The sins of our fathers

di crazy640
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Previously on ***
Capitolo 2: *** It won't be long ***
Capitolo 3: *** Words are futile devices ***
Capitolo 4: *** The beginning ***
Capitolo 5: *** Outtake- Modern Love ***
Capitolo 6: *** Outtake- Silence like a cancer grows ***
Capitolo 7: *** If you ain't gonna love yourself, how the hell you gonna love somebody else? ***
Capitolo 8: *** The kids aren't alright ***
Capitolo 9: *** When tomorrow comes ***
Capitolo 10: *** Losing my religion ***
Capitolo 11: *** Can we be seventeen? ***
Capitolo 12: *** Outtake-The prom queen & the nerd ***
Capitolo 13: *** Tell me ***
Capitolo 14: *** Once upon a time at Hogwarts ***
Capitolo 15: *** Outtake- L'amore è una cosa semplice ***



Capitolo 1
*** Previously on ***


previously

 

Salve a tutti!

Piccole note prima di iniziare la lettura:

1) Questa storia è il seguito di "Il pagamento di un debito", FF Dramione del 2009. Se non avete letto quella FF,vi consiglio di leggere prima "Il pagamento" e poi tornare su questa FF, altrimenti alcuni legami e trame narrative potrebbero crearvi confusione.

Questo è il link della FF che ha dato origine a tutto https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=228126&i=1

2) PER COLORO CHE HANNO GIà LETTO "IL PAGAMENTO": Sono passati 15 anni dalla fine della FF precedente, ma sono stati apportati dei cambiamenti per venire incontro alle esigenze narrative che altrimenti mi avrebbero creato non pochi problemi.

Ne "Il pagamento di un debito", James Potter aveva all'incirca tre anni, Albus Potter ne aveva 2 mentre Sadie e Prudence ne avevano 2 e mezzo.In questa FF, Prudence e Sadie hanno 22 anni, James ne ha 17 e infine Albus ne ha 16. Chiedo scusa per l'eventuale confusione, ma come ho detto era l'unico modo per far progredire la storia.

3) Al momento, sei capitoli di questa storia sono già scritti. I successivi capitoli verranno postati su questo sito a partire da settembre.

Buona lettura!

 

Settembre era il mese che Albus Severus Potter preferiva in assoluto.

Dopo otto settimane di vacanza, finalmente sarebbe tornato a casa.

Quella mattina si era svegliato prima della sveglia, aveva controllato che tutto fosse in ordine nel suo baule, con la paura sempre presente di aver dimenticato qualcosa nella disordinata camera che condivideva da sempre con suo fratello maggiore, per poi farsi una doccia veloce approfittando del silenzio che ancora avvolgeva la casa.

Di fronte allo specchio del bagno leggermente appannato dal vapore, aveva osservato attentamente il suo volto; per la prima volta durante quelle settimane, notò come i cambiamenti subdoli avvenuti durante quell’estate avessero trasformato il suo corpo e i tratti del suo viso.

Durante quelle otto settimane, cedendo alle pressioni di James,  aveva messo da parte i libri e le pergamene e aveva passato gran parte delle giornate all’aperto, volando sulla propria scopa e aiutando Jim nei suoi allenamenti di Quidditch oppure dedicandosi alla più semplice ginnastica babbana.

Inizialmente aveva avuto paura che il proprio corpo si ribellasse a tutta quell’attività fisica inaspettata, rivoltandosi contro di lui in qualche modo spiacevole, ma con il passare delle settimane aveva iniziato ad apprezzare i benefici ottenuti dalla corsa mattutina o dalle flessioni.

Ora lo specchio gli rimandava un’immagine completamente diversa da quella che lo aveva accompagnato nei quindici anni passati: il grasso infantile che lo aveva afflitto per tutta l’infanzia e gran parte dell’adolescenza era scomparso dal suo volto, lasciando il posto a un viso dalla mascella pronunciata su cui spiccavano i suoi occhi verdi e a cui faceva da contorno l’immancabile corona di capelli neri in perenne disordine.

Le gambe e le braccia, da sempre troppo lunghe e gracili per farlo eccellere in qualsiasi sport, ora erano toniche e muscolose e si uniformavano perfettamente alle mani enormi che lo avevano afflitto fin dalla prima adolescenza.

A completare quella trasformazione c’era stato l’aumento nella sua altezza: fin dal primo sviluppo si era accorto che avrebbe superato di parecchi centimetri suo fratello, scoperta che aveva irritato molto James, ma in quel momento dinanzi allo specchio, costretto a piegare leggermente le ginocchia per avere una buona visuale del proprio volto, si rese conto di essere diventato il più alto della famiglia.

Si era trasformato in un gigante senza neanche accorgersene.

Richard lo avrebbe preso in giro fino allo sfinimento…

Dopo essersi vestito ed essersi lavato i denti, si era avviato verso la scala che collegava i due piani della casa, ma era ancora in piedi sul primo gradino quando avvertì  i primi rumori di vita nella casa provenire dalla cucina.

Fermo sulla soglia della cucina aveva osservato suo padre, ancora in pigiama e vestaglia, indaffarato ai fornelli con le note di una canzone rock in sottofondo che si diffondevano nella stanza.

-Posso darti una mano?-gli domandò senza alzare troppo la voce per non spaventarlo.

Blaise s’immobilizzò e voltò lentamente la testa, prima di incontrare il suo sguardo e sorridergli.

-Hai appena rovinato la mia sorpresa…- lo rimproverò bonariamente. -Ma se proprio vuoi renderti utile perché non apparecchi la tavola prima dell’arrivo dei barbari?-aggiunse con voce affabile.

Albus sorrise e si diresse verso il mobile dove era conservato il necessario per la colazione, lanciando sguardi furtivi verso suo padre.

Blaise Zabini, direttore della Gazzetta del Profeta e uno dei membri più rispettati della Comunità Magica, non era il suo vero padre, ma era l’unico padre che Albus avesse mai conosciuto.

Era stato presente nei momenti più importanti della vita di Albus, dal primo giorno di scuola babbano ai primi tentativi con la scopa e con una bicicletta; era sempre presente durante i colloqui con gli insegnanti e le attività extrascolastiche a cui sua madre lo aveva costretto a prendere parte durante gli anni.

Per questi motivi e per tanti altri, Albus era pienamente convinto che non avrebbe potuto desiderare di meglio.

Harry Potter, il suo padre naturale, se ne era andato quando Albus non aveva ancora due anni, abbandonando sua moglie e i due figli senza neanche voltarsi indietro, senza mai cercare un contatto con i due ragazzi nei successivi quindici anni.

Forse a causa dell’età, Albus non si era mai fatto molte domande sull’uomo, né aveva mai sentito la mancanza di una figura paterna: Blaise gli aveva insegnato a leggere, gli aveva raccontato una storia ogni sera prima di dormire quando era bambino, lo aveva accompagnato a Hogsmeade la prima volta per comprare l’occorrente per il suo primo anno a Hogwarts ed era stato il primo a incoraggiarlo a seguire il suo istinto e a scegliere le materie adatte che lo avrebbero portato un giorno a diventare un’insegnante.

Escluso Richard, Blaise era il suo confidente di fiducia.

Ma malgrado quel rapporto esclusivo che lo legava all’uomo, Albus non aveva ancora trovato il coraggio di confessargli un’importante parte di se.

Forse questo sarebbe stato l’anno fortunato…

-Sei pronto ad affrontare un nuovo anno?-si sentì chiedere.

Albus si voltò leggermente verso il padre e alzò le spalle.

-E’ un anno come un altro…-commentò cercando di sminuire l’ansia che lo accompagnava ormai da una settimana.

-Non eri tu quello che voleva passare l’intera estate chiuso in camera a studiare per i G.U.F.O.?-lo punzecchiò Blaise.

Albus abbassò la testa e sospirò.

-Ok, forse sono un po’ nervoso…-ammise messo alle strette.

Blaise accennò una risata, prima di avvicinarsi al ragazzo e scompigliargli i capelli corvini.

-Non ne hai alcun motivo, Mr. Professore.

Andrà tutto bene. Me lo sento -gli disse in tono rassicurante.

-Come fai a esserne così sicuro? Questo potrebbe essere l’anno in cui fallisco miseramente in tutti i corsi e i risultati dei miei G.U.F.O. saranno disastrosi- ribatté l’adolescente lasciando trasparire la propria ansia.

Blaise posò una mano sulla spalla destra del ragazzo e cercò il suo sguardo, sorridendogli quando i loro occhi s’incontrarono.

-Non ho alcun dubbio sulle tue capacità… e se davvero i tuoi G.U.F.O. saranno disastrosi, allora ci sarà sempre un posto per te alla Gazzetta.

Infatti, stiamo proprio cercando un ragazzo che consegni la posta-aggiunse scherzosamente.

Albus ridacchiò e annuì, leggermente rassicurato.

-Ora smettila di preoccuparti e finisci di apparecchiare-

Proprio quando ebbe sistemato l’ultima forchetta, Ruby entrò in cucina, ancora in pigiama e con i capelli neri sconvolti da una notte di sonno.

La ragazza si mosse quasi in trance per la cucina fino a raggiungere Blaise, posandogli un bacio sulla guancia destra.

-Buongiorno tesoro-la salutò l’uomo con un lieve sorriso ad incurvargli le labbra.

La ragazza fece un cenno con il capo in risposta e si lasciò cadere su una sedia attorno al tavolo, strappando un sorriso ad Albus.

Ruby era la piccola di casa.

Una copia al femminile di Blaise e, nonostante avesse soltanto dodici anni, Albus sapeva che nel giro di pochi anni sarebbe diventata una bellezza mozzafiato con una folta schiera di ammiratori.

E la cosa non gli piaceva per niente…forse era ora di iniziare a far pratica con qualche fattura per spaventare i possibili fidanzati.

Ruby aveva folti capelli neri che le arrivavano fino alle spalle, una pelle color caffellatte e due occhi castani, l’unico tratto genetico che avesse ripreso dalla loro madre.

Lo scorso anno aveva iniziato a frequentare Hogwarts come i suoi fratelli e, come Albus, era stata smistata nei Serpeverde fra l’incredulità di James e la soddisfazione di suo padre e dei loro zii.

-Silenzio stampa?-la prese in giro Albus.

-Non dirò una parola prima di aver bevuto una tazza di tea-borbottò la ragazza.

Albus rise e si lasciò cadere su una sedia accanto alla sorella.

-Pensare che sei così socievole a Hogwarts…-la punzecchiò ancora il moro.

-Albus lascia in pace tua sorella-lo rimproverò bonariamente Blaise, sistemando a tavola un piatto di pancake.

Non appena l’odore dei pancake si diffuse nella cucina, James entrò velocemente nella stanza e si sedette accanto ad Albus, inforcando la propria forchetta.

-Come al solito arrivi all’ultimo momento-commentò il moro lanciando uno sguardo al fratello maggiore.

-Di che parli? Sono arrivato al momento giusto-ribatté James riempiendo il proprio piatto, lanciando poi un sorriso malandrino al fratello.

Chiunque avesse conosciuto Harry Potter non mancava di notare la spettacolare somiglianza che c’era fra l’uomo e il figlio maggiore.

James Sirius Potter era la versione adolescente del “Ragazzo che era Sopravvissuto” e, contrariamente ad Albus, era molto fiero della sua eredità.

A undici anni era stato smistato nella Casa dei Grifondoro e da quel momento era stato trattato dai propri compagni come una sorta di Principe Reggente, con tutti gli onori che quel titolo comportava: fin dal primo anno era circondato da innumerevoli amici, o aspiranti al titolo, ogni ragazza sognava di diventare la sua fidanzata, e anche alcuni insegnanti non mancavano di mostrare la propria ammirazione per il figlio del “grande Harry Potter”.

Nel corso degli anni però James si era dimostrato uno studente mediocre, più interessato agli allenamenti e alle partite di Quidditch che non alle lezioni, concentrato sulla gloria riflessa che derivava da suo padre e senza alcun’idea o progetto per il futuro.

Ormai all’ultimo anno di Hogwarts, aveva intrapreso la stessa carriera scolastica che aveva seguito Harry Potter, nella speranza di poter un giorno rendere orgoglioso l’uomo.

-Il tuo baule è pronto Jim?-domandò Blaise sedendosi attorno al tavolo a sua volta.

James annuì.

-Mancano soltanto alcune cose-rispose il ragazzo con la bocca piena di cibo.

-Traduzione: i tuoi libri sono ancora sparsi per tutta la stanza-commentò Albus prima di prendere un boccone a sua volta.

James lo fulminò con lo sguardo portando Albus ad alzare le spalle: condividevano la stanza, non c’era niente che suo fratello potesse nascondergli.

-La scopa è al sicuro nel baule-ribatté James.

Tutti i presenti seduti attorno al tavolo, escluso James ovviamente, si lasciarono andare a una risata divertita.

-E’ bello trovarvi tutti di buon umore-disse una voce inaspettata.

Ginevra Weasley, anche lei con indosso la vestaglia, entrò in cucina e, come ogni mattina, diede una carezza veloce ai due ragazzi, posò un bacio sui capelli spettinati della figlia, prima di fermarsi accanto al compagno.

Come ogni mattina, Blaise le porse la sua tazza di tea e ricevette in cambio un bacio sulla tempia destra.

Se qualcuno le avesse detto che questa un giorno sarebbe stata la sua vita, Ginevra Weasley avrebbe riso talmente tanto da farsi venire i crampi allo stomaco.

Da ragazza, Ginny aveva immaginato il proprio futuro diversamente: era certa che avrebbe sposato Harry, che avrebbe avuto dei figli e che avrebbero vissuto felici e contenti finché non fossero stati vecchi e pieni di rughe.

La vita, invece, aveva altri progetti per lei: alcuni dei suoi sogni adolescenziali si erano realizzati, come dimostrava la presenza al tavolo di James e Albus, ma improvvisamente, quel sentiero tracciato dinanzi a lei che l’aveva guidata nei primi anni di matrimonio con Harry, si era bruscamente interrotto e lei si era ritrovata con un marito che non conosceva più e un’immensa solitudine.

L’incontro di Hermione con Draco Malfoy era stato la sua salvezza.

Era stato grazie alla sua migliore amica che aveva incontrato Blaise, un uomo onesto e inaspettatamente interessante che era riuscita a farle tornare il sorriso.

I due avevano inizialmente istaurato un rapporto di amicizia, anche a causa del complicato rapporto che legava Blaise a Daphne, ma senza quasi accorgersene si erano ritrovati attratti l’uno dall’altra: per Ginny era stato quasi uno shock scoprire di avere dei sentimenti per un uomo che non fosse Harry, per giunta un Serpeverde.

Eppure Blaise, era riuscito a farle mettere da parte i propri dubbi e le aveva dimostrato più volte di essere veramente attratto da lei, di essere pronto a costruire qualcosa di duraturo.

Era stato allora che Ginny aveva deciso di concedere una chance a quella relazione…E fortunatamente non aveva mai avuto motivo di pentirsene.

Erano passati quindici anni da quando era iniziata la sua relazione con Blaise e, nonostante le occasionali liti, il loro rapporto era più saldo che mai e la donna non aveva mai avuto motivi per rimpiangere la scelta fatta.

La famiglia che aveva costruito con Blaise era il suo miglior successo.

-Buongiorno love-la salutò l’uomo rivolgendole un sorriso, seguendola con lo sguardo mentre si sedeva al suo fianco.

Ginevra ricambiò il sorriso e si sistemò al proprio posto, prendendo un sorso dalla tazza di tea che stringeva nella mano sinistra, prima di posare lo sguardo sul figlio maggiore.

-Ti prego dimmi che almeno quest’anno il tuo baule è pronto e chiuso-gli disse.

Ancora una volta, James alzò le spalle.

-Lo sarà…-le promise con un sorriso affabile il ragazzo prima di avventarsi di nuovo sui pancake.

Ginevra annuì e osservò Albus.

-Quante volte hai controllato che fosse tutto in ordine?-gli chiese con una nota affettuosa nella voce.

Un occhio inesperto, notando la somiglianza fisica fra i due ragazzi avrebbe potuto ingannarsi e credere che fossero simili anche caratterialmente, ma avrebbe commesso un grave errore.

Ogni volta che Ginny osservava i suoi figli, riusciva a cogliere le differenze fra loro in maniera quasi cristallina: James era l’anima di tutte le feste, un ragazzo capace di convincerti a fare qualsiasi cosa con un sorriso e una marea di parole e molte volte le aveva ricordato la versione di Harry che amava di meno, l’uomo adulto che aveva messo il dovere, i pregiudizi e le convenzioni prima della propria famiglia e degli amici.

Albus invece, racchiudeva in sé le caratteristiche adolescenziali del padre: era capace di arrossire per un sorriso o un complimento, era terribilmente impacciato, ma allo stesso tempo era sicuro di sé e di cosa voleva dalla vita, pronto a fare qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio obiettivo.

Se solo avesse smesso di preoccuparsi inutilmente e avesse lasciato spazio anche ai sentimenti…

Come aveva previsto Albus arrossì leggermente.

-Soltanto un paio-ammise, abbassando velocemente lo sguardo sul proprio piatto.

Ginny sorrise e guardò Ruby.

-So di aver chiuso il tuo baule ieri sera, ma hai fatto qualche cambiamento nelle ultime dodici ore?-le domandò, conoscendo l’abitudine della ragazza di portare a Hogwarts libri e piccoli souvenir che le ricordassero la propria famiglia e la sua stanza.

-Soltanto tre - quattro libri…- rispose l’adolescente.

-Zia Hermione deve averti contagiato con qualche strano virus…-commentò James- Soltanto un pazzo porterebbe con sé altri libri oltre a quelli che ci hanno assegnato per le lezioni-aggiunse.

-Mh…Probabile.

Mi dispiace che il germe dell’intelligenza non abbia contagiato anche te-commentò Ruby provocando la risata di Albus.

-Ah…

Ti ricorderò queste parole quando sarò ricco e famoso-le disse lanciando un sorriso smagliante alla ragazza.

Albus cercò inutilmente di trattenere una risata, rischiando di strozzarsi con il tea che aveva bevuto pochi istanti prima.

-Ok Jim…Fino ad allora cerca di comportarti bene e cerca di far passare almeno ventiquattro ore fra il tuo arrivo e la prima lettera della Preside McGranitt-rispose Ginny in tono sereno, accennando un sorriso.

-Non è colpa mia se la Preside McGranitt non sa stare agli scherzi!-ribatté per l’ennesima volta il ragazzo.

-Allagare il campo di Quidditch per far colpo su delle Corvonero è stato davvero…-iniziò Albus.

-E’ stato davvero un colpo da maestro.

Anche Richard l’ha ammesso-aggiunse James lanciandogli uno sguardo di sottecchi.

Il moro aggrottò la fronte a quelle parole: possibile che James sapesse qualcosa?

No impossibile, era sempre stato attento… D’altronde cosa c’era da scoprire?

-Ok ok, cerchiamo di non ucciderci nelle ultime ore prima della vostra partenza-s’intromise Blaise cercando di calmare gli animi. –A che ora abbiamo appuntamento con Hermione e Draco?- aggiunse voltando il capo verso sua moglie.

-Un ora prima della partenza alla stazione di King’s Cross-rispose lei prima di prendere un paio di bocconi dal proprio piatto.

Blaise alzò il sopracciglio incredulo, seguito pochi istanti dopo dai ragazzi.

-Un’ ora prima?- domandò Blaise.

-Da quanto tempo conosci Hermione Malfoy? Dovresti saperlo ormai che quando si tratta di Hogwarts va in ansia- si limitò a commentare con voce tranquilla la rossa.

-Ma devo ancora finire di preparare il mio bagaglio!-si lamentò James, sperando così di convincere la madre a posticipare il loro arrivo alla stazione.

-Se non ricordo male avresti dovuto sistemare il tuo baule ieri sera ma visto il poco tempo rimasto a tua disposizione, ti consiglio di finire la tua colazione e correre di sopra.

Mi raccomando assicurati di avere tutto, perché quest’anno non ci saranno consegne via gufo all’ultimo momento-ribatté la donna con un sorriso.

Nonostante le sue parole e i tratti del viso di sua madre fossero dolci, James riuscì chiaramente a cogliere il tono di sfida nella voce della madre e annuì.

Albus osservò il piccolo scambio di battute e nascose il piccolo sorriso che era sorto sulle sue labbra con la propria tazza.

Era ansioso di tornare a casa ma quella semplice quotidianità gli sarebbe mancata terribilmente.

 

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Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.

A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.

Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore.

Eppure riguardando indietro a quei momenti, quei ricordi sembravano sbiaditi, quasi coperti da una cortina di polvere o come se davvero appartenessero a un’altra persona.

Aveva amato ogni istante dei suoi anni a Hogwarts, ma tutto quello che aveva imparato in quella scuola, non l’aveva preparata alle battaglie della vita reale: nessuna lezione di Storia della Magia o di Rune Antiche le era stata d’aiuto quando aveva dovuto fare i conti con un marito assente, con le bollette da pagare o con la solitudine.

Hermione allontanò lo sguardo dai turisti con i loro pesanti bagagli e dai pendolari in perenne ritardo e portò lo sguardo sull’uomo seduto accanto a sé, sorridendo lievemente.

Sentendosi osservato, Draco Malfoy alzò lo sguardo da “La Gazzetta del Profeta” e incontrò il suo sguardo, alzando il sopracciglio in una silenziosa domanda.

Durante i suoi anni a Hogwarts, Hermione non avrebbe mai immaginato di dover un giorno ringraziare Draco Malfoy per la propria felicità.

Eppure era successo.

Il ragazzino biondo, indisponente e odioso, con la maturità era diventato l’uomo più importante della sua vita: era stato lui a salvarla da un matrimonio infelice, a farle capire che non era costretta a vivere il resto dei suoi giorni con un bugiardo e, come nelle migliori favole, aveva portato lei e sua figlia in un castello.

Certo, non era stato semplice all’inizio, ma lentamente Hermione si era scoperta innamorata di quello che aveva sempre considerato il proprio nemico N.1, aveva trovato nei Serpeverde degli amici fidati che l’avevano sostenuta e aiutata in momenti terribili e senza i quali ora non riusciva a immaginarsi.

Questo cambiamento radicale aveva comportato delle perdite, tutte molto dolorose ma, grazie ai Serpeverde, Hermione aveva capito di dover essere più egoista e di dover proteggere ciò che le stava a cuore.

Niente era più importante di sua figlia e di Draco, perciò non avrebbe permesso a nessuno di far del male alla sua famiglia.

-Qualche notizia interessante?-domandò al marito, ravviando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.

Draco alzò le spalle.

-Non molto… Sono passati i tempi in cui ogni giorno le prime pagine erano occupate da battaglie e morti sanguinarie-commentò l’uomo fintamente annoiato, ripiegando il giornale e lasciandolo cadere sul tavolino.

Hermione sorrise.

-Magari potresti suggerire qualche finto scoop a Blaise.

Raccontagli del tuo ultimo viaggio a Shangai e del tuo incontro con quello stregone-.

Draco scosse la testa.

-Mi accuserebbe di voler rovinare la qualità del suo giornale… Come se ci fosse qualcosa da rovinare-

La donna ridacchiò, nascondendo il proprio sorriso dietro una mano.

-Dove sono i ragazzi?-domandò ancora Draco, guardandosi intorno nel locale.

-In giro-rispose tranquilla la donna.

Gli occhi color ghiaccio dell’uomo si posarono all’istante su Michelle, seduta ad un tavolino poco distante da loro, il naso immerso in un libro, completamente estranea al mondo che la circondava.

Seduta al suo fianco c’era Eleonor, la sua gemella, gli auricolari nelle orecchie, una penna fra le mani con cui stava lentamente disegnando un dettaglio della mano destra della sorella su un fazzoletto del bar.

Le due ragazze pur essendo gemelle erano una l’opposto dell’altra, sia fisicamente che caratterialmente.

Fin dalla loro nascita, per i loro genitori era stato estremamente facile capire quale delle due avesse ripreso il carattere di Hermione e quale quello di Draco; la cosa buffa, che i loro amici non smettevano mai di sottolineare, era come Eleonor avesse ripreso i tratti somatici di Hermione, ma con il comportamento e gli atteggiamenti di Draco, mentre Michelle era una versione al femminile del padre con le passioni e le manie della madre.

Michelle aveva dimostrato fin dalla più tenera età la stessa passione per i libri di Hermione, unita alla curiosità per il mondo babbano di cui la madre faceva parte: durante gli anni dell’infanzia si era appassionata a scrittori come J.R.R. Tolkien, Carroll, C.S. Lewis e Terry Pratchett, sognando di poter un giorno intraprendere un lungo viaggio ed esplorare le terre descritte nei racconti.

Eleonor, al contrario, aveva mostrato fin da bambina, delle inaspettate doti artistiche, che avevano portato Draco ad appendere i suoi disegni nel proprio studio e a mostrarli con puro orgoglio ai propri colleghi o amici, fossero questi i disegni astratti di una bimba di tre anni o quelli più particolari e raffinati di una di otto.

Orgogliosa come tutti i Malfoy di essere una Maga, aveva aspettato con ansia l’arrivo della propria lettera per Hogwarts, chiedendo continuamente ai propri genitori di raccontarle storie su quel posto “magnifico” dove un giorno avrebbe potuto seguire le orme dei suoi antenati.

Draco Malfoy si era innamorato all’istante delle due neonate, non appena aveva posato lo sguardo sui visi rugosi e sporchi delle gemelle.

Anche se non ne aveva mai fatto parola con nessuno, aveva vissuto la gravidanza di Hermione con una leggera ansia, con la paura che qualcosa potesse improvvisamente andare storto, con il ricordo sempre presente di quel bambino mai nato che era stato strappato a lui e a Hermione con la forza.

Fortunatamente tutto era andato come previsto e con il passare dei mesi, Draco aveva cercato di essere il più presente possibile, aiutando Hermione con le gemelle e Prudence.

Era stato presente ad ogni momento importante della loro vita: il primo sorriso, la prima notte in bianco per colpa del primo dentino, il primo passo e tutte le altre tappe fondamentali della loro infanzia.

Aveva fatto di tutto per dimostrare a sé stesso, a Hermione e al mondo esterno di essere totalmente diverso dal proprio padre,cercando di non dare ascolto ai dubbi che ancora lo affliggevano di non essere all’altezza o peggio di essere come Lucius, quando le proprie figlie si arrabbiavano con lui per una punizione o un rimprovero.

Con un sorriso lieve, Draco mosse lo sguardo in giro per il piccolo caffè finché i suoi occhi non si posarono sulla figura slanciata di suo figlio, fermo accanto alla cassa intento a pagare un muffin ai mirtilli.

A dodici anni Jude Malfoy era la perfetta copia di suo padre Draco.

Il Serpeverde adorava le sue tre figlie, ma ogni volta che il pensiero volava a Jude, il suo cuore si riempiva di orgoglio.

Era stato lui a far nascere il bambino, troppo ansioso di venire al mondo da non lasciar loro neanche il tempo di andare in ospedale; così Draco aveva dovuto far tacere la paura che lo dominava e aiutare Hermione in ogni modo possibile, finché non si era ritrovato con un neonato urlante fra le braccia.

Ancora una volta senza parole e con gli occhi offuscati dalle lacrime.

Con il passare degli anni, Malfoy era stato preso più volte dalla paura di rovinare il rapporto con il bambino come inevitabilmente succedeva nella sua famiglia da generazioni, ma fortunatamente Hermione gli era stata accanto ogni istante, mettendo a tacere quei dubbi e ridandogli fiducia in sé stesso.

Jude era un bambino estroverso, solare, pieno di senso dell’umorismo e, come ogni bambino della sua età, totalmente affascinato dal proprio padre: al suo rientro a casa, Jude era il primo che gli correva incontro curioso di raccontargli la sua giornata.

Draco era estremamente felice per quell’amore incondizionato e quando per Jude era arrivato il momento di partire per Hogwarts, l’uomo non si vergognava di ammettere di aver sofferto terribilmente la sua mancanza, specialmente nelle prime settimane.

Tutti i loro figli ormai erano lontani, impegnati a costruire le basi per il proprio futuro.

Soltanto allora, Draco si era accorto di come fosse passato velocemente il tempo e si ritrovò a sentire la mancanza di una casa piena di bambini: avrebbe pagato qualunque cifra per far tornare indietro il tempo, aprire la porta di casa e trovare Jude che gli correva incontro con le sue gambe poco ferme, Eleonor che gli si accoccolava vicino sul divano con la testa sul petto, osservare Michelle che sul sofà poco distante ascoltava rapita mentre Hermione le leggeva l’ennesimo libro d’ avventura, mentre Prudence sedeva poco distante dal divano e finiva i compiti.

Purtroppo non esisteva nessun incantesimo abbastanza potente capace di esaudire il suo desiderio.

Sospirando prese un sorso di tea dalla propria tazza, lo sguardo posato sul tavolino di plastica dura per qualche istante, finché non si accorse che c’era qualcosa che non andava.

Rialzò lo sguardo e lo mosse velocemente in giro per il locale prima di puntare i suoi occhi color ghiaccio su Hermione che lo guardò con aria interrogativa.

-Dov’è Prudence?-le domandò.

La donna accennò un sorriso e dischiuse le labbra, ma prima che potesse rispondere, Jude si sedette accanto a loro e fece un cenno alla vetrina dinanzi a loro.

-Dove vuoi che sia papà? E’ fuori ad aspettare Ben-

Draco osservò con attenzione la porzione della stazione visibile dalla vetrina e alla fine si strofinò la fronte, chiaramente frustrato.

Durante gli anni ad Hogwarts, Draco era sempre stato geloso di Hermione: inizialmente aveva attribuito quei sentimenti all’intelligenza della donna “inutile per una Mezzosangue; quando poi era divenuto consapevole del suo amore per lei, aveva capito che oltre all’intelligenza era geloso del suo aspetto fisico, ma soprattutto del suo carattere estroverso che la rendeva estremamente attraente agli occhi della popolazione maschile di Hogwarts.

Quando finalmente lui ed Hermione erano diventati una coppia, la sua gelosia si era in qualche modo attenuata in quanto Draco sapeva che la Grifondoro era una donna estremamente leale e poco incline al tradimento, così fin dal primo giorno l’aveva ricoperta di attenzioni e le aveva sempre dimostrato quali erano i suoi sentimenti per lui.

Draco Malfoy conosceva la gelosia… Ma niente era paragonabile alla gelosia che sentiva per Prudence.

Prudence era entrata nella sua vita quando era soltanto uno scricciolo di due anni, con due occhi verdi profondamente tristi e leggermente spaventata da quell’estraneo che era arrivato a casa sua senza il minimo preavviso.

In poco tempo aveva imparato a fidarsi di lui e a volergli bene e Draco era certo che la piccola era stata fondamentale nella sua storia con Hermione: se Prudence non si fosse trovata a suo agio con lui, la donna avrebbe fatto le valigie a tempo di record e sarebbe scomparsa dalla sua vita.

Fortunatamente non era andata così, anzi Prudence aveva trovato in Draco quel padre che non aveva quasi mai conosciuto e in breve tempo era diventata una Malfoy a tutti gli effetti al punto di essere smistata nella casa dei Serpeverde al suo arrivo ad Hogwarts.

Lì Prudence si era distinta per la propria intelligenza, che l’aveva portata ad ottenere il massimo dei voti in tutte le materie, e per il suo carattere estroverso che le aveva permesso di conoscere e di costruire una fitta rete di amicizie che sarebbero state fondamentali per il resto della sua vita.

Alla fine del settimo anno, Prudence aveva annunciato di voler intraprendere la carriera di Medimago.

La notizia non aveva colto impreparati i genitori della ragazza, da sempre consapevoli del fascino che il corpo umano e la scienza avevano sulla loro figlia; ciò che li aveva colti di sorpresa era stato l’annuncio di voler lasciare la casa di famiglia.

Prudence e Sadie Nott, la sua migliore amica fin dall’infanzia, avevano trovato un’ appartamento vicino all’università perfetto per le loro esigenze ed erano giunte alla conclusione che era venuto il momento di spiegare le ali e vivere pienamente questa nuova fase della loro vita.

 Draco era stato fermamente contrario alla loro decisione.

 Inconsciamente ammirava il desiderio di indipendenza delle due ragazze, ma non capiva perché volessero affrettare i tempi: avrebbero potuto frequentare il primo anno restando in famiglia e successivamente cercare un appartamento.

Hermione invece si era schierata con la figlia sostenendo che era una scelta apprezzabile e che, al posto della ragazza, avrebbe preso la stessa decisione.

I due avevano discusso a lungo sulla faccenda finché Hermione non lo aveva messo di fronte alla sua più grande paura: la possibilità di perdere Prudence.

-Non si trasferisce in un’altra città, va a vivere a Tottenham Court Road!

E’ a cinque isolati da qui! Sarà a casa per il week-end e ti farà venire l’emicrania parlando per ore di quello che le è successo durante la settimana-

Era stato difficile venire a patti con la decisione di Prudence, ma alla fine Draco aveva dovuto cedere, consapevole che se avesse continuato ad opporsi avrebbe finito per rovinare il rapporto che c’era fra lui e la figlia.

Il trasferimento di Prudence lo aveva costretto ad affrontare ad una terribile verità: i suoi figli stavano crescendo e presto anche le gemelle e Jude avrebbero lasciato la casa di famiglia per iniziare la loro vita.

Draco aveva scacciato quel pensiero quasi spaventato ma ora, seduto al tavolino di un bar della stazione di King’s Cross quella paura si riaffacciò prepotentemente nella sua mente: la sua primogenita viveva fuori casa da ormai due anni e mezzo e tante cose erano cambiate nella sua vita.

A ventidue anni Prudence era, almeno agli occhi del padre, stupenda: un fisico slanciato, una folta massa di riccioli castani che le ricadevano sulle spalle, un viso a forma di cuore su cui spiccavano le labbra carnose e due occhi verdi che si illuminavano ad ogni sorriso.

Quegli occhi erano l’unica prova che nelle vene di Prudence  non scorreva neanche una goccia di sangue Malfoy, ma Draco aveva imparato molto tempo fa a non lasciarsi distrarre da quel piccolo dettaglio.

Prue era una Malfoy e nessuno avrebbe potuto affermare il contrario.

Anche all’università si era dimostrata una studentessa modello, decidendo di specializzarsi in Neurochirurgia.

L’unico difetto di quella ragazza perfetta era Benjamin Campbell, o Ben, come preferiva essere chiamato.

Uno studente americano, anche lui ventiduenne proveniente da Austin, nello stato del Texas, che aveva vinto una borsa di studio in medicina per il King’s College con il sogno di diventare Pediatra.

I due ragazzi si erano incontrati durante il primo anno d’università e Draco aveva capito all’istante come sarebbe andata a finire l’amicizia fra i due, fin dal primo giorno in cui Prudence era tornata a casa e aveva raccontato alla famiglia del ragazzo.

Come sua madre da giovane, Prudence era estremamente timida quando si trovava ad affrontare la sfera sentimentale, ma sfortunatamente Sadie intercedeva spesso per lei, evitandole di trovarsi in situazioni imbarazzanti o sgradevoli con i ragazzi.

Anche in questo caso era stato merito di Sadie se i due ragazzi erano diventati amici, se avevano continuato a frequentarsi e se lentamente l’amicizia si era trasformata in amore.

Prue e Ben erano diventati una coppia, per la “gioia” di Draco, fin dalla fine del primo anno d’università e da allora non si erano più separati al punto che alla fine del secondo anno, Ben aveva lasciato lo studentato per andare a vivere con le due ragazze nell’appartamento che condividevano.

Draco ricordava perfettamente la prima volta che Prudence aveva presentato Ben alla famiglia: chiaramente intimidito dall’imponenza della loro casa, Ben era restato gran parte del tempo accanto a Prudence, rispondendo alle sue domande e a quelle di Hermione in modo estremamente educato e sorridendo bonariamente alle battute e alle frecciatine delle gemelle e di Jude.

Il Serpeverde era riuscito a restare soltanto pochi istanti da solo con il ragazzo, approfittando di un’occasione in cui sia Hermione che Prue erano impegnate in cucina e dopo alcuni istanti di silenzio teso, aveva dischiuso le labbra.

-Prudence è come sua madre- aveva iniziato sentendo lo sguardo del ragazzo sul suo volto. -Sono capaci di smuovere le montagne con la forza di volontà, ma sono anche estremamente fragili.

Sono convinte di poter affrontare qualsiasi ostacolo da sole, ma hanno bisogno di qualcuno che sia al loro fianco quando la situazione diventa difficile senza soffocarle, senza prevaricazioni e soprattutto senza imporre loro le proprie decisioni.

Pensi di poter ricoprire questo ruolo?-gli aveva domandato voltando leggermente la testa per incontrare lo sguardo del ragazzo.

Ben era rimasto pochi istanti in silenzio, poi aveva annuito.

-Lo spero per te ragazzo-.

Da quell’incontro erano passati quasi due anni e finora Ben si era dimostrato all’altezza della situazione.

Riportando lo sguardo sulla vetrina, Draco fu testimone di un breve momento intimo fra i due ragazzi: Ben doveva essere arrivato mentre lui era immerso nei suoi pensieri, e ora era accanto a Prue, lo sguardo fisso sul volto della ragazza.

Il viso stanco ed il mento leggermente coperto di barba gli fece capire che il ragazzo aveva passato la notte sui libri, ma il suo cuore perse un battito quando vide la mano sinistra di Pure sollevarsi e sistemare i capelli neri leggermente arruffati di Ben con estrema dolcezza.

Anche Hermione gli accarezzava i capelli in quel modo dopo una lunga giornata di lavoro, cercando di trasmettergli serenità e mostrandogli grazie a quel semplice gesto tutto il suo amore.

Allontanando lo sguardo dai due ragazzi, Draco incontrò gli occhi di sua moglie, che gli rivolse un sorriso affettuoso prima di allungare una mano e intrecciare le lunghe dita alle sue.

-Anche quest’anno Blaise e Ginny sono in ritardo…-commentò il biondo cercando di cambiare argomento.

Hermione accanto a lui sorrise.

-Arriveranno… Nessuno vuole perdere l’Espresso per Hogwarts-

Già… Nessuno voleva perdersi la magica esperienza di un nuovo anno ad Hogwarts.

Lo sguardo di Draco si posò su Jude, immerso nel proprio cellulare, per poi spostarsi velocemente verso il tavolo a cui erano sedute le gemelle; sentendosi osservata Eleonor alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso quasi consapevole dei pensieri che attraversavano la mente del padre in quel momento.

Presto i suoi figli sarebbero saliti sull’Espresso ancora una volta pronti ad iniziare una nuova avventura, e al loro ritorno a Londra Draco si sarebbe trovato di fronte delle persone completamente diverse, forgiate delle settimane di lontananza e dalle nuove esperienze avute nella scuola di magia.

Per un breve istante Draco sentì l’assurdo desiderio di riportare i suoi tre figli minori a casa, impedendo così la loro partenza, consapevole che se fosse successo loro qualcosa ad Hogwarts non sarebbe stato in grado di proteggerli.

Quella paura durò solo pochi istanti, messa a tacere dal suono del campanello sistemato sopra la porta che annunciava l’arrivo di nuovi clienti nel bar.

Prudence e Ben comparvero sulla soglia del locale e nell’istante in cui gli occhi verdi della figlia incontrarono i suoi un sorriso luminoso apparve sul volto della ragazza dissipando tutte le sue paure.

Tutto sarebbe  andato bene…

 

____________________

 

Albus si guardò intorno sulla banchina affollata, cercando un volto famigliare fra la folla di studenti e genitori.

Il baule già sistemato in uno scompartimento, era ritornato sulla banchina per gli ultimi saluti e le ultime raccomandazioni che fin dal primo anno caratterizzavano quegli ultimi istanti prima della partenza.

Ovviamente James era quello a subire la ramanzina più lunga fra loro e questo gli permetteva di guardarsi intorno alla ricerca della persona che sperava di incontrare più di chiunque altro.

-E’ arrivato?-domandò una voce alla sua destra.

Albus si voltò e incontrò lo sguardo di Michelle, alzando gli occhi al cielo alla vista del sorriso divertito che incurvava le labbra piene della cugina.

Michelle era la sua migliore amica, la sua confidente fin da quando aveva avuto dei segreti e, naturalmente, era l’unica della famiglia ad essere a conoscenza del suo Segreto.

O meglio dei suoi due Segreti.

-Non ancora… O se è arrivato io non l’ho ancora visto-rispose Al tornando a guardarsi intorno.

-Sei cambiato molto dallo scorso anno, forse ti è passato accanto e non ti ha riconosciuto-commentò ironica la ragazza.

-Può darsi.

Ma è praticamente impossibile non accorgersi di James, dei miei genitori, dei tuoi…Siamo parecchio evidenti-le fece notare lui con una vena ironica nella voce.

-Senza contare Ben, che è un armadio ambulante-convenne Michelle.

Albus si lasciò scappare una risatina prima di rivolgere un’occhiata a Ben, il fidanzato di Prudence: il ragazzo era alto quasi due metri e, come aveva detto Michelle, era grande come un armadio.

Spalle larghe e torace possente scolpiti da anni di Quidditch e sport babbani, due gambe lunghe e muscolose e una barba castana che quella mattina gli ricopriva il mento e le guance.

I due ragazzi restarono in silenzio qualche istante, muovendo velocemente lo sguardo fra la folla, finché Michelle non posò nuovamente gli occhi sul volto del cugino e prese un respiro profondo.

-Quindi questo è l’anno della Grande Rivelazione?-gli domandò cercando di non suonare troppo curiosa.

Albus abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe e alzò le spalle.

-Chi può dirlo?

Non è facile…Da una parte penso sia arrivato il momento di confessare tutto, dall’altro continuo a dirmi che è troppo presto.

Non credi anche tu che sia troppo presto?-le domandò cercando conferma alle proprie parole.

-Troppo presto? Da quanto tempo lo conosci?-gli domandò a sua volta la ragazza.

-Da quando ho undici anni-rispose prontamente Al.

-Da quanto sei innamorato di lui?-domandò ancora Michelle,la voce leggermente più bassa.

Albus sospirò, strofinandosi la base del collo con una mano in un gesto che esprimeva tutto il suo disagio per quella situazione.

-Da quando ne avevo tredici?-

Michelle lo fissò qualche istante in silenzio.

-Credi ancora che sia troppo presto?-

Al si mordicchiò la parte interna della guancia, mettendo a tacere le molte domande e gli innumerevoli dubbi che gli affollavano la mente.

Era una follia, un’assurdità!

Proprio mentre stava per cedere e dar voce a quei pensieri negativi, una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

-Accidenti! Che fine ha fatto il piccolo Potter?-

Albus prese un respiro profondo e si voltò: nel momento in cui il suo sguardo si posò sul ragazzo di fronte a sé il suo volto si aprì in un sorriso raggiante.

Richard Scott lo osservava con i suoi occhi color ambra, facendo scivolare lo sguardo sull’amico con un’espressione incredula dipinta sul volto.

-Ciao Rich!-lo salutò Al con un lieve movimento della testa.

-Albus voglio qualsiasi pozione hai usato per diventare così-rispose il ragazzo, continuando a muovere lo sguardo freneticamente sull’amico.

Albus ridacchiò e ancora una volta si accarezzò il collo con una mano, in imbarazzo per lo sguardo dell’amico che sentiva su di sé.

-Se proprio vuoi saperlo è merito  di tanto allentamento e di James che mi ha convinto a trascorrere gran parte dell’estate all’aria aperto.

Fosse stato per me sarei rimasto chiuso in casa sui libri tutta l’estate-confessò.

Un’espressione quasi disgustata si dipinse sul volto di Richard.

-Aria aperta…Sport… Ragazzo mi avevi promesso che non avresti mai usato queste brutte parole in mia presenza-lo rimproverò bonariamente.

Al scoppiò a ridere, cercando di controllare il battito frenetico del proprio cuore.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante in silenzio, quasi volessero memorizzare entrambi i cambiamenti avvenuti nell’altro durante quelle settimane di lontananza.

-Ti trovo bene Al-disse infine Richard.

Albus osservò velocemente l’amico, soffermandosi sui capelli color sabbia che scendevano in dolci onde sulle spalle, le labbra sottili leggermente umide di saliva,e il fisico compatto e leggermente muscoloso nascosto sotto i vestiti.

-Anche tu stai bene Rich-rispose sincero, mordendosi poi la lingua per evitare di dire qualcosa di inappropriato.

L’istante dopo Richard voltò la testa verso sinistra e Albus capì che di li a pochi istanti si sarebbe allontanato.

Richard riportò la propria attenzione su Albus e alzò il braccio sinistro, indicando verso una direzione indistinta.

-Devo andare…-

Prima ancora che l’altro avesse finito di parlare, Albus annuì.

Era riuscito a trattenerlo anche troppo a lungo.

-Ci vediamo ad Hogwarts?-gli domandò Richard facendo nascere un sorriso divertito sulle labbra di Al.

-Questo treno ha una sola destinazione…- commentò ironicamente.

Richard annuì.

L’attimo dopo voltò le spalle e si allontanò, probabilmente richiamato da alcuni amici.

Michelle, che fino a pochi istanti prima si era allontanata per lasciare un po’ di privacy ai due ragazzi, si avvicinò nuovamente a Albus, posando una mano sul braccio destro del cugino.

-Andiamo… Altrimenti rischi di perderti la ramanzina annuale di tua madre-gli disse con voce dolce, evitando di commentare il modo in cui lo sguardo del cugino era ancora fisso su Richard.

Albus accennò un sorriso, staccò lo sguardo dall’amico prima di incontrare quello di Michelle e annuì lentamente prima di avviarsi con lei verso il gruppo formato dalle loro famiglie.

Era decisamente una follia…E una perdita di tempo.

 

__________________________

 

 

Puntuale come ogni anno l’Espresso partì dalla stazione di King’s Cross in uno sbuffo di vapore.

Gli studenti del primo anno si sporsero dai finestrini fino all’ultimo istante per salutare i propri genitori, leggermente spaventati da quel mondo sconosciuto in cui stavano per essere catapultati.

Gli studenti più anziani erano impegnati in varie attività: chi intratteneva rumorose conversazioni con i propri compagni di Casa per raccontare agli amici cosa aveva fatto durante le vacanze, chi era sprofondato nella lettura di un libro e chi invece, immerso nel silenzio di uno scompartimento semivuoto osservava Londra allontanarsi sempre più velocemente per lasciare il posto alle campagne inglesi.

James era seduto nel sedile accanto al finestrino, lo scompartimento occupato da altri Grifondoro, tutti presi dal racconto delle ultime avventure amorose di Richard.

Solitamente James si sarebbe unito al caos, ma quel giorno la sua testa era altrove.

Presto avrebbe compiuto diciassette anni: sarebbe stato legalmente un adulto.

Finalmente avrebbe potuto realizzare il suo sogno.

Allo scoccare dei diciassette anni avrebbe potuto cercare suo padre, il grande Harry Potter.

James non aveva mai creduto all’idea che l’uomo se ne fosse andato senza spiegazioni,che non avesse mai cercato un contatto con i suoi due figli…Soprattutto con lui!

Chiunque avesse conosciuto suo padre non mancava di rimarcare l’estrema somiglianza, fisica e caratteriale, che c’era fra loro, allora come avrebbe potuto abbandonarlo senza mai guardarsi indietro?

Una spiegazione plausibile a quella prolungata assenza era l’intercessione di sua madre o, più probabilmente, di Blaise.

Contrariamente ad Albus che aveva accettato l’uomo come padre putativo, James non aveva mai confuso i ruoli all’interno della loro famiglia: Blaise era il compagno di sua madre, il padre di Ruby, ma non sarebbe mai potuto diventare nient’altro.

Suo padre era Harry Potter, il Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto, il Salvatore del Mondo Magico.

Non avrebbe potuto desiderare un padre migliore.

Da bambino aveva provato a fare domande su di lui alla madre, ma la donna lo aveva ammonito di non parlare mai dell’uomo prima in tono gentile poi, quando era diventato più grande, con maggiore fermezza.

Perché quella chiusura totale? I suoi genitori erano stati sposati per quasi dieci anni prima dell’arrivo di Blaise, e da quello che poteva immaginare si erano separati quando la madre aveva iniziato la sua relazione con il Serpeverde.

Se questo era il motivo della loro separazione, perché suo padre non aveva lottato per continuare a incontrarli durante gli anni? Perché era sparito completamente dalla loro vita?

C’erano tante questioni irrisolte a cui presto James avrebbe trovato risposta, con le buone o con le cattive.

Doveva solo aspettare qualche settimana e presto il suo sogno si sarebbe avverato.

 

Hello again!

Visto il gran numero di personaggi, vi lascio qualche foto per aiutarvi ad avere qualche riferimento visivo.

Prudence: https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTbR6gHznJlJlBIo71SZQ92TmqxK22Ku803nHammtmg3AF86V7O

Benjamin (Ben): https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQjDLwhF7a65K-gxkT63aksyn8YCJg5odNlV6aHvNQp0_sBTB2V

Sadie: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e4/Genevieve-padalecki.png/1200px-Genevieve-padalecki.png

Michelle: https://www.telegraph.co.uk/content/dam/beauty/2017/06/22/SophieTurnerWella_trans_NvBQzQNjv4BqqVzuuqpFlyLIwiB6NTmJwfSVWeZ_vEN7c6bHu2jJnT8.jpg?imwidth=450

Eleonor: https://theultimateguidetothefashionofdoctorwho.files.wordpress.com/2017/11/e1f272b0576bfff6e1b3bc2de6c8bb15-medium-hairstyles-amy-pond-hair.jpg?w=540

Albus: https://lovelace-media.imgix.net/getty/56556251.jpg

James: https://res.cloudinary.com/allamerican/image/fetch/t_face_s270/https://speakerdata2.s3.amazonaws.com/photo/image/853977/Andrew-Garfield-Photoshoot-2009-andrew-garfield-13687269-400-600.jpg

Jude: https://www.celebritysizes.com/wp-content/uploads/2016/08/Thomas-Brodie-Sangster.jpg

Richard: https://m.media-amazon.com/images/M/MV5BMTkyMzQ4MjcwMF5BMl5BanBnXkFtZTcwMzk4NzA4OA@@._V1_SY1000_SX800_AL_.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** It won't be long ***


it wont be long

 

"If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me understand
'Cause I've been in love before
And I found that love was more
Than just holding hands"

 

Prudence Malfoy entrò nella cucina del suo appartamento alla disperata ricerca di un caffè che la aiutasse a rimettere in moto il cervello. Quella notte aveva dormito cinque ore, un lusso che poteva concedersi raramente vista la sua vita frenetica di specializzanda al San Mungo e ora, in vista della giornata piena d’impegni che la attendeva aveva bisogno di qualcosa che la aiutasse a svegliarsi.

Si avvicinò al bollitore e, dopo averlo riempito, lo accese per poi con gesti lenti prendere una bustina di caffè decaffeinato solubile. L’attimo dopo, si avvicinò al tostapane e con un incantesimo non verbale lo mise in funzione: all’istante, due fette di pane si sistemarono tra le griglie e la temperatura si regolò automaticamente.

Proprio in quel momento, il bollitore iniziò a fischiare permettendole di versare l’acqua bollente nella propria tazza, controllando poi che ne fosse rimasta abbastanza per una seconda tazza.

Ben si sarebbe svegliato di lì a poco e, come lei avrebbe avuto un disperato bisogno di caffè.

Quando la sua colazione fu pronta, la ragazza prese il primo sorso di caffè della giornata, e soltanto dopo aver bevuto metà tazza, si sentì nuovamente un essere umano.

Ora era pronta ad affrontare una nuova giornata.

Sarebbe stata ancora più agguerrita se ci fosse stata anche una minima traccia di caffeina in quella bevanda, ma dopo tre mesi aveva quasi dimenticato il sapore di un vero caffè.

L’unica cosa che la consolava era sapere che stava facendo quell’enorme sacrificio per un’ottima ragione.

-Giorno babe-.

Una voce profonda, resa ancora più bassa dal sonno, la allontanò dai propri pensieri e la portò a voltare la testa verso destra posando lo sguardo su Ben, il suo ragazzo, che era comparso nello specchio della porta con indosso i pantaloni del pigiama e una vecchia t-shirt scolorita dai troppi lavaggi.

Prue gli rivolse un sorriso e fece i pochi passi che la separavano dall’uomo, posandogli un bacio veloce sulle labbra chiuse.

-Giorno babe- ripeté sorridendogli. – L’acqua è ancora calda-gli disse prima di tornare verso il tavolo, di nuovo concentrata sulla propria colazione.

Per alcuni istanti i due restarono in silenzio, entrambi ancora troppo assonnati per iniziare una conversazione, ma in quei pochi minuti Prue osservò attentamente Ben.

Fin dal loro primo incontro, era rimasta sorpresa della leggerezza dei suoi movimenti, dalla delicatezza che accompagnava ogni gesto di Ben e che non gli avrebbe mai attribuito visto il suo fisico possente; eppure Ben, era un vero e proprio “gigante buono”, un ragazzo capace di incutere timore con un solo sguardo ma dolce e premuroso con le persone cui teneva di più.

Si era innamorata di lui velocemente e senza neanche rendersene conto, mentre era impegnata a osservarlo lavorare in coppia con i loro colleghi o prendersi cura dei pazienti, specialmente quelli più piccoli.

Da piccola aveva sempre creduto che l’amore tra i suoi genitori fosse un amore irraggiungibile, che capitava una sola volta ogni secolo, ma da quando aveva incontrato Ben, aveva iniziato a ricredersi: fin dal loro primo appuntamento, Prudence aveva capito che l’uomo era la persona giusta per lei, quella che i babbani chiamano “anima gemella”.

Il tempo, soprattutto gli eventi degli ultimi mesi, le aveva dato ragione.

-Vuoi che ti prepari qualcos’altro da mangiare?-si sentì chiedere, ritornando presente a se stessa.

Prue scosse la testa, facendo ondeggiare i suoi boccoli castani attorno al viso.

-Sto bene così-lo rassicurò.

-Hai mangiato soltanto due toast…non è abbastanza per te e Pancake- le disse Ben, prima di prendere la propria colazione e dirigersi verso il tavolo.

Ben sistemò il piatto e la tazza alla destra di Prue e, prima di sedersi, si sporse verso di lei per posarle un bacio fra i capelli arruffati e, quando Prudence alzò la testa le baciò delicatamente le labbra.

-Stiamo bene- disse nuovamente lei. –Devi smetterla di essere così apprensivo- lo rimproverò bonariamente la ragazza.

Ben sospirò e si mise a sedere accanto a lei.

-E’ il mio lavoro preoccuparmi per voi.

Sono un medico. Oltre ad essere un futuro padre-commentò, l’uomo prima di portarsi la tazza di caffè alle labbra.

Prue sorrise nuovamente a quelle parole: già, stavano per avere un bambino.

Era stata una sorpresa per entrambi, ma fin da quando avevo scoperto dell’esistenza di quello che poi avevano soprannominato Pancake, non avevano avuto il minimo dubbio: sarebbero diventati genitori.

Erano consapevoli che non era il momento perfetto, visto che erano entrambi impegnati con il loro internato al San Mungo e i lunghi turni in ospedale, ma erano certi di riuscire a bilanciare i diversi impegni e il neonato.

Inoltre, non avevano il minimo dubbio che una volta resa partecipe la loro famiglia del loro segreto, tutti si sarebbero fatti in quattro per dar loro una mano.

-Anche io sono un medico e, dall’alto del mio sapere scientifico, posso affermare che è tutto a posto-lo prese in giro Prue.

Ben alzò gli occhi al cielo a quelle parole per poi scuotere la testa sconsolato, provocando una risata divertita da parte di Prudence.

-Non so davvero come faccio a sopportarti… poi adesso senza la tua dose giornaliera di caffè sei anche peggio- scherzò Ben.

-Perché mi ami follemente?- commentò ironica lei.

Come risposta, Ben alzò le spalle.

-Mh, forse è per quello-

La risata argentina di Prudence si diffuse nuovamente per la cucina, prima che la ragazza si alzasse in piedi e si sedesse sulle ginocchia del compagno, accolta subito dall’abbraccio sicuro di Ben che le circondò la vita con un braccio.

-Sei sexy quando ti preoccupi per me…-gli disse, accarezzandogli distrattamente i capelli.

Ben alzò un sopracciglio, un’espressione divertita sul volto.

-Veramente io sono preoccupato per Pancake.

Non vuoi che cresca forte e grande come il suo papà?-le domandò, flettendo i muscoli del braccio sinistro a dimostrazione della sua forza.

-Vi prego!- una voce s’intromise nel loro dialogo, portando entrambi a voltare la testa verso la porta della cucina.

Sadie, anche lei in pigiama, scosse la testa sconsolata di fronte allo spettacolo che si presentò davanti ai suoi occhi non appena mise piede in cucina.

-Non sono neanche le nove del mattino, potreste evitare di essere così sdolcinati?

Preferirei fare colazione senza essere colta da un improvviso attacco di nausea-aggiunse, agitando velocemente la bacchetta per preparare la colazione.

-Buongiorno anche a te Raggio di Sole-la salutò Prue, tornando a sedersi al proprio posto.

-Ho fatto un turno di quindici ore, non so neanche cosa sia il Sole-ribatté Sadie, lanciando uno sguardo all’amica.

Prudence e Sadie erano amiche fin da quando la ragazza aveva memoria. Le due erano inseparabili ed erano l’una l’opposto dell’altra: Prue aveva un umorismo cortese mentre Sadie aveva uno spiccato sarcasmo e un’ironia carica di doppi sensi; Prudence aveva una visione molto romantica dell’amore, anche grazie alla sua relazione con Ben, Sadie invece si dichiarava “allergica all’amore” totalmente focalizzata sul proprio lavoro e sul suo sogno di diventare un giorno un grande cardiochirurgo.

Entrambe però avrebbero dato l’anima per l’altra, sempre pronte a supportarsi e a confortarsi nei momenti difficili della loro vita e nessuna delle due era disposta a immaginare un futuro di cui l’altra non facesse parte.

-Tu adori i turni lunghi-le fece notare Prudence.

Sadie annuì, sistemando il pane tostato caldo su un piatto e iniziando a spalmarvi sopra il burro, mentre accanto a lei, un cucchiaino girava lo zucchero nel tea nero.

-Non c’è stato neanche un intervento! Mi sono occupata soltanto del reparto e dei post- operatori. Avrei speso meglio il mio tempo se fossi stata rinchiusa in caffetteria a servire caffè a zombie in camice bianco-commentò amareggiata la ragazza.

Sia Ben sia Prue risero alle sue parole, consapevoli di quanta verità fosse racchiusa in quella frase.

-Vedrai oggi sarai più fortunata-la rassicurò Ben, alzandosi in piedi e sistemando le proprie stoviglie nel lavandino. –Vado a farmi la doccia. A che ora dobbiamo essere in ospedale?-domandò poi rivolto a Prudence.

-Alle undici-

Ben annuì e si avviò verso la porta della cucina.

-Vi lascio al vostro pettegolezzo mattutino-disse, prima di sparire nel corridoio che lo avrebbe condotto al piano di sopra.

Prue ridacchiò e scosse la testa: era finita in una gabbia di matti!

L’attimo dopo riportò lo sguardo su Sadie e si accorse dello sguardo attento che l’amica le stava rivolgendo.

-Che c’è?-le domandò.

-Oggi è il gran giorno, giusto?-le domandò con un lieve sorriso sulle labbra.

Prue alzò gli occhi al cielo e annuì.

L’attimo dopo, Sadie si lasciò andare ad un grido di gioia totalmente inaspettato che fece sobbalzare Prue.

-Sei diventata completamente matta?-le chiese la mora.

-Finalmente! Sono due mesi che non vedo l’ora di liberarmi di questo segreto. Hai idea di quanta gente in ospedale mi ha fatto domande su di te?- aggiunse Sadie sedendosi accanto a Prudence intorno al tavolo.

-Non è una novità che il nostro ospedale sia un covo di pettegoli, comunque ti concedo il permesso di rispondere a ogni domanda ti facciano su di me o su Pancake- le disse.

-Sei tranquilla?-le domandò ancora Sadie, fra un boccone e l’altro.

Prue alzò le spalle.

Era terrorizzata: c’era una moltitudine di rischi in una gravidanza e sapere di aver superato il primo trimestre non la rassicurava.

Se avessero fatto di testa sua, quel bambino sarebbe rimasto un segreto fino al quinto mese, quando avrebbe avuto maggiori possibilità di essere sano e forte, ma allo stesso tempo Prudence sapeva che sua madre l’avrebbe disconosciuta se l’avesse tenuta all’oscuro di una cosa così importante per tutti quei mesi.

-Relativamente tranquilla. Ben si preoccupa abbastanza per entrambi, quindi cerco di pensare sempre al lato positivo di questa gravidanza.

Il bambino sta bene, le nausee sono sparite e oggi avremo una nuova foto da appendere sul frigorifero.

L’unica cosa che mi renderebbe veramente felice è una tazza di vero caffè - disse con un lieve sorriso.

Sadie sorrise a sua volta.

-Continua a sognare-commentò.

Nonostante il suo atteggiamento verso i rapporti amorosi, la ragazza era stata al settimo cielo per l’arrivo di quel bambino fin dal primo momento, scegliendo per se il doppio ruolo di zia e di madrina.

-Ora ti toccherà affrontare i tuoi genitori. Posso esserci quando farai il tuo grande annuncio? Non voglio perdermi la reazione dello zio Draco-disse Sadie con un sorriso divertito sulle labbra.

Prue abbassò leggermente la testa a quelle parole, quasi un peso mastodontico fosse caduto sulle sue spalle.

Amava i suoi genitori, sapeva che non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma sapeva che per loro la notizia della sua gravidanza avrebbe avuto l’effetto di una bomba, specialmente per suo padre.

-Non voglio pensarci adesso. Voglio godermi queste ultime ore di pace prima della guerra-commentò allontanandosi alcune ciocche di capelli dal viso.

-Secondo me, tua madre scoppierà a piangere. Hai presente uno di quei pianti imbarazzanti che alle volte dobbiamo sorbirci dai parenti dei nostri pazienti?

Credo proprio che tua madre reagirà così.

Tuo padre piuttosto… Se fossi al posto di Ben, inizierei a temere per la mia vita-aggiunse chiaramente divertita dallo scenario che stava dipingendo.

-Sapevo di poter contare su di te per una parola di conforto-commentò con altrettanta ironia Prue.

-Vorresti che ti raccontassi una spudorata bugia? Dovresti saperlo ormai che non sono capace di mentire- ribatté l’altra.

Prudence rise, ma la sua ilarità scomparve velocemente quando si accorse dell’espressione seria comparsa sul volto di Sadie.

-Gli parlerai anche di quell’altra cosa?-le domandò con voce cauta.

Quello era un argomento che non affrontavano quasi mai.

C’era stato un periodo della loro vita, subito dopo la scoperta, che Prudence non aveva fatto altro che sviscerare ogni singolo aspetto di quell’enorme novità, cercando appoggio e conforto in Sadie, l’unica oltre a Ben, cui aveva parlato dei suoi dubbi.

-Forse… non lo so.

Durante questi tre mesi ho iniziato a farmi delle domande riguardo alla salute del bambino-.

-Che vuoi dire?-le domandò Sadie, corrugando la fronte.

-Questo enorme punto interrogativo sopra la mia testa avrà delle ripercussioni su mio figlio? Ci sono delle malattie genetiche, dei problemi di cui dovrei essere informata, in modo da essere pronta nel caso dovessero presentarsi?-le spiegò Prue, cercando di non agitarsi come le succedeva sempre quando affrontavano quell’argomento.

-Quindi vuoi parlarne con loro?-chiese nuovamente l’altra.

Prudence affondò le mani fra i folti riccioli castani e sospirò.

-Non lo so. L’unica cosa che so è che voglio delle risposte senza far soffrire nessuno. Credi che sia possibile?-le domandò, cercando lo sguardo dell’amica.

Sadie allungò un braccio sul piano del tavolo e strinse una mano in quella di Prudence.

Entrambe sapevano la risposta a quella domanda, quindi sia Sadie sia Prudence lasciarono che il silenzio si diffondesse nella cucina, consapevoli che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti di tranquillità prima del grande annuncio.

 

 

__________________________________

 

Dal suo ritorno a Hogwarts due settimane prima, James si era lasciato trasportare da una girandola d’impegni che lo avevano distratto quasi completamente dalle lezioni giornaliere.

Come ogni anno, aveva dovuto riallacciare i rapporti con i suoi vecchi compagni di Casa e stringere nuove amicizie con gli studenti del primo anno; ristabilire la propria supremazia all’interno della Casa dei Grifondoro, ruolo che gli spettava di diritto visto il suo legame con il “Salvatore del Mondo Magico” Harry Potter. Inoltre aveva preso parte alla selezione dei nuovi giocatori della squadra di Quidditch e, infine nei pochi momenti liberi, aveva concesso la propria attenzione ad alcune ragazze che, come ogni anno, scalpitavano per ricoprire il ruolo di fidanzata del meraviglioso James Potter.

Questi impegni però, lo avevo distratto dal suo obiettivo principale: trovare suo padre.

James doveva trovare ed entrare in contatto con suo padre entro il suo diciassettesimo compleanno, in modo che lui fosse presente alla festa che sua madre e Blaise organizzavano ogni anno.

Riusciva quasi a immaginare la sorpresa che si sarebbe dipinta sui volti di tutti i suoi familiari quando avrebbero visto il grande Harry Potter entrare in quel covo di Serpi.

Sarebbe stato un compleanno da ricordare per tutta la vita.

Per realizzare il suo piano, però, doveva prima di tutto trovare il proprio genitore.

Nella terza settimana dal suo arrivo a Hogwarts, James iniziò a rinchiudersi in biblioteca attirandosi le prese in giro dei suoi amici, passando sempre più tempo sui volumi che si occupavano della Seconda Guerra Magica.

Lesse avidamente ogni minima informazione che riuscì a trovare su suo padre, la zia Hermione e un altro ragazzo, di cui non aveva mai sentito parlare, Ron Weasley, inorgogliendosi sempre di più a ogni azione coraggiosa compiuta da suo padre.

Dopo aver letto dell’avventura nella Camera dei Segreti, che aveva letteralmente salvato la vita di sua madre, James si domandò per l’ennesima volta come avesse fatto la donna a lasciare un uomo pieno di qualità come Harry: perché si era accontentata di una vita scialba e senza emozioni accanto ad una Serpe come Blaise?

Era una scelta veramente inconcepibile.

Quando ebbe consultato anche l’ultimo libro disponibile nella biblioteca, James si rese però conto di una cosa strana: le informazioni disponibili sul Salvatore del mondo magico si limitavano ai suoi anni a Hogwarts e alla sua lunga battaglia contro Voldemort.

Perché non esisteva un libro o una biografia che raccontasse la sua vita dopo Hogwarts?

Il fatto che James si trovasse lì in quella scuola, così come Albus, era la prova inconfutabile che Harry Potter non era perito in battaglia, quindi perché non si sapeva nulla sui suoi ultimi vent’anni?

Tormentato da quel dubbio, James si era avvicinato a Mrs. Ferguson, la bibliotecaria, e non appena questa aveva alzato lo sguardo sul suo volto, il ragazzo le aveva rivolto un sorriso cortese.

-Mrs. Ferguson, ho bisogno del suo aiuto. Ho guardato in tutti gli scaffali, ma non riesco a trovare il libro che sto cercando-disse a bassa voce.

-Di che libro si tratta?-gli domandò la donna.

-Sto cercando una biografia su mio padre-le disse.

La donna corrugò leggermente la fronte.

-Credo che troverà qualcosa nella sezione sulla Seconda Guerra…-iniziò.

James la interruppe scuotendo la testa.

-Ho già letto tutti i libri in quella sezione, ormai posso definirmi un esperto- rispose, con un sorriso seducente.

Sapeva che il sorriso era una delle sue armi vincenti: alle volte bastava un ghigno malizioso per ottenere tutto quello che voleva da una donna. Questa volta, però, Mrs. Ferguson lo osservò per pochi secondi, mentre la sua fronte si corrucciava maggiormente.

-Non capisco cosa sta cercando Mr. Potter - gli disse con voce seria.

-Beh, mi stavo chiedendo: nella nostra biblioteca abbiamo un libro che parli degli ultimi quindici, vent’anni della vita di mio padre? Sarei curioso di sapere se parlano anche di me-aggiunse continuando a sorridere, nella speranza che la sua richiesta sembrasse meno strana.

Ancora una volta, Mrs. Ferguson lo fissò per qualche secondo, poi l’atteggiamento della donna cambiò radicalmente: la bibliotecaria raddrizzò la schiena e il suo viso s’indurì in un’espressione di rimprovero.

-Farò finta di non aver sentito la tua richiesta Mr. Potter.

Questa conversazione non è mai avvenuta- gli disse.

-Ma Mrs. Ferguson…- tentò di rabbonirla James.

-Se proverai a chiedere nuovamente queste informazioni a un altro membro della biblioteca, sarò costretta a informare la Preside McGranitt-lo avvisò.

Quelle parole misero definitivamente fine alla conversazione.

James annuì e dopo aver salutato la donna, si avviò verso l’uscita della biblioteca.

Le risposte e soprattutto il comportamento di Mrs. Ferguson non avevano fatto altro che aumentare i suoi dubbi.

Perché la donna aveva reagito in quel modo a una semplice domanda? Cosa c’era di strano nel voler sapere qualcosa di più su suo padre?

Era una richiesta legittima!

Possibile che non ci fosse il minimo rispetto nei confronti di suo padre? Quell’uomo aveva rischiato più volte la sua vita per il bene della comunità magica, eppure quella vecchia strega sembrava aver ingoiato un rospo soltanto a sentire il suo nome.

Quell’atteggiamento era veramente vergognoso!

Ribollendo di rabbia, James s’incamminò a passi veloci per uno dei lunghi corridoi, senza neanche guardare dove metteva i piedi.

Sapeva che la sua ricerca non sarebbe stata facile e che avrebbe incontrato molti ostacoli sul suo cammino, ma non si aspettava di imbattersi nel primo problema così presto e proprio a Hogwarts.

Questo non lo avrebbe di certo scoraggiato: aveva ben chiaro il proprio obiettivo e avrebbe fatto qualunque cosa pur di raggiungerlo.

Presto avrebbe incontrato suo padre.

 

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Richard era convinto, fin dal momento in cui il Cappello Parlante lo aveva smistato nella Casa di Grifondoro, di essere finito nella Casa sbagliata.

Non si riconosceva per niente nella descrizione classica dei Grifondoro: impavidi, altruisti e alla ricerca della verità sopra ogni cosa.

Lui non era così! Chiunque lo avesse incontrato, anche soltanto per cinque minuti, avrebbe affermato senza ombra di smentita che lui non era proprio il Grifondoro ideale.

Innanzitutto era incredibilmente pigro. La sveglia ogni mattina per lui era un trauma, e alle volte anche compiere un’azione semplice come attraversare il giardino per arrivare alla Sala Grande era troppo faticoso.

James aveva provato più volte a convincerlo a presentarsi alle selezioni per la squadra di Grifondoro, ma come risposta aveva ottenuto soltanto un’espressione scioccata e un secco rifiuto.

Praticare dello sport? All’aria aperta? Decisamente troppo faticoso.

 

Ovviamente non si riconosceva neanche nel Serpeverde ideale e il suo disinteresse per alcune materie escludeva categoricamente anche la Casa di Corvonero. Probabilmente sarebbe stato un perfetto Tassorosso: in quella casa avrebbe passato sette anni diventando il Re della propria Casa, accerchiato da una schiera di fedeli ammiratori, studiando il necessario per superare gli esami, godendosi in tutta tranquillità i suoi sette anni a Hogwarts.

Invece il Cappello aveva riscritto il suo destino, mettendolo fra i Grifondoro.

Proprio grazie a quella decisione, la sua strada aveva incrociato quella di James Potter, il figlio del Grande Harry Potter.

Fin da subito era apparso evidente chi avrebbe assunto il comando della loro Casa e sarebbe diventato a tutti gli effetti, il Re di Grifondoro e Richard non aveva potuto fare altro che ritagliarsi il ruolo di migliore amico e di compagno di avventure.

Il buffone della Casa.

Richard non aveva problemi a ricoprire quel ruolo: aveva uno spiccato senso dell’umorismo e una pungente ironia che gli tornavano utili in molte situazioni diverse.

Inoltre la sua amicizia con James gli permetteva di vivere di gloria riflessa, senza doversi impegnare troppo.

James non parlava molto della sua famiglia; Richard sapeva che i suoi genitori erano divorziati e che sua madre da più di dieci anni era la compagna di Blaise Zabini, il direttore de “La Gazzetta del Profeta”.

Se James preferiva mantenere il silenzio sulla sua famiglia, non passava giorno senza che pronunciasse almeno una volta il nome del padre.

Il Grande Harry Potter.

Anche se l’uomo aveva lasciato la famiglia quando James era ancora bambino, il ragazzo era completamente innamorato del padre: aveva passato ore davanti alla bacheca dei trofei nella sala comune dei Grifondoro, osservando le coppe vinte dalla Casa grazie al padre, aveva letto ogni libro su di lui su cui era riuscito a mettere le mani, aveva approfondito le battaglie della Seconda Guerra Magica che avevano portato alla sconfitta di Voldemort e il ruolo fondamentale che suo padre aveva ricoperto in ogni battaglia.

Cercava di imitare il look del padre, ad eccezione degli occhiali ovviamente, arrivando ad assumere alcuni atteggiamenti che, ne era certo, suo padre aveva alla sua età, mostrandosi generoso e disponibile con gli amici e leggermente battagliero con i professori, specialmente con quello di Pozioni quasi volesse riportare in vita la vecchia rivalità tra il leggendario Professor Severus Piton e suo padre.

All’inizio, Richard aveva scambiato il comportamento di James nel tentativo di avvicinarsi a un padre perduto troppo presto, ma con il passare del tempo, approfondendo la sua conoscenza e con il rafforzarsi della loro amicizia, Richard era riuscito a capire molte cose.

Il comportamento di James poteva essere spiegato in parte dal desiderio di conoscere il padre- idolo che lo aveva abbandonato senza voltarsi indietro, ma allo stesso tempo era una sfida dichiarata e un rifiuto per la nuova famiglia che sua madre aveva costruito dopo il divorzio: Zabini era un Serpeverde e in maniera molto marginale aveva preso parte agli sbeffeggiamenti e agli atti di bullismo che suo padre aveva subito da parte dei verde-argento durante la sua infanzia e adolescenza.

Era chiaro che James imputasse alla madre la colpa di tutto: era stata lei a passare al nemico, costruendo una nuova famiglia e cancellando ogni traccia di Potter dalla vita dei due figli e impedendo ogni possibile contatto tra padre e figlio.

I suoi sospetti furono confermati un anno dopo con l’arrivo di Albus Potter a Hogwarts.

James aveva assistito alla cerimonia dello Smistamento con assoluta convinzione che suo fratello lo avrebbe raggiunto nelle fila di Grifondoro, ma le sue speranze si erano frantumate nel momento in cui il Cappello aveva urlato “Serpeverdesul groviglio di capelli neri.

Richard aveva osservato quel bambino alto e magro, dirigersi con incertezza iniziale e poi sempre con maggiore sicurezza verso il tavolo dei Serpeverde, e una cosa aveva colpito la sua attenzione: il sorriso sollevato che incurvava gli angoli delle labbra.

Grazie a quel sorriso, Richard aveva sentito un sentimento di empatia nei confronti di Albus, un sentimento che in quel momento non era riuscito a spiegare.

Durante gli anni grazie all’amicizia con James, aveva avuto modo di frequentare la sua famiglia e di conseguenza anche Albus e aveva scoperto che il ragazzo era l’opposto del fratello: mentre James voleva ripercorrere la strada già tracciata dal padre ed era propenso a scegliere una carriera di Auror oppure di giocatore di Quidditch, il sogno di Albus era diventare insegnante.

Nonostante fosse più giovane del fratello, Albus aveva ben chiaro il proprio futuro, almeno dal punto di vista professionale e, fin dal suo arrivo a Hogwarts aveva iniziato a gettare le basi che gli avrebbero permesso un giorno di realizzare il suo sogno.

Fin dal primo incontro con la famiglia di James e Al un altro particolare attirò la sua attenzione: il rapporto tra Albus e Blaise Zabini.

Aveva creduto che anche Albus avesse un rapporto conflittuale con il nuovo marito di sua madre, ma si era dovuto ricredere quando aveva visto con i propri occhi l’affetto che c’era tra i due.

Quando la sua amicizia con Al era diventata più profonda, Richard gli aveva chiesto se fosse stato difficile per lui affezionarsi a Zabini.

-E’ mio padre. L’unico che abbia mai conosciuto. Che importa se ha un cognome diverso dal mio?- aveva risposto con una saggezza che poco si adattava ai suoi quindici anni.

Richard non aveva saputo dargli torto e, stranamente, aveva iniziato a guardare sotto un’ottica diversa sia Ginny sia Blaise Zabini; si rese conto che per la donna non doveva essere stato facile affrontare la fine del suo primo matrimonio, soprattutto visto l’ombra ingombrante che un uomo come Potter si porta sempre dietro, ma era riuscita a rialzarsi ed era riuscita a far fronte alle sue necessità e a quelle dei due figli.

Dal canto suo, Mr. Zabini aveva avuto molto coraggio. Non doveva essere stato facile iniziare una storia con una donna ancora ferita per la fine del suo primo matrimonio, ma ciò che agli occhi di Richard era veramente degno di ammirazione era il modo in cui l’uomo avesse fatto da padre a quei bambini, con l’obiettivo di non far sentire loro la mancanza del grande Harry Potter.

In fondo, un uomo che abbandona la moglie e i propri figli senza comunicare più notizie di se poteva essere considerato un grande uomo?

Il suo smistamento nella Casa dei Grifondoro gli aveva quindi permesso di conoscere persone che altrimenti non avrebbe mai incontrato e di ottenere dei buoni risultati con poco sforzo.

 Richard, però, non si sentiva per niente un Grifondoro; infatti, fra tutte le qualità che non potevano mancare a un Grifondoro, Richard sapeva che la più importante era l’altruismo.

Qualità che a lui mancava completamente.

Forse era colpa della sua infanzia e dell’essere cresciuto con quattro sorelle ma Richard era l’egoismo fatto persona: se qualcosa o qualcuno attirava la sua attenzione, questo doveva essere suo.

Non ammetteva rifiuti.

Il problema era che ormai da quasi due anni ciò che desiderava sopra ogni altra cosa era Albus.

Il caro tenero Albus.

Come accidenti era finito in quel guaio?

Si era accorto che c’era qualcosa di strano due anni prima, durante la cena di Halloween che la scuola organizzava come ogni anno; più e più volte il suo sguardo era caduto sul tavolo dei Serpeverde, nella parte opposta della Sala Grande, osservando Albus impegnato in varie conversazioni con i suoi compagni di Casa.

Il destino aveva voluto che, una volta, i loro sguardi s’incontrassero e senza neanche rendersi conto di quello che stava per fare, Richard gli aveva fatto l’occhiolino, accompagnato da un sorriso malizioso che più volte aveva fatto centro con le sue conquiste.

In risposta a quelle attenzioni, Albus gli aveva sorriso: un sorriso radioso che aveva illuminato tutto il viso del ragazzo, prima che questi tornasse a voltarsi e a prestare attenzione alla conversazione in cui erano impegnati i suoi vicini.

Da quella sera, Richard si era ritrovato più volte a fissare Albus, oppure a guardare attentamente le sue labbra impegnate in una conversazione ritrovandosi a pensare che il ragazzino aveva labbra perfette, o peggio ancora a osservare le mani enormi in continuo movimento di Al e a chiedersi se la sua mano sarebbe completamente scomparsa quando Al l’avrebbe stretta tra le sue.

Aveva cercato di tenere a freno quei pensieri, facendo il cascamorto con tutte le ragazze che si mostravano anche solo minimamente interessate a lui, ma neanche questo sembrava essergli d’aiuto.

Stava impazzendo lentamente e non c’era alcun rimedio alla sua pazzia.

Il colpo di grazia era arrivato tre settimane prima alla stazione, quando al posto del ragazzo impacciato e mingherlino si era trovato davanti ad un dio greco.

Tutto merito dello sport!

Quel ragazzo voleva davvero la sua morte.

Perché doveva complicargli la vita in quel modo? Lo aveva fissato con i suoi occhi castani da cerbiatto, con lo stesso sorriso timido di sempre e Richard era stato ad un passo dall' afferrarlo per la t-shirt e baciarlo davanti a tutti.

Doveva mettere un freno, bloccare quei sentimenti prima che fosse troppo tardi.

Era uno dei migliori amici di Albus ed era legato anche a James, anche se il loro rapporto non era più stretto come durante i primi anni.

Non poteva perdere l’amicizia dei due ragazzi per colpa dei suoi ormoni in subbuglio.

Doveva assolutamente fare qualcosa, altrimenti avrebbe finito con il perdere tutto.

 

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Albus osservò la montagna di libri davanti a sé e si lasciò scappare un gemito.

Le lezioni erano ricominciate solo da tre settimane ed era già indietro con i compiti. Perché i Professori si accanivano su di loro in quel modo barbaro? Credevano veramente che sarebbero stati in grado di scrivere due tesine, studiare tre capitoli ed esercitarsi nei vari incantesimi di magia, trovando anche il tempo per mangiare e dormire?

Lanciando un ultimo sguardo disperato ai libri, si alzò dal tavolo che aveva requisito per se nella Sala Comune dei Serpeverde e si avvicinò al divano, dove incurante delle sue sofferenze Michelle era immersa nella lettura di un libro.

-Non ce la farò mai!- si lamentò, lasciandosi cadere a peso morto sul divano.

Michelle alzò lo sguardo dal libro che aveva tra le mani e lo guardò, notando per la prima volta la sua espressione sconsolata.

-Di che parli?-domandò poi.

-Non riuscirò mai a fare tutti i compiti. Questo vuol dire che quest’anno non avrò il massimo dei voti e quindi i miei G.U.F.O. saranno pessimi-riassunse brevemente il ragazzo.

Michelle ridacchiò.

-Assomigli sempre di più a mia madre-commentò divertita.

Albus si sistemò meglio sul divano e la fissò incredula.

-Perché tu non sei preoccupata? Anche tu hai gli esami quest’anno!- le ricordò, cercando qualcuno che condividesse il suo dolore.

La ragazza annuì, ma l’attimo dopo alzò le spalle.

-Per mia fortuna, ma anche di Ellie e Jude, Prue ha sempre ricoperto il ruolo di secchiona nella nostra famiglia. Neanche passando giorno e notte sui libri riusciremmo a eguagliare il suo successo. Ma capisco che per te è diverso-rispose serena.

-In che senso?-le chiese Al corrugando la fronte.

-Tutto si può dire di Jim, tranne che sia uno studente modello-rispose lei costatando un dato di fatto.

Albus sospirò sconsolato.

Purtroppo Michelle aveva ragione: James era un ragazzo estroverso, un ottimo giocatore di Quidditch e sicuramente un giorno avrebbe trovato un lavoro che gli avrebbe permesso di mettere in mostra le proprie capacità, ma non era quello che si definiva un secchione.

-Perché proprio io? E se volessi essere anch’io uno scansafatiche?-le domandò ancora.

Michelle lo fissò qualche istante, poi gli rivolse un sorriso dolce.

-Vorresti farmi credere che non stai impazzendo sapendo di avere una montagna di cose da studiare e poco tempo per farlo? Non preferiresti essere seduto a quella scrivania circondato dai tuoi libri piuttosto che qui accanto  a me?-gli domandò lei conoscendo già la risposta.

Albus sospirò e chiuse gli occhi: Michelle lo conosceva troppo bene, quindi non aveva bisogno di nessuna risposta.

Cercando un po’ di conforto, Albus si avvicinò alla ragazza e gli posò la testa sulla spalla sinistra, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il collo; l’attimo dopo, le dita di Michelle affondarono tra i suoi capelli accarezzando le ciocche ribelli in un gesto calmante.

-Perché non vai a cercare Richard? Lui riesce sempre a calmarti quando sei in questo stato- gli propose la ragazza.

-E’ impegnato con Andrea Kipling. Li ho intravisti mentre stavo tornando qui- le disse cercando di non lasciar trasparire la rabbia.

-Oh…-disse Michelle voltando leggermente la testa verso di lui.

-Già.

Anno nuovo, vecchie abitudini. Non è passata neanche una settimana dal suo arrivo a Hogwarts ed è già ricominciata la caccia.

Secondo te quante ragazze si faranno ammaliare dal suo fascino quest’anno?-le domandò un tono acido nella voce.

-Albus…Devi smetterla!-lo ammonì l’altra.

Infastidito, Albus si allontanò da Michelle e si alzò in piedi, fermandosi davanti a lei, sentendo scorrere nelle vene un’energia nervosa.

-Io devo smetterla? Lui corre dietro ad ogni ragazza ed io devo smetterla?

Perché non vai a dirlo a lui?-ribatté Al cercando di tenere a freno la propria rabbia.

-Ti sfugge un particolare fondamentale in questa situazione: Richard è single.

Può fare quello che vuole, anche portarsi a letto tutte le ragazze della Casa di Grifondoro-gli fece notare con voce calma.

-Quindi dovrei restare a guardare come un povero idiota?-ribattè ancora Al.

Michelle alzò le spalle.

-Oppure potresti dirgli cosa provi per lui. Non avevi detto che questo era l’anno in cui gli avresti parlato?-gli ricordò lei.

La rabbia che fino a quel momento aveva animato Albus scomparve all’istante, lasciando il posto allo sconforto.

Michelle aveva ragione. Durante l’estate, forse spinto dai subdoli cambiamenti che avvenivano nel suo corpo, Albus aveva deciso di farsi coraggio e di parlare a Richard dei suoi sentimenti.

Voleva confessargli che era innamorato di lui, fin da quando era ancora un ragazzino idiota incapace di rendersi conto di quello che gli stava succedendo, di spiegarsi perché il suo cuore aumentasse i battiti ogni volta che Richard incontrava il suo sguardo o gli sorrideva.

Ovviamente non sarebbe stato facile e Albus era consapevole del rischio che correva con quella confessione, ma durante quelle settimane di lontananza era deciso a dichiararsi al suo ritorno a Hogwarts.

Ma ormai erano passate tre settimane, il loro rapporto d’amicizia era sempre lo stesso e Albus non sapeva come affrontare l’argomento.

-Servirebbe a qualcosa dirgli cosa provo per lui?-le domandò dando voce al dubbio che lo attanagliava e lo faceva restare sveglio la notte.

Ancora una volta Michelle alzò le spalle, uno sguardo dolce simile a quello che Albus aveva visto tante volte negli occhi della zia Hermione.

-Forse. O forse no.

Richard potrebbe dirti che ricambia i tuoi sentimenti oppure ringraziarti e dirti che ti vede soltanto come un amico.

Non lo saprai finché non apri bocca e non dai voce a quello che provi.

Quale altra alternativa hai? Ricoprire il ruolo di migliore amico e osservarlo mentre passa da una ragazza all’altra per il resto della sua vita, sperando che non incontri il grande amore? Vivere il resto della tua vita con il dubbio?

E’ veramente un’alternativa del cazzo-commentò spietata come al suo solito.

Albus sospirò e annuì lentamente.

Già, era proprio un’alternativa del cazzo.

 

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-Buongiorno Sexy Sadie-

Sadie sentendosi apostrofare con quel soprannome si voltò verso destra e si trovò a faccia a faccia con il Dr. Scott Dean.

 All’età di trentadue anni, Scott Dean era uno dei responsabili più giovani del San Mungo, uno dei medici più preparati dell’ospedale e sicuramente la persona da avere accanto nei momenti di crisi.

L’uomo aveva passato diversi anni all’estero, partendo con organizzazioni di volontariato, e da queste esperienze era tornato con un grande bagaglio di conoscenze sia dal punto di vista organizzativo che personale.

Nei due anni che lo conosceva, da quando il Dr. Dean aveva assunto il comando del pronto  soccorso del San Mungo, le volte in cui Sadie lo aveva visto perdere la calma si contavano sulla punta delle dita, e ogni volta si era trattato di situazioni in cui la sicurezza dei membri dell’ospedale era a rischio.

Nel caos dell’ospedale, Scott e il suo atteggiamento zen erano un istantaneo calmante per Sadie.

La ragazza aveva sentito un’immediata affinità con il responsabile e la cosa sembrava reciproca visto che, nonostante le poche occasioni in cui si erano ritrovati a lavorare insieme, non passava giorno senza che i due non si ritagliassero un po’ di tempo per raccontarsi gli avvenimenti più importanti della giornata o semplicemente bere una tazza di caffè insieme.

Essendo completamente sincera con se stessa, Sadie doveva ammettere che l’aspetto fisico dell’uomo aveva contribuito non poco alla nascita e all’evolversi della loro amicizia.

L’uomo aveva origini scozzesi, com’era facilmente intuibile dai capelli e dalla barba rosso fuoco che gli copriva le guance e il mento; ogni volta che Sadie posava lo sguardo sul suo volto, restava affascinata dalla sua bocca, con il labbro inferiore leggermente più carnoso di quello superiore e soprattutto dagli occhi grigi.

Più di una volta si era ritrovata a pensare che neanche lo zio Draco aveva occhi tanto belli.

Scott aveva un’altezza nella media, ma il suo fisico era compatto e muscoloso, retaggio dei suoi anni passati in giro per il mondo, dando l’impressione di avere forza sufficiente da spostare una montagna soltanto con una mano.

-Buongiorno anche a te. Non te l’hanno mai detto che non è carino fare commenti del genere a una donna?-gli domandò rivolgendogli un piccolo sorriso.

Scott inarcò un sopracciglio a quelle parole, chiaramente confuso.

-Io non ho alcun problema a essere chiamata Sexy ma altre ragazze potrebbero considerarla una molestia-gli spiegò.

Scott ridacchiò.

-Sexy Sadie è il titolo di una canzone. Non l’hai mai sentita?-le disse chiarendo l’equivoco.

Dandosi mentalmente dell’idiota, Sadie scosse la testa.

-Dimentico sempre che hai vissuto tutta la tua vita nella comunità magica-commentò ancora Scott. –Ti perdi il meglio che il mondo babbano ha da offrire-aggiunse.

-Ovvero? Cosa c’è d’interessante in un mondo senza magia?-.

Scott rise divertito, per poi avvicinarsi a lei e assumere per qualche istante un’espressione pensierosa.

-Fammi pensare… La musica, l’arte, il cibo.

Sono sicuro che resteresti piacevolmente colpita dalle meraviglie del mondo babbano-le disse fissandola con un lieve sorriso a distendergli le labbra.

Sadie restò in silenzio alcuni istanti, sviscerando velocemente le parole dell’uomo alla ricerca di qualche doppio senso: era una velata proposta?

Le stava chiedendo di approfondire la loro amicizia?

Allontanando lo sguardo dal suo per posarlo sulla cartella che aveva continuato a tenere tra le mani per tutta la durata della loro conversazione, Sadie sospirò.

-Dimentico sempre che tu sei di una famiglia mista… Sei sicuro di aver ricevuto la tua lettera di ammissione da bambino e di non esserti soltanto infiltrato a Hogwarts?

A sentirti parlare ti si scambia facilmente per un babbano-lo punzecchiò per riportare la conversazione su un argomento neutrale.

Ancora una volta, Scott rise, attirando l’attenzione di un paio d’infermiere che si trovavano a poca distanza da loro.

-Se vuoi posso mostrarti la mia cravatta di Corvonero- rispose l’attimo dopo.

Sadie alzò gli occhi al cielo.

-Ti prego la Casa dei topi di biblioteca. Ora si spiegano molte cose-lo provocò.

-Ehi! Non mi sembra di aver mai offeso la Casa delle Serpi-la punzecchiò a sua volta Scott.

-Eravamo i migliori! Non c’è niente che potresti dire che mi farebbe cambiare idea-ribatté ancora Sadie con un sorriso smagliante.

L’uomo sorrise nuovamente per le sue parole.

-Devo tornare dai miei pazienti quindi sarà meglio rimandare questa discussione a un altro momento, non vorrei mi lanciassi contro un incantesimo per aver detto la cosa sbagliata- le disse cercando il suo sguardo.

Sadie sorrise.

-Lo sapevo che sarei riuscita a convincerti- commentò ironica.

-Per il momento resto fermo sulle mie idee, ma non è detto che tu non riesca a convertirmi davanti ad una birra.

L’alcool fa vedere tutto da un’altra prospettiva- disse, facendo un passo indietro, la mente già parzialmente rivolta verso i suoi pazienti, ma lo sguardo sempre fisso sul volto di Sadie.

-Oh… Ok-disse Sadie colta di sorpresa.

Scott le rivolse un ultimo sorriso prima di voltarle le spalle e avviarsi a passi veloci verso una corsia del pronto soccorso.

Sadie lo osservò finché la sua figura non si perse fra quella dei pazienti e del personale e soltanto allora si voltò e si avviò a passi svelti verso la mensa, dove era certa di trovare la coppia prima che i due iniziassero il turno.

Prudence! Aveva bisogno del parere di Prudence!

Cosa le era venuto in mente? Com’era potuto succedere?

Un attimo prima erano impegnati nel loro classico sparring fatto di battute ironiche e l’attimo dopo aveva accettato di uscire con lui per bere una birra.

Perché era caduta comunque nella trappola di quegli occhi grigi, anche quando aveva cambiato argomento nel momento esatto in cui la conversazione si era fatta troppo intima?

Doveva trovare Prudence! Doveva parlarne con lei e trovare un modo per riparare a questo errore colossale senza rovinare la sua amicizia con Scott.

Una volta arrivata nella mensa, le bastò guardarsi intorno per individuare il tavolo al quale erano seduti Prue e Ben, il vassoio del pranzo davanti a loro.

-Devo parlarti!- le disse una volta arrivata al loro tavolo.

Prudence alzò leggermente la testa per posare lo sguardo sul volto dell’amica e aggrottò subito la fronte.

-Va tutto bene?-le domandò.

-No! E’ successa una catastrofe di proporzioni bibliche!-disse Sadie sedendosi accanto all’amica.

Prue voltò la testa verso Ben, concentrato sul proprio pranzo, e ricevette una scrollata di spalle in risposta dall’uomo.

Dopo aver vissuto insieme alle ragazze per più di due anni, Ben aveva imparato che Sadie aveva una naturale tendenza all’esagerazione, soprattutto quando il problema interessava la sfera affettiva.

 Prudence era perfetta per riportare ogni problema di Sadie nella giusta prospettiva, facendo capire alla ragazza che quello che sembrava una difficoltà insormontabile era invece facilmente risolvibile.

C’era anche un’altra cosa che Ben aveva imparato in quei due anni di convivenza: durante quelle sedute, quando gli era impossibile dileguarsi come in quel caso, doveva restare nel più completo silenzio e non gli era permesso lasciarsi andare a considerazioni o esporre il proprio pensiero.

In quei momenti Sadie era incredibilmente vulnerabile, anche se avrebbe ucciso chiunque avesse anche solo osato accennare alla sua fragilità, ed era capace di ferire mortalmente una persona con poche parole.

-Di quale catastrofe stiamo parlando?-domandò Prue all’amica.

Sadie si nascose il viso tra le mani e si lasciò scappare un gemito d’insofferenza.

-Credo di aver accettato un invito…- iniziò.

-Che genere d’invito?- la esortò ancora Prue.

-Un invito a uscire con Scott-ammise la mora.

Quelle parole furono seguite da un lungo silenzio, talmente prolungato che Sadie si scoprì il volto e portò lo sguardo sull’amica, sorprendendosi quando la vide sorridere chiaramente divertita.

Portando brevemente lo sguardo su Ben, vide che anche le labbra dell’uomo si erano distese in un sorriso accennato, altrettanto divertito.

-Non capisco cosa ci troviate di divertente in tutto questo- chiese a entrambi.

-Era ora! Stavo iniziando ad avere dei dubbi sulla tua capacità di giudizio- commentò Prue continuando a sorridere.

Sadie corrugò la fronte.

-Ma di che diavolo parli?-le domandò.

Prue alzò gli occhi al cielo e rivolse una veloce occhiata a Ben che, per la seconda volta, si limitò ad alzare le spalle.

-Ok, cercherò di essere il più chiara possibile.

Non sono sorpresa che Scott ti abbia chiesto di bere qualcosa dopo il lavoro, perché ero certa che sarebbe successo fin dal primo momento che voi due siete diventati amici-le spiegò.

Sadie, allibita, spalancò gli occhi a quelle parole.

-La gravidanza inizia a farti male… Scott ed io?- le domandò poi ancora incredula.

Prudence annuì.

-Non ti ho mai visto così rilassata in presenza di un uomo come quando sei con lui; riesce a farti ridere anche quando hai avuto una giornata difficile o non hai assistito neanche a un intervento.

Hai idea di quante volte ti ha portato il caffè quando avevate lo stesso turno?-le domandò poi.

-Questo non vuol dire nulla!-ribattè Sadie, mentre nella sua mente ritornavano chiaramente tutte le volte in cui Scott l’aveva sorpresa con quel gesto inaspettato.

-Ah davvero? Ben ha fatto la stessa cosa per tre mesi prima di trovare il coraggio di chiedermi un appuntamento-le fece notare l’amica.

Sadie lanciò uno sguardo verso l’uomo e lo vide annuire.

Colta nuovamente dallo sconforto, la ragazza scosse la testa con veemenza.

-Ma io non sono te!-le disse tornando a guardare l’amica.

-Potrei offendermi, sai?- le disse Prudence divertita dalle parole dell’altra. –Ma ti conosco troppo bene e so perfettamente cosa vuoi dire.

Per questo ti chiedo di riflettere con calma un attimo: credi veramente che in questi anni Scott non abbia capito chi sei?

Se ha deciso di chiederti di uscire l’ha fatto sapendo perfettamente che la tua vita ruota intorno alla medicina, che probabilmente non c’è niente che ami di più della sensazione che provi ogni volta che entri in una sala operatoria.

E’ stato un gesto veramente coraggioso-aggiunse Prue.

-Stiamo parlando di un Corvonero! A stento sa cos’è il coraggio!-ribatté l’altra provocando una risata nell’amica.

Prue restò qualche istante in silenzio, lasciando all’amica il tempo per scendere a patti con i propri sentimenti.

-Non ti ha chiesto di andare a vivere insieme o di sposarlo-le disse Prue poco dopo. –Esci con lui, cerca di capire se l’alchimia che c’è tra voi quando siete in ospedale sopravvive anche al di fuori di queste quattro mura.

Che male c’è in una birra tra amici?-le domandò infine.

Sadie incontrò gli occhi dell’altra e soltanto con quello sguardo rispose alla sua domanda e, mossa dall’espressione sincera dell’amica, Prudence si sporse leggermente verso di lei e le prese una mano, stringendola tra le sue in un gesto rassicurante.

Prudence aveva ragione: non c’era nulla di male nell’uscire con un amico dopo il lavoro. La situazione si complicava quando quella persona non era un semplice amico, ma era diventato velocemente qualcosa di più.

Sadie era spaventata dalla possibilità che la loro amicizia naufragasse miseramente dopo quell’appuntamento, ma allo stesso tempo era terrorizzata dall’idea che il loro incontro fosse perfetto, che tutto andasse a gonfie vele tra loro complicando ancora più le cose.

Se, come sospettava, la chimica tra lei e Scott fosse stata forte anche durante il loro appuntamento, cosa avrebbe fatto?

Sarebbe stata capace di mettere da parte il suo primo e finora unico amore, la medicina, per lasciar posto a un nuovo amore?

 

 Salve a tutti! Sono tornata una settimana prima del previsto! ^_^

Agli inizi di settembre avrò un esame quindi ho pensato di postare adesso il capitolo, piuttosto che farvi aspettare altri 10 giorni.

Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per le recensioni e dare il bentornato a coloro che seguivano 10 anni fa "Il pagamento di un debito". Ammetto che dopo tutti questi anni non ero sicura di trovare qualcuno ancora interessato al sequel di quella storia e devo dire che mi avete lasciato piacevolmente sorpresa.

Ma allo stesso tempo devo fare una precisazione: recentemente ho ricevuto una recensione a "Il pagamento di un debito" in cui, tra le altre cose, mi si accusava di voler descrivere sotto attraverso degli occhiali rosa la "vendita di una donna e di una bambina" leggittimando così un atto disdicevole come il traffico di esseri umani.

Questa non era ASSOLUTAMENTE la mia intenzione.

Non lo era nel 2008 quando ho scritto la prima FF, ne lo è adesso con questo sequel. Chiedo scusa se qualcuno di voi ha avuto all'epoca o recentemente la stessa impressione rileggendo "Il pagamento", perchè ripeto, MAI mi sarei sognata di giustificare un'azione disdicevole come il traffico di esseri umani e ad essere sincera l'idea non mi è mai neanche passata per la mente.

Un'altra "accusa" fatta in quella recensione è stato l'enorme numero di errori grammaticali, ortografia e battitura. Questa volta non posso dare torto alla ragazza che ha scritto la recensione: durante questi anni, mi sono ripromessa più volte di rivedere attentamente i 35 capitoli che compongono la FF, ma non ho mai avuto il tempo per vari motivi. Anche in questo caso, chiedo scusa e vi ringrazio per non avermi mandato lettere piene di insulti per i tanti errori duranti questi anni. Prometto che farò del mio meglio per rivedere e correggere i vari capitoli della FF.

Ora per le note più piacevoli: al momento ho già scritto 6 capitoli di questo sequel( anche se il 6 si sta rivelando molto lungo e ostico). Contrariamente alla FF originale, non sarà un fiction lunghissima, anche a causa dei miei impegni universitari e, anche se tutti i personaggi compariranno in un modo o nell'altro, le linee narrative saranno soltanto 4.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di ortografia e di battitura.

La frase ad inizio capitolo è tratta da " If I fell" dei Beatles, mentre il titolo è preso da una canzone omonima sempre dei Beatles.

Vi lascio una foto per Scott, il collega di Prue e Sadie:

https://pbs.twimg.com/profile_images/692538690908864512/DZUlZ8c6_400x400.jpg

Ed ora i ringraziamenti: Claralala(Bentornata e Grazie per la tua costanza! Spero solo di non deluderti con questo seguito dopo anni di attesa), Germana(Bentornata! Mi ricordo di te! ^_^

Grazie per la perseveranza avuta in tutti questi anni nel rileggere le storie...Davvero non ti hanno mai annoiato? Quasi tutti i personaggi presenti nella 1 FF torneranno anche qui, ma ovviamente non posso dirti di più altrimenti ti rovinerei la sorpresa. Per quanto invece rgarda "What I did for love", si spero un giorno di continuarla, perchè ho ben chiaro come voglio concludere quella FF, ma devo riscrivere quasi interamente gli ultimi due capitoli perchè la storia proceda e adesso ho poco tempo...Magari un giorno riuscirò a terminare anche quella), Jiuliee(Grazie per i complimenti! Hai indovinato, più o meno... Si concentrerà principalmente sulla young generation, ma vedremo anche i vecchi personaggi. James è un personaggio particolare, in continua evoluzione: quando ho iniziato a scrivere avevo un'idea sul suo percorso, ma andando avanti ho cambiato completamente strada e anche per m è una continua sorpresa. Come sa chi ha letto le mie storie, Albus è il mio preferito e credo che lo sarà sempre. ^_^), RTT(Grazie per i complimenti! Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento), Isabel1(Grazie per i complimenti! Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensi!),ElizabethEowyn(Bentornata e Grazie per i complimenti! So che ritrovare Prue adulta è un grande shock, l'ho sperimentato in prima persona, ma in questo modo abbiamo modo di vedere la splendida persona che è diventata grazie agli insegnamenti di Draco ed Herm. Eh già, il titolo della FF è un grande aiuto, ma può anche portare fuori strada: posso solo dirti che il passato è un arma, e può fare enormi danni. Sei l'unica ad aver notato l'assenza di Amy, quindi Complimenti! Tranquilla, la sua assenza verrà spiegata più avanti).

