Sirius.
Anche qui è stato difficile scrivere, le reazioni di Sirius e quello che avrebbe detto. Reg si sente in debito con suo fratello, si sente di doverlo difendere.
Poi, come abbiamo iniziato parlando delle stelle, si finisce con una battuta su una stella. Regolo, la stella più brillante della costellazione del Leone, il simbolo del coraggio e della forza.
Recensite e fatemi sapere il vostro parere!


P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 23
*** Pozione dell’Euforia ***


Pozione dell’Euforia 

 

"Dio mio, James! Vuoi aiutarmi o vuoi che questa pozione ci esploda dritta in faccia??" Esclamò al limite della sopportazione Sirius.

James sobbalzò e si risvegliò dalla sua trance, dovuta alla meravigliosa contemplazione di Lily Evans.

“Oh, ehm, certo!" Rispose a disagio, poi diede una veloce occhiata alle istruzioni  e aggiunse alla pozione delle briciole di Grinzafinco.

Sirius sbatté la testa sul banco.

“Ma no! Dovevi prima abbassare la fiamma, deficiente!!" Lo sgridò, poi si sentì uno scoppio di una bolla. Si girarono lentamente verso la pozione, che ribolliva in modo minaccioso.

“Ai ripari!" Urlò James allarmato, scappando dalla pozione il più lontano possibile.

Un secondo e la pozione esplose.

L' aula fu ricoperta di schizzi di quella che una volta doveva essere una pozione Cogitata, e gli studenti emersero lentamente da sotto i banchi, dove erano corsi appena James aveva dato l'allarme.

Mentre qualche studente borbottava sul fatto che essere capitato nella stessa classe dove erano presenti i due Malandrini era una vera sfortuna, Susan Benett, una Grifondoro del loro anno, urlò:

"Black! È stato infettato!"

James corse subito a fianco a Sirius, seguito dal Professor Lumacorno.

“Porco Salazar!" Imprecò elegantemente Sirius senza fregarsene minimamente del professore, stringendo la mano sinistra talmente forte da far quasi fermare la circolazione sanguigna.

“Si deve portare immediatamente in infermeria! La pelle si sta arrossando troppo, credo che tra poco usciranno delle bolle!" Disse il Professor Lumacorno, osservando la mano di Sirius preoccupato.

“Lo porto io, professore!" Si offrí James, Lumacorno annuì.

“E uscite tutti dall'aula, questa sostanza è potenzialmente pericolosa, sopratutto se ingerita" ordinò il professore, mentre gli studenti riponevano più che contenti la loro roba, evitando con maestria e timore il nuovo veleno creato da James.

James aiutò Sirius ad alzarsi, e uscirono dall'aula.

“Credo che la mano mi stia abbandonando per sempre" esalò Sirius facendo una smorfia di dolore. James alzò gli occhi al cielo.

“Come sei melodrammatico..." borbottò mentre imboccavano una scorciatoia che avevano scoperto negli ultimi tempi.

“Hai per caso una mano che fabbrica bolle?!" Sbottò Sirius indispettito. James ghignò

“No, ma è grazie a me che ha imparato a farlo" rispose, portando avanti quell'assurda conversazione. Sirius sbuffò

“Sei un disastro vivente"

“Lo so"

Aprirono le porte dell'infermeria, chiamando a gran voce Madama Chips.

L'infermiera accorse subito, e appena vide la mano di Sirius, lo fece sedere su un lettino.

“Cosa è successo?" Chiese Madama Chips analizzando la mano

“James ha sbagliato a preparare la Pozione Cogitata, è esplosa e mi è finita addosso" rispose Sirius con voce inespressiva. Madama Chips annuì e corse a prendere una pozione per riparare il danno.

“Tutta colpa tua" Sirius accusò l'amico, fingendosi più irritato di quanto fosse.

James lo fissò indignato

“Capisco che tu sia cotto della Evans, ma evita di guardarla mentre facciamo qualcosa che ci riesce male già dal principio!" Continuò Sirius, non trattenendosi dal ghignare

“Cosa?! Non sparare cavolate, Sir! Non sono cotto di quella!" Ribattè James incredulo che l'amico potesse pensare una cosa del genere.

“Ti credo James, ti credo. Quindi perchè la guardavi?"

James incrociò le braccia al petto "Non la guardavo e lei non mi piace. Certo, è bella, intelligente, gentile, dolce, anche quando si arrabbia è uno spettacolo, ha degli occhi unici e stupendi e..." James si interruppe di colpo, ricomponendosi 

"Ma non mi piace. Sono io che devo piacere a lei, non lei che deve piacere a me" chiarì deciso,  osservando l'espressione scettica e derisoria di Sirius.

“Ecco, credo che brucerà un po' " Madama Chips venne vicino a loro con una boccetta con dentro un liquido viola in mano. Prese la mano di Sirius e ne versò tre gocce.

“Brucia!" Esclamò Sirius, strizzando gli occhi

“Lo so Black, te l'ho detto prima" ribatté l'infermiera, poi prese delle fasce e le avvolse lentamente attorno alla mano di Sirius.

“Fatto, puoi andare, ma non usarla troppo" lo redarguì.

Uscirono dall'infermeria, e Sirius decise, per sfortuna di James, di riprendere il discorso.

“Però, essere cotto della Evans... più difficile non te la potevi scegliere" commentò sarcastico

“Ma sei sordo?! Ti ho detto che non mi piace!"

“Ma per piacere James! Un altro poco e perfino Peter se ne accorge!" Ribattè Sirius, esasperato dalla cocciutaggine dei Potter. Si, dei Potter, perchè benchè Harry e James non fossero imparentati, erano entrambi cocciuti.

Forse tutti i Potter del mondo erano così...

“Lei è una sfida! E basta!" Disse James quasi urlando, rosso in viso.

Sirius fece spallucce

“Ah ok, quindi se diventasse anche la mia sfida a te non darebbe fastidio" disse con noncuranza.

James spalancò gli occhi

"Cosa?! No! Non ti azzardare! Lei è la mia sfida"  starnazzò, battendo una mano sul suo petto, come a enfatizzare il concetto

Sirius alzò le sopracciglia.

“Poi dici che non ti piace" borbottò il Black. Forse era una battaglia persa, James ci sarebbe dovuto arrivare da solo.

“Io sto parlando di sfide, non di lei. E poi già è difficile conquistarla così, non mettertici pure tu" ribattè James alzando gli occhi al cielo.

Sirius ghignò arrogantemente

“Hai paura che te la soffi?"

“Ma figurati!" James sventolò una mano come a scacciare una mosca fastidiosa. "Ho solo paura per il mio migliore amico, perchè se ti metti a corteggiarla non dovrò pensare solo alla mia salvezza, ma anche alla tua!" Continuò

“Secondo te è capace di ucciderci?" Chiese Sirius, fintamente terrorizzato

“Lei è capace di tutto, è per questo che è fantastica" 

“Ma non ti piace" ribadì Sirius ironico

“Assolutamente no"

Ok, forse un pochino sì" pensò James, ma evitò accuratamente di dirlo ad alta voce.

"Ehi ragazzi! Aspettateci!" Li chiamò Remus. I due si voltarono e videro gli altri tre componenti del gruppo dirigersi verso di loro.

“Come va la mano, Sirius?" Chiese Harry, osservando le fasce sulla mano del Black.

“Brucia come l'inferno, quasi non riesco a muoverla"

“Non esagerare!" Esclamò James
 

Si sentì il brontolio di uno stomaco. Tutti si voltarono verso la fonte.

Peter arrossì imbarazzato, facendo spallucce.

“È ora di pranzo" si giustificò. Solo quando lo disse, Sirius si accorse di quanto avesse effettivamente fame.

Si diressero verso la Sala Grande.

“Tra una settimana iniziano le vacanze estive" se ne uscì d'un tratto Remus.

Gli altri annuirono.

“Ci terremo comunque in contatto, probabilmente faremo esaurire i nostri gufi" disse Sirius ridacchiando, cercando di non pensare a sua madre che gli sequestrava tutto.

"Se volete, potete venire un po' a casa mia  questa estate" propose James sorridendo smagliante

“Non disturberemo?" Chiese Peter incerto.

“Ma no! Potter Manor è enorme, ci starete tutti. Anzi, ci sarà ancora spazio che avanza. Poi ai miei genitori farebbe piacere conoscervi" rispose James facendo spallucce

“Chissà che dovrò fare per convincere mia madre..." borbottò Sirius cupo. James lo guardò serio, poi sorrise.

"La farò parlare con mia madre, sicuramente la convincerà"

Sirius non ci credette più di tanto, ma lasciò stare

"Nel fantastico caso in cui mia madre cedesse, posso portare anche Regulus? Non voglio lasciarlo da solo in quel posto"

"Certo" rispose James sorridendo, varcando le porte della Sala Grande.

"Buon appetito, Evans!" Urlò Potter, facendosi sentire da mezza tavolata. Lily gli riservò un'occhiata gelida e non rispose.

James non ci badò più di tanto e si sedette al solito posto.

“Comunque dobbiamo organizzare un grande scherzo per la fine dell'anno" bofonchiò Sirius dopo un po', mangiando dell'insalata.

Remus stranamente sorrise

“Ho avuto del tempo che mi avanzava e ne ho pensato qualcuno, ho cercato anche gli incantesimi necessari" disse con tono diplomatico. Gli altri lo guardarono con tanto d'occhi.

“Che c'è?! Mi è venuto d'un tratto l'istinto malandrino in biblioteca, che ci potevo fare?" Remus li guardò divertito.

“Spara!" Esclamò Harry, tutti i presenti sapevano che quando Remus ci si metteva, riusciva a idealizzare gli scherzi più epici.

“Potremmo capovolgere tutto, facendo stare i tavoli in aria con tutto il cibo." Iniziò Remus sotto gli occhi attenti degli altri. "Ho anche pensato di mettere un bel po' di Pozione dell'Euforia nei piatti di tutti, magari versandone 4 boccette nel grande pentolone nelle cucine. Infatti se presa troppo può provocare delle risa incontrollabili e dei canti esagerati. Oppure possiamo far ballare le armature facendole marciare in Sala Grande. A voi la scelta" continuò Remus gesticolando.

“Sei un fottuto genio!" Si complimentò Sirius.

“Grazie Sirius, ma modera i termini" lo rimproverò Remus, sorridendo comunque.

James ghignò, perso nelle sue fantasticherie.

“Ma ve lo immaginate Piton che ride e canta? Sarebbe uno spettacolo mai visto prima" disse, guardando il tavolo di Serpeverde.

“Facciamo la Pozione dell'Euforia, che ne dite?" Domandò Harry, guardando tutti, che annuirono.

“E vada per la pozione!"  esclamò Sirius sorridendo.

“E dove la prendiamo?"Chiese Peter sgranocchiando una fetta di pane a Remus.

"Nella dispensa di Lumacorno, mi pare ovvio, Pete!" Disse James, come se fosse perfettamente normale rubare a un professore.

“Lo facciamo all'ultimo banchetto?" Chiese Remus.

“Beh, è uno scherzo di fine anno, quindi si fa a fine anno. Anche per festeggiare la fine degli esami, non sarebbe male."

“Dobbiamo segnarci da qualche parte gli scherzi che mettiamo da parte, così quando dobbiamo farne uno abbiamo idee già pronte" sussurrò Harry tra sè e sè, tirando fuori dalla borsa una pergamena e una piuma.

“Ah! Faremo diventare bianchi i capelli della McGranitt, ragazzi!" Esclamò Sirius euforico.


 

                                       *


Lily fece un sospiro di sollievo. Tutti gli esami erano finiti, e non aveva trovato difficoltà nel farli. Forse quello di Astronomia era stato un po' più difficile, ma era sicura di averlo fatto bene.

“Tutta questa ansia mi ha fatto venire fame" borbottò Alice toccandosi la pancia.

“Davvero? A me sonno" disse Mary, mentre si incamminavano verso la Sala Grande.

Seguirono alcuni istanti di silenzio.

“Mi mancherà Hogwarts, ormai è come  una seconda casa"  sussurrò Marlene, guardandosi intorno. "Mi mancherete anche voi"

Lily, Mary e Alice sorrisero. Quest'ultima abbracciò di slancio Marlene.

“Tesoro, anche a noi mancherai. Ma ci sentiremo, non perderemo i contatti!" Esclamò, dandole un bacio sulla guancia.

Entrarono in Sala Grande, che in quel momento era decorata con dei grandi stendardi di Corvonero, e si sedettero al Tavolo di Grifondoro.

Silente si alzò.

“Quest'anno è giunto al termine, così come gli esami. E sono lieto di annunciare che la Coppa delle Case è stata vinta da Corvonero con 543 punti!" Esclamò, il tavolo dei Corvi si mise a festeggiare.

“Sì sì, complimenti Corvonero, complimenti." disse Silente sorridendo "Al secondo posto, invece abbiamo Grifondoro con 525 punti!" I Grifondoro sorrisero fieramente.

“Saremo al primo posto se non fosse per Potter e la sua banda" sibilò Lily sconsolata.

“Al terzo e quarto posto Serpeverde e Tassorosso con rispettivamente 490  e 480 punti!" Finì Silente. 

"Pertanto, credo di essermi dilungato un po' troppo secondo il vostro appetito. I nostri elfi hanno preparato tutte queste squisite pietanze esclusivamente per voi, quindi, mi raccomando, dateci dentro!" Si sedette seguito dagli applausi fragorosi di tutti.

Presero a mangiare, a un certo punto si sentì una risata esageratamente sguainata.

“AHAHAHAHAHAH!! LALALAAAAA UN CALDERONE DI FORTE  AMOR BOLLENTEEEE"

Tutti si voltarono verso quella Tassorosso del settimo, che aveva spalancato le braccia al cielo.

“MESCOLA MESCOLA CHE QUESTO AMOR È TROPPO SALAAAATOOO!!" Urlò in modo stonato un Grifondoro, alzandosi di scatto, facendo sobbalzare i suoi vicini.

A un certo punto nove ragazzi presero a ridere.

“DIO MIOOOOOO!!!! LALALALALALALALAAAAA" urlò un Serpeverde, cadendo a terra.

Piton sputò immediatamente il suo cibo.

La Professoressa di Babbanologia si alzò e prese a ballare, cantando a squarciagola.

“A SCREAMY SUMMEEEER!! A SCREAMY SUMMEEEER! COME ON WITH ME, GUYS! COME ON WITH MEEEEEEE! THE COLD SEA, THE WARM SAND, AND YOU WITH ME! AND YOU WITH MEEE!"

Quasi tutti presero a ridere in modo incontrollabile.

“Silenzio!" Silente si alzò, guardando preoccupato la massa di apparenti dementi che ridevano e cantavano. Un primino si avvicinò a lui

“WE DO NIGHT, BALL AND SINGS WITH ME! UNDER THIS STARS NOTHING CAN STOP! THE MOON LOOKS AT US LIKE A DISTANT SPECTATOR!" Urlò

“IL CALDERON CUOCE E CUOCE! AMOR PIÙ BOLLENTE!!! MA IL RISCHIO DI SCOTTARSI È ALTOOOO! MA A ME NON IMPORTA! PERCHÈ QUESTO AMOR SEI TUUUU!"

“AHAHAHAHAHAH" rise Mary, cadendo dalla panca "E LALALLLALA!! LEEEE! LIIII!! LOOOO! LUUU! E POPOROPOPPÒ!”

“Mary!" Esclamò Lily preoccupata, non toccando cibo per paura.

Anche cinque ragazzi ridevano sguaiatamente, e non per la pozione.

“Mio dio..." esalò James, asciugandosi gli occhi che un altro poco lacrimavano.

Tutti gli insegnati si alzarono, tranne la Sprite e il Professor Kattleborn che ridevano e cantavano.

La professoressa Sprite prese per un braccio la McGranitt, costringendola a fare una giravolta.

La VicePreside si allontanò immediatamente

“CHIUNQUE NON ABBIA TOCCATO CIBO CONTINUATE A NON FARLO! CREDO PROPRIO CHE CI SIA DELLA POZIONE DELL'EUFORIA!"  Urlò Silente, per farsi sentire tra i pochi ancora sani di mente

“QUANDO FINISCE QUESTA POZIONE?!" Urlò un Serpeverde, scappando da una Grifondoro che voleva ballare con lui. Silente guardò la Sala sconsolato

Tra un'ora e mezza" 


                                   

                                     *


Il treno fischiò di nuovo, mentre gli studenti si apprestavano a salire tra chiacchiere e risate. I Malandrini si sedettero nello stesso scompartimento in cui giusto a settembre James e Sirius si erano conosciuti.

James non mancò durante il viaggio di andare a importunare la povera Lily. Da quando James aveva raggiunto la consapevolezza (dentro di sè) che gli piaceva leggermente Lily, vedeva cose di quest'ultima da tutte le parti. Ieri, ad esempio, aveva notato che la Professoressa Sinistra aveva lo stesso mignolo della Evans. Ne era sicuro.

Quindi potete ben capire la sua reazione quando Harry, seduto di fronte a lui, si tolse gli occhiali per pulirseli facendo notare ancor di più i suoi brillanti occhi verde smeraldo che le spesse lenti sminuivano.

“Harry!" Urlò James, avvicinandoglisi di scatto, facendo sobbalzare il poverino.

“James!" Esclamò Harry, facendo per mettere immediatamente gli occhiali per non essere cieco come un talpa.

“Non azzardarti a metterli!" Strillò allarmato James, a Harry caddero gli occhiali di mano.

“Che cosa ti prende, James?!" Sbottò Remus, che era stato disturbato dalla sua interessante lettura.

“Harry! Harry ha gli occhi della Evans!"

Mentre Harry sbiancava, Sirius sbuffò.

“Ma per piacere James! Vedi la Evans da tutte la parti!"

“Ieri hai notato qualcuno che ha il suo stesso mignolo. E io mi stupisco che tu ti sia messo a guardare il mignolo della Evans!" Esclamò Peter, scartando una Cioccorana, che gli venne rubata immediatamente da Remus.

Peter gli rivolse un' occhiataccia, poi prese una Caramella Mou e la mise in bocca.

“Ve lo dico io! Sugli occhi della Evans non mi posso sbagliare! Lui ha lo stesso colore unico, e anche la stessa forma! Insomma, guardateli! Non metterti gli occhiali, Potter!" James rubò gli occhiali a Harry

“Ma non ci vedo! Potrei sbattere contro il finestrino senza neanche vederlo!" Ribattè Harry esasperato

“E allora non muoverti, deficiente!" Esclamò James, facendo segno agli altri di avvicinarsi.

Sirius e Remus si avvicinarono giusto per accontentarlo, Peter lasciò perdere.

Harry iniziava a sentirsi a disagio.

“Sono verdi..." borbottò Sirius, poi si voltò verso l'amico "hai idea di quante persone al mondo hanno gli occhi verdi?!"

“Ma allora sei cieco! Non vedi che sono smeraldo?! E poi brillano! Non sono comuni!" Insistè James

“Certo, ha i brillantini negli occhi" Ribattè sarcastico Sirius.

“Allora guarda la forma!"

“Beh, in effetti c'è una marcata somiglianza" sussurrò Remus

“Hey! Sono presente!" Esclamò Harry infastidito da tutta quell'attenzione

“Ok, lo ammetto. Ci somigliano parecchio, ma poichè Harry è addirittura il tuo clone, non mi scandalizzo più di tanto" disse Sirius, sedendosi svogliatamente.

“Posso mettere i maledetti occhiali?!" Sbottò Harry, prendendo alla cieca gli occhiali e infilandosi. James si risedette, pensieroso

“Ecco perchè mi sembravano familiari"  sussurrò meditabondo

Passarono le ore e passarono i minuti da quel momento, e ben presto giunsero alla Stazione di King's Cross.

Presero i bauli dal portabagagli e scesero dal treno.

“Spero che vada tutto bene, Sirius" sussurrò James, abbracciando l'amico.

“Anch'io, James. Buone vacanze"

Si salutarono tutti e cinque.

James e Harry andarono a  salutare Lily e Marlene.

Harry fu abbracciato di slancio da Lily.

“Vedi di scrivermi, altrimenti vengo a cercarti" disse la rossa, scombinandogli i capelli affettuosamente.

"Lily! Ci ho messo due ore per metterli per lo meno decenti" disse fintamente indispettito Harry, Lily rise.

“Posso scriverti anche io, Evans?" Si intromise James ghignando.

“Se mai lo facessi, le tue lettere verrebbero bruciate" rispose Lily acida

“Crudele"

“Solo con te"

“Harry!" Marlene si avvicinò , e abbracciò Harry "all'anno prossimo" disse, dandogli un veloce bacio sulla guancia.

“Tu non mi saluti, eh?" James incrociò le braccia indispettito.

Marlene gli diede una spallata giocosa

“Buone vacanze, Potter-idiota!"

“Anche a te, biondina!"

“Non chiamarmi biondina!"

Tutti si diressero verso i propri genitori, che li abbracciarono con amore.

Remus però si voltò, notando Harry dirigersi verso il muro da solo.

“Harry!" Lo chiamò, quest'ultimo si voltò.

“Ma i tuoi genitori?"

Harry sorrise "Non sono potuti venirmi a prendere, vado via con la Metropolvere"

“Ok..." rispose Remus aggrottando le sopracciglia, poi con un ultimo cenno di saluto, Harry riprese a camminare.

Remus restò ad osservarlo finchè non lo vide scomparire oltre il muro.

I genitori di Harry.

Remus non li aveva mai visti, nè sapeva molto di loro. Harry non ne parlava mai, e da quel che si ricordava il suo amico non aveva mai ricevuto una lettera da loro. 

Come se non esistessero.

Harry mentiva su qualcosa di grosso, Remus lo aveva capito. Forse aveva a che fare con le sue uscite notturne, quelle che faceva almeno tre volte a settimana, tornando in tarda notte.

Si ricordava ancora quando, dopo la prima volta che lo aveva scoperto, aveva continuato ad aspettarlo di nascosto, e come, dopo circa una settimana, Harry non aveva preso il Mantello di James, ma si era puntato la bacchetta addosso e si era reso completamente invisibile.

Remus non era stupido, era andato a cercare l'incantesimo "Incantesimo di Disillusione"

Livello: Medio

Remus sospettava si insegnasse al sesto anno.

Harry sapeva incantesimi troppo avanzati per un primino, sapeva troppe cose, i genitori non si erano mai visti e sentiti e sembrava conoscere la sua licantropia da settembre.

Come se lo avesse già conosciuto.

Forse Harry non ce li aveva i genitori, forse non era neanche chi diceva di essere.

Remus scosse la testa, evidentemente stava esagerando. Forse, per una volta, il suo istinto si stava sbagliando.

Ma la domanda gli sorse comunque in testa.

“Cosa nascondi, Harry?" 



 


 


 


 


 

 

 

 

​Angolo Autrice

Eccomi qui! Sono riuscita a pubblicare! Il primo anno dei Malandrini è finito.

Oltre ad aver appurato da chi Harry ha preso la sua passione per i guai (come se già non si sapesse), James ha ammesso tra sè e sè (ad alta voce no, non pretendete troppo XD) di essere leggermente cotto di Lily, anche se leggermente è un termine decisamente riduttivo. 

Ecco l'ultimo scherzo, la Pozione dell'Euforia! Mi sono sbizzarrita a inventare i testi delle canzoni.

La canzone in inglese, fatta da me, ho pensato fosse delle Sorelle Stravagarie. Scusate se forse l'inglese non è corretto, ma ho tradotto tutto con il traduttore. 

All'ultimo, abbiamo il viaggio in treno, in cui James dopo un anno (si lo so, è esagerato) si accorge che anche Harry ha gli occhi verdi! 

E poi, per ultimo i pensieri di Remus. Ora sapete chi ha visto Harry, ma credo che per voi non sia stata una grande sorpresa XD. 

Recensite e vi saluto

 

Ciriciaooooo

 

P.s. Mi scuso per eventuali errori di battitura  o/e grammatica






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 24
*** Potter Manor ***


 

Potter Manor


Giugno passò velocemente senza che neanche Harry se ne accorgesse. Arrivò la metá di luglio, e come tutte le mattine, uscì dalla sua camera 19 del Paiolo Magico per mangiare qualcosa a colazione.

“Buongiorno, Signor Granger!" Lo salutò Tom, stranamente di buon umore.

Harry sorrise svogliatamente, ricambiando il saluto con voce assonnata.

"Buongiorno, Tom" si sedette, con gli occhi socchiusi e i capelli biondi scombinati. 

In quel momento non era neanche lui, ma era tornato Cedric Granger, come ormai aveva deciso, avrebbe fatto tutte le estati.

Una cameriera gli servì delle uova cotte, facendogli l'occhiolino. Harry a malapena se ne accorse. Prese a tagliare con coltello e forchetta, finché un gufo non entrò dalla finestra e si posò di fronte a lui.

Harry lo riconobbe subito, era Cacao, il gufo di James. Come avevano promesso, si erano tenuti in contatto per tutto il mese in continuazione.

Harry ormai aveva perso il conto di quante lettere si scambiassero al giorno i Malandrini.

Un telefonino avrebbe fatto comodo a tutti, sopratutto ai poveri gufi che erano costretti a volare da una parte all'altra dell'Inghilterra.

Mentre dava delle noccioline a Cacao, prese la lettera che aveva attaccata alla zampa:


Carissimo clone 

Come va la vita? NON dire che tanto te l'ho chiesto ieri e quindi non è cambiato niente da un giorno all'altro.

Può succedere di tutto in un giorno! 

Comunque, Harry, sono disperato! Ho mandato almeno due lettere alla Evans e quella bambina acida e isterica non risponde.

Secondo me le ha bruciate. Sono stato tentato di ordinare a Cacao di beccarle la mano fino a quando non rispondeva, ma poichè sono buono, e non voglio rovinare le belle mani che la Evans si ritrova, mi sono trattenuto. 

Oggi pomeriggio mio padre mi ha promesso una partita a Quidditch, e non vedo l'ora di usare di nuovo la mia nuova Nimbus 1400. Farò faville quando quest'anno verrò ammesso nella squadra di Grifondoro (perchè è certo, verrò ammesso, su questo non ci sono dubbi).

Ma ora veniamo al punto cruciale per cui ti ho scritto questa lettera scrivendoti cose che magari non ti interessano neanche (anche se ti interessi delle mie lettere di più della Evans, vero? Almeno non le bruci).

Io, James Charlus Potter, ti invito ufficialmente a Potter Manor questa settimana. Forse sono stato un po' troppo formale. Poco importa. Fammi sapere se puoi venire per qualche settimana! Spero che i tuoi genitori siano d'accordo. Comunque, se la risposta sarà affermativa, ti aspetto mercoledì.

Un saluto malandrino

James

P.s. Forse ci saranno anche Remus e Peter. Sirius non lo so, mia madre deve parlare con quella strega (in senso negativo, ovviamente) che Sirius si ritrova come madre. Sì, mi permetto di insultarla, poichè Sirius mi ha dato esplicitamente il permesso.
 


 

 

Harry posò la lettera sorridendo.

Più tardi si diresse all'Ufficio Postale con una lettera in mano, in cui rispondeva affermativamente all'invito di James.

Avrebbe incontrato i suoi nonni! Chissà come erano, di loro aveva sentito parlare qualche volta da Sirius, che gli aveva anche detto che il padre di James, Fleamont Potter, era un abile Pozionista, nonchè il creatore della Pozione Lisciaricci.

Harry si chiese vagamente come mai James non aveva ereditato il talento per Pozioni, in modo che anche lui, Harry, lo ereditasse. Una vera sfortuna, si sarebbe evitato un paio di grattacapi.


Mercoledì Harry annunciò a Tom che lasciava la camera, chiedendogli anche se aveva della Polvere Volante, che lui gli offrì gentilmente.

Harry sapeva che poteva benissimo smaterializzarsi, ma James gli aveva consigliato di viaggiare via camino.

A Harry andava benissimo così: oltre a togliersi la camminata di 300 m che avrebbe dovuto fare per evitare di violare le potenti protezioni di Potter Manor, si sarebbe anche tolto il peso di inventare come era venuto senza 'i suoi genitori'.

Si infilò nel primo camino che trovò per la via, e buttò la polvere con uno scatto deciso , esclamando con tono sicuro:

“Potter Manor!"


 

                                  * 


Sirius camminava avanti e indietro ormai da minuti, secondo lui interminabili, mentre Regulus lo osservava spazientito in silenzio.

“Per Morgana, Sirius! Calmati!" Esclamò Regulus, a cui ormai venivano giramenti di testa a guardare suo fratello.

“Come faccio a stare calmo?! C'è la possibilità di uscire da questo inferno per una settimana o più volendo!" Sbottò Sirius "come fai a stare lì, perfettamente calmo e tranquillo, io proprio non lo capisco!"

Regulus si alzò, avvicinandosi a Sirius. Gli mise una mano sulla spalla, gentile ma deciso.

“Calmati, non cambia niente se fai un solco sul pavimento. Vedrai che andrà bene" cercò di rassicurarlo il secondogenito, Sirius si sforzò di sedersi e di sgombrare la mente.

Restarono in silenzio.

“La Signora Potter mi è sembrata una donna decisa e combattiva, sono sicuro che farà il possibile per farti andare"

"Per farci andare" lo corresse Sirius. Regulus lo guardò un attimo, prima di abbassare lo sguardo.

“Sei sicuro di volermi con te? Non sarei.. ehm.. un intruso tra voi?" Domandò incerto, torturandosi le mani.

Sirius alzò gli occhi al cielo, spingendo lontano dalla sua mente che in quel preciso momento, in quel preciso istante, in quel preciso secondo, la Signora Potter stava discutendo con Walburga. Esattamente, ormai aveva anche smesso di chiamarla 'Madre'.

"Ti ho detto milioni di volte che no, non lo saresti. I miei amici saranno contenti di conoscerti e non cercheranno di certo di farti sentire fuori posto." Rispose Sirius mettendo una braccio intorno alle spalle di Regulus "e ricordati che tutto questo è possibile solo se la Signora Potter convincerà Walburga"

“Mamma, Sirius, mamma" lo ammonì Regulus, appoggiando la testa sulla sua spalla

“Lei non si comporta come farebbe una mamma, e quindi io non la chiamo mamma" disse Sirius con tono deciso e irritato

“Si, ma è comunque nostra madre" insistè Regulus con tono calmo.

“Una madre di merda" sbottò Sirius infastidito, al contrario di Regulus che era rilassato.

“Se ti sentisse verresti cruciato" costatò Regulus sorridendo, avevano ormai imparato a scherzarci un po' sulle cruciatus. Ne faceva parlare con più leggerezza.

"Ma non mi ha sentito"

Regulus sentì delle voci concitate discutere di sotto, quella di sua madre prevaleva su quella della Signora Potter. Ma non si stupiva, era risaputo che sua madre era un' urlatrice professionista.

Quasi ridacchiò a quel pensiero.

“Non vedo l'ora che arrivi settembre" si lamentò Sirius "Hogwarts sembra la salvezza in questi casi" continuò. Regulus si irrigidì, cosa che non mancò di notare Sirius

“Cosa c'è Reg?" Chiese scrutandolo, staccandosi dal piccolo abbraccio in cui si erano avvolti.

Regulus sorrise fintamente, in modo perfetto.

“Niente Sirius, solo non vedo l'ora di andare a Hogwarts e di vedere questa bellissima scuola che tu non mi hai voluto descrivere per bene" rispose, il sopracciglio di Sirius si alzò.

“Davvero un bravo bugiardo Reg, ma io non ci casco."

Il secondogenito sospirò. Non c'era niente da fare, a suo fratello non poteva mentire. E forse non poteva neanche tacere, poichè Sirius era tremendamente testardo.

Appoggiò la schiena sul letto, con le mani dietro la testa, cercando di apparire rilassato e sciolto. Magari se avesse esposto così la cosa gli sarebbe sembrata anche a lui una stupidaggine di cui preoccuparsi.
 

“Lo smistamento" confessò "io potrò anche non essere più dalla parte della nostra famiglia, ma questo non vuol dire che io non possa essere un Serpeverde. 

Intraprendenza... ambizione... astuzia... Nei valori di quella casa mi ci rispecchio, quindi c'è una buona possibilità di venire smistato lì. Per te non ci sarà differenza, vero?"

Sirius lo guardò come se fosse pazzo.

“Certo che non ci sarà differenza, idiota! Ci parleremo comunque, se tu lo vorrai! L'unica cosa che potrebbe darmi fastidio è saperti in un covo di Purosangue convinti e idioti che sostengono quel pazzo megalomane"

Regulus sorrise, con la sensazione di essersi tolto un bel peso dal petto.

Qualcuno alla porta bussò

"Avanti"

Una donna dai capelli rossicci, gli occhi nocciola e la pelle chiara entrò nella stanza.

La Signora Potter li guardò tremendamente dispiaciuta, e Sirius già si preparò a ricevere una pessima notizia. 

“Mi dispiace davvero ragazzi, ho fatto il possibile, ma vostra madre non ha accettato"

Sirius sorrise amaramente.

“Dovevo aspettarmelo" rispose, passandosi una mano fra i capelli.

La donna si avvicinò a loro, si chinò e inaspettatamente accarezzò la guancia di Sirius, guardando entrambi affettuosamente.

Le erano piaciuti quei ragazzi dal primo momento che li aveva incontrati, e li ammirava per il loro coraggio di opporsi al volere della famiglia.

Sirius restò sorpreso da quel gesto, che era una cosa del tutto nuova per lui. Si trattenne dal premere la guancia su quella mano calda e chiudere gli occhi.

“Vedremo l'anno prossimo o almeno alle vacanze di Natale" disse facendo un occhiolino,  poi si rialzò e scombinò i capelli di Regulus.

"Non immagino quanto James mi tartasserà per riprovarci, e sarò contenta di rifarlo. Arrivederci" e con un ultimo sorriso, uscì dalla porta.

 

Ed era così che Sirius si immaginava una madre.


                       

                                   *


Harry piombò nel camino, sforzandosi di rimanere in equilibrio.

Si spolverò i vestiti, guardandosi intorno.

Era in un grande camino, in una stanza dalle pareti rosse e regali, con un bel lampadario alla francese dorato con dei piccoli cristallini appeso al soffitto.

Al centro della stanza c'era un tappeto bordeaux, mentre ai lati c'erano altri due camini.

Non si era mai trovato in una casa con così tanto lusso.

Questa stanza era forse la Sala d'Ingresso via camino? 

Harry non ebbe tempo di pensarci, poichè James entrò come un fulmine nella stanza, sorridendo.

“Harry!" Esclamò, gli strinse la mano e fece scontrare le loro spalle. “Benvenuto a Potter Manor" continuò, era leggermente cresciuto, un po' più alto di prima.

Poi entrò un uomo sulla cinquantina, con i capelli nero pece sparati in tutte le direzioni, gli occhi di un marrone scuro incorniciati da degli spessi dorati occhiali rotondi e un sorriso smagliante e gentile stampato in faccia.

Non ci voleva molto per capire chi fosse.

“Piacere, Signor Potter" disse Harry tendendo la mano che Fleamont prontamente strinse.

“Ti prego, queste formalità non mi piacciono. Signor Potter mi ricorda solo quanto io sia vecchio, chiamami Fleamont" rispose "tu devi essere Harry Potter, giusto? James mi ha parlato di te"

Harry annuì

Il Signor Potter ghignò, di un ghigno tremendamente simile a quello di James.

"James mi aveva detto che eravate quasi uguali, dicendomi addirittura che eri il suo sosia. Non ci credevo più di tanto, pensando che esagerasse, ma vedo che non esagerava affatto"

Harry sorrise

“Papà, dov'è mamma?" Chiese James guardando il padre

“È andata dai Black, per cercare di convincere la madre del tuo amico"
 

Passarono pochi secondi prima che il camino sulla sinistra si accendesse di una fiamma verde.

La Signora Potter uscì elegantemente con uno sguardo serio, spolverandosi i vestiti. Poi alzò lo sguardo, notando Harry.

Gli sorrise

“Felice che hai accettato il nostro invito. Io sono Euphemia, piacere" si presentò

“Harry Potter, Signora"  rispose Harry
 

“Mamma?" La chiamò James ansioso, chiedendo comunque anche se aveva già intuito la risposta "Non ha...?"

Euphemia scosse la testa

“Mi dispiace James, ho insistito molto, ma la Signora Black era ferma sulla sua decisione" poi cercò di risollevare il morale al figlio "ma tra poco verranno Remus e Peter. Sono sicura che vi divertirete  comunque. Nell'attesa porta Harry a visitare la casa, non vorrei che si perdesse il primo giorno" continuò sorridendo.

"Mia, siamo arrivati al punto che non mi saluti neanche?" Si lamentò Fleamont, Euphemia si voltò verso di lui, alzando gli occhi al cielo divertita.

“Hai cinquant'anni e ti comporti ancora come un diciassettenne, Fleamont"

James prese Harry per un braccio 

"Andiamocene, non voglio assistere ai loro occasionali sbaciucchiamenti" sussurrò facendo una smorfia, trascinandoselo fuori dalla stanza.

Nei minuti successivi lo portò in giro per Potter Manor, che sembrava grande quanto un castello. Aveva stanze, studi, una grande biblioteca, due sale da pranzo, due cucine, una stanza fatta appositamente per gli elfi domestici, un giardino enorme, un piccolo campo da Quidditch, una sala per i quadri e una per l'albero genealogico, c'erano almeno tre salotti, delle belle balconate, una stanza (inutile, a detta di James) delle armature, e una stanza dove James teneva custodite le sue bellissime scope che aveva prima, e addirittura una Sala da Ballo.

Immensa praticamente, un labirinto di scale e corridoi.

L'unica cosa che Harry fu in grado di ricordare con certezza era che la sua stanza era a fianco a quella di James, la quarta del corridoio del terzo piano.

Il resto, era tutto un ricordo confuso.

I giorni successivi furono davvero belli, insieme agli altri due malandrini.

Anche Sirius e Regulus, in un modo o nell'altro, riuscirono a essere 'presenti'. Appena poteva James li chiamava con lo Specchio Gemello.
 

Non passarono poi tanti giorni prima che James proponesse una partita a Quidditch. Harry fu da subito d'accordo, Remus tentennò un po' e Peter si rifiutò categoricamente: non sarebbe mai più salito su una scopa se non era obbligato.

Ci fu il dilemma delle squadre, poichè erano in numero dispari, e potete ben immaginare lo stupore degli ospiti quando Fleamont si offrì allegramente.

Remus si ritrovò in mezzo a tre Potter, tutti e tre estremamente bravi da quel che ne sapeva.

Lui, beh... se la cavava

Si ritrovò in squadra con Harry, nel ruolo di cercatore, contro Fleamont e James, rispettivamente nel ruolo di cercatore e cacciatore.

Remus sapeva che avrebbe palesemente perso contro James. Sperava solo che Harry battesse il Signor Potter.

“Via!" Urlò James, e Peter liberò le palle. La Pluffa e Boccino vennero liberati, insieme a due Bolidi 'automatici' che sceglievano da soli chi colpire.

Harry non aveva idea di che incantesimo ci fosse sopra per dare loro una volontà propria.

Presero a giocare, mentre Euphemia li guardava da lontano.

James fece almeno settanta punti, un vero fenomeno. Remus riuscì a farne quaranta, con sua grande sorpresa.

Fleamont e Harry scandagliavano il parco con occhi da falco. Finchè, quest'ultimo non notò un luccichio dorato in alto, a centro campo.

Partì come un razzo, con alla calcagna il Signor Potter.

Harry si era quasi dimenticato la sensazione di euforia, eccitazione, determinazione e libertà che si provava nel volare.

I capelli  si muovevano come pazzi, ogni capello in una direzione diversa, quasi avessero volontà propria, sferzati dal vento.

Il Boccino, accortosi di essere stato notato, prese a saettare da una direzione all'altra, più veloce che mai.

Harry schivò un Bolide facendo una giravolta, e allungò la mano.

Il Boccino saettò verso il basso, raggiungendo il suolo, intanto James segnò altri dieci punti.

Entrambi i cercatori si appiattirono sulla loro scopa, tuffandosi verso il suolo, entrambi allungando le mani.

Nessuno dei due disposto a mollare.

A pochissimi metri dal suolo, Harry si appiattì e prese con uno scatto deciso il Boccino, poi all'ultimo secondo piantò i piedi per terra dandosi una forte spinta, facendo una capriola per riprendere il pieno controllo.

Alzò vittorioso il pugno col Boccino, mentre Remus si lasciava andare ai festeggiamenti.

James mise su un finto broncio

“Papà!" Urlò, mentre il Signor Potter scendeva dalla scopa con una faccia stupita e un po' mogia. "Non ti sei mai fatto battere, si può sapere che ti è preso?! Non mi avevi detto che avevi la nomina del 'Miglior Cercatore di Grifondoro' ? " 

“Ma... ma lui... ha fatto quella roba... e boh" farfugliò Fleamont confuso, scrutando Harry con un sorta di piccola ammirazione

“E tenevi pure la scopa più veloce" borbottò James

"Ok, basta James. Mi hai fatto sentire in colpa abbastanza. Devo proprio consigliare a Harry di fare i provini per la squadra di Grifondoro..." sussurrò Fleamont, e sorridendo allegramente si avvicinò all'ospite.
 


 

                                     *


Severus chiuse con uno scatto secco il libro di Trasfigurazione, non riuscendo proprio a concentrarsi con le urla di sua madre e suo padre a fare da sottofondo.

“PULISCI QUESTA SPORCIZIA, STREGA DEI MIEI STIVALI!" Urlò suo padre, schifosamente ubriaco. Sua madre, con gli occhi neri come due pozzi profondi che mandavano lampi, non mancò di rispondere

"SEI TU CHE SPORCHI, PORCO! SEMPRE IN QUEGLI STUPIDI PUB FRADICI E SCHIFOSI CHE SOLO GENTAGLIA DI MALAVITA COME TE FREQUENTA! INVECE DI UBRIACARTI COME UN COGLIONE DAMMI UNA MANO E GUADAGNA QUALCHE SOLDO!"

Sua padre si alzò di scatto, il volto distorto dalla furia e la barba sfatta.

“PERCHÈ NON LI FAI COMPARIRE CON QUEL RIDICOLO BASTONCINO CHE TI RITROVI?! PERCHÈ NON LO CHIEDI A QUELL'ABOMINIO DI TUO FIGLIO?! CHE NON FA UN CAZZO DALLA MATTINA ALLA SERA?!" Urlò avvicinandosi pericolosamente alla donna e dandole un forte schiaffo, sua madre indietreggiò ed estrasse la bacchetta.

“Non toccarmi, mi fai schifo! Severus è ancora un bamb-"

Piton uscì di casa con il libro in mano, cupo come un Dissennatore. Lo infastidì oltremodo il tempo soleggiato e sereno di quella giornata di Agosto, l'esatto opposto di lui.

Uscì da quel viale puzzolente che era Spinner's End e si diresse al parco, rifugiandosi sotto un albero, respirando a pieni polmoni l'aria pulita e calda.

La giornata era piacevole, era calda ma non troppo. C'era quel venticello fresco che era ben gradito da tutti.

Severus non seppe quanto tempo passò prima di sentire una voce da lui amata.

“Sev!" Esclamò Lily avvicinandosi. Indossava un semplice vestitino verde, con disegnato sopra delle piccole margherite ai bordi. I capelli erano sciolti e aveva un frontino bianco fra i capelli.

Bastò quella visione a far risollevare il morale a Severus.

Le sorrise.

“Ciao Lily, che ci fai qui?" Chiese, mentre la bambina si sedeva accanto a lui graziosamente.

La rosse fece spallucce.

“Petunia si lamenta dei continui gufi che mi arrivano e mi sono stufata di ascoltarla. Oggi Potter si è superato, quattro lettere in un giorno!"

Severus aggrottò le sopracciglia, infastidito

“James o Harry Potter?"

Lily sbuffò divertita 

“James Potter, Sev! Ti pare che chiamerei Harry per cognome?" Rispose sorridendo. A Severus non stavano simpatici nessuno dei due, il primo perchè era idiota, arrogante, un bullo imbecille, pallone gonfiato... vabbè, qui si continua all'infinito. Il secondo perchè era semplicemente amico di Lily ed era un Malandrino.

Harry Potter era forse il più decente fra i Malandrini, con un minimo di sale in zucca. Ma era amico di Lily, Severus aveva un po' paura che quell'amicizia potesse sbocciare in qualcosa di più...

No, Lily aveva detto che era un amico, e basta.

“Perchè quello ti spedisce le lettere? Non mi dire che gli rispondi!" Esclamò Severus scandalizzato

Lily lo guardò come se fosse pazzo
 

“Cosa?! Ma che dici?! Io le lettere le strappo! Altro che rispondergli. All'inizio volevo bruciarle, ma mia madre non mi ha fatto accendere il camino perchè faceva caldo..."

Severus tirò un sospiro di sollievo dentro di sè.

“Tu perchè sei qui invece?" Chiese Lily incuriosita. Lo sguardo di Severus si incupì.

“Volevo fare i compiti in santa pace, ma loro litigavano e quindi ho preferito..." Piton lasciò la frase in sospeso. Lily lo guardò preoccupata e dispiaciuta.

Gli mise la testa sulla spalla, in segno di solidarietà.

Severus arrossì leggermente, godendosi la sua vicinanza e la piacevole sensazione che Lily gli donava quando era così vicina.
 




 


 


Angolo Autrice

Ecco un nuovo capitolo! Non succede granchè, lo so. Questo è diciamo un capitolo più...calmo? Non so come chiamarlo. 

L'estate l'ho fatta passare velocemente, ma credo che sia meglio così. Non succede niente di particolare in questi tre mesi, pareva inutile spendere più di un capitolo.

I Malandrini vengono invitati a Potter Manor e (per favore!) non odiatemi per l'assenza di Sirius. 

Si, i poverini hanno trascorso tutta l'estate lì.

Abbiamo conosciuto i Signori Potter. In molte fanfiction si chiamano Charlus e Dorea Potter, ma io ho preferito chiamarli Fleamont e Euphemia, come ha detto la Rowling si chiamano. Nella mia storia Charlus è il fratello di Fleamont.

Comunque, in mezzo ai Potter non può mancare il Quidditch! Ed ecco che Harry gareggia contro il nonno! 

Ma ora parliamo della scena a Grimmauld Place n 12. Regulus ha la piccola paura che qualcosa sarebbe cambiato nel rapporto tra lui e Sirius se fosse stato smistato a Serpeverde. Ma naturalmente per il fratello non cambia niente.

Per ultimo una scena a Casa Piton. I genitori di Severus litigano furiosamente, mentre Piton se ne esce da quella brutta casa. Qui si vede un po’ come i sentimenti verso Lily si stiano evolvendo. 

E poi... l'estate è finita. 

Al prossimo capitolo si inizia il secondo anno! 

Saluti! 

 

P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o\e battitura






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 25
*** La scelta giusta ***


La scelta giusta 

Regulus si guardò intorno, con una sorta di agitazione che cercava in tutti i modi di mascherare. Forse era diventato qualcosa di istintivo, per lui, cercare di nascondere le sue emozioni.

Fin dall'infanzia gli era stato insegnato così. Persino Sirius, quasi senza accorgersene, tendeva a farlo. Anche se era meno bravo. 

Ma a tradirlo c'era il fatto che si stava grattando il braccio più del solito mentre osservava quel treno rosso sbuffare fumo.

L'atmosfera era così agitata, chiassosa e felice che lui e la sua famiglia stonavano decisamente in quel contesto, con quelle loro pose rigide e facce imperturbabili. Sirius era accanto a lui, che si guardava attorno come se cercasse qualcuno.

Regulus lo sapeva chi cercava, i fantomatici Malandrini. Forse li avrebbe conosciuti in quel viaggio in treno.

Forse

Meglio se salite, potrete trovare uno scompartimento più facilmente" suggerì Orion, osservandoli, dopo aver fatto una smorfia di sdegno nel vedere due ragazze urlare come pazze isteriche per la felicità di vedersi.

Regulus e Sirius non se lo fecero ripetere due volte, e avevano fatto giusto un passo prima che il padre parlasse di nuovo.

“Ah, Regulus vieni qui"

Il ragazzino in questione si voltò lentamente, irrigidendosi di colpo. Poi ubbidì.

Suo padre si chinò alla sua altezza, guardandolo gelidamente negli occhi.

“Vedi di comportarti bene e di non diventare come quello scapestrato di tuo fratello. Non mi sono dimenticato la tua insulsa ribellione, e sappi che quello che hai assaggiato potrebbe essere solo l'inizio. Le nostre speranze sono riposte in te, vedi di non disonorarci e di non gettare fango sulla nostra famiglia " sibilò con una calma glaciale.

Regulus sinceramente sapeva che doveva annuire, perchè Sirius gli aveva consigliato così. Ma dopo aver provato la forza e la bellezza di dire la sua opinione, era difficile resistere a quella dolce sensazione.

Agendo unicamente d'impulso, sapendo che poi dopo si sarebbe rimproverato di starsi facendo influenzare troppo da suo fratello, rispose candidamente:

“In effetti il fango ce lo ha già gettato Sirius, padre, non vorrei gettarne altro ancora" disse alzando maggiormente la voce, facendolo però sembrare un comportamento naturale. Voleva che Sirius sentisse - assolutamente - quando mai avrebbe trovato il coraggio di fare una cosa del genere? Poi vide la faccia di Orion farsi leggermente compiaciuta e si complimentò per la sua abilità "così ho deciso di cambiare, che ne dite del letame?" Domandò audacemente, poi scappó via con un ghigno in volto, lasciandosi dietro la faccia confusa e infuriata di suo padre.

Salì sul treno insieme a Sirius con il fiatone, che si lasciò andare a una risata canina.

“Merlino, Regulus..." esalò "devo segnarmi questo giorno" continuò, tenendosi la pancia.

“Cerchiamo uno scompartimento" propose Regulus dopo essersi calmato anche lui, portandosi dietro il baule.

“Ah, vieni, ti ci porto io" disse Sirius, prendendogli la mano e iniziando a correre.

“Ehi, cos'è tutta questa fretta?!" Domandò Regulus infastidito.

“Ho paura che sia già occupato" rispose Sirius, poi quando raggiunsero quasi la fine del treno, aprì uno scompartimento.

 

"Ti presento lo scompartimento dei Malandrini, Reg" disse teatralmente Sirius. Regulus guardò lo scompartimento, poi alzò un sopracciglio. 

“E cosa lo fa vostro?" Chiese scetticamente. Sirius fece spallucce.

“Niente, ma qui ci siamo incontrati io e James. Poi alla fine dell'anno ci siamo messi tutti qui. Quindi è nostro"

“Non credo sia un ragionamento tanto logico..." disse Regulus incerto. Sirius scoppiò a ridere.

“Vuoi parlare seriamente di logica quando si parla di Malandrini, caro fratellino?!" Domandò divertito "Comunque, nostro o no, chiunque prova solo a sedersi non se la passerà tanto facilmente" continuò ghignando, sedendosi seguito da Regulus.

Quest'ultimo si guardava intorno, finalmente avrebbe conosciuto gli amici di cui tanto suo fratello aveva parlato.

Vabbè, certo, li aveva già conosciuti, ma non dal vivo. Poi nelle chiamate via Specchio la maggior parte del tempo parlava Sirius, con lui accanto. I Malandrini avevano provato a coinvolgerlo, ma si sentiva un po' imbarazzato. Quindi si era limitato ad ascoltare le loro conversazioni, ridacchiando e sorridendo per le cose assurde che succedevano dall'altra parte dello specchietto.

Quelli forse con cui aveva più confidenza erano Harry e James, che più spesso parlavano con lui o portavano lo specchio in mano.

Remus gli era sembrato simpatico, Peter... boh. Non si era esposto tanto. Però sembrava amichevole.

“Ehi!" Esclamò una voce, mentre la porta dello scompartimento si apriva di scatto.

Un ragazzo dai capelli castani dal volto attraversato da una vistosa cicatrice, sorrideva a loro felicemente.

“Remus!" Esclamò Sirius, alzandosi di scatto. Gli si avvicinò e lo abbracciò velocemente, dandogli delle pacche affettuose sulla spalla.

Regulus si alzò a disagio, mentre i due si staccavano. Remus si avvicinò a lui con un sorriso cortese, gli occhi nocciola chiaro curiosi.

“Ciao Regulus, piacere di conoscerti dal vivo" disse, tendendogli la mano. Regulus la strinse, mettendo su un sorriso.

“Anche per è un piacere"

Si sentì uno sbuffo, e entrambi si voltarono verso Sirius.

“Dio mio, come si è formali! Sembrate due anziani!"

Mentre Regulus lo guardava e si sedeva con più disagio di prima, Remus replicò tranquillamente.

"Scusa se non voglio essere maleducato"

Passarono solo cinque minuti, in cui Remus si era dimostrato a Regulus come una persona molto piacevole, capace di intrattenere una conversazione, prima che Peter giungesse.

“Ciao a tutti!" Esclamò sorridendo. Era leggermente più magro dell'anno scorso.

“Pete!" Lo salutò Sirius felice, dandogli una pacca sulla spalla.

Peter notò Regulus. Avanzò timidamente verso di lui.

"Ehm, ciao, sono Peter, vabbè ma questo credo che già lo sai... insomma ci conosciamo già e..."

“Piacere di rivederti, Peter" lo interruppe Regulus, prima che si cadesse nell'imbarazzo più totale.

 

Peter sorrise con le guance a fuoco e si sedette accanto a Remus.

“Hai una barretta di cioccolata? Non ho fatto colazione" Chiese poi a Remus, supplicante. Quest'ultimo lo guardò con le sopracciglia alzate.

“No, non ce l'ho" mentì, Sirius ghignò.

“Andiamo, Remus, non fare il cattivo bugiardo" lo ammonì scherzosamente. Remus lo guardò, poi estrasse lentamente dalla tasca una barretta, la scartò tranquillamente e staccò un quadratino di cioccolata sotto lo sguardo attento del biondino.

Poi si voltò verso Peter, e ghignando, se lo mise lentamente in bocca, masticandolo con gusto. Giusto per far venire ancor più fame a Peter.

“Non essere così crudele..." borbottò Peter indispettito.

“Sai che per averlo devi guadagnartelo. Il mio cioccolato non va' da nessuna parte con tanta facilità" rispose gongolando, inghiottendo il pezzetto.

Peter incrociò le braccia, con il broncio. Quando sarebbe passata la Signora del carrello dei dolci non gli avrebbe dato neanche una Cioccorana, doveva chiederglielo in ginocchio per averla. Sapeva che a metà viaggio la barretta sarebbe finita, a quel punto gli avrebbe fatto patire la fame.

"Ehm, posso averne un po' io?" Si intromise incerto Regulus. Forse non avrebbe dovuto chiedere, era scortese.

Remus lo analizzò, guardò lui, poi la barretta, di nuovo lui e di nuovo la barretta. Poi sotto lo sguardo confuso di tutti, prese un pezzettino e lo porse al secondogenito dei Black, con un piccolo sorriso.

“Che cosa?! Perchè a lui sì?!" Domandò Peter oltraggiato, mentre Sirius scoppiava a ridere.

"Lui è una nuova conoscenza, si deve essere gentili" rispose Remus facendo spallucce, trattenendo un sorrisetto divertito.

"Me ne dai anche un po' a me?" Chiese Sirius speranzoso.

"No"

Da quel momento passarono altri dieci minuti, e tutti iniziavano a preoccuparsi. Dov'erano finiti i due cloni?

Poi si sentì un gran fracasso per il corridoio.

“AAHHH! HARRY NON FINIRMI ADDOSSO!"

“Questo corridoio è stretto! Cosa pretendi da me?!"

La porta dello scompartimento si aprí di scatto, mentre James e Harry respiravano affaticati.

Remus si alzò con uno sguardo di rimprovero, con tutta l’intenzione di fare una piccola lavata di capo a quei due. James mise immediatamente una mano davanti.

“Non ora, ne ho già sentita una da mia madre" esalò riprendendo fiato. Questo non fece molto piacere a Remus, che non lo ascoltò minimamente.

“Si può sapere che fine avevate fatto?! Il treno sarebbe partito tra due minuti!" Li riproverò arrabbiato "Pensavo che lo avreste perso! Ci avete fatto preoccupare! Idioti!"

“Va bene Mamma Remus" Remus spalancò gli occhi, arrossendo leggermente.

 

"Cavolo dici, James?!" Esclamò stridulo. James ridacchiò.

 

"La sveglia non è suonata e Harry... non lo so. Ci siamo incontrati pochi minuti fa, quando lui già stava salendo"

“Sono dovuto tornare indietro perchè avevo dimenticato qualcosa" si inventò su due piedi. In verità ieri si era dimenticato di fare il baule, così aveva accatastato tutti i vestiti in fretta, ma poi era successo che il baule non si chiudeva e quindi aveva dovuto ricorrere a un incantesimo casalingo che aveva letto da qualche parte, aspettando che tutti gli abiti si piegassero. Ah, giusto, inoltre la cameriera lo aveva trattenuto nel tentativo di sedurlo. Pareva essere interessata a Cedric Granger.

Perfetto, no?

“Oh, ciao Regulus" esclamò James sorridendo smagliante, notandolo mentre il treno si apprestava a partire.

Si avvicinò a lui e gli diede quello che lui definiva "abbraccio maschile", stringendogli la mano e facendo scontrare le loro spalle.

“Felice di vederti. Così non dovrò sorbirmi Sirius che parla di te! Ti devo dire le ultime cose che mi ha detto sul tuo con-"

“Ma ciao, Jamie!" Lo interruppe Sirius lanciandogli un'occhiataccia.

“Hey, fr- amico!" Si corresse James, abbracciandolo brevemente. Si era trattenuto dal chiamarlo 'fratello', non gli sembrava corretto farlo davanti a Regulus, non sapeva se l'avrebbe presa male.

“Ciao Regulus" lo salutò Harry sorridendo, dandogli una pacca e sedendosi accanto a lui.

Dopo che tutti si furono salutati, si risedettero ai propri posti, prendendo a chiacchierare.

Regulus capì già dal primo momento che i Malandrini facevano di tutto per non farlo sentire escluso continuando a introdurlo nei discorsi. Ben presto prese anche lui a parlare rilassato, e non fece caso agli occhi felici di Sirius nel vederlo parlare così con i  Malandrini.

Nonostante questo, Regulus non potè non pensare che benchè stesse parlando tranquillamente, divertendosi e scherzando con quei simpatici ragazzi, si sentiva come una specie di piccolo intruso.

Sentiva già il legame tra loro, una bella amicizia, e questo si capiva subito da come scherzavano fra loro, da come si capivano con uno sguardo e dai loro occhi, che esprimevano la promessa di starci l'uno per l'altro per sempre. Si sentiva uno spettatore di quel bel legame, che si sarebbe rafforzato di giorno in giorno. Guardò Sirius, che era felice come non mai mentre scherzava con James, e fu davvero contento per il suo fratellone, che si era trovato queste belle amicizie.

Come promesso, Peter si rivendicò, non dando neanche una zampetta di Cioccorana a Remus, quando gli disse che per averla avrebbe dovuto inginocchiarsi, Remus si rifiutò riprendendo a leggere.

Anche due ragazze erano entrate nello scompartimento, una bionda e una rossa, Regulus non ci aveva messo molto a capire chi era cotto di chi.



“Evans! Sei più bella dell'anno scorso, naturalmente lo eri anche prima, non fraintendere. Quale buon vento ti porta qui? Ti sono mancato così tanto che non potevi aspettare stasera per salutarmi?" Aveva detto James in modo arrogante, la Evans gli aveva gettato un'occhiataccia.

“Mi duole contraddirti, ma non mi sei proprio mancato. E sono qui per Harry, non per te." aveva risposto acida. Poi si era diretta verso quest'ultimo, sorridendo felice. Lo aveva abbracciato  affettuosamente, quasi con fare materno.

Tutto questo sotto lo sguardo di invidia mal celata di James.

“Lene, consolami tu" aveva poi detto alla biondina, che aveva sorriso e lo aveva abbracciato, scompigliandogli i capelli. Poi anche lei aveva abbracciato Harry, anche se con la faccia rossa. Riprendendo il controllo, gli aveva schioccato un bacio sulla guancia, sorridendo.

“Come sono andate le vacanze?" Aveva chiesto impacciata. Harry le aveva sorriso.

“Bene, ho vinto anche una partita a Quidditch e-"

"Pff! Non fare il presuntuoso!" Aveva sbottato James interrompendolo.

“Non hai proprio voce in capitolo, Potter! Dato che le tue chiacchiere consistono più che altro nel dire quanto tu sia affascinante e bello!!” Lo aveva ribeccato Lily.

“Ma tu che ne sai, Evans! Allora io dico che tu sei costantemente acida e..." James si era fermato, facendo nascere un sorriso beffardo sul suo volto "ciclata" aveva concluso.

Perchè non usare quel nuovo termine che aveva appreso? Lo aveva sentito dire da un ragazzo babbano mentre parlava della sua ragazza. Poco ci era voluto per capirne il significato.

Lily aveva spalancato la bocca indignata, dandogli un calcio all'ennesima potenza.

Mentre James aveva gemuto di dolore imprecando vistosamente, Lily si era voltata tranquillamente verso Regulus, che la stava guardando leggermente in soggezione.

“Oh ciao, scusami non mi sono presentata, Lily Evans, piacere" si era presentata sorridendo dolcemente, porgendogli la mano. A Regulus quasi non sembrava la stessa ragazza che aveva data un calcio poco fa a James.

“Regulus Black" aveva risposto stringendole la mano.

Lily aveva aggrottato le sopracciglia

“Tu e Black vi somigliate in effetti. Spero solo che tu non abbia lo stesso carattere" aveva detto, Regulus aveva sorriso. Anche se fosse, non lo avrebbe fatto notare di fronte a lei.

“Non preoccuparti, Evans, mio fratello è un candido angelo in confronto a me" aveva detto Sirius gettando un’occhiata canzonatoria a Regulus. Quest’ultimo lo aveva guardato male.

“Non credo di essere...arrogante come mio fratello" aveva detto rivolgendosi a Lily, sottolineando particolarmente la parola 'arrogante' per una piccola vendetta. Aveva visto Sirius guardarlo indispettito "ma non tutti i suoi aspetti caratteriali sono difetti" aveva poi aggiunto infine sorridendo.

“Ok, Lily, credo che l'hai messo sotto torchio abbastanza" aveva detto Marlene intromettendosi "Piacere, Marlene McKinnon" si era presentata stringendo la mano a Regulus.



“Ragazzi, dobbiamo cambiarci!" Esclamò James risvegliando Regulus. 

Si cambiarono e poco dopo il treno si fermò, mentre sentivano Malfoy inveire contro Godric a causa di una puzza di cacca che aveva sentito pochi minuti fa nello scompartimento dei Prefetti e Caposcuola.

Regulus vide James fare un sorriso malandrino. Gli rivolse un'occhiata inquisitoria.

Coincidenze, vero, che pochi minuti fa aveva detto che doveva andare in bagno?

“Primo anno con me, primo anno con me!" Urlò un uomo alto quasi tre metri, aveva una lunga scura barba ingarbugliata, gli occhi neri che scrutavano la folla che usciva dal treno.

Regulus si voltò verso Sirius, che sorridendo gli diede una pacca d'incoraggiamento sulla spalla. 

"Andrà tutto bene" sussurrò.

Regulus sorrise in risposta e si diresse verso quell'uomo tanto alto.


                             * 


Quando arrivò il momento dello smistamento, Sirius si sentiva agitato quanto il fratellino. Scrutava attentamente la folla di primini che era entrata in fila dalla porta della Sala Grande.

Sirius lo individuò immediatamente, era lì, al terzo posto che camminava rigidamente e compostamente. Il primogenito dei Black non potè evitare di sorridere nel vedere l'espressione meravigliata che si era fatta spazio sul viso di Regulus mentre alzava lo sguardo verso il soffitto.

Aveva a fianco una bambina con i capelli mori e la pelle lattea. Tutti i primini si posizionarono davanti al tavolo dei professori, ansiosi e preoccupati.

I loro occhi si incrociarono brevemente e Sirius cercò di infondergli più sicurezza possibile malgrado lui stesso era ansioso. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla in un gesto rassicurante, si voltò e vide James sorridergli senza alcun motivo, per Sirius venne istintivo ricambiare, iniziando a rilassarsi.

Tanto, non sarebbe cambiato niente, no? In qualunque Casa Regulus sarebbe finito sarebbero rimasti insieme.

Intanto il fratellino aspettava all'erta tutti i nomi che venivano chiamati, aspettando il suo,  trattenendosi dal dondolarsi sui piedi per il nervosismo. Non ci volle molto, dopotutto il suo cognome iniziava per B.

“Black, Regulus" camminò compostamente, sedendosi sullo sgabello e mettendosi il cappello.

Oh oh, cosa abbiamo qui... un altro Black... si, mi ricordo di tuo fratello l'anno scorso. Una mente testarda e ribelle"  disse il cappello nella sua testa. "Ma ora passiamo a te. Bella mente, devo dire, sei sveglio e intraprendente. Vedo anche un certo coraggio e spirito di sacrificio nel tuo animo. Per non parlare della tua lealtà, una volta che l'avrai donata completamente, sarai sempre fedele alla persona a cui l'hai data. Ma... dove ti metto?”

 

"Dove potrei stare?" Chiese mentalmente Regulus, stringendo con forza lo sgabello.

Uhm... a Serpeverde ci staresti bene, davvero bene, ma io vedo anche un vero Grifondoro in te. Quindi...devo pensarci bene, non voglio fare sbagli"

Seguirono istanti di silenzio, e Regulus senza neanche saperlo era sotto il cappello da 2 minuti e mezzo.

A me vanno bene entrambe, mi basta solo sapere che Sirius sarà con me qualsiasi sarà la tua scelta"  Lo imformò Regulus, lo sentì chinarsi leggermente, come ad annuire.

Capisco... Quindi, non te ne importa  della tua famiglia? Ti basta avere accanto tuo fratello, qualsiasi siano le conseguenze? Pensaci bene. Vuoi intraprendere questa strada di ribellione?Potresti ritrovarti tutta la tua famiglia contro, ma ti basta solo Sirius?"

Regulus esitò indeciso, mentre il dubbio gli si insinuava in mente.

Deglutì.

Ma poi si ricordò altro, che fece dissolvere tutti i suoi dubbi.

“Sono sicuro che hai tanta forza dentro di te, ti serve solo un po' di grinta per tirarla fuori".

"Però sai, quando ho interrotto mamma con l'adrenalina che scorreva in corpo, mi sono sentito... coraggioso e si, anche forte".

"Regolo è la stella più brillante della costellazione del Leone, stupido!"

"Io non ho mai detto che sarai da solo. Ci sarò e affronteremo le conseguenze insieme"


“Sì" rispose deciso, mentre gli si parava davanti la faccia rassicurante di Sirius. Scorse il braccialetto che lui e Sirius condividevano allacciato al suo polso.

"Uhm... questa decisione influirà molto sul tuo futuro, e dovresti ringraziare una persona in particolare se questo è cambiato, e non parlo di Sirius. Ma basta chiacchiere, visto che sei tanto sicuro, è un mio grande piacere smistarti in.... GRIFONDORO!"

Il Cappello urlò a squarciagola l'ultima parola, facendo quasi perdere un timpano a Regulus. Si alzò sorridendo, mentre il tavolo di Grifondoro applaudiva fragoroso, tutti felici di aver sottratto un altro Black ai Serpeverde.

Regulus individuò subito Sirius, che applaudiva più forte di tutti, con un sorriso smagliante e orgoglioso stampato in faccia.

Lo vide fargli cenno di sedersi accanto a lui, e appena fu abbastanza vicino Sirius lo abbracciò di slancio, Regulus ebbe l'impressione che volesse farlo cadere a terra, ma fortunatamente riuscì a mantenere l'equilibrio.

Sirius si staccò sogghignante e felice, e si sedette al proprio posto seguito da Regulus.

“Devo ringraziare qualcuno” Disse Regulus sorridendo , Sirius lo guardò interrogativo.

Regulus non era stupido, e aveva la sensazione che quello che gli aveva detto il cappello era una cosa importante.

“Chi?”

“Non lo so”

Sirius lo guardò aggrottando le sopracciglia, credendolo pazzo. Ma furono interrotti

“Benvenuto in Grifondoro, Regulus!” Esclamarono James e Harry in contemporanea. Regulus notò che Harry sembrava felice quasi quanto Sirius.

“Benvenuto in Grifondoro, fratello” disse Sirius con un caldo sorriso

E Regulus seppe di aver fatto la scelta giusta.





Angolo Autrice
Ecco un nuovo capitolo! L’inizio del secondo anno! Non so quante pagine sono, poichè mi baso sul numero delle parole sul telefono, ma sono un po’ meno di quante ne scrivo normalmente.

Il tutto inizia dalla famiglia Black, e Regulus ha fatto... il birichino. Ha voluto osare e rispondere al padre dopo che si era trattenuto per tre mesi a causa di Sirius.

I Malandrini hanno un proprio scompartimento, se ne sono appropriati ufficialmente. Qui Regulus conosce i Malandrini (mi sono divertita a scrivere la parte della cioccolata), Lily e Marlene.

James è leggermente invidioso degli abbracci che Lily da’ a Harry, e gli ha dato della “ciclata”, so che probabilmente questo termine negli anni 70’  non esisteva tra gli adolescenti, ma volevo assolutamente metterlo! Mi piace troppo.

E arriva il momento dello smistamento. Il Cappello è indeciso tra Serpeverde e Grifondoro, e Regulus si ritrova a scegliere tra Sirius e la sua famiglia, tra la ribellione e l’obbedienza. Forse questo non riflette sulle Case, poichè in qualunque Casa sarebbe finito Sirius gli sarebbe stato sempre accanto, ma il Cappello lo invita a riconsiderare la sua scelta, perchè era ancora in tempo. Questo non significa che il Cappello vuole che Regulus si distacchi da Sirius, semplicemente vuole che sia sicuro di quel che fa.

Alla fine Regulus decide Sirius, e il Cappello vedendo del coraggio e dell’audacia decide di smistarlo in Grifondoro.

La scelta non è stata facile, affatto. Mi sono arrovellata talmente tanto sullo smistamento che mi era anche arrivato un lieve mal di testa. A un certo punto ho preso In considerazione anche l’assurda idea di smistarlo in Corvonero. Ma alla fine mi sono decisa a farlo andare a Grifondoro, anche se stavo per scegliere Serpeverde.

E qui si arriva al secondo evidente cambiamento, il futuro sta cambiando, si sta riformando per creare un nuovo destino. Il Cappello non manca di farlo notare a Regulus con una frase enigmatica (che Silente lo stia leggermente influenzando?).

E alla fine, Reg capisce di aver fatto la scelta giusta, di aver fatto bene a scegliere Sirius invece della famiglia.

Saluti! Recensite e fatemi sapere se vi piace il capitolo!


P.s Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 26
*** Exulcero ***


Exculcero

 “Harry muoviti! Altrimenti faremo tardi! Sirius già ci sta aspettando giù” esclamò James passandosi per la trentesima volta la mano fra i capelli,  era vestito con abiti comodi e aveva la sua Nimbus 1400 in mano.

Harry si finì di allacciare le scarpe, ancora non tanto sicuro che quella fosse una buona idea. Certo, gli piaceva ma… temeva che potesse distrarlo ancor di più dalla sua missione principale. Harry sapeva che si era già notevolmente distratto, era facile dimenticare la missione quando si era tra le grandi e rassicuranti mura di Hogwarts in compagnia dei Malandrini. Si stava godendo quella nuova vita al meglio, come se fosse un qualunque ragazzino. Però non lo era, ma comunque per tutti era così.

“Jamie, io non credo sia una buona idea…”

“Smettila di dire scemenze. È inutile che ti fai salire questi dubbi, davvero Harry. Sono sicuro che farai una figura spettacolare- come me d’altronde- e verrai ammesso in squadra. Quello Stevens è un babbeo, niente in confronto a te. Fattelo dire, sei un fenomeno, perché per battere mio padre ce ne vuole di talento…”  cercò di rassicurarlo James, mettendogli un braccio sulla spalla. Peccato che non sapeva il vero problema di Harry.

Quest’ultimo sospirò, arrendendosi. Era da tre ore che James gli ripeteva quelle cose.

Scesero le scale del dormitorio, trovando Sirius che li aspettava con un sorriso sornione. Anche lui avrebbe fatto le selezioni, per il ruolo di battitore nello specifico. James invece nel ruolo di cacciatore, che al momento era totalmente libero poiché la cacciatrice dell’anno scorso, Christine Wright, si era ormai diplomata.

“Che scopa userai, Harry?” chiese Sirius mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Harry fece spallucce.

“Qualcuna della scuola… anche se so che non sono molto buone” rispose storcendo il naso. Quanto avrebbe voluto aver con sé la sua fantastica Firebolt. Anche se non avrebbe potuto usarla lo stesso, dato che non esisteva in quel tempo e quindi sarebbe stato strano che possedesse una scopa tanto veloce.

“Menomale che la notte prima di partire ho avuto la fantastica idea di prendere la mia scopa di nascosto, dato che i miei me l’ avevano sequestrata” sospirò Sirius, accarezzando quasi con affetto la sua Tornado 11.



Dopo essere passati dallo sgabuzzino per prendere una scopa per Harry (una Comet 180) si diressero verso il campo da Quidditch. C’erano un bel po’ di persone raggruppate, mentre Tom Hughes, il Capitano, li scandagliava tutti con i suoi occhietti azzurri.

Sugli spalti c’era un bel gruppo di gente, probabilmente amici di coloro che dovevano fare il provino. Harry notò Marlene che si sbracciava per farsi notare, fece un cenno di saluto mentre notava Peter, Remus, Regulus e Lily.

“Hey, guardate lì” sussurrò Harry rivolto a James e Sirius. Quest’ultimo ammiccò al fratello mentre James, tutto contento, apriva bocca per chiamare la bella rossa.

Harry subito gli mise una mano sulla bocca, già era tanto che Lily avesse accettato di venire anche se magari aveva altro da fare. Non voleva farle venire subito un esaurimento nervoso per colpa di James.

“Er amo d elo sciami andore!” biascicò James irritato dopo essersi dimenato per due minuti.

“Chiamerai Lily?” James scosse la testa in segno di diniego.

Molto cautamente Harry tolse la mano.

“Finalmente!” esclamò James

“Insomma laggiù volete fare silenzio?!” li sgridò Hughes. James fece un sorrisone irritante.

“Ora che quei due sono in silenzio, possiamo iniziare. I primini e tutti coloro che a malapena sanno le regole del Quidditch se ne vadano immediatamente! È stato completamente inutile per voi venire qui!” continuò Hughes, sembrava quasi un dittatore. Un gruppetto di primini se ne andò via mogio mogio. Invece cinque ragazze, che avevano tutta l’aria di essere delle oche, se ne andarono ridacchiando e ammiccando verso il Capitano. Hughes non fece una piega.

“Bene, ora ci dividiamo. Quelli che sono qui per il provino di Battitore vadano a sinistra, per i Cacciatori a destra, i Cercatori restate qua mentre i Portieri vadano anche loro a sinistra, alla destra dei Battitori”

“Si inizia dai Cacciatori. Libererò i Bolidi e vi darò una Pluffa.”

Una buona parte si dimostrarono degli incapaci che non riuscivano a stare in equilibrio su una scopa e tenere in mano la Pluffa contemporaneamente, Hughes li cacciò via infuriato. Alcuni di loro si dimostrarono piuttosto bravi, ma riuscirono a fare solo dieci o venti punti. I Cacciatori dell’anno scorso, invece, Alyson Morris e Alban Robbinson, si dimostrarono molto abili, segnando cinquanta punti a testa.

Ormai Tom Hughes stava perdendo le speranze dopo che cinque di loro delusero le sue aspettative.

“James Potter, si faccia avanti!” esclamò leggendo la lista. James uscì dalla folla con la sua scopa in mano, che fu guardata brevemente da Hughes con ammirazione.

Poi la inforcò e prese a volare con la Pluffa sottobraccio. Aveva un'espressione sicura in volto, mentre schivava un bolide facendo una capriola. Si esibì anche in altre fantastiche acrobazie mentre segnava punti, tanto era esibizionista.

James si tuffò in tempo evitando un bolide, poi planò verso il basso e segnò un altro punto  passando a fianco alla porta, raggiungendo il record di sessanta punti. Passò poi vicino agli spalti e rivolse un ghigno ammiccante alla Evans, che lo guardò schifata. 

“Ok, stop! È finito il tempo!” urlò Hughes, James atterrò di fronte a lui. Il Capitano sembrava sul punto di mettersi a saltellare per la gioia, ma si trattenne.

I provini proseguirono, alla fine vennero scelti i due Cacciatori dell’anno scorso insieme a James, che fece un sorriso smagliante e contento.

Venne poi il turno dei Portieri, e venne scelto Lewis Begum dopo aver parato un totale di  sei palle.

Ai battitori  Sirius andò magnificamente, colpendo i bolidi con precisione e spedendoli verso i Cacciatori, solo una volta sbagliò. Peccato che fu superato dal Battitore dell’anno scorso, Barrie. Nonostante la delusione, Sirius sorrise, e dopo essersi scambiato un'occhiata con James, si diresse agli spalti, per assistere al provino di Harry.

“Sei stato fenomenale, Sir. Se non ci fosse stato quel tizio saresti stato ammesso” cercò di consolarlo Regulus, mettendogli una mano sulla spalla.

“Vuoi una caramella?” gli chiese Peter porgendogliene una, Sirius sorrise e la prese, masticando con gusto.

“Non fa niente, davvero, riproverò l’anno prossimo.” Disse Sirius sorridendo notando le facce apprensive degli altri.

“Quel Potter!” sentirono esclamare da Lily, che parlava con Marlene. “Così tanto sicuro di sé! Fino a pochi minuti fa stava lì, tutti ghignante e soddisfatto! Come se si credesse il re di Hogwarts!  Oh, quello non ha capito che non è nessuno! Poi a volare e a fare tutte quelle acrobazie per far vedere quanto è bravo! Ma chi se ne frega di quanto è bravo!”

“Ehm, credo che potesse interessare al Capitano…” sussurrò debolmente Marlene, ma Lily la ignorò completamente.

“Poi ad ammiccarmi! Come se si aspettasse che io cada ai suoi piedi come quelle ochette, tipo la Fawley. Ma è talmente idiota che non ha ancora capito che di lui non me ne importa niente. Mi irrita soltanto a guardarlo, è insopportabile!” continuò Lily concitata

“Beh, Evans, allora perché lo guardi?” chiese Sirius con un sorriso beffardo. Lily si bloccò e si voltò verso di lui, irritata.

“E tu perché non ti fai i fatti tuoi?!” sbottò in risposta.
“Ha chiamato Harry!” esclamò d’un tratto Marlene sorridendo, distraendoli.

Videro Harry inforcare la scopa e andare in alto, mentre scrutava con attenzione il campo.

“La scopa non è delle migliori” disse Marlene storcendo il naso “Non è che questo può svantaggiarlo?!” aggiunse ansiosa .

“La scopa è della scuola, McKinnon, e quelle fanno schifo. Comunque mi ha detto James che è bravissimo, quindi credo che riuscirà a prendere il Boccino anche con quella scopa” la rassicurò Sirius, guardando perplesso Harry che se ne stava fermo in alto in mezzo al campo.

“Ma che fa?!” sbottò Peter aggrottando le sopracciglia.

“Credo che sappia che quella scopa non può accelerare troppo, quindi non sfrutta l’accelerazione per saettare da una parte all’altra inutilmente. Se se ne sta fermo ad osservare il campo da lassù, ha più possibilità di vedere il Boccino. Bella tecnica, devo dire” sussurrò lentamente Remus.

“Da quando te ne intendi così tanto, Remusino?” domandò Sirius

“Questa si chiama strategia, Siry” sibilò Remus gettandogli un'occhiataccia. A un certo punto videro Harry gettarsi  verso destra, appiattendosi sempre di più per cercare di accelerare.

“Ma è passato solo un minuto e mezzo!” esclamò Lily sorpresa.

Harry andò verso l’alto, poi verso il basso . Con orrore di tutti si avvicinava sempre di più al suolo.

“Quello si schianta!” urlò quasi Regulus.

“Per Godric! Non capisce che quella scopa non può fare cose del genere?! Non è una Nimbus!” esclamò Marlene sporgendosi e guardando Harry, bianca come un cencio.

“Harry! E alzati!” sussurrò Lily quasi pregando, quando Harry era solo a due metri dal suolo.

Quando raggiunse un metro dal suolo, Harry fece una cosa che non riuscì a spiegarsi in seguito. Il Boccino si spostò di scatto, alzandosi lievemente e andando verso destra. Con una forza che non credeva nemmeno d’avere, o forse era l’adrenalina a dargliela, tirò la scopa verso l’alto con grande sforzo e si diede una veloce spinta con i piedi per terra. Quasi poteva sentire i lamenti della povera Comet 180, anche se credette solo di immaginarseli. Allungò il braccio, mettendo gran parte del suo peso davanti e rischiando di accapponarsi. Con le punte dei piedi che quasi sfioravano il terreno sotto di lui, chiuse le dita della mano intorno al Boccino e tirò la scopa verso l’alto, poi riscese giù e atterrò, con le braccia che gli dolevano.

“Sei ammesso in squadra Potter, non devo vedere altro!”esclamò Hughes euforico.

“Quello mi farà morire di crepacuore ogni volta che ci sarà una partita a Quidditch” piagnucolò Lily, con le mani a coppa sul volto.

Marlene invece se ne stava immobile, a fissare il vuoto mentre riprendeva colorito.

“Hey! Quello è il mio amico!” si vantò Sirius, battendosi una mano sul petto.

“Non pensavo fosse così bravo. Ma credo che neanche tu l’hai mai visto fare una cosa del genere, vero Remus?” chiese Regulus, con ancora qualche traccia di sorpresa. Remus scosse la testa.

“No no, a Potter Manor ha fatto una picchiata spettacolare, ma qui… con una Comet…”
Dopo un po’ si alzarono e andarono via dagli spalti. Si fermarono di fronte all’entrata del campo, aspettando James e Harry. Appena Harry se ne uscì sorridente, Marlene parve riprendersi completamente, e il poveretto si ritrovò addosso lo sguardo di fuoco della biondina.

“TU!” urlò minacciosa Marlene, avvicinandosi a lui a passo di marcia e picchiettando l’indice sul suo petto.

Harry si impietrì

“TI È ANDATO DI VOLTA IL CERVELLO PER CASO?! POTEVI SPIACCICARTI A TERRA, POTEVI ROMPERTI L’OSSO DEL COLLO E POTEVI PRENDERE UNA BOTTA COLOSSALE ALLA TESTA! E TUTTO QUESTO PER UN BOCCINO! UN ALTRO POCO IL MIO POVERO CUORE USCIVA DALLA CASSA TORACICA PER COLPA TUA! E PENSARE CHE SARÀ COSÌ PER TUTTE LE PARTITE DI QUIDDITCH MI FA QUASI SVENIRE!” Marlene si fermò, riprendendo fiato. Con la faccia rossa e le corde vocali che le dolevano leggermente. Guardò Harry, che la guardava sorpreso e un po’ terrorizzato, poi si accorse della loro vicinanza e si scostò di scatto. 

Harry non sapeva esattamente che fare e che dire, le donne per lui erano sempre state un arcano mistero, poteva dire che fossero il suo tallone d’Achille.

Si schiarì la voce.

“Ehm, Lene non c’è bisogno che ti… preoccupi così tanto. Io so quel che faccio” disse Harry cercando di rassicurare la ragazzina che ormai era diventata un pomodoro.

Sorrise intenerito.

“Non mi sono fatto niente, vedi? Sto benone, è andata così, non c’è bisogno di pensare a come sarebbe potuto andare. Alla partita mi sarò già comprato una scopa più affidabile” poi cercò di scherzare, indicando la Comet 180 che aveva in mano “Questa l’ho persino sentita implorare pietà” disse sorridendo.

Marlene sospirò, scuotendo la testa e sorridendo rassegnata.

“Prima o poi ti romperai un braccio, ne sei consapevole?”

Harry fece spallucce, sorridendo malizioso

“Ho sopportato di peggio” si lasciò scappare, poi accorgendosi della bella falla a causa dagli sguardi confusi di tutti, cercò di rimediare: “Intendo, che posso sopportare di peggio” si corresse “Beh, andiamo al castello?”

Mentre si voltava  e si dirigeva verso il portone, sentì lo sguardo intenso di Remus sulla schiena, quello sguardo che ormai lo perseguitava da ben due settimane.

*

Ottobre subentrò lasciandosi alle spalle Settembre, le ricerche sugli Animagi proseguivano senza particolari novità e la quiete scolastica era perennemente interrotta dai Malandrini, che con qualche scherzetto di qua e di là, stavano facendo venire un esaurimento nervoso a ‘Minnie’ come ormai la chiamavano. Remus continuò a beccare Harry uscire e entrare dal dormitorio in piena notte, talmente tante volte che Harry fu attanagliato dalla sensazione di essere osservato, facendo sempre più attenzione quando usciva di lì. Il trucchetto che aveva ideato durò per una settimana, prima che Remus capisse.

Nonostante questo, Lupin non ne fece parola con gli altri, come Harry non aveva fatto parola con i loro amici della sua licantropia senza il suo permesso. Questo però, non gli impediva di cercare di scoprire dove andasse Harry.

Un solo problema: la sua invisibilità.

Doveva assolutamente trovare un modo per renderlo visibile ai suoi occhi. Fu così che prese a fare la sua personale ricerca, cercando in libri avanzati e quant’altro.

Dal canto suo, Harry, avvertendo il tanto familiare pericolo avvicinarsi, prese a imparare incantesimi difensivi e rivelatori di persone con più velocità di prima.

Gli altri tre Malandrini, invece, avevano una vita più rilassata. Quando uscirono dalla Biblioteca sconsolati, Sirius intravide Piton svoltare l’angolo. 

“Che ne dite di risollevarci il morale facendo un bello scherzo a Mocciosus?” chiese ghignando. James lo guardò brevemente

“Che tipo di scherzo?” chiese. Sirius ci pensò su

“Non lo so, possiamo gettargli più olio nei capelli e farglieli crescere, oppure farlo tuffare nel Lago Nero. Anche se credo sia più divertente  fargli crescere i capelli…”  

“E perché dobbiamo farlo?” chiese Peter incerto. Sirius lo guardò interrogativo

“Beh, per divertirci. Altrimenti per cosa?”

Peter abbassò lo sguardo e prese a torturarsi le mani.

“Ehm, Harry… Harry ha detto che dobbiamo fare cose del genere a una persona solo se quella ci ha fatto un torto, se proprio vogliamo farlo per forza. Ma Piton finora non ci ha fatto niente, no? Ci ha completamente ignorato. Quindi… passiamo noi dalla parte del torto, e appena Harry lo saprà, perché lo saprà, si arrabbierà oltre misura, e si sentirà deluso da noi. Io non so voi ragazzi, ma Harry su tutte le furie mi fa paura. È inquietante.” Disse timidamente Peter, diventando sempre più preoccupato  man mano che proseguiva.

Sirius sbuffò “A me inquieta il fatto che sembra più un adulto che un ragazzino. Ma comunque vedrai che… ci perdonerà, magari non si arrabbierà neanche tanto. Dopotutto non facciamo uno scherzo a Piton da più di un mese, contando anche quelli dell’anno scorso. Tu che dici, James?” domandò, voltandosi verso il suo fidato compare. Con suo grande stupore, James non sembrava tanto sicuro, anzi, sembrava star combattendo una battaglia interiore.

“Io… e-ecco non lo so. Insomma, per Circe, sarebbe divertente, ma il ragionamento di Harry lo trovo… giusto.  Sì, giusto. Ti ricordi quella volta in cui ci ha beccato prima che buttassimo del terreno su Mocciosus? Ci ha urlato contro di metterci nei panni della vittima. E… come ti sentiresti se qualcuno ti umiliasse senza che tu abbia fatto niente? Sapendo che quel tizio lo ha fatto per divertirsi?”

Sirius lo guardò scioccato.  No no, quello non era James Potter, non è che Harry si era fatto scomparire la cicatrice e cambiare il colore degli occhi? O forse era Harry che stava possedendo James con qualche oscura magia?

“T-tu… tu stai provando compassione per quel pipistrello untuoso?!” strillò indignato Sirius.

“Cosa?! No!” chiarì immediatamente James allarmato “Ma ti sei forse dimenticato di quando Harry ci ha detto che sa cosa si prova?! Io facendo così mi sento quasi di fare un torto a lui, capisci?! Perché delle persone hanno preso di mira Harry, facendolo sentire male, e io, il suo amico, faccio le stesse cose che hanno fatto quelle persone a Harry. Mi sentirei quasi uno schifo, e mi chiederei perché continua a essermi amico nonostante mi stia comportando come quelle persone!”  spiegò concitato, passandosi una mano fra i capelli.

“La differenza sta nel fatto che non facciamo niente a Harry!” esclamò Sirius esasperato

“Ma gli ricorderemo quelle persone cattive!” intervenne Peter d’un tratto.

“Fate come volete” sussurrò Sirius rassegnato accelerando il passo “Ah, James, quasi non ti riconosco più” disse voltandosi, facendo diventare la faccia di James una furia, ma quando stava per aprire bocca, Sirius aveva già svoltato l’angolo.
“È testardo come un mulo!” sbottò James infuriato.

*

Sirius fece di testa sua, come sempre, e attuò il suo scherzo. Era strano trovarsi a farlo da solo, di solito era sempre in compagnia di James. Cacciò quel pensiero e arrampicato su un albero, sotto il quale c’era Piton, versò alla velocità della luce due interi bicchieri d’olio (che aveva preso dalle cucine) e prima che Piton potesse realizzare quel che stava succedendo, gli puntò la bacchetta sui capelli e sussurrò:

“Capillus Extensio*”
Immediatamente i capelli neri di Piton presero a crescere ad una velocità innaturale, mentre l’olio colava. Sirius vide Piton alzarsi di scatto, con una faccia infuriata mentre i pochi studenti lì attorno ridevano. Appena Piton fu abbastanza lontano, Sirius scoppiò a ridere, con le lacrime agli occhi talmente si era trattenuto.

Scese dall’albero con ancora il sorriso sulle labbra, che sparì immediatamente quando si trovò la Professoressa McGranitt di fronte, con una faccia indignata e le narici che fremevano.



Sirius uscì dall’ufficio della McGranitt dopo una sfuriata e due punizioni in più da aggiungere ai suoi impegni della settimana. Sirius era consapevole che la ramanzina della McGranitt non era l’unica da ricevere quella giornata, quella era solo la prima, ora a essere sincero, temeva la seconda.

Appena aprì la porta del suo dormitorio, quasi cadde a terra dallo spavento quando la faccia omicida di Harry gli si parò di fronte. Sembrava lo avesse aspettato lì per tutto il tempo.

“H-Harry? Ecco…ve-”

“Stai zitto.” sibilò il corvino, guardandolo con talmente tanto gelo che Sirius si ammutolì di botto. “Perché l’hai fatto, esattamente?” domandò cauto

“ Aveva insultato mio fratello” mentì prontamente Sirius, sperando di scamparsela. Sirius si sentì scandagliato da parte a parte , finchè gli occhi di Harry incontrarono i suoi.

“Menti” sussurrò Harry, mentre la sua faccia si faceva man mano più rossa per la collera. Sirius apprezzò il fatto che cercasse di trattenersi.

“E cosa ti dice che lo sto facendo?”

“Lo so e basta. Menti un’altra volta e sarà peggio” disse severamente Harry.

“Senti, ma che ne sai tu? Non è che Regulus te lo sarebbe venuto a dire a te, lo ha detto a me”
“REGULUS NON È IL TIPO DI PERSONA CHE VA A PIAGNUCOLARE DAL FRATELLONE PER ROBE DEL GENERE!” Esplose Harry, facendo sobbalzare Sirius. Lo vide sospirare e chiudere gli occhi “Tu lo hai fatto per divertirti, per divertirti! Con chi ho parlato per tutto il primo anno?! Con un muro?! Non vuoi proprio far entrare in quella testa da idiota che questo è sbagliato?! Che persone che si comportano così mi fanno rivoltare lo stomaco?! Perché, per Cristo, vuoi diventare così?!” continuò infuriato

Sirius deglutì, e incrociò brevemente gli occhi di James, che era seduto sul suo letto.

“Ah, ho capito! Ti fa sentire più perfetto, più forte. Ti fa sentire spiritoso, divertente. E sai la cosa che più mi fa ridere, Sir?! È che per sentirti così devi usare gli altri!” esclamò Harry spalancando le braccia.

Quello era un colpo basso.
“NON È VERO!“

Harry stava già per zittirlo, quando James gli mise una mano sulla spalla.

Harry si voltò di scatto, con tutta l’intenzione di scrollarsi di dosso quella mano.

“Credo che basti così, Harry”  disse coraggiosamente, volendo salvare Sirius da quella sgridata. Harry quando si infuriava, era capace di dire cose che non pensava, colpendo i tasti giusti senza neanche saperlo. “Andiamo, sai che è testardo, no? Fa parte della sua indole esserlo. Poi… magari ha capito solo dopo la gravità di quel che ha fatto. Sicuramente non lo farà più” continuò “Vero Sirius?” domandò poi, guardando Sirius ammonitore. Quest’ultimo annuì, grato a James.

Harry si calmò e si buttò sul letto.

“Davvero Sirius, tu sei già tutte quelle cose. Ok, perfetto no, ma le altre sì. Non c’è bisogno che tu lo dimostri in questo modo”

*


Severus Piton era incazzato nero, anzi no, era inferocito. Era appena uscito dal bagno, dopo essersi lavato i capelli.

Sì, se li lavava i capelli, che credete?! Lui si lavava, anche se gran parte degli studenti di Hogwarts non lo pensava.

Forse non se li lavava bene, non era così tanto fissato da andare a comprare prodotti per guarire il grasso dei suoi capelli, ma questo non toglieva il fatto che usava lo shampoo.

Ma quei due avevano davvero esagerato quella volta. Severus era convinto che Potter e Black erano sopra all’albero trattenendosi dal ridere. Perché proprio tutti e due? Perché si sapeva, dove c’era Black c’era Potter, e dove c’era Potter c’era Black.

Evidentemente erano sfuggiti al controllo di Harry Potter. Piton sapeva che la quiete che aveva vissuto, senza subire danni dai Malandrini, era opera di Harry Potter. Il Malandrino con più sale in zucca.

E aveva deciso di vendicarsi, perché che solo Black fosse stato punito era un insignificante dettaglio. Quei due l’avrebbero pagata. Avrebbe fatto vedere chi era Severus Piton.

Il suo bersaglio sarebbe stato Potter. Sì, solo Potter, perché quello lì tormentava la sua Lily, perché era insopportabile e perché era spregevole. Certo, anche Black lo era, ma Severus era convinto che colpendo Potter l’avrebbe fatta pagare anche a Black in un certo senso.

Quindi, il giorno dopo, beccò i Malandrini camminare da soli in un corridoio dimenticato da Merlino, e nascosto dietro l’angolo, puntò la bacchetta contro la schiena di James, che rideva e scherzava.

“Come se pochi giorni fa non mi avesse umiliato, come se non se ne importasse niente, come se  tutto fosse giusto” pensò Piton digrignando i denti
Exulcero” sussurrò concentrato, cercando di metterci una notevole potenza. Un secondo dopo Potter si fermò di botto, urlando.

“AAAAHI! B-BRUCIA!” si lamentò James con uno sguardo sofferente

“Cosa brucia?! Ehi, Jamie!” James si era seduto a terra, cercando di arrivare con le mani dietro la schiena.

Harry non ci mise molto a capire, estrasse la bacchetta e la puntò alla schiena di James

“Epismendo!” esclamò, James si calmò leggermente.

“Serve per alleviare un po’ il dolore, dobbiamo portarlo in infermeria!” disse Harry concitato.



Spalancarono le porte dell’infermeria e Madama Chips venne immediatamente da loro. Capito il problema, fece togliere al ferito la camicia e il mantello, facendolo stendere a pancia in giù sul letto.

Un'enorme ustione rossastra, con qualche piccola vescica qua e là, campeggiava sulla schiena prima immacolata di James.
 
 



*incantesimo inventato da me.


Angolo Autrice
Un nuovo capitolo! James, Harry e Sirius fanno i provini. James è cacciatore, sì, non cercatore. Mi sono basata sui libri riguardo questo. Purtroppo Sirius non viene ammesso, benchè sia bravo, è stato superato da qualcuno più grande e più bravo di lui.  

Harry rischia di schiantarsi al suolo, e per questo Marlene gli fa una bella sfuriata. Poverina, dovrà sopportare tutta quella preoccupazione a ogni partita.

Remus decide di iniziare a mettersi in azione per scoprire cosa fa Harry tre volte a settimane, mentre quest’ultimo inizia a sentire i primi segnali dall’allarme che il suo istinto gli suggerisce. Sirius, testardo quale è, insiste che non c’è niente di male a fare un solo scherzo a Severus, e notizia scioccante!

JAMES NON È DALLA SUA PARTE.

Su questo punto magari sta cercando un po’ di maturare, anche se ho sinceramente paura di non aver fatto bene a farlo reagire così, non so se questa cosa sfiora l’OOC sinceramente. Sirius fa comunque di testa sua e fa lo scherzo a Severus, non solo viene beccato dalla McGranitt e punito, ma Harry lo sgrida quasi fosse suo padre (e qui suona strana la cosa, dato che dovrebbe essere il contrario).

Anche se la colpa è solo di Sirius, Piton crede che c’era anche James, e lo attacca da dietro le spalle con una Fattura Ustionante. Beh, gli provoca una bella ustione, fatta ingiustamente, poiché James quella volta era innocente. La sfiga dei Potter, ragazzi, quella volta, quell’unica volta, in cui James non c’entrava niente, si è ritrovato lo stesso in mezzo.

Recensite e fatemi sapere se vi piace il capitolo!
Saluti!

P.S. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 27
*** La serva più fedele ***


La serva più fedele


Severus ghignò compiaciuto, mentre vedeva Potter arrancare verso l'infermiera aiutato dalle sue quattro zucche vuote.

Ripose la bacchetta in tasca e si girò tutto soddisfatto, con l'intenzione di tornare indietro e filarsela prima che qualcuno lo vedesse.

I suoi buoni propositi si distrussero nello stesso momento in cui si girò leggermente verso destra. Severus trasalì e impallidì di botto.

“Severus?" Lo chiamò Lily flebilmente, guardandolo con occhi colmi di incredulità e delusione "Che... che hai fatto?" Domandò, guardando distrattamente il corridoio ormai vuoto

Piton aveva la gola secca e la consapevolezza che la sua voce fosse momentaneamente bloccata. Vedere Lily così... era come una pugnalata al petto. Così delusa... così incredula.
Il fatto che fosse stato lui a causare tutto questo non lo faceva sentire meglio.

“Lily, ti giuro, posso spiegare, i-io..."

La sua voce fece evidentemente scattare qualcosa in Lily, che riportò di scatto gli occhi verso di lui, il volto deturpato dalla rabbia 

"NON MI INTERESSANO LE TUE SPIEGAZIONI! Voglio sapere che hai fatto, che incantesimo hai lanciato?!"

Piton restò zitto, indeciso se era il caso di dire la verità.

“Che Morgana hai fatto a Potter, Severus?!" Chiese di nuovo Lily, quasi ringhiando.

“Oh andiamo, se lo meritava!" Sbottò Severus, guardando da qualsiasi parte tranne Lily, era irritato da tutta quella rabbia. Lily odiava Potter, lui stesso odiava Potter, quindi se Potter si faceva male dovevano solo gioirne. Era tanto semplice che perfino le capre potevano arrivarci.

“SE LO MERITAVA??! Nessuno si merita una cosa del genere!" Esclamò Lily, mettendo le mani sui fianchi.

“Quindi secondo te umiliarmi non è niente?! Lui mi ha ricoperto i capelli d'olio, Lily, e come se non bastasse me li ha fatti crescere talmente tanto da farli strisciare al terreno! Io mi meritavo una cosa del genere?! No! Quindi è inutile che ci facciamo questi complessi quando lui non se li fa!" Sibilò l'amico, mentre faceva una smorfia di disgusto e indignazione al ricordo dello scherzo.

Lily restò un attimo in silenzio.

" Però non è che ti abbia riportato grandi danni fisici. Sai, non mi pare che tu sia caduto a terra urlando" costatò Lily acida.

"Insomma, Lils, quello è Potter. Quel maiale che tu odi. Si può sapere perchè ti stai alterando tanto?! Per Circe, dovresti solo essere felice di questo!"  Severus alzò gli occhi al cielo.

La rossa lo guardò incredula e indignata.

"Dovrei essere felice?! Felice?! Ma cosa ti sta succedendo, Sev?! IO dovrei essere FELICE se qualcuno si fa male?!Mi dovresti conoscere, io non sono quel tipo di persona!"

"Era solo uno scherzo, una vendetta! Come ogni volta la sua banda fa! Non c'è differenza, lasciamo perdere"

"La differenza sta nel fatto che Potter e i Malandrini per quanto idioti siano,  non usano incantesimi del genere! Cosa gli hai fatto?! Dove hai letto quell'incantesimo?! Non mi dire che era in quel libro oscuro!" Urlò Lily, ricordandosi del  libro.

Severus mise le mani davanti a sè "Cosa? No!" Rispose immediatamente. No, forse non era vero, l'aveva trovato lì, ma comunque non era un incantesimo oscuro. Lily continuò a guardarlo in attesa e Severus capì che non aveva via di scampo "Era una Fattura Ustionante, si impara intorno al terzo o quarto anno"

"Ustionante?! Quanta potenza ci hai messo per farlo cadere a terra?!"

Severus fece spallucce "La necessaria." 'Per fargli davvero male' aggiunse nella sua testa "Evidentemente Potter stava fingendo, esagerando come suo solito" disse con un ghigno derisorio.

“Non mi piace che ti comporti così, infantile come loro e incline alla violenza e all'umiliazione. Non farlo più, e cercami quando avrai capito la stupidaggine che hai fatto" sibilò Lily, poi si voltò e se ne andò via.


                                *

 

"Credo che dovrà restare qui per una settimana. Ogni giorno si deve applicare questa crema, in modo da alleviare  il dolore e guarirlo" disse infine Madama Chips, spalmando una crema color indaco sulla schiena di James

"Ma devo restare in questa posizione per una settimana?" Domandò James allarmato

“Certo Signor Potter, forse anche di lato, ma credo farà un po' male. L'importante è che la tua schiena stia all'aria" rispose Madama Chips , gettatogli un'occhiata rigida.

“Ma è scomodo stare a pancia in giù! Dove metto le mani?! E la testa?! In qualsiasi modo le metto non mi trovo bene!" Si lamentò il corvino

"Questo è un problema tuo" rispose l'infermiera pulendosi le mani con un fazzoletto. Poi guardò i quattro Malandrini.

"Voi andate, deve riposare"

Sirius fece una faccia da cane bastonato

"La prego, possiamo stare cinque minuti?" 

"No" 

"La prego, la supplico, la imploro" 

"Ho detto di no, Black!" 

"Abbiate un po' di pietà! James si annoierà quando dovrá riposare, allora farà ancora più casini di quando non lo è! Su via Madama, non ci volete bene?!" 

"Smett-" 

"La prego. Sono pronto a mettermi in gino-" 

"Vabbene! Vabbene! Ma solo cinque minuti, dopo filate!" Esclamò infine esasperata.

"Grazie. Le sarò eternamente grato" la ringraziò Sirius facendo un inchino.

Madama Chips lo guardò con sufficienza e se ne andò.

"Secondo voi chi è stato?" Domandò James guardandoli

"Non lo so, hai qualcosa in sospeso con qualcuno?" Indagò Remus, sedendosi su una sedia accanto al letto.

James scosse la testa

Harry si passò una mano tra i capelli nervosamente, mentre combatteva una battaglia interiore.

“Cos'hai Harry?" Chiese Sirius

"Io? Niente. Perchè?"

Il Black gli riservò una lunga occhiata "Non è che ne sai qualcosa?"

"Come faccio a saperne qualcosa?!" Sbottò Harry sulla difensiva.

"Forse perchè sembra che tu ne sai qualcosa?" Ribattè Sirius con sarcasmo. Cosa stava passando per la testolina del suo amico?

"Beh, allora impressione sbagliata!" Rispose Harry, incrociando le braccia al petto. Notò, suo malgrado, che tutti gli occhi dei quattro erano puntati su di lui.

Sospirò.

Non era certo che fosse una buona idea dire quel che aveva visto, li conosceva e aveva paura che potesse succedere un bel casino. Ma se non lo avesse detto quei muli avrebbero continuato a insistere. Che fare? Forse poi dopo se ne sarebbero dimenticati, no? 

No. 

Bene, doveva armarsi di pazienza e calma.

"Io... io credo di aver visto Piton. Ma insomma, era solo di sfuggita eh! Può essere anche che mi sia sbagliato! Magari me lo sono immaginato!" Disse velocemente.

Vide come a rallentatore la faccia di Sirius indurirsi

"Cosa?!" Sbottarono Sirius e James  contemporaneamente. Quest'ultimo con uno scatto istintivo cercò di alzarsi, solo per poi gemere di dolore e ricadere sul letto.

"Ora la faccio vedere a quel..." ringhiò Sirius stringendo i pugni, dirigendosi spedito verso l'uscita

"Non ci provare neanche!" Esclamò Harry tirandolo per il braccio

"E perchè non dovrei?!" Si adirò Sirius, digrignando i denti. In quel momento a Harry sembrava talmente tanto un cane che dovette trattenersi dal sorridere divertito.

Decisamente non era il momento

"Hai visto cosa ha fatto a James?! Chiunque faccia del male al mio migliore amico non la passa liscia!" Continuò Sirius strattonandolo

"Ho visto perfettamente! Ma così peggiorerai solo le cose!"

"Portare Piton in infermeria può essere solo un bene!"

"Peggiorerai le cose perchè Piton poi dopo si vendicherà, poi anche voi lo farete e quindi inizierà un circolo vizioso, vendetta per vendetta e così via. Le cose si faranno sempre più pericolose fino a quando qualcuno si farà seriamente male." Intervenne d'un tratto Remus, con fare ragionevole.

"Piton ha fatto male a James senza un motivo!" Esclamò Sirius passandosi una mano fra i capelli

"Magari ha pensato che ecco... in quello scherzo che ha fatto Sirius fosse coinvolto anche James..." disse esitante  Peter

"Ma quanto può essere idiota! Solo IO ho avuto la punizione, solo io sono stato beccato! James non c'era da nessuna parte!" Rispose Sirius scuotendo la testa

Harry lo guardò con rimprovero 

"Spero che questo ti sia da lezione!" Lo rimbrottò Harry.

"Non è di certo colpa mia se Piton ha una testa bacata!" Si difese Sirius

"E allora? Mettiamo caso che lui avesse capito che solo tu gli avevi fatto lo scherzo, resta il fatto che dopo ti avrebbe ferito!"

"Può anche semplicemente non vendicarsi!"

"Potevi anche semplicemente non fare lo scherzo!"

"Smettetela che sembrate due sposini!" Intervenne esasperato James.

"Ti saresti trovato tu qui con una schiena ustionata! Ora tu fai il bravo e non fai niente! Non comportarti da immaturo per una volta e usa il cervello!" Continuò Harry ignorando completamente il suo clone.

Sirius sbuffò, arrendendosi e capendo che tanto non aveva ragione. Iniziò a farsi i complessi mentali, incolpandosi mentre osservava la povera schiena di James

Quest'ultimo cercò di mettersi di lato, ma ben presto si arrese, facendo una smorfia.

"Ma io non c'entravo niente!" Piagnucolò

"Cos'è tutto questo baccano?! Fuori! Sono anche passati 5 minuti!" Madama Chips spuntò dal nulla, cacciandoli malamente e riportando il silenzio in infermeria.

I quattro uscirono taciturni.

"Abbiamo perso la lezione di Erbologia!" Se ne uscì d'un tratto Remus, guardando l'orologio al suo polso

Sirius fece spallucce "Poco importa" borbottò.




Il giorno passò velocemente, e ben presto arrivò la sera. 

Dopo cena Marlene stava tornando in Sala Comune insieme alle sue amiche, che discutevano su Piton.

"Una Fattura Ustionante non è cosa da niente, Lily" disse Alice con fare ammonitore

"Lo so!" Esclamò Lily "Però... lo ha fatto per vendicarsi. Non sto dicendo che è giusto, però dobbiamo anche metterci nei suoi panni, si sentiva umiliato ed era fumante di rabbia , ha reagito d'impulso. Credo che per lui la vendetta sia più che altro far del male per davvero a una persona. Sinceramente non ce lo vedo a colorare di verde i capelli di qualcuno..." continuò, cercando come sempre di difenderlo.

"Questo non toglie il fatto che sia una cosa grave. A me non piace Severus Piton, lo sai Lily, inutile che te lo nascondo. Si dice che studi le Arti Oscure e che frequenta persone poco raccomandabili. Con tutta sincerità, non mi piace vederti accanto a lui." Intervenne Mary preoccupata.

"Sono tutte stupide voci. Non è detto che chi legge le Arti Oscure sia per forza malvagio, e sono sicura che Severus non si fa influenzare dai suoi amici." Lily scosse la testa.

"Chissà dov'era Harry oggi" pensò Marlene distrattamente, decidendo di estraniarsi dalla conversazione. Tanto, Lily avrebbe continuato ad avere la stessa idea.  "Ci siamo scambiati giusto qualche parola, non mi pensa neanche più. Forse non mi sopporta?! Magari mi crede ridicola... oppure un'oca! Forse ha capito qualcosa e pensa che sono come quelle idiote che gli stanno dietro! No no, io gli voglio davvero bene! Non mi piace perchè è bello, anche se lo è onestamente, mi piace anche perchè simpatico, spiritoso, test-"

"Allora, Lene?" Alice la strappò dai suoi pensieri d'un tratto

"Eh? Cosa?" Domandò stupidamente la biondina. Alice alzò gli occhi al cielo

"Ti ho chiesto se secondo te devo mettere lo smalto cipria o quello rosa confetto"

Ma non stavano parlando di Piton?

"Metti quello... rosa confetto." Rispose Marlene dopo averci pensato un attimo

"Farò cadere Frank ai miei piedi!" Esclamò Alice sognante

"Per mezzo di uno smalto?" Chiese scetticamente Mary.



Le ragazze assisterono ad Alice che salutava Frank timidamente, prendendo a parlare con lui.

Ah, proprio una bella coppia.

Bella quanto Lily e James che litigavano, anche se quest'ultimo non era presente quella sera.

Marlene sapeva che era in infermeria, era andata a visitarlo. Giurò di aver visto Lily gettare varie occhiate ai Malandrini, per poi distogliere lo sguardo quasi stranita e a disagio. Quando Marlene le aveva chiesto il perchè lei aveva risposto che "È strano non avere Potter intorno, ci avevo fatto l'abitudine. Questa pace mi è estranea"

"Ti manca James?" Aveva chiesto la biondina maliziosa

"No! La pace mi è estranea ma non vuol dire che non mi piace" aveva chiarito Lily immediatamente, anche se a Marlene era sembrato che mentisse. Forse James aveva qualche possibilità...

Quando la Sala si svuotò, anche Lily, Mary e Alice si diressero verso il dormitorio. Marlene disse che sarebbe arrivata tra poco, gettando casualmente qualche occhiata a Harry.

Ma lei non si aspettava di vedere Sirius, Sirius Black, e sottolineo Sirius Black, tirare fuori un libro e prendere a leggerlo. Anche Remus lo fece, mentre Harry parlava con Regulus Black e un altro ragazzino.

"Daniel, penso seriamente che tra poco  ti addormenterai di botto senza neanche accorgertene" sentì dire dal secondogenito dei Black

"Ma che dici! Io sono sveglio come-" sbadiglio "non lo sono mai stato" completò quello che Marlene suppose fosse Daniel

"Certo" borbottò sarcastico Regulus

"Però sai, credo proprio che andrò a fare quel saggio di Astronomia" annunciò Daniel alzandosi. "Buonanotte" augurò, prima di salire le scale per i dormitori maschili

"Ha sempre questo vizio di combattere il sonno fino  alla fine" disse Regulus a Harry, alzando gli occhi al cielo.

"Harry, sono piuttosto preoccupata, perchè Black sta leggendo?" Si introdusse Marlene, gettando un'occhiata stranita a Sirius.

"Oh, ciao Lene! Non ti preoccupare, starà studiando per l'interrogazione di Trasfigurazione" si inventò Harry sorridendo. In realtà Sirius stava cercando per il progetto C.L.A (Cercasi  un Libro sugli Animagus). All'inizio volevano chiamare il progetto A.R.P.P.P (Aiutare Remus per il suo Piccolo Problema Peloso) ma poi si erano resi conto che era troppo lungo.

Altre opzioni erano state A.I.P.F, P.P.P.R, F.A.R, C.A.L.M, ma alla fine le avevano scartate tutte quante. 

Lascio a voi indovinare l'interpretazione di queste sigle.

Marlene alzò le sopracciglia

" Ma Black non studia" 

"Non so cosa gli sia preso" rispose Harry scrollando le spalle "Magari Reg lo avrà convinto a farlo"

"Strano, ci ho messo solo due mesi" borbottò Regulus sorpreso.

Harry sorrise divertito.

Sirius chiuse di scatto il libro, sbuffando rumorosamente "Mi sto annoiando!" Esclamò "Facciamo qualcos'altro?"

"Una partita a scacchi?" Chiese Peter

"Tanto vinci!" Rispose Sirius imbronciato "Questo maledetto libro non serve a niente!" Continuò, lanciando il libro

Remus gli gettò un'occhiataccia "Dopo spieghi tu a Madama Pince come hai rotto uno dei suoi preziosi libri"

"Usciamo? Magari troviamo qualche passaggio segreto" propose Sirius



Dieci minuti dopo erano a vagare per i corridoi di Hogwarts, bussando in continuazione alle pareti per cercare qualche differenza. Stranamente, anche Regulus e Marlene si ritrovarono a farlo insieme a loro

Non erano sotto al Mantello di James, poichè doveva ancora scattare il coprifuoco, ma lo avevano portato.

Al quarto piano, Marlene scostò un arazzo, trovandosi si fronte uno specchio rotto, lungo e grande quanto una porta, incorniciato da una cornice dorata con tante piccole incisioni sopra.

"Ehi ragazzi" bisbigliò "Credo di aver trovato qualcosa" 

Gli altri si avvicinano rapidamente

"Cosa ci fa uno specchio in un corridoio?" Si interrogò Sirius

"Proprio perchè è strano ci deve essere qualcos'altro" riflettè Remus

Harry lo riconobbe, e si avvicinò lentamente. Lo tastò per far sembrare che stesse cercando qualcosa, poi sguainò la bacchetta.

"Speculo Ostium" disse, scandendo chiaramente le parole.

Il vetro dello specchio sparì, rivelando un lungo corridoio basso e molto largo, poteva sembrare quasi una stanzetta

"Come lo sapevi?" Domandò Regulus sorpreso

"C'è scritto in basso" rispose semplicemente Harry

"Beh, andiamo?" Propose Sirius eccitato

"Cosa? Di notte? Chissà dove ci porta!" Disse Peter impanicato

"Non voglio aspettare!"

"Ma non c'è James..." sussurrò incerto Remus, Sirius lo guardò falsamente stranito

"Ma davvero?"


Dopo una piccola discussione, decisero di incamminarsi verso quel largo corridoio.

"Se poi spunta un troll impazzito, io ve l'avevo detto" mormorò Peter rassegnato

Entrarono e dopo pochi passi sentirono il rumore del vetro che riappariva. Il rumore di per sè non era tanto forte, ma in un corridoio vuoto rimbombò come se avesse avuto un amplificatore.

Sobbalzarono più volte durante il tragitto, sentendo qualche scricchiolio sinistro o lo squittire di un topolino.

"Ma quando finisce?" Si lamentò Marlene lasciando per un attimo perdere l'aria guardinga, la bacchetta in mano per qualsiasi evenienza.

Svoltarono a sinistra

"Su via, Marlene, camminare fa bene" disse Remus sorridendo

"Cammino da una classe all'altra per tutto il giorno. Non basta?" Rispose Marlene alzando gli occhi al cielo

"No, dato che resti per una o più ore seduta tra uno spostamento e l'altro" Intervenne Regulus con fare sapiente

"Capita che stiamo alzati" disse Sirius

"A me basta che il cibo della Sala Grande sia squisito e tutto mi va bene" esordì Peter deciso

"Io sono d'accordo con Marlene" annunciò Harry solennemente. Marlene sorrise compiaciuta.

"Perchè stiamo discutendo di questo?" Chiese Peter confuso

"Guardate, una scala!" Se ne uscì d'un tratto Regulus.

Tutti si fermarono e la osservarono.

"Andiamo" ordinò Harry, iniziando a salire i gradini, con una tranquillità che, chi per euforia, chi per paura, non aveva.

Harry aprì la botola e uscì fuori, sentendo subito l'aria fresca in faccia.

"Dove siamo?" Chiese Regulus una volta che furono usciti

"Dietro al negozio di Zonko, ad Hogsmeade" rispose Harry prontamente. Erano proprio vicino a un muro rosso, di fronte a loro c'era un lungo vicolo e poco più in là degli alberi.

Harry sentiva la brezza autunnale far ondeggiare dolcemente la sua divisa, mentre il silenzio del villaggio li avvolgeva. Il cielo era nuvoloso e non c'erano molte luci, se non per qualche piccola fiaccola a terra.

Harry si sfregò le braccia, faceva piuttosto freddo.

"Come fai a saperlo?" chiese il più piccolo dei Black.

"Ci sono stato varie volte qui con mia madre" mentì Harry

"Non ci posso credere, siamo venuti a Hogsmeade prima del terzo anno" Sussurrò Sirius sorridendo sornione, quasi a non voler interrompere il silenzio.

"Che ne dite se lo visitiamo?" Propose Peter

"È piuttosto inutile farlo ora, tutti i negozi sono chiusi e tutto è deserto." Obbiettò Remus, guardandosi intorno attentamente

"In effetti..." gli diede ragione il secondogenito dei Black

"Possiamo aspettare la prossima uscita ad Hogsmeade a Dicembre, così ci confondiamo anche fra gli studenti" disse Sirius furbescamente

Remus annuì "Ok, meglio andarcene, non voglio imbattermi in qualche ubriaco"


                                      *


La Famiglia Malfoy era sempre stata ricca e influente, con i galeoni che riempivano ogni angolo della loro Camera Blindata.

Si pavoneggiavano, parlando della loro furbizia, della loro ricchezza e del loro fascino.

Eppure talvolta erano l'immagine dell'ipocrisia e della codardia.

Blateravano sul fatto di aver sempre pensato che i Maghi erano superiori ai Babbani, che fraternizzare  con loro era come farlo con la feccia.

Peccato che i loro antenati non l'avevano pensata così. 

Armand Malfoy giunse in Gran Bretagna come parte dell'esercito invasore normanno di Guglielmo il Conquistatore, che come ricompensa per aver fatto servizi nell'ombra, gli regalò le terre del  Wiltshire, dove attualmente è situata Malfoy Manor.

I Malfoy prima del 1662 (anno dell'imposizione dello Statuto di Segretezza) non avevano avuto problemi ad ingraziarsi la popolazione Non-Magica. Si opposero allo Statuto di Segretezza quando fu proposto per non uscire da quella bella sfera sociale che si erano creati, ma quando poi venne approvato si schierarono subito dalla parte di coloro che erano sempre stati d'accordo.

Ci furono addirittura matrimoni e proposte di matrimonio con i Babbani più potenti e con alte autorità di quei tempi. Ci sono molte prove che suggeriscono che Lucius Malfoy I, fosse un aspirante senza successo della mano di Elisabetta I,  alcuni storici sostengono che la successiva opposizione  della regina al matrimonio, fu a causa di un incantesimo posto da Malfoy, ferito nell'orgoglio per essere stato rifiutato.

Insomma, si poteva dire, se ragioniamo con la loro mentalità negli anni a venire, che un tempo erano tutti Traditori del Loro Sangue.

Ma tutti sanno che dove c'è la possibilità di accaparrare del potere e della ricchezza ci sono anche i Malfoy.

E Lord Voldemort poteva dare loro questa possibilità.

Progettavano già di far entrare alcuni loro familiari nelle schiere, secondo loro era un grande onore.

Lord Voldemort, il Signore Oscuro, era un mago indubbiamente potente e in grado di incutere timore. Talmente tanto che nel giro di un anno, tra attacchi ai paesi babbani,  alle famiglie di qualche membro importante del Ministero della Magia e altro, la gente iniziava a non nominarlo neanche. La paura era nata da quando vari Maghi influenti, pronunciando il nome del Lord, si erano ritrovati uccisi. Naturalmente nessuno aveva pensato che fossero stati uccisi perchè appunto erano influenti, ma sorvoliamo su questo.

Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato , Tu-sai-Chi e altri soprannomi che la gente gli aveva dato, tutto tranne Voldemort, chi lo diceva veniva considerato uno con l'istinto suicida.

Tornando alla Famiglia Malfoy, Abraxas Malfoy aveva deciso di invitare Lord Voldemort in casa sua, in occasione di una festa formale in suo onore, dicendo anche che alcuni invitati avevano intenzione di unirsi a lui.

Il 31 Ottobre quindi, erano tutti in fermento. 

Bellatrix il particolare. Lei adorava il Signore Oscuro.

Era così potente, scaltro e sadico che per lei era una sorta di Dio sceso in Terra.

Voleva servirlo, fargli capire quanto era perfetto secondo lei. Aveva iniziato una guerra con i suoi genitori riguardo al suo voler essere una sua seguace.

Lei era una maledetta donna, quindi secondo le tradizioni Purosangue, lei non doveva fare niente. Se non indossare abiti pregiati e regali, educare i figli e gestire qualche affare del marito. Doveva essere sempre composta, rigida e fredda. Una vita apatica e noiosa doveva avere, in poche parole.

Non voleva fare la fine di sua madre e zia Walburga.

Lei non voleva essere una nobildonna, lei voleva essere una guerriera. E il Signore Oscuro le avrebbe dato questa possibilità.

Doveva solo sperare che fosse diverso da tutti quegli uomini Purosangue.

Avrebbe anche piantato in asso suo marito Rodolphus se non avesse avuto un contratto matrimoniale con lui, oltre al fatto che un’ alleanza con la famiglia Lestrange poteva portare buoni profitti a quella dei Black.

Lo sentiva ciarlare con zio Orion e suo padre Cygnus riguardo alle solite cose, una nuova scoperta sui Babbani, che diceva che quest'ultimi infettavano, provocando gravi malattie ai maghi (soprattutto a quelli Purosangue).

Eppure ciarlavano e ciarlavano ma non facevano niente di concreto per liberare il mondo da quella feccia.

"Richiedo la vostra attenzione" Abraxas, un uomo biondo e austero, aveva la bacchetta puntata vicino alla bocca, amplificando la voce. "Voglio informarvi che il nostro ospite d'onore, grande Signore Oscuro e potente, è giunto, accettando l'invito. Per me è un grande onore averlo qui"

Nella sala entrò un uomo.

Indossava una veste nera ed elegante, la pelle bianca e il volto serpentesco. Aveva i capelli neri e gli occhi rossi, che sembravano due rubini incastonati.

Un sorriso freddo e fatto solo per cortesia  alleggiava sulle sue labbra pallide.

Il Signore Oscuro era affascinante, pensò Bellatrix quasi incantata.

Ma pochi minuti dopo la sua visuale fu coperta da vari uomini che si avvicinavano a Voldemort, per complimentarsi o per scambiarci qualche parola. Magari nella speranza di essere graditi da lui.

Bella si alzò di scatto

"Tesoro, cosa fai?" Le chiese suo marito, lei gli gettò un'occhiataccia

"Faccio quel che voglio, e non chiamarmi tesoro, imbecille" rispose acida e arrabbiata

Si diresse verso la folla con aria decisa, ma per quanto poteva non riuscì ad attraversarla.

Si trattenne dal far saltare in aria tutti quanti solo perchè c'era anche il Signore Oscuro di mezzo.

Voleva vederlo, voleva convincerlo che sarebbe stata la sua Mangiamorte più potente e fedele, solo sua.

Lo vide di sfuggita, che parlava in modo falsamente morbido con qualcuno, e questo non fece che incrementare la sua voglia di vederlo e di parlargli il più presto possibile.

A suon di spallate e spinte riuscì a essere tra le prime file.

Poteva dire che fosse l'unica donna in mezzo a quel casino. 

Questo non avrebbe dovuto attirare l'attenzione del Lord?

"Mio Signore..." cercò di chiamarlo affaticata, ma in mezzo a quel rumore di voci non la sentì.

"Mio Signore!" Provò di nuovo, e ci provò ancora e ancora finchè lui non si voltò

Bellatrix sentì il cuore mancare un battito quando si trovò quei freddi occhi rossi puntati addosso.

Voldemort la scrutò con interesse.

"Scusami un attimo, Evan" disse rivolto a il Signor Rosier, fermandolo con uno svogliato cenno della mano.

"Si...?"

"Bellatrix Lestrange, Mio Signore" mormorò Bellatrix, riprendendosi dalla sorpresa.

"Cosa vuoi dirmi, cara Bellatrix?"

Bella deglutì e chinò il capo, in un breve inchino.

"Io vorrei diventare una Mangiamorte, Mio Signore, se me lo permette"

Quelli che cercavano di attirare l'attenzione del Lord si zittirono.

"Bella, ne abbiamo già parlato..." iniziò suo padre Cygnus

"Proprio perchè ne abbiamo già parlato, dovreste sapere che decido io per la mia vita" rispose Bellatrix fredda, poi si voltò di nuovo verso Voldemort.

"La prego, Mio Signore, io voglio davvero diventare una sua seguace, per me sarebbe un grande onore"

"E perchè vorresti diventarlo, esattamente?" Chiese serpentino Voldemort, sorridendo freddamente

"Per aiutarla a distruggere la feccia" rispose Bellatrix prontamente.

Il Signore Oscuro scoppiò in una risata crudele e  derisoria

"Se è solo per questo,  non credo che potrai diventare una degna Mangiamorte." Disse " Tu non potrai fare la differenza se hai questo obbiettivo banale. Ma sono sicuro che c'è di più, vero Bella?"

La ragazza annuì

"Bene, dillo" disse Voldemort avvicinandosi

Bellatrix non era tanto sicura di volerlo fare. O almeno, non davanti a tutti.

Era osare troppo chiedergli di dirlo in privato?

"Mio Signore, mi sento a disagio qui" disse abbassando lo sguardo "La prego di andare in un luogo più privato"

"Ma certo, bastava dirlo" disse Voldemort disgustosamente carezzevole.

Quando si trovarono fuori al giardino del Manor, Voldemort la guardò in attesa.

"Mi sento oppressa in queste tradizioni Purosangue, Mio Signore. Le mie zie hanno una vita noiosa e patetica. Io voglio vivere, voglio provare delle vere emozioni. Voglio provare il piacere della tortura, dell'uccidere, di una sfida" Bellatrix si trattenne dal sorridere in modo folle, ma purtroppo i suoi occhi dicevano tutto " Io voglio liberarmi da queste catene che  mi legano solo perchè sono una donna. E solo lei, Mio Signore, può darmi questa occasione" concluse, quasi supplicando.

"Non lo so, il tuo livello di magia al momento è piuttosto insignificante, non credo tu abbia molta esperienza nel duello, potresti essere facilmente sconfitta da tuo marito..."

"Non è-" iniziò la ragazza d'impulso, ferita nell'orgoglio

"Ti ho dato per caso il permesso di parlare?" Sibilò il Signore Oscuro. Bellatrix mantenne la testa alta

"No, Mio Signore"

"E allora non devi parlare. Come stavo dicendo, hai del potere ma non lo sfrutti, credo che se casomai ti mandassi in qualche missione saresti battuta in poco tempo dagli Auror" riprese con tranquillità, seguì il silenzio e Bellatrix capí che ora poteva parlare.

"Imparerò, farò di tutto! Diventerò la più abile, glielo giuro. Dovete solo darmi la possibilità di farlo, Mio Signore, farò qualsiasi cosa per averla! Io sarei pronta a chiederlo in ginocchio, di pregarlo quanto vuole, di fare tutto quel che desidera." Disse determinata.

Voldemort ghignò

"Allora fallo"

"Cosa?"

"Pregami in ginocchio"

Bellatrix inghiottì il suo tanto famoso orgoglio per obbedire. Si inchinò e dopo un po' prese anche a baciargli la veste, scongiurandolo e mettendoci tutta la riverenza che aveva per lui.

Voldemort sembrava godere di quelle preghiere, lo faceva sentire più potente. Ma alla fine decise di darci un taglio

"Basta" ordinò secco, Bellatrix si alzò immediatamente, cercando di non guardarlo troppo speranzosa

"Mi fai quasi pietà ragazzina" disse crudelmente

"Io non-"

"Zitta! Hai del potenziale sprecato, che tuttavia può essere sfruttato. Posso insegnarti io, sono il maestro migliore per te. Diventerai una vera Mangiamorte" disse sorridendo in modo inquietante "ma per diventarlo, per restare nelle schiere, dovrai fare qualsiasi cosa io ti chieda"

Bellatrix annuì senza esitazione

Voldemort si avvicinò di più "E stai ben attenta, che quando dico qualsiasi, intendo tutto. Potrei chiederti di uccidere tua madre, e tu lo dovrai fare. Potrei chiederti di spalancare le gambe,  e tu lo farai" sibilò

La riccia, dopo aver pensato con un certo piacere perverso che a spalancare le gambe non si sarebbe minimamente opposta, rispose immediatamente, senza traccia di dubbi  "Sarò la vostra serva più fedele, Mio Signore"









Angolo Autrice

Ce l'ho fatta! Quasi non ci credo.

Beh, ho ripreso a scrivere sul telefono.

Non ho tempo per commentare tutto il capitolo, purtroppo. Scrivo queste note più che altro per informarvi che i miei aggiornamenti rischieranno di non essere regolari, poichè sono in vacanza.

 

Alla prossima! 

 

P.s. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 28
*** E Peter? ***


E  Peter?

"Ci siamo allenati duramente, con il vento e sotto la pioggia. Volete davvero che tutta questa fatica sia stata inutile? Noi dobbiamo vincere! Dimenticatevi quel detto : L'importante è partecipare, non vincere', ora è importante stracciare i Serpeverde e farli strisciare cupamente verso i loro sotterranei! Noi siamo forti! Ah, ricordatevi che la voce del telecronista, Rogert o Rogers mi pare, è solo un fastidioso ronzio. E tu Potter!" Hughes indicò Harry "prendi il Boccino o ti squarto vivo"

Harry annuì immediatamente, Tom Hughes sembrava la versione più terrificante di Baston.

Forse erano imparentati, pensò Harry. Magari... magari era lo zio.

Merlino! Questo voleva dire che la famiglia di Baston lo avrebbe perseguitato per l'eternità!

Hughes aveva cercato lui e James un giorno sì e l'altro pure, ripetendo loro tutti gli schemi di gioco, passando dall'essere incoraggiante e fiducioso a essere minaccioso.

Era strano, strano e terrificante.

Come Sirius nelle ultime settimane. Strano perchè quando si nominava la partita di Quidditch imminente ghignava senza un motivo apparente, terrificante perchè quando ghignava in quel modo, un misto di malizia, di io-so-e-voi-no, e di esaltazione, da lui potevi aspettarti di tutto.

Anche che facesse volare Piton come un razzo nel bel mezzo della partita.

"Buongiorno nobile gente Hogwartiana! Qui che parla è il bellissimo, quanto divino come il suo nome, Sirius Black! Vi salto con magnanimità  la parte in qui vi dico che partita è  e robe varie, se siete qui lo sapete già, e se non lo sapete, fatti vostri. Professoressa! Io non sono stato scortese, non ho detto niente di male! Certo, ha ragione, davvero, certo certo. Sotto consiglio" tosse "ordine di Minnie, professoressa mi lasci stare! Vi informo che siamo alla prima partita di Quidditch dell'anno! Grifondoro contro Serpemerda! No no, Serpeverde, sì sì, Serpeverde. Imparziale, Minnie, imparziale, ho capito"

Harry spalancò gli occhi sconcertato, voltandosi di scatto verso James.

I loro sguardi si incrociarono.

No no, quella non poteva essere la voce di Sirius. Era sicuramente qualcuno che gli aveva rubato l'identità.No, che non lo era, affatto.

“Questa voce non è neanche un ronzio, questa voce non esiste" disse Hughes persuasivo e solenne.

Tutti annuirono.

"E accogliamo la squadra di Grifondoro!" Urlò Sirius, spaccando i timpani di coloro che erano vicini alla cabina.

Tutti inforcarono le scope e spalancarono le porte dello spogliatoio, salutando la folla di Grifondoro che urlava.

Harry sorrise, staccando una mano dalla sua Nimbus 1500 -recentemente comprata- e agitandola in segno di saluto. 

"Tom Hughes, l'assillante e pericoloso Capitano nonchè battitore, seguito dal suo compare pel di carota Barrie Green! Poi ci sono i cacciatori Albano Robbinten, no no scusate! Volevo dire Alban Robinson, la bellissima Alyson Morris e... James Potter! Entrato ingiustamente in squadra perchè ha avuto la coincidenza che un cacciatore non ci fosse... Certo Professoressa, sto divagando. 

Ecco il portiere! Lewis Legume, no Legum! Poi c'è un altro Potter, con dubbia parentela verso Potter 2, come cercatore! E certo, c'era da aspettarselo! È il rompiboccini più boccinoso della storia. Credo avrà dei problemi, mi raccomando Harry, devi prenderli, non romperli!"

Harry gli gettò un'occhiataccia, mentre Sirius stringeva forte il  microfono per non farselo strappare dalla McGranitt.

"Ora entra la squadra delle serpi! Il Capitano Maurice Bulstronde cacciatore, che ha una faccia da ebete.

È seguito da John Rowle e Richard Scoppiettante! Ragazzi, è un camino! Lo so, Professoressa, si chiama Richard Scott, ma questo cognome è davvero troppo banale.

Ma andiamo avanti! Ci sono i battitori Rodolph Selwyn e Triston Morgan, che è una persona molto triste come dice appunto il nome. C'é il portiere Zardan Bailey e il cercatore Simon Dixon. Do' un allarme ai giocatori, Dixon  puzzerà probabilmente di veleno di Doxy, perchè a quanto pare ha cercato disinfestarsi." Sirius assunse un tono grave all'ultimo.

"E che i Capitani si stritolino le mani!" Urlò poi con tono affannoso, scappando dalla Vicepreside

Bulstronde e Hughes si strinsero le mani, cercando di fare il più male possibile all'altro.

"Bene, dopo questo potete liberare le palle! E preciso, questo non è un invito ad abbassarvi le mutande. Se proprio volete farlo, vi preghiamo io e Minnie, ok ok, solo io, evidentemente la professoressa vuole curiosare. Aaaah, professoressa il microfono è di mia proprietà! Dicevo, io e tutti, vi preghiamo di farlo in un luogo privato. Vi avviso inoltre che Grifondoro ha appena perso centocinquanta punti per merito mio"

I bolidi e il Boccino furono liberati. La pallina d'oro sfrecciò velocemente tra i due cercatori, per poi andarsene veloce come un fulmine.

Madama Boom lanciò la Pluffa, che venne immediatamente acchiappata da Alyson.

"Morris passa a Robinson, che si dirige verso le porte, dove Bailey si sta grattando velocemente il naso. Ma gli viene spedito un bolide da Morgan, alias Morgana, ma lui schiva! La passa a Potter 2, e specifico che Potter 2 è James Potter, poco importa la sua testardaggine di voler essere Potter 1.

Si ho capito Professoressa, la partita. LA PARTITA! 

Potter 2 schiva un bolide e viene marcato da due cacciatori di Serpemerda, di cui al momento non ci importano i nomi, ma Rowle viene sfortunatamente quasi colpito, sarebbe stato più fortunato se fosse stato colpito in faccia, magari si sarebbe un po' aggiustata nella sua rottura, da un Bolide lanciato da Green il Verde! Potter 2 punta verso il cerchio di sinistra, ma tira a destra! E va' a segno! Grande, 10 a 0 per Grifondoro!  Vai, così Jamie! Imparziale, io sono imparziale"

Dopo circa cinque  minuti i Serpeverde segnarono, e si trovarono 10 a 10.

"Purtroppo Legume ha lasciato passare la pluffa. Questo significa doppi allenamenti per il poverino. Ehi aspettate! Triston, in prenda alla depressione e alla rabbia dovuto al fatto che questa partita sembra troppo corretta, ha colpito con la sua mazza a Robinson! È fallo! Un fallo ignobile e merdoso come ci si aspetterebbe dai Serpemerda! Punizione!"

Alla fine fu scelto Alban Robinson per battere la punizione. Si posizionò a centrocampo e si diresse come un fulmine verso Bailey.

"Punto! 20 a 10 per i Grifonfighi! Professoressa, vorrebbe mettere in dubbio la fighaggine dei Grifondoro?"

"Casomai la stupidità, Black!" Urlò Rowle passando accanto alla cabina

"Ma come si permette! Le tolga dei punti Professoressa, su! Ma come? Lei fa favoritismi! Verso i Serpeverde! Ma lei è la Capocasa dei Grifondoro!" Esclamò indignato Sirius con voce stridula

La McGranitt sospirò esasperata, e con uno scatto degno di una cercatrice, rubò il microfono

"30 a 10 per Grifondoro, James Potter segna" disse, poi lo restituì a Sirius con titubanza

"Come non me ne sono potuto accorgere! Potter 2 ha segnato! Non si sa come, nè quando, nè dove ma poco importa! James sarà molto deluso da questo, lui vorrebbe sicuramente un intero libro sulle sue abili mosse... ma io sono il suo migliore amico, quindi pare ovvio che non lo faccio. Aspettate, Boiley o Bailey ha fatto passare un'altra pluffa, 40 a 10 per Grifondoro! Sempre James, ma eh, io non dico niente. Il Camino Scoppiettante passa  a Rowle, che la passa a Bulstronde, si dirige verso le porte... e segna! Peccato Legum, stavi andando bene, ne avevi parate due... 

comunque 40 a 20 per Grifondoro. Aspettate, Potter 1, Harry Potter, Bambino-Prodigio, il Malandrino, o come cavolo lo volete chiamare, scatta verso l'alto mentre la professoressa Minnie è tentata di uccidermi. Si ricordi che ho il diritto alla vita. 

Subito Simon-puzzo-di-veleno-di-Doxy-Dixon lo segue immediatamente. Che cosa emozionante, era pure ora di vedere questo Boccino, anche se sono passati solo dieci minuti..."

Harry non staccava gli occhi da quel luccichio dorato, Dixon era dietro di lui, che cercava di affiancarlo.

Ma il Boccino scattò di venti centimetri  verso il basso, posizionandosi sotto la sua scopa.

Harry spalancò gli occhi. Ora era in svantaggio, il Boccino era troppo vicino per una picchiata, oltre al fatto che era proprio sotto di lui.

Guardò di sfuggita Dixon, che aveva un ghigno che non gli piaceva proprio. Lo guardò con sfida, mentre un' idea gli balzava in mente.

