Cronache di un disastro

di Bobo_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 
-Potresti ripete? -
Espiro profondamente mentre alzo gli occhi al cielo.
-Hai appena sbuffato? - esclama indignata mia madre al telefono.
Dio aiutami.
-No mamma! Ho respirato, non sbuffato. È diverso. -  cerco di difendermi… inutilmente, aggiungerei.
-Fammi capire bene, stai dicendo che non ci sarai venerdì? Venerdì? Questo venerdì?!- anche al telefono riesco a vedere il fumo che le esce dalle orecchie.
- Allora mi avevi sentito la prima volta! -
-Signorina, non prendermi per il culo! - ahi -Questo venerdì è il compleanno di tuo padre! Compie sessant’anni! Ti devo ricordare che non è una data qualunque? Devo ricordarti che sono mesi che non ci vediamo? Devo ricordarti che se esisti è merito nostro? Mio e di tuo padre? Come minimo dovresti muovere le chiappe e venire al suo compleanno!!!-
Eccola qui, Annabelle Dekland, signori e signore.
La mia mammina.
A vederla la paragonereste ad un piccolo pulcino indifeso. Minuta, bionda, dai tratti dolci e delicati… ma non lasciatevi ingannare perché, in realtà, sotto il pulcino vive una iena.
-… A calci nel sedere dovrei prenderti! -
E se non l’avete notato ama usare i vari sinonimi di culo.
La lascio sfogare al telefono mentre finisco di prepararmi per andare a lavoro.
-… eri una bambina così dolce…- metterò le scarpe blu, ci stanno bene con questi pantaloni.
-…. Avrei dovuto prenderti a calci nel sedere…- la borsa dov’è finita? Ah, eccola qui!
Prendo la borsetta e mi avvio verso la porta del mio appartamento con il telefono alle orecchie e la voce di mia madre che si fa sempre più alta, ormai non riesco più a capire dove voglia andare a parare con il suo discorso.
-… non sei caduta molte volte, giusto un paio di volte per le scale…-   e credo che nemmeno lei lo sappia.
Arrivata in strada finalmente sento il silenzio.
-Mamma ci sei? - chiedo. Spero non le sia venuto un infarto.
-Ci sono. -
-Senti, mi dispiace ok? Ma il mio capo non ha intenzione di darmi il giorno libero. Cosa dovrei fare? -
-Licenziarti. - risponde lei.
-Mamma! -
Questa volta è lei che sbuffa, cioè respira. – Te lo dico francamente, sei sprecata per quel lavoro. Praticamente vivi in quell’ufficio, e per cosa? Nessuna promozione e nessuna vita sociale! -
Non posso darle torto, ma come faccio? Ray ha bisogno di me, da solo non potrebbe farcela.
Per chi fosse interessato a saperlo Ray è il mio capo/ragazzo. Ok, non è il mio ragazzo… manca l’ufficializzazione.
Ufficializzazione che avverrà a breve, ne sono sicura.
Appena questo periodo critico sarà terminato.
La storia è lunga, non voglio annoiarvi… ok, se insistete ecco il riassunto.
Fresca fresca di laurea mi sono ritrovata a lavorare per un’agenzia di marketing, non una di quelle grandi e potenti , ma comunque di una certa importanza.
Dopo qualche anno è arrivato Ray.
Un manzo d’uomo mai visto.
Alto, atletico, moro… insomma, gli ho sbavato dietro fin da subito e sapete cosa? Tra le decine di ragazze dell’agenzia che gli facevano il filo lui a scelto me. Me! Io! Claire- nulla di chè- Dekland.
Altezza nella media, castana, occhi marroni, quasi senza seno e con i fianchi leggermente (ma non troppo!) larghi.
Capiamoci bene, la prima volta che siamo usciti insieme volevo urlarlo al mondo. Solo che lui è molto riservato e insieme, più lui che io, abbiamo deciso di mantenere un basso profilo fino a quando non saremmo stati entrambi sicuri dei nostri sentimenti.
Così abbiamo iniziato a vederci di nascosto e poi, circa sei mesi fa, ci siamo ritrovati entrambi a concorrere  per una promozione… promozione che alla fine è andata a lui visto che il capo supremo è un maschilista del cazzo!
Però nonostante il boccone amaro da mandar giù ero felice per lui.
Sul serio!
Da allora la nostra storia è in stallo.
Gli impegni di Ray sono triplicati e lui, beh, lui non è esattamente all’altezza dei nuovi incarichi.