Ok, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Buon ritorno a scuola e, per chi come me è all'università, buona sessione d'esame.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Words are futile devices ***


futile devices

 

 

"I need you to
Tell me right before it goes down
Promise me you'll
Hold my hand if I get scared now
Might tell you to
Take a second, baby, slow it down

You should know I, you should know I
I bloom just for you"

 

Dall’1 settembre per otto lunghe settimane, la residenza londinese di Draco Malfoy e Hermione Granger-Malfoy cadeva nel silenzio assoluto; durante l’estate quelle stanze si animavano dell’energia che soltanto tre ragazzi adolescenti erano capaci di produrre, grazie alla loro vitalità e inventiva.

Ogni estate, Draco rimpiangeva il silenzio che avvolgeva la casa prima dell’arrivo dei suoi figli, lamentandosi per gli oggetti sparsi in giro per casa e per il rumore provocato dai ragazzi che gli impediva di lavorare.

Ma ogni volta, alla partenza dei figli, quando il silenzio cadeva nuovamente sulla casa, si ritrovava inevitabilmente a vagare per le varie stanze lanciando occhiate tristi alle camere che fino a pochi giorni prima avevano ospitato i tre ragazzi, sentendo terribilmente la loro mancanza.

Quella sensazione di smarrimento svaniva nel giro di pochi giorni, ma lo lasciava incapace di pensare a qualsiasi cosa che non fossero i suoi figli minori: il viaggio con l’Espresso era stato tranquillo? Avevano passato un primo giorno piacevole oppure avevano avuto qualche problema con i nuovi arrivati?

Fortunatamente le gemelle e Mude sentivano la mancanza dei genitori quasi quanto Draco e Hermione, al punto da non far passare neanche ventiquattro ore tra il loro arrivo a Hogwarts e la consegna della prima lettera.

Lettera che, ogni volta, serviva principalmente a rassicurare Draco.

Ogni anno, dopo aver letto la lettera, Draco si tranquillizzava e accettava le frecciatine di Hermione, che non perdeva occasione per punzecchiarlo bonariamente per la sua apprensione verso i ragazzi.

Hermione era l’unica cui permetteva di canzonarlo in quel modo.

Nessuno avrebbe riconosciuto in quel padre apprensivo il ragazzo sbruffone e menefreghista che aveva percorso i corridoi di Hogwarts e lo stesso Draco era fermamente convinto che fosse merito del suo amore per la moglie se era riuscito a fare qualcosa di buono nella sua vita.

Una piccola parte del merito era da attribuire anche a sua madre, Narcissa Malfoy, la Regina di Ghiaccio dei Serpeverde: era stato grazie al suo testamento e alla clausola sul vero amore, se Draco aveva atteso pazientemente nonostante che per molti anni avesse l’impressione che il Destino gli stesse remando contro.

Quando però il suo momento era finalmente arrivato ed era riuscito ad avvicinarsi a Hermione, aveva fatto di tutto per non sprecare la sua occasione, consapevole che quella fosse la sua unica possibilità.

 Nonostante alcune incomprensioni iniziali e tanti problemi che avrebbero messo in crisi una coppia meno affiatata, dopo sedici anni lui e Hermione erano ancora insieme, più uniti che mai.

 Draco era consapevole che la vita era stata molto generosa con lui: era uno stimato membro della comunità magica, aveva un lavoro appagante, una moglie che amava e da cui era riamato senza remore e una famiglia che lo riempiva di soddisfazioni.

Non avrebbe cambiato nulla della propria vita.

Una domenica mattina, due settimane dopo la partenza dei figli per Hogwarts, Draco raggiunse sua moglie in cucina pronto per godersi la colazione in tutta tranquillità.

-Buongiorno amore-la salutò avvicinandosi alla tavola apparecchiata.

Hermione gli rivolse un breve sorriso prima di tendere il volto verso di lui per ricevere un bacio veloce.

-Buongiorno. Stavo per iniziare senza di te… Oggi te la sei presa comoda- commentò Hermione versando il caffè nella tazza del marito.

-E’ domenica! Ora che abbiamo tutta la casa per noi potremmo passare tutta la giornata a letto- le fece notare lui, prendendo la tazza tra le mani.

Hermione sorrise.

Lo conosceva troppo bene e sapeva che non sarebbe mai stato capace di passare un’intera giornata a letto in totale relax, ma negli ultimi anni quella frase era diventato un piccolo gioco tra loro.

Per alcuni minuti i due coniugi si concentrarono sulla colazione, lasciando che il silenzio avvolgesse nuovamente la casa, fino a quando Hermione non concentrò la propria attenzione sul marito, la tazza di tea a poca distanza dalle labbra.

-Prima di partire Jude mi ha chiesto ancora una volta se possiamo prendere un cane- gli disse.

A quelle parole Draco alzò gli occhi al cielo.

-Sai come la penso-rispose lui, sperando che quella frase bastasse a mettere la parola fine al discorso.

Jude aveva parlato per la prima volta del cane al suo ritorno a casa per le vacanze estive e, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che assillare il padre con quella richiesta cercando di mostrargli i lati positivi di avere un animale domestico.

Draco era ovviamente quello più restio della coppia a soddisfare la richiesta del figlio, capace di vedere soltanto gli scenari apocalittici che sarebbero scaturiti dall’arrivo di un cane in casa loro: riusciva perfettamente a immaginare i divani di casa ricoperti di peli e come le sue scarpe e pantofole sarebbero diventate vittime innocenti dei denti affilati della bestia.

Hermione, al contrario, su quell’argomento lasciava prevalere la sua parte babbana: anche se la donna non aveva mai avuto un cane durante l’infanzia, nella casa dei suoi genitori c’era sempre stato un gatto o un altro animale domestico e questo, almeno secondo quanto aveva più volte ripetuto al marito, l’aveva aiutata ad assumersi le proprie responsabilità.

-Sarebbe un perfetto regalo di Natale- disse ora la donna, cercando di convincere il marito.

Draco sospirò.

-Sai che di quella bestia dovremmo occuparci noi per gran parte del tempo? Portarlo a spasso, dargli da mangiare, coccolarlo-ribatté di nuovo Draco.

-Sarebbe come avere un altro bambino in giro per casa-commentò ironica Hermione.

-Non ti bastano i tre figli che già abbiamo?- chiese a sua volta il biondo.

Hermione sorrise in modo malinconico.

Draco si pentì quasi subito delle sue parole, consapevole che se lui sentiva terribilmente la mancanza dei ragazzi, per Hermione era anche peggio: la donna aveva un bellissimo rapporto sia con le gemelle sia con Jude e quando i ragazzi erano a Hogwarts la loro assenza era per lei un dolore quasi viscerale.

- La presenza di un cane in giro per casa farebbe bene anche a te, sai?-tentò ancora Hermione, cercando di allontanare quell’aria malinconica che si era impossessata di loro fino a pochi attimi prima.

-Ah davvero?- commentò sarcastico Draco.

Hermione annuì.

-Con un cane che ti corre incontro e vuole continuamente le tue attenzioni, non ti sentiresti solo e abbandonato quando i ragazzi non ci sono-lo punzecchiò lei con un lieve sorriso.

-Io non mi sento solo e abbandonato! E poi ci sei già tu che mi ricopri di attenzioni- ribatté l’uomo con un sorriso malizioso.

Quelle parole provocarono una risata divertita da parte della donna.

-Continua a sognare Malfoy- lo apostrofò divertita.

Draco sorrise a sua volta sentendo quel vecchio nomignolo che un tempo era usato come dispregiativo e ora era sinonimo d’amore e complicità.

L’uomo allungò una mano fino a stringere nella sua la mano sinistra di Hermione e, dopo averla avvicinata alle labbra, posò un piccolo bacio sul dorso.

-Ok, ecco cosa facciamo: ti prometto che ci penserò, anche se la sola idea di un cane in giro per casa mi da i brividi. Se dovessi decidere per il sì, allora il ragazzo potrà avere il suo cane come regalo di Natale- le disse ricevendo in cambio un sorriso radioso. -Nel frattempo però, smettila di perorare la causa di Jude e di questo dannato cane- aggiunse Draco rivolgendole un ghigno malizioso.

Hermione sorrise a sua volta e annuì; l’attimo dopo si sporse in avanti sul tavolo fino a essere a faccia a faccia con il marito.

-Credo di poter accettare le tue condizioni- disse prima di posargli un bacio lieve sulle labbra chiuse.

Al contatto con le sue labbra morbide, Draco sorrise e ricambiò il suo bacio, affondando per pochi attimi le dita di una mano fra i riccioli spettinati.

Pochi istanti e Hermione si era già allontanata, tornando a sedersi al proprio posto.

-Sarà meglio iniziare a prepararci. Prudence sarà qui tra un’ora- disse poi dopo aver bevuto un sorso di tea dalla propria tazza.

Soltanto in quel momento, l’uomo si ricordò della visita imminente della figlia. La ragazza aveva chiamato la sera prima per avvisarli che l’indomani sarebbe andata a trovarli e dopo alcune domande mirate da parte di Hermione, Prue aveva ammesso che dovevano dir loro una cosa importante.

Provocando un lieve attacco di panico sia a Hermione sia a Draco.

-Secondo te di cosa vuole parlarci?-domandò ancora una volta l’uomo.

Hermione alzò le spalle, cercando di non farsi prendere nuovamente dall’ansia.

-Lo scopriremo tra poco- disse semplicemente.

-Verrà insieme a Ben?-

-Probabile- rispose Hermione.

-Credi c’entri qualcosa lui?-chiese l’uomo, cercando una spiegazione in quella riunione avvolta nel mistero.

-Tesoro non ne ho la minima idea. Questa volta sono all’oscuro di tutto come te.

Quando Prudence sarà qui, potrai farle tutte le domande che vuoi, ma ti prego non iniziare ad aggredire Ben come al tuo solito-.

Un’espressione incredula si dipinse sul volto di Draco a quelle parole.

-Io non lo aggredisco! Cerco solo di proteggere la mia bambina- replicò il biondo.

Hermione sorrise a quelle parole.

Fin dal loro primo incontro, Draco si era letteralmente innamorato di Prudence, ricoprendola di attenzioni che le erano mancate troppo a lungo e trattandola fin da subito come se fosse figlia sua.

Era la sua principessa.

Purtroppo Draco l’avrebbe sempre vista con gli occhi innamorati di un padre e la presenza di Ben al fianco della figlia lo infastidiva.

-Prue non è più una bambina: ha quasi ventitré anni.

E’ una donna in gamba ed è abbastanza sveglia da capire cosa è meglio per lei.

Credi veramente che avrebbe scelto di stare con Ben se non lo avesse ritenuto alla sua altezza?

E’ una Malfoy! Vuole solo il meglio per sé- aggiunse la donna con un sorriso ironico sulle labbra.

Draco accennò un sorriso a sua volta e sospirò, costretto ad ammettere che sua moglie aveva ragione.

-Va bene, cercherò di essere più accomodante verso Ben- le disse alzandosi in piedi.

-Ma se oggi ci dirà che hanno intenzione di sposarsi non ti aspettare grandi dimostrazioni d’affetto verso il ragazzo!-aggiunse avviandosi verso la porta della cucina.

Osservando la figura di suo marito che usciva dalla stanza, Hermione si concesse un ultimo sorriso, prima di scuotere la testa sconsolata.

 

Si prospettava una lunga giornata e non erano neanche le undici del mattino.

 

 

________________________________

 

-Mamma, papà! C’è nessuno?-

Sadie aprì la porta di casa Nott e lasciò che si richiudesse rumorosamente alle sue spalle.

L’esperienza le aveva insegnato che presentarsi a casa dei genitori senza preavviso era sinonimo di guai; Sadie aveva ormai perso il conto delle volte in cui li aveva trovati in atteggiamenti imbarazzati.

Incamminandosi per il lungo corridoio che collegava le varie stanze della casa, la ragazza lanciò uno sguardo in ogni camera alla ricerca dei propri genitori, finché arrivata in cucina non scorse sua madre, ferma in piedi accanto al frigorifero in mano una tazza di caffè tra le mani.

-Ehi! –la salutò con un sorriso affettuoso, avvicinandosi alla donna. –Credevo non ci fosse nessuno-aggiunse.

L’attimo dopo allargò le braccia per avvolgere la madre in un abbraccio, lasciandosi circondare dal profumo della donna, sempre uguale fin da quando era bambina e che per lei era ormai sinonimo di serenità e di amore puro.

Pansy Nott ricambiò l’abbraccio della figlia, stringendola a sé per un lungo istante prima di staccarsi da lei quel poco che le serviva per incontrare lo sguardo della ragazza.

-Diventi sempre più bella-le disse prima di posarle un bacio sulla guancia sinistra.

Sadie sorrise: sua madre glielo ripeteva ogni volta che si vedevano.

-Dov’è papà?- le domandò sciogliendo il loro abbraccio e avvicinandosi alla macchina per il caffè.

-Prego, fa come se fossi a casa tua - disse ironica Pansy, aprendo uno sportello sopra il lavello dove da sempre erano custodite le tazze e porgendone una alla figlia. –Tuo padre è da qualche parte con lo zio Blaise.

Credo avesse bisogno di un consiglio per il regalo di Ginny- spiegò, prima di bere un sorso dalla propria tazza.

Sadie annuì e mentre aspettava che il suo caffè fosse pronto, la ragazza si voltò verso la madre e la osservò.

Nessuno a una prima occhiata avrebbe creduto che Pansy Parkinson Nott aveva una figlia di ventitré anni.

Sua madre era stata benedetta dalla genetica e conservava una pelle perfetta che le dava l’aria della bambola di porcellana; i suoi capelli neri erano lucidi e alla moda, e i suoi occhi erano accesi dalla stessa scintilla maliziosa che illuminava continuamente quelli della figlia.

Quando il suo caffè fu pronto, Sadie e la madre si diressero verso il salotto, dove avrebbero potuto parlare con tranquillità e sedute comodamente sul divano.

-Sei troppo magra-la rimproverò Pansy, sedendosi su una poltrona beige. –Non hai tempo per mangiare tra un turno e l’altro?

Sadie alzò gli occhi al cielo.

-Sta tranquilla, mangio a sufficienza ma grazie ai turni di dodici ore tutte le calorie in eccesso non vengono assimilate-

Pansy scosse la testa, un sorriso lieve sulle labbra.

-Cosa ho fatto di male per meritare una figlia dottore?-domandò ironicamente la donna.

-Avresti preferito una figlia insoddisfatta che passava il suo tempo fra un evento mondano e l’altro?-

A quelle parole Pansy rabbrividì.

-Credo di aver partecipato ad abbastanza eventi per entrambe quando tu eri bambina. Non lo augurerei neanche al mio peggior nemico- disse ironica.

Sadie alzò in alto la tazza che teneva stretta tra le dita della mano destra in una sorta di brindisi in onore della madre.

-Ti sarò per sempre riconoscente per questo sacrificio-disse prima di portare la tazza alle labbra e bere un sorso.

Pansy sorrise.

-Come sta Prudence?-le domandò poi cambiando argomento.

La ragazza corrugò la fronte.

-Non hai ricevuto il tuo bollettino settimanale dalla zia Hermione?- la punzecchiò.

La madre ridacchiò.

-Ovviamente, ma sai che adoro avere qualche novità in anteprima- ammise sincera Pansy.

Questa volta toccò a Sadie ridere sinceramente divertita dalle parole della madre.

Se solo avesse saputo la grande novità che lei, Prue e Ben avevano tenuto nascosta alla famiglia per mesi.

-Prue sta bene e prima che tu me lo chieda, fra lei e Ben va tutto a gonfie vele.

Sono disgustosamente felici insieme-le disse, storcendo le labbra in una smorfia per mostrare i propri sentimenti sul rapporto zuccheroso dei due ragazzi.

Pansy scosse la testa.

-Sei sempre la solita- commentò la madre prima di far cadere il silenzio per qualche istante.

Durante quella breve tregua, Pansy osservò attentamente sua figlia, cercando di capire il motivo che l’aveva ricondotta a casa quella mattina: solitamente Sadie veniva a trovarli ogni due settimane, durante il suo giorno libero, ma questa visita era inaspettata poiché cadeva a una settimana di distanza dall’ultima.

Conoscendo sua figlia come credeva di conoscerla, Pansy aveva capito subito che era successo qualcosa, anche se non aveva ancora capito cosa.

Neanche durante quei brevi istanti riuscì a carpire il suo segreto e, ammettendo la propria sconfitta, si preparò a chiederlo alla diretta interessata.

Aveva già dischiuso le labbra pronta a parlare, certa di aver trovato le parole giuste per iniziare la conversazione senza insospettire la figlia, quando Sadie la colse di sorpresa e affrontò il problema che l’aveva ricondotta a casa.

-Posso farti una domanda?-le chiese.

Pansy annuì.

La ragazza si sistemò meglio sul divano e posò la tazza sul tavolino poco distante da sé.

-Devi promettermi che non inizierai a comportarti come la zia Hermione- disse ancora Sadie.

Pansy aggrottò la fronte a quelle parole ma, piena di curiosità, annuì.

Le avrebbe promesso qualsiasi cosa pur di scoprire cosa stava succedendo a Sadie.

La ragazza si schiarì la gola e, dopo aver preso un respiro profondo, le fece una domanda totalmente inaspettata.

-Come hai capito di provare qualcosa per papà?-

Incredula, Pansy restò qualche istante in silenzio, lo sguardo fisso sul volto della figlia: la sua caustica, allergica all’amore, votata alla carriera Sadie.

Le aveva davvero fatto una domanda sull’amore, o in parte collegata alla sfera dei sentimenti?

Doveva essere un sogno. Era l’unica spiegazione.

Ritornando presente a se stessa e alla domanda che le aveva posto Sadie, Pansy si passò una mano fra i corti capelli neri cercando di prendere tempo e riorganizzare le idee.

-Quando ho capito che tra tuo padre e me c’era qualcosa oltre l’amicizia?-le domandò a sua volta, per essere certa di aver capito bene.

Sadie annuì.

-Conosco ogni dettaglio del vostro primo bacio sotto la pioggia e di come vi siete messi insieme.

Quello che non so è come e quando hai capito che quello che provavi per papà era diverso dal rapporto con lo zio Draco o lo zio Blaise- spiegò ancora la ragazza.

Pansy sospirò, sorridendo leggermente.

-Tuo padre è sempre stato diverso dai tuoi zii.

E’ una persona socievole, ma c’era una parte di se che non mostrava a nessuno.

Eravamo amici eppure il novanta per cento delle volte non avrei saputo dire cosa gli passasse per la testa o cosa stesse provando in un determinato momento.

E’ sempre stato molto geloso dei propri sentimenti. Lo è ancora adesso dopo tanti anni-raccontò Pansy.

Sadie aggrottò la fronte a quelle parole.

-No, non è vero. Papà è un libro aperto: riesci a capire cosa prova soltanto guardandolo in faccia-ribatté.

Ancora una volta Pansy sorrise.

-Se così fosse avrebbe smesso di fare l’avvocato molti anni fa.

Lo sapevi che tuo padre è considerato uno dei peggiori squali nel suo ambiente?

E’ uno dei migliori della sua categoria perché non lascia trasparire nessuna emozione quando si trova in un’aula di tribunale- le raccontò con una nota d’orgoglio nella voce.

Sadie restò in silenzio, certa che sua madre non avesse ancora terminato.

-L’uomo che conosci tu è un’anomalia: fuori da questa casa esiste uno dei membri più rispettati della comunità magica, il grande avvocato e l’amico pronto alla battuta sarcastica.

Una volta varcata la soglia di casa, però, esiste soltanto Theo: il marito e padre affettuoso.

Soltanto con noi è un libro aperto perché sa che lo ameremo incondizionatamente, anche nei suoi momenti più bui-concluse Pansy.

La ragazza restò in silenzio qualche istante, rendendosi conto forse per la prima volta, delle mille sfaccettature del carattere di suo padre.

-E’ proprio per questo che mi sono innamorata di lui-disse ancora la donna, riportando su di sé lo sguardo della figlia. –Siamo cresciuti insieme, ma io per molti anni l’ho visto come un amico-.

Un lieve sorriso incurvò le labbra di Pansy.

-Non ero molto sveglia all’epoca: per troppo tempo ho rincorso lo zio Draco certa che saremmo stati perfetti insieme-commentò lasciandosi andare a una risata divertita che coinvolse anche la figlia.

–Ripensandoci adesso mi sento tanto ridicola! Eravamo due poveri disperati che correvano dietro ad un amore impossibile: tuo zio Draco dietro la zia Hermione, ed io dietro il Re delle Serpi-.

-Beh, visto come sono andate le cose, quello dello zio Draco non era così impossibile-commentò Sadie.

A quelle parole, lo sguardo di Pansy tornò a posarsi sul volto della figlia e l’attimo dopo Sadie la vide scuotere la testa, quasi si fosse resa conto solo in quel momento della pericolosità di quella conversazione.

-Mi sono innamorata di tuo padre durante l’ultimo anno a Hogwarts.

Dopo la Seconda Guerra e i processi che colpirono la comunità magica tutti noi decidemmo di ritornare a Hogwarts per completare gli studi… ed anche perché quella era l’unica casa rimasta per molti di noi.

-La Guerra ebbe un profondo impatto su di noi: tuo zio Draco ebbe degli incubi tremendi per mesi, Blaise andò completamente fuori di testa, io stessa passavo intere notti in bianco sui libri per dimostrare a tutti che il nome della mia famiglia non era solo sinonimo di Mangiamorte.

Tuo padre fu l’unico a mantenere la calma- raccontò Pansy.

Sadie osservò sua madre, immersa nei ricordi e con uno sguardo proiettato verso il passato e per la prima volta dopo tanto tempo, si sorprese ad ammirarla; aveva sempre saputo che sua madre era una donna forte, ma non aveva mai capito quanto: nella loro grande famiglia allargata non parlavano mai di quel periodo buio che coincideva con la Seconda Guerra Magica, consapevoli che avrebbe riaperto vecchie ferite mai rimarginate e tutto quello che la nuova generazione sapeva riguardo alla Seconda Guerra lo aveva appreso dai libri o durante le lezioni di Storia della Magia a Hogwarts e ogni volta era difficile conciliare le persone che conoscevano da una vita con quelle descritte sui libri o raccontate in classe.

Sadie stessa aveva visto centinaia di volte il simbolo dei Mangiamorte ben evidente sul braccio dello zio Draco, ma l’idea che la ragazza aveva di quelle creature misteriose e mortalmente pericolose non coincideva per niente con l’uomo che le aveva insegnato a volare su una scopa o che aveva insegnato a lei e a Prudence a nuotare.

-Theo si prese cura di noi, nessuno escluso.

Evitò che Blaise andasse totalmente fuori controllo al punto da essere espulso, creò una pozione per Draco in modo da aiutarlo con i suoi incubi e soprattutto si prese cura di me.

Ideò una tabella di marcia in cui ogni ora era stabilita rigorosamente… Me la ricordo ancora: oltre alle ore di lezione avevo due ore per lo studio, sia la mattina sia la sera, un’ora per i pasti e infine due ore di completo relax.

E’ merito suo se non sono andata fuori di testa-commentò sincera.

Sadie rivolse un sorriso alla madre, certa che non c’era bisogno di parole.

-Era molto attento: quasi ogni sera si sedeva accanto a me su uno dei divani della Sala Comune dei Serpeverde e mi coinvolgeva nella conversazione tra lui e i tuoi zii; altre volte invece passavamo ore a chiacchierare soltanto lui ed io.

Fu grazie a quella piccola attenzione che iniziai a provare per lui qualcosa di diverso dall’amicizia.

Nessuno si era mai preoccupato tanto per me-ammise onesta.

L’attimo dopo, Pansy alzò le spalle.

-Il resto è storia… Sempre che tu non voglia ascoltare nuovamente il racconto del nostro primo bacio- aggiunse con una punta d’ironia nella voce.

Sadie ridacchiò e scosse la testa.

-Credo di poterne fare a meno ma grazie per la gentile offerta-rispose con altrettanta ironia.

Le due donne restarono in silenzio qualche istante, osservando le proprie tazze abbandonate sul tavolino da caffè sistemato tra loro, finché Pansy non ruppe nuovamente il silenzio.

-Quanto devo aspettare ancora?-domandò alla figlia.

Sadie inarcò un sopracciglio e restò in silenzio.

Sapeva benissimo cosa voleva sua madre, ma non avrebbe ceduto facilmente.

-Mi ha fatto promettere di non parlarne con tua zia, hai lasciato che ti parlassi della mia storia d’amore con tuo padre senza lamentarti costantemente ed ora vorresti lasciarmi a bocca asciutta?

Sputa il rospo!-la esortò con una sincerità brutale tipica dei Serpeverde.

Suo malgrado, Sadie sorrise divertita; sua madre sapeva sempre trovare le parole e i modi giusti per convincerla a confidarsi con lei.

La ragazza sospirò profondamente e portò lo sguardo sul volto della madre, certa che una volta sganciata la bomba, la donna sarebbe diventata insopportabile.

-Eh va bene! C’è qualcuno…-iniziò titubante.

-Un membro del genere umano?- la punzecchiò sua madre.

-Un uomo! Un mio collega.

Ci conosciamo da più di un anno, siamo amici e…

L’altro giorno mi ha invitato a bere qualcosa insieme-ammise finalmente Sadie.

Sua madre restò in silenzio, in attesa.

-Beh, non dici nulla?- le domandò infine Sadie, incapace di sopportare oltre lo sguardo della madre.

-Tutto qui?-le chiese a sua volta la donna.

-Come sarebbe tutto qui? Cosa ti aspettavi?-

-Vorrei qualche dettaglio in più. E’ evidente che questa persona t’interessa, altrimenti non avresti neanche preso in considerazione l’idea di accettare il suo invito, ma prima di spingere mia figlia tra le braccia di perfetto sconosciuto vorrei avere qualche altra informazione.

Sempre se la cosa non ti crea troppo disturbo-aggiunse con un nuovo sorriso ironico.

Questa volta, Sadie sospirò frustrata e per alcuni istanti fu tentata di ritirare tutto quello che aveva detto fino a quel momento; poi la parte razionale di sé prese il sopravvento e le fece capire che aveva bisogno di un parere esterno sulla sua situazione, oltre a quello di Prudence e Ben.

-Si chiama Scott-iniziò.

-Ok, è un nome comune ma non tutti possono avere nomi stravaganti come i tuoi zii-commentò la madre.

Sadie sorrise di nuovo: nessuno ascoltando come sua madre parlava dei suoi zii, avrebbe immaginato il profondo legame di amicizia che li legava ormai da decenni.

-E’ un medico ma questo credo tu l’abbia capito quando ho detto che è un mio collega… anzi, a essere sinceri, è un mio superiore: è il responsabile del pronto soccorso del San Mungo.

Ha vissuto molti anni all’estero, lavorando con organizzazioni non governative offrendo le proprie capacità di medico dove c’era mancanza di personale sanitario: è stato in Africa, Asia, ha vissuto per mesi in un monastero in Nepal dopo il terremoto prestando il proprio aiuto alla popolazione-raccontò infervorata Sadie.

-Un uomo dalle mille risorse-commentò la madre. –Quanti anni ha?-

-Trentadue.

Viene da Edimburgo… Ed è come la zia Hermione- aggiunse restia l’attimo dopo.

Pansy aggrottò la fronte a quelle parole: sapeva perfettamente cosa si nascondeva dietro le parole di sua figlia, ma la sorprese il modo riluttante in cui le aveva comunicato quella notizia.

-Vuoi dire che è un maniaco del controllo?-la punzecchiò, cercando di mascherare il proprio divertimento.

Sadie scosse la testa.

-Oh no! Non dirmi che è un pudico come tua zia all’inizio della sua storia con Draco. Sono veramente dispiaciuta per te-tentò di nuovo Pansy.

-No! Come ti viene in mente! Come faccio a saperlo?- ribatté sbalordita la ragazza, arrossendo per la prima volta da quando avevano iniziato quel discorso.

Pansy rise, incapace di trattenersi di fronte alla faccia scandalizzata della figlia.

-Oh, tesoro! Credi davvero che ti proibirei di frequentare quest’uomo soltanto perché i suoi genitori sono dei babbani? Devo forse ricordarti che tua zia Hermione è quasi una sorella per me?-le domandò poi, un sorriso leggero sulle labbra.

Sadie abbassò leggermente la testa, cercando di nascondere allo sguardo indagatore della madre la verità: per un breve istante aveva realmente temuto che sua madre, cresciuta in un ambiente in cui la purezza del sangue era un valore fondamentale quando s’instauravano rapporti umani, non avrebbe visto di buon occhio un’amicizia tra lei e Scott.

-Scusa- le disse, ammettendo le proprie colpe.

- Un’altra persona sarebbe rimasta ferita dalle tue parole, ma vista la tua incapacità di gestire i sentimenti per questa volta ti perdono-rispose Pansy, portando la ragazza a rialzare la testa e a incontrare il suo sguardo, sentendosi sollevata quando vide il sorriso rassicurante sul volto della madre.

-Cosa ne pensa Prudence di quest’uomo misterioso?-le domandò cambiando argomento, il volto atteggiato in un’espressione ironica.

Ancora una volta, Sadie alzò gli occhi al cielo.

-Lei e Ben pensano che siamo fatti l’uno per l’altra.

Però non farei molto affidamento sulle sensazioni di Prue- aggiunse.

-Perché mai? Nessuno ti conosce meglio di lei, presenti esclusi ovviamente-.

La ragazza sospirò frustrata.

-Prue ha sempre avuto una visione troppo romantica dell’amore, anche grazie al matrimonio felice dello zio Draco e della zia Hermione…-

-Al contrario di te e della tua famiglia disastrata - commentò ironica Pansy.

Sadie scosse la testa.

-Anche tu più volte hai ammesso che gli zii sono veramente zuccherosi. Al solo guardarli, alle volte, si rischia il coma diabetico-ribatté prontamente la ragazza.

Pansy rise ripensando ad alcuni momenti in cui gli atteggiamenti romantici tra i due amici l’avevano portata a fare battute sarcastiche simili a quelle della figlia.

-Ammetto che hai ragione: ci sono dei momenti in cui i tuoi zii sono davvero insopportabili.

Se tu sapessi tutto quello che hanno passato, non saresti così insofferente ai loro gesti d’affetto-commentò poi.

-Ovvero? Il loro matrimonio potrebbe essere preso ad esempio per banalità e mancanza di problemi: non li ho mai visti litigare, non hanno mai avuto una crisi né c’è mai stato qualcuno abbastanza folle che provasse a insinuarsi tra loro - replicò Sadie.

Sapeva di non essere completamente sincera con sua madre: quando Prudence aveva condiviso con lei il Grande Segreto, Sadie era rimasta scioccata quasi quanto l’amica.

Possibile che quel matrimonio da favola non fosse poi così perfetto? Se dal passato dei suoi zii, e conseguentemente da quello di Prudence, era comparso questo grande scheletro nell’armadio, chi poteva dire che da un momento all’altro non sarebbe saltato fuori un altro segreto, ancora più sconvolgente?

Ancora una volta, sua madre scosse la testa ed evitò di rispondere alla sua domanda, ritornando sull’argomento precedente.

-Quindi a sentire i due piccioncini, questo Scott è perfetto per te.

Cosa ti preoccupa? L’idea che abbiano ragione o che si sbaglino?-domandò Pansy.

Sadie restò qualche istante in silenzio, cercando di spiegare alla madre la marea di sensazioni che si agitavano dentro di lei.

L’attimo dopo si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro nel piccolo spazio tra il divano e la finestra.

-Scott ed io siamo amici. Prendiamo il caffè insieme quasi ogni giorno, ci raccontiamo ciò che ci ha colpito di più durante il turno in ospedale… abbiamo anche feeling quando ci troviamo a lavorare insieme al pronto soccorso.

-Da quando mi ha chiesto di uscire, non faccio altro che pensare ad alcuni suoi atteggiamenti: al fatto che mi porta il caffè durante il turno di notte, oppure l’essere la prima tra gli specializzandi a essere chiamata in pronto soccorso quando c’è un caso di cardiochirurgia o anche il solo scambiare due chiacchiere banali mentre aspettiamo l’ambulanza, in modo che non mi concentri troppo sul paziente in arrivo e sulle possibili procedure-raccontò senza guardare la madre.

-Quello che mi stupisce di più è che io gli abbia permesso di avvicinarsi a me.

Se non fossi stata interessata a lui, avrei messo un freno fin dall’inizio… Invece mi sono abituata a quelle piccole attenzioni, alla sua presenza costante accanto a me.

Che bastardo!-aggiunse lanciando uno sguardo verso la madre. –Mi ha fregato senza che io me ne accorgessi!- aggiunse dando sfogo alla propria frustrazione.

Pansy sorrise, ritrovando molto di sé nella figlia prima di alzarsi a sua volta dal divano e avvicinarsi a Sadie.

-Posso dirti il mio modesto parere, anche se non ti piacerà?-le domandò ravviandole una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio destro.

Sadie alzò le spalle.

-Sono qui per questo - commentò laconica Sadie.

-Questa volta devo dar ragione a Prudence e Ben. Sembra davvero l’uomo perfetto per te.

Non vedo l’ora di incontrare questa creatura mitologica - le disse Pansy con un sorriso ironico, posandole una mano sulla spalla destra.

Anche se si era aspettata una risposta di quel tipo, Sadie sospirò sconfortata e si lasciò andare fra le braccia della madre, posando la fronte contro la spalla sinistra della madre.

L’attimo dopo Pansy aveva stretto un braccio attorno alle spalle della figlia, approfittando di quel raro momento di sconforto per coccolarla com’era solita fare quando era bambina.

-Andrà tutto bene tesoro-la rassicurò con voce dolce. –Fidati del tuo istinto e vedrai che andrà tutto bene.

Promettimi solo una cosa: non andare contro te stessa per far funzionare una vostra ipotetica relazione-le disse con voce seria.

Sadie rialzò lo sguardo dalla spalla della madre e la fissò per qualche istante.

-E’ normale fare dei compromessi quando si è parte di una coppia, ma non rinunciare ai tuoi sogni e soprattutto non permettere che i suoi desideri o le sue esigenze cancellino completamente i tuoi - spiegò Pansy.

Ancora una volta, sua madre era riuscita a capire i suoi dubbi senza che Sadie desse loro voce.

La ragazza si strinse maggiormente a sua madre, il volto ancora una volta nascosto nell’incavo tra la spalla e il collo e, chiusa nel suo abbraccio rassicurante, dimenticò tutti i pensieri che l’avevano tormentata nelle ultime ore.

Presto avrebbe dovuto affrontare nuovamente la realtà, ma per il momento voleva crogiolarsi in quel limbo e lasciare che sua madre si facesse carico di tutti i suoi pensieri.

Proprio come quando era bambina.

 

_______________________________

 

 

-Sto impazzendo!-

Richard alzò lo sguardo dal manuale di Cura delle Creature Magiche che aveva tra le mani e lo portò su James, impegnato in una mini maratona nello spazio ristretto della Sala Comune dei Grifondoro.

Il volto di James era teso, la camicia dell’uniforme era strattonata e con i primi tre bottoni slacciati, mettendo in mostra l’inizio del torace del ragazzo; tutti i muscoli di James erano in tensione, quasi fosse pronto a compiere un salto da un momento all’altro e le sue mani erano chiuse a pugno lungo i fianchi.

Richard si era accorto del cambiamento avvenuto nell’amico fin dal suo ritorno a Hogwarts, ma non vi aveva dato troppo peso, perché James continuava a essere l’anima delle feste nella Casa di Grifondoro e non c’era alcun segno evidente che qualcosa lo preoccupasse o infastidisse.

Soltanto nell’ultima settimana il suo comportamento era cambiato radicalmente: aveva passato ore in biblioteca chinato sui libri che si occupavano della Seconda Guerra e, una volta, di ritorno da un’interminabile sessione di studio era rientrato nella Sala Comune come una furia, pieno di frustrazione e rabbia repressa.

Quel giorno Richard aveva provato a parlare con l’amico, ma questo si era chiuso a riccio e aveva preferito rinchiudersi nella sua camera di Prefetto e rimuginare sui propri problemi, piuttosto che sfogarsi con lui.

-Qualche problema?-gli domandò, senza avere la certezza che James si sarebbe confidato con lui.

Il ragazzo continuò a camminare avanti e indietro nel breve tragitto dalla scrivania al camino per qualche istante, senza mostrare di aver sentito la sua domanda.

Non ricevendo alcuna risposta, Richard tornò ad abbassare lo sguardo sul manuale, cercando fra le righe di una pagina il punto in cui aveva interrotto la lettura pochi minuti prima.

-Non riesco a trovare nessuna informazione-sentì l’attimo dopo.

-Su cosa?- chiese ancora Richard, questa volta senza alzare lo sguardo dal libro.

Un gemito frustrato arrivò alle sue orecchie, distogliendo nuovamente la sua attenzione dall’incantesimo descritto sul manuale e costringendolo a cercare la figura in costante movimento di James in giro per la stanza.

-Sembra sparito nel nulla!

Le ultime informazioni che ho trovato risalgono a vent’anni fa… Ti rendi conto? Come fa una persona a nascondere le proprie tracce in questo modo?- chiese James dando voce alla propria frustrazione per la prima volta da settimane.

Quel dubbio lo assillava, non gli lasciava un attimo di respiro né di giorno né di notte; era incapace di concentrarsi sulle proprie lezioni, non riusciva a dormire, non era capace neanche di concentrarsi sugli schemi di gioco per la squadra di Quidditch!

Stava impazzendo lentamente e nessuno sembrava disposto ad aiutarlo: dopo il tentativo fallito con Mrs. Robinson aveva capito che il corpo docente non sarebbe stato di nessun aiuto e che avrebbe dovuto cavarsela da solo.

Ma come? A Hogwarts non c’era niente che potesse aiutarlo o che gli fornisse una traccia su cui indagare.

-Ovviamente stiamo parlando di tuo padre-commentò Richard.

James annuì.

-Io sono nato cinque anni dopo la fine della Seconda Guerra, Albus addirittura sette.

Com’è possibile che non ci sia nessun’informazione successiva alla Seconda Guerra?-domandò il ragazzo più a se stesso che all’amico.

Richard lo fissò per qualche istante in silenzio, incerto se fargli una domanda che gli girava in testa oppure tenerla per te.

Alla fine decise di rischiare.

-Tu sei certo che tuo padre è ancora vivo?-chiese infine.

Ancora una volta James annuì.

-Non ne ho la certezza, ma l’ultima volta che ho parlato di lui con mia madre, lei mi disse che era ancora vivo, anche se non aveva idea di dove fosse.

Non credi che mi avrebbe avvertito se le cose fossero cambiate?-domandò a sua volta il ragazzo.

Richard alzò le spalle, preferendo una risposta neutra a una che avrebbe potuto ritorcersi contro di lui in futuro.

-Beh, in questo caso ci sono diverse ipotesi che potrebbero spiegare la prolungata assenza di tuo padre dai radar magici - commentò Richard con voce serena.

James gli lanciò uno sguardo di sfuggita, racchiudendo quell’occhiata tutto il suo scetticismo.

-Davvero?- commentò.

Richard annuì.

-Prima ipotesi: può aver cambiato identità- disse alzando il pollice sinistro.

James scosse la testa.

-Per quale motivo avrebbe dovuto farlo? E’ il Salvatore del Mondo Magico! Quale persona sana di mente rinuncerebbe alla gloria che quel titolo si porta dietro?-domandò James smontando la tesi dell’amico.

Richard sospirò.

James ne stava facendo una malattia e se all’inizio Richard considerava il desiderio di James di incontrare suo padre un bisogno legittimo e quasi tenero, ora l’amico lo stava trasformando velocemente in un’ossessione che fagocitava tutto il resto.

Continuando su quella strada avrebbe finito per fare danni seri sia a se stesso sia alla propria famiglia.

 Ritornando presente alla conversazione, Richard alzò le spalle e rifletté che trascinarsi costantemente dietro il peso associato a quel titolo, non doveva essere facile e che al posto di Harry Potter avrebbe fatto volentieri a meno della fama.

-Ok. Ipotesi numero due: ha lasciato la comunità magica ed è tornato nel mondo babbano- disse poi alzando l’indice sinistro.

Questa volta, James scosse la testa.

-Mio padre è cresciuto nella Londra babbana, con la sorella di nonna Lily e il marito. Ha odiato ogni minuto della sua vita insieme con loro e quando ha scoperto di essere un mago era al settimo cielo.

Ha sempre detto che Hogwarts e la comunità magica erano la sua casa.

Non credo proprio che sarebbe tornato in un mondo senza magia- ribatté.

Ciò che colpì maggiormente Richard in quelle parole fu la sicurezza con cui James parlava del padre, quasi avesse sentito quel racconto centinaia di volte e avesse visto il ribrezzo per il mondo babbano espresso chiaramente sul volto di Harry Potter.

A sentirlo parlare era quasi possibile dimenticarsi che il ragazzo non aveva quasi mai incontrato il padre, che tutto quello che sapeva sul grande uomo si basata su ricordi sbiaditi dell’infanzia o su ciò che aveva letto sulle biografie scritte su di lui.

-Allora non resta che un’ultima possibilità, ma già so che non ti piacerà - gli disse mettendo le mani avanti.

-Quale sarebbe?-domandò James, lanciandogli un altro sguardo distratto.

Richard prese un respiro profondo e fissò la figura in movimento di James.

-Che tuo padre abbia passato gli ultimi vent’anni ad Azkaban- disse con voce ferma.

Per la prima volta da quando avevano iniziato quella conversazione, James interruppe la sua marcia avanti e indietro, chiaramente turbato dalle parole dell’amico; si voltò leggermente verso Richard e lo fissò con un’aria incredula sul volto.

-Ti ha dato di volta il cervello?-gli domandò cercando di controllare il tono di voce per non attirare l’attenzione degli altri studenti presenti nella Sala Comune.

-E’ una possibilità-si limitò a rispondere l’altro.

-No! Per quale motivo dovrebbe essere rinchiuso ad Azkaban?- chiese poi, incapace di liberarsi dallo sconcerto che quelle parole avevano provocato in lui.

Richard alzò le spalle.

-Non ne ho idea, ma tu hai rigettato ogni altra possibilità e, se sei certo che tuo padre sia vivo e ancora nella comunità magica, allora devi iniziare a considerare l’ipotesi che prima della sua scomparsa abbia fatto qualcosa che l’ha portato a essere rinchiuso ad Azkaban- spiegò il ragazzo.

James scosse la testa più volte.

-Ti rendi conto di chi stiamo parlando? Non si tratta di un mago qualsiasi, una mezza tacca del mondo magico! Parliamo del grande…-

-Del grande Harry Potter. Come potrei dimenticarlo?- finì per lui Richard, un sorriso ironico sulle labbra sottili. –Tuo padre sarà anche il Salvatore del Mondo Magico, ma le persone cambiano Jim- gli disse.

-Questo che vorrebbe dire?-domandò l’altro aggrottando la fronte.

Richard sospirò frustrato e si passò una mano tra i capelli folti.

-Rifletti: non tutti i grandi maghi restano tali per tutta la vita.

C’è anche chi passa al lato oscuro, com’è successo a Grindelwald e il fatto che non ci sia nessuna traccia di lui negli ultimi due decenni può voler dire che ha scelto di abbandonare la comunità magica oppure…- disse senza terminare la frase.

-Oppure?-chiese James spaventato dalla risposta dell’amico.

-Oppure ha commesso qualcosa di talmente orrendo che anche il suo nome è sinonimo di vergogna.

C’è solo un altro mago nella storia della comunità magica che ha subito lo stesso trattamento e tu meglio di chiunque altro sai di chi sto parlando-gli fece notare Richard con la stessa voce seria di poco prima.

Dall’espressione dipinta sul volto dell’amico, Richard capì che James non aveva mai preso in considerazione quella possibilità e ora che questa si faceva largo per la prima volta nella sua mente, l’idea che quella circostanza fosse realmente avvenuta lo riempiva di sgomento.

James scosse nuovamente la testa, questa volta con minore veemenza delle volte precedenti.

-Non può essere…- commentò con un filo di voce.

Richard restò in silenzio, consapevole di aver rovinato abbastanza la vita dell’amico per quel giorno.

James si lasciò cadere su una poltrona poco distante dal camino e restò a lungo in silenzio, immerso nei propri pensieri.

Possibile che Richard avesse ragione?

Ma come? Se l’ipotesi di Richard era giusta, cosa aveva fatto suo padre e soprattutto che cosa lo aveva spinto a compiere quell’ipotetica azione?

Aveva messo in pericolo la comunità magica?

Si era schierato con le Forze Oscure? No, impossibile! Un uomo che ha combattuto per tutta la vita contro Voldemort non può improvvisamente votarsi al male.

Allora qual era la sua colpa?

Improvvisamente si ricordò di una frase che sua madre era solita ripetergli, soprattutto quando si lasciava andare troppo all’entusiasmo verso il grande Harry Potter.

La forma più dolorosa d’amore è scoprire di essere innamorati di un’immagine”.

Era questo il problema? Forse l’idea che aveva di suo padre non era altro che un’illusione?

Forse nella realtà il grande Harry Potter era completamente diverso e, con il suo comportamento, aveva causato danni irreparabili alla comunità magica.

E, in minima parte, anche alla sua famiglia.

-Devo andare in fondo a questa faccenda-disse parlando per la prima volta dopo un lunghissimo silenzio.

Richard rialzò per l’ennesima volta lo sguardo sull’amico e lo fissò in silenzio.

-Ti andrebbe di aiutarmi?-aggiunse James, privo della rabbia che lo aveva animato poco prima.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante fino a quando Richard non alzò le spalle e non gli rivolse un cenno d’assenso.

-Da dove cominciamo?- gli chiese Richard con un sorriso accomodante.

James rifletté velocemente sulle possibilità a loro disposizione prima di prendere una decisione.

-Godric’s Hollow-.

 

________________________________

 

 

A pochi metri di distanza dalla casa dei genitori Prudence si fermò, costringendo Ben a seguire il suo esempio.

Il profilo della casa di famiglia era chiaramente visibile da quella distanza e la ragazza posò lo sguardo sulla casa a due piani: fin da quando aveva memoria, quelle quattro mura avevano simboleggiato serenità, amore e sicurezza.

Tra le mura di quella casa non poteva succederle niente di male perché i suoi genitori l’avrebbero sempre protetta e capita, anche nei momenti più difficili dell’adolescenza.

Anche questa volta sarebbe stato così?

Stava per dar voce a uno dei segreti di famiglia, o almeno avrebbe provato a introdurre l’argomento, ed era letteralmente terrorizzata da quello che sarebbe venuto a galla.

Quale sarebbe stata la reazione dei suoi genitori? Avrebbero ammesso le loro colpe, oppure avrebbero continuato a negare anche davanti all’evidenza?

-Va tutto bene?-le domandò Ben, posandole una mano al centro della schiena.

Prudence annuì lentamente, staccando lo sguardo dalla casa in lontananza e posandolo sul compagno, rivolgendogli un lieve sorriso.

-Sono solo un po’ nervosa-ammise.

Ben sorrise a sua volta e la attirò a sé, prima di lasciarsi andare a una lieve risata.

-Tu non hai nulla di cui preoccuparti. Sono io a essere in pericolo-le disse ironico, provocando la risata della ragazza. –Tuo padre mi ucciderà - aggiunse.

Prudence gli allacciò un braccio attorno alla vita per poi posargli un piccolo bacio sul mento.

-Non glielo permetterò. Non ho nessun’intenzione di crescere Pancake da sola-gli disse rivolgendogli un sorriso luminoso, cercando di rassicurarlo.

Ben sorrise nuovamente e le ravviò i capelli dietro l’orecchio destro.

-Andrà tutto bene. Dopo che avrai spiegato loro la situazione, vedrai che i tuoi genitori risponderanno alle tue domande senza problemi; così tu finalmente saprai la verità su tuo padre-le disse.

C’erano alcune cose che Prudence avrebbe voluto correggere nella frase di Ben, ma si limitò ad annuire consapevole che si stava facendo tardi e che presto sua madre avrebbe inviato un gufo in ricognizione a cercarli.

-Sarà meglio andare-gli disse staccandosi dal suo abbraccio e affondando la mano in quella del ragazzo.

I due ragazzi coprirono la breve distanza in meno di cinque minuti e dopo aver preso un respiro profondo, Prue suonò al campanello di casa.

L’attimo dopo la porta si aprì e sulla soglia comparve suo padre, che le sorrise non appena incontrò il suo sguardo.

-Ciao papà-lo salutò Prue prima di andargli incontro e abbracciarlo.

-Ciao tesoro-disse Draco, stringendola a sé per un lungo istante prima di terminare l’abbraccio e farsi da parte permettendo in questo modo a Ben di entrare in casa.

Mentre Prue si addentrava nel corridoio, i due uomini si fissarono per un breve istante, fino a quando Ben non rivolse un cenno del capo a Draco tendendo allo stesso tempo una mano tesa verso il biondo.

-Signore. La trovo bene-disse, cercando di nascondere l’imbarazzo che sentiva sempre alla presenza del suocero.

Sulle labbra di Draco comparve un ghigno accennato, chiaramente divertito dall’atteggiamento del giovane, sorriso che il biondo nascose immediatamente, prima di allungare a sua volta una mano e stringere quella di Ben.

-E’ bello rivederti Ben- rispose l’attimo dopo. –Sarà meglio raggiungere le ragazze in salotto prima che inizino a parlar male di noi-aggiunse prendendo Ben lungo il corridoio.

Una volta raggiunto il salotto, Ben salutò Mrs. Malfoy, ricevendo in cambio un saluto più affettuoso di quello avuto da Mr. Malfoy, prima di sistemarsi sul divano accanto a Prudence, di fronte ai suoceri.

Fra loro, sul tavolino da caffè era sistemato un servizio da tea formato da quattro tazze fumanti cui si univano zuccheriera e lattiera in modo da permettere ai quattro adulti di concentrarsi sulla loro conversazione.

-Come vanno le cose ora che i ragazzi sono tornati a Hogwarts?-domandò Prudence.

-Calma piatta. Finalmente non devo più isolarmi nel mio studio per lavorare in pace- commentò con nonchalance Draco.

Prue sorrise a quel commento.

-Come al solito tuo padre esagera sempre; a sentirlo parlare si potrebbe pensare che durante l’estate siamo invasi da un’orda di barbari-ribatté Hermione.

-Perché non è così?-chiese ancora Draco.

-Credimi tesoro- continuò Hermione rivolta a Prudence e a Ben. -Per tutte le vacanze estive, Michelle ha passato il tempo in giardino a prendere il sole con il naso immerso nei libri, oppure fuori con Albus.

Elly, invece, era concentrata sui suoi disegni.

L’unico che ha portato un po’ di vita in questa casa è stato Jude- raccontò la donna.

-Avete deciso cosa fare con il cane?-domandò la ragazza, ricordando la richiesta assillante del fratello.

Jude aveva cercato di convincere anche lei, in modo che mettesse una buona parola con i genitori, elencandole tutti i vantaggi dell’avere un animale domestico in casa.

-Ah per favore…- si limitò a commentare Draco provocando una risata divertita nei due ragazzi.

-Ci stiamo ancora pensando-rispose sibillina Hermione.

-No, tu ci stai pensando. Fosse per me questa idea assurda non sarebbe neanche stata presa in considerazione.

Ma lo sai che tua madre ha il cuore tenero- aggiunse il biondo rivolto alla figlia.

-Senti chi parla-lo punzecchiò Prudence.

-Non ascoltarlo. Lo sanno tutti che farebbe qualsiasi cosa per voi- s’intromise Hermione con la stessa ironia nella voce prima di rivolgere un sorriso affettuoso al marito.

Draco sospirò, fingendosi esasperato, prima di prendere un lungo sorso di caffè dalla tazza.

-Come vanno le cose in ospedale?- domandò Hermione, spostando il proprio sguardo sui due ragazzi.

-Bene…Come il solito.

Turni lunghi, tanti pazienti ma riusciamo a trovare il lato positivo in ogni giornata.

Questa settimana ho assistito alla rimozione di un tumore gigante e l’altro giorno Ben ha partecipato a un trapianto su un neonato. Gli ha letteralmente salvato la vita-raccontò Prudence orgogliosa.

Ben accennò un sorriso, chiaramente felice per l’orgoglio che traspariva dalla voce di Prudence.

-Complimenti!-disse Hermione rivolta a entrambi. –Deve essere un’esperienza incredibile - commentò sinceramente colpita.

Draco annuì lentamente fissando attentamente i due ragazzi seduti di fronte a lui.

-Interessante… Ma scommetto che non è questo il motivo per cui siete venuti a trovarci oggi-commentò continuando a fissare la figlia e Ben.

Per qualche istante nel salotto scese il silenzio: Hermione si voltò verso il marito con una lieve espressione infastidita sul volto, mentre Prudence e Ben si scambiarono un veloce sguardo.

-Hai ragione. Non siamo venuti per questo… Non ti si può nascondere niente, vero papà?-commentò Prudence con un sorriso.

Draco alzò le spalle.

-Non posso farci niente se sono un uomo molto perspicace - commentò a sua volta il biondo.

A quelle parole, Hermione si lasciò andare a una risata divertita, prima di concentrarsi nuovamente sui due giovani.

-Allora, di cosa volevate parlarci?-domandò poi Hermione.

Ancora una volta, Prudence cercò lo sguardo di Ben, alla ricerca del sostegno necessario per fare il suo annuncio.

L’attimo dopo, la mano destra di Ben strinse la sua e con quel piccolo gesto le trasmise sicurezza.

Prudence prese un respiro profondo e, con lo sguardo fisso sui suoi genitori, dischiuse le labbra.

-Avremo un bambino-annunciò.

Per alcuni istanti, dopo quell’annuncio, nella stanza cadde un silenzio totale.

Hermione e Draco restarono immobili, completamente inebetiti, con lo sguardo fisso sui due ragazzi e per quei lunghissimi istanti Prudence ebbe paura della loro reazione, certa che quel lungo silenzio non prometteva niente di buono.

Come il solito, fu Hermione a riprendersi per prima: si portò le mani alla bocca e l’attimo dopo scattò in piedi.

-Oh cielo! La mia bambina!- disse aggirando il tavolino da caffè e avvicinandosi a Prudence.

La ragazza, ancora incerta sulla reazione della madre, si alzò in piedi e lasciò che la madre la stringesse in un forte abbraccio.

-Non posso crederci!- commentò ancora Hermione. –Sei sicura? Di quante settimane sei? Sei già andata da un medimago?-le domandò parlando a raffica.

Prue sorrise e annuì.

-Sono sicura e sì, ho già visto un medimago. Abbiamo deciso di aspettare un po’ prima di dirlo a voi e ai genitori di Ben per essere sicuri che tutto fosse a posto- le disse.

Hermione corrugò la fronte.

-Quindi di quante settimane sei?-le domandò di nuovo.

La ragazza abbassò per un breve istante lo sguardo prima di incontrare nuovamente gli occhi nocciola della madre.

-Sono appena entrata nel quarto mese-confessò.

Questa volta sul volto di Hermione si dipinse un’espressione scioccata: come aveva fatto a non accorgersi di nulla?

Mentre sua madre veniva a patti con quella marea d’informazioni, Prudence si voltò verso il padre e lo fissò per qualche istante.

Draco era rimasto in silenzio fin da quando lei e Ben avevano fatto il loro annuncio e ora era seduto sul divano con lo sguardo fisso nel vuoto, perso dietro ai propri pensieri.

-Papà?-lo chiamò con voce dolce.

Draco si riscosse e incontrò lo sguardo della figlia, restando sempre in silenzio.

-Va tutto bene?-gli domandò cauta Prudence, avvicinandosi al divano su e sedendosi accanto a Draco.

-Vuoi la verità tesoro?-le chiese a sua volta l’uomo.

Prudence annuì.

-In questo momento sto facendo del mio meglio per non lanciare una fattura a Ben – confessò, terribilmente sincero.

Con la coda dell’occhio, Prudence vide Ben irrigidirsi, ma la ragazza si limitò a sorridere.

-Non lo faresti mai-disse poi rivolta al padre, posandogli una mano sul braccio sinistro.

-Ah davvero?-commentò lui con un ghigno sarcastico.

La ragazza scosse la testa.

-Se tu lo affatturi, io sarò costretta a crescere il bambino da sola.

 Vuoi davvero liberarlo dalle sue responsabilità?-gli domandò con un sorriso ironico sulle labbra.

A quelle parole Draco si lasciò scappare un sospiro frustrato.

-Dannazione… Ben, ringraziala, perché ti ha appena salvato la vita-commentò provocando le risate di Prudence e Hermione e riuscendo a tranquillizzare in minima parte anche Ben.

Prudence schioccò un bacio sulla guancia destra del padre e posò la testa sulla sua spalla.

-Principessa, sono troppo giovane per diventare nonno!- commentò ancora Draco, chiaramente in crisi.

Prudence rise nuovamente e cercò lo sguardo del padre, rivolgendogli un sorriso luminoso.

-Sarai un nonno fantastico!- gli disse con voce sicura.

-Diventerai uno di quei nonni che assillano tutti con le foto e gli aneddoti sul proprio nipote-commentò Hermione divertita.

Draco si lasciò andare a un gesto di sconforto, prima di prendere un nuovo respiro profondo e incontrare lo sguardo della figlia.

-Dammi un po’ di tempo per abituarmi all’idea. Ero convinto di avere almeno altri dieci anni prima di dover vivere questo momento-confessò sincero.

Prudence annuì e gli posò un nuovo bacio sulla guancia.

-Prenditi tutto il tempo che vuoi-

L’attimo dopo si alzò e tornò a sedersi accanto a Ben, la mano di nuovo al sicuro in quella del compagno. Anche Hermione tornò a sedersi sul divano di fronte ai ragazzi, chiaramente scioccata dall’annuncio ma in uno stato d’animo migliore del marito.

-Quindi hai già fatto dei controlli?-le domandò preoccupandosi sia per sua figlia sia per il bambino.

Prudence annuì.

-Siamo stati dalla medimago la settimana scorsa e ci ha assicurato che va tutto bene.

Però avrei bisogno del vostro aiuto-aggiunse.

Era venuto il momento di introdurre l’argomento che temeva di più e per un breve istante, dopo aver visto quanto la notizia della sua gravidanza aveva sconvolto i suoi genitori, era stata sul punto di rimandare quella conversazione.

Purtroppo quel grande interrogativo la assillava da troppo tempo e ora era venuto il momento di avere delle risposte.

-Come possiamo aiutarti?-domandò prontamente Hermione.

Entrambi i suoi genitori erano tornati vigili e presenti alla conversazione, pronti a fare la loro parte nel caso ce ne fosse stato bisogno.

Sapere che stava per scuotere il loro mondo per la seconda volta in un giorno le riempiva il cuore di tristezza ma Prudence era consapevole di non poter fare altrimenti.

-Quando sono andata dalla medimaga, la prima volta mi ha chiesto la mia storia clinica: se avevo avuto tutte le malattie esantematiche, se ero mai rimasta incinta prima di allora e così via.

Poi mi ha fatto alcune domande sulla storia clinica della mia famiglia, per assicurarsi che non ci siano malattie genetiche, oppure diabete o malattie cardiache.

Non ho saputo risponderle-ammise sincera Prue. –Per questo ho pensato di rivolgermi a voi per avere un quadro clinico della nostra famiglia-concluse.

Ancora una volta, nella stanza cadde il silenzio, ma contrariamente alla calma che era calata sulla stanza dopo l’annuncio della gravidanza, questo era carico di tensione.

Prudence osservò i suoi genitori e si rese immediatamente conto del cambiamento avvenuto sia in sua madre sia in suo padre: entrambi si erano irrigiditi man mano che la ragazza procedeva nella sua spiegazione e, se prima tra i due vi era una grande distanza ora Draco si era avvicinato istintivamente a Hermione, assumendo lo stesso atteggiamento protettivo che Ben aveva dimostrato verso Prudence per tutta la durata di quel colloquio.

Prudence vide il veloce sguardo che sua madre rivolse a suo padre e rimase scioccata dalla paura che lesse negli occhi della donna.

L’attimo dopo Hermione si ricompose, voltandosi verso Prudence con un lieve sorriso imbarazzato.

-Purtroppo credo di non poter aiutarti. Come sai, non ho nessuna notizia dei miei genitori da quando avevo diciassette anni e devo ammettere che prima di allora non mi sono mai interessata alla loro salute- ammise, rivolgendole un sorriso colpevole prima di spostare lo sguardo su Ben. –Non ci crederesti mai adesso, ma all’epoca ero una ragazza molto distratta-aggiunse schernendosi.

Ben sorrise, consapevole che questo era quello che Hermione si aspettava da lui.

Prudence, invece, spostò lo sguardo verso suo padre.

Sua madre poteva essersi rivelata un vicolo cielo, ma lei non era ancora pronta a dichiararsi sconfitta.

Lo sguardo indagatore di suo padre catturò la sua attenzione e le fece capire che le motivazioni nascoste dietro il suo discorso non erano passate inosservate.

-Ok, per quanto riguarda la famiglia Malfoy, dovrebbe essere più facile, giusto? Avrai sicuramente un archivio in cui è raccolto l’albero genealogico della famiglia Black- Malfoy- disse Prudence sfidando suo padre.

Draco sostenne per qualche istante il suo sguardo, prima di alzare le spalle in un gesto noncurante.

-Mi dispiace, principessa. Mi sono liberato di quelle scartoffie tanti anni fa.

Occupavano spazio e attiravano polvere- rispose Draco.

Suo padre aveva capito cosa voleva realmente, ma allo stesso tempo, non era ancora disposto a concederle quelle informazioni.

Prudence sospirò profondamente, cercando di liberarsi dalla frustrazione provocata dalle risposte dei suoi genitori.

-Sono sicura che la medimago riuscirà a ricostruire il quadro clinico del bambino anche senza la storia medica delle nostre famiglie-la rassicurò l’attimo dopo Draco.

Quasi non avesse colto le parole del padre, Prudence tornò a focalizzare la propria attenzione sulla madre, ricordandosi improvvisamente altre domande che le aveva posto la medimaga durante la visita.

-Hai avuto problemi durante la mia gravidanza o il parto?-le domandò in un tono quasi professionale.

Hermione s’irrigidì nuovamente a quella domanda inaspettata.

-No, è andato tutto come previsto-disse senza incontrare lo sguardo della figlia.

-Niente perdite o minacce d’aborto?-chiese ancora Prudence.

-Prudence…-la rimproverò Draco a mezza bocca.

-Perché la medimaga mi ha detto che è molto frequente durante la prima gravidanza e…- continuò la ragazza imperterrita.

Prima che Prue avesse terminato la frase, Hermione si era alzata in piedi, un’espressione smarrita negli occhi.

-Credo sia meglio preparare dell’altro tea- disse l’attimo dopo, afferrando la teiera e dirigendosi velocemente nel corridoio che l’avrebbe condotta in cucina.

Prudence osservò incredula la ritirata di sua madre, senza capire cosa era successo o cosa aveva provocato quella reazione: sua madre era sempre stata una persona calma e razionale, cosa aveva detto per farla spaventare in quel modo?

La ragazza voltò la testa verso suo padre e vide che si copriva il volto con entrambe le mani, le spalle basse come se fossero gravate dal peso del mondo.

-Forse dovrei andare di la…- disse Prudence accennando ad alzarsi.

-No. Tua madre ha bisogno di restare sola per un po’-la bloccò la voce piena di rimprovero di suo padre.

-Ho detto qualcosa di sbagliato?-domandò la ragazza.

Draco rialzò lo sguardo sulla figlia e Prudence vide chiaramente la lotta interna che avvenne nell’uomo tra ciò che voleva dire, che probabilmente l’avrebbe ferita, e ciò che sapeva di dover dire.

-E’ meglio che tu e Ben andiate adesso-disse infine alzandosi in piedi.

Prudence corrugò la fronte.

-Ma papà…-

-Tesoro sta tranquilla. Tua madre non è arrabbiata con te.

Ma in questo momento è fragile ed io devo occuparmi di lei e non posso farlo se voi siete qui- le disse sincero come poche volte nella vita.

Controvoglia, Prudence si alzò, seguita da Ben e tutti e tre lasciarono il salotto e si avviarono lungo il corridoio fino alla porta di casa.

-Posso chiamarla più tardi?-domandò la ragazza a Draco.

Draco accennò un sorriso.

-Ti farò chiamare quando starà meglio.

Sta tranquilla… Tua madre è molto felice per te e anche io-aggiunse un attimo dopo.

Prue annuì incerta e salutò il padre con un bacio sulla guancia.

L’attimo dopo la porta di casa si era richiusa alle sue spalle, lasciando lei e Ben sul vialetto.

Era arrivata lì quella mattina certa che non sarebbe stato facile affrontare quell’argomento, ma almeno sperava di poter avere qualche risposta; ma ora poche ore dopo ritornava a casa sconvolta dalla reazione della madre.

Se sua madre aveva avuto quella reazione soltanto introducendo quell’argomento cosa avrebbe fatto quando le avrebbe chiesto notizie sul suo vero padre?

 

 

 Salve a tutti! Benvenuti al 3 capitolo della nostra Fan Fiction. Come state?

Come avete potuto vedere, in questo capitolo le problematiche della nuova generazione si sono delineate ancora di più, anche se ho volutamente lasciato fuori Albus perchè è forse il personaggio che in questa fiction vivrà più avventure...oltre a James.

Uno dei grandi segreti, la gravidanza di Prudence, è stato svelato e un secondo è stato accennato: quanti di voi avevano capito che Prue sapeva di non essere figlia naturale di Draco Malfoy?

Il prossimo capitolo riprenderà da qui, quindi potrete vedere le reazioni a questo incontro sia di Draco e Hermione, sia di Prudence e Ben.

La frase ad inizio capitolo è tratta da Bloom di Troye Sivan mentre il titolo è tratto da Futile Devices di Sufjan Steven.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di ortografia e di battitura.

Ed i ringraziamenti: One Time( Grazie per i complimenti e per aver letto la storia in tutti questi anni! ^_^ Spero che il seguito sia all'altezza del predecessore), Rita_dv_06(Grazie per i complimenti! Questo capitolo in parte ha risposto alla tua domanda, ma per togliere ogni dubbio, no purtroppo non era destino che avessero un altro figlio: sarebbe stato troppo complicato dal punto di vista narrativo), Marta_cr_cullen92( Eh già, accuse abbastanza pesanti che per un pò mi hanno fatto dubitare di me stessa e di quello che avevo scritto, e ti ringrazio per la tua rassicurazione perchè ne avevo bisogno. Anyway, grazie per i complimenti! Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento), Magnolia Rossa(Benvenuta! Purtroppo non posso rispondere al momento alla tua domanda perchè come direbbe River... Spoiler Sweetie!), Valepigia( Bentrovata ^_^! James è un personaggio molto difficile da scrivere: da una parte provo molta tenerezza per lui e per il suo desiderio di conoscere Harry, ma dall'altra mi manda in bestia perchè è il personaggio più irritante di tutta la Fiction. Non sbagli: diversi anni fa avevo iniziato un seguito del "pagamento", ma ho smesso di pubblicarlo perchè non riuscivo ad andare avanti a causa dei troppi intrecci narrativi e dei troppi personaggi), Germana(Innanzitutto, voglio ringraziarti per il tuo messaggio riguardo la recensione "astiosa" a "il pagamento": l'ho apprezzato molto e mi ha fatto veramente bene perchè quella recensione mi aveva portato ad analizzare ogni minimo dettaglio della fiction per essere sicura di non aver dato inconsciamente un messaggio sbagliato con le mie parole. Grazie davvero! Prometto che prima o poi porterò avanti anche "What I did for love", quando l'università allenterà la sua morsa su di me, ora posso ritagliare del tempo soltanto per scrivere questa fiction. Per quanto riguarda Albus, allacciati le cinture perchè sarà una strada accidentata, ma per ora non posso dirti di più... Riguardo alle tue domande purtroppo posso rispondere soltanto alla 1 e la risposta è NO, il resto della famiglia Weasley non ha più avuto contatti con Prudence dalla fine del processo), ElizabethEowyn(Ti sei ripresa dallo shock della gravidanza di Prue? Oppure devo riservarti un posto sul divano accanto a Draco così potrete confortarvi a vicenda? L'idea di James di incontrare suo padre ed invitarlo al proprio compleanno si è già rivelata più difficile del previsto e continuerà ad esserlo; inoltre ti consiglio di non essere troppo dura con Jim, chi non ha commesso errori a sedici anni? Amo Albus, forse è il personaggio che amo di più della nuova generazione, ma finisco sempre per fargli vivere amori difficili e anche questa volta bisognerà essere molto pazienti con il mio Al perchè combinerà un pò di guai prima di mettere la testa a posto...E' un caso se il personaggio di Scott è basato su Kevin McKidd, è dovuto tutto al mio amore per l'attore fin dai tempi di "Trainspotting"; Sadie,invence, è effettivamente plasmata sul personaggio di Cristina Yang perchè mi ha sempre dato l'idea di una persona forte e determinata, ma tutto il resto ovvero il sarcasmo e le sue idee sull'amore sono lo specchio delle idee della sottoscritta...Anche io sono allergica all'amore, anche se credo non si direbbe visto ciò che scrivo).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** The beginning ***


love kills

 

"Non c'è da capire niente
Devi solo calmarti
Hai le lacrime che sanno di dolce
Dove scappi così in mezzo alla notte?
Devi solo giurarmi
Che non lo rifarai mai più
Se no, io sto male"

 

Dopo aver richiuso la porta di casa, Draco si fermò nel corridoio cercando di riprendere coscienza di sé dopo la visita di Prudence e Ben.

Quella mattina quando Hermione gli aveva annunciato la visita della figlia, l’uomo era stato felice anche se moderatamente preoccupato da quello che sarebbe potuto venir fuori da quell’incontro.

Era palese che ci fosse un motivo nascosto in quella visita, tuttavia Draco non avrebbe mai immaginato che al termine di quella visita sarebbero stati circondati da una tale distesa di macerie.

La notizia della gravidanza lo aveva sconvolto, come c’era da aspettarsi: sia Prudence sia Ben erano troppo giovani per iniziare una famiglia e Draco avrebbe preferito sentire quest’annuncio tra qualche anno, quando entrambi i ragazzi erano già affermati nella loro professione.

Ora si sarebbero dovuti barcamenare tra l’ospedale e un bambino e, soprattutto per i primi due anni, la loro vita si prospettava un inferno.

Eppure, allo stesso tempo, era consapevole che Prudence e Ben erano ragazzi responsabili e determinati e, se avevano scelto di portare avanti quella gravidanza, l’avevano fatto perché certi che sarebbero stati in grado di affrontare tutti i problemi che si sarebbero presentati in futuro.

Inoltre sapeva che sia lui sia Hermione avrebbero fatto il possibile per aiutare i ragazzi.

Hermione…

Draco voltò la testa verso la fine del corridoio, in ascolto della casa silenziosa: a giudicare dall’assenza di rumori in cucina, sua moglie doveva essersi nascosta nella loro camera.

Draco s’incamminò lungo il corridoio ma, una volta arrivato alla fine delle scale, si fermò nuovamente bisognoso di qualche altro minuto per riorganizzare i propri sentimenti in modo da essere d’aiuto a Hermione una volta salito al piano superiore.

Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato.

Né lui né Hermione erano così naive da credere che una ragazza intelligente come Prudence non avrebbe mai fatto domande su suo padre: Draco aveva vissuto in attesa fin da quando sua figlia aveva deciso di studiare medicina.

Contrariamente ad Hermione, che si era detta reticente ad affrontare l’argomento con Prue, spaventata dalle ferite che si sarebbero riaperte con quella conversazione, Draco si era sempre detto che al momento giusto avrebbe risposto a tutte le domande della figlia, senza tralasciare nessun dettaglio.

Prudence aveva il diritto di conoscere la verità sul proprio passato.

Ora quel momento era arrivato e aveva avuto delle conseguenze devastanti.

Draco salì lentamente le scale che lo avrebbero condotto al piano di sopra e percorso il breve corridoio, si fermò davanti alla porta della camera da letto padronale che da quasi diciassette anni condivideva con Hermione; afferrò la maniglia e contemporaneamente prese un respiro profondo.

L’attimo dopo aprì la porta della stanza ed entrò.

Hermione era sdraiata sul letto in una posizione fetale: la schiena rivolta alla porta, le ginocchia piegate fino a toccare i gomiti e, da quello che poteva vedere il viso affondato nel cuscino.

A giudicare dal suo respiro, leggermente affannato, la donna aveva appena smesso di piangere.

Draco si avvicinò al letto e con movimenti leggeri si sedette, assumendo l’attimo dopo la stessa posizione della moglie, avvicinandosi a Hermione per farle sentire la sua presenza ma evitando di opprimerla nel caso la donna avesse bisogno di spazio.

I due coniugi restarono in silenzio a lungo, entrambi gravati dal peso di quello che era successo poco prima nel salotto, e consapevoli che anche quel silenzio non avrebbe alleviato la sofferenza provocata dall’incontro con Prudence.

Improvvisamente, Hermione si voltò verso Draco, permettendo così all’uomo di osservare il suo volto di sfuggita e di notare gli occhi gonfi e arrossati e le guance rigate dal pianto, prima che Hermione si nascondesse nell’abbraccio del marito.

Draco la strinse a sé, un braccio attorno alla vita e l’altro sulle spalle, il viso affondato nei capelli ricci e morbidi di Hermione e, nel tentativo di calmare la donna, iniziò ad accarezzarle la schiena con gesti lenti ripetitivi.

Sapeva cosa aveva scatenato quella reazione e purtroppo era consapevole che non esistevano parole o gesti che potessero guarire magicamente il dolore della moglie: Hermione era una donna che aveva affrontato difficoltà incredibili nel corso della sua vita, ma niente l’aveva segnata più dell’aborto.

Il ricordo di quel bambino mai nato era un argomento che affrontavano raramente, una presenza costante nella mente di entrambi, un pensiero troppo doloroso di un periodo del loro passato di cui non avevano mai parlato con i loro figli perché consapevoli che accennare a quel fratello mai nato avrebbe aperto un vaso di Pandora che non avrebbe fatto altro che confondere e destabilizzare i loro figli.

Avevano conservato la memoria del loro primogenito, perso troppo presto, in un angolo lontano della loro mente e, proprio come aveva profetizzato Blaise in un pomeriggio lontano, avevano imparato a vivere con il dolore di quell’esperienza.

Entrambi avevano costruito una protezione contro quel dolore, soprattutto Hermione, ma era bastato un piccolo accenno per far cadere tutte le barriere che la donna aveva costruito intorno a sé durante questi anni.

La stanza restò avvolta nel silenzio per un lungo intervallo, interrotto soltanto dal respiro affannato di Hermione e dal rumore prodotto dai movimenti dei loro corpi contro le lenzuola.

Draco era consapevole che sarebbe toccato a lui parlare per primo, ma quali erano le parole adatte per introdurre quel discorso? Esisteva una parola magica per alleviare il dolore della moglie?

Draco sapeva perfettamente che non esisteva nessuna frase o formula magica in grado di guarire all’istante il dolore di Hermione, altrimenti si sarebbe servito di quella magia molti anni fa.

Alla fine decise di affrontare l’argomento focalizzandosi sul lato positivo della questione.

-Stiamo per diventare nonni-disse a bassa voce dopo aver preso un respiro profondo, certo che Hermione lo avrebbe sentito.

La donna restò immobile e in silenzio ma Draco sentì diminuire la tensione nel corpo di sua moglie.

-Sono davvero troppo giovane per diventare nonno…- commentò nuovamente, con l’intento di strappare un sorriso a Hermione. –Non ho neanche un capello bianco e tra un anno ci sarà un lattante che mi chiamerà nonno-, disse ancora caricando la voce di finto terrore.

Questa volta sentì chiaramente un lieve sorriso contro la sua spalla sinistra.

-Blaise non perderà occasione per tormentarmi-aggiunse infine lasciandosi andare a un esagerato sospiro frustrato.

Finalmente Hermione ridacchiò lievemente, alzando la testa dalla sua spalla quel tanto che bastava per incontrare il suo sguardo.

-C’è un lato positivo nell’essere nonni-gli disse con lo stesso tono di voce basso.

Draco inarcò un sopracciglio mostrando con quel semplice gesto tutto il suo scetticismo.

-Questa volta, quando ci occuperemo del bambino, potremmo viziarlo terribilmente senza preoccuparci delle conseguenze: niente notti insonni dietro un neonato, niente capricci o isterismi. Noi saremo i nonni fantastici che lo riempiono di regali e di dolci-gli spiegò.

Il biondo ridacchiò e posò un bacio lieve sulla fronte di Hermione, attirandola nuovamente contro di sé.

Ancora una volta la stanza cadde nel silenzio, mentre i due coniugi si preparavano ad affrontare la seconda parte della conversazione.

-Le parlerò io-disse infine Draco.

Hermione scosse la testa dopo qualche istante e, proprio grazie a quell’incertezza, l’uomo capì che le parole che avrebbe detto in seguito Hermione sarebbero state dettate dal senso del dovere e non dal desiderio di affrontare con Prudence quell’argomento.

-Devo essere io a parlarle… E’ giusto che sappia la verità da me-disse infatti la donna.

-Perché? Sono stato io a presentarmi sulla tua porta, sono stato io a mostrarti il contratto…-ribatté Draco.

-Io ho accettato- rispose Hermione, come se quelle tre parole bastassero a spiegare ogni cosa.

Draco si ritrovò a sorridere lievemente per la risposta di Hermione.

-E’ vero, e con quella scelta hai cambiato completamente la nostra vita.

Non smetterò mai di ringraziarti per il coraggio che hai dimostrato quella mattina, quando hai deciso di fidarti di me nonostante il nostro passato…- le disse completamente sincero.

Durante gli anni del loro matrimonio, Draco aveva imparato a condividere le proprie emozioni con Hermione, zittendo una voce irrazionale nella sua mente che lo metteva in guardia su possibili prese in giro da parte di Hermione e l’assurda paura che i suoi sentimenti potessero essere usati contro di lui, rendendola partecipe dei suoi pensieri e dei suoi stati d’animo, certo che sua moglie lo avrebbe sempre capito.

A un occhio esterno, l’uomo presentava sempre un atteggiamento altero e distante, come ci si aspettava dal figlio di Lucius e Narcissa Malfoy e dal suo ruolo istituzionale, ma tra le mura domestiche, Draco era un padre e un marito attento e partecipe alla vita familiare.

L’esatto opposto di Lucius.

Anche se non l’avrebbe mai espresso ad alta voce, Draco considerava il rapporto basato sull’amore, sulla comprensione e sul dialogo che era riuscito a costruire con Hermione e i suoi figli il suo più grande traguardo.

-Devo essere io a raccontare a Prudence cosa è successo- disse nuovamente. –Tu sei troppo coinvolta e finiresti per addossarti colpe che non hai, specialmente nei confronti di Weasley-aggiunse.

Hermione restò in silenzio e sembrò riflettere sulle sue parole.

-Cosa vorresti dirle?-domandò poi.

Draco sospirò.

-Prue sa già che io non sono suo padre-disse certo della sua affermazione.

Hermione tornò ad alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di ghiaccio del marito e li fissò per qualche istante, alla ricerca delle emozioni provocate da quella consapevolezza.

Draco alzò le spalle, o almeno tentò di farlo nella posizione in cui si trovavano.

-Sono certo che abbia scoperto la verità su di me già da qualche tempo-aggiunse. –Sono disposto a rispondere a tutte le sue domande e a concederle del tempo se dovesse decidere che non vuole vedermi per un po’-.

-Tua figlia ti adora!- ribatté prontamente Hermione, posando una mano sulla guancia sinistra dell’uomo.

Draco si lasciò andare a un sorriso triste per un istante prima di annuire.

-Spero solo che continui a farlo anche dopo aver saputo la verità- commentò il biondo.

Un’espressione determinata comparve sul volto di Hermione, prima che la donna posasse la fronte contro quella del marito, costringendolo così ad affondare lo sguardo nel suo.

-Non m’importa quello che dice la genetica: tu sei suo padre.

Lo sei stato fin dal primo momento in cui sei comparso nelle nostre vite, fin da quando ti sei preoccupato di creare un legame con Prue perché sapevi che altrimenti non avresti avuto nessuna possibilità di conquistarmi.

Le sei stato accanto nei momenti più importanti della sua vita e sei la prima persona cui lei si rivolge nei momenti difficili… E’ grazie a te se è ritornata a casa…- aggiunse con la voce leggermente rotta dal peso dei ricordi.

Draco sospirò e sfuggì allo sguardo della moglie posando la fronte sulla spalla di Hermione.

Questa volta fu Hermione a confortare Draco, un braccio attorno alle spalle per stringerlo contro di sé e fargli sentire la propria presenza in quel momento difficile.

-Quando tutto questo sarà finito, lei sarà ancora la tua Prue e quel capitolo della nostra vita sarà finalmente chiuso- gli disse Hermione.

In quel momento, stretto fra le braccia di sua moglie, Draco sperò ardentemente che Hermione avesse ragione perché il solo pensiero di una vita senza sua figlia lo terrorizzava.

 

__________________________

 

Dopo l’incontro con i suoi genitori, Prudence rientrò nell’appartamento che divideva con Ben e Sadie in uno stato di shock.

Completamente immersa nei suoi pensieri, si lasciò cadere sul divano e registrò distrattamente la figura di Ben che si dirigeva verso la cucina.

Sapeva che l’annuncio della sua gravidanza avrebbe sconvolto i suoi genitori, era consapevole che ci sarebbe stato un lungo interrogatorio su come intendevano bilanciare la loro carriera con il bambino e, proprio per non farsi trovare impreparata, Prudence aveva studiato le possibili risposte alle domande dei genitori per dimostrare che prima di prendere una decisione così importante lei e Ben avevano riflettuto a lungo e avevano valutato tutte le possibilità.

Quelle domande, però, non erano mai arrivate: sua madre aveva reagito come si aspettava, dimostrandosi sorpresa e felice alla notizia, mentre suo padre era apparso sbalordito e si era lasciato andare ad alcune battute ironiche che avevano alleggerito l’atmosfera tesa e avevano espresso i suoi sentimenti riguardo al bambino.

Quello che non si era aspettata era il cambiamento improvviso avvenuto nell’aria non appena aveva iniziato a introdurre il discorso della storia clinica del bambino.

I suoi genitori si erano irrigiditi e, se pochi attimi prima era suo padre ad aver bisogno di conforto e sostegno, fin dalla prima domanda era stato chiaro che sua madre era la più debole tra i due.

Prudence aveva notato fin troppo chiaramente l’atteggiamento protettivo del padre e il modo evasivo con cui i suoi genitori avevano risposto alle sue domande.

Ciò che non si era aspettata era stato il comportamento agitato della madre, il modo in cui la donna si era alzata in piedi e aveva cercato una scusa banale per allontanarsi dal salotto.

Mai, in tutta la sua vita, Prudence aveva visto sua madre così agitata.

Alla fine di quel colloquio, sulla via del ritorno, Prudence aveva raggiunto due conclusioni: la prima era che con le sue domande aveva toccato un nervo scoperto e che ora, sarebbe stato più difficile ottenere delle risposte poiché i suoi genitori sarebbero stati più guardinghi nei suoi confronti.

La seconda conclusione, la più importante, era che i suoi genitori le nascondevano qualcosa.

Un lieve rumore la allontanò dai suoi pensieri e la fece tornare presente a se stessa; muovendo lo sguardo nel salotto vide Ben nell’atto di posare una tazza di tea sul tavolino poco distante dal divano prima di sedersi su una poltrona di fronte a lei.

La ragazza posò lo sguardo sul compagno e lo fissò in silenzio per qualche istante.

-Va un po’ meglio babe?-le domandò Ben ricambiando il suo sguardo.

Prue sospirò frustrata.

-Ho una gran confusione in testa…-ammise la ragazza.

-E’ stata una mattinata pesante, forse dovresti cercare di riposare un po’-le suggerì il ragazzo.

Prue scosse la testa, sporgendosi leggermente in avanti per prendere la propria tazza dal tavolino e berne un lungo sorso.

-Almeno ho avuto la conferma che i miei genitori mi nascondono qualcosa-commentò sovrappensiero. –Credi che dovrei chiamare mia madre?-domandò poi a Ben, leggermente preoccupata.

Il ragazzo scosse la testa.

-Lascia passare qualche giorno. Avete tutte e due bisogno di un po’ di tempo per riprendervi da quello che è successo.

Così sarete pronte ad affrontare nuovamente il discorso- le suggerì.

Ancora una volta, Prudence sospirò.

-Come posso tornare di nuovo da mia madre dopo quello che è successo oggi? Con che coraggio la affronto?-domandò la ragazza.

Ben restò in silenzio qualche istante, bevendo dalla propria tazza.

-Vuoi rinunciare?- le chiese infine.

Prudence scosse la testa.

-Ok, perché non analizziamo i fatti? Come se fosse un paziente in ospedale- le propose Ben, in tono critico.

Quelle parole fecero nascere un sorriso divertito sulle labbra di Prudence e, anche per liberarsi dalla confusione nella sua mente, la ragazza annuì.

-Proviamo.- convenne.

-Dunque: che cosa sappiamo finora?-le domandò Ben, nel tono che solitamente utilizzava prima di analizzare la cartella di un paziente.

La ragazza sospirò e allontanò i capelli dal viso.

-Sappiamo che Draco Malfoy non è il mio vero padre- disse la ragazza.

Ben restò in silenzio, consapevole di quanto dolore fosse racchiuso in quelle poche parole.

Quando Ben aveva incontrato Prudence per la prima volta, la ragazza era già a conoscenza della verità su Draco Malfoy ma Prudence l’aveva reso partecipe di quel segreto soltanto alcuni mesi dopo l’inizio della loro relazione.

Nonostante gli avesse comunicato la notizia nel modo più impersonale possibile, Ben aveva comunque notato l’angoscia che la ragazza si portava dentro cui si univa la confusione per il comportamento dei genitori.

Prima di essere messo a parte di quella verità nascosta, Ben aveva già incontrato diverse volte Mr. e Mrs. Malfoy e niente nel loro comportamento avrebbe fatto presagire un segreto di tali proporzioni.

Prudence gli aveva descritto il matrimonio tra i suoi genitori come un rapporto idilliaco e ora per la ragazza era difficile far combaciare l’immagine perfetta dei suoi genitori con quella notizia potenzialmente distruttiva.

-Quindi secondo te cosa è successo?-le domandò cauto.

Prudence abbassò leggermente la testa e restò in silenzio.

-Babe, so che questo non è il tuo argomento preferito, ma so per certo che hai delle idee al riguardo.

Hai passato mesi a riflettere su questa storia quando hai scoperto la verità, quindi dimmi cosa ne pensi- le fece notare cercando di incoraggiarla.

Prue rialzò lo sguardo e cercò i suoi occhi.

-Non lo so.

Istintivamente direi che mia madre ha avuto una relazione con un altro uomo e sia rimasta incinta.

Però non combacia con quello che so dei miei genitori: sono entrambi veramente gelosi l’uno dell’altro e non credo che mio padre avrebbe accettato il figlio di un altro uomo, come non credo che avrebbe perdonato un tradimento di mia madre.

Ho anche pensato che non potendo avere figli, si sono rivolti a un donatore esterno…-aggiunse.

-Ma immagino che questa teoria sia stata screditata dalla presenza dei tuoi fratelli-continuò Ben.

Prudence annuì.

-Non c’è il minimo dubbio che Jude e Michelle siano figli di mio padre-commentò.

Ben restò in silenzio per qualche istante, osservando il volto teso della compagna.

-Sei proprio sicura che non si sia trattato di un tradimento? Uno stupido errore dopo una lite, oppure un periodo di crisi durante i primi anni di matrimonio-commentò Ben.

Ancora una volta, Prudence scosse la testa.

-Ero presente al matrimonio dei miei genitori; avevo quasi tre anni- gli disse.

Il silenzio che seguì le parole della ragazza portò entrambi a prendere coscienza del fatto che escluse le altre possibilità, restava soltanto quella più prevedibile, ma che mai come in questo caso era la più improbabile.

-Non riesco a credere che mia madre abbia avuto una relazione con un altro uomo. Va contro tutto ciò che so di lei- disse Prue sinceramente colpita dall’idea che si andava formando velocemente nella sua mente.

Ben la osservò per qualche istante in silenzio, lasciandole il tempo di riadattare il proprio passato e presente sulla base di quella nuova consapevolezza.

-Personalmente sono colpito dal comportamento di tuo padre-confessò, attirando su di sé lo sguardo della ragazza.

-Che vuoi dire?-chiese Prudence corrugando la fronte.

-E’ un uomo molto geloso, lo hai detto anche tu.

Eppure è riuscito a superare il tradimento di tua madre, ha accettato di crescere la figlia di un altro uomo e, insieme, i tuoi genitori sono riusciti a superare quell’ostacolo e a creare un’unione solida e duratura.

Un comportamento ammirevole…- aggiunse sinceramente colpito.

Prue rifletté sulle parole del compagno e non poté fare a meno di concordare con lui: pochi al posto di suo padre, avrebbero accettato il figlio di un altro uomo e si sarebbero comportati come Draco.

-Sai cosa mi fa più arrabbiare in tutta questa storia?-gli chiese.

Ben avrebbe potuto rispondere alla domanda senza paura di una smentita, ma era consapevole che in quel momento Prue aveva bisogno di sfogare tutta la sua rabbia nei confronti dei genitori.

-Il silenzio. Avrebbero potuto raccontarmi tutto quando ero adolescente o quando ho terminato gli studi a Hogwarts, eppure hanno preferito mantenere il segreto per tutto questo tempo.

Ho dovuto scoprirlo da sola! - disse piena di rammarico.

Sentendo la voce triste della ragazza, Ben si alzò dalla propria poltrona e si avvicinò al divano, sedendosi accanto a lei e allungando un braccio finché non l’ebbe attirata a sé.

-Di cosa avevano paura? Che mi sarei rifiutata di parlare con mio padre? Che avrei smesso di considerarlo mio padre?-disse ancora dando voce alla propria frustrazione.

-Lo avresti fatto?-le domandò Ben, soltanto per dare a Prue un nuovo spunto per il suo sfogo.

-No!- esclamò lei incredula. –Non importa quello che dice la genetica, lui resta l’unico padre che io abbia mai avuto.

 Dovrei allontanarlo dalla mia vita soltanto perché non condividiamo lo stesso DNA?- gli chiese a sua volta Prue.

Ben alzò le spalle.

-Un altro al posto tuo lo avrebbe fatto: avrebbe tentato di rintracciare il vero padre e, una volta trovatolo, avrebbe cercato di costruire un rapporto con quest’altra persona-.

Prue corrugò nuovamente la fronte.

-Perché? Magari questa persona non sa neanche che esisto, si è costruita una famiglia e una vita che sarebbero sconvolte dal mio arrivo; perché dovrei piombare nella vita di un estraneo sperando che impari ad amarmi e ad accettarmi?

Ho già un padre che mi ama e accetta per come sono-concluse.

Ben accennò un sorriso.

-La prossima volta ti consiglio di iniziare il tuo discorso così.

I tuoi genitori, specialmente tuo padre, hanno bisogno di sapere che nonostante tu sappia la verità non cambierà nulla.

Vedrai che in questo modo saranno ben disposti al dialogo e risponderanno alle tue domande- le consigliò.

Prudence nascose il volto nella camicia a scacchi di Ben e si lasciò avvolgere dall’abbraccio rassicurante del compagno.

-Spero tu abbia ragione- mormorò fra le pieghe della camicia.

Non poteva perdere i suoi genitori, non adesso che stava per diventare genitore a sua volta.

Era disposta ad aspettare che si calmassero le acque prima di affrontare nuovamente l’argomento e, anche se non lo avrebbe mai ammesso né con se stessa né con Ben, sarebbe stata addirittura capace di accantonare definitivamente quel discorso se la discussione si fosse rivelata troppo difficile per sua madre.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sua famiglia.

 

_____________________________

 

 

Al termine della cena, gli studenti delle quattro Case lasciavano la Sala Grande velocemente, chi in piccoli gruppi chi in solitudine, pronti a ritornare alle loro attività per qualche ora prima di ritirarsi nei loro dormitori.

Quella sera, Albus lasciò la Sala Grande in compagnia di Michelle e s’incamminò verso i corridoi che li avrebbero condotti alla Casa dei Serpeverde seguendo gli sparuti gruppi diretti nella stessa direzione.

I due ragazzi erano immersi in una conversazione che fu prontamente interrotta quando Albus si accorse delle due figure immobili poco distante dal ritratto che conduceva alla Casa dei Serpeverde, chiaramente in attesa.

Albus corrugò istintivamente la fronte quando riconobbe James e Richard; anche se non era insolito per Richard trovarsi nei bassifondi, quel discorso non poteva essere fatto per James: riflettendo velocemente, Albus si rese conto che quella era la terza volta in sei anni di permanenza a Hogwarts che Jim si abbassava ad avvicinarsi alla casa delle Serpi.

Rallentando il passo, costringendo Michelle a fare lo stesso, si staccò dalla piccola folla diretta verso l’entrata e si avvicinò ai due Grifondoro che, a causa delle loro cravatte rosso-oro, stavano attirando gli sguardi poco amichevoli dei suoi compagni di Casa.

La famigerata inimicizia tra la Casa dei Grifondoro e dei Serpeverde ai tempi in cui Blaise e i suoi zii avevano frequentato Hogwarts era ormai un ricordo, anche grazie agli eventi della Seconda Guerra; ora, dopo tanti anni, tra le due Case c’era una sana competizione e una reciproca antipatia.

Albus era il primo ad ammettere che l’antipatia era alimentata soprattutto dal comportamento di James: il fratello era ancorato al passato e all’immagine che aveva costruito nella sua testa del padre e, come se non bastasse, non perdeva occasione per rimarcare il ruolo giocato dalla Casa dei Grifondoro durante la Seconda Guerra.

Al contrario dei Serpeverde, che durante la Guerra si erano schierati con le Forze Oscure.

Se doveva essere completamente sincero con se stesso, la presenza di James lì, in quello che considerava il suo territorio, lo infastidiva e cancellava il piacere che Albus avrebbe solitamente provato alla vista di Richard.

Erano settimane che non riusciva a trascorrere del tempo con il Grifondoro se non per alcuni minuti prima dell’inizio delle lezioni visto che, dal loro ritorno a Hogwarts, Richard era diventato incredibilmente impegnato con lo studio e impegni improrogabili con diversi compagni di Casa.

Vedendolo ora, insieme a suo fratello, Albus non poté fare a meno di chiedersi se in tutto questo tempo i due ragazzi non avessero passato ogni minuto insieme, magari insieme ad alcune delle ragazze che facevano parte della schiera di ammiratrici di James.

-Che ci fate qui?-domandò leggermente infastidito per colpa dei suoi pensieri molesti, fermandosi a pochi passi dai due ragazzi imitato da Michelle.

James gli rivolse un sorriso sarcastico.

-Anche io sono felice di vederti fratellino-commentò ironico.

Albus decise di non rispondere alla provocazione del fratello e spostò lo sguardo su Richard che gli rivolse immediatamente un sorriso sincero.

-Ehi Al! E’ un po’ che non ci vediamo-lo salutò.

-A quanto pare, abbiamo amicizie diverse-commentò semplicemente Albus.

 –Allora a cosa devo la vostra visita?-domandò, rivolgendosi nuovamente a James.

Il fratello restò in silenzio qualche istante, lanciando uno sguardo agli ultimi gruppi di studenti che si avviavano verso il ritratto di ritorno alla Casa dei Serpeverde per poi lanciare uno sguardo veloce a Michelle, che fino a quel momento era rimasta accanto ad Albus osservando la loro breve interazione.

-Ho bisogno di parlarti di una cosa… In privato-

Albus alzò le spalle.

-Ti inviterei a entrare, ma sospetto che ti verrebbe un attacco di orticaria, quindi possiamo parlare qui-rispose Albus.

L’attimo dopo, la mano di Michelle si posò sul suo braccio sinistro, costringendolo a voltarsi verso la ragazza.

-Credo che Jim si riferisse a me-gli disse con un ghigno sarcastico che Albus aveva visto tante volte sul viso dello zio Draco.

-Tu fai parte della famiglia-ribatté Al, leggermente confuso.

Questa volta Michelle ridacchiò, prima di fare un passo indietro.

Albus era una persona estremamente intelligente e sensibile e per questo lui e Michelle andavano così d’accordo, ma per alcuni aspetti della sua vita era completamente cieco.

Sia Michelle sia Albus si consideravano parte di una grande famiglia allargata, erano cresciuti con la certezza che avrebbero potuto contare su ogni membro della famiglia sia nei momenti felici sia in quelli tristi.

James, però, fin dall’infanzia aveva creato un muro, maturando la convinzione di essere un estraneo all’interno della sua stessa famiglia, mantenendo sempre le distanze sia con i suoi fratelli sia con i suoi cugini.

-Ci vediamo dentro.

E’ sempre un piacere vederti Jim-disse poi rivolta al maggiore dei Potter.

Albus restò in silenzio finché la ragazza non fu sparita dietro il ritratto prima di fissare ancora una volta il volto del fratello.

-Allora? Di cosa devi parlarmi?-chiese sentendo montare dentro di sé l’insofferenza per il comportamento di James.

James cercò velocemente lo sguardo di Richard e questi annuì impercettibilmente.

Per un breve istante, Albus temette che quel discorso riguardasse James e Richard, che i due ragazzi volessero informarlo che avevano iniziato una relazione clandestina e si scoprì pieno di sgomento e rabbia.

-Ho deciso di cercare nostro padre-disse finalmente James.

Quelle parole cancellarono immediatamente le paure di pochi istanti prima e fra sé e sé, Albus si diede dell’idiota per aver anche solo pensato una follia del genere: per quale motivo James, il Don Giovanni dei Grifondoro avrebbe dovuto iniziare una relazione con Richard?

Soprattutto, perché suo fratello avrebbe sentito il bisogno di confidarsi con lui? Loro non avevano quel tipo di rapporto!

Albus sospirò sollevato, ma fu soltanto quando si fu liberato della paura inconscia di una possibile relazione tra James e Richard che si rese veramente conto delle parole del fratello.

Aggrottò leggermente la fronte e lo fissò con attenzione.

-Credo di non aver capito bene…-gli disse.

Con la solita aria spaccona, James alzò gli occhi al cielo.

-Ho detto che voglio cercare nostro padre-ripeté.

Era uno scherzo?

Albus alzò le spalle.

-Non è una ricerca difficile. Nostro padre è dove è sempre stato negli ultimi quindici anni: a casa insieme a nostra madre-rispose, ben sapendo che quelle parole avrebbero infastidito James.

Come succedeva ogni volta che affrontavano insieme quell'argomento, il volto di James s’indurì.

-Blaise Zabini non è nostro padre.

Hai forse dimenticato che il tuo cognome è Potter?-domandò poi il moro.

-Un dettaglio. Se ho capito bene, hai deciso di cercare l’uomo che ci ha abbandonato quindici anni fa? L’uomo che non ci ha mai cercato?-gli domandò, provando una punta di piacere sadico vedendo la reazione di suo fratello alle sue parole.

Le mani di Jim si erano strette istintivamente in un pugno serrato, da cui risaltavano le nocche bianche, quasi tutti i muscoli del suo corpo erano tesi, pronti a scattare alla prima occasione.

-Ho bisogno di risposte, di sapere cosa l’ha spinto ad andarsene.

Possibile che non sia lo stesso per te?-chiese a sua volta James.

Albus scosse la testa.

-Perché dovrei?

Io non ho nessun ricordo di Harry Potter. Tutto quello che mi ha lasciato di se sono il suo cognome, la capacità di capire i serpenti e gli occhi di Lily Potter-commentò con voce piatta, prima di fissare ancora una volta il volto del fratello.

-Sei veramente sicuro di voler portare avanti questa ricerca?-gli domandò poi.

James annuì.

-Cosa farai se la verità sarà diversa da quella che ti aspettavi?-

-Che vuoi dire?-chiese James corrugando la fronte.

-Hai considerato anche solo per un istante la possibilità che una vita familiare tranquilla non era abbastanza per il Grande Harry Potter?

Come reagiresti se scoprissi che il tuo grande padre ci ha lasciato indietro perché eravamo d’intralcio per i suoi sogni di gloria?-.

Sul volto di James apparve un’espressione sgomenta.

-Non lo avrebbe mai fatto! Ci voleva bene!-ribatté prontamente.

-SMETTILA DI PARLARE DI LUI COME SE LO CONOSCESSI!- disse Albus alzando leggermente la voce.

Per un breve istante Albus sembrò pronto a scattare, dando sfogo alla rabbia e alla frustrazione che quel discorso si portava sempre dietro, ma l’attimo dopo abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe, consapevole che al momento anche la sola vista del fratello lo infastidiva.

Restò in silenzio e immobile per qualche istante e soltanto quando fu certo di aver ripreso il controllo di se, riportò lo sguardo sul volto di James.

 –Hai dei ricordi su di lui che non siano presi da un volume di Storia della Magia o da una biografia?

Avevi tre anni quando se n’è andato, ricordi qualcosa su di lui che sia collegato alla nostra vita familiare?-lo sfidò Albus.

James lo fissò incredulo, pronto a ribattere all’assurdità del fratello con numerosi aneddoti, ma per quanto cercasse nella sua memoria, non poteva ricollegare nessun ricordo con la figura del padre.

Possibile che non ci fosse un ricordo felice della sua infanzia che potesse ricollegare a Harry Potter?

Finalmente una lampadina si accese nella sua mente.

-Un pomeriggio siamo andati allo zoo tutti e quattro insieme, come una vera famiglia. Io e papà abbiamo passato ore a guardare i gorilla mentre tu e mamma eravate nella sezione degli animali da fattoria- gli disse con un sorriso trionfante sulle labbra.

Albus lo fissò e lentamente sul suo volto si dipinse un sorriso canzonatorio, seguito da una risata sarcastica.

-Non era Harry Potter-gli disse, scuotendo la testa.

A quelle parole James lo imitò, scuotendo a sua volta la testa.

