La Quinta Essenza

di Iaiasdream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quando la Fine ha un Inizio ***
Capitolo 3: *** Piove ***
Capitolo 4: *** Scovare il responsabile ***
Capitolo 5: *** I guardiani in missione ***
Capitolo 6: *** tentativi falliti ***
Capitolo 7: *** Prigioniera ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Il Fato ha un progetto tutto suo quando si tratta di cambiare lo scorrere della nostra esistenza, e nessuno sa cosa mai potrà riservarci.
Il giorno in cui decise di usare me come Suo bersaglio, mai avrei potuto pensare che, per cambiare, sarei dovuta morire.
Quella, fu una mattina uggiosa, senza niente di particolare che avesse potuto distinguerla dalle altre…






 
BAKA TIME: Salve a tutti. È da molto tempo che non passo più da queste parti, e, nonostante abbia alcune (parecchie) storie da aggiornare, il mio cervello ha voluto sfogarsi in altra maniera; chissà cosa ne verrà fuori.
Come spero avrete ben letto dalla presentazione della storia, ho mixato Dolce Flirt con Eldarya: so che il prologo è davvero corto, ma sono sicura (o almeno spero) che i capitoli seguenti possano essere di vostro gradimento.
E tanto per non far sembrare il difetto, mi fermo qui.
Alla prossima!
 

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Capitolo 2
*** Quando la Fine ha un Inizio ***


Mentre il taxi proseguiva sul lungo rettilineo che presto mi avrebbe condotta a casa, dallo stereo riecheggiava una delle canzoni famose dell’estate. Al mio fianco, Dake, il mio fidanzato da oltre tre anni, se ne stava in silenzio ad osservarmi con supplica, nella speranza di ricevere qualche mio segno, o anche solo un insulto.
Io non lo guardavo, ero appoggiata con il gomito allo sportello dell’auto e squadravo, senza attenzione, i palazzi illuminati dai lampioni che scorrevano davanti ai miei occhi.
Avevamo litigato. Cosa assolutamente normale nella nostra storia. Non passava giorno in cui non finivamo le nostre serate in quella maniera. Talmente erano troppe, che alla fine ci avevo fatto l’abitudine.
Quel giorno, però, c’era qualcosa di strano. Non m’importava. La persona che stava al mio fianco non mi faceva più effetto, era come se i miei sentimenti per lui fossero svaniti in un semplice battito di ciglia.
Quando finalmente mi accorsi che il tassista aveva fermato l’automobile, sospirai con naturalezza ed uscii dal mezzo senza dire nulla.
Dakota si precipitò fuori come un fulmine, pagando velocemente la prestazione dell’autista e subito dopo mi raggiunse, chiamandomi a gran voce.
Quella volta non gli sbattetti il portone in faccia, glielo lasciai aperto e salii tranquillamente le scale.
«Ti prego, Dea, lascia che ti spieghi, non è come pensi!»
A quelle suppliche, non risposi come al solito. Non gli dissi di andare a farsi fottere e che non avrei creduto a una sola parola di quello che mi avrebbe detto. No.
Mi girai lentamente e accennando un lieve e amaro sorriso, gli dissi di ritornarsene a casa sua; dopodiché, lasciandolo piuttosto impietrito, entrai in casa chiudendo la porta.
Feci tutto con calma e naturalezza: andai in bagno, mi sppgliai, girai la valvola dell’acqua calda nella doccia e immersami sotto quella pioggia irrefrenabile, iniziai a piangere in silenzio.
Dake mi aveva tradita, non era una novità, ma non ce la facevo più, e per l’ennesima volta, mi chiesi per quale motivo mi avesse proposto di fidanzarci.
Quando anni fa diventai la sua ragazza, fui sollevata da un gran peso che mi opprimeva il cuore.
Iniziavo a pensare come quelle oche delle mie compagne a scuola: finalmente ho un ragazzo. Mi dicevo.
Sì, perché, io ero una delle tante da tenere a debita distanza, per via del colore della mia pelle e dei miei occhi.
No, non sono albina, o nera… perché a quel punto mi sarei chiesta perché quelle tre maledette di Ambra e delle sue compagne, non avessero mai preso di mira Kim, Lysandro, Priya e Rosalya.
La mia pelle è di un violaceo che si diverte a cambiare colore a suo piacimento: una volta sembra pallido, un’altra ancora, copia il colore dei confetti argentati e poi ritorna alla sua normale cromatura.
La causa di questo? Beh, nemmeno i medici lo sanno e i miei genitori, dopo aver speso fior di quattrini con dermatologhi e chirurghi, si arresero perdendo completamente interesse per quella che sembrava essere “la mia natura”.
“Vive. L’importante è solo questo.” Si dicevano spensierati. Già, per loro era solo questo, d’altronde non gli avevo mai dato alcun tipo di problema; mai una febbre a tenerli accanto al mio capezzale, mai un raffreddore o una dannata broncopolmonite, a farli correre allarmati in farmacia, neppure un taglio, una bruciatura, un livido. NULLA!
Il mio corpo, la mia pelle, sembravano indistruttibili, proprio come Superman, ma di quell’angelo dai capelli gelatinati e dai muscoli inespugnabili, pronto sempre e in qualsiasi modo a salvare il mondo, io non avevo assolutamente niente e mentre loro erano tranquilli e sereni, la mia anima racchiusa in quel corpo strano e, oserei dire, “non umano”, soffriva.
A scuola diventavo “la morta vivente”, “la sposa cadavere”, finanche qualche superstizioso pensava fossi la reincarnazione di Azzurrina.
E tutti che mi ignoravano e… mi maltrattavano.
Questo fin quando non conobbi Dake: il surfista playboy che aveva ai piedi l’intera mandria femminea della scuola.
Fidanzatami con lui la mia vita cambiò dalla notte al giorno.
Dakota era l’unico a non vedermi come mi vedevano gli altri, diceva che la mia figura aveva un nonsoché di magico… era questo quello che pensavo fino a qualche tempo fa. Alla fine, il mio primo –e forse- ultimo ragazzo, si rivelò peggiore degli altri.
Avevo provato tante volte a farla finita, d’altronde, a chi interessava il mio stato d’animo? Solo a me, e a causa di tutto questo, stavo iniziando ad odiare me stessa.
Io non avevo un futuro, non l’avrei mai avuto.
Ma qualcosa, una forza più grande dei miei complessi, mi faceva rialzare più forte di prima.
E quella sera, la stessa, mi cancellò dal cuore l’affetto che provavo per Dake.
La mattina seguente, il cielo si era presentato plumbeo e uggioso, mia madre mi aspettava in macchina e suonava il clacson per volermi avvisare che il ritardo era ormai decretato.
Io, intanto, rinchiusa ancora nella mia camera, cercavo la pendrive che avrei dovuto portare a scuola come prova dei miei ultimi esami.
Ero agitata e totalmente indifferente per quello che era successo la sera prima. Il mio unico pensiero era terminare gli studi e cercare di non rivedere nessuno dei miei compagni.
Quando finalmente riuscii a trovare quell’aggeggio, mi precipitai alla porta, salutando mio padre che sorseggiava il suo caffè, con lo sguardo fisso sullo schermo del televisore.
Entrai in macchina chiedendo scusa a mia madre la quale senza rispondere, mi lanciò uno sguardo fulmineo e si immerse nel traffico.
Giunsi a scuola con le sue raccomandazioni stampate nella mente.
Stranamente, quando aprii il portone d’ingresso, non fui assalita dai soliti versacci di scherno, l’istituto era pieno, ma tutti erano concentrati a tenere gli sguardi sul libro. Vidi finanche Castiel studiare. Le tre galline si stavano passando dei bigliettini e a qualche metro da loro, i gemelli si ripetevano la tesina offendendosi a vicenda per alcuni errori fatti da Armin.
Guardai quest’ultimo, ma non come facevo sempre, cercando di non farmene accorgere. No. Saggiai ogni suo lembo di pelle, permettendo alla mia di surriscaldarsi come una pentola a pressione.
«Ehi, Arlecchino!», qualcuno mi riportò alla realtà, facendomi trasalire.
Era Kim. Mi strinsi nelle spalle indietreggiando.
«Un giorno di questi, dovrai dirmi chi è il tuo dermatologo! Come cavolo fai a cambiare il colore della pelle?» chiese sfiorandomi il braccio con un dito.
Mi guardai d’istinto, ero diventata più scura dell’avorio.
«I-io…» cercai di spiegarle che non sapevo il perché, ma poi mi dissi incredula che qualcuno mi aveva rivolto la parola senza offendermi.
Sorrisi sentendo qualcosa di indescrivibile prendere vita dentro di me e quando vidi la bruna allontanarsi e salutarmi, finalmente presi il coraggio a due mani e le parlai.
«Uhm… Kim!»
«Che c’è?»
Non sapevo come continuare, e la prima cosa che mi venne in mente fu «Hai un bel colore di occhi…»
La bruna mi fissò interdetta, increspò le labbra e alla fine scoppiò in una risata fragorosa.
«Ma da che mondo vieni?» chiese fra una risata e l’altra, «Ritorna sulla Terra! Sono semplicissime lenti a contatto colorate!» aggiunse scompigliandomi affettuosamente i capelli.
«I-io… non lo sapevo…» cercai di giustificarmi, guardandomi intorno. Mi accorsi che il vocione della bulletta della scuola, aveva attirato su di noi l’intera mandria scolastica e in quel momento mi stavano guardando tutti. Abbassai la testa come fa una cane quando viene sgridato. Non volevo incrociare gli occhi di nessuno, così, senza aggiungere altro, strinsi la presa sulla tracolla e iniziai a camminare per allontanarmi il più in fretta possibile.
«Aspetta, dove vai?» chiese ancora la bruna afferrandomi per un polso.
Mi fermai col cuore che batteva violentemente in gola, a causa di quella paura che mi aveva accompagnata per tutta la vita. “No! Adesso ricominciano!” urlavo dentro.
«Ti chiami Dea, giusto?»
Annuii tremante.
Kim lasciò la presa su di me e portò la stessa mano dietro la nuca, massaggiandosela nervosamente. «So che sei la prima della tua classe e mi chiedevo…»
Rimasi di stucco. Cosa stava cercando di dirmi?
«Ah, fa nulla!» disse dopo un po’ «Ormai è troppo tardi per rimediare!», e alla fine fece per andarsene.
«Che cosa?!» esclamai per fermarla, poi accorgendomi di aver alzato un po’ troppo la voce, rimediai, accennando qualche colpo di tosse. «I-io… volevo dire che… se vuoi un aiuto… ecco… non è troppo tardi.»
«Ok… allora ascoltami bene…», Kim si riavvicinò sicura di sé; mi afferrò le mani e respirò a fondo. «In questo dannato esame, io sono l’ultima della lista ad essere interrogata. La Delanay in un modo o nell’altro ha deciso di bocciarmi e so, con certezza, che qualunque argomento io porti in chimica, quella strega farà di tutto per rovinarmi, ma so anche qual è il mio punto debole in questa dannata materia e al cento per cento, la professoressa mi intrappolerà in questo… spiegami cosa sono i binomi!»
Rimasi zitta e ferma, e quando decisi ad aprir bocca, il suono dell’altoparlante ci interruppe.
«L’esame orale ha inizio!», era la voce della Shermansky «Che il primo gruppo si rechi nell’aula B, subito!»
Io facevo parte di quel gruppo. Guardai Kim con dispiacere e chiedendole scusa mi allontanai, ma prima di raggiungere gli altri le dissi che non appena terminato il mio esame sarei andata da lei per aiutarla.
Kim annuì sorridendo.
L’idea di aver trovato un’amica, ma allo stesso tempo di aver finalmente raggiunto il termine di questo incubo durato cinque anni, non alleviò tutte le mie ferite.
Raggiunsi l’aula B ed entrai con cautela, sapevo chi faceva parte del mio gruppo e me ne preoccupai.
Quando le vidi, il mio cuore mancò un battito. Il trio non era al completo, ma Ambra e Charlotte bastavano e avanzavano per farmi male.
Accorgendomi che la bionda mi aveva individuata, distolsi subito lo sguardo, cercando di farle capire che le stavo ignorando, ma questo mio comportamento non servì a nulla.
«Sai Charlotte…» cominciò la vipera «Inizio a sentire puzza di morte.»
«Anch’io!» aggiunse la sua amica.
Feci finta di non averle sentite; mi sedetti al banco più isolato che c’era, quello appartenuto per cinque anni a Castiel, e aprii il libro.
Non avevo bisogno di ripetere, quelle pagine non avrebbero mai raggiunto la mia conoscenza e a dire la verità, quel periodo, come tutti gli altri, d’altronde, non avevo studiato; inspiegabilmente sapevo già tutto.
Al contrario, però, del mio aspetto sovrannaturale e della mia salute ferrea, non parlai mai a nessuno di quest’altro mio “pregio”.
Ambra e Charlotte continuavano ad inventare nomignoli cattivi per offendermi, ma ormai, la mia attenzione era accidentalmente caduta su una persona appena entrata nell’aula.
Armin.
Fissai i suoi occhi, i suoi lineamenti e il suo sorriso. Mi sentii stringere il cuore e quella strana sensazione che non avevo mai avuto con Dake.
No. Io non amavo Dakota. La persona che ho sempre amato, si trovava davanti a me, e al contrario del mio ex ragazzo, aveva capelli corvini, pelle chiara e occhi azzurro cielo.
Ero innamorata di Armin dal primo giorno in cui l'avevo visto. Il problema era che lui ignorava totalmente la mia esistenza e due anni fa, si era fidanzato con la brava e generosa Iris.
Fu quello il principale motivo per il quale accettai di stare con il nipote del professor Boris.
Ma chi voglio ingannare? Avevo paura di rimanere sola per sempre! Fu questo il vero motivo.
«È libero questo posto?»
Alzai la testa, ancora persa nei miei pensieri, ma subito un campanello d’allarme iniziò a trillare nella mia mente.
“Armin mi sta rivolgendo la parola… oh, mio Dio!” lo guardai praticamente esterrefatta.
«Mi hai sentito?» insistette chinando il capo a un lato.
«Ehm…», non riuscivo a parlare. Avevo la risposta, ma le parole sembravano mescolarsi tra di loro, confuse dal loro stesso significato; poi vidi la sua reazione e la mia sorpresa si tramutò repentinamente in paura. Armin stava indietreggiando con gli occhi carichi di sgomento.
Sì, l'avevo fatto ancora. Il colore della mia pelle era di nuovo tramutato e non volli neppure immaginare quale tono avesse preso perché l'unica cosa che in quel momento desideravo era scomparire da quell’aula, evaporare, sprofondare, precipitare in un baratro.
Mi alzai di scatto raccogliendo velocemente le poche cose che avevo con me, preparandomi a sparire dalla sua vista.
In cinque lunghi anni, l’unica volta in cui Armin mi aveva rivolto uno sguardo non riuscii neppure a ricordarlo. Avevo sperato, pregato in un momento simile e infine, mi ritrovai a pregare e sperare che quel momento finisse all’istante.
«Sc-scusami…» balbettai cercando di tenere a bada le lacrime.
Mi sentii male, credevo di svenire, ma fu allora che cambiò qualcosa.
Un’esclamazione: «Wow!»
Mi bloccai e alzai lo sguardo verso di lui che aveva tramutato la sua espressione, sembrava meravigliato, come un bambino che vede per la prima volta qualcosa di stupendo.
Non che potesse pensare questo di me. Fatto sta che la sua espressione mi rassicurò.
«È davvero fantastico!» esclamò aggiungendo qualche frase che non riuscii a comprendere rivolta al suo mondo fatto interamente di videogiochi.
«Sei davvero mitica!» concluse alzando il pollice.
Il mio cuore perse un battito; persi forza sulle gambe e mi sedetti lasciando il quaderno tonfare sul banco.
«Stai… g-grazie.» sorrisi infine. Non potevo rovinare quell’istante per domande che avrebbero potuto rovinare tutto.
«Oh, no! Adesso ci si mette anche il bamboccio patito dei videogiochi!» esclamò più in là Ambra, accennando una smorfia disgustata.
Non feci caso alle sue parole, Armin mi aveva rivolto la parola, non mi aveva offesa, al contrario! Per lui, ero mitica!
Più nulla avrebbe avuto importanza.
Il ragazzo che amavo perdutamente da tempo si sedette al mio fianco, estraendo la sua inseparabile console e si mi se a giocare dopo avermi rivolto un ultima occhiata affascinante e amichevole, del tutto libera di malignità.
Rimasi ferma e zitta concentrata sul suo regolare respiro e sui miei battiti impazziti, fino all'arrivo dei professori.

