L'Effetto Freddie

di EcateC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


 

Se c'è una cosa che gli umani non sanno, quella è che i demoni hanno sempre avuto un debole per gli angeli. Gli angeli (con le dovute eccezioni) sono creature semplicemente meravigliose, nobili, profumate ed etere… Bellissime sia nell’aspetto che nello spirito. La loro grazia e il loro aspetto talvolta efebico, talvolta erculeo, sono concepiti infatti per incarnare il perfetto ideale di virtù, che deve ispirare gli uomini durante la loro peccaminosa vita terrena.

I demoni invece sono creature orrende. Hanno un aspetto mostruoso (anche qui, con le dovute eccezioni), emanano cattivi odori, sono rozzi e volgari, in altre parole esecrabili. E ovviamente gli angeli li hanno sempre guardati dall'alto con sdegno e disprezzo, facendoli sentire ancor più immondi e deplorevoli di quello che probabilmente erano realmente.

C'era però un angelo che si comportava in modo molto diverso dai suoi spocchiosi colleghi. Quest’angelo non era né erculeo né efebico, e nemmeno particolarmente dedito alla preghiera e alla contemplazione.

Diciamo pure che era poco ortodosso… Per nulla ortodosso.

Eppure, malgrado queste sue angeliche pecche, risultava comunque più amabile e buono dei suoi simili.

L’angelo Aziraphale non aveva mai guardato il demone Crowley con sufficienza, né gli aveva mai fatto pesare la sua natura maledetta. Anzi, fin dall’inizio si era dimostrato gentile, gli aveva sorriso, lo aveva toccato e recentemente aveva perfino usato il suo spazzolino da denti.

Però, per comprendere (e ridimensionare) la virtù di Aziraphale occorre aprire una breve parentesi anche sul demone Crowley. Vi ricordate quando ho detto che i demoni erano tutti brutti, fetidi e volgari? Ebbene, scordatelo. Crowley era un fascinoso e sofisticato demone tentatore, non maleodorante e dotato di una folta chioma di capelli vermigli, che amava acconciare secondo le mode terrestri del momento.

E calcolate che i demoni non avevano neanche i capelli, al limite possedevano un iguana semi stecchito sopra la testa, una bavosa e colante lumaca intorno alla fronte, certo non dei capelli morbidi e fiammanti.

Da ciò risulta chiaro quanto anche il demone Crowley fosse poco iconografico e niente affatto rispettoso dei canoni demoniaci. Era sì un malandrino diabolico, ma non era spietato e crudele come i suoi simili, come Aziraphale non era così retto e ineccepibile come gli altri angeli.

Forse era per questo che i due si erano trovati e andavano così d’accordo. A tal punto d’accordo che la mera collaborazione si era trasformata un sentimento vero e proprio.

E dopo i fatti della mancata apocalisse, quando i due si erano sentiti maggiormente liberi di esprimersi e sganciati dal giogo delle loro opposte fazioni, questo sentimento era venuto prepotentemente a galla.

Solo che, naturalmente, accadde qualcosa di inaspettato, qualcosa che i due furbetti non avevano previsto.

E, d'altronde, un conto è ingannare Gabriel e Belzebù, un altro è ingannare Chi non può essere ingannato per definizione…

 

 

“…Ooh, you make me live!

Whatever this world can give to me,

It's you you're all I see.

Ooh, you make me live now, honey!

Ooh, you make me live

Oh, you're the best friend that I ever had

I've been with you such a long time…”

 

 

-STAI ZITTO!- sbraitò Crowley contro il suo stereo che, spaventato, interruppe subito la famosa “You’re My Best Friend” dei Queen.

-E voi?- ruggì contro le sue piante, minaccioso -Che cosa avete da guardare, stupide, rinsecchite creature!?-

I poveri vegetali tremarono dalla paura.

-La festa è finita! Avete capito? La festa è finita!!- Crowley gesticolò verso il nulla, alzandosi in piedi e bevendo l’ennesima sorsata di vino rosso. Guardò per l’ennesima volta lo schermo del suo cellulare, ma non c'era ancora nessuna notifica.

Crowley imprecò mentalmente.

Aziraphale, quel maled…Benedetto angelo non rispondeva.

Roba da matti.

Era lui l’angelo, per l’inferno! Lui era tenuto a chiedere scusa, a perdonare e a tutte quelle robette lì!

“Vai al diavolo!” gli scrisse Crowley in un impeto di rabbia, mandandogli il messaggio

“No, perché altrimenti ti incontro!” gli arrivò la risposta angelica due secondi dopo. Crowley la lesse e gettò con tutta la sua rabbia demoniaca il cellulare contro il muro, fracassandolo.

Se non fosse ancora chiaro, l’angelo e il demone avevano litigato. Solo che non era stato uno dei loro soliti e frequenti bisticci, era stata una discussione più seria.

Come è stato detto, dopo i fatti del mancato Armaggedon, le cose fra loro erano migliorate e poi si erano complicate. Il loro millenario rapporto di amicizia era stato svelato e ora Aziraphale era terrorizzato di subire ritorsioni dalla Sede Centrale del Paradiso che, come è noto, oltre a essere onnipotente era anche onnisciente. In altre parole, Dio era già a conoscenza di tutto, ma proprio tutto, tutto, tutto, da sempre. Dall’amicizia -equivoca- che i due disobbedienti avevano intrattenuto fin dalla notte dei tempi, al recente scambio di persona che avevano inscenato per salvarsi la pelle… Fino a quel piccolo incidente di labbra che li aveva visti protagonisti di una intollerabile effusione, come aveva sottolineato poco dopo l’angelo innamor… ehm, impettito.

E infatti che tuoni e che fulmini c’erano stati, subito dopo quei due bacetti! A Londra era scoppiata una tale bufera, un tale temporale che erano venuti perfino gli inviati della BBC News a fare un servizio.