In poche parole sono sei mesi che non faccio altro che aiutarlo senza sosta ma, peggio ancora, sono sei mesi che non facciamo sesso.
-Sei proprio sicura di non poter venire? - mi chiede quasi supplicando mia madre.
Non è che non l’abbia chiesto a Ray. L’ho fatto. Solo che dopo averlo fatto lui è andato nel panico e mi ha praticamente chiesto in ginocchio di non abbandonarlo perché senza di me non sopravviverebbe nemmeno un’ora.
-Claire ti prego. -
Accidenti!
In fondo è il compleanno di mio padre, potrà farcela senza di me per un giorno.
-Proverò a chiedere di nuovo un giorno libero al mio capo. Non ti assicuro niente però. -
-Grazie tesoro! -
-Adesso devo andare sono quasi arrivata in ufficio. -
-Tengo le dita incrociare. Ti voglio bene. - esclama felice mia madre.
-Ti voglio bene anche io. Ciao. - e mentre chiudo la chiamata non posso fare a meno di sorridere.
Ma sì, ci riproverò.
Dopotutto non si compiono sessant’anni tutti i giorni, Ray capirà.
 
Appena varco la soglia del piano in cui si trova il mio ufficio le prime persone che incontro sono Melissa-coscia lunga e Maddison-tette grosse.
Loro mi guardano come se fossi uno scarafaggio.
-Buongiorno ragazze. - le saluto. L’educazione prima di tutto.
-Ah ah. - rispondono in coro e dopo un’ultima occhiataccia si fanno ancora più vicine parlando, anzi spettegolando, tra loro.
Non capisco perché non siano ancora state licenziate. Sanno solo spettegolare!
Le supero con un sorriso e mi dirigo verso il mio ufficio salutando qua e la gli atri miei colleghi.
La mia scrivania è stracolma di cartelle. Cartelle che ieri non c’erano.
Voglio morire.
-Ray!- esclamo esasperata.
- Dovresti parlargli. Non puoi fare il tuo e il suo lavoro. Pensiamo tutti che ti stia sfruttando. - fa una voce dietro di me.
Cavolo.
Mi giro sfoggiando il sorriso più grande, e più falso, che mi riesce.
-Buongiorno Matt .-
-‘giorno! -
Matt è un nuovo tirocinante. Un ragazzo magrissimo, occhialuto e impiccione.
-Cosa posso fare per te? - chiedo -E comunque faccio il mio lavoro, non quello di Ray. - aggiungo.
-Ah ah. -
Oddio, anche lui.
Matt mi lancia uno sguardo scettico e mi allunga un fascio enorme di cartelle.
-Te le manda Ray. -
Ho già detto che voglio morire?
Prendo le cartelle e le aggiungo alle altre, troppe, sulla mia scrivania.
Ci vorrà una vita.
-Ray è nel suo ufficio? - chiedo a Matt.
-No.-
No?!!
Silenzio imbarazzante.
-Sai dov’è? - sento il volto in fiamme per la rabbia. Ho, cioè ha, un mucchio di lavoro da fare e va in giro a bighellonare?
-A colazione con il Signor Jonson. -
Sento la rabbia scemare. Il signor Jonson è il gran capo, sicuramente non poteva rifiutare.
-Avvisami quando torna, devo parlargli. -
-Ah ah. - fa Matt e va via, non prima di avermi guardata con pietà.
Ooook.
Mettiamoci a lavoro.
 
Ray si fa vivo quando ormai sono le dodici passate.
Ha l’aria felice, troppo felice, e dentro di me sento che dovrei approfittarne.
Quando uno è felice di solito è più accondiscendente, no?
Gli corro dietro.
-Ray! - esclamo -Devo parlarti. -
Lui mi guarda raggiante.
-Claire cara, anche io devo parlarti. Anzi, - fa una giravolta su se stesso -Devo parlare a tutti! - quasi urla.
Peccato che nessuno gli stia dando retta.
Ma Ray non si lascia intimidire e decide di salire sulla scrivania di Cliff, che per tutta risposta lo manda a quel paese.
-Ascoltatemi tutti! - niente -EHI! -
Finalmente i nostri colleghi decidono di spostare la loro attenzione su di lui.
-Volevo informarvi che il signor Jonson è impressionato dal nostro lavoro e che, ha tenuto a dirmi, se continueremo di questo passo diventeremo l’ufficio di punta della società.-
Si alza un educato applauso a cui io mi accodo.
