La Luna negli Occhi

di bookwormmpotterhead12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno- Un piccolo Fiore ***
Capitolo 3: *** Complici, magie e piccole cose ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3- Promesse e neve ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro- Occhi nocciola ***
Capitolo 6: *** Capitolo CInque- Il duetto d'estate ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei- Per questo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette- Due anni di voli segreti ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto- Perbaccolina ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove- Fantasmi e luci del passato ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 

Kreacher gli aveva portato i panini su alla torre di Grifondoro, alla fine. Harry si svegliò quella sera, al tramonto. Un tramonto dorato come la gioia della vittoria e rosso, come il sangue versato per ottenerla. Quel giorno di maggio sarebbe stato ricordato per tutti gli anni a venire da generazioni di maghi come il giorno in cui l'Oscuro Signore era stato sconfitto, ma anche come il giorno in cui cinquanta uomini, donne, ragazzi erano morti per difendere il luogo che rappresentava il loro passato e il futuro del Mondo Magico, il luogo dove era racchiusa l'essenza stessa delle loro vite.

La Battaglia di Hogwarts sarebbe stata nei loro cuori fino alla fine.

Harry Potter era il mago che aveva sconfitto Lord Voldemort, e per lui quel giorno era forse più contrastante, felice e doloroso che per ogni altro.

Aveva vinto, ma aveva visto morire persone che sarebbero dovute vivere ancora tanto a lungo. Persone che sarebbero dovute crescere, diplomarsi, persone che avrebbero dovuto veder crescere il loro bambino, persone che lasciavano dietro di loro un dolore che non poteva essere superato. Quel giorno genitori avevano perso i figli, ragazzi i fratelli, bambini la mamma e il papà, eppure avevano vinto.

Una parte del suo cuore era morto con loro.

Ma se c'era una cosa che sapeva, era che la vita pone tanti ostacoli sulla nostra strada, ed è normale e giusto cadere tante volte, ma poi, ogni volta, l'importante è avere la forza e la volontà di rialzarsi in piedi e andare avanti, portando la ferita di quella caduta nel cuore come ricordo eterno del sacrificio, ma anche della speranza.

Così Harry Potter si alzò dal suo letto nella torre, andò in bagno a sciacquarsi il viso e si preaprò per scendere piani e piani più in basso, dove centinaia di persone erano riunite ad aspettare l'Ora. L'ora quando i cinquana cadaveri che aspettavano con loro sarebbero tornati a casa.

Fred, Remus e Tonks, Colin Canon e gli altri morti ora dovevano solo essere lasciati andare, e portati per sempre nel cuore.

* * *

La Sala Grande era gremita di persone, e tutte piangevano e sorridevano, in quel giorno bianco e nero. Tutti volevano abbracciare Harry Potter, stringere la mano del Prescelto, e lui non poteva fare altro che lasciari fare, lasciarli vivere nel lato felice per almeno un poco. Ma lui voleva solo trovare chi non lo aveva mai abbandonato.

Ed eccoli là, in un angolo, una famiglia con i capelli rossi e due donne castane strette intorno a tre corpi adagiati nelle loro bare bianche.

Dolore.

Ecco cosa diceva il cuore del grande Harry Potter in quel momento. Solo Dolore.

Ci sarebbe stato il momento della gioia, della felicità, ma non era quello.

Si avvicinò lentamente, aveva quasi paura di rivedere quella scena ancora una volta, le lacrime gli scorrevano calde da sotto gli occhiali scheggiati.

Nel momento in cui arrivò dietro di loro, una ragazza con i capelli rossi si voltò, lo vide e lo abbracciò stretto. Harry si lasciò abbracciare, affondando il viso nei suoi capelli, beandosi di quel suo profumo di fiori che lo riportava a tempi più allegri, passeggiate nel parco e baci rubati.

<> sussurrò piano, incerto se le parole sarebbero uscite davvero.

<> lo zittì lei, poi si staccò dall'abbraccio e lo prese per mano, voltandosi di nuovo verso le bare.

Harry non voleva guardare dentro, non ancora, e osservò triste tutti i volti intorno a lui, quelle persone che gli erano state accanto dall'inizio, fin proprio alla fine.

Ron abbracciava Hermione, che piangeva sulla sua spalla, piangendo silenziosamente anche lui. Bill e Percy stringevano le spalle di George, forte, come se il ragazzo fosse potuto scivolare via da loro se solo avessero allentato la presa. In signori Weasley erano stretti vicino alla bara dove era sdraiato il loro figlio.

Non potendo sopportare oltre quella visione, Harry si voltò a guardare la donna castana, vicina alle altre due bare,e si accorse solo allora che teneva fra le braccia un fagottino avvolto in delle coperte. Dalla coperta spuntava un ciuffetto di capelli azzurri. Anche la donna si voltò verso di lui e, visto che la guardava, si avvicinò.

<> mormorò, la voce rotta << Non hai ancora visto il tuo figlioccio>>.

Il sorriso più piccolo e triste le comparve sul volto mentre gli metteva fra le braccia il fagottino, che si era mosso appena. Il ragazzo lo prese più delicatamente possibile, quasi fosse fatto di vetro, e sbirciò fra le coperte celesti.

Un neonato paffuto e sereno dormiva fra le sue braccia, il ciuffo azzurro tutto scompigliato, senza sapere che la sua mamma e il suo papà dormivano per sempre a pochi passi da lui, che non li avrebbe mai conosciuti e che la sua famiglia sarebbe stata proprio quella che si stringeva nel dolore in quel momento.

Harry aveva promesso a Remus e Tonks che si sarebbe preso cura di lui,che gli avrebbe spiegato. E lo avrebbe fatto.

''Sarò sempre con te, piccolo. Te lo prometto''

E mentre suonavano i rintocchi che annunciavano l'inizio dei riti funebri, una calda lacrima caduta proprio sul suo visino quasi rischiò di svegliare il piccolo Ted Remus Lupin, che però si girò e continuò serenamente a dormire.




Nota dell'autrice:
Hello! Nel corso della storia potrebbero esserci piccole incongruenze con le dichiarazioni di JK Rowling. Adesso me ne viene in mente solo una, ad esempio. Questo sarà perché quel partiolare della storia era stato pensato prima che zia Jo rilasciasse quella dichiarazione, o prima che io lo venissi a sapere, non lo so. Coooomunque, se era fondamentale per la storia, non lo ho cambiato.
Enjoy!

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno- Un piccolo Fiore ***


Il fagottino con il ciuffo azzurro cresceva in fretta, come in fretta veniva ricostruita Hogwarts, quasi a voler essere sicuri che per settembre fosse pronta e stupefacente come prima.

Teddy viveva con sua nonna Andromeda, almeno teoricamente, in pratica passava di mano in mano come un piccolo mazzo di carte da gioco. La nonna lo portava sempre dal suo padrino, che lo coccolava insieme alla fidanzata e agli amici, così che il piccolo Lupin era stato adottato da tutti coloro che partecipavano alla Ricostruzione del castello, famiglia Weasley in particolare.

Era il bambino più dolce della storia, e forse era la sua storia a renderlo ancora più dolce e adorabile, ma comunque era davvero un tesoro. All'inizio si erano tutti, anzi tutte, un po' preoccupate perché non piangeva quasi mai, e i neonati piangono. Ma Ted stava benissimo, amato e coccolato da decine di persone, e non gli mancava mai nulla.

Harry, quando non aveva da fare, lo portava in giro per il castello in tutti i passaggi segreti e i luoghi nascosti, raccontandogli di suo genitori e delle loro storie. Era solo un bebè, ma il padrino amava parlargli e lui rimaneva sempre tranquillo e sereno.

A settembre Teddy aveva ormai quasi cinque mesi, e lo portarono persino alla festa per la rinascita di Hogwarts. In quell'occasione poté godersi un numero imprecisato di coccole da persone nuove, con cui poté anche mettersi in mostra come gli piaceva tanto fare.

Tuti lo adoravano, era un bimbo tranquillo e felice, un po' birichino, e faceva ridere tutti con le sue metamorfosi. Intorno a lui c'era sempre quell' alone di malinconia che lui non avvertiva ancora, ma che riusciva sempre a rallegrare. Era ancora troppo piccolo per capire quando non poteva mutarsi, ogni cosa che vedeva lo incuriosiva, ogni scoperta lo entusiasmava e tentava di riprodurla su se stesso, quindi non potevano portarlo fuori dal Mondo Magico.

I suoi capelli e i suoi occhi non erano mai dello stesso colore per tre ore di seguito, così nessuno era mai riuscito a capire quale fosse il suo colore naturale. Certo, Andromeda ricordava che appena nato i suoi pochi capelli erano neri come la pece, ma un'ora dopo erano rossi, poi biondi, il giorno dopo castani e viola... non era possibile stabilire come fossero al naturale, o forse il colore naturale di Teddy era proprio ogni colore possibile. Verde, arancio, azzurro, rosa, azzurro, giallo, nero, azzurro ... qualsiasi colore e lunghezza sembrava esssere perfetta per la sua chioma. O almeno, secondo lui.

Una sera era rimasto fermo nel suo seggiolone a guardare le stelle, e la mattina dopo lo avevano ritrovato con i capelli blu scuro e le punte gialle!

Era un bambino sereno e felice, ancora troppo inconsapevole per chiedersi dove fossero la sua mamma e il suo papà. Ma ogni tanto in lui c'era una vena di tristezza, quando se ne stava buono buono a fissare la Luna con quei suoi occhioni privi di un preciso colore e poi sorrideva tiste, come se sapesse, come se immaginasse.


 

Pochi giorni prima del primo anniversario della Battaglia di Hogwarts si festeggiò il primo compleanno di Teddy. Lo zio Harry fece di tutto perché fosse un giorno allegro e si premurò i organizzare - o più che altro proporre, dato che poi fecero tutto le donne di casa- una bella festa alla Tana, che era la più spaziosa delle case del bambino. Nel salotto della casa furono allora stipate una trentina di persone, tutte con i loro regali, e al momento del taglio dell torta il piccolo era così entusiasta che i capelli gli esplosero in un forte arancione. Un bella foto magica, e poi fu libero mi immergere le manine e impiastricciarsi con la sua fetta di Marmorina, che gli lasciò degli sbaffi persino dietro il collo.

Era un piccolo pasticcione, anche un po' combinaguai, e non perdeva l'occasione di dimostrarlo combinandone una delle sue. Come al matrimonio di Percy e Audrey, quando fece cadere un tavolino con i calici di champagne ridendo come un matto... O a quello di George e Angelina Johnson - lui non mantenne la sua promessa, erano tutti in completo elegante- qualche tempo dopo, dove fece partire tutta la serie di fuochi d'artificio nel bel mezzo della cena, spingendo lo sposo a dichiarare che non avrebbe saputo fare di meglio.

La vita di tutti scorreva, un po' triste e malinconica a volte, quando la risata di George appariva troppo solitaria o Teddy chiedeva chi fosse una bambina dai capelli rosa in una foto, ma tranquilla e occupata. Dal lavoro, difatti Harry era diventato Auror e Ron lo aveva seguito e Hermione aveva comiciato a lavorare al Ministero dopo aver frequentato il suo settimo anno ad Hogwarts, mentre Ginny era stata presa da una famosa squadra di Quidditch ed era molto impegnata dagli allenamenti. Ma anche dall'amore.

Infatti, oltre ai matrimoni, Ginny ed Harry erano persi l'una dell'altro, e Ron ed Hermione vivevano respirando sempre la stessa aria.


 

In quel quadretto si aggiunse verso il Natale del 1999 un lieto annuncio, che rese tutti contentissimi e nervosi: presto a Villa conchiglia sarebbe stato appeso un bel fiocco sulla porta. Ora l'unica domanda era...rosa o blu?
La maggiorparte degli uomini di casa tifava per l'arrivo di un maschietto, compreso il piccolo Lupin, mentre le donne speravano in una piccola femminuccia da poter vestire e acconciare.

La risposta arrivò in un giorno inaspettato dell'annno dopo, il primo anno del nuovo millennio, nel giorno più giusto e più sbagliato.

Il due maggio dell'anno duemila nasceva la prima figlia di Bill e Fleur, riempiendo di gioia un giorno doloroso. Tutti erano pronti per andare alla festa e commemorazione dei lutti, vestiti eleganti e seri, quando un Patronus a forma di falco aveva portato la voce emozionata del primogenito Weasley che annunciava la nascita della sua bambina.

Tutta la famiglia allargata andò a visitarla immediatamente, e con loro anarono anche Andromenda e ovviamente Teddy. Il bambino, che quel giorno sfoggiava degli allegri capelli azzurro cielo e degli occhi tendenti al blu, si dibatteva nel suo abito elegante e avrebbe voluto tornare allo studio delle piante e dei fiori dela nonna che, alla veneranda età di due anni compiuti, lo interessavano più di tutto il resto insieme al cielo e alla Luna.

Quando alla famiglia fu permesso di entrare nella camera del San Mungo, Fleur teneva in braccio sorridendo un involto di coperte, mentre al suo fianco Bill lo guardava con gl occhi che brillavano.

<< Oh, fatemi vedere, fatemi vedere!>> esclamò la Neo-Nonna Molly estasiata precipitandosi verso il figlio e la nuora come una chioccia affettuosa. Arthur sorrise divertito e commosso, cercando di non dare a vedere che stava piangendo anche lui. << I tuoi enitor saranno qui fra qualche ora, Fleur>> le disse, avvicinandosi a sua volta.
Cominciò tutto il corteo dlla famiglia, in fila per vedere la nuova arrivata con dei sorrisi splendenti in viso. George si soffermò un momento per darle un buffetto, il sorriso appena più triste degli altri. Molly rimase lì accanto senza mai smettere di rimirare la nipotina.

Alla fine rimasero solo Harry e Teddy, che in braccio al padrino fino a quel momento era stato piuttosto didìsinteressato, ma che si voltò incuriosito quando lo zio si avvicinò al letto.Fleur sorris dolce alla vista di Teddì che tentava di sbirciare arrampicandosi sulla spalla di Harry e girò la figlia in modo che potesse vederla bene.

La piccolina era un frugolino, stretta fra le braccia della mamma, con i capelli biondissimi più lunghi di qualsiasi neonato che avessero visto prima, la pele chiara e anche un bel caratterino, a giudicare da come si agitava. Teddy non aveva mai visto nessuno altro neonato, anzi gli appariva strana la scena della bimba tenuta dalla mamma, ma con quei capelli e la piccola bocca che le si apriva e le si chiudeva in degli sbadigli, la trovava molto simile ai fiorellini che popolavano i giardini delle nonne.

<< Fiore!>> esclamò tutto convinto ad un tratto, osservando ancora i sui capelli,
Scoppiarono tutti a ridere. << No, Ted, non è un fiorellino giallo, è la tua nuova cuginetta!>> cercò di convincerlo Harry, sorridendo. Lui, deluso dal non essere stato compreso, mise su un broncietto adorabile.

La fissava ancora poco convinto, quando la piccola sbadigliò di nuovo e si vltò verso di lui, aprendo gli occhi. Grigi. Grigi come la polvere che ricopriva i libri nello studio del nonno, che lui non poteva toccare. Grigi come la Luna. E Ted rimase assolutamente incantato da quegli occhi grigi come la sua Luna.

<> chiese Bill alla moglie. Lei annuì << Oui, c'est vrai. Come la chiamiamo?>> gli chiese, guardando felice il volto segnato del marito che era comunque il più bello, per lei.
<< Bhe, ecco... io... >> esitò il mago << Bhe, visto che è nata proprio oggi... ti piace Viktoria, amore?>>
A quelle parole gli occhi di tutti, che stavano osservando gli sposi, si fecero umidi.
Un sorriso comparse sulla bocca della donna.<< C'est un bellissimo nome, Wlliam. Mais..>> fece cenno al marito che si chinò, e gli sussurò qualcosa nell'orecchio. Lui sorrise a sua volta e annuì.

<< Signori e signore, sono sempre le donne a comandare! Per cui... versione francese>> annunciò tirandosi su e prendendo la figlia dalle braccia di Fleur. << Ciao, Victoire>>

La famiglia appovò allegramente, seppur con gli sguardi velati, e Nonna Molly corse dal figlio per avere la nipotina. Ma Teddy corrugò la fronte, spaventato da quel nome difficile.
<< Vic-che?>> ripeté.

Allora Fleur si chinò verso di lui e gli sussurrò, in tono confidenziale :<< Victoire, tesoro, mais tu... tu puoi chiamarla Vic, o Vi , comment vuoi. Bien?>> <> esclamò allora Teddy, con un enorme sorriso e i capelli improvvisamente rosa shocking<< Ciao Vi!>>
Harry, Hermione, Nonna Meda e i Weasley ridacchiarono per l'entusiasmo del bambino e si misero a chiacchierare finché non fu ora di tornare a casa. Teddy aveva passato quel tempo scambiandosi sguardi incuriositi con Vi.

Harry si alzò in piedi insieme ad Andromeda, doveva riportare a casa lei e Teddy. Salutò gli amici e prese il figlioccio in braccio. << Ginny, tu vieni?>> chiese alla ragazza. << Sì, eccomi. Un bacio grande grande ragazzi!>> salutò lei i neo-genitori, regalando una carezza alla bimba. Harry si abbassò verso il figlioccio << Forza Ted, saluta gli zii e Vic>> lo incoraggiò. << 'Key. Ciaooo!>> fece con la manina << Ciao Vi, cresci presto, così giochiamo!>>. E fra le risate degli adulti si divincolò e si fece mettere giù, offrendo al padrino soltano la mano. Salutarono di nuovo e si avviarono fuori, ma mentre uscivano Teddy si voltò ancora una volta e sussurrò, convinto, quasi solo a se stesso:

<< Ciao ciao, Piccolo Fiore >>

 

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Capitolo 3
*** Complici, magie e piccole cose ***


La piccola Victoire, nata Weasley ma già molto somigliante alla madre, almeno in aspetto, era forse uno degli esserini più coccolati dell'intera Terra.

Quei capelli biondissimi e gli occhi grigi incantavano chiunque le si trovasse davanti, facendola spesso perdonare per i consueti strilli da sirena. George aveva chiesto spesso a Fleur se era sicura che fosse figlia di suo fratello e non di un tritone, durante uno dei tanti pianti della bimba. La portata vocale di quella bambina era stupefacente, per non dire irritante, se ti svegliava alle quattro del mattino tutte le notti.

I genitori erano sfiniti, ma ogni volta che la loro bambina sorrideva o si sporcava di pappa tutto il visino non potevano far altro che illuminarsi, e i loro ochhi brillavano come la prima volta che la avevano tenuta in braccio.

 

La nonna Weasley non era per niente una nonna all'inglese, severa ed esigente, ma una nonnina dolce e affettuosa, iperapprensiva, anche più di quanto fosse stata con i suoi figli, tanto da essersi meritata il soprannome di '' Chioccia''.

Soprannome che ovviamente proveniva da Ron, il quale invece si era meritato un pugnetto sul braccio dalla fidanzata quando lo aveva annunciato la prima volta.

La nonna francese, Apolline, di cui la piccola portava il nome, era ugualmente innamorata della nipote, ma dopo qualche settimana dalla sua nascita era dovuta rientrare in Francia con il marito, il nonno appunto, e ora cercavano di fare loro visita ogni volta che potevano.

 

Tutta la famiglia adorava Vic, e le prestavano tutti mille attenzioni, preoccupandosi di riempirla di regali e aiutare Bill e Fleur in ogni modo possibile. Persino Ginny ora andava molto più d'accordo con la donna, ed era sempre con lei e la figlia, accompagnandole in giro mentre Bill era al lavoro oppure chiacchierando amabilmente in casa.

Proprio per questo Harry, appena uscito dal Ministero, andava alla Tana senza neppure passare per Grimmauld Place e non c'era giorno che non cenasse lì. Non che questo dipendesse solo dalla presenza di Victoire, la Signora Weasley lo avrebbe costretto comunque. L' unica deviazione che facesse, diverse sere, era a casa di Andromeda, che era stata ribattezzata ''Casa 1'', per prendere Teddy e a volte anche lei stessa.

 

Il bambino era l'unico che si divertisse agli strepiti di Victoire, così faceva apposta a spaventarla assumendo assurdi colori di capelli e imbruttendo il visino, arrampicato sulla culla.

Birichino com'era, le faceva mille dispetti, beccandosi sogghignando le sgridate delle nonne e degli zii. Ma nessuno avrebbe mai detto che fosse geloso di lei, perché per quanto la spaventasse non c'era sera che non le si parasse davanti per farla divertire, né che non si offrisse per far dondolare la culla quando era ora che la piccola dormisse. Che magari dieci minuti prima avesse di proposito fatto oscillare la culla come un veliero non importava, la sincerità e la serietà in quegli occhioni senza colore erano limpide, una prova sicura di quando voleva solo fare la cuginetta felice.

Non si riusciva spesso a capire cosa passasse per la testa a quel bambino, un momento prima stava buono buono ad osservare la Luna o gli altri che parlavano, oppure disegnava scambiandosi sguardi con Vic, e quello dopo le stava facendo il solletico, o stava versando l'acqua nella bottiglia di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio.

Teddy era un nanerottolo davvero precoce, anche troppo, come ormai non si stancava di ripetere Harry.

Difatti, a soli tre anni era in grado di chiacchierare a macchinetta per ore, avrebbe saputo contare fino a duecento se qualcuno glielo avesse chiesto e di tanto in tanto intratteneva conversazioni quasi filosofiche con Arthur, facendogli domande che lasciavano l'anziano mago sorpreso, ma alle quali non mancava mai di rispondere. Molly si preoccupava per quelle chiacchierate, ritenendo sempre che non fosse il caso di dare certe risposte o spiegare certe cose ad un bambino così piccolo, ma il marito le rispondeva che se era abbastanza grande da porre quelle domande, lo era anche per ascoltare le risposte e comprenderle.

 

Giocava molto spesso, quasi sempre, con la piccola Vi, come la chiamava lui, e altrettanto spesso genitori e zii dovevano correre a salvarla quando piangeva disperata per i cambi d'aspetto o le pazzie di Teddy. Ai rimproveri il piccolo rispondeva candido che lui era fatto in quel modo, lo faceva per natura e non aveva mai avuto intenzione di spaventare la cugina, e che se lei strillava per una cosetta come i capelli verdi, non era colpa sua.

Per risparmiarsi la fatica di dover prestare orecchio continuamente per poi correre qua e là, gli adulti presero l'abitudine di lasciare sempre qualcuno a meno di un metro dai due, anche se stavano giocando nel box imbottito e non potevano farsi male. A meno che al pacifista Teddy non fossero prese manie violente, cosa alquanto improbabile.

Quindi a turno uno di loro doveva fare da guardia al bambino e a Victoire, e, seppure George fu rimosso dall'incarico dopo un inconveniente episodio al termine del quale tutti avevano la pelle verde pisello, ogni cosa sembrava procedere per il meglio.

Nonostante tutti gli strilli, Victoire non si stancava di giocare con il piccolo Lupin, e crescendo cominciò a trovare le sue trasformazioni sempre più divertenti, e ben presto se ne innamorò. Allora, in qualunque parte della Tana ci si trovasse, era possibile sentire una vocina acuta esclamare a caso nomi di colori appena imparati per chiedere le diverse tinte, venendo puntualmente esaudita da Teddy, che non si faceva mai pregare da nessuno.

Più tempo passavano insieme, più i due stingevano un legame sempre più stretto, più diventavano complici e più si volevano bene. Non capitò una sola volta che Victoire si mettesse a piangere disperatamente all'improvviso senza nessuna ragione apparente, e strepitasse costantemente finché non riceveva tutta l'attenzione dei grandi, quindi smettesse di colpo allo spuntare di una testolina blu. In quel lasso di tempo il bambino più grande poteva aver combinato qualsiasi cosa mentre nessuno era concentrato su di lui. In cambio, la bimba condivideva i frutti dell'operazione, che fossero caramelle o sorsi di bibite già bevute troppo quella sera.

Quando Victoire cominciò a parlare, oltre a qualche parolina come Maman o Papi, il suo linguaggio risultava molto confuso e poco comprensibile, come spesso può accadere ai bambini bilingue. Soprattutto per i primi tempi, gli allegri annunci della piccola riuscivano a capirli- o interpretarli - soltanto i genitori, o a volte neppure loro. Allora spuntava Teddy, chissà da dove e sempre presente nei pressi della piccola, e tranquillamente traduceva i discorsi della cugina. Era come se avessero elaborato una lingua tutta loro, e ai genitori e agli zii capitava di osservare scenette in cui Vic esponeva qualcosa parlando in '' Victoirese'' e l'altro gli rispondeva con un misto di parole umane e non.

 

In mezzo a quei momenti di giochi e allegria, si manifestavano le prime piccole magie di entrambi. Naturalmente Teddy aveva già mostrato le sue capacità magiche anche prima della nascita di Vi, con le piccole magie che possono fare i bambini molto piccoli: giocattoli riposti su alte mensole ritrovati nel suo lettino, tazze cadute dal tavolo e infrante a terra quando era davvero arrabbiato, biscotti misteriosamente nelle sue mani...le stesse piccole cose che cominciavano ad accadere sempre più spesso anche attorno a Victoire.

Ma la vera Prima Magia, causata da una forte emozione, spettacolare, grande, rappresentante un primo ingresso nel Mondo Magico non si era ancora presentata. L'età in cui accadeva variava da mago in mago, normalmente entro sette anni, raramente prima dei cinque.

 

Invece Teddy, la piccola e buona peste , fece la sua Prima Vera Magia a poco meno di quattro anni, un freddo pomeriggio di fine dicembre, solo pochi giorni dopo il Natale. E lasciò a bocca aperta.

Quella domenica erano tutti riuniti alla Tana per pranzo, e dopo la decina di sostanziose portate di Molly, il dolce e un bicchierino di brandy si erano sistemati nel piccolo salotto, un po' stretti forse, ma satolli e rilassati. Le donne e le ragazze si erano messe a chiacchierare, sorridendo fra loro intente in una conversazione sul pancione di Audrey, gli uomini parlavano tranquillamente di avvenimenti di lavoro o di Quidditch.

Tutto era tranquillo e così sarebbe rimasto... nei sogni degli adulti.

Due bambinetti alquanto vivaci, invece, non la pensavano affatto così.

Quel giorno erano in fase '' Urliamo e rompiamo tutto'', e cominciarono a metterlo in pratica, creando un bel po' di scompiglio e disturbando la moglie di Percy, che essendo incinta di molti mesi – e di gemelli ! - aveva bisogno di riposo. Nonostante le proteste della donna, che cercava di assicurare loro che andava tutto bene, le nonne avevano acciuffato i due bambini e avevano pazientemente provato a spiegare alle due pesti che la zia aveva bisogno di silenzio. Agli ostinati << E perché?>> di Teddy avevano tentato una spiegazione del fatto che le donne hanno bisogno i tranquillità quando portano due nuovi bambini nel '' marsuppo'', come Teddy aveva definito il pancione della zia, prendendola come simile al marsupio dei canguri che aveva visto allo zoo con lo zio Harry e la nonna una domenica di poco tempo prima. Ginny non era potuta andare con loro perché aveva una partita con la sua squadra di Quidditch, le Holyheads Arpies - Harry non era andato a vederla giocare perché la mattina doveva lavorare- , ma aveva riso moltissimo alle mirabolanti descrizioni degli animali da parte del bambino.

<> aveva chiesto Teddy, che era troppo piccolo per poter ricordare il periodo precedente la nascita di Victoire, e che, seppure capiva alla perfezione le astruse spiegazioni di anatomia del nonno Arthur, proprio non riusciva a farsi essere chiaro il fatto di nascere. Non avrebbero dovuto entrarci qualcosa le cicogne?

A quella domanda le nonne avevano alzato gli occhi al cielo e loro due ne avevano approfittato per scappare e tornare a giocare.

Così Molly e Andromeda, dopo essersi scambiate uno sguardo, avevano chiamato a rapporto padre e padrino delle pesti e gli avevano consegnato i due marmocchi urlanti, con l'ordine di portarli fuori per un po'.

Allora Bill e Harry si erano incamminati, di comune accordo, verso il piccolo parco cittadino di Ottery's Saint Catchpole, il villaggio vicino alla Tana.

 

Durante il tragitto, quasi subito in realtà, Teddy aveva smesso di dibattersi e si era messo pacificamente ad osservare il cielo solcato da poche nuvole dalle spalle del padrino; Vicky invece aveva piagnucolato, facendo quasi sanguinare le orecchie al padre, fino al parco, dove era stata distratta dai giochi colorati e dalle grida gioiose degli altri pochi bambini che i genitori avevano avuto voglia di portare in una domenica pomeriggio così fredda. Per fortuna, almeno non tirava neanche un filo di vento.

L'area giochi recintata, perfettamente sicura anche per dei bambini piccoli, era ricoperta di neve, punteggiata da macchie colorate qua e là, dove i bimbi imbacuccati si rincorrevano.

Harry e Bill misero giù i loro bambini e dopo aver controllato che fossero ben imbracati e coperti – pena la morte una volta a casa per mano delle donne- li lasciarono andare e si misero seduti su una panchina gelida accanto alla sabbiera. Senza mai staccare lo sguardo dai due nanerottoli, chiacchierarono di Quidditch e lavoro, continuando i discorsi cominciati nel salotto.

 

A dir la verità, a poter essere chiamata nanerottola era solo Victoire, che era piccola e minuta anche per il suo avere meno di due anni. A farla apparire ancora più minuta,poi, era la sua continua vicinanza a Teddy, che invece era alto per i suoi quasiquattroanni e quasi ne dimostrava un paio in più, anche per quello sguardo serio che di tanto in tanto gli offuscava gli occhi multicolore.

Ormai era abbastanza da capire quando non poteva mutarsi, niente e nessuno poteva impedirgli di andarsene in giro con i capelli azzurro cielo, o verdi o fucsia, e gli occhi cangianti. Così Harry si beccava una lunga serie di occhiatacce -accompagnate da commenti sui giovani genitori- dalle mamme babbane, scandalizzate che un bimbo così piccolo avesse i capelli tinti e forse anche le lenti a contatto. Sia lui che Andromeda avevano oramai fatto l'abitudine agli sguardi di disapprovazione, mentre Ginny li tollerava molto meno e quando usciva con loro rispondeva con linguacce che peggioravano soltanto la situazione, però strappavano sempre un sorriso al fidanzato.

E gli facevano anche battere forte il cuore, se erano accompagnati da commenti del tipo << Tingerò i capelli di mio figlio neonato di viola e lo porterò in un museo vestito da ballerina..>> , e il suo pensiero volava al figlio in questione, e il petto minacciava di esplodere quando sentiva la scatolina che portava in tasca da settimane premuta contro la giacca.

'' Come Merlino faccio a chiederglielo?'', '' Ma non sarà troppo presto?'', '' è troppo presto'' , '' o forse no?'', erano pensieri ricorrenti nella sua mente.

Puntualmente però interrotto e distolto dai pensieri o dalla diretta interessata, o da amiciprestosperiamoproprioparenti, oppure dal figlioccio, non riusciva mai a trovare la risposta e la soluzione. Così come Ron, che era pressoché nella stessa situazione, solo senza anello in tasca. Ovviamente, da bravi migliori amici, nessuno dei due ne aveva parlato all'altro, e così non si decidevano mai a fare un passo avanti.

 

Un passo avanti, ma di troppo, lo fece invece un bambinetto al parco che avrà avuto sì e no un anno o due più del Turchesino.

Teddy stava scivolando giù dallo scivolo dritto su un cumulo di neve, mentre la cuginetta giocava lì sotto su quella che doveva essere la sabbiera e che era ricoperta di neve. Non che per lei fosse un problema, anzi, sembrava divertirsi molto a scavare con la palettina nel bianco e a tentare la costruzione di piccoli pupazzi di neve, quando il bambino si avvicinò e le si parò di fronte, strappandole la paletta giocattolo.

<< Ehi!>> esclamò la piccola, giustamente un tantino infastidita << Paletta!>> dichiarò altezzosa allungando la manina, come quando Ted le rubava un colore e lei pretendeva di riaverlo indietro.

<< Qual è il tuo colore preferito?>> domandò quello per tutta risposta, sventolando in alto il giocattolo.

La bimba contorse il visetto e si mise a strillare :<< Daaaammiii!!!>>, richiamando l'attenzione del papà e del cugino.

<< Te la ridò se mi dici qual è il tuo colore preferito>> contrattò l'altro, ridacchiando però, e alzandosi in punta di piedi per far sventolare il trofeo più in alto.

Victoire, non disposta a trattare le condizioni, cercò di raggiungere la mano del più grande saltellando, ma non gli arrivava neppure al mento; Teddy, Bill e la madre del ragazzino, che si era accorta della contesa, si stavano avvicinando a grandi passi.

La piccola, schernita dall'altro e ancora senza paletta, prese a piagnucolare.

Il ragazzino allora se la rise e acconsentì :<< E va bene, frignona, eccotela!>>

E le gettò la paletta, preoccupandosi però di tirarle anche una bella quantità di neve gelata che le finì sul viso e dentro il giubbino. Lei scoppiò a piangere e Bill e Harry accorsero velocemente.

Ma Teddy fu più veloce.

 

<< Ehi!>> gridò arrabbiato e rosso in faccia, dando una spinta al bambino <>

E mentre il ragazzino si rimetteva in piedi e faceva qualche passo all'indietro si sollevò una nube di vento e neve dalla sabbiera, che lo avvolse vorticosa, e lui strillò forte.

Dopo un secondo Teddy si rilassò un poco e la nube cadde di colpo, mostrando il piccolo bullo a terra in lacrime.

La made si avvicinò, si scusò velocemente con Bill e portò via suo figlio, dicendogli qualcosa tipo <>.

<< Sì, come no?>> ghignò il maggiore dei Weasley prendendo in braccio la figlia in lacrime e baciandole poi due volte ogni guancia. Si voltò ancora sogghignando verso Harry, che lo imitò, e si voltarono a guardare Teddy, che stava ancora intontito in mezzo alla neve, le guance e il naso rosso per il freddo e i capelli spettinati. Il bambino si avvicinò esitante ad un gesto del padrino.

Bill gli diede un buffetto. << Quella era, mio piccolo amico, proprio una gran bella magia !>> si congratulò ammirato << Io, la prima volta, ho fatto esplodere un vaso perché Charlie mi stava assillando con un non so cosa di vegetale, e avevo più di cinque anni!>>

<< L'ho fatto io?>> domandò il bambino, con gli occhioni sgranati, stralunato ma quasi compiaciuto.

Harry ridacchiava, ma cercò di darsi un contegno e di assumere un'espressione severa mentre si chinava all'altezza del figlioccio.

<< Sì Ted. La tua Prima vera Magia! >> gli disse, schiarendosi la voce << E' stata bella, ma non devi farlo più, capito? Non con i babbani e non... emh.. per fare un... dispetto a qualcuno. Emh... Okay?>>

Ma non riuscì a trattenersi dall'aggiungere : << Comunque, bravissimo! La magia era davvero fantastica!>> poi, mentre il bambino sorrideva e Bill scoppiava a ridere, sembrò rendersi conto e si chinò a prenderlo in braccio imbarazzato.

<< Harry Potter, tuo figlio sarà un combinaguai incallito che non darà mai retta a nessuno e non ascolterà la predica nemmeno di Merlino tornato dal regno dei morti!>> pronosticò Bill ridendo, iniziando ad incamminarsi verso la Tana.

<< A proposito>> fece Bill ad un tratto << quando hai intenzione di chiedere a Ginny di sposarti? Porti in tasca quell'anello da settimane e gli unici a non aver capito che vuoi faro sono Ginny, la mamma e Ron, che tanto non capirebbe neanche se te lo fossi scritto in fronte>>

Harry rimase spiazzato e pietrificato in mezzo alla strada. Lo hanno capito tutti, pensò. gli era parso di notare qualche strana occhiata dal Signor Weasley, ultimamente, ma...

<> chiese di nuovo l'uomo, facendo finta di ascoltare la figlia che se la prese non poco.

<> Harry sembrava del tutto andato, ma riuscì a tornare alla realtà sotto lo sguardo divertito di Bill.

<< Davvero?>> esalò alla fine. Brillante.

Bill scoppiò a ridere e si rincamminò verso casa senza dire nulla, con Harry che lo seguiva ancora sconvolto e Teddy al suo fianco, troppo preso da fiorellini invernali per prestare attenzione a qualsiasi altra cosa

                                                                                       * * *

Un paio di mesi dopo, in febbraio, tutta la famiglia fu di nuovo convocata al San Mungo per la nascita delle figlie di Percy e Audrey, con una settimana d'anticipo rispetto al programma. Molly quando lo aveva saputo era andata nel panico, farneticando di gemelli prematuri, pericolo e disgrazie, e solo quando sentì dal Patronus la voce del figlio che le assicurava che tutto era andato bene riuscì a tranquillizzarsi.

Tra Weasley, Potter, Tonks e Lupin erano già in quattordici, a cui bisognava aggiungere i due suoceri di Percy, e così diventavano davvero troppi per una camera d'ospedale dove riposavano anche altre neo-mamme con le famiglie, ma i medimaghi non avevano la fermezza e l'autorità di Madama Chips con i suoi sei visitatori per volta, e dovettero rassegnarsi. Così, stipati in una camerata con altre famigli, conobbero le due gemelline appena nate. Lucy e Molly, che dormivano beatamente tra le braccia dei genitori e non si degnarono di aprire neppure un occhio per salutare. La nonna, quando seppe del nome dato a sua nipote scoppiò a piangere a dirotto e si attaccò al collo del figlio, chiamandolo ininterrottamente.

Percy aveva gli occhiali di corno storti sul naso, quando la madre lo liberò dall'abbracci per cui forse la bimba che teneva in braccio e guardava con tanto amore poteva apparirgli un pochino deforme, almeno finché la moglie non glieli raddrizzò e lo baciò.

L'intera famiglia si accalcò intorno al letto per guardare meglio e Victoire, accostatasi al letto in braccio alla madre, corrugò la fronte e disse, il visino confuso:<< Cos'è? Cosi?>>
I grandi sorrisero inteneriti, mentre Teddy, arrampicato in fondo al letto, la riprese con tono di simpatica superiorità :<< Non sono cosi sciocchina. Sono bambine!>>

<< Non fare tonto il sascente, Teddì, tu ha detto che Vic era un fiore, quando tu l'hai vista per la prima volta!>> gli sorrise Fleur. Mentre gli altri scoppiavano a ridere, il bambino saltò giù dal letto borbottando. Perché nessuno voleva capire quello che aveva detto? Non capivano nulla.

La visita si prolungò molto a lungo, così gli adulti si misero a chiacchierare in gruppi sparsi, Teddy invece raggiunse Vi e la sua mamma sul divano addossato alla parete .Giocando al loro solito modo, un po' pazzo ma sempre allegro, strappando spesso risate argentine a Fleur, ad un certo punto Vi, senza nessun motivo chiaro, esclamò:<< Cose!>> ed entrambi i bambini scoppiarono a ridere, come se quella parola nel loro mondo avesse un significato diverso e molto più divertente.

Non immaginavano nemmeno quanti cosi e quante cose sarebbero arrivati, nel giro di qualche anno, non sapevano che sarebbero presto stati circondati da bambinetti urlanti, e continuavano a giocare senza pensieri, con Teddy che cambiava colore di capelli e Vi che glieli ordinava, battendo allegramente le mani.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3- Promesse e neve ***


Quel giorno all'ospedale, mentre Teddy e Vic giocavano, Harry invece osservava sottecchi Ginny, pensando a come chiederle di sposarlo. Continuava con i suoi dubbi e i suoi lambiccamenti sul fatto che fosse troppo presto, insomma, lei aveva solo ventun anni. E va bene che nel mondo dei maghi ci si sposa in media molto prima che in quello dei babbani, però... questo non gli impediva di affogare nei suoi dubbi. Dubbi enormi quanto il drago della Gringott che, tra parentesi, con gioia di Harry i folletti non avevano più ritrovato.  Ma dopo la tranquilla chiacchierata con Bill, aveva deciso che era ora di decidersi a decidere di prendere una decisone definitiva e decidere di fare quel benedetto passo.

