The Chronicles Of Fallout - I Primi Fondatori

di Hell Storm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Genesi ***
Capitolo 2: *** Emersione ***
Capitolo 3: *** Amici, Nemici e Mostri ***
Capitolo 4: *** Una missione sotto l'albero ***
Capitolo 5: *** Squadra Vault alla riscossa! ***
Capitolo 6: *** I Fondatori e l'Orda ***
Capitolo 7: *** S.O.S. ***
Capitolo 8: *** White Flat cade! ***
Capitolo 9: *** Predatori ***
Capitolo 10: *** Il volo dell'Aquila ***
Capitolo 11: *** Il Fuggitivo ***
Capitolo 12: *** Capodanno Atomico ***
Capitolo 13: *** Un bagliore nella Zona ***
Capitolo 14: *** Cacciatori di umani e ... ***
Capitolo 15: *** Omicidio nel Bunker ***
Capitolo 16: *** ARSI ***
Capitolo 17: *** L'Alleanza ***
Capitolo 18: *** Dritti all'Inferno ***
Capitolo 19: *** Il Nucleus ***
Capitolo 20: *** Lord Woden ***
Capitolo 21: *** SCONTRO TOSSICO ***
Capitolo 22: *** Fuga dal Nucleus ***
Capitolo 23: *** Morte ***
Capitolo 24: *** Spirit ***
Capitolo 25: *** Alle armi ***
Capitolo 26: *** La Battaglia dell'Oklahoma ***
Capitolo 27: *** La Battaglia continua ***
Capitolo 28: *** Duello a Beacon City ***
Capitolo 29: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Genesi ***


Fallout

I Primi Fondatori

 

Quando il mondo venne avvolto dalle fiamme,

loro furono i primi a risorgere.

 

Tutto ebbe inizio quel giorno. Quel fatidico giorno in cui tutto il mondo bruciò. Con la riconquista di Anchorage in Alaska, l'esercito americano puntò all'annientamento della Cina. Grazie al progresso tecnologico dei nostri armamenti, il nemico venne portato quasi al collasso. Ma il governo cinese non avrebbe mai accettato la resa incondizionata. Avrebbero utilizzato qualsiasi risorsa piuttosto che arrendersi. I nostri soldati erano riusciti a distruggere la maggior parte delle unità cinesi e alla fine, vedendo la sconfitta imminente, le alte sfere comuniste usarono la loro ultima risorsa. Il loro intero arsenale nucleare.

Erano le sei e quarantacinque quando il nemico dette il via alla procedura di armamento dei silos, solo che noi, ancora non lo sapevamo.

 

Genesi

La fine del vecchio mondo.

 

 

23/10/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Boise City

Ore 7:30

 

36°43’47.00”N 102°30’47.58”O

 

Venni svegliata da un suono acuto, continuo e fastidioso. La mia sveglia wakemaster stava suonando e io, Rocket Earp, Red per gli amici, intuii che era ora di tirarsi su dal letto, nonostante fossi ancora un po’ intontita dalla festa della sera precedente. Ero uscita con il punteggio migliore dall'esame per le selezioni della Vault-Tec Industries, guadagnandomi il titolo di “Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise”. Il mio compito era gestire la sicurezza dei bunker sotto alla mia città e assicurarmi che tutto quello che entrava e usciva venisse registrato. In pratica ero una sorvegliante con un titolo lungo e una grossa responsabilità.

Dopo una bella doccia e un spazzolata ai denti per ripulirmi la bocca dalle bevute della festa, potei finalmente indossare la mia nuovissima tuta vault e cosa più importante, il mio primo Pip-Boy 3000. Un processore di dati personali da polso con svariati optional, come la radio, la serratura biometrica antiscasso, il lettore di olonastri, il contatore geiger, la torcia incorporata, il mio inventario, lo scanner delle funzioni vitali e tanto altro. Tutto dentro questo fantastico computer da polso, che una volta equipaggiato si sarebbe tolto solo per mano mia o con l'aiuto di un tecnico. La sua creazione era stata resa possibile dalla RobCo, un’azienda miliardaria specializzata in vari settori tecnologici. Dagli elettrodomestici nelle case di tutti, fino ai razzi che esploravano l’ignoto dell’universo.

Per essere pronta alla grande giornata che mi attendeva, decisi di fare una colazione abbondante. Quello che mi ci voleva era un bella mela e mezza confezione di Sugar Bombs immerse nel latte. Per una Nuka-Cola mi sembrava troppo presto.

Finita la colazione, misi i piatti nel lavello e indossai gli stivali per andare al lavoro. Cavolo, quanto avrei voluto avere un Mister Handy. Avrebbe fatto tutte le faccende di casa al posto mio, cucinato i pasti, lavato i piatti e preparato il caffè la mattina. Magari con il nuovo stipendio ne avrei potuto comprarne uno. Tutti quei comfort a portata di mano e ancora persone come me non potevano permettersele. Negli ultimi tempi l’economia aveva favorito più l’esercito che i cittadini.

Uscendo dalla porta, venni baciata dal sole. L’aria della notte d’autunno si faceva sentire, ma i raggi solari riuscirono a riscaldarmi. D'altronde eravamo in una zona con un clima desertico.

L’alba illuminava tutta la zona. Da casa mia si poteva vedere gran parte di Boise. Vidi il tetto dell’ufficio governativo della contea e il campanile della chiesa.

E in orario perfetto, con la sua Corvega e alla radio Right Behind You Baby, giunse il mio caro amico Nick Rodriguez, soprannominatosi MechaNick, il super meccanico.

-Sveglia sveglina Red.-

-Sono già sveglia Nick.- Gli risposi irritata dai postumi. -Piuttosto, hai già smaltito la sbronza, vero? Non vorrei andarmi a schiantare il primo giorno di lavoro.-

Nick era un tipo simpatico, ma l'idea di un incidente il primo giorno di lavoro non mi attirava.

Dopo essere partiti, raggiungemmo Amelia Collins e Tony Adams, entrambi sottotenenti. Entrambi soldati dell'esercito. Reduci dalla campagna in Cina, avevano affrontato l’inferno degli sbarchi, per poi finire nel bel mezzo delle catene montuose infestate di bunker nemici. Nonostante le avversità, riuscirono a sopravvivere abbastanza da vedere la fine del loro turno ed essere assegnati alla nostra base. Una bella coppia. Secondo me e Nick, tra di loro c'era qualcosa.

Il viaggio per la base fu tranquillo e rilassante. Lungo la strada vidi le case, i parchi, gli edifici principali di Boise. Era come se la nostra città volesse darci il buon giorno. Ci fu solo un leggero scossone quando Nick, nel tentativo di aprirsi una Nuka-Cherry, quasi non ci fece finire fori strada. Non era la prima volta che accadeva.

La base, si trovava a due miglia e mezzo del centro della città, verso nord. Con la macchina di Nick, raggiungemmo Fort Boise in cinque minuti. Era bastato dirigersi verso l’ufficio governativo e svoltare verso la US-287 a nord. Un altro vantaggio del nostro lavoro era la scarsa distanza dalla base e le nostre case.

Arrivati al posto di blocco del Gate1, trovammo Gordon Harris, uno degli MP di guardia al forte. Con lui c'era anche un altro soldato in un'armatura atomica T-51. Un esoscheletro da battaglia che utilizzando l'energia dell'atomo, dava a chi la usava un'elevata forza e una protezione maggiore dalle radiazioni e dai proiettili. L'etichetta diceva: Caporale A. Cooper. Ma il nome non mi diceva niente.

Erano in compagnia di una sentinella robotica. Un robottone con due mitragliatrici a canne rotanti per braccia. Ottima copertura, pessima compagnia.

Mostrati i nostri documenti, ci venne dato il via libera ed entrammo nel forte. Dentro le mura, lo scenario era totalmente diverso da fuori. Soldati, armi, veicoli militari ed edifici in cemento armato a prova di bomba. Lo Zio Sam aveva scelto Boise per la sua posizione strategica. Non perché fosse sulla cima di una collina o su dei giacimenti minerari, ma perché era ne bel mezzo del nulla. Un posto perfetto, per nascondere qualcosa. Ma cosa a parte cibo e munizioni?

Parcheggiata la macchina, ci dirigemmo alle nostre rispettive postazioni. Amelia e Tony si incamminarono verso l’armeria, Nick all'officina e io alla caserma. Prima di cominciare la mia nuova carriera, dovevo fare rapporto al colonnello Baker, comandante di Fort Boise e l'unico ufficiale autorizzato ad attivare tutte le funzioni del mio Pip-Boy e a fornirmi le autorizzazioni necessarie per accedere ai vari sistemi della base. Ovviamente, solo quelli per la quale ero stata autorizzata ad accedere.

La caserma era il centro operativo della base. L’edificio si ergeva ad est del bunker. A separare le due strutture c’era l’ampia piazza d’armi dove la bandiera a stelle e strisce sventolava ogni giorno.

Erano le otto in punto e l’edificio era già affollato, principalmente da operatori dell’esercito e addetti agli uffici. Venni fatta accomodare nella sala d’attesa, appena fuori dall’ufficio di Baker.

Dopo dieci minuti d’attesa, Miss Rodriguez, la simpatica segretaria settantenne del Colonnello e mamma di Nick Rodriguez, mi informò che il colonnello era pronto a ricevermi.

L’ufficio di Baker era quello che ci si poteva aspettare da un uomo che si era fatto mezzo secolo con un fucile d’assalto tra le mani. Scrivania di legno con citofono, terminale personale, tappeto arabo, divano per gli ospiti con tanto di tavolino da salotto, frigo bar privato, armadio blindato, appartamenti personali affiancati all’ufficio e due bandiere appese alla parte dietro la poltrona. Una era quella dell’Oklahoma, l’altra quella degli Stati Uniti. Quest’ultima era vecchia e segnata dal tempo.

Il maggiore Roland Baker, alias il Mastino di Anchorage, si era guadagnato i gradi sparando e schivando pallottole sui vari campi di battaglia. Reduce dalla battaglia di Anchorage, era stato sotto il comando del generale Constantine Chase. Si distinse nel riconquistare una fabbrica di carri armati cinesi Chimera e per aver recuperato tre delle valigette che i comunisti avevano nascosto nelle strutture belliche e minerari di Anchorage. Non affronto il generale Jingwei in persona, ma dimostrò ancora una volta il suo valore e venne premiato con la promozione a colonnello e l’assegnazione alla base di Boise.

-Lei è a conoscenza di ciò che sta succedendo la fuori, sorvegliante Earp?- Mi chiese leggendo un documento.

-Si riferisce alla possibilità di una guerra atomica?-

Baker alzò lo sguardo dalle scartoffie sulla sua scrivania. Sembrava quasi sorpreso.

-Quindi lei, non lo nega, sa che la fine potrebbe essere imminente.-

-Non capisco signore.-

-Vede, ad oggi, ci sono due tipi di persone. Quelle che fanno finta che tutto sia tranquillo e calmo. Civili principalmente. E quelle che invece si stanno preparando in tutti i modi possibili all’apocalisse. Questi sono invece i soldati e le menti più brillanti del nostro tempo.- Il colonnello fece una pausa per accendersi uno dei suoi sigari. -Ma lei Earp, è una civile che non fa finta di niente.-

-Sono una dipendente della Vault-Tec signore. Non posso “far finta di niente” … signore.-

Chi sa se avevo detto la cosa più logica che potessi dire?

-Mi sembra giusto.-

-Wow, meno male.- Pensai.

-Ho visto il suo curriculum, sorvegliante. Rocket Earp, nata a Boise il ventinove luglio del duemilacinquantadue da Jacob Earp e Rona Parker, figlia unica. Diplomata in Industria dell’atomo ad Oklahoma City nel duemilasessantanove, svariati lavori e stage come addetta alle riparazioni e alle attrezzature da cantiere. Uscita con il massimo punteggio dall'esame per le selezioni della Vault-Tec Industries da “Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec”.- Non c’era dubbio. Baker si era preparato.

Il colonnello digitò sul suo terminale alcune lettere, ma trovandomi dal lato opposto del monitor mi fu impossibile vedere le parole che Baker stava scrivendo. Passati cinque minuti, il colonnello si fermò e mi fissò negli occhi. Ero tesa come una corda di piano. E meno male. Se non lo fossi stata di sicuro avrei iniziato a tremare come una foglia.

-E ora Sorvegliante Earp, l'ultima domanda del test.-

-Oh stra cavolo era un test! Dovevo aspettarmelo. Ora cosa faccio?- Pensai.

-Lei cosa farebbe?-

-Come scusi?-

Lo ammetto. Me la stavo facendo addosso.

-Cosa farebbe se dovesse scegliere se salvare un suo commilitone o un civile che neppure conosce? Se fosse costretta ad eseguire la sentenza di un uomo non processato equamente? Se si trovasse in fin di vita, con i nemici prossimi a raggiungerla e l'obbiettivo della sua missione proprio davanti a lei? “Cosa farebbe”?-

Ci fu un momento di silenzio molto lungo. Quale risposta potevo dargli? Avrei dato un milione di dollari per il parere di qualcun altro. Ma ripensandoci era meglio di no. Baker non voleva una risposta specifica, o quella di un pensatore. Voleva la mia riposta. E io gliela diedi.

-Farei la cosa giusta, signore!-

Seguì un altro momento di silenzio, ma ancora più lungo. Poi il colonnello sorrise e mi fece un piccolo applauso.

-Complimenti Earp, complimenti. Ha superato il test a pieni voti.-

Per poco non svenni quando sentii quelle parole. Un po’ per la tensione che lentamente stava diminuendo e un po’ per la mia vittoria.

-“La cosa giusta”, sorvegliante Earp, è sempre la cosa migliore da fare, in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione è, e sempre sarà, la cosa migliore da fare.-

Io annui nel modo più eloquente possibile. Non avevo alcuna intenzione di fare la figura della ragazzina arrogante e menefreghista. -Si signore. Vedrò di non dimenticarmelo.-

-Ora però, vediamo di aggiornare il suo Pip-Boy e di metterla al lavoro-.

Finito il colloquio, il colonnello mi lasciò andare con tutte le autorizzazioni e gli aggiornamenti. Mi diede perfino l’upgrade per le animazioni. Di norma quello ce l’avevano i modelli di Pip-Boy più sviluppati.

Terminate colonnello mi strinse la mano e mi accompagnò alla porta.

-Ehm, Signore.- Dissi prima di aprire la porta.

-Si sorvegliante Earp?-

-Mi chiami pure Red, signore. Sempre che per lei non sia un problema?-

-Non è il massimo della professionalità, ma se questo la aiuterà sul posto di lavoro, allora Red sia.-

Uscita dalla porta, rimasi a fissare la maniglia come imbambolata. Avevo affrontato il Mastino di Anchorage in persona e ne ero uscita indenne.

-SIII!- Urlai in preda ad un attacco di pura euforia.

Sfortunatamente la sala d'attesa non era vuota. La mamma di Nick era rimasta alla scrivania per tutto il colloquio. Quando sentì il mio urlo di vittoria non poté fare a meno di ridere. Non potevo biasimarla. Il vero problema erano i due soldati, che nel frattempo, si erano accomodati nella stanza. Loro non risero, non per il fatto che erano privi del senso dell'umorismo, ma perché la mia figuraccia era del tutto fuori luogo.

-Eh eh … scusate.-

 

 

Arrivai al mio nuovo ufficio alle otto e cinquanta. Si trovava all’interno dell’enorme cupola di cemento armato al centro della base. Nome in codice P2. Quasi tutti però preferivano chiamarlo bunker e basta. La porta, conosciuta come il Blocco, si trovava a sud dell’enorme cupola di cemento rinforzato e si affacciava sulla piazza d’armi della base. Era grande come le porte di un hangar, ma non si divideva in due, ne si apriva lateralmente. Era un unico lastrone, creato con una speciale lega metallica. Spessa due metri e mezzo, alta nove e larga più o meno tredici. Per aprirla servivano ben quattro motori a fusione, che tramite un sistema di catene, contrappesi e pulegge, la sollevavano verticalmente come una ghigliottina. Questa però avrebbe schiacciato un uomo, invece che decapitarlo. Per fortuna i freni di emergenza erano sempre pronti a fermare il Blocco in caso di caduta incontrollata.

Davanti al Blocco la strada non era in cemento, ma in acciaio. Li era stata installata la Botola. La Botola era composta da due portelli stagni scorrevoli fatti dello stesso materiale del Blocco, solo più piccoli. Il suo scopo era di proteggere la tromba di un secondo montacarichi, che a sua volta veniva usato per far entrare e uscire i carichi meno ingombranti e pesanti dai sotterranei del bunker.

Il mio ufficio era una postazione di guardia. Costruita dentro il cemento della cupola. Le pareti interne erano in acciaio e il pavimento coperto con una moquette verde scuro. La vetrata antiproiettile era spessa trenta centimetri e grande abbastanza da farmi vedere il resto della base. Dal soffitto si accedeva alla camera dei contrappesi. Altro mio compito era il controllo del sistema di sollevamento del Blocco.

Avevo la mia scrivania , un telefono e il mio terminale personale. La sua funzione era attivare la porta e farmi accedere ai sistemi secondari del bunker. Per i sistemi principali e più importanti però, avrei dovuto accedere al server della struttura, a cinquecento metri di di profondità. E il bello è che quella non era la stanza più in profondità.

Dal nulla udii qualcuno bussare alla porta e voltandomi vidi Nick alla finestra. Con lui il pilota Isaac Lee e il sergente Bud Hunt. Su Isaac non c'era molto da dire. Era uno dei piloti più abili dell’aviazione, ma a causa della sua sconsiderata avventatezza, e per aver quasi fatto schiantare mezzo milione di dollari al suolo, fu trasferito alla nostra base come riserva.

Bud era un nativo americano. Nacque e crebbe in una riserva sotto la guida dei suoi genitori e arrivato alla maggiore età ottenne una borsa di studio per la Princeton University, in New Jersey. Si laureò con centodieci in Ingegneria Avanzata, facendosi poi notare dai reclutatori dell’esercito. Nonostante le svariate opportunità che gli studi gli avevano offerto, si arruolò volontario nelle forze speciali e uscì primo dal corso per ufficiali. Finalmente un’ufficiale abbastanza intelligente da non scambiare una cassa di celle a microfusione con una latrina da campo.

Ma gli scontri a fuco e i cadaveri dei suoi compagni, non fecero altro che martoriare il suo spirito. La sua ultima missione, fu la goccia che fece traboccare il vaso. A causa di un errore di logistica, lui e la sua squadra sbarcarono nel bel mezzo di una spiaggia minata e sorvegliata da un intero reggimento di truppe rosse. Degli otto uomini spediti in quell'inferno, solo tre tornarono.

Bud non la prese tanto bene. Una volta scoperta l'identità dell'ufficiale colpevole di quel disastro, decise di vendicarsi. Nello stesso istante in cui la polizia militare stava portando l'ufficiale alla camionetta per il carcere, Bud si scaglio contro il prigioniero e gli tirò il calcio più potente della sua vita. In circostanze normali non sarebbe stato un problema, ma il fatto che un tenente dell'esercito utilizzasse un'armatura atomica per fracassare il bacino di un maggiore e costringerlo su una sedia a rotelle a vita, non poteva essere tollerato. Bud andò sotto corte marziale, con l'accusa di tentato omicidio e lesioni aggravate. Le accuse erano molto gravi, ma visto il servizio reso alla nazione e la natura del suo gesto, fu semplicemente degradato a sergente e trasferito a Fort Boise.

Hunt era una buona persona e noi ce ne accorgemmo subito. In pochi giorni divenne anche lui nostro amico.

-Ehi Red! Alla mensa c’è una cosa che devi assolutamente vedere.- Mi informò il meccanico.

-Sto lavorando Nick. Anzi stiamo lavorando.-

-Si ma secondo il regolamento la domenica possiamo scegliere noi quando fare le nostre pause.-

-Lo so. Ma iniziare la prima giornata di lavoro con una pausa non è il massimo.-

-Pensaci tu uomo volante.- Disse Nick rivolgendosi ad Isaac.

-Mi hanno incaricato di portare ad Amarillo delle attrezzature con uno dei nostri aerei. Secondo il protocollo devi autorizzare il prelievo e scortare la merce fino alla pista di decollo. Al ritorno potreste fermarvi tranquillamente alla mensa per cinque minuti.-

Isaac non scherzava. Aveva davvero una bolla di carico. La merce in questione era un carico di armature di sicurezza da vault. Questo abbigliamento antisommossa era stato creato esclusivamente per gli agenti di sicurezza nei vault. Non si leggeva nulla sulla loro destinazione finale, ma se il governo o la Vault-Tec avevano autorizzato il trasporto, all'ora un motivo c'era.

Inserii i codici nel terminale e come da programma, sul monitor comparvero i dettagli precisi delle attrezzature che erano state richieste.

Ci vollero ventisette minuti prima che le casse arrivassero in superficie per mezzo del montacarichi secondario.

-Vada per la pausa. Ma solo cinque minuti.- Dissi quando la botola si aprì.

D'altronde sull’agenda del terminale non vi erano altri trasferimenti fino alle undici. Ciò significava che comunque avrei passato il resto della mattinata a non fare niente comunque.

-Red, chi è che sposta le attrezzature nel bunker?- Mi domandò Isaac prendendo una cassa dal montacarichi.

-Le casse come queste vengono prelevate dal magazzino principale da robot, mentre le attrezzature più costose e i mezzi vengono spostati sotto stretta sorveglianza dai magazzinieri del bunker.-

-Quindi la sotto ci sono anche delle persone?-

-Si, ma non so quanti. Le informazioni sul personale e il resto sono segrete.-

Caricate le casse su un camion ci dirigemmo alla pista di decollo. Originariamente era stata costruita come una pista per aerei civili, poco più lunga di mille metri. Ma con la militarizzazione della città e l’arrivo dei fondi governativi, anche l’aeroporto venne ampliato. Ora poteva far decollare dei bombardieri strategici e accoglierne sei nei suoi hangar. Quel giorno però, la base ne era priva.

L’aereo di Isaac era un mono elica alimentato con dei nuclei di fusione. Gli stessi usati per le armature atomiche, le armi ad energia pesanti e altrettante tecnologie. Pur non essendo armato o blindato, veniva utilizzato dall’esercito per i piccoli trasporti o per il pattugliamento.

Caricate le casse nella stiva, salutammo Isaac e lo lasciammo partire per Amarillo. Risalendo sul camion lo rivedemmo passarci sulla testa a soli venti metri da terra. Bisognava proprio ammettere che quel pilota aveva un vero e proprio spirito ribelle. Un giorno ci avrebbe ammazzato tutti con la sua avventatezza.

La mensa della base era un semplice edificio collocato vicino alla caserma e ai dormitori. I piatti venivano cucinati da dei cuochi dell'esercito e il servizio ai tavoli veniva svolto da una decina di Mister Handy. Quest’ultimi erano controllati da George. Il Mister Handy dotato di un'intelligenza artificiale più avanzata e quindi più affidabile nel gestire i suoi colleghi robotici.

Quando arrivammo, George era come sempre dietro al bancone, dove chi voleva un drink fuori pasto, poteva spendere qualche soldo extra e farsi quattro chiacchiere con il barista. Li con George, c'erano già Tony e Amelia. I due stavano sorseggiando un paio di caffè, ma la loro presenza era una strana coincidenza. Possibile che ad eccezione di Isaac tutti i miei amici fossero li.

-No! Ma guarda chi ci ha preceduto. Casualmente Tony e Amy ci hanno anche tenuto tre posti al bancone del bar.-

-Ok. Come mai questa inaspettata e casuale riunione fuori luogo?- Dissi stando al loro gioco.

-Inaspettata? Casuale? Riunione?- Mi chiese Nick con insistenza. -Se non ti conoscessi Red, direi che stai sospettando qualcosa.-

Fu allora che George tirò fuori dal bancone una torta con una candelina. George la posò sul tavolo con la sua pinza e con il bruciatore del suo terzo braccio accese la candelina. I miei amici iniziarono a cantarmi tanti auguri. Io arrossii subito. Sia per la canzoncina, sia che per tutti gli altri soldati. Che nel frattempo si erano messi a ridere.

Finita la canzone spensi la candelina e ricevetti anche un applauso.

-Per festeggiare la tua promozione, abbiamo pensato di farti una sorpresa.- Mi spiegò Bud.

-Scusate, ma la festa a base di alcol di ieri sera.-

La festa per la promozione l’avevamo fatta la sera precedente, non pensavo che me ne avrebbero fatta un’altra.

-Si ma eravamo troppo sbronzi per ricordarci della trota e dei regali.-

Tony mise vicino alla torta due pacchetti regalo, uno sottile e largo e il secondo un cilindro lungo all’incirca dieci centimetri.

-Dato che era un’occasione speciale avevamo pensato di farti due regali.-

Le parole di Nick mi fecero commuovere.

-Oh ma non dovevate.-

I miei compagni si guardarono l’un l’altro trattenendo a stento le risate. Loro non me lo avevano ancora detto, ma le birre e il whisky della sera precedente erano finiti sul mio conto.

A rompere il momento di imbarazzo fu Amelia.

-Ehm … si certo. Guarda cosa ti abbiamo preso.-

Sciogliendo il ficco del pacco fatto con una busta, trovai uno degli ultimi numeri di RobCo Fun con l’olonastro di Zeta Invaders. Uno dei videogiochi più divertenti dell’anno.

-Wow! Zeta Invaders con custodia non aperta e in perfette condizioni. Credevo fossero tutti esauriti.-

-Solo il meglio per il nostro nuovo Sorvegliante.- Affermò Tony.

I secondo regalo conteneva un cilindro in alluminio. Al suo interno trovai una action figure del Vault Boy. Questo era in piedi su un piedistallo marchiato Vault-Tec e con una faccia sorridente faceva il segno del pollice all’insù. Gli avevano fatto anche la testa dondolante.

-Guarda cosa c'è sotto.- Disse Tony facendomi segno di girare la statuetta.

Sotto al piedistallo era stato inciso: Alla migliore Sorvegliane della Vault-Tec.

Quest'ultima mi fece quasi piangere. Per me quello era stato il regalo più sincero e generoso che avessi mai ricevuto.

-Grazie amici.- Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

La situazione si stava trasformando in uno di quei momenti drammatici e sdolcinati tipici delle soap opere. Era il momento di intervenire.

-George un giro di Nuka-Cole per me i miei amiconi.-

-In arrivo.-

-No dai Rocket è la tua festa.-

-Stai scherzando Bud? Io non rifiuto mai una Nuka-Cola.- Intervenne Nick

Anche se gli altri cercarono di far capire al meccanico il motivo di quel rifiuto con degli sguardi molto eloquenti, il dado ormai era tratto.

-A noi e alla nostra amicizia, che possa durare mille anni e oltre.- Dissi alzando il bicchiere.

Segui una delle bevute più dissetanti delle nostre vite. Escludendo quella di Nick. Lui ne faceva una simile ogni tre ore. Come minimo.

Guardai l'orologio per essere sicura che non si stesse facendo troppo tardi. Avevamo iniziato la pausa alle nove e trentadue. Quindi potevo rilassarmi ancora qualche minuto.

Nell'angolo della parete sopra al bancone c'era una mensola con un televisore. Stavano trasmettendo il notiziario del mattino in quel momento.

-… promettendo una rapida bonifica della zona dalle sacche di resistenza rosse. Continuano invece gli scontri tra gli scioperanti e le forze dell’ordine nella Virginia Occidentale. Secondo i manifestanti il programma di automatizzazione starebbe mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro nello stato.-

-Hey Ami. I tuoi come se la passano?- Chiesi ad Amelia.

-Non bene. La settimana scorsa degli stronzi gli hanno interrogati perché ritenuti simpatizzanti comunisti. Solo per aver protestato contro l’inquinamento della Grafton Steel.-

-Bell’affare. Prima i robot al posto dei lavoratori. E ora questo.- Commentò Bud.

Stavo per esprime anch’io il mio disprezzo verso le multinazionali e i ricconi capitalisti che da anni stavano dissanguando l’Appalachia per i loro soli interessi, quando d’improvviso sullo schermo partì il test di prova con l’indiano, il suono acuto e la scritta: PLEASE STAND BY.

-Un’altra volta.- Dissi riferendomi alla qualità del televisore. -Quand’è che lo cambieranno?-

-Ci penso io.- Affermò Nick estraendo dalla tasca un cacciavite e accingendosi a salire su una sedia.

Ma il ruggito di una jeep in piena corsa appena fuori della mensa blocco tutti. Di norma non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma oltre alla jeep notammo diversi soldati correre nel piazzale della base.

Incuriositi uscimmo dalla porta della mensa. Era più che evidente che stesse succedendo qualcosa.

-Muovetevi maledizione! MUOVETEVI!!!- Urlò un soldato.

-Ehi Smith, che succede?- Chiese Bud al soldato.

-È successo! Siamo sotto attacco nucleare!-

E un istante dopo udimmo l’allarme della base. Le trombe del giudizio stavano annunciando la caduta del genere umano.

-A tutte le unità, questa non è un esercitazione. Ripeto, questa non è un’esercitazione.- La voce di Baker risuonò in tutta la base, accompagnata dal continuo suono delle sirene. -Avvistati bombardieri strategici cinesi lungo la West Coast e missili intercontinentali sul Pacifico. Il NORAD conferma imminente bombardamento nucleare. Tutti devono recarsi alle rispettive postazioni. Ripeto, questa non è un’esercitazione!-

-ALLE POSTAZIONI!!!- L’urlo di battaglia di Bud fu così forte da sovrastare le sirene.

Tony, Bud e Amelia si diressero al muro ovest. Nella remota eventualità di un attacco da terra, i soldati come loro dovevano fornire copertura per gli addetti alle antiaeree e ai punti chiave del forte.

-Dobbiamo muoverci anche noi Rocket!-

Nick aveva ragione. Io e lui eravamo parte dello staff e come tali, avevamo anche noi i nostri compiti.

-Prendiamo una moto allora!-

Nel parcheggio della mensa erano stati parcheggiati diversi mezzi dell’esercito. Tra questi c’era una moto. Molto veloce e maneggevole. Ed essendo proprietà dello Zio Sam, io e Nick potemmo prenderla tranquillamente. Salimmo sul mezzo e partimmo sgommando come degli indemoniati.

La moto sfrecciava lungo le vie della base. Avevamo fatto bene a prenderla. Tutti i soldati si erano messi a correre come formiche sotto attacco. Con un mezzo più ingombrante ci avremmo messo più tempo e avremmo ostacolato anche i nostri compagni.

Svoltato l'ultimo angolo e schivato l'ennesimo ostacolo, intravidi l'officina di Nick.

-Questa è la tua fermata, ora rallento e ti faccio scendere.-

-No, non rallentare. Mantieni la velocità, io salto dalla moto.-

-Sei impazzito?! Ti farai solo male!-

-Non ti preoccupare. Tu devi raggiungere il bunker il più in fretta possibile.-

-D'accordo eroe. Tu però ricordati di rotolare.-

Sapevo che era un'idiozia, ma era anche vero che dovevo raggiungere la mia postazione il più in fretta possibile.

Arrivati nei pressi dell'officina, Nick si mise in posizione per saltare. La moto continuava a correre e il mio amico sembrava essere deciso a saltare.

-Pronto? … Salta!-

-MechaNick alla riscossa!!!-

Nick salto giù dalla moto. Avrei dovuto informarlo anche sul fatto di mettersi in posizione fetale. Infatti il suo atterraggio non fu morbido. Nick atterrò di pancia, finendo col rotolare diverse volte sul cemento.

Allontanandomi con la moto guardai nello specchietto retrovisore. Nick si era fermato, ma era ancora a terra. Stavo temendo il peggio, quando invece vidi il suo braccio alzarsi e farmi un saluto.

In un’altra situazione mi sarei fermata e avrei soccorso il mio amico. Ma le sirene continuavano ad annunciare l’arrivo delle bombe.

Ora che sulla moto c’ero solo io, andavo ancora più veloce di prima. Raggiunsi il bunker dopo qualche altro minuto. Davanti all’entrata si era messa di guardia un’intera squadra di sicurezza, composta da cinque soldati e un paio di assaultron.

Tirai il freno e feci fermare la moto vicino al mio ufficio. Uno dei soldati di guardia al Blocco, mi si avvicinò facendomi il saluto.

-Sottotenente Rivera. Sono a capo della squadra di supporto per lei e l'entrata del P2.-

-Sono il sorvegliante Earp, devo controllare il computer del mio ufficio e assicurarmi che il bunker non sia esposto a rischi esterni.-

Entrata nel mio ufficio accesi il terminale e controllai subito che non mi fossero arrivati ordini in mia assenza. Per fortuna nessuno mi aveva cercato. Il passo successivo fu avviare la scansione della sicurezza. Il computer esaminò l'integrità della struttura e lo stato dei vari settori.

Era tutto come l'avevo lasciato, nessuna intrusione, nessuna infiltrazione. C'era solo un aumento considerevole dell'utilizzo della rete telefonica. Probabilmente anche il personale sotto terra stava cercando di informarsi sulla situazione.

Ebbi un sobbalzo quando il telefono iniziò a suonare.

-Sorvegliante Earp.-

-Earp. Ehm … volevo dire Red!- All'altro capo del telefono c'era il colonnello Baker.

-Signore?-

-Abbiamo ricevuto la conferma che alcune delle nostre città sono già state nuclearizzate. Ci sono anche le strutture militari come la nostra nella lista delle perdite attuali. La nostra unica speranza è il Dr. Spectrum. Sta salendo con il montacarichi del Blocco. A breve arriverà in superficie.-

-Il Dr. Spectrum?- Chiesi per confermare.

-Si Spectrum. So che può sembrare strano, ma è l'unica speranza che ci rimane. Quando arriverà lo scorti al centro del forte e segua le sue istruzioni. Capito?-

-Si signore!-

Non sapevo nulla su questo Spectrum. Ma se Baker aveva bisogno di questo tipo, glielo avrei portato.

-Oh Dio!- Urlò una soldatessa in strada.

La squadra di Rivera stava guardando il cielo come se questo ci stesse cadendo addosso. Temendo il peggio mi affacciai alla finestra. Nel cielo azzurro era comparsa una scia di fumo grigio. Uscendo dall'ufficio intravidi a capo della scia un missile. Era molto grosso ed emetteva un rombo simile a quello di un … beh di un razzo intercontinentale.

-Tranquilli è uno dei nostri.- Affermò Rivera. -A giudicare dall'inclinazione sarà decollato in qualche posto a nordest. Il Pentagono avrà deciso di contrattaccare.-

Rivera guardava con un binocolo il missile che si stava allontanando verso ovest. Verso la Cina.

Mentre noi eravamo distratti da quell'inquietante spettacolo, il Blocco iniziò ad alzarsi lentamente, sovrastando il suono del razzo e delle sirene. Dall'enorme porta uscì un mezzo cingolato con una cabina di guida e un rimorchio grande il doppio. Niente armi. Solo un rimorchio blindato.

La portiera sinistra del cingolato si aprì e sentimmo una voce.

-Sorvegliante Rocket Earp sali a bordo! Ho bisogno del tuo aiuto!-

La voce sembrava quella di un uomo anziano.

-Chi c’è la dentro?- Chiesi.

-Sono Spectrum per la miseria! Vuole cortesemente salire a bordo?-

Se quello era davvero Spectrum, avevamo iniziato col piede sbagliato. Mi avvicinai alla portiera che si era aperta ed entrai nel mezzo. La portiera si richiuse da sola e mi accorsi che nel blindato c’ero solo io.

-Ehi … Dr. Spectrum?-

-Sono dentro al cruscotto.-

Guardai davanti a me. L’abitacolo si illuminava di azzurro ogni volta che si sentiva quella voce. Non ci stavo capendo più niente. Ne sul blindato e neppure su Spectrum.

-Può dirmi dove si trova esattamente? E magari anche cosa devo fare?-

Il cingolato parti da solo. Le luci azzurre dentro la cabina di guida si affievolirono e vennero sostituite dalle normali luci dei comandi. Sentii un lieve ronzio alle mie spalle e voltandomi trovai un eyebot volteggiare dietro al mio poggia testa.

Gli eyebot robot sferici fluttuanti, delle dimensioni di casco da astronauta, armati con una piccola arma laser ed ideati per il pattugliamento o il supporto sul campo. Questo però aveva subito diversi miglioramenti.

-Così va meglio?- Mi chiese. -Io sono il Dr. Spectrum.-

-Cioè è lei che sta usando un terminale per comandare l’eyebot o lei è l’eyebot?-

Data la situazione volevo dei chiarimenti riguardo al robot.

-Ne una, ne l’altra.-

-Wow, questo si che chiarisce tutto.- Pensai.

-Sarei più che lieto di rimanere qui a parlarle di fisica quantistica, ma se vogliamo che Fort Boise e tutti gli organismi all’interno delle sue mura superino le prossime centoventi ore, all’ora dobbiamo agire in fretta.-

-Facciamo entrare tutti nel bunker?-

-In teoria funzionerebbe, ma far entrare così tante persone nel P2 richiederebbe troppo tempo e la nube radioattiva ci raggiungerebbe prima di aver messo al sicuro anche solo la metà della popolazione.-

-Un momento, quale nube radioattiva?- Chiesi sperando di aver capito male.

-Oklahoma City è stata colpita da due bombe nella zona nordovest. Sembrerebbe che la prima abbia rilasciato una grande quantità di radiazioni e la seconda abbia colpito un punto tra la città e l’ammasso radioattivo. Deve essersi trattato di un errore logistico del nemico. Solo che adesso, quella nube che probabilmente doveva uccidere la popolazione della nostra capitale, si sta dirigendo a nordovest. Cioè verso di noi.-

L’idea di essere colpiti da una tempesta di radiazioni mi fece rabbrividire. Ora però, la mia priorità era quella di aiutare Spectrum nella sua impresa di salvare le nostre vite.

-Bene … wow … cavolo … tanto per sapere, ma come facciamo a fermare una cosa simile?-

Ero terrorizzata anche solo a chiederlo, ma saperlo mi avrebbe aiutato.

-Non possiamo fermarla. Possiamo solo passarci sotto.-

-Come?-

-Il rimorchio che stiamo trainando contiene il prototipo di una delle mie più grandi invenzioni. Il RAD-SHIELD.-

Guardai l’eyebot un po’ confusa. -Come funziona?-

-Emette vari tipi di campi protettivi e come una grande cupola ci proteggerà dalla tempesta e da tutto ciò che contiene.-

-Anche una bomba?- Chiesi speranzosa.

-No. La barriera di risonanza fotonica può fermare soltanto oggetti con una massa inferiore ai due metri cubi. Ci vorrebbe più energia per potenziare una barriera già così grande. Quindi prega che l’intelligence rossa non abbia ritenuto Boise City bersaglio primario.-

Il blindato continuava ad avanzare verso il Gate1. I soldati che prima correvano in giro come formiche, ora si erano dileguati nelle loro postazioni. Le strade erano praticamente deserte e il nostro mezzo poteva muoversi liberamente.

Nell’area del Gate1 a sud della cupola ci stava aspettando un plotone di soldati capitanati da Baker e armati fino ai denti.

-Perché qui? Non andava bene alla piazza d’armi?-

-Roland possiede l’unica chiave di attivazione.-

-Non può attivarlo lei?- Chiesi confusa.

-È … complicato.-

Complicato o meno quel robot mi stava nascondeva qualcosa.

Parcheggiato il mezzo scendemmo e ci dirigemmo dal colonnello. Baker stava parlando con Ethan Butler, lo sceriffo di Boise.

-Quanti civili sono stati portati nel forte?-

Il vecchio era l'unico tranquillo. Quindi o era certo di ciò che stavamo facendo, o aveva un buon autocontrollo.

-Il mio vice sta facendo entrare le due ultime famiglie. Non dovrebbe mancare nessun altro.-

Lo sceriffo al contrario non sembrava molto a suo agio.

-E il sindaco?-

-Oggi è domenica colonnello. Il sindaco e circa nove residenti sono fuori città. Per il week-end credo.-

La radio di Baker iniziò a gracchiare. La frequenza era quella della base. Quelle d'emergenza e civili dovevano essere già piene di interferenze o sovraffollate dalle chiamate di soccorso.

-Qui Baker, che succede?-

-Signore, sono Isaac Lee, sono tornando indietro appena ho ricevuto il segnale d'allarme. Ora sono vicino alla base.-

Dal tono della voce Isaac sembrava terrorizzato.

-Magnifico. Ora però cerca di arrivare alla pista e atterrare. Capito?-

-Signore. So che potrà sembrare assurdo, ma c'è un'enorme muro all'orizzonte. A est. E credo che si stia avvicinando a noi.-

Tutti si guardarono l'un l'altro increduli. Tutti tranne il colonnello che teneva in mano la sua radio e ponderava sulla situazione.

-È più veloce di quanto avessi calcolato.- Affermò Spectrum.

Spectrum stava fluttuando vicino alla mia testa. Ogni volta che parlava le luci blu collocate nel suo involucro metallico si illuminavano.

-Red, da una mano a Doc.- Mi ordinò il colonnello passandomi la chiave. -Attivate il RAD-SHIELD.-

Seguii l'eyebot alla parte posteriore del rimorchio. Il robot emise dei suoni elettronici e la copertura del rimorchio si apri in due, come un coleottero che spiegava le ali.

Il RAD-SHIELD era composto da un elaborato generatore a fusione e un’antenna satellitare con tre aste metalliche al posto della semisfera. Le tre stecche rivolte all’insù puntavano tutte ad un prisma posto sulla cima dell’asta centrale.

-Sorvegliante Earp, inserisca la chiave nella serratura. Dopo, quando le darò il segnale, tiri la leva.- Mi spiegò Spectrum fluttuando vicino ad una leva sul lato sinistro della macchina.

Dopo avermi vista inserire la chiave di attivazione, l’eyebot andò a posizionarsi davanti al terminale di comando della macchina, ricominciando ad emettere i soliti suoni elettronici. A differenza dei Mister Handy e degli assaultron gli eyebot non possedevano alcun tipo i arto. Quindi come poteva guidare un mezzo o attivare un qualsiasi congegno? Onde radio? Possibile.

-Signore, a ore dodici!- Disse un soldato al colonnello.

Stava indicando qualcosa all'orizzonte. Non si capiva bene cosa fosse. Era come una linea sottile di nero con sfumature chiare che stava sorgendo come il sole. E come il sole quella piccola linea si stava lentamente allargando. Anzi, guardandola più attentamente, ci accorgemmo che la linea si stava velocemente avvicinando a noi.

-Cos'è quella?-

-Ma si sta espandendo?-

-No si sta avvicinando! Cosa sta succedendo?-

I soldati stavano iniziando ad andare nel panico. Era difficile restare calmi davanti ad un simile cataclisma.

-Una fottuta tempesta radioattiva.- Affermò Baker con disprezzo.

-Come ha detto signore?- Domandò uno dei soldati.

-Un regalino a base di raggi gamma, venti a centosettanta chilometri orari, gas tossici e temperature che sfiorano i mille gradi!-

Baker era sul punto di esplodere dalla rabbia. Un'oscura forza si stava per abbattere su di noi, e l'unica cosa che potevamo fare era rifugiarci sotto uno scudo. Lasciando però milioni di persone al loro triste destino.

-Spectrum più veloce!-

-Sto facendo più in fretta che posso Roland. La macchina ha bisogno di essere calibrata per centrare la base!- Affermò Spectrum nervosamente.

La nube si vedeva ormai benissimo. Nera, enorme e inarrestabile. Fu preceduta da un leggero venticello, fresco e quasi piacevole. Poi iniziammo ad udire dei tuoni. Il contatore geiger del mio Pip-Boy si era attivato dal nulla. Non eravamo stati investiti dalla tempesta, che già i suoi artigli si stavano avvinghiavano a noi.

-Ora o mai più Doc!-

-Ci sono Roland, ci sono, ci sono, CI SONO!-

Le tre aste e il prisma verso cui erano rivolte si illuminarono della stessa luce azzurra del Dr Spectrum. Solo più abbagliante. E la leva che l’eyebot mi aveva indicato prese a tremare.

-ORA EARP, TIRI LA LEVA!-

La leva era dura, ma con un piccolo sforzo riuscii ad abbassarla. Di colpo la luce svanì, e un istante dopo, un fasciò di luce azzurra generata dal prisma della macchina si elevò in cielo. Ad occhio e croce, raggiunse i cinquecento metri in poco tempo. Il raggio andò a creare una vera cupola di energia che copri tutta la base. Sud a nord e da est ad ovest. Il forte era al sicuro. O così almeno speravamo.

E appena in tempo. La nube ci colpì in pieno e il sole nel cielo scomparve. Tutto divenne buio. Il pulviscolo radioattivo era così intenso che a tratti sembrava notte fonda. I lampioni si erano pure attivati. Il vento sferzò furibondo e il suolo venne colpito più volte dai fulmini della tempesta andatasi a creare dopo il passaggio della nube. Uno spettacolo infernale.

-I civili sono tutti dentro Butler?- Chiese il colonnello allo sceriffo.

-Si colonnello, siamo riusciti a farli entrare tutti.-

La scarsa luminosità non mi permise di vedere bene la faccia di Butler, ma avrei quasi giurato che si fosse messo a piangere. Con o senza la stella di latta sul petto, nessuno lo avrebbe biasimato per questo. Il mondo era appena andato in fiamme, e solo Dio sapeva quante persone erano bruciate con esso.

-Ma ... ay mayd ... qui Isa ... , mi ricevete? Passo!-

La tempesta causava continue interferenze, ma non ci volle un genio per capire chi fosse all'altro capo.

-Quello è Isaac!- Affermò Nick.

Voltandomi lo vidi avvicinarsi con Amelia, Tony e Bud nella sua armatura atomica T-60. Nick però non sembrava in gran forma. Aveva delle contusioni su tutto il corpo e la sua tuta da meccanico in alcuni punti era strappata. Il salto dalla moto non era stato un successo.

-Qui colonnello Baker. Lee, riesci a raggiungere la cupola azzurra? Passo.-

-Signo ... edo la base e la cupola ... roppa turbolenza. Non riesco a tenere ... stabile.-

Isaac sembrava spaventato. E come biasimarlo. Stava volando in un vero incubo.

-Red, il tuo Pip-Boy non ha una radio?- Mi chiese Bud.

Il radioricevitore installato nel mio Pip-Boy poteva trovare quasi tutti i segnali nell’etere. Girando la manopola più grossa del congegno selezionai la radio. Sullo schermo verde luminoso comparvero i nomi dei trasmettitori captati dal Pip-Boy durante la mattinata. Alcuni come Oklahoma News e Happy Road, due delle stazioni radio più ascoltate del paese, erano in verde scuro. Ciò indicava che il ricevitore aveva perso il loro segnale. Normalmente la causa sarebbe stata una zona d’ombra o un guasto. Ma in quelle circostanze, la causa della perdita del segnale era più che evidente.

Gli unici segnali che riuscii a trovare furono quello della base e quello di Isaac. Debole e pieno di interferenze.

-Sono v … alla base. Mi manca davvero poc … fa caldo!-

-Dite che ce la farà?- Domandò Nick.

-… schermata …-

-Ripeti soldato.- Ordinò Baker.

-La strumentazione de … ereo non è schermata!-

Un altro fattore che nessuno aveva preso in considerazione erano le onde elettromagnetiche. Le esplosioni nucleari causavano sempre delle tempeste di elettroni ad alta energia. Questi non uccidevano la materia organica, ma friggevano i circuiti delle apparecchiature elettroniche più delicate e non schermate.

-Il motore si è … precipitando!-

Io e gli altri ci sentivamo distrutti e impotenti. Non sapevamo ne cosa fare, ne cosa dire. Non sapevamo neppure a cosa pensare.

-Ci sono ... turbolenze. Non riesco a tenerlo dritto!-

-No!-

Nick fu l'unico a dire qualcosa.

-Sto per ... care terra! Sto per … rra!-

-Forza Lee, fa vedere di che pasta sei fatto.- Lo incitò Tony.

-Sono troppo veloce! … ce la faccio!

L’ultima cosa che riuscimmo a sentire, furono altre interferenze. E poi più nulla. L’aereo di Isaac si era schiantato.

Rimasi a guardare lo schermo del Pip-Boy. Il nome della frequenza di Isaac era diventato scuro, unendosi a tutti quelli delle altre frequenze ormai morte e senza vita.

Nel piazzale c’era chi piangeva, chi pregava e chi come me era rimasto muto ed immerso nel dolore. Rimasi in quello stato catatonico per diversi minuti prima di essere risvegliata da una flebile luce tra la folla. Una fiamma. Baker si era appena acceso uno dei suoi sigari. Non era ne terrorizzato, ne scioccato.

Ebbe una piccola discussione con un paio di soldati. Anche loro non sembravano molto sconvolti dai recenti avvenimenti. I due lo salutarono e si diressero verso la caserma. Baker fece un ultimo tiro col sigaro, alzò la testa e si guardò intorno. Stava cercando qualcuno. Capii che si trattava di me quando mi si avvicinò.

- Red, il bunker è al sicuro?-

-Si signore. La struttura è operativa e in sicurezza.-

Il colonnello guardò oltre me e i miei compagni, verso il RAD-SHIELD. La macchina continuava ad emanare il fascio di luce azzurra e costante verso il cielo.

-Ottimo lavoro. Dopo per sicurezza dovremo spostarlo nella piazza. Ora però non possiamo abbassare la guardia. Tutti i civili devono essere portati nel P2, almeno fino a quando la tempesta non si sarà fermata. In superficie l'asceremo non più di dieci squadre a monitorare la situazione.-

-Signore.- Intervenne Bud dentro l’armatura. -Non per mettere in discussione le sue scelte, ma dieci squadre non sono sufficienti per sorvegliare il forte.-

Il ragionamento di Bud non era sbagliato. Una cinquantina di uomini sarebbe riuscita a malapena a mantenere operativo il forte. Figuriamoci difenderlo da un attacco.

-Non si preoccupi sergente Hunt. La fuori non c’è più nessuno in grado di attaccarci. Sempre che un missile non ci stia per cadere sulla testa, al momento siamo relativamente al sicuro.- Ci spiegò Baker. -Voglio tenere in superficie solo gli uomini necessari per tenere in piedi la baracca e monitorare il RAD-SHIELD. Almeno fino alla fine della tempesta.-

-Sarà meglio che torni al P2 signore. Devo aprire le porte per far entrare le persone.-

-Giusto Red. Noi iniziamo a raggruppare i civili e gli scortiamo al bunker.-

Stavo per incamminarmi, quando udii una risata. Una risata soffocata e triste. Voltandomi vidi che era il colonnello a ridere in quel modo triste. Triste come i cuori di tutti noi in quel momento.

-Signore?- Gli chiesi temendo che i nervi gli fossero ceduti di colpo.

-Ah no tranquilli, tranquilli. Stavo solo pensando, che noi lo sapevamo.-

-Che cosa sapevate ... signore?- Gli domando Tony.

Io, Nick, Tony, Bud, Amelia e qualche altro soldato li vicino, non avremmo mai più dimenticato la risposta del colonnello.

-La guerra … la guerra non cambia mai.-

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Capitolo 2
*** Emersione ***


Emersione

E ai nostri occhi si mostrò la Zona Contaminata

 

 

07/11/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P2/Livello amministrazione

Ore 8:53

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Purgatorio. La cosa più simile al P2. I morti erano andati in paradiso, gli sfortunati sopravvissuti della superficie all'inferno e noi invece ci eravamo nascosti nel purgatorio. Morti e vivi allo stesso tempo. Abbandonati a noi stessi e al nostro dolore. Molti erano coloro che avevano perso i loro famigliari e amici. Mia madre era morta anni fa, e quindi almeno lei era in pace, ma mio padre era a Oklahoma City durante il bombardamento. Nella prima settimana mi sono scervellata pensando a quello che poteva essergli successo, ma come consigliatomi da una psicologa della base, era meglio non pensarci. Se era morto non lo avrei mai più visto in questa vita, e se era vivo avrebbe dovuto sopravvivere in un mondo bruciato rischiando la vita ogni singolo giorno. In ogni caso, era arrivato il momento di agire.

Baker aveva indetto una riunione alla quale tutti gli impiegati di alto livello e i militari dovevano partecipare. La sala si trovava nel quartiere amministrativo, al terzo livello.

A differenza di quello che tutti pensavano, io compresa, il P2 non era solo un enorme magazzino con abbastanza spazio per proteggere qualche centinaio di rifugiati per una o due settimane, ma una vera struttura antiatomica progettata per ospitare un gran numero di persone per anni. L’entrata era il livello zero. Sotto di essa si trovavano le trombe dei due montacarichi che collegavano la struttura principale alla superficie. Seguiva poi la sicurezza, che sorvegliava l’accesso ai montacarichi e manteneva sicura il bunker. Sempre più sotto c’era l'amministrazione, che fungeva da QG. Il quartiere residenziale, dove la gente viveva. Le serre, nelle quali venivano coltivate piante ed allevati animali per il sostentamento della popolazione. Il magazzino, dove attrezzature da miliardi di dollari erano state accumulate per emergenze come la nostra. Il centro di ricerca, in cui Spectrum passava notte e giorno insieme ai suoi scienziati e ricercatori. Assurdo pensare che già da tre mesi così tante persone avessero iniziato a vivere sotto i nostri piedi. Ed infine la sala del reattore, dove il Big Bang, un super reattore nucleare con una capacità di 10MW, alimentava l’intero bunker. Il nome si riferiva a ciò che sarebbe accaduto in caso di fusione del nocciolo o altro. E il fatto che fosse stato collocato a più di quattro chilometri dalla superficie ne faceva intuire la sua importanza.

La sala delle riunioni nel livello dell’amministrazione era facilmente raggiungibile. Quando arrivai era già affollata, ma grazie al mio nuovo lavoro otteni un posto molto importante. Perché quando sei il “Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise” e avviene un bombardamento nucleare, diventi automaticamente anche capo della sicurezza. Una clausola poco rilevante se nel contratto di assunzione non viene menzionato il vero scopo del posto da sorvegliare.

Essendo una dei pezzi grossi mi accomodai dietro alla grande tavola che stava sul palco della sala. Davanti a me aspettavano impazienti più di ottocento persone riunitesi li per conoscere i piani di Baker. Per quanto fosse grande la sala, non c’erano abbastanza poltroncine per tutti. Molti furono costretti a stare in piedi ed occupare le vie di fuga, mettendo così a rischio la sala. Una cosa che chi non aveva passato mesi a studiare i manuali sulle procedure Vault-Tec non poteva sapere.

Vidi subito che Nick e i miei amici si erano seduti in prima fila. Quando mi videro mi salutarono come a farmi gli auguri. Anch'io avrei dovuto parlare a quella folla e sinceramente non me la sentivo.

Con me sul palco c'erano anche gli altri capi reparto e pezzi grossi del bunker. Metà di loro l'avevo conosciuta dopo le bombe, ma essendo gente importante non mi ci volle molto per conoscerli a fondo.

Al centro della fila sedeva il colonnello Roland Baker. Alla sua destra il tenente Wright, vice del colonnello. Seguiva Sebastian Castillo, capo ingegnere responsabile del mantenimento delle infrastrutture. Il Dr. Clem Brown, direttore del centro medico. Ed Eireen Davis, da poco nominata rappresentante dei rifugiati. La sua parola però sarebbe valsa poco ad una riunione di ambito militare.

Alla sinistra del colonnello c'ero io, come nuovo capo della sicurezza. Len Shaw, da semi mesi capo della produzione energetica. Brigit Fisher, amministratrice della produzione idroponica e degli allevamenti. E per finire il Dr. Spectrum.

Al terminale posto a destra del palco sedeva un tecnico dell’amministrazione. Lui si sarebbe occupato delle proiezioni.

-Direi che possiamo iniziare.- Annunciò Baker al microfono. -Ho indetto questa riunione per informare tutti quanti delle nostre attuali condizioni e del lavoro che ci aspetterà nei prossimi giorni. I principali dei vari livelli ci faranno il punto della situazione, a cominciare dal sorvegliante Earp.-

Se non mi fossi preparata come consigliatomi da Baker, avrei fatto un'orrenda figuraccia. Avevo invece passato le ultime tre settimane a studiare il P2 e tutti i suoi segreti. Quelli che mi erano stati rivelati almeno.

-Salve a tutti. Dopo un lungo e minuzioso studio della nostra situazione, posso garantire che il personale di sicurezza è pronto a fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia intera. Gli agenti di sicurezza stanno già operando su tutti i livelli per prevenire crimini trai civili e contrastare qualsiasi pericolo ambientale che i nostri strateghi avevano immaginato potesse nascere in seguito ad un attacco nucleare su scala globale.-

La mia presentazione non era stata molto lunga, ma a giudicare dagli sguardi del pubblico, forse ero stata un po troppo tecnica.

-In pratica siamo al sicuro.- Intervenne il tenente Wright.

A giudicare dal mormorio in sotto fondo e dalle reazioni positive del pubblico, il riassunto del tenente fece capire a tutti quanti il succo del discorso.

-Ottimo sorvegliante. Ora il rapporto del capo ingegnere.- Fui felice di come si era conclusa la mia presentazione. Forse con troppi paroloni, ma sufficiente a calmare gli animi dei soldati.

-Come già detto dal sorvegliante Earp non abbiamo rilevato danni, guasti o infiltrazioni di alcuna entità. La struttura è pienamente operativa.-

Il rapporto di Castillo fu breve e conciso. Avrei dovuto prendere esempio da lui.

-Dr. Brown?-

-Lo staff sanitario e il centro medico sono anch’essi operativi e pronti a prestare soccorso a chiunque e in qualunque circostanza.-

-Capo Shaw?-

-Il Big Bang è in piena produzione e i miei uomini lo monitorano giorno e notte.-

Io e il capo Shaw eravamo gli unici impiegati della Vault-Tec, e l'idea che qualcuno potesse pensare che fossimo stati messi a capo di due importanti livelli era sufficiente a far nascere delle polemiche. Ma per il momento non c’erano ancora stati pettegolezzi o storie di cospirazioni. Anche se lo sceriffo Butler non aveva apprezzato di farsi scavalcare da una ragazzina con la tuta blu.

-Fisher?-

-Le nostre piantagioni sono rigogliose e la popolazione dei nostri allevamenti è tenuta sotto controllo dai braccianti braccianti robotici. Il rischio di una carestia è inesistente al momento.-

-Miss Davis?-

-La popolazione civile è più che soddisfatta degli alloggi ed è pronta dare una mano nei vari settori del bunker. I civili hanno solo bisogno di adattarsi alla vita sottoterra e all'idea di ciò che è successo in superficie.-

La Davis non era stata scelta solo per le sue doti da psicologa, ma anche per le competenze in scienze sociali. Non c’era persona migliore per fare da tramite trai civili e l’amministrazione.

-Ottimo. Ora che abbiamo fatto il punto della situazione, è arrivato il momento che molti di noi stavano aspettando. Come ben sapete, la tempesta che settimane fa ci ha colpito sembra essersi placata e per tanto, abbiamo deciso di dare il via all'operazione “Emersione”.-

Le parole di Baker scatenarono un coro di applausi e approvazione. Erano in tanti quelli che volevano tornare alla luce del sole, me compresa.

-Tenente, proceda.-

Il tenente Wright si schiarì la gola e fece segno al tecnico di accendere il proiettore sul soffitto della sala. Sulla parete alle nostre spalle comparve un'immagine satellitare di Boise City prima delle bombe. Di sicuro non era stata aggiornata.

-Ciò che state vedendo è Boise City. La foto risale a due mesi fa. Emersione prevederà la riconquista del forte e il pattugliamento dei dintorni fino ad un massimo di mezzo miglio dai confini della base e della zona sud di Boise. Se non ci dovessero essere complicazioni o imprevisti che ci costringano a tornare nel bunker, ci organizzeremo per le esplorazioni di aree più vaste.-

Il piano dell'operazione apparve semplice e chiaro. Se volevamo riconquistare il mondo in superficie, prima dovevamo riprenderci il pieno controllo di Fort Boise.

-Per le informazioni sull'ambiente e lo scenario in cui andremo ad operare potete rivolgervi al Dr. Spectrum. A lei dottore.- Concluse il tenente.

-Grazie tenente. All'ora, ci sono domande?- Chiese Spectrum emettendo la solita luce blu.

Le mani che vennero alzate furono molte come si era potuto immaginare.

-Bene, all'ora facciamo una po di selezione. Si soldato Beth Reed?- Chiese Spectrum.

-Che livelli di radiazioni troveremo in superficie? E come sarà il clima.- Chiese una soldatessa.

La domanda era la stessa che volevano porre altri soldati, e la metà delle mani si abbassarono.

-Secondo i miei calcoli e il monitoraggio fatto nei giorni precedenti, la superficie globale è diventata in gran parte deserto. Le riserve idriche si sono irradiate e stessa cosa vale per il suolo. Le piogge acide hanno ucciso quasi tutti gli organismi viventi, batteri compresi. Il cielo continua ad essere oscurato e probabilmente ne passerà di tempo prima di rivedere il cielo sereno. E qui si fa brutta. Ciò che per adesso dobbiamo temere, sono le pericolosissime particelle radioattive di massa incenerita dalle fiamme delle bombe. Come molti di voi già sapranno questa cenere è chiamata fallout.-

Bisognava ammettere che Spectrum ci sapeva fare con i discorsi alle platee. La sua ultima affermazione creo un certo malumore trai soldati. Eppure la maggior parte di noi era già a conoscenza del “fallout” e dei suoi danni.

-Non abbiate timore. Il RAD-SHIELD continuerà a proteggerci dal clima avverso, mentre per le esplorazioni sarete tutti forniti di tute antiradiazioni, corazze rivestite di piombo e medicinali per il contrasto dei danni da raggi gamma.-

La parte finale del discorso sembrò tranquillizzare i soldati e i vari tecnici. Tutti sapevano che Baker non avrebbe mai mandato i suoi uomini a morire inutilmente.

-Sono spiacente, ma devo ricordare a tutti voi che il P2 dev'essere mandato avanti.- Si intromise il colonnello. -Per tanto credo sia meglio concludere la riunione adesso, ma vi assicuro che il Dr. Spectrum potrà rispondere a tutte le vostre domande. Vi basterà inoltrargli una breve lista dei vostri quesiti al suo indirizzo di posta elettronica tramite i terminali della caserma sotterranea o dei vostri alloggi. Vi assicuro che riceverete all'istante una serie di risposte accurate, dettagliate e il programma della missione. Buona giornata.-

La sala si svuotò in fretta e prima che me ne accorgessi rimasi sul palco, in compagnia del colonnello e di Spectrum. I due avevano aspettato che la sala si svuotasse per potermi parlare in privato.

-Non male come prima volta ad una conferenza sorvegliante. Solo cerca di essere più concisa la prossima volta. Non era una riunione di tecnici e studiosi universitari.- Mi consigliò Baker.

-Si signore. Avete bisogno di qualcosa?-

-Volevamo sapere se eri disposta a guidare una delle squadre di avanscoperta durante Emersione?-

All'inizio non seppi come rispondere. Già la nomina a capo della sicurezza mi aveva spiazzata. Ora mi veniva anche chiesto di partecipare ad un’operazione militare.

-Mi scusi signore, ma comincio a non vederci più tanto chiaro. Prima la promozione e ora questo?- Chiesi perplessa.

-Si, Red. Lo so che per te tutto questo, può sembrare una cosa fuori dagli schemi, ma il tuo aiuto sarà necessario per le operazioni di ricerca e recupero.-

-Con più di un migliaio di tecnici e soldati con alle spalle anni di esperienza, voi avete bisogno di me?-

Cominciavo a stancarmi di essere presa in giro e volevo sapere tutta la verità. Spectrum e Baker si guardarono l'un l'altro come a chiedersi se era il momento di dirmi qualcosa.

-Vedi Rocket, la faccenda è abbastanza delicata …-

Baker sembrava sul punto di dirmi che il mio pesciolino rosso era morto. Spectrum invece non voleva perdere altro tempo.

-Okay Roland, glielo dico io.- Lo interruppe il robot. -Lei e il suo Pip-Boy siete unici. Con quello, lei e soltanto lei può accedere alle strutture della Vault-Tec la fuori.-

Spectrum fu più diretto.

-Scusatemi, ma continuo a non capire.-

In realtà avevo capito dove volevano andare a parare, ma speravo di aver capito male.

-Quando mi hai portato il tuo Pip-Boy, ho inserito i migliori aggiornamenti e le autorizzazioni di massimo livello della Vault-Tec. Il che ti rende l'impiegata Vault-Tec con il più alto rango a nostra disposizione. Questo ci garantirà il pieno accesso agli impianti e alle proprietà della compagnia.- Mi spiegò Baker.

Finalmente era tutto chiaro. Gli servivo per aprire i depositi in superficie. Non apprezzai la cosa, ma d'altronde era necessario.

-Ma non possiamo usare il terminale del server centrale per scaricare altre autorizzazioni? E poi non sono l'unica impiegata Vault-Tec con un Pip-Boy nei paraggi . C'è il Capo Shaw.-

-Le autorizzazioni spediteci dalla Vault-Tec non sono scaricabili su più microprocessori.- Mi spiegò Spectrum. -Con il collasso della rete di comunicazione nazionale siamo del tutto isolati. L’unico modo per avere altre autorizzazioni sarebbe recarsi alla sede della Vault-Tec a Washington e scaricarne altre dal loro server. Sempre se esiste ancora.-

-Quindi tanti saluti alla Vault-Tec. Per noi è come se non esistesse più.- Affermò seccato il colonnello. -E Shaw è una delle ultime persone che si dovrebbero mandare in superficie. Diavolo, non ha fatto neanche una visita al poligono di tiro. Tu almeno hai superato i test medici e di abilità sul campo durante l’esame.-

In fin dei conti, doveva andare così. Loro avevano bisogno di me, e io avevo bisogno di un posto nel nuovo mondo. Il titolo di sorvegliante e capo della sicurezza me lo dovevo meritare, altrimenti sarei stata sicuramente degradata e considerata da tutti come un peso.

Ma specialmente, volevo rivedere il sole, la mia casa, il mio mondo … o quello che ne restava.

-D'accordo. Mi unisco alle squadre di esplorazione.- Risposi decisa.

-Ottimo, sapevo di aver fatto la scelta giusta. La metterò al comando di una delle nostre squadre e le assegnerò il perimetro ...-

-Ma la squadra la sceglierò io!- Interruppi il colonnello.

Non era un gesto molto garbato, ma volevo chiarire le mie intenzioni.

Baker rimase sorpreso, ma una piccola richiesta era accettabile.

-D'accordo Red. Te lo concedo, ma i componenti dovranno essere ben consapevoli dei rischi e pronti ad affrontare qualsiasi pericolo.-

-Si signore.-

-Bene, all'ora presentati domani mattina all'armeria con la tua squadra.-

 

 

08/11/2077 D.C.

 

P2/Livello sicurezza/Armeria

Ore 7:08

 

I compagni che avevo scelto per la missione erano i migliori che potessi trovare. Nick, Amelia, Bud e Tony. Tre veterani, di cui un esperto di armi pesanti abilitato all'utilizzo delle armature atomiche e un meccanico dell’esercito capace di riparare qualsiasi cosa. Nick non era sicuramente un eroe di guerra, ma le sue abilità da meccanico ci avrebbero fatto comodo nel momento del bisogno. In più sapeva sparare.

Non ci misi molto a convincerli. Anche l'oro volevano ritornare in superficie. Ma soprattutto volevamo portare omaggio ad Issac. Forse il suo aereo era rimasto nel luogo dell'impatto. Oppure era stato portato chi sa dove dai forti venti.

L'armeria del P2 era stata ben rifornita. Come tutto il bunker del resto.

Tony e Amelia indossarono le loro uniformi, con l'aggiunta delle armature da combattimento. Le armi che ricevettero furono due fucili d'assalto R91. le armi standard dell'esercito americano. Lei però si caricò sulla schiena anche una radio da marconista per le comunicazioni, mentre Tony uno zaino con le granate. Bud usò la sua armatura atomica T60, con la quale impugnare una mitragliatrice da 50mm si rivelò molto facile. Nick aveva la sua tuta da meccanico, qualche pezzo di armatura da combattimento, un grande zaino con dei rifornimenti e un un fucile da caccia. Nessuno sapeva come un migliaio di quelle armi da civili fosse finito nell'armeria di una struttura militare top secret. Ad ogni modo male non facevano.

Poi venne il mio turno.

-Ecco le corazze per lei, sorvegliante. Li può indossare sopra la sua tuta Vault-Tec.-

Il caporale furiere posò sul bancone un set di pezzi di corazza da combattimento. Quelle protezioni erano ottime per chi non voleva indossare corazze pesanti e dover rinunciare ai vestiti più leggeri come mimetiche o tute da vault.

-Per quanto riguarda l'arma, di cosa ha bisogno?-

-Beh ecco. Un lancia razzi mi sembra un po eccessivo, ma anche con un fucile non mi troverei a mio agio. C'è qualcosa di più leggero e veloce, tipo una pistola?-

-Ne abbiamo di armi. Posso trovarle una pistola laser, un revolver, una mitraglietta … anzi no. Per lei ho qualcos'altro.-

Il caporale sgattaiolò tra gli scaffali e le rastrelliere dell'armeria. Ammetto che le sue parole mi avevano incuriosito. Se era andato a prendere un'arma in particolare all'ora significava che era anche speciale. Quando tornò lo vidi con in mano un pacco ben sigillato ed impresso sui lati il marchio della Vault-Tec.

-La Vault-Tec ha fatto recapitare questo pacco in seguito alla sua assunzione. È arrivato appena in tempo. Faccia una firma per il prelievo.-

La confezione era poco più grande di una scatola per scarpe. Strappando la carta, scoprii una cassetta di metallo ben sigillata. Al suo interno era custodita una pistola da 10mm, usata comunemente dalla polizia e dalle agenzie di sicurezza private. La pistola era precisa, affidabile e i suoi proiettili potevano infliggere danni maggiori rispetto alle altre pistole. Qualità che la rendevano un’arma molto affidabile.

-Se vuole può modificarla al banco da lavoro li nell'angolo.- Mi consiglio il caporale.

Il banco da lavoro consisteva in un tavolo con una morsa, un trapano e qualche attrezzo. Papà mi aveva insegnato un paio di trucchi, ma le mie capacità con le modifiche non erano molto avanzate. Per fortuna nel mio team c'era anche Nick, il quale avendo passato anni in officina poteva darmi degli utili consigli.

-Una 10mm, carina. Vuoi una mano? Magari riusciamo a farla diventare un'arma di distruzione di massa.-

-Credo che di armi di distruzione di massa per adesso ne abbiamo avuto abbastanza Nick. Però una mano l'accetto.-

-Che cosa vuoi? Maggiore capienza del caricatore? Mirino a visione notturna? Carrello temprato?-

-Scatenati MechaNick!-

Il mio incitamento fece scattare l'interruttore che Nick teneva nascosto nel cervello.

Con un migliaio di idee per la testa, il meccanico impugnò i suoi attrezzi personali e iniziò a smontare, rimontare, ricalibrare e lucidare ogni singolo pezzo della pistola. Nick procedeva veloce e con estrema precisione, producendo però un baccano che attirò l'attenzione del resto della squadra e degli altri presenti.

-Ecco … ho finito!- Affermò Nick orgogliosamente.

Sulla pistola erano stati montati un puntatore laser, l'estensione della canna, un mirino reflex, un caricatore da ventitré colpi e un castello avanzato che garantiva cadenza di fuoco e danni maggiori.

-Bellissima Nick! Questa volta mi hai stupita.- Dissi ammirando l'opera bellica.

-Ma il silenziatore?- Chiese Tony.

Non mi ero accorta che gli altri, si erano radunati attorno a noi due.

-No Tony! Il silenziatore ne diminuisce troppo la portata. Servirebbe un rompifiamma, per impedire di essere visti.- Consigliò Amelia.

-Ma no! Quello che ci vuole è una baionetta affilata come la falce della morte. Credetemi.- Continuò Bud.

-Hai mai visto una baionetta su di una pistola? Come fai ad usarla?- Chiese Tony scettico.

-I vostri antenati le usarono per conquistare la libertà dagli inglesi. È anche un pezzo di storia. E poi non serve essere silenziosi quando i nemici cadono subito come mosche.-

-L'opera è già perfetta così com'è. Non vedo cosa ci sia da migliorare.- Affermò Nick.

Intuendo che la situazione sarebbe degenerata in un dibattito sugli optional per pistole, decisi di farla finita. Dovevamo ancora iniziare la missione.

-La pistola va bene come Nick l'ha fatta. Non servono altre modifiche. Ora possiamo andare?-

Concluso il dibattito ed equipaggiatici a dovere, ci dirigemmo ai montacarichi. La base delle due trombe era situata al centro del livello sicurezza e intorno alla piattaforma di carico non c'era niente in un raggio di cinquanta metri. Lo spazio libero era stato creato per permettere ai difensori di colpire qualsiasi bersaglio che, nella peggiore delle ipotesi, fosse riuscito a penetrare fino al primo vero livello del bunker.

Nell'attraversare la piazzola pentagonale che portava all'ascensore, notai che molteplici tipi di torrette erano state piazzate nei punti chiave dell'area. Erano state collocate anche delle feritoie nelle pareti, con le quali i soldati di guardia avrebbero potuto ingaggiare liberamente gli avversari. Era certo che scendere con il montacarichi senza autorizzazione, significava morire senza avere il tempo di dire ritirata.

La nostra squadra, nome in codice Vault, dovette usare il montacarichi secondario insieme alle squadre Star e Lynx. Quello principale venne utilizzato dalle squadre Iris, Thunder, Aries, Brain e i mezzi corazzati.

Il tragitto si rivelò più lungo del normale e per passarmi il tempo, diedi un'occhiata al mio Pip-Boy. Il computer da polso si divideva in Stato, Oggetti e Dati. Lo stato monitorava le mie condizioni fisiche, le mie statistiche S.P.E.C.I.A.L., le mie abilità, le abilità extra e i dati generali. Oggetti invece, rappresentava il mio inventario delle armi, dell'abbigliamento, delle provviste, degli oggetti vari e naturalmente delle mie munizioni. Infine, i dati comprendevano la mappa locale, la mappa globale che veniva aggiornata tramite satellite, i dati della missione, le note e i messaggi. Ultima, ma non ultima, la radio. Indispensabile per intrattenersi con la musica o ricevere le informazioni dalle stazioni radio ancora operative. L'unica cosa che gli mancava era il raggio della morte.

Arrivati a cinquanta metri dalla superficie, pensai di fare un breve discorso ai miei compagni.

-Okay, sapete tutti come comportarvi. Usciamo, pattugliamo la città e rientriamo. Se troviamo superstiti o oggetti utili li portiamo con noi, ma non dimenticate di esaminare tutto ciò che vi circonda. In caso di pericolo ci difendiamo fino all'arrivo dei rinforzi.-

Il discorso per i tre soldati non era niente di particolare, ma per Nick un breve riassunto avrebbe fatto comodo, dato che quella sarebbe stata la sua prima missione da soldato. E anche la mia. -Colpo in canna squadra!-

A dieci metri dalla superficie, la botola blindata sopra le nostre teste iniziò ad aprirsi facendoci cadere della polvere sopra le teste. La luce entrò attraverso la bocca di ferro e i nostri occhi ebbero qualche problema ad abituarcisi, ma in breve tempo fummo in grado di vedere.

A causa dei nuvoloni nel cielo la luce del giorno era debole, la temperatura del deserto si era abbassata e nonostante le tre settimane passate sotto terra, il sole non ci diede troppi problemi. La base era ancora protetta dall'azzurro scudo del RAD-SHIELD e il livello di radiazioni al suo interno era pari a zero. Ciò nonostante, la distruzione del nostro mondo era sicura come la morte.

Per l’operazione erano stati selezionati una cinquantina di uomini e donne. Erano prevalentemente soldati, ma tra di loro c'erano anche tecnici, medici, scienziati da campo e la squadra dei pompieri. Buono come inizio. Le ultime truppe stavano uscendo dal bunker accompagnate da tre carri armati, qualche jeep di supporto, cinque camion con l'equipaggiamento pesante e uno per l’allestimento del campo medico.

Guardando la cupola di cemento del bunker scoprì che la Lynx si stava già arrampicando sulla cima, dove i cecchini avrebbero avuto una perfetta visuale del perimetro. Star invece, la squadra dello sceriffo Butler, si stava dirigendo al portone principale per raggiungere il lato sudovest della città. Noi invece eravamo stati incaricati di pattugliare la città fino al settore sudest. Roba da poco. Si usciva e si rientrava. Imprevisti a parte.

Arrivati al Gate1, trovammo altre tre squadre in attesa. Dovevamo aspettare di essere tutti pronti prima di aprire il portone.

Dopo una breve attesa, arrivarono le ultime due squadre, e finalmente gli addetti al portone attivarono i motori delle due piastre scorrevoli alte cinque metri. I motori dovevano spostare un peso minore rispetto a quello del Blocco, ma il tempo di apertura si rivelò praticamente identico a quello del bunker. Lento e insopportabile.

Quando tra le due piastre si aprì un varco abbastanza grande da far passare la jeep in testa al gruppo, questa usci dal portone a tutta velocità. Seguirono poi la squadra Girdle, Spear e finalmente la Vault. Eravamo tutti impazienti di vedere le nostre case e la nostra città, ma quello che vidi, o meglio, che tutti noi vedemmo, fu un pugno allo stomaco.

Tutta la pianura era ridotta ad una landa desolata. I cespugli che prima popolavano il deserto erano spariti. In lontananza si intravedevano soltanto piccoli vortici di polvere e sabbia, che senza una meta precisa, percorrevano a caso la pianura. Ma la cosa peggiore, era vedere la nostra Boise cupa ed annerita dal passaggio della nube piroclastica. Nessuno avrebbe mai detto che fino a qualche settimana fa noi vivevamo là. Anche gli altri soldati si erano concessi un minuto per contemplare l'immensità della distruzione, della desolazione, della … Zona Contaminata.

Il nostro dovere però, ci fece ricordare le priorità della nostra missione e in breve tempo, ripartimmo in direzione dei nostri rispettivi obbiettivi.

In pochi minuti arrivammo alla prima uscita per Boise City, mentre le altre squadre d'esplorazione si stavano lentamente avvicinando al resto della città. Il piano prevedeva di lasciare i carri armati ai margini della base, in modo da proteggere il Gate1 e allo stesso tempo fornire supporto in caso di attacco da est o da ovest. Per quanto riguardava il centro città, una jeep con una mitragliatrice a canne rotanti sarebbe corsa in aiuto di tutte le cinque squadre nei pressi del centro urbano. In caso di estrema necessità, i due obici presenti nella base erano pronti a bombardare qualsiasi minaccia nel raggio di milleseicento metri. Ma per il momento di bombardamenti ne avevamo avuti anche troppi.

Percorre le strade di Boise, fu come camminare sulla Luna. I venti avevano portato la cenere radioattiva in lontananza, ma a tratti il contatore geiger del Pip-Boy iniziava a ticchettare. Il livello era abbastanza sopportabile, ma immergendolo in una pozza d'acqua o avvicinandolo in alcuni punti al terreno, i livelli di radiazioni si facevano più alti. Alcune delle case avevano le finestre rotte e altre avevano perso il tetto. Specialmente quelle più alte ed a est.

A metà del viaggio trovammo la casa di Bud. A parte per qualche finestra scheggiata e il giardino ridotto ad un campo sterile, la struttura non aveva subito grossi danni. Ma l'attenzione di Bud si concentrò su una strana forma nel giardino della casa a fianco. Li c'era un piccolo cumulo di polvere con una catenina che spuntava dalla sua base e finiva con il collegarsi ad un picchetto piantato nel terreno. Bud si inginocchio vicino al mucchietto di polvere e con il grosso guanto dell'armatura atomica scoprì i resti di quello che a prima vista sembrava essere stato un cagnolino.

-Oh no, questo è Miko. Era il cane dei Gray, i miei vicini.- Affermò Bud con rammarico. -Non hanno fatto in tempo a prenderlo.-

-Beh, almeno per lui è finita.- Lo consolò Tony.

In effetti il piccolo Miko era in pace. Forse era anche più fortunato di noi.

-Avanti ragazzi, abbiamo una missione da portare a termine.- Conclusi io.

Il viaggio continuò senza altre tristi scoperte. Attraversammo giardini morti, scavalcammo staccionate impolverate e aggirammo macchine abbandonate. Nick porse anche i suoi omaggi al distributore di Nuka-Cola che per anni aveva saziato la sua sete. E finalmente giungemmo all'angolo sudest di Boise City.

Le pianure ci mostrarono un cupo spettacolo di infinita desolazione. Non fui l'unica ad avere un senso di smarrimento e angoscia. Con un binocolo preso dallo zaino di Nick, diedi un'occhiata all'orizzonte. A parte qualche roccia e i soliti vortici d'aria del deserto, non c'era nulla che meritasse qualche nota particolare.

-Pyramid a Vault. Rispondete Vault. Passo.-

La voce di un operatore radio mise fine a quell'attimo di pace.

-Pyramid qui Vault. Siamo arrivati al punto di osservazione. Niente da riferire. Passo.- Risposi utilizzando la radio di Amelia.

-Sorvegliante Earp, il colonnello mi ha ordinato di comunicarle che l'aereo del pilota Lee è stato ritrovato, ma del pilota non ve né alcuna traccia. Passo.-

Quelle parole attirarono l'attenzione di tutti noi.

-Non avete trovato il cadavere? Passo.- Chiesi stupita.

-La squadra Thunder ha trovato l'aereo per puro caso a circa trecento metri ad est di Boise. Ma l'abitacolo era vuoto. Passo.-

-Capisco. Avete per caso trovato altre tracce? Passo.-

-Negativo. Ma le altre squadre stanno continuando a cercare. Vi informeremo se troveranno altro. Pyramid, passo e chiudo.-

La chiamata non ci diede molte risposte, ma era meglio di niente. Ma che fine aveva fatto Isaac?

-Forse è riuscito a mettersi al riparo.- Ipotizzò Nick.

-Può darsi, ma non credo sia arrivato molto lontano.- Disse Tony.

-Potrebbe essersi nascosto in una cantina qui nei dintorni. O magari in uno di quei rifugi di preservazione Pulowski.-

-Nick, cerchiamo di ragionare.- Intervenne Bud. -Se Isaac è arrivato in uno di quei “cassonetti” a gettoni, prima avrebbe dovuto camminare fino al centro della città nel bel mezzo della tempesta, poi avrebbe dovuto trovarlo e con la scarsa visibilità dei giorni scorsi dev'essere stata una cosa abbastanza ardua. Poi avrebbe avuto bisogno di cibo e acqua per tre settimane.-

Cavolo però se era pessimista.

-E per finire, non sarò un'ingegnere aerospaziale, ma non credo che quegli affari siano un'ottima scelta in termini di sicurezza nucleare. É già un miracolo che forniscano aria agli utenti.-

Intuendo l'imminente dibattito, preferii chiudere il discorso sul nascere. Quello sulle armi almeno era più allegro.

-Ragazzi, lo so che le ipotesi sono molte. Ma dobbiamo anche accettare …-

Il fruscio della radio mi interruppe nel bel mezzo del discorso.

-Se qualcuno ci sente risponda!-

Era lo sceriffo Butler. Sembrava agitato.

-Star, qui Vault! Vi ascoltiamo, passo!-

-Vault, siete gli unici con cui siamo riusciti a metterci in contatto. La radioattività sta interferendo con le comunicazioni! Passo!-

Ero confusa. Qualche secondo fa avevamo parlato con il comando. E quando guardai la radio, notai che la frequenza principale era piena di interferenze.

-Forse il vento deve aver rialzato un po di pulviscolo tra noi e il forte.- Ci spiegò Amelia.

-Si sceriffo, confermo. Tra poco le interferenze dovrebbero cessare. Passo.-

-Noi però non abbiamo tempo. Abbiamo trovato un … tattico ci … aiuto …-

La comunicazione cesso di colpo. Tutto ciò che ne rimase fu il fruscio nell'etere.

-Persi anche loro.- Affermò seccata Amelia.

Una piccola brezza ci raggiunse da nordovest. Era abbastanza tranquilla, quasi piacevole, ma il contatore geiger la pensò diversamente. Il livello non si rivelò essere mortale. Solo parecchio fastidioso.

-Persi pure noi.- Disse sarcasticamente Tony.

-Siamo isolati maledizione.- Disse Bud. -Sbaglio o ho sentito “aiuto”?-

-Ho sentito soltanto io la parola “tattico”?- Chiese Nick.

-Non importa ragazzi. Sono isolati, hanno bisogno di aiuto e probabilmente siamo soltanto noi a saperlo. Adiamo!-

-E la missione Red? Non abbiamo ricevuto nessun nuovo ordine dal colonnello.- Disse Tony.

-Questa è la nostra missione. Abbiamo perlustrato l'area e non abbiamo trovato niente. Ora dobbiamo andare a salvare i nostri compagni. Lo dice anche il Pip-Boy!- Dissi mostrando la schermata agli altri.

Sulla schermata degli obbiettivi era comparso un Vault Boy intento a correre con un fucile in mano. Sotto c'era scritto: Vai in soccorso della squadra Star.

Guardando in faccia i miei compagni capii che il messaggio era giunto forte e chiaro. Facendo scattare le rispettive sicure, ci incamminammo a passo svelto verso la posizione della Star.

Io e gli atri eravamo carichi di adrenalina, e soprattutto eravamo determinati a dimostrare il nostro valore. E ancor prima che potessimo accorgercene, arrivammo a destinazione.

Dove una volta erano state scavate le fondamenta per il cantiere di un nuovo palazzo, ora giaceva un'enorme aereo. Non un velivolo qualsiasi, ma un bombardiere tattico cinese. Uno di quelli grossi e cattivi, armato con bombe C-23 e altrettante diaboliche sorpresine. Il bombardiere era lungo circa cinquantacinque metri, con una lunghezza alare di sessantanove metri e un peso complessivo di trecento tonnellate. Un gigante dei cieli, che per qualche strana ragione era precipitato a poca distanza dalla nostra base, e per giunta si era infossato di trenta metri nel suolo. Era conciato molto male.

-SORVEGLIANTE! QUA GIÙ!- Urlò qualcuno.

Guardando in basso, vidi lo sceriffo scendere lungo la discesa di terra scavata in precedenza dagli operai. Il resto della sua squadra si era radunato nei pressi del portellone sulla fiancata sinistra. Tre vice sceriffo stavano cercando di aprire il portellone con una trave e due soldati stavano di guardia. L'area non presentava livelli di radiazioni fuori scala, il che significava che il contenuto del bombardiere non era stato danneggiato. Ma il mio istinto mi consigliò di stare in guardia.

-Quello si che è un aereo!- Affermò stupefatto Nick.

-VENITE! L'ABBIAMO QUASI APERTO.- Urlò estasiato uno dei vice.

-Quello mi sembra un pescatore con uno squalo all'amo. Dovremmo fermarli.- Mi consigliò giustamente Bud.

-ASPETTATE!- Urlai. -DOVREMMO ATTENDERE I … -

Prima che potessi finire, il portellone venne scardinato facendo un gran fracasso e liberando la strada a qualcosa che io, i miei amici e tanti altri superstiti, avremmo temuto e combattuto molto a lungo. Un gruppo di sagome si lanciò sopra i tre vice, accompagnati da una nube verdognola che in breve tempo invase i dintorni dell'aereo, impedendoci di prendere la mira o di vedere i nostri compagni.

Dalla nube uscirono urla, spari, lamenti e versi inumani. Io e il resto della squadra corremmo giù per la discesa di terriccio e ghiaia per arrivare a pochi passi dalla nube con le armi spianate. Le urla erano già cessate, ma nella nube si continuavano ad udire rumori e strani grugniti.

-DONALD! DOVE SIETE?!- Urlò lo sceriffo.

Nessuna risposta. Solo un'ombra che uscita dalla nube balzò sullo sceriffo Butler. Lo sceriffo cadde di schiena senza riuscire a sparare un solo proiettile. L'assalitore era un uomo, e a giudicare dall'uniforme logorata doveva trattarsi di uno dei piloti cinesi. Solo che questo ringhiava come un animale rabbioso. Distinto gli piazzai tre proiettili da 10mm nella schiena e con un calcio lo allontanai dallo sceriffo. Butler era steso a terra con gli occhi sbarrati e una profonda lacerazione al collo. Il bastardo gli aveva dato un morso profondo e il sangue aveva già iniziato a disperdersi sulla sabbia. Non gli rimaneva molto tempo, ma cercai comunque di bloccargli l'emorragia con le mani. Pensai che uno stimpak lo avrebbe rimesso in sesto, ma prima che potessi dire a Nick di tirarne fuori uno dallo zaino lo sceriffo Butler era già morto. Era la prima volta che vedevo qualcuno morirmi davanti agli occhi.

-Attenta Red!- Urlò Tony alle mie spalle.

Alzando la testa vidi il pilota cinese rialzarsi veloce come un fulmine. Ciò che mi spaventò di più non fu vederlo resuscitare, ma vederlo in faccia. Il volto era come quello di una mummia da film horror, solo che il suo era un po più corroso, senza naso e con un paio di occhi giallastri affetti da quella che a prima vista doveva essere un'irritazione di tipo chimico.

Con un ringhio si apprestò a colpirmi e sicuramente non sarebbe stato piacevole. La mia pistola era già estratta, ma il pilota zombie era praticamente su di me. I miei compagni non potevano colpirlo senza colpire anche me e gli altri due soldati erano dall'altro lato della nube. Senza alcun dubbio il pilota mi avrebbe colpita e se non mi avesse uccisa sul colpo, mi avrebbe sbranato come con lo sceriffo. Tutto stava ad indicare che la mia vita si sarebbe conclusa in quell'attimo. E invece.

La testa del pilota si separò dal collo e il resto cadde ai miei piedi. Incredula e sconvolta mi guardai intorno, scoprendo uno sconosciuto che nel bel mezzo della confusione si era avvicinato alle nostre spalle, ci aveva sorpassato come un fulmine e per finire aveva decapitato il pilota con una spada.

Lo sconosciuto era coperto di stracci e il volto era nascosto da una maschera antigas. Non mi colpì con un altro fendente di spada. Di conseguenza non lo considerai come una minaccia.

-Usa V.A.T.S.!- La voce dell'uomo uscì deformata e soffocata dalla maschera, ma riuscì ad intuirne il significato.

Il V.A.T.S., o Sistema di Puntamento Avanzato della Vault-Tec, era stato ideato dalle più grandi menti ingegneristiche della nostra era. Tramite l'utilizzo di un Pip-Boy, chiunque avrebbe potuto migliorare le sue doti da guerriero con qualsiasi tipo di arma, da una semplice spranga di metallo fino al più letale modello di fucile laser.

Attivai il V.A.T.S. con il semplice utilizzo di un pulsante rosso luminoso. Tutto il mondo che mi circondava finì col rallentare di dieci volte. I movimenti dei miei compagni, le nuvole nel cielo e gli altri piloti zombie sbucati dalla nube finirono coll'apparire lenti e silenziosi.

Il Pip-Boy rilevò la presenza degli organismi nei dintorni. Il bello è che sapeva anche i nomi. Da quelli dei miei compagni fino a quelli dei nostri assalitori. Il sistema gli aveva identificati come ghoul ferali, un modo più teatrale di chiamare quegli zombie. Ma chi sa perché ferali? Non sapevo quanti ghoul ci fossero ancora in quell'aero e il sistema di puntamento non funzionava all'infinito. Come un'arma anch'esso necessitava di munizioni. Il sistema li chiamava Punti Azione. Con il sistema di puntamento selezionai le sezioni del corpo da colpire. La testa era più piccola e quindi più difficile da colpire, ma dopo aver visto lo scarso effetto dei colpi al torace era meglio rischiare con dei colpi letali.

Quando completai la procedura di puntamento le mie braccia si mossero da sole e il mirino della mia pistola andò a fermarsi in direzione della prima testa. Il primo proiettile colpì in un occhio il ghoul più vicino, il secondo venne colpito in bocca e il terzo … beh ero sicura che il proiettile lo avesse centrato, visto che la sua testa esplose in mille pezzettini lasciando il corpo cadere per terra privo di vita.

Guardai i cadaveri accasciati davanti al portellone. Tre erano dei nostri e gli altri tre erano i vermi che gli avevano uccisi.

-Da parte dell'ufficio dello sceriffo di Boise City, bastardi avvizziti!-

Una battuta ad effetto degna di nota fu la perfetta conclusione di quello scontro.

Anche gli altri esultarono in grida di vittoria, ma i nostri festeggiamenti durarono poco, perché un aereo di quelle dimensioni, necessitava di un equipaggio ben più grande. Altri ventitré ghoul ferali uscirono dal portellone urlanti e scatenati come un gruppo di ubriachi rabbiosi la notte di San Patrizio.

Il loro vantaggio era il numero, mentre il nostro la maggiore capacità di fuoco … e non era nostra intenzione sprecarlo. I primi due a sparare fummo io e Bud, che con la sua mitragliatrice sezionò gli arti marci e scheletrici dei ghoul. Anche gli altri si unirono alla festa, compreso lo spadaccino sconosciuto che con una 9mm diede il suo piccolo contributo alla carneficina.

La battaglia si concluse in meno di un minuto e alla fine non subimmo altre perdite. Vedendo la massa di corpi stesa a terra abbassai la pistola.

-Bud, Tony. Controllate se ce ne sono altri. Amanda, prova a contattare il comando. Voi altri datemi una mano a recuperare i nos … -

Non ebbi il tempo di finire, che un ruggito catarroso attirò la nostra attenzione.

Un ghoul ferale era sceso silenziosamente sul terriccio della discesa e ora stava correndo come un fulmine verso di me con il suo braccio scarnato pronto a colpirmi. Nessuno se n’era accorto, e nessuno era pronto ad abbatterlo. Me compresa.

Quando il ghoul arrivò abbastanza vicino da potergli vedere gli occhi ingialliti, la sua gamba destra si aprì all'altezza del ginocchio, facendo cadere il mostro a pochi centimetri da me. Il ghoul non ebbe il tempo di ricomporsi che anche la sua testa fece la stessa fine della gamba. Sangue e cervella mi arrivarono sugli stivali facendomi trasalire come una ragazzina in un film horror. Anche gli altri erano rimasti sbigottiti.

Il mio secondo angelo custode scese a passo lento con in mano un fucile di precisione dell'esercito. Ora era chiaro come l'ultimo dei ghoul fosse morto. Ma chi era quest'altro personaggio? Indossava un'uniforme impolverata, ma il volto era nascosto da una maschera antigas, come lo spadaccino. Quei due si conoscevano sicuramente.

-Lui ha detto me di dire a te: usa V.A.T.S..- Disse lo spadaccino.

-Lui?- Chiesi.

-Perdonami Red, lo stavo cercando da stamattina.- Disse lo sconosciuto.

La sua voce era rauca come quella dello spadaccino.

-Beh comunque, grazie per l'aiuto. Se non fosse … aspetta come fai a … ?-

Come faceva quell'uomo a conoscermi. Guardai meglio la sua uniforme e mi accorsi che era quella di un pilota. Un pilota americano. Un pilota, che noi pensavamo morto.

-Isaac!?-

Anche gli altri arrivarono alla stessa conclusione. Sbigottiti e sconvolti restammo tutti a fissarlo come pesci lessi, e alla fine Nick fece la domanda da un milione di dollari.

-Isaac … come hai fatto a non morire?-

Isaac all'inizio non rispose, ci fissò soltanto per pochi secondi e alla fine si levò la maschera antigas.

-Chi ha mai detto che non sono morto?-

Issac era diventato un ghoul. Non uno come quelli che ci avevano attaccato, non un ferale. Ma pur sempre un ghoul. La pelle del viso era piena di graffi e taglietti cicatrizzati, il naso aveva l'asciato il posto ad un foro nel bel mezzo della faccia, i padiglioni auricolari delle orecchie si erano fusi alla alla testa e gli occhi erano stati come macchiati da una tinta nera che lasciava solo intravedere l'iride. Del Isaac che noi conoscevamo, erano rimasti soltanto i capelli biondi a spazzola. E anche quelli avevano visto giorni migliori. Giorni che per noi erano ormai un lontano ricordo.

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Capitolo 3
*** Amici, Nemici e Mostri ***


Amici, nemici e mostri

 

 

 

07/11/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P2/Laboratorio

Ore 10:11

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Mentre il montacarichi scendeva nelle profondità del bunker, io e gli altri restammo in silenzio con Isaac e il suo compagno di disavventure. Anche lui era diventato un ghoul e le caratteristiche del suo volto erano praticamente identiche. Solo la sua pelle era un po' più crespa. Con noi c’era una scorta di sicurezza a guardia di una gabbia in acciaio con dentro uno dei ghoul ferali. Era rimasto intrappolato in uno dei compartimenti dell’aereo e catturarlo si rivelò molto facile. L’intelligenza dei ferali non era il loro punto forte.

Giunti in fondo alla tromba dell’ascensore fummo accolti da Baker e una squadra di scienziati capeggiata da Spectrum. La prima impressione che ebbero dei due sopravvissuti non fu delle migliori, ma per lo meno non si misero ad urlare.

-È bello rivederla colonnello.- Disse Isaac facendogli il saluto.

-Ehi soldato. Come va?-

-Di merda signore, ma cerchiamo di andare avanti.-

Almeno il suo senso dell’umorismo era ancora vivo.

-Basta indugiare, dobbiamo sbrigarci.- Si intromise Spectrum.

-Un eyebot parlante?-

-Isaac, ti presento il Dr. Spectrum. Capo del reparto scientifico e una delle più grandi menti del nostro secolo.- Gli risposi.

-Ah, me ne sono perse di cose.-

Non ne sembrava molto impressionato.

Per raggiungere il laboratorio di Spectrum, usammo uno degli ascensori che collegavano ogni livello ai centri nevralgici del bunker. Quello che prendemmo collegava il centro di sicurezza all’atrio del laboratorio. L’atrio di ogni settore era strutturalmente identico agli altri e la loro unica differenza stava nell’arredamento e nel personale che gestiva il settore. Quello del laboratorio era il settore più pulito, sterile e luminoso del bunker. Forse anche più dell’ospedale. Le pareti erano bianche, il pavimento blu e tutto era illuminato da delle lampade fluorescenti che emanavano una rilassante luce azzurrognola. Quella era la firma che Spectrum metteva su tutte le sue creazioni.

Uscendo dall’ascensore vidi soltanto una donna con un camice bianco dietro ad una scrivania dal design futuristico e un paio di guardie in uniforme ai lati della porta principale. Ma guardando più attentamente notai che negli angoli alti della stanza erano state collocate delle torrette di sicurezza. Queste erano piccole e a semi sfera. L’esatto opposto di quelle messe a guardia della piazzola di carico dei montacarichi. Sarebbe comunque bastato che la loro corazza si capovolgesse per spiegare una potente mitraglietta laser.

-Buon giorno Dr. Spectrum.- Salutò la donna. -Le ho inviato le copie dei rapporti di Emersione nel suo ufficio.-

-Grazie Charis.-

Passata la reception entrammo in una stanza di decontaminazione. Il gruppo era composto dalla mia squadra, i due superstiti, Baker, Spectrum, il ferale in gabbia e i tre soldati a guardia della gabbia. Terminata la decontaminazione le porte del centro di ricerca si aprirono, mostrandoci uno spazio enorme suddiviso in varie piccole stanze all’interno delle quali diversi scienziati erano al lavoro. L’area aveva le proporzioni di un campo da football e i reparti erano separati da delle vetrate che permettevano di vedere gli scienziati all’opera.

-Impressionante.- Si complimentò l’amico di Isaac.

-Grazie. Ogni laboratorio si occupa di un progetto individuale approvato, finanziato e supervisionato esternamente dal sotto scritto.-

Se Spectrum avesse avuto un volto, probabilmente sarebbe stato sorridente. Non ci voleva un genio per capire che andava fiero del suo reparto.

-I vetri sono stati ideati per non dare un’idea di spazio chiuso e al tempo stesso sigillare ermeticamente ogni blocco.-

-Qui vengono create anche armi batteriologiche?- Chiese Bud.

-No. I miei chimici lavorano a progetti come nuovi alimenti, soluzioni isolanti e vaccini. Le armi chimiche le ho sempre trovate instabili e poco precise.-

Continuammo a camminare lungo il corridoio che divideva in due il centro di ricerca. Gli scienziati lavoravano a vari progetti. Alcuni lavoravano con delle fiale colorate. Altri con dei topolini da laboratorio, armi ad energia, mezzi dell’esercito, armature atomiche … avrei giurato di vedere la turbina di un caccia in un angolo.

A metterci a disagio ci pensarono invece i cerebrobot. Il laboratorio era l'unico livello in cui ad operare c’erano anche quei cassoni cingolati. I cerebrobot erano l’ultimo trionfo della General Atomics nel campo della robotica. A differenza dei normali robot erano dotati di un vero cervello organico come processore, contenuto in una cupola di vetro fissata al posto della testa, e ciò gli garantiva capacità di apprendimento e decisionali riscontrabili solo con le IA più sviluppate. Inoltre le loro braccia tentacolari gli permettevano di impugnare gli oggetti più comuni proprio come degli esseri umani. Se le bombe non avessero distrutto il mondo e i costi di fabbricazione non fossero stati troppo alti, l’esercito li avrebbe anche impiegati sui futuri fronti per sostituire i soldati umani sul campo. Ma vista la situazione Spectrum ritenne opportuno tenere quei pochi esemplari rimasti come aiutanti e operatori sul campo. E poi quei mostri biomeccanici erano ancora dei prototipi. Oltre a mettere la gente a disagio con quei cervelli che galleggiavano in bella vista nel biogel, non erano sempre molto affidabili. Secondo alcune sinistre fughe di notizie i cervelli non erano appartenuti soltanto a scimmie vivisezionate in laboratorio, ma anche ad alcuni pazzi criminali condannati a morte che dopo il risveglio, alla visione dei loro nuovi corpi, perdevano nuovamente la testa. Io un fucile non glielo avrei mai dato.

Grazie a Dio non ne incontrammo più per il resto del tragitto, e potemmo tornare ad ammirare le meraviglie tecnologiche che ci circondavano.

Alla fine del corridoio ci attendeva una scala che portava ad una terrazza a otto metri di altezza. In cima alla scala si trovava l’ufficio di Spectrum. Più simile ad un attico di lusso che ad un ufficio. Dovendosi trascinare dietro la gabbia, i tre soldati di guardia alla gabbia utilizzarono un muletto per portare la gabbia alla terrazza.

-Devo ricordarmi di far installare un ascensore.- Si annotò Spectrum.

L’ufficio di Spectrum faceva apparire quello di Baker una stanza da museo. Scrivania, poltrona, monitor, terminale privato e perfino un’area salotto con un arredamento di lusso che rispettava i canoni estetici del settore. Solo le foto sui mobili sembravano appartenere ad un’altra epoca.

-Prego accomodatevi, fate come se foste a casa vostra. Solo non toccate i computer. A e sergente, potreste lasciare la gabbia con il nostro sfortunato ospite sulla pedana la giù in fondo.-

-Si dottore.-

I soldati posizionarono il cassone sopra una pedana ai margini della stanza, restando sempre di guardia. Baker si era accomodato su una delle sedie davanti alla scrivania di Spectrum. Io, Bud, Amelia e Tony preferimmo rimanere in piedi per non apparire cafoni. Isaac era rimasto accanto a noi esaminando la sua mano scheletrica e scolorita, mentre il suo amico continuava a guardare fuori dalla vetrate gli scienziati al lavoro. Ne sembrava come stregato. Ad attirare la mia attenzione fu invece Nick, che senza che me ne accorgessi si era avvicinato ad una teca nel muro.

-Wow, questa è davvero una delle migliori ricostruzioni degli stabilizzatori del XB-2 che io abbia mai visto?-

Da come ne parlava Nick doveva esserne rimasto molto stupito.

-La ringrazio signor Rodriguez, ma quella non è una copia.- Gli rispose Spectrum mentre stava attivando il terminale del suo ufficio.

Nick esaminò più accuratamente il manufatto tecnologico davanti ai suoi occhi.

-Sta scherzando! Ragazzi, questo congegno è stato sul razzo che ci ha fatto scoprire i giacimenti minerari degli anelli di Saturno. Come ha fatto ad ottenerlo?-

-Mi è stato dato dall’ingegnere Eldred Begum.-

-Aspetti.- Nick apparve come confuso. -Begum era a capo del progetto XB-2 alla fine del novecento ed è morto nel duemilatré. Come ha fatto a conoscerlo?-

-Guardi nella foto a fianco dello stabilizzatore.-

Nella teca c’era anche una cornice con la foto di due vecchi scienziati. Nick riconobbe Begum e intuii che quello con il pizzo e la testa rasata fosse il leggendario Spectrum.

-Quindi lei una volta era umano?-

-Delicato.- Mi dissi.

-Si. L’anima che risiede in questo eyebot è quella di un vecchio scienziato che ha avuto la fortuna di vedere molte più albe del previsto.-

-Wow.- Rispose Nick.

Io e gli altri eravamo troppo stupiti per poter parlare. Come quello scienziato avesse fatto a diventare un eyebot, era un mistero. C’erano delle voci su tecnologie in grado di aumentare la longevità di una persona. Ma erano solo voci.

-Beh, se quella reliquia del mio vecchio lavoro l’affascina così tanto, guardi nella bacheca a destra.-

Spostandosi lungo la parete, Nick trovò un altro manufatto che lo lasciò senza parole.

-Nooo! Questo è il concentratore particellare del primo cannone Long Crescent! Ne esisteranno al massimo nove in tutto il paese.

-Esatto, lo progettai insieme al professor Peter Mayer. Mente brillante. Peccato che si sia spento qualche anno fa.-

Tra Spectrum e Nick era nato come un legame. Chi avrebbe mai pensato che l’anima di un genio e un meccanico con una dipendenza da bevande zuccherate avrebbero avuto una passione in comune.

-Oh mio DIO! Quello è Robert House! Il fondatore della RobCo Industries!-

Nick stava guardando su una mensola con svariate celebrità del passato e del presente. In una di quelle più grandi, erano raffigurati Spectrum, già diventato un eyebot, e Robert House. Filantropo miliardario dalle nobili origini, divenuto uno dei più potenti uomini del mondo grazie al suo genio.

-A si, Robert ed io ci siamo conosciuti nel duemilaquarantuno. Poco prima che fondasse la sua azienda. Unendo i nostri cervelli abbiamo plasmato alcune delle più grandi invenzioni della RobCo. Perfino in alcuni angoli di questa struttura c’è la firma del suo genio creativo.-

Per Spectrum quella con House doveva essere stata una grande amicizia. Chi sa come sarebbero andate le cose se anche lui fosse venuto nel nostro bunker?

-Che peccato. È bastata una sola apocalisse nucleare per uccidere un mito come lui.-

-Non ne sarei tanto sicuro, Rodriguez.- Si intromise Baker.-Dico bene Doc?-

-Già. Non credo che quella vecchia volpe si sia lasciato fregare da qualche comunista dall’altra parte del mondo.-

-Che intende dire?- Chiese Amelia.

-Niente, niente. Magari un giorno ve ne parlerò.- Rispose in modo evasivo Spectrum.

-È sempre un piacere ammirare la collezione di foto delle tue fidanzate Doc.- Intervenne il colonnello in modo sarcastico. -Ma che mi dici della scansione?-

-Si ho fatto, ho fatto. Ecco a voi il ghoul ferale.- Ci annunciò Spectrum.

Le luci si spensero e l’ologramma di un uomo in mutande e t-shirt comparve al centro della stanza.

-Quello non mi sembra un ghoul.- Fece notare Amelia.

-Esatto. Quello che vedete è Larry, un semplice trentenne, con un corpo in forma e pronto ad affrontare la sua giornata lavorativa. Ma guardate che cosa succede se interagisce con una grande fonte di radiazioni.-

A fianco dell’uomo apparve l’ologramma della lancetta di un contatore geiger. La lancetta si impenno subito, indicando un massiccia presenza di radiazioni. L’uomo venne attraversato da una miriade di lucette giallognole, a simulare le particelle radioattive. Larry iniziò a barcollare come stordito e all’improvviso vomitò un misto di bile e sangue. Il vomito finto cadde sul pavimento sparendo poi nel nulla. Mentre Larry diventava sempre più pallido, sulla sua pelle comparvero pustole ed eritemi. I capelli caddero a ciocche e alla fine si accasciò a terra in preda agli spasmi e ad un dolore impensabile.

-Ottimo, c’è forse qualcosa che non sapevamo sulla morte per radiazione?- Chiese Bud.

-D’accordo sergente. Fin qui niente, ma prova a guardare cosa succede a Jerry, il fratello di Lerry.-

L’ologramma di Lerry venne sostituito con quello di un altro uomo in mutande e t-shirt, ma con i capelli biondi.

Quando la finta lancetta del contatore geiger iniziò a ticchettare, le finte particelle radioattive attraversarono il corpo di Jerry. A differenza di suo fratello, Jerry iniziò a mostrare dei semplici sintomi di stanchezza. Spossatezza, difficoltà a stare in piedi. Ma subito dopo la sua pelle si riempì di macchie, e tutta la sua carnagione si scurì come bruciata dal sole. Le labbra si seccarono, mettendo in evidenza i denti marciti. Gli occhi si ingiallirono, i capelli caddero e prima che Jerry cadesse a terra in preda alle convulsioni, accadde l’impensabile.

Jerry urlò e sbraitò come un forsennato, poi le sue urla si trasformarono in grugniti e ululati. I suoi movimenti diventarono rapidi e scombinati. Quello che prima era un uomo, ora era un ghoul ferale.

I proiettori olografici si spensero e le luci si riaccesero. Eravamo tutti rimasti sconvolti dalla simulazione. Tutti tranne Isaac, che in quel momento stava esaminando la mobilità del suo ginocchio destro.

-Ma come … cazzo?- Chiese uno dei soldati a guardia della gabbia.

-Non ci credo.- Disse Tony.

-Va contro ogni logica.- Affermai.

-Già … chi chiamerebbe il suo figli Lerry e Jerry?- Domandò Nick.

-Cosa?!- Gli chiesi. -Ma hai visto l’ologramma?-

-Ehm, si. Devo ammettere che anche quello è un bel quesito.-

L’unico che riuscì a dare un significato a quell’orrore, fu Spectrum.

-Stando a quello che sono riuscito ad ipotizzare, se un determinato organismo, posto in un determinato stato di contaminazione da radiazioni, può morire come Lerry ,o tramutarsi in un ghoul come Jerry.-

-E questo come ce lo spiega?- Lo incalzò Isaac indicandosi la faccia.

Una persona normale ci avrebbe messo un po di tempo per ponderare una risposta adeguata e altrettanto tempo per trovare le parole giuste. Ma Spectrum ci era già arrivato. Dava le risposte ai problemi prima che questi gli si presentassero.

-Scommetto che quando avete iniziato a mutare, i livelli di radiazione che vi hanno colpito, sono rimasti costanti.-

Isaac e il suo amico si guardarono perplessi.

-Io ero nell’abitacolo dell’aereo.- Rispose Isaac. -Faceva un caldo pazzesco dentro. Ma fuori era anche peggio. È quando sono uscito che ho iniziato a mutare.

-Io mi ero nascosto in … come voi dire?-

Il superstite senza nome sembrava avere dei problemi a comunicare.

-Cabina di comando.- Lo aiutò Isaac.

-Ah si. Grazie Isaac.-

-Esatto, eravate entrambi in due ambienti isolati. Non sufficienti a trattenere le radiazioni, ma abbastanza da mantenere un equilibrio, senza sbalzi nei livelli di contaminazione.- Concluse Spectrum.

-Quindi, noi due non ci siamo trasformati in ferali perché le radiazioni ci hanno cotti senza variazioni?- Chiese Isaac. -Che fortuna.-

Non ne sembrava essere molto convinto.

-Quanti ghoul ci saranno la fuori dottore?- Chiese preoccupato Bud.

-Avrò bisogno di altri dati per arrivare alle giuste conclusioni. Ma … non molti. Al massimo qualche decina-

La risposta di Spectrum non ci sembrò molto sincera. Se nella pianura irradiata, o come da poco avevamo iniziato a chiamarla, nella Zona Contaminata questi esseri fossero stati anche solo un quinto della popolazione prima delle bombe, le nostre operazioni avrebbero potuto risentirne drasticamente. Forse anche la nostra sicurezza era a rischio.

-Signore? Questo poveraccio è morto.- Affermò uno dei soldati indicando la gabbia.

Dopo il nostro ingresso nella base il ghoul si era tranquillizzato poco a poco nella sua gabbia. Ma nessuno aveva fatto caso al suo silenzio tombale fino a quel momento. Incuriosito Spectrum si avvicinò fluttuando alla gabbia e arrivatogli davanti la porta si aprì in automatico. Era molto rischioso, ma con l’esame biometrico di Spectrum rassicurò tutti.

-È vero, il cuore non batte più.- Concluse lo scienziato andando a volteggiare vicino alla vetrata.

-A cosa gli serve il cuore?- Chiesi.

-I loro organi primari e alcuni dei secondari sono ancora funzionanti. Solo il loro cervello è marcito a causa delle radiazioni. Ma ora a questo non funziona più neanche il cuore. É clinicamente deceduto.-

-Bene. Ora che abbiamo scoperto i particolari dei nostri nuovi amici, vorrei sapere qualcosa di più sul nostro ospite.- Disse Baker rivolgendosi al compagno di Isaac.

Le parole del colonnello attirarono l’attenzione di Isaac, che risvegliatosi dai suoi pensieri, guardò i presenti con una certa preoccupazione. Anche il suo amico non sembrava più molto tranquillo.

-Non si preoccupi signore. É un tipo apposto.- Lo difese Isaac.

-Non metto in dubbio il tuo giudizio soldato. Prima però vorrei parlare un po con il tuo “amico”.- Il tono di Baker era tranquillo, ma il suo sguardo era quello di un’aquila che stava studiando la sua preda. -Per cominciare, come vi chiamate.-

Il ghoul sembrò esitare all’inizio, ma alla fine le parole uscirono dalla sua bocca.

-Mi chiamo Baatar Li … e sono un pilota.-

-Bingo.- Disse amareggiato il colonnello.

-Un pilota di cosa?- Mi domandai.

La risposta arrivò insieme allo scatto di Bud, che con il suo corpo massiccio si piazzò tra Isaac e l’altro ghoul per impedirgli di nuocere a noi o ad Isaac. Il gigante aveva capito subito che Baatar, l’amico di Isaac, era l’unico superstite del bombardiere cinese e quindi un nostro nemico. Anche i soldati si erano attivati puntando le loro armi contro il pilota cinese. Spectrum fu costretto ad arretrare nell’angolo per uscire dalla loro traiettoria.

-Te la cavi abbastanza bene con la nostra lingua, ma quando hai nascosto la tua uniforme con quegli stracci ti sei dimenticato di coprire i tuoi anfibi.-

A parte il colonnello nessun altro aveva fatto caso alle scritte cinesi cucite sugli anfibi del ghoul.

-Signore, glielo assicuro. Baatar non ha cattive intenzioni. Se non fosse stato per lui saremmo tutti morti.- Lo difese Isaac.

-Spiacente soldato, ma so per mia esperienza che fidarsi di un soldato cinese in situazioni ad alto rischio è troppo rischioso.- Continuò Baker con un tono calmo e la mano destra sulla fondina della sua Colt 45 semiautomatica.

-In verità io sarei tibetano.- Si giustificò Baatar.

-Signore, quest’uomo mi ha salvato la vita. E ci ha aiutati a combattere i ferali.- Intervenni io.

Gli dovevo la vita.

-Colonnello, non può uccidere l’amico di Isaac. Ha davvero salvato la vita di Red.- Disse Nick.

-La prego, mi lasci spiegare.- Continuò Baatar.

-Spiacente, sono costretto a metterla agli arresti fino a …-

-COLONNELLO!!!- Urlò Tony indicando la gabbia in fondo alla sala.

Senza che nessuno se ne potesse accorgere, il ghoul ferale che noi pensavamo fosse morto era balzato in piedi e in un batter d’occhio stava già per colpire il colonnello. Le guardie si erano concentrate su Baatar, Spectrum era ancora nell’angolo, noi avevamo lasciato le armi nell’armeria e Baker aveva la pistola ancora nella sua fondina. Ma per l’ennesima volta in quella lunga giornata, avvenne un miracolo.

Un oggetto sottile e poco più lungo di dieci centimetri andò a trafiggere il cranio del ghoul ferale. Il colpo, combinato con la forza della corsa, fecero cadere bruscamente il ghoul sulla scrivania di Spectrum, a meno di un metro da dove Baker era rimasto seduto.

Con nostra sorpresa capimmo che a lanciare la sottile asta di ferro come un coltello da lancio era stato Baatar. Il ghoul era rimasto bloccato con il braccio teso, a controllare che il bersaglio fosse morto e che non servisse infierire.

-Mi dispiace. Non volevo ucciderlo.- Si scusò Baatar.

-Ma non era morto?!- Chiese seccato uno dei soldati di guardia.

-Ma certo. Le radiazioni.- Disse Spectrum.

-Cioè?!-

-Al rientro siete passati attraverso lo scudo del RAD-SHIELD. L’aver tolto le radiazioni al ghoul ferale deve averlo indebolito, fino a portarlo ad uno stato dormiente. E mentre noi parlavamo, le radiazioni restanti gli hanno permesso di risvegliarsi e di attaccare.-

-Quindi le radiazioni non solo lo hanno trasformato in un ghoul, ma lo hanno anche tenuto in vita.- Disse Bud.

-Esatto. Un puro miracolo dell’inquinamento radiativo.-

-Ma perché il colonnello? Come può averlo considerato come un bersaglio importante se il suo cervello è stato fritto dai raggi gamma?- Gli chiese scettico Bud.

-Semplice e pura casualità. Io, il sergente e i suoi uomini eravamo ai lati della gabbia. Voi invece eravate raggruppati nell’angolo più lontano e quindi la preda più appetibile non poteva essere nessun altro se non Roland.-

Il colonnello era rimasto di stucco. Non per aver rischiato la vita, a quello ci era abituato, ma per essere stato salvato da un pilota nemico. Tornato subito in se tolse la mano dalla fondina.

-Beh … credo di doverla ringraziare … Li.- Disse il colonnello togliendo la mano dalla fondina e facendo segno alle guardie di abbassare le armi.

-Ha visto signore? Baatar è uno di cui ci si può fidare. Se avesse voluto assassinarla lo avrebbe fatto già da molto con una delle sue lame artigianali- Affermo Isaac mostrando una serie di piccole lame nascoste nella manica di Baatar.

-Meno male che non abbiamo usato il metal detector.- Pensai.

Era la prima volta che lo vedevo Isaac sorridere da quando lo avevamo ritrovato. Ma tornò quasi subito ad essere triste e mogio come prima.

-Si soldato. Ammetto di averlo mal giudicato.-

-Sbaglio o prima avevi detto: se non fosse stato per lui saremmo tutti morti? O qualcosa di simile.- Gli chiese Bud.

Il gigante era un ottimo ascoltatore. Io non ci avevo fatto caso.

-Diglielo Mr. B. Questo li convincerà che non sei un pericolo.- Gli consigliò Isaac.

-Si Isaac. Hai ragione.- Baatar fece un profondo respiro.

Quello che stava per raccontarci, era qualcosa per il quale non andava tanto fiero.

-Quando io e miei compagni decollammo da montagne, pensavamo che fosse una esercitazione, ma a pochi minuti dalla partenza ci arrivarono gli ordini veri. Gli ordini erano di bombardare Stati Uniti. Poteva essere un errore di trasmissione, ma il dispiegamento di intera flotta aerea confermò i nostri sospetti.-

-Quali erano i vostri obbiettivi?- Gli domandai.

Speravo che la risposta non fosse il nome di una grande città.

-Voi.-

La risposta mi fece sprofondare nell’angoscia. Anche gli altri non sembrarono molto contenti.

-Fort Boise è stato scoperto dai nostri agenti tre anni fa. Il tempo necessario per la creazione della “Lóng tuīchū”.-

Le ultime parole non riuscimmo a capirle. Tranne Bud e Spectrum.

-La Spada del Drago?- Chiese Bud.

-No, direi … la Lancia del Drago.- Lo corresse Spectrum.

-Corretto.- Gli rispose Baatar.

-Da quando parli cinese?- Chiese Tony a bassa voce.

-Da quando li combatto. Ma solo un pochino.- Gli rispose a bassa voce Bud.

-Comunque.- Ricominciò il pilota. -La Lancia è super ordigno in grado di bruciare più lungo rispetto normale bomba. Ideale per liquefare anche strutture più resistenti di base americana.-

Baatar sembrava serio.

-Come siete riusciti a creare questa bomba?- Gli chiese Nick incuriosito.

-Io dovevo solo trasportarla, non ho partecipato allo sviluppo. Ma avevo sentito … come dite voi?Voci di corridoio … su nuovo tipo di componente uranio.-

Tutti guardarono Spectrum cercando una risposta.

-Si. È possibile.- Rispose il robot.

-Perché colpirci con questa Lancia? Non ne sarebbe basta una normale per far saltare la base?- Gli chiesi.

-Lo scopo della bomba era distruggere vostro bunker. Non soltanto base. Io però non volevo uccidere innocenti, ne volevo farlo per una nazione alla quale non appartenevo.-

-In che senso?- Chiese Nick.

-Nel 1950 la Cina invase il Tibet.- Rispose Baker. -Negli anni che seguirono, noi restammo a guardare e i comunisti soggiogarono il paese. Anni di soppressione, violenze e discriminazione. Solo quando le risorse hanno iniziato a scarseggiare venne concesso ai tibetani di arruolarsi. Ma solo come cuochi, operai o infermieri … nulla di tanto eclatante.-

Il vecchio la sapeva lunga sui comunisti.

-Non tutti. Alcuni di noi diventarono veri soldati, marinai e piloti. Io volevo soltanto volare, ma loro mi vollero mettere ai comandi di micidiali portatrici di morte. A poche miglia da vostra base, mi barricai nella sala del generatore e lo spensi. Il piano era di costringere il comandante a fare un atterraggio di emergenza, ma miei compagni erano riusciti ad entrare. Cercando di colpirmi aprirono una falla nel reattore, causando la fuoriuscita delle radiazioni. Nella confusione mi nascosi in …. ehm … camera sicura. Non mi difese completamente dalle radiazioni e dopo l’atterraggio di emergenza, iniziai a trasformarmi. Scappai da uno squarcio nella fiancata e vagando per la città mi rifugiai nel vostro … municipio?-

-No, te l’ho detto! Qui noi avevamo l’ufficio governativo.- Lo corresse Isaac.

-A già, vero. E li ho trovato Isaac. Abbiamo fatto conoscenza e quando tempeste si sono placate, ci siamo messi in marcia per il forte. Solo che a pochi passi dal nostro rifugio, trovammo il primo ferale. Dopo averlo ucciso decidemmo di eliminare gli altri prima che potessero uccidere qualcuno o scappare.-

-Perché non siete venuti alla base?- Gli chiesi.

-Io avevo paura che mi avreste sparato a vista e Isaac … beh ecco lui …-

-Volevo starmene un po da solo.-

Baatar fece una smorfia ad intendere che Isaac non stava scherzando. D’altronde, non ci voleva un genio per capire il dolore che il nostro amico provava. L’essersi trasformato in un ghoul lo aveva traumatizzato a tal punto da volersi isolare da tutti. O peggio.

-Fine storia.- Concluse Baatar.

-Digli della chiave Mr. B.-

-A giusto. Grazie Isaac.-

Baatar si avvicinò al ghoul ferale, che qualche istante prima aveva quasi ucciso il colonnello. Nessuno lo aveva ancora spostato dalla scrivania di Spectrum.

-Perdonami.-

-Con tutte le lame che ti sei fatto in questi giorni dovevi proprio usare la chiave?- Chiese Isaac seccato.

-Avevo solo questa in mano a momento.-

Afferrando la sottile asta di metallo conficcata nella testa del ghoul, Baatar diede un forte e deciso strattone. L’asta uscì senza danneggiare ulteriormente il cadavere e Baatar la mostrò a noi tutti.

-Una chiave di armamento.- Disse Spectrum.

-Si. Questa chiave arma la Lancia. Senza la bomba è del tutto innocua e sicura.- Dicendo questo, Baatar le diede una veloce ripulita dal sangue e la tese a Baker. -Io sottotenente dell’aviazione cinese Baatar Li, cedo il possesso della Lóng tuīchū, la Lancia del Drago, a lei Colonnello Roland Baker, in rappresentanza di esercito americano.-

-E in cambio?-

-Chiedo asilo politico e una possibile integrazione all’interno del suo staff.-

Inizialmente Baker indugiò, ma dopo una breve riflessione accettò l’offerta di Baatar. Alzatosi in piedi, prese la chiave di armamento con la sinistra e con la destra strinse la mano del pilota. Un momento che rimase stampato nella mia memoria e a cui Baker non avrebbe mai pensato di partecipare.

-D’accordo soldato. Per adesso sei ancora in prova, ma ti assicuro che riceverai un trattamento identico ai tuoi nuovi colleghi. Riceverai un alloggio, l’accesso alla mensa e a breve ti verrà assegnato un incarico inerente al tuo settore. Tutto chiaro?-

-Si signore.-

-Bene. Isaac?-

-Si signore?-

-Te la senti di tornare al lavoro?-

Isaac guardò per un attimo la sua mano, si diede una passata ai capelli e si mise sull’attenti.

-Pronto a tutto signore.-

In quell’attimo percepii una piccola traccia della vecchia grinta di Isaac. Buon segno.

-Sorvegliante Earp?-

-Signore?-

-Il sottotenente Isaac Lee e il sottotenente Baatar Li saranno i due piloti della squadra Vault. Quindi saranno sotto il suo comando.-

Baker non sembrava scherzare.

-Ah, ok … ma … piloti di cosa. Gli hangar non ospitano nessun bombardiere, caccia o altro velivolo da guerra degno di nota. Ci sono rimasti soltanto un paio di aerei per il trasporto sulla pista, ma non hanno neppure le mitragliatrici.-

-Quelli no, ma abbiamo altro in servo per voi. Vi faremo sapere fra qualche settimana. Per ora potete tornare alle vostre rispettive mansioni. È tutto.-

Fatto il saluto uscimmo tutti dalla stanza per tornare ai nostri settori. I soldati della scorta riposero il cadavere del ghoul ferale nelle gabbia, facendo attenzione ad eventuali resurrezioni.

Nell’ufficio di Spectrum rimasero solo lo scienziato e il colonnello.

-Ci possiamo fidare del nuovo inquilino?- Chiese Spectrum fissando il vuoto oltre la finestra.

-La sua storia mi sembra vera. Non credo che butterà nella spazzatura l’occasione che gli abbiamo concesso. Tu che ne pensi Doc?-

-Si. Credo anch’io che possiamo fidarci.-

Da una piccola botola nel pavimento, uscì un robottino. Non era un eyebot, ma un Mr. Handy tre volte più piccolo rispetto a uno normale. Il piccolo robot volteggiò sopra alla scrivania e la ripulì dal sangue, per poi tornare nel suo nascondiglio.

-Rifugiati tibetani a parte. So che ti serve altro tempo per finire i tuoi calcoli e che non volevi dire la verità davanti agli altri per non spaventarli, ma … quanti ce ne saranno la fuori?- Chiese il colonnello.

Stava parlando dei ghoul ferali.

-Ci sono molte variabili e i dati che ho raccolto per adesso non sono sufficienti. Secondo le mie simulazioni e quelle degli strateghi, più del novanta per cento della popolazione mondiale dovrebbe essere stato ucciso dagli incendi nucleari o dalle radiazioni. Però questa nuova … mutazione, apre nuovi scenari che non avevamo preso in considerazione.-

-Avanti Doc, sono con te dal sessantasei. Ormai sai che ti puoi fidare.- Lo incoraggiò il colonnello.

-Se quello dell’aereo è stato un caso isolato e noi siamo fortunati, non avremo grossi problemi. Ma se le radiazioni trasformano più di un essere umano su cinque in un ghoul ferale … all’ora temo che saremo costretti a dover combattere contro intere orde di quei mostri.-

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Capitolo 4
*** Una missione sotto l'albero ***


Una missione sotto l’albero

Babbo Natale fu molto generoso quell’anno.

 

 

25/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Quartiere residenziale

Ore 11:48

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Dopo l’operazione Emersione non era più accaduto nulla di esaltante. Le squadre di esplorazione non si erano allontanate per più di quattro miglia dalla base. A sud si poteva prendere la 412 o la 287 e raggiungere il confine con il Texas. Andando a est, dal lato opposto della 412, si poteva raggiungere Guymon o tagliare per la 56 e arrivare a Keyes, che nonostante fosse l’insediamento più vicino a noi, era anche un obbiettivo fuori dalla nostra portata. Andare alla ceca nella Zona Contaminata era un grosso rischio, specialmente quando le tempeste radioattive flagellavano l’est dell’Oklahoma. La 385 ci apriva la strada verso il nord, ma anche li le installazioni a prova di radiazioni erano scarse e quelle che c’erano potevano essere state distrutte. Ma la peggiore era la 325, che attraverso le colline a confine con il Nevada conduceva a Kenton. Secondo i rilevatori sismici del Dr Spectrum, la zona era stata colpita da vari ordigni. Il livello di radiazioni doveva essere molto alto

Quindi eravamo ancora costretti a starcene per conto nostro. Niente esplorazioni. Niente combattimenti. Niente di niente.

Però le vacanze di Natale si. Nei depositi del P1 erano stati stipati scatoloni su scatoloni di decorazioni per ogni festività. Natale, Hanukkah, Capodanno, Pasqua, l’Halloween, che per inciso avevamo saltato, e perfino il Giorno della Marmotta. Mancava solo il Capodanno cinese, ma quello lo avevano fatto a noi … e ci era anche bastato.

Il quartiere residenziale era stato addobbato con luci e decorazioni a tema natalizio e per dare un’idea di vero inverno, la temperatura era stata abbassata. In un paio di punti erano stati collocati dei cannoni spara neve per fare giocare i bambini. Qualcuno aveva fatto anche dei pupazzi di neve nel parco pubblico del quartiere residenziale.

Poi c’erano anche Isaac e Baatar, o come molti lo avevano iniziato a chiamare, Mr. B. Inizialmente la cosa non era stata molto facile, soprattutto con i civili. Nessuno voleva ospitare un soldato cinese. C’era anche il problema dell’aspetto estetico. Per quelli che non lo conoscevano, Isaac era come un lebbroso o un malato, e per Baatar era anche peggio. Ma col passare del tempo, e qualche lezione di inglese, la situazione migliorò a vista d’occhio. La gente si abituò alla vista dei ghoul e cosa più importante, quando si sparse la voce che Baatar ci aveva salvato tutti quanti sabotando il suo bombardiere, tutti iniziarono a considerarlo uno di noi. Certo qualche individuo continuava a guardarlo con diffidenza, e Baker non smetteva di chiedermi rapporti sulle sue attività. Ma in fine dei conti per B era iniziata una nuova vita.

Io invece avevo continuato a dirigere la sicurezza. Con i nuovi colleghi non mi trovavo tanto male. Erano per lo più persone normali e con la testa sulle spalle. E il bello era che nessuno di loro voleva il posto di capo della sicurezza. E non potevo neanche biasimarli, visto che il mio secondo lavoro consisteva in un miscuglio di scartoffie, riunioni, controlli del personale e molta, molta, molta responsabilità. Avevo dovuto pure iniziare a prendere dei farmaci contro gli attacchi di panico.

Per fortuna avevo ancora i miei vecchi amici. I membri della squadra Vault. Un team di veri amici. E quel giorno avevamo deciso di festeggiare a casa di Nick e sua madre. E se ve lo state chiedendo, la risposta è si. Nick viveva con la mamma. Sia prima che dopo l’apocalisse.

La casa dei Rodriguez era come quella di tutti gli altri abitanti. Un appartamento familiare spazioso e confortevole. Quando arrivai alla porta d'ingresso suonai il campanello.

-Chi è?- Domandò la madre di Nick al citofono.

-Sono io Maria.-

-Oh Red, aspetta che ti apro.-

I blocchi della porta automatica si aprirono e le due metà della porta scivolarono una in su e l’altra in giù. Entrando venni accolta dalla mamma di Nick. Maria era una donna sui quarant’anni che da giovane si era trasferita dal Messico a Boise City. Dove in seguito conobbe il padre di Nick. Questo grand’uomo però, appena scoperto che stava per diventare padre se la svigno. Maria fu costretta a dover crescere Nick da sola, facendogli credere che suo padre era andato in vacanza e che non sarebbe tornato molto presto. Per essere stata una madre single, con un semplice diploma da impiegata, non se l’era cavata affatto male. Quando ero piccola e papà veniva richiamato in missione, lei badava a me. E naturalmente a suo figlio. Era simpatica, gentile e in gamba come poche donne al mondo.

-Vieni pure Red. Gli altri sono già arrivati.-

Il salotto era ben arredato e alcuni degli oggetti erano gli stessi di quello vecchio. C’erano libri, soprammobili, foto e tante altre cose che Nick aveva recuperato dalla superficie. Ogni residente aveva avuto il permesso di compilare una lista per farsi recuperare alcuni oggetti dalle vecchie abitazioni. L’unica regola era che non fossero troppo grandi e che venissero ripuliti meticolosamente dalle radiazioni.

Nella stanza si erano accomodati tutti i miei amici, compresi Isaac e Baatar. Tutti indossavano dei maglioni in lana che Miss Rodriguez aveva fatto negli ultimi giorni. Quello di Bud era stato fatto con il doppio della lana usata per uno normale. Il pelle rossa era veramente grosso, anche senza l’armatura atomica.

-Buon Natale ragazzi.-

-Buon Natale Red.- Mi risposero loro.

Erano tutti allegri, tranne Isaac ancora nella sua fase di depressione cronica. Al contrario Baatar era esaltato come un ragazzino. Quello doveva essere il suo primo Natale. In assoluto.

Nick gli aveva pure fatto vedere la sua collezione di tappi Nuka-Cola. Tutti decontaminati uno per uno. Solo un fedele amante della Nuka-Cola come Nick poteva possedere un baule con novemilatrecentoventi tappi di bottiglia. Cosa se ne sarebbe fatto un giorno, a parte continuare a collezionarli, non lo sapeva neppure lui.

-Ragazza per poco ti perdevi l’apertura dei regali!-

Anche Nick era dello stesso umore. Sotto l’albero di Natale finto c’erano sette regali con tanto di fiocchetto e nome.

-A quanto pare Babbo Natale è riuscito a trovarci anche quest’anno.- Affermò Maria portandoci i nostri rispettivi regali uno ad uno.

Era evidente che Babbo Natale aveva lasciato di persona i regali a lei.

Ringraziando Maria ognuno aprì il suo regalo. Tony e Amelia trovarono due cinturoni multiuso in vera pelle e con incise le loro iniziali. Roba di marca. Bud invece trovò un casco per armature atomiche.

-Ma questo è un … casco T60 … modello F?!- Affermò Bud rimasto più che sorpreso. -Questo lo danno soltanto agli ufficiali delle forze speciali.-

-Si il soldato che me l’ha dato aveva detto che per la sua armatura non andava bene e all’ora gliel’ho barattato con un vecchio proiettore.-

-Signora Rodriguez, sarò in debito con lei per l’eternità.-

Per un attimo avevo pensato che Bud sarebbe partito come un razzo contro il soffitto.

-Oh, su via Buddy caro, è solo un pensierino di Natale.- Quella donna era un angelo. -E voi altri, siete soddisfatti?-

Io avevo ricevuto un’edizione limitata della “Guida alla sopravvivenza dell’abitante del Vault”. Un librone con tutte le nozioni e i consigli su come affrontare il mondo post apocalittico. Caspita, ce ne saranno state almeno una ventina in tutto il bunker.

Per Baatar e Isaac invece Babbo Natale aveva portato due berretti da pilota dell’esercito con le cuffie incorporate. Il regalo fece tornare un po di sorriso sulle labbra di Isaac.

-Ve li ho imbottiti con un po di lana, così quando vi troverete ad alta quota avrete la testa e le orecchie al caldo.-

Quella donna aveva pensato proprio a tutto.

-La ringrazio molto signora Rodriguez. Era da molto che non ricevevo un regalo così bello.- La ringraziò Baatar.

Uno degli aspetti più interessanti di Baatar era la sua educazione. Era una specie di gentleman asiatico.

-Grazie anche da parte mia signora. Molto gentile.-

Isaac fu più sintetico, ma pur sempre riconoscente.

Ma il regalo che più era stato fatto con il cuore, era quello per Nick. Il meccanico trovò nella sua scatola una bambolina Vault-Tec simile a quella che i ragazzi mi avevano regalato poco prima che le bombe cadessero. Questa però era un Vault Boy con in mano una chiave inglese e la solita espressione allegra.

-Ma sei grande mamma! Questo, questo è … il Vault Boy riparatore! Come hai fatto ad averlo?!- Nick stava per scoppiare a piangere.

-L’avevo ordinato una settimana prima delle bombe e per fortuna il corriere è passato giovedì.-

-Oh mamma sei la numero uno.- Disse Nick abbracciando la donna.

La scena fu molto commovente, ma quella che ne segui fu da sbellicarsi dalle risate. Con la furtività di un gatto, Tony tirò fuori la sua macchina fotografica per immortalare Nick mentre abbracciava la mamma.

-E questa finisce nella bacheca della mensa.-

Tutti i presenti scoppiarono in un coro di risate indimenticabile. Tutti tranne Nick che al contrario non aveva preso la cosa con molta allegria.

-Ah ah ah, divertente Tony, ma adesso dammi quella macchina fotografica. Su da bravo.- Disse Nick con un finto sorriso e allungando il braccio.

Le trattative andarono avanti per qualche minuto, ma alla fine Nick ottenne quello che voleva. Solo che senza farglielo notare Tony aveva sfilato la pellicola dalla macchina fotografica. L’unico che non se ne accorse fu Nick.

-All’ora. Chi vuole mangiare?- Domandò Maria.

Nella sala da pranzo era stata già imbandita la tavola per il pranzo e la porcellana era quella che io e Nick avevamo recuperato personalmente qualche giorno fa. Per i piatti avevamo dato una passata extra nella camera di decontaminazione. Era meglio evitare l’ingerimento di particelle radioattive.

Il giorno del ringraziamento lo avevamo trascorso nello stesso modo e quindi avevamo dovuto portare altre pietanze. La sera prima avevo portato un pollo degli allevamenti già farcito pronto alla cottura. La mamma di Nick lo aveva messo nel forno qualche ora prima del mio arrivo. Solo a guardarlo mi veniva l'acquolina in bocca. Gli altri avevano portato un’insalata di patate fatta da Amelia, il pane cotto al forno di Tony, le braciole di maiale con la salsa speciale della famiglia Hunt, le bottiglie di Nuka Cola gran riserva di Nick, il vino che Isaac teneva nella sua camera alla vecchia caserma e lo Yak Thukpa di Baatar. Il suo piatto era una deliziosa minestra tipica della cucina tibetana a base di spaghetti con carne di montone o di yak. Ma vista la carenza di yak nei nostri allevamenti, Mr B aveva optato per della semplice carne di manzo. Ciò nonostante la minestra di Baatar era assolutamente deliziosa … e per giunta anche molto sana.

-Amico devo ammetterlo. La cucina tibetana spacca di brutto.- Si complimentò Bud assaggiando la pietanza.

-Ti ringrazio Bud. Mia madre me l’aveva insegnata da piccolo.-

Quello dei genitori di Baatar era un argomento già trattato. La madre era morta quando lui aveva appena undici anni e il padre faceva l’operaio in una fabbrica nei pressi del loro villaggio. Una storia simile alla mia, solo molto più triste.

-Come dico sempre io: non si smette mai di imparare. Specialmente con una così buona cucina.- Si complimento Maria.

-Grazie signora.-

-Dimmi Baatar. Hai mai pensato a scrivere un libro di culinaria?- Gli chiese la donna.

-Ehm … mi prende alla sprovvista. Non ci ho mai pensato sinceramente.-

-Se si trattasse di un libro sulla cucina tibetana io lo comprerei.- Affermò Tony.

E lo stesso avrei fatto io. Così almeno la mia libreria a casa avrebbe avuto qualcosa di diverso tra le fila di manuali e protocolli.

-Da piccolo avevo un sacco di libri: Alcuni anche in inglese, se pur illegali. Però non avevo mai pensato a scriverne uno sulla mia cultura.-

-Mancanza di fondi?- Gli chiese Nick.

-Anche, ma più che altro non avrebbe avuto l’approvazione dal Dipartimento Centrale di Propaganda del PCC.-

Wow. Non dico che la società americana fosse la migliore. Specialmente negli ultimi anni. Ma in Cina c’era sicuramente qualcosa che non andava.

-Beh ora che sei su suolo americano, potresti scrivere e pubblicare il tuo libro.- Gli consigliò Maria. -Abe Jones si è fatto recapitare una delle sue rotative. Glielo hanno permesso solo perché il giornale avrebbe fatto bene al morale della gente.-

-Ma non ho soldi. Non ho ricevuto neppure il mio primo stipendio. E poi non credo che questo Jones si fiderebbe di un ex pilota della PLAAF.- Obbiettò il ghoul.

-No, al contrario. Abe Jones è un veterano, sa già di te e non credo che ti consideri un nemico. E per i soldi ti basterà parlare con l’amministrazione. Ci sono un sacco di lavoretti e missioni di ricerca che hanno bisogno di essere portati a termine.-

-Ah. Allora inizierò subito a lavorarci. E nei ringraziamenti metterò tutti voi che mi avete salvato e accolto in casa vostra.-

Le parole di Mr B ci fecero commuovere tutti quanti. A parte Isaac ovviamente, che dall’inizio del pranzo era rimasto muto come un pesce a mangiare la sua minestra e sorseggiare il vino. Era sempre immerso nei suoi pensieri e rispondeva solo quando qualcuno lo chiamava o doveva interagire con le altre persone.