L'esame orale si concluse nel miglior modo possibile, risposi correttamente a tutte le domande poste senza interruzioni e, per la prima volta, senza preoccuparmi di quello che potevano significare quegli sguardi interdetti puntati su di me.
Uscii dall’aula rimanendo appoggiata al muro per osservare quel ragazzo dagli occhi del cielo.
Era concentrato sui professori e su quello che Charlotte stava loro dicendo ed era… bellissimo.
A un tratto, l’incanto si spezzò.
Sentii un odore strano farsi strada fra le mie nari. Mi guardai intorno per capire da dove provenisse, ma non riuscivo a riconoscerlo: pareva puzza di bruciato, o zolfo. Pensai fosse qualcuno in aula di scienze, ma non poteva far parte della prova d’esame, la Delanay si trovava nella stanza dalla quale ero uscita e poi… guardandomi ancora intorno, sembrava che nessun altro a parte me riuscisse a sentirlo.
Non volli farci caso, ma aumentava ancor di più; così senza aspettare oltre, mi recai verso le scale per dare un'occhiata al laboratorio.
Stranamente non trovai nessuno per quella via, e anche i suoni si dissolsero. Salii titubante ipnotizzata da quello strano odore.
Anche il piano superiore era deserto, entrai nell’aula aperta e mi meravigliai di trovarla vuota e pulita.
Allora cos’era?
Non appena mi voltai per ritornare al piano di sotto, mi scontrai con qualcuno.
Era Rosalya. Cercai di chiederle scusa, ma la bambolina dai capelli argentati mi interruppe chiedendomi che cosa ci facessi lì.
Mentii, non le dissi della puzza di zolfo, ero straconvinta che il mio corpo mi avesse fatto uno dei suoi soliti scherzi; «Volevo farmi un giro… ho… ho finito gli esami…»
«Quindi non dovresti essere qui!» m'interruppe ancora autoritaria.
«Stavo giusto andando via…» la sorpassai affondando il collo nelle spalle, lei, però, mi fermò afferrandomi per un braccio. Ci guardammo per qualche istante e lessi nei suoi rari occhi qualcosa di indescrivibile che mi intimorì; la sua presa sembrava l’artiglio di un predatore.
«Lo senti, non è vero?» chiese sottovoce.
Strabuzzai gli occhi. Non poteva riferirsi al lezzo.
«Non fare la finta tonta! Sei venuta qui perché l’hai sentito.»
«Non capisco… lasciami!» esclamai allora, spaventata dal suo comportamento e mantenendo la calma, cercai di divincolarmi dalla sua presa.
Lei rilassò i muscoli e accennò un falso sorriso.
«Perché ti spaventi?» chiese come se non avesse fatto e detto nulla di strano «Stavo scherzando!», dopodiché se ne andò col suo passo sensuale ed elegante, mormorando una musichetta.
La guardai fino a quando scomparve dietro l’angolo della scalinata e fu in quel preciso istante che un vento freddo e carico di quel cattivo odore mi sorprese alle spalle, mi voltai di scatto e l’unica cosa che riuscii a vedere fu un’ombra sfuggente.
«Ma che cosa…»

