Il dolore di una donna

di roby626
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri al mercato ***
Capitolo 2: *** Pranzi e scoperte sconcertanti ***
Capitolo 3: *** Scontri e conquiste ***
Capitolo 4: *** Gelosie e dichiarazioni ***
Capitolo 5: *** Di orgoglio e malattie si muore ***
Capitolo 6: *** Dolore e separazioni ***
Capitolo 7: *** Mariti persi e ritrovati ***
Capitolo 8: *** La vedova e il Lupo di Mibu ***
Capitolo 9: *** Quando il lupo perde il pelo ma non il vizio ***
Capitolo 10: *** Dopo tanto amore, ti posso amare davvero ***
Capitolo 11: *** Il dolore di una donna ***



Capitolo 1
*** Incontri al mercato ***


                                                                                         Incontri al mercato





























Tokio -Era Meiji


La mattina che rischiarava il cielo di Tokyo, era limpida e tiepida, i ciliegi in fiore spandevano nell'aria un odore dolce e fruttato, che avvolgeva in un morbido abbraccio profumato, gli abitanti della prefettura che già da qualche ora avevano cominciato la giornata.

La strada principale di Tokyo, dove ogni mattina si svolgeva il mercato, era piena di artigiani e i commerciati esponevano merci dai colori vivaci, mentre la clientela si faceva via via più fitta davanti alle bancarelle.

Da un anno ormai, i venditori si erano tranquillizzati: la delinquenza nelle strade era diminuita molto, data la presenza di un rurouni che si era stabilito al dojo Kamiya. Questo infatti, grazie alle sue numerose azioni contro i vandali, aveva eliminato e scoraggiato i delinquenti della città.

Himura Kenshin veniva considerato un bravo ragazzo, nella prefettura di Tokyo, gentile e sempre disponibile, con un'abilità incredibile nel maneggiare la katana che non portava la morte.

Ogni mattina lo si vedeva andare al mercato da solo, in compagnia dell'ex attaccabrighe Sagara Sanosuke o circondato dalle chiacchiere allegre delle adorabili nipoti del dottore della città: Ayame e Suzume.

 

Quel mattino invece, diversamente dal solito, Sanosuke e Yahiko erano andati a fare compere mentre Kenshin, sotto ordine della proprietaria del dojo Kaoru Kamiya, che li ospitava tutti, era rimasto a fare il bucato.

I due camminavano l'uno affianco all'altro, facendosi dispetti reciproci, mentre le gente che passava, li guardava e sorrideva nella loro direzione.

Erano stati incaricati di fare la spesa presso la bancarella dell'acido venditore di frutta e verdura Noshibo Adoku, un uomo che aveva sempre qualcosa per cui lamentarsi che fosse il governo o il tempo non importava; per poi andare qua e là a comprare l'occorrente per i giorni successivi.

Mentre Sanosuke cercava di insegnargli l'arte di “ottenere il prezzo più basso possibile”, Yahiko notò un gruppetto di quattro delinquentelli circondare un'elegante signorina, per poi spingerla dentro un vicolo, forse volevano derubarla ... o peggio.

Senza alcuna esitazione, il bambino corse verso di loro, prese la sua shindai, e con voce chiara e decisa disse:

-Lasciatela stare. Non credo che la signorina, voglia qualcosa da voi.

I quattro sussultarono spaventati dalla voce che li aveva colti sul fatto, ma quando si girarono e videro che quello che li aveva scoperti era solo un bambino, sogghignarono di nuovo sicuri.

-Fila via moccioso.

A parlare era stato il più grosso del gruppo, e probabilmente il più stupido, che prese con forza, per il gomito, la ragazza, diventata bianca come la polvere di riso.

-Queste sono cose da grandi.

Uno di loro, calvo e con il viso sciupato dal sole, prese dal gi un coltello lungo e sottile, adatto alle rapine. Con un ghigno crudele e beffardo sul volto, venne verso di lui con il coltello sollevato.

Yahiko, con un sospiro, si concentrò sull'avversario, ringraziando mentalmente Kenshin per i consigli e Kaoru per gli insegnamenti lo colpì.

Secco e deciso.

Lo aveva disarmato, con grande soddisfazione vide il coltello cadere mentre gli altri uomini lo guardavano stupiti.

Questi senza aspettare oltre lo attaccarono tutti insieme, ma non fece in tempo a contrattaccare, che arrivò Sanosuke da dietro, e contemporaneamente ne abbatté due per poi guardare quello rimasto in piedi correre via, preparandosi all'esplosione del bambino:

-Non mi serviva il tuo intervento.

Yahiko era irritato, come si permetteva Sano di intromettersi sempre nei suoi affari.

-Lo so, ma non ho voluto rischiare, Yahiko-chan.

-NON CHIAMARMI -CHAN.

Yahiko lo aveva urlato a pieni polmoni, ma Sanosuke non gli prestava più attenzione rivolgendola tutta alla ragazza di fronte a loro.

Era veramente bellissima. Indossava un kimono di seta bianca, decorato con petali di ciliegio dalle svariate sfumature di rosa, i capelli blu notte erano elegantemente acconciati, alzati in modo da valorizzare il collo da cigno e i lineamenti dolci ed eleganti del viso. Gli occhi, di un pallido verde giada, erano sottolineati dal colore dell'obi del kimono, rendendoli ancora più lucenti.

Questa, incurante dell'espressione di meraviglia, dipinta sui visi di Sanosuke e Yahiko, si inchinò nella loro direzione, ringraziandoli:

-Grazie, mille. Non so veramente come avrei fatto senza di voi, mi avete salvata.

Mentre Sano portava le mani in avanti, imbarazzato da tutti quei ringraziamenti, Yahiko la fissava meravigliato: era bellissima, molto più bella di Tsubame, non aveva mai visto una donna così bella.

Quando questa si voltò nella sua direzione, donandogli un sorriso abbagliante come il sole estivo, Yahiko si sentì arrossire:

-Devo ringraziare il mio primo soccorritore eh...

-Myojin Yahiko.

-Arigatou Yahiko-kun.

Il ragazzino era stupito: era il secondo adulto che non usava il -chan con lui, il primo era stato Kenshin, la prima volta che si erano incontrati.

-E' stato un piacere signorina.

-Allora buona giornata.

Con un altro sorriso, si inchinò ancora nella loro direzione, per poi voltarsi e disperdersi nella folla, Sanosuke allora battendo una mano sulla spalla di Yahiko, si girò e disse:

-Meglio fare gli acquisti per Ojou-chan, altrimenti non sopravviveremo.

Con un sorriso tirato Yahiko si ricordò di quella volta, quando si era dimenticato di fare la spesa e di tutte le punizioni terribili che aveva dovuto sopportare.

-Già, andiamo.

Sospirò per poi ricordarsi di non sapere nemmeno il nome di quell'elegante signorina.

 

Avevano quasi terminato la spesa, ed era ormai passata mezz'ora da quando si era scontrato con quei quattro; Sano stava discutendo con un commerciante che non voleva abbassare il prezzo della sua merce, e l'ex attaccabrighe non aveva abbastanza yen per finire di comprare l'occorrente per Ojou-chan.

Kaoru darà di matto!” pensò Yahiko sogghignando, “Sano non riuscirà a farla franca anche questa volta, per quanto possa stare simpatico a tutti, non riuscirà a farsi abbassare il prezzo”.

Girato di spalle sentì una mano poggiarsi sul suo capo, per scompigliargli gentilmente i capelli, si girò di scatto per vedere a chi apparteneva e incontrò gli occhi color giada della signorina che avevano salvato prima.

-Yahiko-kun, vorrei pagare il vostro acquisto come ringraziamento per quello che avete fatto prima, se posso.

Quando Sano si era girato, la ragazza aveva finito la frase guardando direttamente lui e, benché fosse molto tentato di accettare l'offerta, non gli sembrava giusto usufruire della generosità di una donna che avevano aiutato mentre era in difficoltà.

Mentre stava ancora pensando se accettare o sfidare le ire di Ojou-chan, la signorina si fece avanti e pagò con il sorriso sulla bocca la merce, per poi dare loro gli acquisti.

-E' il minimo che potessi fare, dopo che mi avete aiutata, ancora buona giornata.

Yahiko prese la spesa che gli aveva dato la ragazza, per poi voltarsi verso Sano e ricordargli che dovevano andare subito a casa se non volevano rischiare una catastrofe, ma questo, senza prestargli attenzione, rincorse la ragazza che si era allontanata per poi fermarla dicendole:

-Sono Sagara Sanosuke, e tu sei?

-Naomi Kizoku.

-Bene Naomi, che ne dici di mangiare con noi? Dopotutto ci hai pagato il pranzo, e se non hai altri impegni ... mangiare in compagnia fa bene.

Naomi gli rivolse un sorriso stupito per poi sorridere più apertamente. “Questo ragazzo mi ricorda … meglio non pensarci.”

-Mi farebbe molto piacere pranzare con voi.

-VIENI YAHIKO … ANDIAMO DA OJOU-CHAN.

Se non lo uccide oggi … vuol dire che se la prenderà con me domani durante gli allenamenti.

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Capitolo 2
*** Pranzi e scoperte sconcertanti ***



                                                                                                Pranzi e scoperte sconcertanti

























Erano arrivati davanti al portone del dojo, dove l'insegna in legno scolorita con su scritto Kamiya Kassin Ryu Dojo, faceva bella mostra di sé.

La pace regnava ovunque lasciando in Naomi una piacevole sensazione, considerando che fosse un bel posto dove vivere, ad un tratto si sentirono provenire dall'interno delle risate di bambini, vide Yahiko entrare con la spesa e venire accolto da vocine allegre e femminili.

Si voltò verso Sanosuke con cui aveva chiacchierato molto durante il viaggio, e fu invitata, con un sorriso incoraggiante, ad entrare.

L'interno era umile ma molto curato, grande abbastanza da ospitare la famiglia numerosa di qui aveva parlato Sanosuke.

Vide il ragazzo abbassarsi mentre veniva circondato da due bambine che chiedevano con le loro voci innocenti chi fosse quella nee-chan.

-Quella, è una signorina che io e Yahiko abbiamo aiutato.

Dopo aver ascoltato la spiegazione del loro Sano-nii si avvicinarono entrambe, mentre la bambina più grande le diceva con voce dolce:

-Ciao, io sono Suzume e lei è mia sorella Ayame.

-Ciao Suzume-chan, Ayame-chan, io mi chiamo Naomi. Sapete che siete delle bimbe molto belle.

Con quelle semplici parole, oltre ad un luminoso sorriso e la voce gentile, Naomi conquistò le bambine.

-Naomi-nee!

Mentre le bambine correvano ad avvertire un certo Ke-nii, Naomi vide Sanosuke parlare con una graziosa ragazza dal kimono lilla che, dapprima arrabbiata poi comprensiva, le si avvicinò.

-Salve, voi dovete essere Kaoru Kamiya, Sanosuke mi ha parlato di voi.

-Esatto, anche se non so di preciso cosa ti abbia detto … e devo ammettere che non lo voglio sapere, mi fa molto piacere averti qui con noi dopo la brutta esperienza di poco fa, spero che troverai piacevole la nostra compagnia.

-Ne sono certa.

-Vieni pure Naomi.

Prendendola per mano, Kaoru condusse Naomi alla sala da pranzo non sapendo che ci sarebbero stati interessanti sviluppi.

 

La sala dove era entrata Naomi, era verde pallido con i segni del tempo sulle pareti, ma l'ambiente e la compagnia erano così accoglienti che non ci fece caso.

Prese posto vicino a Sanosuke e alle bambine mentre davanti a lei rimaneva un posto libero, stava per chiedere a Kaoru chi dovesse ancora arrivare quando sentì un rumore di shoji aperti e una voce allegra che diceva:

-Kaoru-dono, ragazzi è pronto il pranzo.

Un ragazzo non troppo alto, dai capelli color rame e una pentola tra le mani, entrò accompagnato da un generale: -Finalmente Kenshin.

Questo, con un sospiro paziente, fece le parti, per poi rivolgersi all'ospite:

-Naomi-dono, spero che adesso vi siate ripresa.

-Si gra …

La risposta le morì in gola.

Capelli color rame, una cicatrice a forma di croce e una corporatura esile.

Non poteva essere … ma non poteva nemmeno sbagliarsi.

Quello era uno dei nemici più attivi di suo marito durante il Bakumatsu: Hitokiri Battousai.

-Voi .. voi siete … Himura Battousai.

Quando il ragazzo sollevò lo sguardo, vide lo sconcerto negli occhi lilla.

Mentre un' espressione di puro stupore, era dipinta anche sui visi di Kaoru, Yahiko e Sanosuke.

-Sì Naomi-dono.

La semplice risposta, la fece vacillare mentre si alzò in piedi, portandosi una mano davanti alla bocca per lo sconcerto.

Quello era uno degli uomini che avevano combattuto contro suo marito, uno dei suoi più accaniti nemici.

Ma, come diceva sempre lui “porto rispetto per Himura Battousai, è un grande combattente, la sua tecnica è divina”.

C'era un innaturale silenzio mentre lei continuava a fissarlo.

-Non vi ho mai incontrato prima, ma è stato uno shock per me vedere voi, uno degli assassini più attivi del Bakumatsu che si è scontrato moltissime volte con mio marito. Perdonate il mio sconcerto.

Kenshin annuì calmo, ormai era abituato a tutte le reazioni possibili riguardanti la scoperta del suo passato, così gli sorse una domanda spontanea:

-Posso sapere che è vostro marito, Naomi-dono.

-Okita Souji, capitano della Prima Divisione della Shinsengumi.

La notizia fece scurire leggermente gli occhi di Kenshin mentre ricordava i suoi scontri con Okita.

-Vostro marito era, senza ombra di dubbio, il migliore combattente della Shinsengumi. Sono onorato di fare la vostra conoscenza, Okita era un uomo che portava il mio rispetto. Non si poteva dire che eravamo nemici ma solo schierati da parti opposte ... entrambi affidavamo i nostri ideali alle katane.

-Lo ha sempre detto anche lui.

Con un sospiro Naomi si rimise seduta e riprese a mangiare imitata da Kenshin e poi dagli altri, trovando la serenità.

Kenshin era stupito, il passato gli era era difronte, non aveva nessun rancore. Era strano vedere la donna che rappresentava i nemici del suo passato chiacchierare tranquillamente con la donna che aveva tra le mani il suo futuro e la sua felicità, anche se questa non lo sapeva.

Ed era meglio che continuasse a non saperlo.

 

A metà del pranzo, la discussione tornò di nuovo a Naomi, e a cosa l'avesse portata lì a Tokyo:

-Vengo da Kyoto, dove ho abitato per tutta la vita, per vedere un ex-membro della Shinsengumi, Saito Hajime. Dovrebbe essere di istanza qui a Tokyo … come funzionario della polizia.

Dopo un silenzio generale, Sanosuke con il viso contorto in una smorfia indefinibile disse tra i denti:

-Sì ... abbiamo presente chi è.

-Sanosuke?? Tutto bene???

-Non ti preoccupare Naomi, è solo che tra Sano e Saito non corre buon sangue.