-Non saremmo mai riusciti a farcela senza una persona indispensabile…- continua Ray.
Oh mio Dio!
Sta parlando di me? Che si sia finalmente deciso a chiedermi di diventare la sua ragazza?
Qui davanti a tutti?
Coscia lunga e tette grosse creperanno di invidia!
-… ossia io! .- conclude.
Eh?
Cosa?
Il mio sguardo vaga da Ray, che continua ad autolodarsi, ai miei colleghi.
Alcuni lo guardano come se fosse scemo, mentre altri guardano me come se fossi scema.
Non ho parole. È uno scherzo?!
In tutto questo tette grosse corre verso Ray e lo abbraccia.
-Oh tesoro! Sono così felice, patatino. -
Patatino??
Il mio quasi “ragazzo” ricambia il suo abbraccio, cosa difficile visto le mammelle della tipa, per poi infilarle la lingua in bocca.
COSA?
-COSA? - urlo.
Tutti gli occhi adesso sono puntati su di me.
Ray si stacca di colpo da Maddison e mi guarda spaventato.
-Oddio Claire cara, io… io… non ho ancora avuto modo di parlarti…-
Parlarmi?
Maddison al suo fianco mi guarda con disgusto.
-Non volevo che lo scoprissi così, mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo… Ma ormai la frittata è fatta. -
-Diglielo patatino. - esclama tette grosse.
Ray respira a fondo, mi si avvicina e mi prende le mani -Claire cara, io ti voglio bene ma amo Maddison. -
Eh?
Come?
Sento qualcosa di acido salirmi dallo stomaco e ingoio per lasciarlo lì.
-Claire cara dì qualcosa. - fa lui.
Cosa dovrei dire?
Cosa?
Libero le mie mani dalla stretta di Ray e mi allontano verso il mio ufficio, lo sguardo di almeno trenta persone addosso.
-Claire cara, le cose non andavano…-
-Lasciala perdere patatino, è una tipa stana. -
A quelle parole l’acido mi schizza direttamente al cervello e prima che me ne renda conto ho l’estintore in mano, puntato verso di loro.
Wow, non sapevo di poter essere così veloce.
-Claire? - fa Ray impaurito -Cara.. -
-Cara un corno! -
E senza tanti complimenti apro l’estintore su di loro e non lo chiudo fino a quando non li vedo agonizzanti a terra.
Al diavolo tutti.
-Non penso sia necessario, ma te lo dirò lo stesso patatino - faccio mentre poggio l’estintore a terra- Mi licenzio. Trovati qualcun altro che faccia il lavoro al posto tuo. -
Gli tiro un calcio ben assestato e, tra gli applausi dei miei colleghi, me ne vado.
Penso proprio che ci sarò al compleanno di mio padre.


Nota Autrice (se così vogliamo definirmi):
Salve a tutti come va?.... Cavoli come sono banale!
Mi chiamo Bobo (naturalmente non è il mio vero nome) e sono un'assidua lettrice di storie, ogni tanto ne scrivo pure qualcuna.
Nonostante questo non mi definirei una scrittrice, nella vita faccio tutt'altro e il mio modo di scrivere è molto, molto sintetico.
Scrivere per me è un hobby, un piacere, e mai nella vita avrei pensata di far leggere qualcosa di mio a qualcuno.
Oggi però mi sono detta di provarci.
I consigli e i pareri, se educati, sono sempre una buona cosa... in fondo anche gli hobby possono essere migliorati!
Alla prossima.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 

Con il senno di poi credo di aver fatto un grosso errore.
E’ stato giusto farmi valere e dare una lezione a quello stronzo di Ray, ma ho sbagliato a licenziarmi. Sapete quanto è difficile trovare un lavoro?
Beh, io non lo sapevo.
A quanto pare rientravo nella categoria delle miracolate che dopo la laurea hanno trovato subito impiego.
Sono passati quasi due mesi da quando mi sono licenziata e nonostante abbia fatto diversi colloqui non sono riuscita a trovare una nuova occupazione.
Strano però, con il mio curriculum dovrebbero fare a gara per avermi.
Che centri qualcosa l’episodio dell’estintore?
-Avresti dovuto mandarlo a qual paese appena hai visto che si stava approfittando di te!- mi ripete per la centesima volta Lizzie, la mia migliore amica.