-Certo che era lui! Chi altri poteva essere?-gli domandò.

-Blaise. E’ stata una delle prime uscite che abbiamo fatto tutti insieme… Lui e mamma non stavano ancora insieme-gli spiegò.

Quelle parole confusero maggiormente James: possibile che avesse ragione Albus? No, lui ricordava perfettamente quel giorno! Era stato uno degli ultimi giorni felici prima che suo padre andasse via di casa.

-Non riesco a capire come hai potuto scambiare un uomo di colore con Potter.

Devi avere un’immaginazione molto fervida.

Oppure sei talmente disperato da trasformare la realtà per adattarla ai tuoi desideri- commentò ironico Albus, lasciando trasparire una punta di cattiveria nelle sue parole.

James riportò lo sguardo sul fratello e, per la prima volta dal suo arrivo a Hogwarts, si ritrovò davanti un Serpeverde.

Il Re riconosciuto dei Serpeverde… E per la prima volta nella sua vita si ritrovò a odiare suo fratello.

-Se avessi il potere di trasformare la realtà, l’avrei usato per evitare il disonore di avere una Serpe per fratello-gli disse freddo.

Albus si lasciò andare a un ghigno sprezzante.

-Potrei dire la stessa cosa… Credi che io faccia i salti di gioia nell’avere un fratello Grifone che si preoccupa di inseguire un fantasma piuttosto che concentrarsi sulle cose veramente importanti?-gli chiese a sua volta.

-Quali sarebbero le cose importanti Al? Lo studio? Essere il protetto dei professori?- elencò James facendo un passo in avanti verso il fratello.

-Lascia che ti apra gli occhi: per quanto tempo tu passerai sui libri o a leccare il culo ai professori, tutto quello che otterrai nella tua vita, lo dovrai soltanto al tuo cognome.

Solo grazie a NOSTRO padre e a quello che ha fatto per la comunità magica - disse con altrettanto veleno nella voce.

Albus lo fissò con un’aria imperturbabile sul volto per alcuni secondi, cercando di controllare il desiderio che gli scorreva nelle vene di lanciare un incantesimo contro James e ferirlo.

-Io non sono un Potter.-gli disse quasi a denti stretti. -Fammi un favore: da questo momento, fa finta di non conoscermi-aggiunse prima di voltargli le spalle e fare un passo verso il ritratto che l’avrebbe condotto nella Casa dei Serpeverde.

All’improvviso, però, si bloccò e tornò a voltarsi verso i due ragazzi, lanciando uno sguardo sprezzante verso Richard che aveva assistito allo scambio di battute senza intervenire neanche una volta permettendo così che la situazione tra i due fratelli degenerasse, prima di fissare James.

-Nessuno può impedirti di cercare quell’uomo, ma ti avverto.

Se farai soffrire la mia famiglia, non ci penserò due volte prima di farti del male-.

L’attimo dopo aveva voltato nuovamente le spalle ai due ragazzi e si era avvicinato al ritratto, sparendo oltre la porta pochi istanti dopo.

 

 

____________________________

 

Sadie aprì la porta del pub e s’infilò velocemente nel locale, con il desiderio di lasciarsi alle spalle il freddo pungente della sera.

Il Liquor Saloon era uno dei pub più antichi di Londra, uno dei pochi locali a conservare ancora intatto il mobilio di legno di fine Ottocento e il pavimento formato da un mosaico monocromatico.

All’interno vi erano dieci separé di legno, ciascuno con una porta di legno, per isolare le persone sedute all’interno dal caos del locale, e una campana al centro del tavolo che in epoca vittoriana serviva per richiamare l’attenzione dei camerieri.

Solitamente il locale era affollato da turisti e gente del quartiere, ma vista l’ora tarda, Sadie lo trovò semivuoto occupato principalmente da colleghi bisognosi di una birra o di qualcosa di più forte prima di tornare a casa.

La ragazza individuò facilmente Scott fra gli scarsi avventori del pub e si avvicinò all’uomo, impegnata allo stesso tempo, a sbottonarsi il cappotto.

Quando si trovò a pochi passi di distanza da Scott, l’uomo si accorse della sua presenza e le sorrise, chiaramente felice di vederla.

Credeva che non si sarebbe presentata?

Essendo completamente onesta con se stessa, Sadie doveva ammettere di aver accarezzato più volte l’idea di non presentarsi all’appuntamento; ogni volta che aveva pensato a quell’appuntamento, aveva sentito aumentare la frequenza dei suoi battiti, si era rimproverata per aver accettato quell’invito e aver contribuito così ad alimentare le speranze di Scott.

Ma era poi così sbagliato? In fondo l’idea di una possibile relazione con l’uomo non era così assurda, anzi Scott era probabilmente l’unico uomo con cui al momento poteva anche solo pensare di avere un legame sentimentale: era un medico, quindi avrebbe capito i suoi orari assurdi, non avrebbe avuto grandi pretese nei suoi confronti e non avrebbe cercato di ostacolare la sua carriera.

Di fronte al sorriso di Scott, Sadie non poté far altro che sorridere a sua volta, fermandosi davanti all’uomo.

-Ciao è tanto che aspetti?-gli domandò.

Scott scosse la testa.

-No tranquilla, sono arrivato da poco. Che cosa prendi?-le chiese voltandosi leggermente verso il barista.

-Una Guinness-rispose la ragazza.

Un’espressione sorpresa apparve sul volto di Scott, portando Sadie a lanciargli un sorriso ironico.

-Credevi che avrei ordinato uno di quei cocktail alla frutta pieni di ombrellini?- lo punzecchiò mentre l’uomo passava l’ordinazione al barista.

Scott rise divertito prima di annuire.

-Lo ammetto- confermò sincero.

Dopo aver preso le loro birre, i due si diressero verso uno dei separé liberi e chiusero la porta alle loro spalle.

Per alcuni istanti i due si concentrarono sui propri soprabiti, liberandosi dei propri cappotti e delle sciarpe che li avevano riscaldati nel breve tragitto dall’ospedale al pub, ma che ora nell’ambiente riscaldato del pub si rivelavano un inutile peso.

-A cosa vogliamo brindare?-le domandò poi Scott.

Sadie alzò le spalle, la propria pinta sollevata in alto a toccare quella dell’uomo.

-Al primo di una lunga serie?-propose lei.

Un sorriso distese le labbra di Scott mentre un’espressione maliziosa si faceva largo sul suo volto.

-Stai parlando del brindisi o di questo incontro?-le chiese, lo sguardo in quello di Sadie.

La ragazza sorrise a sua volta.

-Chi può dirlo?-rispose sibillina, prima di muovere il proprio bicchiere contro quello di Scott e portarlo alle labbra.

-Hai avuto una buona giornata?-le domandò Scott dopo aver bevuto un sorso della propria birra.

-Relativamente buona. Ho assistito a un bypass coronarico, ma è stata una procedura standard e inoltre mi sono dovuta sorbire i post- operatori del Dr. Madison- raccontò brevemente Sadie.

-Fra un anno avrai i tuoi specializzandi e saranno loro a fare i post- operatori per te-disse Scott con un sorriso divertito.

-Credimi sto contando i giorni all’arrivo delle matricole-confidò Sadie con aria da cospiratrice.

Scott si lasciò andare a una risata divertita, consapevole che le parole della ragazza erano sincere.

-La tua giornata invece com’è stata?-gli domandò lei.

Scott alzò le spalle.

-Per me è sempre una buona giornata se il numero delle persone che riesco a salvare supera quello delle vittime. Oggi è stata una buona giornata- commentò semplicemente lui.

Entrambi sapevano quanto fosse difficile il lavoro in pronto soccorso e quanto fosse irrealistica l’idea di poter salvare tutti i pazienti che arrivavano, per questo Sadie accettò la risposta dell’uomo e si trovò a condividerla: era un’ottima filosofia di vita per evitare di farsi schiacciare dai sensi di colpa e dal dubbio di non aver fatto abbastanza da salvare una vita.

-Ho ascoltato la canzone di cui mi hai parlato l’altro giorno- gli disse, cambiando argomento per evitare che l’atmosfera fosse rovinata dal ricordo di esperienze tristi in ospedale.

Impegnato a bere un sorso della propria birra, Scott espresse la propria sorpresa sollevando entrambe le sopracciglia e spalancando leggermente gli occhi.

-Beh, che ne pensi?-le domandò l’attimo dopo.

- Sexy Sadie, what have you done
You made a fool of everyone- canticchiò Sadie.

Scott sorrise e posò una mano sul torace.

-Sono commosso - commentò. –Solo per questo, offro io il prossimo giro-aggiunse.

Sadie rise e scosse leggermente la testa.

-Però a essere sincera, non capisco l’affinità tra questa canzone e me…-gli disse prima di portare le labbra al bicchiere.

-Oh…-Scott abbassò lo sguardo sul piano del tavolo tra loro per qualche istante, prima di riportarlo sul volto di Sadie. –A essere sincero, il mio verso preferito è un altro - aggiunse, leggermente in difficoltà.

Sadie aggrottò leggermente la fronte.

-Ovvero? - chiese curiosa.

-One sunny day the world was waiting for a lover
She came along and turned on everyone
Sexy Sadie, the greatest of them all
- cantò Scott con una voce bassa.

Per alcuni istanti fra i due calò un silenzio imbarazzato: Scott cercò di rimediare al possibile danno creato mentre Sadie era impegnata a normalizzare i battiti del suo cuore, sperando che il suo volto non fosse in fiamme per quelle poche parole.

-Si, devo ammettere che anche questo verso non è poi così male… Anche se ancora non capisco la tua passione per la musica babbana- commentò infine Sadie, cercando di riportare la conversazione su un argomento neutrale.

Scott sorrise, felice di non vederla scappare urlante per i versi della canzone e decise di giocare secondo le regole della ragazza.

-Beh, del resto neanche io capisco cosa ci trovi di così interessante nella musica magica. Quindi siamo pari, non credi?-le disse con un sorriso ironico sulle labbra.

Per un istante, lo sguardo di Sadie si concentrò sulle labbra dell’uomo, osservando la morbidezza e la pienezza del labbro inferiore e, per una manciata di secondi, si ritrovò a pensare a cosa avrebbe provato se avesse posato le labbra su quelle di Scott.

Che sensazione avrebbe provato affondando i denti nel labbro inferiore dell’uomo?

Sorpresa dai suoi stessi pensieri, Sadie si affrettò ad abbassare lo sguardo sul proprio bicchiere.

-Se proprio ci tieni… Anche se avrei preferito una dichiarazione di resa da parte tua - commentò con nonchalance.

-Tipico dei Serpeverde- ribatté Scott con un sorriso.

Sadie si sporse leggermente in avanti sul tavolino, entrambi i gomiti poggiati sul piano del bancone, e lo guardò di sottecchi con una scintilla malandrina negli occhi.

-Questa è la prima cosa che avresti dovuto capire di me: io vinco sempre-scherzò lei.

Imitando i suoi gesti, Scott si sporse a sua volta in avanti sul tavolino, diminuendo la distanza tra loro.

-Lo terrò a mente. C’è qualcos’altro che dovrei sapere?-le domandò a bassa voce, quasi avesse paura che qualche altro avventore del pub potesse cogliere la loro conversazione.

La ragazza sorrise.

-Tante cose… Ma se ti raccontassi ogni minimo meraviglioso particolare su di me, ti priverei del piacere della scoperta e questo sarebbe davvero egoista da parte mia- gli disse adattando il tono della voce a quello usato da Scott poco prima.

Scott rise divertito.

-Altruista e modesta. Ho idea che questi saranno soltanto i primi di una lunghissima lista di pregi-la stuzzicò.

Sadie ridacchiò.

-Sono una donna dalle mille qualità-scherzò a sua volta.

L’uomo la fissò per qualche istante, osservando attentamente il volto di Sadie prima di sorriderle dolcemente.

-Non vedo l’ora di scoprirle-disse infine, senza mai abbandonare lo sguardo della ragazza.

Nel silenzio che seguì, Sadie scoprì di provare il desiderio di conoscere ogni minima sfaccettatura del carattere di Scott e la curiosità di scoprire dove quel rapporto ancora agli inizi li avrebbe condotti.

 

 

 

 

____________________________

 

 

Draco Malfoy lasciò passare trentasei ore prima di cercare Prudence.

Si presentò all’appartamento, dove la figlia viveva con Ben e Sadie verso sera, con la speranza di trovarla in casa.

Bussò al campanello dell’appartamento e restò in attesa cercando, in quel breve intervallo, di calmare il proprio nervosismo in modo da mostrarsi sereno quando si sarebbe trovato a faccia a faccia con Prudence.

Quando la porta si aprì, però, si trovò di fronte Sadie che, dopo un attimo di smarrimento, gli rivolse un sorriso come aveva sempre fatto fin da quando era bambina.

-Zio Draco!- lo salutò facendosi da parte per farlo entrare nell’appartamento.

Draco rispose al sorriso della ragazza e accettò l’abbraccio della nipote, stringendola a se con altrettanto affetto.

-Come stai Sadie? E’ un po’ che non ci vediamo-le disse dopo aver sciolto l’abbraccio.

La ragazza accennò un nuovo sorriso.

-Mi conosci zio... Per me esiste solo il lavoro- commentò la mora.

L’uomo annuì prima di accennare un ghigno sarcastico.

-Non è quello che ho sentito-commentò sibillino.

Sadie lo fissò qualche istante incredula, prima di scuotere la testa.

-Mia madre non è capace di tenere un segreto neanche se ne andasse della sua vita-commentò prima di avviarsi lungo il breve corridoio che li avrebbe condotti in salotto. –Prue c’è tuo padre!- annunciò ad alta voce.

Prudence comparve sulla soglia della cucina e restò per qualche istante immobile, chiaramente sorpresa di vederlo.

-Papà… Non ti aspettavo-disse lasciando traspirare la sorpresa dal tono della sua voce.

-Ciao Principessa-la salutò Draco con un sorriso accennato, sentendosi invadere dalla tenerezza alla vista della figlia con indosso il pigiama.

Sadie mosse lo sguardo da Prue a Draco e viceversa, mentre i due si fissavano per un breve istante in silenzio.

-Zio, vuoi una tazza di tea?-gli chiese per rompere quel momento di stasi.

L’uomo spostò lo sguardo sulla nipote e scosse la testa, rivolgendole l’attimo dopo un sorriso gentile.

-No, grazie Sadie.

Ero venuto per parlare con Prudence- disse l’attimo dopo. –Ma se sono passato in un brutto momento, posso sempre tornare in un altro momento-aggiunse.

Prue scosse la testa velocemente e si mosse per diminuire la distanza tra lei e il padre.

-Lo sai che non disturbi mai. Vieni, andiamo in salotto-gli disse, facendogli strada.

Draco seguì la figlia nel piccolo salotto e si fermò nel centro della stanza, lo sguardo su Prudence intenta a chiudere la porta dietro di se.

Quando i loro sguardi s’incontrarono nuovamente, padre e figlia lasciarono cadere nuovamente il silenzio, imbarazzati come poche volte prima di quel momento.

Draco aveva fatto il possibile nel corso degli anni perché il loro rapporto fosse improntato sulla comunicazione e non sul timore reverenziale com’era successo tra lui e Lucius: fin da quando era bambina, Prue sapeva di poter parlare con suo padre di qualsiasi argomento, anche quelli più imbarazzanti.

L’uomo aveva preso quella decisione basandosi sul proprio passato e soprattutto su quello della ragazza: Prudence per i primi due anni della sua vita aveva avuto un padre totalmente assente, e per sopperire a quell’iniziale mancanza Draco si era ripromesso di essere sempre presente, in ogni momento della vita della figlia, anche quello più insignificante, in modo che la figlia avesse sempre un punto fermo nella propria vita.

L’idea che ora ci fosse quell’enorme ostacolo fra loro di cui non potevano parlare o su cui non potevano confrontarsi, lo faceva stare male e sicuramente, faceva soffrire anche sua figlia.

Era venuto il momento di rettificare quel problema.

-Sono venuto qua stasera perché so che tu hai una domanda per me-le disse andando dritto al nocciolo della questione.

Prudence spalancò gli occhi a quelle parole, chiaramente sorpresa dal modo diretto in cui suo padre aveva deciso di affrontare il problema, ma l’attimo dopo Draco la vide annuire.

-Chiedi pure-le disse l’uomo, quasi volesse incoraggiarla.

Prue restò qualche istante in silenzio, probabilmente cercando le parole adatte per quella particolare domanda, finché sul suo volto non si disegnò un’espressione determinata.

-Sei mio padre?-

Era consapevole di aver fatto la domanda sbagliata, di aver ferito suo padre, anche se l’uomo non avrebbe lasciato trasparire nessuna emozione, ma allo stesso tempo Prudence era cosciente che non esistevano delle parole adatte per una questione così delicata.

Draco abbassò per un istante lo sguardo, lasciando che alcune ciocche di capelli biondi gli ricadessero ai lati del viso, prima di cercare nuovamente gli occhi della figlia.

-Purtroppo no- ammise finalmente.

Quelle parole aleggiarono per qualche secondo per la stanza, talmente cariche di significato che in quei brevi istanti Draco abbassò nuovamente lo sguardo spaventato dalla reazione di Prudence a quella rivelazione.

Che cosa sarebbe successo ora che la ragazza conosceva la verità? Avrebbe potuto ancora considerarla sua figlia oppure il loro rapporto sarebbe stato compromesso per sempre?

Un rumore di passi lo portò a rialzare lo sguardo giusto in tempo per cogliere il movimento veloce di Prudence verso di lui e di allargare le braccia in modo da accogliere sua figlia in un abbraccio.

La ragazza si rifugiò tra le sue braccia, nascondendo il viso nel suo petto com’era solita fare quando era una bambina e, sopraffatto dai sentimenti, Draco la strinse a se e abbassò il volto finché non riuscì ad affondare il naso tra i riccioli della figlia.

-Non m’interessa…-le sentì mormorare.

Leggermente rassicurato, Draco chiuse gli occhi e tirò un sospiro di sollievo.

Sua figlia aveva avuto finalmente la conferma ai suoi dubbi, ma nonostante tutto non lo aveva rifiutato.

Era un buon punto di partenza: Draco sperava solamente che, una volta scoperta tutta la verità, Prudence avrebbe reagito allo stesso modo.

-Sediamoci un attimo Principessa- le disse, sciogliendo parzialmente il loro abbraccio.

Continuando a stringere un braccio attorno alla vita del padre, Prudence lo seguì fino al divano, dove i due si sedettero uno accanto all’altro, dove ancora una volta la ragazza si nascose nell’abbraccio del padre.

-Mi dispiace per quello che è successo l’altro giorno…-iniziò Draco.

Prudence scosse la testa con veemenza.

-No papà! Non è colpa vostra… Avrei dovuto essere più cauta, avrei potuto iniziare il discorso in modo diverso…-lo interruppe Prue.

-Tesoro, tu non hai nessuna colpa, credimi- la rassicurò Draco, ravviandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro. –Avrei molte cose da dirti, ma questo non è il momento adatto.

Sia io che tua madre sapevamo che avevi qualche sospetto su di me, già da diverso tempo, ma abbiamo preferito lasciar correre.

Siamo stati codardi - ammise sincero.

-Perché non avete mai detto niente?-domandò Prudence, sinceramente curiosa.

Draco si lasciò andare a un sospiro profondo.

-Non è un periodo della nostra vita che amiamo ricordare…No, non è esatto: ci sono stati degli episodi che ci hanno segnato profondamente e che ci hanno reso quelli che siamo adesso, ma sono proprio quei momenti i più difficili da ricordare-precisò l’uomo.

-E’ stato un tradimento?-si decise a chiedere Prudence, tormentata da quel dubbio.

A quelle parole, un sorriso misterioso distese le labbra di Draco.

-Per molti anni, io l’ho interpretato così, anche se non descrive chiaramente quello che è successo.

Ti ho portato una cosa-disse sciogliendo l’abbraccio e allontanandosi leggermente da Prudence.

Prudence lo osservò attentamente mentre Draco estraeva un’agenda di pelle nera dalla tasca interna del cappotto.

Quando se la ritrovò tra le mani, Prue osservò con calma l’agenda: era molto rovinata, consumata dall’uso e dal passare degli anni, il dorso era segnato da diverse linee verticali che ne avevano cancellato la vernice nera e alcune pagine, un tempo color avorio, erano in evidenza rispetto alle altre facendole presupporre che dovevano essersi staccate dalla rilegatura.

Terminato l’esame dell’agenda, Prudence rialzò lo sguardo sul padre e lo fissò in silenzio.

-Questo è il diario di tua madre-le disse Draco.

La ragazza spalancò gli occhi incredula.

-E’ il diario dell’anno in cui io e tua madre abbiamo iniziato a frequentarci e ci siamo sposati.

Te l’ho portato perché tu potessi iniziare a farti un’idea di quello che successe allora- le spiegò.

Prudence scosse la testa.

-Non posso leggere il diario della mamma!-ribatté imbarazzata la ragazza.

Draco sorrise leggermente.

-Ti assicuro che non c’è nulla di scandaloso lì dentro…-la rassicurò.

-Come fai a saperlo?-gli domandò corrugando la fronte.

L’attimo dopo capì il significato di quelle parole e spalancò nuovamente gli occhi scioccata.

-Hai letto il diario della mamma?-gli domandò con un chiaro rimprovero nella voce.

Draco ridacchiò prima di ritornare serio.

-Era un periodo difficile tra me e tua madre- le confessò. –Eravamo sposati da pochi mesi e a causa di un malinteso lei se ne era andata, portandoti via con sé.

E’ stata una delle esperienze più brutte della mia vita- disse quasi sovrappensiero, lo sguardo perso nel passato.

Prudence approfittò di quel breve istante di silenzio per scavare nel proprio passato e ricordò vagamente una vacanza lontana, passata nella villa della zia Pansy e dello zio Theo con sua madre; ricordò il volto triste e teso di sua madre e il proprio desiderio di vedere suo padre.

Quando ritornò presente a se stesso pochi istanti dopo, Draco rivolse un sorriso dolce alla figlia.

-Ho trovato il diario per caso ed è stato fondamentale perché mi ha permesso di conoscere alcuni aspetti di tua madre che lei mi aveva sempre nascosto fino a quel momento.

Mi ha fatto vedere la nostra vita dalla sua prospettiva e soprattutto mi ha fatto capire che se volevo sistemare le cose tra noi dovevo combattere contro il suo orgoglio e la sua testardaggine e farle capire in modo definitivo cosa provavo per lei- le spiegò.

Prue accennò un sorriso a quelle parole.

-Per te sarà diverso-le disse ancora Draco. –Quello che c’è scritto qui dentro ti chiarirà alcune cose, ma ti confonderà ancora di più perché si parlerà di persone di cui non hai mai sentito parlare, di avvenimenti di cui non hai nessuna memoria o che nonostante non ti riguardino direttamente hanno avuto un impatto sulla tua vita.

Quando avrai letto questo diario, prenditi un po’ di tempo per riflettere su tutto ciò che hai letto.

Rifletti attentamente e a lungo, ma promettimi che quando sarai pronta per parlare di quello che hai scoperto, verrai da me per avere tutte le spiegazioni di cui hai bisogno- le disse con voce calma e profonda. –Questo è davvero importante Prudence: promettiti che non cercherai altrove le risposte per quello che c’è scritto qui dentro-rimarcò Draco.

Prudence lo fissò per qualche istante confusa.

-Perché?-

Draco sospirò lasciando trasparire la propria preoccupazione riguardo all’argomento che stavano affrontando.

-Perché la verità può assumere diverse forme e soltanto chi ha vissuto in prima persona quello che c’è scritto qui dentro sa qual è il suo vero volto-le disse sincero.

La ragazza osservò il volto del padre e annuì, prima di nascondersi nuovamente nell’abbraccio del biondo.

Draco la strinse a se, accarezzandole la schiena con gesti rassicuranti e posandole piccoli baci fra i capelli finché Prudence non rialzò la testa per incontrare il suo sguardo.

-Lo sai che questo non cambia niente, vero? Sei e resterai sempre mio padre- disse con un filo di voce.

Una valanga di sentimenti si abbatte su Draco, portandolo sull’orlo delle lacrime e, cercando di mantenere un atteggiamento stoico di fronte alla figlia, l’uomo premette le labbra una contro l’altra e annuì brevemente.

-Lo so… Ma è bello sentirselo dire-rispose con lo stesso tono di voce.

Padre e figlia restarono a lungo stretti l’uno all’altra, seduti sul divano del salotto, bisognosi di riaffermare il legame che c’era tra loro e di allontanare lo spettro del dubbio che per anni aveva infettato il loro rapporto.

Presto nuove sfide e incertezze avrebbero messo in crisi la sua relazione con Prudence ma Draco questa volta era certo che insieme, lui e Prudence sarebbero stati in grado di affrontare qualsiasi ostacolo.

 

 

 Salve a tutti!!!

Come state? Chiedo scusa per aver fatto passare più tempo del solito, ma l'università è una brutta bestia xD

Allora...Dove siamo arrivati? Uno dei grandi segreti di questa storia è stato parzialmente rivelato; alcuni rapporti sono stati messi alla prova e, se nel caso di Prudence non si noteranno grandi differenze, almeno per il momento, il confronto tra James ed Albus avrà enormi ripercussioni, specialmente per uno dei due fratelli.

Per fortuna abbiamo Sadie e Scott che ci risollevano un pò il morale con il loro  lento corteggiamento...

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo, non avete idea di quanto siano importanti le vostre opinioni/ idee per me.

Inoltre chiedo umilmente scusa per eventuali errori di battitura e/o di battitura.

La frase ad inizio capitolo è tratta da "L'ultimo giorno della Terra" dei TheGiornalisti

E ora i ringraziamenti: Germana(Grazie per i complimenti! Se ti ricordi dalle storie precedenti, mi piace incasinarmi la vita xD Almeno questa volta ho un numero minore di personaggi da dover gestire; James...Come hai  visto anche da questo capitolo, sembra uno schiacciasassi, pronto a passare sopra qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio obbiettivo e Albus sarà la sua prima vittima; Prudence invece, è già parzialmente preparata a quello che l'aspetta perchè ha avuto più tempo per venire a patti con la sua scoperta, anche se non immagina lontanamente cosa si nasconde nel suo passato; La scelta di "isolare" Prue dalla famiglia Weasley è stata fatta per una ragione "valida" che verrà svelata nei prossimi capitoli e, se devo essere sincera, credo che scatenerà delle forti reazioni...Ora però sono curiosa di conoscere le tue supposizioni al riguardo :D ).

Vi lascio un link in modo che possiate vedere il pub che mi ha ispirato mentre scrivevo l'appuntamento tra Sadie e Scott; è un pub meraviglioso in cui sono stata quest'inverno a Belfast e che vi consiglio di visitare se vi trovaste lì. ^_^

 

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSS46g9UfJtP04SJuKwIQFqhTr9WZJf7qaMVflKqXNNMvRUBc90Kg

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcT_5TQl4QlDUcdiHZZtlTg3cReVbD6ZFJOqA3ohNU1Vv35nhsgAEw

Bene, per il momento è tutto, io io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo

 Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Outtake- Modern Love ***


outtakes 1

 

Will you still love me
When I'm no longer young and beautiful?
Will you still love me
When I've got nothing but my aching soul?
I know you will, I know you will
I know that you will
Will you still love me when I'm no longer beautiful? 

 

Da ormai sei anni, ogni giovedì pomeriggio alle sei e mezzo in punto, Blaise Zabini aveva un appuntamento improrogabile.

Un appuntamento cui non sarebbe mancato per nulla al mondo; aveva organizzato la sua vita lavorativa in modo da essere sempre libero consapevole che, se avesse saltato quell’incontro settimanale, sarebbe stato intrattabile fino il giovedì successivo.

Il giovedì pomeriggio era riservato ad Amy.

Fin dalla nascita della bambina, quattordici anni prima, Blaise e Daphne si erano accordati affinché l’uomo passasse del tempo con la propria figlia in modo da stabilire un legame con la piccola e con estrema maturità avevano stabilito che Blaise avrebbe trascorso il giovedì insieme alla bambina, oltre a due fine settimana al mese.

All’inizio non era stato facile: Blaise adorava passare del tempo con sua figlia ma ogni volta che la riportava a casa da Daphe e Filippo, i sensi di colpa per la situazione particolare in cui si trovavano tornavano ad affondare i propri artigli nell’animo dell’uomo, portandolo a colpevolizzarsi per la scelta fatta che aveva impedito alla figlia di avere una “vera” famiglia.

Se non fosse stato per la pazienza di Ginevra e l’aiuto di Daphne e dei loro amici, Blaise era certo che a quest’ora sarebbe stato un padre single pieno di rimorsi. Fortunatamente Ginevra gli era stata accanto e lo aveva aiutato ad adattarsi a quella nuova situazione, facendogli capire che Amy non avrebbe mai sentito la mancanza di una “vera” famiglia perché avrebbe fatto parte di un’enorme tribù composta da tutti i membri dei Serpeverde, che l’avrebbero amata, coccolata e sicuramente non le avrebbe mai fatto mancare nulla. 

Con il passare degli anni, quella che Blaise aveva considerato inizialmente una situazione particolare era diventata la normalità che si era adattata perfettamente alla loro famiglia anticonvenzionale al punto che la nascita di Ruby non aveva causato alcuno sconvolgimento.

All’età di trentaquattro anni, Blaise Zabini era un uomo felice, con una carriera soddisfacente e una famiglia che lo riempiva di affetto e di attenzioni con una compagna meravigliosa e quattro figli.

Era stato allora che Daphne aveva nuovamente sconvolto la sua vita annunciandogli di aver ricevuto una proposta di lavoro in Germania che l’avrebbe costretta a trasferirsi con la famiglia a Berlino.

Ancora adesso a distanza di anni, Blaise era consapevole di non aver reagito bene all’annuncio: la notizia aveva riportato a galla sentimenti che credeva appartenessero a un passato lontano.

Aveva iniziato ad accusare Daphne di volerlo allontanare da Amy, di decidere ancora una volta del suo futuro e soprattutto di quello della loro figlia, come aveva già fatto una volta in passato con conseguenze devastanti, e soprattutto aveva giurato che avrebbe impedito in ogni modo possibile di portar all’estero la bambina.

Ogni volta che ripensava al proprio comportamento, Blaise si sentiva profondamente mortificato: come aveva potuto lanciare delle accuse così pesanti, rivolgersi a Daphne in quel tono così velenoso, rischiando di compromettere i progressi che avevano fatto durante i sei anni dalla nascita di Amy?

Ancora adesso, Blaise era fermamente convinto che avrebbe dato un seguito alle proprie minacce se, come il solito, Ginevra e Draco non lo avessero riportato alla ragione con argomenti logici, da parte dell’amico, e parole dolci e rassicuranti da parte della compagna.

Grazie a loro Blaise aveva capito cosa lo aveva spinto a reagire in quel modo quasi brutale, trovandosi nuovamente a fare i conti con il passato e il dolore mai sopito per la decisione presa da Daphne che lo aveva privato di un futuro con il loro primogenito e la donna.

Dopo una lunga autoanalisi, l’uomo si era inoltre reso conto dell’ulteriore errore commesso in quella situazione: contrariamente a quanto era successo in passato, questa volta Daphne aveva deciso di parlargli dell’offerta di lavoro ricevuta, ma non ancora accettata, per decidere insieme quale fosse la decisione migliore per il futuro della loro figlia.

Eppure l’uomo, terrorizzato dalla paura di perdere Amy, non si era accorto di quel particolare fondamentale.

Due giorni dopo era tornato da Daphne con il capo cosparso di cenere, pronto a subire i rimbrotti della donna e disposto a trovare insieme con lei una soluzione al loro problema.

Avevano parlato per ore, analizzando la situazione da ogni punto di vista, considerando la possibilità che Amy restasse a Londra e vivesse con Blaise e Ginevra, ma alla fine l’uomo aveva dovuto convenire con Daphne che probabilmente la situazione si sarebbe rivelata troppo difficile dal punto di vista emotivo per Amy.

Certo di fare il bene di sua figlia, Blaise aveva acconsentito alla sua partenza per Berlino con Daphne e Filippo, nonostante fin dal primo momento l’assenza della bambina pesasse come un macigno sulla sua anima.

Lentamente, con il passare degli anni avevano trovato un nuovo equilibrio: ogni estate e ogni Natale Amy tornava a Londra per passare le vacanze con Blaise, Ginevra e i suoi fratelli riuscendo ogni volta ad annullare la distanza creatasi nei mesi precedenti.

Inoltre, durante quei sei anni padre e figlia avevano preso l’abitudine di conversare una volta a settimana per aggiornarsi sulle ultime novità.

Ogni giovedì pomeriggio alle sei.

Puntuale come ogni settimana, il trillo della videochiamata si diffuse nel suo ufficio silenzioso.

Seduto dietro la scrivania, Blaise si passò un’ultima volta la mano tra i capelli rasati prima di avviare la conversazione, l’attimo dopo nella stanza si proiettò l’immagine di una cucina immersa nella luce artificiale delle lampade alogene a quasi milleduecento chilometri di distanza.

Al centro della stanza, seduta a un tavolo in una posa quasi identica alla sua, comparve Amy che gli rivolse un sorriso non appena vide la sua immagine riflessa nell’apparecchio.

Fin dall’infanzia, Serpeverde non avevano mai mancato di rimarcare l’impressionante somiglianza fisica tra Amy e sua madre: entrambe avevano folti capelli biondi, occhi grigi e labbra sottili.

Eppure sua figlia era una Zabini fatta e finita poiché aveva ripreso tutti gli aspetti del suo carattere, sia quelli positivi sia quelli negativi: era una ragazza estroversa e passionale, capace di gettarsi a capofitto in ogni progetto o passione del momento; era sempre disposta alla battuta e allo scherzo e pronta ad aiutare gli altri. Allo stesso tempo, però, era ostinata e testarda e perdeva facilmente la pazienza; i suoi attacchi di rabbia erano brevi ma violenti.

-Hallo papa!- lo salutò Amy in tedesco con un sorriso.

-Hallo, Schatz, wie geht es dir?- rispose Blaise utilizzando le poche parole in tedesco che aveva imparato nel corso degli anni.

-Bene- rispose la ragazza. –Sono arrabbiata con la mamma- aggiunse subito dopo.

Blaise aggrottò la fronte.

-Per quale motivo?-domandò cauto.

Amy e sua madre avevano un buon rapporto, ma ovviamente non mancavano degli sporadici battibecchi tra le due donne, preludio dell’adolescenza che sarebbe iniziata di lì a poco; qualche volta all’uomo era chiesto un parere, soprattutto quando Amy cercava di tirarlo dalla sua parte nella diatriba con la madre e, dall’atteggiamento battagliero di sua figlia, Blaise sospettava che anche questa volta si sarebbe trovato a fare da paciere tra le due donne.

La ragazza sospirò frustrata.

-Ho chiesto alla mamma se potevo tingermi i capelli di rosa e lei ha risposto che devo passare sopra il suo cadavere.

Ti sembra una risposta normale?-raccontò velocemente Amy, lasciandosi prendere dall’enfasi del racconto.

Un sorriso divertito distese leggermente le labbra dell’uomo, divertito dalla risposta di Daphne, ma si affrettò a nascondere la propria reazione per non provocare la rabbia della figlia.

-Ho bisogno di qualche informazione in più tesoro prima di potermi pronunciare su questa faccenda- disse, cercando di essere il più imparziale possibile.

Amy sospirò nuovamente, allontanando una ciocca di capelli dal volto.

-Ti ricordi il concerto cui devo andare la settimana prossima?- domandò poi la ragazza.

Blaise annuì.

Quel concerto era stato al centro di un lungo dibattito tra Amy e i suoi genitori, in particolare Blaise: la prima volta che Amy aveva affrontato l’argomento con il padre, l’uomo aveva avuto una reazione simile a quella avuta da Daphne in questa situazione, ritenendo la figlia ancora troppo piccola per partecipare a un evento così caotico e potenzialmente pericoloso, attirando su di sé la rabbia di Amy che aveva visto la sua ansia genitoriale come mancanza di fiducia e, in parte, come un tradimento del rapporto che avevano instaurato negli anni.

 L’adolescente, ovviamente, non si era scoraggiata e aveva usato tutte le argomentazioni possibili per convincere i genitori affinché la lasciassero partecipare a quel concerto e, dopo una lunga discussione Blaise e Daphne avevano deciso che Amy avrebbe potuto partecipare al concerto soltanto se avesse accettato di essere accompagnata da Daphne.

Una volta raggiunto quel compromesso era tornata la serenità e Blaise aveva quasi completamente dimenticato il concerto preso dagli eventi della vita quotidiana.

Ora quel nuovo litigio lo aveva riportato a galla.

-Io devo tingermi i capelli di rosa! E’ di fondamentale importanza! Lo faranno tutte le ragazze presenti, non posso essere l’unica stupida che si differenzia dalla massa-commentò Amy.

-Che male c’è nel differenziarsi dalla massa?-domandò Blaise consapevole di averle fatto quella domanda per prendere altro tempo.

-Papà…Vuoi davvero relegarmi al ruolo di pariah sociale? Non avrei più il coraggio di guardare in faccia le mie amiche-commentò Amy con il tono catastrofico tipico dell’adolescenza.

Blaise sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

-Certo che no tesoro, ma vorrei che tu fossi obiettiva per due minuti: è indispensabile che tu ti tinga i capelli per divertirti al concerto?- le domandò cercando di riportare le cose nella giusta prospettiva.

Amy alzò gli occhi al cielo per poi scuotere la testa.

-Non credo- disse riluttante.

-Amy…- la sollecitò Blaise.

-No, certo che no!- esclamò controvoglia. –Perché non puoi essere dalla mia parte?- aggiunse l’attimo dopo.

-Tesoro, io sono sempre dalla tua parte, ma non condivido l’aspetto catastrofico della situazione.

Hai provato a riaffrontare l’argomento con tua madre?- le domandò poi, cercando di zittire il senso di colpa per la forzata lontananza e la loro situazione particolare che era tornato prepotentemente a galla dopo le parole della ragazza.

Amy scosse la testa.

-A che servirebbe? E’ chiaro che non cambierà idea-rispose stizzita.

-Tua madre è una donna ragionevole, anche se tu non vuoi ammetterlo.

Perché non provi a proporle un compromesso? Hai provato a chiederle di fare un incantesimo che faccia diventare i tuoi capelli rosa soltanto per una sera? Per come la vedo io, è una soluzione che farebbe felici entrambe-.

Amy alzò le spalle, poco convinta della proposta del padre.

-Provaci…Se ho ragione io, mi pagherai la colazione non appena torni a Londra- disse in tono ironico.

Amy ridacchiò alle sue parole per poi annuire, accettando la sua scommessa.

-Farò come hai detto tu, ma se non dovesse cedere neanche così, sappi fin a ora che ti terrò il muso per almeno una settimana-lo avvisò.

Blaise annuì e accennò un sorriso.

-Correrò il rischio mein Schatz-

Nel breve silenzio che seguì, Blaise osservò attentamente la figlia, meravigliandosi di quanto fosse cambiata in una sola settimana e soprattutto quanto in fretta fosse passato il tempo.

Ai suoi occhi era ancora lo scricciolo che aveva preso in braccio per la prima volta quasi quattordici anni prima e l’idea che stesse diventando un’adolescente lo terrorizzava; presto avrebbe dovuto confrontarsi con i primi amori, le prime gelosie e soprattutto con i primi cuori infranti, consapevole fin da ora che nessun ragazzo sarebbe stato mai all’altezza della sua bambina.

Blaise sospirò e scosse la testa: non era ancora psicologicamente pronto per affrontare l’adolescenza e ciò che questa comportava.

Allontanando il pensiero da ciò che lo aspettava da lì a qualche anno, Blaise riportò la propria attenzione sulla figlia, pronto ad affrontare un nuovo argomento.

-Ascolta tesoro, devo parlarti di una cosa-le disse per far sì che Amy riportasse lo sguardo su di lui.

Una volta riottenuta l’attenzione della figlia, Blaise prese un respiro profondo, cercando le parole giuste per introdurre il discorso.

-Ok, è una questione un po’ delicata…- disse improvvisamente nervoso.

Amy aggrottò la fronte per il cambiamento repentino nel padre.

-Va tutto bene papà?-domandò.

Blaise annuì.

-Sì, tranquilla tesoro, va tutto come al solito- la rassicurò, cercando al tempo stesso di calmare le proprie ansie. –Come sai, tra pochi giorni è il compleanno di Ginevra…-disse poi, cercando un ordine logico nei propri pensieri.

La ragazza annuì.

-La mamma ha già comprato un regalo, dobbiamo soltanto spedirlo.

Questa volta ha lasciato a me il compito di scrivere il biglietto, ma dopo il litigio con la mamma me ne sono completamente dimenticata, ma prometto che sarà tutto pronto per il suo compleanno- s’intromise la ragazza, iniziando a parlare a raffica.

Amy tornò in silenzio e improvvisamente un’espressione preoccupata apparve sul volto della ragazza.

-Va tutto bene tra te e la zia Ginny?- gli domandò l’attimo dopo con voce quasi timorosa.

Blaise si strofinò la fronte con una mano, consapevole che il suo silenzio non faceva altro che peggiorare le cose, ma il discorso che aveva preparato con cura per spiegare la situazione ad Amy era sparito dalla sua mente.

-State litigando?

Aspetta forse la mamma ti può dare una mano.

Mamma!-disse Amy, chiamando la donna prima che Blaise potesse fare qualcosa per impedirglielo.

Pochi istanti dopo Daphne comparve nella proiezione della stanza, fermandosi a due passi da Amy.

La donna non era cambiata molto nel corso degli anni: i suoi capelli biondi erano sempre vaporosi e perfettamente controllati, lunghi fino alle spalle, la sua figura era sempre magra e longilinea e ogni cosa in lei trasmetteva eleganza e sicurezza.

-Ciao Blaise-lo salutò con un sorriso affettuoso.

-Ehi Duffy- lo salutò a sua volta l’uomo.

-Va tutto bene?-domandò la donna, alternando lo sguardo interrogativo fra la figlia e l’uomo.

Blaise annuì all’istante ma Amy smentì il suo gesto pochi attimi dopo.

-Papà e la zia Ginny hanno dei problemi-affermò.

La fronte di Daphne si corrugò leggermente infastidita.

-Cosa hai combinato questa volta?-gli domandò non nascondendo una punta d’irritazione nella voce.

- Perché dai per scontato che sia colpa mia?-le domandò incapace di controllarsi.

-Ti conosco da più di vent’anni Blaise e so come sei fatto, quindi se avete dei problemi, sarà quasi sicuramente per colpa tua.

Vuoi dirmi cosa devi farti perdonare questa volta?-lo incalzò nuovamente.

Blaise sospirò frustrato.

-Non ho fatto niente! Anzi se proprio vuoi saperlo voglio chiederle di sposarmi-confessò spinto dalle emozioni del momento.

Un silenzio incredulo seguì le sue parole e un’espressione indecifrabile si disegnò sul volto delle due donne, portando Blaise a chiedersi se non stesse commettendo un errore madornale.

-Puoi ripetere?-gli domandò Daphne.

-Veramente?-chiese Amy in contemporanea.

Imbarazzato, Blaise si passò una mano tra i capelli, rimpiangendo i suoi riccioli folti, per poi fissare nuovamente le due donne che lo fissavano in attesa e alzare le spalle in un gesto fintamente noncurante.

-Voglio chiederle di sposarmi.

Stiamo insieme da quindici anni e credo che sia arrivato il momento di rendere la cosa ufficiale.

Ho già comprato un anello…-aggiunse.

-Mostramelo- ordinò Daphne.

Blaise sospirò stizzito, prima di aprire un cassetto della scrivania ed estrarre un piccolo astuccio di velluto: l’anello contenuto all’interno era in oro bianco, dalla forma quadrata con diamanti e un cuore di morganite.

Aveva passato più di un’ora davanti al bancone del gioielliere osservando diversi modelli di anelli, indeciso su quale fosse la scelta più adatta per Ginevra, ma, non appena il gioielliere glielo aveva mostrato non aveva avuto dubbi: quello era l’anello di fidanzamento perfetto per Ginevra, con la speranza che la donna capisse con un solo sguardo quanto fosse importante per lui.

Blaise aprì con attenzione l’astuccio per poi rivolgerlo verso le due donne che, alla vista del gioiello spalancarono gli occhi e si lasciarono andare in esclamazioni stupite.

-E’ bellissimo papà!- esclamò Amy, un enorme sorriso a illuminarle il volto.

L’uomo accennò un sorriso, sollevato dall’approvazione della figlia, per poi volgere lo sguardo su Daphne.

-Che ne pensi?- le domandò con voce tentennante.

-Beh, è un anello stupendo, non c’è che dire.

Hai fatto un’ottima scelta.

Sei sicuro di volerlo fare?-gli domandò poi, un sorriso a inarcarle gli angoli delle labbra.

Blaise annuì ricambiando lo sguardo dell’amica.

-La amo Duffy- disse sincero.

Daphne annuì per poi lasciarsi andare a un vero sorriso.

-La prossima volta che parlo con Ginny voglio sentire tutti i dettagli della tua proposta quindi vedi di sbrigarti altrimenti le racconto tutto!- lo minacciò bonariamente.

Blaise rise e annuì.

-Ho pensato di chiederglielo il giorno del suo compleanno-le confessò.

-Diamine quanto sei diventato sdolcinato!-lo prese in giro la donna.

-E’ un’idea veramente romantica papà!-disse allo stesso tempo Amy.

Blaise rivolse un sorriso alla figlia.

-Grazie tesoro. Mi dispiace avervi mandato nel panico.

Avevo preparato un grande discorso, ma non appena ho provato a introdurre l’argomento sono entrato nel pallone.

Volevo essere sicuro che voi foste d’accordo prima di chiederle di sposarmi-aggiunse in tono serio.

Daphne alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

-Sei sempre il solito Blaise! Dopo quindici anni e tutto quello che abbiamo passato, credevi veramente che ti avrei messo i bastoni tra le ruote?

Inoltre, siamo onesti: soltanto Ginny ha la pazienza per sopportarti-commentò Daphne.

Quelle parole strapparono una risata sia a Blaise sia ad Amy, producendo due risate identiche che si differenziavano soltanto per il timbro baritonale di quella di Blaise.

-Tu che ne dici tesoro?-domandò l’uomo alla figlia, bisognoso di una nuova conferma.

-Sono contenta per te papà.

Ad essere sincera, per me è come se foste già sposati: siete insieme da prima che nascessi, siete una bella coppia e onestamente non saprei immaginarti con un’altra donna.

Inoltre non vedo l’ora di fare da damigella al vostro matrimonio insieme a Ruby- aggiunse infine, strappando un’altra risata al padre.

L’ilarità provocata dalle parole di Amy scemò pochi istanti dopo lasciando cadere il silenzio tra i partecipanti alla conversazione.

-Bene, ora che hai ottenuto la nostra benedizione non ti resta altro da fare che chiedere alla diretta interessata se vuole passare il resto della vita con un matto come te.

Sei pronto?-gli domandò infine Daphne rompendo il silenzio.

Blaise osservò le facce che lo fissavano in attesa e annuì lentamente.

Era terrorizzato ed era assolutamente certo che ancora una volta il discorso che aveva passato ore a preparare sarebbe stato dimenticato nel momento in cui avrebbe affondato lo sguardo in quello di Ginevra, ma come poche volte nella vita una sicurezza lo spingeva ad andare avanti: stava facendo la scelta giusta.

 Una scelta che avrebbe cambiato ancora una volta la sua vita.

 

*Hallo, Schatz, wie geht es dir?- Ciao tesoro, come stai?

*Mein Schatz- Tesoro mio

 

Salve a tutti!!! Buon 2019( anche se con un pò di ritardo xD)

Come avrete sicuramente notato, questo non è un nuovo capitolo, almeno non quello a cui siete soltamente abituati.

Mentre rivedevo il prossimo capitolo, mi sono resa conto che avrei dovuto aggiungere un nuovo pezzo, ma non avrei saputo dove inserirlo vista la disposizione delle varie parti nel prossimo capitolo; inoltre non volevo rendere il prox capitolo incredibilmente lungo.

Quindi ho optato per questa soluzione: questo è un Outtake, ovvero un "dietro le quinte" per guidarvi verso il prossimo capitolo, in modo che abbiate le info che vi servono.

Inoltre alcuni di voi avevano chiesto notizie di Daphne...In questo modo ho unito due piccioni con una fava :D

Ho in programma di inserire un altro Outtake prima del prossimo capitolo e, devo essere sincera con voi, spero veramente che non mi uccidiate dopo averlo letto.

L'estratto all'inizio del capitolo è tratta da "Young and Beautiful" di Lana Del Rey e il titolo è tratto da una canzone omonima di David Bowie.

Questa è l'ispirazione per il mio Blaise:

https://www.blackfilm.com/read/wp-content/uploads/2012/01/Idris-6.jpg

L'anello di fidanzamento scelto da Blaise potete trovarlo qui:

https://www.amazon.com/Princess-Morganite-Engagement-morganite-engagement/dp/B06Y2FRRRT

Ed ora i ringraziamenti: Croft(Benvenuta! E grazie per i complimenti! Prometto che nel prossimo capitolo "ufficiale" ci sarà una mezza rimpatriata... Purtroppo ci vorrà un pò perchè la verità venga a galla, sia nel caso di Prue sia nel caso di James), LilyTopa97(Benvenuta e grazie per i complimenti, anche se non so quanto me li merito xD! Ricordi bene, Ron aveva una condanna a 15 anni ed è proprio per questo che ho ambientato il seguito adesso :D Ti chiedo scusa per la confusione dell'età, ma era l'unico modo per uscire dal buco in cui mi ero infilata ed essere sicura di portare avanti la FF),Alyssa Malfoy(Benvenuta!! Mi ricordo di te! :D Grazie per i complimenti e spero di riuscire a farti appassionare alla nuova generazione, anche se è una generazione "originale" xD Anche io adoro Albus, in qualsiasi FF abbia scritto è sempre stato il mio preferito, ma in questa storia si divide le mie simpatie con Prue; il silenzio portato avanti da Draco & Herm è stato intenzionale per proteggere Prue ed anche se stessi da tutto quello che era successo nella 1 storia, ma come hai potuto vedere parte della verità è venuta a galla e presto scopriremo altre cose), Germana(Spero che questo piccolo intermezzo non abbia aggravato la situazione, portando la tua astinenza a livelli elevati o peggio xD James... Jim sarà probabilmente quello che resterà più ferito da tutta questa faccenda e mi sento quasi in colpa per quello che sto progettando per lui, credo sia l'unico modo per fargli riprendere contatto con la realtà e fargli capire cosa si è perso finora per rincorrere un sogno assurdo; Per quanto riguarda Prue,invece, posso assicurarti che il rapporto fra lei e Ginny è stupendo e che Prue la considera realmente sua zia...ed è tutto quello che dirò per ora... Infine per rispondere alla tua domanda: no, non so ancora di quanti capitoli sarà composta la storia, ma quasi sicuramente non sarà lunga quanto l'originale).

Bene, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo,

 

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Outtake- Silence like a cancer grows ***


outtake 2

 

"You and me
We used to be together
Everyday together always
I really feel
That I'm losing my best friend
I can't believe
This could be the end
It looks as though you're letting go
And if it's real
Well I don't want to know"


"What can I possibly do?
To squeeze in
POW!
Why not now?
When will I belong?
Look what I am
Damn (damn)
My whole life is wrong
What do I do? 
Snap! Holy crap! 
I'd crawl out of my skin
And so would you, cause
Life just doesn't begin
Until you're in!"

 


 

Michelle era seriamente preoccupata.

Stava succedendo qualcosa di veramente grave, proprio davanti ai suoi occhi, ma per la prima volta la ragazza si scopriva impreparata e incapace di reagire.

Negli ultimi dieci giorni aveva osservato la trasformazione avvenuta in Albus, il suo migliore amico, una persona che considerava alla strenua di un fratello e ad ogni nuovo gesto del ragazzo si era ritrovata impreparata di fronte a quel comportamento inusuale.

Tutto era iniziato dopo il confronto tra Albus e James e, per la prima volta da quando si conoscevano, James non aveva cercato un confronto con lei, non le aveva raccontato nulla di ciò che era successo, preferendo chiudersi in se stesso e cercare la compagnia di altre persone.

Inizialmente il suo comportamento l’aveva ferita ma Michelle aveva cercato di giustificarlo attribuendo quella ritrosia all’orgoglio o alle parole dure che sicuramente i due fratelli si erano scambiati, ma si era dovuta ricredere velocemente quando aveva notato i cambiamenti repentini nel comportamento e negli atteggiamenti di Al.

Il ragazzo era stato presente nella sua vita fin da quando Michelle aveva memoria ed era sempre stato una persona timida, generosa e dolce, ma negli ultimi dieci giorni quelle caratteristiche erano velocemente scomparse quasi volesse cancellare una parte di se che sapeva essere facile bersaglio per tutti i suoi detrattori: era diventato incredibilmente sarcastico e pronto a rispondere alle provocazioni.

Ciò che le dava pensiero più di ogni altra cosa, però, era il completo disinteresse di Al verso i propri studi: Michelle aveva assistito a diversi battibecchi con i professori in cui il suo amico di sempre cercava di giustificarsi per la propria mancata preparazione, cercando il confronto anche con diversi docenti, chiedendosi cosa diamine gli passasse per la testa e se davvero non si rendesse conto di come quel comportamento stesse compromettendo il suo futuro.

Ad aggravare ulteriormente la situazione c’era la nuova compagnia di amici che circondava Al in questi ultimi giorni.

Albus non aveva mai approfittato del suo titolo di “Re di Serpreverde” che i ragazzi della Casa gli avevano assegnato nel corso degli anni per la sua vicinanza allo zio Blaise per ottenere dei benefici o per godere di una popolarità come faceva James nella Casa dei Grifondoro, ma nelle ultime settimane era solito partecipare a tutte le feste organizzate dai verde- argento che si tenevano nel Castello.

Feste che erano rinomate ad Hogwarts per essere piene di alcolici e totalmente fuori controllo.

Cosa lo aveva spinto ad avvicinarsi a quei ragazzi?

Perché sentiva il bisogno di rifugiarsi nell’alcol quando finora era sempre stato un ragazzo moderato e completamente disinteressato alle feste e agli alcolici?

Possibile che si trattasse di un momento di ribellione adolescenziale?

Michelle non credeva minimamente a quella possibilità: conosceva troppo bene Al e le bastava guardarlo in volto per rendersi conto  che c’era qualcosa che lo stava logorando ed il solo pensiero che lui non volesse parlarne con lei, preferendo invece quei metodi distruttivi la faceva soffrire e in parte la faceva sentire messa da parte.

Perché dopo tanti anni d’amicizia Albus aveva deciso di tenerla all’oscuro, proprio ora che aveva più bisogno di lei, convinto che la ragazza non potesse più aiutarlo?

Michelle aveva provato più volte a parlare con Albus, ma ogni volta il ragazzo aveva trovato una scusa per evitare il confronto, scappando ogni volta nella sicurezza dei suoi nuovi amici.

Questa volta Michelle non glielo avrebbe permesso.

Avrebbe colto al volo la prima occasione per metterlo alle strette e costringerlo ad aprirsi con lei.

In seguito avrebbe rimpianto quella scelta, ma in quel momento la ragazza era fermamente convinta che quella fosse l’unica soluzione per aiutare l’amico e per uscire dall’empasse in cui era finita la loro relazione.

L’occasione si presentò una sera di metà ottobre, dodici giorni dopo il confronto tra Albus e James.

Michelle si trovava nella Sala Comune dei Serpeverde, impegnata a finire un saggio per la lezione di Storia della Magia che avrebbe dovuto consegnare tra due giorni, quando la tranquillità della Sala Comune venne rotta dall’arrivo irruento di Albus.

Il ragazzo entrò nella stanza, visibilmente alterato, incespicando sui propri piedi, incapace quasi di reggersi in piedi con la camicia sgualcita e fuori dai pantaloni; i suoi capelli erano ancora più spettinati del solito e la sola vista dell’amico scatenò in Michelle un misto di emozioni: rabbia, desiderio di protezione e, per la prima volta da quando lo conosceva, pena.

La ragazza lo osservò mentre, fermo accanto al camino, Albus mosse lo sguardo  annebbiato attorno a sé fino a posarlo su di lei e, quando i loro occhi si incontrarono un’espressione indecifrabile si dipinse sul volto di Al.

-Credevo non ci fosse più nessuno a quest’ora- disse il moro.

Michelle alzò le spalle.

-Non è poi così tardi…-gli fece notare Michelle. -Comunque mi dispiace aver rovinato i tuoi piani- aggiunse poi, senza allontanare lo sguardo dal ragazzo.

Al sospirò per poi muovere i pochi passi che lo separavano da uno dei divani nella stanza e lasciarvisi cadere a peso morto.

Lentamente  e ad occhi chiusi, reclinò la testa all’indietro su uno dei braccioli, il braccio destro allungato lungo la spalliera del divano e sembrò dimenticarsi di tutto ciò che lo circondava.

Michelle sospirò e con cautela si alzò dal tavolo, avvicinandosi lentamente al divano.

-Sei ubriaco- constatò senza nascondere la propria delusione.

Albus annuì con un movimento estremamente lento, continuando a tenere gli occhi chiusi.

-Ottima osservazione Miss Malfoy- commentò.

La fronte di Michelle si corrugò all’istante sentendo  quel soprannome: Albus era solito chiamarla Miss Malfoy soltanto durante gli occasionali litigi quando le loro opinioni erano diametralmente opposte, oppure quando aveva bisogno di sfogare la propria frustrazione.

-Era davvero necessario? Bere fino ad ubriacarsi?- gli chiese ancora lei, ignorando il suo atteggiamento di chiusura nei suoi confronti.

-C’è un altro motivo per partecipare ad una festa?- le domandò a sua volta il moro in tono annoiato.

Michelle alzò le spalle, consapevole che l’altro non avrebbe notato il suo gesto.

-Fare amicizia? Cercare di divertirsi?- elencò Michelle.

L’unica risposta alle sue parole fu una risata ironica che scappò dalle labbra dischiuse di Al.

Sentendo montare la frustrazione, la bionda sospirò.

-Al… Va tutto bene?-gli domandò scegliendo un altro approccio, sperando così di convincere Albus a confidarsi con lei.

Una nuova risata amara arrivò alle sue orecchie, accompagnata da un’espressione sarcastica che distorse i muscoli facciali del ragazzo che, per tutta la durata del loro breve colloquio aveva continuato a tenere gli occhi chiusi.

-Una meraviglia.

Non potrebbe andare meglio- commentò in tono sarcastico.

-Perché allora non ti credo?-gli domandò ancora Michelle.

Albus aggrottò la fronte prima di aprire gli occhi e, con un movimento lento, sollevare la testa per incontrare lo sguardo della ragazza.

-Questo non è un problema mio- ribatté noncurante.

Fu il tono più delle parole a ferire Michelle: in tanti anni di amicizia, Albus non era mai stato così distaccato nei suoi confronti.

-Non trovi nulla di strano nelle tue parole?- disse, ora più che mai decisa a non lasciar cadere l’argomento.

Il ragazzo scosse la testa lentamente, come se ogni movimento gli costasse un enorme fatica,gli occhi svuotati di qualsiasi emozione.

-No…- disse prolungando la durata della vocale. –Ma sono sicuro che stai per dirmelo-aggiunse.

Michelle sospirò frustrata, mentre una mano nervosa allontanava ciocche di capelli dal viso, desiderosa di avvicinarsi all’amico ma consapevole che al momento ogni suo gesto d’affetto sarebbe stato rifiutato.

-Da quando vai alle feste?

Ti conosco da sempre e non hai mai mostrato il minimo interesse nei party pieni di gente; ora invece sei diventato l’anima delle feste, non te ne perdi uno…- gli disse Michelle cercando di non lasciar trasparire la propria preoccupazione.

-Da quando andare alle feste è diventato un crimine?- la interruppe Al continuando ad osservarla con un’espressione impenetrabile sul volto.

-Non è un crimine, a meno che non comprometta i tuoi studi.

Torni ubriaco quasi tutte le sere, hai messo da parte lo studio e arrivi tardi a lezione.

Hai anche litigato con il professore di Pozioni…

Credi di poter continuare a lungo in questo modo?-gli domandò la ragazza seriamente preoccupata.

Albus si lasciò andare ad un gemito di frustrazione, gettando la testa indietro per qualche istante prima di riportare lo sguardo sul volto di Michelle.

-Chi sei, mia madre?- le domandò con una punta di cattiveria nella voce.

Michelle lo fissò incredula per qualche secondo prima di scuotere la testa.

-Certo che no! Sai bene quanto me che tua madre sarebbe più dura di me in questa situazione- gli fece notare atteggiando il volto in un’espressione dura per proteggersi al tono di Albus. – Io sto soltanto cercando di capire cosa ti è successo…-

-Beh risparmiati la fatica!

Non è successo nulla. Te l’ho già detto: sto bene, anzi sto magnificamente.

Quindi smettila di farmi la morale e lasciami in pace!-la interruppe Albus, alzandosi in piedi.

Michelle lo osservò barcollare per qualche secondo prima di ritrovare il proprio equilibrio e muovere un paio di passi verso le scale che lo avrebbero portato verso il dormitorio maschile.

Decisa a non lasciar cadere l’argomento finché non avesse ottenuto una risposta concreta, Michelle si mosse velocemente per fermarsi di fronte ad Albus e lo bloccò, una mano all’altezza del petto.

-No!

Non ti lascio in pace, fino a quando non mi avrai detto che diamine ti sta succedendo!

Perché ti stai comportando così? E’ colpa di James?-chiese, sparando a raffica le proprie domande.

Notò immediatamente il cambiamento che avvenne sul volto di Albus al sentire il nome del fratello e capì che ancora una volta il maggiore dei fratelli Potter era la causa di tutti i problemi.

Cosa aveva fatto questa volta per provocare una reazione simile in Albus?

-E’ colpa sua, non è vero?- gli domandò con voce leggermente più sicura. -Cosa vi siete detti? Lo sai che qualsiasi cosa sia successa, insieme possiamo risolverla come abbiamo sempre fatto…- aggiunse cercando di riportare l’amico alla ragione e, allo stesso tempo, di convincerlo a confidarsi con lei.

Albus, però, le aveva voltato le spalle, il corpo  irrigidito e teso, le dita di entrambe le mani affondate tra i capelli spettinati.

Michelle restò in silenzio per qualche istante, in attesa di una risposta da parte del ragazzo: era disposta a tutto pur di aiutare l’amico, ma ora toccava ad Albus fare il primo passo per farle capire se le sue supposizioni era giuste.

Ma quando Albus tornò a voltarsi verso di lei, le bastò osservare il suo volto per capire che il ragazzo non le avrebbe reso le cose facili: il viso di Albus era atteggiato in un’espressione di sfida, le labbra tese in un sorriso sarcastico e a tratti cattivo, ma ciò che la spaventò veramente fu vedere che lo sguardo vuoto che le aveva rivolto fino a quel momento era diventato freddo, quasi impenetrabile.

In tanti anni di amicizia, Albus non le aveva mai rivolto uno sguardo del genere e Michelle si chiese per l’ennesima volta cosa avesse scatenato quel comportamento e cosa Al fosse disposto a sacrificare per proteggere quel segreto.

Quando Albus mosse un passo nella sua direzione, in un atteggiamento quasi minaccioso, per la prima volta, Michelle si scoprì ad aver paura del suo migliore amico.

-Ora capisco.

Tutta questa preoccupazione nei miei confronti, questo tuo atteggiamento da crocerossina serve soltanto a placare il tuo ego ferito.

Povera Miss Malfoy… Deve essere davvero noiosa la tua vita se hai bisogno di vivere la tua adolescenza attraverso i miei problemi-

A quelle parole, Michelle spalancò gli occhi, colta totalmente di sorpresa.

Prima che potesse controbattere, però, Albus ricominciò a parlare.

-Dimmi una cosa: cos’ è che ti da più fastidio?

Il fatto che io mi diverta o che abbia scelto di frequentare altre persone?-le domandò senza mai perdere la punta di cattiveria nella voce.

-Essere ubriaco tutte le sere per te è sinonimo di divertimento?- le chiese Michelle.

-Come decido di vivere la mia vita non è affar tuo.

Potrei decidere di fare molto peggio e tu non avresti voce in capitolo-ribatté il moro.

-Col cavolo! Se stai mandando tutto il tuo futuro a puttane è mio dovere fare qualcosa per impedirtelo e non per placare il mio ego ferito come hai insinuato poco fa, ma perché sono preoccupata per te-replicò in tono fermo Michelle.

Albus mosse un passo barcollante verso di lei, il viso quasi stravolto da un espressione minacciosa.

-Te lo ripeto ancora una volta: tu non sei mia madre.

Il fatto che ti abbia reso partecipe della mia vita fino a questo momento non ti da il diritto di ficcare il naso in questioni che non ti riguardano- le disse in tono sibillino.

Michelle lo fissò incredula, cercando di nascondere quanto quelle parole l’avessero ferita.

-Mi hai reso partecipe della tua vita?-

Albus sospirò, passandosi una mano tra i capelli spettinati.

-Quindi secondo la tua logica bacata lo nostra amicizia si basa sul fatto che io ti ho dato il tormento tutti questi anni e tu mi hai gentilmente concesso di prendere parte alla tua vita?

E’ questo che pensi? Quindi tutto quello che abbiamo vissuto insieme non ha nessun valore per te?- lo incalzò la ragazza.

-Non capisco perché la stai facendo tanto tragica-si limitò a commentare Albus, rivolgendole lo stesso sguardo freddo con cui l’aveva fissata tutta la sera.

Piena di rabbia, Michelle annullò la distanza tra loro e, posando entrambe le mani sul petto del ragazzo gli diede una spinta quasi sperando di scuoterlo e di farlo tornare in sé con quel gesto.

Albus vacillò leggermente, ma riuscì fortunatamente a ritrovare il proprio equilibrio e a rimanere in piedi.

-Ti rendi conto di quello che stai facendo? Stai gettando merda sulla nostra amicizia soltanto perché hai paura di dirmi cosa ti sta succedendo- lo rimproverò, alzando leggermente la voce incurante della possibilità che qualcun altro potesse sentirla.

Il moro la fissò per qualche istante prima di alzare le spalle in un gesto noncurante.

-Non tutte le amicizie sono destinate a durare per sempre ed è evidente che la nostra è arrivata al capolinea.

Inoltre è chiaro quello che sta succedendo qui…- aggiunse Al.

-Davvero?- lo interruppe Michelle, la voce rotta dal pianto.

Albus annuì lentamente.

-Tu vedi in me il ragazzino disagiato, con una famiglia particolare, che ero un tempo; vorresti che fossi ancora l’idiota di un anno fa in modo da poterlo plasmare secondo i tuoi desideri…

In fondo sei la figlia di tua madre-commentò.

-Questo cosa vorrebbe dire?-

Al sospirò.

-Possibile che devo spiegarti sempre tutto?

Sarai anche la copia di tuo padre, ma resti sempre la figlia di Hermione Granger, la più grande maniaca del controllo che abbia mai attraversato questi corridoi.

Sarebbe davvero una grande conquista per te prendere il figlio complessato di Harry Potter e trasformarlo in un esempio vivente di stabilità e perfezione.

Un trofeo per mostrare le tue manie di controllo che, ammettiamolo, alle volte rasentano quelle di tua madre.

-Peccato che il sottoscritto ti abbia reso le cose ancora più difficili, decidendo di ribellarsi al tuo piano, preferendo la compagnia di altre persone e scegliendo di sfruttare a pieno la propria adolescenza.

Deve essere stato un vero colpo per te… Come ci si sente a non avere tutto sotto controllo?- le domandò velenoso.

Anche volendo, Michelle non avrebbe potuto rispondere alla domanda del moro.

Era impietrita, sconvolta dalle parole di Albus, allibita di fronte alla sicurezza delle sue argomentazioni e della noncuranza con cui l’amico di sempre aveva deciso di ferirla.

Il moro affondò le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa e alzò nuovamente le spalle, senza mai allontanare lo sguardo dal volto di Michelle.

-Quindi ora che abbiamo chiarito tutto e abbiamo deciso che è meglio andare ognuno per la propria strada, cosa vogliamo fare per sancire la fine della nostra amicizia?

Ti proporrei un brindisi in ricordo dei bei momenti passati insieme, ma non mi sembri molto propensa ad accettare la mia proposta.

Vogliamo abbracciarci un’ultima volta in ricordo dei vecchi tempi oppure ci limitiamo ad una stretta di mano prima che tu scappi via in lacrime?- le domandò infine Al incurante dell’effetto che le sue parole avevano sull’amica di sempre.

Cercando di controllare il tremito del labbro inferiore che preannunciava le lacrime, Michelle prese un respiro profondo e rivolse uno sguardo duro ad Albus, muovendo un passo verso di lui.

-Hai ragione.

Tra poco me ne tornerò in lacrime al dormitorio, ma una cosa prima di andarmene devo dirtela: non ti credo.

Non credo ad una sola parola di quello che mi hai appena detto… ma mi hai ferito.

Hai giocato sulle mie insicurezze per farmi quanto più male possibile e questo non te lo perdono.

Niente mi toglierà dalla testa che sia tutta colpa di James: cosa ti ha detto? Sei davvero disposto a rovinarti gli studi e a rinunciare alla nostra amicizia pur di non rivelarmi il grande segreto che ti sta divorando?

Spero per te che ne valga veramente la pena perché quando tutto sarà finito ti ritroverai da solo. Potrei passare ore qui davanti a te cercando di convincerti del contrario, ma tu resterai sempre convinto che la solitudine è quello che ti meriti in questo momento e sai qual è la cosa triste?

Ora, dopo tutte le cattiverie che mi hai detto, anche io la penso allo stesso modo- gli disse con voce rotta dal pianto, incurante delle lacrime che avevano iniziato a bagnarle le guance.

Senza allontanare lo sguardo dal volto di Albus mosse due passi all’indietro.

-Hai ottenuto quello che volevi… Spero tu sia soddisfatto!- aggiunse prima di voltarsi e dirigersi a passi veloci verso il dormitorio.

Non tutte le amicizie sono destinate a durare per sempre.

Stupidamente Michelle aveva creduto che l’amicizia tra lei ed Albus sarebbe stata una di quelle capaci di resistere al passare del tempo, ma le parole del ragazzo avevano creato una spaccatura tra loro e, anche se un domani fossero riusciti a ricostruire il rapporto di un tempo, Michelle era consapevole che niente sarebbe più stato come prima.

Quella sola consapevolezza la lasciava senza fiato: quella sera, senza rendersene conto, Albus si era portato via una parte di lei,  aveva annientato con poche parole la ragazza “ingenua” che credeva nell’amicizia e per questo, Michelle non lo avrebbe mai perdonato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** If you ain't gonna love yourself, how the hell you gonna love somebody else? ***


chap 5

 

"I was choking in the crowd
Building my rain up in the cloud
Falling like ashes to the ground
Hoping my feelings, they would drown
But they never did, ever lived, ebbing and flowing
Inhibited, limited
'Til it broke up and it rained down
It rained down, like
(Pain, pain) "

"You know life is cruel, life is never kind "

 

Nel giorno del suo quarantacinquesimo compleanno, Ginevra Weasley si svegliò come tutte le mattine alle sette in punto al suono della sveglia.

Malgrado fosse un sabato mattina e avrebbe potuto concedersi qualche ora di sonno in più, l’abitudine acquisita in anni di alzatacce per occuparsi dei figli la portò a resettare la sveglia con gesti meccanici e ad aprire lentamente gli occhi.

Ancora avvolta dalle coperte e lo sguardo fisso sul soffitto, Ginny ascoltò il rumore delle gocce di pioggia sulla finestra, il suono lontano della doccia e si ritrovò a riflettere sull’importanza di quel giorno.

Era il suo quarantesimo compleanno.

Molte donne, una volta raggiunto quel traguardo entravano in crisi spaventate dall’idea che i loro anni più belli fossero ormai alle spalle, certe che da quel momento in poi la loro vita sarebbe stata un lento e noioso tran tran di giorni sempre uguali accompagnato da un inesorabile disfacimento fisico.

Ginevra ricordava ancora il lieve attacco isterico che aveva colto Pansy l’anno precedente, causato principalmente dalla paura di invecchiare e dal terrore di non essere più attraente agli occhi del marito.

Nonostante le rassicurazioni delle amiche, Pansy aveva seriamente considerato l’idea di rivolgersi alla chirurgia plastica e alla fine aveva accantonato quell’idea soltanto grazie all’intervento di Theo, che ripetutamente e pazientemente le aveva spiegato quanto la chirurgia estetica fosse superflua nel suo caso.

Dal canto suo Ginny si scoprì tranquilla: era un semplice compleanno, come ce ne erano stati tanti altri.

Alla fine di quella giornata, la sua vita sarebbe continuata come al solito, senza cambiamenti eclatanti ed era proprio quella certezza a renderla serena.

Da ormai quattordici anni, la sua vita era esattamente come l’aveva desiderata da ragazza: era in pace con se stessa, aveva un lavoro appagante, una famiglia di cui era orgogliosa e che amava con tutta se stessa e soprattutto aveva un compagno di cui era innamorata come se fosse il primo giorno.

Ginny allontanò le coperte e prese velocemente la vestaglia, cercando di combattere il freddo che inevitabilmente s’insinuava nella stanza durante i giorni di pioggia; dopodiché si avviò a piedi nudi verso il corridoio e da lì scese le scale che l’avrebbero portata al piano di sotto.

Aveva bisogno di una tazza di tea per iniziare la giornata.

L’assenza di rumori dal bagno le fece capire che Blaise aveva terminato la doccia e ora era intento a radersi, quindi le restavano cinque minuti di completa solitudine prima che l’uomo scendesse a sua volta in cucina alla ricerca di un caffè.

All’inizio della sua relazione con Blaise, Ginny era la più cauta tra i due: il suo matrimonio con Harry era terminato in modo disastroso, la sua totale attenzione era rivolta verso James e Albus, e l’amore era l’ultimo dei suoi pensieri.

Eppure si era innamorata di Blaise senza neanche accorgersene.

Quella che era iniziata come una semplice amicizia, si era trasformata velocemente in qualcos’altro, in un inspiegabile bisogno che aveva portato entrambi a cercare la compagnia dell’altro adducendo i motivi più futili e che li aveva messi più volte in situazioni imbarazzanti.

Quando alla fine, i due avevano accettato i sentimenti che nutrivano l’uno per l’altro né lei né Blaise si erano più voltati indietro: erano diventati inseparabili fin dal loro primo bacio, nonostante la situazione all’epoca non fosse facile.

Nonostante i numerosi litighi che li videro protagonisti in quel periodo, lei e Blaise erano riusciti a costruire le basi per quella che in seguito sarebbe diventata la loro famiglia.

Ginny era consapevole che molti nella comunità magica erano rimasti scandalizzati quando lei e Blaise avevano iniziato la loro relazione, incapaci di trovare un significato a quell’unione, sconvolti dall’idea che la piccola Weasley avesse abbandonato il marito, proprio nel momento in cui questi era in difficoltà, per un Serpeverde.

Probabilmente, anche a distanza di tanti anni e una figlia, c’era ancora qualcuno nel mondo magico che storceva il naso a vederli insieme.

Eppure cosa c’era di così difficile da capire?

Possibile che una cosa così evidente come l’amore tra lei e Blaise dovesse essere ancora soggetto a pregiudizi e commenti maligni nonostante il passare degli anni?

Dal canto suo, Ginevra era consapevole di essere una donna molto fortunata: Blaise era un dono inaspettato che era comparso nella sua vita nel momento in cui ne aveva più bisogno ed era stato grazie a lui se aveva combattuto con le  unghie e con i denti contro Harry e se non si era sottomessa al volere della sua famiglia che le chiedeva di dimenticare tutto e tornare con suo marito.

L’amore di Blaise l’aveva resa coraggiosa e soprattutto le aveva mostrato quanto della sua personalità era stata sacrificata durante gli anni del suo matrimonio con il grande Harry Potter.

Ginny non rimpiangeva il matrimonio con Harry; molte donne al suo posto avrebbero rinnegato quella parte del suo passato, soprattutto dopo il processo e l’infamia che aveva colpito Harry, ma gli anni vissuti con Harry erano una parte di lei, l’avevano aiutata a diventare ciò che era e a capire quali errori non avrebbe più dovuto commettere in futuro e soprattutto le aveva donato due grandi regali: James e Albus.

I suoi figli erano l’unica cosa positiva nata dal matrimonio con Harry.

Il rumore dei passi pesanti sulle scale riportò Ginny al presente e la fece voltare verso la porta della cucina in tempo per veder comparire Blaise sulla soglia.

L’uomo, con indosso una t-shirt grigia e i pantaloni del pigiama, entrò in cucina e incontrando il suo sguardo, le rivolse un sorriso radioso.

-Buon compleanno love!- le disse fermandosi di fronte a Ginny e allacciando un braccio attorno alla vita della donna.

Ginevra sorrise e si lasciò attirare contro il corpo del compagno, alzando leggermente il viso per incontrare le labbra di Blaise.

L’uomo posò una mano sulla guancia sinistra di Ginny e la baciò più volte dolcemente; cercando di diminuire la distanza tra loro, Ginevra si alzò sulla punta dei piedi e allacciò un braccio attorno al collo dell’uomo, sfiorandogli la base del cranio con la punta delle dita.

Quando le loro labbra si separarono, Blaise continuò a tenerla stretta, indugiando con lo sguardo sul volto di Ginevra; sotto la sua ispezione, la donna restò immobile prima di scoccargli un sorriso ironico.

-Che ne pensi? Sono ancora passabile nonostante la mia veneranda età?- scherzò lei.

Blaise rise divertito.

-Love, devi smetterla di passare del tempo con Pansy… Ti mette in testa strane idee- commentò ironico.

Ginny ridacchiò e poggiò la fronte sul torace dell’uomo; l’attimo dopo Blaise chinò il volto verso di lei, finché le sue labbra non sfiorarono l’orecchio sinistro di Ginny.

-Comunque, per quanto mi riguarda tu, sarai sexy anche a sessant’anni-mormorò.

Ginny accennò un sorriso e mosse leggermente il volto sul torace di Blaise per osservare il suo volto e quando incontrò lo sguardo dell’uomo questi si limitò ad annuire, come se quel piccolo gesto bastasse a reiterare le sue parole.

-Un giorno ti ricorderò queste parole-gli disse con un tono velatamente minaccioso.

Blaise sorrise malizioso e avvicinò le labbra a quelle della rossa e la baciò ancora una volta.

-Caffè?- gli domandò poi, una volta sciolto il loro abbraccio.

Blaise annuì.

-Non dovrei essere io a prepararti la colazione?-le domandò con un’espressione divertita sul volto.

-E’ una tazza di caffè, non una colazione completa con pancetta e uova strapazzate- gli fece notare la rossa, voltandogli le spalle e versando il caffè nella tazza preferita di Baie.

-Bene, perché avevo pensato di portarti fuori per colazione-le disse l’uomo, cogliendola di sorpresa.

Ginny gli porse la tazza di caffè e alzò un sopracciglio, leggermente sorpresa.

Il sabato era il giorno che preferivano entrambi. Quando i ragazzi erano a Hogwarts, la coppia passava gran parte della giornata insieme, intenti in attività banali quali leggere il giornale o fare la spesa, ma entrambi bisognosi della vicinanza dell’altro dopo una lunga settimana lavorativa.

-Festeggiamo qualcosa?-gli domandò ironica sedendosi di fronte a lui, la propria tazza stretta tra le mani.

Blaise sorrise a sua volta e alzò le spalle prima di bere il primo sorso dalla sua tazza di caffè.

-Forse- rispose sibillino. –Allora, che programmi hai per oggi?-le domandò cambiando discorso.

Ginny sospirò e abbassò per qualche istante lo sguardo sulle proprie mani.

-Non ne ho la più pallida idea, anzi speravo di riuscire a carpire qualche informazione da te. Come il solito, Pansy ha deciso di occuparsi di tutta l’organizzazione, senza dirmi nulla per non rovinare la sorpresa, ma ora ho il terrore che abbia esagerato come il solito.

Ti prego, dimmi che sai qualcosa…- gli disse con uno sguardo implorante.

Questa volta Blaise rise divertito, scuotendo leggermente la testa.

-Mi dispiace love, ma ho promesso a Pansy che avrei mantenuto il segreto e sai bene che la mia vita sarebbe in pericolo che decidessi di fare la spia-commentò ironico.

Ginny si lasciò scappare un gemito frustrato e scosse la testa sconsolata.

-Questo compleanno si sta rivelando più stressante degli altri- commentò leggermente seccata.

Blaise allungò un braccio e strinse la mano di Ginny più vicina a se, intrecciando le dita a quelle della donna.

-Potremmo sempre inventare una scusa ed evitare la festa-le propose con un sorriso malandrino.

Ginny sorrise a sua volta mentre un’espressione fintamente pensierosa si dipingeva sul suo volto.

-Fammi pensare… Non è per niente una cattiva idea, ma sono certa che Pansy si presenterebbe qui e ci trascinerebbe alla festa- commentò la rossa.

Blaise sospirò.

-Purtroppo hai ragione-rispose con la stessa aria afflitta della compagna.

L’espressione sul volto dell’uomo strappò una risatina a Ginny, cancellando la preoccupazione per la festa a sorpresa di quella sera e riportando ogni cosa sotto la giusta prospettiva: conosceva Pansy da anni, sapeva quanto la donna fosse maniacale quando si trattava di organizzare un evento e come ogni festa si rivelasse sempre un grande successo, quindi non aveva nulla da preoccuparsi.

Inoltre, essendo completamente sincera con se stessa, Ginevra si scoprì colpita e felice del gesto dell’amica e dell’affetto che ancora adesso, dopo tanti anni, la legava alla Serpeverde.

Scegliendo di condividere la sua vita con Blaise aveva rinunciato alla propria famiglia e alle vecchie amicizie ma, una volta fatta la sua scelta, oltre all’amore di Blaise aveva guadagnato delle nuove sorelle, ovvero Hermione Pansy e Daphne, che le erano state accanto nei momenti difficili e che le avevano mostrato il vero significato dell’amicizia tra donne.

-Questa giornata è irrimediabilmente rovinata- commentò infine Ginny, in tono ironico.

Blaise accennò un sorriso per poi tornare serio l’attimo dopo.

-Forse c’è un modo per renderla migliore - disse serio, lo sguardo fisso sulla propria tazza di caffè.

Ginny corrugò leggermente la fronte dinanzi a quel cambiamento improvviso.

-Davvero? Hai deciso di nascondermi in un posto lontano?-domandò ironica. –A essere sincera l’idea di trovarmi su un’isola deserta con te, in completa solitudine è il mio regalo di compleanno ideale-aggiunse.

Un lampo malizioso apparve negli occhi di Blaise, seguito l’attimo dopo da un sorriso malandrino, prima che l’uomo scuotesse il capo in segno di diniego.

-Mi dispiace infrangere i tuoi sogni, ma non si tratta di questo-

Blaise liberò la mano dalla stretta di Ginny e per alcuni istanti si limitò a fissarla in silenzio.

La donna ricambiò lo sguardo perplessa, aggrottando leggermente la fronte.

-C’è qualcosa che non va?-gli domandò cercando di non lasciar trasparire dal tono di voce la preoccupazione per lo strano comportamento del compagno.

Blaise scosse la testa per poi lasciarsi andare a un sospiro frustrato, strofinandosi il volto con la mano sinistra.

-No love, va tutto bene…- la rassicurò Blaise. -Ok, avevo preparato tutto un discorso, ma in questo momento il mio cervello è completamente vuoto.

Quindi te lo dirò senza giri di parole-aggiunse in modo confuso.

Ginny annuì, incapace di liberarsi dell’ansia.

Blaise prese velocemente un sorso di caffè, quasi avesse bisogno di coraggio liquido, si alzò in piedi e restò per qualche istante immobile e in silenzio, lo sguardo fisso su Ginevra.

La donna lo seguì con lo sguardo, seguendo attentamente ogni sua mossa: colse il movimento nervoso delle mani grandi dell’uomo, vide il torace di Blaise espandersi sotto un respiro profondo e infine notò l’espressione determinata che comparve sul volto del compagno prima che questi dischiudesse le labbra, pronto a parlare.

-Mi vuoi sposare?-

La cucina cadde nel completo silenzio. Entrambi immobili, uno di fronte all’altro, Ginevra e Blaise si fissavano incapaci di superare quel momento si stallo.

Dopo i primi dieci secondi di silenzio, Blaise iniziò a pentirsi della sua proposta, spaventato di aver rovinato qualcosa di per sé già perfetto per un capriccio; la sua mente solitamente così analitica, in quei brevi istanti di silenzio, iniziò a mostragli scenari apocalittici di un futuro senza Ginny e i ragazzi, scene di una famiglia distrutta per colpa di una stupida domanda.

Dal canto suo, Ginevra era sbalordita.

Tutto si era aspettata, tranne quella dichiarazione inaspettata: dopo quindici anni di vita insieme e una figlia, Ginny considerava Blaise suo marito a tutti gli effetti, più di quanto lo fosse mai stato Harry.

Aveva dimenticato che in tutti quegli anni non avevano mai regolato la loro unione: agli inizi della loro convivenza avevano deciso di aspettare per far si che Albus e James si adattassero alla presenza di Blaise nella loro vita, subito dopo Ginny era rimasta incinta di Ruby e pertanto avevano deciso di rimandare ulteriormente il matrimonio.

Gli anni erano passati senza che se ne accorgessero, impegnati con i loro figli e il lavoro e ora, alla tenera età di quarantacinque e quarantasei anni, Blaise la sorprendeva con quella proposta.

Osservando attentamente l’uomo di fronte a sé, la tensione dei suoi muscoli e l’aria terrorizzata sul suo volto, Ginevra sorrise dolcemente.

Credeva veramente che gli avrebbe risposto di no?

-Togliti quell’aria spaventata dalla faccia e chiedimelo come si deve- gli disse cogliendolo di sorpresa.

Blaise la fissò qualche istante, poco sicuro di aver capito il senso delle parole della compagna.

Ginny alzò gli occhi al cielo, si avvicinò a Blaise e gli prese una mano.

-Forza, cerca di ricordare il discorso che avevi preparato.

Non posso certo raccontare a nostra figlia che eri terrorizzato quando mi hai chiesto di sposarti-gli disse, un sorriso dolce sulle labbra.

Grazie a queste parole, Blaise riprese a respirare normalmente, libero dall’ansia che lo aveva paralizzato fino a pochi attimi fa.

Prese entrambe le mani della rossa tra le sue, Blaise si schiarì la gola e affondò lo sguardo in quello di Ginevra.

-Quando ti ho visto per la prima volta, non avrei mai immaginato che saresti diventata la persona più importante della mia vita.

Sai meglio di me quanto fossi sbandato in quel periodo… Eppure in poco tempo ho iniziato a organizzare la mia giornata attorno alle poche ore che passavamo insieme ogni giorno.

Non vedevo l’ora di tornare a casa per vederti-le confessò leggermente imbarazzato.

A quelle parole, Ginevra gli rivolse un sorriso allo stesso tempo dolce e imbarazzato.

- Dopo l’esperienza con Daphne credevo di non poter più amare nessun’altra donna, ma mi sbagliavo: fin dalla prima sera in cui ci siamo trovati a parlare, ho capito che eri diversa e che avrei fatto di tutto, anche essere semplicemente tuo amico, pur di starti accanto.

 -Ne abbiamo passate tante insieme e, anche se non ne abbiamo mai parlato, so che hai dovuto rinunciare a molte cose per stare con me…- continuò Blaise.

-Blaise…-lo interruppe la donna.

L’uomo scosse la testa.

-E’ la verità love. Per stare con me hai perso la tua famiglia e non potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi scelto, anche se all’epoca non avevi alcuna certezza su di noi o sul nostro futuro- le disse sincero.

Ginny premette le labbra una contro l’altra cercando di controllare le proprie emozioni, lo sguardo sempre fisso in quello del compagno.

- Te l’ho già detto che sei l’amore della mia vita?-ripete con un sorriso accennato sulle labbra. -Non ho mai amato nessuno come te e proprio perché sono terrorizzato dalla possibilità che tu un giorno sparisca dalla mia vita, dopo aver preso coscienza del grande errore commesso in tutti questi anni, ho pensato che fosse venuto il momento di rendere ufficiale la nostra unione.

Che ne dici, ti andrebbe di firmare un documento che attesta che siamo fatti l’uno per l’altra e che non vediamo l’ora di passare il resto della vita insieme?-le domandò infine, finendo il discorso.

Una lieve risata accompagnò la caduta di una lacrima solitaria lungo la guancia destra di Ginny, terribilmente colpita da quelle parole.

Era una dichiarazione anticonvenzionale, proprio come loro, e forse per questa ragione Ginevra la trovò perfetta.

Sentendo scendere altre lacrime sulle guance, Ginny annuì.

Gli occhi di Blaise si spalancarono e per un breve istante l’uomo non seppe cosa dire o fare.

-Era un sì quello?-le domandò infine.

Ginny ridacchiò nuovamente prima di allacciare un braccio attorno alla vita del compagno.

-Credi veramente che potrei rifiutare di sposarti dopo una proposta del genere?-gli domandò, la voce leggermente rotta dall’emozione.

Il volto di Blaise s’illuminò in un sorriso radioso prima che l’uomo attirasse a sé Ginny, una mano posata su una guancia rigata dalle lacrime.

-Allora mi sposi?-le chiese ancora poggiando la fronte contro quella della donna, scoprendosi bisognoso di una nuova rassicurazione.

Ginny rise e imitò la sua postura, posando entrambe le mani sul volto di Blaise.

-Certo che ti sposo stupido!-

Stretta nell’abbraccio di Blaise, la testa poggiata contro la sua spalla sinistra, Ginny si ritrovò a pensare che finora avere quarantacinque anni non era poi così terribile e, soprattutto, che avrebbe ricordato quel compleanno per tutta la vita.

 

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Seduto all’ombra di un albero in uno dei giardini di Hogwarts, un foglio di pergamena bianco posato sulle ginocchia, Richard osservò la figura in lontananza vestita con i colori di Serpeverde.

Per una ragione che non era mai riuscito a spiegare neanche a se stesso, il suo corpo sembrava captare la presenza di Albus ogni volta che i due si trovavano nella stessa stanza o a distanza ravvicinata.

Anche in quell’occasione, il Grifondoro mosse lo sguardo attorno a se e lo individuò facilmente circondato da un piccolo gruppo di ragazzi della Casa di Serpeverde, presi da una rumorosa conversazione che aveva già attirato gli sguardi di alcuni studenti attorno a loro.

Osservando quello che riusciva a intravedere del volto di Al e il suo atteggiamento, Richard si scoprì preoccupato per l’amico: erano passate due settimane dall’ultima volta che lui e Albus si erano trovati a faccia a faccia, durante quel colloquio tra Al e James che era degenerato velocemente.

Richard si era lasciato convincere da James ad accompagnarlo, nel caso si fossero presentati dei momenti di tensione tra i due fratelli, ma quando la conversazione aveva assunto toni più accesi, Richard si era scoperto incapace di prendere una posizione o semplicemente di intervenire.

Quando aveva riflettuto con calma sugli eventi, nella tranquillità del suo dormitorio, il ragazzo aveva dovuto ammettere con se stesso che in quel momento si era bloccato perché si era scoperto d’accordo con Albus: perché James continuava a rincorrere un fantasma precludendosi la possibilità di un rapporto affettuoso o almeno amichevole con Blaise Zabini?

Perché incaponirsi sulla ricerca della verità, quando ormai sembrava evidente che questa non avrebbe portato nulla di buono e avrebbe finito per ferire James più di quanto non avessero fatto anni di abbandono?

Eppure il suo comportamento in quel momento si era rivelato sbagliato anche nei confronti di Albus perché, agli occhi del Serpeverde, il suo silenzio era apparso come una presa di posizione in favore di James.

Con il suo atteggiamento, Richard aveva rinnegato anni di amicizia, o almeno questo doveva aver pensato Albus, visto il suo comportamento nelle ultime due settimane: da quella sera, Albus aveva iniziato a evitarlo, negandogli gli saluto, cambiando strada ogni volta che poteva o, se questo si rivelava impossibile, ignorandolo completamente, anche se si trovavano a pochi centimetri di distanza.

Il cambiamento repentino nei suoi confronti lo aveva spiazzato e confuso ma Richard era riuscito a giustificarlo con un orgoglio ferito, ma ciò che lo preoccupava era l’atteggiamento che Albus aveva assunto anche nei confronti di Michelle Malfoy.

Nelle ultime settimane Al aveva iniziato a staccarsi dalla ragazza, con cui aveva avuto un rapporto simbiotico fin dal loro arrivo ad Hogwarts e quasi certamente anche durante la loro infanzia, preferendo la compagnia di un nuovo gruppo di amici.

Erano proprio quelle amicizie a preoccupare maggiormente Richard; il Grifondoro avrebbe anche accettato di essere messo da parte per nuovi amici degni di Albus, ma il ragazzo aveva scelto i peggiori elementi della Casa di Serpeverde.

Ogni Casa a Hogwarts aveva i suoi soggetti difficili ma in molti casi si trattava di studenti scansafatiche o fanfaroni capaci di superare gli esami di fine anno soltanto grazie all’aiuto di studenti più dotati.

I Serpeverde, erano un caso a parte: le feste dei Verde- Argento erano rinomate per la dissolutezza e per l’alcool che era consumato senza alcun controllo e fin dal secondo anno c’erano sempre degli studenti che concentravano i loro sforzi nelle Pozioni Stupefacenti, la versione magica delle droghe babbane.

Il libro che conteneva le istruzioni per la preparazione di quegli Incantesimi era passato di generazione in generazione e gelosamente custodito dagli studenti consapevoli che se le loro attività fossero state scoperte in molti avrebbero rischiato l’espulsione.

Nelle ultime due settimane, Richard aveva visto Al insieme a quei ragazzi quasi ogni giorno e, ogni volta, qualcosa nel comportamento del ragazzo lo aveva messo in allarme.

C’era qualcosa di diverso nell’amico, qualcosa che lo preoccupava e che, se le circostanze fossero state diverse, lo avrebbero portato a intervenire prima possibile per mettere un freno a quella follia ma Richard era consapevole che se avesse avvicinato Albus per cercare di farlo ragionare, probabilmente l’amico non l’avrebbe neanche lasciato parlare.

Anche lui aveva provato una di quelle Pozioni? Quante volte?

Perché Albus aveva deciso di fare un’esperienza simile? Non si rendeva conto che con quest’atteggiamento sconsiderato rischiava di mettere in pericolo la propria carriera scolastica e il suo futuro?

Richard seguì con lo sguardo la figura di Albus finché questi non divenne un puntino e, soltanto quando lo perse di vista, si lasciò andare a un sospiro frustrato.

Che cosa doveva fare? Parlare con James non sarebbe servito a molto, visto il disinteresse del ragazzo verso il fratello.

Avrebbe potuto parlare con la ragazza Malfoy, ma non nutriva grandi speranze neanche verso di lei, visto com’era stata velocemente messa da parte da Albus per quelle che all’apparenza sembravano delle amicizie più interessanti.

Probabilmente la ragazza era preoccupata quanto e più di lui e scaricarle addosso la sua ansia avrebbe soltanto peggiorato le cose.

L’unica possibilità era parlare direttamente con Albus.

Avrebbe dovuto faticare molto per farsi ascoltare, ma doveva tentare.

Il Grifondoro si passò una mano tra i capelli folti in preda alla frustrazione, prima di strofinarsi il viso con una mano, cercando di rimettere ordine nei suoi pensieri confusi.

Non poteva abbandonare Albus in balia di se stesso. Doveva dimostrargli che c’era un’alternativa, che insieme sarebbero riusciti a trovare una soluzione al problema che lo aveva portato ad avvicinarsi a quel gruppo di debosciati.

Doveva intervenire prima che fosse troppo tardi e soprattutto prima che la situazione degenerasse perché, Richard ne era perfettamente consapevole, una  volta ritornato in sé, Albus non si sarebbe mai perdonato se qualcosa avesse compromesso il futuro che aveva sempre immaginato per se stesso.

Era disposto a fare qualsiasi cosa per aiutarlo: lo doveva alla loro amicizia e ai sentimenti che provava per Albus.

 

 

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Sadie lanciò un’occhiata all’agenda nera abbandonata poco distante da sé su un tavolino della caffetteria in ospedale e, come molte altre volte da quando aveva terminato la lettura del diario, una sensazione di disgusto la assalì.

Quando due settimane prima lo zio Draco aveva consegnato il diario nelle mani di Prudence, la ragazza si era scoperta restia a immergersi nei segreti della madre, spaventata da quello che era scritto fra quelle pagine e in particolar modo dalla possibilità che quei ricordi del passato potessero alterare drasticamente la visione che aveva dei suoi genitori.

Pertanto Prue aveva chiesto a Sadie di leggerlo in sua vece, di fare una prima analisi del contenuto del diario in modo da essere preparata quando anche lei avrebbe finalmente deciso di immergersi nel passato della madre.

Inizialmente Sadie si era dimostrata restia a quell’incarico, adducendo come motivazione al suo rifiuto l’affetto che provava verso gli zii e la paura di non essere un giudice imparziale: era consapevole che tra quelle pagine era conservato non solo il passato dei genitori di Prudence, ma marginalmente anche dei propri genitori e l’idea di intromettersi nelle loro questioni private le faceva storcere il naso.

Alla fine, però, aveva ceduto alla pressione di Prue e fin dalla prima lettura del diario si era pentita di averlo fatto.

Fin dalle prime pagine aveva scoperto il nome del padre di Prudence, un uomo totalmente disinteressato alla figlia che preferiva trascorrere la maggior parte del tempo tra i tavoli da gioco.

Aveva percepito chiaramente il dolore della zia Hermione per quella situazione e come la donna si sentisse intrappolata in un matrimonio infelice, ma da cui non vedeva alcuna via d’uscita.

Lo zio Draco era comparso improvvisamente e aveva salvato entrambe da un’esistenza triste ma Sadie non aveva la minima idea di cosa l’uomo avesse detto o fatto per convincere la donna ad andare via con lui, poiché non c’era il minimo accenno all’argomento in nessuna delle pagine.

Ciò che l’aveva colpita era stato scoprire il timore di sua zia verso i Serpeverde, la paura verso il sentimento che iniziava a provare per lo zio Draco e l’incredulità che la donna provava a ogni gesto d’affetto o attenzione ricevuta dallo zio Draco.

Dalle pagine del diario era evidente il sentimento tra i due eppure Sadie non riusciva a capire perché all’inizio della loro relazione, Hermione fosse così restia a fidarsi o a lasciarsi andare con Draco: l’amore che c’era tra loro era evidente, possibile che la donna non se ne rendesse conto all’epoca? Anni di solitudine e di disinteresse da parte del proprio compagno l’avevano portata a credere di non essere degna d’amore?

Se quelle pagine l’avevano lasciata profondamente confusa, niente l’aveva sconvolta e disgustata come le pagine in cui la zia Hermione parlava del rapimento e della violenza.

Più volte, Sadie aveva pensato di riconsegnare il diario a Prudence e ammettere la propria sconfitta ma consapevole dell’impatto che quelle pagine avrebbero avuto sull’amica incinta, aveva continuato la lettura, baloccandosi brevemente con l’idea di eliminare quelle pagine dall’agenda.

Aveva però accantonato velocemente l’idea perché consapevole che lo zio Draco probabilmente conosceva a memoria il contenuto di quelle pagine e si sarebbe accorto subito della manomissione.

Il diario terminava con la proposta e i preparativi del matrimonio e ogni volta che Sadie riguardava quelle pagine, si scopriva felice per gli zii.

Ora capiva perché Draco aveva dato quel diario a Prudence e soprattutto vedeva i suoi zii sotto una luce diversa: li aveva sempre considerati una coppia noiosa e zuccherosa ma ora li vedeva per ciò che erano realmente.

Draco e Hermione Malfoy erano dei guerrieri usciti più forti e vittoriosi dalle battaglie più difficili della loro vita capaci di trarre il meglio da quella terribile esperienza.

Sadie aveva letto più volte il diario, provando ogni volta le stesse emozioni, trovandosi a ogni lettura indecisa sul da farsi: avrebbe dovuto lasciare che Prudence leggesse il diario nella sua interezza oppure doveva vietarle la lettura di alcune pagine?

Alcuni argomenti erano decisamente scioccanti ma Sadie era certa che soltanto con una visione d’insieme della storia tra i suoi genitori, Prudence avrebbe trovato alcune delle risposte che cercava da tanto tempo.

-Posso?-

Il suono di una voce inaspettata le fece rialzare lo sguardo dall’agenda nera e un sorriso istantaneo distese i muscoli facciali della ragazza quando vide Scott fermo in piedi davanti a sé.

Sadie annuì e lo osservò sedersi accanto a lei.

-Va tutto bene? Avevi un’aria così pensierosa che per un attimo sono stato indeciso se avvicinarmi o no - le confessò posando un piatto dinanzi a sé.

Sadie abbassò lo sguardo per un istante sull’agenda nera, prima di scuotere la testa.

-No, mi fa bene un po’ di compagnia-

-C’è qualcosa che non va?- le chiese ancora Scott leggermente preoccupato.

-Mi trovo in una posizione difficile in questi giorni-ammise Sadie, tornando a fissare il volto dell’uomo.

-Posso fare qualcosa per aiutarti?-le domandò dopo aver ingoiato un boccone del proprio sandwich.

La ragazza alzò le spalle.

-Non lo so… Devo prendere una decisione, ma non so cosa fare-confessò.

Un’espressione incredula apparve sul volto di Scott.

-Questo non è da te! Tra poco vedremo l’esplosione del Sole e l’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse - commentò ironico.

Sadie aggrottò la fronte.

-Sai, vero, che non ho la minima idea di cosa tu stia parlando? Anche se sospetto non sia una cosa positiva, visto che comporta l’esplosione del Sole - ribatté lei.

L’uomo scosse la testa divertito.

-Lascia stare… Comunque immagino che sia colpa di quell’agenda.

Continui a lanciare occhiate malevole a quel libro-aggiunse prima di dare un morso al panino.

-Si nota tanto?-domandò lei sorpresa.

Scott annuì.

-Ormai ti conosco-si limitò a commentare.

In un altro momento Sadie avrebbe risposto al suo commento con una battuta ironica, iniziando una delle schermaglie che ormai erano parte integrante del loro rapporto, ma questa volta si limitò a sospirare frustrata.

-Non so davvero cosa fare-disse nuovamente. –Prudence mi ha chiesto un favore, ma accontentarla si sta rivelando più difficile di quanto mi aspettassi-.

-Puoi sempre tirarti indietro- propose l’uomo.

Sadie scosse la testa, un’espressione sbalordita sul volto.

-Non potrei mai farlo!-

Scott sorrise.

- Tu e la Dr. Malfoy siete molto unite- commentò.

Sadie annuì.