Strinse forte le cosce intorno al manico, incrociando le gambe sotto. Si diede una spinta e si ritrovò a penzoloni nel vuoto. Si girò verso destra e con uno scatto veloce  prese il Boccino, prima che potesse anche solo allontanarsi di un millimetro. Poi rimontò sulla scopa tirandosi a fatica su, un sorriso vittorioso a illuminargli il volto. Alzò il pugno con in mano il Boccino. I Grifondoro, e perfino i Tassorosso e i Corvonero urlarono e festeggiarono

"E Harry Potter afferra il Boccino! Fortunatamente non rompendolo! Che abile mossa ragazzi, il mio amico è più pazzo di quanto credessi! Grifondoro vince con 190 a 20, vi abbiamo stracciati Serpi! Strisciate verso i sotterranei!" Urlò Sirius, non venendo neanche rimproverato dalla McGranitt che aveva per un attimo lasciato perdere il suo portamento rigido

Harry fece il giro di campo, per poi planare verso il basso.

Fu stritolato dagli abbracci della squadra, che urlavano e saltavano.

Marlene dalle tribune, saltò su dalla panca urlando felice, dopo aver recuperato tutto l'ossigeno che non aveva preso per dieci secondi consecutivi.

"Tra poco ti soffocavi!" Esclamò Mary sorridendo canzonatoria

"Colpa sua! Fa' certe cose! Non ho neanche voglia di fargli la lavata di capo" rispose Marlene indispettita, non riuscendo tuttavia a non essere felice per la vittoria

"Vai ad abbracciare il tuo amore, su!" La incoraggiò Alice. Marlene arrossì

"Non è il mio amore!"

"Vorresti dirmi che non ti piace?" Domandò Lily alzando un sopracciglio. Marlene le guardò tutte e tre

"Ok, si, mi piace." Ammise velocemente, per poi scappare verso il campo da Quidditch, seguita dalle risate delle amiche.

Marlene riuscì miracolosamente ad acchiappare Harry in mezzo a tutta quella folla, abbracciandolo forte.

“Abbiamo vinto!" Urlò euforica, saltellando.

Harry rise e la strinse a sè "Avevi forse dei dubbi?" Chiese ghignando

Marlene fece finta di pensarci su, per poi sorridere furbescamente "Mmh, forse"

Harry si staccò dall'abbraccio "Bugiarda" l'accusò fintamente offeso.

Marlene fece per rispondere, ma Harry fu letteralmente trascinato dalla squadra, venendo prese in braccio e fatto saltare in aria insieme a James.

Marlene scosse la testa divertita, osservando la faccia esasperata di Harry, completamente l'opposto di quella esaltata di James.

Tutta quella gloria sembrava proprio piacergli


 

                               * 


Nella Sala Comune di Grifondoro si faceva baldoria. Tutti quanti a festeggiare, insieme alla squadra.

Peter andò fuori il ritratto, verso le cucine. I dolci erano finiti, doveva prenderne altri.

Era proprio felice della vittoria. La sua parte preferita era la festa, dove poteva ingozzarsi senza riserve.

James aveva il sorriso perenne sulle labbra, a lui piaceva molto quell'attenzione.

Harry invece sembrava di un parere diverso: imbarazzato subiva tutti i complimenti che gli facevano, e per due volte aveva cercato di scappare verso il dormitorio.

Ma se lo meritavano dopotutto, erano due fenomeni. La loro popolarità era solo aumentata in questo modo.

Peter a volte si chiedeva perchè facesse parte dei Malandrini. Lui non si sentiva neanche un vero Malandrino.

Perchè i Malandrini erano geniali, furbi, belli, divertenti, abili e coraggiosi.

C'era Sirius, che aveva tutto un proprio fascino regale. Un'eleganza naturale e dei tratti raffinati. Con coraggio si era opposto a quella famiglia malvagia dei Black, tornando in quella che lui considerava una prigione solo per suo fratello. Aveva sempre la battuta pronta e riusciva ad aver ottimi voti senza aprire un libro.

Poi James, carismatico e divertente. Emanava una gioia che sembrava contagiare tutti, sempre ottimista e fiducioso. Un vero amico,pronto ad aiutarti in tutto e per tutto. Con un ammiccamento faceva arrossire le ragazzine del loro anno, e le ragazze degli anni più grandi dicevano che sarebbe stato proprio un bel ragazzo, così come Sirius.

Harry invece era maturo, intelligente e un prodigio. Sapeva tanti incantesimi che non avevano studiato, era geniale  e insieme a James era un fenomeno a Quidditch. Emanava un'aria di mistero, ed era sempre per il giusto. Un leader nato, quando non c'era James, c'era lui. Era sicuramente una persona forte, perchè Peter sapeva che aveva sofferto tanto.

Remus, era silenzioso e gentile. Era cortese ed era un ottimo studente. Era particolare lui, perchè sembrava tanto innocente ma poi poteva uscirsene con i piani più astuti e geniali. Era un Lupo Mannaro, ma nonostante questo riusciva a vivere, affrontando tutte le Lune Piene con coraggio. Non era affatto un ragazzo da buttare, e Peter era sicuro che qualche ragazzina, delle più serie e timide, lo aveva adocchiato con interesse. Quelle cicatrici gli davano anche un'aria da uomo vissuto. Anche se al momento, uomo non era ancora.

E Peter? Peter era quel ragazzino cicciottello e buffo, una frana in tutto. Quello che se ne stava dietro agli altri, una specie di ombra, che ammirava gli amici e applaudiva per ogni piccola cosa che facevano James e Sirius

L'umore di Peter si guastò decisamente, mentre usciva dalle Cucine per andare alla Sala Comune di Grifondoro.

"Ehi Peter!" Si sentì chiamare, alzò lo sguardo e guardò Harry dirigersi verso di lui correndo. Sorride forzatamente

"Che ci fai qui?" Chiese

Harry fece spallucce

"È finito il succo di zucca, ne ho approfittato per prenderlo, sono riuscito a scappare" rispose "aspettami qui!"

Harry corse nelle cucine e pochi minuti dopo ne uscì con tre bottiglie.

Si incamminarono

"Quanto pesano quei dolci?" Chiese Harry, guardando preoccupato tutte quelle caramelle

"Non importa quanto pesano, ma quanto sono buone" borbottò Peter

Si sentì scandagliato da parte a parte.

"Che ti prende?" Gli chiese Harry. Peter si voltò si scatto, con gli occhi spalancati

"Niente!" Squittì in fretta 

Harry alzò gli occhi al cielo "Non sei mai stato bravo a mentire, Peter"

"Ah, è che mi sento così idiota!" Sbottò Peter cupamente.

"Perchè?" Harry lo guardò curiosamente. Sapeva che tra poco avrebbe dovuto consolarlo, e sperava solo di farlo bene. Consolare un probabile traditore... no Peter, Peter, il suo amico.

"Insomma, Harry, io che ci faccio tra voi?!" Domandò Peter esasperato, fermandosi in mezzo al corridoio. Ma poi si accorse che forse era meglio non dire niente. Dirlo avrebbe reso tutto più reale.

Il corvino lo guardò confuso 

"Non fa niente, a volte mi faccio prendere da questi pensieri stupidi!" Esclamò Peter, facendo un sorriso forzato e fintamente divertito

"Lo sai vero che se te lo tieni dentro sarà ancora più brutto?" Chiese Harry alzando le sopracciglia, quasi come se lui lo avesse provato.

Peter aveva bisogno di sfogarsi. Insomma, Harry lo guardava con quello sguardo attento e consapevole... lo invitava solo a buttare tutto fuori.

"Io sono cicciottello, buffo, e una frana in tutto. Non sono bello, non sono spiritoso e non sono coraggioso nè geniale. Perchè, esattamente, mi avete permesso di essere un Malandrino?Voi siete tutto questo, perfetti. Io no" Si confidò il biondino, bisbigliando.

Harry lo guardò con sguardo critico. Questa era la sua occasione perfetta, per far sentire più accettato Peter e per farlo sentire davvero parte di qualcosa. Chi lo sa, magari avrebbe annientato una parte della codardia che si portava dentro.

"Tu non devi vederci perfetti, Peter. Non siamo divini o Dei scesi in terra. Siamo ragazzi proprio come te." Iniziò il corvino "Abbiamo dei difetti, anche se tu non riesci a vederli. Tutti hanno pregi e difetti, c'è chi ha più pregi, e chi ha più difetti, ma nessuno è perfetto" Harry si sentiva particolarmente saggio e maturo.

"Prendi Sirius, lui è impulsivo e incurante del pericolo, testardo e arrogante; James è piuttosto egocentrico e presuntuoso, oltre che arrogante; Remus, invece, ha il difetto di voler piacere a tutti ed è insicuro, quindi tende sempre a non mostrarsi del tutto. Io, beh, ammetto che sono impulsivo e quando sono di malumore tendo a prendermela con tutti. E questi sono solo alcuni dei nostri difetti."continuò "Anche tu hai dei difetti, sei insicuro e troppo ingenuo, e anche pauroso. Tendi sempre a sottovalutarti. Però hai anche dei pregi. Chi ha avuto l'idea di far entrare i Folletti della Cornovaglia in Sala Grande l'anno scorso? Tu. Chi è che vince sempre a scacchi? Sempre tu. Nei momenti di pericolo riesci a essere furbo e intraprendente. Usi il tuo coraggio quando è strettamente necessario e quando sai che è adatto usarlo." Harry non ci poteva credere che stava elencando i suoi pregi prendendo spunto da quando Peter ideò il piano per far incolpare Sirius.

Peter lo guardava con attenzione,pendendo dalle sue labbra. Quell'espressione metteva l'amico leggermente a disagio.

Si schiarì la voce "E se il tuo problema è che ti senti invisibile e insignificante, ti consiglio di iscriverti a quel Club di Scacchi, sono sicuro che vincerai tante partite. Poi in te c'è anche altro, solo che tendi a reprimerlo" concluse infine.

Dopo un po' che Peter si accorse che avesse effettivamente finito, sorrise felice.

"Hai ragione!" Esclamò "devo cercare di cambiare! Sì sì, devo proprio iscrivermi. E magari se riesco a essere più sicuro di me riuscirò anche a non balbettare con chi non conosco."

"Bene, domani ti accompagno ad iscriverti" Harry sorrise.

Il primo passo era stato fatto.


 

                               *


"Una volta quando avevo cinque anni, volevo i biscotti al cioccolato che erano chiusi in un mobile in alto, e io naturalmente non ci arrivavo. Mia madre stava dormendo e mio padre era ancora a lavoro. Petunia era con me, ma neanche lei arrivava al mobile.

Io volevo quei biscotti, era l'ora della merenda e avevo fame, e inoltre erano anche i miei biscotti preferiti. Li volevo così tanto... e ad un tratto mi comparirono in mano. Mi ricordo che Petunia scappò via, strillando a proposito di un probabile fantasma in casa che mi aveva dato i biscotti" raccontò Lily divertita, ridacchiando al ricordo.

Harry si passò una mano fra i capelli, scegliendo un ricordo che aveva riguardo a incidenti di magia involontaria.

"Io una volta ho fatto cadere mio cugino in una gabbia di uno zoo, con un cobra dentro" la informò d'un tratto con un sorrisetto malandrino, mentre Lily lo guardava sconcertata.

Doveva un po' modificare la storia, ma il succo sarebbe stato quello.

"I miei zii non hanno mai avuto bei rapporti con noi, pensano che io e mia madre siamo anormali. È successo un anno fa, quando avevo undici anni e prima che venissi a Hogwarts. Non mi ricordo come, ma mio padre ci convinse ad organizzare un'uscita con loro allo zoo. Siamo andati nel reparto serpenti, e io andai vicino alla gabbia di un cobra che era sempre stato in cattività. Riuscì a svegliarlo, e mentre mi osservava attraverso il vetro, mio cugino mi spinse per vederlo, è sempre stato prepotente. Mi fece cadere a terra, e io ho fatto scomparire il vetro. Lui cadde nella gabbia,si trovò inzuppato d'acqua e  urlò  come un pazzo, mentre il cobra usciva dalla gabbia e mi passava accanto, sibilando qualcosa. Credo che mi abbia ringraziato." Spiegò Harry, perdendosi in quei bei ricordi. "Uno dei momenti più gloriosi della mia vita, anche se poi non li abbiamo rivisti più. Ma non è questo gran dispiacere."

Lily scosse la testa, sconcertata.

"Sei incredibile" sussurrò infine.

"Lo so" si pavoneggiò il corvino.

Seguì il silenzio.
 

"Prima che me ne dimentichi, volevo chiederti se oggi pomeriggio vuoi studiare con me" se ne uscì d'un tratto Lily.

Harry sorrise "Certo"

Aveva sempre voglia di trascorrere il tempo con sua madre, pure a studiare se lo rendeva possibile. Anche se ora madre non la considerava neanche tanto, più un'amica.

"A proposito di studio, abbiamo la lezione di Incantesimi. Che ore sono?" Chiese Lily, maledicendosi per non avere almeno un orologio.

"Non lo so. Aspetta" Harry estrasse la bacchetta e la puntò di fronte a sè "Tempus"

12:05

"La lezione è iniziata da cinque minuti!" Esclamò Harry.

"Che cosa?!" Urlò Lily, prendendo a correre come una maniaca.

"Tutta colpa tua, Potter, mi hai distratto! Il mio primo ritardo, il mio primo ritardo! No no, faremo perdere punti!" Disse a fatica Lily correndo, con la borsa piena di libri che rimbalzava al suo fianco.

"Non fa niente, ritardo più, ritardo meno. Tanto abbiamo ottimi voti" cercò di rassicurarla Harry, tentando di starle dietro.

"Ma sei ammattito?! Ti stai facendo influenzare da quegli idioti dei tuoi amici!" Strillò Lily gettandogli un'occhiataccia.

Harry decise di lasciar perdere.

Raggiunsero la porta dopo due minuti e mezzo, e solo grazie a Harry che aveva imboccato tutte le scorciatoie e i passaggi segreti che conosceva.

"Che fai, apri" la esortò il corvino. 

"Apri tu" rispose Lily indispettita.

Harry alzò gli occhi al cielo e aprí la porta.

"Ci scusi per il ritardo, professore. Siamo dovuti ritornare in Sala Comune perchè avevamo dimenticato le borse lì"  mentì Harry, fingendosi davvero dispiaciuto.

Il professor Vitious li guardò con rimprovero.

"Non me lo sarei proprio aspettato da voi. Soprattutto dalla signorina Evans. Andate ai posti rimanenti e dieci punti in meno a Grifondoro"

Lily si diresse rossa come un pomodoro e con la testa china verso il posto che Marlene le aveva lasciato accanto a sè, mentre Harry si diresse sciolto verso il posto vicino a Remus.

Lo guardò con rimprovero e Harry fece spallucce. Probabilmente non gli avrebbe parlato per tutta la lezione, ma ci era abituato.



Quando uscirono dall’aula, lui e i Malandrini si diressero verso la Sala Grande per pranzare.

Si sedettero a tavola, e poco dopo comparve il cibo.

Peter se lo mangiò prima con gli occhi che con la bocca.

“Che fate a Natale?” Chiese James allegramente.

La festività si avvicinava sempre di più, e tra pochi giorni la McGranitt avrebbe fatto la lista di chi rimaneva al castello.

“Io e Regulus rimaniamo al castello” Rispose Sirius, rubando una bruschetta di pomodori a Peter, giusto per dargli fastidio.

“Hey, ridammela!” Esclamò Peter allungando la mano per riprendersela.

“Anche io rimango al castello” annunciò Harry osservando distrattamente Sirius e Peter che lottavano.

Tutto nella norma.

I pomodori sulla bruschetta caddero e si spezzò. I due Malandrini lasciarono perdere quella stupida lotta che avevano iniziato solo per una bruschetta, una delle tante  a tavola.

“Io vado a casa e credo anche Peter” Remus guardò il biondino che annuí

James sembrava impaziente di dire qualcosa, e la disse:

“Mia madre mi ha detto che posso invitare i miei amici a casa. Quindi la presenza di Sirius, Regulus e Harry è d’obbligo, dato che rimangono al castello.” Sorrise sornione, poi guardò Remus e Peter “anche voi siete invitati, se volete venire”

Sirius ricambiò il sorriso di James, sorpreso e felice. Ma poi si spense lentamente.

“Mia madre non me lo permetterà”

James assunse un’aria più confidenziale 

“In questo, in miei genitori hanno consigliato di non dire niente “ sussurrò

“Benissimo!” Esclamò Sirius, con una luce furba negli occhi “vado a dirlo a Reg!” Continuò, per poi allontanarsi verso  il fratello, quattro o cinque posti più in là, che parlava con il suo amico Daniel Cooper.

“Tu Harry?” Chiese James

“Verrò sicuramente.”












Angolo Autrice

Ciao! Con un piccolo ritardo sono riuscita a pubblicare! 

Come prima scena abbiamo la partita Grifondoro- Serpeverde, la prima per  James e la prima per Harry in quel tempo. 

E sorpresa, Sirius fa da telecronaca.

Io dovevo assolutamente farlo, davvero, io Sirius che fa il telecronista ce lo vedo troppo. Mi sono divertita a scrivere le sue frasi sbizzarrendomi sui nomi  e le azioni.

Harry prende il Boccino questa volta non con una picchiata, ma si può dire con una capriola.

“Prendi il Boccino a costo della vita” CIT. Baston

Non prendete come una conferma che Tom Hughes è lo zio di Baston XD. Sono tutte supposizioni di Harry che possono essere errate.

Nella seconda scena vediamo più a fondo l’ammirazione e la stima che Peter prova per gli amici, insieme alla sua più profonda insicurezza, quella di non essere abbastanza.

Quando Harry lo consola, ho fatto fatica a trovare degli aspetti positivi in Peter. Nei libri, nel suo personaggio si vede più che altro il suo lato viscido e da leccapiedi,  e lo schifo anche.

Per la terza scena una piccola chiacchierata tra Lily e Harry e infine l’invito di James a Potter Manor. Regulus, Sirius e Harry trascorreranno il Natale a Potter Manor! 

Al prossimo capitolo si salterà direttamente alle vacanze natalizie.

 

Baci!


P.S Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 29
*** La piccola libreria in salotto ***


La piccola libreria in salotto

 
I primi giorni a Potter Manor per Sirius e Regulus furono piuttosto imbarazzanti e strani.
Abituati alla fredda e apatica Grimmauld Place n 12, il calore e l'accoglienza della casa di James a loro era completamente estraneo.

All'inizio si erano comportati  formalmente nel Manor come a loro era sempre stato insegnato, ma pareva che per i Potter la formalità non stava di casa. Il Signor Potter subito mise in chiaro di chiamarlo Fleamont, e per quanto Euphemia si faceva ancora chiamare Signora Potter, questo era l'unico accenno di formalità da parte sua.

Accarezzava e abbracciava Sirius, Regulus e Harry quasi fossero figli suoi.

Regulus e Sirius si imbarazzavano oltre modo, e quest'ultimo all'inizio aveva anche cercato di sembrare infastidito, giudicando il tutto poco virile, mentre le guance si infuocavano leggermente.

Ma alla fine si era arreso, meglio godere di quelle piccole coccole finchè poteva, anche se cercava di mantenere un certo contegno dimostrandosi imbronciato.

Regulus era contento, ed era molto più bravo a nascondere il suo imbarazzo, quindi si dimostrava disinvolto.

Harry già dall'estate sapeva del comportamento della Signora Potter, ma era  comunque quello che arrossiva di più, scostandosi quando un abbraccio o una carezza durava troppo a lungo.

Il fatto, era che il suo disagio era molto più grande di quello di James e gli altri due. In questo caso, lui era davvero troppo grande per tutto questo.

Per Merlino! Aveva diciotto anni!

Ma per il resto, i giorni passarono e il ghiaccio si ruppe sempre di più. Sirius tornò quello di sempre, ovvero quello che se ne usciva con frasi inappropriate e che faceva scherzi insieme a James e Harry, mentre Regulus si ritrovò a partecipare sempre di più a tavola, dicendo la sua su un argomento e a essere complice di qualche scherzo.

Il 24 e il 25 dicembre furono amati follemente da Sirius, che se prima considerava il Natale una festa come le altre, un giorno che non faceva tanta differenza a casa sua se non per i regali, ora la considerava assolutamente fantastica.

Togliendo le decorazioni messe per tutto il Manor, l'enorme e luminoso albero di Natale nel salone, il cibo delizioso preparato da Becky ( la fedele e vecchia Elfa Domestica in cucina) e dalla Signora Potter, c'era quell'atmosfera allegra e calorosa, che sapeva tanto di famiglia che quando Sirius la sentiva si sentiva davvero a casa.

Il 26 dicembre i tre malandrini decisero di combinarne un’ altra delle loro.

"Sai, Fleamont, credo che le tavolette del water di Hogwarts siano davvero troppo...comuni" annunciò Sirius, sedendosi sul divano in salotto. L’uomo si trattenne dal sobbalzare, Sirius era arrivato senza fare alcun rumore mentre camminava.

Fleamont alzò gli occhi dalla Gazzetta, guardandolo in modo strano.

Piegò il giornale e si mise in una posa seria

"Che avete intenzione di fare?" Chiese con tono severo, che Sirius non gli aveva mai sentito usare in quei giorni.
Si ritrovò in difficoltà, poichè alle piccole ramanzine della Signora Potter ci era abituato, ma a quelle di Fleamont no.

E se Fleamont si comportava così , forse era davvero arrabbiato.
Sirius si sentì in colpa, forse si era preso troppa confidenza.

"Niente" disse velocemente, sotto lo sguardo intenso di Fleamont, incapace di vedere il piccolo luccichio divertito negli occhi di questi

"State facendo un altro scherzo?" Domandò Fleamont, assottigliando gli occhi. Una parte di Sirius giudicò l'espressione piuttosto buffa, simile a quella di James quando cercava di essere minaccioso.

Ma l'altra parte la giudicava spaventosa , per la situazione in cui si trovava, e quella parte era molto più grande.

"No, Signor Potter!" Negò immediatamente Sirius.

Il Signor Potter  scrutò severo la faccia impanicata e vagamente terrorizzata di Sirius per un altro po', prima che stringesse la labbra e che le spalle iniziassero a muoversi quasi avesse le convulsioni.

Alla fine non resistette e scoppiò a ridere, mentre Sirius lo osservava confuso e spaesato.

"Oh, Sirius" esalò ridendo, si diede il tempo per riprendersi prima di ricominciare a parlare

"Allora, quale altra idea geniale vi è venuta in mente?" Domandò allegramente

"Lei...tu... non sei...arrabbiato?" Farfugliò Sirius

Fleamont agitò la mano come a scacciare una mosca
"Era solo un piccolo scherzo" disse sbrigativo

Sirius continuava a guardarlo sgomento.
Fleamont sbuffò

"Andiamo Sirius, ricordati che sono il padre di James. Sicuramente avrà preso qualcosa da me"

Il Black si riprese "Certo... ovvio" rispose a disagio

"Ora suppongo che il tuo compito era quello di distrarmi con una conversazione assurda" indovinò Fleamont, riacquistando il suo tono allegro

Sirius annuì
Proprio in quel momento entrò Euphemia, con in mano un libro.

"Ehi cara!" La chiamò il Signor Potter
Euphemia gli sorrise, mentre si avvicinava a una poltrona e si sedeva

"Si?"

"Io e Sirius stavamo discutendo a proposito delle tavolette del water a Hogwarts, le troviamo davvero troppo banali, cosa ne pensi?" Domandò curioso, calandosi nelle sue doti d'attore

La Signora Potter alzò un sopracciglio
"Le tavolette dei gabinetti di Hogwarts le trovo perfettamente normali. Non immagino che imbarazzo se fossero state decorate con dei canarini gialli e verdi."
Poi li guardò, stringendo gli occhi sospettosa.

Non sapeva se effettivamente stesse succedendo qualcosa da cui volevano distrarla o era solo una delle tante conversazioni assurde che Fleamont faceva giornalmente.

"Dove sono gli altri, Sirius?"

Il Malandrino fece spallucce "Stanno discutendo di allenamenti e altro, talvolta mi fanno sentire escluso. Regulus penso sia in biblioteca"

Fleamont, dopo un attimo di falsa riflessione, aprì bocca
"In effetti avresti avuto pietà, insomma, schiacciare dei poveri canarini con il tuo-"

"Fleamont!" Lo interruppe la madre di James con rimprovero "C'è un ragazzino qui presente!"

Il Signor Potter ghignò "Mia, credo che Sirius sappia più cose di quante ne da' a vedere"

"Lasciamo stare il mio presunto linguaggio e la mia conoscenza." Intervenne Sirius serio "le tavolette dei water di Hogwarts sono più importanti. Il loro banale colore bianco non dimostra altro che la scarsa fantasia dei professori. Io e James abbiamo intenzione di formare una lega contro le tavolette bianche" continuò, quasi fosse un imprenditore particolarmente esperto e determinato

Euphemia scosse la testa incredula.

"Vorrei farne parte anche io!" Esclamò Fleamont fingendosi entusiasta
"Considerati già parte" Rispose Sirius con un sorriso

"Smettetela di parlare di queste stupidaggini!" Se ne uscì la Signora Potter esasperata e irritata

"Non sono stupidaggini, Signora Potter!" Esclamò Sirius offeso

"Infatti, tesoro, un po' di rispetto per l'intraprendenza di questi ragazzi d'oggi." Disse il Signor Potter dandogli man forte. Poi scosse la testa "Io alla loro età non avrei mai avuto l'idea e il coraggio di creare una lega contro le tavolette del water bianche"

La madre di James gli gettò un'occhiata storta "Sì che ne avresti avuto il coraggio Fleamont, oh si, non ne ho alcun dubbio" disse con fare dolorosamente consapevole

Fleamont ammiccò "Felice che tu abbia questa stima di me, cara" poi si rivolse a Sirius "quale primo movimento di protesta avete intenzione fare?"

Sirius sorrise "Sostituiremo tutte le tavole di Hogwarts con le vostre" rispose convinto

La donna lo guardò confusa "Perchè?" Domandò

Sirius si finse a sua volta confuso "Ma come, Signora Potter, non avete sostituito le tavolette bianche con le tavolette colorate oggi?"

La Signora Potter si alzò di scatto, con occhi increduli e fiammeggianti

"Tu..." iniziò rivolta  al Black, poi guardò Fleamont "voi..." si corresse "Gli altri..."

In risposta i due ghignarono in modo malandrino. La Signora Potter spalancò la bocca e corse fuori dalla stanza.

Ne trovò di tutti i colori. Tavolette a pois, tavolette verde vomito, tavolette con in canarini, tavolette che puzzavano di caccabombe, tavolette con scritto 'Mangiacacca', tavolette che quando ti sedevi si chiudeva lo spazio nel mezzo.

Tavolette che mordevano.

E se ve lo state chiedendo, sì, Potter Manor aveva sette bagni, quindi sette gabinetti, da quelli privati delle camere a quelli in giro per i corridoi.

Sette tavolette del water da modificare erano comunque troppo poche per i Malandrini, quindi avevano aggiunto che cambiassero ogni ora. In modo da raggiungere anche altre strampalate decorazioni. E come ciliegina sulla torta, gli incantesimi erano talmente potenti che sarebbero durati circa un mese, oltre al fatto che le tavolette non si potevano rimuovere in alcun modo.

"JAMES, HARRY E SIRIUS VENITE SUBITO QUI!" Urlò Euphemia

Ma non vennero, e quindi incaricò a tre elfi domestici di cercarli e portarli davanti a lei nonostante eventuali proteste.

I tre, quando furono ritrovati, si beccarono una bella ramanzina.
È più tardi, neanche Fleamont ne fu risparmiato.


                                                                  *


Remus lesse le ultime due righe di testo che gli rimanevano con una faccia frustrata, prima di chiudere di scatto il tomo. Avrebbe tanto voluto gettare quell’inutile libro nel fuoco del camino, giusto per sfogarsi un po’.

Ringraziò di non essere Sirius, perché altrimenti lo avrebbe davvero buttato.

Poggiò il libro sulle gambe, e buttò la testa all’indietro, poggiandola sul soffice schienale chiudendo gli occhi.

Come era dannatamente possibile non trovare, nei quindici  libri (non per interi, sia chiaro, solo nei capitoli che riguardavano l’invisibilità) che aveva letto in quei mesi, un solo incantesimo per vedere una persona invisibile senza che lei se ne accorgesse?

Eppure sicuramente esisteva un incantesimo, era impossibile che nessun mago nel corso dei secoli non avesse pensato a questo.

Forse avrebbe dovuto dire a Harry che sapeva che tre volte a settimana usciva dal dormitorio e magari chiedergli spiegazioni.

Remus scosse la testa

No, c’era il rischio che gli rifilasse in meno di pochi secondi una bugia convincente tanto era bravo a mentire. Harry mentiva sempre quando si trattava di lui.

Il licantropo quasi sorrise amaramente.

Sempre più spesso, in quei tre mesi, aveva osservato più attentamente Harry quando parlava, la sua espressione e i suoi movimenti. Tanto attentamente che ora riusciva a capire perfettamente quando il corvino diceva bugie, quando ometteva parti di verità, e quando nascondeva emozioni che potevano rivelare troppo.

Probabilmente era uno dei pochi, o forse l’unico, che era riuscito a distinguere la maschera dal volto di Harry Potter.

Harry si era costruito una fitta rete di bugie, teneva nascosta gelosamente la verità, tanto gelosamente da non dirla neanche ai suoi veri amici.

Doveva coglierlo con le mani nel sacco, in modo da costringerlo a confessare.

“A che pensi, figliolo?” chiese una voce. Remus sobbalzò e aprì gli occhi di scatto.

“P-papà”  balbettò, cercando di far calmare il suo battito cardiaco.

John Lupin gli sorrise in modo mite, un sorriso che aiutò considerevolmente il figlio a riprendersi.

“Avevi un’ espressione piuttosto determinata e malinconica, devo preoccuparmi?” gli domandò l’uomo, sedendosi sul divano

“Oh, è che non trovo un incantesimo che mi serve, anche se ho letto un bel po’ di libri” rispose Remus sospirando.

John alzò un sopracciglio “Deve essere davvero importante trovare quest’incantesimo se ti sei intestardito a cercarlo fino a questo punto” costatò

“Ci puoi contare papà, se è importante” confermò l’altro “Ho cercato dappertutto nella biblioteca di Hogwarts, e niente, non ho trovato niente”

“È strano, dal quel che ne so la biblioteca di Hogwarts è una tra le più fornite della Gran Bretagna. Forse non hai cercato bene”

Remus si limitò a fare spallucce

“Prova a vedere nelle nostra piccola libreria” propose il Signor Lupin, e sembrava perfino lui incerto riguardo questa idea.

Il ragazzino sorrise divertito “Non ho trovato il libro che mi serviva a Hogwarts e credi che lo troverei qui?”

John ricambiò con un sorrisetto “Forse” si limitò a rispondere “Vale la pena provare, no?” aggiunse. Poi si alzò e uscì dal salotto.

Remus guardò indeciso per un attimo la piccola libreria, prima di avvicinarsi e prendere a leggere i titoli dei libri su di essa.

Si fermò incredulo ad un titolo “Incantesimi per Maghi Impiccioni”

Questo  libro lo stava forse perseguitando?!

Nella biblioteca di Hogwarts, in un modo o nell’altro, se lo trovava sempre davanti. Lo aveva scorto per la prima volta posto su uno scaffale, la seconda su un tavolo, la terza mentre una ragazza lo leggeva, la quarta mentre un ragazzino firmava su una lista per portarselo fuori dalla biblioteca, e ancora e ancora, in un modo o nell’altro il suo occhio ricadeva sempre sul libro.

Sembrava quasi che lo stesso destino gli dicesse di prenderlo, di leggerlo, di curiosarci.

E che Remus non credesse nel destino poco importava.

Non aveva mai voluto prenderlo e leggerlo, nonostante il suo istinto che glielo suggeriva.

Più che altro per orgoglio.

Insomma, prenderlo significava ammettere, effettivamente, di essere degli impiccioni.

Alla fine cedette e lo aprì freneticamente. Gli incantesimi non erano posti secondo un ordine, ma tutti in un modo o nell’altro, servivano per scoprire qualcosa.

Incantesimo Homunculus… Incantesimo Aparecium...Traccia Magica…Legilimens…
Remus continuò a leggerli, trovando qualche incantesimo utile al suo scopo, ma che era troppo difficile, o comunque, che ci avrebbe messo troppo tempo per impararlo. Aveva bisogno di un incantesimo che non si sarebbe sbagliato o confuso in alcun modo.

Incantesimo Vestigium*

Formula: Gradus Auream

Tipo: Incantesimo Generico

Livello: medio

Effetto: Lascia impronte dorate sul sentiero dove il mago su cui è posto l’incantesimo ha camminato

Consigliato: per seguire un mago invisibile o difficile da vedere

Avvertenze: solo il mago che ha posto l’incantesimo può vedere le impronte





Sotto invece, c’era il movimento da fare con la bacchetta . Remus quasi saltò dalla gioia.

Aveva avuto il libro perfetto, con il giusto incantesimo, sotto il naso per mesi!

Si diede mentalmente dell’idiota. Se solo lo avesse letto prima…

Il bello era che lo aveva trovato nel luogo che non avrebbe mai immaginato. Nella piccola libreria di suo padre, che lui aveva già scartato a priori di leggere.
Vale la pena provare, no?’










*incantesimo inventato da me

Angolo Autrice

Eccomi qui! In questo capitolo ci sono solo due scene, ma oltre al fatto che credo di aver scritto abbastanza, non sapevo proprio che fare come terza scena XD.

Vediamo un po’ come sta andando a Potter Manor, e ho saltato Natale e la Vigilia, poiché in quei giorni non succede nulla di particolare, se non aprire i regali, abbuffarsi di cibo, qualche scherzetto ecc…

Si è andati direttamente al 26 dicembre, Santo Stefano (ironico vero? Che mentre loro stanno a Natale noi stiamo ad Agosto? XD). Si parla di tavolette del water, di come siano banali e di come i Malandrini, nuovi imprenditori di una (inesistente) lega hanno deciso di sostituire le tavolette bianche di Hogwarts con alcune più…ehm… particolari. Tavolette particolari  che sono nei bagni di Potter Manor all’insaputa dei coniugi Potter.

I poverini dovranno stare attenti su quale tavoletta si poggiarenno per un intero mese. Insomma, immaginate sedersi sul gabinetto e essere morsi da una tavoletta? Oppure entrare in bagno con un gran mal di pancia, fare quel che si deve fare, e anche se tu hai gettato nel gabinetto litri di detersivo alla lavanda, il gabinetto puzzerà sempre di cacca perchè la tavoletta è pregna di puzza di caccabombe. Poi qualcuno che non sa della situazione potrebbe addirittura pensare che sia colpa tua, e non  della tavoletta.

Un gran disagio, insomma.

Probabilmente la povera Euphemia sarà esasperata da questa situazione e non inviterà nessuno a casa sua per un mese, invece Fleamont sarà più che altro divertito.

Nella seconda scena ci trasferiamo a Casa Lupin, dove Remus sta raggiungendo un esaurimento nervoso. Vaghiamo un po’ tra i suoi pensieri prima che il Signor Lupin si faccia avanti. Gli da’ l’idea di leggere nelle piccola libreria, piena di libri comprati da lui da buon ex Corvonero. Remus si arrende ed si ritrova davanti Incantesimi per Maghi Impiccioni  di nuovo. Finalmente si decide ad aprirlo e trova quel gli serve, incantesimo inventato da me che non so se definire ridicolo o banale.

Ridicolo o no, ha trovato l’incantesimo. Probabilmente, qualcuno che conosco sarà felice per questo, perché significa solo che la scena che sta aspettando si avvicina sempre di più.

Saluti!

P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura

 
 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie a lei infatti questa storia non rischia di essere segnalata per i trecentomila errori che faccio (sono un caso perso).  

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Capitolo 30
*** Non mentirmi ***


Non mentirmi

Le vacanze natalizie finirono e tutti gli studenti dovettero riprendere la loro solita routine scolastica. Per alcuni di loro fu un vero trauma, si può dire.

James e Sirius erano fra questi. E a qualcuno verrebbe da dire: “Oh! E chi se lo aspettava?”

Tutti

Soprattutto il povero Remus, segnato da un destino crudele e ingiusto. Nella sua vita, in qualunque vita fosse stato amico di quei due, il suo grande compito era quello di svegliarli. Perché lui era quello mattiniero, e loro erano i dormiglioni.                                                             
E per Circe, lui lo faceva per il loro bene! Altrimenti avrebbero fatto tardi a lezione! E veniva pure insultato!

Comunque, quella mattina del 12 Gennaio,  fu una di quelle mattine in cui prendeva a urlare e a svegliare con modi piuttosto... violenti.

“SVEGLIAAAAAA!” Urlò Remus esasperato

“EH?!” Harry si svegliò di scatto, sguainando la bacchetta, sempre per quell’impulso che gli altri sinceramente non si spiegavano. La posò poi, dopo aver capito la situazione.

Peter cadde dal letto, portandosi dietro tutte le coperte avvolte intorno al suo corpo.

“Vai a rompere da un’altra parte, Remmi” mugugnò Sirius, sotterrando la testa sotto il cuscino.

Se Sirius si era in parte svegliato, James era ancora nel mondo dei sogni “Sapevo di essere affascinante, Evans…”

Remus ringhiò come ci si aspetterebbe da un lupo, non da un umano.

Sguainò la bacchetta e la puntò verso il corpo di Sirius

“Mobilcorpus” scandì, e Sirius si ritrovò a volteggiare in aria.

“Che cazzo stai facendo?!” domandò Sirius incredulo e irritato. Remus fece finta di non sentirlo e lo buttò in bagno come un sacco di patate.

Si sentì un tonfo e uno strillo

Poi prese la divisa del Black con tutto quello che poteva servirgli e buttò in bagno anche quella. Fatto questo, chiuse la porta del bagno a chiave con un colpo di bacchetta.

Si voltò poi verso il letto di James, dove intanto Harry cercava inutilmente di svegliare suo padre per salvarlo da quella sorte.

Harry gettò un’occhiata ansiosa verso Remus.

“Piton e Lily si stanno baciando” sussurrò all’orecchio di James, colto da un lampo di genio.

“CHE COSA?!” Urlò il corvino, alzandosi di scatto dal letto e andando a sbattere la fronte contro il naso di Harry “Dove sono? Mh? DOVE?”
“NON C’È NESSUNO CHE SI STA BACIANDO! VA' A PREPARARTI, RAZZA DI DECEREBRATO!” urlò Remus perdendo le staffe, poi diede un’occhiata all’orologio al polso “Mancano solo…MANCANO SOLO DUE MINUTI ALLA LEZIONE! LA MCGRANITT CI SQUARTERÀ VIVI!”

Peter riuscì a liberarsi, uscendo fuori sudato e con i capelli scombinati.

“CHE MORGANA CI FAI SUL PAVIMENTO?! VAI IMMEDIATAMENTE A VESTIRTI!” urlò Remus.
Peter scattò e aprì il suo baule, sparpagliando tutti i vestiti per trovare la divisa.
Meglio non fiatare e obbedire in questi casi.
La Luna Piena si avvicinava.



                                                                                *


“Io vado a studiare con Lily, ragazzi” annunciò Harry, ormai anche quello faceva parte della sua routine, almeno tre volte a settimana studiava con Lily in Sala Grande.

“Attento Jamie, che poi te la ruba” sussurrò Sirius in modo malizioso all’orecchio del migliore amico.

James sorrise “Ma no! Harry e Lily sono soltanto amici. Vero, Harry?” domandò poi con un inquietante sorriso angelico. Pure il più idiota avrebbe colto lo sguardo di sinistro avvertimento negli occhi di James.

“Ovviamente!” rispose subito Harry, poi uscì dal ritratto



Entrò in Sala Grande, notò una testa rossa che spiccava tra le altre, e si diresse verso quella.

“Ehi, Lil-“ Harry si bloccò, osservando lo studente accanto alla ragazzina.

Capelli unti, naso aquilino, pelle giallastra e occhi neri come gli abissi più profondi.

Che ci faceva Piton qui?!

Si trattenne dal maledirlo per quello che aveva fatto a James solo due mesi fa, solo perché altrimenti sarebbe risultato un ipocrita.

Lui stimava l’uomo che Severus Piton sarebbe diventato, non il ragazzino che era una volta.  Per quello poteva provare una sorta di pietà, empatia e leggero disgusto.

Lui e Piton si osservarono per un bel po’, Harry confuso e irritato, Piton diffidente e all’erta.

L’aria si fece tesa.

Lily fece un sorrisetto incerto “Ehm, ciao Harry! Mi sono… ehm… dimenticata di dirti che ci sarebbe stato anche Sev... ”

“L’ho notato” replicò Harry rigido, continuando quella silenziosa sfida di chi cedeva prima con Piton. E così lui e Lily avevano fatto pace…

“Potreste, per favore, non azzannarvi a vicenda? Fatelo…per me” continuò esitante Lily

Harry sospirò e si sedette con uno scatto accanto a Lily, tirando fuori libri e pergamene.



Passarono minuti e minuti, fino ad arrivare a mezz’ora di studio.

Ogni tanto il silenzio veniva interrotto per parlare di qualche argomento, ma Piton e Harry non si rivolsero neanche una parola.

Piton era ancora all’erta, giudicando Harry Potter un Malandrino davvero troppo tranquillo. Aveva il brutto presentimento che da un momento all’altro la tranquillità si sarebbe spezzata, probabilmente a causa di un palloncino zeppo d’acqua che gli si sarebbe rotto in testa  d’un tratto.

A un certo punto videro Mary McDonald correre verso di loro con uno sguardo agitato.

“Lily! Devi venire in dormitorio! È urgente!” esclamò freneticamente. Lily si limitò ad alzare le sopracciglia

“Che cosa può essere successo di-“

Gelosia. Alice.” Sibilò Mary interrompendola.

Lily spalancò gli occhi e si alzò di colpo, sotto gli sguardi confusi di Severus e Harry.
“Quanto è grave? In che fase è?” domandò allarmata alla corvina

“Ha visto una primina parlare con Frank. Eravamo abbastanza vicine, e ha sentito che voleva chiedergli un aiuto in Erbologia, Frank ha accettato. Secondo lei la primina guardava Frank con occhi da ebete innamorata e il suo futuro marito sorrideva troppo, vedi un po’ tu quanto è grave. Ha urlato a squarciagola contro un Frank terrorizzato e ora sta facendo i versetti della ragazzina, penso che tra poco progetterà un omicidio” spiegò velocemente Mary, toccandosi in continuazione i capelli “Devi aiutarci a calmarla!”

Lily deglutì, poi fece guizzare gli occhi a destra e a sinistra, sperando che l’amica capisse.

“Oh” disse Mary, solo ora accorgendosi dei due dietro a Lily “Beh, Harry non è Potter né Black, li troverai vivi, non ti preoccupare” cercò di rassicurarla sussurrando, la rossa fece fatica a sentirla.

Fece uno sguardo incerto

“Lils, Alice gelosa è un pericolo pubblico, sappiamo entrambe che sei la migliore a calmarla” la supplicò Mary

“Ok” cedette Lily, poi si voltò verso i suoi amici “Non uccidetevi, perché poi vi resusciterò e vi ucciderò personalmente, chiaro?” li avvertì minacciosa.

Per tutta risposta Harry alzò gli occhi al cielo e Severus inarcò un sopracciglio, si finsero scettici, ma la minaccia era andata a segno. Poi Lily se ne andò, correndo insieme a Mary fuori dalla Sala Grande.

I due, rimasti soli, si scambiarono uno sguardo e ripresero il lavoro, decidendo che ignorarsi era la miglior soluzione.

La pace non durò a lungo, grazie a Harry, naturalmente.

Era alla fine di un tema che gli stava facendo venire il mal di testa, e voleva completarlo al più presto possibile.

Una sola frase e… l’inchiosto finì.

Mise velocemente la punta della piuma nel calamaio, però quando la tolse, lo fece troppo velocemente, urtando il bordo in modo forte.

Il calamaio si rovesciò di lato, facendo fuoriuscire l’inchiostro, e un po’ di questo andò sul tema di Piton.

“Maledizione Potter! Sei idiota o cosa?” Sbottò Severus irritato, osservando con una sorta di disperazione le macchie nere qua e là per la pergamena.

“Andiamo Piton, sono piccoli schizzi” si difese “L’insegnante ci passerà sopra”

Piton gli gettò un’occhiataccia, indicò una macchia piuttosto grande al lato della pergamena “Questo sarebbe uno schizzo?” domandò sarcastico, e prima che Harry potesse aprire bocca, sibilò: “ E no, Potter, non ci passerà sopra. Stiamo parlando della McGranitt”

“Ah” replicò stupidamente Harry, poi strinse le labbra, sguainando la bacchetta “Non posso crederci che sto per farlo…” si lamentò

“Non puoi pulire, imbecille, altrimenti scompariranno anche le par-“ Severus si interruppe, osservando Harry agitare la bacchetta, ignorando completamente i suoi avvertimenti.
“Che fai?!” esclamò arrabbiato e incredulo.

Ritirava tutto, Harry Potter evidentemente non era intelligente. Nessun Malandrino può essere intelligente. Si diede dello stupido anche solo per aver pensato una cosa del genere sul clone di Potter.

Le macchie scomparvero come se fossero risucchiate dalla carta, e le parole rimasero completamente intatte. 

Osservò ammutolito la pergamena, prima di voltarsi verso Harry che lo osservava di rimando. Severus fece una smorfia

“Ti aspetti forse che ti ringrazi, Potter?”

Harry sorrise divertito, rendendolo confuso e irritato più di prima “Oh no, sarebbe pretendere troppo”

“Bene” replicò Piton, arricciando le labbra.  “A volte mi chiedo come sei riuscito a non farti influenzare da Potter e Black. Credevo che la loro idiozia fosse contagiosa” borbottò poi distrattamente , riprendendo la piuma mentre Harry ripuliva la tavola con un colpo di bacchetta.

Potter ghignò “Grazie per il complimento, Piton” quest’ultimo si bloccò, voltandosi e fulminandolo “Io non ti ho fatto alcun complimento” sibilò oltraggiato,quasi disgustato di aver fatto una cosa del genere.

“Oh si, invece. Hai detto che non mi sono fatto contagiare dalla idiozia di James e Sirius. In parole povere, hai detto che non sono idiota”  replicò furbescamente Harry. Severus scosse la testa “E comunque, tanto per informarti, James e Sirius non sono così tanto idioti, e soprattutto, non sono solo quello”

Piton lo guardò scetticamente “Ma davvero?” domandò con scherno “E dimmi un po’, quali altre fantastiche doti hanno?” continuò con una voce pregna di sarcasmo.
Harry ignorò il tono “Beh, sono abili e hanno un gran potenziale, come credi che facciamo gli scherzi altrimenti? Ci vorranno pur degli incantesimi per farli al meglio! Poi sono coraggiosi e sanno essere ottimi amici” Concluse Harry

“Sono talmente brave persone che, pensa un po’, trovano divertente umiliare la gente” sibilò Severus

L’espressione spensierata di Harry scomparve completamente.
“Non venirmi a dire una cosa del genere, Piton” ribattè duramente “Non venirmela a dire perché James e Sirius non ti hanno umiliato per mesi e mesi, e ormai ti stanno ignorando completamente da quando hai ferito James causandogli un ustione di secondo grado”

“Io non ho fatto proprio niente, anche se sinceramente, se scoprissi il colpevole, gli farei i complimenti. Potter se lo meritava pienamente” rispose Piton con un sorriso malevolo.
Harry assottigliò gli occhi.

Era possibile lanciare l’Anatema che Uccide attraverso gli occhi? Piton sperava vivamente di no, perché giudicando dal colore degli occhi di Potter, sembrava proprio che volesse lanciarglielo attraverso le iridi.

“Non fare il finto tonto, ti ho visto. Oltre al fatto che Lily mi ha raccontato tutto”

Harry osservò brevemente il naso di Piton, mentre i pugni gli si stringevano. Come sarebbe stato bello spaccarglielo…
Autocontrollo, Harry

AUTOCONTROLLO

Piton spalancò gli occhi

“James quella volta non c’entrava un bel niente, è stato solo Sirius. Lui ha cercato perfino di dissuaderlo. E credimi, se non fosse stato per me, che ho fatto ragionare Sirius, in questo momento ti ritroveresti nel letto dell’infermeria dopo tante, ma tante umiliazioni” continuò sibilando Harry, scandendo ogni parola all’ultimo.

Poi si voltò di scatto, non volendo osservare la faccia di Piton prima di calmarsi, altrimenti avrebbe davvero dato inizio a una rissa.

Oh, l’Occlumanzia… stava iniziando ad amarla.

“Perché?” domandò d’un tratto Severus, dopo numerosi attimi di silenzio.

“Perché cosa?” chiese Harry di rimando irritato, anche se più calmo di prima

“Perché ti ostini a cercare di fermare Potter e Black dall’umiliarmi? Sappiamo entrambi che non mi sopporti. Oppure lo fai per pietà? Perché se è per questo, Potter, non voglio alcun aiuto, so benissimo cavarmela da solo”

Harry lo osservò indeciso “Lo faccio soprattutto per loro” rispose velocemente, distogliendo lo sguardo
“E?”
“E?”
Piton sbuffò spazientito “E cos’altro? Non credo che questo sia l’unico motivo” disse

Harry lo guardò intensamente “So cosa si prova” sussurrò
Severus aggrottò le sopracciglia, prima di increspare le labbra in un sorriso amaro e quasi divertito “Non farmi ridere Potter.” Replicò “Tu non hai la più pallida idea di quel che si prova” sibilò
Harry irrigidì la mascella, prima di avvicinarsi ulteriormente “Intendi forse quella sensazione bruciante?” la mente del corvino vagò alla sua infanzia, quando Dudley e la sua banda lo perseguitavano, oppure quando zio Vernon e zia Petunia lo insultavano, peggio ancora quando erano insieme a zia Marge. Anche il quarto e quinto anno non erano bei ricordi…

 “ Quando la provavo mi veniva da chiedermi perché proprio io dovevo sorbirmi tutto quello, sentivo come macigni tutti quegli occhi puntati su di me, che giudicavano senza sapere niente di niente. Mi pensavo impotente di fronte alla svolta degli eventi, mentre le persone risaltavano soltanto i miei difetti. Mi veniva solo voglia di rispondere e urlare, ma non lo facevo,  perché poi sarebbe stato solo peggio. Se intendi questa sensazione, allora sì, so cosa si prova” concluse sussurrando, di fronte agli occhi sconcertati di Piton.

Poi mise il maledetto tema in borsa e tirò fuori il libro, cercando di concentrarsi per studiare, mentre Piton continuava a guardarlo come se fosse un nuovo animale particolarmente interessante da analizzare.

Severus distolse lo sguardo a disagio, riprendendo a scrivere.

Vide di sfuggita Lily avvicinarsi
“Scusate, ragazzi, era un’urgenza. Siete illesi, non vi siete attaccati quindi, questo è un miracolo” costatò la rossa sorridendo

“Già” rispose Piton deglutendo, mentre muoveva freneticamente la penna.



                                                                      *


Remus osservò gli amici ancora svegli per il dormitorio.

Era notte, e cosa più importante,  era lunedì.

Vi sembrerà da pazzi, ma Remus aveva aspettato quel giorno con ansia. Perché il lunedì, Harry usciva dal dormitorio a fare quel-che-Remus-avrebbe-scoperto-tra-poco.

In questo momento, il suo ignaro bersaglio, stava ascoltando con un sorriso soddisfatto Peter ciarlare dei suoi successi al Club di Scacchi

“Per poco non mi mangiava il re, Harry! È stata una goduria vedere la sua faccia quando ho fatto l’arrocco! “ spiegava concitato Peter “Poi gli ho fatto prendere il mio alfiere, così ho mangiato il suo cavallo con la torre. Ho messo alle strette il suo re con una sola mossa, dato che era già circondato. Non gli è restato altro che ammettere la sconfitta!” continuò

“Perfetto, Peter. Visto che dovevi solo sfruttare la tua bravura?” rispose Harry dandogli una pacca sulla spalla.

Remus prese lentamente la bacchetta, mentre la nascondeva dietro al libro che aveva in mano. La mise poggiata al suo fianco, inclinandola leggermente verso i piedi di Harry mentre si alzava per andare in bagno.

Remus si concentrò, ce la doveva fare, si era esercitato per due settimane di nascosto…

Gradus Auream” sussurrò, chiudendo gli occhi.

Li riaprì, e vide delle impronte dorate marchiate sul pavimento, lasciate dai piedi di Harry che ormai stava aprendo la porta del bagno .

Diede una rapida occhiata a Sirius e James, che stavano complottando in un angolo, ma non sembravano vedere le impronte tanto luminose sul pavimento.

Remus si alzò, osservando per bene James. Era totalmente applicato sulla pergamena che aveva in mano, mentre mordicchiava una piuma di zucchero.

Cautamente, aprì il baule dell’amico, prendendo rapidamente il Mantello dell’Invisibilità.

Lo mise velocemente sotto le sue coperte, e si infilò anche lui sotto.

Circa mezz’ora dopo, quando Remus ormai stava per impazzire dall’impazienza, i Malandrini decisero di mettersi a letto.   
La luce si spense, e Remus fece finta di dormire, tenendo le orecchie tese.                                Verso mezzanotte, quando gli altri tre erano finalmente riusciti ad addormentarsi, il Lupo Mannaro sentì un fruscio. Poco dopo, sentì la porta chiudersi.

Si alzò di scatto e indossò il Mantello dell’Invisibilità, cercando di camminare velocemente ma silenziosamente verso la porta.                                                                                              
L’aprì e prese a seguire le impronte dorate, affrettando il passo finchè non si ritrovò a giusto un metro da dove comparivano.

Era strano da vedere, perché sembravano comparire dal nulla.

Remus sentiva il proprio cuore battere all’impazzata , e temeva quasi che Harry lo sentisse. Perché a lui, sinceramente, sembrava che il suo cuore facesse un forte suono, che gli rimbombava nelle orecchie.

Non fecero molta strada, non presero nemmeno le scale (per la gioia di Remus: era sempre più complicato avere il mantello mentre si scendevano i gradini, rischiando di cadere ogni due per tre) e per fortuna Godric gliela diede buona, poiché il tragitto andò relativamente tranquillo e senza intoppi, anche se più di una volta Harry si era fermato, facendo sussultare silenziosamente l’amico.

In un corridoio, le impronte si fermarono di fronte all’arazzo di ‘Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll’, mentre il proprietario continuava a camminare avanti e indietro, avanti e indietro.

Proprio mentre Remus iniziava a chiedersi se per caso Harry fosse impazzito, una grande porta lucida comparve dal nulla.

La spia lo osservò con gli occhi strabuzzati, prima di vedere la porta aprirsi. Si avvicinò rapidamente e riuscì ad entrare prima che si chiudesse completamente.

Remus vide il corvino togliersi l’incantesimo di Disillusione, e si domandò se fosse il caso di rivelarsi ora.                                                                                                                                                              
Poi decise di no, era meglio vedere con i propri occhi, poi dopo avrebbe chiesto a Harry il motivo per cui faceva quel che faceva.

Con sua grande delusione, Harry prese un libro e si sedette su una poltrona dopo aver trasfigurato il suo pigiama, sostituendolo con dei pantaloni e una maglietta che sembrava piuttosto leggera.

Remus lo osservò corrucciato per un altro po’, prima di fare un’ espressione esasperata.      Non poteva venire qui soltanto leggere! Era una cosa senza senso! Si era aspettato qualcosa di più incredibile.

Remus si avvicinò lentamente, sperando che il libro che teneva in mano Harry fosse almeno po’ particolare, e le sue speranze non vennero illuse.

‘Magie senza bacchetta: manipolare la propria magia’



Magie senza bacchetta? Il suo amico stava davvero puntando così in alto?! Era solo al secondo anno!

Remus lo guardò, aspettando che facesse qualcosa, ma niente. Potete immaginare l’infarto che prese quando Harry si voltò di scatto, osservandosi intorno con circospezione.

Il licantropo decise che era meglio allontanarsi un po’, magari per osservare la stanza e capire da quello cosa faceva Harry, anche perché stargli vicino era leggermente rischioso, il corvino sembrava troppo sveglio e si voltava guardandosi intorno ogni cinque minuti.

Remus si concesse di osservare l’ambiente circostante, che aveva trascurato fino a quel momento.

La  stanza era spaziosa, illuminata da delle torce tremolanti , uguali a quelle delle aule sotterranee. Le pareti erano occupate da librerie di legno, in uno spazio c’era un caminetto, e vicino erano posti un divano e una poltrona rossi(sulla quale Harry era seduto), simili a quelli che stavano nella Sala Comune di Grifondoro. In fondo alla stanza, una scaffalatura ospitava una serie di strumenti a Remus sconosciuti, anche se riconobbe un Avversaspecchio. Accanto alla scaffalatura, invece, c’era qualche manichino-armatura, e in particolare, uno era posto in modo più ordinato degli altri su un basso ripiano, con una bacchetta in mano, alzata verso l’alto a pochi centimetri dal viso. Sull’elmetto, dove per un umano c’è la fronte, c’era scritto ‘Duellante di Ferro’.

Intanto dall’altra parte della stanza, Harry tese la mano per la settima volta verso un libricino. Era da due mesi che cercava di far alzare quel maledetto.

Si ripeté di nuovo le parole del libro: 

“Le magie senza bacchetta sono estremamente difficili. La bacchetta incanala la nostra magia e cercare di fare un incantesimo senza di essa, significa che si deve avere il pieno controllo della proprio magia interiore. La si deve percepire mentre ci scorre nelle vene, e si deve spingere verso la propria mano la giusta dose che a noi serve. La volontà, la concentrazione e il movimento del polso svolgono un ruolo importante in tutto questo. Si deve volere intensamente fare un incantesimo.                                                                           
Tutto questo è necessario solo agli inizi, poiché con molta pratica, alla fine viene del tutto naturale fare questi procedimenti in poco tempo.                                                                               
Pertanto, è più consigliabile fare gli incantesimi con la bacchetta, che naturalmente saranno più potenti.”




Harry chiuse gli occhi, mentre cercava di far liberare completamente la sua mente, e non solo dai pensieri, ma davvero libera. Libera da quei muri mentali che gli impedivano di fondersi completamente con la sua magia.

E finalmente la percepì, dopo circa un minuto.

La sentiva scorrere per tutto il corpo, facendogli venire brividi che somigliavano a scariche elettriche. Sentì la mano formicolare, Harry spinse una piccola parte della magia verso di essa esclamando “Wingardium Leviosa!”

Talmente forte che perfino Remus lo sentì, che si voltò immediatamente, giusto per vedere in tempo il libro alzarsi leggermente dal pavimento. Guardò Harry spaesato e basito.

Quest’ultimo aprì di scatto gli occhi, e osservò sconcertato il libro, che dopo pochi secondi ricadde a terra con un piccolo tonfo.

Il corvino avrebbe tanto voluto far durare la magia di più, ma già aveva iniziato a sentire una leggera stanchezza.

Sospirò e chiuse gli occhi. Lesse qualche altro capitolo di un libro di incantesimi prima di decidere che era arrivato il momento di sfidare il suo avversario.

Evidentemente quella sera aveva deciso di non attaccarlo a sorpresa.

Si alzò, mentre la solita pedana compariva.

“Signor Duellante!” lo chiamò Harry. L’armatura vicino all’amico invisibile scattò fulminea, per poco non travolgendo Remus che si spostò appena in tempo. Seguì il così chiamato da Harry ‘Signor Duellante’ capendo in poco tempo che era arrivato il momento della vera azione.

Li vide posizionarsi uno di fronte all’altro su una pedana, fare il solito inchino rispettoso e poi puntarsi la bacchetta contro.

Gli incantesimi partirono in pochi secondi, le bacchette che fendevano l’aria e che a malapena si vedevano.

Harry aveva un’espressione concentrata e determinata, cercando di non far uscire nemmeno una sillaba dalla sua bocca. Il licantropo osservava il tutto affascinato, le luci che andavano da una parte all’altra.

Ben presto non si utilizzarono più solo quelle. Remus incominciò a vedere anche altro volare per aria, ad esempio, Harry richiamò dei libri da degli scaffali spedendoli verso il Duellante di Ferro.
Dopo quasi un quarto d’ora di duello, la stanchezza iniziò a vedersi negli occhi di Harry. E dopo due minuti, venne schiantato mentre la bacchetta gli volava di mano.

Anche se secondo Remus non contava poi tanto. Il suo amico aveva duellato magnificamente, e aveva solo dodici anni. O almeno, così credeva.

Vide Harry, dopo aver ripreso la bacchetta, crollare sul pavimento chiudendo gli occhi. Beh, se lui lo trovava comodo…

Forse era arrivato il momento. Lasciò Harry a godersi la pace per qualche altro secondo, prima di togliersi delicatamente il Mantello e posarlo sul pavimento.

“Buonasera, Harry, o forse è meglio dire buonanotte” disse con nonchalance.

Harry sobbalzò, alzandosi immediatamente e puntandogli la bacchetta contro, solo per poi abbassarla lentamente

“R-Remus?” domandò sbiancando in poco tempo

 “Da quanto… sei qui?”

“Da quando sei venuto in questa stanza” rispose l’amico facendo spallucce

“Lo sapevo, lo sapevo! Lo sentivo che qualcuno mi aveva seguito!” borbottò rabbiosamente il corvino

“Ora tu rispondi alle mie domande, Harry. Si può sapere perché vieni qui a esercitarti su delle magie avanzate?” domandò Remus incrociando le braccia al petto.

Harry lo guardò un attimo “La guerra si sta avvicinando sempre di più, non so se lo hai capito. Voglio essere preparato” rispose.

“Perché ti dovresti preoccupare di una guerra in cui non sei ancora coinvolto? Goditi questi anni!” ribattè Remus, anche se aveva la netta sensazione che Harry avesse omesso la parte più importante.

“Perché tutti saremo coinvolti, primo o poi. E non voglio essere tanto facile da mettere a tappeto!” sbottò Harry passandosi una mano fra i capelli

“Abbiamo dodici anni, abbiamo ancora tempo per pensare a questo!”
“E INVECE NON CE N’È, REMUS!” urlò frustrato Harry, sentendo tutte la stanchezza, il panico e la rabbia piombargli addosso tutte insieme. Sospirò “Il fatto è che questa finta pace si spezzerà in mille pezzi quando andremo a contatto con la fredda e cruda realtà. Una realtà fatta di sangue, battaglie e uccisioni. E questo è solo l’inizio.”
 
Remus si ammutolì. Seguì il silenzio, mentre si guardavano negli occhi.
“Chi sei in realtà?” se ne uscì d’un tratto Remus.

“Harry Potter, sai no, quel tuo amico dodicenne che conosci da due anni. Hai forse perso la memoria?” domandò ironico Harry in modo cupo.

Remus alzò le sopracciglia, studiandolo un attimo “Non mentirmi” disse infine lentamente.
“Cosa ti fa pensare che lo stia facendo?” domandò di rimando l’amico. Quel che aveva risposto era una mezza verità ma comunque era verità.

“Hai stretto distrattamente la stoffa dei pantaloni con la punta delle dita, quando fai così, menti” rispose prontamente Remus

“Da quando mi studi così attentamente?” chiese Harry inarcando un sopracciglio.

“Da quando sospetto di te” disse Remus assottigliando lo sguardo. “Sapevi della mia licantropia dal settembre del primo anno, quando ancora doveva esserci la Luna Piena, ogni volta che si parla di te racconti sempre menzogne, non parli mai dei tuoi genitori né mai si sono visti o sentiti, scommetto inoltre che sai tutto il programma fino al settimo anno, ed è impossibile che tu lo abbia studiato in meno di un anno. Vieni qui tre volte a settimana e certe volte sembri davvero uno che ha fatto tanto e subito troppo, oltre al fatto che sei troppo uguale a James. Dimmi tu, cosa dovrei pensare?” chiese infine.

Harry sospirò per l’ennesima volta “Mi hai messo alle strette” ammise Harry strofinandosi stancamente gli occhi.

“Lo so” replicò Remus, cercando di non suonare troppo compiaciuto “Ora, cortesemente, mi puoi dare una spiegazione?”

Harry lo guardò di sottecchi “Non posso dartela.”

“Mi sembrava inutile sottolineare che non avrei detto niente a nessuno. Resterà un segreto, te lo prometto” cercò di rassicurarlo il licantropo, credendo che il problema fosse quello.

“No no, non è quello” rispose Harry abbassando lo sguardo e scuotendo la testa, dirigendosi verso la poltrona e sedendosi. Remus lo seguì.

“Il fatto è che proprio non posso dirtelo. È una verità davvero troppo grande e pericolosa, se finisce nelle mani sbagliate. Non intendo tu… però qualcuno potrebbe scoprirlo attraverso te con altri mezzi… senza il tuo consenso intendo. Quindi… meno persone sanno, meglio è” spiegò, assumendo un tono grave all’ultimo.

Remus lo guardò intensamente

“Io… capisco, Harry” disse infine sedendosi sul divano “Ma… prima o poi dovrai dirlo a noi, anche James, Sirius e Peter intendo. Ora loro non hanno ancora notato i tuoi strani comportamenti, o forse sì, ma ci passano sopra… ma il punto è che tra qualche mese, anno… inizieranno anche loro a sospettare. E allora dovrai dire la verità, prima che tutto scoppi in una lite. Sai no, soprattutto James e Sirius, sono convinti che non ci devono essere segreti tra Malandrini. Non puoi evitare di dire questo segreto per l’eternità, perché tanto, la verità viene sempre a galla…”

Harry osservò l’amico, sentendo l’impellente bisogno di buttare tutto fuori, di confessare per sentirsi un po’ più leggero.
Scosse la testa.
No no, non poteva. Se lui fosse venuto a sapere, allora sarebbe stato più in pericolo di quanto già non lo era rimanendo suo amico. Ma Remus aveva ragione, prima o poi avrebbe dovuto svuotare il sacco. Si era fatto degli amici, e non era stata poi una mossa tanto intelligente. Ma insomma, questa era la sua ultima possibilità di conoscere i suoi genitori, non poteva farsi scappare questa occasione. Alla fine lo era diventato, migliore amico dei Malandrini, e avere dei migliori amici, significava che permettevi a questi amici di imparare a leggerti dentro. Una carta del suo castello di bugie un giorno sarebbe caduta proprio a causa dei suoi migliori amici, portandosi dietro tutte le altre carte, facendo crollare tutto.
Forse quel castello stava per crollare, di fronte a Remus.

O forse era già crollato.

E la sua bocca parlò prima di connettersi al cervello.

“Vengo dal futuro.”

Wow, Harry, hai tatto quasi quanto Ron . Almeno se ne era liberato, gli sembrava di ritornare a respirare dopo tanto tempo.

 Remus si strozzò con la propria stessa saliva “COSA?!” urlò scioccato.

“Vengo dal futuro” ripetè Harry “Mi chiamo davvero Harry Potter, tuttavia questo non è il mio vero aspetto.”

Remus lo osservò sotto shock.

“Ora capisci cosa intendevo quando dicevo ‘grande e pericolosa verità’?” domandò ironico Harry.

Il licantropo deglutì, osservandolo per bene e capendo con suo grande orrore che faceva sul serio. Cercò di darsi un contegno.

“Cosa intendi con ‘questo non è il mio vero aspetto?”

“Intendo quel che ho detto. Io… non ho dodici anni… ne ho diciotto in realtà. Facendo questo viaggio il mio corpo si è stranamente rimpicciolito.”

Il viso di Remus, già leggermente impallidito, sbiancò ancor di più.
Il suo amico aveva diciotto anni.
Il suo amico aveva fatto un viaggio nel tempo rimpicciolendosi.
Il suo amico  si era intromesso nella linea temporale rischiando grosso.
Tutto normale, tutto normale

 “E… perché sei tornato nel passato?” domandò a fatica Remus massaggiandosi le tempie.

Merlino, non avrebbe mai immaginato…

“Per migliorare il futuro”

Remus lo guardò allarmato “È davvero così brutto?” sussurrò.

Harry scosse la testa con un sorriso amaro “Dipende dai punti di vista. Io ho sconfitto Voldemort, ma ho perso tutto ciò che era davvero importante per me. Tanta gente è morta, sia nella prima guerra, che sarà questa, sia nella seconda guerra, dove Voldemort è stato finalmente sconfitto.”

Harry appariva improvvisamente più vecchio, e Remus finalmente si spiegò tutte quelle ombre, quei demoni, che a volte facevano capolino negli occhi verdi di Harry.

“Per questo sono tornato, per batterlo un’altra volta” disse Harry con uno sguardo determinato, osservando Remus dritto negli occhi.
Remus sorrise fiducioso “Sono sicuro che ce la farai, Harry.”






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, thank you!  

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Capitolo 31
*** Ah, i Cooman... sempre a profetizzare! ***


Ah, i Cooman… sempre a profetizzare!


«Veramente squisite queste caramelle al limone, Albus.» Commentò la signora seduta dall’altro capo della scrivania del preside, succhiando la caramella. «Devi dirmi assolutamente dove le compri...»

Era una donna di mezz’età, ma poteva sembrare più giovane. I capelli erano biondi e ricci, e aveva due grandi occhi di un grigio molto chiaro, impressionanti e suggestivi.

Silente ridacchiò «Mi dispiace, Breana, ma è un segreto. Tuttavia, sono felice che tu abbia accettato di assaggiarle! Sei solo la quarta in settant’anni di carriera»

«Onorata allora» rispose felicemente Breana, poi si mise più composta «Allora, Albus, per cosa mi hai chiamato?»

Avevano chiacchierato per almeno dieci minuti, tra convenevoli e altro, credeva che fosse venuto il momento di rivelargli il perché l’aveva invitata lì.

Silente sospirò e incrociò le mani.

La finestra dietro di lui era leggermente aperta, facendo entrare la lieve brezza di quella notte di inizio marzo.

«Vorrei proporti di occupare la cattedra di Divinazione a settembre. Il professor Khan ormai è diventato troppo anziano e non se la sente più di continuare. Quindi mi ritrovo con un posto libero nel personale l’anno prossimo. Ho subito pensato a te, dopotutto sei la discendente di una famosa veggente.»

La signora stette in silenzio «Ormai il dono della mia bisnonna sta andando sempre più a sfumarsi, Albus. Il mio Occhio Interiore non è abbastanza acuto per occupare una cattedra del genere. Inoltre non ho mai sognato di insegnare. Per non parlare di fare l’insegnante di divinazione… quando seguivo il corso notavo sempre gli sguardi scettici e quasi derisori dei miei compagni alla professoressa di quei tempi. E sinceramente, non mi va di ricevere quegli stessi sguardi»

«Un vero peccato, Breana. Capisco che per i veggenti non è facile farsi prendere sul serio, ormai noi umani siamo molto attaccati alla logica e alle cose oggettive… Tuttavia insisto.»

Albus non aveva mai preso molto in considerazione la Divinazione, sin da giovane l’aveva giudicata un’arte inesatta e non molto utile. Fosse per lui l’avrebbe tolta di mezzo, ma c’erano studenti che se ne appassionavano e che ci credevano fermamente. Con lui non aveva mai funzionato, non aveva mai scelto quelle lezioni al terzo anno, tuttavia una volta Cassandra Cooman (l’unica volta che la incontrò) provò a fargli leggere una tazzina da tè. Inutile dire che non vide proprio niente, ma la veggente ci aveva visto una croce. Da quel momento la sua opinione verso la Divinazione si era abbassata di più. Ma dopotutto, si sa, la Divinazione funziona solo con quelli che hanno la ‘Seconda Vista’. Anche su quello era stato piuttosto dubbioso, ma forse lui era solo un vecchio ottuso che non capiva una ceppa.

«Rifiuto ancora, sono quasi totalmente priva del dono.» Disse Breana decisa «È diminuito da generazione a generazione. Però sembra che Sibilla, mia nipote, lo abbia ereditato più di tutti. Ma ha ancor 10 anni… inutile che te lo dico» confidò poi

«E va bene, vedrò di trovare un altro possibile candidato…» si arrese il preside

Breana gli sorrise «Mi dispiace molto, spero che lo troverai. Io devo andarmene, ormai si è fatto tardi.»

«Vuoi un’altra caramella al limone, prima che tu ne vada?» chiese cortesemente Albus

«Si, gra-» Breana si bloccò di colpo, lo sguardo si fece improvvisamente vuoto e le pupille si dilatarono in modo inquietante, mentre la signora prendeva a espirare l’aria bruscamente.

«Breana, stai bene?» domandò preoccupato Silente.

Breana prese a parlare, con una voce aspra, rauca.

«Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore... Nato in un tempo non ancor compiuto, eroe di una guerra che non esiste. Colui che ha violato il fato, colui che è sfuggito due volte alla Nera Mietitrice...Destinato a confrontarsi con l’Oscuro Signore, in qualunque spazio, in qualunque tempo...E uno dovrà morire per mano dell’altro... perchè nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive...Il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore è giunto...»


Poi roteò gli occhi, quasi facendoli andare all’indietro. Poi scosse la testa. Breana si voltò verso Silente, che la osservava assorto. Era anche agitato, ma lo nascose per bene.


«Beh… grazie per l’ospitalità Albus! Arrivederci!» esclamò allegramente, prendendo una caramella al limone e alzandosi.
Sembrava non ricordarsi niente di quel che era successo giusto pochi secondi fa.


«Arrivederci» rispose Silente con un sorrisetto accennato. La signora uscì dall’ufficio, e Silente si poggiò pesantemente sulla poltrona.


Un pipistrello, passato inosservato per tutto quel tempo ai due, lo osservò brevemente con i suoi occhietti scuri. Era poggiato sul davanzale della finestra, e poco dopo spiccò il volo, confondendosi in quella fresca notte nera.




*



Remus, da quella notte di gennaio, vedendo Harry rifiutarsi categoricamente di dire qualcosina in più, aveva preso a fare mille congetture (dopo aver passato una notte insonne).

Naturalmente, si era subito chiesto se Harry li conosceva nel futuro, di chi era figlio, e che fine i Malandrini avevano fatto.

Era, ovviamente, palese, che Harry era un discendente della famiglia Potter. Ma di quale Potter era figlio?

Remus non voleva accettare quella unica, ovvia, risposta (perché accettarla lo avrebbe scioccato profondamente. Lui doveva conservare la sua salute mentale finchè poteva, soprattutto quando questa veniva leggermente danneggiata ogni giorno dai suoi amici)

Quindi, sicuramente, Harry non era il figlio della-persona-che-pensava.

«Ci sono molte possibilità… n-no? Potrebbe essere il figlio del figlio di James, oppure… o addirittura il pronipote di James! Però questo significherebbe che la guerra con Tu-sai-Chi è durata per più di trent’anni… Magari ci è stato qualche incesto, tipo la sorella e il fratello, figli di qualche figlio di James. O forse è imparentato con James tramite la figlia di suo figlio. Oppure è qualche sorta di fratello perduto di James, che negli anni a venire, si rifarà vivo…» Remus capiva perfettamente che queste teorie erano davvero improbabili, ma voleva mettersi al riparo. Perché considerare la cosa in quel modo era troppo difficile.

Non la nominava neanche nella sua mente, figurarsi se era pronto.

Ma ormai un mese era passato, e quella teoria prese sempre più piede nella sua mente.

«Remus, per Merlino, vuoi smettere di fissarci?!» sbottò James «Sei inquietante!»

Remus sobbalzò, risvegliandosi dallo stato cationico in cui era caduto. Da qualche mezz’ora osservava i due, con un pallore che faceva invidia a un cadavere e con gli occhi spalancati come due palline da ping-pong.

«Dovresti andare in infermeria, sembra che potresti svenire da un momento all’altro» sussurrò Peter preoccupato. Remus scosse energicamente la testa. Troppo energicamente.

«N-No, io sto bene» Disse con un sorrisetto incerto e tremolante «Una meraviglia! Mai sentito meglio! E perché dovrei stare male? Insomma, guardate che bella giornata!!» blaterò velocemente, gesticolando.

«Ma se piove» disse Sirius inarcando un sopracciglio.

Remus fece una risatina, alzandosi di scatto «Oh! Non me ne ero accorto! Una pioggia proprio silenziosa!»

«Ci sono i tuoni.»

Remus scrutò Sirius con gli occhi spalancati «Vabbè! Sono sicuro che domani sarà proprio una bella giornata! Ma che c’entra questo! Io sto bene comunque, no? App- »

«Sei sic- »

«HO DETTO CHE STO BENE» Strillò Remus istericamente facendo saltare Peter.

Poi uscì dalla Sala Comune a passo di marcia.

I quattro si cambiarono uno sguardo sconcertato.





Quella stessa sera, Harry correva come un maniaco per i corridoi, un libro stretto al petto. Evitò istintivamente tutti i corridoi in cui sapeva che a quell’ora c’era la ronda, e prese varie scorciatoie.

Salì velocemente le scale del dormitorio maschile, spalancando la porta e chiudendosela dietro.

Osservò i ragazzi addormentati.

Doveva svegliarli, poco importava se erano le due di notte.

Gettò velocemente un Muffliato molto potente.

«Sonorus» si schiarì la gola «SVEGLIAAAAAAAAAA»

Peter fece un salto e si rifugiò sotto le coperte in cerca di riparo, Remus alzò di scatto il busto, Sirius balzò in piedi sul letto andando a sbattere la testa contro una delle colonne. Cercò di aggrapparsi alla tenda, ma questa si ruppe e cadde a terra.

«Oggi morirà qualcuno!» urlò furioso

James urtò la fronte contro lo spigolo del comodino «Per Merlino impanato con l’impasto fatto dalla sua barba! Cucinato al forno e pure mangiato!»

Passò qualche secondo di silenzio, prima che Sirius alzasse la testa dal pavimento, con un’espressione dolorante. Notò Harry in piedi davanti alla porta.

«SI PUÒ SAPERE CHE CAVOLO TI PRENDE ALLE TRE DI NOTTE?!» lo aggredì, alzandosi

«In realtà sono le due» replicò tranquillamente Harry, non posando la bacchetta. Non si sa mai

Peter uscì da sotto le coperte, mentre tutti lo guardavano ancora storditi. Il corvino era consapevole che tra poco sarebbe arrivata l’esplosione, quindi meglio distrarli.

Alzò in alto il libro che aveva in mano. Sembrava molto vecchio e fragile, dava l’impressione che da un momento all’altro si sarebbe sbriciolato.

«L’ho trovato, ragazzi!» esclamò euforico «Ho trovato il libro sugli Animagus!»

«C-cosa?!» balbettò James, alzandosi in fretta e furia e per poco non inciampando per mezzo delle coperte.

«Ma allora esiste in questa maledetta scuola…» sussurrò Remus, che non sapeva se essere contento o no.

«Dove l’hai trovato?» domandò Sirius

«Era nell’ufficio della McGranitt. Non riuscivo a dormire, quindi ho pensato di andare a fare altre ricerche» rispose Harry rapidamente, aprendo delicatamente il libro e cercando sull’indice.

In realtà lo aveva trovato nella Stanza delle Necessità, in mezzo a tutti quei libri e scaffali. Si era dato mille volte dello stupido, per non averlo notato prima. Anche se, ora che ci pensava, era sullo scaffale più in alto.

Tutti si sedettero compostamente sui propri baldacchini, ascoltando attentamente Harry.

«In questo libro ci sono molti rituali e altre magie stravaganti. Per la maggior parte sono anche illegali… credo che risale almeno a duecento anni fa, sapete?»

«Non se li porta molto bene, a quanto vedo…» borbottò Sirius ironico.

«Harry… sei sicuro che la McGranitt non si accorga che non c’è il libro?» chiese Peter incerto.

«Certo» annuì l’amico «L’ho duplicato» inventò poi «Oh, ecco, ho trovato! Pagina cinquecentosettantadue.»

Tutti si misero ritti, neanche a una lezione erano stati così attenti

«Vabbè… qui parla di cosa sono… i rischi… e altre robe che non ci importano» glissò rapidamente Harry.
Li avevano letti circa un migliaio di volte, dopo un po’ ci si stufava.

Remus spalancò gli occhi

«Oh, ecco!
Primo: trovare una foglia di Mandragola e tenerla in bocca per un intero mese (da Luna Piena a Luna Piena) questa non deve essere né tolta né ingerita e né rotta, altrimenti il processo deve ri-iniziare da capo.»

«No no, ripeti» lo interruppe James inorridito «Forse non ho sentito bene.»


Harry ripetè «Trovare una foglia di Mandragola e tenerla in bocca per un intero mese (da Luna Piena a Luna Piena) questa non deve essere né tolta né ingerita né rotta, altrimenti il processo deve ri-iniziare da capo.»

«Ripeti di nuovo» disse Sirius sforzandosi di avere un tono calmo e inespressivo

Harry rilesse pazientemente.

«Rip- »

«Per l’amor del cielo, ragazzi! Dobbiamo prendere una fottuta foglia di Mandragola, mettercela in bocca e non togliercela per un intero fottuto mese! Questo c’è scritto!» sbottò Harry infastidito.

Gli altri lo guardarono stupiti.

«Ha detto… ha detto "fottuto"... Jamie…. Capisci?» sussurrò Sirius emozionato
«Sì… sì Sirius… che giorno è oggi?»
«Il 5 marzo mi pare…»
«Dobbiamo segnarlo.»

«Ma riuscite a essere seri per più di dieci secondi?!» Remus gettò loro un’occhiataccia

Sirius ricambiò «Quanto si può essere seri quando si scopre che dobbiamo mettere in bocca quelle schifosissime foglie di Mandragola?! Come mangeremo? Come parleremo? Come ci laveremo i denti? Il nostro alito puzzerà talmente tanto da far svenire tutti!»

«Magari se sdrammatizziamo la cosa sembrerà meno schifosa!» continuò James convinto

«Secondo» Harry alzò la voce irritato, sovrastando gli altri e calcando esageratamente la parola. «Mentre si tiene in bocca la foglia di Mandragola, si possono iniziare a cercare gli altri ingredienti. Ovvero una crisalide di una sfinge testa di morto- »

«Una crisalide di CHE?!» lo interruppe Peter confuso

Harry si trattenne dal digrignare i denti. Perché proprio lui doveva leggere?! Perché?!
Solo ora capiva quella pover’anima di Hermione

«Una crisalide di una sfinge testa di morto» sibilò a denti stretti.

«E dove la troviamo?!» domandò Sirius incredulo

«Che vuoi che ne sappia io!» esclamò il corvino, impaziente di continuare a leggere

«Comunque» riprese «e la rugiada raccolta con un cucchiaino in argento in un luogo che non sia stato contaminato nè dalla luce del sole, nè dalla presenza di un essere umano per sette giorni interi.»

«Se neanche un solo essere umano ci è andato, ci sarà un motivo.» Borbottò Remus, pensando al peggio.

Peter rabbrividì

«Ci ritroveremo probabilmente un esercito di gigantesche Acromantule» disse James pensieroso.

«Oppure un mucchio di belve enormi pronte a ucciderci» immaginò Sirius

«Sì, probabilmente sì» confermò Harry tranquillamente

«Moriremo tutti…» piagnucolò il biondino, mettendosi le mani a coppa in faccia.

«Potreste evitare di dire le vostre idee ad alta voce?!» se ne uscì Remus, che era già sbiancato «Può anche essere che sia un luogo tranquillo» continuò cercando di rassicurare Peter. E anche sé stesso.

«Continua.»

Terzo» iniziò Harry «Arrivata la seconda Luna Piena, rimuovere la foglia dalla bocca senza pulirla dalla saliva e riporla in una fialetta di cristallo posizionata in modo che riceva i raggi diretti della Luna, se la notte è nuvolosa, ripetere l’intero procedimento. Alla fiala di cristallo, aggiungere gli ingredienti che avete preso, e infine, un proprio capello.»

«Questo è da pazzi! Ripetere l’intero procedimento?! Questo vale a dire che non solo dobbiamo farci ri-puzzare l’alito, ma dobbiamo anche affrontare le bestie un’altra volta!» Sirius era incredulo e oltraggiato.

Probabilmente quel libro era stato scritto da un vecchio pazzo!

«Non è detto che ci saranno bestie!» insistè Remus disperato. Mannaggia a Harry che si era fatto venire quella idea, ora rischiava anche di perdere per sempre i suoi unici amici!

«E io dovrò pure strapparmi un mio fantastico capello!» si disperò James, toccando i suoi capelli con affetto. «Quarto: Riporre quindi il miscuglio in un luogo tranquillo e buio, dove non andrà nè guardato, nè toccato fino al temporale successivo. L’attesa di un temporale potrebbe durare settimane, giorni, anni- »

«Magari pure secoli, va’!» sbottò l’altro Potter.

Harry lo ignorò «Nel frattempo la fiala di cristallo deve rimanere completamente ferma e al sicuro dalla luce del sole. In caso di contaminazione, si possono verificare mutazioni tremende.»


«Molto rassicurante» borbottò Sirius.

«Sono certo che la nostra fine è vicina» disse tetramente Peter.

«Resistere alla tentazione di andar a vedere la pozione fino all’arrivo dei primi lampi. Se si continua a ripetere l’incantesimo "Amato Animo Animato Animagus” all’alba e al tramonto, arriverà il momento in cui toccando il petto con la punta della bacchetta, si sentirà un secondo battito, a volte più potente del primo, altre volte meno. È fondamentale non interrompere la procedura.»

«Amato Anoma Animeto Animagus…?» disse Remus confuso.

«Amato Anota Animati Animagus» lo corresse Peter

«Stupidi! È Amito Animo Enimato Animagus» li smentì Sirius.

«In realtà è Tamato Amimo Animato Animagu» intervenne James convinto.

«Non so voi, » cominciò Harry ironico e divertito «Ma qui c’è scritto chiaramente: "Amato Animo Animato Animagus" »

«Oh» esalò Peter imbarazzato.

«Ma che è?! Uno scioglilingua?» chiese Sirius aggrottando le sopracciglia incredulo.

Il corvino scosse la testa con un piccolo sorriso e continuò: «Quinto: Subito dopo la prima comparsa del primo lampo in cielo, dirigersi al luogo dov’è nascosta la fiala di cristallo, se i passaggi precedenti sono stati eseguiti correttamente, si noterà una piccola quantità di pozione color rosso sangue, all’interno della fiala. È fondamentale spostarsi in un luogo spazioso e sicuro, dove la trasformazione non possa causare preoccupazione o danni fisici.»

«Infatti, immaginate se qualcuno di noi si trasformasse in un elefante» costatò Sirius ragionevole.

«Beh, un elefante sarebbe un problema… non credo che possa passare inosservato durante le notti di Luna Piena» riflettè James preoccupato.

«Oltre al fatto che in poco tempo può schiacciare chiunque con le sue zampe» aggiunse Peter, mordicchiandosi le unghie.

«Non credo che nessuno di noi si trasformerà in un animale del genere» asserì Harry.

Lui già sapeva le forme degli altri, lo domanda che si poneva era lui in che animale si sarebbe trasformato.

«Non credo che nessuno di voi rifletta la personalità di un elefante» intervenne Remus svogliatamente.

«Perché, tu sai la personalità di un elefante?» domandò Sirius scettico.

«Sesto» riprese Harry d’un tratto «Bere la pozione, e con la punta della bacchetta sul cuore pronunciare l’incantesimo. Si avvertirà un doppio battito molto intenso e un dolore bruciante. Nella propria mente prenderà forma la creatura in cui ci si trasformerà. Non mostrare alcun timore, ormai è troppo tardi per sfuggire alla trasformazione.»

«Figurati se siamo così idioti» disse James indignato «Certo, ci sarà un dolore bruciante, ma poi dopo potremmo trasformarci quando ci pare senza alcun dolore» continuò.

«Settimo: per ritornare umani, si deve visualizzare la propria immagine il più nitidamente possibile.»

«Vedete che passare tutto quel tempo allo specchio è utile?» domandò compiaciuto Sirius ghignando «Io so ogni particolare del mio bellissimo viso.»

«Vedi di visualizzare anche il minuscolo neo, che più che altro è un puntino, all’attaccatura dei capelli» disse Remus sbuffando divertito.

«Ovviamente!» esclamò il Black, poi rivolse un sorriso sghembo a Remus «Ma tu come facevi a saperlo? Non immaginavo che mi guardassi così tanto. Anche tu non resisti al mio fascino?»

Remus spalancò gli occhi e le orecchie si arrossarono leggermente «No, idiota. Te ne sei solo lamentato per un giorno intero, dicendo che ti rovinava il viso» disse acidamente.

«Ah, giusto» Sirius scrollò le spalle con nonchalance.

«Perfetto!» esclamò James a caso «Che ne dite se domani prendiamo le foglie di Mandragola?» chiese allegramente.





*



Circa una settimana dopo, i Malandrini erano seduti in cortile. Avevano raccolto le foglie di Mandragola, e stavano aspettando il 22 Marzo, il giorno delle Luna Piena, per mettersele in bocca.

Un primino si avvicinò rapidamente a Harry, con una pergamena in mano, avvolta e chiusa con un nastro arancione fosforescente.

«Dal Preside!» esclamò dando rapidamente il foglio a Harry e andandosene prima che quest’ultimo potesse aprire bocca.

Il corvino lo osservò un attimo allontanarsi, prima di scrollare le spalle confuso.

Aprì la pergamena, leggendola rapidamente.

«Che dice?» chiese Sirius incuriosito

«Che mi vuole vedere il prima possibile» rispose Harry inespressivo chiudendo rapidamente la pergamena «Vado ora, tanto non abbiamo lezione» disse poi alzandosi.

Sorrise loro brevemente, prima di avviarsi.

James sospirò «Anche a Natale scorso il Preside ha voluto parlare con lui, chissà di cosa poi.»

«Davvero? Perché non ce l’hai detto prima?» domandò Sirius con tono accusatorio

«Me ne ero dimenticato! Solo ora mi è tornato in mente!» si difese James

«Non gli hai chiesto perché?» chiese Peter

«Non mi sembrava tanto di buonumore, ho preferito non chiederglielo. Poi quando ci ho provato il giorno dopo, ha evitato di rispondere cambiando argomento» disse il corvino, ricordando.

Gli era sembrato strano, se voleva dirla tutta

«Sicuramente non è niente di tanto importante.» intervenne Remus, cercando di nascondere il nervosismo.

Poteva immaginare facilmente di cosa parlavano. Il Preside non era stupido, ci era sicuramente arrivato prima di lui a scoprire chi era davvero Harry.

«Per essere chiamati addirittura dal Preside deve essere importante!» insistè Sirius

Cinque minuti dopo quel momento, Harry era seduto davanti alla scrivania del Preside.

«Perché mi ha chiamato?» chiese Harry, dopo aver rifiutato come al solito la caramella al limone.

«Come va la vita scolastica, ragazzo?» chiese Silente con un sorrisetto

«Bene, signore. Anche se giusto due mesi fa Remus ha scoperto la verità» lo informò

«Non mi dire che gli hai detto il futuro, vero?» Gli occhi di Silente si fecero preoccupati.
Harry scosse la testa

«No no, ovviamente no. Non sono così stupido» rispose «Ma ora mi scusi se sembro scortese, ma perché mi ha chiamato?» domandò di nuovo impaziente

«Va bene, giungiamo rapidamente al punto» esordì il preside «Ti ho chiamato qui per darti due importanti notizie.»



«La prima?» chiese Harry curioso

«Una settimana fa, invitai Breana Cooman qui, in quest’ufficio, per offrirle la cattedra di divinazione» spiegò Silente

Harry già al nome "Cooman" aveva capito tutto. Evidentemente tutta la famiglia si divertiva a intromettersi nella sua vita. Perché chi era Harry Potter senza una profezia di mezzo, dopotutto?
Il fatto che poi, ci fosse stata un’altra profezia proprio durante un colloquio per la cattedra, la giudicava davvero un’ironica coincidenza. Poiché, anche la scorsa profezia, era avvenuta proprio durante un colloquio. Per fortuna non si erano incontrati alla Testa di Porco, perché altrimenti si sarebbe seriamente chiesto se per caso il Fato lo stesse prendendo in giro.
«Ha fatto una profezia, vero?» chiese schiettamente, con tono rassegnato.

Silente sembrò vagamente colpito «Esatto» confermò «Era già successo una volta?»

Harry annuì «Si, ma da Sibilla Cooman. Una profezia riguardo al fatto che io avrei dovuto sconfiggere Voldemort, che mi avrebbe designato come suo uguale ma con un potere a lui sconosciuto, e che nessuno dei due poteva vivere se l’altro sopravviveva» spiegò in poche parole

«Sibilla Cooman? Breana me l’ha accennata, è suo nipote, attualmente ha solo 10 anni» affermò il professor Silente pensieroso.

Povero ragazzo, ancora una volta si ritrovava segnato da una profezia. All’inizio, e neanche tuttora, era sicuro dell’affidabilità della profezia, ma credeva fosse saggio prenderla in considerazione. Ci aveva riflettuto, in quella settimana, parte per parte, aveva collegato in poco tempo, e solo ora che ne era assolutamente certo aveva deciso di informare Harry. Aveva tentennato nel dirgliela così presto, ma poiché l’età mentale del ragazzo era ormai di diciotto anni, si era convinto che poteva farlo.
Poi, dallo scorso confronto, gli era sembrato che il ragazzo volesse dirgli di non tentare di nascondere informazioni importanti che riguardavano lui.
E ora, di informazioni importanti ce ne erano due.

«Comunque, cosa dice la profezia?» chiese Harry, raddrizzandosi.

Silente evocò il Pensatoio, poi si puntò la bacchetta alla tempia ed estrasse il ricordo.

Dal bacile uscì una figura, una donna piuttosto magra, i capelli biondi e ricci e gli occhi spalancati.
Harry notò alcune somiglianze con la Professoressa Cooman.

«Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore...» iniziò con tono roco«Nato in un tempo non ancor compiuto, eroe di una guerra che non esiste. Colui che ha violato il fato, colui che è sfuggito due volte alla Nera Mietitrice...Destinato a confrontarsi con l’Oscuro Signore, in qualunque spazio, in qualunque tempo...E uno dovrà morire per mano dell’altro...
perchè nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive...Il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore è giunto...»

La figura si dissolse, lasciando il silenzio fra i due.

«Ci sono alcune frasi simili all’altra profezia, ma il resto è completamente cambiato» confidò Harry dopo un po’.

«In questa settimana ci ho pensato a fondo, e sembri proprio tu colui che dice la profezia. Non che poi ci voglia molto ad arrivarci, una volta che uno sa che vieni dal futuro» spiegò Silente, incrociando le mani in una posa particolarmente saggia, come suo solito.

«Il secondo verso: "Nato in un tempo non ancor compiuto, eroe di una guerra che non esiste", dice così proprio perché tu sei nato nel futuro, e questo futuro, deve ancora arrivare. "Eroe di una guerra che non esiste" dato che sei appunto, l’eroe, della Seconda Guerra dei Maghi, una guerra che non è ancora esistita, poiché questa sarà solo la Prima. Poi, al terzo verso "Colui che ha violato il fato, colui che è sfuggito due volte alla Nera Mietitrice" fa riferimento al fatto che tu sei tornato indietro, hai violato il fato, questo non era programmato e ha stravolto la linea temporale. C’è inoltre il riferimento a quel che tu mi hai detto lo scorso Natale, cioè che sei sopravvissuto a due Avada Kedavra, questa viene, naturalmente, considerata la maledizione della Morte, quindi Nera Mietitrice, appunto, uno dei tanti nomi che si danno alla Morte. Verso la fine parla, annunciando che sei destinato a confrontarti con Voldemort in qualunque spazio, in qualunque tempo. Ovvero, che non puoi sfuggire a questo, solo e sempre tu dovrai confrontarti con lui, che tu sia negli anni 70’ o negli anni 90’. Diciamo, che accenna impercettibilmente che tu lo hai già affrontato da un’altra parte. I penultimi versi: "E uno dovrà morire per mano dell’altro… perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravviv" sono in qualche modo collegati, dice che uno di voi due dovrà uccidere l’altro, quindi che nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive. Intende che non potete vivere per davvero se l’altro non è morto, entrambi non avrete pace finchè l’altro vive ancora. In sintesi, uno di voi due deve morire per forza» concluse Silente con tono serio, la faccia stanca lo faceva apparire vecchio come era realmente.

Harry ascoltò attentamente tutto quanto, riflettendo e analizzando.
Poi annuì comprensivo.

«Gli ultimi due sono gli stessi dell’altra profezia, questa parte non mi è nuova.» Commentò passandosi una mano fra i capelli «Anche se, profezia o no, l’avrei affrontato comunque.»

«Per questo non la ritengo molto affidabile» dichiarò Silente, prendendo distrattamente una caramella.

Seguì il silenzio

«La seconda notizia?» chiese Harry, ricordandosela.
Silente si bloccò nell’atto di masticare. Poi ingoiò e parlò:
«Sei sicuro di poter reggere entrambe in una sola sera?» chiese preoccupato.

Harry annuì sicuro, nonostante la stanchezza.

«Forse dovremmo incontrarci domani, o dopodomani per parlarne, sei stanco» insistè il professore.

«Passerò la notte insonne a chiedermi quale era la seconda notizia, professor Silente, quindi è meglio che la sappia ora.» Chiarì Harry deciso.

Il preside sospirò, appoggiandosi allo schienale.

«Ti ricordi la mia confusione quando mi hai confidato che eri tornato indietro di ventisette anni attraverso un sogno?» chiese

Il corvino annuì

«Ho fatto delle ricerche, era molto curioso riguardo questo, insomma. Non ho trovato molto, a dir la verità. Quel che ti sto per dire sono solo semplici teorie, diciamo, non prenderle quindi troppo seriamente, o come certezza» ci tenne a specificare.

Harry annuì di nuovo, e si decise a continuare.

«Il viaggio che tu hai fatto, non è solo diverso per l’esecuzione, ma soprattutto per il tipo. Usando una Giratempo, il tutto è già stato programmato nella linea temporale . Gli avvenimenti che succedono dopo, sono successi proprio perché il viaggiatore è tornato indietro, se non fosse tornato indietro quindi, e non avesse viaggiato compiendo azioni, allora sì che avrebbe cambiato per davvero il futuro. Ma questo non può succedere, perché come ti ho detto, era tutto già stato programmato nella linea temporale. Per esempio, un uomo vuole uccidere un suo acerrimo nemico che ha perso il fratello quando era ancora piccolo. L’uomo decide di tornare indietro di anni con una Giratempo –anche se questo non è possibile con uno strumento del genere- e assassinare il nemico quando era ancora in fasce. Trova il bambino che lui crede sia il nemico, lo uccide, e torna avanti di anni. Il futuro sarà esattamente come lo aveva lasciato, perché tutto era programmato, e probabilmente, avrà ucciso il fratello invece del nemico. Perciò, questo significa che la linea temporale non può essere cambiata in alcun modo.» Disse, cercando di rendere il più chiaro possibile il concetto.

Si rendeva conto che l’esempio che aveva fatto era esagerato, ma non gli era venuto in mente altro.

«Ora, i Malandrini nel tuo tempo erano quattro o cinque?» chiese poi.

«Quattro» rispose Harry confuso dalla domanda. Che c’entrava ora?

«Ecco, se erano quattro e non cinque, vuol dire che il tuo viaggio nel tempo non era programmato. Altrimenti, i Malandrini sarebbero stati cinque con un te stesso più vecchio, ma dato che non c’era, vuol dire che tutto questo non doveva accadere» spiegò Silente, in modo enfatico.

«Capisco» sussurrò Harry «Quindi io, secondo la linea temporale, dovevo rimanermene nel 1998.»

«Esatto» asserì Silente «La maggior parte dei viaggi è così, e se ne conosce solo uno nella storia diverso (come il tuo). Era il 1694 quando un uomo piuttosto vecchio, ha raccontato che con una serie di rune segrete, che non ha voluto dire, sostenendo che se cadute nelle mani sbagliate sarebbero potute essere pericolose, è tornato indietro nel tempo, salvando la sua moglie babbana, morta nel suo tempo, dal un rogo del 1682. Non ha detto le rune, ma ha raccontato nel dettaglio il viaggio, e nei seguenti studi insieme ad altri maghi specializzati nei viaggi nel tempo, è giunto alla conclusione che o aveva cancellato il tempo o aveva creato una dimensione parallela. Gli studi non sono poi stati approfonditi ulteriormente, poiché la magia non può spingersi così oltre. Non possiamo vedere tutto il multiverso, purtroppo. E non credo potremmo vederlo mai. Quindi, ho ipotizzato, che poiché i vostri viaggi sono molto simili, abbiano anche la stessa conclusione. Quel che sto cercando di dirti, è che c’è la possibilità che tu abbia cancellato definitivamente ventisette anni di futuro, oppure che tu stesso abbia creato una dimensione parallela» spiegò

Harry si congelò, sbiancando «Quindi… può essere che ho cancellato tutto?» chiese flebilmente.

Aveva cancellato Ginny, Hermione, Ron e tutti gli altri studenti della generazione futura?! E come se li avesse uccisi. È come se non fossero mai esistiti.

Silente annuì solennemente «O una dimensione parallela.»

«Ma io sono tornato indietro soprattutto per salvarli, se ho creato una dimensione parallela, allora li ho fatti rimanere morti in quell’altra dimensione!» esclamò il corvino.

«Puoi far avere loro un futuro migliore, qui. Sono le stesse persone alle fine. Ma ricordiamoci che sono solo teorie» cercò di rassicurarlo Silente.

Harry sospirò massaggiandosi le tempie, sentendo un gran mal di testa. Tutti quei viaggi, teorie, insieme all'interpretazione della profezia gli avevano fatto venir un gran mal di testa.

«Comunque, c’è una parte ancor più importante» aggiunse Silente.

Harry si trattenne dal far uscire un lamento, sentendo già il mal di testa aumentare.

«Cosa?»

Silente lo scrutò attentamente. Capiva che la testa di Harry scoppiava, ma ormai tanto valeva andare fino in fondo. Ah, a diciotto anni, a preoccuparsi di tutto questo… quando si sarebbe dovuto preoccupare di ragazze, voti a scuola e di divertimento.

«Tu tornando indietro, hai creato una specie di paradosso. Hai cambiato molte cose, e tra queste, c’è la tua nascita. Mi dispiace, Harry, ma credo che tu abbia il tempo contato. Tornando indietro, potresti anche aver impedito la tua nascita, e se non nascerai, scomparirai, perché appunto, non potresti mai essere nato.»

«COSA?!» urlò Harry , balzando in piedi, e guardando rapidamente il suo corpo, giusto per accertarsi che non stesse scomparendo proprio in quel momento.

«Vorrebbe dire che c’è il rischio che i miei genitori non si mettano mai insieme?!»

«Non necessariamente» disse Silente tranquillamente «Il Signor Potter e la Signorina Evans potranno anche sposarsi e avere figli, ma non è detto che tra questi figli ci sia tu. Nel momento di un concepimento di un figlio, un attimo è fondamentale. Se un maschio caccia lo spermatozoo in un momento, c’è la probabilità che se l’avesse fatto l’attimo dopo lo spermatozoo sarebbe stato diverso, quindi diverso sarebbe stato anche il figlio.» Spiegò.

Harry annuì «E fino a quando avrò tempo?» chiese.

«Non saprei, Harry, forse fino al giorno della tua nascita, oppure nove mesi prima… non lo so» disse il preside sospirando.

Harry strinse i pugni «E se… e se non dovessi nascere, scomparirei del tutto?»

«Si, morirai in un certo senso. A quel punto cambierà di nuovo tutto, i ricordi che hanno le persone di questo tempo su di te scompariranno, tutto cambierà di nuovo, tornando esattamente come era nel tuo tempo. La magia aggiusterà il paradosso.»

«E… c’è un modo per evitarlo?» chiese Harry camminando avanti e indietro.

«Non saprei Harry, dovresti in qualche modo essere immortale, o trovare un collegamento con gli altri tuoi genitori, distinguendoli dai James e Lily di quell’altro tempo dai James e Lily di questo. Il tutto è molto complicato» riflettè stancamente Silente.

Il corvino annuì rigidamente, sforzandosi di sedersi sulla sedia.
«Tutto questo potrebbe essere inutile, in sintesi» disse con voce neutra.

Albus Silente lo guardò con occhi pieni di compassione, cosa che non fece altro che irritare Harry.
«Tutto quello per cui combatti, e combatterai, non potrebbe mai essere inutile.» Disse

Harry sospirò «Sì, ha ragione. Devo ancora sperare, come sempre.»

«Credo che per oggi abbiamo finito, Harry, puoi andare a riposarti, credo che tu ne abbia bisogno» lo congedò gentilmente il preside.

Il corvino si alzò «Ci può contare, signore.»













Angolo Autrice

Ce l’ho fatta!! Ho finito questo capitolo di 15 pagine!
Due capitoli consecutivi così (pagina più, pagina meno)… sembra che io voglia uccidermi.
Ho pubblicato ancora tardi, e molto probabilmente questo capitolo è pieno di errori, uno perché sono talmente distratta da non notare niente alla prima revisione, due perché sono pigra e non ho voglia di fare anche una seconda revisione.
Ma ora, passiamo a commentare il capitolo!

Nella prima scena siamo nell’ufficio di Silente, con una sua amica di nome Breana Cooman, naturalmente.
Non c’è molto da dire, su questa scena, poiché il solo punto fondamentale è la profezia. Ho fatto la scena solo per quella.
Quindi parleremo più che altro della profezia.
E vi prego! Aiutatemi! Io devo ancor capire per bene la frase “nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”.
Cosa significa?
COSA?!
Del tipo: “Entrambi devono morire se l’altro vive”, oppure: “Uno dei due deve morire se l’altro sopravvive”?!
Perché questa maledetta frase può essere interpretata in due modi, e nel caso della saga, credo che abbia il primo significato, perché alla fine, muoiono entrambi (Harry muore temporaneamente). Ma qui Harry non è un Horcrux, non deve per forza morire per uccidere Voldemort, quindi mi chiedo se ho fatto bene a mettere quella maledetta frase e se c’è un modo per non confondere tutto.

Passiamo alla seconda scena. Remus sembra aver fatto supposizioni assurde, ma alla fine si arrende all’evidenza.
Tutto molto scioccante, insomma.
Immaginate di scoprire che il vostro migliore amico/a è la madre/padre dell’ altro/a vostro/a migliore amico/a, ma entrambi hanno la stessa età.
Non penso che lo prendereste sul serio, probabilmente scoppierete e a ridere istericamente.
Ma come darvi torto, dopotutto questa cosa non è possibile, no? Noi siamo babbani, mica maghi! (accettatelo, soffrirete di meno).

Dopo questo, i Malandrini finalmente hanno le informazioni che servono loro per trasformarsi! E vi dico che davvero, cercare il procedimento è stato difficile.
Il web italiano è sfortunatamente ignorante sul procedimento, e quindi sono andata a cercare dagli inglesi.
Ho trovato qualcosina, ho tradotto con Google Traduttore (Perchè non è che io sia tanto British da tradurre un intero testo correttamente). Ma come sapete, Google Traduttore traduce qualcosa per un'altra, e non era poi molto chiaro (o sono io che sono cretina, dipende).

E quindi, non mi restava che riporre le mie speranze in Youtube! E ho trovato il maledetto, santo, video!
Anche se poi ho trascritto tutto quel che diceva lo Youtuber, ma non è la prima volta che lo faccio.


Andiamo alla terza scena, Harry viene chiamato da Silente e gli altri notano una sola della tante stranezze che ci sono in Harry.
Il Preside spiega nel dettaglio la profezia, e spero solo che sia stato abbastanza chiaro. Non lo so, la terza scena mi pare un mucchio di cose complicate, e sicuramente è così, soprattutto quando ci si mette a parlare di viaggi, dimensioni, figli e sparizioni.

Harry potrebbe aver cancellato tutto, oppure aver creato una dimensione parallela.
Oltre questo, ha il tempo contato e potrebbe sparire, cancellando tutto quello che ha fatto.
Ma niente è inutile, perché anche se non ci riesce, qualcosa ci ha ricavato.
Ha conosciuto i suoi genitori, e ha molti più ricordi di loro di quanti non ne aveva prima.
Una piccola consolazione ce l’ha, almeno.

Non ero sicura di far rivelare a Silente queste cose, perché il personaggio in sè rivela le cose solo quando ne ha la certezza.
Ma poiché probabilmente la certezza non ci sarà mai, è completamente inutile nascondere tutto.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Baci!
Madame_Potter18

P.s. MI SCUSO per eventuali errori di grammatica o/e battitura





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, e non vorrei mettere sempre "grazie" perchè tipo sembro un disco rotto, però vabbè, grazie!

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Capitolo 32
*** Viscide, lucide e disgustose ***


Viscide, lucide e disgustose

 
La Luna Piena brillava nel cielo, mentre si udiva un ululato in lontananza, che fece venire la pelle d’oca a quattro ragazzi nel bagno del dormitorio.

Sul lavandino erano poste quattro foglie, viscide, lucide e di color verde melma.

Peter era depresso di fronte a questa nuova avversità della vita, che consisteva nel mettere in bocca quelle cose disgustose. Sirius e James avevano una faccia riluttante, invece Harry osservava con sguardo assente le mani tozze del biondino che si torcevano nervosamente.

Ultimamente era sempre distratto, con la testa fra le nuvole e un’espressione amara. Lo stavano cominciando ad adocchiare più spesso, con sospetto malcelato. 

Dopo aver discusso sulla sanità mentale dell’autore di quel libro, che sosteneva Sirius, vivesse ai tempi in cui, per curare la Spruzzolosi, ci si spalmava addosso il sangue di qualche animale sacro mentre si ballava nudi intorno al fuoco, cantando in una sorta di lingua arcana, si decisero a metterle in bocca.

Remus aveva immaginato a lungo le facce che avrebbero fatto gli altri quando le avrebbero messe in bocca, e si era rammaricato di non poterle vedere. Se le avesse viste, si sarebbe trattenuto dallo scoppiare a ridere per pura solidarietà e gratitudine.

 « Sse l’accattossiamo a palrina crdedo sarà più fascile» disse Harry, masticando lentamente la foglia per appallottolarla, attento a non romperla. A differenza degli altri, non la trovava tanto disgustosa.

Certo, non era proprio gradevole, ma era sopportabile. Più o meno.

Peter gonfiò le guance come un criceto, strizzando gli occhi e appallottolando quella roba, con la faccia che diventava più verde di prima.

Sirius se la era già attaccata al palato, strofinandola con la lingua in modo da incollarla con la saliva.

Aveva già testato il sapore orripilante, acido e freddo della foglia, e non ci teneva a riassaggiarlo, quindi la lasciò lì, sbavando sul lato della bocca.

Osservò James, che a sua volta si osservava allo specchio. Aveva un’espressione parecchio concentrata, e masticava la foglia lentamente. Era inoltre molto pallido.

Probabilmente stava pensando al gusto di una torta alla melassa, per cercare di ignorare il sapore.

Nonostante questo, a Sirius sembrava un patetico erbivoro, ma evitò di dirlo, giusto perché James avrebbe sputato la foglia per l’indignazione.

«A di lli Occiuu»  commentò alla fine l’amico, dopo aver rinunciato ad ignorare il sapore, pensando alla sua amata torta.

«Uhm?» biascicò Sirius in risposta, asciugandosi per l’ennesima volta il rivolo di bava, che sembrava non finire mai.

«Za di ailli Vocciuu» ripetè James. Sì, sapeva proprio di capelli di Mocciosus.

Non li aveva mai assaggiati, ma era sicuro che quello fosse il sapore. I capelli di Piton erano rivoltanti già da lontano, e probabilmente lo erano in tutti i sensi, non solo alla vista.

«Se lo dici tu» Sirius fece spallucce, notando che a differenza dell’amico sapeva parlare ancora decentemente.

«Aimo a domie.»

«E se ci stlozziamo?» chiese Peter timoroso, mentre uscivano fuori dal bagno.

«Moriremo per una vuona causa» rispose Sirius con un ghigno.

Gli occhi celesti del biondino si spalancarono come pluffe, increduli e terrorizzati.

«Sta schersanto, Peve» Lo rassicurò Harry dandogli una pacca sulla spalla.

«On emo, on chesta vota aemeno*» disse James, sputacchiando leggermente.

Si misero a letto, spegnendo la luce.

Erano le undici di notte, ma solo alle tre del mattino riuscirono a dormire.



Il giorno dopo, il momento di lavarsi i denti era arrivato. Non potevano non lavarseli, altrimenti il loro alito avrebbe puzzato ancor di più, talmente tanto da far svenire qualcuno nel raggio di chilometri. Oltre al fatto che non ci tenevano ad avere le carie.

La Sveglia-Banshee – comprata recentemente da Remus- aveva svegliato tutti con un urlo a pieni polmoni, e Sirius l’aveva buttata fuori dalla finestra senza mezzi termini.

Anche quel mese, una sveglia era stata brutalmente uccisa.

«FIGURATI SE QUEL LUPASTRO SI DIMENTICA PER UNA VOLRTA DI TIVARLA! NAVURALMENTE NO! ANCHE QUANDO NON SC’È, NON SI DIMENTICA DI TIVARLA!» aveva urlato Sirius, mentre si asciugava automaticamente la bava «E per Morgana! Sto sbavando come uno stupido cane!»

James, dopo essersi svegliato buttandosi volontariamente oltre il bordo del letto, si mise una mano davanti alla bocca e alitò.

«On chesto aglito podei stezere chiumche*» disse in Mandrajamiliano, agitando la mano per scacciare la puzza.

Sirius sbadigliò, e credette di aver visto una mosca cadere a terra, morta.

«Ragazzi» la voce di Harry giunse, li osservava con un’espressione colpevole e depressa.

«Mmh?»
«Ho ingoiato la foglia» annunciò.

«COSA?!» Urlò James incredulo e arrabbiato.

«È-è che mi sono svegliato p-prima di voi, tossendo! Per non morire soffocato l’ho dovuta ingoiare e farla scendere giù, dato che non usciva fuori!» spiegò Harry goffamente, gesticolando agitato.

«Com’era?» chiese Peter sussurrando.

Harry lo guardò «È un’esperienza che augurerei a tutti i Mangiamorte e Voldemort.»

Peter squittì spaventato al nome, Sirius e James spalancarono gli occhi.



Successivamente uscì fuori che Peter aveva trovato la pallina d’erba, zeppa di saliva, sul cuscino, uscita fuori mentre dormiva poiché aveva la bocca spalancata.

Sirius e James, gli unici che avevano ancora la foglia in bocca, tentarono di lavarsi i denti.

Il dentifricio da bianco passò a verde fogna, e Sirius dovette ficcare in dito in bocca a James per tenere ferma la pallina. Ma alla fine, quando il corvino sputò, ne uscirono fuori anche pezzettini verdi, pezzettini di foglia.

Toccò poi a Sirius, ma lo spazzolino raschiava la superficie della foglia, anche se lui cercava di evitarlo, e alla fine nel lavandino si aggiunsero altri pezzi di foglia di Mandragola.

I Malandrini, dopo aver lavato decentemente i denti, andarono a prepararsi mogi mogi.

A neanche otto ore dalla Luna Piena avevano fallito, tutti si sentivano terribilmente in colpa.

Ogni loro fallimento costava una notte in più a Remus senza di loro, a ferirsi e graffiarsi.

Un altro taglio profondo, un’altra cicatrice.

E si aspettava la prossima Luna Piena.

Tra un mese.


*


Nei giorni seguenti, i Malandrini non furono tanto di buonumore.

Però, si rallegrarono un po’ quando Remus tornò a sentirsi bene e inoltre, recentemente Sirius aveva ricevuto una lettera da Andromeda, una sua parente.

Lei era ufficialmente la cugina preferita del Black.

Andy (come la chiamava Sirius) si scusava per non essersi fatta sentire, dicendo che gli ultimi anni erano stati piuttosto difficili per lei, ma che ora si era ripresa.

Non si sentiva da anni con la famiglia, e non sapeva che Sirius non era andato a Serpeverde, e neanche delle divergenze in casa.  Aveva comunque pensato di contattarlo, poiché ci era stata sempre molto affezionata, e anche perché era sicura che Sirius fosse diverso dagli altri.

Gli diceva inoltre di essere incinta e felicemente sposata. Il sesso del bambino non lo aveva voluto sapere, voleva che fosse una sorpresa.

Sirius gli aveva subito risposto, e da lì iniziarono a scambiarsi almeno una lettera a settimana. La Signora Tonks era felice del fatto che Sirius fosse riuscito a far cambiare idea a Regulus,  ed era orgogliosa ma anche preoccupata per loro.



Giunse il primo aprile, una data terrificante per tutti gli studenti di Hogwarts.

Il primo Aprile, la giornata degli scherzi.

Significava che potevi aspettarti le cose più assurde quel giorno, mentre cinque malefiche figure tramavano nell’ombra.

Quell’anno, come l’anno scorso, fu il pandemonio.

Dalle 9.00 di mattina alle 17.oo del pomeriggio, gli studenti avevano subito un gran numero di scherzi.

Una mandria di pipistrelli aveva fatto irruzione dal camino della Sala Comune di Serpeverde, alla ricerca di Severus Piton, inseguendolo per tutto il castello, tutti innamorati di lui, giudicandolo un loro simile.

Molti studenti si ritrovarono con i pantaloni abbassati da una forza invisibile, tirati a terra oppure trascinati sul pavimento. Nel caso delle femmine, le gonne si alzarono.

Svariati libri attentarono alla vita delle mani degli allievi durante le lezioni, mordendo all’improvviso (qualcuno si ritrovò morso il naso).

Per tutta la lezione di Storia della Magia sul professor Ruf cadde un'incantevole polvere rosa, la McGranitt si ritrovò con lunghi capelli boccolosi, del color dell’oro. Al professor Lumacorno la cattedra si ruppe, quando vi si appoggiò. Lily Evans fu costretta a girare per il castello con i capelli multicolor, le banali tazzette del water bianche furono sostituite, lasciando il posto ad altre molto più fantasiose, che una volta avevano alloggiato a Potter Manor.

Pix cantò canzoni per tutto il giorno, rovesciando trofei e libri, i letti buttarono fuori ogni persona che vi si sedeva sopra, degli Snasi rubarono dei galeoni agli studenti e Silente si ritrovò la barba blu, e se la tenne per tutto il giorno, sostenendo che gli piaceva e che dava un tocco di stile (si abbinava meravigliosamente con la sua toga gialla, stile Hawaii).

Durante la cena, invece, una serie di armature con sopra un tutù marciarono in Sala Grande.

Dopo il piccolo momento di rigidità, partì una musica di danza classica, e si misero a ballare come i ballerini più professionisti.

Piroette, salti da favola e spaccate.

I Malandrini ci avevano messo molto per modificarle, renderle più flessibili e resistenti.

Boccoli d’oro (nuovo soprannome ideato da Sirius per la McGranitt), osservava il tutto con gli occhi spalancati, più rigida di un palo. Silente si godeva lo spettacolo, mentre la Professoressa Gollen, l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure di quell’anno, una signora molto burbera, osservava il tutto accigliata.

Le armature finirono il loro spettacolo, inchinandosi con grazia.

Ma gli studenti erano troppo sconcertati anche solo per applaudire.

C’era un silenzio tombale.

«BRAVI!» urlò James battendo energicamente le mani, con un sorriso euforico in faccia.

«Fortissimi! Ah, belle gambe, comunque!» ammiccò Sirius unendosi agli applausi.

«Se lo meritano un applauso, non siate maleducati!» esclamò inaspettatamente Harry, in modo sfacciato.

Lentamente tutti iniziarono a battere le mani, mentre le armature se ne andavano saltellando.

Silente si alzò in piedi, mentre si toccava distrattamente la barba blu.

«Ah, la musica… un’autentica magia.» Disse sorridendo benevolmente «Bellissimo balletto. E dopo questo inaspettato avvenimento, direi che possiamo cenare. Mi raccomando, state attenti» concluse, e Remus giurò di aver visto un occhiolino.



«Come le avete incantate?» chiese Marlene dopo un po’, sedendosi al fianco di Harry.

«Cosa ti fa pensare che ci siamo noi dietro?» chiese James indignato.

La biondina lo osservò scettica, prima di rubare come se niente fosse l’insalata dal piatto di Harry, che la guardava sconcertato.

«Ma guarda che quella è mia!» esclamò.

«Lo so, Harry, per questo l’ho presa» rispose Marlene sorridendogli, prima di mangiare.

«Benissimo!» disse Harry, rubandole tre pezzetti di carne.

«Ma io ti ho preso solo l’insalata!»
«E io solo tre pezzetti di carne.»

Marlene lo osservò con il broncio, mentre Harry sorrideva beffardo.

Arrossì di fronte al sorriso, prima di distogliere lo sguardo.

«Allora, non nascondetevi, prometto che non dico niente a nessuno» li incoraggiò Lene, rivolta agli altri.

James le fece l’occhiolino.

«È un segreto» disse suadente.

Marlene alzò le sopracciglia prima di sbuffare, lasciando perdere.

«Potter!» qualcuno urlò, facendo voltare Harry e James contemporaneamente.

Lily marciava verso di loro, con i capelli indaco (un’ora prima erano grigi) e gli occhi che lanciavano fulmini.

James si bloccò, la stava evitando da tutto il giorno.

Poi scoppiò a ridere, perché non era affatto paurosa con capelli del genere.

«Tu…» sibilò Lily «Sei..!» iniziò quando fu abbastanza vicina. James si passò immediatamente una mano fra i capelli.

«Geniale? Stupendo? Assolutamente Fenomenale?» la interruppe Potter.

«Idiota!» concluse Lily

«E tu sei bellissima.» James ammiccò, con il sorriso che faceva svenire le bambine.

«Il tuo parere lo puoi anche bruciare nel camino, Potter!» quasi strillò Lily, e si tratteneva solo perché erano presenti i professori .

«Evans, smettila di dire il mio cognome come se fosse un insulto» replicò James,poi si avvicinò al volto di Lily, facendole fare una smorfia di disgusto «Ci saranno problemi, quando sarà il tuo.» sussurrò.

«Il giorno in cui deciderò di sposarti, Potter, sarà il giorno in cui prenderai un ’Eccellente’ in Pozioni.»

«Ma questo è impossibile, Evans!» esclamò James perplesso.

«Appunto» confermò Lily, con un sorrisetto crudele. James smise di passarsi la mano fra i capelli, guardandola indignato.

Pff, pensò James, Evans si illudeva soltanto.

«Piccola ingenua carotina- »
«Non chiamarmi così, deficiente!»
«Bene, preferisci Candido Giglio?»
«No!»
«Pel di carota?»
«Permettiti sol- »
«Lily Flower?»
«Potter…»
«OcchiVerdi?»
«Mi chiamo Lil- »
«Smeraldina?»
«POTTER!»
«Grazie, so come mi chiamo. Che ne dici di Furia Rossa?»
«Ho voglia di appenderti alla Torre di Astronomia.»
«Furia Indaco?»

«LA FURIA, POTTER! LA FURIA! LA MIA FURIA» esplose Lily, sguainando la bacchetta. Con un movimento netto tagliò i capelli a James.

Potter osservò come in trance, i suoi bellissimi, morbidi, attraenti ciuffetti di capelli cadere a terra. Si toccò i capelli rimasti in testa.

Corti, troppo corti.

Come aveva osato Evans profanare i suoi capelli? Marchio di fabbricazione dei Potter da generazioni? Come?

Continuò a osservare i suoi ciuffetti di capelli a terra con una faccia da pesce lesso.

I suoi bellissimi capelli…

Tutti osservarono con gli occhi spalancati James, soprattutto i Malandrini e Marlene.

Prima regola del libro Jamsio:
1) MAI  danneggiare i capelli di James Potter.

Lily osservò per un attimo sconcertata i capelli a terra, prima di tornare con uno sguardo deciso e infuriato sulla faccia scioccata di James.

«EVANS!» strillò acutamente Potter come una primadonna, alzandosi di scatto.

«Credo che Lily sarà vittima di scherzi per tutta la settimana» sussurrò Harry a Marlene, che arrossì per la vicinanza.

«È-è stata una mossa azzardata, non sa quel che ha fatto» riuscì ad annuire lei.

«Sì, Potter?» chiese Lily, immensamente soddisfatta.

«C-Cosa hai fatto ai miei bellissimi c-capelli…?» balbettò James continuando a toccarsi la sua chioma corvina.

«Li ho tagliati.»

«T-tu» Lily evidentemente non si rendeva conto che questo poteva essere un forte trauma per James «P-perché? I… capelli…. B-belli. Cosa?»

«Mi stavi dando fastidio Potter.» rispose Lily facendo spallucce «Ora siamo pari.» aggiunse voltandosi.

L’orgoglio di Grifondoro di James stava piagnucolando nel proprio petto, ma evitò di darlo a vedere.

«Ehi, Evans!» esclamò, e Lily si voltò di malavoglia, solo per ritrovarsi a pochi metri da lei James con un sorriso serafico

«Mi hai tagliato i capelli in Sala Grande… dove sono presenti professori e testimoni…» disse calmo, facendo spalancare gli occhi alla ro- ah no, alla ragazza dai capelli indaco «Quindi sei nei guai, Evans» continuò, indicando con il pollice la professoressa McGranitt che si avvicinava al tavolo, rigida e severa, dietro di loro.

Lily sbiancò.

«Signorina Evans!» esclamò Boccoli d’Oro «Punizione stasera nel mio ufficio! Non me lo sarei mai aspettato da lei! E 10 punti in meno a Grifondoro!»

Lily chinò la testa colpevole, annuendo.

Poi, quando la Professoressa se ne era ormai andata, si voltò verso quell’essere dal cervello ridotto.

Aveva preso una punizione per colpa di Potter. Si era rovinata la reputazione per colpa di Potter.

Era sempre colpa di Potter.



 
*


Lord Voldemort non era molto soddisfatto delle notizie che Yaxley e  Nott gli avevano portato quel pomeriggio.

La comunità dei Vampiri, che come leader aveva il Conte Vermiculia, si era rifiutata di schierarsi tra i suoi ranghi nel caso di una guerra.

In realtà si rifiutava anche soltanto di prenderci parte, alla guerra.

Neutrali.

Inutili, in poche parole.

Per la frustrazione, aveva lanciato la Maledizione Cruciatus sui suoi due Mangiamorte.

Stupidi, non sapevano neanche contrattare come si deve. Aveva già dalla sua parte Fenirir Grayback, l’Alfa di una piccola comunità di Lupi Mannari, i Vampiri servivano per rafforzare ulteriormente un attacco.

Ma no, gli idioti, volevano restare neutrali.

Lui gli avrebbe dato del sangue umano, una prelibatezza per loro. Ma avevano lo stesso rifiutato.

Almeno, restando neutrali, neanche Silente (Sì, perché era sicuro che di lì a poco avrebbe iniziato a capitanare il ‘Lato della Luce’) sarebbe riuscito a portarli dalla sua parte.

A soli cinque giorni da quando aveva ricevuto la notizia, Avery aprì la porta della grande Sala scura, dove di solito riceveva i suoi Mangiamorte.

«Mio Signore, abbiamo un ospite.» Annunciò «Un Vampiro.»

Il Signore Oscuro distolse lo sguardo dalla pergamena che stava leggendo, zeppa di appunti scritti da lui stesso, illeggibili per chiunque.

«Perché mi cerca?»

«Sostiene di avere informazioni importanti.» spiegò Avery, rigido.

Voldemort alzò un sopracciglio.

«Fallo entrare.» concesse, facendo scomparire la pergamena mentre nella Sala entrava un  uomo dalla pelle molto chiara, dai capelli lunghi e scuri, ordinati e tirati indietro. Gli occhi erano neri, come le tenebre più oscure, il fisico snello e alto.

Lo raggiunse con una camminata elegante, inchinandosi.

«Leyton Trocar, Signore.»

Voldemort lo osservò un attimo, valutandolo.

«Alzati» disse svogliatamente  «Mi hanno detto che hai da darmi informazioni importanti… ma mi chiedo perché vuoi dirmele, poiché la tua specie si è definita neutrale.»

Trocar annuì «Esatto, ma non posso definirmi d’accordo con questa scelta. Da anni mangiamo solo sangue di animale, che proviene dalla Comunità Magica, e non ho idea da quanto non assaggiamo il sangue umano, il sangue che ci rende più potenti.» Il vampiro si leccò le labbra «Quindi, io sarei disposto a entrare nei suoi ranghi, insieme ad alcuni Vampiri della Scozia, dove noi abitiamo.»

«Quanti siete?» chiese il Signore Oscuro, interessato.

«Dieci.»

«Dieci?» ripetè Voldemort facendo una smorfia «Non credo che potreste fare tanta differenza.»

«Siamo potenti, e credo, se mi permette, che sia meglio avere una specie in più.»

«Perché vi state offrendo?» chiese il Lord sospettoso, assottigliando gli occhi.

Dei vampiri della Scozia si offrivano di punto in bianco di far parte del suo esercito, cosa li aveva spinti a prendere una decisione del genere?

Trocar mantenne sempre una postura calma e composta «Perché siamo a conoscenza di un avvenimento recente, e crediamo sia meglio schierarci da una parte dalla guerra, poiché alla fine tutti  verremo coinvolti, anche giudicandoci neutrali. E dato che voi sembrate al momento il più potente, crediamo sia meglio schierarci da questa parte.»

«Quale avvenimento?» il fatto che il Signore Oscuro sembrasse sempre più interessato compiacque Trocar, e si lasciò sfuggire un ghignetto.

L’espressione di Voldemort si fece più minacciosa, ma il vampiro non fece una piega.

Come si permetteva di comportarsi in modo così sfacciato e irriverente…

«È avvenuto ad Hogwarts, e sono stato proprio io ad assistervi» sussurrò quasi compiaciuto Trocar.

«Taglia corto, Leyton, stai mettendo la mia pazienza a dura prova» sibilò irritato Voldemort dalle lunghe pause che si prendeva l’interlocutore.

Gli ricordava quasi Silente, anche se a differenza del vecchio pazzo non si era messo a ciarlare di caramelle e altro.

«C’è stata una profezia» lo informò schiettamente Trocar «Una profezia che riguarda voi.»

Per un attimo aleggiò un’espressione sorpresa sul volto serpentesco di Voldemort, prima di sparire immediatamente.

«Una profezia?» chiese vagamente scettico.

«È stata proferita nell’ufficio di Silente.»
Ovviamente, pensò sarcastico il Lord, Silente doveva sempre essere a conoscenza di tutto, prima di lui.

Questa cosa sarebbe cambiata.

«Come mai ti trovavi lì? Silente ti aveva per caso invitato?» chiese, appoggiandosi allo schienale della sedia , o meglio, trono, su cui era seduto.

«No, io ero lì solo per fortuna. Mi ero appoggiato al bordo della finestra, leggermente aperta» spiegò Leyton  semplicemente.

«Quindi tu, » iniziò Voldemort, sorridendo derisorio «vorresti farmi credere che ti sei arrampicato sulla torre più alta del castello, e che ti sia appeso alla finestra e che Silente non ti abbia notato?» domandò ironico.

«Non credo che un pipistrello abbia bisogno di fare tutto questo. Inoltre, non penso sia facile notarmi in quella forma in una notte completamente buia, oltretutto quando si è presi da una chiacchierata» replicò Trocar con una punta di sarcasmo.

«Non rivolgerti a me così, vampiro!» sibilò il Signore Oscuro.

«Vorrei mettere in chiaro una cosa: non vi aspettate che io e i miei compagni vi baciamo le vesti come i vostri patetici servitori, nè che vi trattiamo con riverenza, da noi avrete solo la nostra collaborazione e il nostro rispetto. Non ci abbasseremo così tanto.» Chiarì Trocar freddo.

«Crucio!»

Leyton lo schivò annoiato, tornando a guardare il Lord.

«Le difese di Hogwarts! Come hai fatto ad introdurti?»

«Non ci sono difese poste su Hogwarts specifiche per i vampiri, poiché non siamo considerati una minaccia dal Mondo Magico. Ci sono per gli intrusi, ma nella forma animale i nostri poteri vengono attutiti, facendoci passare come se fossimo semplici pipistrelli.»

«Come faccio a sapere che non menti?» domandò Voldemort.

«E per quale motivo? Sono anche disposto a cedere i miei ricordi» disse Trocar.

Una profezia…
Poteva essere benissimo una sciocchezza, ma poteva anche portare buone notizie.

«Riferisci questa stupida profezia, e dopo verificherò» sbottò il Signore Oscuro impaziente.

 
 
 
 
* «Non moriremo, non questa volta almeno.»
*«Con questo alito potrei stendere chiunque.»

 

Angolo Autrice
Ecco un nuovo capitolo!
Non contiene molti avvenimenti particolari, è una sorta di capitolo di passaggio, credo. E non so neanche se giudicarmi pienamente soddisfatta
Nella prima scena abbiamo il primo tentativo fallito dei Malandrini, a neanche otto ore dalla Luna Piena. Non so se è uscita almeno un po’ divertente.
Harry si ingoia la foglia, a Peter esce dalla bocca e a James e Sirius si rompe mentre si lavano i denti.
Sirius sbava come uno stupido cane (...) e James sembra un erbivoro (…).
Sopra, inoltre, ci sono le traduzione dal Mandrajamiliano all’italiano.
Nella seconda scena giunge il primo aprile, la giornate degli scherzi!
La McGranitt si trasforma nella versione più vecchia di Riccioli d’Oro (che il nome sia diverso sono dettagli. Ha cambiato nome con l’avanzamento dell’età -.-), Silente ama la sua nuova e fantastica barba blu, Lily diventa Rainbow Evans e le armature ballano con il tutù! Tutto nella norma!
A James vengono tagliati i suoi bellissimi, morbissimi e fantasticissimi (?) capelli, un trauma che non dimenticherà facilmente.
Infine Leyton Trocar, un vampiro facente parte di una piccola comunità di Vampiri in Scozia (E se non lo avete notato, Hogwarts è in Scozia), era il pipistrello che è volato via quella stessa sera!
Ed è così che Voldemort viene a sapere della profezia.
Trocar decide di schierarsi dalla parte di Voldemort, oltre che per il sangue, anche perché secondo lui è il più potente, con molti seguaci (di Instagram, ovviamente XD) e magia.
 
Lo sapete che la prima parte originariamente era di sette pagine? Poi l’ho riscritta tutta, mi sembrava troppo inutile e lunga XD.
Vi saluto!
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, (armata di santa pazienza)

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Capitolo 33
*** Colpa del cibo e dei pugni ***


Colpa del cibo e dei pugni

 
I Malandrini erano seduti a tavola, a fare colazione nella Sala Grande. Attirarono parecchi sguardi confusi, dal momento che mangiavano a piccoli morsi, talmente piccoli che a malapena c’era il bisogno di masticare.

La foglia di Mandragola era nella loro bocca da ieri notte, piegata in sette parti.
James pochi giorni prima della Luna Piena del 23 Aprile aveva testato in quanti parti si potesse piegare la foglia, e quando aveva provato a fare l’ottava parte, per poco non si era spezzata.

Peter guardava con sguardo tormentato le sue buonissime uova con accanto quel bacon ben cotto…

Voleva divorare tutto, il suo stomaco brontolava, ma doveva trattenersi. A piccoli morsi, altrimenti la foglia incastrata tra molare e guancia sarebbe caduta.

Una sofferenza. Tutto questo era una sofferenza.

Le uova e il bacon perdevano il loro gusto, se mangiate in questo modo.

Osservò James, che inzuppava un cornetto al cioccolato nel latte, lo tirava fuori e  ne mangiava una piccola parte della punta, con la guancia sinistra costantemente tirata.

Harry gemette frustrato «Alla seconda ora abbiamo la McGranitt…»

«E…?» chiese Sirius, mangiando un pezzettino di biscotto guardando il vuoto, ancora mezzo addormentato.

«E la McGranitt è un Animagus!» esclamò Harry passandosi una mano fra i capelli.
James, che a differenza di Sirius non aveva ancora la mente nel mondo dei sogni, registrò le parole più velocemente dell’altro.

Gli venne l’impulso di sbattere la testa sul tavolo,  provò a farlo, solo che si dimenticò che di fronte aveva la tazza di latte, ripiena quasi fino all’orlo. Sbattè la testa su di essa, bagnandosi la fronte di latte.

«Non li vedete un po’… depressi?» sussurrò Mary alle sue amiche, cinque posti più lontano.

«Credo solo che l’unico neurone di Potter si sia suicidato, data la frustrazione di far parte di un tale individuo» borbottò Lily distrattamente, che aveva assistito a James Potter che sbatteva la testa contro la tazza «Probabilmente gli altri stanno soffrendo per il lutto» aggiunse.

«Che dobbiamo fare?» intanto Sirius mugolò, mentre James si asciugava e massaggiava la fronte.

Peter guardò tutti con gli occhi strabuzzati, mentre mangiava a piccoli scatti il bacon, quasi fosse un castoro.

Aveva lezione con la loro Vicepreside  Animagus.

Sarebbe andato tutto bene. Perché ovviamente la McGranitt non avrebbe capito proprio niente, non avrebbe sospettato minimamente che ci fosse qualcosa sotto se non parlavano durante la lezione, non avrebbe sentito il loro tanfo mentre aprivano bocca per rispondere a una sua domanda, non avrebbe riconosciuto l’odore e non avrebbe capito che proprio sotto il suo naso stavano facendo qualcosa di illegale. Non li avrebbe portati da Silente e non avrebbe tolto quattrocento punti a Grifondoro, non avrebbe avvisato i loro genitori né avrebbe detto qualcosa al Ministero.

Perché la Professoressa Minnie non era una donna intelligente, ma era stupida e citrulla.

Peter guardò i suoi cari e stupendi migliori amici, quasi con la consapevolezza che sarebbe stata l’ultima volta che li avrebbe visti prima di venir sbattuto ad Azkaban. Non era certo che anche solo per aver provato a diventare Animagus sarebbe finito in prigione, sui libri c’era scritto che se si era Animagus non-registrato si finiva ad Azkaban. Ma non si sapeva mai.

Guardò Sirius, che con una faccia imbronciata mangiava il biscottino, i capelli perfettamente ordinati tranne per una ciocca che penzolava davanti al suo occhio destro.

Guardò Harry, il caro Harry, che lo aveva incoraggiato a iscriversi al Club di Scacchi, facendogli capire che qualcosa lo sapeva fare, ed era il più bravo («Tra poco c’erano le finali!»). Aveva i capelli più scombinati del solito, mentre masticava lentamente una brioche, gli occhi verdi che guizzavano di tanto in tanto per gettare occhiatacce agli sguardi curiosi.

Guardò James, che aveva il gomito poggiato sul tavolo e la schiena curvata in avanti,  aveva una mano fra i capelli (dopo il taglio inaspettato era corso in infermeria per farli ricrescere rapidamente) ammiccando alla Evans, le labbra che sfoggiavano un ghignetto, scoprendo leggermente i denti bianch- la foglia.

La foglia era poggiata in bilico sul labbro inferiore.

«James!» sussurrò Peter impanicato, ma il suo amico era troppo occupato a farsi ammaliare dai riflessi che il sole creava sui capelli rossi di Lily per sentirlo «James!» esclamò Peter, cercando tuttavia di mantenere un tono basso.

Camilla Brown poteva essere ovunque. Camilla Brown era una bestia che aveva orecchie dappertutto. Si chiese come facesse quella brava ragazza di Susan Bennett a esserle amica.

Perché stava pensando alla Brown?! La foglia era sul labbro inferiore di James!

Sirius notò i tentativi di Peter di chiamare l’amico, e senza preoccuparsi del perché, scosse energicamente il corvino per svegliarlo dalla sua trance.

Peter si mise le mani davanti alla bocca, mentre la foglia cadeva.

A rallentatore, come a enfatizzare la crudeltà di questo mondo.
«SIRIUS!» strillò Peter.

Il Black sobbalzò spalancando gli occhi, raddrizzando la schiena per la prima volta in dieci minuti.

«La f-foglia» riuscì a dire il biondino, indicando tremante la foglia sul tavolo.

James, Sirius e Harry osservarono la foglia piegata con un’espressione incredula, poi James la prese velocemente e la nascose, prima che qualcuno la notasse e si chiedesse perchè il grande James Potter avesse in bocca qualcosa che generalmente gli umani non mangiavano.