Decisa a voler dimenticare quella scena, mi prodigai per cercare Kim e aiutarla con il suo problema, ma non riuscii a trovarla. E la Shermansky aveva ormai annunciato il quarto gruppo. Ritornai finanche verso l’aula B per rivedere Armin, ma neanche lui c’era più, così decisi di uscire per prendere una boccata d’aria, anche se dovetti subito ripensarci perché il cielo riversava pioggia, nonostante fosse leggera.
Feci una smorfia sospirando.
«Ah! Odio la pioggia!» si lamentò qualcuno dietro di me, mi voltai, ancora una volta, sorpresa di vedere Armin.
Sembrava proprio che il Fato era propenso a beffeggiarsi di me. Com’era possibile che in  cinque anni non ci eravamo mai parlati, e giuro che avrei pagato oro solo per avere un suo sguardo, e in quel momento era la seconda volta nell’arco di una giornata che succedeva.
Rimpiansi tutto il tempo perso.
«Finalmente è finito tutto!»
Rimasi a fissarlo senza riuscire ad accennare alcun movimento.
«Stai aspettando qualcuno?»
Sobbalzai stringendo la fascia della tracolla. Scossi il capo deglutendo le parole non dette.
«Hai un ombrello?»
Annuii.
«Fantastico! Allora potremmo fare la strada insieme!»
“Che cosa?”
«Sempre se ti va»
“Oh, mio Dio, Dea! Rispondi, digli qualcosa!”
Iniziai a tremare non per il freddo ma per l’emozione. Non riuscivo ancora a credere che sarei ritornata a casa accompagnata dal ragazzo dei miei sogni. Anche se non era proprio così, ma cavolo! Sarei rimasta insieme a lui!
Questo è quello che avevo pensato fino a quando una voce altamente familiare non m’interruppe prima ancora che potessi dire SÌ.
Vidi arrivare Iris che si precipitò fra le braccia di quello che ricordai essere il suo ragazzo e allora le mie fantasie crollarono come un castello di sabbia.
Indietreggiai per lasciar loro l’intimità che richiedevano e non mi accorsi di essermi esposta sotto la pioggia.
Li guardai invidiando la ragazza dai capelli rossi e dal sorriso più buono del mondo. Lui l’accarezzava e le stampò un bacio sulla fronte ignorando le labbra che ella aveva offerto senza pretese.
«Ho fatto una figuraccia!» mugolò Iris poggiando la fronte sul suo petto «lo sapevo. La Delanay mi ha rovinata. Non ha rispettato l'argomento che avevo proposto e adesso…»
Dal canto suo, Armin la tranquillizzò stringendola forte a sé.
Consapevole di assistere ad una scena che non potevo sopportare, mi allontanai sotto la pioggia mordendomi la lingua e ripetendomi che ero stata solo un’illusa.
«Dea!». Armin mi chiamò dall’entrata.
Mi voltai tirando un profondo respiro. Iris non era più al suo fianco.
«Ma l’ombrello?» chiese imitando il manico con la mano.
«Scusami…» sibilai.
«Non ti sento!»
«Non ce l’ho!» provai ad esclamare, ma la voce mi uscì roca, poi senza aspettare una sua reazione, mi girai e ripresi il mio cammino.
“Che idiota che sono! Come ho potuto illudermi così con facilità? Devi togliertelo dalla mente. Non fa per te.”
Mi ripetetti questa frase, come fosse un mantra, durante tutto il tragitto scuola-casa.
Arrivai che ero bagnata fradicia. Iniziai a cercare le chiavi nella borsa, poiché i miei non erano ancora tornati, senza trovarle.
Imprecai ricordando di averle dimenticate sulla scrivania della mia camera.
Iniziava a far freddo e non sapevo cosa fare, soprattutto dove andare. Presi il cellulare per avvisare mia madre.
«Dea!» mi chiamò qualcuno. Alzai lo sguardo e vidi venirmi in contro Dake.
Mi si strinse il cuore e la rabbia iniziò a bollirmi nel cervello, nel giro di un istante non sentii più freddo.
«Che cosa ci fai qui?» chiesi atteggiandomi a spazientita.
«Perché non rispondi alle chiamate?» m’interruppe allarmato. «È da ieri che provo a chiamarti!»
«Forse avresti dovuto intendere che non voglio più vederti» risposi tranquilla.
«Oh, andiamo! Non fare come quelle sciacquette permalose. Non sei così.»
«Già, perché tu conosci molto bene quel tipo di ragazze.»
«Dea non puoi tenermi il muso per sempre.»
«Infatti non ho intenzione di rivederti.»
«Pensi di farmi un torto, reagendo in questa maniera? Vuoi capirlo che ti rovinerai da sola?»
Gli rivolsi uno sguardo cattivo «Cosa stai cercando di farmi intendere? Che mi frequenti per pietà?»
«Non…»
«Ascoltami bene, Dakota!» lo interruppi furibonda a causa delle sue veridicità. «Perché sei stato con me per tre anni? Quando mi dicevi che ero una ragazza fantastica e fuori dal comune lo facevi per prendermi in giro? Quando facevamo… l’amore, per te era solo sesso, vero?»
«Dea…»
«NON… mentire. Non continuare a farmi male più di quanto non me ne abbia già fatto!»
«Perdonami Dea. Ti assicuro che questa volta fra me e Ambra…»
«Ambra?!» quel nome risuonò come una violenta scudisciata. Mi avvicinai a lui pericolosamente afferrandolo per il colletto «Sei andato a letto con Ambra?!»
«Non ci sono andato a letto…»
«Allora perché sul tuo cellulare c'era scritto il contrario?!»
«È stata lei ad esagerare.»
«Che cosa avete fatto? Rispondi!» la mia rabbia si tramutò ben presto in furore.
Dake mi guardò sconsolato e si morse il labbro inferiore.
«Tu sai tutto il male che ho dovuto sopportare a causa di quella vipera… perché proprio lei, perché?» piansi e le mie lacrime si mescolarono alle ultime gocce di pioggia che il cielo mi aveva lasciato sul viso.
Un boato lontano sovrastò le mie parole, poi arresa, lasciai la presa sul mio ex e scuotendo la testa provai a sorridere. «Non posso odiarti all’infinito. Hai ragione» lo guardai «la colpa è solo mia, non avrei dovuto fidanzarmi con una persona che non ho mai amato.»
«Che stai dicendo?»
«Siamo giunti al momento della verità, è inutile continuare a mentire.»
Tutto d’un fiato gli raccontai del vero motivo per il quale accettai la sua proposta, senza però fare il nome di Armin.
I suoi occhi, all’inizio disperati, cambiarono completamente espressione, accendendosi di collera.
«Tu… ami… un altro?»
«Avrei dovuto dirtelo dall’inizio»
«Non puoi!»
Lo guardai sbalordita. Mi afferrò per le spalle e mi scosse violentemente «Chi è questo pezzo di merda? Che cosa avete fatto insieme?»
«Lasciami Dake! Che cosa ti prende? »
<< Non avresti dovuto fidanzarti con me? >> gridò stringendomi i polsi, per poi trascinarmi verso il viale che portava al boschetto di betulle.
Provai a divincolarmi inconsapevole di quello che voleva davvero farmi.
Quando la strada di campagna fu lontana dalla nostra vista, si fermò costringendomi a imitarlo e voltandosi minaccioso verso di me, mi bloccò contro il tronco di una quercia.
<< Perché mi hai portata qui? >> chiesi guardandomi intorno, infreddolita.
<< È qui dove ci siamo dati il primo bacio, ricordi? >> la sua voce fu tutt'altro che dolce.
<< Non cercare di rimettere insieme i pezzi, io non… >>
<< LASCIA… >> m'interruppe ancora furioso << …che ti ricorda a chi appartieni. >> e subito si piombò sulle mie labbra, iniziando a toccarmi la pancia alla ricerca della fibbia.
Allarmata, tentai di liberarmi, gridando aiuto, ma nessuno poteva sentirmi in quel posto isolato, governato soltanto dalla fitta natura.
Lo respinsi più di una volta, ma senza successo. Quando a un tratto, sentii di nuovo l’odore di zolfo aleggiare intorno a me. Spalancai gli occhi non capendo più che cosa mi stesse succedendo. Era ovvio che Dakota non lo sentiva ed era davvero frustrante che il mio corpo stava beffandosi di me in un momento come quello.
<< Lasciami Dake, non voglio! >>
<< Sei ingiusta! >> mormorava maligno mentre continuava a baciarmi il collo e a tentare di togliermi la maglia. << Io ti ho accettata per quello che sei, senza di me non ti avrebbe calcolata nessuno! Aveva ragione Ambra, sei solo un nulla mischiato con niente! >>
Furono quelle parole a scatenare in me qualcosa che forse tenevo solo assopito.
Poggiai la mano sulla sua spalla e strinsi la presa più che potetti. Lo sentii mugugnare di dolore fino a che fermò le sue folli gesta. Un fuoco mi divampò all’interno, si ramificò in tutto il corpo e senza rendermene conto, vidi il mio ex volare a qualche metro di distanza da dov’ero. Tutto intorno era rosso come le fiamme, sentivo una voce ovattata chiamarmi e dei suoni indescrivibili otturare il mio udito. Crollai al suolo in ginocchio, guardando Dake che si rialzava a malapena reggendosi la spalla. La mia vista ritornò normale e anche la voce e i suoni si dissolsero.
Ero incredula. Com'era potuta accadere una cosa simile?
Poi la puzza di zolfo si fece risentire. Mi guardai la mano e per una frazione di secondo, mi accorsi che aveva assunto dei segni strani che scomparvero subito.
Mi alzai barcollante e raggiunsi il ragazzo.
<< Dake. Stai bene? >> chiesi chinandomi su di lui, accorgendomi che la spalla era completamente ustionata e sanguinante.
<< Mio Dio. Che cosa ho fatto? >> lo afferrai per aiutarlo a rialzarsi, ma lui spaventato dal mio tocco, indietreggiò urlandomi contro di lasciarlo stare e per la prima volta, da qualcuno mi sentii dire che ero nient’altro che un mostro.
Mi alzai tremante e sconvolta a causa delle sue accuse.
Volevo piangere, dirgli che non ero stata io, che non potevo avergli fatto una cosa simile che quello… era solo un sogno. Sì mi sarei svegliata presto e lo  avrei visto accanto a me immerso nei suoi sogni. Ma nulla di tutto ciò accadde.
Il cielo plumbeo emanò un altro boato, dal suolo si innalzò una nebbiolina scura come la pece e il famigliare lezzo ritornò protagonista dei miei pensieri.
Mi guardavo attorno, mentre tutti i miei sensi si mettevano allerta per qualcosa che non comprendevo.
<< Dake, dobbiamo andarcene da qui… >> sussurrai riavvicinandomi a lui.
<< Ho detto lasciami, mostro! Non mi toccare! >> urlò lui rialzandosi da solo premendosi la mano sulla spalla ancora sanguinante.
<< Dake… >> provai a convincerlo ma lui mi spinse bruscamente.
Non ci feci caso, ero preoccupata per quel posto che nel giro di pochi secondi si era imbrunito. Eppure era ancora giorno. Le foglie degli alberi avevano coperto l’intero cielo permettendo alla fioca luce di trapassarle come spade.
Sentii uno scricchiolio sulle foglie secche, uccelli che spiccavano il volo stormendo e ancora quel suono indescrivibile.
<< Gli animali hanno paura… >> sibilai << … perché? >>
<< E te lo chiedi? Sei stata tu! Fai ribrezzo anche alla natura! >>
<< Sta’ zitto! >>, non lo dissi perché mi offese, ma perché sentivo dei passi e un… ringhio.
<< Mostro! Sono solo stato un’idiota, e tutto questo per cosa? Solo per scoparti? >>
<< Dake… >> non riuscii a terminare la frase che subito un ammasso di ombra gigantesca comparve a qualche passo da noi.
Sembrava la silhouette di un… lupo con occhi taglienti e fiammeggianti. Ringhiava minaccioso ed emanava quell’odore sulfureo.
Dake urlò spaventato, mentre io non mi mossi e non dissi nulla. Ero concentrata a guardare quella bestia dall’assurda e impossibile stirpe e nella mente qualcosa, una specie di dejà-vú comparve come una luce ad intermittenza. Fu tutto così veloce.
L’essere balzò verso Dake, il quale non ebbe il tempo di scappare. Non vidi nulla di quello che gli fece. La caligine si alzò come una barriera su di loro, rimasi solo ad ascoltare le sue urla, esterrefatta, ma nel momento in cui l’ombra mostruosa si volse verso di me, l’istinto mi comandò di reagire.
Ero preoccupata per Dake, ma qualcosa mi diceva che ormai non c'era più nulla da fare. Corsi a perdifiato, pregando in cuor mio di vivere solo l’istante di un incubo, ma ciò non era.
Il lupo si avventò su di me mordendomi una spalla, mi atterrò artigliandomi il petto. Per la prima volta sentii dolore e vidi il colore del mio sangue fuoriuscire dal mio corpo.
Non era rosso.
La penombra non ne lo fece ben distinguere posso assicurare che non era scarlatto come il normale sangue.
Cercai di difendermi, urlai, raccolsi una pietra e lo colpii alla tempia più volte, senza però scalfirlo. Poi lo sentii mugugnare. Qualcosa l'aveva ferito, forse io? Mi allontanai subito da lui approfittando della sua distrazione. Ripresi a correre sperando di ritrovare la via d’uscita. Il bosco si faceva più cupo e silenzioso. Solo il mio respiro e i miei passi riecheggiavano nell’aria.
Per qualche minuto dell'ombra mostruosa non si vide più traccia.
Mi fermai indolenzita alla spalla, mi toccai costatandone la gravità della ferita. Mi tremavano le gambe.
Che cosa stava succedendo. Se fosse stato un sogno a quell’ora sarei dovuta svegliarmi e invece continuavo a sentire freddo e dolore.
Ne erano successe di cose strane nella mia vita ma quell'evento le superò tutte.
Ben presto, mi resi conto che l’essermi fermata aveva solo affrettato la fine di quel incubo realistico. Fui circondata da ombre senza forma e da occhi dardeggianti e minacciosi. Infine una risata malefica spezzò quei ringhi.
<< Finalmente ti ho trovata! >> erano due voci in una, la prima sembrava femminile, mentre la seconda l’appaiava in maniera cavernosa.
<< Chi… chi siete?! >> esclamai guardandomi intorno.
<< Ti sei avvicinata pericolosamente, mia cara. >> continuò l'essere invisibile << Non posso permettere che tu faccia un altro passo. Attaccate, Blackdog, uccidetela! >>
Le ombre si riversarono minacciose su di me, ma prima che potessero toccarmi, inciampai su un sasso al centro di quello che sembrava essere un cerchio di… funghi?
Il mio sangue macchiò uno di questi e magicamente una luce bluastra, abbacinante mi avvolse tutta facendo dissolvere le ombre.
L’urlo di quella donna dalle due voci scomparve con essi.
Chiusi gli occhi, sentendomi leggera e libera. L'aria sferzava il mio corpo. Stavo precipitando, ma non m’importava, ero troppo stanca e indolenzita per preoccuparmene, così mi concedetti al buio dei miei occhi e mi lasciai cadere.
 