Chiunque le incontrasse anche solo per qualche istante, si rendeva conto del legame che c’era tra loro: si erano conosciute bambine e fin da subito avevano trovato un’anima gemella nell’altra, erano cresciute insieme ed erano state presente in ogni momento importante della vita dell’altra.

-E’ mia sorella-rispose la ragazza, certa che quelle tre parole avrebbero spiegato perfettamente il legame tra lei e Prudence.

Scott la osservò per qualche istante prima di annuire lentamente.

-Allora, cosa c’è in quell’agenda?-le domandò sporgendosi leggermente in avanti sul tavolino.

Sadie restò in silenzio qualche istante, incerta su cosa e quanto rivelare riguardo all’argomento, consapevole allo stesso tempo che senza un parere esterno si sarebbe tormentata a lungo per via dell’indecisione.

-E’ un diario. Della madre di Prudence- iniziò.

-Non è violazione della privacy?-domandò Scott corrugando la fronte.

-In parte-rispose Sadie, dando ragione all’uomo. –C’è scritto tutto quello che è successo durante il primo anno di matrimonio dei suoi genitori.

Le è stato dato da suo padre due settimane fa- spiegò velocemente la ragazza.

-Immagino che te lo abbia dato dopo averlo letto per avere il tuo parere-disse Scott.

Sadie scosse la testa.

-Errore. Lei non l’ha ancora letto; mi ha chiesto di assicurarmi che non ci fosse niente di scabroso in modo da essere pronta quando sarà il suo turno…-.

-A giudicare dalla tua faccia, deve esserci più di un argomento difficile.

Specialmente per una donna incinta-aggiunse lui l’attimo dopo.

Per alcuni istanti, Sadie restò in silenzio lo sguardo attirato ancora una volta dall’agenda nera.

-Prue è una ragazza forte, ma è terribilmente romantica… Lo è sempre stata.

Io sono sempre stata la parte razionale delle due, quella refrattaria ai sentimenti e credimi, alcune delle cose scritte lì dentro ha sconvolto anche me.

Non riesco neanche a immaginare l’effetto che avrà su di lei quello che c’è scritto qui dentro-disse prendendo il diario tra le mani.

Scott accennò un sorriso prima di posare una mano su quella di Sadie che ancora teneva stretto il diario, portando la ragazza a incontrare il suo sguardo.

L’inaspettato contatto con la mano di Scott provocò una reazione altrettanto inattesa: al minimo tocco delle dita dell’uomo, Sadie sentì divampare un fuoco dentro di sé che sfortunatamente trovò sfogo sul suo volto, facendola arrossire come un’adolescente.

-E’ bello che tu ti preoccupi per la Dr. Malfoy, ma non credo che tu possa proteggerla questa volta.

Hai detto che è stato suo padre a darle quel diario, quindi la decisione è già stata presa: lui la conosce meglio di chiunque altro ed era certo che lei sarebbe stata capace di reggere il colpo-le disse.

-Ok, ma non credi sia meglio una mezza verità che non causerà troppi danni rispetto alla completa verità che distruggerà tutto ciò che hai considerato reale fino a questo momento?-gli domandò lei, cercando di essere razionale.

Scott accennò un sorriso lieve a quelle parole.

-Tu preferiresti un dolore lieve e prolungato o uno breve che ti lascia senza fiato?- le chiese con altrettanta razionalità. -Scoprire tutta la verità la farà soffrire, certo, ma almeno le permetterà di vedere le cose sotto la giusta prospettiva- ribatté Scott.

Sadie sospirò. Purtroppo Scott aveva  ragione: non avrebbe potuto proteggere Prue da quello che era scritto nel diario.

-Odio avere torto…-commentò Sadie cercando di alleggerire la tensione.

Scott ridacchiò e alzò le spalle.

-Capita anche ai migliori di avere torto ogni tanto.

Vedrai che andrà tutto bene-le disse in tono rassicurante.

-Come fai a esserne così sicuro?-chiese lei lasciando trasparire per un breve istante la propria insicurezza.

Scott la fissò, sul volto lo stesso sorriso rassicurante che aveva incurvato le sue labbra pochi attimi prima.

-Per quanto possa essere terribile il contenuto di quel diario, la Dr. Malfoy può contare sul sostegno di molte persone: i suoi genitori, il suo compagno e soprattutto te.

Sono sicuro che tu farai tutto il possibile per aiutarla in questo particolare momento della sua vita-aggiunse.

Sadie restò in silenzio, consapevole che sarebbe stato sciocco confermare le supposizioni di Scott sull’argomento.

Era stata al fianco dell’amica fin da quando Prudence aveva scoperto la verità sulla sua famiglia, confortandola e ascoltandola, cercando insieme con lei di trovare una possibile spiegazione a quella scioccante novità.

Non avrebbe mai potuto abbandonarla proprio ora che erano ad un passo dalla verità.

-Devo tornare al lavoro, i miei pazienti mi aspettano - disse Scott, allontanando la mano che fino a quel momento era rimasta ferma su quella di Sadie.

Sadie riportò lo sguardo sull’uomo ancora seduto di fronte a se, malgrado il suo annuncio.

-Grazie del consiglio-disse sincera.

Scott le sorrise lievemente.

-E’ stata una decisione puramente egoistica: ora mi devi un favore-le confessò ironico.

Sul volto di Sadie si dipinse un’espressione di finto sbalordimento.

-Mi ferisci! Credevo volessi aiutare una donzella in difficoltà-commentò.

Questa volta, Scott si lasciò andare a una risata divertita.

-Credimi, l’immagine della principessa in difficoltà non ti si addice: saresti capace di fare una scala di corda pur di calarti giù dalla torre-

Sadie rise a sua volta, riuscendo a immaginare perfettamente se stessa impegnata nella fuga da una torre isolata.

-Ok ora che hai ferito il mio orgoglio puoi anche andartene!-lo scacciò divertita lei. –Attenderò pazientemente che tu mi chieda di restituirti il favore-.

Scott si alzò in piedi e la fissò qualche istante prima di accennare un sorriso.

-Magari puoi sdebitarti venendo a cena con me-disse infine.

Sadie restò in silenzio, poco sicura della sincerità dell’invito: era un passo avanti nei loro battibecchi ironici oppure le aveva chiesto davvero di uscire insieme una seconda volta?

Forse Scott voleva semplicemente risollevarle il morale dopo la conversazione seria appena conclusa ma Sadie doveva ammettere che non le dispiaceva l’idea di un nuovo appuntamento con il dottore.

La serata al pub era stata piacevole ed era terminata troppo presto per i gusti di Sadie, quindi cosa c’era di male in un nuovo appuntamento?

In ogni caso era meglio cogliere al volo quell’occasione prima che Scott interpretasse in modo sbagliato il suo silenzio e ritirasse l’invito.

-Avrei preferito che tu mi chiedessi di partecipare a un intervento spettacolare, ma sono disposta ad accettare anche un invito a cena-rispose alla fine, cercando mascherare con l’ironia il proprio tumulto interiore.

Il sorriso imbarazzato sul volto di Scott si tramutò velocemente in un sorriso radioso che illuminò il suo viso e i suoi occhi.

Osservando i suoi occhi grigi illuminati da una scintilla di felicità, Sadie arrossì nuovamente pensando brevemente che avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo sorridere in quel modo ogni giorno.

Fu soltanto quando Scott si fu allontanato e la sua mente razionale ebbe preso di nuovo il sopravvento che si rese conto dei suoi ultimi pensieri.

In tutta la sua vita, Sadie non aveva mai provato un’attrazione così forte per nessuno dei suoi ex partner e l’idea che i suoi sentimenti fossero così profondi anche nella fase iniziale della loro conoscenza, la spaventò e la pose nuovamente di fronte al dubbio che la tormentava fin dal momento in cui aveva preso coscienza dei suoi sentimenti per Scott: quanto di se stessa era disposta a cambiare per l’uomo che credeva di amare?

 

 

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Se avesse dovuto individuare il momento esatto in cui tutto era cambiato, Albus non ne sarebbe stato capace.

L’incontro- scontro avuto due settimane prima con James era stato sicuramente il punto di non ritorno, ma il ragazzo era consapevole che avvisaglie del suo disagio erano già presenti dentro di lui, dormienti e in attesa del momento giusto per esplodere e mettere sottosopra il suo mondo.

Per la prima volta in sedici anni ogni aspetto della sua vita era fuori controllo e, se da un lato la cosa lo spaventava dall’altra, lo riempiva di un’euforia che non avrebbe saputo spiegare né a se stesso né ad altri.

Era cominciato tutto lentamente, in sordina, in modo che non potesse rendersi pienamente conto di quello che stava succedendo. Aveva iniziato a mettere da parte i propri impegni scolastici, lasciando accumulare i compiti per la prima volta dal suo arrivo a Hogwarts all'età di undici anni, arrivando più volte impreparato alle lezioni e provando l’esperienza di essere ripreso dai propri insegnanti per lo scarso impegno nello studio, finché nelle ultime due settimane si era completamente disinteressato delle conseguenze che il suo comportamento avrebbe avuto sul suo futuro.

Dopo il disinteresse per lo studio, erano arrivate nuove inaspettate amicizie.

Un ristretto gruppo di Serpeverde che, come lui, non brillavano particolarmente nello studio e soprattutto si dilettavano nella produzione e nel consumo di sostanze proibite.

Vivendo per nove mesi a stretto contatto con i suoi compagni Serpeverde, Albus conosceva i pettegolezzi che circolavano su quel gruppo di studenti, ma per una volta aveva scelto di ignorare quelle voci e di avvicinarsi a quei ragazzi, non perché avesse bisogno della loro amicizia, ma perché desideroso di condividere le esperienze al limite portate avanti da quel piccolo gruppo.

Albus voleva dimenticare tutte le responsabilità che sentiva gravare sulle proprie spalle, il desiderio di dimostrare il proprio valore nonostante il suo cognome ingombrante e, in minima parte, i sentimenti che provava nei confronti di Richard.

Sentimenti che con il passare delle settimane erano diventati un cappio attorno al collo che lentamente lo privava del respiro, ogni volta che incontrava Richard in compagnia del fratello o peggio ancora, insieme con una delle tante ragazze Grifondoro pronte a ridere come tante oche alla minima battuta del ragazzo.

Nonostante si fosse avvicinato a quei ragazzi, nei primi giorni della loro frequentazione Albus si era imposto di limitarsi al consumo di alcolici e di stare lontano dalle Pozioni Stupefacenti.

Tutto era cambiato dopo il confronto con James.

Dopo essere tornato nella Casa dei Serpeverde, Albus aveva cercato i suoi amici e per la prima volta aveva acconsentito a provare una Pozione e, fin dal primo sorso, la sua mente si era svuotata di ogni pensiero positivo o negativo, lasciandogli solo una sensazione di pace.

Era stato per quella sensazione, una delle più belle della sua vita, che aveva iniziato a frequentare quella compagnia più assiduamente e ad assumere la Pozione Stupefacente almeno una volta al giorno: per alcune ore, dopo averla bevuta, Albus si sentiva leggero, libero come poche volte prima d’ora e totalmente indifferente delle ripercussioni che quel comportamento avrebbe avuto sulla sua vita.

Nei suoi momenti di lucidità, Albus era consapevole di aver intrapreso una strada sbagliata, che sicuramente gli si sarebbe ritorta contro, ma trovava prontamente una giustificazione al proprio comportamento ripensando al caos che si sarebbe scatenato di lì a poco grazie a James e alla sua ricerca ostinata di un padre che non li aveva mai voluti.

Presto, Albus ne era certo, avrebbe dovuto affrontare una battaglia contro suo fratello per proteggere la propria famiglia, quindi si meritava quei momenti di serenità, anche se questi provenivano da una sostanza illegale.

Le sue scelte avevano purtroppo già mietuto le prime vittime: fin da quando si era reso conto dei suoi problemi, Albus si era allontanato volontariamente da Michelle, in modo che la sua crisi non avesse delle ripercussioni anche sulla ragazza, arrivando a ignorarla del tutto quando aveva stretto amicizia con il gruppo meno raccomandabile di Serpeverde.

Inizialmente Michelle aveva tentato di farlo ragionare, di riportarlo sulla retta via, ma questo aveva avuto come unico risultato un’enorme lite tra i due che aveva aumentato il divario tra loro e aveva convinto la ragazza a lasciarlo in pace.

Albus si era subito pentito delle parole usate durante quella lite e sapeva che in futuro sarebbe stato difficile recuperare il loro rapporto, ma non aveva potuto fare altrimenti: in quel preciso momento, aveva bisogno di essere lasciato in pace e, malgrado Michelle avesse le migliori intenzioni e fosse l’unica in grado di capirlo e di farlo ragionare in ogni situazione e con ogni problema, questa volta non avrebbe potuto aiutarlo perché non aveva la minima idea di cosa stava provando o cosa gli passava per la testa e Albus non aveva né tempo ne voglia di spiegarle ciò che stava provando.

Inoltre Albus era certo che se ne avesse parlato con l’amica, questa l’avrebbe tormentato finché non avesse parlato con sua madre del piano di James, accelerando la distruzione della loro famiglia.

Tutto stava crollando intorno a lui. Tutto quello che aveva sognato e per cui aveva lottato, non aveva più senso perché presto sarebbe stato spazzato via dalla forza distruttiva del “segreto” di James.

Ora come ora non voleva rendere conto a nessuno oltre che a se stesso, perché neanche una persona tra quelle che affollava i corridoi di Hogwarts avrebbe potuto capire il vuoto che si portava dentro e lo stava divorando lentamente.

 Che senso aveva continuare a sperare e fare progetti quando in quel momento non vedeva nulla dinanzi a se oltre al buio?

Tanto meglio godersi la propria adolescenza e tutto ciò che questa aveva da offrire per tenere lontano il buio.

 

 

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Gli aveva teso un agguato.

Si era appostato vicino all’entrata della Casa dei Serpeverde alle prime luci dell’alba, in modo da intercettare Albus prima che il ragazzo si avviasse in Sala Grande per la colazione e aveva atteso pazientemente che il ritratto si aprisse sulla figura dell’amico.

Era disposto ad aspettare ore pur di avere un’occasione per parlare a quattrocchi con Albus.

Essendo completamente all’oscuro delle nuove abitudini dell’amico, Richard fu quindi colto di sorpresa quando lo vide uscire dalla propria Casa neanche trenta minuti dopo essersi appostato nel corridoio che conduceva alla Casa dei Serpeverde.

Albus indossava degli short neri, una t-shirt grigia e delle scarpe da ginnastica che avevano visto tempi migliori e, dal suo abbigliamento Richard capì che il Serpeverde era pronto per una sessione di ginnastica mattutina prima dell’inizio delle lezioni.

-Albus!-lo chiamò attirando l’attenzione del ragazzo.

Albus si voltò e i suoi occhi si spalancarono momentaneamente per la sorpresa di trovar lì il Grifondoro, prima che l’altro riassumesse il controllo delle proprie emozioni e atteggiasse il volto a una maschera indifferente.

In quel breve istante, Richard poté notare i cambiamenti avvenuti in quelle due settimane: Albus aveva perso peso e, se da un lato questo aveva accentuato i muscoli delle braccia delle gambe e del torace, dall’altro aveva evidenziato sotto la pelle tirata del viso, gli zigomi e le orbite del ragazzo, dandogli un’aria stanca e malaticcia nonostante il colorito roseo.

-Che ci fai qui? Ti sei perso?-gli domandò Albus, una nota dura nella voce.

Richard mosse un passo verso il ragazzo e scosse la testa.

-No, affatto. Ti stavo aspettando.

Hai due minuti per me?-chiese a sua volta Richard.

Albus scosse la testa.

-Mi dispiace. Ho quarantacinque minuti per allenarmi prima che il dormitorio si svegli…Non ho voglia di fare la doccia per ultimo per colpa tua-rispose l’altro.

-Allora posso venire con te?-tentò ancora il Grifondoro.

Il moro lo fissò per un lungo istante in silenzio, prima di scuotere lentamente la testa.

-Non ne vedo il motivo-rispose con la stessa voce dura usata poco prima.

Richard sospirò frustrato, facendo un altro passo verso Albus.

-Non ne vedi il motivo? Vorrei passare qualche minuto con te, tutto qui- ribatté, sperando con tutto se stesso di non aver lasciato trasparire il dolore provocato dalle parole di Albus.

-Finora sei stato benissimo senza di me, quindi non capisco questo bisogno improvviso di starmi accanto.

Che c’è la tua amichetta della settimana ti ha dato buca? Oppure James non ha bisogno di te in questo preciso istante?-domandò a sua volta Albus in tono aspro.

- E’ vero, in queste settimane sono stato un amico di merda, ma avevo bisogno di prendermi un po’ di tempo per riflettere, per capire alcune cose…-iniziò Richard.

-Immagino. Deve essere davvero difficile per te scegliere tra le tue mille conquiste-commentò acido Albus.

Richard aggrottò la fronte e scosse la testa.

-No! Non si tratta di questo…- ribatté, scuotendo nuovamente la testa per liberarsi dalla confusione che aveva in mente. –Non sono venuto qua per parlare di questo!-.

-Per quanto mi riguarda potevi anche risparmiarti l’alzataccia e il viaggio, ormai non abbiamo più nulla da dirci-replicò Albus.

Il Serpeverde fece per voltargli le spalle e avviarsi lungo il corridoio ma Richard fu più veloce, afferrandogli un braccio per evitare che l’altro si allontanasse.

-Ah davvero? Credi davvero che non sappia cosa ti sta succedendo?

Che cosa stai combinando?-gli domandò lasciando trasparire dalla voce la rabbia per il comportamento insensato di Albus.

-Lasciami!- gli intimò Al tra i denti.

Per nulla spaventato dalla differenza d’altezza, Richard gli si fece sotto, quasi volesse sfidarlo a dare un seguito alla minaccia velata contenuta in quell’unica parola.

-Ti sei visto allo specchio di recente? Sembri uno dei fantasmi che infestano il Castello! Hai degli occhi allucinati, le guance scavate, credi che basti passare quaranta minuti al sole ogni giorno per far sparire gli effetti delle Pozioni?-chiese ancora senza allentare la presa attorno al braccio di Albus.

-Non so di cosa stai parlando-ribatté Al con altrettanto livore.

-Allora vogliamo parlare dei tuoi voti? Del fatto che non riesci più a consegnare un saggio in tempo?Giusto, dimenticavo che deve essere difficile studiare con la testa annebbiata dalle droghe- lo incalzò il Grifondoro.

Questa volta, Albus si liberò dalla stretta di Richard con uno strattone e allontanò il Grifondoro con uno spintone in pieno petto.

Quando Richard ebbe ritrovato il proprio equilibrio ed ebbe riportato lo sguardo su Albus, si trovò di fronte due occhi carichi d’odio.

-Quanta premura! Dovrei forse commuovermi che dopo settimane d’indifferenza hai deciso di concedermi la tua attenzione?-gli domandò con voce carica di risentimento.

-Stai facendo una cazzata dopo l’altra Al ed è venuto il momento che qualcuno ti apra gli occhi.

Questo è quello che fanno gli amici Al!- ribatté Richard.

-Beh, io non so che farmene della tua amicizia! Non ho bisogno di te né di nessun altro! Ho tutto sotto controllo…- replicò Albus ostinato.

Richard scosse la testa e fece due passi verso l’amico.

-Tutto il contrario, stai andando alla deriva e se continui a isolarti o a circondarti di persone inutili come quei quattro falliti con cui vai in giro te ne renderai conto quando sarà troppo tardi- disse con un velo di tristezza nella voce. –Non ti permetterò di mandarmi via-aggiunse con tono risoluto, fissando il volto del moro.

Un sorriso triste apparve per un breve istante sul volto di Albus.

-Non sono stato io a mandarti via… Sei stato tu ad andartene di tua spontanea volontà.

Quindi ora non venirmi a parlare di amicizia, perché tu sei stato il primo a mandare a puttane tutto preferendo James a me-disse, la voce di nuovo carica di astio.

Richard aggrottò la fronte.

-Io non ho scelto proprio nessuno! E’ questo che pensi?

Gli sto dando una mano nella sua ricerca, tutto qui- spiegò.

-Esatto! La sua stupida e insulsa ricerca che distruggerà la mia famiglia.

Spero tu sia orgoglioso di te stesso una volta raggiunto il vostro obiettivo-.

-Questo non cambia quello che c’è tra me e te- replicò Richard.

Un ghigno sarcastico apparve sulle labbra di Albus, prima che il Serpeverde diminuisse drasticamente la distanza tra loro, fermandosi a pochi centimetri da Richard.

-Quello che c’è tra me e te? Spiegamelo Rich. Dimmi cosa c’è tra noi-gli disse in tono di sfida.

Richard fissò per un lungo istante gli occhi verdi di Albus in silenzio, consapevole di quello che avrebbe dovuto e voluto dire, certo come poche volte in vita sua della profondità dei propri sentimenti e del legame che lo univa ad Albus.

Sarebbe bastato poco per confessare cosa provava veramente per Albus, di come fosse cambiato con il tempo il loro rapporto d’amicizia e come sempre più spesso si fosse ritrovato a sperare che il legame tra loro fosse di tutt’altra natura.

Purtroppo quello non era il momento adatto per una dichiarazione simile.

-Lo farò, ma non adesso.

Ora lo useresti soltanto per ferirmi e per distorcere le mie parole o il loro significato- gli disse continuando a ricambiare lo sguardo di Albus. –Chiedimelo di nuovo una volta ritornato lucido e sarò felice di risponderti-aggiunse.

Capì chiaramente dall’espressione sul volto di Albus che quelle parole lo avevano colpito e indispettito allo stesso tempo, ponendo fine alla tregua che il Serpeverde aveva instaurato tra loro.

L’attimo dopo Albus si allontanò e gli lanciò uno sguardo infastidito.

-Come volevasi dimostrare… Ho perso fin troppo tempo con te-commentò.

Senza aggiungere altro, Albus gli voltò le spalle e fece un passo con l’intenzione di mettere quanta più distanza possibile tra lui e Richard.

-Io non mi arrendo Al!- gli gridò dietro Richard. –Mi hai sentito? A costo di diventare la tua ombra, non ti perderò di vista neanche un attimo finché non ritornerai in te-.

Albus lo ignorò, continuando a camminare lungo il corridoio, seguito costantemente dallo sguardo attento del Grifondoro.

Richard non aveva idea di quanto tempo avrebbe speso o quello che avrebbe dovuto sacrificare per non perdere mai di vista Albus, ma era certo che alla fine sarebbe riuscito ad allontanare quel fantasma che si era impossessato di Al e a riavere indietro l’amico di sempre.

 

 Salve a tutti!!!

Questa volta un vero capitolo.. HURRAY!!! Spero di aver risposto ad alcune delle vostre domande, soprattutto per quanto riguarda il comportamento di Albus.

Inoltre in barba alla sua ansia, Blaise è riuscito a fare la proposta di matrimonio a Ginny, ma come reagiranno i ragazzi Potter alla notizia delle nozze? Riuscirà la famiglia a trovare un pò di pace o questo annuncio non farà altro che gettare benzina su un fuoco già vivo? Si accettano scommesse.

Abbiamo fatto un passo avanti anche nella storia di Prudence, anche se la ragazza non è comparsa in questo capitolo, ma vi dico fin da ora che ci sarà un capitolo incentrato quasi esclusivamente su Prue e Draco, quindi mi farò perdonare per l'assenza prolungata della ragazza.

Nel prossimo capitolo saremo a Hogsmeade, quindi come sa chi ha già letto alcune delle mie FF succederanno diverse cose importanti, quindi tenete gli occhi aperti.

Le frasi all' inizio di questo capitolo sono prese da "Believer" degli Imagine Dragons e da "Kids in America" di Kim Wilde; inoltre la volta precedente mi sono dimenticata di aggiungere l'angolo dell'autrice, SORRY ero di corsa xD: il titolo del 2 Outtake è tratto da "The sound of silence" di Simon & Garfunkel, mentre le citazioni sono tratte rispettivamente da "Don't speak" dei NoDoubt e "In" tratto da " Carrie- The Musical" ma nella versione cantata dal cast di Riverdale.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo(siete il motore che manda avanti l'autrice e le sue storie ^_^ ) e, come al solito, mi scuso per eventuali errori di ortografia e/o battitura.

Ed ora i ringraziamenti: 24Nuvola(Benvenuta! Grazie per aver letto anche le altre FF e soprattutto grazie per i complimenti ^_^ Spero con questo capitolo di aver risposto ad alcune delle tue domande riguardo ad Albus: hai ragione, al momento è completamente perso e felice di crogiolarsi nella propria miseria ma presto si darà una scossa),Alyssa Malfoy(SE quella è stata la tua reazione al litigio tra Al e Michelle, vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro :D Sorry, non voglio gioire della tua tristezza, ma ero convinta di non aver "calcato" troppo la mano mentre scrivevo la lite tra loro, quindi in parte sono contenta per la tua reazione... Non giudicare affrettatamente Albus, come vedi in questo capitolo abbiamo spiegato un pò la "pena" che si porta dentro e presto, con la giusta guida riuscirà a rimettersi in sesto),Fiorentinasara(Benvenuta! Presto affronteremo anche 'argomento Harry Potter tranquilla ;D), Germana(Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo la brevità dei capitoli precedenti ma erano l'unica soluzione possibile per non lasciare buchi nella storia e allo stesso tempo non pubblicare un capitolo lungo quanto una lista della spesa xD Non giudicare troppo duramente Albus perchè non si è ancora votato al lato oscuro ma è soltanto un adolescente ferito che per sentirsi meglio decide di ferire tutti quelli che gli stanno intorno...Chi non l' ha fatto a quell'età?).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo

"The kids aren't alright"

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** The kids aren't alright ***


kids

 

"Ieri ero quiete perché oggi sarò la tempesta"

"I got too high again
When I realized I can’t not be with you
Or be just your friend
I love you to death
But I just can’t, I just can’t pretend
We were lovers first
Confidants but never friends
Were we ever friends?"


 

Ogni sabato mattina, da quindici anni, le donne Serpeverde si riunivano per quello che i loro mariti chiamavano il “riepilogo settimanale”: Hermione, Pansy e Ginny erano solite incontrarsi a casa di una di loro, fare colazione insieme e raccontare alle altre ciò che era accaduto d’importante durante la settimana.

Questi incontri si tenevano a cadenza settimanale e ognuna di loro fin da subito aveva compreso l’importanza di quegli appuntamenti, riorganizzando la giornata di sabato attorno a quelle poche ore passate tra donne.

Ovviamente, gli uomini erano esclusi da quegli incontri, relegati in una stanza della loro casa oppure costretti a uscire; gli unici ammessi a quelle sedute nel corso degli anni erano stati i figli, anche in questo caso, nelle rare volte in cui i loro padri non potevano occuparsi di loro per la breve durata dell’incontro.

Agli inizi della loro amicizia, anche Daphne Greengrass era presente a quegli incontri, ma la sua presenza era venuta meno quando la donna, sei anni prima, si era trasferita in Germania insieme alla famiglia dopo aver ricevuto una proposta di lavoro che le aveva permesso un rilevante avanzamento di carriera e un notevole aumento di stipendio.

La partenza dell’amica aveva destabilizzato le altre donne, soprattutto Pansy legata a Daphne da una profonda amicizia fin dall’adolescenza, ma proprio a causa di quella partenza il legame tra le tre Serpeverde si era rafforzato maggiormente, diventando quasi un legame di sangue: ormai le donne dopo tanti anni e tante esperienze vissute insieme si consideravano sorelle.

Quel sabato la riunione si sarebbe tenuta a casa Zabini e, come di consueto, Ginny aveva preparato tutto il necessario per la colazione con le amiche in modo che fosse tutto perfetto al loro arrivo ma, contrariamente alle volte precedenti, non se l’era sentita di cacciare Blaise relegandolo invece nel suo studio, consapevole che una volta annunciato il loro matrimonio, le amiche si sarebbero volute congratulare anche con il futuro sposo.

Inoltre, dopo la lettera ricevuta quel giorno da Hogwarts e la telefonata avuta con Ruby la sera prima, la rassicurava sapere che Blaise era a pochi passi da lei era in caso avesse bisogno di conforto ulteriore.

Hermione e Pansy arrivarono insieme, materializzandosi nel suo vestibolo.

-Ginny? Ci sei?-

La rossa sentì le voci delle due donne muoversi lungo il corridoio che collegava l’entrata alle stanze del pianterreno e andò loro incontro.

-Stavo cominciando a preoccuparmi… Tre secondi di ritardo- le canzonò divertita quando si trovò a faccia a faccia con le due amiche.

Hermione aggrottò la fronte.

-Probabilmente il tuo orologio va qualche secondo avanti.

Siamo in perfetto orario-ribatté, offesa anche dalla sola idea di essere arrivata in ritardo.

Pansy ridacchiò e superò velocemente Hermione per posare un bacio sulla guancia di Ginny in segno di saluto.

-Per favore, non torturarla. Quello è compito mio - commentò con un sorriso divertito sulle labbra, prima di avviarsi verso il salotto.

Hermione alzò gli occhi al cielo, salutò Ginny e seguì Pansy nel salotto, spogliandosi contemporaneamente della sciarpa e del cappotto.

Il tempo stava velocemente cambiando e nelle ultime settimane un vento freddo aveva iniziato a spazzare le strade di Londra, costringendo la popolazione ad andare in giro con abiti molto più pesanti di quanto ci si aspetterebbe di indossare alla metà di ottobre.

Le tre donne si sistemarono nella posizione che erano solite assumere durante quegli incontri: la padrona di casa si sedette su una poltrona, mentre le due ospiti si sedettero una accanto all’altra su un divano di fronte a Ginny.

Chiacchierando amabilmente del tempo, le tre donne si servirono una tazza di tea ciascuna, per poi posare dei biscotti nel piattino sistemato accanto alle tazze.

-Come vanno le cose tra Sadie e il suo spasimante?- domandò Ginny con un’espressione curiosa in volto.

La notizia dell’interesse di Sadie nei confronti di un collega aveva sorpreso non poco le donne Serpeverdi, abituate alle arringhe della ragazza contro il sentimentalismo e le conseguenze dell’amore.

Allo stesso tempo, però, aveva strappato loro un sorriso, poiché aveva dimostrato che c’è un’anima gemella per ognuno di noi, visto che l’uomo non sembrava per niente spaventato dal carattere difficile di Sadie.

-Non ho molte novità: Sadie non è venuta a trovarmi questa settimana.

Però da quello che mi ha raccontato per telefono, dovrebbero uscire insieme una seconda volta-raccontò Pansy prima di bere un sorso dalla propria tazza.

Hermione sorrise.

-Sono contenta per te. Ormai avevi quasi perso le speranze-commentò Hermione.

-Beh, non è che adesso sia tutto più facile: Sadie è sempre la stessa, certo non cambierà perché è attratta da un uomo, anzi m’infurierei se lo facesse.

Però mi piace pensare che stia facendo un po’ di spazio nella sua vita per qualcos’altro oltre la propria carriera-rifletté ad alta voce Pansy.

-Dimmi la verità: stai già progettando un’imboscata in ospedale per conoscere il tuo futuro genero?-domandò Ginny con un sorriso ironico.

-Che domande! Certo che sì-rispose Pansy provocando le risate delle due amiche. –Devo solo trovare il momento e la scusa perfetta.

Sadie capirà subito il vero motivo per cui sono piombata in ospedale, ma ho bisogno di almeno due minuti per scambiare qualche parola con questo Scott.

Altrimenti la mia imboscata sarà stata inutile e non potrò più usare una scusa simile una seconda volta-.

-Perché non le chiedi semplicemente di presentarti questo Scott?-le chiese Hermione.

Un’espressione scioccata si dipinse sul volto della mora.

-Sei pazza? Piuttosto che presentarmelo troncherebbe ogni rapporto con lui, professionale e personale.

Tu sei stata fortunata con Prudence: ti ha presentato Ben dopo neanche tre mesi che lo frequentava.

Al posto suo, Sadie lo avrebbe tenuto nascosto fino al giorno del matrimonio- le spiegò.

-Non ti sembra di esagerare un po’?-le domandò Ginny sollevando scettica un sopracciglio.

Pansy scosse la testa.

-Conosco mia figlia e anche voi sapete com’è fatta Sadie.

Lei non ha mai sognato di trovare il grande amore e di vivere felice in una casa piena di bambini. Il suo unico desiderio era diventare un medimago e ha impiegato tutte le proprie forze prima nello studio e poi nella carriera.

Il semplice fatto che sia venuta da me per parlarmi di questo Scott è una grande dimostrazione di quanto le interessi, sia attratta da lui, ma allo stesso tempo è spaventata perché per la prima volta qualcuno ha distratto la sua attenzione dalla medicina-.

-Quindi cosa farai? Aspetterai l’evolversi del rapporto tra loro oppure cercherai di incontrare questa creatura mitologica?-domandò Hermione condividendo la preoccupazione dell’amica.

Pansy alzò le spalle.

-Non lo so. Sono disposta a concederle un’altra settimana prima di presentarmi senza invito all’ospedale nella speranza di incontrare questo tizio-decise infine la mora.

Ginny sorrise, divertita dall’espressione determinata comparsa improvvisamente sul volto dell’amica.

-Come procede la gravidanza di Prue?-domandò poi Ginny rivolta a Hermione, versandosi una nuova tazza di tea.

La notizia della gravidanza aveva fortemente colpito la famiglia allargata dei Serpeverde.

Come Draco aveva previsto, Blaise lo aveva preso in giro in una maniera spietata per il suo futuro da nonno, indicando degli inesistenti capelli bianchi tra le ciocche biondo platino dell’uomo.

La notizia però aveva provocato sensazioni diverse in alcuni membri del gruppo: se da un lato, Pansy aveva ricollegato l’immagine della donna e della futura mamma con il ricordo del suo primo incontro con Prudence, e all’immagine della bambina con i boccoli castani che si reggeva a stento sulle gambe paffute e corte, dall’altro Ginny aveva rivolto un pensiero veloce a Ron.

Era un pensiero assurdo dopo tutti quegli anni e tutto quello che era successo, ma il pensiero che il bambino di Prudence portasse avanti in minima parte il nome della famiglia Weasley l’aveva sfiorata velocemente; poi la donna aveva messo le cose sotto la giusta prospettiva, ricordandosi quanto dolore fosse legato al nome di Ron e come non ci fosse niente nel comportamento o nel carattere di Prudence che si potesse anche solo accostare al nome dei Weasley.

Prudence era una Malfoy di nome e di fatto.

-Bene. La prossima ecografia è tra due settimane e Prue mi ha chiesto di andare con lei e Ben- disse Hermione. –Forse scopriremo il sesso del bambino- aggiunse l’attimo dopo con un sorriso felice che contagiò le due donne.

-Vedrai sarà una bambina! Non può essere altrimenti vista la maggioranza di donne nella nostra famiglia-commentò Pansy.

Hermione rise, imitata l’attimo dopo da Ginny.

-vero ma Ben ha due fratelli, quindi non è detta l’ultima parola- ribatté la mora.

-Avete parlato di quello che è successo l’ultima volta che vi siete viste?-domandò cauta Ginny.

Hermione tornò seria e scosse la testa.

Le due amiche ricordavano perfettamente le lacrime di Hermione mentre raccontava loro dell’annuncio della gravidanza seguito dalle domande sulla storia medica della famiglia Granger- Malfoy.

Entrambe sapevano che quel momento sarebbe arrivato alla fine: Ginny si era offerta di parlare con Prudence e di spiegarle, senza scendere troppo nel particolare, chi fosse il suo vero padre ma Hermione aveva gentilmente rifiutato l’offerta, spaventata anche solo dell’idea che Prue conoscesse quella parte del suo passato.

-Draco è andato da lei e le ha parlato, ma non ha voluto dirmi cosa si sono detti.

So soltanto che le ha confermato di non essere il suo vero padre- confessò la riccia. –Mi sarei aspettata di vederla tornare all’attacco, di subire un fuoco incrociato di domande finché non fosse stata soddisfatta dalle informazioni avute, ma niente.

Calma piatta-aggiunse.

-Forse ha bisogno di riflettere-propose Pansy.

Hermione alzò le spalle.

-Non lo so- disse sospirando nuovamente. –Vorrei solo che questa storia finisse il prima possibile e con il minor danno alla nostra famiglia-.

La riccia restò in silenzio qualche istante, lo sguardo fisso sulla tazza che stringeva tra le mani, cercando le parole giuste per esprimere i propri sentimenti al riguardo, prima di rialzare la testa e accennare un sorriso triste.

-La mia paura… Prue ha detto a Draco di considerarlo suo padre, in barba alla genetica, ma ho paura che possa cambiare idea una volta scoperta la verità-disse in modo sconclusionato.

-Parli del contratto?- azzardò Pansy.

Hermione annuì.

-Del contratto e del testamento di Narcissa.

Ho paura che possa reagire male una volta scoperto il contratto che è all’origine del nostro matrimonio, che possa farsi un’idea sbagliata di suo padre, proprio com’è successo a me quando ho letto per la prima volta quel dannato testamento-.

-Prudence è una donna intelligente….-le fece notare Ginny, cercando di calmare i dubbi dell’amica.

-Anche io sono una persona intelligente! Eppure ho rischiato di mandare a puttane il mio matrimonio quando ho scoperto il testamento di Narcissa- ribatté prontamente Hermione.

-Tesoro, stai esaminando la situazione da un’ottica sbagliata- le disse Pansy, prendendo una mano della riccia tra le sue.

-Quando hai scoperto il testamento tu e Draco eravate sposati da pochi mesi e, per colpa del suo stupido orgoglio, tu non conoscevi i sentimenti di Draco nei tuoi confronti.

Prudence, invece, sa perfettamente il legame che c’è tra voi, quindi non metterà mai in dubbio l’amore di Draco per te.

Anche dopo aver scoperto la verità sul contratto.

Inoltre quella ragazza ama troppo suo padre per pensar male di lui- aggiunse infine con un sorriso ironico che contagiò anche la riccia.

Hermione sospirò per l’ennesima volta e annuì.

-Avete ragione.

Lo so che avete ragione, ma è un periodo così difficile: non solo devo preoccuparmi per Prue, per la sua gravidanza e questa storia del passato di Prudence.

Ora sono in pensiero anche per Michelle…-

-Che succede alla mini Draco?-domandò Pansy.

-Non lo so! Due giorni fa ho parlato con Ellie ed è stata lei a dirmi che sua sorella è diversa dal solito, che è triste, ma quando le ho chiesto se poteva dirmi qualcosa di più, mi ha risposto che non poteva tradire le confidenze di Michelle- rispose chiaramente frustrata.

Pansy aggrottò la fronte.

-Credi che si tratti di un ragazzo?-domandò poi.

-Spero! Almeno saprei come affrontare questa situazione-rispose Hermione.

Ginny, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio la conversazione, alzò lo sguardo sulla riccia e la fissò per qualche secondo prima di dischiudere le labbra.

-Si tratta di un ragazzo, ma non è come pensi tu-disse rivolta a Hermione.

Questa volta entrambe le amiche aggrottarono la fronte in risposta a quelle parole sibilline.

-Che vuoi dire?-chiese infine Hermione.

Ginny si ravviò i capelli dietro l’orecchio sinistro nel tentativo di prender tempo e rimettere ordine nei propri pensieri.

-Si tratta di Albus.

Ieri ho parlato con Ruby e mi ha detto che c’è qualcosa di strano nel comportamento di Al: è distratto, scostante, e sembra aver fatto nuove amicizie-riassunse la rossa.

-Vuoi dire che ha trovato una ragazza?-domandò Pansy con una punta d’ironia nella voce.

Un sorriso accennato apparve velocemente sulle labbra di Ginny, prima che la donna scuotesse la testa in segno di diniego.

Non ci sarebbe mai stata una ragazza nella vita di Al, di questo Ginny era sicura: Albus non aveva detto nulla al riguardo ma Ginny conosceva bene suo figlio ed era certa che alla fine Al avrebbe confermato i suoi sospetti presentandole il suo fidanzato.

-No. Ruby mi ha detto che ha iniziato frequentare un gruppo di Serpeverde con una pessima reputazione.

Inoltre ho ricevuto una lettera da Minerva. I suoi voti sono notevolmente peggiorati rispetto allo scorso anno-aggiunse.

Hermione scosse la testa.

-Non è possibile. Al non metterebbe mai a repentaglio il proprio futuro- replicò incredula.

-Ha ragione Hermione. Deve essergli successo qualcosa- aggiunse Pansy, concordando con la riccia.

-Si, ma cosa? Perché non ne ha parlato con Jim, con Michelle o con noi prima di avvicinarsi a un gruppo di sbandati?-domandò Ginny, lasciando trasparire la propria ansia.

-Tesoro è un adolescente: i genitori sono le ultime persone cui si rivolgerebbero in un momento di difficoltà- le fece notare con voce calma Pansy.

-Inoltre il rapporto tra lui e James non è mai stato intimo.

D’altra parte, ora capisco perché Michelle è in crisi. Al deve essersi allontanato anche da lei.

Povera tesoro… Quei due sono sempre stati inseparabili- commentò Hermione preoccupata per la figlia.

Ginny annuì mestamente.

-Perché non lasci che ci parli Blaise? Loro hanno sempre avuto un ottimo rapporto, magari con lui Al riesce a confidarsi- le consigliò Pansy.

-Pansy ha ragione. I ragazzi torneranno a casa tra una settimana per le vacanze.

Blaise troverà sicuramente le parole giuste per spingerlo a confidarsi con lui e per aiutarlo- concordò Hermione.

Ginny restò in silenzio per qualche istante, confortata in minima parte dalle parole delle due donne; quando tornò a rialzare lo sguardo sulle amiche rivolse a entrambe un sorriso in segno di ringraziamento.

-Come al solito durante queste riunioni finiamo sempre per parlare dei nostri figli-commentò Pansy, fingendosi seccata, in modo da alleggerire l’aria tesa che era calata nel salotto dopo le confidenze di Ginny.

-Ormai siamo vecchie Pan!- replicò ironica Hermione. –La nostra vita non è più interessante come un tempo-aggiunse l’attimo dopo.

Quelle parole, dette con ironia, riportarono alla mente di Ginny un avvenimento che la donna non vedeva l’ora di condividere con le due amiche, ma che fino a quel momento era stato accantonato per lasciar spazio ad argomenti più importanti.

-Veramente la vita può riservare delle sorprese anche per delle cariatidi come noi- commentò sibillina, attirando su di se lo sguardo delle due donne.

-C’è qualcosa che devi dirci?-domandò, infatti, Pansy. –Oh mio Dio! Sei incinta!-esclamò l’attimo dopo incredula.

Ginny rise divertita, prima di scuotere la testa.

-Per quanto l’idea di un altro bambino sia allettante, sono troppo vecchia per combattere ancora una volta con pannolini e biberon-rispose la rossa.

Ancora una volta sia Hermione sia Pansy la fissarono in silenzio, in attesa del suo annuncio.

-Mi sposo. O meglio, Blaise ed io abbiamo deciso di sposarci-.

Le due donne Serpeverdi la fissarono per qualche secondo, chiaramente sbalordite dal suo annuncio, ma nel preciso istante in cui presero consapevolezza del significato delle sue parole, entrambe si lasciarono andare a un grido di gioia e si alzarono in piedi per andarle incontro.

-Non ci posso credere!- esclamò Pansy abbracciando Ginny. –Finalmente hai convinto quell’idiota del tuo fidanzato a sposarti!- aggiunse staccandosi dall’abbraccio quanto bastava per osservare il viso dell’amica.

-Veramente è stato lui a fare la proposta.

Mi ha colto completamente di sorpresa-commentò.

-Dopo tanti anni, resto ancora sorpresa dalla vena romantica del tuo fidanzato- disse Hermione, intromettendosi fra le due donne per abbracciare a sua volta Ginny.

-Potrei dire la stessa cosa di tuo marito-la punzecchiò la rossa.

Hermione fissò per un breve istante lo sguardo dell’amica e le rivolse un sorriso commosso.

-Oh Gin…-

-Hermy, ti prego non iniziare a piangere, altrimenti sarò costretta a tirar fuori tutta la cattiveria che è in me per controbilanciare questo eccesso di zuccheri- l’ avvertì Pansy.

Le due donne risero e Ginny si lasciò stringere in un nuovo abbraccio da Hermione, ricambiando la stretta dell’amica.

Ne avevano passate tante insieme, fin da quando erano bambine e più di una volta Ginevra aveva temuto che il loro rapporto fosse danneggiato irreparabilmente.

Eppure ogni volta erano riuscite a ricostruire la loro amicizia e a renderla più forte di prima, in barba alle difficoltà e alle interferenze esterne; erano riuscite a costruire un nuovo equilibrio che le aveva rese donne e amiche migliori e se in quel momento della loro vita potevano dirsi felice era soltanto grazie alla loro amicizia e al legame che le univa a Pansy.

-Ok, dobbiamo festeggiare!- annunciò la Serpeverde. –Sono sicura che da qualche parte nel mondo sia già passato mezzogiorno, quindi che ne dite di un bicchiere di champagne per brindare a questo evento?-.

Ginny sapeva benissimo a cosa andava incontro se avesse deciso di assecondare l’idea dell’amica.

Conoscendola, Pansy non si sarebbe accontentata di un solo brindisi, ma avrebbe sicuramente iniziato a organizzare la cerimonia, costringendo le due donne a un brainstorming improvvisato per buttare giù le prime idee sul matrimonio.

Sapeva inoltre che le proposte di Pansy sarebbero state rigettate quasi completamente da Blaise e che a causa di questo rifiuto sarebbe iniziata un’amichevole diatriba tra l’autoproclamata wedding planner e il futuro sposo che si sarebbe protratto fino alla vigilia del matrimonio e avrebbe portato tutti sull’orlo di una crisi di nervi.

Nonostante tutto, però, Ginny sorrise e si avviò verso la cucina alla ricerca della bottiglia di champagne che aveva messo in precedenza in frigo.

Era ora di far partire le danze.

 

 

______________________

 

 

James aveva aspettato con ansia la gita a Hogsmeade, era arrivato a contare i giorni che lo separavano da quella che ormai considerava un passo avanti nella sua ricerca verso la verità.

Ora quel giorno era finalmente arrivato.

Seduto sul proprio letto, in attesa di unirsi agli altri studenti che avrebbero preso parte alla gita, James ripassò velocemente il piano per quella giornata: tutto doveva andare come stabilito, altrimenti settimane di preparazione e di studio sarebbero state vane.

Contrariamente agli anni precedenti, quando ciò che premeva maggiormente il ragazzo durante quella breve gita era rimpinzarsi di dolci e passare qualche ora senza supervisione in compagnia di una ragazza, questa volta James aveva preparato un tour dettagliato per occupare pienamente quelle poche ore di libertà.

In compagnia di Richard, il Grifondoro si sarebbe trattenuto a Hogsmeade soltanto il tempo necessario per farsi notare dai propri compagni, in modo che la sua assenza non suscitasse sospetti.

Avrebbe concesso a quell’attività inutile una trentina di minuti, che avrebbe probabilmente passato seduto a uno dei tavoli della gelateria insieme agli altri compagni di Casa, per poi allontanarsi con una scusa con Richard.

Si sarebbero allontanati insieme dalla gelateria e, appena trovato un posto appartato, si sarebbero smaterializzati e avrebbero raggiunto Godric’s Hollow.

James aveva studiato tutte le mappe e i libri che aveva potuto trovare sulla piccola cittadina ed era certo di riuscire a trovare qualche informazione su suo padre in quel posto dimenticato da Dio dove suo padre aveva vissuto insieme ai genitori prima della loro morte.

Sapeva che la casa era stata quasi completamente distrutta durante la Seconda Guerra, a causa di uno scontro avvenuto tra suo padre e Nagini, il serpente di Voldemort, ma al termine della guerra la casa era stata ricostruita e adibita a museo per ricordare il Salvatore del Mondo Magico e le sue gesta.

Sicuramente lì avrebbe trovato delle informazioni sugli ultimi vent’anni della vita di suo padre, o almeno punto di partenza per le sue ricerche.

 James ne era certo.

Nonostante i dubbi che lo avevano assalito recentemente, o forse proprio a causa di questi, James era deciso a portare avanti la sua ricerca: aveva bisogno di risposte, di qualsiasi tipo, per risolvere quel grande mistero che avvolgeva la figura di suo padre.

Ne aveva bisogno per se stesso: da quando Richard aveva insinuato i suoi dubbi e aveva macchiato l’aurea di santità che da sempre circondava la figura di suo padre, James si sentiva scombussolato, come se improvvisamente fosse venuta a mancare una parte di se.

Era sempre stato certo del comportamento irreprensibile di suo padre, grato per ogni piccolo gesto o parola che l’uomo aveva fatto o detto durante la sua battaglia contro Voldemort, certo che nessun altro avrebbe potuto prendere il suo posto e assicurare la vittoria del Bene contro il Male.

Perché allora era bastato così poco per far crollare le sue certezze?

Perché erano bastate le tre possibilità esposte da Richard a fargli mettere in discussione tutto ciò che sapeva del padre?

Già, ma in fondo cosa sapeva realmente su di lui? Anche se non voleva ammetterlo neanche con se stesso, il confronto-scontro avuto con Albus lo aveva fortemente destabilizzato.

Di ritorno dal colloquio con il fratello, James aveva passato ore a cercare nella propria memoria un ricordo che lo legasse al padre e che non fosse preso dai manuali o dai racconti di chi lo aveva conosciuto e con suo immenso terrore si era accorto di non riuscire a ricollegare neanche un singolo momento felice della sua infanzia all’immagine di suo padre.

Ogni momento era guastato dalla presenza di Blaise: l’uomo era presente in ogni attimo della sua infanzia, bello o brutto, importante e marginale e forse era proprio a causa sua se ora James non riusciva a ricordare un momento felice con suo padre.

La sovraesposizione di Blaise nella sua mente infantile lo aveva portato a cancellare i ricordi preziosi che lo legavano al padre.

Perché sua madre glielo aveva permesso? Perché non si era sforzata di più per mantenere viva la memoria del padre in modo che lui e Albus avessero ben chiari i ruoli all’interno della loro famiglia?

Era lei la vera colpevole in tutta quella faccenda: era stata sua madre a preferire un Serpeverde al padre, era stata sempre lei a evitare che i suoi figli avessero contatti con Harry Potter, probabilmente spaventata da quello che l’uomo avrebbe raccontato loro sulla sua condotta o sul vero motivo per cui era terminato il loro matrimonio.

James non aveva il minimo dubbio che il divorzio fosse da imputare alla madre e alla sua relazione extraconiugale con Blaise; chissà per quanto tempo aveva tradito suo padre con quella Serpe prima di decidersi a chiedere il divorzio.

Se le sue supposizioni si sarebbero rivelate vere, allora c’era da mettere in dubbio anche la paternità di Albus e questo avrebbe spiegato finalmente perché suo fratello era stato smistato tra i Serpeverde ed era riuscito a legare con quell’uomo.

Tra poche ore avrebbe avuto delle risposte alle sue domande.

James riusciva già a immaginare il colloquio che avrebbe avuto di lì a una settimana, una volta tornato a casa, quando avrebbe affrontato sua madre per la sua condotta sconsiderata durante il suo primo matrimonio e, se la conversazione si sarebbe svolta come credeva e se avesse avuto abbastanza coraggio, le avrebbe sbattuto in faccia anche il fatto che era a conoscenza della vera paternità di Al.

Riusciva già ad assaporare il piacere che sarebbe derivato dalla sua vittoria sulla madre.

Il rumore  di passi e il brusio di voci che sentì diffondersi nei corridoi dei dormitori lo distolsero dai propri pensieri e portarono James ad alzarsi in piedi e a uscire dalla propria stanza, unendosi ai suoi compagni Grifondoro verso l’uscita della Casa.

L’ora della verità era arrivata.

 

_________________________________

 

 

-Ti prego! T’imploro! La vuoi smettere?-

Sdraiata sul letto, avvolta dalle coperte, Michelle mosse leggermente la testa per incontrare lo sguardo della sorella.

-Non ne posso più! Sono settimane che ti trascini per i corridoi come uno zombie.

Hai intenzione di continuare così ancora per molto?-le domandò Ellie con un’espressione severa in volto.

Michelle fissò in silenzio la gemella, incapace di trovare una risposta a tono.

In fondo cosa avrebbe potuto dirle? Ellie aveva perfettamente ragione.

Dalla lite con Albus non si sentiva più se stessa, come se all’improvviso avesse perso una parte di se.

Nonostante fossero passate settimane, le parole crudeli che le aveva gettato addosso Al le rimbalzavano nella testa, ferendola ogni volta con la stessa forza della prima volta.

Come aveva potuto? Perché aveva scelto di essere così velenoso proprio con lei, che gli era stata accanto fin da quando erano bambini?

Eleonor si sedette su un angolo del letto e, con la grazia innata che la distingueva, si sdraiò al suo fianco sopra le coperte, nel poco spazio lasciato libero dalla sorella.

-Sai, se non vi conoscessi bene e non sapessi ciò che so, potrei pensare che stai soffrendo per la fine di una storia d’amore-commentò voltandosi su un fianco con la speranza di incontrare lo sguardo della gemella.

Michelle sbuffò, infastidita da quelle parole.

-Soltanto un idiota potrebbe pensare che Albus ed io stiamo insieme-commentò acida.

Ellie ghignò di fronte al viso incollerito di Michelle.

-Giusto… In fondo passavate soltanto tutto il vostro tempo insieme, sia durante le lezioni sia fuori, avevate degli atteggiamenti veramente intimi una verso l’altro…- disse con aria fintamente pensierosa.

-Ma di che parli?- domandò l’altra, alzandosi a sedere di scatto sul letto, un’espressione incredula sul volto.

-Uh… Quante volte si è addormentato sul divano con la testa sulle tue ginocchia? Ho perso il conto delle volte in cui vi ho trovato sul divano, con Al sdraiato quasi completamente addosso a te o viceversa, oppure con le braccia strette attorno ai tuoi fianchi e il viso affondato nel tuo stomaco. O vogliamo parlare di tutte le volte che nei momenti di sconforto nascondeva il viso nel tuo collo neanche fosse uno struzzo che cerca rifugio nella sabbia?-elencò Ellie.

-Erano solo gesti d’affetto tra amici-ribatté Michelle, con minore sicurezza nella voce.

Non si era mai fermata a esaminare il comportamento che lei e Albus avevano con l’altro, ma ascoltando ora le parole della sorella, si rendeva conto per la prima volta che quei piccoli gesti rassicuranti, che entrambi avevano avuto una verso l’altro senza la minima malizia, potevano essere facilmente mal interpretati da occhi esterni.

-El, non devi giustificarti con me!

Come ti ho già detto, io so perfettamente che non c’è mai stato niente tra voi- ripeté Eleonor.

-Allora perché stiamo facendo questo discorso?-le domandò la sorella, leggermente irritata da quella che considerava una conversazione fuori luogo.

-Perché il tuo comportamento delle ultime settimane sta dando adito a voci.

Sai cosa si dice in giro?-le domandò a sua volta l’altra.

Michelle scosse la testa.

-Corre voce, specialmente tra i pettegoli di Grifondoro, che la lite tra te e Al abbia portato alla fine della vostra storia….-raccontò Ellie.

-Quale storia?-la interruppe Michelle sorpresa.

Eleonor le rivolse il ghigno ironico che era tipico della famiglia Malfoy.

-Oh, una bellissima storia d’amore tormentata che voi due avete vissuto in segreto per tutti questi anni per paura di affrontare i nostri genitori e gli zii-

-COSA?-esclamò stupefatta Michelle, scostando le coperte che l’avevano avvolta fino a quel momento e alzandosi in piedi.

Come avevano potuto anche solo immaginare una simile idiozia?

Se la circostanza fosse stata diversa, sicuramente Michelle sarebbe scoppiata in un’interminabile risata che le avrebbe provocato i crampi allo stomaco ma ora, l’unica reazione che le suscitò quella confessione fu incredulità.

-Io e Al? E’ assurdo!-commentò, incapace di esprimere il proprio shock in maniera più articolata. –Non potrei mai stare con lui…Sarebbe come essere fidanzata con Jude- aggiunse, rabbrividendo brevemente all’idea.

Eleonor rabbrividì a sua volta, prima di alzare le spalle.

-Ci sono anche dei fan club. Ero tentata di iscrivermi per ascoltare le idiozie che dicevano sul vostro conto.

A quanto pare, l’attrazione principale riguardo alla vostra storia è che tu sei la figlia di nostro padre e Al è figlio di Harry Potter- raccontò Ellie.

Michelle aggrottò la fronte.

-Questo che vorrebbe dire?-

-Vuol dire che il vostro amore ha finalmente sconfitto l’odio che c’era tra nostro padre e Potter- chiarì l’altra, alzando allo stesso tempo gli occhi al cielo. –Certa gente dovrebbe farsi una vita piuttosto che ficcare il naso negli affari degli altri- commentò l’attimo dopo.

-Peccato che Al preferirebbe chiamarsi Zabini, piuttosto che Potter- commentò Michelle.

-Peccato che Al non sia interessato a te, ma a quel Grifondoro- disse a sua volta Eleonor.

Colta completamente di sorpresa dalle parole della gemella, Michelle la fissò sbalordita con la bocca leggermente dischiusa per lo stupore.

-Tu lo sai?-le domandò qualche attimo dopo.

Ancora una volta, Ellie alzò gli occhi al cielo.

-Certo che lo so! Tutta la famiglia lo sa! No aspetta tutti tranne James, ma la cosa non mi stupisce. Lui è sempre stato l’outsider della famiglia.

Credo che la zia Pansy abbia già pronto un grande party per il giorno in cui Al si deciderà a fare il suo grande annuncio- commentò con nonchalance.

-Ma come? Quando?- domandò ancora incredula Michelle.

Eleonor scrollò le spalle.

-Non saprei dirtelo. Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto una sensazione strana… Hai presente quando cerchi disperatamente di ricordare qualcosa che sai essere importante, ma per quanto ti sforzi, non riesci a rammentare cosa sia?- le domandò a sua volta e ricevendo un cenno di assenso in risposta.

-Ecco, per anni ho provato quella sensazione nei confronti di Al. Non dico che fosse una sensazione negativa, ma sapevo che c’era un pezzo mancante che mi mancava per inquadrarlo.

Quando siamo arrivate a Hogwarts e ho visto gli sguardi che lanciava di soppiatto agli altri ragazzi, ho finalmente capito cos’era.

Da quando ha conosciuto Richard, è ancora più evidente… E’ innamorato di lui?- le domandò poi.

Michelle sospirò e annuì, tornando a sedersi sul letto accanto alla sorella.

-Già. Da molto tempo, ma ha paura di rovinare la loro amicizia.

Inoltre Richard ha un flusso continuo di ragazze.

Aveva deciso di dichiararsi quest’anno, ma…-aggiunse l’attimo dopo.

-Ma poi è andato completamente fuori di testa-concluse per lei Eleonor.

Michelle si limitò ad annuire.

-Questo però non giustifica quello che ti ha detto. Non sei il suo punching ball- aggiunse Ellie l’attimo dopo.

Michelle restò in silenzio, consapevole che sua sorella aveva perfettamente ragione e che non sarebbe servito a nulla difendere Albus.

-Quando tutto sarà tornato alla normalità, sarà lui a venire da me e spiegarmi perché ha detto quelle cose.

Credimi, dovrà faticare parecchio prima di avere il mio perdono-aggiunse, mettendo in mostra la sua vena Malfoy per la prima volta in quel lungo colloquio.

Le due sorelle restarono in silenzio per qualche istante, sedute l’una accanto all’altra, finché Eleonor non si alzò in piedi e si diresse verso l’armadio che conteneva i vestiti di Michelle.

-Che stai facendo?-le domandò la gemella, aggrottando la fronte.

-Sto scegliendo dei vestiti adatti per la gita a Hogsmeade- rispose l’altra senza voltarsi, continuando a esaminare il contenuto dell’armadio.

-Ellie… Non sono dell’umore adatto-ribatté Michelle.

Eleonor si voltò verso la gemella, stringendo un paio di jeans neri nella mano destra e una gonna grigia nella mano sinistra.

-Giusto… Molto meglio passare una delle poche giornate in cui c’è permesso di uscire da qui tra queste quattro mura sotto le coperte perdendo tempo a commiserarsi e a rimurginare sulle parole rabbiose di un’idiota- le disse, gettando sul letto i jeans e tornando a voltarsi verso l’armadio.

-Sai cosa penso invece? Che proprio perché non sei dell’umore adatto, dovresti uscire e distrarti.

Devi vedere gente, staccare la spina e smetterla di pensare al vostro litigio, anzi se devo dirti la verità, credo che tu debba metterci una pietra sopra-le disse.

Questa volta, quando si girò verso la sorella, tra le mani aveva una felpa verde smeraldo e un maglione rosso.

-Non ci riesco…-disse semplicemente l’altra.

-Non ci hai neanche provato! Smettila di comportarti come se foste stati veramente una coppia e lui ti abbia lasciato.

Tira fuori le palle e reagisci!- le disse in un tono che non accettava repliche.

Michelle cercò lo sguardo della sorella e, per un breve istante, il suo labbro inferiore tremò presagio delle lacrime che Michelle sentiva salirle agli occhi.

Eleonor sospirò, mostrando tutta la propria frustrazione per quell’argomento e, in parte, anche per il comportamento della sorella.

-Al ritornerà… Lo sappiamo entrambe.

Il rapporto che avete voi due è forte quasi quanto quello che abbiamo tu ed io, perciò ritornerà strisciando a chiederti perdono.

Nel frattempo però, devi andare avanti con la tua vita. Quindi ora smettila di commiserarti e va a farti la doccia mentre io cerco qualcosa di decente in questo museo degli orrori-disse infine Eleonor.

L’ultima frase riuscì a strappare un sorriso divertito a Michelle e soprattutto riuscì a smuoverla: Ellie aveva ragione su tutta la linea.

Presto le cose sarebbero tornate alla normalità e lei avrebbe riavuto il suo migliore amico, ma per il momento doveva andare avanti con la sua vita e vivere delle esperienze tipiche della vita di una quattordicenne.

Con un ultimo sospiro, si alzò dal letto e si avviò verso il bagno.

-Non scombinare l’ordine con cui ho sistemato i vestiti-disse alla sorella rivolgendole un ultimo sguardo prima di chiudersi la porta del bagno alle spalle.

-Tranquilla, quando tornerai saranno ancora ordinati dal più terrificante al meno orribile- la rassicurò ironica Ellie.

Michelle sorrise e chiuse la porta.

Sarebbe stata dura abituarsi all’assenza di Albus, ma sapeva che sarebbe riuscita a superare qualsiasi cosa se Eleonor fosse rimasta al suo fianco.

 

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Albus aveva deciso di sfruttare al massimo la gita a Hogsmeade.

Amava Hogwarts, ma nelle ultime settimane aveva iniziato a provare un senso di claustrofobia ogni volta che si trovava a passeggiare per i lunghi corridoi del castello o si trovava seduto in una delle aule insieme agli altri studenti.

Gli unici posti in cui sentiva di poter respirare tranquillamente erano il grande parco che circondava il castello, la Stanza delle Necessità e il lago.

 Avrebbe potuto passare ore seduto sulla riva del lago guardando le onde placide che gli venivano incontro per poi ritrarsi lentamente.

In vista della giornata a Hogsmeade, Albus si era baloccato a lungo con diverse idee su come passare il tempo a sua disposizione, ma alla fine aveva scelto di fare qualcosa di completamente diverso.

Non avrebbe trascorso quelle ore con i suoi nuovi amici; per quelle poche preziosissime ore, voleva godere della libertà che soltanto il completo anonimato poteva dare.

Ancora a Hogwarts aveva fatto delle ricerche e, una volta trovato quello che sembrava fare al caso suo, aveva iniziato a contare i giorni che lo separavano dalla gita.

Quando finalmente il grande giorno era arrivato, Al era pronto: l’ansia e la paura che aveva associato a una situazione come quella era stata completamente spazzata via dalla consapevolezza che sarebbe stata un’esperienza che avrebbe ricordato per tutta la vita.

Quel giorno aveva deciso di non assumere pozioni stupefacenti, per essere lucido ogni momento della giornata e per evitare che i suoi ricordi fossero distorti dal suo stato alterato.

Dopo un lungo esame del proprio abbigliamento, aveva indossato un paio di jeans neri strappati in più punti che, grazie all’attività fisica fatta durante l’estate, aderivano al suo corpo come una seconda pelle e una camicia color melanzana, preoccupato di essere allo stesso tempo troppo elegante o troppo ordinario per attirare l’attenzione.

Una volta arrivati a Hogsmeade, si era allontanato velocemente dagli altri studenti e si era avviato a passo spedito per le strade affollate della città finché non aveva raggiunto una zona poco frequentata dagli alunni di Hogwarts fino ad arrivare alla sua destinazione.

Il Babylon.

Uno dei pochi locali della comunità magica gay e, da quanto aveva scoperto dalle sue ricerche, il migliore.

Vi erano altri locali, che mettevano a disposizione i loro servizi per uomini e donne con specifici desideri, ma per la sua prima esperienza in quel mondo, Albus aveva deciso di cominciare con qualcosa di semplice.

Il locale era stato in precedenza una fabbrica di scarpe e, a seguito del fallimento dell’azienda era rimasto in disuso per decenni, finché alla fine degli Anni Novanta era stato comprato dall’attuale proprietario che lo aveva trasformato in un locale gay.

L’uomo non aveva cambiato nulla della struttura originale: i mattoni rossi in rilievo e le enormi finestre originali che spiccavano sulla facciata frontale si adattavano perfettamente all’insegna al neon sistemata sopra le porte di ferro battuto.

Nonostante l’orario particolare, il locale era già aperto per permettere agli studenti di Hogwarts di passare qualche ora fra le sale buie e fumose del locale.

Albus restò a osservare l’entrata del Babylon per un lungo istante, colto da un’inaspettata ansia all’idea di attraversare le porte del locale. Grazie alle sue nuove amicizie, era riuscito a procurarsi un documento falso che gli avrebbe permesso di entrare nel club senza troppi problemi e, soprattutto, di ordinare da bere.

Ciò che lo tratteneva era la paura di fare la figura dell’idiota: per tanto tempo aveva fantasticato su come sarebbe stata la sua prima esperienza in un locale gay e, ogni volta, non aveva mai dovuto vergognarsi del proprio comportamento.

Non si era mai ubriacato, ne aveva avuto atteggiamenti sbagliati con completi sconosciuti… Ma quella era la sua immaginazione.

Come si sarebbe comportato nella realtà?

Deciso a non lasciarsi prendere dall’ansia, Albus inspirò un respiro profondo, si passò una mano tra i capelli spettinati e si avviò a passi decisi verso l’entrata del locale.

Il buttafuori controllò distrattamente il suo documento e lo lasciò entrare; per un attimo Al si chiese se il cambiamento avvenuto quell’estate nel suo fisico non lo avesse aiutato, facendolo apparire più grande della sua età, ma accantonò velocemente quel pensiero per concentrare tutta la sua attenzione su ciò che lo circondava.

Dopo aver attraversato un lungo corridoio, Al si ritrovò in un’enorme sala, dove il colore predominante era il nero: tutto, dal pavimento al soffitto, era nero, illuminato dalle luci stroboscopiche dai colori più sgargianti che cambiavano tonalità ogni dieci secondi.

Al centro della sala c’era la pista da ballo, con un discreto numero di ragazzi impegnati danzare al ritmo della musica che era suonata ad alto volume dalle casse nascoste sopra le loro teste.

 

So wake me up when it's all over
When I'm wiser and I'm older
All this time I was finding myself
And I didn't know
? I was lost

 

Alla sua sinistra, Albus trovò il bancone del bar, dietro la quale un ragazzo in uniforme e dai capelli biondo platino era intento a sistemare le varie bottiglie di alcolici; alla sua destra invece, Al scorse una scala di ferro battuto che conduceva alle balconate dove, si accorse solo in quell’istante, c’erano molti ragazzi intenti a osservare la pista da ballo oppure immersi in una conversazione.

Soltanto dopo una seconda occhiata, Albus si accorse di un corridoio alla sua sinistra di cui non riusciva a intravedere la fine.

Corrugando la fronte confuso, il ragazzo distolse lo sguardo e si voltò nuovamente verso il bar; con passi incerti, si avviò verso il bancone e, una volta lì posò entrambe le braccia sul ripiano in attesa che il barista terminasse la sua ispezione e si accorgesse di lui.

Quando finalmente il giovane si voltò, un sorriso apparve spontaneo sul suo volto.

-Ehi! Che cosa prendi?- gli domandò in tono gioviale.

Al combattendo contro la propria ansia, ricambiò il suo sorriso e alzò le spalle.

-Cosa mi consigli? Niente di troppo alcolico- aggiunse l’attimo dopo.

Albus si accorse dello sguardo veloce che il barista lasciò scivolare sul suo volto e ciò che s’intravedeva del suo corpo e, incoraggiato da quell’occhiata, sorrise nuovamente quando i loro sguardi tornarono a incontrarsi.

-E’ la prima volta che vieni, vero?-domandò ancora il biondo.

Albus annuì.

-E’ così evidente?- chiese leggermente in imbarazzo.

L’altro scosse la testa e rise.

-Ho una buona memoria e un viso come il tuo non l’avrei certo dimenticato-commentò il barista continuando a sorridere. –Direi che uno Shirley Temple è perfetto per te- disse l’altro, prima di voltargli le spalle per prendere l’occorrente per il drink.

Nell’attesa Albus voltò le spalle al bancone, osservando le persone sulla pista da ballo, invidioso della spensieratezza con cui quegli uomini danzavano incuranti del giudizio degli altri.

Lui non sarebbe mai stato capace di spingersi fino al centro della pista e ballare davanti a tutte quelle persone: le poche volte in vita sua che aveva danzato lo aveva fatto nella privacy della sua stanza oppure con Michelle, certo che lei non lo avrebbe mai preso in giro per le sue movenze goffe.

-Ecco a te-la voce del barista lo portò a voltarsi nuovamente verso il ragazzo e, dopo avergli rivolto un altro sorriso, pagò il cocktail.

-Stai pensando di buttarti nella mischia?-gli domandò l’altro.

Al scosse la testa.

-Dovrei essere davvero ubriaco per ballare davanti a tutti- commentò strappando una risata al biondo.

Il barista fece per rispondere, ma proprio in quell’istante un cliente si avvicinò al bancone, richiamandolo al proprio dovere.

 

Kiki, do you love me? Are you riding?
Say you'll never ever leave from beside me
'Cause I want you, and I need you
And I'm down for you always
KB, do you love me? Are you riding?
Say you'll never ever leave
From beside me, 'cause I want ya

 

Albus voltò nuovamente le spalle e, bevendo lentamente il suo drink restò in ascolto della musica.

Il suo sguardo si mosse verso la scalinata che conduceva alla balconata e per un breve istante Al si baloccò con l’idea di osservare il panorama dall’alto, ma all’improvviso una voce lo distolse dai suoi pensieri.

-Ciao-.

Albus s’irrigidì mentre le dita strette attorno al bicchiere si serrarono in un gesto istintivo.

Aveva sperato di avere più tempo per ambientarsi prima di essere avvicinato da un altro avventore del club, in modo da non rendere evidente al primo sguardo la sua insicurezza per il semplice fatto di essere in un locale gay.

Per un istante restò immobile, lo sguardo fisso dinanzi a se, respirando profondamente per prepararsi all’incontro con quell’estraneo, sperando che una volta trovato il coraggio per voltarsi alla sua sinistra l’uomo fosse ancora lì.

Quando finalmente si decise a voltare la testa verso sinistra, tutta l’ansia che aveva provato fino a quel momento sparì per lasciare spazio a un'altra emozione: rabbia.

Solitamente avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, ma questa volta era stato distratto dalla musica e da quello che succedeva intorno a se in quel locale pieno di gente.

Richard.

Era fermo a poca distanza, appoggiato al bancone del bar con una bottiglia di birra poco distante da se e, come sempre, riusciva a mozzargli il fiato anche con una sola occhiata.

Albus era abituato a vederlo con indosso l’uniforme di Hogwarts e ogni volta non riusciva a spiegarsi come un abbigliamento così semplice potesse provocare reazioni così forti e inaspettate.

Ora Richard era davanti a lui con indosso un paio di jeans blue marine, una camicia nera con i primi due bottoni slacciati e una cravatta rossa sottile allentata e fin dal primo sguardo, Al sentì accelerare i battiti del suo cuore e avvertì un aumento della sudorazione.

-Non ti ho mai visto prima da queste parti. E’ la tua prima volta?-gli disse Richard alzando leggermente la voce per sovrastare il volume della musica.

Albus corrugò la fronte a quelle parole, confuso.

Senza dargli il tempo di rispondere, Richard diminuì la distanza tra loro e gli tese una mano.

-Sono Richard- si presentò.

Al lanciò uno sguardo alla mano tesa verso di lui prima di riportare gli occhi sul volto dell’altro sempre più confuso.

-Che stai facendo?- si decise a chiedergli, mostrando la propria incredulità nella voce.

Il ragazzo gli sorrise affabile, ritraendo la mano.

-Mi sto presentando… Non è così che si fa quando s’incontra qualcuno per la prima volta?-gli domandò a sua volta.

Ancora profondamente confuso, Albus restò qualche istante in silenzio, lo sguardo ancora fisso sul volto dell’altro su cui campeggiava un sorriso rassicurante, finché non si decise ad allungare la mano a sua volta e a stringere quella di Richard.

-Sono Albus- si presentò, cercando di zittire la voce nella sua testa che gli faceva notare l’assurdità di quella situazione.

Non trovava nulla di logico nel comportamento di Richard, ma considerata la situazione assurda in cui si trovavano, decise di assecondare la sua pazzia momentanea.

L’alternativa sarebbe stata allontanarsi velocemente dal ragazzo attirando l’attenzione su di se, se non addirittura lasciare il Babylon, rovinando così la sua prima esperienza in quel mondo totalmente sconosciuto.

Aveva atteso troppo a lungo quel momento e non avrebbe certo permesso a Richard di rovinargli quell’esperienza.

Richard annuì e gli rivolse un sorriso soddisfatto.

-Un nome inusuale. Mi piace.

E’ la prima volta che vieni al Babylon?-gli domandò.

Al annuì prendendo un sorso dal proprio drink.

Richard si sistemò al suo fianco, con la schiena appoggiata contro il bancone, imitando la postura che Al aveva assunto pochi attimi prima.

-Che ne pensi? Che idea ti sei fatto di questo luogo di perdizione?- gli chiese in tono ironico.

Albus sorrise, suo malgrado, e alzò le spalle.

-Non è male. Anche se mi piacerebbe fare conversazione senza dover urlare- commentò prima di prendere un sorso dal proprio drink.

Richard ridacchiò.

-Già, è uno dei lati negativi di questi locali. Allo stesso tempo, però, è anche un lato positivo- aggiunse l’attimo dopo.

Il moro alzò un sopracciglio incuriosito.

Richard gli si avvicinò, diminuendo quasi completamente la distanza tra loro e, a causa della differenza nella loro altezza, lo guardò di sotto in su.

-In questo modo dovremmo stare vicini per sentire la voce dell’altro- gli spiegò.

A quelle parole, Al arrossì prepotentemente, felice che la scarsa illuminazione all’interno del locale impedisse all’altro di notare il suo imbarazzo.

-Fammi indovinare: sei in libera uscita da Hogwarts- disse ancora Richard.

Albus alzò gli occhi al cielo.

-Da cosa lo hai capito? L’età, l’orario? Ah no… Forse anche tu sei in libera uscita-lo punzecchiò a sua volta.

Richard rise e annuì per poi prendere un lungo sorso dalla propria bottiglia.

-Touché. Mi hai scoperto. Eppure non credo di averti mai visto in giro per i corridoi del castello.

In fondo una faccia e un fisico come il tuo me lo ricorderei-aggiunse.

Albus aggrottò la fronte.

-E’ la seconda volta che sento questo commento. Cos’ ha di speciale la mia faccia?-gli domandò sinceramente interessato.

Richard lo fissò qualche istante, incerto se le parole dell’altro fossero ironiche o meno, per poi rendersi conto della genuina curiosità con cui l’altro gli aveva rivolto quella domanda.

Allontanò lo sguardo da Al e lo fissò per qualche secondo sulla pista da ballo, trovando subito ciò che stava cercando.

-Vedi quei due ragazzi?-gli disse indicando un punto lontano sulla pista. –Il moro con i jeans strappati che sta ballando con il ragazzo con i capelli rossi?- gli chiese ricevendo un cenno d’assenso da parte di Al. –Beh, non hanno smesso di guardarti da quando mi sono avvicinato.

Probabilmente stanno aspettando che tu mi dai il benservito per farsi avanti- aggiunse infine.

L’espressione incredula che si disegnò sul volto di Albus provocò una risata divertita da parte di Richard.

Era uno scherzo! Sicuramente l’altro lo stava prendendo in giro, perché non era assolutamente possibile che quei due uomini fossero anche minimamente interessati a lui.

-Non ci credo-ribatté scuotendo la testa lanciando allo stesso tempo occhiate furtive alla coppia.

Richard sospirò.

-Hai mai avuto uno specchio in vita tua? Non ti sei reso conto di quanto sei sexy? Oppure hai un ego smisurato e ti piacciono i complimenti?- domandò ancora accennando un sorriso ironico.

Ancora una volta, Albus alzò gli occhi al cielo.

Prima che potesse rispondere a tono alle parole di Richard, il ragazzo si avvicinò a lui diminuendo completamente la loro distanza e posando la mano destra sul suo avambraccio, spinto dall’arrivo di nuovi avventori al bar.

-Ti va se cerchiamo un luogo più tranquillo?-gli domandò ancora Richard.

 –Mi sembra di aver visto un divano da qualche parte-.

Al annuì e, stringendo saldamente il proprio drink, si lasciò guidare dall’altro verso un angolo buio del locale dove era sistemato un divano circolare di pelle nera.

-Qui non ci disturberà nessuno- disse Richard lasciandosi cadere sul divano e poggiando la schiena contro lo schienale, lanciandogli poi uno sguardo quando si accorse che Albus era ancora in piedi dinanzi a lui.

-Che intenzioni hai?- gli domandò Al, un’espressione dubbiosa in volto.

Richard gli rivolse un sorriso rassicurante e alzò le mani.

-Voglio soltanto conoscerti meglio senza dovermi preoccupare della concorrenza- rispose con una vena d’ironia nella voce.

Albus accennò un sorriso altrettanto ironico e si sedette sul divano al suo fianco.

-Allora, dove eravamo rimasti? Ah, giusto.

Come mai non ti ho mai visto a Hogwarts?-gli domandò di nuovo voltandosi per metà verso il moro in modo da poter osservare il suo volto.

Al alzò le spalle.

-Forse non frequentiamo le stesse comitive-si limitò a commentare.

La sua mente lo riportò a poche settimane prima, a un’altra discussione avuta con Richard iniziata proprio nello stesso modo e per un breve istante, Albus provò nuovamente lo stesso fastidio che aveva provato allora all’idea che l’amico lo avesse messo da parte per James o per correre dietro a tutte le ragazze di Hogwarts.

-E’ un vero peccato. Per fortuna esistono locali come questo.

Dunque… che segreti si nascondono dietro questa faccia pulita?-gli domandò l’altro poggiando un gomito sulla spalliera del divano e avvicinandosi leggermente ad Albus.

Al sorrise e assunse la stessa posizione di Richard.

-Non vuoi neanche provare a indovinare? Vuoi che faccia tutto il lavoro per te?- domandò a sua volta il moro.

Quella situazione iniziava a essere divertente e Al era curioso di scoprire fino a che punto Richard gli avrebbe permesso di spingersi.

Il Grifondoro abbassò lo sguardo e ghignò malizioso prima di incontrare nuovamente i suoi occhi.

-Vediamo un po’… Abbiamo già stabilito che sei uno studente di Hogwarts.

Il fatto che non ti abbia mai incontrato per i corridoi può voler dire che tu fai parte di Corvonero o di Serpeverde- iniziò prima di fissarlo attentamente qualche secondo. –Non sembri il tipo di ragazzo che passa intere giornate sui libri, quindi devi essere un Serpeverde.

Inoltre non devi essere un amante dello sport perché non ricordo di averti mai visto alle partite di Quidditch- aggiunse.

-Sei riuscito a capire tutte queste cose di me solo con uno sguardo?- lo prese bonariamente in giro Albus.

-Ho indovinato?- chiese a sua volta Richard, un sorriso accennato a incurvargli gli angoli della bocca.

Al alzò le spalle, prendendo un sorso veloce del proprio cocktail.

-In parte. Sono un Serpeverde e non amo il Quidditch… Non ho mai capito cosa ci fosse di così interessante nel vedere un gruppo di persone volare in cerchio su una scopa.

Però, sono quello che si può definire uno studente modello- aggiunse consapevole di mentire.

Fino a poche settimane prima la sua media era impeccabile e nessuno avrebbe dubitato che per Albus si prospettassero un futuro e una carriera brillante; ora invece i suoi voti lasciavano a desiderare e la percezione che aveva di se stesso e del futuro era notevolmente più incerta.

Richard passò sopra la sua bugia e lo fissò per qualche istante prima di sorridere.

-Intelligente e sexy… Le hai proprio tutte, ragazzino- commentò.

Quelle parole portarono Al a distogliere lo sguardo dall’altro, consapevole del rossore che si stava diffondendo velocemente sulle guance e lungo il collo: fin da quando aveva capito di provare qualcosa oltre l’amicizia nei confronti di Richard, ogni volta che il ragazzo gli rivolgeva qualcosa anche vagamente simile a un complimento, Albus si sentiva bruciare per l’imbarazzo, certo di non meritare quelle parole gentili e che quella stupida reazione sarebbe stata un giorno la sua disfatta.

-Ora tocca a te- disse, partendo all’attacco sperando così di vincere il proprio imbarazzo.

Richard inarcò un sopracciglio in un’espressione ironica.

-Fa pure: io sono un libro aperto-

-Vediamo un po’… Sei una persona molto sicura di se, l’ho capito fin da quando ti sei avvicinato a me al bar. Quindi devi essere per forza un Grifondoro.

Soltanto i Grifoni hanno un’innata sicurezza di essere migliori degli altri-aggiunse l’attimo dopo.

-Ehi! Potrei offendermi- lo interruppe l’altro, malgrado fosse chiaramente divertito dalle sue parole.

Al alzò gli occhi al cielo.

-Ti prego! E’ palese dal modo in cui ti muovi e parli che sei convinto di essere una spanna superiore agli altri.

Lo hai dimostrato prima quando mi hai indicato quei due ragazzi sulla pista da ballo: ti brillavano gli occhi all’idea di poter avere qualcosa che altri desideravano.

Sei una persona sicura di se e del proprio fascino-commentò.

Come risposta a quelle parole, Richard si limitò ad alzare le spalle.

-Devi avere la fila di spasimanti fuori dalla porta- aggiunse Al, cercando di mantenere un tono disinteressato, nonostante quello fosse un tasto molto dolente per il Serpeverde.

L’idea che chiunque tentasse un approccio con Richard avrebbe ottenuto una risposta positiva lo riempiva di rabbia e lo metteva di fronte alle proprie mancanze.

Se in tanti anni di amicizia il Grifondoro non aveva mai accennato a trasformare la loro amicizia in qualcosa di più, fosse questo anche soltanto un breve flirt, ciò poteva voler dire solo una cosa: Richard lo vedeva solo ed esclusivamente come un amico.

Richard alzò le entrambe le mani e annuì.

-Lo ammetto. Sono molto popolare con l’altro sesso-confermò.

-Allora cosa ci fai qui?-chiese ancora Al.

-Beh, non ho mai detto di essere interessato soltanto al genere femminile, anzi se vogliamo dirla tutta, ultimamente ho scoperto di essere sempre più attratto dal genere maschile-

Quell’affermazione lasciò Albus senza parole.

Quando era avvenuto quel cambiamento? Perché non si era mai accorto di nulla? Era stata la sua amicizia con James a fargli scoprire quel lato di se?

Ancora leggermente stordito, il moro era alla ricerca delle parole adatte per formulare la prima delle tante domande che gli ronzavano in testa ma Richard lo precedette.

-Che mi dici di te? Anche tu hai capito da poco di essere più attratto dai ragazzi che dalle ragazze?

Mi hai detto che la prima volta che vieni in un locale gay, quindi suppongo che tu lo abbia scoperto recentemente-gli domandò.

Albus scosse la testa.

-Credo di averlo sempre saputo. Sono stato circondato da ragazze tutta la mia vita, eppure non ho mai avuto nessun interesse per loro… non mi sono mai soffermato a pensare a quanto fosse attraente una donna, quindi qualche anno fa ho iniziato a chiedermi perché fossi più colpito da un fisico scolpito e da un sedere sodo piuttosto che da un seno prosperoso- rispose senza nessuna remora.

Richard annuì lentamente.

-C’è qualcuno che ha colpito la tua attenzione?- gli domandò poi curioso.

Albus accennò un sorriso e alzò le spalle.

-Forse… Però sono davvero curioso di sapere cosa spinge una persona che finora è sempre stata un estimatore delle donne a interessarsi agli uomini.

Hai deciso di sperimentare durante gli anni a Hogwarts? Oppure c’è qualcuno che ha attirato la tua attenzione in modo particolare?-gli domandò incapace di trattenere la propria curiosità, cercando di mascherarla in un tono casuale.

Il Grifondoro sorrise.

-Entrambe le cose. Gli anni dell’adolescenza sono perfetti per esplorare ogni aspetto di se stessi, in modo da avere una piena consapevolezza una volta raggiunta l’età adulta.

Devo ammettere, però, che nell’ultimo periodo la mia attenzione è focalizzata soltanto su una persona-confessò Richard.

Ancora una volta, quelle parole accesero un fuoco gelido in Albus, confermando parzialmente i suoi dubbi: la convivenza forzata aveva portato Richard a rivalutare la sua amicizia con James, trasformandola in qualcosa di più profondo.

Quella era la prova definitiva che non c’era alcuna speranza con il Grifondoro.

-Se sei così preso da questa persona perché sei qui?-gli domandò Al incapace di nascondere il fastidio che provava per il comportamento dell’altro.

Richard accennò un sorriso e sospirò.

-Semplice: lui non mi vuole- rispose. –O meglio, al momento non è pronto per una storia.

Sta vivendo un periodo difficile e l’ultima cosa di cui ha bisogno è una relazione che gli complichi ancora di più la vita-aggiunse.

Albus aggrottò la fronte, leggermente confuso.

Possibile che suo fratello avesse qualche serio problema? La ricerca che stava portando avanti per trovare Harry Potter si stava rivelando più difficile del previsto?

L’idea che James fosse in difficoltà non gli piaceva per niente e, consapevole di non poter essere di nessun aiuto al fratello e ormai certo dei sentimenti che Richard provava per James, decise di intercedere in suo favore.

Nonostante quella decisione ponesse la parola fine su un’ipotetica relazione tra lui e il Grifondoro.

-Se è in difficoltà dovresti cercare di stargli accanto… Non è il modo migliore perché lui si accorga di te?- chiese leggermente confuso.

Il Grifondoro annuì, perfettamente d’accordo con le sue parole.

-Ho provato a offrirgli il mio aiuto, anche soltanto come amico… in quel momento ero talmente preoccupato per lui da non avere secondi fini e se mi conoscessi meglio capiresti quanto tengo a questa persona.

Purtroppo lui ha rifiutato la mia offerta-raccontò.

-Dovresti insistere; non tutti ammettono di aver bisogno d’aiuto la prima volta- ribatté Al.

Ancora una volta, l’altro annuì.

-Sono perfettamente d’accordo con te.

Cosa mi consigli di fare?-gli chiese.

Albus alzò gli occhi al cielo, infastidito dalla domanda.

Perché si era cacciato in quella situazione? Perché aveva deciso di rivestire il ruolo di consulente sentimentale per fratello?

-Non ho una grande esperienza in questo campo, ma gli uomini sono semplici: stagli addosso, diventa la sua ombra, fa in modo che non possa ignorarti e sia costretto a confrontare i sentimenti che prova per te-gli consigliò.

Le sue parole furono seguite da uno strano silenzio.

Durante quella inaspettata pausa nel loro discorso, Albus si ritrovò a pensare che dovesse dire o fare qualcosa: il rapporto con suo fratello in quel momento era praticamente inesistente e se James stava vivendo un brutto periodo, provocato probabilmente dalla sua assurda ricerca di Harry Potter, allora Richard doveva stargli vicino il più possibile.

Se veramente Richard aveva dei sentimenti per suo fratello, allora era la persona più adatta per aiutarlo e sostenerlo in questo momento; forse non sarebbe riuscito a far breccia nel suo cuore, vista l’orientamento sessuale di James, ma almeno sarebbe riuscito a fortificare la loro amicizia e a stargli vicino il più possibile.

Il problema sarebbe stato far capire a Richard che aveva indovinato chi fosse l’oggetto del suo desiderio e che lo spronava a perseverare nella sua opera di seduzione, anche se quasi certamente non avrebbe raggiunto il suo obiettivo.

-Se posso darti il mio consiglio, non devi mollare- iniziò rompendo il silenzio, tornando ad avvicinarsi all’altro in modo che cogliesse ogni sua parola.

-Quindi dici che dovrei andare da lui e confessargli che non lo vedo più come un amico?-gli domandò Richard a sua volta.

Al scosse la testa.

-No, non credo sia una buona idea, se ho capito il tipo.

Hai detto che questa persona sta vivendo un momento difficile, quindi avrà bisogno di un amico.

Qualcuno che gli stia accanto, che lo ascolti, che lo faccia ragionare e che lo aiuti quando avrà la sensazione che tutto gli remi contro.

Chi meglio di te?

Inoltre, se continuerai a supportarlo nella sua ricerca, vedrai che finirai per diventare indispensabile per lui-aggiunse.

Lo sguardo di Richard era fisso sul suo viso con un’espressione indecifrabile sul volto.

-Oh… Tu credi? – gli domandò infine Richard, una nota incerta nella voce, senza mai staccare lo sguardo dal volto del moro.

Albus annuì.

Il moro si chiese se fosse arrivato il momento di ammettere senza giri di parole che aveva capito chi fosse il ragazzo misterioso, ma decise altrimenti per non mettere in imbarazzo Richard.

-Conosco il tipo…-commentò. –Quando si mettono in testa una cosa non c’è modo di ragionarci.

Sicuramente ora la sua testa è persa dietro altri pensieri, che lo portano a mettere in discussione anche la propria famiglia, ma questo non significa che non possa accorgersi di te.

Devi essere paziente e vedrai che raggiungerai il tuo obiettivo- aggiunse consapevole di mentire.

-Lo credi davvero?- gli chiese ancora Richard, lo sguardo fisso sul suo volto.

Albus annuì accennando un sorriso.

-Ne sono convinto-.

Il moro osservò ancora un istante il volto dell’altro e un pensiero veloce gli attraversò la mente.

-Che ne dici di ballare?-gli domandò alzandosi prima ancora che l’altro gli avesse risposto.

Richard lo osservò per un breve istante prima di alzarsi a sua volta e seguirlo in pista.

Albus gli voltò le spalle e cercò di dimenticare la felicità che aveva provato quando si era reso conto che, nonostante tutte le rassicurazioni appena fatte al ragazzo, l’amore di Richard per James sarebbe stato infelice e a senso unico.

Proprio come il suo.

 

 

 Salve a tutti!!! Come state?

Sono tornata prima del previsto con un nuovo capitolo HURRAY!!!! Ho approfittato della sessione di esami per essere un pò più attiva e portarmi avanti con i capitoli prima che l'inizio delle lezioni mi travolga nuovamente togliendomi ogni forza e tempo libero.

Anche in questa storia siamo tornati a Hogsmeade anche se in questa FF, rispetto alle altre che ho scritto in precedenza, mi sono concentrata di più sulla preparazione alla "gita", ad eccezione ovviamente di Albus e Richard.

Nel prossimo capitolo i nostri studenti torneranno a casa per quelle che nei paesi anglossassoni sono conosciute come le vacanze di "half-tem" due settimane di vacanza ogni otto settimane.

Vi consiglio di prepararvi psicologicamente perchè il prossimo capitolo aprirà le danze: faremo dei passi avanti sia per quanto riguarda James sia per quanto concerne Prudence...Il momento della verità si avvicina inesorabile per entrambi e lascerà dietro di se parecchie macerie.

Inoltre, nel prossimo capitolo verranno introdotti due nuovi personaggi, anche se non so se posso veramente definirli così XD Magari una volta letto il capitolo mi darete la vostra opinione e decideremo insieme.

Ringrazio come sempre, tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e come ogni volta chiedo scusa umilmente per eventuali errori di battitura e/o di grammatica.

Il titolo è tratto da una canzone omonima dei Fall Out Boy, le citazioni ad inizio capitolo sono prese rispettivamente da "Torna a casa" dei Maneskin e da "Hold me tight(or don't)" dei Fall Out Boy; le canzoni citate nel capitolo sono "Wake me up" di Aviici e "In my feelings" di Drake.

Ed ora i ringraziamenti: FiorentinaSara(Grazie dei complimenti! Purtroppo come hai visto anche da questo capitolo niente distoglierà James dal suo proposito; Hermione ha fatto quella scelta perchè Prue non ha nessun ricordo di Ron( l'uomo non era abbastanza presente quando lui ed Hermione erano ancora sposati) e fin da bambina ha considerato Draco il suo vero padre, quindi perchè confonderla parlandole di Ron?), Ninfa_Nera(Bentrovata! ^_^ Spero che il sequel sia all'altezza delle aspettative, almeno per il momento), Germana(Spero di aver soddisfatto in parte la tua curiosità! ^_^ Devo ammettere che Ginny e Blaise sono una di quelle coppie assurde partorite dal mio cervello che stranamente le lettrici hanno abbracciato ed amato( un pò come George & Luna o Albus & Scorpius in altre FF), quindi sono molto coontenta che pr loro si stia avvicinando un lieto fine...forse; Il vero problema ovviamente sarà la reazione di James visto che al momento è lui la vera mina vagante; per quanto riguarda i Weasley al momento non posso risponderti perchè finirei per svelare troppo, quindi ti chiedo di avere un altro pò di pazienza e vedrai che presto le tue domande troveranno risposta; Il diario... lo so è stata una proposta un pò strana ma ho deciso di inserirla dopo aver riletto alcuni capitoli della FF originale e mi sono resa conto che sarebbe stato troppo "forte" per una donna incinta, quindi ho pensato di inserire una specie di cuscinetto per alleggerire il colpo... per quanto invece riguarda gli altri fratelli Malfoy posso solo dirti che la guria non si è ancora pronunciata in merito XD Ovvero non ho ancora deciso se rivelar loro la verità...).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Nothing breaks like a heart"

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** When tomorrow comes ***


ch 9

 

 

 N.D.A. Per la lettura di questo capitolo è importante che teniate a mente una frase attribuita a Napoleone( ma c'è anche chi la attribuisce al generale Goering, quindi non sono molto sicura della sua origine) su cui ho impostato parte di questo capitolo.

"La Storia la scrivono i vincitori". Buona lettura!

 

"Love don't give no compensation
Love don't pay no bills
Love don't give no indication
Love just won't stand still
Love kills, drills you through your heart
Love kills, scars you from the start
It's just a living pastime
Ruining your heartline
Stays for a lifetime won't let you go
Cause love (love) love (love) love won't leave you alone"


 

 

Era andato tutto storto.

Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli eppure fin dal primo momento c’erano state delle complicazioni.

Quando era sceso nel giardino per prendere parte all’appello dei partecipanti alla gita, James era stato avvicinato da Richard; l’amico l’aveva informato che, a causa di un imprevisto all’ultimo momento, non gli sarebbe più stato possibile accompagnarlo a Godric’s Hollow, mandando così all’aria la prima parte del suo piano.

James aveva cercato in ogni modo di fargli cambiare idea, arrivando a promettergli di farsi carico dei suoi compiti di Storia della Magia e di Storia delle Creature Magiche per almeno tre mesi, ma le sue proposte e le sue preghiere erano state vane.

A seguito della defezione di Richard, James aveva dovuto rivedere velocemente il proprio piano: sarebbe andato insieme ai propri amici in gelateria e avrebbe attirato l’attenzione su di se in modo che tutti si ricordassero la sua presenza nel locale e poi sarebbe sgattaiolato via in un momento di distrazione.

Ma a quanto pare, quello non era il suo giorno fortunato.

I suoi amici avevano iniziato a rumoreggiare non appena aveva accennato ad allontanarsi, riportandolo più volte al loro tavolo, fino a quando James non aveva trovato la scusa perfetta per abbandonare il locale: un appuntamento con una ragazza.

Nessuno a quel punto aveva avuto da ridire sulla sua partenza, anzi il suo annuncio era stato accompagnato da applausi e incoraggiamenti, fino a quando i suoi amici non gli avevano augurato buona fortuna e gli avevano fatto promettere di raccontare tutti i particolari più piccanti una volta ritornati ad Hogwarts.

Grazie a quella scusa, James era riuscito ad allontanarsi in fretta dalle strade principali di Hogsmeade infestate di studenti, fino ad arrivare ad una stradina buia dove aveva potuto tranquillamente smaterializzarsi a Godric’s Hollow.

Nonostante fosse sabato, ad una prima occhiata, la piccola cittadina doveva aveva vissuto suo padre durante il primo anno di vita sembrava deserta: la strada principale era vuota, così come la piazza, le facciate dei pochi locali che si affacciavano su quello che sembrava essere il centro cittadino avevano un aspetto dimesso e sembravano avere un disperato bisogno di una ristrutturazione.

James si era guardato attorno per alcuni istanti ed era stato invaso da un senso di sconforto.

Possibile che quella città, così importante per la storia della comunità magica fosse abbandonata a se stessa?

Dov’erano i turisti? Dov’erano i fan riconoscenti che affollavano le strade diretti al museo per onorare la memoria di suo padre?

Possibile che tutti avessero la memoria corta all’interno della loro comunità? Perché non c’erano statue o negozi di souvenir che celebravano le grandi gesta di suo padre o il tenue legame tra questo posto dimenticato dagli Dei Riuniti e il grande Harry Potter?

Ripescando nella sua memoria, James si rese conto che c’era qualcosa di diverso nel paesaggio della città: dov’era la statua eretta in memoria dei suoi nonni Potter e di suo padre?

Si era guardato intorno più volte, confuso, spaventato dalla possibilità che il monumento fosse stato abbattuto, fin quando non lo aveva scorto in lontananza.

Leggermente sollevato, si era incamminato a passi veloci verso l’obelisco e aveva osservato come il monumento cambiava forma sotto i suoi occhi; sapeva che quello era uno stratagemma per non confondere i babbani e che presto davanti a lui sarebbe comparsa una stupenda statua di Lily e James Potter con in braccio il loro bambino.

Quindi la sua sorpresa era stata enorme quando l’obelisco era scomparso e dinanzi ai suoi occhi era comparsa una statua diversa da quella che si era aspettato: la statua originale era scomparsa e al loro posto erano state erette due statue in bronzo che raffiguravano due giovani maghi, un uomo ed una donna, con il braccio destro sollevato verso l’alto, le bacchette strette nel pugno chiuso.

La ragazza aveva lunghi capelli lisci che arrivavano fino a metà schiena, un’espressione determinata fissata sul suo volto per l’eternità; i capelli del ragazzo, invece, erano corti e spettinati con una ciocca bronzea che ricadeva sulla sua fronte, e un paio di occhiali fermi sulla punta del naso in un equilibrio precario.

Sconvolto, James si era avvicinato al piedistallo per leggere le poche righe incise sulla placca dorata sistemata sul marmo.

 

“In memoria di James e Lily Potter,

Caduti con valore nella I Guerra Magica il 31 Ottobre 1981.

Il loro sacrificio non verrà mai dimenticato.

La Comunità Magica e il Comune di Godric’s Hollow

Qui Posero ad eterna memoria

31 Ottobre 2010”

 

Il loro sacrificio?

Erano veramente impazziti tutti in questo buco di paese?

Perché avevano tolto la statua originale? Che bisogno c’era di sostituirla con questo stupido ed inutile monumento? In fondo i suoi nonni non avevano fatto nulla di eclatante rispetto a suo padre!

Lui si che meritava una statua per il suo coraggio e per la sua generosità! Possibile che la massa di idioti che formava la comunità magica avesse completamente dimenticato quanto fosse valoroso suo padre?

I suoi occhi si erano allontanati dalla statua, mentre una rabbia sorda gli scorreva nelle vene e soltanto per caso si era accorto delle frasi scarabocchiate sul piedistallo.

 

“Vi ricorderemo sempre!”

“Parleremo di voi alle future generazioni di maghi!”

“Non vi meritavate un figlio del genere”

“Spero che vostro figlio marcisca ad Azkaban per quello che ha fatto”

 

Le ultime due frasi non avevano fatto altro che aumentare la rabbia di James.

Certa gentaglia avrebbe meritato di essere governata da Voldemort e dai suoi Mangiamorte, pensò incapace di trattenere la furia.

L’ultima frase, in particolare, aveva rischiato di causargli un travaso di bile: perché dei maghi che chiaramente sostenevano Voldemort ed i suoi seguaci avevano sentito il bisogno di visitare quel posto e lasciare un segno del loro passaggio? Perché avevano dovuto infangare la memoria di suo padre con quelle frasi insulse e velenose quando l’uomo aveva sacrificato la propria vita per il Bene comune?

James aveva sentito soltanto degli accenni fugaci su Azkaban e su quello che succedeva lì dentro e anche quei semplici racconti lo avevano terrorizzato.

Quanto odio era ancora associato al nome del padre?

Fermo di fronte alla statua, James non aveva potuto fare a meno di chiedersi perché una parte della comunità magica provasse ancora del risentimento verso il padre, nonostante i segni evidenti che con la caduta di Voldemort la vita era più facile per tutti.

Era per questo che suo padre aveva deciso di darsi alla macchia? Era a causa di queste persone se James non aveva avuto una figura paterna degna di quel nome nella sua vita?

Quando quel pensiero attraversò la sua mente, James si era ritrovato a pensare che, pur di ritrovare suo padre e instaurare un rapporto con lui, sarebbe stato disposto a tagliare i ponti con la comunità magica.

Era un sacrificio che era disposto a fare e che probabilmente non gli sarebbe pesato molto, se avesse avuto la certezza di essere accanto a suo padre.

Cercando di calmarsi e accantonando quei pensieri, il ragazzo aveva chiuso gli occhi, prendendo più volte un respiro profondo finché non era stato sicuro di aver ripreso il controllo di se stesso.

Soltanto allora James si era avviato lentamente per le strade del centro diretto al museo, seguendo le direzioni indicate dai cartelli rosso-oro leggermente consumati dal tempo e dalla pioggia, ma quando si trovò di fronte alla casa era rimasto ancora una volta senza parole.

Il cottage a due piani aveva sicuramente visto tempi migliori e come ogni altro edificio di quel paese sembrava privo di vita.

L’insegna “ Harry Potter’s Museum” posta al centro della facciata principale aveva la vernice scrostata e alcune lettere cambiavano forma per poi ritornare alla loro configurazione originale nel breve intervallo di trenta secondi.