La voce di Kaoru era divertita, anche se sotto la superficie, si vedeva un sorriso crepato. “C'è qualcosa che non ci vuole dire, ma che la corrode dentro.”

-Naomi-dono, se lo permettete, sessha sarebbe disposto ad avvisare Saito della vostra presenza al dojo, in modo da farlo venire qui senza che dobbiate scomodarvi andando alla stazione di polizia ... un luogo dove non sempre si può parlare liberamente di cose … delicate.

Kenshin aveva parlato con voce bassa e decisa, mescolata all'educazione che lo caratterizzava sempre, aveva intuito che il suo arrivo a Tokyo riguardava il comandante Okita.

Dopo un momento di sconcerto, Naomi si ritrovò ad esibirsi in uno dei suoi sorrisi più luminosi verso Kenshin … un uomo ... che le ricordava, per certi aspetti, il suo adorato marito.

-Vi sarei grata per questo Himura Kenshin.

-Allora è deciso! Finito il pranzo andrò a chiamare Saito.

-Kaoru so che vi esercitate nel kenjutsu …

La discussione passo su argomenti molto più leggeri non nominando più Kyoto, Saito, la Shinsengumi o l'Hitokiri Battousai.

 

Il pranzo si concluse tra chiacchiere allegre, mentre sia Sanosuke che Kenshin uscivano dal dojo, il primo per andare a farsi curare qualche ferita da Megumi Tamaki, mentre il secondo per adempiere alla promessa fatta prima a Naomi.

Le due donne si alzarono e Kaoru, dopo aver dato il permesso a Yahiko di allenarsi con la sua shindai in palestra, chiese aiuto alla sua ospite per portare Ayame-chan e Suzume-chan a fare il riposino pomeridiano.

Dopo averle coricate con attenzione e premura, per non svegliarle, sui futon, Naomi rimase a guardarle mentre queste facevano il sonnellino dei giusti.

-Sai Kaoru, ho sempre desiderato delle bambine ma Souji non mi ha mai accontentata.

La confessione, fatta per puro istinto, aleggiò nell'aria dopo che Kaoru aveva chiuso gli shoji della camera.

Questa si voltò di scatto verso la donna che aveva parlato con una voce così carica di rammarico e tristezza, da farle quasi venire da piangere, capiva benissimo la situazione.

A volte, mentre guardava Kenshin giocare allegro con le due bambine, si chiedeva come sarebbe stato vederlo con il loro, di figlio.

Un sogno che sapeva non si sarebbe mai avverato, ma che la riempiva sempre di una sensazione dolce amara, come facevano tutti i desideri proibiti.

-Sono certa che mi capisci … visto come guardi sempre Kenshin.

Kaoru non seppe come ribattere alla pura verità, così rimase in silenzio mentre accompagnava Naomi nella sala da pranzo.

Per spezzare il silenzio che si era creato e cercare un modo carino per farle quella domanda, alla giovane Kamiya venne in mente un solo modo:

-Naomi, gradisci una tazza di tè mentre aspettiamo che Kenshin arrivi con Saito?

-Sei molto gentile .. sì l'accetto volentieri, grazie Kaoru.

Kaoru sotto lo sguardo divertito della sua ospite, si affrettò a preparare il tè, ma dopo averlo servito non seppe di nuovo come iniziare.

-Sei irrequieta.

Il commento di Naomi non fece altro che aumentare l'inquietudine di Kaoru così l'altra scelse di venirle incontro:

-Desideri chiedermi qualcosa Kaoru?

Sul viso le si dipinse un espressione di puro stupore e Naomi trattenne un sorriso, Souji le diceva sempre che era una “brava lettrice di anime”.

-Ecco …. mi piacerebbe … se non è un problema ...chiederti di tuo marito.

La frase finale, detta tutto d'un fiato, fece sorridere Naomi che con un profondo sospiro e un espressione dolce e nostalgica si appresto a raccontare del suo amore per Souji:

“Mio marito, era un uomo votato alla spada, con solidi principi morali.

Membro fin da giovanissimo dell'organo di polizia che manteneva l'ordine di Kyoto: la Shinsengumi.

 Veniva considerato il miglior combattente che questa avesse a disposizione.

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Capitolo 3
*** Scontri e conquiste ***


                                                                                         Scontri e Conquiste



























Il nostro incontro avvenne per puro caso, in una giornata limpida e tiepida:

ero sulla strada principale di Kyoto, e mi apprestavo a tornare a casa dopo aver fatto delle compere per conto di mio padre, il più ricco mercante di medicinali della città.

Quando all'improvviso, venni attaccata da un gruppo di attivisti, con le katane sguainate pronti ad uccidermi o rapirmi per chiedere un riscatto.

Ma prima che questi potessero anche solo toccarmi, un ragazzo alto, con lunghi capelli neri legati in una coda, che ondeggiava al soffio di vento che aveva accompagnato il suo provvidenziale arrivo, si mise davanti a me per proteggermi estraendo una delle due katane che portava al fianco sinistro per uccidere, con un rapido colpo, i miei aggressori.

Vidi i loro corpi a terra mentre il ragazzo dopo averli uccisi, rinfoderò rapidamente la katana, dopo averla scrollata dal sangue.

Sapevo che gli anni del Bakumatsu rendevano le uccisioni una cosa naturale ma ero lo stesso disgustata dalla scena.

In quel momento, notai l'haori azzurro con gli inserti bianchi, il segno di riconoscimento della Shinsengumi e vidi i commilitoni del ragazzo portare via i cadaveri, mentre lui si voltava lentamente verso di me.

Era molto bello, aveva i lineamenti del viso affilati e decisi, stupendi.

Gli occhi blu possedevano una luminosità incredibile, come il più bello tra i cieli notturni, che contrastavano con l'idea che mi ero fatta degli assassini, dagli occhi vuoti e senza anima.

Trattenni il respiro quando si mosse verso di me, con passo silenzioso ed aggraziato degno delle più letali creature.

Le prime parole che mi rivolse, furono:

-Tutto bene signorina? -L'aveva detto in tono tranquillo, senza tener conto del fatto che aveva appena ucciso davanti ai miei occhi, continuò. -Spero che non vi siate fatta male, non potrei sopportare che una signorina bella come voi rimanga ferita.

Sorrise, con un espressione talmente aperta e gioviale che per un attimo mi dimenticai di trovarmi davanti uno dei letali membri della Shinsengumi.

-Si, grazie per avermi aiutata. Ora, se volete scusarmi, dovrei tornare a casa.

Usai il mio tono più riconoscente, inchinandomi leggermente per poi voltarmi con un mezzo sorriso.

Ma il ragazzo si avvicinò, lo sguardo deciso blu notte sembrava risplendere e con tono di comando disse:

-Vi riaccompagno a casa, non si sa mai cosa possa succedere di questi tempi.

Non potendo dargli torto dissi solo un: -Come volete.

Per poi riprendere a camminare, notando che il ragazzo si affiancava alla mia sinistra, una posizione tattica per poter estrarre la katana se necessario.

 

Camminammo vicini per quel breve tratto che separava il luogo dell'incidente da casa mia, e quando ci fermammo davanti al portone, il samurai, letto il nome, mi rivolse uno sguardo stupito:

-Siete della famiglia Kizoku.

-Sì Naomi Kizoku. L'unica figlia di Kei Kizoku il dottore e mercante di medicinali.

Il mio cognome bastava a creare reverenza: “nobiltà” è stata la prima parola che mi hanno insegnato, indicante uno stato sociale elevato, e di questo ne andavo fiera.

-Ora capisco perché hanno cercato di attaccarvi … è stata una vera fortuna che fossi passato di lì, signorina Kizoku.

Mi guardò ancora, e arrossii leggermente, non sapevo cosa aggiungere, ma venni salvata dall'imbarazzo quando un uomo con la stessa divisa della Shinsengumi e una lancia in mano, fece un cenno al ragazzo di fronte a me. Questo, dopo averlo notato fece un sospiro ironico, e alzò gli occhi al cielo.

-Non riescono a stare senza di me. Signorina Kizoku, sfortunatamente è richiesta la mia presenza … beh buona serata.

Si voltò e insieme al suo compagno scomparve dalla mia vista, con il vento fresco che accompagnava i loro passi. Il primo pensiero quando si allontanò fu: “Non so neanche come si chiama.”

Entrai in casa e, dopo aver consegnato a mio padre il pacchetto di erbe che sarebbe servito per creare una nuova medicina, andai in camera mia.

 

Ormai era passato un mese dall'incidente, quando mio padre aveva saputo l'accaduto mi aveva segregata in casa, permettendomi di uscire solo in giardino.

Avevo capito, da quello che aveva detto la servitù, che aveva dato disposizione per fornire medicine alla Shinsengumi, come segno di riconoscimento per avermi salvata.

Era così convito del fatto che avessi bisogno di protezione, che mi aveva affiancato una scorta di quattro uomini che avevano il compito di proteggermi, anche da me stessa, seguendomi, alle volte, ai limiti della decenza.

Il capo di questa scorta, Daisuke Keigo, era un uomo alto e robusto, dell'apparenza molto rigida e severa ma quando sorrideva, i suoi occhi assumevano una sfumatura dolcissima color cioccolato, rendendo meno spaventosa la cicatrice che tagliava la parte terminale del sopracciglio sinistro, che non si curava di coprire, con la cascata di capelli corvini.

Per mia fortuna, quel noiosissimo periodo di confinamento forzato finì quando mio padre, che doveva partire per visionare il trasferimento di un importante carico, mi chiese il favore di andare al posto suo al quartier generale della Shinsengumi, per discutere con uno dei due vicecomandanti.

 

Decisa a fare del mio meglio per alleggerire la mole di responsabilità che gravava sulle sue spalle, mi indossai il mio kimono migliore: seta pregiata color menta con rifiniture floreali sui bordi, verde pallido e giallo limone. Acconciai i capelli in uno chinion, rifinito con un vistoso fiocco verde prato, uguale a quello dell'obi che valorizzava i miei occhi color giada.

Non mi truccai, odiavo quell'inchiostro con cui molte mie amiche si impiastricciavano il viso, preferendo un impatto naturale.

Uscii in tarda mattinata e attraversando Kyoto in carrozza, scortata dalle quattro guardie diventate la mia ombra, mi godetti la libertà.

Odiavo mio padre quando si preoccupava troppo, ma da quando era morta la mia adorata madre … si era fatto più protettivo, a volte soffocante.

Sentì la portantina rallentare dolcemente, sino a fermarsi davanti all'entrata ben curata di un dojo, e dopo essere scesa con grazia aiutata da Daisuke, avanzai fino alla soglia, per poi scoccare un occhiata altera alle sentinelle vigili su ambedue i lati del portone.

Con passi lenti e leggeri, per non sollevare la polvere che avrebbe sporcato il kimono, entrai al loro inchino.

-Salve, sono Naomi Kikozu … dovrei vedere il vicecomandante della Shinsengumi Hijikata Toshizo.

La mia voce risultò troppo severa persino alle mie orecchie allora, per compensare, addolcii i lineamenti del viso.

-Signorina Kizoku la stavamo aspettando. Il vicecomandante è in riunione con gli altri ufficiali … mi ha detto di dirvi che vi aspetta.

Quello che sembrava il più anziano dei due, in base alle profonde rughe ai lati della bocca, mi accompagnò, senza permettere che entrassero anche le mie ombre.

Nel dojo era chiara la presenza solamente maschile: non c'erano piante o decorazioni, si sentivano solo versi di uomini che praticavano il kenjutsu.

Entrai, dietro indicazioni, in una sala dove una dozzina di uomini armati stava conversando sulla tecnica di un Ishin Shishi.

All'esclamazione soffocata di uno di loro, che mi aveva notata, tutti si voltarono nella mia direzione, ci fu silenzio totale per una decina di secondi, quando un uomo dall'aria severa che stava fumando una sigaretta dall'odore molto forte, disse:

-Signorina cosa ci fate qui?

-Saito tranquillizzati. E' la figlia del signor Kei Kizoku, vero signorina?

-Precisamente. Sono Naomi Kizoku … signor?

-Toshizo Hijikata il vicecomandante della Shinsengumi.

-Piacere di conoscervi.

Mi presi qualche secondo per osservare attentamente l'uomo con qui avevo scambiato le solite cortesie formali: da seduto non ero in grado di dirlo con certezza ma probabilmente era un uomo alto, e quello che si diceva di lui, sul fatto che fosse bello come un attore ma combattesse come un demone, ero in grado di appurarlo per metà.

Il vicecomandante presentò gli altri ufficiali, erano tutti molto belli, e riconobbi anche l'uomo che aveva richiamato a se il mio salvatore, Harada Sanosuke.

Poi, feci le veci di mio padre e ascoltai la richiesta dispendiosa di quell'uomo che, a quanto avevo saputo, veniva da una famiglia di farmacisti: desiderava un medico, attrezzature e medicine entro una settimana … una cosa impossibile da qualunque punto di vista la si considerasse.

Ma, per quanto cercassi di fargli capire che medici competenti non si trovavano ovunque e non tutti sarebbero stati a loro agio a lavorare con la Shinsengumi, questo non sembrava ascoltarmi.

Ero così presa dalla discussione che non sentì alle mie spalle il rumore degli shoji che si aprivano e chiudevano, mi accorsi che qualcuno era entrato quando uno degli altri ufficiali, se non ricordavo male, Nagakura Shinpachi esclamò:

-Sei arrivato Souji!! Vieni a conoscere questa graziosa signorina.

-Sempre pronto a correre dietro ai kimoni, Shinpachi.

La bassa e sensuale voce maschile che aveva risposto, mi sembrava familiare, così mi voltai … trovando davanti il viso del ragazzo che mi aveva salvata, guardarmi con stupore:

-Ma non doveva esserci il vecchio?

Prima che qualcuno potesse rispondergli, mi alzai di scatto dicendogli alterata:

-Come osi parlare in questo modo di mio padre, un grande medico e ricercatore, il migliore che …

Accorgendomi di aver esagerato e alzato la voce, di solito tenuta bassa, ad un livello troppo alto, mi ricomposi lasciando la frase in sospeso, mentre ignoravo il ragazzo e tornavo a prestare attenzione al vicecomandante.

Questo, senza fare troppo caso alla discussione avvenuta, fece sedere il ragazzo mentre mi chiedeva:

-Visto che vostro padre è così bravo perché non viene lui a prestare aiuto.

-Mio padre è anziano, non lo permetterei mai, al caso posso venire io a …

-Perfetto, le faremo vedere la sua stanza.

Lo guardai scandalizzata mentre mi accorgevo dell'errore fatto: avevo dato inconsciamente disponibilità e non potevo tirarmi indietro di fronte a così tante persone, avrei fatto la figura della stupida. Cercai di consolarmi con il primo pensiero che mi venne in mente:“Sarà un buon allentamento per il futuro.”

Mi girai e vidi gli altri comandanti annuire vigorosamente alla scelta e vinta, seguii il vicecomandante verso la mia stanza.

Verso la mia avventura fuori dalle mura protettive di casa.