-Metterò anche il tuo nome amico mio.- Disse Baatar dandogli una pacca sulla spalla.

-Ehm, okay. Grazie Mr B.-

Il pranzo continuò per circa un’ora e terminò con le succulenti e abbondanti braciole alla Hunt. Forse anche troppo abbondanti.

Seguì un pomeriggio a base di caffè con biscotti fatti in casa e un film natalizio su olonastro. Eravamo tutti riuniti in salotto a guardare la commedia natalizia di Sugar Snow. Un classico natalizio. Io e Nick lo guardavamo fin da quando eravamo piccoli almeno una volta ogni inverno.

Tutto era calmo e tranquillo, la stufa a legna emanava un piacevole calore, Baatar guardava il suo primo film di Natale … e il mio Pip-Boy fece un bip.

Quel bip attirò l’attenzione mia e di Bud che sedeva vicino a me. Tutti gli altri non se ne erano accorti, e continuarono a guardare il film.

Guardando la schermata degli obbiettivi vidi una nuova missione. “Preparazione” prevedeva di raggiungere i magazzini del P1 ed incontrarsi con il colonnello Baker. C’era anche l’animazione di me in versione vault girl che mi incontravo con il vault boy di Baker. Il suo però non era molto sorridente. Prima di alzarmi però, notai anche un obbiettivo secondario.

-Porta con te i tuoi compagni. Tutti se possibile.-

Non volevo rovinare la festa agli altri, ma era pur sempre meglio informarli.

-Scusatemi ragazzi, ma il colonnello mi vuole vedere ai magazzini. Se volete potete venire, ma è facoltativo.-

Seguì un coro di mormorii e sbuffate, ma in breve tutti si alzarono.

-Guardate che è facoltativo. Se volete non serve.-

-Si certo, ma è Baker. Se non ubbidiamo ci ritroveremo a sturare gli scarichi del reattore.- Mi rispose Nick.

-Mi raccomando, copritevi per uscire.- Disse salutandoci Maria.

Uscimmo tutti quanti con i giacconi pesanti e i berretti. Nick aveva anche un paio di paraorecchie. Furbo visto che la temperatura era stata abbassata ulteriormente dopo mezzogiorno. Anche troppo per i miei gusti.

-Ho sentito dire che su sta nevicando da due giorni.- Disse Amelia indicando il soffitto.

-L’ho sentito pure io … troppo bello per essere vero. A Boise City non ha mai nevicato e mai lo farà. Cioè … voglio dire. Siamo in pieno deserto.- Affermò scetticamente Nick.

-No Nick, l’ho vista io con i miei occhi.- Gli risposi. -Non è tanta e si crea solo di notte. Secondo Spectrum è l’inizio dell’inverno nucleare tanto temuto.-

-Cazzo. E quanto durerà?-

-Non lo sa ancora, gli serve più tempo. Sembrerebbero esserci delle anomali che neppure lui riesce spiegare. Tra un paio di mesi dovrebbe avere qualcosa di più certo.-

In un attimo tutta l’allegria natalizia era quasi svanita. Le luci che illuminavano i meandri del P1 erano le stesse che la Vault-Tec usava nei suoi vault. La loro luce dava gli stessi benefici di quella del sole senza ustionare la pelle. Ciò rendeva la vita sottoterra più sopportabile. Ma qualche raggio di vero sole non ci avrebbe fatto male. La sensazione di non poter tornare a vedere il sole tanto presto spaventava anche me.

Gli ascensori del quartiere residenziale portavano a tutti i vari settori. Ciò rendeva i viaggi più veloci per tutti. L’unica pecca nel sistema dei trasporti erano i checkpoint di sicurezza che facevano fermare ogni ascensore a metà della sua tromba. Il checkpoint consisteva in un assortimento di torrette e due sentinelle robotiche che si muovevano in circolo su una passerella quadrata costruita lungo le quattro pareti della tromba a metà di questa. E il bello è che alla ben che minima minaccia l’ascensore non si sarebbe più mosso. Una vera gabbietta per uccellini con i cacciatori appostati appena fuori.

Terminati i controlli l’ascensore riprese la sua corsa verso il basso. Scendemmo più in basso del settore delle serre e dopo pochi altri minuti arrivammo ai magazzini.

Quello dei magazzini era il settore più grande in assoluto. Depositi su depositi di tutte le attrezzature, risorse, provviste ed equipaggiamenti che le industrie americane avessero prodotto negli ultimi anni. Merci di tutte le più grandi aziende americane come Watts Electronics, RobCo Industries, West Tek, General Atomics, Poseidon Energy e molte altre. Dai semplici tostapane, fino alle pistole laser. Dalle confezioni di Sugar Bombs, alle casse di NDF. Lampadine, tappetti, sveglie, matite, attrezzi, materie prime, mobili e arredamenti di ogni genere. Negli angoli più remoti e ben sorvegliati erano stati perfino portati carri armati, robot bellici, armi ad energia, telai per armature atomiche, armi pesanti e abbastanza munizioni da poter tirare avanti per mesi nelle situazioni più disperate. C’erano anche i pezzi per l’assemblaggio di intere catene di montaggio per la produzione dei beni di prima necessità. Bastava raccogliere le materie prime e versarle nei rispettivi assemblatori.

Sentii un lungo fischio e voltandomi vidi che i miei amici erano rimasti parecchio impressionati. Tutti a parte Nick che invece lavorava tutti i giorni nell’officina a fianco dell’entrata. Lui e i suoi colleghi si occupavano della manutenzione e della riparazione di tutto. Dai terminali difettosi alle armature atomiche con i servomotori danneggiati. Oggi però non c’era nessuno. Lungo i corridoi. Anzi. Lungo le strade che separavano gli enormi scaffali, c’erano solo sentinelle robotiche e Mister Gutsy di pattuglia.

-Qui ci saranno come minimo due miliardi di dollari!- Affermò Bud stupefatto. -Questa roba è tutta del governo? C’è anche equipaggiamento della Vault-Tec?-

-Un po e un po.- Disse qualcuno nascosto nell’ombra.

Da un angolò buio sbucò Baker con in mano il suo vecchio coltello da commando appena affilato.

-Questa struttura e tutte le sue risorse sono costate parecchi miliardi di dollari, ma nessuno dei nostri finanziatori rientra nell’equazione.-

-Tradotto?- Gli chiesi.

-Vedete, anni fa, ancora prima di Anchorage e della Nuova Peste, un gruppo di uomini nelle alte sfere, decisero di agire per difendere la nazione sia dall’esterno che dall’interno.-

-WOW WOW WOW!- Intervenne Nick. -Stiamo per entrare a conoscenza di informazioni che ci renderebbero testimoni scomodi?-

-No Rodriguez. Quello che sto per rivelarvi a breve lo sapranno tutti.- Continuò Baker. -Come vi stavo dicendo, questi alti membri dell’esercito si adoperarono per far sganciare al Congresso i fondi necessari alla costruzione del P1, senza che nessuno se ne accorgesse. Ora voi vi chiederete: Perché costruire un bunker così grande, costoso e specialmente in segreto?-

Veramente io mi stavo chiedendo se l’utilizzare i soldi delle nostre tasse per la costruzione di una base segreta, senza l’approvazione del congresso, fosse un reato.

-Perché i nemici della nazione non erano soltanto i comunisti, ma anche la nazione stessa.-

-Sta parlando … di traditori al Campidoglio?- Gli chiesi.

-Non solo al Campidoglio. E neppure traditori di quel genere.-

La trama si infittiva sempre di più e tutti noi ne eravamo stati stregati.

-Politici, ufficiali dell’esercito, scienziati, civili. In pratica americani il cui buon senso è stato messo da parte per favorire l’amore per lo stile di vita capitalista.-

-C’è una cospirazione.- Disse a bassa voce Nick.

-Nick, non cominciare.- Gli risposi.

A furia di leggere fumetti era diventato un’amante delle storie più assurde. Perfino quelle sugli “alieni”. Che assurdità. Assurdità che in quell’istante cominciavano ad apparirmi molto reali.

-E invece Rodriguez ha ragione. Solo che quando i cattivi sono nascosti dove nessuno va a guardare, nessuno se ne accorge fino a quando non è troppo tardi. Comunque, tornando ai nostri benefattori. Temendo che nei bunker governativi si salvasse solo il marciume della nostra società, questi uomini crearono “Pandora”. Noi la conosciamo come P1.-

-Ma come ci sono riusciti? Cioè, nel concepire tutto?- Domandò Nick.

-Semplice. Si finanziano progetti inesistenti che attraggono poco l’attenzione. Si sceglie una località ben isolata. Si usano i migliori progetti di edilizia. Gli operai e i genieri non vengono informati di ciò che stanno costruendo. Vengono divisi in squadre e ogni squadra lavora ad un settore, senza comunicare con le altre e senza capire l’esatto schema dell’intera struttura. Poi si compra la merce all’ingrosso da ogni possibile fornitore. Quella migliore.-

-Da quali fornitori? - Chiese Tony.

-Da tutti. La Vault-Tec ci ha dato gli arredamenti. La Poseidon il deposito di carburante. Il Big Bang l’ha progettato Spectrum con un team della RobCo. I viveri sono stati presi separatamente in piccole unità per non insospettire i fornitori e il Ministero dell’Agricoltura. Le armi ce le ha fornite il mercato nero e le ditte private. Tutte le attrezzature high tech ci sono state fornite dalla West Tech e altri centri di ricerca. Mancava solo la ciliegina sulla torta.-

-Il personale.- Intuii.

-Esatto Red. Noi tutti siamo stati selezionati da un sistema con i più efficienti algoritmi di selezione. Quoziente intellettivo, salute, interessi politici, carriera, fedina penale … tutti analizzati, giudicati e selezionati.-

-No, un momento.- Intervenne Isaac. -Alcuni addetti del personale sono stati arrestati per piccoli crimini o hanno ricevuto delle sospensioni.-

-Infatti. Io ho spaccato il culo ad un ufficiale testa di cazzo.- Fece notare Bud.

-E io ho fatto precipitare un aereo. Già prima delle bombe.-

-E poi c’è la popolazione civile di Boise City.- Aggiunsi io.

-E io a nove anni sono stato arrestato per estrazione di uranio senza licenza.- Confessò Nick.

Tutti si voltarono a fissare increduli il meccanico. Tutti tranne Baker che era già informato sull’incidente e la sottoscritta alla quale Nick aveva chiesto in prestito una pala e se volevo diventare sua socia. Per mia fortuna gli imprestai solo la pala.

-C’è anche la popolazione di Boise. Sono stati ritenuti tutti idonei?- Chiesi per cambiare discorso.

-Tutto il personale ha passato le selezioni perché i piccoli reati non sono stati presi in considerazione. O almeno non con molta severità. Al contrario assassini, soggetti instabili, drogati, truffatori e il resto della feccia sono stati scartati preventivamente.-

-Si, ma i civili?-

-Quelli sono risultati quasi tutti idonei. Gente semplice e onesti lavoratori, a parte qualche singolo individuo che stiamo tenendo sotto osservazione.-

-Cioè?-

-Una coppia di pensionati ancora favorevoli alla guerra atomica, tre fratelli con un’accusa per rapina a mano armata e uno dei defunti vice sceriffo accusato nove anni fa per abuso di legittima difesa. I due vecchi non sono un problema, mentre i tre pistoleri o si daranno da fare oppure li metteremo a scrostare gli scarichi del Big Bang. Il vice sceriffo per ovvie ragioni non è più un problema.-

Tutti in città sapevano dei fratelli Doyle. Un trio di bifolchi il cui unico memento di gloria era stato una rapina in un Super Duper Mart. Non dico che dovevano morire in superficie, ma di sicuro non ne avremmo sentito la mancanza. I due vecchi non li conoscevo, mentre il vice sceriffo in questione era uno sbirro dal grilletto facile e un po fascista. I ghoul del bombardiere avevano fatto bene a farlo fuori.

-Ok, questo spiega molte cose. Ma perché dircelo qua giù?-

Bud aveva posto un’ottima domanda.

-Perché quando sono cadute le bombe, un membro chiave del reparto scientifico doveva ancora arrivare.-

-E quindi?-

-Voi lo andrete a riprendere.-

Le parole del colonnello ci lasciarono abbastanza di stucco. Ci stava per affidare una missione.

-Come e dove lo dovremmo andare a prendere?- Chiesi.

-A dieci miglia da qui, lungo la U.S.385. Quasi sul confine con il Texas.- A rispondermi fu Spectrum.
Anche lui sbucato fuori dall’ombra. Quel giorno il premio per la migliore entrata ad effetto era molto conteso.

-Come facciamo a sapere se questa persona è ancora viva?- Chiese Bud scettico.

-Il vero obbiettivo in questa missione di recupero, non è il professor Reed, ne i suoi famigliari. Ma il dispositivo su cui stava lavorando e che al momento del bombardamento stava portando qui. Vi sarei molto grato se riuscirete a salvare anche lui e la sua famiglia.-

Nelle ultime settimane erano in molti a voler ricevere una vera missione invece di uno dei soliti incarichi da raccoglitori o di pattugliamento. E quel giorno i fortunati vincitori della lotteria fummo noi.

-Si, ma rimane il problema della distanza.- Fece notare Isaac. -Le tempeste e la loro portata saranno anche diminuite, ma possono ancora uccidere. E non possiamo comunque andare con dei blindati. Ce ne sono poco più di trenta in tutta la base e non sappiamo quando potremmo averne veramente bisogno.-

Isaac aveva ragione. Non potevamo mica partire con un convoglio e poi trovarci bloccati in pieno deserto con le ruote nella sabbia. In alcuni punti le strade potevano essere già sparite.

In quel preciso istante arrivò il tenente Wright a bordo di un M374 articolato. Il piccolo mezzo era stato creato per il trasporto delle attrezzature senza l’impiego di grossi mezzi. Quelli che giravano per i magazzini potevano spostare da soli casse per un totale di dieci tonnellate o trasportare piccoli gruppi di persone. Quello di Wright aveva attaccato dietro un carrello con i sedili.

-Iniziamo con la gita?- Chiese il tenente.

-Subito. Salite tutti a bordo.- Ordinò Baker. -Vi portiamo a vedere come farete a raggiungere i Reed.-

Il muletto era un mezzo molto silenzioso e veloce. Tanto da farmi ricordare a Wright di moderare la velocità. Il solo pensiero di un incidente fra gli scaffali grandi come edifici mi metteva i brividi. Specialmente quando a causare l’incidente poteva essere un piccolo mezzo di trasporto alimentato da un NDF. Un qualsiasi danno diretto al nucleo di fusione avrebbe potuto causare un’esplosione termo nucleare. Non un’esplosione devastante come quelle in superficie, ma abbastanza forte da danneggiare gli scaffali vicini, la merce e creare una fuoriuscita di radiazioni. Più la nostra morte.

Il viaggetto durò circa qualche minuto e alla fine raggiungemmo la nostra destinazione. Un’enorme porta blindata in fondo al magazzino che prima dall’ora non avevo neppure visto. Quel posto era immenso.

-Quella cos’è?- Chiese stupito Nick.

-Una porta blindata fatta con la stessa lega del Blocco in superficie. Ciò che c’è dietro è strutturalmente identico al resto del P1, ma più fortificato.- Gli rispose il colonnello.

Scesi dal trasporto ci avvicinammo tutti alla porta. Il colonnello usò il terminale li vicino per dare il via alle procedure di apertura. Un proiettore sopra l’entrata iniziò ad illuminare la zona con la sua luce abbagliante.

-Richiesta scansione.- Disse una voce dal tono sintetico proveniente da un altoparlante.

Il colonnello si spostò dal terminale ad uno scanner inserito nella parete con una luce azzurra simile a quella di Spectrum. La macchina scansionò il volto del colonnello, esaminandone ogni dettaglio.

-Colonnello Roland Baker. Identificato.-

-Tocca a te Red.- Disse Baker indicandomi lo scanner.

-Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise Rocket Earp. Identificata.-

-Per aprire la Prigione di Pandora è necessaria l’identificazione biometrica di almeno due persone con l’autorizzazione dell’amministrazione. Ciò che si cela dietro questa porta è tanto pericoloso quanto segreto.-

-Apertura porta. Si prega di stare indietro.-

Scattati i ventiquattro blocchi di lega metallica speciale, la porta si alzò accompagnata dal suono meccanico dei pesanti ingranaggi che la guidavano. A differenza del Blocco questa era mossa direttamente dal suo motore. Non da un sistema di catene e pulegge.

Continuammo per un lungo corridoio pieno zeppo di griglie laser, torrette e pannelli segreti che celavano una squadra di assaultron. Qualunque cosa fosse stata collocata in quel posto, doveva avere un grande valore.

L’ultima porta stagna si aprì e tutti noi entrammo in un grande salone. Era tutto buio. Tranne che per la piccola isola di luce generata da una lampada sopra la porta. Il salone doveva essere grande. Non come la zona dei magazzini, ma comunque grande.

-Accenda le luci tenente.- Ordinò il colonnello.

Il tenente si avvicinò ad un grosso quadro elettrico collocato nella parete a pochi metri dalla porta. Azionò i quattro interruttori e le luci si accesero. Pensavo di aver visto tutto in quella base. Un laboratorio, un quartiere abitato, un super reattore … ma questa le batteva tutte. Il salone era il deposito degli armamenti più all’avanguardia e pericolosi dell’esercito americano. E non solo di quello americano. Ovunque mi voltassi a guardare vedevo soltanto vere e proprie macchine da guerra concepite per qualsiasi situazione.

C’erano cannoni ad energia, mitragliatrici gatling con canne lunghe quattro metri, armi laser e al plasma di tutte le categorie, blindati e cingolati come non se n'erano mai visti, robot ritirati dal mercato e mai costruiti in serie perché ritenuti troppo costosi o pericolosi, jetpack per soldati e armature atomiche, razzi intelligenti e una bomba grossa come un camion da trasporto con il rimorchio.

Era la Lancia del Drago. La bomba che Baatar doveva sganciare su di noi. Bomba che per nostra fortuna era stata affidata ad un equipaggio con un membro sano di mente. Ci era voluta un’intera giornata per estrarla dal relitto del bombardiere e trasportatola fino alla base. Mi chiedevo però come cavolo avessero fatto gli uomini di Baker a farla passare per l’entrata. Che l’avessero smontata e poi ricostruita pezzo per pezzo? Ad ogni modo, ora quel pericolosissimo ordigno dormiva tranquillo e beato nell’abbraccio dei magli di sicurezza che lo avvolgevano.

-Questo settore l’ho personalmente battezzato il Vaso. In riferimento all’antico poema greco di Pandora. Qui sono state portate armi per contrastare qualsiasi esercito e altrettante che ho … espropriato per impedire che chiunque ne facesse un uso sbagliato. Cose come armi batteriologiche e via dicendo.-

Non capivo cosa Spectrum intendesse per “espropriato”, ma sapere che quelle armi erano state portate al sicuro nella nostra fortezza sotterranea, invece di essere lasciate nelle mani dei nostri capi di stato, mi rassicurò. Strano visto che il luogo dove erano state nascoste era cento metri appena sotto il mio letto.

-Tutta questa roba rappresenta la punta di diamante del nostro esercito. Insieme al laboratorio e alle nostre scorte, questa sezione del bunker ci rende superiori a qualsiasi altra struttura di preservazione antiatomica nota.-

-Quelli sono dei robot?- Domandò Bud indicando un gruppo di robot umanoidi.

Erano il doppio di una normale armatura atomica. Due metri e sessanta di corazza in titanio, corporatura da giocatore di football e uno sguardo di ghiaccio forgiato direttamente nei loro elmi. Dei veri carri armati con gambe e braccia. Ma guardandoli con più attenzione, ci apparve chiaro che non erano robot.

-Quelle sono le armature atomiche apophis. Quelli che vedete sono gli unici esemplari che siano stati costruiti.- Gli rispose il colonnello.

Già un’armatura atomica T-51 ti rendeva praticamente invincibile. Uno di quei colossi avrebbe potuto battere centinaia di nemici.

-Gli unici! Perché? Se ce ne fosse stato uno in ogni squadra di invasione avremmo occupato la Cina in poche settimane.-

-Vedi sergente. Per quanto l’idea di mettere fine a una guerra e riportare a casa tutti i nostri ragazzi mi sia sempre piaciuta, i contabili dello Zio Sam hanno ritenuto il Progetto Apophis troppo costoso. Come per il progetto dello Hughes H-4 Hercules nel novecento.-

-E quelli?- Chiesi al colonnello indicando i giganti d’acciaio.

-Un errore. Gli scienziati volevano creare un’armatura che fosse letteralmente in grado di distruggere una città senza mettere in pericolo l’operatore. Ci misero così tanto impegno e dedizione, che quando se ne accorsero avevano già superato il budget di due milioni. Un giorno però, il loro dipartimento venne invaso dalla polizia militare e l’intero progetto fu abbandonato. I loro prototipi, se pur pronti al combattimento, furono messi sotto naftalina e abbandonati. Nessuno voleva che la stampa rendesse noto il fallimento di un progetto già costato trentacinque milioni di dollari.-

-E meno male che eravamo in piena crisi economica.- Commentai.

Tra la carenza di petrolio, il razionamento del cibo e le tante altre varie spese governative, erano in molti a provare rancore verso il governo prima delle bombe. Sapere che i soldi delle mie tasse erano stati sperperati in un progetto così dispendioso avrebbe fatto ribollire il sangue anche alla sottoscritta.

-Ma i nostri benefattori riuscirono a trovarli e a portarli qui sotto senza che nessuno se ne accorgesse.-

-E quei Fat Man?- Chiese ancora Bud indicando i lanciabombe sulla rastrelliera.

-Venticinque. Tutti in perfette condizioni e da poco revisionati. Tanto per essere sicuri di non esplodere.-

-Questo è il casco di un’armatura atomica?- Domandò Amelia riferendosi ad un casco posto su tavolo li vicino simile alla testa di un insetto.

-Si. Abbiamo una dozzina di armature atomiche X-01. Anche loro di ultimissima generazione. Spectrum però vorrebbe revisionarle personalmente prima di metterle in campo.-

-E quell’affare la giù?- Chiese Nick indicando uno dei jetpack.

-Quello può far volare un uomo per trenta minuti filati a più di cinquanta chilometri orari. Ma quello che volevamo farvi vedere sta qui sotto.-

Continuammo a seguire il colonnello fino a una piattaforma da montacarichi nel mezzo della stanza. Il montacarichi scendeva al piano sottostante. Nel seminterrato del magazzino segreto, nascosto nelle profondità dei magazzini, di una base top secret più profonda del Grand Canyon … si lo so. Sembra quasi il sogno di una talpa ubriaca.

Comunque, nel “seminterrato” trovammo decine su decine di velivoli dell’aviazione militare. Non c’era un bombardiere tattico, ma qualche bel caccia a reazione ci avrebbe fatto comunque comodo.

-Un momento. Come avete fatto a far passare robot, bombe e aerei dal corridoio che abbiamo percorso?- Chiesi insospettita.

-Ci sono due montacarichi ben nascosti. Uno che conduce ai laboratori e uno esattamente al livello sicurezza.-

Ci misi un po a realizzare che per tutto quel tempo ero rimasta all’oscuro di due passaggi di importanza vitale. E la cosa non mi piacque.

-Sta dicendo che nei pressi della piattaforma di carico del mio settore e di quello di Spectrum ci sono due possibili entrate per questo deposito? Perché non me l’ha detto!?- Chiesi adirata.

È vero che stavo parlando con un mio superiore, ma tenermi all’oscuro di certi particolari non mi sembrava corretto. D’altronde ero io a capo della sicurezza interna. Se un intruso avesse usato i montacarichi segreti per aggirare le nostre difese sarebbe stato in buona parte un mio problema.

-Calmati Red.- Mi pregò il colonnello. -Te lo sto dicendo adesso. Anzi, stasera ti invierò l’intera mappatura dei montacarichi segreti e del Vaso. Dopo non ci saranno più sorprese.-

Presi un profondo respiro e mi calmai. Dare di matto non era da me.

-Ok. Ma se qualcuno riuscisse a oltrepassare le difese della piazzola e a trovare il montacarichi segreto, non avrebbe libero accesso a due dei nostri livelli più impomatanti?-

Il colonnello fissò per un istante il resto del gruppo. Anche gli altri si stavano chiedendo cosa sarebbe potuto accadere in simili circostanze.

-Avete visto le difese nel corridoio? Beh le trombe dei due montacarichi segreti hanno delle difese tre volte più potenti. Neanche un intero plotone di apophis sarebbe in grado di oltrepassarle senza essere rottamato.-

Sapere che quel posto fosse così ben difeso mi rassicurò molto. Ero ancora infastidita che il colonnello e Spectrum me lo avessero tenuto nascosto, ma credevo anche che avessero avuto le loro ragioni per farlo.

-E cos’era che doveva farci vedere?-

-La in fondo.- Disse il colonnello indicandoci una fila di velivoli.

Non erano degli aerei, ma dei convertiplani. Velivoli in grado di decollare, volare e atterrare sia orizzontalmente che verticalmente. Queste meraviglie tecnologiche erano ancora in fase di sviluppo prima delle bombe, ma diversi modelli erano stati già assegnati a svariati distaccamenti americani nel mondo e ad alcuni privati per testarli e al tempo stesso fornire supporto in caso di necessità. Ero sicura che la nostra base ne avesse ricevuto almeno uno, ma quello che avevamo davanti era uno squadrone composto da circa venti esemplari.

-Quelli cosa sarebbero?- Chiese Baatar.

Doveva essere la prima volta che li vedeva.

-VB-02 per decollo e atterraggio verticale. O VTOL.- Rispose Isaac.

-Velivoli progettati per il trasporto delle truppe in ogni condizione e di supporto contro truppe di terra. Nome in codice vertibird.-

Sembrava molto preparato sull’argomento.

-Cosa lo alimenta? NDF?- Gli chiesi.

-No. Hanno un reattore a fusione interna. Questo gli garantisce un’autonomia di novecento miglia nautiche, una quota massima di ventinovemila piedi e una velocità massima di trecentotrenta nodi.

-Noto con piacere che sei già preparato sull’argomento, Isaac.- Si complimentò il colonnello.

-Solo sulle basi. Uno dei miei ex colleghi mi aveva passato di nascosto il fascicolo di uno di questi aggeggi. Questo prima del mio arrivo a Boise. Roba forte comunque.-

-Ancora più forte adesso.- Intervenne Spectrum. -In un mese sono riuscito a modificarne i reattori e a potenziarli. La quota massima ora è di trentaduemilaottocento piedi. La velocità massima sono riuscito a portarla fino a quattrocentoventi nodi. Ma il loro punto forte adesso è l’autonomia. Millesettecento miglia nautiche di puro e autentico volo non stop. Questo però solo volando a bassa quota e con i motori al minimo per tutto il viaggio.-

-Caspita.-

I vertibird furono la prima cosa ad aver stupito veramente Isaac dopo le bombe. Buon segno.

-E noi utilizzeremo uno di questi vertibird per raggiungere la famiglia Reed.- Intuii Nick.

-Fuochino. Raggiungerete i Reed in volo, ma con due vertibird. Uno pilotato da Isaac e uno da Baatar.- Rispose il colonnello.

-Io?- Baatar era rimasto confuso. -Io pilotavo un bombardiere. Non un elicottero.-

-Si, ma per pilotare un vertibird basta farsi due ore nel simulatore e leggersi il manuale. Con l’aiuto di Isaac e la tua conoscenza della nostra lingua non dovrebbe essere impossibile imparare.-

-Cannoniera o trasporto?- Chiese Isaac.

-Che intendi?- Gli chiesi.

-Che io ricordi ci sono due modelli base. Uno per il trasporto truppe e apparecchiature. L’altro per il combattimento e le incursioni. Ci sono altre varianti, ma da quanto ho capito solo queste due sono state prodotte su larga scala.-

-Noi abbiamo solo le cannoniere.- Affermò Baker.

-Perché? Non era meglio averne un po e un po?- Chiese Tony.

-State tranquilli. Con le modifiche che gli ho fatto ora i nostri vertibird potranno sollevare dei carri armati e volare comunque a quote abbastanza elevate.- Ci rassicurò Spectrum. -Ho modificato anche gli armamenti. Ora al posto di una sola mitragliatrice telecomandata hanno due mitragliatrici da 50mm sovrapposte a due mitragliatrici laser.-

Guardando meglio gli abitacoli dei velivoli ci accorgemmo che in effetti sotto ad ogni prua erano presenti quattro armi pesanti. Dove il piombo delle 50mm non avrebbe avuto effetto, i laser delle altre due mitragliatrici avrebbero sicuramente saputo come risolvere la situazione.

-E abbiamo sostituito i portelli inferiori della stiva con dei portelloni scorrevoli. Questo garantirà un facile utilizzo delle due gatling montate ai lati di ogni stiva. Armi che però dovranno essere usate manualmente da due mitraglieri.-

-Quante persone possono portare?- Chiese Tony.

-Ci sono otto sedili in totale. Ma la cabina principale può ospitarne anche dodici, stando stretti. E ora che abbiamo ampliato la stiva, nella parte bassa possono stare tre persone. Due alle mitragliatrici e una ai comandi dell’argano per il trasporto di mezzi agganciabili.-

Seguì un attimo di silenzio e di riflessioni, ma alla fine nessun altro aveva domande. Certo bisognava ammettere che anche la nostra aviazione non scherzava.

-Partirete appena Isaac e Baatar saranno pronti.- Ordinò il colonnello. -Ogni minuto che perdiamo è una possibilità in meno di trovare i Reed sani e salvi.-

-Tre ore.- Disse Isaac.

-Come?-

-Ci bastano tre ore signore. Nella prima ora Baatar studia e io mi ripasso il manuale. Poi passiamo un’ora e mezza nelle capsule mnemoniche del simulatore e per finire usiamo il tempo che ci rimane per fare conoscenza con i comandi dei velivoli. Fine.-

Le capsule mnemoniche erano delle attrezzature mediche neurologiche dai molteplici usi. In campo psichiatrico permettevano a chiunque di accedere ai ricordi del paziente nella capsula, perfino al paziente stesso. Nel campo militare o accademico tali tecnologie potevano essere usate per l’addestramento dei soldati o il monitoraggio di vari soggetti all’interno di simulazioni controllate.

A giudicare dalla sua espressione, Baker doveva essere molto scettico al riguardo. Ma se Isaac e Baatar erano davvero in grado di farcela in così poco tempo, tanto valeva lasciarli fare.

-E sia. Appena avrete finito di fare i compiti partirete. Red?-

-Signore?-

-Equipaggiatevi a dovere e preparatevi. È il momento di entrare in azione.-

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Capitolo 5
*** Squadra Vault alla riscossa! ***


Squadra Vault alla riscossa!

Una squadra. Due Vertibird. Mille pericoli.

 

 

25/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Fort Boise/Pista dell’aereo posto

Ore 18:12

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Altro che tre ore e quarantacinque minuti. Issac e Baatar finirono di studiare in sole due ore. I due Vertibird erano stati portati in superficie tramite il montacarichi segreto, sotto mia stretta sorveglianza. Baker non scherzava quando diceva che questo passaggio era ben fortificato. La piattaforma mobile si era fermata in cinque diversi checkpoint, ognuno dei quali con svariati sistemi difensivi che avrebbero reso ardua qualsiasi intrusione.

La parte più bella fu quando i due velivoli arrivarono in superficie. Quando il Blocco si sollevò i soldati nel piazzale rimasero a bocca aperta. I Vertibird facevano la loro bella figura.

Il sole era già calato e la base era illuminata solo dalle luci dei lampioni. La temperatura era poco sotto lo zero e nel piazzale soffiava una leggera ma pungente brezza invernale. Stava anche nevicando e i soffici fiocchi di neve attraversavano lo scudo del RAD-SHIELD senza sciogliersi. Anzi, venivano ripuliti dalle radiazioni. Un ultimo spettacolo unico nel suo genere, prima di gettarsi nell’ignoto.

Ad attenderci, c’erano il colonnello, Spectrum, Wright e diversi soldati della base. Alcuni erano di turno in superficie e il resto aveva voluto assistere al decollo.

Io e la mia squadra avevamo il nostro vecchio equipaggiamento da battaglia. In aggiunta avevamo anche i due nuovi piloti. Le loro erano uniformi da aviatori, con tanto di fondine per pistole da 10mm e berretti regalategli dalla mamma di Nick meno di dieci ore prima.

Prima di salire a bordo, mi avvicinai a Baker per ricevere le ultime indicazioni. Mi accorsi che Spectrum aveva in testa un berretto invernale con i paraorecchie. Cosa se ne faceva di un berretto? Per giunta con i paraorecchie.

-Signore!- Dissi facendo i saluto al colonnello.

-Rocket. Ti abbiamo inviato tutti i dati sulla missione. L’ultima trasmissione del professor Reed proveniva da un’area di sosta vicina al confine. Spectrum verrà con voi per supportarvi nelle operazioni.-

-Che cosa?- Chiesi sconcertata.

-Si, lo so, Doc potrà non essere molto portato per il combattimento, ma è necessaria la sua presenza per l'identificazione della famiglia Reed e il recupero del congegno. E questo gli permetterà anche di raccogliere nuovi dati.-

-Si, ma Spectrum è lo scienziato capo. Se lo perdessimo sarebbe un danno irreparabile.-

-Non si preoccupi sorvegliante Earp. Il mio sistema di orientamento è molto efficiente.- Mi rassicurò lo scienziato.

-Intendo in caso di uno scontro a fuoco. Se un proiettile lo colpisse noi cosa faremmo?-

-Il mio telaio non è più quello di un semplice eyebot, ma uno speciale involucro resistente e al tempo stesso leggero.-

Valutai la cosa, ma capii subito che la decisione era già stata presa. Se Spectrum ci teneva così tanto a venire, all’ora l’avrei accontentato. Speravo solo di non avere la sua morte sulla coscienza.

-Va bene. Altre indicazioni?-

-Se trovate altri superstiti potete riportarli alla base. Assicuratevi solo che non siano piantagrane o pericoli per la comunità. Tutto chiaro?-

-Chiaro?- Sempre sperando che ci fosse ancora qualcuno da salvare li fuori.

-Potete procedere.- Concluse Baker.

Terminata la piccola riunione con Baker, mi riunii alla mia squadra insieme a Spectrum. Baatar e Issac erano già ai comandi dei due Vertibird.

-Con noi verrà anche Spectrum, ma la disposizione non cambia.- Li informai. -Io, Spectrum e Nick con Issac nel V1. Bud, Tony e Amelia con Baatar nel V2.-

Non ci furono domande, ne conversazioni di altro tipo. Ognuno andò al suo velivolo e iniziammo l’imbarco. Entrammo tutti nelle cabine principali, tramite i portelloni sulle fiancate. Prima di chiudere il nostro, qualcuno si affacciò all’entrata. Era Wright.

-Aspetta Rocket. Quasi dimenticavo di darti questo.- Disse il tenete allungandomi un oggetto contundente.

Era un ripper. L’incrocio tra una motosega e un pugnale da combattimento. Quando i denti di quell’aggeggio incontravano la carne di un uomo lasciavano delle belle cicatrici.

-Un gentile omaggio dello Zio Sam.- Scherzo il tenente. Quel tipo non era un’inflessibile ufficiale come molti pensavano. Bastava solo eseguire gli ordini.

-Grazie Wright. Fa la guardia al forte mentre noi siamo fuori.-

-Quello è compito tuo. Quindi vedi di tornare il prima possibile. Viva si intende.- Augurò il soldato chiudendo il portellone.

-Finalmente sto per iniziare anch’io un grande viaggio. Mi sento come il giovane Bilbo Baggins nel momento in cui decise di partire con Gandalf e la compagnia di Thorin Scudodiquercia per la riconquista della Montagna Solitaria!- Esultò Spectrum tutto eccitato.

-Bilbo chi?- Chiese Nick confuso.

-Montagna Solitaria?- Domandai io.

-Lo Hobbit. Uno dei più grandi racconti di J. R. R. Tolkien.-

-Mai sentito.- Ammise Nick.

-Mi state prendendo in giro? Tolkien ha rivitalizzato il mondo letterario del fantasy e ha dato vita ad interi mondi popolati da cavalieri, elfi, nani, orchi, spiriti e altrettante creature che nessun altro scrittore avrebbe potuto anche solo concepire.-

-Ah, ho capito. Questo tizio era uno degli scrittori alla Hubris Comics.- Gli rispose Nick sedendosi su uno dei sedili in fondo. -Quando torniamo provo a cercare con più attenzione questo Hobbit nella mia collezione di Grognak il Barbaro. Strano che mi sia fuggito fino ad ora.-

Spectrum emise un lungo e malinconico lamento. Sembrava essere rimasto disgustato dalla risposta di Nick.

-Lasciamo perdere profani. Devo solo smaltire i dati blasfemi che mi avete fatto raccogliere negli ultimi due minuti.-

Avevo come la sensazione di aver detto qualcosa di sbagliato, ma l’unica cosa che avevo chiesto era cosa fosse la Montagna Solitaria. Una meta turistica? Una vetta impervia? Bo?

Decisi quindi di lasciarlo a sbollire con Nick in fondo al velivolo. Issac intanto si era seduto sul sedile di comando a destra. Il pilota mi aveva riservato il sedile del copilota, purché non toccassi nulla senza il suo permesso.

Dal nulla udimmo il gracchiare della radio.

-Qui V2, noi siamo pronti. Quando vuoi Rocket.- Era la voce di Baatar.

-Allora pilota. Pronto a volare di nuovo?- Chiesi ad Issac.

Il pilota ghoul non sembrava molto entusiasta. Anzi, sembrava molto scoraggiato e questo gli aveva bloccato la mano sulla manopola di avviamento. Lo shock causato dallo schianto lo aveva traumatizzato a tal punto da renderlo insicuro. Feci ciò che un capo squadra doveva fare.

-Siamo tutti con te Issac.- Affermai prendendogli la mano.

Il ghoul mi guardò dritto negli occhi. Se prima la paura e l’incertezza offuscavano la sua mente, ora il coraggio e la determinazione alimentavano il suo cuore. E senza esercitare alcuna pressione, la mano di Issac premette sulla manopola. Ne seguì il suono del potente flusso di energia generato dal reattore alle nostre spalle. I due rotori ai lati del velivolo iniziarono a girare rivolti verso l’alto. Mi voltai un secondo a guardare gli altri due passeggeri. Nick mi annuì e Spectrum … beh lui inclinò il suo corpo come una testa che annuiva.

-Ok, siamo pronti. Andiamo!- Ordinai usando il microfono della radio.

Il Vertibird si sollevò da terra, seguito dal suo gemello e in breve la squadra Vault era già in volo. A una decina di metri da terra udimmo il rientro dei tre carrelli. Raggiunta la quota di sicurezza, i rotori iniziarono ad inclinarsi lentamente e in breve i due Vertibird raggiunsero la velocità di un normale aereo. Decollo verticale e volo in orizzontale.

-Alla grande!!!- Esultò Nick.

Guardai per un attimo Issac in faccia. A giudicare dal sorriso sul suo viso era come rinato. Superata la paura per il decollo, il nostro asso dell’aviazione aveva fatto il suo ritorno. Avrei voluto godermi il decollo da terra insieme agli altri. Ma certi momenti era meglio viverli.

Attraverso le feritoie della cabina vedemmo lo strato protettivo del RAD-SHIELD avvicinarsi sempre di più. Oltre quel sottile scudo azzurro, ci atteneva un mondo di cenere, radiazioni e … e noi lo attraversammo.

Nel farlo non subimmo danni, ne malfunzionamenti ai sistemi. Lo scudo aveva solo generato una turbolenza appena percepibile. Per il resto, nulla di allarmante.

Ora però, eravamo praticamente nelle tenebre. Le nubi non permettevano alla luce lunare di illuminare il terreno e i riflettori della base non venivano accesi per motivi di sicurezza.

-Tranquilla. Possiamo vedere anche al buoi.- Issac percepì i miei timori. Il pilota attivò gli infrarossi proprio quando stavamo sorvolando Boise City. Se durante Emersione la città mi era sembrata uno scenario lunare, ora la vedevo più come una città fantasma dell’Alaska. Chi sa come doveva essere Anchorage?

Ad ogni modo, eravamo in volo. Il suono dei due rotori era meno fastidioso di quanto pensassi. A tratti riuscivo a vedere il V2 affiancarci, mentre Nick e Spectrum stavano esaminando il contenuto di un grosso zaino tattico. Qualcuno doveva averlo messo a bordo senza che me ne accorgessi.

Io invece continuai a fare compagnia ad Issac e a guardare il panorama. Una lunga, infinita e spettrale distesa desertica irradiata.


 

25/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Area di sosta Red Oasis/A un miglio dall’obbiettivo

Ore 18:24

 

36°30’58.6”N 102°33’10.1”O


 

Per nostra fortuna l’obbiettivo distava a poco più di diciotto miglia dalla base. Lo raggiungemmo in soli quindici minuti. Avremmo fatto anche prima, ma Issac era un pilota esperto. Non voleva portare a velocità massima un velivolo appena modificato. Quindi si tenne sotto i cento nodi.

Durante il viaggio non avevamo visto gran che. Per lo più era tutto deserto e qualche campo. Le piante erano ovviamente morte, ma le forme dei campi erano rimaste ben visibili, come le tessere di un mosaico di morte e desolazione. Qui e la si riuscivano a scorgere ancora alcune case. Alcune sembravano ancora abitabili. Altre o erano bruciate o stavano ancora bruciando.

-V1 a V2. Siamo a un miglio dall’obbiettivo. Tra poco atterriamo e appena sono sbarcati ce ne andiamo. Passo.- Disse Issac alla radio.

-Ricevuto V1. Passo e chiudo.- Concluse Baatar all’altro capo.

Mentre i due Vertibird iniziavano le manovre di atterraggio, io e i miei compagni ci mettemmo in posizione vicino ai portelli per lo sbarco.

Diedi un’ultima occhiata al mio equipaggiamento: pistola, elmetto, maschera antigas, zaino con rifornimenti … tutto a posto. Anche Nick controllò di avere tutto a posto nel suo zaino. Mi accorsi che invece del suo in quel momento aveva sulle spalle lo zaino tattico di prima.

-Hai cambiato zaino?-

-Si. Questo è del reparto scientifico. Tranquilla ci sono anche le nostre cose dentro.-

-Ma perché uno dei loro zaini?-

-Vede sorvegliante Rocket. Ho bisogno di raccogliere dati e uno zaino è il modo migliore per trasportarli.- Spiegò Spectrum.

Avrei preferito essere informata sulla nuova aggiunta, ma quel giorno mi ero arresa alle sorprese.

-Ce ne staremo in volo fino ad una vostra chiamata.- Spiegò Issac. -Silenzio radio continuo. Staremo solo ad ascoltare. Se non riceviamo un vostro messaggio entro un’ora torniamo indietro a prendere i rinforzi.-

-O una squadra di recupero.- Ironizzò Nick.

-Quando avrete finito chiamateci, tornate al punto di atterraggio e accendete un bengala. Arriveremo subito. Tutto chiaro?-

-Ricevuto. Nick, Doc preparatevi.-

Quando udimmo il suono dei tre carrelli, il portellone si apri in automatico e appena toccammo terra, scendemmo tutti e tre. Il velivolo si rialzò in cielo veloce come una saetta e la polvere che le eliche alzarono fu così tanta che per un attimo non fummo più in grado di vedere a un metro di distanza. Il contatore geiger del mio Pip-Boy emise un trillo e io fui tentata di indossare la maschera antigas. Fu l’atterraggio del V2 a liberarci dalla coltre di polvere. Il secondo Vertibird atterrò a venti metri da noi. Anche gli altri scesero in fretta, ma Baatar fu più morbido nelle procedure di decollo. I tre soldati del V2 si riunirono a noi come da programma, mentre i due Vertibird tornavano fra le nuvole in attesa di ordini.

-Nick, il binocolo.-

Il meccanico traffico con le mani nel suo nuovo zaino. Dalla tasca superiore estrasse un binocolo ad infrarossi. Un paio di mesi fa era un oggetto presente in ogni armeria. Chi sa quanti anni ci sarebbero voluti perché diventasse una sacra reliquia?

Guardai lungo tutto l’orizzonte, cominciando dal lato sinistro del nostro obiettivo, poi facendo un giro su me stessa e finendo col inquadrare perfettamente il motel. Il Red Oasis era affiancato da una stazione di servizio Red Rocket. E anche una bella stazione. Aveva il servizio di pulizia robotica, la copertura per la pioggia sopra le pompe di benzina e forse anche un’officina.

-Che cosa vedi?- Mi chiese Bud.

-Il motel, la stazione di servizio, delle macchine e dei fuochi.-

-Sta bruciando?- Domandò Amelia.

-No, dei focolai. E mi sembra di vedere delle barricate improvvisate.-

Ridai il binocolo a Nick e diedi un’ultima controllata al gruppo. Aspettavano solo un mio ordine.

-Sentite, è meglio non rischiare di cadere tutti in un imboscata. Io e Bud andiamo in avanscoperta, voi copriteci. Se è libero vi facciamo due segni con la torcia. In caso contrario beh … avete capito?-

Mi risposero tutti con un semplice gesto della testa.

-Andiamo Bud.-

Io e il gigante ci incamminammo verso il motel. Continuavo a guardarmi in torno alla ricerca di sentinelle e possibili nascondigli, ma l’unica cosa che trovammo furono cespugli secchi e un copertone eroso dal tempo.

-Rallenta Rocket. Fa andare avanti me che ho l’armatura.- Mi consigliò Bud.

In effetti, se un proiettile lo avesse colpito, non gli avrebbe causato tanti danni. Continuai a correre stando dietro a Bud, ma senza tenere la testa troppo alta.

Arrivati al cemento del parcheggio demmo un’occhiata ai dintorni. Il posto era ridotto a una discarica e nell’aria aleggiava una puzza rancida e di bruciato. Le barricate c’erano, ma nessuno era di guardia.

-La senti questa puzza?- Mi chiese Bud.

-Quale? Quella di bruciato o quella di decomposizione?- Per Bud quegli odori non erano nuovi.

Continuammo a passo lento ma costante verso l’edificio più vicino. La stazione Red Rocket era chiusa a chiave. Bud sfondò la porta con un potente calcio, aprendoci la strada all'edificio. La stazione era suddivisa in due stanze. Il negozio di pezzi da ricambio e sul retro l’officina meccanica. Dopo una rapida e meticolosa perquisizione ci assicurammo che l’edificio fosse libero.

-Chiamo gli altri.- Mi informò Bud.

-Hai la torcia?-

Sul casco dell’armatura si accese per un istante un fanale accecante. Altro che torcia. Mi chiedevo come avesse fatto ad accenderlo senza usare le mani.

Mentre Bud andava a fare i segnali luminosi io mi dedicai ad ispezionare gli scaffali alla ricerca di qualsiasi risorsa possibile. Alla base avevo partecipato ai corsi sulla sopravvivenza e di preparazione alle esplorazioni. Il furto era un crimine e quindi era da evitare, ma se i proprietari era morti tanto valeva approfittarne. L’istruttore ci aveva anche consigliato di barattare beni di primo consumo, oppure di usare la cara vecchia carta della salvezza. Chi mai avrebbe rifiutato di vivere in una struttura militare sicura e confortevole, piuttosto che tenersi qualche attrezzo nel bel mezzo di una landa desolata?

Sfortunatamente, trovai soltanto una chiave inglese e due confezioni di Abraxo. Le presi su comunque. Un giorno avremmo potuto finire il sapone per il bucato.

Gli altri ci raggiunsero in breve tempo. Anche Nick diede un’occhiata agli scaffali. Lui però guardò dove io non avevo pensato. Infilò le mani sotto alla fessura che separava il pavimento dalla base di uno dei portariviste. Ne tirò fuori una scatola di graffette e una rivista di Total Hack impolverata.

-Ricorda Rocket. Il meglio sta sempre in fondo, tra lo sporco.-

-Si Nick, sei un bravo sciacallo.-

Lasciai il meccanico a dare una veloce letta al suo bottino. Spectrum stava utilizzando il suo scanner per esaminare un cestino della spazzatura vuoto. Non volevo interromperlo con le sue ricerche. Gli altri stavano osservando i dintorni dalla vetrata scheggiata del negozio.

-Avete visto? Non c’è neve.- Feci notare agli altri.

Le strade erano coperte da un sottile strato di sabbia, ma di neve non ce nera traccia. Faceva freddo ma non abbastanza da far congelare la pioggia.

-Io non capisco da dove viene questa puzza.- Disse seccato Tony.

A infastidirlo non era l’odore, ma il fatto che la puzza fosse così tanta. La sentivamo perfino attraverso le maschere antigas.

Davanti a noi c’era il parcheggio e l’entrata del motel. Nessuna sentinella o guardia all’entrata. Tutto tranquillo.

-Forza, abbiamo una missione da portare a termine.- Tagliai corto.

Uscimmo tutti insieme dalla porta principale. In testa c’era Bud, con la sua mitragliatrice. A seguire io, Nick, Amelia con la radio, Spectrum e per finire Tony, pronto a coprirci le spalle.

Passammo vicini al tabellone con i prezzi esorbitanti della benzina. Superammo l’area del parcheggio senza alcuna difficoltà. Le sole due auto che trovammo erano a fusione, ma nell’angolo più lontano notai una jeep dell’esercito parcheggiata.

-Avete visto? Forse ci sono dei militari.-

Anche gli altri si accorsero della jeep, ma senza che questa potesse distrarli dalla ricerca dei possibili pericoli.

L'ingresso del motel era un passaggio sovrastato da un arco con l’insegna a led rossi del Red Oasis. Oltrepassata l’entrata arrivammo nel piazzale interno del motel, dove facemmo una macabra scoperta. Quella che prima era la piscina del motel, ora era una nauseabonda fossa comune, colma e stracolma di cadaveri. Un isolotto di cadaveri nel mezzo di uno stagno di sangue. Non sapevamo quante persone ci fossero esattamente in quel groviglio di cadaveri, ma a giudicare dalla larghezza della piscina e dal trampolino di tre metri, dovevano esserci circa settanta cadaveri. Tutti lasciati in mutande e smembrati. Forse anche torturati.

Nick fu abbastanza furbo dal voltarsi. Io invece, non riuscii a togliere lo sguardo dalla testa di una donna che galleggiava vicino al bordo come una boa in mezzo al mare. Ebbi un conato di vomito.

Amelia cercò di aiutarmi, mentre Tony imprecava nei modi più osceni. Bud e Spectrum invece erano rimasti fermi a fissare qualcosa sopra di noi.

-Bud, cosa stai guardando?- Chiesi facendo dei respiri profondi.

Il soldato alzò lentamente il braccio e puntò l’indice verso il cielo. Seguendo la traiettoria del dito, scoprimmo un’altra macabra sorpresa. Appesi alle verande delle camere superiori, figuravano dei totem di spoglie umane. E già … qualcuno aveva preso gambe, braccia, teste e altre componenti organiche per poi legarle insieme e farne degli scacciaincubi il cui effetto era invertito. Il tutto era reso ancora più inquietante dalle luci rosse dei neon. Un vero mattatoio.

-Chi cazzo ha fatto questo schifo? Un serial killer?- Chiese seccato Tony.

-Direi più un clan o una tribù.- Gli rispose l’indiano.

-Tipo gli indiani?-

-No, col cazzo. Gli indiani non hanno mai generato simili orrori. Questa roba appartiene a un gruppo di sadici psicopatici. Comunque il messaggio è chiaro.-

-Cioè?- Chiese intimorito Nick.

-Siamo forti e cattivi. Non ostacolateci. I nostri nemici moriranno. Il vostro destino è già segnato. Mancano i riferimento a una qualche divinità pagana, ma il resto sta tutto ad indicare la loro pericolosità.- Era chiaro che sul tribalismo Bud fosse più preparato di noi.

Restare a fissare quell’orrore non avrebbe di sicuro favorito la riuscita della missione.

-Va bene. Amelia e Tony, controllate il piano terra. Bud e io setacciamo il piano di sopra. Nick e Spectrum, restate di guardia e al riparo. Mi raccomando, state attenti. Muoviamoci!-

Cercando di non scivolare sulle pozzanghere e di inciampare nei resti umani, iniziammo a setacciare le camere sperando di trovare i Reed sani e salvi. Le camere non celavano alcun sacrificio arcano. Erano però tutte in disordine e svaligiate, come se dei saccheggiatori avessero dato un festino a tema sciacallaggio in ogni camera. In alcune non c’era più neppure il rame dell’impianto elettrico, ma dopo aver visto cosa c’era nella piscina, avevo deciso di non abbassare la guardia raccogliendo delle sigarette finite sotto uno dei letti.

-Qui niente.- Urlò Tony dal piano terra.

-Qui neanche il water.- Mi informò Bud dalla stanza accanto.

-Sicuri?-

-Affermativo!- Mi risposero i tre soldati.

O il professore Reed e la sua famiglia erano scappati da quel mattatoio, oppure erano andati a farsi un “tuffo in piscina”. Ci riunimmo tutti davanti alla reception del motel. Un piccolo ufficio a fianco dell’entrata che prima non avevo notato.

-Quindi, che facciamo? Continuiamo a cercarli?- Chiese Nick.

-Si, ma ho come la vaga sensazione che dovremo immergerci in quella piscina per trovarli.- Dissi indicando la piscina.

-Il problema è il congegno. Se è finito in quella tomba non è detto che sia ancora funzionante.- Fece notare Amelia.

Mi ero quasi scordata del congegno. Tornare a casa doppiamente a mani vuote sarebbe stato doppiamente umiliante. Per non dire tragico.

-Secondo me se lo sono presi i saccheggiatori, o magari i mostri che hanno concepito questo mattatoio per esseri umani.- Considerò Nick.

-Movimento a ore sei.- Sussurrò Bud. Il soldato puntò la sua gatling in direzione dell’entrata. Le sei canne rotanti iniziarono a girare prima che noi potessimo puntare le nostre.

Intravedemmo un’ombra. Qualcosa di poco più grande di un bambino si stava avvicinando. Quando arrivò sotto la luce dell'insegna capimmo di cosa si trattasse.

Un bel esemplare di pastore tedesco dall’aspetto innocuo.

-Oh ma quanto è bello!- Esultò Nick abbassando il fucile da caccia.

Il meccanico si inginocchio e allungò la mano in direzione del cane. Questo non perse un secondo e si avvicinò a passo svelto al nostro gruppo.

-Nick, sta attento! Potrebbe essere rabbioso o feroce.- Come per prendermi in giro, il cane iniziò a leccare la mano di Nick, il quale a sua volta si divertì ad accarezzare la bestiola.

-Ma che feroce, Rocket? Questo qui è un tenerone.-

-Non vedo nessun altro.- Ci informò Bud. Il visore del suo casco era quello regalatogli dalla madre di Nick. Se quel gioiellino non rilevava altri pericoli nei dintorni, allora significava che il cane era davvero solo.

Anche Tony e Amelia si unirono alla festa. Riempirono il superstite a quattro zampe di coccole e di carezze. Neppure lo scienziato o il gigante d’acciaio riuscirono a fare a meno di strofinare la bestiola.

-Ah ah, ma che bel cucciolo.- Disse Spectrum mentre il cane gli leccava il visore.

-Oh ma dai, ragazzi? È solo un cane.- Non è che odiassi i cani, è solo che vederli comportarsi in quel modo durante una missione mi sembrava infantile.

-Dai sorella, prova a sentire quanto è morbidoso questo peluche vivente.- Mi invito Amelia grattando il cane dietro le orecchie.

-Guardate, mi sta dando la zampa.- Fece notare Spectrum. Il cane gli stava praticamente graffiando il telaio con la zampa anteriore.

-Non ha collare. Possiamo tenerlo?- Mi chiese Nick.

Non ebbi il tempo di rispondergli che il cane scivolò fuori dal gruppo e andò nel bel mezzo del piazzale. Abbaiò un paio di volte e grattò con gli artigli su una piastrella.

-Avete visto?- Ci chiese Spectrum.

L’eyebot stava fissando il cane.

-Cosa Doc?- Gli chiesi speranzosa.

Seguii l’eyebot fino al cane, che si spostò dalla piastrella da bravo cane.

-Una copertura mobile!- Esclamò Spectrum.

Osservai più attentamente la piastrella e mi accorsi che era diversa dalle altre. Aveva un anello di ferro colorato con la stessa tonalità del marmo. Quasi impossibile da vedere. Tirai l’anello e con molta sorpresa, la piastrella venne su come un tappo di bottiglia. Sotto, vi era celato un interruttore. Il mio istinto mi spinse a premerlo senza pensarci. Una grossa placca di marmo a pochi passi da me si spostò. Il marmo nascondeva una scalinata che conduceva nel buio assoluto. Neppure le luci rosse dei neon riuscivano ad arrivare così in fondo.

-Bravo cane.- Dissi accarezzando il nostro nuovo amico sulla testa.

Gli altri non si fecero aspettare. Anzi, con le armi in pugno e le sicure disinserite, si misero in fila dietro di me. Scendemmo lungo le scale con uno schema diverso da quello di prima. In testa c’ero io, poi a seguirmi Tony, Nick con a fianco il cane, Spectrum, Amelia e alla fine Bud. Ero quasi sicura che il peggio lo avevamo lasciato alle spalle.

La struttura non sembrava di fabbricazione militare. I muri erano in cemento, ma le luci erano quelle di una normale abitazione. Forse i proprietari del motel avevano guadagnato abbastanza soldi da potersi permettere un piccolo rifugio sotto la loro proprietà.

Scese le scale arrivammo ad un lungo corridoio, che dopo un paio angoli e un rettilineo di venti metri, ci portò davanti a una grossa porta blindata. Inserito nella parete vicino alla porta, c’era anche il terminale che la comandava. Quando lo attivai, il computer mi pose un piccolo problema. La password di accesso.

-Provo a vedere se riesco ad acherarlo.- Un attimo dopo comparve sul monitor una sequela di dati troppo complessi per me. -Come non detto.-

-Ci penso io, ci penso io.- Disse Spectrum volteggiandomi davanti.

L’eyebot andò a posizionarsi davanti al terminale, ed emettendo i soliti rumori elettronici. Come per magia, il terminale emise il suono dell’accettazione e aprì la porta blindata.

-Una bazzecola.- Scherzò lo scienziato.

-Niente male Doc, niente male.- Mi complimentai.

Mentre mi complimentavo con Spectrum, alle mie spalle continuavo a sentire un suono di ingranaggi. Pensavo che si trattasse solo degli ingranaggi della porta, ma invece.

-Attacco il bersaglio!- Disse qualcuno dietro di me. La voce non era quella di una persona. Era quella di un … di un … assaultron?!

Non ebbi neppure il tempo di attivare il V.A.T.S.. Vidi soltanto a rallentatore il volto di Tony impallidire. Io chiusi gli occhi e l’ultima cosa che sentii, fu il suono di due lame che si sfregavano a vicenda, vicino al mio collo.

Ciò che ne seguì ... fu un miracolo.

Aprii gli occhi e lentamente mi voltai. Il robot da guerra era equipaggiato con due lame dentate al posto delle mani. Lame che, fino a poco fa, si erano incrociate a pochi centimetri dal mio collo. Le lame avrebbero dovuto tornare dritte, in parallelo tra loro due. Questa mossa da spadaccino, mi avrebbe dovuto tagliare la testa di netto. Ma così non fu. L’assaultron si era bloccato come una statua nel bel mezzo del suo attacco.

-Cazzo.- Mi uscì dalla bocca come l’alito di un fantasma.

-Ce l’ho.- Disse Spectrum al mio fianco.

Io arretrai di qualche passo, nel modo più lento possibile e cercando di non causare la benché minima vibrazione. Anche gli altri erano rimasti sbigottiti. Escluso il cane. Lui non aveva ben capito cosa sarebbe potuto accadere

-Ce l’hai … sotto controllo?- Chiesi allo scienziato.

-Se ha un’antenna, una batteria e un processore … lo posso controllare.-

-Controllarlo quanto?- Chiese Nick mentre teneva sotto tiro il robot con il suo fucile da caccia.

Il robot bipede si mise sull’attenti e fece il saluto. Una cosa per la quale non era stato neppure programmato.

-Fino in fondo.- Rispose con fermezza lo scienziato.

Poi il robot svanì nel nulla. La cosa spaventò tutti, tanto da farci puntare le armi a destra e manca nel tentativo di ritrovarlo.

-Dove è finito? Doc?- Chiesi.

-Non preoccupatevi. È il suo sistema stealth.- Mi rispose Nick.

-Cioè?-

-Gli assaultron dominatori sono dotati di un congegno Stealth Boy. Sapete, quell’affare che piega la luce e ti rende invisibile. Sono entrambi di fabbricazione RobCo.- Il meccanico la sapeva lunga.

-Tranquilli. Ora è dei nostri.- Disse Spectrum fluttuando lungo il corridoio. -L’ho mandato in perlustrazione.-

Dopo essermi presa un momento per riprendermi, anzi per riprenderci, ricominciammo a camminare. Arrivammo tutti quanti in un grosso stanzone, buio pesto. Accesi la torcia del mio Pip-Boy. La luce mi avrebbe reso visibile agli occhi di chiunque, ma per lo meno avrei visto dove stavo andando.

-Spectrum? Vedi qualcosa?- Chiesi allo scienziato.

-Tranquilli. Ne io ne l’assaultron abbiamo trovato pericoli, ma credo che dovreste accendere le luci.-

Avvicinai il Pip-Boy alla parete. A sinistra dell’entrata trovai un porta interruttori casalingo con quattro interruttori che attivai. Le luci si accesero e nella sala trovammo … il bottino dei pirati.

-Ho un de ja vu!- Scherzò Amelia.

Ciò che trovammo non era di certo lo stesso del magazzino speciale, ma era comunque roba di valore.

Lampadine, trementina, benzina, nastro adesivo, fibra, ottica, stecche di sigarette e una cassaforte. Trovammo anche un terminale lì a fianco e altre due porte blindate. Una nella parete di sinistra e l’altra in quella opposta all’entrata. Forse il terminale vicino alla cassaforte poteva aprirle.

-Secondo me il congegno è nella cassaforte.- Dedusse Amelia.

-A questa ci pensa MechaNick .- Affermò Nick.

Il super meccanico si inginocchio vicino alla serratura della cassaforte e iniziò ad armeggiare con una graffetta per capelli e un cacciavite.

-Io provo con il terminale.- Dissi andando alla scrivania con il computer.

-Dai Rocket, non è una serratura difficile.- Contestò Nick.

-Voglio vedere se ci sono delle informazioni o dei registri. Tu intanto divertiti con i tuoi giochi.-

Mentre gli altri saccheggiavano la stanza e Nick cambiava la graffetta appena spezzatasi nello serratura, io accesi il terminale. Sul monitor comparve la schermata iniziale con la solita scritta: Benvenuto alle RobCo Industries (TM).

A già, forse voi non lo saprete, ma prima delle bombe, la maggior parte dei terminali negli Statti Uniti, era di fabbricazione RobCo. Erano pochi quelli delle altre aziende. Quelli del colosso tecnologico erano affidabili e con il sistema operativo unificato già inserito. Questo garantiva agli utenti un più facile utilizzo delle apparecchiature.

Restava solo un piccolo ostacolo per accedervi. Il terminale era protetto da una password. Un po come quello di prima, ma nulla di troppo complicato. Avevo quattro tentavi e una serie di parole tra cui scegliere. Dovevo scegliere quella giusta, altrimenti il terminale si sarebbe bloccato.

-Proviamo con … baseball.-

Sulla parte bassa a destra del monitor comparve:

>BASEBALL

>Accesso negato.

>Affinità=3

Tradotto, significava che baseball non era giusta e che la vera password aveva tre lettere in comune con quella da me selezionata. Dovevo riprovare.

-Ricordati che la password potrebbe essere stata modificata dai maniaci.- Mi fece notare Tony.

-Mi sa che hai ragione.- Dovevo pensare come un maniaco assassino. -Vediamo … albero, bandiera, palla.-

Riprovai con l’unica che mi sembrava fattibile. Supremazia. Digitata la password, il terminale emise un il bip di approvazione, la schermata delle password svanì e al suo posto comparve la lista dei registri con in basso la scritta:

>Password accettata.

-Finito!- Esultammo io e Nick contemporaneamente.

Guardai alla mia sinistra e vidi che il portello della cassaforte era spalancato. Il caro Nick aveva un sorrisetto sulla faccia che sfoggiava nei momenti più vittoriosi.

-Non sai vincere Rodriguez. E comunque ora ho accesso ai registri.-

-E tu non sai perdere.- Controbatte Nick.

-Dimmi piuttosto cosa c’è là dentro.-

-Vediamo.- Il meccanico iniziò a saccheggiare la cassaforte. -Tre orologi d’oro, un orsacchiotto, due bottiglie di whisky, una Nuka Cola Victory e TRENTAMILA DOLLARI!-

-Cosa?!- Chiese stupefatto Tony.

-Guarda!- Il meccanico ci mostrò tre mazzette da diecimila dollari neanche scartate. -Con questi mi comprerei una macchina nuova.-

-Una Corvega Atomic V-8 nuova di zecca.- Gli consigliò Tony.

-Io il set di proiettori olografici per l’ufficio che non mi sono mai ricordato di ordinare.- Disse Spectrum.

-Io me ne andrei a Reno e me li giocherei al casinò.- Continuò Bud.

-Hey hey! Non siamo all'asilo, siamo in missione, quindi vediamo di rimanere concentrati.- Gli rimproverai io.

Mentre Nick raccoglieva il suo bottino, io iniziai a leggere i registri del terminale.

-La prima annotazione risale ad alcune settimane fa.- Lessi per gli altri. -Sembra che uno dei predoni abbia scritto tutto. Hanno occupato il motel, ucciso o rapito tutti i presenti e installato un radiofaro sul canale di emergenza per attirare i superstiti nella trappola.-

Mi tornò in mente la radio del mio Pip-Boy. Usai le manopole per selezionare la sua schermata. L'unica trasmissione disponibile era quella del Red Oasis. La selezionai e iniziammo a sentire il messaggio ripetuto di un uomo.

-A chiunque sia là fuori e abbia bisogno di aiuto. Qui al Red Oasis possiamo offrirvi cure, cibo e protezione. Raggiungeteci al più presto e noi vi aiuteremo.- Poi il messaggio ricominciò da capo.

-Bastardi.- Commentò Bud.

Sentire quelle stronzate una volta soltanto era più che sufficiente. Spensi la radio e tornai a leggere i registri.

-Nella seconda parla di un certo Woden. Sembra che questo tizio gli abbia ordinato di darsi all’anarchia e sterminare gli “indegni”.-

-Indegni?- Mi chiese Nick.

-Non so cosa intenda questo maniaco per indegni, ma di sicuro non deve avere tutte le rotelle apposto. Aspettata, c’è un olonastro.-

Selezionai l’applicazione del lettore di olonastri. L’olonastro caricato si chiamava: La Voce Del Signore. Premetti play e ciò che udimmo fu pura follia.

-Fuoco e radiazioni. Radiazioni e morte. Morte e noi.- Era la voce rauca di un uomo ma il tono sembrava quello di uno stregone malvagio. -Dalle ceneri della nostra Sodoma … noi siamo risorti. Ora abbiamo la possibilità di ricostruire un mondo perfetto, puro e senza peccati. Ma con noi sono sopravvissuti anche molti infedeli. Fratelli americani, unitevi alla mia Orda. Raggiungete Oklahoma City e bruciate tutto ciò che le fiamme del giudizio non hanno purificato. Una volta che sarete giunti a destinazione, il vostro futuro avrà inizio.-

La registrazione terminò e noi restammo a fissare il monitor cercando di capire contro chi ci fossimo messi.

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Capitolo 6
*** I Fondatori e l'Orda ***


I Fondatori e l’Orda

Furono loro i primi a cominciare

 

 

25/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Area di sosta Red Oasis/Bunker occupato

Ore 18:50

 

36°30’58.6”N 102°33’10.1”O

 

-Tre a uno che è un fanatico religioso impazzito.- Decretò Bud.

Avevamo appena sentito l’olonastro con la voce di Woden. Chi poteva mai essere quel megalomane?

-Per me un radioamatore nella cantina dei suoi genitori.- Disse sarcasticamente Amelia.

-Un ghoul.- Disse Spectrum.

-Cosa?- Gli chiesi.

-Ho analizzato l’audio e ad una prima analisi posso dirvi che questo Woden è un ghoul. Ne sono sicuro all'ottantatré per cento, ma non posso dirvi chi sia esattamente.-

-Ok, ci portiamo l’olonastro con noi. Ora vediamo di aprire quelle porte.- Dissi estraendo l’olonastro dal terminale.

Importante o meno era meglio portarlo con noi.

-Aspetta Red.- Mi pregò Nick avvicinandosi con la sua rivista di Total Hack in mano. - Fammi provare una cosa.-

Il meccanico pose la sua rivista sulla scrivania e iniziò a trascrivere con la tastiera del terminale un codice stampato all’ultima pagina del mensile di tecnologia.

-E io dissi: Che le porte siano aperte!- Affermò il meccanico cliccando sul tasto di invio.

L’idea di Nick era che le porte si sarebbero dovute aprire, ma a quanto pare doveva aver sbagliato qualcosa. Infatti le porte rimasero chiuse, mentre le luci si spensero.

-NICK?!- Esultammo tutti quanti, compreso il cane che abbaiò.

Il buio non ci andava a genio.

-Scusate, non volevo. Speravo di bypassare i controlli delle serrature, ma a quanto pare ho letto male.- Si scusò Nick.

Premendo nuovamente il tasto di invio le luci tornarono ad accendersi e io potei mostrare che l’applicazione per aprire le porte di sicurezza era già presente. Bastava tornare alla pagina iniziale e scendere a [Comandi porte di sicurezza]. Da lì si arrivava all’interfaccia di controllo delle porte, la quale indicava che lo stato attuale era: chiuso.

L’ultimo passaggio fu premere sulla finestra di [Apri porte]. Una volta premuto invio udimmo lo scatto delle serrature automatiche e sul monitor apparve la scritta: Blocco di sicurezza disattivato. Apertura porte… .

-Spero che almeno tu sappia perdere Nick.-

-Zitta.- Mi rispose imbronciato lui.

I tre soldati si avvicinarono alla porta opposta all’entrata. Amelia la aprii con uno scatto mentre Bud e Tony entrarono con le armi spianate.

-Forse abbiamo trovato un’uscita secondaria. C’è un portellone stagno.- Ci informò Tony.

-Controlliamo l’altra porta prima di andarcene.- Ordinai.

Ad aprire l’ultima porta fummo io e Nick, mentre gli altri rimasero a coprirci. Spalancata la porta trovammo ciò per cui eravamo partiti. Solo che eravamo arrivati troppo tardi.

Il professor Reed giaceva su una sedia con le mani legate dietro la schiena e il volto tumefatto. Lo avevano picchiato così forte da ucciderlo. A confermare la sua identità fu il cartellino identificativo che portava al petto. Non avremmo potuto identificarlo in altro modo dato che il volto, oltre ad essere stato martoriato dai pugni, era stato anche bruciato dalle fiamme nucleari. Il povero Reed si era anche trasformato in un ghoul.

-Oh no, Bret cosa ti hanno fatto?!-

Alla vista del cadavere lo scienziato robot andò in escandescenza.

-Era suo amico?- Chiesi allo scienziato.

Gli ci volle un po per tornare in se.

-Si.- Ammise rassegnato il Dr Spectrum. -Era anche uno dei più grandi uomini con cui io abbia mai lavorato.-

Lasciai al povero Spectrum un attimo in pace e nel frattempo slegammo il professore. Lo adagiammo in disparte vicino alla parete. Stavo per mettermi a cercare il dispositivo, ma d’improvviso il suo orologio da polso si illuminò. Mi allontanai temendo di aver attivato qualcosa di pericoloso.

-Tranquilla … sto accedendo alla memoria di quel aggeggio.- Mi rassicurò Spectrum.

-Cerca un messaggio.- Intuì Nick.

-Corretto. Se non ricordo male l’orologio dovrebbe possedere altri optional. Termometro, barometro, registratore e altro. Pure una serratura biometrica.-

Come quella del mio Pip-Boy. Gli avrebbero potuto tagliare il braccio, ma evidentemente erano stati previdenti. Avevano voluto tenerlo vivo il più a lungo possibile.

-Trovato qualcosa Doc?- Chiesi.

-Sì, ascoltate.-

L’orologio da polso si illuminò e iniziò a riprodurre l’ultimo messaggio.

-Se mi state ascoltando, vuol dire che io sono morto e che tra di voi c’è la persona a cui dovevo consegnare il “neurone”.- A giudicare dal tono del professore doveva essere già malconcio al momento della registrazione. -Durante il viaggio un’onda d’urto ci ha fatti finire fuori strada. Maggie è morta sul colpo … non ho potuto salvarla cazzo! Zack è svenuto nell’incidente. L’ho portato in braccio per due giorni prima di arrivare in questo posto. Quando siamo arrivati gli altri superstiti ci hanno offerto assistenza, nonostante le nostre condizioni. Eravamo stati bruciati dalle radiazioni. Non so spiegare come mai non siamo morti, ma sono sicuro che qualcuno di mia conoscenza l’avrà già scoperto.-

-Ci puoi scommettere il dottorato.- Esultò Spectrum.

-I problemi sono sorti dopo un mese dalla caduta delle bombe. Ci eravamo organizzati per raggiungere una destinazione della quale solo io ero a conoscenza. Ma poi è arrivata “l’Orda”. Erano una ventina. Alcuni bruciati, altri no. In comune avevano soltanto la follia. Hanno ucciso tutti coloro che non si erano arresi. Mi hanno risparmiato solo perché ero bruciato. Hanno rinchiuso me, le persone che si erano arrese e tutti i bambini nel bunker dei proprietari di questo posto. Non ci hanno messo molto a capire chi ero … e hanno iniziato a chiedermi di collaborare con loro per conto di un certo Woden. Lo credono un salvatore, che li guiderà ad un nuovo Eden. Solo che questo salvatore è più un dittatore. Io ho rifiutato e loro mi hanno pestato. Vogliono la mia piena collaborazione, ma prima che ciò accada sarò già morto. Se capiranno il funzionamento del neurone … il destino dell’America sarà a rischio. Più di quanto non lo sia già. Joel … se mi stai ascoltando … ti prego. Salva Zack! È l’unica cosa che posso l’asciare al mondo. Il neurone ce l’ha lui, ma se i predoni lo troveranno addosso a lui, lo uccideranno. Lo stanno tenendo insieme agli altri nella stanza a fianco. Ti prego salvalo. L’Orda non sa del P1 … ma se lo scopriranno, non perderanno un attimo e lo attaccheranno. Non sottovalutateli. Non sono dei semplici predoni. Salvate Zack, prendete il neurone e informate il tuo amico colonnello! Sento che stanno tornando. Ti prego Joel, fa come ti ho detto e di a Zack che … la mamma e il papà gli vogliono bene. E che Dio sia con voi.-

Il messaggio terminò e l’orologio si sganciò automaticamente dal polso di Reed. Aver ascoltato il messaggio aveva confermato le nostre teorie su ciò che avevamo visto in superficie.

-Questa me la pagheranno cara.-

Spectrum non scherzava. Voleva davvero uccidere i mostri che avevano torturato il povero Reed e massacrato tutti gli altri.

-Presenteremo il conto.- Affermò Bud battendo un colpo sul castello della sua mitragliatrice.

Raccolsi l’orologio di Reed e senza pensarci lo porsi a Spectrum. Lui mi fissò senza dire niente e alla fine andò a volteggiare vicino alla porta delle celle. Il cane stava già annusando qualcosa sotto alla porta. Una traccia.

-Le mie letture indicano delle fonti di calore dietro a questa porta.-

-Ci penso io Doc.- Disse Bud allungando la mano verso la maniglia.

-FERMO!- Urlò Nick.

Bud si bloccò come una statua e tutti noi fissammo il meccanico. Nick stava indicando una strana scatola fissata alla parete nei pressi della porta.

-Wow. Una trappola esplosiva.- Ne dedusse il gigante. -Porca puttana. Non l’avevo vista.-

Nick si avvicinò lentamente alla scatola, la esaminò e staccò semplicemente un paio di fili.

-Fatto.-

-Grazie amico. Ti devo la vita.-

-Tranquillo Bud. L’esplosivo ti avrebbe a malapena graffiato, ma avrebbe comunque fatto male a noi.- Disse il meccanico mostrandoci il plastico della trappola.

L’unico a non aver percepito il pericolo appena scampato era il cane. Lui non sapeva neppure cosa fosse una bomba.

-Doc. Tu non l’avevi vista.- Feci notare.

-Scusatemi. È che … non ero concentrato.-

Anche la rabbia poteva rendere fallibile l’uomo macchina più efficiente al mondo.

L’ultima porta non era blindata. Era una semplice porta di legno che non era stata neppure chiusa. Quando Nick la aprì entrammo tutti quanti con le armi spianate e le torce accese. La prima cosa che scoprimmo fu la puzza di chiuso e di altre sostanze poco gradevoli. La seconda fu la serie di celle e gabbie costruite con dei rottami. Alcune erano vuote, mentre altre no. Quando le illuminammo, le figure rinchiuse al loro interno si nascosero come meglio poterono. C’erano all’incirca venti persone stipate in quello stanzino e ognuna di loro aveva la paura stampata sul volto.

-Tranquilli. Siamo venuti qui per salvarvi.- Gli rassicurai.

In un primo momento non sembravano molto sicuri. Erano ridotti a degli stracci. C’erano anche quattro anziani e tre bambini. Mi avvicinai alla loro gabbia cercando di apparire meno minacciosa possibile. I due vicini alla porta avranno avuto dai sette ai dieci anni. Il terzo se n’era rimasto in disparte, nell’ombra.

-Ehi, state bene?-

-Tu sei una dei buoni?- Mi chiese quello più piccolo.

-Si. Si io sono una dei buoni. Siamo venuti qui per salvarvi dai cattivi.-

-Da dove venite? Chi siete?- Mi chiese un uomo nella gabbia accanto.

-Siete dell’esercito? Venite da un luogo sicuro?- Continuò una donna anziana.

-Veniamo da … da?-

Non potevo dirgli di Boise e del P1. Il colonnello era stato molto chiaro fin dal giorno di Emersione. Nessuna informazione o dato sensibile doveva essere rivelato in qualsiasi circostanza a qualsiasi soggetto a noi estraneo.

-Noi veniamo da …?-

Guardai i miei compagni ma nessuno di loro sapeva cosa rispondergli. Poi … guardando il faro sull’elmetto di Bud, mi venne l’illuminazione. Letteralmente. Loro avevano bisogno di una casa, di un rifugio, della salvezza, della luce. Avevano bisogno di … di ….

-Beacon City!-

-Che cos’è? Non ne ho mai sentito parlare.-

Uno degli anziani aveva fatto passare la testa tra le sbarre pur di riuscire a vedermi meglio.

-Non è una vera e propria città. É un insediamento per adesso, ma presto diventerà un grande rifugio per tutti i superstiti. Una città di luce in un mondo di tenebre.- Dissi cercando di apparire credibile.

-Ma voi chi siete esattamente?- Mi chiese un’altra donna nella gabbia vicino all’entrata.

-Noi? Noi siamo … i fondatori di Beacon City! Siamo i Fondatori del primo ed ufficiale insediamento nella Zona Contaminata.-

I superstiti rimasero in silenzio ad osservarmi increduli. Forse avevo esagerato con la storia. Ero sul punto di rimangiarmi tutto. Ma poi invece, tutti scoppiarono in un grido di trionfo e mi fecero l’applauso più gratificante che io avessi mai ricevuto. Anche i miei compagni erano rimasti stupiti. Più per la mia capacità di mentire che per altro.

Chi avrebbe mai pensato che da quella mia invenzione, sarebbe nata una leggenda.

-Siete dei militari quindi?- Mi domandò un altro prigioniero.

Guardai meglio l’uomo nella gabbia e vidi che indossava un’uniforme dell’esercito. Gli mancava solo la giacca.

-Ehm … è un’informazione riservata. Tu invece sei un soldato?- Gli chiesi.

-Si signora. Caporale di fanteria Earl Flores. Ero in viaggio con un mio amico durante la Grande Guerra.-

-Quella del diciannovesimo secolo?- Chiese Spectrum.

Già. Quella che avrebbe dovuto mettere fine a tutte le guerre. Come no.

-No. É così che quei mailai chiamano la fine del mondo. La Grande Guerra che ha distrutto tutte le nazioni in meno di un giorno.-

-Forse anche meno.- Fece notare Toni.

-Che fine ha fatto il tuo amico?- Chiesi.

Vedendo incupirsi il volto di Earl, intuii cosa fosse accaduto.

-Durante l’assalto, una granata a frammentazione è finita nella nostra barricata. L'esplosione ci ha colpiti entrambi, solo che io sono svenuto, mentre O’Connell si è beccato tre schegge nel torace.-

-Beh, tranquilli. Ora vi tiriamo fuori. Sergente, MechaNick aprite quelle porte.- Ordinai.

Il gigante d’acciaio aprì una ad una le serrature che gli capitavano a tiro. Anzi, le scardinò con le mani d’acciaio. Nick, entrato nel personaggio del super meccanico, diede una mano a liberare i sopravvissuti aprendo le serrature con le graffette e il cacciavite. Spectrum e il cane restarono fermi a osservare i dintorni. Tony si posizionò di guardia alla porta, mentre io e Amelia controllavamo le condizioni dei prigionieri. A parte i sintomi della malnutrizione e i segni dei maltrattamenti, non erano messi tanto male. Controllai attentamente i due bambini per accertarmi che non avessero subito violenze di alcun tipo. Per fortuna sembravano soltanto sporchi e affamati. Il terzo però era rimasto seduto sul materasso in fondo alla gabbia. Mi avvicinai per vedere se stava bene e fu allora che notai un piccolo particolare di quel ragazzino. Era un ghoul. Simile a Baatar e ad Isaac, solo che giovane. Avrà avuto anche lui dieci anni, ma era difficile capirlo con la pelle bruciata dalle radiazioni.

-Ehi, che ne dici se ce ne andiamo da qui?- Gli chiesi con tono affettuoso.

Lui alzò lentamente la testa mi fissò con i suoi due occhi. Aveva ancora le sclere bianche e le iridi azzurre. E sapeva ancora piangere.

-Dov’è il mio papà?-

Avvertì una brutta sensazione al cuore.

-Sei il figlio del professor Reed?-

Lui annuì. Cavolo, sapevo che sarebbe stata dura, ma speravo di poter evitare di informare un bambino sulla morte di suo padre. Presi un profondo respiro e feci ciò che andava fatto.

-Papà è con la mamma adesso, in cielo.-

Semplice, diretta e il più delicata possibile.

Il piccolo ghoul crollò. Appoggiò la testa alle sbarre della gabbia e si abbandonò in un sonno profondo. Provai a scrollarlo, ma lo shock doveva averlo traumatizzato a tal punto da farlo arrendere.

-Zack? Zack sono io, il Dr. Spectrum!-

Spectrum si era accorto del ragazzino in ritardo. Non che avrebbe potuto far gran che, ma di sicuro lo avrebbe aiutato.

-Non preoccuparti Doc. Ora è in salvo.- Lo rassicurai io.

Ebbi però qualche problema con la pistola, e portare in braccio il ragazzino mi riuscì difficile. Era la prima volta che ne tenevo uno in braccio.

-Tranquilla, ci penso io.- Si offrì il caporale Flores.

Il soldato prese in braccio il piccolo ghoul, permettendomi di tornare operativa a cento per cento. Una volta tornata a casa avrei dovuto passare un’oretta nella palestra del quartiere residenziale. Tonto per allenare le braccia.

-Ehi, guardate cosa c’è qui.- Nick si era fermato davanti ad un armadietto blindato.

-Aprilo super meccanico!- Gli ordinai.

-Lui è un supereroe?- Mi chiese il ragazzino più grande.

-Si. MechaNick, il super riparatore.- Si vantò Nick.

-E quel signore?- Chiese indicando Bud.

-Io sono Bufalo d’Acciaio. Della tribù dei Navajo.-

-Scusatemi, ma quel eyebot fa da collegamento con la vostra base?- Chiese uno dei prigionieri appena liberati.

-Questa unità è programmata per fornire supporto esclusivamente agli operatori assegnategli.- Disse Spectrum imitando il messaggio preregistrato di un qualsiasi robot.

-E perché indossa un cappello?- Continuò il prigioniero.

Anche gli altri superstiti si stavano ponendo la stessa domanda.

Già. Perché un robot dovrebbe indossare un berretto?

-Per proteggere il suo processore dalle basse temperature.- Gli rispose Tony.

La risposta del soldato però non fu molto esaustiva.

-E questo tenerone? Come si chiama?- Mi chiese il ragazzino più piccolo.

Lui e il fratello maggiore si stavano divertendo ad accarezzare il segugio.

-Lui è … Atom. Se non fosse stato per lui non avremmo trovato il passaggio segreto.- Gli rispose Nick ancora intento ad armeggiare con la serratura.

In effetti, senza l’aiuto del cane … cioè di Atom, forse non saremmo mai riusciti a trovare il rifugio.

Lo scatto della serratura fece finalmente tacere i superstiti. Ancora un paio di domande e di sicuro si sarebbero accorti che la nostra storia era piena di incognite.

Nick spalancò le porte dell’armadietto blindato ed iniziò a saccheggiarlo.

-Che hai trovato?- Chiese Bud.

-Tre scatole di 10mm, una 9mm della polizia, una mina al plasma, quattro batterie a fissione, una rivista di Vivi e Ama!.-

-Niente che non abbiamo già visto?- Lo interruppe Amelia.

-Tre proiettili da 7,62mm, due bombole per lanciafiamme, tre cartucce al plasma e …-

-E cosa?- Gli chiesi.

-Per la miseria. È quello che penso che sia?- Ci chiese mostrandoci un oggetto.

Era simile ad un birillo da bowling metallico, con alla base il simbolo del pericolo nucleare e sulla testa rotonda una linguetta di innesco. Nick aveva trovato una granata nuka. Potente come il proiettile di un Fat Man, ma utilizzabile come una semplice granata.

-Bel colpo MechaNick!- Si complimentò Bud.

-Si, ma non ho trovato il congegno.- Fece notare Nick.

-Dannazione! Qualcuno ha un’idea?!-

Per un attimo mi ero dimenticata del vero obbiettivo della nostra missione.

-Lo abbiamo già trovato Red.- Mi rispose Spectrum.

L’eyebot usò un puntatore laser per indicarmi la scarpa destra del piccolo Zack Reed.

-È nella suola della sua scarpa.-

Guardando più attentamente mi accorsi che la suola della scarpa era molto spessa. Il vecchio trucco del tacco finto da agente segreto colpiva ancora.

-La apriamo?-

-No, non qui. È meglio tenerlo nascosto fino al rientro.-

-Ma sei sicuro che sia là dentro?- Gli chiesi dubbiosa.

-Riesco a vedere i componenti più piccoli del processore nel tuo Pip-Boy. Una delle mie creazioni potrei riconoscerla anche a mille piedi …-

-Ok, ok. Mi fido Doc. Ora però vediamo di sparire. Bufalo d’Acciaio, scorta queste persone all’uscita.-

-Ricevuto!-

I superstiti si misero in fila indiana e seguirono uno ad uno il soldato. Il gruppetto di anziani aveva qualche difficoltà, ma Amelia e Tony gli aiutarono in maniera esemplare. Guardai Nick che se ne andava con lo zaino gonfio e il fucile da caccia pronto all’uso.

-Se ti pesa troppo, fammi sapere Nick.-

-Tranquilla Red. Sono o non sono MechaNick?-

Mi guardai un’ultima volta a torno e mi unii alla coda. Fatti i primi tre passi, inciampai e finii per terra con la faccia rivolta alla grata di scolo della stanza. Ancora prima che potessi rialzarmi, una mano scheletrica mi agguantò il polso e un’altra mi strinse con forza il colletto della mia tuta. Guardai meglio oltre la grata e mi accorsi che a trattenermi era un repellente ghoul ferale. -MORTE!!!- Urlò il mostro.

Gli altri si erano accorti dell’agguato e il primo ad arrivare in mio soccorso fu Nick. Il meccanico si accorse di non avere alcuna possibilità di sparare al mio aggressore, che si faceva scudo con il mio corpo. Abbandonò il fucile e iniziò a tirarmi dal cinturone. Tony si stava già facendo strada tra i superstiti, i quali non avevano neppure capito cosa stesse accadendo. Il bastardo continuava a tirarmi a sé e io cominciavo a temere che potesse trascinarmi il braccio nel suo antro. Usai la mano libera per cercare qualcosa per liberarmi dell’aggressore. La pistola mi era scivolata lontano e usarla sarebbe stato problematico. Tastai freneticamente il cinturone nella speranza di trovare la mia ultima risorsa e finalmente lo trovai. Il ripper datomi da Wright era stato tutto il tempo a non fare niente. Era il momento di scatenarlo.

Quando premetti il grilletto la catena dentata iniziò a girare come un furia. L’assordante rombo del motore sovrastò tutti gli altri suoni nella stanza. Non persi un secondo a dare il ben servito al mio assalitore. Alzai il braccio intrappolato e con uno scatto gli tagliai la mano sinistra di netto, liberando la mia. Provai a fare lo stesso con l’altra, ma il ferale fu abbastanza furbo da lasciarmi il colletto.

Il ghoul cadde nella pozza di acqua sottostante ululando come una bestia indemoniata. Quell'essere indossava solo le sue mutande sporche, lasciando così in bella mostra il corpo malato e ustionato.

Io mi rialzai all’istante facendomi aiutare dai miei compagni che già stavano tenendo sotto tiro il mostro.

-CHE SCHIFO PORCA PUTTANA!- Urlai frustrata come non mi capitava da anni.

Dopo le rivelazioni di Baker e l’assaultron che mi aveva quasi decapitata, l’agguato del ghoul aveva reso il Natale del duemilasettantasette il peggiore della mia vita.

-Che cavolo di problemi ha quello?- Chiese Amelia tenendo sotto tiro il ghoul.

-È uno di loro.- Ci rispose uno dei superstiti. -L’hanno rinchiuso con noi perché era impazzito anche per i loro limiti. Non pensavamo che fosse ancora li.-

-Voi tutti la pagherete! Lord Woden vi sterminerà tutti. Non siete neppure degni di vivere, specialmente ora che avete mutilato un devoto dell’Orda!- Esultò il ghoul.

-Quel farabutto non è un ferale. È un semplice ghoul.- Fece notare Nick.

-Quando i miei compagni torneranno, informeremo Lord Woden del vostro patetico ed insignificante insediamento. Beacon City brucerà!-

Il verme aveva origliato la nostra presentazione come un piccolo scarafaggio. E come tutti sanno, con gli scarafaggi c’era solo una cosa da fare.

-ABBATTETELO!- Ordinai.

Una pioggia di proiettili passò attraverso i fori della grata. Il ghoul però riuscì a nascondersi nell’angolo più buio della sua tana.

-Cessate il fuoco!-

Controllammo per un’istante la posizione del bersaglio, ma era chiaro che lo avessimo mancato.

-Se Bud riesce a sfondare la grata posso entrare e finire il lavoro.-

-Negativo Tony, non abbiamo tempo. Dobbiamo andarcene prima dell’arrivo dei suoi amici.- Gli ricordai.

-Stai scherzando Red?! Ha sentito tutto!- Fece notare Nick. -Di Beacon e …-

Io gli risposi con un sguardo ironico e al tempo stesso eloquente. Anche se non fosse morto dissanguato, i suoi amici non avrebbero mai potuto risalire ad una città inesistente.

-A già. Vero.- Concluse Nick.

-Ora muoviamoci! Fate attenzione.-

Guardai gli altri allontanarsi in fila indiana lungo il corridoio e diedi un’occhiata veloce agli obbiettivi del mio Pip-Boy. L’ultimo passo per il completamento della missione era l’evacuazione dell’area. Ma prima dovetti salutare il mio spasimante. Tirai una sostanziosa scatarrata nella sua tana e calciai il più lontano possibile la sua mano mozzata.

-Prega che non ti riveda.- Lo avvisai poco prima di andarmene.

Quando arrivai nell’anticamera della prigione il corpo di Reed non c’era più. Al suo posto trovai un mucchio di cenere su cui Spectrum stava fluttuando.

-Che cosa è successo?-

-Ho usato il mio laser per cremare Bret. Un funerale degno degli antichi re.-

Forse in altre circostanze avremmo potuto fare uno sforzo in più e portare il corpo dello scienziato a casa, ma a conti fatti Doc aveva agito nel modo migliore. Portarci dietro la salma sarebbe stato un problema e lasciare Reed nelle mani di quei selvaggi sarebbe stato orribile.

Aspettai che Spectrum desse l’ultimo saluto, ma non lo fece. Volteggiò semplicemente fuori dalla porta senza dire una parola.

Guardai un’ultima volta le ceneri di Reed, gli feci il saluto e me ne andai.

Quando raggiunsi il resto del gruppo nel secondo corridoio della stanza con il terminale, la fila si era bloccata con in testa Bud e in coda io e Nick.

-Ehi la davanti, perché siamo fermi?- Domandai.

-C’è un altro terminale. Datemi un secondo.-

Ci toccò attendere che Bud violasse il terminale.

-Oh, ma guarda chi c’è!- Disse Nick avvicinandosi a me.

Aveva un’espressione molto felice. Avrei giurato che mi avrebbe abbracciata, ma invece mi superò e continuò ad avanzare nella stanza. Alle mie spalle, nel corridoio dai cui eravamo entrati poco prima, c’era l’ultima cosa che potessimo trovare. Un altro cane.

-Uh, allegria.- Commentai con un pizzico di indifferenza.

Si, lo ammetto. Sono sempre stata una tipa più da gatti.

Quando Nick arrivò a pochi passi dalla bestiola Atom si strusciò sulla mia gamba. Mi chinai e lo accarezzai sulla testa.

-Contento? Ora avrai un nuovo amico.-

Atom però non sembrava molto allegro. Anzi, emise un leggero brontolio mentre fissava il nuovo arrivato. Un brontolio molto simile a un leggero ringhio, che io identificai come: in guardia.

Insospettita dai versi di Atom cercai di mettere a fuoco il secondo cane. A causa della scarsa luce nel corridoio non lo vidi chiaramente, ma ebbi comunque un timore.

-Ehm … Nick?- Provai a chiamarlo. -Nick?!-

-Vieni qui bello, bello AAH!-

Il cane fece uno scatto fulmineo e scaraventò Nick a terra. Nick non riuscì neppure ad accorgersi di cosa fosse successo che l’animale gli azzannò la caviglia. Disarmato e preso alla sprovvista il meccanico colpì come meglio poté l’assalitore. Io e Atom giungemmo in suo soccorso all’istante. Io sparando un colpo a brucia pelo e Atom mordendo sul collo il suo simile. Il cagnaccio mollò finalmente il povero Nick, cercando di divincolarsi dalla presa letale di Atom che gli stava stringendo con forza il collo. Ma con un foro nel fianco e la giugulare lacerata non ebbe neppure il tempo di contrattaccare. Atom lo lasciò in fin di vita e con il sangue colante sul pavimento del bunker. Io però non ero buona come Atom e finii il bastardo con un colpo dritto in testa.

-Bello un corno, cagnaccio CATTIVACCIO!!!- Urlò Nick come una ragazzina isterica.

-State bene! Cos’è quello schifo?- Chiese Tony indicando la carcassa con la canna del fucile d’assalto.

Il cane era ridotto a uno scheletro spelacchiato, con cicatrici e bruciature su tutto il corpo. Gli occhi e il naso erano rossi e incrostati. La coda era stata mozzata e sul collo era presente un rudimentale collare.

-Un cane ferale?- Ipotizzai.

-No. È solo malato. Ho visto i predoni dargli ordini e usarli come segugi.- Ci informò una delle donne superstiti.

-Un momento.- Intervenne Amelia. -Ma se non è un randagio allora …-

Udimmo un suono sordo dal fondo del corridoio d’entrata.

-Ehi, chi c’è la giù?- Grugnì qualcuno in fondo al corridoio. -Sheamus, se ti sei liberato giuro che questa volta ti spariamo e basta.-

-Non avevamo chiuso la porta?- Domandò Tony.

-Sono tornati!- Disse spaventata la donna.

-Tony, coprici. Nick riesci a camminare o ti serve uno stimpak?-

-Oh no, sono in fondo allo zaino.-

I mille modi per riempire uno zaino, di Nick Rodriguez, con lo speciale su dove mettere gli stimpak. Sarebbe stato il titolo perfetto per una guida al suicidio post apocalittico.

-Ok, raggiungiamo il gruppo senza fare altri rumori. Tony, non sparare prima …-

-Eseguo la subroutine di eliminazione!-

Seguì un urlo accompagnato da dei suoni di lotta.

-ALLARME! ALLARME! L’assaultron è impazzito!-

-Alle armi fratelli!-

-Fregati.- Concluse amaramente Tony.

-Al diavolo! Muoviamoci. Aiutatemi a portare Nick.-

Con l’aiuto di Tony e dell’altra donna, riportammo Nick dal gruppo. Uno dei superasti si caricò sulle spalle lo zaino di Nick, mentre io e Tony ripuntammo le armi contro l’entrata.

-Come siamo messi con la porta?- Chiesi.

-La tastiera è danneggiata, ma ci sono quasi!- Mi rispose Bud.

-Dr Spectrum, non può fare qualcosa?-

-Questo catorcio è mezzo guasto! La sua antenna non mi riceve!- Mi informò lo scienziato in fondo al gruppo.

Mentre la paura cominciava a farsi sentire tra i superstiti, nel corridoio d’entrata risuonavano spari, esplosioni e urla di morte. L’assaultron era un abile avversario, ma quanto ancora avrebbe potuto resistere? Cominciai a temere il peggio quando vidi una vampata di fiamme illuminare le profondità del corridoio.

-Merda! Hanno un lanciafiamme!- Fece notare Tony.

-PORTA?!- Chiesi ancor più spaventata.

Si udì lo stridio provocato dal meccanismo e subito dopo percepii sulla schiena l’aria fredda del deserto.

-Fatto! Seguiteci!- Esultò Bud.

Uno ad uno i superstiti uscirono all’aria aperta, ma in tanto i nemici cominciavano a farsi vicini. E quando il corridoio iniziò a riempirsi di torce, le nostre armi sputarono piombo a volontà. La luce più vicina cadde per prima, seguita da altre tre che caddero anch’esse in breve tempo.

I nemici allora rallentarono la loro corsa fino a fermarsi completamente e ritirasi dietro al primo angolo. A giudicare dalle grida dovevano essere più di dieci.

-Che facciamo? Ce ne andiamo?- Mi chiese Tony.

-Si, ma prima vorrei bloccare questi folli.-

-Potresti usare il V.A.T.S. per colpire il serbatoio del loro lanciafiamme.- Mi consigliò il soldato.

-No, troppo distante e troppo corazzato. E non credo che lo metteranno davanti a tutti.-

-E la Nuka?-

-Nuka?-

-La granata!-

Una scossa attraversò il mio cervello. La risposta stava a pochi metri da me. Con una breve corsetta raggiunsi lo zaino di Nick. L’uomo che lo stava trasportando ebbe la cortesia di attendere nonostante l’agognata libertà fosse così vicina.

Frugai nello zaino senza neppure aprirlo completamente. La mia mano sfiorò qualche scatola e un contenitore. Poi mi accorsi che la granata era appesa ai lacci esterni dello zaino, e dopo averla strappata dalla tela, facendo particolare attenzione alla linguetta, feci segno ad Amelia di aiutare l’uomo con lo zaino. Tornata indietro tenendo la testa bassa, vidi che Tony si era barricato dietro al tavolo del terminale dopo averlo rovesciato.

-Coprimi!- Ordinai uscendo allo scoperto per raggiungere la porta dell’entrata.

Il soldato sparò una serie di brevi raffiche che andarono a colpire il fondo del corridoio. Ma dall’altra parte qualcuno rispose a sua volta. Due proiettili mi sfiorarono la testa, costringendomi a gettarmi a terra. Raggiunsi la porta strisciando come un serpente e una volta arrivata mi accorsi di essere carica di adrenalina.

-Stiamo venendo a prendervi vermi ignobili!- Urlò qualcuno in fondo al corridoio.

-Vi scuoieremo uno ad uno.- Aggiunse una voce femminile.

Seguì un coro di risate tutt’altro che angeliche.

Io però ero stanca di tutte quelle minacce. Tirai la linguetta e attivai il timer della granata.

-CI VEDIAMO ALL’INFERNO PREDONI!!!- Urlai imitando l’attore di un film d’azione un istante prima di lanciare la granata.

Feci un lancio come non ne facevo dai tempi delle medie. La granata fece una bassa ma lunga parabola, superò la soglia della porta blindata aperta da Spectrum, rimbalzò due volte sul pavimento, per poi rotolare fino al muro in fondo al corridoio. Mentre gli inconsapevoli predoni ponderavano un piano di attacco, la granata era già arrivata a destinazione e io me la stavo svignando a gambe levate.

-CORRIII!!!- Urlai a Tony.

Il soldato non se lo fece ripetere. Fece dietro front e scattò anche lui verso l’uscita. Arrivati a metà strada la granata non era ancora esplosa.

-Sei sicura di averla innescata?!- Mi chiese Tony attaccato alle mie chiappe.

BOOM.

Il lampo provocato dalla micro fissione nucleare fu abbastanza potente da illuminare il salone e l’uscita. A preoccuparmi però fu ciò che ne segui. L’intera struttura venne scossa brutalmente dall’onda d’urto sprigionatasi nell’ambiente ristretto del bunker. La forza della pressione incanalatasi nel corridoio, fu tale da catapultare me e Tony fino all’uscita. Caddi dritta nella sabbia del deserto, seguita da una fiammata incandescente e ricca di raggi gamma.

Non ci volle molto prima che le fiamme svanissero. Il buio della notte aveva preso il loro posto e il mio Pip-Boy stava lentamente smettendo di ticchettare. Il livello di radiazioni disperse nell’aria si azzerò, ma al nostro ritorno una doccia di decontaminazione e una bella dose di RadAway avrebbero fatto solo bene.

Quando mi risollevai i miei compagni e gli altri superstiti erano già arrivati in nostro soccorso. Sembravano meravigliati dalla mia performance nel combattimento. E dal fumo che usciva dalla parte posteriore della mia tuta cotta dall’intenso calore.

-Quella si che era un’esplosione!-

-Ora siamo in salvo.-

-Come potremmo mai ringraziarvi?!-

I superstiti ci stavano già considerando come dei salvatori, ma ancora non erano fuori pericolo.

-Calma. Prima di festeggiare dobbiamo portarvi via di qui. Amelia, chiama …-

-Già fatto Rocket.- Mi rispose Amelia.

-Bene. Seguiteci!-

Con me e Bud in testa e gli altri a coprire le retrovie portammo il gruppo verso il punto di recupero. Non era facile camminare a passo svelto in piena notte e senza l’uso di torce, ma il Red Oasis si era trasformato in un enorme punto di riferimento. La granata doveva aver generato degli incendi che già stavano divampando. Una vendetta più che gratificante per tutte le vittime di quel mattatoio.

Arrivammo al punto di raccolta come da programma. Beh forse a qualche decina di metri dal punto esatto. Amelia tirò fuori dalla tasca del suo zaino un dei bengala. La sua luce rossa mi permise di guardare meglio i presenti. Per la maggior parte erano tutti in attesa del recupero. Uno degli anziani aveva il fiatone e un altro cercava di proteggere la moglie dal freddo vento del deserto. I due bambini erano spaventati, ma il buon Atom gli faceva forza standogli vicino. Il piccolo Zack stava ancora in braccio al caporale Flores. Gli altri avevano formato un perimetro difensivo per proteggere il gruppo, ad eccezione di Nick che si reggeva in piedi con l’aiuto del fucile.

Non dovemmo neppure aspettare un minuto dall’accensione del bengala, che iniziammo ad udire il suono dei vertibird.

-Vi vediamo.- Disse Baatar alla radio.

I due velivoli atterrarono a una trentina di metri da noi, con i portelloni già aperti e i motori sempre accesi.

-A bordo!-

Ci dividemmo in due gruppetti suddivisi abbastanza equamente. Dieci persone, tra cui i quattro anziani, entrarono uno alla volta nel V2 dai portelloni della stiva e le altre undici fecero lo stesso con il V1. I primi ad entrare furono i bambini. Seguirono poi gli adulti e per finire noi. Quando Nick iniziò a salire sulla scaletta per la cabina principale qualcosa lo blocco. Aveva visto una cosa strana passare appena sopra il vertibird. Un fascio. Un …

-RAGGIO LASER!- Urlò Tony.

Ci accucciammo tutti a terra, Nick compreso. Da qualche parte a sud, verso il motel ormai in fiamme, qualcuno ci stava sparando. Per nostra fortuna quegli idioti stavano usando delle torce per illuminarsi la strada. Fu come sparare alle sagome del poligono. Aprimmo tutti quanti il fuco sui nemici. Qualcuno dei loro proiettili riusci a colpire la fusoliera del vertibird, ma senza neppure scheggiarla.

Guardando attentamente i fasci rossi che ci passavano a diversi metri di distanza capii che il tizio con l’arma ad energia avrà avuto tra le mani una pistola laser mal funzionante. Nulla che non potessimo gestire.

La cosa si fece strana quando vedemmo i predoni assaltarci con mazze improvvisaste e altre armi di fortuna. Non perché fra di loro c’erano anche donne. Più che altro perché non si arrendevano. Continuavano arrivare urlando come degli scalmanati e inneggiando alla nostra morte. Rallentavano nei pressi del bengala, poi quando si accorgevano che li non c’era più nessuno, tornavano alla carica. Sempre che non fossero già morti.

Sparammo tutti la nostra buona dose di piombo, ma alla fine furono di sicuro Nick e Bud i veri killer. Uno con un fucile di precisione e l’altro con una sputa piombo da settecentocinquanta proiettili al minuto. Tony e Amelia riuscirono ad eliminarne diversi, mentre io con la mia 10mm riuscì soltanto a farne secchi due o tre. Pure il Dr Spectrum si dilettò con il suo piccolo laser, trasformando tre di quegli esaltati in mucchi di cenere. Normalmente gli eyebot erano equipaggiati con una canna laser poco più potente di una semplice pistola laser. Ma il nostro Spectrum si era fatto montare un cannoncino laser agli ioni. Un colpo un morto. E io che temevo che si facesse ammazzare come niente.

Quando tutte le luci si spensero e le urla cessarono entrammo anche noi nel velivolo. Aiutammo Nick a salire la scaletta e mi accertai che anche gli altri tornassero al V2 senza intoppi. Fui l’ultima a lasciare il campo di battaglia, con alle spalle una moltitudine di cadaveri e davanti la comoda e sicura cabina del vertibird. Chiusi il portellone e il velivolo decollò.

Avrei voluto sedermi, ma con più di dieci persone nella stessa cabina i posti migliori erano già stati presi. Per fortuna il mio amato sedile da copilota era ancora … no neppure quello era rimasto libero. Zack, il piccolo ghoul, sedeva a fianco di Isaac. Si era anche svegliato. Stava guardando incuriosito Isaac manovrare il vertibird. Lui al contrario si sentiva incuriosito nel vedere un piccolo ghoul li al suo fianco.

Mi guardai un attimo in giro cercando di trovarmi un posto a sedere. C’erano i bambini con Atom, Nick incasinato a cercare uno stimpak nel suo zaino, Spectrum che volteggiava vicino al soffitto senza fare niente.

Mi sedetti sul pavimento facendomi cullare dalle vibrazioni provocate dalle turbolenze e assaporando l’aria calda del riscaldamento. L’ultima cosa che feci prima di addormentarmi fu dare una veloce letta ai dati della missione nel Pip-Boy. Il processore di informazioni aveva analizzato tutto durante la missione. L’ambiente, i nemici, me.

L’unica cosa che però mi interessava era il resoconto della missione.

-Missione compiuta.-

 

Il buco era ancora intatto e le fiamme non lo avevano raggiunto. Sheamus se la stava ridendo al pensiero che tutti i suoi compagni fossero morti mentre lui fosse rimasto vivo. Anche se aveva perso la mano, non poteva far a meno di pensare al roseo futuro che lo attendeva.

Gli sarebbe bastato aspettare che un altra squadra arrivasse da Oklahoma City per il cambio, e quando questo sarebbe accaduto, lo avrebbero portato al cospetto di Lord Woden in persona a riferire dell’accaduto. Era sicuro che il suo padrone lo avrebbe ricompensato a dovere. Doveva solo sopravvivere all’amputazione che già si stava miracolosamente rimarginando, urlare come un matto per farsi sentire tra le macerie del bunker e informare Lord Woden.

Per questo si stava già preparando. Con un vecchio chiodo arrugginito trovato sul fondo dello scolo iniziò ad incidersi sulla pelle bruciata le parti chiave di ciò che aveva sentito: INSEDIAMENTO, BEACON, MECHANICK, FONDATORI.

Ma un promemoria in particolare preferì inciderselo con più forza, fino a tagliarsi le carni. Il nome della sgualdrina eretica dai capelli rossi e vestita di blu che non solo si era opposta alla sua purificazione e a quella degli altri indegni, ma che per giunta gli aveva mozzato la mano.

-ROCKET! ROCKET!! ROCKET!!!-

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Capitolo 7
*** S.O.S. ***


S.O.S.

Il primo dei tanti che ricevemmo

 

 

26/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Livello amministrazione

Ore 10:05

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Il giorno dopo la missione al Red Oasis ero di nuovo in servizio. Stando al protocollo avrei dovuto ricevere un giorno di riposo. Ma ne io, ne gli altri avevamo intenzione di starcene con le mani in mano per la semplice scampagnata che avevamo fatto.

Amelia, Bud e Tony avevano passato l’intera mattinata a raccontare della missione e ad informare gli altri soldati su ciò che avevamo visto la fuori. Isaac e Baatar si erano messi al lavoro sui loro nuovi velivoli. I vertibird erano eccezionali, ma durante il volo i due piloti avevano avvertito svariate vibrazioni e suoni che a loro parere non erano accettabili. Tutta roba che per gli uomini senza ali era incomprensibile. Nick si era svegliato alle sei del mattino per unirsi alle squadre di ampliamento. Era troppo eccitato all’idea di usare una trivella perforante. I nuovi arrivati si stavano già ambientato con la nuova situazione. Alcuni non avevano ancora smesso di piangere per la gioia, e nessuno aveva problemi di claustrofobia. Nessuno si fece dei problemi a vivere sottoterra dopo aver visto cosa c’era in superficie. I tre bambini si erano sistemati a casa dei Rodriguez. Atom compreso. Maria era più che felice di ospitare altri tre diavoletti in casa sua. I due fratelli erano altrettanto felici di poter vivere con una casalinga così gentile e il suo figlio poco cresciuto. Al contrario il piccolo Zack non era molto allegro. Secondo la Davis stava affrontando la stessa fase di Isaac nei primi giorni di trasformazione, più la sofferenza dovuta al lutto dei suoi genitori. La psicologa aveva consigliato di farlo stare con gli altri bambini e farlo sentire ben accolto. Aveva solo bisogno di tempo e molto supporto.

Io invece non volevo dare il cattivo esempio standomene a letto come una pigrona. Baker e gli altri capi squadra si stavano riunendo nella sala briefing dell’amministrazione per una riunione a porte chiuse.

Mentre attraversavo il quartiere residenziale non potei fare a meno di buttare un occhio sulle vetrine degli spacci. Il negozio di alimentari aveva esposto in vetrina una pila di Salisbury Steak e la libreria era stata finalmente aperta al pubblico. La neve artificiale aveva coperto l’erba del parco pubblico e le decorazioni natalizie illuminavano le vie della piccola città sotterranea. I civili erano già al lavoro. Alcuni si erano specializzati nella manutenzione del bunker. Altri conducevano le loro attività commerciali nei locali adibiti. Qualcuno invece aveva deciso di intraprendere una carriera militare. Al servizio di sicurezza una mano in più non guastava mai.

Presi l’ascensore che conduceva all’amministrazione. Giunta a destinazione non mi servii neppure mostrare i documenti. Tutti mi conoscevano e nessuno faceva domande.

Il QG era situato esattamente al centro del piano. Proprio sotto alla piazzola di arrivo della sicurezza e ad altri venti metri di cemento armato. Costruita con lo stesso schema del laboratorio, era suddivisa anch’essa in vari piccoli blocchi dove gli impiegati stavano lavorando con i loro terminali, stampando documenti, archiviando informazioni, controllando il benessere della popolazione e svolgendo tanti altri compiti che rendevano l’amministrazione indispensabile. Come ogni altro settore naturalmente.

Sopra la porta d’entrata era stato costruito l’ufficio del comandante in capo. Molto simile a quello di Spectrum, solo che quello del colonnello aveva la forma della prua di una nave. L’ufficio era una balconata in cemento armato che svettava su tutti gli impiegati dell’amministrazione. Questo garantiva a Baker di osservare gli impiegati senza disturbarli. Praticamente lo stesso che Spectrum faceva con i suoi scienziati.

Salii le scale che conducevano ai piani alti. Arrivata in cima feci qualche svolta e giunsi finalmente nella sala briefing.

Ad attendermi c’erano già il colonnello ed altri capi squadra, più qualche altro illustre membro della base. Tutti seduti ad un lungo tavolo con il colonnello a capo tavola. Andai a sedermi sulla sedia girevole a fianco di Wright. Baker era intento ad osservare un fascicolo. Tolse gli occhi dalle carte solo quando altri due soldati entrarono nella stanza.

-Bene. Ora che ci siamo tutti possiamo iniziare.- Disse Baker.

Le luci nella stanza si spensero e dei proiettori olografici collocati sulle pareti si accesero. Sopra al centro del tavolo comparve l’immagine olografica della nostra base vista dall’alto.

-Posso informarvi che l’operazione di recupero svoltasi ieri sera ha avuto pieno successo. La squadra Vault ha recuperato il congegno e ventidue civili catturati da un gruppo di individui violenti.-

Sentendo le parole di Baker gli altri soldati si congratularono con la sottoscritta.

-Calma gente. È stato tutto un lavoro di squadra.- Risposi.

-E hanno anche scoperto una possibile minaccia.-

L’ultima frase fece tornare la serietà. Il colonnello inserì l’audionastro di Woden nel lettore di nastri della sala briefing e premette play. Tutti udirono la voce di Woden che ripeteva la tiritera sulla fine del mondo, sul nuovo Eden e sull’eliminare gli indegni. Quando la registrazione terminò restammo tutti in silenzio, aspettando che Baker dicesse qualcosa.

-Sembra che Trevor Weber abbia realizzato il suo sogno. Ha finalmente ottenuto il suo comando.-

-Chi?- Chiese un sottotenente.

L’ologramma della base sopra al tavolo venne sostituito dalla foto di un militare in primo piano. Un veterano con l’uniforme delle truppe d’assalto di Anchorage. Castano, con un paio di baffetti sottili ed uno sguardo poco amichevole.

-Maggiore Trevor Weber. Discendente di immigrati austriaci. Nato alla fine degli anni venti. Entrato nell’esercito a diciannove anni. Abbiamo frequentato lo stesso corso per ufficiali nel quarantasette e combattuto entrambi ad Anchorage, ma in due plotoni diversi. Ha ricevuto numerosi richiami per abuso di potere, azioni ingiustificate, incompetenza nel comando ed è stato sospettato per crimini di guerra.-

-Del tipo?- Chiesi.

-Esecuzioni sommarie e torture su prigionieri cinesi. Non c’è stata alcuna inchiesta. La battaglia era vinta, e secondo lo stato maggiore, l’esercito non poteva permettersi di rendere pubbliche le sue onte.-

Prima della Grande Guerra l’esercito e le varie forze dell’ordine non erano viste di buon occhio da tutti. Tra gli scontri in West Virginia per il programma di automatizzazione e le rivolte di Boston per la carenza di cibo, le forze dell’ordine avevano compiuto diverse violazioni ai danni del popolo americano.

-E come è andata a finire?- Chiese un altro soldato.

-Gli è stato affidato un incarico inerente alle sue competenze: Responsabile dei buoni di guerra alla BSO.-

-Hanno messo una simile carogna a proteggere la banca dello stato?- Chiesi incredula.

-No Red. Hanno messo un soldato in uniforme da parata a fare la guardia alla cassa delle offerte per i soldati al fronte. Ne avrete vista almeno una?-

Compresi che in effetti quel lavoro era davvero umiliante. Starsene a fianco di una grossa scatola a fare il saluto a tutti i civili che depositavano i loro buoni di guerra per finanziarie la campagna in Cina. Quello si che era uno schifo. Anche gli altri colsero il lato ironico della cosa.

-E lei pensa che questo Weber sia Woden?- Chiese il sottotenente di prima.

-Lord Woden.- Sottolineai io.

-Senza dubbio.- Rispose Baker. -Spectrum è riuscito ad eliminare le interferenze nell’audio, ha fatto un paragone e ha trovato un riscontro nel nostro database.-

-Quanto può essere grave la cosa?- Chiese Lopez.

Esclusa la sottoscritta era lui il caposquadra più giovane.

-Dipende da quanti seguaci si siano uniti alla sua causa.-

La foto di Weber venne a sua volta sostituita dalla proiezione olografica di un circuito. Era lo schema elettrico di un circuito molto complesso, non come quelli con cui ero abituata a lavorare nei cantieri prima dell’esame Vault-Tec. Decisamente fuori dalla mia portata.

L’unica cosa di cui mi accorsi, fu la mancanza di un componente nel complesso impianto elettrico.

-Doc?-

-Sono qui Roland. Aspettiamo solo il segnale.-

A fianco del circuito comparve l’ologramma di un vecchio scienziato col camice da laboratorio. Il vecchio stava in piedi a fianco del circuito, con le mani dietro la schiena e lo sguardo rivolto verso Baker.

-Procedete.-

Il vecchio collocò il componente mancante nel punto vuoto del circuito e usò un saldatore elettrico per saldare i collegamenti.

Odio ammetterlo, ma mi ci volle qualche secondo per riconoscervi il Dr Spectrum. Non ero abituata a vedere la sua forma umana. In ogni caso, la natura della sua trasformazione in eyebot era ancora un mistero per me.

L’ologramma sopra al tavolo continuò a lavorare sul circuito. Era chiaro che si trattava di una semplice simulazione a scopo illustrativo. Il vero Spectrum stava collocando il congegno in uno dei computer del centro scientifico con l’aiuto di un team composto da esperti di informatica e tecnologia.

-Tra pochi istanti avremo la piena connessione a tutti i trasmettitori su suolo americano ancora in funzione.- Continuò il colonnello. -Questo ci garantirà un'analisi più approfondita su ciò che rimane della nostra rete. Intanto abbiamo da mostrarvi questo.-

Sopra il tavolo comparve l'immagine olografica di un insetto. Era uno scarafaggio. Una piccola bestiola che ai miei occhi sembrava normale.

-Carino.- Commentò Lopez.

-Quello che state vedendo non è un semplice scarafaggio. Bensì una periplaneta americana che ha subito una mutazione evolutiva mai riscontrata fino ad oggi.-

-Che ha di così tanto speciale?- Chiesi.

-È grande come un gatto.- Mi rispose Wright.

-Può ripetere tenente?- Chiese uno dei capi squadra. -Credo di aver sentito male.-

-Alle quattro di stamattina, tre delle nostre sentinelle lo hanno trovato attaccato alle mura sud. Quando sono scesi per guardarlo questo gli è saltato addosso. È schizzato sopra a una delle guardie mordendogli la protezione del torace. Gli altri due lo hanno liberato all’istante e per fortuna non lo hanno eliminato. Lo hanno gettato in una cassa e portato al centro scientifico. Spectrum lo ha esaminato tutta la mattina.-

-Ma gli scarafaggi non dovrebbero essere refrattari alle radiazioni?- Chiese Lopez. -E poi non dovrebbero attaccare la gente.-

-A dire il vero gli scarafaggi mangiano tutto ciò che gli capita a tiro. Dalla materia in decomposizione fino agli insetti più piccoli.- Fece notare un altro caposquadra.

-E per quanto riguarda le radiazioni, si. Topi, scorpioni e scarafaggi possono resistere ad un’alta dose di radiazioni, ma secondo Spectrum non è questo che ha ingigantito quella bestiaccia.- Affermò il colonnello. -Le esplosioni in superficie hanno sicuramente distrutto buona parte dei laboratori e delle strutture di ricerca. Alcune di queste potrebbero essere state create per lo sviluppo di armi chimiche e batteriologiche disperse nell’atmosfera in seguito alla devastazione nucleare.-

-Come la Nuova Peste.- Pensai.

Non volevo aprire una discussione sul virus artificiale che aveva decimato migliaia di innocenti americani. Ero comunque sicura che anche gli altri ci avessero pensato.

-Sta dicendo che in superficie l’aria oltre ad essere contaminata dalle radiazioni potrebbe essere anche piena di certe schifezze?- Chiese sconcertato il sergente Jacob Smith.

Anche lui uno dei capo squadra.

-State tranquilli. Spectrum ha rilevato un certo numero di sostanze tossiche presenti soltanto in determinate zone del nostro perimetro. Nessuna delle quali vi danneggerà, purché non vi arrivino sulla pelle o le beviate. Il nostro capo scienziato continuerà a monitorare la situazione, ma per adesso vi invito a rispettare ogni singola norma sulla decontaminazione e la prevenzione contro le mutazioni durante le vostre uscite.- Ordinò il colonnello.

-Qui abbiamo finito Roland. L’ultimo neurone è stato collegato.- Lo informò Spectrum.

-Per chi ancora non lo sapesse, i neuroni sono dei sofisticatissimi microprocessori, anche noti come microchip, costruiti unicamente per formare una super rete di controllo logistico non senziente. Ogni pezzo di questo grande puzzle gestisce uno dei sistemi del P1. Quello recuperato dalla squadra Vault è in grado di gestire le nostre comunicazioni a lungo raggio meglio di qualsiasi squadra di tecnici umani.-

-Non è pericoloso affidarsi a delle macchine per queste cose?- Chiese il sottotenente di prima.

-No. I neuroni non sono delle IA. Possono solo migliorare la nostra efficienza e basta.-

-Lo abbiamo trovato colonnello.- Disse qualcuno utilizzando il canale radio.

Non era Spectrum.

-Come? Di già?-

-Si, è lui, senza dubbio. Sta trasmettendo su tutte le frequenze.-

Dalle casse negli angoli della stanza udimmo la registrazione di una trasmissione in codice Morse. Una delle tante cose che mi ero ripromessa di imparare era l’alfabeto Morse. Essenziale per gli addetti alle comunicazioni e utile per i soldati. Mi confortò vedere che neanche gli altri capi squadra non sembrarono capirne il significato.

-È una richiesta di soccorso. Proviene dalla base aerea di White Flat a nordovest. Se il mio Morse non si è arrugginito, credo che il testo sia il messaggio preregistrato della base.-

-Che stanno dicendo?- Domandai a Baker.

-Niente. É solo la solita registrazione di soccorso che si ripete ad intervalli regolari.-

-O sono tutti morti o non hanno avuto la possibilità di modificarlo.- Fece notare Wright.

-Lo scopriremo.-

-Quindi … stiamo parlando di un’altra operazione di recupero?- Chiese un capo squadra.

-Recupero ed esplorazione, se vogliamo essere più precisi. Oltre a prelevare il personale superstite, le squadre dovranno recuperare tutte le risorse possibili.-

-Che tipo di risorse?- Chiese Lopez.

-Munizioni, mezzi e informazioni.- Gli rispose Wright. -Stando ai nostri registri, la base era stata ben rifornita al momento dell’attacco. Abbiamo quindi motivo di credere che li ci siano ancora molte risorse che ci tornerebbero utili.-

-Abbiamo una lista più precisa?- Chiese nuovamente Lopez.

-Se saremmo fortunati troveremmo dei velivoli ancora utilizzabili con i quali poter riempire i nostri hangar in superficie. Questo ci garantirebbe di avere dei mezzi per le ricognizioni a lungo raggio meno costosi dei giocattolini di cui vi abbiamo informati ieri sera.-

-A proposito. Com’erano i vertibird la fuori?- Mi chiese un soldato in fondo al tavolo.

-Ci sono tornati molto utili. Sono sicura che in futuro faranno la differenza. Ma per adesso credo che appropriaci di qualche altro apparecchio più sacrificabile sarebbe meglio che mettere i nostri assi già in prima linea.-

I vertibird e gli altri mezzi nel Vaso erano belli, e al tempo stesso troppo preziosi per metterli in campo così presto.

-Vi ricordo che nella base potrebbero esserci ancora dei sopravvissuti da soccorrere. Non è solo per le risorse che andrete fin la su.- Fece notare il colonnello.

-Ci dovremmo aspettare dei ghoul?- Chiese sempre Lopez.

-Senza dubbio.- Gli rispose Wright. -Gli interni della base sono schermati dalle radiazioni, ma è probabile che all’esterno si sia radunato qualche gruppo di ferali arrivati da altri posti. Almeno stando a quanto riportato da Spectrum e gli altri strateghi.-

-Okay, ma per adesso basta con le domande. La riunione ha un tempo limitato e molti di noi devono tornare alle loro attività.- Tagliò corto il colonnello. -Ci servono tre squadre. Ci sono volontari?-

Nella stanza calò un silenzio tombale. Tutti i capi squadra stavano valutando i pericoli della missione. La base di White Flat era più lontana del Red Oasis, ma a preoccupare maggiormente i presenti erano i pericoli che avremmo potuto trovare in quel posto. E non credo che una banda di ghoul ferali senza cervello sarebbe stata il pericolo maggiore.

-Questa volta il premio per la riuscita della missione sarà di cinquecento dollari a persona.- Ci informò Wright.

Questo si che fece tornare il coraggio ai presenti. Ogni missione aveva un premio in dollari che veniva assegnato in base alla pericolosità. Quaranta dollari per un normale lavoro nella base in superficie, fino ai mille per le missioni ad alto rischio. Cinquecento dollari significava che la missione non era da considerarsi un viaggio di sola andata.

-Per cinque sacchi, io e i miei ce la facciamo e come.- Affermò Lopez.

-Altri?- Chiese il colonnello.

-I Coyote sono già pronti!- Esultò il sottotenente Grant.

Grant era un colosso della stessa taglia di Bud con la bandiera a stelle e strisce tatuata sul cuore. Tanto esaltato quanto nobile nello spirito.

Il colonnello guardò uno ad uno tutti gli altri capisquadra, ma nessun altro sembrò pronto ad entrare in azione già con una missione simile.

-Nessun altro?-

Il colonnello voleva almeno tre squadre. Due squadre non sarebbero state all’altezza del compito secondo gli strateghi dell’amministrazione.

Decisi quindi di fare un piccolo azzardo.

-La Vault potrebbe essere disponibile.- Affermai.

Tutti si voltarono verso di me. Baker compreso.

-Non per tarparti le ali Red, ma tu e la tua squadra siete appena rientrati da una missione abbastanza rischiosa. Forse gli altri non se la sentiranno.- Fece notare Wright.

-Non ho detto che gli altri mi seguiranno senza obbiettare. Ho solo bisogno di parlargliene e sapere cosa ne pensano. Se anche uno solo di loro dirà di no, allora lasceremo che sia qualcun altro a partire. Sempre che lei sia d’accordo signore, e che non ci siano altri volontari.-

Baker diede un’altra occhiata ai presenti. Nessun altro si fece avanti.

-Il posto rimarrà libero fino alle sette di stasera. Vorrei che ci pensaste tutti. Proceda tenente.-

-Per le informazioni e i dati inerenti alla missione Lopez e Grant si fermeranno venti minuti dopo il termine della riunione. Il terzo volontario riceverà una mail con tutte le informazioni appena confermata la disponibilità della sua squadra. Ora passiamo all’analisi sulla missione di ieri sera al Red Oasis.-

 

 

La riunione continuò come da programma. Venne letto il mio rapporto sulla missione, esaminammo ogni parametro che il mio Pip-Boy aveva registrato e tutti quanti giungemmo ad un’unica conclusione. Woden e la sua Orda non andavano sottovalutare. Se era vero che il suo quartier generale era a Dakota City e le sue truppe erano arrivate così lontano, ciò significava che in futuro lo avremmo dovuto affrontare. Lui e i suoi predoni. Ma fino a quel giorno ci saremmo potuti concentrare sulle nostre esplorazioni.

Fui sorpresa nello scoprire che agli altri l’invenzione di Beacon City piacesse. Perfino al colonnello piacque quella del faro nell’oceano radioattivo. Avrei pensato che al nostro ritorno la gente mi avrebbe deriso per essermi inventata una favoletta per bambini. Invece Beacon City diventò il soprannome del P1. Visto che la vecchia Boise ormai era andata persa e che il nome della base rientrava nei registri dell’esercito, fu deciso che d’ora in avanti si sarebbe parlato del bunker come un insediamento fantasma e leggendario. Se qualcuno ne fosse entrato a conoscenza, senza accettare di entrare a far parte della nostra comunità, sarebbe andato in giro raccontando di un favola su un insediamento di superstiti che molto probabilmente non esisteva.

Si discusse anche della “Grande Guerra”. Il soprannome con cui l’Orda aveva battezzato la fine del mondo. Gli usi e costumi del nemico erano un tabù per la nostra comunità, ma anche i superstiti del Red Oasis avevano preso la stessa abitudine. E in meno di poche ore dal loro recupero, si era già sparsa la voce della guerra globale che aveva distrutto il mondo in un solo giorno. Giungemmo quindi alla conclusione che quello della Grande Guerra era il nomignolo più appropriato per la fine del mondo. Era di sicuro più orecchiabile di: Bombardamento Atomico.

Ora però avrei dovuto chiedere ai miei compagni l’impossibile. E per farlo nel modo più svelto e sicuro c’era un solo modo. Incontrarli a pranzo.

A mezzo giorno in punto, la maggior parte della popolazione del P1 terminava le sue attività lavorative per dedicarsi al pranzo. Alcuni tornavano nel quartiere residenziale per mangiare con i loro famigliari e riposarsi in tranquillità. Altri invece optavano per la mensa dei militari o i ristoranti nei pressi del quartiere residenziale. Ero sicura che la mia squadra si sarebbe riunita al solito tavolo della mensa come ogni giorno.

Arrivata in mensa trovai il locale affollato come sempre. I tavoli erano occupati da tecnici, agenti di sicurezza, reclute fresche di accademia, marine e qualche pilota. Mi unii alla fila del self service e presi il mio vassoio. Il menù del giorno prevedeva pasticcio con cotolette e patate. Il pasticcio mi ricordò la piscina piena di resti umani che avevo visto la sera prima al Red Oasis. Presi solo il secondo e mi spostai ai dessert. Li trovai George, il Mister Handy che prima delle bombe era impiegato come capo sala alla mensa in superficie. Da quando la vecchia mensa era stata chiusa, anche lui era caduto nella depressione. Per lui ora c’erano giornate si e giornate no.

-Ehi George, come ti va?- Gli chiesi indicandogli una delle scodelle di macedonia.

-Male.- Mi rispose il robot abbattuto. -Oggi ho detto a uno degli altri Mister Handy di andare a buttare la spazzatura fuori. E lui cosa ha fatto? È andato in cerca dell’uscita per un’ora.-

Quella per George fu una giornata si.

-Dai George, si forte. Basta solo farci l’abitudine. Ci vediamo.-

-Ciao Red.-

Mi dispiaceva per George. Non bisognava essere un genio della robotica per capire che il suo simulatore emotivo gli poteva causare vero dolore. A livello sentimentale per lo meno.

Attraversai il salone con il vassoio in mano. I tavoli attaccati alle pareti erano riservati alle squadre di esplorazione. Solo quelli in eccesso erano a disposizione del personale generico. Il tavolo della Vault era attaccato ad uno degli angoli opposti all’entrata. Nel raggiungerlo vidi che molti dei presenti mi fecero cenni di saluto molto eloquenti. Essere a capo della sicurezza e al tempo stesso della squadra esplorativa al momento più efficiente era come essere una celebrità. Non al pari del colonnello Baker, ma comunque piacevole.

Al nostro tavolo trovai l’intero team, come era da aspettarsi. Nick aveva passato l’intera mattinata a trapanare con gli altri minatori e la sua uniforme da meccanico sporca di roccia polverizzata lo dimostrava.

-Ciao Red, come è andata la riunione?- Mi chiese il meccanico.

-Direi bene. A voi come è andata la mattinata?-

-Ci siamo vantati con gli altri della nostra escursione.- Mi rispose Amelia.

-Cioè?-

-Ci hanno chiesto tutti com’era in superficie, cosa avevamo visto … le solite domande.-

-È stato bello vedere come gli altri piloti ci chiedevano informazioni e cosa avessimo provato a volare con i vertibird.- Esultò Baatar tutto contento. -Non è vero Isaac.-

-Oh ma certo Mr. B. Ho sempre desiderato essere importunato costantemente mentre riassemblavo il computer di bordo di un apparecchio da mezzo milione di dollari.-

L’altro pilota ghoul era l’esatto opposto di Baatar. Indifferente all’euforia del compagno e concentrato nella lettura di un manuale di elettronica. Per lo meno non era cupo e triste come prima della missione.

-Beh comunque è stato bello.- Concluse Baatar.

-Ho una notizia buona e un domanda per voi.- Dissi iniziando a tagliare la mia cotoletta.

-Vai con la notizia.- Mi invitò Bud.

-La notizia buona è che …- Feci una pausa per inghiottire il boccone e aumentare la suspense. -Siamo la migliore squadra di esplorazione che questo bunker potrà mai vedere.-

-Siii!!!- Esultò Nick.

Bud fece il pugno con Tony, mentre Amelia batte le mani sul tavolo ad imitare un tamburo.

-Batti il cinque Isaac.- Disse Baatar al compagno pilota alzando la mano.

-Sopra a tutto.- Gli rispose Isaac battendogli il cinque, ma senza distrarsi dalla sua lettura.

-E la domanda?- Mi chiese Tony.

-Vi andrebbe di fare un altro viaggetto in un posto che potrebbe essere tanto irradiato quanto pericoloso?- Gli chiesi con un po di ironia.

Come previsto la domanda prese gli altri alla sprovvista. Perfino Isaac si distolse dalla lettura.

-Intendi dire … tornare in missione?- Mi chiese Bud.

-Il congegno di Reed ha riattivato le nostre comunicazione a lungo raggio. Baker ha messo gli operatori a setacciare l’etere con il pettine.- Volevo che tutta la squadra capisse l’importanza della missione. -Abbiamo già trovato la trasmissione di soccorso di una base aerea oltre le colline a nordovest. Tre squadre devono andare li a salvare chiunque sia ancora vivo e raccogliere tutto ciò che può esserci utile. Secondo gli strateghi la missione sarà molto pericolosa, tanto da garantire un premio di cinquecento dollari in caso di riuscita. Per tanto non sarà una scampagnata.-

Gli altri si presero un momento per rifletterci. Mi stupì la risposta che mi diedero tutti quanti.

-Per noi va bene.-

-Come?- Chiesi stupita.

-Si dai, a noi va bene.- Disse Bud.

-Calma ragazzi, calma. Avete capito che si tratta di un altro viaggio nel deserto?-

-Si, ma tanto non abbiamo niente di meglio da fare.- Continuò Bud.

-E poi siamo quelli con più esperienza.- Fece notare Amelia.

Capii che i miei compagni erano pronti a tutto. Nonostante le avversità della notte precedente, eravamo tutti pronti a tornare in azione. E ora che ne avevo la piena conferma, toccava solo a me dare la conferma definitiva.

-D’accordo. Informo Wright e stasera vi passo tutti i dettagli.-

-E questa volta spaccheremo il culo a qualsiasi ferale o predone che si metterà sulla nostra strada.- Esultò Nick.

-Puoi scommetterci MechaNick!- Gli rispose Bud alzando il bicchiere.

-Alla squadra migliore di questo bunker.- Brindò Tony.

Anche il resto del gruppo si unì al brindisi. Io compresa.

-Alla squadra migliore di questa dannata apocalisse.- Affermai orgogliosamente.

-E ai cinquecento dollari che ci aspettano.- Bisbigliò Nick.

 

Terminato il pranzo inviai la conferma dal terminale nel mio ufficio alla sicurezza. La risposte mi sarebbe arrivata entro sera.

Il resto della giornata lo trascorsi come al solito. Controllai gli ingressi e le uscite anomale nelle aree riservate, esaminai i registri di manutenzione, feci ispezionare il sistema di ventilazione alla ricerca di un’ostruzione causata da delle ghirlande risucchiate. La solita routine.

Tornai a casa verso le cinque. Le strade erano meno affollate rispetto alla mattina. Essendo lunedì pomeriggio c’erano solo dei bambini che giocavano nel parco e i soliti quattro passanti. Nel week end c’era sempre una gran folla. Il sabato sera si creava sempre un’atmosfera da fiera, con gran parte della popolazione del P1 che si svagava nei pressi dell’area pubblica e nei locali adibiti al divertimento. C’era anche una vasta gamma di scelta, tra cui la sala giochi, il cinema, i tre ristoranti a tema, la taverna e il pub dove una volta Nick aveva quasi rischiato un coma etilico. Tutto l’occorrente per non cancellare in nostro caro vecchio stile di vita.

Al contrario la domenica era più tranquilla. Prima che la neve artificiale coprisse tutto il parco, la gente amava trascorrere la giornata a fare il picnic sul prato di vera erba del parco. Molto costoso da mantenere direte voi, ma mezzo acro di verde con tanto di aiuole e qualche albero erano indispensabili per farci sentire a casa.

Tutti gli altri giorni invece c’era il solito e perpetuo viavai di gente. Niente di speciale. E quel freddo e silenzioso lunedì sera non faceva eccezione.

Mentre tornavo a casa passai davanti a quella dei Rodriguez. Mi rallegrò vedere i tre ragazzi intenti ad effettuare qualche lancio con la baseball. Zack e il suo coetaneo stavano ai lati del corridoio. Il più piccolo invece stava a metà tra i due in modo da poter ricevere e lanciare più facilmente. Vidi che Zack portava al polso l’orologio di suo padre. Tutto ciò che gli era rimasto della sua famiglia.

-Salve sorvegliante Earp.- Disse il piccolo Willy imitando un soldato sull’attenti.

-Saluti compagni d'avventura.- Gli risposi io con il saluto militare. -Come è andata la vostra prima giornata sotto terra?-

-Fantastica. Oggi abbiamo studiato l’antica Grecia e fatto una simulazione antincendio.- Mi rispose il fratello maggiore Carl.

-E te Zack come stai?- Domanda retorica.

-Bene.- Mi rispose il piccolo ghoul.

A sentirlo non sembrava.

-E con i nuovi compagni come vi trovate?-

-Bene. Sono a posto. Non hanno paura di me.-

Beh per lo meno era in buona compagnia anche a scuola. Mi si sarebbe spezzato il cuore a sapere che gli altri bambini lo avrebbero isolato solo per il suo aspetto.

La porta di casa Rodriguez si aprì e Maria ne uscì con in mano il vassoio della merenda.

-Oh ma c’è anche Rocket. Cara ti fermi anche te per una cioccolata e i biscotti?-

-No Maria, sto tornado a casa. Devo riposarmi. Domani giornata piena.-

-Per la trasmissione di soccorso?-

La segretaria del colonnello era quasi sempre un passo avanti a tutti. Tranne che a Baker ovviamente.

-Già. La su c’è chi ha ancora bisogno di noi.- Dissi indicando il soffitto.

-Mi raccomando sta attento al mio Nick.-

-Non c’è di che preoccuparsi. La squadra Vault è come una botte di piombo. Neanche i raggi gamma la possono scalfire.- La rassicurai.

-Ieri hanno distrutto un’intera armata di cattivi, ed erano soli.- Fece notare il piccolo Willy. -E poi un gigantesco cane feroce ha azzannato MechaNick alla gamba.-

-Nooo!- Gli rispose Maria appoggiando il vassoio sul davanzale della finestra.

Lei si che sapeva stare al gioco.

-Ma lui non si è fatto prendere dal panico e ha infilzato la bestia con il suo cacciavite.- Continuò Carl.

-Proprio come Grognak il Barbaro nelle tana del Divoratore?- Gli chiese Maria.

A forza di riordinare la cameretta del figlio, uno o due centinaia di fumetti le saranno passate sotto gli occhi.

-Esatto!- Confermarono i due fratelli.

-E poco prima di decollare ha sparato agli ultimi cattivi rimasti con il suo fucile. Non ne ha risparmiato nessuno.-

Prima o poi avrei dovuto parlare con MechaNick e la sua superabilità nel narrare le sue gesta.

-Si. È proprio andata così.- Confermai io.

-E poi c’è la neve qui.- Disse allegramente Willy. -Non l’avevo mai vista a Dalhart.-

-Si però non fateci troppo l’abitudine. La faremo soltanto per altri due giorni. Poi rialzeremo il riscaldamento e la temperatura tornerà normale.- Spiegai.

-Ma perché? È bellissima.-

-Perché la neve è fatta con acqua filtrata, i cannoni a neve consumano corrente e l’umidità non fa bene alla struttura.-

-Però il prossimo anno la rifaremo?- Mi chiese Carl tutto speranzoso.

-Ma certo. Solo che qui da noi la primavera deve arrivare un po prima.-

La mia spiegazione sembrò convincere i ragazzi. Era dura quando non si poteva incolpare madre natura per le previsioni meteo.

-E Atom? Non era anche lui con voi?- Chiesi ricordandomi del cane.

-Il povero Atom non ama molto la neve. Mi ha fatto compagnia durante tutta la giornata e ora si sta riposando vicino alla stufa.- Mi rispose Maria. -L’ho visto molto a disagio sulla neve. Credo che gli manchi il caldo del deserto.-

Atom. Un eroico cane sbucato dal nulla nel momento del bisogno, che però aveva paura della neve. Quel cane era un mistero.

Salutai Maria e i ragazzi e mi incamminai nuovamente verso casa. Non incontrai nessun altro per la strada.