BAKA TIME: Non sono scomparsa. Eccomi qui!
Mi siete mancate tanto! Purtroppo ho dovuto lasciare in sospeso alcune storie. Ma vi assicuro che riprenderò. Non le abbandonerei mai, state tranquille, intanto ditemi cosa pensate di questo capitolo. Ero molto indecisa nel dar vita a questa storia. Non scrivo un fantasy da quando avevo sedici anni e vi assicuro che di anni ne sono passati e molti.
Spero comunque di avervi incuriosito, anche perché voglio avvisarvi che questa storia non seguirà per filo e per segno le vicende dell’otome.
Alla prossima.
Iaiasdream.

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Capitolo 3
*** Piove ***


 
2.
PIOVE

<< E questa la chiami punizione? >> esclamò il giovane licantropo sferzando i cespugli con un ramo spezzato trovato qualche passo prima. << Ti dico io cos'è? Miiko mi ha solo preso di mira! Non c'entro assolutamente nulla con la scomparsa dei viveri nella dispensa! >> continuò calciando una pietra. << Sì, toccava a me stare di guardia, ma non possono avere rubato tutto quel ben d’oracolo in soli pochi minuti! Che diamine! Mi sono assentato per due minuti. DUE! >>
<< Se la smettessi di blaterare, mi saresti di grande aiuto! >> lo interruppe indifferente una donna dai lunghi capelli bianchi come la luna che gli camminava davanti a qualche metro di distanza. Fra le mani reggeva una cesta di vimini, colma di fiori dall’arcana provenienza.
Chrome, il giovane licantropo, le lanciò un’occhiata storta, fortunatamente non vista e storcendo anche le labbra, allungò il passo per affiancarla, osservò il cesto e chiese: << Si può sapere che cosa stai cercando, Ewelein? >>
<< Tiara di Amal… >> rispose la donna continuando la sua ricerca.
<< E non potevi aspettare l’alba per metterti a cercarla? >> replicò il lupo sbadigliando.
<< Forse perché fiorisce ad una certa ora della notte? >>
<< Certo, non si può dire che il tuo lavoro sia uno dei migliori… >>
<< Chrome, se stai cercando di snervarmi per far sì che vada da Miiko e convincerla a revocare la tua punizione e non tenerti più fra i piedi, beh, lascia che ti dica che rimarrebbe una mera illusione. >>
<< Sì, lo so! Siete tutti contro di me, anche tu Ewelein! >> esclamò il ragazzo lupo gettando il bastone lontano da sé e continuando a borbottare e ad imprecare verso la sua malasorte, ma la donna non lo stava più ascoltando. Qualcosa aveva catturato la sua attenzione: vide tra gli alberi un’ombra che scomparve subito dopo e riapparve ai piedi di una grande quercia.
<< Chrome! >> esclamò Ewelein rabbuiandosi in volto. << Ho bisogno che tu mi faccia un favore. >>
<< Tanto peggio di così… >> si lamentò il ragazzo.
<< Ritorna al quartier generale, ho dimenticato il mio taccuino delle erbe. >>
<< Cooosa?! Devo ritornare indietro? Sai quanto tempo ci impiegherò… >>
<< Chrome! >> lo interruppe linciandolo con gli occhi.
<< Va bene, ho capito! Non c'è bisogno di arrabbiarsi! >>
<< Va’, t’aspetto qui. Si trova sulla mia scrivania. >> e detto questo, il licantropo si allontano portando con sé tutta la sua frustrazione.
Quando il silenzio la circondò, Ewelein ritornò a rovistare fra i cespugli e a tagliare i fiori che le servivano.
<< Perché sei qui? >> chiese a un tratto rivolgendosi all’ombra. << Sai bene che non sei il ben venuto in questo territorio! >> aggiunse rimettendosi dritta e guardando verso la quercia, aspettando che la presenza si facesse avanti.
<< Stavo cercando te, Ewelein… >> disse quest’ultima rivelandosi alla luce della luna piena. Era un uomo, alto, muscoloso, con un’armatura completamente nera, coperto in volto da una maschera terrificante.
<< Me? >> chiese la donna poggiando la cesta sul terreno. << E cosa può volere da me, il ricercato più temuto del regno di Eldarya? >>
<< Chiamami semplicemente Ashkore. >> sorrise l’uomo da sotto la maschera.
<< Che cosa vuoi? >> ribatté la guaritrice, facendosi seria.
<< Devi salvare la vita di qualcuno. >>
<< Spiacente. Non posso usare le mie conoscenze sui traditori… >>
<< Andiamo, Ewelein! Sai bene che non è così, e poi non si tratta di nessuno dei miei... >>
<< E chi, allora? >>
<< È qualcuno che farà tremare i veri traditori di Eldarya. >>

---

La tenue luce del maestoso cristallo tremò aumentando intensità. La kitsune dai lunghi e lisci capelli neri aprì gli occhi e li volse verso il suo scettro con una perpetua fiamma blu ingabbiata. La vide oscillare come se smossa dal vento, poi guardò il cristallo.
<< Kero! >> urlò sbattendo lo scettro sul pavimento di marmo. << Keroshane! >> aggiunse raggiungendo la porta e ritrovandosi sul corridoio principale del quartier generale. Una delle porte a schiera si aprì, facendo uscire un assonnato, quanto allarmato uomo con un corno sulla fronte e capelli blu spettinati. Si poggiò un paio di occhiali rettangolari cercando di fare in fretta. << M-Miiko… che cosa succede, cosa c'è? >>
<< Qualcuno ha aperto il portale! >> rispose furiosa la Kitsune.
<< No, oggi non era previsto… >>
<< Non te lo sto domandando! Hanno aperto il portale! >>
A Kero ci vollero una manciata di secondi per capire quelle parole, poi strabuzzò gli occhi e balbettò: << C-com'è possibile? >>
<< Seguimi! >> ordinò Miiko voltandosi e agitando nervosamente le tre code di volpe.
Si recarono nella sala del cristallo e la giovane indicò la pietra. << Ogni volta che viene usato un portale, il cristallo aumenta la sua luminosità. >>
<< Lo vedo, ma non riesco a capire chi sia stato? Le nostre trasferte sarebbero dovute avvenire alla prossima unione delle lune. >>
<< Non è questo il punto! >> lo interruppe Miiko. << Sai bene che per farlo, serve un frammento di cristallo! Qualcuno è entrato qui, senza permesso e senza che nessuno se ne sia accorto! >> aggiunse sbattendo ancora una volta il bastone sul pavimento; la fiamma nella gabbia divampò; Kero deglutì nervoso.
<< Ora, mi chiedo, chi diavolo era di guardia in questi giorni, durante la mia assenza? Perché di sicuro è successo quando non c’ero! >>
<< C'era Jamon. Non sospetterai di lui? >>
<< No. >> rispose la ragazza rassegnata. Jamon l’era molto fedele, e non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Si passò l'oggetto da una mano all’altra e, sospirando, si volse ancora una volta verso il bibliotecario. << Raduna i ragazzi, convoco una riunione straordinaria e assicurati che non manchi nessuno! Li voglio tutti presenti! >>
Keroshane annuì, ma nel momento in cui si accinse ad uscire dalla sala, Miiko lo fermò. << Ascolta! >> sussurrò << Cos'è questo rumore? >>
Kero alzò gli occhi al soffitto e fece una smorfia non riuscendo a percepire alcun suono, poi lo udì: un ticchettio che aumentava col passare del tempo.
<< No… non è possibile! >> esclamò la kitsune sorpassando il bibliotecario. Attraversò il corridoio si ritrovò nella sala delle porte e uscì all’esterno ansimando dalla sorpresa nel guardare il cielo notturno completamente coperto da un manto oscuro, dal quale cadevano fili irrefrenabili di acqua.
<< Ma… che cosa… >>
<< Sta piovendo! >> disse sorpreso il bibliotecario, poi immergendosi nella pioggia, alzò le braccia e la testa verso il cielo e iniziò a ridere. << Miiko, piove! A Eldarya piove! >>
La ragazza si sentì  cedere le gambe e dovette appoggiarsi allo scettro per non cadere.
Eldarya non conosceva la pioggia, Miiko stessa non la conosceva. L'ultima volta che il regno fatato aveva assistito a tale intemperia, fu diciotto anni addietro, durante la sanguinosa lotta contro le forze oscure.
Dopo quell’evento tutti gli elementi naturali che aiutavano il regno a sopravvivere scomparvero uno dietro l'altro, rendendo Eldarya una terra ostile e mettendo in difficoltà i suoi abitanti, i quali erano riusciti a sopravvivere solo grazie al cristallo. Purtroppo, però, anche questo rischiava di perire a causa della mancanza di essenza vitale. Infatti, l'oracolo che viveva in esso sembrava essere scomparso e con lui anche la magia che portava, così le guardie che proteggevano quel mondo, si erano date alla scienza e allo studio degli elementi, permettendo così di sopravvivere anche con le loro forze.
In quel momento, l'intero regno si destò; i soldati, gli abitanti, tutti assistettero sorpresi e felici a quella scena che avevano pregato per tanti anni.