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Capitolo 4
*** Gelosie e dichiarazioni ***


                                                                               Gelosie e Dichiarazioni
























Erano passati svariati mesi da quando avevo iniziato a prestare servizio alla Shinsengumi, l'estate calda e secca che si era tanto temuta era passata, al suo posto era arrivato un uggioso autunno che aveva rivitalizzato i raccolti e ingrossato i fiumi. Ormai venivo considerata di famiglia e avevano acconsentito, in quanto medico, di farmi presenziare alle riunioni degli ufficiali, con cui avevo stretto una solidissima amicizia.

Specialmente con Harada Sanosuke il comandante della decima divisione, un uomo di circa ventiquattro anni, dai capelli castano scuri tendenti al rosso, gli occhi dorati, i lineamenti decisi e cicatrici ovunque, che combatteva con una lancia lunga.

Lo trovavo molto simpatico, il suo modo di scherzare, alleviando la tensione, mi faceva sentire meno sola: una donna circondata ovunque da maschi.

Sanosuke, insieme al comandante dell'ottava divisione Todou Heisuke, un ragazzo dai luminosi occhi azzurri e la risata contagiosa, e Nagakura Shinpachi il robusto comandante della seconda divisione, considerati il Trio Comico della Shinsengumi, rallegravano le mie giornate.

Anche il vicecomandante Hjikata, che dopo una ferita ricucita con assoluta maestria mi aveva permesso di chiamarlo per nome, mi riempiva sempre di premure.

Mentre rimaneva un mistero Saito Hajime, il comandante della terza divisione, un uomo distante e criptico che, sebbene venisse a medicarsi, spesso si ricuciva le ferite per contro proprio, quasi non volesse rischiare di farmi capire che anche lui era umano, e poteva rimanere ferito.

Ma la persona con cui passavo la maggior parte del mio tempo, era il ragazzo che mi aveva salvata: Okita Souji.

Souji, era premuroso, simpatico ma con un carattere deciso e una forza incredibile mischiati ad una tecnica di spada che lo rendeva micidiale, che lo aveva fatto diventare il comandante della prima divisione, in età giovanissima.

Era considerato il miglior combattente della Shinsengumi, riusciva a battere chiunque e non aveva rivali al quartier generale, nessuno riusciva a competere con la tecnica Hirazuki, creata dal vicecomandante Hijikata, da lui personalmente modificata e migliorata per la sua figura leggera e agile.

Ma era anche un orfano che era stato allevato dal defunto comandante della Shinsengumi, Kondo Isami, a cui il ragazzo era molto affezionato, e la sua morte aveva lascito un grosso vuoto nell'animo del ragazzo.

Che mi sarebbe piaciuto colmare.

 

 

Mi stavo innamorando.

Erano ormai otto mesi che abitavo lì, l'inverno rigido sarebbe arrivato tra breve, portando la neve sul paesaggio ma non sul mio cuore, che mi sembrava essere sempre caldo, per un sentimento che avevo fatto fatica a riconoscere … e ammettere.

La dolcezza di Souji nei gesti più semplici, la sua forza, il suo carattere e la sua passionalità, la sua malizia, mi avevano completamente fatta innamorare, ormai tutti lo avevano notato.

Lo amavo e mi preoccupavo sempre quando doveva andare in missione o fare i turni di ispezione in città, il fatto che non si tirasse mai indietro davanti a un scontro, che fosse sempre in prima linea, mi aveva fatto versare molte lacrime.

Alla fine, quando rientrava al dojo seguito dalle acclamazioni dei suoi sottoposti, veniva in infermeria, chiudeva gli shoji e chiedeva con un sorrisino ironico: -Te la senti di ricucirmi?

Fu uno dei periodi più difficili della mia vita, vederlo andare via senza sapere se sarebbe tornato, senza potergli dire: -Stai attento, ti prego, non farmi morire di dolore, ti amo troppo.

Senza mai sbilanciarmi quando, prima di ogni pattugliamento, lo salutavo sempre troppo a lungo, assaporando quegli attimi senza mai goderne appieno.

Sanosuke mi fu molto vicino in quel periodo, permettendomi di andare con lui quando aveva i turni negli stessi orari di Souji così, quando si dividevano la città, per i pattugliamenti, potevo vederlo in azione e preoccuparmi di meno, sempre che questo fosse possibile.

Quell'uomo mi offrì una spalla su cui piangere, permettendomi di sfogarmi e standomi semplicemente vicino. Facendomi assorbire la sua sicurezza quando si parlava della tecnica invincibile di Souji e della sua “pellaccia dura”, aiutandomi a fare chiarezza sui miei sentimenti, coinvolgendomi in serate allegre con gli altri due membri del Trio Comico.

Come venni a sapere che anche Souji si era innamorato di me, fu in grazie a una stupida coincidenza:

 

Un mattino ero uscita su permesso esclusivo di Hijikata, per andare a prendere al porto una mia amica che doveva arrivare a momenti in città. Questa mi aveva chiesto se, nonostante il mio impegno costante al dojo, potevo tenerle compagnia i pochi giorni in cui sarebbe rimasta in città.

Di buon ora accompagnata dalla mia scorta, che ancora mi seguiva appena mettevo piede fuori dal quartier generale, ero arrivata al molo, quando uno degli addetti agli attracchi mi aveva informata che non sarebbero arrivati navi ne quel giorno ne i giorni successivi.

Con passo lesto, per quanto il mio kimono di seta lilla potesse permetterlo, mi affrettai a tornare al dojo dove avrei anticipato la mia uscita con Sanosuke.

Davanti all'entrata stranamente non trovai le guardie così entrai, lasciando che Daisuke Keigo entrasse con me, data l'inusuale situazione.

Non feci in tempo a fare tre metri che sentii urla e suoni metallici arrivare dalla palestra, dove di solito si usavano shindai per gli allenamenti.

Andai di corsa, e, vedendo molti uomini accalcati davanti all'entrata, cercai di farmi largo tra la fossa, quando vidi che Sano e Souji stavano .... litigando pesantemente:

-DEVI STARE LONTANO DA LEI!

Souji, vestito con i classici indumenti che usava in palestra per allentarsi, teneva saldamente tra le mani la stessa katana con cui mi aveva salvata, una katana per uccidere.

Mentre Sano anch'esso vestito da allenamento, con la lancia in mano, guardava furioso il ragazzo davanti a lui.

-In che senso ragazzino?

-Hai capito benissimo il senso, non ci pensare neanche Harada … non lo permetterò.

-E perché non dovrei??

Se il viso di Sanosuke era furioso quello di Souji lo era di più, i suoi lineamenti erano rigidi, la fronte increspata, la bocca che scopriva i denti digrignati mentre un ringhio basso e inumano gli usciva dal petto.

Ma la cosa particolare, quella che faceva più paura, era senza dubbio la colorazione degli occhi, che erano passati dal loro luminoso blu, ad un … color ghiaccio che non aveva mai visto.

Con la voce stranamente bassa e arrochita dalla rabbia lo sentì dire:

-Non puoi farlo … lei non può … non ti farò andare oltre … tutto deve rimanere così com'è … NO … MAI!

Scattando a velocità elevatissima, permettendomi di vedere soltanto il caricamento sul piede destro, Souji attaccò.

Con forza e brutalità, con precisione e tecnica, con ferocia e convinzione … letale.

Per quanto poco avessi capito dal suo discorso, sembrava invece che Sano avesse compreso e fosse preparato allo scontro.

Li vidi muoversi e capii subito che Souji colpiva con l'intenzione di ferire, di fare male … uccidere.

Sentii il mio cuore spezzarsi quando compresi che stavano litigando per una donna … una donna di cui Souji si era innamorato.

Ormai combattevano da alcuni minuti, nessuno era ferito ma potevo notare benissimo che la forza e la precisione con cui attaccava Souji, stavano mettendo in grande difficoltà Sano che però, anche se quasi sommersa dalla massa di uomini, mi aveva notata, e con uno sbuffo divertito si allontanò il più possibile da Okita e dalla sua tecnica micidiale, guardandomi e mormorando perfettamente udibile:

-Una donna non dovrebbe mai assistere a scontri del genere.

Tutti si girarono nella mia direzione e, nello stesso momento in cui Souji si voltò verso di me, la massa che avevo intorno si allontanò di scatto, facendomi barcollare e cadere con un urletto di stupore:

-Vieni Naomi … sei proprio distratta lo sai.

Sanosuke mi porse la mano che non teneva la lancia per aiutarmi a rialzarmi ma, mentre mi allungavo per accettare il supporto, un'altra l'allontanò con una spinta brusca.

Vidi Sano e Souji scontrarsi visivamente, per poi essere rialzata e abbracciata delicatamente da quest'ultimo:

-Non la devi toccare, lei è mia … non ti permetterò di prendermela.

Le parole che mormorò, mi fecero salire le lacrime agli occhi mentre sentivo la dichiarazione di possesso che desideravo da sempre.

Senza considerare più Sano, che aveva un sorriso soddisfatto sul volto, si rivolse direttamente a me:

-Naomi … non credevo fosse possibile per uno come me … ma … ti amo… Mi sono innamorato di te … non ci sarà mai un uomo che ti ami più di me. Amarti e … proteggerti, mi fa capire che per me è possibile offrire qualcos'altro oltre la bravura a uccidere.

Lo sguardo pieno di amore, dolore, tristezza e tenerezza mi colpì profondamente, facendomi uscire delle lacrime silenziose, che mi appannarono la vista.

-Le tue lacrime mi uccidono … è come la sensazione di aver fallito nel proteggere qualcosa di importante, ti prego non piangere … ti amo.

Non potevo sopportare ancora quello sguardo sofferente, gli occhi di Souji, tornati al colore originale, erano di un blu brillante e limpido, talmente espressivi che mi facevano vedere le emozioni che lo animavano.

Presa dal desiderio impellente di assaggiare quelle labbra tumide e volendo fargli capire che anche io lo amavo, lo baciai.

Non avevo mai baciato nessuno, era strano: dolce, intimo e delicato.

Un bacio mescolato alle lacrime.

Quando mi resi conto del gesto improvviso che non mi si addiceva, fui colta dall'imbarazzo e cercai di scostarmi, ma lui non me lo permise, stringendomi in un abbraccio saldo e potente, catturando le mie labbra in un bacio appassionato. Al quale dopo un iniziale smarrimento risposi con desiderio, cercando di imitarlo nell'azione più intima che avevo mai fatto.

Dopo un tempo che mi parve infinito, ci staccammo e ci guardammo profondamente negli occhi: un intenso blu stellato e un pallido verde giada, si scontrarono e si fusero, incatenando i nostri sguardi l'uno all'altra.

Con sommo imbarazzo, divenni cosciente che praticamente tutti avevano guardato la scena e stavano applaudendo mentre Sanosuke sorrideva nella nostra direzione, per poi battere le mani e dire:

-Lasciamo i due piccioncini da soli … sono certo che avranno un bel da fare.

Diventai viola dall'imbarazzo e cercai di non soffermarmi troppo sul significato equivoco delle sue parole, finendo per incontrare lo sguardo del vicecomandante Hijikata:

-Ragazzi, ero certo che fosse solo questione di tempo prima che uno dei due scoppiasse, sono contento per voi … ma non puoi lasciare il tuo ruolo di medico … lo sai vero, Naomi.

-Non vi preoccupate Hijikata, ho dato la mia parola e la manterrò.

Con uno sguardo soddisfatto, e l'accenno di un sorriso, il vicecomandante si allontanò lasciandoci completamente soli:

-Sono contenta sai … non credo che avrei resistito a lungo nel vederti sempre come un amico senza poterti neanche …

Di scatto, senza lasciarmi finire la frase, mi prese per le spalle e mi spalmò contro di lui, dove sentì il suo profumo virile e il petto solido e caldo, che accarezzai dolcemente con la mano.

-Sono stato uno sciocco, non volevo parlarti chiaro. Avevo paura che se mi avessi conosciuto veramente, non mi avresti più voluto vedere … e ho ancora questa sensazione … oggi con Harada mi sono comportato male … non voglio che tu mi veda quando combatto seriamente, non voglio che scappi da me. Perdonami se sono così egoista ma ti amo e non posso vivere senza di te.

-Non andrò mai via ... neanche se mi farai vedere il tuo lato peggiore … ma perché ti eri arrabbiato così tanto con Sano?

Vidi i lineamenti di Souji contrarsi mentre l'occhio sinistro tremava leggermente, come ogni volta che era arrabbiato, per poi dire in tono brusco:

-Ero … geloso. Non voglio che tu vada sempre con lui … quando l'ho visto andare via gli ho chiesto cosa doveva fare, mi ha risposto che usciva con te per portarti dove più desideravi. Non ci ho visto più, non era possibile che scegliessi lui, volevo proteggerti, fare in modo che tutto rimanesse com'era … non credo di aver ragionato in modo lucido, poi Shinpachi ha fatto una battuta poco casta e … ho attaccato.

-Sanosuke e io siamo solo buoni amici … in in certo senso è il mio migliore amico ma ciò non toglie che sei tu, la persona che amo.

-Ma io voglio essere per te tutto: un marito, un compagno di scherzi … voglio essere il tuo migliore amico e il tuo confessore, il tuo sostegno. TUTTO.

Vidi il viso di Souji contrarsi, sapevo leggere bene il suo viso e mi chiesi se quel attaccamento nervoso e possessivo tipico dei bambini non fosse dovuto al fatto che fosse rimasto orfano molto piccolo.

-Souji -Mormorai il suo nome facendo fuoriuscire tutto l'amore che provavo, e che sembrava scoppiare, dopo tutto il tempo che era rimasto incatenato infondo al cuore- Io voglio bene a Sanosuke, a tutti ... non posso rimanere per sempre incatenata a te, chi mi proteggerà quando sarai via?

Sapevo di toccare un tasto dolete, all'inizio dei miei mesi al dojo sapevo che quando si allontanava da me, mi poneva sotto la protezione di qualcuno, come un pacco postale, per poi smettere quando avevo iniziato a fare i turni con Sano.

Ma lui seppe evitare il discorso in grande stile:

-Non pensiamoci adesso. Andiamo, vieni con me. -Le parole cariche di promesse mi fecero desistere, e insieme ci avvivammo.

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Capitolo 5
*** Di orgoglio e malattie si muore ***


                                                                    Di orgoglio e malattie si muore


























Ci sposammo in primavera, fu un giorno di festa al quartier generale della Shinsengumi, tutto era stato addobbato con decorazioni floreali dai colori delicati commissionati apposta da mio padre che, sebbene non fosse molto soddisfatto che la sua unica foglia sposasse un uomo come Souji, fu felice per me.

Io, d'altronde, ero raggiante. Mi illudevo che sarebbe cambiato, che non sarebbe stato sempre così avventato, che avremmo avuto dei figli da crescere in armonia nella casa di mio padre, circondati da agi e chiacchiere allegre, senza più scontri.

 

 

Dal nostro matrimonio erano passati mesi e l'amore che provavo per Souji aumentava a dismisura.

I primi tempi erano stati di una dolcezza e di una tranquillità splendide, che mi avevano riempito il cuore di bei ricordi: dolci passeggiate al chiaro di luna, bagni a mezzanotte, gite per Kyoto, durante il giorno e stavamo sempre insieme durante i pattugliamenti.