La mia casa era un appartamento per single simile a molti altri appartamenti nel P1. Avevo il mio salotto, il bagno, la cucina e una camera da letto molto confortevole. Il tutto arredato in modo simile alla mia vecchia abitazione. Per abbellire la mia magione ci sarebbe voluta ancora qualche busta paga.

Dopo essermi tolta gli stivali la prima cosa che feci fu accendere il riscaldamento e prepararmi per il bagno. Passai una buona ventina di minuti in ammollo nell’acqua calda della vasca. Stress e tensione finirono giù per lo scarico, mentre io mi asciugai i capelli con il fon che avevo acquistato da poco allo spaccio delle varietà. Quello vecchio lo avevo lasciato in superficie insieme a tanti altri oggetti non indispensabili per la mia nuova vita. Quelli che però non avrei mai potuto sostituire gli avevo portati alla camera di decontaminazione e lavati meticolosamente. Cose come il mio diploma, le foto dei miei genitori, il mio orsacchiotto. Certe cose non le si potevano trovare in un semplice spaccio.

Finito il bagno mi vesti con la tuta da casa e mi stravaccai sul divano con una birra presa dal frigo. Accesi il televisore e regolai la manopola del volume. L’amministrazione si occupava anche dell’intrattenimento del bunker. Erano stati creati due canali per la popolazione. Il primo per le informazioni divulgabili, cioè il nostro notiziario. Il secondo ritrasmetteva i vecchi film e serie televisive degli ultimi quarantanni. Le trasmissioni terminavano dopo la mezzanotte e riprendevano alle sei del mattino. Durante questo lasso di tempo l’unica cosa che compariva sugli schermi era il solito test di prova con la testa dell’indiano e il suono acuto e costante. Se il televisore perdeva il segnale delle stazioni televisive bastava smanettare con le manopole fino al ritrovo del segnale. Tutto inutile se le stazioni erano state rase al suole. Eppure alcuni speravano di poter tornare un giorno a rivedere i programmi aggiornati. Io per adesso mi godevo la vecchia e classica soap opera di Chicago in Amore. Bella come sempre.

Dopo un’ora e un sandwich fatto a mano stavo ancora guardando la TV. Stavano trasmettendo una puntata del commissario Murray. Una serie poliziesca di qualche anno fa.

Stavo per dare l’ultimo morso al panino quando avvertii delle lievi scosse di natura sismica. Sapendo che Boise City non si trovava in zona sismica e che nessuno aveva dato l’allarme, conclusi che a far dondolare lievemente il mio lampadario fosse stato Nick con il suo trapano da dieci tonnellate.

Quindici minuti più tardi il telefono squillo. Pregando che non si trattasse di un emergenza grave, mi allungai verso il tavolino e mi portai la cornetta all’orecchio.

-Sorvegliante Earp.-

-Red, sono Wright. L’hai sentita?- Dal tono di voce il tenente non sembrava in preda al panico.

-Se parli delle vibrazioni di poco fa sta tranquillo. Nick e i ragazzi di Castillo si stanno divertendo da stamattina con le trivelle.-

-Non direi.-

-Perché?-

-Perché l’ultima squadra ha finito il turno circa mezz’ora fa.-

Una scarica elettrica mi attraversò dalla testa ai piedi. Pensai allo scenario peggiore e alle conseguenze più catastrofiche.

-Ti prego! Dimmi che non abbiamo subito un attacco.- Supplicai Wright.

-Cosa? No, no! Il P1 è al sicuro. Era una scossa di terremoto lontana.-

Se il tenente mi avesse informato del terremoto con un altro secondo di ritardo, avrei avuto un collasso.

-Un terremoto?- Chiesi sperando che questa novità non avesse ripercussioni su tutti noi.

-Già. Noi lo abbiamo appena percepito, ma Spectrum lo ha registrato e analizzato.- C’era qualcosa che quello scienziato non studiasse. -Si tratta di una scossa sismica di magnitudo sei della scala Richter. L’epicentro è White Flat.-

-White Flat? Sul serio?-

-Qualcosa da quelle parti ha fatto muovere la terra. Qualcosa di grosso.-

-Una bomba?-

-Spectrum non ne è sicuro, ma una cosa è sicura. Si dovranno rifare le mappe dell’intera zona.-

-E non solo di quella.- Pensai.

-E quindi? Missione annullata?-

-No. Baker intende comunque mandare tre squadre in esplorazione. La Vault ci sta ancora?-

-Secondo te gettiamo la spugna al primo cataclisma che ci si mette sulla strada?- Chiesi con un filo di ironia.

-Era solo per sapere. Ti ho inviato le informazioni al terminale di casa. Presentatevi domani mattina alle sei in armeria.-

-Ci saremo tenente. A domani.-

Terminata la telefonata, mi alzai e buttai nel cestino la bottiglia di birra. Andai a sedermi alla scrivania in camera mia per accedere al terminale. Oltre alla copia del rapporto giornaliero nella finestra delle mail trovai il pacchetto dati riguardanti la missione.

Fenice consiste nel recupero di tutte le risorse possibili e dei superstiti nei pressi della base aerea di White Flat. Difficoltà di quinto livello. Premio per il completamento di cinquecento dollari. Livello di radiazioni nella zona: alto. Anomalie presenti nell’area: ignote. Anomalie di altro genere rilevate: sismiche.

Rilessi i dati almeno due volte prima di spegnere. Quando il monitor si spense rimasi per un quarto d’ora a fissare il nulla e a perdermi tra i meandri della mia mente. Negli ultimi due mesi erano successe un sacco di cose. Le bombe, la mia nomina a capo della sicurezza, Emersione, i segreti del P1, il Red Oasis. Una valanga di pericoli aveva investito tutti noi e nonostante tutto, eravamo ancora disposti a gettarci nella mischia. Prima o poi qualcuno avrebbe fatto il passo più lungo della gamba e quando questo sarebbe accaduto, avrebbe trascinato con se tutte le sue responsabilità. Voglio dire … un soldato semplice di sorveglianza al centro medico non avrebbe potuto commettere un errore così devastante da ucciderci tutti.

Ma se a farlo fosse stato il Sorvegliante? Se a commettere l’errore fossi stata io cosa sarebbe accaduto? Se Baatar non mi avesse salvata durante Emersione? Se Spectrum non avesse fermato l’assaultron in tempo? Se tra i superstiti ci fosse stato un sabotatore?

I miei errori avrebbero potuto causare non solo la mia morte, ma anche quella della squadra Vault e dell’intero P1. All’inizio non era stato facile accettare tutte quelle responsabilità, ma dopo un po me ne ero fatta una ragione. Solo che di tanto in tanto avevo delle ricadute in questi attimi di angoscia. Attacchi di panico durante i quali il mio autocontrollo abbassava la guardia e lasciava che gli incubi prendessero il sopravvento. Non era affatto piacevole svegliarsi nel cuore della notte con simili pensieri. Anche quando ero sveglia non era piacevole.

Presi gli ansiolitici prescritti dal Dr. Brown. Solo lui e Baker erano a conoscenza dei miei attacchi di ansia. Se la voce si fosse sparsa, di sicuro la gente avrebbe messo in dubbio tutto il nostro operato. Le pillole erano degli psicofarmaci che influivano in alcune determinate aree del cervello, impedendo all’ansia di distruggermi dall’interno. Non era uno scherzo.

Aspettai che le pillole iniziassero a fare effetto e dopo dieci minuti ero tornata alla normalità.

Guardai l’orologio e vidi che erano solo le sette. Il Dr Brown aveva detto che per prevenire le ricadute dei miei attacchi c’era un sistema infallibile. Indossai la mia uniforme militare da campo e uscì di casa.

-E ora al pub!-

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Capitolo 8
*** White Flat cade! ***


White Flat cade!

La terra tremò e il mondo si sgretolò

 

 

27/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth dei Quattro Stati

Colorado/Contea di Las Animas/A dieci miglia dalla base di White Flat

Ore 09:21

 

37°62’54.71”N 104°44’86.93”O

 

I vertibird volavano indisturbati sulla Zona Contaminata. Sotto le loro fusoliere la terra era marcia e irradiata, mentre sopra i cieli continuavano ad essere oscurati dalle coltri di cenere, impedendo ai raggi solari di illuminarci la via.

La squadra Vault stava viaggiando a bordo del V1 e del V2 con la stessa formazione di due giorni fa. Solo che con loro viaggiavano anche la squadra Coyote del sottotenente Grant e i Rattlesnakes di Lopez. I Rattlesnakes erano a bordo del V1, mentre i Coyote sul V2. Earl Flores si era unito alla nostra squadra di sua spontanea volontà. Alla nostra squadra avrebbe fatto molto comodo una persona con la sua esperienza in superficie. Pure Atom aveva deciso di seguirci in missione, ma dubitavo che fosse al corrente dei rischi e dei possibili pericoli che ci attendevano.

-Quindi per eliminare un ghoul ferale bisogna sparargli dritto in testa?- Ci chiese uno dei Rattlesnakes.

-No. Puoi sparargli anche al torace per ucciderli e alle gambe per farli cadere, ma fargli saltare le cervella e di sicuro il modo migliore per abbatterli.- Gli rispose Bud alla radio.

-E per quanto riguarda i non ferali?- Chiese Lopez fissando il nostro pilota.

Isaac gli rispose mostrandogli il dito medio, ma senza distogliere lo sguardo dai comandi.

Lopez era nato con un umorismo cinico e sprezzante che in certi casi lo rendevano un pizzico antipatico. Ciò nonostante, ognuno di noi cercava di sopravvivere a modo suo, quindi era sopportabile.

-Comunque questa storia non mi piace.- Commentò il marconista dei Rattlesnakes.

-Cioè?- Gli chiesi aspettandomi una sequela di lamentele.

-Insomma … stiamo per raggiungere una base che forse non esiste più, quando invece potremmo starcene belli comodi nel P1 a fare il solito lavoro di routine.-

Qualcuno si era svegliato con il piede sbagliato quella mattina.

-La gloria è una lauda ricompensa, che spesso va conquistata mettendo a dura prova lo spirito degli uomini.- Gli rispose Grant attraverso la radio.

Le parole del poeta guerriero non risollevarono del tutto l’umore dei presenti. Ci pensò Earl a mettere ben in chiaro il motivo della missione.

-E se la giù ci fosse ancora qualcuno? E se la giù ci fossi tu?- Gli chiese.

Il marconista non poté controbattere. Forse una cassa di munizioni non sarebbe valsa tutta quella fatica, ma per un gruppo di commilitoni dispersi nella Zona Contaminata, si poteva anche rischiare.

Passarono altri tre minuti prima che il silenzio nella cabina venisse spezzato.

-Red, questa dovresti vederla.- Disse Isaac scrollandomi la spalla.

Tolsi lo sguardo dalla schermata dal mio Pip-Boy, mi alzai di poco dallo schienale del copilota e guardai attraverso le feritoie blindate della cabina. Per un attimo credetti che fossimo finiti in un una sorta di ambientazione infernale e lugubre al tempo stesso.

Le pianure a nordovest non erano come quelle della contea di Boise. Li la luce si mischiava con le particelle radioattive nelle nuvole e generava una cortina di nebbia giallognola dall’aspetto tutt'altro che salutare.

-Dentro cosa stiamo volando scusa?- Chiesi al pilota.

-La temperatura e la velocità del vento sono più alti rispetto a casa nostra.-

-Secondo i GPS dei vertibird dovremmo essere vicini all’epicentro del sisma scatenatosi ieri sera.- Ci informò Spectrum.

-Qualche idea Mr. B?- Chiese Isaac al suo collega.

-No. Certe cose non le vedi a casa mia. Forse solo nel cielo inquinato di Pechino o Linfen. Le turbolenze però stanno aumentando.-

-D’accordo ci abbassiamo.-

I due vertibird si inclinarono verso il suolo fino a raggiungere una quota abbastanza riparata dalle turbolenze e al tempo stesso senza grattare il terreno.

Mi volati un attimo per vedere se gli altri si fossero preparati per lo sbarco. Non mancava più molto alla base. Controllato il mio equipaggiamento usai la radio per comunicare con il V2.

-Coyote qui Vault. Stiamo per raggiungere White Flat quindi preparatevi. Armi cariche, zaini in spalla e ricordatevi l’addestramento. Atterriamo, scendiamo, V1 e V2 ripartono, portiamo a termine la missione e finiamo con il recupero. Passo.-

-Ricevuto Vault. Noi siamo pronti. Passo.-

-Anche noi Vault.- Mi informò Lopez da dietro.

La radio emise dei suoni di interferenza, dandomi l’idea di un malfunzionamento. Ma invece accadde qualcosa di incredibile.

-… in avvicinamento da sudest! Ehi voi identificatevi! In veloce avvicinamento da sudest!-

-Chi parla?!-

-Base aerea di White Flat. E voi chi siete?-

-Squadre di recupero di Bo…- Per poco non rovinai la nostra copertura. - Siamo tre squadre di recupero provenienti da Beacon City. Abbiamo ricevuto il vostro S.O.S..-

-NO ASPETTATE! VIRATE SUBITO! DANNAZIONE SMITH DI A LOOTAH DI NON …-

La trasmissione terminò quando il vertibird venne colpito da un proiettile di contraerea. Il colpo ci fece sobbalzare tutti quanti. Anche Isaac ne rimase sbigottito. Solo che lui, a differenze di noi, non si preoccupava dei danni allo scafo. Ciò che lo aveva spaventato era il lento spegnimento degli strumenti. Le luci, la console, il motore. Tutto si stava spegnendo. Soltanto gli allarmi separati dal circuito principale erano rimasti in funzione.

-CHE SUCCEDE!- Urlò da dietro uno dei Rattlesnakes.

-Ci hanno colpito con un arma ad impulsi elettrici!- Spiegò Isaac.

Il ghoul era sicuramente spaventato, ma ciò non lo distrasse. Il suo cervello stava già elaborando ogni possibile soluzione.

-NE SEI SICURO?!- Gli chiesi cercando di rimanere il più tranquilla possibile.

Isaac indicò un punto alla mia sinistra. Attraverso la feritoia laterale vidi il V2 virare a sinistra ed evitare tre sfere azzurre e accecanti provenienti da un qualche punto più avanti.

-V2, qui V1! Andatevene, ripeto …- Ordinai alla radio.

-È inutile Red!- Mi fece notare Isaac.

Fissai il microfono come una stupida, rimettendolo poi a posto dopo averlo maledetto.

-SPECTRUM! QUALCHE IDEA?!- Chiesi sovrastando l’allarme di stallo e i gridolini di Nick.

-SE NON HA L’ALIMENTAZIONE NON POSSO CONTROLLARLO!-

-Cazzo!- Pensai.

-DIPENDE TUTTO DA ISAAC!-

-Isaac? Tesoro della mamma, tu sai cosa fare?!- Chiesi cercando di non farmela sotto.

-SENZA LA FORZA DEI MOTORI SIAMO PRATICAMENTE UN CARRO ARMATO VOLANTE! PER UNA PROCEDURA DI RIAVVIO NON ABBIAMO TEMPO! DEVO SFRUTTARE TUTTA LA FORZA DI INERZIA RIMANENTE! VOI STATE FERMI E TENETEVI STRETTI!-

Lasciai che il pilota si desse anima e corpo alle procedure di atterraggio. Le sue braccia erano tese come corde di un violino e il suo volto un miscuglio di determinazione e concentrazione. Alle nostre spalle udii la preghiera di uno dei passeggeri. Forse Dio l’avrebbe udita in mezzo a tutto quel casino.

-LA PISTA! VEDO LA PISTA DI ATTERRAGGIO!- Esclamò il pilota. -CI SIAMO PROPRIO SOPRA!-

La foschia ci aveva impedito di vedere con chiarezza il suolo durante il volo, ma per nostra fortuna le luci rosse di posizione la segnavano con chiarezza anche a quell’altitudine.

-Credi di poterci far atterrare?- Chiesi speranzosa.

-Ti assicuro che stiamo per atterrare, in un modo o nell’altro! Non abbiamo più spinta per un altro tentativo! La nostra unica possibilità è di atterrare senza farci male!-

Isaac aveva allineato il muso del Vertibird con il rettilineo della pista. Stava per inclinare leggermente la cloche, ma qualcosa lo bloccò.

-Merda. Il carrello. ROCKET DOBBIAMO FAR SCENDERE IL CARRELLO MANUALMENTE!-

-COSA?! E COME?!- Stavo già ipotizzando di aprire il portellone, scivolare sotto la fusoliera e prendere a calci il carrello cercando di non cadere.

Isaac però estrasse da sotto il sedile una manovella di metallo simile a quelle che venivano usate per accendere le prime automobili del ventesimo secolo.

-Inseriscila in quel buco e girala in senso orario fino a sentire lo scatto!- Mi spiegò Isaac indicandomi un foro vicino al portellone all'altezza dei sedili posteriori.

Mi slacciai la cintura, afferrai la manovella e scattai verso il portellone. Inserii la manovella come una chiave nella sua serratura e iniziai a girarla. Il meccanismo faceva un po' di forza, ma sentire gli ingranaggi muoversi mi rassicurò. L’esatto opposto delle scosse che mi fecero attorcigliare le budella.

-STIAMO PERDENDO QUOTA TROPPA IN FRETTA! ABBIAMO MENO TEMPO DEL PREVISTO!- Ci informò Isaac.

-Ti prego carrellino, scendi più in fretta!- Implorai.

Guardai fuori dalla feritoia del portellone e mi accorsi che la terra ingiallita si stava avvicinando sempre di più. Proprio quando pensai che non sarei mai riuscita a far scendere le ruote fino in fondo la manopola si bloccò di scatto.

-CE L’HO FATTA!!!- Esultai.

-PRONTI ALL’IMPATTO!- Urlò Isaac.

Non ebbi neppure il tempo di tornare a sedermi che le ruote avevano già assorbito parte dell’impatto. Il rimbalzo fece sobbalzare bruscamente il velivolo e tutto ciò che al suo interno non era stato ben assicurato. Rimasi per un’istante a mezz’aria, con i piedi staccati dal pavimento e le braccia alla ricerca di un appiglio. Quando tornai per terra sbattei bruscamente con la pancia contro la paratia destra del vertibird, accusando dei dolori lancinanti agli addominali.

L’apparecchio fece una parabola lunga e abbastanza alta da farmi sbattere la nuca al secondo impatto. L’elmetto mi protesse il cranio, ma il cervello venne comunque scosso.

Il terzo impatto fu per nostra fortuna l’ultimo. Le sospensioni non ci fecero rimbalzare nuovamente, dando così ad Isaac la possibilità di manovrare il velivolo in tranquillità.

-CE L’ABBIAMO FATTA!- Affermò il pilota.

-Isaac sei un asso!- Si complimentò Nick.

-URRÀ!- Esultò Lopez.

-Grande.- Dissi io con filo di voce.

Appena il vertibird terminò di vibrare, Nick si slacciò la cintura e venne in mio soccorso un stimpak pronto all’uso. Avvicinò la siringa al mio collo e mi inietto il super composto farmaceutico. Un mix di antidolorifici fece svenire tutti i dolori, compreso quello dell’ago che non avvertì minimamente. Gli ematomi e il mal di testa causati dalle colluttazioni iniziarono a svanire e in breve tempo potei rialzarmi.

-Grazie Nick, ne avevo proprio bisogno. Isaac, com’è …-

-OH CAZZO!!!- Imprecò Isaac.

Il pilota frenò così bruscamente da far schiantare me e Nick contro gli schienali dei due sedili. Se non fosse stato per lo stimpak di poco prima, l’ennesimo scontro mi avrebbe spinta a strangolare Isaac.

-Isaac! Si può sapere cosa ti prende oggi?!- Chiesi quando il vertibird si fermò.

Mi rialzai aggrappandomi al poggiatesta e guardai il pilota in faccia. Isaac aveva lo sguardo fisso sulle feritoie del vertibird. Incuriosita dalle circostanze, fissai anch’io l’orizzonte. Per un istante pensai che la nebbia avesse inghiottito la pista, ma guardando meglio capii che a meno di due metri dal muso del convertiplano l'asfalto non c’era più.

-Com’è la davanti?- Chiese Lopez.

-È meglio se usciamo a vedere.- Gli risposi sperando di aver visto male.

Isaac, Spectrum, Lopez ed io uscimmo dal portellone di destra. Come aprimmo il portello, il contatore geiger del Pip-Boy cominciò a ticchettare. Oltre ad essere macabra, la nebbia aveva anche un livello di radiazioni sufficiente a provocare danni seri in caso di esposizione prolungata. Lopez fece segno ai suoi di stare fermi, mentre Nick ed Earl iniziarono la procedura di riavvio.

Arrivata a terra ebbi una fifa pazzesca a guardare la spaccatura. Davanti al vertibird non c’era più niente. La pista e la terra sottostante erano letteralmente scomparse, lasciando al loro posto il vuoto assoluto. Anche gli altri impallidirono vedendo una simile distruzione.

Lopez ebbe abbastanza fegato da avvicinarsi al bordo del crepaccio. Avrebbe voluto guardare più da vicino, ma spostandosi troppo in avanti fece crollare un frammento di asfalto di circa un metro. Subito il capo squadra fece retro front, lasciando il frammento precipitare nel vuoto.

Restammo fermi come delle statue attendendo il boato che però non arrivò mai. Anche se il vento aveva nascosto il tonfo, era ovvio che il burrone fosse bello profondo.

-Isaac, se non fosse stato per te, a quest’ora saremmo finiti in quel abisso.- Ringraziai.

-Dovete anche ringraziare le sospensioni modificate e i freni nuovi. Se Baatar ed io non gli avessimo cambiati, ci saremmo sfracellati al primo impatto.-

-Belle modifiche.- Si congratulò Spectrum.

-Si, ma … la base dov’è finita?- Chiese Lopez scrutando la nebbia nel vuoto.

-Nello stesso posto dove l’hanno costruita.- Disse Isaac indicando una serie di strutture dietro al vertibird.

Girammo dietro al velivolo e guardammo con i binocoli gli edifici della base. A circa trecento metri da noi si ergeva sul lato destro della pista la torre di controllo e gli edifici annessi. La nebbia ci impediva di esaminarne la stabilità, ma una cosa era certa. Avevano la luce e la stavano usando per cercarci con i fari.

-Ostili?- Mi chiese Lopez imbracciando il suo fucile d’assalto.

-Credo che siano state le loro difese ad abbatterci.- Gli rispose Isaac. -Secondo te Red?-

-Forse. Sarà meglio procedere comunque con intenzioni pacifiche. Avranno pensato che fossimo dei malintenzionati.- Ipotizzai.

-Anche adesso!- Disse qualcuno alle nostre spalle.

Votandoci si scatto scoprimmo di essere tenuti sotto tiro da uno sconosciuto a meno di cinque metri. Il tizio indossava una maschera antigas e una mimetica che lo faceva apparire come uno spaventapasseri. Impugnava un fucile di precisione con diverse modifiche già puntato contro la testa di Lopez. Prima di fare lo stesso con la sua arma, il soldato ebbe un ripensamento.

-Identificatevi!- Ordinò lo sconosciuto.

Anche se la maschera ne attutiva il tono, intuì che a parlare fosse una donna.

-Prima voi!- Gli rispose Lopez.

La donna fece un fischio acuto. Al suo “comando”, una ventina di mirini laser trafissero l’aria da più direzioni. Tutti convergerono su di noi. Temendo che le maniere di Lopez potessero farci ammazzare, decisi di prendere la parola.

-Siamo esploratori di Beacon City.- Dissi alzando le mani cercando di apparire il meno aggressiva possibile. -Abbiamo ricevuto la vostra richiesta di soccorso e ci siamo messi subito in moto. Non avete nulla da temere.-

La donna abbassò lentamente il fucile. Sì avvicinò a passo lento, facendo risuonare le placche metalliche degli stivali sull’asfalto. Si fermò a pochi centimetri da me. Mi sentivo a disagio nell’avere quello spaventapasseri ad esaminarmi da capo a piedi. E la situazione non migliorò quando la donna si tolse la maschera. Se una lince si fosse trasformata in una persona, quella sarebbe stata sicuramente la donna davanti a me. Di qualche hanno più vecchia di me e Amelia. Carnagione scura e capelli corvini. Il suo sguardo emanava ostilità a tutti i presenti.

-Mentirmi è il modo migliore per farsi seppellire una lama nella fronte.- Mi avverti la donna.

-Ok Rocket, calma e sangue freddo. Ricordati i manuali e i testi sulla comunicazione per essere più eloquenti in certe situazioni.-

-Ascolta, non siamo venuti qui per farvi del male. Noi vogliamo solo portarvi al nostro insediamento, dove …-

La donna astrasse dalla fondina un revolver di grosso calibro, la cui canna mi finì sotto alla bocca. Se avesse sparato, le mi cervella sarebbero volate in aria.

-Noi non andiamo proprio da nessuna parte.- Mi ringhio lei dandomi dei colpetti di canna al mento. -Specialmente con quella vostra carretta da quattro soldi.-

-Sentimi bene Regina degli Straccioni!- Le rispose secco Isaac. -Quello che Red ha detto è vero! E se ti azzardi a farle del male o a dire qualcos'altro sul mio apparecchio, ti ficcherò la tua faccia da culo tra le piastre di raffreddamento del mio uccellone. Poi vedremo …-

Il pilota si interruppe quando un coltello da combattimento gli passò a pochi millimetri dalla gola. Uno dei compagni della donna era scivolato dietro di noi senza che ce ne accorgessimo e ora stava minacciando Isaac con la sua lunga lama.

La tipa tornò a fissarmi con il suo sguardo assai poco pacifico. Ero sicura che anche Lopez fosse tenuto sotto tiro. Per Spectrum, beh … troppo difficile da dire, ma di sicuro lui non avrebbe potuto fare molto.

D’un tratto la radio alla cintura della donna gracchio.

-Marion! Hai trovato quelli dell’aereo?- Chiese qualcuno alla radio.

-Si Hughes, sempre se quell’affare si può definire un aereo.- Gli rispose la donna impugnando l’apparecchio.

Isaac non sembrò apprezzare i riferimenti al suo vertibird.

-Non sparare! Ripeto non sparare!- La voce era quella del tipo con cui avevamo parlato prima dell'atterraggio.

-E perché non doveri?- Ironizzò lei facendo dei piccoli cerchi davanti ai miei occhi con la sua pistola.

-Tuo fratello maggiore è con loro.-

-Bud?!- Chiese lei scioccata.

 

Confermata la nostra identità fummo finalmente trattati con la giusta ospitalità. Il vertibird venne trainato da un muletto nel garage della struttura di comando. Seguimmo il velivolo fin dentro all’edificio dove altri sopravvissuti ci stavano aspettando. Fu molto rassicurante vedere che dopo la scoperta del fratello dato per morto nessuno ci aveva più puntato un’arma addosso.

Il V2 atterrò sulla piazzola mobile del tetto e fatto scendere con una piattaforma mobile fino al piano terra. Il primo a scendere dal vertibird fu Bud, che toltosi il casco, corse subito verso sua sorella. I due si diedero un grandissimo abbracciò. Temetti che Bud avrebbe stritolato la sorella con le sue braccia meccaniche.

-Yáʼátʼééh atsilí.- Lo salutò lei.

-Yáʼátʼééh hádí.- Le rispose lui.

Anche gli altri sopravvissuti in mimetica andarono a rendere omaggio a Bud. Quelli rimasti in disparte erano veri soldati con l’uniforme dell’esercito americano. Alcuni di loro si erano messi a spruzzare il decontaminante sui due vertibird.

-Ragazzi, vi presento mia sorella. Marion Hunt.-

-Piacere di conoscervi. Ehi, per quanto riguarda l’ha fuori … scusateci.- Finalmente un pizzico di ospitalità. -Gli ultimi che ci hanno fatto visita ci hanno dato parecchi grattacapi.-

-Di che genere?- Le chiesi.

-Sciacalli, ghoul e dei predoni ben organizzati.-

-Conoscete i ghoul?- Chiese Tony.

-Si, purtroppo. Con noi c’erano quattro impiegati Vault-Tec con quei Pip cosi hai polsi. Hanno identificato quegli abomini come ghoul ferali. Anche da voi ci sono dei Vault-Tec?-

-Uno solo.- Dissi alzando il braccio con il Pip-Boy.

-Ah … fico.- Si complimentò Marion.

-Come avete fatto ad arrivare fin qui?- Domandò Bud.

-Ti ricordi il venditore di mezzi usati appena fuori dalla riserva? Per nostra fortuna aveva il parcheggio pieno di autobus ancora integri e funzionanti.-

-E per le radiazioni?-

-Abbiamo vagato alla ceca per due giorni. Poi abbiamo trovato le indicazioni per la base e una volta arrivati i medici ci hanno curato con il RadAway. Ancora mezza giornata l’ha fuori e saremmo sicuramente morti.-

-Ce l’hanno fatta tutti?- Continuò Bud.

-Non abbiamo perso nessuno prima di arrivare alla base. Poi i ghoul e l’Orda hanno ammazzato Hall, Peterson, il padre degli Evans e altri nove soldati della base.-

Per Bud fu impossibile nascondere il dolore. Non si mise a piangere, ma la morte dei suoi amici era pur sempre un brutto colpo.

-Hai per caso detto l’Orda?- Chiesi insospettita.

-Si. Li conoscete anche voi?-

Mi voltai verso il resto del gruppo e notai che anche gli altri erano arrivati alle mie stesse conclusioni.

-Altro che il Red Oasis. Quei predoni sono arrivati fin qua su.- Disse Tony.

-E se ci sono riusciti significa che sono ben organizzati.- Dedusse Isaac.

-Marion, dobbiamo parlare subito con chi è al comando.- Dissi rivolgendomi all’indiana.

-Seguitemi allora. Se volete potete lasciare qualcuno con i vostri aerei.-

-Tranquilli. I navajo non ti prendono alle spalle.- Ci tranquillizzò Bud.

-E del davanti che ti devi preoccupare.- Scherzò Marion.

Bud non riuscì a trattenersi dal ridere. Al contrario noi visi pallidi non riuscimmo a capirne il lato ironico. Decidemmo comunque di lasciare i membri della squadra Coyote e metà della Rattlesnakes nell’hangar. Solo per essere più veloci.

La sorella di Bud ci condusse lungo il corridoio che collegava l’hangar al quartier generale della base. L’ungo la strada incontrammo un paio di soldati e altri quattro nativi americani della tribù. Arrivati alla camera di decontaminazione, Nick pose un paio di domande a Bud.

-Scusa Bud, ma la tua tribù è composta solo da navajo?-

-No. Ci sono anche famiglie appartenenti ad altre tribù.-

-E sono tutti combattenti come tè?-

-Magari.- Gli rispose il gigante con un pizzico di spregio.

-Bud!- Lo rimproverò la sorella.

-Che ho detto?-

-In gran parte siamo esperti di sopravvivenza e vita selvaggia. Ma alcuni di noi hanno conservato le abilità dei nostri antenati guerrieri.- Spiegò la donna.

-Tipo prendere dei soldati alle spalle e fargli lo scalpo prima ancora che se ne accorgano.- Pensai.

Terminata la decontaminazione arrivammo alle porte dell’ascensore principale. Quando il montacarichi arrivò a terra fummo accolti dal secondo comitato di benvenuto.

-Bud! Fratello.- Disse l’uomo in testa al gruppo.

-Russell!-

Bud strinse la mano a quello che, da quanto avevo capito, doveva essere suo fratello. L’altro gli rispose dandogli una bella pacca sul torace dell’armatura atomica. Guardandolo con più attenzione notai che l’unica differenza tra i due era la corporatura. Esclusa l’armatura.

-Quindi loro sono con te?- Chiese indicandoci.

-Si. La squadra Rattlesnakes, Coyote e Vault.-

-Ehi, scusatemi per prima.- Disse un altro dei pelle rossa nel gruppo. -Credevo che foste uno di quegli avvoltoi.-

-Lootah?! Mi stupisce che il secondo tu non l’abbia beccato.- Scherzò Bud.

-Ci hai colpito te?- Gli chiese Isaac.

-Si.- Gli rispose il cecchino con dispiacere e mostrandogli la sua arma.

Un fucile di precisione ad energia, fabbricato però con pezzi di altri fucili e apparecchiature. Eppure quell’affare aveva spento un vertibird.

-Non male, ma la prossima volta ricordati di chi è quel vertibird.-

Capite le circostanze, Isaac era già pronto a dimenticarsi dell’equivoco. L’indiano apprezzò il gesto.

-Per curiosità. Posso sapere come avete fatto a progettare una simile arma?- Gli chiese Spectrum.

Tutti i presenti, esclusi i membri delle tre squadre, rimasero confusi nel sentire un eyebot con un cappello porre simili domande.

-Chi è che comanda quel robot?- Chiese Russell confuso.

-E perché ha un cappello?- Continuò la sorella.

-Spiacente ragazzi. Abbiamo un lavoro da portare a termine.- Gli interruppi. -Chi è che comanda qui?-

-Per adesso la base è sotto il comando del generale Foster. Ma dopo quello che ha fatto non c’è più nessuno sano di mente che lo voglia seguire.-

-Cioè?-

-Ve ne parleremo al centro di controllo.-

Prendemmo l’ascensore per i piani alti con metà del comitato di benvenuto. Con noi erano rimasti il fratello e la sorella di Bud, il cecchino e altri due pelle rossa. Gli altri erano tornati all’hangar a svolgere i loro compiti di routine.

-Quindi voi siete la famiglia di Bud?- Chiesi.

-Già. Io, Marion e Bud siamo nati in una riserva a tre giorni di cammino da qui.- Mi spiegò Russell. -Nostra madre è morta qualche anno fa e nostro padre … beh lui è la mente di tutto.-

-In che senso?-

-George Hunt, capo Serpente Bianco, ci ha spinti a partire verso un posto sicuro. Quando siamo arrivati qui ha barattato la nostra mano d’opera per la sicurezza della base. Se non fosse stato per nostro padre a quest’ora staremmo tutti marcendo nelle nostre vecchie case in attesa dei soccorsi.-

-Scusa, hai detto: barattato?- Chiese Tony incuriosito.

-Quando siamo arrivati il generale Foster non voleva farci entrare. Diceva che la base era un’area interdetta ai civili.-

-Stai scherzando?- Chiese Nick sconcertato.

-Magari. Comunque nostro padre e altri militari nella base sono riusciti a convincerlo alla fine. Se non lo avesse fatto questo posto sarebbe stato sicuramente conquistato già da un mese.-

-Il capo Hunt ha dovuto lavorare come un matto per far funzionare le apparecchiature in questa base.- Disse Lootah.

-È lui che ha creato quell’arma?- Gli domandò Spectrum.

Lo scienziato non si interessava molto alla sua copertura.

Lootah annuì senza porsi altre domande sull’identità del robot.

-Straordinario.- Si complimentò Spectrum.

-Hey Bud. Non mi hai ancora detto come sono andate le cose la da voi a Boise …-

Prima che Russell potesse finire, Bud gli diede una manata sul petto per bloccarlo. Il colpo lo avrebbe dovuto scombussolare, ma grazie alla sua corporatura il fratello incassò il colpo come se a darglielo fosse stato un ragazzino.

-Russell … esclusi i nostri famigliari … in quanti sanno da dove veniamo noi?- Chiese Bud.

Il fratello si guardò un attimo in torno. Lootah stava cercando di capire il significato della domanda. Al contrario Marion sembrava aver già capito dove Bud voleva andare a parare.

-Nessun altro.- Gli rispose il fratello con tono serio.

-Bene. Per adesso nessuno deve sapere da dove veniamo. Passaparola.- Ordinò Bud.

Russell annuì. Poi controllò se anche la sorella e Lootah avessero ricevuto il messaggio. Si voltò a guardare anche gli altri due pelle rossa all’altro lato dell’ascensore. Erano presi da una conversazione privata e quindi non potevano aver sentito le parole di Bud. Russell fece un cenno con la testa, indicando a Lootah di iniziare il passaparola. Era di importanza vitale proteggere la nostra copertura.

Appena arrivati in cima, Lootah e gli altri due indiani andarono a spargere la voce. Russell e sua sorella invece ci fecero strada verso la sala del controllo aereo.

I corridoi erano affollati dalle famiglie di nativi rifugiatisi nella base. Ogni tanto si vedevano dei sacchi a pelo e i giochi di qualche bambino. Due di questi stavano facendo guidare ad un orsetto un camioncino di Nuka Cola. Un quattordicenne li vicino stava pulendo l’otturatore di un fucile da combattimento. Da bambini a soldati in un batter d’occhio purtroppo.

Mi accorsi anche di un fatto interessante. Il camioncino giocattolo continuò a correre fino in fondo al corridoio. Strano visto che non era radiocomandato. Anche gli latri ci fecero caso.

-Per caso l’edificio è inclinato?- Chiese Earl.

-Magari fosse solo l’edificio. L’intera piana si sta inclinando e tra non molto cadrà.- Gli rispose Russell.

-Aspetta. Come hai detto scusa?- Gli chiese Bud.

-Ve ne parleremo appena saremmo arrivati.- Tagliò corto il fratello.

Lungo la strada si fermarono in molti a salutare Bud. Si vedeva che il soldato era un membro riconosciuto della tribù. Ma anche noi eravamo motivo di interesse per la gente. Eravamo la novità del momento.

Quando arrivammo trovammo la sala di controllo parecchio affollata. Molti dei presenti erano indiani vestiti con uniformi da combattimento prive di gradi. Poi cerano gli addetti alla sicurezza e i membri della polizia militare, facilmente riconoscibili dalla fascia nera da braccio degli MP. Gli operatori e gli addetti al controllo aereo erano quelli in minoranza. Metà di loro non era neppure ai terminali.

Appena entrammo nella sala si voltarono tutti. Bud era di sicuro l’attrazione principale, ma anche il resto della squadra Vault e gli altri due capi squadra attiravano l’attenzione dei presenti.

-Amici!- Salutò a gran voce Bud. -Sono felice che vi siate salvati. Siamo giunti fin qui per portarvi in un luogo sicuro.-

-E dov’è questo luogo sicuro?- Chiese un anziano tra la folla.

Il vecchio si alzò da una poltrona vicina alla mappa nel centro della stanza. Man mano che si avvicinava, potei vedere che il vecchio era un pelle rossa. Sugli ottanta, con i segni dell’età avanzati e un abbigliamento da civile che lo faceva apparire fuori posto.

-Padre.- Lo salutò Bud facendogli un cenno con la testa in segno di rispetto.

-Bud. Mi fa piacere vedere che le mie preghiere siano state ascoltate.-

I due erano sicuramente felici di essersi rincontrati. Eppure c’era una sorta di distacco tra loro.

-Red, ti presento Brian Hunt. Anche detto Serpente Bianco. Capo tribù navajo della riserva indiana nel sud del Colorado e … mio padre.-

-È un onore conoscerla, signore.- Dissi allungandogli la mano.

-Il sentimento è reciproco, Spirit.- Mi rispose lui stringendomi la mano.

-Ehm no papà, lei è Rocket Earp. Comandante della squadra Vault.- Lo corresse Bud.

-Capelli rossi, carnagione chiara e vestito blu. Non c’è dubbio, questa è Spirit. Quanto è vero che quello dietro di lei è il Dr. Spectrum.- Concluse il padre di Bud.

Mi voltai sperando di vedere una targhetta identificativa attaccata al telaio di Spectrum. Ma l’unica cosa che vidi sul robot, fu il suo berretto invernale.

-Come fa a saperlo?- Chiese Lopez da in fondo la fila.

-Ammetto che all’inizio non ci ho fatto molto caso, ma quando ho visto un eyebot col cappello emanare luce blu mi sono insospettito.- Spiegò il vecchio. -L’indizio più importante è stato sentirlo parlare con quella sua voce e il particolare interesse per le nuove tecnologie. Ho calcolato le probabilità, esaminato le incognite, fatto due più due e ho ottenuto subito la conferma.-

-Complimenti. Le faccio i miei più sinceri complimenti.- Si congratulò Spectrum. -Mi dica … come ha fatto a riconoscere la mia voce?-

-Poco più di mezzo secolo fa ho presentato la mia tesina sull’impiego della robotica nel campo dell’esplorazione spaziale. Mi sono riascoltato gli olonastri delle sue precedenti presentazioni riguardanti la creazione e il mantenimento delle intelligenze artificiali e da allora non le ho ancora dimenticate.-

-Caspita, non mi sarei mai aspettato di imbattermi in un altro ricercatore in simili circostanze.-

-Signori, capisco che un brainstorming per voi sia un evento speciale, ma abbiamo pur sempre una missione da portare a termine.- Gli interruppi.

-Anche perché non credo che il tempo sia dalla nostra parte.- Si intromise uno degli operatori. -Sono Leonard Hughes, addetto alle comunicazioni. Scusatemi per prima, ma non sono riuscito a informarvi in tempo.-

-Eri quello alla radio. Stavi parlando con noi poco prima dello spegnimento.- Intuì Isaac.

-Si. Scusatemi ancora per non avervi informati delle nostre difese. Le faccio i miei complimenti pilota. Non ho mai visto qualcuno far atterrare un velivolo di quelle dimensioni con i motori in avaria.-

-Grazie. Questione di pratica.-

-Cos’è che ha detto riguardo al tempo?- Gli chiesi.

L’operatore ci fece segno di seguirlo fino alla mappa al centro della sala. La mappa mostrava l’intera area di White Flat. Una buona porzione di deserto era occupata da questa piana bianca sulla quale gli ingegneri dello Zio Sam avevano costruito la base. Vidi anche che la base era quasi circondata da un’enorme mezza luna disegnata in nero. Se era quello che pensavo … allora eravamo davvero sull’orlo di un precipizio.

-White Flat sta cadendo.- Confermò Hughes.

-Intende la base?- Chiese Nick.

-No. L’intera piana sta collassando.- Disse Hughes indicando i confini tra il bianco della piana e il marrone del deserto. -White Flat è un enorme disco di granito formatosi sopra a delle grotte sotterranee. Le acque accumulatesi nei secoli hanno scavato un'intricata struttura di grotte a spugna. Questa struttura è sempre stata in grado di sostenere il granito della piana, fino a quando le nostre bombe non l’hanno disintegrata.-

-Cosa?!- Continuò Nick.

Hughes posiziono lungo la mezza luna cinque bottiglie vuote di Nuka Cola.

-Cinque missili intercontinentali erano stati collocati a più di mille metri sotto terra. L’idea era che deviando il flusso termico lungo le grotte, i satelliti nemici non gli avrebbero individuati nelle fasi di preparazione al decollo. La cosa assurda è stata farli partire senza aver effettuato tutti i controlli di sicurezza.-

-E il colpo vi è esploso in canna.- Ne dedusse Spectrum.

-Quello nel silos due è esploso per primo, causando un effetto catena e sgretolando le nostre fondamenta naturali come con dei grissini.-

-Ma i miei sismografi hanno avvertito le scosse solo ieri.- Fece notare Spectrum.

-Infatti Foster ha provato a lanciarli ieri pomeriggio.-

-Il vostro generale? Perché avrebbe dovuto farlo?- Gli chiese Isaac.

-Per vendicare la nostra nazione!- Gli rispose qualcuno all’entrata della sala.

L’uomo vestiva con un uniforme da generale di brigata, facilmente riconoscibile dalle due stelle poste una per spalla. Quando passò davanti a Earl, Tony e Amelia, i tre si misero sull'attenti e gli fecero il saluto. Bud si risparmiò le formalità.

-E lei sarebbe?- Gli chiesi anche se la domanda era abbastanza retorica.

-Generale Edgar Foster, comandante della base di White Flat.- Si dipingeva come il paladino della giustizia e difensore della democrazia, ma a parer mio, quello era solo un pallone gonfiato. -La informo che le sue direttive di missione sono cambiate.-

-La nostra missione prevede il recupero del personale e di quante più risorse possibili, quindi penso che …-

-Lei non deve pensare! Lei deve soltanto obbedire!- Mi urlò in faccia.

Vidi che alle spalle del generale Bud si stava trattenendo dal ripetere lo sgarro che lo aveva portato davanti alla corte marziale. Sapevo che non lo avrebbe rifatto davanti alla sua gente, nonostante la situazione fosse parecchio tesa.

-Allora mi dica. Quali sarebbero i miei nuovi ordini?- Chiesi con un tono di sfida.

-Evacuare me e il mio staff con il vostro vertibird e poi procedere con l'evacuazione dei civili restanti.-

Il vecchio bastardo stava cercando di sfruttare i suoi gradi per potersela filare da quell’inferno. Inutile dire che a nessuno degli altri presenti al cosa piacesse. Neppure ai tecnici e agli MP della base.

-Spiacente generale, ma come impiegata della Vault-Tec non sono autorizzata a prendere ordini da lei.- Più o meno. -E cosa più importante, rispondo soltanto ai miei superiori.-

-Per questo ci sono io.- Disse un altro uomo.

Il tizio era sbucato tra le persone alle mie spalle, ma ero sicura che fosse stato presente già al nostro arrivo. A giudicare dal suo completo con giacca e cravatta, doveva trattarsi di un manager di alto livello. Vedendo l’ingranaggio cucito sulla camicia di seta e il Pip-Boy che il tizio portava al braccio, capii subito per chi lavorasse. Vault-Tec.

-Il signor Jackson è un rappresentante del consiglio Vault-Tec.- Ci informò il generale. -Era qui di passaggio per valutare la possibile collocazione di un Vault nelle caverne di White Flat, ma per motivi di forza maggiore ha dovuto prolungare la sua permanenza.-

-E allora?- Chiese Earl.

-E allora può cancellare le mie autorizzazioni, scaricarsi i dati della memoria nel suo Pip-Boy e bloccarmelo ad oltranza.- Spiegai. -In pratica può ancora licenziarmi.-

-I vantaggi di essere un buon dipendente Vault-Tec.- Affermò Jackson con un antipatico tono allegro.

Vidi che il suo Pip-Boy non era un 3000. Era più piccolo del mio, fatto appositamente per gli uomini d’ufficio, ma ero certa che le sue applicazioni potevano aggirare le contromisure anti hackeraggio del mio Pip-Boy senza troppi problemi.

-Se lei non soddisferà le mie richieste, il suo superiore le toglierà tutti i privilegi Vault-Tec.- Mi ricattò il generale.

All’udire tali parole, Spectrum fece scattare la sicura del cannoncino laser posto sotto al suo telaio. Il puntatore laser andò a posizionarsi sul Pip-Boy di Jackson.

-Se lei o il generale proverete solo a sfiorare il Pip-Boy di Earp, vi ionizzo uno ad uno.- Li minacciò lo scienziato.-

-Non state li impalati imbecilli! Eliminate questa ferraglia parlante!- Sbraitò il generale agli MP.

Il padre di Bud fece un fischio secco con le dita. In risposta a quell’ordine tutti i membri della tribù spianarono il loro intero arsenale contro il generale. Decine di Colt, 9mm, 22mm, 10mm, winchester a ripetizione, carabine, fucili d’assalto, fucili a pompa, doppiette, fucili laser e altrettante diverse armi vennero puntate contro quella mezza sega di Foster. Gli MP non provarono neppure a estrarre le armi. O avevano capito per quale squadra fosse meglio giocare, oppure avevano deciso di non prendere più ordini da una simile persona.

Il generale non se lo aspettava e l’espressione sul suo volto passo da severa a impaurita in un batter d’occhio.

-Che storia è mai questa Hunt? Mi ripagate così dopo che vi ho offerto rifugio e …-

-Non saremmo mai voluti arrivare a questo generale, ma lei sta mettendo la sua vita e quella dei suoi ufficiali davanti a quella di tutti noi. E sta anche minacciando Spirit, uno scienziato di fama mondiale e la loro missione.- Lo accusò il capo indiano. -Quindi la prego … lasci che queste persone ci portino in salvo.-

Per un attimo pensai che Foster si sarebbe messo a frignare come una ragazzina isterica. Ma il generale preferì darsi alla ritirata.

-FATE COME CAZZO VI APRE!- Strillò incamminandosi verso l’uscita. -Sarà un piacere scrivere un rapporto dettagliato sulle imprese di questi fenomeni da baraccone!-

Jackson scelse di seguire il generale. Forse lo avrebbe confortato con un bell’abbraccio, rafforzando il rapporto con il bastardo e garantendosi ancor di più la sua protezione.

Quando mi passo vicino gli altri puntarono l’arsenale di armi contro di lui.

-Ehi, calma gente. Sto solo passando.- Ci rispose lui senza togliersi quell’espressione allegra dal viso.

Era normale per i manager e i dirigenti del colosso apparire in pubblico sempre sorridenti e pronti a promuovere i valori della Vault-Tec. Ma quel Jackson, con quel suo finto sorriso da televenditore, sembrava più una serpe in seno.

-Quel tipo non mi piace.- Commentò Nick appena il dirigente uscì.

-Perché si veste meglio di tutti noi messi assieme o perché stava per fare scaccomatto al Sorvegliane?- Gli chiese Amelia.

-Amelia!- La rimproverai.

Nessuno doveva sapere l'ubicazione della nostra base, figuriamoci la mia vera professione. Amelia sembrò comprendere il suo errore.

-Allora. Volete vedere il nostro piano?- Mi chiese Hughes.

-Piano?- Chiesi.

L’operatore posizionò delle puntine sulla mappa. Una verde sul centro di controllo aereo, una rossa e una gialla ai capi della pista di atterraggio e una blu sull’ultimo hangar, cioè all’altro capo della base.

-A sudest, verso la fine della pista, c’è un hangar con dentro un bombardiere tattico mai decollato per problemi al motore. Il blu è il nostro biglietto per la fuga di massa.-

-Ci abbiamo lavorato appena siamo arrivati. Gli abbiamo riparato i motori e svuotato la stiva dalle bombe. Ora è pronto a partire.- Continuò il capo.

-E la fregatura?- Domandai.

-Noi siamo qui.- Disse Hughes indicando la puntina verde. -E per arrivarci dovrete passare per la pista.-

-Ok?-

-La puntina rossa è nel punto più caldo. A cento metri dalla fine della pista c’è l'entra della base, dove la terra non è crollata. É da li che i ghoul vengono a farci visita.-

-Aspetta.- Lo interruppe Isaac. -Sulla pista abbiamo trovato solo voi.-

-Voi siete atterrati qui.- Spiegò Marion picchiettando sulla pedina gialla, cioè quella a fianco del centro di controllo. -La zona gialla ci ha permesso di creare una linea difensiva con un margine ristretto di perdite. Se voi foste atterrati nella zona rossa, ne avreste investiti almeno una ventina prima di fermarvi ed esserne circondati.-

Isaac non ebbe da ridire.

-Quindi usiamo un blindato o un carro armato per farci strada fino all’hangar?- Domandai speranzosa.

-Si, se gli unici due corazzati ancora utilizzabili non fossero bloccati nell’hangar con il bombardiere.- Mi rispose Russell.

-Potremmo usare i vertibird.- Suggerì Nick.

-E se la fuori ci fosse ancora l’Orda? E se avessero anche loro armi antiaeree? Potremmo perdere i nostri unici mezzi di fuga.- Fece notare Baatar.

-Allora chiamiamo la cavalleria. Usiamo i trasmettitori.- Continuò Nick.

-Si potrebbe fare.- Disse uno degli altri tecnici. -Se nell’ultimo scontro l’Orda non avesse distrutto la nostra parabola e danneggiato i controlli del radiofaro. I messaggi di quell’affare non si possono più modificare.-

Stavo per perdere ogni speranza, quando finalmente Hughes mi diede la risposta.

-Temo che vi toccherà passare sotto terra.-

-Sotto terra?-

Il tecnico sovrappose alla mappa una pellicola con delle linee e qualche scarabocchio.

-Il nostro Lootah passa ogni mattina appollaiato sopra alla torre di guardia al checkpoint della base. E come fa a raggiungerla se questa è nella zona rossa?-

-Tunnel sotterranei.- Intuì Amelia.

-Bingo! Uno di manutenzione che passa sotto alla pista e porta all’entrata. Due che ci collegavano ai siti di lancio e che ora portano al vuoto totale. E l’ultimo è quello parallelo alla pista, che passa sotto ad ogni hangar e che li collega fra di loro.-

-Ecco la strada per la libertà.- Pensai.

-E perché temi che dovremmo passare per di là?- Gli chiese Nick.

-Beh … ecco …-

-Il Mishipeshu! La sotto c’è il Mishipeshu!- Rispose terrorizzato un cinquantenne indiano.

Il tipo non aveva detto nulla fino a quel momento. Ma quella domanda lo aveva sconvolto.

-No … un Uktena. Avete sentito il suo ruggito.- Lo corresse una ragazza altrettanto spaventata.

-Ma di cosa state parlando? Ragazzi?- Chiese Bud guardandosi attorno.

Gli impavidi e coraggiosi indiani si erano chiusi in un silenzio carico di timore. Perfino Russell e Marion non avevano il coraggio di parlarne.

-È successo l’ultimo giorno … quando abbiamo terminato di lavorare al bombardiere.- Iniziò a raccontare il padre di Hunt. -Stavamo tornando attraverso il tunnel. Arrivati alla porta blindata Sanchez e Williams sono tornati verso l’hangar a prendere una cassa di razioni alimentari. Solo che mentre gli aspettavamo è successo qualcosa.-

Il vecchio aveva qualche problema nel raccontare le vicende di quel giorno.

-Un’esplosione? Un attacco?- Gli domandai incoraggiandolo a continuare.

-Urla, spari … ruggiti.-

-Sanchez era un veterano.- Continuò uno degli MP. -Indossava un’armatura atomica T51 in quel momento. Lo abbiamo sentito gridare come un disperato alla radio. L’ultima cosa che ci ha detto è stata: CHIUDETE LA PORTA!!! CHIUDETE LA PORTA!!!-

-Abbiamo chiuso la porta stagna e passato l’intera notte a sorvegliarla.- Lo sostituì Russell. -La mattina dopo … stavamo per inviare dei soccorsi, ma proprio quando stavamo per sollevare la porta, abbiamo udito dei passi dall’altro lato.-

-Dei passi?- Chiese Amelia.

-Grossi e pesanti. Seguiti da degli stridii, come se qualcuno o qualcosa stesse graffiando l’acciaio. Dopo quel giorno, abbiamo perso ogni speranza di passare per il tunnel.-

Dovemmo ammetterlo. Quel racconto aveva fatto gelare il sangue anche a noi nuovi arrivati. Non potevamo biasimare i superstiti per non aver tentato di rientrare in quel tunnel. Chi sa che cosa poteva esserci la dentro?

-Qualche idea Doc?- Chiesi.

-Solo qualche ipotesi.- Mi rispose Spectrum. -Nessuna delle quali però combacia con tutte le informazioni in nostro possesso.-

-L’alternativa sarebbe farci strada tra i ghoul in superficie?-

-Si, ma senza i carri armati, ci metteremo un sacco di ore.- Mi spiego Marion. -E questo solo mettendo tutte le nostre forze in campo per un attacco in massa verso i cancelli. Poi c’è Lootah, che non ne è sicuro al cento per cento, ma un paio di giorni fa, quando la nebbia era meno fitta, gli è apparso di vedere con il binocolo la console esterna fatta a pezzi.-

-Quella per aprire le porte blindate dell’hangar?- Chiese Isaac amareggiato.

-Si. Forse distrutta nell’ultimo attacco dei predoni.-

-Secondo voi quanto tempo abbiamo prima che le cose si mettano male per davvero?- Chiesi riferendomi a tutti i possibili pericoli in quella base maledetta.

In risposta alla mia domanda arrivò una scossa di terremoto. Le lampade appese al soffitto iniziarono a dondolare, le sedie con le ruote si spostarono di qualche centimetro e due delle bottiglie di Nuka Cola sulla mappa caddero per terra. Le bottiglie rotolarono verso di noi, fino a raggiungere i miei stivali e a sbatterci contro. Mi accorsi anche che la stanza si era inclinata ancora di più.

-A questo posto non resterà più di qualche giorno.- Commentò Russell.

-Facciamo anche meno di due o uno.- Lo corresse il padre.

Fu allora che presi una decisione rischiosa.

-Ci potreste mostrare dove si trova l’entrata di questo vostro tunnel?- Chiesi estraendo la mia 10mm.

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Capitolo 9
*** Predatori ***


Predatori

I nuovi re della catena alimentare

 

 

27/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth dei Quattro Stati

Colorado/Contea di Las Animas/Base aerea di White Flat

Ore 11:56

 

37°38’58.52”N 104°28’59.94”O

 

Dopo uno pranzo veloce a base di maiale e fagioli in scatola, maccheroni al formaggio BlamCo e un approfondito ripasso del piano, eravamo nuovamente pronti a tutto. O almeno era quello che speravamo.

L’entrata al tunnel si trovava nei sotterranei della base. Ci eravamo radunati tutti nei pressi della porta blindata. Tutti eccetto i tecnici, le sentinelle e tutti coloro che non potevano combattere. Anche il generale Foster e la sua combriccola di ufficiali aveva scelto di non partecipare alla nostra missione. E forse era meglio così.

Le tre squadre di esplorazione e una trentina di indiani si erano radunate nei pressi dell’entrata e si stavano preparando come meglio potevano. C’era chi controllava le armi, chi ispezionava le armature atomiche, qualcuno che stava finendo di pranzare, io e gli altri capi squadra che stavamo rivedendo il piano un’ultima volta e poi … arrivò quella tipa.

Una giovane infermiera bionda e snella stava correndo di tutta fretta verso di noi.

-Scusatemi! Scusatemi!- Disse senza smettere di correre.

L’infermiera finì con l'ingabbiarsi su un grosso cavo che sporgeva da una canaletta nel pavimento, lanciando un urletto acuto.

-Aaah!-

-Presa!-

Se Nick non l’avesse afferrata in tempo sarebbe rovinata a terra grattandosi il suo bel visino sul cemento.

-Oh … grazie signor …-

-Nick Rodriguez, ma per le signore … MechaNick.- Si presentò Nick.

Era raro sentire Nick parlare come un vero gentleman.

Il meccanico aiutò l’infermiera a riprendere l’equilibrio per poi lasciarla andare. I due però continuarono a fissarsi per un paio di secondi extra.

-Mi scusi. È lei a capo della nostra operazione di recupero?- Mi chiese la ragazza.

-Si. Posso fare qualcosa per lei?-

-Giusto, non mi sono ancora presenta. Mi chiamo Trinity Brooks. Il generale Foster mi ha incaricato di assistervi in questa missione.-

Pensai di aver capito male.

-Perché?- Chiesi.

-Perché le porte del tunnel richiedono l’autorizzazione dell’ufficiale in comando per poter essere aperte.- Mi rispose Marion.

-E come mai lei è qui?-

-Il generale ha ritenuto opportuno modificare l’autorizzazione per l’apertura delle porte e in più vi potrò offrire assistenza medica in caso di necessità.-

-Modificare?-

-Si. É stato deciso che fossi io ad accompagnare le squadre di riparazione nelle prime settimane, visto che il generale era troppo impegnato.-

-Se ci dai la password, puoi restare qui con gli altri.- Le propose Lopez.

-Non è una parola chiave ciò di cui avete bisogno. I terminali che collegano gli hangar al tunnel richiedono la scansione della retina, quindi vi serviranno i miei occhi. E prima che me lo chiediate, no. Il generale è indisposto per ripetere la registrazione di un nuovo utente.-

Dubitavo che Foster avesse fatto quella mossa solo per non perdere tempo e il fatto che fosse “indisposto” aumentava i miei sospetti sulle sue competenze. Ma l’infermiera non sembrava affatto spaventata dal compito che le era stato affidato.

-Hai la ben che minima idea di quanto potrebbe essere pericoloso?- Gli chiesi perplessa.

-Tranquilla Red. Trinity se la sa cavare a meraviglia.- Mi assicurò Marion. -Durante l’attacco dell’Orda lei era la fuori con noi a medicare i feriti e a schivare le pallottole. Ha le palle la ragazza.-

Ci riflessi un attimo. Dopo aver appurato che cavare gli occhi all'infermiera sarebbe stato eccessivo, presi un’altra delle mie ardue scelte.

-Equipaggiati e preparati a seguirci.-

-Siii!- Esultò la biondina.

-Cinque minuti ragazzi! Tra cinque minuti apriamo la porta!-

Stando al piano le squadre Vault, Rattlesnakes, Coyote e Eagle comandate da Marion avrebbero dovuto scortare il team di piloti indiani, che a loro volta avrebbero pilotato il bombardiere. Siccome tutti i piloti erano partiti per bombardare la Cina, quei quattro ragazzi si erano addestrati nei simulatori di volo della base per settimane. Con loro però, avevamo deciso di mandare un esperto di bombardieri. Baatar gli avrebbe guidati fino alla base, mentre Spectrum sarebbe rimasto con Isaac e ci avrebbe seguito con un altro eyebot comandato in remoto da lui. Una volta raggiunta l’aero e sgomberata la pista, avrebbe lasciato l’eyebot hackerato per pilotare il V2. Con le sue abilità e le conoscenze di volo, sarebbe riuscito a riportare il velivolo alla base. Restava soltanto un’incognita nel nostro piano. Cosa ci attendeva oltre quella porta?

Eravamo per la maggior parte esperti nel combattimento, ben addestrati e armati di tutto punto. Grant e i suoi quattro assaltatori erano attrezzati con delle armature atomiche T51-b e T60. I Rattlesnakes al contrario se la giocavano con fucili laser e al plasma. La Eagle avevano sostituito i fucili di precisione con i fucili semiautomatici d’ordinanza in dotazione agli MP. E per finire, la squadra Vault. Un mix di combattenti in testa al gruppo. Con l’aggiunta dell’ultimo arrivato Earl, due assaultron e un colonnello Gutsy. Il colonnello Gutsy era la variante di più avanzata del suo genere, ovvero i Mr Handy bellici impiegati in prima linea dall’esercito americano. Ben armato e costruito con una delle intelligenze artificiali da combattimento più efficienti.

Ci disponemmo in uno schema difensivo a semi cerchio davanti alla porta blindata del tunnel. Allo schieramento difensivo si erano uniti anche Isaac, Spectrum e altri sopravvissuti. Il padre degli Hunt aveva scelto di mettersi dietro a tutti noi. Il vecchio avrebbe tenuto d’occhio il caro Atom, che anche se totalmente riluttante dal doversi separare da noi, dovette anche lui rimanere in panchina. Il rischio di perderlo era troppo alto. L’infermiera Brooks si era già preparata mostrando gli occhi allo scanner del terminale a parete dietro di noi. Stava solo aspettando il mio segnale.

-Pronta Brooks?- Le chiesi senza smettere di mirare alla porta.

-Pronta!-

Mi guardai attorno un’ultima volta per vedere se fossero tutti in posizione. I capisquadra mi risposero con dei cenni eloquenti.

-Vai, apri.-

La prima cosa che udimmo fu il segnale di conferma del terminale, seguito a sua volta dagli ingranaggi della porta. La porta si alzò lentamente ed emettendo un lamento metallico simile a quello del Blocco del P1. Forse un po meno oliato del Blocco.

Quando la porta si fermò scoprimmo che il tunnel era completamente al buio. Le nostre torce riuscivano ad illuminare solo i primi dieci metri di tunnel.

-Qualcosa ha rotto l’impianto elettrico.- Suggerì uno degli Eagle.

-Procediamo.- Ordinai.

I Coyote ci aprirono la strada con i fari delle loro armature atomiche puntate verso il buio. Il resto del gruppo li seguì senza alcuna esitazione. Aspettai di vedere Brooks entrare nel tunnel, la quale continuava a non sembrare molto scoraggiata dall'oscurità di quel posto. Lei, Baatar e i quattro piloti indiani erano indispensabili per la riuscita della nostra missione. Tenerli al centro della nostra formazione era il modo migliore per proteggerli.

Ci fermammo un ultimo istante per guardare la porta blindata tornare a chiudersi. Vidi Isaac e il vecchio Hunt farci gli ultimi saluti. Poi la porta blindata tornò a scendere, nascondendo i volti dei nostri compagni e infine le luci dall'altro lato.

Riprendemmo subito a camminare, tranne uno dei Rattlesnakes. Il soldato era rimasto a fissare la porta alle nostre spalle.

-Signore?- Chiese indicando la porta blindata.

Voltandomi vidi che la porta blindata era ricoperta di graffi. Anche gli altri si fermarono a guardare. Le torce sui loro elmetti da combattimento illuminavano la porta in vari punti. Io usai la torcia del mio Pip-Boy per esaminarla da più vicino. La luce verdognola mi fece scoprire dei veri e propri solchi scavati nell’acciaio della porta. Vidi che per terra erano anche presenti delle schegge di acciaio. Rimasugli metallici spessi cinque centimetri e lunghi quasi dieci. Ne presi una in mano e la mostrai agli altri.

-Colpo in canna gente. Non siamo soli.-

 

 

Stavamo camminando già da una decina di minuti e avevamo superato tre porte blindate sulla parete destra che portavano ai primi tre hangar. Quella da cui saremmo dovuti passare si trovava in fondo al tunnel. Io guidavo la squadra stando dietro alle armature atomiche in testa. Una posizione che mi avrebbe permesso di ingaggiare il nemico al primo contatto e al tempo stesso non sarei apparsa come una fifona. Quello dell’ufficiale codardo che si nascondeva nelle retrovie era un titolo più idoneo per il generale Foster.

Tutti gli altri mi seguivano senza diminuire il passo e senza abbassare la guardia. Nick e l’infermiera Brooks si erano messi a scambiare quattro chicchere. In altre circostanze li avrei detto di stare in silenzio e prestare attenzione, ma trovandosi al centro del gruppo e vedendoli andare d’accordo, decisi di lasciarli in pace.

Mi accorsi che Marion marciava al mio fianco cullando la sua carabina semiautomatica. Ne approfittai per far luce su un paio di dilemmi.

-Marion, posso chiederti una cosa?-

-Se vuoi sapere perché nostro padre ti chiama Spirit, dovresti chiederlo a lui. Non credo di essere la persona più adatta a risponderti.-

-Cosa? No, non volevo chiederti questo.-

-Beh magari dopo.-

-Volevo sapere com’erano i rapporti tra Bud e vostro padre.-

Marion diede un’occhiata al fratello in testa al gruppo e assicuratasi che Bud non potesse sentirci fece un sospiro di rassegnazione.

-Papà ha sempre voluto bene a Bud e il sentimento è stato sempre reciproco, ma quando Bud si è arruolato come volontario nell'esercito le cose sono cambiate.- Da come ne parlava, per Marion non doveva essere una cosa piacevole. -Bud ha ereditato il talento nelle scienze di nostro padre. Sarebbe potuto diventare il capo scienziato di una qualche multinazionale specializzata nella fisica nucleare … e invece.-

-Aspetta … credevo che voi indiani foste un popolo di guerrieri. È da quando lo conosciamo che Bud ce lo rammenta.- Obbiettai.

-Si, lo so. Bud ha sempre avuto la fissa per gli impavidi guerrieri del passato, ma a distanza di due secoli dalle Guerre Indiane, una cosa simile è totalmente fuori luogo e contraria alla nostra autoconservazione.-

-Che intendi dire?-

-Un conto è tornare ad affilare i coltelli per sopravvivere all’apocalisse, un altro è buttar via una carriera promettente e andare a fare il soldatino quando la tua gente cerca di adattarsi il più possibile al mondo dei visi pallidi.-

-Mi stai dicendo che nella vostra tribù l’unico militare è Bud? Scusa ma tu cos’eri prima di tutto questo?-

-Guardia del corpo con licenza. Mi ero presa un periodo di pausa ed ero tornata a casa appena in tempo.-

-E Russell?-

-Ah, lui era l’addetto alle vendite in un’agenzia assicurativa a La Junta.-

-E voi avreste respinto un attacco dell’Orda? Senza un addestramento militare?-

-Beh, no aspetta!- Sbottò Marion a bassa voce. -Siamo tutti cresciuti nella riserva, imparato a sopravvivere nel deserto e a sparare con pistole e fucili. E solo perché ci siamo civilizzati, non significa che ci siamo rammolliti.-

-Ok, scusa. Non volevo offendere nessuno, è solo che dopo aver passato tutto questo tempo con Bud …-

-Red!- Mi chiamò Bud in testa al gruppo.

I ragazzi nelle armature atomiche davanti a noi si erano fermati. Mi avvicinai per vedere quale fosse stata la causa. Un crollo? Un’infiltrazione radioattiva? Un … casco maciullato.

-Bud?- Chiesi.

Il soldato si chinò a raccogliere i resti del casco.

-Red. Questo era un casco T51-b modello D. Sembra che qualcosa se lo sia sgranocchiato.-

Guardando più accuratamente il casco ci accorgemmo che oltre ad essere stato accartocciato come una lattina di alluminio, era stato anche imbrattato da una sostanza vischiosa.

-Blah.- Commentò disgustato Bud.

Il soldato lasciò il casco vicino alla parete e agitò la mano cercando di togliersi dalle dita ogni singola macchia di quello schifo.

-Merda! Quello era il casco di Sanchez.- Ci informò uno dei piloti pelle rossa.

-E questo doveva essere Sanchez.- Disse uno dei Coyote più avanti.

Ci avvicinammo al soldato in armatura atomica. Aveva avuto coraggio ad avanzare di undici metri senza di noi. Il faro del suo casco stava illuminando i resti insanguinati di un’armatura atomica. Il telaio era stato aperto in più punti, come una scatoletta di acciughe. Restavano solo chiazze di sangue. Il resto di Sanchez era sparito.

-Porca puttana.- Imprecò Lopez.

-Niente corpo. Solo sangue.- Fece notare Marion.

-Il telaio è stato fatto a pezzi.- Disse Grant.

-La bestia aveva fame.- Ipotizzò Baatar.

-B, ti prego.- Lo pregò Tony. -Non iniziare anche tu con la storia dei mostri.-

-E allora spigami questo.- Disse Marion mostrandoci un fucile laser piegato in due e ricoperto di bava.

-Puoi esaminarlo Doc?- Chiesi cercando lo scienziato.

-Niente da fare.- Mi rispose Spectrum. -Senza gli strumenti giusti, posso fare ben poco. Figuriamoci con questa unità di sorveglianza.-

In effetti avremmo potuto scegliere qualcosa di più sofisticato di quella palla di metallo fluttuante.

-E tutti i dati che raccogli?- Gli chiese Tony.

-Lo scanner mi permette solo di raccogliere informazioni e riconoscere gli oggetti precedentemente già esaminati. Per capire la natura di questo essere, avrei bisogno di strumenti più sofisticati e troppo pesanti per il mio telaio. E questa unità mi permette solo di vedervi.-

Era chiaro che anche Spectrum aveva i suoi limiti. Capii che restarcene a fissare i resti di Sanchez, non avrebbe fatto bene al nostro umore. I ragazzi stavano già mormorando.

-Tornate in formazione. Quelli in armatura atomica con me davanti e gli altri nelle retrovie. Brooks quanto manca?-

-Beh, dunque. Siamo passati davanti a tre porte blindate. Fatto circa cinquanta metri dall’ultima … tra poco dovremmo arrivare a metà del percorso.-

-Secchiona.- Questo però lo pensai e basta.

-Gambe in spalla e armi pronte.- Ordinai. -E guardate ovunque. Non solo davanti.-

Riprendemmo la marcia con le canne spianate e la guardia ancora più alta. Di tanto in tanto trovavamo altre macchie di sangue e segni di artigli, ma nessun cadavere. Mancava poco alla metà del tunnel. E quando la raggiungemmo, trovammo qualcosa di inaspettato.

-Aspettate. Quella non c’era.- Disse Marion indicando una porta blindata sulla destra.

-Ne sei sicura?- Le chiesi.

-Marion ha ragione. Questa non c’è mai stata.- Confermò uno dei piloti.

La porta blindata era identica alle altre, solo ricoperta da più graffi.

-Questa è la porta che conduce all’hangar quattro?- Domandò Tony.

-No, quella è più avanti. Questa invece si trova proprio in mezzo al tunnel. Tra l’hangar tre e quattro.- Rispose l’infermiera.

-Guardate.- Disse Lopez indicando la base della porta.

Vicino alla soglia della porta blindata si riusciva a intravedere quella che forse, fungeva da copertura per la porta. Un finto pannello di cemento che scorrendo in alto avrebbe coperto il passaggio. Solo che in quel momento era abbassato.

-Quel pannello serviva a coprire la porta.- Intuì Lopez.

-Una porta speciale per nascondere qualcosa di speciale.- Ipotizzai.

-Fatemi dare un’occhiata.- Forse il Pip-Boy poteva aiutarci. -Inventario. Dati. Mappa.-

-Devi andare su quella locale.- Mi ricordò Nick.

-Si Nick, lo so. Quest’affare ce l’ho attaccato al braccio tutto il giorno.-

La mappa locale mostrava con chiarezza la sezione del tunnel già esplorata. I sensori del Pip-Boy rilevavano il vuoto oltre quella porta. Per averne lo schema completo avrei dovuto mapparli oltrepassando la porta, ma in quella situazione avevo già le informazioni necessarie.

-Allora?- Mi chiese Marion.

-Si. Il Pip-Boy rivela uno spazio vuoto dietro alla porta. Non credo che sia qui solo per bellezza.-

-Secondo voi … è da li che è uscito il mostro?- Chiese intimorito uno dei piloti.

-Se è uscito da li o è in grado di bypassare la sicurezza, oppure è forte come Ercole.- Ipotizzò Earp.

-Io mi chiedo se il generale lo sapesse?- Domandò Marion.

-Non lo escluderei. L’intera base è sotto la sua giurisdizione.- Le rispose Brooks.

-Red, tu cosa ne pensi?- Mi chiese Nick.

Tutti rimasero in silenzio aspettandosi il parere del loro comandante.

-Cosa ne penso? Penso che il generale Foster dovrà darci un sacco di risposte finita questa storia. Fino d'allora abbiamo un lavoro da portare a termine. Muoviamoci … e vediamo di non svegliare il cane che dorme.-

-Avanzate soldati! Le truppe comuniste non dormono mai!- Esultò dal nulla il Colonnello Gutsy.

Quell’affare era utile in combattimento, ma tra le sue direttive vi erano anche i messaggi di propaganda anti comunista. Roba che a noi in quel momento non serviva.

-Zittisci quell’affare Earl.- Ordinai sottovoce.

Il caporale andò ad infilare la mano in una delle fessure che collegavano le tre braccia al corpo principale del robot. Trovato ciò che stava cercando diede un bello strattone e staccò un componente elettronico dal Gutsy.

-Sta in guardia.- Sentii.

-Cosa?- Chiesi.

-Eh?- Mi chiese Bud li vicino.

-Hai detto qualcosa?-

-Io? Niente.-

Mi guardai attorno, ma l’unico che poteva avermi parlato era uno dei piloti. Il pelle rossa si strinse nelle spalle. Anche gli altri si erano accorti della mia reazione, ma preferii chiudere li il discorso. Forse me l’ero solo immaginato.

Riprendemmo nuovamente la marcia e per i primi cinque metri camminammo con passo leggero.

Percorremmo altri quindici metri e finimmo col trovare la mia nemesi peggiore. Una grata per lo scolo fognario.

Ricordandomi del mio precedente incontro con il reietto dell’Orda imprigionato nel bunker del Red Oasis, feci arrestare la marcia per una rapida ispezione.

Superai le armature atomiche e con la pistola puntata contro la grata, esaminai lo scolo sottostante. Lo scolo era parecchio profondo e la torcia del mio Pip-Boy non riusciva ad illuminarne il fondo. Udii i passi di un’armatura atomica. Grant si mise al mio fianco puntando anche lui il suo faro verso la grata.

-Non c’è nulla da temere Red. Queste piastre possono sorreggere i blindati pesanti e pesano ognuna più di cento chili.- Mi spigò il sottotenente.

In effetti quelle grate erano parecchio spesse. Con il tempo a nostro favore le avrei controllate più attentamente, ma viste le tempistiche era meglio continuare a camminare.

Feci segno agli altri e tornammo a camminare. Grant ed io restammo in testa al gruppo. In caso di pericolo avremmo pur sempre avuto il resto del gruppo a due passi dietro di noi. Anche uno dei due assaultron si mise in testa al gruppo con noi due.

-Scusami, è solo che non voglio correre rischi.-

-Tranquilla, conosco bene il peso delle responsabilità.-

-Hai idea di cosa possa essere stato a fare tutto questo?-

-No. In venticinque anni di servizio non ho mai visto nulla di simile. Il mio sospettato principale è un assaultron pesantemente modificato con l’inibitore di combattimento danneggiato.-

-Può darsi. Magari si è attivato accidentalmente. Questo però non spiega quella sostanza e la scomparsa dei due …-

SBAM.

Un forte boato dietro di noi mi fece quasi pisciare addosso. Schierammo tutte le armi in direzione dell’entrata e il caso vole che io mi ritrovassi nelle retrovie. Mentre cercavo di farmi largo tra i miei compagni questi arretravano lentamente. Anche loro erano spaventati. Ma quando arrivai davanti a tutti, non vidi nulla. C’era solo una sezione della grata che era stata sollevata e spostata di circa un metro. Anzi, direi che era stata scardinata.

-Avvio ricognizione.- Disse l’assaultron rimasto in coda.

Il robot si stava avvicinando allo scolo senza alcun timore.

-Che cosa è successo?- Chiesi a uno dei Rattlesnakes.

-Io … credo che Neil, il nostro marconista … sia sparito.- Non sembrava molto convinto.

-Credi? Spiegati soldato.-

-Neil ed io eravamo in coda. Lui si è fermato un attimo ad accendersi una sigaretta, appena dopo la grata. Io l’ho superato, ho camminato per un paio di metri e poi c’è stato quel colpo. Quando mi sono girato c’era solo il suo accendino.-

Mi accorsi che in effetti a pochi centimetri dal bordo dello scolo era rimasto un accendino. Intanto il robot era quasi arrivato nei pressi della grata.

-Linea difensiva.- Ordinai.

Tutti i soldati si schierarono formando un muro di armi pronte a scatenare l’Inferno. Bastava aspettare che l’assaultron stanasse il bastardo dalla sua tana.

Il robot si posizionò sul bordo e guardò in basso. In un breve lasso di tempo il laser all’interno della sua testa iniziò a caricare un potente fascio rosso di luce concentrata. Colpi come quello erano capaci di incenerire i soldati con le migliori corazze.

-Ingaggio bersaglio.- Disse il robot saltando nello scolo.

Si udirono colluttazioni, ruggiti e rumori di metallo in frantumi. Ma nessuno sparo. Non udimmo più neppure la carica del laser.

-Red? Che facciamo?- Mi chiese Lopez.

Anche lui sembrava intimorito da quella situazione.

-Fermi. Nessuno muova un muscolo.- Gli risposi sperando che il nemico facesse la sua mossa.

E così fu. Un paio di enormi manacce squamose si allungarono verso l’alto e i loro lunghi artigli si aggrapparono al bordo. Poi spuntarono due lunghe corna da demone, gli occhi gialli e le sue zanne affilate come rasoi. Quel mostruoso diavolo giurassico si erse sulle sue possenti zampe da rettile bipede, dandomi l’idea di non essere più in cima alla catena alimentare. Ne ebbi la conferma quando vidi il corpo mezzo mangiato del povero Neil penzolargli dalla bocca.

Il mostro ci fissava con i suoi orrendi occhi gialli da predatore. Forse, da come muoveva la testa, stava cercando di capire con esattezza cosa fossero tutte le luci che lo stavano accecando. Ma prima che quel mostro potesse fare la sua mossa, attivai il V.A.T.S..

Il sistema di puntamento assistito mi mostrò tutti i possibili bersagli. Testa, braccia, torso e gambe. L’unica che non potevo colpire era la coda, nascosta dietro alle gambe. Il rallentamento temporale mi permise di scegliere accuratamente i bersagli. Selezionai due volte la testa e quattro volte la gamba destra. I primi due colpi alla testa, oltre a fargli male, lo avrebbero disorientato e gli altri quattro lo avrebbero azzoppato.

La 10mm era un’arma piccola e quindi avrei potuto utilizzare più Punti Azione, ma in caso di ritirata o fuga a gambe elevate avrei preferito avere ancora energie. Già, perché ogni punto azione usato mi avrebbe fatto pompare il cuore come se fossi stata nel pieno di una corsa.

Scelti i miei bersagli, il V.A.T.S. fece il resto. Il primo colpo sfrecciò a pochi centimetri sopra la testa del mostro, mentre il secondo la centro in pieno. Peccato però che il proiettile non lo ferì più di tanto.

Oltre a mostrare il nome dei bersagli, il V.A.T.S. poteva mostrarne il livello di vita. E a differenza dei ghoul ferali, quel mostro doveva essere molto più resistente.

Ciò nonostante il colpo alla testa lo fece imbestialire. Anche se attutito dall’effetto rallenti, il suo possente ruggito mi fece rabbrividire.

Anche gli altri avevano aperto il fuoco. Finalmente il mostro iniziò a subire dei seri danni e prima che questo potesse caricarci, gli rifilai i restanti quattro proiettili nella gamba destra. Rimasi delusa nel vedere che i miei proiettili da 10mm gli avevano danneggiato solo il venticinque percento dell’arto.

Terminato il lavoro del V.A.T.S. tornai a vedere il mondo in tempo reale. Mentre i miei compagni scaricavano i caricatori, il mostro aveva lasciato cadere il corpo di Neil e iniziato ad avanzare. A causa del fuoco concentrato il rettile camminava a passo lento, ma più avanzava e più sembrava prendere velocità. Arrivato a circa nove metri da noi, lanciò un urlo così assordante da disorientarci e costringerci a tapparci le le orecchie con le mani.

Ad ogni modo il mostro aveva già subito troppi danni. Bastò un ultimo colpo per abbatterlo. Un raggio laser lo colpi dritto in testa, facendogli esplodere tutto al di sopra del naso. Gli schizzi di sangue e i movimenti riflessi resero quell’uccisione abbastanza macabra.

Quando tutti i presenti si ricomposero, l'abominio aveva già smesso di dimenarsi. Alcuni però continuarono a tenerlo sotto tiro.

-Buon appetito Wendigo del cazzo!- Imprecò Marion.

-Da cosa diavolo è mutato quel mostro?!- Chiese Amelia.

-Il V.A.T.S. non è riuscito ad identificarlo.- Gli informarli. -Credo di essere la prima ad usarlo su questo mostro.-

-Ha una pellaccia dura e squamosa. Le armi a media potenza lo hanno graffiato a malapena.- Fece notare Bud.

-Tanto aggressivo quanto forte. Neil non ha avuto scampo.- Disse uno dei Rattlesnakes.

-Già … abbiamo perso Neil.- Sottolineò Lopez amareggiato.

-Correte.- Disse Spectrum.

-Come?- Gli chiesi.

-Correte!- L’eyebot iniziò a volteggiare velocemente verso la fine del tunnel.

-Aspetta Doc!- Lo richiamò Bud.

L’eyebot si voltò verso di noi e si fermò.

-Che state aspettando?! Correte!- Era la prima volta che lo sentivo così spaventato.

-Perché?- Gli chiese Nick iniziando ad incamminarsi nella stessa direzione dello scienziato.

-Se quello è ciò che penso che sia, allora temo che a breve la sua famigliola verrà a farci visita!-

Sentendo le parole dello scienziato i membri del gruppo passarono dalla semplice corsa campestre allo scatto olimpionico. Ma prima che anch’io mettessi la quinta, mi accorsi che Lopez era andato da tutt’altra parte.

-CHE CAVOLO STAI FACENDO?!- Gli urlai dietro.

-DAMMI UN SECONDO!- Mi rispose lui.

Il soldato girò attorno al cadavere del mostro, stando attento che questo fosse morto. Lo vidi chinarsi sui resti di Neil e raccogliere qualcosa. Capii che si trattava delle piastrine identificative. Fui abbastanza generosa da aspettarlo e quando mi raggiunse, ebbi la conferma di cosa avesse recuperato.

-Muovi il culo Lopez. Spectrum dice che ne stanno per arrivare altri!- Gli dissi ricominciando a correre.

-E se ce ne sono altri tra noi e l’uscita?- Mi chiese il soldato.

DOOM.

Un forte tonfo proveniente dalla porta segreta a metà del corridoio confermò la teoria di Spectrum. Di mostri ce n'erano di più.

-Allora siamo già tutti morti!- Gli risposi secca.

Lopez ed io avevamo iniziato a correre come dei dannati. L’aver utilizzato il V.A.T.S. mi aveva parecchio stancata, ma i boati alle nostre spalle mi convinsero a correre sempre più veloce.

La distanza tra noi e il gruppo principale era ampia, ma il fatto che gli altri non avessero incontrato ancora resistenza mi confortava.

Arrivati alla porta numero cinque, intuii che dovevamo essere già a metà strada tra la porta segreta e quella all'hangar sei. Buon segno visto che alle nostre spalle udimmo prima un sinistro rumore di metallo stridente, poi seguito da un coro di ruggiti e ululati che mi fecero gelare il sangue.

-Sono riusciti ad alzare la porta!- Dissi cercando di nascondere la paura.

-Queste li rallenteranno.- Disse Lopez estraendo dal suo zaino due mine.

Gli ordigni erano armati con il plasma. A differenza di quelle a frammentazione queste generavano un’ondata incandescente di plasma verde capace di liquefare anche le corazze più solide.

Una volta attivate Lopez le lasciò cadere all’indietro senza neppure controllare il loro verso. Quelle mine di prossimità si sarebbero innescate non appena quelle cose si fossero avvicinate a loro.

Dopo cinque minuti di corsa, alle nostre spalle apparve un bagliore verdognolo, seguito da altri ruggiti.

-Cazzo, sono veloci.- Mi fece notare Lopez.

-Hai altre mine?- Gli chiesi.

-No!-

-Allora muovi il culo!-

Continuammo a correre ancor più veloci di prima. Se davanti a noi le luci dei nostri compagni mi davano la conferma che il resto del gruppo fosse arrivato fino in fondo, dall’altro lato iniziavo a sentire gli agghiaccianti passi dei nostri inseguitori.

Le loro enormi zampacce mi davano l’idea di averli ormai a meno di cinquanta metri da noi. Grossi e numerosi.

-Dio ti prego aiutaci.- Pregai nella mia testa.

-Copertura!-

A parlare fu l’ultimo degli assaultron. Il robot si era separato dal gruppo principale ed era accorso in nostro aiuto. Il caporale Earl doveva averlo mandato in nostro soccorso e per fortuna il robot aveva preparato il suo potente laser già da prima d’incontrarci. Avrebbe sicuramente fatto più danni rispetto al suo defunto compagno.

Il fascio di fotoni illuminò buona parte del corridoio e un altro urlo animalesco si fece sentire. Questo però fu più simile a quello di un animale ferito.

Fui abbastanza coraggiosa da voltarmi un attimo, ma non abbastanza fortunata da vedere i nostri inseguitori. Vidi soltanto l’assaultron scaricare i residui di energia accumulata su delle forme grandi e minacciose.

-Non ti fermare. Loro non si fermeranno.- Mi disse nuovamente quella voce.

Ero più che sicura, che a sentirla fossi stata solo io. Comunque non mi lasciai distrarre. La visita dallo psichiatra me la sarei prenotata più tardi.

Mentre il robot faceva tutto il possibile per trattenere il nemico, noi eravamo ormai prossimi a raggiungere l’ultima porta blindata. Riuscivo già a vedere Nick e gli altri che agitavano le mani.

-CORRETE! SBRIGATEVI!- Ci gridavano.

Mancavano solo trenta metri quando ricominciammo a sentire i forti tonfi del branco alle nostre spalle. Sembravano avvicinarsi più in fretta rispetto a prima.

-CORRI DANNAZIONE! CORRI!- Sbraitò Lopez indicandomi l’uscita.

L’enorme lastra di metallo della porta aveva iniziato a scendere. I miei compagni aveva saggiamente avviato la procedura di chiusura.

Concentrammo le nostre ultime energie nei restanti metri di corsa. La porta si stava per chiudere e a noi mancava pochissimo. Alle nostre spalle invece stavamo già sentendo il ritmico respiro delle tenebre. I nostri compagni ci coprirono con le loro armi e questo ci fece guadagnare altri secondi preziosi, nonostante le pallottole non fossero sufficienti.

Venticinque metri e un proiettile mi fischio vicino alla spalla.

Diciassette metri e per poco non mi sbilanciai.

Tredici metri e avvertii qualcosa sfrecciarmi a pochi centimetri dalla schiena. Forse una zampaccia.

Undici metri e qualcos'altro dietro di me urlò per il dolore.

Sette metri e alla porta mancavano solo cinquanta centimetri per chiudersi.

Tre metri e sia io che Lopez ci gettammo in avanti.

Un metro e scivolammo di pancia sotto la porta.

-AHHH!!!- Urlai terrorizzata.

Ero rimasta con un piede sotto la porta, ma con l'aiuto di Amelia e Nick riuscì a toglierlo prima che la porta me lo schiacciasse. Vista la scomodità del suo zaino, anche Lopez si era fatto aiutare.

Udimmo anche un forte stridio e guardando la porta ci accorgemmo che qualcosa la stava bloccando. Quattro enormi dita la separavano dal raggiungere il pavimento. Mi venne un colpo quando i motori della porta emisero un suono poco rassicurante e un altro quando la porta iniziò a risollevarsi.

-OH CAZZO!!!- Urlai preparandomi ad affrontare la morte.

Ma la morte non arrivò. Un altro fascio rosso ci accecò tutti e finì con il vaporizzare l’oblungo indice di quella mano squamosa. Con un altro urlo di sofferenza la bestia ritirò la mano, permettendo alla porta di chiudersi.

Io invece mi lasciai cadere sul pavimento di metallo, con il cuore ancora a mille e i muscoli delle gambe a pezzi.

-Portaci su!- Ordinò Marion.

Non riuscì a capire chi fosse stato a dare il ben servito al mostro, ne a vedere chi attivò i comandi, ma capii che ci trovavamo a bordo di un montacarichi, con due grossi ingranaggi ai lati che girando si arrampicavano lungo le guide nelle pareti della tromba.

-Red?! Stai bene?- Mi chiese Nick preoccupato.

Sentii le mano d’acciaio di Bud sollevarmi delicatamente la testa. La mia squadra e il resto del gruppo si erano radunati attorno a me e a Lopez dandoci assistenza.

-Volete un po di acqua?- Mi domandò Earl offrendomi la borraccia.

-O magari una Nuka Cola Quantum?- Propose Nick offrendomi una di quelle rarità bioluminescenti in bottiglia.

-No, quello che gli serve è un goccio del mio whisky fatto in casa.- Affermò Marion mostrando agli altri una fiaschetta d’argento.

Sembrava andarne particolarmente fiera.

-Gradisce un’iniezione di Psycho?- Mi chiese l’infermiera Brooks.

Spalancai gli occhi e fissai stupefatta la bionda. Anche gli altri erano rimasti abbastanza sconcertati.

-Che c’è? Ho la licenza per certi farmaci.- Si giustificò l’infermiera.

Lo Psycho era una droga a solo scopo militare per migliorare l'efficienza in combattimento. I soldati che ne facevano uso potevano accusare stati di irascibilità e diventare violenti, quindi il farne uso era diventato un argomento delicato.

Afferrai la bottiglia di Nick e me la scolai in un attimo, mentre Marion fece spallucce e bevve un goccio dalla sua fiaschetta. Già ai primi sorsi mi sentii rinvigorire e riprese le forze mi sedetti a gambe incrociate.

Guardandomi attorno vidi che Lopez era ancora a terra e gli ingranaggi del montacarichi continuavano a muoversi lentamente verso l’alto. La tromba era parecchio profonda.

-Lopez?-

-Sono qui Red. Ho solo bisogno di una pausa.-

-Come mai siete restati indietro?- Ci chiese Grant.

Lopez non sembrava molto propenso a spiegare le ragioni del nostro ritardo. Per quanto onorevole, l’aver rischiato le nostre due vite per le piastrine identificative di Neil lo avrebbe comunque messo in una situazione abbastanza scomoda.

-Lopez ha pensato di piazzare una mina a frammentazione per quei bastardi.- Mentii. -E a metà strada gliene ha lasciate due al plasma.-

-E già.- Confermò lui facendomi pugno.

-Ma da cosa sono mutati quei mostri?- Si chiese Nick.

-I deathclaw non sono mutanti. Sono stai creati.- Ci svelò Spectrum.

-Cosa?- Chiesi confusa.

Non era per fare scena Avevo veramente capito male.

-È da diversi anni che circolano voci su esperimenti di genetica e bioingegneria. Quello dei deathclaw è stato uno dei più grandi successi raggiunti dalla ricombinazione genetica.-

-Quelle cose gli ha creati il governo?- Chiesi scioccata.

-Si, armi viventi per gli scontri ravvicinati e le missioni cerca e distruggi. Non credevo che ci fossero riusciti per davvero. Tanto meno che ce ne fosse un intero branco in questa base.-

-Come hanno fatto a liberarsi? E ad aprire le porte blindate?- Chiese Bud.

-Blindatura in acciaio da una tonnellata. Blocchi di emergenza. Serrature magnetiche. Non saranno di certo il Blocco, ma restano comunque delle porte blindate.- Fece notare Nick.

-Neppure un robot sentinella MkII potrebbe sollevarle. Figuriamoci forzarne le serrature.- Aggiunse Earl.

-E Foster!? Era lui il comandante della base. Di sicuro lui sapeva di quei mostri.- Intuì Marion. -Ecco perché ha passato le autorizzazioni a Brooks.-

-Oh, uffa. E io che pensavo che lo avesse fatto per le mie qualità.- Disse amareggiata l’infermiera.

Da bravo galantuomo Nick le diede qualche pacca leggera sulla spalla.

-La bioingegneria non è il mio campo, ma credo che gli esemplari più evoluti siano abbastanza potenti da scardinare le serrature magnetiche o maciullare un’armatura atomica.-

-Si, ma … uno di quei cosi ci ha teso un’imboscata.- Fece notare uno dei piloti indiani.

-Ha aspettato di colpire l’ultimo in coda, invece di prendere me e Red.- Intervenne Grant.

-E io che ci sono stata sopra con la torcia.- Mi ricordai cercando di non svenire.

-Mi dispiace, ma fino a un’ora fa non credevo neppure che esistessero.- Si scusò Spectrum. -Senza i miei strumenti e l’accesso alla nostra banca dati non posso dirvi altro.-

-Tranquillo Doc. Quando torneremo alla base potrai studiarli in tutta tranquillità.- Affermai rimettendomi in piedi e raccogliendo l’artiglio mezzo incenerito. -Adesso raggiungiamo il bombardiere e filiamocela prima che la base precipiti.-

Finito il mio discorso, il montacarichi arrivò in cima alla tromba. Solo l’ennesima ed un’ultima porta blindata ci separava dall’hangar.

Lopez ebbe l’ultima parola.

-Ci vediamo bestiacce.- Disse sputando giù per la tromba.

DOOM. DOOM. DOOM.

Dal fondo della tromba qualcosa stava sbattendo con forza. Con molta forza. Quei deathclaw non si erano ancora arresi.

-Attenta giovane umana. Le tenebre stanno giungendo.-

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Capitolo 10
*** Il volo dell'Aquila ***


Il volo dell'Aquila

Un volatile da settecento tonnellate

 

 

27/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth dei Quattro Stati

Colorado/Contea di Las Animas/Base aerea di White Flat

Ore 12:49

 

37°38’58.52”N 104°28’59.94”O

 

Richiudemmo la porta per il montacarichi lasciandoci i boati alle spalle. Nick si mise a sigillare la porta e a bloccare gli ingranaggi con un cannello per saldature, ma ciò nonostante continuammo ad udire i deathclaw giù in fondo alla tromba dell’ascensore. Le due porte blindate gli avrebbero dovuti tenere a bada per un po' e molto probabilmente non sarebbero riusciti a salire.

L’hangar era identico a quelli di Fort Boise. Fabbricato in cemento armato e protetto da dei portoni scorrevoli a tenuta stagna in grado di bloccare le radiazioni. Il B-80 era un jet progettato per voli ad alta quota e per trasportare carichi di diverse tonnellate. Di norma centinaia di piccole testate tattiche, oppure ordigni nucleari da sei tonnellate. Era più piccolo del Liu H-15 cinese di Baatar, ma per quello che dovevamo fare andava più che bene. Qualcuno si era anche dilettato nel dipingere il nome dell'aereo sulla sua fiancata.

AQUILA ATOMICA.

-Tocca a voi piloti.- Dissi a Baatar e ai piloti indiani. -Tutti gli altri inizino a caricare.-

Prima di portar fuori il bombardiere, avremmo dovuto caricarlo con quante più provviste e risorse potessimo trasportare. Gli indiani avevano già accumulato tutte le attrezzature trovate nella base in quello stesso hangar. C’era solo l’imbarazzo della scelta.

Guardai la finestra delle missioni sul mio Pip-Boy. La missione principale aveva il solito obbiettivo e uno facoltativo. Evacuare la base e se possibile portare via una quantità accettabile di rifornimenti per il P1. Non capivo esattamente cosa intendesse il Pip-Boy per quantità accettabile, ma l’animazione della sottoscritta seduta sulla fiancata di un vertibird in volo riuscì a distrarmi un pochino.

-Ecco dov’erano i nostri ragazzoni!- Esultò Marion avvicinandosi ai due mezzi corazzati parcheggiati li vicino.

L’APC e il carro pesante erano l’ideale per spazzare via l’orda di ghoul che ci attendeva dietro quelle porte. L’APC era stato progettato per il trasporto truppe, ma i suoi due cannoncini da 40mm e la torretta da 70mm sarebbero stati perfetti per falcare i ghoul. In più le sue sei ruote motrici lo rendevano particolarmente veloce. Il carro armato era forse un po eccessivo con le sue due canne da 105mm e i quattro supporti per cingoli. Ciò nonostante la sua devastante potenza di fuoco ci avrebbe fatto comodo. In più la mitragliatrice leggera MG42 sulla torretta sarebbe stata ottima per il lavoro di precisione. C’era un motivo se quell’arma era sopravvissuta a più di un secolo di sviluppo bellico.

-Avete fatto un po di pratica con questi?- Chiesi.

-L’APC è facile da guidare e lo stesso vale per il carro. Sarebbe comunque meglio metterci qualcuno che lo conosce.-

-Per questo ci sono qui io.- Affermò Tony mentre guidava un muletto verso la rampa del bombardiere.

-Perfetto. Resta solo WOW …-

Rimasi impressionata nel vedere l’arma che Marion estrasse da una cassa nei pressi del banco da lavoro. Era un fucile di precisione lungo e di grosso calibro. L’arma doveva essere abbastanza pesante, ma la donna la maneggiava con pochi sforzi.

-Red, ti presento il mio bambinone. Fucile antimateria calibro cinquanta altamente modificato.-

-Perché antimateria?- Chiese Nick arrivandomi alle spalle con il cannello ancora in mano.

-Quest’arma può perforare materie belliche come mezzi con blindatura leggera e le strutture fortificate. Usarlo contro la carne umana sarebbe da considerare come crimine di guerra.-

-Che forza! Red non ne abbiamo alla base?- Mi chiese il meccanico.

-Circa una trentina di casse nel magazzino e più o meno dodici già nell’armeria.-

-Cosa!? E perché io non ne ho mai visto uno?-

-Perché sono troppo preziosi. Ma se farai il bravo vedrò di fartene avere uno.- Gli promisi con un tono da maestrina.

-Per adesso dammi una mano a portare queste casse a bordo.- Lo invitò Marion.

Mi voltai a dare un’occhiata per vedere come procedeva l’imbarco. La maggior parte del gruppo stava accumulando case di vario tipo su dei pallet che Tony avrebbe poi portato dentro la stiva attraverso la rampa sul retro del bombardiere.

Earl si stava dilettando nell’attivare tre protectron all’altro angolo dell’hangar. Li era anche presente un deposito ben custodito che di sicuro avremmo dovuto setacciare.

L’eyebot di Spectrum si stava passando il tempo con una visita turistica. Da come si stava muovendo doveva essere quasi fuori dalla portata del suo padrone.

Il Gutsy, non essendo progettato per lo spostamento delle casse, se ne stava fermo in disparte ad attendere di ricevere ordini più idonei alla sua programmazione.

L’infermiera Brooks invece stava trafficando con degli attrezzi a una postazione per armature atomiche vicina a noi. La postazione serviva per sostenere un telaio durante le procedure di riparazione e modifica delle armature. Li agganciato però c’era qualcosa di ben diverso da un telaio.

-Ehi Brooks!- La chiamai amichevolmente.

Avvicinandomi mi accorsi che quello nella postazione era un telaio estremamente modificato.

-Ciao Rocket. Volevo dire Red. Come va con le gambe?-

-Bene. Ormai non mi fanno più male. Questo che cos’è?- Le chiesi incuriosita.

-Oh, questa è … una cosuccia a cui sto lavorando da due anni.-

-L’hai fatto tu? Ti intendi di servomotori?-

-Beh, un pochino. Volevo creare un’armatura atomica leggera che garantisse agilità e una forza superiore alla norma, ma ho avuto dei problemi nell’assemblaggio.-

-Ma tu non sei un’infermiera?-

-In realtà sono anche sarta, segretaria, cuoca e ricercatrice. Nel tempo libero mi dedico alla lettura dei manuali della West Tek e ai collaudi del mio prototipo.-

-Direi che Foster si è trovato più di una semplice segretaria personale.- Pensai.

-Che tipo di problemi ha la tua armatura?- Le chiesi.

-Ho fabbricato a mano ogni singolo pezzo, rendendoli molto più leggeri e resistenti dei normali telai. L’accumulatore di nuclei a fusione ha un’autonomia massima di dodici ore e i servomotori sono pienamente funzionanti.-

-Ma?-

-Ma i comandi dei movimenti continuano ad essere disconnessi e non riesco a capire perché.-

L’infermiera tirò con un dito uno dei sensori nel braccio destro verso l’alto. L’arto si alzò di pochi centimetri, pensando che dentro di esso un vero braccio lo stesse guidando verso l’alto. Ma ad un certo punto il braccio vibrò e scatto di colpo verso il basso. Qualcosa di sicuro non andava.

-Vedi? Ormai non ho più tempo per lavoraci e trasportarlo senza un collaudo sarebbe troppo pericoloso. Per via dell’accumulatore.-

Mi dispiaceva vedere la povera Brooks così abbattuta. Si vedeva che ci teneva a quel progetto. Probabilmente aveva speso un sacco di soldi per i pezzi. Ma forse cerca qualcuno che la poteva aiutare.

-Ehi Nick! Brooks avrebbe bisogno di aiuto.-

Quando lo chiamai Nick stava aiutando Marion a caricare le casse di fucili su di un pallet. Nel sollevarle il meccanico aveva un’espressione simile a quelle di un malato di stitichezza. Marion al contrario riusciva a sollevarle senza troppi sforzi.

Il meccanico ci raggiunse dopo aver accatastato la sua prima ed ultima cassa.

-Ditemi!-

-Il prototipo di Brooks ha qualche problemino. Magari tu sai come risolverlo.-

-Caspita. L’hai costruito tu Trinity?- Le chiese il meccanico.

Già si davano del tu.

-Si. Però guarda.-

L’infermiera ripete la dimostrazione di prima e il braccio del telaio rifece lo stesso scherzo. Nick si gratto il mento ed esaminò il prototipo.

-Lo hai fatto tu? Intendo, tutto da sola?-

-Si. Ho fabbricato ogni singolo pezzo con una forgia. Sono tutti pezzi unici.-

-E hai usato un programma di sincronizzazione West Tek per telai?-

-Si.-

-Ecco. I programmi della West Tek si basano sui loro prodotti. Un telaio non costruito seguendo i loro progetti originali non sarà mai compatibile con i loro programmi.-

-Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?- Si chiese l’infermiera.

-Puoi fare qualcosa Nick?- Domandai.

-Basta solo effettuare una sincronizzazione manuale.-

-Ma ci vorrebbe una giornata intera.- Obbiettò Brooks.

-Tu trovami un terminale e in venti minuti faccio tutto.-

L’infermiera corse ad attivare un terminale nella parete dietro alla postazione. Nick la seguì e insieme iniziarono quella che probabilmente doveva essere la sincronizzazione manuale.

-Red! Vieni a vedere.- Mi chiamò Earl dal deposito.

Lasciai i due alle prese con il telaio. Sembravano parecchio presi dalla configurazione.

Il deposito era protetto da delle sbarre alte cinque metri che lo rendevano più simile ad una cella. Quando raggiunsi Earl trovai il portone aperto e i tre protectron fuori dalle loro stazioni di ricarica. Uno da ufficio e due aiuto cantiniere. Il primo aveva delle semplici pistole laser nelle mani robotiche, mentre i due da cantiere avevano delle tenaglie per lo spostamento dei grossi pesi. Avrei preferito trovarne almeno uno con le sparachiodi incorporate, oppure un guardiano con delle pistole laser più potenti. Ad ogni modo ci sarebbero stati sicuramente utili.

-Proteggere e servire.- Disse il robot da ufficio.

-Vi preghiamo di restare calmi e lontani durante le procedure di carico.- Mi avvisò uno dei due da cantiere.

Si, i protectron non erano famosi per la loro simpatia. Solo quelli programmati per essere più carismatici usavano toni meno aggressivi e freddi. La gente aveva perfino paura di quelli in dotazione alla polizia. Durante alcune rivolte in città americane, i protectron poliziotto avevano aperto il fuoco sui manifestanti senza mostrare alcuna pietà.

Evitai quindi di infastidire i tre robot ed entri nel deposito dal cancello. Il deposito celava un robot costruttore. L’ideale per il sollevamento di grossi carichi e la demolizione degli edifici. Già ai tempi dei miei stage avevo lavorato con quegli enormi robottini. Alti quattro metri, con sei zampe e due tenaglie pneumatiche che li rendevano simili a delle mantidi religiose. Attivarlo ci avrebbe permesso di caricare anche i container più pesanti.

-Che ne pensi?- Mi chiese Earl guardando il robot.

-Che ci farebbe comodo con le casse.- Gli risposi.

-No, guarda meglio.- Mi disse indicando il torace del robot.

Sulla placca di protezione era presente il marchio Vault-Tec.

-È della compagnia. E allora?-

-Potrebbe non rispondere ai nostri comandi. Magari obbedisce solo ai capi cantiere.- Suggerì Earl.

-Oppure farà esattamente quello che un Sorvegliante gli dirà di fare. Dai attivalo ed incrociamo le dita.-

Earl si avvicinò al robot, aprì il quadro dei comandi ed effettuò l’accensione. Per essere un semplice addetto alla robotica militare, se la sapeva cavare anche con le attrezzature industriali.

Il costruttore fece i suoi soliti rumori dovuti all’attivazione. Appena il suo visore binoculare si accese fummo illuminati dalla luce abbagliante dei suoi occhi. Seguì poi la prova delle zampe e delle tenaglie. Il robot era operativo.

-Operazione?- Chiese il robot con voce forte.

-Carico merci.- Gli risposi io.

-Carico merci registrato. Prestare attenzione.-

Il costruttore uscì spalancando del tutto il cancello. Il suo processore lo avrebbe guidato durante le operazioni, e in caso di correzioni sarebbe bastato dargli indicazioni più precise o modificare gli ordini.

Gli altri lasciarono che l’insettone si occupasse dei container, occupandosi invece delle casse più piccole e delle attrezzature trasportabili con il muletto.

-Vado a controllare cosa sta caricando.- Si offrì Earl.

Per quanto efficiente potesse essere, il costruttore avrebbe potuto caricare un intero carico di inutili incudini al posto di un container carico di celle alla microfusione.

Man mano che i pallet e i container venivano caricati, il Pip-Boy ne registrava il peso e il contenuto, anche senza che mi avvicinassi. Il suo sistema di analisi ambientale era davvero efficiente.

Finimmo di caricare l’aereo e assicurammo il carico con dei ganci. Facemmo entrare anche il costruttore. Non potendolo usare in combattimento lo avremmo portato con noi a Fort Boise. Avremmo potuto caricare anche altri due container, ma così facendo non ci sarebbe stato abbastanza spazio per gli altri superstiti. E poi avremmo potuto fare tranquillamente a meno di pentolame da cambusa e forniture da ufficio. A quei tempi.

-Venite tutti qui.- Dissi facendo segno agli altri.

Ci radunammo nei pressi della rampa di carico. Era arrivato il momento di uscire all’aria aperta. Mancavano solo Brooks e Nick. Stavano ancora lavorando al prototipo.

-Nick?-

-Dateci solo un secondo. Abbiamo quasi finito.- Ci informò l’infermiera.

-Va bene. Ora che abbiamo finito di caricare dobbiamo eliminare il gruppo di ghoul qui fuori.-

-Quanti potrebbero essere?- Chiese uno dei Coyote.

-Tanti. Arrivano al cancello e se finiscono dentro la recinzione non ne escono più.- Gli rispose Marion. -E fuori dalla recinzione ce ne saranno di sicuro altri.-

-Ecco perché manderemo i protectron in testa come esche e useremo i blindati per falciarli uno ad uno.-

-Come la mettiamo con i deathclaw?- Domandò Amelia.

-Se saremo fortunati ce ne andremo prima che si liberino. Se mai si libereranno.- Le rispose Spectrum.

-E se non lo saremmo?- Continuò Amelia.

-Allora vorrà dire che oltre ad essere dei bravi arrampicatori, saranno anche affamati. Ora che sanno della nostra presenza di sicuro proveranno ad uscire.-

-Quindi è meglio sbrigarci. C’è anche il problema del sottosuolo.- Gli ricordai.

-Non per spaventarvi, ma credo che da quando siamo partiti la piana si sia inclinata di circa undici gradi.- Ci informò Spectrum.

Quell’informazione però non aiutò. Guardandomi attorno potei constatare che bulloni e bossoli vuoti rotolavano in un’unica direzione. E anche bene.

-Cosa aspettiamo allora?- Chiese Nick sbucando dal nulla.

Il meccanico stava indossando il prototipo di telaio di Brooks. Era un telaio più piccolo di quelli normali e con meno componenti. Il congegno sulla schiena e i movimenti silenziosi lo rendevano parecchio interessante.

-Vi presento la prima esotuta da battaglia operativa!- Esultò l’infermiera Brooks. -Più veloce, agile e leggera di una normale armatura atomica.-

La presentazione lasciò tutti impressionati. Compresi i soldati in armatura atomica.

-Non avrà le corazze delle normali armature atomiche, ma in compenso è dannatamente comoda.- Fece notare Nick.

-Sta solo attento a non attivare il jetpack. Non ho avuto ancora modo di provarlo.- Lo pregò Brooks.

-Molto bene.- Tagliai corto. -Tony nel carro armato. Lopez e i Rattlesnakes dentro all'APC. Io e Nick staremo sul carro armato mentre Bud, Grant e i Coyote ci copriranno le spalle. Earl, Marion e Amelia staranno sul tetto dell’APC e spareranno ai solitari. Raggiungeremo i cancelli e a quel punto bloccheremo ogni possibile intrusione. Quando l'Aquila sarà fuori, Spectrum darà il via libera per i camion e a quel punto imbarcheremo i superstiti e ce la fileremo. Tutto chiaro?-

-Affermativo!- Mi risposero i soldati.

Ognuno raggiunse la sua postazione e i mezzi vennero portati davanti alle porte. Io e Nick eravamo in piedi sul carro con la mitragliatrice della torretta pronta all’uso, mentre i Rattlesnakes avevano già infilato le canne delle loro armi nelle feritoie laterali dell’APC. Gli sventurati protectron e il Gutsy vennero messi davanti a tutti, ignari dell’imminente pericolo. Al contrario i Coyote attendevano nelle retrovie il momento di scatenarsi. I piloti sembravano più concentrati nelle ultime procedure di preparazione al volo. Restava solo Spectrum che attendeva la fine dell’imminente battaglia rimanendo nei pressi dell’aereo.

-Scusate. Posso venire con voi?- Mi chiese l’infermiera.

Da brava sbadata che ero, avevo scordato l’infermiera.

-Brooks, preferirei che tu restassi a bordo dell’aereo con Baatar.- La pregai.

-No, posso aiutarvi. Guadate questa.-

La ragazza estrasse da una fondina nascosta dal camice una pistola. Una pistola che mi fece pensare ad uno scherzo.

-Una pistola ad acqua?- Chiesi vedendo l’imitazione della pistola laser dell’eroina immaginaria Nuka Girl.

-No questa spara davvero! L’ho costruita identica a quella di Nuka Girl. Ed è anche potente.-

-Wow che forza!- Si complimentò Nick.

-Non sta scherzando Red. È lei che ha dato il colpo di grazia al primo deathclaw e amputato il dito a quello che bloccava la porta.- Mi informò Marion da dentro la torretta.

-Oh, merda. È stata davvero lei?- Mi domandai.

Ci riflettei un secondo e presi la mia decisione.

-Va bene. Ma mi raccomando, fa attenzione.-

-Grande! Mille grazie comandante Earp.- Disse l’infermiera arrampicandosi sui cingoli del carro.

-Chiamami pure Red.- Le risposi aiutandola a salire.

-Allora tu puoi chiamarmi Trinity.-

Nick l’aiutò anche con la valigia.

-E questa?- Le chiese il meccanico.

-Tranquilli, è la mia valigia da viaggio. Dentro ho le mie cose e il materiale di primo soccorso.-

Avrei preferito che la lasciasse nell’aereo, ma l’infermiera sembrava decisa a tenersela. E poi non volevo fare la spacca palle.

-Apri!- Dissi facendo segno al pilota alla console di comando.

L’indiano azionò i comandi e le porte iniziarono a muoversi. Mentre il pilota andava verso il camion da traino, un vento carico di radiazioni entrò nell’hangar. Appena sentii il ticchettio del Pip-Boy provai a ripararmi dietro alla torretta, ma il vento continuava a farsi sentire.

-Prima non c’era tutto questo vento.- Si ricordò Nick.

-È una tempesta atomica!- Ci informò Marion. -Raffiche di vento potenti cariche di sabbia e cenere radioattiva.-

I blindati e i robot avanzarono comunque. Le radiazioni non erano un problema per i robot, come non lo erano per gli equipaggi dei mezzi con le corazze schermate.

-Gradireste del Rad-X?- Ci chiese Trinity.

Accettammo di buon grado la generosa offerta di medicinali. Prendemmo tutti e tre un pugno di pillole e le ingerimmo. Per un po di tempo i farmaci ci avrebbero difeso dalle radiazioni.

Man mano che andavamo avanti le raffiche di vento non sembravano affievolirsi. E quando finalmente arrivammo all’aperto, a malapena riuscimmo a vedere i protectron davanti a noi.

Il vento proveniente da ovest ci colpiva con forza sul fianco destro, facendo volare sabbia e a volte piccoli sassi. Uno di questi mi colpì l’elmetto, costringendomi a tenere ancora più giù la testa.

-FORSE DOVREMMO ENTRARE NEL CARRO.- Suggerì Nick cercando di sovrastare la tempesta.

-QUESTI CARRI HANNO UN SOLO POSTO!- Gli risposi.

Ma proprio in quello stesso istante, il vento svani completamente. La nebbia, spinta ancora dalle ultime folate di vento, cominciò a diraderai, e dal nulla, apparvero i ghoul.

Con la scarsa visibilità e il fragore della tempesta non ce n'eravamo accorti. E lo stesso valeva per loro.

Non fui capace di contarli tutti, ma a giudicare da ciò che vedevo, davanti a noi si estendeva una marea di ghoul. Tutti in un costante e perpetuo ondeggiare senza meta che li aveva portati fino a li.

Quando però la nebbia si diradò del tutto, anche loro si accorsero della nostra presenza. Centinaia di volti deformati, occhi accecati e bocche spalancate si voltarono verso di noi. In un attimo i ruggiti della folla ci investirono e tre protectron vennero praticamente sommersi. Solo il Gutsy riuscì a trattenerli per un po. I robot ci fecero guadagnare abbastanza tempo da poter scaricare un buon numero proiettili sui nemici.

Tony sparò in rapida successione sei granate anticarro e due proiettili al plasma al centro del branco. Seguirono poi i cannoni dell'APC e le nostre armi automatiche e a energia. Una sublime sinfonia di spari ed esplosioni.

Ciò nonostante, mentre le carcasse si ammucchiano e i nostri caricatori si scaricavano, la marea ghoul passò al contrattacco. Decine su decine di ghoul si abbatterono sui due blindati, mettendo a rischio la mia vita e quella di Nick e Trinity. L’APC non riuscì più neanche a muoversi, ma quello almeno aveva un tettuccio alto, mentre il carro armato continuava a spostarsi riducendo in poltiglia i ghoul morti o feriti. Alcuni riuscirono a salire sui propri compagni, arrivando così al pianale del carro e costringendo me e Trinity a salire sulla torretta. Mi ritrovai così a sparare con la mitragliatrice da seduta fornendo fuoco di copertura per Bud e i Coyote dietro di noi. Nick preferì rimanere in piedi sul pianale a schiacciare le braccia e a calciare le teste dei ghoul. L’esotuta gli dava abbastanza forza da tirare dei calci così potenti da decapitare i ghoul e far arrivare le loro teste a diversi metri di distanza. Al contrario Trinity usava la sua pistola da Nuka Girl per eliminare cinque o dieci nemici ad ogni colpo. Vedere quel giocattolo sparare un fascio laser potente come quello di un assaultron utilizzando una singola cella a microfusione per volta, mi aveva lasciata senza parole. E pensare che quando l’avevo vista per la prima volta non mi aveva dato l’impressione della super tecno guerriera. Mai giudicare un libro dalla copertina.

Dopo cinque buoni minuti la maggior parte dei ghoul aveva già tirato le cuoia. Esclusi quelli gambizzati, ne rimanevano meno di trenta. L’APC si era liberato abbastanza da potersi muovere e i soldati dietro di noi non erano stati neppure feriti.

Stavo scaricando l’ultimo nastro su di un ferale in procinto di caricare Bud, quando una ventata di radiazioni ci investi, dandomi una sensazione di bruciore abbastanza sgradevole alla pelle del viso.

-Per la miseria! Eliminiamolo!- Disse Trinity indicando un ghoul nel branco.

Il ghoul in questione era un soggetto davvero particolare. La sua palle verde acido emanava una luce bioluminescente che gli conferiva un aspetto oltre che raccapricciante, anche … radiativo.

Non persi un secondo ad analizzare l’anomalia. Gli scaricai addosso gli ultimi venti colpi, ma non furono sufficienti ad abbatterlo. Ne lui, ne gli altri cinquanta ghoul che si stavano rialzando intorno ad esso.

-Si stanno rialzando! Trinity?!-

-Le sue radiazioni rianimano quelli con ferite meno gravi. Dobbiamo eliminarlo!- Mi rispose l’infermiera sparando un altro colpo in direzione del bersaglio lucente.

Il laser incenerì solo i quattro ghoul davanti al resuscitatore.

-TONY!- Urali battendo sulla torretta. -TRENTA GRADI A DESTRA! UCCIDILI TUTTI!-

Senza ricevere alcuna risposta, la torretta iniziò a girare in direzione del nemico con me e Trinity ancora sopra di essa.

-MIRA A QUELLO LUMINOSO!- Specificò Trinity.

I due proiettili partirono in contemperano, riducendo in mille pezzi il ghoul luminoso e tutti i suoi amichetti. L’onda d’urto fu più potente dei proiettili precedenti e per poco non caddi.

Dopo essermi ricomposta potei constatare che la minaccia era stata ormai eliminata definitivamente. Bud e i Coyote avevano già abbattuto i ferali rimasti in disparte.

Scendemmo a terra e lasciammo andare i veicoli verso il checkpoint all’entrata della base. Iniziammo un lungo e sgradevole rastrellamento alla ricerca di possibili superstiti. Era orribile vedere tutti quegli innocenti trasformati in mostri e poi ridotti a brandelli dalle nostre armi. Il peggio fu quando vidi il corpicino di un bambino ghoul. Aveva ancora i capelli. Biondi come quelli di Trinity. E uno dei nostri proiettili gli aveva trapassato lo sterno, macchiandogli la maglietta e portandogli via la vita. Nel vederlo li da solo e abbandonata, mi vennero le lacrime agli occhi.

BAAM. Uno dei Coyote diede il colpo di grazia ad un ferale ancora in vita. Poi un altro e un altro ancora. E allora, tocco a me. Perché li vicino, a pochi metri da me e dal cadavere del ragazzino, il ghoul verde splendente era ancora vivo. Certo, gli era rimasto soltanto un braccio e l’unica cosa che gli riusciva bene era grugnire, ma era pur sempre vivo e il contatore geiger ne rivelava le radiazioni.

Avvicinandomi attirai la sua attenzione e subito cercò di avvicinarsi, nonostante il suo braccio non glielo permettesse. Mi fermai a poco meno di un metro da lui e gli puntai la pistola alla testa.

-Perdonateci.-

Il proiettile fece un lavoro pulito. Dritto nella fronte, senza schizzi e senza fuoriuscita.

L’operazione di bonifica era terminata. Restavano solo alcuni ferali sparsi lungo il perimetro esterno, ma a quelli ci stavano già pensando i blindati.

-Red?-

Trinity mi aveva messo una mano sulla spalla. Guardandola non vidi la biondina impacciata di prima. Vedevo anzi un’amica. Forte e pronta ad aiutare chiunque.

-Sono morti. Sono tutti morti.- Le dissi sconsolata.

-Non è colpa nostra. E sopratutto non è colpa tua.-

-Nessuno ne ha colpa.- Continuò Nick li vicino.

-E allora come mai queste persone sono finite così?- Gli chiesi indicando i cadaveri che ci circondavano.

Non ricevetti risposta. Sentii soltanto il suono ondulare di un eyebot in avvicinamento.

-D’ho il via libera Red?- Mi chiese Spectrum.

-Si. Di agli altri di partire.-

L’eyebot emise una serie di rumori anomali, si agitò e finì col guardarsi a torno. Terminata la sua funzione, Spectrum si era scollegato, lasciando il robot libero di volteggiare nei dintorni.

Demmo il segnale ai piloti e l’aereo venne trainato fuori dall’hangar. Il camion procedeva lento e questo ci diede abbastanza tempo per spostare i cadaveri dei ghoul. Fu abbastanza disdicevole, ma vedere le enormi ruote del jet schiacciare i cadaveri di quelle persone ci sarebbe rimasto sulla coscienza per il resto della vita. Un Coyote si occupò anche di un braccio mozzato e di due teste bruciate finite lontano dal mucchio.

L'Aquila Atomica arrivò finalmente in posizione e nel frattempo iniziammo ad intravedere i camion dei superstiti raggiungerci da sudest. Una dozzina di autobus e camion civili, più un paio di jeep.

-RED!- Mi chiamò Marion dalla torretta del carro armato.

Ordinai agli altri di imbarcarsi e raggiunsi il resto della squadra all’entrata della base. I due mezzi erano parcheggiati tra la torre di avvistamento e la guardiola. I Rattlesnakes si erano schierati fuori dall’APC, lasciando tre dei loro compagni ai cannoni del mezzo. Marion si era posizionata dietro alla torretta, con il fucile antimateria posizionato sopra ad essa. Al suo fianco Lootah si stava sistemando con il suo fucile a impulsi. Mi ero scordata che il cecchino indiano ci aveva preceduti tramite il tunnel di manutenzione che portava alla torre.

-Che succede?- Chiesi.

-Colonna di mezzi in avvicinamento.- Mi informò Marion.

-Nemici?-

-Le insegne sono quelle dell’Orda.-

Lootah mi passo un binocolo da campo, permettendomi così di vedere con i miei occhi i mezzi nemici. Venti mezzi militari e qualche civile modificati in svariati modi. Dall’APC con degli spuntoni ai lati fino al camion con il cofano ricoperto di ossa umane. C’era anche una Fusion Flea Supreme dipinta di rosso cremisi e due Pick-R-Up con delle mitragliatrici a canne rotanti montate sopra i tettucci.

-Tenetevi pronti!- Ordinai cambiando le munizioni alla MG42.

Mentre la colonna di mezzi si avvicinava, buttai un occhio dietro di noi. I camino erano stati parcheggiati dietro al bombardiere e i superstiti si stavano imbarcando tramite la rampa di carico. Tornai a guardare il convoglio nemico quanto la torretta roteò di qualche grado in direzione dei mezzi.

-Cosa ti è rimasto soldato?- Chiese Marion aprendo il portello del carro.

-Una al plasma, tre anticarro e due normali.- Gli rispose Tony.

-Tutto qui?!- Chiesi.

-Tagli al budget.- Mi rispose Marion sarcasticamente.

La foschia tornò a coprirci con un manto abbastanza leggero da nasconderci per gli ultimi cinquanta metri, ma senza impedirci di vedere l’Orda.

-Appena rallentano o aprono il fuoco noi li freddiamo!- Ordinai.

I blindati erano arrivati a soli duecento metri da noi quando si fermarono. Non potevamo sapere il motivo di quella loro sosta, ma il rischio era comunque troppo alto.

-Red?- Mi chiese Marion.

-Fuoco!-

I proiettili esplosivi andarono tutti a segno. Uno degli APC venne fuso quasi del tutto dalla granata al plasma. Metà dei camion della prima fila vennero fatti esplodere, ma il bello fu quando i loro motori a benzina e a fusione esplosero. Vidi anche la carrozzeria della Flea volare otto metri in aria come una cometa in fiamme e poi schiantarsi al suolo. Uno spettacolo di fiamme e bagliori accecanti al cui interno nulla poteva sopravvivere. Esclusi i sette veicoli che ne uscirono praticamente illesi.

Tre APC, tre camion e uno dei due Pick-R-Up senza il mitragliere uscirono da quel casino di fiamme e rottami ardenti. E noi continuammo a sparare, anche quando si ritirarono veloci come saette.

-Cessate il fuoco.- Ordinai.

Quelle carogne erano quasi sparite nella foschia quando gli spari finirono. Dietro di loro lasciarono soltanto nuvole di polvere e i resti dei loro compagni.

-FOTTETEVI!- Esultò un Rattlesnakes.

-CORRETE BASTARDI!- Continuò Marion.

L’aver respinto l’Orda fu una vittoria di grande impatto sul nostro umore. Quei predoni avevano fatto la loro scelta. I ferali, no.

-Red, alla radio c’è Baatar. Dice che stanno aspettando solo noi.- Mi informò Amelia.

-Perfetto. Torniamo all'aereo e …-

Una raffica di proiettili sbucata dal nulla colpì la strada del checkpoint. La scia di proiettili arrivò fino al carro armato con noi sopra. Non ebbi neppure il tempo di accorgermi del proiettile che mi colpì di traverso al torace.

Rovinai a terra con il sangue che mi usciva dal petto e la sensazione di aver preso un brutto calcio poco sotto la spalla. Non riuscii a parlare, ma vidi i Rattlesnakes ripararsi dentro all'APC. Lootah e Marion saltarono giù dal carro e mi trascinarono dietro ad esso. Mi accorsi che anche Lootah era stato colpito. Aveva un grosso foro nella gamba destra, dal quale fuoriusciva parecchio sangue.

-Mettetevi … riparo!- Provai a dire.

-Aspetta Red. Ti d’ho due stimpak.- Disse Marion estraendo dalla cintura tre siringhe di farmaci.

Ne iniettò due a me e una a Lootah. In breve tempo la galleria scavatasi nel mio petto si richiuse. Le piastrine ripararono le cellule danneggiate e gli antidolorifici mi fecero passare da morente a sana come un pesce in un baleno. Fu quasi piacevole.

-Meglio?- Mi chiese Marion.

Tirai un lungo sospiro e gli mostrai il pollice all’insù.

-AEREI IN ARRIVO!- Urlò qualcuno.

Marion e Lootah alzarono lentamente la testa e guardarono sopra la copertura del carro.

-Ci pensiamo noi.- Disse Marion appoggiando il fucile antimateria sopra al carro armato.

Lootah fece lo stesso con l’arma ad impulsi. Io raccolsi invece il binocolo di prima e guardai anch’io verso il cielo.

-Dannazione!- Dissi tra me e me quando mi accorsi che una delle due lenti era rotta.

In lontananza tre vertibird stavano volando verso di noi. Erano più o meno a ottocento metri da terra e molto veloci.

-Hanno anche loro i vertibird!- Notò uno dei Rattlesnakes.

-Hanno degli esplosivi.- Continuò Lootah.

Guardando le fiancate del vertibird al centro della formazione, mi accorsi che il convertiplano era armato con due lanciamissili. Uno per fiancata.

-Lootah, tu quello a destra. Io penso a quello al centro e al suo amichetto sulla sinistra.-

-Sicura?-

-Sicura. Se manco il secondo aiutami.-

-Aspettiamo la picchiata?-

-Aspetta il mio segnale.-

Continuai a guardare i vertibird avvicinarsi, buttando di tanto in tanto un occhio ai due tiratori. I Rattlesnakes erano al riparo dentro all’APC e gli altri ancora dentro al carro armato. Tutto ciò che potevamo fare era aspettare che Marion e Lootah ci liberassero degli uccellacci.

-Arrivano.- Disse Lootah a bassa voce.

I vertibird si erano inclinati verso di noi. Era certo che volessero finire il lavoro del loro amico e pareggiare i conti.

-Pronto?- Chiese Marion.

-Quando vuoi.- Gli rispose Lootah.

Marion aspettò ancora pochi secondi. E poi sparò. Prima un colpo diretto al vertibird al centro. Poi toccò a Lootah che ne sparò due. E per finire, Marion sparò gli ultimi tre colpi nel caricatore verso il vertibird a sinistra.

Tutti i colpi andarono a segno. Il vertibird a destra si spense completamente, mentre quello al centro della formazione ebbe un’esplosione interna. Non capii esattamente come, ma il primo proiettile di Marion, oltre ad aver trapassato il vetro della cabina, aveva causato un’esplosione interna. Quello a sinistra invece non subì alcun danno. Gli ultimi tre proiettili di Marion non riuscirono neppure a trapassarne le feritoie e la sua traiettoria non mutò. Almeno fino a quando il vertibird al centro, privato dei piloti, non gli frantumò le eliche con la sua fiancata.

-Questo si che è sparare!- Mi complimentai.

-Il mio split migliore.- Disse Marion ammirando il suo tiro.

Anche i Rattlesnakes esultarono vedendo lo scontro tra i due apparecchi.

I tre velivoli continuarono la loro picchiata per qualche secondo, per poi schiantarsi in tre diversi punti al suolo. Le tre esplosioni generate dagli schianti crearono una potente onda d’urto, che fece volare macerie in fiamme e tremare la terra sotto di noi. Ci volle qualche secondo, ma alla fine potemmo uscire allo scoperto senza bruciarci la pelle.

La strada era scomparsa e al suo posto si ergeva un muro di fuoco. Quasi mi dispiaceva per quei poveri bastardi.

-Ok. Torniamo all’aereo.- Ordinai.

Mentre i Rattlesnakes tornavano all’APC, io e i due tiratori risalimmo sul carro armato.

-Retro front, Tony.- Ordinò Marion.

A quel punto però, avvertimmo un’altra vibrazione. Una scossa.

-Lo sentite anche voi?- Chiesi.

-Non siamo noi. Il motore è al minimo.- Ci informò Tony.

Mi guardai attorno alla ricerca della causa di quelle vibrazioni, ma l’unica cosa che riuscii a vedere fu … una ragnatela di crepe avanzare rapidamente verso di noi. La terra si stava spaccando.

-VAI IN RETRO MARCIA TONY!- Urlai.

Il soldato ingranò subito la retromarcia, ma il crollo del terreno era troppo veloce. Non riuscimmo a fare cinque metri che le crepe raggiunsero i cingoli.

-TUTTI FUORI!- Gridò Marion quando il carro armato iniziò a sprofondare.

In un baleno saltammo tutti giù e ci radunammo il più lontano possibile dal crollo. Fu assurdo vedere che alla fine la spaccatura generatasi non fu tanto devastante. I cedimenti si arrestarono e il terreno sprofondo solo di pochi metri. In alcuni punti non più di due metri, e in altri quasi di dieci metri. Tipo quello dove era finito il nostro mezzo. Ma almeno noi eravamo usciti appena in tempo e l’APC era stato abbastanza veloce da mettersi ad una distanza di sicurezza.

-E adesso?- Chiese Earl.

-Chiama Baatar e digli di decollare.- Dissi indicando Amelia.

-Ricevuto.-

-E fai arrivare uno dei vertibird. Dobbiamo andarcene il prima possibile.-

Ci riunimmo con i Rattlesnakes in attesa del recupero e ammirammo il decollo del possente aereo ai margini della base. L'Aquila Atomica era già in volo quando arrivarono il V1 e il V2. A pilotare il V2 doveva esserci Spectrum. Mi stupì invece vedere il generale Foster al portello del V1. Avevo pensato che il generale fosse già salito sull’Aquila. Invece il vecchio stronzo era li, a farci segno di salire. O meglio, a far segno a Trinity di salire.

Quando i portelli laterali delle stive si aprirono scattammo verso i velivoli. Mancava davvero poco alla salvezza, ma quel giorno era destinato ad andare storto.

Due proiettili di cannone vennero sparati verso di noi. Uno rimbalzò sulla corazza curva del V2 e l'altro ci colpì a pochi passi di distanza. L’esplosione ci scaraventò per terra, ferendo Lopez alla spalla e uccidendo uno dei suoi. Appena la testa finì di ronzarmi, vidi Marion iniettare uno stimpak nella spalla ferita di Lopez e i vertibird decollare. Saggia scelta, visto che un’altra cannonata li avrebbe potuti prendere in pieno. Peccato che io, Lopez, Marion, Lootah e il soldato defunto eravamo rimasti a terra.

-TORNIAMO AL BLINDATO!- Urlai cercando di sovrastare i rotori dell’apparecchio.

Aiutai Marion a portare Lopez verso l’APC, mentre Lootah recuperò l’arma e le piastrine del soldato morto. Nell’arrivare al blindato non ricevemmo altri attacchi. Forse i cannonieri avevano pensato che al suolo non ci fosse rimasto nessun altro.

-Vado ai comandi. Dove andiamo?- Chiese Lopez sistemandosi sul sedile del guidatore.

-Torniamo al centro di controllo. Non abbiamo altra scelta.- Gli risposi.

Mentre il mezzo svoltava per tornare indietro, Marion e Lootah si posizionarono con i fucili alla rampa posteriore del mezzo e io mi sistemai al posto del cannoniere. I comandi erano progettati in modo da permettere ai soldati meno competenti un facile utilizzo. Mi bastò selezionare il cannone principale e farlo girare con la manopola di comando.

-Qual’è il piano?- Mi chiese Marion dal retro del mezzo.

-Allontanarci il più possibile da quei maniaci e sperare che Isaac ci trovi.- Gli risposi franca.

Le feritoie frontali del mezzo erano ottime per guidare, ma per sparare era meglio il sistema di puntamento. Con quello potevo guardare in tutte le direzioni. Specialmente da dove fino a poco fa si ergeva il checkpoint. Ero sicura che le cannonate provenissero dai superstiti del convoglio nemico.

Ne ebbi la conferma quando quegli scassa palle uscirono dalle fiamme dei vertibird e oltrepassarono la zona dei crolli. Peccato che il terreno non fosse sprofondato di più.

-NEMICI A ORE SEI.- Dissi ad alta voce.

-Li vediamo.- Confermò Lootah.

I due pelle rossa aprirono il fuoco e io gli seguii a ruota. Il cannone semiautomatico sparava una media di quattordici colpi al minuto. Solo che a me ne rimanevano sei e i nemici erano sette.

Mirai al mezzo più vicino e sparai. Il proiettile sarebbe dovuto esplodere all’impatto, ma colpendo l’APC di striscio finì col fare cilecca. Marion invece ebbe più fortuna con il fucile antimateria. Sparò un colpo dritto al motore di uno dei camion. L’esplosione fu simile a quella creatasi a bordo del vertibird armato di lanciamissili.

-Proiettili esplosivi.- Supposi.

Non si poteva dire lo stesso di Lootah. Dal rumore dei suoi spari, stava sicuramente usando il fucile d’ordinanza del soldato morto.

-LOOTAH SPEGNILI CON IL TUO FUCILE.- Gli consigliai sparando un altro colpo che andò a finire all’orizzonte. -Merda!-

-Non posso più usarlo, è scarico. Tu piuttosto mira meglio.-

-Vorrei farlo, ma quest'affare non è preciso.-

Lo stesso valeva per i cannoni degli APC inseguitori, che da quella distanza e in movimento costante non riuscivano a prendere bene la mira. Il blindato in testa però ci mancò di molto poco.

Lo presi nuovamente di mira e dopo aver aspettato il momento giusto sparai. Il proiettile colpì il cannoncino destro del mezzo, distruggendo l’arma, il sistema di puntamento e molto probabilmente uccidendo l’artigliere seduto appena dietro. Un colpo molto fortunato, che rese l’APC inoffensivo.

Continuai a tenere sott’occhio i nostri inseguitori, i quali si limitavano a seguirci e a non sparare. Forse risparmiavano le munizioni per quando saremmo arrivati alla fine della pista.

Arrivati nei pressi dell’hangar da cui eravamo usciti Lopez guidò il blindato tra l’edificio e il mucchio di ferali abbattuti. Quando toccò ai piloti nemici, questi se ne fregarono e passarono sopra alle spoglie. Uno guidò apposta il suo camion su uno dei mucchi di cadaveri più grandi, maciullando i resti di quegli innocenti già deturpati.

-Figlio di puttana.- Mi dissi.

-Correte umani, Karugh si è liberato.- Sentii nella mia testa.

-Cosa?- Ci chiedemmo reciprocamente io e Lopez.

-L’hai sentito anche tu?- Mi chiese Lopez.

-L’avevo già sentito nel tunnel. Non me lo sono immaginata allora.-

-HEY, RAGAZZI. L’AVETE SENTITO?- Chiese Lopez ai due tiratori.

-RED GUARDA DIETRO!!!- Urlò Marion spaventata.

Tornai a guardare le retrovie con il sistema di puntamento, e quello che vidi … mi terrorizzò.

Li per li, pensai di avere le allucinazioni o che i visori fossero malfunzionamenti, ma quello che avevo inquadrato era un deathclaw. E non uno come quello di prima. Uno alto sei o sette metri e veloce come il vento.

-DA DOVE CAVOLO VIENE QUELLO?!- Chiesi sgomentata.

-Lo abbiamo visto uscire dall’hangar dell’Aquila. Deve essere uscito dal tunnel.- Mi rispose Lootah.

Lui non sembrava molto spaventato.

-Cosa facciamo Red!?- Mi chiese Lopez.

Lui si che era spaventato.

-Portaci il più velocemente possibile alla fine della pista, mentre noi teniamo lontana quella cosa!-

L’inseguimento era diventato una fuga disperata, nella quale l’Orda si ritrovò svantaggiata. Il primo mezzo a cadere nelle grinfie del mostro fu un camion in coda al gruppo. Il deathclaw lo sollevò dal retro, senza smettere di correre, e lo fece ribaltare facendo volare fuori dal cassone un paio di figure. Era sicuramente più forte dei suoi fratellini.

A quel punto i predoni, accorti della nuova minaccia, aprirono il fuco contro il mostro.

Il deathclaw tornò alla carica ribaltando di lato un altro camion. Poi toccò a uno degli APC. Che fosse intelligente o solo fortunato, non mi fu dato saperlo, quell’ammasso di muscoli e scaglie tirò una spallata all’APC sulla fiancata destra. Il mezzo rotolò in diagonale finendo con lo schiantarsi contro uno degli hangar.

I predoni spararono a più non posso contro il mostro, ma l’unico che riuscì a causare un certo danno fu il cannone principale dell’APC rimasto funzionate. Il proiettile però non fece molti danni. Riuscì solo a far infuriare ancor di più il bestione, che carico di rabbia lanciò un ruggito abnorme.

Finalmente i mezzi dell’Orda si ritirarono svoltando bruscamente alla loro destra, ma senza smettere di ingaggiare il nemico. I due ultimi APC e il camion rimasto illeso si allontanarono a gran velocità, mentre il Pick-R-Up con la mitragliatrice continuò a correre vicino agli hangar e a bersagliare il deathclaw con i suoi proiettili traccianti.

Il deathclaw, stanco di subire il fuco del mitragliere, scatto a quattro zampe verso il veicolo e in un attimo fu sopra al mitragliere. Le enormi fauci catturarono il predone, affondando i canini nel suo torace e strappandolo dalla sua postazione. Il deathclaw spicco anche un balzo notevole che lo fece atterrare sopra all’abitacolo monoposto del Pick-R-Up. Il veicolo non esplose, ma il conducente rimase sicuramente schiacciato.

-Ragazzi siamo sopra di voi.- Disse Isaac alla radio.

E in quel momento udimmo il suono ritmico dei rotori del V1.

-Isaac, ci serve aiuto.- Disse Lopez impugnando il microfono della radio.

-Lo vedo. Salite sul tettuccio e saltate dentro alla mia stiva.-

Quella di stare sopra ad un APC in piena corsa e saltare dentro un velivolo in volo non mi sembrava una soluzione facile o sicura, ma era sempre meglio che fermarsi e discutere con il nostro inseguitore.

-LOOTAH, MARION. RIUSCITE A SALIRE SOPRA AL APC?- Chiesi.

-SI ABBIAMO SENTITO. MA TU NON SPARARE MENTRE SIAMO VICINI AL CANNONE.- Mi rispose Lootah.

I due indiani si misero le armi a tracolla e uscirono dal boccaporto sopra me e Lopez.

Vidi Marion e Lootah in piedi sul tettuccio tramite il visore di puntamento. Poi girai il cannone a destra per vedere il V1 volare a meno di due metri dall’APC, con il portellone della stiva già aperto. Isaac doveva essere pazzo a volare in quelle condizioni. Un minimo errore avrebbe potuto ucciderci tutti.

Il primo a saltare fu Lootah, che a sua volta aiutò Marion quando fu il suo turno. Restavano due persone da salvare.

-Tocca a noi.- Dissi a Lopez.

-Dammi un secondo che blocco i comandi.-

Tornai a girare la torretta del cannone per guardare il deathclaw mastodontico dietro di noi e notai che era più vicino di prima. Gli sparai gli ultimi proiettili, ma solo due lo colpirono. E non lo fecero rallentare di molto.