E Aziraphale aveva assistito a quella gloriosa e iraconda tempesta con l’ansia di un subacqueo che vede in lontananza l’arrivo di squalo bianco.

Perché era chiaro che il Capo si fosse arrabbiato.

E d’altronde Aziraphale sapeva di aver superato il limite, di aver commesso delle violazioni gravissime, meritevoli come tali della famigerata “caduta” negli inferi. Quella tempesta era stata solo un avviso: “Angelo avvisato, mezzo salvato” come direbbero gli umani.

Per questo motivo l’angelo Aziraphale aveva deciso di intervenire, di correre ai ripari, perché lui era un angelo, e gli angeli per contratto non potevano peccare, dovevano sempre fare la cosa giusta.

 

 

-Devo tornare in Paradiso, mio caro- gli aveva sussurrato, mentre camminavano per il St. James Park -Devo chiedergli perdono. Lui è stato fin troppo misericordioso con me, non posso abusare ancora della sua pazienza-

-Se questo ti tranquillizza, va bene- gli aveva risposto il demone, con un’alzata di spalle -Vai, gli chiedi scusa, due chiacchiere e poi torni qui-

Ma Aziraphale non gli aveva risposto. Si era limitato a guardarlo con tristezza, e Crowley conosceva quello sguardo dispiaciuto, eccome se lo conosceva. In quel momento, le sue viscere demoniache si contorsero.

-Angelo?-

-Temo che… Ecco… Dubito che mi consentirebbe di tornare indietro, una volta risalito in Cielo-

Il demone Crowley si fermò a guardarlo, accigliato e incredulo lui stesso di ciò che aveva appena sentito, tanto che l’angelo fece un passo verso di lui.

-Ho violato tutte le regole che potevo violare e… Beh, sai anche tu cosa succede-

“Si cade negli inferi” pensò il demone, senza dirlo ad alta voce.

Aziraphale gli afferrò la mano sinistra -Sono terrorizzato, Crowley, e sono comunque un angelo, ho dei doveri, non posso continuare a stare qui a fingere di fermarti. Sono seimila anni che lo faccio e l’Onnipotente inizia a essere… Come dire, spazientito-

-Ma se è vero che non ti permetterà più di tornare sulla Terra, noi come accidenti faremo a vederci?- gli domandò il demone, teso -Io non posso salire ai Piani Alti, tu non puoi scendere ai Piani Bassi… Come faremo?-

Aziraphale sospirò, profondamente dispiaciuto -E questa la parte problematica, semplicemente non potremo più-

Crowley tacque, allucinato. Ecco cosa provavano gli umani quando un loro caro se ne andava, ragionò, ecco cos’era quella sensazione di vuoto e di completo smarrimento, di paura e di totale sfiducia per il futuro. Aziraphale, il suo Aziraphale, voleva tornare in Paradiso.

-Ma non volevi andare in Messico a provare i tacos?- gli domandò il demone, con voce ansiosa e stentorea.

L’angelo gli sorrise dolcemente -Sì, certo che lo volevo, però…-

-E volevamo… Cioè, volevi anche andare in Finlandia a vedere l’aurora boreale, ti ricordi?-

-Quella si può vedere anche dal Paradiso, a dire il vero- gli rispose il biondo, forzando un sorriso -Crowley, non rendermi le cose ancora più complicate. È già tanto difficile dovertelo dire perché sai, tu per me sei… Sei come…-

-Lascia stare, ho capito- lo interruppe duramente, ringraziando di avere gli occhiali da sole -Va bene, benissimo. Non c’è problema, torna pure in mezzo alle nuvole a suonare l’arpa e a lucidarti l’aureola. Sarà bello stare qui sulla Terra senza averti tra i piedi-

-Mio caro….-

-NON SONO TUO E NON SONO CARO!- tuonò rabbioso, attirando l’attenzione dei passanti. Ma Aziraphale non si fece spaventare e continuò, andandogli più vicino.

-Ferisce anche me, ma non ho altra scelta, sono costretto a farlo!- gli disse l'angelo, supplicando con lo sguardo -Sono a un passo dal cadere, Crowley, prima o poi doveva succedere. l’Onnipotente…-

-BASTA! Vuoi andartene? Bene! Vattene, allora!- esclamò Crowley furiosamente, facendo ben attenzione a non guardarlo -Se per te è così importante piacere a gente che ha cercato di cuocerti alla brace, vai pure! Va' da loro! Adios-

Crowley girò i tacchi e iniziò a camminare svelto, voleva allontanarsi da lui, scappare via il più lontano possibile.

-Adios?- ripeté angustiato l’angelo, rincorrendolo per il ciottolato -Non… Non mi saluti nemmeno? Non so, un… Una pacca sulla spalla o qualcosa di simile?-

-Fattela dare da Gabriel, il tuo nuovo migliore amico-

Aziraphale gli afferrò forte un braccio e lo fermò -Ti ho appena detto che sto per andarmene per sempre e tutto ciò che sai fare è del sarcasmo?-

-Sono un demone, è quello che faccio!- sibilò Crowley, tradito però dalla sua voce rotta.

Aziraphale sospirò e lo guardò negli occhi, oltre le lenti scure -Dimmi almeno che mi perdoni-

-No, ora sei tu ad essere imperdonabile- sentenziò inflessibile, liberandosi dalla sua presa e riprendendo a camminare, dandogli le spalle.

-Ti amo-

-Io no- gli rispose Crowley, scomparendo e ricomparendo nel suo appartamento, col cuore di pietra a pezzi e un paio di lacrime rosse tra le ciglia.

 

E quindi il demone tentatore era qui, nel suo ampio e gelido appartamento, col cellulare spiaccicato contro il muro e una serra piena di piante traumatizzate.