Mi ero trasferita nei suoi appartamenti, ma avevo programmato che, quando avrebbe preso congedo dalla Shinsengumi, saremmo andati a vivere nella grande villa di mio padre, di questo non vedevo l'ora, anche se capivo il suo desiderio di rendersi utile.

Col passare del tempo avevamo creato un legame ancora profondo, non stavamo mai separati troppo a lungo, se doveva andare in missione, minacciava gli altri di prendersi cura di me, come se non lo avessero fatto di loro iniziativa.

Mi aveva insegnato a usare la wakizashi, una katana corta che lui, e altri membri della Shinsengumi, portavano al fianco oltre la katana normale.

Ma vedevo che c'era qualcosa che lo tormentava: la notte non riusciva a riposare serenamente, rigirandosi continuamente nelle coperte, mentre di giorno, nelle ultime settimane non passava più molto tempo con me, cercava quasi di evitarmi, costringendomi a farmi continue domande, insicura.

Inoltre avevo notato una cosa che mi aveva profondamente spaventata: tossiva spesso e aveva continui sbalzi di temperatura.

Come medico avevo già capito cos'era successo, ma la mia posizione di donna innamorata non voleva accettare la verità: Souji aveva contratto la tubercolosi, la “malattia incurabile”.

 

Un freddo mattino andai alla riunione degli ufficiali come mio solito, decisa più che mai a commettere l'azione che avrebbe allontanato per sempre Souji, ma che almeno gli avrebbe salvato la vita.

Entrai a testa alta con indosso il mio kimono preferito, quello che mi portava fortuna, prendendo il mio consueto posto con una maschera di pietra sul volto, e guardando Souji con la morte nel cuore.

Avevo notato nei suoi occhi l'incomprensione da quando aveva visto il kimono che indossavo e … attesi il momento giusto per prendere parola.

 

Questo arrivò con l'entrata in scena di Saito, che stranamente era in ritardo, e dopo aver rivolto un ultimo sguardo al mio amore, che non mi aveva staccato gli occhi di dosso, dissi:

-Hijikata Toshizo vi devo chiedere un favore. Sono consapevole che la mia posizione di medico mi costringe a informarvi di ogni ferito, morto e malato che mi passa sotto i ferri. Oggi vi devo dire che uno dei comandanti è impossibilitato a continuare il servizio: Okita Souji, comandante della Prima Divisione.

Sentì intorno a me i ragazzi che parlavano tutti insieme, mentre fissavo dritto negli occhi una delle poche persone che sapevano reggere il mio sguardo quando si faceva gelido.

Vidi il volto del vicecomandante “demone” che si irrigidiva per poi domandare con voce incolore:

-Il motivo Naomi-dono.

Avevamo abbandonato entrambi i toni informali che usavamo di solito e di questo ero grata, così mentre gli altri ammutolivano presi un respiro e dissi:

-E' malato di …. tubercolosi, non può combattere.

Ascoltai le loro reazioni sconvolte mentre mi venivano le lacrime agli occhi, ma non osai girarmi e guardare nella direzione di Souji, non credevo di essere capace di reggere un qualsiasi suo sguardo dopo una rivelazione del genere.

Dopo un attimo, sentii qualcuno alzarsi di scatto e parlare con voce rabbiosa, che fece gelare il sangue nelle vene:

-Non avevi il diritto … POSSO ANCORA COMBATTERE … NON AVEVI IL DIRITTO.

Lo sentii sbattere con forza gli shoji e mi lasciai andare in un pianto disperato, sincopato. Non ero mai stata in grado di piangere in modo decente, era un insieme di singhiozzi, respiri pesanti e lamenti tutti disordinati che non eliminavano davvero il dolore.

Sentii tutti uscire, in un angolo rimasero solo Hijikata e Sano, le persone che mi avevano sempre sostenuta da quando ero arrivata.

-Sono certo che Souji capirà e si fermerà, dopotutto tu sola in quanto non solo moglie ma anche medico … sai cosa è meglio per lui.

-Vedrei che ti ascolterà.

Le parole dei due uomini non fecero altro che incrementare le mie lacrime, cosa che interpretarono come un invito ad uscire.

Non poteva essere, perché proprio a lui, perché a Souji, l'unica persona che avessi mai amato adesso me la portavano via … cosa avevo fatto di male per meritarmi una punizione del genere? Non era giusto.

Souji era la mia vita, cosa avrei fatto senza di lui?

Rimasi lì per qualche ora aspettando quasi di vederlo aprire la porta e mormorare che mi amava … quanto mi mancavano quelle semplici parole, ormai da settimane non me le diceva più.

Quando ripresi controllo di me stessa usci dalla sala, e andai a trovarlo dove si rifugiava di solito quando era arrabbiato o contrariato: in palestra.

 

-Non dovevi dirlo, non cambierà niente … perciò potevi anche risparmiartelo.

Le parole sibilanti con cui venni accolta non furono quelle di consolazione speranza che mi aspettavo.

-Non potevo omettere io …

-Se si fosse trattato di un sottoposto andava bene, ma dirlo davanti agli altri ufficiali … non dovevi farlo … ma che parlo a fare ... tu sei solo una donna, cosa ne puoi sapere di certe cose. Le donne come te non possono capire.

Il tono brusco con cui mi interruppe, e quello crudele con qui sputò le ultime parole del suo brillante discorso, mi fecero morire senza darlo a vedere. Tutte le insicurezze accumulate nelle ultime settimane fuoriuscirono in un mare di parole:

-Ah, è questo che pensi? Pensi che io sia solo una sciocca donna ricca e inutile che non sa stare al suo posto? Che non sa quando deve stare zitta e quando invece parlare? È così che mi consideri veramente?

-So solo che non dovevi dirlo a tutti e dovevi prima parlarne con me, in privato … ricorda che sei viva solo grazie a me. Mi devi riconoscenza.

A quelle parole mi si bloccò il respiro nel diaframma, spalancai la bocca e lo guardai: aveva i vestiti che usava solitamente inumiditi dal sudore, i capelli corvini dai riflessi blu erano legati e ondeggiavano leggermente a ogni mossa di kenjutsu, mentre i muscoli eleganti e potenti delle braccia e delle gambe erano messi in evidenza da quelle mosse che, fatte con la katana, risultavano letali, gli occhi blu non mi guardavano ma erano concentrati nel colpire un nemico invisibile.

Un nemico.

Improvvisamente compresi la rabbia di Souji, lui … voleva continuare a combattere.

Non importava la malattia, non importava quanto avrei potuto implorare, lui avrebbe continuato a combattere contro i nemici della Shinsengumi.

Improvvisamente lo vidi … lo vidi veramente.

Vidi un ragazzo che combatteva perché era quello che sapeva fare meglio, per proteggere l'ideale che la Shinsengumi rappresentava, perché pensava che combattendo si potesse risolvere ogni cosa. Non mi amava veramente, mi aveva solo sposata perché ero bella e gli sarei stata fedele per sempre perché, secondo lui, gli dovevo riconoscenza.

A lui non importava avere una donna che lo amasse, voleva solo una serva, una che gli scaldasse il letto, ero stata una sciocca a pensare che quel ragazzo così giovane e arrogante, potesse veramente amarmi.

Una sciocca e una cieca, mio padre l'aveva detto che non mi sarei mai potuta fidare di un samurai, che non avrebbe fatto altro che …

Non volevo pensarci … Basta! Non avrei più versato lacrime per una persona del genere:

-Spero che tu possa trovare la risposta a quello che cerchi, e che la tua katana … possa essere una compagna migliore di me! Ti libero dalla mia presenza inutile e scontata. Dopo tutto non sono mai stata niente per te, solo un passatempo nel grande schema di gloria che avrai in futuro, un piacevole diversivo.

Mi interruppi per riprendere fiato ma vedendo che stava per parlare, per ferirmi ancora di più, presi di nuovo la parola.

-Ci ho creduto veramente sai? Veramente pensavo che potessi amarmi, che non fosse solo un illusione, che tutto questo fosse vero e puro, al disopra del tangibile. Ma come hai detto tu, sono solo una donna che non capisce niente.

Uscii di corsa singhiozzando, andando a scontrarmi contro Saito, non mi importò che avesse assistito alla mia caduta, non mi importava più niente.

Mi rifugiai nella nostra camera da letto, il luogo dove avevo consumato con mio marito l'amore che credevo fosse da parte di entrambi.

Mi sdraiai sul futon dalla parte di Souji che conservava il suo odore di sandalo, muschio, pioggia e sudore, un concentrato tutto al maschile, che non avrei mai più sentito.

Dopo qualche ora, in cui Sano quasi buttò giù gli shoji per la tanta insistenza nel volere che uscissi, presi i miei indumenti e radunai i miei oggetti da toletta.

Me ne sarei andata.

Sarei tornata a casa da mio padre, che mi avrebbe accolta con un sorriso e mi avrebbe offerto una tazza del mio tè preferito.

Con sguardo altero e severo, lo sguardo di una nobile, che nel lungo periodo in cui ero rimasta lì non avevo mai usato, entrai nella sala del consiglio.

 

Erano tutti lì, compreso Souji, con qualche livido, e un occhio arrossato, sembrava essere appena uscito da una scazzottata con in fiocchi.

Non diedi segno di averlo notato e parlai con voce chiara e limpida, il tono intransigente del comando, che fin da piccolina mi avevano abituata ad usare:

-Vicecomandante Hijikata Toshizo, vi chiedo di accettare la mia sospensione dal servizio di medico di base in data da destinarsi e …

-Non puoi andartene Naomi.

-Non interrompermi Heisuke … ti prego.

-Ma non …

-Heisuke non insistere, Naomi avrà le sue buone ragioni.

-Grazie Saito, stavo dicendo.. cosa stavo dicendo? Ah, sì ...chiedo il permesso di abbandonarvi a voi stesso, Hijikata.

Lo vidi abbassare gli occhi per pensare velocemente a una situazione favorevole per entrambi, ma sapevo che non c'era, neanche il grande Hijikata poteva impedirmi di non vedere mai più la faccia di Souji.

-Ti prego, ti imploro … non andartene, non troveremo mai un medico bravo, intuitivo e capace quanto te, resta, per gli uomini feriti che ripongono la loro vita nelle tue mani.

Ma evidentemente mi sbagliavo.

Aveva trovato l'unica pecca nel mio perfetto ragionamento … abbandonare quelle povere anime della Shinsengumi, che senza di me ormai sarebbero quasi tutte morte.

Non potevo farlo, la mia sensibilità di medico non me lo permetteva, così decisi di arrivare a un compromesso nel compromesso:

-Solo a patto di non dover alloggiare più qui, ma venire ogni mattina.

-E' pericoloso Naomi, con la gente che c'è in giro: rivoltosi, Ishin Shishi... brutta gente, meglio di no.

-Non devi preoccuparti per me Sano, ho le mie fedeli ombre, e poi non ho mai avuto attacchi ... a parte uno. Non è il caso di allarmarsi tanto.

-Vorrà dire, che ti verrò a prendere ogni mattina, per esserne sicuro. Fammi sto favore … non riuscirei a dormire la notte se succedesse qualcosa a alla più bella signorina di Tokyo.

Completò la frase in tono scherzoso, facendomi sorridere, Sano riusciva sempre ad essere di un allegra e simpatia contagiose, in ogni occasione.

Si sentì in ringhio basso provenire dalla zona in cui era seduto Souji, ma a lui che importava? Dopo tutto quello che mi aveva detto, non doveva neanche pensare di avere qualche pretesto su di me.

Sarei morta piuttosto che perdonarlo, piuttosto che dimenticare tutto quello che mi aveva detto solo perché avevo agito per il suo bene.

Era un'egoista megalomane e per me, poteva anche crepare davanti ai miei occhi, non mi sarebbe importato.

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Capitolo 6
*** Dolore e separazioni ***


                                                                              Dolore e Separazioni



























Stavo passeggiando nei giardini della mia villa, lo splendido sole che quella mattina aveva accompagnato il mio risveglio brillava più che mai, ed ormai era ora che Sano, come ogni mattina da tre settimane a questa parte, venisse a prendermi, per scortarmi fino al quartier generale.

La sera prima, avevo ripensato molto a quello che era successo tra me e Souji: nel mio cuore sentivo che l'amore per lui non era mai diminuito, e non sarebbe mai cambiato anche dopo tutte le cose crudeli che mi aveva detto, ma non ero intenzionata a perdonarlo, il mio orgoglio non ce la faceva.

E lo odiavo, lo odiavo profondamente perché continuava ad andare in missione nonostante avessi detto che era malato, che gli serviva riposo. Non ascoltava neppure Hijikata.

Svariate volte Sano e Shinpachi lo avevano portato da me per curare le ferite, a patto che non parlasse, e ogni volta che lo guardavo, notavo che il viso diventava sempre più pallido e quando tossiva sputava sangue.

Quando ero al quartier generale, sentivo un clima di tensione onnipresente. Il Trio Comico, lo teneva lontano da me, appostandosi davanti alla mia porta per sorvegliare la mia pace e impedire al “soggetto sgradito” di entrare.

Questo lo sapevo perché avevo sentito spesso Sano alzare la voce contro Souji che voleva entrare.

Si erano sentite minacce di morte e mutilazione, insulti (che una signorina come me non avrebbe neanche dovuto credere che potessero esistere), scontri.

Ero molto grata a Sano, ma mi chiedevo quanto ancora avrei resistito a non parlargli e non vederlo quasi.

Sentii il rumore classico di chi bussava con forza e urgenza al portone, così andai ad aprire di persona certa di trovarmi il sorriso contagioso di Harada.

Ma invece quando aprii, mi trovai davanti il viso di un soldato tutto trafelato, con l'haori della Shinsengumi sporco di sangue:

-Kizoku-dono, presto dovete venire con me il comandante Okita è stato gravemente ferito e non sappiamo cosa fare.

Mi sentì morire, senza badare alle apparenze corsi per tutta Tokyo con il soldato affianco, e il cuore in gola. Souji aveva bisogno di me e non potevo lasciarlo morire.

 

Arrivai nel cortile interno con i polmoni in fiamme, fermandomi di scatto, senza accorgermi che avevo fatto uno strappo sul kimono.

Veloce corsi dentro all'infermeria, che in quell'anno e mezzo avevo arredato personalmente, e trovai i capitani tutti riuniti intorno al corpo esanime di Souji.

Mi avvicinai cauta per poi mandarli tutti fuori, avevo bisogno di concentrazione. Grazie alla parete sottile dell'infermeria, sentii che il vicecomandante aveva mandato tutti i ragazzi a cercare il responsabile, una tremenda caccia all'uomo.

Tolsi il kimono rimanendo con il sotto kimono bianco, mi legai i capelli in una treccia stretta, mettendomi un fazzoletto bianco intorno alla testa e mi lavai con cura le mani in una ciotola, poi esaminai la situazione: aveva una profonda ferita da katana sul fianco destro, da cui usciva copioso il sangue, spandendo nell'aria un odore sgradevole, con un sospiro mi misi all'opera.

Lo spogliai con gentilezza, accarezzandolo delicatamente con la punta delle dita, cercando di fare meno danni possibili, presi un coltello e tagliai tutto, liberandolo definitivamente dai vestiti.