---

<< Mery va’ a dormire. >> sussurrò Kalisya al bambino, ma questo non volle ascoltarla, se ne stava seduto con lo sgabello vicino al letto ed osservava la persona che vi riposava. << È ferita! >> mormorò indicando la spalla.
<< Sì. >> rispose sua madre avvicinandosi alla ragazza e togliendole lo straccio bagnato e zuppo di sangue, per sciacquarlo e ripulirla.
<< Morirà? >> chiese ancora il bambino.
Kalisya fece spallucce spostando una ciocca dal viso olivastro della sconosciuta, poi a un tratto si sentì un rumore alla porta. La donna andò a vedere dalla finestrina e sicura di non correre rischi, aprì.
<< Chrome! >> esclamò il bambino scendendo dalla sedia e raggiungendo l'ospite per abbracciarlo.
<< Ciao, pulce! >>
<< Chrome, perché sei qui a quest'ora? >>
<< Ti ho portato qualcosa da mangiare. Mi hanno scoperto e sono stato punito, ma n'è valsa la pena. Come sta? >>
<< Stiamo rischiando, Chrome. Ashkore si fida di me, ed io ne sono contenta, ma non può lasciarla qui a lungo. Se dovessero esserci dei controlli… >>
<< Non ci saranno, sta tranquilla! >> la interruppe qualcuno, appena entrato nella casa. La donna trasalì, ma nel constatare che si trattava dell’uomo mascherato, tirò un sospiro di sollievo.
<< Ashkore! Non dovresti essere qui! >> lo rimproverò il giovane licantropo, ma non appena vide chi lo aveva accompagnato si pietrificò sentendosi spacciato.
Ewelein gli volse uno sguardo incredulo.
<< Ewe… Ewe… >>
<< Prendi fiato, Chrome. >> disse la guaritrice accigliandosi.
<< Perché l'hai portata qui? >> esclamò il ragazzo rivoltosi verso Ashkore.
<< Perché ci serve una guaritrice. >> rispose quest’ultimo senza curarsi dell’ansia che piombò sulla casa. << Ed io mi fido solo di lei. >>
<< Non preoccuparti, Chrome. >> intervenne Ewelein inoltrandosi nella stanza << Non andrò a spifferare il tuo doppio gioco alla Guardia Scintillante, quindi puoi stare tranquillo. >>
<< Non sto facendo il doppio gioco. >>
<< Dov'è il moribondo? >> chiese la donna ignorandolo.
Fu Kalisya ad accompagnarla nella stanza adiacente dove giaceva inerme la sconosciuta.
<< Chi è? >> domandò Ewelein rivolta al mascherato.
<< Te l'ho detto. >>
<< E secondo te, quest’esile creatura dalla dubbia provenienza, potrà far tremare le forze oscure? >>
<< Guariscila, Ewelein. E tieni segreta la sua esistenza. Non ti chiedo altro. >>
<< Ashkore! Chi ti dice che uscita da qui, non vada a riferire tutto a Miiko? >>
<< Non lo farai. Perché anche tu credi che ci sia un modo migliore per salvare questo mondo. Quella Kitsune vede nemici da tutte le parti. Se dovesse sapere di lei, non perderebbe tempo a imprigionarla e a condannarla a morte. Io, questo non lo posso permettere. Come puoi vedere gli abitanti di questo villaggio hanno fiducia in me, come loro come alcuni del quartier generale e anche tu… >>
<< Non immischiarmi! Non ci provare! >>
<< Non ti sto immischiando. Sei tu stessa a farlo. Sii sincera. Anche tu mi credi, altrimenti non saresti qui. >>
Ewelein gli scoccò uno sguardo accusatorio, poi avvicinandosi alla ragazza iniziò a visitarla << Facciamo così… >> disse estraendo delle fiale dal suo sacchetto. << Guarisco questa ragazza, ma che sia chiaro: rimarrò neutrale sui vostri piani e decisioni. >>
Ashkore sorrise da sotto la maschera. << Grazie, Ewelein. >> mormorò.
<< Sì, sì. Adesso esci. Devo visitare l’ammalata. >>
L'uomo ritornò nella stanza dov'erano gli altri e fu subito assalito dalle domande di Chrome, il quale era ancora preoccupato per la sorte che gli sarebbe spettata se la guaritrice avesse parlato.
<< Sta’ tranquillo, anzi: ricorda tu stesso di tenere la bocca chiusa! >> lo avvertì il mascherato.
<< Ashkore… >> intervenne Kalisya << …se la lascerai qui, non potrò lavorare nei campi, Mery non può rimanere solo a vegliarla. Se dovessero perquisire le case… >>
<< Non preoccuparti, Kalisya. Non succederà nulla. Continua a vivere come hai sempre fatto, nel momento in cui guarirà, la porterò da un’altra parte. >>
E nel momento in cui la donna si azzardò a replicare. Un fragoroso rumore proveniente dall’esterno li colse alla sprovvista. Si volsero contemporaneamente tutti verso la finestra.
<< Che cos'è? >> chiese Chrome.
<< Oh, voce dell’oracolo! >> esclamò Kalisya precipitandosi alla porta, seguita da suo figlio e dal giovane licantropo. << Piove! >>
<< Mamma, che cosa sta cadendo dal cielo, ho paura! >>
<< No, figliolo. Siamo salvi. A Eldarya piove, finalmente! >>
All’interno della capanna, Ashkore non accennò alcun movimento per uscire, si limitò solo ad osservare la scena dalla finestra.
<< Che cosa succede? >> chiese Ewelein uscendo dalla stanza.
<< A quanto pare, Eldarya ha ritrovato la sua essenza mancante. >>
La guaritrice si precipitò all’esterno, mentre l'uomo mascherato rivolse la sua attenzione verso la stanza nella quale riposava la sconosciuta. Vi entrò e si avvicinò al letto, si sedette accanto a lei e, sicuro di essere solo, si tolse la parte inferiore della maschera scoprendosi solo il naso e le labbra ben disegnate.
Sorrideva. << Ti ho trovata, finalmente. >> sibilò accarezzandole il viso << Ti legherò al mio Destino e a quello di questo regno e, questa volta, ti proteggerò. >> aggiunse chinandosi su di lei e baciandola con dolcezza, per poi scomparire nel buio della notte e sotto la prima pioggia irrefrenabile.

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Capitolo 4
*** Scovare il responsabile ***


3.
SCOVARE IL RESPONSABILE



 
 
La pioggia sferzava il suo viso, non risparmiando neanche un lembo di pelle. Malgrado avesse un occhio bendato, le sue capacità visive lo lasciavano abile anche con un solo occhio. Si muoveva veloce nella notte, come il predatore che era, schivando rami e sfidando il velo umido rigato che copriva l'intera foresta.
A un tratto si fermò artigliando la corteccia di un albero. Chiuse l'occhio che luccicava di ametista e concentrò i suoi sensi sull'udito.
Non aveva sentito male, era un boato lontano e aveva percepito una strana presenza.
L'aveva sentita anche prima che il cielo si coprisse di nuvole e iniziasse a piovere.
La pioggia, l’ultima volta che l’aveva vista cadere nemmeno più la ricordava. E secondo il suo istinto, non si trattava di una coincidenza. Il boato non era affatto dipeso dalla tanto attesa intemperia.
Doveva pur esserci una risposta valida a ciò che stava succedendo.
Stava uscendo dalla radura, quando qualcosa lo bloccò. Nevra artigliò il tronco dell’albero per non rovinare al suolo. I suoi sensi lo misero in uno stato d’allerta, e i canini iniziarono a spingere le gengive.
L'odore era inconfondibile.
Sangue.
Nevra non riusciva a capire di chi fosse. Non sapeva a quale creatura affibbiarlo. Era un profumo strano, diverso dal solito, tanto che la sua abilità coltivata da anni per assopire il suo istinto lo mise a dura prova, poi la sentì: la fame farsi strada nella sua bocca, fino a stuzzicargli i sensi.
Si portò una mano sulle labbra e vi premette il palmo.
Oh, se avesse saputo da dove proveniva. Ma si sentiva confuso, come se qualcuno gli avesse dato una botta in testa.
Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi su qualcos'altro, ad esempio sul rumore di quell’elemento naturale che non vedeva da anni e che si era dimenticato l’esistenza. Il ricordo non era ben lucido, all'epoca aveva solo due anni. Ma i suoi genitori, gli ultimi della stirpe dei vampiri, glielo avevano sempre detto: l’acqua caduta dal cielo, Eldarya non l’avrebbe mai più rivista. I draghi, custodi degli elementi, erano stati uccisi dopo che l’essenza suprema era scomparsa, scissa, lasciando un immenso cristallo che con il passare degli anni diminuiva la sua massa e potenza.
Che stava succedendo in quel momento?
Nevra ritornò subito alla realtà, accorgendosi di essere arrivato al villaggio. L’odore era più forte, percepibile, ma nel momento in cui voleva scoprirne la provenienza, il bracciale dei guardiani emise una luce azzurra.
Lo stavano convocando al quartier generale.
 