«Sono un idiota» sussurrò Sirius, prendendosi la testa fra le mani.

«Invece sono io l’idiota, che non me ne sono accorto» mormorò James, con uno sguardo desolato.

«Io sono un idiota! Un completo idiota! Dovevo chiamarti più forte e-e… forse ora tu non dovresti aspettare un altro mese per rimetterla in bocca!» disse invece Peter, stropicciandosi la faccia paffuta

«Smettetela, capire di chi è la colpa è inutile,  non la farà tornare magicamente in bocca come se non fosse mai caduta» intervenne Harry sospirando.

Passarono alcuni minuti in totale silenzio, prima di accorgersi che mancava poco alla lezione di Erbologia.

Si alzarono rapidamente, prendendo le borse a tracolla e uscendo dalla Sala quasi correndo.

Peter scoccò un ultimo sguardo sofferente al suo cibo nel piatto, che aveva a stento mangiato.

La sua pancia brontolò, e lui era certo che durante le lezioni sarebbe svenuto per mancanza di cibo (per uno come lui, lo giudicava possibile).

«Peter muoviti!»

Il cibo…


*


«Ti vedo piuttosto sconsolato, Sirius» se ne uscì d’un tratto Regulus, sedendosi accanto al fratello. Quest’ultimo sobbalzò, alzando gli occhi di colpo. Sembrava che fosse ritornato sul pianeta Terra, dopo aver vagato per i reami della sua mente. Fino a pochi secondi fa aveva un piccolo broncio in faccia mentre la mano si muoveva a piccoli tratti sul foglio, distrattamente. Al rischiamo del fratello, parve togliersi il broncio per lasciare posto a un sorrisetto.

Il secondogenito dei Black si appoggiò al tronco, guardando l’altro, che era seduto con la schiena poggiata e le gambe piegate verso il busto. Sopra di esse, c’era un libro chiuso con un foglio sopra, che ritraeva il Platano Picchiatore fatto a matita.

Regulus dovette ammettere che non era per niente male, anche se sembrava ancora incompleto.

«Disegni?» domandò curioso. Sirius sorrise canzonatorio.

«Ciao anche a te, fratellino» lo salutò ironico.

Regulus sbuffò divertito «Potresti togliere "ino"? Mi fa sembrare troppo piccolo.»

Ma si pentì poco dopo di averlo detto. Un errore da principianti: se dicevi a Sirius di non fare una cosa, Sirius la faceva. E faceva di peggio.

«E cosa c’è di sbagliato, fratellino piccolino?»

Appunto.

«Sirius…»
«Dopotutto tu sei il più piccolo, e io sono il più grande, è perfettamente normale che io ti chiami così! Fratellino Regulusino» cinguettò Sirius in una voce ridicola. «Ti chiamerò sempre così, fratellino piccino piccino»

Regulus inorridì, sentendo mille nuovi soprannomi partire a raffica. L’immagine di lui da sessantenne che veniva chiamato ‘Fratellino Regulusino’ da un Sirius, anche lui più vecchio, gli si formò in mente.

«Piccino piccino! Regulusino, il mio piccolo fratellino!» continuò imperterrito Sirius, sbattendo continuamente le palpebre per sembrare grazioso, ma riuscendo solo a sembrare inquietante. Si avvicinò ulteriormente, continuando a sbattere le palpebre, mentre Regulus lo guardava turbato.

«Regulusino Blackino» Pure a storpiare i cognomi, pensò Regulus esasperato «il fratellino piccino e piccolino»
Sirius, che si era avvicinato per sembrare più persuasivo, disse quelle ultime parole, facendo arricciare il naso a Regulus.

E non per il soprannome.

«Sir, da quanto non ti lavi i denti?»

Il Black si bloccò, facendo spallucce e allontanandosi con naturalezza, non facendo trapelare il minimo nervosismo.

«Da stamattina» rispose  con fare ovvio

«Sei sicuro di aver usato il dentifricio?» domandò l’altro, confuso.

«Sì» affermò Sirius, fingendosi a sua volta confuso. Alitò davanti alla sua mano, e si finse arrabbiato.

«Maledetto James! Ecco perché il dentifricio non era bianco!» inventò, simulando una smorfia di rabbia.

Regulus sorrise divertito «Non ti avvicinare troppo, non voglio rischiare l’intossicazione.»

Sirius gli gettò un’occhiataccia, riprendendo a disegnare. Sembrando di nuovo di brutto umore.

E non aveva tutti i torti, dal momento che gli unici rimasti con le foglie erano lui e Harry. Peter, quattro giorni dopo da quando a James era caduta la foglia, aveva mangiato dei muffin molto buoni, i suoi preferiti, che gli Elfi facevano una volta a settimana, il venerdì. Nei giorni prima di quello, non aveva mangiato tanto, e non era mai stato pienamente soddisfatto alla fine di un pasto («Perde gusto a mangiare in questo modo stupido!» ), ma quattro giorni erano anche troppi per Peter, e si era impegnato molto, davvero molto. Ma di fronte  a quei muffin (soffici e gustosi, con gocce di caldo cioccolato fondente, che sciogliendosi in bocca lasciava un sapore amaro ma al punto giusto.) non aveva resistito a lungo, e aveva dato senza pensarci un morso piuttosto grande. La foglia se l’era ingoiata, e dopo essersi accorto di averlo fatto, complice il gusto acido della foglia di Mandragola che aveva rovinato il meraviglioso gusto del muffin, aveva vomitato.

In Sala Grande.

Di conseguenza, avrebbero ritardato a formare tutto il gruppo di animali.

Poi c’era pure il secondo passaggio… prendere una crisalide di Sfinge Testa di Morto (dove cavolo prendevano un ingrediente tanto raro?!), e dovevano trovare un luogo incontaminato per prendere una goccia di rugiada, e si salvi chi può.

«Sirius, si può sapere che ti prende?» sussurrò Regulus, scuotendolo leggermente.

Il primogenito si voltò verso di lui, notando lo sguardo preoccupato dell’altro «Niente di che» rispose facendo un sorrisetto, mentre piegava  il suo disegno ormai completato.

Cambiò posizione, mettendosi di fronte a Regulus, prendendo a disegnare freneticamente.

«Che stai facendo?!» sbottò il fratellino osservandolo  con un sopracciglio alzato. Fece per muoversi, per vedere cosa combinava su quel foglio, quando Sirius lo bloccò con un cenno della mano.

«Non muoverti, stai fermo» disse.

Regulus spalancò gli occhi «Non voglio un ritratto!» esclamò contrariato.

Sirius parve non sentirlo, e dopo qualche quindici minuti tirò fuori dalla tasca un tubetto molto piccolo di pittura, insieme a un pennello.

«Da quando ce li hai?» chiese stupito Reg.

«Dal mio compleanno, me li ha regalati James» Rispose rapidamente Sirius.

Dopo cinque minuti, nei quali il Malandrino aveva un ghignetto divertito in faccia, parve aver finito. Tirò fuori la bacchetta e sussurrò un incantesimo per far asciugare rapidamente.

«Finito!»

Girò la pergamena, in modo da farla vedere al fratello «L’ho fatto velocemente, non è venuto granchè, ma non trovi sia stupendo?» mentre diceva queste parole, Sirius sembrava trattenersi dal ridere di fronte alla faccia offesa di Regulus.

La persona ritratta sul foglio, era molto simile al secondogenito, per i lineamenti, il taglio di capelli, l’espressione… ma il resto no.

I capelli erano colorati di verde-giallo, le guance erano di un rosso fragola, come solo le più graziose fanciulle potevano imitare, gli occhi erano viola e da quel poco che si vedeva degli abiti, sembravano molti colorati ed eccentrici.

Oltre al fatto che c’erano dei baffi neri alla messicano sopra alle labbra, che a loro volta erano colorate di rosso sangue.

«Ma... sei un idiota!» Regulus strappò il foglio dalle mani del fratello, mentre Sirius liberava la sua risata simile a un latrato.

Puntò velocemente la bacchetta ai capelli del ragazzino, facendoli diventare dell’esatto colore che era ritratto sulla pergamena.

Regulus prese una ciocca e se la mise davanti agli occhi, osservandola disgustato, prima di sguainare a sua volta la bacchetta.

«Magnasaure*»esclamò, facendo ingrandire le orecchie a Sirius, che smise immediatamente di ridere.

«Ma questo non lo insegnano al primo anno!»
«Ma nulla mi impedisce di imparare qualche fattura che non è nel programma!»

«Densaungeo!»

«Maledetto!» esclamò Regulus alzandosi subito, mentre i denti crescevano. Sirius, avendo pietà, bloccò il processo solo quando il fratello se li ritrovò grandi quanto un coniglio.

Il Black scoppiò a ridere

«Herbifors» pronunciò a fatica Regulus, e sulla testa di Sirius crebbero dei fiori blu e gialli.

«Vuoi la guerra, fratellino? È guerra sia!» esclamò Sirius combattivo, sparando incantesimi a raffica, che Regulus schivò a fatica, sorridendo in modo beffardo.

Prese a correre.

La testa di Regulus si ingrandì leggermente, colpita da un incantesimo, nello stesso momento in cui si voltava e tingeva i capelli di Sirius di verde.

Giusto per far sembrare ancor di più che avesse in testa un prato.

Dopo cinque minuti di incantesimi, correndo per il parco (e fu un miracolo che nessuno dei pochi studenti presenti chiamò la McGranitt), la testa di Regulus fu rinchiusa in una zucca, non facendogli vedere più niente e facendolo cadere a terra.

Poco dopo Sirius gli si buttò addosso, tutto ridente e gongolante.
Aveva ancora i fiori in testa, le orecchie grandi e i capelli verdi, ma ora aveva la divisa di un marrone scuro (simile al colore del terreno) e una mano più grande dell’altra.

Regulus invece, aveva la divisa sporca di pittura, i piedi grandi e una zucca in testa.

Davvero ridicoli, e entrambi risero, anche se Regulus non vedeva niente, poteva benissimo immaginare che faccia aveva il fratello.
«Hai rovinato i miei preziosi capelli, Reg» disse Sirius, e Regulus immaginò avesse il broncio.

«Hai iniziato tu, non ti lamentare» ridacchiò.

Erano giunti ormai all’entrata del castello, e Sirius decise bene di liberare la sua testa dalla zucca, ma solo dopo esser riuscito a far pregare Regulus di toglierla (un po’ crudele).

«Tergeo» disse Regulus sulla sua divisa, facendola tornare come nuova.

«Bene» Sirius si osservò la ciocca verde «Vuoi farmi tornare i capelli normali, per cortesia?»

«Se prima li fai tornare a me» rispose senza esitazione  il più piccolo.

«Neanche per sogno! Sia mai che poi tu non li fai tornare a me!»
«E se invece succedesse viceversa?»
«E perché dovrei compiere una simile burla?»
«Sei un Malandrino, Sirius.»
Sirius si concesse un ghigno «Hai ragione» ammise.

«Quindi sono più affidabile io» sentenziò Regulus incrociando le braccia al petto, mentre continuavano a camminare ad una meta non ben precisa.

Molti studenti li stavano guardando straniti, ma non ci fecero caso.

«Eh no!» esclamò Sirius sorridente, alzando un dito «Tu sei il fratellino di un Malandrino! Chissà, forse sono riuscito a influenzarti.»
Regulus alzò gli occhi al cielo, o meglio dire, al soffitto.

«Quindi è meglio se andiamo in infermeria e la facciamo finita lì» continuò facendo spallucce.

Il minore lo guardò incerto «E come spieghiamo tutto questo?»

«Per quel che è.»

«Due idioti che si sono lanciati fatture addosso per divertirsi?» Il tono di Regulus trasudava sarcasmo «Dicendo così non prendiamo neanche una punizione» continuò.

«Punizione più, punizione meno…»
«Per te, forse!»

Avevano finito di salire le scale, e camminavano per il corridoio del primo piano.

Svoltarono a sinistra, continuando a battibeccare di tanto in tanto.

«Cambiato look, Black?» sentirono dire in modo sprezzante

Si voltarono.

Sirius pensò che era proprio ingiusto, incontrare persone del genere, quando avevi dei fiori in testa e i capelli verdi e non quando eri perfettamente normale.

Anzi, meglio non incontrarle proprio.

Avery, Mulciber e Piton, un trio perfetto. Sirius ringraziò Merlino che non ci fosse anche Evan Rosier II , altrimenti né le sue orecchie né il suo cervello avrebbero sopportato ben quattro teste di Troll.

O forse si doveva correggere, in quel momento c’erano due teste di Troll e una di olio.

La testa d’olio di Mocciosus .

Si chiama Piton! Ha un nome per Circe!’ la voce di Harry giunse da qualche parte della sua testa.

Ok, Piton lo stava guardando con il suo classico ghigno schifoso degno della serpe più sinistramente felice.

Prima che potesse rispondere, dicendo che preferirebbe essere nato con i capelli così piuttosto che con tutto il corpo di Avery, Regulus intervenne con un tono calmo e indifferente:

«Grazie per aver sottolineato l’ovvio, e ora se non ti dispiace, sgombra la strada così ce ne andiamo tutti in pace.»

Era un’ impressione di Sirius o c’era una nota minacciosa appena percettibile?

Regulus, da parte sua, ci mise qualche secondo a ricordare due di loro, visti in una delle tante cene da Purosangue.

Quello con il naso grosso gli parve si chiamasse Sevirus… Pitone?

No no… Severus Piton!

«Di certo non diamo ascolto a certi traditori del loro sangue!» sputò Piton.

Il minore si trattenne dal dire che parlava proprio colui che non era di certo un purosangue, solo perché aveva la netta impressione a Sirius questa replica non sarebbe piaciuta.

«Vuoi davvero ritrovarti appeso alla Torre di Astronomia stanotte, Mo-Piton?» sibilò Sirus, intimidatorio.

Piton alzò le sopracciglia, non si sa se sorpreso dal fatto che il suo cognome fosse uscito finalmente dalla bocca del Malandrino o perché era piuttosto scettico di fronte al tentativo di Sirius di incutere timore.

Si scrutarono per un po’ tutti e due, prima che Mulciber si facesse avanti, con un sogghigno.

«Sembri tutto tranne che minaccioso con dei fiori in testa, Black.»

«Invece tu sembri tutto tranne che intelligente con la tua faccia» replicò Regulus con un tono gelido, da far congelare il fuoco.

Sirius resistette all’impulso di battere il cinque a suo fratello.

«L’apparenza inganna» rispose tranquillamente l’altro.

«Quindi stai ammettendo di avere una faccia da scemo?» Sirius alzò un sopracciglio, piuttosto divertito.

«Gli unici con la faccia da scemi siete solo tu, la tua banda ridicola e tuo fratello» lo aggredì Mulciber.

«Non potevi formarti banda migliore per te… tre mezzosangue, un traditore del suo sangue, naturalmente se contiamo anche te sono ben due traditori. E ultimamente… abbiamo l’impressione che Lupin stia nascondendo qualcosa» sussurrò Avery con voce melliflua.

Piton gli gettò un’occhiata.

In realtà era stato lui a notare questo, altrimenti gli altri, distratti (o stupidi) com’erano non se ne sarebbero mai accorti.

Poi gli sfuggì un sorrisetto malevolo, Lupin non c’era una volta al mese… e sicuramente non c’era alcun coniglio di mezzo.

Sirius si irrigidì, mentre Regulus continuava a osservare i Serpeverde freddamente, anche se la sua scintilla della curiosità era stata accesa.

Ma poteva anche essere che mentivano.

«La tua bocca è troppo abituata a sparare stronzate per rendersi conto di quel che dice» sputò Sirius, poi sorrise arrogante «Fatemi indovinare» si chinò leggermente, mentre i fiori in testa ondeggiavano, gettando un’occhiata al ragazzino dai capelli unti «Ve l’ha detto M-Piton questo? Dovreste sapere che ormai l’olio Extravergine d’Oliva gli ha detto alla testa.»

«Black, non parlare di cosa hanno in testa le persone quando tu hai dei vegetali» rispose il diretto interessato sprezzante .

«Ma lui a differenza tua può toglierli i fiori» intervenne Regulus con un ghigno che aveva reso orgoglioso Sirius.

Sguainò la bacchetta, mentre gli altri Serpeverde  facevano correre le mani alle loro.

Ma Regulus la puntò verso la testa di Sirius, e con una formula sussurrata i fiori sparirono.

«Visto?» sorrise «Ma purtroppo non conosco nessun incantesimo per aggiustare i tuoi capelli, mi dispiace» continuò, sembrando tutto tranne che dispiaciuto

«Ho sentito che tua madre ha cercato di sistemarti a suon di Cruciatus, non vedo l’ora che arrivi l’estate, così cercherà ancora di darti qualche dritta» sussurrò Avery, con degli occhi che esprimevano della malignità degna di un futuro Mangiamorte (E del figlio, di un Mangiamorte), facendo irrigidire all’istante Regulus.

Il pugno di Sirius partì in poco tempo.

Avery dopo essersi ripreso dalla sorpresa, ringhiò e lo colpì a sua volta.

Dopo un po’ si ritrovarono coinvolti persino Mulciber e Regulus (quest’ultimo, quando si era reso conto che no, Sirius non se la stava passando bene a un due contro uno, aveva deciso di aiutarlo. Giusto per non trovarsi un fratello massacrato.)

Piton se ne stette a guardarli, troppo ragionevole per pensare di aver qualche possibilità con le sue braccia esili, occasionalmente sparava incantesimi che i due Black schivarono per poco.

I quattro rotolavano sul pavimento, Regulus contro Mulciber e Sirius contro Avery, a suon di pugni e calci.

E fu così, che la McGranitt li trovò, facendo beccare una punizione a tutti.

E fu anche così, che nella bocca di Sirius una foglia di Mandragola, ormai non c’era più.


                                                              
*


Maggio passò velocemente, tra giornate soleggiate, ripassi continui in biblioteca e sempre più compiti.

E i Malandrini, prima che potessero rendersene conto, già stavano caricando i bauli nel loro scompartimento personale, per gioia e tristezza di tutti (Sirius solo tristezza, fosse per lui a Hogwarts ci sarebbe rimasto anche d’estate).

Avevano ormai deciso da tempo le materie del terzo anno, che avrebbe frequentato tutti insieme: Cura delle Creature Magiche, Babbanologia e Antiche Rune (Harry e Remus avevano insistito molto su quest’ultima, e gli altri alla fine avevano accettato).

Si sedettero con un sospiro, mentre il treno partiva.

Nessuno di loro aveva una foglia in bocca, e nessuno di loro doveva anche solo iniziare a creare la pozione.

L’unico che ci era riuscito a tenere la foglia di Mandragola per un intero mese era Harry. Purtroppo, comunque, la notte del 21 Maggio era stata nuvolosa (‘Solo a me può capitare una sfiga del genere! Notte nuvolosa! A MAGGIO!’).

Ma neanche quella stessa Luna Piena avevano messo in bocca la foglia, che poi avrebbero dovuto togliere il 25 Giugno (se riuscivano a tenerla).

Il fatto era che, avere la Luna Piena durante l’estate non era una scelta tanto vantaggiosa. Sirius sosteneva, che per quanto sua madre fosse orribile e di mentalità chiusa (aveva usato termini un po’ più volgari, ma meglio non dirli. Peter ne è restato scandalizzato.), un po’ d’intelligenza ce l’aveva, e avrebbe sicuramente notato qualcosa. La mamma di Peter era apprensiva, e si sarebbe presa una gran paura sentendo sempre l’alito del figlio puzzare, portandolo probabilmente a fare una visita dopo due settimane. I genitori di James erano perfettamente intelligenti e intuitivi, soprattutto Euphemia, che gli sarebbe stata con il fiato sul collo aspettando di incastrarlo.

Harry aveva detto che con i suoi genitori non c’erano problemi, prima che gli altri realizzassero sconsolati che né la crisalide né le gocce di rugiada erano disponibili per Giugno.

La crisalide di Sfinge Testa di Morto era un ingrediente molto raro per le pozioni, e James avrebbe potuto comprarla a Diagon Alley di nascosto, dicendo che a suo padre, che comprava spesso ingredienti particolari essendo un famoso pozionista, serviva, in modo da non destare sospetti. E poi avrebbe potuto mandarle.

Ma la rugiada non si poteva prendere da nessuna parte, e di certo in un mese non l’avrebbero trovata, rendendo inutili i loro sforzi.

Questo naturalmente non faceva che frustrarli, gettando continue occhiate dispiaciute a Remus, che per risposta sorrideva calmo.

«Siamo sicuri che non possiamo?»

«Peter, ormai è troppo tardi per ripensarci, non abbiamo preso alcuna foglia.»

Harry intanto sembrava pensieroso «La rugiada raccolta in un luogo che non sia stato contaminato nè dalla luce del sole, nè dalla presenza di un essere umano per sette giorni interi…» borbottava in continuazione.

Si illuminò «La Foresta Proibita!» esclamò.

«Cosa?» domandò James confuso.

«La Foresta Proibita! Nella Foresta Proibita non entra mai nessuno!»

«Tranne il guardiacaccia» obbiettò Remus.

«Hagrid è un mezzogigante» rispose velocemente Harry.

Peter squittì, mentre altri non fecero una piega.

«Harry, la Foresta Proibita l’abbiamo già pensata, e abbiamo detto che è piena di animali, come facciamo a trovare un luogo che non sia stato contaminato?» ragionò Sirius.

Harry si voltò verso di lui, sembrava molto euforico «Ma dice "dalla presenza di un essere umano"! Solo l’essere umano! Per quel che importa al libro, può passarci pure un rinoceronte!»
«M-ma la Foresta Proibita… è Proibita p-per un motivo ben preciso» balbettò Peter, sembrava po’ pallido, mentre si sistemava nervosamente sul sedile del treno.

«E poi per trovare neanche un minimo di luce, credo dobbiamo andare molto affondo» disse Remus preoccupato.

Harry sventolò la mano «Sciocchezze! Dopo un po’ a malapena si riescono a distinguere i contorni degli alberi!»

«Perché, ci sei stato?» domandò James alzando un sopracciglio. Remus sospettava che sì, nella sua altra vita Harry ci era entrato, da buon figlio di James (ormai era riuscito ad accettarlo).

Harry si bloccò un attimo, prima di sbuffare «Me lo immagino, gli alberi sembrano molto fitti.»

Sirius battè le mani d’un tratto, facendo venir voglia a James di buttarlo fuori dallo scompartimento, dato che a causa sua aveva perso dieci anni di vita.

«Bene! Aspettaci Foresta Proibita!»

«Sono sicuro che non può muoversi, Sirius.»

«Era per dire, lupastro!»

«Shh, non chiamarmi così!»













*sono sicura che esiste un incantesimo per ingrandire le orecchie, ma non l’ho trovato, e così ho inventato la formula.

Angolo Autrice

Buon salve! Prima di tutto, mi scuso per il piccolo ritardo. Credo che pubblicare in modo puntuale da ora in poi sarà piuttosto difficile, colpa della scuola, che aiutatemi! Inizia domani!

Nella prima scena si è in Sala Grande, Minerva McGranitt sarà un pericolo per i Malandrini, e mentre Peter è pronto organizzarsi il funerale, o a scappare in Messico per sfuggire ad Azkaban, nota la foglia sul labbro inferiore, che James, incantato dai riflessi che il sole crea sui capelli di Lily non nota minimamente. Peter tenta di salvare la sorte della foglia, cercando di chiamarlo senza farsi sentire dagli altri, James è come diventato sordo e la foglia cade perché Sirius, poverino, voleva solo aiutare Minus, scuotendo energicamente il compagno. Che poi alla fine, Peter vomita la foglia insieme ai suoi muffin preferiti.

Nella seconda scena, i fratelli Black! Mi era mancato scrivere di loro, e spero che la scena non vi abbia annoiato, perché è un po’ lunghetta ٩(^‿^)۶. Non so se lo avevate già capito da alcuni capitoli precedenti, ma a questo Sirius piace disegnare, ha una talento naturale. Alcune volte disegna così per svagarsi, e fa un po’ di pratica. Sirius non è tanto di buonumore, ma non può farsi vedere così da Regulus altrimenti si sollevano domando.

Gli fa un ritratto ridicolo XD, e da qui iniziano a colpirsi giocosamente con delle fatture.
Con i capelli colorati, denti grandi (nel caso di Regulus), fiori in testa, orecchie grandi e divisa marrone (nel caso di Sirius), e arti più grandi del normale, si scontrano con i Serpeverde. Finiscono a fare una rissa alla babbana (gran disonore per dei perfetti Purosangue!), e durante la colluttazione, è inevitabile che la foglia cada.

Apprezzatelo, è già molto per Sirius aver evitato di iniziare una rissa quando hanno insultato gli amici per il sangue e per aver insinuato che Remus nascondesse qualcosa.

Semplicemente, quando hanno augurato delle torture a suo fratello, non ha resistito più.
Per terza scena serve più che altro per chiarire un paio di cose, ovvero le materie che hanno scelto e la trasformazione Animagi.

Harry ha insistito su Antiche Rune perché potrebbero essere piuttosto importanti, ed è meglio studiarle, soprattutto quando ci si ritrova in una situazione come la sua, in viaggio nel tempo.
Per quanto riguarda la questione Animagi, ho deciso che di estate non conveniva. Se stai a scuola, un professore non si soffermerà troppo su di te, poiché ci sono altre miriadi di studenti che potrebbero distrarlo, invece un genitore si sofferma eccome, soprattutto se si è figli unici.

E anche riguardo la questione degli ingredienti. Nella Foresta Proibita non possono andarci a giugno XD. Come avrete capito, questi capitoli saranno piuttosto tranquilli, non accadranno avvenimenti degni di nota (interpretate come volente questi capitoli tranquilli).

Detto questo, vi saluto!



P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 34
*** I Veri Mostri ***


I Veri Mostri

 


Carissimo clone (ho deciso che nelle lettere ti chiamerò sempre così. Perché? Perché è semplicemente figo)

Missione compiuta! Proprio ieri, precisamente il 19 Agosto alle 11:37.

Visto come sono preciso? Secondo te questo potrebbe piacere alla Evans? Lei è sempre puntuale, neanche fosse una svizzera!

Piccola parentesi: devi aiutarmi Harry, davvero, credo che la Evans mi si sia infilata in mente con qualche incantesimo oscuro… la penso sempre, per l’amor degli occhi verdi brillanti! Davvero, in un modo o nell’altro collego tutto a lei! Io… credo che ormai mi sto ossessionando! Peggio di quanto è ossessionato Mocciosus  Piton!

E lo so che se continuo a chiacchierare di lei poi a voi sale l’istinto omicida, ma da bravi amici, sopportatemi (Sirius probabilmente, se mi sentisse dire una cosa del genere, direbbe che già mi sopporta ogni giorno, e se ci metto anche Lily  Evans, potrebbe o suicidarsi, o uccidermi. Beh, alla fine comunque ci scappa il morto.)

TORNANDO AL PUNTO, mia madre mi aveva mandato a comprare un paio di cose mentre leggeva un libro di ricette di Mamma Pollobella (NAVURALMENTE). All’inizio mi ero anche chiesto se per caso poi le crisalidi si sarebbero trasformate in delle Sfingi Testa di Morto, ma poi ho pensato che sicuramente c’era posto un incantesimo per non farle trasformare. È così, vero Harry? Vero?

Ho visto illustrazioni e foto di Sfingi Testa di Morto, e non vorrei trovarmele in camera. Sono grandi e fanno leggermente impressione. Non le voglio vedere.

Oltre questo, tu devi ancora venire a casa mia! Ah… questa cosa deve diventare tradizione, ogni estate, i Malandrini a casa mia per almeno una settimana! Sai no, qui è noioso se si è da soli (Beh, escludendo mamma e papà, ma non è che si possono fare stronzate giovanili con loro). Comunque ti rinvito un’altra volta.

Mamma sarebbe felice di vedervi tutti quanti, papà anche, ma principalmente te. Credo voglia sfidarti di nuovo, perché non ne ha abbastanza di figuracce. Mamma dice che ho preso questo da lui, bah. IO di certo non faccio così!

Comunque, credo dovresti darmi il tuo indirizzo, perché dove Merlino vivi Harry?! Non l’hai mai detto!E ci conosciamo da due anni… tutto piuttosto stupido. Non puoi venire via camino come l’anno scorso, è tutto disattivato per sicurezza. Sembra ridicolo lo so, ma i miei genitori e alcuni funzionari del Ministero hanno trovato delle tracce di tentata manomissione nelle protezioni che proteggono questa casa. Per fortuna in qualche modo, quel che si pensa siano Mangiamorte, si sono interrotti per qualche motivo.



Harry interruppe la lettura con gli occhi spalancati , stringendo forte la lettera.

Se fosse andata diversamente…

Se ci fossero riusciti, or-

Il corvino scosse la testa. Non doveva pensarci.



Ce la siamo scampata per poco, Harry. Mamma e papà non sembravano troppo sorpresi, impauriti e arrabbiati certo, ma non sorpresi. Sai benissimo che la mia famiglia disprezza tutte quelle stupide e idiote tradizioni delle altre famiglie Purosangue, Tu-sai-chi non avrebbe di certo cercato di risparmiarci. Ho capito nello stesso momento in cui abbiamo fatto la cena, che i miei genitori mi volevano tenere tutto nascosto. Peccato non abbiano insonorizzato il salotto mentre i funzionari parlavano e parlavano…

Vabbè, meglio non parlarne, ti sto rovinando la giornata.

La smaterializzazione non è neanche possibile, solo una persona con il sangue Potter nelle vene può passare attraverso le protezioni, ora rinforzate (però qualcuno di stretto, non è che possono passarci i cugini di settimo grado che sicuramente ho ma non conosco!). Oppure quella persona deve essere accompagnata da un membro della famiglia Potter.

Quindi, verremo a prendere te, Peter, Remus (che hanno accettato) e Sirius (Sperando. Mia madre ha da poco scoperto che i genitori di Sirius oltre a essere dei convinti Purosangue, sostengono quel pazzo megalomane. E… niente, credo sia pronta a scatenare una guerra per portarselo qui). Che ne dici di dopodomani alle 16.30? Ti veniamo a prendere io e mio padre in qualunque posto tu abiti. E sentiti onorato, dato che sei il primo! Anche se poi dovrai accompagnarci a prendere tutti gli altri!


A presto!

James



Harry rilesse la lettera, notando qualcosa che non andava. Conoscendolo, probabilmente James stava cercando di sembrare il più spensierato possibile, nonostante avesse appena saputo che la sua casa aveva rischiato di venir attaccata.

Questo era un attacco piuttosto grande, se si consideravano gli scorsi tre mesi, nei quali sembrava che i Mangiamorte si fossero dati una calmata. Nella Gazzetta del Profeta non ci era stato per quei tre mesi un solo attacco in prima pagina, né nelle altre. Era stato tutto calmo, tanto da far illudere la gente che Voldemort si fosse arreso.

Questo non faceva altro che confermare il fatto che la maggior parte del Mondo Magico non voleva capire con chi avevano a che fare.

Per fortuna, l’attuale ministro non era una specie di “Caramell 2”, e sembrava aver preso seriamente questa situazione.

Guardò distratto la lettera, prima di cogliere due frasi che fino a quel momento aveva trascurato.

Comunque, credo dovresti darmi il tuo indirizzo, perché dove Merlino vivi Harry?! Non l’hai mai detto! E ci conosciamo da due anni…



Ti veniamo a prendere io e mio padre in qualunque posto tu abiti…



Merda.

Forse… forse doveva rifiutare…?

No no, inutile… a questo problema non sarebbe scampato per sempre.

Doveva dire che si trovava a Diagon Alley.

Perché? Perché non aveva una maledetta casa. (ormai il “signor Granger” era diventato un cliente abituale del Paiolo Magico, e Tom lo trattava quasi come un amico).

Questo non poteva decisamente dirlo.

Che gran casino.


*


Jam

Tua madre è venuta qui e lei e Walburga hanno discusso. E scusa, James, alla fine…

VENGO!
Capisci James? CAPISCI?!
La signora Potter è ufficialmente la mia idola! Non ci è stato alcun duello in cui la vecchia arpia ne sarebbe uscita sconfitta, e neanche tante urla. Se si sentivano, erano quelle di Walburga.


Quando tua madre è entrata… era strana. Insomma, non l’avevo mai vista così impassibile e determinata. Credo che abbia detto qualcosa che ha convinto Walburga, probabilmente che così non avrà me intorno o robe del genere.

All’inizio pensavo fosse così, che tua madre avesse parlato con quell’idiota  mia madre quell’idiota MIA MADRE.

Scusa, Regulus mi ha rapito la pergamena per due volte.

Dicevo, all’inizio pensavo che tua madre avesse parlato con quella lì (sperando che a Reg basti questo gentile termine da me concesso. Che poi non capisco perché si intrometta, tanto tra tre giorni va da Daniel, per Merlino!), ma poi abbiamo sentito I MIEI GENITORI.

Tra poco organizzerò il funerale di Regulus, che morirà per mano mia. Mi presenterò lì e piangerò per non destare sospetti. Tu vuoi venire, James?

Comunque, sì, io e il mio fratellino li abbiamo sentiti discutere. E se abbiamo capito bene, è stata quella persona che di solito si fa chiamare "Padre" ad accettare! Lui è rigido come quella persona che di solito si fa chiamare "Madre", ma forse, essendo leggermente più intelligente ( non ci posso credere che sto facendo un complimento a codesta persona) avrà capito che oramai sono un caso perso.

O forse semplicemente vuole liberarsi di me..

Tua madre voleva portarmi con sé, ma per qualche motivo, quella lì ha detto di no, e di aspettare come è concordato.

La odio.

Con saluti mandarini (maland-rini, manda-rini… l’hai capita? Si somigliano, eh?)




 
James alzò un sopracciglio,  non credendo alla stupidità del suo migliore amico e allo squallore delle sue battute.



 
Da Sirius-Affascinante- Black

E anche un po’ da Regulus Black, che a differenza di Sirius, si firma decentemente.



James sorrise felice e divertito.

«James! Hai preso la scopa?!» si sentì domandare urlando, da suo padre.

Il ragazzo si ricordò che era salito sopra proprio per questa, e la andò a prendere rapidamente.

«Arrivo!» esclamò, scendendo le scale, quasi correndo.

 
«Stavo leggendo le lettere di Harry e Sirius, che mi ha portato Dogy» Si giustificò quando fu accanto al signor Potter, mentre si dirigevano verso il campo da Quiddich, per la partita settimanale, ogni martedì.

«Ti ha descritto l’incontro nel dettaglio?» domandò Fleamont curioso e allo stesso tempo divertito.

«Niente di epico, papà...» il figlio si finse deluso «Nessun duello e niente urla.»
Il signore aggrottò le sopracciglia, anche se sollevato che la moglie non era stata nella posizione di ricevere qualche maledizione letale. «Oh, e come ha fatto a convincerli?»

«Banalmente parlando, solo parlando» Sospirò il corvino, passandosi distrattamente una mano fra i capelli.

Il signor Potter ridacchiò.

«Tua madre non ha detto niente se non che era riuscita a convincere i signori Black» disse «Harry invece? Che ti ha detto?»

«È a Diagon Alley, al Paiolo Magico. Dice che per questioni di lavoro i suoi genitori non ci sono e non potevano portarselo» spiegò James, con un briciolo di confusione nello sguardo.

«Lasciano il figlio da solo con i Mangiamorte e Voldemort in giro?» chiese infatti il padre.

«Io… non lo so… saranno degli stupidi» James strinse le labbra «Ed è strano che non l’abbiano lasciato da una zia o altri parenti. Anche se, di cose strane che riguardano Harry ce ne sono un bel po’»

Seguì il silenzio «Allora… Diagon Alley? Non c’è problema, dovevo comunque andarci il giorno dopo per comprare degli ingredienti per i miei esperimenti. Ne approfitterò per comprarli. Magari ci possiamo incontrare un po’ prima della 16.30.»

James annuì «Progressi con la pozione?»

«Umm, non tanti.»

Fleamont andò a prendere una pluffa, poi inforcò la scopa.

«Iniziamo, figliolo?»

«Lo sai che ti straccerò?»
Il signor Potter scosse la testa sorridendo «Non essere mai troppo arrogante, James, ricordalo…»



«Altro che arrogante! Io dico solo la realtà dei fatti!» esclamò dopo due ore James, soddisfatto e sorridente, buttandosi sul prato. Sorridente o no, era piuttosto stanco.

Fleamont si stese accanto a lui, chiudendo gli occhi. «Ah… ormai sto diventando vecchio…» poi gettò un’occhiata al figlio «E non ti pavoneggiare troppo, se non fosse per me, non saresti così bravo. Sono stato il tuo maestro» sostenne.

James ridacchiò «Bene! Allora è come si dice tra i Babbani, "Quando l’allievo supera il maestro"»

«Erano solo due punti, James, solo due!» rispose il signor Potter, quasi indispettito.

«Ma comunque ho vinto.»

«Sì, hai vinto» ammise dolorosamente il signor Potter, mettendosi le mani dietro la testa. Come si sentiva vecchio… si ricordava ancora le sue partite a Quidditch, contro le altre Case di Hogwarts. Era giovane una volta, aveva tante energie.

«Mi dispiace, papà, ma credo che tu non sia più il "miglior giocatore di Quidditch che Hogwarts abbia mai avuto"» gongolò James, mentre Fleamont ghignava.

«Oh beh, almeno sono ancora il miglior papà del mondo.»

James aggrottò le sopracciglia.

Fleamont continuava a ghignare «Me l’hai detto tu» disse voltandosi verso il figlio, soddisfatto di vederlo imbarazzato e confuso «A quattro anni»

Come poteva scordarsi quel giorno? Certo era una frasetta, ma se l’era sentita dire e ne era rimasto molto felice. Tempo fa, aveva temuto di non essere un buon padre, e quando James si lasciò scappare quella frase, tra la veglia e il sonno, non aveva potuto che ricordarla per sempre. Anche perché, certe cose James non le diceva spesso.



17 Novembre 1964 , 21:50



«Io credo che starò lì almeno per una notte, Fleamont! Leanna ha bisogno di me!» disse Euphemia agitata «I-insomma, sai che è la mia migliore amica, e io non voglio negarle il mio supporto per il parto. Io, Christian e sua madre stiamo facendo a turno, mi hanno dato solo due notti, solo perché ho insistito. Non voglio mancare.»

Fleamont sospirò «Non c’è problema, tesoro. Sono sicuro che per la notte James non avrà bisogno di te. Se vuoi puoi restare anche di giorno, Becky può aiutarci e riuscire a fare tutto da sola.»

«Lasciare te e James da soli per tutto quel tempo?» domandò Euphemia alzando un sopracciglio «Neanche per sogno! Questa casa è vecchia di secoli, e non voglio che venga distrutta!»

«Non esagerare, Mia» si lamentò Fleamont.

La donna si concesse un sorrisetto, mentre si avvicinava al marito e lo baciava dolcemente.

«Allora io vado, metti tra poco la peste a letto» sussurrò allontanandosi, prendendo la borsa.

Poi andò da James, raccomandandogli di fare il bravo, anche sapendo che era inutile dirlo (tanto il bravo non lo faceva lo stesso). Uscì dalla porta, camminando per il viale e uscendo dai cancelli, e dopo aver fatto  un po’ di metri, si smaterializzò.

Fleamont, alle 22.30, riuscì, non senza sforzi, a mettere a letto James. Gli diede Manie, il leoncino di peluche con cui James dormiva, e gli rimboccò le coperte.

Poi spense la luce, uscendo dalla cameretta.

 oo.15



«Papà…» qualcuno cercava di svegliarlo «Papà, svegliati.»

Il signor Potter sentiva una piccola manina scuoterlo in modo incerto.

Una manina…

Fleamont aprì lentamente gli occhi, trovandosi la figura sfuocata di James davanti.

«James, cosa c’è?» chiese assonnato, stropicciandosi gli occhi e inforcandosi rapidamente gli occhiali. Sentì la pioggia battente fuori.

Un tuono lo fece saltare per la sorpresa.

Osservò il suo piccolino, che stringeva forte  Manie, mentre lo guardava con occhi incerti e paurosi.

Alzò di più il busto.

«Non riesci a dormire, James?» si chinò verso il bambino, con un tono gentile.
James si dondolava sui piedi «Io ho dormito» chiarì «Però mi sono svegliato per il temporale»

Poi alzò gli occhi esitanti «Credo ci sia un mostro sotto al letto, papà.»

Fleamont aggrottò le sopracciglia «Un mostro? E perché?»

«Sento… sento dei rumori. Da sotto il letto. E insomma… deve esserci qualcuno, n-no?»

Fleamont guardò un attimo il suo ometto, trattenendo un sorriso per quella ingenuità. Alla fine era arrivato, il fantomatico “Mostro Sotto al Letto”. I mostri avevano fatto breccia nella fantasia di suo figlio, facendogli scambiare rumori normali per altri.

Un altro tuono.

Questo tempo non aiutava di certo a immaginare belle cose, pensò il signor Potter
ironico.

Ritornò a guardare suo figlio, che si dondolava sui piedini in modo incerto e impaurito.

Cosa doveva fare? Assecondarlo, smentirlo?

Fleamont si schiarì la gola «Sei sicuro, Jamie?»

James annuì .

«E allora perché non andiamo a sconfiggerlo?» domandò Fleamont. «Così vediamo anche se c’è veramente» continuò, sorridendo deciso.

Il bambino spalancò gli occhi «C-cosa?! Papà, ma è un mostro! E se poi ci mangia?»

Fleamont scese dal letto, prendendo in braccio suo figlio.

«Riusciremo a sconfiggerlo, James. Siamo forti insieme, papà te lo dice sempre» Disse sorridendo dolcemente, mentre si avviava verso la porta. «E poi, sono sicuro che sei più spaventoso di lui! Con tutto quello che fai! Se il mostro ti vede, sono sicuro si metterebbe paura di te!» continuò divertito. James ridacchiò leggermente.

«E pensa a quanto deve essere disperato questo mostro per nascondersi sotto a un letto! Lo cacceremo via, James. Qualsiasi mostro non potrà più entrare.»

James sorrise leggermente, prima di farsi teso quando il padre aprì la porta della cameretta.

Il tuono accompagnò la scena, facendo pensare a Fleamont che tutto questo era molto ironico e eccessivamente drammatico.

Il signor Potter fece per accendere la luce della camera, quando il bambino lo fermò.

«Non accenderla» sussurrò talmente piano che Fleamont fece fatica a sentirlo «Altrimenti il mostro scompare.»

«Scompare?»

«Certo che sì. È una cosa ovvia, papà, altrimenti come fa a non esserci di giorno? Si rende invisibile quando c’è la luce» sibilò convinto l’ometto.

«Oh… certo» sussurrò di risposta Fleamont incerto «E… si può accendere una lucina?»
James annuì «La lucina sì.»


«Bene, però prima controlliamo che non ci sia nessuno sotto al letto» disse Fleamont, sorridendo in modo rassicurante al figlio. Poi lo poggiò a terra, e James sobbalzò per un altro tuono, stringendo la mano del padre.
Fleamont accese la bacchetta «Andiamo?»
James deglutì, guardando la camera, con gli occhi abituati al buio e non ancora miopi. Vide lo stemma di Grifondoro appeso alla parete.

Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore…

Lui era coraggioso! Il mostro era cattivo, e se lui e papà lo sconfiggevano, poi non sarebbe andato nelle altre camerette dei bambini! Il mostro non doveva stare nella sua cameretta, non lo aveva invitato! Il mostro… doveva andarsene.

E poi papà era forte, e sapeva un sacco di incantesimi.

«Ok» si limitò a dire, con voce un po’ più decisa. Fleamont gli sorrise e si avviarono cautamente verso il letto.

Poi il signor Potter si chinò senza esitazione, puntando la bacchetta sotto il letto, facendo lievemente luce.

James era vicino a lui, immobile e con nessuna intenzione di chinarsi. Guardò la testa del padre ansioso e rigido, quasi ad aspettarsi una bocca piena di denti aguzzi che la mordesse.

«Vieni qui, James» sussurrò il padre «Vieni a vedere» Il bambino deglutì, e si accovacciò a terra, per poi spalancare gli occhi.

«Ma… non c’è niente» mormorò stupito, Fleamont si voltò verso di lui, facendo l’ennesimo sorriso dolce.

«Hai visto? Non c’è nessun mostro. Te lo sei solo immaginato» disse, alzandosi, seguito dal bambino.

«Ma io… ho sentito dei rumori…»

Fleamont accese la candela sul comodino di James, sedendosi sul letto di suo figlio. Poi avvicinò il piccolo.
«Anche io, quando ero piccolo, pensavo ci fosse un mostro sotto al letto» confessò con tono morbido. «Andavo da mia mamma e gli dicevo che sentivo dei rumori. Alla fine sai cosa erano? Era il rumore delle molle del letto, che lo facevano perché mi voltavo in continuazione. Io sentivo un secondo respiro pesante, ma non era altro che il mio, e che io facevo così senza neanche accorgermene» spiegò sorridendo.

James lo osservava con occhi spalancati.

«I mostri non ci sono, Jamie. È solo una tua piccola paura» continuò «E sono sicuro che se casomai ci fossero, tu riusciresti a sconfiggerli.»

Il bambino stava arrossendo «Sono stupido» borbottò.

Fleamont scosse la testa «Non sei affatto stupido, tutti i bambini hanno paura di questo mostro! Anche il tuo papà ne ha avuta!»

«Non ci sono i mostri, quindi?»
«No, non ci sono. Puoi dormire tranquillo, che sei al sicuro» lo rassicurò il padre. Ah, avrebbe voluto dirgli che i mostri erano ben altri, che non erano viscidi né avevano denti affilati. Che i veri mostri non erano altro che delle persone, che talvolta ti guardavano negli occhi e ti sorridevano anche.


James annuì e si infilò sotto le coperte, velocemente, mentre la pioggia continuava battere furiosa sulla finestra.

Fleamont fece per alzarsi.

«Papà» lo chiamò immediatamente James, Fleamont si bloccò, mentre il bambino stringeva Manie.
«Mi racconti una fiaba?» chiese esitante, gettando un’ occhiata alla finestra.

«Va bene, Jamie, ma poi dormi» acconsentì, facendo sorridere in modo euforico James. «Quale?» chiese, prendendo rapidamente la sedia della scrivania.

«La Fonte della Buona Sorte» rispose James immediatamente.

Fleamont annuì, sforzandosi di ricordare nonostante la stanchezza che iniziava a farsi sentire.

E allora cominciò a raccontare sotto gli occhi attenti di James, sbagliando un paio di volte le parole («E Amata si impigliò nella spada di un moschettiere- » «Ma no, papà! Era l’armatura di un cavaliere!» «Oh… giusto giusto.»)

«Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l’acqua della Fonte non possedeva alcun incantesimo» Concluse Fleamont, soddisfatto della sua  ottima memoria, anche se con un po’ di pecche.

James aveva gli occhi semichiusi cercando di combattere il sonno. Il papà sorrise, rimboccando le coperte al figlio e accarezzandogli i capelli.

James chiuse gli occhi, e Fleamont si alzò silenziosamente.

«Papà?» si voltò al mormorio del figlio, che aveva aperto leggermente gli occhi per guardarlo.

«Sì?»
«Sei il papà migliore del mondo» biascicò con un sorrisino, prima di addormentarsi d’un colpo.


Fleamont sorrise, quasi commosso, uscendo dalla stanza.

E durante una tempesta a mezzanotte passata, si ritrovò a canticchiare allegramente per il corridoio, con un sorriso ebete stampato in faccia.



James osservò il padre imbarazzato, quando questi finì di raccontargli brevemente la storiella.

Aveva quattro anni quel giorno, e non si ricordava niente di quei tempi naturalmente.

«Sono sicuro di aver conservato il titolo» commentò Fleamont sorridendo «Vero, James?»
James distolse lo sguardo, mentre il collo diventava rosso

James borbottò qualcosa, arrossendo ancor di più.

«Cosa?»
«Non ho alcuna intenzione di ripetere!» esclamò James indispettito.

Fleamont ghignò, alzandosi da terra «Chi tace acconsente.»

«E poi dici a me non di essere arrogante!»



 
*


Diagon Alley era allegra e piena di gente, nonostante i tempi bui che sembravano avvicinarsi sempre di più. Le persone si fermavano a parlare con vari conoscenti, scambiandosi saluti e qualche chiacchiera, bambini osservavano interessati alcune vetrine piene di giocattoli, occasionalmente chiedendo ai genitori di compragliene qualcuno. Alcuni studenti di Hogwarts compravano il loro materiale in ritardo, altri ridevano con degli amici con cui avevano fissato l’incontro.

Insomma, se qualcuno entrava per la prima volta a Diagon Alley, la prima cosa che avrebbe pensato, è che era magica. E non solo perché pullulava di maghi e streghe.

Harry si ricordava la prima volta che ci era andato, e tutt’ora la giudicava fantastica. Questo pensava, mentre leccava un gelato al cioccolato e panna di Florian Fortebraccio. Era molto più giovane naturalmente, e all’inizio la cosa gli era sembrata strana.

Aspettava Fleamont e James, che sarebbero dovuti arrivare verso le 16.00, poiché avevano anticipato un po’  l’orario.

Lì vicino dovevano incontrarsi, e quindi perché non approfittarne per mangiare un gelato che era appunto gelato in una calda giornata di Agosto?

«Ehi amico!» sentì chiamare da una voce famigliare, Harry si voltò e sorrise.

Abbracciò James e il signor Potter gli scompigliò i capelli.

«Cioccolato e panna, mmh?» domandò James, osservando il gelato «Fai venir voglia di mangiarlo pure a me!» esclamò poi, prendendo un galeone dalla tasca e correndo dentro il negozio.

Tornò in men che non si dica con un gelato al gusto di nocciola e stracciatella, soddisfatto mentre lo assaggiava.

«Andiamo? Devo comprare solo un paio di ingredienti, poi potremmo andare a prendere Remus» propose Fleamont sorridendo allegro, prima di prendere a camminare, seguito dagli altri due.



Harry dovette trascinare a forza James dalla vetrina di Accessori di Quidditch di qualità, dopo aver deciso che stava osservando da troppo tempo la maglia dei Puddlemere United ufficiale. Avevano anche fatto un salto da Scherzi da Mago facendo scorta per il nuovo anno. Finalmente Fleamont li trascinò alla farmacia, dove appena entrati, si sentiva un odore orribile, una specie di miscela di uova marce e cavolo stracotto. Il signor Potter sembrava piuttosto abituato, ma i due  tredicenni non erano dello stesso avviso.

La strega dietro al bancone stava per chiedere se le crisalidi erano andate bene, prima che qualcosa esplodesse sulla scrivania, distraendola.

James aveva tirato un sospiro di sollievo, credendo al caso, mentre Harry aveva rimesso rapidamente la bacchetta in tasca, con circospezione.

Quando uscirono, James alzò lo sguardo al cielo, che ormai era piuttosto nuvoloso.

Non sembrava però intenzionato a piovere, fortunatamente.

Fleamont aveva comprato degli occhi di ragno, dell’essenza di Bella Donna e altri ingredienti che a James facevano sinceramente schifo.

«Ma come fai a prendere in mano questa roba? Non è come toccare il corpo di una lumaca?» chiese storcendo la bocca. Aveva in mano una boccetta con dentro delle alghe marine viscide.

«Prima o poi  ci fai l’abitudine, figliolo. È una delle sfortune di essere un Pozionista» rispose allegramente il signor Potter «Inoltre, queste alghe hanno proprietà curative piuttosto buone.»

«E pensare che un giorno me le troverò a usare in classe…» James lasciò la frase in sospeso, dando un’ultima occhiata disgustata all’ingrediente prima di riposarlo nella busta.

«Guarda il lato positivo, Jamie, le farai esplodere insieme alla tua pozione» si intromise Harry con sorriso beffardo.

«Esatto! Tanto si sa che farò esplodere qualche calderone!»

Fleamont scosse la testa «Hai preso proprio da tua madre, James» disse, quasi con sguardo nostalgico ed innamorato «Lei era buffa, con i capelli rossicci che diventavano crespi e la faccia stravolta quando la pozione esplodeva. Durante una delle ripetizioni che il professor Lumacorno mi chiese di darle, ci siamo baciati. Poi lei mi ha evitato per una settimana» Raccontò divertito e perso nei ricordi, voltandosi verso il figlio, che lo guardava con sguardo annoiato.

«Scusalo, a volte si fa prendere da questi monologhi da sdolcinato» sussurrò all’orecchio dell’amico.

Quest’ultimo ridacchiò «Tu non hai proprio voce in capitolo, fai lo stesso quando si parla di Lily.»

«Non dire stronzate!» negò James indignato

«Oh-oh, e chi è questa Lily?» si intromise Fleamont curioso e malizioso.

Harry aprì bocca per rispondere e per continuare a prendere in giro James, quando si sentì un forte boato.

La gente prese a urlare e scappare, mentre delle figure in nero si smaterializzavano.

Un edificio poco distante da loro esplose e presero a correre, mentre a James cadeva rapidamente la busta.

«Datemi le mani!» urlò Fleamont, cercando di farsi sentire in mezzo a quel chiasso.

Nella mente del signor Potter si formò rapidamente l’immagine dei cancelli di casa, concentrandosi per portarli lì.

Ma sembrava ci fosse qualcosa a bloccarlo…

Perché non ci riusciva? Perché cazzo non ci riusciva?

Spalancò gli occhi, le protezioni…

I bastardi avevano messo le protezioni! Probabilmente avevano messo un potente incantesimo Anti-Smaterializzazione per non far scappare nessuno e far più vittime possibili.

Fleamont strinse la mascella fino a farsi male

«C’è qualcosa che mi impedisce di smaterializzarmi!»  spiegò, agli sguardi confusi di James e Harry. Si guardava freneticamente intorno.

I maghi e le streghe più coraggiosi avevano preso a duellare con i Mangiamorte, e degli incantesimi volavano da una parte all’altra.

I tre si abbassarono, evitandone alcuni.

Fleamont vide una luce blu dirigersi rapida verso di loro, ed evocò rapidamente uno scudo.

Un uomo con la maschera bianca gli puntava la bacchetta contro.

«Andatevene! Nascondetevi da qualche parte!» sussurrò velocemente, schivando una maledizione, prima di rispondere all’attacco.

James e Harry presero a correre, e solo con i loro riflessi sviluppati riuscirono a nascondersi dietro un edificio senza venir colpiti da nessuna maledizione.

Beh, non proprio, Harry aveva un taglio sulla guancia e James un livido sulla gamba, ma niente di grave.

Quest’ultimo si sentiva tanto un vigliacco in quel momento, lui se ne stava lì, dietro a un edificio, mentre suo padre rischiava la vita.

Voleva combattere, non voleva starsene con le mani in mano.

«Dobbiamo fare qualcosa» disse deciso.

«Cosa? Noi ce ne dobbiamo stare qui soltanto. Siamo ragazzini, non possiamo duellare per davvero con dei Mangiamorte» rispose Harry. Lui forse sì, dopotutto si era allenato molto con il signor Duellante, ma James, per quanta magia avesse in sé, sapeva solo fare incantesimi difensivi del primo e secondo anno, e qualche altro semplice che lui gli aveva insegnato personalmente. Ed Harry voleva buttarsi nel bel mezzo della battaglia e combattere, provare la soddisfazione di schiantare qualche Mangiamorte, ma prima di tutto doveva proteggere suo padre.

«Al diavolo, Harry!» esclamò James, correndo lontano dall’edificio.

«JAMES!» lo chiamò Harry, correndogli dietro. Ora capiva come si erano sentiti gli adulti che aveva intorno nella sua vita precedente, a trovarsi davanti un ragazzino che voleva a tutti i costi aiutare e combattere, disobbedendo in continuazione.

Lo perse velocemente di vista, e si guardò ansiosamente intorno.

Forse era andato in quella direzione…?

Prese a correre verso quella, nel dubbio. Notò un’anziana presa sotto tiro da un Mangiamorte, e sparò velocemente un incantesimo, che provocò un taglio profondo sul fianco all’uomo.

Il Mangiamorte si voltò di scatto, e Harry immaginò che fosse furioso, anche se non poteva vedere la sua faccia per mezzo della maschera.

Gli lanciò un incantesimo dalla luce nera, che Harry schivò facilmente, per poi imprecare, notando l’uomo voltarsi completamente verso di lui.

Lui e la sua maledetta malattia del “salvare la gente”, doveva cercare James, e per salvare un’anziana, ora doveva mettersi a duellare!

Un altro incantesimo, e Harry non potette che ricambiare.

Presero a duellare, con le bacchette che fendevano l’aria, veloci e quasi difficili da distinguerne i contorni.

Evocò non-verbalmente un Protego a specchio completo, rispedendo indietro tutte e tre le maledizioni che aveva lanciato l’avversario.

Una di queste lo andò a colpire alla mano sinistra, che si ritrovò in poco tempo con un’ustione di terzo grado.

Il Mangiamorte sibilò di dolore, lanciando rapidamente una maledizione dall’aspetto parecchio letale.

«Tu, brutto stronzo, chi sei?» urlò il Mangiamorte nella sua furia.

Harry non rispose, concentrandosi più che altro a evitare, schivare, parare gli incantesimi e a spararne altri.

Una lo colpì alla fronte, facendo sgorgare del sangue. Poi notò qualcosa che non voleva assolutamente vedere.

Poco più in là, Fleamont Potter stava duellando con energia contro una Mangiamorte.

Una delle poche donne, se non l’unica.

«Fleamontino Fleamontino! Dov’è il tuo figlioletto? Dopo lo vado a cercare!» la sentì dire con una voce infantile come quella di una bambina e pazza come quella di una persona fuori dai gangheri.

Poi scoppiò in una risata folle.

Harry spalancò gli occhi, riconoscendola immediatamente. L’avrebbe riconosciuta ovunque, e dopotutto, come dimenticarsela?

Bellatrix Lestrange duellava scattante e veloce, e dai suoi movimenti traspariva tutta la sua determinazione  nel fare cose poco carine al signor Potter.

E Harry notò che non era stato l’unico a notare il duello.

Proprio James correva verso di loro.

Razza di idiota!
Harry ritornò con lo sguardo sul duello solo quando si ritrovò disarmato.

Imprecò per la sua stupidità.

«Uh uh, davvero bravo il ragazzino. Ma ormai dovresti sapere che i migliori vincono sempre…» lo canzonò il Mangiamorte.

«Devo forse ricordarti che hai duellato per più di cinque minuti con un ragazzino di tredici anni? Ti senti tanto grande ad avermi sconfitto?» domandò Harry insolente, gettando intanto un’occhiata a James, che correva sempre più veloce.

Poteva immaginarsi il ghigno del Mangiamorte affievolirsi.

«Sappiamo entrambi che non sei un qualunque moccioso, vero?»

Harry ghignò, mentre notava i movimenti di Fleamont farsi più stanchi. Si concentrò, cercando di percepire la sua magia.

«Forse» rispose infine, spingendo la magia verso la mano destra. La alzò di scatto.

«Stupeficium!» urlò, il Mangiamorte non riuscì a schivarlo, preso alla sprovvista, e volò diversi metri indietro.

Harry si ritrovò con il fiatone e più stanco di prima. Non ci badò e prese velocemente la bacchetta, correndo verso James per fermarlo.

Maledetto il Mangiamorte!

«JAMES! FERMATI!» Urlò, riuscendo a far voltare l’amico e a fermarlo per un attimo. Fleamont sembrò sentire che il figlio era vicino, e prese a duellare più abilmente che poteva.
 
«Non puoi avere nessuna possibilità con quella Mangiamorte! È inutile che ti metta in pericolo!» esclamò Harry, quando fu abbastanza vicino.

«Sempre meglio di niente! Papà ha la bellezza di cinquantacinque anni! Si sta stancando!» si infuriò James, facendo per riprendere a correre, venendo prontamente tirato da Harry.

«Non fare lo stupido! Poi dopo dovrebbe anche pensare a proteggere te!» insistè.

James ringhiò abbassando lo sguardo.

«Crucio!» Fleamont cadde a terra, contorcendosi.

«PAPÀ!» Urlò James, divincolando il suo braccio dalle mani di Harry e riprendendo la sua corsa.

Bellatrix rise «Il figlioletto! Che bellezza! Due in un colpa solo!» esclamò, sembrava felice, di una felicità malata. Quella con cui generalmente i psicopatici si facevano rinchiudere nel manicomio.

James mandò un incantesimo a Bellatrix rapidamente (che non la prese neanche di striscio), prima di chinarsi sul padre, che continuava a contorcersi, cercando di non urlare.

«J-James, per l’a-amor del cielo, v-vattene!» ansimò, prima di urlare.

Poi la maledizione si interruppe d’improvviso.

James aveva il volto pallido e gli occhi spalancati, mentre osservava il padre dolorante.

Fleamont alzò leggermente lo sguardo, notando Harry che duellava veloce come non mai con la Mangiamorte.

Si rialzò a fatica, puntando di nuovo la bacchetta.

«Papà- »
«Sta fermo, James. Ti prego, non intrometterti» sussurrò quasi supplicante il padre. James lo guardò, e non trovò la forza di replicare. Deglutì, annuendo.

Fleamont arrancò verso il duello, dove Harry sembrava passarsela abbastanza bene.

E si unì anche lui.

L’unico pensiero di Fleamont era proteggere quei due, di proteggere suo figlio. Nel bel mezzo di un campo di battaglia.

Perché avrebbe fatto qualsiasi, qualsiasi cosa per proteggerli, qualsiasi. Di fronte a questo, poco contava la stanchezza e il corpo dolorante, che era quasi al limite delle proprie forze. No, non importava, non quando suo figlio era in pericolo.
E forse stava duellando da schifo, ma almeno lo stava facendo. Ci stava provando.
L’unica cosa che contava era portare sani e salvi i due ragazzi a casa sua.
Erano questi i veri mostri, che non si facevano scrupoli a distruggere famiglie. A uccidere bambini, donne, uomini, e tanta altra gente esattamente come loro.

Che a loro non importava la loro l’età o altro, ma solo il sangue.

Sentì dei rumori di smaterializzazione.

Probabilmente Auror, che avevano distrutto le barriere.

Era finita.

Ora se ne sarebbero andati.

I Mangiamorte si smaterializzarono in un attimo, facendo abbassare leggermente la guardia al signor Potter, credendo che anche la Margiamorte se ne sarebbe andata.

Ma Bellatrix, con un guizzo veloce del braccio che colse di sorpresa entrambi gli avversari, fece partire dalla sua bacchetta un fascio di luce verde. E poi, ridendo, sparì.

L’incantesimo colpì alla stomaco Fleamont, facendolo cadere a terra, inerte. I capelli erano arruffati e sporchi di fuliggine, gli occhiali rotti. E dietro a quegli occhiali, non c’erano più quegli occhi marroni che esprimevano tanto di quel calore, ma tanto di quel calore, da far sembrare strano che ce ne fosse così in abbondanza in una sola persona. Quel calore era sparito, lasciando il più completo vuoto.

Harry cadde a terra sulle ginocchia, pallido come un cencio e con gli occhi lucidi e assenti, mentre James correva come un fulmine accanto al padre.

I suoi occhi non riuscivano a notare gli Auror che soccorrevano i feriti,  i cadaveri intorno, e neanche la gente che tremava e piangeva, impaurita e traumatizzata.

 No, i suoi occhi vedevano solo quel teschio dal quale dalla bocca usciva un serpente: il Marchio Nero si stagliava beffardo nel cielo nuvoloso, quasi a ricordar loro che lì c'era stata una distruzione.

E le sue orecchie non sentivano i passi frettolosi degli Auror, non sentivano i lamenti, i singhiozzi e neanche il rumore dei ciottoli che cadevano di tanto in tanto.

No, non sentiva niente, se non i mormorii spezzati di James, che scuoteva delicatamente il padre con una sorta di disperazione, una disperazione che non voleva credere a ciò che era appena accaduto.

 «Papà…» si sentì un singhiozzo «Rispondimi… papà...»





 
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie (non metto il punto esclamativo perchè mi sembra davvero troppo allegro)

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Capitolo 35
*** La Notte delle Lacrime ***


La Notte delle Lacrime


«James...»
«Dannazione! Perché non si sveglia!» quasi urlò James, scuotendo forte il padre. Harry lo osservò angosciato.

Quello doveva essere un incubo, pensò James, perché tutto questo non poteva essere vero.

Semplicemente non poteva.

Era tutto troppo improvviso, tutto troppo brutto per essere la realtà.

Sì, doveva essere così. Probabilmente stava dormendo nel suo letto, poi sarebbe stato svegliato da sua madre, come al solito, incazzata perché erano le 11:30. Poi sarebbe sceso giù facendo colazione ancora mezzo addormentato. Suo padre sarebbe entrato poco dopo nella stanza, tanto allegro di mattina da dargli fastidio, annunciando che aveva fatto dei progressi con la sua nuova pozione.
E poi, dopo aver finito di parlare, avrebbe cercato di convincerlo per l’ennesima volta ad assaggiare la sua disgustosa marmellata preferita.

«James…» ri-niziò Harry con voce roca «Lui è-»

«NO! No, non è…. no» Lo interruppe di scatto James infervorato.

«Questo… no» Ripeté il corvino «È un incubo.. questo… non è vero» farfugliò poi, scuotendo energicamente la testa.
James semplicemente non ci riusciva, non riusciva a credere che uno dei suoi principali punti di riferimento, suo padre, l’avesse lasciato da solo. Era qualcosa di impossibile.

Perché non era possibile?

Questo lui non lo sapeva, semplicemente reputava il tutto impossibile. Impossibile che suo padre l’ avesse lasciato all’improvviso; impossibile che un attimo prima scherzavano e parlavano e che l’attimo dopo combattevano; impossibile avesse perso così presto il suo papà.

Smise di scuotere quello che ormai si poteva chiamare cadavere, e abbandonò le braccia lungo i fianchi.

No, non era vero, si disse, deglutendo.

Poteva solo immaginare come fosse da fuori, sentendo lo sguardo di Harry bruciare sulla sua faccia china.

Quella doveva essere una giornata bella e divertente. Doveva semplicemente andare a prendere i suoi amici e portarli a casa sua, e dopo di che, si sarebbero divertiti tutti e cinque. Avrebbero potuto fare uno scherzo, convincendo Remus e Peter (Sirius e Harry non ce n’era neanche bisogno). Magari suo padre li avrebbe appoggiati e sua madre avrebbe fatto loro una ramanzina di quindici ore.

E invece si era trasformato tutto in un casino in pochi secondi.

Sempre ammettendo che non era nel suo letto a dormire, gli ricordò una vocina persistente nella sua testa.

Sull’orlo di un precipizio di disperazione, si voltò verso Harry con il bisogno che lui dicesse che aveva ragione.

Che non era realtà.
E sarebbe rimasto forse turbato dallo sguardo che egli ricambiò, se non fosse stato già di suo sotto shock.

Gli occhi verdi di Harry rivelavano tutti i demoni nascosti nella profondità della sua anima, mai mostrati liberamente a qualcuno. La sua espressione rivelava tutte le sue emozioni, era un libro aperto come ormai non era da due anni a questa parte.

Se gli occhi di Harry erano il covo dei demoni, quelli di James erano l’immagine della devastazione.

Ed era strano ed ingiusto vederlo così, per Harry. Non quando Jamie sfoggiava sempre un lucente sorriso che faceva invidia al sole, non quando i suoi occhi erano perennemente felici e furbeschi.

Non era giusto.
Ma cosa ci si poteva aspettare di giusto in un mondo del genere?

Nello sguardo di Harry, James non lesse quel che sperava.
E quasi cadde del precipizio, ma si aggrappò con forza all’orlo, lottando per resistere.

«Ragazzi» entrambi sobbalzarono e Harry sguainò immediatamente la bacchetta.

Un uomo sulla quarantina con il pizzetto, li osservava preoccupato.

Harry abbassò la bacchetta, notando la divisa Auror «Come vi chiamate?» chiese l’uomo in modo cauto, quasi stesse parlando con animali selvatici, gettando un’occhiata al corpo del signor Potter.

James non sembrava aver alcuna intenzione di rispondere, continuando ad avere lo sguardo assente che aveva un attimo prima.

«Harry e James Potter» rispose allora l’altro, cercando di mantenere la voce ferma, anche se con scarsi risultati.
L’Auror annuì, guardando di nuovo il cadavere «Forse è meglio se mi date i vostri indirizzi, in modo che io possa portarvi dalle vostre famiglie» disse con tono calmo.

«Io non lascerò mio padre» sibilò James inviperito, stringendo il polso del genitore.

Suo padre non sarebbe rimasto lì, da solo e a terra. Con che coraggio poteva lasciarlo lì e andare a casa?
Come poteva guardare sua madre e dirle ciò che era successo? Come avrebbe potuto guardare la sua espressione? Come avrebbe potuto dirle che la casa non sarebbe stata più la stessa, perché non c’era papà?

L’uomo sospirò con rassegnazione, e Harry ebbe l’impressione che si era trovato in situazioni del genere varie volte.

«Tuo padre non resterà incustodito, ma ora devi tornare a casa. Qui gli edifici potrebbero crollare da un momento all’altro, e credo che i tuoi cari si stiano preoccupando» disse.

James sembrava pronto a scatenare una guerra, prima di sentirsi poggiare una mano sulla spalla. Si voltò verso Harry, che lo osservava rassicurante.

E si chiese come cazzo riusciva a non disperarsi, a lasciar da parte per un attimo le emozioni negative per poterlo guardare così.

Sospirò, alzandosi, guardando il corpo di suo padre.

James continuò a osservare Fleamont, senza alcun movimento da parte sua.

Poi, all’ improvviso, disse l’indirizzo di Potter Manor con voce inespressiva.

L’Auror annuì e prese le loro mani, poi si smaterializzarono di fronte ai cancelli.
Rimasero un attimo immobili, guardando i cancelli chiusi.

Il cervello di James non riusciva a collegare molto in quel momento, se non la battaglia e il cadavere di suo padre. Harry sembrava intenzionato ad avvicinarsi ai cancelli nell’ingenua speranza di cercare di aprirli.

Come si doveva fare? Non se lo ricordava…

Forse, il membro della Famiglia Potter, doveva…

Harry fece un passo avanti e i cancelli si spalancarono, facendolo sobbalzare.

…fare un passo avanti.

James decise di non pensare al momento a possibili difetti delle protezioni. Guardò la sua imponente casa, per la prima volta senza il desiderio di entrarci. Ma l’Auror e Harry si avviarono, e lui non poté far altro che raccogliere il suo coraggio Grifondoro e camminare insieme a loro.

La porta si avvicinava inesorabilmente.



E pochi minuti dopo si ritrovavano in salotto. Euphemia non ci aveva messo molto a capire cosa era successo, due ragazzini feriti, sporchi e devastati, accompagnati da un Auror non lasciavano spazio a molte opzioni.

«State bene?» domandò preoccupata «Avete bisogno di qualcosa o…?»

«Va bene, mamma» rispose James, forzando un sorriso che gli venne piuttosto bene. «Ci sono cose più importanti da… dire» continuò, perdendo rapidamente il sorriso e deglutendo.

Euphemia sembrò rendersi conto che qualcuno mancava all’appello «Dov’è Fleamont?» chiese.

«A proposito di questo, signora» iniziò l’Auror, che si era scoperto che di cognome faceva Benett. Harry aveva supposto fosse il padre di Susan, una sua compagna Grifondoro del suo stesso anno. «Io… le do le mie più sincere condoglianze» continuò, abbassando gli occhi.

Euphemia lo osservò confusa e sconcerta «Cosa c’entrano le condoglianze?» domandò agitata.

«Suo marito… è stata una delle tante vittime dell’attacco a Diagon Alley» sussurrò l’Auror Benett, guardandola con occhi compassionevoli.

Euphemia si portò una mano davanti alla bocca, diventando pallida.

«Fleamont è…» iniziò con voce malferma

Il signore annuì.

Seguirono lunghi istanti di silenzio.
Mia si sentiva come se una parte di sé fosse stata improvvisamente rotta, distrutta. Un dolore straziante gli invase il petto, facendole per un attimo bloccare il respiro, quasi stesse per soffocare.
Le si stavano formando le lacrime agli occhi, prima che ritornasse alla realtà. L’Auror continuava a fissarla con uno sguardo fatto di pietà, Harry non la guardava neanche, mentre James, suo figlio, che aveva appena perso un padre a solo tredici anni, la osservava di sottecchi. Non poteva permettersi di essere debole, doveva essere forte, per James. Per Fleamont.

Strinse le labbra, in una linea sottile, cercando di far uscire una voce più ferma.

Poi annuì, per un’inspiegabile motivo.

«Grazie per aver accompagnato i ragazzi qui, Auror Benett. Immagino che tra un paio di giorni ci sarà qualche procedura legale per… quel che è successo a mio marito. Può andare, immagino abbia molto lavoro da fare» disse cortesemente, cercando di mostrarsi composta.

L’Auror la squadrò un attimo, prima di alzarsi dal divano.

«Grazie per l’ospitalità signora Potter. In effetti ha ragione, ho molto da fare» Disse, e con un cenno del capo, uscì dalla stanza, seguito da un Elfo che lo accompagnava alla porta.


*


Harry si alzò dal letto, frustrato.

Niente, non riusciva a dormire.

Non quando i sensi di colpa gli divoravano l’anima.

Harry pensava davvero che sensi di colpa così forti li aveva sperimentati troppe volte nella sua giovane vita. Si passò una mano fra i capelli, ricordando l’abbraccio che c’era stato tra la signora Potter e James, subito dopo che l’Auror se ne era andato. James non aveva versato una lacrima continuando a spargere sorrisi qua e là dopo un po’, con un comportamento troppo allegro. Ed era molto ma davvero molto convincente, ma Harry giudicava i suoi sorrisi e le sue risate più finti dei pianti che faceva una volta Dudley. Chiunque lo conoscesse abbastanza bene sapeva che quelle erano tutte balle.

Era così che faceva Jamie, fingeva di stare una meraviglia quando stava una merda.

Ed Harry aveva anche sentito i singhiozzi della signora Potter, quando loro due se ne erano andati di sopra. Ed erano stati strazianti e Harry si augurava di non sentirli più, perché già sapeva che non avrebbe dormito per almeno, almeno un mese, se poi si aggiungevano i pianti della famiglia, a questo punto non poteva che peggiorare.

Inutile dire che tutto quello lo aveva stravolto, era come se la realtà gli avesse sbattuto violentemente la sua testa contro un muro, risvegliandolo da un'illusione che si era creato in quei due anni.

Che poi, alla fine, era davvero colpa sua. Non era solo una colpa che qualcuno si infliggeva, prendendosi responsabilità che non erano sue. Era stato proprio lui, che intromettendosi nel tempo, aveva portato alla morte di Fleamont. Quell’uomo nella sua vita precedente non era morto così, no, Sirius aveva detto che quando aveva sedici anni era scappato di casa e i genitori di James lo avevano accolto a braccia aperte. Fleamont era morto di Vaiolo di Drago un anno prima che lui nascesse, per la miseria!
Nel 1979!

James aveva avuto un padre per tutta la sua infanzia e adolescenza, non l’aveva perso quando aveva solo tredici anni!

Il pensiero della stato d’animo di James in quel momento, lo fece alzare di scatto, non sopportando più quei pensieri che si insinuavano prepotentemente nella sua testa, facendogli venire voglia di piangere, e anche per altri motivi a cui voleva evitare di pensare anche solo lontanamente

Non. Doveva. Piangere.

Era venuto ventisette anni nel passato per una ragione precisa, non per fare scherzi idioti.
Come aveva potuto essere così egoista?

Ci era voluta una battaglia e tante vittime per riportarlo con i piedi per terra? Davvero si era distratto così tanto?
Ora doveva iniziare sul serio, doveva cominciare a prendere in mano le redini di quella guerra.

Harry se lo ripeteva e ripeteva, quasi a convincere sé stesso che ce l’avrebbe fatta.

Si mise le ciabatte e uscì dalla stanza per fare una passeggiata notturna. Ma appena aprì la porta, sentì dei rumori soffocati. Aggrottò le sopracciglia, uscendo fuori con cautela e chiudendosi la porta alle spalle.

Fece qualche passo, alla ricerca della fonte.

Si fermò di fronte alla porta della camera di James.
Harry spalancò gli occhi. Erano forse… singhiozzi?
Doveva… ignorarli? Non credeva di essere molto bravo a consolare la gente.

Ma nello stesso momento in cui fece per andare via, capì che non ce l’avrebbe mai fatta ad andarsene come se niente fosse. Gli amici servivano nel momento del bisogno, no? Se non c’era nei momenti brutti di James, ma solo in quelli belli, allora che razza di amico era?

Aprì lentamente la porta, cercando di non fare il minimo rumore.
Ma la porta evidentemente non era d’accordo, perché cigolò rumorosamente, facendo alzare di botto la testa di James dal cuscino.

Scie luccicanti di lacrime scendevano dagli occhi, e ad ogni battito di ciglia se ne aggiungevano altre. Stettero un attimo a guardarsi, poi James si asciugò le guance, tirando su con il naso.

Alzò il busto, quasi a sedersi

«Harry» disse semplicemente, con voce un po’ spezzata. «Cosa… cosa c’è?»

Harry non spiaccicò parola, e chiuse la porta lentamente. Poi si avvicinò al letto di James, sedendosi sopra, sotto lo sguardo spaesato dell’amico. James si asciugò di nuovo due lacrime, che testarde, erano sfuggite al suo controllo.

«Harry?» chiese, guardando l’amico, che se ne stava immobile.
Poi lo vide voltarsi e fare un piccolo sbuffo.
«Smetti di fare l’orgoglioso e vieni qui» borbottò, aprendo le braccia. James lo guardò un attimo esitante, prima di avvicinarsi e abbracciarlo.

Seppellì la testa nella sua spalla, lasciandosi andare.

James lo stringeva forte, mentre inzuppava la sua maglietta del pigiama, con il petto che si alzava e abbassava, stremato dai singhiozzi.

Era caduto, era caduto dal precipizio.

«Papà è morto» esalò Jamie, fra le lacrime «Non c’è più»
«Lo so» sussurrò Harry morbidamente, con gli occhi lucidi.

«Non ho più un padre» una nuova ondata di dolore lo scosse, portandolo alla disperazione più totale. Sentiva come se una parte di sé se ne fosse andata, si fosse rotta nello stesso momento in cui Fleamont se ne era andato per sempre. Una vita senza suo padre… era difficile da immaginare. Non ce la faceva così, non poteva farcela.

«Ce la farai, James» disse Harry improvvisamente, con tono sicuro e fiducioso, quasi gli avesse letto nel pensiero «Ti rialzerai e andrai avanti.»

James non disse niente, e passarono minuti e minuti così, abbracciati, mentre si sfogava.

Lui non avrebbe più sentito la risata di suo padre, non ci sarebbero state più partite il martedì, nessuno più avrebbe cercato di ficcanasare nella sua vita sentimentale, non avrebbe più dovuto assaggiare marmellata disgustosa per accontentare qualcuno, non avrebbe più dovuto passare ingredienti rivoltanti per una punizione e nessuno più gli avrebbe fatto i complimenti per qualche burla di nascosto dalla mamma.

Tutto sembrava così schiacciante…

E a James parve di avere una quantità infinita di lacrime.

Ma alla fine, semplicemente, non uscirono più. Riuscì a rilassarsi, mentre il respiro si regolarizzava e il corpo non veniva più scosso dai singhiozzi.

Ma una grande stanchezza lo colpì all’improvviso, la solita stanchezza post-pianto. Però si sentiva un po’ meglio, un po’ svuotato certo, ma era una sensazione piuttosto piacevole, che lo faceva respirare bene.

Dopo un po’ , si staccò lentamente, osservando il suo amico, che a un orario improponibile, era venuto nella sua stanza senza il minimo preavviso e lo aveva abbracciato.

Harry lo guardava, con una specie di dolorosa comprensione, quasi capisse alla perfezione cosa stesse provando. Ma come faceva a capirlo? Lui non aveva perso un genitore.

Osservò la spalla destra di Harry, dove fino poco prima aveva pianto.

Era inzuppata, completamente.

Si sentì leggermente in imbarazzo.

«Grazie» sussurrò e non era uno di quei grazie che si dicevano tanto per dire, come quando qualcuno ti passava qualcosa o ti facevano qualche complimento, ma era uno di quei grazie che traspariva una vera gratitudine. E la parola, detta in quel modo, era molto più bella.

«Farsi inzuppare la maglietta fa parte dell’essere un amico, credo» rispose Harry, facendo spallucce.

James sorrise. Non era un sorriso esuberante, non era un ghigno né un sorriso a cinquantadue denti. Era un sorrisetto, piccolo piccolo, ma vero almeno.

Harry ricambiò in modo stentato.
Di più non riusciva a fare, perché si sentiva sempre più vicino al punto di rottura. Vedere piangere così James, al suo animo non aveva sicuramente fatto bene. Voleva solo rifugiarsi nel suo letto e piangere, piangere e piangere.

Buttare fuori tutte le lacrime che si era trattenuto per anni e che sentiva l’urgente bisogno di cacciare via.

James aggrottò le sopracciglia «Stai bene, Harry?»

«Sì sì, non ti preoccupare» rispose l’altro, per poi alzarsi. «Fai la ninna, mi raccomando» cantilenò ghignando, prima di uscire dalla stanza.
James osservò per un attimo la porta, per poi scuotere la testa e sdraiarsi. Chiuse gli occhi, la stanchezza lo travolse in poco tempo, facendolo cadere addormentato.

Gli incubi, come previsto, non si risparmiarono.



Nella stanza affianco, lo stesso amico che lo aveva consolato, stava soffocando i singhiozzi e le lacrime nel cuscino.

Logorato dai sensi di colpa e dalla rabbia, quasi non riusciva a respirare.

Non ce la poteva fare.
Non era pronto a tutto questo.

Quella notte fu la notte delle lacrime, tutte quelle mai versate.

E quando riuscì a dormire, nemmeno nel mondo dei sogni Harry trovò pace.


*


«Come te la sei fatta quell’ustione?» chiese Nott, alzando un sopracciglio mentre guardava la mano fasciata di Avery.

L’interlocutore fece una smorfia, osservando la sua povera mano. Sotto quelle fasce c’era un’ustione che aveva colpito perfino i tessuti sottocutanei e l’ipoderma. Era bianca e marrone, e aveva varie croste. Ieri si era dovuto far medicare da uno dei Mangiamorte, che era una spia al San Mungo. Gli aveva detto che doveva tenersi quella fascia per tre settimane.

Wilfrid Avery non era stato per niente contento, ma evidentemente non sapeva che tra i Babbani, ustioni del genere richiedevano mesi di guarigione e interventi chirurgici.
Comunque, la cicatrice era inevitabile.

«Durante la battaglia» rispose vago.

«Non l’avrei mai detto» sibilò sarcastico Julian Nott. Wilfrid gli gettò un’occhiataccia.

«Ho duellato con un giovane… davvero impressionante» dovette ammettere, suo malgrado.
Perché per quanto bastardo fosse quel ragazzino, aveva duellato in modo eccezionale. E- Avery rabbrividì- lo aveva schiantato senza bacchetta.

«Un giovane?» domandò Julian, alzando un sopracciglio.
«Avrà avuto dodici-tredici anni» borbottò l’altro.
«Ti sei fatto battere da un ragazzino?» sussurrò Nott sembrando estremamente divertito.

«L’ho visto duellare con B-»

Wilfrid fu interrotto da una risata.

Si voltò verso Fenrir Greyback, che proprio in quel momento era passato di fianco a loro. Finora avevano parlato sussurrando, per non farsi sentire dagli altri Mangiamorte (figurarsi se voleva far sapere a tutti che era stato sconfitto da un ragazzino.) nella stanza.

Ma Greyback aveva dalla sua parte l’udito da Lupo Mannaro,e anche se era passata una settimana dalla Luna Piena, aveva ancora tutti i sensi amplificati. Non c’era da stupirsene, Fenrir era più un Lupo Mannaro che un umano.
«Ti sei fatto sconfiggere da un dodicenne?» quasi urlò Greyback quando si fu calmato. Aveva un ghigno canzonatorio stampato in faccia, e sembrava pronto a far diffondere la vergognosa notizia.

«Sta’ zitto, Grayback» cercò di zittirlo Wilfrid, notando le varie teste che si erano voltate.

«Quanto deve essere scadente il tuo livello per farti sconfiggere con tanta facilità?» continuò Fenrir ignorandolo, la perfidia irradiata dai suoi occhi blu grigiastri «Quindi, se ti trovavi con il più scarso degli Auror, saresti stato sconfitto ancor prima di iniziare il duello?»

«Se tu ti troveresti con una bacchetta in mano, non sapresti nemmeno come usarla» rispose Avery gelido.

«Io non ne ho bisogno» ribattè Fenrir ghignando.

«Oh, giusto» disse Wilfrid con noncuranza «Mi sono dimenticato che sei un ibrido» continuò sorridendo in un modo alquanto malefico.

Fenrir digrignò i denti e strinse i pugni «Prova a ripeterlo.»

«Sei un ibrido, uno schifoso Lupo Mannaro che non dovrebbe avere neanche il diritto di servire l’Oscuro Signore» proseguì Avery, sembrando stesse buttando fuori tutte le parole che si era trattenuto per un bel po’ di tempo.
Julian cercò di fermarlo, perché a differenza del compagno, il suo spirito di autoconservazione non era andato al quel paese.

Ma Wilfrid non lo ascoltò minimamente «Sei talmente una schifezza della società, che l’Oscuro Signore non ti ha nemmeno concesso il Marchio Nero.»

Greyback ringhiò rabbioso e gli si buttò addosso, cogliendo di sorpresa Avery.

Fenrir aveva una luce maniacale e omicida nelle sue iridi, e la forza non gli mancava affatto.

Il Purosangue si ritrovò- con suo grande disonore- ad azzuffarsi con Greyback, altrimenti sarebbe finita molto male.

«Cosa sta succedendo qui?» sibilò una voce, e poco dopo una forza magica li divise, buttandoli sui lati opposti della stanza e facendoli sbattere violentemente contro i muri.

«Mio Signore...» dissero contemporaneamente Avery e Greyback, inchinandosi.

«Cosa vi ha portato ad azzuffarvi in questo modo tanto da… barbari?» Voldemort fece una smorfia di disgusto.
«Mi ha provocato, Mio Signore» rispose Fenrir, voltandosi verso Avery.
«Questo non ti autorizza a buttarti come una bestia verso uno dei miei più fedeli Mangiamorte» disse il Lord con tono neutro, guardandolo negli occhi. Greyback strinse la mascella.

«Uno dei suoi più fedeli Mangiamorte, mio Signore, si è fatto battere da un ragazzino di dodici anni.»

«Stai forse mettendo in dubbio la mie scelte?» domandò curioso Voldemort, inclinando la testa, sembrando tanto gentile quanto pericoloso. Perché ormai tutti lo avevano imparato, il loro Signore non era mai gentile e quando lo era, non era altro che una falsa gentilezza, dietro alla quale si nascondeva un’ implicita minaccia.

«No, mio Signore» rispose in fretta Greyback, chinando la testa.

«Ah, mi era sembrato il contrario… mi sarò sbagliato» disse il Signore Oscuro, sorridendo dolcemente. Poi si voltò verso Avery.

«Ne abbiamo già parlato in privato di Fenrir, è uno di noi nonostante sia un licantropo. E mi pare di aver detto di non insultare la sua specie, o almeno, non davanti a lui.»
Wilfrid deglutì «Giusto, mio Signore.»

«Inoltre, quel che sosteneva Fenrir poco fa corrisponde a verità?»
Avery guardò ostinatamente il pavimento «Sì, mio Signore.»

Wilfrid gettò una veloce occhiata al suo Signore, vedendolo con le sopracciglia alzate «Ma in mia difesa, » iniziò rapidamente «posso dire che non so chi sia, ma sono sicuro che non era uno qualunque. Sapeva incantesimi a livello Auror, era scattante e veloce, e…» esitò.

«E?» lo esortò Voldemort, sembrando piuttosto interessato.

«Mi ha lanciato uno Schiantesimo… senza bacchetta» concluse Wilfrid, alzando lo sguardo.

Il Signore Oscuro lo osservò scetticamente «Mi stai forse raccontando menzogne?»

«Non mi permetterei mai, mio Signore.»

Avery strizzò gli occhi, sentendo un dolore lancinante alla testa, prima di abbassare le barriere mentali e permettere a Voldemort di setacciare la sua mente.

«Interessante» commentò Voldemort, uscendo violentemente dalla testa di Wilfrid e facendolo barcollare. «Se non fosse così giovane prenderei anche in considerazione di reclutarlo»

Però, pensò Voldemort, poteva sfruttare questa giovinezza. Quel ragazzino sembrava molto potente e promettente, e crescendo sarebbe solo migliorato. E se poi si aggiungeva la Magia Oscura, poteva essere ancor più temibile.

Ma il ragazzino era sembrato non usarla, combattendo con incantesimi, sì forti, ma non potenzialmente letali.

Sarebbe stato un ottimo acquisto per Silente.

Ma se lui lo modellava, magari con qualche giochetto psicologico che lui era tanto bravo a fare, avrebbe anche potuto portarlo dalla sua parte.
Forse doveva essere istruito per bene sulla parte oscura della magia, e solo quando sarebbe stato più grande, sarebbe andato in battaglia.

Poteva essere la sua arma più forte.

Il suo piano però doveva ancora essere definito per bene. Doveva conoscere di più il ragazzino, capire quanto le sue credenze erano forti, e se fosse davvero tanto potente come sembrava nella testa di Wilfrid.

Ma prima, doveva scoprire chi era.

«Rebastan, contatta Abraxas Malfoy e chiedigli di farmi un favore. Devo sapere il più possibile su questo ragazzino.»
















Angolo Autrice
Buon salve, ecco un nuovo capitolo. Anche questo in ritardo, ma credo che ormai non aggiornerò più ogni cinque giorni, ma ogni sei.
Nella prima scena, c’è quel che è successo dopo pochi minuti dalla fine della battaglia di Diagon Alley. Ci sono molti pensieri di James, che inizialmente si ostina a negare tutto.
È una cosa normale, il cervello si ostina a negare per proteggersi dal dolore.
Comunque, so che forse non è importante, ma davvero io non so dove sia Potter Manor. Molti lo inventano, perché la Rowling non ha detto niente. Io avevo pensato al Galles, ma non è che si può dire “Potter Manor, Galles”, cos’è? Potter Manor si estende per tutto il Galles? Non credo proprio. E non sapevo in che cittadina collocarlo, anzi no, preferirei fosse un luogo piuttosto deserto, lontano dai babbani. Tipo una pianura. Poi ho cercato, e ho trovato un sito inglese che spiegava tutta la storia del Potter Manor e tutte le persone che ci erano vissute. Diceva che si trovava in Scozia, a John O’Groats. Ecco, io stavo per mettere questo, però poi ho letto “James e Lily si trasferirono a Potter Manor dopo il loro matrimonio e vi rimasero fino all'autunno 1979; Lily concepì Harry e Lancillotto mentre risiedeva a Potter Manor. Avendo sentito la profezia riguardante il bambino che Lily portava - non sapeva che fossero gemelli - si erano nascosti, lasciando il Potter Manor vuoto.
Per tutto il 1980, Potter Manor rimase vuoto. Euphemia periodicamente controllava il maniero per assicurarsi che fosse ancora abitabile; visto che lo era, tornò a nascondersi sotto gli ordini di suo figlio.
Nel novembre del 1981, dopo la caduta di Lord Voldemort, Lily, James e Harry tornarono a Potter Manor. Euphemia si prese cura dei nipoti mentre James e Lily si rivolgevano al Ministro della Magia per dire cosa era successo.
Nel resto degli anni '80, James e Lily vissero una vita felice con i loro figli.”
Ehm… ????
Lancilot-
Vissero una vita fel-
Mmm, vvmfhs? O.o
Io non so…
Lasciamo stare.

Comunque, i cancelli di Potter Manor si spalancano, appena Harry fa un passo, essendo un parente diretto degli ultimi Potter. James ha ancora la mente piuttosto annebbiata, e non ci pensa più di tanto.
Euphemia me la sono sempre immaginata una donna forte, e non credo sarebbe scoppiata a piangere di fronte a suo figlio, già provato.
Nella seconda scena Harry si sente, come prevedibile, molto in colpa. Si sente come svegliato da un lungo letargo e non è pronto.
Sente poi i singhiozzi di James, e va a dargli una spalla su cui piangere.
Piuttosto veloce la piccola ripresa di James.
Sinceramente, io non lo vedo come qualcuno che si fa sopraffare completamente, piuttosto uno che cerca subito di rialzarsi.
Non ce lo vedo proprio un James depresso per troppo tempo, io credo che reagisca subito. Ora non si è completamente rialzato, ma ci sta provando e ci sta riuscendo.
Anche Harry alla fine crolla, chiudendosi in camera e piangendo in solitudine.
Ma prima o poi doveva arrivare il momento.
Piangere comunque fa bene.
Nell’ultima scena, al Margiamorte che duella con Harry l’ho fatto cambiare tre volte nome, giusto per informarvi.
Voldemort viene a sapere di Haaaarryyy. Forse potrebbe sembrarvi un po’ assurda questa idea di Voldemort, ma a me non sembra tanto impossibile che la pensi.
Forse sarò io, che ho letto troppe fanfiction su Tom Riddle, o Voldemort che invece di uccidere Harry lo fa diventare un bravissimo mangiamorte e bla bla bla.
Forse avrei dovuto farlo pensare come possibile nemico invece di come possibile alleato…?
Non lo so, io non sono sicura di entrambe.
E non sono sicura né del titolo del capitolo né del capitolo stesso.
Ora che sto scrivendo queste note devo ancora decidere il titolo, e sono sicura che non ne verrà uno tanto bello.


Saluti!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.






Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 36
*** Solo ricordi. ***


Solo ricordi.


Sirius osservò con sguardo vuoto il suo bicchiere, roteandolo e facendo ondeggiare distrattamente quel poco di vino che gli era permesso di bere. Si sentiva la musica di sottofondo, insieme al chiacchiericcio delle varie persone che erano presenti nella stanza. Guardò zio Alphard parlare animatamente con Druella Rosier, Orion più in là stava parlando con Araminta Meliflua, la cugina di Walburga, che esprimeva la sua indignazione riguardo alla disapprovazione della "legge per la caccia al Babbano" da lei proposta circa sei mesi fa.

Ne parlava ancora a chiunque fosse disposto ad ascoltarla, e Sirius poteva sentire l'aura di pentimento che emanava suo padre a chilometri di distanza. Araminta però non sembrava sentirla, quindi si chiese disgustato se avesse sviluppato una sorta di empatia avanzata verso suo padre.

Sperò vivamente di no.

Si aggiustò il colletto della camicia che stava indossando: si sentiva soffocare. Avrebbe tanto voluto togliersi la camicia proprio davanti a tutti, per una sorta di ribellione ai suoi genitori, facendo fare una figuraccia ad entrambi. Ma Regulus, proprio quel pomeriggio, prima di andare da Daniel, quando aveva saputo che non andava più da James, gli aveva fatto promettere di non fare niente di stupido, sostenendo che voleva ancora un fratello vivo e vegeto quando sarebbe tornato.

Se Sirius non fosse morto per mano dei genitori, sarebbe sicuramente morto dal caldo. E Regulus avrebbe comunque pianto la sua morte. E morire per una ribellione era più dignitoso che morire dal caldo, di questo Sirius era sicuro. Ed era anche sicuro che di sera non dovesse fare così caldo, non era normale.

Ora se non fosse successo tutto quel casino, sarebbe da James, invece di sorbirsi i "festeggiamenti" organizzati dalla famiglia Black e Malfoy per il contratto da loro stipulato, che prevedeva il matrimonio tra Cissy e quell'idiota platinato di Lucius.

Sirius si sentì davvero un pessimo migliore amico. Era quasi come se stesse incolpando la morte di Fleamont riguardo al trovarsi lì, in quella sala enorme, invece che a Potter Manor. Si lamentava di una festa quando James aveva perso un padre.

L'aveva saputo proprio quel giorno, grazie alla signora Potter. Si ricordava che si stava chiedendo del perché James non era venuto a prenderlo ieri, camminando avanti e indietro nella sua stanza, quando Kreacher gli aveva portato una lettera. La signora Potter gli aveva spiegato tutto, dicendogli anche della morte di Fleamont. Si era perfino scusata, dicendo che una settimana non era più possibile, volendo un po' d'intimità in famiglia.

Si era scusata, e Sirius la giudicava quasi una cosa ridicola. Non c'era bisogno di scusarsi, non quando c'erano condizioni del genere.

E Sirius non sapeva neanche cosa avrebbe fatto quando avrebbe incontrato James. Non sapeva come comportarsi di fronte a un James cupo o che fingeva allegria. Che cosa avrebbe dovuto dire? Cosa stava passando James in quel momento?

Sirius sapeva che probabilmente Harry era a Potter Manor. Sapeva in che ordine Fleamont e James sarebbero andati a prenderli, e sapeva anche che i genitori di Harry non erano in Inghilterra per affari. James gli aveva detto tutto quando avevano organizzato gli incontri. Forse i genitori erano tornati per prenderlo quando avevano saputo che loro figlio era stato in pericolo di morte (probabile) oppure non ne sapevano niente, o peggio ancora, lo sapevano ma non erano venuti.

E se Harry era a Casa Potter, il Black era sicuro che stesse accanto a James per sostenerlo.

Sirius posò il bicchiere rigidamente, prima di muoversi dall'angolino in cui si era rintanato per un bel po', sfuggendo dalle zie, cugine e parenti che non vedeva da quando aveva tre anni, che gli avrebbero fatto sicuramente un monologo riguardo all'importanza di essere l'Erede dei Black.

Sinceramente, a Sirius non poteva fregar di meno. E nauseò oltre modo quando gli passò per la testa che probabilmente molte delle persone in quella stanza erano sostenitori di Tu-sai-Chi o futuri Mangiamorte. E il tredicenne non voleva respirare neanche la loro stessa aria.

Ma purtroppo doveva respirarla, altrimenti sarebbe morto di soffocamento. Sirius si chiese se era normale che avesse pensato a delle sue possibili morti circa quindici volte in due ore.
 
«Sirius!» sentì esclamare da qualcuno. Il diretto interessato si bloccò, con in faccia un'espressione inorridita, prima di voltarsi lentamente.

Lo aveva chiamato una donna dai capelli bianchi raccolti in un' elaborata crocchia, numerose rughe in faccia, occhi neri e postura talmente dritta da farla sembrare un palo.

Indossava un lungo vestito blu scuro, ed era po' paffuta.

Sirius valutò l'idea di darsela a gambe.

«Come sei cresciuto! L'ultima volta che ti ho visto eri una piccola Mandragola urlante» Disse, avvicinandosi.

L'altro non gradì molto il paragone. Storse leggermente la bocca.

«Oh, ehm, ci conosciamo?» chiese incerto.
«Ma come, non mi riconosci? Sono la prozia Cassiopeia.»
Sirius alzò le sopracciglia.

Oh... era ancora viva?

«Sì, sì. Mi ricordo...» rispose Sirius lentamente. La prozia sorrise leggermente, prima che ritornasse seria.

«Ho saputo da Walburga che non ti stai comportando bene» disse severamente. Sirius la guardò incredulo. Ora doveva farsi rimproverare da una prozia che non lo veniva a trovare da quando era un neonato (e per fortuna!) e di cui solo ora aveva scoperto l'esistenza?
Dov'era zio Alphard quando serviva?
Perché proprio in quel momento stava rievocando i suoi vecchi tempi a Hogwarts con zia Druella invece di venire a salvarlo?
La prozia si voltò verso il tavolo dietro di lei, pieno di spuntini. Afferrò un piatto e prese a riempirlo mentre parlava, dando leggermente le spalle a Sirius.

«Non devi prendere alla leggera il tuo ruolo. Sei l'Erede, tutte le fortune dei Black andranno a te, e dovrai simboleggiare con fierezza la tua famiglia. Mia nipote mi ha detto che sei finito nei Grifondoro, quella casa di cafoni, e sono molto delusa da ciò. Ho saputo anche che i tuoi genitori stanno ricevendo delle lettere di lamentele, riguardo al tuo comportamento. Non puoi permetterti di comportarti così, Sirius. Tu non sei una persona qualunque, sei un Black. I Black si distinguono dalla massa, caro pronipote. Dovresti avere un comportamento esemplare, soprattutto per tuo fratello, Regulus. Sfortunatamente i secondogeniti cercano di imitare il fratello maggiore, di solito, e so che già sei riuscito a influenzare le idee di Regulus. I tuoi genitori non sanno più che fare, e- Sirius?» Cassiopeia si guardò intorno, spaesata, non vedendo Sirius nelle vicinanze. Dopo un po', batté un piede sul pavimento.
 
«Quello scalmanato maleducato!» borbottò rabbiosamente.

Sirius intanto camminava frettolosamente verso la porta, svignandosela da quella stanza del Malfoy Manor, in modo da evitare tutti quanti.

Sospirò di sollievo quando si ritrovò nel corridoio deserto, e si sbottonò i primi due bottoni della camicia, poi si tolse la giacca.
 
Sentì delle voci provenire da una stanza lì vicino, e si accostò cautamente. Poi poggiò l'orecchio sulla porta.

«Perché mi ha trascinato qui, Bella?» chiese la voce irritata di sua madre.

Sirius non si stupì più di tanto quando capì che sua cugina Bella voleva svelare qualcosa di segreto a sua zia.
Le due avevano sempre avuto un bel rapporto.
Evidentemente, tra pazze ci s'intende.

«Scusami, zia, ma è qualcosa di molto segreto, e vorrei dirlo solo a te, senza che qualcuno possa sentirci. Tutti sono troppo impegnati alla festa per notare la nostra assenza.» Bellatrix sembrava parecchio euforica, e aveva abbassato leggermente il tono della voce.

Sirius si appiattì ancor di più, incuriosito.

«Bene, allora dimmi. Devo controllare quello zoticone di mio figlio, altrimenti scatena una rivolta in quella stanza.»

L'origliatore fu ben felice che sua madre lo ritenesse capace di qualcosa del genere.

«Sono convinta che se ne starà buono per almeno pochi minuti.»
Un sospiro «Si spera. Ma non tenermi più sulle spine.»
«Ti ricordi di quando ti ho detto che sono riuscita a diventare una Mangiamorte?» domandò Bellatrix, impaziente.

Sirius spalancò gli occhi e prestò ancor più attenzione. Bene, ora aveva anche la certezza che sì, tra i suoi parenti c'erano veri Mangiamorte, oltre che sostenitori.

«Ecco» il Black immaginò che sua madre avesse annuito «Ora mi ha donato la sua più completa fiducia.»

«Fai parte dei suoi fedelissimi?»

Bella sbuffò «Di quelli, zia, faccio parte da un po' di mesi. Quel che voglio dirti, è che il Signore Oscuro mi ha dato un oggetto.»
«Un oggetto?»
«Mi ha detto che è davvero molto importante, e mi ha chiesto di custodirlo. Si fida di me al tal punto che mi ha dato un oggetto che, come dice lui stesso, è una parte di lui.»

«Cos'è?»

«Mi dispiace zia, ma non posso dirti niente di più. Né che cos'è né dov'è ora. Ma ecco... io sono riuscita a ottenere la completa fiducia del mio Signore. Io, una donna, l'unica donna in mezzo a tutti quegli uomini, sono riuscita ad avere la sua fiducia prima di tanti altri di loro! Volevo dirtelo, perché alla faccia di tutti quelli che mi prendevano in giro, sono diventata quel che volevo essere.»
Sirius aveva una faccia disgustata.

Davvero c'era gente del genere? Gente di cui il più grande sogno era servire un megalomane?
 
Walburga sospirò pesantemente «Bella, sono felice per te. Ma non posso dirmi completamente d'accordo con la tua scel- »

«Anche tu, zia?!» sbottò Bellatrix interrompendola «Non sopporto più i miei genitori, non incominciare anche tu. Una vita barricata in casa, senza provare niente di stimolante, non la voglio fare. Io non voglio essere "la perfetta donna Purosangue".» continuò freddamente, storpiando la voce all'ultimo per imitare sua madre in modo sprezzante «Invece di parlare di come i Sanguemarcio rovinano i Maghi, dicendo che devono essere eliminati, io voglio passare direttamente all'azione. Sto contribuendo a eliminare quella feccia, dovreste solo esserne contenti.»
«Mi chiedo se questa ribellione sia guidata dalla giovinezza.»
«Questa ribellione è guidata dalla mia VOLONTÀ» quasi urlò Bellatrix «Per una volta siate fieri di quel che sto facendo, invece di dirmi che non dovrei farlo.»

Sirius sentì dei passi e si spostò di scatto, nascondendosi rapidamente dietro a un mobile.

Vide Bellatrix, con i capelli che sfuggivano dalla sua acconciatura, uscire infuriata dalla stanza. La ragazza districò la pettinatura con frustrazione, per lasciare i capelli ricci e ribelli sciolti.

«E odio vestirmi in questo modo ridicolo» sibilò furiosa, sorpassando il mobile dietro cui era nascosto Sirius, senza neanche notarlo.

Walburga nella stanza scosse la testa, non potendo che notare, anche se leggerissime, somiglianze tra Bellatrix e suo figlio.


*


«Stanotte l'ho sognata» sussurrò James, girando pigramente il latte con il cucchiaio, in modo da far ruotare il pezzo di biscotto galleggiante.

Non aveva una bella cera.

Harry lo guardò brevemente, per poi far ritornare i suoi occhi cerchiati da occhiaie verso il piatto, ancora vuoto di fronte a lui.

«Chi?»

«Quella... quella bastarda che lo ha ucciso» rispose l'altro con tono neutro, poi sospirò, chiudendo gli occhi, come a richiamare la calma «Vorrei usare su di lei tutte le Imperdonabili.»

Harry tacque.
Non sapeva davvero come comportarsi, perché di solito si era ritrovato lui al posto di James, ed era un cruccio degli altri cercare di risollevargli il morale.
 
«Non credo porterà a qualcosa» alla fine disse, prendendo una fetta biscottata e spalmandola di cioccolato.

«Almeno avrò la soddisfazione...»

«Durerà poco, fidati.»

James guardò la sedia a capotavola, dove di solito si sedeva suo padre, prima di distogliere rapidamente gli occhi. Poi osservò la tazza, mentre il biscotto affondava nel latte, e probabilmente si sarebbe sciolto lentamente fino a quando James non sarebbe più riuscito ad acchiapparlo per mangiarlo.

Biscotti da schifo, pensò James irritato, senza neanche accorgersi che stava insultando i biscotti fatti dalle sante mani di Becky, di cui lui aveva sempre decantato la squisitezza.

Harry sospirò, smettendo di guardare la fetta biscottata (come a pregarla di aprire il suo stomaco chiuso).

Poco dopo nella stanza entrò la signora Potter. Aveva gli occhi gonfi e la pelle pallida, e pareva non dormire da giorni. Sembrava completamente distrutta, e suo figlio non l'aveva mai vista così. Tentò un sorriso ai due (più simile a una smorfia che altro), poi si fece portare il tè da Becky. Dopo un po' di tempo, in cui tutti erano muti, Euphemia posò la tazza quasi vuota.

«Domani ci sarà il funerale» disse d'un tratto, James e Harry alzarono lo sguardo, mentre la signora Potter guardava un punto imprecisato del tavolo, per poi spostarsi dal capotavola al barattolo di marmellata di cachi, rigorosamente chiuso. «Sarà al cimitero di Maseth, alla chiesa di St. Mark. Quello più vicino» continuò, deglutendo.

«Se volete potete invitare qualcuno dei vostri amici se... avrete bisogno di loro» Concluse, bevendo un altro sorso di tè. «Si terrà alle 10:30»

Poi si alzò e andò in cucina, con la tazza stretta spasmodicamente in mano. A Harry parve quasi che cercasse di mascherare una corsa.



«Ci sono dei ragazzi vicino ai confini delle protezioni, signora» squittì Dogy, comparendo di fronte a Euphemia.
«Ragazzi?» Chiese confusa
«Gli amici del signorino James, signora» Spiegò meglio l'elfo.
«Falli entrare all’interno, per favore» disse la signora Potter.
«Certo, signora» si inchinò e scomparì.

I tre ragazzi erano arrivati quasi un'ora prima, e appena James aprì la porta di casa, Sirius si buttò letteralmente addosso a lui, quasi facendolo cadere a terra.

James sorrise leggermente «Non ti ricordavo così affettuoso, Sir» scherzò, ricambiando l'abbraccio. Per risposta Sirius riuscì a tirargli un pugno sulla spalla, facendogli fare una smorfia di dolore.

«Ricordavi bene» borbottò, allontanandosi.

Squadrò il corvino. Appariva stanco e distrutto, i capelli erano piuttosto svigoriti, quasi fossero influenzati dalle emozioni di James. Sembrava... spento, e a Sirius non piaceva questo James.

Quest'ultimo si voltò verso gli altri due dietro Sirius, zitti fino a quel momento. Remus fece un passo avanti, aprendo la bocca esitante: «Ci dispiace molto, James. Tuo padre era una di quelle persone che ti si imprimono nella memoria in poco tempo, tanto era esuberante» disse dispiaciuto.

«F-fantastico, e a-avrei tanto v-voluto conoscerlo di più» Balbettò Peter con gli occhi puntati ostinatamente sulle proprie scarpe, trovandole d'un tratto molto interessanti.

Ora che ci faceva caso erano un po' sporche ai lati.

James fece un sorrisino, trovando molto più facile farlo quando era con i Malandrini. Si scambiò un'occhiata con Sirius, che non aveva aperto ancora bocca per dire qualcosa al riguardo. Ma gli bastò lo sguardo che questi gli lanciò per capire che delle parole, non ce ne era tanto bisogno.

«Grazie ragazzi» disse guardandoli «Entrate, sull'uscio della porta non potete restarci per sempre» scherzò lievemente, facendo un sorriso stanco.

«Ciao ragazzi» salutò la signora Potter mentre scendeva le scale, seguita da Harry. «Credo che dovremmo mettere anche il vostro riconoscimento nelle protezioni»
Harry fu travolto in poco tempo dal balzo di Sirius, che sembrava avesse tendenze canine quel giorno, tanto da buttarsi addosso alla gente per salutarle. Ci mancava solo la lingua e il tutto sarebbe stato perfetto.

Harry si limitò a dare delle pacche goffe sulla spalla di Sirius, prima che questi si staccasse e permettesse anche agli altri due di salutarlo.

«Salve, signora Potter» la salutò Sirius, ed Euphemia gli diede un abbraccio, per poi fare lo stesso con gli altri due.

«Non vi aspettavo così presto» commentò la signora Potter, con l'angolo della bocca leggermente alzato. Gli altri fecero finta di non notare l'aspetto orribile di Euphemia, e Remus si grattò leggermente la guancia, a disagio: «Volevamo un po' stare con James e Harry prima del... funerale»

La signora Potter annuì, distogliendo lo sguardo «Capisco» disse alla fine comprensiva «Comportatevi come se foste a casa vostra» poi con un cenno del capo, si diresse verso il fondo del corridoio.

«Camera mia?» propose James, e gli altri annuirono. Presero a salire le scale. «Voi due non avete un bell'aspetto» commentò Peter, mentre salivano le scale.

«Grazie per avercelo fatto notare» rispose ironico Harry, che da parte sua, era pienamente consapevole dello zombie che era in quei giorni. Se non avesse saputo che quello che ogni mattina vedeva allo specchio era lui, si sarebbe probabilmente spaventato. Tutto in quei giorni era brutto. E sapeva che per James era ancor più brutto.

I Potter in quella casa, fino a qualche tempo fa, erano sorridenti e il divertimento con loro non mancava mai. E come poteva mancare? Con Fleamont che appoggiava gli scherzi di James e che giocava alle partite di Quidditch, con Euphemia che cercava di mettere in riga tutti quanti, e sì, gli scenari più comici erano quando sgridava addirittura Fleamont (che da parte sua, dopo un'iniziale resistenza, la guardava come un cucciolo bastonato), con James che faceva uscire dalla sua testa idee assolutamente matte e che intimava al padre di lasciarlo stare («Qualche donzella ha conquistato il cuore del mio figliolo? Io alla tua età... aveva già gettato un occhio su tua madre!» «No, papà, non ho ancora deciso chi voglio sposare, MI DISPIACE! Di solito sono le ragazze a gettare un occhio su di me, io mi limito a ricambiare, CAPISCI?! Ora lasciami in pace.») era davvero assurdo annoiarsi.

Ora? Tutti riuscivano a stento a sorridere, e sembravano cadaveri ambulanti. Euphemia sembrava, a un'analisi più approfondita, un'anima persa che a stento riusciva a orientarsi senza il suo compagno. James riviveva la morte di suo padre e la battaglia ogni notte e sorrideva quel poco che bastava.

Poi c'era Harry, Potter sotto copertura si può dire, che si sentiva giornalmente in colpa e che covava rabbia verso se stesso, e perché no, anche verso Bellatrix, che sembrava avere una particolare propensione a uccidere padri/padrini.

James chiuse la porta dietro di sé, mentre Remus, che aveva gettato varie occhiate a Harry e all'altro, frugava nelle tasche. Tirò fuori una barretta e ne staccò la metà, poi la divise di nuovo, facendo pezzi da tre.

«Tenete» disse semplicemente, porgendoli a Harry e James. Quest'ultimo scosse la testa, suo malgrado divertito, e prese uno dei due pezzi

«Sempre il solito» borbottò. Intanto Harry ne prese anche lui uno.

Remus parve quasi offeso «Quando non sto tanto bene mi aiuta sempre»
Sirius sorrise maliziosamente, sedendosi sulla sedia vicino alla scrivania «Ne mangi molto prima e dopo la Luna Piena» Si limitò a dire.

«Beh, è ovvio» rispose Remus scrollando le spalle.

«Qual è il punto, Sir?» intervenne Peter.

«E tu ti senti sempre male in quei giorni...» continuò Sirius lentamente «Sai che anche le femmine si sentono male quando hanno le loro cose una volta al mese? Una volta ne ho casualmente parlato con Mary McDonald, mentre mangiava del cioccolato e mi ha detto che aveva le sue cose e che i dolci, in particolare il cioccolato, aiutavano molto come magra consolazione.» Cantilenò, mentre Remus lo osservava con gli occhi spalancati.

James sorrideva apertamente. Sirius si voltò verso Remus, con una faccia solenne «Inutile negarlo, Remus, tu hai una specie di ciclo, diverso da quello normale delle femmine ma per certi versi simile, che colpisce solo un certo numero di persone» disse diplomaticamente.

Remus aprì e chiuse la bocca, con la faccia paonazza. «Ma c-che Merlino... io non perdo sangue da... da... là»
«Futili dettagli.»
«Le femmine non si trasformano in animali con istinti omicidi!»

Sirius alzò le sopracciglia, rivolgendogli un'occhiata penetrante «Ne sei proprio sicuro?»

Remus strabuzzò gli occhi, voltandosi verso Peter, in cerca di supporto.

Quest'ultimo alzò e abbassò le sopracciglia in un modo che doveva essere attraente «Ne sei proprio sicuro, Remus?»

Si sentirono delle lievi risatine dietro di lui, dalle parti dove dovevano esserci James e Harry, e Remus scorse un lampo di soddisfazione negli occhi di Sirius.

Sospirò, poi sulle labbra spuntò un ghignetto «Il posto della dramaqueen non lo occupo certo io, Sirius, per non parlare di quando hai avuto 37° di febbre al primo anno, e sembrava quasi avessi sopportato un parto»

«Ma tu che ne capisci della sofferenza dei 37° di febbre! Non hai un corpo delicato!» esclamò Sirius indignato.

«Hai ragione Sirius, sono continuamente in perfetta salute» iniziò Remus ironico «Dopotutto, una volta al mese il mio corpo si deforma, resto in infermeria per uno o due giorni, e può capitare anche di più, per delle ferite che mi procuro gentilmente da solo, perdendo sangue. A causa della mia condizione potrei essere più soggetto a malattie i giorni prima e dopo la Luna Piena. E ciliegina sulla torta, ci sono i sintomi del mio particolare ciclo maschile» concluse facendosi via via più compiaciuto per la faccia del Black.

Sirius sbuffò «Touchè» concesse di malavoglia.

Passò qualche minuto così, con i tre Malandrini che cercavano di distrarre Harry e James, sentendosi estremamente fieri quando riuscivano a strappare loro un sorriso. Sirius raccontò di come avesse trovato, miracolosamente, un patto con suo padre per farlo venire per almeno due ore da James. Sirius se ne era uscito, con una buona dose di sfacciataggine, che era consapevole del fatto che loro non sopportavano lui. Quindi, semplicemente, perchè non toglierselo dalle scatole appena ne giungeva l'occasione?

Sua madre non era dello stesso avviso, e nemmeno suo padre più di tanto, perché sapevano che uscendo da quelle casa, sarebbe stato felice (no no no, è peccato capitale rendere felice Sirius). Sirius aveva detto che se avevano accordato con la signora Potter di farlo andare a Potter Manor per una settimana, non capiva il problema di farlo andare per due ore! Aveva anche tenuto a sottolineare, che il funerale, non era una cosa divertente (anche se Sirius nella spiegazione agli altri aveva evitato la parola "funerale" quasi fosse diventata una parolaccia – o forse qualcosa di più terribile, dato che Sirius se ne fregava altamente di dire o no le parolacce – e l'aveva sostituita con "quel che andava a fare" o qualcosa del genere...)

Remus raccontò di come aveva scorto un'anziana, probabilmente del villaggio vicino, camminare da sola per le campagne mentre percorrevano i trecento metri per giungere di fronte al Manor (Protezioni e quant'altro non permettevano di smaterializzarsi più vicino). Disse che non sembrava tanto sana di mente, forse era addirittura una zingara. Portava con sé un carrozzino con dentro un cagnolino, che non sembrava dei più puliti. Quando l'aveva osservata per troppo tempo, questa si era voltata e gli aveva urlato parole volgari, chiedendogli cosa aveva da guardare («Cosa guardi, eh?! COSA GUARDI, EH?! Brutto figlio di-»)

Un po’ tutti e tre avevano raccontato le loro vacanze, gli episodi più comici. Peter era andato in spiaggia e aveva incontrato un mercante piuttosto insistente, che voleva vendergli qualcosa della sua merce. Peter ci era stato un po' vicino, poi aveva cercato di toglierselo di mezzo gentilmente, ma lui insisteva, finché, dopo il quarto tentativo, Peter, irritato, gli aveva detto che i braggioli con quel coniglio grigio su due zampe (il mercante aveva ciarlato qualcosa a proposito di “Bigs Bunny” o “Bugs Bunny”, il biondino non ricordava) non gli servivano perché sapeva nuotare e che gli infradito ce li aveva, quindi poteva pure andarsene perché stava rompendo. L’uomo, dopo avergli rivolto uno sguardo offeso, se ne era andato. E poi Peter si era beccato una ramanzina da sua madre per la scortesia. Ma lui comunque era rimasto nella sua idea, quel mercante lo stava a dir poco molestando.

Quando Sirius terminò il suo racconto, riguardante lui e Regulus che avevano usato delle grucce particolarmente grandi a mo’ di spade, inscenando una furiosa battaglia. (per poco la gruccia di Sirius non aveva centrato l’occhio di Kreacher, venuto a chiamarli per il pranzo.  Era stato costretto da Regulus a chiedergli scusa e quest’ultimo, alla fine, aveva pure vinto la battaglia.), calò il silenzio.

Remus si era guardato distrattamente intorno, osservando la sciarpa di Grifondoro messa sulla spalliera, la scrivania di mogano scuro tutta disordinata (C’erano pergamene, boccette d’inchiostro, qualche Frisbee Zannuto e un Boomerang Rimbalzatutto), l’angolo –quello più ordinato della stanza – dove era posata una custodia, probabilmente contenente la Nimbus 1400. Vicino al letto, appese al muro, c’erano due foto dei Malandrini, e abbandonata distrattamente sul comodino, c’era una foto di James e Fleamont che sembrava piuttosto recente. Il Signor Potter era su una scala vicino a  un grosso albero di natale, pieno di palline rosse e oro, e di fatine che fungevano da luci natalizie. Il padre di James in mano aveva una stella enorme, che sembrava piuttosto pesante. E sembrava anche  che Fleamont stesse perdendo l’equilibrio; di lato si vedeva la faccia preoccupata di un elfo domestico, mentre dal bordo della foto usciva dal nulla James, che cercava di mantenere la scala.

«Era il Natale scorso» disse d' un tratto quest’ultimo, avendo seguito lo sguardo di Remus. Gli altri si voltarono a guardare, mentre James sorrideva in modo nostalgico «Te lo ricordi, Sirius?»

Il Black annuì, sorridendo lievemente anche lui «Quel giorno tuo padre si è salvato da una bella botta» sussurrò.

«Perché non ha fatto mettere la stella direttamente all’elfo?» chiese Peter, prendendo la foto e guardandola. James si passò la mano fra i capelli «Una stupida tradizione che vuole fare» spiegò, con lo sguardo lontano «Mio padre mi disse che non c’era proprio un perchè, quando glielo chiesi. Disse che un giorno, quando avevo solo otto mesi,  si era svegliato, e aveva pensato che avere una tradizione di famiglia a Natale fosse una cosa figa» Disse con un misto di divertimento e malinconia.

Gli altri lo guardarono in silenzio.

Quasi rise «Tre anni fa insistette a mettere uno gnomo pietrificato con il tutù in cima all’albero. Mamma non poteva crederci»

«Non mi stupisco più di tanto» intervenne Sirius ghignando «Mi ricordo ancora quando mise un piccolo razzo Filibuster nel panettone.»

James sghignazzò, ricordando la faccia di sua madre, che era quasi caduta dalla sedia quando, tagliando il panettone, ne era uscito fuori un piccolo razzo (che aveva rotto un vaso, per di più) «Vi ricordate quando giocò a scacchi con Regulus?» chiese a Sirius e Harry.

«Quando i pezzi gli davano dell’incapace e si rifiutavano di muoversi?» ridacchiò Harry.

«Papà non ha usato quella scacchiera per il resto delle vacanze natalizie!»

«Non vi ricordate la scorsa estate?» intervenne Peter sorridendo «Voleva aiutare Becky a cucinare la crostata e ha fatto esplodere il forno!» James, Harry, Remus e Peter si ritrovarono a ridere, ricordando la faccia completamente stravolta di Fleamont, nero in faccia e con i vestiti bruciacchiati.

Seguirono istanti di silenzio pacifico, mentre James sorrideva apertamente, guardando qualcosa che solo lui poteva vedere.

James non sapeva come si sentiva. Centinaia di ricordi che contenevano suo padre gli sfrecciavano davanti agli occhi, brutti o belli, tutti quanti. Aveva riso, stava sorridendo, ma allora che cos’era quella sensazione di pesantezza al petto?

Quasi gli impediva di respirare.

«Alla fine l’ho chiesto anche a mamma» disse d’un tratto James, deglutendo.

«Cosa?» chiese Sirius confuso.

«Perché papà voleva mettere sempre la stella in cima all’albero. Lei mi diede una risposta diversa, ma non so se papà, quando propose di mettere lo gnomo con il tutù, si ricordava ancora di aver detto una cosa del genere» sussurrò, ma nel silenzio della stanza, sembrava quasi che stesse parlando con tono normale.

«Mamma mi disse che quando lo chiese a papà anni fa, lui gli rispose che da piccolo, lui e zio Charlus, avevano sempre voluto mettere il tocco finale all’albero, ma i miei nonni non glielo permettevano. Era troppo alto, dicevano. Così ha deciso che per festeggiare il primo Natale con me, avrebbe finalmente messo lui stesso l’ultima decorazione in cima all’albero. Fece un paragone assurdo, dicendo che, secondo lui, tutte le palline belle e colorate erano tutte le gioie della loro vita, le fatine erano i dolori, e la stella, la decorazione più grande, luminosa e in evidenza, era la più grande delle gioie.» Deglutì «Ed ero io»

Quella pesantezza al petto era forse dolore?

Dolore… perchè ormai suo padre lo poteva vedere solo attraverso i ricordi.

«Sdolcinato.» borbottò Jamie «Probabilmente ha influenzato pure me» sembrando completamente assente, come se si fosse dimenticato che era in una stanza, con gli amici che lo osservavano attentamente, pronti a supportarlo e a capirlo.

James guardò la foto del Natale scorso, deglutendo ancora e sbattendo rapidamente le palpebre, con gli occhi più lucidi del normale.

«Non so per quanti anni non gli ho detto chiaramente che gli volevo bene…» disse con voce rotta «Vorrei tanto dirglielo ora, in questo momento… ma non è più possibile.»

E voleva dirgli anche che era vero, che era il miglior papà del mondo.

Sirius gli mise un braccio intorno alle spalle, in un gesto di solidarietà.



 
Noi eravamo come voi, voi sarete come noi.

Al funerale c’erano un bel po’ di persone, tutti amici, parenti, e qualche pozionista o membro del ministero che aveva avuto modo di conoscere Fleamont.

«Una persona sempre disponibile per gli altri…» «…un grande cuore e un padre e marito eccezionale…»
James sentiva a tratti il discorso, quando gli capitava di cogliere qualche parola. Non credeva che questo fosse il modo più adatto per descrivere suo padre. Quelle erano parole vuote, dette da uno sconosciuto che di suo padre non sapeva neanche il nome fino a pochi giorni fa.

Suo padre era un padre bizzarro, ti aspettavi che ti rimproverasse per una piccola bravata e ti ritrovavi ad accettare complimenti. Era sdolcinato e buffo, severo per questioni importanti, insopportabile quando voleva. Un’esplosione di felicità e di continui sorrisi.

«…un amico per molti...» «...I momenti con lui sono preziosi per tutti…»
I momenti con lui sono preziosi per tutti.

No, non era vero.

I momenti con lui non erano solo questo.
I momenti con suo padre erano gelati mangiati poco prima di cena («E ora chi lo dice a mamma?» «Meglio non dirlo proprio, figliolo. Fidati.»)e rispondere male a domande inopportune.

 Erano rimproveri per essere entrato di nascosto nel suo laboratorio di pozioni, ma continuare a entrare comunque. Erano lucchetti magici che sigillavano la porta ed erano ghigni gongolanti di lui mentre vedeva la sua faccia stupita.

 Erano partite a Quidditch e una scacchiera che veniva usata quasi ogni sera, ingredienti disgustosi da comprare e passare quando lui glielo chiedeva.  Erano una mano passata giocosamente fra i capelli ed erano discorsi bizzarri in cui ti ci ritrovavi a discutere.

Erano lunghe chiacchierate fuori alla terrazza e sdolcinati monologhi di lui riguardanti la mamma, erano i suoi lamenti per la vecchiaia che si avvicinava ed erano uno sbuffo mentre lo si guardava ingozzarsi di marmellata.

Erano tante piccole cose belle e semplici, ma fondamentali.



Fu con uno sguardo vuoto che James vide la bara di suo padre venir trasportata, mentre sua madre lo abbracciava, ormai apertamente in lacrime.

Zio Charlus e zia Dorea erano abbracciati, la moglie singhiozzava, mentre Charlus sembrava completamente estraniato dal mondo, gli occhi lucidi e persi. Il loro figlio, Gabriel, appena ventiduenne, aveva lo sguardo basso e lontano.

I Malandrini avevano delle facce cupe, e camminavano al fianco di James. Remus strinse forte la spalla sinistra del corvino, che mai come ora, era sembrato tanto diverso.

La bara fu sotterrata, e ora “Fleamont Potter” era solo uno, dei tanti nomi, scritti sulle lapidi di quel cimitero.


*


Il treno rosso a vapore, l’Hogwarts Express, sgargiante e particolare con quel colore, emetteva nuvole di fumo e la gente già iniziava a salirci sopra.

Il primo settembre era un giorno particolare sia per maghi sia per i Babbani. I giovani maghi partivano di nuovo verso la scuola, i più vecchi li dovevano salutare perché non li avrebbero visti per tre mesi, se si contava che tornavano per le vacanze natalizie.

I Babbani invece, si vedevano sfilare davanti strana gente con i mantelli, che portava un carrello con sopra un grande baule e una gabbia, che poteva contenere un gufo, un gatto, un rospo o altri animali che generalmente loro non avevano come animali domestici. Alcuni di loro credevano anche di aver visto certa di quella gente venir assorbita dalla barriera che c’era tra il binario nove e dieci, ma poi scuotevano la testa, pensando che era impossibile e ricominciavano a camminare.

Di certo non potevano immaginare che di lì a pochi metri c’era un altro binario, con tutte persone strane che facevano partire i figli per una scuola di Magia di cui loro non sapevano nemmeno l’esistenza.

Euphemia abbracciò forte James, più a lungo del solito, e questi non fece niente per ritrarsi.

«Non voglio lasciarti a casa da sola» sussurrò James incerto. La madre sorrise leggermente e gli scompigliò i capelli «Non ti preoccupare, Jamie» lo rassicurò.

«E ricordati che ti voglio bene» disse morbidamente, poi.

«Anch'io» sussurrò il figlio sorridendo, mentre varie persone gettavano occhiate nella loro direzione.

La notizia era circolata, tutti sapevano della morte di Fleamont Potter, e James già non ne poteva più di quelle occhiate pietose. Sapeva che il rientro a scuola sarebbe stato difficile, con tutte quelle persone che lo guardavano con pietà e sussurravano alle sue spalle.

Ma davvero, un po’ di discrezione?! Ad esempio, quella ragazza, che lo stava guardando da tre minuti, non poteva, maledizione, smettere di fissarlo?! L’attenzione, stare al centro dei riflettori, non era mai stato un problema per lui, ma quando si trattava di… questo, quelle attenzioni non erano gradite.

Raggiunse gli altri quattro Malandrini - allontanati per lasciare loro un po’ di privacy-  che aveva trovato prima tra la folla.

Salirono sul treno, notandolo fin da subito strapieno. Si diressero verso la fine del treno per il loro scompartimento, il quale percorso comprendeva un lungo corridoio. Con tanti scompartimenti, con tante persone. Sfoderò sorrisi e si finse allegro, non mostrando di sentire i mormorii. I suoi amici assecondavano la sua recita, loro malgrado.

Si beccò occhiate sconcertate, ma a lui non importava. Meglio ricevere sguardi sorpresi che compassionevoli. Ma comunque li sentiva, i sussurri, e si chiese perché avevano scelto proprio uno scompartimento così lontano, e ora il percorso gli sembrava interminabile.

Sussurri, sussurri, dita puntate addosso, occhiate, occhiate.

James non avrebbe mai detto, fino a poco tempo fa, che un giorno avrebbe pensato una cosa del genere: essere popolare aveva i suoi lati negativi. Perché se fosse stato un qualsiasi studente, lo avrebbero decisamente calcolato di meno.

I Malandrini erano intorno a lui quasi a formare una barriera, Remus e Peter dietro e Harry e Sirius davanti. Cercavano di far ridere davvero James, mentre fulminavano gli studenti che si sporgevano per vedere il loro amico (quasi fosse una rara specie di animale) , e certe occhiatacce di Sirius e Harry furono capaci di far rintanare immediatamente i più piccoli nello scompartimento.

«Una vera disgrazia…»
«Dicono un attacco a Diagon Alley…»
«Certo che sembra quasi non importarsene…» «Ti dico che finge.»
«Chissà come sta…»
«Fleamont Potter… la sua pozione Lisciaricci mi è stata davvero molto utile… gli sarò eternamente grata. Un peccato che sia morto.»
«Ci sono state tante vittime!»
«I due Potter erano proprio lì…»

«È solo un Traditore in meno.»

L’ultimo commento fece congelare il sorriso a James, che si fermò di botto.

«Cos’hai detto?» ringhiò Sirius, guardando truce il Serpeverde.
Ma James passò direttamente all’azione, e ora quel deficiente non sussurrava più, troppo impegnato a tenersi il naso sanguinante.

«Potter!» esclamò inviperito l’amico della serpe, anche lui della stessa casa*

«Sì, hai ragione, dovevo colpirlo più forte» borbottò James, toccandosi il pugno, un po’ sporco di sangue.

«Tu-»
«Cosa succede qui?» domandò una voce autoritaria, i sette si voltarono, vedendo una ragazza dai capelli castani e gli occhi verdi. La spilla con scritto "Prefetto" luccicava sul petto.

«Andate immediatamente tutti nei vostri scompartimenti!» esclamò «E anche voi» continuò, rivolgendosi alle teste di studenti che spuntavano dalle porte degli scompartimenti. «ORA!»

Tutti, borbottando, rientrarono dentro, inclusi i due Serpeverde. Il Prefetto guardò dispiaciuta James.

«Mi dispiace molto per tuo padre, Potter.»

La seconda condoglianza in un giorno, perfetto. Anche Regulus non si era fatto mancare, naturalmente. Davvero, apprezzava, ma non aveva la più pallida idea di come gestirle.

«Anche a me» mormorò James.

«Però evita di tirare pugni» lo riprese.

Il corvino ridacchiò «Ci proverò.»

«Bene» la ragazza gli gettò un’ultima occhiata di rimprovero, poi si voltò e si diresse verso il vagone dei prefetti.



Finalmente entrarono nello scompartimento, e appena James vi fu dentro, il suo sorriso cadde lentamente, mentre si sedeva sul sedile sospirando. Poi osservò il paesaggio fuori dal finestrino, che sfrecciava davanti ai suoi occhi.

«Jam?»
«Si, Siry?»
«Più tardi facciamo uno scherzo a tutti i Serpeverde, che ne dici? Una piccola vendetta.»
«Ci puoi contare, caccabombe?»
«Caccabombe.»
«Ma perché a tutti loro?»
«Perché così è più divertente, Pete.»
Peter osservò Sirius perplesso, prima di scrollare le spalle «Come volete voi.»

Harry ghignò, mentre annuiva.

«Remus, stai con noi?» chiese James sorridendo leggermente. Il licantropo sospirò, se risollevava il morale a Jamie…

«Sì, va bene.»

Poco dopo passò la signora con il carrello, e comprarono un bel po’ di dolci. Remus esultò quando trovò una figurina che non aveva, Amarillo Lestoat, che scoprì i canini appena lo vide. Purtroppo a Remus mancavano ancora un botto di figurine: ce ne aveva solo centoquattro.

Peter trovò anche Guendalina la Guercia, e gliela donò senza esitazione. A lui non importavano le figurine, ma solo la rana di cioccolato, che per altro per poco non gli scappò.

James e Sirius si stavano divertendo ad assaggiare le Caramelle Tuttigusti +1.

 «AH!» urlò quasi «Brucia, brucia!» esclamò, sventolando la mano davanti alla bocca.  Sirius sghignazzò.

«Peperoncino piccante?» domandò, James annuì, poi lo guardò. «Dammi dell’acqua, maledizione!»
Sirius lo guardò un attimo, e Remus lo guardò a sua volta. «No no no» mormorò, capendo cosa stava per avvenire.

«Aguamenti.»

«Sirius no!»

James si ritrovò zuppo dalla testa ai piedi, poi tossì per l’acqua andata di traverso.  Guardò scandalizzato il suo migliore amico «COSA CAZZO HAI FATTO, RAZZA DI MONGOLOIDE!!?» urlò alzandosi di colpo «Intendevo una bottiglietta d’acqua per Merlino!»

«Non hai specificato niente» replicò Sirius innocentemente, James gli gettò un’occhiata storta «e comunque non vengo dalla Mongolia»

«E questo che c’entra?»

«Mi era sembrato che mi chiamassi mongolo-ide» Sirius sfoderò un sorriso accattivante.

James sospirò «Fattelo dire francamente, Sir: le tue battute fanno schifo»



Dopo pochi minuti si era cambiato i vestiti, mettendosi la divisa. Questo lo aveva infastidito, perché erano solo a metà viaggio, e così sembrava un bravo scolaretto.

Solo quando ormai si era cambiato, Harry, ridacchiando alla sua faccia sorpresa, aveva asciugato i vestiti, facendo uscire dalla bacchetta un getto d’aria calda.

«Tu… tu… mi hai fatto cambiare quando potev-»

«Esattamente, Jamie, esattamente.»

«Perché a me?!» si lamentò allora l’amico, appallottolando i suoi vestiti senza neanche prendersi il disturbo di piegarli.

Harry alzò le sopracciglia «Perché no?»


.
«Vi dico che il vagone che più pullula di Serpeverde è il terzo» disse Remus esasperato. Ne era assolutamente certo, ci era passato di lì e aveva visto molte facce conosciute in Serpeverde.

«Io invece dico che ce ne sono di più nel secondo vagone!» insistette Sirius testardamente.

«Abbiamo fatto lo stesso percorso ragazzi! Come fate ad avere opinioni diverse?!» Harry alzò gli occhi al cielo. Stavano perdendo più tempo a stabilire il vagone più pieno di Serpeverde che a organizzare lo scherzo in generale «Comunque, il più pieno è il terzo» continuò poi.

«Secondo» disse James, sostenendo Sirius. Poi tutti si voltarono verso Peter, che dopo essersi accorto che la decisione era nelle sue mani, prese a mordicchiarsi le unghie.
«Allora, Peter?»

«Ehm» il biondino fece Eeny, meeny, miny, moe** mentalmente.

«Terzo…» disse incerto, sperò che James e Sirius non lo azzannassero.

Remus sorrise vittorioso.

«Io mi fidavo di te!» esclamò drammaticamente Sirius, mettendosi una mano sul petto. Peter spalancò gli occhi. «È il terzo, ne sono certo» mormorò. Eeny, meeny, miny, moe non sbagliava mai, giusto?

«Bene, tu hai le Caccabombe nel baule, vero Jamie?» chiese Harry battendo le mani, sorridendo, il ragazzo annuì.

«Quelle nuove?»

James scosse la testa, mentre si alzava per prendere il baule dal porta-bagagli sopra, Harry si alzò per aiutarlo.

Remus inarcò le sopracciglia «Le nuove?» domandò. Avevano fatto addirittura delle nuove versioni? E perché il fatto che Sirius e James fossero così ben informati rendeva il tutto terrificante?

«Una nuova versione. Una singola Caccabomba di questa versione, quando esplode, creerà la puzza che fanno due caccabombe della vecchia versione» Spiegò concitato Sirius, con gli occhi grigi che brillavano «Non vedo l’ora di provarle!»

«Queste sono le vecchie che già avevo, ma io le avevo comprate quelle nuove» se ne uscì James «Quando… siamo andati a prendere Harry. Poi ho perso la busta nel caos generale che si era creato… per l’attacco» continuò, tenendo gli occhi bassi, con la scusa di dover cercare la scatola di Caccabombe tra i vestiti.   

L’aria dello scompartimento scese di parecchi gradi, o almeno, questo parve a Remus.

«James?» pigolò Peter, torcendosi le mani, intanto il corvino sembrava aver trovato la scatola, prendendo a spostare magliette e pantaloni per prenderla. «Tu… ehm… voi… non ci avete mai raccontato come… c-come è andata»

James si irrigidì, bloccandosi nell’atto di spostare dei boxer, mentre Harry si voltò di scatto verso il biondino che per altro, ora era bersagliato dalle occhiatacce di rimprovero di Sirius e Remus. «Se non vuoi farlo, non fa niente!» si affrettò ad aggiungere allora, parando le mani davanti a sè, con le guance che si imporporavano leggermente «Solo… fa bene parlarne, no?»

Con le Caccabombe ormai dimenticate, il corvino chiuse con studiata lentezza il baule senza neanche rimettere i vestiti al loro posto. «Sì, hai ragione» disse.

«Hai ragione» ripeté mormorando, mentre si alzava. Poi si sedette sul sedile, annuendo fra sé e sé. «Forse dovremmo raccontare» disse mentre guardava Harry.