Tutte le finestre del pianterreno e del primo piano erano inchiodate dall’interno con delle assi di legno mentre la porta d’ingresso era stata murata, probabilmente per dissuadere chiunque dal tentativo di intrufolarsi all’interno.

James si era avvicinato alla casa con passo incerto, incredulo della desolazione che si era presentata ai suoi occhi e soltanto allora aveva notato un foglio di pergamena affisso accanto ad una delle finestre del pianterreno.

Questo museo cesserà la sua attività il 01 Maggio del 2011

Sette anni fa.

Il museo aveva chiuso sei mesi dopo la sostituzione della statua nella piazza centrale del paese.

Per la prima volta da quando si trovava a Godric’s Hollow, James si era ritrovato a pensare che ci fosse una connessione logica tra gli strani eventi a cui aveva assistito nelle ultime settimane: l’atteggiamento ostile della bibliotecaria, la cittadina semideserta, la statua ed ora il museo dedicato a suo padre chiuso da sette anni.

Cosa era successo nel 2010 per far cambiare così radicalmente l’idea che l’opinione pubblica aveva di suo padre?

Perché all’improvviso tutti avevano iniziato a considerarlo il male assoluto mentre prima lo osannavano?

In preda ad una confusione inaspettata, James si era allontanato dal cottage ormai in rovina ed aveva percorso al contrario la strada che lo aveva condotto al museo, tornando nella piazza principale del paese.

Una volta giunto lì, si era guardato intorno alla ricerca di qualcosa o qualcuno a cui rivolgersi per far luce sui suoi dubbi e fortunatamente il suo sguardo si era posato su una libreria.

Si era avvicinato a passi veloci al negozio e, non appena era entrato, un uomo anziano era comparso dal retro.

L’uomo gli aveva rivolto un sorriso, incapace di nascondere la propria sorpresa nel trovarsi di fronte una faccia sconosciuta, e gli aveva rivolto un cenno di saluto con il capo.

-Posso esserti utile?-gli aveva chiesto in tono cordiale.

-Forse. Sto cercando un manuale di Storia della Magia- aveva risposto James con tono incerto.

L’uomo lo aveva guardato con un’espressione perplessa, domandandosi chiaramente perché fosse capitato nel suo negozio e non si fosse rivolto in una delle tante librerie di Diagon Alley.

-Vede, sto cercando qualcosa che parli della storia della nostra comunità negli ultimi vent’anni.

A scuola si concentrano principalmente sul passato-aveva aggiunto accennando un sorriso.

L’uomo aveva annuito lentamente e aveva mosso un passo per uscire da dietro al bancone.

-Ti riferisci ai processi svolti dopo la Seconda Guerra?-gli aveva chiesto.

James annuì.

Il librario gli era passato accanto con passo sicuro e si era avviato verso uno degli scaffali alla sua sinistra e pochi minuti dopo era tornato verso di lui con alcuni libri tra le mani.

L’attimo dopo aveva sistemato i diversi libri sul bancone accanto alla cassa.

-Questi sono alcuni dei migliori libri scritti sull’argomento.

Ti consiglio questo- aveva detto indicando un libro dalla copertina blu- E’ probabilmente il libro più dettagliato: ci sono diverse testimonianze ed i resoconti delle varie udienze-aveva aggiunto.

James aveva annuito.

-Allora credo proprio che lo prenderò-disse sorridendo nuovamente all’uomo.

Il proprietario della libreria gli aveva rivolto un cenno di assenso per poi sistemare in un angolo i libri da rimettere sugli scaffali e si era messo dietro la cassa iniziando a processare l’acquisto.

-Ha qualche libro su Harry Potter? Preferibilmente qualche libro che sia stato scritto di recente-gli aveva chiesto James, approfittando della distrazione momentanea dell’uomo.

James si rese subito conto di aver fatto la domanda sbagliata, fin dal momento in cui l’uomo aveva alzato lo sguardo dalla cassa sul suo volto e lo aveva fissato con aria sorpresa.

-Non esistono libri di quel genere- gli aveva risposto.

James aveva aggrottato la fronte davanti a quella risposta sibillina.

-Non esistono libri su Harry Potter scritti negli ultimi dieci anni?-aveva chiesto ancora perplesso.

L’uomo aveva annuito.

-E’ la legge.

Dopo gli eventi del 2009 è stata approvata una legge per impedire la pubblicazione di monografie o libri su Harry Potter, a meno che non trattassero la sua infanzia e adolescenza ed ovviamente il suo impegno nella lotta contro il Signore Oscuro- gli aveva spiegato velocemente il libraio.

James aveva corrugato la fronte, incredulo.

-Perché? Cosa è successo di così terribile nel 2009?- aveva domandato con un leggero sarcasmo nella voce, incapace di frenare la propria curiosità ed incredulità.

-E’ davvero una brutta storia, ragazzo… Qualcosa che nessuno ama ricordare- commentò l’uomo.

James aveva corrugato la fronte e aveva cercato velocemente qualcosa di ironico da dire, ma l’uomo sembrava desideroso di condividere i suoi pensieri al riguardo.

-Il pensiero di quello che poteva succedere a quella bambina ha sconvolto tutta la comunità magica.

Per Godric’s Hollow è stato un disastro, come puoi vedere: prima che succedesse quello scandalo eravamo pieni di turisti e ammiratori, ma dopo il 2009 gli unici maghi che sono comparsi in paese erano sostenitori di James e Lily Potter- aggiunse l’uomo.

-Quale bambina?- aveva chiesto James con la voce leggermente strozzata, confuso dalle parole del libraio.

Il libraio lo aveva fissato a lungo ed era apparso chiaro che fosse incerto se rispondere alla sua domanda o meno ma, dopo un lungo silenzio, l’uomo aveva dischiuso le labbra.

-Harry Potter è stato complice nel rapimento di una bambina-

A quelle parole un silenzio innaturale era sceso nella libreria.

James aveva continuato a fissare il libraio con un’espressione inorridita sul volto, incapace di processare completamente le parole dell’uomo, un ronzio fastidioso nelle orecchie che lo isolava completamente.

Incapace di pensare in modo coerente, si era voltato improvvisamente e si era avviato a passi veloci verso l’uscita.

Una volta in strada, aveva iniziato a camminare senza alcuna meta, lo sguardo basso sulle lastre di cemento della strada, nella testa una miriade di pensieri a cui non riusciva a dare un filo logico.

Era sicuramente una bugia. Non poteva essere altrimenti.

Una falsità  che aveva rovinato la reputazione impeccabile di un grande uomo e che, ora James lo vedeva chiaramente, lo aveva costretto ad abbandonare la propria famiglia perché sua moglie ed i suoi figli non fossero scalfiti dal fango che gli stavano gettando addosso.

Era la spiegazione più logica! L’unica spiegazione possibile.

Improvvisamente, nel suo girovagare, James si era reso conto di avere il fiato corto, i battiti del cuore fuori controllo e, cercando di riprendere il controllo di se, si era appoggiato ad un muro per poi scivolare lentamente a terra.

Aveva chiuso gli occhi e, nonostante fosse difficile all’inizio, aveva cercato di fare lunghi respiri profondi.

Lentamente tutto era ritornato nella norma e, con il viso affondato tra le mani, James si era lasciato andare ad un gemito frustrato.

Era terribilmente confuso: possibile che il vecchio proprietario della libreria avesse detto la verità?

Sua padre aveva realmente aiutato qualcuno a rapire una bambina? E se lo aveva fatto, cosa lo aveva spinto a compiere un’azione del genere?

Perché aveva  rischiato tutto, il suo lavoro e la sua famiglia, per compiere un’azione tanto orrenda?

Che fine aveva fatto quella bambina? Era ancora viva?

In quel momento, il suo cervello non riusciva a pensare in modo coerente, non riusciva a ricollegare le nuove informazioni con l’immagine che aveva di suo padre.

Un’immagine che aveva plasmato sui libri di storia e sui manuali… Ora non  era più una sorpresa se avesse un’idea perfetta di suo padre.

Ciò che non capiva era il divieto di scrivere nuove monografie su di lui dal 2009 in poi.

Chi aveva approvato questo divieto? Per quale motivo era stato approvato?

L’unica che poteva dargli delle risposte era sua madre.

Per un attimo, James si era chiesto se messa di fronte al fatto compiuto la donna avrebbe accettato di dargli delle informazioni al riguardo oppure, come al solito, si sarebbe trincerata dietro un muro di silenzio come aveva fatto tutti quegli anni.

Questa volta non glielo avrebbe permesso. Ora pretendeva delle risposte.

Aveva bisogno di capire cosa era successo e chi era realmente sue padre: era l’uomo perfetto  che descrivevano nei manuali oppure era l’uomo capace di rendersi complice in un atto meschino come il rapimento di un bambino?

James rimase a lungo seduto in una stradina deserta di Godric’s Hollow, immerso nei propri pensieri, analizzando tutte le possibili motivazioni che allora avevano spinto suo padre a commettere un gesto del genere, ma ogni volta il suo cervello arrivava ad un punto di stallo: per quanto fosse complicata la sua relazione con la madre, la donna gli aveva insegnato che c’era sempre una seconda possibilità, anche quando ci si trovava di fronte a delle strade a senso unico.

Inoltre, sua madre gli aveva istillato alcuni valori che avrebbero dovuto essere la sua bussola morale per tutta la sua vita: doveva portare rispetto le persone più anziane di lui, perché avevano una maggiore esperienza e soprattutto perché le loro battaglie avevano fatto si che la società in cui vivevano fosse migliore; doveva inoltre rispettare le donne e infine doveva essere gentile verso i bambini perché rappresentavano il futuro.

Se Tom Riddle fosse stato amato durante l’infanzia, probabilmente non avremmo mai sentito parlare di Lord Voldemort e la nostra vita sarebbe stata molto più serena” era solita dire.

Perso dietro i propri pensieri, James non si era reso conto del passare del tempo finché non fu troppo tardi: aveva osservato distrattamente l’orologio e si era reso conto di essere in ritardo.

Ora non avrebbe fatto in tempo a riunirsi ai propri compagni di ritorno ad Hogwarts e, una volta terminato l’appello, al Castello sarebbe scattato l’allarme per la sua assenza.

James si era alzato lentamente in piedi, gemendo per le ossa doloranti a causa della postura assunta in quelle ore e lentamente si era avviato verso la piazza principale del paese.

Arrivato nuovamente di fronte al monumento dei suoi nonni Potter, James aveva fissato a lungo le due statue e si era soffermato a leggere altri commenti che prima erano sfuggiti alla sua attenzione.

Quando finalmente si era allontanato dalla statua, un nome continuava a girare nella sua mente. Un nome che aveva letto in diversi messaggi e che gli era fin troppo familiare.

Ron Weasley.

Doveva parlare con sua madre il prima possibile.

 

__________________________________

 

 

Sadie portò la tazza di caffè alle labbra, cercando di lasciar andare la tensione che ormai da giorni si era impossessata di lei.

Era stanca, desiderosa di una doccia e di una lunga dormita dopo il lungo turno in ospedale, ma era consapevole allo stesso tempo di non poter più rimandare.

Non era certa di aver preso la decisione giusta, ma più rifletteva sulle varie opzioni più si convinceva che quella fosse l’unica soluzione.

Quella era una giornata particolare: oggi sarebbero tornati gli studenti da Hogwarts e Prudence e Ben, come al solito, sarebbero stati lì ad accoglierli con Hermione e Draco.

La sua speranza era di riuscire a parlare con Ben prima che i due ragazzi uscissero di casa.

Aveva ponderato a lungo sul modo più adatto per introdurre il discorso dell’agenda con Prudence, cosa rivelarle e cosa no, ma ogni volta si ritornava al punto di partenza, incapace forse per la prima volta nella sua vita di mettere in ordine i propri pensieri.

Era stato allora che aveva deciso di coinvolgere Ben: inizialmente aveva pensato di scaricare sul ragazzo quel compito troppo grande, ma poi era ritornata sui propri passi, preoccupata che Prudence vedesse il suo gesto come una rottura della fiducia che era alla base della loro amicizia.

Quindi aveva optato per chiedere aiuto a Ben, in modo che fosse presente all’incontro e per dare supporto morale alla ragazza.

Malgrado conoscesse Prudence da sempre, Sadie non aveva idea di quale sarebbe stata la sua reazione nel momento in cui le avrebbe raccontato ciò che era contenuto all’interno di quel diario, ma era certa che la ragazza avrebbe avuto bisogno di tutto il supporto possibile.

-Che ci fai ancora in piedi?-

Un voce si intromise nei suoi pensieri e la riportò alla realtà, facendole muovere lo sguardo nella cucina fino a posarsi sulla figura di Ben.

-Buongiorno anche a te- commentò Sadie, incapace di frenare la sua risposta sarcastica, osservandolo mentre apriva uno degli sportelli sopra il lavabo per prendere una tazza.

Ben si voltò leggermente verso di lei e le rivolse un sorriso ironico.

-Hai ragione, scusa.

Devi ammettere, però, che la mia reazione è perfettamente giustificata: quando hai il turno di notte sei praticamente uno zombie e la tua unica priorità è una lunga dormita-rispose.

Sadie annuì lentamente.

-Lo è ancora.

Prue sta ancora dormendo?-gli chiese poi, prima di riportare la tazza alle labbra per un nuovo sorso.

Ben scosse la testa.

-Sta facendo la doccia.

Abbiamo appuntamento con i suoi genitori tra due ore- la informò.

La ragazza restò in silenzio qualche istante, osservando distrattamente i movimenti dell’uomo.

-Ti ha parlato dell’agenda?-gli chiese per introdurre il discorso.

Ancora una volta Ben non rispose, limitandosi ad annuire.

-Mi ha detto anche che l’ha data a te perché la leggessi in anteprima.

Lettura interessante?-aggiunse voltandosi verso di lei con una tazza tra le mani, la schiena appoggiata al piano cottura.

Sadie sospirò.

-Puoi dirlo forte. Ci sono delle cose davvero pesanti in quell’agenda- commentò la ragazza.

Ben restò in silenzio qualche secondo, bevendo il primo sorso di caffè della giornata.

-Hai scoperto chi è suo padre?-le domandò diminuendo leggermente il tono di voce.

Sadie annuì nuovamente, incontrando lo sguardo dell’amico.

-Quella è stata la prima cosa che ho scoperto, ma credimi quando ti dico che è la meno pericolosa-

Ben aggrottò la fronte a quelle parole.

-Che vuoi dire?-le chiese.

-C’è qualcosa di strano in quel diario. Voglio dire: tu conosci i genitori di Prue, hai visto tu stesso quanto possono essere fastidiosi nelle loro dimostrazioni d’affetto l’uno per l’altra- commentò strappando una lieve risata a Ben.

-Ok, questa volta sono costretto a darti ragione-ammise lui ridendo nuovamente.

-Eppure, per la prima parte dell’agenda lo zio Draco non viene neanche menzionato per poi comparire all’improvviso e ogni volta che la zia Hermione parla di lui…- disse interrompendosi all’improvviso, abbassando lo sguardo sul pavimento.

-Cosa?-la incalzò Ben.

Sadie prese un respiro profondo e tornò a fissare l’amico.

-Ne parla come se ne fosse spaventata e disgustata allo stesso tempo-commentò.

Un’espressione incredula comparve sul volto di Ben.

-Un comportamento lontano anni luce da quello attuale- commentò poi.

-Se ci pensi bene, non combacia neanche con i ricordi che abbiamo io e lei: entrambe li ricordiamo innamorati pazzi l’uno per l’altra, pieni di gesti affettuosi e attenzioni, una di quelle coppie che sembra incapace di stare lontana anche per qualche ora.

Lo stesso vale per gli altri membri della famiglia: tu lo sapevi che lo zio Draco aveva avuto una storia con Daphne?-gli domandò colta da un pensiero improvviso.

Incredulo, Ben scosse la testa prima di lasciarsi scappare una lieve risata.

-Se può consolarti non lo sapevo neanche io.

Eppure ci sono tantissime pagine in cui zia Hermione si interroga sul perché si siano lasciati visto che ai suoi occhi sono la “coppia perfetta”- raccontò leggermente divertita Sadie.

-Beh, se posso azzardare un ipotesi, direi che la colpa sia da imputare a Blaise- rispose ironico Ben.

Sadie alzò le spalle.

-Probabile, ma la sua reticenza non è soltanto nei confronti di Daphne, ma anche verso lo zio Blaise e addirittura verso mia madre.

C’è qualcosa di poco chiaro in questa faccenda- concluse la mora.

Per alcuni istanti i due ragazzi restarono in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri, finché Sadie non ricordò un altro argomento di cui voleva parlare con Ben; un evento di cui non aveva memoria e che le aveva provocato i brividi lungo la schiena quando lo aveva trovato scritto nel diario.

-Prudence ti ha mai parlato del mese in cui ha vissuto a New York?-gli domandò cauta.

Ben corrugò la fronte confuso per poi scuotere la testa l’attimo dopo.

-Prue non è mai stata a New York, anzi non è mai stata negli Stati Uniti.

E’ da quando la conosco che non fa altro che ripetere di voler visitare la Grande Mela un giorno-replicò con convinzione.

Sadie abbassò lo sguardo sul pavimento e si sfiorò la fronte con il palmo della mano destra, cercando di riorganizzare le proprie idee in base alla nuova informazione.

Possibile che l’amica non avesse nessun ricordo di quell’esperienza?

Dopo aver preso un respiro profondo ed aver rialzato lo sguardo su Ben, Sadie dischiuse le labbra.

-Secondo il diario della zia Hermione, Prue ha trascorso un mese a New York quando aveva tre anni.

Con il suo vero padre-aggiunse infine.

Ben la fissò qualche istante confuso, finché sul suo volto non si disegnò un’espressione allibita che lo portò a scuotere con forza la testa.

-Non è possibile!-

-Ti dico che è così- ribatté con fermezza Sadie.

Ben si passò una mano tra i capelli scompigliati e la fissò per qualche altro istante.

-Lei ha sempre detto di non aver mai incontrato il proprio padre… Non ha nessun ricordo di questo viaggio a New York- aggiunse lui l’attimo dopo.

-Inizio a pensare che le abbiamo fatto un incantesimo di memoria, anzi credo lo abbiano fatto ad entrambe visto che neanche io ricordo niente di questo episodio-replicò Sadie con voce calma.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante in silenzio, gravati dal peso della scoperta, prima che Ben trovasse il coraggio per fare la domanda che gli stava più a cuore, ma che allo stesso tempo lo spaventava di più.

-Le ha fatto del male?-domandò alla mora, con un’espressione minacciosa in volto, pronto a difendere la compagna anche ad anni di distanza.

Sadie scosse la testa, portando Ben a sospirare sollevato.

-No, a lei non ha fatto del male-rispose la mora sibillina.

I due ragazzi tornarono a fissarsi per qualche secondo, finché Ben non annuì con determinazione.

-Posso leggere il diario?-domandò poi.

-Ben…-

-So che non dovrei neanche chiedertelo Sadie.

Se Prue ti ha dato questo compito è perché si fida di te e sa che ti comporterai in modo da fare ciò che è meglio per lei, ma è evidente che tutto questo è troppo grande anche per te.

Inoltre, il fatto che tu me ne hai parlato mi porta a pensare che volessi il mio aiuto-aggiunse infine.

Sadie annuì.

-Ho bisogno di qualcuno che le stia accanto quando le parlerò di quello che c’è scritto lì dentro-ammise.

-Per questo motivo devo sapere cosa mi aspetta: non posso occuparmi di lei e allo stesso tempo cercare di controllare le mie emozioni per ciò che verrà fuori.

Dovrò essere forte per lei e posso farlo soltanto dopo aver letto e processato ciò che è successo nel passato di Prue- ragionò lucidamente Ben.

Malgrado non le facesse piacere, Sadie dovette ammettere che Ben aveva ragione: se avesse chiesto il suo aiuto senza metterlo al corrente di quello che lo aspettava, avrebbe dovuto occuparsi di due persone emotive allo stesso tempo, sopraffatta da due reazioni completamente diverse e forse quel compito si sarebbe rivelato troppo anche una persona controllata come lei.

-Ok, lascerò che tu legga il diario… Ma non devi farne parola né con Prue né con i suoi genitori- concesse infine la ragazza.

Ben annuì.

-Te lo prometto-

Con un gesto affermativo del capo Sadie sancì il loro patto, sperando con tutta se stessa di non doversi pentire della propria decisione.

 

 

 

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Ad Albus bastò uno sguardo. O per essere più precisi, il veloce cambiamento d’espressione che era avvenuto sul volto di sua madre per capire che non sarebbe riuscito a farla franca.

Una volta sceso dall’Espresso si era mescolato alla folla di studenti in cerca dei propri genitori, tenendosi a lieve distanza sia da James sia da Michelle e una volta raggiunto il gruppo formato dai Malfoy e dai Zabini era stato quasi immediatamente avviluppato nell’abbraccio confortante di sua madre, desiderosa di annullare la lontananza di otto lunghe settimane.

L’abbraccio era stato rassicurante anche per Albus, il primo gesto d’ amore disinteressato ed incondizionato in quelle settimane di caos e di incertezza; per un breve istante, Albus sentì il desiderio di aggrapparsi alle spalle di sua madre e scoppiare in un pianto disperato, raccontando alla donna tutto quello che era successo nelle ultime settimane.

Quando, però, la donna aveva alzato lo sguardo sul suo volto, Albus aveva visto chiaramente l’espressione preoccupata che si era disegnata sul volto della madre per un brevissimo istante, prima che la donna tornasse a rivolgergli un sorriso affettuoso ed era stato proprio quello sguardo a fargli capire che non era ancora pronto.

Prima della fine di quella vacanza avrebbe sicuramente raccontato tutti i suoi pensieri a sua madre ma quello non era il momento adatto: c’era troppa gente, troppe orecchie indiscrete e nella gioia di rivedere i propri figli dopo otto settimane, sua madre non gli avrebbe prestato la giusta attenzione.

La donna gli aveva posato una mano sulla guancia destra per poi dargli un bacio lieve.

-E’ bello riaverti a casa tesoro- gli aveva detto sorridendo.

Albus aveva automaticamente sorriso e le aveva posato un bacio sulla guancia sinistra, abbracciandola un’ultima volta.

Al contrario di sua madre, invece, Blaise non si era preoccupato di nascondere la propria sorpresa nel vedere il suo viso scavato e gli occhi coperti da profonde occhiaie.

-Hanno smesso di darvi da mangiare ad Hogwarts?- disse tentando l’approccio dell’ironia prima di abbracciarlo a sua volta.

Albus accennò un sorriso prima di alzare gli occhi al cielo.

-Dovresti saperlo meglio di me quanto è carente la cucina del castello- ribatté altrettanto ironico.

Blaise scosse la testa, accennando una risata, prima di avvicinarsi a Ruby per salutarla in modo appropriato.

Certo che quello fosse soltanto il primo round e che presto avrebbe dovuto dare spiegazioni del suo comportamento e del suo aspetto ad uno, se non ad entrambi i propri genitori, Albus sospirò e si distanziò leggermente dal gruppo affondando nuovamente nei propri pensieri.

Le ore prima della partenza erano state veramente difficili.

Al ritorno dal Babylon, Al aveva passato ore sveglio, fermo ad osservare il panorama notturno fuori dalla finestra del proprio dormitorio, riflettendo su quello che era successo quel giorno.

Era stata una giornata particolare: le ore passate insieme a Richard erano state le più belle e le più difficili della sua vita.

Per la prima volta aveva potuto essere se stesso, senza alcun filtro; inoltre

aveva finalmente confessato al ragazzo di essere gay, abbattendo un muro che suo malgrado aveva alzato tra loro nell’ultimo anno, spaventato dalla paura di perdere l’amico inizialmente e di veder rifiutati i propri sentimenti in un secondo tempo.

Per la prima volta da tempo immemore, si era sentito libero: aveva confessato il suo grande segreto a qualcuno, poco importava che quella persona fosse l’oggetto del suo desiderio.

A posteriori poteva ammettere con se stesso di essere stato  terrorizzato sul momento, ma mentre si trovava a faccia a faccia con Richard non si era preoccupato delle conseguenze o di cosa potesse pensare il ragazzo: vista la presenza al Babylon del Grifondoro era quasi certo che non lo avrebbe visto fuggire via inorridito dall’annuncio ma questo non diminuiva la sua paura che questo ennesimo cambiamento in quella che inizialmente era una semplice amicizia, si rivelasse troppo per il ragazzo portandolo a distaccarsi definitivamente da Albus.

Il loro rapporto si era complicato nelle ultime settimane, al punto che incontrare Richard casualmente per i corridoi si rivelava ogni giorno più difficile, specie se il ragazzo era in compagnia di James, ma una parte di Albus non aveva mai smesso di sperare che in un modo o nell’altro avrebbero trovato il modo di ritrovarsi e di ricostruire la loro amicizia.

Sarebbe stato disposto a soffocare i propri sentimenti e a controllare la propria gelosia pur di non perdere l’amico di sempre.

Trovarlo lì, accanto a se al Babylon era stata una sorpresa e, anche se la sua prima reazione era stata la rabbia, ora Albus si rendeva conto che questa era svanita velocemente per lasciare il posto al sollievo: probabilmente se fosse stato solo non avrebbe resistito neanche un’ora all’interno del locale, invece la presenza del ragazzo l’aveva calmato e gli aveva permesso di godersi a pieno quell’esperienza.

Per la prima volta da settimane avevano parlato per ore degli argomenti più disparati senza preoccuparsi di essere interrotti e, in un gesto di estrema follia, Albus aveva convinto l’amico a ballare.

Al centro della pista, davanti a tutti.

Se non era morto d’imbarazzo in quel momento, Albus poteva considerarsi immortale.

Il Serpeverde era il primo ad ammettere di non avere grandi doti sulla pista da ballo, a causa della sua altezza e della sua incapacità di controllare gambe e braccia più lunghe del normale ma grazie all’aiuto di Richard, che aveva cercato di metterlo a suo agio, e alla consapevolezza che una volta uscito dal locale non avrebbe più incontrato nessuno dei presenti sulla pista da ballo, si era lasciato andare al ritmo della musica e si era scatenato.

Era stato un pomeriggio perfetto.

C’era solo una piccola, insignificante, nota negativa: aveva avuto la conferma che Richard provava qualcosa per James.

Era stata una sorpresa quando il Grifondoro aveva ammesso di essere, se non gay, almeno bisessuale visto il suo sempre più frequente interesse verso il genere maschile.

Quella notizia aveva fatto nascere il lui un briciolo di speranza che potesse nascere qualcosa tra loro oltre l’amicizia, ma questa era stata prontamente schiacciata dalla confessione di Richard.

C’era già un ragazzo nella sua vita.

Qualcuno che aveva fatto perdere la testa al Grifondoro. Anche se Richard non aveva usato esattamente quelle parole era evidente dal mondo in cui parlava di lui quanto fosse preso da quel ragazzo.

La batosta finale era arrivata con la consapevolezza che l’ “uomo del mistero” altri non era che suo fratello James.

Una parte di se avrebbe voluto convincere Richard a lasciar perdere, a concentrare le proprie attenzioni su qualcun altro, fosse anche una ragazza, pur di non vederlo “morire d’amore” per James che non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti; ma aveva messo a tacere quella vocina nella sua testa e, facendo violenza su se stesso aveva provato a dare qualche consiglio a Richard in modo che il rapporto tra i due Grifoni diventasse più stretto, anche se Al era  certo che non sarebbe mai evoluto oltre l’amicizia.

Quella consapevolezza lo aveva rincuorato e aveva allo stesso tempo fatto sentire una merda: che persona è quella che gioisce delle pene del proprio amico?

Dopo un veloce esame di coscienza, Albus dovette convenire con se stesso che si trattava di semplice istinto di autoconservazione: se la confessione di Richard aveva reso i suoi sogni accessibili, dall’altra lo aveva messo di fronte alla realtà che Richard lo avrebbe sempre e solo visto come un amico.

Sapere che Richard avrebbe provato un po’ della sua pena lo faceva sentire meglio e, Albus ne era certo, gli avrebbe dato la spinta necessaria per guarire dai sentimenti che provava per Richard.

Se neanche quello fosse stato abbastanza, poteva sempre contare sulle sue amate pozioni.

L’unico modo sicuro per dimenticare tutti i suoi problemi.

Ora però non poteva pensarci; per le prossime due settimane avrebbe dovuto comportarsi come al solito ed evitare di cadere nella tentazione di infilarsi in qualche pub babbano per un drink che lo aiutasse ad arrivare a fine giornata.

Doveva rientrare nei panni del bravo ragazzo che aveva indossato fino a pochi mesi prima… Doveva restare lucido in modo da essere pronto nel momento in cui James avesse scatenato il panico con il suo annuncio.

Per due settimane avrebbe dovuto tenere insieme i pezzi frammentati di se stesso, con la speranza di sopravvivere a quella vacanza senza danni permanenti.

Poteva farcela. Doveva farcela.

 

 

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Come di consueto, Prudence e Ben avevano raggiunto i genitori della ragazza a King’s Cross per accogliere i ragazzi di ritorno da Hogwarts.

Per tutta la mattina, Prue era stata segretamente preoccupata del nuovo incontro con i genitori: malgrado avesse parlato più volte con sua madre al telefono, Prue non aveva più avuto modo di incontrarli dopo l’incontro di quasi quattro settimane fa con suo padre.

Conoscendo sua madre, Prudence sapeva che Hermione Granger-Malfoy era curiosa di sapere cosa si erano detti e allo stesso tempo era in ansia per un imminente colloquio fra loro, ma non appena l’aveva vista avvicinarsi a loro sul binario, un sorriso era apparso all’istante sul volto di sua madre.

La donna l’aveva abbracciata e aveva iniziato a farle mille domande per assicurarsi che tutto stesse procedendo bene con la gravidanza, un’espressione felice ed emozionata negli occhi ogni volta che posava lo sguardo sulla pancia di quasi sei mesi che era ormai evidente sotto il cappotto, prima di farsi da parte e lasciare anche a Draco la possibilità di salutare sua figlia.

Prudence sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare il polverone causato dal mistero del suo passato che lei stessa aveva contribuito a sollevare, ma era altrettanto consapevole di non essere pronta per affrontare la grande nube che incombeva su di lei.

Tutto sarebbe cambiato quando avrebbe deciso di affrontare ciò che era contenuto all’interno dell’agenda nera che le aveva consegnato suo padre: il suo punto di vista su se stessa, sui suoi genitori e anche sulla loro famiglia.

Aveva detto a suo padre che niente avrebbe potuto cambiare il rapporto che c’era tra loro, ma ripensando alla segretezza che avvolgeva il suo passato fin da quando ne aveva memoria e la ritrosia di suo padre ad affrontare l’argomento, si era ritrovata a chiedersi cosa potesse essere successo di così terribile nella sua infanzia da provocare una reazione simile nei suoi genitori.

Decisa a lasciarsi alle spalle quei cattivi pensieri per almeno altre ventiquattro ore, Prudence si lasciò coinvolgere dall’atmosfera caotica che le gemelle e Jude portavano con sé ad ogni ritorno a casa.

Li aveva visti otto settimane prima e allora non aveva potuto confidare loro la sua grande notizia ma ora, dopo aver scritto ai ragazzi che presto sarebbero diventati zii, era pronta a subire il fuoco incrociato delle loro domande e anche a farsi coccolare un po’ dalle gemelle che, non appena avevano saputo dell’arrivo di un nipotino avevano iniziato a fare mille progetti per l’arredamento della stanza del neonato e a proporre i nomi più assurdi per il piccolo.

Per questo motivo ora si ritrovava seduta su uno dei divani di casa Malfoy, con Eleonor alla sua destra e Michelle alla sua sinistra; mentre Michelle si limitava a fissare la sua pancia con sguardo guardingo, Ellie era chinata su di lei, un orecchio sul suo ventre con la speranza di poter captare qualche movimento del bambino.

-Sei sicura che ce ne sia solo uno lì dentro?- le domandò Michelle perplessa.

Prue corrugò la fronte e fissò la sorella per qualche istante prima di annuire.

In risposta la ragazza alzò le spalle.

-Sei ingrassata davvero tanto dall’ultima volta che ti abbiamo visto-rispose la ragazza.

Prue alzò gli occhi al cielo.

-Proprio quello che una donna incinta vuole sentirsi dire…- commentò leggermente ironica.

-Non sto dicendo che sei diventata una balena! Prima nessuno, ad una prima occhiata, avrebbe potuto immaginare che tu aspettassi un bambino ma ora è evidente-.

Prudence fece per rispondere alle parole della sorella ma il sospiro frustrato di Eleonor le provocò una risata divertita.

 -Questo bambino è tutto suo padre- commentò la ragazza rizzandosi a sedere. –Siamo qui da dieci minuti e non è successo niente- aggiunse.

-Perché non mi raccontate cosa avete fatto queste settimane? Che novità ci sono a Hogwarts?

Magari se siamo fortunate, nel frattempo il bambino si sveglia e potrai finalmente infastidirlo- disse Prudence divertita.

In risposta, Eleonor alzò gli occhi al cielo mentre Michelle si limitò ad scrollare le spalle.

-Niente di interessante- commentò poi Michelle.

-Se escludiamo l’esaurimento nervoso di Albus e la lenta decadenza dell’insegnamento, non c’è molto da raccontare- aggiunse Michelle.

Prue aggrottò la fronte, lanciando poi uno sguardo a Michelle.

-Che è successo ad Al?- le domandò.

Ancora una volta, la gemella si limitò ad alzare le spalle.

-Niente di importante…-

-Col cavolo!- s’intromise Ellie. –E’ andato completamente fuori di testa: ha iniziato a frequentare gente poco raccomandabile, si ubriaca quasi tutte le sere e come se non bastasse si è lasciato andare a commenti poco decorosi verso Elle- raccontò velocemente.

Prudence osservò attentamente Michelle, preoccupata per la sorella.

-Stai bene?- le domandò posandole una mano sul ginocchio più vicino a lei.

Michelle prese un respiro profondo e dopo qualche istante annuì.

-Adesso sto meglio ma non sono state settimane facili.

Ellie mi ha fatto capire che devo lasciargli spazio e anche la gita a Hogsmeade mi ha aiutato a distrarmi…-

-Non solo quella- la interruppe nuovamente Eleonor.

Prudence mosse velocemente lo sguardo tra le due gemelle, notando l’espressione maliziosa sul volto di Ellie e quella indispettita sul viso di Michelle.

-Ok, qui c’è chiaramente sotto qualcosa-si limitò a commentare.

-E’ tutto nella testa di Ellie- commentò prontamente Michelle seccata.

-Niente affatto! La nostra Elle ha un potenziale corteggiatore-annunciò trionfante la mora.

Divertita dal battibecco tra le due gemelle, Prudence sorrise guardando ora l’una ora l’altra.

-Piantala! Jeremy è stato solo gentile- replicò nuovamente Michelle.

Chiaramente frustrata, Eleonor sospirò passandosi una mano fra i capelli castani prima di riportare lo sguardo su Prudence.

-Sapevi che tutti i Serpeverde erano convinti che Albus e Michelle fossero una coppia?- le disse, soddisfatta quando vide Prudence spalancare gli occhi dallo stupore. –Quando Al ha completamente perso la testa e hanno litigato, si è finalmente rotto il cordone ombelicale che sembrava incatenarli e, indovina un po’?

Ci sono diversi ragazzi interessati alla nostra Elle che finora non si sono mai fatti avanti perché la credevano già impegnata con Albus- concluse Eleonor.

Prudence lanciò un’occhiata a Michelle che evitò di incontrare il suo sguardo, chiaramente imbarazzata.

-Immagino che Jeremy sia uno di loro- commentò cauta.

La bionda restò in silenzio, lo sguardo fissò sulle mani poggiate in grembo, finché Prudence non ne posò una sulle sue.

-Che c’è di male se un ragazzo è interessato a te?-le domandò con lo stesso tono cauto di poco prima.

Michelle restò in silenzio qualche istante prima di sospirare.

-Niente.

Jeremy è simpatico, mi sono divertita molto con lui a Hogsmeade ma ho paura di quello che potrebbe pensare Albus.

Ho paura… ho paura che creda lo abbia rimpiazzato-confessò quasi vergognosa.

-Anche se fosse? Se lo merita dopo quello che ha detto ed il modo in cui si è comportato-commentò prontamente Eleonor.

-Ellie…- la riprese Prue.

-E’ la verità Prue! Non hai idea delle cattiverie che le sputato addosso-replicò a sua volta Eleonor.

-Questo non toglie che è il migliore amico di Elle.

Forse sta attraversando un momento difficile e sicuramente non doveva sfogare la sua frustrazione su di lei, ma è normale che Elle sia preoccupata per lui.

Un’amicizia come la loro non si cancella con un colpo di bacchetta.

-La cosa importante, però, è che tu vada avanti con la tua vita- aggiunse voltandosi leggermente verso Michelle e cercando il suo sguardo. –Forse la vostra amicizia tornerà quella di un tempo, oppure no, ma questo non deve impedirti di conoscere persone nuove o di stringere rapporti più importanti con un’altra persona.

Ti sei trovata bene con Jeremy durante la giornata a Hogsmeade?-le domandò infine.

Michelle si limitò ad annuire, lo sguardo fisso in quello della sorella.

-Bene, allora vai avanti.

Continua a frequentarlo, cerca di capire se avete qualcosa in comune, se tra voi può esserci dell’amicizia o magari qualcosa di più profondo.

E’ sempre meglio avere dei rimorsi che dei rimpianti Elle-

Ancora una volta, Michelle fece un cenno d’assenso con il capo, prima di avvicinarsi alla sorella e posarle la testa sulla spalla.

Un sorriso distese le labbra di Prudence, prima che la giovane donna posasse un braccio sulle spalle della sorella cercando di infonderle tutto il coraggio e l’affetto che aveva bisogno in quel momento.

-Andrà tutto bene vedrai- la rassicurò. –Ora però voglio una descrizione dettagliata di questo ragazzo e di quello che avete fatto insieme a Hogsmeade- aggiunse con una punta d’ironia nella voce che fece ridere entrambe le gemelle.

Seguendo l’esempio della gemella anche Eleonor si sistemò sul divano in modo da poter poggiare la testa sulla spalla di Prudence, una mano poggiata sul ventre rigonfio della sorella.

Fu in quella posizione che le trovò Draco quando entrò velocemente nel salotto, attirando su di se l’attenzione delle tre ragazze.

Nonostante gli occhi di ghiaccio dell’uomo fossero puntati sulle figlie, Prudence ebbe la chiara impressione che l’uomo fosse distante anni luce da quella stanza.

-Papà, va tutto bene?- gli domandò Prudence.

Fu grazie al suono della voce della figlia che Draco ritornò presente a se stesso e il suo sguardo si focalizzò sulla scena che aveva davanti.

-Sto cercando vostra madre.

Sapete dov’è?- domandò senza rispondere alla domanda della primogenita.

Le gemelle scossero la testa, per quel poco che la loro posizione permetteva e fu di nuovo Prudence che rispose al padre.

-Credo sia in cucina-

Draco annuì e senza dire altro si diresse a passi veloci verso la cucina.

Le tre ragazze restarono in silenzio qualche istante, ancora confuse dall’atteggiamento del genitore.

-Che strano…- commentò Eleonor.

Prima che una delle altre due ragazze potesse rispondere un rumore arrivò alle loro orecchie: qualcosa, probabilmente un piatto, era andato in pezzi.

-Dite che dovremmo andare a controllare?- chiese Michelle alle altre.

Senza rispondere, le tre ragazze si alzarono in piedi quasi all’unisono e si diressero verso la cucina e, una volta arrivate nello specchio della porta si fermarono imbarazzate e preoccupate dalla scena che si mostrò ai loro occhi.

I loro genitori erano fermi al centro della stanza, uno di fronte all’altra, i resti di un piatto da portata ormai in frantumi erano sul pavimento poco distante dai loro piedi insieme a quello che ad una prima occhiata sembrava essere il contorno del loro pranzo.

Sua madre era parzialmente coperta dal corpo di suo padre, la testa bassa ed il viso coperto dai boccoli castani, ma era evidente dal movimento sussultorio delle sue spalle e dal suono del suo respiro agitato che qualsiasi cosa le avesse detto l’uomo l’aveva visibilmente sconvolta.

Nel tentativo di calmarla, suo padre aveva posato una mano sulla schiena della donna attirandola leggermente a se; la mano destra di Draco era stretta attorno al polso sinistro della madre e solo ad una seconda occhiata Prudence si accorse che il pollice disegnava segni astratti sulla pelle interna.

In quell’abbraccio, il viso di suo padre era a sua volta in parte nascosto dai capelli della donna, le labbra posate contro la sua fronte.

Fu soltanto quando la reazione iniziale provocata da quella scena scemò che Prudence si accorse delle parole sussurrate che suo padre ripeteva ininterrottamente, quasi un mantra, all’orecchio di sua madre.

-Andrà tutto bene. Non permetterò che ti succeda nulla di male…-

Sentendosi improvvisamente un’intrusa, Prudence allontanò lo sguardo dai propri genitori e, afferrando le mani delle gemelle le allontanò dalla porta della cucina, prima che una delle due potesse dire o fare qualcosa per rendere nota la propria presenza.

In silenzio le tre ragazze ritornarono in salotto, scioccate e confuse da quello che avevano appena visto.

-Secondo voi cosa è successo?- domandò Michelle chiaramente preoccupata.

Ne Prudence ne Eleonor risposero, entrambe immerse nei propri pensieri e ancora troppo scombussolate da quello a cui avevano assistito.

-Non ho mai visto la mamma così sconvolta- disse ancora Michelle.

Mentre Eleonor annuì distrattamente per dare ragione alla sorella, Prudence si rese conto che l’unica altra volta in cui aveva visto sua madre perdere il controllo in quel modo era stato il giorno in cui le aveva chiesto notizie sulla sua storia medica.

Il giorno in cui aveva tentato di avere informazioni sul suo vero padre.

Possibile che anche questa volta la causa di tutto fosse il passato dei suoi genitori ed i mille segreti che circondavano la sua nascita?

 

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Come ogni mattina da ormai tredici anni, la sveglia suonò alle sette in punto.

Con il solo intento di interrompere quel suono fastidioso, una mano comparve dalla montagna di coperte e si allungò verso il comodino alla sua sinistra per fermare l’allarme.

Nella stanza nuovamente avvolta nel silenzio, l’uomo si lasciò cullare per qualche altro istante dal calore e dal silenzio della stanza, consapevole che di lì a poco avrebbe dovuto abbandonare il suo bozzolo per affrontare una nuova giornata.

Lentamente il suono di voci e passi lontani arrivò a lui attraverso la porta lasciata leggermente aperta: sentì il lieve chiacchiericcio di due bambini che malgrado fossero ancora mezzi addormentati non perdevano occasione per punzecchiarsi o per battibeccare, seguito dal veloce scalpitio di passi che si avviavano al piano inferiore per la colazione.

Dopo essersi lasciato andare ad un respiro profondo, l’uomo scostò le coperte pronto ad iniziare la giornata.

Seduto sul letto, si passò una mano tra i capelli spettinati e afferrò gli occhiali lasciati sul comodino la sera prima, mettendo a fuoco il mondo intorno a se, prima di alzarsi in piedi e dirigersi con passi strascicati verso il bagno poco distante dalla camera da letto.

Osservando il proprio volto nello specchio sistemato sopra il lavandino, l’uomo dai capelli neri scoprì una nuova ruga sulla propria fronte e sospirò nuovamente per la profondità delle occhiaie che ormai da anni circondavano i suoi occhi azzurri per poi spostare lo sguardo sui capelli neri, ormai diffusamente spruzzati di grigio sulle tempie e sulla fronte.

Quando i primi capelli bianchi erano comparsi, l’uomo era andato completamente nel panico, costretto a confrontarsi con l’inizio della maturità che inevitabilmente lo avrebbe portato alla vecchiaia: per buona parte della sua adolescenza aveva avuto la certezza di non arrivare ai vent’anni, costretto a combattere un nemico più grande di lui e fortemente determinato ad ucciderlo e, ritrovarsi a trentanove anni e confrontarsi con la prova effettiva che quel pericolo  e quel mondo erano alle sue spalle, che la sua vita era ormai banale quasi come quella di un babbano qualsiasi lo aveva messo in crisi e rassicurato allo stesso tempo.

Allora il suo attacco di panico era stato contenuto da Rory e dalla sua inaspettata notizia della gravidanza.

Ora, a quarantasei anni, poteva soltanto rassegnarsi all’inevitabile: stava invecchiando, ma finché avesse avuto la forza per correre dietro ai suoi figli avrebbe continuato a considerarsi un ragazzino.

Distogliendo lo sguardo dall’immagine riflessa nello specchio, l’uomo si spogliò e fece una doccia veloce, per poi  tornare in camera e indossare i vestiti preparati la sera prima.

-Papà! La colazione è pronta- si sentì chiamare.

Un sorriso apparve istantaneo sulle labbra dell’uomo al suono della piccola voce maschile.

-Arrivo subito!- rispose prima di avvicinarsi alla porta della camera da letto e scendere velocemente le scale che lo avrebbero condotto al piano di sotto, attraversando poi velocemente il corridoio fino a giungere in cucina.

La scena che si presentò ai suoi occhi una volta arrivato nello specchio della porta era la stessa da anni ormai, ma ogni giorno una sensazione di serenità gli riscaldava l’anima ogni volta che il suo sguardo si posava sui suoi figli o su sua moglie seduti attorno al tavolo.

Rory era seduta a capotavola, la mano sinistra stretta attorno alla prima tazza di caffè della giornata, un piatto con un toast imburrato davanti a se; alla sua destra era seduta Saoirse con indosso l’uniforme della scuola ed i capelli neri perfettamente acconciati in due trecce, lo sguardo fisso sulla tazza di cereali davanti a se come se il contenuto della ciotola le avesse fatto un dispetto. Seduto accanto alla sorella c’era Cillian, anche lui già pronto per la scuola, ma contrariamente alla sorella più interessato alle macchine giocattolo che aveva accanto a se che alla colazione, malgrado le sollecitazioni della madre.

-Cillian, niente giochi sul tavolo- lo rimproverò bonariamente l’uomo prima di avvicinarsi al tavolo.

Fermandosi accanto a Saoirse, si chinò leggermente per posarle un bacio tra i capelli e allungando una mano, affondò le dita della mano destra per scompigliare i capelli castani del bambino provocando la risata divertita di Cillian.

-Buongiorno tesoro-disse avvicinandosi a Rory, chinandosi nuovamente per posare un bacio lieve sulle labbra della donna.

-Buongiorno amore. Il caffè è ancora caldo e ti ho lasciato il pane tostato nel tostapane-lo informò prima di posargli un nuovo bacio sulle labbra.

-Come farei senza di te?- le domandò l’uomo con un sorriso accennato.

Rory alzò gli occhi al cielo, dandogli una leggera spinta per allontanarlo da se.

-Non sapresti neanche dove sono i tuoi calzini- rispose ironica.

Ridendo, l’uomo si avvicinò al lavabo per prendere la tazza sistemata poco distante dal bollitore, iniziando subito dopo a preparare la propria colazione.

-Puoi portare i bambini a scuola questa mattina?- gli domandò Rory voltandosi leggermente verso di lui.

Il moro annuì.

-Nessun problema, però non sono sicuro di poter andare a prenderli oggi pomeriggio: ho una riunione alla radio e non so quanto durerà.

Ci pensi tu?-domandò di rimando.

Questa volta fu la donna ad annuire.

-Sarai a casa per cena?-

-Papà, mi hai promesso che oggi avremmo lavorato insieme al mio progetto di storia- s’intromise Saoirse.

L’uomo annuì, prima di addentare il proprio toast.

-Tranquilla tesoro, non l’ho dimenticato. Sarò a casa in tempo per darti una mano e per cenare tutti insieme.

Avete finito la colazione?-domandò poi rivolto ad entrambi i figli.

I due bambini annuirono.

-Bene, allora andate di sopra e lavatevi i denti e cercate di non trasformare il bagno in una piscina come al solito- disse loro.

Uno dopo l’altra i due bambini si alzarono e si uscirono velocemente dalla cucina, lasciando i due adulti da soli.

-Che programmi abbiamo per il fine settimana?- domandò l’uomo voltandosi a guardare la compagna.

Rory alzò le spalle.

-Ha chiamato mia madre ieri sera: vuole  passare un po’ di tempo con i bambini; magari posso chiederle di andarli a prendere a scuola e possono restare a dormire da lei venerdì sera-gli disse, voltandosi leggermente per incontrare lo sguardo dell’uomo.

Un’espressione maliziosa apparve sul volto dell’uomo, prima che questi alzasse le sopracciglia in un gesto ironico.

-Stai per caso cercando di sedurmi?-scherzò il moro.

Rory rise e scosse leggermente la testa.

-Non sapevo di dover ancora sfoderare tutte le mie arti seduttive dopo tanti anni- ribatté ironica.

L’uomo rise e si avvicinò alla compagna posando una mano sulla spalliera della sedia e l’altra sul piano del tavolo, bloccandola così in quello spazio ristretto e costringendola ad alzare leggermente lo sguardo per incontrare gli occhi verdi dell’uomo.

Il moro scosse la testa prima che un lieve sorriso gli incurvasse gli angoli della bocca.

-Non ne hai bisogno… Tu riesci a sedurmi ogni volta che ti guardo- le disse serio.

Rory restò in silenzio qualche istante, prima di rispondere al suo sorriso.

-Stai cercando di farti perdonare qualcosa?- gli domandò scherzosa. –Non è il nostro anniversario, San Valentino è ancora lontano e non è neanche il mio compleanno- disse ironica.

L’uomo rise prima di chinarsi leggermente verso di lei e posare le labbra su quelle di Rory e baciarla.

-E’ per il tuo senso dell’umorismo che ti ho sposato-commentò allontanandosi dal volto della moglie la distanza necessaria per incontrare nuovamente gli occhi castani della donna.

Rory alzò gli occhi al cielo e lo scostò da se per poi alzarsi in piedi.

-Tu sì che sai far felice una donna- commentò con la stessa ironia nella voce.

Prima che l’uomo potesse replicare, un cellulare iniziò a squillare.

Riconoscendo la suoneria, l’uomo infilò la mano destra nella tasca dei pantaloni ed estrasse il telefono, avviando la conversazione senza guardare il nome sullo schermo, certo che quella fosse la prima telefonata di lavoro della giornata.

-Pronto?-

-Harry?- disse una voce femminile dall’altra parte della cornetta.

Il suono di quella voce, totalmente inaspettato, portò l’uomo ad immobilizzarsi al centro della stanza, mentre un brivido freddo scorreva lungo la sua schiena.

-Ginny?-

Erano undici anni che non sentiva quella voce.

Undici anni da quando si erano incontrati per l’ultima volta.

Una voce che rappresentava un passato e tutti gli errori commessi che aveva cercato di cancellare e a cui non avrebbe mai potuto fare ammenda.

Se ora, dopo tanti anni, Ginny lo aveva contattato doveva avere un motivo veramente importante, una ragione che lo avrebbe costretto a fare i conti con quel passato che ormai non gli apparteneva più e con cui non si identificava più.

Sentendo pronunciare quel nome, Rory si voltò verso il marito e lo fissò con un’espressione sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.

-Abbiamo un problema Harry.

Si tratta di James-.

Confermando in un istante tutte le sue paure.

 

 

Salve a tutti! Bentrovati ^_^

Chiedo scusa per la lunga attesa per il nuovo capitolo, ma è stato un periodo complicato tra problemi di salute, sessione d'esami e inizio delle nuove lezioni XD

Dunque, veniamo a noi e affrontiamo subito il problema dei cambiamenti a Godric's Hollow: come vi ho suggerito all'inizio, tenete sempre presente che le circostanze in cui avvengono gli eventi narrati sono molto diverse dai libri della zia Rowling; seguono, ovviamente, gli eventi della prima FF, dove Harry si è reso complice del rapimento di Prudence ed è stato processato per il proprio crimine. Quindi possiamo dire senza paura di essere smentiti che la sua immagine dell'eroe perfetto e senza macchia sia stata irrimediabilmente compromessa, influendo così sulla piccola città di Godric's Hollow.

Inoltre si è fatto più volte accenno ad alcune leggi che sono state approvate nel 2010, quindi subito dopo il processo descritto nella prima FF e vi prometto che sarò più chiara al riguardo nei prossimi capitoli.

Un altro grande tema è sicuramente il ritorno di Harry: siate sinceri, ve lo aspettavate? Io stessa fino all'ultimo non ero a conoscenza del suo ritorno, fino a quando non è sembrata la cosa più logica da fare. Lui è l'unico che può risolvere la complicata questione tra James e sua madre e, probabilmente, l'unico a cui Jim darà ascolto senza mettere in dubbio le sue parole.

Vi prometto che presto affronteremo anche l'altra grande questione di questa FF, ovvero Prudence ed il suo passato ma ci stiamo avvicinando pian piano a questo momento e vi posso assicurare che le azioni descritte in questo capitolo hanno messo in modo un meccanismo che sarà difficile fermare.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

Il titolo è tratto da una canzone omonima degli Eurythmics mentre la frase ad inizio capitolo è tratta da "Love kills" di Freddie Mercury.

Ed ora i ringraziamenti: Liz_P(Grazie per i complimenti, sia per questa FF sia per "Il pagamento"! ^_^ Spero la lunga attesa sia stata ripagata), FiorentinaSara(Prudence vuole conoscere il proprio passato perchè non capisce il segreto che circonda la sua infanzia, ma continua ad amare e considerare Draco il suo vero padre;James è un ragazzo confuso al momento, inoltre è facile idolatrare un padre di cui leggi le gesta eroiche su tutti i libri di Storia, ma piano piano si sta rendendo conto che la verità è molto diversa da quello che è scritto sui libri. Posso chiederti una cortesia? Quando scrivi un commento puoi fare attenzione alla punteggiatura?), Dastan92(Grazie per i complimenti e soprattutto Benvenuta! ^_^ Spero davvero di non deluderti, ma allo stesso tempo ti chiedo un pò di pazienza per la mia vita sconclusionata di studentessa universitaria che mi impedisce di dedicarmi alla scrittura quanto vorrei XD Io ADORO Queer As Folks!!!! Come ho sempre detto la mia concezione dell'amore è completamente cambiata dopo aver conosciuto Brian & Justin, quindi cerco sempre di inserire un riferimento a questa meravigliosa e, purtroppo, sottovalutata serie).

Bene, per il momento è tutto io vi auguro Buona Pasqua e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Losing my religion ***


losing

 

"Every whisper
Of every waking hour
I'm choosing my confessions
Trying to keep an eye on you
Like a hurt lost and blinded fool, fool
Oh no, I've said too much
I set it up"

 

 

UNDICI ANNI PRIMA

 

La telefonata era stata totalmente inaspettata e aveva provocato non pochi problemi tra lei e Blaise.

Dopo anni di silenzio, Ginny aveva relegato la figura di Harry in un angolo lontano della propria mente, insieme ai ricordi di quel difficile anno che aveva segnato la fine del suo matrimonio e l’inizio della sua storia con Blaise.

Ancora adesso, dopo tanti anni, ripensando a quello che era successo, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per la parte inconsapevole che aveva giocato nel rapimento di Prudence, nel dolore causato a Hermione e Draco e soprattutto agli effetti che le azioni di Harry e Ron avevano avuto sulla loro vita.

Dopo aver firmato le carte del divorzio, Ginny aveva fatto in modo di non ricevere più nessuna notizia sull’ex marito, cercando di proteggere se stessa e i loro figli dalle azioni dell’uomo e, nonostante le minacce lanciate contro di lei durante il loro ultimo incontro, Harry doveva essere dello stesso parere visto che negli ultimi tre anni non aveva mai cercato di prendere contatto con i suoi figli.

Fino a quella telefonata.

Che cosa voleva?

Era stata una telefonata breve, giusto il tempo per dirle che desiderava incontrarla per parlare.

Di cosa? Voleva incontrare James e Albus?

Se quella era la sua intenzione, Ginny non avrebbe avuto nulla in contrario, anzi sarebbe stata la prima a prodigarsi perché i ragazzi ricostruissero un rapporto con quel padre che non vedevano da anni.

Con Blaise avevano discusso a lungo cercando di decidere quale fosse la scelta più giusta: accettare l’incontro oppure lasciare le cose come stavano?

Il compagno era preoccupato soprattutto per lo stress che quella situazione le avrebbe provocato e che avrebbe potuto influire sulla sua gravidanza.

Harry non avrebbe potuto scegliere un momento meno adatto per chiederle di incontrarsi: dopo tanti anni di silenzio, aveva deciso di rifarsi vivo proprio ora, mentre lei era al quinto mese di gravidanza.

Alla fine avevano deciso di accettare l’incontro con Harry ma di porre alcune condizioni: avrebbero invitato l’uomo nella loro casa, in modo da essere in un territorio a loro familiare; inoltre avrebbero fatto in modo che i ragazzi non fossero presenti all’appuntamento per evitare possibili momenti imbarazzanti o di tensione e infine Blaise sarebbe stato presente all’incontro tra gli ex coniugi pronto a intervenire se la situazione fosse degenerata.

Fortunatamente, Harry aveva accettato le loro condizioni e fissare un appuntamento era stato facile.

Ginny non aveva chiuso occhio la notte prima del fatidico incontro: le erano ritornati alla mente tanti episodi della sua vita con Harry, durante gli anni di fidanzamento e di matrimonio, momenti che aveva analizzato minuziosamente cercando di capire se ci fossero state delle avvisaglie che le avrebbero permesso di prevenire quello che era successo e che inaspettatamente aveva sconvolto le loro vite.

Possibile che fosse stata così cieca da non rendersi conto di quello che stava accadendo intorno a se?

Come aveva fatto a non notare il cambiamento che stava avvenendo nel marito?

C’erano stati degli avvertimenti che lei aveva scelto di ignorare troppo sicura dell’amore di Harry per lei e per la loro famiglia?

Purtroppo tutto ciò che aveva ottenuto, era una notte in bianco e un’enorme confusione.

Si era alzata all’alba e dopo una veloce colazione aveva atteso pazientemente l’arrivo di Harry, incapace di restare ferma per più di due minuti nello stesso posto a causa del nervosismo e della paura di veder svanire tutto quello che aveva costruito di lì a poche ore.

-Devi cercare di calmarti- disse per l’ennesima volta Blaise, sedendosi accanto a lei sul divano e prendendole una mano nella sua in un gesto rassicurante.

-Credimi, lo vorrei tanto ma è più forte di me.

Mi calmerò soltanto quando saprò il motivo di quest’incontro- rispose lanciandogli un veloce sguardo prima di tornare nuovamente a fissare la finestra del salotto che affacciava sulla strada.

-Ginevra per favore guardami-

Ginny sospirò profondamente e portò lo sguardo sul volto di Blaise, incontrando i suoi occhi.

Era consapevole che il suo comportamento verso Blaise negli ultimi giorni era stato pessimo: lo aveva trascurato focalizzando la sua attenzione sui ragazzi e su come affrontare le possibili ripercussioni che sarebbero scaturite da quell’incontro.

Eppure Blaise le era rimasto sempre accanto, mostrandole il suo supporto incondizionato in ogni piccolo gesto, senza mai farla sentire in difetto per le sue evidenti mancanze nei suoi confronti.

-Andrà tutto bene. Qualunque sia il motivo per cui Potter ha chiesto di vederti la affronteremo insieme.

Tu ed io. Come abbiamo sempre fatto- le disse l’uomo con voce calma, allontanandola dai suoi pensieri negativi.

La rossa abbassò leggermente la testa, lasciando che quelle semplici parole facessero effetto sulla sua mente agitata e pochi istanti dopo annuì espirando profondamente.

-Vieni qui- disse ancora Blaise, avvicinandosi a lei sul divano e poggiandole un braccio sulle spalle per attirarla a se.

Ginny si rifugiò nell’abbraccio dell’uomo, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il collo e respirando profondamente l’odore del compagno.

-Non so davvero come hai fatto a sopportarmi in questi giorni-disse poi in un sussurro, quasi avesse paura di farsi sentire da orecchie estranee. –Sono stata talmente presa da questa storia che ti ho completamente abbandonato a te stesso-.

Blaise sorrise.

-Non è stato facile, lo ammetto, ma forse al tuo posto mi sarei comportato allo stesso modo.

Ciò che mi tranquillizzava era avere la certezza che tutto questo interesse per Potter non era dovuto a un ritorno di fiamma-aggiunse.

A quelle parole, Ginny si lasciò andare a una piccola risata divertita.

-Sei matto?- gli domandò muovendo leggermente la testa sulla sua spalla per incontrare il suo sguardo.

Blaise le sorrise nuovamente.

-Tranquilla il pensiero non mi ha neanche sfiorato. Quale donna sana di mente sceglierebbe Potter quando ha a disposizione un uomo sexy e intelligente il sottoscritto?-le domandò in tono ironico.

-Un uomo così modesto soprattutto- commentò la donna con lo stesso tono ironico.

Blaise alzò le spalle.

-Come tu ben sai tesoro, sono un uomo dalle mille qualità-replicò Blaise inarcando le sopracciglia in modo malizioso.

Ginny rise divertita, per poi posare una mano sulla guancia del compagno e avvicinare il viso a quello di Blaise facendo incontrare così le loro labbra.

Fu un bacio breve capace, però di trasmettere tutto ciò che la donna non era capace di esprimere a parole: la gratitudine per esserle stata accanto in quel momento di confusione, l’amore che la legava a Blaise e che con il passare degli anni si era rafforzato sempre di più dandole la certezza che il loro legame fosse indissolubile, e infine la sensazione di aver ritrovato qualcosa che negli ultimi giorni aveva perso.

-Mi sei mancato- disse Ginny, cercando nuovamente il suo sguardo.

L’uomo accennò un sorriso.

-Anche tu tesoro-rispose posandole un bacio tra i capelli.

Prima che uno dei due potesse aggiungere qualcos’altro, il suono del campanello risuonò per la casa silenziosa.

Blaise incontrò gli occhi della compagna fissandola per qualche altro istante in silenzio.

-Pronta?- le domandò poi.

Ginny annuì alzandosi in piedi lentamente, imitata l’attimo dopo dall’uomo.

Un dopo l’altro si avviarono verso il corridoio e, dopo aver preso un respiro profondo, Ginny aprì la porta di casa.

Trovandosi a faccia a faccia con il proprio passato per la prima volta in tre anni.

I due ex coniugi si fissarono per qualche istante in silenzio osservando i cambiamenti avvenuti nell’altro durante gli anni, sperando segretamente che fosse l’altro a interrompere il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare tra loro.

Harry Potter era notevolmente cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto: i capelli, sempre spettinati e di un nero brillante, ora erano tenuti perfettamente sotto controllo con il gel in un’acconciatura che lasciava scoperta la fronte e metteva ben in mostra la cicatrice, inoltre sulle tempie Ginny notò le prime ciocche di capelli bianchi.

Il corpo agile e scattante che la donna aveva tanto amato aveva lasciato il posto a un fisico leggermente imbolsito, forse a causa di cibo spazzatura o di qualche pinta di birra di troppo.

In compenso i vestiti erano di buon taglio e chiaramente di marca, quasi Harry volesse dimenticare i vestiti di seconda mano e troppo grandi per la sua taglia che era stato costretto a indossare durante la sua infanzia e parte dell’adolescenza.

Ciò che colpì maggiormente l’attenzione di Ginny fu il suo volto: era più rotondo, ma allo stesso tempo la sua fronte era segnata da profonde rughe e sotto i suoi occhi erano evidenti delle occhiaie nonostante gli occhiali.

-Ciao Ginny- la salutò spezzando il loro gioco di sguardi.

La donna fece un cenno con la testa.

-Ciao Harry. Accomodati- gli disse facendosi da parte per lasciarlo entrare in casa.

Una volta entrato nel vestibolo, Harry si fermò permettendo così alla rossa di chiudere la porta di casa e di sistemare il cappotto dell’uomo insieme con gli altri sull’attaccapanni.

L’attimo dopo Ginny gli fece strada fino alla cucina, dove li attendeva Blaise.

Consapevole del momento delicato, l’uomo aveva deciso di concedere qualche istante di privacy ai due ex coniugi, dirigendosi così in cucina in modo che fosse tutto pronto per l’incontro.

Arrivato sulla soglia della cucina Harry si fermò.

-Ciao Blaise- lo salutò senza alcuna acrimonia nella voce.

Il Serpeverde gli rivolse un cenno con il capo.

-Benvenuto Potter-.

I tre si sedettero attorno al tavolo con l’occorrente per il tea e per alcuni istanti nella stanza cadde il silenzio.

Doveva essere Harry a parlare per primo, spiegare cosa lo aveva spinto a chiamare dopo tanti anni e fin da subito fu evidente quanto fosse difficile per l’uomo iniziare quella conversazione; infatti sia Ginny sia Blaise lo videro schiudere le labbra più volte pronto a parlare per poi richiudere la bocca preferendo l’istante dopo restare in silenzio.

Fu soltanto dopo qualche altro minuto che Harry si lasciò andare a un respiro profondo e, finalmente, iniziò a parlare.

-Innanzitutto, voglio ringraziare entrambi per aver accettato questo incontro.

So che non deve essere stato facile per voi- disse con voce ferma guardando entrambi.

Ginny annuì.

-Devo confessarti che la tua telefonata mi ha colto alla sprovvista- rispose sincera.

-Ho riflettuto a lungo prima di chiamarti. Non ero certo se questa fosse la cosa più giusta da fare, poi alla fine mi sono reso conto che non potevo fare altrimenti-.

Nella stanza tornò nuovamente il silenzio, carico della tensione provocata dalle parole sibilline pronunciate da Harry.

-Ti devo delle scuse Ginny.

So di essere fuori tempo massimo e che dopo tutto quello che ho fatto e il modo in cui mi sono comportato con te e con i ragazzi probabilmente le mie parole non avranno alcun valore, ma tu meriti una spiegazione e delle scuse.

-Non cercherò di giustificare il mio comportamento perché sono consapevole che quello che ho fatto è inqualificabile.

Ero accecato dal mio desiderio di rivalsa verso Draco che ho perso di vista tutto ciò che mi circondava e mi sono lasciato convincere da Ron ad aiutarlo nel suo piano assurdo.

Ho fatto del male a te, ai ragazzi e a Hermione e ho continuato a giustificare le mie azioni e quelle di tuo fratello convinto che fosse la cosa giusta da fare… L’unica azione possibile perché Hermione aprisse gli occhi e si rendesse conto del grande errore che stava commettendo…-.

Harry si bloccò improvvisamente, lo sguardo fisso sulle sue mani strette attorno alla tazza di tea, troppo pieno di vergogna per incontrare lo sguardo di uno dei suoi ascoltatori.

-Ho la nausea soltanto a dire queste cose ad alta voce… Mi sconvolge l’idea di aver creduto veramente a simili assurdità.

Sarebbe facile incolpare Ron, dire che mi ha plagiato o che mi ha fatto il lavaggio del cervello in modo che lo aiutassi nel suo piano, ma la verità è che io ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo.

Ero fermamente convinto di fare la cosa giusta-aggiunse.

-Cosa ti ha fatto cambiare idea?-domandò Blaise cercando di mantenere un tono neutro.

Harry rialzò gli occhi, incontrando lo sguardo di Blaise e alzò le spalle.

-Hai molto tempo per riflettere ad Azkaban.

L’anno che ho passato lì dentro mi ha permesso di rimettere tutto nella giusta prospettiva: sono stato giorni interi a rivivere quello che era successo, analizzando tutto da prospettive diverse.

Ho ripensato spesso alle tue parole Gin- le disse posando lo sguardo sulla donna.

Ginny accennò un sorriso privo di allegria: sapeva benissimo di quale conversazione stava parlando.

-Quando ti chiesi se eri innamorato di Hermione- disse senza paura di sbagliarsi, sentendo su di se lo sguardo dei due uomini.

Harry annuì, inumidendosi leggermente il labbro inferiore con la punta della lingua.

-All’epoca ti diedi una risposta meschina, in modo da ferirti il più possibile.

Ad Azkaban mi sono interrogato più volte su cosa mi avesse spinto a comportarmi in quel modo…- iniziò Harry.

-Ed hai capito che il vero fattore scatenante è stato il tuo amore per Hermione. Non è così Harry?- lo interruppe Ginny, sicura ancora una volta della risposta che avrebbe ottenuto.

Dopo un breve istante di esitazione, Harry annuì.

Ginny si lasciò andare nuovamente a un sorriso triste; l’attimo dopo la mano di Blaise prese la sua e la strinse in un gesto rassicurante.

-Non so come sia successo…- disse ancora Harry.

-Siamo troppo vecchi per prenderci in giro Harry.

Credo che tu abbia iniziato a provare qualcosa per lei fin da quando il suo matrimonio con Ron è entrato in crisi: eri sempre pronto ad andare in suo soccorso, ti piaceva essere di nuovo indispensabile per qualcuno.

Se non fosse stato per l’arrivo di Draco, forse saresti stato tu a lasciare me per tentare un approccio con lei-spiegò per lui la rossa.

Ancora una volta Harry annuì.

-Forse hai ragione tu.

Sono stato un pessimo marito prima ancora che Ron mi trascinasse nel suo piano- ammise.

Nelle ore notturne che precedevano il suo incontro con Harry, Ginny aveva avuto riflettuto a lungo sul loro matrimonio ed era arrivata alla conclusione che non poteva imputare la colpa del loro fallimento soltanto a Harry.

-Anche io ho le mie colpe Harry.

Eravamo troppo giovani e troppo idealisti- iniziò senza guardare nessuno dei due. –Ci siamo sposati subito dopo la fine della Seconda Guerra, senza tener conto dei danni che la guerra aveva avuto su di noi.

Avremmo avuto bisogno di tempo per riprenderci, per vivere serenamente quei momenti di pace e per capire che se eravamo veramente innamorati l’uno dell’altra.

Durante questi anni mi sono resa conto che l’amore che c’era tra di noi è svanito molto velocemente, lasciando il posto a una relazione di facciata.

Io ho nascosto i miei dubbi per anni perché era inconcepibile per me che dopo tante lotte, tanta sofferenza quel grande amore che avevo sognato fin dall’età di dodici anni fosse scomparso proprio nel momento in cui potevamo essere felici.

Tu, invece, sei rimasto accanto a me per senso del dovere probabilmente per non deludere le aspettative che tutti avevano nei tuoi confronti e perché una piccola parte di te si sentiva in colpa nei miei confronti per la morte di Fred-concluse certa delle sue parole.

Il silenzio che calò nuovamente nella stanza dopo il suo discorso le fece capire che Harry almeno in parte condivideva le sue idee e per alcuni istanti i tre adulti cercarono in ogni modo di non incrociare lo sguardo dell’altro.

-Perché hai chiesto di incontrarmi?-si decise a domandare la donna.

Harry si sistemò gli occhiali sul naso e tornò a fissare il volto di Ginny, pronto a una nuova rivelazione.

-Ho incontrato una persona. Una donna- confessò. –Quando sono uscito da Azkaban, volevo allontanarmi il più possibile dal mondo magico spaventato da quello che avrei fatto se fossi rimasto qui.

Per un po’ ho accarezzato l’idea di cambiare continente, ma poi ho scelto la strada più semplice e ho deciso di ritornare nel mondo babbano-.

-Sei tornato tra i babbani?-chiese stupito Blaise.

-Avevo bisogno di un periodo di disintossicazione, se così possiamo chiamarlo.

La mia idea era di restare tra i babbani soltanto il tempo necessario perché tutti si dimenticassero quello che era successo, ma poi mi sono abituato al fatto di essere completamente anonimo per le strade della Londra babbana, al non dover spiegare come mi sono procurato la mia cicatrice o dover raccontare per l’ennesima volta come ho sconfitto Voldemort.

Così ho deciso di restare… e poco dopo ho incontrato Rory- aggiunse.

Ginny restò in silenzio, in attesa che l’ex marito continuasse il suo discorso.

-Rory… Rory è speciale. L’ho capito dal primo momento in cui ci siamo incontrati.

E’ una sopravvissuta: anche lei come me ha perso il padre quando era piccola per colpa di una guerra insensata che con il passare degli anni le ha portato via parte della sua famiglia-continuò.

-Sa chi sei veramente?-domandò Ginny interrompendolo.

Harry annuì.

-Le ho raccontato di essere un mago sei mesi dopo il nostro primo incontro.

All’inizio non voleva credermi, mi ha anche tenuto a distanza per diversi giorni, poi ho avuto modo di spiegarle meglio tutta la mia storia, senza tralasciare nulla-confermò Harry.

-Le hai parlato anche dei ragazzi?-

Ancora una volta, Harry fece un cenno d’assenso.

-Sa che sono stato sposato e che ho due figli.

Quando mi ha chiesto come mai non li avesse ancora incontrati, le ho raccontato l’ultimo pezzo mancante della mia storia: il nostro divorzio, il mio coinvolgimento in quello che è successo a Hermione e Prudence e infine i mesi che ho passato ad Azkaban.

Dopo quest’ultima confessione ho avuto veramente paura di perderla, ma Rory mi ha sorpreso scegliendo di restare al mio fianco con la sola condizione che mi allontanassi per sempre dal mondo della magia-.

-Quindi è per questo motivo che hai deciso di non cercare più i tuoi figli- commentò Blaise senza curarsi del suo tono di voce chiaramente critico.

Se quello che Potter raccontava era la verità, allora l’idea che si era fatto dell’ex marito di Ginevra peggiorava ulteriormente: che razza di uomo è quello che permette a una donna di decidere sul suo rapporto con i propri figli?

Harry voltò leggermente lo sguardo verso l’uomo e scosse la testa.

-No Blaise.

Avrei potuto prendere contatto con Ginny appena uscito da Azkaban e lei non avrebbe avuto alcuna obiezione a un mio incontro con i ragazzi-disse portando lo sguardo sul volto dell’ex moglie e ricevendo un cenno d’assenso come risposta.

-All’epoca è stata una mia scelta quella di non tornare nelle vite dei nostri figli e ed è stata sempre una mia decisione quella di allontanarmi consapevolmente e definitivamente da loro.

L’ho fatto per il loro bene e sinceramente anche per il mio- confessò.

-Che vuoi dire?- chiese Ginny aggrottando leggermente la fronte.

Harry portò lo sguardo sul piano del tavolo e alzò le spalle in un gesto di disfatta.

-Sono una persona ingombrante Ginny, lo sono sempre stato.

Prima era per colpa del mio passato e di Voldemort, adesso purtroppo la mia fama è dovuta a quello che è successo a Prudence e Hermione.

Non vorrei mai che i ragazzi soffrissero per colpa di quello che ho fatto, che fossero oggetto di scherno a Hogwarts per i miei errori.

Non potrei mai perdonarmelo.

-Allo stesso tempo, però, devo ammettere che ritornare nel mondo magico dopo tutto quello che ho fatto mi spaventa- confessò cogliendo di sorpresa Ginny.

Sul volto di Harry si dipinse un sorriso amaro che deformò i tratti del suo viso.

-Per tutta la mia vita ho creduto di essere moralmente superiore agli altri eppure non mi sono dimostrato meglio del peggior Mangiamorte…-.

-Harry questo non è vero-lo fermò Ginny.

-Che cosa sarebbe successo a Hermione se non fosse arrivato Malfoy a salvarla?- ribatté prontamente Harry. –E’ una domanda che mi assilla da quando le porte di Azkaban si sono chiuse dietro di me e non mi abbandona neanche adesso.

Ogni giorno ripenso a quello che ho fatto e non riesco a credere di essere stato così cieco e pieno di me stesso da non essermi reso conto della follia di Ron e di quello che sarebbe potuto succedere se non fosse stato fermato.

Per questo ho deciso di lasciare il mondo magico e di tagliare i ponti con tutto e tutti.

Ho paura di come potrei comportarmi. Ho paura che il mondo che ho tanto amato sia diventato una maledizione per me-confessò.

-Le cose sono cambiate…- commentò la rossa con voce mesta.

Gli occhi dei due ex coniugi s’incontrarono per qualche istante in un silenzio carico di parole non dette.

-Ho saputo di Ron…- disse cautamente Harry.

Ginny scosse subito la testa per interrompere il discorso.

-Non ne voglio parlare-rispose semplicemente la donna.

Harry annuì, accettando in silenzio la sua decisione.

Malgrado Ginny avesse accettato quell’incontro certa di poter raggiungere un compromesso con l’ex marito per il bene dei loro figli, ora si rendeva conto che quell’idea era irrealizzabile: Harry si era presentato all’appuntamento per dire definitivamente addio non per cercare di recuperare il rapporto con James e Albus.

Inoltre la donna capì che il loro passato e il dolore che avevano inflitto a se stessi e agli altri, anche in maniera inconsapevole, avrebbe reso impossibile ogni sorta di riconciliazione.

Probabilmente quella era l’ultima volta che avrebbe visto Harry in vita sua.

-Qual è lo scopo della tua visita?-gli domandò decisa a mettere fine a quell’incontro il prima possibile.

Harry espirò rumorosamente, cercando visibilmente di farsi coraggio e ancora una volta cercò gli occhi castani della donna.

-Sono venuto per dirti che d’ora in poi non dovrai più preoccuparti di una possibile intromissione nella tua vita da parte mia. Né in quella dei ragazzi.

Ti prometto che non cercherò di avvicinarli e che non mi opporrò se un giorno decidessero di cambiare nome e diventare dei Zabini.

-Tra i babbani ho trovato una pace e una stabilità che non ho mai trovato tra i maghi e per questo ho deciso di allontanarmi per sempre dal mondo magico.

Sparirò dalle vostre vite come se non fossi mai esistito- le disse con voce calma e seria allo stesso tempo.

-Che succede se dovessi avere bisogno di contattarti per qualche problema con i ragazzi?- domandò pragmatica Ginny.

-Ti lascio il mio biglietto da visita con tutti i miei contatti e prometto che sarai sempre informata nel caso dovessi cambiare numero, casa o se decidessi di lasciare l’Inghilterra.

Ciò che ti chiedo in cambio è l’anonimato: non raccontare a nessuno di quest’incontro e quando i ragazzi saranno grandi, fa in modo che non vengano a cercarmi.

Non farebbe bene né a me né a loro- le chiese.

Ginny restò in silenzio qualche istante, riflettendo sulle parole dell’ex marito e quasi immediatamente capì di non poter accontentare completamente quella richiesta.

-Posso prometterti fin da ora che nessuno saprà quello che è accaduto oggi e che io e Blaise faremo del nostro meglio affinché i ragazzi non sentano la tua mancanza.

Conosco i nostri figli e so già che James farà di tutto per incontrarti almeno una volta.

E’ identico a te Harry, sia fisicamente sia caratterialmente: ha la stessa testardaggine e caparbietà che ti motivava quando eri ragazzo.

Nonostante l’età ha già il mito del grande Harry Potter ed è molto curioso su di te, proprio come tu eri interessato a ogni piccola informazione su tuo padre-commentò con un lieve sorriso.

Harry accennò un sorriso a sua volta prima di prendere un respiro profondo e annuire.

-Va bene. So che non cercheresti mai di forzare un incontro tra me e i ragazzi che si rivelerebbe deleterio per tutti e tre, quindi dal canto mio ti prometto che se un giorno dovessi ritenere di aver bisogno del mio aiuto, allora sarò pronto a incontrare i ragazzi-concesse Harry.

Ginny lo fissò qualche istante, valutando la sua proposta, per poi annuire.

Sancendo con quel piccolo gesto un patto che avrebbe resistito per undici anni.

 

 

_____________________________________

 

 

Appena uscita dalla stanza del paziente, Sadie sistemò la cartella medica dell’uomo appena visitato insieme con le altre, ordinatamente sistemate nella postazione delle infermiere, per poi controllare velocemente il tabellone per assicurarsi che non ci fosse nulla di urgente che richiedesse la sua attenzione.

Solo dopo essersi accertata di avere qualche minuto di pausa lasciò vagare la sua attenzione su ciò che la circondava: il movimento veloce d’infermieri e medici, il rumore di sottofondo delle macchine mediche e delle conversazioni che avevano luogo attorno a lei e altri piccoli suoni caratteristici che contraddistinguevano la vita del reparto cardiotoracico.

Amava la sua vita in ospedale: tutto quello che aveva conquistato fino a quel momento, lo doveva soltanto alla propria caparbietà e al suo talento.

Non riusciva a sentirsi a proprio agio in nessun posto come quando si trovava in una corsia d’ospedale immersa nel proprio lavoro.

Quelle mura ormai erano diventate per lei un sinonimo di casa, più di quanto lo fosse quella che condivideva con Prudence e Ben.

Il corso dei suoi pensieri fu interrotto quando il suo sguardo fu attirato dalla figura di Scott, fermo a pochi metri di distanza lei e intento in una fitta e animata conversazione con il primario del Pronto Soccorso.

Osservando l’espressione serena sul volto di Scott, Sadie capì che non si trattava di una ramanzina, ma l’atteggiamento quasi euforico del primario la portò a chiedersi di cosa stessero parlando i due uomini.

Era accaduto qualcosa in Pronto Soccorso che aveva fatto scalpore? Improbabile, altrimenti Sadie sarebbe stata la prima ad averne notizia.

Erano in arrivo nuovi macchinari per il reparto? Anche quell’ipotesi era assurda, poiché il primario avrebbe tenuto una cerimonia solenne per pubblicizzare al meglio l’evento.

Allora cosa portava i due uomini a confabulare in quel modo in piena vista di colleghi e pazienti?

Pochi istanti dopo, il primario del Pronto Soccorso strinse calorosamente la mano di Scott per poi avviarsi a grandi passi verso il camino che lo avrebbe condotto al quinto piano dove si trovavano gli uffici della direzione.

Cercando di controllare la curiosità, Sadie prese nuovamente la cartella medica che aveva posato pochi attimi prima e finse di interessarsi alle parole scritte nel referto.

Pochi secondi dopo sentì la presenza di Scott accanto a se.

La loro relazione, se così poteva chiamarla, la confondeva.

Al loro primo appuntamento ne erano seguiti altri due e a ogni occasione aveva sentito sempre più forte la chimica che c’era tra loro farsi ogni volta sempre più forte.

Aveva sempre punzecchiato Prue per la capacità che aveva di terminare le frasi di Ben, eppure adesso aveva trovato una persona in grado di capire i suoi pensieri prima ancora che lei desse loro voce e di finire al suo posto una frase.

Nonostante tutta l’attrazione fisica e intellettuale che c’era tra loro, né lei né Scott avevano mosso il primo passo per portare la loro relazione al livello successivo.

Sadie era consapevole di essere frenata dal trasformare quell’amicizia in qualcosa di più per via della sua carriera e per il suo bisogno d’indipendenza, ma per quale motivo Scott non si decideva a fare la prima mossa?

E se lo avesse fatto lei come avrebbe reagito?

-Sai che è maleducazione fissare le persone?- le domandò Scott con un leggero sorriso divertito a inarcargli gli angoli della bocca.

Senza neanche rendersene conto, Sadie ricambiò il sorriso pochi attimi prima di voltare leggermente la testa e incontrare lo sguardo dell’uomo.

-Chi ti ha detto che stavo osservando te? Magari la mia attenzione era rivolta completamente sul Dr. Perry- rispose con una punta d’ironia nella voce.

Scott scosse leggermente la testa in gesto di finta esasperazione.

-Stai per caso pensando di cambiare specializzazione? Perché altrimenti non capisco il tuo improvviso interesse per Perry- la punzecchiò.

-Il giorno che deciderò di passare a medicina d’urgenza sarai il primo a saperlo, in modo da poter trovare un nuovo lavoro prima che io ti soffi sotto il naso la posizione di responsabile del Pronto Soccorso- ribatté la ragazza senza la minima esitazione.

Scott ridacchiò e alzò le mani in segno di resa, strappando una risata anche a Sadie.

-Allora, quale grande evento si sta preparando al Pronto Soccorso? Ci sarà una delle solite cerimonie interminabili in cui Perry si lascia andare a uno dei suoi noiosi discorsi?-domandò poi Sadie incapace di trattenere oltre la propria curiosità.

Scott scosse la testa.

-Nessun grande evento-disse semplicemente.

Sadie aggrottò la fronte a quelle parole.

L’attimo dopo osservando l’uomo di fronte a se si rese conto di una nuova tensione nei muscoli di Scott e di come l’espressione divertita, che aveva rasserenato il suo volto fino a quel momento, era scomparsa per lasciare il posto a un’espressione più seria.

-Nessun grande evento? Per quale motivo allora Perry si è scomodato a scendere tra noi miseri medici di terz’ordine?- commentò, sempre con una leggera ironia nella voce.

-Perry era qui per me-rispose Scott.

Quelle parole la incuriosirono ancora di più ma allo stesso tempo la preoccuparono: c’erano stati dei problemi in Pronto Soccorso di cui Scott non le aveva parlato?

Prima ancora che potesse dischiudere le labbra per fare altre domande, Scott si voltò completamente verso di lei e cercò il suo sguardo.

-Sono in partenza-le annunciò.

Un brivido gelato scese lungo la schiena della ragazza, portandola a irrigidire ogni muscolo del corpo.

-Sei mesi fa ho fatto domanda per lavorare di nuovo con Medici Senza Frontiere e due giorni fa mi hanno contattato per sapere se ero ancora disponibile.

Parto tra una settimana per il Venezuela- disse con voce chiara e misurata per evitare che ci fossero fraintendimenti.

Sadie si scoprì incapace di formulare anche una singola parola, scioccata dalla notizia e dall’imminente partenza di Scott.

Cosa ne sarebbe stato di loro? Scott si aspettava qualcosa da lei?

Perché quella proposta era arrivata adesso?

-Sadie… Dì qualcosa-la sollecitò gentilmente Scott senza mai staccare lo sguardo dal volto della ragazza.

Senza neanche rendersene conto, Sadie atteggiò il volto in un’espressione raggiante, riuscendo anche a materializzare un sorriso sulle proprie labbra.

-Sono felice per te- disse.

Consapevole che non sarebbe riuscita a mascherare a lungo il tumulto che si agitava dentro, la ragazza fece un cenno con il capo in segno di saluto e voltò le spalle all’uomo, avviandosi velocemente per uno dei corridoi.

Senza guardare s’infilò nella prima stanza che si parò davanti, accorgendosi soltanto dopo aver richiuso la porta di essere entrata nel magazzino delle infermiere.

Il cuore le batteva all’impazzata e incapace di restare ferma per l’adrenalina che le circolava in corpo, Sadie iniziò a percorrere avanti e indietro il poco spazio lasciato libero dalle scatole di forniture mediche.

Scott stava per partire, tra una settimana la loro quotidianità sarebbe stata interrotta: niente più colazioni insieme, ne commenti post-operatori e neanche quei brevi momenti che riuscivano a ritagliare per loro due ogni giorno.

Per quanto tempo non lo avrebbe più visto?

Voleva che aspettasse il suo ritorno? Oppure voleva porre fine a quella pseudo relazione che stava nascendo tra loro?

Che cosa doveva fare?

Un rumore inaspettato la fece sobbalzare e la riportò alla realtà, costringendo il suo sguardo a fissarsi velocemente verso la porta dove vide Scott fermo sulla soglia, una mano sulla maniglia e un’espressione battagliera sul volto.

-Sei felice per me? E’ tutto quello che hai da dire?-le domandò chiaramente infastidito richiudendo la porta dietro di se.

Sadie aggrottò la fronte.

-Cosa?-chiese incerta.

-Ti dico che partirò tra una settimana e tutto quello che riesci a dirmi è che sei felice per me?- ripeté Scott chiaramente seccato dalle sue parole.

-E’ una grande opportunità…- tentò Sadie.

-Non me ne frega niente delle frasi di circostanza! Ne ho sentite fin troppe da Perry-la interruppe subito l’altro.

-Allora cosa ti aspetti? Che cosa vuoi sentirti dire?- domandò a sua volta Sadie, ritrovando un po’ del suo spirito battagliero.

-Voglio la verità!Voglio sapere che cosa pensi veramente della mia partenza- rispose prontamente Scott.

Per alcuni istanti nel piccolo stanzino calò il silenzio mentre i due continuavano a fissarsi in attesa di qualcosa che cancellasse gli ultimi quindici minuti.

-Quanto tempo starai via?-gli domandò Sadie con voce calma, cercando di tenere a bada tutti i sentimenti contrastanti che si agitavano dentro di lei.

-Minimo sei mesi. In Venezuela hanno un disperato bisogno di personale medico e di scorte sanitarie- rispose l’uomo.

-Cosa farai al termine di questi sei mesi? Tornerai qui?-chiese ancora Sadie bisognosa di avere più notizie possibili.

Scott annuì.

-E’ per questo che Perry ha voluto vedermi: si è congratulato con me per l’opportunità che mi è stata offerta e mi ha rassicurato promettendomi che al mio ritorno ci sarà sempre un posto libero nel team del Pronto Soccorso-

Istintivamente Sadie annuì, non sapendo quale reazione si aspettasse l’uomo da lei.

-Sadie per l’amore del cielo, dì qualcosa!- la esortò Scott.

-E’ una grande opportunità…- ripeté nuovamente.

-Per una volta puoi dirmi cosa pensi veramente di tutta questa situazione?- chiese ancora lui alzando leggermente la voce.

-Non lo so, va bene?

Non riesco a pensare! Sei riuscito a mandare in tilt il mio cervello, sei contento?-replicò lei alzando a sua volta la voce. –Perché non mi hai mai detto di aver fatto di nuovo domanda per lavorare con Medici Senza Frontiere?-gli domandò poi.

-Ho fatto quella richiesta sei mesi fa! Le cose tra noi erano molto diverse rispetto ad adesso…-.

-Perché non me ne hai parlato quando hai visto che la situazione stava cambiando? Perché hai permesso che mi avvicinassi a te quando sapevi che un’ipotetica relazione tra noi due aveva una scadenza?-lo incalzò.

Scott si passò una mano tra i capelli in un gesto impaziente e sospirò rumorosamente.

-Perché non volevo che tu ti allontanassi da me.

Ho faticato tanto perché tu ti accorgessi di me, che smettessi di vedermi solo come un amico e non volevo pensare che tutto potesse interrompersi bruscamente-le confessò.

Sadie restò in silenzio, lo sguardo fisso in quello dell’uomo.

Dov’era finita la sua mente analitica ora che aveva bisogno di essere lucida e razionale per affrontare questa situazione?

-Chiedimi di restare-disse Scott cogliendola di sorpresa.

Sadie cercò nuovamente lo sguardo di Scott consapevole che un’espressione scioccata si era impossessata del suo volto.

-Chiedimi di restare ed io lo farò- disse ancora Scott senza abbandonare il suo sguardo.

Aveva davvero tanto potere su di lui?

Sarebbero bastate poche parole e la loro quotidianità non sarebbe stata sconvolta, le loro vite avrebbero potuto continuare come avevano fatto fino a quel momento, avrebbero potuto continuare a esplorare quella relazione che era ancora all’inizio e lei si sarebbe liberata del senso d’oppressione che l’aveva colta nel momento in cui Scott le aveva annunciato la sua partenza.

Sarebbero bastate poche parole per dimenticare tutto, ma anche nello stato confusionale in cui si trovava Sadie era consapevole di non poterlo fare.

-Non posso- disse scuotendo leggermente la testa, cercando di nascondere la tristezza che accompagnava quella decisione.

Scott allontanò lo sguardo dal suo, atteggiando i muscoli del corpo in una posa sconfitta dando così voce a quella tristezza che Sadie sentiva roderle dentro.

-Non posso chiederti di restare.

Se lo facessi, con il tempo finiresti per odiarmi per averti privato di quest’opportunità, della possibilità di essere utile al prossimo, e finiremo per rovinare quello che c’è tra noi.

Non c’è niente che io voglia di più in questo momento che vederti rinunciare a quest’incarico, ma non sarò io a chiederti di farlo- gli disse sincera.

Per un breve istante nella stanza scese il silenzio mentre i due fermi uno di fronte all’altra prendevano coscienza dell’imminente e inevitabile separazione.

Nonostante i pochi passi che li separavano, la distanza tra loro sembrava già immensa e Sadie si rese conto che quel vuoto che sentiva alla bocca dello stomaco fin da quando Scott le aveva annunciato la sua partenza l’avrebbe accompagnata per molto tempo, fino a diventare quasi una parte di lei.

Scott cercò nuovamente il suo sguardo permettendole di vedere tutta la tristezza che, ne era certa, era riflessa anche nei suoi occhi.

-Cosa ne sarà di noi due?-le domandò infine rompendo il silenzio.

Sadie sospirò mestamente, messa a confronto con l’unica domanda cui non sapeva dare una risposta.

L’unica certezza che aveva in quel momento era che qualsiasi decisione avessero preso, la sua vita non sarebbe più stata la stessa.

 

 

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Se c’era qualcuno da incolpare per la bomba nucleare che era esplosa durante il pranzo di famiglia, allora quella persona era sicuramente Albus.

James era riuscito in qualche modo a resistere per ore, in attesa paziente del momento più adatto per parlare con sua madre delle scoperte che aveva fatto il giorno prima a Godric’s Hollow; la sua idea era di trovare l’attimo perfetto in cui Blaise non era tra i piedi e quindi pronto a ficcare il naso nelle loro faccende familiari o a offrire la sua opinione non richiesta su qualsiasi argomento, in modo da permettere a lui e a sua madre di avere un confronto diretto e onesto sulle nuove informazioni che aveva scoperto su suo padre.

Invece Albus aveva dovuto rovinare tutti i suoi piani.

Una volta tornati a casa da King’s Cross James e i suoi fratelli si erano diretti nelle loro stanze con l’intenzione di sistemare i loro bauli ma James aveva abbandonato i suoi bagagli accanto alla soglia, concentrato nella preparazione di un discorso che avrebbe aiutato la madre a capire il suo bisogno di sincerità e chiarezza alla luce delle notizie scioccanti che aveva ricevuto il giorno prima.

Aveva bisogno di sapere.

Perché non c’erano informazioni su suo padre da vent’anni a questa parte? Perché il Salvatore del Mondo Magico era accusato di aver partecipato al rapimento di una bambina? Possibile che la Comunità Magica si fosse rivoltata contro suo padre per un fraintendimento, un errore che aveva pregiudicato completamente le loro vite?

Inoltre aveva bisogno di capire il ruolo giocato da Ron Weasley in tutta quella faccenda: il suo nome compariva troppe volte sul monumento dei suoi nonni Potter ed era lampante che fosse colpevole di un reato grave quanto se non maggiore di quello di cui era accusato suo padre.

Dalle sue letture intensive sulla vita di suo padre James sapeva che Ron Weasley era il fratello di sua madre e il migliore amico di Harry Potter, chi insieme alla zia Hermione aveva combattuto al fianco di suo padre per tutti gli anni di Hogwarts e durante la Seconda Guerra Magica.

Eppure anche di Weasley si perdevano completamente le tracce poco dopo il termine dei processi seguiti alla fine della guerra.

Che fine aveva fatto? Perché le persone che si avvicinavano ai Serpeverde di questa famiglia avevano la tendenza a scomparire misteriosamente?

Le sue domande continuarono a vorticare senza risposta nella sua mente fino al momento in cui sua madre li richiamò al piano di sotto per il pranzo.

Trovandosi seduto attorno ad un tavolo con Blaise Zabini e suo fratello James si rese conto di essere completamente fuori posto in quella famiglia: l’unico Grifone in un mondo di Serpi.

La consapevolezza che presto sarebbe stato maggiorenne e avrebbe potuto decidere della sua vita in modo autonomo lo rasserenò leggermente: presto sarebbe stato libero di lasciare quella casa in cui non si era mai sentito accettato e soprattutto avrebbe potuto cercare una famiglia che lo capisse e non lo facesse sentire inferiore perché non apparteneva ai Serpeverde.

Doveva soltanto stringere i denti per un altro paio di mesi.

Come al solito, però, Albus aveva dovuto mettergli i bastoni tra le ruote.

-Vorrei parlarvi di una cosa- annunciò quasi alla fine del pranzo.

Sia Zabini sia sua madre voltarono la testa verso Albus e lo osservarono attentamente in attesa che suo fratello continuasse.

Erano settimane, dalla loro ultima lite, che Albus si comportava in modo strano, ma James non si era interessato particolarmente ai problemi del fratello convinto che fossero una sorta di protesta personale contro la sua decisione di cercare il loro padre.

Inoltre, se doveva essere sincero, aveva problemi più importanti che richiedevano la sua intenzione delle scene da prima donna di Albus.

Albus prese un respiro profondo e alzò leggermente il volto cercando lo sguardo di Zabini.

-Ho riflettuto molto nelle ultime settimane ed ho preso una decisione: voglio diventare un Zabini- disse con voce ferma e decisa.

Le parole di Albus fecero nascere un’espressione scioccata sul volto di sua madre e di Zabini e, prima che i due adulti potessero interromperlo, Albus parlò nuovamente.

-Essere un Potter per me non ha nessun significato.

Anzi, ultimamente è diventato quasi un peso: soprattutto da quando, di recente, mi è stato fatto notare che tutto quello che otterrò nella mia vita sarà probabilmente dovuto alla figura di Harry Potter e non grazie alle mie capacità-.

-Questo non è vero tesoro- lo interruppe prevedibilmente sua madre.

-Potrebbe esserlo ed io non voglio correre questo rischio- disse a sua volta Albus.

James osservò il volto di suo fratello farsi serio e cercare lo sguardo di Zabini.

-Per te sarebbe un problema se io diventassi uno Zabini?-domandò ancora con voce leggermente insicura.

Zabini restò in silenzio qualche istante, ricambiando lo sguardo di suo fratello prima di accennare un sorriso.

-Credi che basti questo per far dimenticare alla gente chi sei veramente?- domandò James bloccando sul nascere la risposta di Zabini.

La richiesta di Albus e soprattutto le parole che aveva usato parlando di suo padre e per riferirsi alla conversazione che avevano avuto settimane prima lo infastidivano, aggravando ulteriormente il suo nervosismo.

A quelle parole, Albus si voltò verso di lui con un’espressione indispettita sul volto.

-Forse no: probabilmente tutti continueranno a pensare a me come al figlio di Harry Potter, ma voglio fare qualsiasi cosa in mio potere per cancellare ogni collegamento tra me e nostro padre.

Contrariamente a te che veneri le sue imprese e sei felice di vivere nell’ombra gigantesca che ancora adesso il suo nome e la sua figura si portano dietro, per me Harry Potter è soltanto un nome sul mio certificato di nascita.

Non ha nessun significato per me-ribatté battagliero Albus.

Un sorriso malevolo distese le labbra di James: inconsapevolmente Albus aveva acceso la miccia necessaria per far scoppiare la guerra.

Ora non poteva più tornare indietro.

-Ah davvero? Pensi di essere migliore di me? Tu che hai passato tutta la tua vita a venerare la causa di tutti i nostri problemi?La ragione per cui non abbiamo avuto un padre in tutti questi anni?-domandò ancora James.

-Noi abbiamo un padre! E’ qui seduto davanti a te, soltanto che tu sei così accecato dalla tua idolatria per Harry Potter che non te ne sei mai reso conto- replicò prontamente Albus.

-Lui non è mio padre! Zabini è un estraneo che si è insinuato nella vita dei nostri genitori e ha causato la fine del loro matrimonio… Ed io dovrei ringraziarlo per questo?-chiese adirato Jim.

Per alcuni istanti nella stanza calò il silenzio; James era consapevole di avere su di se quattro paia di occhi che lo fissavano attentamente in attesa della sua prossima mossa.

-Jim tesoro, ma di cosa stai parlando?-domandò prevedibilmente sua madre con un filo di voce.

James spostò lo sguardo dal volto di Albus a quello di sua madre, osservando brevemente quanto fosse tesa e preoccupata da quello che stava avvenendo sotto i suoi occhi e su cui non aveva chiaramente alcun controllo.

Per alcuni istanti James fu combattuto tra due possibili scelte: doveva confrontare sua madre sulla tresca clandestina che aveva portato alla fine del matrimonio dei suoi genitori e all’allontanamento di suo padre, oppure doveva prima chiedere informazioni su quello che aveva scoperto il giorno prima?

Alla fine una nuova domanda si fece largo nella sua mente.

-Perché negli ultimi vent’anni non sono state più scritte biografie su mio padre?-domandò, lo sguardo fisso in quello della madre.

-Cosa c’entra adesso questo con la nostra famiglia?-chiese Albus chiaramente sorpreso.

-La vostra famiglia, vorrai dire. E’ evidente che io non ne faccio parte: l’unico Grifondoro in un mondo di Serpi!

Cresciuto in mezzo ad estranei e circondato da persone che mi hanno mentito per tutta la mia vita!-rispose il ragazzo alzando leggermente la voce.

-Jim non ti ho mai mentito…- replicò sua madre, ancora una volta con un filo di voce.

-James perché non ti calmi e ne parliamo in modo civile?- s’intromise Zabini con voce moderata.

-TU NON DEVI INTROMETTERTI!

E’ colpa tua se il matrimonio dei miei genitori è andato a puttane!- gridò James fissando Zabini con occhi fiammeggianti di rabbia. –Per quanto tempo ve la siete spassata alle spalle di mio padre prima che lui vi scoprisse?

Abbastanza da fargli credere che Albus fosse suo figlio?-lo accusò l’attimo dopo incurante dell’effetto che le sue parole potevano avere su sua madre.

Era ora di far venire a galla la verità.

Un silenzio incredulo scese nella stanza a seguito delle sue accuse e per alcuni secondi nessuno dei presenti osò dire nulla o muovere un muscolo, quasi avessero paura di rompere nuovamente l’equilibrio fragile che si era ristabilito dopo la sfuriata di James.

-Ruby va in camera tua- disse improvvisamente sua madre con voce ferma e decisa.

La ragazza scosse la testa.

-Io resto-rispose prontamente l’adolescente.

-Ruby per favore…-

-Non vado da nessuna parte, non dopo quello che ha detto James- replicò nuovamente la ragazza.

Ginny annuì.

-Fa come vuoi. Jim siediti-ordinò poi rivolta al proprio figlio maggiore.

James la fissò con uno sguardo battagliero pronto a lanciare nuove accuse, ma si trovò a fronteggiare un’occhiata altrettanto agguerrita che lo portò a obbedire all’ordine della madre.

Il silenzio ritornò nuovamente nella stanza per qualche minuto gravato da una forte tensione che si era impossessata anche dei volti di Ginny e di Blaise.

I due adulti si fissarono per qualche istante, comunicando tra loro in silenzio e prendendo una decisione nel giro di pochi secondi.

L’attimo dopo, Ginny tornò a fissare lo sguardo sul volto del primogenito.

-Hai sempre desiderato essere come tuo padre.

Hai fatto di tutto per assomigliargli, nel bene e nel male.

Oggi posso dirti che sei proprio come lui; so che questo ti riempirà d’orgoglio ma credimi quando ti dico che non c’è niente di cui essere fieri.

In questo momento ti stai comportando proprio come ha fatto lui: le sue azioni hanno messo fine al nostro matrimonio e tu ora con le tue accuse e il tuo comportamento stai cercando di fare a pezzi la nostra famiglia.