-Muoviamoci!- Affermò Lopez dopo aver bloccato l'acceleratore con il suo elmetto.

Saliti sul tetto dovemmo coprirci gli occhi. L’aria era tornata densa di pulviscolo e il getto delle eliche del V1 rendevano il tutto più difficile.

-Sbrigatevi! Tra poco la pista finisce.- Ci ricordò Isaac tramite l'altoparlante del V1.

Lopez saltò senza alcuna esitazione. Forse avrebbe dovuto fare meglio i calcoli, visto il suo pessimo atterraggio nella stiva. Per fortuna Marion e Lootah erano li ad aiutarlo.

Io mi presi un paio di secondi per calcolare meglio la traiettoria. Controllai i movimenti del vertibird. Studiai la velocità del vento.

-ATTENZIONE!- Gridò Isaac attraverso l’altoparlante.

Il vertibird si distaccò di colpo e una raffica di proiettili traccianti passò tra i due mezzi. Un dannato stingray sfrecciò sopra alle nostre teste, rendendo ancora più difficile il recupero. Il piccolo jet militare era veloce e ben armato. Anche un pilota esperto come Isaac a bordo di un vertibird d'élite era in guai seri quando una di quelle cose era sulle sue tracce.

Mi guardai a torno cercando un modo per eliminare il velivolo nemico, ma l’unica cosa che vidi fu la fine della pista ormai prossima e il deathclaw altrettanto vicino. Se fossi rimasta sull’APC sarei caduta nella voragine e se fossi scesa prima sarei stata sbranata. E il tempo per pensare stava per finire.

-AFFERRALO ROCKET!-

Senza che me ne accorgessi il V1 era finito a una decina di metri sopra alla mia testa, e dal vano sotto alla stiva era stato fatto scendere un cavo.

-Il cavo di carico.- Mi tornò in mente.

Allungai disperatamente le mani nel tentativo di prendere il gancio del cavo, che nel frattempo ondeggiava di qua e di là.

Dopo un paio di tentativi riuscii ad agguantarlo e in un baleno me lo agganciai alla cintura. Quattro secondi più tardi, l’APC si inclinò bruscamente e sotto i piedi non mi restò più nulla. Ebbi comunque il tempo di fare gli ultimi saluti.

-CI VEDIAMO CORNUTO!- Dissi al deathclaw facendogli un gestaccio.

Il mostro rallentò di colpo e io potei gustarmi il suo sguardo abbattuto nel vedermi volare via. Subito dopo precipitai.

La forza di accelerazione, mischiata con la sensazione di cadere, mi tolse tutta l’aria dai polmoni. Non riuscii neppure ad urlare. Il gancio mi trascinò nelle viscere della terra e per poco non mi spezzo in due.

Nella caduta non riuscii a focalizzare bene gli eventi, ma riconobbi il V1 volare in picchiata verso il basso. La picchiata durò parecchio e quando finalmente ebbe fine, potei esprimere le mie emozioni.

-ISAAC … PORCA DI QUELLA … STAI … ?- Urali disperata.

La coltre di polvere nella voragine era molto più densa rispetto a quella in superficie, ma i proiettili che mi raggiunsero da dietro erano comunque facili da notare. Lo stingray si era messo in coda e Isaac aveva scelto di ripararsi nel canyon a mezza luna che ormai aveva circondato la base. Chi sa quale fra i due era il più folle?

Il V1 sfrecciò attraverso le pareti di roccia e lo stingray continuò a bersagliarlo con raffiche brevi. Ne dedussi che fosse stato lui a colpirci all’entrata della base.

-FATTI UN CAZZO DI GIRO BASTARDO!!!- Gli urlai sentendo i suoi proiettili sfrecciarmi vicini.

Più il vertibird avanzava, più la gola si restringeva. Isaac era a corto di idee, e il suo avversario aveva ancora un asso nella manica.

Il piccolo jet lanciò sei missili aria-aria verso di noi. I missili erano veloci, ma Isaac era altrettanto scaltro. Il pilota portò prima il vertibird in alto e poi effettuò una mirabolante tripla piroetta che disorientò i sistemi di guida dei missili. Inutile dire che la sottoscritta ne rimase parecchio scossa, ma le manovre evasive di Isaac funzionarono. I missili non ci colpirono e finirono contro parete sinistra. Proprio quella che con fatica sorreggeva la base.

Le esplosioni furono seguite da un fracasso assordante e prima che potessi accorgermi di ciò che stava per accadere, la parete si sbriciolò. Pezzi di roccia caddero da per tutto e per poco uno non mi colpì in testa. Il V1 si impennò di colpo e lo stingray fece lo stesso.

Mentre risalimmo in superficie un’enorme costone di roccia ci sfiorò. Al contrari lo stingray non fu così fortunato. Il frammento lo colpì in pieno, sbriciolando il suo telaio e facendo esplodere il motore a fusione. L’esplosione che ne scaturì non fu nulla di speciale rispetto a quello che ne seguì.

Ancor prima di raggiungere la superficie, White Flat collassò. L‘intera piana di granito sprofondo di diverse centinaia di metri nel sotto suolo. L’energia sismica provocata da quel disastro fu un vero cataclisma. La pista si spezzo in vari punti, gli hangar si divisero tra di loro e il centro del controllo aereo crollò in mille pezzi. Uno spettacolo terrificante.

Solo quando il V1 tornò in volo stazionario il cavo venne riavvolto. Finalmente potei salire a bordo, così da poter strangolare Isaac con le mie stesse mani.

Arrivata nella stiva gli altri mi aiutarono a sganciarmi, ma le loro facce erano diverse da quelle di chi era appena sfuggito alla morte. Marion mi fece segno di non parlare e poi mi indicò il portello che separava la stiva dalla cabina. Ci avvicinammo al portello e Marion lo aprì molto lentamente.

-Ora che il vostro patetico tentativo di salvare il vostro ex comandante è fallito assumo io il comando.- Disse il generale Foster. -Per prima cosa, mi dia la sua valigia infermiera Brooks.-

Alzai la testa attraverso il portello. Vidi Isaac e Nick seduti ai posti di guida e il generale intento nel puntare una 10mm contro Trinity. La ragazza teneva tra le braccia la sua preziosa valigia e da come la stringeva non sembrava intenzionata a lasciarla.

-Piano bello.- Lo avvertì Nick.

-Se uno solo di voi prova a interferire la ammazzo!- Li minacciò il generale.

Il generale mi stava dando le spalle, Trinity era appoggiata con la schiena contro il portello di destra e gli “scagnozzi” di Foster non erano presenti. Con un po di astuzia e un pizzico di furtività sarei riuscita a fare qualcosa.

-Infermiera mi dia la valigia!- Ordinò Foster.

-Cosa ne vuole fare? Dentro ci sono le mie cose.- Spiegò Trinty.

-E anche il set da barba che le avevo ordinato di portare con sé.-

-Ma è stato lei che mi ha ordinato di metterlo in valigia.-

-Si, ma ora devo sbarazzarmene. Quindi mi dia quella valigia!-

Mentre strisciavo alle spalle del generale, Trinity continuava a tenersi stretta la valigia. Nick si accorse della mia presenza, ma fu abbastanza furbo da non tradirmi.

-La prego. Dentro ci sono le mie cose. Se mi desse almeno il temo di ...-

-NON HO TEMPO! Devo liberarmi dei dati prima che finiscano nelle mani sbagliate. E ora mi dia quella VALIGETTA!-

Ero quasi arrivata abbastanza vicina al generale da potergli fracassare la testa con il calcio della mia pistola, quando questo perse la pazienza e si gettò su Trinity.

Il generale cercò di strappare alla giovane infermiera il suo bagaglio, ma questa continuava a non mollarlo. Nick e Isaac si ripararono dietro agli schienali, visto che la 10mm del generale volteggiò minacciosamente verso di loro.

Stavo per partire all'attacco, quando Foster tirò la maniglia del portello e aprendolo scaraventò Trinty giù dal vertibird. La ragazza scomparve in un attimo, portando con se la valigia e quel poco di aria pulita nella cabina.

-DANNATO PENDEJO!- Urlò Nick scattando dal sedile del copilota.

Il generale era rimasto a guardare la sua vittima precipitare dal portello, dando così al meccanico un'occasione per attaccare.

Nick lo afferrò ad una spalla con il guanto meccanico della sua tuta e dopo averlo scaraventato contro la paratia di sinistra si getto anche lui fuori dal portello.

-NICK!- Urlai scavalcando il generale rimasto a terra e affacciandomi al vuoto.

Ma anche Nick era sparito. E a quella quota le coltri di polvere erano troppo fitte.

Trinity era precipitata nel vuoto nel tentativo di proteggere tutto ciò che le era rimasto e Nick l’aveva seguita in un istante. In un attimo avevo perso il mio amico d’infanzia e una possibile aggiunta alla squadra. Un’ottima possibile aggiunta.

-Dannato messicano.- Mugugnò Foster alle mie spalle.

Ne avevo le scatole piene di quel fascista di alto rango e dei suoi modi. Mi voltai, feci tre passi, gli premetti lo stivale sullo sterno per tenerlo giù ed impugnai ancora più saldamente la mia pistola.

-HAI UCCISO IL MIO AMICO!-

-Ho bisogno di un …- Il generale si interruppe quando la canna della pistola lo colpii sulla mandibola.

Poi toccò al calcio della pistola, che gli arrivò dritto in testa. A quel punto gli sferrai tre jab con la mano sinistra al volto.

-HAI UCCISO I MIEI AMICI FIGLIO DI PUTTANA!-

Non soddisfatta del lavoro, effettuai altre quattro combinazioni da pugile principiante che comunque lasciarono dei bei lividi sulla faccia di Foster. Mi fermai soltanto quando il generale perse del tutto i sensi. In quello stesso momento iniziammo ad udire il suono di un allarme. Brutto segno.

-Ma cosa? Qualcosa ci sta raggiungendo!- Disse Isaac guardando lo schermo del radar.

-Che hai detto?- Chiesi massaggiandomi le nocche.

-È veloce! Oh merda. È QUI! È QUI!-

Quel qualcosa entrò direttamente dal portello rimasto aperto, emettendo fiamme e fumo. Capii subito che quel missile non era esploso, dato che ne sentii ancora l’odore dei gas di scarico e il fumo acre mi diede fastidio agli occhi.

-Siamo tornati.- Udii.

Tolsi le mani dal viso e con incredibile sorpresa trovai Trinty tra le braccia di Nick. L'esotuta del meccanico stava ancora fumando dai propulsori sulla schiena.

-Ragazzi ... ma come?- Chiesi rimanendo imbambolata.

-Ho pensato che fosse il momento di testare il jetpack.- Scherzò Nick.

Trinty si risistemò i capelli come meglio poté, controllò il suo bagaglio e diede un bacio a Nick. Sulla guancia.

-Grazie. Mio eroe.-

-Che posso dire. MechaNick alla riscossa!- Affermò spavaldamente Nick.

-Sei un diavolo volante Rodriguez.- Si complimentò Isaac dalla sua postazione.

-E io che pensavo di avervi perso entrambi.- Dissi asciugandomi le lacrime dagli occhi.

Avrei voluto abbracciarli, ma preferii richiudere il portello. Notai che anche Isaac era visibilmente sollevato nel sapere che l'infermiera e il meccanico non erano morti.

-Ora scusatemi, ma ho della spazzatura da gettare.- Disse Nick indicando il generale.

-No, aspetta Nick. Ci ho già pensato io.- Gli feci notare. -E poi … non puoi dire di aver vissuto, senza aver partecipato ad una corte marziale.-

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Capitolo 11
*** Il Fuggitivo ***


Il Fuggitivo

Una falla nel sistema. Un pericolo mortale.

 

 

30/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Quartiere residenziale

Ore 20:01

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

-Charles, il mio aperitivo?- Chiesi al Mister Handy.

-Subito Lady Earp.- Mi rispose il robot.

Dopo aver salvato un altro gruppo di superstiti ed essere scampata ad una miriade di pericoli, qualche giorno di riposo me lo ero meritato. Certo dovevo continuare le mie attività lavorative, ma nei giorni feriali o di malattia il lavoro lo potevo svolgere tranquillamente dal mio appartamento. Almeno le faccende meno importanti.

Al nostro rientro da White Flat fummo nuovamente accolti come degli eroi. I nativi e il personale di White Flat avevano ricevuto assistenza medica, nuovi alloggi e delle mansioni inerenti alle loro competenze. I Rattlesnakes avevano perso due validi membri, ma in compenso Foster e i suoi tirapiedi erano stati messi al fresco. Esclusi due ufficiali un po meno fedeli al generale e alla sua visione del nuovo mondo. I due ci avevano fornito molte informazioni sugli affari del generale, ma dei deathclaw ci avevano solo confermato ciò che già sapevamo. Le informazioni su di loro, erano tutte racchiuse nell'olonastro criptato nascosto nel set da barba di Foster. Il motivo per cui egli stesso aveva cercato di sbarazzarsi della valigia di Trinity e di chiunque avesse cercato di fermarlo. Per nostra fortuna ciò non era accaduto, ma l'olonastro restava comunque criptato. Per accedere alle sue informazioni era necessaria la chiave di decriptazione che noi non avevamo. Spectrum avrebbe potuto violare l'olonastro, ma così facendo si sarebbero potuti perdere dei dati. Quindi ci toccava aspettare che Foster si risvegliasse dal coma. A già … le mie percosse lo avevano reso temporaneamente assente.

Escluso il caso del generale, in quegli ultimi giorni si stava aspettando anche un altro evento. Nell'ultima notte del duemilasettantasette si sarebbe festeggiato un capodanno da favola in superficie. Tutta la popolazione del P1 sarebbe potuta salire all'aria aperta, per festeggiare con musica e fuochi d'artificio, restando sempre sotto la protezione del RAD-SHIELD.

Per il momento la sottoscritta si stava godendo una serata in totale relax nel suo appartamento, riarredato con tutti i comfort per un'abitazione di lusso prebellica. A colmare il mio sogno, un Mister Handy maggiordomo personale, donatomi dalla direzione per le mie recenti imprese.

-Ecco a lei.- Disse Charles porgendomi il bicchiere di Atomic Cocktail.

-Grazie.-

Ero seduta sulla mia poltrona, con la vestaglia da sera, il profumo della cena ormai prossima e alla televisione stavano trasmettendo un'altra puntata del commissario Murray. Tutto stava filando liscio.

Poi squillò il telefono.

-Vado io!- Disse Charles andando a prendere il telefono. -Si, pronto? Gliela passo. La chiamano dalla sicurezza.-

Il robot mi passò la cornetta.

Solo per chiarire, Charles non mi chiamava Lady Earp per le mie nobili origini. L'avevo riprogrammato solo per darmi l'idea di appartenere al cast della serie radiofonica The Royal Court. Da piccola lo amavo tanto. E quindi … avete capito.

-Earp.-

-Capo, sono Green. Abbiamo un problema al centro medico.- Da come ne parlava, doveva essere una cosa seria.

-Che palle!-

-Del tipo?- Chiesi irritata.

Se mi stavano chiamando in un giorno di ferie, doveva essere una cosa più che seria.

-Il generale Foster, se n'è andato.-

-COSA?!-

-Non abbiamo ancora capito come, ma la videocamera mostra la sua stanza vuota.- Green aveva percepito la mia frustrazione.

-Vado al centro medico. Allarme generale di livello quattro. Diramate un avviso di cattura. Voglio tutti sulle tracce del generale! Ricevuto?-

-Affermativo!-

Mi alzai dalla poltrona e corsi a cambiarmi senza rimettere a posto la cornetta.

-Charles devo uscire. Mettimi la cena in caldo.-

-Subito, Lady Earp.-

Trovai la mia tuta di sicurezza Vault-Tec pulita e stirata. Non c'era tempo per le corazze aggiuntive, ma la fondina della 10mm era sempre a portata di mano.

Mi infilai gli scarponi e uscii di corsa senza aspettare che la porta si chiudesse.

-Le auguro una buona serata Sorvegliante.- Disse Charles richiudendo la porta.

In presenza di altre persone era meglio che mi chiamasse in modi più consoni.

Il centro medico si trovava nel quartiere residenziale. Era stato costruito nei pressi dell'entrata, quindi trovarlo era abbastanza facile.

Corsi come una disperata per un paio di "isolati" e arrivata nei pressi del parco, dovetti iniziare a schivare la gente. La neve era già sparita, rendendomi il percorso più agevole. Il difficile fu trovare dei passaggi tra i vari gruppi di persone.

-Signora.- Mi salutò un caporale.

-Sorvegliante.-

-Yáʼátʼééh Spirit.- Mi salutò una madre indiana con il figlio neonato in braccio.

-Da che parte è l'incendio Sorvegliante?-

-Ciao Red.-

In circostanze migliori mi sarei fermata a chiacchierare, o per lo meno avrei salutato. Ma ogni secondo era prezioso e il solo pensiero di avere un degenerato come Foster in giro per la struttura, mi faceva venire i brividi alla schiena.

Man mano che mi avvicinavo all'entrata il numero di persone diminuiva drasticamente. E finalmente raggiunsi il centro medico.

Entrai nella reception e corsi subito nel corridoio dei pazienti. Le stanze erano più di cinquanta, ma quella sera solo una era occupata. Quella con tre agenti alla porta.

-Sorvegliante, signora!-

-Lo avete trovato?!-

-Beh, ecco …-

-Beh cosa?!-

La lunga corsa non aveva migliorato il mio umore.

-In realtà l'ho lasciato andare io.- Confesso il più giovane del gruppo.

-Puoi ripetere?- Chiesi cercando di trattenermi.

Uno degli altri due agenti fermò il giovane.

-Come si è svegliato Foster lo ha tempestato di domande e minacciato di degradarlo.- Spiegò il collega. -Non è colpa sua. Lui sapeva soltanto che doveva sorvegliarlo.-

Presi dei profondi respiri e mi calmai. Il giovane aveva più o meno la mia stessa età e sicuramente un rimprovero non lo avrebbe aiutato. Il vero colpevole era Foster e il suo carisma manipolatorio. Oltre al non aver informato tutto il personale che il paziente speciale del centro medico era un pericolo vivente.

-Va bene. Non è colpa tua. So esattamente che tipo di persona è Foster.- Dissi al mio sottoposto per tranquillizzarlo.

-Cosa facciamo? Lo cerchiamo nei dintorni?- Mi chiese il terzo addetto.

-Prima di andarsene mi ha chiesto chi comandava e dove trovarlo.- Ci informò il giovane addetto. -Gli ho detto del colonnello e dell'amministrazione.-

-Ecco un punto di partenza per trovarlo. Seguitemi.-

Tornammo tutti e quattro verso la reception e uscimmo in strada.

-Lei crede che il generale possa arrivare all'amministrazione? Senza documenti o autorizzazioni?- Mi chiese uno degli agenti.

-Per adesso è solo un'ipotesi.- Gli risposi inserendo un quarto di dollaro nel telefono pubblico al margine della strada.

Digitai il numero della sala di monitoraggio e attesi. Ebbi il tempo di fare segno ad altri cinque agenti intenti nelle ricerche di unirsi a noi.

-Sala monitor.-

-Sono Earp. Ho bisogno di un rapporto sulle anomalie degli accessi agli ascensori nelle ultime due ore.-

Nell'attesa diedi anche un'occhiata alle porte degli ascensori. Vidi solo un ricercatore con la sua ventiquattrore fare ritorno verso casa.

-Sorvegliante? Signora è ancora li?-

-Si.-

-È assurdo. I sensori hanno rilevato il generale all'ascensore per l'amministrazione.-

-Allora è li che andremo. Informate le squadre di emergenza. Convergere all'amministrazione. Chiudo.-

Rimisi la cornetta al suo posto e mi diressi all'ascensore, seguita dagli altri agenti. Fummo abbastanza fortunati da trovare la piattaforma già al nostro livello. Entrati tutti premetti il pulsante. Grazie alle modifiche dei tecnici e degli addetti alla manutenzione, gli ascensori erano stati migliorati. Escluse le procedure dei controlli di sicurezza, la velocità di salita e di discesa era stata aumentate.

-Qualcuno deve averlo aiutato.- Ipotizzò uno degli agenti.

-Credi che ci sia una talpa?- Gli chiese un suo collega.

-Ehi, prima di giungere a conclusioni affrettate e pericolose provate a riflettere.- Li interruppi.

Ci mancava solo che si spargesse la paranoia del sabotatore.

-Ha qualche idea Capo?- Mi chiese l'unica altra agente donna.

-Nelle nostre banche dati sono presenti informazioni di svariato genere.- Spiegai. -Armamenti, scoperte scientifiche, arte, letteratura, dati sulle alte sfere dell'esercito. Tutto salvato per le generazioni future. I sistemi del P1 sono controllati secondariamente dai computer.-

-E il sistema di sorveglianza ha identificato Foster come un generale.- Intuì un altro agente.

-Questo gli darebbe il totale accesso a tutti i settori del bunker, ma a preoccuparmi è ciò che potrebbe fare nei punti più sensibili della struttura.-

Se Foster aveva fatto detonare i missili di White Flat causandone la totale distruzione, immaginatevi cosa avrebbe fatto con i comandi dei supporti vitali o quelli del Big Bang. Quello dei missili era stato un incidente, ma oltre al grugno potevo avergli distrutto tutte le rotelle.

-Ma gli operatori non avrebbero dovuto vederlo?- Obbiettò lo stesso agente.

-A quest'ora il personale è scarso e concentrato principalmente sul monitoraggio della superficie. Sappiate che quando questa storia avrà fine dovremmo ripetere le esercitazioni e rivedere i protocolli uno per uno.-

Normalmente qualcuno avrebbe sbuffato, visto che le riunioni del personale di sicurezza erano molto spesso lunghe e noiose. Controllo dei rapporti, studi degli schemi di perlustrazione, lezioni di etica comportamentale, esami per i candidati al programma degli agenti speciali … e tante altre belle cose che vi avrebbero fatto venir voglia di uscire in superficie senza rad-x. Ma in quel momento eravamo tutti d'accordo su di un unico punto. Avevamo commesso un'errore e se fossimo riusciti a rimediare, avremmo comunque dovuto dare una ripassata alle nostre procedure di sicurezza.

Arrivati al checkpoint a metà della tromba dell'ascensore fummo scansionati sotto la stretta sorveglianza dei robot sentinella e poi lasciati andare. Non potei fare a meno di chiedermi cosa avessero detto quei due al generale.

-Saluti Generale Edgar Foster.-

-Nell'attesa, gradirebbe qualche biscottino?-

-Vuole che le porti il pulsante per avviare l'autodistruzione del nostro super reattore?-

Raggiungemmo la nostra destinazione prima che iniziassi a parlare da sola. Lo speaker dell'ascensore ci diede il benvenuto nell'amministrazione e le porte si aprirono.

-FERMI DOVE SIETE!- Ci venne ordinato. -IN ALTO … ah, siete voi.-

Il soldato paratosi davanti a noi ci aveva puntato contro il suo fucile d'ordinanza, ma grazie alle nostre uniformi si accorse subito di aver preso un granchio.

-Cosa stai facendo qui soldato?!- Gli chiesi.

-Stavo per tornare a casa quando tre dei vostri mi hanno detto di stare qui a fare la guardia e attendere l'arrivo di un'altra squadra.-

Anche gli altri agenti erano rimasti turbati dalla situazione. Un gruppo di nostri colleghi aveva affidato un'importante incarico ad un soldato, non addestrato per tale mansione, per andare chi sa dove.

-Va bene soldato. Prendi l'ascensore e va a fare rapporto al tuo superiore. Qui ci pensiamo noi.- Gli ordinai.

Il soldato prese il nostro posto nell'ascensore senza fare discussioni e in breve le porte si richiusero.

-Di sicuro avrà capito male.- Ipotizzò uno degli agenti più anziani. -O forse …-

-O forse domani mattina la riunione la iniziamo alle sei.- Lo interruppi bruscamente. -E magari passeremo le prime tre ore a cercare gli idioti che hanno violato i protocolli.-

Il mio rimprovero ebbe l'effetto sperato. Tutti i presenti, me compresa, capirono che andare in giro con le tute di sicurezza blu della Vault-Tec e leggersi il manuale del bravo poliziotto di tanto in tanto non era sufficiente.

Ci lasciammo alle spalle l'atrio dell'amministrazione. Arrivati al primo telefono mi fermai per fare un'altra chiamata. Quelli dell'amministra non erano pubblici. C'erano quelli negli uffici e quelli a disposizione del personale alle pareti. Ne usai uno per chiamare di nuovo Green in ufficio.

-Agente Green.-

-Sono Rocket. Ho portato con me altri agenti.-

-Ottimo, sappiamo dove si trova Foster.-

-Dove?-

-Al QG. Raggiungeteci all'entrata.-

Terminata la chiamata tornammo a camminare. Raggiungemmo l'incrocio che ci avrebbe portati o ad altri uffici, o al QG. Continuammo ad andare dritti e finalmente trovammo il resto del personale. Erano tutti davanti alle grandi porte di legno che chiudevano l'entrata del QG, armati e in silenzio. Si voltarono tutti a farmi il saluto, e tra questi trovai Green.

-Allora, dov'è?- Chiesi sottovoce.

Lui mi fece segno di seguirlo alle due porte. Lo seguii attraverso la folla di agenti e una volta giunti a destinazione, Green aprì leggermente la porta di destra. La porta di mogano non emise alcun cigolio, ma Green preferì aprirla solo a metà.

-Guarda per terra.-

Allungai la testa nel passaggio e diedi una sbirciata. Nella grande sala erano presenti solo un paio di tecnici. Stavano continuando a lavorare, senza sapere che nel frattempo stava avendo luogo una massiccia operazione di ricerca.

Ciò che però attirò la mia attenzione, fu l'ombra sul pavimento. A quell'ora le luci accese erano poche. Quindi quelle che erano state accese nell'ufficio del colonnello illuminavano una buona porzione di sala. Le luci proiettavano sul pavimento anche un ombra. Una che si muoveva.

-Sicuri che sia lui? Non potrebbe essere Baker?- Chiesi riportando la testa dietro la porta.

-No. Io sono qui.- Mi informò il colonnello.

-Baker?!-

Non avendolo visto prima, il colonnello mi fece venire un colpo tale da chiamarlo in modo inusuale.

-È sicuramente il generale.- Mi confermò lui.

-Ne è sicuro?-

-L'ufficio è stato progettato per rispondere, in qualsiasi momento, all'ufficiale con il grado più alto. E sulla carta il mio grado vale meno di quello di Foster.-

-Sta dicendo che ora il P1 risponde a quel maniaco?- Chiese uno degli agenti li presenti.

Mi rubò la battuta. Insolito. Cioè … sono io la protagonista. Comunque.

-No, non scherziamo. Ha avuto solo l'accesso. Per fare qualcosa di serio dovrebbe dare l'ordine ad un'altra persona. Neppure io potrei mobilitare le nostre truppe senza aver consultato Wright e i capi squadra.-

Baker non stava mentendo. L'ufficio del comandante poteva anche aver scelto un nuovo proprietario, ma il comandante del P1 restava sempre il colonnello. Tra la paura e le corse, non mi ero presa un minuto per pensare veramente. Stando al protocollo, dopo l'insediamento del primo comandante, la nomina di un nuovo comandante sarebbe stata decisa dal consiglio. Ad ogni modo, Foster non andava lasciato libero.

-Come ci muoviamo signore?- Gli chiesi.

-Raggiungiamo l'entrata della stanza con altri dieci agenti e poi facciamo irruzione.-

-Va bene. Green, seleziona altri nove validi membri per un irruzione.- Ordinai.

Green riunì la piccola squadra da me richiesta selezionando gli agenti meglio armati e più idonei ad uno scontro. Non erano la squadra Vault, ma con le loro corazze e le armi in dotazione avrebbero comunque dato del filo da torcere al buon generale. Uno di loro aveva anche una pistola al plasma.

-Siamo pronti signora.- Mi informò Green.

-Bene. Entriamo, saliamo le scale, sei per scala, voi nove ci coprite, noi tre facciamo irruzione e lo arrestiamo. Se è in possesso di un'arma vi autorizzo ad aprire il fuoco. Gli altri invece restano qui fino a nuovo ordine. Partiamo al tre. Uno … due … -

Arrivata al tre aprii le porte, permettendo agli altri di entrare nella sala del QG. Pensavo che le porte fossero più pesanti e massicce. Ci misi così tanta forza che le porte sbatterono contro le pareti laterali, emettendo due forti tonfi sufficienti ad attirare l'attenzione dei pochi tecnici presenti a quell'ora.

Mi fermai appena sotto alla grande vetrata dell'ufficio a controllare che il gruppo si dividesse per coprire entrambe le scale ai lati. Buttai anche un occhio in alto, ma di Foster non si vedeva neanche l'ombra.

Presi le scale di destra, insieme a Baker e altri quattro agenti. Il colonnello non aveva estratto ne la sua pistola, ne il suo coltello. Saliva i gradini disarmato e sicuro di se. Io invece tenevo la mia 10mm puntata verso l'alto, con il suo mirino laser alla ricerca della brutta faccia di Foster.

Riuscimmo a raggiungere il piano superiore senza incontrare resistenza. Ci riunimmo con Green e i suoi davanti all'ufficio. Nei pressi dell'entrata erano presenti la scrivania della mamma di Nick e una fila di sedie dove coloro che avevano bisogno di incontrarsi con il colonnello potevano aspettare il loro turno.

Mi avvicinai con cautela alle maniglie delle due porte. Mi accorsi subito che qualcuno aveva attivato il sistema delle serrature magnetiche. Foster non voleva essere disturbato.

-Bloccate.- Bisbigliai.

-Potremmo scassinare la serratura con una forcina.- Consigliò una degli agenti.

-No, ha le serrature attivabili dal terminale.-

-Allora usiamo il terminale.- Disse Green indicando il terminale sulla scrivania di Maria.

-Prova a vedere.- Gli dissi temendo che l'accesso fosse possibile solo da quello di Baker.

-E se lasciaste fare qualcosa anche a me?- Ci chiese il colonnello facendosi strada fino all'angolo destro dell'area d'attesa.

Nell'angolo era stata sistemata una pianta da vaso, che Baker sposto dietro di se. Il colonnello sollevò la piastrella e infilò la mano nel foro nascosto. Prima di fare altro però, si voltò verso di noi e con aria sospetta, ci fece segno di voltarci.

-Retro front.- Ordinai "apprezzando" la fiducia del colonnello.

Quando tutti si voltarono udimmo il suono emesso da una tastiera elettronica.

-Un codice di sblocco. C'era già o se lo è installato lui di nascosto?- Pensai.

Si sentì lo sblocco delle serrature. Voltandomi nuovamente vidi Baker rimettere apposto la pianta e avvicinarsi alla porta. Lo seguii con Green e la pistola pronta all'uso. Baker mi guardò. Io controllai gli altri, e constato che tutti erano pronti gli feci un cenno.

Le porte si aprirono e noi facemmo irruzione.

-Mani in alto!-

Lui era li. In piedi in mezzo alla stanza, con il camice da ospedale, un blocco degli appunti in mano e … uno dei sigari del colonnello in bocca. Alla faccia della riabilitazione.

All'inizio quel bastardo non ci badò neanche. Si era sicuramente accorto di noi, ma la sua attenzione non era rivolta a noi. E dire che un'entrata in scena come quella la sognavo da tempo.

-E così esiste davvero una colonia di superstiti.- Disse Foster sfogliando il blocco degli appunti.

-E il suo esercito, generale.- Continuò Baker appoggiando la mano sulla mia pistola e spingendola verso il basso.

Intuendo il messaggio non posi resistenza. Foster era disarmato e per il momento non serviva tenerlo sotto tiro. Feci segno agli altri di fare lo stesso.

-Devo ammetterlo colonnello. Non mi sarei mai aspettato un simile prodigio. L'Enclave ha speso bene le sue risorse.-

-L'Enclave? Questo tizio è a conoscenza del governo ombra?- Pensai.

Quella dell'Enclave era la leggenda metropolitana più sinistra del periodo prebellico. La notizia di un'occulta cospirazione, volta a salvare l'élite capitalista del nostro paese, aveva portato la nazione in una situazione di paranoia e terrore politico. E la scomparsa del presidente degli Stati Uniti, avvenuta all’inizio dell’anno, non fece altro che incrementare i sospetti.

-Si, i nostri ingegneri si sono dati da fare.- Affermò Baker avvicinandosi alla scrivania.

Mentre il colonnello camminava, Foster alzò lo sguardo, incrociandolo con il mio. Il bastardo non si era dimenticato del trattamento che gli avevo riservato. Come io non mi ero dimenticata di lui e del suo modus operandi.

Mi accorsi anche che il suo brutto muso era tornato come nuovo. I chirurghi del centro medico avevano fatto un bel lavoro. Forse avvalendosi di un proiettore genico per facilitare la ricostruzione facciale.

-Volevo informarla che da adesso che ci sono io, il comando passa a me.- Confessò il generale tornando a guardare il blocco degli appunti.

Il colonnello si sedette e si avvicinò al microfono collegato al terminale della sua scrivania.

-Qui è il colonnello Roland Baker. Cessato allarme. Tutti gli agenti e i soldati coinvolti nella recente attività possono tornare alle loro mansioni. Chiudo.-

-E per cominciare, la informo che ho intenzione di indire un processo.- Continuò il generale appoggiando il blocco degli appunti sul tavolino da salotto.

-Green, dica agli agenti di sgomberare. La situazione è sotto controllo.- Ordinò il colonnello. -Ma resti qui con Red.

Mentre il colonnello accendeva il suo terminale, io controllavo Foster e i suoi movimenti. Non lo stavo più tenendo sotto tiro, ma non avevo neppure rimesso la pistola nella fondina.

-Una dei suoi sottoposti si è dimostrata una traditrice coi fiocchi e i suoi compagni l'hanno seguita senza battere ciglio.-

Foster si era spostato vicino alla vetrata che dava sulla grande sala. Da come parlava doveva essere abbastanza soddisfatto. Ma io riponevo tutta la mia fiducia nel colonnello, che in quel momento stava esaminando il suo umidificatore per sigari. Vedendo la sua espressione accigliata, doveva essersi accertato della mancanza di un sigaro. O anche più di uno.

-Ma non mi dica!- Ironizzò Baker rimettendo apposto l'umidificatore.

-Poi ci sono quei dannati selvaggi. Gli avevo offerto la mia ospitalità e loro si sono ribellati appena ne hanno avuto l'occasione. Mi stupisce che gli abbiate dato asilo.-

Quel bastardo aveva fatto marcia indietro e passando davanti alla scrivania usò il vaso della piantina sul mobile come posa cenere. Baker non apprezzò il gesto, ma non disse niente. Si limitò ad alzarsi, prendere il vaso e andarlo a svuotare nel cestino ripulendo la pianta.

-Si colonnello. Dovremmo dare una bella lavata ai nostri ranghi prima di riunirci alla forza maggiore!- Affermò il generale esaminando la mensola alla mia destra.

La mensola conteneva diversi libri, alcuni oggetti personali e un paio di elmetti dell'esercito. Foster prese quello meno datato in mano e lo esaminò.

-Certo, un processo si dovrà fare, ma … - Baker si fermò un attimo quando vide che il generale aveva preso uno degli elmetti.

-Ma?- Chiese Foster riemettendo apposto il cimelio e tornando a camminare.

-Ma le decisioni da queste parti vengono prese da un consiglio.-

Il colonnello si era portato con la piantina al frigo bar, mentre Foster continuava ad esaminare l'ufficio. Il generale non mi degnò neanche di uno sguardo quando mi passò davanti. Era sicuro che non avrei alzato un dito senza un'ordine diretto.

-Si, certo. Valuteremo anche la questione di questo … "consiglio". Devo dirle che però mi sarei aspettato una collezioni più ricca, colonnello.-

Il colonnello era rimasto indifferente a tali parole. Aveva preso un decanter con dell'acqua e lo stava usando per innaffiare la piantina.

-Un combattente del suo calibro dovrebbe avere delle armi, o per lo meno, qualche ricordino.- Scherzò Foster studiando le foto appese alla parete di sinistra. -Io per esempio, nella mia tenuta avevo una bacheca piena di pallottole appartenenti a più di dodici battaglie combattute dal nostro glorioso esercito.-

-Ho passione per la letteratura e la storia. Al mio vecchio gli oggetti militari non interessavano e lo stesso valeva per mio nonno. Dicevano che chi amava collezionare lame, pallottole e fucili, o non aveva mai messo piede su un campo di battaglia, o dentro di se aveva qualcosa di sbagliato.- Spiegò il colonnello.

-Lei dice?- Chiese Foster senza badarlo più di tanto.

-Per un veterano, una vecchia pallottola usata è solo un pezzo di piombo che ha provocato dolore e … NON LA TOCCHI!!!-

L'avvertimento del colonnello rimbombò nella stanza, nell'area di aspetto e forse anche nella sala. Fummo tutti colti alla sprovvista. Specialmente Foster, che ebbe un sobbalzo tale da scattare all'indietro e rimanerne sbigottito. A momenti il sigaro gli cadde. Green ritornò nell'ufficio con la pistola spianata e io non ebbi neppure il fegato di muovermi per dirgli di stare calmo. Non avevo mai visto o sentito il colonnello sbraitare in quel modo.

-Non la tocchi.- Si ripete Baker con un tono più calmo.

Stavo guardando Foster mentre Baker parlava. Quindi non riuscì a capire a cosa si riferisse.

-È solo una bandiera.- Lo contraddì Foster.

Con un pizzico di fantasia, intuii che Foster doveva aver allungato le sue manacce anche sulla bandiera degli Stati Uniti, che insieme a quella dell'Oklahoma era stata appesa alla parete dietro alla scrivania. Le stesse che vidi nel suo vecchio ufficio il giorno della Grande Guerra.

-Quella, non è “solo” una bandiera. Quella è la bandiera con cui mi sono paracadutato sulle scogliere di Anchorage. Mi fu affidata dai miei superiori e io la portai attraverso i crepacci, i burroni e le postazioni nemiche. Quella fu la prima a sventolare in Alaska dopo undici anni di occupazione cinese. E tutti quelli che sono morti, nella neve, in acqua, nei bunker, sotto il fuoco dell'artiglieria, a migliaia di miglia da casa, e non hanno ricevuto neppure una degna sepoltura, lo hanno fatto per gli ideali di libertà e democrazia che quella bandiera rappresenta.-

Più Baker parlava e più capivo il vero valore di quella bandiera in particolare. Negli ultimi anni, tra le rivolte, i morti e le guerre per il possesso delle risorse energetiche, la bandiera con le stelle e strisce per alcuni aveva perso gran parte del suo significato. Ma quando questa diventava un monumento ai caduti, valeva la pena di appenderla ad una parete. E difenderla ancora.

-Per i politici e burocrati di Washington una bandiera ammaccata è solo un pezzo di stoffa da buttare, ma per un vecchio veterano come me ha ancora un significato. Quindi le chiedo cortesemente di non toccarla.-

-Le ricordo che sta parlando con un suo superiore. Membro dell'organizzazione da anni e devoto alla causa. Se non fosse per la sua carriera esemplare, la manderei direttamente davanti alla corte marziale.- Foster riacquisto il coraggio.

Credeva ancora di essere lui il nuovo re del castello.

-Ora esca dal mio ufficio.-

-Negativo.-

-Prego?-

-Non prendo ordini da lei.-

-Ma lei è un ufficiale dell'Enclave! Cos'è questa? Una base di traditori?!-

Il generale stava per dare di matto.

-Non ho mai detto di appartenere all'Enclave! E non ho mai detto che questa base appartiene alla vostra fazione.- Lo informò Baker.

Questa volta il sigaro cadde. Foster diventò pallido come un cadavere e il suo respiro quasi assente. Avrei voluto scattargli una foto.

-Un … un momento?- Balbettò Foster. -Ma allora … voi chi sareste? Ho visto una bolla di carico. Qualcuno ha prelevato da un magazzino ottantacinque porta lampade, quattordici panchine e sei telefoni pubblici per un progetto di ampliamento. Chi ha un magazzino con così tante cianfrusaglie? Chi siete voi?-

-Siamo l'esercito americano.- Affermò schietto Baker.

Foster ebbe dei tremolii e alla fine crollò in ginocchio. Il gigante era stato sconfitto. Non che avesse mai avuto qualche possibilità. Fu abbastanza patetico. Specialmente con quel camice da ospedale.

-Com'è possibile? Mi avevano informato che non ci sarebbero stati problemi. Che alla fine saremmo rimasti solo noi. Il presidente … la Vault-Tec … -

-Spiacente generale, ma ora per noi, lei è un nemico.- Lo informò Baker.

-Un traditore.- Pensai.

Foster borbottò per un attimo e in men che non si dica, tornò ad essere lo scorbutico vecchio caprone.

-Sarò anche un merdoso vecchio traditore per voi.-

-Puoi giurarci.-

-Ma scordatevi che parli! Non vi dirò altro.- Affermò il generale.

-Peccato. Sa noi, abbiamo tanto da offrire.- Disse Baker andando a sedersi dietro alla scrivania. -Un alloggio, del cibo, sicurezza. In cambio noi vorremmo solo delle informazioni.-

Foster si rialzò barcollando leggermente e valutò l'offerta del colonnello.

-E in cambio? Devo svuotare il sacco? Dirvi tutto quello che so?!-

-Per adesso vogliamo solo la chiave di decriptazione dell'olonastro. Quello che ha cercato di eliminare.-

-Insieme a Trinity.- Avrei voluto aggiungere.

-Se non le va, può riunirsi ai suoi uomini nelle celle di isolamento della nostra prigione. Ventitré ore di solitudine al giorno in una cella tre per due e un'ora nell'area comune per sgranchirsi le gambe. Sempre da solo.-

-Quell'olonastro contiene informazioni riguardanti gli esperimenti sulle … creature. Nulla sull'Enclave.- Ammise Foster.

Il colonnello sedeva alla sua poltrona con lo sguardo perso verso la sua pianta da vaso. Sembrava più interessato al vegetale che al generale. Se generale si poteva ancora definire.

-Se lei ci darà la chiave e prometterà di non causare problemi, allora riceverà un trattamento speciale.-

-Voglio anche il mio team.- Pretese Foster.

-Anche la signorina Brooks?-

-Ma certo. È la mia segretaria. E voglio anche Jackson.-

Baker spostò lo sguardo su di me, senza muovere la testa. Voleva avere un mio parere.

Io mi passai un dito sotto il mento a mo di gola tagliata, e feci un smorfia di contrarietà senza che Foster mi potesse vedere.

Baker tornò a guardare il generale e prese la sua decisione.

-Mi è stato dato motivo di credere, che lei abbia attentato alla vita della signorina Brooks. Quindi, per il bene di entrambi, non dovrà neppure avvicinarsi a lei.-

Foster non si oppose. Sapeva di non avere alcuna carta da giocare.

-E i miei uomini?-

-Riceveranno tutti un alloggio nei pressi del suo. Jackson compreso. Ma fino a nuovo ordine, non potrete uscire senza permesso e scorta armata. E dovrete tutti collaborare, nessuno escluso. L'agente Green la farà scortare al quartiere residenziale e più tardi uno dei nostri tecnici verrà per la sua deposizione. Può andare.-

Foster annui senza discutere e si voltò.

-Ma la avverto!- Lo bloccò Baker. -Se lei o uno dei suoi, dovesse provare a scappare. Se lei o uno dei suoi, dovesse minacciare uno dei nostri residenti. Se Jackson, dovesse solo toccare un terminale o entrare in un'area ad accesso limitato. Lei sarà il primo a scoprire la differenza tra un pugnale piantato nel culo e una barra di uranio infilata giù per la gola.-

Questo era il maggiore Roland Baker. Il Mastino di Anchorage. Uno dei cinque migliori soldati che si erano scatenati nella battaglia per la liberazione dell'Alaska. Foster poteva anche essere il generale più stronzo in circolazione, ma il vero guerriero era Baker.

-Adesso, può andare. Benvenuto a … Beacon City.-

Foster doveva aver recepito bene il messaggio, chiaro e tondo. Con quelle minacce, la sua grinta e la sua arroganza erano svanite completamente. Riaffiorarono leggermente quando mi passò affianco e mi diede un ultimo sguardo.

Come ultima offesa, lo guardai andarsene con un sorrisetto malizioso stampato in faccia e la mano destra a fargli un saluto militare abbastanza sciatto.

Sconfitto e umiliato, il generale Foster abbandonò l'ufficio del comandante accompagnato da Green.

-Posso parlare liberamente signore?- Chiesi al colonnello appena la porta si chiuse.

-Prego.-

In quello stesso momento la porta si riaprì e Wright fece la sua comparsa.

-Buona sera.- Salutò il tenente.

-Capisco dargli un alloggio, ma lasciare quelle persone in libertà potrebbe metterci in serio pericolo.-

-Posso capire i tuoi timori Red, ma mettere tutte le galline in un unico pollaio le farà cantare in coro, invece che da sole.-

-Che intende dire?- Gli chiesi.

-Gli appartamenti dall'Z11 fino all'Z15 nel quartiere residenziale hanno tutti una stanza nascosta.- Mi spiegò Wright. -Alcuni specialisti staranno li notte e giorno a sentire cosa i nostri ospiti si diranno tra di loro.-

-Mettetevi pure comodi e servitevi.- Ci invitò Baker.

-E se scoprissero il tranello?- Chiesi sedendomi sul divano.

-Gli appartamenti non hanno cimici. Abbiamo recuperato dai magazzini alcuni set di apparecchiature all'avanguardia per il controspionaggio. I tecnici li potranno vedere e ascoltare rimanendo nascosti dietro pareti di metallo da due centimetri e degli specchi finti.-

-Già me lo immagino. Foster che ci maledice tutti davanti hai suoi uomini e un attimo dopo gli ricorda di non parlare delle basi segrete in presenza di estranei.- Scherzò il colonnello.

Mentre Baker andava a raccogliere il mezzo sigaro di Foster, Wright mi invitò a scegliere un bevanda dal frigo bar. Tra bottiglie di rum, whisky, vodka, vino e altri alcolici di classe io scelsi una semplice Sunset Sarsaparilla. Non ero abituata a bere scotch invecchiati e cosa più importante ero ancora in servizio. Okay, l'ultima era una formalità alla quale non sempre badavo.

-Jackson resta comunque un grosso rischio.- Dissi stappando la mia bottiglia.

-Gli avremmo anche tolto e smontato il Pip-Boy, ma questo non cambia che è un dirigente della Vault-Tec.- Sottolineò Wright.

-E più della metà della nostra tecnologia è Vault-Tec. Se è furbo e dotato come sembra, potrebbe hackerare i sistemi della struttura e renderci impotenti.- Continuai io.

-Ecco perché sarà quello tenuto sotto più stretta sorveglianza. Se respira, se mangia o se va al bagno noi dovremmo saperlo in anticipo. E se dovesse violare la custodia … dovremmo intervenire.-

Il colonnello aveva tagliato la base bagnata dal sigaro e ripreso a fumarselo. Dovevano piacergli un sacco. Per fortuna ne era stata stipata un'abbondante scorta nei magazzini.

-Comunque … decine su decine di agenti e milioni di dollari in sistemi di sicurezza che si fanno mettere nel sacco da un vecchio del cazzo appena uscito dal coma.- Ironizzò il tenente.

-Tu ridi, ma non sei tu a comandare quegli agenti.- Gli feci notare. -Comunque domani ho intenzione di indire una riunione per rivedere tutte le procedure e i protocolli. Finiremo a metta pomeriggio, ma almeno potremmo dormire sonni tranquilli.-

-Dopo comunque andrò a fare una visita a quelli della banca dati. A quest'ora dovrebbero essere già stati informati del mancato aggiornamento. Da adesso il sistema riconoscerà Foster e i suoi uomini come prigionieri sotto custodia.-

-Non hai sentito la parte dell'Enclave?- Chiesi al tenente.

-Di che parli?-

Feci un veloce riassunto della conversazione tra Baker e Foster. Anche Wright rimase di sasso nel venire a conoscenza dell'Enclave.

-Miseria. Ma allora è vero! Il governo ombra non era una balla.-

-Lei che ne pensa colonnello?- Domandai.

Baker diede una lunga tirata al sigaro, per poi rilasciare una cospicua quantità di fumo.

-Penso che i nostri benefattori hanno fatto la cosa giusta nel creare questa base in completo silenzio. I loro timori erano ben fondati.-

-E adesso signore? Ci metteremo a cercare anche questa Enclave?- Gli domandò Wright.

-No. Per adesso dobbiamo concentrarci su Woden e la sua Orda. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è sprecare risorse nell'andare a cercare un fantasma nascosto in qualche altra fortezza, per poi ritrovarci a dover combattere su un altro fronte.-

-E se tra dieci, venti … trent'anni fossero loro a trovare noi?- Domandai.

-Allora in quel caso, andremmo in guerra contro l'Enclave.-

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Capitolo 12
*** Capodanno Atomico ***


Capodanno Atomico

Che festa!

 

31/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Fort Boise/Inizio pista-Ballpark

Ore 18:19

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

-Vi ricordiamo che la partita è offerta da Avery's Pawn Shop, per acquisti, vendite e baratti di tutti i tipi e da ODS, divani e mobili prebellici sempre alla moda.-

Che partita. I Mad Megatons stavano per giocare la parte bassa del nono inning contro gli Immortal Patriots. Per coloro che non hanno mai giocato a baseball, gli inning erano i mach che si giocavano durante le partite. Durante la parte alta la squadra da fuori di casa giocava in attacco e quella di casa in difesa. Vice versa, nella parte bassa la squadra di casa giocava in attacco e la squadra da fuori in difesa. Ma essendoci due stesse squadre di casa quel giorno venne deciso tramite il lancio di una moneta che la prima squadra a giocare in attacco per ogni inning sarebbe stata quella dei Patriots. Lo scopo del gioco era fare più run e … okay, magari leggetevi un guida agli sport prebellici, così risparmiamo tempo.

Ma facciamo un riepilogo. La chiave di decriptazione di Foster ci permise di accedere all’olonastro dove trovammo una moltitudine di dati riguardati gli studi sui deathclaw. Informazioni sul comportamento e la loro dieta, quindi nulla che non sapessimo già. Il generale e i suoi erano stati comunque scarcerati. Jackson compreso. Ad ognuno di essi venne fatta rilasciare una dichiarazione, nella quale ognuno raccontò la sua versione. Vennero fatti incontrare nell'appartamento del generale e come da programma, Foster si riaffermo leder del suo gruppo. Impose a tutti di non parlare ne dell’Enclave, ne dei loro programmi. Avevano passato più di mezz'ora a discutere sui recenti avvenimenti e su quale strategia attuare nel prossimo futuro. Qualcuno ipotizzò di scappare, ma Foster lo ammonì dal farlo. Era lui il responsabile del gruppo e per questo non voleva mettere al rischio le sue chiappe. Il buon generale era deciso a stare alle nostre regole, solo che mentre loro discutevano liberamente dei loro sentimenti nel suo appartamento privato, i nostri tecnici e specialisti li stavano monitorando in totale segretezza. Non scoprimmo molto, ma abbastanza da capire che l’Enclave era una minaccia reale, le basi operative erano più di una e che il recupero dei nostri ospiti non era avvenuto. Dovetti ammettere che quella del monitoraggio stealth era stata un’ottima idea. Invece che lasciarli a digiuno o pestarli a sangue come molti avrebbero preferito fare, me compresa, avevamo ottenuto una fonte continua di informazioni. E loro neanche lo sapevano. Mi sarebbe piaciuto spiarli di persona, ma la riunione pianificata la sera precedente aveva costretto me e quasi tutto il mio staff a riunirsi nella grande sala riunioni dalle sei del mattino fino alle cinque del pomeriggio. La prima ora venne occupata dai miei rimproveri, durante la quale nessuno ebbe da obiettare. Non sarò stata la più anziana tra tutti gli agenti presenti, ma di sicuro ero quella più decisa a sfruttare nel migliore dei modi quella riunione.

Il resto del tempo lo passammo a ripassare le procedure per i casi di emergenza, ma con molta più cura e precisione. Alla fine della riunione avevamo letto manuali, memorizzato protocolli operativi e ripetuto decine di volte il codice dello staff degli addetti alla sicurezza. E cosa altrettanto importante, al dipartimento si erano uniti anche alcuni indiani come Marion e Russell. Finalmente degli agenti con le palle schermate in piombo.

Castillo, il capo ingegnere, aveva messo al lavoro i suoi migliori operai e addetti alla manutenzione per allestire un vero campo da baseball. Il ballpark comprendeva gli spalti, progettati in sezioni per essere facili da montare e smontare, le dugout e le bullpen, i fari, gli altoparlanti, le aree delle bancarelle e dei chioschi per il dopo partita, un paio di giostre e naturalmente il campo da gioco, con le linee di campo e i cuscinetti delle basi. Il tutto era stato montato e posizionato nella zona di inizio pista del nostro aeroporto. Il posto più sgombro e vicino al centro della nostra base. Tale collocazione garantiva piena sicurezza e una perfetta visuale sul bombardiere recuperato da White Flat. L'apparecchio era stato parcheggiato al lato opposto del campo con il muso rivolto alla casa base, in modo che tutti potessero ammirarlo in tutta la sua mastodontica bellezza. E in più le sue possenti ali fungevano da spalti extra per chi non era riuscito a trovare posto. Il muso era stato occupato dai piloti della nostra base. I piloti indiani, quelli locali come Isaac e Baatar e quattro nuove reclute. Tutti sulla loro personale tribuna d'onore.

Io mi ero seduta con il resto della squadra sugli spalti, mangiando un hot dog e sorseggiando una Nuka-Cola Wild. Non c'era vento e non stava neppure nevicando, ma l'aria era fredda e in molti erano venuti indossando dei vestiti pesanti. Eravamo tutti in vesti civili, escluso Bud, che indossava la sua uniforme da campo e il cappotto pesante. Il più buffo era Atom, con il suo golfino cucito a mano da Maria, anche lei li con noi e i ragazzini. Era bello vedere Nick seduto accanto a Trinity. Quella ragazza piaceva a tutti. Tutti escluso l'ex generale Edgar Foster e la sua combriccola, che quella sera era rimasta a passare il capodanno in casa e sotto stretta sorveglianza.

Tutti allegri, tutti spensierati. Non eravamo in missione, ne in pericolo. Gli unici che lottavano quella sera, lo stavano facendo per vincere un titolo sportivo degno di nota. Finalmente eravamo tornati al nostro caro vecchio standard di vita. Ed eravamo felici.

-Hanno deciso di mettere in campo il loro asso nella manica. Alla battuta ... BOBBY KIM!- Annunciò lo speaker.

La folla acclamò il giocatore di baseball, mentre questo raggiungeva la casa base con la mazza da baseball in mano.

-Ah, cavolo no!-

Escluso chi come Tony aveva scommesso sui Patriots.

Durante la parte alta dell'inning, cioè la prima, i Patriots avevano giocato bene, ma non abbastanza da battere la difesa degli avversari. Nella parte bassa, i Megatons avrebbero dovuto fare un solo punto per vincere. A metà del nono inning, tutti i giocatori mostravano chiari segni di affaticamento, ma ciò non significava che il battitore migliore dei Megatons non riuscisse più a fare miracoli.

-Forza Patriots!- Li incitò Nick.

Anche lui aveva scommesso un centone sulla squadra in difesa.

Bobby Kim si posizionò sulla casa base, si diede una scrollatina alle spalle e impugnò saldamente la mazza. Kim era un addetto alla manutenzione, con una battuta che forse gli avrebbe garantito un ottimo contratto con una delle più grandi squadre di baseball prebelliche. Brutto segno per i Patriots.

-Oh Dio, non farmi perdere quei bigliettoni.- Pregò Nick.

Fossi stata in lui non avrei scommesso un intero centone alla prima partita delle nostre nuove squadre.

Appena l'arbitro diede il via, lo stadio piombo nel silenzio. Si riusciva solo a percepire il leggero soffio del vento e i pochi mormorii rimasti.

Il ricevitore dei Patriots, seduto sui talloni dietro al battitore, fece una serie di gesti criptici al lanciatore già in posizione. Questo fece un paio di cenni, a confermargli i suggerimenti sul tipo di tiro da effettuare.

Il lanciatore effettuò un tiro da manuale. Una palla curva che Kim mancò di brutto.

-STRIKE UNO!- Esultò l'arbitro.

-Sembra che Alf Taylor non si sia ancora stancato.- Commentò lo speaker sovrastando le urla della folla.

-FAGLIENE UN ALTRO! DACCI DENTRO!!!- Sbraitò Nick. -Dai Bud, fai un po di tifo anche tu.-

-Io devo ancora capire che fine ha fatto il football americano.- Commentò l’indiano.

Il ricevitore rilanciò la palla al lanciatore. I due si scambiarono un'altra combinazione di gesti e il lanciatore si riposizionò sulla sua piazzola.

Il secondo tirò fu una palla così veloce, che neppure io riuscii a riconoscerne la traiettoria. Palla che Kim non batté. Il battitore non si mosse neppure, ma l'arbitro considerò valido il tiro del lanciatore.

-STRIKE DUE!-

Un altro coro di urla, applausi, fischi e incitamenti.

-È buona Nick. É buona.- Disse Tony scuotendo Nick per le spalle.

-Eccome se è buona!- Confermò il meccanico.

La palla tornò nelle mani del lanciatore, il quale dovette aspettare che Kim si aggiustasse i guanti alle mani.

-Non tirarla per le lunghe Bobby! Lo sappiamo che sei arrivato al capolinea.- Lo scherni Nick.

-Nick.- Lo rimproverò Maria.

-Scusa mamma.-

Kim si prese anche un po di tempo per allacciarsi meglio le scarpe. Forse voleva raccogliere le idee.

Quando fu pronto, tornò sulla casa base, ondeggio un paio di volte la sua mazza di frassino e fu pronto.

Il ricevitore ripete la solita sequenza di segnali con le dita e i movimenti delle mani. Ma il lanciatore non sembrava molto convinto. Vedendo il compagno fare no con la testa, il ricevitore provò a consigliarli un 'altro tipo di lancio. Anche il secondo venne rifiutato. Il terzo sembrò invece essere più convincente. Taylor si sgranchì il braccio e prese posizione.

-Taylor si appresta a lanciare la palla.- Commentò lo speaker.

-Non la prende. Non la prende. Non la prende.- Dissero Nick e Tony.

Taylor lanciò la palla come una saetta. La palla sfrecciò più velocemente di prima, ma non abbastanza da sfuggire a Kim. Contro ogni aspettativa il battitore riuscì a colpire la palla con una tale forza da rispedirla indietro con il doppio della velocità iniziale e generando i primi segni di entusiasmo da parte del pubblico. La palla sfrecciò sopra al campo con un'inclinazione tale da farle sfiorare le teste di Mr B e Isaac, seduti insieme agli altri membri della nostra aviazione sul muso e sulla parte superiore della carlinga del bombardiere.

-L'ha presa.- Mormorò Nick.

Quando la palla uscì dalla zona illuminata dai riflettori, l'intero stadio esplose in un interminabile serie di applausi.

Kim si dilettò a camminare velocemente lungo le linee di campo. Con un simile fuori campo, anzi, fuori dallo stadio, era impossibile per i Patriots riuscire a recuperare la palla.

-Sii, che bello!- Esultò il piccolo Willy agitando la sua bandierina da stadio.

-I Mad Megatons vincono contro gli Immortal Patriots per otto a sette. Termina così questa spettacolare partita di fine anno. Vi auguro un felice anno nuovo e una serata ricca di divertimenti alla nostra fiera.-

Terminai di mangiare il mio hot dog quando la folla era ancora esultante. La partita era terminata e i giocatori si stavano scambiando strette di mano amichevoli per gli ottimi risultati raggiunti quella sera. Dopo un po la gente cominciò a scendere dalle gradinate per recarsi alle uscite. A breve avrebbe avuto inizio la fiera di capodanno e in molti erano ansiosi di festeggiare con i loro costumi. Un modo allegro di festeggiare il capodanno.

Tutti meno Nick che era rimasto seduto al suo posto con una smorfia da depressione stampata in faccia. Mi avvicinai per dargli un pizzico di supporto, ma qualcuno mi precedette.

-Hey MechaNick. Brutta serata?- Gli chiese Trinity.

-A quanto pare.- Rispose semplicemente lui.

-Ti va una Nuka-Cola fatta in casa?-

All'udire di quel nome il meccanico tornò di buon umore.

-E me lo chiedi?!- Chiese lui scattando in piedi e porgendole il braccio.

I due uscirono dalla fila, scesero gli scalini e imboccarono l'uscita senza lasciarsi.

-Dio li fa, io li accoppio.- Dissi ripensando alla mia partecipazione nel loro incontro.

Poi mi accorsi di essere rimasta da sola.

-Perché adesso parlo da sola?- Mi chiesi.

 

-You know just what I was there for, You heard me saying a prayer for, Someone I really could care for …-

Blue Moon, una canzone tanto sciolta quanto idonea alla grande serata. Camminavo lungo la strada che portava dall'entrata del P1, a quella dello stadio. Ero tornata un attimo a casa come molte altre persone per mettermi il mio costume da pistolera. Avrei preferito quello da sceriffo donna, ma ne la sartoria, o uno dei tre negozi di abbigliamento, erano in possesso di ciò che stavo cercando. Il magazzino era stato ben rifornito, ovviamente, di stoffe e costumi di marca, come quelli della Freddy Fear's House of Scares, ma un vero ed originale costume da sceriffo donna non ero riuscita a trovarlo. Così mi dovetti arrangiare. Avevo messo la stella da capo della sicurezza al petto e nessuno se n'era accorto. L'avrei comunque rimessa sull'uniforme la mattina seguente.

L'ungo la strada si potevano ammirare i chioschi e le bancarelle a tema natalizio che vendevano di tutto. Cibo, bevande, vestiti, giocattoli. C'era perfino il verniciatore di corazze. Se volevi abbellire le tue protezioni o la tua armatura atomica, Black Ink era l'artista che faceva al caso tuo.

La strada era illuminata dai proiettori usati nelle aree di lavoro, ma le luci natalizie appese in giro le devano quella magica luce che la rendeva speciale. L'esatto opposto di quello che si poteva trovare oltre le bancarelle. Un freddo buio glaciale con delle residue tracce di neve e un corpo di guarnigione composto, esclusivamente per quella serata, da più della metà delle nostre unità robotiche attive in quel periodo e da una trentina di guardie impazienti di finire il loro turno.

La gente quella sera era allegra e festante come no si vedeva dal giorno della Grande Guerra. Tra la popolazione, i militari e il personale del bunker c'erano circa più di duemila persone. Alcuni erano riusciti a mettere le mani su dei costumi di marca, come quello di Lady Liberty, Dracula, il soldato in armatura atomica, il pagliaccio, il robot, il cowboy, l'astronauta. Altri invece si erano dovuti arrangiare con dei costumi fatti in casa, pur sempre belli, o semplicemente erano venuti con degli abiti pesanti e i cappellini da festa. I soldati erano i più fortunati. A loro era bastato indossare l'uniforme da parata. Nessuno aveva avuto il fegato o la sfacciatezza di travestirsi da pellerossa, vista la cultura degli ultimi arrivati.

La nostra "Strip" non era grande come quella di Las Vegas, ne tanto sfavillante, ma era più che sufficiente a trasportare ognuno di noi in un posto fuori dal mondo. Almeno per una sera.

Ma era al centro della strada che si trovava il meglio. A sinistra si poteva mangiare pietanze calde e in compagnia seduti ai tavoli da parco collocati di fronte al palco dell'orchestra.

Il palco era stato montato sulla destra, dal lato opposto della strada. Nulla di tanto faraonico. Solo un palco di tavole, un sipario e due riflettori da teatro. Però l'ologramma bluastro del cantante che ballava e cantava al microfono, gli dava un'aria molto tecnologica.

Sarebbe stato la sopra che io e altre persone avremmo partecipato ad una cerimonia di premiazione. E oltre quel palco si trovava uno degli stand più popolari di quella serata. Il World of the Future era lo stand di Spectrum, dove chiunque poteva ammirare ologrammi, elettrodomestici da urlo e altrettante tecnologie di sua invenzione e acquistarli. Certo, c'erano anche apparecchiature un po troppo costose, come il terminale con scanner incorporato, ma volendo ci si poteva accontentare anche di un semplice asciuga capelli.

-Red!- Mi chiamò Trinity.

A fianco del palco la giovane infermiera aveva allestito il suo piccolo stand. Il Nuka Forever era un chiosco bar di piccola taglia con i colori e il caro vecchi marchio Nuka. E Trinity stava servendo Nuka-Cola fatta in casa come se fosse limonata in una giornata afosa. Il pezzo forte però, era il suo costume da Nuka-Girl, con tanto di casco, taglio di capelli e pistola laser. La bionda vestiva i panni dell'attraente personaggio promozionale della compagnia di bevande. Le calzava talmente bene che se non l'avessi conosciuta, l'avrei scambiata per Nuka-Girl in persona. Eh, si! Il Nuka Forever era uno dei quattro stand più popolari di quella serata.

Con Trinity c'era anche Nick, con la sua solita tuta da meccanico e un bicchiere in mano. Sembrava essere tornato del tutto felice.

-Come andiamo qui?- Chiesi guardandola servire l'ultimo cliente.

-Oh benissimo! Sembra che la mia Nuka fatta in casa sia un successo.- Mi rispose lei tutta eccitata. -Vuoi provarne una?-

-Si, certo.-

-Lei ama la Victory.- La informò Nick.

Trinity spillò la bevanda in un bicchiere usa e getta di taglia media e me la porse. Diedi una veloce occhiata al contenuto e vedendone il colore arancio acceso non persi altro tempo. Era decisamente una Nuka-Cola Victory a tutti gli effetti.

-Allora? Cosa ne pensi?- Mi chiese Trinity.

-Fresca, dissetante e deliziosa. È perfetta!-

Non stavo mentendo. Trinty aveva riprodotto l'esatto sapore e aroma della bevanda originale. Mi chiedevo come ci fosse riuscita.

Nel periodo prebellico creare la Nuka-Cola non era considerato un reato grave, a meno che non la si vendesse. In quel caso gli avvocati della corporazione ti trascinavano in tribunale per le caviglie. Ma qualcuno doveva tramandare la ricetta originale di quel dolce nettare.

-Sì! Lo sapevo che ti sarebbe piaciuta. Non vedo l'ora di servirla nel nostro nuovo locale.-

-Nuovo locale?-

-Si. Io e Trinity abbiamo pensato di aprire una piccola attività nella nuova area.-

La nuova area era la sezione da poco creata grazie al progetto di ampliamento. Molti civili avevano speso i loro risparmi per accaparrarsi un lotto, dove in poco tempo avrebbero potuto aprire una loro attività e migliorare la vita nel P1. Rimasi sorpresa nello scoprire che Nick e Trinity si fossero accaparrati uno dei lotti. Insieme.

-Ragazzi, ma è fantastico! E come pensate di chiamarlo?-

-Abbiamo pensato a qualcosa come Little Nuka-World o Nuka Memorial, ma per adesso io e la mia nuova socia ci stiamo ancora pensando.- Mi rispose Nick.

-E poi qualcuno dovrà testare la merce. Giusto mia piccola cavia da laboratorio?- Chiese Trinity con tono civettuolo.

-Beh, se la leggendaria Nuka-Girl ha bisogno di assistenza, chi mai potrebbe andare in suo soccorso se non il grande … MechaNick?- Continuò Nick.

-Comunque il tuo costume è veramente bello Trinity.- Mi complimentai. -Dove sei riuscita a trovarlo?-

-No, questo me lo sono fatta io da sola tre anni fa. Era tra le tante cose che sono riuscita a portare nella mia valigia.-

Ecco un'altra spiegazione per la protezione che Trinty aveva dimostrato nei confronti di quella valigia. Altro che imitazione da quattro soldi. Quel costume era un tesoro da custodire.

-Va bene. Allora io vado dagli altri. Voi state qui?- Chiesi.

-Io cerco di stare qui il più possibile. Magari riesco a fare ancora cento dollari.-

-Io devo andare a prepararmi. Stasera farò il mio debutto ufficiale!-

Lasciai i due piccioncini da soli. Non capii esattamente cosa intendesse Nick con debutto ufficiale. Era già il meccanico più conosciuto della base.

Ad ogni modo mi diressi verso l'area dei tavoli. Essendo una delle autorità più in vista, mi era stato riservato uno dei tavoli in prima fila.

-Red! Siamo qui!- Mi chiamò Mr B.

Tutta la squadra Vault, escluso il meccanico e l’infermiera, si era radunata ai due tavoli riservati al Sorvegliante e alla squadra Vault.

Con loro c’erano naturalmente Maria, i bambini e i famigliari di Bud. Anche se stretti su due tavoli, avremmo potuto passare una serata insieme.

Alcuni di loro si erano anche messi dei costumi. Earl si era vestito da robot, Amelia e Tony vestivano da gangster con tanto di pistole finte, Willy era un pirata, Carl un cowboy e Zack indossava una tuta da aviatore identica a quella di Isaac e Baatar. Solo in versione più piccola. Bud aveva optato per la sua uniforme da parata, mentre suo fratello e sua sorella vestivano con la tuta di sicurezza Vault-Tec fornita ad ogni agente. Solo Maria e il padre di Bud erano venuti in vesti civili. Per l'occasione lei si era messa un cappellino da festa e lui una spilla di “buon anno nuovo" sul petto.

-Come andiamo cittadini?- Chiesi imitando lo sceriffo di un vecchio film western.

-Alla grande, cowboy!- Mi rispose Baatar.

-Sceriffo.- Lo corresse Isaac.

-Come?-

-Sceriffo. Se ha la stella al petto è uno sceriffo.-

-Ah, scusate. I western erano vietati o censurati nel mio vecchio paese.-

Mi sedetti tra Bud e Amelia. Nel menù erano presenti delle leccornie che prima di allora in mensa non si erano mai viste. Le si potevano ordinare al ristorante, ma gli ingredienti migliori erano pochi. Le serre e gli allevamenti non riuscivano a produrre abbastanza da poter sostenere la qualità migliore per tutti. Quindi o spendevi cinquanta dollari per un filetto di manzo, oppure ti accontentavi con un petto di pollo a undici dollari. Ma quella sera, il primo piatto era gratuito e il resto scontatissimo.

Ordinai una porzione di costolette di manzo alla griglia con patate e salsa, accompagnando il tutto con un po' del vino offerto dagli altri.

Terminata la cena mi presi anche un caffè. Il Mr Handy cameriere me lo portò esattamente quando l’ologramma del cantante sul palco si spense. A breve il colonnello Baker sarebbe salito sul palco per l’annuncio del nuovo anno e dare inizio ai festeggiamenti della serata.

-È ora?- Domandò Baatar.

-Scusateci, ma dobbiamo andare dal colonnello.- Spiegai ai miei amici. -Ci vediamo dopo.-

Salutati i presenti uscimmo dall’area dei tavoli e raggiungemmo il retro del palco.

Baker aveva appena fatto la sua comparsa sul palco quando arrivai io. Di fatto si udirono gli applausi della folla. Trovai le nostre due squadre di baseball, con ancora indosso le loro uniformi e un trio di soldati in uniforme da parata in rappresentanza dei caduti. Saremmo stati tutti annunciati dal colonnello e poi avremmo fatto la nostra entrata in scena.

-Benvenuti a questa grande serata signore e signori. Spero che vi stiate divertendo e che possiate trascorrere il resto della festa in gioia ed allegria. A breve, vi presenteremo alcuni tra i membri più distinti della nostra comunità. Ma prima, renderemo omaggio ai nostri caduti.-

I tre soldati salirono la scala che portava al tendone con una bandiera americana e il leggio con i nomi dei nostri commilitoni caduti in battaglia.

Baker pronunciò tutti i nomi di coloro che dal giorno della Grande Guerra, non ce l'avevano fatta. Cominciò con lo sceriffo Butler e finì con il sergente di prima classe Blais. Il membro dei Rattlesnakes ucciso dalla cannonata che ci aveva impedito di salire a bordo del vertibird durante l'estrazione da White Flat. Nessuno sarebbe stato dimenticato.

Seguì poi un minuto di silenzio, durante il quale si udì soltanto il pianto di un neonato in lontananza.

-Onore ai caduti.- Mi dissi.

Terminato il minuto di silenzio, i tre soldati tornarono al backstage seguiti dagli applausi della folla.

-E adesso possiamo passare alle onorificenze. I primi a salire sono i Mad Megaton e gli Immortal Patriots.-

I membri delle due squadre salirono le scale in due file parallele. Il loro arrivo sul palco venne acclamato come alla precedente partita.

-Per i poteri conferitimi dallo stato maggiore, io, colonnello Roland Baker, dichiaro vincitori della prima partita amichevole di Beacon City … i Mad Megatons!-

La folla esultò a gran voce per i vincitori della partita.

-Aspetta, cosa ha detto?- Domandai a Wright.

Mi voltai a cercare il tenente, ma l'ufficiale stava parlando con dei tecnici.

-Come? Non hai letto il manifesto?- Mi chiese Isaac. -Lo hanno dato a tutti stamattina.-

-Ero occupata stamattina. Che storia è questa?-

-La direzione ha ritenuto opportuno rinominare Boise City in Beacon City.- Mi rispose Mr B. -Un faro di speranza in un oceano di tenebre. A partire da oggi potremmo dire tranquillamente di vivere nella splendida Beacon City.-

-Quasi dimenticavo.- Continuò Baker. -Per coloro che non lo sapessero, ci sono ancora quattro lotti disponibili nella nuova area del quartiere residenziale. Affrettatevi se volete aggiudicarvene una.-

-Se avessi guardato sopra alla testa, avresti letto lo striscione della partita. Amichevole di Capodanno 2077 Beacon City.- Continuò Isaac con un leggero sorrisetto bruciato dalle radiazioni.

Avrei voluto rispondergli, ma l'idea di essere stata io per prima a dare l'idea di Beacon City mi stava già dando alla testa.

-La prossima a salire su questo palco è una giovane condottiera ed eroina che voi tutti conoscete molto bene.-

Era il mio momento. Guardai un'ultima volta il tenente farmi il segno di via libera e salii anch'io i gradini che portavano al palco.

-Vi presento, la sorvegliante e capo della sicurezza …- Oltrepassai il sipario. -Rocket Earp!-

A centinaia si alzarono in piedi per applaudirmi e rendermi omaggio. La cosa mi fece arrossire un pochino, ma per fortuna il cappello da sceriffo mi fece abbastanza ombra da non farlo notare.

Mi feci coraggio e diedi al pubblico un po di vero spettacolo. Estrassi le mie due rivoltelle finte e le feci roteare nei modi più stravaganti. Le mie mosse diedero l'effetto sperato portando la folla ad aumentare gli applausi e aggiungendo diversi fischi e urla. Neanche quando rimisi le pistole nel cinturone la gente smise di applaudire.

-A nome della nostra comunità, dono questo piccolo segno di riconoscenza per il lavoro svolto nelle operazioni di salvataggio portate a termine con successo da lei e dalla squadra Vault.-

Il colonnello indossava la sua uniforme da parata. Sotto il colletto sinistro portava un gran numero di nastrini in sostituzione delle varie medaglie ottenute durante la sua carriera. Impossibile non notare la Medaglia d’Onore del Congresso.

Mi avvicinai per ritirare la mia premiazione e nel farlo vidi che anche i Mad Megatons avevano ricevuto il loro trofeo. Una coppa d'oro recuperata dai magazzini e in seguito preparata per la partita.

-Ecco a lei.- Disse il colonnello porgendomi la targa.

-La ringrazio signore, ma ci tengo a far presente, che il successo di una singola squadra è dovuto dall'impegno e il sacrificio di tutti.- Dissi al microfono

La folla tornò ad applaudire, e il fatto che li in mezzo ci fossero uomini e donne appartenenti alle squadre che rischiavano la vita uscendo fuori dalle nostre mura, rendeva le mie parole molto più significative.

-Sentito gente? Questo è un esempio di caposquadra.- Si congratulò il colonnello.

-Ah e in più ci tengo a precisare che la squadra Vault spacca di brutto!- Scherzai.

La mia battuta fece sia ridere che riportare gli applausi al livello massimo. Ero una celebrità allo stato puro. Ai margini del palco qualcuno scattò anche delle fotografie.

Mi spostai alla destra delle due squadre per permettere a Baker di continuare. Ne approfittai per esaminare più accuratamente la mia targa. Una sottile lastra di ferro ornata con l'incisione di un aquila appollaiata su di un ingranaggio Vault-Tec in una pratica custodia foderata con del velluto blu. Di classe.

-Starai meglio a casa mia o in ufficio?- Mi chiesi.

-Salgono ora sul palco, il primo tenente Isaac Lee e il tenente in seconda Baatar Li.-

I due piloti comparvero sul palco composti e in uniforme da aviazione stirata. Vennero subito accolti e dal pubblico e una volta giunti da Baker gli fecero il saluto.

-Congratulazione piloti. Siete a tutti gli effetti la punta di diamante della nostra aviazione.- Si congratulò il colonnello offrendo anche a loro due targhe di riconoscimento.

-Sopra a tutto!- Gli risposero i due piloti in totale serietà.

-Ah! Che siano di esempio per le future generazioni.- Affermò Baker mentre i due andavano a sistemarsi tra me e i giocatori.

Nessuno dei due mi rivolse la parola e neppure io lo feci. Erano troppo concentrati nel mostrare il vero volto dell'aviazione. Disciplina e onore.

In quello stesso momento le luci si spensero. Inizialmente pensai a un blackout, ma in un attimo il palco tornò a risplendere di una pura luce azzurra generata dai proiettori sul palco. Mi pareva di essere finita nella vecchia Broadway. Quella non radioattiva.

-La scienza è la sua vita! La scoperta il suo obbiettivo!- Annunciò una voce femminile. -È lo scienziato più amato dalle masse! Il paladino della conoscenza e della ricerca! Ecco a voi il Dottor Joel Brown!-

-Chi?- Domandò Mr B confuso.

-Alias Dr. Spectrum!-

In un lampo l'ologramma dello scienziato comparve sul palco. L'effetto scenico ottenne numerosi applausi e anche qualche altro fischio. A Spectrum la cosa piacque così tanto che il suo ologramma si dilettò nell'imitare il cantante e re dello swing Dean Domino in uno dei suoi balli.

Dopo un paio di mosse e qualche passo a suon di Something's Gotta Give, l'ologramma si spense e al suo posto apparve l'eyebot di Spectrum. Il robot volteggio fino a Baker, il quale era già pronto con la sua onorificenza.

-Non sarà un premio Nobel, ma speriamo che possa apprezzarlo comunque Doc.-

-Lo apprezzo molto colonnello. Vi ringrazio tutti quanti.- Disse Spectrum al microfono.

Il colonnello fissò una piccola medaglia allo scafandro di Spectrum. Al posto della spilla doveva avere una calamita.

Spectrum lasciò il colonnello e volteggiò fino a posizionarsi alla mia destra.

-Carina l'entrata in scena. L'ologramma da crisi di mezz'età però era meglio evitarlo.- Scherzai a bassa voce.

-Di sicuro è stato meglio del suo spettacolino da pistolera, sorvegliante sceriffo.- Mi rispose Spectrum.

-Ah ah. Però se confrontiamo la mia targa con la tua medaglietta Doc, allora vinco io.-

-E adesso passiamo alla presentazione delle nostre nuove unità.- Continuò Baker.

-Non conta la grandezza, ma il significato. Cowgirl.-

Stavo per ribattere, quando i miei piedi avvertirono delle vibrazioni. Qualcosa si stava avvicinando. Anche il pubblico iniziò ad avvertire le vibrazioni, ma per fortuna nessuno si spavento.

Solo quando un’armatura atomica apophis fece la sua comparsa sulla destra del palco si generò un pizzico di panico. I visori triangolari rosso fuoco facevano molto effetto.

In un primo momento qualcuno urlò e un paio di agenti di servizio dovettero intervenire per impedire che il panico dilagasse. Per nostra fortuna i timori generati dal colosso svanirono quasi completamente, quando questo si fermò e fece il saluto con il suo enorme zampone d’acciaio.

-Signore e signori, ecco a voi l’armatura atomica in grado di demolire un’intera metropoli.- Esulto Baker al microfono. -L’armatura atomica apophis!-

Seguì la solita serie di applausi, ma senza fischi o urla. Il pubblico era rimasto senza parole nel vedere una simile armatura. Neppure io mi ero ancora abituata nel vedere quel titano camminare e muoversi come un vero soldato. Persino un deathclaw sarebbe fuggito piuttosto che affrontarlo direttamente. Forse, anche il più grande della loro specie. Forse.

-Non rilassatevi. Sta per arrivare un'altra aggiunta alle nostre forze. Guardate la in alto!-

Tutti seguirono la direzione indicata dal colonnello nel cielo. La su, dove una volta splendevano le stelle del creato, sotto le costanti nubi di cenere, a pelo con la cupola energetica del RAD-SHIELD ….

-È un missile?!- Si chiese uno dei giocatori.

-È un velivolo?!- Domandò Isaac.

Qualunque cosa fosse, si stava avvicinando e in un attimo mi fu ben chiaro di cosa si trattasse.

-Un puro ed efficiente mix di forza e agilità, unito alla capacità di volare!-

L'esotuta di Trinity stava volando sopra alla folla. Un angelo meccanico con un jetpack al posto delle ali, in fase di atterraggio sul palco.

-L'esotuta atomica d'assalto garantirà ai nostri incursori capacità nel combattimento fino ad oggi ritenute impensabili.-

Il calore generato dai retrorazzi della tuta fu parecchio piacevole. Mi accorsi subito che la tuta aveva ricevuto delle migliorie, come una corazza leggera che andava a proteggere i punti vitali dell'operatore e dei componenti più potenti. I tecnici di Spectrum dovevano averci messo le mani sopra.

Quando il jetpack si spense completamente, l'operatore si mosse verso il colonnello come una persona normale. Era proprio quella capacità di movimento fluida e veloce che rendeva l'esotuta superiore alle normali armature atomiche. Escludendo la resistenza della corazza leggera.

La parte frontale del casco si aprì e l'operatore, probabilmente un militare, rivelò il suo volto al pubblico.

-MechaNick a rapporto!-

-Nick!?- Mi chiesi.

Mi sembrava impossibile che Nick fosse diventato un incursore volante. Per giunta il primo. Certo aveva testato per primo l'esotuta e salvato Trinity da una caduta nel vuoto in una mirabolante acrobazia. Ma vederlo dentro quell'armatura, lo faceva apparire come un soldato invincibile.

-A partire da oggi, le azioni lampo avverano in tutt'altro modo! E tutto questo è stato reso possibile da Trinity Brooks, ideatrice e progettista principale del progetto.-

Sia a Nick che a Trinity venne riservata una buona dose di applausi. Mi piaceva che il mio migliore amico e una nuova fossero diventati anche loro due celebrità a tutti gli effetti.

-Termina così la nostra grande presentazione. Vi lasciamo al vostro divertimento. E state pronti, perché tra poco arriveremo alla mezzanotte.-

Prima di scendere dal palco Nick si riunì con me Isaac, Baatar e Spectrum.

-Allora, che ne dite del mio nuovo completo?- Ci chiese Nick.

-Davvero notevole amico. Davvero notevole.- Si complimento Baatar.

-Si non male. Con un paio di mitragliatrici potrebbe apparire come un caccia a reazione.- Gli rispose Isaac.

-Beh, per stasera direi che ognuno ha ricevuto il suo premio. E la grandezza è ciò che conta.-scherzai.

-Sì certo Red. Voi che andate a fare adesso?- Domandò Spectrum.

-Io vado a vedere dov'è finita Trinity e magari facciamo due salti sulla pista. Vuoi venire con noi Rocket?-

-Vado a fare soltanto il mio giro di perlustrazione e poi vi raggiungo.-

-Noi due torniamo all'aereo. I ragazzi dell'aviazione hanno aperto un piccolo chiosco bar per fare un po di festa. Doc, passi da noi?- Chiese Baatar.

-No, scusatemi. Devo vedere se i miei sono riusciti a vendere qualche apparecchiatura. Magari ci vediamo più tardi.-

Terminati i saluti scendemmo dal palco e ci dividemmo. Prima della mezzanotte avrei voluto fare un giro di persona a controllare che tutto fosse okay. Non c'era nulla di allarmante. La gente si divertiva, qualcuno mangiava ancora, altri bevevano, un gruppetto si era radunato a vedere Nick e Trinity ballare sulla pista da ballo con l'esotuta e molte persone continuavano a percorrere la strada delle bancarelle. I miei agenti erano dovuti intervenire solo per sedare una piccola rissa, alla quale nessuno aveva fatto neppure caso. Era una serata troppo bella per rovinarla.

Stavo per raggiungere lo stand di Spectrum per vedere qualcun'altra delle sue attrezzature, ma venni raggiunta da un sergente in cerca della sottoscritta.

-Sorvegliante!-

-Posso fare qualcosa per te soldato?-

-Mi scusi, ma alcune persone stanno conducendo una piccola riunione in cima alla torre di controllo.- Disse indicandomi la torre dell'aeroporto.

Guardai il grande edificio a pochi passi dalla mia posizione. A quell'ora nella torre doveva esserci solo qualche guardia, ma dato che la situazione era tranquilla tanto valeva andare a dare un'occhiata. -Ci penso io soldato. Seguimi.-

Avrei voluto dare un'occhiata ad alcuni altri stand, ma negare il mio aiuto a un soldato era di sicuro poco professionale.

Andai fuori dalla strada degli stand e delle bancarelle. L'atmosfera mutò di colpo. Continuavo a sentire la musica e il brusio generato dalla folla, ma l'aria e la temperatura erano del tutto diversi. Freddo e totale mancanza di aromi e profumi del mangiare, mi avevano fatto quasi dimenticare i bei momenti passati un attimo prima.

Lungo la strada incontrammo due soldati di passaggio con una sentinella robotica. I due mi fecero un cenno con la testa mentre il robot da combattimento mi passò a fianco senza badarmi.

Arrivati all'entrata della torre non incontriamo nessuno.

-Ma qua non ci dovrebbe essere qualcun altro di guardia?-

-Si. C'ero io prima, ma ho dovuto lasciare il posto per venire a cercarla.-

-Ok, ma la prossima volta fatti dare il cambio o chiedi a qualcuno di contattarmi se è possibile.-

Avevo già passato l'intera mattinata a rispiegare le procedure di sicurezza ai ragazzi e quindi non volli fare la ramanzina al soldato. In più il tizio era un soldato e non un agente.

Entrai nell'atrio della torre e presi l'ascensore con il soldato. C'erano anche le scale ma preferii evitare quattro piani di gradini. L'ascensore era piccolo, ma comunque veloce. Arriviamo direttamente nella sala controllo di volo.

La sala di controllo era un grande attico con delle vetrate rinforzate che davano su tutta la base e una modesta quantità di apparecchiature per il controllo aereo collegati direttamente all'amministrazione nel P1. A quell'ora erano presenti soltanto due tecnici i quali tenendo d'occhio i due monitor principali ascoltando la stazione radio della base.

Uno dei due mi indico la scaletta di servizio attaccata al muro. Da li si poteva accedere al portello di sicurezza del tetto.

-Di che genere di attività parlavi?- Chiesi esaminando il portello.

-Delle persone sono salite di sopra e sono ancora la. Non sappiamo cosa stiano facendo.-

-Vado a dare un'occhiata. Aspettami qua.-

Mi arrampica su per la scaletta e arrivata al portello lo apri. Allungai la testa per scrutare i dintorni e scoprii con molta sorpresa un gruppetto di persone capeggiato da Brian Hunt, il padre di Bud e capo della tribù.

-Avvicinati pure Spirit.- Disse lui senza badarmi.

Il vecchio stava in piedi vicino all'antenna principale. Tutti gli altri erano seduti al parapetto e non dicevo niente. Se ne stavano tutti li muti e persi nei loro pensieri. Erano sia civili che militari. Neppure quando chiusi il portello si mossero. Anzi non ebbero nessuna reazione. Solo il vecchio era indaffarato ad un fornelletto da campo con un pentolone sopra. Stavo cominciando a pensare di essere capitata nel bel mezzo di un rituale indiano.

-Signor Hunt. Come mai si è stabilito qua su con queste persone? La festa è giù da basso.-

-Mi piace questo posto. Calmo e tranquillo. Forse un po freddo, ma è anche il posto più vicino al cielo. Ho anche chiesto il permesso al colonnello prima di salire.-

Sapere che il colonnello aveva dato la sua autorizzazione mi tranquillizzo, ma continuare a vedere quelle persone sedute intorno a me e al capo con il suo pentolone mi costringeva a pormi qualche domanda. Cioè voglio dire, non credevo che il padre di Bud fosse un produttore di sostanze narcotiche, ma quello del Med-X party era un evento che avrei preferito evitare.

-Solo per curiosità ma cosa sta cucinando?-

-Un semplice te aromatizzato alle erbe del deserto.-

-E queste persone come mai sembrano così … rilassata?- Chiesi riferendomi agli altri presenti.

-Queste persone mi hanno chiesto aiuto per la loro depressione. Ho solo aggiunto al loro te una piccola dose di antidepressivo fatto in casa. Nulla che possa causare assuefazione o danni di alcun tipo.-

Brian Hunt era una persona molto colta. Conosceva molte materie e aveva vissuto abbastanza da vederne di cose assurde. Quella della chimica doveva essere una delle materie sulla quale si era più focalizzato.

-Ah ok ottimo. No, perché pensavo che avesse creato un club dell'ago.- Ammisi.

-Tranquilla Spirit. Una delle prime cose di cui mi sono assicurato è stato il rispetto della legge da parte mia e di tutti i membri della tribù.-

-Va bene. Allora io torno giù. Dopo fate attenzione a scendere.-

-Prima di andare. Ti andrebbe una tazza di te senza medicine?- Mi chiese il vecchio mostrandomi un bicchiere.

Li per li ebbi qualche ripensamento, ma trattandosi del padre degli Hunt.

-Magari un assaggino.- Gli risposi avvicinandomi.

Il capo indiano riempì il bicchiere e me lo porse. Il te caldo emanava un aroma dolce che mi riempì subito le narici. Mi avvicinai il bicchiere alle labbra e diedi un sorso al te.

Di tutte le migliori bevande bevute nella mia vita, quel te era finito tra le prime cinque. Caldo, dolce e salutare.

-Che ne pensi?-

-Delicato. Frutti di bosco con un retrogusto alle foglie autunnali. Buonissimo.-

-Mi fa piacere. Qualche frutto della mensa, mischiato a delle radici nelle serre fanno davvero dei miracoli.-

-Solo questo?-

-Ciò aggiunto anche dei licheni in polvere. Di quelli che crescono ai piedi delle mura sud.-

Guardai più attentamente il contenuto del bicchiere. In quella miscela rossastra riuscivo ad intravvedere una leggera polverina. Normalmente non avrei ingerito dei licheni del deserto, specialmente quelli che crescevano sulle pareti di cemento armato della base, ma messi in quel te dovevo ammettere che gli effetti erano diversi da come me li immaginavo.

-Ho saputo che tuo padre è ancora la fuori.- Disse il vecchio alzando la fiamma del fornelletto.

Mi prese un po alla sprovvista.

-Ehm, si. Era fuori città da mesi.- Confermai.

-Temi che sia morto?- Continuò l'indiano.

Ci riflessi un po sopra. Non era la prima volta che qualcuno mi poneva quella domanda. Me compresa.

-Si. Ma ormai, me ne sono fatta una ragione.- Ammisi.

Il vecchio si fermò per un attimo, come a ponderare la mia risposta.

-So che purtroppo, sono morti miliardi di persone. E che tra di loro potrebbe esserci anche tuo padre. Ma ricorda Spirit, la speranza sarà sempre l'ultima a morire.-

-Grazie signore. Lo apprezzo.-

Pur essendo passati mesi, continuavo a sperare di poter ritrovare mio padre nella Zona Contaminata. Certo, una parte di me sperava che una testa nucleare lo avesse ucciso senza farlo soffrire. Sapevo che era una cosa brutta da pensare, ma dopo aver visto gli orrori del Red Oasis.

Ad ogni modo continuavo a sperare di poterlo ritrovare.

-E in più c'è il peso delle responsabilità che porti sulle spalle.- Mi ricordò il capo.

Sentendo quelle parole, il mio cuore iniziò a battere velocemente. Avevo lasciato le mie pillole nella tuta e una crisi era l'ultima cosa che avrei voluto in quel momento. Il capo si accorse del mio cambiamento di umore.

-Scusami. Non volevo metterti a disagio.-

-No, non si preoccupi. Devo solo fare dei profondi respiri.- Dissi controllandomi con la mano il battito cardiaco.

-Ti andrebbe un goccio del mio distillato speciale?- Disse il capo estraendo una fiaschetta dal cappotto.

-Che genere di distillato?-

-Una miscela che ho creato diversi anni fa. Ti farà sentire una vera leonessa per tutta la notte, ma è molto forte. Non tutti sono capaci di resistergli senza rigurgitarlo.-

Non mi piaceva rinunciare a una sfida ed ero più che disposta a rinunciare ad una crisi in piena serata di Capodanno. E cosa più importante, quella sera mi sarei dovuta sbronzare insieme agli altri. Tanto valeva prendersi d'anticipo.

-Farà male?- Chiesi al vecchio offrendogli il bicchiere.

-Male no, ma consumerà tutte le tue energie. Sarà molto più potente di un normale drink. Potrebbe perfino aprirti la mente e causarti qualche allucinazione.-

Continuai ad offrire il bicchiere e il capo aprì la fiaschetta. Mi stupi vederlo versare non più di un ditale di quel liquido. Doveva trattarsi di qualcosa di veramente potente.

-Non è un allucinogeno da laboratorio?- Chiesi un intimorita.

-No! Assolutamente no. Direi più il cocktail del guerriero più potente che sia mai esistito. Nulla che ti ucciderà.-

Sentendo le parole cocktail e guerriero, presi la mia decisione con più determinazione.

Mi portai il bicchiere alla bocca e bevvi. Quella misteriosa miscela aveva modificato completamente il sapore. Con poche gocce il mio tè era stato completamente modificato. Fu come bere un Martini Dry alle fragole mischiato con della benzina. Una benzina amara e al tempo stesso energizzante.

-Cavolo è potente! Dovrebbe produrla in massa.- Dissi cercando di non tossire il più possibile.

-E adesso arriva il bello.-

-Come?-

Ciò che segui fu una scarica elettrica che attraverso le sinapsi del mio cervello. Migliaia di colori apparirono ai miei occhi. Le persone presenti svanirono e il vecchio capo si trasformano in un lampo luminoso.

-Wow wow wow. Questa roba è forte!-

Tutto il paesaggio mutò e davanti a me comparve la mia vecchia casa. Non quella che avevo poco prima della grande guerra, ma quella della mia infanzia e sotto la veranda c'era mio padre.

-Tesoro, vieni qui.- Mi disse.

Io alzai le mie mani da bambina verso di lui e gli corsi incontro, ma non lo raggiunsi. Venni invece colpita in pieno da un onda d'urto che distrusse la mia casa e mi sbalzo per chilometri indietro nella sabbia del deserto.

Quando mi rialzai avevo indosso la mia tuta di sicurezza Vault-Tec. Guardai in direzione del fungo atomico e mi accorsi che tutto il paesaggio di prima non c'era più. Udii anche una voce.

-Dalle ceneri della nostra Sodoma … noi siamo risorti.- Era il messaggio preregistrato di quel mostro di Woden.

Come se non bastasse, dalle sabbie del deserto sbucarono centinaia di suoi seguaci. Predoni, psicopatici e assassini uscirono dal suolo come vermi e si concentrarono su di me. Ironicamente avevo con me la mia 10 mm, che estrassi e puntai sui nemici. La pistola sputo piombo a destra e manca, uccidendo i predoni che cadendo si trasformavano in cenere. Più precisamente, in cenere radioattivo.

Per qualche strana ragione la mia pistola sparava all'infinito, senza bisogno di essere ricaricata. Ma la pacchia non durò molto, perché poco a poco i nemici mi raggiunsero è proprio quando furono su di me una tempesta di sabbia ci inghiotti completamente.

Il vento fu così forte da sollevarmi da terra e in un istante volai via. Ciononostante le raffiche di vento cariche di sabbia non mi ferirono ne il viso ne la pelle del collo.

Continuai a volare in cielo per diverso tempo, poi a un certo punto vidi avvicinarsi un vertibird. Il velivolo si accosto e dal portello laterale superiore spunto Nick.

-Red dammi la mano!- Mi urlò il meccanico offrendomi la mano.

Provai ad avvicinarmi nuotando a rana, ma il velivolo continuava a volare troppo distante da me.

-Non ci riesco! Nick!-

Feci un altro tentativo, ma senza successo. Poi iniziai ad allontanarmi e prima che me ne potessi accorgere precipitai.

Atterrai pesantemente, ma senza farmi del male, su una superficie liscia. Tornata in piedi, mi guardai attorno, anche se tutto ciò che mi circondava era avvolto dalle tenebre.

Dal nulla una luce accecante mi investì. Poi quella luce cambiò direzione, dandomi così la possibilità di vedere da dove provenisse. La luce era quella di un faro. Un faro senza tratti distintivi che si ergeva su un colle perfettamente tondeggiante. Il proiettore del faro girava su se stesso, continuando ad illuminare le zone circostanti.

Provai ad orientarmi per capire dove andare, ma l'unica direzione possibile era andare incontro al faro.

E così feci. Cominciai ad avvicinarmi al faro, passo dopo passo.

-Credi di poterli salvare.- Disse una voce fredda e cavernosa nelle tenebre.

Mi voltai di scatto in direzione opposta al faro, ma non vedi niente.

-Credi di poter fermare l'inevitabile?-

Dal cuore delle tenebre comparvero due occhi. Uno giallo luminoso e uno rosso infuocato.

-Le tenebre stanno per arrivare. Noi stiamo per arrivare. Voi sarete inghiottiti e tu non potrai fare niente!-

Un enorme bocca piena di denti si generò sotto agli occhi indiavolati e in un attimo … mi inghiotti!

-NO! AIUTATEMI!!!-

Mi svegliai di colpo urlando e dimenandomi.

-Red! Calmati Red! Sono io, Marion.-

Una volta aperti gli occhi e riprendendo piena conoscenza mi accorsi di essere sdraiata su di un letto. Marion mi stava tenendo il braccio sinistro.

-Dove sono?- Chiesi spaventata.

-Al centro medico. Ti hanno ricoverata stamattina.-

Mi guardai attorno e mi accorsi di essere sdraiata su di un lettino da ospedale con il mio pigiama. La stanza era una delle tante del centro medico. Riconobbi subito Marion, Spectrum nell'angolo, il mio mister Handy maggiordomo in stand-by nell'angolo e Bud sdraiato su un divano attaccato alla parete destra.

Solo allora cominciai a percepire i postumi della sbronza più devastante della mia vita.

-Bud! Bud è sveglia!- Lo chiamo Marion.

L'enorme indiano si tirò su grugnendo e in un attimo fu vicino a me.

-Red, stai bene?- Mi chiese Bud.

-Si. Cosa mi è successo?- Chiesi con fatica.

I due si guardarono un attimo, come per chiedersi cosa rispondermi.

-Hai passato una grande serata. Ne hai fatte di cose.- Si complimento Marion.

Guardai a sinistra, ma le uniche cose che riuscì a vedere fu un carrello da ospedale con sopra un blocchetto per gli appunti, un vassoio chirurgico e nell'angolo due bombole dell'ossigeno. Poi girai la testa dalla parte di Bud. Alla mia destra c'era un tavolino con sopra dei fiori in un vaso, tre trofei la cui origine mi era ignota e una statuetta Vault-Tec con il Vault Boy della fortuna. Facilmente riconoscibile dal quadrifoglio in mano e dalla tuba verde in testa.

-Red. Per caso nostro padre ti ha dato qualcosa da bere ieri sera?- Mi chiese l'indiano.

L'ultimo ricordo che avevo prima del sogno era quello del vecchio Hunt.

-Ehm, si. Mi pare di ricordare … di aver accettato un drink corretto. Ma è stata una mia scelta.-

-Ecco! Lo sapevo!- Ringhiò Bud sbattendo il pugno nella sua mano. -Papà e i suoi riti!-

Bud si apprestò ad uscire di tutta fretta dalla stanza. Anche se intontita, sapevo dove voleva andare.

-Aspetta Bud! Non mi ha costretta! La scelta è stata mia.- Dissi sperando di fermarlo.

Ma Bud non mi ascoltò e uscì di corsa dalla stanza come un rinoceronte infuriato.

-Bud! Tranquilla vado a parlargli io. Torno subito a vedere come stai.- Mi tranquillizzò Marion.

Quando anche la sorella di Bud uscì dalla stanza provai a tirarmi un po su, ma senza grandi risultati. Quel drink mi aveva davvero distrutta. Avevo lo stomaco e i muscoli dolenti. Proprio una sbornia indimenticabile.

Spectrum mi volò a fianco e mi scansionò.

-Tranquilla Red. Hai solo bisogno di riposo e mangiare.-

-Grazie Doc. Fa piacere avere vicino uno scienziato come te in questi casi.-

-Per caso. Ricordi di aver parlato di un faro?- Mi chiese.

-Sognato si. Parlato no. Perché me lo chiedi?-

-Oh, no niente. Semplice curiosità.-

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Capitolo 13
*** Un bagliore nella Zona ***


Un bagliore nella Zona

Un faro? Un miraggio? O peggio?

 

 

04/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Sturgis/U.S. Route 56

Ore 11:10

 

36°53'42.6"N 102°04'02.9"O

 

-Quindi hai accettato la pozione magica del vecchio sciamano e …-

-Non è uno sciamano!-

-Beh, sciamano o no, quella roba ti ha fatta scatenare.-

Rita Ross era la capo squadra della Aries, una delle squadre ad aver partecipato ad Emersione insieme a noi della Vault. La donna era un sergente maggiore con alle spalle una carriera esemplare. Aveva lavorato come agente di supporto presso la DIA e la UAF, nelle operazioni di ricerca e arresto di possibili agenti cinesi sotto copertura. Fin dai primi giorni a Fort Boise si era fatta notare per il suo atteggiamento sempre allegro e il cinico umorismo. Praticamente la soldatessa che prima spara in testa a un nemico e poi scherza nel paragonare la grandezza del foro nella testa del cadavere a quella del buco fra le sue chiappe.

La cosa più buffa è che molti ci scambiavano per sorelle. Io non ci trovavo una così grande somiglianza. Era più robusta e alta di me, ma i suoi capelli rossi avevano la stessa tonalità dei miei. A mio parere Rita era più la versione caucasica e giocosa di Marion Hunt.

Stavamo percorrendo la Route 56. Sturgis cominciava ad apparire sempre più piccola dietro di noi. Il nostro convoglio percorreva la strada in mezzo al deserto della Zona Contaminata. L’obiettivo era raggiungere Elkhart per saccheggiare i depositi Vault-Tec nel centro città. Per questo il nostro convoglio era composto da un considerevole numero di blindati APC, jeep e camion per il trasporto. E naturalmente il mio Pip-Boy e le sue autorizzazioni di alto livello erano altrettanto necessarie.

Avevamo fatto anche una piccola sosta nella cittadina di Sturgis. Il bottino non fu sostanzioso come quello che ci stava aspettando a Elkhart, ma pur sempre meglio di niente. Elettrodomestici, pezzi di ricambio, attrezzi, qualche tanica di preziosa benzina, una dozzina di armi, due Station Wagon in perfette condizioni e solo tre ghoul in tutto il paese. Non male come bottino viste le prospettive, ma il nostro vero obiettivo era ciò che ci attendeva nei magazzini di Elkhart.

-Comunque il vecchio deve pubblicare la ricetta.-

-Col cavolo! Quella roba è troppo pericolosa.-

Rita scherzava, ma io no. Il padre di Bud mi aveva dato un potente allucinogeno che oltre a mostrarmi delle cose assurde, mi aveva letteralmente portato oltre al limite.

Durante la notte di Capodanno, nonostante fossi sotto gli effetti dell’allucinogeno, avevo fatto di tutto. Stando a ciò che mi era stato riferito dai miei amici e da altri testimoni, appena scesa dalla torre mi ero diretta barcollando al palco principale. Li mi ero messa a cantare davanti a tutti The Wanderer e altri classici fino allo scoccare della mezzanotte. Quando a mezzanotte i fuochi d'artificio illuminarono il cielo, balzai davanti a tutti sulla pista da ballo e danzai come una scatenata fino all'una. Stancatami di ballare dopo un'ora intera, sfidai Bud al gioco del martello davanti a tutti. Riuscimmo entrambi a far suonare la campana, solo che giunto il mio turno il peso raggiunse la campana con più forza. Era già chiaro per tutti che qualcosa non andava, ma nessuno pensava fosse necessario intervenire. Neppure quando vinsi il torneo di Air Hockey da sola contro i due campioni in carica mi venne chiesto di fare una pausa. Feci poi un giro sugli autoscontri e sulla giostra dei cavalli come una bambina. Finito l'ultimo giro mi comprai una confezione di popcorn, un gelato, dello zucchero filato, un hamburger, tre Nuka-Cola e una Quartz per digerire. Il mio “spuntino” notturno durò meno di mezz'ora. Fu verso le tre del mattino che diedi di matto al cento per cento. Dopo aver avuto un’accesa discussione con Atom davanti a tutti, mi intrufolai dentro un carro armato per guidarlo a velocità massima dentro la base. Fortunatamente non mi videro in molti e quei pochi che lo fecero pensarono solo a un carrista di fretta. Ma quando salutai due soldati di pattuglia, i due dietro l'allarme. Una decina di agenti corse in mio soccorso per salvarmi da me stessa. Ma anche quando veni fatta scendere dal mezzo la mia corsa folle non terminò. Corsi come una forsennata verso l'entrata sud del forte, solo che nel farlo mi tolsi il costume da sceriffo. Salii su per le mura con addosso solo la biancheria intima e mi buttai dall'altro lato. Per qualche assurdo motivo riuscii ad atterrare in piedi senza farmi male. La mia corsa terminò a dieci metri oltre il confine segnato dalla cupola del RAD-SHIELD. Guardando in lontananza i resti di Boise City lanciai urla e insulti al vento nei confronti dell'Orda, della Cina e dell'Enclave. Veni soccorsa definitivamente da Yazhi e altri due agenti di sicurezza. La donna mi aveva messo un cappotto pesante sulle spalle e aiutato a tornare dentro. La mia avventura notturna ebbe fine quando poco dopo crollai a terra nella sabbia radioattiva del deserto.

Di tutto questo l’unica cosa che mi era tornata in mente era la discussione con Atom.

-Ah cane. Come ti invidio. Tu devi solo preoccuparti delle pulci e di leccarti le biglie.- Gli avevo detto.

-Davvero? E alla squadra chi ci pensa?- Mi aveva chiesto il cane. -Credi che senza di me quel Nick sarebbe ancora vivo?-

-Oh scusami tanto Atom. Io però non ricevo coccole da tutti ogni volta che faccio la mia parte.-

-Già tu ti fai colpire da tutti quelli che ci sparono addosso.-

La cosa era andata avanti per diverso tempo davanti agli sguardi confusi dei miei compagni e dei passanti. Poi Atom si era ritirato verso l’entrata del P1.

-Non sono io ad avere un problema qui! Tu ce l’hai stupido cane! Spero che tu mangi della cioccolata per sbaglio. Oh Dio voglio guidare.-

Subito dopo ero andata alla ricerca di un carro armato da guidare.

Dopo essermi risvegliata in ospedale ed essermi ripresa, venni convocata nell'ufficio di Baker.

Il colonnello mi fece una semplice ramanzina da niente. Il fatto che non mi avesse degradato o fatto passare almeno una notte in gattabuia mi sembrava troppo magnanimo. Tanto meglio così.

Il vecchio Bradi Hunt, ricevette invece un vero e proprio richiamo. I permessi per radunare il suo piccolo gruppo di depressi in cima alla torre erano in regola, ma la roba che il vecchio mi aveva rifilato gli viene sequestrata e gli fu vietato di riprodurla. In fin dei conti a nessuno andò tanto male. Tranne che per un piccolo battibecco tra Bud e suo padre. Mi dispiacque essere motivo di litigio tra i due, ma anche con il pieno delle forze mi sarebbe stato impossibile trattenere Bud dal litigare con suo padre per il suo piccolo esperimento.

Ciò che però non mi fu ben chiaro, furono le tante domande che Spectrum mi pose nei giorni che seguirono il nuovo anno. Sembrava essere particolarmente interessato alle mie visioni.

Ad ogni modo, riprendemmo tutti quanti servizio in breve tempo.

Mentre il nostro camion seguiva l'APC in testa e Rita faceva una pausa dal suo quizettone a domande, dedicai un minuto al mio Pip-Boy.

Con me avevo portato l'olonastro di Red Minacce, ma giocarci troppo mi avrebbe fatto sicuramente male. Preferii invece visualizzare la mia scheda personale. Il microprocessore del Pip-Boy aveva raccolto su di me numerosi dati.

Stando all'apparecchio i miei parametri S.P.E.C.I.A.L. erano aumentati. Andando in palestra avevo guadagnato qualche punto in forza e agilità, mentre leggendo dei libri in biblioteca e andando a farmi qualche bevuta al bar le mie capacità intellettuali e oratorie erano anch'esse migliorate, seppur di poco.

Ma anche le abilità più comuni come le conoscenze scientifiche, balistiche, commerciali e di sopravvivenza erano migliorate. Tutto merito dei corsi serali di Spectrum, quelli di sopravvivenza del sergente Paxton e a svariati tipi di comuni riviste.

Il Pip-Boy teneva anche conto della mia reputazione all'interno della comunità. Secondo il computer ero la “Salvatrice dei Fondatori”. Mi chiedevo da dove prendesse questi nomi.

Buttai un occhio anche sui miei valori biometrici. Essendo ora di pranzo avevo bisogno di cibo e di acqua, ma giunti a destinazione mi sarei fatta uno spuntino veloce insieme agli altri.

Guardai anche la mappa per vedere quanta strada mancava ancora e per soddisfare la mia curiosità usai la manopola anche per vedere la lista dei canali radio.

Tutte quelle precedentemente salvate erano inattive, compresa quella di Beacon City, perché troppo lontana per riceverla. Ma stranamente, nel bel mezzo del nulla, il ricevitore del mio Pip-Boy era riuscito a captare una trasmissione ad onde corte con un codice numerico.

Premetti play e il computer da polso emise una trasmissione in codice morse leggermente disturbata. Non mi ero ancora esercitata abbastanza nella traduzione del morse, così pensai di chiedere a Rita.

-Di un po, tu sai tradurlo?-

-Ma cosa?-

Distolsi lo sguardo dal monitor del Pip-Boy e guardando sulla strada vidi che la jeep davanti a noi si era fermata.

-Che cosa è successo?-

-Il vostro cane è uscito!-

-Come!?-

La portiera posteriore di sinistra era aperta. Non ero riuscita a vedere cosa ne fosse uscito, ma secondo Rita Atom era comparso fuori.

Una volta fermato il camion, scendemmo in strada. Anche il resto della colonna si era fermato e altrettanti soldati erano usciti per controllare.

-Atom è scappato!- Confermò Nick uscendo dalla jeep.

-Hey, li davanti. Cosa succede?- Chiese qualcuno più indietro.

-Perché non ci muoviamo?-

-Abbiamo un contatto nemico?!-

-Red, non ti sarai rimessa al volante come a Capodanno?- Scherzo Lopez.

La battuta del caposquadra generò un coro di risate. Ce ne sarebbe voluto di tempo perché la gente si dimenticasse delle mie mirabolanti imprese nella notte di Capodanno. Forse nessuno se lo sarebbe mai dimenticato.

-Fottiti Lopez!- Gli risposi camminando verso il margine della strada.

La strada era leggermente rialzata rispetto al livello della terra e in alcuni punti erano presenti delle crepe, ma di tubature o fosse dove Atom potesse essere andato a nascondersi non ce n'era traccia.

Venni raggiunta da Nick e Trinity, che aiutandomi a scrutare l'orizzonte videro subito Atom correre come un fulmine a nord ovest.

-Ma dove sta andando?- Domandò Nick.

-Dove sta andando?! Come ha fatto a uscire piuttosto?- Continuai io.

-Non lo so. Un attimo prima era tranquillo sul sedile, poi ha iniziato ad abbaiare e un istante dopo è riuscito ad aprire la portella da solo.-

Quel cane non la smetteva di stupirmi. Neanche avesse avuto i pollici opponibili.

-Dai forza, dobbiamo andarlo a riprendere.-

-Aspetta un attimo Red. Quello cos'è?- Mi chiese Trinity guardando l'orizzonte.

Inizialmente pensai che si riferisse a qualcosa sul terreno, ma guardando più attentamente con il mio binocolo, mi accorsi anch'io di un bagliore.

-Che cosa vedete?- Ci chiese Rita arrivata da poco.

-Mi sembra una luce.- Le rispose Trinity.

-No, è un riflesso.- La corressi. -Qualcosa sta riflettendo i raggi del sole.-

A giudicare da quello che vedevo, a poco meno di un miglio da dove eravamo noi, qualcosa incastonato tra delle enormi rocce stava riflettendo quella poca luce che riusciva a trapassare le nubi.

-Che facciamo? Continuiamo con la missione?- Domandò Rita.

-Mettete il convoglio in assetto difensivo. Trinity e Nick venite con me. Gli altri restano qui e si tengono pronti ad intervenire.-

Io, l'infermiera e il meccanico abbandonammo la strada e ci addentrammo nella landa desolata del deserto. Gli altri obbedirono ai miei ordini senza discutere. Misero gli APC ai margini del convoglio e i mezzi meno corazzati al centro.

Mentre camminavo, continuavo a guardarmi in giro alla ricerca di potenziali trappole o cecchini, ma in quella zona del deserto gli unici nascondigli possibili erano i cespugli morti da mesi a causa delle radiazioni. L'unica vera minaccia erano le grandi rocce dalle quali si poteva intravedere a tratti il solito bagliore.

Giunti quasi a destinazione, mi fermai un attimo ad esaminare il cumulo. Si trattava di uno spicchio di rocce compatte sbucato dalle sabbie migliaia di anni fa. Ciò rendeva questa punta di iceberg una rarità vista la natura geologica del deserto.

Mi assicurai che i miei due compagni fossero pronti e con la mia 10mm in mano ci apprestammo a raggiungere la formazione delle rocce.

Da lontano poteva apparire come un mucchio di rocce o una massiccia piramide formatasi naturalmente, ma avvicinandoci scoprimmo una piccola entrata molto simile a quella di una miniera, dalla quale si udiva chiaramente Atom abbaiare.

-Vault a Mandria1? Vault a Mandria1 mi ricevete?- Chiesi parlando alla radio portatile.

-Forte e chiaro Vault.-

-Siamo davanti all'entrata del monolite. Procediamo in silenzio radio, voi restate in ascolto e tenetevi pronti in caso di bisogno.-

-Ricevuto.-

Prima di procedere, la mia curiosità mi spinse a fare un breve controllo. Riattivai la radio e il mio Pip-Boy ricominciò a trasmettere il messaggio in morse di prima. Solo che giunta davanti al monolite il messaggio appariva più forte e chiaro di prima.

-Che cos’è?- Mi chiese Trinity.

-Una comunicazione che ho trovato poco prima che ci fermassimo. Prima però il segnale non era così tanto forte.-

Anche i miei due compagni avevano capito a cosa mi stavo riferendo. Il segnale proveniva da quel posto. E qualcuno lo stava trasmettendo.

Con la 10mm in mano e la luce del Pip-Boy accesa, entrammo attraverso la porta che ci avrebbe condotti nell'ignoto. Anche Nick si era armato, con un fucile da combattimento a cartucce, mentre Trinity aveva con sé la sua solita pistola da Nuka-Girl potenziata. Quell'affare in un posto stretto come quel tunnel poteva anche rivelarsi troppo potente.

Man mano che avanzavamo gli ululati di Atom si facevano sempre più forti e dopo appena due curve strette lo raggiungemmo.

-Atom, cosa ti è preso?- Gli chiesi senza aspettarmi una risposta.

Un lampo accecante ci investì tutti. Io ero a pochi metri dal cane, mentre il meccanico e l'infermiera si erano prontamente riparati dietro all'ultima curva.

Per un attimo temetti di essere finita in un imboscata.

-Salve.- Disse qualcuno da un altoparlante.

-Hem, prego?- Chiesi.

-Non temere. Vieni pure avanti.-

La luce abbagliante si spense, lasciando il posto a quella di alcune lampade meno potenti che illuminarono la fine del tunnel in modo meno accecante.

Davanti a me e Atom era presente una porta blindata. Nel buio non me ne ero accorta, mentre il cane si era messo ad abbaiarle contro per tutto il tempo. Solo quando le luci si erano accese la vidi chiaramente, ma a catturare la mia attenzione fu anche la videocamera posta sopra alla porta. Roba sofisticata.

La porta iniziò ad aprirsi lentamente all'indietro e un uomo in uniforme fece la sua comparsa.

-Piacere di conoscerti. Mi chiamo Harry.-

-Piacere, io sono Anna.- Mentii.

-Sei da sola?- Mi chiese il soldato.

-Si!- Risposi subito. -A parte il cane.-

Il tizio controllò con attenzione restando sulla soglia d'entrata. Temetti che i miei due compagni potessero tradirmi facendo un passo falso o allungando la testa per guardare, ma per fortuna rimasero nascosti. Sapevamo entrambi che il mio intento era quello di passare per una solitaria.

-Se vuoi entrare c'è un piatto caldo che ti aspetta.- Mi invitò.

Valutai tutte le opzioni e accettai l'invito.

-Accetto più che volentieri, grazie. Può entrare anche il cane?-

-Ma certo. Prego entra.-

Il soldato scomparve dietro la porta e io mi apprestai a seguirlo, ma quando giunsi all'entrata feci una strana scoperta. Guardando in basso vidi che il mio piede aveva schiacciato una cella per armi al plasma usata e guardandomi in giro più attentamente mi accorsi di altri bossoli appartenenti ad altre tipologie di armi.

Non ero neanche entrata che già avevo un brutto presentimento. Scelsi quindi di prepararmi e sperando che nessun altro stesse setacciando l’etere, attivai la modalità di trasmissione della mia radio portatile. Se mi fosse accaduto qualcosa prima di poter contattare i miei compagni, per lo meno avrebbero ascoltato tutto.

Atom fu il primo ad entrare e io lo seguii. Era meglio non fare insospettire i padroni di casa.

Ciò che vidi dopo mi lasciò senza parole e con gli occhi sgranati. Dentro la montagnola si era formata un’enorme caverna con un'apertura ramificata nel soffitto. O forse era stata scavata dall'uomo. In ogni caso qualcuno aveva sigillato l'apertura con una spessa cupola di vetro dalla quale penetrava la luce del sole. Intuii subito che il bagliore visto in lontananza era dovuto al riflesso del sole sul vetro della cupola. Ma il bello era davanti a me. Sul fondo della caverna era stato costruito un intero piccolo quartiere di case in legno. Le case erano state costruite in modo tale da formare un cerchio, al cui interno era presente un piccolo praticello rotondo con tanto di fontana. Il simpatico quartiere in stile prebellico aveva un diametro di circa cento metri o poco più. Ogni casa aveva il suo giardino delimitato dalle siepi e dalle staccionate verniciate di bianco. I materiali di costruzione erano di prima qualità. Al lato opposto della porta, era stata costruita la più grande e bella. Con la balconata e le colonne alla porta d’entrata. Roba da ricchi.

Il posto non era di sicuro grande come il nostro quartiere residenziale, ma in quei pochi metri quadrati era stato nascosto un piccolo angolo il paradiso prebellico.

-Benvenuta a Peaceful Refuge. L'ultimo angolo di America ancora in piedi.- Affermò il soldato.

Ora che mi trovavo vicino, potevo finalmente vedere il soldato in faccia.

Sulla cinquantina, con una folta barba nera ben curata e qualche capello bianco. Caucasico, ma con la pelle ben abbronzata. Uniforme in perfetto stato e fucile d'assalto R91 pronto all'uso.

Il soldato non era da solo. Altri otto membri di quella che doveva essere la piccola comunità del posto fecero la loro comparsa. Erano tutti civili. Due donne sui quaranta e una giovane con forse due o tre anni in meno rispetto a me. Gli altri erano tre ventenni e due che probabilmente avevano la stessa età delle due donne.

A catturare la mia attenzione fu però il loro modo di vestire. Abiti da picnic e barbecue della domenica. Ed erano anche felici.

-Ma dove cavolo sono finita?- Mi chiesi.

-Benvenuta! Non ci saremmo mai aspettati una visita dall'esterno.- Disse la donna vestita con un completo da estate in testa al gruppo.

-Sono Bob Allen.- Si presentò l'uomo vestito casual al suo fianco. -Questa è mia moglie Ella e questi sono i nostri bambini.-

La famiglia degli Allen era il tipico quadretto all'americana prebellico. I due ragazzi dovevano essere gemelli, ed entrambi vestivano con gilet e pantaloni dello stesso tipo e misura. Anche i capelli erano uguali. Continuavano a guardarmi come due secchioni single al ballo di fine anno.

-E noi siamo i Collins. Piacere di conoscerti.- Si presentò l’altro uomo.

Anche la famiglia dell'uomo con la camicia a scacchi non la smetteva di sorridermi. Il figlio aveva anche un buon motivo, ma la ragazza con la camicetta e pantaloncini estivi mi faceva uno strano effetto. Mi fissava con un sorrisetto da birichina. Beh, eravamo pur sempre nella terra della libertà e già ai tempi del college avevo avuto delle amiche dai gusti più … "femminili". Ma quella mi metteva veramente a disagio.

Anche Atom sembrava smarrito in presenza di quelle persone.

-Sei la prima persona che incontriamo da quando tutto ha avuto inizio.- Mi informò il soldato.

-È assurdo. Non mi sarei mai aspettata di incontrare delle persone in questa landa desolata. Per giunta in un posto simile.-

-Perché non ti unisci a noi?- Mi chiese la signora Collins. -Stavamo per pranzare. Aggiungiamo un posto a tavola.-

-Prego, seguici.- Mi disse il marito.

-Andate pure, io vado a fare un giro di ispezione.- Disse il soldato tornando alla porta.

Sperai che per giro di ispezione non intendesse fare un giro del tunnel. Non avevamo ancora scoperto la vera identità del gruppo e se Nick e Trinity avessero incontrato il tipo con l'uniforme avrebbero potuto sparagli e uccidere un innocente. O peggio. Le possibilità erano infinite.

L'unica speranza era che le pareti di roccia non avessero impedito alla radio portatile ad onde corte che portavo al cinturone di trasmettere al resto del convoglio l'intera conversazione.

Per non destare sospetti accettai l'invito del gruppo e venni condotta alla casetta più vicina. Mi incuriosì vedere come la signora Allen e il marito camminavano. Sembravano privi di equilibrio e ad ogni passo le loro gambe tremavano in modo strano. O i due condividevano la stessa patologia, oppure alla base del loro matrimonio era presente l’uso massiccio di qualche droga.

-Snobboni e pure drogati.-

Rimasi un po delusa quando scoprii che il pranzo avrebbe avuto luogo nella prima casa a destra, invece che nella casa più grande e bella. E anche un po perplessa vista la natura aristocratica delle due famiglie.

-Il cane però deve rimanere fuori. Ho passato i pavimenti appena stamattina.- Mi pregò la signora Collins.

Atom restò fuori senza fare storie. La cosa non sembrò infastidirlo. Anzi, avere a disposizione tutto il prato per se lo aveva reso molto eccitato. O forse era la strana energia scaturita da quel luogo.

La casa di quei tizzi era molto più grande del mio appartamento. E anche ben arredata. Mobili raffinati, elettrodomestici all'avanguardia e un buon profumino che aleggiava nell'aria.

-Il pranzo sarà pronto a breve. Ti andrebbero delle tartine.-

-Magari una.-

Entrammo in quella che doveva essere una sala da tè o il salotto. Moquette, lampadario, televisore. C’era anche un adorabile gattino di pochi mesi su di un divano rosso fuoco.

-Maledetta bestiaccia! Va via dal mio DIVANO!- Sbraitò la signora Allen.

La piccola palletta di pelo grigio corse via in un lampo. Mi sconvolse vedere la reazione della donna. Anche gli altri se ne accorsero.

-Mamma! Paxly non voleva fare niente di male.- Disse la figlia.

A quel punto la madre capii di aver esagerato.

-Oh, scusatemi. È che sono allergica ai gatti.-

-Una madre allergica ai gatti, che lascia alla figlia tenerne uno?-

Più ci pensavo e più le cose non mi tornavano.

Mi accomodai sul divano, insieme alla padrona di casa e al marito.

-Prego, prendi pure quello che vuoi.- Mi disse la signora.

Presi una di quelle in cima alla pila. Una pizzetta alle olive molto gustosa.

-Allora, dicci. Come ti chiami giovane viandante?- Mi chiese il signor Collins.

Mi ero già preparata una balla da raccontare. Una volta chiarite le loro intenzioni avrebbero saputo la verità.

-Mi chiamo Anna Miller, sono di Guymon. Quando tutto ha avuto inizio mi sono rifugiata in una cantina e appena le radiazioni sono diminuite sono uscita in cerca di qualcuno, ma sono riuscita soltanto a trovare questa tuta Vault-Tec e il mio amico quattro zampe qua fuori. Poi ho preso una macchina in prestito e con un pizzico di fortuna ho trovato questo posto.-

Terminato il mio racconto avvertii qualcosa sfiorarmi la schiena. Voltandomi di scatto, trovai uno dei due gemelli.

-Wow, che fai?- Chiesi più imbarazzata che confusa.

-Ah, perdonalo. Tommy ha la mania per la tecnologia.- Mi rispose il padre.

-Scusa, è che non potevo fare a meno di ammirare il tuo Pip-Boy. È un 3000?-

-E allora perché mi stavi palpando da dietro?-

-Si, era insieme alla tuta quando l'ho trovato.-

Su quello non mentii.

Mi accorsi in quel momento, che tutti i presenti avevano un particolare interesse per il mio computer portatile da polso. Tutti tranne la giovane del gruppo. Lei era l'unica che continuava a fissarmi negli occhi con quel suo sorrisetto. Non avrei mai pensato di poter attirare l'attenzione di una donna. La cosa mi lusingava.

-Anna, prima di mangiare, ti andrebbe di darti una rinfrescata nel bagno su di sopra?- Mi chiese la signora Allen.

Considerando la situazione, quella di starmene un po' da sola per raccogliere le idee mi sembra un'ottima idea.

-Certo, solo se qualcuno mi può mostrare dov'è il bagno.-

-Ti accompagno io.- Si offri il figlio degli Allen.

Seguii Tommy su per le scale, lasciando gli altri nel salotto. Lungo le scale potei ammirare una svariata quantità di quadri di vario tipo. Dall'arte moderna fino a quella ottocentesca. Eppure in mezzo a quella vasta collezione, mancava qualche pezzo. Qualcuno aveva tolto dei quadri da poco e sulla carta da parati i segni erano ancora chiari.

-Ecco siamo arrivati.-

-Grazie. Ci metterò qualche minuto.- Dissi entrando nel bagno.

Ma quando chiusi la porta, udii lo scatto istantaneo della serratura, seguito dai passi del mio accompagnatore che scendeva le scale in silenzio senza dire una parola.

Non persi neanche un secondo e subito esaminai la serratura. Scopri che la serratura del bagno era troppo ardua da scassinare. Forse Nick avrebbe potuto scassinarla, ma di sicuro avrebbe avuto anche lui qualche difficoltà.

Comunque, non mi era ancora ben chiaro perché un bagno necessitasse di una serratura simile e soprattutto perché quell'altro mi ci avesse dovuto chiudere dentro.

Guardai in giro per poter trovare qualche altro indizio sulla natura di quelle persone, che già mi sembrava ovvio che nascondessero qualcosa. Ma purtroppo, tutto ciò che riuscì a trovare furono due confezioni di Abraxo, uno straccio, dei barattoli di trementina, uno sturalavandini, due saponette e un tubetto di dentifricio. Ah e nessuna via di fuga come una finestra o altro.

Stavo per estrarre la mia 10 mm e provare a rompere la serratura con la pistola, ma fu a quel punto che mi accorsi della grata nel controsoffitto.

Mi appoggiai con i piedi sulla vasca da bagno, fregandomene del tutto delle macchie di terra che avrei lasciato sulla ceramica bianca e la vasca. Fortunatamente la grata non era bloccata e riuscii a togliere senza fare troppi sforzi. Mi arrampicai con un piccolo sforzo e in un batter d'occhio mi ritrovai nel controsoffitto. Accesi la luce del Pip-Boy e rimisi a posto la grata.

Il controsoffitto non aveva pareti che separavano le stanze e questo mi permise di spostarmi liberamente. Il trucco era solo quello di camminare furtivamente e senza fare rumore.

Mi spostai sopra allo spazio delle scale. Anche lì era presente una grata, che mi permise di guardare ciò che sta accadendo sotto di me.

Tutti i presenti stavano salendo le scale in fila indiana con delle strane mazze in mano. Guardando con più attenzione mi accorsi che erano pungoli per bestiame. Scoprire che quei bastardi volevano farmi la pelle mi fece venire la pelle d’oca.

Infatti, una volta giunti davanti alla porta del bagno, fecero scattare la serratura e piombarono tutti quanti nella stanza. Rimasero abbastanza stupiti nel trovare la stanza vuota.

-JA, dove diavolo è finita?!- Chiese parecchio irritata la signora Collins.

-L'avevo lasciata qui. Non so dove sia finita! Forse si è nascosta.-

-Forse? Idiota! Trovatela! Subito!-

Qualcuno era nei guai, e io pure. Dovevo trovare una via di fuga e chiamare la cavalleria.

Mentre i padroni di casa setacciavano le stanze alla ricerca della sottoscritta, io iniziai a cercare un'altra grata o una possibile via di fuga da quella trappola.

Tutte le altre stanze avevano le loro grate, ma spostandomi nel controsoffitto rischiavo di fare troppo rumore e se mi avessero scoperta sarebbe stata la fine. Erano troppi per me e sicuramente avevano ben più di quei semplice pungoli da bestiame.

Alla fine però trovai una grata nel bel mezzo del controsoffitto che conduceva ai piani inferiori. Tolsi la grata e con molta cautela scivolai giù per quello che doveva essere il condotto di ventilazione della casa spingendo con la schiena da un lato e con gli stivali dall’altro. Grazie al tessuto della tuta riuscivo a non fare troppo rumore, al contrario dei miei inseguitori che nelle stanze vicine continuano a fare un baccano assurdo spostando mobili e cercando nei possibili nascondigli.

La discesa durò pochi secondi, senza interruzioni o altre fermate.

Giunsi in fondo al condotto, dove mi aspettava un'altra grata laterale. Quest'ultima però mi diede qualche difficoltà, ma con un pizzico di forza e parecchia attenzione a non far rumore riuscii a togliere anche quest'ultima.

La stanza in cui ero finita doveva essere la cantina della casa. Fredda, buia e con un tanfo non nuovo al mio naso. Puzza di sangue.

-Ehi tu, chi sei?- Chiese qualcuno nell'ombra.

Ebbi quasi un infarto, ma la persona che mi aveva chiamato si trovava dall'altra parte di una cella. Me ne accorsi subito quando la luce del mio Pip-Boy illuminò le sbarre.

-Chi sono io? Chi sei tu?!-

-Anson Bennett. Il piacere è tutto mio.- Si presentò. -Non sembri una di loro?-

Un afroamericano di mezz'età, stempiato e con la barba incolta. Aveva un completo marrone sporco e rovinato. Ma la cosa peggiore era ciò che portava al collo. Avevo sentito parlare dei collari esplosivi e uno lo avevo già visto di sfuggita già prima della Grande Guerra. Venivano utilizzati nei carceri di massima sicurezza prebellici o nei campi di prigionia per i sospettati di possibile collaborazionismo comunista. Se il congegno esplosivo veniva attivato, questo non danneggiava l'area circostante e tutto ciò che ci si trovava, ma semplicemente decapitava di netto il malcapitato. E anche solo provare a manometterne il cablaggio, rischiava di attivarne la carica esplosiva. C’erano anche quelli che emettevano scariche elettriche per stordire il prigioniero in caso di fuga, ma quello di Anson era sicuramente esplosivo.

-No, non sono una di loro. Vengo da una colonia di sopravvissuti. Il primo insediamento della Zona Contaminata sicuro e fortificato. Chi sono loro esattamente? Tu lo sai?-

-Se sei arrivata fin qua, avrai già capito che non sono stati loro a costruire questo posto.-

-Si. Ci avevo fatto un pensierino.-

-Da quanto ho capito, questo rifugio è stato costruito da un pezzo grosso di qualche multinazionale per i suoi amici e per le loro famiglie. Ma poi sono arrivati questi degenerati, loro gli hanno aperto la porta pensando fossero i soccorsi e li hanno ammazzati tutti. E adesso usano questo rifugio come esca per attirare gli altri superstiti in trappola.-

-Questo spiega i bossoli all’entrata, i segni dei quadri mancanti e la presenza di quel micetto.-

-L’Orda è spietata.-

-L'Orda?!- Chiesi stupita.

-Si. Perché gli conosci?-

Tutto cominciava ad avere un senso finalmente.

-Io e i miei ci siamo già scontrati con il loro gruppo.- Gli risposi grattandomi la testa.

Quella scoperta non fu affatto piacevole. L'Orda era arrivata anche li per conquistare, uccidere e distruggere. Questa era l'ennesima conferma della pericolosità rappresentata da Woden e il suo esercito.

-Allora saprai quanto sono pericolosi. Hanno attirato anche noi in questa trappola.-

-Noi?-

-Già, noi!-

Dall'oscurità della cella strisciò fuori una donna mulatta. Anche lei vestita con degli abiti semplici, sporchi, rovinati e lo stesso collare esplosivo al collo. Sembrava felice di vedermi. Anche troppo.

-E tu saresti?-

-Jankowski. Zoe Jankowski.-

-Jankowski?- Chiesi stupita.

-Si, sai com'è. Un immigrato polacco sbarca a Ellis Island, si registra, è tutto contento, ma poi finisce nel ghetto sbagliato e si scopa una sorella nera. Una cosa di mille anni fa o giù di li.-

Non ci voleva uno Spectrum per capire che la donna aveva qualcosa che non andava. Difficoltà a stare ferma. Occhi rossi. Tremolii. Bisogno costante di grattarsi.

Diagnosi: astinenza da droga.

-Ah, okay. E voi sareste?-

-Io facevo il meteorologo per la sede di Galaxy News Natwork a Oklahoma City. Ho fatto anche un paio di servizi come reporter di guerra in Canada durante la nostra occupazione, ma non aspettarti chi sa quale abilità nel combattimento.-

Avrei sperato in qualcosa di meglio, ma tra un civile senza alcuna esperienza con le armi e una in piena crisi da astinenza, l'idea di trascinarli in battaglia era da scartare. E per aprire quella cella ci sarebbe voluto qualcuno di abile con le serrature.

-E io sono quella che ha creato il trasmettitore che ti ha guidata fino a qui.- Mi informò la donna.

-Vuoi dire che questo lo stai trasmettendo tu?- Chiesi facendogli sentire la trasmissione dal Pip-Boy.

-Aspetta. Il trasmettitore funziona?- Mi chiese stupito Anson.

-Si, lo sapevo!- Disse Zoe tirando fuori dalla tasca una sottospecie di congegno strampalato. -Il mio bambino ci ha portato la dea della salvezza. Meno male che prima di farci catturare l’avevo nascosto nel calzino.-

Guardandolo con attenzione scoprii che il loro trasmettitore era una tavoletta con delle valvole e dei fili scoperti tenuti insieme con della colla e del nastro. L’antenna a parabola di quel cesso elettronico era sta creata unendo dei cucchiai d’argento piegati.

-Un momento Zoe. Tu non conosci il morse.- Fece notare Anson.

-A dire la verità a portarmi qui è stato il riflesso della cupola.- Ammisi.

-Beh, sono sicura che le mie trasmissioni piene di punti e linee intraducibili ci avrebbero salvato comunque.- Affermò Zoe.

Scoprire che la trasmissione ignota fosse in realtà una richiesta di aiuto intraducibile fu abbastanza ridicolo, ma la potenza del congegno colpì il mio interesse.

-Quella roba riesce a trasmettere da qui sotto?- Le chiesi. -Riusciresti a potenziare il segnale della mia radio?-

-Spiacente. Senza attrezzi e materiali non posso fare niente. Sono riuscita a creare questo trasmettitore prima che finissimo qua. E per farlo ci ho messo un giorno intero.-

-Sei una scienziata per caso?- Chiesi incuriosita dalle sue capacità tecniche.

-Zoe era un'addetta alle comunicazioni della sezione GNR.- Mi rispose Anson.

-Conduttrice radiofonica!- Lo corresse Zoe. -E che palle!-

-Zoe, per favore.-

-Ti avevo detto che potevamo inventarci delle nuove identità. A te e a quell'altro. Tu potevi essere il presentatore televisivo che hai sempre sognato di essere.-

-Piantala Zoe. Cerca di essere un po più seria.-

-Un momento, fermi tutti.- Li interruppi. -Di quale altro stai parlando?-

-Huu, huu, huu.- Fece Zoe imitando un fantasma.

Anson si massaggiò la fronte con una mano e si schiarì la gola.

-C'era un cuoco con noi quando siamo arrivati.- Disse il meteorologo con un filo di voce.

-C'era?-

-Questi tizzi hanno un loro programma.- Mi spiegò Zoe. -Se sei nato in America e hai delle abilità che ti rendano utile, ti trasferiscono a Oklahoma City. Se sei straniero e per loro non sei utile, allora ti ammazzano.-

-E un cuoco come Esteban per loro era inutile. Lo hanno ucciso e macellato.-

-Macellato? Vuoi dire …?-

-Oh, si. L’Orda è piena zeppa di cannibali.- Disse Zoe con tono serio. -I cadaveri li riutilizzano in svariati modi.-

-Ecco perché i signori Allen avevano quei tremori e le difficoltà a stare in piedi. Non sono dei drogati. Devono aver mangiato dosi massicce di midollo vertebrale e di materia grigia. E la figlia dei Collins non era interessata a me per la mia bellezza. Cazzo, quella mi voleva mangiare.-

Il solo pensiero che da li a breve avrebbero pranzato … mi annodava lo stomaco. Meno male che avevo mangiato solo una pizzetta senza carne.

-Voi …- Presi un profondo respiro. -Voi avete qualche idea su come aprire la porta blindata del bunker? Se riuscissi ad aprirla i miei compagni potrebbero entrare e falciare tranquillamente tutti questi bastardi.-

-Aspetta, sto comunicando con gli spiriti astrali.- Iniziò Zoe. -Gli spiriti dicono che il cuore della bestia si trova al centro di tutto. Segui la tua via guerriera dai capelli rossi.-

Più Zoe parlava, più dubitavo delle sue facoltà mentali.

-Due giorni fa, Zoe ha ipotizzato che la casa più lontana dalla porta sia è quella che controlla tutto. Nella grande casa con le colonne potrebbe esserci un terminale o una consolle di controllo.- Mi spiegò Anson.

La sua spiegazione mi apparve più chiara.

-Ok, ma come lo raggiungo?-

-La tua unica possibilità è lo scolo delle acque. Quello vicino alla cella frigorifera. Dovrebbe portarti da un’altra parte.-

La cosa non mi piaceva. L'unico modo per sbloccare la porta blindata era cercare a caso una console che forse neanche esisteva e per farlo, mi sarei dovuto intrufolare in uno scolo per le acque che forse mi avrebbe portato alla mia meta. Oppure a un vicolo ceco.

-E se tornassi su di sopra e li freddassi con questa?- Chiesi mostrando la 10mm.

-Inutile. Hanno ben più di quei semplici pungoli da bestiame.- Mi rispose Anson. -La porta sulle scale è sigillata e sicuramente ti avranno rubato tutte le munizioni e provviste mentre eri distratta.-

Setacciai subito il mio cinturone alla ricerca dei miei caricatori, ma non ne trovai neanche uno.

Capii subito che il figlio degli Allen non era interessato solamente al mio Pip-Boy. Quando l’avevo scoperto alle mie spalle mi aveva già borseggiata. Mi erano rimasti solo i proiettili nella pistola e la radio nel cinturone.

-Ti accolgono, ti derubano e per finire ti mettono ko.- Concluse Zoe.

Non avevo altre opzioni.

-D'accordo, voi restate qui. Io vado a cercare il modo di aprire le porte senza farmi ammazzare.-

-E chi si muove?- Chiese Anson.

Mi spostai lungo le sbarre della cella illuminando il mio percorso con la luce del Pip-Boy. Raggiunsi la fine della stanza in un attimo e li feci una scoperta ancora più macabra e agghiacciante.

Sopra a dei tavoli da lavoro imbrattati di sangue era stato sistemato in maniera disordinata l'intero set da cucina di Jack lo Squartatore. Coltelli, mannaie, martelli, seghe di vario tipo, bisturi … diavolo, c'era anche una motosega.

Trovai anche quello che doveva essere la porta della cella frigorifero. Ma per fortuna non dovetti aprirla. Li sotto era presente anche la grata dello scolo. La sollevai e mi preparai a strisciare.

-Ehi rossa!- mi chiamò Zoe.

-Cosa?!- Chiesi voltandomi.

-Stai attenta!- Mi rispose dolcemente Zoe.

Era ben chiaro che nelle sue parole ci fosse molto sarcasmo. Io le risposi portandomi il dito medio al petto e finsi di essere commossa.

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Capitolo 14
*** Cacciatori di umani e ... ***


Cacciatori di umani e ...

Cos’è che un predone ama più di uccidere?

 

 

04/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Rifugio privato

Ore 11:56

 

36°53'42.6"N 102°04'02.9"O

 

Mentre la donna sghignazzava per la mia risposta alla sua battuta, io entrai nel tunnel ideato per lo smaltimento delle acque. Il tunnel era abbastanza alto da farmi avanzare accucciata e ciò mi permise di non dover strisciare nei litri di sangue rappreso e liquami che rendevano quel posto un incubo per emofobici e chiunque come me, non avesse voglia di farsi una nuotata nelle fogne.