Mentre il ragazzo la fissava, evidentemente sentendosi osservata, Ginny si voltò sorridendo e gli rivolse uno sguardo interrogativo. Harry, ancora incantato, batté le palpebre un paio di volte e rispose con un altro sorriso, scuotendo piano la testa e tentando senza grandi risultati di non far affluire il sangue alle guance. La fidanzata lo guardò un attimo divertita prima di voltarsi di nuovo verso il fratello e le gemelline, spostando con un soffio i capelli dagli occhi. I lunghi capellii rossi mulinarono e si sparse nell'aria un profumo di fiori, che sapeva di prato, di pomeriggi passati a passeggiare, sapeva di casa. Perdendosi per un momento in quel profumo, Harry si ritrovò immerso nei ricordi a cui era legato, ricordi di giorni felici prima che il buio calasse su ogni cosa, di serate distesi vicini, di baci rubati in riva ad un lago. Un profumo di promessa, di parole non dette che premevano sul suo cuore come un fiume contro una diga, trattenute in attesa del momento perfetto...
<> Teddy lo strappò dalle sue riflessioni tirandogli i pantaloni. Era una cosa che faceva spesso, in effetti.<< Zio Harry, quando torniamo a casa? Vi dorme e io devo finire il disegno!>> chiese il bambino impaziente.
Le due cosine lì erano molto carine, sì, ma non poi così tanto interesssanti. Vi si era addormentata sulle ginocchia del papà, e quindi anche se avesse voluto giocare ancora con lei... aveva l'impressione di non poterla nemmeno svegliare, un eco di strepiti, pianti e sgridate lontano nella memoria glielo facevano intuire. Per di più, lui doveva ancora finire il disegno per la cameretta a casa dello zio, e non voleva aspettare ancora. << Allora, andiamo?>>
Harry sospirò. Doveva essere rimasto incantato molto più tempo di quanto gli fosse sembrato, ed ora era costretto ad arrendersi all'evidenza che delle ore passate a fare meno rumore possibile osservando due neonate potessero essere noiose per un bambino di neanche quattro anni.
<> rispose, staccandogli la manina dai suoi pantaloni.
Anche Ginny si voltò, sorrise a Teddy e alzò la testa verso il fidanzato per chiedere :
<< Casa 1 o Casa 2 ? >>
George, allungato sul divano, ridacchiò. Ne era passato di tempo, ma la situazione continuava a sembrargli strana. Quale famiglia è così incasinata da dover dare dei numeri alle abitazione per capire dove avrebbe dormito un bambino? Bhè, la sua, si rispose subito. Ed erano persino riusciti a sbagliarsi, qualche volta.
Teddy viveva in un continuo spostamento, un po' come era successo quando ad una settimana di vita passava di braccia in braccia durante la Ricostruzione, ancora passava di casa in casa allegramente, causando danni qua e là, dormendo una volta da una parte, una volta dall'altra, senza uno schema preciso. E dire che la cosa si era anche tranquillizzata da un paio d'anni prima, quando davvero sembrava che il piccolo non avesse casa fissa. In quel momento invece, di case fisse ne aveva due: la casa della nonna Andromeda, che forse era quella dove stava di più, anche se con un margine sottile sull'altra, ovvero Grimmauld Place numero 12, la casa di Harry. Erano state numerate per semplicità negli scambi di oggetti e bambini, così ''Casa Uno'' era la casa di Andromeda, mentre quella di Harry era ''Casa Due''. Quest'ultima era stata ripulita, rimodernizzata e sopratutto, per usare il termine di Harry, ''deinquietantizzata'' con l'aiuto di tutti, persino dell'elfo domestico Kreacher, il quale aveva scelto di tornare lì e vivere con il Ragazzo che E' Sopravvissuto invece di rimanere nelle cucine di Hogwarts. Nella casa una bella camera era stata riservata per Teddy, fatta scegliere a Harry, immaginando i desideri futuri del figlioccio . Alla fine la scelta era ricaduta su una camera all'ultimo piano, accanto a quella che era stata di Sirius, e che, essendo appartenuta al fratello Regulus, era però ricoperta di stendardi di Serpeverde e tappezzeria purosangue. Una volta capito come spezzare l'incantesimo di Adesione Permanente - la prima operazione era stata staccare dall'ingresso, fra le urla e gli insulti, il quadro a grandezza naturale di Walburga Black e buttarlo nel cassonetto- gli stendardi e i panneggi era stati rimossi dalle pareti, così come il colore verde e il motto della famiglia Black. Dopo tutto ciò, la camera era rimasta decisamente spoglia, triste, e molto poco adatta all'allegria spensierata di Ted. Allora Harry aveva avuto l'idea di farla ridipingere, facendo scegliere al bambino il colore e l'atmosfera. Idea insieme fantastica e terrificante.
I magimbianchini gli avevano chiesto gentilmente quale colore volesse sulle pareti, per sentirsi rispondere immediatamente con uno squillante : << Azzurro!>> che quasi aveva fatto loro cadere le bacchette.
Poi Teddy era sembrato per un momento immerso in sua personale e profonda riflessione, ed era saltato su, illuminandosi come se avesse avuto un'idea brillante.
<< Si può fare di tutti i colori?>> aveva domandato, con tanto entusiasmo che Harry, ridacchiando, aveva acconsentito.
Durante il lavoro dei maghi il piccolo era stato bandito dalla sua futura cameretta e, nonostante approfittasse di ogni minimo secondo di distrazione dei grandi per correre su per le scale e avesse persino ricorso ai finti pianti di Victoire, con lo sforzo combinato di tutti si riuscì ad impedirgli anche il più piccolo scorcio della stanza prima che fosse pronta.
Quando i magimbianchini avevano annunciato che il loro lavoro era finito, il padrone di casa aveva indetto una riunione generale di famiglia per mostrare la tanto immaginata camera, anche se era ancora mezza vuota e spoglia. Gli unici a non essere presenti erano stati Percy e sua moglie, che era ancora incinta ed era costretta al riposo forzato a casa -per quanto cercasse di fare qualcosa, suo marito, i suoi genitori e i suoceri si erano coalizzati per impedirle qualsiasi sforzo-.
Quando tutti si erano trovati schiacciati sull'ultimo pianerottolo di ''Casa Due", Teddy e Vic in prima fila pronti allo scatto e gli altri dietro, fra il curioso e il divertito, Harry aveva annunciato : << Ecco a voi... la nuova camera di Ted!>> e aveva spalancato la porta. Il bambino si era fiondato dentro, seguito subito dalla cugina, bloccandosi poi in mezzo alla stanza a bocca aperta. Lentamente, un enorme sorriso estasiato gli era cresciuto sul viso e mentre gli altri entravano si era messo a saltellare di gioia. Attaccandosi ai pantaloni dello zio, lo aveva ringraziato continuamente, mentre il ragazzo sorrideva compiaciuto osservando le pareti e il soffitto e al contempo scompigliando i capelli al figlioccio.
Effettivamente, la stanza era riuscita davvero bene, e non si sarebbe potuta immaginare una camera più adatta a Teddy. Era grande, con gli angoli un po' storti e una grande finestra che dava sulla città, il pavimento di legno liscio nuovo nuovo. Ed era così strano vedere delle pareti del genere in una casa che avevano conosciuto come cupa e turpida, che la sua bellezza era ancora più forte e aveva un significato molto più profondo.
I magimbianchini avevano preso il bambino in parola: le pareti erano ricoperte di spirali, schizzi e macchie di colore, con forme e colori diversi. Senza essere troppo accesa, la stanza era una scatola in cui erano stati versati barattoli di vernice. I colori che predominavano erano sul tema dell'azzurro-blu, del verde e dell'indaco, ma c'erano schizzi e linee di ogni colore che fosse immaginabile - tranne quelli brutti a vedersi, come il color melanzana tanto odiato da Ron- , con accesi sbaffi fucsia un po' ovunque. In un angolo vicino a finestra era già stata posizionata la struttura di un grosso letto di legno e dalla parte opposta una larga scrivania chiara spezzava l'astratta follia dei muri. L'unico aspetto della sua camera su cui Harry aveva impedito a Teddy di decidere erano stati proprio i mobili, e a ragion veduta, volendo evitare di trasfomare una stanza della sua casa in una discarica di plastica colorata di cui poi anche il figlioccio si sarebbe sicuramente pentito. O forse no, testardo com'era, ma comunque...
<< Il soffitto!>> aveva esclamato ad un tratto Vic, tutta stupita, con la sua vocina acuta. Alzando anche loro lo sguardo, avevano visto la sorpresa nascosta della stanza : il soffitto non era colorato, ma una fedele riproduzione del cielo stellato. Harry, cercando di nascondere un sorriso compiaciuto, aveva spiegato che gli era venuta l'idea di non far fare il soffitto colorato,  ma di far sbiadire i colori in un blu notte e poi dipingerci sopra le stelle, con estrema precisione, creando una camera a cielo aperto. Il disegno era così preciso e ben fatto che sembrava quasi che le stelle luccicassero davvero. Sembrava proprio... George ricordava di essere stato il primo ad accorgersene e di aver esclamato:<< E no, ciccio bello, qui non mi freghi! Le stelle brillano. Ci hai messo un po' di magia, eh?>>
Harry aveva ammesso con una risata che era stata Luna Lovegood a fare la maggiorparte del lavoro, sia dipingendo la volta stellata sia incantandola perché brillasse. Lui aveva solo aiutato un po'.
Quella stanza all'ultimo piano di ''Casa Due'' era diventata ben presto, una volta finita, il regno indiscusso di Ted. Il bambino sembrava intenzionato a rendere indelebile il suo passaggio su questa terra, e aveva cominciato a lasciare il suo segno da quella cameretta. Il disegno di cui si stava lamentando in quel momento era solo una delle tante cose che stava appendendo alle pareti.

George ridacchiò ripensando a tutta quella follia, lasciando vagare i pensieri. Una volta anche lui e Fred avevano avuto uno slancio artistico e avevano imbrattato il muro della cucina di marmellata...Si costrinse con una smorfia a tornare a concentrarsi su quello che stava accadendo il quel momento nella stanza d'ospedale.

Harry stava rispondendo a Ginny dopo aver gentilmente staccato Ted dai pantaloni.
<no- da me>> si riprese appena in tempo. Gettandogli uno sguardo, Harry capì che quel noi quasi tradito aveva soddisfatto chi lo osservava costantemente, ovvero Bill, proprio come temeva. L'uomo ostentava un sogghigno compiaciuto e le sopracciglia inarcate e lo osservava beffardo.
<> sorrise invece Ginny, allungandosi a prendere il cappotto dal divano dove era sdraiata Vic, addormentata. Mentre si chinava a baciare le guancie di Audrey per salutarla, Molly intervenne storcendo il naso:<< Dorme lassù? In quella scatoletta di tempere in cima alle scale? Non ho ancora capito perché far dormire un bambino così in alto, poi!>>
La figlia alzò gli occhi al cielo, esasperata. <> sbottò << Gli piace, stare in alto, e ti assicuro che non cadrà dalla finestra!>>
<> chiese la signora Weasley, imperturbabile all'esasperazione della figlia e alle risatine degli altri, voltandosi verso il marito << Allora potremmo mettergli qualcosa su nella camera di Ron, caro, per quando dorme da noi con i ragazzi. Si sta facendo troppo grande per dormire con Harry e visto che Ronald va via...>>
Il signor Weasley sgranò gli occhi allarmato. Gli occhi di tutti i presenti, tranne dei bambini e del diretto interessato, che si fissava i piedi, erano stati calamitati sull'anziana coppia, che dopo qualche secondo fu sommersa da una cascata di <>
La nonna li osservava con aria colpevole, con la faccia di chi ha detto qualcosa che non doveva proprio dire, mentre il marito si toglieva gli occhiali rasseganto e prendeva a lucidarli con un angolo del maglione.
Hermione si voltò verso il fidanzato, con un sorriso alquanto minaccioso<>
Il povero ragazzo era arretrato con la schiena contro il muro, come incalzato da un esercito.<> balbettò a disagio, fissando la ragazza terrorizzato.
<> ridacchiò Bill, rompendo la tensione. Lanciò poi uno sguardo eloquente ad Harry, che il ragazzo era sicuro di aver interpretato correttamente con un '' Se non ti sbrighi, farà prima Ronald, e sarà molto imbarazzante''.
George si avvicinò sogghignando al fratello minore e gli passò un braccio sulle spalle. << Bravo, Ronnino! Dove vai a vivere? Sai che nella casa sull'albero ci giocano i bambini, sì?>> gli chiese con finta preoccupazione, prima di essere ripreso per un orecchio dalla moglie e trascinato via.
<< Ho comprato una casa! Non sono un idiota totale!>> protestò risentito Ron << E' dalle parti di un paesino... Saint Paul o qualcosa di simile...>>
Harry soffocò una risata, mentre l'amico borbottava sempre più piano. Incrociò il suo sguardo supplichevole e fu quasi tentato di lasciarlo sui carboni ardenti ancora per un po', ma la solidarietà dell'amicizia prese il sopravvento.
<< Va bene, Ron, poi ci parlerai di questa casa, umh?>> intervenne con un ghigno << Ma adesso io devo proprio andare, o Teddy finirà per strapparmi i pantaloni!>> . Il bambino infatti non aveva fatto altro che aggrapparsi alla sua gamba e chiamarlo per tutto quel tempo. <>
La ragazza annuì divertita e andò a recuperare la sua borsa, mentre Ron scappava con la scusa del bagno sillabando un '' Grazie'' in direzione dell'amico.
Dopo aver impedito a Teddy di svegliare Vi per salutarla, anche loro uscirono dalla porta diretti a a casa, insieme ad Andromeda che sembrava trovare davvero divertente fare allusioni non molto velate a matrimoni e figli.

A Grimmauld Place, Ginny si mise ai fornelli con Kreacher per aiutarlo con la cena - Harry aveva chiesto all'elfo di permetterle di fare qualcosa, evitando però che mettesse davvero mano sui piatti per non finire tutti avvelenati - e il ragazzo andò con il figlioccio a prendere i suoi colori e il foglio per la tanto attesa prosecuzione dell'opera. Facendo finta di finire una relazione per l'ufficio, il mago pensava al modo giusto per chiedere alla fidanzata di sposarlo; ormai aveva relegato i suoi dubbi sul momento in un angolo della mente, convincendosi che ventuno o ventidue anni vanno perfettamente bene, per sposarsi. Stava giusto ragionando che la primavera sarebbe stata perfetta...
<< Zio Harry! Zio Harry! Ho finito!>> ...quando venne puntualmente interrotto da un Teddy saltellante e sorridente, che correva verso di lui trascinando il cavalletto in miniatura che gli era stato regalato per Natale. Il padrino corse ad aiutarlo prima che rovesciasse l'intera credenza.
<< Ma semplicemente staccare il foglio dal cavalletto no, Ted?>> gli fece notare, sollevando l'oggetto per portarlo verso lo spazio vuoto tra il tavolo e la cucina. Il bambino lo guardò sconcertato. << Ma non è asciutto, zio!>>
<> rise Ginny avvicinandosi con un panno fra le mani.
Ted annuì convinto, prima di spostare il disegno verso di loro.Era fatto con tempere e acquerelli,  che dopo mesi di insistenti preghiere e rappresaglie i ragazzi avevano deciso di comprare al bambino, sperando che non li usasse al di fuori dei fogli. Harry rimase piuttosto impressionato, come anche Ginny che scrutava il dipinto attentamente, perché non aveva pensato che il figlioccio disegnasse così bene. C'era un grande sfondo blu scuro, quasi nero, cosparso di macchie e sfere tra il giallo e il bianco; in basso e a destra una striscia di grigio e marrone doveva essere il bordo di una finestra, mentre in alto campeggiava una grande sfera storta, grigio chiaro. Sulla sfera spuntavano diverse macchie più scure, ed era avvolta in un alone giallastro.
Teddy aspettava fremente un giudizio, battendo i piedi sulla sedia dove era in ginocchio. <>
Con un sorriso intenerito, Ginny spostò lo sguardo sul bambino che era per lei anche il suo figlioccio, e gli scompiglò i capelli già disordinati. <> si interessò, lasciando a Kreacher la cucina.
Teddy fece un sorriso da un orecchio all'altro e saltò giù, avvicinanosi alla zia. << Così!>> annunciò entusiasta, sollevando le mani, imbrattate di colori a tempera. A Ginny quasi venne un colpo e si precipitò a controllare il tavolo su cui il bambino aveva tenuto le mani posate fino ad un istante prima, con le risate del fidanzato che la seguivano. << Taci, Harry James Potter. E tu, Ted Lupin, farai meglio ad andare a lavarti le mani, e a tornare perfettmente pulito prima che la cena sia pronta!>> intimò la ragazza, indicando la porta << E vai con lui anche tu, Potter, non ti farà certo male>>
I due lasciarono la stanza ridendo, Harry si era caricato in spalla il cavalletto di Teddy, stando bene attento a non rovinare il disegno e aveva sussurato qualcosa all'orecchio del figlioccio, scoppiando poi a ridere con lui. Ginny li osservò divertita per un momento, poi fece sparire le macchie colorate con un colpo di bacchetta e si mise ad apparecchiare.

Harry saliva le scale tenendo Ted per mano, pensando. Era così strano per lui, ancora, tenere per mano il figlio di Remus Lupin e portarlo nella sua camera a casa sua. Ma non pensava che mai ci si sarebbe abituato. Quel bambino gli stava nel cuore, lo amava esattamente come si ama un figlio, come sapeva che avrebbe amato i suoi figli, ma non era suo figlio. Era il figlio di Remus e Ninfadora Lupin, e Harry non avrebbe mai permesso che Teddy se ne dimenticasse, mai, neppure per un momento. I suoi genitori vivevano in lui, e lui doveva saperlo. Avrebbe potuto essere più doloroso per lui, Perché i suoi genitori erano morti e niente avrebbe mai potuto portarli indietro, ma era il loro figlio. Doveva sempre saperlo, ed esserne orgoglioso. Harry gli aveva sempre parlato, fin da quando era piccolissimo, un bebè, dei suoi genitori, raccontandogli dei suoi ricordi con loro o di quello che aveva saputo da altri, passando delle ore a parlare mostrandogli delle foto di loro.Sapeva che Andromeda aveva fatto lo stesso, parlando al nipote della figlia e del genero.
Non avrebbe mai potuto dimenticare il momento in cui Teddy aveva detto la sua prima parola. Non era stata, come si aspettavano, ''Nonna'' o ''Zio'', o il nome di andromeda o Harry o Ginny o di una qualsiasi delle persone che gli si affollavano costantemente intorno. Era seduto su tappeto del salotto della casa della nonna, giocando, mentre gli altri seevano su divani sorseggiando brandy e chiacchierando, poi si era fermato con lo sguardo fisso e un sorriso sdentato ed aveva detto :
<< Papà >>
Ad ognuno di loro si era fermato il respiro, nel silenzio totale e gli occhi bruciavano, ma il piccolo non stava guardando Harry, come sembrava. Fissava una foto in una grande cornice d'argento  posata sul tavolino basso sul tappeto, in cui un terrorizzato e felicissimo Remus stringeva fra le braccia un fagottino con un ciuffo blu guardandolo con amore, e sorrideva.

Harry sapeva di non essere riuscito a fermare le lacrime che gli scorrevano giù per le guance, ma ricordava che Ginny lo aveva abbracciato con un singhiozzo, e che Andromeda piangeva con Molly, e che nessuno in quel salotto, in quel momento, era riuscito a non versare neppure una lacrima.
Poi uno scatto, di una macchina fotografica, aveva risvegliato tutti ed erano cominciate le feste per il bambino che ancora guardava la foto con un sorriso. Ora una grande foto, dove un bimbetto con un ciuffo azzurro come il cielo guardava una cornice argentata su un tavolino, sorridendo e sillabando un muto <> era appesa sopra il suo letto, a casa della nonna e dello zio.

Harry sospirò. Presto Teddy sarebbe cresciuto abbastanza da fare domande, da voler sapere di più, e lui non poteva rifiutarsi di dirgli nulla. Avrebbe dovuto caricare le spalle di quel bambino di un peso, troppo presto, ma sperava solo che lo aiutasse a crescere. Eppure, non sapeva se sarebbe stato pronto a rispondergli.
Quando quella sera,dopo aver appeso il disegno nella camera, dopo cena, ore dopo aver messo Teddy a letto, Harry si sdraiò sul suo letto aspettando la fidanzata, non permetteva più a nessun dubbio di minare la sua determinazione. Baciò la sua fidanzata con dolcezza, quasi sorridendo, e si misero a dormire. Harry pensava solo a quanto la amava, a quanto sapeva di essere amato e alla certezza, in fondo al cuore, che a quella domanda poteva ricevere una sola risposta.

                                                                                             * * *

C'era un boschetto, in Scozia, sulle rive di un lago cristallino e circondato da campi di erica e dale cime innevate, dove Ginny ed Harry andavano spesso. Era un luogo frequentato, dai turisti e soprattutto dalle famiglie della zona, in tutti i periodi dell'anno, perfetto per pic-nic e passeggiate. Anche i due ragazzi vi andavano quando erano soli, persino in pieno inverno in mezzo alla neve, con le scairpe e i cappelli di lana, non mancavano di passeggiare e abbuffarsi di dolci in quel piccolo angolo di mondo. In quel boschetto si apriva una piccola radura, con una sola vecchia panchina dimenticata, che in primavera era invasa dai fiorellini e dai boccioli non ancora schiusi sui giovani alberi intorno. Harry scelse proprio quella radura, in aprile, per chiedere la mano della sua amata.                          
Portava in tasca da settimane un anello che aveva fatto fare appositamente, recandosi nella boutique del miglior magiorafo del Regno Unito. Al mago era quasi venuto un colpo vedendo il Prescelto entrare nel suo laboratorio, ed era stato ansioso di aiutare un imbarazzato Harry nella progettazione dell'anello di fidanzamento, che, a sua detta, era davvero spettacolare. Una fedina d'oro bianco, con incastonati diamantini alternati a pietre grezze nere e perline di due diversi legni : agrifoglio e nocciolo, come le bacchette magiche dei due ragazzi.
Quando Harry si era inginocchiato e le aveva fatto la domanda, Ginny aveva soffiato un <> con le lacrime agli occhi, ridendo di gioia. Il ragazzo in seguito si disse molto orgoglioso di essere riuscito a farla piangere, beccandosi un pugnetto sul braccio.
Il vero scoppio di nervosismo ci fu al momento di rivelare la decisione ai signori Weasley. Ronald - che pure era rimasto scioccato dalla notizia, mentre la sua fidanzata rideva compiaciuta - decretò che la madre sarebbe svenuta, e si appostò con questa scusa dietro la porta insieme a George. Anche Teddy, curioso, trascinò una confusa Vic dietro al divano per poter sbirciare la scena.
Harry aveva cominciato il discorso, rosso come i capelli della ragazza al suo fianco, dopo essersi accomodati sui divani del salotto. Ginny allora, divertita e stufa del suo balbettìo, lo interruppe :
<>
La signora Weasley svenne immediatamente.
<> esclamò allarmato Harry, accorrendo a soccorrerla. Ma il marito, ormai abituato alla scena dopo averla vista ripetersi già due o tre volte, lo rassicurò. <>
E Molly rinvenne, dopo che Bill fu accorso con un bicchiere d'acqua, esalando per prima cosa un: <> in direzione di Harry.
Così, dopo qualche congratulazione, molti abbracci e un'infinità di baci, cominciarono i preparativi. Per l'esattezza, quando Molly, dopo aver saputo che intendevano sposarsi nel gennaio dell'anno seguente, saltò in piedi gridando :<< Oh, ma c'è così poco tempo e tante cose da fare! Bill, portami piuma e pergamena, caro, subito! George... Georgie? Oh, dove si è cacciato quel ragazzo?! George!>>
La cerimonia fu fissata per il diciotto gennaio dell'anno a venire, nonostante le proteste della signora Weasley che avrebbe voluto almeno tre o quattro anni per prepararsi. Il testimone di Harry sarebbe stato, ovviamente, Ron, che rischiò di far venire alla madre un esaurimento nervoso con i suoi commenti e le sue battute; Ginny aveva invece due damigelle, Hermione e Luna, che formavano un'improbabile coppia dai lunghi vestiti e sarebbe stata accompagnata all'altare dal padre, felicissimo e nervoso per il matrimono della sua unica bambina. C'era poi un imbarazzato, nervoso e alquanto sicuro di combinare guai Neville Paciock,  a cui era stato chiesto di ricoprire il ruolo di Testimone di Nozze, una figura del mondo dei maghi che ''rende conto '' per entrambi gli sposi, e rappresenta una sorta di mediatore.
La signora Weasley si era adoperata per raccomandare a tutti di indossare abiti da cerimonia pesanti, vista la natura fredda del mese in cui si sarebbe svolta la cerimonia, e approvò lei stessa il vestiario di ogni singolo membro della famiglia. Coloro che avevano sperato di trovare in Arthur o in Andromeda una forza mitigatrice per la furia nervosa della nonna, vennero amaramente delusi. Il mago si era da tempo rassegnato all'impossibilità di tranquillizzare la moglie in prossimità di certi eventi, mentre la donna sembrava divertirsi a sostenere Molly nelle sue sfuriate, dando consigli e aiutandola nell'organizzazione della cerimonia.
Finalmente, dopo mesi di preparativi, diversi esaurimenti nervosi sfiorati, molte sgridate e fughe di notizie, il giorno ''X'' arrivò. Il Ministro della Magia Kingsley, invitato, aveva assicurato che squadre di maghi del Ministero avrebbero impedito a giornalisti e curiosi di scoprire il luogo e arrivare in massa, tranquillizzando almeno un poco Molly ed Hermione, che già aveva temuto di dover ricorrere a vecchi ricatti contro una Rita Skeeter tornata alla ribalta e più acida che mai. Le damigelle avevano provveduto a sistemare l'occorrente nello spogliatoio della sposa, e lo stesso avevano fatto con quello di Harry, perché Ron avrebbe solo combinato danni, per dirla con loro parole.
Charlie, il secondo figlio Weasley, tornò alla Romania con una scatola sbatacchiante come dono di nozze e dovette sorbirsi i discorsi della madre sul fatto che lui invece non aveva nemmeno una fidanzata, altro che sposarsi !. Riuscì però, miracolosamente, ad evitare che la madre lo legasse ad una sedia per fargli un sacrosanto taglio di capelli, sostenendo che comunque Ginny li preferiva più lunghi e fuggendo subito dopo. Hermione si occupò anche di andare con Harry e Ron a scegliere le fedi e di andare a ritirarle il giorno prima della cerimonia, mentre il cuscinetto su cui dovevano essere posate fu cucito da Andromeda. Il paggetto designato era stato infatti Teddy, mentre Victoire avrebbe sparso i fiori prima del passaggio di damigelle e sposa. L'edificio scelto per la cerimonia, forse un antico granaio di pietra molto spazioso, si trovava nella campagna ricoperta di neve ed era stato ripulito da cima a fondo e addobbato con fascie di tessuto e fiori, che adornavano le file di sedie e l'altare dietro il quale il maestro di cerimonia parlava in piedi. Un sentiero largo era stato ripulito dalla neve e dalle erbacce, collegando il granaio al punto dove gli ospiti si smaterailizzavano o arrivavano con altri mezzi magici.
La mattina del giorno della cerimonia la signora Weasley si smaterializzò casa per casa, per buttare giù da letto tutta la famiglia ad un orario che George definì indecente solo per vedersi investito dalla furia della madre. Ma la strega lo fece a ragion veduta, infatti, nonostante l'alzataccia, riuscirono ad arrivare sul posto ad un'ora appena sufficiente a permettere agli sposi di prepararsi. A quel punto la donna spedì la figlia e il futuro genero nei rispettivi spogliatoi insieme a damigelle e testimone, sistemò i figli restanti all'entrata per aspettare gli ospiti che già arrivavano e andò a prendersi un bel bicchiere d'acqua, quasi sudando nel vestito pesante e borvottando :<< La mia piccolina.. la mia bambina...>>.
Nel suo spogliatoio, Ginny si stava vestendo con l'aiuto di Hermione, mentre Luna decantava le qualità mediche dei fiori scelti per decorare la sala. Il suo vestito da sposa, bianco,  che poteva apparire molto semplice a prima vista era però ricco di dettagli. La gonna scendeva liscia fino a terra, senza grandi balze, ed era decorata da spirali di brillanti quasi microscopici, come il corpetto più rigido con una scollatura larga sulle spalle. Le maniche, aderentissime e lunghe fino all'inizio del dito medio, a punta come una goccia, lasciavano quasi trasparire il candore della pelle. Su tutto il bianco, quasi accecante, spiccavano i capelli rossi della ragazza, lasciati sciolti e liberi sulle spalle e su cui era posato il diadema che reggeva il velo. Ginny, in realtà, odiava quel velo ed era stata la madre a costringerla a metterlo, così sbuffò mentre Luna lo assicurava alla coroncina, facendo ridere le due amiche. Prima che potesse rendersene davvero conto, Ginny era vestita truccata, pettinata, era stata abbracciata da Luna ed Hermione nei loro vestiti azzurri e gentilmente portata dal padre. Arthur le sorrideva commosso, asciugando qualche lacrima dagli occhi azzurri dietro gli occhiali. La baciò sulla guancia e le porse il braccio.

Nel corridoio appena fuori dalla sala della cerimonia, il piccolo Teddy si agitava a disagio nel suo abito da cerimonia nero, ancora imbronciato per il divieto della nonna di cambiare colore ai capelli o di spettinarli durante la cerimonia. In quel momento erano di un monotono castano chiaro, divisi da una perfetta riga al centro operata dalla nonna Meda con un pettine bagnato, e suscitavano nel bambino un puro disgusto. Insieme allo stretto abito da cerimonia, elegante  e rigido, aumentavano in modo esponenziale il nervosismo di Teddy, che camminava su e giù tentando di far diventare più comodo quello stupido affare. Vi, perfettamente tranquilla nel suo abitino da principessa blu di Persia compratole dalla mamma, lo osservava con interesse da una panca imbottita spinta contro il muro, giocherellando con il suo cestino di petali. Ad un tratto, strinse gli occhi grigi e saltò giù, andando verso il bambino.
<< Sta' buono>> fece, scuotendo la testa e imitando quel che spesso diceva la nonna con la sua vocina acuta, con aria altezzosa. <>
Si alzò in punta di piedi, il nasino al'insù, e gli raddrizzò il cravattino.
Delle risate e un click li spinsero a voltarsi, trovando Andromeda e Bill, con una macchina fotografica in mano, che ridevano divertiti dalla scenetta.
L'uomo si avvicinò e li spinse verso l'entrata. << Forza pesti,tra poco si comincia!>> li incitò, ancora sorridendo.
Teddy aprì la bocca e fece per parlare, ma la nonna lo stroncò sul nascere : << No, Ted! Niente capelli colorati, anche se sono come i vestiti delle zie e di Vic, e terrai quel vestito finché non saremo a casa!>>
La nonna Meda aveva un'aria così decisa e severa che il bambino , seppur contrariato, chiuse la bocca e seguì gli altri, lasciando perdere.

Mentre la gente si affollava nella sala, scortata dai Weasley, e il rumore dei chiacchiericci e delle sedie filtrava dalle pareti, Harry si scrutava critico nel grande specchio del suo spogliatoio. I suoi capelli neri non ne avevano voluto sapere di star giù, neppure quel giorno, nonostante fossero stati attaccati dalla signora Weasley con tutti i mezzi a sua disposizione, ma non importava.
Dietro di lui, vicino alla porta, Ron si agitava nel suo completo elegante e saltellava come se il pavimento scottasse. Lo sposo si voltò a guardarlo con un ghigno.
<> gli disse, inarcando le sopracciglia << Cioè, lo sono, e anche tanto, ma tu sembra che stia per affrontare un drago! O un' Acromantula>>
L'amico rabbrividì sentendo nominare i ragni giganti, e cominciò a balbettare mentre Harry tornava allo specchio.
<< No, io... ecco, vedi, è che.. io, veramente...>>
<> lo tolse dai carboni ardenti Harry, aggiustandosi il fiore all'occhiello.
Ron trasalì e sgranò gli occhi.<> chiese esterrefatto.
Lo sposo alzò gli occhi al cielo.<< Sono la Cooman, Ron. Andiamo, lo sanno tutti meno tua madre ed Hermione, che è troppo occupata a chiedersi quando lo farai per accorgersi che hai già l'anello in tasca. Anzi >> aggiunse << probabilmente lo sa anche lei, già>>
Una testa mora si affacciò alla porta, interrompendoli. <> chiese Neville, tutto ansioso << E' ora!>> poi sparì di nuovo.
Harry, che per un attimo aveva smesso di respirare, prese un respiro profondo e lo buttò fuori tutto insieme. Tremava un po'. Fu il turno di Ron di sogghignare.
Prese l'amico per un gomito e lo trascinò vicino alla porta, dove si fermò schioccandogli le dita davanti al viso. Il ragazzo tornò alla realtà di botto, fissandolo negli occhi e ansimando appena.
Alzarono contemporaneamente il braccio destro e si afferrarono per l'avambraccio, stringendo.
<> disse Ron stringendo più forte.
<> rispose Harry, ricambiando la stretta << Lei è mia sorella>>
Annuirono insieme e si abbracciarono. Risistemandosi i vestiti, Ron annunciò: << Andiamo, sposino! Vai a sposarti!>> e spalancò la porta, spingendolo fuori, nella sala dove tutti gli invitati aspettavano l'inizio.
Harry vide la signora Weasley già in lacrime in prima fila, con George, Angelina, Charlie e gli altri. Sentì una leggera stretta al cuore guardando dall'altra parte, dove avrebbero dovuto essere seduti i suoi genitori e Sirius e anche Remus e invece c'erano la professoressa McGranitt, Andromeda e, su un lato per non ostacolare la vista a chi era nelle file dietro, Hagrid. Era doloroso pensare che quando quel bambinetto di cui aveva intravisto i capelli in fondo alla sala si sarebbe sposato, la scena sarebbe stata la stessa. Ma Harry si rifiutò di farsi prendere dalla tristezza. Sapeva perché chi mancava non era seduto lì, e anche Ted lo avrebbe saputo. Adesso, per le mutande di Merlino, sarebbe andato a sposarsi e avrebbe guardato Ginny camminare là in mezzo. E a questo pensiero, un sorriso si allargò sul volto di Harry Potter, mentre camminava verso l'altare, il giorno del suo matrimonio.