-Hai ragione.-
-Non so come ti sia saltato in mente di frequentare quel viscido. Non mi è mai piaciuto.- continua lei con la testa e metà del corpo ficcati nell’armadio.
-Hai ragione.-
-Certo che ho ragione! –
Fruga un altro po' nel suo armadio e ne tira fuori un completo nero dall’aspetto molto costoso.
-Questo è perfetto. Provalo.-
-Lizzie non posso, e se te lo rovino?- faccio io.
-Provalo e non rompere.- il suo tono non ammette repliche.
Ubbidiente prendo i vestiti che mi porge e vado a provarli nel piccolo bagno della sua camera da letto.
-Non so come ringraziarvi.- le dico mentre mi spoglio – Per il vestito e per il colloquio, dì a Jason che vi devo una cena.-
-Figurati per così poco.-
Jason è il marito di Lizzie, stanno insieme da circa 10 anni… una vita praticamente.
Prima che la mia migliore amica decidesse di abbandonare la carriera da avvocato per fare la mamma a tempo pieno, erano conosciuti nell’ambiente legale come i Coniugi Sanguinari.
Entrambi avvocati di successo, una volta che ti mordevano non ti lasciavano una goccia di sangue in corpo.
Suppongo di essere molto fortunata ad averli come amici.
Fatto sta che Jason ha ancora modo di lavorare con varie aziende e mi ha procurato un colloquio alla Benedict’s Group, una compagnia che ha praticamente le mani ovunque.
Hotel, Pubblicità, Internet… mica cose da poco!
Riuscire a lavorare per loro anche come l’ultima delle stagiste sarebbe una gran fortuna, così Lizzie ha insistito per prestarmi uno dei suoi costosissimi vestiti d’alta moda.
Se vuoi avere successo devi essere vestita da persona di successo, è uno dei suoi tanti motti.
Speriamo abbia ragione.
Finisco di vestirmi ed esco fuori dal bagno.
-Come sto? – chiedo.
-Sei fantastica! Sarai assunta di sicuro.- esclama gioiosa -Solo questa volta, non andare a letto con il capo.-
 
Sono. Senza. Parole.
Questo posto è immenso.
La mia vecchia agenzia in confronto sembra la cuccia di un cane.
Seguo la segretaria che mi ha accolta alla reception tra i vari corridoi e uffici letteralmente a bocca aperta. Meglio che la chiudo.
È tutto così moderno, così lucido, così grande.
Persino le persone che ci lavorano hanno un’aurea diversa, sembrano Dei scesi in terra.
Per fortuna indosso il completo di Lizzie, con uno dei miei vestiti non mi avrebbero nemmeno fatto entrare.
-Eccoci qui.- fa la segretaria fermandosi davanti ad una porta -Il Signor Wadey la sta aspettando.-
-La ringrazio.-
Lei mi fa un piccolo occhiolino, come a volermi augurare buona fortuna, e se ne va.
Ok, posso farcela. DEVO farcela!
Busso alla porta con fare deciso e attendo… busso di nuovo… niente.
Siamo sicuri che ci sia?
-Calmati Claire. Dagli tempo!- mi dico a bassa voce.
Dopo quelli che per me sono minuti interminabili, ma che l’orologio mi conferma essere solo due, busso di nuovo.
Nulla.
Busso ancora… niente.
Dò uno sguardo furtivo attorno a me e dopo essermi assicurata che nessuno mi veda mi accuccio sotto la porta per vedere se c’è qualcuno, anche solo la luce accesa!
Me ne sto lì a controllare quando di colpo la porta si apre.
-Le chiedo scusa, stavo finendo una telefonata impor… Ma che fa? -
Cazzo!
Prendete nota, se volete far colpo nei vostri colloqui di lavoro fatevi trovare a quattro zampe. Non vi assicuro che sarete presi, ma di certo non si dimenticheranno di voi.
-Mi è caduta una lente a contatto!- faccio tirandomi su il più velocemente possibile.
Brava Claire, buona scusa!
Mi alliscio il vestito e tendo la mano verso il Signor Wadey. Oh mio Dio! È bellissimo!
Wadey è alto circa un metro e ottanta, capelli corvini e occhi nocciola luminosi, mi stringe la mano e non posso non notare quanto sia grande e forte la sua.
Così come lo è il suo braccio.
E il suo petto.
E quelle labbra!
Che cosa gli farei a quelle labbra!
-Signorina sta bene?- chiede preoccupato.