Il tunnel continuò per una buona ottantina di metri e il tanfo di morte continuava a non darmi tregua. Neppure quando arrivai al capolinea.

Il mio cammino era terminato in un vicolo ceco. Il Pip-Boy illuminava le pareti del tunnel di ferro, ma la strada restava comunque chiusa. Fu allora che mi venne in mente una furbata da manuale. Manuale Vault-Tec.

Il sensore del computer aveva scansionato l’intera struttura fin dal mio arrivo. Almeno, nelle stanze in cui ero entrata. Con un po di fortuna sarei riuscita ad utilizzarlo per trovare l’uscita.

Utilizzando la schermata della mappa locale vidi l’intera planimetria. I grandi spazzi aperti come il giardino avevano bisogno di più tempo e dati per essere mappati a dovere, ma le piccole stanze venivano esaminate in breve e con accurata precisione. E proprio due metri dietro di me, lungo il tunnel di scolo, il Pip-Boy aveva rilevato uno spazio vuoto oltre la paratia sinistra del tunnel.

Mi avvicinai a quello che doveva essere un pannello e battendo con il pugno udii dei suoni vuoti. Volevo uscire da quella fogna a tutti i costi e non persi un secondo a cercare altre uscite.

Iniziai a spingere con tutte le mie forze, ma il pannello non si mosse. Allora lo colpii con una spallata e finalmente si mosse un pochino. Gli diedi altri cinque colpi, ma il pannello non sembrava volersi muovere più di tanto. Riprovai con maggior forza e alla terza cedette, solo che ci misi così tanta forza che alla fine caddi insieme a lui. Caddi di brutto.

-CAZZO!-

Atterrai con un tonfo tremendo sul pavimento di cemento. Dal pavimento al tunnel di scarico dovevano esserci almeno quattro metri di distanza. E quei quattro metri si fecero sentire.

Non dovetti neppure rialzarmi per capire di avere qualcosa di rotto. La conferma arrivò quando provai a muovermi.

-Dannazione!-

A giudicare dai dolori che avvertivo dovevo essermi rotta il braccio sinistro e aver sbattuto la testa molto forte. Ero parecchio stordita, la stanza era buia e l’unica luce era quella del mio Pip-Boy.

Decisi di starmene sdraiata un momento per farmi venire qualche idea, anche perché quei bastardi mi avevano rubato gli unici due stimpak che mi ero portata dietro. Ridotta com’ero, mi ci sarebbe voluto un miracolo per cavarmela. Forse i miei compagni sarebbero giunti a salvarmi, oppure quell'enorme ombra che si avvicinò mi avrebbe dato il colpo di grazia.

Non capii cosa fosse, ma spremendo quei pochi neuroni che mi erano rimasti intatti, riuscii a focalizzare meglio quell'ombra.

-Un cane?!-

-Rin Tin Tin, va a chiamare aiuto.- Dissi in un momento di totale disorientamento mentale.

Poi quell'ombra abbaio e qualcosa mi cade sul petto. Tirando lentamente la testa in su e guardando in avanti vidi un bellissimo super stimpak. Un super stimpak era più potente di uno normale e capace di guarire le ferite più gravi, a discapito di qualche effetto collaterale.

Raccolsi tutte le energie che mi erano rimaste e stringendo i denti, mi allacciai la cinghia di cuoio al braccio. I farmaci contenuti nella siringa fecero il solito effetto antidolorifico e rigenerativo, ma fu quando quelli contenuti nella fiala aggiuntiva entrarono nella mia circolazione che avvertii il cambiamento. La frattura al braccio si rimodellò in un attimo e la testa smise di ronzarmi.

-Oh … wow … grazie amico.-

Finalmente lo riconobbi. Atom era li, seduto al mio fianco. Gli diedi un abbraccione grandissimo per avermi salvato. E io che in tutto quel casino mi ero completamente scordata di lui.

-Dove hai trovato la siringa?-

Il cane abbaiò, mi passò davanti e si fermò su una pila di cassette del primo soccorso, la cui provenienza mi era ignota. La stanza doveva essere la cantina di un’altra casa. Il tunnel dello scolo passava a mezz’aria sopra a un cumulo di vestiti, zaini e scarpe abbandonate. Se il pannello fosse stato sotto invece che a lato non sarei finita sul pavimento, ma su quel morbido mucchio di indumenti. Per lo meno l’acqua sporca era rimasta nel tunnel.

Dopo essermi rialzata controllai se la radio aveva subito danni, ma in quella cantina di sicuro non sarei riuscita a trasmettere un messaggio. Iniziai quindi a cercare un interruttore o un generatore. Per puro caso, a pochi passi da dove ero atterrata trovai un generatore a nucleo di fusione. Premetti il tasto start e il generatore iniziò ad alimentare le luci della stanza.

Le luci mi portarono ad un’importante scoperta. Ero finita nel deposito dei predoni. Oltre alla pila di indumenti e cassette del primo soccorso, trovai anche una rastrelliera piena zeppa di armi, delle casse di munizioni, scaffali stracolmi di provviste, pezzi di ricambio, le scale per il piano superiore e un terminale. Forse quello che stavo cercando.

-Atom, siamo finiti nella sala dei tesori. Ma tu da dove arrivi?-

Il cane si avvicinò al condotto di areazione e ci si intrufolò. Tra l’aver trovato per primo quel posto ed essere riuscito a svignarsela prima che la trappola scattasse, quel cane si era meritato almeno una Stella d’Argento. La conferma arrivò quando Atom uscì dal condotto tenendo per la collottola il gattino di prima.

-Oh, piccolino.- Ho sempre amato i gatti. - Atom ti ha salvato dalle grinfie di quella megera.-

Il gattino si sentiva a suo agio con Atom. E farsi coccolare con un pizzico di amore lo faceva sentire amato. Ma non potevo starmene li tutto il giorno a grattargli il pancino.

-Atom, tornate nel condotto e restate li finché non torno.- Gli ordinai.

Solo che il cane non sembrò capirmi.

-A già. Riesci a fare cose incredibili, ma non riesci a capirmi quando voglio che mi ascolti. O quando sono sobria.-

Misi con dolcezza il gattino nel condotto e dopo avergli fatto un altro grattino, feci segno ad Atom di entrare.

-Dentro.-

Il cane però non sembrava molto convinto.

-Dentro!- Ripetei con tono più autoritario.

Se pur riluttante a rimanere nascosto, Atom obbedì ed entrò nel condotto. E per essere sicura che non uscisse, bloccai l’uscita con un grosso schedario. Sempre sperando che non riuscisse ad uscire da dove era venuto.

Sistemati gli amici a quattro zampe, mi dedicai alla rastrelliera delle armi. Rimasi delusa quando vidi che per la maggior parte erano pistole e fucili artigianali.

Già ai tempi delle rivolte prebelliche qualche artigiano di quartiere si era messo a unire tubi arrugginiti con vecchi pezzi di legno. I clan e le baby gang di Detroit erano riuscite a far parecchi danni con quelle “armi di fortuna”. Ma per noi che dovevamo fronteggiare un intero esercito erano parecchio obsolete.

Ad attirare la mia attenzione furono invece le pistole da 9mm, la mitraglietta da 10mm, il fucile da assalto 7,62, i tre winchester, il pugno potenziato e il fucile al plasma senza canna con il mirino reflex.

Rimisi la pistola nella fondina e impugnai quel cannone spara plasma. Un solo proiettile di quell’arma era in grado di ridurre un bue intero in una poltiglia fumante. Ciò lo rendeva più potente della sua controparte al laser, il cui rateo di fuoco restava comunque maggiore.

Presi anche degli stimpak, un coltello da combattimento e una granata criogenica che mi infilai negli stivali, un winchester che misi a tracolla, le rispettive munizioni e mi bevvi una Sunset Sarsaparilla presa dallo scaffale del cibo. Trovai anche delle pallottole a punta cava per la 10mm. Ottime contro i tessuti organici.

Il pugno potenziato e il 7,62 li lasciai perché troppo pesanti. In combattimento era meglio restare leggera.

Era giunto il momento di accedere al terminale e aprire le porte. Ma quando mi sedetti alla scrivania e accedetti al computer, feci una brutta scoperta. Per accedervi era necessaria la password o delle abilità da hacker di massimo livello.

Stavo per rassegnarmi, quando per puro caso trovai un olonastro a fianco del terminale. Lo esaminai brevemente e lo inserii nel lettore del Pip-Boy.

-Hey, Diann! Giuro che se ribecco quella depravata di tua nipote con le mani nelle mutande, ad ascoltare la sua collezione di urla con il mio terminale, la scaravento nella cella frigorifera insieme ai suoi compagni di giochi tritati per una settimana intera.- Questo bastò a farmi cambiare la sedia con un cestino capovolto e “pulito”. -Ho cambiato la password in 120175, ma ricordati che questo terminale è solo per noi ufficiali. Chiaro?-

La voce nella registrazione era del soldato che mi aveva aperto la porta. Quel Harry, doveva essere il più alto in grado, o come minimo quello che muoveva i fili dell’intera baracca.

-Il mondo è davvero pieno di idioti.- Commentai pensando a come avevo ottenuto la password.

Inserii la nuova password e finalmente potei accedere. Solo che sfortunatamente, il terminale ebbe bisogno di tempo per caricarsi. Capitava molto di rado.

-No dai! Mi prendi per il culo?!- Chiesi seccata.

Mentre aspettavo che il terminale caricasse, sbirciai nei cassetti della scrivania. Trovai qualche orologio d’argento e oro, una scatola di sigari, una palla di neve edizione limitata Mojave Landmark del Parco Nazionale di Zion, una mazzetta da mille dollari e un Manuale Operazioni Segrete. In base al codice sul saccheggio tutto ciò che si trovava doveva essere portato alla base e non tenuto per sé, esclusi i casi particolari come gli effetti personali trafugati dai nemici, ma nessuno regola vietava di esaminare la merce.

Il manuale era molto dettagliato e ricco di ottimi suggerimenti. Leggendo la prima pagina trovai diverse informazioni su come migliorare gli spostamenti furtivi e ….

-Se riuscirete ad avvicinarvi abbastanza ad un soldato in un’armatura atomica, potrete infilargli una granata a frammentazione, o un ordigno di simili dimensioni, tra le fessure della corazza causando una …-

-Wow! Questa me la devo ricordare.-

Buttai un occhio sulle scale, sul condotto di ventilazione e sul terminale, ma nulla sembrava essere cambiato. Appoggiai il manuale sulla scrivania, sapendo che al termine della missione me lo sarei potuto finire. Ebbi pure un leggero mal di pancia, ma niente di che.

Guardai anche nel secondo cassetto della scrivania e li trovai una piccola cornice capovolta. Sul retro lessi un nome: Maggie Collins e Ruffled.

Voltandola, vidi la foto di una piccola ragazzina con i capelli rossi, seduta in un prato erboso con in braccio un gattino grigio appena nato. Il suo sorriso era puro al cento per cento.

-Cosa ti è accaduto piccola?- Mi chiesi.

Il terminale emise una serie di suoni a confermare il suo avviamento. Poggiai la foto sopra al manuale ed esaminai i file.

Il primo che aprii era quello del sistema di cattura. Lessi tutti i dettagli e capii che l’operazione dei predoni era assai ben congegnata.

-Esame del soggetto/i alle videocamere. Finta accoglienza. Portare in casa. Distrarre e borseggiare. Spingerlo/i in bagno uno alla volta. Stordirlo/i se possibile, ucciderlo/i se necessario. Imprigionarlo/i. Esaminarlo/i e interrogarlo/i. Ucciderlo/i se indegno/i. Preparare la merce per il trasporto al Nucleus. Qualsiasi minaccia deve essere eliminata!-

-La minaccia c’è già.- Scherzai.

In quel momento, udii un cigolio proveniente dalle scale. Usai il fucile al plasma per darmi una spinta e girando sul cestino mi voltai in un istante, ma quando mi fermai non vidi nessuno sulle scale. Forse era stata la mia immaginazione.

Tornai al monitor e passai al secondo ed ultimo file, sicura che li avrei trovato ciò che stavo cercando. Ma così non fu.

Il secondo file era la lista delle vittime cadute in quella trappola. Per un attimo mi sconvolse scoprire che più di ottanta persone erano state catturate solo da quel gruppo di predoni, ma ciò non bastò a fermare la mia ira. Avevo fatto tutta quella strada solo per scoprire che il meccanismo di apertura della porta blindata era da tutt’altra parte.

-MA PORCA …!- Imprecai sbattendo il pugno sulla scrivania.

Venni anche colpita da un violento attacco di stomaco. Un possibile effetto collaterale dell'utilizzo di un super stimpak.

-Non era un semplice mal di pancia.- Mi dissi tossendo le ultime gocce di vomito.

L’aver rivolto la testa verso il basso per rigurgitare i resti della Sunset Sarsaparilla mi permise di trovare nel secondo cassetto della scrivania un portablocco con dei fogli. Forse essendo la scrivania del capo banda, avrei potuto trovare altre informazioni utili.

Sul primo foglio lessi: Taglie.

-Odio questo posto.- Commentai scoprendo che non mi era utile.

I predoni del posto oltre ad essere cannibali erano anche cacciatori di taglie. Taglie che forse appartenevano a gente che a loro non piaceva. Memorizzai la cosa.

Il secondo foglio era la stampa di un identikit professionale. Un tizio calvo, con dei baffi a manubrio e un atteggiamento sprezzante. Sotto era stato riportato il suo nome, le caratteristiche e la ricompensa di cento dollari.

I tre fogli che seguirono erano simili. Tutte stampe di un identikit. Poi due foto scattate con una macchina fotografica di altre due persone a me sconosciute e ….

-Ma cosa?- Mi chiesi incuriosita.

Il settimo identikit era molto simile a ….

-Earl?!-

Il nome non c’era, ma a confermare la mia teoria, c’erano due dettagli importanti tra le caratteristiche.

-Tecnico militare specializzato in robotica? Resistenza alla cattura? Danni ai membri dell’Orda? Evasione dal Red Oasis?! Possibile collaboratore dei Fondatori?! Oh, accidenti!- Più leggevo e più ci credevo.

Passai al foglio successivo, che fu anche peggio. La stampa era la foto di un imponente armatura atomica T-60. Nulla di speciale, se non per il nome di Bufalo d’Acciaio e l’appartenenza ai Fondatori. La sua taglia era di duemila dollari.

-Oh, accidenti!-

La nona stampa era quella di un semplice eyebot da rivista di robotica, ma tra le caratteristiche era stata annotata la sua particolare funzione di analizzatore da campo, o intelligenza artificiale super sviluppata e appartenenza alla fazione dei Fondatori. La taglia per Spectrum era di cinquemila dollari.

-OH, ACCIDENTI!-

La stampa seguente fu invece … particolare. Un disegno artistico molto pittoresco e minaccioso di un robottone umanoide con fiamme e lame che gli uscivano da tutte le parti. Era descritto come un robot umanoide alto tre metri con una personalità malvagia e omicida. Per il leggendario MechaNick era pronta una ricompensa di diecimila dollari.

-Oh, mio Dio.- Commentai leggermente disgustata.

Le due stampe che seguirono erano altri identikit appartenenti a soggetti che per me erano ignoti.

Ma l’ultima. Quella da cinquantamila dollari e un posto nel “Valhalla” … quella si che era una scoperta che mi fece rabbrividire. L’identikit era quello di una donna con una tuta di sicurezza Vault-Tec non marchiata, i capelli raccolti rosso fuoco e un ghigno demoniaco in faccia.

-Lo “Sceriffo Rosso”! Possibile membro chiave dei Fondatori. Minaccia di massimo livello. Prestare massima attenzione. Catturare se possibile. Uccidere se necessario!? Oh accidenti!-

L’Orda aveva messo una taglia sulla mia testa e su quelle dei miei compagni, anche se non riuscivo a capire come fossero riusciti ad ottenere tutte quelle informazioni.

Stavo per ricontrollare il blocco degli appunti, quando alle mie spalle udii uno strano suono. Indescrivibile per chi lo sentiva la prima volta.

Mi voltai a controllare e in un attimo … il braccio di un’armatura atomica T-51b scattò verso di me agguantandomi per il collo. Prima che potessi contrattaccare, il mio assalitore mi aveva già alzata dal cestino e da terra.

-Da dove cavolo è sbucato?- Mi chiesi.

Con la mano d’acciaio che mi bloccava il collo, il mio cervello riceveva uno scarso afflusso di sangue. Inutile provare ad attaccare, visto che le mie armi erano rimaste a terra ed estrarre la 10mm sarebbe stato un azzardo. L’unica cosa che potei fare fu aggrapparmi al braccio con una mano per sostenermi e con l’altra battere il più possibile sulle giunture.

-OH, ACCIDENTI!- Mi imitò il mio assalitore.

Prima di svenire, riuscii a metterlo bene a fuoco. Harry, il predone con l’uniforme che al mio arrivo mi aveva aperto la porta con tanta ospitalità, ora mi stava strangolando.

Un istante dopo persi i sensi completamente.

Venni risvegliata brutalmente da un’altra brutta caduta. Quel giorno avrei fatto meglio a portarmi dietro l’elmetto da combattimento.

-Cazzo! Harry, dove l’hai trovata?- Chiese una donna.

Sembrava la Collins.

-Nel mio ufficio Diann. È riuscita a raggiungerlo attraverso un condotto fognario. Ora la stanza puzza di sangue e merda. E in più questa qui ha vomitato davanti alla scrivania.-

Presi dei profondi respiri e finalmente tornai a rivedere le forme e i colori. Mi trovavo stesa sul vialetto a cerchio che separava le case dal giardinetto al centro del rifugio. Provai ad alzarmi poggiando le mani sulle mattonelle, ma lo stivale di qualche simpaticone mi si fiondò sullo sterno.

L’impatto mi tolse il fiato, ma non abbastanza da farmi risvenire. Guardando in alto trovai quello che si spacciava per il signor Allen. Ora il predone indossava anche le protezioni come me sopra al suo abito prebellico. Solo che le sue erano un mix di cuoio e scarti metallici saldati. A giudicare dal suo volto non era ne felice, ne arrabbiato. Semplicemente se ne fregava altamente di chi stava schiacciando.

-Dici che sia un ex delle forze speciali?- Chiese di nuovo la donna dandomi un calcetto allo stivale.

Tirando su leggermente la testa mi accorsi di essere davanti alla grande casa e vidi anche il resto del gruppo. Qualcuno si era messo un’uniforme, mentre altri erano rimasti con gli abiti della farsa. Ma tutti indossavano le protezioni e impugnavano delle armi di vario genere. Harry si era anche ripreso il fucile al plasma.

Io invece, ero rimasta sola con la mia tuta e il Pip-Boy. Niente corazze, cinturone, pistola … radio. Per fortuna non si erano presi la briga di guardarmi negli stivali. Trucco da corso di infiltrazione. Peccato che in quella situazione, una granata criogenica o un coltello da combattimento, mi sarebbero serviti a poco.

-No. Troppo giovane. Forse ha ricevuto qualche addestramento, ma comunque è stata fortunata.-

-Anche troppo. Com’è riuscita fregarci?- Chiese il predone che mi stava tenendo a terra.

-Chiediamoglielo.-

La mano d’acciaio tornò ad agguantarmi. Venni solleva per il colletto della mia tuta di sicurezza Vault-Tec e portata davanti al brutto muso di Harry. Il predone si stava fumando un sigaro.

-Allora, veniamo a noi. Chi sei mezza cartuccia?-

-Quella che tra poco ti romperà il tuo culo di piombo.- Lo sfidai.

-Oh, abbiamo una dura. Chi ti ha insegnato a rispondere in questo modo ad un ufficiale?-

Scoppiai a ridere nel modo più finto possibile.

-Credi che quell’uniforme ti renda un soldato? Sei solo feccia predona come tutti i tuoi amici cannibali.-

La seconda Harry non l’apprezzò. Piegò il braccio e ringhiando mi scagliò oltre lo steccato, facendomi finire sui cespugli sotto alle finestre della grande casa. Il fogliame attutì in parte l’impatto, ma la botta l’avvertii comunque.

In qualche modo riuscii a rialzarmi e ad appoggiarmi sulla parete di legno. A sostenermi fu anche quella che prima era la figlia dei Collins. La piccola strega mi aveva piazzato la catena di un ripper sotto al collo e il ghigno più malefico che potesse fare davanti alla faccia.

-La sgozzo o la squarto zietta?- Chiese la ragazza attivando la piccola motosega.

-No Katy! Prima la dobbiamo interrogare.-

La ragazza mi sbuffò in faccia e spostando l’arma mi spinse sull’erba del giardino. Non caddi completamente, ma ad aspettarmi c’era Diann, che in un attimo mi prese per i capelli e mi costrinse a trascinarmi fino allo steccato. Con un ultimo gesto brusco, mi fece sedere con la schiena appoggiata alle stecche di legno. La ciliegina sulla torta furono i due gemelli che stando dietro allo steccato mi bloccarono prendendomi per le braccia. La donna si sedette sui talloni davanti a me, in modo che entrambe potessimo vederci in faccia.

-Carino il tuo Pip-Boy zuccherino. I 3000 hanno la serratura biometrica, giusto? Non vuoi che dica alla mia allieva di tagliarti il braccio per averlo?-

La tipa era una professionista a tutti gli effetti. Sapeva come minacciare un prigioniero, prima di passare alla tortura vera e propria.

Io le risposi con un sorriso di sfida e lei controbatte con un man rovescio che per poco non mi fece saltare anche i denti.

-Capisco. Il mondo è andato a puttane e tu credi di poter fare la dura, ma ti avverto ragazzina. Se non mi rispondi subito, ti farò conoscere il vero dolore.-

-Come agli innocenti che vi siete divertiti a uccidere e a mangiare?- Le chiesi con tono accusatorio.

Partì un altro manrovescio, che come una frusta mi sferzò il mento.

-Chi sei e da dove veni?-

-Sono la ragazza della Vendetta degli Uomini Pesce. Già da due mesi nei migliori cinema.- Risposi appoggiando la testa sulla spalla e tornando a sorridere.

La donna si infuriò di brutto e tornò a colpire con un jab diretto al mio naso. Solo che il terzo colpo non andò a segno. Con un rapido scatto spostai la testa dall’altro lato e il pugno andò a sbattere sullo steccato dietro di me. Diann ritirò il pugno accusando i dolori alle nocche. Nessuno dei presenti se lo era aspettato e questo portò alcuni dei suoi stessi compagni a ridersela. La donna invece si infuriò ancora di più e riprendendomi per i capelli mi piazzò un’intera serie di jab e corss in faccia.

-Per l’ultima volta! Chi sei tu e da dove vieni?!-

-Vengo da Reno con Peggy.-

-Peggy?! Peggy chi?-

-Peggy Lee. Abbiamo cantato insieme Johnny Guitar per tutto il viaggio.- Scherzai provando a sorridere.

La mia battuta fece ridere quasi tutti i presenti. Al contrario, Diann non ne poteva più. Impugnò il suo revolver calibro 44 e me lo puntò sulla fronte.

-Ora si che mi hai fatta incazzare indegna.-

-Beh, ho fatto quel che potevo.- Pensai.

-Aspetta Diann. Vieni a vedere.-

-Che c’è Harry.- Chiese la donna alzandosi.

-Quando l’ho presa sembrava molto interessata a questa.- Disse guardando la lista delle taglie.

Non sapevo cosa aspettarmi. La scoperta della mia identità poteva salvarmi, o condannarmi ad un destino peggiore di un colpo in testa.

Harry sfogliò le pagine con le enormi dita meccanizzate, mentre Diann le guardava in modo scettico.

Stavano per lasciar perdere, ma quando giunsero all’ultima pagina ebbero un momento di stupore.

-Non può essere!- Esclamò Diann.

-Cosa?- Chiese la giovane Katy.

-Abbiamo preso lo Sceriffo Rosso. Il difensore degli indegni!-

Udendo quelle parlo, il gruppo rimase di stucco. Non avrebbero mai pensato di trovare la gallina dalle uova d’oro quel giorno.

-Ne sei sicura?- Chiese la finta signora Allen.

-Giovane donna dai capelli rossi, tuta di sicurezza Vault-Tec non marchiata … l’abbiamo presa!- Confermò entusiasta Diann.

Il gruppo di predoni si scatenò in un gioioso coro di grida e ululati. Io invece … avevo esaurito le idee.

-Lode a Lord Woden!-

-Basta con il lavoro pesante. Vita nel Valhalla assicurata!-

-Siamo ricchi!-

-Finalmente mangeremo carne vera.-

Tutti erano gioiosi, compreso Harry che avvicinandosi, si chinò davanti a me con un’espressione soddisfatta.

-Tu mi hai appena reso il soldato più ricco dell’Orda.-

Ormai ero sconfitta. I predoni avevano scoperto la mia identità e i miei compagni erano rimasti bloccati fuori senza ricevere alcuna comunicazione. Era la fine.

Ma poi si udì il rombo dei vertibird.

-Che cos’è?- Chiese Diann.

-Sembrava un aereo.- Disse uno dei predoni.

Seguirono poi dei suoni tonfi provenienti dal soffitto di vetro, ma nessuno di quegli idioti aveva ancora capito un fico secco.

-Cosa? Cosa sta succedendo?!- Mi chiese Harry, come se io ne fossi la responsabile.

-Sono arrivati i veri soldati stronzo.- Gli riposi.

Il capo dei predoni non ebbe il tempo di controbattere, perché una grande esplosione demolì la vetrata, preannunciando l’inizio del combattimento.

A causa delle lesioni subite non potei alzarmi e guardare dietro allo steccato. Ma con un pizzico di immaginazione capii che la valanga di proiettili che investi la casa proveniva da un gruppo di assaltatori.

L’attacco a sorpresa ebbe un buon effetto. Metà dei predoni morì alla prima scarica, come la signora Allen, che cercando riparo nel giardinetto della casa inciampò sul vialetto e venne triturata da una scarica di arma pesante. Pessima idea quella di una dieta a base di midollo. Uno dei gemelli, che già dall’inizio dello scontro mi avevano lasciato le spalle, venne scaraventato oltre lo steccato da un imponente raggio laser. Lo sfigato si tramutò in cenere ancor prima di andare a schiantarsi contro la casa. Il fratello non lo vidi, ma dubitavo che fosse ancora vivo.

-Attacco soggetti ostili.-

Un assaultron entrò nel giardino dal cancello, calpestò i resti della donna morta e si avventò su Harry. Il predone, preso alla sprovvista, perse la sua arma e cadde all’indietro finendo col ritrovarsi a mani nude contro il robot sopra di sé. Brutta posizione, anche per uno in un’armatura atomica.

-Maledetti indegni! Mi mangerò i vostri occhi!-

La piccola Katy si era riparata dietro alla colonna destra dell’ingresso della casa. Probabilmente stava rimpiangendo di avere solo un’arma da corpo a corpo.

Mi allungai per raccogliere il fucile al plasma che Harry aveva lasciato cadere e lo puntai verso la giovane predona.

-Hey, Katy!-

-Cosa?!- Chiese la cretinetta guardando con la testa fuori dal suo riparo.

-MANGIATI QUESTO!- Urlai attivando il V.A.T.S..

Come al solito il mondo tornò a muoversi al rallenti e in un istante selezionai la brutta faccia di Katy. Al resto ci pensò il V.A.T.S..

Il proiettile di plasma incandescente andò a centrare direttamente la testa della ragazza. La fiammata investì il suo volto e in un istante la sua faccia cominciò a sciogliersi.

-Mah, ZIAAA!!! Aaah.- Urlò Katy portandosi le mani alla faccia.

Ma ormai era troppo tardi. Il plasma stava già sciogliendo le ossa del cranio, riducendo la testa della ragazza in una poltiglia verde fumante. Un po brutale per i miei standard, ma nulla in confronto a ciò che ella stessa aveva fatto alle sue vittime.

-MALEDETTA ROSSA!- Ad urlarmi contro fu Diann.

La donna, standosene al riparo dietro ai tavolini da giardino rovesciati, aveva assistito a tutta la scena e in preda all’ira, si fiondò su di me fregandosene delle pallottole vaganti imbracciando un fucile a doppia canna.

Io però la fermai con tre colpi in rapida successione dritti al ventre. La predona continuò la sua corsa per circa un metro e mezzo, per poi ridursi in una massa liquida verdognola e bollente che in parte mi finì sugli stivali. Non ebbe neppure il tempo di urlare.

-Che schifo!- Commentai disgustata.

Gli spari continuarono per qualche altro secondo, poi ebbero fine.

-Red! Veniamo a prenderti! Dove sei?- La voce era di Lopez.

Stavo per rispondergli, ma quel bastardo di Harry si rialzò scaraventando via l'assaultron distrutto e prima che potessi sparargli, mi disarmò e mi strinse a sé come scudo umano. Aveva subito dei danni e perso la corazza del braccio destro, ma la tuta era ancora operativa.

-Se fate una mossa le rompo il collo!- Minacciò il predone alzandosi con cautela.

Per fortuna nessuno dei miei compagni ebbe l’impulso di sparare. Eravamo finiti in una situazione di stallo … e io ero proprio in mezzo.

Ora che finalmente ero in piedi e girata verso il centro del rifugio potei verde i miei compagni. Tre armature atomiche, due esotute atomiche e una quindicina di altri combattenti erano in assetto difensivo sul prato centrale. Mossa astuta quella di demolire la cupola invece che provare a sfondare la porta blindata.

-Lasciala andare!- Urlò Bud.

-Spiacente bello. Lei è il mio lascia passare. Se non vi scansate la uccido e poi mi porto due o tre di voi con me all’inferno!-

I miei compagni valutarono la situazione e subito abbassarono le armi. La cosa mi lusingò, ma al loro posto ci avrei riflettuto almeno un po di più. Anzi … avrei fatto una domanda.

-Fermi tutti un secondo! Voi sapete cos’è questa?- Chiesi mostrando a tutti un piccolo oggetto.

-La spoletta … di una granata!- Ne concluse Harry impallidendo.

-Tipo questa?- Chiesi lasciandoli cadere la granata criogenica nello spazio della testa.

Il predone perse il controllo. Lasciò andare il fucile e la sottoscritta, permettendomi di scavalcare lo steccato e mettermi al riparo dall’esplosione di azoto liquido.

Harry si palpò la l’armatura cercando di raggiungere la granata ma ormai era troppo tardi.

-Oh, no.- Frignò il predone ormai consapevole dell’inevitabile.

La armatura atomica trattenne buna parte dell’onda d’urto, ma dove la corazza non era presente, cioè il braccio destro e la testa, uscirono dei potentissimi getti di azoto liquido.

Rimasi un attimo a guardare la statua di ghiaccio nella quale era rimasto impresso lo sguardo sconvolto di Harry. Gli mancava però un ultimo tocco.

Le granate criogeniche erano progettate per rendere impotente il bersaglio. Non per ucciderlo. Certo non stava bene e in salute, ma a differenza di quello che voi potete pensare il caro Harry era ancora vivo.

Raccolsi il fucile al plasma caduto appena dietro allo steccato e lo impugnai saldamente.

-Con gli omaggi dei veri Collins.- Dissi un attimo prima di colpire la testa del predone con il calcio dell’arma.

La testa si staccò di netto, volò per terra e si frantumò atterrando sul prato.

-Disperdetevi. Setacciate la zona.- Ordinò Lopez ai suoi.

Nonostante fossi sfinita e il mio corpo accusasse diversi acciacchi, scelsi di fare un ultimo sforzo. Scavalcai lo steccato, raccolsi il sigaro che Harry aveva perso cadendo e mi sedetti su una panchina da giardino li vicina. Li trovai anche le mie protezioni, il cinturone e naturalmente la mia 10mm.

-Red! Stai bene?- Mi chiese Trinity giungendo in mio soccorse.

-Che è successo a quel tipo?- Mi domandò Earl aprendosi.

-Gli ho infilato una granata congelante nell’armatura.- Gli risposi ridendo.

-Come ci sei riuscita?- Continuò Bud esaminando la statua di ghiaccio da dietro lo steccato.

-Ho letto una rivista in due secondi e … ho scoperto quello e il segreto della vita.- Scherzai.

-E se non mi fossi nascosta la granata nello stivale di sicuro l’avrebbero trovata.-

-Red, dov’è Atom?- Mi chiese Nick come una ragazzina isterica.

Eppure dentro a quell’esotuta atomica sembrava un vero duro.

-Al sicuro nella cantina di questa casa. Ah, io sto bene comunque, tranquillo.-

-Scusami, è che quel cane mi manca già adesso.-

Mentre il meccanico e altri due Rattlesnakes facevano irruzione nella casa, Trinity mi rimise in piedi in meno di un minuto, con tanto di visita di controllo.

Tra i predoni caduti, uno era rimasto in vita. Quello che si spacciava per il figlio dei Collins e che mi aveva accompagnato nel bagno, si era rintanato dietro ad una fioriera con un proiettile da 5mm nella spalla. Oltre a lui ci sarebbe stato anche il signor Allen, ma con entrambe le braccia mozzate e metà del suo sangue già sull’erba, l’unica cosa da fare fu dargli il colpo di grazia. Uno dei soldati in armatura atomica gli smaciullò la faccia con la sua mitragliatrice a canne rotanti.

-Nella prima casa a destra c’è la cantina dove tengono i prigionieri. Tony, Earl, andate a liberarli e portateli qui.- Ordinai. -E qualcuno vada a prendere una pala e un lanciafiamme. Le vittime di questi predoni meritano una degna sepoltura.-

-Vault a Mandria1, Vault Mandria1. Mi ricevete?- Chiese Amelia alla sua radio da marconista.

-Qui Mandria1, vi riceviamo. Qual’è la situazione?

-Zona sgombra, nemici eliminati e un ferito in condizioni non gravi. Stiamo perlustrando l’area. Rocket dice che ci sono dei corpi da cremare. Portate almeno un lanciafiamme e delle pale.-

-La porta è aperta o dobbiamo passare per il tetto?-

-Ci stiamo lavorando. Voi intanto venite.-

Durante il controllo di Trinity alla mia povera schiena, diedi un’altra boccata al sigaro. A differenza del colonnello avevo poca pratica e il sigaro si stava già rendendo troppo amaro. Per fortuna l’infermiera mi costrinse a metterlo via per esaminare i danni alla dentatura. Così almeno non feci la figura della finta tosta.

-Amelia, spiegami una cosa. Di quello che ho trasmesso con la radio, quanto siete riusciti a ricevere?-

-Il primo incontro siamo riusciti a riceverlo piuttosto bene, poi quando sei entrata in casa ti abbiamo praticamente persa e quando ti hanno riportata qui abbiamo capito che era il momento di intervenire.-

-E l’assalto?-

-Il colonnello ci aveva mandati ad esaminare i resti di Flat White stamattina signore.- Mi rispose uno dei soldati con l’armatura atomica. -Al ritorno abbiamo fatto il giro lungo e passando qui vicino abbiamo ricevuto una richiesta di aiuto.-

-Avete usato i razzi del vertibird?-

-No, avevamo solo le mitragliatrici per la ricognizione. Ci siamo lanciati direttamente sulla cupola con le tute. Quando abbiamo sfondato, gli altri ci hanno seguiti.-

-Wow, questo si che è fico.- Pensai.

-Dimmi una cosa soldato. Della base cos’è rimasto.-

-Un’enorme voragine radioattiva. Il reattore della base e le bombe hanno trasformato il tutto in un pentolone atomico bollente. Abbiamo visto solo un paio di ghoul aggirarsi ai margini del cratere.-

-Nient'altro?

-No. Nessuna di quelle lucertole giganti di cui ci avete parlato.-

-Meglio così.-

Per finire quella giornata nel peggiore dei modi mancava solo la fuga di un intero branco di armi biologiche alte tre metri e con gli artigli, ma per fortuna dovevano essere tutti morti.

-Torso T-60 stealth.- Disse Bud esaminando l’armatura atomica ancora ghiacciata.

-Come?- Gli chiesi.

-Questa modifica genera automaticamente un campo stealth quando ci si muove furtivamente. È come usare uno Stealth Boy senza doverlo tirare fuori dallo zaino o gettarlo una volta usato.-

-Dunque è così che è riuscito a prendermi di soppiatto nell’ufficio.- Intuii. -Avrei dovuto controllare meglio quando avevo sentito lo scricchiolio sulle scale. Il fucile al plasma lo avrebbe cotto a puntino.-

-Quindi l’Orda deve aver messo le mani sulla tecnologia delle forze speciali.- Ipotizzai.

-Si, è possibile. Oppure questo ghiacciolo lo ha trovato per pura fortuna e se lo è tenuto.-

-Abbiamo trovato il terminale della porta. Alton la sta aprendo.- Mi disse uno dei soldati uscendo dalla casa.

Fu una gioia vedere la porta blindata aprirsi e i nostri compagni varcarne la soglia. E pensare che fino a un attimo prima avevo praticamente perso ogni speranza.

-Hey, sorella.- Mi chiamò Amelia. -Il V5 è proprio sopra di noi ed è riuscito a contattare la base. Vuoi che mandi un messaggio al colonnello?-

Feci un ultimo e profondo tiro con il sigaro, per poi gettarne gli ultimi due centimetri ancora accesi sul cadavere senza testa di Katy.

-Si! Di al colonnello che … abbiamo scoperto un rifugio pieno di superstiti, che poi si sono rivelati predoni cannibali dell’Orda. Io ho trovato i loro prigionieri, ma sono stata anche picchiata di brutto. Voi siete intervenuti, poi avete scatenato l’inferno. Io ho ucciso il loro comandante in una mirabolante esecuzione e insieme siamo riusciti a sventare un’altra delle loro operazioni. Il solito.-

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Capitolo 15
*** Omicidio nel Bunker ***


Omicidio nel Bunker

Tutti sono dei sospettati. Tranne il cane.

 

 

26/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Gold Circle

Ore 22:48

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Scala a colore. Venticinque dollari nel piatto. Centootto di riserva.

Ero all’American Memory a farmi una partitina a poker con alcuni commilitoni e un insano modo di spendere i soldi dello stipendio.

Al tavolo migliore del locale erano seduti il tenete Wright, la sottoscritta, il sottotenente Grant, Lootah e un addetto alla manutenzione che quella sera aveva sperato di potersi intascare qualche dollaro.

Loro non lo sapevano, ma tre giorni dopo la nostra scampagnata a Elkhart ero passata al centro di chirurgia del centro medico per farmi trapiantare degli innesti. Gli innesti erano una tecnologia molto sviluppata e costosa già da prima della Grande Guerra. Principalmente si trattava di miglioramenti per la forza, l’agilità ecc., ma i più costosi garantivano invece benefici assai speciali e unici.

Dovetti spendere lo stipendio di un mese e chiedere un anticipo all’ufficio finanziario dell’amministrazione, ma con qualche sacrificio riuscii ad aggiudicarmi quattro innesti davvero notevoli. L'acceleratore ipertrofico migliorò la mia forza, mentre il filtrante MKIII depurava il sangue e in caso di bisogno mi pompava nelle arterie dell’adrenalina per muovermi più velocemente. I migliori e più costosi erano però l’armatura sub-dermica che tramite delle placche sottocutanee migliorava la resistenza della mia pelle contro danni di vario genere e il calcolatore di probabilità che inserendosi nel lobo frontale calcolava le probabilità di successo con il V.A.T.S. e … le carte. Ce n'erano di altri tipi, ma con il portafogli a secco e il fisico che avevo, ce ne sarebbe voluto di tempo prima che potessi installarne degli altri.

Certo avevo dovuto passare un intero fine settimana sul divano imbottita di Med-X, ma in futuro quegli innesti mi avrebbero fatto comodo. Uno in particolare.

-Io, aggiungo venti dollari.- Dissi mettendo al centro del piatto le fiche.

-Diavolo Red! Vuoi far saltare il banco o cosa?- Mi chiese il tenente Wright.

-Vuoi giocare o ti ritiri tenente?-

Wright abbandonò le sue carte sul tavolo e Grant fece lo stesso.

-Vedo.- Disse Lootah aggiungendo le sue fiche al piatto.

-Anch’io.- Continuò l’addetto.

Mi piacque vedere come quei due avevano accettato la mia sfida, e mi piacque ancora di più vedere le loro facce quando la mia scala a colori batté il full dell’addetto e il poker del cecchino indiano.

-Signori, è stato un piacere.- Dissi raccogliendo la mia vincita e alzandomi dal tavolo.

-Hey, aspetta. Vogliamo la rivincita.- Obbiettò Grant.

-Parla per te.- Lo corresse Lootah.

Portai le mie fiche al bancone, dove il cassiere del locale me le cambiò in contanti. Il calcolatore cominciava già a ripagarsi.

-Notte a tutti.- Dissi salutando le persone nei dintorni prima di scendere le scale.

Il barista, la cameriera e i due civili al bancone mi risposero con dei cenni mentre le persone più lontane non mi notarono.

L’American Memory era il locale finanziato dell'amministrazione. Costruito su due piani era suddiviso nella zona ristorante a cinque stelle al piano terra, con le decorazioni a tema patriottico e la cucina, mentre il piano superiore era adibito a club riservato ai militari e al personale speciale, con tanto di bar, pista da ballo e tavoli da gioco.

Scese le scale mi diressi verso la porta principale senza incontrare nessun altro. Di solito a quell’ora il ristorante era vuoto.

-Buona notte soldato!- Mi salutò il Mr Gutsy messo alla porta come buttafuori.

-Notte.- Dissi senza badarlo più di tanto.

Il Gold Circle era un intero isolato ideato per ospitare attività commerciali e di svago per la popolazione. Costruito come un cilindro cavo, era alto novanta metri, largo centodieci e con tre passerelle circolari che permettevano ai passanti di accedere ai locali superiori ed ammirare la vista sul piazzale. La strada principale collegava il piazzale centrale al quartiere residenziale attraverso un breve tunnel di circa venti metri dotato di porta blindata, che in caso di emergenza, sigillava i due settori impedendo a incendi, allagamenti e a molte altre brutte cose di passare da un quartiere all’altro in caso di emergenza. E oltre al piazzale circolare, erano presenti altri piccoli quartieri costruite intorno ad esso, che garantivano più spazio per le attività dei civili e per le strutture del personale.

Il nome di Gold Circle non derivava dall’alta presenza di negozi, ma dalla sua forma a cerchio e dalle luci dei lampioni e dei led appesi alle pareti, che durante il giorno illuminavano tutta la zona con una luce calda e dalle sfumature dorate. Il tocco di classe era però la cupola di vetro posta in cima al piazzale. Con le luci montate nel piccolo spazio di vuoto tra il vetro e il cemento soprastante, davano a chiunque ci passasse sotto la sensazione che il cielo fosse appena oltre quella cupola. Peccato che la notte gran parte delle luci venivano spente.

Essendo una delle attività più importanti e finanziato dall'amministrazione, l’American Memory si trovava nel piazzale principale insieme ai locali e ai negozi più lussuosi del P1. In pochi erano riusciti ad aggiudicarsi i lotti intorno al piazzale e tra questi c’erano il Cheerful Vegetable con gli ortaggi migliori delle serre, la scuola di guida finanziata dall'amministrazione, il Salon Des Dames per le donne che volevano esibirsi al meglio, la Brock’s Gym dove andavo ad allenarmi ogni volta che potevo, l’impresa edile Orenthal & Sons, la University of Beacon City finanziata e amministrata dal rettore Spectrum e naturalmente il Little-Nuka.

Il locale di Nick e Trinity era un grazioso fast food a tema Nuka-Cola, con le decorazioni della bevanda e l’ambiente per famiglie migliore del bunker. Grazie alla memoria fotografica di Trinity e a quella maniacale di Nick, gli arredatori della Orenthal & Son avevano ricreato le stesse insegne, stampe, decorazioni e l’arredamento dei locali Nuka-Cola Corporation. Chi sa come il vecchio Bradberton avrebbe reagito nel vedere un simile monumento alla memoria della sua creazione? Probabilmente avrebbe imposto il pagamento dei diritti senza alcuna obbiezione.

Come quasi tutti i locali nei dintorni, anche il Little-Nuka era chiuso. Ma i Nuka-Mixer collocati alla parete esterna funzionavano ventiquattrore su ventiquattro. Inserii le monetine, selezionai la Nuka-Cola Quartz e la macchina mi servì un bicchiere di carta medio con la bevanda frizzante e luminescente.

Mi diressi al tunnel per il quartiere residenziale sorseggiando la Nuka-Cola Quartz e ammirando la strada asfaltata costruita nel tunnel. La strada iniziava in una finta stazione degli autobus dal lato del quartiere residenziale, circondava il piazzale del Gold Circle e terminava nella finta stazione. Un giro dell’oca in pratica. Forse però i dettagli della stazione e della strada erano anche troppo perfetti. Neanche una crepa in uno dei due marciapiedi o un tombino ostruito.

Arrivata quasi a metà della strada incontrai Trinity in compagnia di Atom e Nick. L’infermiera e il cane correvano fianco a fianco, mentre il meccanico era rimasto un po indietro.

-Corsetta notturna?- Le chiesi velocemente.

-Fa sempre bene tenersi in allenamento.- Mi rispose Trinity.

L’ultima volta che avevo visto Nick correre per allenarsi fu durante le lezioni di educazione fisica a scuola, ma da quando nella sua vita era comparsa quella biondina, il suo stile era mutato completamente. Mangiare cibi salutari, leggere libri, indossare vestiti che non fossero da lavoro, valutare di andarsene a vivere fuori dalla casa di mammina. Cose che il Nick del passato non avrebbe mai ponderato.

-Dacci dentro Rodriguez.- Lo incoraggiai quando mi passò a fianco.

-Sto per morire.- Mi rispose il meccanico boccheggiando.

Lasciai i due piccioncini alla loro sessione di jogging e un attimo dopo giunsi alla stazione. Da lì tornare a casa fu … parecchio noioso. Neppure passare vicino al parco fu tanto bello. Anche perché le luci erano spente.

Per strada trovai un paio di agenti di pattuglia e un uomo intento a buttare la spazzatura.

Arrivata a casa gettai il bicchiere vuoto nel bidone della carta locale e aprii la porta.

-Ben tornata Lady Earp.- Mi accolse Charles.

-Ciao Charles.- Lo salutai porgendogli il cinturone.

Dopo essermi tolta gli stivali avvertii subito un leggero solletico ai piedi.

-Ruffled!-

Il piccolo micetto era corso a salutarmi. Lo faceva sempre quando tornavo a casa e io lo prendevo sempre in braccio per abbracciarlo. In poco meno di un mese era passato dall’essere una tremolante pallina di pelo grigio grande a malapena come la mia mano, a un giovane gattino in piena salute e iperattivo.

-Le ho preparato la vasca da bagno e il suo bicchiere di latte caldo.-

-Cosa farei senza di te Charles?-

Lasciai Ruffled sul pouf del salotto per andare a lavarmi. Una delle cose che più amavo dei Mr Handy, era la precisione millimetrica nel fare ogni singola attività domestica e lavorativa. Temperatura della casa ventidue gradi. Temperatura acqua nella vasca trentaquattro gradi. Duecentocinquanta millilitri di latte a trentanove virgola tre gradi. Frigorifero sempre pieno e in ordine di scadenza. Cura delle piante e degli animali domestici. E tutto questo a vantaggio dei proprietari, garantito dalla General Atomics.

Dopo essermi lavata bevvi il bicchiere di latte, indossai il pigiama e andai dritta a letto. Come ogni sera portavo anche Ruffled con me a dormire. Non mi piaceva lasciarlo a dormire da solo in quei primi giorni e quindi ci facevamo compagnia a vicenda. In più potevo dire a me stessa che in tutta la mia vita almeno un maschio aveva dormito con me.

L’importante era che non mi bagnasse come qualche sera prima.

-Buona notte Charles.-

-Notte Lady Earp.-

-Buona notte Ruffled.-

 

 

27/01/2078 D.C.

 

P1/Quartiere residenziale

Ore 7:33

 

-C’è grande attesa per l’incontro di sabato sera tra Long Brown Joe e Hollywood Danny Cox al Gold Circle, quindi se volete aggiudicarvi i posti migliori correte a comprare i biglietti per gli spalti, altrimenti vi dovrete accontentare delle passerelle superiori. Passiamo ora alle notizie sull’economia. I lavori al C5 anno subito dei ritardi negli ultimi giorni, ma il capo Castillo ha affermato che entro la fine del mese il cantiere sarà ultimato e i commercianti che si sono aggiudicati i lotti locali potranno accedere alle loro proprietà in piena sicurezza.-

Anson Bennett aveva realizzato il suo sogno. Il carismatico ex meteorologo era diventato il presentatore ufficiale del notiziario di Beacon City. Dopo essersi lavato e rifocillato, gli venne data una spuntatina alla barba, un completo elegante e il posto più ambito nel mondo dell’intrattenimento.

Io stavo facendo colazione con Ruffled in salotto. Lui beveva il latte nella sua ciotola mentre io mangiavo le mie Sugar Bombs affogate nel latte caldo.

-La sua tuta è pronta signora. Ho anche controllato il suo cinturone e non manca niente.-

-Grazie. Ora se non vi dispiace devo andare.- Dissi cambiando canale.

Sul canale dell’intrattenimento stavano trasmettendo RALPHIE. La storia di un ragazzino che dopo aver trovato un eyebot in fuga da un generale cattivo lo nasconde in casa diventando così il suo migliore amico. Un vecchio programma per bambini trasmesso su Vault-Tec Channel 9.

L’unico modo per uscire senza che Ruffled se ne accorgesse e mi si incollasse agli scarponi con gli artigli, era distrarlo con i cartoni e i programmi della mattina.

-Questo pomeriggio lo porterò al parco per farlo giocare nell’erba signora.- Mi informò Charles portando la mia ciotola al lavello.

-Ottimo. Ricordati però di spegnere il televisore tra un’ora e dagli la sua pallina.-

Non era un problema di bolletta, dato che come “impiegata statale” non le pagavo entro un certo limite, ma tutti quei cartoni animati non gli avrebbero fatto bene, pur essendo un gatto. Credo.

Mi lavai i denti, raccolsi i capelli nella mia solita acconciatura e indossai la tuta di sicurezza. Ma prima che aprissi la porta, il Pip-Boy emise uno dei suoi soliti bip.

Incuriosita guardai la casella delle missioni e come immaginavo, ne era comparsa una nuova.

Dovevo dirigermi al C4 e incontrare l’agente Green. L’animazione della missione mi rappresentava in vesti da detective con tanto di lente di ingrandimento.

-A stasera.- Dissi uscendo dalla porta.

I messaggi e le indicazioni che venivano inviate al mio Pip-Boy provenivano o dal microprocessore dello stesso computer che analizzava trasmissioni ed eventi locali, o dell’amministrazione che in caso di necessità mi affidava dei compiti speciali. Ecco perché quella mattina, al posto di recarmi in ufficio, mi diressi dove indicatomi dal Pip-Boy.

Giunta al Gold Circle trovai il solito trambusto quotidiano generato dai passanti, mentre dall’alto le lampade speciali illuminavano l’intera area con la loro luce splendente.

L’entrata del C4 si trovava tra l’università e la scuola di guida. Li trovai un checkpoint con due agenti di guardia e Green intento a compilare delle carte. Appena mi vide, mise via i documenti e mi fece segno di seguirlo.

-Che succede?- Gli chiesi seguendolo nel corridoio.

-Stamattina alle sette uno dei nostri ha trovato il corpo di un soldato. È il primo omicidio che ci capita dalla Grande Guerra.-

-Omicidio? Ne siete sicuri?-

-Giudica tu stessa capo.-

Quando arrivammo nel piccolo piazzale il corpo era già stato portato via. Uno degli agenti stava fotografando da più angolazioni la sagoma disegnata sul pavimento con il gesso mentre altri quattro stavano esaminando e catalogando gli oggetti nei pressi della scena del crimine.

-Causa della morte?-

-Ci vorrà l’esame del medico legale, ma a prima vista è stata la decapitazione ad ucciderlo.- Disse Green indicando un’altra sagoma più piccola vicino a quella del corpo.

Doveva trattarsi della testa del deceduto. Stavo giusto iniziando a chiedermi perché non l’avessero disegnata attaccata alla sagoma più grande.

-Chi era la vittima?-

-Ivor, che avete trovate?- Domandò Green a uno degli altri agenti.

-Soldato semplice Justin Campbell.- L’agente stava leggendo un portablocco. -Sentinella del deposito sei. Le videocamere nel tunnel lo hanno visto entrare ieri sera alle ventitré e cinquanta, ma non uscire.-

-Deposito sei vi dice qualcosa?- Chiesi ai miei due sottoposti.

-Una settimana fa sono scomparsi dei pezzi. Ci stiamo ancora indagando.- Ricordò Green.

-Abbiamo trovato queste nelle sue tasche.- Disse Ivor mostrandoci degli oggetti in una cartellina. -Una scheda di puntamento avanzato, due bobine per relè e una dozzina di fusibili, di cui alcuni sparsi sul pavimento.-

Era chiaro che quel soldato centrasse con la scomparsa dei rifornimenti. Ma il suo coinvolgimento era ancora da chiarire.

-A quanto pare abbiamo trovato il nostro ladro.- Dedussi.

-Dici? Non potrebbe aver trovato lui il ladro e cercando di arrestarlo si è fatto ammazzare?- Ipotizzò Green.

-Non credo. Parte della refurtiva era nelle sue tasche e la sua occupazione lo rende il soggetto ideale. Secondo me si è incontrato qui con il suo cliente per contrabbandare i pezzi e qualcosa è andato storto.-

Grazie agli episodi del commissario Murray e alle riviste di Vere Storie di Polizia, mi ero fatta una certa cultura nel campo delle investigazioni, ma gli studi migliori gli avevo fatti settimane prima durante i corsi serali per detective. Il dipartimento necessitava non solo di ottimi agenti, ma anche di futuri validi elementi necessari per determinate situazioni. Come un caso di omicidio.

-Chi cavolo ammazza per dei pezzi di ricambio?- Domandò Green.

-Non lo so. Fallo scoprire ai nostri nuovi investigatori.-

-Sono in malattia.-

-Come? Tutti a due?-

-Stavano indagando anche loro sul deposito sei. A stare in superficie per ore si sono presi una congestione.-

-Mi prendi in giro? C’è qualcun altro che può sostituirli?-

-Fino ad ora nessun altro ha superato l’esame. Il corso ha avuto anche dei ritardi per la formazione della squadra di intervento speciale.-

-E allora chi pensa a questo caso?-

Green mi guardò come se la risposta fosse ovvia e in un attimo capii a cosa stesse pensando.

-Sei tu quella che ha partecipato a più lezioni.-

-Si, ma non ho partecipato ad alcun test finale!- Obbiettai.

-Beh, allora chiamiamo uno dei ragazzi al corso, ma non credo che siano più formati di te.-

Valutai tutti i rischi e le probabilità. Gli unici veri detective del bunker erano in malattia e quelli che stavano ripetendo le lezioni non erano ancora pronti. Io invece avevo partecipato a tutte le lezioni serali, ma senza effettuare i test finali. Prendermi la responsabilità di un vero caso di omicidio non era tra i programmi della giornata, specialmente il primo nella storia della nostra comunità. Ma d’altro canto, come capo della sicurezza era mio dovere accettare ogni singolo compito che mi veniva affidato. E per un giorno non sarei stata in ufficio in compagnia delle solite scartoffie.

-Ok, lo faccio io. Voglio però campo libero e nessuno tra i piedi che mi distragga. A e qualcuno mi dovrà portare la lista dei materiali mancanti, il referto del medico legale e l’elenco delle persone all’interno del Gold Circle al momento dell’omicidio.-

-E io posso aiutare.- Disse qualcuno alle nostre spalle.

Voltandoci vedemmo avvicinarsi un cerebrobot. Il cassone metallico aveva una bombetta sopra alla cupola di vetro. Proprio quella in cui un cervello organico stava galleggiando in bella mostra nel biogel.

-Una delle scimmie da laboratorio di Spectrum dev’essere scappata.- Scherzò Green.

-Del Dr. Spectrum, si. Scimmia, no. Forse solo il mio cervello.-

-Sicuri che sia di Doc?- Chiese Ivor.

-Dr Watson al vostro servizio.- Si presentò il robot alzando la bombetta con il suo braccio multiuso.

-Si, non c’è dubbio. È suo.- Confermai io.

-Il mio illustre creatore mi ha progettato per supportare gli investigatori durante le indagini e affidato a lei in seguito ai recenti avvenimenti.-

Non mi stupì scoprire che Spectrum aveva saputo dell’omicidio. Oltre ad essere un membro del consiglio aveva pieno accesso alle comunicazioni nel bunker.

-Beh, tanto vale cominciare. Green, porta via tutti tranne le guardie all’entrata. Qui ci penso io.-

L’agente fece sgomberare la scena del crimine, lasciandomi sola con il robot.

Iniziai a guardarmi un po in torno. Ivor mi aveva lasciato la lista degli oggetti trovati in giro, ma a parte un paio di viti e un chiodo scartato dalla costruzione dei lotti nei pressi, non era stato trovato altro. Gli indizi migliori erano già stati trovati.

Controllai anche le porte dei lotti, ma le chiavi non erano state neppure consegnate ai futuri proprietari e le serrature non mostravano segni di scassinamento.

-Questo potrebbe servirle?- Mi chiese Watson offrendomi un olonastro. -Ci ho appena scaricato gli orari di entrata ed uscita dei passanti.-

Presi l’olonastro e lo inserii nel Pip-Boy. Sulla schermata comparve la lista degli ultimi tre giorni. Di più non sarebbe stato possibile per un singolo olonastro. Nella sezione di quel giorno erano presenti i nomi di nove persone, entrate la sera prima e uscite dopo la mezza notte. Come Nick, Trinity e Atom. Il cane però l’avevo già scartato dalla lista dei possibili colpevoli.

-Watson, va a cercare queste persone e portale nella sala interrogatori. Green penserà a loro. E già che ci sei, fatti dare tutti i dati che ho chiesto a Green.-

-E poi cosa faccio?-

-Mi raggiungi alle serre appena hai finito. Ora vai.-

 

 

Forte di Beacon City

Ore 8:21

 

-Quindi Justin è morto per davvero. Diamine. Pensavo fosse un’errore di comunicazioni.-

Il sergente maggiore al comando della sicurezza dei depositi era nella caserma quando lo trovai. Stava ancora cercando di capire l’origine della mail speditagli dalla direzione. Difficile pensare che in un bunker di massima sicurezza qualcuno potesse morire a causa di un omicidio.

-Saprebbe dirmi qualcosa su di lui sergente? Qualche stranezza nel comportamento o cambiamento particolare?-

Il soldato si gratto la testa cercando di ricordare qualche dettaglio.

-Se ne stava spesso per conto suo. Non è venuto mai a festeggiare con noi al bar o a farsi una partita. Non parlava molto con me o le altre guardie. A Natale e a Capodanno si è offerto come volontario per le ronde notturne.-

-Persona discreta e antisociale. Perfetta per non attirare attenzioni spiacevoli.-

-Grazie per l’aiuto. La lascio al suo lavoro.-

-Di nulla Sorvegliante.-

 

 

Corridoio

Ore 8:36

 

Mentre il montacarichi secondario scendeva lungo la sua tromba, mi venne un sospetto. Presi la cornetta del telefono sul montacarichi e digitai uno dei numeri più segreti del bunker. L’attesa non fu molto lunga.

-Ufficio tredici.-

-Sono Rocket. Avete per caso le pratiche del mese scorso sui consumi nutrizionali?- Domandai.

-Ah, è lei signora. Di che ha bisogno?- Chiese l’agente all'altro capo.

La parola d’ordine per la stanza di monitoraggio era stata ideata per impedire che qualcuno chiamasse casualmente lo stesso numero e scoprisse che i nostri ospiti fossero spiati giorno e notte.

-Avete visto qualche comportamento anomalo ultimamente?-

Ci fu una breve pausa.

-No. Sto controllando sul terminale principale, ma niente. Oggi Foster è anche più tranquillo del solito.-

-Bene. Scusatemi per il disturbo, ma dovevo avere conferma. Se succede qualcosa di insolito avvisatemi. Chiudo.-

Chiamatemi paranoica, ma l’idea che Foster e i suoi fossero implicati nel caso, aveva avvolto il mio cervello come un serpente. Per loro fortuna mi ero sbagliata.

 

 

Serre

Ore 8:55

 

-Solo questa roba?- Mi chiese Castillo.

-No, questa è la refurtiva che gli abbiamo trovato addosso oggi. Dal deposito sei sono stati rubati anche venti fusibili, tre batterie a fissione, tre moduli sensori, due circuiti stampati militari, otto bobine per relè, sei valvole termoioniche, due taniche di alluminio vuote, dieci unità di fibra ottica e alcune viti.-

Castillo era il capo degli addetti alla manutenzione e se c’era qualcuno che mi poteva dire cosa si faceva con la refurtiva, quello era lui. Stava rimontando i componenti della console per il controllo delle acque quando lo trovai e si fermò solo quando gli lessi la lista completa della refurtiva.

-Le cose sono tre.- Disse pulendo uno dei componenti elettronici dalla polvere. -Uno, voleva rivendere i pezzi a prezzo ridotto e farci qualche soldo, ma ne dubito. Troppo pericoloso. Due, il suo cliente è un piccolo tecnico che con queste attrezzature voleva fabbricarsi vari piccoli oggetti fai da te. E tre ….-

-Tre?- Gli chiesi guardandolo dalla passerella sottostante.

-Il suo cliente è un tecnico professionista intenzionato a creare qualcosa di potente.- Mi rispose sporgendosi dalla console.

-Tipo un bombarolo o un sabotatore?-

-Forse, ma finché non metterà le mani su del fertilizzante o un nucleo di fusione non potrà fare granché. Sono solo le batterie che mi preoccupano. Quelle hanno una buona potenza e una lunga durata.-

-Mi scusi. Ha visto il sorvegliante Earp?- Gli chiese qualcuno alle spalle.

-OH DIO!!!- Urlò Castillo appena voltatosi.

L’ingegnere capo ebbe un tale colpo, che a causa dello spavento, finì col far cadere uno dei componenti elettronici.

-Mi scusi non volevo spaventarla.- Gli rispose quella persona.

Anzi, quel robot.

Con i miei occhi, vidi il congegno fare un volo di quattro metri e cadere davanti ai miei piedi, rompendosi in mille pezzi.

-Oh no.- Dissi lasciando cadere il portablocco degli appunti.

I frammenti di plastica e metallo mi sembravano famigliari.

-Cavolo robot, fa più attenzione quando ti avvicini alle spalle di qualcuno.-

-Oh santissima riverita VERGINE MARIA!- Urlai in preda al panico.

-Cosa succede la sotto?- Mi chiese Castillo tornando a guardarmi dall’alto.

-IL NEURONE! IL NEURONE PER IL CONTROLLO DELLE ACQUE!!!- Urlai come una forsennata pensando a quali conseguenze avrebbe causato l’evento.

-Ehm … Earp? Quello era un semplice regolatore di pressione.-

Tornai a guardare meglio i frammenti sul pavimento e con un esame più accurato e meno precipitoso capii di essermi sbagliata.

-Ah, un regolatore di pressione. Ah, ah, ah.-

Scoppiai in un’euforica risata che mi fece anche piangere. Un attimo prima ero nel panico e subito dopo avevo scoperto di aver preso un granchio. Anche Castillo afferrò il lato comico della cosa e anche lui iniziò a ridere.

-Pensavi davvero che mi sarei messo a pulire uno dei Neuroni con così tanta noncuranza?-

-Beh, per un attimo direi di si.- Risposi asciugandomi le lacrime con la manica della tuta.

-Ma cosa sta succedendo?- Domandò il robot.

Alla terza volta riconobbi la voce di Watson. Ce n'erano di persone che non si abituavano mai alla visione di quei cervelli galleggianti.

-Di sicuro ti avrebbero incaricata di andare in giro per la Zona Contaminata alla ricerca di un altro congegno per il controllo dei depuratori idrici.- Continuò Castillo.

-Ah … ah … ma anche no.-

 

 

Centro medico

Ore 9:48

 

Dopo aver salutato Castillo ed essermi ripresa dal più grande shock degli ultimi giorni, io e Watson ci eravamo diretti all’obitorio del centro medico. Per tutto il viaggio il robot non fece altro che scusarsi per “l’increscioso” incidente, ma non me la presi più di tanto. Lo convinsi invece a coprirsi la cupola di vetro con una placca metallica fornitaci da Castillo. Questo ci permise di passare in mezzo alla folla senza spaventare i civili e lasciando comunque a Watson di indossare la sua bombetta.

-Salve Dr Price.- Dissi entrando nell’obitorio.

-Ciao Red, mi stavo giusto chiedendo quando saresti arrivata. Ho appena finito con il nostro amico.-

Il Dr Price era stato con mio padre nell’esercito e dopo il congedo aveva aperto la sua ditta di pompe funebri a Boise City. Quando mia madre morì fu lui ad occuparsi del funerale e quindi ci conoscevamo molto bene.

-Buon giorno signore.- Lo salutò Watson.

Price non si stupì alla vista del cerebrobot. Anche se poche unità erano uscite dalle fabbriche, quel tipo di robot era già conosciuto nel settore medico prebellico. In diversi modi.

-Secondo lei cosa l’ha ucciso?- Chiesi indicando il cadavere ancora sul tavolo operatorio.

-Un proiettile laser sparato a bruciapelo.- Disse indicando le ustioni sul taglio. -Il fascio è stato come un bisturi bollente. Praticamente ha reciso la testa cauterizzando buona parte dei tessuti recisi.-

-Quindi è stata un’arma laser. Un fucile?-

-No, non credo. A queste distanze anche una pistola di media potenza può fare danni seri. E poi c’è questo.-

Il Dr Price inclinò la testa mozzata in verticale e spostando i capelli della frangetta mi mostrò un livido quadrato poco sopra la fronte.

-Un martello?-

-La base dell’impugnatura di una pistola laser.-

-Questa è una sega oscillante?- Chiese Watson prendendo in mano una degli strumenti sul vassoio chirurgico.

-Fermo Watson! Rimettilo subito a posto.- Gli ordinai con tono autoritario.

Il robot rimise la sega oscillante sul vassoio e dopo aver indietreggiato di qualche metro si portò le mani dietro alla schiena.

-La mia teoria è che o l’aggressore avesse la pistola con sé e l’abbia usata per stordire la vittima un attimo prima di dargli il colpo di grazia, oppure che la vittima la tenesse in tasca e il suo aggressore glie l'abbia rubata per poi ripetere la stessa procedura.-

Il ragionamento del Dr Price non faceva una piega, ma il soldato non aveva la fibbia o il cinturone al momento del ritrovamento. Quindi era probabile che il nostro sospettato si fosse procurato un’arma al mercato nero. Cosa che il dipartimento non poteva lasciare che accadesse.

-Grazie per le informazioni dottore. Ci saranno utili.-

 

 

Sicurezza

Ore 12:06

 

Green entrò nel mio ufficio con un’aria rassegnata. Aveva passato metà mattina a interrogare gli unici presenti e ad esaminare le loro testimonianze.

-Niente.- Ammise.

-Niente, niente?- Gli chiesi.

-Niente di niente. Il tuo gruppo del poker se né andato alla stessa ora, subito seguito dallo staff dell’American Memory e gli altri otto clienti. Le uniche altre due persone che stavano gironzolando nei pressi del piazzale erano i coniugi Rodriguez con il cane e il Mr Gutsy di guardia.-

-Aspetta! Il robot potrebbe … -

-Già fatto.- Mi interruppe Green. -Controllato e ricontrollato fino alla nausea. Niente hackeraggi o avarie. La cronologia era pulita e in memoria non aveva nulla di anomalo.-

Le indagini non procedevano come avevo sperato. Gli indizi non ci avevano portati da nessuna parte e i nostri sospettati avevano degli alibi di ferro. Più le nostre opzioni si esaurivano e più il primo caso di omicidio nella storia di Beacon City rischiava di rimanere irrisolto.

-Posso prenderne una?- Mi chiese Watson indicando una delle ciambelle sulla mia scrivania.

-Fai pure.- Gli risposi con un pizzico di scetticismo.

Mentre Green camminava avanti e indietro scervellandosi su cosa non avessimo valutato, io ammirai il cerebrobot nel momento in cui si rese conto di non possedere una bocca o un impianto digerente.

-Se solo gli operai avessero installato il sistema di video sorveglianza già ieri avremmo risolto il caso da un pezzo.- Disse Green furibondo.

Il mio vice aveva più che ragione ad infuriarsi. La costruzione del Gold Circle era avvenuta in maniera troppo frettolosa e tra le cose che gli ingegneri avevano messo in fondo alla lista il sistema di videosorveglianza pienamente operativo era la più importante. Se non fossimo riusciti a risolvere il caso, il capo cantiere responsabile del montaggio avrebbe dovuto spiegare alla giuria il perché di un simile ritardo.

-Si è vero, ma ormai la fritta è fatta.- Gli risposi semplicemente.

Esasperato Green si sedette su una delle poltrone dell’ufficio e finalmente si rilassò. Avevo fatto bene a prendere quelle più comode in vendita da ODS. Anche perché le spese per l’ufficio andavano all’amministrazione.

Dalla vetrata del mio ufficio potevo vedere tutta la sala principale del dipartimento e i vari agenti e operatori al lavoro. Uno di loro stava correndo lungo la strada al centro della sala, e un attimo dopo essere sparito dalla mia visuale, entrò come una saetta nel mio ufficio. Da come respirava doveva essersi fatto una bella corsetta.

-Avanti.- Lo invitai sarcasticamente.

-Mi scusi capo, ma è lei che si sta occupando del caso Campbell?- Mi chiese l’agente.

-Io e qualche altro agente. Perché?-

-Volevo solo informarla che quelli del notiziario informeranno la popolazione dell’omicidio stasera stessa e quelli del Beacon Post lo pubblicheranno domani mattina in prima pagina.-

Io e Green restammo sbigottiti. Lui più di me, e l’altro agente se ne accorse.

-Si insomma … credevo che dovevate saperlo … quindi io … torno alla mia scrivania.-

Solo quando l’agente uscì chiudendosi la porta alle spalle Green espresse il suo disappunto.

-MA CHE CAZZO!-

-Green.-

-NO! SIAMO NOI SFIGATI O TRA UNA SETTIMANA PUBBLICHERANNO QUALCHE DOCUMENTO TOP-SECRET RIGUARDANTE IL VASO STESSO?!-

-Green.-

- DOMANI A QUEST’ORA L’INTERA POPOLAZIONE …-

-GREEN!!!- Urlai sbattendo il pugno sulla scrivania. -Questa storia mi ha già fatto venire un fottutissimo mal di testa! Non potresti abbassare la voce?-

L’agente capii di aver esagerato e di non essersi comportato in modo professionale.

-Scusa capo. È che quest’ultima novità non ci voleva.-

-Lo so, ma la libertà di stampa è una delle tante cose a cui il colonnello e molti altri cittadini tengono.- Dissi ingerendo una pillola di mentats ai frutti di bosco che tenevo nel primo cassetto della scrivania.

-Si, ma è il primo caso di omicidio. Come lo prenderà la gente? E poi come hanno fatto a scoprirlo?-

-Forse tra i nostri ci sarà qualche bel chiacchierone che avrà venduto l’esclusiva ai giornalisti, ma sicuramente la voce avrà iniziato ha circolare quando il comandante della vittima ha dovuto informare le altre guardie che il loro collega non sarebbe tornato al lavoro.-

-Forse tornare sulla scena del crimine ci aiuterebbe a trovare altre piste.- Suggerì Watson che nel frattempo era stato zitto.

-Si. Credo anch’io che sarebbe la cosa più giusta da fare.-

-Già, anche perché non vedo altre soluzioni.- Confermò Green.

Poi qualcuno bussò alla porta.

-Avanti.-

La porta si spalancò e Nick fece una delle sue solite entrate.

-Chi viene a mangiare gratis nel fast food migliore del bunker?!-

 

 

Little-Nuka

Ore 12:58

 

-Quindi … voi due da quanto vi conoscete?- Chiese Nick a Watson.

-Nick ti prego.- Lo implorai.

-No Red, no! Non sto aggredendo la tua nuova spalla. Gli sto solo chiedendo da quanto tempo mi ha sostituito.-

Nick e Trinity ci avevano offerto il pranzo nel loro bellissimo locale. Anche se non eravamo nel fine settimana la quantità di clienti era abbastanza alta. I genitori si godevano le varie pietanze che i camerieri assunti da Trinity gli portavano, mentre i bambini giocavano nella sala giochi sempre a tema Nuka-Cola.

-Beh, ecco, sono entrato in servizio stamattina alle sette, quindi ci conosciamo da più o meno da … cinque ore.-

-Ventiquattro anni che ci conosciamo, tre messi di servizio passati fianco a fianco, un numero incalcolabile di bevute ammazza fegato … e tu mi sostituisci con questa spalla di seconda categoria.-

Il meccanico non doveva aver preso bene la comparsa del mio aiutante robotico. Nick continuava a guardarlo con invidia e sospetto.

-Tesoro, non è che forse stai esagerando.- Gli disse Trinity sedutagli a fianco. -Il Dr Watson fa parte del dipartimento, quindi …-

-Silenzio donna. È una faccenda tra spalle.- La interruppe Nick con tono autoritario. -Tu non puoi capire. Sei comparsa solo nel capitolo nove.-

-Capitolo nove?- Chiese Trinity confusa.

-Cioè volevo dire … White Flat.-

Tra il cerebrobot e il meccanico non scorreva buon sangue, anche se probabilmente solo uno dei due era la causa del problema. E non mi riferisco a quello di metallo. Approfittai del momento per alzare i tacchi.

-Scusatemi ma il dovere ci chiama. Grazie del pranzo.-

-Grazie, è stato ottimo.- Si complimentò Green.

-Grazie per il pranzo, anche se non ho potuto mangiare nessuna delle vostre pietanze.- Li ringraziò Watson. -Magari tornerò a farvi visita.-

-Si, torni pure a trovarci dottore. Sapremo come accoglierla.- Lo salutò Nick con fare sinistro.

Uscimmo dalla porta principale portandoci dietro due bibite pagate al bancone e una volta fuori tornammo al lavoro.

-Torniamo al C4?- Mi chiese Green.

-Voi due si. Io faccio una piccola deviazione.-

 

 

Università di Beacon City

Ore 13:03

 

La UBC era più simile a un grande cinema piuttosto che ad un’università. Nell’atrio era stata costruita la reception dell’università con tanto di segreteria e bagni. C’era perfino una statua dello Spectrum umano con in mano un atomo ingrandito. Le classi erano state costruite sovrapposte e in maniera identica. Per ognuno dei tre piani del Gold Circle era presente una classe a forma di trapezio isoscele con i rispettivi novanta posti per gli alluni e naturalmente la cattedra con alle spalle la lavagna. Spectrum aveva speso un capitale per plasmare quel tempio alla conoscenza, sicuro che nel prossimo futuro avrebbe mietuto degli ottimi ricercatori da destinare ai suo laboratori invece di lasciare che il meglio della nostra gioventù finisse nell’esercito o nella manutenzione.

Mi recai alla segreteria e chiesi del Dr Spectrum, che negli ultimi giorni stava passando più tempo ad insegnare che a dirigere i suoi laboratori. L’addetta della segreteria mi indicò l’aula al primo piano, dove lo scienziato stava svolgendo una delle sue prime lezioni.

-Qualcuno mi sa dire chi ha detto: Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi?- Domando Spectrum appena entrai nell’aula.

Dei venti studenti li presenti, solo cinque alzarono la mano.

-Si Lucy?-

-Il Professor Julius Robert Oppenheimer, alla detonazione della prima bomba atomica, detta anche Trinity, nel luglio del millenovecentoquarantacinque.- Disse una ragazzina di circa dodici anni.

-Esatto Lucy, davvero molto brava.-

La ragazzina ricevette l’approvazione anche dei suoi compagni molto più grandi di lei, mentre io iniziai a scendere i gradini laterali che portavano al fondo della sala.

-E chi mi sa dire da quale testo sono state tratte tali parole?-

Alla seconda domanda non ci fu alcuna risposta, tanto meno dalla sottoscritta.

-Dal Bhagavadgītā, cioè Canto del Diavolo. Un episodio del Mahābhārata, l’antico poema epico indù. Questo serve a farvi capire che per raggiungere un vero livello di conoscenza, superiore alla norma, non dovrete interessarvi solo ai libri e alla cultura americana, ma studiare anche il modo di pensare degli altri… oh Red.-

-Rettore Spectrum.- Lo salutai arrivata in fondo all’aula.

-È venuta per partecipare alla nostra lezione di filosofia o per illustrare a questi giovani le tattiche per vincere ad Atomic Rollers?-

Alcuni ragazzi si fecero un paio di risate ricordandosi come la sottoscritta avesse vinto uno dei tornei della sera di capodanno e poi essere corsa via ancor prima di ricevere il premio senza dire una parola. Almeno non sapevano che ero nel bel mezzo di un trip.

-Ah, che simpatico. Chi sa se i ragazzi si ricordano della sua entrata in scena con i fuochi d’artificio e la musica a tutto spiano. Già che c’era poteva mettersi dei lustrini e una parrucca alla pompadour.-

La mia risposta fece ridere tutta la classe, e non solo chi mi aveva visto a capodanno, ma il dovere chiamava. Feci segno a Spectrum di raggiungermi nell’angolo in modo che i ragazzi non ci sentissero.

-Mi serve il tuo aiuto.- Gli sussurrai appena mi raggiunse.

-Problemi con le indagini?-

-Se per problemi intendi che il caso rischia di rimanere irrisolto allora puoi dirlo forte. Il tuo Watson non è proprio un grande investigatore. Capisco che ha il cervello di una scimmia, ma non …-

-Umano.-

-Come?-

-Umano. Il cervello di Watson è di un corpo donato all’università del Colorado.-

L’ultima correzione di Spectrum mi fece gelare il sangue. Sapere che un cadavere umano era stato dissezionato e utilizzato per dar vita a quella diavoleria tecnologia … beh.

-Ok, ma non mi sta aiutando in alcun modo.-

-Non può risolvere il caso. È progettato solo per raccogliere dati, elaborarli entro un certo limite e fare tutto ciò che gli altri cerebrobot sanno fare.-

-Non potevi creare un’intelligenza artificiale?- Chiesi contrariata.

-No, lo sai che sono troppo pericolose. Ne crei una per controllare il termostato di casa e il giorno dopo ti ritrovi con la casa in fiamme. Perfino questi ragazzi ne conoscono i pericoli.-

Effettivamente le intelligenze artificiali erano un pericolo. Più un’IA era potente e capace di superare i limiti della sua programmazione e più il pericolo di ribellarsi aumentava. Per un semplice robot non c’era molto da temere, ma per un sistema di controllo metropolitano ad ampio raggio impazzito allora la minaccia era reale. Ecco perché per la maggior parte i robot erano dotati di semplici programmi, mentre le IA, come quelle dei super computer ZAX, erano poche e ben sorvegliate.

-Senti, lo so che questa cosa dell’università ti sta gasando e che hai pur sempre il tuo reparto da dirigere, ma non è che potresti fare un salto dopo le lezioni? Tanto per rimetterci in carreggiata.-

L’eyebot si prese un momento per rifletterci come solo lui sapeva fare. Emettendo la solita luce blu ad intermittenza e una serie di suoni elettronici.

-Si, avevo una riunione con i tecnici del progetto F11, ma posso posticiparla. Alle cinque passo a vedere cosa posso fare.-

Finalmente la mia piccola deviazione aveva dato i suoi frutti. Con le prove raccolte e il cervello di Spectrum avremmo avuto molte possibilità in più rispetto a prima. Un giorno però avremmo dovuto procurarci una qualche unità di investigazione elettronica di supporto. Magari un’IA detective.

-Grazie Doc. Sei il nostro salvatore. Appena sei libero raggiungici sulla scena del crimine.- Dissi entusiasta.

-Posso portarmi il mio Deerstalker?- Mi chiese lo scienziato.

-Il tuo cosa?- Chiesi confusa.

-Capello da caccia ai cervi delle Highlands scozzesi!- Specificò cercando di farmi capire.

Io però continuavo a non capire il riferimento.

-Il cappello di Sherlock Holmes.-

-Ah, ehm … okay, se ti fa piacere.-

-Oh che bello! Finalmente potrò impersonare uno dei miei personaggi preferiti!- Affermò lo scienziato.

-Io vado. Ci vediamo al C4.-

Lasciai che lo scienziato tornasse alla cattedra e risalii le scale. Forse Green e il Dr Watson avevano scoperto qualcosa in mia assenza.

-Dunque, tornando a noi.- Continuò Spectrum. -Qualcuno di voi sa dirmi chi è stato il primo a dire: La guerra … la guerra non cambia mai?-

 

 

C4 del Gold Circle

Ore 13:19

 

Quando arrivai davanti al checkpoint, trovai le due guardie e un assaultron di supporto. Venni informata che a parte Green e Watson nessun altro aveva varcato l’ingresso. Tanto per essere sicuri che nessuno di non autorizzato avesse avuto accesso alla scena del crimine.

Green stava fissando il soffitto alla ricerca di altri possibili indizi, mentre Watson stava esaminando il pavimento tenendo in mano le nostre due bibite.

-Trovato niente?-

-Nulla per terra.- Mi informò Watson.

-Forse io ho trovato qualcosa.-

-Cioè?-

-La su. Una grata del condotto di ventilazione.- Disse Green indicando il soffitto.

La grata si trovava a tre metri di altezza e di larghezza misurava appena quindici centimetri.

-Dici che sia passato per di la il nostro assassino? Non è un po' stretta?- Gli chiesi.

-Beh, forse stiamo cercando una persona minuta. Un ragazzino magari.-

-Ma per arrivarci avrebbe dovuto usare una scala e quando sono arrivati gli agenti non c’era.-

-Forse si era preparato una corda o magari avrà lanciato un rampino. La mia è un ipotesi.-

Il ragionamento di Green non era sbagliato, pur essendo ricco di incognite. Ma vista la nostra situazione tanto valeva dare un’occhiata.

-Ok. Aspettatemi qua mentre vado a prendere una scala da …-

Mi bloccai quando alle mie spalle udii un suono simile a quello dell’acqua e voltandomi vidi il Dr Watson versare lentamente uno dei bicchieri vicino alla sagoma di gesso sul pavimento.

-Ehi quella è la mia Orange!- Lo rimproverò Green.

-Watson stai inquinando la scena del crimine.-

-Guardate.- Disse il robot.

Incuriositi ci avvicinammo e con stupore notammo che la Nuka-Cola Orange stava passando attraverso le fessure di una delle piastrelle più grandi che pavimentavano il C4.

-Una crepa?- Domandò Green.

-No, un vecchio trucco.- Gli risposi intuendo cosa avesse trovato Watson. -Datemi una mano a spostarla.-

Con l’aiuto di Green e degli artigli meccanici di Watson riuscii a sollevare la piastrella che pur essendo sottile era larga e pesante. In oltre qualcuno l’aveva rinforzata da sotto con una lastra di metallo. Forse per impedire che camminandoci sopra qualcuno potesse romperla e scoprire l’entrata del tunnel che grazie a Watson noi altri avevamo appena rivenuto.

-Ecco da dove l’assassino è fuggito.- Ne dedusse Green. -Se il cadavere avesse perso sangue forse ce ne saremmo accorti subito.-

-Watson, saresti da promuovere a detective.- Dissi complimentandomi con il robot.

-Qual’è la nostra prossima mossa signora?- Mi chiese il robot.

-Elementare Watson!-

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Capitolo 16
*** ARSI ***


ARSI

Stavolta sono cavoli amari.

 

 

27/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Gold Circle

Ore 13:20

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Il tunnel in cui io e Green ci stavamo muovendo era stato costruito bene. Le pareti non erano state incementate a norma, ma i materiali come le travi di sostegno erano quelli dei magazzini.

-Dev’essere stato qualcuno che aveva accesso al cantiere e alle attrezzature.- Suggerì Green.

-Vero, ma non credo che Castillo ne sia stato informato. Altrimenti non avrebbe badato a spese.-

Il tunnel era basso e stretto, costringendoci a camminare da accucciati e uno dietro l’altro. Watson era rimasto indietro, per ragioni di spazio e mobilità, quindi lo avevamo incaricato di chiamare i rinforzi.

Grazie alla luce del Pip-Boy addentrarsi nell’oscurità del tunnel non si rivelò un problema. Avevamo già fatto parecchi metri quando dovetti bloccarmi di colpo.

-Che c’è?- Mi chiese Green.

-Una trappola.-

L’agente spostò la testa sopra alle mie spalle e guardando verso il basso, vide anche lui un sottile laser rosso che attraversava il tunnel.

-La puoi disinnescare?-

-Ci provo. Tu allontanati un po.- Dissi estraendo il mio coltello da combattimento dal cinturone.

Con molta cautela, strisciai fino all’origine del laser. Il piccolo fascio proveniva da un sensore collocato dietro ad una delle colonne di sostegno improvvisate, che se attivato, avrebbe innescato la bobina di tesla nascosta dall’architrave che mi sovrastava.

Disinnescare il sensore non si rivelò molto faticoso. Mi bastò tagliare un paio di cavetti e toglierli l’alimentazione.

-Fatto. Possiamo passare.-

Dopo essermi rimessa sui talloni disattivai anche la bobina di Tesla, privandola delle celle a fusione che se attivate, avrebbero generato abbastanza energia da friggere chiunque si fosse trovato nel raggio d’azione.

-Una bobina di Tesla. Il nostro amico sa il fatto suo.- Disse Green prendendosi qualche cella per la sua arma.

Riprendemmo a muoverci con più cautela di prima, ma il resto del tragitto non si rivelò troppo lungo. Dopo appena altri nove metri arrivammo al capo linea. Li ci attendeva un’altra botola e forse il nostro colpevole.

Con la mia 10mm e la pistola laser di Green pronte alluso, alzai lentamente la piastra della botola, meno pesante e meno rinforzata della precedente.

Lo spazio sovrastante era buio e privo di qualsiasi rumore. Si sentiva un vago odore di bruciato e disinfettante. Alzando il Pip-Boy illuminai i dintorni e a prima vista non era presente alcuna minaccia.

-Via libera.-

Una volta in piedi riuscii ad illuminare meglio la stanza e questo mi permise di trovare un interruttore. Dopo averlo attivato le luci illuminarono tutto lo spazio circostante, portandoci a una scoperta inaspettata.

La stanza era un officina improvvisata, scavata nella roccia come tutte le strutture del P1, ma non a norma. Cioè senza aver cementato le pareti o il soffitto, messo in sicurezza l'impianto elettrico e informato la direzione del progetto. L’unica parete cementata era quella confinante con un’altra stanza del Gold Circle, e per giunta era anche segnata da una grossa crepa.

-Abbiamo trovato il covo del nostro assassino.- Ne concluse Green.

-Diamo un’occhiata in giro, ma fa attenzione alle trappole.

L’officina era ben attrezzata per essere stata fabbricata di nascosto e con pezzi di ricambio. Su di un banco da lavoro per armi qualcuno aveva lasciato a metà il montaggio di un fucile artigianale, mentre dal laboratorio chimico personale Med-Tek , ovvero un kit di ampolle e apparecchiature, proveniva quell’odore di acido e sostanze chimiche avvertito precedentemente. Il kit poteva essere acquistato in qualsiasi negozio attrezzato come l’infermeria personale, ma viste le sue capacità di fabbricare anche droghe, solo a poche persone fu concesso di acquistarlo. Rimasi invece sorpresa nel vedere anche un banco per le munizioni e nessuna arma completamente montata nei paraggi.

-Il nostro amico aveva un’intera industria qui.- Dissi a Green.

-Già. Qui ho trovato un sacco di scarti riciclati e dei libri.-

-Libri?-

-Il Grande Libro della Scienza, l’Elettronica di Dean, il DC Journal of Internal Medicine, Pistole e Proiettili … dev’essere riuscito a sgraffignare tutta questa roba durante i lavori di ampliamento.-

-Forse siamo sulle tracce di un operaio.- Ipotizzai. -È riuscito a costruire questo nascondiglio e a mettere le mani sui nostri rifornimenti. Scaltro e furtivo.-

-Ma come ha fatto a scavare nella roccia capo. Ha preso una trivella mineraria e ha dato una spuntinata senza che ce ne accorgessimo?-

-Quando lo troveremo glielo chiederemo.-

Tra tutte le apparecchiature e la sporcizia non riuscii a trovare neanche una foto o un olonastro, ma un terminale nascosto dietro ad uno schedario si. Quello c’era sempre.

-Qui c’è un terminale.- Dissi a Green.

-E dentro a questa crepa forse c’è l’uscita. Provo a vedere dove porta.- Mi infirmò l’agente.

-Sta attento.-

Accedetti al terminale senza aver bisogno della password. Il proprietario non era poi così tanto previdente.

La prima cosa che cercai fu il nome dell’utente. Brent Doyle.

-Figlio di …. Hey Green. Indovina chi è il nostro contrabbandiere assassino.-

-E tu indovina cosa c’è dentro alla crepa.- Disse l’agente raggiungendomi.

-Cosa?-

-Un pannello di metallo insonorizzato. Non riesco a muoverlo.-

-Appena ho finito qui vengo ad aiutarti.-

Nel terminale trovai i registri delle annotazioni personali e i comandi remoti del nascondiglio. Il primo file che aprii fu quello delle note. La prima risaliva ancor prima dell’inizio del nuovo anno.

-29/12/77 Ce l’abbiamo fatta. La parte facile è stata usare la trivella per scavare il nostro covo. Il difficile è stato far credere a quel bastardo del nostro capo squadra di aver calcolato male gli spazzi per la palestra. Comunque ci ha costretti a sigillare il tutto e noi invece abbiamo usato il cemento per nascondere tutto con la parete degli spogliatoi. Il pollo non ha fatto caso alle rocce che abbiamo caricato sui carrelli per la superficie.-

Ed ecco spiegato come Brent e probabilmente i suoi fratelli avevano creato quel posto di nascosto. Astuzia, accesso totale ai cantieri e una buona dose di fortuna.

-12/01/78 Finalmente siamo riusciti a spostare la nostra roba qui. Il terminale e i banchi da lavoro sono stati difficili da smontare e riassemblare, dopo averli fatti passare per la palestra un pezzo alla volta, ma anche sta volta nessuno ha pensato di perquisirci. Otis vorrebbe abbellire il tutto con qualche cazzata da festa, ma abbiamo delle priorità a cui pensare. Come la nostra produzione di droghe o il tunnel secondario che ci dovrebbe dare accesso al C4 e ai negozietti circostanti. Sean invece si è dato da fare. Si è fatto una lista di possibili bersagli da taccheggiare e clienti a cui vendere la nostra mercanzia. Uno in particolare potrebbe avere un’offerta molto interessante.-

La seconda nota si rilevò più come una confessione firmata che un semplice appunto.

-19/01/78 Tutto annullato. Abbiamo dovuto fare i salti mortali per poterlo contattare, ma il lavoro offertoci da quel pezzo grosso è appena diventato la nostra priorità. Dobbiamo solo fargli la spesa e aiutarlo come meglio possiamo. Per le mappe e gli orari delle guardie basterà che Otis entri nell'amministrazione all’ora delle pulizie e scatti qualche foto. Per i pezzi e le materie prime sarà un po più difficile, ma Sean dice di aver trovato qualcuno che può averci accesso. Stasera andremo a parlare con questo Campbell. Con discrezione.-

-Niente da fare, il pannello è ben fissato.- Mi informò Green dopo avermi raggiunta.

-Aspetta, credo che i fratelli Doyle stiano preparando qualcosa di grosso.-

-27/01/78 Quella checca di Campbell si è fatto crescere una coscienza al momento della consegna. Ho dovuto farlo fuori con la mia pistola laser e lasciare il cadavere li con parte della refurtiva. Se avessi avuto più tempo e il Mr Gutsy all’American Memory non fosse stato di servizio avrei potuto trascinarlo dentro il tunnel, ma il rischio era troppo alto. Comunque non l’hanno ancora scoperto e prima di stasera saremo già in viaggio per il Nucleus. L’importante è sbrigarsi. Sean, quando leggi questo messaggio raggiungici al punto di incontro con Jackson e Foster. E sbrigati.-

-Maledizione! Stanno organizzando una fuga!- Ne dedussi.

-Si, ma per andare dove?- Mi chiese Green.

-Non lo so, ma dobbiamo fermarli. Apro la porta.-

-Aspetta, c’è un olonastro.- Mi fece notare Green.

Alla schermata iniziale, era presente anche il comando per il lettore di olonastri. L’olonastro già all’interno del terminale era indicato come: ISTRUZIONI.

Intuendo che all’interno potessero esserci le informazioni dettagliate sul piano di fuga premetti play.

-Morite sbirri ficcanaso.-

La registrazione durò meno di tre secondi, seguita poi da un ronzio simile a quello di diversi archi elettrici in tensione. Non capii cosa stesse accadendo al terminale, ma in un attimo Green mi strattonò dalla spalla e mi strappò via dalla sedia facendomi cadere a terra insieme a lui. Subito dopo il monitor del terminale esplose scagliando schegge di vetro e componenti elettronici in tutte le direzioni.

Quando ci rialzammo lo schienale della sedia era coperto di graffi e lo schermo del monitor era svanito completamente, lasciando il posto a uno spazio vuoto e fumante.

-Grazie vecchia roccia. Se non fosse stato per te a quest’ora sarei morta.-

-Non credo. Questi vecchi trucchi da hacker dinamitardi sono stati ideati per menomare e accecare. Che io ricordi i casi di morte sono stati pochi.-

-Beh, grazie comunque. Ora però non possiamo passare più per la porta principale. Dobbiamo …-

Proprio quando stavo per rientrare nel tunnel secondario, dal pannello dell’entrata principale udimmo dei rumori, seguiti poi dall’apertura del pannello e dalla comparsa di Sean Doyle.

L’idiota si fermò a fissarci per un breve istante, per poi scattare all’indietro come una volpe scoperta all’entrata del pollaio.

-Torna qui stronzo!- Lo minacciai correndogli dietro.

La mia corsa non durò molto, perché appena superata la soglia del pannello, mi ritrovai a dover spingere con tutte le mie forze la porta di un armadietto di metallo. L’armadietto non era molto largo e dall’altro lato della porta c’era Sean che spingeva come un forsennato nel tentativo di chiudermi dentro.

-Vai a farti fottere cretinetta con il distintivo!-

Riconobbi subito la voce, e capii che quello dell’olonastro nel terminale esplosivo era lui.

-Mi hai quasi uccisa! Appena ti metto le mani addosso ti spello!-

In mio aiuto giunse Green, che allungando le braccia sopra di me iniziò a spingere anche lui.

Trovandosi uno contro due, Sean abbandonò l’armadietto e riprese a scappare. Io e Green rischiammo di cadere sul pavimento dello spogliatoio, ma riprendendo l’equilibrio tornammo all’inseguimento.

Uscendo dallo spogliatoio ci ritrovammo nella Brock’s Gym. Danny Cox, detto Hollywood, si stava allenando sul ring al centro della palestra con il suo allenatore, mentre gli altri clienti stavano usando gli attrezzi e le macchine.

Ma a noi interessavano Sean e i suoi fratelli. Quel viscido verme se la stava filando attraverso la porta quando lo vidi.

Continuammo a rincorrerlo per tutta la hall e fuori dalla palestra, dove il fuggitivo stava già cercando di mischiarsi tra la folla, ma per nostra fortuna altri agenti lo avevano individuato e insospettiti dal suo comportamento gli intimarono di fermarsi. Ovviamente Sean non ci pensò neanche e la sua fuga disperata continuò in direzione del quartiere residenziale.

In mezzo a tutti quei civili estrarre la pistola e aprire il fuoco sarebbe stato impensabile, perfino per il V.A.T.S., ma i numeri erano dalla nostra parte. Dall’uscita del tunnel fecero la loro comparsa tre squadre di intervento capitanate da Watson, Marion e Russell Hunt. Lei con un fucile antimateria e lui con una carabina d’ordinanza. Watson invece era disarmato.

Sean si ritrovò circondato e con i civili in disparte tenerlo sotto tiro fu più facile. Gli mancavano solo le manette e qualcuno che gli leggesse i diritti. Qualcuno come me.

-Sean Doyle, ti dichiaro in arresto per tradimento, furto di risorse governative, tentato omicidio …-

Pur essendo sotto tiro e prossimo all’arresto, Sean infilò la mano in tasca come ad estrarre un’arma e prima che io o chiunque altro potessimo freddarlo, una strana ed insolita sfera di energia lo colpì alla testa. Sean crollò a terra come una bambola e non si mosse.

Mi avvicinai lentamente e arrivatagli vicino gli diedi un piccolo calcetto.

-Ma è morto?- Domandò Marion avvicinandosi per dargli un bello scossone con la canna del suo fucile.

-No, ho usato il mio attacco Mesmetron.- Spiegò Watson. -Un impulso non letale ideato per stordire gli avversari.-

Quella dell’attacco Mesmetron mi giunse nuova. All’epoca pochi sapevano che i cerebrobot oltre a poter sparare con le armi dei soldati, potevano anche stordire i nemici con degli impulsi sparati dalle loro cupole. O anche fargli esplodere la testa.

-Ah, è vero.- Confermò Marion girando la testa di Sean.

L’uomo stava sbavando sul pavimento e muovendo gli occhi come disorientato.

-Circolare gente, lo spettacolo è finito.- Disse uno degli agenti ai passanti incuriositi. -Tornate alle vostre normali attività. Ora è tutto sicuro.-

-No, per niente. Impacchettate questo quintale di vomito e seguitemi.- Ordinai perquisendo le sue tasche.

Quello che inizialmente avevamo scambiato per un’arma che Sean avrebbe estratto, si rivelò essere un congegno elettronico. La tecnologia e i materiali erano gli stessi del trasmettitore che Zoe aveva usato per chiamare aiuto dalla prigione dell’Orda, ma il prodotto finale era assai migliore.

-Un disturbatore.- Spiegò Watson. -I miei sensori segnalano che quel congegno sta disturbando tutte le nostre frequenze.-

-Ha ragione. Sentite che roba.- Disse Russell allungandoci la sua radio portatile.

Dall’apparecchio udimmo solamente un fruscio continuo ed intenso. Il disturbatore stava trasmettendo quel rumore per impedire qualsiasi comunicazione. E come se non bastasse gli altoparlanti iniziarono a emettere un suono d’allarme. Era come un campanello guasto suonato ad intermittenza.

-Allarme aereo? Fuga di gas?- Chiese Russell.

-No, miseria ladra. È l’allarme di infiltrazione nella rete.- Gli risposi.

Ogni allarme aveva il suo suono. C’era quello per gli incendi, gli allagamenti, le infiltrazioni nei sistemi di monitoraggio, le rapine e altri tipi di suoni che ricordare a memoria era alquanto difficile. Infatti speravo di sbagliarmi.

-Sicura?-

A confermare le mie preoccupazioni, l’allarme di infiltrazione iniziò a perdere potenza, per poi spegnersi definitivamente. A spaventarci un po tutti furono invece i cali di potenza delle illuminare. La luce non svanì del tutto, ma era chiaro che qualcuno stava giocando con i nostri interruttori.

-Dove andiamo?- Mi chiese Marion.

-A prendere Foster.-

Con alle spalle un mezzo plotone di agenti di sicurezza, mi feci largo dal Gold Circle fino agli appartamenti dei nostri ospiti.

Arrivati nei pressi degli ascensori ne approfittai per risolvere parte del problema. Feci fermare le mie truppe e selezionai una piccola squadra.

-Russell!-

-Eccomi!-

-Porta i tuoi agenti all’amministrazione e mettetevi a cercare l'hacker o il dispositivo che sta causando questo casino.-

-Ricevuto. Seguitemi ragazzi!-

-Barbara! Barbara dove sei?!- Urlai dopo aver visto Russell e la sua squadra entrare nell’ascensore.

-Eccomi!-

Leslie Barbara era l’agente più grasso del dipartimento ad aver superato le prove di efficienza fisica per diventare agente operativo sul campo. La corsa non era di certo il suo punto di forza, ma con i numeri era tutta un’altra storia.

-Raggiungi il dipartimento e di agli operatori di dare l’ARSI il prima possibile.-

L’Allarme Rosso di Sicurezza Interna era, secondo il protocollo degli agenti, l’allarme di sicurezza massimo. Quando lo si dava tutti gli agenti venivano mobilitati per intercettare, bloccare e se necessario eliminare la minaccia in questione. I militari invece mantenevano le loro posizioni e intervenivano solo in caso di contatto diretto.

-L’ARSI? Ne è sicura?-

-No Barbara, la nostra sicurezza e quella di centinaia di persone è semplicemente in pericolo. Dovremmo invece andare tutti a casa e MUOVI LE CHIAPPE O TI METTO DI TURNO NOTTURNO PER UN ANNO!!!-

La minaccia fece scattare l’agente come una saetta verso il pulsante di chiamata dell’ascensore e a far tornare la concertazione tra gli agenti. Nessuno voleva passare il resto del settantotto costantemente di guardia la notte.

-Riprendiamo la marcia.- Ordinai.

Per raggiungere gli appartamenti di Foster facemmo quasi lo stesso percorso per arrivare a casa mia, solo che arrivati ai margini del parco, invece che svoltare a destra andammo a sinistra.

Certo non passammo inosservati, ma a spaventare la gente furono più che altro gli sbalzi di corrente che facevano tremolare le luci e le fughe di vapore che fuoriuscivano dalle grate di ventilazione. Le nostre contromisure per gli attacchi informatici erano all'avanguardia, ma quei bastardi stavano continuando a interferire con la nostra rete.

Giunti al quartiere dei nostri ospiti trovammo la strada e le passerelle dei tre piani deserte. Pochi si erano potuti permettere di andare a viverci. Il quartiere era stato costruito con un lungo piazzale sul quale si affacciavano tre piani di appartamenti e un paio di panchine e aiuole al piano inferiore. Certo dopo l'inaugurazione del Gold Circle il quartiere non era più considerato come un'oasi di pace ed esempio di vita prebellica, ma restava comunque un luogo di lusso dove andare a vivere. E il buon generale ci aveva vissuto a sbafo per settimane escogitando un piano di fuga con Jackson e i suoi uomini. Ancora però non capivo come fossero riusciti a fregarci senza che la nostra squadra di spionaggio se ne accorgesse.

L’appartamento di Foster si trovava al piano inferiore, affacciato su una delle aiuole più lontane. Per arrivarci scendemmo giù per le scale e ci spostammo sul lato destro del piazzale.

Rimasi spiazzata nel vedere le guardie alla porta dell'appartamento ancora in piedi e impassibili.

-Hey ragazzi! Visto qualcosa di strano?- Gli chiesi arrivata a pochi metri.

Ma i due non dissero niente. Non mossero neanche un muscolo.

-Ma ci siete?- Gli chiese Marion superandomi.

La donna gli guardò dritti negli occhi, e non ottenendo risposta diede a quello più vicino una punzecchiata nello stomaco con la canna del fucile antimateria. Restammo tutti sconcertati quando la canna penetrò il soldato senza trovare resistenza.

Li per li ebbi parecchi dubbi al riguardo, lo stesso accadde per l’indiana e gli altri agenti, ma in un istante intuii cosa stesse accendo. Mi avvicinai per averne la certezza e allungando la mano per tastare il soldato ebbi la sensazione di toccare il vuoto.

-Un ologramma.- Conclusi. -Ci hanno fregati.-

Senza attendere domande o risposte sparai una serie di colpi alla serratura della porta e con un calcio ben assestato la sfondai.

Ad entrare per primi fummo io, Marion, Green e atri due agenti. Trovammo Edgar Foster e Jackson nel bel mezzo di una partita a dama. Le loro pedine erano dei tappi di Nuka-Cola rossi, solo che Foster per distinguerli usava i suoi capovolti sotto sopra.

-Mani in alto!- Ordinò Green.

Ma i due non si mossero. Continuarono la partita senza neanche badarci.

Allora mi guardai in giro cercando la cosa più simile al faro di un proiettore, ed esattamente a meno di tre metri in diagonale dalle nostre teste, appeso al grande lampadario del salotto, vidi una piccola sfera luminosa del tutto estranea alle altre lampadine. Assicurandomi di non colpire il costoso lampadario, presi bene la mira e con un colpo di pistola feci saltare la sfera luminosa.

Il proiettile fece esplodere la sfera in tante piccole schegge fumanti di vetro bianco che si sparsero per tutta la stanza e subito dopo, l’ologramma di Foster e dei tappi rovesciati svanì. Restò solo Jackson a muovere i suoi tappi come se Foster fosse ancora li.

-Ci hanno fregati.- Mi ripetei delusa e amareggiata.

Green si avvicinò a Jackson cercando di trovare l’origine del secondo ologramma e allo stesso tempo lo specchio alla parete si aprì come una finestra. Un tecnico si sporse a guardare esterrefatto.

-È impossibile signora.- Disse il tecnico. -Li abbiamo visti entrare scortati dalle guardie. Chiedeteglielo, sono ancora li fuori.-

-Anche quelli sono degli ologrammi. Tutto questo è un diversivo.-

-Beh. Almeno abbiamo capito a cosa gli servivano tutti quei pezzi.- Disse Green mostrandoci il secondo proiettore.

Anche se privo di corrente, era chiaro che il proiettore era stato costruito con la refurtiva dei Doyle. Non potendo usufruire del suo Pip-Boy, Jackson era riuscito a creare quel congegno, i disturbatori e chi sa quale altra diavoleria con dello sputo e la sua fantasia. Nessuno si sarebbe aspettato un simile ingegno da quel colletto bianco d’alto rango.

-Watson, sai a che punto è la squadra di Russell?-

-Ehm, signora. Guardi che il robot è rimasto indietro di parecchio.- Mi rispose un agente.

-Magnifico!-

Mi ero dimenticata che un dei punti deboli della serie cerebrobot era la velocità. I pesanti cingoli non erano di certo adatti alla corsa.

Quella giornata si stava rivelando parecchio impegnativa per la sottoscritta e ancora non era finita. Mi misi a riflettere un attimo per fare il punto della situazione e giunsi alla conclusione più ovvia.

Foster e Jackson potevano anche aver incaricato i Doyle di piazzare i disturbatori, ma dopo aver visto i proiettori e aver considerato il numero degli intrusi, escludetti un possibile sabotaggio. Se Foster voleva distruggerci allora lo avrebbe dovuto fare dopo aver abbandonato la base, ma se noi lo avessi preso prima che ciò accadesse di sicuro ci avrebbe svelato cosa avrebbe colpito. Certo era anche probabile che l’infiltrazione nei nostri sistemi fosse solo un diversivo per dargli il tempo per fuggire, ma fino al suo arresto ogni pista era valida.

-Non ci resta altro da fare che bloccargli la via di fuga. Andiamo al Corridoio!-

Tutti gli agenti mi seguirono senza esitare, sicuri che la mia strategia fosse la migliore. Solo i due tecnici rimasero indietro ad esaminare l’appartamento.

Tornare all’area degli ascensori si rivelò ancor più facile di prima, dato che quasi tutti i cittadini si erano rifugiati nelle loro case temendo per i disagi energetici e per lo spiegamento delle forze di sicurezza. Per strada raccogliemmo anche un paio di soldati e altri agenti provenienti dal Gold Circle.

Tornati agli ascensori, trovammo anche i rinforzi. Beh, per lo meno Spectrum. L’eyebot ci raggiunse esattamente davanti all’ascensore per il dipartimento. Notai subito il suo cappello alla Sherlock Holmes, ma preferii non commentare.

Vidi che anche Watson era nei pressi dell’ascensore. Il robot era fermo sulla soglia dell’ascensore a fissarne l’interno. Forse si era fermato a bloccare la porta per noi.

-Red, scusami per il ritardo, ma sto cercando di localizzare la posizione dei disturbatori.-

-Tranquillo Doc, stiamo cercando di raggiungere il team di Foster prima che raggiunga la superficie.-

-Ehm, Dr Spectrum, sorvegliante Earp. C’è una cosa che dovreste vedere.- Ci chiamò Watson dall’ascensore.

Incuriositi ci avvicinammo al cerebrobot e con sorpresa trovammo l’agente Barbara ancora dentro all’ascensore in compagnia di uno strano apparecchio. Un globo metallico coperto di fili elettrici, valvole e uno sportello aperto. A giudicare dal design sembrava opera di Jackson.

-Che è quell’affare?- Chiesi preoccupata.

-L’agente Barbara l’ha trovata quando le porte dell’ascensore si sono aperte.- Spiegò Watson. -Sta cercando di disattivarla.-

-Aspetta! Vuoi dire che quella…-

-Red, rilevo una fonte di radiazioni.- Mi informò Spectrum. -Temo che quella sia una bomba termo nucleare.-

All’udire di quelle parole quasi tutti i presenti fecero un passo indietro

-Barbara … tira fuori le mani da quel bidone e vieni verso di noi.- Lo pregai.

L’agente però non mi badò. Continuò ad armeggiare con i componenti della bomba improvvisata, fino a che … TAC.

-Ce l’ho!-

-Cosa?!- Chiesi temendo il peggio.

-La carica esplosiva. L’ho disinnescata!- Disse Leslie.

-Ha ragione. I miei sensori la identificano come la fonte di radiazioni.-

Contro ogni più tragica prospettiva, l’agente era riuscito a disinnescare la bomba e camminando verso di noi, ci mostrò un cilindro di alluminio non più lungo di quindici centimetri e spesso quattro, con un paio di fili di rame all’estremità destra.

-Ecco a cosa serve il corso per artificieri. Come avranno fatto a costruirla?- Domandò Leslie.

-Ancora non mi è chiaro dove siano riusciti a trovare quella carica.- Feci notare io. -Che cos’è? Plutonio? Uranio?-

-Sabbia radioattiva.- Mi rispose Spectrum.

Guardando con più attenzione, ci accorgemmo che dal cilindro fuoriusciva della sabbia. Sottile come quella di una clessidra, ma dannatamente radioattiva. Quando Leslie la posò a terra e si fece da parte, ci passai sopra il Pip-Boy e il contatore geiger segnalò un livello di radiazioni uguale a quello del terriccio in superficie.

-In effetti non ho trovato una carica di innesco la dentro.- Ci informò Leslie. -Anzi, credo che la bomba sia un groviglio di cavi e lampadine colorate. Non ci ho trovato neanche una valvola da radio.-

-Era solo uno specchietto per le allodole. Ci volevano rallentare.- Concluse Green.

Solo in quel momento mi ricordai dall'imminente fuga.

-Dannazione! Entrate tutti!- Ordinai spingendo quante più persone possibili nell’ascensore.

Robot compresi.

Pur essendo abbastanza larga da ospitare due Corvega Atomic V8 o un carro armato pesante, la cabina dell’ascensore si rivelò molto stretta e io mi ritrovai spiaccicata contro le sbarre di protezione. Forse avremmo dovuto lasciare indietro il finto ordigno.

-Rilassati. I ragazzi di sopra gli avranno fermati ancor prima di arrivare alla piazzola del corridoio.- Mi tranquillizzò Marion.

-Dici?- Le chiesi alludendo ai recenti avvenimenti.

Nonostante il potenziamento dei motori, avvenuto tempo addietro, il viaggio si rivelò più lungo del solito. Ero talmente tesa che il tempo si era quasi fermato per me. Immaginatevi cosa provai quando l’ascensore si fermò al checkpoint. Quei cacchio di robot ci misero un’eternità a scansionarci tutti. Per fortuna alla radio c’era Zoe the Queen, la quale dopo essersi ripulita, era diventata la prima conduttrice radiofonica di Beacon City, le cui trasmissioni ti facevano sganasciare dalle risate.

-Un giorno i poliziotti andarono ad una manifestazione contro la guerra e spararono lacrimogeni su tutti i manifestanti. Solo che un dei proiettili tornò indietro, colpendo uno dei poliziotti. All’ora uno dei sui colleghi gli chiese: Perché piangi? E lui gli rispose: Il fumo mi ha tradito.-

Come la maggior parte dei presenti, non potei fare a meno di afferrare il lato comico. Però l'umorismo cupo di Zoe non batteva la professionalità di Anson. Almeno per me.

Quando arrivammo in cima e le porte si aprirono, trovammo il caos. Già dall’atrio del dipartimento era possibile scrutare il via vai di agenti e soldati intenti a correre lungo la strada per il Corridoio. Gli unici due che trovammo fermi ai loro posti furono i tre agenti di guardia all’ascensore.

-Comandante, siete voi?! Foster ha preso degli ostaggi!- Disse uno degli agenti indicandomi la strada per il Corridoio.

Entrando nella sala principale del dipartimento scoprii i segni di uno scontro a fuoco da poco concluso. Osservando i pochi fori di proiettile su una colonna e nelle scrivanie li presenti, doveva essersi trattato di una veloce sparatoria. Quando gli agenti si accorsero della mia presenza cessarono tutte le loro attività. Dal correre in giro con i fucili d’ordinanza, al cercare di ripristinare le comunicazioni con i terminali.

-Cosa è successo qui?- Chiesi.

-Non so come, ma Foster e i suoi uomini sono riusciti ad arrivare fin qui senza scorta signora.- Mi informò uno degli agenti li vicini. -Quando sono entrati avevano delle uniformi dell’esercito e con il problema delle comunicazioni nessuno ci aveva fatto caso. Stinson è stato l’unico a riconoscerli e quando ha dato l’allarme lo hanno ucciso.-

Mi accorsi solo in quel momento del cadavere steso li vicino con un lenzuolo bianco macchiato di rosso a coprirlo. E a fargli compagnia ce n’erano altri tre. Uno non aveva più la testa.

-Chi sono?-

-Quello senza testa era uno di loro. Uno dei nostri proiettili gli ha fatto saltare la testa. Gli altri due sono un addetto alla manutenzione e uno degli ostaggi.-

-Ostaggi hai detto?- Gli chiese Green.

-Si signore. Erano già con loro quando sono entrati e durante la sparatoria gli hanno usati come scudi umani. Non abbiamo neanche fatto in tempo a trattare che avevano già ucciso l'addetto e minacciato di fare lo stesso con gli altri due se non gli avessimo fatti passare e disattivato le difese della piazzola.-

-Chi altri hanno rapito?- Chiesi.

-Eireen Davis e un altro civile che non siamo ancora riusciti ad identificare. Senza l’accesso alla rete siamo praticamente cechi.-

-Tranquilli. Avete fatto quello che potevate. Sapete dove si trovano adesso?-

-Sul montacarichi principale del Corridoio, più o meno a cento metri dalla superficie.- Mi rispose uno degli operatori. -Tra poco raggiungeranno la superficie e senza un collegamento diretto da qui non abbiamo modo di fermare il montacarichi.-

-E se togliessimo la corrente ai motori?- Suggerì Barbara.

Solo in quel momento mi accorsi che l’agente disinnesca finte bombe stava sgocciolando sudore da tutti i pori. La tensione doveva averlo liquefatto dall’interno.

-Senza la connessione ci toccherebbe farlo manualmente e a meno che non vogliate far saltare i trasformatori con dell’esplosivo, ci vorrebbe almeno tre quarti d’ora per bloccare il flusso.-

-Ecco una cosa a cui i progettisti non hanno pensato quando hanno ideato le contromisure per i sabotaggi.- Ironizzò Green.

Il tempo a nostra disposizione era agli sgoccioli e le nostre uniche speranze erano riposte nella squadra di Russell. Solo loro potevano trovare il o i disturbatori che i Doyle avevano nascosto nell’amministrazione. Oppure ….

-Fermi tutti!- Esclamai. -Nick! No, scusate … agenti e soldati! Qualcuno di voi è abilitato all’uso delle esotute?-

Ci fu un attimo di calma piatta. Molti si guardarono intorno, cercando colleghi o conoscenti che avessero partecipato all’addestramento, ma nessuno dei presenti sembrava essere uno dei pochi folli ad essersi offerti volontari per volare come angeli nel cielo con una tecnologia difficile da governare.

-Noi due.- Disse un soldato dall’altro lato della sala indicando un suo compagno.

-Da quanto so un esotuta può stare in volo stazionario con un carico di tre persone, comprendendo anche il pilota.-

-Si, la manovra A8 con due passeggeri è stata parte del nostro corso, ma a cosa le serve.-

-Voi due, mettetevi un esotuta e raggiungete il montacarichi secondario.-

I due soldati eseguirono i miei ordini e si diressero ai garage. Restava solo da selezionare la squadra d’assalto.

-Green, tu mi servi qui a guidare la baracca e a trasmettere l’ARSI in caso le comunicazioni dovessero tornate. Doc e Watson, aiutatelo come meglio potete. Marion e te soldato salirete su una delle esotute.- Ordinai all’indiana e ad un altro soldato di pari stazza armato con un fucile a pompa antisommossa.

-Aspetta capo!- Mi interruppe Green. -Credo di aver capito cosa vuoi fare, ma l’apertura del secondo montacarichi si attiva solo se la piattaforma raggiunge i finecorsa.-

-C’è anche il sistema manuale per le emergenza. Basta solo che l’esotuta mi porti abbastanza vicina e mi ci tenga. Mi serve un altro per fare da contrappeso. Qualche volontario?-

Il mio piano era raggiungere l’apertura con l’aiuto dei jetpack delle esotute, aprire manualmente la botola e battere Foster in volata. Solo che tutti gli altri presenti non ne sembravano molto convinti. Anzi sembravano terrorizzati all’idea di sfrecciare all’interno di un condotto per montacarichi delle dimensioni di un netturbino pulisci strade, per poi restare fermi a mezz’aria con il vuoto totale sotto ai loro piedi.

-Tu, forza con me.- Dissi ad un giovane agente con la corporatura simile alla mia e una mitraglietta da 10mm.

-Io?- Mi chiese lui.

-Si, tu. Diamoci da fare gente.-

Terminata la selezione ci apprestammo a raggiungere il montacarichi secondario, lasciandoci alle spalle il brusio dei nostri compagni. Sapere che Green era con loro a dirigere le operazioni al posto mio mi tranquillizzò.

I due soldati ci stavano già attendendo dentro le loro esotute all’incrocio tra il garage dei mezzi, l’armeria, la sala principale e la piazzola di carico dove eravamo diretti.

Quando passammo sulla piazzola del Corridoio non potei fare a meno di criticare l’arsenale di difese automatiche che nella nostra circostanza si era rivelato del tutto inutile. A fine di quella storia avremmo dovuto migliorare il nostro sistema di sicurezza. Un’altra volta.

-Prendete posto.- Disse uno dei soldati nelle esotute.

Con l’aiuto dei due soldati io e i miei tre compagni prendemmo posto hai lati delle due armature. Mettendo nelle fondine o a tracolla le nostre armi, agganciammo i cinturoni delle nostre tute di sicurezza Vault-Tec alle funi statiche collegate ai bacini delle esotute. Assicurate le funi e i ganci, ci aggrappammo con una mano alla spalla di ferro dal nostro lato e salimmo con un piede sopra a quello di metallo sempre dal nostro lato. Il mio contrappeso però non ne sembrava molto convinto.

-Allora?- Gli chiesi.

-Andate avanti, io aspetto il prossimo autobus.-

-Non ci dividiamo.- Dissi facendogli segno di salire.

Assicuratici tutti alle esotute, i due soldati attivarono i propulsori dei jetpack. Il piccolo spazio della piattaforma si riempì in un istante di caldo e gas da combustione metallica. Meno male che le corazze delle esotute erano termoisolate, altrimenti la conduzione di calore ci avrebbe fritto stivali e mani.

Il decollo si rivelò più divertente che spaventoso, anche se la paura di bruciarsi con i propulsori dorsali o frontali restava.

La salita era tutta una questione di precisione per i due soldati, che pur andando abbastanza velocemente, prestavano la massima attenzione al volo.

-Red! Red, mi ricevi?!- Mi chiamò Spectrum alla radio.

Con la mano libera estrassi la radio portatile dal cinturone, ipotizzando che almeno il problema delle comunicazioni fosse stato risolto.

-TI RICEVO DOC!- Urlai cercando di sovrastare il rombo dei propulsori.

-La squadra di Russell ha trovato e smantellato il disturbatore principale. Tutti gli altri hanno smesso di trasmettere le interferenze. Abbiamo nuovamente il pieno controllo del P1.-

-MAGNIFICO!- Esultai.

-Capo sono io.- Disse Green sulla stessa frequenza. -Abbiamo dato l’allarme in superficie e aperto la botola. Ma secondo il computer il montacarichi del corridoio è arrivato già da tre minuti. Sbrigati prima che Foster la scampi.-

Scoprendo che i fuggitivi erano così avanti rispetto a noi, diedi un ordine abbastanza discutibile.

-HANNO APERTO LA BOTOLA! ANDIAMO, VELOCI!!!- Ordinai.

Subito i due soldati aumentarono la potenza dei propulsori e come delle saette ci spedirono verso la superficie in tempo record. Vista la nostra situazione la cosa si rivelò tanto utile quanto pericolosa dato che lo spazio di manovra delle esotute era dannatamente stretto.

Arrivati in superficie lo scenario ci apparve come sempre. Scuro, freddo e … in costante allontanamento.

-FRENA!!!- Urali prima di raggiungere lo scudo azzurro luminescente del RAD-SHIELD.

Le due esotute si fermarono ad appena mezzo metro dallo scudo che ci separava dal mondo della Zona Contaminata. L’aria non ci avrebbe ucciso, ma viste le nostre tempistiche, salire di quota ulteriormente sarebbe stato controproducente. In più le sentinelle avevano riferito che il tempo negli ultimi giorni era peggiorato.

-Temo, di aver sbagliato livello.- Disse il soldato abbassando la potenza dei propulsori.

-Nessuno è perfetto.- Commentò l’altro agente.

Durante la discesa udii le sirene del forte e vidi le truppe militari correre per la base a guardia dei punti d’uscita o alla ricerca dei fuggitivi. La caccia era ufficialmente aperta.

-Sorvegliante, sono Baker. Mi ricevi?-

-Si signore!-

Meno male che la radio non mi era caduta.

-Per quanto seccante possa essere, ti devo chiedere di catturare vivi quanti più fuggiaschi possibili. Eliminali solo se ne necessario.- Il tono di Baker non sembrava il solito.

-Signore, va tutto bene?-

-Si, si. Devo solo riorganizzare le idee. Passo e chiudo.-

La risposta del colonnello mi sembrò evasiva e poco convincente, ma il dovere mi chiamava.

Trovare il team di Foster in tutto quel trambusto non sarebbe stato facile, a meno che qualcuno non lo avesse già trovato.

-Sorvegliante? Sorvegliante Rocket, mi sente? È la sua frequenza questa?-

La voce alla radio era quella di un ragazzino. Una voce molto familiare.

-Zack? Tesoro sei tu?!-

-Quei signori cattivi da cui ci aveva detto di stare lontani sono nell’hangar. Mi sono nascosto nella cabina del V2, ma hanno sparato ad Issac e catturato Baatar.-

Il piccolo ghoul era spaventato e con i propulsori a potenza ridotta riuscivo a sentirlo singhiozzare.

La situazione continuava a peggiorare, ma per lo meno avevamo scoperto la posizione dei fuggiaschi.

-Resta li! Stiamo arrivando!-

-Vi prego, fate in fretta.-

-Hey, tu piccolo carboncino! Vieni qui.- Disse qualcuno in sotto fondo.

-RED!-

-ZACK! ZAAACK!!!- Urali alla radio.

Ma l’unico sono che riuscii ad udire fu un sordo tonfo ad indicare l’interruzione del contatto. C’era una sola cosa da fare.

-Portateci al nostro hangar.- Ordinai ai due soldati mostrandogli uno dei grossi edifici ai margini della pista.

Con qualche piccola correzione alla rotta e una rapida discesa, arrivammo all’ingresso dell’hangar, dove trovammo uno dei portoni scorrevoli già aperti. Con le nuvole a coprire il cielo la visibilità era quasi pari a zero e stranamente le luci erano spente.

-Sganciarsi!- Ordinai sapendo che combattere agganciati alle esotute era sconsigliabile.

Ma appena misi i piedi a terra, udii un forte rombo e in un attimo una ventata mi spinse a terra. Un vertibird era appena volato sopra alla mia testa investendo le due esotute e chiunque ci fosse ancora attaccato.

Mentre mi rialzai, vidi che l’agente che era con me e Marion avevano ricevuto il mio stesso trattamento, mentre i due soldati erano stati investiti in pieno e con loro anche il soldato con il fucile a pompa antisommossa. Osservai anche il vertibird allontanarsi in cielo, per poi oltrepassare la cupola anti radiazioni e sparire nella foschia del cielo.

-Ma quello non è il V2 di Baatar?- Mi domandai.

-Chi è ferito?- Chiesi appena rialzata.

-Io sto bene, ma la mia tuta non risponde. Forse mi si sono rotti i giunti.- Rispose il soldato che aveva portato me e l’altro agente.

-Credo di essermi rotto una o due costole. E credo che questo qui sia morto.-

Mi avvicinai all’altra esotuta e dopo aver constatato che i danni si limitavano al torace corazzato vidi che il soldato, che era con Marion, giaceva a terra con la testa fracassata e il sangue che usciva dalla sua bocca. Se fosse riuscito a sganciarsi in tempo, il vertibird lo avrebbe risparmiato.

Provai a trascinare il soldato nell’esotuta al riparo, ma pur essendo più leggera di un’armatura atomica, trascinare l'esoscheletro da guerra a mani nude si rivelò impossibile.

Come se non bastasse, una jeep uscì sgommando dall’hangar, passando con le ruote sinistre sulle gambe del soldato.

-CAZZO!- Urlò.

Il guidatore era un militare con l’armatura da combattimento verde oliva dell’esercito e una sciarpa militare a coprirgli il volto. A tradirlo però fu il taglio di capelli a spazzola color grigio chiaro. E viste le circostanze, doveva per forza trattarsi di Edgar Foster.

-Ti ha ferito?!- Chiesi al soldato.

-No, la tuta non mi ha fatto sentire nulla. Però un’auto che ti schiaccia le gambe fa comunque uno strano effetto.-

Ebbi un colpo però quando una seconda jeep uscì dall’hangar e si fermò davanti a noi. Per un attimo temetti che gli uomini di Foster si fossero fermati per freddarci, ma con sorpresa scoprii che a guidare il mezzo era Isaac.

-Salite ragazzi!-

-Marion, con me!-

Con una spettacolare acrobazia in perfetto stile poliziesco, scivolai sul cofano del mezzo e mi sedetti sul sedile del passeggero. Marion andò alla mitragliatrice calibro 50 sul retro e l’agente ….

-No! Tu aspetta qui e aiuta questi soldati.- Gli ordinai.

Il mio sottoposto ubbidì senza fiatare e offrì assistenza ai compagni.

Appena Isaac partì all’inseguimento della jeep presi il microfono del nostro mezzo e lo sintonizzai sulla frequenza degli altoparlanti.

-A tutti i soldati e agli agenti nel forte. Sono il Sorvegliante. Il generale Foster sta cercando di scappare a bordo di una jeep verso il Gate1. Sparate alle gomme. Ripeto, sparate alle gomme.-

Terminata la trasmissione fummo sfiorati da una raffica di proiettili. Qualche sentinella doveva averci scambiati per Foster.

-Maledizione! Siamo noi quelli nella jeep con tre passeggeri!- Dissi incavolata alla radio.

Continuammo a correre per le strade del forte senza essere presi di mira per sbaglio e nel frattempo udimmo numerosi spari. Segno che qualcuno aveva finalmente intercettato il fuggiasco.

Peccato che tra questi non ci fosse il pilota dell’apophis a guardia del forte. Quel bestione era dalla parte opposta della base in quel momento.

-Cosa è successo nell’hangar?- Chiesi ad Isaac. -Zack diceva che ti avevano sparato.-

-Infatti mi sono dovuto iniettare uno stimpak nella spalla. Jackson ha fregato tutti.-

-Che intendi?-

-Appena è salito sul V2, ha ucciso gli uomini del nostro amico e rapito Baatar e Zack. Quella merda ha ucciso anche un civile e la Davis.-

-Vuoi dire …?-

-Si, era lui quello nel V2. Ha stordito Mr B e ha pilotato il suo vertibird. Prima che partisse, l’ho anche visto mentre gettava fuori dalla cabina il transponder. Senza quello non lo troveremo oltre il perimetro dei nostri radar.-

Quella notizia cambiava ogni cosa. Foster era stato appena fregato dalla vera mente criminale di quell’operazione e in preda alla disperazione si stava giocando il tutto per tutto. E cosa ancora peggiore, uno dei miei piloti e un giovane abitante del P1, erano stati rapiti e portati chi sa dove.

L’unico modo per mettere fine a quel disastro era ricatturare l’ex generale e strappargli qualsiasi informazione valida.

Svoltato l’ultimo incrocio arrivammo sulla strada per il Gate1 ed esattamente li, trovammo la jeep. Il mezzo continuava a velocità massima verso il portone del Gate1, come se al suo arrivo la via di fuga si sarebbe liberata automaticamente. Già mi immaginavo il mezzo che si schiantava sulle porte d’acciaio e il fuggiasco che moriva nell’incidente. Ma contro ogni pronostico le due grandi porte iniziarono a scorrere lateralmente, dando così libero accesso a chiunque.

-Com’è possibile? Si è comprato la guardia del cancello?- Chiese Marion esterrefatta.

-Non direi.- Dissi indicando la guardiola ai margini del portone.

Le due sentinelle a guardia dell’entrata si erano messi a bersagliare la jeep, ma neanche questo bastò a fermare il mezzo. Chiamatela fortuna sfacciata o come volete, ma quel verme di Foster riuscì a passare attraverso le due piastre del portone semi aperto con alle spalle almeno una dozzina di armi a bersagliarlo. E dire che sulle mura c’erano anche due soldati in armatura atomica con delle mitragliartici a canne rotanti.

-Si sta chiudendo!- Fece notare Isaac.

-Avrà usato un altro congegno di disturbo. A tutta birra!- Ordinai.

Il pilota ghoul premette ancora di più sull'acceleratore, portando il mezzo sulle cinquanta miglia orarie, ma la cosa si rivelò del tutto inutile. Arrivati a non più di dodici metri, il passaggio si era già troppo ristretto per far passare la nostra jeep e Isaac se ne accorse appena in tempo. O quasi.

Il pilota sterzò a sinistra e fece una frenata talmente brusca che per poco non volai fuori dal lato destro del mio sedile. Dovetti tenermi con tutte le mie forze ai pochi appigli che c’erano per non cadere di schiena. Anche Marion fu colta di sorpresa dalla forza centrifuga generata dalla brusca sterzata, ma almeno lei aveva la mitragliatrice a cui tenersi. Fu quando ci schiantammo contro il portone che caddi completamente fuori. Miracolosamente passai tra le due porte scorrevoli e finii a terra, rischiando solo di strapparmi le braccia e spaccarmi la colonna vertebrale sul duro asfaltato della strada che collegava il forte alla US-287. Il peggio fu però l’impatto tra il mio stomaco e le chiappe di Marion, che come me, al momento dell’impatto aveva perso la presa sull’arma ed era stata catapultata su di me. Cento chili di nativa americana, pezzi di corazza protetettiva e fucile antimateria che andarono ad impattare sui miei addominali e tutto ciò che celavano.

-Tutto bene?- Chiese Issac quando il mezzo fu completamente fermo.

-Maledizione, potevi ucciderci!- Gli rispose Marion rialzandosi.

Il pilota scavalcò il mio sedile e passò attraverso lo stretto passaggio lasciato dalla jeep tra le due porte che continuavano a chiudersi. Dieci centimetri più a sinistra e al posto di volare fuori mi sarei spappolata contro la porta sinistra del portone.

-Red, stai bene?- Mi chiese Marion preoccupata.

Io gorgogliai un’intraducibile risposta e agitai la mano a mo di più o meno. Il diaframma e lo stomaco mi facevano un male cane.

-Poteva andargli peggio.- Commentò Isaac estraendo dalla tasca uno dei suoi stimpak.

-Tu da oggi piloterai solo gli elicotteri, bello.- Lo rimproverò Marion.

-Zitta un po Bud con le tette. Piuttosto va a guardare dove sta andando Capiatan Cosmo.-

Con riluttanza l’indiana impugno il suo fucile e andò oltre la cupola. L'anestetico contenuto nella siringa compressa fece svanire ogni dolore e i farmaci curarono le lesioni e gli ematomi causati dall’incidente, dandomi la possibilità di rialzarmi in un istante.

-C’è mancato poco anche questa volta.- Dissi guardando l’auto con lo spigolo destro del cofano che continuava a comprimersi tra le porte.

-Vero, ma intanto quello se la sta svignando.- Mi ricordò Isaac.

-Giusto, andiamo.-

-Hey, Rocket. Non riusciamo a riaprire il passaggio. I comandi non rispondono.- Mi chiamò qualcuno.

Gordon Harris, l’MP che il giorno della Grande Guerra incontrai allo stesso posto di blocco, mi stava guardando dal sempre più stretto passaggio tra le due porte. Lui era uno dei pochi a chiamarmi ancora Rocket invece che capo, o signora, o … avete capito.

-Stacca la corrente e chiama i rinforzi. Vi aiuteranno loro. Noi proviamo a vedere dove sta andando Foster.-

-Provvedo subito.-

Assicuratami che le direttive fossero state ricevute, mi diressi verso la cupola con Isaac e dopo averla attraversata scoprii un imprevisto.

-Fregati!- Commentò Issac esasperato.

Il paesaggio circostante era completamento avvolto da una fitta nebbia giallognola che si estendeva fin dove l’occhio poteva vedere. E a confermare i miei timori sulla sua composizione, il contatore geiger del Pip-Boy iniziò subito a emettere un lieve ma continuo trillio. Quella roba era radioattiva.

-Com’è possibile?!- Chiese Isaac.

-Parli della nostra fortuna o dei cataclismi climatici causati dalle bombe?- Chiesi ironizzando.

-Merda. Ora è sicuramente morto. Anche con metà dei nostri velivoli a setacciare la zona, lo potremmo trovare solo già morto.-

-Quanto ci vorrebbe per far alzare un numero sufficiente di vertibird per trovarlo?-

-Troppo. Starà continuando ad allontanarsi anche adesso e più lo fa, più difficile sarà salvarlo da quest’oceano radioattivo.-

Mi ero arresa. Se Foster aveva preferito una morte certa a noi, ormai non lo fermava più nessuno. Per lo meno ci restavano i resti della famiglia Doyle da interrogare. Forse così avremmo ottenuto le informazioni sulla meta di Jackson.

Dopo tutta quell'inutile faticata mi presi un momento per commentare il paesaggio.

-È un po come a Flat White, vero Marion? Radiazioni e desolazione. Marion?-

L’indiana però non mi rispose. Era li ferma inginocchiata sulla strada con il ginocchio destro e teneva il fucile antimateria puntato sull'orizzonte.

-Marion?-

-Forse ce l’ho.- Mi rispose la donna.

-Scherzi.- Le chiese Isaac scettico.

-Forse. Mi sembra di vederlo sulla strada per le rovine di Boise.-

Scrutando attentamente l’orizzonte, vidi anch’io due flebili luci rosse allontanarsi sempre di più verso sud a velocità moderata. Ma anche se quello era davvero Foster, il tiro era quasi impossibile.

-Dai Hunt, vuoi scherzare?- Le chiese il pilota. -Facciamo prima a chiamare …-

Ma la donna sparò comunque un colpo, che dopo un notevole boato, sfrecciò nella nebbia e … BOOM.

-Wow.- Commentai.

-Che gli hai sparato?- Chiese sbalordito Isaac.

-Un normalissimo proiettile.-

Se quello era l’effetto di un proiettile antimateria standard, allora doveva avergli colpito il serbatoio.

-Andiamo!- Ordinai senza esitare.

Per non perderci nella nebbia radioattiva seguimmo la curva che collegava la base alla strada principale. Il giro lungo non ci portò via molto tempo e correre sulla strada era più facile che farlo tra le pietre e le sabbie del deserto.

Giunti sul rettilineo calcolai che al nostro obbiettivo mancavano settanta o cento metri. Estrassi la mia pistola e la puntai in avanti. La luce emanata dal puntatore laser tracciò una scia rossa nella nebbia dandomi un ottimo vantaggio nella mira.

-Fiamme a ore dodici!- Ci avvisò Isaac.

A una decina di metri da noi, iniziammo ad intravvedere un debole incendio illuminare i dintorni. Il proiettile aveva colpito il serbatoio della jeep che giaceva nel bel mezzo della strada capovolta sotto sopra.

Mi bloccai subito quando vidi il generale strisciare fuori dall’abitacolo.

-Fermo a terra e metti le mani dietro la testa Foster!- Ordinai puntando il fascio laser verso la sua fronte.

Ma Foster non mi ascoltò e senza badarmi si rialzò barcollando. L’unico motivo per cui non gli sparai fu per il probabile stato di shock in cui si trovava a causa dell’impatto.

-Te lo ripeto per l’ultima volta! Fermo a terra e metti le mani dietro la testa!-

-DOVE DIAVOLO VUOI ANDARE?! DOV’È ANDATO JACKSON?!- Tagliò corto Isaac.

-Io … mi meritavo di meglio.- Biascicò Foster. -Una persona come me si meritava un grande futuro.-

Un po mi sentivo in colpa per lui, d’altronde ero in parte colpevole delle sue sventure, ma era di Foster che stavamo parlando. Un vecchio traditore razzista, egoista, presuntuoso e … inutile.

-Lo sentite?- Chiese Marion.

-Cosa?-

-La terra. Sta tremando.-

Non me ne accorsi subito, ma concentrandomi avvertii delle vibrazioni nel terreno. Brevi, potenti e ritmiche. Sembravano le stesse di un’armatura atomica apophis in movimento. Mi rassicurò scoprire che i rinforzi stavano per arrivare.

-Voi mi chiamate traditore. Ma siete voi i veri traditori.-

Foster stava per avere una crisi isterica delle sue e ancora non lo avevo ammanettato. Da come teneva il braccio doveva esserselo rotto e questo mi spinse a ideare una strategia per placcarlo ed immobilizzarlo.

-Siete solo una marmaglia di immigrati messicani, sporchi indiani, mostri dalla pelle bruciata e agenti comunisti infiltrati! E cosa peggiore …-

-Oh … mio …- Dissi guardando l’enorme ombra avvicinarsi alle spalle di Foster.

Lo stesso, mastodontico e terrificante deathclaw di Flat White uscì dalla coltre di nebbia e dopo aver appiattito la jeep capovolta salendoci sopra, agguantò Foster con la sua enorme mano artigliata. Sembrava la scena di un film horror sui mostri preistorici, ma era tutto reale.

Appena resosi conto della situazione, l’ex generale lanciò un urlo di terrore. Non lo si poteva biasimare però. Chi non avrebbe urlato in quel modo sentendosi preda di quell'abominio genetico.

-CORRETE!- Urlò Isaac.

Il pilota e l’indiana si voltarono e iniziarono a correre il più lontano possibile, ma io sapevo perfettamente quanto il deathclaw potesse correre. Rimasi ferma li, ad assistere alla fine di Edgar Foster e studiare una qualsiasi tattica.

-Un bengala sparato il più lontano possibile per distrarlo? Ma quale bengala? Un proiettile nel serbatoio della jeep sottostante per azzopparlo? Ma quale serbatoio?-

-NOOO! TI PREGO NON FARLO!!! SCUSAMI!- Implorò Foster.

Il deathclaw si portò la preda all’altezza degli occhi, e dopo avergli dato una guardatina con i suoi occhi iniettati di sangue, emise un immenso ruggito che mi fece tremare anche le ossa. La ciliegina fu quando il lucertolone si portò l’uomo sopra la testa, per poi spremerlo come un frutto e berne i liquidi. Per poco non svenni quando i gemiti di Foster vennero sostituiti dallo scricchiolio delle sue ossa.

Terminata la “bevuta”, il deathclaw lasciò cadere a terra i resti dell’uomo. Tutto ciò che era rimasto, era una purea di stoffa, metallo piegato, carne, ossa, sangue e budella priva di vita. Come ultimo atto di profanazione, il lucertolone ci camminò sopra con la sua zampa destra, spalmando il tutto sulla strada.

Era davanti a me. Immenso, scuro e orribile. Quando lo vidi caricare il braccio per colpirmi capii che era la fine. Prima sarebbe toccato a me e poi avrebbe raggiunto i miei amici e seminato il panico nel forte. Chiusi gli occhi quando vidi la sua mano partire.

-Fermati Karugh.- Disse qualcuno nelle vicinanze. -Hai già consumato la tua vendetta.-

E il colpo non arrivò. Riaprendo lentamente gli occhi, vidi la mano del mostro a due metri da me. Due metri in più e mi avrebbe colpita come un’auto in corsa.

Per un attimo pensai di essere morta, ma poi il deathclaw si mise da parte e lasciò passare un altro della sue space. Il secondo deathclaw era di dimensioni medie. Come quello che avevamo abbattuto nel tunnel di Flat White. La cosa più assurda, non fu il fatto che quell’essere non mi attaccò, ma che forse fosse stato proprio lui ad ordinare al gigante di non uccidermi. E in un attimo mi fu tutto chiaro. Le voci che io e Lopez avevamo sentito nelle nostre menti alla base aerea. Era lui.

-Piacere di conoscerti. Mi chiamo Naalnish.-

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Capitolo 17
*** L'Alleanza ***


L’Alleanza

Il nemico dell’Orda, è amico dei Fondatori.

 

 

27/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Beacon City/Forte/Hangar 1

Ore 15:21

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Se scoprire l’esistenza di enormi lucertole create geneticamente per scopi bellici era assurdo, parlarci lo era ancora di più. Il protocollo prevedeva di sparare a vista contro qualsiasi minaccia organica mutante che si avvicinasse al nostro perimetro difensivo, ma quella di un deathclaw intelligente e capace di comunicare pacificamente era un’opzione che nessuno stratega avrebbe potuto concepire.