«La scelta è tua» si limitò a dire l’altro, deglutendo.

«James, non è che sei obblig-» iniziò Remus con tono gentile.

«No» lo interruppe  il diretto interessato «Voglio… dirvelo. Magari dopo… sarà più facile…»

Si diceva questo, giusto? Ci doveva pur essere un fondo di verità. I suoi amici sapevano solo la versione della Gazzetta del Profeta, sapevano le vittime, sapevano che non c'era stata possibilità di scampo, sapevano tutto questo. Ma non sapevano cosa era realmente accaduto, non sapevano come era morto suo padre, non sapevano ciò che aveva fatto e visto. Non sapevano ciò che aveva provato.

E allora prese a raccontare, con tono inespressivo, rivivendo tutto davanti ai suoi occhi. Si rivide scappare alla folle ricerca di suo padre, si rivide sparare incantesimi a caso, rivide maledizioni che volavano da una parte all’altra mancandolo per poco, rivide persone ferite e alla ricerca di un rifugio, il fuoco e gli edifici crollati.

E disse tutto quanto, a ruota libera, e Harry non aveva osato interromperlo. Riprendeva fiato velocemente ogni qualvolta, perché se si fosse fermato per troppo tempo, non sapeva se sarebbe riuscito a continuare.

Era difficile raccontare, ma lo fece lo stesso.

«Volevo solo trovarlo… e poi lo vidi… duellava con una Mangiamorte» strinse i pugni.
Sirius si tese, spalancando gli occhi «U-una Mangiamorte? Una donna?»

James annuì «Non so chi era, aveva il volto coperto, ma sicuramente era una donna.»

Sirius scosse la testa, improvvisamente più pallido.

Non poteva essere lei.

Si rifiutava di crederci. Non perché non la giudicava capace di un simile atto, ma perché se era stata lei… se era stata lei, la sua famiglia, la sua stessa famiglia aveva ucciso Fleamont. Non voleva far parte della famiglia dell’assassina di Fleamont Potter.

Come avrebbe reagito James a sapere che sua cugina aveva ucciso suo padre? Come lo avrebbe trattato sapendo che la famiglia del suo migliore amico aveva distrutto la sua, di famiglia?

Probabilmente non gliene avrebbe fatto nemmeno una colpa, dicendo qualcosa sul fatto che era diverso dalla sua famiglia e che non era colpa sua.

Ma Sirius, volente o nolente, era pur sempre un Black. Come sarebbe riuscito a comportarsi allo stesso modo con James, consapevole degli atti dei Black?

Non ci sarebbe riuscito, no che non ci sarebbe riuscito.

«No, Sirius, non può essere» pensò «L’avrà detto per atteggiarsi… forse non è vero che è l’unica.»

«L’ho visto contorcersi e… urlare…» continuò intanto James passandosi nervosamente una mano fra i capelli. «È stato terribile vederlo così… la maledizione Cruciatus è… un incubo proprio come la descrivono…»

«Poi Harry l’ha attaccata e hanno preso a duell-» James si interruppe, aggrottando le sopracciglia.

Si ricordò il duello, che fino ad ora aveva trascurato, e che anche a Diagon Alley non aveva tenuto tanto in considerazione. Era troppo preso dalla battaglia e da suo padre per pensare ad altro.

Scattante e veloce, Harry aveva attaccato la Mangiamorte, sparando incantesimi con le labbra serrate, senza una sola formula.

Troppo abile, troppo strano.

«Jamie?» lo chiamò Remus guardandolo intensamente.

Il corvino scosse la testa «Dicevo… hanno preso a duellare. Mio padre mi ha pregato di non fare niente ed io… gli ho dato ascolto. Forse ho sbagliato, forse no, ma mi aveva pregato, quasi disperato, e non ho saputo dirgli di no. Poi all’ultimo… la Mangiamorte ha lanciato un Avada Kedavra e… è successo quel che è successo» disse, portando lo sguardo fuori dal finestrino, dal quale si vedevano le allegre campagne verdi della Scozia.

«Ho dovuto lasciare mio padre lì, e un Auror ci ha portato a casa» il tono di James si affievolì man mano, mentre faceva mente locale.

Smaterializzati di fronte ai cancelli, questi si erano spalancati. E lui non aveva fatto niente.

 Era stato Harry. Era stato Harry che li aveva aperti.

Allora aveva pensato che ci fosse qualche difetto, ma alla fine non aveva chiesto a sua madre se c’erano o no.
Gettò una lunga occhiata ad Harry, che aveva lo sguardo basso.
Doveva chiedere a sua madre. Se c’era un difetto, allora il tutto era comprensibile, ma se non c’era… era tutt’altra cosa.



I Malandrini scesero dal treno, e sentirono un Serpeverde lamentarsi della sua puzza di cacca.

«Vedi che forse è perché non ti lavi dopo averla fatta» lo provocò Sirius, passandogli accanto.
Ma entrambi sapevano che non era così. Il vagone era stato invaso da caccabombe, e gli sfortunati Serpeverde si erano ammassati alla porta per sfuggire alla puzza. Pochi erano riusciti a uscire.

«Spero che questo sia l’anno in cui verrete espulsi» sibilò il ragazzo. James scosse la testa, sorridendo divertito.

«Impossibile, Silente ci adora» disse, scrollando le spalle.

Arrivarono le carrozze, e James notò che erano trainate da cavalli neri e scheletrici, con delle grandi ali di pipistrello sul dorso. Da quando avevano messo i cavalli? Cos’era questa novità?

Le preferiva senza, quei cavalli erano piuttosto inquietanti e sgradevoli a primo impatto.
«Sirius»
«Mm?»
«Lo sapevi che avrebbero messo i cavalli quest’anno?»

Sirius aggrottò le sopracciglia «Dove?»

James indicò il cavallo «Lì! Alle carrozze!»

Sirius alzò le sopracciglia, guardando il punto secondo lui vuoto «Non c’è nessun cavallo Jamie. Le carrozze non sono trainate da niente, come al solito.»
Il corvino lo osservò confuso.

«Sei uscito di testa, Sirius? Ci sono dei cavalli!» insistè, anche se, ora che ci faceva caso, nessuno li stava guardando quei cavalli.

Come se non esistessero.

«Forse sei tu ad essere uscito di testa, fratello» Disse Sirius, scrollando le spalle «Su dai, vieni» poi si avviò verso la carrozza, dove Remus e Peter li stavano aspettando.

James restò immobile, chiedendosi se forse avesse qualche allucinazione.

«Sono Thestral» disse una voce, James si voltò di scatto, guardando Harry.

Quest’ultimo sorrise leggermente. «Non siamo pazzi, non ti preoccupare. I Thestral sono cavalli che possono essere visti solo da coloro che hanno visto in faccia la morte. Ci sono sempre stati.»

James aggrottò le sopracciglia «E come fai a saperlo?»

«È in Storia di Hogwarts» inventò Harry. Credeva che ci fosse. Forse Remus ne sapeva qualcosa.

James guardò di nuovo quei cavalli, che sembravano tanto cupi e inquietanti. Quasi a rispecchiare la morte. Il corpo di suo padre, colpito dall’Avada Kedavra e caduto a terra, gli tornò in mente, facendolo irrigidire. Quei cavalli non facevano altro che ricordargli quel maledetto momento.

«Sai cosa ti dico, Harry?»
«Cosa?»
«Che non auguro a nessuno di vederli.»







*È una serpe inviperita : in-viperita… vipera. Serpe… serpente. Una serpe in-viperita. Serpente… vipera…Capito? :D Ok, la smetto, le mie battute fanno più schifo di quelle di Sirius…

** una specie di versione inglese di “Ambarabà ciccì coccò” ci sono molte versioni di questa canzoncina, alcune volgari e razziste. Peter canta: “Eeny, meeny, miny, moe / Catch a tiger by the toe / If it hollers let it go, / Eeny, meeny, miny, moe.”




Angolo Autrice
Ciao a tutti! Mi scuso per L’IGNOBILE (Qui cito Lee Jordan) ritardo, ma questo capitolo mi è stato difficile da scrivere. Non sapevo che scriverci, soprattutto nella seconda scena, oltre al fatto che mi sono resa conto di dover riscrivere tutti gli eventi che avevo programmato per il terzo anno (e perché no? Anche degli altri). Quando ho fatto la “scaletta”, quando scrivevo ancora il primo anno, l’ho fatta molto alla leggera e sbrigativamente, pensando che, tanto mancavano ancora tanti capitoli.
E ora sono giunta qui, e devo rifarla. Sono molto intelligente, lo so… bravissima Sabrina, che non te ne sei accorta prima.
Nonostante io non sapessi che scrivere, alla fine è uscito un capitolo lunghissimo (8.195 parole, ancora devo crederci. Senza contare le note.)
Spero che, oltre a essere lungo, sia anche uscito bene, perché altrimenti era meglio farlo più corto ma più bello.
Vado piuttosto di fretta, non posso commentare tutto il capitolo, scusate.
Dico solo che, la frase all’inizio della seconda scena, è una frase su molti cimiteri. Volevo metterne una che sta nei cimiteri inglesi, dato che i personaggi sono in Inghilterra, ma davvero, non avevo voglia di andarle a cercare (però ci ho provato, e non è uscito niente di decente). È piuttosto cupa, però mi piaceva…
Oltre al fatto che ormai non mi sento più di dire che aggiornerò ogni… tot giorni, o settimane. Mi dispiace tanto, la studio prende parte del mio tempo e a volte mi capita di non aver voglia di scrivere, e se non ho voglia, viene un disastro. Quindi sì, cercherò di aggiornare il più presto possibile, ma non posso garantirvi niente, scusate.
Baci, e al prossimo capitolo.
P.S. mi scuso per eventuali (tanti, sicuramente) errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. in questo capitolo dovevano essere presenti anche Lily e Marlene, ma alla fine, mi sono detta che stonava scrivere di loro.





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, che mi fa sentire un'idiota, perchè non noto neanche la metà degli errori quando rileggo il capitolo XD

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Capitolo 37
*** Dai lamenti al putiferio ***


Dai lamenti al putiferio


James si stava dirigendo tranquillamente verso la Sala Grande, quando fu attirato e stritolato in un abbraccio. Quel che riuscì a distinguere, con gli occhiali tutti storti, furono dei capelli biondo sporco.

Non molti studenti sembravano gradire il fatto che si fosse fermato lì, nel bel mezzo del salone d'ingresso mentre un viavai di gente si dirigeva verso la Sala Grande, ma alla testolina bionda non sembrava importare.

«Lene...» sussurrò con voce stentata, alla ricerca di ossigeno che la ragazza, con le sue braccia, sembrava stesse cercando di bloccare.

Marlene si staccò lentamente, guardandolo in modo apprensivo «Scusami James, mi dispiace così tanto per tua padre... quando ho letto la Gazzetta non potevo crederci-»

«Tutto ok, è tutto ok» la interruppe James, ricevendo uno sguardo molto dubbioso e scettico da parte della bionda.

Jamie sbuffò, con un sorrisetto. «Ma perché tutti vogliono vedermi depresso...!»
Marlene gli diede uno schiaffetto piuttosto forte sul braccio «Non dire scemenze.»

Intanto, il corvino vide con la coda dell'occhio nientepopodimeno che la Evans, che si stava avvicinando ad Harry.

Lily guardò per interminabili secondi l'amico, prima di inclinare la testa, guardandolo intensamente, quasi a scrutargli dentro. Probabilmente ci riuscì. «Come stai?» chiese dolcemente.
Harry scrollò le spalle «Sto.» Si limitò a rispondere.

La rossa annuì, anche se non credendoci, poi lo tirò a sé delicatamente e lo abbracciò.

«Stai da schifo, vero?» mormorò piano, al suo orecchio. «Sì» ammise Harry con un sospiro.

Cose del genere a lei non si potevano nascondere. Con i suoi occhi verdi, che Harry aveva ereditato, riusciva a scavare e scavare ancora dentro di te, sempre più in profondità. Tanto empatica, da riuscire a immaginare il dolore degli altri. Sinceramente, il diciannovenne era sicuro di aver ereditato quegli occhi, ma non era altrettanto sicuro di aver ereditato anche la loro abilità.

Lily gli accarezzò leggermente la schiena, infine si staccò, in assoluto silenzio.

E poi fu il turno di Harry di sentirsi mancare l'ossigeno. La ragazza guardò divertita la sua amica, che abbracciava fortemente il corvino.

 «Anche tu vuoi attentare alla mia vita, Marlene?» ridacchiò Harry.
Distolse lo sguardo e si voltò verso James Potter, che osservava i due con lo sguardo di chi la sapeva lunga, ma quasi come attirato da una sorta di magnete, si voltò verso di lei.

Bene.

Lily iniziava a sentirsi a disagio. Naturalmente era dispiaciuta per Fleamont Potter, la ragazza era sicura che fosse un grand'uomo, poiché sopportare Potter fin dall'infanzia non era alla portata di tutti, ma solo di pochi eletti. Poteva solo immaginare il dolore che James stava affrontando, ma credeva di riuscire a capirlo. Se suo padre l'avesse lasciata così...

Ma rimaneva il fatto di non saper che fare. Cosa doveva dire a colui con cui, giusto l'anno scorso, ci litigava in continuazione fino a raggiungere l'isteria? Cosa doveva dire a colui che veniva bersagliato continuamente dai suoi insulti?

Doveva abbracciarlo? No, assolutamente fuori luogo.

Doveva fare le condoglianze? Probabile. Ma dopo? Lily poteva quasi sentire già il doppio disagio che ne sarebbe conseguito.

Doveva chiedere come stava? Domanda idiota.

Per Merlino! Perché con Potter doveva essere tutto più complicato?!

E mentre le vocine nella testa di Lily lottavano per prevalere una sull'altra, la rossa notò Potter osservarla confuso, e dedusse che dalla sua faccia si leggesse tutto.

«Evans? Stai bene?»

«Me lo chiedi a me!» sbottò Evans, indispettita ed incredula «Tu piuttosto come stai? Oh, no, scusami, mi rendo conto che è una domanda stupida da fare!» disse agitata «Mi dispiace tanto, Potter, nessuno si merit-»
James, inaspettatamente, scoppiò a ridere. Lily spalancò gli occhi.

«Io cerco di parlare in modo civile con te- e a stento riesco a credere di aver appena detto una cosa del genere- e tu mi scoppi a ridere in faccia?!» esclamò indignata, osservando in modo truce James.

«Scusami, Evans...» esalò quello sorridendo «Oh, è che è strano vederti così impacciata... Sei ancor più carina così» disse ammiccando «Anche se da arrabbiata sei molto attraente, te lo confesso.»

Lily osservò il ghigno del corvino, e quegli occhi nocciola dietro gli occhiali, giocosi e irritanti. E si disse che James Potter non sarebbe mai cambiato, traumi o non traumi.

«A me attrae molto l'idea di vederti esplodere una pozione letale in faccia» ribattè piccata. Jamie alzò gli occhi al cielo, palesemente divertito.

«Sempre e semplicemente James Potter e Lily Evans, ricordati.» cantilenò, ricevendo uno sguardo confuso.

«Su! Muovetevi! Ragazzino, attento a non cadere!» si sentì urlare, e Harry la riconobbe immediatamente come la voce di Hagrid.

I primini.

«Ragazzi! Tra poco entrano i primini!» esclamò.

«Giusto!» rispose Lily, notando solo ora il corridoio completamente deserto. Si diressero velocemente verso la Sala, e poi presero posto, e le amiche di Marlene e Lily, per un motivo a loro ignoto, si erano sedute a fianco ai Malandrini.

«Si può sapere dov'eravate finiti?» sbottò Sirius «Vi abbiamo perso tra la dannata folla!»
«Attraiamo donzelle, Sir, tu che ne puoi capire...» lo liquidò James.

«Ti assicuro che il fascino Black ne attira molte.»

«Ci tengo a specificare, Potter» intervenne Lily, seduta a fianco ad Alice «Che se mai annuncerò di essere perdutamente innamorata di te, dovrete tutti rinchiudermi in un manicomio, perché sicuramente sarò uscita pazza.»
«Pazza di me, vorrai dire.»
«Pazza di torturarti, vorrai dire.»

Le porte si aprirono ed entrarono una fila di primini, tutti in fila per due e nervosi. James fu costretto a chiudere bocca.

«Ma perché li fanno sempre più piccoli?» sussurrò Sirius confuso.

«Parli tu, dall'alto dei tuoi tredici anni...» borbottò ironica Mary.

Sirius le gettò un'occhiataccia. «Secondo me, » se ne uscì Peter, quasi solennemente «non sono loro a essere sempre più piccoli, ma noi a essere sempre più alti»

«Mi hai tolto le parole di bocca» disse Remus, con un sorrisetto.

Dopo la filastrocca del cappello, iniziò lo smistamento, mentre i poveri studenti, quelli che già frequentavano Hogwarts almeno da un anno, aspettavano pazientemente il loro cibo.

«Eccoci per un nuovo anno!» esclamò Silente, quando Pauleen Young, l'ultima bambina rimasta, andò a sedersi al tavolo di Tassorosso. «Non temete, le vostre pance non aspetteranno oltre per ascoltare le chiacchiere di un vecchio bacucco. Voglio dirvi solo qualche parola, e cioè: piroetta, cotoletta e babbuino!» continuò allegro.

«Almeno le ha cambiate» pensò Harry, distrattamente, piuttosto divertito.

E tra gli applausi degli studenti, si risedette con un sorriso mesto.

Sirius esultò quando comparve il cibo, servendosi immediatamente.

Harry, mentre prendeva un po' di arrosto di manzo, si sentì leggermente osservato. Si voltò alla sua sinistra, dove sedeva Marlene.

«Che... cosa c'è...?» chiese, sotto lo sguardo critico dell'amica.

«Da quando non dormi?» domandò lentamente, osservandolo per bene, questa volta. Non aveva propriamente l'aspetto di una persona sana.

«D-dall'attacco» balbettò l'altro distogliendo lo sguardo, si sentiva messo sotto raggi x. E non era una bella sensazione.

«E credi che dormirai, ora che sei tornato qui?»
«Mmm... sì? Spero. Forse no. No, non dormirò.»

Al silenzio di Marlene, alzò lo sguardo dal piatto, volgendosi interrogativo verso di lei. Dopo un po', la bionda sorrise leggermente.

«Se non riesci a dormire, ricordati che sono sempre disposta a fare le nottate per mangiare Caramelle Tutti Gusti +1 in compagnia» ammiccò con un po' di rossore sulle guance, ricordando il loro primo incontro.

Harry ridacchiò «Me ne ricorderò, Lene, me ne ricorderò...»


*


Pochi giorni dopo, James se ne stava immobile con una lettera in mano, sbattendo le palpebre.

Cacao, dopo aver mangiato qualche nocciolina, volò via, diretto alla Guferia.

«James?» lo chiamò Remus, con un sopracciglio alzato «Ti vuoi cortesemente muovere che tra dieci minuti inizia Cura delle Creature Magiche?»

«Uhm... certo» rispose il corvino, piegando rapidamente la lettera, e mettendosela in tasca. Osservò di sottecchi Harry, quasi a studiarlo sospettosamente, poi gettò un'occhiata d'intesa a Sirius, con la speranza che la ricambiasse. Fino a poco tempo fa, sarebbe successo così. Perché il Black sapeva sempre quando James lo guardava. Ma Sirius non ricambiò.

Lui non lo faceva dall'inizio della scuola. E James era sicuro che non ricambiasse di proposito, perché lui sapeva che cercava il suo sguardo, ma faceva finta di non saperlo.

Non era più come prima. Non era più pazzo e idiota, i silenzi erano aumentati, e non erano piacevoli, ma erano tesi, per un motivo che James neanche sapeva

Era continuamente di malumore e scontroso, e lui aspettava e aspettava, attendendo il momento in cui Sir si sarebbe finalmente confidato.

Si poteva quasi dire che i Malandrini non fossero più Malandrini, e tutta Hogwarts lo aveva notato. James era esausto, Sirius era scontroso, Harry era cupo e beh... Remus e Peter non sapevano che fare per far tornare tutto a posto. Perfino la McGranitt si era preoccupata, vedendo James e Sirius zitti zitti durante la sua ora. All'inizio ne era stata contenta, ma poi aveva realizzato che il tutto era allarmante, arrivando addirittura a sperare che riprendessero a parlare. Almeno sapeva come comportarsi in quei casi.

Ma niente, Black se ne stava lì a giocherellare con la piuma, e Potter scarabocchiava distrattamente sulla pergamena, tappezzandola di “L.E.” e boccini svolazzanti.

Non aveva nemmeno la forza di richiamarli.
«Ora basta, Pete, alzati e lascia quella maledetta brioche! È la nostra prima lezione di Cura delle Creature Magiche! Che figura ci facciamo!» esclamò Remus alzandosi rapidamente, già con la borsa a tracolla in spalla, mentre strappava di mano a Peter il piccolo dolcetto.

Il biondino se ne stette un attimo immobile, guardando la mano vuota, prima di sbuffare «Era solo la terza...» borbottò.

Sirius si alzò svogliatamente, insieme agli altri due Malandrini.
«Dicono che è svitato» disse Harry, quando uscirono dal portone «e pazzo.»

«E che ha avuto sessanta periodi di prova in trent'anni di carriera» aggiunse Peter

«Oh, beh, una fortuna» sussurrò Sir, passando accanto a una ragazzina che lo guardava con occhi adoranti, senza calcolarla minimamente.

Giunsero al luogo della lezione, che si teneva nel parco. Ad aspettarli, oltre a vari studenti, c'era un signore sulla cinquantina, con i capelli di un grigio molto chiaro e degli occhi marroni e vispi. Era piuttosto in forma, aveva un braccio di legno, che terminava con due grandi branche.

La faccia era attraversata da un cicatrice che passava sull'occhio sinistro, e l'occhio destro, invece, era coperto da una benda bianca.

«È specializzato in Magizoologia, giusto?» chiese il Black, guardandolo con un sopracciglio alzato.

«Certo» rispose Remus.

«Vedo che è un lavoro sicuro» disse allora «Quando vorrò finire in infermeria per saltare le lezioni saprò a chi rivolgermi per dei consigli su come farsi male al meglio» continuò con sarcasmo.

«Buongiorno ragazzi!» esclamò il professore, sorridendo «Sono il Professor Kettleburn, e non spaventatevi vedendomi.» rise «Sono sicuro che uscirete da Hogwarts ancora perfettamente intatti.» proseguì, sotto gli sguardi curiosi ed incerti degli altri.

Spiegò l'importanza delle Magizoologia con passione, poi prese a spiegare cos'erano gli Jarvey, portandone qualcuno dentro una gabbia.

Erano delle creature molto simili ai furetti, ma più grossi. Avevano un'aria parecchio inacidita.

Il professor Kettleburn diede una serie di consigli su come calmarli e gestirli, magari dandogli da mangiare anche qualche topo o talpa, che lui stesso aveva fornito.

Li liberò, e questi presero a nascondersi nelle vicinanze, e agli studenti toccò andare a trovarli, con dei ratti morti in mano.

Camilla si rifiutò categoricamente di portare con sé un topo, e minacciò Susan di non fare coppia con lei se si fosse portata quel coso appresso.

La ragazzina, sospirando, l'aveva seguita a malincuore, dopo una piccola discussione.

A proposito... i Jarvey non erano creature... educate.

«Stupida ragazzina pallosa e pettegola!» urlò un Jarvey, quando Camilla lo trovò dietro un cespuglio, e scoprendo i piccoli canini, si diresse verso la caviglia della mora per morderla.

«Camilla!» esclamò Susan spaventata, ma un braccio di legno si mise di mezzo, facendo mancare il bersaglio a quella sottospecie di furetto.

«Pezzo di cacca!» strillò il Jarvey, rivolto al professore, prima di scappare via.

«Se avessi avuto un ratto, ti avrebbe trattato meglio, signorina Brown» disse il professore.

Si udì un lamento «Perché sempre a me?» si domandò flebilmente Frank, toccandosi la mascella dolorante, dove un Jarvey lo aveva colpito dopo avergli dato “dell' escremento ambulante”, prima di rubarsi la talpa morta.

Peter, che era riuscito a dare un topo morto a un Jarvey, senza ricevere alcun danno fisico, osservava in silenzio la creatura squartare il ratto per iniziare a mangiarlo dall'interno. Aveva una faccia bianca e tendente al verdognolo, gli occhi acquosi spalancati, quasi terrorizzati.

«Uhm, ehm...» deglutì «Non credi di aver mangiato abbastanza?» chiese intimidito al Jarvey, non sicuro che potesse capirlo o rispondere. Da quel che aveva capito, il Jarvey sapeva solo insultare. «Insomma... questo topo... è morto ecco... credo che sia ingiusto profanarlo in questo modo... Non sarebbe meglio... sotterrarlo? Non ti senti in colpa?»
«A questo punto dobbiamo diventare tutti vegetariani, Minus, altrimenti pure il pollo che mangiamo a tavola è una creatura profanata» intervenne ironico Cradge, il Tassorosso che era in coppia con lui. Aveva un Jarvey grigio in mano e lo accarezzava tranquillamente. Misteriosamente, era riuscito pure a farselo amico.

«Uhm, e... ma così è disgustoso... è una cosa ignobile... povero topolino...»
«Poveri polli...»

Peter sbuffò, per poi ritornare a guardare il Jarvey. Ma il Tassorosso sembrava voler continuare: «E lo sai che circa centotrentasettemilioni di polli vengono uccisi ogni giorno? Poi tutti vengono profanati, mangiati, tagliat- »
«Ok, ho capito!» esclamò il biondino spazientito, capendo che ormai Cradge si era proclamato difensore dei polli e avrebbe combattuto per la causa a costo di morire. «Ma almeno quelli sono buoni!»

Notò che il Jarvey lo fissava con occhi minacciosi, e rabbrividì. Vedere un simile animale, che ti guarda in quel modo, mentre c'era un topo squartato ai suoi piedi, con una piccola pozzanghera di sangue, non era propriamente un'immagine rassicurante.

«Figlio di un topo di fogna!» ringhiò quell'essere, avventandosi sulla sua faccia e assestandogli un forte pugno sull'occhio, nello stesso momento in cui il professore annunciava la fine della lezione.

«Ahi!» gemette Peter toccandosi l'occhio, mentre il Jarvey se ne scappava portandosi dietro la carcassa del ratto.

Ne avevano di forza quegli schifosi.

«Signor Minus, cos'è successo?» accorse il Professor Kettleburn preoccupato.

«Mi ha tirato un pugno sull'occhio» spiegò Pete sconsolato.
«Forte?»
Il ragazzo annuì.
«Meglio se vai in infermeria allora.»

Si alzò e insieme ai suoi amici, che decisero di accompagnarlo in infermeria, si diresse al primo piano.

L'infermiera gli raccomandò di tenere la benda per l'intero giorno, dicendo che entro domani mattina il suo occhio sarebbe ritornato come nuovo: la pozione doveva solo fare effetto.

Nel pomeriggio, si erano rintanati in dormitorio per la piccola pausa concessa agli studenti dopo il pranzo, per fare compiti o altro.

«Fa male» si lamentò Peter, sentendo il dolore aumentare. Era successo almeno tre volte per tutta la mattinata, Madama Chips aveva detto che questo significava che l'occhio stava guarendo.

«Ci credo, Peter» disse Sirius, stufo dei continui lamenti del biondino, “fa male” lo aveva detto sette volte in un'ora. «Ma solo un idiota si mette a dire a un Jarvey che il suo cibo fa schifo. Sembri una femminuccia» commentò poi aspramente.

Le guance dell'amico si colorarono di rosso «Parla Mister AiutatemiStoMorendoPerUnaPunturaDiZanzara» mormorò corrucciato, fra sé e sé, in modo talmente basso che nessuno lo sentì.

«Sirius, evita di sfogare la tua frustrazione sugli altri» lo redarguì calmo Remus, alzando lo sguardo dalla pergamena.

«Mi stai dando del frustrato?» sbottò Sirius.

Remus sospirò «No, non intendevo questo. Solo, non prendertela con coloro che non c'entrano niente con la tua rabbia. Non è che se tu sei arrabbiato, gli altri ne devono pagare le conseguenze.»

Il Black lo guardò un attimo «Scusami se mi sono rotto le scatole di sentirlo lamentarsi!» si adirò, allargando leggermente le braccia, in un gesto di stizza.

«Se gli fa male non può farci niente» rispose il licantropo, guardandolo con un sopracciglio alzato.

«E che se lo tenga per sè o che vada a lamentarsi da un'altra parte» sibilò Sir, con gli occhi ridotti a fessure.

«Ehi! Questo è anche il mio dormitorio!» intervenne Peter offeso, ma non venne calcolato minimamente, come se non fosse il soggetto della loro discussione.

Discussione stupida e basata su un nonnulla, peraltro.

«Facciamo così: Peter si lamenta di meno e Sir smette di scannare la gente, ok?» Provò James, volendo fare da paciere. Era consapevole che i lamenti di Peter non erano il vero problema, ma di una litigata fra i suoi amici non ne aveva proprio bisogno. Stava già bene così, grazie. Di problemi ce ne aveva abbastanza.

«Io non scanno la gente» sibilò Sir
«Assolutamente no»confermò Harry sarcastico, guadagnandosi un'occhiata omicida dal Black, a cui non fece neanche troppo caso.

«Vuole solo litigare, e lo sai benissimo, James» disse Remus guardando torvo Sirius.

«Dire così i fatti fa sembrare che qui solo io sia il problema!» Esclamò rabbiosamente Sirius, gli occhi grigi spalancati «Come se fossi l'unico pazzo stressato che si incazza con lo sfortunato di turno!»
«Ah, giusto, perchè tutti voi siete pacifici e sereni, allegri come se fosse il primo giorno di primavera!» Continuò poi, con scherno.

«Il fatto di non essere "come se fosse il primo giorno di primavera" non significa dover trattare tutti di merda» sbottò James, stringendo i pugni.

Sirius scosse la testa, con un ghigno tetro in faccia, inquietante. «Certo, meglio fingere, » Disse «e sorridere e sorridere.» Fece guizzare gli occhi da una parte all'altra, stizzito. «Preferisco mille volte il mio comportamento» concluse alla fine, freddo.

James percepì benissimo la frecciatina.
«Se tu stessi dall'altra parte, ti posso assicurare che troveresti insopportabili le persone che se la prendono con te SENZA ALCUN MOTIVO!» Ringhiò livido.

Peter osservava il tutto con gli occhi spalancati, poiché vedere James e Sirius litigare seriamente era qualcosa di innaturale. Se litigavano, significava che le cose erano messe davvero male.
Remus era indeciso se intervenire o no: non voleva finirci di mezzo. Pure perchè, nervosi com'erano, se la sarebbero presa pure con lui e il tutto sarebbe solo peggiorato.
Harry si alzò, avvicinandosi a James.
«James-» iniziò mettendogli una mano sulla spalla.

«No, Harry, no! Io voglio delle spiegazioni, perchè se devo essere trattato male, voglio saperne almeno il motivo!» Lo interruppe il ragazzo, scrollandosi la mano di dosso «Lui decide di trattare tutti così, all'improvviso, proprio quando ho più bisogno di voi, di lui!» Urlò quasi, a ruota libera.

«COME CAZZO FACCIO A STARTI VICINO QUANDO MIA CUGINA HA UCCISO TUO PADRE?!» Esplose Sirius.
Ecco, lo aveva detto.

«Bravissimo Sirius» pensò sarcastico «Un controllo della rabbia ottimale. Tu sì che ci sai fare»

Sapeva che era stata lei, ormai se ne era convinto. Se qualcuno gli avesse detto «Eh, beh, ma non hai prove!» lo avrebbe ucciso seduta stante. Lo sapeva benissimo che non aveva prove, ma la sua mente riusciva a immaginarsi con sorprendente facilità Bella che lanciava Cruciatus e uccideva Fleamont Potter. Se James gli avesse confermato che la Mangiamorte sembrava completamente pazza e infantile, con una voce stridula e da birichina, allora avrebbe solo confermato i suoi sospetti.

Solo Bellatrix poteva essere così.
Solo Bellatrix.

E conoscendola, se ci fosse stata un'altra Mangiamorte, si sarebbe fatta beffe di lei perchè non faceva parte dei fedelissimi del suo amato Signore Oscuro.

«LA MIA FAMIGLIA HA UCCISO IL TUO AMATO PAPÀ! IO FACCIO PARTE  DI QUELLA MALEDETTA FAMIGLIA!» Gridò, «È stata una Black e io sono proprio come loro! È colpa m- »

Gli arrivò un pugno dritto sulla guancia, talmente veloce che non aveva visto neanche l'amico avvicinarsi.
Si voltò a guardare James, scioccato, trovandoselo davanti, con una rabbia ardente negli occhi.
Per un attimo, pensò al peggio del peggio.

«Non osare, e ripeto, non osare finire la frase, Black. Non ci provare neanche, certe stronzate non le devi neanche pensare» disse il corvino, riducendo gli occhi a fessure. Sirius lo avrebbe trovato divertente se non fosse stato in una situazione del genere «Ti è andato forse di volta il cervello?!» Urlò poi «La prossima volta che provi a dire una cosa del genere, ti do un calcio direttamente negli stinchi!»

«Tu non c'entri un bel niente con la... tu non c'entri! La colpa è solo di tua cugina e... di Voldemort» gli altri trasalirono «E NO, NON HO PAURA DI DIRLO» si adirò Jamie, distogliendo per la prima volta lo sguardo da quello di Sirius, per guardare gli altri. Le tende del  baldacchino di Peter si strapparono.
«LUI È LA CAUSA DI TUTTO QUESTO CASINO...LUI HA RADUNATO TUTTI DEI MALEDETTI BASTARDI E LI HA FATTI MANGIAMORTE. IO PROVO DISGUSTO PER LUI» ruggì, i capelli sparati da una parte all'altra come se avessero appena subito l'esplosione di una mini-bomba sul cuoio capelluto.

«NON POSSO PIÙ VEDERE MIO PADRE PERCHÈ LUI QUEL GIORNO DECISE DI ATTACCARE DIAGON ALLEY, DI SBARRARE QUALSIASI POSSIBILITÀ DI FUGA! LUI... distrugge tutto quanto! Mia madre, sta a casa, da sola a piangere, e  chissà quanti altri parenti di persone che lui ha strappato da questo mondo. Voldemort non se ne frega niente, come non se ne fregano di striscio neanche i Mangiamorte!» Disse, con gli occhi leggermente lucidi «Non m'importa, non m'importa più di dire o no il suo nome, non m'importa più di niente!»
L'unica cosa che gli importava era riempire quel vuoto in petto, o di cicatrizzarlo.

Stava camminando avanti e indietro per la stanza, quando si fermò di scatto, guardando Sirius «E tu! Ti sei comportato come un emerito idiota per una cosa del genere! Tu non c'entri niente con quello che ha fatto la tua odiosa cugina, hai capito?» ringhiò, guardando truce Sirius «Tu non sei un Black da quando hai messo quella divisa! Non lo sei!  Tu sei completamente innocente, e non te ne faccio una colpa se provieni da una famiglia di matti! E ora, per cortesia, smetti di pensare simili cretinate e datti del coglione!!»

«Ma io-»

«Ma niente! Ti credevo più intelligente, per Merlino! Se è colpa tua, perché sei un Black» scimmiottò la voce di Sirius, con una smorfia ridicola «Allora lo è anche di Regulus, perché, nel caso tu te ne fossi dimenticato, anche lui è un Black! Che... ragionamento stupido... E quali altre scemenze hai pensato, eh? Che, essendo stata tua cugina quel giorno, starmi vicino era da ipocriti perché ne eri indirettamente responsabile? NO, SIR, NO! Tu non hai niente a che fare con tutto questo! Voldemort, tua cugina e i Mangiamorte hanno a che fare con questo. E forse è anche colpa del Ministero, che non è arrivato prima!»

«E mia» pensò dolorosamente Harry.

Vedere Sirius Black senza parole era qualcosa di unico e raro, degno di essere fotografato in modo che la foto finisse nei musei più pregiati. Sfortunatamente, nessuno aveva una macchina fotografica a portata di mano, quindi il momento non fu impresso su carta.

James sembrava aver finito la sua rabbia, e respirava leggermente affannato. Si passò una mano fra i capelli e prese la borsa con i libri.
Seguito dal silenzio, si diresse  tranquillo verso la porta.

«Ci vediamo a lezione» e uscì

Anche vedere James Potter dirigersi in anticipo per una lezione era qualcosa di unico e raro, degno di essere fotog- ok basta.

«Quante cose insolite sono successe in un quarto d'ora?» pensò Peter, smarrito.

Poi sentì una fitta di dolore all'occhio.

«Ahi,  fa male»  pensò, ma non si azzardò a dirlo ad alta voce.

Sia mai che si scatenasse di nuovo un putiferio.


*


Quando Sirius, nel suo dolce sonno, fu scosso con delicatezza, si limitò a  voltarsi dall'altra parte dicendo «Rem, altri cinque minuti»
Eppure avrebbe dovuto essere consapevole, anche nel dormiveglia, che Remus aveva ormai perso le speranze nel svegliarli con le buone maniere, quindi passava direttamente a quelle cruente (come buttarli giù dal letto, urlare nell'orecchio, dire che Piton era in dormitorio, inzupparli d'acqua, scagliarli in bagno e tante altre cose amichevoli).

Le scosse continuarono, e Sirius scacciò la mano, seppellendo la faccia nel cuscino.

«Sirius, svegliati, e dai» sussurrò una voce, che maledetta la persona che voleva svegliarlo, non si arrendeva.

«Vai a quel paese, Remus» mugugnò il Black.

La persona sbuffò «Sono James, idiota!» esclamò, anche se ne uscì più un sussurro stizzito che altro. Il cervello di Sirius elaborò lentamente l'informazione, e quando ci riuscì, le palpebre degli occhi si alzarono, prima piano piano, e poi veloci.

«James?» si voltò e osservò la faccia dell'amico, che si vedeva a malapena nel buio della stanza.

Buio.

«Che ore sono, James?» domandò lentamente.

«Le tre di notte» rispose con naturalezza l'altro.

Oh bene, dopo un giorno passato a chiedersi se le cose tra loro si fossero effettivamente aggiustate, ora poteva dire che era tornato tutto come prima.
Ne era contento, ma avrebbe preferito un altro  modo per capirlo. Non tutti gradiscono di essere svegliati alle tre di notte dal loro migliore amico.

Si puntellò sui gomiti, anche se in quel momento voleva solo maledirlo, ma preferì non farlo. Lo aveva trattato male già troppo, ultimamente.

«Cosa c'è?» chiese stancamente. La faccia di James si fece seria, e si sedette sul letto, incrociando le gambe. A Sirius non piacque la cosa, perché così si preannunciava una bella chiacchierata , e non era sicuro che in quel momento fosse nel pieno delle sue capacità mentali.

Metà dei suoi neuroni dovevano ancora svegliarsi.

«Devo dirti una cosa» iniziò il corvino.
«E devi dirmela alle tre notte?» borbottò il Black «Non possiamo aspettare domani mattina?»

«No» mormorò Jamie «Non riesco a dormire per mezzo di questa cosa.»
E altro, aggiunse Sirius mentalmente.

Ah, aveva capito... doveva fare da compagno notturno. La postura e la faccia di James suggerivano che di quel che avrebbe dovuto parlargli era qualcosa di abbastanza importante.

Sirius costrinse le sue gambe a muoversi, e si sedette anche lui.

«Parla, prima che mi penta di questa scelta» disse con tono basso, come James aveva parlato fino ad ora per non svegliare gli altri.

James sorrise leggermente, poi si sporse e prese la propria bacchetta dal suo comodino.

«Com'era quell'incantesimo che Harry ci ha insegnato per la privacy?» chiese pensieroso. Sirius lo studiò un attimo «Se si svegliano non è il finimondo, tranquillo»

«Non è per quello! Aspe... Muffleto? Mufflito?»
«Mu... Muffliato, mi pare» James annuì, poi agitò la bacchetta, dicendo la formula.

«Ecco» disse soddisfatto.

«Cosa vuoi dirmi?»

«Diciamo che... ho notato delle stranezze in Harry» incominciò il corvino.

«Ma davvero?» sussurrò Sirius sarcastico.
E lui che giudica Harry una persona perfettamente nell'ordinario...

James alzò gli occhi al cielo «Più del solito, ecco» si corresse, poi continuò prima che l'amico lo interrompesse di nuovo «Molto strane, e ora che me le sono trovate così strane, non posso più trascurarle. Non riesco a trovare una spiegazione che più ci azzecchi.»

Sirius aggrottò le sopracciglia «Nel senso che non sono le stranezze del tipo "Oh mio Dio come fa a sapere tutti questi incantesimi" oppure "Per Merlino, cosa gli successo in passato per renderlo così tormentato" ?» chiese velocemente, guadagnandosi uno sguardo stranito da parte di James.

«Esatto» confermò, con lentezza.
«E allora cos'è successo?»
«Durante la... battaglia, ha duellato con tua cugina. E lo ha fatto come il più bravo degli Auror.»

«Qindi tu pensi che, anche sapendo tutti quegli incantesimi, lui non dovrebbe comunque saper duellare così bene» continuò Sirius, meditabondo.

James annuì «Ne sono certo. Mio zio Charlus, che è un Auror, ci tiene a precisarlo sempre. Un mago può anche conoscere molteplici incantesimi, ma può comunque essere una schiappa in duello. Ci vuole pratica, per quello, devi essere veloce, preciso, con i riflessi pronti ed allenato.»

«E... inoltre, c'è una cosa ancor più strana» proseguì solennemente il corvino «I cancelli di casa mia.»

«Beh, Jamie, quelli saranno problemi d’arredamento... se a Harry non piacciono i cancelli, sono gusti suoi» disse Sirius, avendo anche la faccia tosta di avere un'espressione estremamente seria.

«Se a Harry non piacciono i cancelli di casa mia, me li compra di nuovi e me li sostituisce. Non è di certo un problema. Tanto un cancello serve ad entrare e uscire, basta che fa questa funzione e si è a posto» rispose sicuro James, scrollando le spalle «Ma non ha mostrato alcun problema, quindi mi terrò i miei adorati cancelli»

«Sì, meglio così, mi sarebbero mancati profondamente» approvò l'amico, annuendo in continuazione.

Seguì il silenzio.
«Ok, tornando a discorsi seri» riattaccò James sbrigativamente «I miei cancelli sono impostati in modo da aprirsi quando una persona dal sangue Potter fa un passo avanti. Harry lo ha fatto, e si sono praticamente spalancati! E io sono sicuro di essere rimasto fermo.»

«Forse c'è un errore nelle protezioni...»

«No, ho chiesto a mia madre, e la risposta mi è arrivata l'altro ieri, il giorno in cui ti ho tirato un pugno in faccia. Diceva che era tutto perfetto, e che non c'era alcun difetto» disse Jamie, leggermente scuro in volto. Sirius lo guardò incerto.

«Oh beh, insomma, fa di cognome Potter. Forse, in qualche modo...»

«Non fare lo stupido, che tanto sappiamo che non lo sei» sbuffò James, quasi stizzito «La mia famiglia è purosangue, e anche se probabilmente c'è qualche babbano da qualche parte nell'albero genealogico, è molto alla lontana! A questo punto, anche se Harry fosse imparentato con me, il sangue Potter, lo stesso sangue magico che c'è in me, sarebbe completamente perso in lui!» Esclamò.

Sirius sospirò «Cercavo solo di trovare una spiegazione che potesse essere almeno un po' logica. E poi c'è anche quel fatto strano: i genitori che lo lasciano al Paiolo Magico quando Tombemort è in circolazione» mormorò, cambiando nome a Voldemort come al solito.

James si chiese come facesse a inventare nomi ridicoli sul momento, quel giorno Tombemort, la scorsa volta Mr. Sociopatico, la scorsa volta ancora Voldino, poi Voldevit e altri ancora.

«Secondo te è qualcosa di grosso?» Domandò preoccupato James, Sirius lo guardò intensamente.

«Per tenercelo nascosto sì, immagino di sì.»
James si stese all'indietro.

«Sarà qualcosa di oscuro?»
«Molto probabile» rispose Sirius, facendo alzare di scatto il busto al corvino.

«Io invece non credo» affermò James, convinto. «Non credo sia qualcosa di oscuro»

«E cosa te lo fa pensare?» Chiese Sirius, alzando le sopracciglia.
James lo guardò come se fosse pazzo. Forse il cervello di Sirius doveva ancora un po' svegliarsi. «Harry non è oscuro, Sir! Non lo farebbe mai! Secondo me non è niente di cattivo, sarà solo qualcosa di importante.»

Che grande assurdità, conosceva Harry, e sinceramente immaginarselo a macchinare qualcosa di cattivo era piuttosto difficile. Sarà sicuramente qualcosa di importante, magari era più o meno la stessa situazione di Remus, che aveva paura della loro reazione.

«Se è così importante, e non è qualcosa di oscuro, perchè non ce lo dice?» Insistè Sirius.

«Avrà paura della nostra reazione, che ne so! Non sono mica Harry! Può essere più o meno nella stessa situazione di Remus» rispose James, spazientito «Non è che se qualcuno nasconde qualcosa significa che sta macchinando qualcosa di oscuro»

«Forse non è neanche consapevole di quel che è» aggiunse. Colse lo sguardo interrogativo dell'altro «Intendo che forse è qualcosa che neanche lui sa. Magari ha poteri particolari che lui deve ancora capire»

Gli si parò di fronte l'immagine di un Harry mezza Veela, o mezza Banchee. Poi lo vide nuotare nel Lago Nero, trasformato da sirenetto (o si diceva tritone?). Oppure si poteva trasformare in un vampiro a proprio piacimento. Oppure aveva il padre Lepricano.
Se lo immaginò insegnargli i passi per fare la mascotte dell'Irlanda. Quasi rise, all'immagine di Harry vestito di verde che danzava.

Sirius stette un attimo in silenzio, analizzando le parole di James. «Stai divagando» concluse.
«Sì, sto divagando»

«Vabbè, glielo chiediamo?» Suggerì James, e fu il suo turno di essere guardato come se fosse uscito fuori di testa.

«Le tue tattiche di investigazione fanno proprio schifo, fattelo dire!» Esclamò Sirius «Neanche per sogno! Non abbiamo sufficienti prove, e può mentirci.»

«Così lo fai sembrare una persona subdola» si lamentò il corvino.
Quale immagine di Harry si era andata a creare nella testa di Sirius, esattamente? In poco tempo da amico lo aveva trasformato nel sospettato di un investigazione del famosissimo Detective Black.
Osservò il tredicenne di fronte a lui, che guardava le coperte del letto con uno sguardo così intenso che tra poco si sarebbero perforate. Sì, era finito nei meandri della sua memoria, a cercare altri particolari strani in Harry.

Guardò di sfuggita la sveglia sul comodino di Remus.

3:42

Meglio non dirglielo.

«I genitori!» Mormorò Sirius con uno sguardo sorpreso e soddisfatto, come se avesse appena capito se era nato prima l'uovo o la gallina.

«Non li abbiamo mai visti» ammise suo malgrado James.

«Esatto! Non sappiamo i nomi, non li abbiamo mai visti, non sappiamo cosa fanno, Harry non riceve lettere da loro...»
«Forse sono entrambi babbani» disse James, ben sapendo che era un’ipotesi un po' stupida. Ma preferiva credere che fossero simili piccolezze «Non sanno mandare lettere, vanno in giro e non sanno del pericolo del mondo magico, e non possono venirlo a prendere vicino al binario 9¾ per mezzo della barriera»

Sirius lo guardò insistentemente.
«Anche se mi pare che alla Evans arrivino le lettere» sospirò sconfitto allora.
Si ricordò di lei che prendeva la lettera, tutta contenta, per poi leggerla a tavola. E poi si voltava, sentendosi osservata da lui, e alzava adorabilmente gli occhi al cielo.

«Oltre a questo, non capisco perchè dovrebbe tenercelo nascosto. Sa benissimo che non abbiamo pregiudizi.»

«E quindi che facciamo?» Chiese James, perchè farsi i fatti loro era fuori discussione.

«Il fatto è che, se non siamo certi nemmeno dei suoi genitori, c'è la possibilità che ci ha mentito sempre. Noi non sappiamo niente della sua vita al di fuori di Hogwarts.» Sospirò Sirius.

«Oh, andiamo Sir! Questa volta stai esagerando! Vedi che probabilmente farà parte di una setta segreta per pettinare al meglio i suoi capelli» sbottò James ironico.

«Nah, in quel caso ti avrebbe chiamato» liquidò Sirius.
«No, perchè a differenza sua, io amo il fatto che siano scombinati. Danno un che di affascinante.»
«Secondo me somigliano a quelli di un barbone»
«Il tuo parere puoi metterlo nel cassetto e chiuderlo a chiave, grazie.»

Sirius ridacchiò leggermente. «Credo che dovremmo dirlo anche a Peter e Remus. Magari ci aiutano» decise, ritornando serio.

James annuì «Mi sento un po' in colpa» però disse.

«Io mi sentirei in colpa se fossi Harry, tra i Malandrini misteri del genere non ci devono essere»
Erano migliori amici, i Malandrini non erano solo un gruppo che, secondo molti, avevano come obbiettivo la distruzione di Hogwarts, ma erano anche ragazzi uniti da una grande amicizia, che si sostenevano a vicenda nel momento del bisogno. Tutti e cinque sapevano quasi tutto dell'altro, soprattutto le cose più importanti. Prima Remus aveva nascosto di essere un licantropo, e forse lo potevano anche capire, poichè alla fine era stato proprio lui a rivelarlo. Il segreto era durato pochi mesi, ma Harry, probabilmente nascondeva qualcosa da tre anni.

Questa era grande pecca nel legame tra i Malandrini.

«Forse è meglio non giudicare se non si sa niente» sussurrò James.



Il giorno dopo, James e Sirius non furono maestri nel nascondere i loro sospetti. Quando credevano che Harry non li guardasse, lo osservarono con sorprendente attenzione. Il problema è che Harry se ne accorgeva, loro malgrado. James e Sirius avrebbero aspettato il momento in cui Harry era da qualche parte, e poi avrebbero parlato delle loro teorie agli altri due. Quindi, aspettavano il momento in cui Marlene o Lily sarebbero venute a chiamarlo.

 Però, quel giorno, guarda caso la sfiga, non lo chiamarono subito.

Ma anche una terza persona si era accorta di qualcosa.

«Harry, andiamo in biblioteca?» chiese Remus, gettandogli un’occhiata d’intesa.

«Certo» accettò Harry, poi si diresse insieme a Remus verso l’uscita della Sala Comune di Grifondoro.



Dietro vari scaffali, e vicino a una finestra, sedevano tranquilli a fare i compiti.

«Aett al plurale è Aettir, giusto? Sì…  Ok, nel Futhark ci sono tre Aettir. Aett di Freya, composto da: Fehu, Uruz, Thurisaz, Ansuz, Raido, Kenaz, Gebo e Wunjo» borbottò Harry applicato. Scrisse tutti i suoni e poi prese a fare i segni.

«Io non capisco» esordì «Perché devono complicarsi la vita in questo modo?  Tanto le lettere sono tutte in ordine nei gruppi, esattamente come sono scritte nell’alfabeto senza gli Aettir»

Come aveva fatto Hermione a non uscire pazza, al terzo anno? Quando faceva tutte quelle materie contemporaneamente?

«La serie di glifi runici rappresenta un percorso che attraversa i vari stadi archetipici della crescita evolutiva dell'essere umano, dall'infanzia, all'età adulta, alla maturità/vecchiaia» rispose Remus, leggendo la definizione del libro.

Harry sbuffò, poi riportò lo sguardo sul libro di Antiche Rune che aveva preso da uno scaffale. Andava molto nel dettaglio, e non era neanche sicuro di dover scrivere anche il significato divinatorio.

Ma Remus, successivamente, lo persuase a scriverlo.

Col passare del tempo, Harry si maledisse per aver ceduto.

Passarono minuti così, a scrivere tutte definizioni del primo gruppo. Harry mormorava in continuazione, ma Remus ci era talmente abituato che non ci faceva nemmeno caso, quasi lo giudicava rassicurante.

Stava  leggendo il significato divinatorio di Ansuz, magari per farne un riassunto,  dopo aver scritto il vero e proprio significato letterale.

«L’Ansuz, ricorda inoltre  che le risposte si trovano in sè stessi e nella natura. È sufficiente fare attenzione a ciò che accade e fermarsi per interpretare i segnali di tutti gli elementi che fanno parte della propria realtà-.» Harry si fermò un attimo dal leggere mentalmente.

Andò a leggere l’Ansuz capovolta.

«Ansuz, capovolta-  Se Ansuz esce capovolta avvisa che si sta commettendo un errore: un atteggiamento arrogante impedisce di ascoltare e non aiuterà a trovare le risposte che si cercano.»

Pensò agli sguardi di James e Sirius.

La battaglia.

James, Sirius.

Oh.

Oh no.

«Remus» mormorò, facendo alzare lo sguardo all’amico, mentre piegava il tema incompleto, velocemente «Andiamocene»
«Ma mi mancano solo Kenaz e Gebo…» protestò leggermente Remus, anche se prese subito a mettere a posto penna e calamaio quando vide l’urgenza di Harry.

Appena mise il libro nella borsa, fu tirato per il braccio,  mentre Harry lo trascinava fuori correndo.

«Ma che ti prende?» sbottò Remus, inciampò anche, ma Harry lo trascinava talmente velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di cadere. 

«Shhhhhhh» li rimproverò stizzita Madama Pince, ma il corvino non la calcolò minimamente.

Remus le fece un sorrisetto di scuse, prima di sparire dietro il portone.

Harry si guardava velocemente intorno, poi si diresse verso la porta di un’aula, la spalancò, e lo infilò dentro bruscamente. Entrò anche lui e chiuse la porta.

«Bene, ora mi vuoi spiegare perché mi hai trascinato qui come un ippogrifo impazzito?» chiese Remus infastidito, massaggiandosi il polso.

«James e Sirius» sussurrò Harry «Penso che sospettino»

«Penso che difficilmente avranno ipotizzato che vieni dal futuro» borbottò Remus, ironico.

«No, quello no, naturalmente. Ma credo che abbiano raccolto abbastanza indizi da capire che nascondo qualcosa» disse il Malandrino, passandosi una mano fra i capelli.

«Dici?» chiese Rem incerto «Io ho notato sguardi un po’ strani, ma dubito che l’hanno capito. Dovrebbero aver scoperto qualcosa di molto particolare per arrivare a questo»

James e Sirius avevano sempre fatto passare con naturalezza il fatto che Harry sapesse molti incantesimi, come anche il suo passato prima di venire qui. Il fatto dei presunti ‘genitori’ di Harry, non lo avevano notato, o almeno, questo credeva Remus.

«Ecco, appunto» gemette Harry, sedendosi su un banco. Evidentemente James non era abbastanza in stato di shock per non ricordarsi niente di quel giorno.

«Durante la battaglia, ho duellato con Bellatrix Lestrange, la cugina di Sirius. Diciamo che lei è… tra i Mangiamorte più temibili, e le ho tenuto testa. Davanti a James» spiegò Harry sconsolato.

«Come fai a sapere il suo nome?»chiese Remus, aggrottando le sopracciglia.

«Era famosa ai miei tempi» rispose il corvino scrollando le spalle «Ma questo non è importante. Quando siamo giunti di fronte ai cancelli di Potter Manor, questi si sono spalancati, appena ho fatto un passo avanti. Io credo che ci fosse qualche sorta di protezione, non lo so… È assurdo che si aprono così a qualsiasi persona. Credo che si aprano in questo modo solo davanti un Potter»

«Forse si sono aperti così perché c’era anche James.»

«Se fosse così, si sarebbe dovuti aprire appena smaterializzati»

«Hai offerto loro abbastanza indizi per capire che nascondi qualcosa su un piatto d’argento» costatò Remus.

«Lo so!» esclamò Harry, quasi disperato «Ma in quel momento non pensavo molto lucidamente, facevo le cose per istinto.»

È comprensibile, pensò Remus, quel giorno Harry era stato coinvolto in una battaglia e aveva assistito a una morte. James aveva notato simili particolari, appena detti da Harry, e li aveva sicuramente confidati a Sirius. Remus non sapeva come sentirsi al riguardo. Sapeva che il segreto di Harry era pericoloso, ma nascondere una cosa simile ai suoi amici non gli era mai piaciuta come cosa. Però doveva essere razionale, meno persone sapevano, meglio era. Si chiese quando sarebbe arrivato il momento in cui, James e Sirius si sarebbero spazientiti di questi misteri.
Una cosa certa però, è che non si sarebbero tenuti i sospetti solo per loro due.

«Credo che diranno tutto quanto a me e Peter, prima o poi. Per me non è un problema, ma Peter…» Disse.

«E a quel punto, » sentenziò Harry, stancamente «potrò dire ufficialmente di essere nella merda.»







Angolo Autrice
Ciao a tutti! Scusate per la lunga attesa, ma sono stata parecchio impegnata la prima settimana. Comunque, ecco qui il nuovo capitolo (Sì, Nag, avrai il tuo capitolo della domenica sera, contento? XD).
La prima scena, è dopo pochi attimi della terza scena dello scorso capitolo. Marlene e Lily si fanno vive, e diciamo che Lily capisce subito tutto. C’è una rara versione di Lily impacciata di fronte a James, ma capitela, non sa che fare per risultare coerente XD.
Nella seconda scena, si viene a sapere il comportamento di Sirius, scontroso e irascibile. James non sa cosa succede, trovandosi, giustamente, confuso a essere trattato così. Conosciamo anche il Professor Kattleburn! Ho scritto che ha avuto sessanta periodi di prova, ma fino al 1993 (anno in cui va in pensione) ne avrà altri due. E ci credo! Per una rappresentazione teatrale della Fonte delle Buona Sorte (quando Silente era ancora insegnante) per interpretare la parte della Serpe, ha portato un Ashwinder sotto incantesimo di ingozzamento. Questa esplose incendiando i frammenti di scenografia, e per un motivo o per un altro, tutti dovettero evacuare dalla Sala Grande per il fumo e il fuoco. Inutile dire che non ci fu più nessuna rappresentazione teatrale a Hogwarts, da quel giorno.
Per il suo aspetto, mi sono limitata a scrivere com’è in Hogwarts Mistery.
Peter fa da debole difensore dei topi, mentre Cradge (il tizio Tassorosso) è invece un convinto  difensore dei polli. Quando il Jarvey dà del figlio di un topo di fogna a Peter, volevo mettere un’altra espressione più divertente! Una specie di giochetto di parole!
Ero soddisfatta di averla trovata e poi… ho scoperto che era dialettale.
Sad story…
Comunque, a parte questo, si scatena il finimondo, in cui si passa dai lamenti di Peter a Bellatrix in un modo inspiegabile. E sì, James è in vena di dare pugni ultimamente XD
Un inevitabile scoppio di rabbia…
Da quel giorno ne sono passati due, e alle tre di notte James rivela i suoi sospetti a Sirius. Ogni tanto lasciano perdere la serietà, perché essere troppo seri per loro è complicato XD.  Sirius è da subito provenuto riguardo questo, mentre James vuole essere un po’ più cauto. Non crede che si deve essere così esagerati. Però, si capisce che entrambi sono piuttosto irritati per questo mistero che alleggia intorno a Harry.
Nella parte in cui Harry e Remus svolgono i compiti di Antiche Rune, per cercare le Rune ci è voluto un bel po’ XD. Ci sono molti alfabeti runici, ma comunque ero avvantaggiata perché avevo letto che quello usato in Harry Potter era l’Elder Futhark. All’inizio volevo scrivere il significato delle lettere, in particolare Ansuz, che corrisponde alla lettera “a”, ma questo non è l’unico significato! È associata al Dio Odino, significa ”frassino” o “quercia”, significa anche “ascoltare la chiamata”, ha molte parole chiavi… inutile dire che ero piuttosto confusa XD. Quindi ho optato semplicemente per il significato divinatorio di un sito che mi sembrava affidabile.
Harry trascina Remus fuori dalla biblioteca, e capiscono che ormai, pure James e Sirius ci sono arrivati, e niente.
Harry si considera nella merda.
Al prossimo capitolo!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 38
*** Rincorrere i segreti altrui, portando solo guai ***



Rincorrere i segreti altrui, portando solo guai
 
«Potter» la voce rigida della McGranitt fece quasi sobbalzare Harry. Si voltò, guardando la professoressa che lo osservava decisa e determinata.

«Si?»

«Nel mio ufficio» Harry spalancò gli occhi.

«Cosa?»
«Nel mio ufficio» scandì la McGranitt, guardandolo con un sopracciglio alzato.

La mente di Harry lavorò freneticamente. Cosa aveva fatto? Cosa aveva fatto di male senza che gli altri ne fossero coinvolti? Guardò con uno sguardo interrogativo i suoi amici, mentre Remus sembrava terrorizzato.

«Ok…» disse riluttante, si alzò e seguì la professoressa, e gettando un’ultima occhiata ansiosa ai suoi amici, che non era per il motivo che loro pensavano, uscì dalla Sala di Studio.

James e Sirius già esultavano interiormente.

Remus si alzò «Sapete che vi dico? Mi è tornato in mente che devo ancora fare il tema di Trasfigurazione. È piuttosto difficile, meglio che vada in biblioteca» disse prendendo la borsa in spalla.

«Cosa?» sbottò James, oh no, non poteva andarsene di nuovo. Era da due giorni che era così, Harry non li lasciava un attimo, e quelle rare volte in cui se ne andava, anche Remus lo faceva. A volte portandosi dietro Peter con una stupida scusa.

«Non andare! Lo fai dopo!» esclamò Sirius, cercando di convincerlo. Un Corvonero gettò loro un’occhiataccia.

«No, meglio ora.»Insistè Remus.

«Andiamo, Remus, che ne dici di andare insieme in biblioteca?» ghignò James, estremamente convinto di averlo incastrato.
«Shhhh» sussurrò lo stesso Corvonero di prima, infastidito dalle loro chiacchiere.

«È arrivato il figlio di Madama Pince» sibilò Sirius, facendolo ammutolire. Il Corvonero riprese a fare i compiti di Aritmizia, mentre il Black si voltava verso Remus con un sorriso sfavillante.

Remus sbattè le palpebre, schiarendosi la voce «No, verrete cacciati in tempo due minuti a causa dei vostri stupidi schiamazzi»

Peter, che sembrava poco interessato alla conversazione, sembrò essere colto da un’idea. Una speranza si accese in lui.

«Dopo ce lo fai copiare?» chiese. Remus lo guardò rigidamente.
«No»
Peter si sgonfiò «Ma non riesco a farlo» piagnucolò.

Da quel che Remus ricordasse, non aveva neanche visto Peter aprire il libro di Trasfigurazione. Tuttavia, colse la palla al balzo; James aveva già capito le prossime due frasi prima che venissero dette. Si sbattè una mano in fronte.

«Se vuoi puoi venire con me, così ti aiuto a farlo» propose, sorridendo gentilmente.

«No no, Pete!» cercò di dissuaderlo James, non volendo subire il corso degli eventi senza fare niente «Pensa… il silenzio della biblioteca, sui libri… ti annoierai a morte! Remus che ti spiega cose incomprensibili, ti viene il mal di testa… resta qui, Pete.» Poi abbassò la voce «Possiamo sempre rubargli il tema»

«Presente!» esclamò Remus, alzando gli occhi al cielo, Sirius lo liquidò con un gesto della mano. Non faceva niente se Remus non c’era, potevano benissimo informare prima Peter e poi lui. Sembrava quasi che Remus evitasse a tutti i costi di trovarsi da solo con loro senza Harry.

Minus lo osservava incerto. Remus, a quel punto, cacciò i suoi occhi da angelo che ingannavano quotidianamente i professori, facendoli dubitare che fosse un buon Malandrino.

«Peter» sussurrò, appoggiando le mani al lungo tavolo, ricoperto di calamai, piume, pergamene e libri, mentre gli  alunni studiavano. «Se copi poi dopo non capirai davvero… non imparerai niente. Poi quando la McGranitt ti farà le domande, non saprai rispondere. La Trasfigurazione ti sarà utile un giorno, Peter, ti pentirai di non averla studiata» disse con tanta gentilezza da far sentire in colpa Peter in caso di un rifiuto.

«Tutte stronzate, Peter» sussurrò Sirius, imitando il tono soave e ragionevole di Remus, anche se non gli uscì molto bene. Peter si sentiva conteso come una fanciulla tra due principi di due regni, e non era sicuro che gli piacesse quella situazione.

Sembrava che andare a studiare in biblioteca, o restare lì, fosse una decisione da cui dipendesse il destino del mondo.

«R-ragazzi» balbettò, tirandosi indietro.

«Peter» lo chiamò James gentilmente. Peter si alzò di scatto, non sopportando la fusione inquietante di James e Sirius che imitavano il tono di Remus, ottenendo solo l’effetto contrario sulle persone.

«V-vado con Remus» disse «H-Ha ragione»

Prese freneticamente il libro e la pergamena, e si diresse verso il licantropo. Remus gli sorrise.

«Hai scelto bene, Peter» disse soddisfatto.

«Ma si tratta di andare in biblioteca…»
«No, si tratta del tuo futuro» chiarì Remus sicuro, poi gettando un’ultima occhiata a Sirius e James, che lo guardavano male, si diresse insieme al suo amico verso la porta, come se non fosse successo niente.

Harry e Remus sembrava che ce la stessero mettendo tutta per non far aprire bocca ai due Malandrini.

Il fatto che tutto questo lo stavano facendo per una persona, Peter, Remus lo giudicava piuttosto assurdo. Harry non gli aveva chiesto niente, non gli aveva chiesto di filarsela quando lui se ne andava. Ma Remus, (a parte il fatto che voleva aiutare Harry) in fondo, non voleva trovarsi nella situazione di dover dire bugie ai suoi tre amici. Lo aveva già provato una volta, e non gli era mai piaciuto. Quindi scappava il più possibile.

Chissà se Harry provava una sensazione di oppressione in petto ogni volta che mentiva. 

Chissà se gliene importava qualcosa.

Remus scosse la testa quasi in modo veemente, guadagnandosi un’occhiata stranita da Peter.

Questo non era il momento dei dubbi.



Sta di fatto che, con la Luna Piena alta in cielo, provarono a fare l’ennesimo tentativo. Con la foglia di Mandragola piegata come al solito in sette parti, erano capaci di affrontare l’alito puzzolente, il cibo che diventava un po’ acido quando lo masticavano e le mosche che cadevano a terra appena aprivano bocca.

Remus aveva chiesto delicatamente a James se non volesse aspettare un po’, magari per riprendersi al meglio senza quella fastidiosa, viscida, verde presenza in bocca.

«Non è che prenderla in bocca mi cambia la vita, Remus.» Aveva sbottato il corvino.

Per fortuna, il primo giorno, andò tutto liscio.

Il secondo giorno, a Trasfigurazione, non andò tutto liscio.

La Professoressa McGranitt era una buona Capo Casa, dopotutto, e si preoccupava per i suoi studenti. Dopo i primi del mese di Settembre, in cui Potter e Black erano insolitamente silenziosi, e i loro tre compari giù di morale, la McGranitt aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva visto che era tornato tutto alla normalità.

Potter e Black che bisbigliavano, Lupin che li rimproverava (anche se in quel momento non era presente. Povero ragazzo, aveva avuto una notte terribile), e l’altro Potter e Minus che giocavano a tris (non sapeva se doveva esserne effettivamente contenta).

Tutto nella norma, insomma. James sembrava che si stesse riprendendo, e la conferma l’aveva avuta quando aveva trovato tutti i quadri del secondo piano al contrario, mentre le persone raffigurate al loro interno urlavano indignate, chi ricoperto di vino, chi aveva ricevuto un tavolo in testa, e chi era caduto sul lampadario.

Naturalmente, ripresi o no, le punizioni non si risparmiavano. Aveva cercato di cavar fuori qualcosa a Harry Potter, ma non ci era riuscita. Aveva mostrato una gran faccia tosta.

Potete capire la sua confusione quando li vide di nuovo tutti in silenzio, senza emettere il minimo fiato. Ma non sembravano arrabbiati l’uno con l’altro, e lì le sorse un piccolo sospetto.

«Per la prossima lezione mi dovete portare un tema di sessanta centimetri sullo Scambio» annunciò, Susan sbuffò «Potete andare» continuò poi, mentre tutti gli studenti mettevano a posto le loro cose e si accalcavano verso l’uscita.

«Tranne Potter, Black, Minus e Potter, per cortesia» finì di dire, i quattro si raggelarono.

Manco fossero pali, si girarono tenendosi rigidi e si diressero verso la cattedra, sempre rimanendo zitti.

La professoressa aspettò che i curiosi se ne andassero.

«Ho notato che siete stati… piuttosto silenziosi» la McGranitt assottigliò gli occhi, i quattro sudarono freddo. Peter sembrava prossimo allo svenimento, mentre progettava già la sua fuga in Messico in caso di condanna all’incarcerazione ad Azkaban.

«Cos’è successo?» domandò.

Harry non poteva davvero crederci, che dopo Voldemort, le torture, una guerra e tanto altro, aveva ancora paura della McGranitt.

Era qualcosa di inconcepibile.

I ragazzi si gettarono un’occhiata d’intesa, mentre intanto le loro sorti erano nelle mani di Sirius. Di solito era lui che si faceva avanti e mentiva.
Sapeva mentire, o meglio, sapeva dire le cavolate più assurde facendole sembrare veritiere grazie alla sua faccia che non tradiva la minima emozione.
Poteva anche dire che erano zitti perché erano scioccati dalla visione di uno snaso che si suicidava, e sarebbe riuscito a farlo sembrare vero.

Naturalmente, con qualche limite.

Black tirò fuori una pergamena e una penna, e gli altri lo imitarono. La prof aggrottò le sopracciglia.

«Forma di protesta» scrisse, per poi alzare il foglio.

Gli altri si limitarono a scrivere «Quello che ha detto Sirius»

La McGranitt alzò un sopracciglio «Forma di… protesta? Per cosa?»

Black sembrava molto appassionato mentre scriveva «Verso gli studenti che parlano durante le lezioni» gli altri tre alzarono il foglio di prima.

Harry gli gettò di sottecchi un’occhiata stranita (del tipo: «Ma cosa Merlino stai dicendo?»)

La professoressa credeva che ciò fosse quasi al limite dell’assurdo. I Malandrini che avevano intenzione di fare i bravi studentelli era qualcosa di davvero improbabile.

Mantenne la sua espressione scettica «E come mai la fate? Siete voi stessi studenti» interrogò.

«Noi vogliamo capirvi, professoressa, immaginiamo quanto sia difficile tenere tutti a bada» scrisse Sirius, guardandola dritta negli occhi.

«Crediamo inoltre che sia importante stare attenti alla lezione, quel che ci insegnate, potrà esserci molto utile in futuro»  scrisse James con un’aria da ruffiano, quasi palesemente copiando quel che aveva detto Remus.

«Tutti voi professori vi mettete d’impegno per questa scuola, per noi. Abbiamo capito che non rispettarvi è molto maleducato e irriconoscente» la scrittura di Peter era leggermente tremolante, e aveva le guance rosse rosse per l’agitazione.

 Harry gettò un’occhiata veloce alle altre risposte «In fondo, quel che fate, non è verso i vostri interessi, ma soprattutto verso i nostri. Quel che possiamo imparare qui, non riusciremo mai a recuperarlo in futuro. Tanto vale approfittarne»scrisse incerto.

Le sopracciglia della McGranitt raggiunsero altezze che gli altri comuni esseri viventi non potevano replicare.

Annuì rigidamente, mentre decideva se doveva far finta di crederci o no.
«Per quanto avete intenzione di non fiatare?» chiese.

«Per un mese… o due. Vedremo se questa forma di protesta avrà successo. Capisce che, in quattro (Remus si è rifiutato di farla. Crede che sia una stupidaggine e che nessuno ci darà conto. Un vero pessimista…) possiamo far ben poco, anche se siamo estremamente popolari e affascinanti. Oltre che carismatici, naturalmente. Cosa possono fare  quattro bellissimi ragazzi contro una massa di oltre cinquecento studenti? Dobbiamo essere realisti, professoressa. Quindi non ci dia troppe speranze» scrisse Sirius, talmente velocemente che la scrittura gli venne un po’ disordinata, ma tanto la McGranitt, grazie al suo lavoro, aveva imparato a decifrare anche le scritture più indecifrabili. Era un gioco da ragazzi leggere quella di Black.

«Possiamo congedarci, professoressa? Credo che il pranzo sia iniziato da qualche minuto. Ho molto appetito.» Scrisse James sorridendo, senza tuttavia mostrare i denti (sia mai che la foglia fosse incastrata fra questi).

La McGranitt li studiò un attimo, poi sospirò interiormente. Mentivano, era evidente, e probabilmente anche loro sapevano che non li credeva. Ma non sembrava che volessero gettare Mrs Purr nel lago, o far esplodere fuochi d’artificio nella serra, o colorare la barba di Albus, o cantare sul tavolo della Sala Grande, o dedicarle una serenata (0gni avvenimento riferito a eventi passati è puramente casuale)

«Andate» disse, sedendosi sulla sedia dietro la scrivania.

I Malandrini le rivolsero cenni di saluto rispettosi e si diressero verso l’uscita.
Black, dopo neanche due secondi da quando si era voltato, tossì violentemente.

Minerva si bloccò.

«Sbaglio o sento un odore familiare? Questa puzza, quando…» alzò lo sguardo, ma l’aula era deserta.

L’odore già dissolto nell’aria.
          
 
                                          
                                                                  *


James e Sirius osservarono serafici Harry andarsene grazie a un diversivo creato da loro.

Un primino era corso verso di lui «Harry!»aveva detto, i capelli rossi e gli occhi allegri. Il Malandrino lo aveva osservato confuso. «Ciao, sono Charley Bithes! Ho sentito che sei molto molto bravo in difesa, mi puoi aiutare per il tema? Per favooore, non riesco proprio a farlo! Sono al primo anno, quel che faccio io, per te, sarà una cavolata!» aveva esclamato, parlando in modo concitato, e prima che Harry potesse rifiutare, lo aveva preso per il braccio improvvisamente, trascinandolo con una forza che non ci si aspettava dal suo corpo mingherlino.

«Ehi ehi, aspetta!» aveva cercato di fermarlo Harry.

«Ragazzi, Harry Potter! Ci aiuterà ragazzi!» aveva urlato il ragazzino a un gruppo di amichetti, questi si erano alzati ed erano corsi verso Harry, come se fosse un animatore travestito da Topolino.

Harry aveva gli occhi spalancati dall’orrore, trascinato da una mandria di bambini.

Mentre era distratto, cercando di gestire la strana euforia dei primini dal fare un tema, Charley fece l’occhiolino a James. Poi si voltò, mentre sfiorava compiaciuto i due galeoni in tasca.



Prima che Remus potesse dire anche solo una sillaba fu bloccato da Sirius, e subì la stessa sorte di Harry: trascinato contro la sua volontà.

Mentre Peter correva dietro di loro, intuendo l’agitazione generale, Sirius, insieme a James, si tiravano dietro Remus.

Uscirono dalla Sala Comune, poiché il diversivo sarebbe durato pochi minuti e dovevano assolutamente nascondersi.

A un certo punto, Sirius mentre passava vicino al muro, notò una porta che non aveva mai visto.
Con Remus che si faceva ancor più bianco, raggiungendo le tonalità di un lenzuolo, Sirius spinse la porta, sentendo che qualsiasi aula ci fosse stata all’interno sarebbe stata ideale per parlare.

Era una stanzetta abbastanza confortevole, e i Malandrini (tranne Remus) si chiesero perché mai non l’avessero mai notata e soprattutto, perché ci fosse un luogo del genere in una scuola, in un corridoio dove solitamente ci si dirigeva a lezione.

Un tappeto dall’aria morbida era steso a terra, con vari cuscinetti sopra disposti in cerchio, e alcuni fogli erano messi ordinatamente su un tavolino, con qualche libro.
James si risvegliò dalla stupore e spinse tutti dentro, prima che Harry venisse a cercarli. Secondo i loro calcoli, e le rassicurazioni di Charley, sarebbe stato  impegnato per cinque minuti.

Chiuse la porta.

«Bene!» esclamò ghignando, lasciando perdere per quel momento l’unicità di quella stanza. Si sedette tranquillamente su un cuscino, incrociando le gambe.

Sirius e Peter lo seguirono a ruota, mentre Remus, dopo aver guardato con occhi spalancati i cuscini, sospirò e si sedette stancamente.

«Perché ci avete portati qui? Perché Harry non c’è?» chiese Peter con uno sguardo interrogativo.

«Mi avete rapito.» Sussurrò Remus osservandoli infastidito.

«Sì, più o meno» ammise James scrollando le spalle, come se fosse cosa da niente «Ma era l’unico modo per non permetterti di andartene. E comunque Peter, siamo qui perché dobbiamo parlare di una cosa che riguarda Harry, e che ci nasconde. Quindi, logicamente, lui non deve starci» spiegò.

«Oh» disse Peter perplesso «E cosa ci dovrebbe nascondere?»

«Non lo sappiamo, perciò stiamo facendo questa “riunione”» parlò Sirius lentamente e con eccessiva espressione facciale. L’alito puzzolente uscì ancor di più.

«Capisco benissimo, grazie» si difese Peter, indispettito.

Il Black sorrise divertito. E Remus si chiese fino a che punto dovesse mentire, se dovesse assecondare le loro teorie e supporre insieme a loro, o non assecondarle e non supporre niente.

Che cavolo doveva fare?
Da una parte voleva che gli altri lo scoprissero, dall’altra non lo voleva. Harry o gli altri? Egoismo o altruismo? Harry o l’Amicizia? Amicizia o Harry? Amicizia o Amicizia?

Amicizia.

Questo era il problema di fondo. Si maledisse quel giorno per essere stato sveglio fino alle due, maledisse la sua stupida curiosità, maledisse Harry per non l’averlo schiantato e avergli fatto un Oblivion, maledisse l’Incantesimo Vestigium, maledisse la libreria di suo padre e maledisse la sua testardaggine.

Maledisse un po’ tutto quel che lo aveva condotto a quello, perché se non avesse saputo niente di niente, se fosse stato cieco per un altro po’ verso le stranezze di Harry, ora sarebbe lì, interessato, ad ascoltare i sospetti di Jamie e Sir, facendo supposizioni e proponendole agli altri. Senza alcun senso di colpa, senza alcuna ansia e senza dover mentire.

Intanto, James e Sirius avevano preso a spiegare, con Remus che ascoltava distrattamente. Erano cose che già sapeva, ascoltava soltanto le loro supposizioni.

Si fece più attento al battibecco tra Sirius e James, sempre riguardo le intenzioni di Harry. Evidentemente, non avevano raggiunto ancora un punto d’incontro.

«Cosa potrebbe mai fare qualcuno a quest’età, Sir?» sbottò James, poi contorse velocemente la bocca, per rimettere la foglia di Mandragola al proprio posto.

Forse, se ascoltava e interveniva solo se interpellato, era meglio. E diceva una parte di verità. Una via di mezzo, insomma, no?

«Harry se è capace di duellare con Bellatrix, non vedo perché non dovrebbe saper fare altro!» esclamò Sirius, stizzito e gesticolando per evidenziare il concetto.

«È Harry!» ribadì James, gli occhi spalancati.

«E noi naturalmente sappiano tutto di lui! Dove abita, nomi dei genitori, del suo addestramento in duello, della super magia che ha imparato per rendere inutili le fottute protezioni di Potter Manor, fatta dai più abili maghi in circolazione,  ovviamente.» Si adirò Sirius, facendo trasparire il suo sarcasmo da ogni sillaba.

«Non puoi gettare tre anni di amicizia nella pattumiera. Non puoi smettere di fidarti di una persona solo per poco.» Sibilò il corvino «Io mi fido di lui.»

 «Come faremo durante la guerra?» pensò Remus sconsolato.

«Anche io!» sbottò Sirius, sulla difensiva.

James lo guardò come se avesse detto qualcosa di paradossale «E allora dimostralo, razza d’idiota!»

«Ehm» intervenne Peter, poiché la situazione stava degenerando «Credo… che non dovremmo essere così affrettati.»

Sirius sospirò, arrendendosi. Poi fece un sorrisetto, cercando di alleggerire la tensione «Affrettati o no, il qui presente signorino Potter du-»
«Uno»
«Due, ieri mi ha confessato di aver pensato che Harry fosse un sirenetto. O mezza Banshee, o mezza Veela»

Remus credette di essersi rotto un paio di costole nel tentativo di non ridere. Ma la sua faccia era talmente rossa, e i suoi occhi talmente divertiti, che si capiva benissimo cosa cercava di nascondere.

«Un sirenetto…?» esalò

«O una mezza Veela» rincarò la dose Sirius, facendo arrossire leggermente James.

«Scherzavo» borbottò, alzando gli occhi al cielo. Peter rideva liberamente, mentre Remus immaginava Harry correre saltellando per la scuola (in stile Heidi, per intenderci) con i capelli biondo lucente al vento.

Il biondino invece si stava divertendo ad immaginarlo nuotare allegramente per il Lago, spaventando i Serpeverde nei sotterranei. Magari qualche capriola… e qualche relazione amorosa con la Piovra Gigante.



«Oh, tesoro mio… nessuno mi hai mai cagato di striscio in novecento anni di vita…»
«Oh, Piovra, ma tu sei così viscida, così schifosa… come mai nessuno ti ha preso in considerazione? Vorrei tanto mangiarti-»

«Mi fai arrossire… ah, piccolo pervertito…»
«-Tagliarti in tante fettine e cuocerti al forno…»




«Se Harry fosse una mezza Veela» disse Remus, schiarendosi la voce «Avrebbe file di ragazze dietro»

«Oh beh, non è che se la cava tanto male» ridacchiò Peter.

Tutti risero leggermente, poi i sorrisi scemarono, e tornò il silenzio.

«Cosa ne pensi tu, Remus? Seriamente» mormorò James, quasi timoroso di rompere il silenzio confortevole. Ma mormorare o urlare non serviva a niente, perché subito nell’aria si fece strada una tensione, tutta irradiata da Remus.

Il licantropo l’osservò per un po’. Ecco, la Dea Bendata si stava dirigendo verso di lui, ma poi aveva sbattuto contro un palo, era rimasta stordita e poi era svenuta.  Perché fino a ora tutto era andato bene per lui.

Maledetto palo.

Remus ebbe l’impressione di aver maledetto troppe cose quel giorno.

«Credo che... abbia buone intenzioni. Secondo me c’è un motivo più che valido per cui non ce lo dice, forse non vuole coinvolgerci in qualcosa di troppo grande» disse, e nello stesso momento in cui vide le facce confuse degli altri, capì che forse  aveva detto un po’ troppo.

«Troppo grande?» ripetè Sirius «Cosa ti stai immaginando, Rem?»
«Niente di particolare. Forse anche io sto viaggiando troppo con la fantasia» chiarì immediatamente Lupin .

«Quindi che facciamo?» Peter pose la fatidica domanda, in cui tutti si lanciarono occhiate incerte.

«Beh… indaghiamo?» propose banalmente James, Sirius spalancò gli occhi.

«Oh, ma davvero? Pensavo che dovessimo spazzare i camini! Magari potevamo risalire alle sue origini tramite la pece, dato che i suoi capelli sono dello stesso colore! » disse sarcastico, fingendo meraviglia e stupore.

«Altro che Orion, il tuo secondo nome doveva essere Sarcastic» ribattè James. Si poteva dire che il sarcasmo fosse usato quotidianamente dal suo migliore amico.

«Non esiste questo nome» disse Sirius, con una faccia impassibile. Potter aveva l’impressione che così lo stesse prendendo ancor più in giro. Sventolò la mano in modo svogliato.

«Dettagli»

«Comunque, escludendo il fatto che sia una creatura, direi che è qualcosa al di fuori del catalogato. Nel senso, che non si trova sui libri. Forse dovremmo osservarlo più attentamente, e non farci sfuggire i dettagli» riflettè Sirius.

«Però vi prego» iniziò Peter disperato, con le mani giunte «Non fatelo notare troppo! Si vedeva come lo osservavate in questi giorni! Perfino io me ne sono accorto!»

«E quando avevi intenzione di dircelo?!» esclamò James allarmato. Forse anche Harry se ne era accorto, e quindi già immaginava che avessero capito qualcosa.

Oh, Merlino…

 «E tu, Rem?»
«Oh beh» balbettò il Lupo Mannaro colto alla sprovvista.

«Nel caso che uno di noi noti un avvenimento strano, o anche un misero di dettaglio, deve riferirlo agli altri componenti del gruppo dei Malandrini, tranne Harry, naturalmente. Tutto quello detto in questa stanza, deve rimanere segreto. E qui, dichiaro la riunione-semimaladrinesca chiusa. Grazie per l’attenzione» quasi urlò Sirius, per sovrastare tutti, con tono pomposo.

Gli altri si alzarono «Potevamo anche capirlo senza che tu usassi tutto il tuo vocabolario» disse Remus ironico, sorridendo leggermente, lasciando per un attimo da parte il fatto di dover poi raccontare tutto a Harry.

«Conosco anche altre parole. E poi è una comunicazione ufficiale, così fa più figo» replicò Sirius indispettito, dirigendosi verso la porta.

Uscirono tutti quanti velocemente, e poi camminarono con noncuranza nel corridoio, come se fino a poco tempo fa non stessero facendo supposizioni su uno dei loro più cari amici.

James si voltò indietro, per riguardare la porta della misteriosa stanza.

Davanti ai suoi occhi, questa scomparve.


*


I cinque, stretti come sanguisughe sotto al mantello dell’Invisibilità, si avvicinarono cautamente agli alti alberi.

«Ora, o mai più» sussurrò James. Era l’unico a non cacciare un fiato sgradevole, poiché la foglia l’aveva persa durante le elezioni della squadra di Grifondoro, facendo una capriola sulla scopa per mettersi in mostra con un gruppo di ragazzine. Sirius, dopo aver saputo del fatto, fu ancor più convinto della sua scelta nel non entrare ancora in squadra. All’inizio aveva detto «Il mio pubblico mi ama follemente, oltre al fatto che fare il telecronista, sfottendo pubblicamente James, è sempre un’esperienza emozionante» al che James gli aveva dato un pugno piuttosto forte sul braccio, e Sirius era scoppiato a ridere, dicendo che l’anno prossimo avrebbe provato ad entrare in squadra.

«Perché?» pigolò Peter, che tremava.

«Per Remus» rispose semplicemente il corvino, mentre il Lupo Mannaro osservava con occhi indecisi e timorosi la Foresta Proibita.

«Vi prego, ragazzi» disse, guardandoli supplicante «Non fatelo. Davvero, non ce n’è bisogno! Posso farcela da solo, ho resistito per sei anni, resisterò per altri!»

«Pff» sbuffò Sirius «E certo! Abbiamo buttato inutilmente due mesi al vento con delle maledette foglie disgustose in bocca! Ma per favore, Rem, non ci faremo fermare dalla “Foresta Proibita” e il fatto che nel nome c’è “Proibita” rende il tutto più allettante»

Harry alzò le sopracciglia «Bene, che ne dite di farci un accampamento intanto che decidete? » esclamò sorridente, sfregandosi le mani.

Tutti gli gettarono un’occhiataccia.

«Siamo Grifondoro o no?» domandò James in tono incoraggiante.

«Si!» risposero gli altri risoluti, tranne Remus, che non voleva entrare prevalentemente per il fatto che sperava ancora che i suoi amici si arrendessero in quell’impresa assurda.  Anche Peter aveva dato un sì esitante.

«Ci sarà un motivo se il Cappello ti ha messo in questa casata, vero Pete?» chiese James retorico, sorridendo al biondino
«Em… sì?»
«Esatto! E allora sei abbastanza coraggioso per questo! Difendi il tuo orgoglio, Peter!» esclamò.

 Minus lo guardò un attimo, poi, costringendosi ad assumere un’espressione convinta, annuì. James sorrise ed entrarono in quella selva che sembrava tanto oscura (e probabilmente lo era).

 
James stava andando completamente a caso, svoltando a destra e sinistra con l’unico obbiettivo di raggiungere il buio più totale, andando sempre più in fondo.

Benchè fuori dalla foresta, che sembrava quasi un mondo a parte, ci fosse il sole alto in cielo, dovettero accendere le bacchette, perché altrimenti rischiavano di inciampare in continuazione sulle radici.

Harry sembrava parecchio indeciso, e si mordeva il labbro in continuazione. Poi quando vide che James stava per svoltare a sinistra, decise di intervenire, prima che finisse male.

«Lì no!» esclamò agitato. James si bloccò.

«Perché?» chiese, con un misto di sospetto e sorpresa. Immagini di lunghe zampe grigie e pelose si affacciarono nella mente di Harry, lo scricchiolare causato dal camminare di quegli enormi ragni, ragnatele caliginose e occhi bianchi.

«Perché l’anno scorso seguii Hagrid di nascosto e vidi in lontananza dei grossi ragni» mentì.

Sirius spalancò gli occhi indignato «Sei… sei andato nella Foresta Proibita senza di noi?» esclamò, con una nota di tradimento nella voce, come se quello che aveva fatto Harry fosse un atto ignobile e vergognoso.

«Ha parlato di grossi ragni, per l’amor del cielo!» strillò Peter, mordicchiandosi le povere unghie. Indietreggiò, cercando di dirigersi al più presto verso il sentiero di destra. L’unica cosa che lo fermò dall’andare e lasciare gli amici lì, fu il pensiero di camminare da solo.

Per fortuna, lo strillo di Peter, spostò l’attenzione su di lui. James sospirò, poi assottigliò gli occhi verso la direzione dove Harry gli aveva detto di non andare, sperando di scorgere qualcosa. Non ci riuscì, quindi si diresse verso quella opposta.

«Muoviamoci»

 
Dopo pochi metri, raggiunsero il buio perfetto, la foresta era talmente fitta che si vedeva poco e niente. Faceva freddissimo, e Remus aveva avuto la brillante idea di usare la fialetta (che una volta doveva essere destinata a James), per accendere un fuocherello mentre gli altri si stringevano nei loro mantelli.

Avevano i piedi doloranti e non sapevano neanche dove erano, e nessuno aveva preso fino ad ora in considerazione il ritorno alla scuola.

Come ritornarci?

Ma erano troppo presi a cercare altro per badare a questo.

La bacchetta di Harry illuminò a terra, tra le piante, finche non trovò la benedettissima rugiada.

«L’ho trovata! L’ho trovata, ragazzi!» esclamò, James corse velocemente verso di lui, chinandosi a terra.

«Assistente!» chiamò il corvino, e Peter corse al suo fianco. «Cucchiaino in argento!»

«Prego, signore» disse professionalmente Minus, porgendogli pomposamente il cucchiaino, che brillava grazie al riflesso della luce, facendolo sembrava un Cucchiaino Divino sceso in terra, per salvaguardare la vita degli altri Cucchiaini (vita molto brutta, la loro. Anche se non c’è vita peggiore di quella della Carta  Igienica).

«Fialetta di cristallo!»
«Ecco qui, signore!»

James la osservò brevemente, ricordandosi di quando la rubò dal laboratorio di suo padre. Serrò la mascella e si concentrò sul prendere la rugiada.
Harry mosse la foglia, facendo cadere lentamente la goccia. James la raccolse con il cucchiaino, e la versò nella fialetta.

«Prendine un altro po’» disse.

Presero tre-quattro gocce di rugiada, e poi chiusero la fialetta. «E questa è di Sirius» stabilì James, affidandola a Remus.

Andarono avanti per un po’, cercando di ignorare gli scricchiolii sinistri che sentivano di tanto in tanto.

In conclusione, avevano quattro fialette in mano. All’inizio erano stati dubbiosi riguardo al fatto che se fallivano avrebbero dovuto rifare la scampagnata, però leggendo e rileggendo le istruzioni, avevano capito che non era necessario rifarla. Infatti, queste dicevano: «…e la rugiada raccolta in un cucchiaino in argento in un luogo che non sia stato contaminato né dalla luce del sole, né dalla presenza dell’essere umano per sette giorni interi»

Questo andava a significare che contava il luogo da cui proveniva la rugiada, e non il luogo in cui poi l’avrebbero messa. Potevano tenersela.

Tutti e cinque si sedettero a terra, appoggiandosi al primo tronco che trovarono, quattro di loro con una fialetta in mano, riposandosi un attimo.

Seguirono due-tre minuti di silenzio totale, anche se non molto rilassato, visto il luogo in cui si trovavano.

«Sapete, dicono che qui dentro ci sono i centauri» disse Peter, spezzando il silenzio «Strano che non li abbiamo incontrati»

«Forse abbiamo evitato involontariamente il loro territorio» suppose Harry, in modo svogliato.

«Che ore sono?» chiese Sirius. Remus guardò l’orologio al polso.

«Le 16.04» rispose questi.

Erano passate due ore.

«Mio dio» gemette Sirius «E ora dobbiamo camminare per altre due ore per ritornare?»

«Io ve l’avevo d-»
«Non dirlo, Remus, non dirlo» lo interruppe James immediatamente «Non. Dirlo.»

Dopo un po’ si alzarono.

«Aspettate!» esclamò Peter «C-come torniamo a Hogwarts?» sussurrò, quasi timoroso di dirlo, poiché rendeva il tutto ancor più reale e preoccupante.  La domanda scatenò un silenzio tombale, più tombale di quello di prima.

«E-eh?» balbettò James, sbiancando, facendo apparire il suo volto ancor più bianco a causa della luce della bacchetta «Come si torna?» si rivolse a Sirius.
«Come si torna?» domandò quest’ultimo di rimando, smarrito.

«No no no no» bisbigliò Remus.

«Vorresti dire che non sai nessun incantesimo per ritrovare la strada?» strillò Sirius, con gli occhi spalancati.

«Non è che ora è esclusivamente colpa mia!» si difese Remus.

«Oh Merlino, Merlino, merlano, merletto, mingherlino, Mimmo, no no no no» James si stropicciava la faccia con la mano sinistra.

«TU!» urlò euforico, colto da una forte speranza, rivolto a Harry. Potter 1 sobbalzò. «Tu sai come tornare a Hogwarts, vero, amico mio?»
Non diede nemmeno il tempo a Harry di proferire parola, che gli si avvicinò pericolosamente «Giuro che se tra tanti incantesimi che conosci, non ne sai uno che ci riporti a casa, per te finirà molto male, Harry. Molto male»

Il corvino lo osservò un attimo, riflettendo «L’Incanto Quattro Punti!» esclamò, facendo spuntare sorrisi sollevati agli altri.

Stese la bacchetta sul palmo della mano e proferì «Guidami»

La bacchetta prese a ruotare come una specie di bussola, puntando a sinistra.

«Di qui!» esclamò Harry.

«Ah, Harry» disse James ghignante, il colorito che tornava piano piano normale. Gli mise un braccio sulle spalle «Ti ho mai detto  che ti adoro?»


*


James soffocò una risata, mentre guardava il risultato del loro piccolo scherzetto. Il libro che sgridava la Evans perché lo usava troppo.

«Voi umani! Non vi importa niente della nostra vita!» urlava il libro, aprendosi e chiudendosi «Ci sono certi di voi che ci lasciano in pace, che ci permettono di uscire la sera! E poi ci sono i diavoletti come te, ragazzina! Che ci tengono sempre in mano! Hai idea di quanto sia straziante essere infilato brutalmente nella borsa, essere fissato per ore, voi che ci sfogliate senza riguardi, spogliandoci ogni volta delle nostre conoscenze!» ora aveva un tono isterico e disperato «Voi che ci trattate come oggetti! Tu non meriti il mio rispetto, non meriti di tenermi tra le tue mani sfruttatrici, tu non meriti di entrare come e quando vuoi nella nostra casa e portarci lontano dai nostri parenti come se niente fosse! Sei… sei… così… egoista! IO ME NE VADO!» detto questo, il libro volò via velocemente, di volontà propria, svoltando in un corridoio in cui dopo un po’ di tragitto si sarebbe accasciato a terra, finendo l’effetto dell’incantesimo.

Lily rimase lì, con gli occhi spalancati a fissare il punto dove un attimo prima c’era il libro. Aprì e chiuse la bocca, come un pesce fuor d’acqua, mentre i Malandrini si facevano rossi in faccia, nel tentativo di trattenere le risate.

Poi realizzò che era il libro di Pozioni «Mi servi!» esclamò «No no, il tema è per domani» sussurrò, e prese a correre «Ehm… libro… scusami! Signor Libro!»

Prima di continuare la ricerca del libro, si fermò, guardando dietro di lei.  «Ovunque voi siate, perché so che siete qui, vi consiglio caldamente di sigillare le porte e le finestre del vostro dormitorio.» Disse minacciosa, poi si voltò e corse.

Aspettarono alcuni minuti, poi James tolse il mantello e scoppiarono a ridere.

«No… no» esalava Sirius, tra un ululato e l’altro «È STATO FANTASTICO» urlò.

Remus parve calmarsi, asciugandosi le lacrime agli occhi, poi ricominciò a ridere.

Peter mentre faceva sentire la sua risata squillante, tossì, rischiando di strozzarsi. Continuò a tossire, finchè non fu sicuro che la foglia si fosse rimessa al suo posto. Ma la risata a dir poco divertente di Sirius, che ululava e si rotolava a terra, fu capace di farlo ridere di nuovo.

«Sono curioso di sapere il motivo di tanta ilarità» disse una voce divertita, facendo bloccare tutti.

Sirius rimase per un attimo steso a terra, con le guance rosse e doloranti, poi vide la figura del preside e si alzò rapidamente.

«Professor Silente!» esclamò sorridendo sfavillante «Un vero piacere vederla!»

«Posso dire altrettanto, signor Black» rispose piacevolmente Albus.

«Non si è ancora ricolorato la barba di blu?» domandò James, osservando tristemente la barba rigorosamente bianca.

Silente ridacchiò «Questa è più facile da abbinare» disse, osservando distrattamente la tunica verde scuro, con sopra disegnate delle scie dorate, mentre alcuni brillantini erano sparsi qua e là.

«Le dico che quella blu la completa, non è vero Remus?» il corvino si rivolse al licantropo, che sospirò.

«Lo scusi, professore» sussurrò mortificato.

«Figurarsi, signor Lupin! Accetto sempre consigli»

«Vabbè, comunque, la barba blu le da quel tutto…» James gesticolò, cercando una parola che non sembrasse offensiva. Stimava molto Silente, e sicuramente di presidi così non ce n’erano. Se avesse consigliato a un preside qualunque di colorarsi la barba, gli avrebbe dato una punizione. Silente no, era più aperto a queste chiacchierate, ma questo non lo rendeva un preside meno rispettabile.

«di strambo» completò il preside, togliendolo dall’impaccio «Ho sempre voluto non cadere nell’ordinario, ma la barba blu credo sarebbe eccessiva»

«Lei dice, signore?»

«Ne sono assolutamente sicuro» chiarì Silente, poi un luccichio si accese nei suoi occhi «A proposito del libro di Pozioni della signorina Evans…»

Tutti si bloccarono «Le assicuro, signore, che si è fermato dopo un po’ di metri! Evans non lo rincorrerà per tutto il castello!» si difese subito.

«…credo sia stata un’idea molto originale, e grazie per avermi informato signor Potter. La signorina Evans che rincorre un libro credo che avrebbe portato a parecchi problemi. Un po’ come rincorrere i segreti altrui, per cercare di acchiapparli e svelarli, portando solo guai.» concluse, sorridendo bonariamente «Buona giornata» si congedò.

«Buona giornata!» risposero loro.

Harry osservò il preside allontanarsi, poi sentì una pressione nella tasca dei pantaloni.

Confuso, ci infilò la mano, e sentì della carta.
Ne tirò un po’ fuori, cercando di non farsi notare dagli altri.

Gli bastò vedere uno scorcio di una scrittura obliqua, per capire cos’era.

Si attendeva una chiacchierata col caro Albus Silente.



Harry era consapevole del fatto che andare dal preside, in quei giorni, non fosse esattamente una scelta saggia, non dopo quel che gli aveva detto Remus.
Ma Silente non lo chiamava in ufficio da un bel po’, quindi credeva che fosse piuttosto importante. Forse aveva a che fare con il fatto di una sua probabile scomparsa,  di cui, a giudicare dalla scorsa chiacchierata, si sapeva poco e niente.

Davvero, Harry sperava che non gli stesse nascondendo di nuovo qualcosa per “il bene superiore”, o per vivere al meglio la  “sua nuova giovinezza”.

Harry continuò a camminare nel corridoio, finchè non giunse di fronte al gargoyle.

«Caramella al sapone» pronunciò, e questi si aprì. Aveva appena scoperto che ad Albus Silente piacevano le caramelle al sapone, quelle che uscivano dalle caramelle Tutti Gusti+1. Forse quel poveretto per una volta aveva acchiappato un gusto “decente”.
Le scale si fermarono di fronte alla porta, ed Harry bussò.

«Entra pure, Harry» disse la voce pacata del preside. Il corvino aprì lentamente la porta, entrando nel bizzarro ufficio dell’uomo.

«Buonasera, professore» lo salutò Harry. Silente lo osservava con le mani incrociate, gli occhi azzurri che lo esaminavano.

«Buonasera anche a te. Siediti pure» Harry si avvicinò e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania, dopo aver dato una lieve carezza a Fanny, che sembrava essere nei suoi giorni migliori.

La Fenice tubò felicemente.

Per una volta, Harry accettò l’invito e prese una caramella al limone, masticandola con gusto e sentendosi improvvisamente più calmo. Silente aggiunse felicemente una quinta persona alla sua lista personale di chi aveva assaggiato le sue care caramelle in settanta lunghi anni.

«Per cosa mi ha chiamato, professore?» domandò Harry.

«Ho scoperto qualcosa sul tuo viaggio nel tempo» lo informò l’uomo, sorridendo lievemente. Potter si sporse verso la scrivania, tutt’orecchi.

«E… quindi?» lo esortò Harry, dopo alcuni attimi di silenzio. Non sapeva sinceramente se il professore lo facesse apposta a tenere sulla corda le persone, ma era fermamente convinto che questa abitudine dovesse togliersela. Non erano in TV.

Forse lo faceva perché gli piaceva vedere che una persona pendeva dalle sue labbra. Ma a quel punto non è che Harry se ne importasse tanto, di pendere o no dalle sue labbra, non quando si trattava di scomparire.

 «Non ho scoperto se hai creato una dimensione parallela, o se sei andato davvero indietro nel tempo, ma posso dirti che ho trovato il modo di non farti scomparire. Non credo che quello possa essere nelle mie possibilità, forse lo scopriremo solo con l’avanzare degli anni.» Disse Silente «Forse con qualche sintomo o altro»
Harry sospirò interiormente, anche se poi fu immensamente felice del fatto che potesse evitare di rendere tutto quello che stava facendo inutile.

«Come si può fare?»

«Ci tengo a specificare che se tu avessi creato una dimensione parallela, non saresti scomparso, i tuoi collegamenti con quell’altra dimensione sarebbero rimasti gli stessi. Saresti stato una specie di estraneo, un intruso in quella dimensione, che non aveva le proprie “radici” lì» spiegò il preside «Se invece fossi rimasto nella tua dimensione, a quel punto avresti rischiato di scomparire, poiché le tue “radici” erano piantate lì, e questo non si poteva cambiare. Dipenderesti dagli eventi che succedono qui, in poche parole, la tua vita dipenderebbe dalla signorina Evans e dal signor Potter»

A questo punto, Harry non era sicuro se fosse meglio la dimensione o il futuro cancellato. Nella dimensione sarebbe stato tutto più facile (e avrebbe lasciato nell’altra dimensione la situazione che c’era prima che se ne andasse)  mentre nel futuro cancellato forse avrebbe davvero cambiato qualcosa, anche se cancellando i suoi cari.

«“Meglio prevenire che curare” si dice. Meglio prevenire una tua eventuale scomparsa, invece di aspettare che accada per davvero» Silente si era alzato, camminando avanti e indietro nell’ufficio. «Quindi credo sia meglio fare un collegamento ultraterreno con i tuoi genitori»

«U-ultraterreno?» balbettò Harry, confuso.

Il preside lo osservò intensamente «Sono spiacente di informarti, Harry, e ci ho riflettuto davvero molto, che credo che sia altamente improbabile far “risorgere” i tuoi genitori, e tutti gli altri tuoi cari»

Harry si aspettava di balzare dalla sedia sorpreso, urlare, arrabbiato con l’Universo. Ma non lo fece, non seppe perché, la sua faccia si limitò a diventare completamente assente, e stranamente, non senti tutta quella sorpresa che si sarebbe aspettato da lui. Forse, inconsciamente, non ci aveva mai davvero sperato. Dopotutto, gli avevano talmente inculcato che “Dalla morte non si può sfuggire”  che era possibile.

Harry annuì, lasciando sorpreso lievemente Silente. Si sarebbe aspettato una reazione simile a quella di un anno fa.

Poi riprese, una volta che fu sicuro che il corvino fosse ritornato nel mondo reale.

«Vedi Harry, ciò di cui siamo sicuri, è che solo l’anima di una persona va nell’aldilà. Il corpo, naturalmente, resta in terra. I morti non possono essere riportati dall’aldilà, è una magia troppo grande, e credo che non riusciremo mai a crearne una. Anche la “reincarnazione” dei James e Lily che si sono sacrificati per te, con quelli che ci sono ora, nel mio modesto parere, è impossibile, com’è impossibile rinascere. Ogni anima è individuale, perché forgiata dagli eventi della vita. Ciò che abbiamo passato contribuisce al nostro essere, gli eventi ci cambiano, ci modellano e ciò ci porta a ciò che ora siamo» disse il preside, risedendosi dietro la scrivania «Se non avessi commesso tutti gli errori, se non avessi patito le stesse sofferenze, credi che saresti uguale a come sei ora? Credi che avresti sviluppato comunque una così profonda empatia verso le sfortune della vita degli altri?»

Harry lo guardò un attimo, indeciso «Credo di no…» rispose infine.

Forse sarebbe stato più felice, forse sarebbe stato fin dall’inizio un vero Malandrino come suo padre. Forse un po’ più arrogante, o più studioso grazie all’influenza di sua madre. E molto probabilmente, a sette anni non avrebbe imparato a cucinare le uova, pensò divertito.

«Esatto! Ne sarebbe uscita una persona diversa. Una persona forse simile a molti aspetti del tuo carattere, ma fondamentalmente diversa. Prediamo come esempio James» esclamò Silente, ed Harry aggrottò le sopracciglia.

«James?»

«Qual è la più grande differenza che noti con tuo padre?» domandò Albus. Harry ci pensò un attimo.

«Oh beh,» iniziò imbarazzato «che non bullizza Piton, suppongo, come non bullizza gli altri. I primi tempi è stato un po’ difficile fargli capire che era sbagliato…» sussurrò.

«Se tu non l’avessi sgridato, sarebbe rimasto un bullo, ma poiché ci sei tu, non lo è. Anche la perdita di suo padre lo sta cambiando lentamente. Sono eventi che l’hanno cambiato, che lo stanno facendo crescere in modo diverso. La sua anima è un po’ più diversa da quella di tua padre» il preside sembrava metterci molta enfasi nello spiegare tutto questo.

Harry pensò a Regulus, a Sirius e Piton, e capì meglio. «Sì, fila liscio»

Figurarsi se Silente non avrebbe detto qualcosa che filasse liscio.

«I tuoi “veri” genitori, sono coloro che si sono sacrificati per te, e che al momento, sono nei cieli. Se colleghi la tua vita a loro, non dipenderai più dai James e Lily di questo tempo.»

«E come facciamo a creare un simile collegamento?» chiese Harry.

«Il Rituale Caelum Terrae» proferì Silente «un rituale molto antico e quasi dimenticato. Pochi ne sono a conoscenza. Fa proprio al caso nostro. È un rituale piuttosto particolare, che fa diventare ancor più stretto il collegamento tra un morto e un vivente, o lo crea. Alcune testimonianze dicono di aver sentito la voce della persona con cui hanno fatto il collegamento, nei momenti di estremo bisogno nella loro testa. E il fatto che poi furono controllati al San Mungo, senza trovare alcun danno mentale, non fa che avvalorare questa possibilità di piccola comunicazione» concluse il preside divertito.

Harry non sapeva se esserne inquietato o felice. Ma sentiva un “però” nell’aria.

«Perché tutto questo mi puzza di magia oscura?» chiese, alzando un sopracciglio.

Silente sospirò «Viene generalmente considerata una Magia Oscura. Qualsiasi cosa che abbia a che fare con la morte viene considerata oscura. Ma in casi come questi, le intenzioni fanno la differenza» spiegò «Diciamo che però è… piuttosto pericoloso e doloroso»

«Oh, perfetto» pensò Harry con sarcasmo «se non morirò perché i miei genitori non finiranno l’amore alle 18.53, diciotto secondi e  quarantasette millesecondi del 26 Novembre del 1979, morirò per un rituale. Si può sempre rimediare, insomma»

Silente non sapeva se dirgli che su quattro maghi che avevano provato il rituale, due erano morti. 

«Quante possibilità ci sono che muoia?» sussurrò Harry.

Silente ci pensò un attimo «Per te? Credo poche. Se hai sopportato un viaggio nel tempo di ventisette anni, che è un’immensa magia, uscendone vivo e intero, credo che riuscirai a superare anche questa»

«O magari diventerò un bambino di sette anni» borbottò acidamente Harry, alzando gli occhi al cielo.

Negli occhi di Silente comparve un luccichio divertito «Credo che i tuoi genitori l’abbiano fatto apposta a farti ritornare un bambino»

«Il tuo nucleo magico è potente, comunque. Sopporterà questo rituale. Probabilmente ne uscirai sfinito e dolorante, ma non morto» aggiunse, cercando di rassicurarlo.

Harry se lo augurava caldamente, anche se fare questo rituale non gli andava ancora molto a genio.

«Qual è il procedimento?»

«Dovrai posizionarti all’interno di un cerchio di rune. Dovrai completamente essere assente dal mondo, la mente dovrà essere vuota e aperta, a tal punto da percepire la magia dentro e fuori di te. Credo che dovrai mettere una goccia di sangue su ogni runa, per simboleggiare che vuoi i tuoi genitori, persone del tuo stesso sangue, le più strette. Quelle che non volevano i propri parenti, hanno messo qualcosa che era strettamente collegato a loro. Un sangue di un parente delle loro persone, o un oggetto a cui quella persona era particolarmente affezionata. Ma qui basterà il sangue. Oltre al fatto che rilascerai inconsciamente molta magia, anche la magia di un’altra persona dovrà contribuire. Io lo farò. Lasciando da parte le modestie, so che sarò in grado di farlo e che la mia magia basterà. Dovrò pronunciare delle complicate formule in continuazione.» il preside si bloccò, come colto da un pensiero.

«E poi?»

«E poi serve la Pietra della Resurrezione. Si deve disciogliere una piccola parte e dovrai berla all’inizio del rituale. A quel punto, a metà, compariranno i tuoi genitori, sottoforma di fantasmi, per così dire. Dovrai però continuare a concentrarti a occhi chiusi, dovrai resistere alla tentazione di vederli. Poco tempo dopo, sentirai un dolore lancinante per tutto il corpo, e proseguirà per un bel po’, a quel punto potrai anche interrompere la tua concentrazione. Ti sentirai come schiacciato. Quando il dolore cesserà, il rituale sarà completato.» sussurrò Silente, come se solo ora gli fosse venuto in mente.« Il problema è che quella pietra si è persa nei secoli…»

Harry spalancò gli occhi.

«So dov’è, professore» affermò, il problema stava sulle due maledizioni che la proteggevano.

Albus lo guardò, colto di sorpresa. Più gli anni passavano, e più era curioso sulla precedente vita del suo interlocutore.

Per qualche folle attimo, bramò la Pietra, come se fosse tornato ai tempi in cui lui e Gellert la cercavano ossessivamente. Poteva rivedere Ariana, non le aveva mai chiesto davvero scusa, dopottutto… il suo visetto innocente e sereno…
Scosse la testa. I Doni della Morte li aveva sempre cercati, anche se ora aveva lasciato perdere la ricerca, dato che aveva capito che la bramosia del potere non è mai cosa buona. All’inizio, perfino lui pensava che lo avrebbero reso immortale, invincibile. Questo dimostrava che lui, per quanto intelligente, era comunque un idiota come tutti.

«Dove?» chiese Silente.

Harry ci pensò attentamente alla risposta. Non voleva davvero finire come ai suoi tempi, in cui Silente ci era andato da solo e poi era caduto in tentazione.

Non c’era nemmeno nessun Severus Piton adulto e fedele che potesse aiutarlo.

«Credo sia meglio non dirglielo per ora, professore» asserì infine.

«Ma potrei andare a prenderla, e fare al più presto il rituale. Così sarai sicuro di non scomparire» provò il preside.

Harry avrebbe tanto voluto dirgli in faccia di non usare certe abilità da persuasore su di lui perché non funzionavano più da un po’ di tempo. E che non glielo stava dicendo ora solo per non vederlo morto stecchito.

«Prefissiamo un giorno per andarci insieme, e quello stesso giorno vi dirò dov’è.»

«Potrebbe essere pericoloso, Harry…»

«Se non ci sarò io cadrà in tentazione!» sbottò Harry spazientito «La Pietra è naturalmente protetta, poiché è un oggetto di estremo valore!»

La Pietra in sé non era protetta, ma l’anello sì. E sapeva che era stato Voldemort a proteggerla senza neanche sapere cos’era, ma giudicava molto probabile il fatto che la famiglia Peverell potesse averla protetta.

E sì, sapeva che non l’aveva fatto. Ma poteva farlo.

Albus cercò di non mostrare il suo turbamento né di fare domande, poiché sapeva che Harry non avrebbe risposto nemmeno a una di loro. Non negò né confermò niente.

Dopo un breve silenzio, sospirò e riprese parola: «Che ne dici tra una settimana? Il 7 ottobre? Sarà sabato, credo saremo liberi entrambi.»

«Che ne dice di mattina presto? Possibilmente prima che James, Sirius e Peter si sveglino. Questo avviene generalmente a mezzogiorno e mezzo. Però ci sono giorni miracolati in cui si alzano più presto»

Silente non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito «Non saprei Harry, non ho mai dormito con i tuoi compagni»

Harry stette un attimo in silenzio «Penso che alle nove vada bene» disse infine.

«Bene, Harry. È quasi giunta l’ora di cena, non voglio trattenerti oltre»  disse Silente, sorridendo leggermente.

Harry sorrise, alzandosi.

Poi si bloccò, mentre era ormai a metà stanza. Anche lui aveva qualcosa da dire al preside, non ora, per quella giornata avevano parlato abbastanza.

«Preside, dopo aver fatto il rituale, credo che dovremmo fare un’altra chiacchierata nel suo ufficio» disse, voltandosi.

«Devi dirmi qualcosa?» chiese Albus, confuso.

Harry annuì «Riguarda… la sconfitta di Voldemort» specificò ghignando.

Silente sorrise «Allora aspetto con ansia questa chiacchierata» rispose.

Il corvino lo guardò un attimo, fece un cenno di saluto e poi si voltò, facendo pochi passi e aprendo la porta.

Dopo un po’ di scale, uscì dal gargoyle, dirigendosi rapidamente a destra per andare in Sala Grande.

Forse, se avesse guardato indietro, avrebbe visto Sirius svoltare l’angolo, bloccandosi e osservandolo uscire dall’ufficio del preside.

Non lo vide, per sua sfortuna, o fortuna, poiché in questo modo non aveva altro da pensare.

Sirius ghignò, godendosi la bellissima sensazione che ti senti dentro quando smascheri una bugia.

«In biblioteca, eh?» sussurrò.

Poi, gli tornò in mente: ci era andato con Remus. Ma lui era tornato pochi minuti fa, dicendo che Harry era rimasto in biblioteca.

Ma stare pochi minuti dal preside era, secondo Sirius, impossibile.

Il suo ghigno si affievolì lentamente.

Anche tu menti, Remus?









Angolo Autrice
Ecco finalmente un nuovo capitolo! Ci ho messo più del solito a pubblicarlo, mi scuso.
Nella prima scena Peter una fanciulla indifesa, corteggiata da due princip- ok, basta. Mi è piaciuto scrivere quella scena. Alla fine Remus viene colto da un lieve dubbio, ma subito lo scaccia. Poi, la lezione della McGranitt  XD XD. Non so come mi sia venuta in mente una simile scemenza, ma all’inizio avevo pensato di farli dire che lo facevano “per solidarietà per i muti” ma poi mi son chiesta come a loro fosse venuta una cosa del genere, e quindi non l’ho messa. E sì, ho preferito non mettere una bugia logica e perfettamente normale XD. Inoltre, è frustrante quando trovi nei caratteri di Word la calligrafia perfetta di un personaggio ma poi arriva EFP, che naturalmente, non ce l’ha. Ad esempio quella di Harry, avevo trovato una simile che poteva essere “l’evoluzione” (esagerata, ma vabbe) di quella che aveva al secondo anno (Viner Hand ITC) e l’ho messa anche se sapevo che non potevo metterla qui.

Vabbè, dubito che possa importarvene qualcosa ma ormai ero partita, scusate.
Per il personaggio di Charley Bithes forse… ma eh, forse, mi sono ispirata, senza neanche accorgermene, a quello di Colin Canon (ma che poi nella versione inglese di cognome fa Creevey. Ma Canon non è più azzeccato? Insomma… canon… la macchina fotografica…? Meglio se chiudo il becco, va’)

Primini subdoli…

Finalmente James e Sirius riescono a rapire Remus e Peter. Qui Remus è in conflitti morali e bla bla bla. Ok, a parte questo, è diviso tra l’amicizia di Harry e quella degli altri. Non sa a quale essere più fedele. Ci è finito di mezzo, questo povero Cristo. Entrano nella Stanza delle Necessità, e James la vede anche scomparire.

Secondo voi, stanno indagando anche su quella?

Mi sono divertita molto a scrivere il dialogo amoroso tra Harry e la Piovra Gigante, praticamente ridevo da sola. XD

I Malandrini fanno la loro incursione nella Foresta Proibita, e fortunatamente non incontrano bestie selvagge. Forse sarebbe stato più coerente se le avessero incontrate, ma mi sembrava inutile scriverle.

Raccolta la rugiada, tornano al castello.     

Poi, terza/quarta scena. A questo punto, direi di passare direttamente al dialogo con Silente.
Spero di aver risolto, almeno decentemente, l’interrogativo che Silente e Harry si sono chiesti al Cap. 31 (“Ah i Cooman… sempre a profetizzare!”). La scena del Cap. 31 non era prevista originariamente nella trama, non doveva essere scritta né si doveva fare alcun accenno sul viaggio nel tempo di Harry, poiché questo, non è di alcuna utilità. Ma poi mi è balzata in mente di scriverla, così, in modo superficiale, e ora ne sto pagando le conseguenze. Mi sono venuti esaurimenti nervosi, praticamente. Vabbè, poi mi sono pure arrabbiata con me stessa, solo per una forte volontà (e perché ero a letto) non ho scagliato un oggetto a caso in stile Harry. E poi ho cercato di trovare una soluzione, e qui ringrazio la mia santa migliore amica che mi sopporta senza lamentarsi (anche non essendo questa gran fan di Harry Potter)  mentre parlo della mia fanfiction. È l’unica cosa che mi è venuta in mente, il rituale, purtroppo.

Harry viene beccato mentre esce dall’ufficio da Sirius. E qui, iniziano i sospetti anche verso Remus.

Che dire, le cose stanno procedendo bene per i nostri personaggi…

Proprio l’altro ieri, a proposito, ho visto i Crimini di Grindelwald, e sì, ho bisogno di sclerare, mi dispiace.



ALLARME SPOILER

Ma stiamo facendo seriamente?! No, davvero, seriamente?  Ci sono certe cose fantastiche, Johnny Depp e Jude Law hanno recitato benissimo. Gellert Grindelwald già lo amo, così come il giovane Newt. Anche quell’animale di origini cinesi è fantastico e a dir poco tenero. Tralasciando le altre piccole cretinate che ho visto e che si possono trascurare, il film si poteva giudicare bello e si poteva salvare. Ma il finale ha rovinato TUTTO (che poi sto film non sembra girare intorno a una trama principale, al contrario del primo). Credence è Aurelius Silente? Il fratello di Silente? No no, ragazzi, nooo. Vi prego, non potete modificare in questo modo il Canon, così a caso. Credence è anche troppo giovane, poi…
No no, Grindelwald o mente o mente, non c’è altra spiegazione. Non voglio credere che il film che ho visto sia “Animali Fantastici e i Crimini della Rowling”. Il fatto che poi forse non è vero, è pure brutto. Perché i fan faranno 465749938 di teorie e fantasie per due anni e poi scoprono che non è vero. («aaaaaah, scherzettoooo! Ma visto come siamo simpatici, eeeh?» «Ma vaffan-»). Però preferisco che non sia vero, sinceramente.
FINE SPOILER



Alla prossima!

P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 39
*** Cinque minuti prima di dividerci ***



Cinque minuti prima di dividerci

Peter non era sicuro che la situazione gli piacesse. Eppure James sembrava trovare il tutto molto divertente: il suo soffocare le risate per poco non lo faceva cadere a terra, mentre correva.

Peter era consapevole che, al posto suo, sarebbe già caduto da tempo. Ma al contempo, era anche consapevole che non avrebbe mai riso mentre scappava da Gazza e da quel diavolo che lo accompagnava sempre: Mrs Purr.

Perfino Sirius ghignava, ma non rideva insieme a James, ultimamente non era stato molto su di morale. Remus, davanti a lui (Peter), imprecava e li insultava, incolpandoli di averlo trascinato nell’ennesima marachella, dicendo che erano degli irresponsabili e altre cose che aveva detto per la duecentesima volta.

Ma, a meno che la sua memoria non lo ingannasse, il biondino si ricordava perfettamente lo sguardo esaltato di Remus mentre organizzavano il piano. E non gli pareva l’avessero costretto.

Naturalmente, addirittura Remus- povero licantropo che cercava ancora (invano) di seguire le regole imposte dalla scuola- non aveva resistito alla tentazione di veder Gazza strillare, inseguito da tre serpenti finti, che sembravano seguirlo in ogni suo movimento.

Si erano divertiti un mondo a godersi lo spettacolo! Vedere lo scontroso custode che scappava, completamente bianco in volto e impanicato, aveva fatto nascere in loro una grande soddisfazione: tutte quelle volte in cui li aveva puniti, inseguiti e guastato i loro piani, erano state vendicate!

Il tutto si era complicato quando Mrs Purr – coraggiosa gatta quando si tratta del padrone, ma codarda quando si tratta d’altri – era intervenuta, inseguendo a sua volta i serpenti (la cosa era diventata ancor più comica, ci mancava solo un cane e il quadro sarebbe stato perfetto). Sfortunatamente ne aveva morso uno, facendo affondare i suoi denti nella plastica. Poco ci era voluto perché Mrs Purr informasse Gazza (attraverso miagolii furiosi che solo lui capiva).

Nel mentre, avevano già preso a correre, prima che il custode li riconoscesse.

Ora si trovavano in giro per i corridoi, scansando studenti che li guardavano sconcertati, svoltando per i corridoi ed evitando con agilità porte finte. Gazza era da qualche parte, ma Peter sentiva, quasi fosse in un film horror (ma Peter sapeva a malapena cosa fosse un film, quindi non fece neanche il paragone), i passi veloci e che si facevano sempre più vicini, e sarebbe sbiancato se non avesse avuto le guance rosse per l’affaticamento.

Harry era davanti lui, all’inizio l’aveva scambiato per James. Era davvero deprimente il fatto che da dietro non riuscisse ancora a distinguerli, dopo tre anni.

I passi più vicini, più vicini. Se solo James avesse smesso di ridere maledizione!

Peter guardò indietro, e vide Gazza spuntare dietro un angolo con la faccia indemoniata.

Perché, Peter? Perché hai guardato indietro?

Harry scese velocemente e con agilità le scale, evitando il secondo gradino a trabocchetto (scompariva). Evidentemente nessuno, a parte Peter, si era accorto che Gazza li avesse visti perfettamente e che ormai, li avesse riconosciuti. Di questo passo, non valeva nemmeno la pena lottare.

Gli occhi di Peter puntati indietro, verso Gazza, furono fatali per il nostro futuro topo più odiato. O, più nello specifico, lo furono per Remus.

O per entrambi.

Ma questo non è importante, perché Peter inciampò al secondo gradino e per poco non fece il volo di una Fenice (mi correggo, lo fece eccome).

«AAAAAH!» urlò, al momento non fece neanche caso al pezzettino di foglia che cadeva inesorabilmente (più che comprensibile, di certo in punto di morte non si pensa a questo).

Harry e Remus si voltarono di scatto, e gli altri si fermarono.

Peter si era già preparato al duro impatto con la pietra, ma, con sua grande sorpresa, cadde sul morbido, quel morbido che caratterizza quei soffici cuscini su cui ci passeresti la vita intera. Tenne gli occhi chiusi per un istante, strizzati fino all’inverosimile, poi, lentamente, li aprì.

No, non era su un enorme cuscino, ma sulle scale, che erano ritornate dure. Cacciò la testa dalle braccia e si guardò intorno, notando vari studenti osservarlo sollevati (alcuni cupi. Evidentemente avevano desiderato che morisse). Guardò i suoi amici, che sembravano aver ripreso fiato, James aveva ancora la mano poggiata sul manico della bacchetta nella tasca, nel gesto di tirarla fuori (dietro di loro c’era Gazza, e anche lui non sembrava molto contento della sua salvezza).

Ma Harry, com’era facilmente intuibile, era stato più veloce, e lo guardava ancora con la bacchetta sguainata.

«Beh, che avete da guardare? Filate altrimenti domani mattina vi troverete con delle aragoste nelle mutande!» sbottò Sirius infastidito, alla folla di studenti. Questi si dispersero rapidamente, quasi come se fosse stata la McGranitt a ordinarglielo.

«Peter, stai bene?» gli sussurrò Remus, precipitatosi accanto a lui.

Peter stava per annuire, dire che si sentiva ancora scosso per lo spavento, ma tutto sommato stava bene.

Poi la vide.

Oh no, maledetta.

«No, no, non sto bene» disse Peter con una voce stridula, osservando con occhi spalancati la fogliolina a terra, sul quarto gradino. «No, non sto bene! Non di nuovo! No…»

Remus lo osservava con uno sguardo interrogativo, poi seguì la direzione dei suoi occhi. Sospirò e gli diede delle pacche di conforto sulla spalla.

«Non sei obbligato a farlo, Pete…» probabilmente era anche in procinto di cullarlo, quando Peter scosse violentemente la testa.

«Lo faccio, lo faccio» mormorò testardamente.

«Bene, bene» giunse la malevola voce di Gazza, che accarezzava teneramente Mrs Purr, appollaiata fra le sue braccia. «Nel mio ufficio» sibilò.

 
I cinque seguirono sia sollevati, che sconfitti, il custode che li portava nel suo squallido e puzzolente ufficio.

«Grazie, Harry» sussurrò Peter, ricevendo per risposta, una semplice scrollata di spalle.



«Ero sicuro fosse qui!» insistette James, osservando torvo il muro.

«Sarà scomparsa, James, come ci hai detto tu» disse Sirius sospirando, stranamente non partecipando alla missione di James: cercare di far comparire quell’enorme porta.

«Tra cinque minuti Harry verrà a cercarci…» intervenne Peter, guardandosi intorno.

Remus non sapeva se Sirius non partecipasse perché giudicava il tutto ridicolo (James era arrivato a supplicare la porta di comparire prima, in modo disperato) o perché semplicemente non aveva voglia. Questo, comunque, non spiegava perché lo guardasse in continuazione, quasi aspettandosi che intervenisse svelando il trucchetto, dettogli da Gesù Cristo in persona.

Ma Harry non era sicuramente Gesù Cristo, e altrettanto sicuramente Remus non avrebbe aperto bocca, benché James gli facesse pietà.

Remus notò qualcosa di innaturale: la voce di James non si sentiva più. Il corvino osservava corrucciato il muro, cercando di trovare una soluzione.

«Non possiamo andare in un aula vu-» iniziò svogliatamente Sirius.

«Shhh» lo zittì immediatamente James, guadagnandosi uno sguardo offeso da Sirius, a cui però non diede conto. «Cosa pensavi mentre correvamo?» gli chiese poi.

Sirius quasi assunse una faccia indignata quando comprese che, dopo averlo zittito senza il minimo riguardo, gli chiedesse anche il suo aiuto come se non fosse successo niente. Ma si era tra migliori amici, e queste cose si perdonano, anche se uno dei due era già arrabbiato di suo.

«Pensavo solo a trovare un posto dove parlare, tutto qui.» rispose.

Seguì un minuto di silenzio, e Remus guardò distrattamente l’orologio.

Quattro minuti.

James parve giungere a un’illuminazione «Ma certo!» esclamò, poi chiuse gli occhi e corrugò la fronte.

Sicuramente la comparsa della porta era collegata alle proprie volontà! Si ricordava benissimo che in quel momento non c’era altro pensiero nella sua testa.

Dopo un po’, sotto gli sguardi preoccupati di tutti, Sirius decise di accertarsi della salute del compagno: «Ehm… stai bene, James?»

Questo fece riaprire gli occhi al corvino, che guardò deluso il muro vuoto.

Tre minuti.

«Fratello, devi aiutarmi! Sono sicuro che la porta compare per la nostra volontà, perché non compare? Sto pensando che voglio una stanza dove parlare!»

Sirius lo guardò scetticamente «Forse non compare perché non compare così…?» chiese lentamente.

Il Black stava ancora a chiedersi il perché James si fosse tanto intestardito su quella stanza. Certo, era interessante, a Sirius sarebbe piaciuto scoprirne di più e indagarci sopra, ma poiché tra pochi minuti Harry sarebbe venuto a cercarli, credeva fermamente che questo non fosse decisamente il momento adatto per crucciarsi su quell’enorme porta. Se James gli avesse dato ascolto, ora sarebbero già a parlare in un aula vuota nei meandri del castello.

«Forse devi pensarlo più intensamente!» suggerì Peter frettolosamente, guardando dietro di lui.

«La sto pensando intensamente!» sbottò Jamie, spazientito.

Due minuti.

Remus guardò speranzoso l’orologio (Forse sarebbe riuscito ad evitare la riunione! Forza, Harry, liberati dell’ “Appiccicati Tutto!”)

Agli occhi costantemente indagatori di Sirius, non sfuggì neanche una singola emozione negli occhi di Remus.

«Che facciamo, Peter?» chiese James disperato al biondino, poiché sembrava l’unico che lo considerasse. Peter si aspettava quasi di veder Harry svoltare l’angolo e osservarli come una belva, pronto a scannarli.

No no, Harry arrabbiato non lo voleva proprio vedere.

«Come mi ha salvato, può uccidermi!» pensò, e probabilmente era troppo melodrammatico, perché Harry era una brava persona, non avrebbe mai ucciso i suoi amici! Però sembrava che lo spirito di Sirius avesse lasciato temporaneamente il corpo di quest’ultimo e fosse entrato in Peter.

Intanto James continuava a fissare intensamente il muro

Un minuto.

«Pensa più intensamente!» lo
incoraggiò Peter.

«Lo sto facendo!»
Peter azionò meglio che poté il suo cervello, e gli venne una banale soluzione. Era qualcosa di stupido, molto stupido, e Peter si chiese come gli fosse venuta in mente una cosa del genere.

«Cammina avanti e indietro!» suggerì, e allo sguardo interrogativo di James, aggiunse: «Aiuta a pensare meglio!»

Remus guardava ossessivamente l’orologio, la lancetta che si spostava, lentamente, con esasperante lentezza.

James seguì il suo consiglio, quasi riluttante, e prese a camminare avanti e indietro, con gli occhi chiusi.

Remus sembrava estremamente terrorizzato, mentre guardava James camminare avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro…

Come aveva fatto Harry…

«È comparsa!» strillò Peter, facendo aprire di scatto gli occhi a James.

Corsero all’interno, e chiusero la porta alle loro spalle.

Remus si appoggiò su di essa, osservando l’orologio. La lancetta dei minuti si fermò sul sei e sospirò.

L’Appiccicati Tutto si era sciolto, ed era all’interno della Stanza delle Necessità.

Sfortunatamente.


*


«È a dir poco disgustoso!» esclamò Marlene schifata, mentre aiutava Harry a togliersi un liquido bianco melmoso che colava dalla manica del maglione.

Harry fece una smorfia, staccando un filo di quella sostanza che se ne stava tranquillamente sulla sua guancia. Avevano provato a pulirsi con un colpo di bacchetta, ma quella maledetta melma non si era tolta: sembrava incollarsi a tutto. Molti residui, come macchie enormi, si erano tolte, dato che ad un tratto il liquido si era fatto molto molle, ma certe macchie (testarde!) si ostinavano a rimanere lì dove stavano.

Harry si vergognò immensamente quando si ricordò come se le fosse procurate.

Quella melma di un bianco vomitevole gli aveva appiccicato i piedi al suolo, e aveva cercato di staccarsi, facendo forza e abbassandosi sempre più verso destra. Tanto le sue scarpe erano incollate al pavimento, che quasi Harry pensò di essere capace di piegare il corpo in modo dritto e tenere comunque le scarpe appoggiate al suolo,  mantenendo la posizione. Ma i suoi piedi non erano strettamente vicini, e anche se fosse, non lo avrebbe fatto; non era sicuramente Michael Jackson e non ci teneva a rompersi un osso.

Dopo due minuti, Harry si era già arreso al fatto che i suoi carissimi amici, dopo essere scappati come antilopi quando Sirius aveva casualmente versato un barattolo dal contenuto misterioso a terra, casualmente sulle scarpe di Harry, non sarebbero tornati per un bel po’ perché a quel punto, sicuramente, si erano già rinchiusi nella Stanza delle Necessità (intanto, contava di non aiutare Sirius a salvarsi dalla furia di Remus la mattina).

Sta di fatto che, all’ennesima spinta, la melma si era fatta improvvisamente più molle ed era scivolato, cadendo maldestramente a terra (Harry ringraziò il fatto che avesse la bocca chiusa, mentre cadeva). Ma Harry non si sarebbe vergognato così tanto se al momento della figuraccia ci fosse stato solo lui, ma il destino volle che in quel momento passasse Marlene. E oltre ad aver assistito alla sua caduta, si era beccata degli schizzi di melma, la poveretta.

Harry ringraziò anche il fatto che l’amica avesse ricevuto pochi schizzi e che, quei pochi schizzi, se ne fossero andati facilmente. Anche il fatto che Marlene lo stesse aiutando, e non se ne fosse andata, poiché tra poco scattava anche il Coprifuoco, era qualcosa che Harry teneva molto in considerazione.

Dopo pochi minuti, Marlene e Harry potevano dire, con sollievo, che quest’ultimo non tenesse più tanta melma addosso. Ce ne aveva ancora un po’, ma non abbastanza da farsi notare e farlo sembrare appena uscito dal naso di un enorme Gigante (sì, perché per quanto il paragone sia disgustoso, l’Appiccicati Tutto sembrava proprio del muco).

Marlene diede distrattamente dei piccoli schiaffetti sui vestiti del corvino, giusto per cercare ancora di togliere le gocce secche. Gli aggiustò anche la cravatta, perché, per quanto considerasse il suo Harry  bello sempre e comunque, non voleva farlo sembrare ancora più trasandato di quanto già non fosse.

I capelli già erano abbastanza, grazie.

«Ehm, M-Marlene?» borbottò Harry imbarazzato. Le guance di Lene arrossirono leggermente, ma lei cercò di fare come se nulla fosse.

«Sembravi appena uscito da una centrifuga» si giustificò allontanandosi, ed Harry evitò di chiedergli come sapesse l’esatta funzione di una centrifuga.

«Non c’è alcun modo per togliere la melma da lì?» chiese Marlene, osservando il pavimento, dove un'enorme pozzanghera bianca se ne stava comodamente sopra.

Gazza non ne sarebbe sicuramente stato contento.

«Finchè non sanno chi è stato, stiamo a posto» la rassicurò Harry, e si incamminarono verso la Sala Comune.

Il corvino osservò i capelli di Marlene, notando uno schizzo di melma. Alzò la mano e cercò di toglierlo.

«Che f-fai?» chiese quest’ultima, mentre il viso raggiungeva le tonalità di un pomodoro maturo (Sì, di questo passo a un piccolo abbraccio sarebbe svenuta!).

«Avevi uno schizzo nei capelli» rispose Harry, togliendo la mano dai capelli, poi glieli scompigliò con un sorrisetto beffardo.

La biondina non sapeva se sciogliersi o dargli uno schiaffo.

Poi gli lanciò un’occhiata letale, mentre si passava frettolosamente le mani fra i capelli, lisciandoli e cercando di renderli il più presentabili possibili «Se non fossi tu, Harry, saresti già morto stecchito. Provaci ancora e lo sarai per davvero.» sibilò lei.

Harry la osservò con gli occhi spalancati «Ricevuto» assicurò.

Marlene annuì soddisfatta, poi guardò con la coda dell’occhio le mani di Harry, ricordando quando gliele aveva passate fra i capelli.

Fece finta di notare qualcosa, mentre si lisciava i capelli dietro la testa «Sai che forse c’è un altro schizzo?»


*


«Sì, si impara al primo anno, ma l’incantesimo era Non-Verbale» fece notare James.

«Niente di nuovo, quindi» sussurrò sconsolato Peter. Harry aveva fatto incantesimi Non-Verbali numerose volte, anche prima che iniziassero a sospettare, si ritornava a un punto morto, alla fine.

«Mi spiegate perché abbiamo indetto una riunione quando non c’è niente da dire?» domandò Remus, infastidito, con le braccia incrociate e il dito che picchiettava in continuazione sul braccio, rendendo anche solo la vista snervante.

«Magari qualcosa ci è sfuggito, perché tutto sembra normale! È da tre giorni che è così!» insistette James, passandosi una mano fra i capelli. «Se solo sapessimo qualcosina in più…» mormorò.

Gettò un’occhiata al suo migliore amico, che fissava testardamente il tappeto, la guancia poggiata su una mano. Sembrava quasi assente, o nel tentativo di non esplodere. Il motivo, a James, non era ancora stato detto, ma era sicuro che fosse qualcosa che riguardava l’unica persona del gruppo che non aveva motivo di diventare un Animagus.

«Perché non lo chiediamo a Remus?» sbottò Sirius, alzando di scatto lo sguardo e guardando Remus con aperta sfida.

Remus sentì il suo cuore fermarsi per un nano secondo, per poi prendere a battere furiosamente. Gli altri due guardavano il Black in modo interrogativo, ma per lo sguardo di Sirius, sembrava esistere solo lui.

«Cosa ti prende?» chiese Remus, cercando di ergere una debole barriera, perché già se lo sentiva:
Era spacciato.

Gli occhi grigi di Sirius si scurirono ancor di più, assottigliandosi pericolosamente. Se c’era un cosa che Sirius non tollerava era il tradimento. E forse qualcuno gli avrebbe detto che stava esagerando, ma il doppiogioco al Black non era mai piaciuto molto tra amici, o si mettevano subito in chiaro le cose, o niente. E si dia il caso, che secondo le sue più che logiche deduzioni, Remus stava facendo il doppiogioco.

A favore di Harry.

«L’altro giorno» iniziò lentamente «Sei tornato dalla biblioteca e ci hai detto che Harry era rimasto lì. Peccato che, dopo pochi minuti da quel momento, abbia visto Harry uscire dall’ufficio del Preside…»

Remus sbiancò.

«Dimmi tu cosa devo pensare.» concluse con la voce tagliante come una lama, una leggera ironia nelle sue parole.