---
 
Il liquido di un verde fluorescente gorgogliava nella beuta. Ezarel lo osservava con soddisfazione.
Emana luce, si disse, ciò significa che l’esperimento è andato a buon fine.
Erano notti che non dormiva. Da quando Miiko gli aveva affidato l’arduo compito di creare una pozione capace di rendere i pozzi secchi riutilizzabili, si era messo al lavoro senza avere un minuto di respiro.
Dopo la lotta di diciotto anni addietro, gli eldaryani si rifornivano di acqua nella città di Giada. Il maestro Kappa, patriarca del villaggio, era stato talmente generoso ad accettare di aiutarli, ma ciò comportava un viaggio di tre giorni, e con il passare degli anni era diventato stancante e difficoltoso attraversare il mare, poiché in quelle zone regnava il mostruoso Leviatano che distruggeva senza scrupoli tutte le navi che attraversavano il suo territorio. Su tre equipaggiamenti, solo uno riusciva a ritornare sano e salvo completando la missione.
Gli elfi e i maghi si erano dati da fare per cercare di purificare e rendere bevibile l'acqua del mare, ma ciò comportava un grande sforzo e consumo di energia, dato che l’acqua era uno degli elementi collegati al grande cristallo.
Così, studiando gli antichi tomi, Kero aveva trovato una possibile soluzione, ne aveva parlato a Miiko e quest'ultima aveva dato ordini ben precisi all’elfo alchimista.
C'era riuscito, sarebbe bastato solo sperimentarlo ed averne conferma, ma, mentre stava travasando la pozione, un forte boato rimbombò nel silenzio, fece spaventare l’elfo, l’ampolla gli scivolò dalle mani e si frantumò sul pavimento disperdendo tutto il liquido.
Ezarel si vide i mondi cadergli addosso, sentì la rabbia fiottargli nel cervello, ma riuscì comunque a mantenere la calma. Si precipitò alla finestra imprecando e quando sollevò la tenda, rimase esterrefatto, << Ma che diav… >>
Non riusciva a credere ai propri occhi. Quella che cadeva dal cielo era proprio pioggia. Forse si era addormentato e tutto quello era un sogno. Si morse un dito ed effettivamente sentiva dolore, ma allora?
Dopo qualche secondo, qualcuno bussò alla porta. Trasalì ancora una volta poi diede il permesso per aprire. Comparve Jamon con la sua possente stazza e con l'espressione eternamente imbronciata.
<< Ezarel, tu venire in sala cristallo. Miiko parlare cosa urgente. >> disse il facocero con voce cavernosa.
<< Che cosa sta succedendo? >> chiese l’elfo senza spostarsi dalla finestra.
<< No domande. Seguire Jamon e basta. >>
Senza aggiungere altro l’essere uscì e aspettò il ragazzo che lo seguì a ruota e insieme si recarono nella sala del cristallo.
Erano presenti tutti i capi guardia, persino Chrome era stato convocato e c'erano anche Alajea e Karenn.
Miiko, davanti al cristallo, cercava di mettere a tacere il brusio, mentre Leiftan con sguardo attento osservava la folla.
Nel cercare i suoi amici, Ezarel trovò Valkyon appoggiato alla balaustra che conduceva all’altare dov’era la kitsune, e come sempre se ne stava in silenzio a guardare il vuoto.
Mai nessuno aveva scoperto a cosa pensasse il guerriero ogni qualvolta si fermava a farlo e tantomeno importava ad Ezarel.
Nel momento in cui stava per salutarlo, Miiko batté con forza la punta del bastone sul pavimento, il fuoco azzurro nella gabbia divampò e un grido assordante inondò la sala mettendo a tacere all’istante i presenti. Gli unici a non trasalire furono i tre capi guardia, Jamon e Leiftan; quest'ultimo si limitò solo a chiudere gli occhi e a sbuffare un sorriso.
Dopo aver lanciato un’occhiata fulminea ai presenti, la Kitsune prese a parlare: << il portale che ci collega al mondo degli umani è stato aperto. >> fu diretta, e il brusio ritornò udibile, << QUALCUNO… è entrato nella sala del cristallo e ne ha rubato un frammento. >>
Nevra e Ezarel si guardarono increduli.
<< Ma come? >> chiese l'elfo rivolgendosi alla ragazza << Nessuno riesce ad entrare qui. Chi è stato? >>
<< Non sappiamo ancora dirlo. Ma non è questo il punto, ora. Se le porte dei mondi sono state aperte, significa che qualcuno vi è uscito o… entrato. >>
Il vocio si fece ancora più rumoroso. Chi non riusciva a crederci, chi era preoccupato e chi, invece, criticava la guardia scintillante.
<< Ascoltatemi, per favore! >> intervenne ancora una volta Miiko battendo più volte il suo bastone. << Vi ho riuniti qui perché voglio che, tutti, vi diate da fare per proteggere Eldarya! >> poi si guardò intorno. << Dov'è Ewelein? >>
Qualcuno imitò la guardiana ma della dottoressa nemmeno l'ombra, poi si sentì non lontano una voce decisa, suadente che diceva: << Sono qui. >>. Ewelein si fece largo tra la folla fino a raggiungere le scale che conducevano al cristallo, dove la Kitsune la stava osservando con circospezione chiedendole dove fosse stata.
<< Avevo un’urgenza in infermeria >> rispose l’altra con sicurezza.
<< Adesso che ci siamo tutti, posso assegnarvi i compiti. >> riprese Miiko ritornando a guardare la folla. << Keroshane ed Ewelein, voglio un rapporto completo su cosa è accaduto, quali problemi ha comportato l’apertura del portale. Inoltre vorrei sapere cosa ha provocato la pioggia. >>
Kero annuì e si avvicinò alla collega citata insieme a lui.
<< Valkyon e Cameria >> riprese Miiko, << Controllate il perimetro, scoprite da dove è stato aperto il portale, portate con voi i membri del vostro gruppo a perquisire le foreste. Colaia ed Hentra, voi vi occuperete delle vie marittime, non tralasciamo alcun indizio, avete il permesso di oltrepassare il limite se questo può portarvi a risultati fattibili. >>
<< Certo Miiko, avviserò io Hentra >> mormorò Colaia timidamente scoccando un’occhiata a sua sorella Alajea che ammiccò raccomandandosi di stare attenta.
<< Ykhar >> riprese la Kitsune.
<< Sì, Miiko? >>
<< Tu partirai con Chrome. Destinazione: Tempio dei Feng Huang. Voglio che Huang Hua sia avvisata dell’accaduto e che contiamo sulla loro disponibilità. Alajea e Karenn… >>
<< Un momento! >> la interruppe Chrome.
Miiko lo fulminò con gli occhi. Nonostante l’ira nei suoi confronti, per via delle provviste rubate, fosse passata, detestava essere interrotta quando era nel bel mezzo di una conversazione e a parlare, soprattutto, era lei. << Che cosa vuoi, Chrome? >>
<< Chi si occuperà del villaggio? Manderai qualcuno? >>
<< Stavo dicendo… Alajea e Karenn >> lo ignorò la ragazza, << voi vi occuperete della lista dei famigli e di tutte le specie di creature della foresta. Ci devono essere tutti, intesi? Fatevi dare informazioni da Ykhar prima che parta. >>
Mentre la sirena rispondeva contenta, Karenn sbuffò alzando gli occhi al cielo, infastidita. Non avrebbe potuto assegnarle compito più noioso di stare a scovare tutte quelle strane creature, per quanto le riguardava, avrebbe preferito accompagnare suo fratello e quell’elfo idiota.
<< In quanto al villaggio… >> disse la guardiana volgendo un’occhiataccia al ragazzo lupo << Nevra ed Ezarel si occuperanno di ispezionare ogni singola abitazione. >>
 A quelle parole, Chrome sobbalzò atterrito.

 

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Capitolo 5
*** I guardiani in missione ***


4.
I GUARDIANI IN MISSIONE
 
 
“Se dovessero scoprirla, Ashkore mi taglierebbe la coda e le orecchie!”, continuava a ripetersi il giovane licantropo cercando di non far notare la sua ansia. Non poteva certo insistere nel convincere la Kitsune a mandare lui al villaggio, così facendo, avrebbe solo destato sospetti. Ci doveva pur essere qualche altra soluzione, ma quale?
E mentre stava scervellandosi per trovarne una, Ewelein interruppe il discorso della capo guardia, le chiese scusa e poi disse: << Non voglio che qualcuno possa prenderla come un’offesa, ma come tu hai ben detto: non sappiamo che cosa sia successo, se qualcuno ha varcato il portale, pericoloso o innocuo che possa essere, prima di tutto bisogna assicurarsi che gli abitanti del villaggio stiano bene. >>
<< È per questo che mando Ezarel! >> la interruppe Miiko senza troppi indugi.
<< Senza offesa >> ribatté la dottoressa << Ma Ezarel non è un elfo guaritore, e se permetti, quel compito è mio! >> disse infine autoritaria.
Miiko strinse i pugni. Un’altra cosa che non sopportava era la presunzione. Nonostante Ewelein non era come lei credeva, la detestava. Si atteggiava a saggia. Le mancava di rispetto e non perdeva occasione per contraddirla facendola sentire inutile e incapace del ruolo che rivestiva. Eppure non la odiava, era invidiosa questo sì, ma solo in campo lavorativo.
Era consapevole di aver sbagliato l’assegnazione delle missioni, ma aveva provato a tenerla lontana da compiti che avrebbero potuto innalzare la sua esperienza e rispettabilità.
In quel momento volle solo far sì che la donna elfo le portasse rispetto come tutti gli altri componenti della guardia di El. Non poteva e non voleva far vedere loro che potesse vacillare. << Ho preso una decisione… >> provò a replicare, ma a quel punto prese parola il silenzioso e pacato Leiftan che diede subito ragione alla guaritrice. << Non siamo certi di cosa sia accaduto là fuori. >>
<< Leiftan! Non pensi anche tu che se ci fossero dei feriti, qualcuno sarebbe venuto ad avvisarci? >> chiese la ragazza volpe senza guardare il giovane.
<< Permettimi di interromperti, Miiko. >> s’intromise Nevra.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui e la ragazza lo invitò a proseguire.
<< Tornando dal boschetto, ho percepito una strana presenza e poi ho sentito odore di sangue. >> continuò il vampiro.
Chrome trasalì.
<< Proveniva proprio dal villaggio ed era un odore alquanto strano. Non l'ho mai sentito in tutta la mia esistenza. >> concluse Nevra.
Ci fu qualche secondo di silenzio, qualcuno, in fondo alla sala, bisbigliava stando attento a non farsi comprendere, infine Miiko, oramai conscia di dover dare un taglio ai suoi tentativi di polemiche, accettò la proposta di Ewelein. Quest'ultima, accennando un sorriso sghembo, prima di uscire, annunciò che avrebbe portato con sé Chrome, << È ancora in punizione, dopotutto. E tu l'hai affidato a me. >> concluse sicura di se stessa. Inoltre aggiunse che avrebbe potuto mandare Nevra con Ykhar ed Ezarel con Kero.
A quel punto, i nervi di Miiko arrivarono all’apice della sopportazione. << No, Ewelein! >> la interruppe strillando, quasi. << Ezarel verrà con voi. >>
Le donne si scambiarono un’occhiata carica di sfida per qualche istante.
<< Se qualcuno è stato ferito, avrai bisogno di un alchimista esperto. >>
Ewelein non sopportava Ezarel almeno da qualche giorno. Erano stati amanti a lungo, senza un impegno preciso. Il loro era un divertimento, niente di serio, ma col passare dei mesi, quell’indifferenza si era tramutata in qualcosa di più da parte della ragazza che, sapendo di non poter essere ricambiata, aveva deciso di stroncare quella tresca e tenerlo lontano dalla sua vita, ma ciò non era possibile. Lavoravano insieme e le poche volte in cui riusciva a scordarsi della sua esistenza, succedevano solo in caso di partenze per missioni. Miiko era a conoscenza della loro situazione e sicuramente l'aveva fatto per ripicca.
Quella volta, però, se Ewelein dovette esprimere il suo disappunto, non fu per stare alla larga dall’elfo, bensì perché c'era qualcuno da dover proteggere in quel villaggio. Sapeva che era una cosa sbagliata, forse sarebbe stata giudicata una traditrice, ma in cuor suo sentiva che Ashkore aveva ragione.
Alla fine cedette. << Come vuoi. >> poi si volse verso Chrome e gli ordinò di seguirla in infermeria.
Quando tutti i componenti delle varie guardie sgomberarono la sala, lasciando soli Miiko e Jamon, la prima ordinò al secondo di seguire il terzetto e tenerli d’occhio.
<< Jamon stare accanto Miiko. Jamon proteggere cristallo. >> obbiettò il gigante.
<< Hai intenzione di contraddirmi anche tu?! >> esclamò la Kitsune puntando il bastone sul pavimento con violenza.
<< Jamon no permettere >> si giustificò l’altro imbarazzato.
<< Loro pensano che io sia solo una nullità, che possono fare qualunque cosa contro i miei ordini. Tu li controllerai. >> riprese per poi allontanarsi e uscire dalla sala.
L'unica cosa che Jamon fece, fu annuire e scrollare le possenti braccia.
 