La cerimonia cominciò con solo cinque minuti di ritardo, miracolosamente. Al suono della marcia nuziale, le porte della sala si spalancarono e Ginny apparve al braccio del padre. La signora Weasley e la professoressa Mcgranitt piangevano già nei loro fazzolettini e mentre Ginny avanzava, splendente come un angelo sceso in terra, persino Andromeda, sempre così composta, cominciò a singhiozzare appena. I fratelli Weasley sorridevano quasi commossi, con un braccio sulle spalle delle loro mogli piangenti, mentre Arthur consegnava la sua bambina allo sposo con un'occhiata di avvertimento. Le damigelle affiancavano la sposa,all'altare, nei loro vestiti azzurri, ed Hermione cercò inutilmente di mantenere un contegno per tutta la cerimonia, mentre il suo fidanzato dall'altra parte rideva, anche lui con le lacrime agli occhi però.
Victoire, che si era seduta compunta accanto alla mamma dopo aver preceduto la zia con i petali, osservava le reazioni dei parenti attorno a lei un po' confusa. Insomma, non capiva proprio perché tutti stessero piangendo, perfino il papà!  Da quel che aveva capito lei, era un giorno molto bello e felice, gli zii si stavano sposando! Provò a chiederlo a Maman, ma lei le fece segno di stare zitta prima che potesse parlare, perché quello strano signore basso basso e magro stava cominciando a parlare. Ne concluse che i grandi non avevano una grande coerenza in fatto di comportamenti, o forse erano tutti allergici ai fiori scelti  dalla zia Ginny, chissà.
Lei però, adesso doveva controllare quello che faceva quell'disastro di suo cugino, perché da quanto stava capendo  era quasi arrivato il suo turno. Senza farsi vedere da Maman, concentrata sugli zii, si alzò un attimo in ginocchio sulla sua sedia per cercare di vedere il ciuffo di Teddy. Purtoppo, anche così non riusciva a scavalcare con lo sguardo gli invitati nelle file dietro di lei, che la degnarono solo di uno sguardo divertito, e si rimise seduta con un broncietto adorable.
Due minuti dopo, una frase del noioso tipo magro e basso catturò la sua attenzione.
<<  Ecco, chiamiamo il paggetto con le fedi... >> stava dicendo, e una leggera musica si diffuse dal pianoforte sistemato sulla balconata.
La bambina si sporse subito per guardare ma maman la tirò indietro. <> la rimprovero. Vic storse il nasino e si risistemò sulla sedia, allungando il collo indietro. Non riusciva proprio a vedere il cugino, ma dalle risatine degli invitati e dalla faccia divertita dello zio Harry e del papà doveva star combinando qualcosa. Anche dall'espressione esasperata di Meda si intuiva che il nipote si stava facendo notare a modo suo. Infatti,quando Teddy le divenne visibile, Vic vide che il bambino saltellava allegramente con la musica, e ad ogni passo i suoi ordinati capelli castani diventavano più azzurri, e più scompigliati. Dimentica delle prediche di Fluer sull'importanza dell'eleganza e dell'ordine, anche lei rise con quel piccolo pazzo, che consegnò le fedi al padrino e corse via dopo essersi fatto scapigliare dalla zia.
Andò a sedersi proprio accanto a lei, evitando le nonne, e le sorrise furbo. <> esclamò sottovoce << E nemmeno le cravatte!>>
Solo allora la bambina notò che al collo del compagno il cravattino pendeva lento, e il suo bellissimo fiocco era stato sciolto. <> commentò imbronciata << Mettiti seduto e sta' zitto!>>
Lo zio Harry e la zia Ginny, infatti, avevano slegato le fedi dorate dal cuscinetto, e questa pate dei ''Sì'' lei la voleva sentire. Teddy lo capì e si voltò verso l'altare con una smorfia, dondolando i piedi.
Il signore dietro l'altare chiese prima alla zia Ginny, che rispose sorridendo decisa e infilò la fede al dito di Harry, e poi allo zio. Lui sorrise emozionato, e Vic pensò che sembrava aver sognato quel momento per tanto tempo. Quando prese la mano della sposa e le infilò l'anello, lei gli sussurrò qualcosa che gli altri non udirono e lo fece ridere.Entrambi sembravano fremere dalla vogia di baciarsi. Il  cerimoniere disse l'ultima frase, e poi si sciolse anche lui in un sorriso e annunciò :
<>
Harry non aspettava altro. Non appena le loro labbra si toccarono, i palloncini sistemati in sala scoppiarono allegramente, liberando una nevicata magica sopra gli sposi e una pioggia di fiorellini. La musica tornò a diffondersi nella sala insieme al cinguettìo degli uccellini liberati insieme alla neve e ai fiori.
Scoppiò anche l'applauso, e Vic batté le mani finché non le fecero male, ridendo di Teddy che nella fretta aveva sbattuto un braccio contro una sedia con uno strillo.
<> li chiamò Meda, con due cartocci in mano <>
Consegnò al nipote i cartoncini con il riso e i fiori, dandogli un buffetto e spingendolo verso la porta.
<> gli gridò dietro, ma Teddy stava già correndo verso la porta tirandosi dietro una molto indignata Victoire. Dietro di loro, gli sposi stavano cominciando a camminare verso la porta, mano nella mano, preceduti o seguiti dagli invitati.
<> esclamò Ted, come se lei non stesse muovendo le gambe più velocemente che poteva. Teddy però era troppo alto e lei non riusciva a stargli dietro, con quelle gambe lunghe. Nonostante le sue proteste il bambino continuò a correre senza mollarle la mano, fino ad attraversare le porte della sala e poi anche il portone dell'edificio. Dimentico però del mezzo metro di neve appena oltre il sentiero battuto, inciampò scivolando sul ghiaccio e si tirò dietro la bambina. Finirono nel cumulo neve accanto alla porta, senza giacchetti o cappelli.
<> balbettò Victoire, rabbrividendo nel suo vestititono di raso.
Quello, già saltato in piedi, la squadrò con un sopracciglio inarcato prima di tenderle la mano. <> osservò.
La bambina gli riservò uno sguardo gelido. <>
Storcendo il naso lui aprì la bocca per ribatere, ma notò che molti altri li avevano raggiunti fuori e corse vicino al portone, costringendola a seguirlo imbronciata. Lo zio e la zia stavano arrivando.                
Tutte le persone si sistemarono appena dietro il portone, aspettando che i due sposi uscissero per poterli annaffiare di chicchi di riso e petali. In prima fila Teddy e Victoire, e davanti a loro qualce altro bambino che Vic però non conosceva. Vide, dietro, un uomo alto e castano dall'aria familiare che ghignava tenendo fra le mani una scatoletta sbatacchiante; accanto una ragazza castana lo guardava esasperata, tenendo in braccio un neonato tutto rosso e imbacuccato.
<> voleva chiedergli se si ricordava chi fossero quei due, ma il ragazzino la zittì.
<> e le passò uno dei cartocci con il riso.
In attesa trepidante di poter lanciare quei chicchi, la bambina cominciò a comprendere l'eccitazione del compagno al suo fianco, che aveva preso a saltellare. Immaginò come si sarebbe sentita il giorno del matrimonio di maman e papà. Insomma, sapeva che lo zio non era il papà di Teddy, però erano comunque una famiglia. In un piccolo attacco di malizia, immaginò anche come si sarebbe sentita potendo tirare riso ai genitori senza che le dicessero nulla. Beh, magari, se faceva finta che fosse per errore...
<> gridò qualcuno.
Partì un coro di acclamazioni e Victoire si ritrovò intrappolata in un vortice di petali, chicchi di riso, grida e vestiti. Intravide la zia alzare un braccio per ripararsi dalla pioggia, e poi l'uomo di prima liberare dalla scatola un nugulo di palline dorate dotate di ali che volarono contro lo zio Harry. Lui ne afferrò una ridendo, ma a quel punto la vista della bambina venne oscurata dalle enormi persone che le si paravano davanti. Per un minuto si sentì persa in mezzo a quel mare di persone che le sciamavano intorno, gridavano, la sballottavano qua e là senza accorgersi di lei e sentì gli occhi pizzicare e un groppo in gola. Ma una mano le afferrò la sua.
<>
La voce conosciuta di Teddy riuscì a tranquillizzarla immediatamente. Di seguito apparvero anche il resto del corpo e il ciuffo azzurro del bambino, che aveva perso nella folla qualche minuto prima.
<> le disse, guidandola attraverso la gente per raggiungere il resto della famiglia.
Si affiancarono gli altri che erano in piedi accanto alle auto, aspettando che i due sposi terminassero le foto nel campo innevato, e Victoire tirò su con il naso, tranquillizzata. Il bambino si voltò a guardarla in viso. <> esclamò preoccupato << Ma ti eri spaventata?>>
La piccola sentì il labbro inferiore tremare e annuì freneticamente con un singhiozzo.
<> la rassicurò Teddy passandole una mano sulle poche lacrimuccie che le erano sfuggite. Vedendo ancora qualche lacrima appesa alle ciglia della cuginetta, le posò le mani sulle spalle con fare rassicurante e la fissò con qugli occhioni cangianti.
<>
Finalmente la bimba annuì, tranquilla, e rivolse al più grande un bel sorriso.
Poco dopo, mentre ancora la signora Weasley, la professoressa McGranitt e Hagrid si picchiettavano gli occhi nei loro straccetti di pizzo - o tendoni per il mezzogigante- Harry e Ginny tornarono sorridenti e infreddoliti e tutti si assieparono nelle auto per raggiungere il luogo dove si sarebbe svolta la cena.
Victoire, ancora per mano con Teddy, osservò affascinata le decorazioni della sala, le tovaglie ricamate e i bouquet floreali posati su di ogni tavolo. Quando, dopo i buffet, venne il momento di sedersi ai tavoli rifiutò categoricamente di appollaiarsi su un seggiolone come le due gemelline, costringendo un cameriere a rimediare una pila di cuscini da sistemare sulla sedia per farla arrivare al livello del tavolo. Questo capriccio le fece guadagnare dei commenti poco lusinghieri da parte della zia Muriel, che alla ormai molto veneranda età di centotredici anni continuava ad infestare le cerimonie con la sua lingua acida e che aveva insistito per sedersi davanti alla bambina. Per '' vedere se quella mocciosa sta venendo educata come si deve'' come disse lei. Per fortuna di tutti non sentì il commento mormorato da George, o probabilmente avrebbe ordinato al suo cameriere personale di lavargli la bocca con tanto sapone.
<> esclamò l'anziana donna quando un azzurrissimo Teddy si  arrampicò sulla sedia accanto a quella della cugina ridendo incontrollabimente con lo zio George. Il bambino le rivolse un'occhiata vacua.
<< Non guardarmi in quel modo giovanotto!>> lo rimbrottò la zia << Allora, hai intenzione di rispondere alla mia domanda o vuoi stare lì come uno stoccafisso?>>
<< Sono Teddy, Teddy Lupin>> rispose fieramete lui, alzando il mento. Vic vide il papà sospirare sconsolato come se fosse appena successo qualcosa di terribile. Un attimo dopo capì.
<< Non usare quel tono con me, giovanotto, io ho centotredici anni!>> zia Muriel fulminò Teddy con un occhiataccia << Lupin hai detto? Sei figlio di quei due scellerati che erano al matrimonio di William? Avevo capito che fossero morti in quella battaglia qualche anno fa. Da dove spunti tu?>>
Tutto il tavolo trattenne il respiro. Teddy, i capelli precipitati in un cupo blu notte e il visino corrucciato, guardò l'anziana antipatica donna con i suoi occhi cangianti. Vic quasi sentiva la rabbia del bambino vibrare nell'aria. Bill fece per intervenire, ma il bambino lo precedette.
<scellati >> sputò contro la zia << Mamma e papà sono degli eroi!>>
Zia Muriel sbuffò. << Certo, ora definiremo eroe chiunque sappia gettare un incantesimo! Erano due scellerati. E mettiti seduto , razza di ragazzino senza rispetto!>>
Non ci fu alcun momento di silenzio o di attesa. Il bicchiere nella mano della donna esplose immediatamente, spargendo ovunque framenti di vetro tintinnanti.
Tutta la sala ammutolì e si voltò verso di loro. Decine di sguardi sconcertati si diressero verso il loro tavolo, e George saltò in piedi per frenare la situazione prima che degenerasse.
<> gridò agli invitati. Vedendo Harry avvicinarsi preoccupato al figlioccio, aggiunse << Sposino novello, che fai? Non è successo nulla, ci pensiamo noi. Torna dalla tua sposa>>
<< Sicuri?>> chiese, osservando il bambino rimettersi seduto dietro insistenza della cuginetta.
<< Certo Harry, non è successo niente, vai! Goditi il tuo matrimonio, no?>> lo rassicurò Bill.
Una volta che il ragazzo si fu allontanato, i due fratelli si scambiarono uno sguardo d'intesa.
George, sordo agli strepiti della donna che ancora si lamentava, afferrò saldamente la sedia a rotelle di Muriel e la spostò ad un capo del tavolo, improvvisando qualcosa a proposito di portarla lontano dai vetri rotti. Bill invece si avvicinò alla figlia e a Teddy, che gli rivolse uno sguardo contrito. <> gli disse << Nulla che ognuno di noi non abbia sognato di fare qualche centinaio di volte!>>
I due bambini scoppiarono a ridere mentre l'uomo li spingeva verso il capotavola opposto a quello della zia, portando la pila di cuscini di Vic con una sola mano.
Per il resto della cena Teddy e Victoire fecero del loro meglio per rimanere seduti al tavolo e mangiare tutto. Ma, dato che il loro meglio non era granché, per la maggior parte del tempo scorrazzarono per la sala combinando disastri, seguiti dalle due barcollanti gemelline.
Al momento della torta, dopo che Harry e Ginny ebbero tagliato la prima fetta come da tradizione, Teddy innescò una battaglia di crema e cioccolato con la cugina.
<> strillò Vic dopo il primo lancio << Il mio vestito!>>
Naturalmente, una macchia di cioccolata sul suo fantastique vestitino blu di Persia non poteva essere perdonata con tanta facilità, quindi anche il bambino si ritrovò con i capelli azzurri insozzati di torta. Ne scaturì una vera e propria guerra della torta che finì per coinvolgere anche Molly Junior e Lucy, con grande disapprovazione di Percy. Alla fine il combattimeno fu sedato dalle nonne che, a colpi di bacchetta, rispedirono le piccole pesti ai loro posti sotto minaccia di una severa punizione.
<> brontolò Teddy dopo dieci minuti, tormentando il suo tovagliolo. Vic, al suo fianco, stava graziosamente drappeggiando il proprio sulla sua bambolina.
<> concordò << ma Maman ha detto che tra poco si balla!>>
Il bambino inorridì. <>
Victoire gli lanciò un'occhiataccia che avrebbe dovuto far impallidire ancora di più i capelli del cugino. <> ribatté, serafica << Tutti ballano. Anche tu>>
Ed effettivamente, quando i tavoli vennero addossati verso le pareti e l'orchestra cominciò a suonare il lento, Teddy, seppur imbronciato, venne trascinato al bordo della pista.
Cominciarono a ballare i due sposi, poi dopo poco li seguirono in pista i signori Weasley, poi Ron ed Hermione, George ed Angelina... in poco tempo tutte le coppie della sala erano sulla pista dorata.
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Se Victoire si metteva in testa qualcosa, farle cambiare idea era una missione quasi impossibile. Ragion per cui Teddy dovette seguirla sulla pista dorata e mettersi a ballare in mezzo agli altri, inciampando sul suo vestito da cerimonia a ogni passo. Ma dopo qualche minuto, addolcito dai grandi sorrisi luminosi che gli lanciava la cuginetta ad ogni giravolta, mise via il suo broncio e cominciò a sorridere anche lui.
<> gli disse Vi alla fine della canzone, ridendo e ssistemandosi il vestitino, mentre gli altri applaudivano.
Una risata più profonda arrivò da dietro di loro. Bill, con in mano la macchina fotografica, si avvicinò. << Allora, ma cherie, mi concedi questo ballo?>> chiese alla figlia, porgendole la mano<< Sempre che al tuo cavaliere non dispiaccia, certo>>
Alzando le mani, Teddy si tirò indietro con un sorriso divertito.
Probabilmente Vi avrebbe avuto l'idea di farlo ballare con la zia Fleur, ma per fortuna lo zio la aveva già fatta salire con i piedini sui propri e si erano allontanati ballando.
Aveva tutta l'intenzione di andare verso l'angolo del bar per prendere un bel bicchierone di succo di zucca e rilassarsi, ma un vortice verde urlante gli tagliò la strada diretto verso un'anziana coppia che ballava e lui fu costretto a fare uno scatto per afferrare le due gemelline ed evitare loro una rovinosa caduta a terra. Afferrò il lembo di un vestitino color smeraldo e poco mancò che la forza centrifuga non facesse finire a terra anche lui. Una volta recuperato l'equilibrio vide che le due bimbe barcollavano con gli occhi sgranati, ma che grazie al suo sacrificio - si era persino scolorato i capelli nella foga!- erano in piedi e senza contusioni visibili. Pregio della situazione : i suoi odiosi vestiti eleganti si erano spiegazzati, e avrebbe avuto anche un scusa valida per la nonna Meda.
<< Mi gira te-esta...>> mugugnò Lucy, dondolando. O era Molly Junior?
<> asserì la gemella << Ma  la stanza sì!>>
Teddy sorrise. << Su, su... Girate dall'altra parte>> le consigliò. Le bambine si misero a fare delle pericolanti giravolte da ballerina, con le braccia alzate, e continuarono così finché Molly o Lucy che fosse inciampò nei suoi piedi e rovinò addosso alla sorellina. Il bambino le afferrò fulmineo per la seconda volta, prima che toccassero il pavimento, e le sostenne per un braccio. <> borbottò << Venite>>
Le trascinò verso il bancone bar e si arrampicò su uno sgabello per arrivare a chiedere tre succhi di zucca ghiacciati. Si scolò il proprio in due secondi netti, subito imitato da Molly Junior, sotto lo sguardo di disapprovazione di Lucy che invece sorseggiava graziosamente dal suo bicchiere.
<< Balliamo?>> chiese Lucy, dopo aver posato il bicchiere vuoto su una sedia.
Teddy la fissò sgomento. <> fece. Ma se fino a cinque minuti prima barcollavano come lo zio Charlie quando aveva bevuto troppo idromele?
<> approvò invece Molly con un certo entusiasmo << Anche Teddy!>>
Il bambino fece per protestare, ma le due gemelline gli avevano preso una mano ciascuna e lo stavano tirando, battendo i pieidni, verso la pista. E lui non voleva opporsi a dei cosini alti poco più delle sue gambe, soprattutto perché non era nuovo ai loro capricci, quindi si ritrovò suo malgrado di nuovo in mezzo alle coppie danzanti.
La canzone era più movimentata di quella che aveva ballato con Vi, così le coppie roteavano e saltellavano al ritmo della musica, rischiando costantemente di inciampare in due bambinette di neanche due anni che nemmeno camminavano per bene e insistevano per vagare in mezzo alla pista da ballo dorata. Vederle caracollare in giro, vestite identiche e con le manine ben strette tra loro era però una visione che nonostante tutto lo intenerì. Tese loro le mani.
<> propose, tendendo le bracccia per afferrare le mani libere delle due.
Loro cominciarono a saltellare estasiate, prendendo poi a mettere piccoli passi tutti vicini al cambio della canzone. Il nuovo pezzo crebbe subito in ritmo ed intensità, dando alle gemelle una scusa per liberare tutta la loro energia. Si misero a girare in tondo sul piccolo cerchio che avevano formato, saltando, agitandosi a tempo di musica e trascinandosi dietro il povero Teddy, che faceva tutto il possibile per tenerle in piedi e allontanarle dai tavoli, le sedie e le colonne.
Dopo diverse canzoni, quella che doveva essere Molly Junior annunciò con voce lamentosa di essere stanchissima e si trascinò verso un divano libero ai margini della sala, seguita da Lucy e dal cugino. Ci si buttò sopra, del tutto indifferente allo stato de suo vestitino, e trascinò con sé la gemella, sistemandosi in cerca di una posizione comoda. In quel momento la zia Audrey apparve lì accanto.
<> le salutò con un buffetto. Le bimbe però dovevano essere davvero esauste, perché sorrisero leggermente e annuirono, battendo lentamente gli occhioni.
Teddy si fece avanti con aria d'importanza. <> le comunicò, compunto << Le ho fatte smettere di girare, poi gli ho dato il succo e poi hanno voluo ballare ancora, quindi ci sono andato anche io! Non le volevo lasciare da sole, zia>>
La donna sorrise divertita e si chinò verso di lui, scompigliandogli - con sua grande gioia- i capelli. <> gli strizzò l'occhio e si raddrizzò. Si voltò, forse con l'intenzione di dire qualcosa alle sue figliole, ma quelle in quei pochi attimi si erano addormentate intrecciate l'una all'altra. Il bambino sorrise, salutò la zia e corse via.
Vicino al bancone del bar trovò Vi, ancora impeccabile nel suo vestitino blu e con i boccoli biondi appuntati precisi all'indietro. Sembrava aspettarlo.
<> esclamò infatti non appena lo vide, prendendolo per un braccio << Ho ballato tanto tanto! Tu?>>
Il cugino le raccontò il tempo trascorso con le gemelline, forse con un po' più enfasi del dovuto e qualche bestia feroce di troppo, ma tutto sommato in un resoconto veritiero.
<> tubò la bimba, tutta intenerita, alla fine del racconto. Teddy si imbronciò. <> protestò indignato.
<> concordò Vi, accarezzandogli il braccio. Lui si ringalluzzì un po'.
<> lo chiamò Vi dopo poco << Balli? L'ultima volta, ti prego!>>
Il bambino, con i capelli tornati all'amato azzurro cielo, davvero non sapeva resistere agli occhioni grigi della cugina. << Eh, però! Non è giusto!>> si lamentò figendosi scocciato e facendola ridere. Poi la prese per mano e camminò di nuovo verso la pista, che ora era meno affollata. Molte persone si erano allontanate per bere qualcosa e riposarsi, ma altrettante erano ancora lì a dondolarsi e muoversi con la musica. Teddy e Vic ballarono per un po', dondolandosi come in un lento e agitandosi quando la musica diventava più veloce, ma non smisero mai di ridere. Si stavano divertendo come dei pazzi, e facevano confusione, come sempre quando erano insieme. Nessuno dei due lo notò, ma la gente lanciava loro occhiate divertite e dolci, osservandoli godersi quei momenti beati in cui le nonne non li rimproveravano se correvano o schiamazzavano o ridevano continuamente. Anche Teddy, suo malgrado, cominciò ad apprezzare il ballare con Victoire.
Più tardi, quando la musica in pista si era fatta chiassosa e rumorosa già da un po' e i bambini, come chiunque non fosse nel pieno della giovinezza, se ne tenevano lontano, Vic lanciò un urletto che spaventò Ted.
<< Che succede?!>> esclamò il ragazzino, allarmato << Mostri? Serpenti? Fantasmi cattivi?>>
Sfoderò una delle sue armi preferite, la spadina di legno, che era chissà come riuscito a portarsi dietro eludendo le ispezioni della nonna Meda e rimase in attesa di una spiegazione dalla cugina. Victoire, dal canto suo, balzò giù immediatamente dallo schienale del divano dove si era appollaiata e corse a sistemarsi accanto a Teddy, appena dietro di lui.
<> indicò la finestra fuori dalla quale stava guardando un minuto prima << Ho visto qualcosa!>>
<> domandò lui, puntando la sua temibile arma contro i vetri istoriati.
<> pigolò Vi, ancora più impaurita, aggrappandosi al vestito da cerimonia del cugino.
Teddy non ne era sicuro, ma da bravo cugino maggiore non la voleva spaventare, quindi le diede ragione. << Giusto. Okay. Cosa c'era fuori allora?>>
La bimba tirò su con il naso, scostandosi un poco dal suo fianco, almeno un pochino rassicurata dalla protezione di un Teddy alto e armato di spada di legno. <>
<<'Kay. Ehi, di fuori! Chi sei? Diccelo!>> strillò, senza farsi problemi, il bambino verso la finestra appena socchiusa. Nessuna risposta dai vetri lavorati con la magia.
<> si corresse al gemito terrorizzato di Vi, che scosse la testa freneticamente.
<> minacciò Teddy, rivolto a quella piccola porzione di buio che riusciva a vedere dalla finestra socchiusa. Fece ondeggiare ancora qualche volta la spadina, poi la abbassò.
<> cercò di rassicurarla. La bambina scrutava sospettosa la finestra con i suoi occhioni grigi, come se avesse potuto essere sfondata da una bestia alla carica da un momento all'altro. In quel momento l'unica cosa che faceva era far entrare un rivolo di fredda aria invernale nella sala fin troppo calda. Ted le allentò delicatamente la stretta sul suo braccio, sorridendo rassicurante. <>
Victoire annuì corrucciata, continuando a fissare la finestra con aria ostile. << 'Tai attento>>
Teddy le sorrise e si avvicinò alla finestra alzando la spadina di legno. Con una rapida spinta salì sul divano e da lì riuscì ad aprire di più le ante, venendo investito da una folata di vento gelido che lo fece rabbrividire fino al midollo delle ossa. Si sporse comunque per guardare fuori, spaziando con lo sguardo nel giardino poco più in basso: nelle stagioni più calde doveva essere un fantastico paradiso pieno di fiori e alberi verdi, ma nel cuore dell'inverno era un quasi labirinto di cespugli e siepi secche a mezza altezza ricoperte di neve, un nascondiglio perfetto per mostri, animali feroci o anche fantasmi assassini. O addirittura zombie.
Ragion per cui controllò con attenzione ogni angolo che riusciva a vedere ma, comlpice forse anche la poca luce, non colse nulla. Niente movimenti o guizzi o fruscii o altro. Si ritirò velocemente all'interno, anche perché con la testa di fuori aveva cominciato a congelarglisi il naso, e incassò con forza la finestra. Si allungò perfino per arrivare a chiudere la maniglia, e dopo qualche tentativo ci riuscì.
<> esordì saltando giù dal divano << Io ho controllato fuori, ma non ho visto niente niente>>
La bambina, che lo aspettava tormentandosi i riccetti biondi o l'orlo del vestitino, lo fissò mordendosi il labbro. <>
<> la rassicurò Teddy, appoggiandosi alla spadina di legno con fare disinvolto e un sorrisone <>
Vi, allora, sorrise con tutti i dentini bianchi e gli si aggrappò di nuovo al braccio, saltellando. <> lo ringraziò allegramente <>
Il bambino si attegiò con finta noncuranza, ma in realtà era anche un po' arrossito. << Ma di cosa, non ho fatto nulla...>> si pavoneggiò, anche se le radici dei suoi capelli stavano vertendo verso un rosso più intenso di quello Weasley. Poi la bimba lo studiò più attentamente e scoppiò a ridere. <> gli spiegò ridacchiando.
Furono interrotti da un mugolio proveniente da un divano vicino. La testolina rossa di una delle gemelline, probabilmente Molly, che aveva il sonno davvero leggero, spuntò da sopra il bracciolo. Nel furore del momento, si erano del tutto dimenticati che le cuginette dormivano lì accanto e che avrebbero potuto svegliarle con le grida, cosa che effettivamente era successa.
Vi lanciò a Teddy un'occhiata colpevole e fece per avvicinarsi nel tentativo di tranquillizzare Molly Junior, ma, stranamente, la bimba li guardò con aria assonnata e li salutò con la manina, per poi tornare a dormire senza nessun capriccio.
Teddy, sconcertato, prese per mano Victoire e si allontanarono in punta di piedi, andando a sedersi più lontano.
Forse si era appisolato per qualche minuto, perché quando aprì di nuovo gli occhi la stanza risuonava di una bassa musica rilassante e non c'era nessuno sulla pista dorata. Gli invitati si erano sparsi per la sala, seduti ai tavoli o sui divani, e qualcuno doveva essere già andato via. Spostando lo sguardo verso la poltrona dove si era accoccolata Vic, la trovò che si mordeva il labbro agitata, dondolando i piedi.
<> la chiamò, sbattendo le palpebre per mettere meglio a fuoco <>
La bimba si voltò a guardarlo, arrotolando e srotolando un ciocca di capelli biondi intorno alle dita. << Devo andare in bagno>> rispose, aggrottando le sopracciglia.
<> Teddy, ancora insonnolito, non vedeva dove fosse il problema <>
La cugina lo guardò, con un'espressione un po' spaventata. << Maman ha detto che è laggiù>> indicò l'altro lato della sala, dove molti invitati si stavano rilassando e chiacchieravano seduti su delle poltroncine sistemate nel semicerchio formato dalle pareti << E di andare da lei per tutto>>
Il bambino annuì, continuando a non capire il problema. <>
Victoire si morse il labbro. << Ho paura...>> mormorò, gettando uno sguardo al largo corridoio che collegava la sala più grande con il semicerchio dov'erano gli zii. Anche Teddy lo osservò, e capì in fretta cosa spaventava la cuginetta: il corridoio aveva le pareti di vetro, separate ogni tanto da qualche colonna, che davano sul buio giardino innevato.
<> chiese Vi, con la vocina tremante.
Beh, aveva ragione, pensò Ted. Quella cosa poteva essersi solo spostata nel giardino, e  da quelle finestre enormi sarebbe anche potuta entrare. Si passò una mano nei capelli azzurri.
<> le propose, sollevando la spada di legno per mostrargliela.
La bimba sgranò gli occhi. <>
<> confermò lui, annuendo con aria d'importanza.
Vi saltò giù dalla poltrona sorridendo.<< Sììì! Grazie Teddy!>>
Lui scosse le palle e si alzò, afferrando la spada e cominciando ad avviarsi verso la saletta. La cuginetta perse la sua allegria non appena entrarono nel corridoio di vetri, attaccandoglisi alla giacca e rimanendo dietro di lui. Teddy avanzava lentamente con la spada sollevata, scrutando le finestre da entrambi i lati senza far troppo caso al loro buffo riflesso sul vetro. Victoire gli rimase dietro, aggrappata alla giacca da cerimonia, fissando il buio lì fuori grata della protezione del cugino, mentre Ted camminava voltandosi repentinamente a destra e a sinistra puntando la spada contro ogni cespuglio gelato sospetto. Verso la fine del corridoio prese anche a camminare all'indietro, per controllare che rimanesse tutto tranquillo mentre Vi raggiungeva di corsa la mamma. Rimase perfino piantato a fare la guardia mentre lei parlava concitata con la zia Fleur, in un misto di francese ed inglese pressoché incomprensibile. Tornò verso di lui tirandosi dietro la madre, che sorrideva divertita.
<> gli scompigliò i capelli - evviva! - con dolcezza << Vicky voleva chiederti se potevi accompagnarci ancora verso la sala, mon petit homme >>
<< Ma certo, zia!>> rispose orgogliosamente, facendo a Vi, che lo guardava radiosa, un sorrisino.
Le accompagnò indietro lungo il corridoio, sotto lo sguardo brillante della zia e con Vic aggrappata al braccio libero. Quando furono in mezzo alla sala principale, la bimba si staccò e corse dalla madre. Poi parve ripensarci e tornò indietro.
Gli sussurrò un <> con un bel sorriso. Poi lo tirò verso il basso per potergli scoccare un sonoro bacio sulla guancia.
Teddy divenne rosso come un peperone fino alle punte dei capelli e boccheggiò, ma Vi era già corsa via.
Ancora rosso e imbabolato andò verso uno i divani in fondo alla sala, con la preziosa spada di legno penzoloni, e vi si buttò sopra.
Non ricordava molto del resto della notte. Si ricordava del momento in cui Vi era andata a sedersi accanto a lui, sorridente e anche che si erano litigati dei cuscini e che alla fine li aveva ottenuti lei. Dopo dovevano essersi addormentati entrambi sul serio, perché aveva solo qualche frammento di immagine dei momenti in cui si era svegliato, probabilmente. Delle coppie che ballavano in lontananza, lo zio Bill e zio Harry, scarmigliato, che venivano a mettere loro dei mantelli come coperte e  una strana scena, forse un sogno, in cui zio Harry era senza camicia al centro della sala e la zia Ginny disegnava qualcosa sul suo petto sotto lo sguardo e le risate degli invitati. Dopo quello, soltanto il momento in cui lo avevano preso in braccio, nella penombra e con la sala piuttosto silenziosa, per andare a casa alla fine della festa e lui si era svegliato. Gli sembrava di ricordare che dopo aver ricevuto un bacio e un buffetto dallo zio Harry e dalla zia Ginny, lo avessero sistemato sul sedile posteiore di un auto accanto a Vi, che dormiva profondamente con in riccioli sulla fronte, ma non ne era sicuro. Dopo, più nulla.

Quella notte movimentata aveva segnato un cambiamento profondo che Teddy e Victoire erano troppo piccoli per percepire: la Tana aveva lasciato andare il suo ultimo figlio, la piccola e forte Ginny, che entrava ora a Grimmauld Place come vera signora della casa, che pure era sempre stata. Ma la Tana, come la casa di ogni genitore, non sarebbe mai stata vuota... Il clan di Weasley-Potter era destinato ad allargarsi molto negli anni successivi, e una nuova generazione degna della vecchia sarebbe tornata a far risuonare la casa di grida, strilli e risate.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro- Occhi nocciola ***


Teddy proprio, proprio non riusciva a capire come mai non appena le temperature si alzavano sopra il livello di ''Congelamento Istantaneo'' i grandi lo spedissero a giocare fuori nel momento stesso in cui metteva piede alla Tana. Aveva anche freddo, lui! Era quasi la fine di marzo, ma nella campagna inglese soffiava un venticello dispettoso che gli si insinuava sotto il giacchetto e la maglia, facendolo rabbrividire.
Continuò a chiedersi cosa mai avesse fatto di male mentre si trastullava con la spada di legno, abbattendola contro gli arbusti che spuntavano dal terreno come se fossero terribili nemici. Insomma, va bene, magari aveva rotto qualche vaso negli ultimi anni! E magari aveva combinato altri guai e spaventato Dominique qualche volta! Ma suvvia, non aveva nemmeno mai spaventato Freddie in quel mese... Un colpo della spadina e disse addio a metà di un cespuglio secco.
Per di più, Vic non era ancora arrivata, come sempre, e questo rendeva la sua permanenza in giardino terribilmente noiosa. Era sicuro che se lo avessero lasciato allontanare un pochino avrebe di certo trovato dei mostri da sconfiggere, ma anche senza voltarsi poteva vedere lo sguardo verde dello zio Harry che seguiva attentamente ogni sua mossa dalla finestra del salotto. Quel giorno il turno di guardia toccava a lui. Il turno di guardia ! Andiamo, ormai aveva quasi sei anni, non era come quando giocava con una microscopica Vi nel box! Poteva badare a sé stesso!
Spezzò un povero ramo innocente con un colpo della spada.
Purtroppo, nessuno dei grandi della famiglia sembrava essere d'accordo. Lo zio George aveva votato in suo favore qualche mese addietro, prima che nascesse Freddie, ma nessuno gli dava mai retta. Dicevano che con tutto quello che aveva combinato si era meritato i diritti politici di famiglia dimezzati a vita... non che Teddy capisse letteralmente cosa coleva dire, ma aveva compreso che doveva tovarsi anche un altro grande che intercedesse per lui dalle nonne, le supreme direttrici delle decisioni. Entrambe gli avrebbero negato persino di portare i capelli colorati, se lo zio Harry non le avesse convinte.
Un alberello tremò sotto i suoi colpi furiosi.
Una voce irata giunse dalla porta della casa alle sue spalle.
<> Nonna Meda sembrava piuttosto irritata,  ferma con le braccia incrociate appena fuori dall'uscio.
<> protestò il bambino.
<> ribatté la nonna. Era una nonna davvero dolce, ma sapeva anche essere severa, e questo Teddy lo sapeva bene.
Abbassò la spada con riluttanza. << Okay, Nonna>>
L'espressione rigida della donna si tramutò immediatamente in un sorriso soddisfatto.
<> sorrise, mandandogli un bacio e facendo per rientrare.
<> la chiamò indietro Ted. La nonna fece capolino dalla porta.
<>
<< Quando arriva Vi?>>
Andromeda dovette usare gran parte della sua notevole forza di volontà per impedirsi di alzare gli occhi al cielo  quella domanda, che usciva dalla bocca di suo nipote almeno sette volte per ogni giorno in cui la grande famiglia si riuniva, tutta o in parte. Solo quella domenica era stata posta già tre volte.
<> il diminutivo Teddy era, per lei, riservato ai momenti davvero tranquilli e di dolcezza << Non lo so. Sicuramente sarà qui tra poco >>
Detto questo, entrò in casa.
Teddy, tornato ad essere con la sola compagnia della sua nemica noia, prese a correre per i giardino menando fendenti e stoccate ad avversari invisibili, stando bel lontano dagli alberi.
Una vocina squillante risuonò per il giardino. <>
Il ragazzino si voltò tanto velocemente da farsi male al collo. <> esclamò, abbassando la spada << Dov'eri finita? Ti aspetto da un sacco!>>
La bimba alzò gli occhi al cielo, il nasino all'insù. <orrible e Domi ha fatto i capricci>> spiegò << Tu cosa fai?>>
<> li interruppe Fleur, andando verso di loro con la figlia minore tutta imbacuccata in braccio << Cosa fai qui fuori? Tu prenderà freddo! E sei tutto sudato!>>
Lui fece una smorfia. << Mi hanno detto di venire fuori a giocare>>
Bill, arrivato dietro la moglie, scoppiò a ridere. <>

<>protestò il bambino, indignato << Sono solo entrato!>>
Anche Fleur fece un risolino, spostando Dominique da un braccio all'altro.
<< Comunque sarà quasi pronto il pranzo, quindi sarà il caso che rientri anche tu>> commentò lo zio Bill, spingendo il passeggino a due piani verso la porta. Vi prese la mano di Teddy e si incamminò anche lei dietro il padre, tirandoselo dietro. Stavano proprio per entrare dalla porta d'ingresso, che non era mai chiusa se non di notte, quando la zia li bloccò con il braccio.

<> gli chiese inarcando un sopracciglio. Il bambino abbassò lo sguardo ai piedi e notò che in effetti le suole delle sue scarpe da ginnastica avevano una suola aggiuntiva di terra appiccicata sotto.

<> osservò Vi, interessata. La zia Fleur stava proprio per dire che poteva rimediare lei con un incantesimo, ma Teddy trovò una soluzione più semplice. Tolse velocemente entrambe le scarpe senza nemmeno slacciarle.

<> esclamò, per poi correre dentro con la bambina.
Fleur rimase un secondo basita, poi scosse la testa con un sorriso esasperato ed entrò.

 

La nonna Molly li chiamò a pranzo due minuti dopo che erano entrati, quindi Victoire non ebbe molto tempo per mettersi a giocare con Teddy. Furono entrambi spediti a lavarsi le mani – e la faccia per Ted- e poi invitati a sedersi a tavola. Nonno Arthur aveva inventato un nuovo modo di sistemare i tavoli per fare in modo di riuscire a pranzare seduti, anche se stretti, tutti quanti. Erano in diciannove, compreso Freddie che però non occupava molto spazio, e nella cucina della Tana non sarebbero mai entrati. Durante i grandi pranzi della domenica i tavoli venivano spostati nel salotto, leggermente più grande, e sistemati in uno strano ordine -quella domenica a forma di zeta- per farci entrare tutti.
Vic, come al solito, rifiutò di sedersi su un seggiolone come le gemelline e la sorellina. Non riusciva a capire perché il papà se lo portasse ancora dietro, in effetti. Teddy racimolò quattro o cinque cuscini e li ammonticchiò sulla sedia accanto alla propria, poi il papà la sollevò e la calò dall'alto sulla pila, in precario equilibrio. Il cugino si sistemò scomposto, con i gomiti sul tavolo, e cominciò a giocherellare con la forchetta.

<> lo riprese nonna Meda, con le mani sui fianchi << E non sbuffare!>>

Il bambino, visibilmente di cattivo umore, si sedette per bene corrucciando il viso.

<> lo chiamò la bimba.

<>
<>

La zia era incinta di praticamente nove mesi, mancavano solo pochi giorni al termine ultimo stabilito dai medimaghi, ed aveva un pancione davvero enorme. In quel momento era seduta a capotavola, su una sedia più simile ad una poltrona, con una mano sulla pancia. Tutti le si affaccendavano intorno premurosi, nonostante le sue continue lamentele - <> - , così per avere pace lei fingeva di essere stanca e la nonna Molly cacciava ogni essere umano dalla stanza. La zia lo faceva apposta, ed era un segreto che aveva condiviso solo con il “ Duetto d'estate”, come diceva lei. Aveva preso a chiamarli in quel modo da qualche mese, dicendo che insieme formavano proprio quella stagione, tra i capelli azzurri o comunque colorati di Teddy, quelli biondissimi di Victoire e la loro sconfinata allegria. La prima volta, Vic aveva risposto, storcendo il nasino, che a lei piaceva l'inverno, facendo ridere la zia.
La bambina in realtà non ci aveva fatto molto caso, ma zia Ginny aveva cominciato con quel soprannome poco dopo la nascita di sua sorella Dominique. Questo perché, come invece Teddy aveva intuito – dopo aver origliato una conversazione tra gli zii-, da quando era nata Domi loro due sembravano se possibile ancora più attaccati e inseparabili. Quando si trovavano ad essere nella stessa casa, non passava neppure un millesimo di secondo dall'arrivo del secondo che i due già si erano allontanati per giocare lontano dai grandi. Come lo zio Harry aveva notato, Teddy non aveva mai degnato Dominique di più che un saluto veloce o un buffetto, da quando Victoire aveva messo il broncio perché si sentiva trascurata. O meglio, quella piccola principessa probabilmente si sentiva in dovere di sentirsi trascurata a causa della sorellina, anche se ogni membro della famiglia si impegnava per evitarlo, e aveva preso a mettere su una smorfia delusa ogni volta che qualcuno dedicava alla neonata qualche attenzione in più. Teddy allora, resosi conto della situazione, aveva cominciato a correre da lei non appena la vedeva salutando solo velocemente gli altri per poi correre a giocare per tutto il giorno solo con Vi. Questo aveva portato entrambi ad avere per l'altro un attaccamento ancora più profondo, un legame che andava molto oltre il semplice ritrovarsi a stare insieme di domenica o durante le feste. Ormai non c'era quasi giorno in cui le loro insistenze di vedersi non venissero accontentate, anche perché se erano insieme Vic non si metteva a giocherellare con il broncio per la casa e Teddy non distruggeva nulla come sfogo per la noia. Il più delle volte, non distruggeva nulla. Dopo qualche mese era diventata un'abitudine averli entrambi nell'una o nell'altra casa, che si davano ad esplorazioni silenziose, scoppiettanti battaglie o filosofiche chiacchierate mentre Vicky acconciava i capelli del povero bambino, allungati per l'occasione.

<< Sta bene, penso>> rispose Teddy, strappandola dalle sue riflessioni sul soprannome affibiato loro << Però dice che il pancione pesa come una cassa di bolidi>>

La bimba rise graziosamente, contagiando il cugino.
<> batté le mani deliziata<< Ti ricordi quando è nato Freddie, Teddy?>>
Il ragazzino annuì. Era passato meno di un mese, dopotutto. <>

<> protestò lei.

Teddy si strinse nelle spalle. << Blu le avevano finite. E comunque si vedeva >>
<< Beh, non tanto però. I bambini piccoli sono tutti uguali!>>

<> concordò lui con un cenno.

Nonna Molly annunciò che la zuppa di cavoletti e carote doveva essere pronta, quindi che si mettessero seduti per bene, e andò in cucina a prendere la pentola.

Teddy fece una smorfia. << Odio i cavoletti>> chiarì allo sguardo interrogativo della cugina.

<< Non mangiarla>>.A Victoire la cosa sembrava ovvia,

<> sospirò il bambino.

Lei socchiuse gli occhi.<< Ma se non ti piace...>>

<>

La bambina s arrese. In effetti, rifiutare una portata ai pranzi della nonna poteva rivelarsi fatale. <> cambiò argomento, roteando la forchetta.

Teddy cominciò ad arrotolarsi il tovagliolo intorno alla testa. <> rispose, con la lingua fra i denti e gli occh rivoltati per vedersi la fronte.

Vic corrugò la fronte. <>

<> replicò lui, stringendo il tovagliolo arrotolato dietro la testa.

La bambina decise di ignorarlo.<< A me piacerebbe una femmina!>> esclamò << Fred è maschio>>

Teddy lasciò perdere la sua fascia artigianale per guardarla basito. <> protestò.

<< Ma Domi non conterà, forse! E le gemelle valgono per una sola, sono a metà!>> ribatté lei cocciutamente.

<< No invece! Sono due>>

<>

Sembrava che si stessero litigando dei personaggi di una raccolta, ognuno dei due impegnato a lottare per averne uno in più dalla sua parte. Dominique non veniva considerata molto, un po' perché Vic non aveva ancora superato del tutto la gelosia, un po' perché Fleur già la trattava con tanta iper-apprensività che sospettavano non sarebbe mai stata buona per i loro giochi. Continuarono così finché Nonna Molly non tornò con la sua enorme pentola di zuppa e furono costretti a zittirsi mentre la distribuiva chiacchierando ininterrottamente.

Teddy fece una smorfia disgustata quando un cavoletto di Bruxelles cadde nel suo piatto insieme alla zuppa, facendo ridere la cugina e determinando la tregua.

 

Victoire si pulì attentamente le labbra con il suo tovagliolo, perfettamente piegato a differenza di quello del cugino, che era stato costretto da Meda a toglierlo dalla testa e lo aveva abbandonato vicino al suo piatto, tutto stropicciato. La zuppa, pur essendo perfetta e presumibilmente deliziosa come ogni cosa che usciva della nonna, non la aveva convinta. Ascoltando i complimenti dei grandi però, le venne in mente che forse nemmeno a lei piacevano i cavoletti. Comunque, l'arrosto era squisito e anche le patate con burro, e lei si sentiva scoppiare. Nonna Molly era di nuovo sparita nella cucina, per prendere il dolce da quanto aveva capito Vic, e tutti sedevano rilassati e satolli attorno al tavolo, parlando pigramente. A lei venne da sbadigliare e si sbilanciò, rischiando di precipitare dalla pila di cuscini. Per fortuna Teddy la fermò, con uno scatto, e rimise la pila dritta.

<>

<> il bambino sembrava distratto.

<> gli chiese la bimba. Teddy la guardò e arrossì appena.

<< Cercavo di ricordarmi una cosa>> borbottò.

<> la curiosità di Vic era famosa in famiglia.

Il cugino sbuffò. <>

Victoire saltò subito su eccitata. La sua curiosità entrò in modalità turbo. << E che ti ricordi? Com'ero?>>

Era troppo piccola, per quanto fosse sensibile e precoce, per pensare di star toccando un tasto pericoloso. Infondo, lei neppure sapeva ancora che la mamma e il papà di Teddy erano morti proprio il giorno del suo compleanno, due anni prima. Aveva sentito delle storie sulla battaglia, su tutto, ma non sapeva ancora davvero.

Teddy però sì. Non lo aveva saputo quando la cugina era nata, ovviamente, perché era molto piccolo, ma adesso lo sapeva. Si incupì un poco, ma non voleva rattristare la cuginetta.

<> rispose << Che siamo andati tutti all'ospedale, e poi zia ti teneva in braccio. Avevi i capelli tanto lunghi>>

La bambina si beveva avida quelle pillole di storia. Nessuno sembrava mai avere voglia di raccontarle di quando era nata. << E basta?>>

Il bambino strinse gli occhi, cercando di ricordare. Ad un tratto arrossì. << Io... io.. emh...>>

<> ripeté lei.

<< Lui pensava che tu fossi un fiore>> intervenne lo zio George, seduto davanti a loro, con un ghigno. Teddy arrossì tutto, capelli compresi.

Vicky lo osservò confusa. << Un fiore?>>

<> lo canzonò lo zio. Il ragazzino era più rosso della salsa alle fragole, e i suoi capelli, striati di rosso e azzurro, schizzavano da tutte le parti.

<< Non è vero!>> si lamentò. Lo zio rise e Teddy fece per ribattere, piccato, ma in quel momento, proprio mentre Nonna Molly stava rientrando in salotto con un'enorme torta alla melassa, un suono strozzato interruppe tutte le conversazioni. Ogni persona nella stanza, fuorché Fred che dormiva beato nella sua culla, si voltò di scatto verso il capotavola a destra.

La zia Ginny stava fissando zio Harry, con entrambe le mani premute sul pancione.

<> si interruppe con un gemito. Harry sembrava paralizzato, la fissava con la bocca aperta senza dare il minimo accenno a muoversi. La zia si mosse sulla sedia.

<> ruppe di nuovo la frase con un verso di dolore. Per un'altra manciata di secondi, forse, nessuno fece nulla. Rimasero lì a fissare Ginny che si teneva il pancione, gemendo, poi lei lanciò loro uno sguardo di fuoco. E si scatenò il caos.

 

Victoire poi non avrebbe saputo dire se era lei a non aver capito bene cosa stava succedendo, o se il putiferio che si era scatenato avrebbero lasciato confuso chiunque. Credeva che nonna Molly, quasi in preda ad un attacco isterico, avesse praticamente lanciato via la torta gridando qualcosa tipo << LE TOGLIE!>> , ma non aveva capito che cosa significasse. Dopodiché era stata circondata da un nugolo di gente che gridava e correva da tutte le parti nella casa, strillandosi a vicenda cose da prendere.

<< La borsa!>>

<>

<>

<>
<>
Dopo pochi secondi Fred, disteso nel suo passeggino imbottito, si svegliò e, probabilmente spaventato dal chiasso, cominciò a piangere disperato aggiungendosi alla cacofonia. La zia Angelina corse a cercare di calmarlo, lo zio George rientrò nella stanza trasportando due borsoni vecchio stile, la zia Hermione cercava di tranquillizzare la zia Ginny mentre lo zio Harry era accanto alla moglie e zio Ron era corso a controllare che ci fosse qualcosa nell'auto, la nonna correva qua e là strepitando ed il nonno stava fermo non sapendo che fare, il papà se ne era andato per prendere delle cose a casa, la mamma calmava Dominique, Teddy pareva sparito...
<> Teddy riapparve accanto alla sua sedia, scarmigliato, trascinando per mano Molly Junior e Lucy che tutto sembravano meno contente di essere state svegliate dal riposino.

<> la voce di Ted aveva una nota di urgenza, e sembrava sconvolto mentre teneva in piedi le due bimbe.Victoire saltò giù agilmente, facendo rovinare a terra i cuscini. Fece per metterli in ordine, ma Teddy la fermò afferrandole il braccio.

<< Non c'è tempo, dai!>> si mise a correre verso la porta, schivando i grandi in preda al panico e tirando le due gemelline assonnate. Vic lo seguì, rimanendo a corto di fiato nello sforzo di tenergli dietro. Sbucarono in giardino, dove tre automobili stavano atterrando bruscamente con un boato. Da dietro quella al centro spuntò lo zio Ron.

<> si giustificò con Percy, che lo guardava tra lo scioccato e l'arrabbiato. Poi corse dentro. Si sentì un crac e il papà riapparve in mezzo al giardino, con una borsa che aveva tutta l'aria di aver vissuto diverse guerre di palline di carta e inchiostro a tracolla. Nel caos che proveniva dalla casa, la gettò nell'ultima macchina e corse dentro. Lo zio Percy, che era rimasto imbambolato, sembrò ricordarsi improvvisamente il proprio ruolo e si mise a trotterellare da una macchina all'altra, borbottano con aria contrriat parole magiche e puntando la bacchetta all'interno dell'abitacolo. Arrivò anche la zia Audrey, gridò qualcosa al marito terrorizzata, poi vide le figlie aggrappate a Teddy e si tranquillizzò. Prese ad aiutare il marito, spalancando tutte le portiere. Teddy nel frattempo allacciava una scarpa a Molly Junior, mentre Lucy chiedeva continuamente cosa succedesse. Dalla Tana si sentiva ancora distinto il pianto di Fred, in sottofondo alle grida generali. Un secondo dopo, tutta la famiglia si riversò fuori dalla porta. Nonna Molly e nonna Meda in testa, con un borsone ciascuno, l'un strepitando e l'altra che sembrava essere l'unica tranquilla. Dietro di loro la confusione si infittiva, c'era lo zio Harry che era pallidissimo e cercava di passare dalla porta con qualcosa in spalla, ma non ci riusciva. Alla fine gridò qualcosa indietro e si abbassò piegandosi sulle ginocchia, uscendo finalmente fuori seguito a ruota dal papà, lo zio Ron e lo zio George. Portavano in spalla la poltrona di Ginny come la sedia di una regina, e la bambina capì come mai non riuscissero a passare. La donna, ondeggiando, per poco non batté la testa e alternava strilli di dolore a invettive contro i fratelli e il marito.

<>

Quando furono passati e cominciarono a correre verso l'auto in cima alla fila, facendo oscillare la sedia, apparvero la mamma e la zia Angelina con i passeggini di Fred e Domi. Nel caos li avevano scambiati, così Fleur spingeva Fred e Angelina Dominique, ma non sembrava importargli. A Victoire sembrò di vedere un lampo colorato sfrecciare dietro di loro, ma immediatamente uscì la zia Hermione con una catasta di borsette e la macchina fotografica. Intanto gli uomini stavano cercando di depositare la zia in auto con tutta la sedia, mentre lei e la nonna gridavano e Audrey tentava di mettere calma. Lucy e Molly si guardavano intorno molto confuse, ma almeno stavano buone. Lei aveva un po' freddo, fuori in quel modo, e Teddy era scomparso. Tra le grida, la zia Ginny sparì nella prima auto proprio mentre nonno Arthur chiudeva a chiave la porta di casa. Gli altri cominciarono a fiondarsi nelle altre auto con tutti i bagagli, facendo ancora più confusione, e Teddy non si vedeva. Improvvisamente una finestra del salotto si spalancò con forza e andò a sbattere contro il muro, ma prima che fosse tornata indietro per il contraccolpo Teddy era già saltato fuori e stava correndo verso di loro con dei vestiti. << Ho i vostri giacchetti!>> gridò.

La bambina fu risucchiata all'interno dell'auto da qualche parente, insieme alle gemelle, proprio mentre la prima macchina della fila metteva in moto e lei si rendeva conto che il cugino correva in giardino a piedi nudi. Fu trascinata nell'angolo della terza fila di sedili e Ted saltò dentro mentre anche la loro auto faceva rombare il motore, scavalcando sedili in pelle e parenti non identificati per raggiungerla. Si lasciò crollare acanto a lei, e chiuse gli occhi.

Victoire era frastornata. Capiva a metà ciò che stava succedendo, era inscatolata in un rettangolo di metallo che sbatacchiava sollevando una tempesta di polvere per una strada di campagna, circondata dai familiari esaltati e da bimbi che piangevano, non aveva idea di dove fossero i suoi genitori, stava accadendo il finimondo, la nonna strillava e piangeva, la zia Ginny si sentiva male e a giudicare dalla sua faccia anche lo zio Harry, Fred non smetteva di strillare a squarciagola e piangere disperatamente e le stava spaccando la testa... E, in tutto questo, Teddy non portava le scarpe.

 

Fu un viaggio movimentato. Di tutta la famiglia, soltanto il nonno, zio Harry e il papà guidavano l'auto, e si erano divisi nelle macchine. Sorvolando sulle grida e la confusione in generale, il nonno perse di vista le due auto più avanti e sbagliò strada, facendoli finire imbottigliati in una cittadina tortuosa. Ritrovata la strada giusta, incontrarono un piccolo incidente che aveva causato una coda. Per fortuna la macchina dello zio e quella del papà dovevano essere già passate, e probabilmente erano quasi arrivate all'ospedale.
Victoire almeno ebbe modo di capire con chi condivideva quel folle viaggio, perché nella fretta tutti si erano fiondati nella prima macchina che avevano trovato, in un miscuglio di famiglie. Lei era seduta in ultima fila, tra Teddy e George che, approfittando dell'assenza di Andromeda, stavano avendo una discussione interessante a proposito di un nuovo Tiro Vispo; davanti invece, c'era il nonno alla guida con accanto Percy, entrambi nel panico per la strada da seguire. Al centro poi le due gemelline si erano beatamente riaddormentate, e Vicky non riusciva proprio a capire come, perché il piccolo Fred, in braccio alla madre, aveva pianto fino a poco prima. Lei, dal canto suo, si era abbandonata sul sedile e cercava di capire il senso di tutto quanto stava succedendo.
Arrivarono a Londra dopo diverso tempo, e ne impiegarono quasi la stessa quantità per trovare un parcheggio. I babbani si fermarono sconcertati per guardare otto persone più un passeggino uscire da quell'auto apparentemente normale e mettersi a camminare velocemente verso il vecchio centro commerciale in disuso. Victoire si ricordava di quel posto perché ci erano stati solo un mese prima, ma rimase comunque appiccicata a Teddy per non perdersi. Il ragazzino aveva anche una delle gemelle, forse Molly Junior, appesa all'altro braccio, ma non vi badava. Continuò a correre dietro agli altri finché non si fermarono tutti di fronte alla vetrina dell'edificio. Il nonno avvicinò il viso al vetro con aria nervosa.
<> esordì, schiarendosi la voce <>
Vic scrutò al di là del vetro, verso quell'orrendo manichino, per vedere se si muoveva. Quello piegò la testa di lato, come se fosse confuso, poi la raddrizzò e annuì. Lo zio sbuffò.

Il manichino sollevò un braccio e fece loro segno di avvicinarsi, poi tornò inanimato.

<> chiese curiosa Molly.

<> le disse Teddy <>

Dopo essersi guardati intorno, si accostarono al vetro uno dopo l'altro e lo attraversarono come se fosse fatto d'acqua. La bambina rabbrividì quando toccò a loro e un brivido gelido le passò lungo tutta la schiena. Odiava quella sensazione.
Spuntarono nel grande atrio, disseminato di sedie e panche per chi attendeva, con dei lampadari a forma di sfere luminose appesi al soffitto. Il nonno si diresse al banco dove una strega dava informazioni per chiedere dove dovevano andare. C'era un grande cartellone appeso sopra il banco e Teddy, che teneva ancora strette per le mani lei e Molly, stava cercando di leggerlo. Vic lo vedeva muovere le labbra per sillabare le lettere.
Il nonno tornò dopo qualche minuto, e si incamminarono su per delle scale con le pareti tappezzate di dipinti di maghi e streghe dall'aria vecchia.
A Victoire non sembrava affatto strano che parlassero tra di loro, ma rimase davvero stupita quando uno di loro le rivolse la parola.