Non te lo permetterò Jim, non dopo tutto quello che abbiamo passato- disse con voce chiara e ferma.

James aprì la bocca per controbattere, ma Ginny lo precedette.

-Non ho ancora finito.

E’ chiaro che tu abbia raccolto in giro delle informazioni e che sulla base di quello che hai scoperto, hai costruito una versione della verità che ti facesse più comodo.

Dimmi cosa hai scoperto ed io e Blaise risponderemo alle tue domande.

Prima però voglio mettere bene in chiaro una cosa: il mio matrimonio con tuo padre è finito per motivi che non hanno nulla a che vedere con Blaise.

Quando il nostro matrimonio è entrato in crisi, io e Blaise ancora non ci conoscevamo e la nostra relazione è iniziata molti mesi dopo, quando io e tuo padre non vivevamo più insieme-aggiunse infine.

-Ti aspetti veramente che ti creda?-le domandò James, fermo sulle proprie convinzioni.

Ginny alzò le spalle.

-Sono certa che dopo aver sentito la mia versione della storia, ti renderai conto di come molte delle tue convinzioni siano sbagliate-

-Risponderai a tutte le mie domande?- s’informò James, curioso e sospettoso allo stesso tempo.

-Ti dirò tutto quello che posso-

James la fissò qualche istante indeciso se accettare o no la proposta della madre per poi annuire.

-Sono stato a Godric’s Hollow ieri-iniziò.

-Ecco perché non eri presente all’appello al ritorno a Hogwarts- commentò Albus.

-Di quello parleremo in un altro momento.

Perché sei andato lì? Cosa ti aspettavi di trovare?-chiese Ginny.

-Avevo bisogno d’informazioni: la biblioteca della scuola non aveva testi recenti su mio padre e quando ho provato a chiedere se esistevano dei libri recenti alla bibliotecaria, mi ha fatto capire che non avrei dovuto cercare o chiedere informazioni su mio padre.

Credevo che andando nella città in cui è nato, avrei trovato qualche notizia su dove è adesso-.

-Invece hai trovato una città fantasma-commentò Ginny.

James annuì.

-E’ tutto in rovina! Il museo è stato chiuso nel 2011 e hanno cambiato anche il monumento ai nonni Potter! Lo sapevi?- domandò con tono adirato a sua madre.

Ginny annuì.

-Ero presente all’inaugurazione del nuovo monumento-confessò la donna. –Che cosa hai fatto dopo aver visto il monumento e il museo?- lo incalzò l’attimo dopo.

James sospirò.

-Sono entrato in una libreria.

Ho chiesto al proprietario se c’erano dei libri sui processi dopo la Seconda Guerra Magica e se esistevano delle biografie su mio padre scritte negli ultimi vent’anni-raccontò James.

-Ed hai scoperto che ne è stata vietata la pubblicazione dal 2009- continuò Blaise al suo posto.

James annuì.

-Per quale motivo?- chiese sorpreso Albus.

James mosse velocemente lo sguardo da sua madre a Blaise e osservò lo sguardo veloce che i due si lanciarono, chiaramente indecisi se parlare o no e decise di farlo al posto loro.

-A quanto pare nel 2009 è stata approvata una legge che vieta di parlare di Harry Potter, ad eccezione della sua infanzia e del suo impegno contro Voldemort- spiegò senza rivolgersi a nessuno in particolare.

-Cosa è successo nel 2009?- chiese Ruby, chiaramente curiosa.

Questa volta James cercò lo sguardo di sua madre, chiedendole silenziosamente di confermare ciò che gli era stato rivelato il giorno prima dal proprietario della libreria.

Ginny sospirò e si passò nervosamente una mano tra i capelli.

-Voglio che mi promettiate che quello che sto per rivelarvi non uscirà da questa stanza-disse l’attimo dopo.

Uno per volta i tre ragazzi annuirono.

James vide la mano sinistra di Blaise avvicinarsi a quella destra di sua madre per poi intrecciare le loro dita in un gesto chiaramente rassicurante.

-Le cose erano molto diverse allora: io e vostro padre eravamo felici, o almeno era quello che credevo all’epoca, il solo pensiero di ritrovarmi in compagnia di un gruppo di Serpeverde mi spaventava e tra me e Blaise non c’era alcun tipo di rapporto- iniziò Ginny muovendo alternativamente lo sguardo tra Albus e James.

-A ripensarci adesso mi sembra di aver vissuto una vita parallela- commentò con un lieve sorriso divertito.

L’attimo dopo Ginny sospirò e alzò leggermente le spalle.

-Tutto è cambiato nel 2009.

Vostra zia Hermione iniziò a frequentare lo zio Draco e lentamente vostro padre ha iniziato a comportarsi in maniera diversa dal solito.

Era seriamente preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere alla zia Hermione in compagnia dei Serpeverde e in particolare di Draco e lentamente si lasciò trascinare in qualcosa di più grande di lui-.

Albus aggrottò la fronte.

-Perché preoccuparsi quando è palese che siano innamorati l’uno dell’altra?

Lo capirebbe anche un cieco- commentò confuso.

-A quel tempo i rapporti tra Grifondoro e Serpeverde non erano dei migliori e vostro padre temeva che Draco si fosse avvicinato a vostra zia per gioco o peggio ancora per portare avanti un’elaborata vendetta contro di lui-raccontò Blaise.

Al si lasciò scappare una risata ironica.

-Assurdo. Che senso avrebbe avuto?-

-E’ chiaro che una Serpe come te non si renda conto del problema.

Hai forse dimenticato che il tuo caro zio Draco è stato un Mangiamorte e che ha fatto di tutto perché il lato Oscuro trionfasse?- replicò acido James.

-Questo non è affatto vero!- ribatté prontamente Blaise.

-James non puoi giudicare qualcosa di cui non sai assolutamente nulla!- ribatté contemporaneamente Ginny. –E’ vero: Draco è stato reclutato tra i Mangiamorte, ma non è stata una sua scelta.

Fu costretto da suo padre e fino all’ultimo fece di tutto per opporsi al compito che gli era stato assegnato e al ruolo che avrebbe dovuto avere nella Seconda Guerra.

Non puoi basare le tue convinzioni su ciò che hai letto sui manuali di Storia-.

-Era la mia unica scelta, no? Ogni volta che ho provato a parlare con te di mio padre o degli anni della Guerra tu mi ha sempre detto che non volevi parlarne, che era meglio non rivangare il passato.

Cos’avrei dovuto fare secondo te? Restare nell’ignoranza come questa Serpe?- disse indicando Albus alla sua sinistra.

-Contrariamente a te, io non ho bisogno di conoscere il passato: tutto quello che è successo, mi ha portato a oggi ed io del presente non cambierei nulla- rispose calmo Albus, non lasciandosi trascinare dalle provocazioni del fratello.

-Tu invece ti sei sempre sentito privato della figura di Harry Potter, convinto che sarebbe stato un padre eccezionale e che sarebbe stato fiero di ogni tua azione a Hogwarts.

Eppure ora che hai la possibilità di chiedere a nostra madre se fosse davvero il grande uomo che immagini, tu te la fai sotto dalla paura di veder crollare le tue illusioni- disse ancora Albus.

James lo fulminò con lo sguardo, consapevole che le parole di Albus avevano colpito nel segno.

Ginny sospirò attirando nuovamente l’attenzione dei suoi figli su di se.

-Harry… Era un uomo complicato: aveva passato gran parte della sua vita a guardarsi le spalle con il terrore di essere ucciso da un momento all’altro.

Alla fine della Guerra avremmo avuto bisogno di tempo per godere di quel momento di pace inaspettata, per riprenderci dalle enormi ferite che avevamo entrambi, magari anche passare del tempo separati per essere certi che volessimo realmente stare insieme.

Invece ci siamo gettati subito nei preparativi per il matrimonio, convinti che fosse la cosa giusta da fare, quello che tutti si aspettavano da noi e credo che quello sia stato il nostro più grande errore- raccontò sincera.

-Non rimpiango i primi anni di matrimonio con vostro padre, ma con il senno di poi mi rendo conto che la nostra relazione era destinata a finire.

Eravamo due ragazzi danneggiati che si sono aggrappati alla prima persona in grado di capire il danno psicologico che ci portavamo dietro dalla Guerra-.

-Quindi mi stai dicendo che anche senza l’intervento di Zabini non avrei avuto mio padre accanto?-domandò seccato James.

Ginny alzò le spalle.

-Ti ho già detto che Blaise non ha nessuna colpa per la fine del matrimonio tra me e tuo padre- ripeté con maggiore enfasi nella voce. -Probabilmente il nostro matrimonio sarebbe finito comunque, oppure sarei rimasta con tuo padre per il vostro bene sacrificando la mia felicità.

Che cosa avresti fatto al mio posto Jim?-gli chiese sua madre.

Consapevoli di quale sarebbe stata la risposta e del dolore che avrebbe provocato a sua madre, James restò in silenzio.

Per alcuni secondi nella stanza cadde un silenzio imbarazzato finché Albus non prese la parola sorprendendo tutti.

-E’ ancora vivo?- domandò rivolto alla madre.

Ginny si limitò ad annuire.

-Tu sai dove si trova?-chiese ancora Al.

Ancora una volta la donna annuì.

-Per tutti questi anni hai sempre saputo dove si trovasse e non mi hai detto niente?- sbottò James.

Per un breve istante Ginny abbassò lo sguardo sul piano del tavolo poco distante dai piatti da portata ormai completamente dimenticati.

-Ho fatto una promessa Jim.

L’ultima volta che vidi tuo padre mi chiese di non rivelare a nessuno, voi compresi, il suo nuovo indirizzo- spiegò con voce calma.

-Quindi per tutti questi anni tu lo hai aggiornato sulle nostre vite?- domandò sorpreso Albus.

Questa volta Ginny scosse la testa, un sorriso triste a inarcargli gli angoli della bocca.

-Mi ha chiesto di non farlo-

James scosse la testa.

-Non ci credo! Forse non gli frega un cazzo di Albus ma sono certo che di me ha chiesto notizie… Sono il suo primogenito, porto il nome di suo padre! Deve averti contattato per avere mie notizie- disse veementemente.

James vide gli occhi di sua madre diventare lucidi per le lacrime che cercava di trattenere.

-Oh tesoro… Te l’ho ripetuto tante volte di non innamorarti di un’immagine.

Tuo padre prese la sua decisione con coscienza e dopo aver riflettuto a lungo, tenendo bene a mente quale fosse la cosa più giusta da fare per il vostro bene…-.

-Il mio bene? Sono cresciuto senza mio padre e ora vuoi farmi credere che l’ha fatto pensando a me? Perché hai lasciato che se ne andasse?-domandò in tono accusatorio.

Soltanto in quel momento James si accorse che la mano lasciata libera dalla stretta di Blaise tremava visibilmente.

Forse quella conversazione era troppo stressante per sua madre, ma lui aveva bisogno di sapere la verità.

Scoprire che per tutti questi anni avrebbe potuto incontrare suo padre lo rendeva furioso.

Perché sua madre si era sentita in dovere di separarli?

Cosa le faceva credere di aver preso la scelta più giusta nel suo interesse?

Era pronto a gettare nuove accuse su sua madre, rinfacciandole l’errata decisione di lasciarlo crescere in un covo di Serpi, quando alla sua mente ritornò la conversazione avuta soltanto il giorno prima con il proprietario della libreria di Godric’s Hollow.

-Hai detto che tutto è cambiato nel 2009-iniziò cercando nuovamente lo sguardo della madre.

Ginny annuì restando il silenzio.

-Ieri il proprietario della libreria mi ha detto una cosa che riguarda mio padre… o meglio, il motivo per cui sono stati vietati nuovi libri su di lui- disse ancora James, osservando attentamente il volto della donna.

Capì subito di aver toccato l’argomento giusto quando vide il volto di sua madre impallidire.

-Che cosa ti ha detto?-domandò Albus.

-Ha accennato qualcosa riguardo al rapimento di una bambina…-disse finalmente James.

-Che cosa?- chiese incredulo Al.

Jim annuì lentamente, incapace di nascondere la propria perplessità.

-Il vecchio mi ha detto che mio padre è stato processato per il rapimento di una bambina- disse ancora, prima di voltare nuovamente lo sguardo su sua madre. –E’ vero?- le chiese.

Ginny sospirò e si passò la mano libera tra i capelli, cercando di sfogare in qualche modo il proprio nervosismo.

-Quell’uomo non avrebbe dovuto dire nulla-commentò Blaise seccato, massaggiandosi il mento con una mano.

-E’ la verità?- chiese Albus.

Messa alle strette, Ginny annuì.

Solo per quel piccolo gesto, James si sentì mozzare il fiato.

Era sicuramente una bugia, un complotto contro suo padre ordito dalle Serpi che lo circondavano.

-Vostro padre fu complice nel rapimento di una bambina.

Fu processato e condannato a un anno di prigione ad Azkaban.

Dopo la sentenza, la Comunità Magica decise di approvare la legge perché non fosse divulgata quello che era successo: i giovani maghi avrebbero continuato a studiare le gesta di vostro padre e il suo impegno per il Bene durante la Seconda Guerra, ma non avrebbero mai saputo della sua caduta in disgrazia-spiegò Ginny con voce calma.

-Questo spiega perché non esistono biografie su Harry Potter negli ultimi vent’anni- commentò Albus.

Sia Blaise sia Ginny annuirono.

-Blaise e Draco si mobilitarono affinché fosse approvata la nuova legge in modo da tutelare tutti quelli che erano stati coinvolti in quella maledetta faccenda…- continuò la donna.

-Immagino il piacere che ha provato nel ricoprire di fango il nome di mio padre-commentò maligno James.

-James adesso basta!

Continui a considerare Blaise come un nemico senza renderti conto che è grazie a lui e al suo intervento in quella situazione che hai potuto continuare a essere orgoglioso del tuo cognome e della figura di tuo padre.

Avresti preferito sapere la verità? Volevi che tutti a Hogwarts sapessero cosa ha fatto tuo padre?

Come pensi sarebbe stata la tua vita e quella di Albus al Castello se tutti avessero saputo che eravate i figli di un ladro di bambini invece che del Salvatore del Mondo Magico?

-Sei talmente certo delle tue idee da non renderti conto di quanto queste siano basate su una visione distorta della realtà.

Se tu sapessi anche soltanto la metà di ciò che è successo allora, smetteresti di pensare a vostro padre come a un grand’uomo…- commentò l’attimo dopo.

-Mio padre è il Salvatore del Mondo Magico! E’ un eroe!- replicò James lasciandosi andare nuovamente alla rabbia.

Ginny lo ascoltò in silenzio, un sorriso triste sulle labbra; l’attimo dopo un’espressione determinata si era dipinta sul suo volto e le sue labbra si dischiusero pronte a controbattere per l’ennesima volta alle accuse del figlio.

-Tuo padre è il Salvatore del Mondo Magico, ma non è un eroe.

E’ un essere umano con i suoi pregi e i suoi difetti ed è stato proprio per colpa di questi ultimi che ha messo fine alla nostra famiglia.

Mi ha mentito per mesi, ha tramato alle mie spalle e ha approfittato del mio amore per lui in modo che mi rendessi complice inconsapevole del rapimento di… di quella bambina.

Quando gli chiesi spiegazioni su cosa lo avesse spinto a commettere un’azione simile sai cosa mi disse?

Che doveva farlo, che doveva dimostrare al mondo magico quanto fossero folli nelle loro decisioni, che dovevano aprire gli occhi e rendersi conto di essersi fidati delle persone sbagliate.

Aveva messo a rischio la vita di una bambina innocente per desiderio di rivalsa personale.

Che cosa avresti fatto al mio posto? Avresti lasciato che i tuoi figli scoprissero la verità sul loro padre oppure avresti fatto di tutto per proteggerli?- gli domandò.

James sostenne lo sguardo di sua madre, pronto a rispondere a tono ma Albus lo precedette dando voce a una domanda che si era insidiata in un angolo della sua mente fin da quando aveva scoperto del rapimento.

-Che ne è stato della bambina?-

Ginny sospirò e si sistemò alcune ciocche di capelli dietro un orecchio, ancora visibilmente scossa.

-Dopo un mese di ricerche siamo riusciti a riportarla a casa- rispose Blaise per lei.

Qualcosa nel modo in cui era formulata la risposta dell’uomo colpì l’attenzione dei due ragazzi.

-Si tratta di qualcuno che conosciamo, non è vero?- chiese Albus. –Se così non fosse avresti detto che era ritornata dai genitori o qualcosa di simile- gli fece notare.

I due adulti si fissarono per un brevissimo istante, prima di tornare a guardare i tre ragazzi.

-Ricordate la promessa che avete fatto all’inizio di questa conversazione? E’ fondamentale che non facciate parola con nessuno di quello che avete scoperto oggi-disse Blaise con voce seria.

Ancora una volta i tre ragazzi annuirono, consapevoli della gravità della situazione.

Per la prima volta da quando era iniziata quella lunga discussione, James si rese conto che qualsiasi cosa avessero detto sua madre o Zabini, il suo mondo sarebbe cambiato per sempre, in un modo o nell’altro.

Finalmente sua madre tornò a voltarsi verso la parte del tavolo in cui erano seduti lui e Albus e, dopo aver preso un respiro profondo, dischiuse le labbra.

-Prudence.

Vostro padre fu complice nel rapimento di vostra cugina Prudence- confessò infine.

Gravato dal peso di quella scoperta, James scattò in piedi lo sguardo fisso sul volto della madre per alcuni secondi prima di voltare le spalle alla tavola e alle persone ancora sedute e avviarsi con passi veloci alla scala che lo avrebbe condotto al piano superiore e alla tranquillità della sua stanza.

Soltanto dopo essersi richiuso rumorosamente la porta alle spalle, James si lasciò cadere a terra, le spalle contro il legno della porta e, senza rendersene conto si prese il volto tra le mani.

La sua mente era nel caos più totale.

Qual era la realtà? Doveva credere a ciò che sua madre gli aveva appena confessato, oppure doveva restare sulle sue idee?

Ma perché inventare qualcosa di così articolato, perché scegliere proprio Prudence come vittima?

Possibile che fosse la verità?

Ciò che lo spaventava di più era non sapere cosa ne sarebbe stato di lui ora che sapeva la verità su suo padre.

Del resto, chi era James Potter senza la gloria e l’onore del grande Harry Potter?

 

 Salve a tutti!

Bentrovati! ^_^ Chiedo scusa per la lunga attesa, ma la sessione estiva mi ha devastato e sono riuscita a liberarmi soltanto una settimana fa.

Spero che il capitolo sia stato all'altezza dell'attesa. Come aveete visto ci siamo concentrati principalmente sulla famiglia Zabini/Potter facendo scoppiare una delle prime bombe nucleari, come le ha chiamate James, che ovviamente avrà delle ripercussioni su tutto il gruppo di Serpeverde (ricordate quanto era sconvolta Hermione?)

Molti di voi probabilmente storceranno il naso all'idea che Harry sia tornato tra i babbani, ma ho usato questo espediente già in un'altra FF; la motivaziione che lo spinge a tornare nell'anonimato del mondo babbano è scaturita dal senso di colpa o, come in questo caso, dalla vergogna.

Del resto, in una situazione come quella di Harry, non preferireste anche voi nascondervi in un posto in cui siete completamente sicuri che nessuno vi riconoscerà mai?

Passando oltre, so che nelle intenzioni di James c'era anche quella di parlare di Ron, ma quante volte durante una lite si segue il copione che ci eravamo immaginati nella nostra mente? Inoltre credo che l'argomento Ron debba essere affrontato da qualcun altro.

Per quanto riguarda Sadie e Scott ho scelto di inserire la loro parte per dimostrare come la vita vada avanti nonostante tutto il caos che riusciamo a creare e anche, e soprattutto, perchè la loro situazione era diventata troppo statica e Sadie aveva decisamente bisogno di una scossa che la portasse ad interrogarsi realmente sui suoi sentimenti verso Scott...Quindi cosa c'è di meglio di sei mesi di lontananza?

La frase all'inizio del capitolo ed il titolo sono tratti dalla canzone omonima degli R.E.M.

Ringrazio tutti coloro  che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, mi scuso per eventuali errori di battitura e/o di ortografia.

Ed ora i ringraziamenti: Marta_cr_Cullen92(Una nuova attesa ed un nuovo capitolo...Prometto che non diventerà un abitudine, ma la vita degli universitari è un inferno xD), Fiorenntinasara(Come vedi, bisognerà aspettare un altro capitolo perchè James apra finalmente gli occhi e capisca tutti gli errori che ha fatto negli ultimi mesi), Mia_hp( Benvenuta e bentrovata! ^_^ Grazie per i complimenti! Eh già, c'è già stato un primo tentativo di sequel ma a quanto pare è difficile scrivere un seguito per questa FF, speriamo di riuscirci questa volta xD), Bastavolerlo(Bentrovata e Benvenuta! ^_^ Grazie per i complimenti, soprattutto quelli sul modo di scrittura( cerco sempre di migliorare nonostante non sia una professionista); apprezzo anche il tuo commento sulle scene di sesso, anche io rileggendo a volte la 1 FF mi rendo conto di aver usato quell'espediente un pò troppo spesso, ma a mia discolpa posso dire che all'epoca ero molto più inesperta e romantica xD; non ti sei sbagliata: nella 1 FF James era più grande di Prue e Sadie, ma nel primo capitolo del sequel ho aggiunto un avviso per mettere in guardia i lettori che avevo deciso di invertire la loro et per una questione creativa), Gonziz(Grazie per i complimenti!^_^ Spero che il caapitolo sia valso la lunga attesa :D )

Bene, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo

"When Harry met Albus & James"

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Can we be seventeen? ***


seventeen

 

 

VENERDì

 

"È un amore di lusso il mio
Scritto pure di lacrime
E dall'ossessione per il sapore del dolore"

 

Diversamente da molti dei suoi amici e colleghi studenti, Richard amava le settimane di mid-term in cui ritornava a casa.

Unico uomo in una casa di donne, il ragazzo si sentiva il Re del castello per quelle brevi settimane di vacanza.

Quella convinzione, probabilmente era dovuta anche alle attenzioni che sua madre riversava su di lui durante quei giorni, per compensare le settimane di lontananza: quasi ogni suo desiderio veniva esaudito e non c’era giorno in cui Richard non cogliesse negli occhi di sua madre uno sguardo a metà fra l’incredulo nel vederlo girare fra le stanze della loro casa e la felicità per la sua presenza.

L’atmosfera familiare era inevitabilmente cambiata quando tre anni prima suo padre era morto improvvisamente, lasciandolo l’unico uomo della famiglia con la grande responsabilità di prendersi cura di sua madre e delle sue sorelle e, nonostante la sua natura estroversa e i suoi comportamenti a volte infantili, Richard non aveva mai dimenticato le aspettative che suo padre aveva sempre riposto su di lui.

Per questo motivo il giovane cercava di passare quanto più tempo possibile con la sua famiglia e in particolare con le sue tre sorelle, punzecchiandole da bravo fratello maggiore e contemporaneamente mostrandosi disponibile a ogni loro necessità.

Quel venerdì pomeriggio, ad esempio, Richard era appena tornato da una mattinata di shopping con Allison Jane e Grace.

Era stata un’esperienza allucinante, ma offrendosi volontario per accompagnare le ragazze in giro per negozi aveva fatto sì che sua madre non dovesse prendersi un giorno libero dal lavoro o peggio sacrificare uno dei pochi giorni liberi per seguire due adolescenti e una preadolescente in una folle ricerca all’ultimo vestito alla moda.

Non appena ritornate a casa, le ragazze erano corse al piano di sopra nelle loro stanze per provare nuovamente i loro acquisti mentre tutto quello che Richard desiderava in quel momento, era un sandwich enorme che lo rimettesse in pace con il mondo e lo aiutasse a cancellare dalla mente i discorsi su abbigliamento, scarpe e gli innumerevoli flirt che affollavano la scuola delle sorelle.

Aveva appena iniziato a preparare il suo meritato sandwich quando sentì il suonare il campanello.

-Qualcuno può aprire la porta!- urlò dalla cucina, impegnato a sistemare attentamente una fetta di formaggio cheddar su una di pomodoro.

Dopo qualche istante di silenzio, capì che nessuno aveva sentito la sua richiesta o, se lo aveva fatto, avevano deciso di ignorarlo.

Alzando gli occhi al cielo Richard lasciò a metà il panino e si diresse velocemente lungo il corridoio che conduceva dalla cucina al vestibolo, aprendo poi la porta d’ingresso.

Non appena vide la persona ferma sulla soglia, un sorriso apparve istantaneo sulle sue labbra.

-Albus!- lo salutò, sinceramente sorpreso di vederlo.

Dopo il loro incontro al Babylon era fermamente convinto che Albus avrebbe cercato di evitarlo il più a lungo possibile, approfittando di quelle settimane di vacanza per venire a patti con ciò che aveva scoperto su di lui e su ciò che si erano detti.

La sua presenza sulla soglia di casa lo lasciò quindi piacevolmente sorpreso: possibile che Al avesse capito il significato nascosto dietro la loro conversazione e fosse venuto ad affrontarlo per chiarire definitivamente la loro situazione?

Bastò, però una seconda occhiata all’amico per capire che qualsiasi cosa lo avesse spinto fin lì non era certamente legato a pensieri felici.

I capelli neri di Albus, già perennemente sconvolti, erano in uno stato spaventoso come se il giovane avesse passato le ultime ore ad affondarvi continuamente tutte e dieci le dita dalle mani; i suoi vestiti erano in perfetto ordine ma, per la prima volta da quando lo conosceva Albus indossava un completo giacca e cravatta.

Per quale occasione si era vestito così elegante?

Ciò che lo colpì maggiormente però, fu il suo viso: il volto era pallido come lo aveva visto settimane prima e per un breve istante Richard si preoccupò che il ragazzo avesse continuato a far uso di pozioni stupefacenti anche durante le vacanze, con il rischio di farsi scoprire dai suoi genitori.

E infine i suoi occhi: gonfi e lucidi di lacrime. Aveva pianto?

Se non lo aveva ancora fatto, era evidente che bastava un piccolo stimolo per far crollare la diga che tratteneva a stento le lacrime.

-Che è successo?- domandò preoccupato.

Albus lo fissò qualche istante, in silenzio, prima di abbassare leggermente il capo e spostare lo sguardo sul pavimento.

-Scusa se sono venuto qua all’improvviso… Ma non sapevo dove altro andare- disse con voce spezzata.

Richard restò in silenzio sopraffatto a sua volta dalle parole dell’amico.

Albus era chiaramente in una situazione di forte stress emotivo e avrebbe potuto rivolgersi a chiunque ma per qualche motivo inspiegabile aveva deciso di cercarlo.

Doveva pur significare qualcosa…

Il vestibolo era ancora avvolto nel silenzio quando Albus rialzò lo sguardo e cercò gli occhi color ambra di Richard, mostrandogli ancora una volta la sofferenza che vi si nascondeva all’interno.

-Vieni qui- disse Richard con un gesto della mano sinistra.

Come se non avesse aspettato altro che il suo permesso, l’attimo dopo Albus si era gettato tra le sue braccia, adattando la sua figura lunga e muscolosa a quella più piccola di Richard in modo da poter nascondere il viso nell’incavo tra la spalla e il collo e stringergli le braccia attorno alla vita.

Richard si concesse qualche istante per riprendersi dall’impatto con il corpo massiccio di Albus e subito dopo portò un braccio attorno alle spalle del ragazzo, affondando le dita fra i folti capelli neri.

-Andrà tutto bene…- sussurrò voltando leggermente il volto verso quello di Albus, ancora nascosto nella sua spalla.

Stretto in quell’abbraccio, Richard promise a se stesso di fare tutto il possibile per aiutarlo.

Nessuno poteva dar del male ad Albus e credere di passarla liscia.

 

 

___________________________________

 

 

LUNEDI

 

"Perché col tempo cambia tutto lo sai
E cambiamo anche noi"
 

-Allora? Che cosa avete intenzione di fare?-

Era stato un weekend difficile per i Serpreverde.

Non appena James era scappato dalla sala da pranzo per rifugiarsi nella sua stanza era sceso un silenzio pesante: Albus era immobile, con lo sguardo perso nel vuoto, incapace di venire a patti con la notizia che aveva appena ricevuto, mentre Ruby fissava incredula i suoi genitori.

-Come avete fatto a tenere questo segreto per tanti anni?- aveva chiesto dando voce a un pensiero presente anche nella mente di Albus.

I due adulti si erano fissati per un istante prima di tornare a posare lo sguardo su Ruby.

-Non avevamo altra scelta. Le vite di troppe persone sarebbero state compromesse se avessimo detto la verità- rispose Blaise per entrambi.

Dopo quel breve scambio di battute i due ragazzi si erano alzati da tavola e lentamente, un dopo l’altro, erano saliti al piano di sopra per elaborare da soli quello che era appena successo.

Una volta rimasti soli, Ginny aveva finalmente dato sfogo alla crisi isterica che era riuscita a tenere a freno fino a quel momento grazie alla presenza dei suoi figli; Blaise l’era stato accanto fino alla fine confortandola e aiutandola in tutti i modi possibili, ripetendole più volte che tutto si sarebbe sistemato, che presto le cose sarebbero tornate alla normalità, mettendo a tacere la paura della compagna di perdere i suoi figli per colpa degli eventi del passato.

Una volta ripresasi, Ginny aveva contattato Draco e Hermione per metterli a conoscenza dell’accaduto e in seguito aveva recuperato il biglietto da visita che aveva conservato per tutti quegli anni.

Il suo primo istinto era stato quello di chiamare subito Harry e pregarlo di incontrare i ragazzi in modo da far luce una volta per tutto sugli eventi che avevano portato alla fine del loro matrimonio.

Le accuse di James l’avevano ferita più di quanto aveva lasciato trasparire: come aveva fatto a non accorgersi che suo figlio aveva iniziato a covare tanto rancore nei suoi confronti?

Perché non era stata capace di cogliere i minimi segni che le avrebbero permesso di riportare tutto alla normalità prima che tutto degenerasse?

James era fermamente convinto che la fine del suo matrimonio con Harry fosse da imputare a lei e alla sua relazione con Blaise, quando lei stessa era stata una vittima della ragnatela di bugie e sotterfugi che Harry aveva tessuto attorno a loro durante gli ultimi mesi prima dello scandalo.

Come aveva potuto sconvolgere la realtà a tal punto da convincersi che Albus fosse figlio di Blaise?

Tutte quelle domande le ronzavano incessantemente in testa, senza alcuna risposta, insieme alla consapevolezza che Harry era l’unica persona capace di ridare un senso a quella follia e restituirle suo figlio.

James lo avrebbe ascoltato e avrebbe creduto ciecamente a ogni sua parola.

Di questo Ginny non aveva alcun dubbio. Per questo doveva contattarlo il prima possibile.

Era stato Blaise a dissuaderla dal farlo: l’aveva convinta ad aspettare qualche giorno prima di mettersi in contatto con l’ex marito, in modo da lasciare del tempo ai ragazzi per metabolizzare le informazioni che avevano ricevuto.

-Se non ci saranno cambiamenti fino a lunedì, allora sarò io stesso a chiamare Potter- le aveva detto cercando di strapparle un sorriso.

Sfortunatamente la situazione non era migliorata durante le successive ventiquattro ore: James si era isolato nella sua stanza, arrivando addirittura a mangiare i suoi pasti in camera, in modo da evitare gli altri membri della famiglia.

Albus non aveva scelto una soluzione così drastica, ma era evidentemente ancora scosso dall’accaduto scegliendo il mutismo a un volontario isolamento.

Ruby, per quanto quella situazione la riguardasse soltanto marginalmente, aveva preferito allontanarsi da casa scegliendo di andare a dormire da un’amica, mettendo quanta più distanza possibile tra se e il caos che si era venuto a creare nella loro famiglia.

Lunedì mattina, dopo una notte quasi insonne, Ginny si era fatta coraggio e aveva composto il numero di telefono sul biglietto da visita.

Sentire la voce di Harry dopo tanti anni le aveva fatto uno strano effetto, quasi fosse entrata in contatto con un fantasma, ma tutto era stato dimenticato quando aveva colto la nota di preoccupazione nella voce dell’ex marito non appena aveva accennato a James: gli aveva raccontato velocemente cosa era successo pochi giorni prima e gli aveva chiesto di incontrare i ragazzi.

Alla sua richiesta era seguito un breve silenzio seguito poco dopo da un sospiro rassegnato.

-Dammi un paio d’ore per parlarne con Rory e ti richiamo- le aveva risposto.

Dopo la breve conversazione con Harry, per Ginny e Blaise era arrivato il momento di affrontare la loro seconda famiglia: i Serpeverde.

Si erano incontrati a casa di Theo e Pansy, l’unica a essere relativamente sicura, e alternandosi nel racconto i due avevano rivissuto quello che era successo quarantotto ore prima.

Alla fine del loro racconto, i loro amici erano rimasti in silenzio per alcuni istanti chiaramente sorpresi da quello che avevano appena ascoltato.

-Fatemi capire: voi avete incontrato Potter e non ci avete mai detto nulla?- domandò Draco, leggermente indispettito.

Blaise annuì sostenendo lo sguardo dell’amico.

-Non hai pensato che forse io e Hermione avremmo dovuto saperlo?- chiese ancora il biondo.

-Ginevra ed io all’epoca decidemmo che vi avremmo informato nel caso fosse stato necessario ma, come ti ho detto, l’incontro è stato incentrato esclusivamente su James e Albus- rispose calmo Blaise.

-Chi ti dice che non abbia provato a spiare me o Hermione nel breve tempo in cui è stato qui?-ribatté Draco.

-Non l’ha fatto- s’intromise Ginny cercando lo sguardo dell’amico. –Non posso giurartelo, ma ciò che ha detto durante quell’incontro e il suo atteggiamento, mi portano a escludere questa possibilità-aggiunse.

Ginny incontrò lo sguardo di Hermione e le due donne si fissarono in silenzio per qualche istante prima che la riccia dischiudesse le labbra, pronta a intervenire nella conversazione.

-Hai avuto il suo indirizzo per tutti questi anni… Perché non lo hai contattato quando James ha iniziato a chiederti di Harry?- le domandò.

-Tu meglio degli altri dovresti capire la mia scelta.- rispose la rossa. –Harry ci ha chiesto di non farlo, di aiutarlo a mantenere l’anonimato che si è costruito in questi anni. Perché avrei dovuto negarli quella richiesta?

Se la situazione non fosse degenerata in questo modo avrei continuato a mentire per tutta la vita nonostante le richieste incessanti di James.

Mi ha salvato la vita quando eravamo a Hogwarts, è il padre dei miei figli ma non lo perdonerò mai per quello che ha fatto a me, a te o a Prudence- disse con voce ferma.

Hermione fissò l’amica ancora un istante prima di annuire.

-Allora? Che cosa avete intenzione di fare?- domandò Pansy, parlando per la prima volta.

Blaise sospirò sconfortato prima di incontrare lo sguardo di Ginny.

-I ragazzi incontreranno Potter- annunciò.

-Mentre venivamo qua, mi ha chiamato per dirmi che è disposto a incontrare James e Albus venerdì-continuò Ginny.

-Verrà a casa vostra?- domandò Hermione preoccupata per l’effetto che quell’incontro avrebbe avuto sull’amica.

Sia Ginny sia Blaise scossero la testa.

-Harry preferisce incontrarli nella Londra babbana; crede che sia un altro modo per mostrare il suo distacco definitivo dalla comunità magica e per evitare che James si faccia delle illusioni- continuò la rossa.

-Avete una minima idea delle possibili ripercussioni che avrà un incontro del genere?- domandò Draco preoccupato.

-Draco…- tentò di calmarlo Hermione.

-Cosa succederà quando Potter racconterà ai ragazzi il motivo che l’ha spinto a collaborare al rapimento di Prudence? Avete pensato alle conseguenze che questo incontro avrà sulla mia famiglia?- chiese ancora lasciandosi prendere dalla paura e dalla rabbia.

-Forse è arrivato il momento anche per voi di raccontare la verità ai vostri figli- replicò Blaise per nulla spaventato dall’amico.

-Sei completamente impazzito?-ribatté Draco muovendo un passo verso il Serpeverde.

-Ok, perché non cerchiamo di calmarci?- s’intromise Theo, sistemandosi strategicamente tra i due amici per evitare che la situazione degenerasse.

-In fondo non è un’idea tanto assurda: Prudence in parte sa la verità, che male ci sarebbe a raccontare cosa è successo alle gemelle e a Jude?- chiese l’attimo dopo rivolto al biondo.

-Non posso; ho promesso a Prue che le avrei lasciato del tempo per venire a patti con la verità in modo che sia pronta quando le racconterò tutto.

Non posso forzarla prima del tempo- ribatté adirato Draco.

-Quindi dovremmo restare in stand-by finché Prue non prende una decisione? Beh sono felice che lei abbia questa possibilità, ma se voglio avere una minima chance di salvare la mia famiglia non posso perdere altro tempo. Prudence sa di non essere tua figlia…- replicò altrettanto adirato Blaise.

-PRUDENCE è MIA FIGLIA!- rispose subito Draco, incurante del suo tono di voce.

Hermione si avvicinò al marito e gli posò una mano sul braccio cercando di calmarlo, ma l’uomo non sembrò neanche accorgersi della presenza della moglie accanto a se.

-Andiamo, sai benissimo cosa intendo! E’ tua figlia quanto James e Albus sono figli miei.

Sia tu sia io faremmo qualsiasi cosa per quei ragazzi ma non possiamo continuare a nascondere loro la verità: abbiamo cercato di proteggerli in tutti i modi possibili, anche cambiando le leggi per evitare che scoprissero tutto prima del tempo, ma adesso sono adulti.

Hanno il diritto di sapere e di prendere le loro decisioni in piena coscienza- continuò Blaise fissando lo sguardo fiammeggiante di rabbia di Draco.

L’attimo dopo l’uomo prese un respiro profondo e deglutì rumorosamente prima di continuare.

-Dobbiamo solo sperare di aver fatto bene il nostro lavoro di genitori in questi anni e che, una volta scoperta la verità, non cambi nulla-.

La speranza. Dovevano veramente aggrapparsi a qualcosa di così flebile per evitare di soccombere alla paura di veder scomparire tutto quello che avevano costruito con tanta fatica?

 

_____________________________________

 

 

MARTEDI

 

Lo sguardo fisso sul soffitto sopra il suo letto nella camera avvolta nel silenzio, Albus ripensò a quello che era accaduto per l’ennesima volta in tre giorni.

In questo momento avrebbe volentieri bevuto una birra o anche qualcosa di più forte che lo aiutasse a dimenticare tutto quello che era successo: com’era possibile che una normale conversazione attorno ad un tavolo, simile a migliaia di altre avute durante l’infanzia e l’adolescenza, potesse degenerare in quel modo?

Era stata la sua richiesta di voler cambiare cognome da Potter a Zabini?

In parte. Albus era certo che suo fratello si era sentito tradito dalla sua richiesta e certamente, la sua decisione aveva acuito il sentimento d’isolamento che, a quanto pare, James sentiva all’interno della loro famiglia.

L’unico Grifone in una famiglia di Serpi.”

Pensava veramente quell’idiozia? Probabilmente sì.

Non era la prima volta che James si lasciava andare a commenti e battutine, mascherando con l’ironia ciò che pensava veramente sulla loro famiglia: non aveva mai avuto un buon rapporto con Blaise e aveva bloccato sul nascere tutti i tentativi fatti dall’uomo in tutti quegli anni nel tentativo di instaurare il rapporto padre-figlio che invece si era creato tra Blaise e Albus.

Albus sospirò, ancora incredulo per i sentimenti contrastanti che quelle parole suscitavano in lui: al momento James non era tra le sue persone preferite, ma avendo vissuto in prima persona quel sentimento di solitudine non lo avrebbe augurato a nessuno, neanche a quell’idiota di suo fratello.

La situazione era precipitata quando Jim aveva accusato la loro madre di aver provocato la fine del matrimonio con Harry Potter e, cosa ancora più assurda di avergli mentito sulla sua reale paternità.

Ancora una volta Albus provò incredulità nel ripensare al livore con cui Jim aveva lanciato le sue accuse, ma se doveva essere completamente sincero con se stesso, doveva anche ammettere che per pochi secondi aveva sperato che fosse la verità, almeno per quanto lo riguardava.

Tutto avrebbe finalmente avuto senso: avrebbe trovato una spiegazione all’istantaneo rapporto che si era creato con Blaise nonostante la sua giovane età all’inizio della relazione tra i suoi genitori, avrebbe potuto spiegare perché il Cappello lo aveva smistato tra i Serpeverde e non tra i Grifondoro e soprattutto avrebbe trovato una giustificazione per il suo totale disinteresse nei confronti di Harry Potter.

Purtroppo sua madre aveva smentito quelle accuse, lasciandolo senza una possibile spiegazione per quegli interrogativi.

Ciò che era stato rivelato in seguito lo aveva turbato e disgustato: che razza di persona era Potter? Come aveva potuto lasciarsi trascinare in un’azione tanto orrenda?

Quella scoperta aveva avuto due effetti: aveva rafforzato la sua decisione di cancellare ogni possibile collegamento tra se stesso e Harry Potter e aveva aumentato il disinteresse per quell’uomo.

Per questo ora gli era difficile prendere una decisione: il giorno prima sua madre aveva comunicato a lui e a James che di lì a pochi giorni avrebbero incontrato Potter, in modo che Jim potesse avere le risposte che tanto desiderava e con la speranza di chiudere quella faccenda in modo definitivo.

Dal canto suo Albus non era certo di voler incontrare l’uomo; sinceramente non vedeva il senso di quella “ riunione”: non aveva nessun ricordo di Potter, non era stato presente negli anni formativi della sua vita ed era certo che non avevano niente in comune.

Harry Potter non era suo padre, era soltanto un nome su un certificato.

Perché dare all’uomo una nuova occasione per ferire lui o James?

Nonostante i rapporti tra loro al momento non fossero dei migliori questo non voleva dire che l’idea di veder soffrire James gli facesse piacere.

 Sapeva che il fratello non vedeva l’ora di incontrare Potter, anche soltanto per avere delle risposte alle sue domande ma Albus aveva la sensazione che suo fratello non fosse emotivamente pronto per quell’incontro o per quello che avrebbe scoperto una volta trovatosi a faccia a faccia con il grande Harry Potter.

Albus si lasciò andare a un sospiro frustrato.

Probabilmente avrebbe finito per andare a quell’incontro come supporto morale per James.

Il rumore di un colpo lieve sulla porta lo distolse dai propri pensieri e lo portò a staccare lo sguardo dal soffitto.

-Avanti-

La porta della sua stanza si aprì leggermente e sulla soglia apparve la figura di Blaise.

-Disturbo?- domandò l’uomo senza fare alcun accenno a entrare.

Albus scosse la testa e fece un cenno con la mano invitandolo a entrare.

L’uomo entrò nella stanza e si richiuse la porta dietro di se, restando poi fermo al centro della stanza, le mani affondate nelle tasche posteriori dei jeans, quasi fosse indeciso se ritornare sui suoi passi o se avvicinarsi al letto.

-Sono passato per vedere come stai… Sai con tutto quello che è successo negli ultimi giorni- gli disse.

Albus si lasciò andare a un gemito frustrato per poi sistemarsi meglio contro la spalliera del letto.

-Hai una domanda di riserva?-chiese il ragazzo a sua volta, strappando un sorriso all’uomo.

Blaise scosse lentamente la testa muovendo un passo verso il letto.

-Sicuro che non ti va di parlarne?-domandò ancora.

-Cosa c’è da dire? Il grande Harry Potter si è rivelato un essere umano come tutti gli altri.

Sai che scoperta! La cosa che mi disgusta è sapere che Prudence avrebbe potuto fare una brutta fine per colpa sua- commentò.

Per alcuni istanti cadde il silenzio nella stanza prima che Albus riportasse lo sguardo sul volto dell’uomo.

-Posso farti una domanda?- gli chiese una nota interrogativa nella voce.

Blaise annuì e approfittò di quel momento per sedersi sul letto.

-Quando… Quando hai conosciuto la mamma… Sì, insomma, era felice?- domandò impacciato.

L’uomo sostenne per alcuni attimi lo sguardo del ragazzo, prima di prendere un respiro profondo.

-Non credi sia meglio chiedere a lei?-domandò a sua volta Blaise.

-Sicuramente mi risponderà con una frase fatta, mentre io voglio sapere la verità- ribatté Al.

-Lo farebbe per proteggerti Al. La verità può fare molto male- gli disse con voce seria.

-Credi che non lo sappia? E’ sempre meglio di una bugia.

Quello che ho scoperto su Harry Potter ha confermato l’idea che ho avuto su di lui per tutti questi anni, credi veramente che la situazione possa peggiorare?-gli domandò ancora il ragazzo.

Blaise annuì lentamente lo sguardo fisso sulla punta dei piedi, inumidendosi il labbro inferiore con la punta della lingua, prima di cercare nuovamente gli occhi di Albus.

-La prima volta che ho visto tua madre avevo appena scoperto che tua zia Daphne era incinta di Amy. Ero in preda al panico- ricordò con un lieve sorriso a inarcargli le labbra. –Tua madre era lì, immersa in una conversazione con Hermione- aggiunse fermandosi bruscamente.

-Ci eravamo incontrati di sfuggita già una volta, ma non avevo fatto caso a lei.

Quando ci incontrammo quel giorno… Prudence era tornata a casa da qualche settimana-iniziò.

Albus lo fissò in silenzio in attesa che l’uomo riprendesse a parlare.

-Era venuta a scusarsi per quello che era successo: il rapimento e tutto il resto.

Era distrutta. Quando ci conoscemmo meglio, mi raccontò che si sentiva una stupida per non essersi resa conto di quello che succedeva attorno a se, mi parlò della rabbia che aveva verso tuo padre per il modo in cui l’aveva ingannata…- raccontò ancora Blaise.

L’uomo alzò le spalle.

-Non so dirti se fosse felice con tuo padre o se avrebbe comunque trovato la forza per lasciare tuo padre, perché la donna che vedi oggi è molto diversa da quella che ho conosciuto io quindici anni fa: era sottoposta a continue pressioni da parte della sua famiglia e inoltre non devi dimenticarti che tuo padre è stato il suo primo grande amore.

Aveva fatto e sopportato di tutto per stare con lui e l’idea di perderlo all’epoca le sembrava inconcepibile-.

-Anche se era innamorata di un’idea?- lo interruppe Albus.

Blaise accennò un sorriso.

-Certe volte siamo disposti ad aggrapparci a un’idea piuttosto che affrontare una realtà spiacevole che sicuramente ci farà soffrire.

Sempre che non ci sia proposta un’alternativa-.

Il ragazzo annuì per poi lasciar cadere il silenzio tra loro per qualche istante, lo sguardo fisso sulla trapunta grigia che copriva il suo letto.

-Posso confessarti una cosa?-disse improvvisamente.

Blaise restò in silenzio ma Albus sentì lo sguardo dell’uomo fisso su di sé.

-Quando James ha detto che forse non ero figlio di Harry Potter mi sono sentito… ho provato un senso di sollievo.

Ero felice all’idea che tu fossi mio padre- confessò senza mai alzare lo sguardo.

Nei brevi istanti di silenzio che seguirono, Albus continuò a sentire su di sé lo sguardo penetrante di Blaise, senza mai avere il coraggio di alzare la testa e incontrare i suoi occhi per paura di ciò che vi avrebbe letto dentro.

-Albus guardami- disse infine Blaise.

Prendendo un respiro profondo Al obbedì e si stupì nel vedere gli occhi dell’uomo velati di lacrime.

-Tu sei mio figlio.

Fin dal primo momento in cui ho capito di provare qualcosa per tua madre, dalla prima volta che ho incontrato te e James vi ho sempre considerato tali e continuerò a farlo finché voi me lo permetterete.

Non importa cosa dice la genetica o un pezzo di carta, amo te e tuo fratello quanto Amy e Ruby- disse con voce ferma e profonda.

Blaise non aveva ancora terminato il suo discorso che Albus si era fiondato tra le sue braccia, il viso nascosto contro il petto ampio dell’uomo.

Blaise posò un braccio sulle spalle di Al e lo attirò a sé, il mento sulla spalla destra del ragazzo.

-Ti va di dirmi cosa sta succedendo?- gli domandò dopo qualche istante.

Per un attimo Albus pensò di mentire, di rassicurare Blaise e dirgli che tutto andava bene, ma poi si rese conto che l’uomo non gli avrebbe mai creduto e dopo aver preso un respiro profondo, continuando a nascondere il viso contro il petto dell’uomo iniziò a raccontare.

Parlò a lungo, iniziando dal suo ritorno a Hogwarts il primo settembre: raccontò del suo sentimento per Richard, di come volesse fare il primo passo per trasformare la loro amicizia in qualcosa di più, continuando poi con la lite avuta con James e il conseguente allontanamento da Richard e Michelle, raccontando anche le cattiverie che aveva sputato addosso all’amica di sempre.

Infine confessò anche il recente uso di alcolici e di pozioni stupefacenti che aveva portato a un calo dei suoi voti.

-Non so cosa fare…- ammise infine alzando finalmente la testa dal rifugio sicuro in cui si era nascosto fino a quel momento.

Blaise lo fissò per qualche istante prima di prendere un respiro profondo a sua volta e affondare una mano tra i capelli neri e disordinati di Al allontanandoli dalla fronte.

-Ti ho mai parlato del mio ultimo anno a Hogwarts? Dopo la Seconda Guerra Magica?- gli domandò.

Albus scosse la testa.

-Io e i tuoi zii decidemmo di terminare gli studi, così sei mesi dopo la fine della guerra ritornammo al castello.

Non eravamo tra le persone più amate lì dentro come puoi immaginare e, inoltre dovevamo fare i conti con i postumi della guerra: Draco doveva scendere a patti con la fine della sua famiglia e il processo che aveva visto imputato suo padre, Pansy si era ritrovata improvvisamente sola quando la sua famiglia era fuggita all’estero per evitare di finire ad Azkaban…

Eravamo tutti delle vittime, ma per gli altri studenti incarnavamo tutto ciò che avevano combattuto e che continuavano a odiare.

-Durante i primi mesi di quell’anno eravamo tutti alla deriva: Daphne passava da una festa all’altra, senza presentarsi a lezione per giorni, Draco aveva incubi terribili tutte le notti e Pansy passava ore sui libri cercando quel po’ di ordine e di stabilità che non riusciva a trovare intorno a se-continuò Blaise.

-Che mi dici di te?-domandò curioso Albus, uno sguardo attento sul volto dell’uomo.

Un sorriso malinconico incurvò le labbra di Blaise.

-Io andai completamente fuori di testa.

Iniziai a bere e a usare pozioni stupefacenti, molto più forti di quelle che presumo hai assunto tu.

Ci sono state occasioni in cui mi svegliavo e non ricordavo nulla delle ventiquattro o quarantotto ore precedenti.

Ancora adesso a distanza di anni ho enormi vuoti di memoria: so che avrei potuto usare un incantesimo per scoprire ciò che era successo in quelle occasioni, ma ho paura di sapere cosa ho fatto e quanto oltre mi sono spinto in quei momenti di follia.

-Ho rischiato più volte l’espulsione.

So che se sono riuscito a diplomarmi è stato soltanto grazie all’intercessione dei tuoi zii ed è sempre grazie a loro se alla fine ho smesso di bere e di assumere pozioni-.

Blaise cercò nuovamente gli occhi verdi di Albus.

-Quando ti ho visto l’altro giorno in stazione, ho capito subito che cosa ti stava succedendo.

Ho riconosciuto i sintomi e sapevo che alla prima occasione avrei dovuto parlarti per cercare di aprirti gli occhi.

Non importa quanto buia possa sembrarti al momento la situazione, la strada che hai scelto non è quella giusta.

Tutto si risolverà, te lo prometto.

Non sei obbligato ad andare all’incontro con Potter, ma se lo farai sappi che io e tua madre saremo qui ad aspettarti e che sarò pronto a rispondere a ogni domanda tu vorrai farmi- lo rassicurò.

-Inoltre, so che non mi crederai adesso ma tutto si sistemerà anche con Michelle e Richard.

Quel ragazzo è pazzo di te: ogni volta che ti vede vorrebbe chiaramente saltarti addosso- commentò con un sorriso malizioso sulle labbra che fece arrossire Albus. –Forse con Michelle sarà più difficile farti perdonare ma sono sicuro che troverai il modo, anche a costo di metterti in ginocchio e implorare il suo perdono.

Un’amicizia come la vostra non può finire in questo modo.

Se tu sapessi quante volte io e Draco ci siamo urlati addosso e siamo quasi arrivati alle mani; eppure ogni volta che io ho avuto bisogno lui è sempre stato al mio fianco, anche quando non era d’accordo con le mie scelte o il mio comportamento.

Ed io ho fatto lo stesso.

Certe amicizie sono eterne, non importa quanto ci s’impegni per rovinare tutto- commentò infine Blaise, un ghigno ironico a incurvargli le labbra.

Albus annuì, rasserenato dalle parole di Blaise e sentendosi più leggero per la prima volta da settimane.

Blaise aveva ragione, su ogni cosa: doveva riprendere in mano le redini della sua vita e porre rimedio a tutti i casini che aveva combinato in quelle ultime settimane.

Nel fiume di parole che l’uomo aveva detto, però, c’era una frase che si era impressa nella sua mente e non lo abbandonava.

-Credi veramente che Richard provi qualcosa per me?- gli domandò cauto.

Blaise si lasciò andare a una risata a quelle parole, posandogli una mano sul ginocchio più vicino.

-Credimi, ti fissa come io guardo tua madre- rispose.

Albus lo fissò qualche secondo per poi corrugare la fronte e scuotere la testa con forza.

-Ewww! Sai che avrò bisogno di un incantesimo per cancellare dalla mia mente questa immagine orrenda?-disse sconvolto.

Ancora una volta la risata profonda di Blaise si diffuse per la stanza, chiaramente divertito dalle parole di Al.

Era stata una settimana dura e molte cose dovevano ancora accadere, ma l’uomo era certo che nulla, neanche la verità, avrebbe rovinato il rapporto fra lui e suo figlio.

Avrebbe fatto di tutto per impedirlo.

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MERCOLEDì

"Ma, dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l'inverno potrà mai gelare
Può crescere un fiore da questo mio amore per te"

 

-Posso aiutarti?-

Draco guardò il ragazzo fermo sui gradini del patio della Malfoy House, il volto atteggiato a un’espressione curiosa.

Durante le vacanze era consuetudine che gli amici delle gemelle o di Jude si presentassero poche ore dopo il loro ritorno per passare insieme i giorni di vacanze; questa volta i suoi figli erano tornati da quasi una settimana da Hogwarts per le vacanze di mid-term e fino a quel momento nessuno dei ragazzi che affollavano solitamente la Malfoy House si era ancora visto.

Draco era certo di non aver mai visto il ragazzo fermo sulla soglia della porta principale, con un’espressione leggermente intimidita in volto nel trovarsi davanti al proprietario di casa.

L’adolescente era alto con un fisico longilineo e scattante perfetto per un giocatore di Quidditch; i capelli neri erano folti e lucenti e mettevano in risalto gli occhi chiari separati da un naso lungo e dritto, la cui punta faceva ombra a una bocca carnosa.

Osservando il ragazzo Draco si domandò da quanto tempo Jude aveva iniziato a intrecciare amicizie con studenti più grandi: suo figlio aveva quasi tredici anni, ma l’adolescente fermo davanti a lui aveva chiaramente due se non tre anni di più.

Se da un lato Draco si trovò a chiedersi cosa avessero in comune i due ragazzi, dall’altro fu compiaciuto della capacità di suo figlio di ampliare le proprie conoscenze anche oltre gli studenti del suo anno.

Al termine del suo esame, Draco si accorse che il ragazzo non aveva ancora risposto alla sua domanda e, invece di parlare nuovamente si limitò ad alzare il sopracciglio destro in una richiesta silenziosa.

Alla vista di quel piccolo gesto, il ragazzo sembrò rianimarsi: le spalle si rilassarono minutamente, le mani che fino a quel momento erano affondate nelle tasche dei jeans fecero la loro comparsa e si sistemarono lungo i fianchi, e sul volto del giovane comparve un sorriso accennato che diede maggior risalto all’espressione determinata del suo volto.

Fu soltanto grazie a quel piccolo sorriso che Draco si accorse dei tre piccoli nei presenti sulla guancia destra a poca distanza l’uno dall’altro.

-Buongiorno Mr. Malfoy, sono Jeremy Flynn- disse tendendo la mano destra verso Draco.

Il biondo allungò a sua volta la mano e strinse quella del giovane, concedendo a Jeremy qualche punto in più per il modo in cui si era presentato.

L’attimo dopo Draco sciolse la stretta e intrecciò le braccia al petto, senza fare alcun accenno a far entrare il ragazzo.

-Bene Jeremy, cosa posso fare per te? Sei qui per Jude?- domandò per la seconda volta in pochi minuti.

La fronte di Jeremy si corrugò per alcuni secondi, prima che il ragazzo si passasse una mano tra i capelli per allontanare una ciocca di capelli che era caduta sulla fronte a poca distanza dall’occhio destro e incontrasse nuovamente il suo guardo.

-In realtà sono qui per Michelle. E’ in casa?- domandò.

Se fino a pochi istanti prima Draco Malfoy era disposto ad accettare la presenza del giovane in casa, convinto che dall’amicizia fra lui e Jude potessero sortire dei benefici per entrambi i ragazzi, ora la situazione era completamente cambiata.

Quel ragazzo aveva chiesto di Michelle: che rapporto c’era tra loro? Da quanto si conoscevano? Erano compagni di Casa a Hogwarts? Hermione sapeva della sua esistenza? Se così era perché lui non ne era stato informato? Perché era sempre l’ultimo a sapere le cose?

Prima di poter rivolgere al ragazzo anche solo una delle tante domande che ora affollavano la sua mente, un lieve rumore di passi alle sue spalle lo portò a voltarsi verso l’interno della casa.

-Jamie!- disse Eleonor sorpresa della presenza del ragazzo sulla soglia di casa.

Chiaramente sollevato dall’arrivo di una persona conosciuta e sicuramente meno ostile, Jeremy rivolse un sorriso alla ragazza.

-Ehi Ellie. Come va?-la salutò prima di allontanare nuovamente i capelli dalla fronte.

Eleonor alzò le spalle.

-Potrebbe andare meglio. Che fai sulla porta?- domandò prima di rivolgere un’occhiata di rimprovero al padre- Entra!- lo invitò con un cenno della mano sinistra.

Jeremy scosse la testa.

-No grazie, sono di passaggio.

Sto cercando Michelle… Sai se è in casa?- domandò nuovamente sperando di avere maggiore fortuna.

Un sorriso ironico troppo simile al suo, che Draco non riuscì a interpretare, distese le labbra della ragazza.

-El! C’è qualcuno che ti cerca!- disse voltandosi verso il corridoio e alzando leggermente la voce.

L’attimo dopo lo sguardo della ragazza era nuovamente puntato su Jeremy e, ancora una volta, le sue labbra erano distese in un sorriso divertito.

-Non farmi pentire di averti dato una mano- gli disse puntando l’indice sinistro contro di lui.

Jeremy annuì impercettibilmente e accennò un sorriso a sua volta.

-Forza entra!- lo esortò nuovamente la ragazza, facendosi da parte in modo che il ragazzo potesse entrare in casa.

Durante quel breve scambio di battute Draco era rimasto poco distante dalla porta, concentrato sulla conversazione e soprattutto sul volto del giovane uomo di fronte a se.

Era chiaro adesso il motivo che lo aveva spinto a presentarsi a casa loro quella mattina: se doveva essere sincero con se stesso, Draco non era per niente contento di quella situazione. Aveva impiegato molto tempo a riprendersi dallo shock della relazione di Prudence e Ben, gli c’era voluto quasi un anno prima di accettare completamente la presenza dell’americano accanto alla sua bambina e quando finalmente era pronto a mettersi il cuore in pace, consapevole che Ben era intenzionato a restare nella loro famiglia per molto tempo ancora, si era aggiunta la notizia della gravidanza che lo avrebbe reso nonno prima che fosse in grado di anche solo contemplare l’idea di avere un nipotino.

Adesso era arrivato Jeremy e dal piccolo scambio di battute tra lui ed Eleonor Draco era certo che il girone infernale che aveva attraversato con Prudence stava per ripetersi con Michelle.

Come se non avessero già altri problemi da affrontare in quel momento…

Che cosa aveva fatto di male per meritarsi questa sofferenza? Perché non esisteva una legge che impediva alle donne della sua famiglia di frequentare, fidanzarsi, sposarsi e/o avere figli prima dei quarant’anni?

Il rumore della porta che si chiudeva poco distante da se fece ritornare Draco presente a se stesso e muovendo lo sguardo dallo spazio occupato fino a pochi istanti prima dal ragazzo, si rese conto che Eleonor aveva assunto il ruolo di padrona di casa e aveva fatto accomodare Jeremy nel salotto in attesa dell’arrivo di Michelle.

Il rumore dei passi sulla scala che conduceva ai piani superiori gli fece capire che quell’attesa stava per finire; l’attimo dopo, infatti, Michelle si fermò alla fine delle scale e lo guardò con aria interrogativa.

-Che fai lì fermo imbambolato?-gli domandò leggermente divertita.

Draco sospirò e scosse la testa.

-C’è una persona per te nel salotto- disse senza rispondere alla sua domanda.

Cercando di non mostrarsi invadente ma incapace di lasciare completa privacy ai due giovani, Draco si diresse verso il suo studio collocato di fronte al salotto lasciando la porta aperta in modo da poter assistere allo scambio di battute tra i due.

Era chiaro che Michelle non si aspettava minimamente la presenza di Jeremy nel loro salotto: Draco lo capì dal modo in cui si fermò improvvisamente sulla soglia della stanza e dal modo in cui s’irrigidì leggermente.

Aveva forse sbagliato la sua valutazione? Forse quel ragazzo era sgradito a sua figlia? Se così era, Draco non avrebbe esitato un istante a cacciarlo fuori da casa.

-Jamie, non mi aspettavo di rivederti prima del ritorno a Hogwarts-.

La voce di Michelle arrivò chiaramente fino al suo studio e, ancora una volta, Draco si congratulò con se stesso per aver deciso di restare nelle vicinanze nel caso la situazione fosse degenerata.

-Scusa se sono piombato qui senza prima chiamare ma avevo paura che trovassi una scusa per non vedermi-.

Quella risposta strappò un sorriso all’uomo: forse Draco non aveva mai visto quel ragazzo, ma era evidente che i due adolescenti si conoscevano abbastanza da permettere a Jeremy di conoscere alcuni dei tratti peculiari di Michelle.

Malgrado fosse una ragazza estroversa e sempre pronta a fare nuove amicizie, quando si trattava di entrare in confidenza con il genere maschile sua figlia era sempre molto timida; per un brevissimo istante, il Serpeverde si chiese se quella timidezza fosse dovuta in parte anche al rapporto fra lei e Albus, ma accantonò quell’idea per non perdersi il discorso che stava avvenendo a pochi metri da lui.

-Non posso dire di averlo visto…- fu la risposta di Michelle a una domanda che Draco non era riuscito a cogliere.

-Scherzi? “The Breakfast Club” è un classico! Uno dei migliori film del grande John Hughes.

E’ stato il primo film in cui ho trovato dei personaggi veri e non stereotipati… Chiunque dovrebbe vederlo almeno una volta nella vita-.

Alla risposta di Jeremy seguì la risata divertita di Michelle e grazie a quel suono, Draco capì di essere fregato.

Malgrado sua figlia fosse la sua copia al femminile, dal punto di vista caratteriale era identica a Hermione e Draco sapeva per esperienza personale che quando una persona riusciva a far ridere le due donne allora si guadagnava un posto nel loro cuore.

-Beh in questo caso, non posso rifiutare il tuo invito-.

-Davvero?- sentì rispondere la voce incredula di Jeremy.

Dal breve istante di silenzio che seguì, Draco suppose che Michelle si fosse limitata ad annuire.

-Scommetto che avrai visto questo film almeno venti volte, quindi chi meglio di te può spiegarmi i significati nascosti o le scelte fatte dal regista?-fu la risposta di Michelle.

-Ventisette volte- sentì Draco.

La risata squillante e chiaramente felice che arrivò fino all’orecchio di Draco fece in modo che l’uomo si lasciasse andare a un lieve gemito di sconforto.

Una nuova battaglia stava per avere inizio…

 

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GIOVEDì

"Tutti gli amori che vivrò avranno dentro un po' di te
perché lo so dovunque
andrai in ogni istante resterai
indimenticabile "

 

 

-Chiedimi di restare-

Glielo aveva ripetuto ogni giorno in quella settimana, incurante del tempo che passava e dell’avvicinarsi della sua partenza.

Ogni volta Sadie aveva fissato in silenzio il volto di Scott, combattuta tra il desiderio di cedere al proprio egoismo e dirgli quelle tre parole che entrambi volevano sentire e la consapevolezza che se lo avesse fatto avrebbe reso entrambi miserabili.

Non poteva chiedergli di restare.

Prudence aveva cercato in tutti i modi di farle cambiare idea, provando a insinuare in lei il dubbio che neanche Scott volesse più partire.

“Perché altrimenti ti avrebbe fatto quella richiesta?”

Quelle parole insidiose si erano fatte strada nel suo cervello aggiungendo nuovi dubbi a quelli che già assillavano i suoi giorni e le sue notti: era davvero così? Possibile che per una volta doveva dar ragione alla visione del mondo a tinte rosa di Prudence?

Impossibile.

Se fosse stato così, Scott avrebbe rifiutato subito la proposta mentre non se l’era sentita di rifiutare e andare contro i propri principi.

Ciò che assillava Sadie era inoltre la consapevolezza che in una situazione a ruoli invertiti, la donna si sarebbe comportata esattamente come Scott e niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea.

Era un’opportunità troppo grande per un medico, sia dal punto di vista lavorativo sia a livello umano.

Il pensiero della sua partenza imminente la dilaniava al punto da toglierle il sonno e mozzarle il fiato quando lo vedeva camminare tra le corsie dell’ospedale, ma nonostante tutto era rimasta in silenzio.

Che cosa avrebbe fatto quando la presenza confortante e costante di Scott sarebbe venuta a mancare nella sua quotidianità?

Non poteva e non voleva pensarci!

Come aveva fatto quell’uomo a insinuarsi nella sua corazza senza che neanche lei se ne accorgesse, rendendosi indispensabile semplicemente con il suo sorriso, i suoi consigli e la sua battuta pronta?

Com’era possibile che lei non se ne fosse mai accorta? Come aveva fatto a essere così stupida?

I giorni erano passati troppo velocemente, senza che Sadie quasi se ne rendesse conto e improvvisamente mancavano soltanto dodici ore alla partenza di Scott.

I colleghi del Pronto Soccorso avevano organizzato una piccola festa d’addio alla fine del turno e l’invito ovviamente era stato esteso anche ai medici dei vari reparti.

Ancora una volta, Sadie si ritrovò combattuta tra il desiderio di partecipare alla festa e la voglia di chiudersi nella propria stanza e cercare di dimenticare quello che sarebbe successo di lì a poco.

Una presenza al suo fianco la allontanò dai suoi pensieri e la costrinse ad alzare lo sguardo, trovandosi a faccia a faccia con l’oggetto dei suoi pensieri confusi.

-Ehi!- la salutò Scott.

-Ehi!- ripeté Sadie, cercando di nascondere dietro un’espressione neutrale i propri sentimenti confusi.

-Tutto bene?- chiese l’uomo.

Come risposta Sadie si limitò ad alzare le spalle.

-Tutto pronto per la partenza?- si costrinse a domandare.

Scott annuì.

-Mancano soltanto le ultime cose…- rispose abbassando per qualche istante lo sguardo sul bancone cui erano appoggiati entrambi per poi cercare nuovamente i suoi occhi. –Verrai stasera?- le domandò poi non riuscendo a trattenersi oltre.

Colta alla sprovvista da quella domanda improvvisa, Sadie restò in silenzio qualche istante.

-Non lo so. Sono di turno per altre dieci ore, ma se quando stacco riesco ancora a reggermi in piedi, cercherò di fare un salto- disse vaga.

Scott la fissò qualche istante prima di annuire.

Senza dire altro, si voltò e si allontanò lentamente lungo il corridoio.

Osservandolo mentre si allontanava da se, Sadie sospirò mestamente: era una cretina, non c’era altro modo per definirla.

Perché aveva mentito? Il suo turno sarebbe finito molto prima dell’inizio della festa, quindi avrebbe avuto tutto il tempo di tornare a casa, cambiarsi e fare un salto al locale per qualche drink.

Che motivo aveva di negare a se stessa e a lui un ultimo incontro?

Sadie si ritrovò a scuotere la testa: se avesse seguito il suo istinto e avesse partecipato alla festa, poi sarebbe stato ancora più difficile dire addio all’uomo.

Fortunatamente il suo lavoro la strappò dai propri pensieri melodrammatici e la tenne impegnata per ore quasi fino alla fine del turno fino a quando non si trovò nello spogliatoio impegnata a cambiarsi e sentì ritornare tutti i suoi dubbi.

C’era un solo modo per affrontare quella situazione.

Recuperando il cellulare dall’armadietto, compose un numero che ormai conosceva a memoria e restò in attesa.

-Pronto?-

-Dimmi cosa devo fare-disse Sadie, sedendosi su una delle panchine di legno.

Prudence restò qualche istante in silenzio prima di sospirare.

-Torna a casa, fatti una doccia e poi va a questa dannata festa!- le disse, una nota d’impazienza nella voce.

Sadie si lasciò andare a un gemito frustrato, passandosi una mano sul volto.

-Sadie… Finirai per pentirtene se non lo fai.

Devi dargli un motivo per tornare-disse ancora Prudence.

La ragazza annuì e sospirò.

-Un drink e poi torno a casa- disse infine.

Sentì chiaramente il sorriso dell’amica dall’altra parte della cornetta.

-E’ questo lo spirito. Ti aspetto- le disse prima di riattaccare.

Sadie chiuse la telefonata e fissò per pochi secondi il cellulare; Prudence aveva ragione: non poteva chiedergli di restare, ma di sicuro poteva dargli un motivo per ritornare.

Era tornata a casa e si era preparata in fretta, sollevata che Prue avesse scelto per lei i vestiti che avrebbe indossato quella sera, liberandola dall’ansia di dover passare ore davanti al suo armadio alla ricerca del look perfetto.

Per evitare di arrivare al locale troppo presto si era presa del tempo per una cena veloce fino a quando non aveva potuto procrastinare oltre.

Prima di uscire da casa si era fermata sulla soglia del salotto, dove sapeva avrebbe trovato Prudence.

-Augurami buona fortuna- le disse.

Prue alzò gli occhi al cielo e sorrise.

-Non ne hai bisogno- rispose la mora.

Questa volta era stata Sadie ad alzare gli occhi al cielo: avrebbe tanto voluto avere la sicurezza dell’amica.

Si era smaterializzata a poca distanza dal locale e aveva percorso a piedi il breve tragitto restante, cercando di controllare la sua ansia ripetendo a se stessa che sarebbe rimasta alla festa per poco tempo, che il suo obiettivo era bere un drink e augurare buona fortuna a Scott.

Quando arrivò al Crown Liquor Saloon si rese conto che la festa era in pieno svolgimento e che i suoi colleghi dovevano essere già al secondo se non al terzo drink.

S’insinuò tra la folla finché non raggiunse il bancone dove ordinò un whisky; mentre aspettava si guardò intorno e si ritrovò a sorridere osservando i suoi colleghi che, separati in vari gruppi, conversavano e ridevano a voce alta dei più disparati argomenti.

Soltanto dopo alcuni istanti si rese conto che i suoi occhi cercavano tra la folla una sola persona e soltanto quando lo individuò in un gruppo accanto ad una delle vetrate istoriate, si rasserenò.

Scott era vestito in modo casual con un paio di jeans neri e una camicia bianca. Sadie era certa che da qualche parte era abbandonato il suo giubbotto di pelle nera, che tante volte gli aveva visto indosso e che gli dava un’aria minacciosa.

Quasi avesse sentito il suo sguardo insistente su di sé, Scott mosse leggermente la testa finché non la vide, facendo incontrare i loro occhi.

La donna riuscì a leggere chiaramente la sorpresa di Scott nel trovarla lì dal suo volto e dal cambiamento dell’irrigidimento dei suoi muscoli.

Senza interrompere il gioco di sguardi, Sadie sollevò leggermente il bicchiere di whisky in un ironico brindisi prima di portare il drink alle labbra e bere un sorso.

L’attimo dopo tornò a voltarsi verso il bancone, decisa a lasciare all’uomo del tempo con i suoi amici e colleghi prima di monopolizzare la sua attenzione.

Per questo motivo si stupì non poco quando neanche quindici minuti dopo, sentì l’ormai familiare presenza dell’uomo accanto a se.

Si voltò leggermente verso destra e accennò un sorriso che vide riflettersi sul volto di Scott.

-Devo ammetterlo: non mi aspettavo di trovarti qui- confessò Scott.

Il sorriso di Sadie aumentò leggermente prima che la donna si voltasse completamente verso di lui.

-Dovresti saperlo ormai che sono la donna delle sorprese- scherzò. –Inoltre non potevo perdermi la tua festa d’addio- aggiunse l’attimo dopo.

-Sadie…- iniziò Scott.

Lei scosse la testa.

-No, va bene così. O meglio, andrà bene- disse consapevole che le sue parole non avevano alcun senso.

Scott fissò il suo volto chiaramente confuso e lei ne approfittò per bere l’ultimo sorso di whisky prima di abbandonare il bicchiere vuoto sul bancone.

L’attimo dopo annullò la distanza tra loro e lo fissò di sotto in su.

Approfittando di quella rara occasione, l’uomo allacciò un braccio attorno alla vita di Sadie, sistemandolo strategicamente sulla striscia di pelle lasciata libera dalla maglia a maniche lunghe e la attirò contro di sé.

Sadie vide chiaramente lo sguardo di Scott muoversi velocemente dai suoi occhi alle sue labbra dischiuse indeciso sul da farsi e, consapevole del tempo che scorreva inesorabilmente veloce, Sadie posò una mano contro il petto dell’uomo.

-Torna da me- gli disse infine.

Gli occhi grigi di Scott tornarono ad affondare nei suoi ma per un lungo istante alle sue parole seguì il silenzio.

Persi nella piccola bolla che avevano creato tra il caos e la gente che affollava il locale, Sadie lasciò a Scott il tempo di processare le sue parole contenta di essere tra le sue braccia per la prima volta dall’inizio della loro storia.

Improvvisamente Scott si riscosse e fece un passo indietro rompendo la loro connessione per pochi istanti finché la sua mano destra non si strinse in quella sinistra di Sadie; l’attimo dopo l’uomo aveva iniziato a muoversi con passo sicuro verso l’uscita del locale smarcando i colleghi che incontravano sulla loro strada e fermandosi pochi istanti solo per recuperare la giacca di pelle abbandonata su un tavolo poco distante dall’entrata.

L’attimo dopo erano fuori, nel vicolo che conduceva al Crown e, una volta richiusa la porta del locale, il silenzio divenne quasi assordante, spezzato soltanto dai rumori lontani delle automobili sulla strada principale poco distante.

Sadie si fermò a pochi passi da Scott e lo fissò in attesa.

Dal canto suo Scott sembrava ancora confuso per le poche parole che lei aveva detto all’interno del locale; cercando di rimettere ordine nei suoi pensieri, l’uomo si passò una mano tra i folti capelli ramati prima di cercare nuovamente lo sguardo della donna.

-Ok, dimmi che non ho capito male- disse finalmente.

Sadie sostenne il suo sguardo per qualche istante prima di sospirare e dischiudere le labbra.

-Non posso chiederti di restare.

Vorrei farlo ma non posso. So che se avessero fatto a me quell’offerta niente mi avrebbe fatto cambiare idea- iniziò decidendo di essere sincera.

Scott la fissò in silenzio, consapevole che la donna non aveva ancora terminato.

-Allo stesso tempo non riesco a immaginare come starò qui per sei mesi senza di te.

In questi mesi sei diventato troppo importante per me… Non me ne sono neanche accorta, come accidenti hai fatto?- gli domandò leggermente infastidita.

A quelle parole, Scott si lasciò scappare un lieve sorriso.

-Quindi non c’è altra soluzione.

Se non posso dirti di restare, posso sempre chiederti di tornare da me-ripeté fissando lo sguardo in quello di Scott. –Quando tutto sarà finito, torna qui da me perché a quanto pare io non riesco più a stare senza di te- concluse.

Quando l’eco delle parole di Sadie si dissolsero nel vicolo, la donna fissò timorosa Scott in attesa di una sua risposta.

Per la prima volta si era mostrata vulnerabile con un uomo e ora aveva veramente paura delle conseguenze.

Ancora una volta, l’uomo la sorprese.

Senza parlare, Scott annullò con pochi passi la distanza tra loro e le prese il volto tra le mani, chinandosi su di lei fino a posare le labbra sulle sue.

Colta alla sprovvista Sadie restò immobile per qualche secondo prima di allacciare le braccia attorno alla vita dell’uomo e attirarlo contro di se e rispondere al bacio.

Aveva immaginato tante volte che sensazione avrebbe provato sentendo le labbra di Scott contro le sue e ora che stava accadendo davvero, si rese conto che per una volta la realtà superava notevolmente la fantasia: le labbra dell’uomo erano morbide e piene e la barba rossa che le solleticava il viso era una piacevole distrazione.

Sentì la punta della lingua di Scott sfiorle il labbro inferiore e, approfittando di un suo sospiro, insinuarsi nella sua bocca prendendo il controllo del bacio.

Sadie perse completamente la cognizione del tempo, ritornando presente a se stessa soltanto quando Scott allontanò le labbra dalle sue; soltanto allora, la donna aprì lentamente gli occhi e affondò lo sguardo in quello di Scott, poggiando la fronte contro la sua.

-Torna da me- ripeté in un sussurro. –Promettimelo!- aggiunse.

Scott annuì, allacciando le braccia attorno alla vita di Sadie e attirandola contro di sé.

-Te lo prometto- le disse con lo stesso tono di voce.

Sadie annuì a sua volta e nascose il volto nell’incavo tra la spalla e il collo dell’uomo, respirando a pieni polmoni l’odore della sua colonia.

L’attimo dopo, con un enorme sforzo di concentrazione, smaterializzò entrambi a casa, nella sua stanza.

Nel momento in cui i due si resero conto di essere al sicuro protetti da quattro mura, il tempo prese a scorrere più velocemente.

Sadie posò nuovamente le labbra su quelle di Scott, stringendo allo stesso tempo le mani ai lati della giacca di pelle, spingendola verso il basso finché questa non cadde a terra dimenticata da entrambi.

Imitando i suoi gesti, Scott iniziò a spogliarla togliendole la maglietta blu scura e portando poi le mani all’altezza dei fianchi slacciando il bottone dei jeans e abbassando la cerniera l’istante dopo.

Mentre le labbra di Scott scendevano lentamente lungo il suo collo, Sadie guidò entrambi verso il letto e soltanto quando si trovò a pochi passi da questo la donna si allontanò dall’abbraccio sicuro di Scott.

Se in seguito avesse dovuto raccontare cosa era successo, Sadie si sarebbe trovata incapace di farlo perché fin dal momento in cui Scott si sedette sul letto e la attirò nuovamente a se, la sua mente si svuotò completamente lasciando che le emozioni prendessero il sopravvento.

L’unica cosa che la ancorava alla realtà era il corpo solido e confortante di Scott da cui fu incapace di staccarsi: sentire il peso di Scott sopra di se la rese consapevole dell’importanza di quel momento, di quanto fossero preziose quelle ore che avevano rubato e di quanto tempo avevano sprecato a causa delle sue insicurezze e indecisioni e quanto ancora ne sarebbe passato prima che si sarebbero ritrovati insieme.

Scott si rivelò un amante generoso e attento, pronto a mettere i bisogni e il desiderio di Sadie al primo posto facendo di tutto per farle raggiungere l’orgasmo più volte prima di entrare in lei e portare entrambi al piacere un’ultima volta.

Quando tutto finì, Sadie si ritrovò con i muscoli ridotti a un ammasso di gelatina, il fiatone e il volto nascosto nella spalla di Scott, scoprendosi per la prima volta in vita sua timida.

Desideroso di prolungare quanto più possibile quel momento, Scott allacciò un braccio attorno alla sua vita e la strinse a se prima di muoversi e sistemarsi con la schiena contro il materasso in modo da non soffocare Sadie con il proprio peso.

Sistemandosi nella nuova posizione Sadie posò la testa contro il suo torace e intrecciò le gambe con quelle dell’uomo, un braccio pigramente abbandonato sul suo stomaco tonico.

-Wow…- si lasciò scappare Scott, un tono sorpreso nella voce.

Sadie accennò un sorriso.

-Avresti potuto dirmelo che ti facevo questo effetto, almeno avremmo potuto impiegare meglio le ore del turno di guardia notturno- aggiunse l’attimo dopo.

Per risposta, Sadie lo colpì con un lieve schiaffo sul torace provocando la sua risata divertita che dopo qualche secondo contagiò anche lei.

Nella stanza scese il silenzio e, inconsapevolmente, Scott aumentò la stretta attirandola maggiormente contro di sé prima di posarle un bacio tra i capelli.

Non era difficile indovinare a cosa stesse pensando…

-A che ora è il tuo volo?- domandò Sadie, decisa ad affrontare il grande elefante nella stanza.

L’uomo sospirò.

-Devo essere in aeroporto alle otto- rispose.

Sadie annuì impercettibilmente.

Una manciata di ore.

Questo era tutto quello che le restava prima che un oceano, una guerra civile e un paese in tumulto si frapponessero tra di loro.

Per l’ennesima volta si chiese perché aveva perso tanto tempo, perché non aveva capito fin da subito quanto l’uomo fosse diventato importante nella sua vita.

Come aveva fatto a essere così stupida?

Improvvisamente Sadie sentì il corpo sotto di se muoversi in modo che i loro corpi aderissero perfettamente l’uno all’altra, un braccio stretto attorno alla sua vita e le dita di una mano che le allontanavano i capelli dal volto.

Infine incontrò lo sguardo preoccupato di Scott.

-Andrà tutto bene- le disse in un sussurro, quasi avesse paura di spaventarla.

Soltanto grazie a quelle parole e all’espressione sul suo volto si rese conto del proprio respiro spezzato, del petto che si muoveva a scatti e delle lacrime che le bagnavano le guance.

Stava piangendo e non se ne era neanche resa accorta.

Incapace di controllare le lacrime, Sadie strinse le braccia attorno alle spalle di Scott e si lasciò consolare da lui, il volto nascosto nel suo petto.

Per lunghi momenti Scott le accarezzò i capelli e le sussurrò parole senza senso all’orecchio cercando di calmarla, fino a quando non la strappò dal proprio nascondiglio e le prese il viso tra le mani, cercando il suo sguardo.

-Te lo prometto- le disse ricordandole la promessa che gli aveva strappato neanche due ore prima.

Sadie si lasciò andare a un sospiro pieno di lacrime e annuì.

Sei mesi.

Sarebbero passati in fretta e lui sarebbe stato di nuovo qui.

Insieme a lei.

 

________________________________________

 

 

VENERDì

 

"Sai cosa ti dico, ciao
Io posso stare senza te
Senza più
Tanti "se"
Senza tanti "ma perché?"
Senza un amore così
Io posso stare, sì
Ciao"

 

Il momento che aveva aspettato per quindici anni era finalmente arrivato.

Negli anni la sua mente aveva immaginato tante volte il primo incontro con suo padre, ma niente si avvicinava a ciò che stava vivendo.

Quando era arrivato per la prima volta a Hogwarts aveva sperato che l’uomo avesse saputo del suo smistamento nella Casa dei Grifondoro e più volte aveva immaginato di ricevere una sua lettera in cui suo padre esprimeva l’ammirazione e l’orgoglio che provava nei suoi confronti; altre volte invece, aveva ideato uno scenario fantastico in cui Harry Potter arrivava al Castello per parlare delle sue gesta gloriose durante la Seconda Guerra Magica e avevano l’occasione di ritrovarsi a faccia a faccia e scambiarsi finalmente quell’abbraccio che James desiderava da anni; infine negli ultimi mesi, aveva iniziato a tramare per fare in modo che suo padre fosse presente alla sua festa per il suo diciassettesimo anno.

Tutte quelle fantasie si erano rivelate lontane dalla realtà.

Quando quella mattina, a colazione, la madre aveva dato a lui e ad Albus l’indirizzo di suo padre, James aveva dovuto trattenersi per non mostrare l’eccitazione che sembrava sprizzare da ogni poro.

Eppure quella riunione imminente aveva un sapore dolceamaro: se le cose fossero state diverse, James avrebbe incontrato suo padre da solo e avrebbero avuto un lungo colloquio in cui il ragazzo avrebbe raccontato la propria esperienza a Hogwarts e tutto quello che il genitore doveva sapere degli anni in cui erano stati separati.

James era sempre stato sicuro che alla fine di quell’incontro lui e suo padre si sarebbero salutati con la promessa di rivedersi al più presto.

Ma ora non aveva più quella certezza.

Questo incontro non era stato organizzato per ricongiungere un padre e i propri figli dopo anni di lontananza, ma per chiarire definitivamente le pesanti accuse che James aveva lanciato contro sua madre quasi una settimana prima.

Nei giorni successivi allo scontro, James aveva riflettuto a lungo sulle parole della madre e su ciò che aveva scoperto su suo padre: possibile che un uomo stimato e votato al Bene come Harry Potter fosse stato implicato in un’azione tanto orrenda quanto il rapimento di una bambina?

Cosa lo aveva spinto a farlo?

Ciò che aggravava maggiormente la situazione di suo padre era l’identità della bambina, ormai adulta: Prudence.

James era cresciuto con Prudence, le voleva bene e non si vergognava ad ammettere che, per un breve periodo prima della comparsa di Ben, aveva avuto una cotta per la cugina.

Il legame affettivo che lo legava a Prue si stava rivelando più forte di quello che lo legava a suo padre.

Che cosa sarebbe successo alla cugina se Blaise e gli altri Serpeverde non l’avessero trovata in tempo?

Le era stato fatto del male durante quel mese di lontananza?

Quelle domande avevano continuato a girargli nella testa per giorni, consapevole che soltanto una persona avrebbe potuto dargli una risposta.

James si era diretto all’appuntamento con Albus teso e incapace di prevedere che cosa sarebbe successo durante quell’incontro, ma con la certezza che niente sarebbe mai più stato come prima.

La prima cosa che lo sorprese fu, una volta arrivato all’indirizzo datogli da sua madre, rendersi conto che suo padre viveva nella Londra babbana.

-Beh, questa è una sorpresa…- commentò Albus dando voce al pensiero di entrambi.

Da quanto aveva letto nelle varie biografie, suo padre odiava il mondo babbano, quindi era inconcepibile che fosse tornato indietro e avesse scelto di rifugiarsi in un mondo che non lo aveva mai capito e apprezzato.

I due ragazzi avevano fissato per qualche secondo la casa a due piani di mattoni bianchi, indecisi su chi dovesse suonare il campanello e dare inizio all’incontro.

Alla fine Albus prese un respiro profondo per farsi coraggio e fece i pochi passi che dividevano la casa dal marciapiede e diede due colpi secchi alla porta con il battente di ferro.

Dopo pochi secondi la porta d’ingresso si aprì e, per la prima volta dopo quindici anni, James e Albus si ritrovarono a faccia a faccia con Harry Potter.

James riuscì a cogliere quasi all’istante alcune somiglianze sia nel proprio aspetto fisico sia in quello di Albus: di fronte a se trovò un uomo con gli stessi capelli corvini leggermente spruzzati di grigio, tenuti miracolosamente sotto controllo dal gel, che avevano lui e il fratello; gli occhi verdi coperti dalla montatura tonda, identici a quelli di Albus e infine si scoprì ad avere la stessa altezza e corporatura di suo padre.

-Benvenuti- li salutò Harry, facendosi subito da parte per lasciarli entrare in casa.

Quando furono entrambi nel vestibolo, Harry chiuse la porta principale alle loro spalle e con un gesto della mano li guidò nel salotto.

-Accomodatevi. Vi va una tazza di tea?- domandò loro, un tono eccessivamente formale nella voce.

Impegnato a guardarsi intorno per assorbire quante più informazioni possibili, James non replicò ma capì che Albus aveva risposto per entrambi quando sentì il padre uscire dalla stanza.

Non appena furono di nuovo soli, James mosse qualche passo in giro per la stanza e osservò le foto appese alle pareti: in una fotografia vide suo padre abbracciato a una donna giovane e bella dai capelli castani e gli occhi azzurri, in un’altra l’uomo stringeva tra le braccia un bambino di neanche un anno mentre una bambina di pochi anni più grande gli stringeva le braccia attorno alla gamba sinistra.

James passò in rassegna tutte le foto presenti nella stanza e soltanto quando sentì dei passi che annunciavano il ritorno di suo padre, ritornò accanto al divano a poca distanza da Albus.

L’uomo comparve sulla soglia e trovandosi di fronte ancora una volta i due ragazzi rivolse loro un sorriso imbarazzato, chiaramente a disagio, prima di posare le tazze sul tavolino sistemato a poca distanza dal divano e dalle poltrone.

James vide Albus sedersi su una delle poltrone, probabilmente per mettere fine all’imbarazzo che si era venuto a creare tra loro, e decise di seguire il suo esempio.

Suo padre scelse di sedersi sul divano, in modo da essere in una posizione frontale e ben visibile per entrambi.

Per alcuni istanti nella stanza scese il silenzio, dovuto all’incapacità dei tre uomini di dare inizio al discorso.

Del resto esistevano davvero le parole adatte per una conversazione così delicata?

James si chiese come avrebbe dovuto comportarsi: doveva girare intorno all’argomento oppure doveva scegliere un approccio diretto?

-Grazie per aver accettato questo incontro- disse Harry cogliendo entrambi alla sprovvista. –So che probabilmente non è stato facile per voi- aggiunse.

I due ragazzi restarono in silenzio.

-Vostra madre mi ha raccontato quello che è successo qualche giorno fa. Immagino vogliate delle risposte…- disse ancora Harry.

-Vogliamo la verità- disse James senza neanche rendersene conto.

Harry annuì lentamente.

-Se devo essere sincero con voi ho pensato molto come iniziare questo discorso- ammise leggermente imbarazzato.

-Dall’inizio?- propose Albus senza alcuna malizia nella voce.

Harry accennò un sorriso.

-E’ difficile stabilire quando ho perso il controllo della situazione- confessò. –Probabilmente quando ho scoperto che Hermione aveva una relazione con Draco Malfoy- aggiunse.

Sia James sia Albus aggrottarono la fronte.

-La zia Hermione?- chiese James.

Harry annuì nuovamente.

-Cosa c’entra lei con la nostra famiglia?- domandò ancora il ragazzo confuso.

L’uomo espirò profondamente.

-Nella mia vita, fin da quando ho scoperto di essere un mago, ho sempre avuto poche certezze, ma tra queste c’era la mia amicizia con Hermione e Ron- iniziò.

-Chi?- lo interruppe Albus.

-Ron Weasley- rispose James fissando suo padre. –E’ uno dei fratelli della mamma.

Ho letto il suo nome in alcuni commenti scritti sul monumento a Godric’s Hollow- spiegò.

Ancora una volta, Harry fece un cenno d’assenso.

-Loro due mi sono stati sempre accanto durante gli anni di Hogwarts, hanno combattuto al mio fianco contro Voldemort e hanno rischiato più volte la vita.

Tra Ron e Hermione c’è sempre stata un’attrazione, probabilmente fin dal loro primo incontro, ma l’idiozia di Ron e la testardaggine di Hermione hanno impedito che succedesse qualcosa tra di loro prima dello scoppio della guerra.

Quando tutto finì, erano finalmente una coppia.

-Al termine della Seconda Guerra e dopo aver terminato gli studi, io e vostra madre ci siamo sposati e poco tempo dopo, anche Hermione e Ron hanno seguito il nostro esempio, ma il loro matrimonio non fu dei più felici-aggiunse.

-Perché ci stai raccontando tutto questo?- chiese Albus confuso.

Lo sguardo di Harry si posò sul volto del ragazzo e lo osservò per pochi secondi in silenzio.

-Quello che è successo non è stato causato da un momento di follia momentanea, ma da una serie di eventi che si sono susseguiti e che sono culminati in quell’inevitabile conclusione- spiegò Harry.

-Si ha sempre una seconda scelta- commentò ancora Albus.

-Già… Ma alle volte ce ne accorgiamo quando è troppo tardi- replicò Harry con un sorriso triste.

Nel breve silenzio che seguì, James osservò suo padre prendere un lungo sorso dalla propria tazza prima di alzare nuovamente lo sguardo.

-Come vi ho detto, il matrimonio di Hermione e Ron entrò velocemente in crisi, al punto che neanche la nascita di Prudence riuscì a risollevare la situazione…- riprese.

-Aspetta un attimo!- lo interruppe James, confuso. –Prudence non è una Malfoy?- gli domandò.

Harry scosse la testa.

-Non ho detto questo: Prudence è una Malfoy. Ma non è figlia di Draco- confessò.

Un’espressione incredula apparve sul volto dei due ragazzi e approfittando del silenzio che seguì le sue parole, Harry riprese il suo racconto.

-Ero fermamente convinto che, nonostante avessero dei problemi i due sarebbero rimasti insieme.

C’era una sorta di schema nel loro matrimonio: Ron era assente e distratto e ogni volta che Hermione si trovava in difficoltà, chiedeva aiuto a me o a vostra madre.

Tutto aveva senso e dal mio punto di vista saremmo potuti andare avanti in questo modo in eterno.

Finché non è arrivato Malfoy- commentò.

-Quando è successo?- chiese James, bisognoso di sapere ogni minimo dettaglio.

Harry rispose senza la minima esitazione.

-Gennaio 2009.

La crisi tra Hermione e Ron divenne irreversibile e quando mi presentai a casa di Hermione per offrirle il mio aiuto mi resi conto di essere arrivato troppo tardi: Draco era già lì.

Lei era impegnata a preparare le valige e feci di tutto per convincerla a cambiare idea e ad accettare il mio aiuto, ma lei rifiutò scegliendo di andare via con Draco- raccontò.

-Non vedo cosa ci sia di tanto strano se è vero che avevano una relazione- disse Albus cercando di trovare un senso alle parole dell’uomo.

Harry scosse la testa.

-Dovete capire che i rapporti tra Draco e Hermione non sono mai stati idilliaci a Hogwarts: all’epoca i Grifondoro e i Serpeverde si odiavano e non cercavano neanche di nasconderlo.

Draco è stato tra i primi a tormentare me, vostra madre e vostra zia spinto dall’ideologia del sangue puro.

Scoprire che Hermione aveva una relazione con il nostro nemico n.1 fu uno shock per me.

Andava contro tutto quello per cui avevamo lottato- spiegò.

-Che cosa è successo dopo?-domandò James, deciso a venire a capo di quella situazione.

Harry sospirò.

-La situazione peggiorò sempre di più con il passare dei mesi.

Alla fine di febbraio Ron mi parlò per la prima volta del suo piano per vendicarsi di Hermione e mi vergogno ad ammettere che tentai di dissuaderlo soltanto una volta.

Qualche settimana dopo, alla fine di marzo ero già d’accordo con lui e pronto a fare la mia parte-raccontò ancora.

-Qual era il piano?-chiese Albus.

-Rapire Prudence.

Dal momento in cui Hermione era andata via con Malfoy, Draco aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per impedire che Ron avesse qualsiasi contatto con Prudence e vostra zia.

Io e vostra madre riuscimmo a organizzare un incontro tra padre e figlia di nascosto ma poco dopo la situazione precipitò e anche i miei rapporti con Hermione s’inasprirono al punto che non ci rivolgevamo quasi più la parola.

In parte fu questo cambiamento rilevante nei miei rapporti con la mia migliore amica a convincermi ad aiutare Ron nel suo piano, ma con il senno di poi posso dire che non è l’unica motivazione- ammise.

-Perché lo hai fatto allora?- domandò James.

Harry voltò leggermente lo sguardo verso il suo primogenito e lasciò che un sorriso malinconico gli incurvasse le labbra.

-Perché ero innamorato di Hermione- ammise sincero.

Quelle parole furono un pugno allo stomaco per entrambi i ragazzi, ma soprattutto per James: l’uomo che aveva osannato per gran parte della sua vita si stava rivelando un essere umano pieno di difetti, soggetto a rancori e invidie come tutti e per la prima volta in vita sua James si ritrovò a pensare che forse sua madre avesse ragione riguardo Harry Potter.

-Non me ne resi conto per molto tempo.

Vostra madre fu la prima a farmi notare che forse le mie intenzioni non erano così nobili come credevo… Quando mi chiese se ero innamorato di Hermione, la trattai in modo meschino, arrivando a toccare punti di cattiveria che non credevo di possedere.

Fu soltanto quando mi ritrovai ad Azkaban ed ebbi molto tempo per riflettere che mi resi conto che Ginny aveva ragione.

Ero innamorato di Hermione e amavo la sensazione che provavo ogni volta che potevo esserle d’aiuto, tutte le volte che riuscivo a darle una mano nei momenti difficili.

Per questo restai sbalordito dalla sua decisione di andare via con Draco: lei aveva scelto qualcun altro al mio posto e, man mano che passavano le settimane, sembrava sempre più convinta e felice della decisione presa.

Ed io non riuscivo a sopportarlo-

-Di cosa sei stato accusato?-domandò Albus cambiando argomento, con voce apparentemente calma.

-Creazione di passaporta illegale e di documenti falsi.

Sono riuscito a patteggiare una condanna di dodici mesi ad Azkaban grazie alle informazioni che ho fornito riguardo al rapimento e soprattutto grazie al ruolo svolto durante la Seconda Guerra- rispose Harry.

-Che ne è stato di Weasley?- chiese a sua volta James.

Il volto di suo padre si rabbuiò e l’attimo dopo scosse la testa.

-Lui non è più un problema- disse semplicemente.

Per qualche istante nella stanza scese il silenzio, permettendo ai ragazzi di assimilare la marea d’informazioni che avevano appena ricevuto, finché Albus non parlò di nuovo.

-E’ per colpa del rapimento se il matrimonio tra te e la mamma è finito?-domandò.

Harry si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli leggermente nonostante il gel.

-Una volta scoperto il mio ruolo nel rapimento vostra madre cambiò… Divenne un’altra persona.

I Serpeverde impiegarono un mese per ritrovare Prudence e per quei trenta giorni vostra madre si spense: era pallida, mangiava poco e mi resi conto che dormiva soltanto poche ore a notte.

Era divorata dai sensi di colpa e dalla preoccupazione per Prudence.

Era completamente concentrata su di voi, fece in modo che nulla di quello che stava succedendo potesse avere delle ripercussioni su voi due…

Vivevamo nella stessa casa ma eravamo due completi estranei, al punto che Ginny evitava di trovarsi nella stessa stanza insieme con me.

-Quando Malfoy e gli altri Serpeverde riuscirono a riportare a casa Prudence, ci fu un incidente.

Un incidente che vide coinvolta Hermione e la costrinse in ospedale per diversi giorni.

Questo ci allontanò ancora di più ma credo che lei sarebbe rimasta ancora al mio fianco, pur di allentare la pressione che le veniva dalla sua famiglia.

Ma io non gliel’ho permesso-commentò.

James aggrottò la fronte.

-Che vuoi dire? E’ stato per colpa di Blaise?- domandò deciso a chiarire una volta per tutti i suoi dubbi al riguardo.

A quelle parole Harry si lasciò andare a una lieve risata ironica prima di incontrare lo sguardo del suo primogenito.

-Tua madre mi ha raccontato delle tue teorie sia per quanto riguarda il nostro divorzio sia riguardo ad Albus.

Mi dispiace deluderti ma sono entrambe sbagliate- gli disse cercando di fare dell’ironia. –Quando io e vostra madre ci siamo separati, lei e Blaise avevano appena iniziato a frequentarsi...

Per quanto riguarda Albus posso dirti, senza ovviamente scendere nel dettaglio, che ricordo ancora quando io e tua madre lo abbiamo concepito.

Inoltre ero presente al momento del parto… Ti basta come rassicurazione?-gli domandò.

-Perché allora è stato smistato nella Casa delle Serpi?-domandò James dimenticandosi per un istante l’argomento principale dell’incontro.

Ancora una volta Harry sorrise.

-Quando la Professoressa McGranitt ha posato il Cappello sulla mia testa, questo per alcuni istanti è stato indeciso se mettermi tra i Serpeverde o tra i Grifondoro.

Sono stato io a pregarlo di non mettermi tra i Serpeverde e il Cappello fortunatamente mi ha ascoltato-raccontò.

-Impossibile!- ribatté prontamente James.

Harry corrugò la fronte alla veemenza con cui James aveva replicato alle sue parole.

-Perché mai? So parlare con i serpenti, un pezzo dell’anima di Voldemort era rimasto con me dopo il nostro primo scontro, anche se all’epoca non ne ero a conoscenza.

Sarei stato un perfetto Serpeverde e non c’è nulla di male che tuo fratello lo sia.

Quello che è successo con vostra madre e Hermione dovrebbe aiutarti a capire che non bisogna essere sempre così intransigente nelle proprie opinioni.

Dovresti imparare dai miei sbagli James- aggiunse infine Harry.

James si lasciò andare a un sospiro frustrato e rivolse un’espressione agguerrita al padre.

-Perché sei sparito tutti questi anni? Perché non hai cercato di metterti in contatto con noi? Ti sei dimenticato di avere altri due figli?- lo incalzò.

-Jim…- cercò di calmarlo Albus.

Dal canto suo James mosse lo sguardo sul fratello e, alzando il braccio destro, puntò un dito contro le varie foto appese alla parete.

-Le hai viste Al? Abbiamo un altro fratello e una sorella.

Sanno che esistiamo?- domandò poi rivolto a Harry.

-Certo che sì, come puoi farmi una domanda del genere?-replicò incredulo Harry.

James alzò le spalle.

-E’ una domanda legittima- rispose Albus al suo posto. –Non c’è niente in questa stanza che indichi la presenza di altri due figli-.

Harry annuì.

-Avete ragione, ma in tutti questi anni ho sempre parlato a Saoirse e a Cillian di voi-rispose spostando lo sguardo ora su James ora su Albus.

James si lasciò andare a una risata ironica.

-Come hai fatto? Non sai nulla di noi!

Quando ci hai abbandonato Albus, non sapeva neanche reggersi in piedi da solo-gli rinfacciò.

Era la prima volta che ammetteva ad alta voce quel sentimento che lo aveva accompagnato per tutta la vita e che aveva sempre cercato di nascondere dietro il sogno di un’imminente riunione con suo padre.

-L’ho fatto per il vostro bene, perché non foste coinvolti nel caos che avevo causato con il mio comportamento- rispose Harry.

-Oppure volevi semplicemente crearti una nuova vita e noi ti eravamo d’intralcio-commentò maligno James.