---
 
<< Devo ringraziarti, Ewelein. >> disse Chrome non appena furono nell’infermeria, << Se non fosse stato per te… >>
<< Chiariamo una cosa, Chrome! >> lo interruppe la guaritrice. << Non l'ho fatto per te, per Ashkore o per quella ragazza. L'ho fatto per risparmiarmi problemi inutili. Ho già abbastanza grane qui in infermeria, questo lavoro mi ha stressata parecchio ultimamente. Dover accumularsi problemi su problemi, non è la mia priorità in questo momento. Se Miiko dovesse scoprire l'esistenza di quella sconosciuta, non lascerebbe in pace neanche un membro della guardia di El. Quella Kitsune non è esperta in ciò che fa. E più passano i giorni, più mi rendo conto che il vecchio Maestro abbia lasciato la carica molto presto. Non è una cattiva persona, ma pecca di presunzione. È stata coraggiosa nel voler affrontare questo grande compito da sola, ma non è capace di gestirlo nel miglior modo possibile. >>
Chrome, stette in silenzio ad ascoltarla, era come se l’elfa si stesse sfognando per alleggerirsi di un peso. Quando si accorse che lo stava guardando, la tranquillizzò dicendole che avrebbe tenuto i canini infilzati nella lingua.
<< Non ti sto dicendo questo. >> sorrise Ewelein << Non voglio sapere per quale motivo ti sei schierato dalla parte opposta, ognuno di noi ha un proprio passato in questo pezzo di mondo. Ma da quanto tempo fai il doppio gioco con la guardia scintillante? >>
<< Il mio non è un doppio gioco! >> puntualizzò il lupo. << Ashkore non è un criminale, sta solo cercando di fare quello che tutti gli esseri viventi di questo mondo dovrebbero, e cioè: proteggere Eldarya dai veri traditori. >>
La guaritrice lo guardò stranita. Non aveva capito bene le sue parole.
<< Non posso dirti altro, Ewelein. Ti chiedo solo di proteggere quella ragazza tenendo nascosta la sua presenza. L'unica cosa che adesso mi preoccupa è quell’idiota di Ezarel. >>
<< Non preoccuparti. A lui ci penso io. >> lo rassicurò la ragazza. << Adesso andiamo. Non vorrei che Ez ci sentisse parlare di complotti. >>
 
***
 
Un sogno, o forse un incubo. Non ricordo bene cosa, perché era talmente incomprensibile, ma capace di farmi aprire gli occhi e destare in un bagno di sudore.
La prima cosa che vidi davanti fu un soffitto fatto di travi e paglia. Aleggiava uno strano odore nell’aria. Odore di cenere, di erbe aromatiche e poi… poi c'era calore: accogliente e rassicurante.
Ma dove sono? Continuavo a chiedermi cercando di ricordare come mi fossi addormentata e cosa fosse successo prima.
Mossi le dita toccando una stoffa ruvida, mi guardai intorno.
Che razza di posto è questo?
Sembrava una casetta del presepe. Era un abitacolo fatto interamente di legno e a giudicare dall’arredamento doveva essere di qualche poveraccio.
La luce, che filtrava da una finestrella, era soffusa e lasciava intravedere il pulviscolo. Mi sollevai e fu in quel momento che sentii dolori da tutte le parti. Mugugnai e alla fine mi ritornò tutto in mente: Dake, la strana ombra minacciosa e quelle voci che ordinavano alla mostruosa creatura di uccidermi ed infine… sì! Quel cerchio di funghi.
Ma se fosse stato solo un sogno, mi sarei svegliata sul mio letto e invece, dove mi trovavo? Con tutta la poca forza che avevo in corpo, cercai di alzarmi. Quando scostai quella che sembrava una coperta fatta di pelliccia di qualche animale sconosciuto mi accorsi di non avere i miei abiti, al loro posto avevo una tunica beige dritta che mi copriva a malapena le ginocchia. Dolente mi tastai. Non indossavo lingerie e a quel punto iniziai ad avere paura: Che fossi finita tra le grinfie di qualche maniaco?
Se così era, allora dovevo trovare il modo di scappare.
Non c'erano rumori in quel posto, ma il silenzio che vi regnava era alquanto inquietante. Mi misi in piedi, la testa mi girava ma solo perché ero stata troppo tempo stesa, e chissà quanto? Quatta quatta mi avvicinai alla tenda che celava la camera dove mi trovavo, sbirciai dalla parte opposta e la fortuna volle essere ancora dalla mia parte: non c'era nessuno. A quel punto, in preda all’ansia, iniziai a girare in tondo per trovare una via d’uscita. Sì, c'era un’unica porta accanto alla finestra dalla quale si intravedeva l’esterno, ma non sapevo cosa mi aspettasse là fuori. Avevo paura, non sapevo dove mi trovassi, non riuscivo a ricordare cosa fosse successo dopo ch’ero svenuta.
Presi coraggio e, lentamente stringendo i pugni, allungai la mano verso la maniglia corrosa dalla ruggine.

 

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Capitolo 6
*** tentativi falliti ***


5.
TENTATIVI FALLITI
 
 
L’aria s’era fatta pesante.
Chrome l’aveva percepito da quando, con Ewelein ed Ezarel, aveva varcato la soglia della porta del quartier generale.
Poteva essere a causa della pioggia che non cadeva più dal cielo, o delle nubi che, come soffici mattoni, continuavano a coprire il cielo d’Eldarya, solo se si fosse interessato a tutto questo.
Quella tensione proveniva dai due elfi che gli camminavano a qualche passo in avanti. La guaritrice sembrava propensa a voler reggere indifferenza verso l’alchimista e quest’ultimo cercava in tutti i modi di strapparle qualche parola.
Avevano visitato tutte le case del villaggio, tranne una: quella del piccolo Mery dove ignara giaceva sofferente la donna portata da Ashkore.
E Chrome si agitava e continuava a chiedersi per quale motivo Ewelein taceva invece di deviare l’ispezione così da non far sapere nulla ad Ezarel. Che avesse cambiato idea e stesse per tradirli?
Il giovane lupo sentì ancora quel famigliare brivido di paura percorrergli la spina dorsale. Doveva fare qualcosa, ma cosa?
Nello stesso istante in cui stava per inventare una scappatoia, Ezarel si fermò, afferrò il braccio della sua collega e la voltò bruscamente verso di sé.
<< Quanto altro ancora hai intenzione di ignorarmi? >> le chiese e sul suo volto regnava tutt’altro che la sua solita espressione beffarda.
Chrome si fermò a sua volta ed osservò la scena senza sapere cosa fare.
Ewelein dal canto suo guardò l’elfo come si fa con un famiglio disubbidiente e dispettoso, poi con estrema accuratezza si liberò dalla presa e, incrociando le braccia al petto, disse: << Non ti sto ignorando. Non voglio parlarti, tutto qua! >>
<< Sei consapevole che le faccende private non si devono mischiare col lavoro? Non è colpa mia se Miiko ha deciso di farmi venire con voi. Avresti potuto dissentire il suo ordine, come hai fatto con l’assegnazione dei compiti alle guardie… >>
<< E darle così motivo di rinfacciarmi il fatto che non distinguo lavoro da vita privata? >> lo interruppe lei fissandolo senza imbarazzo. << No. Era quella la sua intenzione. Non l'hai capito? >>
<< Voleva semplicemente metterti alla prova. >> la giustificò l’elfo.
Ewelein sbuffò un sorriso sardonico << Mettermi alla prova? Una che sbaglia le assegnazioni dei compiti, ha la geniale idea di mettere alla prova una sua subordinata in un momento di allarme? Ma non farmi ridere! >> fece una pausa, poi si girò e tagliando l'aria con un brusco gesto del braccio esclamò: << Ha sbagliato tutto! Crede di saper fare il suo lavoro guardandoti dalla testa ai piedi! E si intromette in fatti che non le appartengono, perché un certo idiota aveva bisogno di ubriacarsi per annunciare al QG che non aveva più intenzione di mandare avanti una relazione fondata sul divertimento sessuale! >>
<< Stai urlando >> puntualizzò Ezarel volgendo lo sguardo verso Chrome il quale si era girato di scatto per non mostrare il suo imbarazzo.
<< Faccio quello che voglio! >> urlò furiosa Ewelein.
<< Senti, eravamo stati chiari: solo divertimento, nessun legame! >>
La guaritrice si avvicinò lentamente, gli scoccò un ultimo sguardo colmo di rancore e prima di sorpassarlo e avvicinarsi al ragazzo lupo mormorò: << Ti avevo chiesto solo rispetto, e tu non me l’hai dato! >>
La strafottenza di Ezarel parve vacillare. Non seppe come ribattere e ingoiò quel morso amaro.
L'aria pesante calò per l'ennesima volta sul gruppetto e a quel punto Chrome decise di prendere la palla al balzo, << Ehm, scusate… >> balbettò grattandosi le orecchie appuntite. << Il nostro compito è finito, fortunatamente non c'è nessuna minaccia nel villaggio, quindi proporrei di ritornare al QG e fare rapporto. >>
<< Un momento! >> lo interruppe l’elfo << Abbiamo ancora la casa di Kalisya da ispezionare. >>
Maledizione, si disse Chrome, non dimentica mai niente!
Vani furono i tentativi da parte del licantropo di dissuadere l’elfo dal cambiare strada. Così, quando tutto sembrava perduto e nel momento in cui il ragazzino immaginava la collera di Ashkore riversarsi su di lui, si sentì un tonfo a pochi passi da loro. I due si voltarono contemporaneamente guardando esterrefatti Ewelein che si era accasciata a terra e ansimava convulsamente. Il primo a muoversi fu l’alchimista che si precipitò sulla sua collega e la raccolse dalle spalle nel disperato tentativo di aiutarla.
L'unico a porsi domande fu Chrome.
<< Dannazione! >> esclamava Ezarel << Ewe, riprenditi! >>
Gli occhi della guaritrice vagavano persi mentre il respiro si faceva più pesante. << Dov'è la pozione? >> le chiese ancora il ragazzo.
<< Non l'ho con me… >> rispose flebilmente la donna.
<< Riesci a camminare? >>
Ewelein scosse il capo, poi balbettò: << Chrome… Chrome… in infermeria… >>
<< Ci vado io! >> la interruppe l’elfo << Quel cagnaccio non sarebbe in grado di distinguere un vegetale da un liquido! >> e detto questo si alzò comandando al ragazzo lupo di prendere il suo posto e assicurarsi di farla respirare profondamente, prima del suo ritorno.
Quando Ezarel se ne fu andato, i respiri affannati di Ewelein scomparirono nel nulla. La giovane si alzò e si ricompose sotto gli occhi esterrefatti del lupo.
<< Non fare quella faccia! >> lo rimproverò lisciandosi i capelli argentei. << Ho dovuto farlo, o preferivi vedere la tua amichetta rinchiusa in una delle gabbie delle prigioni? >>
<< Ma… la tua crisi? >>
<< Ah! Ma ci vuole tanto per capirlo? Ho finto! Non ho una crisi da ben tre lune fa! Per allontanare Ezarel mi sembrava la scappatoia migliore. >>
Malgrado il sollievo, Chrome rimase interdetto. Conosceva Ewelein e la sua serietà nel lavoro che svolgeva, detestava le finzioni, anche quelle più innocenti. Ricordò quel giorno in cui Kerenn si finse malata per non svolgere la missione assegnatale da Kero, per seguire di nascosto suo fratello a caccia dei Blackdog posseduti. Ewelein le fece una sfuriata che la mise al suo posto per cinque lune.
In quel momento il licantropo capì che pur di difendere quella ragazza, Ewelein aveva giocato sulla serietà della sua salute.
L’elfa, durante una perlustrazione nelle grotte di Balenvia, era stata infettata dal veleno dei Myconidi. Non le era costata la vita, ma aveva segnato per sempre la sua salute ferrea, e ancora in maniera incomprensibile le succedeva di avere attacchi respiratori. Il capo dell’assenzio studiava giorno e notte un rimedio per guarirla, ma per il momento aveva trovato solo una pozione in grado di bloccare le crisi e tenerle a bada.
Gli sembrava strano. Già da quella notte, dopo averla vista entrare in casa di Kalysia insieme con Ashkore. Perché tanta fiducia tutt’a un tratto?
<< Muoviamoci >> riprese la ragazza. << Prima che ritorni >>
<< Che cosa facciamo a questo punto? >> chiese Chrome ancora un po' confuso.
<< Andiamo a casa di Kalysia, assicuriamoci che la ragazza stia bene e poi cerchiamo di nasconderla in qualche altro posto. Ezarel non si limiterà ad ascoltare la nostra parola. Vorrà comunque controllare con i suoi occhi. >>
Senza aggiungere altro i due complici alzarono il passo verso la capanna della Faery. Vi trovarono il piccolo Mery seduto sull'uscio che piangeva a singhiozzi.
I due si scambiarono un sguardo, poi Chrome si avvicinò al bambino chiedendogli che cosa fosse capitato. Il piccolo si precipitò fra le sue braccia chiedendogli scusa e pregandolo di non metterlo in castigo.
<< Ma perché, cos’hai fatto? >> domandò il licantropo sentendo un brivido di preoccupazione vibrargli il cuore.
<< Non è colpa mia… >> continuava a singhiozzare Mery << la mamma mi aveva detto di starle vicino, ma il mio famiglio è scappato e io volevo ritrovarlo… >>
<< Mery, che cosa è successo? >> Chrome stava per perdere la pazienza.
Il bambino lo guardò in volto e tentennò prima di rivelargli che la giovane sconosciuta non era più nel suo letto.
Il lupo si alzò di scatto, << No, no, no! >> urlò precipitandosi all’interno della capanna, ignorando completamente Ewelein che gli consigliava di stare calmo.
Scostò la tenda che celava il letto e quando ebbe la conferma di ciò che gli aveva detto il piccolo, si sentì strappare l’anima e la paura ne occupò il posto.
Per tutti i Daemon! Si disse digrignando i denti. Questa volta Ashkore mi staccherà la testa.
Un grido non lontano riecheggiò nell’aria. Apparteneva a una donna. Ewelein rimase ferma cercando di capire da dove provenisse, Chrome uscì come una furia, Mery, dal canto suo, finì di piangere e abbracciò la gamba della guaritrice. Quest'ultima e il suo complice si lanciarono uno sguardo fugace, prima di iniziare a correre nella direzione da dove proveniva il grido.
Purtroppo, nessuno dei due si accorse che a qualche metro di distanza da loro, Jamon, coi suoi passi pesanti e veloci, li stava seguendo e che anche lui, dopo aver raggiunto l’esterno del villaggio assistette alla stessa scena.