<> il vecchio mago rugoso sembrava di ottimo umore. Poi, da un secondo all'altro, inorridì <> prese a gridare <>
Teddy lo guardò cagnesco e tirò le mani delle due bambine per incitarle a salire.
<> gridò dietro al vecchio del dipinto, che stava correndo su e giù per il corridoio attraverso le cornici. Quello rispose con altre grida e diversi epiteti poco lusinghieri, al che Teddy corse su per le scale veloce come lo zio Ron alla vista del pollo. Molly Junior, sulle sue gambette paffute, inciampò più di una volta e l'unica cosa che le impedì di finire viso a terra fu semplicemente la presenza del cugino che la trascinava di peso. Dopo quelle che a Vic sembrarono davvero tante scale si fermarono tutti dietro al nonno, che pareva confuso.
<> borbottava guardandosi intorno. La zia Angelina cullava freneticamente Freddie, che aveva tutta l'aria di voler scoppiare di nuovo in un pianto terribile. Oh, per favore, no, non di nuovo. La gemellina si era staccata, con una certa difficoltà, dalla presa di Teddy e stava caracollando verso sua sorella. Confabularono per un attimo e attirarono poi l'attenzione del padre.
Con un sorriso smagliante, recitarono in coro:
<> e poi uno degli insulti davvero poco eleganti che il vecchio abitante del quadro aveva loro rivolto contro poco prima. Chiunque passasse per il corridoio si voltò sconcertato a fissarle. Lei si stava mordendo la guancia, mentre il cugino era diventato rosso fino alla punta dei capelli.
Percy sembrava pietrificato. <> riuscì a formulare, rivolgendosi alle figlie e sbagliando a chiamarle, come da copione <>
Le bimbe si guardarono stringendosi nelle spalle, e per fortuna in quel momento una testa rossa spuntò dal corridoio a destra per frenare la situazione. Il papà, con i ricci spettinati, sorrise.
<> rise.
<> bofonchiò lo zio George, facendo ridere la moglie e Teddy.
Il nonno si agitò imbarazzato. <>
Bill si strinse nelle spalle. <> spiegò, facendo loro segno di andargli dietro nel corridoio <>
<> intervenne George con un ghigno. La zia Angelina, esasperata, trovò il modo di farlo tacere piazzandogli in braccio il minuscolo Fred. Vic aveva notato che tutte le volte che lo zio teneva in braccio o solo era accanto al figlio, diventava subsonicamente più tranquillo, premuroso e attento, come se avesse paura di farlo cadere e andare in pezzi. A quanto pareva, anche la zia lo aveva notato e lo sfruttava.
Il corridoio era colorato, come la cameretta della bimba a Villa Conchiglia, con le pareti piene di disegni di fiori e api e bebè. Non capiva perché mai le api. Insomma, erano dolci, disegnate a quel modo paffuto... ma secondo lei ci sarebbero stati molto meglio dei cuccioli. Proprio grazie a questo critico guardarsi intorno notò un piccolo particolare, quasi di sfuggita.I capelli di Teddy.
Il bambino le teneva ancora la mano salda nella sua, ma la sfumatura dei suoi capelli azzurro-verdi era troppo scura, e lui sembrava pensieroso. Gli occhioni limpidi, di solito scintillanti e dipinti di colori diversi, erano chiari e quasi solo azzurri. Guardava con aria assente le finestre aperte sulle pareti e i disegni, con la piega della bocca all'ingiù.
Victoire si impensierì per il cugino, che stesse male?
<> lo riscosse tirandolo per il braccio <<'Tai bene?>>
Un sorriso sbieco comparve sul volto del ragazzino mentre la guardava, con gli occhi ancora azzurri e tristi. <>
Anche se ancora poco convinta, la bimba scosse la testa. <>
<> protestò l'altro imbonciandosi. Vic gli rivolse uno sguardo ostinato.
<>
Lo zio Ron uscì da una porta, appena in tempo per impedire lo scoppio di una nuova discussione. Aveva i capelli scompigliati – come tutti, a quanto pareva- e la camicia spiegazzata, ma un sorriso enorme gli illuminava il viso. Immediatamente tutti gli adulti gli si assieparono intorno, assetati di notizie, ma i due bambini colsero solo lo zio che scuoteva la testa e qualche parola per incitarli a seguirlo. Gli si affrettarono dietro alla massima velocità che le gambette di Vic potevano sostenere, rimanendo qualche metro indietro nel corridoio oltre la porta. Alla fine di questo, sul quale erano affacciate molte stanze, li attendeva il resto della famiglia in evidente stato di agitazione assoluta. Victoire, ancora frastornata dalla confusione di poco tempo prima, fece una graziosa smorfia.
Invece Teddy sorrise con gioia. A lui erano familiari quell'agitazione e quell'ansia, li ricordava dalla nascita di Fred, di Dominique, delle gemelle... forse persino di Vi. Era l'agitazione della felicità.
Questa volta poi, lui sentiva l'eccitazione che gli rodeva le viscere, smanioso di conoscere quel nuovo arrivato, quel suo nuovo fratellino. Checché ne dicesse Vi, sarebbe stato un maschietto.
Lo faceva solo sorridere nonna Molly che camminava su e giù borbottando contro qualcuno, nonno Arthur che si lucidava compulsivamente gli occhiali, le zie che chiacchieravano ininterrottamente per mascherare la tensione, e i suoi occhi e capelli cominciarono a rianimarsi; l'unica aura di calma proveniva da nonna Meda, che se ne stava seduta con un sorriso sereno e un po' divertito, e quella postura elegante che Teddy non riusciva proprio ad imitare. Eppure il bambino seppe riconoscere in lei una punta di tristezza, la stessa tristezza che gli aveva afferrato il cuore solo qualche minuto addietro. Stavano entrambi pensando a quelle persone che avrebbero dovuto essere lì e invece non c'erano, che avevano lasciato uno strappo impossibile da dimenticare.
Incurante e forse quasi inconsapevole della piccola mano che stringeva ancora nella propria si diresse verso la nonna. La donna lo notò e sorrise caldamente.
<>lo salutò. Anche Teddy sorrise e, ne era certo, Vi accanto a lui fece lo stesso.
<> rispose pacifico. Poi mollò per un attimo la manina di Vi e andò ad abbracciarla, salendo in ginocchio sulla panca dove era seduta e aggrappandosi al suo collo. La nonna lo strinse dolcemente.<> gli sussurrò.
Il bambino annuì contro la sua spalla. <>
Sentì la nonna ridere sommessamente. <> sorrise <>
Scostandosi, lui la guardò un po' confuso, senza capire davvero.
Andromeda si limitò a ridere piano.<< Torna da Victoire, forza>> lo spinse appena, e lui saltò giù dalla panca.
Al contrario di quanto si era aspettato, la bimba non aveva messo su il broncio perché la aveva lasciata sola, anzi aveva un piccolo sorriso e lo osservava con gli occhioni grigi come cercando di decifrarlo.

Intorno a lei l'agitazione generale non era cessata, anzi, forse con il passare del tempo andava aumentando. Teddy era quasi sicuro che e non le fosse arrivata qualche notizia al più presto, nonna Molly sarebbe esplosa. Borbottava come un pentola a pressione e secondo lui le usciva anche il fumo dalle orecchie. Lo zio George e Bill che scommettevano su tra quanto sarebbe stato portato fuori lo zio Harry semisvenuto non miglioravano certo la situazione.
Finalmente, quando l'eccitazione e il nervosismo cominciavano a far agitare anche i due bambini, una voce conosciuta trapelò attraverso la porta fondo a sinistra del corridoio, subito seguita dallo zio Harry in persona. Teddy rimase colpito dalla gioia che gli si leggeva in volto, luminosa al punto da sembrare un faro in una stanza buia.
Lo zio stava piangendo, con le lacrime grandi e copiose che gli rotolavano giù per le guance. Fu immediatamente assediato, ma il bambino si tirò dietro Vi sgusciando fra le gambe degli adulti e riuscirono a guadagnare la prima fila. Lo zio Harry stava abbracciando zio Ron, e ridevano entrambi, e poi la zia Hermione e la nonna e il nonno e zio George...
Praticamente tutti lo abbracciarono, cercando nel frattempo di carpirgli informazioni. Ma l'unica cosa che Harry ripeteva meccanicamente, con la voce rotta, era: <>

Quando vide Teddy e Vic, fece una risata roca e si chinò per scompigliare i capelli al ragazzino. <> sorrise, con gli occhi luminosi come Ted non ricordava di averli mai visti.
Lo seguirono tutti attraverso la porta da cui era uscito, ignorando platealmente i deboli tentativi di protesta di un'infermiera. Una ventina di persone di certo non stavano comode in quella cameretta d'ospedale, anche se alcuni erano bambini piccoli.
Non appena fu entrato Ted cercò la zia Ginny con lo sguardo, tentando di scavalcare gli adulti e continuando ad infilarsi fra un paio di gambe e l'altro trascinandosi dietro una curiosissima Vic. Finalmente, dopo qualche attimo di organizzazione, riuscirono a vedere la zia seduta nel suo letto, che guardava con amore e ridacchiando un fagottino che le si agitava fra le braccia. Victoire, che lo fissava estasiata, cercava di capire se fosse una femminuccia. Teddy fremeva dalla voglia di guardare in quelle coperte, sentiva una morsa allo stomaco e non stette ad ascoltare le congratulazioni o le conversazioni pressanti, né le domande assillanti di nonna Molly alla figlia. Si avvicinò invece ad un lato del grande letto, con Vi al seguito, tentando di guardare meglio. Vedeva la cuginetta lanciare sguardi confusi agli zii che piangevano tutti, che come una fontana e chi solo qualche lacrima, per poi scuotere la testolina bionda. Il brusìo dei parenti che discutevano tra loro nella stanza andò crescendo, finché a Ted non sembrò di avere un calabrone intrappolato nelle orecchie che gli stava facendo scoppiare la testa. Anche Victoire si era messa le mani sulle orecchie con una graziosa smorfia.

<> gridò ad un tratto lo zio Harry, sgolandosi tanto da farsi male alla gola, ma ridendo ancora <>
<> cominciò a rispondere la nonna, estasiata, poi si interruppe rendendosi conto di cosa aveva appena detto Harry. Per forse un secondo regnò un silenzio attonito. Poi Ron gridò estatico : <>
Tutta la famiglia si precipitò a vedere, assiepandosi attorno al letto mentre Ginny rideva e rendendo impossibile ai due bambini vedere qualcos che non fossero calze o pantaloni. Con in sottofondo le esclamazioni degli adulti, Vic si aggrappò di nuovo alla mano del più grande come se temesse di perdersi.
<> si lamentò, compiendo il vano tentativo di guardare alzandosi sulle punte dei piedi. Teddy, corrucciato, ragionava. Gli venne un'idea così ovvia che davvero si chiedeva come mai non la avesse avuta prima. <> incitò la cugina, strisciando verso il fondo del letto. Nel frattempo nonna Molly e il nonno stavano ammirando il maschietto -era un maschio! - con dei versetti di gioia.
In fondo al letto, Ted mollò la mano di Vi e si aggrappò al bordo, in modo da potersi arrampicare. <> soffiò alla bimba, che stava lì con g occhioni a fissarlo.
<>
<> la spronò tendendole la mano, impaziente. Sentiva la curiosità bruciargli lo stomaco, doveva assolutamente vedere quel piccoletto che si agitava così tanto in braccio alla mamma. Tese la mano e tirò su Vic, infastidita dai vestiti, e lo zio si accorse di loro. Scoppiò a ridere.
<> li apostrofò, sempre con il sorriso e gli occhi brillanti come piccole stelle. Gli occhi della zia Ginny splendevano allo stesso modo, dell'amore più forte di qualsiasi cosa.
Gattonando sul materasso il ragazzino si avvicinò alla zia, che fece voltare il fagottino per farglielo vedere bene.
Teddy sorrise estasiato e sentì un calore nel petto, proprio sul cuore, simile a quello che sentiva quando vedeva Vi dopo un po' di tempo e lei lo abbracciava stretto. Rimase a bearsi della vista del fratellino senza curarsi delle conversazioni che si facevano intorno a lui.
Nell'involtino di coperte azzurro vivo, un bellissimo colore, era seminascosto un visino rosso e imbronciato. Capelli neri come la pece e sparati ovunque, esattamente come quelli dello zio Harry - < - gli incorniciavano il visino paffuto; la bocca piegata in una smorfia era piegata di lato e il piccolo non la smetteva mai di agitarsi. Ad un certo punto mentre Teddy ancora lo fissava aprì gli occhi, battendo le palpebre lentamente e rivelando un vispo color nocciola dorato. Vi fissava incantata quel piccolo tornado di vitalità, con le labbra socchiuse e i grandi occhi grigi spalancati.
Gettando uno sguardo verso Harry, lo vide tirare su col naso e stringere a sé la moglie, che gli sussurrò qualcosa. Lui annuì.
<> si schiarì la voce, facendo un'imitazione sconosciuta a Teddy, ma che fece rabbrividire diversi presenti <>

<> concluse la zia per lui, cullando il bambino. Harry fece un segno affermativo.
<> Teddy vedeva lo zio incespicare e guardare in basso, facendo dei piccoli sospiri. Ginny gli strinse dolcemente il braccio.
<> disse, con un sorriso dolce sulle labbra << Lui erediterà tutto il nostro passato, come anche Vic o Teddy, le gemelle, Fred... Ma sarà di certo un bambino forte, perché la nostra famiglia è forte>>
Vedeva gli altri piangere di nuovo, Teddy, e sentiva adesso gli occhi pizzicargli un poco pensando che lui doveva essere davvero poco più grande di quell'esserino quando la sua mamma e il suo papà erano morti. Ma erano stati eroi.
Victoire non capiva bene perché il cugino piangesse, guardando il piccolo nuovo nato, ma gli si strinse comunque guardandolo triste. Quello bastava.
Lo zio si lucidò gli occhiali appannati e sollevò lo sguardo.
<> disse, con la voce resa roca dall'emozione e dal pianto, cingendo la moglie con un braccio << E lui lo sarà, come lo sono tutti loro>> aggiunse, guardando fisso negli occhi Teddy, che fece un piccolissimo sorriso.
E, mentre il bimbetto si agitava un'altra volta e spalancava gli occhietti di un preciso color nocciola, emettendo un gorgoglio, Harry alzò lo sguardo verde e disse tre semplici nomi.

<<James Sirius Potter>>
 

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Capitolo 6
*** Capitolo CInque- Il duetto d'estate ***


Teddy stava scomodo. Incredibilmente scomodo, in effetti. Ma se solo si fosse mosso per cercare un posizione migliore, era certo che Vi lo avrebbe sentito e, di conseguenza, lo avrebbe tanato. E questo non doveva accadere.

Certo che però avrebbe potuto trovarsi un nascondiglio più comodo... No. Poi sarebbe stato troppo facile da trovare.

<> strillò una vocina da qualche parte nella stanza, ovattata per via dei centimetri di legno pesante che li separavano. Fu seguita, prevedibilmente, da un coro di proteste lamentose. Il bambino sperava che le due gemelline non si mettessero a piangere, e confidava nella fantastica abilità diplomatica di Vi per questo. Però, per Merlino, quanto stava scomodo!

Teddy era sicurissimo che, se fosse rimasto nascosto per bene ancora per qualche minuto, Vi si sarebbe allontanata per cercarlo e lui sarebbe riuscito a correre e fare tana. Come aveva previsto, dopo poco sentì le vocine acute di Molly e Lucy – che rimanevano sempre appiccicate a chi cercava quando venivano scoperte- che diventavano sempre più fioche mentre seguivano Victoire nelle stanze dall'altra parte del corridoio. Teddy sapeva di avere poco tempo. Spalancò lo sportello del mobiletto dentro il quale si era nascosto e si precipitò fuori. O almeno ci provò.

<> gridò, cadendo sul pavimento con la testa tra le mani. Per i boccini dorati della collezione dello zio, che testata! Ahia, ahia, ahia... Vedeva tanti puntini neri che gli danzavano davanti agli occhi. Quando gli si schiarì la vista, la sua visuale era occupata da una visino incorniciato da una cascata di boccoli biondi, con due grandi occhi allungati e grigi come la Luna e un sorrisino malizioso.

<> sentenziò con un risolino, prima di spostarsi e correre alla poltrona che avevano scelto come tana, ridendo di gioia per aver vinto.

Imbronciato, il bambino si tirò su a sedere e la osservò mentre dondolava le gambe dalla poltrona, gli occhi brillanti di divertimento.

<> le chiese, storcendo la bocca. In quell'esatto momento le due bimbe fecero capolino dalla porta, affacciandosi una sopra e una sotto come in un vecchio film babbano.

Quella che doveva essere Molly Junir, visti i capelli e i vestiti arruffati, sorrise con tutti i dentini e chiese: <ovato!>>

<rovato, Molly>> la corresse Vi << E sì, lo ho trovato subito... è caduto fuori dalla credenza! >> scoppiò a ridere poi, con le due cuginette.

<> bofonchiò Teddy, capendo che la cuginetta lo aveva ingannato. Accidenti a lui! Lo conosceva troppo bene. E infatti la bambina si avvicinò e gli passò una manina nei capelli, sedendosi poi sul tappeto accanto a lui e appoggiando la testolina sulla sua spalla.

<> canticchiò, arrangiando una ninna nanna che la zia Fleur le cantava sempre.

Nonostante la sconfitta gli bruciasse ancora un po', il bambino sorrise nel sentire quella vocina, intenerito come al solito dalla gioia scoppiettante della bimba.

Ma in ogni caso non poteva certo fargliela passare liscia.

<> la chiamò. La bimba si voltò. << Battaglia di solletico!!!>>

<> cominciò a strillare lei, mentre il cugino prendeva a fale il solletico e trascinava anche le due gemelline nella lotta. Presto la battaglia si placò, e i bambini rimasero sdraiati sul tappeto a ridere come matti. Dalla porta si affacciò lo zio Bill, che evidentemente era stato mandato a controllare la causa di tutti quegli strilli. Vedendoli ridere per terra, se ne andò ridacchiando e borbottando:<>

Dopo qualche altro minuto a ridere, Teddy si tirò su e cercò di calmare le cuginette.

<> sussurrò <>

<> approvarono con un mormorio entusiasta le bimbe.

Lui sorrise e annuì. <>chiese.

Quattro paia di mani scattarono ad indicare tutte loro, scontrandosi.

Victoire protestò. <> disse alle gemelle, contrariata << Vi ho trovate per prime, tocca a voi contare!>>

<> concorò Teddy pacatamente. Lucy e Molly Junior li fissarono con dei visini angelici.

<> esclamò Lucy, esibendosi in un sorrisino innocente.

Vi, sdegnata, sbuffò e borbottò qualcosa sulla comodità di certe cose. Il bambino, vistosi costretto a prendere i panni del diplomatico, tentò di rimediare... soprattutto perché non voleva contare.

<> fece, incorciando le braccia. Le gemelle lo fissarono con la testolina piegata di lato. <> aggiunse Ted, colto da un'idea geniale <>

E indicò con la mano il grosso orologio, che era appartenuto al padre della nonna . Era un vecchio apparecchio di legno scuro, con un grande quadrante e le lancette dalla forme sinuosa che si trovano negli oggetti d'antiquariato. Ovviamente, era magico, e ogni volta che scattava un minuto emetteva una breve cellula di note musicali; allo scoccare delle ore, invece, suonava un'intero frammento di melodia di Melody Violin, una famosa strega compositrice di musica classica di due secoli addietro. Peccato che fosse ormai vecchio e alquanto stonato. Quell'affare si stava rivelando utile forse per la prima volta da qualche decennio.

<< Aspetteremo di sentire la musica, poi voi chiuderete gli occhi e noi andremo a nasconderci>> spiegò. Con la coda dell'occhio poteva vedere Vic che sorrideva allegra, mentre invece le due bimbe si imbonciavano. <> concluse, soddisfatto del proprio ingegno.

<> commentò Victoire <>

E senza dar loro tempo per protestare, trascinò gentilemente le piccole di fronte all'orologio da muro e le lasciò lì, assicurandosi che tenessero gli occhi ben chiusi . Esattamente in quel momento la lancetta dei minuti si spostò con un sonoro ticchettio e nell'aria risuonarono tre limpide note.
Teddy e Vi si scambiarono uno sguardo fugace, poi cominciarono a correre nella stessa direzione. Il bambino era di una testa più alto, ma lei correva veloce e contava sul fatto che non la avrebbe spintonata se gli avesse tagliato la strada. Maledetta! Arrivarono contemporaneamente davanti alle scale e Vic si fermò così bruscamente che lui inciampò e le finì addosso, facendola cadere a terra sopra di lui. Ma la bimba non era tipo da lamentarsi troppo. Si rimise in piedi con un balzo e lo guardò infuriata.

<mio nascondiglio, Teddy!>> bisbigliò con rabbia, cercando di vederlo in faccia dietro la cortina di boccoli biondi << Vattene via!>>

Ted saltò in piedi. <> sussurrò con altrettanto ardore <>

Se Victoire era irritata dal doverlo guardare negli occhi con la testa piegata all'insù, non lo dava certo a vedere. Si pizzicò il naso, con aria glaciale.

<> sentenziò <>

E detto questo, gli voltò le spalle ed entrò in fretta nella lavanderia, infilandosi sotto lo stendino di legno carico di panni ad asciugare. Lo stesso identico posto che aveva in mente lui, maledette le pantofole di Merlino!

Se Nonna Meda avesse anche solo sospettato che nella sua testa diceva cose del genere, lo avrebbe legato ad una sedia e gli avrebbe lavato la bocca col sapone. Senza magia, perché c'era più gusto. Maledetta bambina!

Riprese a cercare freneticamente un buon posto per nascondersi, certo che il tempo a disposizine stesse per scadere e che mancasse solo qualche attimo al rintoccare delle note musicali. Per di più, se conosceva le gemelle bene come sapeva di conoscerle, quelle due nanerottole stvano già aprendo uno spiraglio d'occhi per guardare in giro. Accidenti!

All'ultimo secondo, con la frenesia che non gli permetteva di pensare bene, vide di sfuggita un angolino che lo colpì mentre correva silensiosamente in giro. Si avvicinò di corsa e si infilò lesto dietro una pesante, polverosa tenda cremisi che avrebbe coperto persino un'esplosione, altro che luce del sole. E va bene, era sulla finestra accanto al salotto, quindi ufficialmente si trovava proprio al limite massimo del territorio da gioco... ma quella ragazzina gli aveva rubato il posto, quindi che stesero zitte tutte quante!

Dopo qualche minuto passato a respirare polvere, aspettando di sentire avvicinarsi le vocine lontane che discutevano, cominciò ad annoiarsi e si mise pigramente ad ascoltare le chiacchiere dei grandi in salotto.

Come al solito, dopo la cena, gli adulti si erano tutti messi in salotto a discutere di chissà cosa, bevendo bicchierini di brandy. Teddy stesso si era divertito a versare il superalcolico nei bicchieri, quando era più piccolo. Da diverso tempo né lui né Vic rimanevano mai nella stanza, ma andavano di là a giocare, soprattutto perché quei discorsi li annoiavano.

Quella sera però, non avendo nessun altra fonte di distrazione dalla polvere che gli faceva pizzicare il naso, il bambino prestò orecchio alle voci che gli giungevano.

... <> stava dicendo lo zio Ron, abbastanza concitato. Per quello che Teddy vedeva dalla fessura fra la tenda e il muro, lo zio era seduto ad un angolo del divano insieme alla zia Angelina e zio George. Hermione, con un'espressione alquanto esasperata in viso, stava appollaiata sul bracciolo del sofà e dava dei colpetti alla spalla del marito.

<> scoppiò a ridere lo zio Harry, fuori dalla sua visuale, seguito dalla maggiorparte degli altri.

<< La scuola fuonziona esattamente come Hogwarts, solo che i bambini non si fermano a dormire>> spiegò lo zio, che Ted adesso riusciva ad intravedere sporgendosi in avanti. Era accomodato su una poltrona con la zia Ginny. << E poi è bello, imparerebbe molto meglio che stando a casa e si farebbe degli amici...>>
<> aggiunse Ginny <>

Oh, quindi palavano di quello. Ne stavano discutendo già a cena, ma lui non gli aveva prestato attenzione. La sua famiglia stava decidendo se era il caso che lui andasse alla scuola elementare babbana a settembre e come al solito, anche se in linea teorica avrebbero dovuto decidere Nonna Meda e zio Harry, la cosa era diventata una battaglia generale. A lui non sarebbe dispiaciuto andare a scuola, anche se avrebbe forse passato un po' meno tempo con Vi, e non capiva perché tante discussioni. Personalmente, non ci vedeva tutti quei problemi, e perse ben presto interesse.

 

Nel salotto, invece, il discorso continuò per un bel po' ancora.

<> protestava Ronald <>

<> lo interruppe la moglie, sconcertata <>

Geore sghignazzò. <> sorrise con aria malandrina <>

La battuta provocò l'ilarità di tutti, meno il diretto interessato, che si buttò all'indietro borbottando imbronciato.

Harry, cercando di essere solidale con il suo migliore amico, fu il primo a smettere di ridere. <> riprese << Io credo che sarebbe ottimo per Ted frequentare una scuola elementare. Senza nulla togliere all'insegnare a casa, ragazzi, ma a scuola si divertirebbe, troverebbe degli amici... magari imparerebbe un po' di disciplina!>>

<> commentò Andromeda, una fra quelli che non avevano ancora preso posizione. Hermione, dopo aver tirato un orecchio al marito per fargli togliere quel broncio, concordò:

<< Lo penso anche io, e per di più alla scuola babbana acquisirebbe delle conoscenze in campi più vasti... geografia e storia babbana possono sempre tornare utili!

<> concluse con un sorrisetto.

<> intervenne George << Potrebbe imparare a casa tutto quello che deve imparare là, e avrebbe più tempo per giocare e divertirsi, e gli amici può farseli lo stesso>>

Versandosi un altro bicchierino di brandy, il maggiore dei Weasley annuì interessato. Nemmeno Bill sapeva ancora bene cosa pensare.

Harry si lambiccò un attimo il cervello per trovare il modo di spiegare ciò che intendeva. <> cominciò << Voi siete andati soltanto ad Hogwarts, che più che una scuola è una vera casa... ma anche alle elementari c'è qualcosa di quasi magico. Tra gli insegnanti e gli alunni si crea un rapporto quasi familiare, spesso, e si stabiliscono le prime vere amicizie...cioè, insomma, dovrebbe andare così>> finì con un certo imbarazzo. Il suo primo amico era stato Ron.
La moglie, capendo quello che gli passava per la testa, si chinò a scoccargli un bacio sulla guancia e lui sorrise dolcemente.

In quel momento decise di entrare in scena Percy, che fino a quel momento aveva attentamente ascoltato.

<> esordì, sistemandosi gli occhiali di corno << quando i bambini si trovano in una condizione di convivenza costante è più che probabile che sviluppino una capacità di collaborazione importante, la quale poi resterà nel corso della loro vita e li aiuterà a gestire situazioni più grandi. Essendo fra coetanei poi, la collaborazione si trasforma facilmente in amicizia e così si affrontano presto i primi conflitti,cosa ch- AH!>>

Si interruppe con un grido quando Ginny lo colpì in faccia con un cuscino.

Trattenendo le risate, George si mise ginocchioni e si inchinò come un monaco.

<> motteggiò, le mani giunte come in preghiera, mentre il fratello maggiore gli scoccava un'occhiataccia.

La donna si risistemò comoda sul bracciolo, posando una mano sulla spalla del marito ridacchiante. <> concluse sistemandosi la maglia.

Nel tentativo di non scoppiare di nuovo a ridere, Harry si era morso il labbro quasi a sangue, ma si schiarì la voce per tornare alla discussione. <>

<<> si intromise la signora Weasley, che andava sistemando in giro e spolverandoinvisibili granelli di polvere sui mobili <>

Sembrava gonfiarsi man mano che continuava a parlare.

<interdentali, lì, e se la sono cavata benissimo!>> si infervorò.

<> commentò sottovoce il solito George. A quel punto la moglie gli rifilò una pappina. <> lo rimproverò.

Per fortuna la signora Weasley non lo aveva sentito. <> concluse, e si diresse di corsa in cucina mormorando qualcosa a proposito del tè.

Sorridendo leggermente, il marito fece un gesto per rassicurarli con la mano e la seguì. Bill invece si passò le mani nei capelli corti, tagliati da pochissimo con suo grande dispiacere, e si voltò a guardare la moglie. <>

Fleur spalancò gli occhi e strinse le labbra, accarrezzandosi il pancione con le lunghe dita. Il suo terzogenito, un maschietto sperava, sarebbe nato di lì a qualche mese. <mon cher>>

<> chiese Ronald, sporgendosi in avanti. Gli sguardi di tutti andarono ad Andromeda. In fondo era lei a dover decidere.

L'austera donna li osservò tutti con un sorriso comprensivo, spaziando lo sguardo su quella famiglia così unita che dal primo momento la aveva accolta senza alcun rancore e nessuna riserva, arrivando a farla sentire parte di loro nel tempo che ci avrebbero messo a preparare la tavola. Aveva imparato a conoscere ed apprezzare tutti loro.

<> cominciò pacatamente << vedete, quando Harry mi ha fatto questa proposta all'inizio ero scettica come voi. Sapete che mio marito era nato e cresciuto fra i babbani, quindi anche io avevo imparato a conoscerli e apprezzarli.

<>

Ron, Fleur e George annuirono convinti.

<> aggiunse Andromeda, rivolgendo un sorrisino malizioso ai tre << Da quel che ho potuto capire mi sembra un'ottima opportunità per Ted. Io non so cosa avrebbero voluto mia figlia e suo marito...>>

Le dispiaque vedere gli occhi dei ragazzi abbassarsi al pensiero di sua figlia e suo genero. Anche lei era ancora addolorata, lo sarebbe sempre stata, ma aveva un nipote da crescere e lasciarsi andare al dolore non le era possibile. Non che uno solo di quei ragazzi si fosse mai arreso di fronte alla sofferenza, mai, erano tutti così forti. Indirizzò loro un sorriso dolce.

<>concluse, intrecciando le dita in grembo.

Il ragazzo le sorrise calorosamente, scostandosi dagli occhi quegli assurdi capelli neri. ''Grazie'' le sillabò. Lei lo liquidò con un gesto della mano.

<> si arrese George, scuotendo la testa << Bene, allora>>

Rientrò nel salotto Arthur, con una caraffa di tè. Alla vista della situazione così tranquilla, ridacchiò prima di posare la caraffa sul tavolinetto.

<> domandò, riaccomodandosi sulla sua poltrona preferita. La figlia annuì con un sorrisino beffardo.

<> sentenziò l'uomo <> e qui tutti scoppiarono a ridere << sceglierà un'ottima scuola elementare per Teddy. Sapete, ci avevo pensato anche per voi, ma con Molly...>>

<> lo interruppe Ron, inarcando le sopracciglia <>

Il padre gli agitò una mano davanti come per dire che era ovvio. <>

Dopo qualche minuto speso in oziose chiacchiere a voce bassa, la signora Weasley tornò dalla cucina con il latte caldo e le tazze per il tè, così tuttisi godettero la bevanda calda in quella sera piuttosto pungente.

Soffocando uno sbadiglio con la mano, come una bambina, Ginny scivolò dal bracciolo sulle gambe del marito. <> sembr ricordarsi in quel momento << Volevo dirlo prima, ma mi sono dimenticata>>

Il ragazzo le rivolse uno sguardo interrogativo, come gli altri che si rilassavano nel salotto.

<> spiegò lei, interrompendosi con un altro sbadiglio << a proposito della scuola per Ted. Vedete di trovarne una ottima, ma non andate a finire su quelle private per principini snob!>>

<Ginnì >> concordò Fleur, scambiandosi uno sguardo d'intesa con Audrey.

Anche Angelina ed Hermione annuirono, giocando rispettivamente con i capelli rossi dei loro mariti.

<> aggiunse George, che sembrava essersi arreso all'idea <>

Una risata sonnolenta si diffuse nella stanza. <> commentò Andromeda, alzandosi in piedi. Era davvero arrivato il momento di andare. Anche le altre coppiette si alzarono, una dopo l'altra, guardando gli orologi.

<< Ho un sonno colossale, gente >> si lamentò Bill, con una mano di nuovo tra i capelli tagliati di fresco <>

<> lo prese in giro George, aprendo la porta vicino al camino. Una volta quella piccola stanza era stato il ripostiglio per tutti gli oggetti della famiglia Weasley, dai giocattoli dei bambini ai libri alle scope e i ferri da calza. Da qualche tempo era stata ripulita e adibita a "Nursery": i bimbi più piccoli venivano messi a riposare lì con le loro culle, lontani dalla confusione provocata dalle pesti più grandi, e le mamme potevano usare quella stanza per cambiarli e allattarli.

La stanzetta era avvolta nel buio, e si sentivano solo i mugolii dei piccoli che dormivano beatamente. James e Fred, di pochi mesi, ancora sonnecchiavano ogni minuto che non strillavano, così alla sera i genitori potevano godersi qualche attimo di pace. Dominique, invece, sembrava divertirsi a far penare Fleur e Bill nel tentativo di farla addormentare. Quella sera, però, dormiva tranquilla accanto agli altri due.

Le donne fecero segno ai mariti di andare a prendere i bambini più grandicelli mentre loro si occupavano dei bebè.

<> protestò Bill, facendo ridacchiare Harry. Separare Teddy, Vi e le gemelle era molto più difficile che tranquillizzare i bimbi, specialmente per i primi due.

<> aggiunse, sempre sottovoce.

Fu però più facile di quanto si aspettassero.

Li trovarono tutti nella prima stanza dove tentarono, quella del grande orologio canterino, e la scena anche era diversa da quello che immaginavano. Percy borbottò che quella sera dovevano davvero aver fatto tardi, e per una volta gli diedero ragione.

I quattro bambini, che scorrazzavano sempre per la casa gridando, erano profondamente addormentati sul pesante tappeto steso sul pavimento, così intrecciati che sarebbe stato difficile districarli prima di una settimana. I padri, loro malgrado, ridacchiarono.

Delle due gemelline, una era stesa con le gambe infilate sotto una di quelle di Teddy e la testolina sulla pancia della sorella, la quale invece doveva trovare un cuscino estremamente comodo le cosce di Victoire ed era appogiata con un braccio sulla schiena del bambino. La piccola biondina, a sua volta, era distesa appoggiandosi con la testa ricciuta alla schiena del cugino, sdraiato prono e sommerso dalle cuginette.

<> sussurrò Bill dopo qualche attimo.

<> rispose il moro, ignorando il fatto dell'essere stato considerato come padre di Teddy. Era troppo complicato per pensarci ogni volta.

Un'ulteriore testa rossa spuntò dalla porta. <> chiee George <>

Poi vide lo spettacolo che la stanza offriva ed emise un risolino, poi sparì. Ricomparve un attimo dopo con tutte le donne Weasley al seguito; anche loro risero piano per la scena.

<> esclamò Percy sottovoce, ridendo anche lui. Qualcuno là dietro scattò una foto. I tre si strinsero nelle spalle.

Harry prese fuori la bacchetta. <>

Per prima cosa il mago tenne sollevata la gamba del figlioccio, per dare modo a Percy di estrarre la prima gemellina, Molly a quanto pareva; in queso modo Audrey, arrivata in quel momento, poté prendere in braccio l'altra figlioletta senza svegliarla. Poi fu il turno di Bill, che prelevò sua figlia con estrema delicatezza, eppure la bimba oppose resistenza: si aggrappò con una mano alla maglietta di Teddy, nel sonno, e corrucciò il visino finché il padre non la staccò con gentilezza. Il bambino, dal canto suo, non mosse un muscolo e non diede cenno di essere stato disturbato. Il padrino sorrise divertito: quel ragazzino avrebbe continuato a dormire sotto un bombardamento e al risveglio avrebbe chiesto, confuso, chi stesse suonando i tamburi! Lo prese in braccio, con qualche sforzo, e uscì dalla stanza con tutti gli altri.

<> mormorò, sistemandoselo meglio in braccio. Nel frattempo, le ragazze stavano uscendo dalla zona nanna con le culle dei bebè e il figlio maggiore dei Weasley stava sistemando Victoire nel passeggino, per poi montare sopra la poltroncina della piccola un ovetto per la figlia minore.

Ron guardò male il passeggino a due piani. <> sussurrò.

Dando all'attrezzo un ultimo colpo di bacchetta, il fratello gli rivolse un'occhiata esasperata.

<> protestò <<È perfettamente sicuro, ed è crollato su sé stesso una sola volta!>>

Parve rendersi conto di ciò che aveva detto quando tutti lo fissarono pieni di sconcerto, perché tentò immediatamente di spiegarsi.

<> tentò di rassicurarli, il tutto sempre sottovoce <>

<> ironizzò George, prendendo dalla moglie il figlioletto e scoccando al fratello un sorrisetto beffardo.

Il mago borbottò qualcosa, lasciando poi perdere.

Si salutarono tutti affettuosamente, sempre sussurrando, e dopo aver ringraziato Molly per l'ottima cena ogni famigliola tornò a casa.

Teddy si agitò appena nel sonno, quando lo misero a letto a casa della nonna, immerso in strani sogni popolati da Meda arrabbiata che lo inseguiva con una spugna, Vi che gli scoccava un bacino e poi fuggiva nell'ombra e un sacco di maestre arcigne con gli occhiali a farfalla che decretavano punizioni perché lui aveva dei capeli troppo colorati.

Quando i sogni cambiarono e si fecero tranquilli, divennero sogni vaporosi in cui lui veniva cullato da una donna con i capelli rosa e un uomo castano chiaro lo faceva volteggiare in aria, Teddy finalmente si raggomitolò sotto le coperte e sprofondò nelle profondità del sonno.

***

Qull'anno il salotto della Tana non ebbe pace: dopo le discussioni a proposito della scuola, ospitò diversi compleanni molto confusionari, e poi ancora altre discussioni accompagnate da bicchierini di brandy. Quella volta l'oggetto era una vacanza: Harry e Bill avevano avuto l'idea di andare in vacanza tutti insieme quell'estate. Ottima idea, certo, subito approvata con entusiasmo – anche se Percy aveva dovuto essere convinto dalla moglie-, ma poi si presentarono tanti di quei problemi che Hermione attaccò alla parete una lavagna magica e ve li scrisse tutti.
Teddy, che da diversi mesi seguiva delle micro-lezioni di lettura anticipate alla scuola Zia Hermione& Solo Lei, si divertiva un sacco a cancellare le scritte ogni volta che si trovava vicino alla lavagnane a cambiarle con altre diverse. Con la sua eterna complice Vic, sostituiva le date proproste per la vacanza con dei giorni inesistenti, oppure i luoghi di villeggiatura, costringendo alla fine gli zii ad applicare un'incantesimo per impedirglielo.
Ovviamente i due bambini non si interessavano minimamente ai discorsi dei grandi a proprosito della vacanza, a loro bastava sapere che quell'estate avrebbero potuto passare un'intera settimana al mare insieme... che fossero gli adulti a organizzare come e quando.

E gli adulti lo organizzarono, dopo un'infinita serie di discussioni pacifiche e non alla Tana, in cui ognuno espresse i propri desideri e cercò di indirizzare gli altri verso una località che soddisfacesse le proprie idee, nei giorni per sé più comodi.

La soluzione finale arrivò, prevedibilmente, da Hermione. La ragazza si era dedicata a delle strenue ricerche, aveva riorganizzato l'orario di lavoro di tutti i membri della famiglia, si era immersa tra i libri per turisti babbani e alla fine era riuscita a far coesistere le esigenze di tutti. Il suo progetto fu approvato all'unanimità dal consiglio di famiglia, e si poté vivere un momento di pace. Ma solo per poco, perché i mesi più caldi dell'anno erano già arrivati, e nella pittoresca campagna inglese cominciava già a farsi sentire una certa umidità soffocante che, nei giorni senza vento, costringeva anche i bimbi più scalmanati a trovare rifugio nelle profondità delle case, dedicandosi a svaghi più pacati.

La Grande Vacanza, come la aveva soprannominata Victoire, andava organizzata, e i giovani Weasley tentarono oviamente di farlo a modo loro: all'incirca, suppergiù e tipo così. A quel punto, conscie che la situazione poteva trasformarsi rapidamente in un disastro, le donne presero in mano la situazione e si preoccuparono di organizzare quanto più minuziosamente possibile e in ogni piccolo dettaglio il viaggio, dalla partenza fino al ritorno. Purtoppo, risultò impossibile raggiungere WhiteBridge – la cittadina sulla costa meridionale dell'Inghilterra prescelta – con dei mezzi magici, a causa soprattutto della quantità delle persone e dei bagagli : venti persone, di cui sette sotto i dieci anni, hanno bisogno davvero di una marea di cose per una settimana di mare. Quindi le ragazze stabilirono che la avrebbero raggiunta e poi sarebbero tornati con il treno, dalla stazione di King's Cross; bisognava solo essere puntuali, perché in quella cittadina un po' sperduta arrivava un solo treno al giorno e uno ne partiva. A dirlo sembrava facile...

<> esordì la zia Hermione alla riunione generale di famiglia, programmata per essere sicuri che ognuno sapesse il programma. Aveva in mano un blocknotes ricoperto di appunti e una penna colorata, giusto per segnarsi eventuali problemi.

<> disse, dando un'occhiata significativa al marito e a George, il quale si voltò verso Teddy ridacchiando. <> gli sussurrò.

Il ragazzino scoppiò a ridere, approfittando dello spiraglio di divertimento in quella serata che già si prospettava noiosa. Vi, accanto a lui, storse appena il naso.

<> risprese la zia scoccando loro uno sguardo di disapprovazione <>
E da lì snocciolò una serie di indicazioni e di compiti da svolgere, per i quali il ragazzino non aveva alcun interesse e che quindi non ascoltò affatto. Registrò soltanto quello che la zia disse a proposito di loro, i bambini: dovevano prepararsi i giocattoli che volevano portare, meno erano meglio sarebbe stato, e assicurarsi di non perdersi mai in mezzo alla folla il giorno della partenza e del ritorno. Niente di troppo difficile, per fortuna, così lui e Vi poterono fuggire presto in un'altra stanza per giocare.

Dopo un'altra settimana di folli preparativi, finalmente arrivò il giorno prestabilito.

Teddy era eccitato, non era mai stato in vacanza con Vi o gli altri e fremeva dalla voglia di farsi un bagno al mare. Certo, per quanto ricordava del mare inglese, l'acqua era davvero gelida... ma lui voleva fare il bagno, punto. Si era anche impegnato per preparare i giocattoli come aveva prescritto la zia, e si era messo d'accordo con Vic per non portarne di simili. Oh, non vedeva l'ora!

La sera prima della partenza erano stati tutti invitati a cena alla Tana, poi lui e Victoire si erano fermati a dormire lì insieme; i grandi prevedevano che il viaggio sarebbe stato piuttosto confusionario e avevano quindi deciso di trovarsi tutti insieme a casa dei signori Weasley prima di andare a King' Cross. Per questo loro due avevano proposto di potersi fermare a dormire direttamente lì. In fondo era più comodo per tutti, no?
Così erano rimasti svegli a progettare tutto ciò che avrebbero fatto nella settimana successiva, finché le palbebre di entrambi si erano fatte pesanti ed erano scivolati nel sonno senza neppure accorgersene.

Al mattino il risveglio fu traumatico. E non solo perché erano stati alzati fino a tardi, ma soprattutto perché Nonna Molly, presa dalla solita ansia pre-partenza,aveva ben pensato di gettar loro addosso un secchio di acqua gelata quando non erano usciti dai letti al primo richiamo. Teddy, insonnolito e fradicio, dovette affrettarsi a saltare giù e trascinare con sé anche la bambina, che invece non sembrava intenzionata ad alzarsi neppure sotto minaccia di un'altra bacinella d'acqua in testa.

<> la incitò, ricevendo in risposta solo dei mugolii insonnoliti. Alla fine riuscì a farle tirare fuori la testa da sotto le lenzuola e a spingerla giù per le scale, sostenendola perché non inciampasse e rotolasse fino all'ingresso.
Dopo una colazione veloce, di solo sei o sette dolcetti ciascuno, furono di nuovo spediti in camera a vestirsi. Solo dopo un paio di minuti la nonna parve ricordarsi che nessuno dei due aveva più di sei anni e corse su, infilando loro magliette a caso dalla testa dopo averli fatti lavare e spingendoli di nuovo di sotto. Che la t-shirt indossata al contrario da Vic fosse di Teddy e le arrivasse sotto le ginocchia non aveva importanza.
Tutta la casa, che si riempì in fretta quano cominciarono ad arrivare gli altri, era satura di frenesia e ansia: gente che correva qua e là, cercando oggetti i quali teoricamente avrebbero dovuto essere in valigia già da un paio di giorni, gli arnesi da cucina di nonna Molly che volteggiavano in aria verso l'auto, Fleur che gridava inorridita alla vista della figlia infagottata nella maglia del cugino. In quel caos, Teddy veniva usato come fattorino, causando altri problemi con la sua proverbiale e distratta goffaggine.

Incredibilmente, per le dieci e mezza tutti si ritrovarono stipati nelle auto e pronti a partire. Certo, dovettero tornare indietro un paio di volte, ma Hermione lo aveva calcolato nella tabella oraria e riuscirono ad essere a King's Cross per le undici e un quarto.