-C’è una cosa che non capisco- s’intromise Albus rivolto verso Harry, impedendo a quest’ultimo di rispondere alla provocazione di James.

L’uomo mosse lo sguardo verso di lui e restò in attesa.

-Hai detto che i rapporti tra te e la zia Hermione erano talmente compromessi che ormai non vi rivolgevate più la parola.

Come avete fatto a portar via Prudence visto che lo zio Draco aveva fatto in modo che Ron non avesse più alcun contatto né con lei né con la zia Hermione?- domandò confuso.

Harry abbassò per un istante la testa un’espressione chiaramente colpevole sul volto.

-Ho chiesto aiuto a vostra madre-ammise.

-Mamma era a conoscenza del vostro piano?- domandò incredulo James.

Harry scosse più volte la testa.

-No, cielo no! Non avrebbe mai accettato di farne parte.

E’ stata una complice inconsapevole del nostro piano- spiegò.

Harry si fermò qualche secondo per rimettere in ordine le idee e prendere un respiro profondo, consapevole che ciò che avrebbe detto avrebbe cambiato per sempre l’idea che i ragazzi avevano di lui.

-Convinsi vostra madre a intercedere con Hermione affinché ci lasciasse Prudence per un pomeriggio.

Avevamo scelto il giorno perfetto: il compleanno di Molly Weasley, vostra nonna.

Sapevo quanto Hermione era legata alla donna ed ero certo che non avrebbe mai rifiutato all’anziana donna la possibilità di rivedere la nipote dopo mesi di lontananza.

-Organizzammo la festa a casa nostra, in modo da non insospettire Hermione e Malfoy e alla prima occasione Ron si allontanò con Prudence.

Vostra madre non si accorse di nulla fino al momento in cui Hermione e Draco vennero a riprendere la bambina.

Non dimenticherò mai lo sguardo incredulo di vostra madre e il terrore che si dipinse sul volto di Hermione quando si rese conto di ciò che stava succedendo-raccontò loro con lo sguardo perso nel vuoto.

I due ragazzi restarono in silenzio, incapaci di trovare le parole per esprimere ciò che provavano in quel momento.

-In fondo è colpa mia se vostra madre ha conosciuto Blaise- commentò l’attimo dopo Harry.

-Che vuoi dire?- domandò ancora Albus.

-Quando Prudence tornò a casa, vostra madre andò da Hermione per scusarsi del ruolo avuto nel rapimento.

Io m’infuriai quando lo venni a sapere… Ero tradito e offeso dal suo comportamento e ammetto di aver dato il peggio di me in quella situazione.

Ci fu una violenta lite e alla fine io misi alla porta vostra madre-confessò, deciso a essere sincero fino in fondo.

Un’espressione incredula si dipinse sul volto dei due ragazzi.

-Le diedi un’ora di tempo per fare le valige.

Dopo un’ora fossi tornato e l’avessi trovata ancora lì, le avrei impedito di portarvi via con lei- continuò.

-Non è vero!- disse James, scioccato.

-Purtroppo sì James.

Fortunatamente Hermione mise da parte ogni possibile rancore e le offrì ospitalità.

Quindi come vedi, se io non l’avessi messa alla porta lei non sarebbe stata costretta a rifugiarsi da Hermione e non avrebbe avuto modo di conoscere Blaise- terminò Harry.

Per l’ennesima volta nella stanza scese il silenzio.

Le parole avevano dissipato tutti i dubbi rimasti nella mente dei ragazzi ma allo stesso tempo non avevano risolto nessuno dei tanti problemi che li affliggeva.

James era arrivato a quell’incontro con la speranza di poter iniziare un dialogo con un padre che aveva sempre desiderato conoscere e che gli era stato strappato troppo presto.

Ora invece, si ritrovava di fronte un uomo piccolo, concentrato esclusivamente sui propri bisogni e focalizzato sulla propria gloria passata che aveva preferito la vendetta alla propria famiglia, fregandosene delle conseguenze.

Come aveva potuto essere così cieco? Perché per tanti anni era stato disposto ad accontentarsi dei sogni e della gloria riflessa pur di avere un minimo rapporto con quest’uomo?

Dal canto suo Albus si era presentato all’appuntamento consapevole che niente avrebbe potuto fargli cambiare idea su Harry Potter.

Eppure era stato smentito.

L’uomo di cui aveva sempre sentito parlare aveva messo a repentaglio la vita di una persona che amava convinto di essere nel giusto, spinto da sentimenti di pseudo amore e dal bisogno di essere ancora indispensabile.

Aveva detto di aver pensato a lui e a James per tutti quegli anni, ma le sue parole si erano rivelate vuote con la flebile difesa che aveva mosso alle accuse di James.

Albus sospirò e si passò una mano tra i capelli.

-Sei veramente un idiota-commentò rivolto verso Harry Potter.

Gli occhi verdi così simili ai suoi cercarono il suo sguardo e si sorpresero nel trovare un’espressione dura sul volto di Al.

-Hai mandato a puttane tutto per un po’ d’adrenalina, per sentirti ancora indispensabile come ai tempi della guerra.

Davvero patetico!-

-Albus…- cercò di intervenire Harry.

-Ti sei mai fermato a pensare a quello che sarebbe stato di me e James se avessero incriminato anche la mamma per il rapimento?

Se l’avessero accusata di favoreggiamento per colpa tua?

Che fine avremmo fatto?- lo incalzò ancora.

-Non lo avrebbero mai fatto… Non lo avrei mai permesso- tentò di replicare.

-Davvero?Scusa ma faccio un po’ fatica a crederti visto il modo in cui ti sei dimenticato di noi quando la situazione si è fatta complicata.

 Hai messo a rischio la mia vita, quella di Jim e della mamma per dimostrare di essere migliore di Draco Malfoy e dei Serpeverde ma alla fine ti sei rivelato un uomo meschino, menefreghista e avido di potere.

Sei diventato tutto quello che avevi giurato di combattere-.

Pieno di rabbia, Albus si alzò in piedi e si avvicinò di un passo a quello che formalmente era ancora suo padre.

-Sono felice che tu ci abbia abbandonato.

Io non so che farmene di un padre come te-aggiunse.

Albus si voltò verso James e cercò il suo sguardo.

-Sei soddisfatto ora? Hai ottenuto quello che volevi.

Spero ti serva da lezione e ti faccia aprire gli occhi su chi è realmente Harry Potter- si limitò a dirgli.

L’attimo dopo, James osservò suo fratello avviarsi verso la porta del salotto e da lì al piccolo corridoio che lo conduceva alla porta principale.

In pochi attimi lo sentì aprire la porta bianca e precipitarsi in strada, lasciandosi tutto alle spalle.

Con lentezza, James si alzò a sua volta e dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Harry Potter seguì l’esempio di Albus e con passi misurati si avviò verso l’uscita incurante della voce dell’uomo che lo chiamava.

Una volta chiusa la porta bianca alle proprie spalle James prese un respiro profondo, cercando di allentare la tensione in tutti i muscoli del corpo.

Quel capitolo della sua vita ora era definitivamente chiuso.

Era ora di ricominciare da zero.

 

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"Baciami, fino a quando vuoi
Baciami, come l'avessimo inventato noi
Prendi me, con ogni mia ferita
Prendi me, come per tutta la vita" 

 

Dopo qualche minuto, Richard aveva accompagnato Albus nella sua stanza e aveva richiuso la porta alle loro spalle.

Aveva fatto sdraiare l’amico sul letto e, non sapendo cos’altro fare si era disteso al suo fianco.

Nel momento in cui si era ritrovato accanto ad Albus, il ragazzo gli aveva stretto le braccia attorno alla vita e aveva ricominciato a piangere, affondando il viso nel suo torace.

Albus aveva pianto a lungo, confortato dall’abbraccio di Richard e dalle dita del ragazzo che scivolavano lente tra i suoi capelli disordinati.

Soltanto quando sembrava aver esaurito la propria scorta annuale di lacrime, Al aveva rialzato la testa e aveva cercato lo sguardo di Richard.

-Ti senti meglio?- gli chiese Richard.

Albus annuì senza fare nessuna mossa per sciogliere il loro abbraccio.

-Te la senti di raccontarmi cosa è successo?- domandò ancora l’altro.

Per qualche istante un’espressione incerta si dipinse sul volto di Albus, prima che il ragazzo prendesse un respiro profondo e iniziasse a parlare.

Gli raccontò tutto, partendo dal pranzo in famiglia una settimana prima passando per le accuse che James aveva lanciato contro sua madre e ciò che avevano scoperto quel giorno, per poi arrivare all’incontro terminato neanche due ore prima con Harry Potter.

Albus gli raccontò le sensazioni che aveva provato trovandosi a faccia a faccia con quello che nominalmente era suo padre ma che in realtà era un estraneo, la rabbia e l’incredulità che si erano alternate dentro di lui durante l’incontro man mano che veniva a scoprire nuovi particolari del passato dei propri genitori e infine gli confessò di essere soddisfatto del modo in cui aveva lasciato senza parole il grande Harry Potter con il suo ultimo scatto d’ira.

-Ora è tutto finito.

Harry Potter appartiene al passato-commentò infine.

-Se è così perché sei tanto sconvolto?- gli domandò Richard, affondando nuovamente le dita di una mano tra i capelli neri di Al.

Albus sospirò e posò per un breve istante lo sguardo su un bottone della camicia che il ragazzo aveva indosso.

-Ha messo a rischio mia madre, me e James.

Ha quasi distrutto la mia famiglia e non c’è un briciolo di pentimento nelle sue parole- disse cercando di dar voce ai propri sentimenti confusi. –Sono passati quindici anni eppure lui è ancora convinto di aver agito nel giusto.

Anche se continuava a dire il contrario, i suoi occhi raccontavano un’altra storia.

Era come se stesse recitando un copione ed io sono convinto che se si ritrovasse nuovamente in una situazione simile a quella di quindici anni fa si comporterebbe nello stesso identico modo-affermò sicuro.

Richard accennò un sorriso.

-Per fortuna non lo scopriremo mai-

Albus annuì prima di lasciarsi scappare un gemito imbarazzato.

L’attimo dopo poggiò la fronte sulla spalla di Richard nascondendo il volto alla vista dell’amico.

-Scusami, sono piombato qui senza avvisarti e ti ho rovesciato addosso tutti i miei problemi…- iniziò imbarazzato.

Richard si lasciò andare a una risata.

-Al non hai nulla di cui scusarti.

Anzi, mi fa piacere che tu abbia pensato a me in un momento così complicato- gli disse sincero.

Albus rialzò la testa dalla spalla di Richard e incontrò il suo sguardo.

-Davvero?- domandò incerto.

Richard annuì.

-Per te ci sono sempre, lo sai- rispose abbassando leggermente la voce.

Nella distanza ravvicinata tra loro, Albus si rese finalmente conto della loro posizione: le sue braccia strette attorno alla vita di Richard, un braccio dell’altro abbandonato sul cuscino poco distante dalla sua testa con le dita affondate nei suoi capelli corvini, mentre l’altro era abbandonato attorno ai suoi fianchi e le gambe intrecciate tra loro.

Era la prima volta che si ritrovavano in una situazione simile.

Vista la vicinanza tra i loro volti, Albus si ritrovò a muovere più volte lo sguardo tra gli occhi color ambra di Richard e le sue labbra sottili.

Sarebbe bastato un piccolo movimento del capo per far incontrare le loro labbra.

-Anche quando sono insopportabile?-gli domandò in un sussurro.

Richard sorrise ironico.

-Specialmente quando sei insopportabile.

Ammettiamolo, nessuno riesce a farti arrabbiare come me-lo punzecchiò l’altro.

Quelle parole strapparono una risata profonda ad Albus.

-Questo è poco ma sicuro-commentò Al.

-Però, io sono l’unico in grado di farti sorridere anche quando sei incazzato con me- ribatté Richard.

La mano che fino a quel momento si trovava tra i capelli di Albus, si mosse lentamente fino a raggiungere il collo, la punta del pollice sinistro ad accarezzare la mascella.

-Non ho mai capito come ci riesci- rispose Al, cercando di mantenere ferma la propria voce.

Richard gli rivolse un sorriso malandrino.

-E’ tutto merito tuo. Solo tu hai quest’effetto su di me- gli confessò.

Albus mosse leggermente la testa sul cuscino, avvicinando il viso a quello di Richard mentre il suo sguardo si posava nuovamente sulle labbra del ragazzo.

-Che effetto sarebbe?- domandò abbassando nuovamente la voce.

Richard cercò il suo sguardo e restò per qualche secondo in silenzio, chiaramente combattuto.

Doveva essere sincero oppure doveva mentire come al solito?

Non gli sarebbe più capitata un’occasione simile, di questo era certo ma aveva paura che Albus fosse ancora troppo scosso dall’incontro con Harry Potter.

-Lo sai- si limitò a rispondere, decidendo di lasciare al moro la scelta.

Se Al avesse deciso di lasciar correre, Richard avrebbe rispettato la sua decisione, ma se invece avesse deciso di cogliere l’invito sottinteso allora Richard non si sarebbe fatto alcuno scrupolo.

Albus fissò per qualche secondo gli occhi ambrati dell’amico prima di fissare per un’ultima volta le sue labbra.

Ora o mai più.

Lentamente mosse la testa sul cuscino e avvicinò il volto a quello di Richard fino a posare le labbra sulle sue.

 

 Salve a tutti! Come state? Bentornati per un nuovo capitolo ^_^

Come avete visto, il capitolo inizia ad una settimana dal famoso pranzo in casa Weasley-Zabini per poi tornare indietro e vedere cosa è successo in questi 7 giorni.

Spero di non essere diventata una delle persone che odiate di più visto il cliffhanger con cui si chiude il capitolo e vi chiedo scusa, ma era tutto già scritto nella mia mente e si concludeva in questo preciso istante. Sorry!

Questo capitolo in particolare era incredibilmente lungo, forse uno dei più lunghi che abbia mai scritto, ma non avrei potuto interrompere la storia in nessun momento. Again, Sorry! xD

Abbiamo superato la metà della FF (credo) e per quanto riguarda la linea narrativa di James possiamo dire che è quasi al termine; ora il nostro ragazzo deve fare i conti con tutte le informazioni ricevute e deve iniziare a reinventare se stesso.

Ora finalmente possiamo dare spazio a Prudence!!! So di averla lasciata un pò da parte e di averle improvvisamente dato il ruolo da comparsa, ma la famiglia Weasley- Zabini e le loro vicissitudini si è imposta su quella formata da Hermione e Draco. Prometto che ora rimetterò ordine anche nella vita di Prue.

Si avvicina il momento del grande confronto con Draco...

Come avrete visto, in questo capitolo è stato introdotto un nuovo personaggio di cui avevamo fatto una veloce conoscenza la volta precedente; come con tutti gli altri personaggi vi lascio una foto per farsi un'idea dell'aspetto che Jeremy ha nella mia mente( nel caso non fossi riuscita a descriverlo a dovere).

 

https://i.pinimg.com/originals/ec/76/87/ec768724b95d00c80f7bf7cc316f7a86.jpg

http://cdn02.cdn.justjaredjr.com/wp-content/uploads/headlines/2019/08/cole-sprouse-opens-up-about-being-brought-in-to-audition-for-archie-on-riverdale.jpg

 

 Ringrazio tutti coloro  che leggeranno e recensiranno questo capitolo e come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o di ortografia.

Il titolo è tratto da una canzone omonima del musical "Heathers", nella versione cantata dai protagonisti di Riverdale. Le citazioni presenti nel capitolo sono "Indimenticabile" di Antonello Venditti, "Anima Fragile" di Vasco Rossi, "A mano a mano" cantata da Rino Gaetano, "Nella buona (cattiva) sorte" di Tiziano Ferro, "Ciao" di Vasco Rossi.

E ora i ringraziamenti:Margomr(Grazie per i complimenti e soprattutto per il voto di fiducia. Anche io non amo molto leggere storie incomplete, quindi ti capisco perfettamente. Spero di continuare a meritarmi la tua fiducia ^_^), Fiorentinasara(Grazie per i complimenti! Credo che questa sia la volta buona per James. Ora o mai più... Manca poco al momento della verità anche per Prudence), Crich66(Grazie per i complimenti e soprattutto grazie per aver lasciato una porta aperta alla mia storia e ai personaggi nonostante non rientrassero completamente nelle tue preferenze. Quando dieci anni fa iniziai a scrivere la FF originale fu una specie di sfida con me stessa: stavo scrivendo "Io e te... per sempre?" e in quella FF Harry ha tutte le caratteristiche dei romanzi, anche se io gli ho fatto fare varie peripezie che sono oltre il canon xD Ma dal punto di vista caratteriale è perfetto, l'uomo che tutti hanno imparato ad amare. Per questo ho iniziato a scrivere "Il pagamento":  volevo vedere se riuscivo a scrivere un Harry diverso o se le mie capacità si limitavano a quelle canon), Marta_cr_cullen92( Grazie per i complimenti! Come vedi, in questa FF Harry non riesce a redimersi... Eh già, povera Sadie; spero però di averti risollevato un pò con questo capitolo), Ginny66(Grazie per i complimenti! Eh già, avevo già tentato di scrivere un seguito a questa FF, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a far combaciare tutti i pezzi. Fortunatamente questa volta è andata meglio. Fammi sapere cosa pensi del nuovo capitolo!).

Bene, per il momento io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Outtake-The prom queen & the nerd ***


prom

 

And these children that you spit on
As they try to change their worlds
Are immune to your consultations
They're quite aware of what they're goin' through 

 

 

Seduti in silenzio uno di fronte all’altra ad un tavolino di una tavola calda, Michelle e Jeremy osservavano le persone che affollavano il locale in quel venerdì pomeriggio.

Dopo il film, Jeremy le aveva proposto di mangiare qualcosa prima di accompagnarla a casa e, anche se inizialmente Michelle era stata restia ad accettare, alla fine si era lasciata convincere dall’entusiasmo con cui il ragazzo aveva descritto il cibo del locale in cui desiderava portarla.

-Ti prometto che non te ne pentirai- le aveva detto cercando di convincerla.

Ora, seduta di fronte a lui, Michelle si chiese se non fosse stata davvero una cattiva idea.

L’appuntamento non era andato male fino a quel momento: Jeremy era stato un perfetto gentiluomo, offrendosi di pagare per entrambi sia il biglietto del cinema sia i vari snack che avevano comprato prima di entrare in sala.

Se doveva essere completamente onesta, però, Michelle attribuiva gran parte del successo di quell’appuntamento al fatto che non avessero parlato molto: durante il film entrambi erano rimasti in silenzio e anche nel breve intervallo si erano scambiati soltanto poche parole per essere sicuri che entrambi si stessero divertendo o, nel caso di Jeremy, per chiederle se volesse qualcos’altro da mangiare.

Ora, seduti a quel tavolo, sarebbero stati costretti a parlare.

Cosa sarebbe successo se non avrebbero trovato punti in comune o peggio se avessero passato tutto il tempo in silenzio scambiandosi soltanto qualche commento sul cibo?

I suoi pensieri ansiosi vennero interrotti dall’arrivo della cameriera con le loro ordinazioni e, osservando il piatto di Jeremy, Michelle si ritrovò a spalancare gli occhi sorpresa.

Cogliendo il suo sguardo, il ragazzo accennò un sorriso.

-So cosa stai pensando- le disse una volta rimasti nuovamente soli.

-Davvero? - chiese Michelle portando lo sguardo sul suo volto.

Jamie annuì.

-Stai pensando che soltanto un matto ordinerebbe dei pancakes alle sei del pomeriggio- rispose, afferrando allo stesso tempo il bricco dello sciroppo d’acero e versandolo generosamente sui pancakes.

Questa volta toccò a Michelle accennare un sorriso.

-Touché- disse semplicemente, lanciando uno sguardo alla propria porzione di uova all’occhio di bue e patatine fritte.

-È uno dei motivi per cui amo questo posto: servono la colazione tutto il giorno.

Così se all’improvviso dovessi sentire il desiderio di frittelle o di una colazione completa di bacon e pomodori qui nessuno storcerebbe il naso- rispose sincero.

Michelle scosse la testa divertita.

-Ma è quasi ora di cena…- disse, rimproverandosi mentalmente l’attimo dopo.

Per un’istante era sembrata identica a sua madre.

Proprio come le aveva rinfacciato Albus.

-Tranquilla, ho un metabolismo molto veloce.

Diciamo che questo è soltanto un antipasto- rispose Jamie, un’espressione sincera in volto.

Alzando le spalle, Michelle si concentrò sul proprio cibo ma Jeremy riportò la sua attenzione su di sé dopo poche forchettate.

-Allora, che ne pensi del film? -le domandò tra un boccone e l’altro.

Michelle incontrò nuovamente gli occhi azzurri del ragazzo e lo fissò per qualche secondo.

-È una domanda trabocchetto? – gli domandò ironica. -So quanto ami questo film, quindi qualsiasi cosa dirò potrà essere usata contro di me- commentò.

Quelle parole riuscirono a strappare una lieve risata divertita a Jamie, prima che questi scuotesse leggermente la testa e posasse una mano sul petto all’altezza del cuore.

-Ti giuro sul mio onore che accetterò le critiche senza offendermi e soprattutto non ci saranno ritorsioni-le promise.

Michelle bevve un sorso dalla propria tazza di caffè e restò qualche istante in silenzio, lo sguardo fisso sul volto del ragazzo.

-Non era male. – iniziò. -Voglio dire, ho apprezzato come sono stati caratterizzati i personaggi ed il modo in cui lentamente vengono fuori le loro personalità.

Mi è piaciuto anche il fatto che i singoli problemi che affliggono i personaggi alla fine si rivelano comuni anche agli altri: il senso di abbandono, la pressione psicologica da parte dei propri genitori o dei propri pari, sono problemi che bene o male affliggono tutti gli adolescenti ma in quel momento tutti si sentono soli a combattere situazioni più grandi di loro- commentò Michelle.

Jeremy l’ascoltò in silenzio, limitandosi ad annuire.

-La cosa che mi ha colpita maggiormente è come questo film sia ancora attuale, nonostante sia stato girato quasi trent’anni fa.

Se avessero dei vestiti o delle acconciature più attuali le battute potrebbero essere recitate ancora oggi senza risultare vecchie- concluse.

-Sento che sta per arrivare una critica- commentò Jeremy dopo aver ingoiato l’ennesimo boccone.

Michelle sorrise e scosse la testa.

-Non la definirei una critica.

Diciamo che il finale mi ha lasciato con molti dubbi: cosa succederà lunedì?

Ritornerà tutto come prima o ci saranno dei cambiamenti? –

Jamie annuì lentamente.

-Il grande interrogativo che affligge tutti quelli che amano questo film.

Tu cosa pensi sia successo una volta che i personaggi sono ritornati a scuola? – le domandò curioso.

La ragazza alzò le spalle, per poi prendere un sorso dalla propria tazza.

-In un mondo fantastico i protagonisti avrebbero mantenuto le promesse fatte, ma so che la realtà è molto diversa- commentò.

In un mondo fantastico Albus le avrebbe chiesto scusa il giorno dopo la loro lite, anche in ginocchio se fosse servito.

Invece i giorni erano passati e niente era cambiato, anzi la distanza tra loro ora sembrava insuperabile, come se la l’amicizia che li legava fin dall’infanzia non fosse mai esistita.

Jamie aggrottò leggermente la fronte.

-Non è sempre detto.

Io ad esempio sono fermamente convinto che loro abbiamo mantenuto i rapporti: Allie e Andrew hanno avuto una storia fino alla fine del liceo mentre Brian e Bender sono diventati uno il migliore amico dell’altro.

L’unica incognita per me è Claire: non so se sarebbe riuscita a ribellarsi alla pressione delle sue amiche- commentò a sua volta.

-Lo credi davvero? – chiese Michelle poco convinta.

Jamie annuì sicuro.

-Hanno tutti bisogno l’uno dell’altro, chi per un motivo chi per un altro.

Forse inizialmente avranno cercato di vivere la loro vita come l’hanno sempre vissuta, ma alla fine si saranno resi conto che senza l’altro non ce l’avrebbero fatta.

Alle volte basta un piccolo gesto o breve incontro per cambiare una vita- concluse.

Michelle lo fissò in silenzio, colpita dalle sue parole.

-Ti ho lasciato senza parole, vero? - commentò Jeremy con un sorriso ironico sulle labbra.

La ragazza abbassò leggermente lo sguardo per evitare di arrossire e alla fine si decise a rispondere alla sua domanda con un’alzata di spalle.

-Non preoccuparti, mi capita poche volte di fare discorsi così profondi, o di stupire le persone a tal punto- commentò con una punta d’ironia nella voce. - Per farmi perdonare ti offro il mio ultimo pancake.

Approfittane perché è un’occasione più unica che rara che io divida il cibo con un’altra persona- le disse spingendo il suo piatto verso di lei.

Questa volta Michelle scosse la testa con veemenza.

-No, davvero. Sono dieci minuti che siamo seduti e non faccio altro che guardare le tue patatine.

Forse avrei dovuto ordinare una porzione anche per me- commentò Jamie.

A quelle parole Michelle scoppiò a ridere divertita.

Jeremy era davvero un ragazzo imprevedibile: fino ad un attimo prima avevano parlato di argomenti importanti partendo da un argomento frivolo ed ora che l’aveva vista leggermente in difficoltà, invece di chiederle il motivo della sua confusione o aiutarla a sviscerare il problema fino alla nausea, cercava di risollevarle il morale con l’ironia e la leggerezza.

-In questo caso come posso rifiutare la tua offerta? - gli disse accettando il suo piatto prima di cedergli il proprio.

Nel breve momento di silenzio che seguì, Michelle portò alle labbra una forchettata dei pancakes e quando il sapore dello sciroppo d’acero le invase la bocca, la ragazza dovette trattenere un gemito estasiato.

-Riconosco quell’espressione…Buoni, vero? - le domandò Jeremy dalla parte opposta del tavolo.

-Sono deliziosi- commentò lei facendo scivolare la punta della lingua sul labbro inferiore per raccogliere le ultime tracce del sapore dello sciroppo d’acero.

Capì dall’espressione di Jeremy di aver fatto un errore: gli occhi azzurri del ragazzo, fino ad un attimo prima ironici ora erano leggermente dilatati e fissi sulle sue labbra, mentre un lieve rossore si dipingeva sulle guance del moro.

Cercando di riprendere il controllo di sé, Jamie si schiarì la gola e bevve un lungo sorso di caffè, prima di tornare a fissare il suo volto.

-Posso confessarti una cosa? – le domandò di nuovo padrone di sé stesso, sistemandosi meglio sul divano in finta pelle e abbandonando un braccio sullo schienale.

Michelle annuì.

-Ero terrorizzato all’idea di questo appuntamento- le disse sincero.

A quelle parole un accenno di sorriso nacque istantaneo sulle labbra di Michelle.

-Ti faccio così paura? - gli domandò ironica.

In risposta Jamie si limitò ad annuire.

-Veramente? – chiese ancora lei, leggermente incredula.

-Vuoi la completa verità? – domandò lui in risposta.

Michelle annuì.

Jamie abbandonò la posa rilassata assunta poco prima per avvicinarsi al tavolo e poggiare entrambe le braccia sul piano.

-Erano mesi che volevo invitarti fuori, o anche solo avvicinarti.

Avevo pensato di parlarti alla festa che abbiamo organizzato a luglio prima di ritornare a casa, ma alla fine mi è mancato il coraggio.

In fondo anche se siamo entrambi Serpeverde non frequentiamo lo stesso gruppo di amici.

Inoltre, non so se lo hai notato, sono un tipo abbastanza solitario: preferisco restare nella mia stanza o in biblioteca piuttosto che andare alle partite di Quidditch o alle varie serate organizzate dai nostri compagni Serpeverde- iniziò lui.

-Dimmi la verità: anche tu come gli altri hai pensato che io e Albus fossimo una coppia- lo interruppe Michelle.

L’ espressione imbarazzata che si dipinse sul volto di Jamie valse più di mille risposte.

-Non credevo avessimo un atteggiamento così ambiguo- commentò lei.

-Per quanto possa valere il mio punto di vista posso dirti che sembravate una coppia molto affiatata- rispose Jamie.

-Non eravamo neanche una coppia! Non lo siamo mai stati- ribatté lei decisa a sfatare una volta per tutte quel falso mito.

Jeremy aggrottò la fronte.

-Davvero? Neanche una storia breve di pochi mesi? –

-No! Stare con Al sarebbe come stare con mio fratello.

Eravamo amici- disse con un velo di tristezza nella voce.

Jeremy la fissò per qualche istante in silenzio.

-Non volevo toccare un tasto dolente, mi dispiace.

Ero veramente convinto che tra voi ci fosse stato qualcosa…- le disse sinceramente dispiaciuto.

Michelle scosse la testa.

-Non è colpa tua, non eri il solo a pensarlo- rispose subito la ragazza allontanando alcune ciocche di capelli dalla fronte. -Quindi se ho capito bene, hai deciso di farti avanti soltanto ora perché hai pensato che fossi tornata single-

In risposta, Jamie annuì per poi abbassare momentaneamente lo sguardo sul piano del tavolo.

-Ho visto quanto sei stata male per il vostro litigio… All’inizio ho preferito lasciarti spazio pensando che fossi distrutta per la fine della vostra storia e, onestamente, non volevo rovinare una possibile riconciliazione tra voi due- aggiunse l’attimo dopo.

Un suono divertito scappò dalle labbra socchiuse di Michelle all’immagine creata dalle parole di Jeremy: nonostante tutto l’idea di una possibile storia tra lei ed Albus era veramente ridicola.

-Però poi sono stato scoperto- continuò il ragazzo, stuzzicando la curiosità di Michelle portandola ad affondare lo sguardo negli occhi azzurri di Jeremy. -Eleonor si è accorta che passavo gran parte del mio tempo a fissarti- confessò.

Ancora una volta la ragazza sorrise: ora le erano chiare molte cose.

-Fammi indovinare: è successo prima della gita a Hogsmeade- disse.

Jeremy annuì.

-Prima o poi la strozzo! -commentò Michelle tra i denti, attirando su di sé lo sguardo incuriosito del ragazzo.

-Ho detto qualcosa di sbagliato? - le domandò.

Michelle scosse subito la testa.

-Il giorno della gita, Ellie non ha fatto che darmi il tormento finché non ho acconsentito ad uscire dal castello ed andare a Hogsmeade insieme agli altri.

Quindi anche il nostro incontro non è stato poi così casuale…-aggiunse infine.

-Diciamo che tua sorella mi ha dato la spinta necessaria per parlarti; a sentire lei ti avevo messo su un piedistallo talmente alto da essere irraggiungibile anche per i Cercatori.

Nonostante non avessi la minima idea di cosa stesse parlando, ho capito che dovevo farmi coraggio e tentare almeno un approccio; così ho deciso che durante l’uscita a Hogsmeade avrei trovato il modo di parlarti: se fosse andata male almeno avrei potuto dire di averci provato.

Se fosse andata bene… -

-Avresti potuto provare ad invitarmi al cinema-concluse Michelle per lui, leggermente divertita dal fiume di parole che Jamie le aveva appena riversato addosso. -Parli sempre così tanto quando sei nervoso? – aggiunse con un sorriso accennato ad incurvarle le labbra.

-Cerco sempre di dare il maggior numero di informazioni in modo che il mio interlocutore capisca il mio punto di vista nonostante il mio stress- rispose il ragazzo sorridendo a sua volta.

Questa volta Michelle si lasciò andare ad una risata divertita che pochi istanti dopo contagiò anche Jeremy.

In quel breve attimo di ilarità una cameriera si avvicinò al loro tavolo e portò via i loro piatti ormai vuoti, lanciando ai due ragazzi un’occhiata dubbiosa.

-Visto il livello di sincerità su cui è stato improntato questo appuntamento, anche io voglio confessarti una cosa- disse Michelle una volta tornata calma.

Jeremy la fissò in silenzio in attesa che lei continuasse a parlare tornando a poggiare il braccio sullo schienale del divano su cui era seduto.

-Ammetto che anche io ero spaventata da questo appuntamento; soprattutto quando mi hai chiesto di venire qui per mangiare qualcosa insieme-confessò.

Per tutta risposta Jamie si limitò ad alzare il sopracciglio destro restando in silenzio.

-Avevo paura che non avremmo avuto nessun punto in comune o che avremmo passato tutto il tempo in silenzio- disse ancora la ragazza.

-Ora invece cosa pensi? -chiese infine Jeremy.

Michelle alzò le spalle e lo fissò per qualche istante, lo sguardo ancora una volta in quello del ragazzo seduto di fronte a lei.

In quei brevi istanti di silenzio, Michelle ebbe la certezza che se avesse fissato abbastanza a lungo gli occhi azzurri di Jamie avrebbe potuto perdersi al loro interno e, per un momento si ritrovò a pensare che erano più belli di quelli di suo padre.

-Penso tu sia un enigma- gli disse quasi sovrappensiero.

A quelle parole Jamie accennò un sorriso.

-Voglio dire…È evidente che tu sia un bel ragazzo, sarei una stupida a dire il contrario… Però mi hai spiazzato con il tuo invito: avresti potuto semplicemente invitarmi a pranzo fuori come avrebbe fatto qualsiasi altro ragazzo, invece tu hai preferito mostrarmi un lato del tuo carattere che credo tu preferisca tenere nascosto- commentò Michelle.

-Se ti avessi invitato a pranzo fuori probabilmente avresti rifiutato- rispose Jeremy senza alcuna acrimonia nella voce.

-Probabilmente si- concesse lei sincera.

-Quindi ho fatto bene a seguire il mio istinto- commentò lui con un sorriso soddisfatto.

Questa volta Michelle alzò velocemente gli occhi al cielo.

-Ora non montarti la testa- lo riprese bonariamente.

-Perché dovrei? Forse perché hai appena ammesso di trovarmi attraente? – la prese simpaticamente in giro.

-Mi rimangio tutto quello che ho detto se continui così- lo minacciò puntandogli contro un dito.

Allo stesso tempo, però, Michelle si ritrovò incapace di smettere di sorridere divertita.

Jeremy alzò entrambe le mani in segno di resa sorridendo a sua volta.

-Ok va bene ma ad una condizione- le disse. -Io la smetto di punzecchiarti se tu mi prometti che uscirai una seconda volta insieme a me- le disse sorridendo a sua volta.

A quella richiesta Michelle si sporse leggermente in avanti sul tavolo diminuendo leggermente la distanza tra di loro, sostenendo il suo sguardo per qualche secondo prima di incurvare le labbra in un sorriso.

-Se è l’unico modo per evitare che il tuo ego diventi di proporzioni smisurate- rispose.

-Assolutamente sì. L’unica soluzione possibile- confermò Jeremy, un sorriso gemello sulle labbra. -Ora è rimasta soltanto una cosa da decidere- aggiunse infine.

Michelle aggrottò la fronte e restò in attesa.

-In una trasposizione contemporanea del film, quale sarebbe stato il tuo ruolo? La reginetta del ballo come Claire o l’emarginata come Allison? -le domandò.

La risata fragorosa di Michelle risuonò nel locale nonostante il rumore di sottofondo e il chiacchiericcio dei commensali seduti ai tavoli poco distanti da loro.

Quando la ragazza riuscì a controllarsi scoprì di avere gli occhi umidi di lacrime per l’eccessivo riso e subito si ritrovò a pensare da quanto tempo non era così spensierata e allegra.

Con fare pensieroso Michelle si portò un dito alle labbra e restò in silenzio per qualche istante prima che i suoi occhi si illuminassero divertiti.

-Ho un’idea: tu scegli quale sarebbe stato il mio ruolo tra Allison e Claire ed io scelgo per te tra Andrew Ben e Bender- gli propose.

-E sia- concesse Jamie. -Comincio io: il ruolo perfetto per te sarebbe Claire soltanto perché non posso non tener conto del legame che hai con la tua famiglia.

I genitori di Allison non si accorgono neanche della sua presenza in casa, mentre tuo padre era pronto a lanciarmi una maledizione fin dal momento che ha capito il motivo per cui ero a casa vostra- commentò cercando di non lasciar trasparire il panico che provava tuttora al ricordo del primo incontro con Draco Malfoy.

Michelle rise divertita ma si guardò bene dal negare le motivazioni dietro il comportamento di suo padre: aveva passato anni ad osservare gli strani atteggiamenti che l’uomo aveva con Ben quindi era perfettamente consapevole della gelosia che questi aveva per le proprie figlie.

-Ok, vada per Claire.

Anche se io non indosserei mai una camicetta rosa…-commentò la ragazza quasi sovrappensiero.

-Ora tocca a me! Qual è il mio ruolo?

Il criminale Bender? L’atleta Andrew? Oppure il nerd Ben? – domandò curioso Jeremy.

Michelle lo fissò per qualche istante prima di sorridere nuovamente.

-Ben. Devo ammettere che hai un’aria un po’ misteriosa come Bender, ma vista la scelta del film non posso che assegnarti il ruolo del nerd- gli disse l’attimo dopo.

-Quindi ho il fascino del bel tenebroso…- disse ironico provocando la risata di Michelle.

-Mi hai promesso che non mi avresti più preso in giro-gli ricordò lei.

Jeremy annuì velocemente prima di cercare di nuovo lo sguardo di Michelle per poi fissarla per qualche istante in silenzio; entrambi erano poggiati sul piano del tavolino con gli avambracci, una minima distanza tra di loro.

Era soltanto il loro primo appuntamento eppure, osservando il volto sereno di Jeremy Michelle si ritrovò a pensare che in compagnia del ragazzo si sentiva serena e spensierata come non le succedeva ma molto tempo e soprattutto che non vedeva l’ora di scoprire cosa avrebbe organizzato Jamie per la loro prossima uscita.

Stava correndo un po’ troppo? Forse.

Proprio mentre quei pensieri confusi le attraversavano la mente portandola a domandarsi se non fosse meglio aumentare la distanza tra loro, qualcosa negli occhi di Jeremy la colpì, impedendole di staccare lo sguardo.

L’attimo dopo Jamie le sorrise.

-Il nerd e la reginetta del ballo… Mi piace come idea-

Già, piaceva anche a lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Tell me ***


tell me

 

 

Tell me I'm your baby, and you never leave me.
Tell me that you'll kiss me forever.
Whisper that you love me.
Have you ever leave me?
Be mine for always, I'll be yours forever.
Tell me I'm your baby, and you never leave me.
Tell me that you'll kiss me, forever. 

 

 

Nel momento in cui le labbra di Albus si posarono sulle sue, la mente di Richard si svuotò completamente.

Sorpreso da quel gesto inatteso, il suo cervello impiegò cinque secondi per rendersi conto che quella era la realtà e non uno dei suoi tanti sogni ad occhi aperti che lo avevano accompagnato per mesi e, quando finalmente ritornò presente a sé stesso, Richard aumentò leggermente la stretta nel braccio allacciato attorno ai fianchi di Al e andò incontro alle labbra del ragazzo.

Mentre le sue labbra rispondevano ai baci leggeri di Albus, Richard si accorse distrattamente delle dita che affondavano tra i suoi capelli e del corpo che aderiva sempre di più al suo malgrado la posizione scomoda.

Che cosa doveva fare? Approfittare di quel momento di follia che sembrava aver colto l’amico oppure fermare Albus e chiedergli se era veramente sicuro delle proprie azioni?

Era stata una giornata emotivamente difficile per il ragazzo e l’ultima cosa Richard desiderava era che il ragazzo si pentisse di quello che stava succedendo tra loro una volta tornato in sé.

Allo stesso tempo, però, Richard non se la sentiva di interrompere quel momento, consapevole che un’altra occasione simile non gli sarebbe capitata mai più.

Cercando di mettere a tacere i propri timori, Richard fece scivolare la punta della lingua sul labbro inferiore di Albus prima di stuzzicare quello superiore; la sua scelta sorprese e allo stesso tempo sembrò dare coraggio ad Albus a tal punto che il ragazzo si sollevò leggermente su un fianco facendo forza su un gomito e si protese verso Richard, senza mai interrompere il loro bacio.

Nello stesso istante in cui la lingua di Albus affondò nella bocca dischiusa di Richard intrecciandosi timida con quella dell’altro, il corpo solido e muscoloso di Al si sdraiò su quello di Richard aderendo quasi perfettamente malgrado la loro differenza d’altezza, le mani grandi sistemate sul collo e tra i capelli del Grifondoro.

Galvanizzato da quella nuova posizione, Richard si lasciò andare: aumentò l’intensità del bacio e lasciò vagare le mani lungo la schiena ampia e muscolosa di Al, sistemandone infine una all’altezza delle scapole e l’altra a poca distanza dal sedere di Albus, frenando all’ultimo istante il desiderio di stringere i glutei perfetti e sodi del ragazzo.

Albus si lasciò scappare un sospiro e allontanò leggermente le labbra da quelle dell’amico posandole più volte sulla guancia sinistra e, approfittando di quel momentaneo distacco, Richard gli posò le labbra sulla mascella e sul collo, deciso a lasciare un ricordo tangibile di quel momento di pazzia: aveva passato ore a fissare il collo di Al, sognando un giorno di poter imprimere un marchio che fosse ben visibile a tutti e che dimostrasse a tutti coloro che posavano lo sguardo su Albus che un ragazzo fantastico come Al era suo, che fra tanti aveva scelto lui.

Un gemito lieve arrivò alle orecchie di Richard e provocò una ridda di brividi che si propagarono per tutto il suo corpo, concentrandosi all’altezza dell’inguine, rendendolo consapevole dell’erezione che si stava formando nei suoi jeans.

Ciò che lo consolava e lo inorgogliva era sentire un’altra erezione premere contro la sua coscia sinistra.

Mosso esclusivamente dall’istinto, Richard mosse leggermente il volto finché non incontrò nuovamente le labbra di Albus, baciandolo con la stessa passione che sentiva scorrergli nelle vene e ricevendo una risposta altrettanto appassionata.

Per questo motivo fu colto totalmente di sorpresa quando, pochi istanti dopo, Albus si staccò improvvisamente da lui rizzandosi a sedere sulle proprie ginocchia.

Confuso dal movimento repentino, Richard lo fissò da sotto in su, restando sdraiato nella posizione che aveva avuto fino a quel momento; Albus era seduto con le gambe ripiegate, sistemato al centro del letto tra quelle divaricate di Richard.

Ciò che colpì il Grifondoro fu l’espressione sul volto di Albus: sul suo viso si alternarono velocemente confusione, shock e incredulità, per poi lasciare il posto ad un’espressione colpevole che colpì Richard come un pugno allo stomaco.

-Oh, cazzo…- mormorò Albus, passandosi una mano sulla fronte.

-Albus…- iniziò Richard cercando di bloccare sul nascere l’attacco di panico che sembrava imminente.

Quasi non avesse sentito la voce dell’amico, Al affondò il volto tra le mani e si lasciò scappare un suono frustrato dalle labbra.

-Cazzo! - esclamò di nuovo alzando leggermente la voce. –Come ho fatto ad essere così stupido? - aggiunse.

Richard inarcò un sopracciglio a quelle parole, incerto sul loro significato, prima di rizzarsi a sedere a sua volta e allungare cauto una mano verso il braccio destro dell’amico.

-Ehi! Va tutto bene…- gli disse cercando di tranquillizzarlo.

Quelle parole ebbero l’effetto di smuovere Albus: se un istante prima era seduto sul letto con il volto tra le mani, l’attimo dopo era balzato in piedi e aveva iniziato a percorrere avanti ed indietro il breve spazio tra il letto e la porta.

Malgrado la situazione sembrasse difficile, Richard fu rincuorato dal fatto che Al non tentò di uscire dalla stanza il prima possibile.

Forse non tutto era perduto.

Richard fissò lo sguardo sulla figura in movimento dinanzi a sé e vide chiaramente la tensione dei suoi muscoli e l’espressione ansiosa sul volto di Albus.

-Come ho fatto ad essere così stupido? - sentì dire nuovamente da Al.

-Al, per favore puoi dirmi cosa ti passa per la testa in questo momento? - domandò Richard cauto.

Il ragazzo gli rivolse uno sguardo arrabbiato che lo riempì di nuovi sensi di colpa: era consapevole di aver messo da parte i propri dubbi quando Albus aveva iniziato a baciarlo, deciso a godere di quel momento irripetibile il più possibile, ma ora si rendeva conto di quanto si fosse comportato male nei confronti di Albus; era il più grande tra i due, quello con maggiore esperienza, era chiaro che toccasse a lui mettere un freno a quello che stava succedendo prima che la situazione degenerasse.

Ed ora la loro amicizia era chiaramente compromessa per colpa del suo egoismo.

Albus si lasciò andare ad un nuovo gemito frustrato, affondando le dita della mano sinistra tra i capelli irrimediabilmente spettinati.

-Penso che sono un idiota! Un emerito coglione! - rispose senza smettere di camminare avanti e indietro.

-Perché? - chiese ancora Richard.

Quella domanda ebbe il potere di bloccare la maratona di Albus.

Il Serpeverde si fermò di fronte a lui e lo fissò per qualche istante, un misto tra incredulità e frustrazione sul viso.

-Vuoi davvero sentirmelo dire? -gli chiese a sua volta.

Richard annuì.

-Mi aiuterebbe a capire cosa sta succedendo- rispose Richard, cercando di nascondere il tono ironico che era comparso con naturalezza nella sua voce.

Albus sospirò.

-Non sono venuto qui con l’intenzione di…- iniziò Al, senza però riuscire a terminare la frase senza arrossire.

Suo malgrado, Richard accennò un sorriso.

Nonostante la passione con cui aveva risposto ai suoi baci, Albus riusciva ancora ad imbarazzarsi anche solo accennando a quello che era successo tra loro poco prima.

Era adorabile, Richard non sapeva definirlo in altro modo.

-L’avevo capito- disse semplicemente cercando di metterlo a proprio agio.

-Non avevo voglia di tornare a casa e, inoltre, avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse senza farmi troppe domande.

Se devo essere sincero, sei stata l’unica persona che mi è venuta in mente- confessò Albus.

Richard fece un cenno con il capo.

-Onestamente mi fa piacere sentirtelo dire. Sai che puoi venire da me ogni volta che vuoi- gli ripeté, ricordandogli ciò che gli aveva detto poco prima.

Albus scosse la testa con veemenza.

-No, non è così- replicò.

Richard aggrottò la fronte.

-Tu non hai idea… Non posso credere di aver rovinato tutto- disse Al l’attimo dopo, nascondendo il volto tra le mani.

Sempre più confuso Richard si mosse leggermente sul letto finché non si sedette alla fine di fronte ad Al.

-Credi che io non abbia le tue stesse paure? Anche io temo di aver rovinato le cose tra di noi…- gli disse.

Ancora una volta, Albus scosse la testa.

-Io non sto parlando di questo! - lo interruppe sempre più frustrato tornando a guardarlo.

Incapace di trovare un senso alle parole di Al, Richard lo fissò per qualche secondo prima di lasciarsi andare ad un sospiro altrettanto frustrato.

-Al devi aiutarmi a capire perché in questo momento niente di quello che dici ha senso per me- gli disse calmo.

Al si strofinò nuovamente la fronte con una mano, fissando il volto dell’amico per qualche istante chiaramente indeciso se dare voce ai propri pensieri o meno e, dopo un breve istante di silenzio, Richard lo vide prendere un profondo respiro e dischiudere le labbra.

-Io lo so-iniziò.

Richard corrugò nuovamente la fronte.

Possibile che Al avesse capito i sentimenti che provava per lui e avesse il coraggio che a lui era sempre mancato per affrontare il discorso?

-Sai cosa? - domandò cercando di guadagnare tempo.

Albus deglutì e alzò le spalle.

-So dei tuoi sentimenti per James- disse finalmente.

Aveva sperato che le parole di Albus facessero chiarezza in quello che stava succedendo tra di loro ma, al contrario, avevano aggiunto maggiore confusione: i suoi sentimenti per James?

Di cosa stava parlando?

Se si fosse escluso il rapporto di amicizia che lo legava al maggiore dei Potter non ci sarebbe stato nessun altro sentimento degno di nota, non se paragonato a ciò che provava per Albus.

-Cosa? - disse incapace di articolare meglio la propria confusione.

Albus annuì.

-Io non provo niente per James! - replicò l’attimo dopo Richard.

Una nuova espressione frustrata si dipinse sul volto di Albus.

-Certo che sì! Sei stato tu a dirmelo! Quindi non ha alcun senso continuare a negare o a fingere con me- replicò prontamente il moro.

-Davvero? Dovrai ripetermi la conversazione parola per parola perché credimi non ricordo di aver mai detto un’assurdità simile- ribatté a sua volta Richard.

Albus mosse un passo verso di lui e sospirò ancora una volta, mostrando quanto quella conversazione lo infastidisse.

-Eravamo al Babylon.

Mi avevi appena detto di essere interessato anche ai ragazzi, ricordi? - gli disse.

Richard annuì, ricordando perfettamente la loro conversazione, rammentando soprattutto chi fosse l’oggetto di quella discussione.

-Poi mi hai detto di essere attratto da un ragazzo in particolare ma di non potergli parlare dei tuoi sentimenti perché lui stava affrontando un brutto periodo.

Era ovvio stessi parlando di James e della sua assurda ricerca su nostro padre!

Ho cercato di darti qualche consiglio e credimi mi è costata parecchia fatica farlo, ma adesso ho rovinato tutto saltandoti addosso- concluse, spiegando ciò che lo infastidiva in modo confuso.

Quando il silenzio ritornò nella stanza, Richard lo fissò incredulo per qualche secondo.

Come aveva fatto Albus a travisare a tal punto le sue parole? Possibile non avesse capito l’importanza di ciò che gli stava dicendo quel giorno?

A quanto pare non era stato abbastanza chiaro e aveva lasciato troppe cose sottintese se Albus era arrivato a pensare che l’oggetto del suo desiderio era James.

-Quindi vediamo se ho capito bene-disse Richard scuotendosi dalla propria incredulità, lo sguardo sempre fisso sulla figura immobile di fronte a sé.

-Quel giorno al Babylon quando ti ho detto di provare qualcosa per un ragazzo tu hai pensato che io stessi parlando di James- iniziò Richard.

Albus annuì restando in silenzio.

-Vista la nostra amicizia, hai cercato di darmi dei consigli per far sì che tuo fratello, etero e grande estimatore del genere femminile, si accorgesse di me e ricambiasse i miei sentimenti nonostante la sua attenzione fosse completamente focalizzata sulla ricerca su Harry Potter ed i vostri rapporti non fossero dei migliori in quel momento-continuò il Grifondoro.

In risposta ricevette un nuovo cenno d’assenso, accompagnato da un nuovo rossore imbarazzato che imporporò le guance di Albus.

Pensieroso, Richard annuì a sua volta.

-C’è solo una cosa che ancora non mi è chiara…

Perché mi hai dato dei consigli su come conquistare James quando provavi qualcosa per me? -gli domandò.

Non aveva la certezza di quello che aveva appena detto, ma sperava con tutto sé stesso di non sbagliarsi.

Se il suo intuito non si era sbagliato, allora quella situazione era soltanto un grandissimo equivoco che, una volta risolto sarebbe diventato un divertente aneddoto da raccontare in futuro ai loro amici.

Albus abbassò leggermente la testa rifuggendo il suo sguardo, chiaramente imbarazzato e alzò le spalle.

-Ero geloso- confessò Al sincero riprendendo la sua maratona nel piccolo spazio davanti al letto. –Conosco mio fratello, quindi quando ho capito di chi stessi parlando, sapevo che anche con i miei consigli i tuoi sentimenti sarebbero rimasti insoddisfatti.

So di non essermi comportato bene, ma in quel momento ho pensato che se io non potevo averti, allora meglio James che non avrebbe mai ricambiato i tuoi sentimenti piuttosto che un ragazzo qualsiasi che ti avrebbe allontanato da me- continuò imbarazzato.

Richard scosse leggermente la testa incredulo.

-Avresti dovuto dirmi ciò che provavi per me. Così sarei stato in condizione di fare una scelta- rispose.

Albus si lasciò scappare una risata amara, lanciando un veloce sguardo in direzione dell’amico.

-Si certo, come no. Quale ragazzo sano di mente sceglierebbe me quando potrebbe avere James? - commentò Al, evitando ancora una volta di incontrare lo sguardo di Richard.

Il Grifondoro alzò le spalle.

-Io lo farei-

Albus voltò di scatto la testa e portò lo sguardo sul volto di Richard, lasciando trasparire l’incredulità per le parole appena dette dall’amico.

Dal canto suo Richard gli rivolse un sorriso accennato prima di dischiudere le labbra: era venuto il momento di chiarire alcune cose.

-Io non provo nulla per James.

Siamo amici, ma conosco troppo bene tuo fratello per commettere l’errore di provare qualcosa oltre l’amicizia per lui.

Sarebbe un disastro annunciato- iniziò con voce calma e seria.

Albus aggrottò la fronte, confuso.

-Ma allora quel giorno…-

-Stavo parlando di te-confessò finalmente Richard.

Albus lo fissò interdetto per qualche istante, poi scosse la testa.

-Non è possibile- ribatté.

Richard annuì, le braccia ripiegate all’altezza del petto, il corpo atteggiato in una posizione calma e rassicurante.

Consapevole della confusione che ancora imperava nella mente di Albus, il Grifondoro evitò di diminuire la distanza tra loro malgrado ogni fibra del suo corpo desiderava il tocco di Albus.

-Ti ricordi quella mattina quando ci siamo incontrati nel corridoio fuori dalla casa dei Serpeverde? - gli domandò Richard.

Albus annuì nonostante la sua fronte fosse ancora aggrottata in segno di confusione.

-Quella mattina mi hai chiesto di dirti cosa c’era tra noi due…- continuò.

-Ma tu non lo hai fatto- lo interruppe Albus.

Questa volta toccò a Richard annuire per poi sospirare.

-Non eri in te Al: eri arrabbiato con me, convinto che io avessi preferito James a te per via della sua stupida ricerca, eri circondato da teste di cazzo, passavi il tuo tempo tra feste alcol e pozioni.

Non era il momento adatto. - gli ricordò Richard. –Così quando ho saputo che avevi chiesto un documento falso per l’uscita a Hogsmeade ho capito subito dove eri diretto.

In fondo ad Hogsmeade non ci si sono molti posti in cui è vietato l’ingresso ai minorenni- commentò ancora, un sorriso ironico ad incurvargli gli angoli della bocca.

Albus lo fissò in silenzio, in attesa che l’altro continuasse il suo racconto.

-Quel giorno, quando ci siamo incontrati al Babylon, mi sono fatto coraggio e ti ho raccontato tutto: i miei sentimenti per te, la mia paura di rovinare il nostro rapporto.

L’unica cosa che ho omesso è stato il tuo nome-confessò.

-Mi hai detto che lui non ti voleva… Che quel ragazzo non era pronto per una storia- disse Albus ricordando perfettamente la loro conversazione.

Richard annuì.

-Hai dimenticato com’era complicata la nostra amicizia in quel momento? O devo ricordarti ancora una volta il modo in cui mi hai scacciato quando ci siamo visti quella mattina fuori dalla casa dei Serpeverde? - gli domandò a sua volta Richard.

Albus lo fissò per un lungo istante in silenzio, chiaramente indeciso se credere o meno alle sue parole.

-Tu provi qualcosa per me- disse l’attimo dopo.

Richard si limitò a rivolgergli un nuovo cenno d’assenso.

-Perché allora da quando siamo arrivati ad Hogwarts a settembre sei corso dietro a ogni ragazza che ti concedesse un minimo d’attenzione? -gli domandò Al.

Richard abbassò lo sguardo sulle proprie mani abbandonate in grembo per qualche istante, consapevole che quella non era stata una delle sue idee più brillanti.

Fin dal momento in cui aveva incontrato Albus sulla banchina della stazione, poco prima di salire sul treno che li avrebbe ricondotti a Hogwarts, si era reso conto che rispetto agli altri anni sarebbe stato più difficile nascondere o frenare i sentimenti che provava per l’amico.

Non si era aspettato di ritrovarsi davanti un dio greco al posto del ragazzo mingherlino e chiaramente impacciato che aveva lasciato su quella stessa banchina neanche nove settimane prima e, consapevole dei propri sentimenti e dell’importanza dell’amicizia tra lui ed Albus, aveva deciso di concentrare la propria attenzione altrove.

A peggiorare ulteriormente le cose si era aggiunta la sua ferma convinzione che Albus lo avrebbe considerato sempre e solo come un amico.

A quanto pare, però, aveva preso la decisione peggiore.

-Lo ammetto, non è stata una delle mie idee migliori.

Avevo paura di rovinare la nostra amicizia se ti avessi rivelato quello che provavo per te quindi ho cercato un diversivo.

So di essermi comportato male, sia con te sia con quelle ragazze, ma loro non hanno significato niente per me… Hanno solo evitato che corressi da te per dirti cosa provavo- gli confessò.

L’attimo dopo Richard sollevò la testa e cercò lo sguardo di Albus.

-Inoltre, se proprio vuoi la verità ero convinto di non essere abbastanza attraente per te-aggiunse.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante in silenzio, uno di fronte all’altro, finché Albus non si lasciò andare ad un sospiro e diminuì la distanza tra loro in due grandi falcate, andando a sedersi sul letto accanto a Richard.

-A quanto pare abbiamo pensato la stessa cosa- commentò.

Richard gli lanciò un’occhiata di sottecchi e accennò un sorriso ironico.

-Giusto per essere completamente chiari, visto quello che è successo poco fa… Tu provi qualcosa per me? -gli domandò il Grifondoro l’attimo dopo.

Senza esitazione, Albus annuì.

-Da quanto tempo? - chiese ancora Richard.

-Da almeno un paio d’anni credo.

-Perché non mi hai mai detto nulla? -chiese ancora l’altro.

Albus gli lanciò un’occhiataccia e in risposta Richard alzò le mani in segno di resa.

-Ok, domanda sbagliata.

La domanda importante adesso è un’altra: che cosa facciamo adesso che abbiamo chiarito quello stupido malinteso e abbiamo finalmente ammesso di essere attratti uno dall’altro?

O meglio, che cosa vuoi fare? Perché io so benissimo cosa voglio- gli chiese voltandosi leggermente verso Albus nella speranza di incontrare il suo sguardo.

Albus sospirò, passandosi una mano tra i capelli spettinati.

-Non lo so- disse sincero.

L’attimo dopo sollevò leggermente il volto in modo da incontrare lo sguardo di Richard.

-Non sono la persona più emotivamente stabile al momento; i miei voti sono un disastro, credo di aver seriamente compromesso il mio rapporto con Michelle e ho paura di come mi comporterò una volta tornato a Hogwarts.

Sei davvero sicuro di voler stare vicino ad una persona così? -gli domandò sincero.

In risposta alle sue parole Richard posò la mano destra sul collo di Albus, accarezzando lievemente la mascella con il pollice, gli occhi affondati in quelli verdi dell’altro.

-Certo che lo voglio.

L’unica cosa che mi ha frenato finora è stata la mia insicurezza; ero certo che un ragazzo come te non avrebbe mai provato nulla per qualcuno come me.

Ora che so di avere una possibilità non me la lascio scappare Albus.

Il punto però è un altro Al: tu vuoi stare con me?

Dimentica tutto il resto: i tuoi voti, Michelle e quella massa di imbecilli con cui andavi in giro a Hogwarts.

Ti prometto che riusciremo a sistemare tutto, ma devi dirmi cosa vuoi.

Ho bisogno di sentirtelo dire- gli disse in tono rassicurante.

Albus restò in silenzio per qualche secondo, continuando a fissare il volto dell’amico chiaramente combattuto.

-Voglio provarci.

Ho passato anni a pensare a come sarebbe stata una possibile relazione tra di noi e…- disse infine.

Prima ancora che Albus avesse terminato il suo discorso, Richard attirò il volto di Al a sé grazie alla mano ancora stretta attorno al suo collo, portandolo alla sua altezza in modo da posare le labbra su quelle del Serpeverde.

Al contrario di quanto era successo poco prima, Albus rispose subito al bacio andando incontro alle labbra morbide di Richard sollevando a sua volta una mano fino a posarla sul retro del collo, le dita che sfioravano le punte dei capelli del Grifondoro.

Quando il baciò terminò, secondi o minuti dopo, Richard allontanò leggermente il volto da quello di Albus in modo da poter incontrare il suo sguardo e sorrise.

-Sai che prima o poi ti chiederò di raccontarmi nei minimi dettagli tutte le fantasie che hai avuto su di noi in questi anni? - gli disse in tono malizioso.

Albus ridacchiò e posò la fronte contro quella dell’altro, le dita che affondavano nei capelli di Richard desideroso di prolungare quel momento.

Una mano di Richard scivolò lungo la schiena ampia di Albus in un gesto rassicurante, portando il Serpeverde a posare la testa nell’incavo tra la spalla ed il collo.

-Ho combinato un casino dopo l’altro Rich- mormorò Albus.

L’attimo dopo le braccia di Richard si strinsero attorno alle spalle di Albus, attirandolo contro di sé.

-Andrà tutto bene Al.

Rimetteremo tutto a posto, te lo prometto- gli disse prima di posargli un bacio sulla tempia sinistra.

Tutto si sarebbe sistemato, ne era certo.

Ora erano insieme e niente avrebbe potuto fermarli.

 

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James dopo l’incontro con Harry Potter, camminò a lungo prima di ritornare a casa, ma se interrogato non avrebbe saputo dire dove fosse stato né come aveva fatto a tornare a casa.

La sua mente era in totale confusione, ancora focalizzata su ciò che era successo tra le quattro mura di una casa babbana.

Finalmente aveva incontrato suo padre.

Eppure, quell’incontro lo aveva lasciato pieno di amarezza e di rancore.

Si era aspettato una grande riappacificazione, delle spiegazioni che dessero conferma alle accuse che aveva formulato nella sua mente contro sua madre e Zabini durante le ultime settimane e invece si era dovuto ricredere su tutta la linea.

Aveva trovato un uomo completamente disinteressato ad una possibile riconciliazione con i propri figli e soprattutto, aveva visto crollare tutto ciò in cui aveva creduto negli ultimi dieci anni.

Era stato Harry Potter ad abbondonare la loro famiglia, arrivando a sbattere fuori di casa sua madre e a minacciarla di tenerla lontana dai propri figli; era stato sempre Potter a non cercare un contatto per tutti quegli anni malgrado avesse sempre saputo dove vivessero e avesse la possibilità di ristabilire un rapporto con lui ed Albus fin dal momento in cui era tornato in libertà.

Al contrario, aveva preferito costruirsi una nuova famiglia: una nuova moglie e due figli, sfruttando ciò che aveva imparato dagli errori fatti durante il primo matrimonio per vivere serenamente.

Che razza di uomo si comporta come aveva fatto Harry Potter?

Senza dimenticare il suo coinvolgimento nel rapimento di Prudence e tutto quello che era venuto dopo.

Ancora adesso, dopo ore dalla fine dell’incontro, James non riusciva a trovare una spiegazione logica; Potter aveva detto di essere stato spinto dai sentimenti che provava per la zia Hermione, ma quell’amore misto a gelosia poteva essere una motivazione valida per quello che aveva fatto?

Per un’istante, James si chiese come si sarebbe comportato suo padre se il piano ordito insieme a Weasley fosse andato a buon fine.

Cosa sperava di ottenere il grande Harry Potter dal rapimento di una bambina? Credeva veramente che se Prudence fosse scomparsa nel nulla insieme a Weasley lui avrebbe avuto una possibilità di convincere la zia Hermione a tornare sui propri passi abbandonando lo zio Draco e il gruppo dei Serpeverde, o addirittura di riuscire a farla innamorare di sé?

Doveva davvero avere un’alta considerazione di sé stesso, oppure una bassa considerazione della zia Hermione se era arrivato a pensare una cosa simile.

Di ritorno a casa, James si ritrovò a fare i conti con le proprie aspettative infrante e con la consapevolezza che un capitolo della sua vita si era definitivamente chiuso.

Aveva sperato tutta la vita di avere un rapporto con suo padre, ma a quanto pare il suo desiderio non si sarebbe mai realizzato.

Era ora di andare avanti… Ma come?

Chi era James Potter senza Harry Potter?

Per la prima volta si rese conto di quanto fossero vere le parole di suo fratello quando lo accusava di vivere di luce riflessa: aveva vissuto la propria vita nel culto di Harry Potter, comportandosi come credeva avrebbe fatto l’uomo, impostando la propria carriera scolastica come Potter nella speranza di seguire le sue orme una volta fuori da Hogwarts, arrivando ad assumere un comportamento indisponente verso alcuni professori soltanto perché una parte del suo cervello era certa che avrebbe compiaciuto suo padre.

Cosa gli restava di tutto questo?

La reputazione di studente svogliato, indisponente e sbruffone; l’immagine di un ragazzo socievole, il Re di Grifondoro, il primo a partecipare ad una festa o ad uno scherzo ai danni dei cosiddetti “secchioni”, ma senza un vero amico.

Almeno Potter poteva contare sull’amicizia indiscussa della zia Hermione e di Weasley.

Cosa sarebbe rimasto dei suoi sette anni a Hogwarts? Nulla che fosse degno di nota.

Tutto per colpa della sua idiozia e del suo desiderio di correre dietro ad un fantasma che non lo aveva mai voluto.

-Ehi! Non ti ho sentito rientrare-

La voce lo allontanò bruscamente dai propri pensieri e costrinse James a muovere lo sguardo per il salotto dove, fermo sulla soglia, trovò Blaise che lo fissava con aria guardinga.

James fissò in silenzio l’uomo per alcuni istanti prima di annuire.

-Sei solo? Albus non è con te? – gli domandò ancora Blaise.

In risposta, James si limitò ad alzare le spalle, sperando con quel gesto di mostrare tutto il proprio disinteresse per le sorti del fratello.

-Va tutto bene, Jim? Come è andato l’incontro con Harry? - chiese l’uomo, muovendo un paio di passi nella stanza.

James rimase immobile, muovendo velocemente lo sguardo per il salotto, incapace di trovare un pensiero coerente nel caos che imperava nella sua mente.

C’era una domanda insistente che iniziava a farsi spazio tra i suoi pensieri; una domanda che lo aveva accompagnato per i suoi vagabondaggi in giro per le strade babbane di Londra e che era riuscito a zittire brevemente una volta ritornato a casa.

Ora, con l’arrivo di Blaise, era tornata ad urlare violentemente nella sua mente, chiedendo di essere ascoltata e soprattutto di avere una risposta.

Una risposta che James non aveva e che probabilmente non avrebbe mai avuto.

Improvvisamente sentì un peso posarsi sopra la sua spalla destra; sorpreso James mosse lo sguardo e solo allora si rese conto che Blaise aveva approfittato del suo silenzio per avvicinarsi e per mettergli una mano sulla spalla in un gesto rassicurante.

-Jim, che è successo a casa di Potter? - gli domandò nuovamente Blaise.

Questa volta nella voce dell’uomo James avvertì chiaramente una nota preoccupata nascosta nel tono di voce calmo.

Il ragazzo fissò per qualche secondo la mano posata sulla propria spalla, prima di alzare lentamente lo sguardo sul volto di Blaise.

-Perché non mi vuole? -si sentì chiedere con voce spezzata.

L’espressione sul volto di Blaise cambiò all’istante passando dalla preoccupazione al dolore.

L’attimo dopo, attirato dalla mano ancora sulla sua spalla, James si ritrovò contro il torace dell’uomo, stretto in un abbraccio rassicurante.

Il primo abbraccio tra lui e Blaise in anni.

Fu soltanto in quel momento, il viso contro il maglione di Blaise, che James capì ciò che lo feriva maggiormente in tutta quella faccenda.

Aveva passato una vita ad aspettare Harry Potter, certo che una volta riuniti avrebbero avuto un meraviglioso rapporto, senza tener conto degli anni di lontananza.

Invece si era dovuto scontrare con la realtà.

Suo padre era andato avanti con la sua vita, accantonando lui e Albus neanche fossero un esperimento non riuscito: si era costruito una nuova famiglia, aveva due figli su cui riversava tutto l’amore e le attenzioni che erano state negate a lui e a suo fratello e quando quel giorno si era trovato davanti i suoi primogeniti non aveva minimante considerato l’idea di aprire la sua famiglia anche a loro, nonostante le sue affermazioni del contrario.

Suo padre aveva chiuso con il Mondo Magico e quindi anche con lui ed Albus.

L’incontro di quel pomeriggio sarebbe stata l’ultima volta in cui si trovava nella stessa stanza con Harry Potter.

Quando quella consapevolezza lo colpì in pieno, James credette di ricevere una mazzata in pieno petto e inconsciamente si accasciò sorretto dalle braccia forti di Blaise ancora strette attorno alla sua vita.

Senza rendersene conto, James iniziò a piangere: terribili singhiozzi che gli squassarono il petto e inzupparono il maglione dell’uomo.

-Sh… Andrà tutto bene James- lo confortò Blaise, una mano alla base del collo ad accarezzargli i capelli disordinati. -Si risolverà tutto, te lo prometto-

 

 

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UNA SETTIMANA DOPO

 

-Dobbiamo parlare-

Entrata nel settimo mese di gravidanza Prudence aveva deciso di diminuire il numero dei turni all’ospedale per non incorrere nei più rischiosi effetti collaterali che erano soliti presentarsi durante il terzo trimestre.

Aveva quindi diviso la propria attenzione tra la ristrutturazione della stanza che sarebbe diventata la camera del bambino e una ricerca medica che aveva sempre rimandato a causa del suo tirocinio.

Quel pomeriggio era seduta su divano del soggiorno con una tazza di tea deteinato circondata dai tomi medici ed il proprio portatile intenta a portare avanti la propria ricerca quando il silenzio della stanza era stato interrotto dall’arrivo di Sadie.

Fin dalla partenza di Scott, una settimana prima, Sadie aveva aumentato i propri turni in ospedale e ad un occhio esterno sarebbe apparsa completamente focalizzata sulla propria carriera e per nulla colpita dall’assenza dell’uomo.

Al contrario, agli occhi di Prudence, Sadie appariva triste e persa; era chiaro che sentisse terribilmente la mancanza di Scott e dei momenti che i due riuscivano a ritagliare per un breve scambio di battute nel caos ospedaliero ogni giorno ma, allo stesso tempo, Prue era consapevole che Sadie non avrebbe mai ammesso quella che considerava una debolezza preferendo tacere e mostrarsi distaccata.

Da sempre convinta che l’amore fosse una perdita di tempo, Sadie era solita tenere per sé i propri sentimenti, anche quelli più nocivi, fin quando Prudence non la costringeva a venire a patti con tutto quello che aveva represso fino a quel momento.

Prue era consapevole di non essere stata una buon’amica nell’ultimo periodo, persa dietro al proprio dramma familiare e ai preparativi per l’arrivo del bambino, ma si era ripromessa più volte nell’ultima settimana di costringere Sadie a fare i conti con i propri sentimenti per Scott e soprattutto con il dolore che la mancanza dell’uomo le provocava.

Quando Prudence vide comparire l’amica sulla soglia del soggiorno per un breve istante pensò che quest’ultima avesse trovato il coraggio di confidarle cosa provava in quel momento difficile, ma le sue supposizioni vennero prontamente smentite non appena Sadie entrò nella stanza subito seguita da Ben.

Osservando i due muoversi cautamente fin quando non furono fermi a pochi passi dal divano, Prudence si ritrovò a corrugare la fronte leggermente confusa.

-Va tutto bene? - domandò guardando ora uno ora l’altra.

Sadie lanciò uno sguardo veloce a Ben, che nel frattempo si era fatto spazio tra i libri di medicina sul divano per sedersi poco distante da lei, per poi fare un cenno d’assenso, quasi avesse bisogno di farsi coraggio.

-Dobbiamo parlare- ripeté la donna.

L’attimo dopo mosse il braccio destro, che fino a quel momento era rimasto nascosto dietro la sua schiena, e Prudence vide il diario di sua madre stretto tra le dita della mano destra dell’amica.

Per un breve istante fissò lo sguardo intento di Sadie senza parlare per poi annuire a sua volta e, con gesti meccanici, chiudere il proprio portatile sistemandolo poi insieme ai libri di medicina sul tavolino poco distante dal divano.

Nel frattempo, Sadie si era avvicinata ad una poltrona e si era seduta, l’agenda sempre stretta tra le dita e lo sguardo fisso su di lei.

Era arrivato il momento: finalmente avrebbe scoperto cosa si nascondesse nel suo passato.

Quando ebbe sistemato tutto, Prudence tornò a guardare gli altri due notando distrattamente come Ben le si fosse avvicinato per farle sentire la propria presenza ed il proprio supporto e di come il volto di Sadie avesse assunto un’espressione titubante.

-Sono pronta- disse semplicemente.

Sadie annuì, lanciando un veloce sguardo all’agenda tra le sue mani per poi prendere un respiro profondo.

-Prima di cominciare… So che me lo hai raccontato tante volte, ma ho bisogno che tu mi ripeta ancora una volta tutto quello che ti ricordi della tua prima infanzia- disse Sadie.

Prudence aggrottò la fronte a quelle parole.

Era una strana richiesta: Sadie aveva vissuto quei momenti insieme a lei, era presente in ogni momento importante della sua infanzia, quindi perché le stava facendo quella domanda?

-Sadie…- iniziò.

-Prue, fidati di me- la interruppe subito l’altra.

Prudence prese un respiro profondo e si inumidì le labbra prima di iniziare a parlare.

-Ricordo mia madre che ogni sera mi cantava “Blackbird” per farmi addormentare, le storie che papà mi leggeva prima di andare a dormire, le ore passate in cucina a preparare biscotti con Mrs. Lady.

Ricordo la prima volta che ci siamo incontrate e…- elencò.

-Ti ricordi qualcosa di più vecchio? Quando hai imparato a camminare? O se c’era qualcun altro oltre tua madre e lo zio Draco? -la bloccò nuovamente Sadie.

-Ti ho già detto mille volte che questi sono i primi ricordi che ho.

Oltre i miei genitori non c’è nessun altro- le disse come aveva già fatto molte volte in passato. –Dimmi cosa hai scoperto- la esortò lo sguardo fisso in quello dell’amica di sempre.

Sadie deglutì e lanciò un nuovo sguardo all’agenda che aveva tra le mani prima di aprirla con delicatezza conscia dello stato deplorevole in cui era dopo tutti quegli anni.

-Il nome del tuo padre biologico è Ron Weasley- disse finalmente Sadie.

Nonostante fosse a conoscenza da diversi anni che Draco Malfoy non era il suo vero padre quelle parole la colpirono come un pugno allo stomaco e le mozzarono il fiato per qualche istante.

Inconsciamente allungò una mano sul divano verso Ben e trovò subito quella dell’uomo pronta a stringerla e ad intrecciare le dita alle sue per farle sentire tutto il suo supporto.

-Ron Weasley- ripeté Prudence, quasi avesse bisogno di abituarsi a quel nome. –Perché mi suona familiare? - domandò senza rivolgersi a nessuno in particolare.

-Perché lo hai letto sui libri di Storia della Magia- le rispose Sadie.

Ancora una volta Prue aggrottò la fronte confusa, cercando di recuperare le nozioni di vecchie lezioni di Storia della Magia finché non capì a cosa si riferisse Sadie.

-Era insieme a mia madre e a Harry Potter durante la Seconda Guerra Magica.

Ha combattuto contro Voldemort-

Sadie annuì.

-Lui e tua madre hanno anche distrutto un Horcrux insieme- confermò la donna.

Prue annuì.

-Ron Weasley… Quindi lui e mia madre erano insieme a Hogwarts e alla fine della guerra si sono sposati- ipotizzò la ragazza.

Sadie alzò le spalle.

-Sai bene quanto me che l’agenda riguarda l’anno in cui tua madre e lo zio Draco si sono sposati.

Quindi dovrai chiedere informazioni ai tuoi genitori al riguardo- le disse.

Ancora una volta Prudence annuì.

-Vai avanti- la esortò.

Sadie posò lo sguardo sulle pagine ingiallite dell’agenda e prese un respiro profondo.

-Ci sono due cose che devi sapere: la prima è che fin dalla prima pagina si capisce che il matrimonio tra tua madre e Ron Weasley non era felice.

Più volte lei si lamenta del fatto che sia un marito ed un padre assente, ma il modo in cui ne parla non è rabbioso bensì rassegnato.

Come se non potesse aspettarsi niente di diverso- raccontò Sadie.

-Non è da lei… Mia madre è una delle persone più forti e combattive che abbia mai conosciuto- commentò Prudence sorpresa.

Questa volta toccò a Sadie annuire.

-Concordo, infatti il suo atteggiamento ha stupito anche me.

Credo che lei fosse molto infelice ma non avesse la forza per cambiare la situazione.

Questa è l’unica spiegazione che sono riuscita a trovare- le disse.

Prudence sospirò, cercando di controllare i battiti leggermente accelerati del suo cuore e si accarezzò la pancia quasi a cercare ulteriore conforto dal bambino.

-Continua- disse poi.

-La seconda cosa importante è che lo zio Draco compare improvvisamente nella vita di tua madre- disse Sadie.

Per l’ennesima volta Prudence corrugò la fronte.

-Che vuoi dire? - chiese confusa.

In risposta, Sadie allungò cauta l’agenda aperta verso di lei in modo che potesse capire meglio le sue parole.

 

25 Maggio 2009
Ron non fa più parte della mia vita: non è più mio marito.
Ora appartengo a Draco Malfoy

 

Prudence rialzò lo sguardo e fissò ora Ben ora Sadie sempre più confusa.

-Che vuol dire? - ripeté nuovamente. – Mi stai dicendo che non c’è alcun riferimento a mio padre o ad una possibile relazione tra loro prima del 25 maggio? - domandò.

Sadie scosse la testa.

-Neanche l’ombra-

-Che intende quando dice “appartengo”? - domandò ancora Prue portando lo sguardo un’ultima volta sull’agenda prima di passarla di nuovo a Sadie.

Questa volta Sadie alzò le spalle.

-Non ne ho la minima idea.

Posso dirti però che nelle pagine successive tua madre è molto insicura, quasi spaventata, ogni volta che parla dello zio Draco e dei Serpeverde- le confessò Sadie.

-Stai scherzando? - domandò Prue incredula.

Sadie scosse la testa.

-La prima volta che tua madre ha incontrato la zia Daphne era fermamente convinta che lei e Draco avessero fatto un terribile errore a lasciarsi e che sarebbero stati perfetti insieme.

Inoltre, per qualche oscuro motivo, era piena di sensi di colpa verso mia madre e certa che tra loro non sarebbe mai potuta nascere un’amicizia.

Infine, se ho ben capito, lei e Blaise non si sopportavano affatto- concluse brevemente Sadie.

Prudence voltò lo sguardo verso Ben, sperando inconsciamente di vedere sul suo volto qualcosa che confermasse la sua idea che quello che stava succedendo era un assurdo scherzo messo in piedi dal compagno e dalla sua migliore amica, ma il volto serio e preoccupato dell’uomo le fece capire che purtroppo le parole di Sadie non erano altro che la verità.

-Quindi mi stai dicendo che il matrimonio dei miei genitori non è altro che una farsa? - le domandò cercando di non lasciarsi prendere dal panico.

Sadie scosse veementemente la testa.

-Certo che no! Come ti viene in mente?

Credimi, tua madre è molto innamorata dello zio Draco e ci sono alcune pagine qui dentro che non lasciano spazio ad alcun dubbio.

Sarà difficile non arrossire quando rivedrò i tuoi genitori…- aggiunse infine.

Prudence guardò nuovamente Ben e vide sul suo volto lo stesso imbarazzo che sembrava provare Sadie e, stranamente, quella consapevolezza la rassicurò.

-Continua- disse Prudence dopo aver preso un respiro profondo.

Sadie lanciò uno sguardo all’agenda e girò lentamente le pagine rovinate prima di rialzare lo sguardo.

-Con il passare dei mesi il rapporto tra i tuoi genitori cambia velocemente: come ti ho già detto all’inizio tua madre sembra quasi spaventata dallo zio Draco, ma dopo qualche settimana inizia a ricredersi e in più di un’occasione parla di quanto i sentimenti che prova verso di lui la mandino in confusione.

Fino a quando non scrive di essersi innamorata- racconta Sadie.

Per l’ennesima volta Prudence corrugò la fronte.

Senza parlare, Sadie le allungò nuovamente l’agenda in modo che potesse leggere da sola le parole scritte da sua madre.

 

"18 Luglio 2009
Una terribile consapevolezza mi ha colpito.
Sono innamorata di Draco!
Non lo so come è successo, quando è cominciato...
E adesso che faccio? Devo dirglielo o devo stare zitta?
E se glielo dicessi e lui non provasse la stessa cosa per me? Non avrei più il coraggio di guardarlo in faccia!"

-Aspetta un attimo! Non capisco… È stato scritto tre mesi dopo che i miei genitori si sono messi insieme.

Credevo che avessero una relazione clandestina mentre mia madre era sposata con Ron Weasley- disse Prudence chiaramente confusa da ciò che aveva appena letto.

Sadie restò in silenzio alcuni istanti.

-Se devo essere sincera, anche io non so cosa pensare.

Perché tua madre ha iniziato una relazione, cambiato completamente vita arrivando ad inimicarsi i suoi migliori amici se non per amore?

Eppure, da quello che c’è scritto qui sopra non è successo se non tre mesi dopo la comparsa dello zio Draco nelle vostre vite- commentò la ragazza.

Prue scosse la testa.

-Non è da mia madre… È la persona più romantica che conosco, non starebbe mai con un uomo che non ama- disse ancora.

-A meno di non essere costretta…- si intromise Ben.

Entrambe le ragazze puntarono lo sguardo sull’uomo, un identico sguardo incredulo dipinto sui loro volti.

-Costretta? - chiese Sadie.

-Stai insinuando che mia madre è stata spinta a fare qualcosa che non voleva? - domandò allo stesso tempo Prudence.

Ben scosse la testa.

-Non esattamente… Da quello che ho potuto capire leggendo il diario, tua madre era tremendamente infelice e in gravi condizioni economiche.

Fin quando non è comparso tuo padre.

Magari a spingerla ad andare con lui non è stato l’amore, ma il desiderio di allontanare sia sé stessa sia te da una vita infelice per entrambe.

Questo spiegherebbe la sua paura verso gli amici di tuo padre, la sua titubanza e anche perché ha capito di essere innamorata di tuo padre soltanto tre mesi dopo l’inizio della loro convivenza- spiegò Ben in tono pacato.

Prue restò in silenzio qualche istante, riflettendo sulle parole dell’uomo e suo malgrado, si trovò d’accordo con lui: sua madre avrebbe fatto qualsiasi cosa per i propri figli.

Forse quella volta si era spinta troppo oltre ma Prue non poteva negare, con il senno di poi che quella scelta fosse stata giusta.

Sempre più confusa, la ragazza sospirò.

-Chi lo avrebbe detto che i miei genitori avevano tutti questi scheletri nell’armadio? - commentò a mezza bocca. -C’è altro? – domandò l’attimo dopo.

Sadie annuì.

-Ora viene la parte difficile…-

A quelle parole, Prue si lasciò andare ad una risata nervosa.

-Quindi quello che mi hai detto finora era la parte più tranquilla? – le chiese incredula.

Ancora una volta, Sadie annuì prima di fissarla per qualche istante con uno sguardo serio.

-Mi stai facendo preoccupare…- disse Prudence, avvicinandosi inconsciamente a Ben sul divano.

Sadie sospirò e si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso.

-Ok… Quello che sto per dirti è molto difficile per me… È stato davvero doloroso leggere le parole di tua madre al riguardo e fin dal primo momento mi sono scervellata per cercare un modo indolore per raccontarti quello che è successo, ma credo non esista.

Quindi ho bisogno che tu mi ascolti attentamente ed in silenzio, perché ho paura di non trovare più il coraggio per raccontarti tutto se inizi a fare domande- le disse Sadie con voce calma e seria.

Prudence la fissò per qualche secondo, incredula, prima di annuire.

Sadie annuì a sua volta per poi prendere un respiro profondo prima di iniziare a parlare.

-Quell’anno i tuoi genitori trascorsero un mese in Italia e al loro ritorno, la zia Ginny chiese a tua madre di lasciarti partecipare ad una festa con i membri della famiglia Weasley.

All’epoca la zia Ginny era ancora sposata con Harry Potter.

Nonostante tuo padre non fosse d’accordo, tua madre decise di lasciarti partecipare a quella festa.

Ciò che tua madre non sapeva era che a quella festa sarebbe stato presente anche Ron Weasley- raccontò Sadie.

La ragazza si fermò per pochi istanti, posando brevemente lo sguardo sull’agenda che ancora aveva tra le mani prima di cercare gli occhi di Prudence.

-Durante un momento di distrazione, aiutato da Harry Potter, Ron Weasley ti ha portato via- le confessò.

Un’ espressione incredula si materializzò sul volto di Prudence.

Era impossibile… La zia Ginny non lo avrebbe mai permesso…

-Sei rimasta con Weasley per un mese.

I tuoi genitori in quel periodo fecero di tutto per ritrovarti e alla fine riuscirono a riportarti a casa.

Weasley però pose una condizione.

Ti avrebbe riconsegnato ai tuoi genitori soltanto in presenza di Ginny e di Potter, in un territorio che considerava neutrale.

Una volta lì…- si interruppe Sadie, incapace di trovare le parole adatte per raccontare all’amica di sempre quello che era accaduto.

-Cosa è successo? – domandò Prudence con un filo di voce.

Sadie aprì e richiuse la bocca un paio di volte, cercando il coraggio per raccontare ciò che era accaduto dopo il suo ritrovamento, ma invano.

Fortunatamente Ben le venne in soccorso.

-Una volta lì, Weasley ha cercato di violentare tua madre- disse con voce calma.

In stato di shock, Prudence scosse la testa ripetutamente, incapace di venire a patti con quello che le era stato appena raccontato.

Perché non ricordava nulla di quello che Sadie e Ben le avevano raccontato?

Davvero aveva passato un mese in compagnia del suo padre biologico?

Cosa era successo durante quei trenta giorni? Le aveva fatto del male?

Dove erano stati?

Distrattamente sentì il peso rassicurante delle braccia di Ben attorno alla sua vita, le sue mani che le accarezzavano la schiena nel tentativo di calmarla, ma la sua mente era immersa nei ricordi.

Ricordava quel mese passato in Italia: la spiaggia, il mare, i tentativi di suo padre di insegnarle a nuotare e la paura di sua madre per i metodi poco ortodossi usati dall’uomo.

Ricordava il ritorno a casa, con le facce rassicuranti di Mrs. Lady e Mr. Higgins pronti ad accoglierli.

Però non ricordava nulla di quello che Sadie le aveva raccontato.

C’era una sola spiegazione…

-Devono avermi fatto un incantesimo di memoria- disse con un filo di voce, lo sguardo perso nel vuoto.

Ben l’attirò a sé, facendole posare la testa su una spalla e posandole un bacio tra i capelli, in modo da farle sentire la propria vicinanza e rassicurarla allo stesso tempo.

-C’è altro? – domandò Prudence, tornando a guardare Sadie.

La ragazza annuì.

-Sei sicura di voler continuare? – le chiese preoccupata.

-Non credo che avrò la forza per affrontare nuovamente questa conversazione, quindi è meglio andare avanti- rispose Prue.

Sadie annuì.

-Come ha detto Ben, Ron Weasley ha cercato di far del male a tua madre ma fortunatamente è intervenuto tuo padre.

Ma ormai il danno era fatto…-commentò Sadie.

-Che vuoi dire? – chiese Prue, aggrottando la fronte.

-Tua madre aspettava un bambino- raccontò Sadie, incontrando lo sguardo dell’amica.

Immediatamente, gli occhi di Prudence si riempirono di lacrime e sopraffatta dalle emozioni la ragazza nascose il volto nell’incavo tra la spalla ed il collo di Ben.

-Da quello che scrive tua madre né lei né tuo padre ne erano a conoscenza, ma è stato un duro colpo per entrambi-

-Che fine ha fatto Weasley? - domandò Prudence senza allontanare il viso dal suo nascondiglio.

-Lui e Potter sono stati processati e condannati.

Potter ha avuto una pena ad un anno di carcere per il ruolo avuto nel tuo rapimento.

Weasley, invece, è stato condannato a quindici anni ad Azkaban sia per il tuo rapimento sia per ciò che ha fatto a tua madre- concluse Sadie.

Dopo tante parole, nella stanza scese il silenzio.

Ora che finalmente sapeva la verità, Prudence si chiese come avevano fatto i suoi genitori a mantenere tutti quei segreti per tanti anni senza impazzire.

Come erano riusciti a superare tutte quelle difficoltà creando allo stesso tempo una famiglia senza che nessuno dei loro figli si accorgesse di nulla?

-Perché non ci hanno mai detto nulla? Perché tenere questo segreto per tutti questi anni?

Non sarebbe stato più semplice raccontarmi tutto quando ero adolescente? - disse Prudence senza rivolgersi a nessuno dei due in particolare.

-Forse avevano paura della tua reazione.

Si sa che l’adolescenza è il periodo in cui ci si ribella all’ autorità- commentò Sadie.

-No, credo che mi avrebbero tenuta all’oscuro di tutto se non fossi stata io a costringerli- ribatté Prue.

-Li biasimi? Sei sconvolta e sono sicuro che questo diario sia soltanto la punta dell’iceberg della relazione tra i tuoi genitori.

Non sarebbe stato meglio lasciarti vivere con la convinzione che il loro fosse un matrimonio perfetto, senza segreti oscuri? - le disse Ben, cercando di aiutarla a vedere anche il punto di vista dei suoi genitori.

Prue scosse la testa.

-No, perché non è la verità.

Perché quello che ho avuto davanti agli occhi per vent’anni è stata una farsa! - replicò brusca.

-Prue, cerca di calmarti…- la interruppe Sadie. -Sai benissimo che non è vero e te ne renderai conto una volta letto il diario di tua madre…-

-Che senso ha leggere il suo diario adesso? - le domandò a sua volta Prue.

-Ti servirà a capire che quello tra i tuoi genitori è un vero matrimonio, che entrambi sono davvero pazzi l’uno dell’altra e soprattutto perché tuo padre vuole che tu lo faccia.

Devi sapere cosa c’è scritto qui dentro prima di poter giudicare il loro matrimonio e soprattutto devi parlare con tuo padre.

Soltanto lui può darti le risposte che cerchi- concluse Sadie con voce ferma.

Prudence sospirò, consapevole che l’amica aveva ragione.

Lentamente allungò una mano verso Sadie e l’attimo dopo sentì il peso leggero del diario tra le dita.

Abbassò lo sguardo sull’agenda rovinata e sospirò nuovamente, spaventata dai nuovi segreti che sicuramente si nascondevano tra le pagine scolorite.

Era venuto il momento di conoscere la verità sui suoi genitori.

 

_______________________________

 

 

 

-Ancora non capisco come hai fatto a convincermi-

Mancavano pochi giorni al ritorno ad Hogwarts. Quel half-term era volato così velocemente che Albus quasi non si era reso conto dei giorni che passavano inesorabili.

Eppure, tante cose erano successe in quelle due settimane…

Lo scontro tra James e sua madre il primo giorno aveva sicuramente fatto capire che quella non sarebbe stata una vacanza noiosa e le rivelazioni scioccanti di sua madre e l’incontro che ne era seguito pochi giorni dopo lo avevano confermato.

Molti al suo posto, sarebbero rimasti sconvolti dall’ incontro con suo “padre”, il primo dopo quindici anni, ma trovarsi faccia a faccia con Harry Potter in Albus non aveva sortito nessun effetto.

Forse aveva soltanto confermato quella sensazione che lo accompagnava ormai da anni: non c’era nulla che lo legasse al Salvatore del Mondo Magico, se non un cognome e parte del suo patrimonio genetico.

Durante quell’incontro Albus aveva avuto la percezione che anche Harry Potter condividesse il suo punto di vista, nonostante più volte avesse sostenuto il contrario e non lo avesse espresso apertamente: la vita dell’uomo era un’altra, completamente diversa da quella che vivevano lui e James e, anche se non era stato detto apertamente, in quella nuova vita non c’era spazio per i due ragazzi.

Alla fine di quell’incontro Albus si era sentito decisamente più sollevato, consapevole di aver finalmente chiuso un capitolo della propria vita e di poter portare avanti il proprio progetto di diventare ufficialmente uno Zabini senza alcun rimorso.

Dopo il grande incontro- scontro con Harry Potter, c’era stato l’incontro con Richard… ma fortunatamente quest’ultimo aveva avuto un esito decisamente diverso.

Chi lo avrebbe mai detto che Richard ricambiava i suoi sentimenti?

Quando si era presentato a casa di Richard, Albus non immaginava minimamente che un paio d’ore dopo si sarebbe ritrovato sdraiato sul letto dell’amico, né che avrebbe baciato per la prima volta un ragazzo, né tantomeno che Richard ammettesse di provare qualcosa per lui o addirittura che accettasse di diventare il suo ragazzo.

Dopo il primo momento di panico ed il chiarimento con Richard, Albus si era dato dell’idiota mille volte: come aveva potuto pensare che l’altro provasse qualcosa per James? Come aveva fatto a fraintendere le sue parole a tal punto da non capire che l’oggetto del desiderio dell’amico era proprio lui?

A seguito di quell’incontro, Richard non lo aveva lasciato solo neanche un attimo.

Ogni giorno si era presentato alla sua porta pronto per aiutarlo a rimettere in sesto la situazione disastrosa dei suoi voti, studiando insieme a lui e dandogli una mano a recuperare tutte le lezioni perse durante le ultime settimane.

Inoltre, il Grifondoro lo aveva convinto che era venuto il momento di fare ammenda per tutti gli errori commessi nell’ultimo periodo.

Ecco perché ora i due ragazzi si trovavano a poca distanza dalla Malfoy House.

-Perché non riesci a negarmi nulla? - rispose Richard con una vena ironica nella voce.

Albus alzò gli occhi al cielo in risposta.

-Oppure perché sai anche tu che è la cosa giusta da fare…e che hai perso anche troppo tempo- aggiunse l’attimo dopo il Grifondoro.

Albus smise di camminare e si fermò al centro del marciapiede, sospirando demoralizzato.

L’attimo dopo Richard fu di fronte a lui e incrociò lo sguardo di Al.

-Che faccio se non vuole parlarmi? – chiese Al lasciando trasparire la sua paura più grande.

Richard alzò le spalle e gli posò una mano sull’avambraccio destro.

-Torneremo domani. Ed il giorno dopo ancora. E quello dopo ancora. Finché Michelle non sarà costretta ad ascoltarti e tu non ti sarai sorbito la sua ramanzina e le sue urla- rispose sereno l’altro.

Albus accennò un sorriso.

Richard fece un passo verso di lui e lo fissò di sotto in su.

-Andrà bene… Anche se oggi Michelle decidesse di sbatterci la porta in faccia, sarà un primo passo per rimettere a posto il vostro rapporto.

Pensa a quello che è successo tra me e te: se non ti fossi deciso a dirmi cosa ti passava per la testa saresti ancora convinto che io sono pazzo d’amore per James- gli disse alzando entrambe le sopracciglia in un gesto ironico.

Ancora una volta, Albus alzò gli occhi al cielo: fin da quando si erano chiariti, Richard non perdeva occasione per prenderlo bonariamente in giro per quell’errore.

-Non mi permetterai mai di dimenticare quell’errore, vero? – gli domandò Albus.

-Assolutamente no. Neanche quando saremo due vecchi pieni di rughe- concordò Richard, in tono sarcastico. -Devi raccontarle che cosa ti ha fatto andare fuori di testa- aggiunse il Grifondoro, tornando all’argomento principale.

Ancora una volta, Albus annuì.

Per cercare di rassicurarlo, Richard si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un bacio lieve sulle labbra.

Cercando di prolungare quel momento, Albus posò una mano sulla schiena del Grifondoro avvicinandolo a sé, ricambiando il bacio.

-Sei pronto? – domandò Richard una volta tornato con i piedi per terra.

-No, ma non importa- rispose Al alzando le spalle.

Di nuovo uno di fianco all’altro, i due ragazzi fecero i pochi metri che li dividevano dalla Malfoy House.

Quando si ritrovarono di fronte alla porta, Richard guardò Albus in attesa che l’altro bussasse, ma quando si rese conto dell’atteggiamento titubante del Serpeverde, Richard alzò gli occhi al cielo e, afferrato il battente di ferro, bussò due volte.

Restarono in attesa per pochi istanti ma, quando la porta si aprì, Albus restò sorpreso dalla persona che si parò loro davanti.

-Jeremy…- lo salutò con un’espressione incredula sul volto.

Spostando lo sguardo da Richard ad Albus, Jeremy lo fissò per alcuni secondi in silenzio prima che sul suo volto si disegnasse un’espressione che sul momento Albus non riuscì a identificare.

-Ciao Albus- rispose Jeremy l’attimo dopo.

Questa volta toccò a Richard muovere velocemente lo sguardo dall’ uno all’altro approfittando del silenzio, prima di lasciarsi andare ad un sospiro frustrato.

-Sarà meglio che faccia io le presentazioni… Se aspetto che ci pensi Al, restiamo qui fino a stasera- commentò. -Ciao, io sono Richard, un amico di Albus. Tu invece? –

Jeremy portò nuovamente lo sguardo sul Grifondoro e sembrò riscuotersi dal torpore momentaneo che lo aveva colto.

-Jeremy. Sono un amico di Michelle- disse poi tendendo la mano verso Richard.

-Da quando? - commentò Albus, incapace di nascondere la propria sorpresa.

Richard si voltò leggermente verso il Serpeverde e gli lanciò un lieve sguardo di rimprovero.

-Tu meglio di chiunque altro dovresti saperlo come cambiano velocemente le cose- commentò sibillino.

-Cercavamo Michelle. È in casa? - domandò poi tornando a voltarsi verso Jeremy.

Il Serpeverde annuì e si spostò per lasciar entrare in casa i due ragazzi, chiudendo poi la porta alle loro spalle.

-È andata in cucina per preparare dei panini- aggiunse poi.

-Perfetto! Iniziavo ad avere un certo appetito- commentò Richard, togliendosi la giacca e sistemandola su uno dei ganci sistemati alla parete vicino alla porta.

Nel corridoio scese un silenzio imbarazzato, per nulla aiutato dalla disposizione positiva di Richard; Albus era visibilmente teso per l’imminente incontro con Michelle e Jeremy per qualche strano motivo era teso per la presenza di Albus.

A rompere quel momento d’imbarazzo ci pensò Michelle, che comparve improvvisamente sulla soglia della cucina alla fine del corridoio.

-Jamie! Ho bisogno di una…-iniziò, bloccandosi non appena vide i nuovi arrivati.

Lo sguardo di Albus si posò immediatamente sull’amica, catalogando le differenze avvenute nelle settimane di lontananza: anche se avevano vissuto insieme ad Hogwarts, Al aveva cercato di evitarla il più possibile, specialmente dopo il loro litigio.

Quando la ragazza fu a metà del corridoio, Albus si fece avanti andandole incontro, consapevole che questa volta sarebbe toccato a lui affrontare per primo il discorso.

-Ciao El…- la salutò con voce cauta.

Tutto nel suo aspetto, dallo sguardo penitente alle spalle basse, dimostrava il suo pentimento e un atteggiamento non aggressivo.

-Non mi aspettavo di vederti qui Al…-rispose Michelle, senza staccare lo sguardo dal ragazzo.

Albus annuì per poi passarsi una mano tra i capelli spettinati.

-Lo so… Sarei dovuto venire a parlarti settimane fa- disse abbassando momentaneamente lo sguardo.

-Per dirmi cosa? -lo incalzò Michelle.

Albus sospirò per poi riportare lo sguardo sull’amica di sempre.

-Per chiederti scusa-

A quelle parole, Michelle aggrottò le sopracciglia ed un’espressione determinata comparve sul suo volto.

-Tutto qui? Credi che bastino le tue scuse per far tornare tutto come prima? - gli domandò facendo i pochi passi che la separavano da Albus e fermandosi di fronte al Serpeverde.

Albus scosse la testa più volte.

-Lo so, lo so… Sono stato un coglione…-

-Soltanto? Sei stato crudele…Mi hai riso in faccia quando ho cercato di aiutarti!

È questo il tuo concetto di amicizia? - gli domandò ancora Michelle.

Albus scosse la testa, pronto a rispondere alle accuse, ma la ragazza non gliene diede tempo perché lo colpì improvvisamente sull’ avambraccio destro con il palmo aperto della mano sinistra.

-Sei scomparso dalla mia vita! Hai preferito circondarti di persone inutili piuttosto che parlarmi di quello che ti stava succedendo… Ti rendi conto di quanto sei coglione? - gli domandò colpendolo nuovamente.

-Hai perfettamente ragione…- disse Albus tra un colpo e l’altro, senza tentare di coprirsi.

-Io non voglio avere ragione! E non voglio neanche le tue scuse! Non so che farmene! - ribatté Michelle continuando a sferrare colpi sul torace e sulle braccia.

Albus lasciò che Michelle lo colpisse ancora per qualche istante, prima di posare le sue mani grandi sulle spalle della ragazza.

I suoi occhi verdi cercarono di incontrare quelli di Michelle, ma la ragazza si rifiutava ostinatamente di alzare lo sguardo su di lui.

Cercando di farsi coraggio, Albus prese un respiro profondo.

-Sono stato un coglione. Non c’è altro modo per definire il mio comportamento.

Ho avuto paura…. Mi è crollato tutto addosso e non ho saputo affrontare la situazione- iniziò.

-È colpa di James, non è vero? - gli domandò Michelle.

Albus annuì.

-James si era messo in testa di cercare Harry Potter…Ma non è stata soltanto colpa sua.

Anche Richard ha le sue colpe…-aggiunse Albus.

-Ehi! Io non ho nessuna colpa dei tuoi film mentali! - s’intromise prontamente il Grifondoro, attirando l’attenzione dei due ragazzi su di sé.

Quelle parole strapparono un sorriso divertito ad Albus ed ebbero l’effetto di spostare lo sguardo di Michelle sul volto di Al.

-Avrei dovuto parlartene, lo so, ma in quel momento ho pensato che fosse meglio non coinvolgerti…E visto quello che ho scoperto in seguito, forse è stata la scelta migliore.

Ciò non giustifica quello che ti ho detto…

Sono stato crudele, hai perfettamente ragione, e non pensavo affatto quello che ti ho detto.

Cercavo un modo per ferirti e per far sì che ti allontanassi da me-

-Beh, ci sei riuscito- commentò amareggiata Michelle.

Albus annuì nuovamente.

-Lo so, ho sbagliato… Non dimenticarti che ho appena ammesso di essermi comportato come un coglione.

Però, lasciami spiegare perché l’ho fatto. Ti chiedo solo questo. Poi se non avrai cambiato idea, io e Richard ce ne andremo e tu potrai riprendere il tuo appuntamento con Jeremy- le disse.

Michelle alzò gli occhi al cielo alle sue parole, facendo nascere un sorriso ironico sulle labbra del Serpeverde.

-Mi dirai la verità? -gli domandò poi Michelle.

Albus annuì.