Ovviamente, ora che era a casa, gli venivano in mente tutte le frasi che avrebbe dovuto dire e che invece non aveva detto. Ad esempio:

“Io con te starei bene anche all’inferno. E calcola che neanche i demoni stanno bene all’inferno”

Oppure:

“Non devi avere paura di cadere, idiota! Ti prenderei al volo io, anche se il tuo poderoso peso ci trascinerebbe chissà dove!”

O magari, la frase più intelligente e al contempo più semplice di tutte:

“Anche io ti amo, idiota di un angelo”

In compenso, però, aveva parlato di emerite sciocchezze come i tacos, le aurore boreali -come se in Paradiso non ce ne fossero! Era tutta un’aurora boreale, là sopra!- e per finire si era comportato da stronzo. Con un angelo.

Bella mossa.

La verità, signori, era che Crowley amava il suo angelo.

Si era sempre sentito affine a lui, a suo agio, accettato interamente per quello che era: un demone, né più, né meno.

Malgrado fossero completamente diversi, diametralmente opposti sia nell’aspetto che nel carattere, erano sempre riusciti ad andare d’accordo e a trovare un compromesso per tutto. E questo voleva dire qualcosa, no? La loro amicizia non era forse la più duratura della storia dell’universo, eone più, eone meno? Certo, avevano avuto i loro alti e bassi, ma chi non li ha avuti? Perfino Paolo e Francesca, Marx ed Engels, Gauguin e Van Gogh, Sherlock Holmes e Watson e chissà quante altre coppie iconiche avevano avuto i loro momenti no di bisticci e discussioni, era normale.

L’importante alla fine era riappacificarsi, e loro lo avevano sempre fatto.

E in fondo non era poi tanto difficile fare la pace con un angelo. Aziraphale era sempre stato un tenerone, e Crowley si era limitato a punzecchiarlo in modo del tutto innocente.

Ma ora che non ci sarebbe stato più, come avrebbe fatto? Che senso aveva continuare a stare sul pianeta Terra, se il suo migliore amico non c’era? Tanto valeva ritornare a quel paese e starsene lì. Ma l’eternità era lunga, accidenti se era lunga, e senza Aziraphale diventava anche tormentosa.

Non per niente i seimila anni con lui erano volati, e il demone Crowley si ricordava tutte, ma proprio tutte, le frasi carine che Aziraphale gli aveva detto nel corso dei millenni…

 

-A me piacciono i tuoi occhi, sono originali- gli disse poco dopo che Adamo ed Eva erano stati cacciati dall’Eden, sorprendendolo.

-Non sei male per essere un demone- anno 1853 a.C.

-Non preoccuparti per questa effigie demoniaca, non si vede nemmeno- anno 460 d.C, la prima volta in assoluto in cui le sue grassocce e serafiche dita gli avevano sfiorato il viso.

-Come vuoi, caro- anno 1160, la prima volta in cui l’aveva chiamato “caro”.

-Non bere quell’acqua! È consacrata!- anno 1303, la prima volta in cui Aziraphale l’aveva salvato dalla trappola di un sospettoso esorcista.

-Mi è dispiaciuto non averti intorno- anno 1645, dopo che i fatti della riforma protestante avevano tenuto occupato l’angelo altrove.

-Come sei affascinante, oggi!-  anno 1815.

-Non posso lasciarti rischiare la vita- anno 1965, quando l’angelo gli diede la borraccia piena di acqua santa per non farlo arrischiare in una chiesa.

-Ti dona questo nuovo taglio di capelli- siamo nel 1999.

-Avevi ragione, comunque- e questo glielo disse una settimana dopo che l’Apocalisse era stata sventata -Non è vero che non mi piaci-

Il colpo di grazia, però, ci fu quando Crowley lo sentì canticchiare per puro caso una hit dei Queen, “Radio Ga Ga”, per la precisione.

È risaputo infatti che gli angeli possiedono una voce soave e incantevole, ben superiore a quella degli umani sia per l’intonazione che per la capacità di emozionare, di arrivare direttamente nel cuore degli ascoltatori. Il problema, però, è che cantano esclusivamente cose da angeli, come il Gloria, l’Osanna e altre sacralità che a Crowley facevano bruciare le orecchie, letteralmente parlando. L’ultima volta che aveva sentito Aziraphale cantare un inno sacro, nel lontano 1275, per poco non ci aveva rimesso i timpani e da quel giorno l’angelo non aveva più cantato nulla di fronte a lui.

Ma ora, con le canzoni rock degli umani, tutto era diverso.

Non c’è da stupirsi, quindi, che Crowley rimase incantato quando sentì il suo angelo preferito canticchiare niente meno che un successo della sua band preferita. Talmente incantato che… Beh, starete a vedere.

 

 

 

 

 

 

Note
Ciao, eccomi di ritorno ;)
Ho deciso di dividere questa one-shot in due parti perché altrimenti sarebbe venuta davvero troppo lunga (come al solito, mentre scrivo i personaggi mi sfuggono di mano e fanno quello che vogliono).
Nella prossima parte torneremo indietro nel tempo e approfondiremo un po’ la questione dei baci che hanno portato alla scelta di Aziraphale di tornare in Paradiso…
È un po’ confusionaria la storia dal punto di vista temporale, spero che riuscirete a capire tutto. Io sono comunque qui e su Facebook, disponibile per ogni chiarimento!
Fatemi sapere se vi è piaciuta, a presto ^^

P.s. se non si fosse capito, l'effige demoniaca è quella a forma di serpente che Crowley ha tatuata nella tempia.

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


 

Eravamo rimasti alle doti canore e incantatrici di Aziraphale.

Gli angeli cantano, è nel loro DNA cantare, come è nel DNA dei demoni ballare e prodigarsi nei peccati più estrosi e variopinti.