Il treno partiva alle undici e venti.

Tutta la famiglia attraversò la stazione di corsa con una cacofonia di grida e raccomandazioni, tentando di non perdere nessuno e di non sconvolgere i babbani, cercando un treno che sarebbe partito di lì a due minuti.

<> gridò ad un tratto il bambino, appollaiato sulle spalle del padrino per leggere i tabelloni delle partenze, indicandone uno su cui campeggiava la scritta:

"Londra King's Cross – Whitebridge 11:20 a.m. Binario 15"

Ringraziando mentalmente la vista acuta del figlioccio, Harry lo mise giù e cominciò a correre, trascinando la valigia, verso il treno. I Weasley lo seguivano, qualcuno altrettanto in fretta e altri invece, come Andromeda, Molly e Fleur, con molta più calma. Hermione portava per mano Teddy, borbottando tutta soddisfatta che aveva sempre saputo che le lezioni di lettura anticipate si sarebbero rivelate utili, mentre il bambino trascinava trasognato la sua piccola valigia a forma di gufo. Stava cercando Victoire, che aveva perso di vista nella confusione della corsa; comunque era sicuro che fosse appiccicata al padre e non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.

Alla fine riuscirono a non mancare il treno per miracolo... o meglio, perché George si era precipitato dal capotreno, pregandolo di aspettare qualche attimo per permettere "alle due anziane signore e alla signorina incinta di raggiungerlo senza avere un malore", come disse lui.

<> sbottò la signora Weasley, agitandogli minacciosamente un dito sotto il naso <>

Quest'ultima uscita provocò l'ilarità di tutti, e finalmente poterono sedersi e godersi il viaggio in treno, rilassati per quanto era possibile nella Tribù Weasley.

Victoire, con i capelli arruffati, andò a sedersi accanto al cugino. Per quanto avesse provato non era riuscita a rimanergli vicino durante la partenza travagliata, ma era comunque allegra: stava per iniziare una settimana intera di mare, anche se di mare inglese, e con Teddy! Si voltò per raccontargli del tè che Domi aveva rovesciato addosso allo zio Percy e notò che lui osservava il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, la guancia posata sul dorso della mano. Aveva quell'espressione. La aveva semprre quando era malinconico, Vic lo conosceva e sapeva riconoscerla... sapeva bene che pensava alla sua mamma e la suo papà.

Decise per cui, tirando su le gambe, di lasciarlo tranquillo finché non fosse stato lui a tornare con la mente sul treno.

 

Il viaggio non durò molto, poco più di un paio d'ore.
Quando il treno entrò cigolando nella piccola stazione di Whitebridge, Teddy era eccitato quanto la cuginetta. Si era riscosso dai sui pensieri poco dopo la partenza del treno e aveva passato il viaggio cicalando con Vi, preparando tutti i progetti per quella che sembrav prepararsi ad essere una settimana fantastica. Per di più, sperava di tutto cuore che sarebbero andati in spiaggia quello stesso pomeriggio: era un'eternità che non faceva un bel bagno al mare e non stava più nella pelle.

Nel trambusto che seguì il fermarsi del treno, il bambino fu sballottatto qua e là e cercò di non finire schiacciato sotto qualche valigia, e soprattutto fece attenzione che Vi, la quale era come sempre attaccata alla sua mano con la super colla, non si perdesse nel marasma di gente e bagagli. Finalmente riuscirono tutti a scendere sul binario sani e salvi, e con tutta la loro roba, sudando per il caldo e la fatica.

Teddy lasciò la sua piccola valigia-gufo in piedi sulle ruote per asciugarsi la fronte con il dorso della mano. La t-shirt pesante che la nonna gli aveva infilato a forza quella mattina non era adatta al caldo torrido che inaspettatamente avevano trovato scendendo sulla banchina della microscopica stazione, ma almeno non sarebbe stato troppo freddo per fare il bagno, sempre che il tempo reggesse tutta la settimana. La zia Hermione aveva cominciato a fare l'appello, leggendo la sfilza di nomi da un pezzo di pergamena stracciato e cercando di farsi con il braccio più ombra di quanta non ne offrisse la visiera del suo cappello. Il bambino scrutò in giro, ad occhi strizzati, intrigato dalla semplicità del posto in cui erano arrivati : era abituato alla caotica e nebbiosa Londra, con i suoi palazzi scintillanti e i suoi magazzini anneriti dal fumo, oppure alla ordinata campagna inglese, nessuna delle quali somigliava alla piccola cittadina che si scorgeva oltre le porte della stazione. Gli stessi edifici della stazione erano piccoli e puliti, sufficienti a malapena per gli uffici, e dipinti di bianco. Le imposte e le porte, di legno, erano dipinte di un azzurro un po' scrostato e ricoperte di vecchi adesivi babbani. Dall'entrata dell'edificio centrale pendeva un piccolo cartello con su scritto ''Torno tra due minuti''. Teddy, che aveva già la pelle calda per il sole, sentiva i piedi andargli a fuoco nelle vecchie scarpe da ginnastica come se lo stessero facendo arrosto. Dal pavimento di quelle che a lui sembravano pietre grezze – la zia Hermione le aveva chiamate in un modo difficile... aretaria forse?- saliva infatti calore, che gli stava bollendo le gambe. Fermò appena in tempo Victoire dal mettersi seduta a terra.

<> la ammonì << Prova a toccarlo con le dita >>

Aggrappandosi al suo braccio, senza tra l'altro che ce ne fosse alcun bisogno, lei si abbassò fino a posare il palmo sui mattoni. Si mise a ridere, tutta contenta.

<> cinguettò, tirandosi su le spalle della maglia di Ted che indossava, vanamente: le andava talmente enorme che ricaddero giù non appena si mosse.

Dopo qualche altro minuto, avendo finalmente appurato di non aver dimenticato sul treno nessun bagaglio, la comitiva ripartì, con Hermione in testa, e uscì dalla stazione nell'ordinata strada principale di Whitebridge. Correva lungo tutto il lungomare punteggiato di palme, così infine i due bambini riuscirono a vedere il mare: era verdeblu, con i riflessi accecanti del sole che creavano giochi di luce sulla superficie, e anche piuttosto tranquillo. Le onde lunghe e basse arrivavano dolcemente sulla battigia, lasciando dietro di sè una traccia di schiuma quando si ritiravano, insieme a legnetti e pezzi di conchiglie. Ne rimasero completamente affascinati. Non perché non avessero già visto spiaggie, anche più impressionanti di quella, ma perché avevano talmente tanto aspettato e immaginato quella vista che poterla alla fine contemplare sul serio era già entusiasmante di suo. E poi, insomma, non vedevano l'ora di potersi buttare in acqua!

Ma, purtroppo, non era ancora il momento. Ormai si era fatta quasi l'ora di pranzo, e per di più tutti erano ancora carichi delle valigi e i borsoni, oltre che molto affamati, quindi all'unanimità decisero di raggiungere per prima cosa le casette che avevano affittato. Da quel che Teddy sapeva, erano tre: tre villette a due piani l'una accanto all'altra, proprio a ridosso della spiaggia. Non avendo nessuno di loro alcuna intenzione di camminare ancora, mandarono Harry alla prima cabina telefonica per chiamare dei taxi.

<> aveva declamato Ron, in una folle ma fedele imitazione di Sir Cadogan.

Ben presto quattro automobili nere li raggiunsero e, caricati tutti i bagagli, vi si divisero e partirono lungo il largo viale, quasi vuoto, che sebrava costeggiare la spiaggia fin dve potevano spingersi con lo sguardo. Ovvimanete Ted e Vi erano seduti vicini e chiacchieravano fitti, osservando le ordinate file di villette colorate scorrere fuori dal finestrino. Il viaggio in taxi non durò molto: poco dopo le macchine accostarono davanti a tre case gemelle, separate dalla stada da una staccionata azzurra e collegate da cortiletti confinanti. Una delle tre aveva quasi tutta la parte superiore, dove le altre esibivano un tetto di mattoni chiari, piatta: una grande terrazza pullulante di piante dove avrebbero potuto mangiare tutti insieme.

A quel punto i due inseparabili cugini dovettero dividersi, seppure per poco tempo, perché ogni sottogruppo della famiglia andò a sistemarsi nel proprio appartamento, d'accordo di rivedersi in giardino poco dopo.

Teddy seguì la nonna Meda e gli zii nella casa con la terrazza, dove sarebbero stati loro e i signori Weasley. Si trascinava ancora dietro l sua valigetta a forma di gufo e, francamente, non vedeva l'ora di scaricarla nella sua camera. Il manico di quell'affare era diventato bollente per via del sole,e gli faceva sudare la mano. Colpito da un improvviso sospetto, corse da Harry.

<> lo chiamò affannato, tirandogli i pantaloni. L'uomo, anche se ormai doveva esserci abituato, alzò comunque gli occhi al soffitto del portico prima di voltarsi.

<>

<>

Lo sguardo preoccupato in quegli occhioni dal colore indefinito fece scoppiare a ridere Harry, divertito dal palese poco entusiasmo che l'idea di dover fare le scale metteva al figlioccio.

<> gli spiegò, qualche attimo dopo, cercando di ignorare la sua espressione perplessa <>

<> fece quello, rallegrato, prima di precipitarsi dentro alla velocità di una Firebolt e sparire nei recessi del piccolo appartamento.

Harry si fermò solo per scambiare con Andromeda un'occhiata obliqua, poi entrò anche lui e chiuse la porta, nella vana speranza di mantenere un po' di fresco.

 

<> stava imprecando George, incastrato nella porta d'ingresso con una braccaiata di scatole piatte e quadrate che si rivelarono essere pizze di un locale italiano non troppo lontano. Lui e Ron erano stati spediti alla icerca di qualcosa da mangiare mentre Bill si smaterializzava alla Tana per recuperare i gufi e le civette varie e tutti gli altri spostavano magicamente tavoli e sedie in terrazza.

<> fece eco Ron <>

E continuarono a lamentarsi così finché Angelina non li tirò entrambi per un orecchio e, afferrate un paio di scatole con ogni mano, fece velocemnte le scale per la terrazza gridandogli dietro: <>

Nel frattempo Molly aveva fatto propria la cucina, monopolizzando quella del piano terra perché più spaziosa, e stava abilmente sfornando contorni e salse dal nulla. Le gemelline, redivive dopo aver dormito per tutto il viaggio, correvano su e giù per le scale ostruendo il passaggio agli adulti, mentre Teddy e Vi stavano raggomitolati all'ombra di una pianta enorme con le foglie grandi quanto loro interi, intenti a confabulare qualcosa di sicuramente losco. Dieci minuti e molto caos dopo – Percy era inciampato su una delle sue figlie mentre portava su un vassoio ed era finito addosso a Bill, che era caduto rotolando fino al pinerottolo-, Fleur fece il giro della terrazza per ritrovare la figlia e il nipote.

<Teddì, venite fuori da sotto quella dieffenbachia, su! A' la table! >> ordinò, scostando una delle larghe foglie della pianta <>

E li incitò a colpi di bacchetta finché non ebbero strofinato via col sapone anche tutto uno strato di pelle.

A quel punto l'ora di pranzo era passata davvero da un sacco, ma stavano tutti morendo di fame, quindi nessuno se ne curò. Mangiarono almeno una trentina di pizze e tre diversi tipi di contorni, con salse annesse, più ovviamente il dolce che Molly aveva fatto quella mattina presto. Dopo quel pranzo, complice anche la mattinata travagliata, una sorta di satollo torpore calò su tutti. Si distribuirono per tutta la terrazza, all'ombra del gazebo e degli ombrellone, godendosi la brezza fresca e salmastra che tirava dal mare ora più agitato e approfittandone per schiacciare un pisolino, cullati dal rumore lontano delle onde e dai mormorii bassi degli altri. Persino Vi e Teddy, rintanati sotto la dieffequalcosa e altre piante enormi che il bambino aveva avvicinato per creare come un rifugio, si erano appisolati, e dormivano accoccolati sull'erba morbida della striscia di terra, piena di cespugli e arbusti, che correva tutto intorno alla terrazza. Con le testoline vicine, posate su un solo vecchio cuscino, l'azzurro sgargiante e il biondo chiaro a contrasto e in armonia, sembravano due piccoli, inseparabili angeli.

 

Il mare, che si era calmato con il diminuire del vento, era troppo invitante perché potessero resistere ancora per molto. Inoltre Teddy e Vic si erano svegliati e avevano cominciato ad assillare ogni persona sopra il metro e venti che incrociassero perché volevano correre in spiaggia. Dopo che un paio di vasi erano andati in frantumi e il nonno Arthur era stato svegliato da un'involontaria secchiata d'acqua, i Weasley e i Potter decisero all'unanimità che era proprio ora di fare un bagno. Oh be', unanimità per quanto era possibile.

Asciugamani e ombrelloni in spalla, si diressero alla spiaggia, ognuno a suo tempo: qualcuno arrivò prima e prese il posto, qualcun'altro quando già tutti stavano godendosi il mare, ma arrivarono tutti.

Ben presto furono coinvolti in un bagno di gruppo al quale, per gentile concessione dei fratelli e del cognato, partecipò anche Percy. Infatti gli uomini lo avevano sollevato di peso da sotto l'ombrellone dove stava leggendo e lo avevano buttato in acqua, lasciandogli a malapena il tempo per far cadere il libro sulla sabbia. Teddy fu, ovviamente, usato come trampolino dalle cuginette, ma non gli dispiaque poi molto... soprattutto perché in cambio ottenne di potersi tuffare dalle spalle del più alto degli zii, ovvero Ron, e provare così il suo ''triplo avvitamento appallottolato''. Che, non c'è bisogno di dirlo, si concluse con un mezzo giro e una gran schienata nell'acqua.

<> sbottò poi il bambino, che galleggiava inerme lanciando occasionali gemiti di sofferenza, verso la cugina. Vic, che gli era appena passata sotto con gli occhialoni inforcati, non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere.

<>

Teddy mise su un broncio così adorabile che la bambina dovette smetterla, e gli spiegò con tutto il contegno che aveva.

<>

Le due gemelline, spuntate da chissà dove, annuirono in approvazione e poi si misero tutte e tre a ridere di lui. Ah, ma perché gli toccavano tutte queste disgrazie?

In quel momento, per puro piacere di vendetta, Teddy decise che era il momento che Vi sapesse che con quegli occhialoni enormi sembrava un pesce mutante.

Peccato che la bimba non si scompose affatto, probabilmente conscia del fatto che lo aveva detto solo per ripicca, e si limitò a salirgli elegantemente sopra e a farlo affondare. Inghiottendo un bel po' d'acqua salata e disgustosa.

Per quando Teddy ebbe finito di tossire e sputacchiare, era arrivato il momento di tornarsene a casa per farsi una doccia e ritrovarsi di nuovo tutti insieme per la cena. Il gemito disperato che metà famiglia emise quando seppe che Molly, accompagnata da Andromeda, aveva lasciato la spiaggia presto per, a suo dire, ''preparare per bene'' esprimeva un nuovo livello di disperazione mai raggiunto prima.

<> si lamentò Bill.

<> lo corresse il fratello minore, nascondendo dietro la schiena le lenti del suo occhialuto migliore amico.

<>

<>

<> aggiunse l'occhialuto in questione, strappando di mano i suoi preziosi occhiali a Ron.

Alla fine però, volenti o nolenti, si diedero tutti una bella pulita e salirono sulla terrazza, pronti per una cena che li avrebbe lasciati tanto satolli da quasi impedirgli di raggiungere i loro letti prima di crollare addormentati.

Tranne Ted e Vic. Loro fecero baccano per tutta la sera finché non furono praticamente legati ai materassi con le lenzuola.

 

Il resto della vacanza si svolse più o meno allo stesso modo, con i giorni passati in spiaggia a fare il bagno o a cimentarsi in partite di sport vari o ancora nella costruzione di pericolanti castelli di sabbia bisognosi di un aiutino magico per stare insieme, e le serate trascorse in giro per i mercatini, al luna park oppure semplicemente tutti insieme sulla terrazza. Una volta andarono in un piccolo museo locale dove Teddy infranse per sbaglio un antico manufatto del popolo dei britanni e Harry fu costretto, con sua grande esasperazione, a ripararlo con un tocco di bacchetta e a Confondere la guida turistica per evitare questioni scomode. Oltre a questo, la vacanza fu fatta di tuffi finiti male, crolli di roccaforti sabbiose e Teddy e Vi che andavano in giro cantando in coro:

 

" Cinque bambini saltano sul letto,

poi Domi cade e si fa un bernoccoletto.

Fleur chiama il dottore

e il dottore dice :

<>

Quattro bambini saltano sul letto..."

 

E così via, in una loro propria versione della canzoncina, finché Victoire non volava graziosamente via -mai avrebbero pensato di farla cadere, lei- e la nonna Meda non faceva smettere Teddy di saltare sul letto. Dopo aver sentito questa e altre versioni personalizzate delle canzoni più famose, Ginny rise e dichiarò che si erano uffficialmente guadagnati il soprannome di ''Duetto d'Estate''. E loro due, tutti contenti che un adulto avesse apprezzato i loro slanci artistici, composero per la zia una canzone di loro pugno e le consegnarono la stesura ufficiale in un concerto solenne, scritta su un bel foglio colorato con la grafia ancora molto poco comprensibile di Ted – compensata da un disegno adorabile- e così tanti errori ortografici da far sentire male la zia Herm. La melodiosissima canzone faceva più o meno così:

 

" La zia Ginny è tanto bella,

brilla proprio come una stella.

Ha i capelli rossi e

gli occhi celesti

ed è alta

ed è magra

ed è buona

e ha le scarpe blu!"

 

E via dicendo, con una lista pressoché interminabile di colori e parti del corpo. Nonostante la melodia carente e l'esecuzione decisamente stonata, ebbe comunque un grande successo fra il pubblico e valse ai due una fetta di torta in più. Cosa che li persuase dei benefici delle canzoni dedicate ai membri della famiglia, e ne composero almeno altre tre prima che si potesse dissuaderli.

A parte questi piccoli inconvenienti canori, i due non furono più pestiferi del solito. Con questo è da intendersi che ruppero vasi, tormentarono i cugini più piccoli, corressero il tè con il whisky e costrinsero gli zii ad infinite esplorazioni del boschetto alla ricerca di animali misteriosi... ma questo era piuttosto normale. Certo, forse Harry avrebbe preferito non ritrovarsi seppellito fino alla testa in un buca e Bill non aveva l'ardente desiderio di vedersi implodere addosso un castello di sabbia grande come un piccolo elefante, ma quelli erano drammi quotidiani. Tutto sommato, era una gran bella vacanza.

 

Un pomeriggio, sul presto, non tutti si trovavano in spiaggia. Bill si era generosamente offerto di badare alle due piccole che facevano il sonnellino per permettere alla moglie, quasi al termine della gravidanza, di andare a rilassarsi in spiaggia. Con lei c'erano Ronald ed Hermione, che non avevano ancora bimbetti a cui pensare, e poi Harry, Ginny e Teddy, visto che il bambino rifiutava categoricamente il riposino pomeridiano da quando era stato in grado di mettere due parole in fila.
Mentre Fleur chiacchierava con le due streghe stando distesa su una sdraio alta, i due amici disputavano una terribile partita a calcio in cui Ron continuava a proporre di incantare il pallone, facendosi stracciare, e Teddy si aggirava sconsolato alla ricerca di qualcosa da fare, con aria terribilmente annoiata. Era così abitutato alla compagnia di Vi, se non di tutti i cugini, che trovandosi da solo non gli veniva davvero in mente nulla.

<> asserì dopo poco uno dei due maghi, gettandosi su un telo disteso sulla sabbia. <> aggiunse, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

Ron gli lanciò un'occhiataccia, stizzito. <> si lamentò << Ha delle regole idiote e bisogna essere dei campioni con i piedi per poterci giocare!>>

<> commentò sarcastica sua moglie, con un sorrisino malefico, indicandogli un gruppetto di ragazzini poco più là. Erano impegnati in un'accesissima partita di pallone, con tanto di tifoseria, e palesemente nessuno di loro era un ''campione con i piedi''. Ron divenne tutto rosso sulle orecchie e mise su il broncio, mentre Harry e Ginny se la ridevano e persino Fleur soffiava un risolino divertito tra i denti.

In quel momento si parò davanti a loro una figurina con i capelli azzurri, la fronte aggrottata e gli occhi cangianti socchiusi con aria truce. Le braccia incrociate gli avevano sporcato il petto di sabbia e altri granelli erano sparsi ovunque fra il suo viso e i suoi capelli, ma questo non diminuiva l'aria di ribelle determinazione che vibraba sopra il bambino.

Harry rimase per un momento incantato, incapace di distogliere gli occhi da quella vista; gli sembrava di vedere Tonks, con la sua chioma rosa shocking e l'espressione risoluta in quegli occhi mutevoli, che aleggiava in un'aura traslucida dietro suo figlio, a suo sostegno e protezione.

Durò solo un attimo. Harry battè le palpebre e i versi dei gabbiani e il rumore del mare ripresero a risuonare nell'aria, mentre quel piccolo, ostinato bambino era ancora davanti a lui. Completamente solo.

Il piccolo li scrutò torvo per un'altro istante, poi si sciolse e chiese, con voce lamentosa e terribilmente annoiata:<>

<> gli rispose dolcemente Fleur << Lei è ancora piccola, lo sai>>

Teddy aveva tutta l'aria di voler controbattere a proposito di quel fatto di ''essere piccola'', ma si rassegnò a sospirare.

<> borbottò, voltandosi scoraggiato e ormai rassegnato a doversi trovare un altro compagno di giochi tra i bambini della spiaggia.

Aveva giusto cominciato a chiacchierare e a scavare una buca con un ragazzino biondo, e Harry lo osservava, quando si accorse che sia Gnny che le altre due streghe avevano sulle labbra un sorriso malinconico. Anche Ron doveva essersene accorto, perché le osservava confuso, e chiese:

<>

Le tre si scambiarono uno sguardo di quelli che significavano ''puah, uomini!'' e rotearono contemporanemente gli occhi.

Ginny poi rispose:<>

<>
A quel punto Hermione sbuffò esasperata e tirò un'orecchio al marito. <> domandò, tentando di non aver l'aria di volerlo ammazzare.

<>

Fleur alzò leggermente una mano e prese parola con calma.

<mes chers, loro due sono così uniti... ma questo lo sapete, gli occhi sce li avete, no?>>

Non attese risposta e riprese, spostando lo sguardo su Ted, che era in piedi dentro la buca e spalava sabbia ridendo. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo perplesso.

<< Sono così carini, sempre insieme, con Vic che lo comanda a bacchetta exceterà... adorabili.

<>

<<Forse quando saranno più grandi...>> aggiunse, melanconica.

Non appena la donna ebbe finito quel sospirato discorso, una vocina gioiosa e acuta lacerò l'aria con uno strillo.

<>

Il bambino, sentendosi chiamato, si voltò di scatto e, visto chi lo richiedeva, salutò frettolosamente il suo nuovo amico e corse incontro alla bimba. Vi, sfuggita come acqua dalle dita del padre prima ancora che il pover'uomo potesse mettergli la crema solare, si riappropriò immediatamente del proprio compagno e lo trascinò via, ridendo e parlottando come se non si fossero separati che per una manciata di secondi.

<<... o magari no>> commentò Fleur, divertita, e scoppirono tutti a ridere, lasciando Bill a grattarsi la testa confuso.

Evidentemente serviva molto più di un sonnellino a separare quei due.

 

Quella sera, mentre Harry si rilassava beato su una poltrona di vimini, godendosi la brezza fresca dal mare, sentì qualcosa tirargli i pantaloni. Per i consunti slip di Merlino -per fortuna non disse una cosa del genere ad alta voce-, aveva indossato dei bermuda appunto per evitare quello! Ma, a quanto pareva, da Teddy Remus Lupin e le sue tirate di pantaloni non si poteva sfuggire.

<>

Il bambino aveva un'aria cospiratrice e lanciava continuamente occhiate verso Vic, controllando che stesse ancora raccontando a nonna Molly del pesce che aveva trovato mezzo morto sulla spiaggia e che aveva coraggiosamente ributtato in mare. Teddy la stava lasciando infiocchettare il racconto, nonostante fosse stato lui a riportare in acqua l povera bestiola, solo perché aveva bisogno di un paio di minuti senza che lei potesse sentirlo.

<> chiese, arrossendo un pochino alle radici dei capelli.

<> rispose il mago, tenendosi sul cauto. Le ''cose'' del figlioccio tendevano ad essere piuttosto distruttive, a volte.

Gettando di nuovo un'occhiata verso Vic, Ted fece segno al padrino di abbassarsi e cominciò a parlargli nell'orecchio, spiegandogli per filo e per segno tutto il suo piano.

Il giorno seguente, mentre le bambine erano ancora a casa per il loro consueto e non voluto riposino, Harry e Ted andarono a fae un lunga passeggiata sulla spiaggia, armati di maschere, boccai e secchielli, rispondendo vagamente e con espressioni totalemnte colpevoli alle domande dei parenti. Quando tornarono i secchielli erano ancora vuoti, ma loro due erano tutti bagnati e nella tasca del costume del mago era nascosta una bustina di plastica. Nessuno riuscì a cavar fuori a quei due cosa avessero fatto.

Alla fine, seppur accompagnato da sospiri e desiderio di restare ed occasionali capricci, giunse il giorno della partenza. Dopo aver lasciato indietro valigie, aver perso bambini, essere stati sul punto di far esplodere un taxi e vari altri inconvenienti perfettamente prevedibili, tutta la famiglia riuscì a raggiungere la stazione in orario. Questo solo perché la previdente Hermione aveva fatto partire tutti con uno, a sentire Ron, spropositato anticipo.

Come il giorno in cui erano arrivati, il caldo era soffocante. Teddy già si sentiva le suole delle scarpe appiccicate al pavimento di pietra, che a sua volta emanava ondate di calore, e quella mattina si era accorciato i capelli fin quasi a rasarli per evitare che gli grondassero sudore sul viso. Mai fu presa scelta migliore, pensò mentre trascinava la sua piccola valigia verso il binario. Era quasi arrivato il momento di svelare la sua sorpresa, ed era un po' nervoso, senza nemmeno sapere perché.

<> tossicchiò, quando tutti ebbero raggiunto le panchine di legno di fronte al binario. La piccola stazione era praticamente vuota, tranne che per loro. Nella confusione però, nessuno si oltò a guardarlo se non Vi, che gli rivolse un'occhiata incuriosita.

<> provò più forte, e stavolta ottenne l'effetto desiderato: tutti si voltarono a guardarlo perplessi. Il bambino si sentì arossire e dovette concentrarsi un moeno per evitare che i suoi capelli virassero al rosso brillante nel bel mezzo di una stazione dei treni babbana.

Imbarazzato, si passò una mano fra la chioma del solito azzurro prima di tirare fuori dallo zainetto, senza guardare nessuno in faccia, una piccola scatolina di cartone.

Scorse il sorriso incoraggiante dello zio Harry e si schiarì la voce, alzando il mento con decisione.

<> annunciò, aprendo la scatolina e mostrando l'accozzaglia di

tutte le conchiglie più belle che a lui e lo zio fosse riuscito di trovare: grandi gusti a tortiglione, lucidissimi nei loro colori brillanti, larghe onchiglie piatte e persino un paio di denti, perduti da pesci e levigati dallo sciabordio delle onde.

Con un sorrisino felice passò fra tutti i parenti, consegnando ad ognuna zia, nonna e cugina una grande conchiglia lucida. Quando rimase solo Vi, e la scatola sembrava ormai vuota, Ted vide la bimba scrutarlo sospettosa, pronta ad oltraggiarsi al primo segno che lui si fosse dimenticato di lei. Come se fosse possibile.

Con un'espressione birichina spaventosamente simile a quella che aveva illuminato il volto dei suoi genitori in tempi più lieti dei loro ultimi anni, le andò incontro saltellando e le spettinò i capelli. Si sentiva molto soddisfatto di sé stesso per la sua idea, in quel momento, e fremeva dal desiderio di sapere se a Vi sarebbe piaciuto il suo regalo.

<> cominciò a strillare la bimba, ma si interruppe quando il cugino tirò fuori dalla sua scatola un bellissimo murice spinoso, di un lucido color avorio attraversato da striature gialle e porpora. La conchiglia era appesa ad una sottile cordicella metallica.

Victoire continuò a boccheggiare e a fissarla ad occhi sgranati mentre Teddy, contento, le infilava la collana dalla testa.

<> disse, sollevando il cordoncino di cuoio che portava sempre al collo. Vi penzolava, da quando riusciva a ricordare, un vecchio, pesante anello d'oro brunito che era stato di suo padre. Adesso accanto alla fascia dorata era appesa una conchigli gemella di equella di Vic, solo più piccola.

A quel punto la bambina non poté trattenersi. Con un gridolino acuto, saltò al collo di Teddy e lo abbracciò stretto, rintronandolo con una litania di ''Grazie'' mentre il resto della famiglia li guardava intenerita.

Poco dopo, un vecchio treno lasciò la piccola, bianca stazione di Whitebridge diretto a Londra; sopra, due bambini chiacchieravano ininterrottamente, una con una cascata di capelli biondi e occhi grigi come la luna, l'altro con una folle chioma azzurra e un paio di occhi cangianti... nessuno dei due, con la minima intenzione di allontanarsi dall'altro. Né in quel momento, né mai.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei- Per questo ***


Più o meno un mese dopo la Prima Grande Vacanza, come Victoire si rifiutava di smettere di chiamare il viaggio di famiglia, Harry si alzò di buon ora per andare a prendere il suo figlioccio. Era il primo giorno di scuola di Teddy, che aveva “dormito” a Casa Uno con la nonna Andromeda semplicemente perché la ritenevano l'unica in grado di costringerlo a svegliarsi presto e soprattutto ad indossare l'uniforme. Mentre si Smaterializzava per poi apparire con un piccolo pop sul marciapiede di Hanmon Street, il mago già si figurava le scenate del bambino e le lamentele a proposito di ogni singolo capo del vestiario che avrebbe avuto indosso quella mattina.

Andromeda e Teddy lo stavano aspettando davanti alla porta di casa, evidentemente già discutendo per qualcosa, e non si accorsero subito del suo arrivo. L'anziana strega indossava uno dei suoi lunghi vestiti scuri che evidenziavano il suo portamento regale e aveva raccolto i capelli ormai grigi in un alta acconciatura di trecce, arrotolate in una sorta di chignon. Harry non era molto esperto al riguardo. Con un sorriso esasperato, Andromeda stava aggiustando il cravattino al nipote, che si agitava come se gli avessero messo nella divisa la Polvere Pruritosa dei Tiri Vispi Weasley. Teddy era chiaramente a disagio nei pantaloni neri lisci, la camicia bianca e il maglioncino che costituivano la divisa della scuola elementare dove lo avevano iscritto. Per non parlare del cravattino. Purtroppo per lui aveva già ricevuto il severo divieto di anche solo provare a togliersi qualcosa, così non poteva fare altro che divincolarsi e lamentarsi.

<> sentì Harry mentre apriva il cancello del giardino <>
<>
<>

La nonna si voltò con gli occhi al cielo. Era tutta la mattina che il bambino faceva così.

<> esclamò con evidente sollievo, notando il mago avvicinarsi. Questo interruppe Teddy mentre cominciava una lamentela sulla cravatta troppo stretta. Alquanto divertito, il mago agitò un dito ammonitore davanti al naso del figlioccio.
<> lo esortò, senza però riuscire a nascondere un sorriso. Andromeda lo guardò truce da sotto le palpebre truccate e sbuffò.
Poi, senza celare un sorrisino di soddisfazione, fece: <
A quel pronostico Harry le lanciò un'occhiata esasperata, sorridendo, e tirò in piedi il figlioccio senza tante cerimonie.

<Sibilla, vieni o vuoi continuare con le predizioni nefaste?>>

La strega rise e li seguì lungo il vialetto, per poi chiudere il cancello e sporgere sulla strada il braccio con cui impugnava la bacchetta, dato che Harry era impegnato a trattenere Ted e fargli ripassare esattamente cosa poteva e cosa non poteva fare a scuola... a partire dai capelli color lapislazzuli. Con un BANG assordante apparve il Nottetempo, sincronizzato sulla mattina: sedie di legno e panche rovesciate affollavano tutti e tre i piani del bus, anche più instabili dei letti che vi si trovavano la sera. Difatti la maggior parte erano cadute oppure si erano ribaltate quando il folle veicolo era apparso di fronte a Casa Uno.
I tre salirono ed Harry pagò i biglietti, cercando di ignorare gli sguardi fissi su di lui.

Fortunatamente il Nottetempo era quasi vuoto, così, solo dopo un paio di BANG e di rovinose cadute dalle sedie, Ernie li portò dritti di fronte alla Scuola Elementare Regina Vittoria, riuscendo per un pelo a non prendere sotto un branco di ragazzini che attraversavano di corsa la strada.
La strada e il cortile di fronte al complesso scolastico erano affollati di famigliole, venute ad accompagnare i piccoli per il primo giorno di scuola. Si distinguevano facilmente le famiglie dei bambini più grandi da quelle dei primini: mentre questi ultimi stavano tutti attaccati alle gonne delle mamme o ai pantaloni dei padri, gli alunni più grandi scorrazzavano in giro tentando di sfuggire all'imbarazzante esperienza delle raccomandazioni genitoriali.
Teddy osservava affascinato la marea di bimbi e ragazzi di età diverse, tutti così diversi fra loro, che sembravano egualmente divisi fra a gioia per aver ritrovato i compagni dopo l'estate e lo scontento tradizionale per l'inizio della scuola. Seguì con lo sguardo i più grandi, di quinta, più audaci, che si arrampicavano sugli alberi sparsi per il grande cortile o sulla recinzione o anche sul cancello spalancato, mentre quelli di seconda e di terza li fissavano ammirati. Notò due insegnanti acciuffare un ragazzino, che a quanto pareva doveva essere un incallito combinaguai - <> - e portarlo poi da sua madre, senza che il ghigno sparisse mai dalle sue labbra. Alcuni collaboratori stavano montando sulla scalinata di fronte all'ingresso un banchetto e degli strani strumenti. Una specie di bastone con una palla in cima e delle scatole nere bucherellate che sembravano collegati da fili. Lo zio gli spiegò piano che si trattava di un microfono con delle casse per amplificare la voce. A Teddy venne da pensare che un incantesimo sarebbe stato molto più pratico, poi si ricordò di trovarsi tra Babbani. Per la barba di Merlino, doveva stare più attento! Cioè, accipicchia, si corresse mentalmente. Sarebbe stato difficile. Ma ne vale la pena, pensò, quando vide quattro ragazzini corrersi incontro e scambiarsi pacche sulle spalle, gridando entusiasti di essersi ritrovati.

Sulla scalinata gli uomini avevano finito di montare il microfono e un signore distinto sulla cinquantina, con indosso un completo gessato, stava sistemandosi dietro il banchetto.
Improvvisamente Teddy cominciò a sentire una morsa allo stomaco, l'impulso di tormentarsi le dita, e percepì le radici dei suoi capelli virare al porpora. Harry se ne accorse e si accucciò di fronte a lui.

<> gli disse << Un bel respiro, così, bravo>>

Il bambino si concentrò sull'aria che entrava e usciva di suoi polmoni, immaginò il suo cuore tornare a battere al suo ritmo consueto , i suoi capelli tornare e stabilizzarsi sull'azzurro. Mentre si calmava, lo zio gli mise le mani sulle spalle.

<> chiese il mago quando lo vide riaprire gli occhi <>

Lui arrossì e si fissò quelle stupide scarpe eleganti, ma riuscì a non far arrivare il rosso fuoco anche ai capelli. Lo zio Harry era fantastico, certo, ma non gli impediva di sentirsi comunque in imbarazzo.

<> cominciò << Zio, ma se io vado a scuola, e tutto...>>

Harry annuì incoraggiante, guardandolo negli occhi da dietro gli occhiali rotondi. <>

L'asfalto non era mai stato così interessante, per Ted.

Si morse l'interno della guancia, cercando di trovare le parole giuste mentre tutti intorno erano voltati verso l'uomo al microfono, che stava iniziando un nonsocosa discorso di inizio anno.

<< Se vado a scuola e non sto più sempre con loro...Non è che poi Vi, e le altre, e gli altri, non vogliono più giocare con me, vero?>>

L'unica cosa di cui non si era preoccupato, era che Harry non lo prendesse sul serio. Il mago infatti gli sorrise, si aggiustò gli occhiali sul naso e gli scompigliò la chioma azzurra.

<>

Harry sapeva esattamente come tranquillizzare il figlioccio. Non appena sentì che la sua eterna compagna lo avrebbe raggiunto, infatti, il ragazzino si aprì in un sorriso radioso ed esultò, facendo ridere il padrino. Poi tornarono ad ascoltare il preside, che nel frattempo stava combattendo la sua battaglia contro il microfono.

<squeeek cominciare! Cominciare l'anno scolastico, chiamerò tutte le classe seconde, terze e squeek – arte, emh emh, poi potremo cominciare con l'appello delle classi prime che squeek verranno accolte dai nostri ragazzi della quinta corrispondente>>

Il pover' uomo sembrava in terribile imbarazzo, e l'intero cortile ridacchiava sotto i bassi. Perfino Andromeda, che con molto tatto aveva finto di non sentire la conversazione fra il nipote e il padrino, mostrava un sorrisetto beffardo. Fra molti altri numerosi stridii, il preside convocò una per una le classi dalla seconda alla quarta, i cui alunni salutavano frettolosamente i genitori e seguivano gli insegnanti all'interno della scuola.

Osservando tutti quei bambini baciare le mamme e ricevere ai papà pacche e carezze, Teddy sentì di nuovo un groppo in gola, e gli occhi presero a pizzicargli. Non c'erano genitori con lui. Il suo adorato padrino e la nonna, a cui voleva tanto bene, ma non la mamma e non il papà. D'un tratto tutti quei bambini eccitati, quelli che piangevano, con la cartella sulle spalle aspettando di essere chiamati per salutare i genitori, dirgli ''A dopo'' per la prima volta in vita loro lo spaventarono. Come avrebbero potuto considerarlo uno dei loro?

Come faceva quando era solo un bimbetto, e vergognandosene un poco, si attaccò stretto ai pantaloni dello zio, così stretto che non avrebbero potuto staccarlo mai.

Harry si voltò a guardarlo perplesso, ma non appena vide l'espressione sul viso del figlioccio si abbassò per avere gli occhi verdi allo stesso piano con quelli multicolore, e arrossati, del bambino.

<> fece, un po' preoccupato, stringendo le spalle del piccolo con le mani. Andromeda si girò per un attimo a fissarli, lo sguardo serio, ma comprendendo come sempre quel che affliggeva il nipote, li lasciò parlare da soli.

Il mago osservava preoccupato il figlioccio evitare il suo sguardo e mordersi il labbro inferiore, con i capelli improvvisamente afflosciati sulla fronte e come sbiaditi. Nonostante la preoccupazione però, non lo pressò: rimase in silenzio, con una mano sulla sua spalla, ad aspettare che parlasse.

Quando sentì di non poter più evitare gli occhi del padrino, Teddy alzò lo sguardo e tirò su col naso. Non era un bambino che piangesse facilmente, lui, e nemmeno quella volta lo fece. Però sentiva comunque gli occhi pizzicargli per le lacrime, e il groppo in gola che non accennava ad allentarsi.

<> fece alla fine, sottotono rispetto al suo solito, cercando di non distogliere il viso e scappare da quello che voleva dire. Ma la presenza di Harry gli diede un po' di forza per continuare; in fondo anche lo zio era orfano, ed era cresciuto comunque ed era diventato grande e coraggioso, e aveva salvato tutti, quello almeno Teddy lo sapeva. Improvvisamente si rese conto di non voler avere paura, e trovò tutto il coraggio che gli serviva per parlare.

<< Ho paura che gli altri bambini non mi vorranno con loro perché loro hanno una mamma e un papà e i miei non ci sono più e allora io non potrò fare come loro, e allora pensavo che magari a loro non piacerò, e poi ho i capelli colorati come la mamma e magari se lo dico poi loro pensano che io sono sempre triste e non è vero>> una volta iniziato, gli sembrava di non potersi fermare neppure per riprendere fiato <>

Si interruppe, con l'ultima parola bloccata in gola con quel maledetto groppo che non voleva andar via.

<>

Negli occhi di Harry comparve comprensione e malinconia, e un sorriso dolce gli si formò sulle labbra mentre scompigliava i capelli di quel piccolo, grande bambino. Non lo aveva mai detto così, prima.

Scosse la testa. <>

Fissò gli occhi in quelli del figlioccio, così colorati e cangianti che diceva sempre ''mi fanno venire il mal di testa'' prima di continuare.

<> e gli picchiettò con un dito sul petto, sopra il cuore << che loro non hanno ancora. Non prendertela se qualcuno ti sembra un po' sciocco a volte, aiutalo a capire. Magari avete la stessa età, ma tu sei più adulto di loro>>

E gli posò la punta dell'indice sul naso, senza distogliere lo sguardo finché un piccolo sorriso riapparve in faccia a Teddy.

<> sussurrò.

<hanno vinto. Perché tu sai che ti amavano e per te hanno combattuto e vinto, sai cosa significa dolore, e paura, e amore. Per questo>> gli rispose Harry, ormai un po' commosso, e gli scostò i capelli per mostrare la ciocca rosa acceso che Teddy, qualsiasi fosse il colore della sua testa quel giorno, lasciava sempre uguale dietro l'orecchio.

Finalmente Teddy ruppe in un singhiozzo e poi rise, radioso, riaccendendosi di luce. Gettò le braccia al collo del padrino e lo strinse per un bel po', ricambiato, prima di correre dalla nonna Andromeda e abbracciare anche lei, che faceva finta di non capirne il motivo.

Con più calma, il ragazzino tornò da Harry, che nel frattempo si era rialzato imprecando sottovoce per il mal di schiena. Andromeda scoccò ad entrambi un'occhiata obliqua.

<> li avvertì <>

La scuola elementare Regina Vittoria, scelta da Hermione per l'alto livello e la qualità, era un istituto non molto grande e il numero di sezioni per ogni anno variava fra cinque e sette. Quell'anno le classi prime sarebbero state sei, e come sempre ognuna aveva il nome di un personaggio storico inglese. Harry sinceramente non aveva idea del criterio con cui li avessero scelti ed era piuttosto certo che fosse stato il gusto del fondatore della scuola. In ogni caso, le sezioni che si erano formate quel settembre erano Churchill, Nelson, Darwin, Einstein, Woolf e Austen. Ascoltando uno spezzone del discorso del preside gli pareva di aver capito che un'altra sezione era Shakespeare, e un'altra ancora – formatasi solo in un caso speciale, qualche anno prima, quando le classi prime erano state otto- Brontë. Davvero gli sfuggiva il criterio.
Mentre l'appello per la sezione Churchill finiva, Harry lanciò un'occhiata a Ted, che stava in piedi accanto alle sue gambe e si guardava intorno. Il padrino gli batté con la mano sulla spalla e lui alzò gli occhi.

<> disse <> propose, indicando un ragazzino a caso poco davanti a loro.
Teddy lo scrutò un momento con occhio critico, poi tornò a guardare il mago.

<>

Harry non poté dargli torto. Il bambino che aveva indicato se ne stava stretto alla distinta madre e sembrava la copia esatta di Dudley alla sua età: grosso, a dir poco robusto e circondato da galoppini cicalanti. Forse notando il suo imbarazzo, il bambino gli sorrise e lo prese per una manica per farlo voltare nella direzione opposta.

<> ridachhiò e gli indicò con la testa un primino in attesa, con la pelle scura e la testa piena di treccine, che saltellava intorno alla mamma e a quella che poteva essere sua nonna in evidente stato d'eccitazione. Ad Harry venne da ridere.

<>

Anche l'appello delle sezioni Nelson, Einstein e Woolf passò senza che Teddy venisse chiamato, e il bambino cominciò a diventare sempre più nervoso e a saltellare con quelle stupide scomode scarpe eleganti. Finalmente, mentre il preside chiamava i piccoli studenti della sezione Austen, sentì il suo nome.

<>

Era così agitato che per poco non se ne rese conto, ma fortunatamente nonna Andromeda lo acchiappò per il colletto – storto-, gli sistemò velocemente il cravattino – allentato- e gli scoccò un rapido bacio sulla fronte, incitandolo ad andare. Lo zio Harry gli spettinò i capelli, gli diede una pacca sulla spalla e un augurio di buona fortuna, e poi fu spinto attraverso la folla verso la scalinata, ancora molto confuso su cosa stesse succedendo.