Il licantropo deglutì, andando alla ricerca disperata di una scusa. Ma era talmente agitato che non era per niente facile trovarne una che facesse conciliare tutto.

«Ho mentito» ammise «Ma non ne so niente! Se n’è andato prima di me, e mi ha pregato di dirvi che era rimasto in biblioteca!» inventò, anche se consapevole dell’inutilità di quella farsa.

La speranza è l’ultima a morire…

In questo caso la speranza degli stupidi, però. La cosa brutta è che non sapeva come tirarsene fuori, perché non poteva dire agli altri i reali motivi che lo spingevano a far questo. Non poteva dire loro che si trattava di qualcosa di delicato e pericoloso, in cui c’era finito di mezzo senza che neanche Harry volesse. Per di più sapeva solo le informazioni più superficiali, in fondo, neanche lui conosceva bene Harry, e dubitava ci sarebbe mai riuscito. E naturalmente, non dirglielo e negare tutto, non faceva che peggiorare le cose.

Remus ne ebbe l’ulteriore conferma quando vide la bocca di Sirius essere in procinto di ringhiare. Quasi si chiese del perché, incazzato nero, il Black non avesse ancora buttato la foglia nel water, tirando lo sciacquone.

«E ti aspetti che ti creda?» ringhiò infatti Sirius «Guarda, vedendola sotto la mia prospettiva, tutto ha più senso! Può essere mai che proprio tu non avessi mai sospettato di Harry prima di noi? Sì, proprio tu, così attento ai dettagli di ciò che ti circonda! L’hai messo alla strette e… da quel momento ci nascondi anche tu qualcosa!» sputò poi.

Le bianche e candide nuvole del cielo di primavera avevano solo da invidiare la pelle di Remus, in quel momento.

Quest’ultimo non era sicuro del fatto che la capacità di Sirius di indovinare eventi di cui teoricamente non avrebbe dovuto saperne niente fosse dovuto ai suoi innati viaggi mentali, forse da babbano lo sceneggiatore sarebbe stata la sua carriera ideale.

Però, quel che stupiva Remus - facendogli chiedere se avesse conservato la propria sanità mentale- era che pensasse a una probabile carriera babbana adatta a Sirius in un momento del genere, quando invece di viaggi mentali se li sarebbe dovuti fare lui, per inventarsi una scusa decente!

Gli occhi di Peter e James erano puntati su di lui, e quest’ultimo già sembrava essere dalla parte di Sirius.

Ovviamente.

Non che poi Remus si stupisse, era più che legittimo e logico schierarsi dalla parte di Sirius, ma era consapevole che James sarebbe stato sempre stato dalla parte di Sirius, in qualunque caso, a eccezione di quelli estremamente speciali.

Gli parve di aver le parole bloccate in gola, quando vide perfino Peter guardarlo con diffidenza. Involontariamente, senza neanche accorgersene, aprì e chiuse la bocca senza cacciar fuori neanche una sillaba.

Senza accorgersene, c’è da specificare, perché se Remus lo avesse fatto accorgendosene, avrebbe immediatamente smesso, poichè sembrava più un atteggiamento di un colpevole che di una persona innocente.

«Quando hai intenzione di sputare il rospo?»

Remus sembrò risvegliarsi da uno stato catatonico, osservando dritto negli occhi Sirius, sentendo un improvviso fastidio montare in sè «Hai la minima idea di cosa mi stai chiedendo di fare?» chiese.

Black annuì, assumendo un’espressione quasi derisoria: «Di sputare il rospo» ripeté sarcastico.

«Mi stai chiedendo di scegliere!» esclamò Remus, stringendo i pugni. Seguì il silenzio. «Harry si è fidato di me, quando avrebbe potuto benissimo farmi dimenticare tutto!»

Sirius si morse il labbro, guardandolo indeciso. «Allora scegli» sussurrò, ritrovando l’ardore di prima.

Remus lo osservò sorpreso, aprendo e chiudendo i pugni. Abbassò lo sguardo, non parlando.

Sirius lo osservava assottigliando le labbra, non proprio sicuro di quel che stava facendo. Allo stesso tempo, James non credeva fosse il modo migliore per risolvere le cose, ma ogni qual volta cercava di incrociare lo sguardo di Sirius, questi lo evitava.

Sirius quasi sentiva un piccola speranza nascere in lui, e no, non era solo perché voleva sapere del segreto di Harry, ma anche perché voleva continuare a parlare con il Licantropo, anche a costo di sentire i suoi noiosi rimproveri e raccomandazioni.

Remus si alzò di scatto.

«Che fai?» domandò immediatamente Peter, guardandolo timoroso, mentre Sirius osservava con attenzione, e con un pizzico di incredulità, Lupin in piedi, che li guardava a malapena.

Remus scrollò le spalle, dirigendosi verso la porta «Ho scelto» rispose, e uscì dalla stanza.

Inutile dire, che fu abbastanza ovvio chi avesse scelto.


*


Harry sapeva che prima o poi si sarebbe giunti a questo punto, e non capì perché averlo saputo da Remus lo avesse turbato così tanto. Forse perché tutto era stato improvviso, senza che ce ne fossero veri e propri segni prima che succedesse.

Se ce n’erano stati, Harry non li aveva notati.

Già dal momento in cui Remus era tornato in Sala Comune, aveva capito che qualcosa non andava. Remus si era ostinato a non guardarlo dritto in faccia, ma era evidente che fosse distrutto e logorato dai sensi di colpa.

Harry avrebbe preferito, fin dall’inizio, che l’unico a finirci di mezzo fosse lui stesso. Senza trascinarci Remus, solo lui contro gli altri. Per quanto apprezzasse il fatto di avere qualcuno al proprio fianco, che lo sostenesse nonostante questo comportasse liti con i propri amici, vedere Remus così di malumore non gli piaceva. Non aveva idea di cosa Remus avesse pensato nel momento in cui Sirius gli aveva chiesto di scegliere, ma era sicuro che tra i suoi pensieri di amicizia, ci fosse finito di mezzo anche il “giusto” e lo “sbagliato”.

Secondo Harry, ormai, in questa situazione, il “giusto” e lo “sbagliato” si confondevano e si scambiavano di ruolo. Era giusto non tradire colui che ti ha donato fiducia, ma è sbagliato mentire ai propri amici. È sbagliato non permettere al resto del gruppo (tanto unito) di non conoscere per davvero uno dei componenti, ma è giusto non coinvolgere troppo gli altri.

Comunque, più passavano i giorni, più Harry si sentiva legato a Remus rispetto agli altri, e non sapeva se questo derivasse unicamente dal fatto che il licantropo lo conoscesse meglio.

Benché né lui né Remus rivolgessero una sola parola a Peter, James e Sirius, Remus aveva notato che il Black mangiava ancora con attenzione il cibo, che fosse ancora attento a tenere la bocca serrata quando non parlava, che si lavasse ancora i denti con esasperante lentezza, costringendosi ad alzarsi, insieme a Harry, cinque minuti prima degli altri, solo per cercare di non fare più ritardo di quanto già non facesse a lavare i denti.

Questo significava che Sirius non aveva alcuna intenzione di buttare la foglia al vento, e chi s’è visto s’è visto. C’era ancora una possibilità di chiarire, alla fine.

E Remus sperava che avvenisse il più presto possibile.

Anche se, per loro, e per tutti, una divisione del genere tra Malandrini non s’era mai vista. Non era – per niente – quella che era avvenuta dei primi di Settembre, in cui, nonostante si parlassero a malapena, camminavano comunque insieme per i corridoi, si sedevano vicini e passavano il tempo insieme. Questa invece, era molto più evidente. Dove erano seduti James, Sirius e Peter in Sala Grande, sette posti più lontano c’erano Remus e Harry, questi ultimi non si sedevano più in fondo all’aula insieme agli altri, né camminavano per i corridoi insieme agli altri tre, formando i Malandrini al completo.

James avrebbe giurato che addirittura la Evans fosse dispiaciuta per la situazione, ma forse se l’era solo immaginato.

Naturalmente, nessuno a Hogwarts sa farsi i fatti suoi, quindi si diedero via alle più strampalate teorie. C’è chi diceva che Harry e James avessero litigato, perché entrambi innamorati di Lily Evans, e che Remus invece era dalla parte di Harry perché credeva che lui e Lily fossero una coppia perfetta. Altri ancora dicevano che era perché durante una litigata (“di cui motivi sconosciuti” sì, dissero proprio così, evidentemente non avevano abbastanza inventiva per inventarsi un motivo) che coinvolgeva Remus, Harry, Black, Minus e Potter, i primi due avevano insultato il padre defunto di James, e quindi, come risultato, si erano divisi.

Quando James sentì questa assurda teoria sussurrata, si trattenne da lanciare schiantesimi e fatture, ma il suo sguardo inquietante bastò a far zittire un gruppetto del secondo anno.

Se Remus sembrava a disagio, sapendo di tutti i pettegolezzi negativi che gli giravano attorno (un'altra fantasiosa teoria riguardava un amore segreto di Remus verso la bella Marlene McKinninon; segreto perché James aveva confessato da tempo di essere innamorato della biondina, e che usasse la Evans per farla ingelosire. Successivamente, Remus, non potendone più, aveva confessato la sua sbandata verso la fanciulla di James, e a quel punto, erano volate parolacce. Harry era rimasto dalla parte di Remus per puro spirito di amicizia nei suoi confronti), Harry sembrava farseli scivolare addosso con estrema indifferenza e apatia, e il licantropo ebbe l’impressione che perfino nel suo tempo Harry Potter non fosse stato un comune e semplice studente. Ma questo era facilmente intuibile, era il futuro figlio di James!

Però Harry sembrava più abituato alle dicerie negative, piuttosto che quelle positive.

La mattina del 7 Ottobre (era quasi giunta la fine di quell’infernale settimana!), Harry si svegliò alle otto e mezza di mattina, e si vestì silenziosamente. Quando fu pronto, uscì dal dormitorio, dopo aver guardato brevemente i volti dei suoi compagni.

Il castello era totalmente silenzioso, solo alcuni mattinieri erano in giro, ed Harry giudicò il silenzio pacifico e rilassante.

Non poté evitare di sentirsi ansioso, quando gli tornò il mente il perché si fosse svegliato in orario così inusuale per lui. Sperava che gli avvertimenti dati a Silente bastassero a fargli desistere dal toccare l’anello senza pensare alle conseguenze.

Dopo aver detto la parola d’ordine, salì le scale e bussò alla porta.

«Ti aspettavo, Harry» annunciò Silente, quando entrò. Era girato  verso la finestra che di solito era alle sue spalle, ad osservare il cielo leggermente nuvoloso, da cui qualche raggio spuntava a riscaldare almeno un po’ il clima fresco. 

 «Buongiorno, signore» lo salutò Harry, chiudendo la porta.

 «Suggerirei di non perdere tempo, suppongo» disse il preside, voltandosi. «Dove siamo diretti?»

Harry giudicava estremamente strano sapere qualcosa che Silente non sapeva.

«Prima devo dirle qualche, ehm, dettaglio, che non le ho detto» Harry giudicava riduttivo definire un “dettaglio” Voldemort che divideva la propria anima in sette parti (anche se in questo tempo erano “solo” cinque).

Silente lo guardava attentamente.

«La Pietra della Resurrezione è incastonata in un anello appartenente ai Gaunt, che Riddle rubò – quando frequentava ancora Hogwarts-  trasformandolo in un Horcrux» spiegò Harry, in una versione molto riduttiva. Non credeva che questo fosse il momento adatto per parlare di tutte le vicende oscure di Voldemort, piuttosto, al momento, non voleva perderci molto tempo.

«Horcrux?» ripetè Silente, piuttosto turbato.  Sfortunatamente sapeva dell’esistenza e della funzione di simili orrori della Magia Oscura, ed era abbastanza scontato che Voldemort fosse talmente immerso in essa da sapere anche quell’antica e rivoltante magia. Quando aveva creato un Horcrux, era ancora un ragazzo, questo significava che per quanto ci avesse minimamente sperato il preside di salvarlo ai tempi in cui frequentava Hogwarts, già non era più possibile. Per creare un Horcrux c’era bisogno di un omicidio, e macchiarsi di un simile atto già da giovane per Tom non aveva rappresentato alcun problema, evidentemente.  Ma Silente conosceva Voldemort, conosceva Tom Riddle, ed era sicuro che non si fosse fermato solo a un Horcrux.

«Chi ha ucciso?» chiese Silente.

«Suo padre» rispose Harry, che poi anticipò la domanda di Silente: «ne ha poi creato altri sei, successivamente. Ma per ora ce ne ha cinque. Quindi, ora, oltre a recuperare la Pietra, recupereremo anche un Horcrux»

Albus annuì, capendo che per ora era meglio evitare domande «Dove si trova?»

Seguì un attimo il silenzio, in cui Harry guardava il vuoto, come a richiamare a sé tutte le memorie del sesto anno «Nella Baracca dei Gaunt a… Little Hangleton» rispose.

«Bene» assentì Silente, affiancandosi a lui e porgendogli il braccio. Harry lo afferrò saldamente, e si  smaterializzarono.

Comparvero di fronte a una casa assai malandata, e aveva tutta l’aria di cadere da un momento all’altro, le pareti erano coperte di muschio, numerose tegole mancavano al tetto (più di quante Harry se ne ricordasse dal ricordo), le ortiche erano alte e appassite, e le finestre piccole e talmente sporche che a malapena si riusciva a vedere l’interno della casa.

Silente osservava la casa impassibile, e Harry si chiese se entrandoci si sarebbe ammalato per intossicazione, dovuta probabilmente alla polvere che vi albergava all’interno.

Harry mosse un paio di passi sul sentiero che portava verso la porta della squallida baracca, seguito da Silente.

Quando giunsero di fronte, Silente calpestò qualcosa, causando uno scricchiolio sinistro. Il preside fece un passo indietro, rivelando lo scheletro di quello che una volta era un serpente. Harry arrivò a domandarsi per quanti anni quel povero serpente fosse stato attaccato alla porta.

La porta si aprì con un cigolio, ed entrarono all’interno. Vi era un tavolo con tre sedie vicino al muro, ricoperto da strati e strati di polvere, anzi, s’è per questo, tutto era ricoperto da strati di polvere. In fondo alla stanza c’era una sudicia piccola cucina, il lavandino pieno di piatti sporchi (da decenni probabilmente), dove alcune mosche giravano in tondo, quasi in modo malinconico. All’angolo c’era un caminetto, con una poltrona dalla stoffa sgualcita e sporca, così come le altre due. Un po’ ci volle a Harry per abituarsi alla puzza della casa, e né lui, né Silente, osavano toccare anche solo un mobile, poiché avevano tutta l’aria che, appena toccati, buttassero fuori un’ondata di polvere.

«Sai anche in che punto si trova, Harry?» gli chiese il preside, piuttosto guardingo. Il diretto interessato fece una smorfia, inorridendo al solo fatto di mettersi a cercare.

«Purtroppo il suo se stesso del futuro non me l’ha detto» borbottò Harry, sperando che la memoria non lo ingannasse.

Seguì un attimo il silenzio.

«Credo sia… a terra.» disse Silente chinandosi, chiudendo gli occhi, poi annuì fra sé e sé «Sento Magia Oscura»

Ma allora era Magia Oscura quel qualcosa di opprimente nell’aria? Che faceva desiderare a Harry di uscirsene da lì?

Harry si chinò  anche  lui «Sotto le tavole del pavimento?» chiese.

«Sì»

Forse all’esterno sarebbe risultato surreale, vedere Harry e Silente (Silente!) picchiettare sulle tavole del pavimento, ma Harry, dopo un po’, picchiettando su una tavola vicino a una poltrona, sentì un rumore diverso.

Silenziosamente, staccò la tavola e vide una scatola d’oro, di medie dimensioni. Subito sentì irradiare da lei una forte Magia Oscura.

«Professor Silente! Credo di averlo trovato!» esclamò, squarciando il silenzio che s’era creato.

Con un’agilità che non ci si aspetta da un anziano di circa novant’anni, Silente corse a fianco a lui.

«È senz’altro lì dentro» disse il preside, poi sguainò la bacchetta «E c’è anche una Maledizione»

Sapere questo per Harry non fu affatto una sorpresa, e annuì, spostandosi.

Il preside prese ad agitare la bacchetta in movimenti complessi, sussurrando una cantilena in latino, di cui Harry capiva giusto qualche parola (di cui comunque non sapeva il significato). Passarono due minuti, e sembrava che la formula che pronunciava Silente stesse quasi giungendo al termine.

Poi, ebbe una strana sensazione, come se qualcosa non tornasse.

Gli stava sfuggendo qualcosa.

Harry osservò concentrato Silente sussurrare con gli occhi chiusi, poi si guardò intorno, inquieto, supponendo che la strana sensazione fosse dovuta a qualcuno che non doveva esserci. Ma non c’era nessuno, erano soli.

Silente riaprì gli occhi, sospirando piuttosto esausto, ma soddisfatto.

La sue mani si avvicinarono alla scatola, per toglierla dal buco sotto la tavola.

«Silente non ha visto l’anello» pensò d’un tratto Harry «Così deve essere stato nel mio tempo. Quindi non ha tolto la maledizione dalla scatola, ma lui ha preso la Maledizione solo dopo aver indossato l’anello. Perché, toccando semplicemente la scatola senza togliere la maledizione, non si è fatto male? Perché è caduto in tentazione senza neanche vedere la Pietra?»

Harry spalancò gli occhi «Merlino! Silente non è così sciocco!»

Con uno scatto, afferrò il polso del preside, fermando la mano che si avvicinava per toccare l’anello. Silente aveva un’espressione estremamente desiderosa e sofferente, perso in mari di ricordi che solo lui sapeva. Era quasi ipnotizzato, e Harry vide per la seconda volta nella sua vita un uomo distrutto e vulnerabile, oltre la corazza di Silente.

Tuttavia, anche se la maledizione sulla scatola era stata sciolta, Harry percepiva anche da lontano un’altra Magia Oscura, molto più potente della prima, ma Silente, sembrava non essersene minimamente accorto.

«Harry?» sussurrò Silente flebile, come svegliatosi d’improvviso, la mano completamente immobile, il polso intrappolato nel pugno di Harry.

«È così che ha rischiato di morire nel mio tempo, signore» mormorò Harry morbidamente, allontanando delicatamente la mano del preside dall’anello «Lì c’è un’altra Maledizione, non la sente?»

Albus sembrò tornare nel mondo reale, perdendo lo sguardo perso di prima. Osservò la pietra scura incastonata nell’anello, con sopra disegnato il simbolo dei Doni della Morte, poi sospirò, chiudendo strettamente gli occhi e riprendendo a sussurrare, agitando la bacchetta, mentre Harry sospirava di sollievo.

Per sciogliere la maledizione, ci volle più tempo questa volta.

Quando ci riuscirono, Silente indossò l’anello e questa volta Harry non glielo impedì, nonostante in quell’anello ci fosse un pezzo d’anima di Lord Voldemort.

Davanti a loro comparve una ragazza, con i ciuffetti dei capelli attaccati dietro da una molletta, aveva un viso dolce e tondo, e guardava Albus sorridendo leggermente. Poi comparve un uomo anziano, robusto e con un po’ di barba incolta, i capelli bianchi e gli occhi seriosi, ma nei quali si riusciva a scorgere, nascosto in fondo, un amore paterno. A fianco a lui comparve una donna, i capelli raccolti in una crocchia disordinata, i lineamenti marcati e un’espressione che aveva un che di malinconico.

Harry osservò il preside, che guardava quelle tre persone con gli occhi lucidi, assorbendosene ogni particolare. 

Con estremo silenzio, uscì dalla baracca, decidendo di lasciare un po’ di privacy a Silente con la sua famiglia. Si appoggiò a un tronco di un albero nelle vicinanze, aspettando.



Dopo dieci minuti, in cui si era rassegnato a giocare con i fili d’erba, seduto a terra, Silente uscì dalla squallida casa, con l’anello non più al dito, ma stretto in pugno.

Si vedeva leggermente che aveva pianto, ma a Harry parve quasi più leggero del solito, e stranamente contento.

«Mi scuso, Harry, per averti fatto aspettare. E ti ringrazio immensamente per la pazienza, e per la comprensione» disse Silente grato, avvicinandosi.

Harry si grattò la nuca, imbarazzato, mentre si alzava «Non c’è di che, signore.» rispose.

Silente sorrise e gli porse il braccio, che Harry afferrò.

Si materializzarono di nuovo nell’ufficio del preside, e quest’ultimo si diresse dietro la scrivania, poggiandoci l’anello sopra.

Poi Silente puntò la bacchetta sull’anello, e dopo un po’, la pietra si staccò, saltando fuori e atterrando qualche centimetro più in là.

Harry la prese, osservandola.

Era proprio come se la ricordava, scura e con il segno dei Doni della Morte che sfoggiava fieramente. Si ricordò quando l’aveva usata, poco prima di consegnarsi. In quel momento era stato così sicuro di doversi unire ai suoi genitori… a Sirius e a Remus. Nel suo tempo era finita dispersa chissà dove nella Foresta Proibita, e tuttora Harry credeva che fosse stata la soluzione migliore. Era meglio che i Doni della Morte non si riunissero mai, la Pietra era bella, ma anche pericolosa. «Mi chiedevo, signore, ma se quattro maghi prima di me hanno fatto il rituale… perché è perfettamente intera?» domandò perplesso.

«Vedi che i lati della Pietra sono piuttosto rozzi?» gli fece notare Silente «L’hanno tagliata. Credo che originariamente fosse un po’ più grande, ma forse non volevano rovinarla, quindi hanno tagliato solo i lati, facendola comunque rimanere un rombo» spiegò.

Harry si immaginò un mago con la faccia dai contorni distorti prendere le misure per tagliare bene la Pietra.

«C’è una complicazione che non ho pensato, signore… questa Pietra è un Horcrux…» sussurrò Harry, sconsolato. Non aveva alcuna intenzione di ri-andare a uccidere il Basilisco, magari finendoci pure morto stecchito. L’Ardemonio era una buona opzione, ma a quel punto della Pietra sarebbero rimaste solo ceneri irriconoscibili.

«Oh, non ti preoccupare Harry. Il potere e la magia della Pietra sono talmente forti che non possono essere in alcun modo alterati. Il pezzo d’anima è esclusivamente nell’anello. Facci caso, percepisci Magia Oscura quando la tocchi?»

Harry la tastò cautamente, tendendo le orecchie, quasi aspettandosi di sentire un sibilio fastidioso, che ormai non avrebbe più capito.

Ma non sentì né percepì niente, e aggrottò le sopracciglia, incerto «N’è sicuro, signore? Sa… non vorrei digerire un pezzo d’anima di Voldemort…»

Silente ridacchiò, e Harry si chiese cosa ci trovasse di divertente. Non sapeva se il pezzo d’anima di Voldemort sarebbe poi rimasto (di nuovo) nel suo corpo o se sarebbe finito nel water, in tutta sincerità.

«Ne sono sicuro» confermò Silente, divertito.









P.s. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, 感謝 !(Giapponese random)

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Capitolo 40
*** Il mio posto felice ***


Il mio posto felice

Harry ultimamente era con la testa tra le nuvole, Remus l’aveva notato. Gettava occhiate con svogliatezza e ascoltava con distratta attenzione ciò che le persone dicevano. Talvolta si sedeva, da qualunque parte, e chiudeva gli occhi (o semplicemente guardava il vuoto, dipendeva da dove si trovasse in quel momento) e quando Remus lo guardava, sapeva che risvegliarlo da quello stato di pace e concentrazione sarebbe stato difficile, perchè il suo amico, in quei momenti, vagava e vagava, in un posto indefinito, in uno spazio che non esisteva in cui tutto veniva amplificato. 

Ad occhi esterni poteva sembrare che ad un tratto Harry Potter avesse deciso che la meditazione dovesse far parte della sua giornata quotidiana, ma Remus sapeva che si stava semplicemente esercitando. 

Si stava esercitando ad essere tutt’uno con il mondo, a lasciare quella noiosa terraferma e andare con la mente sempre più su, sempre più su, farla diventare senza confini, come il cielo. A tal punto da percepire la magia intorno a sé, riconoscerla e impararla. Harry ci stava riuscendo, aveva preso -naturalmente- con molta serietà il rituale e non voleva trovarsi impreparato quando sarebbe giunto il momento di farlo. 

Era affascinante avvicinarglisi silenziosamente in quei momenti, per non disturbarlo, e vederlo comunque aprire gli occhi e chiamare il tuo nome ancor prima di vederti. Com’è che era possibile? Aveva percepito la tua magia. Ovvio. Da come lo diceva sembrava fosse una cosa perfettamente normale che tutti erano capaci di fare. Forse si era dimenticato che, la prima volta che era riuscito a percepire un’aura, era saltato come un bambinetto con uno dei suoi rari, enormi, sorrisoni insieme al brillio dei suoi occhi. 

Era già stato deciso il luogo del rituale, una pianura deserta, agli estremi margini di un paesino sperduto nelle Okney. Silente aveva consigliato di non farlo all’interno di Hogwarts, poiché la magia era davvero molto intensa, e sarebbe stata estremamente percepibile. L’Horcrux, non l’avevano distrutto, bensì ora l’anello si trovava chiuso in un scatola con sopra svariate magie protettive. Entrambi erano stati d’accordo sul non far capire minimamente a Voldemort di star dando la caccia ai suoi Horcrux, poiché c’era il rischio che cambiasse tutti i luoghi, sostituendoli con altri ancor più improbabili. Forse, finchè non li avessero conservati un bel po’ -se non tutti-, era meglio conservarli e poi distruggerli tutti insieme. L’Ardemonio sarebbe stato una buona alternativa al veleno di Basilisco, che comunque era molto raro e ci metteva molto tempo per arrivare da chissà quale paese. 

Ma Harry aveva ancora altro a cui pensare, perché quel giorno era il 12 Ottobre.

E domani c’era la Luna Piena. 

E lui e Sirius avevano ancora la foglia in bocca. 

Chiunque, anche da un miglio di distanza, avrebbe percepito l’ansia che cercavano di nascondere. Forse, quello fu uno dei pochi giorni -compreso anche il 13 Ottobre- in cui Sirius Black fiatò a malapena, tenendo la bocca completamente serrata. Lui e Harry mangiarono peggio dei criceti, e si gettavano sguardi a vicenda, quasi a compatirsi, come avessero litigato e soprattutto come se uno dei due non sospettasse dell’altro. Sirius quasi rinunciò a lavarsi i denti, la sera, ma James gli fece notare che la sua bocca non aveva preso neanche un po’ d’aria quel giorno, e quindi puzzava molto più del solito. 

Sirius ci mise quattro minuti e cinquantasei secondi a lavarsi i denti, mentre Harry ci riuscì in quattro minuti e quarantatre secondi. Non che poi si fossero messi a contarli, questa è più che altro una stima di Peter. 

La notte del 13 Ottobre, i due non si erano messi d’accordo sul dividere il Mantello, Sirius non ci aveva neanche pensato, era sicuro che Harry avesse la situazione perfettamente sotto controllo per non farsi beccare. Non aveva torto, in effetti, Harry usciva abitualmente tre volte a settimana, se non di più, e evitava con magistralità Gazza, quasi automaticamente. 

Forse ci avevano sperato, forse no, ma fare il tragitto separati non servì a non incontrarsi. Purtroppo, avere un’amicizia così stretta, sembrava aver comportato l’aver pensato lo stesso luogo in cui c’era l’altro. 

La Torre d’Astronomia, era perfetta per ricevere i raggi diretti della Luna. 

Harry aprì lentamente la porta, invisibile, e dopo essere entrato, se la chiuse alle spalle. Si avvicinò alla ringhiera, spostando alcuni telescopi di cui facevano uso gli studenti durante l’ora di Astronomia. Osservò la Luna, ancora coperta da alcune piccole nuvole, che la coprivano leggermente, ma Harry era sicuro che di lì a poco se ne sarebbero andate. 

Ironico acchiappare una notte tersa ad Ottobre e non a Maggio. Forse perché aveva piovuto tutto il giorno, Harry non lo sapeva. Si appoggiò alla ringhiera e osservò la Luna, aspettando pazientemente che si scoprisse del tutto. Gli parve quasi di sentire leggerissime urla di dolore, in lontananza. 

Dopo neanche un minuto, la porta si riaprì da sola, così come si chiuse apparentemente da sola. Harry già aveva capito chi era, ma lui non sembrava aver notato la sua presenza. 

Forse perché era ancora invisibile, chissà. 

Harry cercò di indovinare quanto tempo Sirius ci avrebbe messo a vedere una fialetta sospesa in aria. Quest’ultimo si tolse lentamente il Mantello, lasciandolo cadere a terra, e solo quando si fu completamente voltato, sobbalzò, notando la fialetta. 

Harry sciolse l’incantesimo, trattenendo un sorrisetto divertito, ormai era anche inutile far finta di non conoscere incantesimi avanzati. 

«Ciao» riuscì solo a dire Harry. 

 «Ciao.» rispose banalmente Sirius, incerto. Nella mano destra teneva stretta la fialetta, gettò una breve occhiata alla Luna alta in cielo. Dopo essersi guardati per due secondi ancora, il Black voltò la testa e la tenne testardamente fissa sul cielo, sentendo, al contempo, lo sguardo di Harry ovunque, ma forse era solo una sua impressione. 

Harry continuò ad osservarlo, mentre il disagio cresceva a dismisura. Si gettarono continui sguardi di sottecchi, entrambi immaginando come si sarebbero comportati se non avessero litigato. Probabilmente avrebbero parlato, avrebbero immaginato il sapore disgustoso che avrebbe avuto il miscuglio. Avrebbero già sognato le notti di Luna Piena, che in futuro avrebbero fatto insieme a Remus e agli altri. 

Ma la loro immaginazione non fu condivisa, le parole e i pensieri se li tennero per sé, più passava il tempo e più si vedeva quanto fosse desolante essere lì, insieme, e stare zitti, come se fossero sconosciuti, ognuno curioso dell’altro.

In quel momento Sirius rimpianse davvero tanto il prima. Avrebbe voluto dargli una sua osservazione sullo strano miscuglio arancione che era nelle fialette.
Esposero la fialetta ai raggi della Luna, e la sostanza divenne di un arancione leggermente più chiaro. Mentre tenevano le fialette oltre la ringhiera, Harry estrasse dalla tasca un piccolo oggetto di legno. 

Sembrava una minuscola scatolina. 

«Engorgio» sussurrò, la scatolina si ingrandì gradualmente. Sirius guardò interrogativamente Harry, mentre questi si chinava, portando con sé la fialetta di cristallo con una lentezza esasperante (quasi il liquido non si muoveva). La scatola di legno lavorato era estremamente semplice, totalmente chiusa e sulla facciata frontale aveva una serratura per lucchetto. 

Harry aprì la scatola e ripose con cura la fialetta, poi si voltò verso Sirius che continuava ad osservarlo. 

«Che aspetti? Mettila anche tu» Sirius si riscosse e posò la fialetta nella scatola. Poi Harry la chiuse e tirò fuori dalla tasca un lucchetto e con questo chiuse la scatola. 

Il corvino sguainò la bacchetta e la agitò sul lucchetto, facendolo brillare brevemente. 

«Ti rendi conto che basterà un’Alohomora per aprirlo, qualsiasi incantesimo tu abbia fatto, vero?» gli fece notare Sirius, prendendolo in giro, ma non era quella presa in giro amichevole che si fa fra amici. 

Harry alzò un sopracciglio «Bene, prova tu ad aprirlo» disse indicando il lucchetto, con uno sguardo di sfida. 

Sirius ci provò, sussurrando la formula, ben sapendo che se Harry avesse proposto di provarci era perché funzionava. Il lucchetto rimase perfettamente immobile, e allo sguardo d’attesa di Sirius una forza rispose, facendolo barcollare e per poco non facendolo cadere a terra. 

Harry lo guardava divertito, accarezzando la scatola con calma «Ho messo anche qualche altra protezione, vuoi provarla?» chiese, sorridendo. 

«No, grazie» borbottò Sirius, non tanto perché  fosse spaventato da un semplice barcollare, più che altro perché, da come l’aveva detto Harry, quella sembrava la minima cosa. Ma forse si stava semplicemente impressionando. 

Ed effettivamente era così. Harry aveva messo semplicemente un potente incantesimo di protezione a specchio riflettente (qualsiasi incantesimo che veniva lanciato sulla superficie sarebbe stato rispedito indietro) poi, la sua letalità dipendeva tutta dall’incantesimo che veniva lanciato. 

Qualcuno avrebbe potuto considerare il tutto esagerato, ma Harry non voleva subire mutazioni tremende, in tutta onestà. 

Guardarono entrambi la scatola «E adesso?» mimò Sirius con le labbra: voleva rendere il luogo in cui si trovavano il più silenzioso possibile. «La portiamo nel nostro dormitorio?» 

«Il nostro dormitorio è tranquillo e silenzioso?» chiese Harry ironico, anche lui mimando.  

A Sirius tornò in mente James che entrava saltellando in dormitorio raccontando del suo ultimo litigio con la Evans (a volte entrava anche arrabbiato ma i casi erano rari), ricordò Remus che urlava la mattina, Peter che strillava alla scomparsa dei suoi calzini e Harry che gli ricordava insistentemente che erano sotto al letto. Beh, questa era la situazione classica, ora non era più così, ma la sveglia Banshee di Remus (sì, ne aveva ricomprata un’altra, ancora. Ma non so, una sveglia unicorno no, eh? No) non la batteva nessuno e avrebbe strillato in qualsiasi situazione. 

Sirius scavò nelle sue memorie, alla ricerca di un luogo ad Hogwarts che poteva essere tranquillo e silenzioso… 

Gettò una veloce occhiata a Harry che lo guardava con… attesa? Come se si aspettasse che dicesse qualcosa che lui era indeciso di dire. 

Oh. 

Ma doveva dirglielo? Doveva rivelargli la sua esistenza? 

«Oh, andiamo, che conta mantenere un segreto quando di questo ne può dipendere il mio stesso bellissimo corpo e… Remus.» pensò Sirius, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. 

«C’è una stanza nascosta al settimo piano che si trasforma nella stanza che tu vuoi. Ci basterà immaginare di volere un luogo completamente tranquillo, silenzioso e inaccessibile- anche se dubito che qualche studente sappia dell’esistenza di questa stanza- e il gioco sarà fatto»

Harry parve sorpreso, ma per la prima volta Sirius si ritrovò a mettere in dubbio la sincerità delle espressioni di Harry e concluse che sì, probabilmente sapeva dell’esistenza della Stanza perché gliel’aveva detto Remus. 

«Andiamo?» chiese Harry, poiché Sirius restava immobile. 

Sirius aprì la bocca e la richiuse «I-Insieme?» 

Harry lo guardò come se avesse fatto la domanda più stupida del mondo. Certo, ovvio, andavano insieme, che domanda stupida, Sirius!  Ma… insomma… non avevano litigato? Per quei brevi attimi sembrava che il litigio fosse quasi scomparso, praticamente. 

Sirius, ripresosi, propose di andarsene via con l’incantesimo che aveva usato Harry, che era sicuramente più comodo, e di mettere il mantello invece sulla scatola. 

Lentamente, scesero le scale, invisibili e fianco a fianco, dirigendosi verso la Stanza, la scatola nelle mani di Harry. Sirius avrebbe quasi giudicato il tutto un ritorno ai vecchi tempi, se non fosse per il fatto che non vedeva Harry e che nessuno dei due ghignava. 

Il tragitto fu fatto in un silenzio pesante, e Harry quasi sospirò di sollievo quando fecero comparire la porta e vi trovarono all’interno una piccola stanza completamente vuota poco illuminata (ci vedevano a malapena) con al centro un piccolo piedistallo. Posarono la scatola e uscirono, costringendosi a fidarsi della Stanza. 

Prossima meta: Sala Comune di Grifondoro. 

Ora che non c’era più la scatola che li accumunava, Sirius insistette a togliersi l’incantesimo e ad andare sotto il Mantello («L’ho portato, tanto vale usarlo!» che scusa infantile…)

Ci su la situazione imbarazzante, poi, di dover andare nella stessa meta ma farlo separati, percorrendo la stessa identica strada. 

Continuarono a camminare, e anche non vedendosi, il disagio persisteva. Arrivò a tal punto che Harry sbuffò, accelerando il passo e avvicinandosi sempre di più all’aura magica che sentiva, a qualche metro da lui. 

«Sirius?» 

Sirius, da sotto il Mantello, sobbalzò, fermandosi. 

«Mhm?» 

«È ridicolo ciò che stiamo facendo, sembriamo bambini di prima elementare.» sospirò Harry, e Sirius ci pensò un attimo. Non sapeva cosa fosse la prima elementare, e magari lo avrebbe saputo se avesse ascoltato le lezioni di Babbanologia, ma la materia per ora non gli interessava un granché. 

Alzò il Mantello, mentre Harry annullava il suo incantesimo. Il corvino ci s’infilò sotto e dopo che si furono sistemati, ripresero a camminare. 

«La prima elementare comunque è il primo anno di scuola dei babbani, in cui imparano a scrivere e a leggere, si inizia a sei anni e finisce a sette, dove inizia la seconda elementare» spiegò Harry, distrattamente. Sirius gli gettò un’occhiata sconcertata. 

«Come…?»

Harry scrollò le spalle, guardando dritto davanti a sé «Ti conosco.» 

Sirius trattenne a stento un sorriso amaro, eh già, lo conosceva proprio bene.

«Peccato che io non possa dire lo stesso su di te.» si lasciò scappare Sirius, pentendosene quando vide la faccia rilassata di Harry contrarsi. Ma non riusciva ad evitarlo, questa cosa gli dava troppo fastidio, e si sentiva quasi a doverglielo rinfacciare continuamente. 

Harry stava ostentando un atteggiamento di indifferenza, non replicando alla sua risposta. Tuttavia, Sirius non si volle arrendere, decidendo di sfruttarsi quell’occasione che si presentava davanti. 

«Perché non ce lo vuoi dire?» 

«Cosa?» domandò di rimando Harry, facendo il finto tonto. Sirius lo guardò irritato e incredulo. 

«Perché tua nonna fa gli scialle di lana gialli invece che rosa. Ma secondo te?» sbottò acidamente Sirius, cercando comunque di tenere un tono basso. Potter lo guardò con sufficienza, poi distolse lo sguardo e osservò tutto tranne che lui.

«Perché è complicato da spiegare.» rispose infine, in modo vago. 

«Ma a Remus l’hai detto.» 

«Remus l’ha scoperto» precisò Harry, incominciando ad irritarsi.
«Lo scopriremo anche noi» replicò Sirius, testardamente. 

Harry trattenne uno sbuffo, cercando di reprimere quella piccola paura che sembrava essersi insinuata nel suo cuore. Seguì il silenzio, in cui nessuno dei due parlò, poichè non avevano voglia di sfociare in una litigata. 

Però, dopo qualche minuto, in cui Harry aveva l’impressione che di lì a poco finalmente sarebbero giunti alla Sala Comune, Sirius riparlò: 

«Harry?» 

«Che vuoi?» gli rispose questi bruscamente. 

«Un giorno ce lo dirai? Oppure dobbiamo rimanere così?» 

Harry non parlò, indeciso sul da farsi. Teneva davvero molto ai Malandrini, gli mancava la complicità che si percepiva quando erano tutti insieme. Anche se questi avessero deciso di lasciar perdere e fidarsi di lui, ci sarebbe stata sempre una pecca nel loro rapporto, che col tempo si sarebbe sentita, bisognosa di essere riparata. Prima o poi, arriverà il momento in cui, sentendosi pronto, dirà agli altri la verità. 

«Sì, un giorno… un giorno ve lo dirò.» 

Quel “un giorno” era talmente vago e incerto che Sirius non osò neanche chiedere quale. Poteva essere tra una settimana, tra un mese…. era un giorno, uno dei tanti. 

Un paio di passi, e Harry si fermò di scatto. 

«Che ti prende?» 

Harry gli fece segno di tacere con la mano, osservando intensamente l’angolo che dovevano svoltare per arrivare al quadro della Signora Grassa.  

«Sta arrivando qualcuno.» 

 

 

*

Più tardi, Sirius avrebbe insistito sul fatto che la colpa non era sua se Penny Saweberry e Elliot Smith li avevano beccati. Lui aveva semplicemente calpestato il Mantello, era troppo lungo! (tra qualche anno avrebbe detto che era troppo corto). Harry aveva fatto marcia indietro di scatto, ma aveva schiacciato il piede di Sirius, lui era saltato toccandoselo e mantenendosi a Harry, poi, rimesso il piede a terra l’aveva messo sull’orlo del mantello, era inciampato, aveva trascinato Harry ed erano caduti a terra. Avevano cercato di districarsi in fretta e furia dal Mantello (che il quel caso, era solo un problema, più che un aiuto) ma quando riuscirono a farlo, i due prefetti, rispettivamente di Grifondoro e Tassorosso avevano svoltato l’angolo, li avevano beccati e come ovvio che fosse, li avevano portati nell’ufficio della McGranitt. 

Ricordando la reazione a catena di prima, la colpa, secondo Sirius, non era sua, ma di Harry. 

Quella sera fu pure sfatato il mito del “Tassorosso buono e gentile”, perché Penny voleva pure lasciarli andare (sfacciato favoritismo ma comunque voleva lasciarli andare) «Dopotutto, è solo una passeggiatina di notte!» aveva esclamato, ma Smith puntiglioso e insopportabile a prima vista, aveva insistito e li aveva guardati come se avessero commesso chissà quale crimine (ed era un Tassorosso!). 

In sostanza,  il venerdì sera Sirius, fino al giorno prima, non lo avrebbe immaginato trascorso a riordinare i libri della biblioteca nei singoli reparti di essa, con Harry, per giunta. 

Ma forse, dopotutto, paragonato a pulire i bagni e lucidare i vasi o fare un viaggetto nella Foresta Proibita, riordinare i libri della biblioteca non era così terribile. 



Queste parole furono ritirate da Sirius quando vide una montagna di libri che lo aspettava su un tavolo della Biblioteca, ogni singolo libro aspettava di venir preso e messo nel proprio reparto, ogni singolo libro, senza magia. Tutta colpa degli studenti che lasciavano i libri così, abbandonati sui tavoli, che li prendevano e non li posavano. Se li avessero posati tutti quanti, questa punizione non sarebbe esistita. 

Sirius, probabilmente, non immaginava neanche che alcuni di quei libri erano stati lasciati proprio da lui sui tavoli. Ma anche sapendolo, avrebbe detto che questo era trascurabile perché, beh, lui era Sirius Black e questo spiegava tutto.

Un’altra sorpresa ci fu, poi. 

Una ragazzina dai capelli corti, neri e sbarazzini con una frangetta a coprirgli la fronte, e piuttosto magra, stava leggendo i titoli dei libri in modo annoiato, posando ognuno su una pila diversa, ancora piuttosto basse. 

«Quel grande…» Sirius la sentì borbottare, prima che si bloccasse. 

«La punizione terminerà alle dieci e mezza, verrò a controllarvi regolarmente ogni mezz’ora… buona fortuna.» gracchiò Gazza a Harry e Sirius, con un sorriso sadico e sdentato, poi si voltò e con un borbottio divertito uscì dalla biblioteca. 

Harry sospirò e senza guardarlo si diresse verso la pila di libri. 

Mary MacDonald (Sirius l’aveva riconosciuta) sembrava solo ora essersi accorta dell’arrivo di altre due persone, Harry, in particolare, ricevette un suo sguardo più lungo. 

«Cosa avete combinato?» chiese come se fossero particolarmente in confidenza loro tre. In fatto di questo, Mary non si faceva affatto vincere dalla timidezza, o forse non sapeva neanche cos’era, la timidezza, in fondo. 

Da quel che i due avevano capito di lei, era piuttosto sfacciata. 

«Occhio, MacDonald, non abbiamo fatto niente, stavamo facendo semplicemente una passeggiata di notte con le migliori intenzioni. Almeno, questa volta, non è stato fatto alcun danno al castello.» disse Sirius, sedendosi su una sedia. «E neanche si accontentano di questo!» 

«Che fai?» chiese Harry, che già aveva iniziato ad aiutare Mary, mentre quest’ultima li osservava di sottecchi. Sirius alzò un sopracciglio:  

«Ti aspetti davvero che mi metta a riordinare libri fino alle dieci e mezza?»

Harry lo guardò aggrottando le sopracciglia, infastidito «Beh, tecnicamente ci hanno detto di fare questo e Gazza verrà a controllare.» 

«Ogni mezz’ora» sottolineò Sirius «Che ore sono ora?» 

«Le otto.» 

A quel punto Sirius scrollò le spalle «E allora alle otto e mezza mi alzerò e metterò qualche libro a posto.» 

Harry stava per aprire bocca, rendendosi solo ora conto di quanto potesse essere insopportabile e odioso Sirius quando si trattava di parlare con persone che non erano proprio suoi amici, ma una voce si intromise: 

«Senti, Black, alza il tuo sederino regale dalla sedia e muoviti a darci una mano, io non riordinerò i libri mentre stai lì a poltrire, solo perché ho detto al professore di Divinazione, che nella tazzina da tè, al posto di vedere una pannocchia vedevo qualcos’altro, se capisci cosa intendo» disse Mary duramente, Harry la guardò interrogativamente, mentre Sirius ghignava maliziosamente, alzandosi. «Non ti facevo così perversa, MacDonald…»

Capito il significato, Harry per poco non soffocò con la sua stessa saliva, arrossendo leggermente. Sirius lo guardò brevemente. 

«Non far caso a lui, è così innocente» disse sospirando. Harry avrebbe tanto voluto dirgli che sicuramente in campo amoroso aveva fatto più cose di lui, ma si disse che la cosa avrebbe portato a troppe domande, quindi si limitò a gettargli un’occhiata a metà tra l’astioso e l’imbarazzato, prendendo i libri di Trasfigurazione che aveva raggruppato e posandoli sulla pila centrale. 

Mary guardava ancora Sirius in attesa, e questi alzò gli occhi al cielo, prendendo svogliatamente il primo libro a portata di mano “Metodi di associazione numerica-letterale: nascita, dubbi e opinioni contrastanti” Poi si mise a cercare tra la montagna altri libri di Aritmanzia, mentre Mary annuiva soddisfatta. 



Dopo un po’ di tempo, no, un’ora, in cui ci era stata qualche breve chiacchierata, avevano posato solo la metà dei libri (Ma per caso Madame Pince se li conservava? Aspettando che gli studenti venissero a fare i bidelli?).

Sirius, nel silenzio della biblioteca, aveva finalmente raccolto e posato venti libri di Erbologia, e ora vagava intorno al tavolo cercando di far credere che stesse scegliendo una categoria di libri quando invece stava semplicemente perdendo tempo. Un libro catturò la sua attenzione, un libro di Babbanologia, a giudicare dalla copertina. 

“Da un posto all’altro secondo il Babbano” 

E sotto, nella descrizione: 

Non vi siete mai chiesti come i Babbani riuscissero ad 
andare da una parte all’altra, anche se codesta parte è
lontana, senza magia? I mezzi di trasporto Babbani sono
vari e affascinanti, facendoci capire che senza magia è possibile
comunque vivere splendidamente, i Babbani ci sono riusciti e mica
si lamentano! 

 
Sotto, varie foto di mezzi di trasporto Babbani, tra cui, quasi in primo piano un mezzo su due ruote, con un sedile, due manici davanti e due specchietti e un telaio (non che poi Sirius sapesse cos’era un telaio, questa descrizione l’aggiungo io). Il primo pensiero del Black è che sembrava piuttosto figo rispetto agli altri mezzi e, per la prima volta nella storia, Sirius Orion Black stava per aprire un libro con interesse, ma il miracolato evento fu interrotto da un lamento della MacDonald. 

Sirius alzò lo sguardo, osservando con orrore Mary trasportare una pila di dodici/quindici libri tutti in una volta. 

Quella ragazza era pazza, questo era assicurato. 

 Harry stava posando in fretta e furia i suoi sette libri di Storia della Magia, cercando di essere il più veloce possibile poiché sembrava che Mary avrebbe ceduto da un momento all’altro. Sirius posò velocemente il libro su una sedia vuota, facendo il giro dell’enorme tavolo.
«Per la miseria!» esclamò Mary sentendo già la pila oscillare, un libro cadde, e poi un altro e un altro ancora. La pila si poteva paragonare alla torre di Pisa, Mary aveva capito che doveva togliersi di mezzo a meno che non decidesse consapevolmente di uccidersi i piedi, quindi, al momento, gli venne da fare un’unica cosa: buttò i libri all’aria e balzò via di scatto.
Tutti strizzarono gli occhi quando si sentì un gran tonfo che squarciò completamente il silenzio della biblioteca. 

Osservavano spaesati i libri, poi Sirius si spostò a guardare Mary. Aveva la camicia spiegazzata e una faccia stravolta e sconsolata insieme, poi sembrò ritornare in sé, guardando con crescente astio i libri. 

 «Io odio i libri!» sbottò inviperita, trattenendosi dal prenderne uno e distruggerlo, strappando pagina per pagina «Non voglio stare in questo posto opprimente un minuto di più! Libri, libri e libri e ancora libri! Che Gazza si occupi di queste cose, piuttosto che vagabondare per i corridoi come un maniaco, santissimo Merlino!» continuò, sembrando del tutto decisa a fare sul serio. Infatti marciò verso l’uscita, ma poi si sentì uno scoppio di risa. 

Mary si voltò, i capelli completamenti stravolti, ma non sembrava importarsene, non sembrava importarle nemmeno del fatto che avesse una ciocca della frangetta davanti agli occhi, francamente. 

«Fai sul serio, MacDonald?»  domandò Sirius, divertito. 

«Cazzo sorridi, Black?!» Mary mandò a quel paese il linguaggio signorile che sua madre le diceva sempre di usare, assillandola fino quasi a far venire a Mary l’istinto di strapparsi i capelli. Davvero, quanto brutto poteva essere sentir uscire parole volgari dalla bocca di una ragazza, nessuno gli avrebbe tolto quella soddisfazione che le parolacce davano quando le diceva, le riempivano la bocca, in poche parole. 

«Mm, Mary, credo che sarà ancor peggio se farai così.» tentò Harry, guadagnandosi un’occhiata letale da parte della corvina. 

 «Non me ne frega!» esclamò questa. 

 «Oh, andiamo, MacDonald, sono libri, solo libri -disse Sirius, mentre sventolava un libro davanti a sé- non mangiano, non… mordono. È semplicemente carta.» concluse poi con un ghigno canzonatorio. «Sembri una bambina.» 

 Mary ringhiò «Bambino sarai tu!» ribatté, tornando sui propri passi, colpita nell’orgoglio. Con uno scatto, iniziò a prendere i libri da terra «Visto? Non lo sono.» 

Sirius sghignazzò scuotendo la testa, mentre Harry sospirò e si voltò, nascondendo un sorriso. 

 


La calma, lentamente ritornò, e Harry aveva sempre la costante impressione di essere osservato più del dovuto da Mary. Non sapeva perché, in tutta sincerità, ma gli sembrava di essere osservato con una certa curiosità e sospetto.
Mary non aveva mai fatto la diretta conoscenza di Harry Potter, lo conosceva soltanto attraverso i racconti di Lily e Marlene, e ora aveva colto l’occasione per analizzarlo. 

Calcolando che era la cotta di una delle sue più care amiche, aveva tutto il diritto di assicurarsi che fosse un tipo da lei considerato a posto. A lei era sembrato piuttosto riservato e sulle sue, a prima impressione, sicuramente non era il suo tipo. Forse il tipo di Marlene un po’ lo era, ma non era tanto sicura. Insomma, dai racconti di Lily e Marlene sembrava tutt’altra persona. 

Gettò un’occhiata a Black, che leggeva incredibilmente un libro con grande interesse. Domani ci sarebbe stato terremoto, al Platano Picchiatore sarebbero spuntate le gambe, suo padre avrebbe iniziato a cucinare come un ottimo cuoco. Doveva ancora decidere se fosse insopportabile o simpatico. Di certo era bello (Mary sorrise maliziosamente), lei ci aveva fatto qualche pensierino, ma come lo avevano fatto tutte le ragazze, alla fin fine. Mary era una ragazza che amava notare e farsi notare dai ragazzi, non c’era niente da fare. 

Per il bene dell’umanità decise di fermare Black dal continuare a leggere prima che domani morissero tutti, spazzati via come i dinosauri da un asteroide (no, in realtà gli servivano solo le sue braccia per trasportare la pila di Divinazione. Oltre al fatto che vederlo lì, seduto, mentre lei e Potter lavoravano la irritava).

 «Black?» lo chiamò
«Mm?»
«Placa per ora la tua sete di conoscenza perché mi servi.» disse senza mezzi termini Mary.
«Sconta la punizione che è colpa tua se siamo qui!» esclamò Harry, uno scaffale più in là.
«Tutte balle!» rispose Sirius, indispettito, poi si voltò verso Mary «Davvero, MacDonald, “mi servi”? Mi fai sentire indispensabile.» replicò, con una leggera ironia. 

Mary sorrise un modo impeccabile e innocente  «Beh, non riesco a trasportare quella pila -indicò una pila di otto libroni- quindi, dato che prima hai decantato la tua forza, ho pensato di metterti la prova, poiché non stai facendo niente.» 

«Dubiti delle mie parole?» domandò Sirius, alzando un angolo della bocca, con sfida. 

«Avrei chiesto a Potter, probabilmente è più forte poiché si allena a Quidditch. Ma… lui già sta posando dieci libri di Incantesimi piuttosto pesanti» spiegò Mary, con una luce maliziosa negli occhi. Inoltre, c’è da dire, che Harry stava facendo anche levitare un paio di libri verso l’alto, servendosi di nascosto della magia senza bacchetta (no, non avrebbe mai improvvisato lo scalatore di scaffali, come aveva fatto Mary). 

«Non sai cosa dici. » Sirius scosse la testa, mettendo il segno al libro e dirigendosi a passo spedito verso la pila, alzandosi le maniche, giusto per essere ancor più teatrale. Sollevò i libri, trovandoli molto più pesanti di quanto sembrassero. 

«Dove devo metterli?» chiese, con voce strozzata. 

Mary fece una risatina «Lì» rispose, indicando un reparto a dieci metri da dove si trovavano. 

Sirius le gettò un’occhiataccia che forse non era neanche tanto infastidita «Non vale così, MacDonald, non vale.»


 

*

 
L’aria era fresca e Harry rabbrividì, stringendosi ancor di più nel suo cappotto e affondando il naso nella sciarpa. Il luogo in cui si trovava sembrava una distesa interminabile, in cui in lontananza, piccolo piccolo, si scorgeva il villaggio nominato da Silente.
Era un piccolo punto luminoso in tutta quella distesa erbosa, una pianura enorme. 

Silente non pareva soffrire di freddo in quel momento, le spalle neanche minimamente incurvate. Evidentemente, quel suo mantello trapuntato di stelle, raffigurante la galassia, era parecchio caldo e pesante. 

Eppure Silente aveva detto di non farsi notare minimamente, ed Harry era sicuro che mettersi un lungo mantello con sopra disegnata la galassia, e la veste violetto (non tipica di certo tra gli uomini babbani) lo rendesse piuttosto appariscente. 

Silente alzò la bacchetta e l’agitò un paio di volte «Qualche piccola precauzione.» disse brevemente, mentre Harry iniziava a disegnare una circonferenza sul terreno, poi ne fece una più piccola all’interno e iniziò a disegnare le rune decise sulla così detta “corona”. Le copiava tutte da un foglio, secondo l’esatta posizione che dovevano avere (altrimenti sarebbero stati guai).

Credeva che non le avesse mai disegnate così bene, nemmeno nei temi della stessa materia. Disegnò l’ultima, Hagalaz, e si alzò guardando il lavoro finito. Ora che era al centro del cerchio, era ansioso più che mai. 

Guardò Silente, aveva un bicchierino poggiato a terra e un pezzetto di Pietra in mano, puntata verso il bicchiere, mentre la bacchetta scioglieva lentamente la Pietra, che colava con lentezza. 

Harry fece una smorfia, ma al momento la disgustosità della Pietra era l’ultima cosa che lo preoccupava. Sospirò e notò che Silente aveva quasi finito di sciogliere il pezzo di pietra, così procedette a scoprirsi il braccio. Tirò fuori la bacchetta e fece un piccolo taglio sul polso, che Harry sentiva, si stava congelando in poco tempo dal freddo. Aspettò pazientemente che una goccia scendesse e si andasse a posare su Nauthiz, poi procedette così per le altre  cinque rune. Vedeva ogni volta la goccia di sangue assorbita dal terreno, ma Harry era sicuro che questo non avrebbe minimente alterato il procedimento. Poi, per sicurezza, gettò sulle rune un Incantesimo di Adesione Permanente, sia mai che le rune si modificassero leggermente per mezzo della potenza della magia, che Eihwaz si trasformi in Laguz, a quel punto sarebbe probabilmente morto.
«Siamo pronti» annunciò il Preside, alzandosi e tenendo il bicchiere di fronte a sé, poi glielo porse. 

Harry guardò riluttante il liquido rosso nel bicchierino, poi, senza pensarci due volte, lo bevve. Aveva un sapore strano, quasi metallico, ma non gli salì il vomito, sorprendentemente. 

Lui e Silente si guardarono, Harry aveva la netta impressione che Silente stesse mascherando la sua agitazione. «Buona fortuna, Harry.» 

Quest’ultimo si trattenne dall’alzare un sopracciglio: buona fortuna un corno, si dia il caso che il rituale dipendesse anche da Silente, e che quindi la fortuna giocava un ruolo completamente marginale. 

«Buona fortuna anche a lei, signore» sottolineò Harry, poi si voltò, scavalcò le rune, e si sedette al centro del cerchio. 

Senza aspettare un qualche consenso dal Preside, Harry chiuse gli occhi, cominciando a rilassarsi. Dopo un po’ di tempo, Harry non sapeva quanto, trovò il suo posto felice, in cui la mente era completamente senza pensieri e tormenti, un luogo di completa pace. Il cielo era terso, ed Harry sentiva i piedi nudi camminare sull’erba, di fronte a lui, una casa particolare, che sembrava reggersi in piedi solo per magia, perché altrimenti sarebbe caduta. Sul tetto rosso spuntavano vari comignoli, qualche gallina cammina indisturbata per il giardino e degli stivali sporchi erano ammassati in un angolo. Da una stanza provenne un forte scoppio e delle risate, mentre un odore di pollo fritto e tante altre squisitezze giungeva al naso di Harry. Si avviò verso la porta della Tana, allungando la mano per aprirla. 

Tutto sembrava estremamente magico, tutte le vie sembravano aperte, Harry si sentiva come se il luogo in cui si trovava fosse infinito, eterno e aperto. La mente vuota, neanche un pensiero superficiale l’attraversava. Sentiva una magia potente, molto potente nelle vicinanze, ma Harry non si preoccupò di ritornare alla realtà. 

«Concentrati di più Harry, di più» Harry sentì dire da una voce, dolce e incoraggiante. Ma perché di più? Sentiva tutto, tutto quanto. 

La Tana incominciò a sparire lentamente, e Harry capì che si stava distraendo. Uno gnomo sfrecciò davanti a lui ridendo, mentre si udiva un urlo arrabbiato che diceva una parola impronunciabile, e poi un urlo più acuto, di uno gnomo che veniva scagliato in aria. Harry non ci diede tanto peso, anche perché non è detto che per lui un luogo di pace sia un luogo silenzioso, a lui la Tana dava pace così, rumorosa e confortevole.  

«Harry» la stessa voce di prima sembrava che lo stesse ammonendo, forse perché invece di fissare la porta doveva concentrarsi di più per fare quel “Di più” che la voce diceva. 

Harry non sapeva bene che fare, quindi si limitò a distendere inconsciamente ancor più l’espressione, mentre Silente, fuori dal cerchio di rune, aspettava pazientemente il momento in cui Harry avrebbe sprigionato la magia. 

Ma quella era la realtà, Harry era da tutt’altra parte. Arrivò al punto che, talmente era in pace e assente, che lo stesso Harry che si trovava alla Tana chiuse gli occhi, e lì ci fu il buio, questa volta.
Quello era il punto che doveva raggiungere. 

Harry si sentì improvvisamente più potente, sentiva la magia amplificata di dieci volte, gli parve di sentire anche l’aura di un mago imbucato nel villaggio sperduto in lontananza. Ma sentì al contempo un’altra magia, più vicina, più forte, che Harry sentiva ovunque, come se quel buio ne fosse completamente impregnato. 

La magia era troppa, Harry era troppo a fondo, non riuscì più reprimerla, si sentiva esplodere. La rilasciò, come se fosse una sorta di liberazione. E lui continuava a vedere il buio, senza sapere che aveva appena rilasciato un’ondata di magia, senza sapere che le rune si erano illuminate del color dell’oro, senza sapere che Silente era indietreggiato leggermente, per poi sorridere e prendere ad agitare la bacchetta, sussurrando mormorii incomprensibili a chiunque non fosse vicinissimo a lui. 

Dopo un po’, in cui la magia saturava completamente l’aria, sfoggiando tutta la sua bellezza, questa si fece più opprimente, e Silente, ormai abbastanza stanco, si sentì quasi soffocare. Ma Harry sembrava completamente immune, respirava pacificamente continuando a rilasciare magia, anche se si era fatto un po’ più pallido. 

E comparve una, e comparve l’altra. Fianco a fianco, spaesate inizialmente.
Due anime, due figure. 

Silente le guardò. La versione adulta del giovane James Potter teneva per mano la bella e forte donna che sarebbe diventata Lily. James sembrava sempre avere quella leggera e costante ironia nello sguardo, ma era più consapevole, aveva lo sguardo di un uomo che sarebbe stato pronto a sacrificarsi altre cento volte per la sua famiglia, lo sguardo di un uomo che non si era arreso neanche di fronte all’impossibilità di fare qualcosa.
Lily, beh, Lily stringeva forte un pezzo di pantalone, nervosa, mentre guardava Harry come se fosse la cosa più preziosa al mondo. I suoi occhi erano sempre dolci, ma combattivi, gli occhi di una donna che ha combattuto fino alla sua fine, vincendo comunque. Gli occhi di una donna che era stata capace, con il suo immenso amore, di abbattere la Morte, di farle fare un’eccezione alla regola, per salvare il suo bambino.  

I due si avvicinarono lentamente, senza aver problemi ad accostarsi a Harry senza essere spazzati via. Lily si chinò, accarezzando la guancia di Harry, un tocco inconsistente, che lo attraversò soltanto, facendo tremolare le labbra della madre. 

Ma Harry aveva sentito quel tocco, lo aveva sentito fino a lì, in quel luogo vuoto e combatté contro se stesso, perchè voleva disperatamente aprire gli occhi. Voleva vederli, voleva vedere quell’amore paterno o materno che le loro versioni giovani non avrebbero mai potuto dargli. Fu una cosa terribile, più difficile di quanto pensasse. 

Una lacrima calda scese sulla sua guancia, diventando subito fredda. James sbatté le palpebre e si aggiustò gli occhiali, deglutendo, mentre Lily lo guardò con gli occhi secchi e tristi di chi aveva pianto abbastanza, e per tempo. 

“…perpetua.» concluse Silente, allontanandosi di scatto quando avvertì la magia concentrarsi al centro. 

Per Harry, fu come se la pace si spezzasse in mille pezzi, come un vetro. Sentì il dolore di due cruciatus contemporaneamente, ed urlò, accovacciandosi e raggomitolandosi. 

«HARRY!» Urlò Lily, spaventata, avvicinandoglisi, ma, anche questa volta, trapassandolo. 

Harry faceva respiri pesanti, stringendosi la pancia, era in posizione fetale. Urlava e urlava, quasi a farsi venir il mal di gola. Mentre Lily lo guardava piangendo, James pallido come un lenzuolo. 

Dopo pochi secondi dall’inizio di quella tortura, Lily e James cominciarono a deformarsi, si guardarono spaventati. Piano, come se fossero risucchiati da qualcosa, si unirono in vortice grigio, che andò poi a scagliarsi dritto verso il petto di Harry, ci restò brevemente, e uscì dalla schiena. Intanto il corvino sentiva dolore in tutto il corpo, ed era sicuro di essersi spezzato qualcosa, ma gli faceva male dappertutto, era talmente difficile individuare il punto…

Poi, il vortice, si dissolse nell’aria. 

Harry sentì un’ultima, fortissima, fitta di dolore, talmente forte che non trovò neanche la voce per urlare, limitandosi a spalancare la bocca in un urlo silenzioso. 

Ci furono piccoli ultimi attimi: la figura sfocata di Silente che si avvicinava, l’aria fresca della notte che lo colpiva, la sensazione del terreno sulla bocca e il forte dolore alla gambe che sentì improvvisamente, ma furono solo attimi, dopotutto, prima che Harry rovesciasse gli occhi e svenisse, cadendo nella sua pacifica incoscienza.





 






  Angolo Autrice

Pubblicando questo capitolo entro oggi, ho capito che i miracoli esistono, cari miei. Sarà il Natale che si avvicina, ma per la prima volta ho assistito e sono stata addirittura protagonista di uno di quei bei miracoli decantati dal Vangelo!

 A parte gli scherzi, tra un messaggino che mi faceva presente che dovevo aggiornare, e altre richieste “del quando aggiorni?” (su wattpad) ho cercato di pubblicare più presto che potevo.
Vi prego, non uccidetemi se anche in questo capitolo non viene svelato il “grande segreto” di Harry ai restanti Malandrini, giuro che nel prossimo cap ci sarà un punto di svolta (devo ancora decidere come sarà ma ci sarà), sappiate che quel “un giorno” Harry non intende (o almeno, io non intendo fra quattro mesi fanfictionani…? Mi piace inventare parole ridicole, problemi?)

 Beh, ora passando al capitolo, nella prima scena Remus ci descrive un po’ la situazione tra i Malandrini, mentre Harry ci descrive i piani che hanno lui e Silente, oltre a informarci che sì, finalmente s’è arrivati al secondo passaggio! Beh, soltanto lui e Sirius, ma son dettagli, dopotutto *agita una mano con fare noncurante*. Sirius non è ancora un tale bast**do da non fregarsene più niente di Remus, fortunatamente. All’inizio avevo scritto che si bevevano la fialetta, ma poi fortunatamente  sono andata a rivedere i passaggi che io stessa avevo copiato, parola per parola, sulle note del cellulare, da un video su YouTube e che poi avevo ricopiato su Word. Oh, che buona memoria, davvero! Scrivere una cosa per due volte e sentirla una e non ricordarsela!
Poi la scatola di legno l’hanno messa nella Stanza delle Necessità, ma credo che più banale di così non potevo scrivere, in tutta sincerità.

 La seconda scena serve ad approfondire il personaggio di Mary MacDonald, che ho nominato circa tre-quattro volte in 39 capitoli, credo -_-‘
Io, personalmente, l’ho sempre immaginata così, poi c’è chi la immagina lettrice accanita di libri (a proposito, non partite prevenuti ad odiarla per quel “odio i libri” XD, suvvia, non gli piacciono semplicemente, ha detto di odiarli per la foga del momento XD XD), chi un po’ dolce e bla bla, dopotutto è semplicemente nominata da Lily al quinto anno nei ricordi di Piton, non si sa praticamente nulla di lei, se non l’età e il nome (e il fatto dello “scherzetto”) quindi tutti la possono fare come gli pare e piace XD.

 Terza scena, il rituuualeeee. Harry, per avere la mente completamente rilassata e aperta, immagina un luogo in cui trova pace. E niente, ragazzi, la Tana! Credo che sia il secondo posto preferito di Harry dopo Hogwarts, la Tana per lui simboleggia la famiglia, l’accoglienza e l’amore, tutto ciò che gli è mancato per undici lunghi anni, e di cui ha anche bisogno. Come non trovare pace in un luogo in cui trovi queste cose? Vi informo che le risate (insieme allo scoppio) sono dei gemelli Weasley, l’urlo è di Ron con il conseguente lancio dello gnomo incriminato XD. Ora corro ad aggiungere il codice dell’html che serve per andare a capo lasciando un piccolo spazio.

 Saluti!
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. Se non riuscissi ad aggiornare entro il 25 Dicembre o entro il primo Gennaio, vi auguro un buon Natale (mi raccomando, abbuffatevi) e un buon 2019! <3
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 41
*** Egoista. ***


Egoista. 
La luce del Sole filtrava dalle finestre, illuminando l'Infermeria. L'odore di disinfettante galleggiava nell'aria, come al solito. Lily osservò sconsolata il suo amico che, sotto le calde coperte, dormiva pacificamente.
Il problema è che "dormiva" (più uno stato d'incoscienza che altro) pacificamente da giorni

Lily si sentiva sempre più preoccupata, nonostante le rassicurazioni di Madama Chips. Non aveva neanche capito perché effettivamente il suo amico stesse dormendo così tanto. 

Stress, aveva detto l'infermiera. Il suo amico negli ultimi tempi era stato stressato, a quanto pareva. Ovvio. E lei non se n'era accorta, troppo presa da se stessa e da altre stupidaggini. Forse l'evidente separazione dei Malandrini aveva stressato e rattristato Harry più di quanto immaginasse; eppure lei non l'aveva capito, anche quando gli aveva chiesto se andava tutto bene, lui non era sembrato tanto abbattuto, anzi aveva sorriso in modo rassicurante. 

Davvero, Lily faticava a credere che fosse semplice stress, perché sembrava, dalla continue visite di Madama Chips, che Harry fosse addirittura dolorante. Ma cercò di non pensare a questo, dato che sembrava che volesse trovare a tutti i costi una giustificazione (e non ce n'erano, inutile dubitare delle diagnosi dell'infermiera). 

Forse era davvero una pessima amica, prima le occasionali litigate con Sev, e ora questo. Lily stava cercando di rimediare un po', passava quotidianamente in infermeria per stargli accanto. A volte ci parlava anche, con lui. All'inizio s'era sentita leggermente stupida, ma alla fine si era fatta trasportare. «Oggi Alice mi ha fatto due treccine alla francese, sono carine, anche se nel farmele per poco non mi faceva urlare, una tortura! Tirava come se non ci fosse un domani!» Lily si rigirò delicatamente tra le mani la treccina, corrucciata. «Gliele ha insegnate sua madre durante le vacanze estive. Dice che i miei sono gli unici capelli fattibili per fare queste treccine in modo abbastanza semplice -a parte i suoi- sai, Lene non ce li ha poi tanto lisci e Mary ce li ha troppo corti. C'è la Fawler, ma tanto sappiamo entrambi che non è ancora stata buttata dalla finestra solo perché ucciderla non giocherebbe propriamente a nostro vantaggio. Ultimamente sembra indecisa! Non sa se immaginare una storia d'amore con te o con Potter-»

«Sbaglio o ho sentito il mio cognome uscire dalle tue dolci labbra, Evans?» esclamò una voce, facendo bloccare Lily. La rossa gli gettò un'occhiataccia, mentre il carissimo James Potter si avvicinava, diretto proprio verso il letto di Harry. Oh, quanto gli erano mancate frasi del genere. 

Era dall'inizio dell'anno che Potter non la tormentava ogni giorno (cioè, la tormentava, ma sembrava aver deciso di darle un po' più di pace). 

«Che ci fai qui, Potter?» chiese Lily, piuttosto esasperata. James alzò le sopracciglia, mentre -notò Lily con orrore- prendeva uno degli sgabelli vicino alla parete, per poi portarlo accanto a lei e sedersi. 

«Poiché credo di sembrare perfettamente sano, e poiché mi sto sedendo accanto a te, ai piedi del letto di Harry, direi che la risposta sia abbastanza ovvia.» rispose alla fine questi, guardando Harry, che ignaro di tutto, continuava a respirare delicatamente. 

Lily non giudicava poi la cosa tanto ovvia. Calcolando che James stava ignorando Harry da un bel po' di giorni e calcolando che non sembravano nemmeno più amici... i Malandrini erano qualcosa che Lily non avrebbe mai potuto capire, ne era consapevole. 

La rossa alla fine gli gettò un'occhiata, dicendo, in modo piccato: «Scusami se recentemente sembrate quasi mezzi sconosciuti.» 

Subito si pentì quando James la guardò in un modo che raramente usava con lei. Un misto di rabbia, incredulità e indignazione. Sì, forse James non avrebbe dovuto avere una reazione del genere, questo lo pensò lui stesso qualche giorno dopo, ma insinuare anche soltanto che ormai non gliene importava più di Harry gli dava fastidio, perché nonostante tutto, nonostante i comportamenti più che sospetti, nonostante i segreti, lui non aveva dimenticato anche le cose positive che aveva fatto Harry nei suoi confronti, e anche in quelli degli altri. Una volta Sirius, poco tempo dopo la loro "separazione", ancora arrabbiato, aveva detto (senza pensarci) che quel che faceva o diceva Harry, per la maggior parte delle volte, era finzione. 

Era stato falso. 

Ma James, nello stesso momento in cui Sirius l'aveva affermato, aveva sentito odore di stronzata. Perché lui si ricordava quel che aveva fatto Harry, e il ricordo più recente, quello forse più significativo, risaliva ad una tarda notte di fine estate, in un buco di disperazione e dolore. E avrebbe potuto giurare che lo sguardo di Harry, in quel momento, che risaltava in modo esageratamente evidente, era solo quello che poteva dare un vero amico.

In conclusione, segreti o no, Harry era più che meritevole della sua presenza.

«Appunto, Evans, sembriamo.» precisò il corvino, voltandosi verso di lei. «È ancora un Malandrino, dopotutto.» aggiunse poi, sussurrando. 

Lily lo giudicò un modo piuttosto goffo di dire che gli voleva ancora bene. Per la prima volta, senza però una leggera riluttanza, pensò che Harry avesse ragione quando diceva che i Malandrini fossero proprio degli amici invidiabili.

Sussultarono entrambi quando Harry si mosse, strizzando gli occhi. Biascicò qualcosa di incomprensibile, e James e Lily si scambiarono una veloce occhiata, avvicinandosi. 

Gli occhi di Harry si aprirono di scatto, per poi chiudersi immediatamente, mormorando una maledizione verso qualche Santo. 

«Harry?» lo chiamò Lily, vedendolo aprire questa volta gradualmente gli occhi, per non rischiare di essere accecato dalla luce. La rossa gettò un'occhiata a Potter, notando con la coda dell'occhio movimenti sospetti. Infatti questi si agitava con disagio sullo sgabello, sembrando quasi avere l'intenzione di andarsene. L'occhiata di Lily bastò a farlo desistere. 

In altre circostanze la rossa sarebbe stata contenta del fatto, ma poiché si trattava di Harry... era disposta a fare qualche sacrificio. 

«Lils?» biascicò Harry, guardandola confuso, poi vide James alle sue spalle e spalancò gli occhi. «James...?» 

Quest'ultimo cercò di rivolgergli un sorriso smagliante. 

«Come ti senti?» gli chiese Lily in modo apprensivo. Harry a malapena era riuscito a registrare il fatto di trovarsi in infermeria, quindi ci mise più tempo del previsto a capire la domanda. 

«Mmh... mi sento la testa piuttosto pesante.» rispose, strizzando gli occhi. La testa era pesante, le palpebre degli occhi piuttosto appiccicose, la gola era secca e le gambe se le sentiva assenti. Non sapeva che giorno era, sforzò la mente, cercando di ricordare come ci fosse finito lì, ma appena sentì un leggero mal di testa, decise che era meglio rimandare il momento a più tardi. 

Lily annuì  «Vado a chiamare Madama Chips.» poi si alzò e andò verso l'ufficio dell'infermiera. 

Harry guardò James, quasi studiandolo, mentre questi evitava con magistralità il suo sguardo. Si sentiva come se fosse un indizio per ricordare facilmente tutto. 

Fu così, c'era buio, luce, il freddo, dolore, dolore e ancora dolore. 

Harry sussultò. 

«Da quanto tempo sono qui?» chiese, facendo sobbalzare James. 

«Da quattro giorni.» rispose, sentendo dei passi frettolosi avvicinarsi. 

Madama Chips si chinò verso di lui, con la bacchetta in mano. 

«Ben svegliato, caro. Come ti senti?» domandò, in tono professionale. 

«Ho la testa... pesante.» ripetè Harry, guadagnandosi un cipiglio da Madama Chips che evidentemente non gli credeva. Perché, in effetti, dire "Ho la testa pesante" era un eufemismo, dato che trascurava tutti i malori elencati precedentemente. Dopo di che, Lily e James furono mandati via dall'infermiera, che procedette a fare la visita.  



«Ho dormito per quattro giorni!» protestò Harry, come un bambino capriccioso e soprattutto come se non avesse diciannove anni, ma Madama Chips aveva troppa esperienza alle spalle, ormai, proteste del genere alla fin fine si sapeva, erano inutili. 

Tanto, vinceva sempre lei. 

«Questo è un dettaglio irrilevante, qui la diplomata all'Accademia di Medicina Magica sono io. Hai bisogno di dormire.» tagliò corto Madama Chips, con un tono che non ammetteva altre obbiezioni.  «Più tardi passo a controllare e no -calcò vedendo Harry aprire bocca- non è detto che sia necessaria la notte per dormire, poco importa se sono le 10:30, intesi? Le tue gambe sono da poco guarite, hai ancora dolori per tutto il corpo oltre al mal di testa che scommetto che tu senta. Devi dormire.» con questo, gettandogli un'ultima occhiata ammonitrice, si voltò borbottando a proposito di presidi che portavano ragazzi messi male senza dare spiegazioni e di giovani che non avevano alcun riguardo per il proprio corpo. 

Harry stette lì, sospirando e guardando le bianche coperte del letto con uno sguardo vuoto. 

Come avrebbe dovuto aspettarsi, durante il rituale gli si erano rotte entrambe le gambe, oltre al fatto che sentiva ancora il dolore per tutto il corpo. Madama Chips gli aveva dato alcuni farmaci che non gli aveva potuto dare quando era incosciente (aveva detto che sarebbero stati dannosi). Naturalmente le gambe erano guarite in poco tempo, ma dovevano riposare. 

All'improvviso, mentre si raggomitolava nelle coperte, fu colto da un pensiero improvviso. Guardò la sua bacchetta poggiata sul comodino (dove c'erano varie cianfrusaglie e lettere da chissà chi, ora che aveva notato. Cercò di ignorarle per il momento), con uno sguardo meditabondo. La mano andò a toccarsi distrattamente il petto. 

Amato Animo Animato Animagus

Harry gemette, affondando la testa nel cuscino. 

Erano passate quattro albe. 

«Uccidetemi» pensò, a metà tra l'esasperazione e lo sconforto. 



Guardando il lato positivo, Harry poteva dire che in quel momento non stava tanto male. Certo, avrebbe tanto voluto allenarsi e fare attività più divertenti dello stare a letto, in quel luogo talmente bianco da sembrare soffocante, ma dopotutto, stare lì a leggere un libro nella più assoluta tranquillità (dopo che uno studente che vomitava lumache se n'era andato) non era così deprimente. 

Sorprendentemente, aveva ricevuto molti pensierini da gente sconosciuta, alcune lettere... ehm... erano piuttosto sdolcinate, Harry era arrossito come un pomodoro mentre le leggeva. 

A Marlene erano brillati gli occhi di crudeltà quando gli aveva chiesto, supplicante, di toglierle tutte quante dal comodino. Non aveva detto di buttarle, perché, insomma, quelle ragazzine erano state premurose a mandagliele, ma soltanto di toglierle (voleva evitare di imbarazzarsi ogni volta). 

Però sospettava che Lene le avesse bruciate. 

Silente era venuto a fargli visita, per informarsi delle sue condizioni, rassicurandolo che il rituale era andato meravigliosamente e che ora non rischiava più di scomparire. Harry aveva poi chiesto della Pietra, il Preside aveva risposto che era al sicuro in una piccola custodia. 

Il giorno dopo il suo risveglio, Harry guardava in modo assorto il soffitto, immerso in pensieri molto filosofici riguardo la vita e l'esistenza dell'umanità, e rischiò quasi di sobbalzare quando sentì l'aura di Remus avvicinarsi. 

Si voltò e lo vide oltrepassare la soglia dell'infermeria propria in quel momento. Remus sorrise leggermente mentre si avvicinava ed Harry ricambiò. 

«Come stai?» chiese, quando fu abbastanza vicino. 

«Bene... un po' dolorante ma... sto migliorando» rispose Harry quasi allegramente. Il licantropo si sedette sulla sedia vicino al letto, poi notò con un cipiglio la faccia di Harry scurirsi leggermente. 

«Mi dispiace riguardo... insomm-»

«Non fa niente.» lo interruppe Remus con una mano alzata, si ricordava i passaggi per diventare Animagus e non era certo colpa di Harry se il rituale l'avesse sfinito al tal punto che, per recuperare le forze, aveva avuto bisogno di quattro giorni. Ma anche se semplicemente, per pigrizia, qualcuno dei suoi amici non si fosse svegliato all'alba, non si sarebbe arrabbiato, già era tanto il fatto che ci stessero provando. 

Harry strinse le labbra e sospirò, poggiando la schiena sui cuscini, sprofondandoci dentro. 

«Com'è stato il rituale?» si azzardò a domandare Remus dopo un po', incerto. Vide Harry irrigidirsi, per poi voltarsi verso di lui con uno sguardo pensieroso,
cercando di trovare un aggettivo adatto. 

«Intenso.» rispose infine. Ironico come non avesse detto "doloroso", perché ci azzeccava molto, ma "intenso" era ancora meglio. Harry aveva provato così tante emozioni in quel momento, aveva sentito così tanta magia...  «Sono riuscito ad andare ancora più a fondo.» aggiunse. 

Remus lo guardò incuriosito «Hai trovato un posto ancor più felice?» cercò di indovinare. Harry scosse la testa, sorridendo lievemente. 

«No no, nessun posto è più felice di quello... ho chiuso gli occhi anche lì, nel posto felice. Era tutto buio, saturo di pura magia.» spiegò, ricordando. «Credo di aver sentito una carezza di mia madre, mentre ero lì.»

Il Lupo Mannaro restò in silenzio, osservando gli occhi angosciati del suo amico. Man mano non si era più interrogato sulla madre di Harry, anche perché aveva un vago sospetto di chi fosse. Quando una cosa del genere gli era balenata in testa, aveva sbattuto la mano sulla fronte, pensando alla Evans che urlava a James che non sarebbe mai caduta ai suoi piedi «Oh, cara mia... » aveva mormorato, con una voce da vecchio saggio e consapevole. 

Successivamente, con un ghigno, si era chiesto se forse non sarebbe stato James a cadere ai piedi della Evans. 

Fissò ancora un po' Harry, sentendosi in colpa a cacciare quell'argomento proprio in quel momento. Non ne avevano mai parlato, ma Remus davvero non ce la faceva più. 

«Uhm... Harry?» iniziò esitante, il corvino si voltò verso di lui, guardandolo in attesa. 

«Riguardo al tuo segreto... » Remus si fermò. 

«Si?» lo incoraggiò Harry. 

Remus si grattò la nuca. «Che ne dici di... dirglielo?» il mondo parve bloccarsi. Il Licantropo guardò Harry con la coda dell'occhio, mentre questi l'osservava sorpreso. 

«Che cosa?!» sbottò Harry, riprendendosi e guardando Remus come se gli fosse spuntata una seconda testa all'improvviso. 

Quest'ultimo si contorse sulla sedia. 

«Non ce la faccio più, Harry, la situazione si deve muovere.» sussurrò, guardando il pavimento e trovandolo d'un tratto molto interessante. 

La risposta che ricevette fu il silenzio, e Remus aspettò pazientemente. 

«Non è che posso rivelare una cosa del genere semplicemente perché "non ce la fai più"» replicò alla fine il corvino, freddamente. Non poté nascondersi di sentirsi in colpa, Remus era finito in questa situazione per colpa sua, in fondo. Eppure il suo amico sapeva (sicuramente) cosa sarebbe successo nel momento in cui avrebbe voltato le spalle a James, Sirius e Peter. 

Ma Remus davvero non ce la faceva più, gli mancavano i suoi amici, gli mancavano gli scherzi che facevano insieme, gli mancavano le risposte impertinenti di Sirius, i balbettii di Peter mentre gli chiedeva timidamente un aiuto per i compiti, gli mancavano gli sbuffi annoiati di James mentre se ne stava fermo. Gli mancava correre mentre scappavano da una loro vittima arrabbiata e gli mancavano (paradossalmente) le misteriose scomparse delle sue Cioccorane accuratamente nascoste, probabilmente perchè qualcuno se l'era prese senza dirgli niente.

Forse era disperato, ma gli mancavano anche i momenti in cui la sua sveglia Banshee veniva buttata fuori dalla finestra. 

Non un'altra parola uscì dalla bocca di Harry, che continuava a fissarlo con uno sguardo che mandò un piccolo brivido inquieto lungo la spina dorsale di Remus. Capì che continuando verso questa strada incerta non sarebbe mai riuscito a convincerlo, doveva prenderne una più sicura e decisa, e magari pure ragionevole. 

Sospirò e alzò lo sguardo, guardando Harry dritto in faccia. Sembrava che in quel momento fosse in modalità "lingua tagliente", probabilmente qualcosa che aveva preso dalla madre. 

«So benissimo che anche tu muori dalla voglia di dirglielo.» disse con una voce calma, sperando di calmare anche il suo interlocutore. 

Harry strinse le labbra, non calmandosi, per il dispiacere di Remus. 

«Muoio dalla voglia di scappare dall'infermeria, eppure non lo faccio.» sottolineò Harry, e Remus alzò gli occhi al cielo. 

«Non puoi paragonare una cosa del genere allo scappare dall'infermeria!» esclamò esasperato  «È come se dicessi che buttare una nocciolina fuori dalla finestra sia la stessa cosa di buttarci un gatto!» paragoni del genere a Remus non uscivano tutti i giorni, bisogna dire. 

Harry si passò una mano fra i capelli, in un gesto nervoso. 

«Già è tanto che tu lo sappia!» insistette. «Se lo dico anche a loro ci sono più possibilità che Voldemort lo venga a sapere in qualche subdolo modo.» 

«Se è per questo, può scoprire questo anche tramite te.» borbottò Remus, senza pensarci. 

Gli occhi di Harry si assottigliarono «Io sono un Occlumante e mi alleno, non sono poi tanto sprovveduto.» 

«E allora allena anche noi!» esclamò Remus d'impulso, sputando un'idea che Harry non sapeva se giudicare stupida o buona. Nel dubbio, si disse che era stupida, ma Remus continuò a parlare, dopo essersi reso conto di quel che aveva detto e dopo aver valutato l'idea come straordinaria. «Sì, magari puoi insegnarci, ci insegnerai cosa fare e ci correggerai se sbaglieremo. Così saremo in grado di difenderci!» 

Harry l'osservava vagamente divertito, quasi pensando che lo stesse prendendo in giro  «Non puoi star dicendo sul serio...» 

Remus sembrava piuttosto esaltato  «Sì, invece! Pensaci, Harry... »

Il sorrisetto di Harry scomparve lentamente, man mano che Remus parlava e capiva che stava facendo sul serio. 

«No no» lo interruppe, scuotendo la testa  «Oh, nonono. Non voglio catapultarvi in questa guerra così presto.» 

«Alla fine comunque ci finiremo...»

«No, Rem.» ripetè Harry, in modo deciso. 

Il Licantropo sospirò, capendo che per ora era meglio non insistere troppo. Si alzò e lanciò un breve sguardo speranzoso a Harry.

«Solo... pensaci, ok? Per favore.» disse piano, poi si voltò e si diresse verso l'uscita. 

Harry si stropicciò la faccia stancamente, avvertendo una sorta di déjà vu: una cosa simile era avvenuta anni prima, in un posto diverso, in una situazione diversa, ma soprattutto, con persone diverse. 
*

Harry fu finalmente dimesso dopo due giorni e ritornò alla sua vita scolastica. Lui e Remus si comportavano come se nulla fosse successo, anche se talvolta Harry poteva sentire la tensione di Remus quando l'ormai "trio" passava accanto a loro, ignorandoli bellamente.

Tutto era su un filo, un filo traballante che rappresentava l'equilibro su cui, tutti e cinque, camminavano con estrema cautela ed attenzione. Harry era nella costante indecisione, non sapeva più cosa fare, però questa indecisione fece tendere il filo pericolosamente. 

Nessuno se n'era ancora accorto, purtroppo. 

«Fuori dall'aula! Fuori dall'aula!» urlò Lumacorno, mentre la classe si ammassava vicino la porta, rendendo più difficile uscire.  «Presto! Mettetevi in fila indiana!» disse agitato, guardando il fumo blu espandersi per l'aula con una velocità impressionante, finchè era lassù, al soffitto, non c'era molto da preoccuparsi, ma quando avrebbe riempito l'intera aula... oh, Lumacorno non aveva idea di cosa sarebbe successo, qualcosa di terribile, considerando che il fumo proveniva dalla pozione del Signor Lupin. 

Notò con sollievo che metà classe era uscita fuori. 

Spalancò gli occhi quando si ritrovò il fumo davanti e avvertì un bruciore agli occhi.  «Chiudete gli occhi!» avvertì tossendo, lui stesso li strizzò, per poi aprirne uno il minimo indispensabile. Tutti erano usciti, si affrettò anche lui, poi chiuse con un tonfo la porta dietro di sé. 

«Ahia!» gemette qualcuno, premendo le mani sugli occhi. 

«Chi si è fatto male?» chiese il professore, mezzo cieco. 

«Io, signore.» 

«Chi?» ripetè irritato Lumacorno, che pensava fosse abbastanza evidente il fatto che gli bruciavano davvero troppo gli occhi e che quindi faceva fatica a vedere. 

«Sono Remus Lupin, mi bruciano gli occhi.» informò lo studente. 

Lumacorno gemette interiormente, Lupin doveva migliorare, assolutamente.

Aprì leggermente gli occhi quando sentì il bruciore calmarsi. Aggrottò le sopracciglia, quando vide davanti a sé la figura grottesca del suo allievo.

Vedeva la faccia di Lupin deformata, un occhio era molto più grande dell'altro, il corpo era spaventosamente e ridicolamente piccolo rispetto alla testa enorme, la fronte era spaziosissima inoltre. Lumacorno si chiese se fosse lui o il suo allievo. 

Poi vide Lupin mettersi di nuovo le mani sulla faccia, che da piccole passarono ad enormi, e capì che fosse la sua vista ad essere danneggiata, e probabilmente anche quella di Lupin. 

Per ora doveva dare la priorità al suo studente, e doveva controllare anche gli altri. E forse, poi, si sarebbe fatto aggiustare la vista. 

Indicò l'amico di Lupin, o almeno, quello che sembrava. Anche se questo aveva la testa piccola e il corpo enorme, ma cercò di abituarsi a quella strana visione del mondo. «Potter, accompagnalo in infermeria.» 

James sussultò «Io?» il professore annuì e si voltò, andando a parlare con altri studenti. 

No, Lumacorno non era stupido, tutti si erano accorti che James Potter e Remus Lupin non sembravano in rapporti pacifici, quindi i professori preferivano non accoppiarli quando c'erano lavori di coppia o comunque non metterli insieme a fare qualsiasi cosa. Pure lo stesso professore l'aveva evitato, ma aveva scambiato James per Harry, purtroppo. 

Intanto Remus sbatteva le palpebre, vedendo il mondo esattamente come lo vedeva il professore. Si sentì preso per un braccio e guidato fuori dalla piccola folla di studenti, riconobbe la faccia di James. 

Quando si ritrovarono in un corridoio un po' più deserto, il braccio di Remus fu lasciato. 

James notò il Licantropo osservare tutto con occhi curiosi e sconcertati, come se non avesse mai visto quel corridoio (il che era impossibile). 

«Cosa c'è?» chiese, facendo trasalire Remus. 

«Vedo tutto... deforme» gli disse, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere se non si fosse trovato così a disagio. Perché, era doveroso dirlo, la faccia di James sembrava ridicola. 

Seguì il silenzio. 

James si schiarì la voce «Remus?»
«Si?» disse Remus.
«Sai perchè Harry è finito in infermeria?» domandò James.
Remus si costrinse a sembrare rilassato  «Stress.» 

Il corvino lo guardò quasi incredulo «Pensi davvero che io creda in una bugia così vaga? Neanche Madama Chips sembrava saperne la causa. Oltre al fatto che, non so, da un giorno all'altro Harry è svenuto? Senza mostrare sintomi? E mi spieghi come mai per i primi due giorni non l'hanno fatto vedere a nessuno?» 

Il licantropo si irrigidì visibilmente. Harry, per due giorni, non era stato fatto vedere da nessuno perché aveva ancora le gambe rotte. Ci era voluto poco e niente per farle mettere a posto da Madama Chips, ma avevano preferito non farle vedere, dato che sarebbero state più difficili da spiegare (non tutti erano come l'infermiera, che non aveva fatto domande). 

Remus deglutì «Non vedo come possano essere affari tuoi.» si costrinse a dire, con un tono neutro e guardando dritto davanti a sé, cercando di ignorare quella colonna che, secondo la sua visione, occupava metà corridoio. 

«Un altro segreto inconfessabile?» chiese il corvino, facendo una smorfia. «Tu e Harry state sempre a proteggervi a vicenda. Uno sa qualcosa dell'altro prima che tutti lo sappiano, e se lo tiene per sè, non osando condividerlo senza che l'altro lo sappia. Prima il tuo piccolo problema peloso, ora questo. Quando smetterete di fare questa cosa e inizierete a condividere con noi fin dall'inizio?» concluse quasi frustrato. 

Remus non rispose, non sapendo davvero che dire. Era stato più qualcosa di istintivo non dire subito agli altri i suoi sospetti su Harry, ai tempi in cui lo vedeva uscire dal dormitorio di notte per chissà quale motivo. Non se l'era sentita di dire tutto ai restanti Malandrini. 

«Cosa? Harry si fida davvero così poco di noi da non volerci dire niente?!» sbottò alla fine James. 

Remus si sentì offeso anche si stava parlando di Harry.  «No!» rispose immediatamente  «Lui... si fida e semplicemente... non vuole trascinarvi in qualcosa più grande di voi.» la voce gli si incrinò leggermente alle ultime parole, mentre saliva velocemente le scale cercando di affidarsi più alla sua memoria, piuttosto che alla sua ridicola vista. 

James lo sostenne distrattamente mentre per poco non inciampava su un gradino. 

«Cosa più grande? Dimmelo, Remus, per Merlino! » quasi supplicò James in un'irritazione disperata, mentre imboccavano un corridoio. 

«No.» fu la risposta dell'altro, senza la minima incertezza nella voce.

«Re- »
«HO DETTO DI NO! » esplose Remus fermandosi e guardandolo con occhi spazientiti  «QUESTA... QUESTA... è una decisione che spetta ad Harry! Non osare cercare di cavar qualcosa fuori di me! Per quanto... per quanto muoia dalla voglia di ritornare come prima non... non posso e... » 

«Ma allora cerca di fargli cambiare idea!» insistette James testardamente.
Remus scosse la testa, cercando di calmarsi «Ci ho già provato, sto aspettando, e ora lasciami in pace.» disse stancamente, poi si voltò e iniziò a camminare  «Non accompagnarmi. Tanto da qui in poi basta che vado dritto.» 



Quando Remus fece ritorno in Sala Comune, aveva ancora quella faccia abbattuta che Harry immediatamente notò. 

«Cos'è successo?» 

Remus scrollò le spalle, buttandosi accanto a lui. «Piccola discussione con James.» 

Harry gli diede una pacca sulla spalla, mentre Remus gli donava un breve piccolo sorriso, per poi volgere lo sguardo verso il fuoco scoppiettante, osservandolo in modo perso. 

Harry ritornò sul tema, guardando di sottecchi Remus. 

Poi osservò con uno sguardo vuoto le parole scritte sul foglio, senza davvero vederle. 

Era fatta, aveva preso una decisione. 

«Egoista.» lo insultò una vocina maligna nella sua testa, e lui strinse le labbra.

 
*
Harry si svegliò la mattina già con un umore pessimo, pensando a quel che stava per fare. Però pensò anche agli effetti positivi (seppur egoistici) che poteva dare la sua decisione, e si rallegrò leggermente. Guardò Remus mentre si dirigevano verso la Sala Grande per la colazione, anche lui non sembrava essere poi tanto felice.

Si sedettero a tavola, e Remus notò con malcelata malinconia James, Sirius e Peter sedersi molto più lontano. Doveva ancora abituarsi. 

Dopo aver mandato giù un pezzo di brioche, Harry si schiarì la voce, attirando l'attenzione di Remus. 

«Ehm... insomma, ho deciso. » iniziò goffamente, vide il licantropo farsi sull'attenti, gli occhi talmente speranzosi che Harry si imbarazzò solo a guardarli.  «Glielo dico, ok?» 

Stava guardando fisso la mezza brioche, poi alzò lo sguardo. 

Remus aveva in faccia un enorme sorriso, incredulo e felice. Harry si sentì leggermente meglio, scordando per un attimo i vari pericoli che questa decisione comportava. 

«Quando?» chiese in un sussurro flebile.

«Uhm, oggi...?» rispose Harry incerto. Gli occhi di Remus diventarono stranamente vivaci, mentre apriva allegramente una barretta di cioccolato.

Harry quasi rise.

Remus era Remus, quindi si trattenne dal saltargli addosso in "stile-Sirius", soprattutto davanti a tutti, ma si tenne un sorrisetto incollato sulle labbra per tutta la colazione.

Furono costretti ad aspettare la sera per ritrovarsi in un luogo privato, riuniti tutti quanti. Il dormitorio era l'unico posto in cui tutti si ritrovavano vicini, dato che dovevano per forza condividerlo. 

Peter si aspettava che quella sera sarebbe stata come tante altre, ovvero che si sarebbero ignorati, e infine che ci sarebbe stato un silenzio tombale prima di mettersi a letto. 

Lui non era dotato di grande intelletto e di spirito di osservazione, quindi ci mise un bel po' per notare la postura rigida di Remus e Harry, che entrarono in dormitorio sembrando pali staccati a forza dall'asfalto. 

Forse intuì l'aria di "diverso" solo quando Harry pronunciò, con una voce forzatamente sicura: «Ragazzi.»

Peter e gli altri erano sicuri che Harry per rivolgersi a Remus non usasse "ragazzi", quindi, uno più stupito dell'altro, si voltarono a osservare il corvino, seduto comodamente sul suo morbido letto a baldacchino. 

«Che ne dite di... mm... una chiacchierata?» continuò, James lanciò uno sguardo a Remus, che annuì sorridendo leggermente. 

«Vuoi dirci quel che sto pensando?» domandò Sirius audacemente, assottigliando gli occhi, Harry si mosse a disagio. 

«Sì.» rispose per lui Remus, decidendo che Harry in quel momento sembrava un po' in difficoltà, e che quindi era meglio intromettersi. 

«Però» iniziò Harry, mentre gli altri si sedevano, «sappiate che prima devo farvi una domanda.» 

Remus aggrottò le sopracciglia, mentre lanciava un Muffliato sulla stanza: di questo non ne era a conoscenza.

«Questa cosa che sto per dirvi, una volta che la saprete, sarete più in pericolo di quanto già non siate. Sarete più coinvolti nella guerra, ci sarà una bella responsabilità sulle vostre spalle, per questo, dovrete allenarvi per proteggere questo segreto. Io non vi dirò molto nel dettaglio, come non ho fatto con Remus, perché rischierei troppo, però, quel poco che vi dirò, è ugualmente importante. Quindi, se volete sapere davvero questo "inconfessabile segreto" come dite voi, dovete essere consapevoli di tutto questo, dovrete imparare a proteggere la mente da attacchi esterni e dovrete essere più bravi nella difesa e nell'attacco durante i duelli. Non prendetela alla leggera, per favore.»

Harry finì di parlare, lasciando un pesante silenzio. 

A primo impulso Sirius avrebbe detto che li stesse prendendo in giro, ma vedendo la faccia mortalmente seria di Harry, era difficile crederlo. Si scambiò un'occhiata con James, avevano così tanto insistito per sapere questo segreto, non pensavano che fosse così grave. 

Non la presero alla leggera. Questo segreto era pericoloso, quindi anche Harry era in pericolo. Non lo avrebbero lasciato da solo. 

«Siamo disposti a questo.» disse Sirius, parlando a nome di tutti. Tuttavia, Harry gettò un'occhiata incerta a Peter, che si mordicchiava le unghie quasi in modo isterico, bianco come un cencio.

«Peter.» sussurrò, sporgendosi verso il biondino, che saltò sul posto (tutti e tre erano seduti sul letto di James, mentre Remus affianco a Harry.)  «Non sentirti obbligato, ok? Non è che se lo fanno James e Sirius, devi farlo anche tu. Qui non si parla di diventare Animagus o di qualche scherzo idiota e sciocco, qui si parla di guerra... di Voldemort.» Peter spalancò gli occhi, sembrando sul punto di svenire, mentre James sentiva la rabbia montare in sé al sol pronunciare quel nome. 

«I-io... » Harry lo guardava con uno sguardo consapevole e quasi rassicurante, pregandogli di essere sincero. Il problema, è che Peter non voleva deluderlo. 

«Non pensare di deludermi. Io sarei deluso da te se accettassi sapendo che forse non sarai in grado di mantenere il segreto.» chiarì immediatamente Harry, il biondino cercò di non pensare agli sguardi insistenti dei suoi amici. 

«Non lo so.» rispose alla fine, pensandoci un attimo. Voldemort era così tanto potente e pericoloso, e lui era così tanto incapace e debole, di certo una partita a scacchi non avrebbe aiutato a sconfiggere Tu-sai-Chi. Peter tanto lo sapeva, era inutile che qualcuno cercasse di convincerlo di no, sapeva che  era debole e vigliacco (lo aveva detto perfino il cappello, anche se in modo decisamente più gentile). Ci teneva a Harry, non voleva rischiare di... danneggiarlo, in qualche modo.
Quindi forse era meglio... meglio di no.

Eppure... 

«Umm, forse Grifondoro... sì, forse avere amici come loro ti aiuterà a scegliere la strada giusta...» 

Se doveva prendere la strada giusta, doveva farsi aiutare. Ma prima di tutto, doveva almeno voltarsi verso la strada giusta, perchè voleva, non perchè gli altri lo avevano fatto.
Guardò Harry, che continuava a osservarlo come se gli dicesse che se avesse detto di no, per lui non sarebbe cambiato nulla.
Ma Peter voleva cambiare qualcosa, voleva essere un Malandrino, perchè Harry credeva in lui e quindi anche lui doveva iniziare a credere in se stesso.

«Va bene, sono disposto a questo.» disse in modo sicuro, e forse, quella, fu la scelta più coraggiosa che avesse mai fatto.

Harry lo guardò un attimo sbattendo le palpebre «Sei sicuro?» Chiese.

Peter annuì senz'ombra di dubbio, e dopo averlo analizzato per bene, Harry si allontanò sorridente.

«Bene!» esclamò, mentre gli altri si riprendevano dallo stordimento, dovuto alla brusca rottura di quell'atmosfera pesante.
Harry non sapeva come dire la cosa in modo abbastanza delicato, anche perchè aveva già fatto un pre-discorso, quindi, via il cerotto, via il dolore. «Non prendetemi per pazzo, ma vengo dal futuro.»

James cadde in qualche modo dal letto «CHE COSA?!» urlò, alzandosi rapidamente.

Peter prese a tossire in modo compulsivo, la faccia che si faceva rossa come un peperone mentre rischiava di soffocare.

E beh, Sirius, essendo una persona non facilmente impressionabile ed essendo soprattutto un Black, reagì in modo molto composto, quindi... svenne.

Remus si alzò velocemente, e si precipitò accanto a Sirius «Riennerva.» il Black si svegliò, sbattendo le palpebre con aria confusa.
«Remus.» sussurrò.
«Mmh?»
«Sta facendo sul serio?»
«Sì.» Sirius si alzò cautamente, guardando Harry scioccato. La faccia di quest'ultimo era seria come non mai, no, non stava scherzando, lo avrebbe capito anche un cieco dal tono della voce. 

«Tu...come...?» balbettò, mentre Peter si massaggiava la gola, guardando Harry come se fosse un Dio sceso in terra.

«Diciamo che... ho avuto un aiuto dall'alto, però questo non è molto importante.» liquidò rapidamente Harry, mentre gli altri si rimettevano composti.

«E ho-»
«Aspetta.» lo interruppe Remus, poi si rivolse agli altri. «Cercate di non rifare lo spettacolo di prima, ok?» 

«Ci proveremo.» cercò di rassicurarlo Sirius (detto da lui...).
«Ho diciannove anni, tornando indietro il mio corpo si è ringiovanito. Sono qui nel passato perchè voglio sconfiggere prima Voldemort, in modo da diminuire le vittime. Posso dirvi solo questo. » disse Harry tutto d'un fiato. 

Seguì il silenzio. Sirius aveva chiuso gli occhi, decidendo che lo yoga dopotutto non era una pratica tanto male. Peter si stava dando qualche pizzicotto sul braccio, mentre James si tirava in modo pensieroso delle ciocche.

«Almeno puoi dirci se il tuo vero nome è Harry Potter?» James calcò in modo evidente l'ultima parola, sentendo un sospetto spaventosamente probabile nascergli in petto. 

Harry si stropicciò la stoffa dei pantaloni, come faceva di solito quand'era nervoso. 

Remus gli gettò uno sguardo, anche lui nervoso. Dati gli indizi che aveva James, quella cosa era ancora più ovvia.

«Sì... è sì, vero Harry?» Chiese James flebilmente, vedendo che nessuno apriva bocca. Spalancò gli occhi, quando vide Remus voltarsi ad ammirare il paesaggio fuori dalla finestra a disagio, mentre Harry lo guardava con quegli incredibili occhi troppo verdi. «Siamo parenti stretti, quindi.» 

Finchè forse Harry proveniva da un genitore babbano (e finchè i cancelli non si fossero aperti) avrebbe anche potuto minimamente credere al fatto che non fossero parenti stretti. Ma le coincidenze erano troppe, Harry aveva tutte le caratteristiche tipiche dei Potter, era sicuramente imparentato strettamente con lui, poichè le protezioni della sua casa erano fatte secondo il suo sangue, quindi solo parenti stretti con lui e con la sua famiglia sarebbero potuti passare o far aprire i cancelli in modo così immediato. 

Figlio di suo zio non era, James era sicuro che se fosse stato al suo posto, avrebbe cercato di incontrare i suoi genitori (o comunque sapere qualcosa su di loro), quindi si esclude suo zio e sua zia, così come suo cugino (Harry non li aveva neanche nominati). Sua madre e suo padre neanche, a malapena erano riusciti a fare un figlio, oltre al fatto che ormai suo padre se n'era andato, ed Harry aveva le caratteristiche dei Potter, non somigliava per niente a sua madre, se si prendeva in considerazione uhm... un altro (James rabbrividì, non volendoci neanche pensare). Rimaneva lui, ed Harry era così simile a lui da sembrare il suo gemello. 

Gli si affacciò davanti un qualcosa di scioccante, di davvero troppo per un tredicenne. Harry era...

«Che ne dite di andare a dormire?» proruppe Remus forzatamente allegro, d'un tratto. Harry sembrò scongelarsi, voltandosi di scatto verso di lui. «Credo che per oggi sia abbastanza, poi domani parleremo un po' degli allenamenti di cui Harry vi ha parlato, mhm?»

Tutti avevano mille domande in testa, ma si costrinsero a tacere, capendo che forse, certe cose, era meglio non chiederle, di questi tempi.
James si scambiò un'occhiata con Sirius, sapeva che lui aveva fatto il suo stesso ragionamento. Quel che ricevette fu il suo stesso sguardo sorpreso.

«Sì, sì, buona idea, ne parliamo domani.» disse in fretta Harry, evidentemente ignaro del fatto che nessuno sarebbe riuscito a dormire, quella sera.

James non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che già le luci erano spente e Harry era sotto le coperte. 

La richiuse, sorpreso, mentre anche Peter si dirigeva verso il suo letto.

Forse... forse era meglio rimandare, per ora.









 
Angolo Autrice
Niente ragazzi, è tardissimo e tra poco crollo. Non ce la faccio a commentare, sorry. Spero che il capito vi sia piaciuto e vi auguro un buon 2019. Inoltre vi ringrazio per aver contribuito a rendere questo 2018, per me, fantastico! <3
Alla prossima! E di nuovo, felice anno nuovo!
P.s. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
   
 







Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!
 

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Capitolo 42
*** Marcare il territorio ***


Marcare il territorio
 
Il giorno dopo, James non poteva far altro che pensare a quel pensiero che gli si era infilato in testa la sera prima. Più guardava Harry, e più se ne convinceva. Voleva dire tutto al corvino, ma non aveva idea della sua reazione, e di conseguenza, non sapeva come lui avrebbe dovuto comportarsi. Sirius, naturalmente, già aveva colto e letto ogni pensiero che gli frullava per la testa, James ne era sicuro, e Peter... beh Peter non sembrava aver colto qualcosa.

Sempre ricordando la regola che lui stesso si era imposto, e che sperava che gli altri avrebbero rispettato al più presto, era che tra i Malandrini non ci dovevano essere segreti, quindi no, non avrebbe parlato con Harry in privato della cosa, come, ci scommetteva, avrebbe fatto Remus (o forse l'aveva già fatto...).

Passarono le ore e qualche giorno, mentre James si domandava quale sarebbe stato il momento giusto, dato che sembrava non arrivare mai. Harry spiegò loro che avrebbero iniziato gli allenamenti fra tre giorni, rivelando loro che da più di un anno, all'una di notte, se ne andava nella Stanza delle Necessità ad allenarsi. 

Fu nella situazione più improbabile che James trovò il momento giusto. Trascinati tutti nella biblioteca contro la loro volontà, si trovavano sommersi da libri. Si sentiva il continuo rumore dello scribacchiare della penna di Remus, si sentivano i respiri regolari di Peter (addormentato con la testa su un libro), si sentiva il tamburellare della dita di Sirius, mentre guardava con un cipiglio la pergamena sul tavolo (zeppa di schemi e disegni di gente con fattezze ridicole, tra cui spiccava la figura di Lumacorno travestito da tricheco), si sentivano persino i piccoli e silenziosi sospiri di Harry, mentre leggeva un libro che non c'entrava assolutamente niente con la scuola ("L'affascinante arte della Legilimanzia"). 

Fu in quel clima di noia mortale, che James, mentre cercava di pensare a come procurarsi, o creare, effettivamente un vestito da tricheco per Lumacorno, sentì il momento giusto. Guardandosi intorno con circospezione, notò uno studente totalmente assorbito dal libro che stava leggendo, ed un gruppo di ragazzine che ridacchiavano, alternandosi dal fare i compiti e gettare occhiate al loro gruppetto. Il fatto che Sirius non se ne fosse accorto, indicava quanto fosse assorbito nella pianificazione dello scherzo. 

Decise che quelle ragazzine erano troppo invadenti, per quanto carine, così estrasse lentamente la bacchetta dalla tasca, poi, mentre ammiccava verso di loro con un sorriso affascinante (distraendole), gettò un Muffliato, anche perché Remus e Harry erano talmente prudenti d'averlo contagiato.

Poi si voltò come se nulla fosse verso i suoi amici, dando uno scossone a Peter, che si svegliò di scatto, la guancia talmente attaccata alla pagina del libro che la fece strappare. Peter, con gli occhi spalancati e terrorizzati, con la pagina attaccata alla guancia, la strappò lentamente, guardando prima il libro della biblioteca e poi la pagina. 

«Oh, c-cavolo» balbettò, nascondendo in fretta e furia la pagina nel libro e chiudendolo di colpo, se lo allontanò da sé frettolosamente, mettendolo al centro del tavolo, sperando che Madama Prince non avesse sentito lo strappo della pagina. 

James si schiarì la voce, facendo alzare lo sguardo agli altri. 

«Sì, probabilmente hai ragione, a Stratchy & Sons non lo troveremo, troppo lurido per vendere un travestimento del genere, forse Diagon Alley, Madame McClan... ma forse neanche lì si trova qualcosa di tanto ridicolo, magari nel negozio di abiti usati, forse lì sì... ma effettivamente sarebbe sospetto che ci arrivi un pacco di mattina e che il giorno dopo Lumacorno sia travestito da tricheco... nel peggiore dei casi dovremmo imparare incantesimi casalinghi per cucire, dovremmo crearlo noi...» borbottò Sirius, annuendo. 

James sbattè le palpebre. «Certo... sono d'accordo. Ma non volevo dire questo.» 

Sirius lo guardò confuso, «Ah, no?» poi spalancò gli occhi «Ah» esalò capendo e mettendosi composto. 

«Harry» disse rivolto all'altro, assicurandosi che gli altri sentissero, anche se erano ritornati a quel che stavano facendo, in modo incurante (tranne Sirius e Peter, quest'ultimo continuava fissare il libro, mordicchiandosi le unghie). 

«Mm?» 

«Tu hai detto che non potevi dirci altro sul tuo passato e il tuo viaggio, giusto?» chiese James, facendo alzare di scatto lo sguardo all'altro, che gli gettò un'occhiata letale. 

«Ma sei scemo? Lo dici così, qui?!» sbottò Harry, in un sussurro, mentre gli altri avevano spostato la loro attenzione sulla conversazione. 

«Ho fatto un Muffliato. » replicò James, quasi offeso che lo ritenesse così idiota. 

«Potrebbero leggere il labiale. » mormorò Remus, muovendo appena le labbra e guardando gli studenti che James aveva notato prima. Quest'ultimo alzò gli occhi al cielo alla paranoia dell'altro, ma Sirius rispose prima di lui: 

«Quello -indicò lo studente che leggeva- è troppo applicato sul libro per ricordarsi del mondo, e quelle altre lì -fece un impercettibile segno con la testa, per indicarle- anche se volessero leggere il labiale, soprattutto il mio, sarebbero troppo ipnotizzate dal movimento delle mie labbra per capirci qualcosa.» affermò compiaciuto. 

«E poi non credo che gliene frega così tanto» aggiunse Peter incerto. 

«Ok, dici...» si arrese Harry. 

«Bene! Tu hai detto che non potevi dirci altro riguardo al tuo viaggio o la tua vita prima di venire qui, giusto? » ripetè James, ed Harry annuì, deglutendo.

«Ma hai anche detto che non ci avresti mentito ancora, se noi avessimo scoperto qualcosa, e avessimo persino delle prove che ti inchiodino, mica ci mentirai negando, vero? Ci dirai la verità, no?» continuò James, mentre Harry si sistemava goffamente sulla sedia, capendo dove voleva andare a parare. 

«Solo se ci sarà un ragionamento perfettamente logico dietro, quindi... sì, suppongo di sì, ma non dirò altro al di fuori di quel che avete intuito.» sussurrò. 

James pareva soddisfatto. «Tu non ci hai detto chi erano i tuoi genitori, ma Remus lo sa, ma perché l'ha scoperto, non perché gliel'hai detto» si affrettò a precisare James all'ultimo, vedendo Remus aprire bocca, pronto per ribattere.

«Ed anche James ha scoperto qualcosa, e poiché non è come Remus, vuole che tutti abbiano le stesse identiche informazioni» intervenne Sirius, sparando un'involontaria frecciatina a Remus, che distolse lo sguardo. 

«Ok ok, quindi? » disse impaziente Peter, mentre James dava una gomitata di rimprovero al Black. 

«Quindi, secondo i miei ragionamenti, noi due siamo parenti stretti e di conseguenza, tu sei... mio figlio» concluse James, guardando determinato Harry, che gli ricambiava lo sguardo con un'irritabile faccia impassibile. 

«I tuoi ragionamenti?» gli chiese, in modo neutro, mentre intanto Remus torturava l'angolo della pergamena su cui stava scrivendo. 

«Il fatto che tu sia entrato in casa mia, facendo aprire di scatto i cancelli, indica già di per sè che sei imparentato in modo piuttosto stretto con me. Sicuramente non sei mio fratello, anche perché hai tutte le caratteristiche dei Potter, che avresti potuto ereditare solo da mio padre. Mio cugino neanche, non ti sei minimamente interessato ai miei zii, che se fossero realmente i tuoi genitori, sarebbe strano. I figli di mio cugino, sarebbero già troppo avanti. Rimango io, in linea piuttosto diretta, non puoi essere né mio cugino, né mio fratello, quindi resta il modo strettamente diretto, ovvero la parentela padre-figlio, il che spiegherebbe anche la somiglianza tra me e te» spiegò James, recitando il tutto come se avesse fatto quel ragionamento milioni di volte, cercando qualche pecca, che non aveva trovato. 

Tutti spostavano lo sguardo da James a Harry, come se fossero al cinema a guardare la chiacchierata da uno schermo e non dal vivo. 

Harry si morse il labbro. «No, non sei mio padre» rispose, spiazzando James. «O almeno, teoricamente sì, tecnicamente no. » si affrettò a precisare. 

James sbattè le palpebre, guardando Harry sempre sotto quella nuova prospettiva che gli capitava di sperimentare ogni volta che una vocina gli faceva presente che era suo figlio. Qui si andava ai limiti dell'assurdo. Per fortuna si era preparato, altrimenti sarebbe diventato pallido, come la prima volta che aveva preso in considerazione quella teoria. «I-In che senso?» Balbettò debolmente. 

Harry sospirò. «C'è qualcosa che non vi ho detto, che Remus sa come conseguenza del fatto che ha saputo la verità prima di voi. Verso la fine di ottobre, ho fatto un rituale piuttosto pericoloso.» iniziò. 

«Perché?» chiese Sirius, mentre Peter si riprendeva dallo shock, sfregandosi goffamente le guance sperando di farle arrossire un po', poiché erano di un bianco cadaverico. 

Harry spiegò tutto, omettendo l'indecisione di lui e Silente se questo era un futuro cancellato o una dimensione parallela. Infatti, se lo avesse detto, avrebbero potuto fare il ragionamento che i suoi genitori dovevano per forza esser morti se ne aveva potuto richiamare le loro anime. Se questa fosse una dimensione parallela, non avrebbe potuto farlo, dato che le anime sarebbero state perfettamente ancorate a quelle delle persone vive nella dimensione da cui veniva. Dando invece per scontato il futuro cancellato, tutte le anime erano in cielo, poiché le persone che avevano vissuto in modo diverso dalle loro altre versioni erano automaticamente morte, lasciando spazio alle nuove versioni.

Persone invece morte anche nell'altra dimensione, potevano essere richiamate.

Quando finì di raccontare, ci fu il silenzio. 

«Quindi ora non sei più in pericolo, giusto? » chiese James, tanto per accettarsi. 

«Se escludiamo Voldemort, Mangiamorte, incidenti e robe varie, direi di sì, non sono più in pericolo. » rispose Harry tranquillamente. 

Sirius aggiunse distrattamente qualche ombreggiatura in più sul disegno di Piton, travestito da shampoo per capelli grassi. 

«Ok... » disse James, mezzo sollevato, poi irrigidì la mascella, indeciso. «Chi è tua madre?» 

«Non dico altro.» cantilenò Harry, James sbuffò, analizzandolo. 

I suoi occhi caddero su quelli verdi di Harry. 

Verde smeraldo. 

E ghignò. 

Probabilmente James avrebbe dovuto avere altre prove certe per poter pensare seriamente a quella cosa con certezza, perché c'erano chissà quante persone al mondo con quegli occhi (forse, James lo giudicava troppo particolare.) ma lui era James Potter, e sicuramente non mancava d'autostima.

Quindi, fu con poca difficoltà, che immaginò la sua mogliettina baciare amorevolmente una versione più grande di se stesso. 

Forse non aveva capito che, per sposarsela in futuro, l'altro se stesso (che tecnicamente era il padre di Harry, ma James sapeva, alla fine non erano tanto diversi) aveva capito che i suoi sentimenti verso quella ragazza erano molto più seri, più seri per quelli che ci si aspetta da una sfida, o da una cotta. 

In fondo, se l'era sposata e ci aveva fatto anche un figlio. 

Forse non l'amava ancora, probabilmente, però, l'avrebbe amata in futuro. 

Ma il nostro caro James non ci pensò, quel particolare gli sfuggì, non lo colse. 

E per quanto tempo ancora non lo avrebbe fatto? 

 
*



Harry come insegnante non si rivelò affatto male, spiegando pazientemente e non battendo ciglio agli occasionali sguardi annoiati di certi di loro quando dovette spiegare la parte teorica. Bensì cercava un modo per coinvolgerli e rendere il tutto più interessante. 

Al contrario di come si erano aspettati tutti, Harry non passò immediatamente ai duelli, ma all'Occlumanzia. 

«È vero che il duello è importante, ma anche l'Occlumanzia lo è. Oltre al fatto che serve per proteggere il segreto e i vostri pensieri in generale dai Legilimens, vi aiuterà anche mentre combatterete, poiché non dovrete essere influenzati dalle vostre emozioni.» spiegò il corvino, prima di illustrare loro come fare. 

Inutile dire che il primo tentativo non sembrò andare molto bene, anche se non potevano dire con certezza quanto non fosse andato bene. Harry aveva detto loro che stava cercando di imparare la Legilimanzia, ma che era più difficile dell'Occlumanzia, quindi ci sarebbe voluto più tempo per verificare realmente i loro progressi; così avevano concordato che tanto valeva esercitarsi contemporaneamente su due parti, e avevano deciso, dopo qualche giorno di allenamento in Occlumanzia, di iniziare i duelli. 

I duelli non erano tutti incantesimi, ma anche una parte di strategia e intelligenza, i Malandrini lo impararono presto quando, attaccando Harry, persero immediatamente. 

Sirius sostenne che era perché insomma, Harry s'era allenato ed era molto più forte. 

«Allora proviamo con questi manichini... hanno il vostro stesso livello, ma sono più strategici. » propose Harry ghignante, mentre quattro manichini si muovevano marciando verso di loro. 

«Oh, per la miseria...» esalò Sirius, mentre Remus analizzava i manichini, curioso ed interessato. 

Si sentì un tonfo, e tutti si voltarono di colpo. Lo stesso manichino che Remus era certo, aveva sfidato Harry la volta in cui l'aveva beccato, arrivò verso di loro. 

Tutti lo guardarono interrogativi, soprattutto Harry. 

«Signor Duellante?» disse incerto Harry, con un lieve scricchiolio, il manichino di ferro in questione si voltò verso di lui. Alzò la bacchetta che aveva impugnato nella mano destra, non puntandola ma tenendola stretta al petto. 

Poi si voltò e si diresse verso una porta spuntata da chissà dove. 

«Cosa...? » sussurrò Peter inquieto. 

Harry sospirò «Vuole duellare, non mi alleno da un paio di giorni, in effetti...»

«In che senso vuole duellare? » quasi strillò James. «Non dovrebbe avere la capacità di intendere e di volere!» 

«Beh, James, anche quando un manichino ti lancia uno schiantesimo ha avuto la volontà di farti fare il volo d'angelo, quello caduto però. Diciamo che sono capaci di volere e... lui è un po' più particolare» spiegò Harry, scrollando le spalle. «Io vado lì dentro, intanto voi sfidate i manichini un paio di volte, e andate poi a imparare meglio delle tecniche e degli incantesimi, leggendo quei libri» disse indicando una piccola pila di libri. Poi si voltò verso Remus. «Affido a te la responsabilità di assicurarti che facciano quel che ho detto e se non lo fanno... -sorrise in modo innocente- falli ubbidire con le maniere forti.» 

Remus annuì, mentre gli altri tre spalancavano gli occhi. E detto questo, con nonchalance, Harry entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. 

«Su, iniziamo! » esclamò Remus, battendo le mani. 

James, Sirius e Remus nel complesso non erano tanto male, ma comunque persero dopo poco tempo, anche se Remus resistette un po' di più. Peter invece, dopo i primi tentativi, non si interstadì come gli altri, che avevano deciso di provare fino a cinque volte, bensì andò, dopo il secondo tentativo, perfettamente consapevole che strategie o no, gli incantesimi doveva pur saperli fare, a leggere i libri e ad esercitarsi per conto suo con gli incantesimi di difesa ed attacco. 

Dopo circa venti minuti, in cui quasi tutti si alternavano tra pratica e teoria, Harry uscì affaticato dalla stanza, sudato e quasi arrabbiato. 

«Ci stavo riuscendo, maledizione!» sbottò, agli sguardi interrogativi degli altri. Si buttò sul divano, mentre dalla stanza usciva il Signor Duellante con un'aria che pareva tutta soddisfatta. 

Se non fosse per il fatto che, essendo un manichino/armatura, non possa provare emozioni, si ricordò Peter, riprendendo a lanciare un incantesimo di disarmo, cercando di far cadere il bicchiere, piuttosto che farlo traballare. Beh, per quasi venti minuti di esercitazioni, non era così... deludente. 

Harry l'osservò curioso, avvicinandoglisi, poi gli prese il polso. 

«Il movimento è così... » disse incoraggiante, facendo un semicerchio perfetto con la mano di Peter. «Concentrati sul tuo obbiettivo, di' la formula in modo convinto, e vai.» 

Peter annuì. «Exeperlliarmus.» 

Il bicchiere traballò di nuovo, e il biondino sospirò. 

Harry scosse leggermente la testa, con un sorrisetto. «È Expelliarmus non Exeperlliarmus.» 

«Ah» esalò Peter, sentendosi piuttosto stupido. Puntò di nuovo la bacchetta verso il bicchiere e pronunciò la formula, aggrottando le sopracciglia in modo concentrato. «Expelliarmus

Il bicchiere saltò su e cadde a terra, mentre Peter esultava. 

«Bravo!» si complimentò Harry, battendogli il cinque. «Ora che sai come si fa, devi solo imparare a perfezionare la mira.» disse, alzandosi. «Impara lo schiantesimo e poi vediamo un po' il duello.» 



Harry osservò i tre che duellavano, attento. Sirius sembrava quasi che fosse nato per combattere, difendendosi dal manichino e attaccando. 

«Non sprecare energie magiche per creare uno scudo quando puoi schivare, sarà pure più veloce.» consigliò distrattamente Harry, il Black annuì, buttandosi a terra per schivare. 

Harry alzò le sopracciglia, decidendo di non dirgli per ora che poteva tranquillamente schivare spostandosi leggermente a destra con il busto. 

Si avvicinò a Remus, mormorandogli che aveva il fianco sinistro scoperto. Il tempo di dirlo, che Remus fu schiantato proprio da lì.
«Puoi lasciare qualche parte del corpo scoperta, ma solo se stai in allerta. Mentre l'avversario si concentrerà a colpirti lì, tu potrai usare quella breve distrazione per attaccarlo da una sua parte scoperta.» spiegò Harry, aiutandolo ad alzarsi.



Alle due, nello strano silenzio che si era creato, mentre tutti erano sul divano a leggere stancamente qualche libro (James sembrava sul punto di appisolarsi), Harry annunciò che era arrivato il momento di tornare ai dormitori. 



La mattina dopo, non ci fu una bella notizia per Sirius. Svegliatosi immediatamente senza neanche che Remus urlasse (provocando la sorpresa di quest'ultimo), con una brutta sensazione, si era alzato lentamente, dirigendosi verso la finestra. 

Con suo orrore, piccole gocce scorrevano lungo il vetro. L'aveva aperta leggermente, facendo entrare la fredda e umida aria di novembre, e ignorando le bestemmie di James, aveva annusato con gli occhi spalancati l'aria: c'era odore di pioggia. 

Quella notte aveva piovuto, mentre lui dormiva. 

Chiuse di colpo la finestra, raccattando infuriato i vestiti e chiudendosi in bagno, sbattendo la porta. 

«Uhm... cos'è successo?» biascicò Peter, stropicciandosi gli occhi, assonnato.

«Stanotte c'è stato un temporale, a quanto pare.» sospirò Remus, aggiustandosi la cravatta. 

«Certo che il tempo è proprio stronzo!» sbottò James. 

Si sentì l'urlo arrabbiato di Sirius dal bagno: «Macché! La pioggia, semplicemente, è una grande zo- »

Meglio non continuare...



Le porte si aprirono a dicembre, che portò con sé altro gelo ma anche l'aria natalizia. Hagrid già stava portando i dodici alberi dai primi giorni, le decorazioni vi venivano poste sopra, le fatine svolazzavano e si vantavano, scuotendo i capelli e divertendosi ad essere ammirate dagli studenti, soprattutto dai più piccolini. 

Il 15 Dicembre ci riprovarono ancora, mettendo le foglie in bocca. James sarebbe tornato a casa quel Natale, voleva far compagnia a sua madre per il primo Natale senza suo padre. Anche se, a quanto aveva capito, la cara Euphemia aveva intenzione di organizzare una grande festa di famiglia, con tanti parenti, forse per sentire la casa meno vuota, chissà. 

Harry e Sirius dovettero ordinare le crisalidi di Sfingi Testa di Morto da Diagon Alley, e rifare una gita nella Foresta Proibita, per riprendere le gocce di rugiada.

Come la volta scorsa, non fu un bella esperienza, anche perché quella volta scapparono correndo da un misterioso animale, che sparava frecce una dopo l'altra. I due, alla fine, arrivati al confine della Foresta sani e salvi, se non per qualche graffio provocato da delle spine di un cespuglio, avevano concluso che quella volta s'erano beccati il centauro, sfortunatamente. 

Tutti stavano migliorando sempre di più agli allenamenti, Peter stava facendo progressi con estrema lentezza, ma li stava facendo, perlomeno. Harry aveva anche annunciato che sarebbero riusciti ad esercitarsi bene con l'Occlumanzia entro gennaio, se andava tutto liscio. Era un Legilimens principiante, ma sarebbe stato necessario per allenarli nel loro stato attuale. 

Con Dicembre arrivò anche un'altra novità, in effetti. 

James notò una folla di studenti accalcarsi verso un muro, su cui sembrava starci un cartello. 

«Che sta succedendo?» chiese James, curioso, mentre si avviava lì. 

Gli altri lo seguirono a ruota. 

Sgomitarono e sgomitarono, cercando di leggere il cartello. 

Sirius se ne stava immobile «Andiamo, ma non avete ancora imparato?» borbottò, prima di sgomitare, alitando contemporaneamente, guadagnandosi facce sconvolte dagli altri. 

In mezzo a tutta quella folla, difficilmente avrebbero visto anche il colpevole di quella puzza deplorevole. 

Gli studenti si allontanarono, discretamente, mentre i Malandrini finalmente riuscivano a leggere il cartello. 

 
Uscita ad Hogsmeade
Uscita ad Hogsmeade prevista per Sabato 20 Dicembre 1973
Dalle 4:00 p.m alle 7:30 p.m.
Per tutti gli studenti dal terzo anno in su.
È ASSOLUTAMENTE vietato accedervi senza la dovuta autorizzazione, firmata dai genitori/tutori responsabili del determinato studente.
Il Custode si occuperà personalmente di verificare la veridicità delle firme, all'ingresso del cancello della scuola, il giorno previsto per l'uscita. 


 
-avviso scritto e pubblicato il 16 Dicembre 1973
Vicepreside
Minerva McGranitt


James sorrise. «Si va ad Hogsmeade!» esultò entusiasta, allontanandosi dalla folla impazzita. 

«Come mai tutto questo entusiasmo? Ci sei già andato, no?» chiese Sirius.

«Beh, sì, ma possiamo stare più tranquilli a stare in giro.» rispose l'altro, scrollando le spalle. 

«Harry, prima di ora, sei mai andato ad Hogsmeade di nascosto?» chiese James, con un ghigno, decidendo che quella domanda poteva farla, poiché non era niente di che. 

«Ovviamente» rispose il corvino, cercando di non pensare agli eventi negativi di quella sua prima uscita. James gli diede una pacca sulla spalla, mentre Remus sospirava. 

«James?! Dove stai andando?» domandò Peter, impanicato, il giorno dopo.

Il suo amico si stava avvicinando fieramente verso una certa rossa, di cui il biondino aveva quasi il terrore. Davvero, si chiedeva come James facesse a non scappare a gambe levate quando quella lì urlava: sembrava la progenie del diavolo. Diciamo che Peter raramente era felice di assistere ai litigi di James con la Evans. Finchè erano battibecchi, ok, ma se diventavano qualcosa di più... no. 

Peter voleva bene a James, non lo voleva morto, e la Evans invece, sembrava che avesse un'opinione diversa. 

«Ehi, Evans!» esclamò James sorridente. 

«Quale altra pazzia gli è venuta in mente?» si disperò Remus, stropicciandosi la faccia. 

«Scommetto quel che volete, che c'entra con Hogsmeade...» sussurrò Sirius serafico. 

«Che c'è, Potter?» chiese Lily, voltandosi, stranamente meno esasperata del solito. Mary continuò a guardare fuori dalla finestra come se nulla fosse, mentre Frank, che aiutato da Alice stava facendo una piramide di carte, sussultò nel posare una carta, e fece cadere tutto. 

«Ma allora sei stupido! » sbottò Alice, alzandosi di scatto dalle gambe di Frank e guardandolo arrabbiata. 

Marlene rivolse una piccolo sorriso di circostanza a James, che intanto si sedeva con nonchalance sulla sedia accanto a quella di Lily. 

«Hai saputo la novità, Piccolo Giglio? C'è l'uscita ad Hogsmeade!» esclamò, sorridendo in modo arrogante. 

Lily lo guardò, alzando le sopracciglia. «Sì lo so, e non-chiamarmi-Piccolo-Giglio» sibilò velenosamente, James la ignorò volutamente, mentre i suoi amici, dai divani della Sala Comune, continuavano ad osservare attentamente. 

«E hai qualcuno con cui andarci?» 

«Sì» rispose Lily, in modo vago. James spalancò gli occhi. 

Lampante come Potter pensasse subito a qualcosa di romantico. Lily ci andava con le sue amiche, ma si divertì a vedere la faccia confusa del suo interlocutore.
«Non raccontare bugie, Evans, sai benissimo anche tu che l'unico che ha provato a chiedertelo, quel tasso, Jerry Romqualcosa, è finito in infermeria per i suoi vomitevoli foruncoli.» ribattè corrucciato, prima di accorgersi della sua falla. 

«Oh, e tu come fai a saperlo?» sussurrò Lily, assottigliando pericolosamente gli occhi. La faccia di James non fece la minima piega. 

«Le voci circolano!» esclamò, al che Lily si voltò di scatto verso la Prewett.

«Alice, la voce è circolata così tanto?» chiese, Alice guardò indecisa i gesti di James, che spalancava le braccia per attirare l'attenzione come un naufrago in mezzo al mare, mimando: «Sì sì sì!» 

«No.» rispose Alice sorridendo crudelmente, e la rossa si voltò di nuovo verso James, che si rimise composto immediatamente, gettando una breve occhiataccia alla ragazza che si era accoccolata tra le braccia di Paciock. «Allora, Potter?» 

James non avrebbe mai ammesso che quell'idiota di Jerry (nome ridicolo, poi, James era molto più nobile) era finito in infermeria per una fattura dei Foruncoli uscita dalla sua bacchetta. Quando l'aveva visto vicino alla Evans, con un bel sorrisetto in volto, aveva capito immediatamente le sue intenzioni. Che poi Lily sembrasse anche ben disposta verso di lui, lo aveva fatto arrabbiare ancor di più. A questo punto, non gli era sembrato poi tanto meritevole dell'attenzione della Evans, per non parlare poi del fatto che la ragazza, dovrebbero saperlo tutti, era la sua sfida. Era ovvio che togliesse di mezzo quelli che intralciavano la sua strada verso il traguardo. Semplicemente, marcava il suo territorio, facendo sgombrare gli intrusi.
James sbuffò «Mi dispiace immensamente per lui, cosa dovrei dire? Era un bravo ragazzo e ha perso l'occasione di stare con una persona straordinaria come te, Evans. Quando si dice la sfiga... eh sì, proprio sfiga. Ma sono sicuro che sarai ancora più contenta di venire ad Hogsmeade con me, mio Piccolo Giglio...» in gran bellezza, Potter concluse il tutto con un attraente occhiolino. 

«Ma quanto sono forte? Lo conosco troppo bene...» sussurrò fieramente Sirius, scuotendo la testa. 

Lily, che aveva guardato James per tutto il discorso con un cipiglio, ora lo osservava con una faccia stupita. 

«C-cosa?» sussurrò. 

James pensò che fosse completamente estasiata e incredula. 

«Vuoi uscire ad Hogsmeade con me, Evans?» mormorò, sorridendo in modo affascinante, accarezzandole una guancia. 

Lily lo guardò ancora, sbattendo le palpebre, poi arrossì e si alzò di scatto «MA OVVIAMENTE NO!» urlò, brandendo il libro e prendendo a picchiarlo «E NON OSARE METTERE PIÙ LE TUE SUDICIE MANI SU DI ME!» strillò. 

«Evans! Ahia! Smettila! Calmat- »

«NO, NO CHE NON MI CALMO! Non solo hai mandato Jerry in infermeria, ma mi chiedi pure di uscire! Mai, mai e poi mai uscirò con te, hai capito?» disse Lily, osservandolo ferocemente. 

«Ne sei sicura?» sussurrò James, ancora con quel ghigno che fece venir voglia a Lily di schiantarlo seduta stante. 

«Potter, io... io... non ti sopporto!» sbottò Lily, prendendo la borsa e uscendo dalla Sala Comune. 

Il sorriso di James si smorzò leggermente, ma fu per un così breve attimo che se qualcuno lo avesse notato, avrebbe potuto dire tranquillamente che se l'era immaginato. 

Questi scrollò le spalle, alzandosi e dirigendosi verso i suoi amici, buttandosi sul divano. 

«Prima o poi, sicuramente, cadrà ai miei piedi. » disse sicuro di sé, sorridendo arrogantemente. 

Incrociò lo sguardo di Harry, convincendosene ancor di più. 

Quest'ultimo lo guardò intensamente, con uno sguardo che fece irrigidire la mascella a James. 

«Se continui a comportarti così, non credo proprio.» gli disse, rimettendolo senza esitazione al suo posto. 

Poi distolse lo sguardo, riprendendo la partita a scacchi con Remus. 

 
*



Harry schivò il colpo e contrattaccò, mandando due incantesimi, uno dopo l'altro, in due punti strategici, difficilmente potevano salvarsi entrambi, o uno, o l'altro. Il Signor Duellante li schivò a stento, lanciando contemporaneamente tre incantesimi. 

Harry, ormai con il fiatone, creò uno scudo a specchio completo, riuscì a mantenerlo per qualche istante mentre faceva comparire velocemente una serie di cuscini, che mandò con un'enorme forza d'urto verso il manichino di ferro, con un semplice movimento della mano sinistra. 

Mentre il Signor Duellante veniva travolto dai cuscini (se fossero state pietre sarebbe già stato rotto in mille pezzi), colto di sorpresa, Harry tolse lo scudo e fece esplodere tutti i cuscini, diffondendo centinaia di piume per aria. L'avversario mosse la bacchetta, con una folata enorme le spazzò via. 

Ma Harry, nello stesso momento in cui era riuscito a scorgere anche solo una piccola parte della bacchetta, mandò uno schiantesimo, un incantesimo disarmante e una fattura al pavimento contemporaneamente (lo fece diventare come delle sabbie mobili). 

Lo schiantesimo colpì il Signor Duellante al fianco, non prima però che la bacchetta gli volesse di mano. Harry sussurrò immediatamente un Accio, assicurandosi di tenerla stretta nella mano sinistra. 

Il Signor Duellante era a terra, mentre le ultime piume si andavano a posare sul pavimento. 

Guardò incredulo il suo avversario, non credendo a ciò che aveva appena fatto. Questo... questo... era assolutamente STRAORDINARIO!
L'urlo di gioia che fece venne sentito anche dai Malandrini, mentre Peter, approfittando della situazione, schiantò Sirius, sorridendo vittorioso quando il Black fece un piccolo volo. 

Sirius gli gettò un'occhiataccia da terra, mentre si sentivano tonfi sospettosi e qualche urletto ancora da quella stanza in cui non erano mai entrati. 