Il demone Crowley, durante i seimila anni che era stato sulla Terra, non era certo stato da meno. Aveva avuto modo di scoprire e sperimentare ogni perversa abitudine umana, sia veniale che mortale. E d’altronde, come poteva tentare il prossimo, se non aveva provato lui stesso il brivido delle tentazioni? Gli umani lo avrebbero ritenuto poco credibile.

Crowley pertanto aveva rubato, oziato, invidiato, litigato, speculato e fatto sesso, giusto per darvi un'idea.

Aziraphale, al contrario, non aveva mai praticato niente del genere -eccetto per l’ozio, adorava dormire!- e aveva cercato di mantenere nei secoli una condotta inappuntabile, un po’ per obbedienza ai supremi dettami e un po’ perché era, di fatto, un bacchettone.

Ma se c’era una cosa a cui non poteva resistere, quella era il cibo. E anche fare i grattini a Crowley quando si presentava da lui sotto forma di serpente, ma questo non c'entra.

Ciò che c'entra, è la tranquilla e innocente cenetta al Ritz che i due avevano organizzato per celebrare (ancora una volta) il salvataggio della Terra.

Dovete sapere che il Ritz è un ristorante di classe, con un’ottima cantina e del buon pesce. Questo lo rende molto adatto alle coppiette e fa fare bella figura ai primi appuntamenti, peccato solo che Crowley e Aziraphale non ne fossero del tutto consapevoli. Giusto una volta il maitre aveva chiesto a Crowley se il tavolo in fondo a sinistra potesse garbare anche al suo (ineffabile) marito, al che il demone si era indignato e aveva risposto un equivoco “Lui è il mio angelo, non mio marito!”, andando solo a peggiorare la situazione.

“Oh, lei è proprio un gentiluomo, signor Crowley!”

Aziraphale però prendeva raramente il pesce, gli veniva un groppo al cuore ogni volta che vedeva quelle povere bestiole immolate così brutalmente sull’altare dell’appetito. Ovvio, con la dovuta eccezione del sushi e del salmone al finocchietto, che erano squisiti.

Lui era più un tipo da primi piatti e da dolci, tanti dolci, troppi dolci. Il suo giro vita rotondetto evidenziava in modo inclemente questa sua peccaminosa abitudine.

Ovviamente era sempre Crowley che lo spronava a fare il bis. Lo tentava con maestria eccelsa, come solo un demone del suo lignaggio saprebbe fare. E d’altronde il demone serpentesco adorava vedere il suo impeccabile angelo in preda dell’estasi del palato, adorava vederlo assaporare e chiudere gli occhi, deliziato.

-Che ghiottoneria! Se fossi un umano, dopo un piatto del genere andrei di corsa a confessarmi!- aveva scherzato, pulendosi la bocca col tovagliolo -Ma che bontà! Figliolo?- chiamò il cameriere, che lo raggiunse, perplesso -Porgi le mie più sentite congratulazioni allo chef per questo piatto davvero… Davvero angelico!-

-Ehm, grazie mille, signore-

-Prego- gli fece l’occhiolino.

-Prendine un'altra porzione, se ti piace tanto- lo istigò il demone, in vena di tentazioni.

-No, altrimenti le ali non mi reggono più!- scherzò Aziraphale, facendolo sorridere.

Crowley sospirò, adorava il suo angelo dalle guance rosee e paffute.

-Angelo?-

-Dimmi, caro-

-Hai mai pensato che noi ci comportiamo proprio come se fossimo due umani?-

Aziraphale lo guardò, perplesso -Beh, lo facciamo per mimetizzarci. Non possiamo certo spiegare le ali e volare al supermercato-

-Lo so, ma pensaci. Mangiamo, beviamo, dormiamo e andiamo perfino al parco. Facciamo esattamente quello che fanno loro, eccetto che per una cosa-

-Quale?- gli domandò Aziraphale ingenuamente, tutto intento a piegare un tovagliolo in modo artistico.

Il demone lo guardò, esitando. L’angelo biondo allora alzò lo sguardo, specchiandosi nelle sue lenti nere. Il tovagliolo intanto aveva assunto la perfetta forma di una rosa.

-Azi… Possibile che tu non sia curioso neanche un po’?-

Appena Aziraphale intuì cosa quel malandrino intendeva, prima rimase scandalizzato, poi lo guardò male e infine si alzò in piedi tutto impettito, puntandogli il dito contro.

-Non osare!- scandì, con le labbra strette -Non osare!-

-Sei qui da seimila anni e non ci hai neanche mai pensato?- e invece il demone Crowley osò, naturalmente.

-Oh, per l’amor del Cielo, Crowley!- esclamò l’angelo, imbarazzato -Sono un angelo, un messaggero del Paradiso, un tempio sacro e inespugnabile! Non dovresti nemmeno pensare certe cose riferite a me!-

L’altro alzò gli occhi al cielo, insofferente.

-Sì, un tempio sacro e inespugnabile pieno di pasta asciutta e creme brulèe. Credi che la gola sia un peccato tanto diverso dalla lussuria? O tanto migliore? È la stessa cosa, angelo, cambiano solo le parti erogene-

-Piantala! Non vedi che c’è un bambino!?- avvampò l’angelo, indicandogli un ragazzino a dieci tavoli di distanza.

-Ma dai! Non può sentirci da qui- gli rispose il demone, con una smorfia.

-Potrebbe leggere il labiale!-

-Aziraphale, ti puoi sedere gentilmente?-

Quest’ultimo gli obbedì, teso.

-Le umane ti guardano- continuò il demone tentatore -E anche certi umani-

-Guardano te, non me- gli rispose lui, sottovoce -Tu sei il tipo affascinante, io sono il librario gentile che beve il tè e mangia troppi pasticcini-

-Non sottovalutarti…- esclamò Crowley, con lo sguardo fisso su di lui -Non puoi neanche immaginare quanti pensieri indecenti sei in grado di suscitare-

-E preferisco non immaginarlo. Cheers!- Aziraphale sollevò il calice, facendo il gesto di brindare e chiudendo implicitamente la conversazione.