Fu quasi impossibile convincere i rinforzi usciti dalle mura a non sparare contro i due deathclaw. Per fortuna il colonnello si convinse per primo e pur mantenendo alta la guardia, permise ad entrambi di entrare nella base. O meglio, permise a Naalnish di entrare. Quello grande entrò per garantire la sicurezza del deathclaw più pacifico.

I due visitatori vennero scortati fino alla zona degli hangar, dato che tutti gli altri edifici erano troppo piccoli per ospitarli entrambi. Ovviamente il numero di soldati che li scortò per tutto il tragitto fu abbastanza considerevole, e cosa più importante il lucertolone gigante ebbe la possibilità di fare la conoscenza di un altro titano. Neppure lui avrebbe potuto fare molto contro l’armatura atomica apophis di guardia al forte.

Eravamo tutti riuniti nell’hangar dove veniva custodito Aquila Atomica. Nell’hangar 1 era stata portata una mappa tattica olografica di forma circolare intorno alla quale si erano sistemati tutti i presenti. Ossia le squadre di esplorazione, Vault compresa, il colonnello, gli altri pezzi da novanta del nostro esercito e alcuni operatori dell'amministrazione. Mancavano solo Nick e Trinity, che nel frattempo erano andati a tranquillizzare la signora Rodriguez sul rapimento di Zack. La povera Maria ebbe un mezzo infarto quando venne a sapere dell’accaduto.

Nelle ultime ore ne erano accadute di tutti i colori, dall’evasione di Foster, al rapimento di Baatar e del piccolo Zack, fino all’incontro con i nostri amici squamosi. Tutto ciò che avevamo tra le mani, erano i cadaveri che Jackson si era lasciato dietro, i due fratelli Doyle, che eravamo riusciti ad arrestare, e una moltitudine di teorie sulla vera meta di Jackson, che dopo aver volato per tre chilometri verso sudovest, era sparito anche dai nostri radar. Senza il transponder del vertibird e degli indizi utili, trovarlo sarebbe stato difficile. Brent Doyle, il fratello più grande e cervello del gruppo, si era fatto ammazzare insieme agli uomini di Foster poco prima di salire sul V2, e ovviamente Jackson si era riguardato dal dire ai fratelli Doyle la sua vera destinazione, facendo credere loro e a Foster che gli avrebbe portati dall’Enclave, ovunque questa fazione si fosse stanziata.

-Cominciamo con le presentazioni direi. Io sono il colonnello Roland Baker, comandante …-

-Comandante delle truppe militari di Beacon City ed eroe di Anchorage.- Lo interruppe Naalnish.

Buona parte dei presenti rimase di stucco quando il deathclaw parlò. Sia perché nessuno si aspettava che un animale potesse parlare, sia perché lo faceva tramite la mente. E poi come faceva a sapere del colonnello?

-Esattamente com’è che comunichi?- Gli chiesi.

Io ero l’unica a stargli vicino. Tutti gli altri avevano preferito raggrupparsi dall’altro lato della mappa o comunque a distanza di sicurezza.

-Non saprei dirti. É da quando sono nato che ascolto e parlo con le menti.-

-Avete mai sentito parlare dei poteri psichici?- Domandò Spectrum.

-Spara Doc.- Gli rispose Baker.

-Uno studio condotto in Florida nel settantuno ha teorizzato l’esistenza di esseri psionici tra gli organismi del pianeta. Non avrei mai pensato di incontrarne uno.-

-Questa si che è fantascienza.- Pensai.

-Cosa sei in grado di fare?- Gli chiesi incuriosita.

-So leggere i pensieri e parlare attraverso le menti da quando sono nato, in una di quelle che voi chiamate incubatrici, in una città che voi chiamate Dallas.-

-Chiamavamo almeno.- Dissi tra me e me pensando a cosa potesse essere rimasto della città texana.

-Ora come la chiamate?- Mi chiese Naalnish.

Tutti i presenti sentirono la domanda telepatica di Naalnish e vedendo che il deathclaw stava guardando me si chiesero cosa avessi pensato.

-Hai sentito i miei pensieri?- Gli chiesi sbigottita.

-I tuoi, quelli dei tuoi compagni, dei primi tre scienziati che vidi alla nascita, delle guardie che ci sorvegliavano e dei vostri capi, quando questi venivano a vederci. Sono stati i pensieri dell’anziano capo branco umano a ispirarmi nella scelta del mio nome.-

-Hai guardato nei pensieri di Foster?- Gli domandò Tony.

-No, sta parlando di mio padre.- Gli rispose Bud. -Nella nostra lingua, Naalnish è colui che lavora. Non capisco come papà abbia potuto tenercelo nascosto.-

-Ho solo letto la mente di Bradi Hunt. Se avessi provato a parlargli, avrei rischiato di spaventarlo o mettere in dubbio la sua salute mentale.-

-Capisco, ma perché hai scelto questo nome?- Continuò Bud.

-Perché fin da quando sono nato, i nostri creatori vollero usare me e i miei fratelli come portatori di morte. Io però avevo altri progetti per la mia specie. Giurai quindi a me stesso, che se ne avessi avuto l’occasione, avrei fatto di tutto per creare un’alleanza tra umani e deathclaw. E in questi ultimi anni ho elaborato, ho escogitato, ho lavorato ad una strategia per dare la libertà alla mia specie e al tempo stesso garantire la pace tra di noi.-

Per essere un lucertolone con le corna e gli artigli, quell’essere sembrava più il nuovo Mosè. Ma i suoi ideali da filantropo non piacevano a tutti. Diverse persone sembravano poco favorevoli ad un’unione con un popolo di armi biologiche.

-Quanti sono i membri del branco?- Domandò Baker.

-Escludendo me e mio fratello, ci sono dodici maschi adulti come me, tre giovani femmine e nove giovani maschi. Nessuno di loro è in grado di leggere o comunicare attraverso le menti.-

-Però, una bella famigliola.- Pensai.

-Grazie.- Mi rispose Naalnish.

Dovetti memorizzare di smetterla con le riflessioni private in presenza di Naalnish, prima che qualcuno potesse pensare che fossimo in combutta.

-E adesso che la vostra specie è libera, cosa avete intenzione di fare?-

Naalnish aspettò a rispondere. Forse, anche un essere psionico aveva bisogno di trovare le parole giuste.

-Molti dei miei fratelli e una delle mie sorelle vorrebbero abbandonare questo luogo e allontanarsi da qualunque gruppo di umani. Mentre ero imprigionato, avevo sentito una delle nostre guardie parlare di un posto chiamato Parco Nazionale delle Carlsbad Caverns, e quando vidi nei suoi pensieri i ricordi di quel paesaggio, capii che sarebbe stato perfetto come casa per il branco. Ma prima di giungere alla nostra nuova casa, avremmo dovuto fare giustizia di un nostro aguzzino e redimerci dalle colpe della nostra creazione.-

-Quando dici aguzzino, parli di Foster?- Gli chiese il tenente Wright.

-Si. Egli amava scaricare le sue “tensioni” su molti di noi, con scariche elettriche e altrettanti modi per stimolare la nostra aggressività. Specialmente su mio fratello Karugh.-

Udendo quel nome, tutti si voltarono a guardare il colossale deathclaw entrato nella base per protegge Naalnish in caso di necessità. Guardandolo con più calma e quasi senza la paura di essere divorata, vidi che la sua pelle si era inscurita. Forse a causa delle detonazioni atomiche che avevano seguito lo sprofondamento di Flat White. Se ne stava li, a fissarci con i suoi enormi occhi aspettando che il fratello concludesse l’incontro, bevendo litri di acqua da una manichetta antincendio offertagli dalla casa come segno di accoglienza.

-È nato grande. Non cattivo.-

-E allora perché ha cercato di uccidermi in più di un’occasione?-

-Mi dispiace. Insegnarli la differenza tra umani buoni e cattivi è stato difficile.-

-E ha imparato?-

-Potete stare tranquilli. Gli ho fatto promettere di non uccidere nessuno di voi. Anche il resto del bronco ha giurato. E prima che possiate pensar male della nostra parola, sappiate che con le armi che avete qui fuori, l’eliminazione di tutti noi vi costerebbe ben poche perdite. Il vostro gigante di ferro lo potrebbe uccidere ancor prima che lui ruggisca.-

-Davvero?- Chiese uno degli operatori presenti.

-Beh, è quello che gli ho detto per non farlo ringhiare continuamente. Per lui ci vorrebbe molto fuoco, ma ciò nonostante, perirebbe comunque contro il vostro esercito. E i nostri famigliari non potrebbero far nulla contro le vostre mura. Quindi allearci con voi contro il nostro comune nemico è la migliore prospettiva. Per tutti noi.-

-E cosa avrebbe da offrici la tua gente, a parte la compagnia di un branco di lucertole mangia uomini?- Chiese Lopez con tono sprezzante e di sfida.

La morte di uno dei suoi compagni, per mano di un membro del branco, era una ferita ancora aperta per il caposquadra.

-Lopez, potresti evitare di offendere il nostro ospite o devo farti ingoiare i denti qui e subito?- Lo sfidò Baker.

Il capo squadra capì di aver osato troppo e consapevole delle sue parole si zittì subito. Certo non a tutti piaceva l’idea di un’alleanza tra i deathclaw e la nostra gente, ma più Naalnish parlava e più la cosa si faceva interessante. E Baker sembrava essere interessato.

-Le chiedo scusa per il mio sottoposto. È solo che come molti di noi ha paura di ciò che non conosce. Specialmente in questi tempi bui.-

-Ne sono consapevole. Anche la mia gente vi teme e per questo hanno preferito stare lontani dalle mura.-

-Quando ha parlato di allearci contro il nostro comune nemico, si riferiva all’Orda?-

-Si, colonnello Roland Baker. L’Orda vi sta cercando. Sta cercando i Fondatori.-

-Mi chiami pure Baker. Capisco che questo gruppo di predoni ci voglia uccidere, ma voi perché dovreste dargli battaglia? Forse non sanno neppure della vostra esistenza.-

-Durante il nostro viaggio, ci siamo avvicinati ad alcuni dei loro accampamenti e così facendo ho potuto leggere le loro menti. Il loro capobranco, il loro … leader. Woden è qualcosa di … orribile. Lo so che sentirlo da uno della mia specie potrà sembrarvi strano, ma credetemi. Se lui trionferà, non esisterà altro che buio nel mondo che verrà.-

-Che intendi dire?- Domandai preoccupata.

-Ho sentito i pensieri dei suoi uomini, mentre attaccavano la nostra vecchia dimora, prima e dopo del vostro arrivo. Ho sentito quelli di una predona in un accampamento, mentre si nutriva delle carni di un pargolo ucciso da ella stessa. Ho sentito quelli di un degenerato intento a creare un altare di ossa umane nel bel mezzo del deserto, poco prima che Karugh mettesse fine alle sue atrocità. E poi ho sentito loro.-

-Loro?- Chiesi come se la prima parte del racconto non mi avesse già terrorizzata abbastanza.

-Una notte mi presi il mio solito momento di solitudine per meditare, e senza volerlo riuscii ad udire i pensieri nel cuore del mostro. Molto lontano da qui. Dove la grande palla di fuoco sorge. In una necropoli radioattiva. Dove Woden ha fondato le basi del suo impero. Migliaia di menti raggruppate li e guidate da quell’essere. Quella notte provai per la prima volta la paura di scomparire per sempre, calpestato da quell’esercito di puro odio.-

-È per caso questa la necropoli radioattiva?- Chiese Hughes attivando la mappa olografica e mostrando l’ologramma di Oklahoma City.

-Si! Dove la grande palla … il Sole … sorge. In quella grande torre.- Rispose Naalnish indicando la Tower of Kings.

-La T.O.K.?! La torre casinò hotel con ristorante a cinque stelle?!- Chiesi stupita.

-La conosci Red?- Mi chiese il colonnello.

-È stata il primo cantiere in cui ho lavorato. Più di centotrenta piani di cui parcheggio sotterraneo, camere di lusso, casinò, ristoranti, negozi, palestra, attico, suite presidenziali, eliporto per i vip, tre piscine all’aperto, una interna riscaldata, giardino botanico, centro convegni, museo e un sistema di sicurezza non al pari del nostro, ma più che sufficiente per impedire una rapina al cavò, o bloccare una folla di manifestanti ancor prima di raggiungere la hall.-

-Altro?-

-Beh, gode dei massimi livelli in fatto di edilizia civile. Le fondamenta della struttura sono state costruite nella roccia, ha un collegamento diretto con la metropolitana e la monorotaia. È collocato nel centro della città e avevo sentito delle voci su di un reattore ad uso personale del casinò, ma ufficialmente nessuno l’ha mai visto.-

-Scusatemi se vi interrompo, ma la città non era stata colpita da due ordigni nucleari, di cui uno era una bomba sporca?- Fece notare uno dei capi squadra.

-Vero, ma con la copertura degli altri edifici, la maggior parte delle finestre non si sarà danneggiata.- Spiegò Spectrum. -E la percentuale maggiore di radiazioni si sarà accumulata per le strade, lasciando più vivibili i piani alti.-

-Credetemi, quel posto è infestato da umani irradiati e degenerati dell’Orda.-

-Sai di quante unità dispongano? Quante menti hai percepito?- Gli chiesi.

-Ho percepito centinaia di predoni e decine di migliaia di umani irradiati. Quelli che voi chiamate … ghoul.-

Fu un duro colpo sapere che il quartiere generale dell’Orda era occupato da così tanti predoni e che le strade della città fossero popolate da oceani di ghoul ferali. Tutti ebbero reazioni diverse a quella brutta notizia. Perfino Baker, che abbassando la testa per massaggiarsi le tempie dimostrò di esserne rimasto scosso.

-Se l’Orda dovesse scoprire la nostra esatta posizione, potrebbe anche schiacciarci.- Ipotizzò Wright.

-La nostra tecnologia e il nostro addestramento ci rende superiori a loro. Anche se ci assediassero, avremmo buone possibilità di vittoria.- Disse il caposquadra Grant.

-Si, ma negli ultimi mesi hanno usato i loro avamposti per saccheggiate mezzo Commonwealth. Avranno sicuramente messo le mani sui mezzi, gli equipaggiamenti e le provviste di almeno una decina di magazzini governativi.- Fece notare Hughes.

-All’ora colpiamoli per primi.- Disse un sergente maggiore. -Abbiamo un bombardiere e la bomba che i cinesi ci volevano sganciare addosso. Potremmo tagliare le testa al serpente prima che ci morda.-

-No!- Esclamò Naalnish. -Oltre alle menti dei predoni, ho avvertito quelle di un gruppo di soldati che si è opposto a loro e di un discreto numero di umani tenuti prigionieri dall’Orda. Credo che li usino come schiavi. E credo anche che l’umano che voi chiamate Jackson si sia diretto da quella parte. L’ho continuato a percepire fino a che non sono dovuto intervenire per salvare Rocket da mio fratello, e per tutto il tempo ha continuato a muoversi in quella direzione.-

-Forse il vero obbiettivo di Jackson era di raggiungere l’Orda a Oklahoma City e venderci in cambio di protezione.- Ipotizzò Wright.

-Un motivo in più per procedere immediatamente con un attacco ben mirato al quartier generale del nemico.- Insistette il soldato.

-Se è li che Jackson è andato, allora ci saranno anche Baatar e Zack.- Gli ricordò Isaac.

-È di un semplice paio di ghoul che stiamo parlando.- Controbatte il sergente maggiore.

-Che cosa hai detto?- Gli chiese Isaac camminando attorno alla mappa tattica. -Che cazzo hai DETTO?!-

Il pilota non era mai stato un attacca brighe, ma dopo la sua trasformazione il suo carattere era cambiato completamente. Per fortuna a fermarlo ci pensarono Bud, Tony ed Earl. L’indiano gli si piazzò davanti, mentre i due soldati lo tennero per le braccia cercando di calmarlo.

-Lasciatemi!-

-Calmati fratello. Stava solo scherzando.- Gli disse Bud mettendogli una mano sulla spalla.

-Ho solo detto quello che tutti stanno pensando.- Continuò il sergente.

Udendo quell’ennesimo insulto, l’enorme indiano si voltò di scatto e con il guanto d’acciaio dell’armatura atomica lo afferrò saldamente prendendolo per la placca frontale della corazza da combattimento.

-Vuoi sapere cosa sto pensando io adesso viso pallido?- Gli chiese Bud sollevandolo da terra di qualche centimetro.

-FINITELA SUBITO!- Sbraitai battendo il pugno sul vetro della mappa prima che a farlo fosse Baker. -Bud, metti il sergente a terra immediatamente.-

L’indiano ubbidì subito e grugnendo lasciò la presa. I soldato si ricompose appena toccò terra, ma il timore di essere pestato da Bud era ancora stampato sulla sua faccia.

-Hey, sergente. Perché non vai controllare il Gate3? Ho sentito dire che gli scarafaggi radioattivi ci fanno visita di tanto in tanto.-

Offeso e umiliato, il soldato abbandonò l’incontro e si apprestò a raggiungere l’uscita d'emergenza dell’hangar.

-Stronzo.- Concluse Isaac quando la porta si richiuse.

-Voglio essere molto chiaro su questo.- Disse il colonnello alzandosi dalla sedia e appoggiando le mani sul tavolo. -Se ci saranno insulti razzisti o altre idee riguardanti il bombardamento di gente innocente, esigo che me ne informiate subito.-

Baker era passato in modalità autoritaria. Il suo tono cominciava a farmi anche paura.

-Ma se darete inizio ad un qualsiasi litigio, o vi diletterete in risse da bar per faccende simili, nella situazione in cui ci troviamo, sarete arrestati e processati come da regolamento. Guerra o non guerra. Chiaro?-

-Signor si signore.- Rispondemmo tutti in coro e sull’attenti.

-Le chiedo scusa per questo spettacolo. Le situazioni tese possono causare un po di scompiglio tra le truppe.- Disse il colonnello rivolgendosi a Naalnish.

-Non si preoccupi. Conosco bene il peso del comando. Senza i miei rimproveri metà dei miei famigliari sarebbe ancora nei pressi della voragine a litigare per la supremazia del branco.-

-Sbaglio o prima ha parlato di un gruppo di soldati avversi all’Orda?-

-Si. C’è stato fin dal principio qualcuno che li ha combattuti. Un gruppo di umani abili nel combattimento si è radunato da qualche parte oltre il fiume a sud e gli ha combattuti con tenacia. Non sono riuscito a scoprire chi siano o quanti siano, ma una cosa è certa. Hanno ferito la bestia in più occasioni.-

-E così c’è chi ancora combatte in città. Chi sa come sarebbero andate le cose senza un pizzico di aiuto?- Mi chiesi.

-Tenente. Passami il piano di infiltrazione.- Ordinò il colonnello.

Wright prese una cartellina da una ventiquattrore ai sui piedi e la porse a Baker.

-Signor Hughes. Attivi la nona simulazione.-

L’ex tecnico di White Flat usò la tastiera della mappa per avviare gli ologrammi e subito comparvero tre vertibird e il nostro bombardiere all'altezza del viso. Sullo schermo invece si potevano vedere le foto satellitari della nostra vecchia Boise City. Come dicevo sempre, se mai fossimo riusciti a ricollegarci con un satellite avremmo potuto avere uno scenario più aggiornato.

-Le squadre Iris, Lynx, Aries, Rattlesnakes, Vault, Coyote, Spear e altre cinquanta unità di supporto verranno aviotrasportati a Oklahoma City.-

Le immagini satellitari sullo schermo della mappa cambiarono, mostrandoci gli schemi stradali di Oklahoma City. Gli ologrammi dei velivoli si rimpicciolirono e ognuno di essi si spostò in un punto specifico della mappa.

-Lynx e Iris atterreranno con il V4 sul tetto della Orange Sun Production nel distretto di Paseo, dalla quale potrete osservare gran parte della città e garantire le comunicazioni. La Aries e Rattlesnakes raggiungeranno la sede del BADTFL oltre il fiume con il V6, e setacceranno la zona alla ricerca di questa resistenza.-

-Mi scusi signore, ma perché proprio li? I nostri amici potrebbero essere da qualsiasi parte.- Gli ricordò la Ross.

-Perché la stazione di polizia di Capitol Hill e il Quartier Generale Regionale della Vault-Tec li vicino, potrebbero essere la loro base operativa.-

Ripensando alla mia ultima visita a Oklahoma City mi tornò in mente che la sede locale della Vault-Tec era stata ben costruita. Quando entrai per l’esame di assunzione, vidi subito che la struttura era stata fatta per resistere. Con le armi della stazione di polizia li vicina, la BADTFL poteva essere un buon posto dove barricarsi.

-Dov’ero arrivato? Ah si. Il bombardiere atterrerà invece nella periferia della città. Più precisamente in una zona abitata di Harrah, precedentemente demolita e spianata per un ampliamento urbano. Ecco perché Spire e Coyote atterreranno prima con il V3 e libereranno lo spazio in caso di mezzi o attrezzature da cantiere. Sbarcate le unità di supporto, verrà allestita una base operativa temporanea per garantire il coordinamento delle operazioni e a quel punto Spire e Coyote procederanno al pattugliamento della periferia con dei mezzi blindati. Al primo contatto non gestibile dovranno informare il campo base e procedere con l'evacuazione. Chiaro?-

-Si signore!- Risposero i due capisquadra.

-Alla squadra Vault sarà invece affidato il compito più pericoloso. Per l’appunto un compito facoltativo.-

-Facoltativo? Perché?- Chiesi confusa.

-Perché la vostra missione potrebbe essere talmente pericolosa dall’essere considerata un suicidio.-

Non posso dire che me la feci sotto, ma venni comunque colpita da una certa tensione. Come se quello che era accaduto nelle ultime ore non mi fosse bastato.

-Per la vostra missione, dovrete fingervi predoni e sciacalli in cerca di aspettative migliori e avere un contatto più diretto possibile con l’Orda. Se il nemico dovesse scoprire la vostra identità o aprire il fuoco per qualsiasi ragione, procederete anche voi con l'evacuazione. Al contrario, nel caso l’Orda vi accolga tra le sue fila, cercherete di ottenere quante più informazioni possibili sulle loro truppe, i prigionieri e la resistenza. Dopo di che si procederà al vostro recupero tramite un diversivo e l’impiego dei vertibird.-

-Quindi … la nostra missione sarebbe un pieno successo, solo se arrivassimo alla T.O.K.? Nel cuore dell’Orda?-

-Si. Solo in quel caso.-

Ci fu il solito momento di silenzio interminabile. Tutti si aspettavano la mia risposta e naturalmente quella dei miei compagni.

-Essendo una missione ad alto rischio, sarebbe sufficiente perlustrare i dintorni della T.O.K. ed esaminare le truppe nemiche da lontano.- Intervenne Wright. -Ma il contatto diretto ci garantirebbe di avere una visione più chiara dell’Orda.-

-E con i ghoul ferali, come la mettiamo? Quei mostri staranno pattugliando le strade notte e giorno da mesi.- Intervenne Earl.

-Il vostro punto di atterraggio sarà il tetto della stazione di Midtown. Lasciato il V1, seguirete i binari della monorotaia fino al quartiere di Bricktown e giunti nei pressi della T.O.K., proverete ad avere un contatto pacifico. Fin che starete in alto starete al sicuro.-

Non avevamo mai mancato di rispondere alla chiamata, però quello che ci fu chiesto era un suicidio bello e buono.

-Si, ma cosa dovremmo fare per entrare nell’Orda?- Chiese Bud. -Andare li e fargli ciao prima che loro ci usino come bersagli? E poi hanno messo delle taglie sulle nostre teste. Ci potrebbero scoprire subito.-

-Uno dei miei reparti ha sviluppato un mutagene, ad effetto temporaneo, in grado di modificare i tratti del viso e la tonalità dei capelli.- Gli rispose Spectrum.

Hughes tornò a premere i tasti della mappa e al posto dei velivoli venne materializzato l’ologramma di una carica nucleare.

-Vi daremo anche dei vestiti per sembrare dei veri predoni e data la natura dell’Orda, abbiamo ipotizzato che l’offerta di una bomba da trenta kilotoni potrebbe rivelarsi il sistema migliore per garantirvi l’acceso ai loro ranghi.-

-Quell’affare è finto. Vero tenente?- Chiesi indicando l’ologramma.

-Per niente. Abbiamo camuffato una delle nostre testate come quella di un missile intercontinentale. Se vi chiederanno dove l’avete presa, vi basterà parlare della base di lancio ad Amarillo e di quanto vi sarebbe piaciuto offrirla a loro.-

-Ma perché una vera? Potremmo rifilargli lo stesso bidone che Jackson ci aveva lasciato nell’ascensore.-

Il colonnello e Wright si scambiarono una breve occhiata, come a chiedersi qualcosa.

-La bomba non è solo il vostro biglietto. É anche il piano di riserva all’ipotesi peggiore.-

-Se la minaccia di una guerra fosse confermata, la liberazione dei prigionieri impossibile e voi tutti doveste essere uccisi, non ci resterebbe altra scelta che attivare la bomba e colpire il cuore del nemico.- Spiegò il colonnello.

Nessuno disse più niente, compreso Naalnish. Dopo il giorno delle Grande Guerra, tutti avevano provato il potere distruttivo dell’atomo. D'altronde era stato grazie alle bombe che il genere umano aveva quasi rischiato l’estinzione. E come se ciò non ci fosse stato di lezione, l’annientamento nucleare era rimasto fattibile.

-La decisione spetta comunque a te Red. Ma se non riusciremo ad ottenere le informazioni che ci servono, rischieremo di mancare l’occasione migliore per vincere una guerra sul nascere, o di sterminare arbitrariamente degli innocenti.-

Il colonnello era calmo e sicuro come sempre, ma la sua angoscia era percepibile. Dalla mia risposta e da quelle dei miei compagni si sarebbe deciso tutto.

-Vi porterò anche alle porte dell’inferno e oltre se necessario!- Affermò Isaac.

-E noi ti aiuteremo a devastarlo sorella.- Disse Amelia parlando a nome suo e degli altri.

Earl si mise perfino sull’attenti.

-Scordatevelo di andare senza MechaNick e Nuka Girl.- Intervenne il meccanico.

-È tempo di giustizia.- Continuò la biondina d’acciaio.

Nick, Trinty e Atom erano arrivati solo in quel momento e senza esitare si erano già offerti volontari per compiere l’impossibile. Almeno il meccanico e l’infermiera. Il cane sembrava più interessato ad annusare la coda di Naalnish.

I miei compagni erano pronti e decisi a tutto pur di compiere il loro dovere per l'ennesima volta e salvare Baatar e Zack. Mancava solo la sotto scritta.

-Andiamo a fare jackpot.-

 

 

Due ore dopo la riunione ci stavamo preparando tutti per la partenza. Mentre i tre vertibird si stavano posizionando sulla pista e il bombardiere aspettava il suo turno, io e i capisquadra delle unità selezionate ci eravamo riuniti per un ultimo briefing.

-Abbiamo inserito nei vostri cinturoni dei dispositivi di comunicazione criptata ultra silenziosi. Ascolteremo tutto quello che voi sentirete e direte, senza che l’Orda vi intercetti.-

Hughes fornì ai capisquadra le rispettive cartelle con gli ordini e tutte le informazioni sulla missione Grande Jackpot, mentre io, essendo l’unica con un Pip-Boy, le ricevetti in versione digitalizzata.

Provavo un pizzico di invidia sapendo che Hughes ci avrebbe seguito in diretta dalla base e in tutta sicurezza.

-Sei sicuro che non me lo troveranno in caso di perquisizione?- Gli chiesi scettica.

-Tranquilla. Il tuo è opera di Spectrum in persona. Per un rivelatore di onde radio, sarà come per una persona ascoltare la voce di una formica.-

-Bene signori. Siamo pronti.- Disse Wright arrivandomi alle spalle. -Bel completo Red.-

Per rendere più credibile la mia copertura fui costretta a travestirmi da sciacallo della Zona Contaminata. Un capello nero sgualcito, uno spolverino marrone che aveva visto giorni migliori, una bandana al collo, degli occhiali da sentinella e qualche macchia di grasso e fango sulla mia tuta Vault-Tec, che per giunta fui costretta a marchiare con il simbolo del vault 19.

Se me la fossi tolta, non avrei potuto spiegare la presenza del Pip-Boy al braccio. E senza di lui, sarebbe stato come andare in giro nuda.

-Grazie tenente. È sempre un piacere andare in guerra con gli abiti di mio nonno. Piuttosto hai la mia roba?-

-Ecco.-

Il tenente mi allungo il contenitore con le siringhe di mutageni e dopo averle controllate, constatai che il contenuto fosse intatto e sterile.

-È tutto. Potete andare.- Concluse Hughes.

Mentre il tecnico si allontanava da noi, io e gli altri restammo ad osservare il bombardiere durante la sua uscita dall’hangar. Pur essendo potenziato rispetto ai suoi simili, il piccolo muletto che lo stava trainando, sembrava privo di forza.

-Secondo voi ce la faremo a partire?- Chiese Lopez ironizzando sulla cosa.

-La vera domanda è se ce la faremo a tornare.- Gli rispose con tono cupo Cruz, il caposquadra della Spear.

-Io sono più preoccupata per cosa accadrà se falliremo.- Continuai io.

Nessuno rispose. Tutti noi sapevamo che anche sopravvivendo, se la missione fosse fallita, la guerra sarebbe stata inevitabile. Bel modo per iniziare una missione.

Nel frattempo, il muletto aveva iniziato a perdere potenza, fino a fermarsi completamente. Il guidatore diede un paio di colpi sul quadro di comando e dopo un paio di tentativi impugno la sua radio portatile.

-Abbiamo un problema signore. Non fa più il contatto.- Udimmo dalla radio di Wright.

Il tenete sbuffò rassegnato e portandosi la radio alla testa ideò una soluzione.

-Chiama altri due muletti e fatti …-

-Forse possiamo dare una mano.-

Non era la prima volta che Naalnish comunicava telepaticamente con noi, ma comunque non ci eravamo ancora del tutto abituati a quelle sue improvvise chiamate.

Voltandomi a destra vidi il deathclaw arrivare a passo lento, in compagnia di Bradi Hunt, un paio di altri membri della tribù e il resto della mia squadra. Anche loro indossavano degli indumenti da predoni per la missione. Eccezione fatta per Nick che come sempre indossava la sua tuta da meccanico e Bud, che per dare l’idea del soldato sopravvissuto all’olocausto nucleare si era fatto montare le braccia e il casco di una vecchia armatura T45, rinunciando ad una buona dose di potenza tecnologica.

-Come?- Chiese il tenente.

-State a vedere.-

Il deathclaw si voltò a guardare lo spazio vuoto alle nostre spalle, dove l’enorme Karugh attendeva da molto tempo gli ordini del fratello. L’unico che gli stava vicino era Atom. Tra i due sembrava esserci una strana coesione.

Il colosso si alzò sulle sue zampe posteriori e si incamminò verso di noi. Per un attimo temetti che Karugh volesse passarci sopra, ma invece il deathclaw ci passò a pochi metri facendo tremare il terreno e continuò a muoversi verso il bombardiere rimasto bloccato appena fuori dall’hangar.

Inutile dire che la cosa attirò l’attenzione di tutti i presenti e del mezzo plotone rimasto a sorvegliare l’animale.

-A tutte le unità, non sparate al gigante. Ripeto, non sparate.- Intervenne il tenente alla radio per prevenire un incidente “diplomatico”.

L’animale continuò a muoversi indisturbato fino al velivolo, facendo scappare quasi tutti gli operatori e i tecnici nei pressi, per poi andare dietro al bombardiere.

Tutto fu più chiaro quando il velivolo iniziò a muoversi lentamente dentro alla pista. Okay che era bello grande, ma neppure io mi sarei aspettata una simile potenza da quel prodotto dell’ingegneria genetica. Karugh stava spingendo il velivolo concentrando tutte le sue forze sulla rampa di carico posteriore.

-Direi che la nostra alleanza sta iniziando a dare i suoi frutti.- Commentai.

Fu uno spettacolo vedere quel bestione mentre spingeva centinaia di tonnellate di lega d’alluminio su ruote. La parte più assurda fu vedere le ruote girarsi in direzione del fine pista. Chi sa se il pilota aveva capito cosa lo stesse spingendo?

Arrivato vicino ai vertibird, il deathclaw smise di spingere e tornando al parcheggio per i mezzi non poté fare a meno di passarci vicini. Quando i nostri sguardi si incrociarono fu talmente simpatico da ringhiarmi contro.

-Di un po, ma non gli avevi detto di essere più cordiale?- Chiesi a Naalnish.

-Si, scusami. Ma ce l’ha ancora con te per averlo spinto a seguirti fino al precipizio durante la vostra fuga.-

La “rivalità” tra me e Karugh era una pura e semplice questione di punti di vista. Per lui, io ero quella che lo aveva attirato verso una morte quasi certa. Mentre per me, lui era quello che aveva provato a sbranarmi viva.

-Lo so. Ma lui è fatto così.- Continuò Naalnish percependo il mio disappunto.

-Procedere all’imbarco.- Ordinò Wright alla radio.

Fatta scendere la rampa posteriore del bombardiere, le truppe iniziarono a salire. Oltre ai cinquanta soldati selezionati rigorosamente per la missione, si aggiunsero anche quattro sentinelle robotiche, una decina di Mr Gutsy, due assaultron, tre APC, un carro armato, due camion e il solito gruppo di medici e ricercatori per i feriti e la raccolta dei dati.

-Dai, andiamo anche noi.- Dissi ai miei compagni.

-Aspetta, Red.- Mi bloccò Nick. -Indovina cosa ha detto Naalnish di me.-

-Che hai un problema con la Nuka-Cola?-

-No! Lui e gli altri deathclaw del suo branco mi considerano un grande guerriero.-

-Cosa?- Chiesi pensando di aver capito male.

-Egli è MechaNick! Colui che vola con ali d’acciaio, salva gli indifesi e colpisce i tiranni con i suoi pugni di ferro.- Mi spiegò Naalnish.

-Ripeto. Cosa?!-

-Ti ricordi quando sul V1 ho colpito Foster e mi sono lanciato fuoroi per salvare Trinity. Beh, questo cantastorie con le scaglie e le corna da diavolo ha visto tutto grazie ai suoi poteri! E poi l’ha raccontato ha tutti i suoi parenti.-

Nick era entusiasta ed euforico come quando il sabato sera si sparava tre Nuka-Cole Quartz in meno di un minuto, però io la storia me la ricordavo un po diversa.

-Hey, aspetta. Sono io che ho massacrato Foster a suon di pugni.- Obbiettai.

-Non temere Rocket. Anche su di te verranno raccontati inni e leggende. Ne sono certo.- Mi consolò Naalnish.

-Peccato che tu non venga con noi. Ci faresti sicuramente comodo.- Disse Tony indicando gli enormi artigli del deathclaw.

-Ci rivedremo ancora e insieme cancelleremo il male da questa terra. Per adesso resterò qui con la mia gente, in attesa del vostro ritorno e in compagni di questo grande capo.-

-Fa sempre piacere avere un scambio di opinioni con persone dai diversi punti di vista.- Scherzò Bradi Hunt.

-Signorine, io starei aspettando.- Ci chiamò Isaac dal vertibird.

-Muoviamoci Vault. Prima partiamo e meglio è.-

La nostra squadra attraversò la pista fino a raggiungere il V1. Giunti al velivolo, iniziammo a salire uno alla volta nella cabina.

Mi stupii trovare Spectrum a bordo, ma capii subito il motivo della sua presenza.

-Non vorrai mica venire con noi Doc?-

-Certo che si invece. Faccio parte della squadra Vault a tutti gli effetti.-

-Spiacente, ma sta volta resterai qui.- Gli ordinai.

-Spiacente, mammina. Papino mi ha già firmato l’autorizzazione per questa gita.- Disse Spectrum con tono da scolaretto.

L’eyebot fece anche partire una registrazione.

-Io, colonnello Roland Baker, autorizzo il Dr Spectrum a partecipare alla missione Grande Jackpot.-

-Scommetto che è un falso.-

-Non è un falso.- Disse il colonnello.

Voltandomi e guardando in basso vidi Baker in persona.

-Mi scusi signore, ma ha capito dove stiamo per andare?-

-È proprio per questo che Doc verrà con voi. Conosce l’intera mappa urbana della città e le sue conoscenze vi saranno tanto utili quanto il fiuto del vostro Atom.-

Anche se folle come idea, dovetti ammettere che il supporto di Spectrum avrebbe potuto fare la differenza durante la missione. Peccato che la sua morte sarebbe stata un duro colpo al nostro reparto scientifico.

-Va bene, signore. Ma non posso garantire il suo ritorno.-

-Lo comprendo sorvegliante. Lui viene per sua scelta, come tutti voi.- Disse il colonnello con tono cupo.

Dopo l’evasione di Jackson, il colonnello era cambiato. Come se qualcosa lo avesse colpito nel profondo.

-Va tutto bene, signore?- Gli chiesi preoccupata.

-Ehm, si certo. È solo che mi dispiace mandarvi allo sbaraglio senza potervi accompagnare e rischiare insieme a voi.-

-Non c’è alcun problema signore. Lei deve badare al forte, mentre noi abbiamo la nostra missione.- Dissi comprendendo il peso del comando.

Eppure mi sembrava strano che Baker fosse di brutto umore per una cosa simile.

-Sappiate che quello che state facendo è molto nobile. In pochi si sarebbero offerti per un tale rischio.-

-Facciamo solo il nostro dovere signore. Come sempre.-

-Bene. Vi lascio andare.- Disse il colonnello facendomi il saluto. -E se la situazione dovesse farsi ingestibile non esitate. Ritiratevi immediatamente. Buona fortuna.-

Salutato il colonnello mi voltai a in direzione dei miei compagni. Sembravano tutti pronti e decisi, quindi evitai il discorso motivazionale.

-Chi sa cos’aveva il colonnello?- Chiesi senza aspettarmi una risposta.

-Come? Non lo sai?- Mi domandò Spectrum.

-No.-

-Mentre Otis Doyle era nell'amministrazione a piazzare i disturbatori, è passato nel suo ufficio e ha lacerato la vecchia bandiere di Anchorage.-

-Stai scherzando?!- Chiesi sconcertata.

-L’ha confessato durante l’interrogatorio fattogli da Green. Quel figlio di una pantegana ha detto di aver solo eseguito gli ordini di Foster.-

Quel verme di Foster. Anche da morto continuava ad arrecarci problemi.

-Avrei dovuto ucciderlo già a White Flat.-

-Rilassati ragazza. Appena saremmo tornati, gliela farò rammendare da uno dei miei gruppi di ricerca con la loro stampante di microfibre. Sarà come nuova in un attimo.-

Il caro Dr Spectrum. Lui si che sapeva fare l'impossibile. Se non fosse stato per quello scienziato robotico, avrei iniziato quella pericolosa missione con il rammarico di essere stata complice nello sfregio della bandiera del vecchio Baker.

-D’accordo Vault, ci siamo tutti? Bud, Tony, Amelia, Earl, Nick … Nick?-

-È qui sotto con Trinty.- Mi informò Bud indicando la botola per la stiva.

-A fare che?- Chiesi.

-A fare quello che fanno da settimane.- Ironizzò Amelia.

I miei compagni non riuscirono a trattenersi dal ridere. Appena afferrai la battuta ebbi quasi un conato di vomito. Praticamente era come pensare a mio fratello minore che faceva le sozzerie con l’amichetta del cuore.

-Il nostro piccolo Pancho Villa è diventato un uomo.- Continuò Tony.

-No, non sono arrivati fino a quel punto.- Lo corresse Amelia. -Trinity mi ha detto che si vogliono preservare per il matrimonio.-

-Va bene, i futuri coniugi Rodriguez sono a bordo.- Tagliali corto. -Isaac c’è e Doc pure. Atom è giù di sotto?-

-Non l’ho visto.- Mi disse Amelia.

-Dov’era l’ultima volta che l’avete visto?- Chiese Earl.

D’improvviso mi tornò in mente l’ultimo posto in cui avevo visto il segugio. Mi sporsi dal portello e come ebbi immaginato, vidi Atom ancora al parcheggio per i mezzi a fare compagnia a Karugh.

-Hey, bello! Qui Atom!- Dissi fischiando poi con le dita.

Udendo il mio richiamo, il cane abbandonò il deathclaw e iniziò a correre verso di noi. Karugh lo badò appena, come se per tutto il tempo la compagnia del cane fosse stata una piccola distrazione.

Arrivato nei pressi del vertibird, il segugio spiccò un salto verso il portello superiore e aggrappandosi all’ultimo piolo della scaletta con le zampe anteriori, riuscì a salire senza bisogno di aiuto.

-Ottimo. Direi che adesso ci siamo tutti.-

-Dimentichi il mio socio rossa.- Mi corresse Isaac.

-Non temere. Lo stiamo andando a riprendere. Lui e Zack.- Dissi andando a sedermi sul sedile del copilota.

Non ci volle molto per ricevere il via libera al decollo. Uno degli operatori alla torre ci contattò per radio e dopo averci confermato l’inizio della missione, partimmo a piena potenza.

I tre vertibird effettuarono uno alla volta un decollo in verticale, liberando la pista e permettendo al bombardiere di decollare.

Raggiunta la quota di volo, tutti e quattro i velivoli virarono in direzione di Dakota City, ove l’Orda aveva fondato la capitale del suo regno. Certo, per dei semplici vertibird stare al passo di un bombardiere sarebbe stato quasi impossibile, ma con i potenziamenti dei nostri scienziati e la destrezza dei nostri piloti, anche un caccia avrebbe faticato a seminarci.

Come al solito, diedi un’occhiata ai dati della missione sul Pip-Boy. Il lettore di olonastri mi mostrò tutte le informazioni che mi sarebbero state utili durante la nostra “scampagnata”, permettendomi di fare un riepilogo di tutti i promemoria possibili.

-Percorso indicato, zone a rischio crollo, membri della squadra, posizioni altre squadre, protocollo evacuazione, possibili tipologie di nemici … che barba. Era meglio se mi portavo anche Zeta Invaders.- Pensai dopo aver letto le informazioni.

-Scusa Red. Posso usare il tuo Pip-Boy per leggere un olonastro? L’ho trovato nello zaino e non so cosa contenga.- Mi chiese Nick.

-Sto studiando. Chiedi ad Issac.-

-Isaac, posso?-

-Okay, ma non toccare gli interruttori. Infilalo nel primo lettore.-

Mentre il meccanico si sporgeva tra i due sedili per inserire l’olonastro nel lettore della console di comando, vidi con la coda dell’occhio un paio di macchie rosse sul collo del mio amico. Nick non era di certo un militare di prima classe, ma per lo meno una sistematina se la poteva dare dopo essersi sbaciucchiato con Trinity.

Per evitargli di fare una brutta figura gli feci segno di passarsi una mano sul collo e di risistemarsi i capelli arruffati.

-Tesoro, sono la mamma.- La voce dell’olonastro era quella di Maria Rodriguez.

-Ti fai ancora fare lo zainetto dalla mamma?- Gli chiesi scherzosamente.

-No! Mi ha messo solo un paio di cose dentro.-

-Ho preso un ricambio di vestiti per Zack e l’ho infilato nella tasca inferiore destra, insieme ad una confezione di Fancy Lads Snack Cakes che a lui piacciono tanto.-

La cara vecchia Maria. Lei si preoccupava di tutti, in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione.

-E nell'eventualità di una fuga rapida e turbolenta, ho pensato di mettere dei sacchetti per il vomito nella tasca superiore per Red. Non vorrei che si ripeta lo stesso incidentino di quella volta a Kiddie Kingdom.-

-Cacchio!-

-Cosa?!- Chiese Bud stupito.

-Hai vomitato in un parco per bambini?!- Continuò Isaac.

-Ero piccola e quei cavoli di tubi giravano all’impazzata!-

-Si, ma stiamo parlando di un'attrazione per ragazzini.- Ribadì Tony.

Nel duemilasessantuno, Nick aveva già iniziato a bere abbastanza Nuka-Cole da riuscire a vincere tre ingressi omaggio a Nuka-World, e nell’estate di quell'anno, Maria portò entrambi nel Commonwealth del New England per poter ammirare il santuario della Nuka-Cola. Kiddie Kingdom era una delle cinque aree dell’immenso e popolare parco dei divertimenti a tema costruito da John-Caleb Bradberton. Nel sessantuno erano state costruite soltanto Nuka-Town USA, Kiddie Kingdom e Dry Rock Gulch, ma il numero di visitatori restava pur sempre molto alto, e tra questi c’eravamo anche noi.

Fu bellissimo salire sulla ruota panoramica e assistere allo spettacolo del Cortile di King Cola. Riuscii anche a farmi una foto con le principesse Cherry e Grape. Al contrario, entrare nella casa stregata appena dopo pranzo fu un grave errore. In una delle stanze dell'attrazione era presente un tunnel che girando causava vertigini e disorientamento a chiunque ci passasse dentro. E come accade a molti turisti di varie età, la piccola me di tanti anni fa ebbe un rigurgito davanti a tutti i presenti. Mi vergognai un sacco davanti agli altri bambini, ma per lo meno ricevetti un peluche omaggio e le scuse della direzione per il piccolo incidente. E io che avevo quasi cancellato quel brutto ricordo dalla mia mente. Da quel giorno tutti i miei compagni me lo avrebbero rinfacciato per il resto della mia vita, insieme alla notte di capodanno del duemilasettantotto.

-Quel giorno sono quasi morto dal ridere.- Scherzò Nick indicandomi come un moccioso di cinque anni.

-Dacci un taglio Nick! O dovrei dire cosa è successo a te quello stesso giorno?- Lo minacciai.

-Non so di cosa stai parlando cocca bella. Io sono più pulito delle lenzuola di un prete.-

-Ah, ti ho messo anche un ricambio per te, nel caso ti dovesse scappare qualche goccia come quando siete saliti sulle macchinine del Nuka-Racers. Mi raccomando, state attenti. Ciao.-

Terminato il messaggio, scoppiammo tutti una grassa risata. Tutti tranne Nick, rimasto avvilito nel ricordarsi di quel momento di pura umiliazione.

Il Nuka-Racers era un percorso per macchine su rotaia che costeggiava Kiddie Kingdom, dove bambini di varie età potevano correre su dei vagoncini a forma di macchina comandati da una sala di controllo.

Sfortunatamente, il piccolo Nick di quel giorno tanto lontano, scoprì troppo tardi di avere una fifa matta per le alte velocità, e a metà del percorso ebbe un “cedimento”.

Anche lui ricevette il peluche omaggio e le scuse della direzione, ma anche in quel caso il danno era fatto. Negli anni che seguirono fu capace di dimenticarsene, ma il messaggio della madre gli riportò alla mente tutto.

-Oh, cavolo no!-

-Isaac, sta attento a non curvare troppo in fretta.- Scherzò Earl.

-STATE ZITTI!- Urlò Nick in piena crisi isterica. -Quelle macchinine filavano come frecce!-

-Stai tranquillo Nick. Nessuno di noi ti prenderà più in giro.- Lo consolò Isaac.

-Grazie Isaac. Tu si che sei una brava persona.-

-Anche perché non vorrei ripulire i miei sedili dalle tue goccioline.-

La battuta del ghoul ci spinse tutti a ridere nuovamente come dei forsennati. Nick però non la apprezzò.

-Sarà anche una missione suicida, ma per adesso mi sto solo divertendo.- Scherzai.

-SMETTETELA! Siete cattivi. E poi vi ricordo che con la mia vecchia Corvega correvo come un fulmine. Sono cresciuto adesso!-

Il meccanico era ormai sul punto di piangere, ma a salvarlo ci pensò l’infermiera tornata dal loro piccolo nido d’amore.

-Dai amore, sta tranquillo. É successo a tutti di fare un po di plin plin quando eravamo bambini.-

-Si, ma non davanti ad un centinaio di persone.- Avrei voluto aggiungere.

-Sul serio?-

-Ma certo. E sono sicura che nessuno dei presenti andrà a raccontarlo in giro.-

-Quello che succede nel V1, resta nel V1.- Confermai.

Anche perché nell’olonastro si parlava pure di me.

-Ehm … forse no.- Disse Isaac.

-Cioè?- Chiesi al pilota ghoul.

-Nick, quando ti ho detto di infilare l’olonastro nel primo lettore, tu l’hai inserito nel primo verso di te o in quello con il numero uno a lato?-

-In quello più vicino a me, perché?-

Incuriosita dall’osservazione di Isaac, guardai il pannello dei lettori di olonastri sulla console di comando. Il pannello era stato collocato obliquamente, cioè nello stesso modo di tutti gli altri pulsanti e interruttori sulla console.

Se avevo capito bene, Nick doveva aver messo l’olonastro nel lettore più vicino a noi, ovvero quello con il numero tre a lato.

-Perché quello è il lettore per le trasmissioni via radio.-

Ci fu un momento di silenzio tombale, a tratti interrotto dalle turbolenze. Ci misi un po a realizzare che inserendolo nel lettore sbagliato, Nick aveva fatto ascoltare l’olonastro a tutti i membri della formazione e a chiunque fosse sintonizzato sulla nostra frequenza in quel momento.

Fu impossibile per i nostri compagni trattenersi dal ridere. Lo stesso per Nick quando scoppiò a piangere.

-VOGLIO MORIRE!!!-

-E meno male che questa è una missione suicida.- Pensai.

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Capitolo 18
*** Dritti all'Inferno ***


Dritti all’Inferno

Ritorno non garantito

 

 

27/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Logan/In avvicinamento a Oklahoma City

Ore 20:46

 

35°51'05.3"N 97°27'54.1"O

 

Per risparmiare l’energia dei reattori e non schiantarci al suolo, la formazione ci mise quasi tre ore a raggiungere la periferia della città. Ovviamente l’intento dei nostri piloti era anche quello di non farci rilevare dai possibili insediamenti che il nemico aveva creato nella Zona Contaminata. Ecco perché al posto di andar dritti verso la città e volare ad una quota di crociera standard, la formazione effettuò un volo a bassa quota, modificando lievemente la direzione ogni dieci miglia e procedendo a velocità moderata. La deviazione verso Tonkawa ci aveva fatto perdere parecchio tempo, ma per lo meno, in caso di avvistamento, l’Orda avrebbe pensato che la nostra base fosse a nord, invece che ad ovest. L’unico ostacolo che incontrammo, fu la tempesta radioattiva di media intensità, che quella notte decise di sferzare la Zona Contaminata con potenti raffiche di vento, a loro volta cariche di sabbia, detriti e cenere radioattiva. Tutto ciò causò un viaggio piuttosto turbolento, ma in compenso la tempesta coprì il rombo dei nostri motori e ci rese impossibili da vedere.

-Si comincia.- Annunciò Isaac.

Il pilota era stato zitto per tutto il viaggio, escludendo un paio di imprecazioni dovute alle forti raffiche di vento. Ma appena una tra le tante luci verdi sulla console si accese, egli capì che era giunto il momento di sciogliere la formazione.

Il bombardiere fu il primo a virare verso sudest, seguito poi dal V4 e in fine dal V6. Il V1 non modificò in alcun modo la sua rotta, dato che la stazione di Midtown era esattamente a sud rispetto alla nostra formazione.

-Interessante.- Continuò il pilota.

-Cosa?- Gli chiesi guardando il monitor del radar.

-L’intensità della tempesta sta calando.-

-Guardate!- Esclamò Amelia.

Tornando a guardare il paesaggio davanti a noi, iniziai ad intravedere delle flebili luci arancioni trapassare gli strati di pulviscolo trasportati dalla tempesta. E poco a poco, tutto cambiò.

Per un attimo, pensai che fossimo piombati in qualche dimensione infernale creata da un disegnatore di Hubris Comics, ma era tutto reale.

Oklahoma City era stata trasformata in una necropoli dantesca. La skyline non aveva subito molti danni a prima vista, anche se una mezza dozzina di grattaceli e palazzi più a nordovest doveva aver subito molteplici danni strutturali. Dal centro della città spuntavano delle flebili luci, ma identificarne l’origine da lontano era impossibile. Il mio istinto però mi suggeriva che l’origine di quelle luci era opera dell’uomo. Anche perché la T.O.K. si trovava in quella zona. In alcune parti della periferia devastata dall’onda d’urto, le fiamme degli incendi nucleari non avevano ancora smesso di bruciare. Specialmente nell’enorme cratere creato dalla bomba, la cui potenza aveva sparso le radiazioni di quella sporca per mezzo stato. Il luogo dell’impatto della bomba sporca, doveva trovarsi oltre il confine segnato dalla tempesta, ma in compenso, la sua devastazione si poteva vedere ovunque l’occhio potesse arrivare. L’intera città, dalle strade della periferia, fino alle vie del centro, era irradiata. Una tetra foschia rossa luminescente avvolgeva i palazzi della città, illuminandone i dintorni per chilometri. E il cielo … beh, quello era anche peggio. Di un rosso fuoco acceso. Come un tramonto continuo che si stagliava al centro del cielo come il sole di mezzogiorno.

-Ehm, Doc? Qualche spiegazione logica ad una cosa simile?- Chiesi continuando a fissare lo scenario apocalittico in cui ci stavamo andando ad infilare.

-Ti riferisci alla devastazione causata dalla follia umana, o al fatto che la tempesta non sta colpendo minimamente la città?-

Inizialmente non ci avevo fatto caso, ma quella dannata tempesta non avanzava. Continuava a sferzare la Zona Contaminata con le sue potenti raffiche di vento, lasciando invece la città e i dintorni intatti. Praticamente Oklahoma City era diventata l’occhio di un ciclone senza fine.

-Com’è possibile una cosa simile?- Chiesi allo scienziato.

Spectrum e i miei compagni si erano accalcati tra i due sedili per poter osservare con i loro occhi quell’orrore.

-Così a prima vista non posso darvi una risposta. Però una cosa è certa. Qualunque cosa impedisca alla tempesta di investire la città, dev’essere potente.-

-Tenetevi pronti. Ci stiamo avvicinando.- Affermò Isaac.

Mentre il resto della squadra si dedicò agli ultimi controlli e io controllavo che il Pip-Boy avesse criptato i dati più sensibili come da programma, il pilota ci portò ancora più in basso. Grazie ai sistemi per la visione notturna, non fummo costretti ad accendere i fari del velivolo, garantendoci una perfetta visuale dei dintorni senza dover rischiare di farci scoprire.

Nonostante l’elevata velocità del velivolo, riuscii comunque ad avvistare delle oscure sagome che si aggiravano tra i rottami delle auto e le macerie degli edifici crollati. Già a prima vista mi fu chiara la loro identità, sia dal modo di camminare, che dalla loro reazione alla vista del vertibird mentre questo gli passava a pochi metri sopra le teste.

-Ghoul. A centinaia.-

-E questo?- Mi chiese il pilota.

In un primo momento non mi fu chiaro cosa stessimo per sorvolare, ma una volta sorvolato intuii sia la sua natura, che il suo scopo. L’ungo la strada principale che conduceva alla stazione di Midtown, era stato eretto un muro di auto rottamate e travi d’acciaio tra due grossi edifici. Oltre, una marea di ghoul si era accalcata contro quel muro improvvisato.

-Okay. Naalnish aveva ragione anche sulle centinaia di migliaia di ghoul. Buono a sapersi.- Confermai con un pizzico di ironia.

-Un muro difensivo?- Ipotizzò Issac.

-Forse. No, aspetta! E quello?-

Sorvolati altri tre isolati e un centinaio di ghoul di ogni specie possibile, trovammo un altro muro. La composizione era la stessa, con l’aggiunta di un cartellone pubblicitario del gioco da tavolo Blast Radius al centro. Rimasi stupita non vedendo alcun ghoul oltre il secondo muro.

-Credi che ci sia una logica in questo?- Mi chiese Isaac. -Un secondo muro in caso di cedimento del primo?-

-È inutile fare certe ipotesi adesso. Più avanzeremo e più risposte otterremo.-

Man mano che il V1 si faceva strada tra gli edifici della città, potemmo constatare che oltre il secondo muro, la presenza di ghoul era quasi nulla. Certo, alcuni potevano essersi nascosti negli edifici o nei vicoli più bui, ma a prima vista sembrava che il perimetro difeso dal secondo muro fosse totalmente sgombro.

-Un minuto al bersaglio.-

-Vault, fatevi le iniezioni. Doc spegni le luci.- Ordinai.

A parate il pilota, Atom e Spectrum, tutti i membri della squadra si iniettarono i mutageni creati dagli scienziati. Il cambiamento lo avvertimmo tutti quando le sostanze iniziarono a tirare i nervi facciali e i tessuti della pelle in vari punti. Mugolai un pochino quando il mio naso si assottiglio.

-Cavolo dottore! Questa roba l’averesti dovuta vendere prima della guerra.- Si complimentò Nick.

-Quei mutageni valevano oro e l’effetto durerà per soli due giorni. Evitate di danneggiare i tessuti del viso o di grattarvi la faccia.-

-Hey, che dite? Sono cambiata?- Chiesi voltandomi a guardare gli altri.

Rimasi stupita nel vedere i cambiamenti degli altri. Tony e Amelia erano diventati entrambi biondi ed erano invecchiati di una decina di anni. Bud ed Earl si erano praticamente scambiati la carnagione, diventando un colosso di razza caucasica con dei lineamenti da perfetto ariano e l’altro un soldato dalla carnagione scura e i capelli neri. Trinity era semplicemente passata da bionda a bruna, mentre Nick … beh lui si era trasformato nello sceriffo senza macchia di una serie televisiva. Nessuno avrebbe mai pensato che fosse di razza ispanica.

-Non male Nick. Ora potrai entrare in un qualsiasi bar per cowboy senza sentirti a disagio.- Scherzai.

-Già, sai che OH MIO DIO!-

Lo stupore di Nick mi spaventò.

-Che c’è?! Sono un cesso?!- Chiesi toccandomi la faccia.

-Non direi, Ann Cosby.- Mi rispose Earl.

Anche gli altri erano rimasti stupiti nel vedere il mio cambiamento. Perfino io rimasi senza parole quando mi specchiai in un monitor spento della console sulla mia destra. La siringa mi aveva trasformata in tutto e per tutto nell’attrice hollywoodiana Ann Cosby. I capelli corvini mi donavano un sacco.

-Vedo la stazione. Preparatevi per l’atterraggio.-

Isaac portò il velivolo sulla banchina della stazione con una precisione degna dei migliori piloti. Appena le ruote del V1 toccarono terra, i miei compagni scesero a terra con le armi spianate e dopo una meticolosa ricognizione della stazione, diedero il via libera.

Il pilota ghoul spense i motori e dando uno sguardo alla mappa della città aprì il portellone per scendere.

-Che fai?- Gli chiesi scendendo dal vertibird.

Una mezza idea però già ce l’avevo.

-Credevi che vi avrei portati fin qui e poi me ne sarei stato in panchina come sempre? Vado a salvare i miei amici con voi.-

-Non puoi venire. Se ti accadesse qualcosa, come faremmo a tornare a casa?-

-Non me ne starò con le mani in mano, mentre Baatar e Zack sono in pericolo. Non questa volta.-

Isaac non stava scherzando. Si era già preparato con uno zaino da campo e una carabina d’ordinanza. La sua tenacia era ammirevole, ma se fosse morto, ce la saremmo dovuta fare a piedi fino a casa con l’Orda alle calcagna.

-Tu resti qui, e questo è un ordine soldato!- Ordinai con tono autoritario.

-Ma Red?!- Protestò lui.

-Ho detto, che è un ordine. Chiaro soldato?-

Il ghoul non disse più niente. Se ne tornò dentro al velivolo imbronciato e senza dire una parola.

Voltandomi, vidi che il resto della squadra aveva assistito alla scena. Ma nessuno di loro fiatò. Tutti sapevano quanto il pilota tenesse a Zack e a Baatar, e al tempo stesso, tutti sapevano quanto fosse importante per la riuscita della missione.

Con un gesto della mano, ordinai alla squadra di avanzare. Il primo a muoversi fu il Mr Gutsy offertoci come supporto per la missione. Seguirono poi il resto della squadra e la sottoscritta.

Quando mi passò vicino, notai che Doc aveva agganciato al suo scafandro uno dei suoi soliti congegni da scienziato pazzo. Era una cassetta metallica con delle morse ai lati e un nucleo a fusione al centro.

-Hey Doc. Cos’è quella?-

-Il mio oscillatore elettromagnetico di Tesla. Un prototipo di “macchina terremoto”.-

-E funziona?-

-Non sono riuscito a renderlo tascabile, ma credimi. Se sarà necessario, ci basterà agganciarlo ad una delle travi d’acciaio della T.O.K. e goderci lo spettacolo da lontano.-

-E se ce lo requisissero?-

-Tranquilla. Funziona solo con il mio segnale. Tu fagli credere che è attrezzatura per l’edilizia e in caso di necessità fammi sapere.-

Arrivati dall’altro lato della banchina, scendemmo sui binari, dove mesi addietro passavano vagoni stracarichi di passeggeri. Non potei fare a meno di buttare un occhio giù di di sotto. Gli archi dei binari erano sostenuti da delle lunghe e spesse colonne di cemento armato alte venti metri. Questo ci garantiva un’ottima protezione dagli attacchi dei ghoul nelle strade, i quali però non sembrava presenti in quella zona della città.

Continuammo a percorrere i binari della monorotaia in direzione della T.O.K. per parecchio tempo, aggirando edifici e palazzi di tutti i tipi e in tutte le condizioni possibili. Avemmo soltanto un piccolo incidente, quando Tony scambiò un manichino alla finestra di un centro commerciale per un cecchino.

Ad un certo punto però, fummo costretti a fermarci nei pressi di un grande incrocio, dove alcuni dei pilastri avevano ceduto, facendo sprofondare quattro sezioni di binari e costringendoci a scendere a terra.

-Occhi aperti. Può esserci di tutto laggiù.- Dissi scendendo insieme agli altri lungo la sezione di cemento inclinata verso terra.

Terminata la discesa restammo sulle sezioni di cemento crollate, dato che queste ci permettevano comunque di non toccare terra.

Arrivati precisamente al centro dell’incrocio, ispezionai la zona cercando possibili nemici o fattori ambientali che ci mettessero in pericolo. Nebbia radioattiva a parte.

L’incrocio era senza vita. Niente predoni. Niente ghoul. I palazzi dal nostro lato dovevano essere bruciati, vista le condizioni in cui gravavano. Davanti a noi, all’angolo sinistro dell’incrocio, una tavola calda aveva subito pochi danni e quasi tutte le su finestre e vetrate erano rimaste intatte. Doveva essere il luogo di ritrovo per i poliziotti del distretto locale, viste le cinque macchine della polizia che stavano a prendere la ruggine nel parcheggio del locale. Tra le macerie di un edificio crollato al lato destro dell’incrocio, si era formata una voragine molto grande. Il cratere era un cerchio perfetto, al cui interno si era raccolta una qualche sostanza gialla bioluminescente dall’aria parecchio radioattiva. Non ci voleva un contatore geiger per capire che era meglio starne alla larga. Ad attirare maggiormente la mia attenzione, fu l’ultima sezione della monorotaia ad essere crollata, che a differenza di quella dalla quale eravamo scesi, era crollata definitivamente impedendoci di poter continuare a viaggiare lontani dalle strade.

-E adesso? Continuiamo per strada subito, o proviamo a risalire?- Domandò Bud.

Le opzioni erano due. La prima era raggiungere la prossima stazione percorrendo le strade, mentre la seconda era cercare un modo di salire sulla monorotaia e riprendere il viaggio in sicurezza.

Mentre ponderavo una soluzione al problema, mi accorsi che l’insegna della tavola calda era vicinissima al bordo della monorotaia. Tanto da violare le norme sull’edilizia. Arrampicandosi sulle travi di metallo che la sostenevano si poteva arrivare sulla monorotaia con un piccolo salto.

-Bud, credi che quell’insegna possa sorreggere il tuo peso?- Chiesi all’indiano puntando la pistola contro il locale.

-Certo. Ma mi serve qualcosa per arrivare al tetto.-

-Okay, tu e Tony venite con me. Tutti gli altri formate un perimetro difensivo e tenetevi pronti. Trovato un accesso al tetto iniziamo a salire.-

Appena scesi a terra, mi accorsi di due cose. La prima era che a terra il contatore geiger del Pip-Boy segnava una leggera, ma persistente, dose di radiazioni. E la seconda fu che la monorotaia doveva essere crollata al momento sbagliato. Almeno tre veicoli erano rimasti schiacciati dal cemento e in un paio di punti, tra l’asfalto della strada e il cemento armato della sezione, spuntavano delle ossa umane. Per lo meno, quei poveri disgraziati erano morti sul colpo, invece che soffrire le pene dell’olocausto nucleare.

La tavola calda era stata barricata dall’interno con delle travi di legno alle finestre e un muro di tavoli dietro alla porta d’entrata. Forse la gente che si era barricata dentro aveva temuto i superstiti che da fuori volevano entrare in cerca di cibo o un rifugio.

Usai la luce del Pip-Boy per guardare attraverso le fessure nelle barricate, ma non vidi molto.

-Prova ad aprirla Tony.-

Sia Nick che Tony erano abili con le serrature, e infatti il soldato non perse un solo secondo. Con l’aiuto di una forcina presa dalla tasca e un cacciavite estratto dallo stivale, iniziò a scassinare la porta di ingresso.

-Hey, Red. Sai dove siamo?- Mi chiese Bud.

-Si guarda.-

Impostando il Pip-Boy sulla mappa, mostrai al soldato la mappa della città e la freccia che stava ad indicare la mia posizione.

-Noi siamo qui e la T.O.K è qui.-

-Potremmo sempre continuare a piedi. Guarda qui. La prossima stazione è a tre isolati da noi.-

-No. Ricordati che queste strade non le conosciamo e in più con questo buio potremmo incappare in un …-

Uno strano rumore mi interruppe durante la spiegazione. Mi guardai in giro per capirne la provenienza, ma neppure Bud trovò l’origine di quel rumore. Anche Tony si era fermato, e anche lui non trovando niente, fece spallucce e tornò alla serratura.

-Dov’ero rimasta? Ah, si. E con questo buio …-

Ma lo stesso rumore mi interruppe per la seconda volta. Insospettita, mi voltai verso Tony, dato che il rumore sembrava provenire da lui.

-Hey, Tony. Non è che UHHH!-

E per la terza volta venni interrotta. Per giunta, bruscamente e da un forte colpo alla schiena che mi fece cadere vicino a Tony.

-BUD! Sei impazzito?!-

-Porca puttana! Guarda Red! GUARDA CHE ROBA!!!- Urlò l’indiano come mai prima dall’ora lo avevo sentito.

Ascoltando il suggerimento dell’indiano, seguii la luce del proiettore sul suo elmetto, e a pochi centimetri dai miei stivali, vidi anch’io una strana poltiglia gelatinosa con delle zampette e qualche altro strano pezzo.

-Che diavolo è quella roba?!- Chiesi rialzandomi in tutta fretta.

-Era una fottuta formica gigante!- Mi rispose Bud con il fiato corto.

-Scherzi amico?- Continuò Tony tenendo sotto tiro i resti di quella cosa.

-Magari. Quello schifo sembrava essere uscito da un film dell’horror.-

In quel momento, intuii che se per ucciderla, Bud aveva dovuto colpirmi alla schiena, allora quella bestiaccia mi doveva essere salita addosso da dietro.

-Che schifo! Ce l’avevo addosso!- Dissi agitandomi come una ragazzina e cercando di raggiungere la schiena con le mani. -Ho dei rimasugli sulla schiena?-

-No, tranquilla. Non hai niente sullo spolverino.- Mi rispose Tony.

-Meno male. Tony, a che punto sei con … AH!-

Voltandomi verso la tavola calda, vidi l’incubo di tutti gli entomologi. Dalle fessure nelle barricate, decine di formiche troppo cresciute, stavano cercando di raggiungerci con le loro mandibole lunghe come delle cesoie taglia siepi. A causa delle radiazione due di quelle mostruosità erano diventate perfino bioluminescente. A spaventarmi non fu solo il loro numero, ma anche le dimensioni, che variavano da quelle di un grosso ratto, come quella che Bud aveva ucciso, fino alle grandezze di un cane.

-Guardate quella!- Disse Tony inorridito.

Il soldato puntò la sua arma contro la più grande delle formiche. La bestiaccia era grande quasi quanto un uomo, e come se non bastasse, nella sua mandibola destra era rimasto impiantato un teschio umano.

Fui tentata anch’io di sparare a quei mostri, ma ancora prima di attivare il V.A.T.S., capii che lasciare integri i vetri del locale, era più vantaggioso che iniziare una sparatoria contro l’esercito del sottosuolo.

-Formiche rosse del fuoco mutate dalle radiazioni.- Intervenne Spectrum sbucando alle nostre spalle.

-Ma che?! Sparano fuoco?!- Gli chiese Tony scattando all’indietro.

-No. I morsi di quelle normali causavano sensazioni di bruciore. Queste ci faranno a pezzi ancor prima di sentire caldo!-

-TORNIAMO AI BINARI! SBRIGATI DOC!-

Assicurandomi che lo scienziato non restasse indietro, corsi insieme a Tony e Bud verso i binari crollati, e un attimo dopo eravamo già dietro ai pilastri crollati insieme agli altri.

Il resto della squadra si era schierato appena dietro al cemento della monorotaia, il cui unico utilizzo pratico era diventato quello di fungere da muro difensivo. Solo Atom e Bud rimasero un po in disparte. Il cane stava ringhiando in direzione della tavola calda, anche se probabilmente non sapeva cosa ci avesse messi in fuga, mentre il soldato sembrava essere rimasto scosso dall’incontro con gli insetti giganti.

-Bud, stai bene?- Gli chiesi preoccupata.

-Scusatemi, ma io … io … ho troppa paura.- Confessò l’indiano.

Era la prima volta che vedevo il gigante pellerossa in quelle condizioni.

-Hai paura delle formiche?- Gli chiese Tony stupito.

-No! Ho paura delle loro zanne. Da piccolo ero andato al cinema a vedere “Gli Invasori dalla Terra”.

-Visto!- Intervenne Nick.

-E dopo aver guardato le formiche del film tranciare le persone, ho iniziato ad averne una paura fottuta.-

-Ehm, Trinity. Prova ad aiutare Bud un attimo.-

-Red, vieni a vedere.- Mi chiamò Amelia.

La soldatessa era sdraiata sui binari caduti che ci separavano dalla tavola calda e fissava l’orizzonte con il suo binocolo.

Dopo essermi arrampicata per la seconda volta su quella dannata sezione di cemento, mi accovacciai vicino a lei e facendomi prestare il binocolo, guardai anch’io dall’altro lato. A un miglio dalla nostra posizione, delle strane luci si stavano avvicinando verso la nostra posizione. La foschia della città non mi permise di identificarle facilmente, ma esaminando i loro movimenti e le loro colorazioni, ne intuì l’origine.

-Earl, sali un attimo.-

Il soldato ci raggiunse subito e dopo aver osservato le luci con il suo binocolo, arrivò alle mie stesse conclusioni.

-Robot. Un sacco di protectron e due sentinelle robotiche. Forse anche altro.-

-Ostili?-

-Difficile a dirlo. Non capisco però chi userebbe tutti quei protectron per il pattugliamento, invece che per la sorveglianza. Comunque si stanno dirigendo qui. E se ci attaccheranno non potremmo gestirli. Che facciamo?-

La situazione in cui ci eravamo ritrovati non era delle migliori. Il mio piano per raggiungere la monorotaia rischiava di saltare, e più noi restavamo in quel dannato incrocio e più nemici potevano raggiungerci. Alzai lo sguardo al cielo, nella speranza di ricevere un aiuto divino, ma invece ottenni un illuminazione.

-Doc, il tuo oscillatore potrebbe far crollare quella facciata?- Chiesi indicando il palazzo mezzo bruciato sulla nostra sinistra.

L’edificio era rimasto abbastanza integro, ma le fiamme e le scosse della bomba avevano creato una grossa e lunga crepa a forma di sorriso sulla facciata che dava sulla strada che lo separava dalla tavola calda.

-Certamente, ma se dovesse crollare con le macerie potrebbe rompersi.-

-Allora seguimi. Tutti gli altri restino in assetto difensivo e non si facciano vedere.-

Saltando giù dalla sezione di cemento e sperando di non incontrare altre formiche giganti, entrai attraverso la vetrata del palazzo più vicina. Non dovetti sfondare i vetri, dato che questi erano già stati distrutti. E non dovetti neppure temere di incontrare ghoul ferali, dato che l’incendio doveva essere avvenuto da pochi giorni. Le pareti stavano ancora fumando. Controllai solo che Doc mantenesse il passo. Senza le luci blu accese era diventato più difficile vederlo.

Il piano era quello di far crollare la facciata del palazzo sopra al gruppo di robot, quando questi sarebbero arrivati davanti alla tavola calda. Con un pizzico di fortuna, le macerie non avrebbero danneggiato il locale e camminandoci sopra saremmo potuti arrivare al tetto. Da li ci saremmo arrampicati sull’insegna e dopo un piccolo salto avremmo ripreso il nostro viaggio lungo i binari rialzati. C’erano un sacco di variabili e rischi, ma vista la situazione, non avremmo potuto fare di meglio.

Arrivati al terzo piano dell’edificio trovai un paio di cadaveri carbonizzati, e questo mi convinse a mantenere comunque la guardia alta. Tanto per avere un’assicurazione in più.

Al settimo, udii qualcosa che mai avrei pensato di sentire in quell’inferno. Un assolo di chitarra.

-I hurt my self to day. To see if I still feel.- Qualcuno si era messo a cantare.

-I focus on the pain. The only thing that's real.-

Seguì una breve pausa, durante la quale guardai in velocità Spectrum per capire se anche lui stava sentendo la stessa cosa.

Intuendo che il nostro cantante solitario si trovava al nostro stesso piano, smisi di salire le scale e svoltai a sinistra, in un grande salone che le fiamme avevano in parte risparmiato.

-The needle tears a hole. The old familiar sting.-

Lui era li da qualche parte. Ne ero sicura.

-Try to kill it all away. But I remember everything.-

Il salone era suddiviso in diverse stanzette, divise da delle sottili pareti di cartongesso, come i laboratori nel reparto di Spectrum. Lo scienziato continuava a seguirmi, mantenendo il silenzio e il suo piccolo cannone laser pronto alluso.

-What have I become. My sweetest friend.-

Il tizio ci sapeva fare. Non avevo mai sentito quella canzone, ma il modo in cui la cantava era … speciale. Chi sa se prima della guerra era stato uno di successo come Joshua Sawyer o Nat King Cole?
-Everyone I know. Goes away in the end.-

A quel punto, capii dove si trovava. Era nell’ultima stanza a destra, a pochi metri da me.

-And you could have it all. My empire of dirt.-

Forse stavo commettendo un errore a raggiungerlo così frettolosamente, senza prima controllare le altre stanze, ma qualcosa mi spingeva a non fermarmi.
-I will let you down.-

Dopo una furtiva corsetta, accompagnata da quelle note melodiose, lo raggiunsi alla porta della stanza con la 10mm puntata verso di lui.

-I will make you hurt.-

Lui sedeva su una poltrona da salotto con la chitarra in mano, rivolto ad est e con il bagliore delle luci rosse della T.O.K. che illuminavano la stanza e il suo lato destro. Dalla mia posizione però, non riuscivo ad identificare il chitarrista. La parte del viso che riuscivo a vedere era oscurata dall’ombra.

Neppure quando lui smise di cantare e si voltò per vedermi ebbi il tempo di illuminarlo con il Pip-Boy e scoprire chi fosse.

-Ciao.- Disse semplicemente. -Ti stavo aspettando Rocket.-

-Come fai a sapere chi sono?- Gli chiesi restando calma.

-So bene chi sei. Ma prego, accomodati.-

Lo sconosciuto sembrava essere ospitale. Inizialmente non me ne accorsi, ma come se a guidarmi fosse qualcun altro, rimisi la pistola nella fondina e andai a sedermi sulla poltrona a fianco di quella su cui sedeva il chitarrista.

La stanza era rimasta intoccata dalle fiamme. L’unico danno serio era il crollo della parete davanti alle poltrone. Da li si poteva ammirare il panorama sulla zona est della città e la T.O.K. a sud in tutto il suo lugubre splendore rosso infernale. Ebbi qualche timore quando vidi che anche l’angolo del pavimento davanti a noi era crollato insieme alla parete. Tra le due poltrone era stato messo un tavolino, dove due Nuka-Cole aspettavano di essere stappate. La pozione era perfetta come tana per una sentinella, ma quel tipo l’aveva trasformata nel suo personale salotto con vista sulla città.

-Lei chi è?- Gli chiesi.

Anche standogli vicino non riuscivo a vedergli bene il volto.

-Mi chiamo Jeremiah “Virgil” Raider. Per gli amici Jeremy.-

-La canzone che stava cantando … non l’ho mai sentita. L’ha scritta lei?-

-Ah, magari. No, questa la cantava sempre mio nonno. Diceva che era il triste epilogo di una leggenda del country, ma a me è sempre piaciuta. Ora però vorrei chiederti io una cosa. Tu chi sei?-

-Che intende dire? Lei sa chi sono io.- Lo contraddissi.

-So come ti chiami. Quali grandi imprese hai compiuto. E so anche che molte persone ti chiamano in molti modi. Sorvegliante, Sceriffo Rosso, Spirit. O anche Red e basta. Ma tu … chi sei per te?-

Jeremy, sempre se fosse quello il suo vero nome, sapeva parecchie cose su di me. Anche troppe. Ma nonostante tutto, non mi sembrava che le sue fossero cattive intenzioni.

-Io … io …- Non seppi rispondere.

Il chitarrista si lasciò scappare una breve risata.

-Stai tranquilla. Ci vorrà ancora un po di tempo prima che tu scopra chi sei veramente.-

-Fermo un secondo!- Esclamai riprendendo il controllo delle mie facoltà. -Cosa sta succedendo? Siamo in una metropoli radioattiva, infestata da mostri di ogni genere e lei se ne sta qua a suonare la chitarra?! Quali sono le sue intenzioni e per chi lavora?-

-Rilassati cowgirl. Non hai nulla da temere. Guarda tu stessa.- Disse Jeremy indicando la strada.

Sporgendomi dalla sedia vidi uno dei protectron in avvicinamento all’incrocio. All’inizio pensai di sbagliarmi, ma guardando più attentamente ebbi la conferma che il robot era immobile.

-Hey, Doc. Vieni a vedere.-

Ma Spectrum non mi rispose. Voltandomi a controllare vidi che anche lui era immobile. L’eyebot non stava neppure ondeggiando come a suo solito.

-Non temere. Non sei in pericolo, e neppure i tuoi compagni.- Mi tranquillizzò Jeremy.

-Il tempo si è fermato. Siamo in un sogno?- Gli chiesi iniziando a preoccuparmi seriamente.

-Si e no. Diciamo che avevo bisogno di parlarti in privato e fino ad ora non avevo trovato l’occasione per farlo. Prima che me ne dimentichi però, questo è per te.-

Jeremy mi lanciò quello che all’inizio scambiai per l'acceleratore di una motocicletta. Poi capii di avere tra le mani un detonatore per il comando a distanza con tanto di grilletto.

-Ho già piazzato una discreta quantità di esplosivi fatti da me per far crollare le macerie. Ti basterà tornare dalla tua squadra e premere il grilletto. E credimi. Le mie bombe faranno un lavoro di precisione.-

Quel chitarrista sapeva già da tempo che sarei entrata in quell’edificio, che avrei cercato di far crollare la facciata in rovina e soprattutto sapeva tutto di me.

-Sei come Naalnish? Un essere psionico?-

-Preferisco definirmi, un tipo con molte risorse. E stai tranquilla. Non cercherò di ipnotizzarti o farti esplodere il cervello.-

-Va bene. Parliamo.- Dissi tornando a sedermi sulla poltrona.

Una cosa su quel tipo la intuii. Era lui che muoveva i fili di quel teatrino. Quindi preferii non dargli battaglia.

-Per prima cosa, sappi che ti ammiro. Dico sul serio.- Si complimentò Jeremy. -In pochi avrebbero pensato di eliminare un branco di robot impazziti facendogli crollare addosso un edificio.-

-Aspetta! I robot sono impazziti?-

-Si, ma non so esattamente come. Comunque i lori inibitori di combattimento si sono guastati e ora attaccano qualsiasi cosa. Sono parecchio temuti in questa parte della città.-

-E perché l’Orda non gli ha eliminati?-

-Sono una perfetta difesa contro gli intrusi ignari dei pericoli che la città nasconde. Come le formiche, i radbat, i ghoul, i mutatori, …-

-I mutatori? Che sarebbero?-

-Organismi monocellulari mutati dopo le bombe. Sono gialli e incandescenti come il muco che ricopre la loro pelle. Sono in grado di assimilare le cellule delle loro vittime e dei cadaveri, se questi sono ancora abbastanza integri, e il loro sangue se non ti brucia fino alle ossa, ti infetta e ti trasforma in uno di loro. Temono solo il freddo.-

-Come fai a uccidere una cosa simile?-

-Appena la vedi, mira al nucleo della cellula principale e scaricagli addosso tutto quello che hai. Una guerriera con le tue abilità dovrebbe essere capace di eliminarne uno, mantenendo le giuste distanze.- Poi il suo tono di voce, diventò serio. -Ma adesso sto divagando. Devo parlarti di ciò che accadrà a breve.-

A quel punto della conversazione, cominciai a preoccuparmi seriamente. Jeremy sembrava uno che la sapeva lunga. Su tutto. Forse più di Doc su certe cose, e il fatto che stesse per parlarmi di eventi futuri, forse non era un bene. D'altronde aveva predetto il nostro incontro.

-Hai visto il mio futuro?- Chiesi spaventata.

-Più o meno. Posso solo dirti una cosa. Ciò che accadrà nei prossimi giorni, sarà decisivo per il futuro di questo mondo.-

Il mio cuore ebbe un sussulto.

-Stai parlando dell’Orda? Come può Woden e la sua gente cambiare il mondo? Cosa posso fare io?!-

Stavo per mettermi a delirare. Per l’ennesima volta mi stava per essere chiesto di prendermi delle grandi responsabilità e compiere l’impossibile.

-Calmati. Rilassati. Non sto per annunciare la tua sconfitta o la tua morte. Il mio è solo un avvertimento.-

Come consigliatomi da Jeremy, presi un profondo respiro, stappai una delle Nuka-Cole e ne bevvi mezza in un colpo. Un toccasana per gli attacchi di panico. Avrei comunque preferito le mie pillole per gli attacchi di ansia.

-A breve, sarai costretta a fare importanti scelte, che a loro volta avranno importanti conseguenze su tutti noi. Ma non temere. Sono certo che farai le scelte giuste.-

-Come fai a dirlo? Chi sono io per decidere il destino di tutti noi?- Continuai cercando di non tornare a dare di matto.

-Chi sei? Tu mi stai chiedendo chi sei?!- Mi chiese Jeremy come se la risposta fosse ovvia anche per un tordo.

Per un attimo riuscii a intravedergli anche il viso, ma date le circostanze non ci feci più tanto caso. Magari me lo stavo solo immaginando.

-Tu sei Rocket Earp, la ragazza che ha superato con il massimo dei voti l’esame per le selezioni della Vault-Tec Industries. Tu sei il Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise, che quando le è stato chiesto di andare in giro per la Zona Contaminata mettendo a rischio la sua vita per la sua gente non si è tirata indietro. Tu sei lo Sceriffo Rosso, che infischiandosene delle minacce del nemico ha messo in salvo degli innocenti che prima d’allora non aveva neanche conosciuto. Tu sei Spirit, la guerriera da capelli rossi che nel caos più totale ha salvato un intero popolo e ottenuto una grande vittoria su un potente nemico. Tu sei la ragazza, che non si è fatta ingannare dalle apparenze e ha fatto nascere una grande alleanza tra umani e deathclaw. Ecco chi sei tu!-

Jeremiah Virgil Raider era un grande motivatone e ci sapeva fare. Neppure il mio coach ai tornei di baseball delle medie sarebbe stato capace di eguagliarlo. Forse neppure Baker.

-Wow, okay. Io ho sempre pensato di fare soltanto “la cosa giusta”. Non pensavo … cavolo.-

Ero rimasta senza parole.

-E quando giungerà il momento in cui le tenebre ti metteranno alla prova, so che trionferai. E questo non mi serve vederlo nel futuro. Perché lo vedo già in te.-

Mi ci volle qualche secondo per elaborare il tutto. Non sapevo neppure cosa stavo veramente provando in quel momento.

-Okay. Va bene. Vado a salvare il mondo.- Dissi semplicemente.

-Ottimo! Ero passato solo per darti una botta di fiducia e farti anche un saluto.- Disse Jeremy alzandosi in piedi e mettendosi la chitarra sulla schiena.

Ora che non era più seduto, mi accorsi che il chitarrista era anche piuttosto alto e robusto. Eppure non riuscivo ancora ad identificarlo a causa dell’ombra.

-Come scusa? Tutto qui? Non passi a vedere anche gli altri?-

-No, tranquilla. Facciamo che per adesso quest’incontro sia solo tra noi due.- Disse Jeremy avvicinandosi all’apertura nel muro. -Ah, quasi dimenticavo. Se nel tuo viaggio ti dovesse capitare di mettere le mani su una cosa chiamata Nucleo Argent, portamene almeno uno. Te ne sarei molto grato.-

-Lo cercherò. Puoi contarci.- Gli risposi con fermezza.

-Grazie, Rocket. Ti auguro buona fortuna, anche se so che non ti servirà.-

-No. Grazie a te Jeremiah Virgil Raider.- Dissi salutandolo.

-If I could start again. A million miles away.-

Jeremy riprese a cantare quella bellissima canzone e a camminare all’indietro verso l’apertura nel muro. Non sembrava preoccuparsi del vuoto che si trovava alle sue spalle.
-I will keep my self.-

Poi fece un salto all’indietro, gettandosi giù di sotto. E prima che io potessi raggiungerlo per vedere dove fosse finito, tutto ebbe fine.

-I would find a way.-

Quando la canzone terminò, anche il sogno ebbe fine. L’ultima parte della canzone, fu come un eco lontano che svaniva tra i vicoli della città.

Al mio risveglio, mi ritrovai in piedi appena oltre la soglia della porta, in compagnia di Spectrum. La stanza era come prima, solo che sul tavolo non c’era nessuna Nuka-Cola. Neanche una mezza bevuta.

Distinto, corsi verso l’apertura nella parete e assicurandomi di non mettere i piedi su una crepa nascosta dalla moquette verde, mi sporsi per guardare in basso. Nel vicolo che separava il palazzo in rovina da quello vicino, non c’era nulla. Solo dei cassonetti aperti e un cumulo di spazzatura in un angolo.

-Che cos’era quello?!- Mi chiese Spectrum con ansia.

-Non lo so esattamente. Ma credo che stia dalla nostra parte. Tu hai qualche idea su chi o cosa fosse?-

-No, mai visto nulla di simile. Appena ho provato a scansirlo, ho ricevuto una miriade di dati e informazioni indecifrabili che non sono neppure riuscito a memorizzare. E credo che sia stato lui a farmeli vedere.-

Da come ne parlava, lo scienziato doveva esserne rimasto sconvolto. Non doveva essere bello farsi battere con le proprie armi. E per giunta con una scansione.

-Io invece sono finita a parlare con lui in una sorta di illusione. Forse ti considerava il terzo in comodo.- Ipotizzai.

-In tutti questi anni non mi era mai capitato di rimanere preda di una scansione. Neppure Naalnish sarebbe capace di interferire con i miei apparati di analisi ambientale.-

In quell’attimo mi tornò in mente la richiesta di Jeremy.

-Doc. Tu per caso sai cos’è un Nucleo Argent?-

-Si tratta di una potente fonte d’energia … ASPETTA!!! TU COME FAI A SAPERE DEI NUCLEI?!-

-Perché?! Tu sai cosa sono?-

Spectrum rimase zitto un attimo. Sicuramente stava cercando di trovare le parole giuste per rispondermi.

-No.-

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Capitolo 19
*** Il Nucleus ***


Il Nucleus

La tana, il cuore e l’origine dell’Orda.

 

 

27/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Logan/Oklahoma City/Midtown

Ore 21:23

 

35°28'33.9"N 97°31'07.3"O

 

-Rilevata presenza nemica.-

-Avvio la ricerca del bersaglio ostile.-

Nella strada sottostante, il gruppo di robot impazziti aveva ripreso la marcia verso l’incrocio. Se fossero arrivati prima di noi, ci avrebbero tagliato la strada e separati dal resto delle squadra.

-Muoviti Doc!-

Io e l’eyebot scattammo verso le scale dalle quali eravamo venuti. Avrei finito in un altro momento la chiacchierata con Spectrum riguardo ai Nuclei Argent. Quel robot mi stava sicuramente nascondendo qualcosa.

Scendemmo la scale veloci come dei bolidi da corsa, anche se Doc era rallentato dall’oscillatore agganciato sotto di lui. E come temetti, non riuscimmo a battere i robot nemici sul tempo. Arrivati al piano terra i protectron e le sentinelle robotiche aprirono il fuco, ma non contro di noi, ben si sulle formiche giganti della tavola calda davanti a noi.

Per quanto numerose fossero le formiche, i robot ebbero la meglio, grazie alle loro corazze in metallo e agli armamenti avanzati.

Lo scontro ebbe fine in meno di un minuto e i robot ne uscirono senza subire neppure una perdita. Stando nascosta dietro ad un bancone carbonizzato, potei constatare come i lancia razzi delle sentinelle e i bracci laser dei protectron avevano massacrato gli insetti. Nel gruppo di robot, notai anche una mezza dozzina di Mr Handy, sicuramente anche loro impazziti, e quattro protectron da cantiere con delle pistole sparachiodi al posto delle mani robotiche. Quegli affari erano capaci di inchiodarti alla parete ancor prima di sentire il fischio causato dall’aria compressa.

-Doc, puoi collegarti a una di quelle sentinelle e farla combattere mentre noi ce la svigniamo?- Chiesi sottovoce.

-Ci sto provando con entrambe, ma i loro ricevitori sono andati. Non posso acherarli se non prendono il mio segnale.-

Quei robot non sembravano intenzionati ad abbandonare la posizione e più tempo passava e più probabilità c’erano che venissimo scoperti.

-Avviso: rilevato ostile. Forza letale autorizzata per tutte le unità.-

E infatti, grazie ai suoi sensori, una delle sentinelle robotiche rilevò la nostra presenza. Forse aveva visto il calore del mio fiato, o magari aveva percepito lo scricchiolio del parche bruciato schiacciato dai miei stivali. Fatto sta che l’enorme robot ci aveva scoperti e uno dei Mr Handy entrò dalla porta principale per indagare.

Stavo per ordinare allo scienziato di tornare su per le scale, dove almeno le sentinelle non ci avrebbero raggiunti, ma dall’altro lato della monorotaia crollata giunse un piccolo aiuto.

Ben cinque granate a impulsi atterrarono nella parte di strada occupata dai robot, che incuriositi da quei piccoli oggetti bianchi, si voltarono a guardarli inconsapevoli della loro funzione.

-APPENA GLI IMPULSI FINISCONO, CORRETE!- Urlò Earl dall’altro lato della monorotaia.

I robot non ebbero neppure il tempo di rilevare la posizione dei miei compagni, che le granate esplosero, creando degli impulsi elettro magnetici talmente potenti da essere visibili ai miei occhi.

Gli elettroni sprigionati dalle detonazioni frissero in un istante le saldature dei circuiti nei robot, causando così lo spegnimento istantaneo di quasi tutti i Mr Handy e il danneggiamento degli altri. Le sentinelle e i protectron non erano morti, ma prima che i loro processori si riavviassero noi saremmo potuti scappare. E così facemmo.

Con lo scienziato incollato alle chiappe, corsi verso la vetrina dalla quale eravamo entrati e scavalcando il davanzale arrivammo sulla strada. Non persi neppure un attimo a guardarmi intorno vista la situazione. Mi fermai soltanto nei pressi della monorotaia per aiutare Doc a salire. L’eyebot poteva tranquillamente sorvolare la sezione di cemento armato, ma con i nemici ormai prossimi al risveglio e il peso del suo carico, pensai che dargli una lieve spinta verso l’alto fosse solo d’aiuto.

Assicuratami che Spectrum fosse sopra ai binari, allungai le braccia in alto e afferrando il bordo della sezione mi tirai su con tutte le mie forze.

-Metti giù le armi e sottomettiti all’autorità.- Udii alle mie spalle nello stesso momento in cui misi il primo piede sopra alla sezione.

Uno dei protectron da cantiere aveva ripreso conoscenza e subito mi sparò i suoi chiodi d’acciaio.

Il primo mi passò vicino all’orecchio sinistro, mentre il secondo andò a conficcarsi dietro alla mia spalla destra. Fu come me l’ero immaginato ai tempi dello stage nei cantieri. Una potentissima spinta seguita da un dolore lancinante nella zona colpita.

La forza d’inerzia del proiettile improvvisato mi catapultò in avanti, facendomi cadere direttamente oltre la sezione della monorotaia caduta. Per lo meno caddi di pancia, evitando così di conficcarmi il chiodo più in profondità.

Ancor prima di rialzarmi, venni trascinata per le gambe da Tony ed Earl vicino al cemento della sezione.

Poi anche le sentinelle si risvegliarono e uno di quei carri armati robotici sparò tre razzi verso di noi. Uno esplose appena dietro al nostro riparo, facendo tremare tutto e ricoprendoci di piccole schegge di cemento. Gli altri due volarono sopra le nostre teste e andarono ad esplodere in un edificio a circa cento metri dietro di noi.

-Ormai tutta Midtown ci avrà sentiti.- Pensai. -Tanto vale che ci senta l’intera città.-

Sapendo che il riparo non avrebbe retto all'infinito, estrassi subito il detonatore di Jeremy dalla tasca del cappotto e senza perdere un secondo lo attivai.

-STATE AL RIPARO!!!- Ordinai a tutti.

Le cariche di Jeremy esplosero un attimo dopo. Lo scoppio della detonazione non fu come me l’ero aspettato. Fu più simile agli spari di tante armi laser. Incuriosita buttai un occhio verso l’alto, ma appena vidi le macerie del palazzo crollare tornai a chiudere gli occhi aspettandomi il peggio.

L’impatto fu devastante. Le vibrazioni mi fecero tremare tutta e il boato rimbombò tra gli edifici della città.

Le macerie si assestarono in breve tempo, ma Earl ci ammonì dall’alzare la testa subito.

-RESTATE FERMI! ORA TOCCA AI NUCLEI DELLE SENTINELLE!-

E come preannunciato da Earl, i due nuclei di fusione delle sentinelle esplosero con un effetto kamikaze causato dalla danneggiamento delle sentinelle e dei nuclei stessi. Le due esplosioni non furono al pari di una mini nuke, ma comunque abbastanza potenti da far volare in aria altri frammenti di cemento e legno in fiamme.

Appena la pioggia di detriti ebbe fine, uscimmo finalmente allo scoperto.

Il piano era stato un successo clamoroso. Oltre ad aver seppellito tutti i robot, il crollo aveva anche creato un tappeto di macerie alto quattro metri che avremmo potuto usare per arrivare con facilità al tetto della tavola calda. Il locale aveva sicuramente perso l’entrata e il resto della sua facciata, ma per il resto le macerie non l’avevano danneggiato particolarmente.

-EH VAI!- Esultò Nick.

-Vi siete messi contro quelli sbagliati robottini.- Continuò Earl.

-Qualcuno mi può togliere questo chiodo dalla spalla?- Chiesi indicando la zona dove ero stata colpita.

Trinty corse subito in mio soccorso, ma quando vide il danno fu costretta a chiedere aiuto.

-Ha bucato la corazza della spalla. Bud, saresti capace di toglierlo con uno scatto?-

-Si. Faccio in un lampo.-

-No, un momento!-

Nonostante i miei timori, l’indiano lasciò a terra la sua pesante arma e appoggiando una delle sue manone d’acciaio sulla mia spalla, impugnò saldamente il chiodo con l’altra.

-Aspetta Bud! Non sarebbe meglio … AAAH!!!-

Il chiodo uscì subito, seguito poi da un sottile fiotto di sangue e da un breve, ma acuto, dolore alla spalla.

-Scusa Red.-

-Uh … tranquillo. Va già meglio.-

-Ti inietto uno stimpak, ma la corazza dovrai mandarla in manutenzione quando torneremo.- Mi consiglio l’infermiera.

-Stai meglio Bud? Le formiche sono tutte morte.-

-Si tranquilla Red. Mi sono ripreso del tutto.-

-Bene, allora muoviamoci e … Nick? Come cavolo ti sei conciato?-

Il meccanico stava indossando un'uniforme dell’esercito. Per di più una da generale. Prima non me n’ero accorta a causa della confusione.

-Oh, questa? L’ho trovata in quella macchina e ho pensato di provarla.-

Guardando verso la monorotaia crollata, vidi che la sezione di cemento crollata aveva schiacciato un’auto, risparmiandone soltanto il portabagagli. Li il meccanico doveva aver trovato l’uniforme, mentre io ero andata nell’edificio per piazzare l’oscillatore.

-Beh allora toglitela. Un generale non rientra nella farsa.- Dissi ricordandogli i nostri doveri.

-E va bene. Comunque volevo solo provarla.- Disse Nick andando verso la macchina schiacciata.

-Mai vista una cosa simile.- Intervenne Tony.

Incuriosita dall’affermazione del soldato, mi voltai a guardare l’edificio dal quale avevamo fatto crollare la facciata in rovina. Anch’io rimasi incredula appena vidi in che condizioni era ridotta la struttura. La facciata degli ultimi quattro piani e una buona parte di essi era stata letteralmente tagliata di netto e lasciata cadere in strada. Ora l’edificio sembrava un ciocco di legno tagliato obliquamente da una lama affilata.

-È stato l’oscillatore a fare quel lavoro?- Domandò Amelia.

-No, guarda. Doc ce l’ha ancora addosso.- Gli rispose Trinity.

-Ora che ci penso, l’esplosione a fatto uno strano suono.- Fece notare Nick.

-Cosa avete usato per far crollare le macerie?- Mi domandò l’infermiera.

Non potevo spiegare agli altri cosa era successo nell’edificio. Era talmente complicato che neppure io o il Dr Spectrum avevamo capito cosa fosse realmente accaduto. E non sapevamo neppure quale arma o esplosivo Jeremy avesse piazzato.

-Ve lo spiego dopo ragazzi.- Tagliai corto. -Avanti, dobbiamo salire su per l’insegna.-

-Peccato, perché io vorrei saperlo.- Disse qualcuno alle nostre spalle.

La voce ci apparve estranea, e questo bastò a farci voltare con cautela.

Tre individui, dall’aria minacciosa e ben armati. Da qualsiasi parte fossero sbucati, si erano avvicinati mentre tutti noi guardavamo l’edificio mezzo crollato. Neppure Atomo o il nostro stupidissimo Mr Gutsy si erano accorti di loro fino a quando non fu troppo tardi.

Quello a sinistra ci guardava come un cane rognoso. Vestiva come un senzatetto prebellico e impugnava una ascia dei pompieri sporca come i suoi vestiti.

Il predone sulla destra doveva essere un ex militare. Vestiva come Tony ed Earl, solo che la sua corazza pettorale aveva disegnato sopra il teschio atomico dell’Orda. Il volto era coperto da una bandana e un paio di occhiali da saldatore totalmente inutili in piena notte, ma guardando più attentamente le mani con cui impugnava il suo a fucile laser capii che doveva trattarsi di un ghoul.

Quello al centro del trio, anch’egli un ghoul e forse un ex militare, doveva essere il capo. La sua uniforme era nascosta da un’armatura da combattimento nera e tra le mani impugnava un fucile gauss che teneva puntato contro di me. A spaventarmi fu però la sua faccia da ghoul. A differenza di Isaac, Baatar, Zack e tutti gli altri ghoul del P1, questo era raccapricciante. Il naso e i capelli erano spariti, la pelle della fronte si era lacerata a tal punto da mostrare parte del cranio e il suo ghigno beffardo emanava un’aura di lerciume e carie dentaria. Più che un ghoul sembrava un lebbroso.

Intuimmo subito che erano membri dell’Orda, ma ciò che non potevamo sapere era se fossero da soli.

-Hey la.- Li salutai io.

-Hai visto comandante? E tu che dicevi che non avremmo trovato niente di bello oggi.- Scherzò il barbone post apocalittico.

-Zitto devoto. Parlo io. Chi siete e da dove venite? E sappiate che non amo i bugiardi.-

-Siamo di Amarillo. Io e i miei compagni abbiamo abbandonato la base per cercare di sopravvivere a questo inferno. Avevamo sentito i messaggi dell’Orda e allora ci siamo incamminati verso Oklahoma City.-

Il ghoul a capo del gruppo grugnì rumorosamente. Con i suoi occhi giallastri ci ispezionò uno ad uno.

-Che strano. Nessuno dei nostri insediamenti tra qui e Amarillo ha riferito di un gruppo di superstiti. Tanto meno di qualche soldatino desideroso di unirsi alla nostra sacra causa.-

Quel predone non era stupido. E forse aveva già capito che stavo mentendo.

-Non sapevamo chi avremmo potuto incontrare. Abbiamo evitato i gruppi numerosi e ci siamo diretti qui senza effettuare deviazioni.-

-Da qui ad Amarillo senza effettuare deviazioni e senza farvi vedere? E come avreste fatto ad arrivare fin qui? A piedi? Con un veicolo?-

Il primo contatto con l’Orda stava prendendo una brutta piega. Nessuna delle mie risposte era stata un successo e il ghoul sembrava sempre meno convinto sul nostro conto.

Visti i risultati ottenuti fino a quel punto, scelsi di dirgli la verità almeno sul mezzo di trasporto.

-Siamo arrivati fin qui con un vertibird della nostra base. Un velivolo da guerra.-

Il ghoul mi squadrò un’ultima volta con i suoi occhi gialli. Poi scoppiò in una grassa, malefica e beffarda risata, che terminò con una scatarrata rumorosa e disgustosa.

-Che peccato. Magari fossero state vere anche le prime due risposte.-

D’improvviso il predone mi puntò contro il suo fucile. Le cose stavano andando di male in peggio.

Anche quello a destra fece lo stesso con la sua arma, mentre quello con l’accetta impugnò saldamente la sua arma e mostrò i denti.

-Se uno solo di voi fa una mossa impallino il vostro medico. Poi a voi altri ci penseranno i ragazzi la su.-

Sentendo le minacce del predone, nessuno osò toccare la sua arma. E quando vidi che in cima alla sezione della monorotaia ancora in piedi si erano raggruppati dei cecchini, capii che eravamo finiti in trappola. L’unico che avrebbe potuto fare la differenza era Bud con la sua mitragliatrice calibro cinquanta. Peccato che l’avesse lascia a terra per estrarmi il chiodo.

-Ho un messaggio per te da parte dello zio Sam!- Disse il Mr Gutsy in risposta alle minacce del ghoul.

Ma quella fu la sua condanna a morte. Il ghoul gli sparò uno dei sui proiettili caricati magneticamente, colpendolo in pieno e riducendolo ad un rottame fumante.

-Dii alla mia mamma che ho fatto del mio meglio.- Fu l’ultima cosa che disse il robot prima di spegnersi definitivamente.

Poi il ghoul tornò a puntare l’arma contro Trinity.

-Il prossimo chi sarà? Il vostro sacco di pulci?!-

Atom si era già preparato ad attaccare, ma il suo istinto lo trattenne dallo sfidare il predone. Earl si chinò a tenerlo fermo per assicurarsi che non facesse mosse improvvise.

-Hey ragazzi, diamoci una calmata.- Disse Tony tenendo in alto le mani.

-In nome di Lord Woden, dominatore della Zona Contaminata e di tutte le terre conosciute, vi dichiaro in arresto per sospetta cospirazione e sospetto spionaggio. Verrete portati al Recinto, dove…-

Ma d’un tratto, il predone con l’ascia dei pompieri fece cadere la sua arma e si gettò a terra. Anche i suoi compagni rimasero confusi da quel gesto.

-Che diavolo ti prende devoto?- Gli chiese il capo.

Il predone non disse nulla. Indicò semplicemente qualcuno in mezzo al nostro gruppo senza alzare la testa.

Seguendo la direzione indicataci dal predone, scoprì che la persona in questione era ….

-Nick?!-

-Dannazione! Non sapevamo che tra di voi ci fosse un generale!- Esultò stupito il predone capo.

Sia lui che il predone più a destra si esibirono in un regale inchino, mentre i cecchini sulla monorotaia smisero di tenerci sotto tiro.

Eppure io continuavo a non capire da cosa fosse dovuta quella forma di rispetto. Per di più da dei predoni dell’Orda.

-Okay. E all’ora?- Chiese Nick avvicinandosi con cautela a me.

-I generali del vecchio mondo sono membri chiave dell’Orda.- Gli rispose il capo. -Mancare di rispetto ad uno di essi comporterebbe la pena di morte per dei guerrieri come noi.-

Finalmente la fortuna ci sorrideva. Grazie all’infantilità di Nick avevamo evitato uno scontro a fuoco dal quale non ne saremmo usciti vivi, e cosa altrettanto importante, avevamo l’occasione di accedere alla T.O.K.. Peccato che il meccanico non si confidò con me prima di aprir bocca.

-Molto bene. Finalmente un minimo civilizzazione! Ci mancava solo che apriste il fuoco su di me e la mia scorta. Umana per intendersi.-

Nick aveva subito iniziato ad atteggiarsi ad ufficiale. Con tono autoritario e gesti da leder sembrava essere diventato Edgar Foster in persona.

-Perdonateci se vi abbiamo recato offesa signore. Posso sapere con chi ho il piacere di parlare?- Continuò il capo restando in ginocchio.

-Sono il generale …-

Nick fece una breve pausa per leggere il nome sull’etichetta dell’uniforme. Per poco non scoppiai a ridere.

-Marion Morrison. Generale … Marion Morrison.-

-Come!?- Mi chiesi.

D’accordo che eravamo stati fortunati a trovare l'uniforme da generale, ma doveva per forza essere l’uniforme di un generale donna?

-Generale Morrison, saremmo più che lieti di scortarvi fino al nostro quartier generale.- Continuò il capo dei predoni.

-Bene! Procedete pure.-

E come per magia, ottenemmo anche una scorta.

I predoni sulla monorotaia si ritirarono mentre i tre a terra insieme a noi, ci invitarono ad avvicinarci. Forse era da la su che i predoni si erano calati per prenderci di sorpresa. Ciò nonostante restammo tutti in guardia. Specialmente quando iniziammo ad udire dei lamenti meccanici.

L’Orda aveva rimesso in funzione i treni della monorotaia. Non ci avrei mai pensato se prima non lo avessi visto con i miei occhi, ma la riattivazione di uno dei principali sistemi di trasporto della città poteva rivelarsi molto vantaggioso per il pattugliamento delle strade.

Quando il treno arrivò al capolinea, venne fatto scendere un ascensore industriale verso di noi. Uno di quelli che i lavavetri usavano nel periodo prebellico per pulire le vetrate dei grattaceli.

-È una cosa momentanea. Un anticipo per quando riconquisteremo l’intera città e procederemo con la ricostruzione.- Spiegò il capo.

-Interessante. Peccato che non si sia già scusato personalmente con la mia assistente per averla minacciata.- Lo schernì Nick.

-Oh, ehm … mi scusi per averla minacciata signorina. Era solo uno stratagemma per convincervi a non reagire. Prima che scoprissimo che non eravate degli indegni ovviamente.-

-Per quanto le sue scuse mi appaiano piuttosto fiacche, le accetto.- Anche l’infermiera si dilettò un pochino a sfottere quel brutto pallone gonfiato. -Non ho ancora afferrato il suo nome.-

-Comandante Art Clark. Della Legione dell’Ordine.-

-Legione dell’Ordine?- Gli chiesi.

-Si, la legione demoniaca che mantiene l’ordine e la legge tra le file dell’Orda. In media ogni legione conta due o più centinaia di guerrieri demoniaci pronti a morire per la nostra causa.-

-Soldati?!- Chiesi cercando di apparire più sorpresa che spaventata.

-Si e tra poco avrete modo di vederle. Ah, quasi dimenticavo. Chiamate pure il vostro pilota. Ditegli di raggiungerci in volo così potrà avere accesso alla torre.-

-Come avete fatto a scoprirci?-

-I nostri radar vi hanno rilevati appena siete arrivati a Midtown e alcune sentinelle ai margini della città vi hanno visti con dei visori notturni. Trovarvi non è stato difficile visto il casino che avete fatto.-

I primi a salire fummo io, Nick, Trinity, Atom, Spectrum, Clark, Tony e l’altro ghoul predone.

-Bell’animale il suo. È di razza?- Domandò Clark provando ad accarezzare Atom.

Atom però gli fece capire che non voleva essere toccato dalle sue manacce ringhiandoli contro.

-Le sarei grato se non toccasse il mio cucciolo comandante.- Lo ammonì Nick.

-Certo certo! Mi scusi.-

Poi toccò agli altri e in un lampo eravamo già tutti a bordo di un treno diretto alla base nemica. Amelia aveva già usato la sua radio per informare Isaac e dargli il via libera.

Nick e Trinity vennero fatti accomodare nel vagone per gli ufficiali con Atom appresso, mentre a noi comuni soldati toccò il vagone di coda.

Rimasi a guardare l’incrocio dal finestrino sul portello da cui eravamo entrati, mentre il treno iniziava ad allontanarsi lentamente.

-E così venite da Amarillo?- Mi chiese qualcuno alle spalle.

L’altro predone ghoul si posizionò alla mia sinistra e si mise a guardare anche lui il panorama. Sembrava un tipo cordiale a prima vista. E guardandolo da vicino senza la bandana che gli copriva il viso, scoprii che a differenza del suo comandante il suo volto era rimasto abbastanza intatto. La pelle era rimasta chiaramente ustionata, ma almeno non gli cadeva a pezzi.

-Nolan. Vice comandante della Legione dell’Ordine.-

-Claire.- Mentii. -Piacere.-

-Sei della Vault-Tec o dell’esercito?-

-Esercito. La tuta e il Pip-Boy gli ho presi in prestito.-

-Capisco. Sta attenta però. Se alla torre finirai nel vicolo sbagliato qualcuno potrebbe ucciderti o tagliarti direttamente il braccio per rubarti quell’affare.-

-Non avete delle leggi scusa?-

-Si, ma da quando Lord Woden ha liberato i galeotti della prigione di stato e inglobato le bande criminali della città i crimini sono diventati abbastanza comuni. Ora la mia giornata è abbastanza piena.-

Carcerati, maniaci, assassini, malavitosi. L’Orda era un vero club di feccia.

-Tu però non mi sembri un criminale.-

La mia osservazione lasciò il ghoul abbastanza turbato. Come se qualcosa di brutto gli fosse tonato in mente.

-No. Eravamo della guardia nazionale. Io, Clark e altri nostri compagni. Il nostro compito era mantenere l'ordine in qualsiasi situazione, ma quando le bombe sono cadute abbiamo perso i rifornimenti, le comunicazioni e la gerarchia di comando. Praticamente tutto.-

-È stata così tanto dura?-

-Beh, tra gli incendi, i crolli, le radiazioni, gli sciacalli e tante altre belle cose … in meno di una settimana siamo piombati nell’anarchia.-

-E io che il secondo giorno dopo la Grande Guerra ero già stufa di stare sotto terra con le mani in mano.- Pensai.

-Poi è arrivato Woden. All’inizio non lo badammo, ma poco a poco si conquistò gli animi della gente che eravamo riusciti a salvare. E se volevamo restare vivi, capimmo che ci saremmo dovuti unire a lui. Noi eravamo disperati e senza possibilità. Lui aveva trovato un rifugio e il modo di riorganizzarci. Ci chiese soltanto di ubbidirli ciecamente, in cambio della salvezza e di un futuro.-

-Eh voi … AAAH!-

Per poco non me la feci addosso quando un’orribile creatura volante si “appiccicò” al finestrino del portello. Inizialmente la scambiai per un’enorme bistecca al sangue tornata in vita con la testa di un topo, ma esaminandola con più attenzione la ridefinii come la mutazione di un pipistrello.

-Tranquilla. Per quanti ce ne siano, i radbat non possono rompere i vetri dei nostri treni.- Mi tranquillizzò Nolan.

-Ma quella roba cos’è?!- Chiesi disgustata.

-Un volta era un pipistrello. Oggi è solo un viscido bastardo che si diverte a volare nell’oscurità, per poi piombare sulle sue vittime e avvelenarle con la sua bava radioattiva.-

Quel viscido mutante stava leccando il vetro con la sua lingua biforcuta, imbrattandolo con una strana sostanza arancione e appiccicosa. Doveva essere la sua saliva.

-Non è poi così pericoloso.- Commentò Bud arrivando da dietro.

-Lui no, ma il resto dei suoi amici si. Ho perso tre uomini a causa di questi. Uno se lo sono portato al nido in volo. E ce ne ha messo di tempo per smettere di urlare.-

-Hanno un punto debole gli stormi?- Chiesi speranzosa.

-Fuoco, recinzioni elettriche, forti boati e questo.- Mi rispose Nolan puntando una torcia contro il mutante.

Appena la luce investì il corpo del radbat, quell’essere iniziò a dare di matto e un attimo dopo volò via.

-Temono la luce.- Intuì.

-Esatto. Per questo la T.O.S. è sempre così illuminata. Peccato che non siano loro il problema più grosso.-

-Che c’è di più grosso?- Gli chiese Amelia.

L’argomento stava attirando l’attenzione di tutti.

-Avrete sicuramente visto la pozza gialla nei pressi del vostro incrocio? Beh quella era la tana di un mutatore.-

-Wow, figo. E cosa sarebbe quest’altra novità?- Continuò Amelia.

Stavo per rispondergli io, ma sapendo che in quel caso mi sarei tradita con le mie stesse mani, preferii stare zitta.

-Secondo i nostri cervelloni sarebbero i batteri che le radiazioni hanno mutato invece che uccidere. Sembrano dei mostri usciti da un film, ma se uno di questi ti prende avrai il tempo di constatare che sono veri. Almeno prima di farti a pezzi per poi assorbirti mentre sei ancora vivo.-

-Perché non ci ha attaccati se eravamo li?- Gli chiesi.

-Perché il signore non era in casa. Sarà andato a farsi due passi alla ricerca di un organismo da assorbire e potenziarsi. In pratica siete stati fortunati.-

Fu un sollievo vedere il V1 raggiungerci in volo tra gli edifici. Nolan rimase molto stupito nel vedere un velivolo tanto sofisticato.

-Per la miseria! Dove l’avete trovata quella macchina da guerra?-

-Era in un hangar della base. Voi non avete i vertibird?- Gli chiesi sperando di ottenere qualche informazione sulla loro flotta aerea.

-Si e anche tanti. Ma nessuno dei nostri è così grande e armato allo stesso modo.-

-Cerbero, mi servi nel vagone di prima classe. Muovi il culo.- Lo chiamò il comandante Clark dagli altoparlanti del treno.

-Scusatemi, ma il dovere mi chiama. Appena arriviamo vi accompagnerò alla zona di registrazione. Non dovrebbe mancare ancora molto.-

Continuai a seguire con lo sguardo il ghoul predone mentre questo andava a raggiunger il vagone seguente. Solo quando Nolan svanì dietro al portellone scorrevole parlai ai miei compagni.

-Questi tizzi sono più organizzati di quanto mi aspettassi.-

-Già. E se è vero che Woden ha fatto il lavaggio del cervello ai supertesti e preso il comando delle bande criminali, allora siamo davvero nella merda.- Fece notare Bud.

Buttai anche un occhio agli altri predoni rimasti con noi nel vagone. Esclusi i tiratori scelti raggruppatisi come noi dall’altro lato del vagone e il predone con l’ascia intento ad affilare la sua arma, seduto su un sedile a metà vagone, nessun altro era presente nel vagone.

-Se Nolan non stava esagerando prima, l’Orda dovrebbe avere a sua disposizione un discreto numero di vertibird e sicuramente di altri velivoli.- Continuai. -E se è vero che il V1 è il primo vertibird di quel tipo che Nolan ha visto, allora è probabile che Jackson non sia mai arrivato in città.-

-Cazzo. Buono per noi. Cattivo per Zack e Baatar.- Affermò Amelia.

-Per non parlare di Isaac. Non credo che la prenderà bene.- Feci notare.

-Comunque … qual’è la nostra prossima mossa?- Mi chiese Earl.

-Arrivati alla T.O.K. ci divideremo e continueremo a raccogliere informazioni. Al primo segnale di pericolo ci riuniremo e procederemo all'evacuazione.-

-Credi che ci riusciremmo?- Continuò Earl dubbioso.

Non gli potei rispondere. Uno dei tiratori scelti aveva deciso di farsi due passi per sgranchirsi le gambe verso di noi.

Decisi allora di mettere fine alla nostra piccola riunione e feci segno alla squadra di dividersi per non destare sospetti. Con me rimase solo Spectrum, che come da programma non disse nulla. Per quanto ne sapevano i predoni, lui era una semplice unità eyebot di supporto.

Anche se l'incrocio distava pochi chilometri dalla T.O.K., il treno ci mise almeno dieci minuti a raggiungerla. Evidentemente il locomotorista non si fidava a far viaggiare il mezzo alla velocità standard con i binari in quelle condizioni.

Alla nostra partenza dall’incrocio, le luci del vagone erano l’unica fonte di luce che illuminava gli interni del treno. Queste però, divennero superflue quando arrivammo nel perimetro della torre.

-Benvenuti al Nucleus.- Annunciò un uomo dal tono gracchiante agli altoparlanti. -Ex centro della città, divenuto oggi cuore pulsante del nostro nuovo mondo.-

L’intero quartiere di Bricktown era illuminato dalle luci rosse al neon della torre. Molte di esse erano state aggiunte dai predoni in seguito alla caduta delle bombe, mentre quelle originali dovevano essere state riparate nello stesso periodo. Esteticamente non era di certo un lavoro fatto bene, ma in compenso quelle luci avrebbero tenuto alla larga qualsiasi radbat della città.

E non solo la T.O.K. era stata trasformata in una lampadina gigante. Anche l’O.C.C.P. a destra e il Citizen Convention Center a sinistra della torre erano stati fortificati e collegati all’autostrada con dei ponti. Si trattava di edifici altrettanto imponenti. Perfetti come basi secondarie.

-Ecco a voi la Tower of Sins. Il nostro quartier generale e vostra nuova casa.- Disse uno dei tiratori scelti indicando il grattacelo.

Fui quasi tentata di correggerlo, ma poi vidi che all’entrata della stazione, costruita nelle torre, qualcuno aveva sostituito la K di Kings con una S ed eliminato definitivamente la g.

-Per essere uno che parla di un nuovo Eden, ne hai di strane fantasie Woden.- Pensai in riferimento alle ideologie del fondatore dell’Orda.

Il treno passò sotto all’autostrada rialzata che attraversava la città e si fermò nella stazione della torre, la quale era stata riorganizzata come officina garage dei treni. Isaac doveva essere atterrato nell’area di parcheggio che collegava la torre all’autostrada.

Scesi dal vagone, potemmo constatare che i meccanici dell’Orda erano riusciti a salvare un buon numero di treni e che Nick non era stato scoperto.

Riuniti tutti davanti all’entrata della struttura, mostrammo i nostri documenti falsi ad un vecchio energumeno oscenamente tatuato dietro alle sbarre di una biglietteria. La sicurezza era abbastanza discreta in quel punto.

Seguii la salita di quella che una volta era un’elegante scala a chiocciola in marmo, al termine della quale ci riunimmo con il nostro pilota. Isaac si era portato dietro il suo fucile e la sua sacca da viaggio. Ringraziai tutti i santi del paradiso che anche lui avesse ricevuto dei documenti falsi per ogni evenienza.

-Si può sapere che problema ha quella donna con la cravatta?- Chiese Isaac seccato. -Mi ha fatto un casino di domande sul mio velivolo e se volevo unirmi alla Legione dei Cieli o una roba simile.-

-Oh, ti riferisci a Kendall. È l’assistente dell’ammiraglio Morgan.- Gli rispose Clark. -Lui gestisce la nostra flotta aerea. È normale che abbia provato a ingaggiarti.-

-Cioè? Non siete tutti al servizio dell’Orda?- Chiesi confusa.

-Ma certo.- Continuò Nolan. -Però ogni comandante ha il diritto di prendersi quanti più soldati, mezzi e attrezzature possibile. Il vostro amico è un pilota e il suo vertibird non è di certo un mezzo comune. Per tanto è nell’interesse della Legione dei Cieli prenderselo come membro.-

Se quello era un complimento, Isaac non lo apprezzò. Il ghoul non sembrava interessato all’organizzazione del nemico.

-Come funziona questa cosa dell'arruolamento esattamente?- Gli chiesi.

-Ogni volta che arrivano dei nuovi membri come voi, gli assistenti e i vice di ogni comandante gli esaminano in diversi modi. Dopo di che, chi viene ritenuto abile e capace, oppure è arrivato con equipaggiamenti all’avanguardia, riceve un’offerta dai comandanti che lo ritengono una valida aggiunta alle loro truppe, o che vogliono accaparrarsi la sua merce. Per esempio, un pilota con un bel velivolo riceverebbe facilmente un’offerta dalla Legione dei Cieli. Un carrista con un mezzo corazzata otterrebbe i favori della Legione d’Acciaio. E così via.-

-E se uno volesse starsene per conto suo?- Gli chiese Isaac con un tono più calmo.

-Tranquillo, puoi farlo. Purché tu esegua gli ordini di routine e non lasci la tua attrezzatura o merce a prendere la polvere.-

-Puoi anche unirti ad altri lupi solitari e formare una qualche squadra.- Intervenne Clark con la sua spavalderia. -Ma non otterresti i vantaggi di un demone legionario. E in oltre ti verrebbero dati i compiti meno importanti. Adesso però seguiteci alla registrazione. Dopo vi sarà spiegato tutto.-

Continuammo ad essere scortati fino a quello che in passato era il Salone dei Campioni.

Durante il breve tragitto lungo il corridoio informai Isaac, mantenendo un basso profilo, che stando alle ultime informazioni il V2 non era mai arrivato in città. Il ghoul reagì alla notizia digrignando i denti e stringendo i pugni. Prima o poi avrei dovuto dirglielo. In compenso Isaac mi riferì che la torre era ben difesa da postazioni antiaeree, ma che comunque il V1 sarebbe rimasto dove Isaac l’aveva lasciato in attesa di un suo spazio al O.C.C.P. o all’aereoporto. Perfetto per una fuga dell’ultimo momento.

Il Salone dei Campioni era l’immensa sala dove mesi prima, aveva avuto luogo la grande apertura della torre e in cui centinaia di turisti, ricconi e giocatori d’azzardo avevano perso tonnellate di fiche. Peccato che l’Orda se ne fosse impadronita.

L’unica cosa che riconobbi, anche se in alcuni punti era lercio o strappato, fu il lungo tappeto rosso che da sempre accoglieva gli ospiti della torre. Il resto era stato sfregiato dallo stile dei predoni.

Gli immensi lampadari che illuminavano la sala erano stati addobbati con ossa umane e stracci logori. Le file delle slot machine, i tavoli del black jack e della roulette erano stati portati via per far posto alle bancarelle e ad altre svariate strutture costruite con lamiere e vecchie tavole totalmente estranee allo stile estetico del casinò.

La parte peggiore però doveva ancora venire. I predoni del posto si comportavano come gli abitanti delle antiche città di Sodoma e Gomorra. In mezzo a tutto quel brusio c’era chi beveva e mangiava come un maiale. Chi sbraitava i prezzi della sua merce o cantava canzonacce oscene. Chi invece lavorava a dei banchi da lavoro senza preoccuparsi dei rischi per la salute di chi li stava vicino. Diavolo, c’era anche chi si stava dando da fare in pubblico davanti a tutti.

-Ecco a voi il Mercato degli Avari!- Esultò il comandante Clark.

Principalmente la popolazione era composta da ghoul, ma almeno un terzo dei predoni era ancora umano. E nonostante le apparenze, in tutto quel trambusto regnava un’impercettibile ordine e gerarchia.

Clark e Nolan ci fecero strada in mezzo alla folla, mentre i loro uomini si dispersero per le vie di quell’infame piccola città. Se combattere contro l’Orda era brutto, starci vicino era anche peggio.

-Carne fresca per la prima linea!- Urlò un predone con un’impermeabile sporco di catrame.

-Vi serve una guida?! Oppure volete ingaggiare una guardia del corpo?! Per tre canini vi posso aiutare.- Si offrì un ragazzino prima che Clark lo spintonasse fuori dalla strada.

-Canini?- Chiesi.

-Dollari e canini sono la nostra valuta.- Mi rispose il comandante. -Che siano umani o di mutanti, valgono anche più dei dollari normali.-

-Hey pelle liscia. A chi hai tagliato il braccio per quel Pip-Boy?- Mi chiese un predone ghoul.

-Ciao zuccherino. Ti va di spassartela con noi?- Mi chiese un bel fustacchione mentre questo si esibiva in una danza erotica con un altro palestrato su un piccolo palco.

-Hey! Fermati rossa.- Mi pregò un tipo con un buffo cappello e un barile sulla schiena. -Il mio motto è: H2O è ciò che ti do! Hey, non capisci che questa è acqua. Non puoi vivere senza acqua.-

Incuriosita dall’offerta del venditore di acqua, che per la precisione sembrava quello dai modi più cordiali, avvicinai il Pip-Boy al suo barile. Il contatore geiger prese a ticchettare come un pazzo.

-AAAH AH AH AH! Leggermente radioattiva.- Ammise riprendendo il suo giro. -AH AH AH! Buona giornata!-

Degrado sociale. Prostituzione. Mancanza di vero ordirne pubblico. Una valuta primitiva. Quel posto mi faceva accapponare la pelle. Nolan si accorse subito della mia reazione a quello spettacolo.

-Il Mercato degli Avari è zona dei devoti. E purtroppo è anche l’entrata principale della torre. Quindi ci tocca passare sempre per di qua.-

-Chi sono di preciso i devoti?- Chiesi scavalcando il corpo di un ubriacone sdraiato a terra.

-I devoti sono civili che prima della guerra non erano combattenti, e adesso servono la nostra causa come unità di riserva. Poi ci sono i demoni, che a differenza dei comuni civili erano già da prima delle bombe dei soggetti abili nel combattimento. Gli apostoli, come me e il comandante, sono invece veri combattenti abili nell’arte della guerra. Più pericoloso sei, più importante sei. Più importante sei, più in alto stai. Più in alto stai, meglio stai.-

-Capito. E quelli con le tute rosse? Sono gli ex carcerati?- Continuai a chiedere vedendo che un discreto numero di persone indossava le vecchie tute rosse dei carcerati.

In un primo momento Nolan esitò a rispondermi. Le mie ultime domande sembravano averlo messo a disagio.

-No. Quelli sono i dannati.- Mi rispose con tono cupo. -Sono gli eretici che abbiamo catturato nella Zona Contaminata e che non si sono convertiti alla nostra fede.-

Ecco un’altra informazione cruciale per la riuscita della nostra missione. Finalmente avevamo ottenuto la certezza che insieme ai predoni nella torre ci fossero anche dei prigionieri. Bisognava però scoprire dove e quanti ce ne fossero.

Guardandoli con più attenzione, capii una cosa. Nessuno di loro era trattato umanamente.

I prigionieri, o come i predoni li chiamavano, i dannati, facevano i lavori più duri e umilianti. Il primo che avevo visto, stava correndo con un vassoio in mezzo ai clienti di un bar sovraffollato. Poi c’era quello che portava un’enorme zaino per un altro predone, la lava pavimenti derisa da tre tipacci intenti a bere delle birre, il lustra scarpe con una lunga fila di clienti insistenti e prepotenti, e tanti altri.

E oltre alle tute, alle occupazioni e alle vite degradanti, i dannati erano accomunati da un altro simbolo di schiavitù. I collari esplosivi agganciati ai loro colli erano i simboli più espressivi della loro condizione.

Finalmente giungemmo alla fine di quella disdicevole gita turistica. La vecchia hall della torre era stata trasformata in un checkpoint militare con tanto di sbarre e filo spinato. Se la memoria non mi ingannava, dietro a quelle difese, doveva esserci l’accesso alle scale e agli ascensori principali della torre.

I predoni di guardia ci aprirono subito, ma appena superammo il cancello, fummo fatti fermare per essere perquisiti. Uno di loro aveva un saldatore ad arco industriale. Praticamente un lanciafiamme che al posto delle fiamme sparava fulmini. Altro che un pungolo da bestiame.

-Salve comandante Clark. Cerbero. Qualcosa da dichiarare?- Chiese una donna con una corazza da combattimento seduta dietro al bancone della ex hall.

-Solo un gruppo di valorosi combattenti e un generale nuovo di zecca.- Gli rispose Clark.

La donna fece il giro del bancone e ci tastò uno ad uno alla ricerca di armi nascoste. Bud fu costretto ad uscire dalla sua armatura atomica per farsi perquisire. Per qualche strana ragione non sembrava essere interessata alle armi che impugnavamo.

-Qualcosa da dichiarare voi? A parte le armi che vedo.- Ci chiese la donna.

-Abbiamo recuperato questa bomba da un missile intercontinentale nella nostra base.- Le risposi. -A chi dovremmo lasciarla?-

La donna esaminò l’ordigno che Tony tirò fuori dal suo zaino. Sembrò soddisfatta dopo l’identificazione della bomba.

-Cavolo! Erano settimane che non vedevo qualcosa di così potente. Lasciatela pure qui da me. Potete avere un abbonamento per tre mesi alle prime file dell’Arena a testa o duecento canini da spartirvi.-

Ancor prima di prendere una decisione sulla ricompensa, pensai di lasciare la parola al più alto in grado fra di noi.

-Generale, a lei la scelta.- Dissi a Nick mettendomi sull’attenti.

Nick all’inizio non sembrò capire il messaggio, ma fortunatamente si ricordò abbastanza in fretta della sua interpretazione.

-L'abbonamento all’Arena cosa sarebbe?- Chiese Nick.

-Morte e spargimenti di sangue per tre mesi alla Dakota City’s Arena convertita da più di un mese in centro di svago per i combattimenti all’ultimo sangue. Il tutto visto dai posti in prima fila.- Spiegò la donna tutta esaltata. -I canini sono invece una delle nostre due valute. Oggi un canino vale cinque dollari e dodici centesimi.-

-Beh allora prendiamo i canini.-

-Volete darmi anche l’eyebot e quel affare che porta con sé? Quello che prendo io va a finire nel magazzino comune.-

Proprio quando stavo per fare cenno a Nick di rifiutare l’offerta della donna, le porte di uno degli ascensori si aprirono e da esso uscì una comitiva di predoni in armature atomiche modificate con punte d’acciaio, lame saldate e segni tribali disegnati sulle corazze. Sembravano dei vichinghi usciti da un fumetto di Grognak il Barbaro. Avevano tutti delle armi da mischia piuttosto grandi. Due di loro impugnavano dei martelli demolitori. Martelli pesanti con congegni cinetici in grado di rilasciare una potente energia al contato con il bersaglio.

-Saluti a te comandante Clark.- Disse quello in testa al gruppo alzando un’enorme mazza di ferro che prima doveva essere stata una trave.

-Brutus! Che vai a fare? Una delle tue cacce notturne?- Gli chiese Clark scherzosamente.

-Non c’è niente di meglio che affrontare i nemici nell’ombra per temprare il proprio carattere. Vedo che hai portato nuovi guerrieri.-

-Guerrieri? Ma fammi il piacere capo!- Si intromise uno del gruppo. -Di chi è questo rottame atomico?-

Il predone diede un paio di colpi con il suo martello demolitore sull’armatura atomica di Bud. Inutile dire che all’indiano la cosa non piacque.

-Potrebbe evitare di toccare il mio rottame?- Gli chiese gentilmente Bud.

-Va bene. Allora tocco te!-

Il predone provò a colpire la testa di Bud sulla guancia sinistra con una potente scatto della sua arma, ma prima che ciò potesse accadere, il mio compagno abbassò subito la testa e dopo aver schivato il colpo tirò a sé il braccio del predone, se lo caricò sulla schiena con tutto il peso dell’armatura e lo fece cadere a terra con un tonfo talmente forte da far tremare il pavimento e rompere le piastrelle.

-Legittima difesa!- Affermai preventivamente temendo una reazione negativa da parte del gruppo di predoni.

Ma contro ogni mia più oscura previsione, il gruppo di predoni in armatura atomica scoppiò a ridere. Neppure le guardie del checkpoint sembrarono interessarsi all’accaduto.

-Amico mio hai del talento!- Si complimentò il loro capo. -È raro vedere qualcuno mettere ko uno dei miei demoni. Tanto meno con una sola mossa e senza l’aiuto dell’armatura.-

Il predone intanto non si era ancora rialzato.

-Se ti interessa unirti alla Legione dei Berserker, tingiti l’armatura con le nostre rune. Saprò che hai accettato il mio invito.-

Poi Brutus e i suoi se ne andarono, abbandonando il loro compagno al checkpoint.

-Direi che è meglio proseguire, prima che questo bestione si risvegli.- Ci consigliò Nolan.

Dopo aver effettuato le nostre registrazioni chiamammo uno degli ascensori e aspettammo. Durante l’attesa Bud ebbe tutto il tempo di rientrare nella sua armatura atomica e fregare al predone ancora privo di sensi il suo martello demolitore.

-Questo lo vendo al primo mercatino delle pulci che trovo.- Disse l’indiano mostrando il suo nuovo trofeo.

La salita fu abbastanza piacevole. L’ascensore era rimasto intoccato dallo stile dei devoti. Forse perché, come mi spiegò Nolan, a loro non era permesso saliere ai piani alti.

Nolan mi spiegò anche che il salone più in alto, quello che precedentemente era stato concepito per ospitare tre dei cinque ristoranti più importanti della torre, era stato convertito in guarnigione della T.O.S.. Quando la vidi dalla vetrata della tromba potei contare un buon numero di demoni con svariati tipi di armi e corazze. In compenso il loro salone era tenuto più in ordine rispetto al Mercato degli Avari. Segno che la disciplina militare era presa più in considerazione dai demoni.

Nolan mi illuminò anche sulla maggior concentrazione di nubi radioattive attorno alla torre. L’elevata luminosità della torre teneva lontani i radbat, ma allo stesso tempo attirava le migliaia di ghoul rimasti in città, che a loro volta, essendo concentrati in un unico posto e così numerosi, sprigionavano tutte quelle radiazioni. In altre circostanze sarebbero stati di certo un intralcio all’Orda, ma con le monorotaie e l’autostrada a disposizione, i ghoul si erano rivelati una perfetta difesa contro altri nemici. Perfino i mutatori non sarebbero riusciti ad uccidere o assorbire tutti quei ghoul.

-Sotto al Mercato degli Avari cosa c’è però?- Chiesi ricordandomi dei piani sottostanti.

-Appena sotto c’è parte degli alloggi riservati ai devoti. Poi dei magazzini, i nostri laboratori ed in fine le stalle in cui stiamo allevando bestiame al sicuro dietro alle porte stagne del vecchio parcheggio sotterraneo.-

-Si, ma allora la carne degli insediamenti mattatoi dove va a finire?- Avrei voluto chiedergli.

-Avete dei laboratori?- Domandò invece Trinity.

-Si! Le migliori menti che l’Orda è riuscita a salvare. Pensate, sono loro ad aver creato la tecnologia che blocca le tempeste radioattive e scoperto i poteri dei ghoul.-

-E sarebbero?- Chiese con tono scettico Isaac.

-Studiando i neurotrasmettitori di alcuni ghoul, hanno dimostrato che la nostra vita potrebbe protrarsi per centinaia di anni. Ma vi rendete conto?!-

-Le loro sono solo teorie Art.- Gli ricordò Nolan. -Per adesso stanno ancora studiando i dati delle loro ricerche.-

-State dicendo … che io potrei morire tra più di mille anni?- Chiese Isaac con stupore.

-Come il mio fidato secondo ha evidenziato, è troppo presto per esserne certi, ma sembrerebbe che ciò sia possibile. In pratica non è poi così male essere dei ghoul.- Gli rispose Clark.

Avrei voluto avere un’opinione da parte di Spectrum, ma lo scienziato non poteva parlare in quel momento. E neppure Isaac era interessato a continuare la conversazione. Se ne rimase in silenzio e per conto suo a ponderare sulle scoperte del reparto scientifico dell’Orda.

L’ascensore ci portò fino al centoundicesimo piano, ovvero quello che prima ospitava il Salone del Sole. Il più ampio salone panoramico della torre dal quale si poteva ammirare l’intera città in tutto il suo … splendore.

-Eccovi il Valhalla, casa di tutti gli apostoli!- Esultò orgoglioso Clark per l’ennesima volta.

-Se volete potete accomodarvi li al bar, mentre io vi faccio avere le chiavi per le vostre camere.- Disse Nolan andando verso quello che prima era il banco informativo del piano.

Quel predone cominciava a darmi l’idea del bravo ragazzo finito nel gruppetto dei ragazzi cattivi.

Fummo fatti accomodare da Clark a dei tavolini da caffè vicini alle vetrate di nordovest, dalle quali si poteva vedere l’O.C.C.P.. Il palazzo era stato convertito nel deposito dei mezzi dell’Orda e collegato all’autostrada vicina da un ponte di materiali recuperati. Doveva essere stato costruito bene, dato che un convoglio di mezzi lo stava utilizzando giusto in quel momento per rientrare.

Un dannato con la tuta rossa e un grembiule da cucina arrivò veloce come una scheggia e Clark gli ordinò di portarci del whisky.

-Spero per te che non sia annacquato come l’altra volta.- Disse Clark con tono minaccioso allo sfortunato cameriere quando questo tornò con i bicchieri.

-No signore. I nostri alcolici sono i migliori della torre.- Lo rassicurò il cameriere intimorito.

-Vedremo.-

Fortunatamente, Clark non poté farci compagnia ancora a lungo. Un altro predone che prima della Grande Guerra doveva essere stato un caporale, venne a chiamarlo. Qualcuno di più importante di lui aveva richiesto la sua presenza da tutt’altra parte.

Tanto meglio per noi, che così avevamo finalmente un po di tempo per parlare da soli.

-Okay. Che cosa abbiamo scoperto?- Chiesi ai miei compagni.

-Difesa naturale di ghoul. Monorotaia perfettamente funzionante. Collegamento all’autostrada. E un intero palazzo usato come deposito dei mezzi.- Riepilogò Bud studiando la struttura sottostante.

-Numerose truppe con varie applicazioni. Svariati mezzi bellici e civili modificati per la battaglia. Risorse saccheggiate da mezzo Commonwealth. Un sistema di difesa antiaerea all’avanguardia. E per finire una pessima capacità nella scelta dei nomi.- Continuò Isaac.

-Una tecnologia di modificazione ambientale in grado di fermare le tempeste radioattive. Sicuramente frutto di un team di scienziati molto abili. E la loro teoria dei ghoul eterni potrebbe essere plausibile.- Bisbiglio Spectrum stando nascosto in mezzo al gruppo.

-Governo dittatoriale basato sulla paura e l’indottrinamento. Mano d’opera schiavizzata e tenuta in scacco dai collari esplosivi.- Conclusi. -Mi sono dimenticata qualcosa?-

-Che facciamo adesso?- Mi chiese Trinity.

Per fortuna mi ero già preparata un piano.

-Adesso ci fingiamo riconoscenti e andiamo a farci una dormita. Domani mattina ci sveglieremo e raccoglieremo quante altre informazioni ci sarà possibile. Esercito, risorsero, prigionieri. Più scopriamo e meglio è. Doc, la mia cimice sta ancora trasmettendo?-

-Vai tranquilla. É da quando siamo partiti che la sto monitorando e fin’ora non ha dato problemi.-

-Sei in grado di inseriti nel sistema di sicurezza e disattivarlo per uno o due minuti?-

-Si. Non dovrebbe essere un problema. Ma per sicurezza mi serviranno due ore vicino ad un qualsiasi terminale collegato alla loro rete. Dopo di che, basterà che tu mi dia il segnale.-

-Bene. Domani a quest’ora partiremo con il V1. Anche a costo di doverci fare strada tra tutti questi stronzi. E se ci bloccheranno avremmo pur sempre la bomba come deterrente.-

-Credi che sia possibile Doc? Tra cento anni avremmo ancora a che fare con gli stessi ferali e i non ferali?- Gli chiese Bud. -Io credevo che tempo sei mesi e tutti i ferali sarebbero morti di fame o altro.-

-Per dimostrarlo mi servirebbero mesi di ricerca, o per lo meno i dati dei loro scienziati. Ma con l’aiuto delle radiazioni, credo che i ghoul siano diventati delle batterie atomiche organiche a tutti gli effetti.-

-È un bel problema. Se tutti i ghoul dovessero decidere di spostarsi ad ovest per una qualsiasi ragione potrebbero diventare un serio pericolo.- Fece notare Tony.

-Sta tornando.- Mi avvisò Nick fingendo di bere dal bicchiere.

-Sono riuscito a trovarvi delle stanze vicine.- Disse Nolan arrivando con delle chiavi luccicanti. -Per lei però signore non sono riuscito ad informare gli addetti dell’Olympus. Ma domani le faranno avere sicuramente la sua stanza.-

-Olympus?- Gli chiese Nick.

-Si. Era la sezione dei vip, ma ora è riservata ai generali e agli amici di Lord Woden.-

-In pratica è passata dall’essere la sezione dei vip, a quella dei cacca vip.- Pensai trattenendo una mezza risata.

-Va bene. Mi accontenterò per stanotte. Spero che almeno ci sia un omaggio della direzione.-

-Cena preparata dai nostri chef. Letto matrimoniale con lenzuola pulite. Telefono con servizio di assistenza ventiquattrore su ventiquattro. Saponette profumate. Occorrente per l'igiene intimo. Accesso al frigo sempre rifornito. Vasca con acqua calda. Servizio di sicurezza automatizzata sempre attivo. Lettore di olonastri. Servizio di pulizie ogni mattina. Terminale privato. E un televisore collegato alla rete.-

La raccolta di informazioni offertaci da Nolan ci lasciò senza parole. Escluso Isaac che probabilmente non l’aveva neppure ascoltato.