-Non posso raccontarti tutto, ma ti prometto che tutto ciò che ti dirò sarà la pura verità-

Per alcuni istanti, Michelle lo fissò in silenzio, valutando le sue parole e la sincerità che traspariva chiaramente nello sguardo di Albus.

Cosa si nascondeva dietro le parole sibilline di Albus? Cosa era successo di così sconvolgente settimane fa da provare una reazione simile in una persona equilibrata come Albus?

Era pronta ad ascoltarlo e a dargli una seconda possibilità?

Michelle si lasciò andare ad un sospiro e sollevando la mano destra la strinse nel tessuto verde della felpa di Albus, all’altezza del torace.

-Sei un idiota- gli disse.

L’attimo dopo lo attirò a sé e si rifugiò nell’abbraccio di Albus che prontamente le strinse le braccia attorno alla vita, sollevandola leggermente da terra.

Le braccia strette attorno alle spalle larghe e muscolose di Albus, Michelle nascose il volto nell’incavo tra la spalla sinistra ed il collo e, consapevole che Al non l’avrebbe mai lasciata cadere, sollevò le gambe e le strinse attorno ai fianchi del ragazzo.

-Sei uno stupido idiota! – Michelle mormorò nuovamente contro il collo di Albus.

Sentì il sorriso di Albus contro la pelle della spalla destra e istintivamente aumentò la stretta delle braccia.

-Lo so…Non hai idea di quanto mi sento in colpa per come mi sono comportato- mormorò a sua volta Albus, prima che una mano grande iniziasse ad accarezzarle la schiena in un gesto rassicurante.

Di fronte a quella scena, preludio di una lunga conversazione che avrebbe portato ad una riconciliazione, Richard sospirò prima di lanciare uno sguardo a Jeremy: se il Grifondoro non aveva nessun timore per l’abbraccio tra Albus e Michelle, lo stesso non poteva dirsi del Serpeverde, che osservava i due con un’espressione preoccupata.

Il ragazzo aveva chiaramente bisogno di un aiuto.

-Ok, è davvero tutto molto romantico, ma ora se non vi dispiace io e Jeremy andremmo in cucina a prendere quei panini.

Visto che la situazione vada per le lunghe, tanto vale fare uno spuntino- commentò Richard, prima di passare accanto ai due ragazzi seguito poco dopo da Jeremy che lo seguì esitante.

Quando furono in cucina, Richard si voltò leggermente verso Jeremy e lo fissò.

-Non preoccuparti, imparerai a farci l’abitudine- disse ancora Richard cogliendo l’espressione perplessa che ancora non aveva abbandonato il ragazzo.

-Tu dici? - domandò Jeremy incerto?

Richard annuì.

-Assolutamente. Te lo dico per esperienza: anche io ho creduto che tra loro ci fosse qualcosa di più oltre l’amicizia, nonostante le rassicurazioni di entrambi- confidò mentre si avvicinava al bancone dove Michelle aveva lasciato i piatti in cui aveva sistemato i panini.

-Allora come fai ad essere sicuro che non sarà di nuovo così una volta che avranno fatto pace? – chiese ancora Jeremy.

Un sorriso malizioso apparve sul volto di Richard e lo portò ad allontanare lo sguardo dal Serpeverde.

-Beh, senza entrare nei dettagli, posso confermarti che tutto quello che Michelle ed Albus mi hanno detto in questi anni è vero.

Non c’è nulla tra loro, né c’è mai stato.

Quindi puoi stare tranquillo… Anche perché d’ora in poi ci sarò io a distrarre l’attenzione di Albus- aggiunse Richard, sollevando le sopracciglia in un’espressione ironica.

Le labbra di Jeremy si distesero in un sorriso divertito prima che il ragazzo annuì brevemente.

-Forza, portiamo questa roba di là e cerchiamo un film in tv che ci tenga occupati per le prossime ore- commentò Richard, prendendo uno dei piatti.

L’attimo dopo Jeremy lo imitò ed i due ritornarono verso il salotto, trovandolo vuoto.

Si prospettava una lunga attesa…

 

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Aveva passato ore a leggere il diario.

Quelle pagine, così piene dello spirito e delle sensazioni di sua madre, l’avevano costretta più volte ad interrompere la lettura, travolta dalla marea di emozioni che la donna era riuscita a riversare anche in poche parole.

L’immagine di Ron Weasley era ancora oscura: nonostante il suo nome fosse presente fin dalla prima pagina del diario, Prudence ne aveva ricavato l’immagine di un fantasma.

Un uomo che non era mai presente, che sporadicamente ritornava a casa dalla moglie e dalla figlia e che non sembrava minimamente interessato alla vita della donna e della bambina.

Sapeva di non poter essere obiettiva nel proprio giudizio, visto che stava formando la propria idea di Weasley sulle parole di sua madre, una donna che in quel momento viveva accanto ad un uomo assente e, pertanto, era piena di rancore e di rabbia; malgrado ciò, era difficile credere che la persona di cui parlava sua madre fosse la stessa di cui aveva letto sui libri di Storia della Magia.

Cosa era successo per far sì che uno degli eroi della Seconda Guerra Magica, un uomo che avrebbe potuto avere tutto e vivere di gloria riflessa per tutta la vita, diventasse un uomo meschino, perso dietro al vizio del gioco?

Anche l’immagine che aveva di sua madre ne era uscita cambiata dopo la lettura del diario.

Era difficile conciliare l’immagine di donna forte e caparbia che era sempre stata un esempio per lei con la donna rassegnata che scriveva all’inizio del diario prima e con quella spaventata che era comparsa dopo l’incontro con suo padre ed i Serpeverde in seguito.

Prudence non riusciva a spiegarsi tutta quella paura: perché sua madre, una donna che aveva affrontato Voldemort senza alcuna titubanza, si ritrovava ad aver paura di un gruppo di Serpeverde? In particolare, Pansy e Daphne, le due donne che sarebbero diventate alla stregua di sorelle.

C’erano molte cose che non capiva in quel diario: il rapporto tra i suoi genitori, in primis, la lasciava perplessa.

Quando avevano iniziato a frequentarsi? Perché sua madre non aveva scritto nulla su suo padre fino al 25 Maggio, il giorno in cui si erano trasferite alla Malfoy House?

Perché mantenere il segreto sulla relazione anche nel proprio diario?

Eppure, i conti non tornavano… Sua madre e conseguentemente lei, si erano trasferite a maggio, ma sul diario era scritto chiaramente che soltanto a luglio la donna aveva capito di essere innamorata di suo padre.

Allora perché, se non per amore, aveva deciso di lasciare Weasley e seguire suo padre?

Un’altra cosa su cui aveva bisogno di chiarimenti era il suo rapimento.

Prudence non aveva alcun ricordo di quel mese passato con Weasley, né degli eventi che avevano portato sua madre in ospedale.

Possibile che le avessero fatto un incantesimo di memoria? Se così era, perché avevano preso quella decisione?

Avevano paura che il ricordo di Weasley la confondesse? O, forse avevano paura che potesse favorire quello che successivamente era successo, ovvero la scoperta della vera identità di Weasley?

Dopo aver letto il diario Prudence aveva passato ore a rimuginare su tutto quello che aveva letto, cercando di assimilare quella marea di informazioni, ma ogni volta un nuovo interrogativo la portava a sviscerare nuove parti del diario per cercare di trovare un senso ai mille segreti dei propri genitori.

Era una strada senza uscita…Prudence era consapevole che non sarebbe mai riuscita a trovare una risposta ai mille interrogativi da sola.

Per questo motivo era ferma da cinque minuti sul marciapiede opposto alla Malfoy House.

Aveva bisogno di risposte, ma non riusciva a trovare il coraggio per fare i pochi passi che la separavano dalla porta principale.

-Se non te la senti possiamo tornare a casa-

Prue si voltò verso destra e incontrò lo sguardo preoccupato di Ben, fermo accanto a lei.

Quando aveva deciso che era venuto il momento di parlare con suo padre, Prudence si era resa conto che non sarebbe stata capace di affrontare quella conversazione da sola; per questo aveva chiesto a Ben di accompagnarla, certa che, in caso contrario, l’uomo avrebbe passato tutto il tempo in cui lei era alla Malfoy House a preoccuparsi per lei e per le ripercussioni che quella conversazione poteva avere sul bambino.

-Non possiamo tornare a casa…Ho bisogno di sapere- rispose con voce lieve Prue.

Ben annuì e strinse la mano sinistra nella sua, cercando di infonderle coraggio.

Dopo aver preso un respiro profondo i due attraversarono la strada e fecero i pochi metri che li dividevano dalla Malfoy House, bussando finalmente alla porta principale.

Era ora di scoprire la verità sul proprio passato e sui suoi genitori.

 

 

 Salve a tutti! Bentornati ^_^

Scusate se ci è voluto più del solito per postare questo capitolo ma sono ricominciate le lezioni all'università e quindi ho meno tempo per scrivere xD

Finalmente è venuto il momento tanto atteso: Prudence scoprirà la verità sui suoi genitori ed il loro matrimonio.

In questo capitolo ho inserito e fatto riferimento al diario di Hermione; se volete saperne di più di consiglio di leggere/ rileggere il capitolo 32( "Dear Diary") de "Il pagamento di un debito".

Il prossimo capitolo, infatti, sarà incentrato sulla conversazione tra Draco e Prudence, e vedremo "Il pagamento di un debito" dalla punto di vista di Draco.

Il titolo e la frase ad inizio capitolo sono tratti da "Tell me" di Johnny Jewel.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

Ed ora i ringraziamenti:Earane(Benvenuta! Grazie per i complimenti! ^_^ Se devo essere sincera, molte volte mi maledico da sola per la mia capacità di incasinarmi la vita con 1000 personaggi o linee narrative...Alle volte è capitato di arrivare in un punto morto e non riuscire più a portare avanti una storia ma, come in questo caso, quando tutto scorre liscio è una grande soddisfazione ^_^ Ammetto che Hermione è meno presente di Draco in questa FF, ma è stata una scelta parzialmente voluta, perchè la prima FF era quasi tutta incentrata sul suo POV e quindi in questo seguito ho voluto dare spazio a Draco e agli altri personaggi, ma presto tornerà anche lei).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo...

"Once upon a time in Hogwarts"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Once upon a time at Hogwarts ***


once upon a time

 

"E questa strana fiaba poi che fine ha
È la più grande storia raccontata mai
Siamo soli in cento personalità
Mentiamo promettendo a noi non finirà
E sono sempre i miei pensieri rigirati e basta
La nostra storia che continua su pezzi di carta
La nostra storia mai finita che non ha una fine
Perché torno come il diavolo a rubare vite"


 

-Come lo hai scoperto? –

Quando sua madre aveva aperto la porta d’ingresso le erano bastate poche parole per capire il motivo della loro visita.

Immediatamente il volto di Hermione si era trasformato: la felicità che era sempre presente sul suo viso ogni volta che Prudence era a casa, si era trasformata in apprensione e ansia per le conseguenze della conversazione tra padre e figlia.

Li aveva accompagnati allo studio di Draco, malgrado entrambi conoscessero benissimo la strada e, prima di lasciarli aveva fissato il volto di Prudence.

-Dopo aver parlato con tuo padre, ho bisogno che tu mi conceda qualche minuto per ascoltare la mia versione della storia- disse Hermione, un tono titubante nella voce che poco si addiceva alla persona forte e determinata che da sempre Prudence identificava con sua madre.

La ragazza aveva annuito, intrigata e allo stesso tempo preoccupata da quello che avrebbe ascoltato di lì a poco.

Dopodiché, Hermione aveva voltato loro le spalle e si era diretta verso il salotto.

Quando Prudence e Ben erano entrati nello studio, Draco era immerso nel proprio lavoro ma, non appena li aveva visti nello specchio della porta aveva chiuso i fascicoli aperti davanti a sé e aveva fatto loro cenno di sedersi.

Per alcuni istanti erano rimasti in silenzio, chiaramente indecisi su come iniziare quel discorso così importante, ma alla fine Draco le aveva posto quella domanda.

Istintivamente, Prudence aveva accennato un sorriso.

-Il mio gruppo sanguigno è O.

Quello delle gemelle è A mentre quello di Jude è AB.

Il gruppo sanguigno della mamma è A, quindi anche se non te l’ho mai chiesto posso solo dedurre che il tuo sia AB- rispose Prudence.

Senza parlare, Draco annuì.

Prudence alzò le spalle e accennò un sorriso mesto.

-Inoltre, i miei occhi sono verdi.

I tuoi sono azzurri, quelli di mamma sono marroni… Non c’era alcuna possibilità che avessi gli occhi verdi.

Semplice e pura genetica- commentò Prudence, fissando il volto di Draco.

Nonostante le sua parole, Draco accennò un sorriso.

-Sei identica a tua madre. I tuoi fratelli avrebbero iniziato ad urlarmi contro, mentre tu mi hai esposto i fatti in maniera pacata e lucida.

Tutta tua madre…- ripeté.

Ancora una volta, Prudence alzò le spalle.

-Ho avuto molto tempo per metabolizzare la notizia- commentò.

Il silenzio calò per qualche istante nella stanza, mentre Draco fissava attentamente il volto di sua figlia prima di sospirare.

-Prima di iniziare a parlarti della storia tra me e tua madre, voglio che sia chiara una cosa.

Non ho mai amato nessuna donna come ho amato tua madre… Anzi, se devo essere sincero, credo sia l’unica donna che abbia mai amato- Draco disse con voce ferma e profonda.

Prudence e Ben lo fissarono in silenzio, osservandolo mentre si alzava dalla propria sedia e si voltava verso la cassaforte che da sempre era incassata nel muro a pochi passi dalla scrivania.

Lo osservarono aprire la cassaforte e cercare al suo interno finché non tirò fuori due pergamene rovinate dal tempo.

-Ho bisogno che tu ascolti quello che sto per dirti senza fare troppe domande- disse tornando a sedersi. -La storia tra me e tua madre è iniziata molto tempo fa e per molto tempo i nostri rapporti sono stati quasi inesistenti, quindi molte cose potrebbero sembrarti strane o difficili da capire, ma ti prometto che ti spiegherò tutto- aggiunse Draco.

I due ragazzi annuirono.

Draco prese un nuovo respiro profondo e annuì, quasi avesse bisogno di farsi coraggio con quel piccolo gesto.

-Dunque… Immagino tu sappia il ruolo avuto da tua madre prima e durante la Seconda Guerra Magica? –

Ancora una volta, Prudence annuì.

-Il suo nome è su tutti i libri di Storia della Magia, insieme a quello di Harry Potter- rispose Prudence.

Nuovamente nella stanza calò il silenzio per pochi istanti, prima che Draco iniziasse a parlare.

-La prima volta che ho incontrato Hermione avevamo entrambi undici anni, la sera del nostro arrivo ad Hogwarts e, fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, fra noi è stato odio a prima vista- commentò Draco, accennando un sorriso divertito.

A quelle parole, sia Prudence sia Ben aggrottarono la fronte stupiti.

-Come sai, tua madre è la prima strega in una famiglia di babbani, pertanto prima del suo arrivo ad Hogwarts si era documentata leggendo tutti i libri che aveva potuto trovare che parlassero di Hogwarts e del mondo Magico.

Eravamo arrivati da trenta minuti e già aveva iniziato a fare lezione agli altri bambini indicando tutte le particolarità della Sala Grande di Hogwarts- ricordò Draco, con lo stesso sorriso ancora sul volto.

Questa volta, Prudence sorrise a sua volta, ritrovando nelle parole del padre molte delle caratteristiche della madre.

-Ora capisco che non era altro che un meccanismo di difesa per nascondere la sua paura per un ambiente sconosciuto e totalmente estraneo alla sua normalità; inoltre sono certo che volesse dimostrare a tutti di avere le capacità necessarie per essere ad Hogwarts.

Ma in quel momento la considerai una ragazzina saccente e odiosa- commentò Draco.

-Inoltre, era una Mezzosangue- commentò Prudence, incapace di controllarsi.

Draco annuì.

-Quello era il problema principale.

Ero stato cresciuto con l’idea che soltanto i maghi con il Sangue Puro potessero essere considerati veri maghi, quindi credo sia chiaro il motivo che mi spinse a odiarla fin da subito.

A peggiorare ulteriormente la situazione, ci fu la sua assegnazione a Grifondoro e la sua amicizia con Harry Potter-

Draco ritornò in silenzio per qualche istante, lo sguardo fisso sul volto della ragazza, prima di sospirare.

-Potrei dirti tante cose su Harry Potter, cose che non leggeresti mai sui libri…

Ma questa è una storia per un altro momento.

Posso solo dire che Potter ed io non andammo mai d’accordo, fin dalla prima sera, e che nonostante sia il Salvatore del Mondo Magico e la mia vita non sarebbe quella che è senza di lui, è una delle persone che odio di più al mondo- commentò Draco sovrappensiero.

Prudence lo osservò, sorpresa dalle sue parole, incerta se fare una domanda o meno, ma l’attimo dopo Draco tornò presente a sé stesso e riprese il racconto.

-Ho capito di essere innamorato di tua madre durante il nostro terzo anno ad Hogwarts.

Quell’anno Hagrid era stato nominato professore in Cura delle Creature Magiche e, ad una lezione, si presentò con un Ippogrifo.

A sentire tua madre, Hagrid ha sempre considerato gli animali più pericolosi alla stregua di docili animali domestici e, anche in quel caso era convinto che un Ippogrifo non fosse affatto pericoloso per gli studenti del terzo anno.

Ci chiese di “fare amicizia” con l’animale e ovviamente il primo studente a interagire con la bestia fu Potter, il quale ebbe un successo enorme con l’Ippogrifo.

-Probabilmente avrai già capito che non ero molto intelligente a quell’epoca quindi non ti stupirà sentire che, spinto dall’invidia per il successo di Potter, decisi di provare a fare amicizia con quello stupido animale.

Naturalmente utilizzai l’approccio sbagliato e fui leggermente ferito- raccontò Draco, mentre un nuovo sorriso sarcastico distendeva le sue labbra sottili.

Prudence e Ben strabuzzarono gli occhi increduli e, in tutta risposta, Draco annuì.

-Era una ferita marginale, un graffio in realtà, ma io la usai a mio vantaggio per rovinare la carriera d’insegnante di Hagrid, chiedendo che smettesse di insegnare e che l’animale venisse abbattuto.

Quando tua madre seppe la notizia andò su tutte le furie.

Lei ed i suoi amici si presentarono alla capanna di Hagrid per confortarlo prima dell’esecuzione e fu lì che ci incontrammo.

Io stavo andando alla baracca con Tiger e Goyle per godermi lo spettacolo, ma in lontananza vidi arrivare Hermione ed i suoi amici…- raccontò Draco, la mente invasa dai ricordi di quel momento.

-Appena mi vide, la sua rabbia esplose.

Mi venne incontro come una furia e prima che me ne rendessi conto, mi diede un pugno-

Inaspettatamente, nello studio risuonarono la risata allegra di Prudence e quella profonda e più breve di Ben, portando Draco ad imitarli per un breve istante.

-È la verità! Ebbi un livido viola sulla guancia destra per giorni- commentò Draco.

Prudence rise di nuovo, cercando di mascherare la propria risata con una mano, quasi fosse in imbarazzo.

-Credo sia stato allora che ho iniziato a provare qualcosa per tua madre- disse Draco, tornando serio.

L’ilarità che era aleggiata nello studio fino a pochi istanti prima venne smorzata immediatamente da quelle parole.

-Nei giorni successivi al nostro scontro non riuscivo a smettere di pensare a lei.

All’inizio pensai fosse per il pugno, ero furioso all’idea che una Mezzosangue avesse avuto l’ardire di colpirmi, ma con il passare dei giorni il suo pensiero era sempre nella mia mente.

Mi ritrovavo a fissarla nei corridoi o nella Sala Grande, cercando ovviamente di non farmi scoprire, chiedendomi cosa ci fosse di così interessante in lei da far si che il suo pensiero si fosse conficcato nella mia mente- disse sincero Draco.

 

-Sei riuscito a capirlo? - domandò Prudence curiosa.

Draco scosse la testa.

-Quando ritornammo ad Hogwarts per il quarto anno, ero fidanzato con tua zia Pansy…Fu lei a capire i miei sentimenti per tua madre prima di me- le disse.

-È davvero strano sentirti parlare della tua storia con la zia Pansy- commentò Prudence leggermente a disagio.

Draco sorrise.

-Se le cose fossero andate diversamente io e lei ora saremmo sposati.

Certo, saremmo incredibilmente infelici, ma avremmo tenuto fede alla tradizione delle nostre famiglie- si limitò a commentare l’uomo.

-Come ha fatto a capire che provavi qualcosa per la mamma? – gli chiese curiosa.

Draco sospirò.

-A sentire tua zia, continuavo a seguirla con lo sguardo ogni volta che ci incontravamo per i corridoi o nel giardino, cercavo di attirare l’attenzione di Hermione ogni volta che eravamo nella stessa stanza… Anche se come al solito, lo facevo nel modo sbagliato, con battute sarcastiche o commenti acidi, ottenendo l’effetto opposto.

Ma stando a quanto racconta Pansy, ne ebbe la conferma durante il Ballo del Ceppo.

-Durante il nostro quarto anno ad Hogwarts venne organizzato il Torneo Tremaghi.

Una competizione tra Hogwarts e le scuole di Durmstrang e Beauxbatons. In aggiunta venne organizzato il Ballo del Ceppo.

Come al solito, Potter si ritrovò invischiato nel Torneo Tremaghi e quindi l’attenzione fu ancora una volta su di lui e conseguentemente su tua madre, visto che era la sua migliore amica.

Ma la sera del Ballo, Hermione brillò di luce propria…Era stupenda- ricordò Draco, lo sguardo perso nel vuoto, immerso nei ricordi.

L’attimo dopo tornò a guardare i due ragazzi seduti di fronte a lui e, nervosamente, si passò una mano tra i capelli.

-Quella sera io sarei dovuto andare al Ballo con Pansy, ma prima del suo arrivo vidi Hermione scendere le scale insieme a Victor Krum, il rappresentante di Durmstrang al Torneo.

Era bellissima…- commentò di nuovo Draco.

-So che può sembrare presuntuoso, ma avevo dato per scontato che non avrebbe trovato un cavaliere per il Ballo o che non fosse interessata a quel genere di cose…-

-Papà…-lo rimproverò Prudence.

Draco annuì più volte.

-Lo so… Non dimenticarti mai che all’epoca ero un ragazzino viziato convinto che tutto gli fosse dovuto.

Ero molto diverso dalla persona che conosci- replicò Draco, consapevole del proprio comportamento.

-Comunque… La vidi arrivare al braccio di Victor Krum e mi sentii rodere dalla gelosia.

Quella è stata la prima volta in vita mia che sono stato geloso di un altro uomo.

Di quella festa ho ricordi confusi: ho iniziato a bere subito dopo aver visto tua madre in compagnia di Victor Krum e non ricordo molto di cosa è successo né di come mi sono comportato- ammise.

Prudence lo fissò con un’aria di rimprovero.

-So soltanto che a fine serata sia Pansy sia tua madre erano in lacrime.

Ma se le lacrime di Pansy erano colpa mia, quelle di tua madre erano causate da quell’idiota di Ron Weasley- aggiunse con una vena di odio nella voce.

Prudence si mosse leggermente sulla sedia, colpita dal sentimento che accompagnava il nome del suo padre naturale.

-È la prima volta che fai il suo nome- gli disse.

Draco abbassò lo sguardo per qualche istante sul piano della scrivania, cercando di riprendere il controllo di sé stesso, passandosi nuovamente una mano tra i capelli.

-Nonostante tutto quello che ho vissuto nella mia vita, non sono una persona incline all’odio.

Sono veramente poche le persone che odio con tutto me stesso: Voldemort, ovviamente, mio padre per quello che ha fatto a me e a mia madre, Potter…

Ma credo di non aver mai odiato nessuno quanto ho odiato e odio tuttora Ron Weasley- concluse Draco, prima di rialzare lo sguardo sui due ragazzi.

Il silenzio tornò nella stanza per qualche secondo prima che Draco si lasciasse andare ad un sospiro.

-Weasley è arrivato ad Hogwarts insieme a me e a tua madre.

Veniva da una famiglia numerosa, il penultimo di sette fratelli, e i suoi genitori avevano combattuto nella Prima Guerra Magica contro Voldemort.

Venne smistato tra i Grifondoro, proprio come tua madre e Potter, e per tutti i sei anni della loro permanenza al Castello, loro vennero considerati il Trio d’ Oro.

-In realtà, tua madre mi ha raccontato che prima di diventare un Trio, Potter e Weasley avevano stretto amicizia già sull’ Espresso accomunati dai loro vestiti di seconda mano e dalla loro curiosità per Hogwarts.

Mi raccontò che per i primi mesi, né Potter né Weasley la tenevano in grande considerazione, ritenendola una ragazzina troppo saccente.

Soprattutto Weasley.

Le cose sono cambiate la sera di Halloween durante il nostro primo anno e da quel momento il Trio d’Oro non si sarebbe più diviso- raccontò Draco.

-Che tipo era? – domandò Prudence non riuscendo a trattenere la curiosità.

Un suono sarcastico scappò dalle labbra dischiuse di Draco.

-Se vuoi una risposta sincera dovrai chiedere a tua madre.

Posso dirti che io l’ho sempre considerato un’idiota.

Durante il secondo anno andava in giro con una bacchetta spezzata a metà e, durante una lite con tua madre, ha cercato di farmi un incantesimo ma invece di colpire me ha colpito sé stesso.

Ha sputato rane per un giorno intero- raccontò Draco.

Ben si lasciò andare ad una breve risata.

-Era uno studente mediocre, abituato a copiare da tua madre e ad approfittare della sua generosità d’animo, ma nonostante questo non perdeva occasione per preferirle Potter, assecondando ogni sua idea strampalata-

-Erano fidanzati durante gli anni di Hogwarts? – domandò Prudence.

Draco scosse la testa.

-Te l’ho detto era un idiota, come e forse più di me.

Io ho capito di essere innamorato di tua madre durante il terzo anno, ma credo che lui abbia iniziato a provare qualcosa per lei già dal secondo anno.

Hermione mi ha detto che ha capito di essere innamorata di Weasley durante il terzo anno, ma di non aver mai fatto nulla per paura di rovinare la loro amicizia- le disse.

Prudence annuì, capendo la decisione della madre: in fondo anche lei quando aveva conosciuto Ben era stata restia a trasformare la loro amicizia in una relazione, proprio per paura di perdere quello che reputava un buon amico.

-Come ti ho detto, durante il nostro quarto anno, si è tenuto il Ballo del Ceppo.

Tua madre mi ha raccontato che nonostante avesse accettato la proposta di Krum, ha sperato fino all’ultimo di ricevere un invito da parte di Weasley.

Ma lui e Potter si presentarono al ballo con due Grifondoro, due ragazze verso cui non avevano alcun interesse.

A fine serata, tua madre e Weasley ebbero una discussione in cui tua madre gli rinfacciò l’assurdità della sua gelosia verso Krum, visto che non aveva avuto il coraggio di invitarla al ballo.

Quindi, nonostante fosse stata una bella serata, Hermione tornò alla casa dei Grifondoro in lacrime- ricordò Draco, uno sguardo duro negli occhi.

-Le cose non migliorarono durante il quinto anno.

Io era invischiato nei miei effimeri sogni di gloria durante il regno di terrore creato dalla Umbridge mentre Hermione era impegnata con l’Esercito di Silente.

Malgrado le nostre strade si incrociassero raramente durante quell’anno, ricordo che tua madre diventava ogni anno più bella.

Ma quelli non erano tempi per cose frivole come l’amore- commentò amaro Draco.

-Eri ancora fidanzato con la zia Pansy? - domandò Prudence curiosa.

Draco scosse la testa.

-Mi aveva lasciato poco dopo il Ballo del Ceppo e dopo una serie di storie senza senso, avevo deciso di fidanzarmi con la zia Daphne- spiegò Draco.

-Un’ altra strega Purosangue…- commentò la ragazza.

Draco alzò le spalle.

-Non avrei potuto fare altrimenti. Mio padre mi avrebbe ucciso se avesse saputo dei miei sentimenti per una strega Mezzosangue, per giunta amica di Potter- replicò Draco.

Prudence lo fissò e per un attimo sembrò sul punto di alzarsi ed abbracciarlo per fargli sentire tutto il suo affetto.

Nonostante non sapesse molto dell’infanzia e dell’adolescenza di suo padre, Prudence capì grazie a quelle poche parole e al tono di voce usato dall’uomo quanto la sua vita non fosse stata né facile né felice.

-Il sesto anno toccò a tua madre fare i conti con la gelosia- ricominciò a raccontare Draco.

-Quell’anno Weasley entrò a far parte della squadra di Quidditch di Grifondoro e improvvisamente divenne interessante per le ragazze della loro Casa. Una fra tutte, Lavanda Brown, ebbe la meglio e per un po’ ebbero una storia.

Quella è stata la prima volta che ho visto Hermione veramente gelosa… Ed il mio atteggiamento verso di lei divenne più sarcastico e cattivo ed ebbe l’effetto di far capire anche a Daphne i miei sentimenti per tua madre- raccontò Draco.

-Che ne è stato di quella ragazza? - domandò Prudence.

-Fu una delle vittime della Seconda Guerra- rispose brevemente l’uomo.

Ancora adesso, dopo tanti anni, Draco trovava difficile parlare di quell’argomento, consapevole di quale fosse stato il suo ruolo in quella battaglia.

-Alla fine del sesto anno, dopo la morte del Professor Silente, Potter decise che non sarebbe tornato al Castello l’anno seguente e ovviamente tua madre e Weasley assecondarono la sua decisione.

Quello che successe puoi leggerlo nei libri di Storia della Magia…

Ciò che non viene raccontato in quei libri fu la lite tra Potter e Weasley che portò quest’ultimo ad allontanarsi per un po’, mandando in crisi tua madre per la sua fuga, e la rabbia che gli riversò addosso quando Weasley ricomparve improvvisamente insieme a Potter dopo aver distrutto il primo Horcrux-

Draco si interruppe e prese un respiro profondo.

-Ora inizia la parte che non viene raccontata in nessun libro di storia…- commentò l’uomo, abbassando nuovamente lo sguardo sulla scrivania dinanzi a sé.

-Al termine della Guerra, mio padre venne messo processato e condannato per il suo ruolo avuto nella Battaglia e per il supporto indefesso a Voldemort. Lo stesso accadde alla famiglia di Pansy, che preferì scappare all’estero, e a quella di Blaise.

Nonostante tutto, noi decidemmo di ritornare ad Hogwarts per terminare gli studi.

Lo stesso fece il Trio d’Oro ma, durante quell’anno, nonostante i miei sentimenti per tua madre non fossero cambiati, mi concentrai sullo studio e sui miei amici.

Ora so che al termine della Battaglia, Hermione e Weasley ebbero finalmente il coraggio di ammettere i loro sentimenti e durante quell’anno iniziarono una relazione, ma all’ epoca mi disinteressai completamente di quello che succedeva intorno a me- raccontò.

-Cosa è successo quando avete terminato gli studi? - domandò Prudence cauta.

-Io sono andato per la mia strada.

Mi sono occupato della mia carriera e dei miei amici, ma ho sempre seguito da lontano quello che succedeva nella vita di tua madre.

Dovevo farlo con discrezione, ovviamente, ma non avevo la minima intenzione di perderla di vista.

Nonostante il passare degli anni e una serie di relazioni senza senso, i miei sentimenti per tua madre non mi lasciavano libero.

Hermione e Weasley si sposarono dopo aver terminato gli studi e si trasferirono in un appartamento a Fulham.

Era un monolocale sopra un ristorante indiano… Ricordo ancora l’odore che si sentiva per ogni stanza dell’appartamento nonostante siano passati quasi vent’anni- ricordò Draco.

L’uomo sospirò.

-Tua madre certamente ti dirà che i primi anni di matrimonio furono felici… Ma credo che quella felicità ebbe vita breve.

Dopo un anno di matrimonio Weasley iniziò a giocare a poker e la situazione iniziò a peggiorare velocemente.

Hermione non mi ha mai raccontato tutto quello che è successo durante quegli anni, ma so che non furono facili per lei: Weasley non era mai a casa, la riempiva di bugie per giustificare le sue assenze e la mancanza di soldi e so per certo che in più di un’occasione è stata costretta a medicarlo dopo un pestaggio- raccontò Draco in tono asciutto e distaccato.

-Come fai a saperlo? -domandò Prudence curiosa.

Draco accennò un sorriso triste.

-Perché, come ti ho già detto, nonostante il passare del tempo e la lontananza, i miei sentimenti per tua madre non erano cambiati e quindi continuavo a raccogliere informazioni su di lei da ogni fonte possibile per assicurarmi che stesse bene- ripetè Draco.

-Perché allora non ti sei fatto avanti? – chiese ancora la ragazza.

Draco scosse la testa.

-Non era il momento adatto. Se mi fossi intromesso nel loro matrimonio troppo presto, Hermione avrebbe rifiutato il mio aiuto per orgoglio o per quel briciolo d’amore che ancora la legava a Weasley.

Ma devo confessarti che quando ho saputo della gravidanza di Hermione ho temuto che fosse troppo tardi- confessò l’attimo dopo.

Prudence corrugò la fronte a quelle parole.

-Ero convinto che il loro matrimonio fosse in pezzi, ma la notizia della sua gravidanza mi fece momentaneamente ricredere.

Ho creduto di aver perso la mia occasione, di essere arrivato troppo tardi e che non sarei mai riuscito a convincerla a darmi una chance-raccontò Draco, ancora una volta con lo sguardo perso nel vuoto, immerso nelle sensazioni provate molti anni prima.

-Per alcuni mesi, Weasley si comportò come un marito modello, ma alla fine ritornò alle vecchie abitudini dando il peggio di sé al momento della tua nascita-

Draco si interruppe per qualche istante, chiaramente indeciso se raccontare quel particolare alla figlia o meno, ma alla fine decise di essere completamente sincero.

-Quando sei nata tua madre era da sola in ospedale.

Tuo padre si presentò il giorno dopo con un mazzo di fiori ed una faccia colpevole.

Io lo vidi arrivare…-

-Aspetta un attimo…Tu eri lì? – chiese incredula Prudence.

Draco si rese conto dell’errore commesso e per un’istante chiuse gli occhi e sospirò.

-Non potevo lasciarla da sola…-commentò senza guardare i due giovani.

Durante quelle ultime settimane, Prudence aveva avuto dei brevi momenti di incertezza in cui era arrivata a dubitare l’amore che legava i suoi genitori, ma bastarono quelle parole per farle realmente capire la profondità del sentimento di suo padre.

Quale uomo si sarebbe comportato come aveva fatto suo padre, nonostante avesse la consapevolezza che sua madre era in ospedale per dare alla luce il figlio di un altro uomo?

-Ovviamente tua madre non sa nulla.

Quando ho saputo che si era presentata al San Mungo da sola, ho agito d’istinto: ho mollato tutto e sono andato all’ospedale per essere vicino a lei.

Sono rimasto ore in sala d’attesa, preoccupato che potesse succedere qualcosa a lei o a te.

Sono anche riuscito a vederti di sfuggita…- aggiunse Draco, con un lieve sorriso a distendergli le labbra sottili.

Gli occhi di Prudence si velarono leggermente di lacrime, immaginando una versione molto più giovane di suo padre che la osservava da dietro un vetro.

L’attimo dopo Draco ritornò presente a sé stesso e si schiarì leggermente la gola.

-Weasley arrivò la mattina dopo con un grande mazzo di fiori e la speranza che tua madre lo perdonasse per l’ennesima volta.

Quando lo vidi arrivare, avrei tanto voluto prenderlo a pugni… Non so davvero che cosa mi ha fermato.

Forse è stata la consapevolezza che se lo avessi fatto Hermione non mi avrebbe mai perdonato e ogni chance che avrei potuto avere di portarla via da Weasley sarebbe sfumata in un istante- commentò Draco, con aria meditabonda.

-Dopo la tua nascita, le cose tra Hermione e Weasley precipitarono. Credo che quello fu il momento in cui tua madre si arrese e smise di lottare per quel matrimonio-raccontò Draco.

-È stato allora che ti sei fatto avanti? – domandò Prudence.

Ancora una volta, Draco scosse la testa.

-Non era ancora il momento. Anche se Hermione e Weasley erano insieme soltanto nominalmente, tua madre non avrebbe lasciato Weasley senza un motivo valido.

Tua madre era infelice, ma il suo orgoglio non le avrebbe mai permesso di ammettere una tale sconfitta: aveva aspettato tanto per coronare il suo sogno d’amore con Weasley e nonostante tutto, non era ancora pronta per arrendersi- disse Draco.

Nella stanza calò il silenzio per qualche secondo mentre Prudence si ritrovava a concordare con le parole di suo padre per l’ennesima volta: aveva conosciuto poche persone testarde e orgogliose come sua madre e, se molte volte quelle caratteristiche erano positive, altre volte invece impedivano di andare avanti bloccando ogni possibilità di cambiamento.

-Cosa le ha fatto cambiare idea? – domandò Prudence, convinta che il racconto di suo padre fosse arrivato ad un punto di svolta.

Draco restò in silenzio, lo sguardo fisso sul volto della ragazza per qualche istante, prima di sospirare e prendere in mano una delle pergamene che aveva tirato fuori dalla cassaforte prima che quella conversazione avesse inizio.

-Questo- le disse tendendole la pergamena.

Prudence aggrottò la fronte, fissando ora suo padre ora la pergamena che l’uomo le tendeva, prima di prenderla tra le dita della mano sinistra.

La carta era leggermente consumata e ingiallita dal tempo e, posando lo sguardo sull’inchiostro, si rese conto che aveva iniziato a sbiadire.

-Che cos’è? - domandò titubante.

-Leggila-

Prudence abbassò lo sguardo sulle parole scritte sulla pergamena, consapevole che Ben accanto a lei aveva fatto lo stesso e, dopo aver letto le prime parole, impallidì.

-Che significa? – chiese confusa.

Un lieve sorriso apparve sul volto di Draco.

-Tua madre mi fece la stessa domanda- le disse. -Quella pergamena è stata la spinta di cui tua madre aveva bisogno per mettere fine a quel matrimonio-

Prudence tornò a leggere la pergamena e mentre le parole scorrevano davanti ai suoi occhi una sensazione di incredulità si impossessò di lei.

"Accetto di annullare il mio matrimonio con Hermione Jean Granger seduta stante e di cedere la suddetta e mia figlia, Prudence Lucy Weasley, a Draco Lucius Malfoy”

Mentre quelle parole danzavano davanti a lei, Prudence ricordò una frase nel diario di sua madre che l’aveva colpita particolarmente e che non aveva saputo spiegarsi.

 

25 Maggio 2009
Ron non fa più parte della mia vita: non è più mio marito.
Ora appartengo a Draco Malfoy

 

Possibile?

Senza parlare, Prudence rialzò lo sguardo sul volto di suo padre e gli restituì la pergamena, sentendo distrattamente la mano di Ben stringere la sua per farle sentire la propria vicinanza ed il proprio conforto.

-Dimmi che non è come credo-

Draco si inumidì il labbro inferiore con la punta della lingua e sospirò.

-Dopo la tua nascita, ho aspettato un anno e mezzo perché si presentasse l’occasione giusta.

Nel frattempo, Weasley ha continuato a giocare a poker e a perdere grosse somme di danaro, indebitandosi con molte persone, alcune delle quali pericolose.

Ho fatto di tutto perché né tu né tua madre veniste infastidite da quei parassiti, ma per mesi sono dovuto rimanere in silenzio e nell’ombra in attesa che Weasley commettesse un passo falso.

Finalmente il giorno arrivò- raccontò con voce calma e moderata.

Prudence fissò attentamente lo sguardo di suo padre e si stupì di vedere i suoi muscoli contrarsi ancora adesso per l’ansia e la rabbia che doveva aver provato due decenni prima.

-Weasley sapeva che a quell’incontro di poker sarei stato presente anche io, ma la sua idiozia lo ha portato a credere che potesse sfidarmi e addirittura che potesse battermi.

Era un giocatore mediocre e, allora, era alla disperata ricerca di danaro per pagare i suoi debiti.

Quella sera era fermamente convinto che sarebbe tornato a casa con una somma sufficiente per pagare parte dei suoi debiti e togliersi di dosso diversi creditori, ma a fine serata era il giocatore che aveva perso più di tutti.

Ed era a me che doveva la somma più alta-raccontò Draco.

Ancora una volta, nella stanza cadde il silenzio, mentre Prudence cercava di scendere a patti con ciò che suo padre aveva raccontato fino a quel momento.

-Che cosa ha fatto? - domandò Ben, parlando per la prima volta da quando quella lunga conversazione aveva avuto inizio.

-Fin dal primo momento in cui ci siamo seduti intorno al tavolo da gioco, sapevo già cosa avrei fatto.

Non aveva importanza l’ammontare della somma, non avrei mai preso un centesimo da quell’uomo.

Io volevo altro. Volevo Hermione e Prudence.

Così gli proposi lo scambio: io avrei pagato tutti i suoi debiti se Weasley mi avesse ceduto Hermione e Prudence, promettendomi di sciogliere il loro matrimonio e di non avere nessun contatto né con Hermione né con Prudence- spiegò Draco, sempre con lo stesso tono moderato.

Un singhiozzo spezzato scappò dalle labbra dischiuse di Prudence, scioccata dalle parole di suo padre.

Come aveva potuto proporre uno scambio simile? Cosa diavolo gli era passato per la testa?

Un sorriso triste distese le labbra di Draco.

-Tua madre fece la stessa espressione quando le mostrai quella pergamena- commentò.

-Come hai potuto fare una proposta del genere? Non hai pensato alla mamma? A me? – domandò Prudence, dando voce alla propria confusione.

Lo sguardo di Draco si indurì istantaneamente.

-È proprio per tua madre che ho fatto quella proposta.

Sapevo che era pericoloso parlarti del contratto, ma non potevo nasconderti la verità: non è stata una scelta azzardata, né una decisione presa sul momento.

Sapevo che quella era la mia unica possibilità di portarvi via da quell’uomo e ho fatto tutto ciò che era in mio potere perché Weasley non si avvicinasse mai più a voi.

-Tua madre non era felice: era intrappolata in un matrimonio senza amore, con un marito assente e totalmente disinteressato a lei e a te.

Perché avrei dovuto lasciarla marcire tra quelle quattro mura? Perché avrei dovuto lasciare che passasse gli anni migliori della sua vita convinta di non aver fatto il possibile per salvare quell’uomo dal vizio del gioco?

Addossandosi colpe che non aveva per un uomo inutile come Weasley…

Quell’uomo non merita una donna come Hermione. Non l’ha mai meritata e quando ha avuto la possibilità di starle accanto ha dimostrato di non esserne all’altezza- ribatté con veemenza Draco.

-Non hai pensato che forse la mamma avrebbe qualcosa da ridire in proposito? Pensavi davvero che ti avrebbe seguito senza fare storie? – domandò Prudence con la stessa veemenza.

Draco sospirò.

-Prudence…Credi veramente che farei del male a tua madre? Che la costringerei a fare qualcosa contro la sua volontà? – le domandò con una punta di incertezza nella voce.

La ragazza lo fissò, sorpresa da quella domanda.

Fino a quel momento avrebbe considerato assurda quella possibilità, ma ora poteva essere altrettanto sicura?

Chi le assicurava che all’inizio della loro relazione suo padre non aveva costretto sua madre a stare insieme con la forza?

L’attimo dopo che quel pensiero attraversò la sua mente, Prudence rigettò quell’idea.

Era impossibile. Inaccettabile. Suo padre non lo avrebbe mai fatto.

Pertanto, in risposta alla domanda di suo padre, scosse la testa.

Sollevato, Draco si lasciò scappare un sospiro.

- La mattina dopo la partita di poker mi sono presentato nel vostro appartamento e ho mostrato ad Hermione la pergamena- ricominciò a raccontare.

-Come ha reagito? – chiese Prudence, cercando di venire a patti con tutte quelle informazioni.

Draco ridacchiò.

-Andò su tutte le furie: se la prese con me, per aver proposto quell’accordo e anche con Weasley per aver accettato.

Poi si lasciò prendere dallo sconforto, convinta di non avere altra scelta.

È stato allora che le dissi che era libera di prendere la propria decisione: avrei tenuto fede alla mia parte del contratto anche se Hermione avesse deciso di fare i vostri bagagli e scomparire.

L’unica cosa che mi interessava realmente era la sua felicità- commentò Draco.

Prudence aggrottò la fronte.

-L’avresti lasciata andar via? – gli chiese incredula.

Draco alzò le spalle.

-L’amore ti porta a fare delle pazzie…- si limitò a commentare.

La ragazza lo fissò chiaramente confusa.

-Quindi se la mamma è qui…- iniziò.

-È perché ha scelto di venire di sua spontanea volontà- confermò Draco.

-Perché? - si ritrovò a chiedere Prudence.

Draco alzò nuovamente le spalle.

-Mi piace pensare di essere stato abbastanza convincente, ma per sapere realmente cosa le è passato per la mente in quel momento dovrai chiedere a lei- commentò Draco.

Prudence lo fissò per qualche istante in silenzio, ripensando alla conversazione avuta neanche ventiquattro ore prima con Sadie e Ben, in cui i due le avevano parlato della titubanza e diffidenza che traspariva chiaramente dalle pagine del diario di sua madre ogni volta che si parlava dei Serpeverde o di suo padre.

-Ora capisco perché in alcune pagine del diario parla di te e degli altri come se foste dei nemici…- commentò.

Draco annuì.

-L’inizio della nostra storia non fu facile.

Mentre eravamo nel vostro vecchio appartamento, Potter si presentò pronto ancora una volta ad essere l’eroe della situazione: era venuto per portar via te e tua madre in modo da risolvere la situazione tra Hermione e Weasley, ma per la prima volta da quando si conoscevano tua madre decise di andare controcorrente.

Decise di venir via con me. Fu allora che Potter le raccontò del gossip che aveva sentito su me e tua madre- raccontò Draco.

-Quale gossip? - chiese Prudence curiosa.

Draco la fissò qualche istante, prima di passarsi una mano tra i capelli.

-Una voce che era iniziata a circolare nella comunità magica subito dopo la partita di poker, che vedeva me e tua madre amanti da diverso tempo, e che avrebbe dato una spiegazione logica alla mia proposta- riferì Draco.

-È assurdo! - replicò la ragazza.

A quelle parole, Draco aggrottò la fronte.

-Perché mai? - le chiese.

-Perché nel diario della mamma non è scritto nulla che possa far pensare ad una relazione tra voi due durante il suo matrimonio con Weasley- rispose prontamente Prudence.

Un sorriso sarcastico distese le labbra sottili dell’uomo.

-Ancora una volta hai preferito usare la logica… Se non avessi avuto il diario di tua madre, saresti stata altrettanto sicura dell’impossibilità di una relazione tra me ed Hermione? - le domandò curioso.

Prudence lo fissò a lungo in silenzio, riflettendo sulle sue parole: avrebbe potuto escludere a priori una relazione tra i suoi genitori durante il matrimonio di sua madre?

Chi le assicurava che se si fossero incontrati per caso i suoi genitori non sarebbero stati capaci di riallacciare i rapporti, trovare l’intesa che avevano tuttora e iniziare una relazione extraconiugale?

Ai suoi occhi era evidente l’amore che provavano l’uno per l’altra, quindi era veramente così assurda l’idea che questo sentimento potesse nascere clandestinamente, durante il precedente matrimonio di sua madre?

-No. Forse avrei creduto anche io al pettegolezzo- ammise infine Prudence.

Draco annuì, soddisfatto per essere riuscito a mostrare a Prudence un altro punto di vista.

-Cosa fece la mamma quando seppe del pettegolezzo su di voi? – domandò Prudence.

-Io e te eravamo andati a caricare i vostri bagagli nella mia macchina, quindi non ero presente quando Potter le raccontò della voce su di noi, ma arrivai in tempo per confermare la nostra relazione.

Ed ancora una volta, tua madre mi assecondò, confermando le mie parole- raccontò Draco.

-Potter si infuriò, se la prese con tua madre accusandola di aver tradito lui e la loro amicizia, per poi andare via sbattendo la porta.

La solita primadonna…

Dopodiché anche noi ce ne andammo finalmente da quell’appartamento e venimmo qui.

Da quel momento iniziò la nostra convivenza.

All’inizio non fu facile… Il giorno in cui vi trasferiste, Blaise mi chiese di ospitarlo per alcuni lavori di ristrutturazione alla Zabini House quindi tua madre ed io fummo costretti ad inventare su due piedi una storia plausibile riguardo come ci eravamo rincontrati e l’inizio della nostra relazione-raccontò l’uomo.

-Da quello che ho letto, la mamma non sembrava andare molto d’accordo con lo zio Blaise- commentò Prudence.

Draco ridacchiò ironico.

-Il loro rapporto per le prime settimane fu basato su un cordiale disinteresse: vivevamo tutti insieme eppure quei due non si scambiavano più di dieci parole al giorno.

Tuo zio non si fece alcuno scrupolo nel rendermi partecipe dei suoi dubbi su tua madre: la considerava un’arrampicatrice sociale.

Era preoccupato che Hermione stesse con me soltanto per i soldi e cercò più volte di farmi aprire gli occhi- ricordò Draco, lo stesso sorriso ironico sulle labbra.

-Quindi non credeva alla vostra relazione? – chiese Prue.

Draco scosse la testa.

-Non all’inizio. All’epoca Blaise era molto diverso da come lo vedi oggi, sempre pronto a vedere il marcio in ogni donna… È una fortuna che abbia incontrato Ginny, altrimenti non so davvero che fine avrebbe fatto.

-Le cose migliorarono lentamente già dalla prima settimana di convivenza: io e tua madre demmo la nostra prima cena ufficiale con l’Ambasciatore americano e sua moglie e, proprio come avevo immaginato, tua madre fu fantastica.

Una perfetta padrona di casa e moglie di un diplomatico.

Poi ci fu l’anniversario di matrimonio di Pansy e Theo- aggiunse Draco.

Un lieve rossore comparve sulle guance di Prudence, ricordando ciò che aveva letto sulle pagine del diario.

Istantaneo un sorriso distese le labbra sottili di Draco.

-Vedo che non sono l’unico a ricordare cosa è successo a quella festa…- commentò divertito. -Era il primo incontro di Hermione con i Serpeverde…Era terrorizzata.

Ma fin dall’inizio si dovette ricredere: Pansy non vedeva l’ora di incontrarla per dirle quanto fosse felice della nostra relazione, per vantarsi di come avesse sempre saputo che io e tua madre saremmo finiti insieme prima o poi.

Ci furono anche delle note negative, è vero: Daphne non perse occasione per punzecchiare me e tua madre con domande inopportune e per rimarcare il mio comportamento poco affidabile in passato- disse Draco, lasciandosi andare ad un sospiro frustrato. -Hermione andò completamente nel panico- aggiunse.

-Questo non c’era scritto sul diario…- commentò Prudence.

Draco sorrise.

-È stata una serata lunga e piena di eventi… Posso solo dirti che un attimo prima io e tua madre ci stavamo urlando contro e l’attimo dopo ci siamo baciati per la prima volta- rispose Draco, lo sguardo perso nel ricordo di quella serata lontana.

L’istante dopo, Draco si riscosse e si schiarì la gola.

-Dopo quella sera, le cose fra me e tua madre andarono decisamente meglio.

Durante le settimane seguenti ci avvicinammo sempre di più e osservandoci insieme, nessuno avrebbe avuto il minimo dubbio sulla nostra relazione.

Fin dal vostro primo incontro tu e Sadie siete diventate inseparabili e questo ha favorito anche l’inizio di un’amicizia tra Hermione e Pansy.

Hermione sembrava finalmente aver trovato il proprio posto tra di noi… Ma in gran parte è merito tuo- confessò Draco.

-Che vuoi dire? - domandò Prudence aggrottando la fronte.

Draco accennò un sorriso affettuoso.

-Fin dal primo istante in cui ci siamo incontrati, tra noi due c’è stata subito un’intesa.

Eri una bambina timida, eppure non hai mai avuto paura di me.

Ogni sera mi correvi incontro quando tornavo dal lavoro, fin dai primi giorni, pronta ad accogliermi con un sorriso e un abbraccio.

Ti sei integrata perfettamente nel gruppo dei Serpeverde, ancor prima di Hermione.

Mi hai chiamato “papà” per la prima volta dopo neanche un mese dall’inizio della mia relazione con tua madre.

Sono certo che se tu avessi avuto problemi, se io e te non fossimo riusciti a sviluppare il rapporto che abbiamo ancora adesso, forse le cose tra me e tua madre sarebbero andate in modo diverso- disse sincero.

Prudence abbassò per qualche istante lo sguardo sulle proprie mani, riflettendo sulle parole di suo padre.

Per quanto si sforzasse le era difficile immaginare una vita diversa da quella che aveva vissuto fino a quel momento: era assurdo pensare ad una vita senza suo padre, senza i suoi fratelli, senza Sadie o le persone che le erano state accanto tutta la vita.

Durante quei giorni, da quando aveva scoperto il nome del suo padre naturale aveva provato più volte a vedersi in un contesto completamente diverso: un altro membro della numerosa famiglia Weasley, circondata da parenti rumorosi e buffi, una Grifondoro come sua madre…

Probabilmente non sarebbe stata una vita triste o terribile... Ma non era la vita che le era stata destinata e che voleva.

Forse anche lei, come sua madre si sarebbe integrata perfettamente tra i Grifondoro riuscendo ad eccellere in diverse materie, senza accorgersi che una parte di lei era rimasta sopita, quasi anestetizzata per la mancanza di stimoli appropriati.

-Da quando ho scoperto la verità, ho provato più volte a scavare nella mia memoria per cercare un ricordo che mi aiutasse a capire chi fosse mio padre.

Ho provato tutti gli incantesimi possibili, eppure non sono riuscita a ricordare nulla…

Il mio ricordo più vecchio, oltre alla mamma che ogni sera mi cantava la ninna nanna, sei tu che ti sedevi accanto a me per leggermi una storia prima del suo arrivo- gli disse.

Draco ricambiò il suo sguardo in silenzio, leggermente commosso.

Prudence alzò le spalle.

-Tu sei mio padre, lo sei sempre stato. Da quando ho scoperto la verità, il mio desiderio non è mai stato quello di incontrare il mio padre naturale, ma di conoscere il motivo per cui avete mantenuto il silenzio tutti questi anni-

Per alcuni istanti nella stanza calò il silenzio, mentre padre e figlia continuavano a fissarsi, immersi in una conversazione silenziosa.

Quando finalmente Draco distolse lo sguardo, fu costretto a schiarirsi nuovamente la gola.

-Ho sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato.

Sei una ragazza intelligente ed inoltre, sei identica a tua madre: se qualcosa non ti è chiaro, continui ad indagare finché non hai scoperto la verità.

Avrei voluto raccontarti parte di quello che era successo tra me e tua madre prima della tua partenza per Hogwarts.

Ero consapevole della concreta possibilità che tu incontrassi qualcuno della famiglia Weasley ed ero spaventato dalla tua reazione… Avevo paura che ti raccontassero una versione distorta della realtà- confessò Draco.

-Perché non lo hai fatto? – chiese Prudence.

Draco sospirò.

-Dovresti saperlo ormai che non riesco a negare nulla a tua madre…

Hermione era terrorizzata dalla tua reazione: era convinta che fossi troppo giovane e che avresti finito per odiare entrambi.

Per giorni restò sveglia, pensando a ogni tua possibile replica, cercando subito dopo tutta una serie di soluzioni per contenere i danni.

Così, decisi di cedere-

-La mamma ha paura del mio giudizio? – domandò sorpresa Prudence.

-Certo che sì, Prudence.

Tua madre ti adora, sei e resterai sempre la sua bambina…

Credi veramente che tua madre ed io non siamo terrorizzati all’idea di perderti per quello che è successo in passato? – replicò Draco sincero.

Prudence abbassò lo sguardo sulle proprie mani, incapace di sostenere oltre lo sguardo di suo padre.

Per un breve istante, la ragazza si interrogò sulle parole di suo padre: era reale la paura dei suoi genitori di veder cambiare il rapporto che avevano avuto fino a quel momento?

Cosa avrebbe fatto una volta saputa tutta la verità? Avrebbe continuato la sua vita come se nulla fosse o quei segreti a lungo taciuti avrebbero avuto delle ripercussioni?

Ancora una volta Draco sospirò, costringendola a rialzare lo sguardo.

-Mentre il rapporto tra me e te si rafforzava giorno dopo giorno, anche la relazione tra me e tua madre cresceva e diventava più forte.

Quello che purtroppo non sapevamo era che qualcuno aveva iniziato a tramare nell’ombra contro di noi- iniziò Draco.

-Weasley? - chiese Ben, aggrottando la fronte.

Draco annuì.

-Non soltanto lui. Anche Potter non accettò mai la relazione tra me ed Hermione.

In un paio di occasioni ci mancò poco che non venissimo alle mani…-

-Cosa c’entrava Harry Potter con voi due? - domandò Prudence confusa.

Draco sogghignò.

-Ottima domanda.

All’epoca, Potter continuava a ripetere che Hermione fosse sotto Imperius, o qualche altro incantesimo di Magia Nera.

L’unico motivo plausibile per cui avrebbe accettato di venire con me, o addirittura di iniziare una relazione con il sottoscritto visto il nostro passato.

Ora è evidente che il suo comportamento era dovuto alla gelosia- commentò Draco.

-Gelosia? Verso di te? – chiese Prue.

Draco scosse la testa.

-Verso tua madre. Nonostante all’epoca fosse sposato con Ginny, era innamorato di tua madre- rivelò l’uomo.

Prudence corrugò la fronte e scosse la testa.

-E’ assurdo! Se era innamorato di lei, perché ha lasciato che sposasse un altro? – domandò la ragazza.

-Perché tutti si aspettavano che sposasse Ginny Weasley e soprattutto perché tua madre lo ha sempre considerato alla stregua di un fratello.

Ancora adesso ti direbbe che Potter ha agito in quel modo deplorevole perché si è sentito tradito dall’amica di sempre.

Nonostante tutto quello che ci ha fatto, tua madre non è in grado di vedere Harry Potter per ciò che è: un uomo come tutti gli altri a cui il potere ha dato alla testa- commentò Draco.

-Lei come fa a sapere che Harry Potter era innamorato di Mrs. Malfoy? – domandò Ben, leggermente sospettoso.

Draco accennò un sorriso malizioso.

-Al contrario di Hermione, ho sempre visto Potter per ciò che era realmente.

Inoltre ho avuto la conferma dei miei sospetti da Blaise e Ginny.

Potter era sempre pronto a correre in soccorso di tua madre durante il matrimonio con Weasley, mostrandosi partecipe e desideroso di risolvere i suoi problemi: era in attesa dell’occasione giusta per farsi avanti, ma non aveva fatto i conti con me e la mia proposta.

Ho mandato all’aria tutti i suoi piani…- disse Draco, un sorriso soddisfatto sul volto.

-E’ per questo che ha aiutato Weasley? – domandò Prudence.

Il volto di Draco tornò immediatamente serio e, l’attimo dopo, l’uomo annuì.

-Quando Weasley si rese conto della veridicità delle voci che circolavano su di me e tua madre, iniziò a ideare un piano per portarvi via da me.

Credo che inizialmente volesse rapire entrambe, ma poi qualcosa deve avergli fatto cambiare idea e ha concentrato tutte le sue forze su di te.

Potter gli procurò dei documenti falsi e una Passaporta illegale, inoltre convinse tua zia Ginny a essere complice inconsapevole nel loro piano-

-La zia Ginny era coinvolta? – chiese Prudence scioccata.

-Inconsapevolmente- ripeté Draco. – Fu lei a presentarsi qui, chiedendo a tua madre di farti partecipare ad una festa in cui sarebbe stata presente gran parte della famiglia Weasley.

Io ero contrario e credo che anche Hermione avesse delle remore, ma finì con dare il suo assenso per l’affetto che ancora provava nei confronti dell’anziana Mrs. Weasley-

Draco abbassò lo sguardo sul piano della scrivania, passandosi una mano tra i capelli con un gesto nervoso.

Agli occhi di Ben e Prudence era evidente quanto fosse difficile per Draco anche solo ripensare a quei momenti.

-E’ bastato un attimo…- mormorò Draco. -Un solo momento di distrazione e ti ha portato via-

Per un lungo istante nella stanza calò il silenzio: se Prudence e Ben erano intenti a fissare entrambi Draco, in attesa che l’uomo ricominciasse a parlare, dal canto suo Draco Malfoy avrebbe voluto interrompere quella conversazione all’istante.

Si era sempre detto che sarebbe stato completamente sincero con sua figlia, che avrebbe risposto a tutte le sue domande, ma probabilmente non aveva fatto i conti con i propri sentimenti; quello che era successo quindici anni prima era un argomento difficile, di cui preferiva non parlare, consapevole che se avesse aperto la porta a quei ricordi, allora le emozioni provate all’epoca sarebbero tornare ad assalirlo con la stessa forza di un tempo.

-Avrei tanto bisogno di un Firewhiskey in questo momento…- mormorò Draco.

Lasciò che il silenzio cadesse nuovamente nella stanza, cercando di dare un ordine ai pensieri confusi che gli affollavano la mente e infine si lasciò andare ad un respiro profondo.

-E’ stato il mese più brutto della nostra vita- iniziò, lo sguardo fisso sul parquet. -Abbiamo iniziato le ricerche immediatamente, abbiamo contattato tutte le persone che avrebbero potuto darci una mano, ma per i primi giorni non abbiamo avuto fortuna.

Hermione…- Draco iniziò prima di fermarsi e schiarirsi la voce.

-Tua madre era a pezzi… Era in uno stato di torpore, incapace di rendersi conto di quello che stava succedendo intorno a lei.

C’è voluto qualche giorno, ma alla fine è stata lei ad avere l’idea giusta che ci ha permesso di restringere il campo delle ricerche.

Decise di andare a parlare con Potter…-raccontò Draco.

Prudence ascoltò in silenzio le parole di suo padre, gli occhi velati di lacrime per il dolore visibile sul volto dell’uomo e per un breve istante fu tentata di interrompere la conversazione, consapevole di quanto fosse difficile per suo padre ricordare quei momenti, ma alla fine vinse il suo desiderio di sapere la verità e la consapevolezza che se lo avesse fatto non sarebbe più stata in grado di riprendere quel discorso.

-Ancora adesso, dopo tanti anni, non so cosa si dissero ma quando tua madre uscì dall’ufficio di Potter aveva ottenuto l’informazione di cui avevamo bisogno e aveva definitivamente messo la parola fine alla sua amicizia con l’uomo.

Ora sapevamo che Weasley ti aveva portato in America, sapevamo i vostri nomi ma eravamo certi che Weasley aveva trovato il modo di confondere ulteriormente le acque.

Nelle settimane seguenti contattammo le autorità magiche americane per denunciare la tua scomparsa e tappezzammo di volantini con la tua foto ogni luogo pubblico nelle principali città americane.

Finalmente, venti giorni dopo la tua scomparsa, ricevetti una telefonata- ricordò Draco.

Un lieve sorriso apparve sulle sue labbra sottili.

-Credo che sarò per sempre riconoscente a quella donna per l’enorme regalo che ci ha fatto.

Anche se non l’ho mai confessato neanche a tua madre, ero pronto a partire e a portare avanti le ricerche di persona se non avessimo ottenuto dei risultati il prima possibile.

Fortunatamente, è arrivata quella telefonata… Quando ho sentito la tua voce dall’altra parte della cornetta ho iniziato a piangere come un bambino- disse Draco senza incontrare lo sguardo di Prudence.

Dal canto suo la ragazza si lasciò andare ad un sorriso commosso leggendo ancora una volta sul volto del padre i sentimenti che lo avevano animato in quella situazione difficile.

-Pansy e Theo vennero a prenderti a New York per evitare che sentendosi braccato Weasley non tentasse la fuga, ma alla fine l’uomo accettò di ritornare a Londra ponendo come condizione di riconsegnarti a noi in territorio neutrale: l’appartamento di Potter.

Tua madre era talmente ansiosa di riabbracciarti che accettò quella condizione all’istante.

Ma ancora una volta quando si tratta di Weasley e Potter si rivelò una decisione sbagliata…- aggiunse Draco.

Prudence sapeva cosa le avrebbe raccontato di lì a poco suo padre e deglutì a vuoto, nervosa.

Leggere quelle pagine nel diario di sua madre era stato incredibilmente doloroso: era entrata a contatto con il dolore, il rimorso ed i sensi di colpa di sua madre per quello che era successo; aveva letto degli incubi che l’avevano tormentata per settimane e per la prima volta si ritrovò a condividere l’odio che suo padre provava per Weasley.

Come poteva, un uomo che professava di amare sua madre, farle tanto male? Trattarla in quel modo senza avere il minimo rispetto verso di lei e tutto quello che avevano condiviso insieme?

-Hermione mi chiese di lasciarle qualche minuto per parlare da sola con Weasley… Ancora adesso mi chiedo come ho fatto ad essere così stupido: avrei dovuto insistere, entrare in quella stanza insieme a lei, ma era una situazione talmente caotica che decisi di assecondare la sua decisione-

 Per un lungo istante Draco restò in silenzio, le dita di una mano intente a strofinare il mento e gli occhi fissi sul parquet, prima di sospirare.

-Quando sono entrato in quella stanza non ho capito subito cosa stesse succedendo…

Ricordo di aver sentito dei rumori e che la mia prima reazione è stata la gelosia- disse lasciandosi andare ad una risata amara, piena dei sentimenti negativi che ancora adesso provava verso se stesso ogni volta che ripensava a quei momenti.

-La mia reazione istintiva è stata la gelosia…-ripeté. – Per me è stato più facile credere che tua madre potesse tradirmi, nonostante tutto quello che avevamo vissuto insieme in quei mesi e ciò che sapevo su di lei, piuttosto che rendermi conto all’istante di quello che stava realmente accadendo davanti ai miei occhi- ammise coprendosi gli occhi con una mano.

Un silenzio pesante cadde nuovamente nella stanza mentre Draco ripensava per la prima volta da anni a quei terribili momenti ed i due ragazzi osservavano il dolore e la vergogna chiaramente espresso sul volto dell’uomo.

-Cosa ha fatto dopo? - domandò Ben con voce bassa.

Draco sospirò e allontanò la mano dal volto.

-Gli ho lanciato uno Stupeficium per allontanarlo da Hermione.

Credo che se non fosse intervenuta Pansy lo avrei ucciso…-aggiunse Draco, lo sguardo perso nei ricordi.

Draco finalmente allontanò lo sguardo dal parquet e incontrò lo sguardo di Ben, trovando negli occhi del giovane un’espressione determinata che gli fece capire che, al suo posto, Ben avrebbe agito come lui.

-Mentre io ero impegnato a torturare quell’essere, Hermione aveva perso i sensi e decidemmo di portarla in ospedale…

Ed è stato allora che scoprimmo della gravidanza- aggiunse Draco.

Questa volta sul suo volto apparve un’espressione triste accompagnata da un sorriso accennato.

-Parlami del bambino…-disse Prudence con voce rotta dall’emozione.

Il sorriso sul volto di Draco si accentuò leggermente e l’uomo cercò lo sguardo della figlia per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare dei momenti più difficili della suo primo anno con Hermione.

-Adesso avrebbe avuto quasi diciannove anni…

All’epoca ero convinto che sarebbe stato un maschio, ma visto l’arrivo delle gemelle subito dopo non ne sono così sicuro- Draco commentò. -Probabilmente avrei avuto un’altra donna di cui essere terribilmente geloso- aggiunse.

Prudence lo imitò sorridendo a sua volta, gli occhi velati di lacrime.

Draco si schiarì la gola per l’ennesima volta e si passò una mano tra i capelli, cercando di ritrovare il proprio contegno.

-Le settimane successive furono pesanti per tutti.

Come sicuramente avrai letto nel diario di tua madre, una volta dimessa dall’ospedale Hermione fu tormentata dagli incubi.

Contemporaneamente si tenne il processo a Weasley…- Draco riprese a raccontare.

-Per cosa su accusato? - chiese Ben.

-Sottrazione di minore, contraffazione di documenti, utilizzo di una passaporta illegale e tentativo di stupro- elencò Draco. -Presenziai a tutte le udienze in tribunale e fu evidente fin da subito che quel processo si sarebbe risolto a nostro favore.

Divenne ancora più evidente quando Seamus Finnegan e Blaise testimoniarono in tribunale e parlarono del contratto che Weasley aveva firmato durante quella famosa partita di poker.

Hermione fu presente soltanto all’ultima udienza, durante la lettura del verdetto-

-Lo condannarono, giusto? – domandò Ben.

Draco annuì.

-Quindici anni ad Azkaban.

Relativamente poco per tutto il dolore che ha inflitto a Hermione e Prudence, ma ha avuto quello che si meritava…- commentò Draco con voce dura.

Per alcuni istanti i due ragazzi restarono in silenzio, portando Draco a chiedersi chi tra i due avrebbe fatto la domanda successiva.

-Che ne è stato di Weasley? – chiese infine Ben dando voce al pensiero di entrambi.

Draco fissò i due ragazzi per qualche secondo in silenzio prima di sospirare.

-Ho sempre detto che era un uomo debole e me lo ha confermato anche in quell’occasione.

Non ha resistito neanche un anno ad Azkaban- rivelò con voce atona. -Per qualche tempo il suo desiderio di vendetta lo ha sostenuto, ma con il passare dei mesi ha perso velocemente la ragione: ha iniziato a passare notti insonni e a rifiutare il cibo in una sorta di protesta verso la sua ingiusta condanna, finché non si è lasciato morire di fame- concluse.

Prudence si ritrovò a fare un cenno con il capo, assimilando quell’informazione: il suo padre naturale era morto.

Un uomo che non aveva mai conosciuto e che ora non avrebbe mai incontrato.

Ora più che mai il nome di Ron Weasley era soltanto una parola su un certificato… Una parola senza alcun significato.

Era strano che non provasse alcun sentimento per quella notizia?

Avrebbe dovuto provare tristezza per la sua morte oppure rammarico per la mancata opportunità di conoscere l’uomo, ma in quel momento non provava nulla.

Probabilmente avrebbe avuto tempo per analizzare meglio tutto quello che le era stato detto e per capire i suoi veri sentimenti al riguardo, ma ora si sentiva completamente svuotata.

-Come ha reagito la mamma alla notizia della sua morte? – si ritrovò a chiedere curiosa.

Le labbra di Draco si sollevarono in un sorriso leggermente ironico.

-Nonostante tutto quello che aveva sopportato durante gli anni con quell’uomo e il dolore che le aveva causato, quando seppe che Weasley era morto tua madre scoppiò in lacrime.

Pianse a lungo…In ricordo dei tempi passati insieme ad Hogwarts- disse semplicemente Draco in tono neutrale, incapace di nascondere i propri sentimenti al riguardo.

Prudence annuì e restò in silenzio per qualche istante.

-E’ tutto? - gli chiese.

Suo padre le aveva raccontato tutto oppure c’era qualche altro scheletro nell’armadio di non era ancora a conoscenza?

Draco sospirò nuovamente e poggiò le spalle contro lo schienale della poltrona.

-C’è ancora una cosa…

Dopo il processo, le cose tra me e tua madre tornarono lentamente alla normalità: dopo averti riportato a casa, ti avevo fatto un incantesimo per cancellare ogni ricordo di quel mese trascorso con Weasley, per evitare che quell’episodio potesse confonderti e fortunatamente eri tornata la bambina adorabile di sempre.

Perciò decisi che era venuto il momento di chiedere a tua madre di sposarmi- raccontò.

Prudence accennò un sorriso alle parole del padre.

Ricordava le parole scritte da sua madre al riguardo sul diario, gli accenni a ciò che aveva preceduto la proposta di matrimonio e ringraziò il padre per la delicatezza dimostrata al riguardo.

-Chissà quale sarà stata la sua risposta…-Prudence commentò ironica.

Draco sorrise ironico a sua volta.

-Per mia fortuna, Hermione decise di accettare la mia proposta di matrimonio.

Pose un’unica condizione: che ci sposassimo entro la fine dell’anno, in modo da chiudere positivamente quell’anno pieno di avvenimenti.

Così, grazie soprattutto alle capacità organizzative di Pansy, organizzammo il matrimonio in un mese e finalmente ci sposammo- raccontò Draco.

-Mi ricordo il vostro matrimonio…- commentò Prue.

Draco annuì.

-Eri adorabile… Ma probabilmente io sono di parte- considerò Draco con un lieve sorriso a distendergli le labbra sottili.

Prudence ridacchiò.

-Subito dopo il matrimonio partimmo per la luna di miele e, al nostro ritorno, i documenti per l’adozione erano pronti…-

-Adozione? – chiese Ben confuso.

Draco annuì ancora una volta.

-Quando chiesi ad Hermione di sposarmi, le dissi che era mia intenzione adottare Prudence, farla diventare una Malfoy a tutti gli effetti.

Credo che questa mia richiesta abbia convinto tua madre della serietà della mia proposta di matrimonio.

Come ho detto, al ritorno dal viaggio di nozze i documenti erano finalmente pronti.

Tua madre avrebbe dovuto solo firmarli e tu saresti diventata mia figlia anche dal punto di vista legale.

Ed è stato allora che Hermione mi ha lasciato- confessò Draco.

Come aveva previsto, sul volto dei due ragazzi si dipinse un’espressione incredula.

-Cosa? – chiese Prudence scioccata.

Draco annuì.

-La mamma ti ha lasciato dopo neanche un mese di matrimonio? – domandò ancora Prudence.

Draco annuì nuovamente, allungando una mano verso la seconda pergamena che aveva preso dalla cassaforte e che fino a quel momento era rimasta sulla scrivania, dimenticata da tutti i presenti.

-Ma perché? –

Draco sospirò e tese la pergamena verso Prudence.

-Per questo documento- rispose.

 

"Io Narcissa Lestrange Malfoy, nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali, lascio le mie ultime volontà".

 

 Prudence rialzò lo sguardo sul volto di suo padre, la fronte corrugata.

-E’ il testamento di tua madre- disse confusa.

-Continua a leggere- Draco disse con voce calma.

Prue abbassò nuovamente lo sguardo sulla pergamena ingiallita e lesse velocemente le prime righe, capendo immediatamente il motivo che aveva portato sua madre a lasciare suo padre.

Interrompendo la lettura del documento a metà, Prudence rialzò lo sguardo su suo padre e lo fissò incredula.

-Quanti anni avevi quando tu e la mamma vi siete sposati? –

Draco sostenne lo sguardo di Prudence e restò in silenzio per qualche istante.

-Avrei compiuto ventisette anni di lì a poco- Draco disse confermando i dubbi che leggeva chiaramente sul volto di Prudence.

-Quindi hai fatto tutto questo per i soldi? - gli domandò incapace di trovare un senso a tutto quello che suo padre le aveva detto finora e le parole scritte nel testamento di Narcissa.

Draco sospirò, lasciandosi andare ad un gemito frustrato.

-Tesoro, ti adoro e amo il fatto che tu assomigli così tanto a tua madre, ma certe volte questa tua caratteristica è veramente frustrante.

Credo che se tu ti fossi trovata al suo posto avresti reagito esattamente come lei- commentò Draco.

-Allora dimmi tu cosa devo pensare…- replicò Prudence, leggermente irritata.

-Continua a leggere il testamento! – le disse.

Dopo un ultimo istante di incertezza in cui pensò di far vincere la propria irritazione e andarsene dallo studio di suo padre, Prudence abbassò nuovamente lo sguardo sul testamento di Narcissa e riprese a leggere.

Soltanto quando fu arrivata all’ultima riga si rese conto di quanto fosse stata avventata nel proprio giudizio e si vergognò di aver dubitato di suo padre anche soltanto per qualche minuto.

Il suo unico vero amore.

Quella postilla era la conferma definitiva alle parole di suo padre, al suo comportamento durante gli anni prima che i suoi genitori diventassero una coppia e durante il loro matrimonio.

Spiegava inoltre perché tutte le relazioni precedenti di suo padre, comprese quelle con la zia Pansy e la zia Daphne si erano concluse con un nulla di fatto.

Prudence rialzò lentamente lo sguardo sul volto dell’uomo e lo fissò in silenzio.

-Hai capito adesso? - le domandò Draco, leggermente divertito dall’espressione imbarazzata sul volto di Prudence.

Prudence annuì.

-Mi dispiace aver dubitato di te…- iniziò.

-Non preoccuparti, tua madre mi urlò contro insulti peggiori- la interruppe Draco.

Nonostante l’imbarazzo, Prudence accennò un sorriso.

-Come sei riuscito a farle cambiare idea e a riportarla a casa? - gli domandò.

Draco alzò le spalle.

-Diciamo che è stato un lavoro di gruppo.

Dopo avermi lasciato, tu e tua madre vi trasferiste per qualche giorno da tua zia Ginny.

Hermione era convinta che tutti i miei amici fossero a conoscenza del testamento e l’avessero ingannata per tutti quei mesi, quindi furiosa aveva interrotto ogni contatto con Pansy e Daphne.

Il primo che andò a parlare con lei fu Theo; le mostrò di nuovo il testamento e le fece notare la clausola introdotta da mia madre.

Grazie a lui, Hermione ricucì la sua amicizia con Pansy e si trasferì nella casa di campagna dei Nott.

Sono certo che tua madre e Pansy abbiamo passato ore a parlare di me…

In fondo tua zia Pansy ha sempre amato parlar male del sottoscritto- aggiunse ironico Draco.

Prudence rise e scosse leggermente la testa; non sarebbe mai riuscita a capire fino in fondo l’intricata rete di legami che legava i suoi genitori con gli altri membri della loro grande famiglia allargata.

-Infine mi sono presentato a Nott House.

Sono riuscito a convincere tua madre dei miei sentimenti per lei e a riportarvi a casa.

Il resto è storia: qualche settimana dopo tua madre ha scoperto di aspettare le gemelle e dopo diciassette anni siamo ancora qui- concluse Draco.

Era evidente dall’espressione del suo volto che quella era realmente la fine del suo racconto.

-Niente più segreti? - gli domandò Prudence.

Draco scosse la testa.

-Niente più segreti.

Ora tocca a te decidere cosa fare.

Puoi perdonarci per averti nascosto la verità per tutti questi anni? – gli domandò Draco di nuovo serio.

Prudence aggrottò la fronte.

-Certo che sì- replicò prontamente.

Draco scosse lentamente la testa.

-Non prendere decisioni affrettate.

Oggi hai scoperto una parte della tua vita che non conoscevi, molti segreti che poco si addicono all’immagine che da sempre hai di me e di tua madre…

Ho bisogno che tu rifletta a lungo e con calma su tutto quello che ci siamo detti oggi in questa stanza e prenda liberamente la tua decisione- le disse.

Per quale istante, Prudence lo fissò in silenzio confusa dalle sue parole.

-Di cosa stai parlando papà? – gli domandò.

Draco sospirò.

-Io e tua madre ne abbiamo parlato e siamo entrambi d’accordo che per noi non sarebbe un problema se tu, in luce delle nuove informazioni ricevute, decidessi di visitare la tomba di Weasley oppure decidessi di contattare la famiglia Weasley- Draco disse infine.

-Stai scherzando? - gli domandò Prudence incredula.

Draco restò in silenzio.

-Assolutamente no! Per quale assurdo motivo dovrei volere una cosa simile? - ribatté la ragazza alzando leggermente la voce.

Draco si alzò in piedi e aggirò velocemente la scrivania, prima di fermarsi accanto a Prudence, piegandosi sulle ginocchia per poter incontrare il suo sguardo.

L’attimo dopo le prese una mano tra le sue e la strinse dolcemente.

-Tesoro ascolta… Ti sto soltanto chiedendo di prenderti del tempo per analizzare con calma tutto quello che hai scoperto.

Sei una delle persone che amo di più al mondo e non voglio che tu un giorno possa rinfacciare a me e a tua madre di averti rovinato la vita con le nostre scelte.

Se deciderai che quello che hai scoperto non ha nessuna importanza per te, la nostra vita andrà avanti come se le ore passate in questo studio non siano mai accadute; ma se decidi di voler contattare la famiglia Weasley per scoprire qualcosa di più sul tuo padre naturale o per soddisfare la tua curiosità di conoscere come sarebbe stata la tua vita in quell’enorme famiglia, allora sappi che io e tua madre saremo comunque al tuo fianco e appoggeremo qualsiasi decisione tu prenda-

Prudence sospirò e chiuse gli occhi per un breve istante.

Forse suo padre aveva ragione: doveva riflettere a lungo e attentamente su quello che aveva scoperto, lasciare che le emozioni prendessero il sopravvento in modo da fare la scelta più giusta.

In modo da non avere alcun rimpianto in futuro.

Riaprendo gli occhi, annuì.

-Va bene, ti prometto che ci penserò-

 

Salve a tutti!!! Bentrovati!

Finalmente ce l'ho fatta a postare questo capitolo!!! Non avete idea di quanto sia stato difficile... Avevo un'idea precisa di come avrei dovuto impostarlo e cosa si sarebbero detti Prudence e Draco, ma ogni volta Draco continuava ad aggiungere pezzi di conversazioni nella mia mente che dovevano assolutamente trovare posto nel dialogo.

Come avete visto, tutti i grandi segreti sono stati svelati, inoltre abbiamo scoperto anche che fine ha fatto Ron dopo la sua condanna. Ve lo aspettavate?

Il confronto, se così vogliamo chiamarlo, tra Prudence ed Hermione farà parte di un Outtakes che sarà pubblicato a breve; avevo paura di creare un capitolo mostro di 1000 pagine xD

Come avevo anticipato in precedenza questa storia è alle battute finali, credo che manchino massimo 4 capitoli...

Nel frattempo volevo chiedere il vostro consiglio: non ho ancora scelto il sesso del bambino di Prudence e Ben... Avete delle preferenze? Boy or Girl? Fatemi sapere! ^_^

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa come sempre per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

La frase all'inizio del capitolo è tratta da "C'est la vie" di Achille Lauro.

Ed ora i ringraziamenti: Vittoria_p( Benvenuta! Grazie per i complimenti! ^_^ Spero che questo nuovo capitolo sia di tuo gradimento), Fiorentinasara( I ricordi purtroppo non possono tornare perchè sono stati cancellati con un incantesimo, ma credo che Prudence avrà sicuramente molto su cui riflettere dopo la lunga chiacchierata con Draco), Stefmassetti( Benvenuta! E grazie per aver dato fiducia al seguito de "Il pagamento" ^_^ Grazie per i complimenti! E' sempre difficile portare avanti storie parallele, sia tra i junior ed tra i seniors, ma ammetto che è una grande soddisfazione quando riesco a dare un senso ad una FF così complessa....La scelta di Harry è dovuta principalmente alla vergogna per il proprio comportamento: sa che i suoi figli sono "innocenti", ma sono anche la prova vivente di tutti gli errori che ha fatto in passato e quindi continuare a frequentarli sarebbe come trovarsi di fronte ad uno specchio che gli riflette continuamente le sue colpe; Spero che questo capitolo sia di tuo gradimento! ^_^), Germana( Bentornata! ^_^ Grazie per i complimenti! Si, puoi ufficialmente festeggiare la nascita della nuova coppia: dopo tanto penare Albus e Richard hanno chiarito tutti i fraintendimenti e sono pronti per godersi un pò di felicità. Povero James, forse sono stata un pò crudele con lui? Però aveva bisogno che qualcuno gli aprisse gli occhi... Devo confessarti che anche io mi sono leggermente commossa scrivendo la parte tra Jim e Blaise e sono contenta di averla scritta "decentemente" visto la situazione particolare...Ed ora tocca vedere quale sarà la reazione di Prudence: cambierà qualcosa nella sua vita?).

Bene, per il momento è tutto.

 Io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo...

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Outtake- L'amore è una cosa semplice ***


outtake

 

"Io non lo so chi sono e MI spaventa scoprirlo
Guardo il mio volto allo specchio
Ma non saprei disegnarlo
Come ti parlo, parlo da sempre della mia stessa vita
Non posso rifarlo e raccontarlo è una gran fatica"

 

-Parlami di lui-

Dopo il lungo colloquio con suo padre, Prudence era uscita dal suo ufficio leggermente frastornata dalle tante informazioni.

Finalmente i tanti misteri del suo passato erano stati svelati e, se per mesi aveva sperato di provare un po’ di sollievo una volta scoperta la verità, ora Prudence si sentiva completamente svuotata.

I punti saldi della propria vita non avrebbero sicuramente vacillato sotto quella marea di nuove informazioni, ma ora davanti a lei si aprivano diverse possibilità che non aveva mai preso in considerazione.

Doveva visitare la tomba di Ron Weasley? Doveva incontrare la famiglia Weasley? Doveva cercare di scoprire qualcosa in più sul suo padre naturale?

Quelle domande non le erano sembrate di fondamentale importanza prima del colloquio con suo padre, ma ora che l’uomo le aveva prospettato quella possibilità, Prudence non sapeva davvero cosa fare.

Prima di prendere qualsiasi decisione, doveva parlare con sua madre.

Questa volta Ben restò in soggiorno, consapevole che lei e sua madre avevano bisogno di stare sole in modo da poter parlare in estrema libertà e sincerità.

Quando Prudence si era fermata sulla porta della cucina, Hermione si era voltata verso di lei, quasi avvertendo la sua presenza e irrigidendo all’istante i muscoli delle spalle e della schiena, chiaramente preoccupata della reazione della ragazza a seguito del colloquio con Draco.

Prudence aveva deciso di seguire l’istinto e, coprendo in pochi passi la distanza che la separava da sua madre, l’abbracciò poggiando la fronte contro la sua spalla destra.

Dopo un iniziale istante di smarrimento, Hermione strinse entrambe le braccia attorno alla sua vita e ricambiò il suo abbraccio, iniziando subito ad accarezzarle la schiena con gesti lenti.

Quando finalmente le due donne si separarono, Prudence si sedette su uno degli sgabelli attorno all’ isola sistemata al centro della cucina, imitata subito da Hermione e, dopo un breve momento di silenzio, aveva rivolto a sua madre quella domanda.

Aveva sentito l’opinione di suo padre su Ron Weasley: un’opinione certamente di parte e contaminata dalla gelosia e da anni di rancore.

Ora aveva bisogno di sentire l’opinione di una persona che l’aveva conosciuto bene, per anni e che aveva visto sia il suo lato positivo sia il suo lato negativo e nonostante tutto era riuscita ad amarlo.

Hermione era rimasta in silenzio per un lungo istante, riorganizzando le idee per poi lasciarsi andare ad un sospiro.

-Esistono due versioni della stessa persona: il ragazzo che ho conosciuto durante gli anni di Hogwarts e l’uomo che ho sposato- iniziò.

L’attimo dopo un lieve sorriso inarcò le sue labbra.

-Il ragazzo che ho conosciuto il primo anno ad Hogwarts era impacciato, timido, capace di arrossire per un semplice sguardo.

Con il tempo, a causa delle sfide che abbiamo dovuto affrontare, ha acquistato sicurezza e fiducia in sé stesso e questo lo ha reso carismatico e affascinante, almeno ai miei occhi.

In lui c’erano ancora dei lati negativi: era pigro, incapace di concentrarsi sui propri studi per più di due ore, era permaloso e soggetto a scatti d’ira, soprattutto con tuo padre ed i tuoi zii.

Ma nonostante fossi consapevole dei suoi difetti mi sono innamorata di lui velocemente e quasi senza rendermene conto…

Ai miei occhi era perfetto- raccontò Hermione sincera.

Prudence osservò sua madre e pensò che la irritava sentirla parlare in quel modo di un uomo che non fosse suo padre, nonostante sapesse che in realtà stava parlando del suo padre naturale.

Eppure Ron Weasley era un’ombra nella sua mente: un nome a cui non riusciva ad associare nessuna caratteristica ne fisica ne morale, un uomo che era comparso all’improvviso nella sua vita e che presto ne sarebbe uscito.

La sola speranza di Prudence era che una volta uscito definitivamente dalla sua vita Ron Weasley non lasciasse dietro di sé un cumulo di macerie o ferite troppo profonde da rimarginare.

-La nostra è stata una relazione difficile; non era il momento per pensare all’amore e tutti e tre eravamo concentrati sulla nostra lotta contro Voldemort.

Eppure ci sono stati momenti in cui i sentimenti che provavamo l’uno per l’altra hanno preso il sopravvento…-raccontò ancora Hermione.

-Parli del Ballo del Ceppo? - domandò Prudence.

Hermione accennò un sorriso.

-Vedo che tuo padre ti ha raccontato proprio tutto…- commentò la donna, leggermente imbarazzata. -Sì, il Ballo ne è un chiaro esempio, o la mia gelosia verso la povera Lavanda… Ancora adesso mi vergogno di come mi sono comportata nei suoi confronti- aggiunse Hermione.

Nella stanza calò il silenzio per qualche istante, mentre Hermione cercava di rimettere ordine nei propri pensieri.

-Ci sono stati dei momenti in cui, nonostante fossimo insieme ad Harry, sia per me sia per Ron era spontaneo quasi istintivo cercare il contatto dell’alto, avere la certezza che fosse ancora lì…

Quando tutto finì, Harry mi raccontò che una volta ci trovò addormentati io sul divano e Ron sdraiato a terra accanto a me e nonostante fossimo profondamente addormentati, le nostre mani erano tese verso l’altro, per essere certi di non perderci neanche durante quelle poche ore di sonno- ricordò Hermione, un’espressione indecifrabile sul suo volto.

L’attimo dopo, il suo viso diventò serio.

-Tutto cambiò alla fine della Seconda Guerra.

Ci siamo sposati subito dopo aver finito gli studi, felici di avere il nostro lieto fine dopo tutte le difficoltà che avevamo affrontato…-

Hermione sospirò.

-Adesso mi rendo conto che eravamo entrambi terribilmente danneggiati dalla Guerra; eravamo pieni di ferite invisibili che non avevano avuto il tempo di rimarginarsi e che hanno continuato a pulsare durante gli anni del nostro matrimonio.

Avremmo dovuto prenderci un po’ di tempo, magari passare del tempo separati per avere la certezza che il nostro amore fosse forte, che fossimo pronti per passare il resto della nostra vita insieme… Ma siamo stati presuntuosi.

E forse anche un po’ spaventati dall’idea di separarci dopo anni passati uno accanto all’altra-

Prudence osservò sua madre in silenzio, curiosa per la prima volta della ragazza che era stata: non dell’eroina che aveva partecipato attivamente affinché il Bene avesse la meglio sul Male, ma dell’adolescente piena di insicurezze e di paure, della giovane donna innamorata pronta a tutto pur di restare con quello che credeva essere l’uomo della sua vita.

Sua madre era sempre stata una donna forte e caparbia, capace di affrontare ogni situazione a testa alta e senza paura, e l’idea che ci fosse stato un momento in un passato non troppo lontano in cui sua madre si era trovata completamente sola ad affrontare situazioni più grandi di lei, commuoveva Prudence.

-Durante il primo anno di matrimonio siamo stati felici.

Eravamo giovani, vivevamo in un appartamento orribile ma eravamo innamorati e pieni di entusiasmo e speranza per il futuro.

Ma le cose hanno iniziato ad andare male molto presto…

Ron non era più il ragazzo che avevo sposato; era diventato sfuggente, distratto, si arrabbiava per delle sciocchezze…-

-Ti sei accorta subito di quello che stava succedendo? – domandò Prudence curiosa.

Hermione scosse la testa.

-Inizialmente era un passatempo innocente, qualche partita a carte con i colleghi del Ministero dopo il lavoro.

Ho capito quello che stava succedendo quando ormai era troppo tardi…

E da quel momento è iniziato il lento declino del nostro matrimonio- aggiunse tristemente Hermione.

-Perché non lo hai lasciato quando non si è presentato in ospedale quando sono nata? – chiese ancora Prudence.

Forse era quella circostanza a infastidirla maggiormente: come aveva fatto sua madre ad accettare un comportamento del genere da quell’uomo e continuare a stare insieme a lui?

Perché non aveva avuto il coraggio di lasciarlo allora?

Hermione sospirò e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.

-Ero furiosa… E delusa.

Ma adesso non dovevo più pensare soltanto a me stessa. Dovevo pensare anche a te: ero convinta che la tua nascita lo avrebbe aiutato a cambiare, lo avrebbe reso più presente… ma ancora una volta mi sbagliavo.

Ho commesso l’errore di fidarmi del ragazzo che conoscevo da sempre, senza tener conto dell’uomo che era diventato e dei difetti che erano chiaramente evidenti davanti ai miei occhi-

Prudence annuì lentamente.

-Che mi dici di papà? – domandò Prudence timidamente.

Questa volta sul volto di Hermione si dipinse un sorriso radioso.

-Tuo padre…

Draco è stato la mia spina nel fianco per tanto tempo… Lo avrei trasformato volentieri nell’essere più immondo che esiste sulla faccia della Terra- disse Hermione ridacchiando e contagiando con la sua ironia anche sua figlia.

-Eppure, anche se allora non ne eravamo consapevoli io e tuo padre siamo due anime gemelle.

Ero convinta di aver trovato l’amore con Ron, ma soltanto con tuo padre ho capito che cosa vuol dire veramente amare.

Draco è l’amore della mia vita- disse Hermione alzando le spalle, un sorriso a distenderle le labbra.

-Quando quel giorno è comparso sulla porta del nostro appartamento mi ha offerto una seconda possibilità; mi ha fatto capire che la mia vita non era ancora finita, che ero ancora in tempo per cambiare il mio destino ed il tuo e che se avessi scelto di restare in quell’appartamento me ne sarei pentita per il resto della mia vita.

Ed aveva ragione.

Nonostante tutto quello che è successo in questi anni, non mi sono mai pentita di essere andata via con tuo padre perché mi ha dato così tanto…

Draco è comparso nella mia vita in un momento in cui ero sola e amareggiata e mi ha permesso di entrare a far parte in questa grande famiglia allargata che sono i Serpeverde e insieme abbiamo creato la nostra famiglia.

Credo che Draco sia la cosa migliore che potesse capitarmi nella vita- concluse Hermione.

Prudence accennò un sorriso, confortata dalle parole della madre e sinceramente travolta dalle sue parole.

Per alcuni istanti le due donne restarono in silenzio, prima che Hermione prendesse un respiro profondo pronta ad affrontare un nuovo argomento.

-Tuo padre ti ha parlato della famiglia Weasley? - domandò a Prudence.

La ragazza annuì.

-Mi ha detto che se decidessi di incontrarli voi non avreste obiezioni-

Questa volta fu Hermione ad annuire.

-Per molto tempo, la famiglia Weasley mi ha adottato, specialmente dopo che ho perso i miei genitori…

L’affetto che provavo nei loro confronti mi ha spinto a stringere i denti nei momenti più duri con Ron, consapevole che se avessi messo fine al nostro matrimonio loro ne avrebbero sofferto.

Ma alla fine, Ron ha deciso per me- commentò Hermione alzando le spalle. -Avrei voluto tanto che tu conoscessi Molly Weasley…

Era una donna adorabile, le ho voluto bene davvero, fin dal primo momento in cui mi ha vista mi ha amato quasi quanto i suoi figli.

Mi si è spezzato il cuore quando i nostri rapporti si sono interrotti… e quando ho saputo della sua morte- disse Hermione con voce leggermente rotta dall’emozione.

Prudence allungò una mano e la posò su quella della madre più vicina a lei per infonderle un po’ di conforto.

-Parlami di loro-

Hermione accennò un sorriso.

-Arthur Weasley era innamorato del mondo babbano. Passavamo ore a parlare del mondo babbano e mi faceva mille domande sui vari oggetti che riempivano la sua cantina.

Allo stesso tempo era un uomo coraggioso e caparbio: non si è mai tirato indietro davanti al pericolo, sia durante la Prima Guerra sia durante la Seconda, mettendo a rischio la sua posizione all’interno del Ministero per aiutare Harry.

-Poi c’erano i ragazzi Weasley.

Oltre a Ron e tua zia Ginny c’erano Charlie, Bill, Percy, Fred e George.

Bill era il più grande. Dopo gli studi ad Hogwarts iniziò a lavorare alla Gringott.

E’ sposato con Fleur, che aveva preso parte al Torneo Tremaghi e hanno tre figli.

La notte in cui Silente morì, si trovava a Hogwarts per proteggere gli studenti e si scontrò con Fenrir Greyback, il Lupo Mannaro.

Fortunatamente Greyback non si era trasformato in Lupo Mannaro durante l’aggressione, ma le ferite riportate da Bill furono contaminate.

Sia Bill sia Fleur erano stranamente orgogliosi delle cicatrici che Bill ha riportato dallo scontro…- commentò Hermione.

-Poi c’è Charlie.

E’ un domatore di draghi. Non si è mai sposato e non ha figli.

Percy è il terzogenito e il fratello con cui sono andata meno d’accordo in tutto il tempo che ho frequentato la famiglia Weasley.

Percy è sempre stato molto attento alle regole e all’etichetta.

E’ stato Prefetto della Casa di Grifondoro e Caposcuola.

Una volta finiti gli studi ha iniziato a lavorare al Ministero ed è stato allora che sono iniziati i guai: nonostante le palesi evidenze del contrario, Percy non credeva al ritorno al potere di Voldemort.

Arrivò a mettersi contro la propria famiglia…Molly era distrutta in quel periodo.

Soltanto quando il Ministero ammise pubblicamente il ritorno di Voldemort, Percy tornò sui suoi passi e cercò di recuperare il rapporto con la propria famiglia, anche prendendo parte alla Seconda Guerra ma, nonostante i genitori riuscirono a perdonarlo, i fratelli continuarono a tenerlo a distanza e a non fidarsi di lui.

Dopo la Guerra si è sposato e ha avuto due bambine e ha ripreso a lavorare al Ministero- raccontò Hermione.

L’attimo dopo, la donna abbassò lo sguardo sul pavimento e prese un respiro profondo.

 

-E poi ci sono i gemelli.

Fred e George…. Due uragani.

Avevano due anni più di Ron e abbiamo passato la nostra adolescenza insieme ad Hogwarts.

Adoravano fare scherzi…- ricordò Hermione con un sorriso triste. -Erano inseparabili.

Era una rarità trovare vedere uno dei due senza l’altro.

Durante il loro settimo anno, abbandonarono Hogwarts senza completare gli studi, incapaci di sopportare oltre i soprusi della Umbridge.

Allestirono uno show di fuochi d’artificio per rendere memorabile il loro addio ad Hogwarts…

Subito dopo aprirono un negozio di scherzi a Diagon Alley ed ebbero un grande successo.

Finché non presero parte alla Seconda Guerra… Fred fu ucciso da un’esplosione nel corridoio davanti alla Stanza delle Necessità.

E’ stato uno dei periodi più brutti della nostra vita- commentò Hermione con voce rotta.

Per un lungo momento tornò il silenzio, mentre Hermione cercava di controllare le emozioni che inevitabilmente ritornavano a galla ogni volta che pensava a Fred.

-George cadde in una profonda depressione per più di un anno e tutti abbiamo temuto di ricevere una telefonata in cui ci avvisavano della sua morte.

Ma fortunatamente, ha incontrato Luna- riprese Hermione accennando un sorriso.

Prudence aggrottò la fronte.

-Luna? Luna Lovegood? -

Hermione annuì.

-Per quanto strano possa sembrare, George e Luna si incontrarono un giorno per caso e lentamente, senza lasciar trapelare la notizia, iniziarono a frequentarsi.

Anche loro hanno avuto dei problemi, ma alla fine sono riusciti a sposarsi; le ultime notizie che ho di loro li vedono felici e genitori di tre figli: Fred, Alice e Edward- concluse Hermione.

Prudence accennò un sorriso.

L’attimo dopo cercò lo sguardo di sua madre, in cerca di qualcosa che l’aiutasse a capire cosa fosse più giusto fare.

-Cosa devo fare mamma? - domandò alla fine.

Hermione sorrise.

-Non posso prendere questa decisione al posto tuo, tesoro.

 

Posso solo ripeterti quello che ti ha già detto tuo padre: qualsiasi decisione prenderai, noi accetteremo la tua scelta e saremo al tuo fianco.

Ma promettimi che una volta presa la tua decisione non ti guarderai più indietro.

Non lasciare che i dubbi e i rimpianti rovinino la tua vita o ti impediscano di vedere tutto ciò che di bello c’è nel tuo presente- le disse Hermione.

Prudence annuì.

-Ho… ho paura di ferirvi…- confessò.

Hermione scosse la testa e strinse la mano che fino a quel momento era rimasta posata sulla sua.

-Non pensare a me e a tuo padre.

Pensa soltanto a cosa è più giusto per te stessa.

Sei una delle cose più belle della nostra vita, non c’è niente che potresti fare che potrebbe deluderci… Forse saremo preoccupati per te se decidessi di incontrare i Weasley, ma soltanto perché siamo due vecchi egoisti e viviamo costantemente con la paura di perderti- disse Hermione con un lieve sorriso, strappando una piccola risata a Prudence.

 -Qualunque sarà la tua scelta non faremo nulla per metterti i bastoni tra le ruote o per farti cambiare idea- le ripeté Hermione.

Ancora una volta Prudence annuì.

Ora spettava soltanto a lei prendere una decisione.

Anche se non aveva la più pallida idea di quale sarebbe stata.

 

 Salve a tutti! Come state?

Innanzitutto voglio scusarmi per il tempo passato dall'ultimo aggiornamento, ma gli eventi della vita reale mi hanno scombussolato, come credo a molti di voi; ero convinta che sarei riuscita a scrivere durante questa quarantena, ma arrivata al 20esimo giorno inizio ad accusare il colpo: avevo molte idee in testa ma non riuscivo a metterle in ordine come volevo...

Però, questa volta, posso dirvi che siamo quasi alla fine: ho deciso che mancano soltanto 1 capitolo e due epiloghi.

Spero che mi farete compagnia fino alla fine di questo viaggio...

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

La frase ad inizio capitolo è tratta da "La fine" di Tiziano Ferro.

Ed ora i ringraziamenti: Galaxia( Benvenuta! E grazie per i complimenti! Spero davvero di meritarli... Tranquilla, la FF non è incompiuta, devo solo trovare il modo di organizzare tutti i vari spezzoni che vagano nella mia testa in modo che abbiano un senso logico xD), Fiorentinasara(Ho sempre saputo che Ron era morto, fin da quando ho deciso di scrivere questo sequel...diciamo che non lo volevo tra i piedi xD), Fede393( Grazie per i complimenti a "Il pagamento"! Sto controllando e riscrivendo tutti i capitoli di quella FF, e una volta finito li caricherò di nuovo... Sarà come leggere una nuova FF, anche se la storia e la struttura resteranno le stesse... Grazie anche per i complimenti a questa FF! Il dialogo tra Draco e Prudence è stato il perno su cui ho costruito tutta la FF, è uno dei momenti che avevo chiaro in mente fin dall'inizio e sono felice di essere riuscita a trasmettere il messaggio contenuto nel loro dialogo e soprattutto nelle parole di Draco ^_^)

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo...

Stay safe & Stay at home!

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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