Crowley sospirò, era una missione impossibile. E d’altronde, sarebbe stato il primo demone nella storia dell’universo ad aver tentato in quel senso un angelo.

Però, quando si trattava di mangiare, Aziraphale non era poi tanto distaccato o puritano, anzi. Godeva nell’assaporare e nello sperimentare pietanze nuove, ed era anche un grande amante dell’ozio.

Gola e accidia. Senza contare che ogni tanto perdeva le staffe, ira, e guardava i suoi libri come se fossero dei veri e propri tesori, tanto da faticare perfino a prestarli, avarizia.

Forse sarebbe stata una missione difficile, non impossibile. E in fondo dopo seimila anni sulla Terra, pianeta di peccatori provetti, e in compagnia di un seducente demone tentatore, era comprensibile che la santità di Aziraphale stesse iniziando ad incrinarsi…

Crowley sorrise, diabolico. In fondo tentare la virtù degli umani era così noioso, soprattutto ultimamente… Gli umani erano creature fin troppo sensibili al fascino della trasgressione e del proibito, deviarli era facile come bere un bicchier di vino.

Mentre tentare Aziraphale era tutta un’altra storia.

Tutta un’altra impresa.

Ogni cosa di lui era pura e richiamava il candore della sua natura. Il modo in cui sorrideva a tutti, le premure e le gentilezze che si prodigava di elargire, il celeste intenso dei suoi occhi, l’oro chiaro dei suoi capelli riccioluti e perfino il profumo delle sue ali soffici e immacolate.

Ed eccola quella sensazione d’aspettativa, quel formicolio indistinto che gli umani provano quando desiderano accoppiarsi con qualcuno…

-Stai per caso provando un formicolio piacevole e al contempo fastidioso in talune zone del corpo?-

-Sì!- gli rispose di getto l’angelo, sorpreso. Ma poi si corresse -Voglio dire, no. Affatto, no-

-Peggiora se ti sorrido?- gli sorrise, per l’appunto.

-Cameriere?- l’angelo fece un nervoso cenno verso la sala -Il conto, gentilmente-

-Ti accompagno a casa- sentenziò Crowley.

-Ti ringrazio ma vado a piedi- gli rispose svelto, alzandosi in piedi -Anzi, ad ali, visto che per ora mi reggono-

-Non essere ridicolo- lo confutò Crowley -Potresti incontrare qualche demone malintenzionato, là fuori a quest’ora-

-Come se non lo avessi già incontrato- lo provocò Aziraphale, piccato -E comunque non sono una pulzella in difficoltà, so come difendermi-

Crowley faticò a non sorridere -Deciso. Ti accompagno a casa-

-Allora mi offri la cena!-

-Non ho un soldo- gli rispose l’altro, divertito -Ma posso sempre rubarli a quel tizio là in fondo-

-Lascia stare- esclamò prontamente Aziraphale, tirando fuori il suo porta banconote vittoriano -Faccio io, come al solito-

-Ti aspetto in macchina, angioletto-

La Bentley nera e tirata a lucido sembrava quasi che li stesse aspettando di fronte al ristorante, ovviamente parcheggiata in doppia fila e in prossimità di un divieto di sosta.

I due salirono a bordo, Aziraphale si mise subito la cintura e si aggrappò forte ai sedili di pelle, mentre Crowley accese lo stereo, facendo cantare Freddie a tutto volumeCome al solito partì a tutta birra, bruciando due semafori e asfaltando un cartello di stop.

-Comunque, pensaci, angelo-

-A cosa?- ansimò Aziraphale - A far profanare il mio celestiale e virtuosissimo corpo dalla tua linguaccia diabolica? La risposta è no!-

Malgrado fosse alla guida, Crowley lo guardò con un sorriso a mezz’asta -In realtà io mi stavo riferendo al fatto di provare i tacos direttamente in Città del Messico, però… Lingua? E chi mai ha parlato di lingua? E soprattutto chi mai ha parlato della mia. Ssstai per caso cercando di chiedermi qualcosa?-

Aziraphale arrossì e in risposta alzò ulteriormente il volume dello stereo, non senza fulminare il furbo seduttore con lo sguardo.


“…This thing (this thing!)

Called love (called love!)

It cries (like a baby),

In a cradle all night.

It swings (woo woo)

It jives (woo woo)

It shakes all over like a jelly fish

I kinda like it!

Crazy little thing called love!

 

Chissà come se la passava lassù, Freddie.

-Lo avete obbligato a entrare nel coro, non è vero?- gli domandò Crowley a bruciapelo, riferendosi al suo cantante preferito.

Aziraphale sorrise.

-Non so, è da un po’ che non salgo ai Piani Alti…- rispose con aria innocente -E comunque, gli angeli non costringono nessuno a far parte dei cori celesti, non siamo mica dei dittatori, noi-

Crowley scosse la testa. Quindi la risposta era sì… Povero Freddie.

Mentre ci pensava, non si era accorto che Aziraphale tamburellava con le dita al ritmo di Crazy Little Thing Called Love.

 

Ora, una opinione molto diffusa nel mondo degli umani riguarda la presunta asessualità degli angeli. In effetti, gli angeli e i demoni sono veramente asessuati, nel senso che non sono né uomini, né donne. Hanno però un corpo in dotazione, che rispecchia perfettamente il loro aspetto.

Ebbene, questo corpo ha caratteristiche biologiche e fisiche chiaramente e indubbiamente assimilabili a uno dei due generi, ma ciò non significa che, ad esempio, Gabriel sia per forza un maschio e Michael per forza una femmina.

Sono angeli, anime eteree, che vanno oltre i due generi umanamente conosciuti. Ciò che il loro corpo raffigura non ha alcuna importanza.