-Sì!- faccio io con voce un po' troppo stridula.
Lui mi lancia uno sguardo indagatorio ma poi mi fa segno di entrare.
L’ufficio è enorme, ordinato e con ampie finestre che danno verso il cielo. Siamo così in alto che è difficile trovare qualche palazzo che lo sia di più.
-Si accomodi pure.- mi fa il Signor Wadey.
Mi siedo su una poltroncina nera davanti la sua scrivania mentre lui prende posto dietro.
Ammetto che quando si è girato gli ho guardato il culo.
Datti una calmata Claire!
-Allora..- fa l’uomo più bello che abbia mai visto- ho controllato il suo curriculum e devo dirle che sono rimasto davvero colpito.-
-La ringrazio.-
-Una persona con la sua esperienza sarebbe di grande aiuto…-
Sì! Il lavoro è praticamente mio.
-Tuttavia, giusto questa mattina ho chiesto informazioni sul suo conto alla sua vecchia agenzia…-
Cazzo!
-… e non credo sia opportuno assumere qualcuno che ha cercato di uccidere due colleghi per gelosia.-
Come?
-Come scusi?- non riesco a trattenermi -Chi avrei tentato di uccidere?!-
-I suoi colleghi.- ripete lui.
-Non ho tentati di ucciderli… loro… lui… mi hanno preso in giro, mi hanno sfruttata… così gli ho annaffiati un po' con l’estintore.- farfuglio rendendomi, se è possibile, ancora più ridicola di prima.
-Annaffiati un po'.- non era una domanda.
-Giusto un pochino.-
Il Signor Wadey rimane a guardarmi in silenzio per qualche secondo prima di fare una smorfia.
-Vuole un consiglio?- chiede.
-S-sì?-
-Aspetti che le acque si calmino, che si dimentichino dell’accaduto. Con la reputazione che ha adesso non la prenderebbero a lavorare nemmeno in un fast food.-
Sento il pavimento crollarmi sotto i piedi. Tutti quei sacrifici non sono serviti a niente. Tutto inutile.
-Le assicuro che tra qualche mese nessuno si ricorderà più di questa storia e troverà un impiego accettabile… non qui naturalmente. È fortunata che non l’abbiano denunciata.- continua lui.
Ho le lacrime agli occhi.
Facendo appello a tutte le mie forze mi alzo -La ringrazio per il suo tempo e… per il suo consiglio.-
-Si figuri.-
-A-addio.- e con lo sguardo fisso sulle mie scarpe mi fiondo fuori, il più lontano possibile da quel bellissimo uomo.
Non mi sono mai sentita più umiliata in vita mia.
 
Dopo circa un’ora di pianto in macchina ho solo un pensiero in mente.
Uccidere Ray.
Se devo essere marchiata come psicopatica tanto vale fare la psicopatica.
Sistemo il cellulare sul porta telefono che ho sul cruscotto, scorro tra i numeri della rubrica fino a quando non trovo il numero di Ray.
Chiama.
Dopo qualche squillo risponde la segreteria, attendo il bep ed esplodo.
-MALEDETTO! Ti conviene nasconderti perché sto venendo ad ammazzarti!-
Accendo l’auto e metto la retromarcia per uscire dal parcheggio.
-Cosa hai detto in giro? Che sono pazza?!- continuo.
Sono talmente concentrata sulle mie urla che non noto quello che sembra un grosso uccello rosa fermo dietro la mia auto con il telefono in mano.
Succede tutto molto velocemente, una botta, un piccolo urlo e l’uccello non si vede più.
Freno di colpo terrorizzata.
Non esistono uccelli così grandi.
Gli uccelli non urlano come persone e, soprattutto, non parlano al telefono.
Ho investito qualcuno!
Esco dall’auto spaventata e con orrore vedo un uomo accasciato a terra.
Perché indossa tutte queste piume rosa?
No! Non è il momento di chiedersi questo.
-Sta bene?- domando inginocchiandomi vicino a lui.
L’uomo piumato si gira verso di me lamentandosi, gli occhi azzurri pieni di dolore… ha un’aria terribilmente familiare….
-Un’ambulanza.- dice prima di svenire.
Maledizione!
Mi basta un secondo sguardo per capire chi ho investito.
La Benedict’s Group è piena di sue foto, così come i giornali di gossip.
Nate Benedict, terzo erede dell’impero Benedict.
Potrebbe andare peggio di così?

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