Il corpo nudo era per metà ricoperto di sangue così dovetti pulire la zona della ferita per vederci più chiaramente e, preparato ago e filo, iniziai a ricucire con estrema precisione di due lembi di pelle che si esano separati, per fortuna non c'erano emorragie interne e potevo procedere con un operazione meno invasiva.

Il taglio era lungo una trentina di centimetri e profondo circa due e mezzo quasi tre, la fatica fu non interrompersi mai, usando punti che permettevano alla pelle di cicatrizzarsi il più velocemente possibile, contando anche l'aspetto estetico.

Quando finii ero esausta … mi tremavano le mani e sentivo che stava salendo la nausea.

Coprendolo con un telo, aprii per fare circolare l'aria almeno per un paio di minuti, in cui nel frattempo mi lavai le mani e tolsi il gi e gli hakama stracciati al mio paziente, per poi richiudere subito.

Lavai il corpo di Souji coperto di sangue secco con grande cura, per poi infilargli un sotto kimono maschile che avevo trovato di ricambio davanti alla porta, fatto questo mi cambiai anch'io, trovando gli abiti nello scaffale dei medicinali, per poi sedermi accanto a lui.

Anche non volendo, mi persi nell'osservarlo: l'avevo ripulito da cima a fondo e adesso la ferita non aveva un aspetto così spaventoso, il viso era teso e sofferente ma almeno non perdeva più sangue.

Senza riuscire a trattenermi mi avvicinai per accarezzargli dolcemente i muscoli forti e scattanti del petto e delle braccia. Mi dicevo che era solo un modo per rilassarlo, che non provavo niente a quel contatto, che non lo facevo anche perché mi mancava sentire la consistenza del suo corpo sotto le mie dita, che semplicemente non provavo nulla, non avevo un uragano nel cuore.

Spinta, da non saprei quale impulso, iniziai a cantare, con le lacrime agli occhi, una nenia per rassicurarlo ... parlava di un amore che non si sarebbe mai spento, che sarebbe rimasto per sempre intatto e avrebbe resistito alle intemperie della vita.

Dopo un tempo indeterminato mi riscossi e uscii per prendere una boccata d'aria ma mi trovai Saito davanti:

-Non lo dimenticherai. Non ci riuscirai mai, tu lo sai questo vero?

-Lo so, anche se mio marito ama più la spada che me. Non importa con quanta devozione e quanto amore riempirò le sue giornate … Souji non sarà mai contento fino in fondo. Non mi ama abbastanza da rinunciare a tutto … per me e per una famiglia futura, anche se non ci fosse la tubercolosi.

Non avevamo mai parlato molto io e Saito, ma sentivo che poteva capirmi, e che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.

-L'uomo contro cui Souji si è scontrato si chiama Himura Battousai, è un hitokiri degli Ishin Shishi, credevo lo volessi sapere.

-Grazie .. dell'informazione.

Un alito di vento si alzò intorno a noi, sollevandomi i capelli e muovendo le foglie del cortile, gli occhi di Saito si ammorbidirono:

-Per Souji … cos'hai intenzione di fare? Tu lo sai vero, che in queste settimane non ha fatto altro che cercare un momento per parlarti … ma, a quanto sembra, hai dei bravi cani da guardia.

-Lo so … Sanosuke fa il possibile … io non me la sento più di stargli vicino. Mi sto distruggendo … ho bisogno di dimenticare e per farlo devo dire addio al mio ruolo di medico, ma non credo che questo per te sia un problema, vero Saito?

Cercai di fare una piccola battuta per porre fine alle domande. Ma ...

-E Souji?

… sapevo che non avrebbe mollato, era un vero Lupo di Mibu.

-Dovresti farmi il favore di dirgli che non mi cerchi più, ha totale libertà in quanto vincoli del matrimonio e, se puoi, digli che deve stare a riposo. Per la ferita verrà un mio amico medico a togliere i punti.

Speravo di aver chiuso così mi girai per andare, quando venni interrotta di nuovo da una domanda secca.

-Tutto cui?

-Digli che … che … che …. non … non lo amo più.

Sempre voltata di spalle sentii la sua risposta, e fui quasi con certa che sul viso aleggiasse l'ombra di un sorriso.

-E' la bugia più grossa che abbia sentito in vita mia … ma cercherò di renderla convincente.

Misi tutto nelle sue mani, per poi scrivere una lettera a Sano e agli altri, riprendere contegno e andare a casa. Dicendo addio alla Shinsengumi.

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Capitolo 7
*** Mariti persi e ritrovati ***


                                                                                           Mariti persi e ritrovati


























Non contavo più i giorni che passavano, ero morta dentro, mi mancava tutto di lui.

Ormai non ricordavo per cosa ci eravamo lasciati, ogni volta che chiudevo gli occhi mi veniva in mente la sua figura, sdraiata incosciente sul futon, ad un addio che realmente non c'era stato.

Piangevo e piangevo ricordando i bei momenti passati insieme: il suo primo regalo, il suo primo “ti amo”, la prima volta insieme, le scampagnate e sopratutto … il mio desiderio di essere madre, madre di un bambino dai capelli neri e gli occhi color giada.

Mio padre, il mio povero adorato padre, ormai aveva rinunciato a chiedermi di consumare i pasti insieme, non volevo vedere nessuno … solo Souji, ma lui non sarebbe mai tornato da me, lui amava troppo la sua spada, la sua vita da samurai.

Non credevo che l'amore non ricambiato potesse fare così male.

 

Non seppi dove trovai la forza di reagire, ma in qualche modo ripresi a magiare un poco e uscire nel grande giardino zen, arredato quando ero piccola con mia madre, prendendo il sole di giugno, che faceva tanto bene alla pelle, sperando che, anche senza raccomandazione, lo facesse anche lui.

Sapevo che era stupido cercare di evitare di pensare al suo nome e pronunciarlo, ma mi illudevo che così sarebbe passato tutto più in fretta.

Non ce la facevo più a soffrire.

 

 

Era arrivata l'estate piena, la fioritura del mio giardino aveva lasciato delle bellissime e succose ciliege, che avevo inviato per conto di altri alla Shinsengumi con un biglietto.

Alla fine non ero riuscita a tagliare i ponti con loro: Sano mi veniva a trovare praticamente ogni giorno, Heisuke spesso si fermava a casa per riposare data la particolare gentilezza di una delle mie domestiche, persino Saito passava a controllare quando era di turno, mentre Shinpachi si faceva sempre ricucire, non fidandosi del medico che avevo mandato al quartier generale. Inoltre il vicecomandante Hijikata ogni fine settimana veniva a farmi visita.

L'unico che non si era mai fatto vedere in giro era stato lui, per mia fortuna ma Shinpachi e il suo poco tatto mi informavano sempre di cosa stava facendo.

 

Mentre ero sdraiata sul prato che emanava un forte profumo di erba appena tagliata e rugiada, sentii arrivare, come da programma, Sano che doveva portarmi a fare un giro in città … il primo da quando avevo lasciato lui.

-Sano, Sano entra pure … cos'è questa confusione.

Sentii come dei corpi che cadevano … Sano avrà sicuramente urtato qualcosa … ma quando mi girai verso l'entrata del giardino la persona che vidi … decisamente non era Sanosuke Harada.

Con i capelli neri che si muovevano al vento, il viso deciso e la spada sguainata LUI era arrivato.

Non sapevo se avere paura o meno. Ero sicura che non mi avrebbe mai fatto del male, o almeno prima ero sicura del fatto che mi amasse troppo per farmi del male … ma non abbastanza per lasc ... basta!

-Cosa ci fai tu qui. In casa mia.

Cercai di usare il tono più seccato del mio repertorio ma la gioia nel rivederlo era troppo grande. Finalmente potevo appurare con i miei occhi che stava bene.

-Sono venuto qui per riprendermi la mia reticente sposa.

Deciso e tagliente, non gli avevo mai sentito quel tono.

Mosse un passo verso di me e, sebbene fossimo lontani l'uno dall'altra, feci un passo indietro.

Vidi i suoi occhi assottigliarsi, per poi sorridere seducente:

-Non puoi più scapparmi tesoro, finalmente ti posso rivedere senza dover sottostare agli ordini di Harada, Todou e Nagakura. Non puoi immaginare quanto siano stati irritanti in questi ultimi mesi. -Gli occhi si fecero più luminosi, mentre il sorriso seducente si trasformava in uno mesto.- Mi costringevano a stare lontano da te, non mi consentivano di vederti dicendo che ti avrei solo fatto male. Io ... fare del male alla cosa più importante della mia vita, alla persona che mi ha permesso di vedere il mondo con occhi nuovi … io non ti farò MAI del male.

-Me lo hai già fatto. ALLONTANATI!

-No … non posso, Saito mi ha detto che non mi ami più … ma io non ci credo … è impossibile.

Il suo volto era sfigurato dall'incredulità e dall'assoluta convinzione, mentre citava le parole che avevo chiesto a Saito di ripetere.

-Credici invece. Non provo più niente per te.

Cercai di modulare la mia voce per rendere quello che dicevo il più convincente possibile, ma sapevo di non esserlo abbastanza, non con lui.

-NO! Reagisci alla mia presenza, ti ecciti solo a guardarmi. E poi, se non mi ami più, perché tutti si sono impegnati tanto a tenermi lontano da te? Mi hanno obbligato a vederti solo da lontano senza mai poterti parlare, mi hanno costretto alle missioni più lontane possibili da questa casa e con me veniva sempre qualcun altro, per controllare.

Sbattei gli occhi stupita dal suo tono disperato per poi fare un sorriso dolce, mi considerano veramente come una sorellina da proteggere.

-Come se questo fosse bastato per fermarmi.

Alle sue parole mi ghiacciai, non riuscii a muovermi mentre faceva un altro passo verso di me. Cosa intendeva dire con quella frase, che volesse …

-Ho sempre vegliato su di te, sul tuo sonno … in modo che potesse essere sereno.

Non ti sei mai accorta della mia presenza ma io c'ero.

La sua espressione era dolce ma rigida, come se avesse preso una decisione importante. Ma non capivo cosa intendesse.

Come aveva fatto a vegliare il mio sonno se era sempre in missione e con la malattia che avanzava.

Lo vidi stringere più saldamente la katana e allora notai che aveva girato la lama in modo da non uccidere le guardie all'ingresso. Adesso era abbastanza vicino da distinguere bene il colore dei suoi occhi, più chiaro del solito, mentre il viso aveva assunto un espressione dolce e gentile.

Uguale a quella dei nostri primi tempi insieme.

Ma io non volevo più soffrire, credendo di poterlo prendere di sorpresa mi voltai di scatto per scappare dalla porta secondaria.

Non avevo neanche fatto un metro che mi sentì afferrare per la vita, per poi essere abbracciata da dietro, stretta al suo corpo caldo e solido che mi era mancato così tanto.

Il suo profumo di sandalo, muschio e pioggia mi fece sentire subito a casa ma resistetti alla tentazione di strofinarmi su di lui e abbracciarlo a mia volta.

Così provai a dimenarmi, ma ad ogni mio movimento la presa si rafforzava, senza però mai farmi male.

Presto il mio corpo fu stretto in una morsa e allora mi fermai, alzando lo sguardo.

Il suo viso era così soddisfatto e … innamorato, che scoppiai a piangere, accoccolandomi meglio contro di lui cercando calore, quel calore che avrebbe spazzato via il gelo della morte che sentivo nel cuore.

Piansi, piansi fino a non avere più lacrime, piansi di rabbia, sollievo, tradimento sconforto, amore.

Amavo Souji e non sarebbero bastati cento anni per dimenticare.

-Perché mi fai questo? Perché? Tu non mi ami Souji … o forse mi ami, ma mai abbastanza da preferirmi alla tua katana. Io sono solo un peso per te … sono solo una “sciocca donna”. Vai via, non venire mai più. Dimenticami come io ho dimenticato te.

-E, sentiamo, come mi avresti dimenticato? Piangendo di notte e restando sdraiata a guardare il cielo notturno che ti ricorda i miei occhi? Cercando di sorridere a tuo padre? Ridendo con Sano e gli altri? Addormentandoti solo quando senti la mia presenza la notte? Intendi questo allora? Non ti sei mai accorta di riuscire a dormire solo dopo un certo orario a notte fonda?

Il viso di Souji era stravolto in un espressione di sofferenza come se provasse a spiegare senza trovare le parole, come se per lui fosse tutto così chiaro ma gli altri invece non capissero. Mi sembrò addirittura che i suoi occhi si fossero inumiditi, diventando di un blu ancora più brillante.

-Sì, e allora che centra?

-Centra perché ti addormentavi quando sentivi la mia presenza.

-Non è vero.

-Sì invece.

-Dimostramelo.

Il suo sorriso soddisfatto, mi fece capire che non stava aspettando altro che quella parola per dare il colpo finale:

-Benissimo … l'altra sera eri vestita con un sotto kimono rosa pallido, ti sei pettinata i capelli fino a tarda notte guardando le stelle e leggendo un libro. Poi sei andata a letto e hai mormorato una parola, una sola. E questo lo so perché ogni sera vengo a vedere come stai, di giorno non mi fanno neanche avvicinare ma la notte … nessuno mi può impedirmi di vederti.

Ero scioccata: il discorso di Souji reggeva. E mi stavo arrabbiando, una rabbia sorda e cieca alle sue parole.

-TU NON MI AMI E IO NON AMO TE! Tornatene al quartier generale … alla tua vita da samurai. Alla Shinsengumi.

Urlandolo quasi sconvolta, cercai di scostarmi, pentendomi profondamente di essermi lasciata andare al pianto, un gesto di liberazione che non era ammesso in una situazione del genere.

-Non provare neanche ad allontanarti da me, Naomi.

La sua voce era categorica quasi mi avesse dato un ordine, e non lo potevo sopportare. Non aveva il diritto di venire qui e credere di poter comandare.

-Non dirmi quello che devo fare … non sei nessuno per me!

Niente di più falso, ma cosa potevo fare?

Tornare da lui ... dimenticando le offese, dimenticando che avrebbe sempre anteposto la Shinsengumi a me, dimenticando che non mi rispettava come persona … e per cosa? … tornare a soffrire per ogni volta che va in missione pur essendo malato, ricucire sempre le sue ferite quando invece desidero avere una famiglia tutta mia?

L'amore che provavo per lui era profondo, ma sarebbe stato meglio per entrambi separarsi … avrei conservato il suo ricordo e sarei andata avanti … mentre lui avrebbe continuato a combattere per essere sempre il più forte e difendere quello che la Shinsengumi rappresentava.

Eravamo troppo diversi … siamo ancora troppo diversi e questa diversità a lungo andare ci avrebbe distrutti.

Mi voltai verso di lui decisa più che mai a “voltare pagina”, come dicevano gli occidentali, e ricominciare.

-Souji è meglio per entrambi che ci separiamo. Tu tornerai alla Shinsengumi mentre io lavorerò come medico e mi costruirò una famiglia e …

-Forse non hai capito o sei troppo testarda per vedere quello che ti accade davanti agli occhi. Sono stato … malissimo quando mi hai lasciato, per averti detto quelle cose e ho cercato in tutti i modi di chiarirmi. Poi, quando mi hai curato, mi sono svegliato con il tuo profumo nelle narici e Hajime mi ha detto che non mi amavi più, allora volevo solo correre da te … per farti capire che ti sbagliavi. Ma sembrava quasi che gli altri capitani avessero ordito una congiura per tenermi lontano da te.