Tuttavia, dopo seimila anni passati sulla Terra, fin troppo rigida nel rimarcare la differenziazione tra il maschile e il femminile, il demone Crowley e l’angelo Aziraphale si erano ormai abituati a ritenersi due maschi, con tutte le conseguenze del caso: vestiti da uomini, taglio di capelli da uomini, dopobarba e tutto il resto.

Dal punto di vista puramente sessuale, invece, il discorso è molto più complesso, soprattutto per la controparte buona, che non si era mai neanche astrattamente posta il problema.

Aziraphale però, dopo seimila a contatto con gli umani e con il seducente Crowley, il problema se l’era posto eccome. Aveva visto e sentito cose che mai, mai un angelo come lui avrebbe dovuto vedere o sentire.

Certo non si era mai fatto tentare né si era lasciato andare a libertine condotte, però la carne era debole e l’immaginazione era forte. E poi il suo amico demone non era forse l'esemplare più sexy e conturbante di tutto l'inferno? Ahimè, i figli più diligenti sono sempre quelli che vengono messi alla prova più spesso...

“È una squisita forma d’estasi” gli diceva l'affascinante Crowley, di ritorno da una delle sue scappatelle “Dovresti provare!”

“L’estasi appartiene al Paradiso, non alla Terra, bestemmiatore che non sei altro!”

“Non parlo dell’estasi contemplativa, angioletto…”

“Oh, chiudi quella bocca!”

Quante volte lo aveva zittito, schiacciando quella bruciante e per nulla angelica curiosità di scoprire, di sperimentare una volta per tutte ciò che faceva perdere la testa sia agli umani che ai demoni… Perché il problema è che avrebbe potuto sperimentarlo, meccanicamente parlando. Aziraphale aveva un corpo dall’anatomia umana, privo di ormoni o di impulsi, ma comunque sensibile agli stimoli esterni. Percepiva dolore se veniva ferito, sentiva la fatica se correva troppo a lungo, si stordiva e si esaltava quando beveva troppo vino… Le reazioni chimiche e fisiche erano le stesse, solo che alcune erano pacificamente ammesse, altre rigorosamente vietate.

Per questo, quella sera, pur essendo entrambi innamorati e attratti l’uno dall’altro, i due millenari amici non fecero niente di particolarmente sconveniente nella libreria di Aziraphale. Ma ciò non esclude il fatto che fosse successo comunque qualcosa tra loro, qualcosa di grande, visti i loro tempi infiniti.

Parcheggiata la Bentley in doppia fila, l’angelo gli aveva proposto candidamente di entrare da lui e bere un tè di mezzanotte, e visto che Crowley è un demone e, come tale, non ha problemi di insonnia legati al consumo di teina, accettò.

Fu in quell’occasione che sentì l’angelo canticchiare, dopo circa settecento anni dall’ultima volta.

Aziraphale era in bilico sopra una scala, intento a spolverare un’alta scansia, concentrato e assente allo stesso tempo. Crowley invece era seduto scomposto e lo guardava lavorare, ovviamente senza muovere un dito. Rimase senza fiato quando sentì l’angelo intonare all’improvviso una paganissima “Radio Ga Ga”, così, senza motivo alcuno. Si tolse perfino gli occhiali da sole, tanto ne fu sconvolto.

-Non smettere- 

L’angelo si voltò e guardò in basso, il demone era in piedi e lo stava fissando con sguardo rapito, quasi commosso.

-Non smettere cosa, caro?- gli domandò Aziraphale, ignaro, con gli occhiali da vista calati sul naso.

-Di cantare. Canta ancora- lo supplicò Crowley, sorprendendolo -Cantane un’altra-

Aziraphale capì e gli sorrise dolcemente -Quale?-

-Quella che vuoi-

-A furia di ascoltarle nella tua auto, ormai le ho imparate tutte- esclamò, facendo spallucce -Vediamo...- ci pensò su, poi decise -Ti intonò la mia preferita-
L'angelo si schiarì la voce melodiosa e il demone non smise di fissarlo, pronto a vivere una grande emozione.

-Can anybody find meee... Somebody tooo love?-

Crowley trattenne il fiato.

-Ooh, each morning I get up I die, can barely stand on my feet! Take a look in the mirror and cry, cryyyy! Lord, what you're doing to me!? I have spent all my years in believing you, but I just can't get no relief, Lord! Somebody… Ooh somebody! Can anybody find me somebody to looove?-

Quella bocca era stata una calamita, una tentazione irresistibile. Mai, in seimila anni da quando era caduto, Crowley aveva provato qualcosa di così dolce e consolante, evocativo di ricordi che credeva persi per sempre, bruciati e banditi: i ricordi di quando lui stesso era un angelo e cantava nella pace del Paradiso.

Gli era venuto naturale librarsi in aria e interromperlo con un bacio sulle labbra.

Naturale, ovvio, spontaneo.

Solo che per l’angelo non fu la stessa cosa, Aziraphale non era caduto e non poteva capire quali emozioni il proprio canto avesse sortito nell’altro. E infatti sbarrò gli occhi azzurri e si fece subito indietro, scandalizzato e paonazzo.

-Scusa, angelo- esclamò prontamente Crowley, imbarazzato quanto lui -Non intendevo… Non so perché l’ho fatto-

Aziraphale forzò un sorriso e minimizzò -Non preoccuparti, non fa niente. Anzi, suppongo che sia stato un gesto carino, no? Un modo come un altro per applaudire-

L’altro annuì, teso.

-Grazie, allora- gli sorrise gioviale, scendendo dalla scala e nascondendo bene il turbamento che provava. In fondo era un bacio, si diceva l’angelo, un gesto affettuoso. Per una volta che Crowley si comportava in modo carino, sarebbe stato stupido rimproverarlo… Giusto? Certo, se l’avesse baciato sulla guancia piuttosto che sulla bocca sarebbe stato tutto più semplice, ma non si può avere tutto dalla vita.