Una ragazzina di quinta mora, dall'aria latina, lo attendeva sorridendo in fondo alla scalinata, con in mano un cartoncino e qualcos'altro che Ted non vedeva bene. Qualche secondo dopo, quando la sua testolina colorata elaborò i fatti, si voltò a salutare un'ultima volta la nonna e lo zio e poi corse verso le scale, con lo zaino che gli sbatacchiava sulle spalle.

Gabriela Arellano, così si chiamava la ragazzina, gli spiegò che lei era la sua alunna di riferimento, gli avrebbe fatto da guida quel primo giorno e poi le avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa durante il corso dell'anno. Sempre con un sorriso smagliante, gli appuntò sul petto del maglione una specie di distintivo che riportava nome, cognome e classe di appartenenza e cominciò a guidarlo su per la scalinata dove la sua classe si stava radunando.

Gli aveva anche consegnato il cartoncino blu e bordeaux che recitava – Teddy poté leggerlo grazie alle lezioni di lettura e scrittura pre-scolastiche della zia Herm- “ Ti troverai benissimo, vedrai! Benvenuto alla Regina Vittoria!” con un sacco di disegni intorno. In cima alle scale, Gabriela si voltò di nuovo, sorridente come un bambino a Natale, e dopo aver lanciato – per la diecimilionesima volta- un'occhiata ai suoi capelli declamò:

<>

Teddy annuì e sorrise in risposta, anche se in realtà trovava il sorriso mummificato della ragazza e le parole identiche a quelle del cartoncino un tantino inquietanti. Lei sembrava piuttosto simpatica, comunque.

Quando il signor Wilson, il preside, terminò l'appello con Marianne Zebilah l'insegnante che li aveva accolti tutti annunciò che stavano per cominciare uno stupendo anno scolastico, di non preoccuparsi, che si sarebbero trovati benissimo e benvenuti alla Regina Vittoria!
Poi aprì le porte e li guidò dentro, accompagnati dai ragazzi della quinta Austen, e Teddy cominciò a rilassarsi. Non era poi così male, lì, sarebbe sicuramente stato benone.

E poi gli sembrava di aver visto una testa piena di treccine nere nella massa dei suoi compagni. Si avvicinò al bambino e presero subito a chiacchierare, mentre l'insegnante li guidava in giro per la scuola, con Ted che si sentiva sempre più a suo agio.

Anche se avrebbe dovuto fare qualcosa per quella maledetta divisa.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette- Due anni di voli segreti ***


Nel corso dei primi mesi di scuola nella vita di Teddy si stabilì una certa routine. Be', routine per quanto era possibile nella vita di Ted Remus Lupin, certo. Dormiva due notti a Casa Uno e una a Casa Due, tranne per la notte fra sabato e domenica: era una legge che tutti i nipoti del Clan Weasley che avessero compiuto i tre anni dormissero alla Tana tutti i sabati, per poi svegliarsi tutti insieme per la colazione della domenica con i nonni e chiunque delle famigliole che li raggiungesse alla mattina. Per il momento c'erano solo lui e Vi, in quei raduni in pigiama, ma non è come se a lui dispiacesse davvero questa cosa. Vic arrivava alla Tana sempre dopo di lui, quindi tra loro c'era il tacito patto che Teddy le facesse trovare il fortino pronto, anche se ogni santa volta rischiava che tutta la costruzione di lenzuola, coperte e cuscini gli crollasse addosso e lo soffocasse. Non lo aveva mai visto davvero, ma aveva il forte sospetto che il nonno Arthur salisse silenziosamente le scale, si nascondesse dietro la porta della vecchia camera di Ron e incantasse il loro castello per far sì che rimanesse in piedi. Teddy lo reinventava ogni volta: un lenzuolo in più qui, oppure là un trono di cuscini per Vi -che dopo la prima volta divenne un elemento fisso, visto quanto le era piaciuto- o ancora una coperta tesa fra il fondo del letto e il davanzale della finestra che faceva da amaca. La camera sotto la soffitta diventava nei sabato sera il loro incontrastato regno di teli colorati e morbidi cuscini, occupato interamente da un castello in piedi per miracolo costruito con qualsiasi materiale tessile reperibile. Al lampadario Teddy – con l'aiuto del nonno- fissava un capo delle coperte, così che si creasse una sorta di tendone a punta, e l'altro capo andava a finire legato nei più disparati punti della stanza; poi si passava ai muri di cuscini, al trono e a qualsiasi altra cosa il bambino volesse costruire quel giorno. Al centro del tutto veniva trascinato il vecchio letto di Ronald, occasionalmente addobbato con pupazzi e dotato di una scorta segreta di dolciumi nascosta dietro il materasso. Non avevano assolutamente lo spazio per una brandina, figurarsi un altro letto, ma Teddy e Vic stavano comodissimi comunque. In fondo, erano pur sempre due soldi di cacio.
Così, i sabato sera diventavano serate fatte di dolci rubacchiati, storie e giochi alla luce delle candele Levitanti della nonna, che sfumavano in notti pacifiche addormentati nello stesso letto, sommersi da pupazzi e cullati dal umore del respiro dell'altro.

Ogni tanto Teddy pensava a quando, in febbraio, le gemelline si sarebbero aggiunte ai quei raduni: sarebbe stato in minoranza. Ma in fondo Vi lo comandava comunque a bacchetta, perciò non sarebbe poi cambiato molto.
Come lui aveva cominciato la scuola elementare, così la zia Fleur aveva voluto che Vi cominciasse delle lezioni di danza classica. La bambina non ne era stata esattamente entusiasta, ma ci sarebbe anche andata volentieri se queste non avessero diminuito ancor di più il tempo libero che poteva passare con Teddy. Negli ultimi anni entrambi si erano abituati alla presenza dell'altro ogni giorno di ogni settimana di ogni mese e improvvisamente si erano ritrovati separati, lontani per quasi tutto il tempo. Non ci era voluto molto perché gli adulti constatassero che la lontananza dei due non era salutare per nessuno: Teddy dopo un po' finiva per distruggere qualcosa o farsi male in qualche modo stupido o entrambi e Victoire girava per casa annoiata, facendo dispetti a Dominique e spargendo disegni ovunque. Anche per questo il fine-settimana era ufficialmente diventato I Due Giorni Di Teddy&Vi. Il sabato Teddy era libero dalla scuola, così portavano uno dei due a casa dell'altro dalla mattina fino all'ora di cena, oppure scarrozzavano entrambi in una piccola gita o ancora direttamente alla Tana. Poi la cena a casa, e dopo eccoli pronti per il raduno dei nipoti dai nonni Weasley. Di lì, la domenica ovviamente si passava con l'intera famiglia riunita alla Tana. Questo sistema, idea di Ginny, impediva -perlopiù- le catastrofi nucleari dovute alla divisione prolungata del Duetto D'Estate.
Certo, il lunedì mattina bisognava tornare a scuola e la settimana ricominciava, ma per Teddy quei due giorni in compagnia di Vi erano vitali come l'aria e lo mantenevano allegro durante le lunghe ore di scuola.

Alla Regina Vittoria, il ragazzino stava bene. Riceveva continuamente sguardi e occhiatacce per i capelli colorati, i bambini e gli insegnanti lo fissavano a bocca aperta quando notavano gli occhi cangianti, e spesso mormoravano di quanto dovesse essere viziato un bambino così piccolo perché gli fossero permesse certe cose e quanto dovessero esser scellerati i suoi genitori. Quando scoprivano che era orfano, allora talvolta la disapprovazione si trasformava in pena e altra disapprovazione, ma Ted, fedele alle parole dello zio Harry, non vi dava peso. Continuava a sorridere e offriva ai pettegoli più antipatici una caramella dal negozio dei Tiri Vispi Weasley... che poteva avere effetti collaterali anche gravi, prego leggere l'inesistente foglio illustrativo sul retro della confezione.

Era pur sempre il figlio di un Malandrino e una ribelle, no?

Tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, raggiungeva la scuola con il nottetempo per le otto e mezza – esclusi eventuali e frequenti ritardi- e andava alla sua prima aula di quella mattina, in cui le regole dicevano dovesse trovarsi entro le nove meno un quarto, così che l'insegnante potesse fare l'appello e l'altra burocrazia e cominciare poi la lezione per le nove. Nonostante l'odio radicato verso la divisa, tutto sommato si trovava molto bene.
Aveva fatto amicizia velocemente con Jackie Shades, il bambino con le treccine, e non aveva difficoltà nelle materie, anzi. La signorina Fell, la sua giovane e simpatica insegnante di inglese e storia, era rimasta piacevolmente sorpresa che sapesse già leggere e scrivere almeno un po'. Teddy la trovava brava e molto amichevole, con loro era pazientissima e non urlava mai; al contrario, la signorina Grundy, che insegnava matematica, era una signora acida e irritabile che si spazientiva facilmente e amava lamentarsi senza posa delle sue disgrazie lavorative. Non era una cattiva insegnante della sua materia, ma quando i bambini non capivano qualcosa raramente si azzardavano a chiedere un chiarimento, perché li terrorizzava.

A Ted la matematica veniva piuttosto facile e visto che non gli dispiaceva usare il suo tempo aiutando gli altri, qualche volta cercava di rispiegare ai compagni quel che non riuscivano a fare bene, rallegrandosi sempre quando riusciva nel suo intento.

Quando a casa raccontava di questo, vedeva sempre gli zii scambiarsi occhiate commosse e più di una volta li aveva sentiti mormorare: <>. E questo lo rendeva ancora più felice.

Se a prima vista pensavano fosse un ragazzino viziato e impertinente, non potevano più farlo dopo averlo conosciuto anche solo un poco. Sempre coerente a se stesso, Teddy era allegro e amichevole, un po' insofferente alle regole e anche perennemente in disordine, ma era sempre educato, gentile, e si prodigava sempre per aiutare. Sebbene chiacchierasse un po' troppo e persino la signorina Fell fosse a volte costretta a riprenderlo, rimaneva un alunno brillante che stupiva gli adulti con quelle sue uscite pensierose e un poco filosofiche, dette con gli occhi seri rivolti all'insù e un'aria talmente solenne da far scappare un sorriso al più severo degli insegnanti. Tranne la signorina Grundy. Quella non sorrideva mai.

Tra il personale delle scuola cominciarono a circolare chiacchiere su quell'orfano della prima Austen, che viveva con sua nonna e il suo padrino e veniva a scuola con i capelli tinti di un colore diverso ogni settimana e i capi della divisa sempre fuori posto. Cosa aveva raccontato, che i suoi genitori erano morti in guerra quando era un neonato? Così pareva, bah, probabilmente era una storiella. Però era così serio mentre lo diceva... Sembrava perfettamente consapevole. Ma poi cos'era quel suo sguardo ogni tanto, come se sapesse qualcosa più degli altri? E così via...

Una cosa che certamente non potevano dire di Ted Lupin era che sapesse starsene buono e fermo per più di dieci minuti di fila. Era frequente che durante la ricreazione l'insegnante di turno dovesse correre a farlo scendere da un albero nel cortile su cui si era arrampicato, rimproverandolo severamente e cercando di strappargli la promessa che non lo avrebbe fatto mai più, oppure che un bidello lo acciuffasse mentre correva per i corridoi diretto ai bagni o ancora, e successe più di una volta, che tentasse di raggiungere il lampadario dell'aula scalando gli armadi mentre la maestra era per un secondo fuori. A sentire la signorina Grundy, era un “teppistello in erba a cui servirebbero due scapaccioni” e la cosa più grave poi, era che trascinasse con sé nelle marachelle anche uno o più compagni, di solito Jackie Shades.
Il ''problema'' di Teddy non era che aveva bisogno di sfogarsi, che voleva mettersi in mostra o qualsiasi altra psico-sciocchezza suggerissero gli insegnanti. A lui combinare guai piaceva, gli era sempre piaciuto, ed era abbastanza intelligente da non oltrepassare mai troppo il limite di sopportazione, e anche abbastanza adorabile da farsi perdonare con uno sguardo. Era il prototipo del piantagrane perfetto.

Non che riuscisse sempre a cavarsela con tenerezza e retorica, ad essere onesti.
Una volta, preso da un'improvviso slancio di energia, aveva sfidato Jackie a chi riusciva ad arrivare più in alto arrampicandosi sul grosso leccio al centro del cortile interno della scuola. I due erano arrivati a qualcosa in più di tre metri d'altezza ed avevano rischiato di sfracellarsi sul prato sottostante solo un paio di volte, sotto lo sguardo ammirato dei compagni, quando una squadra di insegnanti stupefatti era corsa a farli scendere. Nonostante avessero protestato e protestato e Ted continuasse a specificare che non c'era scritto da nessuna parte che non si potesse salire sull'albero, mentre Jackie gli dava manforte, entrambi furono spediti a casa al termine delle lezioni con una breve lettera per i loro genitori o tutori che li informava dell'accaduto e comunicava il disappunto degli insegnanti. Quella volta il bambino fu fortunato: doveva andare a Casa Due dopo la scuola e poté consegnare la nota agli zii Harry e Ginny, i quali non riuscirono a non scoppiare a ridere e lo redarguirono solo blandamente.

Non gli andò sempre così bene però. Quando rientrò a scuola dopo il Natale, mentre era nel cortile innevato con Jackie e i suoi altri compagni di classe gli arrivò dritta in faccia una palla di neve dalla battaglia vicina, combattuta da alcuni ragazzi di quinta – era forse il famigerato signor Peterson quello?-. Visto che Jackie gli era scoppiato a ridere in faccia, Teddy lo aveva azzittito con un'altra pallata. Come faceva lui a sapere che da lì sarebbe nata una battaglia di palle di neve di proporzioni epiche che avrebbe coinvolto tutto il cortile?

E non era stata certo sua intenzione colpire la signorina Grundy... ripetutamente...

Lo spiegò alla nonna Meda, quando lei ebbe letto l'indignata missiva della maestra, ma lei non volle sentire ragioni e stabilì che per punizione avrebbe dovuto consegnarle la sua Pluffa giocattolo e, inoltre, non avrebbe potuto portare i capelli di altro colore che uno scialbo castano per due settimane. Due settimane!

<< Questa considerala come conseguenza di tutte quelle che hai combinato fino ad ora, signorino>> gli disse, battendogli con due dita sulla fronte << Non sia mai che tu ti dia una calmata>>

Se non altro non gli vietò di tenere la ciocca nascosta rosa shocking e neppure di vedere Vi, dato che, come disse lei, sarebbe stato controproducente.

Comunque, non c'è nemmeno da dirlo, Teddy non si diede affatto una calmata.

 

Un mercoledì pomeriggio, verso la metà di marzo, Teddy stava tornando a Casa Due con il Nottetempo dopo una giornata scolastica piuttosto soporifera. Jackie era malato e la signorina Fell aveva il suo giorno libero, perciò non era successo nulla di interessante. L'insegnante di scienze li aveva portati in giardino per osservare i boccioli dei fiori ancora chiusi e quelli di alcune piante che già si erano aperti, ma nei giardini delle nonne ce n'erano di molto più interessanti. L'unico momento divertente della giornata era stato osservare, durante la ricreazione dopo pranzo, Michael Peterson e alcuni suoi compagni di quinta far esplodere un petardo nel bel mezzo del cortile. Teddy la aveva trovata un'idea geniale, sebbene fosse certo che i ragazzini avessero guadagnato qualcosa come una settimana di punizione e una bella serie di sgridate. Gli aveva ricordato di quella volta in cui, arrabbiato perché un idiota aveva spinto e fatto cadere una sua compagna, gli aveva fatto esplodere tutte le penne e così il bambino – che poi altri non era che quello indicato dallo zio Harry il primo giorno di scuola- si era trasformato in una vittima dell'attacco di un calamaro. Edward Bull, così gli pareva si chiamasse, si era lamentato a non finire ed era andato in giro con in capelli anneriti dall'inchiostro per una settimana, ma gli insegnanti avevano giustificato lo scoppio con un cambio di pressione o qualcosa del genere. In fondo, per quanto fosse un bimbo iperattivo, cosa poteva entrarci il povero, piccolo Ted Lupin questa volta?
Di solito gli dispiaceva ferire gli altri, specialmente usando la magia, ma quella era stata una piccola vittoria molto soddifacente. A ripensarci, gli scappò una risatina.

<> chiese una voce roca dal posto di guida. L'anziano autista del Nottetempo, Ernie, e praticamente tutti i passeggeri abituali avevano preso in simpatia Ted, che andava e tornava da scuola tutti i giorni con il bus. Era ovviamente troppo piccolo per utilizzare i mezzi di trasporto babbani, ma il Nottetempo era sempre pieno di maghi e streghe che conoscevano uno dei suoi numerosi parenti e lo tenevano d'occhio, e l'autista e il bigliettaio adoravano lo zio Harry, così – nonostante le paranoie della nonna Molly- si era risolto che poteva andare. Qualche volta Harry lo accompagnava oppure lo veniva a riprendere, più raramente, se era libera dagli allenamenti, lo faceva Ginny. Buona parte delle volte, però, Teddy viaggiava da solo; essendo quel che era, spesso aveva combinato qualche disastro, ma niente di troppo grave, e ormai sull'autobus magico era di casa.

<> rispose, distogliendo lo sguardo dal paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. In quel momento si trovavano nel Kent. <>

<>

<< Willow Avenue, signore, grazie!>>

Aveva preso da subito l'abitudine di non farsi lasciare davanti a Grimmauld Place ma nel viale proprio dietro il palazzo, così che quel po' di riservatezza che la famiglia Potter ancora riusciva a mantenere restasse intatta. La prima volta la zia Ginny, che lo aspettava nella piazzetta davanti alla casa, si era preoccupata da morire non vedendolo arrivare e le era preso un colpo quando le era spuntato dietro. Teddy le aveva spiegato le sue buone intenzioni e la zia, per punizione, gli aveva somministrato una tazza di latte e cioccolato con dei biscotti. Ah, se tutte le punizioni fossero state in quel modo...

Ernie si voltò un poco verso di lui, rischiando di schiantarsi contro un palo che fortunatamente slittò indietro, e gli fece l'occhiolino. Teneva in bocca un sigaro tutto masticato e sempre spento, perchè non riusciva “ a guidare decentemente senza un dannato sigaro”.

<>

Teddy arrossì fino alla punta dei capelli che, forse a causa dello stretto controllo sotto cui erano costretti a scuola, quando tornava nel Mondo Magico tendevano a cambiare colore più violentemente e con più facilità.

<>

Ernie scoppiò in una risata roca. <>

Il bambino arrossì ancora di più, che nel suo caso significa che i suoi capelli si striarono di viola e la sua faccia divenne dello stesso colore di una bistecca ben cotta. Le sue compagne erano carine, insomma, credeva... ma non c'era nessuna che gli piacesse in quel senso. Tra l'altro, aveva il forte dubbio che Vic lo avrebbe ammazzato.

Ernie si fermò stridendo davanti ad una vecchia casa a tre piani e Ted scivolò giù dal sedile.

<> l'anziano autista chiamò con un gesto il bigliettaio, che era in fondo al bus <>

Mentre Stan Picchetto, meno brufoloso di quanto fosse anni prima, correva a chiamare la signora Hamilton Teddy si arrampicò di nuovo sul suo sedile e allacciò la cintura, recente innovazione sul Nottetempo. Se non altro, il contrattempo con la vecchia strega sorda fece passare di mente ad Ernie le sue possibili conquiste.

Quando finalmente la signora Hamilton riuscì a scendere, strillando saluti, Teddy fu felice di aver allacciato la cintura: Ernie ripartì a razzo e con un assordante BANG il bus scomparve dal Kent e rispuntò nel bel mezzo di un viale londinese. Un po' nauseato a causa della cinta, che gli aveva segato lo stomaco mentre gli impediva di volare via, il bambino raccolse il suo zaino e saltò giù pronto per scendere. Si ricordò di rimettere a posto i capelli – un buon nero striato di verde e blu, come li portava a scuola quella settimana- appena prima che Ernie frenasse il veicolo, con grande stridore di freni, davanti al negozio di giocattoli dalla parte opposta del viale rispetto al retro di Grimmauld Place.

Teddy ringraziò e salutò l'autista, il bigliettaio e un paio di conoscenti prima di scendere dal Nottetempo sul marciapiede. Memore del giorno in cui Ernie lo aveva quasi investito, attese che l'autobus a tre piani svanisse con un BANG prima di attraversare la strada - <>- e infilarsi in un vicolo che divideva una farmacia e il palazzo. Quando sbucò nel cortile di fronte a Grimmauld Place, come al solito il numero 12 non gli apparve subito: quando batté le palpebre una o due volte, fissando il punto fra i numeri 11 e 13, la casa sembrò spuntare dal nulla facendosi spazio tra le altre due. Stranamente, trovò la chiave appesa al batacchio della porta, agganciata ad un corno del cervo di bronzo. Avevano sostituito il batacchio originale con uno di bronzo brunito raffigurante un cervo e un cavallo rampanti, che poi erano i patronus degli zii. Lo zio Harry e la maggior parte dei parenti concordavano sul fatto che fosse veramente orribile, ma Ginny lo trovava assolutamente fantastico -Teddy aveva il forte dubbio che le piacesse perché imbarazzava a morte lo zio- e aveva voluto tenerlo per forza.

Mentre si allungava per staccare la chiave e apriva la porta, il ragazzino si chiese come mai non fossero venuti ad aspettarlo in piazza oppure non avessero aspettato che suonasse il campanello come al solito. Forse in casa c'era solo uno degli zii e stava facendo la doccia, o una cosa del genere. Lungo il corridoio e poi su per le scale, ora luminosi e tappezzati di foto invece che di ritratti imbronciati e teste di elfi domestici mozzate, Teddy non si arrischiò a chiamare Harry. C'era il pericolo che James dormisse e in quel caso non voleva assolutamente rischiare di svegliarlo: il paffutissimo bimbo amava i suoi pisolini e quando venivano interrotti impropriamente lanciava delle grida allucinanti capaci di tirare giù la vernice dalle pareti. Ragion per cui, Ted salì le scale fino al primo piano senza fare confusione e lasciò lo zaino sul corridoio prima di entrare in salotto. Come aveva pensato, sentiva il rumore dell'acqua che scorreva dal bagno: uno degli zii doveva star facendosi la doccia.
In salotto le tende erano spalancate e la stanza, essendo esposta ad ovest, era piena di luce; Ted dovette socchiudere gli occhi per distinguere le forme dei mobili e non andarci a sbattere contro. Andando verso il divano, si accorse che da lì venivano dei lamenti sommessi. Il bambino si accigliò. Che Jamie stesse dormendo lì? Oh Morgana, per favore no. Ma poi avvistò l'angolo di una scarpa spuntare dal bracciolo.

<>

Doveva ammetterlo, era un tantino sconcertato. Aveva fatto il giro intorno al divano e ora non poteva fare a meno di fissare lo zio, capacissimo Auror, uomo di grande valore, salvatore del Mondo Magico, disteso boccheggiante sul divano, con gli occhi fissi su qualcosa che nessun altro poteva vedere. Il figlioccio gli scosse un braccio. Nulla.

<>

Gli passò la mano davanti agli occhi spalancati. Nulla.

Il mago aveva lo sguardo perso altrove, l'espressione turbata e le labbra socchiuse, che si muovevano a comporre parole senza senso. Era bava quella?

Cominciando ad essere un po' preoccupato, Teddy scosse una gamba dello zio con più forza, cercando di capire se reagisse.

<> gridò a pieni polmoni, dimentico dei propositi di non svegliare quella palla di ciccia di James Sirius e cercando di scuotere lo zio dal suo torpore.

Harry mosse le labbra e il bambino si avvicinò per ascoltare.

<> mormorava il mago. Ted si accigliò ancora di più. Ma che...

<> risuonò la voce della zia. Ginny era in piedi sulla porta, con espressione esasperata e il viso arrossato per essere appena uscita dalla doccia. Anche i capelli rosso Weasley, una fiamma sempre accesa, erano bagnati e...corti.

I lunghissimi capelli fiammanti della zia, da sempre lunghi fin quasi alla vita e che le cadevano in morbide onde fruscianti, erano stati tagliati. Cortissimi dal lato destro della testa, lunghi fin sotto la mascella su quello sinistro e sempre più corti verso il retro della testa.

<>

Teddy rimase a fissare la zia, con il viso sfinato dal nuovo taglio e gli occhi brillanti di divertimento. Il rosso dei capelli sembrava molto più scuro ora che erano così corti. La fissò per qualche altro momento gli occhioni multicolore, sbattendo le palpebre. Poi fece un gran sorriso.

<>

La strega scoppiò a ridere e gli spettinò i capelli, dirigendosi verso il marito.

<> Ginny alzò gli occhi al cielo mentre Ted rideva. Sulla porta del salotto apparve un assonnato James Sirius, che caracollò verso il divano sulle sue gambette paffute. Harry sembrava ancora poco lucido, ma la smise quando la moglie gli tirò addosso una secchiata d'acqua gelida. Alle sue proteste la zia rispose con un secco “Almeno ora sei di nuovo umano e non un verme bavoso” che fece di nuovo sghignazzare il bambino, poi scesero tutti in cucina per una bella merenda, con lo zio che riempiva Ginny di complimenti nel tentativo di farsi perdonare.

<> lo riprese lei, seduta a tavola con Jamie in braccio. Harry si passò una mano nei capelli.

<>

<figlioccio non ha avuto bisogno di un quarto d'ora di coma per dirmelo! E ha sei anni!>>

<>

<un anno! Ed è tuo figlio, infatti. Sangue Potter non mente!>>

Teddy osservava tutta la scena ridacchiando sotto i baffi di zucchero filato che si era fatto con i suoi pancake, sperando per lo zio che capisse di aver bisogno di un mazzo di fiori o qualcosa del genere per riuscire a farsi perdonare.

Ci fu qualche minuto in cui tutti gustarono in silenzio la merenda preparata da Kreacher, che si affaccendava intorno a loro scoccando di quando in quando occhiatacce ad Harry.

<> fece il mago quando ebbe vuotato il piatto <>

<> si affrettò a chiarire allo sguardo di fuoco della moglie <>

<> chiarì lei, imboccando James, che nel frattempo mangiava avidamente.

<> disse Harry, serio stavolta, e con un leggero movimento della bacchetta spedì un mazzo di fiori comparso dal nulla a volteggiare sopra la testa della rossa. Dopo avergli tenuto il broncio qualche altro minuto, la ragazza finalmente si sciolse e lo prese, per poi alzarsi ed andare a baciare il marito.

<> sentì Teddy <>

Strano a dirsi, lo zio Harry sembrava davvero, davvero terrorizzato.

 

<>

Vi era stupefatta e insieme affascinata. Lo guardava da sotto in su con gli occhi grigi spalancati e un sorriso a tutti denti, scostandosi dal viso i boccoli biondi che continuavano a ricaderle lì senza curarsi del suo disappunto.
Teddy annuì.

<>

I due bambini erano seduti sul prato di Villa Conchiglia, vicino alla lapide dell'elfo domestico Dobby, che aveva aiutato i loro parenti durante la guerra, morendo salvandoli. Entrambi erano stati spediti fuori con la scusa che la zia doveva fare pulizie, e ora chiacchieravano facendo finta di non sapere il vero motivo di quell'atto. Insomma, erano bambini, non idioti! Già che era domenica e non c'era stato il pranzo alla Tana... e nemmeno il raduno in pigiama dei nipoti, perché, a loro dire, i nonni avevano impegni.
Ed era davvero un bel caso che quegli improrogabili impegni cadessero proprio il 24 aprile, giorno del compleanno di Teddy. Certo. Come no.

<> li chiamò la zia Fleur da una finestra.

Vi e Ted si scambiarono uno sguardo obliquo. Erano nati e cresciuti in quella famiglia, come pensavano di fargliela sotto il naso?

Fleur e Bill li aspettavano in salotto, con una contrariata Dominique in braccio alla mamma e un Louis dormiente nel suo ovetto, appeso al braccio del padre.

Il fratellino di Vi aveva qualche mese, un ciuffo di capelli biondissimi e due occhietti azzurrissimi che per la maggior parte del tempo teneva chiusi: come i suoi coetanei Fred e James, da sveglio era sfiancante, ma fortunatamente amava il mondo dei sogni.

Bill aveva un sorriso stereotipato.

<> si corresse sotto lo sguardo della figlia maggiore <>

Il festeggiato in questione sorrise – o meglio ghignò – e rivolse alla cugina un'occhiata dal chiaro significato: “che ti dicevo?”

Victoire annuì in risposta, trattenendo un risolino, e seguì il padre verso il camino.

A coppie -Bill e Lou, Vi e Teddy, Fleur e Dom – entrarono nelle fiamme accese, gettarono un po' di metropolvere sui ceppi ed esclamarono <>. Forse a qualcun altro sarebbe sembrato da irresponsabili far viaggiare due bambini da soli con la metropolere, con il rischio che sbagliassero camino e finissero in Perù, ma quella era la famiglia Weasley. I bambini crescevano in fretta.

Quando la coppia sbucò tossendo nel focolare della Tana, tutto intorno a loro era buio e stranamente silenzioso. Invece di spaventarsi o confondersi come ci si sarebbe aspettato da loro, però, Ted e Vi si scambiarono un'occhiatina e un sorrisetto divertito prima di camminare fuori dalle fiamme.

Improvvisamente la luce si accese, si udì un gran scoppio e Teddy venne investito da un tornado di coriandoli mentre tutta la stanza risuonava del grido:

<>

Il bambino rise e fece del suo meglio per apparire sorpreso mentre tutta la famiglia lo faceva volteggiare in aria, augurandogli buon compleanno ed esibendosi in una pessima interpretazione di “Tanti Auguri”.

Volando su e giù nel caos più totale, avvistò la nonna Meda in un angolo con un sorrisetto saputo e le sopracciglia inarcate, come se sapesse perfettamente che il nipote aveva sospettato di tutti loro dall'inizio. Quando lo fecero finalmente scendere, Vi arrivò di corsa al suo fianco e strizzò gli occhi in un tentativo di occhiolino.

<> gli sussurrò tutta contenta. Non sembrava essersi offesa per non essere stata messa al corrente della sorpresa: tutti sapevano che tra lei e Teddy non c'era segreto che tenesse.

Cominciò la sfilza di auguri e regali: un gioco da tavolo babbano da parte di Arthur e Molly; un cappello con visiera delle Holyhead Harpies da Bill, Fleur, Domi e Lou; un libro da Percy, Audrey e le gemelline; un pacchetto di scherzi perlopiù innocui da George, Angelina e Fred; un paio di jeans e una maglia da Ron ed Hermione e infine una mini-Pluffa incantata da James, Ginny ed Harry, che aveva finto di aver dimenticato a casa il regalo quando era andato a trovarlo quella mattina. Nonna Meda gli aveva già dato il suo regalo, quella mattina, e Teddy lo stava indossando: un giacchetto di jeans incantato, che si sarebbe adattato alla taglia che voleva, con la scritta ''Troublemaker'' cucita sul retro. Un regalo inaspettato da parte della nonna, ma Teddy lo amava già.

Quando ebbe finito di ringraziare, abbracciare, farsi coccolare da tutti i membri della famiglia ed ebbe dato un buffetto ad ognuno dei bambini, finalmente riuscì a respirare per un minuto. La nonna Molly era andata in cucina a prendere la torta e tutti gli altri attaccarono il tavolo del rinfresco, così Ted si lasciò cadere sul tappeto vicino al camino, in mezzo alla montagna di regali, e tirò un sospiro di sollievo.

Un momento. Dove era sparita Victoire?

<>

La bimba era in piedi di fianco a lui, minuscola e sorridente come sempre, e gli tendeva un pacchetto sformato.

<> disse, mordendosi il labbro inferiore e scostandosi dalla fronte i boccoli con un gesto inconsapevole.

Teddy saltò immediatamente in piedi, stupito. <> cominciò ad arrossire e i suoi capelli virarono al colore di metà delle persone presenti, mentre cercava di spiegarsi.

Vi, con un sorrisino piccino piccino e, quello era un po' di rosso sulle guance?, lo tirò giù per il braccio e gli scoccò un rapido bacino sulla guancia.

<> disse, gli occhi luccicanti di gioia <>

Il ragazzino, dello stesso colore dei capelli della zia Ginny, si affrettò ad obbedire e aprì l'incarto, su cui campeggiava un grande sette a colori, tutto storto.

Gli cadde sulle ginocchia un pezzo di stoffa azzurra, che si rivelò una maglietta che un tempo doveva essere stata a tinta unita. Ora, era cosparsa di disegni fatti dalla mano di un bambino: degli uccellini volavano per tutta la maglia, del piccoli lupi correvano lungo il bordo inferiore e il retro era coperto da otto figure stilizzate di bambini: tutti l'ultima generazione del Clan Weasley fino ad allora. Il davanti della t-shirt, invece, era occupato da un ragazzino con dei capelli a dir poco colorati e una bimba più piccola, bionda, che si tenevano per mano su un prato, di notte. Dietro di loro si vedeva la luna e qualche stella.

Tutti i disegni erano semplicissimi, tracciati da una mano incerta, ma per il piccolo Teddy erano bellissimi.

Proprio mentre nonna Molly tornava con una enorme torta con la panna colorata, il bambino si alzò e abbracciò stretta la cugina, ringraziandola infinite volte. Lei, tutta contenta, saltellò in giro per tutta la sera.

Quella maglietta, incurante delle occhiate e le risatine di altri bambini, Teddy Lupin la portò con orgoglio ogni volta che poté.

 

Solo qualche giorno dopo la festa a sorpresa per Ted, arrivò maggio e con maggio anche il Giorno della Battaglia di Hogwarts, festa nazionale, e anche compleanno di Victoire Weasley.

Se fino a quel momento il Duetto d'Estate non aveva dato peso alla convivenza di quei due eventi, quell'anno questo cambiò. Ricorrevano i sette anni dalla Battaglia di Hogwarts e nel Mondo Magico il sette è un numero importante, che ricorre frequentemente ed ha un significato profondo per tutti i maghi e streghe.

Fino ad allora, il due maggio in famiglia aveva avuto uno svolgimento simile tutti gli anni: la mattina gli adulti infiocchettavano i bambini e andavano insieme alla Commemorazione e Celebrazione al sito del Quidditch della nazionale, il luogo aperto occulto ai Babbani più grande di cui disponessero. Nessuno dei bambini vi aveva dato troppo peso né era stato molto attento, tranne forse Teddy, che restava in silenzio e osservava serio il susseguirsi di testimoni, le lacrime di alcuni, il dolore sul viso dei suoi parenti e poi i magici fuochi d'artificio alla fine, per ricordare a tutti che avevano vinto.

Nessuno dei bambini sapeva, perché non avevano voluto gravarli di quel peso così piccini, che in quel giorno, in quella Battaglia, era lì che i genitori di Teddy e lo zio Fred erano morti combattendo. Nessuno tranne Teddy, che ascoltava ogni anno in silenzio l'elenco dei caduti di quella guerra, ascoltava “Ted Tonks” e prendeva la mano alla nonna, ascoltava “Remus e Ninfadora Lupin” e deglutiva in silenzio cercando di scacciare il groppo in gola e le lacrime.

Poi andavano via, alla fine, senza che nessuno dei bambini avesse capito. Nessuno tranne Teddy, che prima di raggiungere la Tana con gli altri andava con la nonna Meda e lo zio Harry alla tomba dei suoi genitori, in una radura di un piccolo bosco, e sedeva su una pietra fissando i loro nomi incisi nella pietra.

Il pomeriggio del due maggio, ogni anno, c'era la festa di compleanno di Victoire. Ed erano tutti allegri, cantavano e le davano i suoi regali, ma anche così piccola lei percepiva che qualcosa non andava. Ma era il suo compleanno, c'erano i giochi e la torta, e Teddy era davvero felice e giocava con lei tutto il tempo, esaudendo ogni suo desiderio da bravo cavaliere quale impersonava.

Ma quell'anno ricorrevano i sette anni dalla Battaglia di Hogwarts, dal dolore e dalla vittoria, e tutto sarebbe dovuto cambiare.

Vic non era più così piccola, ed era una bambina sensibile e molto intelligente. Vedeva gli sguardi offuscati dei suoi genitori, notava quando lo zio George si allontanava improvvisamente e Angelina lo seguiva, leggeva negli occhi di Teddy quando parlavano del suo compleanno che c'era dell'altro sotto l'allegria.

Quando maman si inginocchiò davanti a lei, con un sorriso forzato, e le disse che quell'anno avrebbero dovuto rimandare i festeggiamenti per il suo quinto compleanno a qualche giorno dopo, Vic non fece capricci. Annuì e disse che, visto che le era sempre piaciuto molto il suo compleanno, avrebbe potuto aspettare. Maman la baciò e le lavò il suo vestitino scuro.

La mattina del due maggio, la bimba si svegliò felice, perché le era sempre piaciuto tanto il suo compleanno. Si ricordò che lo avrebbe festeggiato in ritardo, ma non poteva essere così male. Nemmeno se quella mattina persino il papà sembrava avere le lacrime agli occhi. Nemmeno se tutti erano vestiti di scuro, nemmeno se sembravano tutti tristi.

Nemmeno se Teddy non si dimenava nel suo abito elegante, e aveva i capelli completamente neri.

Raggiunsero lo stadio e come sempre, Vic era al fianco di Teddy, ma diversamente dal solito erano entrambi silenziosi e si sedettero ai loro posti senza combinarne una delle loro. Guardando suo cugino, il suo amico ed eterno compagno, vide che aveva gli occhi chiari e limpidi, tristi, non nello stesso modo in cui erano quando era malinconico. Erano addolorati e lei poteva sentire lo sforzo che Teddy stava facendo per non lasciarsi sfuggire qualche lacrima. Vic cominciò a sentirsi a disagio, e guardandosi intorno vide che tutta la sua famiglia era in lacrime o quasi. Non capiva... sapeva che era l'anniversario di una battaglia della Guerra Magica, ma...

Quando il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, salì sul podio e cominciò a parlare, quell'anno Vi non corse via come le gemelle e non si mise a giocare con le bambole come Dominique. Rimase seduta, in silenzio, di fianco a Teddy e ascoltò.

Ascoltò il Ministro parlare di morte, di coraggio, di amore. Ascoltò la storia della Guerra, del male che aveva regnato, delle persone uccise senza compassione a causa di una discriminazione crudele. Ascoltò e sebbene non comprendesse ogni cosa, perché compiva solo cinque anni proprio quel giorno, cominciò a sentire un peso premerle sul petto e non riuscì ad impedirsi di avvicinarsi a Teddy, che sembrava sul punto di piangere le lacrime più dolorose della sua breve vita. Ascoltò il racconto degli eroi, di quelli famosi che avevano combattuto all'aperto e di quelli silenziosi, che avevano teso una mano quando potevano e tratto in salvo altri. Ascoltò di un uomo che aveva rinnegato la sua famiglia perché era un nobile, un uomo che era stato imprigionato, cacciato e alla fine era morto proteggendo quel che più amava, e per il cui assassinio era stato accusato. Ascoltò parlare di Mezzosangue, Sanguesporco, Purosangue e cominciò a sentire un grande calore nel petto, proprio sul cuore. Ascoltò di ragazzini buttati giù dal letto che avevano raccolto le bacchette e combattuto, di pareti che esplodevano e rubini sparsi sul pavimento come sangue. Ascoltò la storia di genitori che erano andati a combattere per permettere al loro bambino di vivere in un mondo dove potesse essere più felice, e cominciò a piangere con grandi singhiozzi.

Ascoltò di sacrificio, speranza e vittoria e non riuscì a smettere di piangere, bagnando la camicia di Ted che intanto la aveva stretta a sé.

Ascoltò i nomi dei morti scorrere come un fiume, mentre le lacrime di Teddy che finalmente gli rotolavano sulle guance le cadevano fra i capelli.

Poi ascoltò una voce familiare, una voce che conosceva, resa roca dalla commozione, alzarsi fin quasi a gridare, per onorare i morti e ricordare ai vivi che tutto quel dolore aveva costruito la vittoria e la pace in cui vivevano ora, che i morti erano morti combattendo per il futuro e lo avevano vinto, che quello era sì un giorno di dolore, ma anche un giorno di gioia.

E alzò gli occhi e vide suo zio, Harry Potter, piangere a testa alta mentre dietro di lui scoppiavano in cielo i fuochi.

Dopo ci fu la celebrazione, il galà, e per tutto il giorno parole simili volarono nell'aria sopra la testa di Vi. Lei rimase sempre appesa al braccio di Teddy, i cui capelli erano diventati rosa e così rimasero tutta la sera.

Il suo stesso nome, Victoire, voleva ricordare che quella era stata una vittoria, e le lacrime cadevano su guance di uomini, donne e bambini che lo sapevano.

Ma Vi vedeva Teddy piangere, suo padre, sua madre e i suoi zii piangere e sua nonna, suo nonno, la nonna Meda piangere e non poteva dimenticarlo.

Da quell'anno, a Victoire non piacque più così tanto il suo compleanno.

 

L'anno scolastico terminò a fine giugno, e così anche le lezioni di danza di Vic, e il Duetto d'Estate tornò a scorrazzare in giro per la campagna inglese, le spiagge o le stradine di Londra senza un attimo di pausa. Dall'alto dei suoi cinque anni, Vi si sentì finalmente in diritto di rifiutare il pisolino pomeridiano, con grande sconforto dei suoi genitori. Dato che entrambe Grimmauld Place e Villa Conchiglia ospitavano dei piccoli abitanti bisognosi di dormire almeno due o tre ore nel pomeriggio, onde evitare pianti e strepiti e borse sotto gli occhi si concluse di mollare i due pestiferi alla Tana ogni giorno dall'ora di pranzo. Molly era solo entusiasta di avere altre due bocche da sfamare e l'unico motivo per cui i due riuscirono a non ingrassare come porcellini fu che correvano in giro senza sosta, bruciando più energia di una inceneritore.

Teddy adorava impersonare il ruolo del cavaliere dalla scintillante armatura, soprattutto perché gli dava una scusa per sventolare la sua spada di legno e precipitarsi da un angolo all'altro del giardino gridando frasi oltremodo tragiche. Questa sua inclinazione cadeva a pennello, visto che Vi amava con altrettanto ardore fare la principessa. Ma non una principessa di quelle noiose che stavano sedute e si sventolavano con il ventaglio, no. Il suo ventaglio nascondeva una lama affilata e il suo scettro era in realtà una lancia dalla punta letale. La Principessa Victoire – da Brontolonia, aggiungeva a volte Teddy, guadagnando un colpo di “scettro” sulla testa- combatteva al fianco del suo cavaliere con grazia e forza, almeno finché non cadeva vittima di qualche maledizione e doveva affidarsi al suo fedele compagno. C'era pur sempre del fascino nel venire salvata.

Nelle nebbiose giornate di pioggia, fin troppo frequenti per i loro gusti, i due erano costretti a trovare rifugio nelle stanzette della Tana. Non tanto per loro volontà, perché entrambi erano scivolati fuori a saltellare sotto gli scrosci d'acqua e i tuoni di un temporale più di una volta, quanto perché nonna Molly li acciuffava e chiudeva a chiave tutte le uscite del piano terra. Una volta Teddy si era calato fuori da una finestra, ma il capitombolo terminato in una pozzanghera fangosa lo aveva convinto che forse non era così male giocare all'interno.

Andavano a caccia di tesori e vecchi ricordi, nascosti in spazi stretti dove soltanto le manine di Vi riuscivano ad arrivare, e ogni volta che trovavano qualcosa di interessante si rifugiavano nel vecchio stanzino della caldaia per rimirarlo e cercare di carpirne la storia, con il sottofondo del borbottio e i fischi della vecchia caldaia arrugginita.

Un giorno, trovarono un oggetto più prezioso di qualsiasi altro su cui fossero mai riusciti a mettere le mani. Era un vecchio album di famiglia, dall'aria antiquata, che lesta Vi aveva sfilato da un cassetto sotto il naso del sonnecchiante nonno Arthur.

Seduti vicini con le teste chine, sfogliarono con cautela ognuna di quelle vecchie pagine, fermandosi ad osservare le foto a volte un po' sbiadite i cui personaggi salutavano con mani piccole piccole. C'era una foto del matrimonio fra i nonni, che sembravano le due persone più felici del mondo e apparivano tanto giovani e strani agli occhi dei due bambini.