 

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Capitolo 7
*** Prigioniera ***


6.
PRIGIONIERA
 


Cos'era quell'essere che mi stava davanti? Sembrava un orso, ma era… umano. Reggeva un bastone in una mano e mi guardava con occhi taglienti, rossi, severi. Non ringhiava, non accennava alcuno movimento, mi guardava soltanto, ma era spaventoso; aveva un aspetto intimidatorio.
Non riuscii a trattenere la paura: urlai, ma il mio corpo sembrava non voler reagire ai miei voleri. Dovevo scappare, ma qualcosa me lo impedì.
<< Acso ise tui? >> chiese a un tratto con voce cavernosa, ma quieta.
Ma cosa sta dicendo? Mi domandai scuotendo il capo. In quel momento sembrava l'unica parte del corpo che riuscissi a muovere, poi finalmente l’essere avanzò verso di me, allungando una zampa pelosa.
Strinsi gli occhi e gridai un’altra volta.
<< Cryliss! >> udii a un tratto. Aprii gli occhi ma non volli voltarmi, per vedere chi aveva gridato. L’orso si trovava ancora davanti a me, ma questa volta mi guardava attonito come se gli avessi incusso timore, senza sapere come. Poi dei passi pesanti si fecero più vicini e una voce meno cavernosa dell’essere che avevo incontrato, disse: << Tu voltare piano. No mosse false, Jamon armato! >>
Non era la mia lingua, ma riuscivo perfettamente a capirla.
E per la terza volta mi chiesi se non stessi sognando.
 
 
Leiftan era appena uscito dalla mensa quando vide un via vai di guardie uscire ed entrare dai sotterranei che portavano alle prigioni.
Si accigliò per qualche istante, tentando di capire cosa stesse succedendo, poi però decise di proseguire il suo cammino.
Erano notti che non dormiva, aveva gli incubi, cosa che a lui non piaceva affatto, soprattutto quando il ricordo del suo passato si delineava nella sua mente e non gli dava fiato.
Sapeva in cuor suo, però, che presto quegli incubi si sarebbero tramutati in dolci sogni; ne era certo.
Sorrise al pensiero mentre si chiudeva la porta della sua stanza alle spalle.
Quando il lieve tonfo si dissolse nell’aria, dovette ritornare alla realtà e cancellare quella dolce espressione dal viso.
<< Che diavolo ci fai qui? >> chiese allo sconosciuto che se ne stava sdraiato sul suo enorme letto con le gambe accavallate e le braccia incrociate dietro la nuca.
<< Ti stavo aspettando. >> rispose l’uomo attutendo la sua voce dietro quella maschera mostruosa.
<< Sai bene che non dovresti essere qui! >> lo linciò Leiftan girando la chiave nella serratura.
Dandosi la spinta con le gambe, Ashkore fu in piedi e portandosi le mani dietro la schiena si fermò davanti alla finestra, stando bene attento a non farsi notare da chi passeggiava nel chiosco. << Credi che metterei a repentaglio i nostri piani, solo per venire a farti una visita? >> chiese poi aggiustandosi un guanto.
<< Che cosa vuoi Ashkore? >> chiese infastidito il giovane, appoggiandosi di spalle alla porta e incrociando le braccia al petto.
L'uomo mascherato si volse lentamente rimanendo in controluce. << Qualcuno, stanotte, ha indegnamente rubato la mia maschera! >> narrò calmo.
A Leiftan scappò un sorriso divertito.
<< Scorrazzando per le vie di Eldarya sotto le mie sembianze. Si dice in giro che abbia finanche aperto il portale dal cerchio delle streghe! >>
<< Ti sei fatto fregare la maschera così facilmente? >> chiese il giovane schernendolo << Mi meraviglio di te! >>
<< Non fare il finto tonto con me! >> lo interruppe bruscamente il mascherato. << Puoi fregare chi vuoi con i tuoi sdolcinati atteggiamenti, ma non me. >> aggiunse avvicinandosi a lui e sollevandogli il mento << So bene chi e cosa si nasconde dietro questo viso angelico! >>
Il sorriso di Leiftan scomparve ancora una volta, i suoi occhi verdi cambiarono cromatura e, al posto dello smeraldo che li tingeva, due pietre d’onice brillarono di una luce terrificante.
Gli afferrò il polso e tenendolo in una morsa stretta disse con voce minacciosa: << L'ultima volta che qualcuno mi ha toccato, le sue mani sono finite in pasto ai Black dog, gli ho strappato l’anima e la sua testa è ancora appesa a un tronco del fitto bosco! >> dopodiché gli allontanò la mano dal viso senza mollare la presa.
I due si guardarono per qualche istante, e a spezzare il silenzio fu un lieve sorriso proveniente da dietro la maschera dell’intruso il quale si liberò dalla stretta e si allontanò. << Non puoi lottare fuoco contro fuoco. >> disse divertito.
<< No, ma la mia fiamma può divorare le altre. >> ribatté il padrone della stanza.
<< Avevamo un patto, noi due. >>
<< E lo abbiamo ancora. >>
<< E allora cos'è successo stanotte? Perché io non ne ero al corrente? >>
<< Su questo non devo darti spiegazioni. >>
Ashkore sbottò in una risata falsa, << Allora spiegami un'altra cosa: hai rischiato tutto per vederla catturata e imprigionata dalla guardia scintillante? >>
Leiftan trasalì e si distaccò dalla porta. << Che stai dicendo? >>
<< Quel facocero tutto muscoli e niente cervello ha sorpreso una fanciulla sconosciuta che si aggirava per il villaggio di El, e l’ha rinchiusa nelle prigioni! >> spiegò l'uomo scostando la tenda per vedere l'esterno dalla finestra << E a giudicare da questo continuo via vai, penso proprio che il tuo piano sia stato un fiasco. >> ghignò voltandosi verso Leiftan che era uscito come una furia senza finire di ascoltarlo e lasciando la porta aperta.
 
 
Fino all’ultimo aveva sperato, pregato l’Oracolo che si fosse sbagliata, che nessun portale fosse stato aperto, ma quando Jamon entrò come una furia nella Sacra Sala e le riferì ciò che aveva scoperto, la rabbia iniziò a ribollirle nel sangue.
Miiko era a dir poco furiosa. Stringeva nella mano il bastone della fiamma fino a farlo scricchiolare e per un attimo il suo fedele aiutatane credette che si sarebbe spezzato.
<< Chi diavolo è? >> chiese con voce incrinata dalla stizza.
<< Jamon non conoscere ragazza. Mai vedere al rifugio. Jamon non sapere cosa essere ragazza, lei essere molto strana. >>
<< Strana? In che senso strana? >>
<< Avere pelle alabastro e occhi ametisti >>
<< Una strega! >> esclamò la Kitsune battendo il bastone sul pavimento.
<< Jamon non essere d'accordo. Ragazza spaventata, Jamon credere che sconosciuta avere perso memoria. >>
<< Non me ne importa cosa credi! >> lo interruppe bruscamente dirigendosi verso la porta << Ha infranto una delle leggi di questo posto e non la passerà liscia! >>
Al facocero non restò altro che tacere. Seguì la donna fino alla Sala delle porte dove dovettero fermarsi in seguito all’incontro con Leiftan che si dirigeva a passo svelto verso l'entrata dei sotterranei.
<< Leiftan, dove stai andando? >> gli chiese Miiko fermandosi.
<< Ti stavo cercando. >> rispose prontamente il giovane.
<< Perché? >>
<< Ho visto questo via vai di guardie e mi chiedevo cosa fosse successo? >>
<< Abbiamo catturato la responsabile dell’apertura del portale. >> e gli raccontò per filo e per segno ciò che le aveva riferito Jamon. Nel mentre si incamminavano verso le prigioni.
Il ragazzo ascoltò attento, fingendo preoccupazione, ma abile nel nasconderlo. Prese parola solo quando la sua collega espresse le sue idee e intenzioni: secondo lei la prigioniera era una strega e avendo messo a repentaglio la già scarsa stabilità di Eldarya l’avrebbe condannata a morte.
<< Non puoi farlo! >> esclamò il Lorialet rabbuiandosi.
Miiko si fermò ancora una volta, e si volse per guardarlo. Era un gradino sotto di lui e dovette alzare la testa per poter incrociare quegli occhi color smeraldo. << E di grazia, perché non dovrei? >> chiese titubante.
<< Noi non siamo degli assassini. >> rispose il giovane con voce roca.
<< Rispettare le leggi non fa di noi degli assassini. >> controbatté la ragazza girandosi per proseguire il suo cammino << Non possiamo permetterci una seconda minaccia! L’uomo mascherato basta e avanza! Lasciami fare il mio lavoro, Leiftan. So quello che faccio. >>
A quelle parole, l’uomo ebbe uno scatto istintivo: afferrò per un braccio la Kitsune e la volse bruscamente verso di sé, ritrovandosi col viso a pochi centimetri dal suo.
Miiko strabuzzò gli occhi, sorpresa della vicinanza che aveva tanto sperato di poter raggiungere con quel giovane dal volto angelico, ma mai avrebbe potuto immaginare che quegli occhi così penetranti potessero incuterle timore.
<< Se provi a toccarla, io… >>, Leiftan si fermò in tempo, conscio di ciò che stava per dire involontariamente.
 

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