-Angelo?- lo chiamò Crowley, calandosi lentamente a terra.

Aziraphale si voltò.

-Mi manca. Ci manca… A noi demoni, intendo- gli confessò, insicuro -La verità è che ci manca, immensamente-

L'angelo capì subito a cosa si riferiva e si intenerì. Non poteva neanche immaginare cosa significasse cadere, essere esiliati da un luogo di pura gioia e pace come il Paradiso. La sola idea gli metteva i brividi.

-Perché non ci perdona? Non fraintendermi, so di essere imperdonabile, io stesso l’ho detto però…- il demone esitò, ferito come Aziraphale non l’aveva mai visto -Perdona tutto e tutti, perché con noi deve essere diverso?-

Sentirsi dei mostri, delle creature ripudiate perfino dal proprio Creatore, non era facile, era molto doloroso a dire il vero.

-Crowley- lo chiamò dolcemente -Sai anche tu che certe domande non hanno risposta. O meglio, la risposta c’è, ma a noi non è dato saperla. Però se le cose stanno così, significa che è giusto così, che c’è un motivo. C’è sempre un motivo nel progetto divino, è…-

-Ineffabile, lo so- Il demone annuì, mogio -Fingi che non ti abbia detto niente. Scusa ancora per… Insomma, quello. Sai, la tua voce mi ha ricordato i bei tempi che furono, e non ho potuto… Saputo…-

Ma il demone non finì la frase, perché Aziraphale lo interruppe bruscamente e in maniera del tutto originale. Lo baciò sulle labbra proprio come aveva fatto lui poco prima, chiudendo gli occhi e accarezzandogli la guancia bollente e sbarbata. L'angelo rimase sorpreso, Crowley odorava di bruciato o, meglio, di fuoco. Ecco, se il fuoco avesse avuto un profumo, sarebbe stato quello di Crowley.

Quando poi sentì le sue mani scendere al di sotto della cintura e la sua lingua biforcuta scattare svelta tra le sue labbra, l’angelo si staccò e lo rimproverò con lo sguardo.

-Vado a prendere il tè- esclamò, con tono serio ma indulgente, mentre intanto là fuori il cielo stava iniziando ad annuvolarsi.

-Per me un bicchiere di scotch, bellezza- specificò Crowley, abbozzandogli un sorriso.

-Per te una tazza di camomilla!- lo contraddisse Aziraphale -Lussurioso che non sei altro- aggiunse a bassa voce.

-Che hai detto, angelo?- 

-Niente…-

Crowley si gettò pesantemente sulla poltrona, con un sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto emaciato. L’angelo lo aveva baciato di sua sponte, aveva premuto quelle sue labbra morbide e serafiche sulle proprie demoniache, e per l’inferno, quello era stato un gigantesco passo avanti. Di questo passo, fra altri seimila anni avrebbe potuto perfino sfilargli la camicia… E allora lì sì che gli avrebbe cantato in faccia “Don’t stop me now!” perché “The show must go on”. Tanto le canzoni dei Queen erano immortali e sarebbero state ancora in voga perfino fra seimila anni.

Tutto era stato merito di Freddie e del suo gruppo, comunque. Crowley avrebbe davvero voluto ringraziare e complimentarsi con quell’umano di persona…. Peccato solo che il frontman si trovava effettivamente in Paradiso, catapultato contro la sua volontà nel coro celeste insieme a John Lennon e Michael Jackson.

E peccato solo che adesso il suo angelo non c’era più. Crowley non poteva neanche chiedergli di procuragli un autografo, perché tanto Aziraphale non sarebbe potuto tornare sulla Terra per darglielo.

Il Capo Divino non lo avrebbe certo lasciato andare, soprattutto ora che avevano fatto finalmente coming out.

Ma si sa che il Progetto Divino, oltre a essere ineffabile, è anche imperscrutabile e spesso a dir poco sorprendente. Non pensiate mai di averlo compreso fino in fondo.

 

 

Intanto, nel Paradiso…


-Aziraphale?-

L’angelo biondo si voltò verso Gabriel, uno dei suoi numerosi superiori. Come sempre da quando era tornato, Aziraphale stava fissando sconsolato quella sorta di volante mappamondo che era la Terra, nettando con un dito la sua adorata Inghilterra da ogni nube.

-Sì?-

Gabriel si schiarì la voce -Mi è stato detto che… Ecco, che il Capo- fece segno con l’indice verso l’alto -Ti vorrebbe parlare-

L’angelo corrugò la fronte -Michael vuole parlare con me?-

-Er, no. Più in alto, Aziraphale, più alto-

-San Pietro vuole parlare con me!?-

Gabriel sospirò e lo guardò, irritato -No, razza di… Di sciocchino!- forzò un sorriso -Più in alto, molto, moooolto più in alto, estremamente più in alto, Aziraphale!-

A quel punto, Aziraphale capì. Impallidì e sgranò gli occhi celesti, il suo cuore angelico iniziò a battere forsennatamente.

-Ma… Deve esserci un equivoco- esclamò l’angelo, angustiato -Non sono mai andato così in alto, non sono nemmeno autorizzato ad andarci, insomma…-

-Senti, Lui vuole parlare con te. Hai intenzione di andarci o vuoi disobbedire anche a questo?-

Immaginatevi un timoroso bambino di prima elementare. Ecco, Aziraphale si sentiva come un bambino di sei anni a cui gli veniva comunicato che non una maestra, non un professore, non il preside della scuola, ma proprio il Magnifico Rettore desiderava riceverlo nel suo ufficio per parlare con lui.

Aziraphale si sentiva proprio così quando vide un ascensore bianco e luminoso comparire dal nulla, sospesa nell’etere senza alcun filo a sostenerlo.