Bisognava ammettere che l’Orda sapeva viziare i suoi combattenti migliori. Il servizio era praticamente lo stesso che l’hotel serviva ai suoi clienti più esigenti prima delle bombe.

-Okay.- Fu l’unica cosa che disse Nick.

Poi lui e gli altri membri della squadra si alzarono uno alla volta dalle sedie, presero le loro rispettive chiavi e se ne andarono verso il corridoio delle loro stanze.

-Con permesso.- Disse Nolan prima di andarsene in direzione di un altro corridoio.

Io restai per finire il mio drink. Vidi che anche Isaac era rimasto seduto al mio tavolo dandomi le spalle. Se ne stava li, muto, a guardare il vuoto e cupo come spesso accadeva. Sapevo già qual'era la causa del suo malumore.

-Forse Jackson ha rilasciato Mr B e Zack in un qualche posto sicuro. Oppure …-

-Oppure gli ha uccisi.- Mi interruppe Isaac senza voltarsi.

-Questo non puoi saperlo.-

-Ma posso immaginarlo. Come tu ora stai immaginando che loro stanno bene.-

Quel ghoul era ridotto ad uno straccio. E io non sapevo come consolarlo.

-Comunque noi non ci arrenderemo!- Gli risposi decisa. -Troveremo i nostri amici, ammazzeremo Jackson e metteremo fine a quest’incubo. E tu stai su con la vita. Hai appena scoperto che sei diventato mezzo immortale.-

Ma a quel punto il ghoul si voltò. Aveva le lacrime agli occhi come mai prima d’allora lo avevo visto. Neppure quando ancora era umano lo avevo visto in quello stato.

-Guardami Red. Sono un mostro. Ho perso il mio migliore amico e la cosa più simile ad un figlio che in queste condizioni avrei mai potuto avere. E ho appena scoperto che vivrò per secoli in questo stato di merda. Sempre che qualcosa non mi uccida o io decida di farla finita una volta per tutte.-

-Ma … io … non volevo.- Dissi cercando di scusarmi per averlo ferito senza accorgermene.

-Red … tu non sai che cosa darei pur di essere mortale.-

Poi il ghoul si alzò, si asciugò le lacrime con la manica della tuta da pilota e si incamminò verso le stanze.

Io rimasi li. Svuotai il mio bicchiere e mi trascinai al bar per farmelo riempire. Prima di sentirmi soddisfatta il Mr Handy barista me lo riempì due volte.

Assicuratami di essere abbastanza piena da poter dimenticare in fretta la precedente conversazione, decisi di ritirarmi anch’io per la notte.

Raggiunta la porta con lo stesso numero della mia chiave la apri, ma prima di entrare, vidi con la coda dell’occhio Trinity sparire veloce come una saetta oltre la soglia della camera vicina alla mia.

Non capii il motivo di quella fretta e vista la situazione preferii non indagare.

La mia stanza era quasi meglio della mia camera da letto nel P1. Peccato che non fosse la mia casa. Certo i mobili, la tappezzeria e la moquette erano più lussuosi del mio arredamento, ma ciò non mi faceva sentire a mio agio. E poi non c’erano Charles e Ruffled.

Mi concessi un bagno rilassate e qualche boccone della magnifica insalata che avevo trovato già pronta nella stanza. Trovai anche un pigiama stirato nell’armadio a parete e uno spazzolino nuovo con del dentifricio sul lavandino. Mi sarei anche guardata un po di televisione, ma l’unica cosa che veniva trasmessa in quella torre era un programma senza fine che per argomento base aveva l’annientamento degli infedeli. Il presentatore sembrava un sacerdote satanista.

Decisi di mettermi a dormire e recuperare le energie per il giorno seguente.

Solo che appena dieci minuti dopo aver spento le luci iniziai a sentire dei tonfi contro la mia parete. Qualcuno stava sbattendo qualcosa nella stanza a fianco. Poi ebbi un’intuizione, quando associai i tonfi a quelli fatti da un letto attaccato alla parete che veniva scosso e la visione di Trinity mentre entrava nella stanza li a fianco mi tornò in mente.

-Nick … e Trinity … stanno …?-

-Oh, ma state scherzando?!-

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Capitolo 20
*** Lord Woden ***


Lord Woden

Io e lui. Faccia a faccia.

 

 

28/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Logan/Oklahoma City/Nucleus/T.O.S./Valhalla

Ore 18:56

 

35°27'59.8"N 97°31'03.0"O

 

-Ventuno. Vince la signora Diciannove.-

Mostrato il mio asso e il mio jack di picche, il croupier mi passò la mia vincita. Con centottanta dollari in fiche tra le mani decisi che era arrivato il momento di andare ad incassare.

-Non male pelle liscia.- Si complimentò un ghoul apostolo quando gli passai vicino.

-Dopo me la dai la rivincita al poker Diciannove?- Mi chiese un’apostola in abiti civili.

-Magari sorella. Dopo vedo.-

Diciannove era il numero sulla mia tuta e Diciannove era diventato il mio soprannome. Mi ero registrata come Claire Brown, ma ormai tutti mi chiamavano in quel modo. Soldatessa con il volto di una diva hollywoodiana, abile combattente e brava con le carte. Nessuno di quegli idioti avrebbe potuto pensare che il merito del mio successo apparteneva all’innesto impiantato chirurgicamente nella mia testa. Meglio così.

E comunque, non erano i soldi il mio vero obbiettivo. La missione Grande Jackpot prevedeva di ottenere il maggior numero di informazioni possibili sul nemico. E questo, non fu affatto un problema.

Il Valhalla era il club per soli ufficiali dell’Orda. Quando la notte precedente eravamo arrivati il salone era vuoto, ma alle prime luci dell’alba il posto iniziò a riempirsi.

Ex soldati dell’esercito, criminali appartenenti al crimine organizzato e altri luridi vermi con abbastanza cervello da saper gestire più unità avevano passato l’intera giornata a divertirsi nel lussuoso salone.

Gli apostoli avevano le più potenti e svariate tipologie di armi dell’Orda. Mitragliette, lanciagranate, spade. Ma la loro arma d’ordinanza ufficiale era il fucile d’assalto cinese tipo 93. Quel cannone usava le stesse munizioni da 5,56mm dei nostri fucili R91, e grazie al genio di qualche ingegnere cinese, evidentemente superiore a quello dei tecnici alla Stent Security Solutions, i suoi danni erano nettamente superiori a quelli dell’R91. Quelle armi erano state fatte arrivare clandestinamente sul suolo americano per avvantaggiare un gruppo di spie cinesi e simpatizzanti comunisti, che dopo la Grande Guerra era stato sterminato dai primi seguaci di Woden. La prima grande vittoria che secondo molti aveva spianato la strada al “salvatore” degli Stati Uniti d’America.

E le sorprese migliori non erano ancora finite. In giro per i tavoli da gioco e in altri settori del Nucleus si aggiravano pattuglie di cybercani. Cani della polizia potenziati fisicamente e mentalmente ceduti all’Orda da alcuni agenti di polizia sopravvissuti alle bombe e unitisi ai predoni per necessità.

Gli scienziati dell’Orda in pausa amavano vantarsi della loro tecnologia per il controllo delle tempeste. Grazie ad uno di quei pazzoidi intendo a biascicare come una scimmia ubriaca, scoprii che le anomalie nella Zona Contaminata non erano solo dovute alla Grande Guerra, ma anche all'interferenza che le antenne sul tetto della T.O.S. esercitavano sul clima per chilometri.

Si vociferava anche di gigantesche macchine da guerra che i tecnici dell’Orda stavano assemblando in un luogo segreto. Ma questo era ancora da verificare.

In base a quanto avevo sentito dire gli affari per l’Orda stavano andando bene nelle ultime settimane, quindi pochi apostoli erano usciti quel giorno. E cosa più interessante, Lord Woden avrebbe fatto a breve un annuncio molto importante. Secondo alcuni si sarebbe trattato della totale riconquista della città. Per altri di una massiccia campagna di espansione verso est, dove la mano dell’Orda non aveva ancora lasciato il segno. Qualcun altro invece ipotizzò che l'annuncio avrebbe riguardato l’eliminazione definitiva dei Fondatori, ovunque essi si nascondessero.

Ah, già. Eravamo diventati famosi. Tutti sapevano del temuto gruppo di eretici che aveva messo i bastoni tra le ruote della macchina bellica di Woden. Ma nessuno aveva il fegato di parlarne.

Anche gli altri avevano fatto la loro parte. Spectrum si era inserito nel sistema di sicurezza della torre già prima del mio risveglio e gli altri membri della squadra Vault avevano raccolto altre informazioni.

Nei piani dell’O.C.C.P., erano statti stipati tutti i mezzi che l’Orda era riuscita a recuperare. Blindati, camion, jeep, semicingolati, carri armati … auto da corsa. Tutta roba da poco revisionata e tenuta in condizioni impeccabili. Ma forse la nostra testata sarebbe riuscita a demolire quel dannato parcheggio.

Lo stesso valeva per il Citizen Convention Center. L’altro edificio era stato convertito in prigione per gli eretici catturati. Il “Recinto” era considerato da tutti i membri dell’Orda come un covo di porci comunisti e traditori americani. Intere famiglie e altri innocenti che semplicemente non volevano aver a che fare con Woden o che invece erano immigrati in America da altri paesi, erano stati letteralmente deportati nel vecchio centro convegni della città e sfruttati come mano d’opera per i lavori più faticosi o meno importanti. La loro prigione non era molto sorvegliata, ma ciò nonostante l’oceano di ghoul ferali che aveva invaso le strade del Nucleus avrebbe impedito a chiunque di scappare attraverso le strade. L’unica via di fuga praticabile era il ponte di rottami che collegava il Recinto alla T.O.S.. E chiaramente anche questo era impossibile da attraversare senza permesso e incolumi.

Ah e poi c’era anche il resto. Le fabbriche, la monorotaia, l'aeroporto internazionale e la rete di avamposti sparsi nella Zona Contaminata usati come roccaforti da decine di squadre e plotoni composti da demoni e devoti fedeli alla causa. Tutta roba che l’Orda aveva occupato, rimesso in funzione e modificato per il proprio sostentamento.

Tornando alla missione però, mi accorsi di un piccolo imprevisto.

A colazione ebbi modo di complimentarmi con Trinity per la sua trasformazione a donna, e di rimproverare Nick per essersi approfittato di una giovane infermiera in un momento di debolezza. E Atom non aveva fatto nulla per impedirlo. Cioè voglio dire. Aveva passato tutta la notte in camera con loro.

Fu però dopo pranzo che ci accorgemmo della scomparsa di Nick, Trinity e Atom. Temendo il peggio avevo chiesto agli addetti alla sala dove fosse finito il nostro generale, la sua assistente e il suo cane. Scoprire che Nick fosse stato invitato all’Olympus mi preoccupò. Il meccanico non era di certo un attore nato, e se l’Orda avesse scoperto la sue reale identità allora saremmo stati subito scoperti.

Tutto ciò che potevamo fare era attendere e sperare che Nick riuscisse a tornare da noi prima della nostra partenza e prima di farsi scoprire.

Per passare il tempo mi ero messa a giocare con gli altri predoni a carte. E dopo un pomeriggio all'insegna del gioco d’azzardo decisi che era il momento di incassare le mie vincite.

Ottenuti i soldi, mi diressi alla cassa del rivenditore di armi del Valhalla. Il negozio esisteva già da prima della Grande Guerra, ma la gestione era passata al contabile di Woden. Un certo Dubois.

Davanti a me c’era Caron il Terminatore. Un nerboruto sicario professionista che nel periodo prebellico si era dato da fare eliminando i nemici di chiunque lo pagasse. O così almeno avevo sentito dire. Oltre ad avere una lunga lista di vittime, quel mostro aveva anche un intero dépliant di innesti chirurgici impiantato nel suo corpo, che oltre ad averlo avvantaggiato nei suoi lavori, gli avevano dato l’aspetto di un robot assassino. Come una stazza pari, se non superiore, a quella di Bud e un paio di visori rossi per il puntamento di precisione al posto dei bulbi oculari.

-Fucile da combattimento a pallettoni.- Ordinò Caron al protectron mentre lui caricava una carabina da combattimento.

-Questo ha combattuto ad Anchorage. Va a pompa ed è automatico.- Disse il protectron mettendo sul bancone di vetro il fucile richiestogli.

-La quarantacinque con il carrello potenziato, e il silenziatore.- Continuò Caron indicando una delle pistole sotto il vetro del bancone.

-Queste sono nuove di zecca. Le abbiamo appena ricevute.- Disse il robot porgendogli la pistola. -Questa è una buona pistola. Il proiettile raggiunge il bersaglio ancor prima che lei senta il soffio del silenziatore. Desidera altro?-

-Fucile al plasma con carica massima e canna corta.-

-Quelli li abbiamo esauriti ieri. Qui c’è solo quello che vede.-

-Mitraglietta da 9mm?-

-Mi pare che le armi lei le conosca.- Continuò il protectron porgendogli una mitraglietta nuova di zecca. -Qualunque di queste va benone per difendersi. Quindi … qual’è che vuole?-

-Tutte.-

-Come desidera. Per le pistole bisogna aspettare quindici giorni. Ma i fucili può prenderli subito.-

Nello stesso momento però, Caron aveva inserito un caricatore tondo nel fucile da combattimento e armato l’arma tirando la manopola di armamento.

-Questo non deve farlo.- Lo rimproverò il robot.

-Sbagli.- Disse Caron un attimo prima di impallinare la testa del robot con la sua arma.

Tutti nella sala si fermarono per un secondo a guardare cosa fosse accaduto, ma vedendo che la vittima era stata un robot addetto alle vendite e che il colpevole era uno dei pezzi da novanta dell’Orda, nessuno ebbe da ridire. Come tutto era piombato in un totale silenzio, tutto era subito tornato al solito brusio da casinò.

Il sicario raccolse le sue armi e dopo aver lasciato sul bancone tre centoni si diresse agli ascensori. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono, ma entrambi ci guardammo con indifferenza. Tanto meglio così.

-Stupido rottame. Pensavo di avertele cancellate le restrizioni sulle vendite.- Disse grugnendo un grasso e tarchiato venditore giungendo a quantificare i danni. -Allora? Cosa ti serve bocconcino blu?-

Il ciccione indossava una camicia a quadri in flanella piena di macchie d’olio e una bombetta rovinata che gli copriva a malapena la testa stempiata. La puzza del suo sigaro di qualità scadente mi faceva venire le lacrime agli occhi, ma la merce di quel negozio era pur sempre buona.

-Cos’hai per centocinquanta dollari?- Gli chiesi esaminando la merce dal bancone.

-Mitraglietta laser RCW da gangster. Sparachiodi H&H Tools buona sulla media distanza. Pistola da 12,7mm della SIG-Saure. Lancia termica industriale. Desert Eagle con proiettili da 44mm. Glock 86 al plasma fabbricata in Austria. Fucile laser autoricaricante, con potenza debole ma illimitata. Dimmi cosa vuoi?-

-Posso vedere la 12,7mm?-

Il venditore ne mise una nuova di zecca sul bancone e me ne mostrò i dettagli con le dita callose rovinate dal lavoro.

-Fabbricata in Svizzera. Progettata per la caccia. Potente e compatta. Conveniente per un abile pistolero o per un combattente con mani forti. Peso e rumore sono svantaggiosi, ma se riesci a mettere le mani su un silenziatore dovresti essere apposto. Per venti dollari o quattro canini in più ti posso dare anche una fondina e tre caricatori già pronti.-

Quella pistola mi piaceva e lasciarla in mano al nemico non avrebbe fatto altro che avvantaggiarlo.

-Affare fatto.-

Agganciatami la nuova fondina in pelle sintetica al cinturone lasciai il negozio di armi e salii le scale per raggiungere il poligono di tiro del Valhalla e provare la mia nuova arma. Beh in realtà il poligono era un ex agenzia di viaggi.

-Vuoi qualcosa di speciale? Sigarette? Mentats? Un cocktail-atomico?- Mi chiese una devota ghoul in veste da cameriera.

Guardai un attimo quale fosse la mercanzia che la cameriera portava in giro per il salone con la sua cassetta a tracolla, ma tra droghe e briciole di pelle cadute dal volto bruciato e spellato, preferii evitare.

-No grazie.- Dissi chiudendomi la porta alle spalle.

Giunta al poligono trovai altri quattro predoni intenti a sparare. Uno era Nolan con il suo fucile laser. Gli altri erano due mafiosi alle prese con una devota fatta venire dai piani più inferiori per intrattenere gli apostoli. Quei tre stavano ridendo e scherzando come delle scimmie ad una delle postazioni di tiro. Da come si muovevano, oltre ad essere ubriachi, sembravano anche essere strafatti di Med-X. Per coloro che ancora non l’hanno capito, non era vietato. I guerrieri dell’Orda erano al disopra delle comuni leggi sull’abuso di alcol e droghe.

-Come stanno andando le cose?- Mi chiese Nolan.

-Bene. Non ho ancora ricevuto direttive di alcun tipo, ma per adesso direi che mi sto ambientando.- Gli risposi estraendo la mia nuova arma dalla fondina.

Sparai un colpo nel torace di un manichino mezzo crivellato per testare la pistola. Calcolatene potenza e precisione, scaricai il resto del caricatore sul manichino. A dieci metri di distanza dal bersaglio, la pistola non mi diede problemi. In compenso capii subito che pur essendo più potente della mia cara vecchia 10mm, la 12,7mm risentiva di una minore precisione.

-Cerbero, noi ce ne andiamo al bordello per cercare le amiche di questa qui.- Esultò uno dei due apostoli andando all’uscita del poligono. -Vieni con noi?-

-Ho da fare. C’è ancora quel problema alla stalla da risolvere.- Gli rispose Nolan inserendo una nuova cella alla microfusione nel suo fucile.

-Stai attento. Non credo che al Boss piacerebbe sapere che te la spassi con degli animali.-

Fatta l’ultima perfida risata, i tre abbandonarono il poligono, portandosi via la loro simpatia e la puzza di alcol.

-Posso chiederti una cosa Nolan?-

-Dai ti prego, almeno tu! La storia delle mucche nate con due teste è stato solo un caso isolato. La nostra carne è sana e priva di mutazioni genetiche.-

-Cosa?! No! Volevo solo sapere perché alcuni ti chiamano Cerbero.-

Beh in realtà avrei voluto sapere anche la storia delle mucche a due teste. E che fine faceva la carne della gente macellata negli insediamenti trappola che l’Orda aveva allestito in tutta la Zona Contaminata.

-Ah quello. Vedi … sono il vice comandante della Legione dell’Ordine. Ogni volta che vedo qualcuno dei nostri sgarrare intervengo per evitare risse o spargimenti di sangue. Così facendo mi sono beccato il nomignolo del guardiano degli inferi. Come se fare da balia a tutti gli idioti dell’Orda fosse stata la mia aspirazione.-

Vivere in un mondo di mostri e cercare di tenerli in riga. Ecco cos’era diventata la vita Nolan. A lui toccava sporcarsi le mani, mentre Clark si pavoneggiava al bar.

-Mettila come vuoi soldato, ma se dipendesse da me, saresti tu a comandare la Legione dell’Ordine.- Dissi cambiando caricatore alla pistola.

Nolan non mi rispose. Fece una semplice pausa per ponderare le mie parole. Poi tornò alla manutenzione del suo fucile.

Sapendo che insistere sull’argomento non avrebbe portato ad alcun risultato, riposi la pistola nella fondina e me ne andai. Almeno avevo detto la mia.

Uscita dal locale, buttai un occhio in giro per vedere dove fossero finiti i miei compagni. La fortuna volle che la squadra Vault si fosse radunata intorno ad un tavolo nei pressi del ristorante migliore del salone.

Il contatto visivo si interruppe quando un bestione mi passò davanti. Il predone era la più grossa e grassa palla di lardo che io avessi mai visto in tutta la mia vita. Duecento chili di carne flaccida raccolta in una salopette simile ad una mongolfiera e coperti da una giacca da motociclista di una o duemila taglie più piccole, che non potendo essere chiusa, metteva in mostra il seno abnorme e peloso. Gambette corte, testa minuscola, barba lercia e un paio di braccia tanto muscolose quanto sproporzionate. Il tutto seguito da un tanfo nauseabondo e talmente forte da essere quasi visibile. Avrei quasi giurato che fosse un mutante più che un essere umano.

Il troll non mi badò neppure di uno sguardo, ma il carrello di una giovane dannata addetta alle pulizie intenta a pulire il corrimano del parapetto diventò un perfetto bersaglio. Con un potente colpo del braccio sinistro, il predone scagliò il carrello sulla poveretta, facendole urtare il parapetto e ricoprendola di stracci per pulire, saponette per le camere e polvere di detergente Abraxo. Inutile dire che nessuno in tutto il salone si fosse scomposto. Anche senza il brusio generato dai predoni, il ciccione sarebbe rimasto impunito.

-Stai bene?- Le chiesi giungendo in suo soccorso.

La ragazza non avrà avuto più di sedici anni. E già qualcuno le aveva messo un collare esplosivo al collo, una tuta da carcerato in segno di segregazione e uno straccio in mano che probabilmente l’avrebbe accompagnata per il resto della sua vita.

Quando si accorse che la sottoscritta era giunta in suo soccorso, rimase un pizzico smarrita.

-Io … no io … sono solo inciampata sul mio carrello.- Si scusò la giovane con un filo di paura.

Era chiaro che se un dannato denunciasse un predone per degli abusi sarebbe finito in grossi guai.

-Scusami sorellina, ma per oggi ho già ingoiato la mia dose massima di bastardate.- Detto questo mi alzai in piedi, riempii i polmoni d’aria e feci quello che sapevo fare meglio. -Hey, tu bulletto!-

Il pallone umanoide si fermò colto di sorpresa e voltandosi cercò di capire chi l’avesse chiamato.

-Hai detto qualcosa biscottino?- Mi chiese con tono da bifolco.

-Si. Ho detto: Hey … tu … bulletto.- Gli risposi sprezzante. -Cos’hai? I timpani troppo grassi?-

Il bestione ridacchiò e si avvicinò fino a starmi a due metri di distanza. Cioè trenta centimetri dal suo ombelico.

-Ti dai un sacco di arie per essere una nuova. Quale cavolo è il tuo problema?-

Dal salone sottostante qualcuno si era accorto della discussione e senza volere avevo creato un po di spettacolo.

-Voglio che tu chieda scusa a questa ragazza immediatamente.-

Il predone diede una veloce occhiata alla sua vittima, per poi scoppiare in una risata in pure stile predone dell’Orda.

-Che ne dici se invece tu e lei venite nella mia stanza e vi faccio le stesse cose che ho fatto a sua madre un attimo prima di strangolarla.-

Sentendo quelle parole, guardai la ragazza come a chiedermi se il gigante stesse mentendo. Ebbi la terribile conferma quando vidi le lacrime scorrere sul viso della ragazza. A stento tratteneva i singhiozzi. Non potevo essere sicura che la madre fosse morta per mano di quell’orco o in altre circostanze. Ne se il predone le avesse effettivamente abusato di lei prima di ucciderla. Ma quel bestione si meritava comunque tutte le pene dell’inferno.

-FIGLIO DI …!!!-

Spinta dall’ira e dal filtrante MKIII inserito nel mio sistema circolatorio, sferrai il mio più potente gancio destro alla guancia del predone. Incredibilmente però, il grasso della guancia attuti il colpo.

-Mai sofferto il solletico. Ti offro altri due tiri.- Disse il predone ghignando tutto contento.

Il secondo colpo fu un calcio ben assestato nelle palle. Ma la mia gamba rimbalzò all’indietro senza causare danni di alcun tipo.

-Prima le devi trovare. Ultima occasione.-

Imbufalita e a corto di risorse, improvvisai come solo la vecchia Rocket sapeva fare. Mi aggrappai alle bretelle del predone e caricando la testa all’indietro gli sferrai una potentissima testata al naso.

Il bestione arretrò intontito e sbigottito. Mentre io mi controllavo la fronte alla ricerca di frammenti facciali, lui si palpò il naso per constatarne i danni. Quando capì di essersi rotto il setto nasale si imbufalì come un toro.

-MALEDETTA SGUALDRINA!- Disse scattando verso di me.

Il colosso però non fu abbastanza veloce con le sue gambette corte. Con un astuta mossa e dei buoni riflessi feci una schivata a destra in direzione del muro. Quando il lardoso si trovò nel punto giusto, usai la parete per caricarmi con le gambe e in un attimo rimbalzai contro la pancia del pallone gonfiato.

All’inizio temetti di non averlo colpito con abbastanza forza, e infatti fu così, ma il parapetto non fu abbastanza resistente da poter reggere un simile peso e miracolosamente, il predone cadde disotto.

La caduta fu lunghissima, anche se il piano del poligono distava appena tre metri dal piano del salone. Il tutto fu accompagnato dal lamentoso muggito del predone. E il finale fu assordante. La montagna di lardo atterrò sopra un tavolo della roulette, e quando mi sporsi per guadare, ipotizzai che l’asta del disco rotante fosse finita in mezzo alle chiappe del grassone. Inutile dire che il tavolo fosse rimasto inservibile e che tutto il salone avesse gli occhi puntati su di me e il grassone.

-Diciannove ha messo al tappeto Motor-Hog!- Esultò qualcuno da lontano.

-La ragazza lo ha demolito.- Disse una donna nei pressi della roulette distrutta.

-Quella lì ha fatto del male al mio amico.- Mi accusò un altro tizio in fondo al salone.

E in un attimo, una ventina di puntatori laser mi fu addosso. Senza contare le altre canne senza puntatore laser che furono rivolte verso di me.

La ragazzina di prima si era allontanata furtivamente. Meglio così. Se qualcuno doveva morire per portare un pizzico di giustizia in quell’oscuro mondo a rischio della vita … eccomi. Il mio ultimo pensiero fu riservato alla battuta di un poliziotto in un vecchio film. Almeno come me lo ricordavo.

-Questo era solo il prezzo che sapevo di dover pagare. E lo sto pagando. Non si salva la vita ad una ragazzina, per poi gettarla in pasto ai cani. Non a casa mia. Vogliono far fuori qualcuno. Beh eccomi qui.-

-FERMATEVI FIGLI MIEI!!!- Tuonò una voce profonda dagli altoparlanti nella sala.

Subito le luci si spensero e tutti i presenti si inginocchiarono o si gettarono a terra. Tutti tranne io che ancora non avevo capito cosa stesse accedendo.

Uno dei proiettori in cima al soffitto del salone si accese e mi puntò con la sua luce accecante. Forse non ero ancora finita.

-Claire Brown. Vieni a me piccola. Raggiungimi in cima alla torre. Cerbero ti guiderà alla mia corte.-

-Si mio signore. Sarà un vero onore per me.- Disse Nolan comparendo alle mie spalle con il capo chinato.

Il predone mi fece segno di seguirlo e in silenzio scendemmo le scale. Per tutto il tempo, nessuno osò rialzarsi, anche se un paio di tipacci mi lanciarono delle occhiatacce sinistre. Io non li badai e con passo svelto raggiunsi l’ascensore insieme a Nolan.

Solo quando le porte si chiusero e l'ascensore iniziò a salire potei tirare un sospiro di sollievo. Anche se ciò che mi attendeva in cima alla torre poteva essere peggiore di un plotone di esecuzione.

-Tre mesi in questo inferno, e a parte un vecchio con un piede già nella fossa, nessun altro ha fatto quella che tu hai fatto per quella ragazza. Chi sei tu?- Mi chiese Nolan. -Chi sei veramente?!-

Il tono di Nolan non era aggressivo. Semplicemente non riusciva a capire cosa fosse appena accaduto.

-Sono solo una come te Nolan. Cerco di tirare avanti in un mondo che cerca di corrompermi o di uccidermi.-

Il ghoul non disse altro. Fui io a spezzare il silenzio, prima che l'ascensore finisse la sua breve corsa.

-Quello che mi ha chiamato … era chi penso che sia?- Chiesi anche se la domanda era abbastanza retorica.

-Lord Woden. Signore e padrone dell’Orda. Dominatore della Zona Contaminata e di tutte le terre conosciute. A prescindere da quali siano le tue carte, giocatale bene. Non tutti quelli che lui ha chiamato nel suo ufficio hanno fatto ritorno.-

Woden. La testa del serpente. Il fondatore e comandante del nostro più grande nemico mi aveva appena chiamata nel suo ufficio. Avevo pensato di poterlo vedere da lontano. Magari durante una sua apparizione. Ma non di persona. Tante variabili e altrettanti scenari possibili.

-Morirò? Avrò salva la vita? Lo potrò uccidere? Tornerò a casa con i miei amici?-

Era inutile stare a pensarci. Vista la situazione potevo solo farmi trascinare dal destino fino al cospetto del mio obbiettivo e sperare che gli altri fossero stati più fortunati.

L'ascensore si fermò all’ultimo piano raggiungibile. Quello dell’Olympus era il piano del salone vip.

Un’immensa sala adornata con ogni sciccheria e addobbo inimmaginabile. Lo stile era rimasto immutato, ma alle pareti erano stati appesi quadri magnifici e in varie parti della sala erano state collocate statue e opere d’arte sicuramente recuperate, per non dire trafugate, dai musei e le case dei collezionisti più importanti del paese.

E gli ospiti. Quelli erano tutta un’altra storia in confronto agli apostoli. Tutti vestiti con abiti lussuosi o con uniformi da alti ufficiali dell’esercito. Ex generali dell’esercito USA e membri dell’alta società prebellica che si erano uniti a Woden fin da subito. Alcuni indossavano anche maschere da carnevale vecchio stile e abiti ottocenteschi. La cosa che mi colpì di più furono i ghoul. Ogni singolo ghoul era stato rivestito con una membrana di plastica bianca che ne copriva la pelle bruciata. All’apparenza potevano sembrare dei manichini, ma guardandoli da vicino si poteva vedere che la pelle intorno agli occhi era bruciata. In base a quanto ero riuscita a capire origliando le conversazioni degli apostoli, sia la tecnologia che impediva alle tempeste di colpire la città, che quella plastica traspirante, erano stati concepiti dalla Legione Pensante. Ossia il team di scienziati che l’Orda aveva creato salvando ricercatori e specialisti in tutta la Zona Contaminata.

-Un abitante dei Vault? Ma non dovevano essere sotto terra?- Chiese un generale ad un altro ufficiale quando gli passai vicino.

-Avrà perso la coincidenza.- Scherzò quell’altro.

-Guarda cara. Un altro avanzo impolverato che si trascina ai piedi di Lord Woden.- Disse una vecchiaccia con un cappello di frutta finta e un abito alla moda da duemila dollari.

-Mammina, perché quella signore è vestita di blu? E cos’è quella cosa che porta al braccio?- Chiese con insistenza un ragazzino in costume da bagno a sua madre mentre questa se ne stava in ammollo in una delle jacuzzi interrate. -Ne voglio uno anch’io. Chiediglielo mamma. Dille di darmelo.-

-Non hai bisogno di quella spazzatura elettronica Roger. Comunque basterà che tu glielo chieda e lei te lo darà.-

-Avete visto? Il tirapiedi di Clark ha portato un altro vagabondo qui da noi. Spero che non infanghi il tappeto con i suoi stivali da poveraccio.- Disse un simpaticone con la puzza sotto il naso come se io e Nolan non esistessimo.

-Solo perché il salone è per i vip, ciò non significa che non sia pieno di stronzi.- Pensai.

-Ed è per questo, che in un vero scontro tra titani, Silver Shroud non potrebbe mai battere Grognak il Barbaro.- Disse una voce a me familiare seguita poi da un coro di risate.

Incuriosita allungai lo sguardo verso un gruppetto di vip. E li mezzo vidi un giovane latinoamericano sotto la pelle di un bell’uomo caucasico in veste da generale, in compagnia della sua fantastica assistente e del suo fedelissimo pastore tedesco.

-Oh generale Morrison, potremmo stare giorni interi a sentire le sue incredibili storie.- Si complimento una donna nel gruppo.

-Hey, ehm … Claire.- Mi salutò Nick vedendomi passare.

Per lo meno ebbi la conferma che Nick non aveva fatto saltare le nostre coperture e rovinato tutto.

-Generale. Sono felice di vedere che state bene.- Dissi allontanandomi da Nolan e facendomi strada nel gruppo.

-Generale Morrison. Conoscete questa persona?- Chiese la donna di prima esaminandomi dalla testa ai piedi.

-Oh, ma certo. Senza di lei non sarei mai riuscito ad arrivare fin qui. Una soldatessa degna di merito.-

-Ah ah, voi mi lusingate generale.- Dissi avvicinandomi a Nick e prendendolo per un braccio.

-Trova una scusa e torna giù di sotto che dobbiamo partire genio. Se non torno entro mezz’ora o le cose si mettono male partite senza di me.- Gli sussurrai all’orecchio.

-Va bene soldato, può andare. Al resto ci penserò io. D’altronde, quanti sottoposti ci vorranno per sostituire un nucleo di fusione?-

La battuta del meccanico generò il solito coro di stupide risate. Non avrei mai pensato che un operaio del ceto medio e di sangue messicano potesse ottenere così tanto successo in mezzo a dei ricconi snob come quelli. Specialmente Nick. La sua cultura si basava interamente sui fumetti e i motori.

Lasciato il circolo culturale di Nick continuai a seguire Nolan fino all'ascensore che dal salone portava all’ufficio del direttore. A Dick Lennox, proprietario e direttore della vecchia Tower Of Kings, piaceva passare sempre nel salone dei vip prima di entrare nel suo ufficio. O almeno così avevo sentito dire.

L’ultimo ascensore era un pezzo di storia. Un modello europeo vintage del ventesimo secolo in ferro battuto e da poco restaurato. Quando ci entrai però mi sembrò di stare dentro ad una gabbia per uccelli.

-Capisco gli ufficiali, ma gli altri a cosa servono?- Chiesi a Nolan poco prima che la visuale sul salone venisse rimpiazzata dalle pareti della tromba.

-Al capo piace il lusso. La raffinatezza. E quelle persone sono un’eccellente distrazione per lui.-

Woden non smetteva di stupirmi. Si era creato un mondo tutto suo con nobili capitalisti viziati e lussi impensabili per illudersi di vivere in un sogno.

-Alcuni hanno anche dato i codici e le password dei terminali nelle loro aziende, garantendo una rapida ripresa della produzione di alcuni beni di primo consumo o il recupero di merci preziose nei loro depositi privati. In pratica si sono comprati un futuro da aristocratici.-

Stavo per chiedere a Nolan come l’Orda potesse accettare tutto questo spreco, quando la mia attenzione venne attratta da un altro macabro spettacolo.

In una rientranza della tromba, dove originariamente si poteva ammirare una pianta ornamentale o forse una statua, era stato messo in mostra un cadavere. Il corpo era stato messo in posa con dei tubi come un animale impagliato.

-Il primo che ha cercato di assassinare Woden. Non è durato più di cinque secondi.- Mi informò Nolan.

Seguirono poi altri cinque disgraziati morti stecchiti e messi in posa. Gli ultimi due erano vivi invece. Un reverendo di colore semi cosciente legato ad una croce e una donna anch’essa legata ad una croce ma vestita con una strana tuta antiradiazioni. Sembrava più una cosmonauta.

-Oh potente Hub. Guidami dinnanzi al Padre Stellare. La mia mente non riesce a liberarsi da tutte queste neurodine.-

Gli Hubology. Una setta religiosa fondata nel periodo prebellico da un certo Dick Hubbell. A quanto avevo letto sui quotidiani prebellici e sentito dire, quei fanatici credevano di poter ottenere poteri paranormali tramite bizzarri rituali pseudo scientifici. Tutto questo al fine di unirsi ad una divinità spaziale e tornare un giorno sulla Terra per liberarci tutti dagli spiriti maligni che si annidavano nelle nostre menti. Chi sa quanti di loro erano stati effettivamente salvati dagli incendi nucleari?

-Che hanno fatto per meritarsi questo?- Chiesi cercando di restare calma.

-A Woden non piace avere rivali. Qui c’è una sola ed unica fede.-

L'ascensore giunse finalmente alla fine della sua corsa, mettendo finalmente fine a quello show degli orrori. Avrei voluto fare qualcosa per quelle persone, ma vista la situazione intervenire era impossibile.

L’ufficio di Woden era praticamente un intero salone. Appena vidi le scale che portavano ad un secondo piano non potei fare a meno di chiedermi se la nostra scalata fosse ancora lunga.

Al primo piano erano state accumulate altre statue ed opere d’arte trafugate. Ma il pezzo forte era la piscina di venti metri ornamentale nella quale una decina di ragazze se ne stava in ammollo con il costume da bagno. Doveva trattarsi “dell’harem” personale di Woden. Inutile dire che il mio arrivò fu argomento di dibattito per le concubine del capo.

Dopo la piscina, ci ritrovammo davanti ad una scrivania con alle spalle un pittore intento a ritrarre un essere luminoso su di una grande tela appesa alla parete. Non riuscivo però ad identificare la natura del soggetto.

La segretaria o l’addetto alla scrivania non era presente e sia io, che Nolan, fummo costretti ad attendere. A farci compagnia ci pensarono ben quattro cybercani di guardia alle scale. Seduti perfettamente e immobili come statue, mi scrutarono per tutto il tempo valutandomi e ponderando ogni mia possibile mossa con i loro cervelli elettronicamente potenziati.

-Qua su Cerbero. Muoviti.- Ci chiamò una donna dal piano superiore.

Salimmo la scala di marmo a sinistra e finalmente giungemmo in cima.

Il secondo piano era a tutti gli effetti un ufficio da vero direttore. Sulla destra era stato collocata la più grande scrivania in mogano che io avessi mai visto e dietro di essa un fuoco scoppiettante stava ardendo nel caminetto di marmo con le rifiniture in rame.

A sinistra era sta invece appesa una mappa talmente grande da ricoprire quasi tutta la parete. Esaminandola da lontano e con discrezione rimasi molto stupita. Se i miei occhi non mi avevano ingannato, nessuna legione demoniaca era riuscita ad avvicinarsi a Boise City e a noi. Il vantaggio di vivere nel nulla era proprio questo. Chi avrebbe mai pensato che una forza rivale come la nostra, avrebbe potuto trovarsi in un luogo così isolato, lontana da fonti di sostentamento e isolata dal resto del mondo?

Era però al centro della stanza che si trovava la mia destinazione finale. La corte di Woden era tutta riunita attorno ad un tavolo, nella penombra del caminetto e della scarsa luce che penetrava le grandi vetrate all’altro lato del salone.

C’era anche un’altra figura ai margini più remoti del tavolo. Una donna sdraiata su una chaise longue. Ma identificarla con quella poca luce era impossibile.

In un primo momento non mi badarono neanche di uno sguardo, ma d’un tratto, senza alcun preavviso, scattarono tutti in piedi come delle reclute in presenza del loro capo istruttore. Eccetto la tipa sulla sceslong.

All’inizio pensai che i predoni stessero omaggiando me, ma il contatore geiger iniziò a emettere il suo solito ticchettio e prima che io potessi accorgermi dello strano chiarore verdognolo alle mie spalle, qualcuno mi mise le sue bollenti, verdi e bioluminescenti mani sulle spalle.

-Presa!- Esultò il proprietario di quelle mani.

Per poco non me la feci addosso. Non riuscii neppure a muovere un muscolo. Ero troppo terrorizzata.

Quell’essere si spostò alla mia destra e finalmente lo vidi.

-Finalmente ci incontriamo. Faccia a faccia. Mia piccola soldatina.-

Lord Woden, era un ghoul. E non uno qualsiasi. Un ghoul splendente. Neppure il Dr Spectrum aveva ipotizzato che uno splendente potesse rimanere sano di mente. Sempre se essere il capo supremo dell’Orda fosse da considerarsi una cosa sana.

Vestiva con un'elegantissima uniforme bianca, simile a quella da parata di un ammiraglio prebellico, coperta da medaglie, onorificenze e con un mantello agganciato alle spalle. A colpirmi fu però il suo Pip-Boy. Il modello non era di serie. Sicuramente uno personalizzato. Difficile dire se fatto per lui dopo la sua ascesa al potere, o magari prima delle bombe per un alto dirigente Vault-Tec. Come quello di Jackson del resto. La cosa più assurda era invece il rivestimento placcato in oro. Una sciccheria.

-Prego, accomodati pure.- Disse Woden invitandomi all’unica sedia libera del tavolo.

Dopo essermi accomodata, Woden e tutti gli altri predoni fecero lo stesso. Lo splendete si era seduto dall’altro lato del tavolo, su un grande trono fatto di marmo e con delle imbottiture rivestite di velluto. La sua lucentezza radioattiva illuminava il tavolo e i volti dei presenti.

-Puoi andare soldato.- Disse Woden a Nolan come a disfarsene.

-Grazie signore.- Gli ripose il ghoul allontanandosi dal tavolo senza alzare lo sguardo e senza dargli le spalle.

Non fu affatto difficile notare la soddisfazione che lo splendente provò nel vedere Nolan strisciare via dalla sua luce.

-Mia adorata Claire, ti presento i migliori comandanti della mia Orda. L’ammiraglio Morgan, comandante della Legione dei Cieli. Il tenente Marshall, comandante della Legione d’Acciaio. E la Sentinella, comandante delle Legione degli Osservatori.-

Il veterano seduto alla destra di Woden mi guardò senza dire niente. Osservando la sua uniforme ipotizzai che in passato fosse stato un vero ammiraglio della marina statunitense. Evidentemente, per lui un soldato appetente ad un’unità di terra era come un altro vagabondo raccattato nel deserto.

Il tenente invece era un ghoul senza capelli e senza naso con una semplice uniforme da carrista. Lui e l’ammiraglio erano gli unici ex militari a non aver modificato significatamene il loro vestiario. Mi fece un breve cenno come saluto.

L’ultima era la donna alla mia sinistra. Vestita con un’uniforme da ufficiale tinta con un nero pece e una benda sull’occhio che mi facevano tornare in mente le vecchie illustrazioni degli ufficiali nazisti che da giovane avevo visto nei libri di storia. La donna mi esaminò brevemente con l’occhio che le era rimasto.

-Dimmi. Non è che per caso sai che fine ha fatto un certo Desmond Lockheart?- Mi chiese Sentinella.

-No. Perché?-

-Così. Tanto per sapere.-

-Ah, la nostra Sentinella. Lei e un suo gruppo di amici sono impegnati in un gioco molto particolare. Uno di quelli in cui per vincere bisogna uccidere tutti gli altri avversari.- Mi spiegò Woden. -Pittoresco oserei dire. Loro sono invece il Gran Dragone Garth, comandante della Legione Bianca. Il Dr Jarvis Davis, Comandante della Legione Pensante. E il comandante della Legione Civile, che lei forse già conosce? Non di persona ovviamente, ma forse avrà sentito parlare di lui.-

Il Gran Dragone era un dannatissimo Ku Klux Klan. E anche bello alto. Da seduto, la testa dell’incappucciato arrivava alla stessa altezza di quella di Woden seduto sul suo trono. Anche la sua veste da KKK era stata verniciata di nero e nella mano destra impugnava una lunga falce con tre teschi umani incastonati nella lunga e spessa lama di ferro. Da quando Woden si era seduto non aveva smesso di fissarmi.

Il dottore invece sembrava il cattivo di un film di fantascienza. Vecchio, scheletrico e con una faccia che trasudava puro disgusto per ogni cosa.

L’ultimo comandante, quello alla mia destra, vestito con un elegante completo prebellico e degli occhiali da sole appoggiati sulla fronte stempiata, lo conoscevo molto bene invece. La sua faccia era comparsa su tutti i quotidiani del paese.

-Matt Messina Denaro, detto lo Smilzo. Boss mafioso italoamericano, capo di tutte le famiglie del Commonwealth delle Pianure e sospettato per numerosi crimini in tutto lo stato.- Dissi pensando a tutti gli innocenti che quel viscido aveva ucciso per arrivare in cima.

E alla fine era comunque finito a leccare i piedi verdastri di uno stronzo radioattivo più grosso di lui.

-Che posso dire? Io almeno mi sono presentato in tribunale. I testimoni hanno sempre tardato.- Scherzò il mafioso.

-Ah ah ah. Matt mi farai morire dal ridere con il tuo umorismo. Dove ero rimasto? Ah, si. Quella che sta qui dietro è Tris, il comandante della Legione Speciale e mio braccio destro.-

La predona sulla chaise longue non si scompose neanche di un millimetro. Se ne stava li a fumarsi una sigaretta e a leggere una rivista di Pistole e Proiettili. Forse la sua posizione le permetteva di non dover apparire troppo servile nei confronti di Woden.

-E in fine … beh … credo che tu abbia ormai capito chi sia io?- Continuò Woden.

Dovetti far ricorso a tutte le mie energie per non dirgli ciò che veramente pensavo su di lui.

-Lei è Lord Woden. Il fondatore dell’Orda. Nostro salvatore e redentore. Colui che ci guiderà in un nuovo Eden ed estirperà gli eretici da questa nostra grande nazione.- Dissi cercando di apparire quanto più devota possibile e cercando di non vomitare.

-Le tue parole mi lusingano giovane sopravvissuta. E il fatto che persone come te facciano tutt’oggi parte delle mie legioni mi rende orgoglioso. E cosa pensi di ciò che stiamo facendo qui e al Nucleus?-

-Tutto ciò è incredibile. Non so cosa avremmo fatto senza un luogo dove poterci riunire e lavorare insieme per un domani più luminoso.-

-Si! Anche questo è vero. Dove c’era morte, caos e la gente si uccideva anche per una semplice confezione di Salisbury Steak o per una lattina di acqua purificata, io ho portato armonia, legge, progresso e luce. Ma ora dimmi Claire, a te piacciono i giochi di carte?-

-Beh, ecco. Si. Ho una certa pratica con le carte.- Risposi ponderando bene le mie parole.

-Bene. Perché noi stavamo per iniziare una bella partita di poker Texas Hold’em. Vuoi unirti a noi?-

-Certo, se per lei non è un problema.-

-Ti prego mia cara, ti prego. Se c’è una cosa che amo è farmi nuovi amici e divertirmi con loro. Marshall, vuoi fare tu li onori.-

Il carrista ghoul mischiò con molta destrezza un mazzo di carte in ottimo stato e ne diede due a tutti i presenti. Le mie erano un due di quadri e un tre di picche. Praticamente un calcio in faccia dalla dea della fortuna.

-Signori. Fate il vostro gioco. Il piccolo buio è di cinquanta dollari.- Disse il tenente.

-Passo.- Disse Sentinella.

-Pure io.- Dissi appoggiando le mie carte sul tavolo.

Tutti gli altri fecero check. Woden compreso. Messina però fece una puntata.

-Io punto cento dollari.-

-Accidenti.- Disse l’Ammiraglio lasciando sul tavolo le sue carte.

Lo stesso fecero gli altri, pensando che il mafioso non stesse bluffando.

-Sei più furbo di una volpe Matt.- Si complimentò Woden. -Come quel tuo amico. Eddie Winter. Come aveva fatto a fregare gli investigatori?-

-Semplice. Spifferando al BADTFL di Boston tutti i segreti della concorrenza. Ecco perché mi sono sempre guardato le spalle da quella faina. Spero che sia morto in una fogna quel pezzente.-

Al secondo giro il mazziere fu l’ammiraglio. Il vecchio non fu tanto bravo quanto Marshall a mischiare le carte, ma riuscì comunque a distribuire le carte.

Finalmente ottenni una buona mano. Un re di picche e un re di fiori. Peccato che io non avessi abbastanza denaro.

-Hem, io avrei poca liquidità. Sinceramente non so come continuare.-

-Se vuole può mettere sul tavolo la sua nuova pistola.- Mi informò Woden. -Secondo i nostri registri l’ha pagata ben centocinquanta verdoni. Se non vuole rischiare la sua nuova arma le posso anche fare un prestito.-

-No signore, non si preoccupi. Se anche perdessi la mia arma saprei che verrebbe utilizzata per la nostra causa.-

-Come ritrovarmela puntata alla nuca.- Pensai mettendo la pistola al centro del tavolo.

Mi incuriosì vedere che nessuno dei presenti si era mosso vedendomi estrarre un’arma in presenza del loro comandante.

-Ecco. Queste sono le parole che voglio sentir uscire dalla bocca di un demone. Questa è la vera devozione alla nostra causa. Questo è l’ardore di un vero americano.- Si complimentò Woden.

Il Dragone, Sentinella e Messina lasciarono le carte. Restammo solo io, Woden, Marshall, l’ammiraglio e lo scienziato.

Quando però l’ammiraglio sollevò le prime tre carte sul tavolo, tutti i giocatori rimasti in partita, esclusi io e Woden, lasciarono le loro carte. Sul tavolo, oltre al piatto, c’erano un tre di fiori, un tre di picche e un quattro di cuori.

-Quanto avete ancora con voi?- Mi chiese Woden.

-Poco più di venti dollari.-

-All’ora rilancio di venti. Se per voi va bene?-

-Ma si, perché no. All-in.- Dissi mettendo l’ultima banconota a mia disposizione sul tavolo.

Contravvenendo a tutti i messaggi del calcolatore di probabilità innestatomi nella testa, mi ero appena giocata la mia pistola nuova e tutti i miei risparmi. Compiacere Woden era l’unico modo che avevo per uscire viva da quel posto.

Avendo fatto all-in, l’ammiraglio passò subito allo showdown e mostrò le altre due carte. Una regina di picche e un nove di quadri.

-Audace.- Disse Woden mostrando le sue carte. -Full.-

Il mio avversario aveva un nove di cuori e un tre di cuori, che con le carte già sul tavolo andò a formare un full.

Io invece, abbandonai le mie carte sul tavolo mostrando a tutti la mia coppia di re. Ero amareggiata, ma tanto quei soldi e quella pistola erano appartenuti all’Orda fino a qualche decina di minuti prima. Non erano una grossa perdita.

-Mi dispiace per te Claire, ma sono sicuro che la prossima mano ti andrà meglio.- Continuò Woden.

-A dire la verità stavo pensando di abbandonare. Non ho altro da mettere nel piatto.- Dissi con tono cortese.

-E che mi dici di quel tuo Pip-Boy 3000?- Mi chiese Woden iniziando a mischiare le carte.

-Ah, ecco … ci sono affezionata ormai. Questo piccoletto mi ha salvata in più di un’occasione con il V.A.T.S..-

Col cavolo che mi sarei giocata il Pip-Boy. Ormai era diventato una parte di me. A volte me lo ero anche portato sotto la doccia senza accorgermene.

-Peccato. Perché io ci avrei scommesso la proprietà dell’Apollo.- Mi rispose Woden mettendo al centro del tavolo una chiave dalle discrete dimensioni.

Apollo. Quel nome era una leggenda nell’Oklahoma prebellico.

-Intende quell’Apollo?!- Chiesi sgranando gli occhi.

L’Apollo era il dirigibile pubblicitario che prima delle bombe volava in cerchio attorno alla città mostrando sui suoi due lati le pubblicità delle più grandi multinazionali. Ogni ottobre, un gruppo di fortunati vincitori di un concorso, veniva fatto viaggiare nella cabina di prima classe dell’Apollo fino alla città che ospitava le World Seris. Se vivevi in Oklahoma ed eri un fan del baseball, vincere il concorso era uno dei tuoi sogni nel cassetto. Scoprire che il velivolo fosse sopravvissuto alle bombe mi stupii. Ciò però non mi convinse a giocarmi il Pip-Boy.

-Mi dispiace. Sono comunque costretta a dover rinunciare alla sua offerta.- Risposi a mal in cuore.

-Peccato. Sa con un simile mezzo chiunque potrebbe attraversare la Zona Contaminata in totale relax.- Mi informò Woden passandomi comunque due carte dal mazzo. -E trovare cose come queste.-

Lo splendente fece cadere sul tavolo uno strano oggetto. A un primo esame lo scambiai per un minerale cristallino, ma aguzzando la vista pensai che si dovesse trattare di una grossa scheggia di vetro.

Poi Woden lanciò sempre al centro del tavolo un pezzo di lamiera verde arrugginita con due lettere bianche appena visibili. W e F. Il resto era svanito o annerito dal fumo.

Il terzo ed ultimo oggetto però mi fece quasi svenire. Per davvero. Un sottobicchiere del … Red Oasis.

-Fine della corsa ragazza.- Pensai.

-Questo era un souvenir del motel che i miei uomini avevano riadattato per l'epurazione del territorio circostante.- Mi spiegò Woden diventando malinconico. -La lamina di metallo era invece un cartello nei pressi di una base che la Legione Speciale stava assediando da giorni.-

-W e F. White Flat.- Intuii.

-Quello era invece il pezzo di una cupola di vetro che proteggeva un magnifico insediamento amministrato da una nostra cellula specializzata nella cattura di infedeli.- Disse Woden indicando la scheggia di vetro sul tavolo. -Sai cosa accomuna tutti questi oggetti?-

-Cosa?- Chiesi sapendo già dove Woden stesse andando a parare.

-Appartengono tutti a dei luoghi che i Fondatori hanno distrutto. Un gruppo di eretici che con le loro azioni hanno danneggiato il nostro progresso e reso più lontano il nostro traguardo finale. Questo apostolo ci aveva mandato un messaggio poco prima che il suo insediamento venisse distrutto.-

Woden attivò il lettore di nastri del suo Pip-Boy, facendo ascoltare a tutti la registrazione dell’olonastro.

-Nucleus, qui è l'insediamento Peaceful Refuge.-

La voce era quella di Harry. Il capo dei predoni cannibali che avevo ucciso settimane prima.

-Domani mattina il convoglio dovrà essere qui in orario. Abbiamo la cella frigorifera piena di cibo per i devoti e un paio di vagabondi dietro alle sbarre. Un attimo fa è entrata una rossa con una tuta della Vault-Tec non marchiata, uno di qui Pip-Boy al polso e una 10mm nella fondina. Non capisco come abbia fatto ad arrivare fin qui da sola ma tra poco la farò cantare come un usignolo. A quest'ora Diann e gli altri devoti l’avranno già …-

-Harry! Ci è sfuggita!- Disse quella iena defunta di Diann.

-Cazzo! Non adesso!-

Terminata la registrazione mi chiesi dove Harry avesse tenuto nascosta la radio da lui usata per contattare il Nucleus. Prima di darlo alle fiamme, avevamo setacciato l'insediamento da cima a fondo.

Ormai però tutto ciò non aveva più alcuna importanza. Il mio problema era un altro.

-Tris, tu e i tuoi uomini chi avete visto a White Flat poco prima che sprofondasse?-

-Dei buffoni capeggiati da una rossa con una tuta Vault-Tec non segnata, boss.- Disse la predona alzandosi dalla chiese longue e avvicinandosi al lato destro di Woden da dietro. -Hanno eliminato l’intera squadra di reclute che gli avevo mandato contro con i nostri mezzi e poi si sono dileguati con i loro vertibird.-

Finalmente, grazie alla bioluminescenza di Woden, riuscii a vedere in faccia Tris. La preferita di Woden aveva la mia stessa età. Forse un po più vecchia. La sua uniforme da combattimento nera si intonava perfettamente con la sua espressione da valchiria incazzata. La sconfitta di Flat White doveva essere stata una grave umiliazione per lei.

-E tu, Sheamus? Chi hai incontrato al Red Oasis? Chi ha nuclearizzato i tuoi fidati compagni? Chi ti ha mozzato la mano?-

In quel momento, la paura venne sostituita dallo stupore. Il fetido ghoul che al Red Oasis aveva provato ad uccidermi e che io avevo creduto di aver eliminato insieme agli altri predoni era appena comparso al lato sinistro di Woden. Il bastardo aveva l’avambraccio mozzato coperto da delle bende, ma per lo meno qualcuno gli aveva dato una ripulita e un completo elegante. Se non fosse stato per la sua brutta faccia piena di piaghe e vesciche non l’avrei mai riconosciuto. Notai anche delle strane cicatrici sul volto e sulle mani. Sembravano delle parole.

-Red! Lo Sceriffo Rosso! Una lurida sgualdrina eretica che si è opposta alla sua purificazione, a quella di altri sporchi inferiori e che mi ha pure mozzato la mia CAZZO DI MANO!!!-

Il ghoul stava sbavando dalla rabbia. Doveva essere stato lui a renderci famosi raccontando la mia invenzione di Beacon City ai suoi compagni. Per non parlare della storia delle taglie sulle nostre teste. Per colpa sua ero diventata il primo premio di una caccia tra predoni.

-Verdetto: tu sei … - Continuò Woden con tono minaccioso e girando le tre carte sul tavolo. -una traditrice … bugiarda … sleale … sporca spia comunista che si è intrufolata nel mio castello per attentare alla mia vita e a quella del mio popolo. Fino ad ora hai avuto fortuna, ma adesso, tutto ciò che sei e tutto ciò che ami, avrà fine, per mano mia. Hai qualcosa da dire in tua difesa? Magari farai battere il mio colore.-

Ero stata scoperta. Ormai non ci pensavo neppure di poter uscire viva da quella situazione. I miei pensieri erano rivolti ai miei amici, che speravo fossero già fuggiti o intenti a farlo, e a cosa dire prima di essere freddata.

Woden intanto era tornato a sorridere. Lo splendente aveva fatto colore con il suo tre e cinque di picche. Da piccolo doveva essere stato uno di quei mocciosi che si divertivano a molestare gli animali indifesi.

Presi un profondo respiro e svelai a Woden e alla sua corte cosa pensavo veramente dell’Orda.

-Magnifico. Non sto scherzando. È davvero magnifico. Ciò che avete creato e fatto in questo posto ha dell’incredibile.-

-Grazie.- Disse Woden con tono sarcastico.

-Trevor Weber.- Questo fece contrarre i nervi dello splendente. -Oh, si. So chi sei veramente. Un rifiuto cestinato dall’esercito che non ha saputo far altro che disonorare se stesso e la sua uniforme. Un perdente nato che è stato bravo solo a trarre vantaggio da una crisi globale. Un maniaco che ha fondato un organizzazione basata sull’odio, sul razzismo e sulla legge del più forte. Un bugiardo che si è finto un puro americano quando invece i suoi stessi genitori erano degli immigrati mangia wurstel. Un profeta pagano che si è dichiarato re dei re e ha mischiato nomi e costumi di antiche culture senza neanche capirne i veri significati. E tutto questo a scapito di migliaia di innocenti trucidati o schiavizzati per tuo ordine. Sai … il solo pensiero di starti vicino mi fa venire voglia di vomitare. Figurati cosa proverei a combattere per te.-

Le mie parole avevano avuto l’effetto sperato. Woden era ad un passo dall’esplodere, mentre gli altri presenti erano rimasti sconvolti dalla mia impertinenza e dalle scioccanti rivelazioni sulla vita precedente del loro grande leder. Esclusa Tris. Lei aveva semplicemente inarcato un sopracciglio come a chiedersi se fossi scema.

Il tocco finale fu mostrare la mia scala. Con un sei e un sette di picche in mano e sul tavolo un otto, un nove e un dieci di picche, avevo appena fatto la giocata migliore che si potesse pensare. Avevo battuto il re davanti alla sua corte e al suo gioco.

-Scala.- Dissi mettendo in mostra un bel sorriso.

-Nient'altro?- Mi domandò Woden mantenendo a stento la calma e cominciando a sprigionare discreti livelli di radiazioni.

-Beh, ecco. Una cosa ci sarebbe.-

Poi, con la velocità di un fulmine e con l’adrenalina pompata nelle arterie dal filtrante MKIII, estrassi la mia 10mm con la mano sinistra da sotto il tavolo.

-Da parte di tutti quelli che hai ucciso lurida carogna!- Dissi appena dopo aver puntato l’arma.

Tenendo la pistola con entrambe le mani, chiusi l’occhio sinistro e premetti il grilletto.

Ma non ci fu alcuno sparo. Il cane colpi a vuoto al primo tentativo. Poi anche al secondo e al terzo.

Guardando la pistola mi accorsi che il caricatore era sparito e che in canna non era rimasta neppure una pallottola.

-Oh oh.-

-Bene.- Concluse Woden. -Ora che abbiamo chiarito le cose … taglia.-

E in un batti baleno una lama sbucata dal nulla mi tranciò di netto il braccio sinistro.

-AHHH!-

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Capitolo 21
*** SCONTRO TOSSICO ***


SCONTRO TOSSICO

Che lo spettacolo cominci!

 

 

28/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Logan/Oklahoma City/Nucleus/T.O.S./Ufficio di Woden

Ore 19:39

 

35°27'59.8"N 97°31'03.0"O

 

Non capii esattamente cosa accadde. Tutto ciò che ricordai furono dei flashback di ciò che era avvenuto tra l’amputazione del mio avambraccio sinistro e il mio risveglio nell’Auto-Doc Mark IX personale di Woden.

Prima caddi dalla sedia in preda alle convulsioni causate dallo shock. Poi un gruppo di predoni iniziarono a pestarmi fino a che Woden non gli ordinò di smettere. E per finire, vidi lo splendente raccogliere il mio arto mozzato e farlo scivolare fuori dal Pip-Boy. Senza circolazione e segni vitali, la serratura biometrica del congegno si disattivò automaticamente.

Quando ripresi completamente conoscenza, ero ancora dentro all’Auto-Doc. Grazie al suo set di strumenti chirurgici all’avanguardia, il macchinario mi curò le lesioni del pestaggio, ricucì l’arto in pochi minuti e grazie al mix di antidolorifici e farmaci, sia la carne che le ossa si rimarginarono ancor prima del mio risveglio. La grave perdita di sangue mi aveva privato di tutte le mie forze, ma anche in questo caso il macchinario pensò a tutto. Un braccio con una flebo riempì le mie vene con del sangue per le trasfusioni, impedendomi di svenire e morire dissanguata.

Terminata l’operazione la porta si aprì scorrendo lungo il cilindro dell’Auto-Doc e allo stesso tempo, gli stabilizzatori che per tutto il tempo mi avevano sorretta, lasciarono la presa permettendomi così di uscire.

Camminare si rivelò più difficile del previsto e appena feci il quinto passo, crollai a terra. Stando sdraiata sul freddo pavimento di piastrelle, potei constatare che anche il braccio sinistro aveva i suoi problemi. L'anestesia mi aveva fatto perdere tutta la sensibilità e gli effetti dell'emorragia si facevano ancora sentire.

Ero debole e ancora in pericolo. Intorno a me si era radunato un mezzo plotone di predoni armati e minacciosi. Mi chiedevo quale tra di loro fosse il macellaio che utilizzando uno stealth boy si era avvicinato furtivamente alle mie spalle e dopo avermi fregato da sotto il naso le munizioni nella 10mm, aveva anche pensato di mutilarmi.

L’Auto-Doc di Woden scese nel compartimento del pavimento dal quale era sbucato, fino a scomparire definitivamente. L’ex direttore della torre doveva aver speso una bella cifra per quel medico robotico tuttofare. E come se non bastasse gli aveva fatto costruire un compartimento apposito per non occupare spazio nell’ufficio. In un altra situazione avrei fantasticato su dove potesse nascondersi il bar con juke box e la cassaforte nascosta.

-Vediamo chi abbiamo qui.- Disse il Dr Jarvis sbucando dal muro di predoni che mi circondava.

Essendo ancora sotto l’effetto dell’anestesia, avvertii solo una lieve pressione sulla schiena, ma intuì subito che si doveva trattare dell’ago di una siringa.

Iniziai quindi a tremare. Poi le convulsioni vennero sostituite da una sezione di caldo che partendo dal braccio si espanse per tutto il corpo. E quando i nervi e i muscoli della faccia si contrassero capii cosa stava accadendo. Il mio aspetto stava tornando ad essere quello originale.

-Hai visto? Che roba incredibile.- Disse uno dei predoni.

-È proprio rossa.- Continuò un altro.

-Portatela qui.- Ordinò Woden.

Due predoni mi presero per le braccia e con poca gentilezza mi trascinarono fuori dal cerchio. Abbandonata vicino allo splendente, ebbi la conferma dei miei timori. Tutta la squadra Vault era allineata a terra e in manette. Gli unici che mancavano all’appello erano Spectrum e Atom.

-Mio signore, come ha potuto vedere questi eretici devono essere stati trattati con una sostanza, non ancora identificata, che ne ha modificato l’aspetto.- Spiegò il Dr Jarvis. -Il mio solvente per la dissociazione chimica negli organismi ha agito come previsto, però devo ammettere che dietro a questo stratagemma di camuffamento vi sia un esperto di manipolazione genetica.-

-La ringrazio dottore. Le sue osservazioni sono sempre ben accette, ma ora ciò che ci serve è una piccola informazione.- Disse Woden afferrandomi per i capelli e costringendomi a guardare i miei compagni. -Li vedi ragazzina? Bene, perché se adesso non risponderai ad una semplice domanda, loro moriranno davanti ai tuoi occhi.-

Gli altri avevano perso le loro armi e corazze. Bud era rimasto senza armatura atomica, anche se per precauzione un paio di gorilloni lo tenevano inginocchiato a terra, mentre Nick aveva perso la sua uniforme da generale. Mi ero dimenticata che sotto l’uniforme avesse tenuto per tutto il tempo la sua tuta da meccanico.

-Lasciala stare hijo de puta brillante!- Si intromise Nick.

-E tu chi saresti?- Gli chiese divertito Woden.

-Rodriguez. Nick Rodriguez!-

Woden scoppiò a ridere e lasciandomi i capelli si avvicinò al mio amico.

-Però. Non sapevo che avessimo un generale meticcio con noi.- Scherzò lo splendente.

Inutile dire che i predoni nel salone si trattennero dal ridere. Ma Nick non se la prese. Già a otto anni aveva imparato a fregarsene degli insulti di un qualche stronzo bianco a caso.

-Tu invece cosa sei? Un mezzo negro?- Chiese Woden a Bud.

-Sono un navajo, e appena sarò libererò mi farò un paio di mocassini luminosi con la tua pelle.- Poi si rivolse a Tris, che incuriosita dalle minacce di Bud, si era avvicinata. -Devi essere l’orgoglio del tuo popolo.-

Mi accorsi solo in quel momento che Tris aveva i lineamenti di un'indiana. Il perché Woden avesse fatto di una nativa americana il suo braccio destro, non mi era ben chiaro.

-E tu del tuo. Di un po. Era la tua gente quella alla base aerea?-

-Già. È stata una soddisfazione lasciarvi un buco nel terreno come bottino.-

-Non temere. Quando troveremo il resto dei tuoi cari, mi divertirò a guardare i loro corpi mentre i miei uomini li trasformeranno in ornamenti di carne ed ossa per addobbare le nostre sale.-

Bud provò a tirare un potente testata a quella strega di Tris, ma i due energumeni lo costrinsero a stare fermo. Poi Tris impugnò un coltellino a scatto con la lama arroventata da una batteria a fissione attaccata al manico, e dopo averlo avvicinato lentamente alla testa di Bud, iniziò a fargli un bel taglio sulla faccia.

Bud aveva la testa bloccata da uno dei due predoni, ma ciò nonostante non si mosse di un millimetro e non disse niente. Fece solo una piccolo smorfia quando la lama rovente gli passò davanti all’occhio.

Terminato il lavoro, Bud aveva una lunga cicatrice cauterizzata che saltando l’occhio destro, gli aveva segnato il volto dal lato destro della fronte fino a metà della guancia destra. Ma l’indiano non aveva neanche fiatato. Non gliela voleva dare quella soddisfazione.

-Hey, parodia horror di Pocahontas!- Dissi provando a rialzarmi. -Vieni un po qui che così …-

Ma con un semplice gesto di Woden, un predone mi invitò a zittirmi piantandomi uno stivale sulla schiena.

-Arriverà il tuo momento piccola soldatina. Stai tranquilla.-

-Perché non te la vedi con uno della tua stessa razza?!- Disse Isaac a gran voce.

-Ah, giusto. L’asso dei Fondatori.-

Woden si avvicinò poi a Isaac, il quale però non smise di sfidare lo splendente con il suo sguardo.

-Isaac Lee. Pilota dell’aviazione americana Isaac Lee.- Lo corresse Isaac sprezzante.

-Avete sentito ragazzi. Aviazione americana.- I soliti sgherri fecero finta di ridere. -Vedi Isaac, noi siamo l’aviazione americana. Noi siamo la vera America. E uno come te potrebbe farci comodo. Uno come te potrebbe sentirsi a casa solo con quelli della sua razza.-

-Spiacente caccola radioattiva, ma sto bene qui dove sono.-

Woden stette un attimo in silenzio, poi fece una breve risata sinistra.

-Peccato. Perché il vostro amico lo abbiamo dovuto scartare. Non è vero Jack?-

-Prorpio un vero peccato.-

Jackson! Quel viscido voltagabbana fece la sua comparsa nella sala portando in mano una cosa che riuscii ad identificare soltanto quando la fece cadere davanti ad Isaac. Un berretto da aviatore macchiato di sangue.

-NOOO!!!- Urlò il pilota.

-Quella checca gialla comunista non ha smesso di urlare, fino a che non lo abbiamo dato in pasto ai cani.- Lo schernì Jackson.

-Sei morto Jackson!- Lo minacciai.

Alla fine Jackson era arrivato a Dakota City. Ma Baatar e Zack? Che fine avevano fatto loro due?

-È UN FALSO!- Obbiettò Isaac in preda alla disperazione.

-Non so cosa sia stato più divertente. Vendere i selvaggi a White Flat fornendo informazioni via radio all’Orda? Fregare Foster e gli idioti che lo seguivano? O magari usare la testa del vostro muso giallo come punchingball? Tu cosa ne dici Zack?-

-ISAAC!- Urlò il piccolo ghoul facendo anche lui la sua comparsa in quel dramma.

Zack provò a raggiungere il pilota, ma Tris gli si piazzò davanti sovrastandolo con la sua stazza nettamente superiore.

Intimorito, il ragazzino cercò di allontanarsi dalla predona e accortosi di me, corse verso la sottoscritta per nascondersi dallo sguardo di Tris. Per fortuna il predone che prima mi aveva trattenuta aveva mollato la presa, permettendomi di riparare il piccolo ghoul dietro la mia schiena come meglio potevo.

-Hanno ucciso Mr B!- Confermò Zack versando lacrime sulla mia tuta.

-Questa me la pagherai Jackson. É una promessa.-

-Gli affari sono affari bella. E … no, un momento. Con loro c’erano anche un cane e un eyebot. Che fine hanno fatto?!-

-Li stiamo ancora cercando.- Ammise uno dei predoni alle mie spalle.

-Beh dovete trovarli! Del cane non me ne frega un cazzo, ma il robot credo che possa esserci utile. Il nome Spectrum vi dice qualcosa?-

Il Dr Jarvis grugnì e borbottò qualcosa in sottofondo.

-Quel fantoccio robotico non può essere venuto fin qui con loro. E anche se fosse vivo, se ne starebbe in quella sua torre di cristallo dall’altra parte del fiume.-

Scoprii così che oltre a conoscere di persona il Dr Spectrum, Jarvis covava un forte rancore nei confronti del suo “collega”.

-Vi dico che quell’eyebot ai monitor di sorveglianza era sicuramente Spectrum!- Obbiettò adirato Jackson.

-In ogni caso lo troveremo. Ora però torniamo ai veri affari.- Continuò Woden. -La domanda che da tempo non mi lascia neppure un attimo di riposo, e che ora porrò a te in cambio della mia grazia è: Dove si trova Beacon City?-

Quella fu una delle prove più ardue che mi si presentò. Se da un lato potevo provare a mantenere il segreto e condannare tutti noi ad una fine orribile, dall’altro potevo provare a salvare i miei amici mettendo però in pericolo la nostra gente.

-Pensa Rocket! Pensa!-

-Fai con calma, non c’è fretta. Io intanto darò un’occhiata al tuo giocattolo.- Disse Woden facendosi passare il mio Pip-Boy da Tris.

-Spiacente, ma l’ho criptato appena prima di atterrare.-

-Si, ce ne siamo accorti. Ma forse può comunque aiutarci. Lo sapevi che abbiamo recuperato un sacco di dati dalle rovine della città?-

Detto questo, un predone con la tuta da tecnico portò un terminale su un tavolino mobile vicino a Woden.

-Grazie ai vecchi registri abbiamo potuto smascherare molti traditori che si fingevano dei semplici sopravvissuiti alla ricerca di aiuto, ma voi tutti non comparite da nessuna parte. Come se qualcuno vi avesse cancellato dal mondo.-

-Non capisco cosa centri tutto questo.-

Ormai il mio cervello aveva fatto gli straordinari in quell’orribile giornata. Dove voleva andare a parare Woden.

-Per alcuni questi Pip-Boy sono davvero rivoluzionari. Per altri spazzatura RobCo. Per me invece dei veri tesori. Ognuno di loro accompagna un sopravvissuto. Lo guida. Lo supporta. Gli illumina la strada. E di tutto ciò che vede e sente racconta una storia.-

Woden mi aveva quasi stupito con quelle parole. Per un attimo era tornato un essere umano ai miei occhi.

Poi lo splendente guardò sul bordò delle serratura biometrica che fino a qualche minuto fa ospitava il mio braccio.

-Matricola M1.4977VTT-001-000.-

-Oh, cazzo!- Pensai iniziando a sospettare quale fosse l’intento di Woden.

Il tecnico digitò il numero di serie sul terminale e dopo una breve ricerca trovò cosa stava cercando.

-Bingo. Fabbricato il due luglio del duemilasettantasette nello stabilimento sei della Vault-Tec a Kansas City. In dotazione al Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec Rocket Earp. Speditole il ventuno ottobre a … Boise City.-

-No. Oh Dio. No!-

L’Orda aveva appena scoperto la nostra base. E tutto questo grazie ad un semplice numero seriale inciso in un angolino del mio Pip-Boy. Anche i miei compagni erano rimasti sbigottiti da quella mossa inaspettata.

-Peccato Rocket. Hai perso la tua occasione per salvare la pelle. E ora per te c’è un solo destino. E come lo chiamo da queste parti?- Domandò Woden rivolgendosi ai predoni.

-SCONTRO TOSSICO DELL’ARENA DEL MASSACRO RADIOATTIVO!!!- Esultarono i predoni in un coro di ruggiti e urla.

Poi mi beccai un pugno alla nuca e ricaddi in un coma profondo.

 

 

-Hey Red. Sei sveglia?- Mi chiese Trinity tenendomi sollevata la testa.

-Dove siamo?-

-Non lo sappiamo. Siamo qui da più di mezzora.-

Facendomi aiutare dall’infermiera, mi alzai lentamente e guardandomi attorno capii di essere rinchiusa con i miei compagni dentro ad una cupola di ferro. Beh in verità Nick era rimasto da solo dentro ad una cupola più piccola all’interno della nostra. La sua però era fatta con delle sbarre coperte da delle punte anch’esse di ferro. E in sottofondo si udivano le grida di diverse persone.

-Cosa è successo dopo che sono svenuta?- Chiesi massaggiandomi la testa.

Usando il braccio sinistro, mi accorsi di aver riavuto indietro il Pip-Boy. Peccato che la parte di manica della tuta al di sotto della cicatrice ormai completamente rimarginata era sparita. Mi accorsi anche che il finto numero sulla mia tuta era stato tolto e che il mio cinturone, con tanto di pistola, coltello da combattimento, radio e tutto il resto mi era stato rimesso intorno alla vita. Mancavano soltanto la pistola nuova che avevo comprato al negozio di armi nella T.O.S., tutti i caricatori e i pezzi della mia armatura da combattimento.

-Hai presente l’Oklahoma City’s Arena?- Mi domandò Amelia. -Beh sembra che l’abbiano modificata per i combattimenti a morte e ci abbiano portati per uno spettacolo molto speciale.-

-E ti sei persa la parte in cui ci hanno fatto percorrere la strada tra la T.O.S. fino a qui facendoci passare per il Recinto e in mezzo a tutti i predoni.- Mi informò Earl.

-Ti hanno anche legata ad un altare mobile e usata per far vedere a tutti che lo Sceriffo Rosso non era imprendibile come pensavano.- Continuò Tony.

-E perché mi hanno ridato la mia roba e tolto il numero dalla tutta?- Chiesi controllando la pistola.

-Woden ha voluto dare all’Orda il vero Sceriffo Rosso e i veri Fondatori.- Mi rispose Amelia. -Vuole usarci per fare scena.-

-A noi però hanno rubato le corazze, le armi e dato queste schifezze.- Disse Earl mostrandomi una mazza da baseball con del filo spinato.

-Almeno a voi hanno dato delle armi.- Disse Trinity estraendo dalla tasca del suo camice una bottiglia di Nuka-Cola Dark. -Che dovrei farci con questa? Una bevuta?-

-E la tua pistola da Nuka Girl?- Chiesi a Trinity.

-Me l’hanno trovata addosso. Quella Tris se l’è tenuta.-

-Red ho paura.- Mi disse il piccolo Zack.

Anche lui era stato messo in gabbia con noi.

-Tranquillo piccolo. Adesso ce ne andiamo. Bud come va l’occhio?-

L’indiano stava cercando di piegare le sbarre che separavano Nick da noi, ma il materiale e la conformazione della struttura erano fatti per resistere.

-Rilassati, ha tagliato solo la pelle.- Mi rispose Bud volandosi a guardarmi.

In effetti l’occhio non aveva subito alcun danno. Con un piccolo intervento di chirurgia plastica il volto sarebbe tornato come nuovo.

-Se lo troveremo, sarà comunque meglio mettere del disinfettante.- Suggerì Trinity.

-Dov’è Isaac?- Chiesi cercando nel buio della cupola il nostro pilota.

Dopo lo scatto di quelle che probabilmente dovevano essere le serrature magnetiche, la cupola che ci imprigionava iniziò ad aprirsi in varie sezioni triangolari, che lentamente scesero nei loro rispettivi incassi.

Con un pizzico di apocalisse nucleare e un tocco da degenerati, l’Oklahoma City’s Arena era diventata il macabro e inquinato tempio della lotta. Li dove una volta i giocatori di baseball, basket e gli atleti di varie discipline sportive si sfidavano con attività sane e professionali, giaceva un campo di battaglia disseminato di resti umani, macerie e barili gialli di scorie nucleari. L’erba verde che un tempo veniva trattata con cura dai giardinieri, era stata annientata dalla cenere radioattiva depositatasi nei giorni successivi alle bombe. La piattaforma mobile su cui noi ci trovavamo era quella usata per l’entrata in campo dalla squadra da fuori nei tornei di baseball. L’altra, al centro del campo, era occupata da una gru intenta a girare su se stessa per mostrare al pubblico una massiccia palla demolitrice. A preoccuparmi però, non erano le centinaia di predoni che occupavano gli spalti, ma il fossato tossico che ci divideva dalle mura ai margini del campo. Quella sostanza gialla bioluminescente l’avevo vista per la prima e unica volta il giorno precedente. Il mutatore dell'incrocio non era da quelle parti al momento del nostro arrivo, ma in un ambiente chiuso come quello e con tutta quella roba in giro, cominciai a temere che nell’arena ve ne fosse almeno uno. E forse anche di più.

-Grande! Qui è dove i Lizards hanno vinto le World Seris nel sessantanove!- Esultò Tony.

-E dove oggi noi tireremo le cuoia se non ci facciamo venire in mente un idea.- Gli ricordai.

-Hey ragazzi!- Ci chiamò Isaac. -Appena avete un minuto, mi venite a liberare?!-

Il pilota ghoul era stato legato alla grande catena della palla da demolizione. Sfortunatamente, la nostra piattaforma si trovava troppo lontana dalla zona di passaggio della palla.

-CI STIAMO LAVORANDO!- Gli rispose Tony cercando di sovrastare le urla dei predoni.

-Luridi dannati, puri devoti, gloriosi demoni e leggendari apostoli.- Disse quello che presumibilmente doveva essere lo speaker agli altoparlanti. -Rendiamo omaggio al nostro grande leader! LORD WODEN!-

I riflettori dello stadio si concentrarono sulla tribuna centrale, dalla quale si poteva avere una magnifica vista sul campo di gioco. Su quegli spalti, era stata fatta accomodare l’alta società dell’Orda, la stretta cerchia di Woden e naturalmente il capo in persona. Con la sua veste da ammiraglio e la sua lucentezza, si spostò su un pulpito con alla fine un microfono già pronto in modo tale che tutti lo potessero vedere.

-FIGLI MIEI!!!- Tuonò la sua voce, zittendo l’intera arena.

Come nell’olonastro da noi trovato al Red Oasis, la voce di Woden agli altoparlanti appariva più potente e minacciosa di quanto fosse realmente. Un magnifico trucco della sua propaganda del terrore.

-Figli miei. Quest’oggi, delle spie comuniste hanno attentato alle vite di tutti noi. Ma grazie alla prontezza dei miei uomini hanno fallito.-

Seguì una breve pausa durante la quale il pubblicò esultò gioioso e getto vari rifiuti verso di noi, anche se la maggior parte non superò neppure il fossato tossico. Poi Woden fece tornare il silenzio alzando le braccia.

-Io vi offro … ROCKET EARP! LO SCERIFFO ROSSO!- Seguì il solito coro di urla e insulti. -Lei e i Fondatori, hanno osato mettersi sulla nostra strada e mettere a rischio il nostro lucente futuro. Ma non temete, perché domani, dopo esserci saziati con questo magnifico spettacolo, partiremo alla volta della leggendaria e temuta Beacon City, per epurare questa grande terra dall’ultima traccia di male e garantire la sopravvivenza dell’America.-

E per l’ennesima volta l’Orda gli applaudì.

-Questo è il bue che da del cornuto all’asino.- Ironizzò Earl.

-No. È semplicemente pazzo.- Concluse Bud.

-Prima di dare inizio allo Scontro Tossico, godetevi questo assaggio. Quello che vedete rinchiuso nell’Arena delle Spine, non è un semplice immigrato messicano schedato e quindi indegno, ma è il temutissimo MechaNick!-

Scoprendo quale fosse la reale identità di MechaNick, il pubblico scoppio a ridere e tornò a lanciare sul campo spazzatura. Nick si senti offeso nell’orgoglio.

-È facile prendersela con uno quando si è in mille. Vorrei vedervi tutti al suo posto.- Pensai in riferimento all’ingiustizia alla quale Nick era sottoposto in quello stesso momento.

-KRON! MIO CAMPIONE! Uccidi quell’omuncolo e portami la sua testa! Domani la pianteremo sul cofano del mio mezzo e la mostreremo alla gente di Beacon City.-

Detto questo, al centro della gabbia a cupola di Nick, il pavimento si aprì e dal fondo uscì il predone più grosso e palestrato che avessi mai visto. Una montagna di muscoli lucenti con solo un tanga di cuoio a nascondergli l’argenteria e una maschera di ferro zincato che gli proteggeva il volto. Il guerriero era più alto di Bud e sicuramente più forte. Un colosso per delle persone di statura media come me e Nick. Impugnava una lunga ascia, ricavata da un tombino tagliato a metà e saldato ad un parchimetro arrugginito.

-Quello si fa di Psycho e Buffout per colazione tutti i giorni come minimo.- Affermò Bud con un po di timore.

-Kron si farà un nuovo paio di mutande con la pelle della tua faccia!- Disse il guerriero alzando al cielo la sua arma.

-AAAH!!!-

Nick urlò come una ragazzina e iniziò a correre in torno alla gabbia nel tentativo di sfuggire ai colpi del suo avversario.

-Nick! Sarà anche forte, ma tu sei più veloce di lui! Schiva i suoi colpi e sfiancalo!- Gli consiglio Bud.

-È quello che sto cercando di fare!- Gli rispose il messicano.

In effetti Kron non camminava molto velocemente, ma i suoi colpi erano comunque molto potenti.

-Dobbiamo farlo uscire di li!- Disse Earl tirando dei calci alla gabbia nella speranza di trovare un punto debole.

-MechaNick sembra un po in difficoltà!- Esultò lo speaker. -Magari un piccolo aiuto gli darà una morte più dignitosa.-

Da altre due botole nel pavimento, fecero la loro comparsa due ermi da mischia. Una delle due fu un pugno potenziato, che Nick raccolse subito e si mise alla mano.

-Bene, e adesso vediamo come AH!-

Kron fu più fortunato. Vicino a lui era comparsa una sega mineraria per il taglio della roccia lunga due metri e modificata con un impugnatura ad innesco manuale. Entrambi erano equipaggiamenti prebellici per la demolizione e se usati contro un avversario, potevano fare dei seri danni. Peccato che a Nick toccò quella più piccola. Praticamente un martellino potenziato in confronto alla sega.

Per impugnare meglio la nuova arma, Kron lanciò la sua ascia contro il meccanico facendola roteare orizzontalmente. Nick fu abbastanza svelto da buttarsi a terra poco prima che la lama ricavata dal tombino lo dividesse in due o che il manico lo investisse in pieno petto.

L’ascia si piantò nella sbarre della gabbia, facendo scintille e un boato che per pochi secondi sovrastò il tifo del pubblico.

Ma a Nick non venne dato un attimo di pace. Il colosso ne approfittò per corrergli incontro e smembrarlo con la sua sega a catena dentata. Il meccanico però non si era ancora arreso e rotolando a destra e a sinistra schivò tutti i colpi del suo avversario, che esasperato si abbassò per ruggirgli in piena faccia. Nick non si fece intimorire, anche perché ormai se l’era già fatta addosso, e attivando la sua arma scagliò un potente colpo alla fronte di Kron. Evidentemente però Nick non tese bene il braccio, visto che appena l’ariete del pugno impattò contro la pelle del guerriero, il rinculo dei pistoni pneumatici spinse all’indietro Nick invece che il colosso.

-Oh ma dai!- Esclamai frustrata.

A quel punto Kron rialzò la sua sega fin sopra alla testa e ruggendo come un leone scagliò l’arma contro Nick. Ancora una volta però, il meccanico fu abbastanza veloce da schivare il colpo passandogli in mezzo alle gambe scolpite e scappando dietro di lui. L’arma di Kron invece finì con lo sprofondare nel pavimento della piattaforma ed incastrarcisi.

-Ragazzi! Mi sa che questa è la fine!- Disse Nick avvicinandosi alle sbarre.

Kron stava cercando di estrarre la sua arma dal pavimento. I denti della catena si erano piantati in profondità, dando così a Nick un po di tempo per respirare.

-Avanti fratello! Non puoi arrenderti proprio adesso! Tu sei MechaNick!- Provò ad incoraggiarlo Earl.

-No! Non è vero!- Lo contraddisse Nick iniziando a piangere. -Sono solo un moccioso meticcio dipendente dalla Nuka-Cola che ha passato tutta la sua vita in casa di mamma e a leggere i fumetti. Non sono un eroe.-

Avrei voluto dire qualcosa, ma in quella situazione non sapevo proprio cosa dire. Nick stava per morire e noi non potevamo far altro che stare a guardare.

-Ti sbagli amore mio.- Intervenne Trinity. -Tu sei l’uomo più grande che io abbia mai conosciuto. Ti sei buttato nel vuoto per salvarmi. Hai aiutato i tuoi amici in tantissime occasioni. E il tuo nome è già diventato leggenda.-

Poi l’infermiera asciugò dolcemente le lacrime sulle guance del suo amato. Il gesto fece tornare il sorriso al meccanico. Peccato che la sua situazione non era affatto cambiata.

-E per aiutarti ti ho trovato questa.- Disse Trinity offrendogli la Nuka-Cola Dark.

-Oh, questa si che mi serviva.- Affermò Nick tornando allegro.

Il meccanico agguantò la bottiglia e senza perdere tempo la bevve, come suo solito, in un attimo.

-Wow, questa si che era buona. Ho avvertito anche qualcosina di nuovo oppure …-

Nick non terminò la frase. Restò muto e attonito.

-Ehm, Nick?- Gli chiesi sperando in una risposta.

Intanto Kron, accortosi della situazione, aveva abbandonato la sua arma ancora piantata nella piattaforma e a passo lento iniziò ad avvicinarsi verso Nick.

-Nick?!- Provò a chiamarlo Tony.

Ma lui non rispose. Continuò a restare fermo e a dare le spalle al suo avversario.

-AMORE! FA QUALCOSA!- Continuò Trinity.

-NICK!!!- Lo chiamai io in un ultimo disperato tentativo di risvegliarlo.

Ma ormai era troppo tardi. Kron si era messo esattamente dietro di lui e dopo aver teso i muscoli del braccio, sferrò un micidiale colpo alla testa di Nick.

Incredibilmente però, Nick si spostò di un semplice passo alla sua destra e il pugno di Kron andò a colpire le durissime sbarre della cupola. Stando così vicina al punto d’impatto, potei udire le nocche del guerriero rompersi in diversi punti. Seguì poi l’urlo di dolore di Kron.

-Sporco non americano! Kron te la farà …-

Senza perdersi in chicchere, Nick colpì il ginocchio del guerriero con il suo pugno potenziato, causandogli un dolore altrettanto allucinante e facendolo cadere a terra.

-AHHH … KRON TI …-

La parte più epica fu quando Nick sferrò una rapida serie di potenti cross alla maschera d’acciaio di Kron usando sempre il pugno potenziato e accompagnando ogni colpo con delle urla da vero maestro di arti marziali.

In breve tempo quel brutto muso metallico si trasformò in una lattina di alluminio piegata, e quando questa si staccò e cadde a terra, tutti noi potemmo vedere la faccia di Kron ridotta ad una poltiglia grondante sangue.

-Signore! Lei ha subito una menomazione alla mano destra, una frattura scomposta alla rotula del ginocchio sinistro e danni multipli al viso nonché una possibile commozione celebrale.- Nick si era messo a parlare come un robot. -La prego di arrendersi, altrimenti sarò costretto a passare alle maniere forti.-

Naso rotto, occhio sinistro fuori dall’orbita, fronte lacerata, zigomi spellati, bocca aperta in modo anormale, denti rotti o assenti e sangue dappertutto. Kron era forse già morto, ma la sua superbia no di certo.

-Kunf … ti botterà ...-

Intuendo la mancata resa dell’avversario, Nick fece rialzare Kron solo con il braccio sinistro, e dopo aver caricato nuovamente il braccio, colpì il guerriero agli addominali. L’impatto scaraventò l’ormai morente Kron contro le sbarre che ci separavano, causandogli un’orribile morte dovuta allo schianto e all’infilzamento delle sue carni sulle punte di ferro saldate alle sbarre. Tony, che al momento dell'esecuzione si trovava esattamente dietro a Kron, venne ricoperto dal sangue del predone.

Tutti rimasero attoniti nel vedere come un semplice meccanico avesse ridotto il campione. Il pubblico, lo speaker … io. Nick però manteneva quello sguardo da automa privo di sentimenti.

La piattaforma su cui ci trovavamo iniziò a scendere, permettendoci di riunirci con Nick, dato che la gabbia a cupola rimase ferma al suo posto perché sostenuta da dei sostegni fissi. Anche Kron rimase fermo al suo posto. Il suo cadavere non si sarebbe schiodato tanto facilmente dalle punte di ferro.

-Sei stato incredibile!- Disse Trinity correndo incontro al suo amato e abbracciandolo con tutte le forze.

-Ho semplicemente reagito ad un’aggressione.- Rispose Nick.

-Già, però almeno potevi evitare di spararmelo contro quel bestione.- Fece notare Tony ripulendosi la mimetica dal sangue di Kron come meglio poté.

-Cos’era quella Nuka-Cola?- Domandai sospettosa.

-Me l’aveva data capo Hunt poco prima di partire. Aveva detto di usarla solo in caso di vera emergenza. Quindi l’ho tirata fuori dallo stivale e versata nella bottiglia.-

-Dannazione! Papà mi aveva promesso che non ne avrebbe più fatta!- Disse Bud furibondo.

Quella sostanza era la stessa che la notte di capodanno mi aveva trasformata in una super donna e fatto fare le cose più assurde. Se lo avessi saputo prima, non avrei lasciato che Nick la ingerisse. Non era ancora stata sperimentata a dovere. Ma l’idea di Trinity aveva salvato il meccanico e per il momento non sembrava avergli causato dei danni.

-Però ci ha aiutati.- Gli feci notare. -Ora dobbiamo pensare a come uscire da qui.-

Un attimo prima che la piattaforma raggiungesse il suolo, gli altoparlanti dello stadio gracchiarono. Lo speaker stava per parlare nuovamente.

-A quanto sembra … abbiamo un nuovo campione.- Anche lo speaker non riusciva ancora a crederci. -Credo … si insomma … credo che MechaNick sia …-

-TOGLITI DAI PIEDI!- Intervenne bruscamente Woden al microfono. -Molto bravo signor MechaNick. Direi che non sei un semplice messicano da quattro soldi.-

Woden non era più sugli spalti dei vip. Vedere il campione dell’arena essere massacrato da Nick e la sua gente rimanere scioccata da un simile prodigio, lo aveva costretto ad intervenire.

-Credo che ce l’abbia con te Nick.- Scherzai.

-Ora, voi tutti morirete nel modo più orribile! E tu Rocket assisterai impotente. Liberateli! Tutti! Anche il Kraken!-

-Ma signore?!- Disse qualcuno in sottofondo.

-FATELO!!!-

Dal campo di gioco si aprirono delle fosse e tutti i nostri peggiori incubi iniziarono ad uscire dalle viscere della terra. Ghoul, cani da combattimento, robot impazziti tra i quali anche un costruttore come quello recuperato a White Flat. L’Orda aveva completamente trasformato il campo da gioco in una trappola mortale per i condannati a morte che ci finivano. Quello che però mi fece gelare veramente il sangue, furono le tre figure che sbucarono dal fossato. Dei veri golem gialli e colossali, uscirono a grandi passi dal fiume tossico che ci circondava.

Ciò che seguì fu uno spettacolo anche per noi. I nemici davanti a noi, iniziarono a scannarsi a vicenda. Dubitai che lo spettacolo prevedesse che nemici di così tante diverse fazioni venissero schierate contemporaneamente. I cani attaccavano qualunque cosa a loro portata, i ghoul assalivano in massa i nemici rimasti da soli, i robot sterminavano tutto ciò che non fosse sintetico e i golem assorbivano qualsiasi cosa riuscissero a toccare. Letteralmente!

-Che facciamo Red?!- Mi chiese Earl.

-Ci sto pensando.- Dissi cercando di farmi venire un’idea.

-Propongo di raggiungere la piattaforma con la gru, salvare Isaac e usare la palla demolitrice per aprirci un varco nelle mura.- Intervenne Nick con la sua nuova voce da automa.

Gli altri mi guardarono aspettando un mio ordine.

-Possiamo farcela secondo te?- Chiesi a Nick.

-Solo se partiamo adesso.- Disse indicando la via più diretta e sicura. - Anche eliminando i pochi nemici che ci ritroveremo davanti, la nostra finestra si chiuderà a breve.-

-Bud, Tony e Nick con me ad aprire la strada. Trinity con Zack al centro. Earl e Ami in coda. VIA!-

Con così poco tempo a disposizione, non riuscimmo a prepararci a dovere, ma non avevamo altra scelta. Corremmo come dei dannati verso la gru, mentre i predoni si godevano lo spettacolo e i nemici iniziavano ad interessarsi maggiormente alla nostra presenza.

I primi che ci assalirono furono tre ghoul alla ricerca di una preda. Bud raccolse al volo un lungo tubo, mentre io e Tony ci preparammo a colpire come meglio avremmo potuto. Ma la violenza non fu necessaria visto che Nick ci superò veloce come un ghepardo e lanciando le sue urla di battaglia, mise ko tutti e tre i ghoul sul nostro cammino ancor prima che potessimo raggiungerli.

-Seguitemi!- Ci incitò Nick.

Sarà stata la pozione del vecchio Hunt, ma quella roba aveva trasformato Nick in un superuomo. E io che invece l’avevo usata per divertirmi a capodanno.

Nick continuò ad aprirci la strada fino alla gru, colpendo a suon di calci e pugni cani, ghoul e perfino robot. Dovetti solo schivare le braccia di un protectron infermiere armato di defibrillatore e le pinze meccaniche di un assaultron che aveva perso le gambe e si era messo a strisciare.

-Come stiamo andando?- Ci chiese Isaac prossimo a passarci vicini.

La palla demolitrice ci stava per superare, e il mio istinto mi spinse a fare una follia.

-Andate! Forza!- Ordinai dando una spinta ad Amelia. -Raggiungete la gru!-

-Che vuoi fare?!- Mi chiese Earl.

-Giocare d’anticipo!-

Isaac stava per passare sopra di noi a circa due metri e mezzo dalle nostre teste, ma io avevo intravisto con la coda dell’occhio una pila di rifiuti alla mia destra che arrivava all’altezza della palla e stava vicino al suo percorso circolare.

Separatami dal gruppo, corsi verso la pila e arrampicandomici sopra, mi accorsi di aver calcolato male. La pila di spazzatura non era esattamente alta come avevo pensato.

-Red!- Mi chiamò Isaac.

-Resisti!-

Prima che la palla mi raggiungesse, mi preparai per spiccare il salto e ad aggrapparmi come meglio potessi. Il salto doveva riuscire al primo colpo, anche perché ai piedi della pila di rifiuti si era accalcato un branco di ghoul ferali intenzionati a farmi la pelle. I ghoul erano rimasti più numerosi sul campo di battaglia e i numeri erano dalla loro parte, ma i mutatori sarebbero stati i vincitori definitivi dello scontro. La loro capacità di assorbire gli organismi li rendeva inattaccabili negli attacchi corpo a corpo.

Quando la palla mi fu davanti, saltai come una rana in avanti e mi aggrappai con tutte le mie forze. Il salto non fu dei migliori e se non fosse stato per le crepe nel cemento della palla, le mie mani sarebbero scivolate, facendomi cadere in mezzo ai nemici. Con un piccolo sforzo riuscii a tirarmi su e a raggiungere Isaac.

-Mia cara principessa, il tuo cavaliere è qui per salvarti.- Scherzai aggrappandomi alla grossa catena alla quale Isaac era stato legato.

-Senti! Piantala e REGGITI!!!-

L’avvertimento di Isaac arrivò troppo tardi. La palla demolitrice urtò qualcosa e per poco non caddi. A salvarmi fu la mia presa salda e le catene che tenevano Isaac legato come un salame a quella più grande.

-Che diavolo era quello?!- Chiesi rialzandomi per la seconda volta e aggrappandomi meglio.

-Quello!- Disse Isaac indicando con la testa uno dei mutatori.

Il mutatore che avevamo colpito, era quello dalle fattezze umane. La creatura alta quattro metri e altrettanto massiccia era stata messa al tappeto dalla palla demolitrice, ma ciò non bastò a fermarlo e subito si rialzò per tornare all’attacco.

A preoccuparmi fu però la sostanza bollente e giallastra che era rimasta sul cemento della palla.

-Miseria! Quei cosi sudano acido!- Commentai guardando la corrosione in atto.

-Forse è grazie a quello che scompongono le loro prede dopo l’assorbimento.- Ipotizzò Isaac. -Ora però che ne diresti se mi liberassi?-

-Non so come tagliare le catene.-

-Cosa?! Perché sei venuta se non sai come tagliarle?!- Protestò il ghoul.

-Non posso prevedere il futuro genio!- Gli risposi. -Ci vorrebbe una fiamma ossidrica.-

-Allora sono lo scienziato che fa al caso vostro.- Intervenne il Dr Spectrum alla radio di Isaac.

Quegli idioti dei predoni non avevano pensato di guardargli nella tasca interna della tuta da pilota.

-Doc! Sei tu?!- Chiesi impugnando la radio.

-Io e Atom siamo nella torre ad est, appena sotto gli spalti. Ci vedete?-

Alle finestre di una delle sei torri a bordo campo vidi delle luci blu ad intermittenza. L’eyebot e il cane dovevano essere la dentro.

-Okay vi ho visti. Come facciamo a recuperarvi?-

-Ci penso io.- Disse Nick alla radio. -Ho disattivato i comandi automatici di questa YR20 e ora posso comandarla.-

Detto questo, la gru aumentò di velocità e il braccio si inclinò per permetterci di raggiungere la torre a bordo campo.

-Rallenta Nick. Più adagio.-

Arrivati nelle vicinanze della torre mi rallegrai vedendo che lo scienziato e il cane erano ancora vivi. Ma la nostra improvvisazione non passò inosservata.

-Cosa stanno facendo? Perché la gru si muove così?!- Tuonò Woden agli altoparlanti. -Spegnetela!-

-Tranquilla. Questa ha un’alimentazione tutta sua.- Mi informò Nick.

Prima che arrivassimo abbastanza vicini, Doc sparò uno dei suoi proiettili laser dietro di se.

-Ci hanno trovati! Vai Atom vai!-

Ubbidendo da bravo cane, Atom spiccò un piccolo salto verso la palla demolitrice e con il mio aiuto andò a rintanarsi tra le gambe di Isaac e la catena della palla.

Spectrum non ebbe alcun problema a saltare, dato che i suoi movimenti si basavano sul volo, ma prima di uscire dalla torre sparò una raffica di proiettili laser dietro di se.

-Portaci via Nick!- Ordinai alla radio appena agguantai l’eyebot per una delle sue antenne.

Mentre la gru iniziava a farci scende, il Dr Spectrum usò la sua arma ad energia per fondere le catene che imprigionavano Isaac.

-Meno male che non vi hanno presi.- Disse Isaac tenendo il viso lontano dalle scintille.

-Quando hanno dato l’allarme ero già collegato alla loro rete, ma sono solo riuscito ad salvare Atom. Voi piuttosto siete tutti vivi?-

-Si, solo che adesso siamo bloccati qui. Hai un’idea per farci scappare Doc?- Chiesi osservando il terreno sottostante.

-Potremmo usare l’oscillatore di Tesla. Sono riuscito ad agganciarlo ad una trave portante di questo posto.-

-Hey rallenta. Se l’arena crolla potrebbe farlo anche la piattaforma della gru, e noi finiremmo a fare compagnia a quei cosi.- Fece notare Isaac indicando i tre mutatori dopo essersi liberato le braccia.

I tre mutatori avevano finito di mietere le loro vittime sul campo di battaglia. Tutto ciò che restava degli altri avversari erano le carcasse di metallo fuso dei robot che gli avevano dato battaglia. Neppure il costruttore era riuscito a resistere contro i loro potenti acidi.

La nostra unica difesa era l’altezza della piattaforma sulla quale la gru poggiava e per fortuna nessuno dei mutatori era abbastanza alto da raggiungerla.

-E se usassi l’oscillatore per spaventare i predoni?- Domandò Spectrum dopo aver spento l’arma.

-Che intendi?- Gli chiesi.

-Se ho fatto bene i calcoli, potrei attivare l’oscillatore per far tremare la struttura quel tanto che basta per far credere che si tratti di un terremoto. In questo modo i predoni dell’Orda fuggirebbero, dando così a noi il tempo di raggiungere gli spalti con la gru e svignarcela.-

-Dimentichi che il Nucleus è circondato dai ghoul e che l’unico modo per andarsene è usare la monorotaia alla T.O.S.. E che a sua volta è raggiungibile solo tramite il Recinto e i ponti che li collegano.- Gli ricordò Isaac.

-Sono riuscito ad esaminare l’esterno del lato sudest dell’arena e in quel punto i ghoul non sono presenti. Si sono tutti concentrati nei pressi della vecchia entrata a nord e nel resto del Nucleus.-

-Quindi facciamo scappare i predoni, raggiungiamo gli spalti, ci caliamo dalle mura nel posto meno caldo e poi ce ne andiamo via da qui?- Chiesi riassumendo il piano.

-Non possiamo andarcene dalla città senza un mezzo di trasporto, ma potremmo provare a rintracciare i ribelli. Loro potrebbero aiutarci e noi potremmo aiutare loro.-

Il piano di Doc non era affatto male, tranne che per il finale. Correre per le strade della città non sarebbe stato affatto facile. Specialmente senza un buon armamento. E nessuno ci garantiva che i ribelli o quello che erano ci avrebbe aiutati. Però era anche la nostra unica opzione.

-Va bene. Informiamo gli altri. Tu Doc preparati ad attivare l’oscillatore.-

Giunti nei pressi della piattaforma, provai una grande soddisfazione nel vedere che i miei amici erano sopravvissuti a quell'inferno. Il mio unico dispiacere, era il fato che Baatar non ce l’avesse fatta. Ciò nonostante, Woden e tutti i suoi sgherri l’avrebbero pagata.

Il primo a scendere dalla palla fu Atom, più che contento di tornare con le zampe su una struttura stabile e tra le braccia di Zack. Seguirono poi Spectrum e Isaac, mentre io mi persi un momento a guardare i tre mutatori sottostanti. Quei mostri avevano già corroso parte dei sostegni della piattaforma e se non ce ne fossimo andati in fretta, di sicuro gli avremmo fatto da dessert. I bracci tentacoli di quello più grosso, presumibilmente il Kraken, erano a meno di mezzo metro da noi.

Ma proprio quando stavo per saltare anch’io dalla palla demolitrice, i motori della gru scattarono di colpo, allontanando la palla e me dalla piattaforma.

-Nick! Cosa succede?!- Chiesi tenendo con una mano la radio e con l’altra la grande catena.

-Hanno riavviato il sistema di guida periferica. Da qui non posso fare granché a parte far scendere o salire la palla e accendere o spegnere le luci.-

Poi la gru tornò a girare su se stessa come prima, solo che dopo un paio di giri aumentò notevolmente la sua velocità.

-Si! Proprio così! Fate crollare l’intera piattaforma!- Esultò Woden agli altoparlanti.

-Doc? Cosa vuole fare?-

-I mutanti sotto di noi hanno liquefatto parte dei sostegni. A questa velocità la piattaforma collasserà su se stessa in breve tempo, facendoci crollare con essa. Noi da qui possiamo solo attivare il blocco di emergenza, ma di sicuro loro lo riattiveranno subito. Cosa vuoi che faccia?-

Il mio corpo era sottoposto alla forza centrifuga che la rotazione della torre esercitava su di me, ma ciò non mi impedì di escogitare uno dei miei soliti, pericolosi e bizzarri piani ideati nelle situazioni più disperate.

-Ascoltami bene Doc! Quando ti d’ho il segnale attiva l’oscillatore, blocca la gru e fai scendere la palla abbastanza da farle colpire le prime cinque file degli spalti!-

-Ne sei sicura?! Se la palla si scontra con…-

-Preparati!- Ordinai.

La gru fece altri tre giri prima che mi convincessi a … suicidarmi. Questo mi diede il tempo di estrarre le mie manette da agente dal cinturone e usarle per agganciarmi il braccio destro alla catena. Tanto per essere sicura di non essere sbalzata via.

Le probabilità di colpire l’area dei vip erano scarse, ma almeno avrei fatto venire a quegli snobboni feticisti amanti della violenza un bell’infarto.

-ORA!!!- Dissi quando la palla si trovò nella posizione giusta.

Il blocco improvviso del sistema di rotazione della gru spedì me e la palla proprio dove volevo. Le tribune dei vip si avvicinarono sempre più e quando la palla iniziò a salire invece che a scendere, Doc fece allungare la catena della palla di altri quindici metri o giù di li. La palla andò a schiantarsi contro la decima fila di poltrone sopra alla prima fila. Per poco non mi slogai la spalla e il gomito del braccio ammanettato, ma ai nobili seduti sulle poltrone di almeno tre file andò anche peggio.

Prima che le guardie e tutti gli altri presenti potessero anche solo scappare o spararmi, la pesante catena della palla trascinò verso il basso la sfera di cemento armato, trascinando e schiacciando chiunque non fosse stato abbastanza svelto da spostarsi.

Cercando di stare in equilibrio sulla palla, vidi che almeno una quindicina di persone finì col perdere la vita sotto la palla demolitrice, ma tra tutti loro, c’era una sola persona che volevo vedere morta. Woden, ancora scioccato da ciò che ero riuscita a fare, aveva iniziato a farsi da parte soltanto quando la palla fu a soli tre metri da lui. Fu soltanto grazie al mio filtrante MKIII che riuscì ad essere abbastanza veloce da agguantare il suo mantello da re e a trascinarlo via con me.

-DOVE VUOI ANDARE?!- Dissi afferrando saldamente il suo mantello con la mano libera.

-TRIS AIUTAMI!!!- Urlò Woden disperato.

Ma ne l’indiana li vicina, ne nessun’altra delle sue guardie del corpo riuscì a fare qualcosa.

Appena la palla fece crollare anche il pulpito dal quale Woden aveva dato inizio al massacro, per lui non ci fu più niente da fare. L’unica cosa che gli impediva di precipitare nell’arena era la forza della mia mano e i ganci del suo mantello.

-AHHH! TI PREGO! NON MI LASCIARE! SCUSAMI SE TI HO FATTO DEL MALE!!!- Mi implorò il ghoul splendente.

-Buffo come basti un'acrobazia suicida per far piangere il più potente tra i mostri.- Pensai.

Quando la palla passò vicino alla piattaforma su cui si trovavano i miei amici, iniziai ad avvertire il rombo del terremoto artificiale creato dall’oscillatore. Anche i predoni sugli spalti se ne accorsero, ma non scapparono subito. Almeno non prima di vedere il gran finale.

-QUANDO ARRIVI ALL’INFERNO!!!- Urlai.-DI CHE HAI SFIDATO I FONDATORI!!!-

Subito dopo, l’asciai andare il mantello di Woden e con esso, cadde anche lo splendente.

-NOOO! ROCKET!!!- Strillò quel verme allontanandosi sempre di più da me.

Woden cadde proprio dove volevo. Nel fossato tossico. Non ebbi molto da poter ammirare. Woden sparì in un attimo e la palla iniziò a tornare indietro.

A quel punto il caos era già scoppiato. I predoni dell’Orda caddero nel panico. Forse non tanto per la morte di colui che veneravano come un dio, ma per le scosse sismiche che dal nulla avevano iniziato a far tremare tutta la Dakota City’s Arena.

Le prime a crollare furono un paio di colonne ai margini dell’arena, poi toccò ad alcune sezioni degli spalti, fino a che anche la piattaforma della nostra gru non iniziò ad inclinarsi.

-Ehm, Doc? Forse è arrivato il momento di spegnere l’oscillatore?- Domandai alla radio mentre una delle torri dei proiettori in cima alle mura iniziò a cadere lentamente sugli spalti.

-L’ho spento già da un po, ma temo di aver sbagliato i calcoli!-

-Come hai detto?!- Chiesi esterrefatta.

-Ok! Si! Lo so! Anch’io posso sbagliare i calcoli!- Mi rispose seccato lo scienziato. -La prossima volta provaci tu a posizionare un emettitore di vibrazioni regolandone la frequenza senza sbagliare lo scarto dell’effetto diapason!-

-RED! SOTTO DI TE!- Mi urlò Bud dalla piattaforma.

-COSA?!- Chiesi sporgendomi dalla catena per guardare in basso. -Oh, ma fate sul serio!-

Sotto di me, i tre mutatori si erano organizzati per farmi la pelle. I due più piccoli si erano fusi con il Kraken per ingigantirsi e riuscire ad arrivare a noi con i suoi tentacoli acidi. Un biologo avrebbe detto che l’unione cellulare faceva la forza. Io invece non riuscii a capire perché quel incubo mutante stesse puntando a me invece che alla piattaforma come prima. Poi capii che il braccio della gru si stava inclinando verso il suolo.

-RAGAZZI! TIRATEMI SU!- Urlai capendo di essere ancora in pericolo.

I miei compagni azionarono l’argano della catena e la palla iniziò a salire portandomi lontana dal Kraken. Peccato che la gru non smise di inclinarsi dal lato del braccio. La corrosione dei sostegni della piattaforma, unita alle scosse dell’oscillatore, avevano già segnato il destino della gru e di chiunque ci si trovasse sopra.

-Red. Sto per sganciare la palla. Tieniti stretta alla catena.- Mi avvisò Nick alla radio.

-Aspetta Nick!-

Nick però non mi ascoltò e il sigillo magnetico che teneva la palla agganciata alla catena si aprì. Lo scatto della catena non fu un colpo di frusta, ma l’improvvisa assenza della palla fecce scattare l’argano della catena, e io mi ritrovai in breve tempo a più di cinquanta metri da terra. Se Nick non avesse fermato preventivamente i motori della gru, mi sarei schiantata contro la bobina di catene che avvolgeva l’argano.

Il peggio non fu quando guardai verso il basso e venni colta da un attacco di vertigini. Il peggio accadde quando il contrappeso della gru fece alzare quasi a centottanta gradi il braccio sulla cui punta io ero rimasta aggrappata, portandomi più in alto delle mura degli spalti e offrendomi un’agghiacciante spettacolo della città a settanta metri da terra.

-CHE STATE FACENDO!? NICK!!!- Chiesi alla radio e tremando come una foglia.

-Perdonami Red. Ho dovuto farlo per impedire che il braccio ci facesse inclinare dal lato sbagliato. Ora rilassati e preparati a saltare.-

Le parole di Nick suonavano vuote per me. A quell’altezza il vento era troppo forte per farmi star ferma e lo scenario della città avvolta nelle nubi rosso sangue peggiorava solo la situazione. A parte tenermi stretta alla catena e mantenere i piedi saldi al sigillo sotto di me, potevo soltanto ponderare un mio personale progetto per l’immediato futuro.

-Uccidere Nick! Uccider Nick! Uccidere Nick!-

I miei pensieri vennero però interrotti da delle sinistre e potenti scosse provenienti dal basso. La piattaforma della gru stava per cedere.

La gru iniziò ad inclinarsi inesorabilmente verso il lato sudest, cioè esattamente da dove noi saremmo dovuti scappare. Io però mi sarei sfracellata contro gli spalti o ovunque la punta del braccio sarebbe andata a colpire.

-Le vedi quelle corde che penzolano dalle mura?- Mi chiese Nick. -Quando te lo dico, salta e aggrappati ad una di quelle. Il contrappeso farà rallentare la gru e ti darà un po di tempo.-

Dalle mura dell’arena erano state fatte calare delle lunghe corde a scopo decorativo. Se la gru mi ci avesse portata abbastanza vicina, mi ci sarei potuta aggrappare e usarle per calarmi sugli spalti senza dovermici schiantare. Il problema era che di tentativi ne avevo uno soltanto.

Intanto la gru continuava ad accelerare la sua caduta e le scosse dovute ai cedimenti dei supporti non mi aiutavano a trovare il coraggio per saltare.

Quando la gru si trovò a quarantacinque gradi, io mi ero già preparata per saltare, anche se una vocina nella mia testa mi diceva che ormai per me era finita.

-Sei pronta?- Mi chiese Nick alla radio mentre la gru iniziava a rallentare la caduta. -Tre, due …-

Con il cuore in gola e una ventina di metri tra me e i seggiolini della fila più in alto, ero pronta a buttarmi nel vuoto.

-Salta.-

Tra me e la corda più vicina c’erano solo tre metri, ma per me furono come tre chilometri. E quando le mie mani ci si avvinghiarono attorno ad essa mi accorsi che la corda era in realtà una fredda catena con macchie di ruggine alla quale tenersi si rivelò piuttosto complicato, e i primi quattro metri li feci scivolando lungo gli anelli di metallo.

Per qualche secondo riuscii a fermarmi, ma i sostegni della piattaforma cedettero di colpo e la gru piombò completamente sugli spalti sottostanti. La scossa fece tremare anche la parete dalla quale la catena era stata fatta calare e ciò bastò a farmi scivolare in modo sconnesso e turbolento.

Appena la nube di polvere sollevata dalla gru mi avvolse chiusi gli occhi e in preda al panico persi le presa. La sensazione di cadere mi causò un potente ed immediato shock che per poco non mi fece svenire. A farmi perdere i sensi fu l’impatto con il suolo.

 

-Red. Red. Red.- Mi chiamava qualcuno nell’oscurità. -ROCKET!-

Mi svegliai di colpo spaventata dai miei stessi incubi. Ma guardandomi intorno non vidi altro che i seggiolini degli spalti più in basso e il braccio della gru accasciatosi a pochi passi alla mia sinistra. Il tutto era avvolto nel silenzio tombale e da una coltre di polvere di calcestruzzo che limitava la mia visuale ai primi sei o sette metri. Il seggiolino di legno con lo schienale dove ero atterrata aveva attutito l’impatto e ad un primo esame potei constatare di non essermi rotta niente.

-Ah. Dio ti ringrazi.-

Poi dal nulla qualcosa mi agguantò per le spalle e mi tirò in su. Io, presa alla sprovvista, ebbi l’ennesima infarto della giornata.

-AHHH!-

-Non c’è di che.- Mi rispose Nick.

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Capitolo 22
*** Fuga dal Nucleus ***


Fuga dal Nucleus

Corri o muori.

 

 

29/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Logan/Oklahoma City/Stazione di Riverside

Ore 00:10

 

35°26'56.9"N 97°31'06.1"O

 

-Eppure io vi dico che quello era un terremoto!- Si impose uno dei demoni.

-E chi se ne frega. Tanto finché non ci vengono a prendere non lo scopriremo.- Gli ricordò il compagno.

-Si ma allora perché nessuno ci risponde?- Obbiettò l’unica donna del gruppo.

La squadra di predoni alla stazione della monorotaia stava aspettando il treno per il recupero da diversi minuti. Il contatto telefonico era ancora attivò, ma nessuno dei centralini alla T.O.S. rispondeva. L’unica cosa che potevano fare era attendere con il bottino recuperato dagli edifici in zona e porsi tutti i quesiti possibili sulle scosse sismiche avvertite all'incirca un’ora prima.

-Ah, ah. Guardate cosa sta facendo l’idiota la giù.- Disse il secondo demone indicando il devoto che si erano portati in missione.

Il devoto stava giocando come un infante con due orsetti di peluche vicino ai binari della monorotaia. Il predone doveva essersi fatto di qualche sostanza visto il modo in cui giocava. Forse del Day Tripper.

-Scommetto che dopo li lascia in qualche posizione oscena dove tutti li possono vedere come l’altra volta.- Continuò il demone.

-Se lo può scordare. Questa spazzatura vale oro sul mercato. Se quel giudeo di Dubois scopre che lasciamo anche un solo balocco per bambini ci farà mettere a spalare la merda del Recinto.-

-Rilassati Chuck! Quello che Dubois non vede, non lo può calcolare.- Gli fece notare la predona. -E poi guarda quanta roba abbiamo recuperato.-

I tre demoni si erano seduti tra un cestino con pezzi di mobili dati alle fiamme e la pila di risorse recuperate durante la loro missione di saccheggio. Con le scale che davano alla strada sottostante disseminate di mine e la certezza di essere al sicuro, non gli restava altro da fare che attendere il recupero seduti nei pressi del braciere improvvisato.

-Buona sera a tutti.- Dissi comparendo dal cuore delle tenebre e con la 10mm già puntata.

-Ma che …!?- Si chiese il demone di nome Chuck cercando di impugnare il suo fucile da combattimento a pallettoni.

-No! No! No! No! Se lo fai ti pianto una palla in testa. A te e ai tuoi amici.- Lo ammonì con tono da maestrina e portandogli il puntatore laser della pistola alla fronte.

Il devoto però non doveva essere abbastanza lucido da ascoltarmi e appena accortosi della mia presenza corse come un maniaco verso di me sguainando la sua asse di legno chiodata.

Eliminai subito la minaccia sparandogli un proiettile al piede destro per azzopparlo e altri due nel torace per freddarlo. Non servì neppure attivare il V.A.T.S..

I suoi compagni non furono altrettanto furbi e nel tentativo di estrarre le loro armi, vennero uccisi da due colpi di carabina semiautomatica sparati da Tony e Amelia. Il resto della squadra Vault si era appostato in un grande centro commerciale che si affacciava sul fiume e sulla stazione per coprirmi in caso di bisogno.

All’arrivo dei miei compagni la situazione non era mutata. L’ultimo predone era rimasto calmo e io non avevo dovuto ucciderlo.

-Prendete quanta più roba possibile.- Ordinai.

Mentre io, Atom e Spectrum continuavo a sorvegliare il prigioniero, gli altri si misero a setacciare il bottino alla ricerca di armi e altre cose utili. Spostando delle confezioni di Dandy Boy Apples, Nick trovò delle scatole di calibro 45, con le quali Amelia e Tony poterono ricaricare le loro armi. Zack, Trinity e Isaac fecero scorta di medicinali e viveri. Earl recuperò un lanciafiamme lasciato in bella vista sopra ad una cassa di legno per esplosivi piena zeppa di candelotti di dinamite, mentre Bud trovò un lanciamissili con caricatore quadruplo e sistema di puntamento automatico. Uno di quei cosi poteva centrare tranquillamente una jeep in piena corsa senza dover ricaricare. Nick però ci fece preoccupare un po tutti quando senza dire una parola si abbuffò di Mentats trovate nella pila.

-Ehm, Nick? Sicuro di non soffrire di qualche dipendenza?- Gli chiese Amelia.

-Tranquilli. Devo solo continuare a mantenere stabile la quantità di neurotrasmettitori tra le sinapsi dei miei neuroni. Più i miei impulsi nervosi saranno elevati, più resterò in questo stato. Almeno fin quando non saremmo fuori dai guai.-

Non potevamo sapere se il ragionamento di Nick fosse il risultato di una sana riflessione scientifica o la folle teoria di un meccanico sotto l’effetto di una potente droga e prossimo all’astinenza. Quindi chiedemmo conferma a Spectrum.

-È possibile.- Rispose l’eyebot.

Senza perdere altro tempo, i miei compagni finirono di saccheggiare il bottino dei predoni e scendendo le scale della stazione, tornarono alla strada sottostante. Io restai a tenere sotto tiro il predone, il quale però, restava comunque una seria minaccia per noi.

-Aspetta! Prima di uccidermi. Cos’era quel terremoto?- Mi chiese il demone intuendo che io ne sapessi qualcosa.

-Era il tuo re che moriva.- Gli risposi io un attimo prima di colpirlo in testa con l’impugnatura della pistola.

Forse avrei dovuto ucciderlo, ma un gesto simile sarebbe stato più nello stile dell’Orda. E poi avrebbe potuto parlare di quanto fossi stata misericordiosa a chiunque avesse incontrato da quel momento in poi.

Pur avendo messo in sicurezza le scale, non potei fare a meno di ricontrollarle gradino per gradino. In precedenza i predoni avevano disseminato quei pochi metri di scale con almeno una dozzina di trappole a filo e laser di prossimità collegati a loro volta a degli esplosivi sparsi lungo le pareti delle scale. Disinnescarli però non fu difficile. Le mine disseminate per tutta la strada erano state una bella seccatura invece. Quelle piccole bastarde si attivavano appena qualcosa di più grande di un topo si avvicinava a loro. Se ciò accadeva, c’erano solo due cose da fare. Premere il più in fretta possibile il pulsante al centro del disco e disattivarle, o scattare all’indietro come una lepre e sperare di non essere colpiti dalle schegge della mina. Per fortuna avevo letto un discreto numero di Duck and Cover! e dell’Elettronica di Dean, imparando così a conoscere i vari tipi di esplosivi e a disattivarli prima della detonazione. Me ne presi anche tre di quelle frammentazione, tanto per averle in caso di bisogno.

Riunitami con il resto della squadra, guidai il gruppo giù per il letto del fiume prosciugato. Per raggiungere la zona sud della città, avremmo dovuto attraversare il fiume, e dato che quasi sicuramente tutti i ponti erano stati distrutti, minati o occupati da altri predoni, ci restavano solo due opzioni. Entrare nei tunnel delle fogne o della metro che probabilmente erano crollati o infestati dagli abomini più impensabili, oppure attraversare quella sottile linea di fanghiglia essiccata.

Quella del fiume fu la scelta migliore a mio parere. In soli due minuti fumo sull’altra sponda. Ebbi un po di paura però quando nella penombra di quella notte scarlatta intravidi delle strane ombre correre vicine al nostro gruppo. Anche gli altri non apprezzarono la loro presenza. Specialmente Atom, che ringhiandogli contro ad ogni occasione teneva lontane quelle creature.

-Rilassatevi. Sono solo topi mutati dalle radiazioni.- Ci tranquillizzò Spectrum, essendo l’unico a poter vedere nel buio. -Saprofaghi in cerca di carogne.-

Scoprire che quelle ombre non più grandi di Atom fossero dei ratti mutati non mi rassicurò molto.

Giunti sull’argine opposto, restammo comunque un po scoraggiati. Capitol Hill non era di certo come Bricktown, ma il business dell’edilizia aveva fatto dei bei guadagni anche in quella parte della città. Gli enormi e stretti palazzi di quella zona impedivano alla nubi rosse di illuminare le strade, i sobborghi e i vicoli di quella zona. Un bello svantaggio per noi, visto che non potevamo accendere alcuna luce.

-Doc, da qui in avanti tocca a te.-

Doc era l’unico in grado di vedere al buio. E con gli schemi della città memorizzati nei suoi circuiti per noi era diventato come una guida turistica.

-Mancano ancora sei isolati. Statemi vicini.-

Anche con l’aiuto del Dr Spectrum, camminare per le strade di Capital Hill si rivelò più arduo del previsto. Evitare gli ostacoli nell’oscurità totale era come chiedere ad un ceco di completare il percorso ad ostacoli nella caserma del P1, con l’aggiunta di radiazioni e possibili nemici nascosti dietro ogni angolo.

Dopo quindici minuti nella valle delle tenebre avevamo già colpito decine di ostacoli ed eravamo inciampati in parecchi punti della strada. Doc faceva quel che poteva, e sempre grazie a lui avevamo evitato una trappola a filo collegata a delle bombole di gas e scongiurato un incontro faccia a faccia con una mandria di ghoul ferali a caccia.

Quando due vertibird ci volarono sopra tememmo di essere presi dalle luci dei loro fari. Fu allora che ci accorgemmo dei container che trasportavano. In base a quanto scoperto da Earl, l’Orda gli usava per trasportare più truppe con un solo velivolo. Non molto sicuro, ma pratico.

Aggirare una fabbrica occupata dai predoni ci fece perdere altro tempo, ma in quelle condizioni sarebbe stato impossibile battere anche solo le loro torrette automatizzate MKVII.

Scavalcato il cofano di una Chryslus Coupe esplosa in mezzo ad un incrocio però, iniziammo ad udire dei cani abbaiare.

-I cacciatori hanno mandato i loro segugi a stanarci.- Disse Amelia scrutando la strada alle nostre spalle.

-Vorrà dire che gli daremo un bell’osso.- Scherzò Earl aprendo il gas del lanciafiamme.

Il problema era che il brusio del branco oltre a farsi più vicino, cominciava a farsi forte. Molto forte.

-Ma che …?- Chiesi senza capire se fosse l’eco del posto o proprio quello che pensavo.

-È presumibile che non si tratti di un semplice branco.- Disse banalmente Nick.

-Diavolo! È un intero canile questo! Non possiamo fermarli tutti!- Fece notare Bud.

-Accendete le luci e correte!- Ordinai attivando le tre mie e lanciandole dietro di noi.

Con la torcia del mio Pip-Boy e … qualunque cosa emanasse la luce blu di Spectrum dal suo visore, riprendemmo la marcia. Solo un tantino più veloci e più terrorizzati.

Con le luci finalmente accese potemmo scavalcare o schivare i vari ostacoli. Come le auto abbandonate, le macerie, il distruttore di Nuka-Cola rovesciato sul marciapiede e la decorazione di teschi impilati su dei lunghi tubi di ferro arrugginiti.

Ahimè però, la nostra fortuna volle abbandonarci.

Più avanti, lungo la strada, il cemento aveva ceduto e la sezione dal nostro lato era sprofondata nel terreno di almeno tre metri. Arrivati nei pressi della spaccatura provammo ad arrampicarci per raggiungere la parte di strada rimasta in alto, ma le uniche cose a cui potemmo aggrapparci forno dei cavi scoperti e dei tubi di ferro sporgenti dal cemento.

-Siamo in trappola!- Affermò Spectrum.

-E ora cosa facciamo?- Mi chiese Trinity provando a far salire il piccolo Zack.

In quello stesso istante, le mine che avevo piazzato nei pressi della Chryslus Coupe all’ultimo incrocio esplosero. Non avevamo più molto tempo.

-Squadra Vault! Assetto difensivo!- Ordinai. -Vendiamo cara la pelle!-

Pur avendo delle buone armi con noi, la superiorità numerica del nemico restava comunque uno svantaggio troppo grande per noi.

Il branco arrivò subito dopo nei pressi della nostra posizione. Le mine non avevano scoraggiato i cani, ma per qualche strana ragione il branco aspettò ad attaccarci. Lo squadrone della morte era composto da diverse specie di cani. Principalmente bastardi il cui genoma originale era andato perso in seguito a lievi dosi di radiazioni e a molteplici accoppiamenti con altri simili. Il V.A.T.S. del Pip-Boy identificò decine di cani feroci, cani d’assalto, avvizziti. C’erano perfino dei coyote addomesticati, e dei cani luminescenti entrati probabilmente a contatto con delle potenti fonti radioattive. Ma i peggiori di tutti erano i cybercani della polizia. Quei cosi erano delle vere macchine da guerra. Per qualche strana ragione però, non ci attaccarono subito. Restarono a fissarci, senza superare la crepa oltre la quale la strada si era inclinata verso il basso.

L’unico di noi che non restò in silenzio ad aspettare la mossa del nemico fu Atom, che per tutto il tempo non smise di ringhiare e abbaiare contro i suoi simili.

-Che stanno aspettando?- Domandò Earl.

Improvvisamente, il branco si ritirò. I primi furono i cybercani, poi toccò agli altri segugi, che scappando emisero dei mugolii traducibili in paura.

-Ma cosa … ?- Chiese Earl abbassando il lanciafiamme.

Anche Atom sembrò aver perso tutto il suo coraggio, e smettendo di ringhiare si riparò con Zack dietro a Trinity.

-Qualcosa gli ha spaventati.- Disse Spectrum.

-Del tipo?- Continuò Trinity.

-Avverto delle micro scosse sismiche con frequenza ed intensità in costante aumento.- Ci informò Nick.

Non capii ne come Nick avesse fatto a percepire quelle vibrazione, ne cosa le stesse provocando, ma poi la crepa dietro alla quale i cani si erano allineanti prima di fuggire si allargò e un’enorme mano a otto dita ne uscì, per agguantare l’asfalto e tirare su il resto del corpo. Un altro dannatissimo mutatore fece la sua comparsa in mezzo alla strada. Eravamo finiti dalla padella nella brace.

-Red?!- Mi chiese Isaac sperando in uno dei miei piani dell’ultimo momento.

Quel mutatore non era grande come il Kraken, ma le sue fattezze erano altrettanto raccapriccianti. Le dita della mano con cui si era tirato su erano delle braccia umane. Probabilmente delle vittime precedentemente assorbite. Anche i volti sulla testa del mutante accreditarono la mia teoria. Al posto di avere un unico volto, il gigante aveva le facce di almeno cinque persone sulla sua testa. Riconoscerle sarebbe stato impossibile, dato che tutto il corpo era in realtà un’immensa massa acida e i tratti estetici delle vittime erano stati eliminati quasi completamente dall’assorbimento. E in più quelle cinque facce non erano neanche composte. Ci fissavano con le loro smorfie oscene e rabbiose. Come se ognuna di esse rappresentasse l’umore del mutatore. E come se ciò non bastasse quella cosa aveva la pendenza della strada dalla sua.

A prima vista quella cosa aveva solo due punti deboli. L’altro braccio, che contro ogni logica era rimasto delle dimensioni di un normale arto umano, e la grossa palla luminosa nello stomaco del mutante, che come spiegatomi da Doc poco dopo essere usciti dall’Oklahoma City’s Arena, doveva essere il nucleo del batterio mutato dalle radiazioni.

-Bud, mira a quella cosa luminosa nella sua pancia e sparagli tutto quello che hai!- Ordinai.

L’indiano agganciò con il mirino del lanciarazzi il mutatore e subito sparò i quattro razzi nel caricatore dell’arma. Tutti e quattro andarono a segno, anche se solo due colpirono esattamente il nucleo del mutatore.

-FUOCO!!!- Ordinai.

Tutta la squadra aprii il fuoco sul mutatore, costringendo il mostro a coprirsi la pancia con la mano gigante. La fortuna sembrava favorirci, fino a quando tutte le armi iniziarono a sparare a vuoto.

-Ehm … ragazzi?- Chiesi atterrita. -Perché non ricaricate?-

-Ho finito le munizioni.- Mi informò Amelia.

-Idem.- Continuò Earl svitando la bombola del suo lanciafiamme.

-Io ho solo la dinamite.- Disse Earl guardandosi nelle tasche della mimetica. -No un momento! Chi me l’ha presa?!-

-Io. La sto usando per creare una bomba.- Disse Nick armeggiando alle nostre spalle con degli attrezzi.

-Aspetta Nick!- Lo ammonii. -Senza un banco da lavoro appropriato è troppo …-

-Finito!- Disse il meccanico mostrando a tutti la sua bomba.

La bomba di Nick era una moltitudine di candelotti a miccia corta e granate a frammentazione unite da un cavo di rame. Il meccanico regolò il timer per uova attaccato alla bomba artigianale e la lanciò contro il mutatore.

Pur essendo un magnifico lancio, la bomba arrivò soltanto ai piedi del mutatore e quando esplose proiettò pezzi di metallo e asfalto in tutte le direzioni. Ma neanche questo bastò a distruggere il nucleo del mostro, che dopo essersi ripreso e aver liquefatto le schegge conficcatesi nella sua spessa pelle, ruggì contro di noi.

Poi un boato e un oggetto non meglio identificato sfrecciò sopra le nostre teste alla stessa velocità di un proiettile. Istantaneamente, il mutatore si ritrovò con lo stomaco trapassato da parte a parte. Dove c’era il nucleo, l’aria fredda della notte trapassava il corpo del mutante senza trovare alcuna resistenza. Come una macchina che aveva perso il motore, quel colossale mix di radiazioni, tossine, acidi e materia organica riconvertita, era rimasto in piedi senza muovere un muscolo.

Della polvere e dei sassi sopra di noi caddero sulle nostre spalle, e guardando in alto scoprimmo un soldato in tenuta antisommossa completa e un fucile laser modificato per il tiro a lunga distanza.

-Il Dr Spectrum, presumo?- Chiese l’uomo.

-Si.- Rispose semplicemente Doc.

-Il maggiore e il resto del team la stanno aspettando alla base.-

Non sapevo chi fosse quell’uomo, ma vista la sua probabile collaborazione con Doc e vedendo la scaletta di metallo offertaci dallo sconosciuto, lo riconobbi come nostro alleato.

Arrivata in cima trovammo ad aspettarci tre jeep corazzate parcheggiate nel bel mezzo della strada con i fari accessi su di noi. Le due ai lati avevano delle mitragliatrici con triple canne rotanti posizionate sui tettucci, mentre quella al centro aveva un fucile gauss in versione artiglieria pesante. Immaginatevi un fucile in grado di sparare proiettili da 2mm EC, ma venticinque volte più grande. Ci credo che il mutatore era stato trapassato come se fosse di burro. Quel cannone gli aveva sparato un’intera trave d’acciaio a più di novecento metri al secondo e a meno di cinquanta di distanza.

-È il modo migliore per farli secchi.- Mi disse il soldato indicandomi il mutante defunto.

L'abominio stava iniziando a decomporsi pezzo dopo pezzo. Era ancora in piedi quando l’enorme braccio si staccò dalla spalla cadendo poi a terra emettendo un tonfo simile a quello di un frutto marcio quando veniva spiaccicato. Il resto avrebbe fatto la stessa fine entro pochi minuti.

-Dentro! Forza!- Ordinò il soldato alla mitragliatrice della jeep a sinistra. -Infetti in avvicinamento da est.-

Senza perderci in chiacchiere, iniziammo ad entrare nelle jeep. Io, Nick, Isaac e Trinity con Zack, salimmo nel mezzo con il cannone gauss, mentre gli altri entrarono nella jeep parcheggiata a destra.

Quando il convoglio partì, facemmo un’incredibile scoperta. Anzi. Due.

-Benvenuti nella Resistenza ragazzi.- Disse il soldato al volante.

Finalmente gli avevamo trovati. O meglio, loro ci avevano trovati. I membri della Resistenza ci avevano appena recuperati, e senza farci neppure il terzo grado, ci avevano offerto perfino un passaggio sicuro per la loro base.

Ma ad incuriosirci fu anche la voce del soldato alla guida. Una voce calma, ma sicura. Segnata da un bizzarro accento asiatico. Quando il soldato si tolse il suo elmetto da tenuta antisommossa, quasi non credemmo ai nostri occhi.

-Mr B?!- Chiesi restando con gli occhi sgranati.

-BAATAR!- Esclamarono tutti gli altri sui sedili posteriore del blindato.

Zack spiccò perfino un salto dalle gambe di Trinity per abbracciare il suo mentore dato per morto. Il pilota non si sottrasse all’affetto del piccolo ghoul, ma la guida del mezzo richiedeva pur sempre una certa attenzione.

-Sei vivo!- Disse Zack lasciando Mr B e tornando a sedersi sulle gambe di Trinity.

-Ma all’ora non ti anno ucciso.- Fece notare Isaac.

Ad Isaac erano venuti gli occhi lucidi per la gioia. Buon segno viste le sue condizioni la sera precedente.

-Sono riuscito a scappare mentre ero legato ad una delle loro sedie per gli interrogatori. Poi mi sono intrufolato nel loro sistema di ventilazione, ho raggiunto la loro stazione, sono saltato su uno dei loro treni e arrivato alla prima fermata ho usato un cartello pubblicitario per aggrapparmi e scendere. Dopo la Resistenza mi ha trovato e fornite le mie generalità mi hanno accolto tra loro.-

-Quei cattivoni mi avevano fatto credere che eri morto.- Lo informò Zack.

-Sicuramente per demoralizzarvi e non dover ammettere di essersi lasciati sfuggire un prigioniero da sotto il naso.- Gli rispose Baatar.

-Aspetta. Sei scappato da solo? Dalla torre?- Chiesi schioccata.

Anche gli altri erano rimasti senza parole. Noi ne eravamo usciti per miracolo, mentre il disertore tibetano aveva soltanto dovuto strisciare nell’ombra.

-Come hai fatto a non farti beccare?- Domandò Trinity.

-Ho imparato un paio di trucchetti mentre stavo con una soldatessa dei Crimson Dragoons.-

-Wow! Davvero?- Gli chiese Isaac. -Non me ne avevi mai parlato.-

-Beh in verità, lei mi usava più come suo scalda letto.-

-Oh oh oh. Mr B, sei un ruba cuori.- Mi complimentai.

-E mi condivideva con il resto della sua camerata.-

-Come scusa?- Chiesi pensando di aver capito male.

-Lei e un’altra decina di donne specializzate nell’infiltrazione e nel sabotaggio mi usavano ogni notte per dare sfogo alle loro perversioni. Dicevano che ero carino e dolce. Dicevano anche che se non le avessi soddisfatte tutte quante mi avrebbero denunciato per diserzione o tradimento.-

Baatar era rimasto in un stato catatonico. Come se un trauma del passato fosse tornato a perseguitarlo.

-Baatar. Sospetto che tu sia stato vittima di molestie sessuali.- Intervenne Nick. -Ti consiglio di affrontare la cosa con un terapeuta specializzato.-

Stavo per chiedere a Baatar dove ci stavano portando, e magari anche cosa ci potesse essere di male nell’essere condiviso da un intero plotone di donne bramose di possederlo, ma dall’alto un stormo di radbat piombò sul cofano della jeep. Ancor prima che potessimo reagire, la metà morì scontrandosi contro il mezzo, mentre l’altra metà volò via. Solo tre di quei piccoli viscidi mostri rimasero a graffiare e a leccare il parabrezza antiproiettile macchiato dal sangue dei loro fratelli morti. Zack ne rimase un pizzico spaventato, mentre io invece usai la torcia del Pip-Boy per arrostirli. I pipistrelli mutanti provarono a resistere per qualche secondo, ma appena sui loro corpi iniziarono a formarsi delle orribili pustole blu scure decisero di battersela in ritirata. Baatar si fece scappare una breve risatina.

-Uno stormo di quelli mi ha quasi fatto la pelle durante la mia fuga.-

-OCCHIO!- Urlò Isaac.

Come se i radbat non fossero già abbastanza, cinque piccoli robot simili a dei ragni atterrarono sempre sul cofano della nostra macchina per poi picchiettare con i loro artigli d’acciaio sul parabrezza.

-Tranquilli. I liberatori sono l’esatto opposto dei vostri eyebot. Sono stati creati più per la propaganda che per il combattimento.- Spiegò Baatar. -State a vedere.-

Baatar effettuò una brusca sterzata a sinistra, facendoci colpire un bidone dei rifiuti ai margini della strada. L’impatto ci fece rimbalzare tutti, e lo stesso fu per i robot comunisti sul cofano. Questi si frantumarono in decine di pezzi quando ricaddero sul mezzo. L’ultima cosa che vedemmo di loro furono dei volanti propagandistici con una stella rossa davanti ad una bandiera americana a pezzi con la scritta: RICOSTRUIRE IL FUTURO PER UNA NAZIONE ROTTA.

-E io che credevo di essermela lasciata alle spalle questa spazzatura.- Commentò Baatar.

-Baatar? Qualche problema?- Chiese un altro soldato alla radio.

-Niente di che. Voi più tosto guardatevi intorno.-

-Niente anche per noi, ma sta in guardia per i DIAVOLO!!!-

La jeep davanti a noi sterzò senza alcun preavviso a sinistra, mentre un branco di esseri bioluminescenti gli cadde sopra lanciandosi dal terrazzo di un caffè al secondo piano di un edificio sulla destra. Anche Baatar fu costretto a fare la stessa manovra, ma fortunatamente la jeep non si scontrò con altri ostacoli e non investì nessuno di quegli esseri. Due di loro riuscirono ad aggrapparsi a degli appigli sulla fiancata destra del mezzo davanti a noi, dove il mitragliere sul tettuccio non poteva colpirli.

-Che cosa sono quelli?! Ghoul luminescenti?!- Chiesi notando le fattezze umanoidi dei mostri.

-Ghoul infetti. Sono entrati in contatto con le secrezioni prodotte da un mutatore e da adesso seguono la sua volontà come dei soldati.- Mi spigò Baatar.