«Ti ricordi che ha detto Harry? Mai abbassare la guardia» si giustificò Peter, scrollando le spalle. 

Dopo quell'evento, Harry dedicò un po' più tempo a loro e meno al duello, a volte rintanandosi in un angolino con un calderone fumante sul fuoco. Gli altri erano rimasti stupiti quando avevano sentito qualche esplosione, o un odore di uova marce. Peter, appena Harry era uscito saltellando dalla stanza, l'aveva immediatamente informato di aver schiantato Sirius. Soddisfatto dai complimenti di Harry, che lo incoraggiava invece di ricordargli che ci aveva messo una settimana e mezzo a fare uno schiantesimo, si era messo ancora più d'impegno. 

In fondo, Harry era quell'unica persona che aveva per la prima volta creduto davvero in lui. E quando una persona ci crede così tanto, alla fine finisce che ci credi anche un po' tu. 

I Malandrini concordarono che la loro prima uscita pubblica sarebbe stata insieme, anche perché dovevano fare pazzie senza riserve, cose che non si potevano fare con una ragazza, intendiamoci. Fu con dispiacere che Sirius e James rifiutarono quelle poche pretendenti che avevano preso il coraggio tra le mani per chiedere di uscire con loro. Il rifiuto che ricevettero, scoraggiò immediatamente le altre.

James e Sirius ci sapevano fare, alla fin fine, rifiutavano con delicatezza, confortandole con qualche occhiolino e complimento sfacciato. Harry non si era mai neanche posto il problema sul come rifiutare, perché, semplicemente, non credeva che ce ne sarebbe stato bisogno. 

Si sbagliava, perché è vero che c'erano ragazzine che si erano prese una cotta per lui, estremamente timide, ma c'erano anche quelle un po' più intraprendenti. 

Deborah Hofstadter, una Corvonero, anche lei del terzo anno, era una di quelle. 

A passi sicuri ed impetuosi, si avvicinò al tavolo di Grifondoro. Giunta dietro Harry, si sentiva già lo sguardo curioso di alcuni suoi amici addosso, e parve improvvisamente nervosa e incerta, un cambio d'umore che neanche Remus sperimentava nei giorni prima della Luna Piena. 

Come doveva chiamarlo? Si chiese Deborah. "Harry Potter", no no, sarebbe sembrata strana. Forse "Potter", ma ora che ci pensava era troppo formale, e quasi dispregiativo. Magari "Harry", dopotutto erano coetanei no? Anche se lui non sapeva neanche della sua esistenza... 

«H-Harry» balbettò, facendosi immediatamente rossa quando lui si voltò verso di lei. 

Aveva proprio la faccia del «E chi cacchio è questa?»

«Oh Dio, che figuraccia...»
 il pensiero attraversò immediatamente la testa di Deborah «Parla, razza di idiota! Lo stiamo a fissare come pesci lessi! Parla! Oh Merlino, ma perché il mio ruolo è così faticoso! Se non ci fossi io...»

«Sta' zitta, Judy!»

La coscienza di Deborah si chiamava Judy, esatto. 

«Hai bisogno di qualcosa?» chiese Harry, esortandola a parlare. Deborah saltò. 

«N-no se c-ci sei t- cioè- la mora prese un respiro profondo- che ne dici di p-parlare... ehm... in p-privato?» sussurrò, tanto basso che Harry fece fatica a sentirla. 

«Che pazzia! Che pazzia! Perchè abbiamo ascoltato Annie, eh? Perchè?! Eppure siamo Corvonero, dovremmo essere intelligenti!» sussurrò Judy, facendo venire ancora più ansia a Deborah.

«Certo» acconsentì Harry, alzandosi.

Nel tragitto dal tavolo al portone della Sala Grande, Deborah si impose di calmarsi, dicendosi che se continuava così sarebbe sembrata estremamente ridicola. Il coraggio improvviso che l'aveva portata ad agire d'impulso sembrava essersi completamente dissolto. 

Alla moretta parve troppo presto, quando giunsero di fianco al portone. Deborah si morse delicatamente la lingua, come a rimproverarla di aver fatto movimenti scorretti prima, facendole fare stupide gaffe. 

«S-scusa! Non mi sono presentata, Deborah Hofstadter, piacere!» esclamò d'improvviso tendendo la mano. Harry la strinse, ma Deborah, come colpita da una scarica elettrica, ritrasse la mano immediatamente. 

«So che probabilmente non hai idea di chi sia e che ora starai pensando che essere invitato a parlare con una sconosciuta non sia il massimo. Sono un'anonima Corvonero del terzo anno, alla fine, mica come te! Chi non ti conosce in questa scuola! -fece una risatina nervosa- mi divertono molto gli scherzi che fai insieme ai tuoi amici!» parlò velocemente Deborah, partendo in quarta. 

«Grazie...» sussurrò Harry sorridendo incerto, non sicuro di cosa dire. 

«Sappi che sono sicura che tu sia una persona stupenda, e vorrei conoscerti meglio, insomma...» mormorò Deborah, mentre la parlantina si faceva meno agitata, ma pregna d'ansia. Non lo guardava in faccia, i suoi occhi grigi erano puntati verso il pavimento. 

Harry spalancò gli occhi, capendo dove voleva andare a parare. 

«Nononono, Gesù Cristo, no!» 

«Sicuramente s-sai che c'è l'uscita ad Hogsmeade, n-no? Volevo chiederti s-se... volevi a-andarci con m-me... » concluse Deborah, non notando il panico di Harry. 

«Ehm... » iniziò Harry, partendo alla grande. Deborah alzò di scatto lo sguardo. «Sono sicuro anche io che tu sia una bella persona... ma... non penso che tu sia il mio tipo...? » gesticolò Harry, diventando rosso. Avrebbe anche voluto dire che a frequentarla si sarebbe sentito un pedofilo, ma meglio evitare. 

«"Non sei il mio tipo", lui neanche ci conosce! Abbiamo fatto una pessima impressione, siamo da evitare come la peste! Oddio, che una voragine ci inghiottisca, ORA!» ululò Judy, nella testa di Deborah. 

«Ah... capisco...» si limitò a dire Deborah, con un sorrisetto tremolante. «Ti piace... ti piace qualcun'altra? Giusto per curiosità» dopo questa domanda, la ragazza poteva dire di essere orientata verso il masochismo.

Harry si fece ancora più imbarazzato, e Deborah, pensò con un certo dolore, che era terribilmente carino. «Ehm... Sì... » mentì Harry con un mormorio appena percettibile, velocemente, dicendosi forse che così l'avrebbe fatta sentire di meno una persona spiacevole. 
Forse, se Harry avesse avuto davvero tredici anni, e se non avesse avuto tutti i suoi problemi, avrebbe accettato di uscire con questa ragazza (alla prossima uscita...) «Però ti prego, non dirlo ad anima viva, neancheimieiamicilosanno.» concluse, rapidamente, con le mani congiunte. Ci mancava solo il pettegolezzo e sarebbe stato spacciato. 

«Certo, conta su di me.» promise la ragazza, tenendo stampato in viso un sorriso evidentemente forzato, un velo di lacrime negli occhi. «Beh... c-ciao.» balbettò poi, scuotendo energicamente la mano. Harry ebbe appena il tempo di salutarla a sua volta prima che questa corresse via. 

«Mai, MAI, abbiamo fatto figura di merda più grande... andiamo a prendere trenta Cioccorane, amica mia, e deprimiamoci nel letto... » sussurrò Judy, sconsolata.



Per fortuna, Deborah mantenne la parola, ma il pettegolezzo che avesse chiesto a Harry Potter di uscire, venendo rifiutata per poi scappare tragicamente in lacrime, si diffuse rapidamente, e benchè fosse una delle dicerie minori, le più pettegole sapevano tutti i dettagli.

Harry si sentì male quando seppe della storia "scappata tragicamente in lacrime", non immaginava che ci fosse rimasta così male, credeva che la sua fosse una piccola cotta, di quelle passeggere. Ovviamente, Sirius, da buon amico, gli fece notare la sua inesperienza nel trattare con le donne. Ma non era colpa di Harry se le donne erano così incomprensibili e complicate! 

Non mancò di sapere tutto Alice, che emozionata, raccontò delle gaffe di Harry e della povera Deborah Hofstadter. Marlene passò quasi tutto il giorno ad analizzarla appena poteva, immaginandosi lei e Harry insieme.

La Hofstadter era carina, alla fine, aveva i capelli di un banale castano ma dei particolari occhi grigi, piuttosto bassina. Sembrava così dolce e simpatica. Non capiva perchè Harry l'avesse rifiutata. 

Immaginarsela però a scherzare e ridere con Harry, mentre si sfioravano casualmente, gli provocò un fastidio inaspettato, che la portò a provare per Hofstadter un misto di pietà e antipatia. Iniziò( rendendosi conto solo ora che aveva effettivamente delle avversarie) a notare qualche occhiatina qua e là, che lanciavano le ragazzine/oche idiote (belle, bellissime) a Harry. Alcune, quasi la maggior parte, erano semplicemente curiose e vagamente interessate, ma Marlene non ci fece caso. 

Qualche chiacchierata casuale, una risatina.

Sentiva sempre quel fastidio, che persisteva e persisteva, che la faceva desiderare di andare lì, da loro, e voltargli la testa dalla parte opposta a forza. 

Si stava ossessionando, decisamente. 
Marlene non era certa della sensazione che stesse provando. Gelosia? In tal caso non aveva nessun diritto di essere gelosa, era semplicemente un'amica di Harry, non la sua ragazza. Eppure... c'era quella vaga voglia di picchiare... 
Ma anche se fosse così, dopotutto lei non poteva controllare i propri sentimenti. A questo punto, decise di fare la domanda all'esperta di "relazioni amorose".

«Alice.» chiamò la sua amica. Erano nella classe di Trasfigurazione, aspettando la Professoressa. 

«Lene?»

Marlene si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, gettando una breve occhiata alla sua sinistra. «Com'è... la gelosia?» 

Alice si bloccò, guardando velocemente a sinistra, notando Harry. Si trattenne dal sorridere. «La gelosia...» sospirò «È un sentimento quasi possessivo. Ciò che ci piace, etichettato come nostro, deve essere solo nostro. È la paura e la rabbia provocata dal pensiero che la persona che si ama stia con altre persone, sostituendoci o trovando qualcuno meglio di noi facilmente.»

Marlene si morse il labbro «Tu provi spesso gelosia verso Frank, vero?»

«No, per me è un semplice marcare il proprio territorio.» rispose in modo piccato la ragazza. 

Lene alzò un sopracciglio, ma decise che non sarebbe mai riuscita a far ammettere ad Alice che era in realtà gelosa. 

«Ma davvero?»

«Sì» annuì convinta l'altra. «Hai presente i cani? Che marcano il proprio territorio con la pipì? Ecco, io faccio così, solo più elegantemente e in modo più igienico.» 

Marlene la guardò confusa, poi sospirò.
«E... cosa si prova quando si è gelosi?»

«Generalmente rabbia verso la persona che ci prova o è fidanzata con la persona che ci piace. A volte però capita anche che ci si arrabbia proprio con la persona che ci piace, ma succede più che altro quando si è fidanzati.» 

Marlene si contorse sulla sedia. 
«Alice...» sussurrò. «è stupido provare gelosia per una persona su cui non si ha alcun diritto, vero?» 

La mora scrollò le spalle. «Non è proprio giusto, ma non ci si può fare niente. Perchè me lo chiedi?» domandò, sapendo già la risposta.

«Harry...» gemette Marlene, gettando distrattamente un'occhiata astiosa verso una ragazza con dei fantastici capelli biondi che si avvicinava ai Malandrini, sembrava più interessata a Sirius, ma si stava comunque avvicinando a loro.

Alice sorrise in modo esageratamente innocente. «Vedi che, in qualche modo, ti farò avere la tua prima uscita ad Hogsmeade solo ed unicamente con lui.» assicurò, osservando malignamente il corvino. 
«Ma sì, dai, qualche spintarella non fa mai male...» 

Marlene, intanto, la guardava con occhi strabuzzati.













Angolo Autrice
Ciao a tutti! Ecco qui un nuovo capitolo! Harry è stato costretto a rivelare a James che in realtà è suo padre, ma come avrete notato Harry ci tiene a marcare la differenza tra le persone del suo tempo, e quelle di questo, anche se, superficialmente, sono le stesse. La realtà è che Harry non vuole darsi l'illusione di aver avuto tutto indietro, se vedesse Sirius come il suo padrino, ad esempio, si aspetterebbe da lui un comportamento da padrino, salvo poi rimanerci deluso dal fatto che Sir si comporti più da amico, stessa cosa James. Forse qualcuno può vedere la cosa un po'... stupida, ma Harry ci tiene a distaccare i due "mondi", per questo precisa a James quel particolare "teorico" e "tecnico". 
L' ego di James già cresce a dismisura, subito pensa a Lily. James crede che basterà che se ne stia fermo, rimanendo così, e Lily cadrà ai suoi piedi. Peccato che non sia così, Harry glielo fa presente gelidamente. Peter fa progressi piano piano, a rilento rispetto agli altri, ma ci vuole pazienza con lui, e inizia a essere sempre più determinato. Peter ha bisogno costantemente di approvazione e rassicurazione, altrimenti non riesce a mettercela tutta, secondo me. È qualcuno che non è sicuro di sè, e conquistare un'autostima è processo lungo e arduo.
Sirius, povero (lo dico io! Quando è colpa mia, alla fine!), il temporale se l'è saltato, quindi non è andato a prendere la foglia dalla scatola. 
Harry sconfigge il Signor Duellante, finalmente! Anche se continuerà ad allenarsi, poichè non può combattere per quindici minuti per vincere un duello. Decide anche di imparare a diventare Legilimens, soprattutto per aiutare gli altri che, a differenza sua, non sanno com'è la sensazione di essere violati mentalmente, e forse accelererà anche un po' l'insegnamento, in questo modo. Purtroppo non ho la più pallida idea di cosa un Legilimens deve fare per entrare nella mente di qualcun'altro. Tipo, occhi-negli-occhi, pronunciare "legilimens" e poi? Ch'è, qualcosa con la mente? Ad esempio con l'Occlumanzia si deve svuotare la mente, con la Legilimanzia? Vabbè. 
Uscita ad Hogsmeadeeeeee, eh vabbè, nella scaletta sta un pezzo enorme su questa uscita! Deborah Hofstadter, dovrebbe essere una comparsa, ma non so, mi sta simpatica! XD Quindi non so che ci farò con lei! Insomma, non può non ricordarmi molte ragazze, forse non così esageratamente timide, ma del tipo (ora non più) mi-piace-ma-lui-non-sa-che-esisto. 
Marlene è gelosa, Alice si paragona a un cane (...) e ha piani maligni in mente! 
Alla prossima! 
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. Aiutatemi, non so che titolo mettere!
  





 
   
 

 
 








Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!
 

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Capitolo 43
*** Imprevisto previsto ***


Imprevisto previsto

Quel giorno faceva parecchio freddo, gli studenti rabbrividivano, stringendosi nei cappotti e affondando i nasi nelle sciarpe. Alcuni, tanto che erano imbacuccati, sembravano perfino buffi. Alice era una di questi, aveva un cappellino rosa e grigio in testa, con un batuffolo in cima, la sciarpa le lasciava scoperti solo gli occhi, aveva un cappotto grigio pesante (che le faceva sembrare i fianchi un po' paffutelli, ma a lei al momento non importava) e infine, paradossalmente, una gonna rosa, aveva le calze, e sopra le calze aveva messo delle parigine, piuttosto spesse e pesanti. 

Inutile dire che la sua decisione di mettere una gonna era considerato un tentativo suicida da molti, ma lei voleva essere bella alla sua prima uscita con Frank, e che poi fosse buffa, lei non lo sapeva, ma Frank la guardava con occhi innamorati, giudicandola tenerissima. Mary alzò gli occhi al cielo, dandosi della persona intelligente per essersi messa dei pantaloni, mentre Alice iniziava a muoversi in una specie di piccola corsetta sul posto, per riscaldarsi. 

«Ma quanto è lento?!» sbottò Alice, sporgendosi per vedere Gazza passare un oggetto, di cui nome e origine sconosciuta, sulle firme di ogni permesso.

«Alice, fermati!» esclamò Lily, tenendogli un braccio. 

«Fa freddo!» sussurrò Alice. 

Lily estrasse la bacchetta e la puntò sui calzini di Alice, sussurrando una formula. 

L'amica fece una faccia sorpresa, poi di beatitudine, sentendo del calore riscaldargli le gambe, e poi lo sentì anche sul cappotto. 

«Perché non l'hai fatto prima?» domandò e Lily sorrise imbarazzata, per poi farlo su di lei e tutte le altre. 

«Ora mi è venuto in mente» rispose, mentre qualche tre-quattro persone più avanti, Gazza passava il rilevatore di firme false sul permesso di Sirius. 

Il prossimo era Harry, che gli porse lentamente il permesso. 

«Lascia stare, mascalzone» borbottò Gazza burbero, scacciando il permesso che gli veniva dato. 

«Cosa?» esalò Harry, spaesato, già pronto a gettare un Confudus su Gazza prima che questi potesse verificare la firma (ovviamente falsa). 

«Il Preside mi ha parlato di una situazione particolare, chi lo capisce a lui. E ora passa! Non ho tutto il giorno.» disse velocemente Gazza scacciandolo, e Harry si diresse, ancora confuso, verso il viale, aspettando i suoi amici. 

«Una situazione particolare» scimmiottò Sirius, ridendo, quando arrivò «Casomai qualcuno avesse sentito, preparati a essere considerato il cocco del Preside!» esclamò. 

Harry sorrise leggermente. 

Quando furono al completo, si incamminarono, parlando e scherzando, verso Hogsmeade, inconsapevoli di cosa la mente malefica di Alice Prewett avesse pianificato per loro quella giornata. 

Si diressero da Zonko e da Scrivenshaft, e anche da Stratchy & Sons, inutilmente alla ricerca di un travestimento da tricheco, che non trovarono («Un vestito da tricheco, ragazzi miei?! Qui non vendiamo abiti tanto... ridicoli!») 

Peter aveva iniziato a tremare come una foglia e aveva supplicato, convincendo persino Remus che testardamente voleva andare da Mielandia, ad andare ai Tre Manici Scopa, seduti e caldi, a bere una buonissima Burrobirra. 

«Guardate quella» sussurrò Sirius malizioso, indicando una bella signorina dietro al bancone, mentre si sedevano a un tavolo. 

Remus sospirò «Sirius, avrà una ventina d'anni... Non ti prenderà neanche in considerazione»

«Sì! Gli spiriti sono con me!» esclamò Alice, qualche tavolo più in là, insieme a Lily, Mary e Marlene. 

«Gli spiriti?» domandò Lene, confusa «Demoni?» 

«Ma no! Spiriti buoni! Guarda! Ora posso dare inizio al mio piano!» sussurrò concitata l'altra, le altre tre si voltarono il più discretamente possibile, scorgendo i Malandrini. 

Lily si voltò spaventata verso di lei «Quale piano?»

Alice sorrise, mettendosi innocentemente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, gli occhi da cerbiatta che osservavano sognanti e pieni di aspettativa uno scenario immaginario che solo lei poteva vedere. 

Lily si chiese a quali romanticherie stesse pensando. 

«Il piano di far uscire Marlene e Harry insieme» rispose poi, come se fosse ovvio.

Marlene arrossì «F-Facevi sul serio?» 

«Ovviamente!» esclamò entusiasta Alice. 

«Scusa, ma per questo non bastava che Marlene chiedesse a Harry di andare con lei a Hogsmeade?» chiese Mary, alzando le sopracciglia.

Alice la guardò incredula, come se avesse chiesto se i pinguini volassero. Poi sospirò «Come si vede che non sai come funziona...» sospirò «Primo, deve essere sempre il maschio a fare il primo passo- »

«Non ti sembra un po' tradizionalista questa cosa?» domandò Mary alzando un sopracciglio, ma venne ignorata. 

«Secondo, i Malandrini hanno rifiutato tutte le prendenti, anche quelle molto carine, una cosa sicuramente non da Potter e Black. Non hanno mostrato nessuno scoraggiamento -tranne Potter, forse, dato che tu, Lily, l'hai rifiutato-, comunque, da qui se ne deduce che non aspettavano nessun invito da nessuna ragazza, anche perché altrimenti già l'avrebbero chiesto loro a lei. Vedendo come non sono affatto giù di morale ad uscire insieme, posso dire che non vogliono nessuna compagnia femminile, e che quindi vogliono fare un'uscita tra amici. Se Marlene avesse chiesto, avrebbe corso il rischio di fare la fine della Hofstadter. »

Le altre la guardarono stupite. 

«Ma chi sei? Sherlock Holmes?» esalò Lily.
Alice la guardò confusa «Chi?»
«Lascia stare.» 

«Comunque, se Harry mi avesse rifiutato per i suoi amici, avrebbe voluto dire che non è per niente interessato a me» si scoraggiò Marlene. 

«Non ho detto questo» sussurrò Alice, quasi con tono materno «Potresti piacergli» disse. La ragazza non voleva mentire, doveva essere franca ed onesta, altrimenti non si andava da nessuna parte, non facendole capire com'era davvero la situazione.
Poi aggrottò le sopracciglia «Harry è più difficile da leggere, forse c'è qualcosa che lo ferma. Ma comunque non sei senza speranza, in amore uno conquista l'altro! A volte con facilità, a volte con un solo sguardo, e a volte con più difficoltà. Harry ha conquistato te, ora tocca a te conquistare lui!» 

Marlene le gettò un'occhiata e sorrise leggermente.

«Ora, il piano!» esclamò, e Mary gemette. 

«Ci coinvolge in qualche modo?» chiese Lily, cercando di pensare al fatto che il piano di Alice avrebbe avvicinato Marlene e Harry, e lei non avrebbe di certo fermato l'avvicinamento della coppia che doveva assolutamente finire insieme. 

«Certo, siete tutte mie complici!» annuì la mora «È semplice, dobbiamo unirci a loro con casualità, poi parliamo e tutto, in modo da entrare abbastanza in confidenza con loro e-»

«Che cosa?!» sbottò Lily, voltandosi di scatto per dare una veloce occhiata a James, che rideva. «Dobbiamo... dobbiamo unirci a loro? Devo parlare con Potter?!» 

Alice la guardò «Basta che non vi scanniate e andrà bene, inoltre c'è anche Harry, e pure noi, non sarai completamente in balia sua»

«E c'è anche Remus!» aggiunse Marlene, frettolosamente, guardando supplicante Lily «è un bravo ragazzo, prova a fare amicizia con lui!» 

Lily la guardò indecisa, poi si diede dell'egoista «Ok ok, tanto sarà solo per una giornata, no?» concesse, Marlene le rivolse uno sguardo contento, e Lily sorrise dolcemente. 

«Bene, qual è questo piano ingegnoso a cui hai dedicato ore di pianificazione?» intervenne Mary rassegnata, rivolgendosi ad Alice, che da parte sua sembrava molto soddisfatta della piega che stavano prendendo gli eventi. 

Dopo aver precisato che ci aveva pensato per soli dieci minuti, si decise a spiegare il piano, parlando basso e velocemente, per paura che i Malandrini se ne andassero prima del previsto: 

«Dicevo, dobbiamo unirci a loro ed entrare in confidenza, abbastanza da far sembrare normale restare con loro anche quando avremmo lasciato i Tre Manici di Scopa. Tutti ci dirigeremo verso Mielandia, con eventuali fermate di pochissimi minuti. Lì, ho dato appuntamento a Frank, e quindi lui sarà lì e mi unirò a lui! Entreremo nel negozio, ci sarà sicuramente molta folla. Con un segnale, questo,» Alice si stropicciò un occhio, facendo la parte della stanca «dovrete trascinare con voi uno o due Malandrini, tutti tranne Harry, che dovrà restare vicino a Marlene -quindi tu vedi di iniziare a parlare con lui quando ci avviciniamo lì, così non lo perdi di vista!- a questo punto, la folla ci farà confondere facilmente tra le persone, preferibilmente dovrete lasciare il negozio il prima possibile insieme al vostro caro Malandrino, o cari Malandrini. E il gioco è fatto! Marlene e Harry resteranno da soli, ed evitateli come la peste! Harry non dovrà vedere nessuno dei suoi amici, perché altrimenti tutto andrà all'aria, capito?» Alice concluse il suo discorso da cospiratrice professionista e da discendente di Cupido, dal quale avrebbe ereditato l'arco e la freccia con il cuoricino, che avrebbe sicuramente adorato. 

Le ragazze erano state per tutto il discorso attente, e Lily fece la domanda che più le premeva: 

«E chi si prende chi?» 

Alice fece spallucce «Quello più vicino a voi» poi si voltò verso Marlene «Se Harry chiede dei suoi amici, distrailo, poi non ci penserà più e avrete un'uscita fantastica! » battè le mani entusiasta. 

«Mm... quando lo attuiamo?» chiese la biondina, torcendosi nervosamente le mani, mentre guardava il tavolo più rumoroso del locale. 

«Ora!» esclamò la mora, alzandosi di scatto, pimpante ed eccitata. 

«C-cosa?» balbettò Mary «E come ci avviciniamo? "Ehi, sapete, vi avevamo visto e abbiamo deciso improvvisamente di approfondire la nostra conoscenza su di voi dopo tre anni di scuola, ci farebbe molto piacere starvi appresso alla vostra prima uscita, quindi, in conclusione, vi va di passare il pomeriggio con noi?" Andiamo! Sembra ridicolo persino a me!» esclamò poi, dopo aver finito di recitare in modo ottimale la frase che si immaginava dire davanti ai Malandrini. 

«Ovviamente no! Ci penseranno Lily e Marlene, dato che sono le persone più vicine a loro in questo gruppo!» ribattè Alice, avviandosi. 

«Vicine?!» quasi strillò Lily, con una faccia nauseata «Io ho buoni rapporti solo con Harry!» 

«Ehi, guarda chi si vede! Evans, ti stai divertendo?» domandò James sorridente, notando le ragazze avvicinarsi. 

«Questo ci facilita il compito» mormorò piano Alice, muovendo appena le labbra. 

Lily, già pronta per una rispostaccia terribile, si ricordò che dovevano sedersi al tavolo con loro, e si trattenne. 

«Certo, più di quanto mi sarei divertita uscendo con te» rispose, piuttosto gelidamente, e Alice, dietro di lei, sorrise impercettibilmente. 

«Non puoi dirlo: non l'hai mai provato» disse James, facendo un occhiolino.

Sirius osservava il tutto con un ghigno divertito, mentre Harry condivise un'occhiata esasperata con Marlene. 

«E mi auguro di non provarlo mai» sibilò Lily, leggermente rossa in viso.

Alice diede una lieve spintarella a Marlene «Su, riappacifica gli animi» mormorò, mentre il botta e risposta tra James e Lily continuava, era abbastanza divertente vedere la rossa che cercava di non fare una scenata.

«Potter, finiscila o-»

«Ok... che ne dici di calmarti, Lily?» domandò Marlene con un sorriso cauto, facendosi avanti, l'amica la guardò un attimo, poi sospirò e la guardò brevemente con uno sguardo di scuse. 

Marlene vide l'occhiata incoraggiante che le rivolgeva Alice, la guardò incerta e poi si voltò verso i Malandrini, sorridendo nel modo più rilassato possibile (non le uscì molto bene, ma era abbastanza convincente). 

«Che ne dite se ci uniamo a voi? I tavoli sono tutti occupati!» 

Lily decise che fare una faccia inorridita era perfettamente ciò che ci si aspettava da lei ad una proposta inaspettata come quella fatta dalla sua cara amica. 

«Ma voi non siete venute da lì?» domandò Sirius, indicando la parte opposta a dove stava la porta «Pensavo aveste finito... »

Remus, seduto accanto a lui, gli pestò il piede per l'apparente scortesia di Sirius. 

«Ahia! Perché questo?» esclamò quest'ultimo, guardandolo male. Remus si seppellì la faccia tra le mani. 

Marlene stava già iniziando a balbettare, quando Mary si avvicinò a loro.
«Infatti, siamo andate a cercare lì, ma non c'è posto neanche laggiù» mentì prontamente, e Lily notò con sollievo che il tavolo da loro occupato pochi minuti fa era già stato preso, altrimenti la loro bugia sarebbe stata subito smascherata. 

«E quando siete entrate?» insistè Sirius. 

Mary gli gettò un'occhiataccia infastidita «Eravate troppo impegnati a ridere per notarci. Comunque Black, se non ci vuoi qui basta dirlo, invece di fare tutto questo interrogatorio.» 

«Beh, effettivam- ahia!» si interruppe gemendo: James gli aveva dato un pugno sul fianco, cercando di farlo stare zitto. 

«Ma che avete tutti contro di me, oggi?» chiese, prima di ricambiare il pugno, con una faccia irritata. 

Lui e James si guardarono un attimo arrabbiati, prima di ghignare all'improvviso e prendere ad azzuffarsi giocosamente. 

Remus sospirò, guardando Sirius che si alzava e quasi strangolava James da dietro, mentre quest'ultimo rideva come un cretino, divincolandosi, tutti e due incuranti degli sguardi che venivano gettati loro. 

James spalancò gli occhi e guardò Sirius terrorizzato, indicando la gola e la bocca, Sirius immediatamente lo lasciò andare, non arrendendosi però a "picchiarlo". Nessuno fece caso alla loro conversazione silenziosa. 

«Sedetevi pure, scusateli» disse gentilmente il licantropo, e Mary andò a prendere due sedie che avevano trovato libere. 

Alice si sedette a fianco a Peter, mentre Lily fu costretta a sedersi vicino a James, tenendosi il più lontano possibile dalla zuffa in corso, guardandoli con una faccia stranita e irritata. Marlene, grazie a Lily, riuscì a mettersi vicino ad Harry, mentre Mary si mise tra Remus e Sirius. 

«Basta!» esclamò Remus autoritario, quando il gomito di James andò a sbattere contro il bordo del tavolo. I due si fermarono, Sirius si rimise al suo posto, mentre scombinava violentemente i capelli di James, facendoli diventare più disordinati di prima. 

«Volete qualcosa?» chiese la signorina che prima Sirius aveva notato al bancone. 

Sirius fece il sorriso più affascinante che aveva in repertorio, sembrando attraente perfino con tutti i capelli sparati da una parte all'altra (che fino a pochi secondi fa si lisciava come una donna disperata dalla rovina della sua acconciatura) 

«Burrobirre?» domandò agli altri, e tutti annuirono «Nove burrobirre, grazie.»

«Ma è buona?» sussurrò Lily, a nessuno in particolare. 

«Ci puoi contare, Evans» rispose James, in tono confidenziale. Lily si chiese anche se fosse alcolica, e dopo aver pensato che non servirebbero mai una cosa alcolica a dei minori, si disse che la parola "Birra", presente nel nome, era una pura casualità. 

«Qualcosa in particolare, qualcuno di voi? Zenzero in più, un po' più calda, più burro...?» 

«Io con una spruzzata di zenzero sopra, grazie» disse Harry. 

«Si può mettere?» chiese Lily incuriosita, guardando la ragazza, ricordando la bontà dello zenzero nei biscotti che faceva sua madre a Natale. 

Rosmerta sorrise «Certo!» 

Lily ci pensò un attimo «Ok! Anche io una spruzzata di zenzero!» decise, la ragazza annuì e si voltò, dirigendosi verso il bancone. 

«Se questa Burrobirra è così buona come dite, con una spruzzata di zenzero sarà una bellezza vera e propria per il palato!» si appoggiò allo schienale, le braccia incrociate e la faccia piena d'aspettativa. 

«Assicuro io!» intervenne Harry, alzando la mano in modo solenne. 

«Io con una spruzzata di zenzero sopra, grazie» Sirius scimmiottò Harry, modificando la voce fino a farla diventare un po' acuta, mentre sbatteva tre volte le palpebre. 

Gli altri risero «Dovresti fare una carriera da attore, Black» disse Mary, divertita, Peter che ancora rideva. 

Sirius ammiccò, la guardò dalla testa ai piedi e poi ritornò a guardarla in faccia «Grazie, MacDonald, tu dovresti fare invece un'altra "carriera"» replicò, un ghignetto perverso stampato in faccia. 

Mary lo guardò offesa e gli diede uno schiaffo sul braccio, piuttosto forte «E io che ti avevo fatto pure un complimento!» 

«Non mi avevi fatto un complimento, mi prendevi in giro» ribattè Sirius, allontanandosi leggermente.

«Ah! Quindi stai ammettendo di non saper recitare! » il Black la guardò un attimo, poi decise di non dare una risposta specifica a questa affermazione.

«Almeno io ti ho fatto un sincero complimento!» 

«Ehm ehm» richiamò Alice, guardando truce Sirius «Dì un'altra volta a Mary che dovrebbe fare la sgualdrina e te ne pentirai»

Sirius alzò le mani, in segno di resa. 

«Potter è inutile che mi dici che la Burrobirra è più buona se fatta senza cose aggiuntive, non è che la tua parola cambierà la mia idea! E comunque può essere anche che non mi piacerà questa Burrobirra, eh! Inoltre, stai alla larga da me, il tuo alito puzza, per Merlino!» si sentì esclamare. Lily guardava spazientita James, poi si aggiustò con movimenti stizziti la sciarpa Grifondoro che aveva al collo, non distogliendo lo sguardo da quello del suo interlocutore. 

«Lo dice pure Peter che è più buona normale, vero, Peter?» insistè James, rompendo per primo il contatto visivo per voltarsi verso il suo amico. 

Peter sobbalzò quando capì di essere stato chiamato in causa quando non c'entrava assolutamente niente, e distolse lo sguardo dalla conversazione tra Marlene e Harry riguardante le vicende di uno stupido cane di nome Dudley, che Harry s'inventava sul momento, aggiungendo dettagli particolarmente comici. Per fortuna, a rovinare le risate di Marlene non c'era l'alito di Harry, che si teneva alla larga da lei, a differenza di James. 

Guardò indeciso i due, che lo osservavano insistentemente (più che altro James, Lily occasionalmente alzava gli occhi al cielo). Se avesse dato ragione a James, la Evans lo avrebbe guardato male, se avesse dato ragione alla Evans, James gli avrebbe tenuto il broncio per un bel po', supponeva. 

«Ehm... non so... non ho mai aggiunto qualcosa in particolare... » disse, decidendo una via di mezzo. 

«Ora che abbiamo avuto il parere decisivo di Minus, puoi lasciarmi in pace? Magari smetti di far flirtare/litigare Black con Mary, in modo da avere il tuo migliore amico tutto per te.» Lily lo guardò con sufficienza, poi si voltò di scatto verso Remus, con tutta l'intenzione di iniziare una conversazione.

Tra alti e bassi tutto andò bene, Peter concluse che avrebbe raccontato le storie del cane Dudley ai suoi figli, Remus e Lily valutarono con attenzione quale libro fosse migliore dell'altro, ottenendo così la classifica "dei libri più belli", James fece diventare rossa di rabbia Lily per cinque volte, ottenendo sempre le solite risposte, con lo stesso tono, finchè non si fu calmato. Alice raccontò di come avesse litigato con la commessa per le scarpe che aveva al piede in quel momento a un disinteressato e esasperato Peter e, infine, Mary salvò Peter e diede un totale di tre schiaffi sul braccio a Sirius. 

«Credo sia arrivato il momento di alzarci» sussurrò Alice, alzandosi e aspettando che gli altri facessero lo stesso, lasciando i bicchieri vuoti al tavolo. 

A Lily era piaciuta molto la Burrobirra, e aveva dato la sua approvazione ai gusti di Harry. 

Ognuno pagò per sè, e con nonchalanche Alice seguì i Malandrini fuori, seguita poi dalle altre. 

«Dove dobbiamo andare?» chiese allegramente. 

«Noi da Mondomago» rispose Sirius, guardandola stranito. 

Marlene già iniziò a sentirsi a disagio, poiché sembrava, o almeno da parte di Sirius, che non fosse affatto normale che loro si unissero a loro per l'uscita.
«Oh, andiamo, Sirius, sai che lì non troveremo nulla!» sussurrò James concitato, cercando di non farsi sentire dagli altri, fallendo. «E inoltre vende oggetti!» 

«Senti, è qualcosa di troppo epico, tanto vale provare tutte le opzioni. Magari ne troviamo uno simile e ce lo facciamo modificare un po'!» ribattè l'altro.

Remus sbuffò «Lo ordiniamo direttamente da Diagon Alley, saranno anche disposti a crearlo lì»

«Di cosa state parlando?» si intromise Lily. 

Sirius la guardò brevemente «Non per offenderti, Evans, ma non essendo una Malandrina, ed essendo soprattutto tu, non possiamo risponderti.»

«State organizzando un'altra pagliacciata, vero?» insinuò la rossa, sospettosa. Sirius la guardò un attimo spazientito e James subito si fece avanti, per evitare che l'irritazione del Black si scatenasse sulla sua bella, e con il suo solito modo irritante, ma decisamente più calmo e gentile (e malizioso, perché tentò di mettere un braccio intorno alle spalle di Lily, come se fosse la sua fidanzatina) del suo migliore amico, disse che dietro a quelle che lei chiamava "pagliacciate" c'era molto lavoro. Tra una risposta e l'altra di Lily, che diceva che il loro tempo, che la loro "astuzia", la loro "intelligenza", la loro "fantasia" e la loro "bravura" (come detto da James) potevano essere impiegate in qualcosa di più utile, si cambiò completamente argomento, date le difese di James quando Lily affermava che questa astuzia e questa intelligenza non li vedeva da nessuna parte. 

Intanto, Sirius si era intestardito ad andare da Mondomago, e a nulla erano valsi i logici ragionamenti di Remus, Peter e Harry, James forse sarebbe riuscito a convincerlo, ma al momento era troppo impegnato a rovinare l'umore di Lily. 

Il soggetto della conversazione non veniva mai specificato, quel che capì Alice era solo che era difficile da trovare e che casomai si dovesse creare, e ciò avrebbe impiegato una lunga sosta da Mondomago, che non sarebbe stata a vantaggio del suo piano. 

«Vabbè» proruppe Alice, intromettendosi nella conversazione dei tre «Nel dubbio, Black ha torto. Quindi, che ne dite di andare da Mielandia?» 

Sirius la guardò offeso. 

Remus e Peter (in particolare Remus), la guardarono come se avesse detto l'idea del secolo, come se avesse espresso perfettamente il loro desiderio. Harry, invece, non aveva la stessa faccia, ma sembrava preferire di gran lunga la proposta di Alice, piuttosto che quella di Sirius. 

«Sì, ho sentito che è uscito un nuovo gusto al cioccolato» disse il licantropo, sorridente. 

«Se ho capito bene, il ripieno è tipo una specie di mix tra i gusti dei Calderotti e dei Cioccoli Giganti!» esclamò Peter, contento come un bambino, battendo le mani infantilmente.
«Oh sì, in realtà sono usciti due gusti, uno invece è al cioccolato fondente con un retrogusto di fragola, ripieno di nocciola.» aggiunse Alice, divertendosi a vedere Peter trotterellare, dimentico completamente del fatto che il grande Sirius Black sembrava tutt'altro che d'accordo. 

«Ehi, frenate! Chi ha detto che dobbiamo andare lì?» Sirius decise di mettere in chiaro le cose. 

«Io voglio andare da Mielandia» si intromise Mary, decisa. 

«Anch'io» disse Lily. 

Il Black si rivolse al suo migliore amico, quasi disperato «James?» 

Quest'ultimo lo guardò un attimo, indeciso, poi guardò la Evans (che da qualche minuto aveva adottato la tecnica dell'ignorarlo, che lo stava leggermente irritando), poi di nuovo Sirius, e infine di nuovo la Evans.
«Ehm... Mielandia?» sussurrò, e Sirius lo guardò come se fosse un vile, schifoso, vermicolo. 

«Mi stai tradendo.» mormorò il Black, spaesato e ferito (nessuno, anche dopo anni, avrebbe saputo dire se facesse sul serio), facendo il melodrammatico. James si passò la mano fra i capelli, come se davvero avesse fatto una cosa terribile, come se decidere Mielandia invece di Mondomago fosse davvero una cosa gravissima. Harry si spostò una ciocca dagli occhi, preparandosi a godersi al meglio la scena in cui James e Sirius si comportavano come una coppietta ipersensibile verso l'altro. 

«Oh no, Sirius, davvero! È che ho davvero voglia di dolci! Suvvia, ti ricordi la bontà delle Api Frizzole, dei BonBon esplosivi...?» cercò di giustificarsi James, Marlene che si tratteneva dallo scoppiare a ridere, mentre Sirius, come se il parere di James avesse cambiato tutto, superava Mondomago senza neanche accorgersene. 

«Per la Evans.» continuò Sirius con voce vuota, ignorando le parole di James.

«No, la Evans non c'entra niente! Oh, insomma, la Evans... non mi sopporta! Perché dovrei stare dalla parte di chi non m- »

«Tu! Tu che dovresti essere il mio migliore amico! Sono stato pugnalato alle spalle da te... Oh! Evans, lascia andare James dalle tue grinfie che lo stanno lentamente imprigionando, facendogli perdere la ragione, la lealtà...» recitò Sirius, come se fosse un poeta d'altri tempi, guardando supplicante Lily. La rossa, calata nella sua parte, lo guardò con la superiorità degna di una regina.

«Oh, andiamo, Sir- no aspetta, tu... tu mi stai prendendo in giro!» James, che aveva iniziato la frase in modo automatico, si fermò di colpo, guardando l'altro offeso. 

Sirius ghignò «Sì, ora sì» disse, beffardamente. 

«Razza di idiota» sbuffò James, dandogli un leggero spintone, che fece divertire ancor di più il Black. 

Mary rise, dando una pacca sulla spalla a Sirius, per poi superarlo, ancora ridacchiante «Comunque, c'è da dire che Potter ha già capito una delle regole fondamentali che c'è alla base dell'universo: si deve sempre dare ragione alla donna!» proclamò, naturalmente non credendo minimamente a ciò che aveva detto James pochi istanti fa. 

Sirius la guardò un attimo , analizzandola «MacDonald, devo ancora decidere se mi stai simpatica o antipatica, sai?» 

Mary sorrise in modo malizioso, non rispondendo, poi si voltò, raggiungendo Alice. 

«Ehm... sono soliti fare così?» domandò Marlene, guardando Sirius e James parlare allegramente, dopo la scena drammatica e struggente di cui avevano fatto un teatrino. 

«Non proprio, ma non è la prima volta che lo fanno» rispose Peter, distrattamente (come se tutto fosse nella norma), guardando un cartello appeso sul muro laterale di Mielandia, dove c'erano scritte delle frasi che Peter non riusciva ancora a leggere da quella distanza ma, fatto sta, che sotto vi era un'immagine piuttosto invitante. 

«Succede nelle rare volte in cui uno non si trova d'accordo con l'idea dell'altro, su cose superficiali. È sempre Sirius a iniziare, e James a volte credendoci, a volte no, gli chiede comunque scusa.» spiegò Harry, volendo chiarire i dubbi di Marlene, dato che Peter non sembrava disposto a farlo.

Ma Marlene non lo stava ascoltando più di tanto, i suoi occhi erano fissi su Mielandia. No, non per lo stesso motivo di Remus e Peter, i dolci all'interno di Mielandia, in quel momento, non potevano importarle più di tanto. Bensì, vedeva Frank, appoggiato sul muro vicino all'ingresso, aspettare, al freddo, e con pazienza, la sua fidanzata. Vederlo lì, vedere Mielandia, gli fece ricordare ciò che stava per succedere.
A breve si sarebbe trovata da sola con Harry, per una specie di primo "appuntamento". Subito, una vocina rinsavita da chissà dove, forse dalla ragione (che Marlene credeva di aver conservato, ma si dovette ricredere), urlò alla pazzia, di come e quando era diventata così disperata che per uscire con Harry c'era voluto un piano. Stava attuando una specie di costrizione a passare la giornata con lei, quando lui avrebbe voluto passarla con i suoi amici! 

Oh, come si sarebbe comportata? È vero che si era trovata numerose volte da sola con Harry, si era comportata da amica e tutto quanto, ma ora che doveva restarci da sola, ad un’uscita, un "appuntamento romantico" (che appuntamento romantico non era, perché, Lene già lo sapeva, da parte di Harry non c'era quel tipo di interesse) diventava tutto più imbarazzante!
Forse era meglio mandare all'aria questa follia partorita dalla contorta mente di Alice, forgiata dai romanzi rosa (gli unici libri che aveva letto, esclusi quelli di scuola). Questa uscita si sarebbe rivelata una costrizione e un qualcosa di fortemente imbarazzante. 

«Ma comunque,» intervenì una vocina, in difesa dell'idea di Alice, screditata fino a quel momento dall'altra vocina (quella rinsavita dalle macerie della ragione) «non è che sia un crimine, eh! E poi Harry è tuo amico, gli stai simpatica, sarà comunque contento di passare la giornata con te!» 

«Sì, ma lui non ha voluto questo!» 

Marlene, si immaginò il diavolo su una spalla, e l'angelo sull'altra, come succedeva con quei cartoni che sua madre aveva insistito a fargli vedere da piccola, dicendole che strega o no, un'infanzia senza certi cartoni non era un'infanzia. 

La battaglia durò per quel che a Lene parvero minuti, ma che in realtà erano dieci secondi scarsi, fatto sta che vinse la vocina tentatrice, e quando vinse, ormai Alice già stava correndo verso Frank, baciandolo, formando l'immagine della perfetta coppietta felice. 

Frank era un ragazzo non proprio alto, ma magro, con una faccia un po’ affilata, a differenza di Alice, che ce l’aveva leggermente più tonda. I capelli erano più scuri di quelli della fidanzata, e tremava leggermente. 

«Ma amore, sei tutto freddo!» esclamò Alice, toccando la faccia di Frank, che iniziava a sentirsi a disagio più del solito, notando la comitiva dietro la sua ragazza «E il naso! Tutto rosso!» ridacchiò Alice, facendo nasino nasino. 

Tutti scostarono lo sguardo, guardando da qualsiasi parte tranne la parte dove stava la coppietta. 

«Uhm» Frank la scostò delicatamente, rosso in faccia «Beh, fuori non fa proprio caldo. Entriamo?» chiese, rapidamente. 

«Certo!» acconsentì Alice, prendendolo per mano. Poi si voltò verso i Malandrini e le sue amiche «Che aspettate? Venite anche voi!» 

James si voltò stupito «Ah, possiamo venire?» domandò d'impulso. 

«Perché no?» gli rispose Alice. 

«Oh, niente, James voleva assicurarsi che non dovessimo fare gli otto incomodi » spiegò Sirius al posto di James, con un ghigno malizioso, scrollando le spalle. 

Frank arrossì ancor di più. 

All'interno del negozio, come previsto da Alice, c'era tanta folla e spintonarono per passare, ciò nonostante Marlene, con la scusa di rischiare di cadere, acchiappò il braccio di Harry, non perdendolo di vista e rimanendo a fianco a lui, a differenza degli altri, che si mischiavano continuamente.

Tutti erano concentrati a guardare davanti a sé, e il gruppo si era sciolto leggermente, solo Mary, Marlene e Lily gettavano occhiate continue ad Alice.

Quest'ultima diede una veloce occhiata intorno, poi si strofinò con disinvoltura l'occhio, con una faccia esaurita. 

Quello fu il via. 

Mary acchiappò Sirius d'improvviso, che a sua volta, confuso e impanicato, acchiappò Peter. 

Lily notò con orrore che era vicino a James, e si allontanò, sperando che qualcuno se lo prendesse, ma, vedendolo rimanere lì dov'era, decise che non c'era altro da fare, e lo tirò verso di sé. Prese la bacchetta, fece un incantesimo di forza (che spintonò le persone ai lati, facendole quasi cadere) e passò velocemente, tirando Potter. 

Marlene calamitò lo sguardo di Harry verso di sé, prendendo a parlare. 

Remus, rimasto solo, capì tutto, raccogliendo in poco tempo tutti i segnali presenti dall'inizio dell'uscita e che fino a quel momento aveva trascurato. Cercò di andarsene goffamente, ma rimase comunque in vista, non riuscendo a passare tra la folla. All'improvviso fu tirato da un braccio esile ma con una forza sorprendente, trovandosi davanti la faccia piena di disappunto di Alice.

Meno di un minuto, meno di quindici secondi, e tutti erano scomparsi dalla vista di Harry e Marlene, rimasero soltanto loro, soli, Marlene che parlava e Harry che sorrideva. 

 
*

«Evans! Oddio, se volevi un appuntamento da sola con me, bastava chiedermelo! Avrei accettato! Non vedo il bisogno di trascinarmi come se fossi un cane da passeggio!» esclamò James, intanto, ansimante per la piccola corsetta che Lily continuava a fare verso la parte opposta da dove stavano andando fino a pochi minuti fa. 

La Evans continuò ad ignorarlo. 

«Aspetta, dove stiamo andando?! Da questa parte è l'uscita! Evans, siamo appena entrati qui dentro!» ma James era già stato buttato fuori, e Lily continuava ad avanzare, finchè non si ritrovarono abbastanza lontani, e fu in quel momento che, finalmente, la rossa lo lasciò andare. Potter strofinò brevemente l'unghia del pollice sui molari, come ad aggiustare qualcosa, poi si massaggiò il braccio «Non per dire che non sono contentissimo di uscire con te, ma non credi che gli altri se la prenderanno?» domandò. 

Lily aveva le labbra semiaperte, mentre cercava di ricomporsi «Non fraintendere, Potter, non ho alcuna intenzione di uscire con te. Infatti ora ce ne andremo ognuno per i fatti propri» rispose, sfilandosi la sciarpa in un momento suicida, infatti appena sentì il freddo sul collo, se la rimise immediatamente. 

«Cosa?! E allora si può sapere perché mi hai trascinato via da Mielandia?» sbottò l'altro, infastidito. 

«Perché fa tutto parte di un piano per far uscire Marlene ed Harry insieme, da soli. Ognuna di noi doveva prendere un Malandrino, quello più vicino a noi, e portarlo fuori da Mielandia. Niente ci obbliga a restare con il suddetto Malandrino, ora me ne vado, e tu te ne vai, basta che eviti alla grande Marlene ed Harry» spiegò Lily, pazientemente. 

«Oh no, Evans! Ora tu resti con me!» protestò James, indignato. 

Lily lo guardò con un sopracciglio alzato «Altrimenti?» 

James la guardò un attimo, poi sorrise beffardo. 

«Altrimenti... » James s'avvicinò, tutto ghignante «verrò comunque con te.» soffiò, guardandola negli occhi, poco distante dal suo viso. 

Lily lo guardò fieramente «E io ti schianterò»

James ridacchiò leggermente, e Lily fu sorpresa che un suono così apparentemente innocente e gentile potesse provenire da un arrogante pomposo quale era James Potter «Ma è contro le regole, lo dirò alla McGranitt» replicò prontamente, confermando così a Lily che la risatina gentile e soffice di prima fosse solo un'apparenza. 

Lily lo guardò «Non oseresti... »

«Oserei, invece»

«Mi stai... ricattando.» 

«E tu mi hai rapito, o sbaglio?» 

«Non ti ho rapito!» esclamò Lily, offesa. Poi si fermò, guardandolo maleficamente «E se non ti schiantassi? Se ti piantassi in asso semplicemente?»

James sembrò preso alla sprovvista, e si allontanò finalmente dal suo volto «Proporrò a Lumacorno di fare ripetizioni di pozioni con te, sai che accetterà»

La Evans spalancò gli occhi, inorridita: sarebbe stata costretta a passare pomeriggi interi con Potter. Se si rifiutava di dare ripetizioni sarebbe parsa maleducata e irrispettosa di fronte al professore, sfaticata, senza alcuna voglia di aiutare gli altri. Meglio un solo pomeriggio con Potter, piuttosto che tre, quattro su base settimanale «Non la passerai liscia, Potter, sappilo.» borbottò rabbiosamente, voltandosi. 

James rise, irritando ancor di più Lily «Allora, Lily, dove vogliamo andare?» non poteva negare di sentirsi leggermente in colpa, ma quando mai gli sarebbe capitata un'altra occasione del genere? 

«A fare i regali di Natale. E non chiamarmi Lily.» 

 
*



«Io ho sempre pensato che le ragazze non fossero proprio sane di mente, ma non pensavo così tanto...» sussurrò Sirius sconcertato, camminando a fianco a Mary, dopo che questa gli aveva spiegato la situazione. 

«Ma non potevate attuare il piano dopo una visitina da Mielandia? Me l'avete tolta da sotto il naso!» si lamentò Peter, sentendo lo stomaco gorgogliare.

«Andiamo a mangiare da qualche altra parte!» cercò di rincuorarlo Mary, dopo aver tentato di dare un ennesimo schiaffo a Sirius sul braccio, che l'altro riuscì a schivare. 

«Non credo che si possa, l’unica opzione è Madama Piediburro, che vende anche qualche dolcetto, oltre che bevande. Ma è per le coppiette da diabete» disse Sirius, ricordando il locale in cui lui e James avevano sbirciato brevemente nelle loro uscite passate. Era tutto grazioso, pieno di oggetti color pastello, in prevalenza un bel rosa dominava il posto. Lì, senza pudore, i fidanzati si limonavano allegramente. 

«Beh, allora andiamo lì!» esclamò Mary. 

«Sei impazzita?!» sbottò Sirius, orripilato. 

«Affatto! Io ho fame e voglio mangiare» replicò Mary, scorgendo brevemente un cartello e dirigendosi verso la freccia su cui stava scritto: "Madama Piediburro"
Probabilmente, Alice le avrebbe dato dell'insensibile a profanare il nido degli innamorati quando era ancora single. 

«Beh... anch'io ho fame, ma lì mi sentirei a disagio...» sussurrò Peter, incerto.

«Fregatene!» replicò Mary, proseguendo a passo di marcia. 

Giunti di fronte all'ingresso, c'era un'insegna scritta con un elegante corsivo: 

Madama Piediburro
Il nido delle coppie di innamorati


Mary storse il naso «Razzisti...» 
 
«In effetti...» replicò Sirius, infastidito «È come se dicesse che i single non sono ammessi»

Mary sbuffò e aprì la porta, e lei e Sirius entrarono, seguiti da Peter, a passi indecisi. 

Subito una signora massiccia, con una stretta coda nera (solo a due ciocche più corte davanti era permesso starne fuori, per permettere loro di contornarle il viso), vestita di un vestito giallo pastello con un grembiulino bianco merlettato, si fece avanti. 

«Buonasera, cari!» li salutò, rivolgendosi esclusivamente a Sirius e Mary «Siete proprio una bella coppia, volete per caso un tavolo più appartato?» domandò, mentre Peter osservava sconvolto due persone, sedute in fondo alla sala, mangiarsi la faccia a vicenda, emettendo sgradevoli suoni umidi. 

«Non sia-» iniziò Mary, prima che Sirius le mettesse un braccio intorno alle spalle, tirandola a sè. 

«Sì, grazie, io e la mia fidanzata vorremmo trascorrere al meglio il nostro primo appuntamento!» esclamò, guadagnandosi un breve sguardo stranito da Mary. 

«Esattamente» confermò la corvina stando al gioco, poggiando la testa sulla spalla di Sirius, comportandosi da perfetta fidanzatina innamorata. 

«Oh, bene, ecco lì il tavolo -ne indicò uno quasi in fondo alla sala, proprio accanto alla coppia mangiafaccia- verrò poi da voi per gli ordini» rispose Madama Piediburro, poi si voltò verso Peter, che aveva incominciato a seguire Sirius e Mary, che si dirigevano verso il tavolino. 

«E tu, caro?» Chiese. 

«Oh, ehm... io sono con loro» balbettò Peter. 
«Come?» 
Peter si ricordò del fatto che i single non sembravano proprio apprezzati. «Uhm... sì, la m-mia fidanzata è-è in ritardo, q-quindi aspetto con loro.» articolò a stento, subito pensando di essere sgamato. Ma per fortuna, Madama Piediburro non interpretò il balbettio come un segnale che stesse spudoratamente mentendo, ma come semplice timidezza, dovuta al parlare del suo primo amore. 

Lei si ricordava benissimo il suo primo amore. Ah, Myron, s'era rivelato un grosso errore, ma era stato bello finchè era durato. Gli fece tenerezza, quel ragazzo, e decise di metterlo a suo agio il più possibile. 

«Oh, scusami, beh, allora vai, se i tuoi amici vogliono. Come si chiama questa ragazza fortunata?» Chiese, sorridente. 

«Katy» disse Peter, sparando il primo nome che gli venne in mente. 
«Uhm, vuoi che ti prepari una scatola con dentro dei cioccolatini con sopra incise le vostre iniziali? Penso che gradirebbe molto! Come ti chiami?» 

«P-Peter» 

«Allora vado a farteli!» Madama Piediburro si voltò e si diresse verso la cucina, mentre Peter si sedeva confuso al tavolo, a fianco a Sirius.
Scambi di saliva avvenivano appassionatamente accanto a loro, intanto. 
Mary si spostò a disagio, mentre Sirius guardava interessato la coppia di quindicenni. 

Quando poi la ragazza si mise sulle ginocchia del ragazzo, Mary non ce la fece più: 

«Scusate» li chiamò, picchiettando un dito sulla spalla della ragazza, che immediatamente si interruppe. 

Aveva le labbra rosse e gli occhi mezzi offuscati.
La guardarono.
«Se volete aprire la serratura con la chiave andate da un'altra parte, nessuno vuole assistere allo spettacolo» disse Mary con un sorrisetto cortese, cercando di dire quel che intendeva nel modo più casto possibile. 

I ragazzi la guardarono a disagio e si sistemarono composti. 

«Grazie» Mary si voltò di nuovo verso Sirius e Peter, come se non fosse successo niente. 

Sirius sghignazzava come una iena. 

«Ecco i dolci per te e la tua ragazza, caro.» Madama Piediburro posò un vassoio pieno di dolcetti invitanti con sopra scritto "K+P" di fronte a Peter, poi si voltò verso Sirius e Mary con un sorriso dolce «E voi invece cosa volete?»

 
*



«Vieni qui, Harry! Ecco la fantomatica cioccolata di cui parlavano Peter e Remus!»
esclamò Marlene, trascinando Harry. 

Aveva l’aspetto piuttosto invitante già dalla foto sulla confezione, ma Harry, non essendo tanto pazzo del cioccolato, non gli venne da prendersene quattro. Ma le prese comunque, tenendosele in braccio. 

«Due per Peter e due per Remus, giusto per esser sicuri che ne abbiano qualcuna» spiegò allo sguardo sorpreso di Marlene, che lo aveva visto prenderle dal reparto con una velocità impressionante. 

I suoi amici erano totalmente scomparsi, tutti erano scomparsi, nello specifico. Se n’era accorto quando, per fare un commento su un Fildimenta volante in aria, non li aveva trovati. In giro per il negozio non li aveva visti, gli era parso strano, poiché Peter e Remus non vedevano l’ora di andare lì. Ma come al solito, prima ancora di riuscire a trovare un perché, pensandoci per bene, venne distratto da Marlene. 

«Dio mio! Guarda!» la biondina lo trascinò di nuovo, sembrando una bambina in un negozio di giocattoli, e indicò dei cioccolatini tondi in una bustina, ognuno ricoperto da una polverina, ogni volta di un colore diverso. Harry lesse il cartellino sopra allo scaffale: "Rotondine Empatichelle" vi era scritto 

 «”Una bella novità per tutti i golosoni curiosi! Le Rotondine Empatichelle sono palline piene di cioccolato, con sopra una polverina che può avere vari gusti. Può essere rosa (fragola), gialla (limone), marrone (cacao) e arancione (cannella). Ma la vera particolarità è il cambio temporaneo del colore della polverina! Il colore indicherà  l’emozione della persona che ha in mano la Rotondina Empatichella in quel momento. I colori sono cinque:  verde (felicità), blu (tristezza), rosso (rabbia), fucsia (imbarazzo) e viola (paura).
Non ci credete? Provateci!”» lesse velocemente Marlene, dal retro di una bustina, mentre gli occhi le si illuminavano  «Queste me le compro!» esclamò, tenendosi la busta, invece che posarla. 

Harry ne prese due dalla ciotola di prova  «Almeno prima provale!» esclamò, guardando la Rotondina Empatichella al gusto di cacao. 

Marlene scrollò le spalle e prese quella al gusto di cannella. 

Entrambe le polverine cambiarono colore, diventando per cinque secondi verdi. 

Entrambi sorrisero, e se le misero in bocca. Harry chiuse gli occhi, sembrando uno chef professionista che assaggia con attenzione un piatto, venendo colpito dal buonissimo gusto del cioccolato di cui erano fatti quei dolcetti. Intenso, probabilmente migliore di quello delle Cioccorane.

A un certo punto sentì una risatina, e aprì gli occhi, voltandosi verso la sua amica. 

«Cosa c’è?» chiese, confuso. 

Marlene continuò a sorridere, poi scrollò di nuovo le spalle  «Niente, sono felice e tu sei buffo» rispose, dandogli d’impulso un bacio sulla guancia.
Era come se ci fosse qualcosa di diverso, non come gli altri baci, di saluto o da amica che lei gli aveva occasionalmente dato. No, c’era qualcosa di diverso, il corvino lo percepì. 

La polverina dell’altra Rotondina Empatichella, nella mano destra di Harry, cambiò colore, diventando di un fucsia acceso. 



 
*


Remus non ce la faceva più.
Alice lo aveva costretto a seguirli, e ora si ritrovava a fare il terzo incomodo. Frank era simpatico, ma capitava anche a lui di cedere alle sdolcinatezze della sua fidanzata. 

Non solo era stato costretto a rinunciare a Mielandia, ma per di più doveva far finta di interessarsi alle vetrine dei negozi mentre Alice faceva piccole scenate di gelosia e scoccava baci a Frank. Per un po’ aveva parlato con il ragazzo di Erbologia, ma Alice in qualche modo era riuscita ad intromettersi, dirottando il tutto verso un discorso da ragazze. 

Passarono davanti a Madama Piediburro, e Alice scoccò occhiate desiderose verso il locale, stringendo il braccio di Frank, non proferendo parola, però.

«Se volete potete andare» disse Remus, facendoli fermare  «Nessuno vi obbliga a passare la giornata con me. È il vostro primo appuntamento, no?»

Frank lo guardò un attimo con suoi occhi verdi  «Sei sicuro, amico?» 

«Certo» annuì Remus «andrò alla ricerca degli altri, e sì, eviterò come la peste Marlene e Harry» aggiunse, notando Alice iniziare ad aprire bocca.

I due ragazzi si guardarono un attimo «Va bene, come vuoi tu» disse Alice, facendo spallucce, poi lei e Frank lo salutarono e si diressero verso il romantico locale. 

Remus si guardò intorno per un po’, finchè Alice e Frank non varcarono la porta. Ciondolò lì intorno, non sapendo che fare, e intanto osservò distrattamente Madama Piediburro. 

Poi spalancò gli occhi e si avvicinò rapidamente a una finestra.
Quelli… quelli erano Sirius, Peter e Mary?! 

Senza pensarci aprì la porta poco distante ed entrò, passando tra i tavoli velocemente, senza dare neanche la possibilità alla proprietaria di fermarlo.

«Ehi, guardate chi si vede!» esclamò Sirius, alzando una mano quando vide Remus. Il licantropo sorrise e si sedette su una sedia libera. 

 «Che ci fate qui?» chiese. 

 «Avevamo fame e siamo venuti a mangiare» rispose Peter, dopo aver ingoiato un altro cioccolatino. 

Madama Piediburro venne a ritirare i piattini di torta di Sirius e Mary ormai vuoti. 

Le spalle di Peter e Remus si sfiorarono casualmente, mentre quest’ultimo prendeva un cioccolatino. 

La proprietaria si fermò, guardandoli sorpresa  «Oh, caro! Non c’era bisogno di mentirmi!» esclamò  «E ora forse mi hai fatto pure sbagliare a fare i cioccolatini! Almeno il tuo nome inizia con la K? Come ti chiami? Kevin, Kaleb, Kian?» domandò a raffica, rivolta a Remus. 

 «Remus… mi chiamo Remus» rispose quest’ultimo confuso, non capendo una ceppa. 

La Madama si schiantò le mani sulle guance  «Oh, santo cielo!» disse, guardando Peter  «R, la R! Oh, non c’era bisogno di nascondermi una cosa del genere! Qui ogni tipo di coppia è ammessa! Io non ti avrei trattato diversamente, non vi avrei trattati diversamente… oh, se solo me lo avessi detto prima! Non sono omofoba! Oh, santo cielo, la R, la R… » Madama Piediburro si voltò, borbottando e continuando a ripetere come una mantra  «R, R, R, era la R»

Remus sbattè le palpebre. «Cosa è app- no aspetta… Cosa?!» 



 
*


«Mi stai dicendo che stai totalmente a zero con i regali, Potter?» domandò Lily, con due buste in una mano, come James, con l’unica differenza che lui ne teneva due su ogni mano. Lily aveva appena finito i regali, quando James si era fermato incuriosito a guardare qualche abito esposto in vetrina, rallentando di ogni qualvolta il passo e facendo lamentare la rossa. Quando aveva chiesto il perché, James aveva risposto che era perché stava pensando cosa regalare a sua madre. 

«Diciamo di sì» tentennò James, facendo una smorfia. Cercò di aggiustarsi gli occhiali facendo un brusco movimento verso l’alto della testa, ma non gli riuscì benissimo. Sbuffò e posò le buste a terra. 

Poi ne prese una, allargò la tasca dei pantaloni che indossava, e la fece entrare dentro, con facilità, mentre Lily lo guardava scioccata. 

«Che tieni là dentro, Potter? Una specie di buco nero?!» sbottò Lily. 

«Oh no, semplice opera degli Elfi Domestici» borbottò James, mentre si infilava la terza busta nell’altra tasca. 

 «Elfi Domestici? Chi sono?»
 «Non sai chi sono gli Elfi Domestici? »
 «Sono Nata Babbana, non so se hai presente»

James rise leggermente «Gli Elfi domestici sono… beh, elfi che svolgono lavori domestici con la magia. Ubbidiscono a qualsiasi ordine gli venga dato dal padrone e sono completamente dediti al loro lavoro. Sono molto comuni fra le famiglie Purosangue. Io ho fatto sì che mi facessero sulle tasche un incantesimo di Estensione Irriconoscibile e un incantesimo per annullare il peso degli oggetti che ci metto dentro» dire che era illegale non era necessario. 

«Oh, e vengono pagati molto?» chiese Lily, incuriosita. James la guardò come se avesse detto la cosa più esilarante del secolo. 

«Non vengono pagati» rispose, mentre infilava l’ultima busta in tasca. 

«Cosa?! Sono tipo in schiavitù?!» sbottò Lily, incredula. 

James storse la bocca  «Così sembra molto più brutto… ma sì, più o meno. »
«Ma è totalmente ingiusto!» 

«Beh, a loro piace, che posso dirti»

La conversazione durò fino a quando non giunsero davanti a un negozio, e James, costretto da Lily, prese a comprare i regali. 

Particolarmente difficile fu, come aveva previsto, il regalo a sua madre, l’ultimo rimasto nella sua lista mentale. 

«Questa… » James toccò una morbida maglia arancione. 

«Questa è orribile» completò Lily, con un sopracciglio alzato. 

«Ma no, dai! È carina!» esclamò il corvino, togliendola dall’appoggio e girandola avanti e indietro. 

«Fattelo dire Potter, hai gusti pessimi.» affermò Lily, strappando la maglia dalle mani di James, come se fosse qualcosa di abominevole che non meritava di rimanere ulteriormente davanti ai suoi occhi.  

«Andiamo, Evans, sembra quasi importarti» sbuffò James. 

Lily lo guardò un attimo «Stimo tua madre, tutto qui. Merita molto, per averti cresciuto e sopportato»

«Ehi! Possibile che io, facendoti i complimenti, venga trattato così?» fece l’offeso James. 

«Certo, non vedo perché dovrei lodarti, non vedo niente per cui complimentarmi» disse piccata Lily  «Andiamo nel reparto oggetti, queste maglie sono di scarsa qualità.» 

«Mio Piccolo Giglio, sei tu che non vuoi vedere i miei pregi. O forse li vedi, ma non li accetti» replicò James, sorridendo arrogantemente, mentre Lily lo trascinava in un altro reparto. 

«No no, non è questo il problema, il problema è che proprio non ci sono.» chiarì Lily «Tua madre si mette i gioielli?» chiese all’improvviso, prima che l’altro potesse aprire bocca. 

«Sì, piuttosto spesso, ne ha un bel po’»

«E allora che ne dici di questo?» domandò Lily, indicando un carillon chiuso, bianco e con vari tulipani di un rosa scuro sopra, molto elegante. La Evans lo aprì e uscì una dolce melodia, mentre una ballerina faceva piccoli passi di danza, cambiando vestito ad ogni colpo della piccola bacchetta nella mano destra. 

«Non è  male, potrebbe piacergli» concesse James. 

Dopo quasi venti minuti di indecisioni uscirono dal negozio, finalmente con quel benedetto carillon. Lily era vicino a un esaurimento nervoso, poiché Potter negli ultimi venti minuti aveva continuato a parlare e a infastidirla come una mantra. 

 «Abbiamo finito?» chiese Lily. 

«Uhm, nonni, zii, cugino, amici, mamma…» un lampo di dolore squarciò gli occhi di James, per un tempo brevissimo. «Sì, abbiamo finito» completò sussurrando, non notando l’occhiata turbata di Lily. 

Questo sarebbe stato il suo primo Natale senza suo padre, e ancora doveva abituarsi all’idea. Non c’era bisogno di farsi alcun complesso, niente del genere, perchè il suo regalo a suo padre comunque non poteva essere dato. Così come, la stella in cima all’albero di Natale, era stata messa sicuramente da un qualunque Elfo Domestico, e non da un uomo allegro che gli dava qualche assurdo significato profondo. Né, probabilmente, a tavola ci sarebbe stata l’esclusiva crostata fatta con marmellata di cachi (mai se n’era vista una, a Natale, nelle altre case). 

Lily non avrebbe mai immaginato che avrebbe avuto la possibilità di vedere, nel viso di James Potter, qualcosa che non fosse presunzione, allegria e malizia. Certo, sapeva che provava altre emozioni, e sapeva ciò che aveva passato (e passava ancora) a causa della morte di suo padre, ma era così facile dimenticarsene quando Potter continuava a ridere e a fare l’idiota. 
«Evans, capisco che sono uno spettacolo della natura, ma credo che tu mi stia guardando un po’ troppo intensamente» se ne uscì James, passandosi la mano fra i capelli e costringendosi a sorridere in modo affascinante. 

 «Ma è normale? Tre secondi prima se ne stava tutto scoraggiato e ora ghigna?!» pensò Lily, irritata. 

«Tu non sei normale» rispose, sembrando uscirsene con questa affermazione così, dal nulla. 

James rise leggermente, forse non cogliendo per davvero cosa la Evans intendesse «Meno male, essere normali è così… noioso» 

«Mi stai dando della noiosa?» domandò Lily, con un sopracciglio alzato.

«Oh nono» James scosse la testa «Se tu fossi normale mi avresti amato a prima vista» continuò mettendo, con un movimento veloce, il braccio intorno alle spalle di Lily, per poi tirarla a sé. 

La ragazza fu altrettanto veloce, gli diede un pugno nello stomaco, e James la lasciò immediatamente andare, gemendo. 

«Allora preferisco essere anormale, ma intelligente» sbottò lei. 

«Sei troppo manesca…» 

Lily stava per replicare, quando si sentirono tanti POP simultanei.
Un boato.
Maledizioni.
Urla.
E a James sembrò di rivivere tutto quanto daccapo.
 
 
 

 
 
 

Angolo Autrice
Scusate se vi ho fatto aspettare per questo capitolo. E scusate anche per averlo finito così! Non credo di aver mai lasciato un capitolo con una suspense così marcata, pure perché anche a me dà fastidio! Comunque, diciamo che è abbastanza tranquillo, se leviamo l’ultima parte. So che forse è esagerato dedicare un intero capitolo in un’uscita, ma diciamo che serve, più che altro per i rapporti tra personaggi e per quel che succede nel prossimo capitolo. Piaciuto il piano di Alice? Sì, è piuttosto malefica, devo ammettere. Tutti i Malandrini hanno una foglia in bocca, anche se ho fatto più che altro riferimenti con James e Harry XD
James e Sirius si… ehm… “picchiano”, ultimamente ho notato che tra i dodici e i diciassette/diciotto anni (o più), i maschi tendono a… picchiarsi tra amici? Non lo so, sembrano divertirsi (?). COMUNQUE, i Malandrini vengono rapiti, Lily è costretta a passare la giornata con James, Peter e Remus vengono scambiati per una coppia omosessuale (n0n chiedetemi come mi è venuta in mente un’idea del genere),  Harry e Marlene provano le Rotondine Empatichelle (ripeto, non chiedetemi come mi è venuta in mente un’idea del genere. In particolare, non chiedetemi come mi è uscito il nome dei cioccolatini), Mary e Sirius si fingono fidanzati e Alice e Frank hanno un terzo incomodo. E a Lily e a Harry piace la Burrobirra con una spruzzata di zenzero sopra. Non c’è nulla da fare, mi piace mettere piccole cose che Harry ha in comune con Lily, e che quindi ha ereditato da lei, come stropicciarsi la stoffa dei pantaloni quando sono nervosi oppure ora, con lo zenzero nella Burrobirra.
E niente, auguro a tutti voi tanti cani Dudley.
Saluti!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
  








Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!

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Capitolo 44
*** I limiti sono solo per i deboli ***


I limiti sono solo per i deboli

 
Lily stava per replicare, quando si sentirono tanti POP simultanei.
Un boato.
Maledizioni.
Urla.
E a James sembrò di rivivere tutto quanto daccapo.

Hogsmeade, ore 18:12


La vetrina del negozio Stratchy & Sons si frantumò in mille pezzi, le persone correvano e strillavano, lampi di luce saettavano da una parte all'altra. James iniziò a non capirci più niente mentre, un familiare terrore, unico e ineguagliabile, gli invadeva i sensi.

Si voltò di scatto verso la Evans, bianca come un lenzuolo. Lei lo guardò con suoi occhi smeraldini, poi lo strattonò per un braccio e prese a correre.

Zampilli di luci di tutti i colori, da rosse a nere, rischiavano a ogni secondo di colpirli. Era come andare contro senso: tutti gli studenti andavano verso il castello, mentre loro si immergevano sempre più nel villaggio.

«DOBBIAMO CERCARE GLI ALTRI!» urlò Lily per farsi sentire.

Un urlo lamentoso squarciò l'aria, un urlo che fece rizzare i capelli alla rossa. Che sia chiunque, chiunque, ma che non sia una delle sue amiche. Era puro egoismo, ma l'immagine di Alice, Mary o Marlene in qualsiasi possibilità che avrebbe dato loro motivo di urlare di dolore, le fece fare una capriola sgradevole nello stomaco, e un groppo rischiò di salirle alla gola.

Iniziò a correre ancora più veloce, fino a quando le gambe non iniziarono a farle male, ma continuò lo stesso.

«Attenta Evans!» esclamò James allarmato, spingendola di lato prima che una Maledizione Senza Perdono la colpisse sulla schiena. Lily andò a sbattere contro il muro di un negozio malandato e sudicio. James, appena passata la Maledizione, si avvicinò immediatamente.

«Stai bene?»

Lily non ebbe neanche il tempo di rispondere che James scattò a sinistra, e un incantesimo si andò a schiantare sul punto in cui c'era un attimo prima. Un duello piuttosto animato era pochi metri di loro, Potter si nascose da eventuali altri incantesimi accovacciandosi al lato del negozio.

Lily fece la stessa cosa, riprendendo fiato.

«Gra...zie... » esalò la rossa. James non rispose, aveva la bacchetta sguainata e osservava la battaglia da dietro l'angolo.

Un frastuono orribile invase l'aria, come se fosse crollato un intero edificio e perfino da lì, James, riuscì a distinguere il rumore delle macerie che cadevano violentemente a terra.

«Credo che non sia una buona idea restare qui vicino» disse Lily alzandosi una volta udita l'esplosione, consapevole tuttavia che non era sicuro stare nemmeno in mezzo alla strada.

Sentiva le labbra fremere e le gambe doloranti, l'anca le faceva un po' male a causa della botta presa prima, la paura che da un momento all'altro avrebbe visto solo il più completo nero le faceva attorcigliare le viscere. Un attacco, per lei, fino a due minuti fa, era qualcosa che si poteva solo immaginare. Un attacco era una data, un'ora, il numero delle vittime e le testimonianze dei sopravvissuti. E per quanto si potesse angosciare nel leggere i loro dolori, per quanto potesse cercare di empatizzare, non li avrebbe mai capiti appieno, rinchiusa in quella piacevole bolla che era l'inesperienza. Ora invece capiva, capiva quanto tutto quello, tutte quelle le sensazioni, fossero impossibili da descrivere perfettamente a parole.

«Andiamo» disse James, alzandosi anche lui rapidamente. Sul passo però di svoltare l'angolo, si bloccò.

Un fischiettare.

Un fischiettare tranquillo, sinistro e inquietante che, nonostante la quantità di rumori intorno, si sentiva benissimo, distaccandosi e penetrando nelle sue orecchie, provocando brividi per tutto il corpo.

«C'è qualcuno qui?» domandò qualcuno beffardamente a voce alta, guardando il pub malridotto, all'interno completamente vuoto. «Uhm... ma perché ti nascondi? Hai paura? » urlò alla fine, la voce si smorzò mentre lo diceva, come se cercasse di reprimere una risata.

James sentì la Evans trattenere il fiato, mentre le sue unghie gli conficcavano la carne del braccio. Non osò guardare oltre l'angolo.

Si appiattì contro il muro, cercando di respirare il più piano possibile. La Evans, invece, sembrava essere andata in apnea.

Eppure non c'era silenzio, c'era rumore di passi terrorizzati che correvano da una parte all'altra, di urla e di boati continui. Ma, chiunque fosse, sembrava completamente assente dal mondo, come se avesse eliminato tutti i rumori, tranne quelli provenienti da vicino il pub.

Il Mangiamorte scrollò le spalle «Come vuoi tu.» con uno scatto improvviso alzò il braccio e sparò un incantesimo, per poi smaterializzarsi di botto.

«CORRI!» urlò Lily.

Il locale esplose, provocò un rumore da spaccare i timpani, la testa mozzata di un cinghiale, che fungeva da insegna, fu completamente distrutta, schizzando sangue da tutte le parti. L'aria divenne satura di polvere, pezzi di legno e schegge volarono ovunque. La forza d'urto fu talmente forte che inciamparono e furono scagliati in aria.

Ma quando successe questo, erano a solo un metro di distanza, e atterrando, sarebbero finiti sepolti completamente dalle macerie.

Lily guardò rapidamente indietro, vedendo, quasi a rallentatore, i pezzi che si spaccavano, i bicchieri sudici cadere a terra, il sangue che schizzava ovunque e i tavoli che cadevano, non poteva finire così, a morire per il primo attacco che le era capitato.

Non doveva finire così.

«Abissiendo!» urlò, puntando la bacchetta verso i loro piedi.

Fu come essere spinti di nuovo, più forte, scagliati più lontano in meno di pochissimi secondi. Urlarono, le loro braccia corsero a proteggere la testa, a forza Lily spinse le ginocchia contro il petto.

L'impatto fu di un dolore atroce, la spalla urtò la terra e rotolò brevemente, i dorsi delle mani raschiarono il terreno, graffiandosi e facendole sentire un forte bruciore.

Respirò pesantemente, cercando di far ritornare il cervello a pensare lucidamente.

Si voltò piano, il collo scricchiolò sinistramente e, mezza stordita, guardò il ragazzo poco distante da lei, un po' più indietro, quasi sepolto dalle macerie.

«Potter... » lo chiamò con la voce raschiata, prima di tossire. Tutto sembrava confuso, pensieri fugaci e superficiali le attraversavano la testa, non riusciva ad acchiapparne uno che subito le sfuggiva. Tutto le sembrava terribilmente lento, vedeva ma non capiva.

James tossì violentemente, girandosi a stento sulla schiena. Aveva gli occhi offuscati e sembrava completamente sotto shock. Il suo pallore era quello di un cadavere.

Si guardò intorno, poi gemette e portò le mani alla testa.

Perchè tutti urlavano? Urla urla urla. Gli rimbombavano nella testa, si amplificavano di dieci volte, sovrapponendosi ad altre che non avrebbe mai dimenticato. Un mal di testa atroce iniziò a fare capolino «Vi prego basta, smettetela di urlare...»

Davanti alla sua vista confusa e imprecisa, i contorni di Hogsmeade andavano via via sbiadendo.

Fu come assentarsi dal mondo, era tutto dolorosamente ovattato e indefinito.
Sentiva il vago e allegro vociare della gente, maghi di tutte le età, che camminavano rilassati, inconsapevoli di ciò che stava per accadere.
Suo padre lo osservava giocoso e sorridente, mentre diceva una frase che a James non era permesso udire. Gli parve perfino di sentire l'odore sgradevole delle alghe marine viscide, proveniente dalla busta che aveva in mano.
Un tumulto improvviso, e quel clima di calma andò completamente perso.
Suo padre non rideva affatto, no, suo padre era terrorizzato, James avvertì un improvviso vuoto quando la mano di Fleamont lasciò la sua, per andare a combattere. Harry lo osservava spaventato, ma determinato. Fece un cenno, prendendo a correre, intanto che, come a rallentatore, un incantesimo gli sfiorava la guancia, graffiandola...

«James!» Diagon Alley sparì bruscamente, e si trovò di fronte la faccia spaventata e preoccupata della Evans, o almeno, suppose che fosse lei. 

«Stai bene?» gli chiese lei. 

«Un po' ammaccato...» ed era un eufemismo, non riusciva ad identificare nemmeno una parte del suo corpo che non gli facesse male. Si asciugò del sangue proveniente da un taglio alla tempia.
Strisciò lontano delle macerie, scrollandosele dalle gambe, mentre tossiva ancora. Forse era solo una sua sensazione, ma sentiva il sapore della polvere sul palato. 

Ignorò lo stridere dei suoi muscoli e, traballante, si eresse in posizione retta.
Sbattè le palpebre, non vedendoci assolutamente niente. 

«Evans... i miei occhiali? Ci sono da qualche parte?» 

Lily si guardò intorno, assottigliando gli occhi. Li vide, si avvicinò a fatica e li prese. Le lenti erano completamente spaccate e la montatura tutta storta. Nel chinarsi, vide qualcosa di verde (possibile che una piantina fosse sopravvissuta?) ma non si soffermò molto su di essa. Riparò gli occhiali con un "Reparo" e li porse a Potter. 

James li prese e se li infilò, iniziando a vederci chiaro.
L'area intorno a loro era quasi completamente deserta, vista l'esplosione che aveva fatto scappare tutti. I rumori della battaglia erano lontani, abbagli di varie luci si riuscivano a vedere da lì. 

La Evans, vicino a lui, aveva un aspetto terribile, i capelli erano tutti scombinati e crespi, la sua faccia era sporca di polvere e il giubbino era completamente a brandelli. 

Sembrava che riuscisse a malapena a reggersi in piedi. 

«Che cos'hai?» chiese James scrutandola preoccupato. 

«Oh, sto come te, credo. Forse mi sono fratturata la spalla sinistra» rispose Lily, prendendo a zoppicare per le macerie, cercando di allontanarsi il più possibile da lì e da quella polvere, seguita dall'altro. 

Aveva gli occhi vuoti e cupi, e James mai si sentì così male a vederla così.

«So a cosa stavi pensando, prima» continuò lei, con semplicità. 

James si bloccò «Cosa?!» pronunciò, sentendo la gola infiammarsi sempre di più a ogni lettera, visto come aveva urlato prima. 

Lily si fermò, voltandosi «Io non voglio dirti mi dispiace...» iniziò con voce roca «perché so che tu odi sentirtelo dire. Quel che voglio dirti è... di imparare a non pensare all'attacco in sé, ma piuttosto a come ha reagito tuo padre. Vedi... vedi che questo ti farà sentire più forte di fronte a tutto questo casino.» concluse.
Lo guardò ancora per un attimo, prima di riprendere a camminare. 


*

Hogwarts, ore 18:14


«Io ci scommetto, amico, Zed e Nolan sono cotti l'uno dell'altro!» se ne uscì Daniel d'un tratto. 

Era seduto sul letto, e aveva uno sguardo meditabondo mentre mangiava lentamente una Cioccorana. 

Regulus alzò lo sguardo dal tema «Cosa?» 

«Ma sì dai! Si vede si vede, c'è qualcosa sotto» Daniel lo osservò convinto con i suoi occhi castani, e Regulus sbattè le palpebre in risposta.
Poi scoppiò a ridere «Non sono gay, te lo stanno ripetendo da due anni! Lasciali in pace!» esclamò divertito. «Per non parlare che Zed parla sempre di ragazze» 

«Bisessualità» sbottò Daniel.
«Cosa?»
«Ovvio, Zed è bisessuale- oppure è tutta una copertura- e Nolan è gay, devono solo accettarlo»
«Scusa, come fai a sapere il significato di queste parole?»
«Tu piuttosto?»
«Ho origliato i discorsi dei settimi anni» rispose evasivo Regulus.
«Oh certo, ci credo. Piccolo pervertito.» ribattè Daniel malizioso, con un tono di scherno. 

«No, davvero è stato così» precisò Regulus, voltandosi di nuovo sul tema «Comunque, cos'è questa vena pettegola improvvisa?»
«Non sono un pettegolo, e poi me lo dici come se quest'argomento fosse nuovo» si difese Daniel. Ma Regulus non lo stava più ascoltando, bensì guardava, con occhi spalancati, fuori dalla finestra del dormitorio. 

Una mandria continua di studenti stava rientrando al castello. 

Spostò lentamente gli occhi verso il villaggio. 

Si alzò di scatto. 

«Che ti prende? Hagrid sta correndo nudo per il parco?» chiese il moro, incuriosito, vedendo il suo sguardo sconvolto. 

Regulus si voltò lentamente verso di lui, pallido in volto, e il sorrisetto sulla faccia di Daniel scomparve immediatamente.

«Hogsmeade... è sotto attacco» sussurrò il Black, correndo fuori la porta.
Daniel incespicò e lo seguì nella sua corsa all'impazzata «Come sotto attacco?! Stai scherzando, vero?!» sbottò Daniel, allarmato.

«Ti pare che stia scherzando?!» 

Dopo sette piani, si trovarono al piano terra, entrambi con il fiatone. Regulus superò il portone e corse verso la McGranitt, con il cuore che quasi gli sfondava la cassa toracica. 

«Professoressa! Professoressa!» esclamò, attraversando i cancelli per raggiungere la McGranitt. La Vicepreside spalancò gli occhi.

«Black! Cooper! Entrate immediatamente dentro!» ordinò perentoria.
Regulus riuscì a stento a formulare qualche parola a causa del fiatone, e rimase fisso sul posto. 

«Mi dica... solo...se ha visto Sirius... se è già entrato o... poi ritorno dentro, ve lo prometto... solo questo... » esalò. 

La Professoressa lo guardò un attimo, con le labbra strette all'inverosimile, intanto che il Professor Vitous chiamava gli studenti un po' più lontani, schiantando velocemente qualche Mangiamorte a diversi metri da lì, con una precisione disarmante. 

«Mi dispiace, ma non l'ho nemmeno intravisto» lo informò dispiaciuta «E ora torni dentro»

La faccia di Reg, Daniel ci giurò, raggiunse tonalità di bianco mai viste prima.


*

Hogsmeade, Madama Piediburro, ore 18:13


«CHI HA AVUTO LA BRILLANTE IDEA DI CHIUDERE LE PORTE?!» urlò un sedicenne poco distante da loro, prima di finire quasi a terra per uno spintone.

C'era davvero da chiederselo chi avesse avuto quella brillante idea, poiché era tutto tranne che brillante. Sirius inizialmente non aveva capito la situazione, essendo in fondo al locale, ma non ci voleva un genio per intuirlo, vista la quantità di persone che si ammassavano verso le porte senza che nessuno uscisse.

Sembravano una banda di bufali richiusi in un posto ristretto, che spingevano, che urlavano e che piangevano.

Sirius poteva immaginarsi l'enorme quantità di mani alla ricerca della maniglia, formando intrecci complicati da cui era difficile addirittura uscirne. Di come qualcuno finiva per sbattere contro la porta, in quel caso era la fine: non sarebbe più riuscito a spostarsi da lì.

Sentì una forte botta accanto a lui, e si voltò di scatto.

Mary era stata spinta contro il muro. Nonostante l'impatto avesse provocato chissà quanto dolore, dalle labbra di Mary non uscì nemmeno un lamento, la faccia non si piegò in nessuna smorfia. Era così da quando i Mangiamorte erano comparsi, da quando la gente aveva cominciato ad impazzire. Completamente imperturbabile, che venisse sballottolata da una parte all'altra, spinta o urlata dritta nell'orecchio, a lei non sembrava importare. Ad alcuni, a quei pochi che si curavano effettivamente dell'altra gente presente nella Sala da Tè, era sembrata calma e insensibile, ma Sirius la notava, la mano tremante che teneva la bacchetta, li notava, gli occhi che scattavano all'improvviso, guardandosi intorno.

Un'esplosione di un edificio, poco distante da loro- forse Scrivenshaft- fece tremare leggermente il suolo e sussultare tutti.

Qualcuno, una voce femminile, disse qualcosa di logico ma decisamente catastrofico per la situazione attuale e, per qualche motivo, la sua voce superò tutte le altre: «RESTANDO QUI RISCHIAMO DI FINIRE SOTTO LE MACERIE!»

Solo i più stupidi non capirono il ragionamento, ma era abbastanza ovvio: gli edifici sembravano esplodere uno dopo l'altro, e sarebbe toccato anche a questo.

Silenzio.

E poi peggio di prima.

Un pianto isterico si sentiva da qualche parte, il fondo del locale si liberò da po' di persone, visto che tutte si ammassavano verso l'altra parte. Le persone che si sbracciavano per andare avanti finivano spinte di nuovo indietro, e fu così che una di quelle persone venne spinta così forte che spinse a sua volta Remus, che finì contro il tavolo, cadde a terra e trascinò il tavolo (che Sirius non credeva che fosse così leggero) con lui, rovesciando tutto quello che vi era sopra.

Un ringhio da lupo sfuggì a Remus, mentre i piattini cadevano a terra uno dopo l'altro.

Peter saltellava, la sua sudorazione, già abbondante, aumentava secondo dopo secondo. «È finita.... È finita... » ripeteva come un mantra, mormorando.

Il biondino ne era sicuro: da qualche parte, oltre il terrore, oltre le urla e oltre la voglia di piangere, sentiva i cioccolatini risalirgli lentamente in gola. L'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua breve vita prima di morire sarebbe stata vomitare.

Si sentì un urlo, probabilmente disse qualcosa, perchè all'improvviso tutti si tirarono indietro, e Sirius rischiò di soffocare per l'enorme pressione dei corpi.

Un altro urlo.

Si sentì una forte esplosione, Mary riuscì a scorgere pezzi di muro volare da ogni parte, la cenere esplose in aria e le pareti tremarono.

E poi, all'improvviso, tutti presero a correre come mandria di bufali quali erano.

«HANNO FATTO ESPLODERE IL MURO!» riuscì ad urlare Mary, prima che venisse trascinata insieme agli altri.

Tutto, agli occhi dei quattro e probabilmente al resto della gente, fu fugace e confusionario. Il rumore dei piedi che correvano e le urla erano il solo suono che Remus riusciva a sentire, i suoi occhi videro più di quanto desiderasse: gente tirava pugni ad altra gente per cercare di passare per primi, molti inciamparono nei tavoli e nelle sedie, che erano sicuramente d'intralcio. Gli sfortunati che cadevano dritti a terra non riuscivano più ad alzarsi, e si vedeva come certe coppie non tenessero davvero all'altro: appena uno dei componenti si trovava in difficoltà, tipo a terra investito da tutti quei piedi, l'altro lo guardava un attimo, faceva qualche debolissimo tentativo di salvarlo, e poi se ne scappava, lasciandolo lì.

Anche Peter rischiò di fare la stessa fine, investendo in pieno una sedia, ma almeno Mary riuscì a tirarselo a sè prima che cadesse del tutto.

Sirius si beccò un bel pugno, e sicuramente il suo occhio non ne sarebbe uscito indenne.

Ansanti uscirono dall'enorme varco che lo sconosciuto aveva aperto, schivando i pezzi di muro a terra. Per i quattro il sollievo di respirare aria fresca durò giusto qualche secondo, perchè si trovavano in pieno campo di battaglia, e davvero non potevano fermarsi a pensare a quanto fosse bello non essere schiacciati da tre persone contemporaneamente.

Un incantesimo passò in mezzo a loro, mancando per un soffio la faccia di Sirius. Si voltò di scatto, notando due Mangiamorte tenere le bacchette puntate verso di loro.

Avevano una maschera bianca, il cappuccio e i mantelli neri come la morte. Erano un'immagine disturbante e sinistra, e Sirius capì finalmente quanto la descrizione di James di loro fosse stata accurata e giusta.

Sirius riuscì a malapena a ricambiare con sorprendente velocità con uno schiantesimo, prima che un'imprecazione provenisse dalla sua sinistra. Fu strattonato violentemente e, all'improvviso, si ritrovò a correre, a meno che non volesse cadere faccia a terra.

«Mi spieghi perché stiamo scappando?!» sbottò alla ragazza davanti a lui, che ancora gli teneva il braccio. Aveva passato notti dentro una stanza, battendo e facendosi battere, a leggere libri (a leggere libri, ribadì) e a sudare per essere pronto in certe occasioni, e ora se ne stava scappando? Non aveva assolutamente senso, voleva almeno provare la soddisfazione nel vedere un Mangiamorte fare un volo di quattro metri, per poi cadere con un tonfo sordo a terra.

«Perchè so quali sono i nostri limiti...» rispose affannosamente lei. Sirius sentì un gemito di dolore dietro di lui, e guardò oltre la sua spalla.

Remus, dietro di lui, si teneva forte un braccio macchiato di sangue  «...e di cosa saranno capaci di farci se perderemo, il che è molto probabile»  concluse Mary, anche lei dando un'occhiata preoccupata al licantropo.

Sirius la guardò con le sopracciglia aggrottate, poi sentì qualcosa andargli di traverso, e tossì, finchè non si costrinse a deglutire.

Svoltarono in un vicolo a caso, corsero ancora, passarono per il dietro di Mondomago e Stratchy & Sons, e svoltarono nel vicolo dopo quest'ultimo, fermandosi per riprendere fiato.

Remus, bianco, si appoggiò a un muro e si accasciò lentamente, sedendosi a terra.

Sirius corse subito accanto a lui.

«Speriamo di averli superati» sussurrò Mary, anche se non era certa del fatto che li avessero inseguiti. Guardò gli altri due, Remus borbottava qualcosa e Sirius sussurrava concitato.

  «No davvero, Sir- »

«"No davvero" un cazzo, Remus! Questo taglio è profondo, non mi importa dei tuoi standard!» sibilò Sirius, togliendosi velocemente la sciarpa, cercando di ignorare il più possibile la visione offerta dallo scorcio che il vicolo dava della strada principale della signorina al bancone dei Tre Manici di Scopa che veniva schiantata.  

Fece un nodo strettissimo intorno al taglio, sperando di poter bloccare quel flusso di sangue che usciva continuamente e che gli faceva venire i brividi.

«Va un po' meglio?» chiese.

Remus fece un movimento con la testa, che sembrava un "sì" misto a un "no", come se neanche lui credesse a quel che stava dicendo.

«Ragazzi... dov'è Peter?» si intromise Mary, guardandosi intorno confusa e preoccupata.

«Oh maledizione» imprecò debolmente Remus, immaginandosi i peggio scenari.

Un fiotto di luce nera ruppe quella loro piccola quiete, e Sirius si alzò di colpo con la bacchetta sguainata. A stento il tempo di vedere l'avversario, che fu accecato da una luce fortissima. 

Con suo orrore, sentì il Mangiamorte (perché senza dubbio era quello) urlare quell'unica e angosciante maledizione:  «Cru... »

Ed era pronto a sentire di nuovo quel dolore atroce, perché era sicuro che non sarebbe riuscito a schivarla, visto che a malapena vedeva i suoi piedi. Ma, fortunatamente, chiunque ci fosse in cielo, era dalla sua parte.

«STUPEFICIUM!» strillò una voce acuta, la luce si affievolì di scatto.

Ci fu il rumore di un corpo che cadeva a terra.

Peter, evidentemente, colto da un impeto di coraggio (o forse non proprio), o comunque di voglia di fare qualcosa di effettivamente utile, aveva schiantato il Mangiamorte.

Sirius sbattè cinque volte le palpebre in due secondi, cercando di recuperare la vista.

Notò Peter che, dopo esser stato fermo sul posto per un momento (scioccato anche lui da quel che aveva fatto, probabilmente) correva verso di loro.

  «Bravo, Peter!» esclamò Mary, e l'altro irradiò una breve soddisfazione personale.

«Anche se non è propriamente corretto attaccare alle spalle... » borbottò Sirius, stropicciandosi gli occhi. Smise immediatamente quando si ricordò di avere un occhio nero, che gli faceva terribilmente male. 

«Credi davvero che si possa essere corretti in situazioni del genere? » domandò la corvina con amarezza.

«Andiamocene, prima che si svegli» Remus si alzò incespicando, e indicò con un cenno della testa il Mangiamorte a terra. Con le dita sfiorò la sciarpa Grifondoro di Sirius, zuppa di sangue.

Iniziava ad avvertire leggeri capogiri.

Seguì un po' frastornato gli altri, non riuscendo a registrare bene neanche i rumori.

Però ce ne fu uno, che registrò perfettamente.

POP

Auror.

Finalmente.

Maghi vestiti di una divisa blu si lanciarono immediatamente contro i Mangiamorte.

«VOI QUATTRO! VENITE QUI!» sentì urlare Sirius, si voltò e vide poco più in là la professoressa McGranitt guardarli, mentre faceva rientrare gli ultimi studenti.

Aveva la crocchia tutta disordinata e il cappello fuori posto, la sua mano spingeva leggermente le spalle dei ragazzi per cercare di farli andare in fretta.

Il Black notò uno studente che veniva esortato a rientrare ma che rimaneva inchiodato al terreno, guardandolo fisso. Aveva i capelli scombinati e sporchi, il viso coperto di fuliggine e incrostato di sangue, il maglione strappato e gli occhiali storti.

James.

Un'ondata di sollievo travolse Sirius.

Era vivo.

Vivo.

Sirius assaporò lentamente ogni lettera di quella parola in mente, godendosene il suono e cullandosi nel suo significato.


*

Hogsmeade, ore 18:13


Marlene boccheggiò con affanno, il suo respiro faceva ciondolare avanti e indietro la ciocca di capelli biondi, mandandola a schiantarsi ogni volta contro la sua faccia. Irritata se la tolse velocemente dalla faccia, buttandola bruscamente indietro, intanto che evocava uno scudo, parando un incantesimo.

Perché proprio quel maledetto giorno? Perché quando erano tutti separati? Perché non un altro giorno? Perché non mai?

E Marlene poteva immaginarsi, l’universo o chicchessia a cui rivolgeva queste domande, risponderle: «Perché no?»

Ma non ci teneva a discutere con un qualcosa che fondamentalmente non esisteva, benchè ci fossero davvero tanti motivi per cui questo non doveva succedere.

La biondina lo diceva come se questo dipendesse dalla sua volontà, anche se sapeva che non era affatto così.

Harry, dall’altro lato della strada, schiantò altri due Mangiamorte contemporaneamente, facendoli cadere a terra quasi nello stesso momento. Marlene non l’aveva neanche visto lanciare il secondo schiantesimo. Ormai le brevi domande che si era posta su Harry erano velocemente scomparse, perché che Harry fosse bravo non era che un bene, poi al come si sarebbe risposta più tardi. Però restava comunque la netta impressione che si stesse trattenendo.

Si accorse di un Mangiamorte che puntava la bacchetta alle spalle di Harry.

 «Oh, questo non lo fai…» soffiò Marlene con gli occhi ridotti a fessure, sussurrò la formula, lanciando un fiotto di luce viola. Il Mangiamorte, troppo applicato a cercare di prendere la mira (visto che Harry si stava muovendo continuamente) non lo vide, e cadde a terra come se ad un tratto le gambe non riuscissero più a reggerlo. Marlene lo legò, prima di lanciargli un Tarantallegra, e i piedi del poveretto presero a muoversi convulsamente, facendolo agitare sul terreno come se fosse un pesce fuor d’acqua.

Ovviamente non era all’altezza delle Cruciatus, ma di sicuro era angosciante.

Marlene si girò di scatto quando sentì dei passi avvicinarsi velocemente verso di lei, subito, senza pensarci, lanciò uno schiantesimo.

 «Ehi! Sono io!» esclamò Harry colto alla sprovvista, schivando lo zampillo di luce rossa.

 «Scusa» fece immediatamente Marlene. Guardò dietro la spalla del corvino, alla ricerca del Mangiamorte con cui stava combattendo. Alzò le sopracciglia sorpresa quando lo vide disarmato, nel tentativo di districarsi da delle radici che, spuntate dal terreno, gli avvolgevano strettamente le gambe.

 Ad un tratto Harry si sentì spinto verso il vicolo a cui Marlene era vicina.

Una ragazza sconosciuta, apparentemente del settimo anno, lo teneva per le spalle  «Mettetevi al riparo e tornate al castello, ragazzi, ok?» disse velocemente, con uno sguardo vagamente preoccupato, benchè si vedesse che fosse agitata, sembrava che stesse cercando di calmarsi ed infondere anche a loro la calma  «Non restate un minuto di più qui!» aggiunse, poi si voltò di scatto a uno strillo. Li guardò un attimo, fece cenno con la testa, e corse via, urlando:  «MARTHA!»

Harry se ne stette un attimo fermo, osservando ragazzi di sedici/diciasette anni, duellare con i Mangiamorte. Perché quest’ultimi ci stavano mettendo più del solito a sconfiggere i ragazzi? Non che Harry volesse questo, ma i Mangiamorte che aveva conosciuto lui li avrebbero già stesi da un pezzo. C’era qualcosa che non tornava.

«È strano» costatò Harry ad alta voce, asciugandosi un rivoletto di sangue che usciva dal labbro inferiore.  

 «Cosa?» chiese Marlene.

 «Sono scarsi.»

Marlene gettò lui un’occhiata incredula. «O forse sei tu che sei più bravo»

Harry scosse la testa, con uno guardo meditabondo, come se fosse del tutto normale starsene tranquilli lì, a non farsi prendere dal panico e dall’agitazione. Sospirò, come se non sapesse nemmeno lui perché avesse quella sensazione.

 Un’esplosione li fece saltare. Harry uscì dal vicolo e osservò, più lontano, dei pezzi di legno volare verso l’alto per poi cadere a terra con tale forza da spaccarsi. Harry riconobbe il punto di esplosione anche se era lontano: era la Testa di Porco.

Tutto successe in pochi secondi, la battaglia sembrò diventare all’improvviso più caotica, i Mangiamorte diventarono inaspettatamente di più, e il rumore dello scalpiccio dei passi aumentò.

Harry non riusciva nemmeno a capire la destinazione di certi incantesimi, si confondevano tra di loro, si scontravano e rimbalzavano indietro.

Harry gettò un’occhiata alla ragazza accanto a lui. Marlene osservava con occhi spalancati il tumulto che si stava andando a creare, ogni sua fibra pareva essere pronta a muoversi al minimo pericolo. La sua prima uscita ad Hogsmeade si era trasformata in un incubo, pensò Harry, lei, così come tutti i terzi anni che erano venuti, pensando alla loro prima uscita, avrebbero pensato a questo. Tutti i presenti, invece, da quel momento in poi avrebbero guardato il villaggio con occhi diversi. O almeno, quel che ne sarebbe rimasto.

La sua mente, ormai super sensibile, avvertì un’aura magica dietro di loro, un po’ più lontana. Se ne stava ferma, non si avvicinava. Come se li stesse semplicemente osservando.

 «Vieni!» esclamò a Marlene, uscendo dal vicolo e prendendo a correre.

La biondina, nonostante fosse confusa, lo seguì.

 «Cos’è successo?!» urlò, riuscendo a farsi sentire.

 «Qualcuno era dietro di noi!» rispose, facendo stringere le labbra a Marlene.

Quest’ultima andò leggermente a sinistra, evitando una maledizione. Alla fine evocò uno scudo, capendo che era impossibile schivare tutti quegli incantesimi. Si guardò rapidamente intorno, e i suoi occhi colsero una ragazza che andava sbattere violentemente contro un muro, svenendo per la botta alla testa.

 «Questi li chiami “scarsi”?» chiese con il fiatone, sicura che anche Harry avesse visto.

 «Fidati che quelli di Diagon Alley erano più abili!» sbottò l’altro.

Ed era vero. Harry sapeva che Voldemort aveva Mangiamorte più bravi e abili tra le sue schiere, ne aveva mandati una buona parte proprio a Diagon Alley. Tuttavia questi, era vero che non erano pivellini, ma sicuramente non erano al livello di quelli con cui lui e James avevano avuto a che fare. Che fosse pietà? Voldemort era diventato d’un tratto più misericordioso?  Non è che la sua anima, pregna di sensi di colpa, avesse ben pensato di facilitare la vita a questi giovini senza però rinunciare totalmente alla cattiveria? Dandogli Mangiamorte con cui potevano almeno battersi?

Ovviamente no.

A Voldemort questo non interessava, per non parlare poi del fatto che la sua anima era divisa in sette parti, e il senso di colpa ci avrebbe messo troppo tempo a penetrare in tutte. Non che non ci avesse provato (il senso di colpa), ma ci aveva rapidamente rinunciato.

Più che altro, sembrava che Voldemort non volesse sprecare forze. E questo lo confondeva.

Si fermò di colpo quando un Mangiamorte gli si parò davanti, lanciò velocemente tre fatture nei punti giusti, certo che almeno uno lo avrebbe colpito. Ma il Mangiamorte le parò tutte quante, con movimenti veloci e precisi.

Harry poteva capirlo, bastava scorgere i suoi occhi dietro la maschera, che stava ghignando in modo sadico. Sentì la spalla di Lene sfiorare la sua, poi la sua mano incerta tirò leggermente la manica di Harry «Ce ne stanno altri tre» soffiò Marlene, una nota di paura nella voce.

Harry strinse le labbra, tenendo alta la bacchetta insieme a Marlene.

I Mangiamorte avanzarono, e loro fecero un passo indietro.

Harry meditò se fosse necessario tentare di attaccarli tutti contemporaneamente, ma non credeva che sarebbe riuscito a fregarli tutti ancor prima che potessero dire una sillaba. Sembravano molto più bravi e sicuri degli altri Mangiamorte.

Gettò una veloce occhiata verso la sua spalla, vedendo un vicolo a pochi passi da lì.

Poteva essere una via di fuga.

Prima che potesse pensare ad altro, il Mangiamorte al centro gli lanciò una Maledizione, Harry la parò e la rispedì indietro. Neanche il tempo di riprendersi, che subito il Mangiamorte che lo aveva fermato ne lanciò un’altra.

Harry non seppe neanche dire cosa fece, nelle ore successive. Il suo braccio si muoveva veloce, il suo polso non si fermava un attimo, lanciava incantesimi senza pensarci più di tanto, i suoi occhi saettavano da un mangiamorte all’altro in continuazione.

 «Ebublio!» sentì esclamare da Marlene  «Everte Statim! Impedimenta!» e continuò così, scagliando incantesimi quasi senza riprendere fiato.

Il Mangiamorte al centro schivò in tempo l’Impedimenta di Marlene  «Però, il buon vecchio Wilfrid non mentiva!» esclamò divertito, con voce gracchiante, guardando Harry.

 «NON TI METTERE IN MEZZO, STUPIDO RAGAZZINO!» urlò un Mangiamorte, quello che era continuamente bersagliato dagli incantesimi di Marlene. Si voltò velocemente indietro e mandò una maledizione a un ragazzo, che aveva tentato di attaccarlo. Lo sconosciuto spalancò gli occhi e cadde a terra, in una pozza di sangue.

Marlene assottigliò gli occhi, sentendo la nausea salirle a guardare quel corpo inerme, un profondo disgusto verso l’avversario s’impossessò di lei «Excelsiosempra!» urlò, approfittando della sua distrazione.

Il Mangiamorte fu scagliato in aria, e ricadde violentemente a terra.

Il “poveretto” si alzò da terra, ruggendo in modo pericoloso «Come osi…» quasi urlò.

Un brivido corse lungo la schiena di Marlene, guardando quegli occhi che le promettevano le più atroci torture.

L’uomo però, sul punto di scagliare una maledizione, fece di nuovo un volo spaventoso, cadendo a diversi metri da lì, restando poi fermo, steso a terra.

Harry abbassò la mano sinistra rapidamente, sperando che la ragazza non l’avesse visto.

Un terzo Mangiamorte si unì ai due che duellavano con Harry, e quest’ultimo imprecò, sentendo già le forze venire a mancare, mentre indietreggiava sotto l'attacco di tutti quegli incantesimi.

Marlene incominciò ad attaccare uno dei Mangiamorte, ma quelli sembravano ancor più feroci.

Un passo indietro, e ancora un altro, e un altro ancora, e si ritrovarono nel vicolo.

Uno schiantesimo colpì la biondina, facendole fare una capriola per aria, per poi cadere violentemente a terra, e immediatamente delle corde, lanciate da qualcuno, la legarono polsi e caviglie. Le fu lanciato un altro incantesimo, ma non sembrò aver alcun effetto.

Lo spazio era sempre più ristretto, da quel che si ricordava, erano tra i Tre Manici di Scopa e  l’Ufficio Postale. Harry non si era mai curato molto delle stradine secondarie, ma stava iniziando a odiarle. Lo facevano sentire un topo in trappola.

«Basta» disse una voce, freddamente.

I Mangiamorte si fermarono di colpo, così come Harry. Avrebbe potuto approfittarne per disarmarli e schiantarli, ma sembrava che non avesse più il pieno controllo dei suoi arti.

Perché quella voce lo aveva tormentato per anni, aveva caratterizzato i suoi peggiori incubi, che lo portavano a svegliarsi nel bel mezzo della notte, sudato e sconvolto. Era sibilante, che sinuosa come un serpente penetrava nelle anime della gente, facendole tremare dal terrore. Era una voce che, per quanto per breve tempo avesse pensato di non sentirla più, sapeva che non l’avrebbe mai potuta mettere nel dimenticatoio.

Vide Marlene saltare e sbiancare, e da lì già capì di non essersi sbagliato.

Quasi intorpidito, come se il suo cervello si fosse finalmente deciso a mettersi in moto, si girò, ormai incurante di dare le spalle ai tre Mangiamorte, visto che sembravano tutt’altro che intenzionati a riprendere il duello.

Voldemort disse qualcosa ai suoi servitori, ma Harry non riuscì ad afferrare, troppo orripilato della svolta che stavano prendendo gli eventi.

In quella stradina, dove al di fuori la battaglia infuriava, senza esclusione di colpi, in quella stradina, che sembrava essere esclusa dal mondo circostante, lo vide osservarlo con i suoi occhi rossi, rossi come il colore del sangue che non esitava a spargere. Aveva la pelle diafana, come un teschio, e i capelli neri, che lo facevano sembrare leggermente più giovane.

Davanti a sé si trovava l’origine di tutti i suoi mali, che gli aveva strappato volta per volta tutto ciò a cui teneva. E ora sembrava essere ritornato, ritornato a cercarlo e a intrappolarlo. Eppure, aveva cercato di farsi notare il meno possibile… addirittura l’anello era ancora integro, conservato nell’ufficio di Silente.

E forse la storia si sarebbe ripetuta, all’infinito, e avrebbe perso, perso e ancora perso, mentre lottava inutilmente.

 «No, perché tu non glielo permetterai»

Gettò un’occhiata a Marlene, che si agitava sul posto, cercando di togliersi le corde strette almeno dai polsi. Si ritrovava coinvolta per colpa sua, quando in realtà non c’entrava un bel niente. E davvero qualcuno che non c’entrava niente in una situazione non meritava assolutamente di finirci stecchito.

I suoi occhi ritornarono di colpo su Voldemort, e a guardare il suo atteggiamento tranquillo, il giocherellare con la sua bacchetta, il suo sguardo curioso, glielo fece odiare ancor di più.

 «Oh, non c’è bisogno della bacchetta, non ho previsto alcun duello» disse carezzevole, al che si sentì rivoltare lo stomaco, mentre si accorgeva, solo in quel momento, di avere la bacchetta alzata.

Inutile dire che si intestardì a puntarla su di lui, non pensando neanche per un secondo di abbassarla.

A Voldemort non sembrò toccare molto, piuttosto, del tutto sciolto, avanzò verso di lui, osservandolo sempre con quello sguardo, come se fosse un animale in un laboratorio, su cui aspettava di vedere l’effetto di qualche farmaco.

Il rumore di stivali che raschiavano contro il terreno gli giunse stranamente alle orecchie.

Voldemort chiuse leggermente gli occhi, come se si imponesse qualcosa. Evidentemente non ci riuscì, perché con uno scatto veloce, tanto veloce che Harry non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare, lanciò uno schiantesimo a Marlene che, legata, sorpresa e inerme, non potè che prenderlo in pieno. Andò a sbattere violentemente con il muro, prima di svenire.

Harry guardò Marlene, spaesato, prima di voltarsi rapidamente verso Voldemort, sentendo la rabbia attorcigliargli le viscere. La sua posizione di difesa, che si era leggermente allentata, tornò ancor più vigorosa.

 «Si muoveva troppo» sussurrò lentamente Voldemort, come se fosse del tutto normale schiantare una persona perché si muoveva

«A questo punto deve schiantare anche me, per poi schiantare se stesso per essersi mosso» pensò sarcasticamente Harry, «e così vissero tutti schiantati e contenti.»

Ma in fondo Harry sapeva che a Marlene era andata bene, poichè Voldemort era capace di molto di più. In quel momento avrebbe potuto trovarsi ansimante dopo una tortura, sanguinante, tarchiata da un Mangiamorte, oppure, addirittura, morta.

Quel che si chiedeva era perché non l’avesse fatto.

Perché avesse “risparmiato” in questo modo Marlene, perché non avesse minimamente accennato a fare del male a lui, Harry.

 «Harry Potter… » Voldemort assaporò il nome, soddisfatto  «Non sai quanto ci è voluto per trovarti.»

Harry lo guardò, stringendo le labbra «Cosa vuoi?» chiese, senza pensarci.

L’uomo (sempre se si poteva chiamare tale) di fronte a lui sembrò che non aspettasse altro che quella domanda «Che tu ti unisca a me» rispose, spiazzandolo completamente.

Che lui… che lui si unisca a Voldemort?

Le cose stavano decisamente girando nel modo sbagliato. Perché questo era a dir poco assurdo, a Voldemort era saltata qualche rotella (Harry avrebbe dovuto saperlo, era evidente fin da subito che fosse pazzo). In due secondi aveva fatto mille congetture sul perché lo avesse intrappolato, magari perché era venuto a sapere della profezia e l’aveva capita, magari perchè aveva soltanto scoperto che veniva dal futuro, e che quindi volesse obbligarlo a dirglielo, o magari perché voleva costringerlo a consegnargli i restanti Potter.

Ma mai, mai, si sarebbe aspettato questo. Semplicemente perché anche solo il pensiero gli pareva illogico e impossibile. Ecco perché non gli aveva fatto ancora niente, ecco perché non aveva voluto ferire gravemente Marlene, ben sapendo che non avrebbe giocato a suo favore farlo, poiché Harry l’avrebbe da subito odiato.

 «Vedi… ho sentito parecchie cose interessanti su di te» proseguì, con uno sguardo penetrante, che Harry evitò magistralmente, pensando alle catastrofi che si sarebbero generate se Voldemort fosse penetrato nella sua mente.  «Magia senza bacchetta, il duello a livello Auror a soli tredici anni… » elencò vagamente.  «Per non parlare poi del fattore più curioso»

Harry irrigidì la mascella, quando Voldemort iniziò a girare intorno a lui, come un predatore fa con la sua preda. Sentiva la sua voce bassa dietro di lui, e quella sembrava escludere tutti gli urli e le esplosioni che provenivano dalla strada principale, che mai gli era sembrata così lontana. I suoi muscoli erano tesi, la sua mente cercava perfino di capire le intenzioni di Voldemort, a quanto si arrabbiasse, basandosi sulla sua aura. Era possente, oscura e terribilmente soffocante, alleggiava nell’aria come un pesante macigno.

«Non sei presente in nessun registro magico. Tu non esisti, per il Ministero» sibilò Voldemort, quasi ghignante «Per fortuna che a Hogwarts ti sei fatto conoscere»

Voldemort si ricordava quando Abraxas Malfoy era entrato in stanza, annunciando che suo figlio forse ne sapeva qualcosa. Altro che “forse”, Lucius sapeva eccome. Gli aveva saputo dire nome, anno, Casa, bravura e amicizie. Lo aveva poi naturalmente premiato, ora il Marchio Nero si stagliava sul braccio sinistro di Lucius Malfoy, prima completamente candido.

Il ragazzo di fronte a lui era un Grifondoro. Ne era rimasto quasi deluso quando l’aveva saputo. Ma Lord Voldemort non si faceva influenzare da certi pregiudizi, in fondo, esistevano Grifondoro e Grifondoro diversi. Naturalmente gli appartenenti a quella Casa avevano buone qualità, coraggio, fegato e cavalleria, ma che spesso si trasformavano in temerarietà, impulsività e ridicolezza.

Solo ad Hogwarts era sicuro di trovarlo, ma Hogwarts era… Hogwarts. Avrebbe dovuto sprecare così tante forze per penetrarvi solo per parlare con lui? Ovviamente no. Le uscite ad Hogsmeade erano state l’opzione migliore, l’attacco era solo un diversivo. Il suo obbiettivo principale era il ragazzo di fronte a lui.

Harry Potter era un curioso mistero, che richiedeva urgentemente di essere svelato. 

 «Hai potere e talento… » mormorò suadente  «perché sprecarli in questo modo? Dove ci sono limiti a ciò che si può e non si può fare? Alla fine, quelli, ce li imponiamo noi stessi. Non abbiamo bisogno di limiti… i limiti sono solo per i deboli»

Marlene si mosse leggermente, ma nessuno fece caso a lei.

Harry deglutì. Sentì il vago rumore di tante materializzazioni, ma non ne era così sicuro. Voldemort si parò di fronte a lui «Non deve essere noioso studiare cose che scommetto tu già sappia? Andare a scuola quando non ne hai bisogno? Tutto una continua monotonia… possiamo stravolgerla, sai?»

Il corvino distolse gli occhi, senza potersi evitare di farli cadere per un attimo sul corpo di Marlene, ancora a terra e apparentemente incosciente.

 «Ah, gli amici… » Voldemort marcò la parola, con un evidente vena derisoria  «Non servono amici, ti rendono solo vulnerabile, te lo assicuro. Io ti prometto potere, riscatto e cambiamenti… devi solo unirti a me, a Lord Voldemort, alla causa giusta» concluse Voldemort, e parve aspettare una risposta.

Harry avrebbe voluto urlare no, che mai ci avrebbe pensato per un solo secondo, che mai avrebbe osato unirsi a un mostro del genere, che gli aveva reso la sua vita passata un inferno.

Ma non lo fece.

 «Signore! Signore!» sentì urlare all’improvviso, e Voldemort si girò di scatto, vedendo un Mangiamorte correre verso di lui. Il Mangiamorte sembrò leggermente ritrarsi, al suo sguardo furioso  «Gli Auror stanno avendo la meglio, mio Signore»

Harry spalancò gli occhi, erano arrivati gli Auror.

Oh per Merlino, gli Auror.

 «E allora fate meglio di loro! Vai a combattere, invece di dirmi cose che già so» ringhiò il Signore Oscuro. Il Mangiamorte sobbalzò e chinò il capo, prima di correre lontano da lì.

Seguirono attimi di silenzio.
Harry ponderò per bene la risposta da dare. No, non stava prendendo seriamente in considerazione di unirsi a Voldemort, piuttosto la reazione che avrebbe scatenato in lui una determinata risposta. Harry non aveva alcuna intenzione di ingaggiare un “duello”, Voldemort avrebbe visto il legame tra le bacchette e avrebbe iniziato ad associarlo a qualcosa di particolare. Per non parlare poi di Marlene, voleva perlomeno portarla al castello, e forse Voldemort l’avrebbe attaccata a sorpresa, con qualcosa di più letale, per pura vendetta. Se avrebbe risposto sì, avrebbe evitato il duello, ma sarebbe stato immediatamente sgamato. Voldemort avrebbe usato la Legilimanzia per accertarsi che fosse sincero, e venendo bloccato (sempre nella possibilità che Harry ci riuscisse), si sarebbe insospettito, provando poi un attacco mentale più forte (al quale credeva di non essere ancora pronto), scoprendo poi che stava mentendo, con la conseguenza che sarebbe andato più a fondo, rischiando di scoprire tutto. Purtroppo, Harry non era così professionista da creare ricordi e false emozioni. Stessa cosa valeva per il “Non lo so, ci penserò”.

Voldemort, “leggendo” la sua mente, avrebbe scoperto tante cose del futuro, perché la mente di Harry era il covo dei suoi segreti.

Il “No” d’altronde, sembrava evitare i rischi della Legilimanzia, Voldemort gli avrebbe creduto senza esitazione, perché, alla fine, perché mentire dicendo ”No”? Ma il duello e la vendetta sarebbero stati più probabili.

In due secondi, la mente di Harry valutò ogni fattore che lo potesse aiutare. C’erano Auror, e Mangiamorte che stavano perdendo. Voldemort, tra meno di qualche minuto, sarebbe stato costretto a ritirarsi, a meno che non volesse far catturare molti dei suoi seguaci, rischiando addirittura che qualcuno di loro facesse la spia.

Voldemort sembrava diverso. Meno irascibile, ancora un uomo che riusciva a controllare abbastanza bene la rabbia. Calcolando che aveva pochissimi minuti a disposizione, non avrebbe iniziato a duellare (forse gli avrebbe lanciato un incantesimo, ma non avrebbe insistito più di tanto a fargli del male).

Se però gli avesse urlato in faccia tutto ciò che pensava di lui, Voldemort avrebbe probabilmente perso l’autocontrollo.

Quindi…  “Sì” e il “Non lo so” non poteva dirli, il “No” comportava maggiori rischi a livello fisico, ma sicuramente di meno rispetto alla conoscenza del futuro nelle mani sbagliate.

Il “No” però, doveva essere meno… aggressivo.

A Harry parve che fossero passati due minuti, quando in realtà non ne era passato nemmeno uno.

 «Sto aspettando una risposta» disse Voldemort, che lo obbligò a lasciar perdere l’incertezza.

Harry stette un attimo in silenzio, sperando di prolungare il momento, ma quando vide lo sguardo di Voldemort, che sembrava stesse perdendo la pazienza, decise che non valeva la pena essere investiti dalla sua rabbia senza aver fatto niente.

 «No» si sentì dire con voce tranquilla (il che era incredibile, poiché lui era tutto tranne che tranquillo), e fu quasi come se quelle parole gli fossero estranee, come se non fosse stato lui a pronunciarle.  «Non mi è mai interessato il potere, e non condivido i tuoi ideali»

Voldemort lo guardò un attimo sorpreso, sbattendo le palpebre, prima di allontanarsi. Voldemort si aspettava un rifiuto, più che altro fu la tranquillità con cui glielo aveva detto Harry Potter, che aveva usato un tono adatto a chiedergli di passargli il sale a tavola, ad averlo colto di sprovvista. Era più prevedibile un “Mai” come risposta, come fanno di solito coloro che gli si oppongono, dando un effetto teatrale ed eroico, a dir poco ridicolo, al tutto.

 Non potè negarsi che avesse sperato che Harry Potter fosse un po’ più ambizioso «Evidentemente mi sbagliavo su di te» disse, e ciò non provocò rabbia a Harry. Anzi, era sicuro che l’idea che Voldemort avesse di lui fosse di un ragazzino assetato di potere, che voleva diventare grande un giorno, con qualsiasi mezzo. Il che non gli piaceva molto come idea.

Voldemort, che aveva ripreso a rigirarsi la bacchetta fra le mani, schioccò la lingua, con una smorfia ironica «E quali sarebbero i tuoi ideali?»

Harry fece cenno con la testa a qualcosa «Quelli dell’altra parte»

L’altro assottigliò gli occhi. Dell’altra parte. Silente. Silente, Silente e ancora Silente, incredibile come quel vecchio gli intralciasse i piani fin da quando era giovane.  «Bene…» sussurrò  «Sai vero che ti ritroverai a combattere contro di me?»

 «Tanto alla fine sarebbe comunque andata a finire così» borbottò Harry, facendo aggrottare le sopracciglia a Voldemort, prima che sentisse un fastidio alla sua testa, che durò per cinque secondi.

Lo stavano chiamando, e il loro unico motivo per farlo era perché stavano davvero perdendo.

Dovevano ritirarsi.

 «Che ne dici di festeggiare questa notizia?» chiese ghignando, facendo bruciare contemporaneamente tutti i Marchi dei Mangiamorte lì presenti.

Harry spalancò gli occhi.

Nello stesso momento in cui il Marchio Nero comparve in cielo, nello stesso momento in cui Harry sentì un POP simultaneo, il ghigno crudele di Voldemort si ampliò, mentre lanciava un fiotto di luce nera, non a Harry, ma a un corpo fermo a terra.

Voldemort scomparì, in un vortice nero.

Marlene, sveglia da minuti, cercò di rotolare via, Harry cercò di deviare la Maledizione, ma quello finì solo per colpirle il fianco, squarciandolo con un taglio profondissimo.

Schizzò sangue, e la bocca di Marlene si aprì in un urlo silenzioso.

 «MARLENE!» urlò Harry, correndo verso di lei.

Una pozza rossa si andava ad allargare secondo dopo secondo, Harry si chinò, e non si curò del sangue che andava a sporcarlo tutto.

Lui ma non Marlene. Perché Marlene?

La biondina ansimava, con gli occhi socchiusi.  «Non chiudere gli occhi! Non osare chiudere gli occhi!» esclamò Harry, mentre cercava flebilmente un incantesimo di guarigione da qualche parte nella sua memoria.

Ma stava andando in palla, ne era consapevole, e questo non era per niente d’aiuto. I suoi occhi non riuscivano che a vedere il pallore di Marlene, il suo respiro sempre più lento, il sangue che si ritrovava sulle mani e, sempre di più, sentiva l’odore del sangue che gli provocava una sensazione di vomito.

Miracolosamente, fu proprio quando era certo di avere tra pochi minuti il corpo morto di Marlene davanti a sé, che gli venne in mente quel maledetto incantesimo.

Sguainò la bacchetta e, costringendosi a riprendersi, iniziò con estrema concentrazione a pronunciarlo, ripetutamente.

Piano piano il sangue si fermò, i tessuti sottocutanei si risanarono, e la ferita scomparve.

Harry aprì lentamente gli occhi, sentendo il cuore leggermente più leggero quando vide la ferita risanata. Ma lo sarebbe stata solo per mezz’ora, poi si sarebbe riaperta. E Marlene aveva bisogno di almeno tre pozioni Rimpolpasangue.

La biondina aveva lo sguardo offuscato, ma almeno gli occhi erano aperti, e respirava ancora.

Harry slegò velocemente mani e braccia.

 «Lene…?» sussurrò poi, preoccupato.

Marlene si voltò verso di lui, e alzò debolmente una mano, il cui polso aveva segni rossi, indicando la sua gola, per poi muovere la bocca senza emettere alcun suono.

Harry spalancò gli occhi e sussurrò: «Finite Incantem»

Marlene tossì  «Grazie» gracchiò, cercando alzarsi. I suoi occhi caddero sul suo sangue, osservandoli in modo assente, come se non realizzasse niente di tutto ciò che accadeva.  Un violento capogiro la colse all’improvviso.

Harry l’afferrò prima che cadesse.

Quando si fu calmato il capogiro, la mano di Marlene scacciò leggermente Harry  «Ce la faccio» mugugnò, facendo forza sulle braccia e sulle gambe, per alzarsi.

Quando era ormai sul punto di mettersi in posizione retta, sentì di nuovo un forte capogiro, e Harry l’acciuffò di nuovo.  «Non mi sembra» sussurrò il corvino  «Forse è meglio che tu non cammini proprio»

 «No…» borbottò Marlene, facendo qualche passo, tenuta saldamente per la vita da Harry.

A nulla valsero le insistenze di Harry, Marlene volle comunque camminare, arrivando addirittura a cercare di allontanare Harry, che decise poi di lasciar perdere, e farle semplicemente da supporto.

Marlene non era lucida, non sembrava capire niente, e il suo pallore andava a peggiorare a ogni cinque passi.

Uscirono dal vicolo, e un Auror, rimasto insieme agli altri suoi colleghi per i feriti, corse verso di loro.

 «Che ha?» chiese a Harry, con voce ferma, guardando Marlene.

 «Ha perso molto sangue, e ha una ferita profonda provocata da Arti Oscure, che si aprirà tra circa mezz’ora, ho fatto quel che potevo…» disse, l’Auror, che sembrava un uomo imponente e rigido, prese Marlene, ormai mezza-svenuta,  dalle braccia di Harry.

 «La porto al San Mungo» affermò, preparandosi a smaterializzarsi.

 «Vengo anch’io» 

L’Auror lo guardò un attimo  «Neanche per sogno, tu torni ad Hogwarts. Non ho il permesso di portarti con me, con questa ragazzina posso perché è un caso speciale. Ma tu non hai niente che non possa essere guarito ad Hogwarts» obbiettò, con tono perentorio.

Marlene sbattè le palpebre lentamente, mugugnando qualcosa che non si capì.

  «Le assic- »

 «Non mi sembra il caso di discutere quando la tua amica ha bisogno di urgenti cure» lo interruppe sul nascere l’Auror, gettò un’ultima occhiata allo sguardo indignato di Harry, e si smaterializzò.

Harry osservò per qualche secondo il punto dove fino a un attimo fa vi era l’Auror, e strinse i pugni, ormai ricoperti di sangue quasi secco.

Avrebbe tanto voluto smaterializzarsi al San Mungo, ma sapeva che ciò avrebbe comportato troppe domande, quindi si costrinse a dirigersi verso Hogwarts.

Osservò Hogsmeade, che quasi completamente distrutta, non si poteva neanche più chiamare tale.

L’aveva capito, l’attacco era stato solo un mezzo di Voldemort per arrivare a lui. Tutto questo era successo a causa sua.

Passo dopo passo, in automatico, si avvicinò sempre di più al castello, mentre i suoi occhi scrutavano intorno, cupi e pieni di pensieri che solo Harry poteva sapere.

Le sue mani, i suoi vestiti, erano sporchi di sangue non suo, e non poteva evitare di guardare quel rosso in continuazione. Non osava neanche immaginare come fosse dall’esterno, sicuramente peggio di quanto si immaginava, visti gli sguardi che gli gettavano gli abitanti e proprietari dei negozi, che duravano qualche secondo, prima di essere distolti bruscamente.

Bussò ai cancelli.

Aspettò qualche attimo, prima che la McGranitt corresse verso di lui, insieme a Gazza, visibilmente agitata.

Con uno scatto veloce aprì il cancello «Grazie al cielo, Potter!» esclamò, prima di notare le sue vesti «Ma… cosa le è successo?» domandò orripilata, alla ricerca di una ferita.

 «Non è il mio sangue» rispose Harry, entrando nel parco.

Negli occhi della McGranitt balenò per un attimo il sollievo, prima che stringesse le labbra, mentre intanto Gazza se ne stava dietro di lei, parendo quasi un intruso.

Poi, la professoressa parve essere colta da un pensiero, e il suo sguardo si fece di nuovo preoccupato «Ma la signorina McKinnon? Mi avevano detto che era con lei…»

 «Era con me» precisò Harry «Ora… è al San Mungo» deglutì, osservandosi le mani.

Quel semplice gesto bastò a far capire che quel sangue, quel sangue che colorava di rosso i vestiti e le mani di Harry, non era altro che il sangue di Marlene McKinnon.















































Angolo Autrice
Prima di tutto mi scuso per questo immenso ritardo. Un mese. Un mese. Incredibile come dicendo “Quattro settimane” sembri di meno. Ma dal 2 Febbraio al 2 Marzo (anche se quando pubblicherò il capitolo sarà passata mezzanotte, quindi sarà il 3 Marzo, ma shhh) è decisamente un mese. Potrei elencarvi una serie di motivi, ma il principale è stata la difficoltà di questo capitolo per me. Sono andata in crisi, questo capitolo è stato una piccola sfida. Ho riscritto varie volte una sola scena, cambiando completamente le mie idee iniziali.


Ho deciso di mettere data e luogo ogni volta che iniziava una scena, per farvi capire che mentre in una si è svolto quello, contemporaneamente in un altro luogo è successo questo. Perché a dire continuamente “Intanto che…” “In quello stesso momento…” mi sembrava stupido.

Nella prima e nella terza scena abbiamo James e Lily e Sirius, Mary, Remus e Peter. Spero di averli resi beni, i loro pensieri e emozioni. Non combattono, perchè non ce li vedo dei tredicenni che, per quando coraggiosi, combattano. Piuttosto scappano, chi dal pericolo chi per cercare i suoi amici.

Si vede poi che James e Lily sono con la McGranitt, e non è spiegato in che modo fossero arrivati a trovarsi lì, ma inserire anche la spiegazione, in questo capitolo, mi sembrava anche troppo.


Nella seconda scena, ci sono Daniel e Regulus. Vi ricordavate Daniel Cooper? Non credo XD l'ho nominato pochissime volte.

Infine, si arriva alla terza scena. Marlene è piuttosto vendicativa, s’è visto. Il Mangiamorte che li osserva ci stava davvero, li spiava perché poi li dovevano catturare, quindi seguiva i loro movimenti. Quando arrivano i quattro Mangiamorte fa il meglio che può fare, anche se inizialmente, e anche durante il combattimento, ha paura. Ma credo che se non ci fosse stata la paura e l’esitazione non sarebbe stata realistica.


E l’incantesimo che le viene lanciato ma che “non sembrò aver alcun effetto.”  è il Silencio, è rimasta senza voce da quel momento fino a quando Harry ha annullato l’incantesimo. Voldemort. Ah, Voldemort. Cerca di abbindolare Harry, parlando di potere e riscatto, di cui a Harry non importa una ceppa. Harry è un bravo Occlumante, riesce a bloccare i Legilimens, tuttavia non è così avanzato da riuscire a ingannare Voldemort e creare “false intenzioni”.


Marlene, intanto, si è svegliata nel bel mezzo della conversazione, ma è rimasta immobile. Ma senza voce non poteva urlare, e non poteva cercare di slegarsi altrimenti Voldemort si sarebbe immediatamente accorto di lei, schiantandola di nuovo, o forse qualcosa di peggio. Sarebbe stata comunque inutile, messa così, quindi ha preferito non fare niente.


A proposito, secondo voi Voldemort ha il Marchio Nero? Voldemort può essere chiamato dai Mangiamorte e può chiamare (credo), deve aver pur qualcosa che glielo permette. Ma si marchierebbe come un qualunque Mangiamorte? Ho pensato di no, quindi ho preferito pensare che avesse un collegamento interno. Marlene viene ferita gravemente, e credo che per una ferita del genere, per la quale ha rischiato di morire dissanguata, sarebbe stato più opportuno portarla al San Mungo. E il capitolo finisce così, con Harry che torna ad Hogwarts e riferisce alla McGranitt.
Alla prossima!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
 




Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!  

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Capitolo 45
*** Sembrava un angelo ***


Sì, sono una persona orribile. E sì, scannatemi, ma vi prego non uccidetemi, che altrimenti davvero non riesco a continuare la storia. Non pubblico da mesi, e finalmente eccovi qui il capitolo. Non vi sto a elencare i motivi per cui ho fatto questo colossale ritardo, anche perché le note lunghe a inizio capitolo non le sopporto neanche io, non preoccupatevi. Vi dico solo che, sia per mancanza di ispirazione, sia per impegni, ho scritto a un ritmo molto lento.
Detto questo, buona lettura. Spero vi piacca (:





 
 Sembrava un angelo

Lily guardò la superficie del tavolo di Grifondoro con uno sguardo cupo. Era vecchio, ma ben pulito, tanto pulito che, se non ci avesse prestato una peculiare attenzione, lo avrebbe visto come nuovo di zecca.

«Chissà chi lo lava, questo tavolo»  pensò la rossa vagamente, e fu proprio quando realizzò che aveva pensato una cosa così futile, che si rese conto di quanto in realtà fosse disperata. Una serie di pensieri superficiali e irrilevanti si susseguivano velocemente nella sua testa, entrando da una parte e uscendo dall'altra, e l'attimo dopo già non si ricordava più a cosa avesse pensato giusto qualche secondo fa. Ma quella tranquilla corrente di pensieri era meglio della temibile e forte corrente che cercava di evitare, perché sapeva che sarebbe stata capace di creare uno tsunami, da cui sarebbe stata travolta, distruggendo tutta la falsa quiete in cui cercava di rifugiarsi.

Strinse i pugni e alzò gli occhi, l'udito invaso da una forte confusione, creata da delle voci concitate, alcune curiose, altre orripilate, altre ancora terrorizzate, ma che in realtà poco importava. Riusciva a sentire il pesante silenzio che c'era tra loro, solo tra loro.
 

Erano tutti uniti.

Era costretta a sopportare il giocherellare ossessivo di Black con il suo braccialetto nero al polso, intanto che suo fratello gli teneva una mano sulla spalla; l'immobilità di Potter, e forse fu una delle poche volte che desiderò che si muovesse, tanto per avere uno spiraglio di normalità; il tremolare della gamba di Remus, che certe volte la muoveva in modo così agitato da creare una lieve scossa al tavolo; i continui gesti compulsivi di Minus, che erano di una varietà impressionante, dal mordersi l'interno guancia allo sfracellarsi le unghie; i settantamila sospiri di Mary, che avvenivano a intervalli regolari; il pallore spaventoso di Alice, appoggiata a Frank, che da poco aveva lasciato i suoi amici qualche posto più in là per farle sostegno; e le occhiate curiose, di pietà ed evidente disagio dell'amico del fratello di Black.

Ma alla fine, le andava bene così.

Non erano un gruppo unito, non tutti erano amici e né lo sono diventati d'un tratto. Ma vi era un laccio fragile formato da due persone che li teneva insieme.

Vi erano persone che erano preoccupate più per una che per l'altra persona, non per cattiveria, ma per una semplice questione di amicizia. Ma questo non toglieva il fatto che contribuiva a quel pesante clima di tensione.

Gli occhi di Lily scattarono all'enorme porta che dava alla Sala Grande, per poi riabbassarsi, delusi.

Ancora nessuno.

Lily sentiva un peso diventare sempre più opprimente al petto, mentre stringeva i pugni fino a piantare le unghie nella pelle. Tanti, tantissimi studenti erano tornati da Hogsmeade un bel po' di minuti fa, e loro ancora non si facevano vivi. E Lily lo aveva saputo, i Mangiamorte se ne erano andati via.
 