Guardò per l’ultima volta Gabriel, che gli fece un irritato cenno di muoversi, e poi entrò. L’ascensore partì, come una stella cadente rivolta però verso l’alto.


 

Nel frattempo, sulla Terra, un demone dall’aria depressa stava facendo zapping senza neanche usare il telecomando, seduto scomposto sul trono di casa propria con una bottiglia di vino sul grembo. 

-…Ma quello è un angelo!-

Crowley cambiò canale.

-…Ed eccoci nella Cappella Sistina, dove Michelangelo ha dipinto numerosi angeli…-

Di nuovo, cambiò canale.

-…Ci vorrebbe un miracolo!-

No, cambiò canale ancora.

-In nomine Patris, et Filis…-

Crowley si rassegnò e spense la tv, non senza aver imprecato rabbiosamente. Aziraphale se n’era andato da due giorni e lui già si sentiva perso, vuoto. Perfino le canzoni dei Queen non riuscivano a risollevargli il morale, perché ogni brano, per un motivo o per un altro, gli ricordava lui. E poi fuori c'era un sole che spaccava le pietre, tanto che gli inglesi, basiti e spaesati, erano usciti a maniche corte malgrado fosse gennaio. E se quella non era opera di Aziraphale, allora non lo era nessuna.

"Come se potesse fregarmene qualcosa del sole" brontolò il demone -Tanto le mie piante crescono anche senza sole!- ringhiò, anche se sapeva che il suo angelo non poteva sentirlo -Ho bisogno di te, non del sole! Idiota!-

Ma per mille diavoli, da quando era diventato così molle e sentimentale? Perché gli veniva perfino da piangere, al pensiero che quella testa vuota di Aziraphale non sarebbe più tornata? Possibile che lo amasse a tal punto?

Crowley guardò verso il soffitto, era proprio arrivato al capolinea, all’ultima spiaggia. Si fece coraggio e iniziò a parlare, o meglio, a pregare.

-Ehm, pronto? Ascolta, Grande… Supremo Capo- esordì, timidamente -Io so che… So che non dovrei farlo e che non potrei parlarti, sono un demone e tutto il resto, però, ti prego, riportami Aziraphale qui. Prendimi tutto, la macchina, i miei capelli, il vino… Tutto quello che vuoi, ma lasciami Aziraphale qui, per favore-

E proprio in quel momento, qualcuno suonò miracolosamente il campanello.

Crowley guardò con una smorfia stranita la porta, chi diavolo poteva essere?

-Resta in linea, torno subito- disse col naso rivolto all’insù, per poi alzarsi e andare ad aprire. Aprì la porta e vide il miracolo. Un miracolo biondo, con gli occhi azzurri e qualche adorabile chiletto in più.

Il demone sgranò gli occhi, le sue pupille allungate si dilatarono dalla sorpresa.

-Ciao, caro- gli sorrise Aziraphale con i suoi denti bianchi e drittissimi -Posso entrare?-

-Angelo!?- ansimò Crowley, toccandosi i capelli per verificare se ci fossero ancora -Ma cosa… Cosa…-

-Ho parlato con il Capo- esclamò Aziraphale, entrando con entusiasmo in casa sua.

-Anche tu?-

-Che significa “anche io”?- gli domandò l’angelo, stranito.

-Ehm, niente- minimizzò Crowley, sventolando la mano -Continua-

-Ecco, abbiamo discusso a lungo di quello che ho fatto e insomma, alla fine…- Aziraphale fece una pausa, i suoi occhi si illuminarono -Ha detto che posso restare qui sulla Terra!- esultò in falsetto, arricciando il nasino.

-Puoi restare?- ripeté il demone, incredulo.

-Sì!-

-Anche se ci sono io?-

-Anche se ci sei tu! Ha apprezzato molto il mio gesto di essere tornato in Paradiso malgrado… Beh, malgrado quello che provo per te- lo guardò di sottecchi -E oltretutto quel violento nubifragio era stato un caso, insomma, non era scoppiato per ira divina, ecco-

-Proprio quello che ti avevo detto io, idiota- esclamò Crowley, cingendogli i fianchi -Non mi ascolti mai-

-Sei un demone, è ovvio che non ti ascolto-

Crowley si avvicinò, voleva baciarlo e mettergli finalmente e dannatamente le mani addosso, a costo di farsi comparire quattro braccia in più, ma quel petulante dell’angelo continuò a parlare.

-Ah, prima di uscire dal Paradiso, ti ho preso un pensierino…-

-Qualunque cosa sia, non mi interessa- gli sussurrò Crowley. Si era già piegato sul suo collo e aveva iniziato a inspirare il suo odore dolce col naso appuntito.

-Guarda!-

Aziraphale gli porse un foglietto piegato in quattro, talmente bianco e immacolato che quasi brillava di luce propria.

-Carta paradisiaca…?-

-L’ho sconsacrata, puoi toccarla- lo rassicurò dolcemente l’angelo.

Il demone la prese e con aria scettica aprì il biglietto.

 

 

To Crowley,

my bad, old, fashionable demon.

With love,

Freddie




-Avevi ragione- esclamò Aziraphale, vedendo la sua espressione incredula -È stato effettivamente ingaggiato nel coro…-

-Io ho sempre ragione, angelo- gli disse Crowley, premendo forte le labbra sulle sue, ma questa volta senza infilarci la sua licenziosa lingua biforcuta.

In compenso ci pensò Aziraphale a schiudere le labbra e ad approfondire il bacio, con un mezzo, lussurioso sorrisetto.

 







 


 

Noticine

Finita! Piaciuta? ;)

Se avete qualsiasi cosa da dirmi (domande, critiche, eventuali refusi, errori ed orrori) non fatevi scrupoli! ^^

A presto e grazie in anticipo a tutti per tutto,

Ecate

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