E, secondo te, perché alla fine non ci sono riusciti?

Perché ti amo troppo è questo il fatto, ti amo … ti amo e nessuno potrà mai tenermi lontano da te, nessuno … ne la Shinsengumi, ne la malattia … nemmeno tu, perché infondo al cuore sai di non poter vivere felicemente senza di me … tu lo sai che non ci riuscirai mai.

Come io non potrò senza di te … non sono stato in grado di farti capire che ti amo più della mia vita da samurai, più della Shinsengumi, più della katana. Non ci sarà mai niente di importante quanto te … e le mie parole erano solo lo specchio della frustrazione e del dolore che mi obbligherà a lasciarti sola per sempre, molto prima di quanto avessi programmato.

Me ne andrò, e tu rimarrai sola senza di me … mentre adesso ancora riesco a guardati sempre le spalle assicurandomi che tu sia serena … dopo non potrò più farlo. Non sarò più il tuo angelo protettore.

Le ultime parole del suo passionale discorso mi fecero male. Era vero, tra qualche anno la malattia l'avrebbe consumato, distrutto. Non ci sarebbe più, per allora … come avrei fatto?

-Adesso non ci devi pensare amore … Naomi, torna da me … non mi lasciare mai più.

Il mio viso bagnato dalle lacrime era sepolto nel suo petto, mentre con voce intima e seducente mi sussurrava all'orecchio le parole che desideravo sentire.

Capitolai ... ero troppo innamorata, anche se sapevo di prolungare la mia agonia ... volevo vivere insieme gli ultimi anni che gli rimanevano, amandolo il più possibile.

-Oh Souji … ti amo, ti amo, TI AMO. Credevo di poter andare avanti ma … perdonami di averti lasciato … fatto star male … oh, Souji … mi sei mancato tanto.

Ci baciammo, un bacio dolce e desideroso.

Finalmente dopo tanto potevo toccare di nuovo le labbra di Souji con le mie. Mi era mancata la sensazione di felicità assoluta che provavo per quel gesto intimo. Cercai di allontanarmi per riprendere fiato quando venni coinvolta nel bacio più erotico di tutta la mia vita … Souji in questo campo ci sapeva fare molto bene.

-E' finito il mio allontanamento da te, e finalmente potrò riempire di botte Sano.

-E' stato molto protettivo come me, mi ha aiutata.

-Ci ha condannati a mesi di tristezza inutili, quantomeno una scazzottata.

-Perderesti!

-Sì … ma almeno posso togliermi lo sfizio, no?

Ridemmo entrambi come non ci capitava da tempo ma l'improvvisa tosse di Souji, ci costrinse ad andare in casa, per fargli prendere delle medicine.

Poi, dopo esserci coccolati a vicenda, mi unii al mio impaziente e passionale marito … ritrovato!

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Capitolo 8
*** La vedova e il Lupo di Mibu ***


                                                                      La vedova ed il lupo di Mibu



























Quando arrivammo davanti all'entrata del quartier generale della Shinsengumi trovammo Sano che ci aspettava appoggiato ad un palo con le braccia conserte.

Gli arrivai davanti e, siccome ero molto piccola di statura rispetto a lui, dovetti quasi arrampicarmi per potergli dare un bacio e mormorargli:

-Ti ringrazio per quello che hai fatto, per me.

-Dovere Naomi.

-Sei una delle pochissime persone su cui posso contare veramente.

-Lo so … per questo ci sarò sempre.

Rimanemmo abbracciati fin quando non venimmo interrotti da un brusco tossicchiare per richiamare l'attenzione, Souji aveva la faccia livida per la gelosia:

-Credo che tu abbia fatto abbastanza, Harada.

-Mi preoccuperò sempre per lei, Okita.

-E di questo ti sarò grato.

-Ragazzi perché non andiamo a salutare tutti?

Ci avviammo e dopo aver salutato tutti in lunghi e, poco credibili, addii, tornammo a casa accompagnati da Saito che, stranamente, doveva fare visita ad una donna.

Davanti al portone dei Kizoku ci dividemmo, lasciando che Saito andasse ad incontrare la misteriosa Tokio, ed entrammo in casa. Dopo aver spiegato la situazione al mio caro vecchio padre, feci portare le cose di Souji nella mia stanza, che da quel momento in poi sarebbe stata la nostra.

Ci amammo di nuovo quella sera e fu incredibilmente dolce con me, ma quasi di comune accordo decidemmo di non avere mai figli, con la sua malattia non si poteva sapere come sarebbe nato il bambino.

 

 

Da quel giorno Souji visse come me, ci furono periodi bui dove la malattia sembrava avanzare molto velocemente mentre altri dove sembrava quasi volesse risparmiarlo, migliorando le sue condizioni e rendendo meno pallido il suo aspetto.

Ma, per quanti ricordi belli avessi raccolto in quei periodi, la sua morte mi distrusse completamente.

Volevo morire anch'io, ma non potevo farlo … mi aveva costretto a promette che sarei dovuta andare avanti per entrambi, che avrei dovuto sorridere sempre alla vita, che avrei dovuto ricordare solo le cose belle.

Mi ha obbligata a non perdere mai il sorriso, altrimenti … in un qualche modo sarebbe venuto a saperlo e non mi avrebbe mai perdonata.

Per questo nonostante il dolore del lutto, la perdita incolmabile che porto nel cuore, nonostante la tristezza, la pena che sono costretta a provare ogni singolo giorno dalla sua morte, vado avanti e sorrido, sorrido più che posso.

In questo modo rispetto il suo volere anche se … alle volte … vorrei morire, morire per andare da lui. Per questo il legame tra me e Souji è al di la della morte”

 

Con le lacrime agli occhi Naomi finì il suo racconto mentre Kaoru la guardava in silenzio, piangendo apertamente. “Il destino non è stato corretto con Naomi, non sarebbe dovuta finire così!”

-Kaoru-san? Scusa ... mi dispiace … ti ho riempito di particolari che magari non ti interessavano, ma Souji ...

La voce di Naomi tremava così tanto, che la ragazza fece molta fatica a comprendere quello che le veniva detto.

Non resistette, così si avvicinò alla triste ragazza dal viso corrotto dalle lacrime, per poi abbracciarla stretta a se infondendole calore, con la frangia che le oscurava gli espressivi occhi azzurri pieni di lacrime.

Kaoru era stupita dalle emozioni della donna, non riusciva a capire come potesse trattenersi mentre quello che aveva raccontato era così triste da far scoppiare il cuore.

-Avevi bisogno di affetto e di qualcuno con cui sfogarti … e io sono qui a tua completa disposizione. Hai fatto benissimo.

Naomi le fece un sorriso caldo e sincero, per poi prendere un altro piccolo sorso di tè, fece per parlare quando vennero interrotte dalla voce di Kenshin che annunciava il suo arrivo e quello di Saito.

-Sessha ve lo ha portato Naomi-dono. Saito Hajime in carne ed ossa.

Con un sorriso caldo Naomi ringraziò Kenshin mentre si prendeva qualche momento per ricordare il viso più giovane del nuovo arrivato e analizzare le differenze:

-Saito … quanto tempo!

-Sei anni dalla scomparsa di Souji. Come stai?

-Sto bene, o meglio come una vedova che non ha superato il lutto.

Con la coda dell'occhio il Lupo di Mibu notò che sia Himura che la proprietaria del dojo, erano usciti dalla stanza permettendo loro di parlare con calma, ricordando i vecchi tempi.

-Sano e Rika?

-Hanno avuto il loro terzo figlio, un maschio in salute.

-E si chiama?

-Lo sai anche tu come si chiama, hanno deciso di dare ai figli il nome di alcuni capitani degli squadroni e il terzo sei tu perciò … Harada Hajime.

-Strano come nome.

-Sano è contento così.

Con un'alzata di spalle la ragazza rispose mentre sentiva gli occhi di Saito analizzarla:

-Shinpachi, Heisuke, Hijikata?

-Shinpachi è in giro per il Giappone ma ogni tanto passa a trovarmi, Heisuke si è trasferito con la mia domestica a Osaka, ma ogni mese mi viene a trovare con la figlia, mentre Hijikata ha un importante ruolo nell'esercito … come te.

Alla notizie che tutti i suoi vecchi compagni stavano bene si rilassò, per poi farsi venire un dubbio:

-Come mai sei passata Naomi?

La ragazza si mise seduta tranquilla per chiedere:

-Mi è venuta la curiosità di sapere il significato di una frase che ripeteva spesso Souji e di come tu gli “avessi schiarito le idee”.

Il sorriso furbo che comparve sul volto del ex membro della Shinsengumi le fece già intuire la risposta che le avrebbe dato.

-E' un segreto.

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Capitolo 9
*** Quando il lupo perde il pelo ma non il vizio ***


                                                    Quando il Lupo perde il pelo ma non il vizio


























Un alito di vento primaverile scompigliò i lunghi capelli color rame di Kenshin. In una posa rilassata, ma sempre vigile e combattiva, il ragazzo era nascosto nell'angolo più remoto del giardino, il viso era neutro mentre pensava al significato di quello che gli aveva raccontato Saito su Okita Souji.

 

Mezz'ora prima ….

 

Percorse lentamente la strada semi deserta che conduceva alla stazione di polizia, avrebbe fatto tutto con molta calma per permettere a Kaoru-dono di legare con la loro ospite. Dal viso teso, ma sempre sorridente, di Naomi-dono, aveva capito che la donna aveva bisogno di parlare e confidare a qualcuno cosa le era successo.

Il fatto che fosse la vedova di Okita Souji, un uomo con cui aveva combattuto durante il Bakumatsu, rendeva la situazione molto strana.

Arrivò davanti alla stazione di polizia fatta, diversamente dalle altre costruzioni di Tokyo, in mattoni rosso scuro. Lì, appostate di guardia, c'erano delle sentinelle semi dormienti sebbene fosse pomeriggio, ma non poteva dire nulla … con il caldo veniva sempre da dormire.

Entrò con passo silenzioso per non disturbarle e, percorsi una decina di metri, si trovò davanti al viso stupito del commissario di polizia Uramura.

-Himura-san cosa vi ha portato fin qui? Avete bisogno di qualcosa?

-Salve Uramura-dono, dovrei vedere Goro Fujita, affari importanti.

-Sì subito, venite vi accompagno da lui.

Kenshin sorrise alla disponibilità di quell'uomo e al fatto di non sapere che avevano un ex comandante della Shinsengumi nella stazione che loro credevano invincibile.

Entrò mentre l'odore di sudore e povere da sparo gli arrivò subito alle narici, facendogli impiegare qualche momento per abituarsi all'odore sgradevole.

Seguì il commissario fino ad una porta di legno di mogano dove Uramura bussò, producendo un suono cupo, e facendogli spazio quando si sentì provenire dall'interno una voce seccata che diceva: -Avanti.

Con un cenno, Kenshin allontanò il commissario per poi entrare, trovando Saito in piedi davanti alla finestra, che fumava una delle sue solite sigarette.

-Himura cosa sei venuto a fare qui? Magari ti sei deciso a completare il nostro duello interrotto tempo fa?

Con una voce decisa che non ammetteva repliche Kenshin disse:

-Saito, devi venire al dojo, subito.

Saito si girò stupito del tono della voce del suo vecchio nemico, gli occhi di Battousai erano di un violetto deciso, che gli fece sorgere improvvisamente una domanda.

-Himura, chi c'è al dojo?

-Una tua vecchia conoscenza.

-E …

-Ti vuole vedere, deve essere urgente a giudicare dal suo viso teso.

-Chi è?

I lineamenti di Saito erano sempre più contratti non gli piacevano le sorprese, e non ricordava nessuno che potesse sapere dove era adesso e che nome usava.

-La vedova di Okita Souji-dono.

Saito si paralizzò improvvisamente … lei, lei qui! Non doveva fare viaggi inopportuni era sempre stata troppo poco attenta, sarebbe potuto succederle qualsiasi cosa. Dentro sentiva una grande agitazione ma, dei suoi pensieri, il viso gli non fece specchio, conservando un espressione neutrale e un tono incolore per dire:

-Naomi Kizoku. È da tanto che non la vedo …

-Verrai con me al dojo?

E, a dispetto di quello che pensava Kenshin, Saito prese la sua giacca da poliziotto e lo precedette, dando prova di essere anche lui un essere umano.

 

Camminavano in silenzio uno affianco all'altro ma sempre distanti, Kenshin ogni tanto gettava lo sguardo sullo Shinsengumi, domandandosi che legame avesse con Naomi-dono, mentre Saito non sembrava di aver notato gli sguardi che il rosso gli lanciava, quando all'improvviso disse:

-Sono stato lo spettatore della furia di Souji in due dei momenti più brutti della sua vita, per questo sono sorpreso del viaggio di Naomi. Okita le avrà fatto promettere di non viaggiare mai dopo la sua morte, non è da lei non rispettare un patto.

Kenshin, con un espressione confusa in volto, approfittò dell'inaspettata voglia di parlare di Saito per domandare:

-Come … spettatore?

Saito ancora non rispose per dire invece con un sorriso irrisorio:

-Sai … la loro situazione e quella tra te e la tanuki si somigliano in un certo senso.

Kenshin perse un battito, mentre, con un espressione confusa, cercò di non far trasparire quello che gli passava per la testa.

Dopotutto non pensava che il suo amore per Kaoru fosse così evidente, nessuno tranne Sano se ne era accorto.

Ma Saito con la sua perspicacia poco gradita aveva capito, e questo poteva essere un problema dato il suo rapporto poco chiaro con l'ex capitano.

-Non mi dire che pensavi che non me ne fossi accorto. Visto come la guardi, come la proteggi sempre da qualsiasi cosa, e come ti comporti con lei sarebbe ridicolo pensare il contrario. Anche se non ho ben chiaro come mai non glie lo riveli, sono certo che la tanuki non aspetta altro.- Un sospiro profondo fece uscire dalle labbra severe di Saito una nuvola di fumo, facendo sperare a Kenshin che avesse finito, invano.- Ma non sono affari miei dopotutto, lei è una debolezza che terrò presente quando ci affronteremo per completare il nostro duello.

La voce incolore quando pronunciò quella velata minaccia nei confronti della sua amata Kaoru, gli fece esplodere una scintilla ambra negli occhi violetti. Fu un attimo ... poi scomparve quando il ragazzo riprese il controllo delle sue emozioni.

Ogni volta che qualcosa minacciava Kaoru, lui perdeva l'autocontrollo che aveva sviluppato in quegli anni di vagabondare, per tornare ad essere il freddo Hitokiri Battousai.

Voleva proteggere la fulgida luce che Kaoru rappresentava per lui, ogni volta che si perdeva nei meandri della sua mente, la voce di Kaoru, il suo preoccupato: -Kenshin- lo riportavano indietro. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa.

-Non so cosa tu intenda con questo.

-Sei uguale a Souji per questo.

-Perché sarei uguale ad Okita-dono? Anche lui proteggeva Naomi-dono?