<> mormorò Teddy voltando la pagina <>

Una fotografia sbiadita in cui una Molly molto giovane sorrideva e cullava un fagottino di coperte da cui spuntava un ciuffo ribelle di capelli rossi era spillata alla pagina, con la didascalia “Neo-mamma iperapprensiva Molly e il suo piccolo William” e la data scribacchiate in nero sotto il bordo.
Continuarono a sfogliare, trovando decine di foto dei fratelli Weasley, sempre più numerosi e lentigginosi: Charlie intento a disegnare un drago; i due gemelli, identici in tutto e per tutto, che rovesciavano una secchiata d'acqua in testa ad un ignaro Percy intento a leggere un libro; Ronald imbronciato con dei biscotti in mano e uno scatto che immortalava un Bill adolescente mentre faceva volteggiare in aria una microscopica e ridente Ginny.

Anno dopo anno, ogni fotografia ricordava la crescita di tutti i figli dei signori Weasley, fino alle ultime pagine, dove erano fissate immagini più nitide dei cinque matrimoni, con una persona assente in quattro di esse.

Quando la nonna Molly li trovò, quel pomeriggio, Teddy e Vi erano sdraiati sul loro tappeto e sorridevano, immaginando ad alta voce una scenetta per ognuna di quelle foto. Vedendo il suo album aperto lì accanto, non riuscì neppure a sgridarli per essere spariti. Si fece seguire in cucina e preparò loro una gustosa merenda.

Poi, per una volta, si concesse di raccontare ai due bambini incantati una storia sull'infanzia dei suoi sette bambini.

 

L'estate passò in fretta e arrivò settembre, ventoso e frizzante, portando con sé il ritorno a scuola per Teddy e la danza di Victoire.

Il primo giorno di nuovo alla Regina Vittoria riservò una sorpresa al bambino: un nuovo compagno di classe, rosso di capelli e fresco di trasloco, appena arrivato dalla Scozia. Teddy e Jackie lo accolsero in classe con una cascata di coriandoli artigianali ricavati dai loro quaderni e il duo non ci mise molto a diventare un trio.

Alan MacDonald aveva l'elettricità nel sangue ma, a differenza degli altri due, anche un po' di sale in zucca. Detto fatto, divenne la voce della ragione e di conseguenza il palo del gruppetto, cosa che contribuì a sciogliere la sua parlantina già piuttosto fluida. La sua reazione ai capelli e gli occhi di Ted fu un sano << CHE FIGATA!>> e questo gli comprò un posto stabile in squadra. Il suo arrivo, inoltre, aveva stabilizzato numericamente il confronto con il gruppo di Edward Bull: tre contro cinque, che però erano dei carciofi sottaceto, quindi era tutto abbastanza equilibrato.

Vic, da parte sua, aveva un rapporto di amore-odio con i racconti delle marachelle del cugino. Da un lato le adorava e la facevano ridere fino alle lacrime, dall'altro le facevano venire il broncio e non poteva più aspettare di poter finalmente andare a scuola anche lei. La storia, in particolare, di come il leggendario Michael Peterson avesse dato a Teddy una pacca sulla spalla e si fosse complimentato con lui, definendolo “un bravo erede” dopo il famoso episodio delle palle di neve, ormai le faceva venire il latte alle ginocchia. Il ragazzino doveva averla drammaticamente riferita almeno una volta a settimana da quando era successo.

Le sue lezioni di danza classica continuavano, così di tanto in tanto rimetteva a posto i conti con Teddy costringendolo a guadarla mentre rifaceva tutte le mosse che aveva imparato e gli riferiva tutti i loro nomi in francese, che a lei venivano facili mentre lui non riusciva mai a distinguerli. Insospettabilmente, Ted non si lamentò mai di quelle esibizioni: gli piaceva vedere la cuginetta danzare, completamente concentrata su quello e nient'altro, e in più sapeva che la bambina lo considerava come una resa dei conti e adorava dargliela vinta.

Per Natale, dopo essere miracolosamente riuscito a convincere la nonna Meda a restituirgli la sua paghetta -requisita quando aveva avuto una pacifica discussione terminata in rissa con Edward Bull- Teddy andò nel negozio di giocattoli davanti al quale si fermava con il Nottetempo e le comprò un libro su una ballerina. Anche Vi riceveva lezioni di lettura pre-scolastiche e si era rivelata una lettrice precoce e determinata: si metteva a sillabare qualsiasi scritta le capitasse sotto gli occhi, dal nome dei cereali allo STOP dei cartelli stradali. Aveva già divorato alcuni dei libri per bambini di Ted e di tanto in tanto la ritrovavano ai piedi di uno scaffale, intenta a scrutare con aria bramosa i romanzi riposti sui ripiani più alti. Anche Teddy era un lettore abbastanza assiduo, e finiva i libri ordinati dalla scuola due volte più velocemente degli altri, ma la bambina sembrava sparire in un mondo tutto suo ogni volta che apriva un libro.

E così durante i raduni in pigiama alla Tana c'era un momento, tardi, quando le gemelle erano già scivolate nel sonno e Teddy e Vi stavano sdraiati l'uno accanto all'altra sul vecchio letto di Ron, entrambi con un libro fra le mani, e leggevano finché non era ora di dormire. Di solito Vi si addormentava mentre ancora leggeva, troppo presa per smettere, e quando lui si voltava a guardare stava sognando col suo libro stretto al petto. Allora Teddy glielo sfilava delicatamente dalle manine e lo riponeva con estrema cura, pena la morte, prima di spegnere la lampada e mettersi anche lui a dormire.

Una domenica mattina il nonno Arthur entrò silenziosamente nella camera e si infilò sotto le lenzuola appese per raggiungere i nipoti sotto il loro castello incantato, e la scena che trovò era talmente dolce che dovette trotterellare a prendere la sua macchina fotografica per scattar loro una foto. Sul materasso steso sopra il tappeto, Molly e Lucy dormivano tutte appallottolate nelle coperte, lasciando intravedere due manine intrecciate, un pezzetto di viso qui e lì e una gran massa di capelli rossi. Sopra il vecchio letto invece, semisommersi da cuscini e pupazzi, Teddy e Victoire riposavano beati stretti l'una all'altro, la testolina bionda della bambina comodamente appoggiata alla spalla di lui, i cui capelli invece ondeggiavano pigramente fra l'azzurro e il rosa. Entrambi avevano un grosso libro abbandonato sul petto, con una mano posata distrattamente sulla copertina, e la luce dorata penetrata dalla finestra vi batteva sofficemente come se tutta la stanza fosse avvolta in un sogno.

Una volta svegli, Ted prese come una colpa personale l'essersi addormentato prima di riporre i libri suo e della bambina e se ne stette imbronciato col naso nel latte finché Vi non riuscì a convincerlo che tutti i cavalieri commettevano un errore e davvero, quello non era poi così grave.

Da canto loro, le due gemelle non capivano proprio di cosa i due cugini stessero parlando. Mille volte meglio concentrarsi sui loro dolcetti.

 

In gennaio, il due gennaio del 2008 per la precisione, entrò a far parte della famiglia Potter un frugolino con assurdi capelli neri - <>- e due spettacolari occhietti verdi. Ginny ed Harry decisero di chiamarlo Albus Severus, e tutti sembrarono comprendere quella scelta, anche se forse non condividerla pienamente. Jamie trovò così il suo passatempo preferito nel fare dispetti al fratellino, svegliandolo mentre dormiva, tirandogli i capelli e facendogli boccacce. Teddy, preoccupato che i due fratelli non sarebbero mai andati d'accordo con conseguenti tragedie familiari da tragedia Shaekespeariana, una volta espresse i suoi timori allo zio Harry, che per tutta risposta cominciò a ridere.

<>

Il ragazzino aggrottò la fronte. <>

Un ghigno malandrino comparve sulle labbra del padrino.

<>

I mesi successivi proseguirono relativamente tranquilli: in occasione del suo compleanno Fred volle far esplodere un petardo in un barattolo di vetro e urlò finché non gli fu, a debita distanza, concesso. Servirono decine di incantesimi di appello per recuperare dal giardino della Tana tutti i frammenti di vetro potenzialmente letali per tutti i mocciosi che vi scorrazzavano e alla nonna Molly occorse un bel tè corretto con brandy per riprendersi, ma tutto sommato filò liscio.

Teddy frequentava la seconda elementare, ripeteva tabelline come fossero versacci e non aveva abbandonato la sua carriera di combinaguai; periodicamente, nonna Meda gli requisiva la paghetta oppure, nei casi più gravi, il romanzo che stava leggendo in quel momento. Soltanto una volta, quando Ted era tornato a casa con la divisa strappata per essere caduto dalla grondaia del tetto e una nota del preside in persona, era arrivata al punto di negarli il suo finesettimana con Victoire. Alla fine però, vedendo gli occhi del nipote che piangeva così poco diventare lucidi, aveva desistito e gli aveva permesso di andare a patto che le consegnasse immediatamente tutti i suoi dolcetti personali.

Dopo quell'episodio, Andromeda usò tutta la sua immaginazione per inventare nuove punizioni che potessero far calmare Teddy, ma mai più gli proibì di passare del tempo con la cugina. D'altronde era appurato che separarli portava persino più disastri che permettere loro di stare insieme.

Per dirla con le parole di Molly, Teddy cresceva un pollice per ogni boccone che mangiava. Svettava sopra i compagni di classi di almeno una mezza testa e Vi, che pur essendo davvero molto minuta era comunque la più vicina a lui per età, a stento gli arrivava alla spalla. La sua fissazione per i capelli colorati, in particolare azzurri, non sembrava intenzionata a passare né allora né mai e il bambino persisteva nel dimostrare la sua disapprovazione nei confronti dei vestiti eleganti tornando a casa da scuola scarmigliato, pieno di macchie e spesso con un capo della divisa mancante.

Con l'avvicinarsi del suo compleanno diventava sempre più eccitato: Harry gli aveva promesso una sorpresa m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-a per i sui otto anni e lui non stava più nella pelle. Per di più, quell'anno Vi avrebbe compiuto sei anni e a settembre lo avrebbe finalmente raggiunto alla Regina Vittoria, inaugurando -secondo lui- una grandiosa stagione di scherzi e guai in coppia.

La mattina del ventiquattro di Aprile, che si prospettava una inusuale bella giornata. Teddy ricevette dalla nonna un paio di comode scarpe coi tacchetti e una copia de “Il Quiddicth attraverso i secoli “, che lui da vero appassionato desiderava da almeno un anno. Non si fece troppe domande sul perché Meda si fosse decisa a fargli quei due regali proprio in quell'occasione, ma la risposta fu comunque chiara appena dopo il pranzo di compleanno alla Tana.

Harry uscì furtivamente prima della torta e quando rientrò portava con sé un lungo involto sottile. Teddy andò in iperventilazione ancor prima di metterci sopra le mani.

Con in sottofondo la risata argentina di Vi, che a quanto pareva quella volta era stata messa al corrente della sorpresa, il bambino scartò il pacchetto alla velocità della luce e, adorante, si ritrovò per le mani un lucido manico di scopa a misura di bambino.

Mentre lui lo rimirava a bocca aperta, osservando le pieghe del legno e la pettinatura dei rametti della coda e passando le dita sula dorata scritta Nimbus Kid, Ginny spiegò con un sorriso che quella era la novità del momento dell'industria Nimbus: un manico di scopa regolato per i bambini tra i sette e gli undici anni, più piccolo e sicuro di quelli originali ma anche con una elevazione e una velocità maggiore a quella delle mini-scope per bimbetti presenti su mercato da anni.

Teddy non era mai salito su un manico di scopa da solo.

Col cuore che gli batteva nel petto dall'eccitazione, dimentico di qualsiasi altra cosa, corse in giardino e ancora prima che Harry riuscisse a raggiungerlo aveva già inforcato la sua Nimbus e si era sollevato dal prato di circa un metro e mezzo. Cercava di imitare quello che aveva visto fare agli zii e per qualche minuto tutto andò per il verso giusto: Ted riuscì a sollevarsi di un altro mezzo metro e a fare un cerchio volando sempre più velocemente e ridendo come un matto. Prevedibilmente, dopo qualche secondo aumentò la velocità a picco e si schiantò contro un albero, precipitando nello stagno e infangando, con grande disappunto di Vi che pure in quel momento si stava sbellicando dalle risate, la maglia che la bambina gli aveva regalato.

<> gli consigliò un Harry che cercava di reprimere il suo sorrisetto dietro un'espressione preoccupata.

Teddy sbuffò e si imbronciò, ma “calma” era una parola che entrava e usciva dal suo vocabolario piuttosto liberamente. E quando si parlava di Quidditch, chissà come mai non era mai presente.

Nonostante ciò, un innato feeling con la sua scopa volante gli evitò di schiantarsi e ferirsi per più di una dozzina di volte. Era un bambino distratto, confusionario, sempre con la testa da un'altra parte. Ma imparava in fretta.

Ad assistere alle sue lezioni di volo spesso c'era Vic, ormai sei anni, un metro e tanta voglia di crescere. Quasi tanta quanta quella che aveva di salire su u manico di scopa. Visti i categorici “sei troppo piccola” ricevuti in risposta alle sue richieste, la bimba aveva cominciato a pregare il signore del tempo di farle raggiungere gli otto anni in un battito di ciglia. Questo, almeno, finché Fleur non aveva messo in chiaro che le scope erano attrezzi di morte utili solo a farsi male e che non avrebbe permesso alla sua bambina di salirci sopra nemmeno quando ne avesse avuti dieci o più, di anni. Bill aveva evitato di farle notare che ad Hogwarts ce la avrebbero fatta salire comunque, perché non voleva scatenare un'altra discussione su “E chi ha detto che lei andrà ad Hogwarts?!”. Già era arduo convincere la moglie per permettere alla bambina di frequentare la scuola elementare babbana, meglio affrontare un drago alla volta.

Dal canto loro, Vic e Teddy erano giunti alla conclusione che zia Fleur ci tenesse così tanto che Vi parlasse un perfetto francese proprio per farla andare a Beuxbatons. Victoire non ci pensava nemmeno: Teddy sarebbe andato ad Hogwarts, e questo per come la vedeva lei poneva fine alle discussioni. In fondo la sua Prima Vera Magia, l'anno prima, era stato uno scoppio di luce chiara che chissà come aveva incollato le loro mani come supercolla, una sera in cui non volevano separarsi. Insomma, le pareva di essere stata piuttosto eloquente.

Alla scuola di magia, comunque, mancavano ancora tanti anni. Quel che le premeva in quel momento era cominciare finalmente le elementari e, ancor più a breve termine, convincere Teddy a farla salire sulla sua scopa.

Dopo poco tempo passato a fargli gli occhioni, ovviamente la spuntò.

Il ragazzino salì per primo e badò bene di rimanere saldamente ancorato a terra finché Vi non si fu sistemata e si fu aggrappata con le mani intorno al suo busto con tutta la forza che aveva.

<> le raccomandò ancora, sinceramente preoccupato che la cugina avrebbe mollato la presa per allargare le braccia e fingere di volare non appena fossero stati a tre piedi da terra.

Lei lo rassicurò con vocina innocente e Teddy si decise a far alzare la scopa, raggiungendo forse due metri d'altezza, per poi cominciare a fare un lentissimo giro del giardino della Tana. Avevano studiato attentamente il momento giusto per fare quella scappatina, scegliendo quello in cui nonna Molly cucinava la cena -dall'altra parte della casa – e Arthur solitamente se ne stava in salotto con un giornale. Davvero non volevano farsi beccare.

<> gridò Victoire, che aveva buttato la testa all'indietro e rideva felice nella leggerissima brezza che le scompigliava i capelli.

<> ribatté lui, la cui imprudenza scendeva a livelli bassissimi quando si trattava di Vi, o un altro cuginetto. La bambina sbuffò e tornò ad appiccicarsi alla schiena del cugino.

<>

<>

<>

Lui non riuscì a non sorridere e si lanciò in un giro tortuoso attorno ad arbusti e cespugli, spingendo più veloce la sua povera piccola scopa, con una destrezza notevole per uno che si allenava da due mesi a malapena. Dopo qualche minuto, si riabbassò fino a toccare il prato e Victoire saltò giù agilmente.

Era raggiante. Gli occhi grigi le brillavano proprio come due Lune piene sul viso, le guance arrossate per il vento e i ricci biondissimi scompigliati tutto intorno al viso le davano un'aria quasi febbricitante.

<> esclamò, saltellando <>

Il ragazzino si passò una mano fra i capelli azzurri e fece un sorriso un po' imbarazzato.

<>

<>

E gli saltò al collo, stampandogli due baci su ogni guancia, come faceva il papà, prima di ricadere giù. Teddy rimase lì imbambolato, le gote rosse come quelle della bambina, a sorridere come un ebete finché lei non lo chiamò dalla porta, e le corse dietro come se contasse solo quello.

 

Quell'estate fu, per Teddy, bella come la Luna che brilla nel cielo nero.

Divenne davvero bravo col volo, sotto lo sguardo orgoglioso di Harry e Ginny, e ogni volta che gli veniva chiesto regalava alla sua inseparabile Vi un giro segreto e mozzafiato. Il fatto che fossero proibiti rendeva quei brevi voli insieme ancora più eccitanti.

Quella sua amata scopa riceveva tanta venerazione quanta ne avrebbe ricevuta un dio: veniva regolarmente lucidata, potata, ingrassata e controllata sul piano di equilibrio e bilanciamento. Solo una volta, Ted trattò malamente quel manico di scopa: la volta che lo fece litigare con Victoire.

Lei era appena smontata dopo uno dei loro Voli Segreti – e sì, avevano una passione per dare nomi altisonanti alle cose- e quella sera era anche più elettrica del solito. Si erano divertiti, come sempre, e Teddy si era persino arrischiato a salire oltre il livello del piano terra della Tana per appollaiarsi con Vi fra i rami di un albero al confine del giardino.

Quando lei fu scesa dalla scopa, però, era così eccitata che si mise a pregare Teddy di farle fare un giro da sola.

<> cercò di farla ragionare lui, senza risultato.

Victoire era convinta che se solo avesse inforcato la Nimbus da sola sarebbe stata in grado di volare perfettamente ed era decisa a dimostrarglielo. Il cugino però, reduce da diversi schianti persino sotto la guida di Harry, aveva paura che si facesse male e non volle lasciargliela montare da sola.

<> propose << Puoi anche staccare le mani se vuoi!>

Ma Victoire ormai si era impuntata. <>

<>

<>

<>

Gli occhi della bambina si riempirono di lacrime di rabbia e lei strinse i pugni. Teddy dentro di sé stava diventando disperato e cercava un modo per calmarla e trovare un compromesso, ma nella furia della discussione le parole gli sfuggivano di bocca prima che potesse pensarci bene sopra.

<>

<> gridò Victoire, prossima all'ira <maman non aveva ragione quando ha detto che non potevo andarci!>>

<> Teddy aveva la testa completamente vuota.

<>

Gli sembrava di aver finalmente trovato una via d'uscita. Una spiegazione accettabile da tenere in piedi finché la bambina non fosse stata più tranquilla e avrebbe di nuovo sentito ragioni. Un modo per smettere di litigare e contemporaneamente impedirle di rischiare di spezzarsi l'osso del collo.

Ma il viso di Vi fu attraversato da un'espressione ferita per un momento, e poi più niente. Il suo faccino si rilassò e lei deglutì, cercando chiaramente di trattenere le lacrime.

<> mormorò con una vocina piccola piccola <>

Poi si voltò e corse via, veloce come una rondine, lasciando indietro un singhiozzo e un bambino turbato.

Teddy invece rimase fermo, il manico di scopa inerte in un mano, a cercare di capire come fosse arrivato a quel punto. Lui cercava solo di proteggere Vi, come sempre! Non voleva salisse per la prima volta su una scopa da sola, al buio e senza nemmeno un grande, senza nemmeno riuscire a sfiorare terra coi piedi per quant'era minuta! Non credeva che sarebbe stato capace di insegnarle, tutto in una volta, conosceva quanto fosse impulsiva quando voleva e non gli andava di rischiare. Meglio una Vi arrabbiata che una Vi seriamente ferita, no?

Però questo non gli impediva di essere terribilmente arrabbiato con sé stesso né di sentirsi in colpa per averla ferita. Lui non voleva! Voleva solo che non si facesse male...

Come mai proprio lei, che da sempre gli leggeva nel pensiero, non aveva capito?

Tornò dentro crucciato solo per scoprire che era andata già a casa, e se ne stette in un angolo con espressione annuvolata e la testa da un'altra parte finché Harry, comprensivo, non lo riportò a Casa Uno da nonna Meda.

Lì, dopo averlo salutato, Teddy salì le scale di corsa e buttò senza riguardi la sua scopa sul pianerottolo, chiudendosi in camera con uno sbattere di porte.

Andromeda inarcò entrambe le sopracciglia in direzione del padrino.

<> domandò.

Harry sorrise debolmente, forse ripensando alla sua, di rabbia adolescenziale. <> spiegò.

<>

I due si scambiarono un'occhiata eloquente: se non volevano dirlo, sicuramente era perché c'entrava qualcosa che non avrebbero dovuto fare. Osservando l'amata scopa del nipote gettata in un angolo, però, Meda decise di non indagare oltre.

Più o meno nello stesso momento, a Villa Conchiglia un'imbronciata bimba con dei ricci del colore del sole e gli occhi del colore della Luna fissava dalla finestra le onde scure infrangersi sulla sabbia. Suo malgrado, adesso era più calma ed era scesa a toni più ragionevoli... comprendeva perché il cugino non avesse voluto farla salire sulla scopa da sola, sì insomma, più o meno. Quel che ancora la crucciava, però, era quella sua ultima frase. Teddy non le aveva mai rifiutato niente, che fosse un giocattolo, un tesoro, un fiore... Era sempre stato di tutto, ma geloso delle sue cose mai. E mai di nulla, con lei.

Allora perché la aveva-

A meno che... a meno che... o certo, quello sì che era da Teddy.

Quando capì cosa davvero era successo qualche ora prima nel giardino della Tana, Victoire dovette attuare la sua tecnica più efficace. Cominciò ad assillare i genitori perché la portassero da Teddy e non smise di urlare finché non la accontentarono, riempendo la casa di strepiti e preghiere.

Nonostante fosse tardi, Bill fu costretto a rivestirsi in fretta e saltare con lei nel camino, terrorizzato che la figlia prendesse e partisse via Metropolvere per conto suo.

Apparvero nella cucina di un'interdetta Andromeda Tonks che l'orologio aveva appena battuto le undici. L'anziana donna fece a malapena in tempo a chiedere di grazia cosa facessero lì che Vic era già sgusciata via dalle mani del padre ed era corsa rumorosamente su per le scale, lasciando Bill a stringersi impotente nelle spalle e Meda, che cominciava a capire, con un piccolo sorriso.

<> cominciò a gridare dal pianerottolo, schivando senza neppure notarla la scopa abbandonata <>

Non è dato sapere se Ted, di certo stupefatto al suono di quella voce, avrebbe aperto la porta della sua cameretta o no, perché Vic la spalancò e si precipitò dentro senza attendere risposte.

Teddy era proprio in mezzo alla stanza, sulla sua via verso la porta, quando un uragano dalla testa bionda gli saltò addosso e lo abbracciò stretto, parlando a raffica e infilando una scusa ogni quattro parole. Rimase qualche attimo piantato lì, troppo basito per fare alcunché, poi riuscì a ricambiare l'abbraccio e si scusò a sua volta, cercando di spiegare le sue intenzioni.

<> lo liquidò in fretta Vi, liberandolo dalla sua morsa ad altezza costole e mulinando i ricci. Ted riuscì a malapena a salvare una cornice che lei aveva buttato giù dal comodino con la sua irruenza in miniatura.

<> disse poi, alzando quei suoi occhioni grigi verso quelli multicolore del ragazzino.

Teddy sorrise e si mise una mano sul cuore. <>

Lei lo imitò raggiante. <>

E si abbracciarono di nuovo, felici di non star più litigando e che tutto fosse di nuovo a posto.

Bill e Andromeda, entrambi sorridendo con tenerezza, li osservavano dalle scale e permisero loro, quando corsero ad implorarli con gli occhi da cerbiatti, di dormire insieme in camera di Teddy.

I due costruirono un pericolante fortino, rubacchiarono dei dolcetti e passarono buona parte della notte a chiacchierare ininterrottamente.

Per un po' di tempo, non dovevano preoccuparsi di nulla.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto- Perbaccolina ***


Bill Weasley era uno spezzaincantesimi della Gringott. Era il maggiore i sette figli. Aveva combattuto la Seconda Guerra Magica, era stato attaccato da Fenris Greyback.

Ma, comunque, non pensava di poter sopravvivere alla sfuriata che la moglie gli stava riversando addosso in quel momento.

Tutto era cominciato con un paio di inglesine numero ventinove, che ora giacevano abbandonate ai piedi della strega intenta a sputare un effluvio di parole adirate condite di espressioni sicuramente poco gentili in francese.

«No, no e poi NO!» stava strillando -sottovoce, per non svegliare i bambini al piano di sopra- mentre indicava con aria disgustata il mucchietto i vestiti fra loro.

«Ma petit non metterà quell'orrida uniforme! Cosa avete voi anglesi contro i vestiti colorati?!

«E' così scuro e triste e...non lo metterà!»

Fleur prese fiato con le labbra serrate, sembrando intenzionata a scendere a toni più miti, ma poi riprese la sua tiritera.

«Già ho acconsentito che andasse a quell' ecòle terrible, ma non permetterò che vestano la mia bambina a quel modo orrible

Il suo inglese con gli anni era diventato praticamente perfetto, ma capitava che quando era particolarmente turbata o arrabbiata le scappassero delle parole in francese nel bel mezzo di una frase. Il povero Bill rimaneva puntualmente confuso come dopo un incanto Confundus, mentre la figlia maggiore riusciva a seguire tranquillamente i discorsi di entrambi i genitori e non aveva nessuna difficoltà neppure con quelli a lingua mista. Il padre si chiedeva come facesse.

Ma d'altronde, Victoire aveva parlato in una lingua tutta sua per almeno un anno e mezzo: doveva essere particolarmente portata.

Comunque in quel momento Bill aveva ben altro di cui preoccuparsi: la moglie lo stava guardando con uno sguardo così furente negli occhi azzurri che gli venne voglia di indietreggiare come mai gli era successo fronteggiando i Mangiamorte. Almeno però, era allenato.

Imponendosi mentalmente di non ricordare a Fleur che la divisa di Hogwarts era nera, visto che lei sembrava alterarsi ogni volta che il mago dava per scontato che i figli avrebbero frequentato quella scuola di magia, si chinò a raccogliere il mucchietto di vestiti scuri da terra. Lei li avrebbe voluti tutti e tre a Beauxbatons, i loro figli, perché lei ponsa che è meglio, ma ovviamente Bill riteneva che dovessero andare ad Hogwarts. Era una discussione che finiva in un vicolo cieco.

Sospirando piano, sbatté via la polvere da quella che poi altro non era se non la nuova divisa scolastica della figlia. Che a lui, tra l'altro, non era sembrata così male!

Un po' troppo grande per la sua piccina, forse, ma quando era andato a ritirarla la fornitrice gli aveva detto che era la misura più piccola che avesse. Vicky era così minuta... la sorellina, pur avendo tre anni di meno, le arrivava già oltre la spalla. E poi, quando stava vicino a Teddy -ovvero gran parte del tempo- appariva così piccola che era difficile credere che i due avessero solo due anni di differenza.

Comunque Bill non commentò. Se lui fosse stato meno pacato e giusto un pizzico più orgoglioso di quel che era, Villa Conchiglia avrebbe probabilmente risuonato di urla. Ma lui era anche cresciuto con sei fratellini, dopotutto, era temprato. E poi la amava così tanto... è che era un po' testarda, ecco tutto.

In ogni caso non la avrebbe mai convinta insistendo su quel piano. Era il momento di passare al piano B, la strategia sottile.

«Tesoro, scusami, non avevo capito avessi un problema con le divise...» buttò lì con aria allusiva« portavi la tua con tanta grazia... Ma forse è successo qualcosa e-»

«Io non ho proprio nessun problema con le divise!» lo interruppe seccamente Fleur «Soltanto, quella è veramente orrible e mia figlia non la metterà mai!»

Ottimo risultato della strategia sottile, c'era da dirlo. Era ora di passare al piano C. ma ne aveva uno?

Una vocetta argentina li interruppe e, per così dire, salvò il mago in extremis.

«Che cosa? Che cosa che cosa che cosa?»

Victoire scendeva allegramente le scale a balzelli, i ricci biondi e scarmigliati che le rimbalzavano sulle spalle e gli occhi brillanti per la novità. La sorellina Dominique le piangeva dietro dalla cima delle scale, che non aveva più voluto scendere da sola da quando era ruzzolata giù e ci aveva guadagnato uno spacco sanguinante sulle labbra e una bella selva di bernoccoli.

La maggiore si fermò un momento e si voltò per controllare che stesse bene, ma constatato che stava solo facendo una lagna scese gli ultimi gradini e si precipitò dal padre zompettando.

Per qualche attimo i genitori fissarono le due bambine come se fossero strane apparizioni, poi si riscossero. Fleur corse a consolare Domi prima che svegliasse con il pianto anche il figlio minore, mentre il marito si chinava per stare all'altezza di Vicky, che gli stava tirando insistentemente i pantaloni. Chissà da chi aveva preso quel vizio...

«Che succede papino?» gli chiese aggrappandosi al suo braccio con le manine. Era ancora in pigiama e le bretelline della camicia da notte a motivi di orsetti di pezza e dolci le cadevano continuamente dalle spalle, facendo scivolare ancora più in basso l'orlo che già le arrivava alle caviglie. Con quella indosso, i morbidi ricci biondissimi sparsi intorno alla testa come un'aureola e i segni delle lenzuola sul viso aveva un'aria alquanto buffa. Però era sveglissima, con gli occhioni grigi che lo scrutavano acuti e i piedini che battevano ininterrottamente sul pavimento, nudi.

Bill lanciò uno sguardo verso la moglie, che era occupata a cullare la figlioletta in lacrime, preda di un terribile capriccio mattutino.

Victoire lo notò e sembrò interpretarlo come un segno di preoccupazione nei riguardi della sorellina, perché scosse la testa con aria tragicamente esasperata e arricciò il nasino, rassicurandolo.

«Oh, non preoccuparti per Domi. Sta facendo un altro capriccio dei suoi...» fece, storcendo la bocca con aria confidenziale e ruotando gli occhi verso il soffitto in un'esasperazione della sua esasperazione.

Al padre venne da ridere. “Sapessi quanti ne facevi tu”, avrebbe voluto dirle, ma gli sembrava opportuno sfruttare quel momento in cui Fleur era occupata e non gli stava prestando attenzione. Se Dominique avesse avuto davvero qualcosa di grave, Bill sarebbe stato già sulla buona strada per il panico. La moglie lo prendeva sempre in giro dicendogli che era iperpreotettivo e chiedendogli come avrebbe fatto quando le figlie avrebbero cominciato a uscire con qualcuno. Meglio non pensarci, aveva ancora una ventina d'anni almeno per prepararsi.

Comunque quello era solo un normale capriccio di routine.

«Senti bene papà, Vicky» le disse guardandola negli occhi grigi, che ricambiavano curiosi «E rispondi sinceramente. Tu, alla scuola elementare ci vuoi davvero andare?»

Lei rimase chiaramente sbalordita dalla domanda e guardò il papà con la fronte corrugata: insomma, non si era parlato solo di quello da due settimane a quella parte? E non avevano convinto maman, alla fine, a farla andare a scuola?

Bill dovette accorgersi della sua perplessità, perché sorrise dolcemente e le passò una mano fra i ricci scompigliati, con uno sguardo di scuse.

«Lo so, lo so. Non abbiamo parlato d'altro, umh?»

La bimba annuì e il papà le sorrise ancora.

«Ultima volta» promise «Devi solo dirmi... tu ci vuoi davvero andare? Anche se potrebbero esserci cose della scuola che ti piacciono di meno? Anche cose che non ti piacciono per niente?»

Si preparò alla cascata di domande curiose della figlia.

Victoire invece alzò lo sguardo verso di lui e sollevò le sopracciglia.

«Sì, certo, ci va anche Teddy!»

Avrebbe dovuto aspettarselo.

Ridacchiando, Bill recuperò da una sedia la divisa nuova di zecca e la lisciò.

«Allora, vuoi vedere la tua nuova uniforme?»

Con un urletto acuto, Vicky ricominciò a saltellare sulle punte dei piedi e a tirargli i pantaloni, strillando di sì fino a forargli i timpani. Un po' frastornato, il mago spiegò l'uniforme tenendola in aria e attese.

Victoire si sollevò sulle punte dei piedi, sporgendosi leggermente in avanti, e si mise ad osservare con le palpebre socchiuse i vestiti tanto disprezzati da Fleur.

Erano molto simili a quelli di Teddy: una gonnellina nera a pieghe invece dei pantaloni eleganti -potendo scegliere fra i due, Bill aveva puntato sulla gonna- con delle calze e sopra camicetta e maglione. Tutti i capi erano o neri, oppure rossi e bordeaux, i colori della scuola. Le calze ad esempio erano di quei colori, a fantasia scozzese, e gliene avevano date tre paia, per ricambio. Anche i maglioni che, notò Vic, avevano lo scollo leggermente più a V rispetto a quelli di Teddy, erano uno blu con delle righe rosso scuro su polsini, vita e colletto e l'altro l'esatto opposto. La camicetta bianca aveva i bottoni a sinistra e polsini e colletto arricciati.

Quando Bill era andato a ritirare la divisa, aveva pensato che Harry avesse trovato davvero una bella scuola. Poi, subito dopo, che sicuramente la aveva trovata Hermione.

La sarta fornitrice lo aveva informato che per i primi due anni era possibile scegliere un fiocco, blu e bordeaux ovviamente, anziché la cravattina, ma lui nell'indecisione li aveva presi entrambi. La donna sembrava aver compassione di lui, in effetti.

Teneva sollevata l'uniforme da qualche minuto ormai, chiedendosi come Merlino facesse Vicky a starsene sulle punte a quel modo senza nemmeno tremare, e cominciavano a fargli male le braccia; per di più aveva l'impressione che di lì a qualche secondo le scarpine che stringeva con due dita sarebbero cadute a terra. Quelle erano l'unica cosa che fosse piaciuta a Fleur, perciò dovevano essere un tipo di calzatura abbastanza raffinato: la punta era rossa e la gomma sopra le suole blu, e ovviamente anche le stringhe erano dei colori della Regina Vittoria. A Bill pareva che la moglie le avesse chiamate inglesine.

Azzardò un'occhiata al viso della figlia da sopra i vestiti. Fissava col faccino corrucciato la sua nuova uniforme, sicuramente intenta a catalogarne ogni dettaglio per decidere se le piaceva oppure no. Il mago pregava ardentemente di sì.

Finalmente, la bambina si abbassò e batté le palpebre, alzando su lo sguardo verso il viso del padre. Bill prese un corto respiro, preparandosi ad una sfuriata o ad un interminabile discorso su pregi e difetti dell'uniforme, e abbassò le braccia.

«Può andare»

Per poco non gli caddero le braccia. Spalancò la bocca stordito: tutto quel tempo a scrutarla e tutto ciò che otteneva era un “può andare”? Oh, per Merlino e Morgana.

Victoire sorrise raggiante e si avviò saltellando verso la cucina. A metà strada, si fermò e si voltò verso il padre, con il sorriso che le si piegava in una smorfia furba.

«Se tieni la bocca così aperta ti ci entreranno le mosche, papino» fece candidamente, prima di correre in cucina gridando qualcosa alla mamma su quanto fosse entusiasta di cominciare la scuola e quanto adorasse la sua nuova uniforme.

Chiudendo lentamente le labbra, Bill scosse piano la testa.

«Mi faranno diventare matto!»

 

L'uniforme non causò problemi soltanto a Bill Weasley, quel giorno.

Harry James Potter, padre biologico di due figli e salvatore del mondo magico e bla bla bla, stava avendo seri problemi a trascinare il suo figlioccio per le strade della Londra babbana. Era un pomeriggio di fine estate e la città era piena di turisti e abitanti che si erano concessi un po' di tempo per andare a spasso e tutti, nessuno escluso, rivolgevano occhiate sconcertate al ragazzino dai frizzanti capelli color fiordaliso che puntava i piedi protestando a voce davvero troppo alta.

«Ma zio...»

«Ma niente, Teddy!» lo interruppe subito il mago, già esasperato «Se non vuoi che ogni singolo anno ti trascini alla sartoria, vedi di impegnarti a non distruggere ogni singola cosa che ti si mette addosso!»

«Non sono io che le distuggo!» esclamò Ted risentito «Solo loro che si strappano!»

Sbuffando, Harry riprese a camminare spedito, costringendo il figlioccio a stargli dietro.

“Come se ci servisse attirare ancora più attenzione!” borbottò mentalmente il mago, fin troppo spesso assalito da orde di giornalisti e fotografi e non sapeva più nemmeno cosa ogni volta che metteva il naso fuori dal suo ufficio. Proprio per tutti quei fastidi continui, lui e Ginny avevano deciso di non rimuovere l'ormai debole incanto Fidelius dal numero 12 di Grimmauld Place: se non altro, a casa potevano starsene in pace.

Teddy inciampò in avanti e quasi andò a sbattere contro una distinta signora che prese a strepitare di giovani ed educazione e non la smise, nonostante le scuse di Harry, finché non si furono allontanati di almeno dieci metri.

«Ted!» sbottò a quel punto Harry, alquanto stufo di dover tirare il bambino per tutta la strada fino alla scuola «Vorresti per favore smetterla?!»

«No!» rispose chiaramente quello, alzando il mento con ostinazione.

Harry sospirò. «Senti, Ometto, lo so che non ti piace portare la divisa della scuola, lo ho capito. Sfido chiunque a non averlo capito...»aggiunse fra i denti «Ma non è una cosa che puoi scegliere, no? È come il raffreddore, ci puoi solo convivere»

«Potrei sempre andare a scuola in pigiama» ribatté lui.

«Oh sì, quella sì che sarebbe una scelta di grande stile!» rise il padrino « Peccato che poi ti butterebbero fuori, e non devo essere io a ricordarti che quest'anno verrà anche Vicky, no?»

Forse non stava giocando troppo pulito, ma quella era la mossa della vittoria. Confermare a Teddy che la cugina si sarebbe finalmente unita a lui lo avrebbe dissuaso da qualsiasi fantasia di farsi cacciare per non dover portare più l'uniforme.

Infatti, gli occhi del ragazzino si illuminarono -e divennero letteralmente di colori più accesi- e gran parte della sua stizza svanì.

«Allora verrà davvero?» chiese speranzoso.

Harry annuì solennemente. « Umh-umh»

Ted fece un mezzo saltello di gioia, trascinato dall'euforia, poi si ricompose in quella che riteneva essere un'espressione noncurante.

«Beh, la ho già sopportata due anni...» buttò lì con aria casuale «Immagino di poter sopportare ancora»

«Sono pienamente d'accordo»

Zio e figlioccio si incamminarono di nuovo verso la Regina Vittoria, aperta proprio per chi aveva le loro stesse necessità. Teddy era cresciuto ancora dall'anno precedente, e per di più a giugno i capi della sua divisa erano tutti o dispersi o distrutti, perciò era necessario che lo accompagnassero -con suo grande dispiacere- alla sartoria della scuola per prendere una nuova uniforme. Nonna Meda non la finiva mai di ripetere che erano fortunati che la scuola fornisse una nuova divisa, se serviva, all'inizio di ogni anno scolastico: quelle del nipote non sopravvivevano mai integre più di tre mesi. La verità, che Teddy si guardava bene dal raccontare, era che lo avevano spedito dalla sarta fornitrice ben più di una volta, nei due anni trascorsi... le sue “avventure” gli procuravano spesso strappi e segni non lavabili sui vestiti, al che gli insegnanti semplicemente lo mandavano dalla signora sarta che gli rammendava gli abiti o, in casi irrecuperabili, li sostituiva. Poteva essere che gli insegnanti gli avessero consegnato un foglietto aggiuntivo da portare a casa in quelle occasioni, oltre alla solita nota, ma dovevano essere tutti... caduti da qualche parte, ecco.

Fatto sta che il locale della sartoria, annesso all'edificio scolastico, gli era molto più familiare di quanto lo zio non credesse e parte del motivo per cui non voleva metterci piede era che temeva la signora avrebbe rivelato ad Harry delle sue ripetute visite.

Ma Vi sarebbe arrivata quell'anno, quindi avrebbe sopportato in silenzio – be', magari non proprio silenzio silenzio- ciò che sarebbe venuto.

«

Quando alla fine arrivarono, Harry entrò spensierato senza controllare che il figlioccio gli stesse andando dietro, del tutto convinto di averlo persuaso con le sue argomentazioni qualche minuto prima. Teddy invece esitò un momento sull'ultimo gradino, preso da un ultimo dubbio, ma poi scosse la testa e avanzò deciso all'interno.

La sartoria, regno indiscusso della Signora McWool, o Signora Sarta per tutti i piccoli alunni, era perfettamente in tema con lo spirito della scuola: ogni cosa era nera, blu o bordeaux. Gli alti scaffali di legno che occupavano gran parte della stanza mostravano maglioni blu e rosso scuro, calze blu e rosso scuro, cravatte o fiocchi blu e rosso scuro, pantaloni nei, scarpe nere con le stringhe blu e rosso scuro... l'unica macchia di colore diverso era costituita dai pochi mobili su cui erano impilate le camicie candide. Gli specchi poi, non facevano che moltiplicare il tutto.

Teddy non poteva fare a meno di sentirsi sia incredibilmente ridicolo, sia orgoglioso, ogni volta che vi metteva piede: gli veniva sempre voglia di cantare in modo stonato l'inno scolastico.

Da dietro il suo enorme bancone ricoperto di nastri e uniformi da rammendare, la Signora Sarta li salutò cordialmente mentre entravano, annunciati dallo scampanellio della porta.

«Le serviva?» chiese con un bel sorriso allo zio Harry, tirando il filo di una piccola scucitura. Poi notò, al seguito del giovane, il ragazzino dagli inconfondibili capelli colorati, e il suo sorriso si fece più ampio e dolce.

«Oh, ma guarda chi c'è...» cominciò, col tono intenerito di una signora ormai quasi anziana che guardi al suo pupillo.

L'espressione allarmata di Ted, però, accompagnata da un frenetico scuotimento di testa, la spinsero ad interrompersi. Dopo tutti quegli anni passati ad osservare nuove generazioni di combinaguai succedersi, seguendo un copione ormai quasi stabilito, doveva ben essere avvezza a preghiere silenziose che la imploravano di mantenere il silenzio. Inarcando un sopracciglio candido, decisamente divertita, lasciò cadere la frase nel vuoto e si mise a parlare con un Harry ignaro.

Il bambino, intanto, tirò un sospiro di sollievo e si ripromise di lasciare una scatola di cioccolatini alla signora una volta al mese finché non se ne fosse andato ad Hogwarts.

Dopo aver maleficamente confabulato qualche minuto, a voce troppo bassa perché Teddy sentisse – e lui, annoiato, aveva accidentalmente rovesciato una pila di scatole- i due adulti si voltarono verso di lui con identiche espressioni sorridenti e gli annunciarono che avrebbe dovuto provare l'intera uniforme per capire quale taglia gli calzasse meglio.

Teddy tentò di fuggire, certo, ma lo zio lo acciuffò prontamente e in men che non si dica la Signora Sarta gli aveva messo fra le mani una pila di vestiti con le scarpe in cima e lo aveva spinto in un camerino, chiudendo la tenda.

Seppur controvoglia, il ragazzino fu costretto ad eseguire gli ordini; ma non si può dire che non fece di tutto per rendere palese la sua opinione.

Quando spuntò dal camerino aveva le scarpe slacciate, la cravatta annodata male, la camicia spiegazzata e, inspiegabilmente, uno sbaffo nerastro sulla guancia.

«Oh per Merlino!» si lasciò sfuggire Harry, esasperato, mentre l'anziana signora scoppiava a ridere e si chinava davanti al piccolo per sistemarli i vestiti.

«Non fare troppe storie, piccolo ribelle» gli mormorò con aria complice aggiustandogli la cravatta « o potrei trovare difficile non riferire a tuo zio dei nostri frequenti incontri»

Allo sbuffo imbronciato di Teddy, la Signora McWool si rialzò sorridendo.

«Direi che è perfetta! Ve la impacchetto e potete andare»

«La ringrazio, signora McWool... e mi spiace per gli, emh, inconvenienti»

«Oh ma di che parla! Succede continuamente con i bambini... E poi io penso proprio che,» aggiunse facendo l'occhiolino a Teddy « che per essere una scuola primaria, le uniformi siano davvero molto eleganti! Insomma, non si può chiedere a certi frugolini di mantenerle ordinate, le pare?»

Harry si passò una mano fra i capelli, non sapendo bene come rispondere. «Oh, emh, immagino...»