Sentiva il ticchettio di un orologio che in realtà non c'era, che scandiva i secondi. La corrente di pensieri futili si interruppe bruscamente, e la rossa sentì quell'altra corrente di pensieri, quella terribile e cupa, che aveva cercato di evitare, prendere il sopravvento. Pensò ad Harry e Marlene, a quanto volesse bene loro. Sentiva ogni secondo, ogni attimo, scandito sulla sua pelle, con esasperante lentezza. Pensò ad Harry, ai momenti passati con lui, a studiare, a confortarsi a vicenda, a ridere, o semplicemente a chiacchierare, ma che erano sempre piacevoli. A quando le insegnava pazientemente qualche incantesimo fuori dal programma e a quando si mostrava fintamente allegro, pur di non farla preoccupare. Pensò a Marlene, alla sua cotta per Harry, ai suoi abbracci, al suo sguardo dispiaciuto mentre la sentiva sfogarsi su Potter e al suo sorrisetto, divertito e quasi affettuoso, quando le chiedeva come faceva a sopportare quelli lì. A quando si nascondeva sotto le coperte per non essere svegliata la domenica, anche se era mezzogiorno passato (era sempre troppo presto) e a quando parlava nel bel mezzo della notte con Alice, talvolta svegliando qualcun altro nella stanza a causa del rumore che facevano.

Pensò a tutto questo in poco tempo, sentendo l'angoscia salirle, la sensazione d'impotenza schiacciarla. E si disse che quell'attimo era un "ora o mai più". Perché si stava accorgendo solo in quel momento di quanto tenesse a loro, e non ce la faceva a starsene ferma lì, seduta al tavolo di Grifondoro della Sala Grande, senza fare niente. Se non li avesse visti ora, proprio in quel momento in cui volgeva di nuovo lo sguardo alla porta della Sala Grande, giurò che si sarebbe alzata e che sarebbe andata a cercarli.

Nessuno.

Strinse le labbra e scrutò attenta tra le tante persone.

Una chioma scombinata di capelli corvini. Degli occhiali rotondi. Una cicatrice a forma di saetta.

Già da lì, Lily fu talmente veloce nell'alzarsi che neanche realizzò di farlo. L'attimo prima era seduta al tavolo, l'attimo dopo stava stringendo forte Harry, colto di sorpresa. Per un po' le braccia di Harry rimasero ferme, lungo i suoi fianchi, poi lentamente le alzò, incerto, e ricambiò l'abbraccio.
 
Gli occhi di Lily rimasero stretti e chiusi, ignorando il baccano che si sentiva dal punto dove fino a qualche secondo fa pativa l'ansia in compagnia. Quando Harry si mosse leggermente, Lily aprì gli occhi, quasi rilassata, per poi spalancarli di colpo, di nuovo terrorizzata e ansiosa.

Si staccò con uno scatto, trattenendo il fiato, e guardò Harry.

Mancava qualcuno. «Dov'è Marlene?» sussurrò.

L'amico le lanciò un breve sguardo angosciato, non proferendo parola. A Lily parve di congelarsi, e difatti non si mosse di un millimetro quando giunsero anche gli altri subito dopo, intanto che Harry distoglieva lo sguardo, rivolgendolo a James e Sirius, che sembravano intenzionati a travolgerlo.

Lily non distolse lo sguardo, continuò a seguire per qualche secondo i movimenti di Harry, questi barcollava e quasi cadeva, mentre Sirius lo stingeva in una morsa (che magari a prima vista non sembrava neanche un abbraccio). E James sorrideva quasi ridendo, invaso dal sollievo, guardandoli.

Lily sbattè le palpebre, lasciò per un attimo stare l'appena accennato sorrisetto di Harry, che sembrava far fatica anche al solo curvare le labbra lievemente in su, e guardò dietro di sé. Le sue amiche erano bloccate, Mary tremava e osservava con gli occhi spalancati il vuoto.

Il sorriso di Alice andava via via scemando, gli occhi lucidi. Probabilmente all'inizio stava per piangere dalla gioia, ma una volta visti i fatti, la gioia era durata ben poco.

Una lacrima scese.

Lily vide Mary voltare la testa talmente velocemente che era un miracolo che non le fosse venuto un crampo. La corvina camminò con passo deciso e frettoloso verso Harry. Tolse Regulus dalla propria strada spintonandolo con noncuranza, poi Remus e infine James, parandosi davanti a Harry con la postura rigida e le labbra quasi tremolanti.

«Marlene?» domandò, con voce raschiata. Sirius tolse il braccio dalle spalle di Harry, con la faccia di chi solo ora nota qualcosa di importante.

Guardò Harry «Vero... dov'è?»

Remus, leggermente dietro Peter, già previde qualcosa di terribile, perché lo sguardo del Potter si fece sfuggente al solo nome della ragazza.

«Al San Mungo» rispose Harry, alzando a forza lo sguardo e guardandoli con occhi di chi cerca di trattenere più emozioni possibili «Durante... uno scontro ha perso molto sangue, quindi è stata portata d'urgenza lì da un Auror.»

Mary si fece bianca a vista d'occhio.

Harry aprì la bocca, poi la richiuse, esitando a parlare. Deglutì e si decise: «Starà bene» cercò di rassicurare la corvina di fronte a lui, poi strinse le labbra e chinò la testa.

Peter lo osservò con uno sguardo sofferente mentre cercava di mostrarsi tranquillo, intanto che si guardava le mani con una faccia inespressiva.

Eppure le mani non avevano niente di particolare, erano perfettamente pulite.

Di colpo alzò la testa, di nuovo il capo fiero, e Peter sospirò.

Perfino lui l'aveva capito: Harry era così, pensava lui a se stesso, mai si mostrava abbattuto.

«Voi come state?» chiese, analizzando i loro vestiti sporchi e i loro capelli inguardabili.

«Bene. Madama Chips ci ha curato tutti» rispose Remus, che al momento sembrava l'unico in grado di dire qualche parola.

Harry aggrottò le sopracciglia «Strano che non vi abbia costretto a rimanere lì.»

«Voleva, in realtà, » precisò Sirius, poi fece una smorfia «ma l'infermeria era, ed è ancora, praticamente piena, restando lì, in mezzo a tutta quell'agitazione, a tutte quelle persone che corrono da una parte all'altra... con l'odore di disinfettante e sangue costantemente sotto al naso... non è molto terapeutico. Diciamo che ce ne siamo scappati il prima possibile.»

Non avevano neanche ascoltato la McGranitt, che aveva detto loro di andare a lavarsi per togliersi tutta quella cenere e tutto quel sangue dal corpo, perchè nessuno di loro era capace di andare tranquillamente a farsi una doccia con il pensiero martellante di Harry e Marlene.

Harry annuì senza un apparente motivo dopo lunghi attimi di silenzio.

«Dovresti andarci tu, in infermeria» borbottò Peter, con una voce piccola piccola, osservando i vari tagli sparsi per il corpo di Harry.

Harry rispose di sì nello stesso tono tentennante, quasi come se fosse stordito, si girò e si incamminò di nuovo verso l'uscita.

Il pensiero della loro amica bionda, dell'orrore che avevano visto, aleggiava su di loro. Tutto sembrava spaventosamente fuori luogo, inadatto e stupido da dire. Le bocche erano cucite, serrate, alcune sembravano voler cacciare qualche parola ma, esitanti, si richiudevano. L'allegria di James, Sirius e Lily quando avevano accolto Harry già sembrava un lontano ricordo, quasi dimenticato. La verità era che in quei momenti ogni attimo sembrava un'infinità, il tempo si allungava e faceva pesare la sua durata, che poi era solo immaginaria, sulle spalle delle persone.

Regulus guardò Sirius, Sirius annuì e il ragazzo si voltò verso Daniel facendo un cenno con il capo, e silenziosi se ne andarono. Erano intrusi, non provavano ciò che stavano provando loro, ed era meglio così, meglio risparmiarli da quell'aria che sembrava soffocare tutti.

Gli altri si mossero insieme ad Harry, tutto pur di dare un senso a quel tempo in cui ogni secondo era un minuto, ogni minuto sembrava quasi un'ora. Vollero muoversi e non starsene immobili, per darsi l'impressione che il tempo stesse effettivamente passando in modo evidente. Ogni passo durava un secondo, nella norma, e quindi era passato solo un secondo, ora che si era fatto quel passo; era breve, quel secondo, non era di certo un minuto.

Il tempo scorreva ancora come prima.
 
Harry entrò nell'infermeria e sentì lo stesso identico odore che aveva descritto Sirius. Se lo aspettava.

Ma quando fu colpito dall'odore di sangue, deglutì vistosamente, spalancando gli occhi.



"Rosso, cos'è questo odore? Rosso, rosso, rosso. Tremo, la testa svuotata. E c'è solo quel rosso rosso rosso..."



«Vieni qui, non startene lì, sei d'intralcio!» esclamò un ragazzo piuttosto giovane, in divisa bianca. Forse era uno degli aiutanti di Madama Chips.

Harry sbattè le palpebre e la sensazione di trovarsi ancora in quel vicolo isolato dal mondo, con Marlene sanguinante ai piedi, scomparve rapidamente.

Si accorse di starsene impalato in mezzo alla confusione e si diresse verso il ragazzo con passo svelto.

Lo lasciò fare, si lasciò esaminare e curare.

Perché era venuto lì, maledizione? Era capacissimo di curarsi da solo.

Le porte furono spalancate e la professoressa Sprite entrò agitata e con il fiatone, teneva la bacchetta puntata dietro, apparentemente verso il nulla.
Poi la mosse leggermente e comparve un ragazzo svenuto che volteggiava, la gamba era fasciata strettamente con delle bende.

«Poppy! Questo ragazzo ha bisogno di urgenti cure!» urlò, e Madama Chips accorse.

«Ho diminuito l'emorragia, ma l'ho trovato in una pozza di sangue. Ne ha perso troppo» sussurrò in modo concitato, guardando il ragazzo.



"Il respiro rallenta, gli occhi sono lucidi. Non chiuderli! Un incantesimo, un incantesimo... maledizione, non sono così inutile! E invece sì, perché sento solo la nausea, riesco solo a guardare il sangue che macchia i miei vestiti, riesco solo a restare paralizzato, e la mia mente si limita solo a vedere e a non reagire. Non riesce a fare niente...



«Calmati, Pomona» disse Madama Chips, guardando velocemente l'infermeria. Trovò uno spazio libero e si diresse lì, facendo segno alla professoressa di seguirla alla svelta.

«Ho cercato di non farlo vedere agli studenti, già sono troppo agitati. Oh! Spero che questo sia l'ultimo trovato!» mormorò la Sprite, impallidendo al pensiero di altri studenti sepolti sotto le macerie.

«Speriamo...»

Non c'era un letto, ma Madama Chips lo fece comparire, e mise il ragazzo sul materasso, poi chiuse le tende, e Harry non vide più niente.



...non riesce neanche a pensare, a pensare a qualcosa che possa salvarti"



Harry si alzò di scatto, pallido come un cencio, e il Medimago fece un verso di sorpresa, mentre la sua bacchetta andava a sbattere contro la spalla di Harry, dove stava finendo di curare un taglio piuttosto brutto.

«Che stai facendo?!» esclamò irritato.
 
«Sto bene» rispose Harry. Il ragazzo alzò le sue sopracciglia folte, scettico.

«Siediti, ragazzino, devo finire di curarti» disse con tono che voleva essere autoritario. Fallì miseramente, e Harry lo guardò impassibile, ancora alzato.

Poi si voltò e lo superò.

«Che vieni a fare qui se neanche ti fai curare?» sbottò l'infermiere.

Harry sospirò «Sto bene, davvero. Non preoccuparti, occupati degli altri feriti» rispose continuando a camminare, intanto che sguainava la bacchetta e se la puntava alla spalla, poi sussurrò la formula e il taglio si rimarginò. Fece velocemente la stessa cosa sul labbro inferiore e sul fianco.

Il ragazzo lo guardò sbattendo le palpebre, mentre oltrepassava le porte.

«Geffrey, portarmi una Pozione Risvegliante, presto!»

Il ragazzo dalle sopracciglia folte sembrò risvegliarsi, e dopo un attimo di disorientamento, scattò verso l'armadietto a prendere la pozione.


Harry non sapeva che cosa gli fosse preso.

Sapeva solo che doveva vedere Marlene, doveva sapere come stava e cosa aveva passato. L'odore del sangue, di tutte le ferite degli studenti che necessitavano di essere curate e quella agitazione avevano fatto sbilanciare l'equilibrio di calma e indifferenza che aveva trovato in un angolino della sua testa, e in cui si era rifugiato. Era sempre stata una persona dal sangue freddo, da quel che ricordava, ma era stata la prima volta che si era trovato davanti a uno spettacolo del genere, si era bloccato, e non era da lui.

La verità era che la paura di perdere qualcuno a lui caro si era rafforzata ancor di più dopo le perdite che aveva subito. Quella paura lo aveva paralizzato, vedere quasi la vita scivolare via dal corpo di una persona a cui voleva bene, il senso di impotenza di fronte agli eventi, la sensazione di aver fallito nel proteggere qualcuno.

La sofferenza che ne sarebbe conseguita.

Si era buttato di nuovo, quando era capitato nel 1971.

Si era buttato di nuovo negli affetti, anche qui, aveva accettato di avere da perdere.

Eppure, avrebbe dovuto ormai averlo imparato, più ci tieni, più hai da perdere, e quindi più soffri. Sei più vulnerabile, ma allo stesso tempo più forte.

Aveva accettato di nuovo il grande rischio di una sofferenza che già conosceva, e se n'era reso conto da poco, quando invece l'aveva accettata da anni.

«E neanche impari la lezione, sei proprio uno zuccone.»

Harry cercava di convincersi che ne valeva la pena. Una vita da soli è una vita sprecata, dopotutto.



Alice vide Harry uscire dall'infermeria, in faccia un'espressione piuttosto decisa. Li superò quasi in modo frettoloso, come se non li avesse visti, lasciandoli lì impalati con le loro facce confuse.

«Harry! Dove stai andando?» lo chiamò James.

Harry neanche si prese il disturbo di voltarsi «Da Silente.»

«Cosa?!» si lasciò sfuggire Frank.

Alice aggrottò le sopracciglia, trovando il corvino parecchio strano. Cosa gli era preso? Era uscito dall'infermeria con un atteggiamento completamente diverso da quello con cui vi era entrato. Alice se lo ricordava, era entrato con uno sguardo impassibile e cupo, che si spostava in continuazione a guardarli, mentre quasi camminava trascinandosi. Ora invece a malapena li guardava, sembrava animato da un nuovo spirito.

«Ehi, datti una calmata, Potter. Mi spieghi ora che cosa c'entra Silente?» se ne uscì di colpo Mary infastidita e irritata, muovendosi per stare al suo passo.

Remus si bloccò nel fare la stessa azione.

Forse fu il tono in cui lo disse, fatto sta che Harry si fermò.

«Devo chiedergli una cosa» rispose in modo vago.

«Che cosa?» insisté Mary piuttosto brusca, probabilmente con un diavolo per capello. Alice già giudicava incredibile che non se la fosse presa ancora con nessuno fino a quel momento, o che non fosse andata a rintanarsi in qualche angolino, desiderosa di distaccarsi per un attimo dal mondo circostante.

Harry sospirò irritato. «Il permesso per andare al San Mungo.»

Mary lo guardò stupita, Remus intervenne cautamente: «Harry, non so se ti rendi conto della situazione...»

«Me ne rendo conto!» sbottò Harry, voltandosi di scatto a guardarlo «Solo... solo che non riesco a togliermela dalla testa! Lei sta lì... di fronte a me e...» si bloccò, abbassando le braccia (che si erano alzate nel gesticolare) e stringendo i pugni. «Io voglio sapere come sta» concluse. Era una costante, non riusciva a liberarsi da quel pensiero; eppure, Harry era consapevole che doveva concentrarsi su altro, come ad esempio sul semplice fatto che Voldemort ora sapesse della sua esistenza, ma non ci riusciva. E cercare di rassicurarsi pensando che al San Mungo avrebbero sicuramente curato Marlene (perché andiamo, se lui era stato capace di guarire temporaneamente la ferita, Medimaghi esperti avrebbero fatto di meglio) era completamente inutile. Non si calmava.

«E non ti è venuto in mente che anche noi vorremmo saperlo?» giunse la voce di Mary, che lo guardava con un'espressione ancora più dura. «Ora volevi per caso andartene lì da solo, lasciando noi qui?»

Harry si irrigidì e non rispose, mentre la sua mente razionale sembrava riprendere il controllo dei suoi impulsi.

«Rispondi e non guardarmi con 'sta faccia da pesce lesso!» esclamò Mary, irritata dal suo silenzio. Aveva gli occhi azzurri rabbiosi e trasudava tensione da tutti i pori, tensione che fino a quel momento aveva accumulato. Ad Hogsmeade, al fottuto tavolo di Grifondoro della Sala Grande, mentre si dirigeva insieme agli altri all'infermeria e mentre aspettava fuori.

«Ho solo pensato che non avrebbe mandato tutti noi, ma solo pochi, per mantenere un certo controllo in questa assurda situazione in cui si trova Hogwarts» sparò a bruciapelo Harry, ben sapendo che non aveva pensato proprio a un bel niente. Quando si era diretto nell'ufficio da Silente aveva pensato egoisticamente solo a se stesso e alla sua preoccupazione, non c'entrava un tubo il controllo e il numero di persone che andavano al San Mungo.

Per qualche motivo, Mary sembrò tutt'altro che calmarsi a questa affermazione, piuttosto ottenne l'effetto contrario «E cosa ti fa pensare che tu debba essere tra le prime poche persone, eh?! Ti sei dimenticato che io, Alice e Lily siamo sue amiche?»

Il corvino la guardò come a trafiggerla. Questo no, poteva accettare di ricevere urla contro per aver avuto l'intenzione di andarsene da solo al San Mungo, ma dire che lui non avesse neanche il diritto di visitarla il prima possibile...

«Stesso discorso vale anche per me» rispose freddamente.

«Ah, quindi secondo te tu sei legato a lei quanto noi?» rispose Mary, alzando un sopracciglio.

A quel punto Harry non si trattenne più.

«Senti, io non sto a giudicare le amicizie, a differenza tua. Io non ti dico che non hai il diritto di essere tra i primi a farle visita, e neanche tu devi farlo con me. Perché sono stato io e non tu a vederla stesa a terra in una pozza di sangue, talmente bianca da sembrare un cadavere. Sono stato io che a vederla così non ci ho capito più niente andando in palla, e sono stato io a rischiare di perderla davanti ai miei stessi occhi. Io, non tu.» sibilò, con tono velenoso «Quindi fammi il piacere di non dimenticarti questo.»

Cadde il silenzio, Mary di fronte a lui sembrava incapace di parlare.

Harry rimase immobile, lo sguardo furioso e l'attenzione totalmente concentrata sulla ragazzina di fronte a lui, ignorando lo sguardo degli altri. Non notò Lily bianca come uno straccio, lo sguardo intenso di Remus, l'astio che esprimeva Sirius mentre osservava Mary né Alice, che lentamente, quasi con circospezione, si avvicinava.

La corvina sembrava cercare di racimolare velocemente i pezzettini del suo orgoglio sparsi a terra.

Harry stava quasi per voltarsi e andarsene, da qualunque parte ma andarsene. Non voleva vedere presidi che somigliavano a Merlino di Re Artù, musi lunghi o altre persone sanguinanti che venivano portate in infermeria. No, non voleva vedere niente e nessuno. Voleva semplicemente lasciarsi per un attimo tutto alle spalle e poi magari affrontarlo nel modo giusto.

Alice si avvicinò abbastanza da prendere delicatamente il braccio di Mary. Aveva la faccia distrutta e sembrava più vecchia di quanto fosse in realtà, a Harry ricordò vagamente la faccia di Neville mentre con quasi la stessa identica espressione raccoglieva i cadaveri il giorno della Battaglia.

«Non serve a niente mettersi a litigare...» sussurrò fievolmente, guardando l'amica e poi spostando gli occhi su Harry, guardandolo brevemente come una madre che cerca di scusare i suoi figli per il loro comportamento scorretto. Poi gli lanciò un altro sguardo, come se ora stesse rimproverando anche un po' lui. «C'è anche troppo caos, Silente è impegnato. Meglio... meglio andare quando tutto si sarà calmato» disse.

Mary tolse velocemente il braccio dalle mani di Alice, e scoccando un'occhiata di indifferenza a entrambi, si andò a sedere su una delle sedie che erano fuori l'infermeria.

Harry annuì «Hai ragione. Io... vado un attimo in bagno» borbottò, sparando la scusa più cretina che avesse mai detto in vita sua. Poi si incamminò via, da solo, insieme al vortice confuso che erano i suoi pensieri.


*


Harry non aveva ancora detto niente agli altri. Né nessuno aveva chiesto a qualcun altro come aveva vissuto l’attacco. Diciamo che evitavano di parlarne, non volevano rievocare brutti ricordi.

La situazione al castello dopo qualche ora si era finalmente calmata, non c’erano più professori che correvano da una parte all’altra, e i feriti avevano smesso di arrivare dal villaggio. L’infermeria era piena, ma calma, la povera Madama Chips aveva approfittato della situazione per accasciarsi su una sedia, asciugandosi la fronte imperlata di sudore.

Il gruppetto di cui si è parlato fino a questo momento sembrava essersi lievemente ripreso, ora non avevano più segni della battaglia sul corpo; erano vestiti e conciati come al solito, quasi quasi se qualcuno non avesse osservato le loro facce, avrebbe potuto credere che quel giorno fosse stato come un qualunque giorno di un qualunque anno scolastico.

Ma le facce c’erano, c’erano le facce di tutti gli studenti, fino a prova contraria nessuno camminava con la testa mozzata, quindi quel qualcuno non avrebbe mai potuto credere che non fosse successo niente di particolare.

Arrivò l’orario di cena, i Malandrini si diressero lì taciturni, e appena entrarono notarono gli stendardi neri al soffitto.

La Sala era pressoché piena, nonostante questo meno rumorosa del solito, molti studenti erano pallidi e coloro che non erano andati ad Hogsmeade bisbigliavano fra loro.

Remus vide qualche studente piangere al proprio tavolo.

Hogwarts era in lutto.

Certo, perché mica tutti erano stati fortunati come loro, pensò Remus con amarezza, mica tutti erano sopravvissuti, né erano tornati tutti interi.

Al tavolo dei professori vi erano tutti gli insegnati, non composti come al solito, ma piuttosto trasandati e stanchi. La McGranitt aveva una faccia impassibile, ma Harry la conosceva troppo bene, sapeva che la Vicepreside provava tutt’altro che indifferenza. Il professor Lumacorno era l’angoscia in persona, il professor Vitious bisbigliava qualcosa alla Sprite che se ne stava con il capo chino. Quel che stupì Harry fu vedere addirittura il professor Ruf che fluttuava dietro al grande tavolo, con la solita faccia seriosa.

Andarono a sedersi al tavolo di Grifondoro, che non era allegro e vivace come al solito.  

Silente si alzò, e tutti immediatamente si zittirono.

  «Oggi non è stato un giorno facile per nessuno» iniziò, scrutando gravemente gli studenti da dietro gli occhiali a mezzaluna «Molti di voi si sono ritrovati ad affrontare per la prima volta una terribile realtà, una realtà fatta di urla, paura e dolore. Chi vi è tornato, ne è tornato ammaccato e con una consapevolezza in più, ma purtroppo non tutti ce l’hanno fatta. Ci sono dei posti…» Silente indicò con un gesto della mano i tavoli in generale della Sala «dei posti vuoti lasciati da coloro che oggi hanno perso la vita, lasciando un vuoto anche nei cuori dei propri cari. Erano forti, freschi della loro giovinezza, avevano una vita davanti a loro. Credo che tempi ancor più oscuri si avvicinino inesorabilmente, e una volta fuori, la bolla in cui Hogwarts vi permette di stare, che vi estrania dal resto del mondo, non ci sarà, e vi ritroverete catapultati fuori. E allora io vi prego di non dimenticarli, i vostri compagni che hanno perso la vita questo giorno. Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere la strada da percorrere, tra la morale e l’immoralità, tra la paura e il coraggio, tra l’umanità e la crudeltà, pensate a ciò ch’è successo a loro, a dei giovani ragazzi, per essere stati semplicemente ad Hogsmeade, a godersi una bella giornata. Io propongo di brindare in loro onore e ricordo, di brindare in nome dei caduti.»

La Sala fu invasa dal grattare delle panche, mentre tutti si alzavano. Ersero i calici, e dissero, in un unico e cupo coro di voci: «Ai caduti.»



 
*


 
Egregi signori Richard McKinnon e Caren McKinnon
 
Siamo spiacenti di informarvi che oggi, 20 Dicembre 1973, si è verificato un attacco da parte di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato al Villaggio di Hogsmeade, nel quale vostra figlia Marlene McKinnon è stata coinvolta. Ha riportato gravi ferite e, al fronte di questo, ci siamo permessi di portarla urgentemente all’Ospedale San Mungo.
Al momento è al Quarto Piano- Reparto Lesioni da Incantesimo.
Con auguri di pronta guarigione
vi porgiamo cordiali saluti.
Ministero della Magia


 
 
 Fu quello che lesse Richard McKinnon quello stesso pomeriggio, dopo aver tolto la lettera dalle mani tremanti di sua moglie. Ora era in soggiorno, ad aspettare che la moglie e il figlio si finissero di preparare in fretta e furia. La lettera che il Ministero della Magia aveva mandato loro era ancora aperta sul tavolo, mezza stropicciata dalle mani di Caren, intanto che la leggeva.

Sentì un frastuono di passi e vide sua moglie e suo figlio di cinque anni che scendevano velocemente le scale. Quel piccoletto aveva scatenato il finimondo per andare a trovare Marlene insieme a loro, e non essere accompagnato dalla nonna materna.

Caren si era vestita con abiti piuttosto a caso, raro per lei (ci teneva molto al suo aspetto), tanta era stata la fretta di essere pronta e vedere al più presto Marlene. Non che Richard fosse stato da meno.

Caren lo guardò, con il fiatone.

 «Andiamo?»



 
Nell’atrio del San Mungo Richard guardò quasi con angoscia le tre persone in fila al bancone, manco fossero dieci. Micheal si nascose dietro le gambe della mamma, osservando inquietato un signore-gallo: aveva piume che gli spuntavano dalle braccia e dalle gambe (da quella parte spuntavano dal bordo dei pantaloni, vicino alle scarpe) e, a completare il tutto, un bel becco al posto della bocca. Il signore-gallo starnazzava come un ossesso, correndo in tondo per il centro dell’atrio. Tre Medimaghi lo presero per le braccia piumate e lo trascinarono su per le scale.

 «Sono qui in visita per Marlene McKinnon» disse velocemente Richard, ignorando il gallo umanoide che scappava di nuovo, quasi inciampando su di lui.

 «Nome?» chiese la signora al bancone.
 «Richard, Caren e Michael McKinnon, la sua famiglia»


La signora controllò velocemente una scheda e annuì. Poi controllò su un lungo elenco.

 «Camera 252, quarto piano, prima porta a sinistra, sala operatoria. Non so se ve la faranno vedere tanto presto» borbottò «Il prossimo!»



 
 «Lene si trova là dentro?» domandò sussurrando Michael, il dito puntato verso la camera 252.

 «Sì» rispose Caren, sovrappensiero.

Michael aggrottò le sopracciglia «Allora perché non entriamo?» sbottò.

 «Perché la stanno curando, e daremmo fastidio stando lì dentro» spiegò pazientemente Richard. Caren era troppo impegnata a fissare intensamente la porta, come se sperasse di vederci attraverso.

Michael guardò entrambi, poi la porta, corrucciato. Fatto questo, andò a sedersi sulle sedie d’attesa, dondolando le gambe avanti e indietro, nervosamente. Non capiva esattamente cosa stesse succedendo, sapeva solo che sua sorella si era fatta molto male. Ma non aveva quelle sbucciature sul ginocchio o sui gomiti che lui si procurava spesso. Ma qualcosa di molto più brutto. Forse gli stavano mettendo un cerotto speciale?

Forse non doveva essere così preoccupato, alla fine quello che facevano i Medimaghi era curare, quindi l’avrebbero curata sicuramente. Perché era questo il loro lavoro, facevano stare bene le persone. Questo diceva la mamma, no?

Strinse le mani e le gambe dondolanti si fermarono. Lui piangeva per una sbucciatura, chissà come faceva male a Marlene la ferita…
Quanti cerotti speciali e quanti bacetti della mamma sulla bua sarebbero bastati per farla guarire completamente?



 
Caren odiava non sapere. Prima di tutto, sua figlia era là dentro, in sala operatoria, a essere curata da chissà che cosa. Non sapeva quanto la situazione fosse grave, oltre al fatto che non sapeva neanche le circostanze in cui l’avevano trovata. Richard le strinse la mano, delicatamente. Caren gliela stritolò. Forse gli aveva fatto male, in ogni caso, Richard non lo diede a vedere.

 
Venticinque minuti dopo, un Medimago con numerose macchie di sangue sul camice (che fecero rabbrividire i tre della famiglia), uscì dalla sala. Si tolse il mascherino e la cuffia sui capelli, tenendo stretta al petto una cartellina portafogli. Ma non ebbe neanche il tempo di sospirare che subito Caren si alzò per chiedere informazioni.

 «Oh… voi dovete essere la sua famiglia» sussurrò guardando i tre, e si mise subito in una posizione più professionale.

 «Come sta mia figlia?» domandò Caren, mentre Richard distraeva Michael.
 «Fuori pericolo» assicurò subito il Medimago, e Caren sospirò di sollievo «La ferita, benchè fosse semplicemente un taglio profondo sul fianco destro, è stata difficile da rimarginare.»

Caren cercò di ignorare il “semplicemente” che sembrava solo voler sminuire le cose «Perché?»

«Il taglio si apriva continuamente prima che potessimo finire l’operazione, e usciva sangue. Era un taglio particolare, in verità mi stupisco che un ragazzo sia riuscito a farlo rimarginare da solo in poco tempo e per una precisa mezz’ora. – il Medimago sembrò non far caso all’espressione confusa della signora dai capelli castani di fronte a lui – Anche se ha forzato i tessuti sottocutanei, questo non ha fatto che complicare le cose. Erano più vulnerabili e li abbiamo fatti rimarginare nel modo più delicato possibile, ci è rimasta una cicatrice, alla fine. Nonostante le forzature ai tessuti, posso dire con certezza che se il ragazzo non avesse fermato l’emorragia temporaneamente, non avremmo avuto l’occasione di curare la ragazza» concluse sicuro. «Aveva anche una costola ammaccata e altre ferite minori per il corpo, che abbiamo prontamente curato» aggiunse.
 
 «Il ragazzo…?» mormorò Caren, spaesata.

 «Dottor Silvien! Il permesso!» esclamò un Medimago, spuntando dall'uscio della porta. Anche questi non aveva un bell’aspetto, il suo camice era quasi sporco quanto quello del Dottor Silvien in questione, il Medimago che aveva parlato sino al quel momento.

 «Oh, giusto! Ci autorizza a usare qualche pozione per rimettere sua figlia in sesto al meglio?» domandò rapidamente il Dottor Silvien.

 «Certamente!» acconsentì Caren subito. Si alzò sulle punte e cercò di sbirciare all’interno della sala operatoria, oltre le spalle del dottore, ma era quasi completamente avvolta nel buio, se non per una luce intensa al centro della stanza. Però c’erano due Medimaghi che coprivano la visuale.
 «Quando posso vederla?» sbottò.

 «Tra poco esce, poi camera 264» disse rapidamente il Dottor Silvien, le ficcò in mano la cartellina portafogli, con sopra un documento, e una penna «Compili questo, poi me lo consegni» disse entrando nella sala operatoria a passo svelto, esclamando qualcosa, del tipo: «Pozione Rimpolpasangue, dose da emergenza A!»

Giusto qualche minuto dopo le porte della sala si aprirono completamente e uscirono i due Medimaghi (tra cui quello di prima, che aveva chiamato il Dottor Silvien) e il dottore. Portavano un letto su rotelle, sul quale vi era stesa supina una figura leggermente pallida. Aveva i capelli biondi chiusi in una cuffia blu, le coperte erano tirate fino a poco sotto le clavicole, e non sembrava avere una maglietta.

 «Ha preso colorito» disse sollevato il Dottor Silvien.

Era la sua bambina.

La sua piccola forte bambina.

Respirava regolarmente, in volto stampata un’espressione completamente rilassata.

Caren non si era neanche accorta dell’arrivare di suo marito, troppo rapita dall’osservare Marlene, dalla sensazione di quel peso in petto che si sollevava.

 «Marlene! Marlene sta bene!» esclamò Michael felice, aggrappandosi alle sponde di metallo del letto, e tirandosi sulle punte.

Richard sentì le gambe farsi di gelatina e quasi cedette, delicatamente prese nella propria mano quella di Marlene, accarezzandone il dorso.

«Dio mio, è andato tutto bene» solo questo riusciva a pensare.

«Dottore! Il Signor Taylor è fuori controllo!» urlò un infermiere, correndo dal Dottor Silvien.

 «Vi avevo detto di trattenerlo solo per qualche minuto! Dov’è ora?»

 «All’atrio, è quasi scappato»

Il Dottor Silvien si voltò verso Caren, urgentemente. «Il documento, signora.»

Caren sembrò risvegliarsi «Oh sì, certo. Tenga.»

 «Grazie» disse il dottore prendendo la cartellina, poi si voltò e si avviò non verso le scale, ma verso una porta. «La ragazza ha bisogno di molto riposo, non si risveglierà tra poco. Potrà stare con lei tra una decina di minuti, il tempo che la sistemiamo» disse velocemente.

 «Aspetti!» il Dottor Silvien si fermò.

 «Mia figlia in che condizioni è stata trovata? Chi l’ha portata qui?» chiese.
Il Dottor Silvien si guardò attorno nervosamente, l’infermiere che lo aspettava fremendo «Non lo so, signora McKinnon. L’unica cosa che so è che c’è stato un attacco ad Hogsmeade, e che un Auror l’ha portata qui, dicendo che un ragazzino aveva curato temporaneamente la ferita, provocata da Arti Oscure, per una mezz’ora e che la ragazza aveva bisogno di urgenti cure. Solo questo.»

Caren stette immobile.

 «Dottor Silvien!» chiamò l’infermiere.

 «Sì sì, possibile che la trasformazione in gallo colpisca anche il cervello?!» sbottò, poi aprì la porta bianca, entrò insieme all’infermiere, e la chiuse dietro di sé. Dopo qualche secondo, la suddetta porta scomparì, lasciando dietro di sè una piccola "X" blu.*

 «Allora la portiamo alla camera 264, signori» disse un Medimago, poi iniziarono a muovere velocemente il letto, seguiti dalla famiglia. 

 
Un quarto d’ora più tardi, Caren se ne stava seduta su una sedia accanto al letto della camera 264, con a fianco il marito. Michael era dall’altra parte del letto, accarezzava le punte dei capelli biondi di Marlene distrattamente, che a lui erano sempre tanto piaciuti (si immaginava a volte con i capelli biondi lui, rimpiazzandoli a quelli mori che aveva).

I suoi occhi marroni avevano cercato rapidamente un cerotto speciale per il corpo di sua sorella, ma non avevano trovato niente. Probabilmente il cerotto aveva fallito e non l’avevano più usato, per questo non c’era.

Sua sorella sembrava un angelo, proprio come quelli delle favole.

Certo, non aveva le ali, gli angeli poi sicuramente non indossavano un pigiama, ma a Michael sembrava lo stesso un angelo.

Era serena, la sua faccia era perfettamente pulita, e non sporca come lo era sul letto-carrello (così lo aveva chiamato). Era bella sistemata sotto le coperte, le labbra erano schiuse e respirava delicatamente.

Michael lasciò stare i capelli di Marlene e le prese la mano. Magari così avrebbe capito, mentre sognava, che c’era qualcuno che l’aspettava.

 «Il dottore ha parlato di una cicatrice» sussurrò Richard, al quale Caren aveva raccontato tutto ciò che le avevano riferito. Non aveva commentato, ma Caren se lo aspettava, alla fin fine suo marito era sempre stato abbastanza taciturno e in quella situazione lo era anche di più «Vediamo… vediamo com’è ridotta?» chiese.

Caren strinse le mani. Fino a quel momento aveva un po’ evitato di pensarci. Si era immaginata quanto sua figlia avrebbe detestato quella cicatrice, un brutto dettaglio sul suo corpo. Avrebbe preferito non vederla, non quando l’aspetto di sua figlia, pulito e candido, le faceva dimenticare cosa le era successo (tralasciando che erano in un ospedale…).

Guardò Richard, invecchiato di dieci anni nel giro di un’ora, a questo punto si chiese come fosse ridotta lei. La guardava cautamente con i suoi occhi scuri, come se temesse di farla crollare con qualche parola sbagliata.

«Ok» disse. Alla fine era solo una cicatrice, no?

Scostò le coperte e alzò la maglietta a sua figlia, delicatamente.

Le si mozzò il fiato.

Era una lunga e leggermente larga cicatrice bianca, un po’ rossa ai lati, che si stagliava con arroganza, mostrandosi in tutta la sua evidenza. La cicatrice partiva da dietro l’anca, giusto tre centimetri, poi risaliva lungo il fianco e per tutta la vita e, leggermente l’obliqua, arrivava poco sotto il seno, al lato.

Non era bella, e certo, cosa si potrebbe mai aspettare da una cicatrice? Ma non era neanche passabile, a una prima occhiata subito si notava.

Richard l’accarezzò in modo soffice, con occhi affranti, poi ritrasse la mano.
Caren rimise a posto la maglietta, rimboccò le coperte e non parlò.

 «Mamma» il piccolo Michael la chiamò. Guardò brevemente il volto della sorella, incosciente, e fece un piccolo sorrisino «Marlene mi ha stretto la mano!»



 
*


 
Il giorno dopo, Harry si stava recando furtivamente all’ufficio di Silente. In verità si stava nascondendo solo da possibili incontri con Lily, Alice o Mary. Soprattutto con Mary. Gli sarebbe andata addosso accusandolo di voler andare da solo da Marlene e robe del genere.

Ma Harry non stava andando da Silente per andarsene al San Mungo da solo. Cioè, doveva semplicemente chiedere, poi ci sarebbe andato, ma non da solo. Comunque, questo non era il motivo principale. Doveva dire a Silente che ormai Voldemort sapeva della sua esistenza, e questa era una cosa tutt’altro che positiva. Per giunta, non gli stava né indifferente né simpatico, ora che se ne stava a fare i suoi doveri quotidiani da Signore Oscuro, ci scommetteva. Anche questa, non era una cosa positiva.

Questo lo sapevano i Malandrini, si erano raccontati le loro versioni della battaglia prima di mettersi a letto.

Tutto era iniziato con James che aveva annunciato a tutti la scomparsa della sua foglia.





 
«Non ho la foglia» disse James d’un tratto, uscendo dal bagno, ancora con lo spazzolino in mano. Aveva in faccia un’espressione completamente spaesata. Harry ebbe il sospetto che l’avesse scoperto solo ora, quando si era accorto che non c’era niente da cui stare attenti mentre si lavava i denti.

 «Credevo che avessi imparato a lavarti i denti con la foglia in bocca» sospirò Remus.

 «No no, non me li sono lavati i denti. Io la foglia non ce l’ho proprio, e chissà da quanto.»

 Peter arrossì, e borbottò: «Neanche io, l’ho vomitata insieme ai cioccolatini che avevo mangiato, appena sono arrivato qui.»

 «Come scordarselo. Mi hai quasi vomitato addosso, Peter» replicò Sirius risentito al solo ricordo, Peter balbettò scuse. «E tu, James? Che hai fatto? Hai vomitato arcobaleni?»

 «Ehi! Guarda che io sono stato coinvolto in un’esplosione! Un miracolo se fosse sopravvissuta, la foglia. Tu ce l’hai, piuttosto?!» sbottò indignato.

 «Cer… aspe'» si interruppe Sirius, sentendo una strana assenza. Ispezionò la bocca con la lingua, spalancando gli occhi «Dove cazzo è finita?!» imprecò, corse allo specchio, mentre la lingua faceva di nuovo il giro turistico della bocca. La spalancò davanti allo specchio. Non c’era il minimo verde.

«Maledizione!» esclamò. Poi la sua mente ripercosse quel che aveva detto James.

 «No, aspetta… un’esplosione?!» si voltò di scatto verso James, che ora era guardato da tutti. «E tu ce lo dici con questa tranquillità?!»

 «E sei ancora vivo?» sussurrò Harry, immaginando James dentro un negozio, che esplodeva, le macerie che cadevano tutte insieme.

 «Dovevo forse morire?» chiese James, fintamente offeso.

 «Ovvio che no!» ringhiò Sirius, come se James avesse appena bestemmiato.
James sobbalzò, colto alla sprovvista. Guardò gli occhi di Sirius ed ebbe la sensazione che si fosse trattenuto dal dire: “Se tu fossi morto ti avrei resuscitato, ti avrei ucciso io personalmente e poi ti avrei resuscitato un’altra volta” o qualcosa del genere. 

 «Non facevo sul serio» disse cautamente «Non ero dentro l’edificio, cioè… edificio… era un sudicio pub, alla fine. E un pazzo megalomane ha deciso di farlo saltare così, a caso, solo perché sapeva che c’eravamo io e la Evans vicino. Se non fosse stato per l’incantesimo che la Evans ha scagliato su di noi per farci sfrecciare in aria mentre cadevamo, ora non sarei qui» spiegò velocemente.

Calò il silenzio «Beh, alla fine non mi vuole morto. È già un passo avanti, no?» il debole tentativo di James di smorzare la tensione andò a vuoto.

«Effettivamente appena ti ho visto mi sembravi uno saltato in aria» borbottò Remus.

 «Non dire stronzate, Remus. Tu a malapena riuscivi a pensare» sbuffò Sirius.

Remus alzò gli occhi al cielo, le labbra gli si incurvarono in una specie di ghignetto malandrino che lasciò confuso Sirius  «Almeno da parte mia era per la ferita. Tu ti eri imbambolato a guardare James come se fosse Dio sceso in terra.»

Sirius lo guardò male, a disagio, James si aprì in un sorriso e Peter soffocò una risata, mentre Harry guardava il tutto divertito e con una strana luce malinconica negli occhi.

 «Casomai sono io Dio sceso in terra, Remus» cercò di darsi un contegno Sirius.

Fu l’accenno di una lieve risata sincera, che però aveva un non so che di impercettibilmente triste, che fece voltare i presenti, stupiti, verso Harry. Non che vedere Harry ridere fosse una cosa totalmente anomala. Però Harry quel giorno, se non pochi minuti fa, era sembrato con l’umore a terra, la bocca cucita, mentre ascoltava silenziosamente, se non aggiungendo qualche frase buttata là, le loro piccole conversazioni. Quelle conversazioni erano una consolazione per loro, il semplice parlare con i propri amici li faceva sentire un po’ meglio.

 «È bello vedere che, nonostante tutto, riusciate a scherzarci su» commentò con un sorrisetto teneramente triste, ma anche amaro, come a dire che lui non ne era capace.

Il sorriso di James si congelò sulla faccia. No, Harry non li stava rimproverando per scherzare in una situazione del genere, in una situazione in cui erano morti loro coetanei e in cui Marlene era in ospedale. Sembrava che quasi fosse contento che il tutto non li avesse turbati talmente tanto da non fare neanche una piccola battuta. Ma lui non scherzava e non parlava, se ne stava in disparte, da spettatore.

Peter abbassò lo sguardo, ricordò il lancio dello schiantesimo che aveva fatto d’impulso, della soffocante presenza di tutte quelle persone da Madama Piediburro, la nausea. E i suoi occhi caddero sulla sciarpa di Sirius, sporca di sangue, abbandonata in un angolo della stanza.

 «Perché qui, poi? Perché è successo ad Hogsmeade? Non è che al momento siamo questa grande minaccia per… – rabbrividì – Voi-Sapete-Chi» sussurrò.

«Ora no» affermò Remus «Ma lo saremo, in futuro. Tanto vale prevenire.»

«Ragionamento corretto, ma Voldemort non l’ha fatto per questo» disse Harry con voce stanca.

Peter sussultò e un brivido percorse Sirius sulla schiena. Ora che sapeva ciò che era in grado di provocare, al momento non era capace di rimanere indifferente al suo nome. James serrò la mascella, uno squarcio di rabbia ad attraversargli gli occhi.

 «E per cosa, allora?» chiese James, stringendo i pugni.

 Harry deglutì, il viso gli si oscurò «Per me.»

Un’espressione sbigottita passò per il viso di tutti.

 «L’attacco era un diversivo. Quattro Mangiamorte ci hanno attaccato contemporaneamente. E questi erano molto più bravi degli altri. Mi hanno fatto indietreggiare finchè non sono arrivato in un vicolo insieme a Marlene. C’era Voldemort. L’ha legata e poi l’ha fatta svenire. Poi ha chiesto se volevo unirmi a lui, dicendo sciocchezze sul potere, che ero davvero abile, che per me stare qui sicuramente era una noia… cose del genere. Ho rifiutato, e lui prima di andarsene, insieme a tutti i Mangiamorte, ha ferito Marlene, facendole un taglio profondo sul fianco.» continuò Harry sussurrando, poi aprì i palmi delle mani. Rosso. «Ho risanato il taglio per mezz’ora e un Auror l’ha portata al San Mungo» concluse tetramente.

Poi sospirò.

«E ora sa della mia esistenza e probabilmente sono passato alla sua lista nera. Fantastico, no?» domandò sarcastico.

«Fantastico» riuscì a ripetere Sirius, con lo sguardo perso nel vuoto.
Harry guardò i volti degli amici, tutti persi e sorpresi. James no, lui sembrava quasi livido di rabbia.

L’atmosfera lo stava schiacciando.

Fece un’altra risatina, un po’ amara e ironica. «Strano, eh? Ho combattuto contro quattro Mangiamorte e ho incontrato Voldemort, ma c’ho ancora la foglia in bocca.»



 
Harry avvicinò per sbaglio la lingua alla foglia e venne colpito dal sapore acido. Strizzò gli occhi.
Alzò la mano con lentezza, ancora un po’ incerta, poi bussò alla porta di Silente.























*Ho pensato che per trasportare i pazienti dei vari reparti rapidamente, ma anche per dare ai Medimaghi la possibilità di andare da un piano all'altro in meno di un minuto in caso di emergenza, ci fossero delle "scorciatoie" riservate al personale. Le "X" segnalano i punti in cui ci sono delle porte nascoste, che si attivano appena qualcuno del personale si avvicina. Una volta all'interno, si deve semplicemente dire il piano e il nome del reparto, e dopo qualche secondo, magicamente aprendo di nuovo la porta ci si ritroverà nel reparto. Un sistema di porte collegato, insomma. Tutto una mia fantasia, ma vabbè.

Angolo Autrice
Sono crudele a lasciarvi di nuovo la suspense, dopo tanto tempo. Mi sento in colpa. Ma poi il capitolo verrebbe troppo lungo, e non mi pare il caso, altrimenti diventa abbastanza pesante, immagino.
Forse Mary in questo capitolo vi sembrerà antipatica, ma me la immagino così a reagire all’ansia e al dolore. Impulsiva, che pensa solo a sé e magari alle sue amiche, senza tener conto dei sentimenti degli altri. E orgogliosa, perché credo che mai si scuserà con Harry.
Ed Harry impulsivo anche lui, un po’ egoista. Ma credo che, quando sei mezzo sconvolto, non ti soffermi tanto a pensare agli altri.
Una nota sul fratellino di Marlene: ho sempre pensato che ce ne avesse uno. Quando dicevano che i McKinnon erano morti, perché i Mangiamorte avevano attaccato la loro casa, ho sempre immaginato Marlene che si sacrificava per suo fratello. Quindi avevo intenzione di dare qui un fratello a Marlene, non sapevo però quando farne accenno, quindi ora ho sfruttato la situazione per inserirlo.
L’ultima scena è quasi totalmente un ricordo. Sia per chiarire la questione delle foglie, sia per far vedere che Harry aveva raccontato ai ragazzi di Voldemort. Non so quanti di voi ci avranno fatto caso, ma nel capitolo precedente c’erano accenni alla perdita delle foglie di Sirius e James XD:

Le lenti erano completamente spaccate e la montatura tutta storta. Nel chinarsi, vide qualcosa di verde (possibile che una piantina fosse sopravvissuta?) ma non si soffermò molto su di essa. Riparò gli occhiali con un "Reparo" e li porse a Potter.”
 
“Sirius la guardò con le sopracciglia aggrottate, poi sentì qualcosa andargli di traverso, e tossì, finchè non si costrinse a deglutire.”

 
E con questo vi saluto.
Alla prossima!
 
P.s. Come avrete capito, ma giusto per specificare, la seconda e la terza scena non sono messe in ordine cronologico.
P.s.s. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 
 




Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!  

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Capitolo 46
*** Fragilità ***


Fragilità
 


Harry avvicinò per sbaglio la lingua alla foglia e venne colpito dal sapore acido. Strizzò gli occhi.
Alzò la mano con lentezza, ancora un po’ incerta, poi bussò alla porta di Silente. 
 
 «Avanti, Harry» disse una voce proveniente da dietro alla porta.
Harry ormai aveva smesso di esserne sorpreso.
 
 «Salve, professore» disse entrando, per poi chiudersi la porta alle spalle. Silente se ne stava seduto alla scrivania, scrutandolo attentamente con i suoi occhi azzurri dietro gli occhiali a mezzaluna, tuttavia, gli rivolse uno sguardo gentile.
 
Fanny, spennacchiata e con le piume scolorite e disordinate, lo guardò cupamente e distolse lo sguardo. Harry decise che era meglio non guardarla, gli faceva venire un senso di inquietudine. Con un cenno da Silente, si sedette.
 
 «Scusa Fanny, si avvicina il Giorno del Falò ed è piuttosto di malumore» disse Silente gettando un’occhiata preoccupata alla Fenice «Ahimé, con gli altri ha reagito peggio. Li ha fissati per tutto il tempo e ha agitato le ali in modo irritato, ha quasi fatto scappare il signor Melson, del primo anno, forse dovrei cercare di… » si bloccò, notando lo sguardo impaziente di Harry.
 
Sospirò, fintamente sconsolato.
 
 «Tutti vogliono giungere direttamente al punto, nessuno che si fermi a fare qualche chiacchiera con questo vecchio.»
 
Harry si fece per un attimo divertito «Se vuole può chiamarmi quando ha voglia di fare qualche chiacchierata leggera, nessun disturbo.» disse scrollando le spalle, poi ritornò serio, e si avvicinò alla scrivania «Ma questo è di vitale importanza, e riguarda Voldemort e l’attacco ad Hogsmeade.»
 
Anche lo sguardo di Silente si fece più grave «Avevo intuito che la tua preoccupazione riguardasse anche qualcosa dell’attacco e non solo la signorina McKinnon.»
 
In poche parole, pensò Harry, stava solo aspettando che si presentasse nel suo ufficio.
 
 «Umm, sì. Ho avuto… uno spiacevole incontro. Alla fine Voldemort voleva incontrarmi, e ha fatto tutto questo semplicemente per vedermi e parlarmi» spiegò brevemente.
 
 «Perché?» chiese leggermente sorpreso Silente. Una possibilità era che Voldemort fosse venuto a sapere in qualche modo della profezia, che l’abbia collegata ad Harry. Ma c’erano troppe complicazioni, la profezia si riferiva ad Harry sempre in base ai suoi eventi futuri, al fatto che fosse un viaggiatore temporale. E per ricollegarla ad Harry, Voldemort avrebbe dovuto scoprire anche questo, cosa improbabile.
 
E poi c’era la piccola considerazione che se Voldemort avesse interpretato la profezia come aveva fatto lui, Silente, ora Harry avrebbe ferite molto, molto più gravi e, ancora più probabilmente, sarebbe morto.
 
 «Sembra incredibile ma voleva che mi unissi a lui» rispose Harry, ancora rabbrividendo al pensiero.
 
Silente sbattè le palpebre.
 
Oh.
Questo è inaspettato.
 
 «Forse Voldemort che cerca di trattarmi bene e pacificamente è ancora più inquietante di quando cercava di uccidermi» dichiarò Harry, ironico verso quella considerazione così strana «Sentire la sua voce che cercava di farmi cedere al potere è stato… disgustoso» sussurrò Harry, con lo sguardo immerso nei propri ricordi.
 
Silente si schiarì la voce, riportandolo alla realtà «Potresti raccontarmi in dettaglio, Harry?»
 
Il ragazzo sembrò riprendersi e raccontò ciò che era successo con una voce neutra, come se fosse semplicemente un estraneo che era a conoscenza dei fatti. La sua voce esitò quando però raccontò di Marlene, ma si riprese, deglutendo.
Finito il racconto, sebbene l’avesse raccontato in modo impassibile senza dare spazio alle emozioni, si sentì comunque più leggero.
 
Il Preside sospirò «Ormai Voldemort non ti considera come una persona qualunque, di cui non sa né il nome, né l’esistenza.»
 
 «Questo è il problema, suppongo che abbia saputo di me dall’attacco a Diagon Alley, non c’è altro modo» borbottò il corvino. «Alla fine sembro un tredicenne prodigio, quando alla fine ho diciannove anni e ne ho avuto di tempo per imparare.»
 
Silente annuì.
 
 «Non penso che possiamo fare qualcosa riguardo questo. Dobbiamo tenere però la guardia alta, naturalmente, ma se Voldemort ti considera semplicemente un ragazzino che ha rifiutato una sua proposta, non sarai tra le sue priorità. Non verrebbe quindi a cercarti» cercò di rassicurarlo il Preside.
 
Harry sospirò cercando di togliersi quella brutta sensazione dalla testa, e seguì il silenzio per un po’, nei quali Silente lo lasciò deliberatamente immergere nei propri pensieri.
 
Scuotendo la testa, Harry guardò Silente per chiedergli il permesso di congedarsi, ma il mago scosse lievemente la testa, facendogli aggrottare le sopracciglia.
 
 «Anche io ho qualcosa da dirti, Harry» iniziò Silente, incrociando le mani sotto al mento. Il ragazzo in questione alzò le sopracciglia e si mise sull’attenti, curioso e piuttosto preoccupato. «Al fronte di ciò che sta succedendo, voglio fare il possibile per contrastare Voldemort. C’è il Ministero, certo, ma tutt’ora non conosco Voldemort e facilmente credono che si sia arreso se non fa qualche attacco per lungo tempo. Eugenia Jenkins, il Ministro, sta facendo il possibile battendosi con coraggio ma purtroppo con scarsi risultati, gli Auror arrivano troppo tardi poiché gli attacchi vengono stranamente riferiti in ritardo. Da solo il Ministero non basta, per questo ho deciso di entrare anche io in prima linea per combattere Voldemort, formando un’organizzazione segreta volta ad aiutare il Ministero e fare il possibile per rallentare o, possibilmente, fermare la sua ascesa.»
 
Harry annuì «L’Ordine della Fenice» disse.
 
Silente lo guardò un attimo sorpreso «Sì, suppongo quello, dovevo ancora dare un nome, visto che sto ancora radunando» confermò, capendo che era avvenuta la stessa cosa anche nel tempo del ragazzo.
 
 «Oh… beh, le piace?» chiese Harry dopo esser sembrato leggermente imbarazzato, per poi alzare mentalmente gli occhi al cielo alla sua stupidità. Era ovvio che il nome piacesse a Silente, l’aveva scelto lui nel suo tempo!
 
 «Sì, ispira molto. La fenice è il simbolo della rinascita, rinasce dalle ceneri ed è immortale. Questo gruppo sarà la speranza che non muore mai, continuando a rinascere più forte di prima, anche se tra gli orrori e le ceneri della guerra» spiegò Silente con uno sguardo soddisfatto, guardando Fanny con uno sguardo luccicante mentre parlava. Fanny gli rivolse un’occhiataccia e rannicchiò sul trespolo d’oro, tornando a rivolgere gli occhi opachi al vuoto. Silente la guardò per un attimo, poi si ricompose. Beh, sarebbe arrivata la rinascita dopo giorni di sofferenza, quindi non si stupiva che il suo altro se stesso avesse scelto quel nome.
 
Harry stette in silenzio, sorridendo leggermente. Non aveva mai pensato seriamente al nome dell’Ordine della Fenice, ma ora ne coglieva il pieno significato e poteva dire che non ci fosse nome più adatto.
 
Silente si voltò a guardarlo.
 
 «E quindi… all’Ordine della Fenice ho deciso che sarebbe appropriato aggiungerci la speranza più tangibile per la fine di Voldemort. Una persona che, con la speranza in corpo, ha deciso di riprovarci nonostante le difficoltà che le si paravano davanti» disse il Preside, guardandolo intensamente con un leggero luccichio.
 
L’imbarazzo e il disagio si fecero lentamente strada in Harry. Non la vedeva una cosa tanto straordinaria. Quello che lo aveva mosso erano stati la disperazione e l’egoismo, cose tutt’altro che positive.
 
 «Vuole… vuole che mi unisca?» domandò un po’ sorpreso. Al cenno affermativo di Silente, si bloccò «Ma come faccio? Sono nel corpo di un ragazzino e non credo mi accetteranno gli altri. Inoltre, devo stare ad Hogwarts, come posso aiutare stando qui? Non potrò scomparire per combattere durante gli attacchi altrimenti qualcuno inizierebbe a sospettare di me.»
 
«In realtà, riguardo al fatto che sei un ragazzino, credo che potrai rimediare se non vuoi rivelarti. Potrai partecipare alle riunioni e sapere di più su ciò che sta succedendo, rimanendo più informato di quanto tu lo sia qui, e se non mi sbaglio ho avuto l’impressione che tu voglia esattamente questo» parlò Silente, quasi con tono diplomatico. Poi aggrottò le sopracciglia. «Combattere sicuramente non potrai, per una serie di ragioni ovvie, a partire dai sospetti che si generebbero se tu venissi chiamato fuori dall’aula più di una volta.»
 
Harry si appoggiò allo schienale della sedia, con ancora qualche dubbio in testa «Oh beh, naturalmente vorrei essere informato, ma non crede che sarei inutile? Cioè, nel senso, gli altri dell’Ordine inizieranno a chiedersi cosa io ci faccia lì, a questo pun- no, aspetti… » disse d’un tratto Harry, guardando con gli occhi spalancati il vago sorrisetto di Silente «Vuole coinvolgerli?!»
 
«Direi che sarebbe appropriato. Non possiamo fare tutto solo noi due. Entrerai a far parte dell’Ordine con lo scopo di distruggere gli Horcrux, e l’Ordine ti aiuterà a recuperarli, non saranno tutti in posti isolati e con solo qualche maledizione a proteggerli.»
 
L’immagine della Camera Blindata della Gringott dei Lestrange e del volto di Lucius Malfoy comparvero nella mente ad Harry. Non era sicuro che ora la coppa e il diario fossero lì, ma sicuramente erano posti più complicati. E magari se la coppa, il diario o anche il medaglione si fossero trovati in posti del genere…
Suo malgrado, Silente aveva ragione.
 
«Ma… dobbiamo informare nel dettaglio? Possiamo… possiamo fidarci?» chiese esitante, e subito lo sguardo grave di Silente gli fece pentire di aver detto una cosa del genere. Forse era diventato un po’ troppo diffidente, ma ormai aveva capito che si poteva essere ingannati, scappare o cambiare schieramento per codardia.
 
La maggior parte delle persone che componevano l’Ordine erano affidabili, ma qualcuno c’era, che non lo era del tutto.
 
 «Harry… » lo chiamò Silente con tono gentile, facendogli alzare lo sguardo «Se lasci che la sfiducia si faccia strada dentro di te, allora abbiamo già perso» affermò tranquillamente.
 
 «Non tutto» disse Harry «Non tutto nel dettaglio, con la faccenda degli Horcrux e altro, è troppo rischioso.»
 
 «Non intendo mettere tutto l’Ordine al corrente» si affrettò a chiarire Silente «Meno persone sanno, meglio è. Troppo movimento da parte di tutti attirerebbe l’attenzione di Voldemort, facendogli aumentare la sicurezza. Sapranno solo le persone che faranno parte delle operazioni, le più adatte. Gli altri non ne saranno al corrente.»
 
Harry supponeva che non fossero tante. Se in tre erano riusciti a rapinare la Gringott (anche se conclusa in un modo imprevisto e unicamente affidato al caso), magari non ci sarebbe stato bisogno di tante persone, anche per altri luoghi.
 
 «Ok. Si può fare.»
 
 «Bene» concluse Silente, gioviale. Guardò brevemente il suo orologio di dodici lancette con dodici pianeti «Credo che però dovremmo rimandare i dettagli, tra poco molti studenti entreranno in Sala per la colazione» affermò.
 
Harry guardò brevemente l’orologio cercando di capirci qualcosa ma si arrese velocemente, e si alzò.
 
 «Allora vado, signore» disse, sul punto di voltarsi, però, si bloccò. «Sa come sta Marlene, per caso?»
 
 «La signorina McKinnon si sta riprendendo, deve solo recuperare le forze» rispose prontamente Silente «Non c’è da preoccuparsi.»
 
 «Quando si può visitare?» chiese Harry stringendo le labbra.
 
 «Vuoi visitarla?»
 
Harry alzò le sopracciglia.
Sì, Silente lo stava facendo apposta.
 
«Sì» confessò abbassando lo sguardo, poi ricordò le ragazze «Non solo io però»
 
Silente annuì «Magari quando si sveglierà, ti farò sapere, e vi permetterò di visitarla, potreste andare con la Metropolvere al San Mungo.»
 
Harry annuì di nuovo, più sollevato, e si voltò di nuovo verso la porta, incamminandosi verso di essa e aprendola.
 
 «Buona giornata, signore» salutò.
 
 «Buona giornata anche a te, Harry» gli sorrise Silente, come se non avessero appena parlato di Voldemort e di Horcrux.
 
*
 
La biblioteca era silenziosa.
Severus non era sicuro di voler stare lì.
 
Troppo silenzio porta a pensare, e i pensieri possono portare a spiacevoli conclusioni, di conseguenza, le spiacevoli conclusioni ti facevano arrabbiare e quindi deconcentrare. Allo stesso tempo, però, se si fosse messo a fare quel tema di Erbologia nel caos, si sarebbe comunque deconcentrato e quindi incazzato.
 
In conclusione, il tema evidentemente non si doveva fare. Però lui doveva farlo, perché erano compiti.
 
 Il problema era che al momento non gli interessava minimamente come si presentava una pianta di Viscum album, né le sue utilità e neanche come coltivarla nel pieno della legalità.
 
Sentì dei leggeri passi avvicinarsi.
 «Oh, non si è dimenticata» pensò Severus con una punta di fastidio.
 
Davanti a lui si presentò in tutta la sua bellezza, benchè le occhiaie spaventose sotto gli occhi, Lily.
 
La rossa sussurrò un «Ciao» accompagnato da un sorriso di circostanza che persino la talpa che Potter diventava senza occhiali avrebbe capito che era falso. Posò la borsa di libri a terra e tirò fuori quello di Aritmanzia.
 
Severus non ricambiò e rigirò con uno scatto rabbioso la piuma che stava usando per scrivere tra le dita, gesto che attirò l’attenzione di Lily, facendole notare stupita le quattro righe di tema decenti, prima delle numerose cancellature.
 
 «Hai bisogno di una mano?» chiese.
 
A quel punto Piton posò la piuma sul tavolo, spazientito, e la guardò in faccia, dritto negli occhi. I suoi pozzi neri si incontrarono con gli occhi verdi di Lily, verde speranza, che lui tanto amava. La sua amica sussultò alla vista del suo sguardo cupo e rabbioso.
 
 «Sì» affermò il ragazzo, con voce misurata «Potresti aiutarmi a capire perché improvvisamente te ne stai con quei cinque idioti? O magari perché sei uscita con Potter e non mi hai detto niente. Oh, anzi, ancora meglio, mi chiedo anche se quel maiale ti ha protetta durante l’attacco e poi ti ha consolata a dovere» sibilò, sotto l’ho sguardo inorridito della Evans. «Anche se immagino non tanto bene, visto che la sua bocca era cucita mentre te ne stavi in compagnia degli altri. Magari telepaticamente, dopotutto Potter è fantastico, vedi se non ha sviluppato una nuova forma di magia» aggiunse con la voce pregna di sarcasmo, alzando gli occhi al cielo.
 
«Tu credi che io abbia accettato di uscire per un appuntamento con Potter?» sussurrò Lily, guardandolo sorpresa.
 
Severus alzò un sopracciglio, notando che non c’era molto disgusto da parte di Lily all’idea, solo sorpresa. Maledetto James Potter. «Oh beh, passeggiavate allegramente per le vie…»
 
 «Allegramente?! Litigavo con lui ogni due secondi, e faceva tutto parte di un piano di Alice per far contenta Marlene, sai che non avrei mai accettato» sbottò Lily, per poco non alzando la voce.
 
 «Sì, hai ragione Lils, infatti poi siete andati a fare shopping nei negozi»
 
Lily gli lanciò una delle sue occhiate micidiali «Senti, ma che te ne importa? Ci hai inseguito per tutto il giorno?»
 
 «No, tale evento non l’avrei guardato neanche per tre secondi, se avessi potuto evitare» Severus la guardò con quello sguardo che, se Harry lo avesse visto, avrebbe affermato di vedere l’ombra del professor Piton.
 
Che poi, eccome se gli importava! Quel cerebroleso di un Potter era un arrogante pallone gonfiato che avrebbe continuato a prenderlo in giro se Harry Potter non gli avesse fatto la lavata di capo. Lily non poteva avvicinarsi a un individuo del genere, ne sarebbe rimasta ferita, alla fine.
 
Lily era sul punto di alzarsi e mandarlo tacitamente a quel paese, Severus poteva capirlo dal suo sguardo, la conosceva bene. Ma a dir la verità, i motivi che avevano spinto Lily a incominciare a non disprezzare Potter erano la punta dell’iceberg, quindi no, non aveva finito.
 
 «Se litighi con lui ogni due secondi, perché anche dopo sei rimasta al tavolo di Grifondoro con le tue amiche e le teste bacate?» chiese.
 
Lily lo guardò con gli occhi spalancati, sconvolta «Harry e Marlene non tornavano, eravamo tutti preoccupati!» disse in un sussurro stridulo.
 
Severus annuì, restando in silenzio, mentre Lily continuava a osservare la faccia impassibile e distaccata che le rivolgeva. Assottigliò gli occhi.
 
 «Che problema c’è, Severus? Potter non mi ha consolata, e durante l’attacco non si è comportato da cretino, anzi, quindi non preoccuparti. E non ho bisogno di essere protetta, pensavo lo sapessi. E sinceramente non pensavo che la tua idea di andare in giro con qualcuno consisteva in qualche parolina non incazzata scambiata qua e là» disse con voce fredda «Sono rimasta con loro perché in qualche modo ci capivamo, eravamo tutti in pena per le stesse persone. E oh mio Dio, trovo incredibile che io me ne stia qui a giustificarmi per cose non ti riguardano. Quindi, ripeto, che problema c’è?»
 
Severus esitò.
 
Il problema era che si sentiva schifosamente trascurato, anche lui aveva avuto a che fare con l’attacco e Lily pareva essersene dimenticata. Di Potter e i suoi amici no, se ne era stata con le sue amiche e con i Malandrini quando s’era sentita male al pensiero della scomparsa di Harry Potter e della McKinnon, era andata via dalla Sala in loro compagnia e poi neanche dopo era andata da lui. Quando alla fine, lui, non avrebbe esitato a darle conforto. «Come stai, Sev?» no, visto, abbracciato, assicurata che non fosse ferito gravemente, ed era andata via. Si era limitata a un «Sono felice che tu stia bene», manco glielo aveva chiesto. «Ero così preoccupata! Non ti trovavo ad Hogsmeade… » no, oh no no.
 
Giudicava un miracolo che si fosse ricordata che si incontravano ogni giorno in biblioteca alle 16:30, anche se dubitava che queste volta sarebbero andati anche un po’ in giro per il castello, chiacchierando.
 
«Sev» si sentì chiamare. Sussultò per l’improvvisa gentilezza e morbidezza del tono. Se aveva fatto addirittura addolcire una Lily arrabbiata, allora non immaginava quanto fosse penoso all’esterno «Che succede?»
 
Severus guardò la sua amica, che se ne stava con la testa inclinata di lato, guardandolo preoccupata.
 
Ah, ora si preoccupa.
 
«Sai, Lils, » iniziò con una voce vuota, mentre sentiva l’irritazione crescere «anche io ero ad Hogsmeade, quel giorno. Ho passato ogni secondo sperando che non ti fosse successo niente, chiedendomi dove tu fossi… te lo sei chiesto una volta, dove fossi io?!» Severus sibilò sputando veleno su ogni sillaba, Lily lo guardava con gli occhi spalancati, mentre l’altro si ergeva in piedi, trattenendosi dall’alzare la voce, poiché era già un miracolo che Madama Pince non avesse ordinato loro di tacere.
 
 «No, vero? No, suppongo di no. Altrimenti ti saresti comportata diversamente, già dall’inizio. No, non ti sei minimamente preoccupata. Beh, felice di averti risparmiato ulteriore tormento» sputò Piton sarcastico.
 
 «Io… » Lily si bloccò, incapace di parlare. Come si era comportata? Che razza di amica era? Poteva definirsi “amica”? Cosa le prendeva?
Cercò di ripercorrere l’attacco nella mente e le sue emozioni, ma tutto era un tale imbroglio di eventi, piccoli stralci confusi, che alla fine ne ricavò poco e niente. Il dubbio si insinuò: aveva pensato anche a Sev? O lo aveva completamente rimosso?
Severus aveva subito le sue stesse cose, e lei non aveva minimamente pensato a come si sentisse. Non gli era stata vicino.
 
Il corvino la guardò e si maledì interiormente. Si può sapere perché non se ne era stato zitto? Perché non avesse direttamente ignorato questi stupidi pensieri? Ora ci sarebbe stata tensione fra loro, e questa era l’ultima cosa che Severus voleva. Che poi, da come lo aveva detto, a suo parere, sembrava uno stupido marmocchio viziato che richiedeva attenzioni. E anche il suo orgoglio era andato a quel paese, perché aveva ammesso di aver bisogno di lei (cosa vera, peraltro, ma non è che ora andava a urlarlo ai quattro venti), e fu certo che fosse stato anche fatto a pezzettini nel momento in cui incrociò per un attimo gli occhi di Lily.
 
E insieme a quella realizzazione, si sentì svuotato, aveva sputato fuori tutto il suo risentimento e ora non rimaneva niente. L’abbattimento lo travolse.
 
Lily continuò a guardare l’amico, che sembrava aver ripreso la calma, aveva in faccia un’espressione stanca e di rassegnazione.
 
 Abbassò lo sguardo «Sev… scusa io- »
 
 «Lascia stare, Lils» fu interrotta dall’altro, questi iniziò a raccogliere le sue cose velocemente rimettendole in borsa, con lo sguardo basso anche lui.
 
Lily alzò gli occhi, incredula. 
 
 «Io… non so cosa mi sia preso. Dimentica tutto. A domani» detto questo si voltò e se ne andò, lasciandola lì, congelata sul posto con un groppo alla gola.
 
Lily sussultò. Cos’era questa sensazione?
Come se qualcosa fosse stato danneggiato.
Magari era stato usurato, forse era invece comparsa una crepa.
Era una corda.
No, era uno specchio, uno specchio riflettente l’immagine di una bambina dai capelli rossi e di un ragazzino dal naso adunco, che ridevano insieme.
 
*
 
Stava perdendo sangue, troppo sangue. Harry le corse incontro, la faccia pallida e gli occhi orripilati.
 
Socchiuse gli occhi, le forze la stavano abbandonando, maledizione…
 
 «Non chiudere gli occhi! Non osare chiudere gli occhi!» quasi urlò Harry.
 
La biondina fece un sforzo e li aprì, continuando a guardarlo. Sarebbe morta guardando lui? Non era male… però aveva così tante cose da fare, voleva salutare così tante persone per l’ultima volta…
 
Non aveva mai visto Harry così, così fuori di testa.
Aspetta… cos’è che stava succedendo? Gettò un’occhiata al sangue. Aveva così tanto sangue nel suo corpo? Pensò stordita.
 
Ma era proprio suo tutto quel sangue? Oh… non si sentiva più il fianco. Vide Harry estrarre la bacchetta e incominciare a sussurrare qualcosa. Non ci capiva niente, voleva solo chiudere gli occhi ma Harry le aveva detto di non farlo...
 
A un certo punto non sentì più bruciore al fianco e le sue idee si schiarirono.
 
 «Lene…?» sussurrò Harry. Era morta? Stava morendo?
 
Cercò di parlare ma l’incantesimo (quale incantesimo? Chi lo aveva lanciato?) glielo impedì. Indicò la gola e se lo fece togliere da Harry.
 
 «Grazie» riuscì a dire, in un attimo di lucidità.
 
No, non voleva essere aiutata. Ce la faceva… non era una principessa.
Capogiro, il mondo iniziò a inclinarsi in modo strano.
 
Camminarono, Harry insisteva a portarla lui. Ma lei stava bene, davvero. Che poi, che strana realtà era mai questa? Era viva? Era morta? Era un sogno? Avevano fatto kilometri o qualche metro?
 
Un signore stava fuori, la prese in braccio. Uno sconosciuto. O lo conosceva? Harry e l’uomo iniziarono a parlare.
 
 «No, io sto… no. Harry, chi è questo qui?» mugugnò.
 
Harry le si avvicinò con una faccia apprensiva. Poi sorrise, e Marlene sentì improvvisamente tutti i dolori scomparire, le forze ritornare. Harry allungò la mano e le accarezzò la guancia, mentre lei lo guardava con gli occhi spalancati.
 
 «Marlene…» iniziò dolcemente «Stai bene… ora puoi svegliarti.»
 
La biondina guardò la sua cotta, confusa «Svegliarmi?» chiese con voce debole.
 
Harry annuì «Li hai fatti già aspettare abbastanza» mormorò con un sorrisetto. Marlene sgranò gli occhi, mentre tutto si faceva indefinito. Tutto scomparve, l’uomo che la teneva stretta a sé non lo vide più, così come tutto il resto. L’ultima cosa che vide, fu Harry che le sorrideva.
 
 «Svegliati» le bisbigliò ancora.
 
 
Marlene aprì lentamente gli occhi, cercando di abituarsi all’improvvisa luce.
 
Dov’era?
 
Guardò la stanza, sbattendo un paio di volte le palpebre. Era la stanza di un ospedale, realizzò. Si mosse leggermente, sussultando per il fastidio al fianco. Sentì un peso sul lato sinistro del letto. Si voltò, solo per ritrovarsi a osservare la testa mora di sua madre poggiata sul letto.
 
Caren si mosse leggermente, aprendo gli occhi, li spalancò quando sentì qualche movimento. Alzò di scatto la testa, e incrociò gli occhi della figlia, che la osservavano curiosi.
 
 «Marlene! Sei sveglia?» domandò stupidamente. Ma Caren era stordita, completamente andata, il sollievo era tale che non riusciva ad accedere alle sue piene capacità mentali.
 
 «A quant- » Marlene fu bloccata dall’abbraccio di sua madre, che iniziò a cullarla inconsciamente. Marlene rimase un attimo immobile, poi ricambiò, sorridendo leggermente.
 
Caren si staccò, Marlene notò che aveva gli occhi lucidi, ma sua madre non sembrò curarsene molto.
 
 «Come stai?» chiese dolcemente, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
 
 «Bene, credo. Mi sento dolorante un po’ tutto il corpo, però più che altro il fianco» rispose sinceramente la biondina. Caren gettò una veloce occhiata al suo fianco, preoccupata, e annuì.
 
La porta si aprì improvvisamente, ed entrò una Medimaga con una cartella portafogli in mano. Le rivolse un sorrisetto, avvicinandosi.
 
 «Buongiorno, felice che tu ti sia ripresa. Capisco che ti sei appena svegliata, ma bisogna fare alcuni controlli per accertarsi della tua salute. Come ti senti, intanto?»
 
*
 
In un modo o nell’altro, quel pomeriggio tutti, inteso come le amiche di Marlene e i fantomatici Malandrini, si trovavano di fronte al gargoyle che faceva da ingresso per l’ufficio di Silente.
 
Harry era rimasto piuttosto stupito quando aveva visto il gruppo di ragazze dirigersi a passo frettoloso verso l’ufficio del Preside, ma alla fine, poco ci era voluto perché lui e i suoi amici ne capissero il motivo. Erano tutte allegre e persino Lily, che l’ultima volta che l’aveva vista sembrava l’incarnazione di un cimitero, peggio delle altre, sorrideva. E tale felicità poteva solo derivare da una cosa: anche loro avevano saputo.
 
Poi James aveva proceduto a chiamarle naturalmente in modo rumoroso e si erano uniti a loro.
 
Alice raccontava di come lo avesse saputo poco fa dalla McGranitt che per una volta, dopo aver ricevuto la stessa domanda che le poneva almeno tre volte al giorno, non aveva fatto uno sguardo dispiaciuto, ma aveva sorriso e aveva detto che Marlene si era ripresa quella stessa mattina e che stava bene.
 
Lily, ignara del fatto che Harry era stato informato da Silente anche lui quel pomeriggio, anche se decisamente prima, aveva iniziato a scusarsi per non averglielo detto lei, ci aveva provato, però non è che i Malandrini le avessero reso la cosa facile. Erano scomparsi misteriosamente. Harry evitò di rispondere alle sue domande.
 
Beh, ha evitato di dirle anche che inizialmente i Malandrini erano diretti alla Sala Comune nella speranza di trovarle lì e annunciare la notizia, ma gli avevano risparmiato la fatica quando le aveva incrociate al settimo piano.
 
Quindi eccoli qui, e sì, c’erano un po’ troppe persone nell’attesa di visitare il Preside, persino il gargoyle era un po’ stordito, ma alla fine i gargoyle non è che potessero permettersi di essere tanto espressivi, quindi rimase impassibile.
 
 «Parola d’ordine?» chiese.
 
 «SuperPallaGomma di Drooble» disse Harry immediatamente, e il gargoyle prese vita e balzò da un lato, dando libero accesso alle scale.
 
 «Com’è che sapevi la parola d’ordine?» chiese Alice, mentre salivano le scale.
 
Harry scrollò spalle «Ho chiesto a Silente di tenermi informato su Marlene, e lui mi ha mandato una lettera per dirmi che si era svegliata. Sapeva che volevo visitarla, quindi mi ha detto la parola d’ordine del suo ufficio per farlo» spiegò.
 
Lily gli gettò un’occhiata vagamente incredula: lei non avrebbe mai avuto il coraggio di andare dal Preside a chiedergli di prendersi questo disturbo.
 
 «Certo che le scale poteva farle meno strette» borbottò Sirius, quando Peter inciampò all’indietro, quasi cadendo addosso a lui.
 
 «Beh, non è che Silente pensava che sarebbero andate a visitarlo otto persone contemporaneamente, un giorno» rispose Remus. Anche se doveva ammetterlo, il fatto che la scala era piena di curve, essendo una scala a chiocciola, non aiutava.
 
Harry avrebbe voluto dire loro che bastava che stavano fermi e la scala avrebbe iniziato a muoversi da sola, ma c’erano anche le ragazze, e troppa conoscenza dell’ufficio di Silente sarebbe stata piuttosto sospettosa. Si limitò quindi ad alzare gli occhi al cielo.
 
Arrivati alla porta, Mary, essendo la prima della fila, bussò.
 
 «Avanti»
 
 «Indietro!» cantilenò Sirius, sottovoce. Gli valse un’occhiata esasperata dai suoi amici. 
 
E quindi procedettero a riversarsi tutti nell’ufficio, naturalmente salutando ed evitando di far capire la loro felicità nel non trovarsi più su quelle scale.
 
 «Beh, immagino che me lo sarei dovuto aspettare» disse Silente, piuttosto divertito, una volta che tutti furono dentro. Poi sospirò «Mi dispiace dirvi che non tutti possono andare a visitare la signorina McKinnon» affermò, senza neanche che glielo avessero chiesto.
 
 «Perché, signore?» chiese Mary, aggrottando le sopracciglia.
 
 «Siete troppi, l’ospedale non ha concesso molte visite, la signorina McKinnon si sta ancora riprendendo» spiegò Silente.
 
All’improvviso si sentì una specie di verso stridulo e qualcosa prese fuoco, in un angolo a cui nessuno fino a quel momento aveva prestato attenzione.
Peter, l’unico che fino a quel momento aveva notato l’uccellaccio, essendo più vicino a trespolo, strillò in modo poco virile e si mise il più lontano possibile dalla cosa, quell’uccello spaventoso che si era in qualche modo ucciso.
 
Tutti fissarono scioccati il trespolo.
 
 «Cos’è successo, signore?» si trattenne dal balbettare Lily.
 
«Il Giorno del Falò, non preoccupatevi, è Fanny, la mia fenice. Le fenici, quando è arrivato il momento di morire, prendono fuoco e poi rinascono dalle loro stesse ceneri, ecco, guardate» Silente indicò con un cenno della mano il trespolo, sorridendo leggermente.
 
Un uccellino grinzoso spuntò dalle ceneri, pigolando.
 
 «Una fenice…» esalò estasiata Lily, trattenendosi dall’avvicinarsi, al contrario di Peter, che non si fece scrupoli ad allontanarsi.
 
Mary, ripresasi, guardò ancora un po’ scossa il Preside «Um, riguardo Marlene, signore?»
 
Silente annuì, distogliendo gli occhi dal trespolo. Li guardò attentamente, tutti. Prima di parlare:
 
 «Possono andarci solo tre» dichiarò.
 
 «Ma siamo otto» gemette James.
 
Tutti si guardavano.
 
«Beh, andiamo noi tre» dichiarò Mary, indicando se stessa, Alice e Lily. Poi guardò Harry, quasi a sfidarlo, trovando a guardare cupamente Silente. Accortosi dello sguardo, si voltò verso di lei e sospirò, facendo un cenno accondiscendente.
 
Mary lo guardò stupita, sentendosi improvvisamente una bambina capricciosa per il suo sguardo precedente.
 
La rossa non era proprio sicura di questa scelta, ancora in mente le rimbombavano le parole di Harry di ieri, con tutta la sua preoccupazione che si riversava fuori.
 
Fece un passo avanti. «No, al posto mio ci va Harry» dichiarò, guadagnando sguardi stupiti dagli altri.
 
Harry, ancora mezzo incredulo, scosse violentemente la testa «No no, vai tu, sei una delle sue migliori amiche» replicò, ignorando la tentazione di accettare.
 
«Faccio sul serio, Harry. So benissimo che quell’immagine, di lei, ti sta perseguitando, e che non te la toglierai dalla testa finchè non vedrai con i tuoi stessi occhi che sta bene.»
 
 Harry scosse di nuovo la testa, determinato. «E tu non hai visto la tua faccia quando ho detto che non c’era, quindi no, vai tu. Rivedrà tutte le sue amiche riunite, io non c’entrerei niente» disse, poi si avvicinò, sorridendo leggermente, rassicurante. «Non ti preoccupare, ok?»
 
Lily aggrottò le sopracciglia, essendo però testarda, come Harry, non si arrese. E la discussione si tradusse in una gara di sguardi, che dopo poco, venne vinta da Harry.
«Va bene» annuì Lily sospirando, non nascondendo però un sorrisetto al pensiero di vedere Marlene.
 
 «Siamo sicuri?» chiese Alice, per accertarsi.
 
Vide con la coda dell’occhio Lupin pestare il piede di Black, dandogli uno sguardo ammonitore.
In effetti, Sirius non era certo della decisione, non per quanto riguardava lui, perché quando si era parlato di tre persone loro si erano automaticamente esclusi, ma per Harry. Una persona in più, che differenza faceva? Per non parlare poi della MacDonald che aveva preso una decisione così repentina senza pensare al suo amico, quando lui aveva pensato a lei.
 
Ma per Remus ormai Harry era un libro aperto, ulteriori discussioni lo avrebbero solo irritato, e probabilmente una volta fatto notare a Sirius anche lui capì, standosene miracolosamente zitto.
Quindi annuì insieme agli altri.
 
 «Bene, allora se volete andare ora, vi aspetto qui, andrete tramite metropolvere. Sarà meglio che però prendiate qualche copricapo pesante, fa freddo là fuori, dopotutto Natale è tra qualche giorno» disse Silente con tono leggermente allegro, rivolgendosi alle ragazze.
 
Quello fu il congedo, e salutando, tutti si diressero fuori. Lily andò vicino a Harry.
 
 «Sei davvero troppo gentile, Harry» sussurrò dispiaciuta, mentre le scale si muovevano. In qualche modo Silente aveva intuito il loro disagio e, divertito, aveva suggerito loro di non muoversi.
 
Il gargoyle si spostò di nuovo con un balzo, facendoli uscire.
 
Harry forzò un sorriso, che gli venne piuttosto bene «Non preoccuparti, poi dimmi come sta nel dettaglio, eh!»
 
Lily lo guardò un attimo e poi sorrise in risposta, dandogli una leggera spintarella affettuosa, poi annuì e salutando con un cenno della mano, si allontanò, seguita da Alice.
 
Una volta che le ragazze andarono avanti, Harry si rivolse ai Malandrini e lasciò che il suo sorriso svanisse.
 
*
 
Non è che Lily si fosse fatta ingannare, semplicemente aveva capito che Harry non avrebbe mai neanche provato a dire che ci era rimasto male, insisteva semplicemente nel cercare di rassicurarla.
 
E sapeva anche che aveva ragione, sul fatto che Harry non si sarebbe dato pace.
 
Ma mise per un attimo le sue preoccupazioni da parte per dedicarsi completamente a Marlene.
 
Alice camminava davanti a loro a passo svelto, salendo le scale, a volte anche saltando gradini, diretta verso il quarto piano, camera 264.
 
 
Qualche minuto dopo, si trovavano di fronte alla porta, e Mary bussò e, senza neanche aspettare la risposta, aprì leggermente. Una veloce sbirciata per accettarsi che lì ci fosse effettivamente Marlene e che non si trovasse in qualche situazione imbarazzante, e l’aprì completamente.
 
Marlene distolse lo sguardo dal fratellino, seduto sul suo grembo, e fece un gran sorriso.
 
 «…è bellissimo! Apri la scatola ed esce una polverina che tipo disegna tutto quello che vuoi in ari- » Michael si interruppe quando notò che la sorella non stava prestando più attenzione, seguì la direzione del suo sguardo, spalancò gli occhi, e con un salto impressionante si tolse immediatamente dal suo grembo quando vide Alice, l’amica di Marlene, prendere la carica, apparentemente volendo schiacciare sua sorella.
 
Oltre al fatto che era imbarazzante, essere trovati così. Cioè, almeno per lui.
 
La osservò stritolare sua sorella, mentre borbottava qualcosa freneticamente, e Marlene rideva.
 
 «Oddio Marlene, ci hai fatto… ci hai fatto…» Alice era talmente fuori di testa che non riusciva neanche a parlare, tutta sorridente. Inciampò all’indietro cadendo sulla sedia accanto al letto.  
 
 «Cagare sotto» concluse sbrigativamente Mary, ghignando. Alice la guardò male «Che c’è?».
 
 «C’è un bambino, Mary» sussurrò Lily, con un leggero rimprovero.
 
«Quanto tempo ci mette mamma a tornare dal bagno?» pensò Michael, a disagio.
 
 «Ah»
 
Mary prese velocemente un’altra sedia che era in fondo alla stanza, sedendosi senza troppe cerimonie accanto ad Alice. Guardò Michael.
 
 «Oh, Michael! Mi raccomando, non dire quello che ho detto io prima» cercò di fare una voce morbida e dolce come solo Lily sapeva fare quando voleva, ma non gli riuscì bene. Era un tono davvero troppo carezzevole, tant’è da risultare inquietante, questo lo dedusse quando Michael arretrò leggermente, dando un’occhiata alla porta.
 
Malignamente Mary pensò che questo sarebbe stato un tono molto utile per terrorizzare suo figlio. Poi ci ripensò, nella mente le lampeggiarono pianti isterici, nottate insonni, capricci e pannolini, e le apparve sul viso una faccia inorridita.
 
Per tutti i gargoyle no, no, figli no, magari i suoi “nipoti” sì, figli di Lily, Alice e Marlene. Poveri.
 
 «Intendi “cagare sotto”?» domandò Michael, un po’ confuso.
 
Mary annuì gravemente, mentre Alice si stropicciava la faccia, inorridita. «Esatto, soprattutto davanti ai tuoi genitori.»
 
 «Perché?»
 
Mary stava per rispondere con un «Perché sì» in tono spaventosamente carezzevole, piuttosto spazientita, quando la porta venne aperta.
 
Entrò Caren, spalancando gli occhi quando le vide «Ragazze, che piacere rivedervi! Alla fine Silente è riuscito a farvi venire, quindi!» esclamò sorridendo, dando bacetti sulle guance a tutte quante. Quando vide Mary non mancò di dire ancora che era assolutamente incredibile che non fosse venuta a casa loro dopo tre anni che conosceva la figlia, invitandola di nuovo. Mary si limitò a sorridere e a scrollare le spalle.
 
 Michael guardava con le sopracciglia aggrottate sua madre «Mamma, che significa “ca- » la bocca gli fu tempestivamente tappata da Mary. No, da poco conosceva questa qui e non gli stava per niente simpatica, prima era inquietante e ora per poco non gli aveva schiaffeggiato la faccia quando aveva messo la mano sulla bocca.
 
 Gli fu lanciata un’occhiata di avvertimento, poi Mary tolse la mano e si volse verso Caren, piuttosto perplessa «C’era una zanzara» borbottò Mary, facendo finta di guardarsi le mani per vedere se c’era l’immaginaria zanzara stecchita.
 
Lily, seduta sul letto, sospirò per la pessima bugia.
Caren probabilmente decise di non indagare soltanto perché voleva che Mary venisse a casa sua, e farle l’interrogatorio non le avrebbe fatto immaginare una buona accoglienza in casa con persone del genere.
 
 «Dicevi?» domandò a suo figlio, che la guardava con gli occhi spalancati.
 
 «Che significa…» Michael pensò freneticamente. Ca… ca… CAAA… «c-cacca» balbettò
 
 «Cacca?» domandò Caren chinandosi, confusa. Michael si rese improvvisamente conto che sapeva cos’era la cacca e anche sua madre sapeva che lo sapeva.
 
Michael iniziò ad avvertire il mal di testa. Non doveva mentire alla mamma, perché stava mentendo alla mamma?
 
 «C-cioè so che significa, s-so cos’è… p-però a che serve? Perché la f-facciamo?» domandò rosso.
 
Sua madre sbattè le palpebre «Oh. Te lo spiego fuori, tesoro. Ora lasciamo un po’ da sola Marlene con le sue amiche, hm?»
 
Michael non aspettava altro.
 
 
Usciti fuori i due, nella stanza restò per un po’ il silenzio.
 
«Allora, tutto apposto? Stai bene, vero? Harry ci ha detto che perdevi tantissimo sangue quando ti ha soccorso» chiese Lily sussurrando.
 
Marlene annuì «Sì, avevo un taglio profondo sul fianco, e altre ferite minori. Ma ora sto bene.» rispose, e vide le sue amiche che osservavano preoccupate il fianco, dopo un guizzo di sorpresa. «Però mi è rimasta una cicatrice» aggiunse con una smorfia, alzando leggermente la maglietta. Scoprì la lunga cicatrice bianca, ormai non più rossa ai lati, ma ugualmente sgradevole.
 
 «Mi dispiace, Lene…» sussurrò Alice, con voce roca, accarezzando la cicatrice.
 
L’amica guardò la cicatrice, stringendo le labbra, per poi scrollare le spalle. La consapevolezza che avrebbe dovuto convivere con quella cosa sul suo corpo non era affatto allettante, ma non è che si potesse lamentare di quella quando aveva rischiato di morire qualche giorno fa. Anche se ancora immaginava l’imbarazzo di mettersi in costume. Ma che andava a pensare? Era Dicembre, per Dio!
 
 «Chi cazzo è stato il bastardo che ti ha fatto questo?» ringhiò Mary, Lily le mise una mano sul braccio, per poi guardare Lene e sorridere dolcemente.
 
 «Non preoccuparti, Lene, rimani comunque bellissima»
 
Marlene arrossì leggermente, mentre abbassava di nuovo la maglietta, anche se non ci credeva molto. Ma ricordò ciò che aveva detto la corvina
 
La bionda guardò sorpresa le amiche «Harry non vi ha detto niente?» domandò.
 
Mary, leggermente più calma ma ancora incazzata, non esitò a rispondere: «Oh beh, a essere sinceri l’unica cosa che sapevamo era che avevi perso molto sangue e solo perché Harry me l’ha sbattuto in faccia. Gli è venuta una crisi di nervi, probabilmente aveva il cervello che gli rimbalzava per la scatola cranica… quindi, a parte questo, almeno a noi, non ha detto niente» spiegò cupamente, con ancora un po’ di rancore nella voce.
 
«Crisi di nervi…?» esalò Marlene.
 
«Era molto preoccupato,» disse Alice, facendo arrossire leggermente Lene «voleva venirti a vedere il prima possibile e non l’ha detto a noi, quindi ha litigato con Mary.»
 
«In verità oggi voleva venire pure lui, ma solo tre potevano andare e quindi ha lasciato andare noi» aggiunse Lily, piuttosto preoccupata al pensiero di Harry. Stupido il suo altruismo, ora se lei avesse insistito un po’ di più sarebbe stato qui invece che a tormentarsi a Hogwarts (perché scommetteva che stava facendo quello).  
 
«Ah» riuscì a dire Marlene, poi fece un piccolo sorriso «Vabbè ditegli che sto bene, e lo devo soprattutto a lui. E poi anche che mamma non vede l’ora di ringraziarlo» finì ridendo leggermente.
 
Poi ritornò seria, esaminando ciascuna di loro «No dai, sul serio non ve l’ha detto?! Non vi ha detto niente?»
 
Alice la guardò confusa «No, niente. Cos’è successo? Non mi dire che sai chi ti ha fatto questo!» esclamò, e non attese neanche una risposta prima di continuare: «Si può sapere perché cavolo non l’hai denunciato o roba del genere?»
 
«E a che servirebbe?! Tanto non è che sia anonimo e dirlo mi farebbe solo apparire sui giornali!» sbottò freneticamente Marlene, avendo perso diverse tonalità di colore. Aveva gli occhi spalancati e impanicati, bianca come un cencio al solo ricordo. Un cambio d’umore così improvviso che destabilizzò le amiche «È-È stato Tu-Sai-Chi in persona, Alice! È un miracolo se sono ancora qui, a parlare con voi!»
 
 
 
 











Angolo Autrice
 
Ciao a tutti follettini e follettine! Com’è che va la vita? Caldo della madonna, vero? Spero che non vi siate sciolti al sole. Vabbè il meteo dice che il tempo capirà per almeno una settimana che siamo in Italia e non in Africa, ma non sono sicura di voler rivedere la tromba d’aria dell’altro ieri.
Ora, il capitolo. Suspense, ci sto prendendo il vizio e lo so. Probabilmente una certa persona, (no non qui su EFP, non preoccupatevi) mi ha influenzato. Se mi vedete un po’ fuori di testa in queste note non preoccupatevi, sono troppo contenta di pubblicare il capitolo.
Nella prima scena la chiacchieratina tra Harry e Silente, eh sì ragazzi, l’Ordine della Fenice in vista! Eugenia Jenkins è esistita per davvero (cioè, intendo nel mondo di Harry Potter), era Ministro in quell’epoca e la poverina fu congedata perché ritenuta poco adatta ad affrontare Voldemort. Mi sto ancora a chiedere come gli inglesi facciano a spulciare certe informazioni… Pottemore? Quando c’erano ancora articoli decenti, perlomeno.
Comunque ho ritenuto che solo Harry e Silente non potevano, quindi nel caso ce ne sarà bisogno Silente chiamerà l’Ordine. Di Malandrini non è che Harry ci abbia minimamente pensato perché sono minorenni, tredicenni addirittura.
Poi Marlene si sveglia, tutti i pensieri prima che il tutto inizi a degenerare sono quelli veri, quello che pensava Lene in quel momento, il suo P.O.V insomma.
Lily e Sev litigano, e sì, la gelosia credo che sia solo la cosa più superficiale. I rapporti iniziano a farsi tesi da quando Lily inizia a considerare i Malandrini persone (ma dai) e non scavezzacollo e basta. Poi ecco mettiamoci pure che lo sta trascurando… Lily inizia a considerarsi una persona di merda (ci mancherebbe) e avverte che il rapporto non è più come prima, dopo questo (ci mancherebbe pt.2).
E poi le ragazze vanno a visitare Marlene (Harry no, ma ragazzi, non finisce qui. Sì, ve lo sto dicendo perché voglio lasciarvi almeno un po’ meno incazzati dopo aver finito il cap). Mi sono divertita con Michael e Mary (ah, e anche Fanny, naturalmente) XD, diciamo che anche per me è stata una boccata d’aria fresca perché mi sembra che stia diventando un po’ tutto troppo pesante. Vi ricordate i tempi degli scherzi dei Malandrini spiegati nel dettaglio, con tanto di scenetta? Ah…
E poi… succede quel che succede.
Scusate se da tre capitoli fa sostanzialmente è passato un giorno, ma succedono un bel po’ di cose e il domani fanfictioniano è il 22 Dicembre Lunedì, e per gli studenti iniziano le vacanze natalizie, quindi tra poco tutti si separeranno e tutto questo non può succedere quando sono separati, tantomeno a Gennaio.
Detto questo, buone vacanze (in ritardo)!
Saluti!
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. Grazie Nag per il titolo, avendo sostituito temporaneamente la mia mancanza di ispirazione per i titoli, che mi fa sfornare titoli discutibili
   





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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Capitolo 47
*** Permesso? Quale permesso? ***


Permesso? Quale permesso?

«E a che servirebbe?! Tanto non è che sia anonimo e dirlo mi farebbe solo apparire sui giornali!» sbottò freneticamente Marlene, avendo perso diverse tonalità di colore. Aveva gli occhi spalancati e impanicati, bianca come un cencio al solo ricordo. Un cambio d'umore così improvviso che destabilizzò le amiche «È-È stato Tu-Sai-Chi in persona, Alice! È un miracolo se sono ancora qui, a parlare con voi!»

L'espressione di Marlene in quel momento, Mary non se la dimenticò mai. Era qualcosa di totalizzante, di chi aveva seriamente sentito la morte passargli accanto, con l'inquietante sensazione che alla fine neanche più un sospiro sarebbe uscito dalla propria bocca. Magari mentre tutti i titoli di giornale e dicerie vorticavano in testa a ricordare il putiferio che si scatenava al di fuori di Hogwarts, perché se Tu-Sai-Chi non veniva nemmeno nominato, c'era un motivo.

E Marlene, Harry, come avevano fatto fino ad ora a far finta che non avessero incontrato colui che aveva dato via a una guerra? Perché alla fine questo era, una guerra.

Seguì un silenzio agghiacciante, Mary non riusciva a spiaccicare parola, e visto che neanche le altre davano cenno di volerlo fare, probabilmente neanche loro ci riuscivano. Forse Lily non riusciva neanche a respirare, visto che sembrava fin troppo immobile.

Marlene invece continuava ad avere quella faccia bianca e agitata, e in un angolo in fondo alla mente, Mary si ricordò che l'infermiera, prima che entrassero, aveva raccomandato di non far agitare la signorina McKinnon.
La sua amica era rigida e non appoggiata più ai cuscini, con un respiro tremante e lento, guardando ancora Alice con gli occhi spalancati, che sottostava al suo sguardo in totale shock. Marlene li spostò lentamente verso di lei, poi verso Lily. Infine sembrò ritornare in sé e distolse lo sguardo. Si lasciò cadere lentamente sui cuscini, alzò poi il viso verso il soffitto, avvolgendo le mani a coppa su di esso, a nasconderlo.

«T-Tu-Sai-Chi?!» riuscì finalmente a balbettare Alice «Quando? Perché?»
Marlene se ne stette immobile, poi venne tirata da Lily, che l'abbracciò.

«Ancora una volta, non ho capito i miei amici e ciò che stavano passando» pensò, ricordandosi di Harry che era finito stressato in infermeria e di Sev che si era sentito trascurato. Ora Marlene.

La cosa destò sorpresa da parte dell'altra, ma poi la strinse a sé e seppellì la testa nell'incavo del suo collo. Per qualche minuto sembrò che Lily fosse l'ancora a cui Marlene si stava aggrappando per non affogare in un mare di ricordi spiacevoli, ma per poco fu così, infatti si ritrasse delicatamente sussurrando un «Grazie», forse decidendo che era inutile aggrapparvisi, era tempo di iniziare a nuotare, o perlomeno rimanere a galla, da sola. Si appoggiò ai cuscini, ancora bianca in volto, ma senza quegli occhi terrorizzati. Scosse violentemente la testa. «Scusate... è che... devo ancora superarlo. – sospirò- È stata la prima volta che lo dico a qualcuno e mi ha un po'... scombussolato.»

«Non preoccuparti» sussurrò dolcemente Alice, sorridendo rassicurante
«Non l'hai detto quindi ai tuoi genitori?»

«No no, non ora, erano già troppo preoccupati, se avessi parlato di Voi-Sapete-Chi, sarebbe venuto loro un colpo. Ho detto che era stato un Mangiamorte a caso, quando me l'hanno chiesto» spiegò Lene, abbassando lo sguardo, mentre intanto riprendeva un po' di colore. 
«Voi-Sapete-Chi...» borbottò, ad un tratto, rabbrividendo «Non l'ho visto per troppo tempo in faccia, sono stata subito schiantata, legata, silenziata e di nuovo schiantata. Però ho sentito la sua voce. Era come quella di un serpente, terribilmente subdola e carezzevole, e soprattutto, come se avesse trovato un tesoro e non vedesse l'ora di prenderselo. Con la sua sola presenza opprimeva l'aria.»

«L'avete incontrato per caso, tu e Harry?» chiese Alice, mentre Mary aveva iniziato ad accarezzare distrattamente il dorso della mano di Marlene. Non aveva detto niente, non era tipa da parole di conforto né da gesti di evidente affetto. Ma quel piccolo gesto appena percettibile che faceva distrattamente, bastò a far capire a Marlene quanto fosse grata che fosse lì con loro, viva. «Se c'era Harry» precisò Alice, successivamente.

La biondina alzò la testa dalla mano accarezzata e Mary appena si rese conto che se n'era accorta ritrasse la mano, imbarazzata. Marlene se fosse stata in un'altra situazione avrebbe sbuffato divertita, ma ricordando l'argomento della conversazione, il divertimento sparì completamente. «Nah, credo che sia stato tutto pianificato. Anzi, togli il "credo". E comunque c'era Harry... cioè dopotutto, come poteva non esserci l'obbiettivo finale? Io ero solo d'intralcio, potevi essere tu, Alice, Lily, Mary, Peter, Sirius o qualcun altro, non aveva importanza. C'era Harry, questo contava.»

«Che intendi?» chiese Mary, aggrottando le sopracciglia.
«Voleva Harry.»
«Harry?».
«Lily, immaginati Harry Mangiamorte. Ecco, sembra totalmente assurdo, ma per Tu-Sai-Chi era in qualche modo fattibile.»

«È una battuta?» chiese Mary, guardò la faccia adombrata di Marlene e le ultime speranze la abbandonarono. Pensò ad Harry, nonostante i rapporti tesi per ora (o almeno solo da parte sua, a quanto pare), si ricordò il suo imbarazzo per i doppi sensi, al suo correre sorridendo per i corridoi con i suoi amici dopo una marachella, e alla sua rabbia e preoccupazione quando aveva parlato di Marlene; e concluse che sì, l'idea di Harry Mangiamorte era una cosa molto improbabile.

Lily si alzò talmente di scatto che la biondina sentì il materasso muoversi un po' troppo bruscamente. Gli occhi verdi erano strabuzzati e la bocca tremava. Quando parlò, aveva una nota isterica:
«Mi stai dicendo che Tu-Sai-Chi ha cercato di reclutare Harry, quando è un tredicenne che va al terzo anno, quando ce ne sono a centinaia là fuori molto più grandi che sono molto più esperti?!»

«Ma Harry non è un tredicenne ordinario, è un prodigio» soffiò Alice, più persa nei propri pensieri che altro.

«In poche parole, non è da considerare come noi» biascicò la corvina. Lily le  guardò ancora basita.

«Ha tredici anni» ripeté.

Marlene fece una smorfia «Ho la sensazione di essermi risvegliata alla fine del discorso. Ha detto che deve essere noioso per lui studiare cose che già sapeva e che gli amici non valgono niente. Gli ha promesso potere e gli ha detto di unirsi alla "parte giusta".»

«Oh, non sapevo che Voi-Sapete-Chi reclutasse alleati per il suo nemico» commentò sarcastica Mary.

«Pazzo» ebbe il coraggio di sussurrare Lily. La cosa non avrebbe fatto effetto a Marlene qualche giorno fa, ma al pensiero della faccia e di ciò che avrebbe fatto Tu-Sai-Chi se avesse sentito le fece correre un brivido di paura lungo la schiena. Lo ignorò.

«Avrà risposto immediatamente di no, immagino» aggiunse la rossa, certa.

«Ha detto di no, ovviamente» rispose Marlene «è Harry» chiarì, come a rafforzare l' "ovviamente". Poi strinse le labbra «Non l'ha detto subito però, ma non penso che fosse indeciso, l'ha detto sicuro, alla fine. Cioè, tutti davanti a Tu-Sai-Chi starebbero attenti a ciò che fanno.»

Mary si morse il labbro, poi strizzò gli occhi come a scacciare un'idea. Alice si mosse a disagio sulla sedia. Lily sembrò l'unica a non avere tentennamenti.

Marlene fece finta di non notare niente, non se la prese con loro, non conoscevano Harry. Lene si ricordava ancora lo sguardo vecchio negli occhi di Harry del loro primo incontro, della sua adorabile faccia imbarazzata, della sua sfacciataggine, delle sue rare risate piene, lunghe ed esuberanti e anche del suo sguardo terrorizzato quando era venuto a soccorrerla. Non esisteva persona più vera, perché se la personalità che le aveva mostrato era la sua, e lo era, allora per nulla al mondo Harry si sarebbe ritrovato indeciso da quale parte stare. E anche se fosse, alla fine aveva deciso, e aveva dato una risposta sicura.

Suo padre le aveva sempre detto che dava sempre troppa fiducia alle persone, un po' ingenua, era un suo difetto. Ma Marlene non era mai stata più sicura che la sua fiducia fosse riposta bene.

«E tu come ci sei finita di mezzo?» chiese Lily, strappandola dai suoi pensieri.

«Voi-Sapete-Chi ha detto che Harry si sarebbe ritrovato a combattere contro di lui e poi mi ha attaccato... per vendetta, immagino. Nei confronti di Harry.»

«Non poteva attaccare direttamente lui?» chiese Mary, confusa. Quando notò l'occhiata torva che Lene le stava rivolgendo alzò immediatamente le mani in alto, con una faccia un po' agitata «Cioè, non che io abbia mai voluto questo, era meglio se voi non aveste proprio incontrato Tu-Sai-Chi, ma non era la scelta... più logica?»

Lily annuì «Ma Harry è il tipo da soffrire più per gli altri che per se stesso, e Tu-Sai-Chi l'avrà capito.»

Marlene arrossì leggermente, ma fece un cenno, d'accordo con l’amica.

La porta si aprì di scatto ed entrò correndo Michael «Scusate un attimo» disse prima di guardarsi freneticamente intorno. Poi aggrottò le sopracciglia e si chinò al fianco del comodino, prendendo una statuetta in miniatura di un mago che sembrava Silente vestito di una tunica celeste, ma più buffo, che fino ad ora nessuna di loro aveva notato. «Ma allora stavi qui, Merlino!» sussurrò, quasi rimproverando la statuetta del mago più grande di tutti i tempi. Certo, era una statuetta, ma Micheal sembrava rivolgersi a lui come se stesse parlando con il mago in persona. Mary ed Alice solo quando sentirono il nome capirono chi fosse, di solito le statuette di Merlino lo ritraevano più... in vesti serie e a impatto davano l'idea che fosse un mago potentissimo. In quella statuetta sembrava solo un curioso vecchietto allegro con un gufo in cima al lungo cappello. Michael guardò le ragazze, imbarazzato, ancora sorprese per la sua improvvisa entrata.

Rise nervosamente «Scusate, l'avevo perso, deve combattere un duello con la strega Magò e visto che l'ultima volta l'avevo fatto vedere a Lene... insomma, era urgente.»

«La strega Magò?!» domandò confusa Alice, sussurrando.

«Roba della Disney, non farci caso» le rispose Marlene, che le fece guadagnare uno sguardo ancor più confuso dalla Prewett.

Micheal intanto le aveva salutate e stava per uscire, quando venne chiamato da una Mary ghignante.

«Ehi, piccolo, alla fine hai scoperto perché facciamo la cacca?» chiese, facendo diventare di un rosso acceso la faccia di Michael, che la guardò male. E senza risponderle, se ne andò e chiuse la porta.

Sì, quella lì gli stava proprio antipatica.


                                               *


Solo quando Harry vide le ragazze andarsene per andare a prendere i cappotti si accorse che se l'attesa di sapere come stava Marlene gli era parsa sopportabile fino a quel momento, era perché sapeva che l'avrebbe vista, poi. Ora, con la consapevolezza che non sarebbe andata così, era molto più difficile da sopportare.

Cercò di non pensarci, ovviamente. Insomma, ne aveva di cose da pensare, che al momento dovrebbero essere le sue priorità. Come ad esempio perfezionare la sua Legilimanzia, concentrarsi ad aiutare Peter che (incredibilmente) aveva insistito per allenarsi di più e diventare più forte, come comportarsi nel caso che avesse di nuovo incontrato Voldemort, come spiegare la situazione all'Ordine senza apparire sospetto, esercitarsi a fare pozioni d'emergenza, stare attento a mangiare a piccoli pezzettini il cibo per non farlo andare a scontrarsi con la foglia o, ancora, a posti dove Voldemort avrebbe nascosto il diario (Lucius Malfoy lo possedeva già?), il medaglione, o la coppa di Tassorosso... insomma, doveva pensare a questo. Invece la sua mente si spostava a Marlene.

Stava impazzendo e probabilmente i suoi amici se ne accorsero, il picco fu raggiunto quando chiuse con un gran tonfo il libro di Legilimanzia, poiché stava leggendo per la decima volta la stessa pagina che aveva già letto settimane fa. Parlava di come entrare nella mente delle persone e maledizione, già era in grado di fare il processo, il problema era che quel giorno si era accorto di non riuscire più a "leggere" la mente e magari era perché improvvisamente, la sua dannata mente, si era scordata come fare.

Al momento, se si fosse ricordato il meccanismo basilare, starebbe cercando di trovare un modo per restare nella mente di un'ipotetica persona per più di qualche secondo, senza essere disturbato poi da un terribile mal di testa e senza far capire che effettivamente ci era entrato.

Odiava imparare la Legilimanzia.
Era stressante.

Quando capì che stava praticamente ripetendo il processo a memoria con gli occhi fissi su una frase di cui non riusciva nemmeno a dare un significato, si accorse che il problema non era la sua dimenticanza. Ma le sue emozioni.
Dannate.

Il libro lo chiuse troppo forte e il povero pollice andò a finirci di mezzo, facendogli cacciare un grido strozzato. Peter, assorto nel piegare i calzini decentemente (dopo che li aveva messi a caso nel baule l'anno scorso, sua madre non gli aveva fatto mangiare il panettone e... non voleva ripetere l'esperienza) saltò e per istinto urlò a sua volta. James, a presa in giro, fece un urlo da ragazzina terrorizzata, terribilmente acuto.

«Harry, ti prego, calmati» sospirò Remus, chiudendo il baule. Il suo era perfettamente ordinato, si chiudeva senza sforzo. Incredibilmente anche quello di James si chiudeva facilmente. Peter gettò loro un'occhiata d'invidia. Certo, mica lui sapeva che quello di James era dotato di Incantesimo di Estensione Irriconoscibile.

Il giorno dopo tutti se ne sarebbero andati a casa per le vacanze natalizie, sarebbero rimasti solo Harry e Sirius. James, stranamente, non li aveva invitati. Non che si fossero offesi, anzi, James addirittura li aveva guardati con uno sguardo colpevole quando era arrivato il momento di fare la lista di chi restava a Hogwarts. Ma Sirius gli aveva dato uno schiaffetto sulla nuca ghignando e facendo l'occhiolino e Harry aveva sorriso scrollando le spalle, senza che lui dicesse niente.

La verità è che sarebbe stato il suo primo Natale senza suo padre e, sebbene sua madre avesse organizzato per la Vigilia una gran festa, voleva trascorrere quei giorni con lei, loro due. Un po' d'intimità in famiglia, per abituarsi a quel posto mancante insieme.

A parole non lo disse ma, a quanto pare, non ce ne fu neanche bisogno. E allora James fu davvero grato di avere amici del genere. 

Ritornando al presente, mentre Peter borbottava imprecazioni, James andava in giro per la camera trovando degli abiti suoi in posti impensabili, intanto che Remus controllava, aprendo compulsivamente il baule, che ci fossero proprio tutte le sue riserve di cioccolata e mentre Harry cercava di leggere con la frustrazione che saliva, seduto vicino alla scrivania... Sirius se ne stava sdraiato sul letto, miracolosamente a leggere tranquillamente una rivista di moto, regalatagli da uno del quinto anno dopo che gli aveva fatto... un favore, qualcosa come far ritrovare nel letto di un tizio, allergico ai peli, Mrs Purr, che lo aveva in seguito graffiato in faccia, e alla fine il poveretto aveva ricevuto una punizione su richiesta di Gazza per aver rubato la sua povera e dolce gattina. Sirius non avrebbe mai pensato che fare scherzi su richiesta, o meglio, vendette, sarebbe stato così utile.

In poche parole, Sirius era l'unico rilassato e guardarlo faceva solo innervosire gli altri. Era talmente assorto nel modello di una bellissima Yamaha RD 350 che gli cadde la rivista di mano quando Harry gridò.

«Cosa? Che succede?!» chiese alzando di scatto la testa, in tempo per vedere Harry lanciare un'occhiataccia a Remus.

Gli bastò qualche occhiata per capire il problema di Harry, anche perchè era abbastanza evidente. Lanciò uno sguardo rammaricato alla sua rivista e alla Yamaha RD 350 e poi aprì bocca per parlare.

«Sul serio, Harry, vederti così preoccupato mi fa pensare che ricambi la cotta di Marlene» ghignò James, rubandogli la battuta.

Harry lo guardò male «Non ho una cotta per Lene» sibilò, poi arrossì leggermente «e lei non ce l'ha per me» continuò, distogliendo lo sguardo.
Remus sbuffò divertito, James si stropicciò gli occhi, esasperato, e Peter si lasciò sfuggire una risatina.

Sirius per poco non scoppiò a ridere, e intrecciò le mani, poi le alzò unite e inclinò la testa verso di loro, in una tenera posa. «Aw, altro che diciannovenne, sembri un bambino!»

Harry diede un'occhiata al suo corpo, ignorando volontariamente il vero significato della frase. «Appunto, sembro.»

«Non intendevo questo» borbottò Sirius, alzando gli occhi al cielo.

«E comunque niente cotta, sono preoccupato per lei semplicemente perchè è una mia amica, le voglio bene e tutto quanto» sbottò, poi sospirò.
«Verranno le ragazze, mi diranno come sta, e mi tranquillizzerò» assicurò.

Sirius fece una faccia svogliata e riprese la rivista, girando pagina «Certo» concordò, con una voce pregna di sarcasmo. Prima che Harry potesse valutare di soffocare Sirius con un cuscino, Remus scartò in tutta fretta una Cioccorana e gliela porse.

«Cioccolato. Aiuta a calmarsi» spiegò, all'occhiata interrogativa di Harry. Il corvino prese la Cioccorana e gli staccò con un morso secco la testa.

«Scusa, andavi a trovarla insieme alle ragazze, ti ritrovavi meglio» disse Peter a bassa voce e velocemente, come se fosse indeciso se completare o no la frase e cercasse di finirla il più presto possibile.

«Non potevo» disse Harry.

«Andavi lo stesso» sussurrò Peter, soprappensiero per poi aggiungere, come a ripensamento: «Convincevi Silente.»

Harry sospirò, guardò la Cioccorana e masticò la una parte del fianco, cercando di non pensare a Marlene. 

Diede un'occhiata a Sirius che guardava la rivista come se per lui il discorso fosse chiuso, anche se Harry sapeva benissimo che in realtà stava prestando attenzione. Adocchiò Remus, che lo guardava come se avesse appena impedito una catastrofe, poi James che ancora scuoteva la testa incredulo per la sua frase sulla cotta di Marlene poco prima. Infine Peter che si buttava sul baule per chiuderlo.

«Ci andavi lo stesso» gli risuonò la sua frase. Un'idea folle gli balzò in mente. Spalancò gli occhi e guardò la Cioccorana con realizzazione.
Questa... questa... sarebbe stata una delle più grandi cazzate mai fatte in vita sua. E, sorprendentemente, non aveva niente in contrario. Forse la sua coscienza e la sua maturità erano andate in giro da qualche parte, perché non intervennero in disaccordo.

No, non lo fecero. A quello ci pensò Remus, però.

«Harry, non farlo» disse, con un tono talmente allarmato che perfino Sirius distolse lo sguardo dalla rivista.

Perché Remus lo trattava come se fosse un libro aperto? Dalla sua faccia, Harry poteva dedurre che avesse già capito tutto, e si
chiese quando, esattamente, Remus avesse imparato la Legilimanzia a sua insaputa. Inoltre, era una sua impressione o quel giorno sembrava più spaventato da lui? Come se fosse una bomba ad orologeria che sarebbe esplosa da un momento all'altro.

Ma Harry non aveva visto il proprio sguardo pazzo rivolto alla povera Cioccorana senza testa. Quindi era sinceramente confuso riguardo il comportamento dell'amico.

Tuttavia, la confusione non gli impedì di giocarci un po' «Cosa?» chiese innocentemente, facendo il finto tonto.

Remus assottigliò gli occhi «Lo sai.»

Harry sbattè le palpebre nel modo più innocente possibile «Non sto capendo, Rem» disse, mangiando una zampetta di Cioccorana.

«Si può sapere che sta succedendo?» esordì James, scocciato.

«Harry vuole andare all'ospedale a visitare Marlene di nascosto» scandì Remus, continuando a guardare Harry con rimprovero, come se avesse già compiuto il crimine.

James guardò con la bocca ridicolamente spalancata il suo clone, mentre Sirius si portava una mano in faccia, borbottando, in modo che nessuno lo sentisse, altrimenti avrebbe rischiato seriamente la morte per mano di Harry: «Ok, è definitivamente impazzito.»

«EH?!» urlò Peter, guardandolo con occhi strabuzzati «H-Harry ma uscire fuori dai confini di Hogwarts senza permesso è punibile con l'espulsione!» farfugliò, come se Harry non lo sapesse perfettamente. Era forse la regola più banale di cui chiunque era a conoscenza.

«Ehi! Io non ho detto niente!»
«Harry...» Remus lo guardò male.
«Sì, ok, lo ammetto» sbottò Harry esasperato. «Ma davvero, non succederà niente. E più facile di quanto sembri!»

«Harry, non puoi andartene a spasso allegramente per il Mondo Magico senza pensare alle conseg-» iniziò il Licantropo profondamente in disaccordo, solo per essere interrotto da Harry.

«Mi dispiace Rem, rimandiamo alla prossima. Devo andare lì prima che finisca l'orario di visite» disse sovrappensiero, intanto che prendeva il mantello invernale e la bacchetta, mentre Remus lo guardava indignato e sconvolto.

Harry si avvolse velocemente attorno al collo una sciarpa e, dopo aver cercato di trovare i guanti, non riuscendoci, vi rinunciò e si diresse verso l'uscita. «Se qualcuno chiede di me, dite che sto a letto addormentato con la febbre o che so io, inventatevi qualcosa. Ok?» raccomandò frettolosamente.

James fece appena in tempo a sussurrare un «Ok...» che Harry aveva già fatto un incantesimo di Disillusione su se stesso, uscendo dalla porta e chiudendosela alle spalle.

Nel silenzio, una rivista che si chiudeva delicatamente e un piccolo sospiro «E lui dovrebbe essere l'adulto?» chiese Sirius, sarcastico. 



Harry passò per i corridoi senza essere visto e uscì dal castello.

Il freddo pungente lo colpì appena varcate le grandi porte, mise le mani nelle tasche e rabbrividì, pentendosi amaramente di non aver cercato per qualche secondo in più i guanti. Il parco di Hogwarts era coperto di neve, con il risultato che quando camminava su di essa, lasciava dietro di sé impronte provenienti apparentemente dal nulla, a occhio esterno. Alzò lo sguardo e guardò il cielo, coperto da varie nuvole. Qualcosa di bagnato e gelido gli toccò la punta del naso.

Stava nevicando, realizzò.

Riabbassò lo sguardo e si diresse veloce verso il Platano Picchiatore. Già sentiva di star per avere ripensamenti, quindi era meglio arrivare lì vicino il prima possibile. Davanti all'albero che si muoveva agitato, non si diede neanche la pena di cercare di trovare qualcosa da lanciare contro il nodo alle radici. Piuttosto sguainò la bacchetta ed evocò un sasso e, prendendo la mira, lo lanciò contro il nodo tra le radici. Quasi lo mancò, ma riuscì a toccarlo leggermente, e il Platano si immobilizzò.

Harry si avvicinò ed entrò nel passaggio segreto. Qualche minuto dopo, uscì dalla Stamberga Strillante.

Si prese qualche minuto per osservare con occhi amareggiati le rovine di Hogsmeade, ancora piena di macerie, prima di distogliere lo sguardo e fare un respiro profondo, poi si smaterializzò.

Harry inciampò malamente quando comparve in cima a una grossa pattumiera verde (fortunatamente chiusa) e per poco non cadde con la faccia a terra. Si alzò velocemente e si guardò intorno, confuso e agitato. Era comparso in una via piena di palazzetti, ma anche di molti negozi, che però erano di meno rispetto a come si ricordava. Qualche passante stava gettando occhiate confuse alla pattumiera, che apparentemente aveva fatto un gran fracasso da sola, ma poi lasciava stare, riprendendo a camminare allegramente tra la folla.

Tutto era pieno di decorazioni natalizie, che probabilmente si erano accese da poco, visto che ora aveva iniziato a farsi buio.

Secondo l'immaginazione di Harry, sarebbe dovuto comparire dietro quella viuzza che era un po' più di come si era immaginato, non su una pattumiera. Ma, evidentemente, le cose cambiavano nel corso di ventidue anni. A partire dal fatto che i negozi erano di meno, anche se attiravano molta clientela.

Si massaggiò la spalla, che aveva subito una brutta botta, e si diresse dietro la piccola viuzza.

Fu con suo grande orrore che vide che non era quella semi-isolata che si ricordava, tutt'altro. Era stretta, ma incredibilmente graziosa. Delle luci di Natale dorate erano appese da un palazzetto all'altro, negozi di dolciumi e presepi erano aperti e con la luce delle vetrine illuminavano ancora di più la via. Una folla camminava, guardandosi meravigliata intorno, mentre una Babbo Natale travestito cantava qualcosa, che Harry non riuscì a capire, visto il vociare della gente che copriva le sue parole.

Tornò indietro, ancora invisibile, e sperò ardentemente che il negozio Purge & Dowse Ltd fosse rimasto lo stesso, o perlomeno simile, altrimenti le cose sarebbero state molto più complicate. Ora anche il luogo dove aveva pensato di togliersi l'incantesimo non c'era più.

Camminò un po' per la via principale, quella dove c'era la pattumiera, dirigendosi verso il grande magazzino malandato. Stette attento ad evitare il più possibile le persone, guardandosi intorno alla ricerca di un maledetto posto isolato. Quando trovò finalmente una fessura tra due negozi, abbastanza grande da poterci entrare, ci si buttò dentro e si tolse l'incantesimo di Disillusione.

Camminò per un po', fino a quando non vide con sollievo il magazzino di mattoncini rossi Purge & Dowse Ltd, l'insegna storta e un cartello con sopra scritto: "Chiuso per ristrutturazione". Le vetrine erano polverose e una luce al neon (che doveva chiaramente illuminarle) si accendeva e spegneva in continuazione, un manichino era caduto addosso a un altro, che aveva la parrucca al contrario. Indossavano vestiti alla moda, per quel che poteva capire Harry guardando la gente che camminava, sebbene fossero sporchi.

Tutti erano disposti disordinatamente, solo uno era ritto in piedi di fronte al vetro, con delle ciglia finte attaccate per bene. Indossava un grembiulino di nylon verde.

Era lui.

Harry si avvicinò, guardandosi attorno esitante.

«Salve, vorrei vedere Marlene McKinnon» informò, sentendosi piuttosto stupido a parlare con un manichino. Ma doveva ormai esserci abituato a cose del genere, anche perché aveva un "amico" che lui chiamava Signor Duellante, ed era un manichino a tutti gli effetti. Terribilmente orgoglioso e combattivo, come se non bastasse.

Il manichino annuì appena e fece cenno di avvicinarsi con il dito snodato. Harry guardò per qualche secondo la vetrina, poi ci entrò dentro e svanì.
Si ritrovò nella grande sala di accettazione, file di sedie di legno (che avevano più l'aria di nuovo, da come se le ricordava) erano occupate da maghi e streghe, alcuni dall'aspetto normale, altri con delle malformazioni e malattie assurde, con cui solo i maghi si sarebbero ritrovati a fare i conti.
Harry distolse lo sguardo e scosse la testa, mentre una Medimaga gli passava accanto con una tavoletta e una penna stretti al petto, probabilmente per scrivere appunti su un altro paziente.

Si avvicinò al bancone e mentre attendeva in fila, notò con una certa preoccupazione che la signora dietro di esso non era svogliata, ma diligente. Quando richiedevano visite a qualcuno, a volte non controllava la lista di coloro che erano autorizzati, poiché evidentemente il paziente ricoverato poteva avere quante visite voleva, altre volte controllava invece la lista, quando le visite erano limitate.

Harry era certo che Marlene fosse proprio tra quest'ultimi.

«Desidera?» chiese la signora, senza neanche guardarlo.

«Visitare Marlene McKinnon» disse Harry, mentre faceva finta di aggiustare il colletto della maglia.

La signora guardò brevemente la lista e alzò lo sguardo «Mi dispiace, la signorina McKinnon ha già visite, e non credo che ne possa avere altre oggi. Ripassi dom-»

La signora fece per completare la frase, ma Harry mosse velocemente la mano, con la fronte aggrottata dalla concentrazione, la guardò dritta negli occhi e sussurrò: «Confundo

Nel rumore generale si udì a malapena, e il signore dietro di lui era troppo occupato a cercare di togliersi i guanti che a quanto pare gli congelavano le dita per prestare attenzione a quel che stava succedendo.

Per un attimo, Harry temette che non avesse funzionato e di esser stato beccato. Il confundus era già difficile con la bacchetta, essendo un incantesimo mentale, senza bacchetta lo era ancora di più.
Ma la signora venne scossa da un brivido, e lo guardò con occhi vagamente vacui.

«Eh? Cosa?!» sbottò.

Harry cercò di comportarsi nel modo più naturale possibile, facendo un sorrisetto «Mi stava per dire la stanza di Marlene McKinnon» mentì, affabile.

La signora sbattè le palpebre e andò a vedere un elenco «Oh... sì certo. Quarto piano, camera 264, terzultima porta in fondo a sinistra» informò.
Harry sorrise di nuovo e ringraziò.

La signora lo osservò andarsene, con ancora lo sguardo vagamente perso, prima di riprendersi e distogliere lo sguardo.


                                            *


Dopo che Michael se n'era andato, tutto impettito, le ragazze avevano riso e la tensione per l'argomento di prima si era totalmente sciolta. Avevano quindi iniziato a parlare di argomenti più leggeri, e fu quasi come se non fosse successo niente.

Però con una rammaricata occhiata all'orologio nella stanza, Mary fu costretta a informare che era tempo che se ne andassero. Silente aveva concesso loro un'ora, e ora dovevano tornarsene a Hogwarts.

«Cerca di non farci più prendere spaventi del genere, comunque» raccomandò Lily, il che fece sorridere leggermente Lene, staccandosi dall'abbraccio «Ah, e vedi di scrivere una lettera ad Harry il prima possibile, è molto preoccupato» continuò.

Marlene arrossì e annuì, mentre Alice le dava due rumorosi baci sulle guance. «Sei sicura che ti lasceranno uscire entro la Vigilia?» chiese di nuovo.

La biondina sospirò, fintamente esasperata «Sì, mi tengono in questo posto solo per assicurarsi che non senta dolori al fianco e che la cicatrice sia a posto. Alla fine ora sto abbastanza bene, tempo qualche giorno e tornerò a casa per festeggiare!» concluse la frase con un sorriso.

«Oh, ma io devo ancora fare il baule!» se ne uscì Mary, con gli occhi spalancati.

«Sei la solita» ridacchiò Lily, mentre la MacDonald si stropicciava la faccia con la mano.

«Spero che nessuna di voi mi abbia regalato vestiti, ne ho già abbastanza» borbottò, gettando un'occhiataccia generale.

«Eppure a me pare di averti regalo qualcosa da indossare, mi dispiace» ghignò Marlene, con tutto tranne che il dispiacere in faccia.

Mary sbuffò divertita e le diede un veloce abbraccio per salutarla «Apprezzerò il regalo solo perché me l'hai fatto tu, sappilo» scherzò.

Con un ultimo cenno della mano, le ragazze uscirono dalla porta, chiudendosela alle spalle.

Lily venne scossa da una strana sensazione. Si guardò intorno freneticamente, sentendosi osservata, e lo sguardo le si fermò su una sedia apparentemente vuota.

La osservò intensamente, senza sapere che occhi uguali ai suoi ricambiavano lo sguardo.

«Lily? Stai bene?» chiese Mary, scuotendola. 

Lily si voltò di scatto e si riprese «Sì... andiamo.... solo una sensazione.»
Mary la guardò stranita ma non disse niente, mentre si allontanavano dalla stanza 264.

Lily si voltò un'ultima volta a guardare la sedia, poi lasciò perdere, mordendosi il labbro.

Certo, lei non sapeva che avesse avuto un po' troppa ragione nell'affermare che Harry fosse talmente preoccupato per Marlene da non tranquillizzarsi fino a che non l'avrebbe vista di persona. Né sapeva che, poco importava che il suo amico avesse rifiutato la sua offerta, perché permesso o no, Harry Potter all'ospedale ci era andato lo stesso. 



Il suddetto Harry Potter, dovette aspettare anche un altro po' per entrare, perché una signora dai capelli castani era entrata, tenendo per mano un bambino. Per fortuna stette lì per pochi minuti, e poi si allontanò sempre con il bambino, andando verso l'atrio dell'ospedale.
Harry andò velocemente al bagno più vicino, che aveva notato almeno quindici minuti fa mentre aspettava che le ragazze uscissero.

Si tolse l'incantesimo di Disillusione e uscì.

Ormai non c'era neanche più bisogno di nascondersi, la parte a cui doveva stare attento era passata, i Medimaghi camminavano per i corridoi e non lo degnavano di un'occhiata. Neanche passava loro per la mente la domanda "Che ci fa un ragazzino da solo qui?".

Davanti alla porta fu un attimo incerto, non sicuro che la sua presenza fosse poi tanto gradita, poi scosse la testa e bussò, aprendo qualche secondo dopo.

La faccia che fece Marlene nel momento in cui lo vide fu un'espressione che Harry avrebbe ricordato con divertimento negli anni a venire.

La biondina lasciò cadere la rivista del Settimanale delle Streghe e lo guardò con gli occhi e la bocca spalancati, come se fosse una specie di alieno. Inoltre i capelli non erano propriamente ordinati, visto che era stata appoggiata al cuscino per la maggior parte del tempo, e indossava un pigiama grigio con un gufo sopra, a fianco la vignetta con: «Zzzzz». Per completare il tutto, c'era qualche pallina di stoffa di peluche fucsia, attaccata vicino.

«H-Harry!» balbettò, poi fu improvvisamente consapevole del suo aspetto di cui, giustamente, non si era tanto preoccupata con le amiche e i genitori. Si coprì istintivamente con la coperta, e il Settimanale delle Streghe cadde a terra.

Marlene imprecò mentalmente, tutta colpa di sua madre, che aveva insistito per farle togliere l'abbigliamento che aveva fornito l'ospedale («Togli quella roba plastificata e leggera, ci manca solo che prendi l'influenza in ospedale!»)  e aveva deciso di farle indossare invece quel pigiama ridicolo. Certo, era caldo e comodo, ma sua madre avrebbe potuto sceglierne uno più sobrio.

Poi pensò a ciò che avevano detto le sue amiche, ovvero che Harry non era potuto venire in ospedale, a quel punto l'abbigliamento non era tanto importante.

«Che ci fai qui?» chiese, mentre Harry si chiudeva la porta alle spalle, poi continuò senza dargli il tempo di rispondere: «Silente ti ha dato il permesso? Come l'hai convinto? Sicuro di stare bene? Lily mi ha detto di sì ma tu tendi sempre a nasc-»

Fu interrotta da una risata, e osservò stupita Harry ridere, appoggiandosi alla sedia vicino al letto. Sembrava una risata divertita, ma anche... sollevata, come se un enorme peso gli si fosse tolto dalle spalle.

Lo guardò e le venne naturale sorridere, dimentica di tutte le imbarazzanti palline fucsia di stoffa di peluche di questo mondo. Poi si accorse che la percezione delle cose intorno a Harry stava perdendo spessore, sbiadivano nel suono della risata del corvino. Allora fu consapevole che lo stava guardando con una faccia da ebete e si riprese appena in tempo, distogliendo forzatamente lo sguardo.

«Perchè ridi?» borbottò, guardando fisso le coperte, quando Harry iniziò a calmarsi.

Harry scrollò le spalle «Sono solo felice che tu stia bene» il cuore di Marlene saltò un battito a quelle parole. Alzò di scatto lo sguardo, osservando mentre ad un tratto Harry scuoteva la testa con un sorrisetto in faccia «Perchè mi hai fatto penare, Lene» sussurrò morbidamente.

La guardò, con occhi apprensivi, uno sguardo che fece sciogliere tutto il disagio e l'imbarazzo che si era portata dietro fino a quel momento.  

Perchè Harry aveva visto il sangue scorrere sulle sue mani, Marlene ne era consapevole, l'aveva vista con quello squarcio sul fianco, immobile.
 
E lui pensava ancora a questo, perchè la guardava attentamente, come se si stesse godendo la visione di lei viva e vegeta, quasi non ci credesse.

«Ma ora sto bene, vedi?» lo rassicurò, con un sorrisetto, indicando se stessa, dimentica del suo aspetto. «Ora non ti farò più penare, signor Potter» scherzò, poi schioccò le dita, spalancando gli occhi:
«Oh! Per fortuna sono riuscita prima a convincere mia madre a tornare a casa per riposarsi, con Michael dalla nonna... altrimenti saresti stato abbracciato e ringraziato all'infinito da lei. Sai no, che non sarei qui se non fosse per te?»

Harry sorrise un po'.

«Beh, è vero che tutto questo non sarebbe mai successo se non fosse stato per me» pensò poi, amaramente. Forse l'unico segno fu una leggera inclinazione del sorriso, ma fece finta di niente.

«Harry James Potter» la voce all'improvviso autoritaria di Marlene lo scombussolò un attimo. Da quando aveva saputo il suo secondo nome, amava iniziare a rimproverarlo (anche scherzando) chiamandolo per intero, con quella voce anche un po' ridicolmente solenne. 

Era una delle cose che più piacevano ad Harry di lei. 

Ma al momento non sembrava incline allo scherzo, come un attimo fa.

«Non pensare più quella cosa che hai appena pensato» lo redarguì.
«Pensare cosa?» 
«Te l'ho appena detto.»

Il silenzio fu persino assordante, interrotto da un urlo molto forte di un Medimago che dava direttive, che oltrepassò i muri della stanza. Harry la guardò con le sopracciglia aggrottate, da una parte chiedendosi perchè tutti all'improvviso avevano deciso di imparare la Legilimanzia a sua insaputa, dall'altra non capendo sinceramente se lui e Marlene stessero intendendo la stessa cosa.

«Se Tu-Sai-Chi  ha deciso che saresti stato un buon Mangiamorte, è colpa sua, non tua. Tutto questo è successo per colpa di Tu-Sai-Chi. Dio, detesto questa cosa di te! Vedi le cose obiettivamente, mica l'hai chiamato e hai detto "Ehi perchè non mi prendi in considerazione per entrare nei tuoi ranghi? Incontriamoci a Hogsmeade, e intanto dai una gran festa!"» sbottò Lene, guardandolo con uno sguardo determinato e ardente, mentre il corvino la fissava sbigottito. Poi sbuffò, continuando senza sapere che Harry non la stava più ascoltando: «Che poi non capisco, cioè da quando sei talmente bravo da attirare addirittura l'attenzione di Tu-Sai-Chi? So che sei un prodigio e tutto, ma non pensavo che fossi così. È impossibile che tu abbia imparato tutto da solo!»

«Tu... hai sentito?» riuscì a boccheggiare Harry.

Marlene lo guardò male «Tu non puoi pensare solo a questo dopo che ho cercato di farti la lavata di capo!» si lamentò, irritata.

«Eri sveglia?!» continuò Harry ignorandola, una nota di panico a malapena attutita.

«Sì, più o meno. Mi sono svegliata dopo un po'» rispose la biondina, ora leggermente confusa dal suo comportamento. «poco prima che tu rispondessi, più o meno» aggiunse. Vide Harry calmarsi visibilmente, e assottigliò gli occhi.

«Nascondi qualcosa» sussurrò.

Harry la guardò per un attimo impanicato, ma l'attimo fu tanto breve che se Lene non si fosse trasformata automaticamente, come ogni volta che era in sua presenza, in un'attentissima osservatrice, non avrebbe notato. Succedeva sempre così: si ubriacava di ogni suo particolare.

Il corvino sapeva che si era lasciato sfuggire un'emozione di troppo.

Purtroppo erano uscite prima che potesse sopprimerle, e avevano rivelato quel che avevano rivelato. Non voleva che altri scoprissero qualcosa, e Voldemort aveva detto parecchie cose compromettenti. Il pensiero che Marlene avesse potuto sentirle gli aveva fatto perdere un po' di controllo. Altri che sospettavano non ne aveva bisogno.

Decise che qualsiasi negazione sarebbe suonata a "finto tonto", quindi si limitò ad osservarla confuso, non dicendo niente.

«Harry» marcò la ragazza con voce ferma «Cosa ha detto prima, quando ero incosciente, Tu-Sai-Chi?»

Continuando su questa strada non andava bene. Il corvino pensò freneticamente a un piano e una bugia abbastanza credibile, per quanto gli facesse male mentire. Marlene era una persona così comprensiva, così intuitiva e così spontanea che non meritava bugie.

Ma, come sempre, doveva.

Harry storse volontariamente la bocca, in una smorfia ansiosa. «Niente di importante, le solite sciocchezze sul potere e sull'inutilità dell'amicizia, ecco» spiegò, rendendo abbastanza evidente il fatto che stesse mentendo, ma non troppo. Non era da lui.

«Harry James Potter»

Di nuovo.
Con lo stesso tono.

Harry rabbrividì e deglutì, e lasciò che il suo sguardo si oscurasse. Guardò il viso duro di Marlene, anche se con un pizzico di dolcezza negli occhi, e fece cadere il velo di incertezza, sostituito da uno di sconforto «Per convincermi a lasciar perdere tutto e unirmi a lui... ha detto alcune cose sulla mia infanzia e sulla mia famiglia che...» distolse lo sguardo «cioè... insomma, per ora non vorrei che si sapessero, né mi sento di dire» sussurrò.