-Sempre e comunque. Ma c'è stata un occasione che l'ha fatto uscire di senno, aveva appena detto delle cose crudeli a Naomi e io ero là. Si erano sposati da poco e Naomi aveva dato, durante la solita riunione degli ufficiali, la notizia che Souji era malato di tubercolosi, me lo ricordo bene.

Saito, con grande confusione e curiosità da parte di Kenshin per voglia di conoscere meglio una pochissime delle persone che aveva tenuto testa al suo Hiten Mitsurugi Ryu, prese a raccontare.

 

Souji era in palestra, per lui quel luogo era l'ideale per schiarire le idee, quando riassettava i suoi pensieri doveva assolutamente restare solo.

Ma Naomi lo aveva seguito per parlargli mentre Hijikata Toshizo, il nostro vicecomandante, aveva incaricato me di vegliare su entrambi.

Ero arrivato cauto, e silenzioso mi ero appartato in un angolo, quando ho sentito Okita parlare a Naomi in tono aspro, dicendole che non sarebbe mai stata in grado di capire cos'era per lui combattere perché era solo una donna.

Aspettai ad entrare, ma quando mi decisi, mi scontrai con la ragazza che usciva in lacrime, per correre via dicendo a Souji, che aveva compreso che non l'aveva mai amata davvero.

Stupido da quelle parole entrai definitivamente, per vedere Okita che, con il viso stravolto dal dolore distruggeva tutta la palestra, tenendo talmente salda la sua katana da sbiancargli la mano.

Per Souji non c'era niente di più doloroso che vedere Naomi in lacrime, la proteggeva sempre da qualsiasi cosa: con accanimento e costanza ... con amore.

-Cos'ho fatto???

La voce di Souji era mutata a tal punto da sembrare inumana, contenente un dolore troppo grande.

Mi decisi a rivelare la mia presenza, facendolo arrabbiare per sfogarsi:

-Sai Okita … Naomi è uscita di qui piangendo, inciampando su di me, devo dire che in lacrime è ancora più bella non trovi? L'ho vista per un attimo, ma i suoi occhi erano enormi e dilatati, di un verde ancora più brillante del solito.

-Cosa vuoi Saito?

Il sospiro demoralizzato che fece Souji, non era da lui. Volevo scuoterlo … ma ci sarebbe stato qualcosa che avrebbe fatto capitolare il ragazzo?

-Lo sai che le hai spezzato il cuore … e cos'hai attenuto? L'infelicità per entrambi. Inoltre adesso andrà di sicuro a farsi consolare da Harada … dopotutto è una donna fragile, magari Sanosuke avrà finalmente la sua occasione.

-Naomi non mi tradirebbe mai.

-Non si può mai sapere dopot....

-BASTA! Non azzardarti a parlare di Naomi in questo modo o ti uccido seduta stante.

-...

Non dissi niente mentre Okita continuava con un espressione rassegnata e gli occhi si facevano lucidi per le lacrime trattenute.

-Lei va protetta e io tra un po' di tempo non sarò più in grado di farlo, questo è vero, ma è MIA … MIA …SOLO MIA … E DI NESSUN ALTRO.

-Ma lei non lo sa.

La rabbia infinita di Souji, divenne chiaramente visibile da ki che emanava.

È veramente “Il figlio del Demone”, feci un passo indietro, quasi non mi accorsi di Souji mentre scattava sbattendomi per terra e piantando la katana a meno di un centimetro dal mio volto. Per sussurrare letale e sibilante:

-Non importa cosa accadrà … io proteggerò Naomi da tutto e da tutti … anche da me stesso e dal dolore della mia morte. Questo è l'unico modo.

-L'hai fatto apposta … anche se sai che non si riprenderà mai … che sarai condannato a provare lo strazio costante della perdita, del fatto di averle causato tu stesso un dolore indicibile.

Il ragazzo non mi rispose, dal suo sguardo adesso non traspariva niente ma sapevo che dentro stava ribollendo.

-Sei uno sciocco, e Naomi non si merita uno come te, sei un uomo Souji. Sono passati i tempi in cui eri solo un ragazzino … adesso hai una moglie e dei doveri.

Ma probabilmente non ti vorrà più vedere, e stai sicuro che sia Sano che Hijikata non ti permetteranno di parlarle.

-NON DIRMI COSE CHE SO GIA'.

Questa volta riuscii miracolosamente a schivare il colpo e mi allontanai il più velocemente possibile dalla minaccia letale del ragazzo.

-Hai bisogno di scaricarti, vero? Colpisci più forte che puoi .. io sono qui che ti aspetto.

Mollò la katana gettandola di lato mentre caricò la velocità sulla gamba destra, per poi assestarmi un colpo allo stomaco. Facendomi sputare sangue.

Iniziammo così il nostro combattimento, ce le demmo reciprocamente di santa ragione.

 

Saito Hajime fece un ghigno mentre ricordò il male che quel ragazzo gli aveva fatto: con Souji non c'era davvero da scherzare … sapeva picchiare bene quasi quanto Sano e Shinpachi.

L'ex Shinsengumi fece poi molta attenzione all'effetto che la storia fece su Battousai

Il rosso sembrava spiazzato e pensieroso così non aggiunse altro.

 

Fino a quando non arrivarono a poca distanza dall'entrata del dojo, così Hajime gli diede il colpo finale.

-Sai Battousai, quando feristi Souji in un combattimento, Naomi si precipitò di corsa, come una qualunque donna innamorata, e lo curò. Quando finì mi pregò di dire a Souji che lei non lo amava più.

Non puoi immaginare la reazione di Souji a quelle parole … per quanto si fosse auto convinto che gli sarebbe bastato vegliarla da lontano mentre lei riprendeva la sua vita, alle mie parole uscì di senno.

Non sembrava più lui. Sapeva che Naomi lo amava ancora e non accettava il fatto che alla fine potesse dimenticarlo.

L'animo umano è complicato non trovi? Si era impegnato tanto a proteggerla dal dolore, ma quando la ragazza aveva fatto il passo per dividersi da lui definitivamente, è impazzito: combatteva come un dannato, trovava qualsiasi occasione per andare a parlarle … sfortunatamente altri capitani si erano impegnati a tenerlo lontano da lei, considerandola una sorellina da difendere. Mai nessuno si era fermato a pensare al dolore infinito di Souji.

-Come è finita?

-Non ha resistito alla lontananza e, anche se non so bene come ... si sono riappacificati.

-Non avrebbe dovuto proteggerla?

-Alla fine a compreso che aveva solo paura di dimostrarsi debole di fronte alla morte e all'abbandonarla in un mondo in cui non avrebbe potuto proteggerla.

-Capisco. Bé meglio andare, Kaoru-dono e Naomi-dono, ci staranno aspettando.

-...Rifletti sulle mie parole Himura Battousai.

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Capitolo 10
*** Dopo tanto amore, ti posso amare davvero ***


                                                            Dopo tanto amore, ti posso amare davvero



























Kenshin cercò di dimenticare le parole di Saito, per ricordare tutte le volte in cui aveva messo in pericolo Kaoru-dono, la paura che provava nel perderla e l'attaccamento che aveva sentito fin dal loro primo incontro.

Si era illuso di riuscire a lasciarla andare se, per colpa del suo passato, l'avesse seriamente messa in pericolo. Ma non era riuscito.

La felicità, la gioia che lo riempivano quando stava insieme a lei, gli rendeva impossibile lasciarla definitivamente per tornare ad essere un rurouni.

Ma aveva tentato ugualmente: con Shishio Makoto era partito solo, per combattere la sua battaglia, ma tutto quello che aveva ottenuto … era stato il viaggio pericoloso fatto da Kaoru-dono per raggiungerlo, mentre lui non ne era al corrente.

In altre occasioni, le rassicurazioni di Kaoru-dono gli avevano fatto dimenticare l'ansia che provava sempre dopo aver combattuto per salvarle la vita. Il presentimento che la volta dopo avrebbe potuto non riuscirci, arrivando troppo tardi … morendo lui stesso come sarebbe morta lei.

Perché Kaoru aveva un animo gentile, spontaneo, e anche un po' ingenuo.

Capace di dare sostegno a chiunque ne avesse bisogno, senza chiedere nulla in cambio. Come aveva fatto con lui.

La sua innocenza andava protetta. Sempre e comunque.

-KENSHIN … KENSHIN!

La voce alzata di ottave di Kaoru-dono lo riscosse, ma in quel momento non era in grado di reggere la sua presenza e gli occhi dalle mille sfumature di blu della ragazza, sembravano riuscire a leggergli qualunque stato d'animo, il che lo rendeva potenzialmente esposto.

Non poteva permettere che Kaoru-dono scoprisse il suo lato possessivo che chiedeva a gran voce di accogliere il calore che gli veniva donato e ricambiare apertamente il suo amore. Si voltò verso di lei, modellando il suo viso in un sorriso naturale e amichevole, mascherando i suoi pensieri.

-Kaoru-dono, come sta Naomi-dono?

-In questo momento sta parlando con Saito-san. Aveva bisogno di sfogarsi, la sua vita è stata veramente triste.

Kenshin le sorrise, comprensivo, domandandosi distrattamente cosa aveva dovuto passare Naomi-dono per avere quello sguardo. Uno sguardo burrascoso e malinconico contenente un dolore troppo grande per essere eliminato.

Ma senza dubbio Kaoru-dono aveva fatto il possibile per far sorridere la vedova.

-Kenshin …

Il sussurro di Kaoru si spense mentre rivolgeva gli occhi al cielo per completare la frase nella sua testa. Non sapeva cosa dire.

Da un po' di tempo non sapeva bene come comportarsi con Kenshin, le sembrava di essere sempre troppo oppressiva nei suoi confronti, non poteva pretendere che il sentimento soffocante che nutriva per lui, fosse reciproco.

Aveva sbagliato con lui, tante troppe volte: interpretando male i segnali, cercando di essere qualcosa di più di una padrona di casa e di un'amica, illudendosi che la loro situazione sarebbe cambiata. “Ormai non c'è più bisogno di illudersi, no?”

-Kaoru-dono, qualcosa vi preoccupa?

La giovane sbatté svariate volte le palpebre per prestare attenzione al ragazzo, che con un espressione preoccupata, le si era avvicinato.

-Nulla Kenshin stavo solo pensando a Okita-san.

Kaoru cercò di sviare anche se, con Kenshin, le era praticamente impossibile mentire.

I lineamenti affilati del ragazzo si fecero sempre più tesi mentre, con voce agitata, le diceva:

-Cosa vi ha raccontato Naomi-dono?

-La sua storia e quella di Okita-san, triste e romantica.

-Sì, Saito ha raccontato a sessha qualche particolare.

La voce di Kenshin si spense mentre vide gli occhi di Kaoru-dono riempirsi di lacrime.

-Il destino non è stato corretto con loro … spero di trovare anche io l'amore profondo come Naomi, per quanto sia stata male … è stata anche una delle donne più felici del mondo.

Il corpo di Kenshin fece un impercettibile sussulto mentre Battousai e il suo spirito risalirono alla superficie appena sentirono quelle parole, desiderando ardentemente stringere a se quel corpicino tremante di lacrime trattenute, per rassicurarla sul fatto che l'aveva trovato, l'amore che tanto declamava.

Ma per fortuna, il ragazzo riprese il controllo delle sue burrascose emozioni, senza far notare a Kaoru il cambiamento.

Un alito di vento gelido scompigliò i capelli della ragazza facendola rabbrividire.

-Kaoru-dono, io credo sia meglio tornare dentro.

-Kenshin … sei sempre così premuroso, ma non devi preoccuparti … ormai dovresti conoscermi abbastanza da sapere che sono di costituzione forte, un po' di arietta fresca non mi spaventa.

Ma io se ti succedesse qualcosa morirei Kaoru.” Kenshin evitò di parlare perché era quella la risposta che sarebbe uscita se avesse aperto bocca.

Stava diventando sempre più difficile non dichiarare a cuore aperto i suoi sentimenti.

-Kaoru-dono, vorrei chiedervi cosa ne pensate se tornassi a vagabondare.

Kaoru sbarrò gli occhi per il terrore, mentre guardò il profilo di Kenshin: l'occhio di un violetto incredibile, i capelli rossi leggermente mossi da vento, e la guancia segnata dalla cicatrice.

Le stava davvero chiedendo cosa ne avrebbe pensato della sua decisione di tornare a vagabondare lontano da lei. Non si era mai neanche lontanamente accorto dei suoi sentimenti, era davvero così stupido?

Kenshin sospirò per poi voltarsi lentamente nella sua direzione con uno sguardo che non riuscì ad identificare, così intenso che i suoi occhi violetti parevano volerla inghiottire. E si domandò come sarebbe stato non averlo più attorno, come sarebbe stato dover rinunciare al suo amore, anche se non ricambiato, non sarebbe riuscita a sopravvivere, non sarebbe stata capace di sopportare la lontananza, decisamente non era forte come Naomi.

-Kaoru-dono respirate, sete pallida in viso. Non vi preoccupare era solo … sessha ha intenzione di restare qui ancora a lungo, se me lo permetterete.

-KENSHIN-BAKA.

L'urlo tra le lacrime di Kaoru, riscosse Kenshin che si girò, giusto in tempo per vederla correre via in direzione del piccolo tempio fatto in onore di suo padre.

Sapeva che quel luogo era fonte di tranquillità e ispirazione per Kaoru-dono, per questo non si era mai permesso di disturbarla quando era lì, quella volta però quando sentì l'impulso di seguirla, non lo respinse ma lo assecondò.

Era stato uno sciocco a chiederle quella cosa stupida, quando l'ultimo dei suoi desideri era lasciare il luminoso abbraccio con cui Kaoru-dono lo avvolgeva ogni volta che tornava a casa.

 

La trovò inginocchiata difronte all'incisione su pietra calcarea, che riportava il mantra del padre “Proteggi coloro che ami”, il viso quasi completamente celato dalle mani, lasciava intravedere un espressione piena di dolore e confusione, che lo destabilizzò profondamente.

Aveva portato tante lacrime durante il Bakumantsu: le mogli, le figlie e i figli delle persone che aveva ucciso, per instaurare una nuova era, avevano pianto la morte dei loro cari.

E adesso, anche mentre cercava di fare ammenda per le vite che aveva spezzato, vedeva il viso dell'unica persona che voleva fare felice, riempito di lacrime a causa sua.

In silenzio le si avvicinò, per poi inginocchiarsi e, impulsivamente, cingerle le spalle con un braccio.

Volendo rallentare il flusso di lacrime, la fece accoccolare contro il suo petto solido e plasmato da anni di allenamento e pratica.

Con una dolcezza che le bloccò il respiro in gola, passò lentamente le dita lungo tutto il suo fianco delicatamente, per tranquillizzarla. Cercando di ricordarsi che non doveva provare niente, tranne al desiderio di farla smettere di piangere.

Ma gli era impossibile.

La figura di Kaoru era rannicchiata dolcemente su di lui: le labbra rosa chiaro leggermente aperte a far uscire piccoli singhiozzi, la rendevano fragile e bisognosa d'amore come una bambina. Mentre gli occhi si illanguidivano somigliando a un mare azzurro brillante, che lo incantavano, rendendolo incapace di pensare ad altro se non posare le sue labbra su quelle morbide di lei.