«Vedi, zio?» colse la palla al balzo Teddy «Non mi si può chiedere di-»

«Oh, sta' un po' zitto tu» lo interruppe il mago, prendendo i pacchetti dalla sarta con una mano e afferrando la mano del figlioccio con l'altra, trascinandoselo dietro verso l'uscita mentre ripeteva ringraziamenti in direzione della donna.

Teddy camminò qualche attimo all'indietro, giusto il tempo di gridare:

«Sì, Signora Sarta, grazie mille davvero!»

E poi correre giù per le scale fino in strada, ignorando le grida dello zio Harry, mentre la dolce signora sorrideva e scuoteva la chioma biondo-nivea.

 

Un paio di settimane più tardi, in una mattina di metà settembre già pungente come una di fine autunno per il freddo arrivato insolitamente presto, Teddy camminava di nuovo su quella stessa strada, ma stavolta in compagnia.

Fra distinte signore nei loro lunghi cappotti, studenti più o meno eccitati intenti a scambiarsi i primi pettegolezzi dell'anno e centinaia di lavoratori affrettati, non era difficile distinguere il gruppetto diretto vero la Regina Vittoria. Teddy stesso, con la sua chioma rosa chewing-gum striata d'azzurro ritta in spunzoni e gli occhi cangianti, era come un faro per lo sguardo di chiunque gli passasse vicino. A quel modo la bambina al suo fianco, già minuta per natura, poteva comodamente nascondersi nella sua ombra e non farsi notare da nessuno finché non ce ne fosse stato bisogno.

Vic non era una bimba molto timida, di certo non quando stava in mezzo a persone conosciute; l'idea di stare per ritrovarsi in un gruppo di ragazzini e adulti sconosciuti, per così tanto tempo ogni giorno, però, la intimidiva.

E poi, anche se si sarebbe nascosta per anni dietro quei suoi ricci biondi piuttosto che dirlo ad alta voce, aveva paura che tra i loro nuovi amici di scuola e gli altri impegni – maman le faceva ancora seguire corsi di danza-, lei e Teddy avrebbero finito per allontanarsi così tanto che alla fine sarebbe sembrato normale. Ma non lo era, no e poi no, e lei non voleva che succedesse. Aveva ideato tutto un suo programma, di cui però dubitava un po': non era sicura che attaccarsi a Ted come un polipo ogni volta che poteva senza lasciarlo andare mai mai mai fosse un piano attuabile. Forse doveva inventarsi qualcos'altro.

«Vi?» la richiamò Teddy, che fino a quel momento era stato impegnato ad osservare James Sirius e Louis che tentavano di giocare alla lotta da sopra le spalle dei papà. Victoire si riscosse e alzò gli occhi verso il cugino, arrossendo.

«Umh?»

«Ehi, che hai? Nervosa per il primo giorno?» le sorrise lui «Non preoccuparti, non è così grave! Solo delle cattivissime maestre che non aspettano altro di urlar-»

«Teddy Remus Lupin! Fallla finita immediatamente!»

La zia Ginny lo aveva sgridato senza nemmeno voltarsi, continuando serenamente a spingere il passeggino di Al, ma il bambino smise comunque la sua tiritera: non voleva spingerla a girarsi e rifilargli una delle sue famose occhiatacce.

Per niente rassicurata, Vic continuò a camminare a testa bassa, tentando di usare i boccoli come barriera per impedire a Ted di notare la sua preoccupazione. Ma il ragazzino, ovviamente, non se la beveva così facilmente. Conosceva Vi come i palmi delle proprie mani e sapeva ben riconoscere quando aveva bisogno di essere tirata su di morale.

«Vi?»

Victoire si girò e sussultò di sorpresa prima di scoppiare a ridere rumorosamente.

Si era ritrovata ad un millimetro dal naso la faccia di Teddy, metamorfizzata in un incrocio fra Zia Muriel e un vecchio sdentato, con le guance rugose e solo sei denti. Quando si ritirò su soddisfatto, il suo viso era già tornato perfettamente normale e Vi stava di nuovo sorridendo.

«Vuoi dirmi cosa ti preoccupa ora? Lo so che non è la scuola, sei bravissima in tutto quello che fai e se io ho trovato amici fantastici, pensa quello che potrai fare tu!»

Quindi non c'era modo di sfuggirgli. Vic sospirò e tentò di formare con tutti i dubbi e le emozioni che le mordicchiavano lo stomaco delle frasi coerenti e non una valanga di parole in inglese e francese che nemmeno lei stessa avrebbe capito.

«Pensi... insomma, pensi che sarò molto impegnata? Anche il pomeriggio dopo scuola per esempio?» domandò mordendosi l'interno della guancia « Tipo, tu... avrai molto da fare?»

Per il nervosismo non notò un grossa crepa nel cemento ed inciampò, sbilanciandosi pericolosamente in avanti. Teddy la afferrò al volo, impedendole di cadere a faccia avanti, e la osservò sottecchi con aria indecifrabile mentre riprendeva a camminare.

Poi rivolse lo sguardo avanti, facendo il disinvolto.

«Oh no, non penso proprio, sai? Anzi penso che avremo entrambi pochissimo da fare» rispose, ficcando le mani in tasca in una brutta imitazione di un adolescente Babbano.

«Anzi, che ne dici se stiamo insieme tutti i pomeriggi?» propose, sempre senza guardarla, ostentando un'aria del tutto casuale «Potremmo fare i compiti insieme e poi giocare. Anche volare un po', sai. Quando non hai danza, insomma»

Victoire si voltò verso di lui incredula, con un sorriso smagliante che le cresceva in viso.

«Davvero?»

«Certo»
«Davvero davvero giuro spergiuro?»

«Ma certo, scemotta! Insomma, se a t-»

Non poté finire la frase perché fu investito da un corpicino che lo placcò ad altezza torace, stringendolo in un abbraccio entusiasta con le braccia corte che non riuscivano a toccarsi sulla sua schiena.

Teddy, che aveva letto la preoccupazione nelle parole e nei gesti dell'amica, sorrise contento e ricambiò brevemente la stretta. Quando la piccola si scostò, le batté con un dito sul nasino e le fece un sorriso storto, guardandola dritta negli occhi grigi.

«Sciocchina, non capisci proprio mai, eh?»

Lei sbuffò un risolino.

«Bambini! Siamo arrivati!» li chiamò Fleur da davanti. Infatti ormai erano proprio davanti al cancello della Regina Vittoria, spalancato per lasciar passare le frotte di famigliole che stavano riempiendo il cortile di schiamazzi e rimproveri.

Tirando Vi per mano, Teddy guidò tutti verso un angolo a destra, vicino ad un albero circondato da un muretto. Prima che gli zii potessero dirgli alcunché, ci saltò sopra e cominciò a scrutare la folla cercando i suoi amici.

Accanto a lui, Vic, che non conosceva ancora nessuno si guardava intorno molleggiando su e giù sulle punte dei piedi.

Ginny le rivolse un sorriso carico di tenerezza. «Sei nervosa, tesoro?»

«Solo un pochino pochissimo»

«Oh, Puffola, non preoccuparti, starai benissimo! Non è vero, Teddy?»

Lui però era distratto a cercare Alan e Jackie.

«Teddy!»

«Eh?»

Victoire gli tirò un pugnetto sul braccio, offesa.

«Ah sì sì!» si affrettò a rispondere, dopo un'occhiataccia della zia Ginny «Te lo ho detto, non preoccuparti... Ti farai delle amichette fantastiche» storse un po' il naso, ma continuò «Ti divertirai, vedrai. E se qualcuno prova a darti fastidio...»

Voltato verso di lei, mutò la faccia in un visaccio minaccioso e fece una voce profonda e roca da cattivo dei cartoni animati.

«Tu dillo a me!»

Si misero a ridere insieme e finalmente Victoire cominciò a sentirsi davvero sicura.

«Guarda Ted» disse Harry, storcendo gli occhi perché Jamie gli stava tirando i capelli «Non è Jackie laggiù? Con Alan?»

Il bambino si voltò così velocemente da sbilanciarsi e fu costretto a saltare giù dal muretto, trascinando giù anche Victoire.

«Sììì!» gridò eccitato «Vieni, Vi!»

E si mise a correre in direzione dei due, qualche metro discosti dall'angolo, portandosi dietro la bimba che tentava di stare appresso a quelle gambe lunghe senza finire a terra.

Jackie Shades e Alan MacDonald, spalla a spalla, formavano una coppia a dir poco contrastante: l'uno più basso, con la pelle scura e le treccine tutto intorno alla testa, l'altro smilzo e con i capelli rosso acceso tagliati corti che rendevano la sua carnagione ancora più pallida. Sorrisero nel medesimo istante con lo stesso identico ghigno un po' storto, spiccicato a quello che comparve sulle labbra di Teddy mentre li raggiungeva. Col suo arrivo, il trio poteva ufficialmente essere definito caleidoscopico. Tutti e tre entusiasti di essersi ritrovati dopo l'estate, si scambiarono qualche parola concitata -«Gran bei capelli, Teddy!», «Hai una treccina verde!» e così via- prima che Ted si voltasse verso la bambina e facesse le presentazioni.

«Ehi Vi, questo è Alan e questo è Jackie, sai chi sono. Salutaaate» i due sventolarono le mani « E la mia circa-cugina Victoire, dettà Vicky, Vic o-»

Si interruppe all'occhiata di fuoco di lei e si schiarì la gola, imbarazzato.

Alan le rivolse un sorriso candido come un confetto. «La famosa Victoire!»

«Abbiamo sentito continuamente parlare di te!» aggiunse Jackie, passandosi la lingua nel buco lasciato da un dente caduto come per un tic.

«Davvero, continuamente»

Teddy arrossì fino a diventare del colore del maglione di Vi, e fece un grosso sforzo per impedire ai suoi capelli di virare al rosso insieme alla sua faccia. «Okay, okay, vi conoscete! Stavamo dicendo...»

Victoire piegò le labbra solo in un piccolissimo sorriso, anche lei arrossendo, ma dentro di sé aveva un uccellino che cinguettava sulle note della sua innocente felicità e soddisfazione per quelle poche parole.

Rimasero lì a chiacchierare per un po', abbastanza vicini perché i grandi non si mettessero a rompere ma anche abbastanza lontani da sentirsi in un angolino tutto loro.

Lentamente Vic cominciò a sentirsi a suo agio anche con quei due ragazzini che la avevano intimidita, ma aveva scoperto essere così simili a Teddy da riconoscere movimenti ed espressioni speculari evidentemente trasmessi l'un l'altro.

Il preside cominciò il suo discorso di inizio anno – con un sacco di squeek e geek -, ma era notoriamente prolisso e sarebbe di sicuro andato avanti per un quarto d'ora buono, quindi i bambini non se ne curarono.

Vic aveva appena riso cristallina ad una battuta fra i tre amici, che qualcosa o meglio qualcuno li interruppe.

«Sempre più strambo, eh Lupin?»

Il commento sprezzante veniva da nientepopodimeno che, e chi sennò, Edward Bull, seguito dalla sua piccola cricca. Sempre più scorbutico e massiccio, aveva più o meno la stessa altezza di Teddy, il quale avrebbe tanto voluto non dovercisi scontrare già il primo giorno di scuola.

«Ciao, Edward» lo salutò cautamente, decidendo di ignorare la frecciata.

«Bull» seguì Alan.

«Eddy Petty»

Il bambinone si girò di scatto, ringhiando, verso Jackie, che sorrideva angelico.

«Shad» gli fece Ted, dandogli una gomitata.

«Che c'è? Eravamo in tema di soprannomi...»

Victoire sentì Alan sospirare, prima che Edward Bull esordisse in una serie di imprecazioni che non avrebbe nemmeno dovuto conoscere, condite da diverse parole cattive per tutti loro che fecero alterare anche Teddy.

«Ehi, tieni a freno la lingua!»

«Altrimenti? Fai una delle tue cose da pazzoide, Lupin?»

Mordendosi forte il labbro per stare calmo, il bambino evitò di rispondere mentre entrambi i suoi amici intimavano a Edward Bull di starsene zitto. Ma quello non ne aveva proprio voglia.

«Ridete quanto vi pare, non cambierà niente!»strillò «Quest'anno la vedrete, voi! Vedrete che bell'anno, eh? Vi stracceremo e non sperare nelle tue Competizioni, Lupin, non ti ci faccio nemmeno arrivare!»

Le Competizioni erano giochi scolastici annuali che la Regina Vittoria metteva in scena per, così recitava il preside, instillare nei bambini il desiderio di raggiungere traguardi e fomentare un po' di sana competizione. Peccato che, ovviamente, si trasformavano in una sorta di guerra fra le classi e fra gli alunni che si distinguevano di più, desiderosi di essere i migliori e vincere. La classe Austen aveva vinto le proprie Competizioni due anni di fila ed era chiaro che a Edward, della Nelson, la cosa non andava giù.

Teddy però si irritò all'arroganza e alle infantili minacce del compagno e ribatté caustico:

«Ah davvero. Non mi sembra che queste belle parole ti abbiano fatto vincere lo scorso anno»

Si era lasciato trasportare dal fastidio: non aveva alcuna voglia di litigare con quel cretino il primo giorno di scuola, e di sicuro non con la cuginetta lì presente.

Un po' preoccupata per Teddy, conoscendolo, Victoire si mosse leggermente in avanti verso di lui. Fino a quel momento era rimasta nascosta nell'ombra del cugino, ed era stato così naturale che non sapeva neppure dire se fosse stato lui a pararsi davanti a lei o lei a spostarsi dietro la sua schiena, ma lì si spostò per prendere la mano di Ted e tirarlo indietro. Ed Edward la notò.

«Oh oh oh, e questo scricciolo chi sarebbe?»

Sbilanciata in avanti e improvvisamente sotto gli occhi non amichevoli di tutti, Victoire, che riusciva a stare per lunghi minuti immobile in punta di piedi, si sbilanciò ed inciampò.

Il bambino e la sua banda scoppiarono a ridere mentre Teddy la afferrava al volo e le prendeva la mano.

«Ma tu guarda, una mocciosa di prima!» sghignazzò l'Energumeno E., come Vic lo aveva appena soprannominato «Ma se non riuscirebbe a stare in piedi nemmeno se vuole! All'asilo dovrebbe stare!»

I due cugini aprirono la bocca contemporaneamente per ribattere, ma Alan li precedette.

«Oh cielo ma sentitelo!» lo rimbeccò con una leggera smorfia di disgusto «A prendere in giro gli altri quando lui è ignorante come una capra che ha sbattuto più volte la testa!»

Si scontrarono così all'improvviso che Vic quasi non riuscì a seguirli. Bull si gettò su Alan con tutta la furia di un ragazzino che si sente insultato, il bambino cadde all'indietro e l'altro provò a colpirlo mentre si rialzava, ma Teddy fu veloce. Spinse indietro Vi e si frappose fra l'amico e Edward, frenando quest'ultimo con una mano sul petto. Intanto Jackie era corso da Alan per aiutarlo a rialzarsi e insieme affiancarono Teddy davanti agli amichetti di Bull.

A Victoire, col cuore che le batteva a mille, sembrava tutto una scena di un film, con bambini al posto di adulti.

«Smettila» enfatizzò Ted, in direzione del biondino «E non fargli più male, hai capito?»

Ora che erano naso a naso, forse Teddy era più alto.

Edward però non apprezzò la situazione, e ringhiando infuriato sputò fuori parole che erano cattive come sanno essere i bambini, per rabbia o per invidia, quando non pensano a cosa possono provocare e lasciano andare frasi volte solo a ferire, a vincere, a zittire.

«Ma vattene dalla tua famiglia di stramboidi e dai tuoi genitori morti, Lupin!» gridò, schiumante di rabbia «Scommetto che sono saltati in aria perchè er-»

Non poté finire la frase.

Una spinta violenta lo fece volare due metri più indietro, e atterrò boccheggiante in mezzo ai suoi amici. Jackie e Alan fecero uno strillo più di sorpresa che di dispiacere mentre la bambina fissava sconvolta Teddy, solo ad un passo di distanza da qualche secondo prima, che stava rigido coi pugni serrati e ansimava come se volesse inalare tanto ossigeno da calmarsi immediatamente.

I suoi amici erano interdetti, mentre la cricca dell'Energumeno E. lo consolava e lo aiutava a rimettersi in piedi, ma per lei non fu difficile fare due più due. Si avvicinò comprensiva al cugino, che ancora fissava l'altro rimettersi in piedi stupefatto, mormorando coi compari. Altrettanto turbato era però Teddy, che prese a tremare leggermente e a muovere le labbra in un discorso muto, i capelli flosci e scoloriti.

Passando senza una parola per andare dalla sua famiglia, Edward Bull gli scoccò un'occhiata d'odio, facendo capire a Vic quanto si sentisse umiliato. Quando Teddy cominciò a balbettare, Victoire capì anche che qualcosa lo stava costringendo a scusarsi.

E si rese conto di quanto fosse lei stessa arrabbiata.

Quell'enorme idiota veniva a rompere le Pluffe, li trattava male, parlava male della loro famiglia e dei genitori di Teddy, e ora riceveva delle scuse! Oh no, Morgana incantatrice, proprio no!

«Andiamo, cavaliere dalla scintillante capigliatura» proruppe, afferrando la mano del bambino «Non si merita le tue scuse e tu non scusarti»

Osservò gelida Bull e poi girò sui tacchi, trascinando con sé Teddy che non oppose resistenza. Alan e Jackie li seguirono, salutando il gruppetto opposto con una smorfia.

Mentre si avvicinavano ai genitori, i capelli del ragazzino tornarono ad ogni passo al loro precedente colore acceso, per evitare domande scomode, ma lui non sembrava risvegliarsi allo stesso modo.

«Oh eccovi!» li salutò Harry, gli occhiali storti sul naso a causa di Jamie che gli si agitava sulle spalle « Il preside ha giusto smesso con quel suo discorso infinito. Dove eravate?»

«Proprio lì dietro, zio!» rispose prontamente Vicky, sfoderando un sorriso da un'orecchio all'altro «Ci siamo presentati!»

Alan e Jackie si lasciarono sfuggire un sorriso per l'eufemismo. Teddy annuì convincente, ma quando lo zio si voltò si lasciò cadere seduto sul muretto con una faccia contrita.

«Ehi, amico, tutto okay?» chiese Jackie.

«Oh, sì sì, certo...»

«Sul serio, la cosa di prima...»

«Tutto okay, davvero»

L'amico scambiò con Alan un'occhiata poco convinta, ma visto che dovevano entrambi tornare dai genitori promisero di parlare dopo e salutarono in fretta, schizzando via.

Vic invece gli si sedette accanto, dondolando i piedi.

«Sei stato forte prima, sai?» cercò di risollevargli il morale, parlando dolcemente «Quella sì che era una bella magia»

Ma Ted scosse piano il capo, guardando per terra.

«Non mi piace fare a botte, Vi, proprio non mi piace» mormorò «E non mi piace quando la mia magia scoppia in quel modo. Penso che è pericoloso, e poi non è giusto»

Con un piccolo sorriso per quel che lui era, Vi gli appoggiò la testa sul braccio e lo rassicurò sul fatto che secondo lei il tipo se lo meritava proprio.

«Anzi, magari fosse finito in una fontana!» aggiunse, riuscendo a farlo ridere.

Teddy alzò la testa al cielo, dove ancora si intravedeva la mezzaluna, sfocata nella nebbia della città. Nessuno, nemmeno Victoire, lo sapeva, ma quando era più piccolo credeva che i suoi genitori fossero andati a vivere lassù, da dove potevano guardare il mondo e vederlo diventare grande. E per questo cercava sempre di renderli fieri. Harry gli aveva raccontato, fin da quando era un bebè, dei suoi genitori: di come suo padre fosse stato morso da piccolissimo, ma avesse trovato nei Malandrini degli amici così brillanti, e come li avesse persi tutti... Di sua madre, gli aveva parlato anche la nonna, che sorrideva sempre mesta al ricordo di una bambina rumorosa e goffa che poi era cresciuta per essere una determinata ribelle, testarda persino nella scelta di chi amare...

La luna non era certo stata una benedizione per Remus, ma era lo spettro di coloro che mai avrebbe incontrato e per questo l'amava. Di sera si ritrovava fermo ad una finestra a rimirarla, per una volta tranquillo, con mille pensieri che turbinavano dentro quella testolina azzurra.

Sospirò e fece un mezzo sorriso. Era andata.

«Comunque non spaventarti, eh Vi, la maggiorparte delle persone sono diecimila volte meglio di Bull!» scherzò, scoppiando a ridere con la cugina che si rasserenò.

Stettero qualche altro attimo seduti lì in pace, finché Ginny non li chiamò concitata: il preside aveva cominciato a chiamare dentro le classi. Corsero accanto ai passeggini, coi sorrisi di nuovo al loro posto, e mentre Teddy si passava una mano fra i capelli -scompigliandoseli ancora di più- fece una faccia come se gli si fosse accesa una lampadina.

«OH!» esclamò, enfatizzando la sua realizzazione con un saltello «Vi, speriamo tu finisca in Austen!»

«Umh, perché?»

«Be', innanzitutto è la mia sezione» le ricordò come se fosse un'ovvietà« E poi dobbiamo assolutamente essere insieme alle Competizioni! Gli altri non avranno scampo!»

Si era esaltato talmente che i capelli gli si rizzarono ancora di più, facendo storcere il naso alla zia Ginny. Vi ridacchiò.

«Be', lo spero anche io!» commentò, sentendo un po' dell'ansia di prima tornare a tormentarle lo stomaco. Ora doveva preoccuparsi anche della sezione, e che pluffe.

«Ma ovviamente è fantastico anche se sei in qualsiasi altra sezione, eh... a patto che non sia la Nelson, perdindirindina!»

«Perché?» fece confusa Vi.

«Perdindirindina?» ripeté Harry a qualche passo di distanza, scoppiando a ridere.

Teddy fece la linguaccia allo zio, poi spiegò: «La Nelson è la sezione di Edward Bull...»

«Oh santissimi biscotti!» lo interruppe la bimba, innervosendosi «Non voglio stare in classe con l'Energumeno E.!»

Le sopracciglia viola di lui salirono fino a scomparire fra i capelli. «L'efertupero che

Vi arrossì di botto. « E' solo... solo un soprannome che mi era venuto in mente» borbottò «Sai, Edward... Energumeno E. ...»

Un sorriso estatico fece la sua apparizione in viso a Ted mentre rideva, con gli occhi luccicanti. «Oh cielo, OH CIELO!» zompettò «Sei un genio, Vi, semplicemente un genio»

E continuò a ripeterlo fino a farla arrossire di piacere.

Nel frattempo Teddy, ovviamente, non si era affatto sistemato e subiva continue, vane occhiate della zia Fleur per la camicia spiegazzata, la cravatta sciolta e l'immancabile sbaffo di sostanza non identificata sulla guancia. Era persino riuscito a sverniciare leggermente una delle scarpe!

Victoire non poté trattenere un risolino a labbra strette, e lo stesso la zia Ginny, a cui in realtà non importava un fico secco ma era divertita dall'aria disordinata del bambino.

«Che c'è, acciderbolina?» fece quello storcendo la bocca, perplesso.

«Per tutti i mandarini succosi, Ted!» sorrise Vic «Sei un disastro»

Arricciando le labbra per l'espressione crucciata del cugino, lo tirò per il braccio finché non si abbassò abbastanza da permetterle, alzandosi sulle punte dei piedi, di rifargli il nodo alla cravatta. Poi gli raddrizzò la camicia e riuscì anche a sfregargli via lo sbaffo col pollice. Come ultimo tocco, nonostante i suoi sbuffi, gli pettinò un po' i capelli. Non c'era modo di sfuggire a quel sorriso radioso, e Ted non ci provò. Quando Vi si voltò per un secondo, si passò velocemente la mano fra i ciuffi, ma non ottenne un gran risultato.

Lei gli rivolse un piccolo sorriso, muovendo nervosamente i piedi.

«Comunque, perbaccolina, sei proprio coraggioso» balbettò fuori, rotolando le parole sulla lingua senza guardarlo, poi, rapida come un soffio di vento, si allungò per scoccargli un bacino sulla guancia e corse dal papà, lasciandolo lì con un'espressione trasognata.

«TERZA AUST- squeek- EN! Tutti dentro signori e signorine!»

L'annuncio del direttore infranse la calma e costrinse lo zio Harry ad acciuffare il figlioccio per le spalle -«Smettetela di esclamare come signorine degli anni Trenta e venite qua, voi due!»-, consegnarli la sua cartella e sostanzialmente lanciarlo verso le scale su cui si stavano riversando i suoi compagni.

Teddy, però, riuscì a girare sui tacchi, raggiungere Vi con un balzo e sfilarle il nastro blu dai capelli prima di correre via salutando con la mano.

«A tra poco Vi!»

La sua risata fu coperta da Fleur e Vicky che gli urlavano dietro, incredibilmente simili.

Le aveva rovinato i capelli! Come aveva potuto, quel piccolo rompi-

Vicky si impose la calma, e, seppur con un broncio degno di premi rimase ferma senza compiere nessun omicidio mentre maman le sistemava i boccoli.

«Non preoccuparti, cherie, quel birbante non ha fatto poi un gran danno» la tranquillizzò «I tuoi boccoli d'oro sono sempre stupondi»

Le intrecciò velocemente il nastro e completò l'opera con un bel fiocco.

«Voilà! Bella da togliere il fiato!» concluse scoccandole un bel bacio sulla fronte. Il papà si disse d'accordo e Victoire si sentì un pochino rassicurata.

Ma mentre i nomi scorrevano dagli appelli, il nervosismo tornò a farsi sentire, e per quando i preside cominciò a chiamare le prime, la bambina stava tamburellando il piede e mordendosi le labbra già d qualche minuto. Lei doveva finire in Austen, assolutamente. Per forza. E se non ci fosse finita? Oh vita, perché così crudelmente trascini tutti in un vortice i ansia e dolore?

«Vi?» la chiamò Bill, accosciandosi alla sua altezza. Evidentemente aveva avvertito il dramma teatrale vorticare nei pensieri della figlia. Lei rispose con un piccolo grugnito.

Il preside, nel frattempo, aveva concluso i suoi auguri per la prima Woolf e si apprestava a chiamare dentro la Austen.

«Sai, la cosa brutta del chiamarsi Weasley è che sei sempre in fondo agli appelli...»la stuzzicò il papà, becchettandole i fianchi col dito per farle il solletico. Vic cominciò a ridacchiare e a contorcersi.

«Papà basta! Bastaaa!» rideva, tempestandolo di pugni ai quali Bill non poteva che sorridere divertito.

«Solo se fai al papà un bel sorriso»

Lei sorrise, con le fossette e gli occhi luccicanti, e il padre la lasciò andare.

Per mano, si accostarono al passeggino di Dominique.

«Setersby August! Sommers Livia Clara!... Varphillis Adele! Waterby Matthew!» chiava il preside.

Poi finalmente, dopo tanta attesa e tanti nervi, proprio quando Victoire stava per perdere le speranze...

«Weasley, Victoire Apolline!»

Un attimo di silenzio, bocca spalancata...

«WIIIIIIIIIII!!!!» esplose poi, saltando in aria con tanto entusiasmo che si sarebbero potute vedere scintille partire dalla sua pelle. Bill la afferrò a mezz'aria con una risata e la fece volteggiare, prima di posarla delicatamente e passarle lo zainetto.

Fece una corsa veloce per scoccare un bacio alla mamma e ai fratellini, poi ripassò dal papà, che la arrestò per un attimo e si abbassò di nuovo per scoccarle un bacio e scompigliarle i capelli.

«Spacca»

Il sussurro del padre fu l'ultima cosa a cui prestò attenzione, prima di essere spinta avanti e cominciare a correre verso le scale.

Vide Teddy farle il segno della vittoria dal gruppo della sua classe e sorrise a tutti denti.

Si fermò solo un attimo prima di andare a sbattere contro la ragazzina di quinta che a aspettava in fondo alla scalinata. Ciao, si chiamava Alyssa, era disponibile per lei qualsiasi cosa le servisse, benvenuta alla Regina Vittoria, ti troverai benissimo vedrai!

Lo stesso accadde quando la maestra si presentò alla classe, ormai al completo. Tutto con un sorriso smagliantemente mummificato.

Teddy aveva ragione, erano un tantino inquietanti.

Infine, dopo un altro discorso terribilmente noioso da parte del preside, tutti poterono entrare. I primini, stretti fra loro come sardine, seguivano la loro maestra con un certo terrore, sballottati qua e là dalla fiumana di studenti più grandi che si precipitavano dentro correndo e giocando.

Victoire camminava fianco a fianco con una bambina bruna, Charlotte, e ci stava chiacchierando. Le era sembrata da subito molto simpatica e soprattutto non aveva i lacrimoni come molti degli altri; Vic li capiva perfettamente e avrebbe tanto voluto parlarci, ma a maestra li aveva messi in fila per fare il giro della scuola e non sembrava intenzionata ad aspettare le loro chiacchierate a scopo rincuorante, ragion per cui la bambina aveva preferito mettersi in coppia con la compagna e fare amicizia. Aveva anche l'impressione che sarebbero andate molto d'accordo.

Scorrendo la folla con gli occhi per cercare Teddy, che le sarebbe piaciuto salutare, le parve di vedere un lampo azzurro. Però non fu seguito da nessun bambino overeccitato, quindi Vic stava giusto per tornare alla sua conversazione, quando qualcuno la chiamò.

«VI!» strillò Teddy, apparendo da nulla e aggrappandosi leggermente al suo braccio per non essere risucchiato in una carovana di bambini di seconda che si dirigevano allegramente verso la loro aula.

«Teddy!»
«Sei finita in Austen, hai visto? Te lo dicevo, oh che bello!»

«Sììì sono contenta, poi sembrano tutti simpatici!»

«Mai quanto te!»
«E smettila!»

«Ricordati-AHIA- arrivo!»

Teddy tentava di tenere il passo con le bambine e discusse un attimo con chiunque lo stesse tirando per il braccio nella direzione opposta.

«Dicevo, ricordati che per qualsiasi cosa chiedi a me o a noi, eh!»
«Sì, Teddy, grazie»

«E stai lontana dall'Energumeno E.!»

«Poco ma sicuro!»

«Brava Puffolina! Adesso vado prima che Alan- smettila Alan!- mi stacchi un braccio!»

«Okay, fai il bravo!»

«Sì sì... dopo ti vengo a trovareeee» la voce del bambino si perse nella confusione generale mentre lui scompariva in mezzo alla calca.

Victoire riprese a camminare con un sorriso smagliante e Charlotte, che aveva assistito basita a tutta la scena, optò per la domanda più ovvia.

«Vi? Non era Victoire?»

Riscuotendosi, la bambina rise. «Oh sì, è un soprannome. Uno che usa solo lui, in effetti» commentò accigliandosi.

«Davvero?» chiese l'altra, incuriosita.

«Oh sì. Di solito mi chiamano Vicky, o al massimo Vic... a proposito puoi farlo anche tu se vuoi» aggiunse « ma nessuno Vi, solo Teddy»

«E solo lui può» disse poi, perché le venne in mente che era effettivamente così.

Charlotte annuì, con la fronte aggrottata, tentando di capire le dinamiche di tutti quei soprannomi diversificati. «Okay... e come mai ti chiama così?»

La domanda colse Vic alla sprovvista.

«Oh» fece «Boh!»

E scoppiarono entrambe a ridere, seguendo la loro classe nel primo giorno di cinque lunghi anni.

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove- Fantasmi e luci del passato ***


Gli anni successivi scorsero come quelli di un'infanzia relativamente normale, per Teddy e Vi. Non potevano dimenticare chi erano, ma erano bambini e andavano a scuola, giocavano, combinavano guai. Teddy si appendeva spesso ai rami dell'albero nel cortile per fare una sorpresa alla cugina, la quale a sua volta non aveva perso il gusto di essere la sua compagna d'elezione. Il piano malvagio di Ted aveva effettivamente funzionato: Vi era coinvolta nella maggior parte delle marachelle del Trio a scuola, all'insaputa di tutti. Era la bimba innocente che inciampava, era la piccola lettrice incallita che pregava di poter prendere in prestito un certo libro, era gli occhi insospettabili che annunciavano il momento opportuno. Mai sospettata e mai beccata, aveva collaborato in tutti gli scherzi epici lanciati da Teddy e i suoi amici negli anni. I topolini nel laboratorio di scienze? Lei stava chiedendo al tecnico di spiegarle come crescessero i fiori. Il porridge inspiegabilmente rosa a mensa? Mentre Teddy e Jackie si intrufolavano nella cucina per versare il colorante nel pentolone, Victoire aveva distratto la cuoca offrendole dei biscotti cucinati da lei stessa. Quella volta che i tre idioti si erano arrampicati fino in cima al tetto per lanciare palloncini pieni d'acqua e soprattutto incidere le loro iniziali sul punto più alto della scuola? Be', chi credete che stesse piagnucolando disperata nell'atrio per un dolore insopportabile alla gamba proprio mentre andavano su?

Ovviamente, anche le sue iniziali vennero incise accanto alle altre.

Tra lei e Teddy, niente cambiava, se non, lentamente, loro stessi. Crescevano, ma quel legame esistente da sempre non sembrava avere alcuna intenzione di allentarsi. Il ragazzino non sapeva rifiutarle un giro sulla sua scopa, e cominciò persino ad insegnarle, in segreto. Si schiantarono qualche volta, certo, ma ne valeva la pena.

Ted adorava con tutto il cuore ognuno dei suoi cuginetti: Lucy e Molly, detta Jr, tanto esasperanti quando amabili; Dom, che ormai non era più oggetto di così tanta gelosia da Vi e stava diventando una piccola principessina; i tre coetanei, le Tre Disgrazie, James Sirius e Freddie e Louis, il cui potenziale distruttivo era pari a quello di un uragano; Al con i suoi silenzi scrutatori e Rose che non stava un attimo zitta; l'appena nata pasticcina caffellatte, Roxanne, e poi, alla fine, Hugo dagli occhi limpidi e l'incontenibile Lily Luna. Non ci fu mai uno solo di loro che Teddy non sopportò con tutta la pazienza dell'affetto e si auto-incaricò di proteggere, ma il suo angolino speciale di cuore rimase sempre a Victoire. A Vi che conosceva da sempre e che sembrava radiografarlo con lo sguardo, a Vi che sapeva sempre quando scherzare e quando rimanere in silenzio. Nonostante una differenza di due anni d'età che sembrerebbe insormontabile per dei bambini, niente ancora li aveva separati.

 

L'anello d'oro che portava al collo e la ciocca rosa tra i suoi capelli, però, sebbene fosse felice ed amato, cominciarono a pesargli sul cuore sempre di più. Che cosa sapeva, in fondo, dei suoi genitori? Solo quello che gli era stato raccontato. Ed era vero, tanto gli era stato detto, però la mamma di Jackie tirava le sue treccine quando lo andava a prendere a scuola e il padre di Alan lo portava a vedere il West Ham quasi tutte le domeniche. Teddy ogni domenica compariva con Harry negli stadi del Quidditch per vedere la zia giocare, ed era un tifoso accanito, ma a volte non poteva fare a meno di chiedersi se lui e Dora avrebbero portato i capelli dello stesso colore o se magari un giorno Remus gli avrebbe insegnato come evocare un Patronus, come aveva fatto con Harry. A volte avrebbe soltanto voluto avere un ricordo felice dei suoi genitori con cui dare forza allo stesso incantesimo.

Certe notti, in Grimmauld Place, quando non riusciva a riaddormentarsi, scendeva le scale fino in cucina per bere un bicchiere di latte e stare un po' in silenzio nella penombra. Non era raro che vi trovasse lo zio Harry, spesso in compagnia della zia Gi, seduti al tavolo con una tazza di tè. A parte la prima volta, non cercavano di convincerlo a tornare a dormire. Stavano lì insieme, senza parlare, finché gli occhi di Ted non tornavano a farsi pesanti e il padrino lo riaccompagnava in camera sua.

Lassù, le tende non erano mai tirate. Quando il cielo era sereno, la luce della luna scivolava dolcemente sulle pareti colorate e si posava sulla collezione di disegni e sulle foto che se ne stavano appese sopra il letto, immortalando attimi diversi della vita di Teddy. La cornice d'argento che teneva la foto con suo padre era sempre al suo posto, e proprio lì accanto ce n'era un'altra di Teddy bebè e Tonks, coordinati nei colori. Una sdentata Vi gli tirava i capelli ridendo dal comodino.

Ogni volta che Teddy si trovava in quella stanza, era sommerso da ricordi dei suoi genitori. A Casa Uno, lo stesso. Eppure Teddy aveva sempre l'impressione di non sapere abbastanza. Conosceva tutta la storia, a grandi linee, e particolari sparsi, e di certo sapeva di più del resto dei bambini Weasley-Potter, ma non bastava. Avrebbe voluto conoscere ogni singolo dettaglio, ogni parola, ogni incantesimo. La sua brama di memorie cresceva con lui, lasciandogli un vuoto sempre più opprimente. Voleva sapere tutto. Voleva conoscerli.

Quando una notte fu svegliato da un incubo che lo lasciò ansimante, e poi corse giù fino alla cucina, quasi sopraffatto da tutto, senza riuscire a respirare, Harry non fu stupito di vederlo spalancare la porta con quella luce negli occhi. Rassegnato, forse. Era un luce che riconosceva. La aveva vista nei propri occhi.

<>

 

Il vento sferzava il viso di Teddy, giustamente gelido in quel giorno di fine gennaio, mentre arrancava in trenta centimetri di neve per tener dietro allo zio. In quel momento i suoi amici erano in classe, seguendo – più o meno – le loro lezioni di quarta elementare, mentre Vi era sicuramente impegnata a scrutare corrucciata Miss Grundy.

Teddy invece si era risvegliato quella mattina in braccio al padrino, in cucina, e ora lo seguiva lungo una strada secondaria innevata i mezzo ad un bosco. Entrami erano silenziosi, persi nei propri pensieri. Il bambino sentiva un fremito all'altezza dello stomaco, di aspettativa o di terrore o forse entrambi, mantenendo al contempo una calma pacifica, come se l'aria fredda che inspirava lo aiutasse a bilanciare il rogo di emozioni che gli bruciava dentro. Harry, d'altra parte, era malinconico: si era aspettato quel giorno da sempre, ma non si sarebbe mai sentito pronto ad affrontarlo, tanto meno così presto. Il figlioccio che gli camminava accanto era stato caricato sin da piccolissimo di un peso che Harry stesso non riusciva ancora a sopportare, e posargliene altri sulle spalle era qualcosa che non avrebbe voluto dover fare mai. Eppure, quando Teddy gli aveva chiesto di raccontare, lui non aveva pensato per un secondo di tirarsi indietro. Gli avrebbe raccontato tutta la storia, sperando che avrebbe capito, che avrebbe trovato il modo di conviverci. Lo avrebbe fatto, ne era certo. Ed Harry sarebbe stato lì per lui in ogni momento.

Rimandare non avrebbe giovato, lo aveva provato sulla sua pelle. Teddy aveva il diritto e voleva sapere, e indorargli ancora la pillola non sarebbe stato abbastanza. Era un bambino, ma non era uno sciocco, e Harry capiva che le favole della buonanotte non colmavano più il vuoto. Era necessario riportare alla luce memorie che avrebbe tanto voluto lasciar affondare nell'ombra.

Anche con questa consapevolezza, quello che doveva fare non era facile. Si ritrovò ad avere le mani che quasi tremavano, quando svoltò in un viottolo nascosto da siepi incolte e sbucò in una radura spoglia in cui non aveva mai davvero messo piede fino ad allora. Una capanna semidistrutta, invasa dalla neve, era tutto ciò che vi rimaneva.

<>

La vocina di Teddy era più calma di quanto si sarebbe aspettato, mentre si guardava intorno con la bocca semichiusa e un milione di domande negli occhi, i capelli azzurrini schiacciati dal cappello. Harry sospirò profondamente, voltandosi a guardare il figlioccio.

<>

 

Nelle settimane successive, neppure sforzandosi con tutto se stesso Teddy riuscì a mascherare completamente come si sentiva. L'intera storia della Guerra Magica non era un peso leggero da trasportare sulle proprie spalle, e lui aveva solo nove anni. Anche se andò avanti a vivere la sua vita normale, con la sveglia ogni mattina per andare a scuola ed i pomeriggi passati con gli amici o con Vi, di tanto in tanto un'immagine riemergeva dal passato davanti ai suoi occhi ed era costretto a fermarsi di botto, nel suo banco a scuola o sopra la sua scopa volante, finché non riusciva ad inghiottirla e ripartire.

Non solo Harry, che lo osservava preoccupato con la coda dell'occhio, o la nonna Meda, le cui carezze erano persino più dolci e frequenti ma anche Victoire riconosceva nel viso del cugino un turbamento persistente che le faceva stringere il cuore. Alla bambina i capelli di Teddy sembravano sempre un po' troppo sbiaditi, gli occhi meno brillanti del solito. E poi, non voleva dirle cosa ci fosse che non andava.

Non era tristezza quella che attanagliava Teddy, non esattamente. Anzi,lui a malapena si rendeva conto di apparire diverso, nonostante sarebbe bastato uno sguardo allo specchio per notarlo. Era come immerso in una vasca d'acqua gelata: tutti i quotidiani momenti della sua vita continuavano ad avvenire, e lui si comportava normalmente, ma ogni parola suonava ovattata, ogni scena gli arrivava leggermente sfocata. Tutto intorno a lui galleggiavano pezzi di storie, visi, frasi pronunciate durante la guerra, che occasionalmente gli arrivavano addosso con una forza tale da lasciarlo senza fiato. Non percepiva con forza l'orrore di ciò che lo zio gli aveva raccontato, delle morti e le torture e le anime strappate in pezzi, e perciò non ne era tormentato. Ma l'intera storia che in un solo giorno aveva ascoltato gli si era avvolta intorno e non sembrava intenzionata a lasciarlo tornare alla realtà del suo presente, trattenendolo in un nebuloso limbo in cui al viso della nonna si sovrapponeva a volte quello di Bellatrix Lestrange, mentre Harry gli appariva per un secondo come un ragazzino dallo sguardo disperato.

Ed Harry era, anche quei giorni, un po' disperato: mentre il figlioccio osservava e riviveva nella sua testa le storie che gli erano state raccontate, con lo sguardo perso ed i capelli color ghiaccio, l'uomo stringeva la mano della moglie e pregava di aver fatto la cosa giusta.

Ma di questo Teddy non si accorgeva. Come era ignaro della nota di preoccupazione che faceva tremare la voce di Vi quando lo vedeva smarrirsi durante i loro giochi, quando all'improvviso Dora Tonks compariva nell'aria a pochi metri dal figlio ed emetteva un grido straziante ma muto, accasciandosi vicino ad un cadavere avvolto in un vecchio maglione marrone.

A volte si ritrovava seduto ai piedi delle scale, con le guance rigate di lacrime dopo aver visto lo zio Harry che rideva e baciava la zia Ginny, ma non riusciva a capire come mai stesse piangendo. Ed arrivava nonna Meda, passandosi una mano sugli occhi cerchiati di nero, che lo sollevava tra le braccia e domandava con dolcezza cosa ci fosse che non andava. Ma Teddy, appoggiato contro i soffici capelli della nonna, non poteva che rispondere che era tutto okay, perché davvero non c'era niente che non andava.

Andava tutto bene, anche tutte quelle mattine in cui gli zii lo scrutavano mordendosi le labbra e lo viziavano più del solito con una colazione da giorno di Natale, perché quella notte i fantasmi del passato si erano insinuati nei suoi sogni ed erano stati distorti ed abbruttiti fino a farlo svegliare gridando. Ma era caduto addormentato subito dopo, ed al mattino non si ricordava nulla.

Con il passare delle settimane, la cortina di storie passate che lo aveva tenuto prigioniero cominciò a dissiparsi, lasciando che il bambino tornasse il vero se stesso, esuberante e vivace in un modo che non sembrava più finto. La famiglia ne fu solleva e felice, Vi entusiasta, ma Teddy neppure ci fece caso. Lentamente le sue orecchie smisero di risuonare di minacce, urla e profonde frasi pronunciate da uomini e donne morti da anni; scene di battaglie, funerali o momenti felici non gli passavano più davanti agli occhi, ed i continui incubi lo lasciarono riposare.

Teddy tornò ad essere brillante ed allegro, un bambino frizzante a cui non si riusciva a tappare la bocca e che non stava un attimo fermo, ricominciò a giocare con Vi con la stessa passione che ci aveva sempre messo e ad accorgersi quando qualcosa la turbava.

Era di nuovo il dolce birbante dai capelli colorati, e lui neppure ricordava che ci fosse stato un momento in cui non era così.

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