Era subdolo fare tutta quella recita. Subdolo e viscido, viscido come la foglia che aveva in bocca. Harry si faceva abbastanza schifo.
Marlene lo guardò un attimo, Harry diede un pizzicotto alla stoffa del pantalone e degli occhi marroni seguirono attentamente il movimento. Poi Marlene ritornò a guardarlo con uno sguardo colpevole.

«Io... non immaginavo. Scusa, Harry» disse, con occhi sfuggenti.

Harry fece un sorrisetto triste, vero questa volta. Solo che il motivo era diverso da quello che invece probabilmente pensava Lene. «Non preoccuparti. Anche io avrei reagito così» rispose, facendo spallucce.

Il silenzio li avvolse per po', ed Harry, estremamente a disagio, si mosse sulla sedia e guardò brevemente a terra, notando la rivista del Settimanale delle Streghe aperta, caduta a terra. Si chinò e la prese, poggiandola piuttosto svogliatamente sul letto di Marlene.

Poi guardò la pagina aperta e sentì un senso di orrore nascere in lui.
 
Era stampata la foto di una ragazza dai capelli biondi alla fine di un articolo sulla relazione segreta tra la vedova di pochi mesi Celestina Warbeck e il suo datore di lavoro. La ragazza nella piccola foto aveva i capelli raccolti in una morbida crocchia, indossava un vestito attillato celeste, e un'elegante giacchetta di pelliccia gialla. Cosa che saltò agli occhi di Harry fu la forma sottile degli occhiali e la borsetta di pelle di coccodrillo. Guardò la scritta accanto alla foto: " Articolo scritto da: Rita Skeeter, emergente giornalista, 23 anni. "

Harry ringraziò chiunque fosse in cielo, perchè non era famoso e in questo modo si risparmiava metà della frustrazione.

«Oh quello» disse Marlene con uno sbuffo «Quell'articolo mi ha già rotto in anticipo. So già che nonna per Natale parlerà di questo, insultando la giornalista per aver criticato la sua cantante preferita.»

Harry distolse lo sguardo, chiudendo la rivista con uno scatto isterico per non guardare più quello scarabeo odioso.

«Ma Celestina Warbeck non è quella che canta...?»

«Un calderone di forte amor bollente? Mi hai stregato il cuor?» completò Marlene con un sorrisetto, poi chiuse gli occhi e iniziò a dondolare la testa a ritmo «E forse è stato solo un attimo, una pozione d'amore avrebbe potuto far di meno, a continuar così, non ci riesco nemmeno... Mi hai stregato il cuor, e non capisco come hai fatto... perchè un incantesimo cosí potente non esiste, e questo batticuore insisteee» canticchiò, ben consapevole di essere stonata. Ma era disposta a rendersi ridicola, perchè Harry rise e la tensione si sciolse completamente.

«Sì, scusa se non sono lei» disse Marlene fintamente indispettita, cercando di nascondere un sorriso.

Questo non fece che aumentare le risate di Harry, che riuscì a calmarsi solo dopo essersi fermato per tre volte nel tentativo di trattenere le risate.
Stranamente, lì con Marlene dimenticava tutto il peso che aveva sulle spalle. Ed era bello, anche solo per un attimo, comportarsi da ragazzino quale sembrava.

«Grazie per la serenata, Lene» disse con un sorriso divertito, poi divenne più beffardo «Però... sbagliavo a immaginarti cantare bene.»

Marlene gli sbatté la rivista in testa, facendogli uscire un gemito di dolore.

«Canta tu, Mister Cantante!» esclamò, con sfida.
«Cosa?! No!» 
«Io l'ho fatto, ora lo fai anche tu.» 
«Ma non te l'avevo chiesto!»
«Harry James Potter.»


                                               *


«Ha l'influenza?» domandò stupita Lily, per poi dare un'occhiata alle scale del dormitorio maschile.

«Sì» confermò Remus, con un sorrisetto incerto.

«Beh, possiamo andare un attimo a vederlo» fece spallucce Alice, mentre Mary borbottava qualche scusa e si precipitava verso il dormitorio femminile, andando a preparare il baule.

«No!» sbottò Remus, parandosi davanti a lei, quando fece per salire. Peter lo guardò agitato e Sirius si fece immediatamente avanti, guardandolo con rimprovero.

«Sta dormendo» spiegò, calmo.

«Ma oggi stava bene!» si lamentò Lily, sospettosa.

Sirius pestò il piede di James per aiuto, che trattenne un «Ahi!», poi si sforzò di fare un ghignetto. «Abbiamo fatto una partita a palle di neve, Evans. L'abbiamo massacrato e ha preso freddo.» mentì il Potter.

«Lo portavate in infermeria!» esclamò Alice.

«Nah, non ce n'era bisogno» Sirius sventolò la mano, svogliatamente.

Quando Peter notò l'occhiata di rimprovero che diedero le ragazze, a sorpresa di tutti, parlò: «A-Abbiamo già preso le medicine, Harry preferiva r-rimanere nel suo letto» balbettò.

Lily li guardò uno a uno, poi sospirò «Va bene... quando si sveglia ditegli che Marlene sta bene.»

I ragazzi fecero un sorrisetto sollevato alla notizia e annuirono.

«Allora noi andiamo ad aiutare Mary» si congedò Alice, poi vide Frank entrare nella Sala Comune e il proposito andò all'aria, mentre correva a salutarlo.

Lily li guardò un attimo intenerita, poi si voltò e fece un cenno di saluto verso i Malandrini con la mano, avviandosi verso le scale del dormitorio femminile.

«EHI EVANS!» urlò James, facendola saltare per lo spavento.

«CHE URLI A FARE, POTTER, SONO QUI!» lo sgridò, notando con un certo imbarazzo lo sguardo di parecchi studenti puntati ora su lei.

«Scusa, Evans, volevo solo chiederti perchè hai deciso di farti crescere dai capelli delle stelle di Natale» ghignò James.

Lily si prese i capelli da dietro e li portò di lato, guardandoli con orrore.

Sembravano una specie di giardino rosso per le stelle di Natale.

Non c'era neanche il bisogno di pensare di chi fosse la colpa. Quello stupido, dopo settimane di tregua, aveva probabilmente esaurito la sua scorta di neuroni per decidere di fare una cosa simile.

«Potter.»
«Sì, amore?»
«Mi è venuta l'improvvisa voglia di ucciderti.»
James impallidì.


                                            *


Fu molto imbarazzante. Harry non ricordava l'ultima volta che aveva cantato, ed era assolutamente certo che non aveva mai cantato una canzone d'amore.

Quindi finì per cantare bene, perchè cantava bene per sua sorpresa, ma con una voce incerta che rovinava tutto, accompagnata da un’espressione imbarazzata che era consapevole di avere e che lo metteva a disagio ancor di più.

Fu probabilmente per questo che Marlene prese a ridere, quando ormai era quasi alla fine della strofa che lei aveva cantato.

Harry si era fermato, rosso in viso, e aveva smesso.
E la sua cara amica rideva ancora.

«Lene!» esclamò imbarazzato, ma con un sorriso divertito, visto che questa ora rideva silenziosamente, trattenendo il respiro.

Era comico vederla con la bocca spalancata in un sorriso, immobile. 
Probabilmente era un po' uscita fuori di testa, o era semplicemente tanto allegra, visto che rideva tanto per così poco.

Poi a un certo punto mentre si chinava a tenersi la pancia, smise e il sorriso scomparve sostituito da una smorfia di dolore. La mano andò a stringersi il fianco.

La biondina imprecò tra i denti, mentre Harry la guardava in allerta e preoccupato.

«Il fianco?» domandò con voce flebile. Marlene non rispose, mentre strizzava gli occhi. Lì aprì e sospirò, poggiandosi cautamente sui cuscini, muovendo lentamente il busto per rimetterlo dritto. Si voltò verso di lui e notò il suo sguardo nervoso sul fianco. Fece un piccolo sorrisetto.

«Non preoccuparti, è successo già una volta. Non devo muoverlo troppo, la cicatrice tira» spiegò brevemente.

Gli occhi di Harry scattarono verso il suo viso, sembrò per un attimo sorpreso alla parola "cicatrice", poi probabilmente si disse che non avrebbe dovuto aspettarsi niente di meno.

«Posso... vedere?» chiese.

Marlene spalancò gli occhi e arrossì «È-è brutta» balbettò, cercando di trovare una scusa. Pensare a Harry che le fissava il fianco era qualcosa che la metteva a disagio.

Harry sbuffò e si scostò la frangetta, scoprendo la cicatrice a forma di saetta «Non venire a parlare a me di cicatrici!» esclamò, con una nota ironica. Poi se la accarezzò, disegnandone la forma, aggrottando le sopracciglia «La odio. Mi piaceva da piccolino, pensa, poi mi sono accorto che averla in faccia non era il massimo. Però... alla fine è un segno che sono sopravvissuto. Dovrei esserne felice. Ma la odio» mormorò, omettendo qualche particolare. Non odiava la cicatrice perchè era in faccia, o almeno non completamente. Solo lui sapeva tutti i problemi che gli aveva provocato, quello sfregio sul suo viso.

«Sfregiato.»

«Oddio, Malfoy mi ha influenzato» pensò orripilato. Ora gli risuonava pure la sua odiosa voce in testa.

Intanto Marlene lo guardava incerta, poi scostò le coperte e alzò la maglietta dal fianco, voltando lo sguardo dall'altra parte.

Harry si riprese dal turbinio dei suoi pensieri e guardò la lunga cicatrice, un po' scombussolato. Non si ricordava che la ferita fosse così lunga. Voldemort aveva davvero osato fare questo?

Avvicinò le dita e la toccò, per un attimo sentì la sensazione del sangue sui suoi polpastrelli, ricordando quando si era trovato quella parte di pelle aperta e squarciata, con del liquido rosso che fuoriusciva di continuo. E fu proprio quella sensazione che gli fece ritirare le dita di scatto.

Marlene abbassò la maglietta e si voltò verso di lui, con tonalità di rosso mai viste prima, ma Harry non sembrò farci caso, mentre si guardava le dita.

Alzò lo sguardo e lo puntò su di lei, e Marlene sussultò. Era vuoto e apatico, e la scrutava lentamente come a cercare qualcosa. Poi forse la trovò, perchè gli occhi di Harry ritornarono a essere espressivi, mentre un angolo della sua bocca si tirava un po' in su.

«Non è brutta, ed è sicuramente più bella del ricordo che l'ha provocata» disse «Poi vederla mi ha fatto ricordare quel che hai passato ieri insieme a me. Non tutti avrebbero retto. Ma tu ora sorridi, e quella cicatrice è la prova di quanto tu sia forte» continuò con sguardo morbido.

Marlene lo guardò sorpresa e con gli occhi lucidi, le guance un po' rosse. Poi scosse la testa e fece un sorrisetto incredulo.

«Incredibile come tu dica queste cose per me e non anche per te» disse leggermente divertita.

Harry scrollò le spalle «Io ero piccolo, ci convivo da tanto. Poi... non è che a me è stata una cosa tanto figa da coinvolgere le malvagie forze del Male. È stato un semplice incidente d'auto» concluse con un ghignetto.

A dir la verità, solo ora aveva pensato a quelle parole. Forse avrebbe potuto iniziare a guardare quella cicatrice da una prospettiva diversa. Dopotutto, fino ad ora era sopravvissuto. E non intendeva solo fisicamente.

Marlene sbuffò divertita e non rispose, sentendosi più leggera.

Harry guardò l'orologio nella stanza, spalancando gli occhi.
«Devo andare, sono stato troppo tempo» disse, con una punta di dispiacere e fastidio.

Marlene si risvegliò dal mondo della contemplazione e guardò l'orologio sbattendo le palpebre. «Oh.»

Harry le sorrise e l'abbracciò, quando si staccò le scompigliò violentemente i capelli, con un ghigno beffardo «HARRY» urlò Marlene, dandogli un violento schiaffo sulle mani.

«Ahi!» gemette Harry.

«Impari» sbottò Marlene, cercando di aggiustare i capelli.

«Va bene, non lo faccio più» assicurò Harry, alzando le mani, dando una veloce occhiata al dorso della mano destra. Era rosso. 

«Stammi bene» disse con un sorrisetto, poi si voltò e fece un cenno di saluto.

Sul punto di aprire la porta, a Marlene venne in mente una cosa. 
«Harry, alla fine non mi hai detto come hai fatto ad ottenere il permesso di Silente per venire qui» disse curiosa.

Harry si fermò e la guardò fintamente confuso «Permesso? Quale permesso?» chiese. Alla vista della sua faccia sconvolta fece un ghigno malandrino e aprì la porta, uscendosene come se non avesse detto niente.
Marlene rimase per minuti interminabili a guardare la porta chiusa, mentre il viso si andava a colorare lentamente di rosso. 

«Ha praticamente infranto una delle regole più importanti della scuola, andando addirittura così lontano da Hogwarts, per venire a trovarmi?!»

A questo punto non sapeva se sentirsi lusingata o arrabbiata con lui per aver rischiato così tanto per una sciocchezza simile. 

Sospirò e si appoggiò ai cuscini, e si accorse che era la quinta volta che faceva quella stessa azione quel giorno.

Sinceramente non gli aveva fatto un bel po' di domande che aveva pensato di fargli, se n'era completamente dimenticata.

E alla più importante le aveva mentito.

Marlene lo sapeva che lo aveva fatto. C'erano alcuni segni che Harry faceva ogni volta che diceva una bugia difficile, di quelle che non vuoi dire. Tutti li facevano, certi gesti involontari.

Ma aveva lasciato che pensasse che gli credesse. E al momento non le sembrava adatto indagare, tempestarlo di domande, facendogli così pentire di essere venuto.

Ci sarebbe stato tempo, o forse era meglio che non facesse domande. Forse, un giorno, sarebbe stato lui a dirglielo.

Doveva aver avuto un buon motivo per mentire. Per il momento, si sarebbe limitata a fidarsi.

E quando Harry ne avrebbe avuto bisogno, ci sarebbe stata. 

























Angolo Autrice
Ehilà gente, scusate il ritardo, e anche gli errori, ho scritto dal telefono quasi tutta l'ultima parte (come se le altre due non fossero anch'esse piene di errori).
Alice e Mary per un attimo hanno dubbi, ma non è che ora sospettano che Harry possa tradire tutti loro. Non lo conoscono bene, hanno quindi esitano un attimo a credere, ma come pensa Marlene, alla fine aveva comunque detto "No", anche ci fossero stati dubbi alla fine ha deciso. E entrambe hanno fiducia nelle loro amiche, che si fidano di lui (poi ci stanno anche i pensieri di Mary, che contribuiscono).
"La spada della roccia" era uno dei film Disney che amavo e mi è venuta voglia di rivederlo recentemente. E allora non ho potuto resistere a citarlo, mi è venuto spontaneo XD 
Michael ha visto i film Disney, la madre comunque gli ha spiegato che non era realtà, che questo era il modo in cui i babbani immaginavano la magia. Che non doveva proiettare quelle immagini sul loro mondo. 
Sto dicendo questo giusto per dire che non è che Michael guardando la Disney si confonde, ha le idee chiare XD
Harry non è ancora bravo in Legilimanzia, ma quest'ultima è una disciplina difficile, molto difficile. Harry, a dispetto di quel che crede la popolazione studentesca, non è un prodigio. Quindi non è che posso farlo imparare in due settimane XD
Sì, intanto Sirius ha letto il libro sui mezzi babbani e si sta documentando sulle moto XD La sua passione inizia!
Non so se avete notato, ho voluto sottolineare i cambiamenti che gli anni portano. Perchè è impossibile che in 20 ANNI non sia cambiato niente per le strade. All'inizio volevo che la via in cui si trovava il Purge & Dowse fosse nel 1973 più una via piena di palazzetti, che di negozi, e che anche il Purge & Dowse fosse un edeficio pericolante. Col tempo i negozi hanno iniziato a stabilizzarsi lì e i maghi, per adattarsi, hanno trasformato il palazzetto in un magazzino. Ma Moody, in "Harry Potter e l'Ordine della Fenice" (mi pare), dice che i maghi hanno scelto quel posto così che i maghi malati potessero confondersi tra la folla, e poi ci avevano costruito il San Mungo. Quindi di certo una via piena di case non è piena di persone, quindi mi sono limitata a farla solo con meno negozi. Insomma, 20 anni non sono così tanti, da rendere la cosa completamente inverosimile.
Ah, anche sempre giusto per precisare, Harry e Marlene passano del tempo insieme, a Hogwarts. Sono amici, amici normali, non migliori amici, ma Marlene riesce a capire così Harry perchè avendo una "cotta" per lui, studia ogni sua espressione, ci sta attenta.
Il testo di "Mi hai stregato il cuor" l'ho scritto io, è brutto, scusate se non sono una cantautrice XD 
Non mi sembra di dover specificare altro, spero che si capiscano abbastanza i pensieri di Lene, mi sembra di sì XD
Alla prossima! 
P.s. Scusate per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
 
Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

 

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Capitolo 48
*** Al rintocco di mezzanotte ***


Al rintocco di mezzanotte

Le vacanze natalizie furono una boccata d'aria fresca.
Negli scorsi due giorni sembrava esserci passato un mese, l'umore a Hogwarts era stato piuttosto pesante, ma ora gli studenti tornavano nel piacevole e in qualche modo rassicurante nido famigliare e i genitori non vedevano l'ora di vederli per rassicurarsi di persona che stessero bene. Infatti, dopo aver saputo la notizia dell'attacco a Hogsmeade, ciò che aveva impedito alla maggior parte di loro di mandare centinaia di lettere a Albus Silente con richieste di far tornare i propri figli in anticipo, era perché sostanzialmente mancavano soltanto due giorni per rivederli.

Certo, con questo non si può negare che il Preside ne avesse ugualmente ricevute, gran parte contenenti lamentele sulla presunta "sicurezza" che avrebbe dovuto garantire ai ragazzi che gli erano stati affidati. Il poveretto aveva ricevuto perfino tre Strillettere.

Tutti preoccupati, in ansia, per i loro figli, contattati poco dopo aver saputo dell'accaduto.

E, in mezzo a tutto quel marasma e quella confusione, con gli occhi fissi sulle schiene di James, Remus e Peter che si allontanavano insieme a tanti altri studenti dopo che avevano dato i saluti, Sirius non riusciva a fare a meno di pensare che i suoi genitori non avessero mandato neanche uno straccio di lettera. Che probabilmente se non fosse l'erede se ne sarebbero fregati altamente, vivo o morto.

Con Regulus andato anche lui per la via "sbagliata", sarebbero stati capaci di avere in cantina un altro figlio, con le speranze che questi diventasse il degno pupillo Black.

Sirius li odiava, per davvero, era fin da quando aveva otto anni che si chiedeva perché era capitato nella famiglia sbagliata. Sirius li odiava, per davvero, ma finchè non avrebbe avuto una nuova figura genitoriale, quelli erano da considerarsi tali.

E Sirius si ripeteva, li odiava, se lo ripeteva in continuazione mentre accompagnati ai pensieri rancorosi verso Orion e Walburga, verso alla loro non benchè minima preoccupazione, si ricordava i tempi in cui era ancora uno stupido ingenuo, ancora incapace di pensare con la propria testa e ancora inconsapevole del mondo che lo circondava, mentre sua madre rigida e severa come al solito, si premurava come minimo di sistemargli la camicetta per incontri importanti con delle carezze, per poi guardarlo tutta soddisfatta, qualche secondo prima di dirgli di sbrigarsi a venire con voce spazientita, mentre lui perdeva tempo a rimirare la sua bellezza allo specchio. Quando perfino Orion a presentarlo non imprimeva quella appena percettibile nota di disgusto e non gli lanciava un'occhiata di avvertimento; quando, invece, diceva «Questo è mio figlio» impassibile ma senza alcuna vergogna, facendogli un cenno veloce ma incoraggiante per fargli fare un passetto avanti.

Sirius continuava ad odiarli, perché da bambino di sette anni, quando aveva fatto amicizia con i bambini babbani del quartiere, era subito stato portato via, e gli era stato dato uno schiaffo per aver disubbidito. Aveva iniziato a pensare a quei bambini, non erano tanto male come dicevano i suoi genitori. Aveva iniziato a fare domande, protestando contro le risposte, cercando una logica che non c'era. E da come era cambiato l'atteggiamento dei suoi genitori da questo, aveva iniziato a pensare che a loro andava bene solo se si comportava da perfetto burattino. La conferma l'aveva avuta quando Andromeda, trattata bene e quasi con orgoglio dai suoi genitori e dai suoi zii, era stata cacciata di casa appena sposato un Babbano.

E non si pentiva di niente di quel che aveva fatto, eppure quelle memorie infantili gli davano uno spettro di come avrebbero potuto essere i suoi genitori se non fossero stati Black. E a guardare le altre famiglie, a pensarle, si ricordava che, purtroppo, lo erano.
 

Si risvegliò e tornò alla realtà quando vide Daniel Cooper in lontananza, tutto armato per affrontare il gelo di fuori, quindi con sciarpa, mantello e un cappello rosso, che correva verso le porte trascinandosi il baule, seguito da un ragazzino alto, dal viso sottile, e i capelli rossi e da un altro con gli occhiali quadrati e i capelli biondicci, rispettivamente Zed e Nolan, da come Reg li aveva descritti. Tutti e tre agitati che correndo facevano quasi ribaltare i propri bauli. Dietro di loro, con espressione calma ma a passo veloce vi era Regulus, che quasi si godeva la scena.

«Regulus, che ore sono?» chiese Zed, quasi urlando, visto che il corvino non era esattamente vicino.

«9:35... magari è rimasta una carrozza» rispose questi, un po' cantilenante, guardando il suo prestigiosissimo orologio Black sul polso, accanto al bracciale nero condiviso con Sirius. I tre aumentarono il passo, ma sulla soglia del portone Daniel non si dimenticò di voltarsi brevemente per salutarlo con la mano e urlare: «LA PROSSIMA VOLTA PERÒ TI OBBLIGO A VENIRE DA ME» e correre via.

Sirius sbattè le palpebre, alla sprovvista «Intende che ha proposto a Regulus di andare a festeggiare le vacanze natalizie a casa sua e lui ha rifiutato?»  pensò, mentre un'altra paranoia gli si infilava in testa.

«Ora ho realizzato che non abbiamo mai passato il Natale a Hogwarts, sai?» sentì una voce. Si voltò e si ritrovò Regulus di fianco, con un piccolo sorrisetto.

«Ciao, Regulus» lo salutò Harry, a fianco del primogenito dei Black. Sirius lo guardò un attimo, riprendendosi per borbottare un disinteressato «Già...»

Il primo anno aveva trascorso il Natale a casa sua, impegnato a "salvare" Regulus. Il secondo anno, l'aveva passato insieme a Harry e il suo fratellino a Potter Manor, dove aveva sentito la parola "famiglia" risuonare in ogni angolo della casa. Ora a Hogwarts, senza alcuno scopo, senza alcuna "famiglia" che siano i Malandrini o la famiglia Potter (l'aggiunta di ciò che stava passando James e della morte di Fleamont fece diventare il suo umore ancor più nero), sentiva il peso del Natale sulle spalle. Regulus che poi aveva probabilmente rifiutato l'invito di Daniel per lui, non aiutava.

Ma lui era Sirius Black! A Potter Manor aveva adorato il Natale (era diventata la sua festa preferita), e di certo non se lo faceva rovinare dal pensiero dei suoi stupidissimi, idiotissimi, coglionissimi, pateticissimi (e tanti altri insulti con il superlativo assoluto) genitori che gli stavano sui cosiddetti gioielli di famiglia (che per la cronaca, giusto per la propria modestia, doveva specificare che quest'ultimi erano rispettabilissimi).

«Bene!» esordì di colpo con un ghigno, facendo sobbalzare Regulus e Harry, che gli avevano gettato numerose occhiate caute per capire cosa gli frullasse per la testolina, mentre parlavano. Sirius li guardò con un'occhiata furbesca, e la sua espressione fece subito intendere che stava per far uscire una stronzata dalla bocca.

«CHI ARRIVA ULTIMO FA SQUADRA DA SOLO ALLA PARTITA A PALLE DI NEVE» come non detto, urlò come un pazzo psicopatico, che probabilmente anche Albus Silente dal suo ufficio, situato sulla torre più alta del castello, lo sentì. Come se questo non bastasse, prese a correre verso le porte del castello come inseguito da una mandria di rinoceronti, quando invece la cosiddetta "mandria di rinoceronti" non erano altro che due persone, Regulus e Harry, che lo seguirono più per istinto che per altro.

E anche perché sapevano che se non l'avessero assecondato, Sirius sarebbe stato capace di bombardarli nel corridoio con le palle di neve fregandosene del regolamento, dando comunque via a una partita a palle di neve.

«MA QUANTI ANNI HAI?! CINQUE?!» sbottò Regulus, cercando di stargli dietro, Sirius che correva per varcare l'entrata neanche fossero le porte del Paradiso.

«QUATTORDICI COMPIUTI IL MESE SCORSO! DAI, REGGY, SONO TUO FRATELLO!» gli rispose Sirius senza neanche voltarsi, ma Reggy poteva benissimo immaginarsi il suo sorriso. Spalancò gli occhi quando Harry, con una velocità che mai si sarebbe aspettato da lui ("merito" dell'intelligente sport che Dudley Dursley aveva inventato, chiamato poi "La caccia a Harry"), lo superò quasi senza difficoltà. 

Già aveva capito: avrebbe perso. E avrebbe perso pure la partita, sconfiggere due Malandrini che facevano squadra era un'utopia.

Sirius nell'entrare nel parco, lo fece con talmente tanta furia che inciampò e cadde in mezzo alla neve, a faccia a terra. Fu traumatico ricevere un improvviso gelo in faccia, sentì di colpo la sensibilità al naso andare a farsi fottere e cosa ancor più fastidiosa fu sentire delle risate quasi derisorie giungere alle sue orecchie (fortunatamente, non si erano congelati i timpani).

La regola che aveva precedentemente stabilito se la dimenticò nel momento in cui alzò la faccia ed ebbe la conferma di ciò che aveva pensato.

Quindi finì che raccattò un po' di neve e si alzò quel tanto che bastava per tirare la prima palla di neve in faccia a Harry, e questa quasi non gli finì in bocca. Regulus schivò quella diretta a lui solo perché si era accorto della sua vedetta in atto dall'urlo di sorpresa di Harry, oltre al suo attacco di tosse.

«Gli occhiali...» borbottò il malandrino occhialuto, togliendoseli e pulendoli con la stoffa del mantello. Li rimise e strizzò gli occhi, in tempo per vedere un'altra palla di neve diretta di nuovo verso la sua faccia, facendo in tempo a schivarla.

«Tu... stai colpendo il tuo compagno di squadra?» domandò lentamente, mentre Sirius raccattava altra neve, venendo colpito da una palla di Regulus sulla spalla. Per tutta risposta il maggiore dei Black gli fece un sorriso di sfida.

Regulus e Harry si coalizzarono e Sirius si ritrovò da solo, ma non sembrò importarsene molto. Tirò fuori la bacchetta e la puntò a terra. Decine di palle di neve si formarono e le sparò tutte verso di loro. 

 

Successivamente non sembrò avere molta importanza, chi era contro chi, chi era con chi, chi barava e chi no o altro. Fu una partita completamente a caso, senza alcun senso. Momenti in cui tutti erano contro tutti e momenti in cui si formavano squadre sul momento, salvo poi sciogliersi per un qualche "tradimento". Fu questo che amò Regulus, che fosse una partita pazza, spericolata, senza nessuna voglia di rispettare una qualche regola, proprio come piaceva a Sirius.

Forse, si disse mentre preparava un agguato a Sissy (dopo Reggy si era dovuto inventare qualcosa), non aveva assecondato suo fratello solo perché sapeva che si sarebbe vendicato. Forse, lo aveva assecondato perché era meglio tirargli palle di neve in faccia e vederlo ghignare, piuttosto che vederlo cupo, a osservare gli studenti tornarsene a casa, felici di poter rivedere le proprie famiglie. Regulus non aveva questi problemi. Lui aveva già deciso chi era la sua famiglia, e gli bastava quella.

Cinque palle di neve furono sparate una dietro l'altra sulla testa di Sirius, nascosto dietro una siepe, troppo applicato a cercare i suoi avversari per accorgersi che uno era proprio dietro di lui. Una sesta, Regulus la mandò al didietro. Sirius si trattenne a stento dall'urlare un'imprecazione mentre si girava di scatto, massaggiandosi la testa, con i capelli ormai fradici. Si ritrovò davanti gli occhi angelici di Reg, che stonavano completamente con il lieve sorrisetto derisorio che aveva stampato sulle labbra, quasi una perfetta imitazione del suo. Approfittò della sua distrazione, dovuta al momento "deridiamo Sirius perché ora ha anche il culo bagnato" per lanciargli la palla di neve che aveva già preparata in mano dritta allo stomaco. Il colpo fece sussultare Regulus, mentre si piegava leggermente.

Ad un tratto quattro grosse palle di neve furono sparate verso di loro, e Sirius prese per istinto il braccio di Regulus, tirandolo violentemente giù e premendo la mano sulla sua testa per fargliela abbassare. Le palle di neve mancarono per un pelo il bersaglio, schiantandosi a terra e facendo esplodere insieme a loro tanti brillantini verde fosforescente, che anche quando Sirius cercò di prenderli con un dito per analizzarli, questi non si staccarono dalla neve, rimanendoci incollati.

«È Harry?» mormorò Regulus alzando lentamente la testa, la parte sinistra del viso piena di brillantini, andatigli a finire in faccia quando si erano schiantati a terra, e una parte si era dispersa nell'aria.

Sirius annuì gravemente, qualche brillantino sparso qua e là per la faccia, guardandosi intorno con circospezione «Ha deciso di fare sul serio» disse gravemente, come se stessero in piena guerra e l'esercito tedesco avesse appena deciso di far entrare un nuovo battaglione sul campo. Si guardò di nuovo intorno e spalancò gli occhi «Vieni qui» e se lo trascinò velocemente dietro un cespuglio piuttosto distante da lì, più vicino al Platano.

Regulus vide di sfuggita Harry girato di spalle, mentre preparava con un colpo di bacchetta la Palla Neve di Brillaverde (avrebbe dovuto inventarsi un nome migliore).

Quindi si piantarono dietro al cespuglio, provvisoriamente a fare squadra, mentre cercavano di nuovo Harry per il parco, ma questi sembrava essersi volatilizzato.


Stettero minuti in silenzio, in allerta, Sirius che occasionalmente borbottava su quanto fosse forte Harry come avversario, parlando per esperienza personale. Regulus stava ormai per decidere di attaccare Sirius per la noia, visto che Harry li aveva apparentemente abbandonati, quando forse era più probabile che stesse tendendo in silenzio un agguato. Ma ad aspettare che facesse la sua mossa o che si facesse almeno vedere, era decisamente noioso.

«Regulus?» gli giunse a sorpresa la voce di Sirius, con un'occhiata vide che stava guardando tutto il parco attentamente, ma forse senza neanche impegnarsi davvero.

«Dimmi» sussurrò in risposta. 
«Posso farti una domanda?».
«Fammi la seconda.»

Sirius non rispose e continuò a osservare in giro, evitando di guardarlo. Non sembrava neanche certo di voler parlare, ma alla fine lo fece, buttando le parole come se fossero rimaste rintanate in bocca, impazienti di uscire:

«Perché non hai accettato l'invito di Daniel per festeggiare a casa sua?» chiese a bruciapelo.

La domanda fece voltare del tutto Regulus, «Cosa?!» fu la prima cosa che disse.

Sirius gli gettò un'occhiata sfuggente, prima di distogliere lo sguardo, in faccia un'espressione di finta noncuranza e indifferenza. Con tutta la partita a palle di neve si era dimenticato della questione, ma ora che si trovava da solo con Regulus, la domanda gli era tornata prepotentemente in testa. Dopo gli iniziali pensieri, aveva cercato di dargli poco peso, ma non ce la faceva.

«Lo so che te l'ha chiesto, ho sentito. Non me l'hai nemmeno detto.»

Regulus finalmente capì cosa intendesse, e aprì bocca per parlare, ma Sirius continuò senza fermarsi, sempre con la voce fintamente casuale, ma anche un sordo avrebbe capito che stava gettando via l'orgoglio «Non avrai rifiutato per... me? Cioè non è che devi sentirti in dovere o cose del genere a rimanere qui con me perché sono tuo fratello. Non voglio pietà, e non voglio nemmeno legarti a me, obbligandoti a startene qui. Non me la sarei nemmeno presa» poi fece un ghignetto «Non resto mica solo come un cane, sai?» poi il ghignetto sparì e l'espressione si fece più contrita «La prossima volta che te lo chiede quindi accetta, se vuoi, ok?»

Regulus lo guardò sbattendo le palpebre, spaesato, mentre suo fratello continuava a guardare in giro come se non avesse detto niente. 
Ma che cacchio era andato a pensare suo fratello? 
Insieme a quel pensiero si lasciò scappare una risatina, che gli fece guadagnare un'occhiataccia da Sirius. Lo ignorò e scosse la testa, guardando con un sorrisetto oltre il cespuglio.

«Pietà? Credi che io sia rimasto qui per pietà?» marcò Regulus la parola, vagamente derisorio. Si sentì un po' sadico, visto che il primogenito dei Black aveva già dovuto mettere da parte una buona parte di orgoglio per dire una cosa del genere, sentendo di umiliarsi, ma davvero non pensava che suo fratello avesse questi timori così insensati. «Morgana, Sirius! Certo che ne spari di cose assurde, eh?»

Uno sbuffo da parte dell'altro «Oh, ma sta' zitto.»

Regulus continuava ad avere quel sorrisetto irritante, mentre Sirius avrebbe tanto voluto avere una Giratempo e tappare la bocca al suo se stesso del passato, ma purtroppo non ce l'aveva e doveva sorbirsi le prese in giro di Regulus.

«Oddio» se ne uscì Regulus d'un tratto, con il classico tono di chi voleva chiarire una cosa «non è che voglio starti appresso tutti i Natali, solo che i primi da quando ho voltato le spalle a mamma e papà voglio trascorrerli in famiglia.»

Sirius aggrottò le sopracciglia, non voltandosi comunque a guardarlo «In famiglia?» domandò perplesso.

«Oh beh, il Natale si trascorre in famiglia, no? E ormai sei tu la mia famiglia, Sirius.»

Sirius spalancò gli occhi e si voltò di scatto, mentre Regulus non si era preso neanche il disturbo di voltarsi, pronunciando quelle parole come se fosse una cosa del tutto naturale, cristallino e sincero come un bambino, come se lo fosse ancora.

Forse Regulus a una certa si accorse di essere osservato, perché si voltò a guardarlo prima interrogativamente, poi con un sorrisetto, come se godesse della sua espressione.

Ma Sirius continuava a guardarlo stupito, probabilmente senza la minima traccia di rosso solo perché era Sirius Black. Ma sembrava ugualmente imbarazzato e con gli occhi leggerissimamente umidi. Sbattè le palpebre e si schiarì la gola, non guardando l'ormai ghigno di Reg.

«Questa sdolcinatezza... disgustoso, Regulus» borbottò, la mano che grattava distrattamente la neve a terra «Assolutamente disgustoso» sbottò, tirandogli una palla di neve a sorpresa.

«Ehi!» Regulus si parò con le mani, trattenendo una risata.

«Non ti ho insegnato proprio niente, Reggy. Prova a dire di nuovo cose del genere e non vedrai altro che neve» ghignò Sirius. Regulus si stava già preparando, quando un'enorme Brillaverde si schiantò su entrambi, ricoprendoli di neve e brillantini verdi.

Harry, che li guardava immensamente divertito, si fece avanti. «Sono finite le chiacchiere, quindi? Vi ho visto da un pezzo ma ho notato che eravate presi a parlare, non volevo disturbare, sapete.»

E mentre Harry cercava di schivare (fallendo) le dieci palle di neve che Sirius gli aveva mandato contro, mentre Regulus raccoglieva neve da terra piena di brillantini verdi per tiragliela addosso, e mentre alla fine di tutto crollavano a terra sfiniti con il fiatone e fradici, Sirius pensò, mentre li guardava, che anche lui aveva una famiglia con cui stare a Natale. Li guardava e si ricordava non solo di loro due, ma anche di James, Remus e Peter, e poi pensava che stupido com'era, non si era accorto che a differenza degli altri studenti, lui una famiglia ce l'aveva accanto per tutto l'anno, e non solo durante le vacanze.

Stava diventando decisamente disgustoso, sì.

*

James guardava la casa e quasi gli sembrava estranea. Guardava il grande salone per le feste, pieno di decorazioni, il tavolo lungo che una volta era stato al centro della sala confinato in un angolino, ancora pieno di avanzi e piatti sporchi; qualche sedia sparsa a caso, qualche pezzettino di cibo a terra, le bottiglie di Whiskey Incendiario mezze vuote. Il divano con i cuscini schiacciati e spostati, dove persone si erano sedute a chiacchierare piacevolmente, fingendo di godersi la serata al meglio.

James se ne stava lì, un bicchiere di Burrobirra stretto spasmodicamente in mano, mentre i primi Elfi Domestici comparivano, per mettere a posto il caos. Entro qualche ora, sarebbe stato tutto come nuovo.

Quando era tornato, James, aveva trovato la casa vuota e spenta come si ricordava, sua madre con delle spaventose occhiaie sotto gli occhi e con più rughe del solito, che appena lo aveva visto a King's Cross gli era corsa incontro abbracciandolo stretto più del solito, quasi piangendo «Grazie al cielo stai bene...». L'aveva vista quella sera farsi bella e far scomparire le occhiaie, ingoiando una pozione. L'aveva vista truccarsi e vestirsi bene e non trasandata come l'aveva vista fino a quel momento. L'aveva però sentita piangere, la notte scorsa. E poi accoglierlo con un bacio sulla fronte e un sorrisetto la mattina dopo, sussurrandogli «Buongiorno...» con tono dolce. Lui non aveva protestato come avrebbe fatto una volta, non aveva detto: «Mamma basta, sono grande!» perché alla fine non gli era mai dispiaciuto, e sapeva che ora, più che mai, sua madre aveva bisogno di dargli quelle premure.

James si era volontariamente buttato in quella situazione, quasi se ne pentiva, a Hogwarts sarebbe stato facile far finta che tutto andasse bene, che non se ne fosse andato a scuola abbandonando sua madre lì, in quella casa enorme. Ma la situazione andava affrontata, era stupido rimandare.

In due giorni, James aveva capito che aveva preso da sua madre. Tutto troppo doloroso per trattenersi, tutto troppo schiacciante per lasciarsi schiacciare, piuttosto, meglio alzarsi e sorridere un po' ogni giorno nel tentativo di rimanere così il giorno dopo, e quello dopo ancora, senza cadere di nuovo. E che James riuscisse a fingere meglio, che James riuscisse a restare alzato con i Malandrini che lo accompagnavano con le mani sulle spalle camminando, era tutt'altra questione.

James la sera del 24 Dicembre 1973 aveva visto una donna troppo allegra, troppo falsa, e allora forse aveva perso sua madre, in quella festa che aveva dato, invitando famiglia e amici. Non che non la volesse allegra, non che non volesse che cercasse di svagarsi. Solo... non così falsa. Perché faceva male anche a lei.

Porse a un elfo il bicchiere con un sorrisetto, mentre lui lo guardava dispiaciuto. Anche loro ci stavano male per suo padre, soprattutto Becky, James lo sapeva. Era stato un padrone gentilissimo, Fleamont Potter.

Sospirò e guardò il pendolo poco distante dai divani, che rintoccò la mezzanotte proprio in quell'istante. Il suono rimbombò per la casa, e gli mise ancora più angoscia, per un attimo, poi sbuffò e lo guardò male.

Odiava quel coso.

Suo madre lo rimetteva a funzionare ogni volta a Natale (per il resto dell'anno serviva solo come orologio, i rintocchi non li faceva, veniva silenziato) perché diceva che le trasmetteva una certa aria natalizia. James si limitava a guardarlo male ogni volta che lo faceva sobbalzare mettendosi a far rumore all'improvviso.

Si voltò e andò verso il corridoio.

Era Natale.

«Buon Natale, papà» sussurrò «Spero che tu te la stia spassando bene, lassù» continuò, con un sorrisetto malinconico. 

Passò per il salone, quello dove c'era l'albero di Natale, totalmente buio se non per la luce della luna che filtrava dalle finestre e le luci delle fatine sull'albero. Si fermò di colpo quando vide sua madre, i capelli rossicci in eleganti boccoli, il lungo vestito blu notte, gli occhi nocciola rivolti verso la cima del grande albero. Se ne stava immobile, con le mani dietro la schiena, le labbra tremanti.

Totalmente assorta, con gli occhi lucidi.

James non ci pensò nemmeno a guardare là sopra, avrebbe visto la stella che aveva evitato di guardare da quando era entrato in casa e si sarebbe ricordato che a metterla là sopra a continuare quella stupida tradizione non era stato suo padre. Piuttosto, un qualunque elfo domestico, e allora a fottersi la tradizione.

«Mamma» la chiamò James, facendo voltare di scatto Euphemia.

«Oh, James...» sussurrò, facendo un sorrisetto, guardandolo come se fosse una cosa bellissima.

Sguardo che mise fin troppo in imbarazzo James, facendogli distogliere lo sguardo. Dalla morte di suo padre, sua madre lo guardava così anche fin troppo spesso.

Euphemia si avvicinò, le mani ancora dietro la schiena. Alzò una mano, tenendo l'altra mano nascosta, e lo accarezzò su una guancia.

James si scostò per istinto come scottato, non seppe nemmeno lui perché. Forse perché sua madre era parsa all'improvviso così fragile, così non lei.

Euphemia ritirò la mano lentamente, facendola cadere sul fianco, una lacrima le scese lungo la guancia, ma non sembrò curarsene molto.

Il figlio la guardava spaesato, un po' in preda al panico. «Mamma... cosa...»

«Non me ne sono dimenticata, Jamie» lo interruppe Euphemia con voce vagamente incrinata. Continuò a guardarlo, la lacrima che cadeva dalla guancia e andava a posarsi sulla clavicola, mentre sorrideva leggermente. Tirò la mano da dietro la schiena, e gliela parò davanti agli occhi. 

James li spalancò, guardando fisso la stella dorata che mandava riflessi, davanti a lui. La stessa stella, la stessa stella che accompagnava la loro famiglia da anni. Il corvino gettò un'occhiata alla cima dell'albero, trovandola vuota.

Non c'era il tocco finale.

Guardò sua madre con gli occhi che andavano a farsi lucidi, totalmente incredulo, lei che continuava a guardarlo con un sorriso dolceamaro, vero e non forzato, mentre altre lacrime le rotolavano giù dalle guance.

Era bella e straziante sua madre.

«Vuoi metterla tu?» domandò con voce rotta.

E James avrebbe voluto urlare, perché il dolore al petto si stava facendo inaspettatamente più forte, perché il cuore correva come un pazzo e sua madre sorrideva e piangeva.

Ma gli venne anche da ridere, perché quella stupida tradizione senza senso, nata per un capriccio di suo padre, era diventata così importante, così stupidamente importante, che ora davanti a una stupida stella, vecchia di anni, usata e riusata, toccata dalle stesse mani ogni volta, gli stava esplodendo il tumulto dentro.

Stava ridendo suo padre, lassù. Stava ridendo con la sua solita risata contagiosa mentre scendeva giù e toccava con mani invisibili quella stella, la sua più grande gioia, pronto a metterla insieme a lui, in cima a quell'albero.
 

Forse fu un momento troppo intimo per descriverlo, forse è meglio non raccontare di quelle mani invisibili che James sentì, quando posò la stella in cima; forse è meglio non raccontare niente, non dire che le lacrime rotolavano una dopo l'altra sulle guance di madre e figlio, forse è meglio non raccontare di come Euphemia sorridendo e piangendo abbracciò il figlio al chiaro di luna, che la strinse a sé come se fosse ancora un bambino, con una risatina acquosa. Forse è meglio non raccontare di quel «Scusa, Jamie, scusami per non esserci stata...» di Euphemia, sussurrato tra i capelli di quel ragazzo piangente, di come le lacrime per la prima volta scesero insieme, dalle guance di entrambi, tenuti stretti senza volersi lasciare, senza maschere, senza falsi sorrisi, semplicemente a farsi forza a vicenda. Forse è meglio non raccontare dell'inizio di quel Natale, al rintocco della mezzanotte.

Forse è meglio di no, meglio non raccontare, perché tutto sarebbe solo sminuito da queste mere parole, da questi inutili dettagli.

I dettagli, certi momenti, li rovinano solo. 

*

Purtroppo essere un insegnante era un lavoro arduo, tutti i professori l'avevano immaginato agli inizi della loro carriera. Tutti sapevano che ci sarebbero sempre stati ragazzi problematici, che andavano trattati con pazienza, in ogni generazione capitava che ci fossero.

Minerva McGranitt era consapevole di questo ma, semplicemente, si chiedeva perché le era capitata proprio la generazione di cui facevano parte i Malandrini.

Perché doveva svegliarsi la mattina, cercare di aprire la porta della sua camera per poi fallire miseramente, dato che la maniglia diventava molle come un palloncino sgonfiato e quindi totalmente inutilizzabile, ogni volta che la toccava?

Perché doveva assistere con orrore alle rane che spuntavano dal piatto del professore di Cura delle Creature Magiche, Kettleburn, a tavola?

Perché doveva sentire i racconti di Vitious su come le sue stanze fossero state tappezzate di ritratti di lui e Pomona durante un loro immaginario matrimonio, con la scritta: "Auguri arguti e maschi di mandragola" ?

Ma soprattutto, perché dovevano comparire cinque vischi sopra la testa sua e di Albus, durante il cenone di Natale? Era stato alquanto imbarazzante quando il Preside li aveva fatti scomparire e questi erano riapparsi in dieci, costringendoli a cenare con dieci vischi in testa (perché no, non si parlava proprio di accontentarli, era qualcosa di oltraggioso).

Come se non bastasse durante Capodanno Selena Further, professoressa di Divinazione che Minerva ci scommetteva, Albus aveva scelto per disperazione (il precedente professore, Desmond Khan, l'unico che Minerva potesse ricordare con un minimo di "Occhio Interiore", troppo anziano non aveva dato ascolto a una sola preghiera di Albus, pur di abbandonare il lavoro e andarsene in pace), era una donna che si truccava in modo esagerato e ridicolo, per questo i suoi "problematici" studenti (che al momento erano due, ma Minerva non sapeva che era coinvolta anche un po' una terza persona) avevano ben deciso di farle vorticare intorno alla testa tutti i prodotti da trucco, che ci si mettevano di impegno per rovinarle la faccia al meglio.

Il pennello le buttava continuamente la terra in faccia, il rossetto cambiava colore e ritoccava le labbra mentre parlava (sporcando i denti), il mascara invece che mettersi sulle ciglia si spalmava sulle sopracciglia; l'ombretto, violetto scuro, ormai non si dava neanche la pena di provare a mettersi sulle palpebre.

Perfino abbracciando il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, borbottando qualcosa su come le dispiaceva che presto sarebbe finito al San Mungo, i prodotti avevano preso a truccare e "sistemare" pure lui finchè non si era staccata: il gel e la lacca che si spalmavano sui capelli del poveretto, il rossetto giallo che colorava le orecchie.

Solo dopo ventiquattro ore esatte avevano smesso. 

Infine, uno studente di Serpeverde, sempre a tavola, finì per litigare con la forchetta perché non si faceva afferrare (inutile prenderne un'altra, a quel punto era il cibo a spostarsi per non farsi appizzare).

E altri scherzi minori. A quel punto Minerva aspettava solo che ricominciata la scuola i suddetti due Malandrini facessero una singola chiacchierata durante la sua lezione, e avrebbe dato loro tre settimane di detenzione, separati, e avrebbe tolto cinquanta punti a testa, per far pagare loro anche i precedenti crimini. Al momento più che guardarli male non poteva, visto che non c'erano prove (i furbi avevano anche fatto uno scherzo a loro stessi, e Pix ci si metteva d'impegno per far credere che fosse colpa sua. Probabilmente aveva stretto un accordo coi due). 



Poi Harry Potter, verso il 2 gennaio, cominciò a comportarsi in modo strano, a guardare il cibo come se fosse un orribile nemico, a parlare poco e se lo faceva, quasi con la mascella serrata.

Solo Sirius Black era a conoscenza del recente trauma di Harry.

La mattina del primo gennaio, infatti, si era svegliato con la foglia infilata in bocca, ma troppo vicino all'angolo di quest'ultima. Se Harry si fosse mosso nel sonno prima di svegliarsi, il suo... quinto? Sesto? (Ormai non li contavano nemmeno più) tentativo, sarebbe completamente andato.

In mezzo a quell'aria di spensieratezza che Harry si stava godendo (escludendo il breve incontro nell'ufficio di Silente per parlare del suo falso ruolo nell'Ordine e di possibili Mangiamorte attuali in base a quelli futuri), come previsto, arrivò la prima riunione dell'Ordine della Fenice, il 4 gennaio. Si iniziava l'anno alla grande, insomma.
 

«Legilimens» sussurrò Harry, con la bacchetta puntata.

Sirius fece una smorfia e strizzò gli occhi. Resistette per dieci secondi prima di sbottare: «Harry, porca puttana, fa male!»

«Aspetta un attimo, ci sono quasi» disse velocemente Harry, ma Sirius a malapena lo sentì. Davanti ai suoi occhi iniziarono a scorrere dei ricordi, prima lenti, poi sempre più veloci. Il Black fece violenza su se stesso per non cercare di respingerlo con l'Occlumanzia. A volte i ricordi si fermavano e duravano di più, e Sirius fu estremamente grato a Harry per non soffermarsi neanche un secondo su quelli dolorosi.

«Harry, basta» sibilò, il mal di testa era insopportabile. Harry disse qualcosa, forse un assenso, probabilmente la sua faccia era talmente contratta da far pena, poi sentì un'altra fitta e cadde all'indietro, alquanto incredibile, visto che era stato persino seduto fino a quel momento. Poggiò la testa a terra con il fiatone, come se avesse fatto una corsa, si mise una mano sulla fronte, che al posto delle fitte allucinanti, ora lasciava posto a un continuo mal di testa, ma almeno più sopportabile.

Se ne stette a fissare il soffitto, prima di alzare lo sguardo e trovare Harry che respirava profondamente (principalmente dal naso, la bocca leggermente aperta) ancora con la bacchetta puntatagli contro, un po' di sudore in faccia. Poi gli rivolse un sorriso felice, e Sirius avrebbe voluto tanto dargli un pugno, visto che la sua testa era tutt'altro che felice al momento. «Ce l'ho fatta! Sono entrato nella tua mente e ci sono stato per tipo mezzo minuto e sono riuscito a vedere tanti ricordi e sensazioni! E ce l'avrei fatta pure a continuare!» esclamò, quasi raggiante.

Sirius gli gettò un'occhiataccia «Hai mal di testa?» chiese. Da che pulpito.

«Un po'» Harry scrollò le spalle.

«Se ti interessa saperlo, la mia fa un male cane» informò Sirius con voce ironica, anche se di ironico non c'era proprio niente.

«Oh beh, questo lo so! Sai, si capiva dalla tua faccia. Poi me l'hai detto anche all'inizio!» proruppe Harry con una voce allegra, troppo entusiasta per i progressi appena fatti per curarsi del tono quasi squillante della sua voce e per aver aperto la bocca un po' troppo (per i suoi recenti standard).

Sirius sentì le mani formicolare per la voglia di strangolarlo, mentre sentiva una fitta alla testa. Con quella faccia da idiota era così simile a James che faceva più impressione del solito.

«Sirius! SIRIUS! Ci sei?» il suddetto Sirius fece uno sforzo immane per voltarsi verso il suo comodino, dal quale proveniva la voce, mentre intanto Harry prendeva una pergamena, probabilmente per scrivere a Remus dei progressi. Il licantropo era l'unico che si fosse dato la pena di informarsi tra i restanti Malandrini, quindi Harry si confrontava spesso con lui.

Il Black cercò di raccogliere le forze per alzarsi dal pavimento.

«PER LA BARBA DI MERLINO RISPONDI, ALTRIMENTI CHE MI HAI DATO A FARE QUESTO FOTTUTO SPECCHIO!» la voce urlò.

Un'altra fitta.

«JAMES TI SENTO! STATTI ZITTO, CAZZO» ruggì, con gli occhi strabuzzati dalla rabbia.

«Oh, ciao, Sirius!»

Quest'ultimo chiuse gli occhi per calmarsi, poi li aprì e si mise a gattonare fino al comodino, prese con uno scatto secco lo specchietto, e se lo mise davanti la faccia. Il viso sorridente di James gli restituì lo sguardo.

«Come vanno le vacanze?» chiese il suo migliore amico, mentre Sirius si buttava su letto, a pancia in su, e tenendo lo specchio di fronte a sé.

«Una merda. Hai anche solo la minima idea di come sia frustrante essere l'unica cavia di Harry?» borbottò. Analizzò un attimo la faccia di James con occhi stanchi, notando che era ancora felice e rilassato, come lo era dall'ultima volta che lo aveva visto a Natale, e quasi si sentì contento per lui. In realtà Sirius era troppo stanco e dolorante per provare qualche emozione positiva.

«Immagino, alla fine ci siamo passati tutti a essere le sue cavie, fratello» annuì James, passandosi una mano fra i capelli, più scombinati del solito, ma come in modo... delicato. Non come quando si arrabbiava sul serio. Erano strani i capelli dei Potter, sembravano influenzati dalle emozioni.

Sirius si mise un braccio sugli occhi. O forse era soltanto lui che stava delirando. «Tu non capisci, ha fatto progressi. Ora non è stato anche lui a farsi male, no, ora la testa fa male solo a me, il dolore che sentiva lui è andato a me, raddoppiando il mio, di dolore.»

Sirius sbirciò la faccia di James, che aveva le sopracciglia aggrottate, nel tentativo di decifrare la frase confusa che aveva appena detto. Poi ritenne opportuno rispondere con un «Ah» prima di «Progressi?!» tutto felice.

Allora entrò in scena Harry, dal nulla, che annuì e prese a spiegare in modo più dettagliato. Sirius chiuse gli occhi, nel tentativo di riposarseli.

Aveva sonno ed era tardi. Sentiva le chiacchiere di James e Harry farsi sempre più lontane, le palpebre farsi più pesanti e... lo specchio gli cadde in faccia.

Le chiacchiere si interruppero, prima che le risate (una ridicolmente trattenuta) iniziassero. Sirius si tolse con uno scatto lo specchio dalla faccia, imprecando e massaggiandosi il naso, che lo specchietto aveva colpito piuttosto forte.

«È stato una visione orribile, Siry, vedevo la faccia tua che si avvicinava e...» James si interruppe per un altro attacco di risa, mentre la sua visione nello specchio si agitava convulsamente.

«Jam... calmati, idiota» borbottò Sirius, poi guardò Harry, che a differenza dell'altro aveva smesso di ridere, ma lo guardava con un sorriso strafottente «E tu non guardarmi così, razza di diciannovenne» lo apostrofò, come se fosse un insulto.

«Ultimamente sei fissato con la mia età, eh?»

«Significa solo che finalmente ho accettato del tutto la cosa.»

James continuava a ridere.

«Piuttosto, ora ci protrai aiutare ad allenarci con l'Occlumanzia?» chiese il Black, in un disperato tentativo di cambiare discorso e, con suo grande sollievo, James alla domanda smise di ridere.

«Non credo, devo ancora imparare ad entrare nella mente più delicatamente. Se senti dolore senza neanche opporti... non va bene. Poi anche io dovrei affaticarmi di meno» spiegò Harry, con la faccia che andava ad oscurarsi.

«Harry, è Legilimanzia, mica è facile. Non metterti troppa pressione» disse James, scrollando le spalle, poi fece un ghignetto «Mister Prodigio, si sa che l'apparenza inganna, no?»

Sirius rise leggermente «Sfottilo quanto voi, Jamie, resta Potter 1.»

Si sentì uno sbuffo fintamente infastidito dall'altra parte dello specchio, poi all'improvviso si sentì un picchiettio dalla finestra. Sirius e Harry alzarono lo sguardo, trovando un elegante gufo che aspettava fuori.

Il Potter lo fece entrare, e questi subito gli porse la zampa, a cui c'era legato un bigliettino. Harry lo slegò e lo lesse, mentre il gufo volava via.
 

"Domani, 21:50.

P.s. Ultimamente mi hanno regalato dei buonissimi Pallotti Cioccocremosi, dovresti assaggiarli, Fanny continua a cercare di prenderne un po'."
 

C'era scritto, nell'elegante calligrafia di Silente.

«Chi è che ti manderebbe un biglietto vuoto?!» sbottò Sirius, dietro di lui, facendolo sobbalzare.  Era semi-appoggiato alla sua spalla,  lo specchio rivolto verso le mani di Harry, per far vedere anche a James.

«Sirius, stai inquadrando uno schifo.»

«Sta' zitto, James.»

«Come un biglietto vuoto?!» domandò Harry sorpreso, girandosi a guardarlo. Agli occhi perplessi di Sirius, riguardò brevemente il biglietto. Poi capì che Silente aveva fatto in modo che lo vedesse solo lui. Abbastanza ovvio, visto che parlava della prima riunione dell'Ordine della Fenice, dopotutto aveva nominato Fanny.

«Non è un biglietto vuoto, idiota, lo può vedere solo Harry. È scontata la cosa» se ne uscì James, rivolto a Sirius, quest'ultimo fece una faccia offesa.

«Tu da quando sei diventato così intuitivo?»

«Tu da quando sei diventato più stupido?»

«È colpa di Harry, lui e i suoi tentativi falliti di Legilimanzia. No aspetta, "più"? Cosa vorresti di-»

«La smettete?!» si intromise Harry, mentre quasi stropicciava il biglietto, cercando di non farsi prendere dall'ansia per l'indomani. Chiuse la finestra, da cui proveniva un venticello gelido, si girò completamente e vide con sua sorpresa Sirius con un gran ghigno in faccia.

«Jamie è particolarmente di buon umore oggi, che vuoi farci?»  proruppe allegramente, il diretto interessato si stese a faccia in giù dal divano, con un sorriso ammiccante. 

Harry scosse la testa divertito, poi prese la bacchetta e incendiò il messaggio, giusto per essere più paranoico. Anche perché Regulus al momento era giù nella Sala Comune a godersi un momento di pace da solo, ma ormai dormiva nel loro dormitorio.

«Che diceva il biglietto?» domandò Sirius, abbassando lo specchio, visto che a tenerlo sempre alto il braccio si era un po' stancato, e non aveva bisogno di altri dolori. Furono prontamente ignorate le proteste di James.

«Ve lo dirò quando ci sarete tutti» assicurò Harry. Avrebbe detto loro il minimo essenziale, non si trattava del futuro e credeva che non ci fosse alcun problema, oltre al fatto che ormai la regola "Non ci sono segreti tra Malandrini, se non per particolari circostanze" ora era ufficiale. «Domani esco, comunque.»

«A volte mi chiedo perché tu sia venuto a Hogwarts se hai cose da fare fuori molto più importanti» sospirò Sirius, mentre James finalmente taceva, affidandosi solo all'udito.

Harry sorrise leggermente, un po' furbescamente, un sorriso pieno di significati nascosti «Non potevo sprecare la mia unica possibilità di essere un Malandrino, ti pare?».

 

«Signore, non mi ha ancora detto quanti ne sono» domandò un ragazzo biondo, una ventina di anni circa, al bizzarro mago che camminava a fianco a lui, dalla lunga barba bianca e le vesti eccentriche, anche se meno del solito, più scure.

Varcarono i cancelli.

«Tredici, la professoressa Further direbbe che porti sfortuna» disse pacatamente, concludendo la frase un po' divertito «Ma contando anche quelli che hanno semplicemente offerto la loro disponibilità, siamo in sedici, per ora.»

Il ragazzo biondo annuì.

«Supponi di conoscerne qualcuno dell'attuale Ordine, a proposito?»

«Non credo molti, solo per nome la maggior parte.» rispose, guardandosi brevemente intorno. Le macerie non c'erano più, e alcuni edifici erano anche in buone condizioni: stavano finalmente riparando Hogsmeade. Silente non si fermò e camminò fino in fondo, fino al pub Testa di Porco, chiuso, che più di prima, sembrava reggersi in piedi a malapena.

Harry alzò le sopracciglia, dopotutto James aveva descritto il locale e aveva detto che era esploso.

«Il proprietario ha litigato con gli addetti alle riparazioni per farselo riparare immediatamente» ridacchiò Silente, poi si fece serio e bussò cinque volte alla porta chiusa.

Dopo qualche minuto si sentì il suono di catenacci, e la porta rovinata, sporca e logora, venne aperta velocemente quel tanto che bastava per far entrare una persona.

«Entrate, presto» mugugnò burbero un signore dalla barba grigia ingarbugliata e incolta, alto e magro. Aberforth Silente fece poi un gesto brusco e li fece entrare, chiudendo la porta dietro sé. Il locale era tutto disordinato, e i tavoli erano ammassati in un angolo, l'odore di polvere alleggiava nell'aria, il bancone pieno di stracci sporchi che, si suppone, sarebbero dovuti  servire per lavare.

Poi Aberfoth, dopo aver dato un'occhiata vuota a suo fratello, analizzò Harry da capo a piedi. Harry si sentì a disagio sotto quei penetranti occhi azzurri, ma alla fine il proprietario distolse lo sguardo.

«Grazie, Aberforth» lo ringraziò Silente.

Il vecchio burbero fece un gesto con la mano come a scacciare una mosca, voltandosi e dirigendosi verso gli stracci sporchi «Lo faccio solo perché lei lo avrebbe voluto.»

Harry capì immediatamente il riferimento, ma fece finta di non essere presente, anche perché forse per loro due in quel momento era meglio così.

Lo sguardo del Preside si oscurò, ma si riprese rapidamente «Ricordi quel che ti ho detto di fare?»

«Sì sì» disse sbrigativamente Aberforth, alle prese per decidere quale panno sporco usare. Al silenzio di Silente, che continuava a guardarlo, grugnì scocciato, guardandolo da dietro le lenti degli occhiali sudice. «No Albus, non voglio partecipare e ora non mi va di incontrare gli imbecilli che hanno deciso di far parte di questa pazzia, farò rapporto direttamente a te. Ora vai, farai tardi.»

Silente sospirò rassegnato e fece un cenno di saluto, porgendo il braccio a Harry. Questi lo afferrò e si smaterializzarono.

Comparirono per una via che sembrò stranamente familiare a Harry. Era piena di neve, da una parte all'altra si affacciavano villette con decorazioni natalizie, più avanti, la strada si faceva più buia e finiva in aperta campagna. Harry sentì un leggero vociare e si voltò indietro, solo per vedere una piazza illuminata di lampioni, dove un bel po' di persone passeggiavano. C'era un grosso albero di Natale scosso un po' dal vento al centro, che copriva parzialmente un...

Harry spalancò gli occhi.

C'era un monumento ai caduti, c'era una chiesetta che con le sue vetrine sembrava risplendere. E si ricordò di quando anni fa, camminava per quelle strade con la sua migliore amica, che se lo trascinava dietro, diretta al cimitero. In quella Vigilia di Natale da soli contro qualcosa di molto più grande, in una vita che era diventata il susseguirsi di giorni cupi senza nome e numero, alla continua ricerca di indizi. In quella Vigilia di Natale, in quel cimitero dove erano stati sepolti James e Lily Potter, a guardare la tomba in un momento di debolezza, ad andarsene abbracciati per sostenersi a vicenda.

Erano passati anni, ma Harry quasi la rivide indicare stupita il movimento ai caduti, mentre sotto Pozione Polisucco erano travestiti da babbani.

Godric's Hollow era ormai diventata una via troppo significativa per non scatenare un turbino di emozioni dentro di lui. A partire da quel 31 ottobre 1981 fino a quel 24 dicembre 1997.

Distolse lo sguardo dalla piazza, costringendosi a guardare avanti. Silente continuava a camminare, Harry guardò il punto in cui finiva quella fila di villette e fu un colpo a cuore vedere una casa in meno.

Silente sembrava dirigersi proprio verso quel punto.

Era sotto Incanto Fidelius? La casa dei suoi genitori era sotto Incanto Fidelius?

Ma allora...

«Signore...» esalò, a corto di parole.

Silente sembrò ricordarsi di qualcosa e prese un biglietto dalla tasca del mantello, porgendoglielo «Non mi fido a dirlo ad alta voce» spiegò brevemente.

Harry lesse la scritta nella solita calligrafia di Silente: "Il Quartier Generale dell'Ordine della Fenice si può trovare al numero centodue di Grodric's Hollow."

Harry strinse le labbra tremanti e ripetè le parole in mente, guardando quel pezzo di terreno vuoto, dove comparve dal nulla una casa.

Trattenne il fiato. Era più bella, non con tutte quelle erbacce, senza il lato destro del piano di sopra esploso. Vederla così gli fece una certa impressione.

«Ti ricordi degli altri tre che hanno offerto la loro disponibilità? Tra di loro c'è anche la signora Potter, la madre del giovane James Potter. Ci ha dato una delle proprietà dei Potter per usarla come Quartier Generale, ora sotto Incanto Fidelius. Per ora non fa esattamente parte dell'Ordine, ma credo che con la recente morte del marito, sia desiderosa di mettersi in gioco per aiutare a sconfiggere Voldemort, sebbene mi abbia detto che debba pensarci» spiegò Silente tranquillamente, ma con voce bassa.

«Sarà presente?» riuscì solo a formulare Harry, con in testa mille pensieri e ricordi.

«No, ha paura di lasciare il signor Potter a casa da solo» rispose Silente, con voce comprensiva. Probabilmente Euphemia temeva che le portassero via anche il figlio, e non voleva rischiare di non essere lì per proteggerlo.

Harry annuì soltanto.

«Ti vedo un po' turbato, Cedric» costatò Silente, chiamandolo con il suo falso nome.

Harry deglutì «Sono già stato in questo villaggio prima, e quella casa è dove... sì insomma, dove loro vivevano, e dove se ne sono andati. Dove mi sono procurato questa» indicò la cicatrice, che nonostante la trasfigurazione non poteva essere tolta, scostando brevemente il ciuffetto che serviva per coprirla.

Silente lo guardò brevemente «Immagino allora, anche a me questo posto risveglia molti ricordi» disse calmo, lo sguardo gli si oscurò per un attimo, prima che tornasse alla sua solita espressione rilassata. Non disse altro.

Harry non chiese. Già sapeva. 

Il biondo entrò nella casa con il cuore in gola, guardandosi avidamente intorno, cercando di immaginare come doveva (per così dire, visto che nel 1974 di certo non era accaduto) essere stata quella piccola villetta arredata dai suoi genitori, magari con qualche foto appesa, oppure chissà dove sua madre aveva posizionato quel vaso in cui parlava nella lettera, che in seguito Harry aveva rotto. O forse immaginandosi un gatto che gironzolava in quella casa, parte della famiglia.

Entrati, si vedeva che l'abitazione non veniva usata molto. Era arredata in modo semplice, perfettamente ordinata e quasi fredda. Si vedeva che non era contagiata dall'accoglienza e dal calore della presenza dei Potter, che rendevano Potter Manor (sebbene più grande e maestosa) tanto particolare e bella.

Da quello che doveva essere il salotto, si sentivano voci, che si bloccarono nel momento in cui la porta, spinta dal vento, si chiuse da sola, facendo un rumore abbastanza forte.

Silente entrò nel "salotto" che ormai non poteva più essere chiamato tale: i divani non c'erano più, se non uno messo sul muro laterale, piuttosto in fondo, tutto il resto era occupato da un tavolo e numerose sedie. A quanto pare, il salotto, essendo la stanza più spaziosa, era stato deciso come sala riunioni.

«Mi chiedevo quanto ancora ci avresti fatto aspettare, Silente...» disse una voce ringhiosa, piuttosto infastidita. Harry si voltò di scatto verso la provenienza.

Alastor "Malocchio" Moody aveva il volto coperto soltanto da una decina di cicatrici, il naso completamente intero. I capelli non erano grigio scuro, ma sul rossiccio, il suo occhio normale, piccolo scuro e lucente era puntato verso Silente mentre, notò Harry agitato, quello finto, di un blu elettrico, era fisso su di lui. Sembrava abbastanza nuovo, si vedeva che l'aveva comprato recentemente. Fu questione di attimi prima che anche l'occhio normale di Moody si spostasse su di lui, stringendosi sospettoso.

Harry sudò: l'occhio magico di Moody era stato capace di vederlo sotto il mantello dell'invisibilità e attraverso le porte e le pareti. Non sarebbe rimasto tanto stupito se fosse stato capace di vedere addirittura attraverso gli incantesimi di trasfigurazione.

«Scusate il ritardo, c'è stato qualche piccolo imprevisto» disse Silente, sebbene Harry non potesse ricordare nessun imprevisto. Ma Moody non vi prestò attenzione, continuava a guardare il ragazzo biondo accanto a Silente. Iniziò ad avvicinarsi rapidamente, nessun "Cluck" che risuonava: aveva entrambe le gambe perfettamente intere.

«Tu... piccolo impostore... fammi vedere bene la faccia!» ringhiò iniziando ad estrarre la bacchetta. Harry spalancò gli occhi e indietreggiò.

Una donna dalla pelle scura si intromise e strattonò Moody «Alastor, calmati, stai spaventando il ragazzo!»

Malocchio non si calmò molto, rimase fermo ma con la bacchetta puntata.

«Si può sapere chi hai portato, Albus?» sbottò in guardia, la donna dai capelli neri ancora con le mani a stringere le maniche del suo cappotto, giusto per assicurarsi che non avrebbe ripreso ad avanzare.

Silente sospirò interiormente e guardò Moody con uno sguardo fermo e deciso «Una persona molto affidabile, ti posso assicurare. Ora, per cortesia, abbassa quella bacchetta, è inutile puntargliela contro.»

Moody dopo un momento di esitazione, ma notando lo sguardo sicuro di Silente, abbassò la bacchetta, ma rimase vigile. Harry sospirò di sollievo, ora permettendosi di guardare anche gli altri membri che avevano osservato la scena piuttosto stupiti, poi in attesa.

«Il mio nome è Cedric Granger, piacere» si costrinse a dire, guardandosi rapidamente attorno. La donna che aveva strattonato Moody ora se ne stava lievemente distante da lui, aveva i capelli lunghi fino alle spalle, neri e mossi, pelle scura e gli occhi marroni, a occhio una trentina d'anni. Ma fu questione d'attimi prima che i suoi occhi si spostassero di scatto verso due persone poco più dietro a lei, dall’altra parte del tavolo. Avevano i capelli rossi e i volti identici, fianco a fianco, e a Harry rimandarono in mente la veloce immagine di altri due gemelli. Solo che questi, a differenza loro, erano meno fissati con l'essere identici: per lo meno, erano vestiti diversi. Ma avevano quell'espressione perennemente maliziosa tipica di Fred e George Weasley.

«Merlino Silente, quanti giovani vuoi portare qui?!» a parlare era stato un signore esasperato, apparentemente cinquantenne, dal naso storto e i capelli neri arruffati, con alcune ciocche grigie. Era vagamente familiare.

Harry si trattenne da dargli un'occhiata a sua volta esasperata.

«Quanti anni hai, ragazzo?» gli chiese quello.

«Venti.»

«Ecco, appunto!»

«Noi abbiamo ventidue anni, Dedalus» gli fece notare uno dei gemelli dai capelli rossi, divertito.

Dedalus... Dedalus Lux! A Harry gli si affacciò in mente un volto dai tratti simili, ma con molte più rughe di stanchezza, di vecchiaia.

Quello fece una smorfia rassegnata e mormorò, di nuovo: «Appunto...»

«Questa guerra è anche dei giovani, inoltre Cedric è assolutamente certo di unirsi» replicò Silente.

«Sì, Cedric...» grugnì Malocchio, pronunciando il nome a presa in giro.

«Ad ogni modo, » iniziò Silente, ignorandolo e chiudendo la porta dietro di sé. A quello, tutti iniziarono a mettersi seduti e composti, in ascolto: la riunione era iniziata. Harry si sedette a disagio accanto a una ragazza dai lunghi capelli marrone mogano a frisee, dall'aspetto nobile. Alcuni sembrarono spaesati per le presentazioni mancate, ma supposero che per quelle ci sarebbe stato tempo dopo. 

«Benvenuti alla prima riunione  dell'Ordine della Fenice ormai al completo*. Non sono presenti tutti i membri, ma ormai posso dire che le persone essenziali all'interno dell'Ordine, ormai ci sono» iniziò. I membri parvero sorpresi dal nome, prima di sorridere leggermente e concordare tutti silenziosamente al nome.

«Amelia, sei riuscita a convincere il capo Auror ad intervenire a Coalville?» chiese Silente, guardando una donna dalle sopracciglia folte, i capelli castani e la mascella squadrata.

Amelia Bones annuì «Sì, è stato un po' difficile convincerlo, in realtà. Era scettico, mi chiedeva come sapessi che probabilmente ci sarebbe stato un attacco. – fece spallucce – È bastato dirgli quel che mi hai detto tu e si è convinto, però ha mandato solo una piccola squadra di pattuglia, almeno però qualche Auror è abbastanza vicino alla Belvoir Road» all'ultimo fece una smorfia.

Harry assottigliò gli occhi, cercando di ricordare: Amelia Bones, presente alla sua udienza e morta poco prima che iniziasse il suo sesto anno. Sospirò interiormente... Rimaneva pur sempre brutto sapere la morte delle persone in anticipo, ti faceva pensare: "È così inconsapevole di cosa succederà negli anni avvenire" o almeno, se lui non ci fosse finito di mezzo.

Ad ogni modo, sembrava che la scusa che aveva detto Amelia Bones al capo Auror fosse appunto una "scusa", e non la vera fonte della soffiata. Harry alzò le sopracciglia: che Silente avesse già una spia? No, impossibile, troppo presto, l'Ordine era stato formato da poco.

«Scusate la domanda, come sapete che ci sarà un attacco a Coalville?» chiese.

Udì uno dei gemelli mormorare: «Questa è la peggior domanda che tu potessi mai fare...»

Un uomo anziano e in sovrappeso, dai piccoli occhietti con delle borse sotto gli occhi, trafficò da sotto la veste e prese la bacchetta rapidamente. L'agitò e fece comparire una mappa del Regno Unito, con vari cerchi rossi sopra.

«È piuttosto complicato, ragazzo!» iniziò compiaciuto e concitato con voce acuta ed ansante. Il che non solo provocò un disturbo ai timpani di Harry, ma contribuì anche a farglielo riconoscere. Elphias Doge indicò con un cerchio immaginario tutti i punti dove c'erano cerchietti rossi «Questi sono stati tutti gli attacchi fatti dai Mangiamorte. L'ultimo "grande" attacco ai Babbani è stato a Bishop Auckland, due mesi fa. In questi mesi Tu-Sai-Chi ha attaccato – o ha cercato di attaccare – famiglie di Nati Babbani o di maghi influenti nel Ministero della Magia. Il fatto è che cerca di essere imprevedibile. Ecco, non sappiamo ogni quanto attacca una cittadina babbana, perché questo è affidato al caso, ma riusciamo a dedurre la zona dove attaccherà. Bishop Auckland è circa a nord-est, Coalville è più o meno a centro sud, entrambe con non tantissimi abitanti, come tutte le cittadine dove Tu-Sai-Chi non ha attaccato fino ad ora. Sa che se attacca le più importanti, o con tanti abitanti, il Ministero della Magia sarà costretto ad informare il Ministero babbano, quindi preferisce per ora evitare. Allora si restringono le città, andando sui 25-30.000 abitanti. Inconsciamente attacca sempre nello stesso ordine: est, nord, sud, ovest o sud, est, ovest, nord. Ora sta attaccando nel primo ordine. Bishop Auckland era a nord, Coalville a sud. Abbiamo quindi fatto a turno delle piccole pattuglie intorno alle cittadine di 25-30.000 abitanti per rilevare presenze oscure visto che, prima di attaccare, Tu-Sai-Chi sceglie anche la via e le zone specifiche con più abitanti, fa un piccolo sopralluogo. Quindi a Coalville abbiamo notato qualche movimento sospetto, e abbiamo rilevato due o tre materializzazioni grazie a un incantesimo. Già dalla prima materializzazione, le ronde si spostano più nelle vicinanze, per controllare meglio. Da questo, in conclusione, possiamo dedurre che il prossimo attacco sarà lì.»

Si udì un leggero russare nel silenzio della stanza. Elphias si voltò di scatto verso un uomo dalla barba incolta «Dearborn!» esclamò indignato.

«Eh?!» saltò quello, spalancando gli occhi nocciola talmente chiari che quasi sfumavano nell'ambra. Guardò rapidamente Elphias, poi sbadigliò «Ah... hai finito?»

La faccia di Elphias si fece rossa dall'irritazione, mentre la donna che prima aveva cercato di fermare Moody, gli dava una carezza di conforto sul braccio «Suvvia, si sa che è troppo complicato per la sua mente bacata, cerca solo di non farsi venire il mal di testa.»

Dearborn sbuffò «Io idiota, Dorcas? Non sono idiota, è lui che fa ragionamenti troppo complicati per chiunque! Ci sarà pur un motivo se soltanto lui si occupa di dedurre gli attacchi!»

«Oh beh, è un complimento, no?» se ne uscì il gemello dal maglioncino verde.

«Lascia stare, Fabian o Gideon, chiunque tu sia» tagliò corto Elphias.

«Fabian.»

Harry continuò a guardare la mappa. Dorcas gli aveva appena dato dell'idiota senza saperlo, perché anche lui avvertiva un leggero mal di testa, anche se aveva capito il concetto.

«Un sistema basato molto sulla probabilistica, insomma. Se Voldemort cambia strategia praticamente è inutile.» concluse infine.

Elphias spalancò leggermente gli occhi al nome di riflesso, poi sospirò «Finchè non avremmo una spia tra i ranghi dovremmo basarci su questo, purtroppo.»

Harry sospirò «Ma le città di 20-30.000 abitanti, anche se solo a sud, nord ed eccetera, sono comunque tante. Come fate a controllarle tutte?»

«Controlliamo le città dove la circolazione è più attiva, di solito. Sulle altre mettiamo l'incantesimo di materializzazione» poi lo sguardo di Elphias si oscurò «È comunque capitato qualche errore, com'era prevedibile.»
Dopodiché se ne stette zitto.

«Ad ogni modo, dovremmo tenerci pronti anche noi» concluse deciso Dearborn, mettendosi composto.

«Esatto» concordò Silente, pacatamente.

«Ora... ho aspettato per il resoconto, ma la questione mi sembra urgente e pericolosa e non posso più aspettare» intervenne la donna a fianco a Harry, con voce grave, attirando l'attenzione di tutti. Silente le fece cenno di continuare. «L'altra sera la solita infiltrazione a Notturn Alley. Ero seduta al Dirty Soul, poi ho visto due vampiri che bevevano sangue... uno sussurrava all'altro di come alcuni suoi "amici succhiasangue lontani" abbiano deciso di andare a trovarsi "il gustoso sangue dei superbi" insieme al "mago che sta facendo casini". Credo proprio che non tutti i vampiri siano neutrali» concluse, con lo sguardo oscurato e preoccupato.

«Questa non ci voleva proprio!» ringhiò Alastor, sbattendo un pugno sul tavolo «Che mi taglino la gamba se non è vero che quelle creature hanno una velocità e forza talmente sovrumana che possono tranquillamente combattere con un mago senza armarsi di bacchetta!»

«Ne sei certa, Emmeline?» sussurrò un mago in fondo al tavolo, dai capelli neri e lisci lunghi fino alla mascella, la pelle olivastra.

«Se la mia interpretazione è corretta, sì. Ma sono assolutamente certa di aver sentito quella frase.»

«Ho l'impressione che in molti vampiri sia già sbocciata l'idea di unirsi a loro» disse Silente, anche lui preoccupato «C'è anche la possibilità che Voldemort voglia far unire con lui anche altre creature...»

«Dobbiamo assolutamente prevenire e convincerli, se non unirsi a noi, almeno a non combattere» disse Amelia.

«Fammici pensare... Vampiri, Giganti, Lupi Mannari, Goblin... come facciamo a trattare con questi, quando il comportamento dei "maghi civili" è stato tutt'altro che di incoraggiamento verso di loro?» se ne uscì Gideon ironico, elencando con le dita.

«Non credo che i Goblin si uniranno molto facilmente» proruppe Harry «Non sopportano i maghi, che siano come noi o i Mangiamorte, li tollerano soltanto per interessi. C'è solo il rischio che Voldemort offra loro la libertà. In quel caso potrebbero pensarci, ma credo che anche una volta alleati, ci sarebbero conflitti di interessi.»

Emmeline annuì leggermente. 

L'uomo dalla pelle olivastra, Benjy Fenwick, alzò la mano, «Fermiamoci un attimo. Credo che i Lupi Mannari e i Vampiri, per ora staranno ad osservare la situazione e a valutarla. Ora è troppo presto, per loro, giudicare Voldemort talmente potente da riuscire a battere Silente. Si uniranno solo quando ne saranno sicuri. La stessa cosa non si può dire dei giganti, sono aggressivi e vanno per istinto, e sanno anche che la loro forza raddoppierà la potenza di Voldemort. Quindi dovremmo occuparci di quest'ultimi, e trattare con loro per farli rimanere almeno neutrali e a non accettare nessuna offerta.»

«Sono d'accordo sui Giganti, ma rimango nell'idea che Vampiri e Lupi Mannari vedano più di buon occhio Voldemort, che offrirebbe loro libertà e accettazione, che noi, che a malapena offriamo loro un lavoro» replicò Gideon, concludendo la frase con una nota di amarezza.

«Tu-Sai-Chi sta attaccando cittadine babbane di trentamila abitanti, non credo proprio che ora si vada a cercare l'alleanza dei Giganti, una cosa così potente!» contestò un uomo dalla faccia squadrata e il mento pronunciato. Anche lui, come Amelia, aveva delle sopracciglia folte.
  
«Sì Edgar, ma se la andrà a cercare, e allora per noi sarà troppo tardi» borbottò Dedalus. 

«Ma come trattiamo con Vampiri e soprattutto, Lupi Mannari? Darebbero ascolto a noi? Sono, giustamente, estremamente diffidenti» intervenne Dorcas.

«Per ora basta che non si mettano altri loro simili a professare la felicità che ne deriverebbe dall'unirsi a Voldemort» ringhiò Moody, con voce graffiata, poi vece un verso di scherno «Felicità... la maggior parte dei Mangiamorte a malapena accetta i Babbani, figurarsi Lupi e Vampiri! Sarebbero comunque emarginati.»

«A proposito di questo, Alastor» proruppe Silente, che fino a quel momento se n'era stato ad ascoltare la discussione in religioso silenzio.
Al suono della sua voce, calò il totale silenzio «Credo ci siano buone possibilità che Fenrir Greyback si sia unito, o si unisca al più presto, a Voldemort.»

«Quella canaglia?!» ruggì Moody, alzandosi di scatto. 

«Scusate, chi è?» chiese Emmeline. 

«Un maledetto Lupo Mannaro!» rispose Moody, livido. 
Emmeline aggrottò le sopracciglia.

«È un licantropo che ha problemi con il Ministero, si può dire che sia più Lupo Mannaro che umano, è quasi capace di controllarsi mentre è trasformato, ma non per questo è meno feroce. Si diverte ad andare in giro a mordere bambini, in tenera età di solito, per poi magari farli unire al suo branco. È quindi piuttosto influente tra i Lupi Mannari, si suppone» spiegò meglio Amelia, leggermente pallida ma con voce controllata. 

Benjy si toccò il ponte del naso, preoccupato, mentre Dorcas mormorava qualcosa di incomprensibile. Gideon e Fabian si scambiarono uno sguardo.

Elphias si passò una mano sulla faccia «Come sai questo, Albus?» chiese, Dearborn alzò di scatto gli occhi abbassati, interessato alla risposta del Preside. 

Harry rimase impassibile, ma curioso di cosa si sarebbe inventato Silente. Dopotutto, era lui la fonte d'informazione, e non poteva mica dirlo.

«Fonti abbastanza affidabili. È comunque certo che è predisposto verso la parte di Voldemort» si limitò a rispondere Albus, ricevendo un'occhiata infastidita da Moody, mentre Harry quasi si sbeffeggiava internamente: Silente non aveva bisogno di scuse! Elphias non fece una piega, per lui Albus Silente era l'incarnazione della luce, andava bene qualunque cosa. 

«Quindi potrebbe coinvolgere altri Lupi, e magari il suo branco già è dentro i ranghi di Tu-Sai-Chi» sentenziò brevemente Edgar, rassegnato.

«Riguardo ai Giganti, credo che Hagrid sia disponibile per negoziare con loro. Essendo un mezzogigante, suppongo che verrebbe trattato leggermente meglio di noi. I Lupi Mannari, restano un problema, nessuno è disponibile per andare a presenziare nelle riunioni di branco per contestare l'idea di unirsi a Voldemort. Nessuno di noi qui è un licantropo, ergo non ci farebbero nemmeno ascoltare. I Vampiri credo ci andranno più cauti, sono sempre stati abbastanza neutrali nel corso della storia magica anche se, evidentemente, un gruppo si è unito per ragioni sconosciute» asserì Silente, con voce ferma e calma «Sono comunque d'accordo con Edgar, per ora Voldemort non userà Giganti o creature magiche, o comunque non in grande, viste le sue recenti attività. Ma come detto, è meglio prevenire. Non penso tuttavia che manderò Hagrid immediatamente, ha i suoi doveri di guardiacaccia e vorrei osservare per un po' come la situazione si evolve» Ci fu un assenso generale, mentre Silente assicurava che ne avrebbe parlato con Hagrid per vedere se fosse disposto.

La riunione continuò ancora per un po' con notizie ben più marginali rispetto alle due terribili novità. Quelli che ricevettero più attenzione quando parlarono furono Dedalus, che parlò brevemente sull'impatto di questi eventi sui Babbani, che si trovavano a volte (ma solo a volte, visto che i Mangiamorte preferivano il sadismo) davanti cadaveri che erano morti per cause sconosciute, senza alcun danno fatto al corpo, e Edgar, che lavorava al Ministero nell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, che riferì che finalmente era riuscito a convincere il direttore a dare il permesso agli Auror per fare un'ispezione a Nott Manor. 

Harry riuscì a restare attento tutto il tempo, ma si trattenne da alzare gli occhi al cielo quando vide Dearborn che si stropicciava gli occhi, mezzo addormentato, e i gemelli che ogni tanto sussurravano fra loro e ridevano, prima che Dorcas gettasse loro un'occhiata velenosa, ricevendo in cambio un occhiolino da Fabian. Emmeline, a fianco a Harry, rimase ritta come un palo per tutto il tempo, lo sguardo alto e rigido. Alla fine della riunione, quando tutti erano sul punto di alzarsi, erano circa le 23 e Dearborn Caradc guardava tutti con occhi stanchi, quasi assente dal mondo, mentre borbottava a Elphias che quella mattina si era svegliato alle maledette cinque nel mattino per andare a lavorare al San Mungo e aveva fatto anche gli straordinari per mezzo di un suo collega assente. Harry evitò di continuare a prestare attenzione nel momento in cui sentì Dearborn iniziare a lamentarsi perchè tornato a casa non poteva direttamente buttarsi sul letto. 

Con sua sorpresa, Emmeline alzò la mano, con lo sguardo rivolto a Silente. Il Preside, che per tutta la riunione aveva ignorato stoicamente la disattenzione di alcuni membri, la guardò curioso e alzò la mano, richiamando il silenzio, cosa che funzionò istantaneamente.

Emmeline si schiarì la voce e si voltò verso Harry «Visto che sei il nuovo arrivato, dovresti dirci il tuo patronus, così lo riconosciamo immediatamente.»

Harry sbatté le palpebre, preso alla sprovvista da essere improvvisamente calcolato da lei, e annuì ancora confuso.

«È un cervo» disse, ma poiché Emmeline lo guardava ancora in attesa, sguainò la bacchetta:

«Expecto Patronum» un cervo scaturì dalla sua bacchetta, lucente e allegro, e trotterellò per la stanza, saltando per un po' sul tavolo e prendendo come gradino le teste di Fabian e Gideon prima di tornare da Harry, chinare la testa e scomparire. Harry, o Cedric se vogliamo chiamarlo con il nome falso, sentì quasi una stupida gioia nascergli in petto vedendo che Ramoso era ancora lì, immutato nonostante il dolore che aveva passato.

Emmeline annuì, con un sorrisetto. «Credo che il mio ti capiterà di vederlo più spesso visto che faccio ronde, nel caso è un'aquila.»

«Intanto di' al cervo di non saltarci in testa la prossima volta» sussurrò Gideon, sorridendo divertito.

«È vero che non fa niente, ma è piuttosto strano» precisò Fabian, fintamente infastidito.

«A proposito di Cedric, Albus » se ne uscì Moody, tutto interessato, guardando Harry con un ghignetto sgradevole «Sapresti dirmi di cosa si occuperà? Oppure è qui per combattere durante gli attacchi?»

«Oh, si occupa di qualcosa che ha strettamente a che fare con Voldemort» rispose il Preside, quasi allegramente «Non posso entrare nel dettaglio, ma posso dire che abbiamo una pista per arrivare alla sconfitta di Voldemort e di questo Cedric si occuperà, ovvero verificarla e analizzarla attraverso una ricerca» concluse tranquillamente, fintamente inconsapevole di aver sganciato una bomba. Il silenzio era diventato pesante, mentre tutti i membri guardavano Silente sorpresi.

Harry ringraziò il fatto che non guardassero per ora lui con quelle facce. In realtà lui e Silente avevano concordato che effettivamente non potevano dire a tutti degli Horcrux, non ancora. Era lì per tenersi informato e per iniziare a individuare le persone di cui fidarsi, e a farli fidare a loro volta di lui, e se possibile, intervenire durante gli attacchi. Il suo scopo principale era la ricerca di Hocruxs lì dentro, all'interno di Hogwarts purtroppo più che individuare aspiranti Mangiamorte non poteva fare di più. Il suo falso ruolo, detto agli altri, consisteva nella ricerca dei ricordi di Tom Riddle, cosa di cui non aveva bisogno visto che già li conosceva, e né apparentemente doveva riferirli all'Ordine, Silente dopotutto non era neanche voluto entrare nei particolari. 

«Riguardo gli attacchi, non sempre sarà presente» continuò il Preside come se niente fosse.

A nessuno sembrò importare.

Fu a quel punto che Dedalus decise di dar voce al pensiero generale, alzandosi di scatto: «Una pista per arrivare alla sconfitta di Voldemort?! E tu, Albus, ce lo dici solo ora!?» esclamò sconvolto.

«Non è una pista sicura» mentì un po' Silente, quando invece non avrebbe voluto dire il motivo della presenza di Harry a meno che non l'avessero chiesto «non voglio darvi false speranze, quindi prendetela con moderazione» asserì gravemente. Dedalus continuava a guardarlo sconvolto, poi si voltò di botto verso Harry:

«E lui, questo ragazzo! Chi avrebbe mai immaginato! Oh santo cielo!» detto questo si sedette sulla sedia con la grazia di un elefante, la mano sulla fronte. «Troppo giovane! Ci si può fidare? Non è che farà qualche sciocchezza?!»

Harry si limitò ad alzare un sopracciglio, decidendo che era inutile darsi la pena di rispondere.

«Stavo iniziando a pensare che Voi-Sapete-Chi non avesse una debolezza, invece...» sussurrò Elphias, stropicciandosi gli occhi.

Amelia, rimasta immobile, scosse la testa «Non prediamola per vera a priori» ammonì.

«Scherzi? Io farei comparire una bottiglia di spumante» se ne uscì Fabian, sbuffando, con una faccia ancora disorientata.

«Oh beh, piuttosto presto per saperlo. Voldemort non ha ancora raggiunto il suo massimo potere, ha iniziato a fare seriamente da circa due anni. Mi aspettavo che questa guerra durasse un decennio, invece ora abbiamo già una pista» borbottò Malocchio ancor più burbero del solito, vista la sorpresa. Il suo grande occhio blu analizzò di nuovo da capo a piedi Harry.

«Non è che ti puoi lamentare» sussurrò Edgar.

Silente continuava a guardare tutti con un'espressione serena «Chiarito questo, vorrei precisare che a Coalville andrà chiunque di noi potrà farlo, ma preferirei la maggior parte di voi. Le ronde già le sapete, Emmeline e Dorcas avviseranno appena compariranno i mangiamorte. Con questo dichiaro la riunione chiusa, il prossimo incontro sarà il 10 gennaio, ma si vedrà, dipende dagli eventi.»

I membri annuirono, ancora storditi, e iniziarono ad alzarsi. I gemelli passarono accanto a Harry, dandogli pacche sulle spalle, e ad uno ad uno tutti si salutarono.

Moody non si risparmiò da lanciare un'altra frecciatina, sulla soglia della porta.

«Bella trasfigurazione, comunque» sussurrò aggressivamente. Harry si irrigidì e lo guardò allontanarsi.

Rimasti solo lui e Silente, finalmente uscirono dalla casa, chiudendola a chiave con un incantesimo, e venendo colpiti dall'aria fredda della notte. In giro c'erano pochi Babbani, e il silenzio, se non interrotto da alcuni "POP!" era quasi totale. Harry guardò brevemente Silente.

«Moody» esordì, guardando il Preside esitante. «Vede attraverso le trasfigurazioni? Sa quindi che sono un tredicenne?» sussurrò.

Silente aggrottò le sopracciglia «Non proprio. Non sono certo delle capacità del suo occhio, perché, ahimè, vuole tenerle testardamente segrete, come se io non potessi fare qualche ricerca» concluse divertito, per poi tornare serio «In ogni caso, credo che lui veda soltanto il flusso di magia continua che fluisce nel tuo corpo quando sei trasfigurato, niente di più e niente di meno. Se non fosse così, mi avrebbe già portato a parlare in privato.» rassicurò.

Harry annuì «Devo preoccuparmi?»

Il Preside sorrise leggermente «Sono certo che non lo dirà a nessuno. Alastor può essere anche un uomo molto diffidente, burbero e scontroso, ma è molto leale.»

Detto questo, Silente gli porse il braccio, dopo essersi guardato attentamente intorno e essersi nascosti sotto un'ombra particolarmente fitta. Harry lo afferrò e insieme scomparvero nella notte, lasciandosi dietro Godric's Hollow. 








 


*Ci sono state altre riunioni, visto che i membri hanno riportato informazioni. Ma Silente intende al completo, l'Ordine al completo senza la necessarissima (perché comunque si deve reclutare anche all'estero, in Inghilterra ecc.) aggiunta di altri. Quindi è ufficiale, l'Ordine è stato finalmente formato.

Angolo Autrice

Ciao a tutti! Eccomi ritornata con un nuovo capitolo (mi scusa per la lunghezza. Sarei esasperata anche io. Anzi, lo sono, visto che ho letto due volte il cap nella mera speranza di diminuire gli errori. Sappiate solo che erano di più). Sì, lo so che sto aggiornando sempre più lentamente... e mi scuso per questo. Per di più è iniziata la scuola, molto più pesante, e probabilmente lo diverrà ancor di più. Già di mio non sono una persona molta organizzata, quindi devo un po' darmi una regolata. E naturalmente ci sono anche impegni che non riguardano solo la scuola. Non ho intenzione di abbandonare la storia, anche perché fin dall'inizio mi sono ripromessa di non farlo per nessun motivo (a meno che non ci sia proprio l'impossibilità, nel senso che non è che posso scrivere dall'aldilà XD), visto che ho trovato storie di viaggi nel tempo, di Harry Potter in generale, di altre tremila fanfiction di altri fandom... incomplete. E mi ritrovavo a maledire l'autrire/autore (anche se, poverini, ora li capisco), quindi quando ho iniziato la storia ho deciso che non volevo farmi maledire XD.

Riguardo al capitolo... che dire, c'è tutto scritto XD Ho amato scrivere la scena tra James e la madre, che è come un momento di condivisione, di aiutarsi reciproco così come sfogarsi, perché non ci può aiutare a vicenda senza sapere il dolore dell'altro. Penso che sia davvero un tassello molto importante per superare un lutto, infatti James appare poi più rilassato e felice. Come detto, non ho voluto scrivere la scena con dialoghi e particolari, perché sapevo che avrei rovinato tutto.

La scena dell'Ordine! Ragazzi, un parto! Non sapevo come strutturare una riunione, visto che non ho mai letto in una storia proprio una riunione in generale, quindi ho barcollato un po' nel buio (scusate la spiegazione di Elphias che è una roba tutta complicata, non so neanche io quante pecche e probabilità vi sono).

Riguardo Dorcas nera, alla maggior parte dei membri di questa riunione mi sono attenuta come erano nelle immagini rilasciate da Pottermore (o Wizarding World...). So che la maggior parte delle volte è (credo) bianca e capelli biondi, o capelli neri e occhi ghiaccio, qualcosa del genere (la tipica ragazza di Sirius, da quanto ho letto). Ma non mi dispiaceva l'idea del canon. E inoltre ora ho scoperto che Marlene in realtà, nel canon, dovrebbe avere i CAPELLI ROSSI (e un'orribile frangia)! XD Ragazzi, se la facevo rossa, allora proprio Potter e rosse...

Il fatto della riunione dell'Ordine l'ho chiarito sopra, quindi...

Alla prossima!

P.s. notizia shock: Neville in realtà ha capelli biondi. Quando ho riletto due volte la saga? QUANDO?!







Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

 

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Capitolo 49
*** Darsi per scontato ***


*Indossando un’armatura e proteggendosi con uno scudo dalle mille cose che le vengono lanciate contro* Buona lettura!
 
Darsi per scontato
 
Questa volta, tra i suoi regali non vi era stato un libro di pozioni, delle boccette di ingredienti rari o cose del genere. Lui, che ultimamente se ne andava in giro con tre persone le quali lo consideravano praticamente l’ultima ruota del carro, tale che non era nato neanche il pensiero in loro di spendere qualche soldo per fargli un regalo, riceveva, ad ogni Natale, due regali: uno da sua madre e uno da Lily. Sua madre era solita mandargli vestiti neri (i vestiti colorati non se li sarebbe mai messi, e questo lei l’aveva capito), mantelli, magari qualche interessante oggetto di magia nera, insomma, si manteneva su questa linea. Lily, invece, quando era bambina gli regalava qualche giocattolo con cui giocare insieme, un disegno, una volta lo invitò anche a casa sua per la vigilia. Lei dava molta importanza al significato. Poi quando aveva iniziato a capire la sua passione per le pozioni, iniziò a regalargli tutte quelle cose da pozionista professionale, e continuava, perché a Sev quasi brillavano gli occhi a vedere quei regali.
 
Questa volta Lily, a differenza sua, aveva deciso comunque di fargli il regalo, nonostante i rapporti tesi. Severus aveva iniziato a scartare il sottile pacco un po’ indeciso e quando aveva visto cosa vi era al suo interno, gli era sembrato che glielo avesse mandato la piccola Lily.
 
C’erano un bel po’ di fogli, più che altro pergamene provenienti da casa sua, più vecchie di quando anni fa le aveva trovate in un cassetto. Erano piene di macchie d’inchiostro, scritte e disegni fatti male. Erano di quando lui cercava di far capire a Lily com’era il mondo magico, facendole dei disegni delle cose magiche, di Hogwarts e… quello era un dissennatore?
Poi Lily accanto faceva disegni completamente a caso: fiorellini, cuoricini, un cuore spezzato, un angelo, un albero, lui e lei con la propria bacchetta in mano, entrambi a Serpeverde.
 
Poi delle scritte tutte macchiate e quasi illeggibili: era sempre Lily che cercava di far pratica con la piuma, anche se si metteva particolarmente d’impegno quando doveva scrivere commenti sui disegni (di solito faceva capire che disegnava proprio male!).
 
«Ma è una coperta volante?» vi era scritto, vicino al dissennatore.
«Il dissennatore che mangia il suo pasto pomeridiano» la freccetta indicava un disegno fatto da Lily: un dissennatore seduto a tavola con di fronte un piatto da cui usciva una nuvoletta. Sotto, un cartellino con su scritto “felicità”.
 
Sev a riguardarlo si fece scappare un sorriso, erano i tempi in cui Lily non gli credeva ancora tanto e tutto le sembrava lontano e impossibile.
 
I suoi occhi caddero sul piccolo bigliettino che Lily aveva allegato al regalo: “Ti ricordi? Sono tra le cose più preziose che conservo.” (E mai due frasi gli avevano così fatto riscaldare il cuore)
 
Nessuna scusa, nessun “sei importante per me” “ti penso” o altro. Lily si era limitata a due frasi. Ma Sev la conosceva troppo bene per non sapere che era stata lì a guardare un foglio per ore, con la mano che girava e rigirava la penna babbana, con le parole che venivano scritte e cancellate. Forse aveva scritto anche un poema, che era stato successivamente buttato nella spazzatura.
 
Alla fine Lily non era capace di scrivere ciò che sentiva, tramite lettera tutto le sembrava così falso. Quindi, probabilmente, si era decisa a parlargli di persona.
 
E Sev non sapeva che provare, quel giorno era il 7 gennaio e Lily sarebbe tornata quella sera ad Hogwarts. Una parte di Severus voleva solo mettere tutto da parte e continuare come se niente fosse, ma sarebbe stato come tentare di riparare un ponte di corda senza una corda. Poi Lily non lo avrebbe mai accettato.
 
*
«Andiamo ragazzi! Certo che qui senza Sirius è una noia!»
Remus aprì stancamente gli occhi, che aveva chiuso nella speranza di fare un pisolino «Penso solo che iniziare il nuovo anno così non sia corretto» borbottò, alzando gli occhi al cielo.
James mise su un broncio talmente infantile che Remus sbuffò una risata e richiuse gli occhi.
«Va bene, faccio da solo!» sbottò il corvino, alzandosi di scatto.
Remus parve ridestarsi immediatamente «No!»
«Rem-»
«Dai, Jamie solo per quest-»
«Dio m-»
«Peter!» sbottò Remus.
«Eh?!» Peter se ne stava bellamente per i fatti suoi a trovare i doppioni nella collezione di figurine di Cioccorane di Remus per metterli nella sua, prima di venir improvvisamente coinvolto. 
«Non lo so, fai qualcosa! Aiutami!» lo pregò Remus.
Peter lo guardò per interminabili secondi, sbattendo le palpebre e con una faccia instupidita, in elaborazione. James si passò una mano fra i capelli, tanto per cambiare.
E finalmente, la sua bocca articolò le tanto attese parole: «Ma per fare cosa?»
James scoppiò a ridere e diede una pacca di consolazione a Remus, mentre lui si prendeva la testa fra le mani.
Peter scrollò le spalle e lasciò perdere, e guardò la raffigurazione di una strega bionda in una delle figurine. «Secondo voi come sta Marlene?» chiese distrattamente.
La risata di James si fermò all’istante «Per le piroette di Merlino! Ma lei ora sta qui!» urlò sconvolto «Godric, quanto sono stupido!» farfugliò, alzandosi per la seconda volta e, senza aspettare i suoi amici, aprì la porta dello scompartimento e uscì fuori.
«James, aspetta!» Remus incespicò nel tentativo di seguirlo.
 
 
James camminava per il corridoio guardando ogni singola faccia, finchè non riuscì a distinguere degli inconfondibili capelli rossi in lontananza, dal finestrino di una porta di uno scompartimento. Affrettò il passo.
 
«Lily… vuoi sposarmi?» fu quel che sentì il corvino un istante prima di aprire lo scompartimento, seguito da uno scoppio di risa, esuberante e prepotente, quasi bisognoso. La situazione era un po’ particolare: Mary era inginocchiata di fronte a Lily, mentre le lasciava il viso probabilmente tenuto fino ad ora tra le sue mani, Alice si agitava sul posto ridendo e Marlene se ne stava immobile, con la bocca spalancata e gli occhi ridenti.
 
«MacDonald, non avanzare proposte del genere sulla mia fidanzata!» esclamò James, facendo notare la sua presenza.
 
Il sorriso di Lily si smorzò leggermente, mentre Marlene correva ad abbracciare James. Potter chiedeva a Marlene come stava, come erano andate le vacanze, Minus balbettava qualcosa, Alice sorrideva e Mary si irrigidiva, eppure a Lily iniziò a sembrare di nuovo tutto ovattato, mentre si isolava dal mondo circostante e questa volta non c’era una Mary che si inginocchiava a chiederle scherzosamente di sposarla e farla ritornare nella realtà con il sorriso.
 
I suoi occhi guardarono James Potter, tutto sorridente.
 
«Potresti aiutarmi a capire perché improvvisamente te ne stai con quei cinque idioti?» 
 
«Sì, hai ragione Lils, infatti poi siete andati a fare shopping nei negozi»
 
«No, tale evento non l’avrei guardato neanche per tre secondi, se avessi potuto evitare»
 
 
Lily sapeva che alla base del litigio non c’era questo; ma sapeva anche che c’era un motivo se la questione era stata tirata fuori.
Sev odiava James Potter, ne era certa ed era così. Non era come lei, che lo disprezzava, no, lui lo odiava. Sì, l’odio, quel sentimento bruciante che ti mangia dall’interno, che ti porta ad esserne quasi ossessionato, a fare certi pensieri che altrimenti non avresti mai fatto. L’odio è quasi come la benzina, la si sparge e sparge, poi all’improvviso butti per rabbia il fiammifero accesso e prende fuoco tutto, e ti ritrovi ad esserne divorato, non te ne accorgi neanche e mandi all’aria tutto.
 
Lily era abbastanza sicura che se Potter non avesse iniziato ad ignorare Sev, l’odio di quest’ultimo avrebbe raggiunto un simile livello.
 
In realtà non starebbe qui a farsi simili complessi non fosse per il fatto che la sua antipatia nei suoi confronti si stava attenuando sempre di più. Eppure faticava ad ammetterlo, ma sapeva che sotto il James Potter che conosceva lei c’era molto di più, che lei si rifiutava di vedere, che non voleva vedere. Eppure aveva visto, per poco, ma aveva visto. Era cambiato.
 
E poi, né Marlene né Harry diventavano amici con il primo fesso che passava.
 
Nonostante ciò, non voleva mettere a rischio tutto per qualcuno che la faceva dannare ogni qualvolta che ne aveva la possibilità e che ci provava per il semplice fatto che lo rifiutava. James Potter aveva anche dei pregi, ma dei difetti che non era sicura di riuscire a sopportare e che la fermavano ancora.
 
Contrariamente ai pensieri di prima, Lily cercò di evitarsi ulteriori grane liquidando il tutto con “È pur sempre lui”.
 
Riguardo agli “altri cinque” avrebbe socializzato quanto le pareva. Remus era un piccolo gioiello, Harry anche, Peter Minus era un po’ tonto ma alla fine era un sempliciotto, non era male. Poi c’era Black, che alla fine era un po’ come Potter.
 
Neanche a lei andavano a genio le amicizie di Severus, eppure non è che era sul punto di mettere fine alla loro amicizia. Sperava che fosse lo stesso per lui.
 
A proposito, cosa aveva pensato del regalo? Era stato così doloroso lasciarli andar-
 
«Lily? LILY!»
 
«Eh?!»
 
Davanti le si parava la faccia di Remus che le scuoteva una spalla, preoccupato. Sbattè le palpebre, mentre tutti la fissavano.
 
«Che c’è?» chiese.
 
«Sei sul pianeta Terra, Evans? Oppure stai ancora gironzolando su Marte?» domandò Potter con un ghigno divertito, ma non derisorio. Doveva essere passato un po’ di tempo, visto che tutti erano belli seduti.
 
Lily lo guardò male.
 
«Sono appena tornata, è stato un bel viaggio» mormorò sarcastica.
 
Le sue amiche le gettarono un’occhiata preoccupata, poi Marlene disse qualcosa e l’attenzione si spostò, le chiacchiere ripresero. Solo a quel punto, il licantropo, seduto di fronte a lei, si chinò.
 
«Stai bene?» sussurrò.
 
La rossa annuì «Stavo solo pensando»
 
Remus continuò a guardarla preoccupato e Lily notò, osservandolo a sua volta, quanto fosse malaticcio. Poi Lupin tirò fuori una barretta di cioccolato, staccò un pezzetto, e glielo porse con un sorriso gentile: «Mangia, ti sentirai meglio.»
 
Lily lo ringraziò e addentò il cioccolato.
 
«A una certa guardavi fisso James» le rivelò Peter all’improvviso, quasi in tono cospiratorio, con gli occhi lievemente spalancati, poi sembrò pentirsi il secondo dopo di aver parlato.
 
A Lily diede quasi l’impressione che avesse paura. Sospirò e si rimproverò mentalmente, gettando un’occhiata al corvino. Sorprendentemente incrociò il suo sguardo penetrante.
 
Lo guardò interrogativa.
 
James spalancò gli occhi e distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo leggermente.
 

*
 
C’erano due ragioni per cui un Malandrino era felice, secondo l’opinione comune: aveva in serbo un bel colpo, di cui tutti quanti sarebbero stati inevitabilmente le vittime, oppure riguardava gli altri Malandrini o se stesso.
 
Quindi vedere la mattina del 7 gennaio Sirius canticchiare allegramente non fu rassicurante. Persino Regulus si era un attimo domandato se avesse architettato qualcosa alle sue spalle, prima di ricordarsi che quel giorno sarebbero tutti ritornati (si era appena svegliato, suvvia, non si tratta di essere smidollato). Aveva sorriso, pensando ai suoi amici, poi si era bloccato, si era guardato intorno, e aveva realizzato di doversene andare dal dormitorio di suo fratello, mettendo a posto tutte le sue cose e trascinandosi dietro il baule fino ai dormitori del secondo anno. Quindi, tutto quel che aveva fatto era stato ignorare il baccano che Sirius stava facendo, rimboccarsi le coperte, chiudere gli occhi e dormire per altre tre ore minimo.
 
Non si era preoccupato molto di Sirius, insomma, non c’era nessun comportamento da psicopatico o qualcosa del genere, era solo felice. Regulus si preoccupò seriamente quando si risvegliò due ore dopo, e vide Harry seduto a terra a gambe incrociate, gli occhi chiusi e la testa chinata, le dita che massaggiavano lentamente le tempie.
Questa sarebbe stata solo la prima, delle tante volte, in cui Regulus Acturus Black avrebbe dubitato della sanità mentale di Harry James Potter. Si chiese se fosse a causa di suo fratello, perché un Sirius felice non era un Sirius facile con cui avere a che fare, ma gli sembrava strano: diventato suo amico, iniziavi a sviluppare molta pazienza per tener fronte a tutte le difficoltà.
 
Quindi lo guardò confuso e assonnato, l’unico segno sul suo corpo che indicasse che effettivamente stesse dormendo giusto pochi secondi fa: lui non era come Sirius, che si svegliava con capelli improponibili, pigiama stropicciato e la faccia sconvolta, no, lui dormiva composto e calmo come un perfetto principino.
 
Sbadigliò e si alzò silenziosamente, avvicinandosi a Harry come se fosse un animale selvatico. A niente servì, ormai Regulus aveva imparato che coglierlo di sorpresa era un po’ impossibile, infatti Harry aprì gli occhi e si irrigidì. Poi si rilassò e continuò la sua meditazione.
 
 «Stai bene?» borbottò Regulus, chinandosi.
 
«Si» sospirò Harry. Il minore dei Black preferì non commentare nonostante le leggere occhiaie sotto gli occhi dell’altro.
 
«Perché stai facendo questa cosa?» domandò.
 
Harry non rispose per un po’, finchè ai suoi tratti concentrati non si sostituì un’espressione serena per un qualcosa che probabilmente aveva pensato. Poi riaprì gli occhi e si stiracchiò.
 
«Per non scoppiare» spiegò alzandosi.
 
Regulus fece un passo indietro. Per sicurezza. «Stress?» pigolò incerto.
 
Harry scrollò le spalle, sorridendo rassicurante «Macché» mentì «Sirius mi ha buttato giù dal letto come un pazzo, ma non voglio rovinargli l’umore trasformando la sua divisa in una di Serpeverde»
 
Harry uscì a cercare Sirius con la mente un po’ più sgombra di prima. La realtà era che sentiva la guerra stargli col fiato sul collo, sempre più vicina e pressante. Era come quando aveva diciassette anni, questo pensiero fisso che lo perseguitava facendogli perdere il controllo.
Ma già nel suo presente non andava perso, figurarsi nel passato.
 
Regulus restò fermo come un palo in mezzo al dormitorio, guardando fisso la porta. Poi scrollò le spalle e si diresse verso il bagno. Aprì la porta e… una cascata di acqua fredda lo investì in pieno, inzuppandolo. Sul secchio, che ormai era caduto a terra, c’era un foglietto attaccato: “Buongiorno, fratellino! (:”
 
Reg era prossimo a un crollo emotivo. Strinse le labbra «I-Io… I-o…» gli occhi di Regulus caddero sulla spazzola di Sirius. Bella, immacolata, curata. La spazzola Daisy che Sirius proteggeva come una bambina.
Sorrise serafico. La stanza si riempì di un’aura oscura.
Daisy, spazzola innocente, da quel giorno non ne sarebbe uscita indenne.
Il suo Sirius non c’era, lui sorrideva, beatamente inconsapevole.
 
*
«È finita l’ora, andate pu- » la professoressa di Aritmanzia non finì neanche la frase, che Lily, insieme a metà degli studenti, era già fuori. Alice, l’unica che seguiva Aritmanzia insieme a lei, la guardò preoccupata mentre la rossa a passo frettoloso si dirigeva svelta svelta verso il ponte coperto di legno, con la borsa che rimbalzava leggermente sul fianco.
 
 
 Lily preferiva di gran lunga il giardino, o meglio, il parco di Hogwarts. La faceva sentire più libera, più rilassata, mentre osservava la natura che le si presentava davanti. Soprattutto quando iniziava la primavera, quando timidamente il sole spuntava fra le nuvole e i suoi caldi raggi la colpivano sulla pelle, provocandole piacevoli brividi e facendola sentire come avvolta in un delicato abbraccio.  Ma era il 9 gennaio e la primavera era ancora lontana. Era inverno, il freddo inverno, e ad andare fuori, seduta vicino al lago o sotto un albero, non era una buona idea.  
 
Ma a Sev piaceva l’inverno, forse perché con tutti quei mantelli, il freddo a malapena lo sentiva. Quindi Lily aveva unito le due cose. All’aperto ma al coperto, la natura e l’inverno.  
 
Giunta sul ponte di legno aveva aspettato Severus, la mente si ripeteva ossessivamente il suo discorso. Eppure ora eccola lì, muta come un pesce, mentre Sev la guardava in attesa.
 
Lily si era dimenticata tutto.
Tutto.
E ciò era tragico.
 
Sev sospirò e si affacciò a guardarsi intorno. Iniziava a sentirsi a disagio, Lily lo capì.
 
«Lils, stai bene?» le chiese a quel punto, girandosi leggermente a guardarla.
Lily lo guardò brevemente, prima di decidere che doveva calmarsi e stando in quello spazio che pareva così piccolo avrebbe finito per sentirsi continuamente bloccata.
 
«Sì, solo che mi sono scordata tutto quel volevo dirti… mi ero preparata il discorso così bene…» disse sinceramente, affacciandosi accanto a lui e gettandogli un’occhiata di sfuggita.
 
 Severus l’ammirò per poco, poi distolse forzatamente lo sguardo. Si chiese perché tutto sembrasse più bello con lei accanto, anche quando il motivo che li aveva condotti ad incontrarsi era tutt’altro che allegro.
 
«Allora stiamo in silenzio» sussurrò, con tono leggero, e ciò sembrò cambiare l’aria, che si fece a quelle parole meno pesante.
 
E fu effettivamente così, per un po’, sembrava che fosse ritornato tutto come prima. A un certo punto sentirono uno scricchiolio e un fruscio, ma fu talmente basso che lo ignorarono, presi dall’aria fresca e dalla presenza l’uno dell’altro. Lily, tirò su col naso, che iniziava a farsi freddo e rosso.
 
«Prima che mi prendi un raffreddore…» iniziò ridendo leggermente imbarazzata, e Sev sorrise divertito «Io devo scusarmi con il mio caro migliore amico» continuò, guardandolo colpevole.
 
«Lily-» iniziò Piton sospirando.
 
«No, Severus, non lascerò star tutto perché mi sono comportata davvero una merda.» sbottò la rossa, improvvisamente rigida «Io… ho sentito qualcosa spezzarsi, e voglio ripararlo prima che sia troppo tardi, e di certo non si può mettendoci delle pietre sopra come se niente fosse.»
 
L’amico stette in silenzio, osservandola mentre cercava di raccogliere le parole, guardando di fronte a sé «Avevi ragione quel giorno a essere arrabbiato con me. Io ho capito perfettamente ciò che provavi e anche la tua reazione, perché molto probabilmente al tuo posto avrei fatto lo stesso. E sono felice che tu me lo abbia detto in faccia, senza trattenerti e lasciarti tutto alle spalle, perché mi ha permesso di capire alcune cose.»
 
A quel punto si bloccò improvvisamente, e deglutì.
 
«Cosa?» la incalzò Severus.
 
«Senza volerlo, stavo iniziando a dare tutto per scontato, su te, su me e te» replicò velocemente Lily, la voce pregna di vergogna «Scontato che tu stessi bene semplicemente perchè ti ho guardato fisicamente, scontato che tu sapessi quel che ho provato vedendoti, scontato che non c’era strettamente bisogno che io ti stessi accanto, perché eri abituato - il che è la cosa più stupida che una persona possa mai pensare. Io non lo pensavo coscientemente, ma credo che le mie azioni parlino da sé - scontata la tua presenza. Il che per certi versi è positiva la cosa, perché ti da una specie conforto, significa che dai talmente tanta fiducia a quella persona che sei certo che rimarrà con te per sempre. Eppure spesso non porta a risultati positivi.» Severus rimase in silenzio, Lily a quel punto sentì che rivolgere lo sguardo al panorama non era più qualcosa di opzionabile, quindi lo guardò decisa «Continuerò a darti per scontato, perché mi fido di te davvero troppo, ma smetterò di dar per scontati il nostro rapporto e i gesti, perché non porta davvero a niente di positivo e mi scuso immensamente per aver fatto una cosa del genere» concluse dolcemente.
 
Severus la guardò. Guardò i suoi capelli rosso scuro, la sciarpa Grifondoro che le copriva la gola, il viso rotondo, la bocca piuttosto sottile screpolata e le guance e naso rossi.
 
Infine gli occhi verdi. Severus cercò di non soffermarsi troppo sul piccolo brufolo sulla tempia, sapeva che Lily avrebbe immediatamente voltato la faccia per non lasciarglielo vedere, distogliendo gli occhi.  
 
Si ricordò dei suoi commenti sulle sue compagnie, delle sue spiegazioni del perché se ne stava con persone che la disprezzavano per il suo sangue, il suo sguardo deluso e incredulo quando l’aveva visto lanciare l’Exulcero, la sua preoccupazione e incertezza mentre gli chiedeva perché fosse interessato alle Arti Oscure, di quando se ne andava in giro con Harry Potter e di quando la sua bocca a volte si inclinasse leggermente verso all’insù quando James Potter faceva una delle sue buffonate.
Si ricordò di tutte quelle volte che aveva preso per buone le sue risposte, anche non essendo certa, che si era fidata e che lo aveva difeso di fronte alle insinuazioni di altri, che con uno sguardo freddo aveva ignorato i sussurri di quella stupida banda di serpi mentre gli si avvicinava.
 
E pensò che nessuno dei due dovesse darsi per scontato.
 
Poi si rese conto di essere rimasto in silenzio per troppo tempo, e che Lily stava iniziando a preoccuparsi.
 
«Sai vero che non ce n’era bisogno?» con un sorrisetto, tranquillizzandola.
 
«Oh si, certo che ce n’era bisogno, lo sai» replicò lei.
 
Severus scrollò le spalle «Dovremmo darci per scontato ma nel modo giusto» disse sovrappensiero «Onestamente non pensavo fosse possibile» continuò un po’ divertito.
 
Lily sbuffò una risata.
 
*
Quattro Malandrini si guardarono a vicenda preoccupati. James, il quinto malandrino, faceva finta di prendere appunti di Rune Antiche, quando invece scriveva le lettere L.E. + M e mettendoci ogni volta una X sopra, ricalcandola più volte in modo ossessivo.
 
Remus, che gli appunti li stava prendendo davvero, cercò di lasciar perdere per il momento e di continuare a seguire il professore. In realtà con la Luna Piena che si avvicinava, la mente che protestava perché ormai non ne poteva più di sentire il professore borbottare di particolarità di accostamenti di parole e… Remus si riscosse. Concentrazione.
 
Peter guardava perplesso il foglio di James: ormai le L.E. + M con la X sopra stavano andando a formare una cornice. In una situazione normale starebbe dormendo, ma il professor Sean non era come Ruff, l’ultima volta l’aveva mandato dalla McGranitt e gli aveva messo un voto negativo. Le Rune non scatenavano il suo interesse, quindi tanto valeva trovare un’altra distrazione.
 
Harry guardava il libro di testo mentre la penna scriveva da sola su un foglio a parte, nella speranza di far sembrare al suo cervello tutto più capibile così che non gli facesse venire dopo la lezione un mal di testa. Ma ormai guardava assente il disegno di un mago che urlava messo sulla pagina del libro, ignorando completamente gli sguardi astiosi del professore, sia per la penna, sia per la sua disattenzione. A differenza di Remus, a Harry di ciò che andava o non andava bene al prof non poteva fregar di meno, se ancora non gli aveva sequestrato la penna significa che o non poteva farlo, o che non pensava che fosse necessario. Poi Harry aveva affrontato gli sguardi di Piton, quelli di Sean erano una specie di bazzecola.
 
«James ma si può sapere che cazzo ti prende?» sussurrò Sirius, dando una gomitata al migliore amico.
 
«Assolutamente niente, giusto per passare il tempo» replicò l’altro.
 
Sirius aggrottò le sopracciglia, poi ghignò derisorio «Sembri una femminuccia, dio mio Jam» ridacchiò, capendo immediatamente le iniziali L.E. «Chi è M?»
 
James non rispose, ma una leggera sfumatura di rosso gli colorò le guance. Ricalcò una X.
 
 Sirius spalancò gli occhi «No aspetta, non mi dire che è Moccio-» si dovette interrompere per soffocare le risate. Si premette la mano sulla bocca cercando di fermarsi ma finì solo che divenne tutto rosso in faccia per mancanza d’aria. James lo guardò mortalmente serio e imbarazzato mentre Sirius ricambiava con gli occhi lucidi e meravigliati, la mano che nascondeva la bocca e un’espressione che Potter giudicava onestamente da coglione.
 
Il tutto sfociò in un attacco di tosse compulsivo, tra una piccola risata e l’altra, che fece girare tutti verso di loro. Sirius intanto batteva il pugno sul banco cercando di trattenersi prima di ridere sguaiatamente.
 
«Black! Esca immediatamente fuori! Ma come si permette!» urlò il professore.
 
Sirius annuì continuando a ridere e si alzò tenendosi la pancia e appoggiandosi al banco. Prese un respiro profondo e parve calmarsi, ancora la faccia rossa e il sorriso in faccia. Il tragitto svelto verso l’uscita fu segnato da varie risatine, poi aprì la porta e la chiuse dietro di sé facendola sbattere.
 
E mentre un nuovo scoppio di risa risuonava fuori dall’aula, James era certo di non aver mai sentito la sua faccia così accaldata.
 
 
«Ti odio» sbottò James.
Sirius sorrise divertito «Non è colpa mia se sei così ridicolo».
«Disse quello che guardò una spazzola rovinata come se fosse una persona morta per circa cinque minuti» si intromise Remus tranquillamente.
«Inginocchiato a terra, in bagno, in accappatoio» aggiunse Harry, con un sorrisetto alla scena.
«Voi godete della sofferenza altrui» s’imputò Sirius, offeso.
«Della tua al momento sì» ghignò James, crudelmente.
 
«Ma alla fine hai fatto pace con Regulus?» domandò Peter.
 
«No» rispose immediatamente Sirius, come se avesse appena pronunciato una bestemmia «Ovviamente no. Insomma Peter, io gli ho buttato un secchio d’acqua addosso, e lui mi ha rovinato una cosa importante, Daisy. È come se io mangiassi la tua fetta di torta, e tu per farmela pagare ti mangi l’intera mia torta al mio compleanno, capisci? Non è paritario».
 
Peter scrollò le spalle «Sì, ma Daisy è… cioè, era una spazzola».
 
Sirius parve sconvolto dalla poco sensibilità dell’altro. «Peter, almeno t-»
 
«Non pensarci, Sirius, non è degno della tua rabbia. Nessuno qui ne è degno. Daisy era una spazzola, ma ciò non significa che valesse meno di una qualsiasi altra cosa o persona» lo interruppe Harry, guardandolo deciso e rassicurante.
 
Il Black lo guardò sorpreso, poi si calmò «Grazie, Harry. Ma come è possibile che con certi genitori tu sia nato così?» e gettò un’occhiata malevola a James, per poi fare un sorrisetto.
 
Harry gli sorrise di nuovo, poi si voltò verso Peter «Vedi, Pete? Guarda e impara, è così che ci si deve comportare con gli psicopatici»
 
Il sorriso di Sirius si congelò.

                                                             



«È solo che la Evans era così allegra vicino a lui! Era tutta carina e dispiaciuta, diceva qualcosa sul fatto che lo dava per scontato, ma era giusto ma anche sbagliato, che ne so. Poi sorrideva e rideva! Con lui! E lui pure… poi la guardava tutto desideroso… per poco non uscivo da sotto il mantello per dargli un pugno su quel naso che si ritrova!» sbottò James, infervorato.
 
«James, stai blaterando tutto ciò tra una lezione e l’altra a tutti noi, e a me lo stai facendo anche durante le lezioni. Non per dire, ma come tuo fratello mi sento di dirti che mi sta venendo voglia di buttarti giù dalla Torre di Astronomia» Sirius appariva piuttosto lapidario. Si chiese poi perché non l’avesse già fatto.
 
Potter 2 fece una smorfia, poi abbassò lo sguardo «È che gli prometteva di dar valore alla loro amicizia quando scommetto che quello stronzo continuerà ad andarsene in giro con i razzisti, leggendo robe oscure.» questo, doveva ammettere Sirius, era una frase nuova. O forse l’aveva già detto quando se ne stava per i fatti suoi. Aspetta… lo stava ascoltando?
 
Il punto è che quello che sembrava davvero interessarsi nonostante il fatto che James dicesse sempre le stesse cose (perfino Remus quando se n’era accorto aveva smesso di ascoltarlo), era Harry. E Sirius davvero non capiva perché il suo migliore amico si ostinasse a sedersi vicino a lui, rompendogli le palle durante le lezioni. Insomma, perchè doveva essere lui e non Harry, molto più interessato, a patire tale sofferenza?
 
Guardò con un po’ di preoccupazione lo sguardo pensieroso e tetro di James.
 
«Ma non era una sfida e basta?» sentì Peter sussurrare mentre entravano nell’aula di Incantesimi.
 
«A quanto pare era, appunto» borbottò Remus.
 
«Andiamo, io non sono suo amico perché mi odia, mai voi due non siete suoi amici?» disse James, guardando male Remus e Harry, poi si soffermò su quest’ultimo «Anzi, tu non sei il suo migliore amico? Sembra che non te ne importi!»
 
Harry alzò le sopracciglia, un po’ offeso
 
«Ma se ti sta ascoltando da più di mezz’ora!» lo difese Peter, guardandolo male. James lo guardò un attimo spaesato, non aspettandosi il suo tono sicuro nel contestarlo su qualcosa che nemmeno lo riguardava.
 
«Comunque più che essere amico di Lily, sono poco più di un conoscente. Ogni tanto parliamo, ci confrontiamo sulle nostre letture e i compiti, ma niente di più. E per quanto io possa essere preoccupato, non mi parlerà certo dei fatti suoi, tantomeno di Piton, visto che sembri che a malapena ne parli con le amiche» disse Remus superandoli per prendere gli ultimi posti, in fondo all’aula.
 
«Me ne importa, Jamie, e sono anche un po’ preoccupato» confessò Harry, con tono stanco  «A me parla di lui, ma lo fa perché non lo giudico. Non posso fare chissà cosa, e magari non so, Piton potrebbe anche rendersi conto questa volta di quel che fa. Poi Lily sembra così felice… non voglio rovinarle l’umore attaccando a parlare delle compagnie di Piton» sussurrò, dando un’occhiata alla rossa che si sedeva al primo banco, parlando allegramente con Mary. Poi il suo sguardo cadde su Marlene, che si irrigidì e sorrise, una spruzzata di rosso in faccia, appena Alice le sussurrò qualcosa all’orecchio. Era felice di vedere come si stesse riprendendo dalla sua ultima esperienza.
 
Sirius si stravaccò sulla sedia, poggiando con noncuranza la borsa a terra, salvo poi raddrizzarla velocemente quando notò che la sua rivista babbana di moto e beh… modelle, in costume, ovviamente, stava scivolando fuori.
 
James guardava fisso la Evans, un po’ preoccupato e un po’ incantato, prima che con un colpetto Sirius lo riportasse alla realtà. Si ritrovò il ghigno del Black davanti, pieno di sottointesi e le orecchie gli si arrossarono leggermente, nonostante il sorrise strafottente che gli rivolse di rimando. Poi si sedette al posto che Sirius e Peter avevano riservato in mezzo a loro, e si disse che si stava davvero preoccupando troppo per la Evans.
Sentì una morsa allo stomaco ricordando il sorriso che rivolgeva a Mocc- Piton. Il caro Sev.
Spostò di nuovo lo sguardo su Lily.
 
Sirius guardò pigramente il posto dell’amico, rammentando di quando aveva pensato del perché James si sedesse sempre vicino a lui: non che poi gli lasciasse molta scelta, alla fine.
 
Lo guardò, notò la direzione del suo sguardo e decise che a meno che non lo distraesse lui, Jamie avrebbe continuato a struggersi. E non era vantaggioso né per lui, né per l’altro. Poggiò la testa sul banco e piagnucolò: «Ho definitivamente perso il mio migliore amico… prima si schiera dalla parte di Evans contro di me, ora la sta sempre a fissare e pensare non dedicandomi la minima attenz-»
 
Il suddetto gli tirò una sberla in testa prima che potesse continuare «Eddai, Sir!»
 
*
Peter era frizzante quella sera. Era riuscito a scagliare un bel Expulso contro il manichino inanimato, facendolo cadere a terra contuso. Sebbene gli altri suoi amici lo avessero padroneggiato prima delle vacanze natalizie, Peter non si sentiva abbattuto.
Questo incantesimo gli era stato particolarmente antipatico, ma finalmente ce l’aveva fatta e Harry e gli altri non lo guardavano mai come se fosse un emerito idiota per il suo scarso talento.
Certo, all’inizio James e Sirius, particolarmente esaltati per la loro bravura, avevano fatto qualche commento scherzoso a presa in giro, che comunque segretamente lo aveva abbattuto, ma poi avevano smesso.
 
Il fatto che Harry glielo avesse fatto notare e che li avesse disarmati e schiantati in poco tempo, smontando tutto il loro ego in una manciata di secondi, Peter non lo sapeva.
 
In ogni caso, sentiva che stava diventando più scattante nei movimenti, mentre duellava con un manichino di livello medio, e sorrise. I suoi occhi erano concentrati sul manichino, ma sentiva chiaramente il suono di incantesimi e voci mentre James e Sirius duellavano fra loro.
Guadò brevemente Remus, che se ne stava seduto stancamente a leggere, una faccia che con il passare dei giorni si faceva sempre più pallida. Stava pure peggio, perché nonostante la Luna Piena fosse vicina, aveva insistito affinché Harry si esercitasse con la sua mente per il Legilimens. «È il mio turno! E poi posso reggere…» aveva detto e per poco Sirius non lo strozzava per la sua testardaggine, mentre Harry era prossimo alla rassegnazione.
 
Nello stesso momento in cui per un pelo schivò uno schiantesimo, la porta della Stanza della Necessità si aprì. Harry entrò con una faccia abbattuta e cupa.
Non disse niente, semplicemente sul divano accanto alla poltrona sui cui era seduto Remus comparve un cuscino in cui Harry seppellì la faccia dopo essersi steso sopra a pancia in giù.
 
La preoccupazione di Peter fece sì che si distraesse, mentre delle corde magiche di luce verde lo trascinavano a terra e gli si avvolgevano intorno sempre più strettamente. A Peter mancò il respiro. Avrebbe voluto arrendersi, ma Harry gli aveva detto che raramente era un’opzione da considerare in un duello mortale, anche perché molte volte significava scendere a compromessi che potevano essere pericolosi per i propri alleati, quindi si contorse tra gli ansimi e riuscì a liberare il braccio per prendere la bacchetta e scagliare Expulso che non colpì esattamente l’avversario, ma gli diede il tempo necessario per tagliare le corde.
 
 
Remus gettò un’occhiata preoccupata al suo amico. Era appena tornato da una riunione dell’Ordine della Felice, e non sembravano esserci buone notizie. Ne aveva parlato loro appena si erano riuniti, anche se, ancora una volta, doveva mantenersi sulle cose generali. James e Sirius erano stati esaltati appena avevano saputo a cosa servisse il gruppo segreto, talmente esaltati che se non fosse bastata l’occhiata di Harry per far capire loro che erano troppo piccoli, cosa che per fortuna avevano già capito da soli, avrebbero anche proposto di farne parte.
 
«Cos’è successo?» chiese, con il suo classico tono di voce che faceva calmare tutti.
 
«È difficile non farsi scoprire dal Ministero quando interveniamo e le cose sembrano coinvolgere sempre più i non-umani» borbottò Harry, con gli occhi chiusi. La giornata era stata piuttosto stressante, tra compiti, allenamento mentale e fisico e la riunione. L’Ordine, quando il Ministero mandava in giro scarse truppe di Auror, interveniva sotto copertura, come maghi a caso che passavano di lì, ogni volta di aspetto diverso, o travestiti da Auror durante i combattimenti. C’era stato l’attacco a Coalville, tanti mangiamorte a cercare di fare stragi di Babbani contro una piccola truppa di Auror. Harry sbuffò: chissà cosa sarebbe successo se non ci fossero stati certi maghi che “passavano lì per caso”.
 
Inoltre i vampiri parlavano come se qualcosa di grande fosse vicino e gli sguardi furtivi che Silente gli rivolgeva erano abbastanza per far capire a Harry che era indeciso se coinvolgerlo nel combattimento. Il Preside aveva anche detto che avrebbe parlato presto con Hagrid per la questione dei giganti.
 
«Poi… Moody! Mi guardava in continuazione, come se fossi una specie di insetto fastidioso che non poteva uccidere. Era maledettamente irritante!» sbottò Harry ad un tratto.
 
Harry aveva attinto a tutta la sua pazienza e la sua faccia da poker per sopprimere l’agitazione e la voglia di andargli contro. Guardò in modo colpevole Remus: nonostante la gioia di esser riuscito a fare il Legilimens in modo corretto, non riusciva a sopportare la vista della faccia esaurita del Licantropo, che sapeva di aver causato entrandogli continuamente nella mente.
 
Remus intuì immediatamente i suoi pensieri: lo guardò con rimprovero e Harry distolse lo sguardo. Ovviamente Remus era la prima persona a pensare che i suoi sensi di colpa fossero stupidi, non c’era da stupirsene.
 
«Tutto bene, Harry?» gli chiese la voce di Peter con tono affannoso.
 
L’altro sospirò e si mise a pancia in su, sorridendo leggermente. Notò il manichino che se ne tornava al suo posto piuttosto contuso.
 
«Gliele hai date, eh?» chiese compiaciuto, evitando come se niente fosse la domanda.
 
Peter spostò rapidamente lo sguardo dal manichino a lui, un sorriso euforico che gli si faceva strada in volto «Oh, sì! Sono riuscito a fare l’Expulso e ho anche duellato un bel po’ con lui prima di essere atterrato» informò orgogliosamente, abbassando però leggermente il tono sull’ultima parte.
 
«Va benissimo, saresti perfettamente capace di tenere testa al più bravo del nostro anno»
 
Peter aggrottò le sopracciglia, perplesso «Te?»
 
Harry si bloccò, poi sorrise imbarazzato «Escludendo me» si corresse.
Detto ciò rimanevano i restanti Malandrini, ma Peter escluse anche quelli perché beh non avevano il livello di duello di un terzo anno.
 
Si sentì un urlo prima che James si buttasse su Peter, facendogli cacciare un urletto imbarazzante mentre il Potter gli strofinava il pugno sulla testa.
«Stai parlando di me, vero Harry?» domandò ghignante. Era tutto sudato e gli occhiali erano storti, dietro di lui comparve Sirius, messo pure peggio.
 
«Ti ho battuto, idiota» sbuffò. Peter cercò di divincolarsi dalla presa di James.
 
«Io ho battuto entrambi» fece presente Remus, placidamente, un sorrisetto furbo in volto mentre continuava a leggere.
 
James e Sirius si bloccarono e Peter ne approfittò per spintonare via Potter 2. Sirius guardò fisso Remus, poi si avvicinò con un ghigno. Si fermò di fronte a lui, chinato per stare al suo stesso livello, e Remus alzò lo sguardo.
 
«Il lupo attacca…» disse il Black, poi mosse la mano come se volesse acchiapparlo con degli artigli «Grrr»*
 
Remus lo guardò scioccato ed Harry per poco non si strozzò mentre scoppiava a ridere. Menomale che c’erano loro.
 
*
Il 15 gennaio i raggi della Luna Piena colpirono una fialetta, provocando un intenso luccichio. Harry sospirò e sperò che questa fosse la volta buona, mentre degli ululati squarciavano il silenzio della notte.
 
A migliaia di chilometri di distanza una figura vestita di nero si inchinò profondamente al suo Signore, mormorando promesse e giuramenti, parole piene di idolatria, poi si rialzò. Voldemort sibilò qualcosa che fece scendere un brivido lungo la schiena dell’altro, poi porse un diario.
 
 
 
 
 
 
*scusate, è trash ma dovevo metterlo.
 
Angolo Autrice
What’s up, guys? Sento un’incredibile soddisfazione per aver finito questo capitolo. Sì, è piuttosto leggero, ma ne avevo davvero bisogno, scusate. Gli ultimi cinque capitoli sono stati abbastanza cupi e volevo un po’ scrivere dei Malandrini, un po’ come agli inizi.
Sono passati sei mesi da quando ho pubblicato il cap 48, in quest’arco di tempo s’è sentito parlare a proposito di Terza Guerra Mondiale, zona rossa, rivolte nei carceri, tutti chiusi in casa, pandemia globale, Conte è diventato un daddy e tra due giorni passa pure un asteroide, quindi credo che il fatto che non vi avessi augurato buon anno nello scorso capitolo sia stato una specie di presagio (a parte che era ottobre).
I motivi per cui non ho aggiornato per così tanto tempo sono due, più o meno: prima è stato perché non riuscivo ad organizzarmi decentemente, poi è sopraggiunto una specie di blocco dello scrittore, orribile, che mi abbatteva ogni qual volta mettessi le mani sulla tastiera e mi faceva sentire come se stessi scrivendo una merda. Dopodiché qualcuno, chiamasi lilyy, mi ha dato una considerevole spinta <3. Qui scrivo poco perché non voglio occupare troppo spazio, ma nella mia bacheca su wattpad ho scritto un intero post una settimana fa, più dettagliato, rispondendo ad alcune domande, tra cui il perché mi sono fermata.
Che dire, al prossimo capitolo, e grazie a chi c’è ancora, a chi è da poco arrivato e anche a chi se n’è andato!
Baci
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!

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