Ma non poteva, non doveva farlo.

Kaoru non si meritava un uomo pieno di colpe, con le mani macchiate di sangue come lui, circondato dai fantasmi del passato che chiedevano vendetta.

Però era consapevole, che Kaoru era diventata la sua cura: certe notti, quando il dojo era addormentato, lui scivolava silenzioso nella camera di lei, per respirare il suo rilassante profumo di gelsomino che lo tranquillizzava, riuscendo a fargli passare gli incubi.

Quelle notti, rimaneva in un angolo, vegliando su di tutta la notte lei, ascoltando il suo leggero e costante respiro, fino a quando non sorgeva l'alba, solo allora tornava sereno nella sua stanza, per dedicarsi poi con il cuore in pace alle faccende giornaliere.

Le accarezzò i capelli neri come ali di corvo, liberandoli dal fiocco di seta verde che li teneva fermi per pettinarli con le dita. Era estremamente rilassante sentire sotto le sue mani la loro consistenza morbida e vellutata, con i suoi gesti calmi, Kaoru si era completamente tranquillizzata.

-Kenshin … scusami, mi dispiace per la mia reazione.

-Kaoru-dono, sessha è felice di essere qui con voi.

Gli occhi di Kaoru, così chiari da leggere, si illuminarono per la felicità, per poi ritornare scuri un attimo dopo.

-Perché hai chiesto se volevo che tornassi ad essere un rurouni. Non ti sei mai accorto dei miei sentimenti?! Tu mi spezzi il cuore … Kenshin.

Kaoru non poteva credere alle parole che aveva appena detto: si era dichiarata, dopo tanti tentennamenti, pianti e impropri (che aveva imparato da Sano), si era lasciata andare.

Sicuramente adesso Kenshin le avrebbe risposto con un confuso: -Oro? per poi arginare la domanda, magari facendo un mezzo sorriso, dandole prova di non interessargli minimamente, di essere troppo poco carina per uno come lui.

Strizzò gli occhi pronta alla vergogna e a raccogliere i cocci del suo cuore spezzato quando lo sentì sussurrare al suo orecchio:

-Anche per me sta diventando insostenibile, Kaoru-dono.

Sollevò lo sguardo stupita, per notare subito gli occhi che dal consueto lilla erano passati ad un violetto leggermente più scuro illuminato da lampi color oro.

Splendidi, particolari, selvaggi … gli occhi che preannunciavano Battousai.

-Kenshin, cosa??

Ma il ragazzo non le rispose, continuandola a guardare intensamente, facendole dimenticare quello che gli voleva chiedere.

In quella posizione, era alla sua mercé, incantata dai suoi occhi, completamente soggiogata, con la testa poggiata sul suo grembo.

Mentre Kaoru era incantata dai suoi occhi, lui la studiava, memorizzando ogni particolare di quell'espressione dolce e sorpresa espressa in volto: la fronte dubbiosa, gli occhi languidi, la bocca socchiusa pronta per essere baciata, che chiedeva di essere baciata, così invitante da non poter resistere.

E non resistette.

Poggiò lentamente le labbra sulle sue, per farle capire quello che aveva in mente di fare, permettendole una via di fuga che dopo non sarebbe stata possibile.

Vedendo che non lo respingeva, prese a baciarla deciso, pieno di desiderio trattenuto, così capace da lasciarla stravolta.

Kaoru fu coinvolta in un duello erotico a colpi di lingua. Il suo sogno si realizzava, Kenshin l'aveva baciata rendendola finalmente donna, donandogli il suo primo bacio e il suo completo e totale amore.

Kenshin non ragionava più, finalmente aveva baciato l'oggetto dei suoi più sfrenati desideri, e lui si stava agitando dentro. Anche Battousai voleva godere del bacio di Kaoru e della sua luce.

Della sua Luce …” Forse era per questo che il selvaggio Hitokiri Battousai veniva fuori quando Kaoru era in pericolo.

Battousai desiderava proteggere a tutti i costi quella luce, mentre il rurouni non poteva più farne a meno.

Entrambi i caratteri inconciliabili del ragazzo volevano la stessa cosa: difendere e accogliere la luce di Kaoru.

Lei gli aveva insegnato ad essere solo Himura Kenshin, non l'Hitokiri Battousai, ne il Rurouni. Ma la fusione di entrambi i suoi antipodi.

Aveva trovato con Kaoru il suo equilibrio, la sua casa … la sua pace, come gli aveva promesso il suo Maestro.

Kaoru sbatté le palpebre mentre cercava di riprendere il controllo delle sue emozioni dopo lo splendido e appassionante bacio di Kenshin.

Non riesco a capire più niente: prima diceva di voler tornare a vagabondare, poi la seguiva e la coccolava dolcemente e adesso la baciava … per la prima volta dimostrava di essere interessato a lei come donna, non solo come amica, confidente e proprietaria di casa.

La ragazza aveva un espressione confusa, che mal celava la gioia che provava in quel momento: gli occhi azzurro splendente avevano una piega ridente ma dubbiosa, mentre la bocca era modulata in un sorriso gentile, la fronte ampia aveva delle piccole increspature che si congiungevano in un morbido centro, che Kenshin baciò quasi di riflesso.

-Kenshin?

La voce di Kaoru era esitante, come se non volesse ricevere una delusione, come se non volesse illudersi e tutto questo fosse solo un altra delle sue fantasticherie sullo spadaccino.

Ma il ragazzo, che adesso la stringeva in un abbraccio protettivo, con gli occhi lilla screziati da lampi dorati, che si intravedevano attraverso la cascata color mogano e rame che le oscurava la visuale, era molto reale.

-Kaoru-dono, non posso più trattenere i miei sentimenti per te. Sebbene sia un uomo pieno di colpe, indegno anche solo di pensare di poter stare accanto a te e godere della tua purezza ... non posso fare nulla per fermare i miei sentimenti.

-Kenshin … cosa intendi dire?

Kaoru era bloccata, completamente impietrita, non osava illudersi sulle parole che stava per pronunciare Kenshin, ma sperava veramente fossero quelle che aspettava da quando lo aveva conosciuto.

-Ti amo, ti amo intensamente Kaoru. Voglio trascorrere il resto della mia vita a renderti felice … voglio ripagare la vita piena di allegria e spensieratezza che mi concedi ogni giorno con l'amore, il rispetto, la protezione e la devozione. Ti prego accettami. E ti prometto che cercherò di essere degno di te.

Kaoru era sconvolta, dalla dichiarazione ma invece che rispondere a sua volta … dimostrandogli quanto lo amava, quanto aveva desiderato quel momento e quante lacrime aveva versato al pensiero di non poterla mai ricevere, gli disse la cosa più stupida che le venne in mente:

-Non hai usato il suffisso -dono.

Il viso di Kenshin lascio intravedere una smorfia delusa solo per un attimo, comprendendo che per Kaoru, quello che aveva detto, era troppo da metabolizzare tutto insieme … e lui era contento di poter usare tutta la vita che aveva davanti, per dimostrarle la veridicità delle sue parole.

-Vuoi dire che devo continuarlo ad usare?

Kaoru si spaventò, il pensiero di allontanare Kenshin ora che erano finalmente vicini la terrorizzava, oltre al suffisso sembrava aver abbandonato i consueti toni formali. Kenshin doveva rimanere con lei per sempre, per creare una bella famiglia, per lasciare che i risentimenti che aveva sul suo passato e le angosce che logoravano la sua anima sensibile, venissero curati dal suo amore immenso.

Prese coraggio e alzò lo sguardo ceruleo su di lui per notare il viso, di solito allegro e sorridente, di Kenshin diventare serio come ogni qual volta lo aveva visto combattere: deciso e attento, che le faceva ribollire il sangue nelle vene.

-Kenshin ti prego … non lasciarmi mai io .. ti amo.

Finalmente lo disse, legando a se per sempre il Rurouni.

Si buttò tra le sue braccia per dargli un casto bacio sulle labbra, per poi dargli accesso alla sua bocca quando Kenshin chiese di più.

Si staccò da lei a fatica, ora che finalmente l'aveva tra le braccia, non aveva il coraggio di lasciarla andare, anche se il terrore che i suoi nemici potessero portargliela via da un momento all'altro o ancora peggio … che la uccidessero, era sempre presente.

-Kaoru … non piangere. Ti prego.

Parole inutili che servirono solo a farle venire un magone enorme e doloroso in gola, lui non sembrava capire quanto avesse aspettato quelle parole, quanto dolore aveva patito non vedendo ricambiati i suoi sentimenti.

-Oh Kenshin, non sai quanto ho aspettato questo momento … finalmente ti ho tutto per me. Non devo più sopportare il peso del silenzio.

Kenshin abbracciò teneramente il corpo tremante di Kaoru, aspettando che il pianto singhiozzato si calmasse.

Ora era finalmente completo, si sentiva sereno.

Per quanti orrori avesse commesso nel passato, per quante vittime avesse fatto, per quanto fosse indegno … gli dei … gli avevano mandato Kaoru.

Donandogli una creatura in grado di legare a se entrambe le parti di sé stesso, portando nel suo animo l'Amore Vero.

Tomoe da lassù era sicuramente felice della sua compagna, dopotutto era stata una figura quasi materna per lui.

Quando Kenshin rivolse lo sguardo al cielo sentì il bacio rassicurate di Tomoe sulla fronte … avevano ricevuto la sua benedizione.

-Kenshin …

Kaoru, tornata completamente in sé, i cui occhi leggermente più dilatati e lucidi del normale rivelavano che aveva pianto, gli rivolse uno sguardo esitante.

-Dimmi Kaoru.

-Come lo diremo agli altri?

“A questo non ci avevo pensato!” Kenshin si immaginò già il viso divertito di Yahiko mentre cercava di imbarazzare Kaoru e gli sguardi ammiccanti di Sano.

Ma non sarebbe stato un problema, loro erano una famiglia e una famiglia è impossibile da dividere.

 

All'interno del dojo si sentirono delle vocine allegre, che dicevano a gran voce:

-Kaoru-nee, Ken-nii se voi state insieme, allora saremo tutti una famiglia.

Le risate allegre e la frase semplice ma bellissima che le bambine avevano detto, aveva riempito il cuore di Kaoru di una gioia profonda.

Si sedettero al tavolo per fare tutti insieme una merenda allegra in compagnia di Naomi, mentre Saito aveva declinato l'offerta.

In poco tempo Naomi si trovò completamente in balia delle bambine che chiedevano la sua attenzione, e ricordando quanto aveva desiderato dei figli, le si strinse il cuore. Non avrebbe mai potuto essere madre, quel sogno era svanito con la malattia e la morte di Souji.

Ma era contenta per Kaoru, la ragazze affianco al suo Kenshin, sembrava finalmente tranquilla, serena.

Finalmente aveva Kenshin, ma da quello che aveva capito dalle battute di Sanosuke, arrivato in compagnia di una donna dai lunghi capelli neri e le labbra dipinte di un coloro rubino, era da un po' che si aspettavano una confessione del genere.

Sano aveva, molto volgarmente, dichiarato che la tensione sessuale che scaturiva quei due era spesso insostenibile, e finalmente le cose si erano sistemate.

Kaoru era felicissima, finalmente il suo sogno si era realizzato, Kenshin, sarebbe rimasto sempre con lei, senza più combattere. E il clima di gioia che si respirava in casa la rendeva ancora più contenta, avevano ricevuto i complimenti dal nonno di Ayame e Suzume, mentre Yahiko, come al solito si era rivelato un impudente.

Tae-san e tutte le donne dell'Akabeko le avevano fatto gli omaggi, persino Megumi era stata contenta per lei.

E anche Naomi.

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Capitolo 11
*** Il dolore di una donna ***


                                                                        Il dolore di una donna


























Era ormai passata una settimana da quando Kenshin e Kaoru si erano fidanzati e avevano conosciuto Naomi Kizoku.

La ragazza dopo aver dormito qualche notte con loro era tornata alla sua città natale, Kyoto, dicendo che altrimenti, alcuni ex capitani della Shinsengumi si sarebbero arrabbiati particolarmente.

La dolce ragazza aveva fatto a ciascuno degli occupanti del dojo un regalo: alle bambine dei pupazzi che aveva scelto durante una gita al mercato; a Sano qualche soldo e dei dadi da gioco nuovi detti “Fortuna Major”; a Kenshin degli hakama bianchi per rimpiazzare quelli che le bambine avevano sporcato; a Yahiko una tenuta da allenamento; mentre a Kaoru uno splendido kimono di delicata seta azzurra abbinato ad un nastro blu.

Così se ne era andata, accompagnata da Saito, con un sorriso splendente e parole gentili per tutti. Sopratutto per Kenshin, ricordandogli che sulla sua strada di rifiuto totale dell'uccisione, non avrebbe mai dovuto dimenticare che Battousai era una parte di lui, avrebbe dovuto avere rispetto per il suo lato Hitokiri non scordando mai le persone contro cui aveva combattuto, nel rispetto anche di Okita Souji.

 

Quella limpida e fresca mattina tutti salutavano la carrozza della loro nuova amica: Naomi, per poi tornare a casa, mentre la vita al dojo riprendeva come solito.

 

Kyoto – Era Meiji

 

 

Il cielo era nuvoloso e nessun uccellino cinguettava allegro, il silenzio era quasi irreale … si sentiva solo una voce di donna carica di dolore che parlava con voce calma e sommessa:

-Sai tesoro, ho incontrato il ragazzo che ti ha fatto quella brutta cicatrice sul fianco.

È stato molto cortese con me, e a incontrato una ragazza splendida. A giudicare dai loro sguardi l'amore nato tra loro è particolare e unico come lo era il nostro, ne sono certa.

Gli occhi della ragazza piansero un fiume di lacrime che le bagnò il kimono azzurro cielo e la lapide davanti alla quale era inginocchiata.

-Oh, Souji … mi manchi sai. I ragazzi sono sempre gentili con me, hanno rispettato il tuo volere. Ma perché, perché … non posso venire? Perché mi hai fatto promettere di restare fino alla fine? Ti amo e ti amerò sempre, così tanto che mi scoppia il cuore. Ti amo in modo quasi inumano.

La ragazza smise di guardare la lapide per pregare al cielo:

-Signore ti prego riportami qui Souji. Se non in questa vita, fa in modo che il nostro amore venga conservato nella nostra memoria, per vivere in una vita futura da passare insieme. Lo merito … lo meritiamo. Ti prego … comprendimi.

Dopo aver inviato al cielo la sua preghiera, si accasciò scompostamente sulla lapide senza accorgersi di essere controllata da un Lupo di Mibu.

Saito Hajime, ritto dietro un albero con la consueta sigaretta tra le dita, alzò lo sguardo al cielo e ricordò il suo compagno di battaglia, caduto per la tubercolosi, per poi pensare “Sono stato partecipe di entrambe le vostre disperazioni … forse per te sarebbe stato meglio morire per mano dei nemici della Shinsengumi, almeno Naomi avrebbe avuto una o due persone da odiare...”

Si allontanò silenzioso come era arrivato per lasciare Naomi sola, sola con il suo dolore.

Il dolore di una vedova, di una donna.

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