-Esiste qualche speranza di arrivare al sicuro senza dover incontrare tutta la catena alimentare di Dakota City?!- Protestò Isaac.

-Baatar! Potete uccidere questi autostoppisti?- Chiese alla radio lo stesso soldato di prima.

Baatar premette un pulsante della console sul cruscotto della jeep e da quello che fino ad un attimo prima avevo scambiato per il vano porta oggetti, uscì un monitor.

-Usa i comandi sulla sinistra per puntare e fare fuco Red.- Disse Baatar indicandomi la manopola sul bracciolo sinistro del mio sedile.

Manovrare il cannone non fu per niente difficile. I comandi erano stati ideati per essere usati anche da soldati nuovi alluso delle armi teleguidate. Un po come per gli APC e i carri armati.

Muovendo la manopola udii la torretta sopra alle nostre teste muoversi rumorosamente, fino a che il puntatore elettronico non inquadrò perfettamente i due ghoul infetti aggrappati alla jeep. Quando premetti il grilletto, le due creature esplosero in mille pezzi, e lo stesso fece un povera cassetta delle lettere posta vicino all’entrata di un edicola trenta metri più in la di dove eravamo noi.

-Diamine! Questo mostro potrebbe distruggere un carro armato.- Commentai stupita.

-E non hai visto … ma cosa?- Si chiese Baatar vedendo la jeep davanti rallentare e poi svoltare a sinistra.

-Cambio di programma. C’è una mandria di infetti sulla principale. Prendiamo la panoramica e proviamo a raggiungere la base attraverso l’ingorgo.-

Seguendo la jeep in testa, Baatar guidò il mezzo verso la strada che dava sui giardini pubblici di Capitol Hill. Riuscii comunque a buttare un occhio sull'immensa mandria di ghoul infetti che ci aveva appena tagliato la strada.

-Non potevamo investirli o colpirli con le mitragliatrici?- Chiese Isaac.

-Se i ghoul sono stati infettati dallo stesso gene dei mutatori, è probabile che il loro sangue sia diventato una miscela altamente corrosiva che quasi certamente scioglierebbe la corazza dei blindati.- Gli rispose Nick.

Osservando meglio la fiancata della jeep in testa dove i ghoul si erano aggrappati, mi accorsi che il metallo si era lievemente corroso. Subito mi annotai mentalmente che far esplodere un ghoul infetto poteva causare schizzi acidi.

-Appunto. Hey, quand’è che Nick è diventato così colto.- Domandò Baatar. -E perché ti sei tinta il ciuffo Red?-

-Lunga storia. Nick si è bevuto … come hai detto scusa?- Gli chiesi pensando di aver capito male.

-Hai un ciuffo bianco.-

Incuriosita usai lo specchietto retrovisore per guardarmi la testa, e con sorpresa scopri che una striscia dei miei amati capelli rossi era diventata bianca.

-Oh no. Oh no. Oh per pietà no!- Dissi strofinandomi i capelli sperando che fosse soltanto un residuo di polvere portatomi dietro dalla Dakota City’s Arena.

Ma i capelli rimasero di quel colorito. Bianchi.

-Sono vecchia!- Pensai.

-Temo che lo stress delle ultime settimane abbia avuto un pessimo impatto sulla tua chioma Red.- Mi informò Trinity.

-Red, dovresti prenderti un periodo di vacanza per rilassarti e recuperare le forze. Ciò gioverebbe alla tua cute.- Mi consigliò Nick.

-Oh, ma certo Nick! Stavo giusto per prenotare la suite presidenziale del Luky 38 a Las Vegas quando il mondo è bruciato, l’Orda ha sterminato migliaia di persone, dei lucertoloni hanno provato a mangiarci, noi siamo quasi morti in una cacchio di arena e adesso quei bastardi ci stanno alle COSTOLE!- Risposi allarmata.

-Wow calmati sorella.- Intervenne Isaac. -L’Orda non sa neppure dove siamo.-

-NO SONO DIETRO DI NOI! SUL TRENO!!!-

Numerosi proiettili di diverso calibro investirono la nostra jeep. Baatar non pote fare molto visto che la panoramica era una strada stretta con un vuoto di trenta metri sottostante. Anche il mitragliere sulla jeep in testa dovette rientrare per non farsi colpire.

-Tunner è stato ferito alla spalla!- Affermò qualcuno alla radio.

-Gli d’ho uno dei miei stimpak.- Disse Earl nella jeep dietro di noi.

-Red sei l’unica che può colpirli! Fermali prima che ci forino la corazza.-

Riattivando i comandi del cannone Gauss puntai l’arma verso il treno della monorotaia. Il treno era composto da ben sette vagoni, più quello del conducente, e in ognuno di essi, dovevano essersi piazzati almeno dieci predoni. Questi ci stavano sparando con armi balistiche e ad energia di tutti i tipi. E visto che la monorotaia continuava parallela alla panoramica ancora per un miglio e mezzo, una di quelle armi avrebbe potuto sventrarci il motore e farci esplodere ancor prima di arrivare poco oltre la metà del percorso restante.

Senza perdere tempo e sperando che un proiettile non andasse a colpire il sistema idraulico del cannone o la sua ottica, guidai l’arma fino al vagone in testa, e dopo aver mirato dove presumibilmente si trovavano i predoni, sparai tre colpi in rapida successione. I proiettili trapassarono le lamiere del vagone come se fossero di stagnola, e lo stesso fecero gli altri quattro, ma il nemico non sembrava essere intenzionato ad abbandonare la corsa.

-È come tirare delle frecce ad un gigante di carta pesta.- Commentai.

-Prova a mirare alla ruote.- Mi consigliò Baatar. -Forse riesci a bloccarlo.-

Ascoltando il suggerimento del pilota ghoul sparai ben cinque colpi alle ruote del treno, ma il cemento dei binari che le proteggeva era troppo resistente e i proiettili riuscirono soltanto a scheggiarlo.

-Non funziona!-

-Usa la Forza Red. Usa la Forza.- Disse qualcuno con tono teatrale.

-Cosa?! Chi ha parlato?!- Chiesi guardandomi intorno.

-Io. Spectrum. Alla radio. Ricordi che siamo nella jeep dietro di voi?- Mi chiese Doc alla radio. -Accumulando l’energia, le armi Gauss generano più forza. Mi sono spiegato?-

-Ah, si scusa. Mi sono dimenticato di dirti che tenendo pigiato il grilletto della manopola prima di rilasciarlo fai più danni.- Spiegò Baatar.

Pur avendo una gran voglia di dare a Mr B il premio per il miglior istruttore di tiro dell’Oklahoma, tornai a concentrarmi sul treno nemico.

-Sbrighiamoci con questo treno, siamo quasi all’ingorgo!- Disse uno dei soldati nelle altre jeep.

Tenendo premuto il grilletto, udimmo un suono elettrico e un voltmetro analogico ai margini del monitor che prima non avevo neppure notato iniziò a caricarsi, fino a che la sua lancetta non raggiunse il cento per cento.

A quel punto lasciai il grilletto e una potente cannonata partì dalla torretta sopra alle nostre teste.

La jeep barcollò poco in confronto all’energia sprigionata dall’arma montata su di essa, mentre il vagono in testa al treno volò via. Nel vero senso della parola. Squarciato a metà e con una buona dose di cemento armato sollevato con esso dal proiettile, il vagone si alzò in volò per più di tre metri e finì col piombare nel parco sottostante, trascinandosi con sé il resto del treno.

Non potemmo fermarci a guardare il luogo dello schianto, ma era ovvio che nessuno potesse sopravvivere ad una cosa simile.

-SIII! BECCATEVI QUESTA!- Esultò Isaac.

-Non male.- Si complimentò qualcuno alla radio.

-Datemi un cannone e farò deragliare qualunque cosa.- Scherzai.

-Ecco. Siamo arrivati.- Disse Baatar facendo fermare il mezzo.

Appena la jeep fu ferma scendemmo tutti e davanti a noi trovammo l’ultimo ostacolo. I restanti cento metri della panoramica erano stati occupati da un vero ingorgo di auto rimaste bloccate. Oltre, il Quartier Generale Regionale della Vault-Tec attendeva di essere raggiunto.

-E adesso che facciamo?- Chiesi ai soldati della resistenza.

-Continuiamo con il piano B.- Mi rispose lo stesso che dopo aver ucciso il mutatore ci aveva aiutati a salire.

-Questa strada è l’unica alternativa che abbiamo per raggiungere la base.- Mi spiego Baatar.

-E i blindati?- Chiese Bud riunitosi con noi.

-Li lasciamo qui. Non ci servono più.-

-Ma è uno spreco assurdo!- Obbiettò l’indiano.

-E non hai ancora visto niente soldato. Forza muoviamoci.-

Avanzare tra le auto non fu tanto facile quanto avevo pensato. Alcune erano troppo grandi per scavalcarle velocemente, mentre altre erano così vicine che neppure Zack o Atom riuscirono a passarci in mezzo. Solo il Dr Spectrum non ne risentì essendo l’unico in grado di poter volare.

Arrivati davanti ad un grosso camion cisterna però, iniziammo a percepire delle vibrazioni.

-È un terremoto? Un mutatore?- Domandò Amelia.

-No. Solo un mezzo esercito di devoti abbastanza adirati.- Disse uno degli altri soldati indicando la direzione dalla quale eravamo giunti.

All’inizio della panoramica, erano comparse delle ombre. Poi quelle ombre divennero un muro e in men che non si dica quel muro divenne un fiume di predoni urlanti ed indemoniati, che in poco tempo avrebbe invaso l’intera panoramica e travolto chiunque gli si fosse parato davanti.

-Muovetevi!- Ordinò uno dei soldati.

-Datemi un dollaro per ogni volta che l’ho sentito dire in questi mesi.- Ironizzò Tony.

Continuammo ad avanzare saltando e camminando sui veicoli civili. A meno di venti metri dalla fine dell’ingorgo e della panoramica i predoni avevano già raggiunto le jeep e l’inizio dell’ingorgo. Meno male che senza le chiavi i blindati e le loro armi erano del tutto inservibili.

Ma come tutti sanno, tutto può andare storto in un istante. Dal cielo rosso cremisi arrivò una raffica di mitragliatrici, e prima che chi fosse stato colpito cadesse a terra, un vertibird passò sopra di noi in volo diagonale per poi continuare la sua picchiata in direzione del parco sottostante.

-Qualcuno è stato colpito? Qualcuno è stato colpito?!- Chiese Bud.

-Io ho del sangue addosso, ma non mi ha colpito.- Rispose uno dei soldati della resistenza.

-Io credo di essere stata colpita.- Affermò Trinity.

-Merda! Ha preso anche Meiners.-

Guardandomi intorno, scoprì che uno degli altri soldati era stato colpito e che l’infermiera giaceva nel vano di un Pick-R-Up con una ferita al polpaccio sinistro e Zack li vicino. La poca luce generata dalle nubi rosse nel cielo non mi permise di vedere i dettagli, ma ero sicura che almeno due proiettili delle potenti mitragliatrici montate sul velivolo nemico avevano fatto saltare la testa e mozzato la gamba destra del soldato a terra.

-MALEDIZIONE!- Imprecò uno dei suoi compagni chinandosi sul corpo per recuperare le piastrine identificative.

-Trinity! Non morire!- Pregò Zack tenendo la mano dell’infermiera.

-Tranquilli. Non è grave. Mi ha presa di rimbalzo.-

-Ti aiuto io, piccola.- Disse Nick chinandosi e prendendo in braccio Trinity.

Il nuovo Nick era diventato anche un vero duro d’azione. Quello vecchio sarebbe scoppiato a piangere sapendo che la sua amichetta fosse stata colpita. E tanto meno non avrebbe avuto la forza per prenderla in braccio e correre in mezzo a quel casino.

-Dobbiamo sbrigarci! Veloci!- Ordinò un soldato.

-Qualcuno aiuti Zack.- Disse Trinity.

-Ci penso io.- Risposi prendendo in braccio il piccolo ghoul.

Mancava pochissimo per raggiungere la nostra meta, ma al tempo stesso, il vertibird dell’Orda sarebbe tornato a colpire e i predoni alle nostre spalle si stavano avvicinando sempre di più. E io che pensavo che la morte del loro leder gli avrebbe demoralizzati.

L’ultimo vero ostacolo che si presentò fu un rimorchio pesante rovesciato davanti all’entrata per il piazzale della Vault-Tec. Quello era stato sicuramente usato per difendere la struttura dagli attacchi provenienti dalla panoramica, rendendo quel passaggio quasi inutilizzabile per degli assalitori. L’unica pecca di quel muro improvvisato, era che noi ci trovavamo dal lato sbagliato.

-APRITE!- Ordinò un membro della Resistenza.

Come risposta, il rimorchio iniziò a spostarsi rumorosamente a sinistra, permettendoci così di passare uno alla volta nello stretto passaggio formatosi tra il retro del rimorchio e la colonna ornamentale posta al margine destro dell’entrata al piazzale.

Provai un senso di sicurezza quando vidi che ad attenderci nel piazzale c’erano diversi membri della resistenza. Sicurezza che però svanì istantaneamente quando il vertibird nemico ricomparve dal lato del parco.

Il velivolo si spostò lateralmente verso il ponte in volo stazionario per mantenere le armi puntate su di noi. Una manovra che gli avrebbe permesso di colpirci senza dover rischiare di essere agganciato e al tempo stesso di defilarsi rapidamente in caso di contrattacco.

-Ora morirete nemici della America!- Esultò il pilota predone agli alto parlanti del velivolo.

L’ultima cosa che feci prima che la luce dei proiettori sul vertibird ci illuminasse per favorire la visuale al pilota, fu gettarmi a terra e proteggere Zack con il mio corpo.

Qualcuno aprì il fuoco, ma non fu il pilota dell’Orda. Quello precipitò con il suo velivolo proprio sulla panoramica dove ormai i predoni a terra erano quasi arrivati all’entrata del piazzale. Io riuscii soltanto a scorgerlo un’istante prima dell’impatto e vedere che il colpo partito dalle vicinanze aveva fatto esplodere il rotore destro del velivolo, causandone lo stallo e l’impatto sulla strada sospesa della panoramica. Il meglio però, fu quando il reattore del vertibird esplose generando una reazione a catena che colpì tutti i veicoli parcheggiati sulla panoramica. Ognuno di quei mezzi era dotato a sua volta di un motore a fusione, il che rese ogni singola detonazione, una micro esplosione termo nucleare con un raggio d’azione leggermente minore in confronto a quello generato da una mini nuke.

Quando mi rialzai per sedermi a guardare lo spettacolo, le macchine più lontane dovevano ancora esplodere. Me ne accorsi sia per il frastuono delle esplosioni, sia per i flash abbaglianti talmente potenti da illuminare il cielo quasi come se fosse giorno. Le macchine avrebbero bruciato per tutta la notte, ma tanto ormai non c’era più nulla che potesse morire. Tutti i predoni che malauguratamente si erano spinti oltre le jeep che noi avevamo abbandonato all’inizio dell’ingorgo, erano sicuramente morti. Plasma, radiazioni, onde d’urto … neppure un’armatura atomica con la corazza in titanio sarebbe potuta resistere a quel casino.

Poi udii delle vibrazioni sempre più forti, accompagnate dal suono emesso da dei servomotori West Tek in movimento, e voltandomi mi ritrovai davanti un’armatura X-01 con un’arma pesante appoggiata sulla spalla destra. Non so cosa fosse, ma quello sputa fuoco aveva eliminato un vertibird con un solo colpo. E l’uomo o la donna dentro quell’armatura doveva essere un ottimo tiratore.

-Fai ancora a botte con i bulletti di scuola, piccola cowgirl?-

Quella voce. Quel modo di parlarmi. L’altoparlante del casco ne aveva modificato il tono, ma quella voce mi diceva qualcosa. Qualcosa di molto … familiare.

-No! Aspetta! Non può essere!- Pensai credendo di aver intuito l’identità del soldato.

Il soldato sollevò l’arma dalla spalla, la appoggiò a terra tenendo la canna rivolta verso l'alto con la mano destra e con la sinistra si tolse il casco.

La testa rasata. I folti baffi alla chevron. La piccola cicatrice sotto al mento. L’aurea da paladino che la sua figura emanava.

-Papà!- Esclamai cercando di rialzarmi.

-Avanti! Rientriamo tutti!- Ordinò mio padre.

Sotto la protezione della Resistenza, ci rifugiammo dentro il palazzo della Vault-Tec. Attraversata la reception e l’area espositiva del palazzo entrammo tutti nei tre ascensori che portavano ai piani alti. Mi sarebbe piaciuto rivedere l’esposizione del Vault modello, ma tanto i progetti di costruzione e i canoni estetici del P1 erano gli stessi.

Nell’ascensore due eravamo io, mio padre, Zack, Atom, Trinity, Nick, Isaac e Doc. Oltre l’ascensore non avrebbe retto il peso.

-Credevo che fossi morto da qualche parte per le radiazioni!- Dissi estasiata.

Dopo aver scoperto che mio padre era sopravvissuto, tutto per me era cambiato. Non mi sentivo più sola e sull’orlo di un dirupo. Solo la sua presenza mi aveva ridato forza e coraggio. Quasi scoppiai a piangere quando ebbi chiaro che non si trattava di un fantasma.

-Avevo ancora un lavoro da portare a termine.-

Il sarcasmo di mio padre era un suo tratto distintivo. Di tutti i soldati che avevo conosciuto, lui era forse il più comico di tutti. Perfino nelle situazioni peggiori, era in grado di sorridere. Che si trattasse dell’incidente fatto con la macchina anni addietro o di un’apocalisse nucleare, non era in grado di perdere il suo caratteristico buon umore.

-Come sei finito qui?- Gli domandai.

-Eravamo tutti qui durante la Grande Guerra. Alcuni sono arrivati più tardi, ma in linea di massima facciamo tutti parte del progetto. Ti sei tinta i capelli?-

-Lunga storia.- Risposi per sviare l’argomento del mio invecchiamento precoce.

-Salve signor Earp.- Lo salutò Nick.

-Oh, ciao Nick.- Gli rispose papà, che fino a prima non aveva potuto salutarlo come si doveva. -Mi fa piacere vederti sano e salvo. Ti vedo parecchio in forma.-

Nick non aveva smesso per un secondo di tenere in braccio Trinity, come l’eroico personaggio della saga letteraria di Tæles of Chivalrie. Lei ne approfittò per farsi coccolare dai bicipiti del meccanico grandi il doppio rispetto al normale. Lui invece continuava a fissare mio padre con il suo sguardo da pensatore.

-Il marchio che ha sul torace. L’ho visto il due gennaio del sessantanove su un giornale. Parlavano di un gruppo di agenti governativi specializzati in operazioni ombra.-

Mio padre rimase impressionato dalla memoria di Nick. Lui ancora non sapeva della pozione miracolosa creata dal padre di Bud. Io invece non capii il significato del marchio inciso con un perfetto taglio laser sul torace in titanio dell’armatura atomica di mio padre. Un teschio rosso trapassato, dalla parte alta del cranio alla bocca mezza aperta, da una saetta nera.

-Però Nick. Hai una buona memoria.-

-È merito del mio subconscio. Lui ha memorizzato nel dettaglio ciò che ho visto in passato e grazie al mio potenziamento sinaptico, ora posso accedere a quei ricordi. L’articolo però era piuttosto vago, quindi solo lei può rispondermi.-

-Beh comunque non siamo più vincolati dal giuramento, quindi posso dirvi tutto. Negli ultimi venticinque anni, io e un ristretto numero di professionisti, abbiamo operato con l’FBI, l’FFR, il BADTFL, l’USSA, l’UAF, la DIA, i Servizi Segreti e altre agenzie governative per proteggere la nazione e il popolo americano. Ci facciamo chiamare: Blade Thunder.-

-Aspetta.- Pensai. -Dove ho già sentito questo nome?-

Nello stesso istante l’ascensore arrivò a destinazione e dopo l’annuncio dello speaker ne uscimmo tutti insieme.

L’ambiente era molto simile ad un ospedale. Mi sembrò strano che la Vault-Tec usasse questo genere di arredamenti per una struttura logistica. Anche se parecchio grande.

Contemporaneamente a noi, arrivarono anche gli altri. Uscendo dall'ascensore alla nostra destra, Bud ed Earl mi si avvicinarono con delle strane facce. Una via di mezzo tra incredulità ed eccitazione.

-Blade Thunder!?- Chiese sconvolto Bud. -Tuo padre è un Blade Thunder?!-

-Ho controllato le sue credenziali.- Gli rispose una voce a noi tutti famigliare nel corridoio più avanti. -Il maggiore Jacob Earp è il comandante del plotone Blade Thunder. Un’unità segreta del governo dedita ad operazioni ombra di spionaggio, controspionaggio, ricognizione, sabotaggio, ricerca e distruzione, salvataggio, assassinio, caduta di governi, analisi tattica, e tante altre belle cose.-

Rita Ross e Lopez si erano riuniti con noi nella zona degli ascensori. La donna aveva con se anche i membri della sua squadra. La Aries. Fu bello scoprire di non essere i soli ad essere arrivati alla Resistenza.

-Rita. È bello vedervi.- Dissi facendole pugno.

-Il sentimento è reciproco.- Mi rispose la soldatessa battendomi il pugno.

-Dove sono Roberts e Wood?- Gli chiese Tony esaminando la squadra Aries.

Rita gli rispose con un cenno della testa negativo e un’espressione cupa.

-Roberts si è fatto sbranare da dei ratti giganti del cazzo, e Wood è stato preso da un mutatore.- Spiegò uno dei membri della Aries.

-Sapete qualcosa degli altri?- Chiesi ai due caposquadra.

-Ti abbiamo sentita per tutto il tempo grazie al trasmettitore nascosto nel tuo cinturone. Appena vi hanno scoperti, Wright ha fatto ritirare tutti eccetto noi.- Mi spiegò Lopez. -Spire e Coyote avevano provato a sfondare un muro di auto per entrare in città, ma dopo averlo demolito ne è uscita una marea di ghoul senza fine.-

-Si, li abbiamo sorvolati.- Aggiunse Isaac.

-Loro si sono trovati nei guai quasi subito, quindi non hanno avuto molta scelta. Iris e Lynx hanno portato a termine la mappatura della città già a mezzo giorno. Almeno di quello che hanno visto. Poi Wright ha preferito farli ritirare. Anche la loro posizione era diventata troppo calda. Restiamo solo noi.-

-Bene, allora … no fermi tutti!- Ordinai prima che qualcuno mi distraesse di nuovo. -Papà! Io credevo che tu fossi un semplice soldato o qualcosa di simile.-

-Ti chiedo scusa tesoro, ma la mia situazione in passato era troppo complicata.-

-In effetti con quello che facevano, la segretezza era da considerarsi la loro migliore amica.- Disse Rita. -All’UAF erano considerati i migliori agenti per la cattura degli agenti comunisti. Dei miti.-

-UAF?! Quello non è niente in confronto a quello che abbiamo combinato.-

Sempre dal corridoio più avanti, un altro gruppo di soldati giunse per conoscere i nuovi arrivati.

-Vi presento gli ultimi Thunder Blade.- Ci annunciò mio padre. -Jace Reed, corpo dei marine. Dominic Gutierrez, divisione robotica. Oliver “Mad” Cook, armi pesanti. Cora Sullivan, pilota dell’aviazione americana. Ed ultimo, ma non per importanza, Tariq Al Madani.-

-Tutti gli altri o sono morti, o hanno preferito starsene dalla parte sbagliata.- Aggiunse Reed.

Il soldato era l’unico ad avere il volto coperto da un elmo. L’armatura dei marine era l’unica armatura standard i cui parametri di difesa e resistenza alle radiazioni, erano pari o superiori alle armature atomiche. Un bel completo da indossare.

-Credevo che foste solo un mito. È vero che avete salvato New York da un attacco terroristico?- Chiese Earl.

-Fu solo una fuoriuscita di refrigerante dal nucleo della centrale. Assistemmo solo alla squadra di riparazioni.- Gli rispose Gutierrez. -L’amministrazione di quel tempo ingigantì la cosa per assicurarsi la vittoria alle elezioni.-

-E poi noi abbiamo partecipato ad azioni più eclatanti.- Continuò Reed. -L’affondamento della corazzata cinese Peng. L'assassino del dittatore Nicolás Blanco in Venezuela. L'evacuazione dell’ambasciata a Tel Aviv nel sessanta. La battaglia di Fort Horizon sul monte Malapert.-

-Mala … che?- Chiesi.

-È sulla Luna. Quando l’IA che controllava i sistemi della colonia di Shackleton si è ribellata, abbiamo raggiunto Horizon su un razzo della USSA, difeso la fortezza e riconquistato il sito un settore alla volta.-

-Basta con le lezioni di storia.- Si intromise mio padre. -Se volete delle risposte, è meglio se prima venite con noi.-

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Capitolo 23
*** Morte ***


Morte

La fine di molti viaggi.

 

 

29/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma/Contea di Logan

Oklahoma City/Capital Hill/Quartier Generale Regionale della Vault-Tec

Ore 02:26

 

35°25'35.1"N 97°31'08.8"O

 

L’intero gruppo si diresse verso il centro del piano. Andando sempre più avanti trovammo diverse porte automatiche sui lati del corridoio. Dietro di esse probabilmente si trovavano gli uffici del piano.

Arrivati ad un checkpoint con le docce di decontaminazione, io e la squadra Vault ne approfittammo per rifocillarci al bar li vicino e darci una ripulita. Un ciambellone al cioccolato e un caffè caldo mi aiutarono a recuperare le energie. Oltre ad essere un’ora tarda, il mio organismo era stato vittima di amputazioni, dissanguamenti e sforzi fisici fuori dall’ordinario. La stanchezza si era fatta sentire.

Improvvisamente udii un tonfo vicino a me, come se qualcosa fosse caduto per terra. Atom abbaiò per richiamare l’attenzione di tutti e voltandomi scoprii che Nick era andato ko.

-Nick? Nick, amore che cos’hai?!- Chiese preoccupata Trinity.

Nick era svenuto di colpo. Senza fiatare, ne dire niente.

-Che gli prende?- Domandò Earl.

-È il dopo sbornia causato dalla droga. Come per Red la notte di capodanno, il suo corpo è stato sottoposto ad un’intensa attività fisica e mentale.- Spiegò Spectrum.

-Quindi adesso cosa fa? Dorme? Muore?- Domandò cinicamente Earl.

-No. Gli serviranno delle ore di buon sonno e magari un esame per …-

Ma contrariamente alle previsioni di Doc, Nick si risvegliò di colpo. Prese un profondo respiro e si guardò attorno confuso.

-Nick, stai bene?- Gli chiesi preoccupata.

-Ehm … si. Direi di si. Ma dove siamo?-

-Alla Vault-Tec. Siamo scappati dall’Arena e abbiamo corso per le strade infestate da mutanti. Non ti ricordi?-

-L’ultima cosa che ricordo è che qualcuno voleva usare la mia faccia per farci un paio di mutande e … oh, salve signor Earp! Non sapevo che ci fosse anche lei.-

Nick sembrava essere tornato il solito Nick. E tutto ciò che era accaduto tra l’ingerimento della sostanza e il suo risveglio lo aveva dimenticato.

-Quindi ha perso tutte le sue abilità da super uomo?- Chiesi a Doc.

-Nick, come si fa a valutare il livello di una ricombinazione di sequenze anti-introniche?- Chiese a sua volta Doc a Nick.

-Cosa?- Chiese confuso Nick.

-Qual’è meglio tra una Nuka-Cola Quartz e una Nuka-Cola Orange?- Continuò Spectrum.

-Oh, beh. Ci sono varie teorie al riguardo. Secondo un gruppo di degustatori esperti del nord del Kentucky …-

-Si. È tornato come prima.- Confermò Spectrum.

Pur non avendo apprezzato la falsa domanda dello scienziato, Nick si rialzo subito come se niente fosse.

-Wow, vacci piano MechaNick.- Lo bloccai ricordandomi del mio risveglio dalla notte di capodanno. -Non hai dolori muscolari o altro?-

-Scherzi. Mi sento un leone. Potrei sollevare il mondo. MechaNick è pronto a tutto!- Mi rispose il meccanico saltando e tirando pugni all’aria.

Nick sembrava essere rinato di punto in bianco, ma il suo organismo emise dei brontolii poco salutari. A giudicare dalla faccia il povero Nick sembrò accusare qualche problema.

-Da che parte è il bagno?- Chiese il meccanico con tono dolorante e mettendosi le mani sulla pancia.

-Da quella parte. Lungo al corridoio, terza porta a destra, ultima porta in fondo, poi di nuovo a sinistra e …-

-Scusate!- Nick corse alla porta indicatali dal membro della Resistenza ancor prima che questo potesse finire.

-E poi?- Chiesi al soldato.

-E poi la prima a sinistra.-

Correre dietro a Nick non fu difficile, ma raggiungerlo mi fu comunque impossibile. I disturbi gastrici lo avevano costretto a correre come un dannato.

Il meccanico seguì le indicazioni del soldato alla lettera, fino a quando però, nella parte finale della sua corsa sbagliò strada, e invece di girare a sinistra, svoltò a destra.

-No, Nick! Non da quella parte!- Provai a chiamarlo.

Quando girai l’angolo e finalmente lo raggiunsi, Nick si era messo ad armeggiare con il terminale di una porta di sicurezza. La natura tecnologica di quel posto doveva averlo confuso, ma al suo posto mi sarei chiesta prima se un bagno necessitasse di tutta quella sicurezza.

-Nick! È dell’altra parte.- Gli dissi indicandogli la normalissima porta dietro di noi.

-Grazie!- Mi rispose Nick un attimo prima di scattare come una saetta verso la porta.

Appena la porta automatica si richiuse, decisi di tornare indietro. Nick non si sarebbe più perso. Ma fatti i primi quattro passi sulla moquette azzurra che ricopriva i pavimenti di tutti i corridoi, mi bloccai. La porta di sicurezza si era aperta da sola. Pensai ad un guasto o ad un’anomalia nel sistema di pressione. Forse Nick l’aveva già attivata prima che io arrivassi. Mi avvicinai per controllare, ma arrivata ad un metro dalla soglia, le luci della stanza si accesero.

Sapevo che accedere a zone ad accesso limitato senza il permesso non era cortese, ma in caso di rischi alla sicurezza o pericoli ambientali, un controllo non guastava mai. Almeno nel P1.

Entrando nella stanza, altrettante luci si accesero automaticamente, e quello che trovai fu indescrivibile.

La stanza era un laboratorio. Non uno di quelli tipici dei reparti scientifici della Vault-Tec. Era più nello stile di … Spectrum. Lampade al neon, luci soffuse blu, mobili simili a quelli nel suo ufficio e tecnologie all’avanguardia per lo studio e la ricerca. Ad incuriosirmi fu anche la strana bruciatura sul pavimento di cemento. Sembrava che un’esplosione avesse annerito il pavimento formando una stella nera. Ciò che però mi aveva incuriosita fin da subito, furono i congegni nelle teche di vetro sparse per il laboratorio. Ognuna con la sua documentazione e delle foto.

In una era presente una strana arma a tre lame e un cristallo con delle sfumature azzurre. L’etichetta diceva: Wingstik e cristallo di feltrite. Non capii ne la funzionalità del primo oggetto, ne la provenienza del minerale.

La seconda teca conteneva un frammento di osso che occupava metà della teca e un campione di materiale ferroso verde scuro. L’etichetta diceva: Os Draconis e Orichalcum. Non ne capii gran che.

Seguì la teca più ricca e bizzarra. Conteneva una specie di robot a forma di ventiquattrore, un congegno simile ad uno zaino, una sfera rossa non più grande di una palla da baseball, un sottile congegno la cui funzione mi era totalmente ignota, la foto di una strana ombra a stella appiccicata al vetro con del nastro e un sofisticato apparecchio medico con degli aghi e una fiala. L’etichetta della teca diceva: Robot Operatore, Sistema di Propulsione Artax, granata reciclante, TranScribe, foto di un Mimic e Neuromod usata. Se la precedente teca non mi aveva detto molto sul suo contenuto, quest’ultima non aveva fatto altro che farmi sentire più ignorante.

-TranScribe? Mimic? Che sarebbe una Neuromod? E dove andrebbero infilati i suoi tre aghi?-

La mia curiosità si spostò sulla teca seguente e mi permise di smettere di pensare alla natura degli oggetti custoditi in quella precedente.

In quest’altra teca erano stati messi in mostra dei progetti e dei documenti. Gli unici veri oggetti erano degli arcani componenti meccanici. I documenti erano poster propagandistici su di un “Nuovo Ordine” e la pubblicità di un piatto chiamato Sauerkraut. Gli schemi erano progetti di armi, veicoli e robot che mai prima d’ora avevo visto. C’era anche la foto di un uomo anziano, pelato, molto simile ad una mummia e con un’espressione parecchio sinistra. Anche questa volta l’etichetta mi lasciò un pizzico perplessa: Congegni Da’at Yichud, manifesti di propaganda, progetti Da’at Yichud e foto del Oberstgruppenführer Wilhelm "Deathshead" Strasse.

-Nonno … sei inquietante.- Dissi tornando a guardare la foto del vecchio.

La penultima bacheca conteneva invece una pistola ad energia con un design fuori dal comune, quelle che probabilmente erano le sue munizioni, dei contenitori simili a bicchieri, un paio di strumenti e un intero album di foto sfuocate di velivoli spaziali. Una però mostrava una creatura umanoide con un testone enorme e degli occhi vitrei. L’etichetta di quest’altra mostra dei fenomeni da baraccone diceva: Blaster alieno, celle energetiche aliene, cibo e gel alieno, cacciavite alieno, forbici circolari aliene, dispositivo di controllo drone, foto navi zetane e foto alieno zetano.

-Okay. Questa è meglio non mostrarla a Nick.- Annotai mentalmente ricordandomi di tutte le volte in cui Nick mi aveva assillata con le teorie più assurde sull’esistenza di una cospirazione aliena e io gli avevo dato del credulone.

L’ultima bacheca del tour conteneva un fantastico set di armi ultra tecnologiche, con tanto di motosega da serial killer. Perfino la pistola in mostra sembrava più cattiva della mia 10mm. Le uniche cose non letali erano la bambolina di un astronauta o un soldato con la corazza, un sottile oggetto con i bordi rossi e una piccola sfera di vetro con due conduttori di metallo divisi all’interno da pochi millimetri di vuoto. L’etichetta diceva: Pistola EMG Mark V, fucile d’assalto HAR, motosega, giocattolo Doomguy, chiave magnetica rossa e cella Argent vuota.

-Cosa?!-

Credetti di aver letto male, ma ricontrollando l’etichetta, capii di non essermi sbagliata. Quella piccola sfera di vetro era un manufatto Argent. Jeremy mi aveva chiesto di trovargli un nucleo Argent, il che non era la stessa cosa. Ma forse, quella sfera mi avrebbe permesso di scoprire la reale natura del chitarrista e il mistero che accomunava tutte quelle reliquie.

Stavo per estrarre una forcina dalla tasca per scassinare la serratura della teca, quando la mia coscienza mi bloccò. Mentre riflettevo sul fare la cosa giusta o commettere un furto, un flebile riflesso blu comparve sul vetro della teca.

-Puoi prenderla se vuoi.- Disse una voce femminile alle mie spalle.

Presa alla sprovvista, mi voltai di colpo, e per poco non estrassi la pistola. Ad aver parlato, non era una donna. O meglio, non una donna in carne ed ossa. Era un ologramma con lo stesso modello di quelli progettati e venduti nel P1 dal Dr Spectrum.

-È tua. Tutto quello che vedi qui è tuo.- Mi disse con gentilezza la donna ologramma.

Era una donna sulla sessantina. Una scienziata con il camice e il cartellino identificativo. Solo la luce blu dell’ologramma non mi permise di distinguerne i colori dei capelli e degli occhi.

-Ehm … che intendi con … tua?- Le chiesi.

-Lui aveva detto che ti sarebbero potute servire.-

-Il Dr Spectrum?- Continuai iniziando a sospettare sempre di più che dietro a tutto ci fosse anche la mano di Doc.

-No. Mio marito ed io le abbiamo solo custodite. È stato Frank a trovarle e a crearle.-

-Marito? Doc? Il Dr Spectrum?!- Chiesi stupita.

-Joel è mio marito. Io sono la dottoressa Doriane Brown. Piacere di conoscerti. È da tanto che ti attendavamo.-

-Io?-

-Oh, scusami. È meglio se raggiungiamo gli altri, così io e mio marito ti potremmo dire tutto.-

La dottoressa mi fece strada lungo uno corridoio all’altra estremità della stanza e poi su per una scala con i gradini di vetro trasparente. Durante la salita avrei voluto porre altre domande alla dottoressa, ma preferii aspettare di incontrare Doc e gli altri. Era ovvio che quello scienziato avesse omesso di dirmi qualcosa. Forse già al nostro primo incontro nel giorno della Grande Guerra.

Arrivate in cima, uscimmo nella più grande stanza sferica blu che io avessi mai visto. O meglio, l’unica stanza sferica blu che io avessi mai visto. Con un diametro di circa cinquanta metri, la stanza veniva usata come sala di monitoraggio per un super computer ZAX. Il computer risedeva nella parte bassa della stanza sferica, dove litri di liquido di raffreddamento, casualmente blu, tenevano la temperatura dei suoi server sotto il livello di surriscaldamento. A separarci dal piccolo lago sotto zero, ci pensava una spessa lastra di vetro trasparente che circondava la parte alta del computer. Questa era composta da varie tastiere, mentre al centro era stato montato un proiettore olografico con le stesse dimensioni di un planetario che al mio arrivo stava mostrando una versione ingrandita di Spectrum intento ad illustrare dei grafici. Tutta roba costosa.

Con sorpresa, trovai ad attenderci tutti gli altri. Sia i membri della Resistenza, che i miei compagni si erano riuniti attorno al ZAX. C’erano anche una decina di scienziati e tecnici occupati a visionare il ZAX. Mancava solo Nick, che evidentemente era ancora impegnato.

-Dory!- Esclamò l’ologramma di Spectrum vedendo arrivare quello di Doriane.

-Joel.- Gli rispose lei volandogli incontro.

I due si scambiarono un romantico e passionale bacio tra me e gli altri. Io voltai lo sguardo per dare ai due un pizzico di privacy.

-Ehm, Joel.- Disse lei facendogli un piccolo cenno.

-Oh, scusami.-

Io tossi apposta per attirare l’attenzione dello scienziato, che dopo gli ultimi eventi, avrebbe dovuto rispondere a parecchie domande.

-Dory. Perché l’hai fatta entrare nell’ufficio di Frank? Ne avevamo già parlato!-

-Oh, Joel ti prego.-

-A quante persone lo hai fatto visitare prima del mio ritorno!?-

-Ho fatto un’eccezione solo per lei. E tanto perché tu lo sappia, i miei sistemi di sorveglianza non si sono mai lasciati sfuggire nessuno.-

-Hey ragazzi, non crederete mai a cosa ho visto la sotto!- Affermò entusiasta Nick comparendo dalle stesse scale che io e la dottoressa avevamo salito. -Ah, comunque vi è finita la carta igienica.-

-Ehm, forse mentre arrivavamo ho abbassato un po la guardia nelle altre stanze. Beh, ad ogni modo lei doveva vedere. Tutti loro devono vedere.-

-Mia diletta. C’è modo e modo di spiegare una cosa simile.-

-Spiegare che c’osa?- Chiesi aggrottando la fronte. -Magari qualcosa che ci stai nascondendo da quando ti abbiamo conosciuto? Non è vero Doc? Magari potresti cominciare sul perché Jeremy mi ha chiesto di cercagli qualcosa che probabilmente tu sapevi già dov’era, e per qualche ragione, me l’hai tenuto nascosto.-

Spectrum percepì la frustrazione nelle mie parole. Per la prima volta lo vidi massaggiarsi le tempie.

-E sia. È arrivato il momento che tu Red, sappia la verità. Per quanto essa possa sembrare assurda e … assurda.-

Seguii con Nick i due ologrammi fino al ZAX e ci riunimmo insieme agli altri, i quali sembravano altrettanto interessati alla recente piega degli eventi. Gli ologrammi di Doc e Doriane vennero sostituiti da delle foto, create sempre dal proiettore, che illustravano eventi di sessantanni fa. O almeno così dicevano le date.

-Molti anni fa, in questo stessa sala, io e Doriane, stavamo installando un prototipo di MURA, l’antenato dei ZAX. Una mattina però, ci fu un incidente. A causa di un guasto nel sistema di alimentazione, io e mia moglie fummo investiti da un flusso elettrico con un voltaggio superiore ad un miliardo di volt. L’effetto joule è stato così potente da liquefare i supporti d’acciaio nei pressi della sala, e naturalmente noi. Per un assurdo e quasi inspiegabile motivo, le nostre coscienze sono state trasferite nelle prime due banche dati nelle vicinanze a non essere saltate a causa del cortocircuito. Nel caso di mia moglie, i server del MURA. Per me, i semplici circuiti di un prototipo di eyebot ancora in fase di sviluppo.-

-Un miliardo di volt vi prende in pieno, e voi vi reincarnate in macchine senzienti?- Domandò scettico Earl.

-Essendo gli unici due ad essere stati vittime di questo singolare incidente, ne io, ne mia moglie siamo riusciti a spiegare con certezza una cosa simile. La nostra migliore ipotesi è che l’energia sprigionata dalla scarica abbia trasferito le nostre coscienze come i file di un computer. Un “Trasferimento elettrico della coscienza” a tutti gli effetti.-

In quel momento mi tornò in mente il nostro primo incontro. Nel cingolato che trasportava il RAD-SHIELD, Doc mi aveva già accennato qualcosa in riferimento alla fisica quantistica, ma le priorità della situazione gli avevano impedito di spiegarmelo nei dettagli.

-La parte più interessante fu però quella delle visoni.- Continuò Spectrum. -Durante il Trasferimento, entrambe le nostre coscienze viaggiarono ad una tale velocità da interferire con il flusso dei tachioni. Essendo più veloci della luce, queste particelle sono state soggetti di studio in molti campi della fisica quantistica e …-

-Arriva al punto Doc.- Lo pregai cominciando a percepire i sintomi di un'emicrania.

-E magari impara la lingua dei mortali.- Gli suggerì Reed. -Dopo vent’anni noi non ci abbiamo ancora capito niente.-

-In parole semplici, abbiamo visto il nostro futuro.-

Sia io che i miei compagni rimanemmo abbastanza stupiti. Ad eccezione di Atom, che al contrario di noi tutti, preferii concentrarsi sul mordicchiare una delle sue zampe anteriori.

-Avete visto il futuro?- Domandai con prudenza.

-E perché non ci avete parlato della Grande Guerra?! Forse avremmo potuto salvare il mondo!- Li criticò Amelia.

-Cosa credete che abbiamo fatto per prima cosa?- Ci chiese Doc cupo. -Abbiamo informato il presidente e il suo gabinetto. Loro e molti altri ci hanno presi per pazzi. Minacciarono perfino di farci sparire entrambi. Non è facile essere delle IA libere e convinte di conoscere il destino del mondo. Specialmente più di mezzo secolo fa.-

-E comunque non sapevamo ne la data esatta della Grande Guerra, ne se ciò che avevamo visto fosse possibile.- Intervenne Doriane. -Dovemmo assistere all’ennesima caduta della pace globale per essere sicuri di ciò che avessimo visto.-

La spiegazione dei due scienziati sembrò tranquillizzare Amelia e chiunque avesse pensato che Doc e sua moglie avessero tenuto nascoste le visioni sulla fine del mondo.

Ciò però non mi aveva ancora illuminata sul perché Doc ci avesse tenuti all’oscuro di tutto ciò.

-Decidemmo quindi di provare a salvare quante più persone possibili con le nostre sole forza, dando il via al Progetto Spirit.- Affermò Doc mostrando le foto e i curriculum di diverse persone.

Alcune di quelle persone facevano proprio parte del nostro organico.

-Soldati, scienziati e tecnologie che potessero far risorgere un’America libera dalla malattia del capitalismo e dal bisogno disperato di sacrificare i propri ideali pur di contrastare una crisi energetica. Lo Spirito dell’America.- Continuò Doriane.

Quasi mi commossi sapendo di essere parte di un simile progetto. Ma il fatto che Doc non ce ne avesse informati settimane addietro continuava a farmi sospettare.

-Quindi … siete stati voi a creare il P1?- Intuì Isaac.

-Si e no signor Lee.- Lo corresse Doc.- Noi abbiamo dato il via al progetto e in buna parte lo abbiamo guidato negli anni. A finanziarlo, a proteggerlo e a renderlo possibile sono stati uomini e donne che credevano nella nostra causa. Che volevano dare un futuro all’America. Uomini e donne come Frank Sauer.-

-Il progetto Spirit aveva bisogno di menti brillanti per funzionare. Per reclutarli fu sufficiente offrire borse di studio e finanziamenti di tasca nostra a coloro che avessero il giusto potenziale e una morale ferrea. Uno di questi ci offrì il progetto di un sistema di scarico dei rifiuti all’avanguardia e una teoria sui portali extra-dimensionali.-

Il ZAX sostituì Doc e sua moglie con la foto di un giovane ricercatore, dei progetti meccanici e degli schemi a noi tutti incomprensibili.

-Noi gli finanziammo il prototipo per lo scarico e gli promettemmo che a breve avremmo dato un’occhiata alla sua teoria. Ma con gli impegni dell’epoca, liberarci per studiare una simile teoria avrebbe richiesto mesi di attesa.- Ammise dispiaciuto Doc. -Una mattina però, a tre giorni dalla sua ammissione al progetto, trovammo nel suo ufficio soltanto un efficiente sistema di scarico pienamente operativo e la bruciatura rimasta tutt’oggi impressa sul pavimento della stanza.-

-Credevamo che fosse scomparso, o che qualcun altro si fosse interessato alle sue teorie.- Continuò la dottoressa Doriane. -Ma poi avvenne l’impensabile. La mattina dell’ottavo giorno dalla scomparsa di Frank, i miei sistemi avvertirono uno sbalzo energetico molto simile ad uno avvertito la sera prima che lo stesso Frank sparisse. Ciò che trovammo al nostro arrivo nella stanza, fu inconcepibile.-

Sopra al ZAX comparvero altre proiezioni, molto simili alle reliquie nel vecchio ufficio di Frank.

-Nello stesso punto della bruciatura, erano state ammucchiate armi e tecnologie che il nostro mondo non aveva mai visto. E su di esso, si era accasciato un vecchio con la divisa da ricercatore usurata. Questo è l’audio del nostro ultimo contatto.-

-Signore? Signore sono il Dr Spectrum. Il mio scanner mi indica che il suo organismo è prossimo al collasso.- Disse Doc in una registrazione. -I nostri medici stanno per arrivare. Si potrebbe identificare.-

-Ce l’ho fatta Dr Spectrum. Alla fine … sono tornato a casa.- Rispose una voce vecchia e stanca.

-In seguito al decesso e all’autopsia, abbiamo scoperto che l'anziano era in realtà Frank Sauer. Nato il primo dicembre del duemilaquaranta, morto il trenta agosto del duemilasettantaquattro, all’età approssimativa di cento anni.-

-Bene. E qui si ferma la mia capacità di credere all’assurdo.- Intervenne Lopez spavaldo come sempre.

-Lopez!- Lo ammonì Rita.

-No, dico … ce l’avesse spiegato mesi fa! Prima scopriamo che il caro Spectrum aveva una base tutta sua. Poi che noi tutti siamo in realtà gli animali della sua arca. Ora però ci racconta la storia di un fumetto talmente assurdo da essere invendibile. Spiacente ma io mi fermo qui. Invece di credere a queste assurdità, dovremmo iniziare ad evacuare e tornarcene a casa.-

-Buffo come i giovani rinneghino la realtà e vadano a nascondersi nella finzione.- Lo schernì Reed.

-Non mi sto nascondendo, vecchio. Semplicemente sono stufo di sentire tutte queste cazzate.-

-A chi hai dato del vecchio, moccioso?-

-Cerchi guai, nonno?-

-E tu vuoi perdere subito i tuoi denti da latte, marmocchio?!- Chiese Reed sempre più furioso afferrando il colletto della mimetica di Lopez.

-E tu vuoi farti una nuova dentiera, matusa?!- Continuò Lopez afferrando Reed per il pettorale dell’armatura da marine.

-Lopez, sei impazzito!?- Lo rimproverai tenendolo per le spalle insieme a quelli dietro di lui.

-Reed, smettila di pavoneggiarti!?- Disse mio padre al suo sottoposto imitandomi insieme a quelli dietro al marine.

-È possibile che ultimamente non riusciamo a fare un briefing senza una rissa?!- Domandai irritata.

-Ed ecco sfilare le unità panzerhund. Guardate come questi autentici successi dell’ingegneria del Grande Reich Tedesco sfilano per le nostre strade.-

Dal nulla, il ZAX si era messo a proiettare delle riprese fatte da una posizione elevata. Sembrava una parata militare. Un’immensa parata. Tutti si bloccarono nel vedere la proiezione. Ad attirare la nostra attenzione furono l’accento tedesco dello speaker in sottofondo e le bandiere appese alle mura del Palazzo del Congresso a Washington. Bandiere con la svastica.

-Una giornata fantastica per commemorare la vittoria suprema della Germania sull’America. Quelle che stiamo vedendo qui a Washington, sono le migliori unità dell’esercito tedesco.-

-Non credevo che l’avrei mai detto, ma un’America governata dall’Enclave non sarebbe la peggiore in cui vivere.- Commentò Bud inorridito.

Poi il ZAX proiettò la videoregistrazione di un sistema a circuito chiuso. Mai viste riprese migliori.

-Da che parte è l’uscita? Da che parte devo andare stupido TranScribe?-

Nella videoregistrazione a colori un uomo in preda al panico stava usando uno di quei TranScribe per orientarsi, ma senza grandi successi. Sembrava disperato. Poi apparve una strana ombra.

-Cosa?! No. No! NOOO!-

L’ombra si mosse come una ragno verso il poveraccio e dopo averlo catturato entrò attraverso la sua bocca. Poi l’uomo si contorse come una marionetta, in un attimo marcì e dalla sua bocca uscirono altre cinque di quelle creature.

-Non guardare.- Ordinò Trinity a Zack coprendogli gli occhi.

Il piccolo ghoul era rimasto con noi per tutto il tempo.

-Mai visto nulla di simile.- Commentò sbalordito Tony.

-Già. Queste riprese deve averle fatte una videocamera da urlo. Altro che le nostre in bianco e nero.-

Il commento di Nick ci lasciò un po tutti perplessi, ma le proiezioni continuarono e i nostri sguardi vennero rapiti dalla videoregistrazione, sempre a colori e ben definita, di una battaglia tra dei soldati in armature da combattimento sofisticate tanto quanto le loro armi, e delle creature terrificanti.

-Missione annullata. Ripeto missione annullata. Le barriere di contenimento degli Inferi sono crollate. Tutte le unità devono evacuare la superficie.- Ordinò qualcuno per radio.

-Evacuare?! Non possiamo neppure muoverci da qui! Ci servono rinforzi!- Rispose seccato un soldato.

-Merda! Arrivano!-

Uno dei soldati provò a buttarsi dietro ad un riparo, ma un’orripilante testa gigante con una bocca dentata e un solo occhio gli volò addosso e lo divorò. Il soldato che invece stava filmando venne sollevato in aria e subito dopo un colosso rosso cremasi con le corna lo spinse dentro alle sue fauci. La videoregistrazione terminò in quell’istante e il ZAX non mostrò altro.

-Ehm. La sensazione di angoscia e terrore religioso che mi sta divorando dalla testa ai piedi la avverto soltanto io?- Domandò Nick.

-Va bene. Forse non sono tutte balle.- Ammise Lopez aggiustandosi il colletto.

-Nazisti che dominano la terra. Alieni sbucati dalle viscere della galassia. Demoni infernali votati alla distruzione del genere umano. Frank ha visto tutto questo in una sola vita passata a viaggiare in questi mondi e ad apprendere le conoscenze per vincere la guerra per la sopravvivenza nel nostro.-

-Wow. Per essere un semplice ricercatore … questo Frank si sarebbe meritato la Medaglia d’Onore del Congresso.- Si complimentò Earl.

-Di quale congresso?- Ironizzò Amelia.

-Ancora però non ci hai spiegato perché ce l’hai tenuto nascosto.- Feci notare.

-Perché non era il momento.- Mi rispose Doc. -Le nostre visioni ci mostrarono il futuro fino a …-

Spectrum venne interrotto da un allarme. L’ologramma del ZAX mostrò subito una proiezione della struttura in scala ridotta, con un puntino lampeggiante sulla piattaforma del tetto.

-Dottore! Abbiamo perso la linea con la parabola.- Disse uno degli scienziati.

-Connessione persa. Comandi remoti persi. Diagnostica della parabola persa.- Continuò un suo collega digitando freneticamente sulla tastiera.

-Truppe nemiche in avvicinamento da terra. Presenza velivoli nel nostro spazio aereo impossibile da confermare.- Ci informò qualcun altro tramite il sistema di comunicazione interno.

-Com’è possibile?! Non avete delle difese?!- Chiese irritato Earl.

-Le hanno distrutte tutte nell’ultimo assalto e fino ad ora non dovevano essersene accorti. Quella del ponte era l’ultima carta a nostra disposizione.- Gli rispose Gutierrez.

-Smettetela di cincischiare e passiamo all’azione. A tutte le unità, convergere nell’atrio della Vault-Tec e preparasi a difendere la base.- Ordinò mio padre con uno dei microfoni del ZAX. -Tutti gli altri al tetto.-

 

 

Pur volendo venire con noi, ordinai a Spectrum di restare con sua moglie nella sala del ZAX. Non avevo fatto tutta quella strada per ritrovarmi con un mucchio di rottami elettronici tra le mani. Trinity e Zack vennero accompagnati negli uffici convertiti ad alloggi di fortuna per i profughi salvati dalla Resistenza. Portare entrambi in combattimento sarebbe stato contro producente. L’infermiera era stata ferita da poco e il piccolo ghoul non era di certo un combattente.

-Sei sicuro di farcela?- Chiese Gutierrez ad Earl.

-Salgo sulla scaletta, entro nella cabina, tu spegni e ripariamo il guasto. Anche ad occhi chiusi.-

-Ma se avevate una parabola funzionate fino a poco fa, perché non l’avete usata per chiamarci già un mese fa?- Domandò Nick a mio padre.

-Le vibrazioni della bomba avevano mandato in corto la mia scheda madre per le comunicazioni.- Spiegò Doriane tramite gli altoparlanti. -Joel è l’unico in grado di toccarla senza danneggiare i miei altri circuiti vitali.-

-Ho quasi finito. Altre due micro saldature e mancherete solo voi la su.- Continuò Doc sempre agli altoparlanti.

-Mi raccomando. Appena vedete qualcuno o qualcosa di ostile sparate. Non rischiate.- Affermò mio padre. -E ricordatevi di usare le luci per difendervi dai radbat.-

-Ce ne sono tanti?- Domandai.

-Più di quanti se ne possano contare.- Mi rispose Sullivan.

Lei e i miei due piloti avevano preferito seguirci da terra piuttosto che prendere tre dei velivoli nell’hangar. Non sapevamo quanti predoni avessero circondato la torre, ne se negli edifici circostanti qualcuno di loro avesse portato armi antiaeree leggere. Quindi niente supporto aereo.

-Con una di queste non ho da temere.- Affermò Bud.

All’indiano era stata offerta un’armatura X-01 come quella di mio padre. Loro due e Mad, l’addetto alle armi pesanti dei Thunder Blade, erano gli unici tre con un’armatura atomica, in quanto unici ad aver frequentato l’addestramento militare per l’utilizzo di tali equipaggiamenti.

-Chi sa? Magari alcuni di loro potrebbero avere delle chele.- Scherzò Tony.

-O magari inciamperò sul tuo scheletro sbocconcellato.- Disse Bud inserendo un nucleo al plasma nella sua plasma gatling recuperata nell’armeria della Resistenza.

-Smettetela bambini e concentratevi. Tenetevi pronti a tutto invece. Non sappiamo esattamente cosa ci attende sul tetto.-

Mio padre faceva bene a ricordarglielo. Quasi tutti i sensori e le videocamere sul tetto era andati, insieme alle difese automatiche. Per quanto ne sapessimo, poteva esserci anche un deathclaw ad attenderci in un angolo nascosto. L’unica cosa da fare era sperare che il colpo inferto alla parabola fosse stato l’unica azione di un predone solitario nascosto nei grattaceli più alti e vicini a noi o il missile di un vertibird. Ad ogni modo, l’Orda si sarebbe presto accorta che avvicinarsi non era più pericoloso. Quindi avremmo dovuto sbrigarci. La squadra Vault e i Thunder Blade avrebbero raggiunto la parabola per le riparazioni, mentre i Rattlesnakes e la Aries ci avrebbero coperti dal terrazzo sopra alla porta blindata che separava l’ascensore dal tetto.

-Scendiamo. Voi altri salite ancora e guardateci le spalle.- Disse mio padre giunti a destinazione.

Dopo che l'ascensore riprese a salire, noi altri ci mettemmo in posizione davanti alla porta blindata.

Controllai per l’ultima volta il mio fucile laser. La modifica dell’amplificatore di raggio, avrebbe diviso ogni mio colpo in cinque fasci laser. Un pizzico meno potenti e precisi, ma comunque letali.

Reed si avvicinò ai comandi della porta e aspettò gli ordini del suo comandante.

-In posizione. Il tetto sembra pulito.- Ci informò Lopez via radio dal piano superiore.

-Apri.-

Ricevuto il via libera da mio padre, il marine attivò l’interruttore della porta, e appena questa fu completamente aperta, uscimmo all’esterno.

Il tetto non era nulla di speciale. Un’area ovale lunga cento metri e larga la metà, segnata da una croce di piastrelle illuminate da luci a terra che lo dividevano in quattro sezioni buie. A delimitarne i bordi ci pensavano delle prese per l’aria piazzate in sezioni cubiche da sei posizionate ai margini delle quattro strade. L’aria era meno pesante di quella nelle strade, ma la scarsa luminosità della notte giocava sicuramente a nostro svantaggio. Uscire da uno di quei quattro sentieri illuminati avrebbe potuto significare attirare uno stormo di radbat.

-Sembra pulito.- Affermò Reed.

-Ma l’antenna non doveva essere andata?- Chiese Bud.

La parabola era ben illuminata. Le sue luci la facevano apparire quasi più luminosa di un albero di natale. A prima vista, ne il suo disco largo dieci metri, ne la sua colonna di sostegno alta sette metri sembravano aver subito danni.

-Forse solo il sistema di comunicazione è saltato.- Spiegò Earl. -Meglio per noi.-

-Avanziamo.- Ordinò mio padre. -Non avvicinatevi troppo al buio. E state attenti.-

Lentamente ci addentrammo in quello stretto corridoio di luce che ci avrebbe portato alla parabola.

-Perché l’obbiettivo non è mai dietro l’angolo o vicino.- Pensai rammentando le missioni passate.

Lungo il cammino udimmo soltanto i rumori emessi dai servomotori delle tre armature atomiche, accompagnati dagli sporadici battiti di ali sopra le nostre teste.

-Allora hai passato il test.- Disse mio padre camminando alla mia destra. -Roland ti ha accettata?-

-Esatto. Stai parlando con la Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise. Quindi … anche il colonnello sapeva di tutto? Non ci ha mandati qui per caso? Giusto?-

-Roland ed io ci siamo conosciuti anni fa. Mi ha salvato la vita almeno due volte e quando a Joel servirono validi soldati per proteggere il P1 fece subito il mio nome. Se non fosse stato per lui sarei morto da qualche parte durante la Grande Guerra o a servire l’Enclave.-

-Cosa intendi?-

Mio padre perse istantaneamente un pizzico della sua solita spensieratezza.

-Lavorando anche con i servizi segreti, alcuni Thunder Blade operarono ai fini dell’Enclave. Io e più della metà dei nostri commilitoni non lo sapevamo, ma l’Enclave ci stava usando per guadagnare potere. È stato Roland ad aprirmi gli occhi. E io ho fatto lo stesso con i miei compagni più stretti e coloro che credevo fossero dalla nostra parte.-

-Così pochi?- Chiesi guardandomi alle spalle.

-No. Almeno un quarto di tutti gli agenti si è unito segretamente all’iniziativa di Joel. Gli altri, o non mi hanno creduto, o mi hanno dato dell’ingenuo nell’aver scoperto solo dopo tutti questi anni che eravamo dei burattini. E adesso, grazie all’Orda, restiamo solo noi cinque.-

-E quel … Tariq?- Chiesi riferendomi al soldato dalle origini a me sconosciute.

-Il primo ministro Madani ci è stato di grande aiuto durante l'evacuazione di Tel Aviv. Se la cava ancora con le armi.-

-E che ci fa un politico mediorientale sul suolo americano? Non avevamo chiuso con loro anni fa?-

-Mesi fa il suo governo lo mandò a chiedere aiuti umanitari al nostro in cambio di supporto bellico. Impresa piuttosto difficile viste le tensioni politiche. Comunque, quando seppi del suo arrivo a D.C., lo invitai a raggiungerci senza perdere tempo. Anche da loro correvano voci di un imminente conflitto globale, e per sdebitarmi offrii a lui e a suo figlio protezione nel P1.-

-E poi cosa è accaduto?-

-Quando le bombe caddero lui e suo figlio erano arrivati in città, ma non riuscimmo a trovarli in tempo. Con il caos che c’era … beh, era impossibile anche solo sperare di trovarli. Loro però erano sopravvissuti e avevano trovato rifugio in un campo della croce rossa.-

Mio padre fece una pausa. Guardandolo capii che la cosa lo turbava più dell’aver aiutato l’Enclave.

-Ma quando arrivò Woden accadde l’impensabile. Quella faina si era già fatta il suo primo plotone di maniaci. Quasi tutti i profughi americani si fecero abbindolare dalle sue parole. Chi non lo fece, o non era un puro americano, venne macellato e poi lasciato in bella vista come simbolo.-

In quel momento mi tornò in mente ciò che era successo alla famiglia di Zack. Tutto a causa di un uomo che anche da morto continuava a tormentarci.

-Tariq fu costretto a vedere suo figlio essere pestato da una decina di stronzi, bruciato ancora vivo e poi appeso ad un lampione. Tutto questo solo perché a Woden non andavano a genio gli stranieri. Ad ogni modo, i predoni lo lasciarono vivo, così che potesse morire da solo e lentamente. Due giorni dopo lo trovammo per puro caso a vagare per strada in preda al dolore e mezzo morto. Da quel giorno, egli ci segue nella nostra lotta per mettere fine all’Orda e salvare ciò che resta di questo mondo. Quindi credimi. Puoi fidarti di lui.-

La storia di Tariq mi riportò alla mente la natura dell’Orda. Un mix di barbari assassini e mentecatti guidati da un mostro. Forse far detonare la bomba che avevamo portato con noi fino alla T.O.K. non sarebbe stata un’azione così tanto terribile.

-E tu come te la passi?- Mi chiese papà tornando al suo solito tono spensierato.

-Io? Ehm, bene. Si cioè. Ho un lavoro fico. I miei amici. Un gatto. Combatto contro mutanti e stronzi.-

-Bene. Finita questa storia ti va se ci facciamo un gelato?-

-Si. Come ai vecchi tempi. Mi piacerebbe. Magari quando saremo tornati a casa.-

-Vuoi che papà ti compri anche un Giddyup Buttercup?-

-Dai papà non sono più una bambina.- Risposi imbronciata. -Però il gelato lo voglio.-

Arrivati all'incrocio del sentiero di luci che ci avrebbe portati all’antenna parabolica, Atom restò immobile davanti a tutti noi. Normalmente l’avrei superato, ma in quella situazione, il cane poteva aver notato di tutto.

-Che c’è bello? Hai fiutato qualcosa?- Chiesi scrutando i dintorni con mio padre.

Atom restò immobile come una statua per diversi secondi. Poi riprese a muoversi normalmente davanti a noi.

-Falso allarme.- Dissi facendo riprendere la marcia la gruppo.

Continuammo la nostra marcia senza più fermarci. Arrivati a destinazione, Earl si arrampicò subito sulla scaletta che portava alla cabina interna che comandava i motori dell’antenna, mentre Gutierrez si apprestò anche lui ai quadri elettrici alla base.

-Sei pronto?- Chiese appoggiando la cassetta degli attrezzi ed estraendone un cacciavite.

-Si. La corrente per le luci c’è, ma i salvavita del sistema di comunicazione sono saltati tutti.-

-Anche qua giù. Qui sono saltati anche i riflettori del tetto, ma posso sistemare anche questi. Spengo le comunicazioni e poi cambiamo i pezzi. Pronto?-

-Vai!-

Gutierrez spense l’alimentazione dell’antenna, e assicuratosi che i circuiti fossero sicuri, iniziò a cambiare i fusibili e le valvole termoioniche che l’esplosione aveva danneggiato.

Meticolosa come sempre, presi un po di tempo per riguardarmi gli obbiettivi nella sezione dati del Pip-Boy. L’animazione della missione mostrava me e mio padre intenti a darci il cinque di continuo.

-Bel Pip-Boy. Un 3000?- Mi chiese papà.

-Si. Ma con tutti gli aggiornamenti. Ho perfino le animazioni.- Dissi mostrandogli la schermata.

-Ma pensa, i nostri due Pip-Boy hanno gli stessi aggiornamenti.-

-Hai un Pip-Boy?- Chiesi incuriosita.

-Certo. Un Pip-Boy 3000 Mark IV. È leggermente più avanzato del tuo.-

-E come fai ad usarlo da sotto l’armatura?-

-I Mark IV hanno una spina a filo integrata che permette all’utilizzatore di collegarsi a cose come robot e ad armature atomiche. Così posso usarlo anche sotto l’armatura.-

-Caspita. Non male come optional.- Mi complimentai.

-Jacob. Vieni a vedere.- Chiamò Mad.

Io e mio padre raggiungemmo il soldato sul lato destro della torre senza però uscire dal suo raggio luminoso. Mad stava illuminando con il faro della sua armatura atomica il punto dell’esplosione. Una bruciatura alla base della colonna. Anche Sullivan si era interessata al luogo dell’impatto.

-Novità?- Chiese mio padre.

-Questa non può essere l’esplosione di un missile. Almeno non di un aria terra.- Spiegò Sullivan.

-Già. Troppo poco potente. Sembra più un C4 o qualcosa di leggermente più debole.-

-E quindi?- Domandai.

-E quindi non siamo soli.- Mi rispose papà.

-Qui siamo pronti.- Fece sapere Gutierrez.

Senza attendere un ordine specifico, il soldato riattivò la corrente. I riflettori ai margini del tetto si riaccesero, tornando ad illuminare la zona e spaventando i radbat nei dintorni.

-Muovetevi! Svelti! Occhi aperti!-

-Che succede maggiore?- Chiese Lopez via radio.

-Earl! Scendi!- Ordinai.

Earl però non apparve alla scaletta. O almeno non subito e non da solo.

-Rocket? Rooocket?- Mi chiamò una voce femminile con tono armonioso.

Tris. Quella lurida iena uscì dalla cabina dell’antenna con un’armatura da combattimento nera e un machete rovente e in fiamme. La versione grande del taglierino con cui ore prima aveva sfregiato la faccia di Bud. A preoccuparmi però fu Earl, che Tris, dopo averlo preso in ostaggio, stava tenendo davanti a se come scudo umano.

-Ferma stronza!- La minacciai puntandole contro il fucile al laser.

-Se uno di voi fa una mossa, questo bel tipetto muore. E poi toccherà anche a voi. Abbassate le armi!-

-Non fatelo. È colpa mia. Sparate.- Intervenne Earl.

Tris lo zitti avvicinandogli la lama rovente al mento. Pur sapendo che era rischioso, decisi di abbassare l’arma. Lo stesso fecero i miei compagni.

-Sai, dovrei ringraziarti. Ora che Mr Brillio non c’è più è arrivato il mio momento.-

-Felice di saperlo. Ora lascia andare il nostro amico e nessuno si farà male.-

-Non credo che tu abbia una chiara visione della situazione. Secondo te quante canne avete puntate contro.-

Ebbi così la confermo di ciò che tutti temevano già da tempo. Eravamo finiti in una trappola.

-Red.- Mi chiamò Earl. -Salvali tutti. Salvali e riportali a casa.-

Detto questo, il soldato sferrò una potente testa all’indietro che colpì l’indiana psicopatica sul naso. Tris però reagi subito, piantando il machete nella schiena di Earl e facendogliela uscire dal petto.

-NOOO!- Urlò Bud.

-EARL!!!- Urlò Amelia.

Subito attivai il V.A.T.S. per agganciare Tris, ma la predona si spostò all’indietro continuando ad utilizzare Earl come scudo. Le modifiche della mia arma non mi avrebbero permesso di colpirla senza ferire Earl. Non me la sentivo di martoriare ulteriormente il mio compagno. E quando Tris svanì dietro alla porta della cabina in cui Earl era entrato per effettuare le riparazioni, il V.A.T.S. mi indicò che le possibilità di colpirne anche solo il braccio erano diventate nulle.

-Trucidateli!- Ordinò Tris nello stesso momento in cui disattivai il V.A.T.S..

Poi scoppiò l’inferno. Almeno una ventina di predoni aprì il fuco alle nostre spalle. Molti di noi si gettarono a terra, mentre altri come me e Atom trovarono riparo dietro alle tre armature atomiche.

-Da dove sono sbucati?!- Chiese Tony proteggendo Amelia con il suo corpo.

-Usano il solito trucco di merda. Stealth boy!- Gli risposi.

Non era la prima volta che l’Orda ce la faceva sotto il naso con quella stramaledettissima tecnologia di occultamento. Neppure i radbat si erano accorti di loro. E con i riflettori accesi erano potuti uscire allo scoperto.

-Dobbiamo tornare indietro prima che ne arrivino altri. Demoliamoli!- Ordinò papà.

Lui, Bud e Mad contrattaccarono per primi. Le armi del nemico non erano abbastanza potenti da riuscire a trapassare le loro pesanti corazze, mentre le armi dei tre soldati potevano trapassare le difese di una normale armatura da combattimento con pochi colpi.

Appena il fuco dell’arma da spalla di mio padre e delle altre due plasma gatling colpì i nemici, noi altri ci spostammo dietro le prima due sezioni di prese dell’aria ed iniziammo anche noi a sparare. I predoni si erano andati a nascondere dietro alle prese ai margini della seconda strada che divideva il tetto. Una mossa astuta, che in altre circostanze ci avrebbe tagliati fuori, ma alle loro spalle, la Aries e i Rattlesnakes, aprirono il fuco sugli assalitori, costringendo il nemico in due fuochi incrociati. Evidentemente i predoni non avevano pensato ad una simile reazione.

-Avanzate! Avanzate!- Ordinò mio padre. -Dobbiamo tornare alla porta prima che ne arrivino altri!-

Mentre le tre armature avanzarono come degli inarrestabili carri armati, noi altri ci spostammo restando al riparo dietro di loro. Questa strategia ci permise di raggiungere l’incrocio a metà del tetto abbastanza velocemente. Li annientammo quasi tutti i predoni in un lampo. I pochi che erano rimasti caddero quasi subito. Con soli due colpi a testa ne eliminai tre. Poi me ne capitò uno con un torace di metallo riflettente. Attivando il V.A.T.S., scoprii che si trattava di un demone fantasma. Una delle varie categorie in cui si suddividevano i demoni dell’Orda. Agganciai subito la sua brutta faccia e dopo aver premuto il tasto di conferma, il Pip-Boy guidò automaticamente le mie braccia fino a che il fucile laser non fu in perfetta posizione. Uno dei cinque laser andò a colpire il predone in faccia, causando dei seri danni alla vista e costringendolo ad uscire allo scoperto. Finirlo non fu tanto difficile. Un paio di colpi alle gambe, difese da delle semplici protezioni in cuoio, e il predone si vaporizzò subito. Dalle sue ceneri recuperai uno stimpak sopravvissuto al calore.

-Venti a uno stronzi!- Disse Nick calciando l’elmetto di un predone liquefatto da un arma al plasma.

-Ragazzi?- Ci chiamò Baatar.

Il ghoul ci stava guardando con una strana espressione. Come se non stesse capendo cosa stava succedendo. Poi Mr B si portò una mano dietro la schiena e riportandola davanti per esaminarla, tutti noi vedemmo il sangue che la ricopriva. Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, il ghoul venne colpito al diaframma da un oggetto invisibile e in un lampo Baatar si ritrovò a terra con almeno due emorragie.

-NOOO!!!- Urlò Isaac giungendo in suo soccorso.

-Ma che diavolo è?!- Chiese Bud guardandosi in torno. -Un cecchino?-

-No! Ce né un altro!- Affermai cercando il bastardo.

Uno dei predoni doveva aver usato un altro stealth boy. Il problema era che fin che noi non lo avessimo trovato, lui ci avrebbe potuti colpire alle spalle come aveva fatto con Mr B.

-Trovato!- Disse Mad scagliando la sua gatling nel vuoto.

L’arma colpì una strana massa semi trasparente nell’aria, che dopo essere caduta a terra venne polverizzata dalle nostre armi. Riconoscere il cadavere fu impossibile, visto il modo in cui lo avevamo ridotto. Tutti noi credemmo di aver eliminato l’ultimo predone, ma poi udii un lieve scricchiolio alle mie spalle e voltandomi vidi un’altra strana forma. Subito puntai il mio fucile, ma l’arma non sparò. La cella a microfusione si era esaurita. Istintivamente provai a difendermi colpendo il nemico con il calcio del fucile laser, ma il predone mi disarmò con una mossa impossibile da descritta, in quanto ancora sotto l’effetto dello stealth boy, e l’arma mi cadde dalle mani. Allora mi preparai ad assorbire lo stesso colpo che aveva ferito Baatar, ma il colpo non arrivò. Atom si avventò contro il mio avversario mordendolo a quella che a prima vista doveva essere la sua caviglia. Il predone rispose all’attacco ferendo il cane all’altezza della testa, costringendo Atom ad abbandonare la presa. Io nel frattempo avevo già estratto la mia 10mm e con tutta la rabbia accumulata a causa di quel vile escremento, svuotai un intero caricatore sul nemico.

Lo stealth boy si disattivò nello stesso istante in cui il cuore del predone smise di battere. In quel momento vidi anche l’arma con cui aveva colpito Baatar e Atom. Un coltellaccio con una lama talmente elaborata e pericolosa dall’essere considerabile come arma con convenzionale.

-Atom!- Disse Nick giungendo in soccorso dell’animale ferito.

Atom aveva subito un affondo all'altezza del cranio. L’osso aveva impedito alla lama di penetrare, ma i danni erano ancora da valutare. Sicuramente Atom non stava bene, e lo stesso era per Baatar.

-Qualcuno ha uno stimpak?!- Chiese disperato Isaac.

-Io!- Dissi giungendo in soccorso del pilota ferito.

-Gliene abbiamo già iniettati tre, ma le emorragie non si fermano.- Mi informò Amelia.

Subito premetti l’ago dello stimpak nel braccio del ghoul, ma per quanto i farmaci fossero potenti, le ferite erano troppo gravi per rimarginarsi in fretta, e il sangue non smetteva di scorrere fuori.

-Merda! Lo ha colpito con un pugnale dannatamente pericoloso!- Feci notare.

A peggiorare la situazione, dalla lontana cabina della parabola, giunsero delle isteriche risate.

-Tre a Venti, feccia!- Ci scherni la predona.

-Fottiti! FOTTITI!- Urlò Tariq sparando all’impazzata con il suo fucile gauss verso l’antenna.

-Dobbiamo ritirarci. Smettila Tariq, stai facendo il suo gioco! Non è questa la nostra missione.- Disse mio padre avvicinandosi al suo amico.

-DOBBIAMO STERMINARLI TUTTI! O ALTRI INNOCENTI MORIRANNO! NON È FORSE QUESTA LA NOSTRA VERA MISSIONE JACOB?!-

-Smettila di sparare fratello o danneggerai l’antenna!-

-SOLO QUANDO QUEL DEMONE SARÀ MORTO!!!-

-TARIQ!- Urlò mio padre prendendolo per una spalla prima che potesse controbattere nuovamente. -Non importa quanto tu ti dia da fare. Non capisci? Niente ti ridarà indietro tuo figlio in questa vita.-

Di colpo Tariq smise di sparare. La realtà dei fatti lo privò della sua rabbia. Rimase a guardare mio padre negli occhi con Tris che nel frattempo non aveva smesso di ridere. Poi si ricompose e abbassando lo sguardo si diresse verso l’ascensore.

-Svelti! Portiamolo dentro! É l’unica speranza che abbiamo!-

Mio padre aveva ragione. Per salvare Baatar, avremmo dovuto potarlo nell’infermeria di Spectrum.

Io e Isaac ce lo prendemmo in spalla, cercando di muoverlo il meno possibile, mentre gli altri ci aprirono la strada. L’ultimo, dietro di noi, era mio padre, intento a coprici le spalle in caso di guai.

-No, cazzo! Prima Earl! Poi Atom!- Dissi pensando a come era degenerata la situazione.

-Non … abbiamo preso … le sue medagliette identificative.- Fece notare Baatar tossendo sangue.

-Non parlare! Resisti!- Gli ordinai.

La porta blindata si faceva sempre più vicina, e per fortuna i nostri compagni ce l’avevano già aperta. I primi a passare furono i compagni di mio padre, Bud, Amelia e Tony. Oltre a noi tre e a mio padre, dal nostro lato erano rimasti soltanto Tariq e Nick. Il meccanico stava portando Atom in braccio, il quale allo stesso tempo non sembrava stare tanto bene.

Per un attimo pensai che tutto sarebbe andato per il meglio. Che Baatar e Atom si sarebbero salvati e che alla fine della giornata avremmo dovuto piangere soltanto la perdita di Earl. Ma invece.

Un maledetto missile ci passò a pochi centimetri sopra la testa, facendoci rovinare a terra. L’esplosione ci fece quasi prendere fuoco da quanto intensa, ma per lo meno fu breve e in più eravamo già a terra.

Rialzando la testa, vidi che il missile aveva colpito la parete a destra della porta blindata. Esattamente nel punto dove stava alloggiato il contrappeso di piombo della porta. Li i cavi dovevano aver ceduto, rendendo la porta da dieci tonnellate troppo pesante perché i motori dei suoi argani potessero alzarla. La terrazza sopra alla porta invece era in fiamme. Se la Aries e i Rattlesnakes erano rimasti in posizione al momento dell’esplosione, all’ora erano tutti morti.

-Nick? Dov’è Nick?!- Chiesi preoccupata.

-Tranquilla! Ho visto Tariq spingerlo dentro con Atom all’ultimo momento.- Disse Isaac aiutandomi con Baatar.

-IN ARRIVO!- Urlò mio padre.

Una lunga raffica di mitragliatrici piombò su di noi. Io e Isaac trascinammo Mr B al riparo dietro ad una presa dall’aria, mentre mio padre restò a combattere il vertibird nemico da solo e allo scoperto.

Il sangue continuava ad uscire, nonostante io e Isaac continuassimo a cercare di fermarlo premendo sulle ferite.

-Qui ci serve un super stimpak!- Disse Isaac sempre più disperato.

-Isaac … promettimi …-

Baatar stava affogando nel suo stesso sangue da quanto male era stato conciato.

-Non parlare! Resisti!-

-Promettimi che non ti arrenderai.-

-Lo farò! Te lo prometto! Ma tu devi resistere!-

Nel frattempo, buttai un occhio su mio padre. Papà era riuscito da solo a far ritirare un vertibird pesantemente armato con mitragliatrici e missili. Senza aiuto e allo scoperto. Ai me però, tre di quei container che l’Orda usava per far atterrare le sue truppe, erano comparsi nei pressi dell’incrocio. Da essi infatti uscirono un totale di quaranta devoti che subito si diressero verso mio padre.

-Oh cazzo!- Dissi notando che, per quanto potente, l’arma di papà non era l’ideale contro bersagli multipli.

-Eh Red …- Continuò Baatar con la voce sempre più debole. -Di al colonnello … che lo ringrazio … per avermi concesso di riavere … una famiglia.-

Baatar Li morì in quell’istante. Ucciso in azione da un predone vigliacco. Nato in un villaggio oppresso da un ferrea e spietata dittatura. Morto in un paese “libero” devastato dalla guerra nucleare e prossimo all’oblio.

-È morto.- Disse semplicemente Isaac.

Il pilota ed io restammo a fissare il corpo di Baatar in silenzio. Non ebbi però neppure il tempo di prendere le sue medagliette, che i ruggiti dei devoti mi ricordarono che il pericolo non era ancora svanito. Alzando lo sguardo dal nostro riparo di metallo vidi che papà stava per essere sopraffatto.

-Papà!- Dissi rialzandomi ed estraendo la pistola.

-Resta al riparo piccola!- Mi rispose lui.

Anche Isaac uscì allo scoperto per aiutare mio padre. Ma ormai era troppo tardi. Con la sua arma mio padre aveva ridotto in poltiglia almeno una decina di devoti. Gli altri invece, si erano lanciati allo sbaraglio su di lui. Come delle minuscole formiche, i devoti sopravvissuti colpirono mio padre da tutte le direzioni, fino a disarmarlo e a farlo cadere. Io e Isaac stavamo per metterci a sparare all’impazzata, quando iniziammo ad udire un sinistro ticchettio elettronico, simile a quello di una mina a frammentazione quando veniva innescata.

-SCAPPATE! VAI ROCKET!!!- Urlò mio padre dopo aver rialzato la testa dalla mischia.

Aveva perso il casco e la testa gli sanguinava. Quel pazzo stava perfino sorridendo.

-Merda! Dobbiamo metterci al riparo! Vieni Red!- Disse Isaac tirandomi verso le prese dell’aria dietro alle quali Baatar giaceva privo di vita.

-Non posso! NON POSSO! L’HO APPENA RITROVATO!- Urlai disperata.

Mentre Isaac continuava a strattonarmi e mio padre a prendere a pugni quanti più bastardi gli era possibile, il ticchettio diventò sempre più forte e veloce.

-PAPÀ!!!-

-NON CONTA SOLTANTO PER COSA SEI DISPOSTO A COMBATTERE!- Mi urlò papà. -CONTA ANCHE PER CHI SEI DISPOSTO A SACRIFICARTI!-

L’ultima cosa che vidi, fu mio padre sorridermi. Dopo di che, il suo nucleo di fusione esplose, distruggendo i predoni, l’armatura ed egli stesso.

Io e Isaac fummo sbalzati a terra dall’onda d’urto e per poco non mi ruppi la schiena.

Per rialzarmi dovetti far ricorso a tutta la mia concentrazione per non ricadere a terra. Isaac era vivo, ma a differenza di me aveva perso i sensi. Mio padre invece … beh, lui era svanito.

Dopo aver raccolto la mia pistola ed averla rimessa nella fondina, corsi verso il luogo dell’esplosione. Il pavimento del tetto era incandescente e i corpi dei predoni smembrati e bruciati erano sparpagliati tutti intorno a dove un attimo prima c’era mio padre. Era rimasto soltanto qualche pezzo liquefatto della sua armatura X-01. Nient’altro. La sua carne, le sue ossa, il suo sangue … erano svaniti.

Mi inginocchiai a terra sul pavimento ancora caldo. Anche senza le ginocchiere della mia armatura da combattimento, non avrei sentito nulla. Mi sentivo vuota. Vuota come il mondo intorno a me.

Non me ne accorsi subito, ma ben cinque vertibird atterrarono sul tetto andando a formare un ferro di cavalo rivolto verso l’antenna. Quando i predoni iniziarono a scendere, mi rimisi in piedi per guardare in faccia quella marmaglia di farabutti intenti a schierarsi in tre file davanti a me. Devoti, demoni e apostoli. Armati con mitragliatrici, armi ad energia e lancia razzi. Quel cyborg del cazzo di Caron il Terminatore aveva anche un Fat Man e una mini nuke di riserva in mano. Tutti venuti per farmi la pelle. Tra di loro capeggiavano alcuni pezzi grossi. Come Sentinella. Ma il vero condottiero di quel plotone infernale fece la sua entrata in scena allo spegnimento del suo stealth boy. Tris si materializzò in prima fila, come l’eroina del popola alla fine della battaglia.

-Ebbene, mia fedele Orda. Eccoti Rocket Earp, lo Sceriffo Rosso.- Annunciò tris.

I predoni scoppiarono a ridere. La guerriera che tutti loro temevano era in ginocchio davanti a loro. Sconfitta e prossima a morie. Perfino quella macchina quasi senza vita di Caron trovò divertente la cosa, visto il lieve sorrisetto comparso sulla sua faccia da macchina assassina.

-Se solo vi foste arresi. Forse il tuo papino sarebbe ancora qua.- Mi schernì l'indiana generando un altro coro di risate. -Preparate gli esplosivi e i mitra. Abbiamo un sacco di carne da macellare.-

Ma prima che i predoni sciogliessero quel magnifico schieramento, mi rialzai in piedi, e con le mie ultime forze imitai la posa di un pistolero con le gambe ben divaricate e la mano vicina alla fondina.

-Hey, guardate! Sembra che lo Sceriffo Rosso voglia duellare contro tutti noi.- Disse un devoto.

Tutti scoppiarono a ridere. Tris si mise perfino le mani sulla pancia e piegando il busto in avanti.

-Tu vorresti davvero farci fuori tutti quanti da sola?- Mi chiese Tris asciugandosi una lacrima. -E come speri di riuscirci.-

-Così.- Le risposi.

Il filtrante MKIII pompò l’ultima dose di adrenalina della giornata nel mio sangue, permettendomi di estrarre la 10mm dalla sua fondina in tempo record. Non presi la mira. Puntai soltanto la pistola verso quell’idiota di Caron armato col Fat Man e la mini nuke in mano. Sparai. Il proiettile sfrecciò nell’aria e colpì la piccola bomba termonucleare.

L’ultima cosa che vidi, fu una luce accecante.

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Capitolo 24
*** Spirit ***


Spirit

L’alba di una leggenda

 

 

29/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Logan/Oklahoma City/Capital Hill

Quartier Generale Regionale della Vault-Tec/Laboratori Spectrum

Ore 09:08

 

35°25'35.1"N 97°31'08.8"O

 

-Dove sono?- Mi chiesi guardandomi attorno. -Ragazzi?-

Nessuno mi rispose. Provai ad alzarmi dal letto su cui qualcuno mi aveva messo. La stanza era quella di un ospedale. Con stupore, scoprii di avere indosso la mia tuta Vault-Tec. Anche il mio Pip-Boy era al suo posto, solo che quando provai ad aggiornarmi sui dati della missione, trovai soltanto una strana scritta sulla schermata.

STAND BE PLESSE.

Provai ad attivare la radio, o a controllare i miei parametri biometrici, ma niente. Quella scritta restava. E quando mi alzai la manica sinistra della tuta alla ricerca della cicatrice, non vidi nulla.

-Com’è possibile?- Mi chiesi.

La porta automatica della camera si aprì e l’ologramma di Spectrum entrò con le mani dietro la schiena. Lo scienziato era cupo.

-Doc? Dove mi trovo? Dove sono gli altri?-

-Sei li dentro Red.-

Lo scienziato mosse il braccio come a spostare delle tende, e la parete davanti al mio letto svanì. Camminando verso la nuova apertura, entrai istantaneamente in una nuova stanza. Per un attimo pensai di essere stata catapultata li come per magia. Ma vedendo i proiettori olografici sulle pareti della sala e il modo con cui mi spostavo da un posto all’altro, intuii di non essere altro che un ologramma. A prima vista identica a me stessa. In realtà priva di lesioni, sensazioni di dolore e un Pipi-Boy vero e funzionante.

Un po più in là di dov’ero arrivata io, una capsula mnemonica stava ospitando qualcuno. Non era lo stesso modello con cui Isaac, Baatar e gli altri piloti si erano addestrati nel P1 per fare pratica di volo con i vertibird. Questo alla base aveva molti più tubi.

-Aspetta Red. Credo che prima sia meglio che ti spieghi alcune cose.-

Cominciai a preoccuparmi, e spinta dai miei timori mi avvicinai alla capsula. Appena fui abbastanza vicina da vedere attraverso la cupola di vetro, che ne sigillava ermeticamente l’interno dall’esterno, ebbi la conferma definitiva. Quella nella capsula ero io.

La gamba destra e le braccia erano sparite. Il piede sinistro mancava. I miei capelli rossi erano svaniti. La pelle era bruciata in ogni punto. Almeno per quello che potevo vedere. In alcune zone le placche dell’armatura sub-dermica erano uscite. La tuta, era bruciata o liquefatta. Il cinturone e i pezzi dell’armatura da combattimento, mi avevano soltanto lasciato dei segni più chiari dove i lampi o le fiamme delle detonazioni mi avevano bruciata di meno. La cosa più macabra, erano però le decine di tubi per flebo che qualcuno mi aveva piantato ovunque fosse possibile. Essendo un ologramma, non potei vomitare, ma con un vero corpo lo avrei sicuramente fatto.

-Com’è possibile? Dovrei essere morta!-

-Isaac è riuscito a spegnerti prima che ti carbonizzassi del tutto. Poi è arrivata la nostra squadra medica. Loro ti hanno presa in tempo. Quando ti hanno portata in sala operatoria però, non siamo riusciti a salvare tutto. Oltre ai tuoi arti, abbiamo dovuto estrarre tutti gli intestini, il polmone destro, la milza e un rene. La colonna vertebrale invece è stata gravemente lesionata in tre punti. Fegato e stomaco collasseranno tra circa quattro ore. Il cuore dovrebbe resistere fino a domani. Sommando tutti i danni che hai subito e calcolando la tua resistenza fisica, ti restano più o meno dodici ore.-

Stetti in silenzio per qualche secondo, poi strinsi i pugni e posi un quesito allo scienziato.

-Domanda cinquantuno: Dei 673 agenti patogeni presenti in un Vault, quali appartengono all’Elenco DCP?!- Chiesi bruscamente bloccando lo scienziato.

Il quesito che avevo posto a Spectrum era una delle duecento domande del test per l’assunzione nella Vault-Tec. Avendo avuto il punteggio più alto al test, all’inizio del mio nuovo impiego pensai di aver risposto correttamente, ma rileggendo uno dei protocolli di sicurezza del P1, scoprii con stupore di aver sbagliato. In quei giorni non ci feci caso. Magari avevo segnato la risposta giusta senza accorgermi, oppure la domanda non aveva avuto molto peso sul risultato finale. Ma dopo le ultime rivelazioni di Doc, avevo iniziato a ipotizzare una cospirazione inerente ai risultati del test.

Lo scienziato non mi rispose. La domanda doveva averlo messo in difficoltà, anche se a prima vista non lo dava a vederlo.

-Domanda centoventisette: Segna la migliore soluzione per un avaria ai sistemi di riciclo delle scorie e la somministrazione di cibo e acqua.-

-Cosa vuoi che ti dica?- Mi chiese lo scienziato sempre più cupo.

-Pensavo di aver risposto male a queste domande, ma poi mi sono autoconvinta che forse non era vero. Ora però è il contrario. Dimmi che mi sbaglio. Dimmi che tu non centri.- Lo implorai.

Lo scienziato si prese del tempo per rispondermi.

-Quando la Vault-Tec cercò una sede in città, io feci di tutto perché scegliessero questo palazzo. A loro insaputa accedetti alla loro rete. Ricerche, trasmissioni, dati del personale. Attività segrete. Oltre a questo ottenni anche l’accesso ai loro test, e pur di avere te come Sorvegliante, modificai i risultati. In caso contrario, la linea temporale vista nelle mie visioni avrebbe potuto cambiare.-

-Doc? Ti rendi conto di cosa significa?- Chiesi disperata e con la voce rauca.

-Lo so! Lo so che per te può sembrare un assurdità, ma è così che …-

-CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA!- Sbraitai zittendo lo scienziato. -Tu! Dannatissimo vecchio! Mi hai mentito per tutto questo tempo. Tu e tutti quelli che sapevano la verità, mi avete mentito, nonostante i rischi che io ho corso in giro per la Zona Contaminata. E cos’è successo alla fine? Mio padre è morto! Earl è morto! Baatar è morto! Io sto per tirare le cuoia! E questo perché?! Perché tu volevi che io diventassi parte delle tue visioni?-

-Ti prego Rocket. Devi capire che neppure io potevo prevedere che le cose andassero a finire così. Io volevo solo che tu guidassi la nostra gente. Che tu la proteggessi.-

-Beh allora hai scommesso sul cavallo sbagliato sapientone.- Dissi amareggiata. -Lasciami in pace. Riportami dov’ero prima e lasciami li a morire da sola.-

-Ma la missione non è ancora finita. Se mi permettessi di …-

-Ho compiuto ciò per cui sono nata. Ben due volte, visto che l’Orda è rimasta anche senza la puttana di Woden. Se hai bisogno di un altro martire vallo a cercare in un Vault. Io vado a morire in pace.-

Conclusa la mia discussione con Spectrum, venni fatta ricomparire nella mia camera da sola. Rassegnata mi accasciai a pancia in giù sul mio letto, il cui materasso e il cuscino erano gli unici altri ologrammi della stanza. Casualmente li trovai abbastanza morbidi, anche se le macchine che mi tenevano cosciente in forma olografica non riuscivano a riprodurne l’esatta sensazione di comodità. L’unica cosa che realmente percepivo era il dolore dentro di me. Rimasi da sola per un paio di minuti. Poi arrivò l’ora delle visite.

I primi ad entrare furono Amelia, Tony e Bud. All’inizio cercarono di capire come stavo, ma io non gli rispondevo . Che senso aveva parlare con l’ologramma di una persona già morta?

Poi toccò ad Isaac. La morte di Baatar non lo aveva abbattuto come la prima volta. Avrebbe mantenuto fede alla sua promessa, e non si sarebbe arreso davanti a nulla. Fui contenta per lui, ma non badai ai suoi tentativi di spronarmi ad ascoltare Spectrum. Ne ai suoi, ne a quelli dei compagni di mio padre. Anche loro erano in lutto per la perdita del loro comandante.

Prima che mi isolassi del tutto, anche Rita e Lopez passarono a salutarmi. I loro tentativi di farmi tornare la vecchia Rocket furono più energici degli altri, ma per quanto Lopez potesse usufruire della psicologia militare, nessuno di loro riuscì a farmi cambiare idea.

Passò un’altra ora, poi la porta della stanza si riaprì. Tirando su la testa per un breve istante vidi che gli ultimi visitatori furono Nick, Trinity e Zack. Il piccolo ghoul portava in mano due oggetti.

-Quindi è così che finisce?- Mi chiese Nick con tono severo.

-Dacci un taglio Nick.- Lo implorai facendo sprofondare la faccia nel cuscino.

-Non questa volta! Doc può salvarti la vita e tu rifiuti la sua offerta?-

-Che senso ha vivere ancora questa vita? Non ho mai passato quel maledettissimo test a pieni voti. Non sarei mai dovuta diventare Sorvegliante. E molti non sarebbero morti se qualcun altro non avesse mai fatto le mie scelte. La mia vita è diventata la bugia di un vecchio che ha visto il futuro.-

-Questo non puoi saperlo.- Mi rispose Trinity.

-E invece è così. Un laureato della VTU di Morgantown avrebbe sicuramente fatto un lavoro migliore del mio. Prima lo accetterete, prima vi dimenticherete di me.-

Ci fu una pausa. Poi sentii mettere qualcosa sul comodino alla mia destra. Alzai la testa per guardare di cosa si trattasse. Era una vecchia foto in cornice, con me e papà al carnevale del sessantadue. Quella fu la prima volta che mi vestii da sceriffo. La seconda foto che Zack mise sul mobile era una della squadra Vault al completo. Scattata all’American Memory il giorno dell’inaugurazione. Eravamo tutti felci in quel momento. Earl. Baatar. Perfino Isaac.

-Non dimenticare chi sei Rocket Earp.- Aggiunse Zack.

Dopo di che il piccolo ghoul raggiunse l’uscita con l’infermiera e il meccanico. Prima di uscire Nick mi si rivolse un’ultima volta.

-Ti voglio bene Red. E non sono l’unico.-

Quando la porta si richiuse, mi girai a pancia in su e fissai il soffitto. La sbuffata che tirai non bastò ad esprimere tutta la mia rassegnazione.

-Ma quanto è bella la mia vita.- Dissi a me stessa.

Non so di preciso cosa mi spinse a rialzarmi e ad uscire dalla stanza. Pietà? Dovere? Sensi di colpa? Ad ogni modo la porta si aprì automaticamente e una volta fuori trovai tutti riuniti in una sala d’attesa adiacente alla mia stanza. Vedendomi arrivare tutti si alzarono in piedi ed aspettarono una mia risposta. Doc e Doriane erano chiaramente quelli più impazienti.

-Solo per curiosità, ma come penseresti di salvarmi la vita?-

 

 

-Avvio preparazione Trasferimento. Liberare la camera.-

Stavo guardando il tavolo operatorio su cui il mio corpo era stato adagiato con gli ologrammi di Doc e Doriane. Non era un bello spettacolo, ma se quelli erano i miei ultimi momenti, volevo assistere di persona.

-Atom è già pronto nell’altra stanza. Manchi solo tu.- Mi informò lo scienziato.

Anche Atom avrebbe subito lo stesso trattamento. Una potentissima scarica elettrica avrebbe investito i nostri corpi e ognuno si sarebbe trasferito nella banca dati più vicina. Doc e i suoi scienziati si erano già preparati per l’occorrenza. Due unità da combattimento robotiche erano state create unendo gli artefatti e le tecnologie raccolte da Frank. Una sarebbe stata la mia, mentre l’altra sarebbe dovuta diventare un’unità di supporto comandata da un’intelligenza artificiale. Viste però le condizioni di Atom, ferito mortalmente nell’ultimo scontro, Doc aveva deciso all’ultimo momento di usare il Trasferimento per salvare anche la vita del povero animale. Secondo lui ciò avrebbe solo giovato all’unità di supporto, visto il legame che ci univa tutti ad Atom.

A preoccuparmi però era proprio il Trasferimento. Solo due persone erano sopravvissute ad una cosa simile. Pertanto, la riuscita dell’esperimento non era garantita.

-Quindi voi sapevate che sarebbe andata a finire così.-

-Le visioni non ci mostrarono che tuo padre sarebbe morto. Ne che a te sarebbe accaduta una cosa simile.- Mi spiegò Doriane.

-Noi vedemmo soltanto che dopo la Grande Guerra, una ragazza di nome Rocket Earp, si sarebbe opposta ai predoni. Un’impiegata Vault-Tec che volontariamente avrebbe fuso la sua anima con un corpo d’acciaio. E che un giorno si sarebbe eretta su tutti con una luce in mano.- Concluse Doc.

-Poi le visioni terminarono. Forse a causa di un’altra anomalia nel flusso dei tachioni.-

-Poetico. Sempre che tutto vada per il meglio, quanto potrei vivere ancora?-

La mia domanda sembrò mettere in difficoltà i due scienziati. Non era un buon segno.

-Non lo sappiamo con esattezza.- Ammise Spectrum. -Di sicuro più di mezzo secolo.-

-O forse, anche molto di più di quanto si possa immaginare.- Aggiunse Doriane.

-Ma allora … io vivrò, mentre gli altri …-

Non riuscivo neppure a finire la frase.

-Si Red. Tu vedrai i tuoi compagni invecchiare e morire, mentre tu rimarrai sempre la stessa.-

L’affermazione di Spectrum mi lasciò avvilita. Se quello che dicevano era vero, io sarei potuta morire molto tempo dopo rispetto ai miei amici. Nick, Trinity, Amelia, Tony, Bud e tanti altri se ne sarebbero andati, mentre io avrei continuato a vivere senza di loro.

-Non sei costretta a farlo. Abbiamo creato un’IA anche per la tua unità, per ogni evenienza.-

-No Doc. Se questo è il sacrificio che devo compiere per salvare tutti noi, allora sono pronta.-

-Procedure di preparazione terminate. Tutti gli operatori devono uscire.-

-Molto bene. Procediamo allora. Tu rilassati Red. Non sentirai alcun dolore.-

Appena gli ologrammi dei due scienziati svanirono, i loro sottoposti uscirono attraverso la porta blindata a tenuta stagna che separava la stanza dal mondo esterno. Quando la porta si richiuse alle loro spalle, le luci nella stanza si spensero e l’unica cosa che rimase ad illuminare la mia capsula fu il mio ologramma. Essendo su un circuito chiuso, i proiettori e le apparecchiature che mi tenevano in vita furono le uniche cose a rimanere collegate. L’ultima cosa che avrei voluto era finire col trasferirmi in una torretta laser o in un terminale collegato alla rete elettrica principale.

-Avvio chiusura del circuito. Trasferimento tra dieci, nove, otto, sette …-

Mentre la donna agli alto parlanti dettava il conto alla rovescia, io cercai di stare il più rilassata possibile. Morire volontariamente per diventare un entità semi-immortale tramite un procedimento estremamente rischioso, poteva metterti un pizzico in agitazione.

-Tre, due, uno.-

Mi sarei aspettata fulmini accecanti e archi elettrici incandescenti, ma invece vidi soltanto il nulla. Un bianco talmente luminoso da essere accecante. Normalmente mi sarei coperta gli occhi, ma in quella situazione non riuscivo neppure a capire cosa stava succedendo realmente.

Poi però il bianco iniziò ad assumere dei contorni e in un batti baleno mi ritrovai in uno scenario desertico. Ad una prima occhiata mi sembrò di trovarmi nel deserto di Black Rock, ma la sabbia era bianca come la neve e il cielo limpido come ormai non me lo ricordavo più. Se quello non era il paradiso, beh poco ci mancava.

Non ero sola. Me ne accorsi appena Atom mi corse in contro per saltarmi addosso, facendomi cadere a terra, e mettersi a leccarmi la faccia.

-No! Atom basta! Dai bello mi stai affogando con la tua bava.-

-Tesoro?-

Guardandomi attorno, vidi due persone in piedi vicino a me e ad Atom. Anche Atom restò fermo a guardarli, dandomi così un po di tregua e permettendomi di guardarli in faccia.

Un uomo e una donna. Lei era una bellissima donna dai capelli rossi sciolti in un vestito bianco. Lui un omaccione con la testa rasata, i baffi e un abito leggero prebellico. Mi ci vollero un paio di secondi per riconoscerli.

-Papà?- Chiesi stupita come mai prima di all’ora ero stata. -Ma … mamma?-

Con mio padre c’era anche mia madre. Identica come nelle vecchie foto che mio padre mi aveva mostrato quando ero piccola e che da allora avevo custodito nelle cornici di casa mia.

-Non è una simulazione? Siete voi per davvero?- Chiesi temendo di essere in una farsa di Spectrum.

-Si Rocket. Siamo noi.-

Allungai le braccia ancor prima di essere abbastanza vicina per poterli toccare, e dopo aver capito che non erano un miraggio, gli abbracciai con tutte le mie forze. In quel preciso istante riversai tutte le lacrime che fino a quel momento avevo trattenuto.

-Perché è dovuta andare a finire così? Perché ve ne siete dovuti andare?!- Chiesi facendo sprofondare il viso tra le braccia di mio padre e mia madre.

-Quel che è successo è successo. E di sicuro non è colpa tua amore.- Disse mia madre.

-Va bene anche così cowgirl. A noi basta sapere che tu sia felice.- Continuò papà.

-Non sono felice. Ho perso voi due. Sto per morire. E dopo tutto questo tempo, comincio a credere di non essere mai stata al posto giusto.-

-Ti sbagli. Non stai per morire.- Mi rispose mio padre. -Se vuoi puoi venire con noi. Oppure tornare dai tuoi amici e compiere veramente ciò per cui sei nata.-

Confusa, alzai la testa per guardarli entrambi in faccia. Loro si che sembravano felici e spensierati.

-Nessuno a Beacon City sarà in salvo, fino a che qualcuno con la tua stessa determinazione e la tua forza non si eleverà in difesa degli oppressi e degli indifesi.- Spiegò mia madre.

-Ma quindi non vi rivedrò mai più?-

-No piccola. Ci rivedremo tutti un giorno. In un posto bellissimo dove io e tua madre stiamo andando.- Mi rassicurò mio padre.

-Comunque puoi ancora scegliere. Se verrai con noi, conoscerai la pace eterna. Se invece tornerai indietro dai tuoi amici, potrai aiutarli a salvare il mondo.-

-Qualunque cosa tu sceglierai, sappi che io e la mamma siamo fieri di te. E per quanto dura potrà essere la situazione anche tra trecento anni, non sarai mai sola.-

Poi i miei genitori svanirono come fumo nell’aria. Di loro non rimase più niente.

Io, immobile dov’ero rimasta, vidi una colonna di luce splendente sbucare dalle sabbie del deserto bianco e salire fino al cielo limpido. Stessa cosa alle mie spalle.

-Due portali.- Supposi.

Uno per il mondo dei viventi e l’altro per … beh non credo che sia possibile descriverlo per chi non lo attraversi.

Dovevo prendere una decisione. Da un lato, secoli di vita in un mondo sconvolto dalla guerra dove avrei potuto salvare i miei amici. Dall’altro, la pace eterna. Ma me l’ero guadagnata? Pienamente?

Atom continuò a fissarmi aspettando una mia risposta. Pur essendo un animale, sembrava aver capito cosa ci fosse in gioco.

-Va bene bello. Facciamolo!-

Io e Atom ci dirigemmo verso la colonna che, secondo le parole dei miei genitori, ci avrebbe ricondotti alla nostre vite. Vite che però non sarebbero mai più state le stesse.

-Aspetta!- Disse qualcuno afferrandomi per la spalla da dietro poco prima che entrassimo nel portale di luce. -Perché lo stai facendo? Perché rinunciare alla beatitudine?-

Incuriosito Atom si era fermato a guardare chi avesse parlato. Io però ne riconobbi subito la voce. La presenza di Jeremy in quel posto, mi dimostrò inequivocabilmente che non si trattava di una simulazione.

-Perché è questo che sono. È questo che faccio.- Affermai determinata. -È questo che fanno gli eroi.-

Non mi voltai a guardarlo. Neppure sapendo che finalmente l’avrei potuto vedere bene in faccia.

-Non male Sorvegliante. Questa volta hai stupito anche me.-

L’ultima cosa che udii prima di entrare nella luce, fu la risata di Jeremy. Poi vidi tutto, e sentii tutto.

Flash accecanti. Vampate incandescenti. E … le visioni. Le visioni mi comparivano davanti agli occhi come le proiezioni sullo schermo del cinema. Non erano molto chiare però.

-LA GRANDE GUERRA! LA FINE DEL VECCHIO MONDO! LOST HILLS! LA CONFRATERNITA! MARIPOSA! IL MASTER! IL VAULT 76! LA RICONQUISTA DELL’APPALACHIA! IL VAULT 13! L’ABITANTE DEL VAULT! JUNKTOWN! L’HUB! LA VITTORIA DELL’ABITANTE DEL VAULT! LA LIBERAZIONE DELLA SUA GENTE!-

A parlare ero io stessa. Urlavo quei nomi e quelle frasi come una forsennata. Era come se un’altra me si fosse impossessata del mio corpo per aiutarmi a comprendere le visioni.

-ARROYO! IL PRESCELTO! VAULT CITY! IL GECK! L’ENCLAVE! LA BATTAGLIA DEL PRESCELTO! LA RICONCILIAZIONE DEI DISCENDENTI! L’ORSO A DUE TESTE! IL TORO! LA PRIMA BATTAGLIA DI HOOVER DAM! IL VAULT 101! IL VAGABONDO SOLITARIO! MEGATON! RIVET CITY! IL PROGETTO PUREZZA! GLI ZETANI! POINT LOOKOUT! IL PITT! ANCHORAGE! LA BATTAGLIA DELLA CAPITALE! LA CADUTA DELL’ENCLAVE! LA LIBERAZIONE DELLA CAPITALE! NUKA BREAK! IL CORRIERE! GOODSPRINGS! NEW VEGAS! ZION! BIG MOUNTAIN! IL SIERRA MADRE! IL DIVIDE! ULISSE! L’ULTIMA BATTAGLIA DI HOOVER DAM! I MINUTEMEN! I RAILROAD! L’ISTITUTO! IL SOLO SOPRAVVISSUTO! IL VAULT 111! SANCTUARY HILLS! DIAMOND CITY! GOODNEIGHBOR! IL PRYDWEN! FAR HARBOR! IL MECCANICISTA! IL VAULT 88! NUKA-WORLD! IL PADRE! LA BATTAGLIA DEL COMMONWEALTH! LA GUERRA CHE VERRÀ! SI! SIII! ORA HO CAPITO! ORA HO VISTO QUALE SARÀ IL FUTURO DI TUTTI!-

In quel momento, le visioni terminarono, e io mi risvegliai.

Tornata alla realtà udii fin da subito una moltitudine di suoni e allarmi. Mi sentivo disorientata, bollente e al tempo stesso … potente. Intorno a me c’era soltanto l’oscurità e del liquido che in quel buio non riuscivo a vagliare.

Le porte blindate della stanza si aprirono, facendo entrare la luce e uscire quella sostanza. Mentre il tavolo sul quale ero stata posizionata si muoveva verso l’uscita, capii che la stanza era stata colpita dalla potente scarica elettrica sprigionata per ricreare il Trasferimento. Le pareti erano annerite e fumanti. Le luci sul soffitto non c’erano più. E quella sostanza sembrava un tipo di schiuma estinguente più potente in confronto alla polvere nei normali estintori.

Prima di uscire, dei bracci robotici scesero dal soffitto per ripulirmi dalla schiuma con l’aria compressa e vestirmi con un camice da ospedale usa e getta. Terminata la pulizia, il tavolo si fermò davanti a tutti i miei compagni e ad altri scienziati. Erano tutti rimasti a bocca aperta. Spectrum compreso. Stranamente, mettendomi seduta sul tavolo, li vidi tutti più bassi del solito.

-Che c’è? Perché quelle facce?- Chiesi preoccupata.

-Ehm … la tua … il tuo … - Provò a dire Trinity passandosi una mano sulla faccia e sul corpo.

-Oh cacchio no! Sono un mostro?- Chiesi tastandomi il viso con una mano.

Guardandomi la mano per un attimo però, vidi che era verde. Una mano umana che dopo aver tastato con l’altra capii essere fatta di metallo.

-Doc? Doriane? Esattamente cosa sarebbe quest’unità?-

-Atena.- Rispose Doc attivando un proiettore di ologrammi che mi riprodusse in modo dettagliato. -L’unità robotica bipede da combattimento più avanzata che il nostro mondo abbia mai visto. Neppure Liberty Prime riuscirebbe a tenerle testa paragonando i loro rispettivi punti di forza.-

Non riuscivo a crederci, ma quel robot ero proprio io. Le mie forme e il mio aspetto erano state ricreate con quell’incredibile metallo verde marino. Perfino i capelli erano stati ricreati. Rossi e raccolti. Solo alcune parti del mio nuovo corpo sembravano essere dei componenti solidi saldati direttamente allo scheletro interno. Come le falangi di tutte le mie dita, le mie nocche, i miei occhi. Le uniche cose che mancavano erano le orecchie. Eppure ci sentivo benissimo.

-Atena?- Chiese Bud confuso.

-La dea greca della saggezza, della pace e della strategia militare.- Spiegò un altro scienziato.

-Beh, più precisamente il suo nome sarebbe stato Panzerwalküre. Frank trasferì l’intero esoscheletro nel suo viaggio di ritorno con il resto degli artefatti. Come consigliatoci nel suo diario dei progetti, abbiamo potenziato l’esoscheletro con le nostre conoscenze, aggiunto i miglioramenti ideati da Frank grazie ai suoi studi sulle altre tecnologie e corazzato il tutto con una nuova lega basata sulla struttura molecolare del Orichalcum e di un metallo a memoria di forma elettrosensibile. Tutto alimentato da un Nucleo Argent pienamente operativo e con un’energia quasi inesauribile.-

-E come mai ho ancora il tatto?- Chiesi tastandomi il viso. -I robot non dovrebbero averlo.-

-La tecnologia dei microsensori sarebbe stata rivoluzionaria per il nostro mondo. Sfortunatamente sono riusciti a crearla gli scienziati di un altro, a cui Frank ha pensato di copiare alcune idee. Più avanti comunque ti fornirò un manuale che ti spiegherà nel dettaglio tutto del tuo nuovo corpo.-

-E i capelli? Perché i capelli glieli avete fatti rossi?- Domandò Isaac incuriosito.

-Micro antenne in filamenti di fibra ottica rivestiti con una variante rossa della pelle metallica. Chiamiamolo pure un marchio di fabbrica. Abbiamo preparato anche un completo in tessuto antiproiettili. Un abito su misura per la battaglia.-

-Wow. Non vedo l’ora di provarla. Doriane potrebbe …. dov’è Doriane?-

-Doriane non c’è più.- Mi rispose Spectrum.

-Come? Cosa significa non c’è più?-

-Durante il Trasferimento abbiamo avuto una perdita del cinque per cento negli accumulatori Li-Ion necessari per l’operazione. Io e Doriane abbiamo usato parte della nostra energia residua per compensare la perdita. Lei però … si è scaricata più in fretta di quanto potessi fare io.-

-Vuoi dire che …-

-Si è sacrificata.-

Anche attraverso la proiezione del suo ologramma, Doc mostrava chiaramente il dolore che provava per la sua perdita. E come se ciò non bastasse, doveva aver subito anche dei danni. Il suo ologramma veniva proiettato con degli errori riconducibili a dei guasti.

-Sono stufa di vedere gli altri morire per salvarmi la vita.- Affermai seccata.

-Hai un piano?- Mi chiese Nick.

Io lo guardai con la furia negli occhi e la grinta che fino a poche ore fa avevo quasi perso del tutto.

-Salviamo i prigionieri, torniamo tutti a casa e ammazziamo chiunque ci si pari davanti.- Affermai alzandomi in piedi e strappandomi il camice di dosso.

Il mio gesto però non ottenne l’effetto desiderato. Quasi tutti i presenti voltarono di scatto la testa imbarazzati o comunque distolsero lo sguardo dalla sottoscritta.

-Ehm, Red? Il tuo nuovo corpo è molto … dettagliato.- Disse Nick imbarazzato.

Incuriosita abbassai lo sguardo per vedere quale fosse la causa di quella reazione. Con stupore e altrettanto imbarazzo vidi che il mio nuovo corpo possedeva una sua “intimità”.

-AAAH! Doc che cavolo mi serve questa roba?!- Chiesi coprendomi con le mani dove potevo.

-Era per farti apparire più umana possibile.- Si giustificò lo scienziato.

-Però, non male il nuovo corpo.- Si complimentò Isaac.

 

 

-Chiave regolabile.- Disse il demone allungando la mano al suo compagno.

-Io non capisco come fai a restare così calmo in una situazione simile!- Affermò il suo compagno porgendogli l’attrezzo.

I due predoni stavano effettuando un controllo su tutte le torrette difensive davanti all’ufficio dell’ormai defunto Lord Woden. Con la morte del loro capo e della sua vice era andato a crearsi un certo malcontento tra le fila dell’Orda. Il comandante Clark aveva sfruttato la cosa per i suoi scopi.

-Cacciavite.-

-Clark pensa di poter sostituire Tris e Woden come se fosse lui il prescelto. Lo sai quanti altri apostoli scatenerebbero una rivoluzione pur di essere al comando? Ma mi stai ascoltando?!-

-Circuito stampato militare. E rilassati. Clark ha fatto rinchiudere quasi tutti i dannati nel Recinto. A quanto ho sentito dire ha intenzione di metterne al muro la metà e poi macellarne i cadaveri. Questo dovrebbe bastare a mettere ben in chiaro chi comanda adesso e a nutrire tutti i devoti.-

-Bene. Perché se quella feccia dovesse ribellarsi, allora saremmo tutti in un bel … -

CRASH.

Con il jetpack CTS montato sulla mia schiena sfrecciai attraverso la vetrata dell’ufficio e atterrai nello stesso punto dove Woden aveva giocato la sua ultima partita a poker contro di me. Il tavolo non c’era più, ma in compenso trovai una dozzina di demoni. Chiaramente nessuno di loro restò a guardarmi e in un attimo aprirono il fuoco su di me. Normalmente sarei dovuta morire dopo i primi cinque colpi di fucile d’assalto cinese, ma il completo antiproiettili e la nuova lega metallica che avvolgeva il mio esoscheletro, facevano rimbalzare i proiettili di quelle armi come palline di carta sparate da delle cerbottane.

In risposta a quegli attacchi estrassi la mia nuova arma e iniziai ad uccidere quei predoni uno alla volta. La Fiamma dell’Ovest era un revolver a doppia azione da sei colpi basato sul vecchio modello Colt Bisley 1905. Ovviamente però, dovendo essere impugnata dalla sottoscritta, le sue dimensioni erano decisamente maggiori rispetto ad una normale pistola. Più o meno tre o quattro volte più grande della versione originale. E decisamente più potente. Le loro corazze non potevano fare nulla contro i suoi proiettili calibro cinquanta.

Terminata la sparatoria mi avvicinai al terminale privato di Woden per accedere alla loro rete. Tra i vari optional di Atena c’erano le due spine universali collocate nelle falangi di entrambi gli indici. Tenendo la Fiamma puntata verso le scale con la destra, usai la mano sinistra per connettermi.

La prima cosa che una persona noterebbe unendosi ad un’unita robotica di alto livello sarebbe la forza, la percezione e tutti gli altri aspetti che la rendono più S.P.E.C.I.A.L. di qualsiasi altro essere umano. Ma in poco tempo si scoprirebbero cose come la comunicazione tramite onde radio, i sistemi di puntamento avanzati, gli scanner ad alta potenza, i microcalcolatori e la visione digitale. Quest’ultima era stata battezzata da Doriane e Spectrum. Quest'abilità mi permetteva di vedere il mondo nascosto dentro ad ogni congegno con dei sistemi elettrici complessi. Credetemi quando vi dico che dentro ad un comune terminale da ufficio può esserci l’impensabile.

Mentre io tenevo sotto tiro le scale, Doc si stava connettendo alla rete della T.O.S. in remoto tramite me. In pratica ero diventata un’antenna ambulante per l’hackeraggio.

-Okay, siamo dentro. Ho riottenuto l’accesso alla loro rete difensiva.- Mi informò Doc via radio.

Dio solo sapeva quanto avrei voluto connettermi anch’io a quella rete. Solo la prova effettuata con un semplice terminale poco prima di partire per l’assalto alla T.O.S., mi aveva fatto provare la sensazioni di un mistico trip virtuale. Ma come Doc mi aveva spiegato preventivamente, connettermi a quella rete senza prima aver fatto un po di vera pratica, avrebbe potuto farmi perdere la concentrazione nel pieno di un operazione. Pessima idea.

Con l’aiuto del Dr Spectrum, rubare i dati sulle ricerche e le forze armate dell’Orda fu una questione di secondi. Il tocco finale fu ridisattivare le difese automatizzate della T.O.S.. Senza di esse, nessuno ci avrebbe impedito di attaccare il Nucleus e fuggire con i prigionieri.

-Finito! Ho scaricato tutti i dati possibili. E ho anche l’accesso all’Apollo. I vertibird hanno già iniziato l’attacco al Recinto e i nostri ragazzi stanno decimando le guardie. Servi anche tu però.-

Terminato l’hackeraggio mi avvicinai al vetrata distrutta. Prima di lanciarmi di sotto mi accorsi di aver fatto ribaltare l’elegante trono su cui Woden era stato seduto durante la nostra partita.

-Ho rovesciato lo stesso trono ben due volte.- Ironizzai.

Dopo essermi lanciata dalla vetrata distrutta non attivai subito il CTS. Volli prima godermi un pizzico di caduta libera con tanto di mosse acrobatiche.

Gli stessi impulsi elettrici che in andata portavano i comandi di movimento alla mia nuova pelle, in uscita riportavano gli stimoli percepiti da ogni microsensore presente nelle placche. Ciò mi garantiva di percepire cose come l’aria, la gravità, il caldo, il freddo, e anche il dolore. Ovviamente quest’ultimo non veniva ricreato nello stesso modo con cui il mio vecchio corpo lo percepiva. Una scheggia di granata a frammentazione. Un impulso da 35mW. Un proiettile di carabina d’ordinanza. 50mW. Un proiettile di fucile antimateria. 85mW.

Ciò di cui dovevo realmente preoccuparmi erano i danni interni. Più nello specifico tutti i guasti e i danneggiamenti ai miei vari sistemi. Non ero mica diventata indistruttibile. Un proiettile abbastanza potente dritto al mio nucleo nel torace o al mio microprocessore primario in tasta, e allora si che sarei morta. Per l’appunto Doc aveva usato il microprocessore del mio Pip-Boy come sede della mia coscienza. Esso avrebbe continuato a guidarmi e ad aiutarmi anche dopo la mia resurrezione. Con esso nella mia testa risedevano anche i microprocessori secondari, dove Doc aveva scaricato più o meno tutta l’enciclopedia, e i micro calcolatori più all’avanguardia. Tutto questo racchiuso e al sicuro nel mio cranio metallico. Forse più al sicuro del mio nucleo.

La mia caduta ebbe fine a cento metri dalla terrazza panoramica costruita al livello del Mercato degli Avari. Sotto di me, dei predoni si erano raccolti attorno alla piscina all’aperto prosciugata per indagare sui loro due compagni precedentemente caduti. I due erano gli stessi che al mio arrivo stavano armeggiando sulle torrette davanti alla vetrata dell’ufficio. Avrei anche potuto evitare di tranciargli i cavi di sostegno con dei colpi netti e farli cadere per centinaia di metri, ma poi avrei dovuto eliminarli comunque.

Senza farmi vedere, usai il CTS per raggiungere il ponte tramite il quale l’Orda poteva spostarsi dalla T.O.S. al Recinto senza dover attraversare l’oceano di ghoul sottostante.

Il ponte era stato ben costruito. Usando rottami di vario genere i predoni avevano eretto o fatto erigere una struttura solida e abbastanza larga da far passare due colonne di mezzi pesanti. In quel momento stava giusto passando una piccola divisione di truppe. Chiaramente la risposta dell’Orda per contrastare le squadre d’attacco aviotrasportate della resistenza e i miei compagni.

-Red qua abbiamo quasi finito. I secondini non se lo aspettavano neanche un attacco dall’alto.- Mi informò Tony per radio. -Ma stiamo per ricevere visite.-

Nel frattempo l’Apollo aveva iniziato a calare sul Recinto. Con l’intera rete difensiva fuori uso e i sistemi di volo automatizzati del dirigibile sotto controllo, l’Apollo ci avrebbe permesso di uscire dalla città con tutti i prigionieri dell’Orda. Questo almeno era il piano escogitato da me e da Doc. Perché ciò potesse funzionare però, il ponte doveva essere messo fuori uso, e lo stesso valeva per l’aeroporto nella periferia della città. I caccia e i vertibird del nemico restavano un bel problema.

-Ci penso io a loro. Voi iniziate ad evacuare.- Dissi poco prima di piombare sul ponte davanti al gruppo di predoni intenti ad avanzare.

La mia comparsa colse di sorpresa tutti nemici. In gran parte erano devoti. La solita carne da cannone capitanata da pochi demoni. A differenza dei loro compagni nell’ufficio di Woden, questi ebbero dei ripensamenti sull’aprire il fuoco contro di me.

Fui io a rompere il ghiaccio. L’Ares era il non plus ultra dell’arsenale di Doc. Un mitragliatore ad energia in grado di sparare fasci laser avvolti in piccole sfere di plasma. Ogni colpo liquefaceva e vaporizzava anche i materiali più resistenti. Ma la cosa più incredibile era la piccola sfera di energia sprigionata dall’esplosione della sfera. Non era potente come una granata, ma cacchio se bruciava.

Quando aprii il fuoco i primi sette predoni vennero istantaneamente trapassati da parte a parte. Quelli dietro di loro ebbero la peggio, dato che le le sfere di energia dell’Ares esplosero una ad una con il secondo contatto. Le detonazioni vaporizzarono almeno la metà dei tessuti di ogni predone nel raggio d’azione. Una media di uno o due predoni ogni detonazione.

La carneficina finì quasi subito. I predoni più indietro scattarono in ritirata e io non avevo voglia di ammazzare devoti a caso. Per la maggior parte erano disperati che nella vita avevano solo scelto di inchinarsi ad uno stronzo piuttosto che morire. In oltre l’Ares e il CTS usavano l’energia del mio nucleo per funzionare. In parole povere, volare e sparare con armi collegate a me, diminuiva gradualmente i miei livelli di energia. Pessima idea consumare energia senza dei buoni motivi.

Alcuni dei demoni nel gruppo però non avevano ancora mollato. Uno di loro stava disseppellendo un lanciarazzi dai cadaveri che vi si erano accasciati sopra. Stavo per freddarlo quando una raffica laser lo ridusse in cenere ancor prima che se ne potesse accorgere.

Atom giunse alle mie spalle con il suo nuovo corpo in acciaio cromato. L’unità di supporto era un kampfhunde d'élite i cui schemi erano stati trafugati da Frank in uno dei suoi viaggi. Il progetto originale doveva farlo apparire come un terrificante pastore tedesco d’acciaio grande come un bue e pesantemente armato. Doc ne aveva modificato il telaio per farlo apparire più come un maestoso e socievole segugio. Certo in questo la mitragliatrice laser montata sul suo dorso non aiutava.

Il cane d’acciaio mi si affiancò dopo aver incenerito anche l’ultimo demone. Il suo sguardo restò fisso sull’entrata alla T.O.S. fino a che non ne attirai l’attenzione. La pelle elettro sensibile della sua testa lo rendeva quasi identico al cane che era prima.

-Allora bello? Come stiamo andando?-

Atom mi rispose abbaiando contento e scodinzolando con la sua nuova coda di ferro. Sarebbe stato meglio se Doc gli avesse dato la possibilità di parlare, ma lo scienziato dubitava che il cane sarebbe stato capace di formulare frasi vere. Tanto valeva restare al fedele abbaio.

-Ora torna dagli altri e proteggi la retroguardia.- Gli ordinai sganciando il congegno che Doc gli aveva fatto portare via terra fino a me.

Ubbidiente come sempre, Atom tornò indietro al Recinto con la mole di un felino e la velocità di un cavallo da corsa. Io restai li sul ponte ad armeggiare con il congegno fino a che non fu pronto. Riaccendendo il CTS tornai a librarmi in aria come una farfalla da seicento chili, anche se la bomba portatami da Atom incrementò notevolmente il mio peso totale. Questo mi fece perdere parecchia agilità, ma visti quali erano i miei piani, ne avrei potuto tranquillamente fare a meno molto a breve.

Tenendo la bomba con entrambe le mani, volai a meno di due metri dal suolo lungo la grande galleria di servizio che collegava il ponte direttamente al Mercato degli Avari. Non potete immaginare lo stupore di tutti i predoni nella galleria che mi videro volargli sopra le teste. Lo stesso fu per tutti quelli riuniti nel mercato.

Avrei potuto mettermi a sparare all’impazzata su quella marmaglia, ma preferii sganciargli addosso la bomba. Appena l’ordigno si schianto sul bancone di uno dei loro bar, sfruttai l’ormai residuo vantaggio della sorpresa per rompere con un solo pugno la tromba di vetro di uno degli ascensori e svignarmela ai piani alti.

Senza il peso della bomba e con il getto del CTS concentrato nello spazio ristretto della tromba, schizzai su per la torre come una saetta. L’unico ostacolo che trovai fu l’ascensore stesso, fermo tre piani sopra alla guarnigione dei demoni. Dopo averlo scansionato con la modalità termica dei miei visori ed essermi accertata che non vi fossero persone, lo sfondai da parte a parte come carta pesta, rendendo inservibile la tromba.

La mia meta finale era l’Olympus, ma prima volli fare una tappa al Valhalla.

Quando sfondai le porte ed entrai nella sala attirai l’attenzione di tutti. Nessuno degli apostoli però riuscì a fare qualcosa di simile ad un contrattacco, visto che non appena ebbi impugnato l’Ares iniziai a tempestare la stanza con raffiche di proiettili ad energia. Gli apostoli e tutti gli altri presenti si rintanarono come meglio poterono sotto o dietro ad ogni possibile riparo e nessuno provò a contrattaccare. Gli unici che avrebbero avuto il fegato di farlo sarebbero stati i tre cybercani morti all’inizio della sparatoria. Quando ebbi finito esaminai la stanza quadrante per quadrante per accertarmi che nessuno avesse ancora il fegato di tirare su la testa per guardare se ero andata.

-E questo era solo un avvertimento stronzi!- Dissi con tono minaccioso.

Stavo per tornare dentro alla tromba dell’ascensore quando col piede urtai qualcosa. Una grassa gamba flaccida. La gamba destra di Motor-Hog.

Il grassone doveva essersi trovato per puro caso nei pressi delle porte quando le avevo sfondate. E per tutta la sparatoria se n’era stato rintanato come un grasso verme tremante ai miei piedi.

-Ciao maiale. È da un po che non ci vediamo.- Dissi afferrandolo per i capelli e tirandolo su di peso.

-AH! NO TI PREGO!-

-Lo sai cosa ci faccio con i maiali come te? Li faccio arrosto.-

Detto questo calciai il grassone nel sedere, facendogli fare il volo più lungo della sua vita. L’animale atterrò esattamente dove volevo. Dietro al bancone del bar sulla mia destra. L’atto finale di quella mia perfida vendetta fu sparare alle mensole del bar, rovesciando su Motor-Hog litri di alcol, che unito al calore delle sfere di energia dell’Ares, prese immediatamente fuoco.

Appena il grassone si accorse di aver preso fuoco dalla testa ai piedi, scattò in piedi urlando e scattando come un pazzo.

-AIUTATEMI! AIUTATEMI!- Urlò in preda alla disperazione.

In breve tempo, le fiamme gli fecero perdere la vista, e dopo aver rimbalzato contro un tavolo da Blackjack, Motor-Hog si diresse verso la vetrata più vicina. La stessa davanti alla quale mi ero seduta con gli altri la sera del nostro arrivo al Nucleus.

Non sapevo se il suo intento fosse quello di buttarsi di sotto, vista la resistenza del vetro. Nel dubbio lo aiutai perforando la sezione della vetrata con cinque colpi dell’Ares.

Quando il predone vi si appoggiò, il vetro già indebolito si frantumò e Motor-Hog cadde di sotto.

-È stato un piacere. Dovremmo rifarlo più avanti. O magari state lontani da Beacon City. Ciao!-

Dopo essere tornata nella tromba ed essermi lasciata per sempre il Valhalla alle spalle, ripetei la stessa operazione con l’Olympus senza però sparare neppure un colpo. I residenti del piano ebbero la stessa reazione degli Apostoli, anche se io non feci altro che camminare pacificamente tra di loro.

-Scusate. Con permesso. Fate finta che io non ci sia. Continuate pure con le vostre orge da ricconi strafottenti. Non smettete di gettare merda sugli altri. Carino il tuo cappellino sorella. Siete tutti migliori di me e AAAH!-

Dal nulla avverti una potente scarica alla mano sinistra. Guardandomi alle spalle scoprii che a colpirmi con un saldatore ad arco industriale era stato Matt Messina Denaro. Io non ammazzavo nessuno, e quella merdina mi colpiva alle spalle.

-Matt! Stavo giusto per andarmene senza salutarti.- Dissi afferrandolo per il colletto della sua camicia da trecento dollari.

-Cosa avevi detto dei testimoni ai tuoi processi? Che avevano sempre tardato?-

Lui non mi rispose. Continuava a guardarmi con quel suo ghigno di odio da essere superiore.

-Avete visto tutti? Mi ha colpita alle spalle? Non è vero?- Chiesi a gran voce.

Quasi mezza sala mi diede ragione all’istante. Nessuno provò a difendere il mafioso.

-Hai visto Matt? Alla fine i testimoni sono arrivati. Con l'autorità datami dalla comunità di Beacon City, ultimo angolo di vera America, io, sceriffo Rocket Earp, ti condanno alla sedia elettrica per estorsione, corruzione, rapina a mano armata, contrabbando, traffico di esseri umani, e altrettanti numerosi crimini. Compreso l’omicidio. Hai qualcosa da dire prima che proceda con la sentenza?-

-Crepa puttana.-

Gustatami per l’ultima volta la visione del boss mafioso, raccolsi da terra il saldatore ad arco con cui prima mi aveva colpita e gettai entrambi in una vasca idromassaggio libera li vicina. Entrando a contatto con l’acqua, la batteria sprigionò tutta la sua potenza, friggendo all’istante il boss mafioso. Una donna li vicina urlò disperata assistendo a quello spettacolo.

-La seduta è tolta.- Dissi dopo essermi accertata che il vecchio Matt non stesse più respirando.

Raggiunsi l’ascensore per l’ufficio senza incombere in altri agguati, e una volta dentro iniziai a salire.

Fu a quel punto che mi accorsi di aver perso tutta la pelle sulla mano che Matt mi aveva colpito.

-Doc? Hey Doc? La mia mano non ha più la pelle. C’è solo lo scheletro di metallo.- Dissi riattivando la modalità di comunicazione via radio.

-Rilassati. Non ti ho perso di vista per un attimo. Secondo le informazioni che il tuo corpo mi ha trasmesso hai subito un potente attacco elettrico. Giusto?-

-Siii.- Risposi arrestando la salita dell’ascensore.

-Allora stai tranquilla. La pelle si può disgregare in caso di segnali elettrici anomali, ma è anche la parte più facile da ricreare in laboratorio. Cerca solo di stare attenta ai colpi che subisce l'esoscheletro. I suoi pezzi sono i più complessi e difficili da riprodurre.-

-D'accordo. Voi come siete messi sull’Apollo?- Chiesi allargando le sbarre e allungandomi fuori per liberare il reverendo imprigionato da Woden giorni prima.

Al poveraccio restava poco da vivere. Se non mi fossi sbrigata, sarebbe sicuramente morto.

-Ci siamo dovuti fare un po stretti. Non saremo veloci come speravo, ne capaci di volare molto in alto, ma ce la faremo. Isaac e Sullivan stanno arrivando. Se quello che dicono è vero, credo che abbiano disabilitato la maggior parte dei velivoli all'aeroporto con le bombe EMP. Senza dei nuovi circuiti non decolleranno più.-

Prima di arrivare in cima, vidi che la fanatica religiosa amante delle stelle era morta. I suoi segni vitali erano scomparsi ormai da tempo. Non potei fare niente.

-Bene. Sto per arrivare anch’io.-

-Ricordati le antenne sul tetto. È tramite quelle antenne che l’Orda controlla le tempeste. I dati che abbiamo raccolto lo confermano. Distruggile e avremo un problema in meno.-

-Lo faccio subito.-

Quando le porte dell’ascensore si riaprirono, potei finalmente abbandonare quel posto una volta per tutte. Attivando il CTS volai sopra la piscina, raggiunsi l’ufficio e uscii nuovamente dalla vetrata. Nessuno mi disturbò. Nessuno era corso in soccorso dei predoni che io avevo ucciso prima.

Fuori l’aria non era la migliore, ma era fresca. Questo bastò a ridare un po di forze la reverendo.

-Sei … sei un angelo?-

-Chi può dirlo? È meglio se risparmiate le forze reverendo.-

Prima di raggiunge gli altri però, impugnai nuovamente l’Ares e lo usai per colpire le strane antenne sul tetto della T.O.S., che secondo Doc, erano le parti fondamentali della tecnologia che controllava le tempeste radioattive. I colpi fecero saltare i potenti trasformatori alla base delle antenne, i quali esplodendo sprigionarono un potente incendio.

Con il terrore tra le fila nemiche e i sistemi di controllo meteorologici andati, c’era un’ultima cosa da fare.

Diminuendo l’energia nel CTS con la massima cautela per non spaventare il reverendo, planai verso il piazzale all'entrata della T.O.S.. Atterrata davanti alla gradinata che portava al Mercato degli Avari, e lì attesi.

Con la coda dell’occhio, vidi anche che Motor-Hog era atterrato a pochi passi da dove mi trovavo io. Un enorme pomodoro bruciato spappolato vicino ad un grande vaso ornamentale. Se avessi saputo dove sarebbe atterrato, magari non avrei sparato al vetro. Comunque fu una vera liberazione vederlo in quello stato. Una degna fine per un assassino del suo livello.

Cominciai a temere che alla fine nessuno mi avrebbe vista, poi però qualcuno lo fece e dal mercato arrivarono almeno cento predoni di tutti i tipi e specie. Tutti con le loro armi puntate su di me e sull’ignaro reverendo. Io gli ammonì dal compiere qualsiasi atto ostile alzando con una mano un piccolo telecomando. Quando tolsi la sicura, da dentro la torre si iniziò ad udire un potente allarme.

-Sapete che cos’è questa?- Chiesi rimettendo la sicura e disattivando l’allarme. -Se solo uno di voi continua a tenermi sotto tiro faccio esplodere la bomba che ancora non siete riusciti a togliere dal vostro salone.-

Udendo le mie parole, molti predoni si immobilizzarono. Avevano capito che non scherzavo. Poi uno abbasso il suo fucile. Poi quello alla sua destra. E alla fine non ne restò neanche uno con l’arma puntata. Certo non si erano arresi, ma avevano capito chi aveva il coltello dalla parte del manico.

-Ve lo dico per l’ultima volta. Non abbiamo iniziato noi questa guerra. Ma siamo pronti a finirla. Come sempre è stato, e sempre sarà, vi lascio la libertà di scegliere. Perché è un vostro diritto.-

Assicuratami che tutti avessero recepito il messaggio, riaccesi il CTS e mi preparai a ripartire.

-Chi sei tu veramente?- Mi chiese un uomo tra la folla di predoni.

-Io sono la luce della speranza! Io sono la guardiana del male che gli uomini crearono! Datemi i reietti e i vinti, perché io sono la fiamma immortale dell’America che fu e che sempre sarà! Io sono Spirit!- Detto questo presi il volo, lasciandomi alle spalle i predoni.

Fu sicuramente un duro colpo per i predoni vedermi volare via in tutta tranquillità. E ancor più duro fu vedere l’Apollo fuggire nella mia stessa direzione con i prigionieri del Recinto e la formazione di vertibird della Resistenza a proteggerlo.

Eravamo liberi finalmente. Dopo tre giorni passati all’inferno avevo quasi dimenticato quella sensazione. Pura libertà.

La mia squadra mi stava attendendo sulla passerella di coda. Quando finalmente li raggiunsi e potei rimettere i piedi a terra venni accolta come un’eroina.

-Che roba da pazzi sorella!- Si complimentò Trinity prendendo in custodia il reverendo.

-Hai affrontato tutti quei predoni da sola. Ma dove l’hai trovato il coraggio?- Mi domandò Bud.

-A dire il vero dovevo ricaricare il nucleo. Volare e sparare alle antenne mi ha prosciugata in fretta.- Risposi sincera.

-Ah. Beh quella mossa che hai fatto è stata comunque incredibile.-

Atom si mise a leccarmi con la sua lingua di ferro. Per poco non mi scaraventò di sotto.

-Buono bello. Accuccia.-

-Ora che i loro sistemi di controllo ambientali sono stati distrutti, le tempeste nella regione dovrebbero diminuire. Sei stata bravissima Red.- Si complimentò Doc.

-Che facciamo con la bomba adesso? Potrebbe essere la nostra ultima occasione.- Fece notare Tony.

Tony aveva ragione. Distruggere la T.O.S. e il Nucleus avrebbe sicuramente messo fine a quella guerra. Ma avremmo anche ucciso un sacco di innocenti rimasti nella torre e negato una seconda chance ai predoni.

Decisi quindi di fare ciò che sapevo fare meglio. La cosa giusta.

Facendo molta attenzione, spezzai il detonatore a metà, separando la parte con l’antenna e il grilletto da quella con la batteria a fissione. Poi lanciai i pezzi giù dal dirigibile in due direzioni opposte.

-Okay. È stato fico.- Si complimentò Nick.

-Chi sa perché, ma ho una brutta sensazione.- Affermò Tony.

-Può darsi. Ma hai fatto la cosa giusta.- Continuò Amelia. -Altrimenti saremmo come loro.-

presto per supporre che cosa accadrà. Ora però torniamo a casa.- Dissi guardando la T.O.S..

stato come leggere tutti i numeri degli Inarrestabili in un solo colpo.- Affermò Nick un attimo prima di rientrare nel dirigibile.

-Davvero?- Gli chiese Bud.

-Beh, magari un po' meno epico.-

Rimasi sola con Atom, a guardare lo spettacolare incendio che la mia squadra e la Resistenza avevano appiccato al Recinto. Tempo due giorni e l’intera struttura sarebbe collassata su se stessa.

-Hai compiuto l’impossibile giovane guerriera.- Disse una voce molto famigliare. -Ma il tuo lungo viaggio è solo agli inizi.-

All’altro lato della passerella, Jeremy se ne stava appoggiato alla ringhiera del parapetto come un turista in crociera. Quell’essere riusciva ancora a nascondere la sua identità. Come Spectrum non era riuscito ad esaminarlo la prima volta che lo vide insieme a me, anch’io falli, nonostante l’elevata qualità dei miei sistemi di scansione. Ormai ci avevo praticamente rinunciato.

-Non è ancora finita? Vero?- Gli domandai estraendo il Nucleo Argent di riserva che Atom aveva custodito per me sotto la sua corazza e lanciandogliela.

-No. Il male vive ancora su questa terra.- Mi rispose Jeremy nascondendo l’artefatto tra le sue vesti.

-Ma rallegrati Rocket, perché anche se adesso non lo comprendi, hai salvato ben più di qualche innocente. Perché il ruolo di tutti voi sopravvissuti nella vera Grande Guerra che verrà, sarà più grande di quanto tu possa credere.-

-Aspetta. Ci abbandoni così?!- Chiesi vedendolo passare dall’altro lato del parapetto.

-Stai tranquilla. Un giorno tornerò a trovarti. Per adesso, lascio i Fondatori in buone mani. Ti augurerei buona fortuna, ma sappiamo entrambi che non ne hai bisogno.-

Poi Jeremy si lasciò cadere, e subito dopo svanì tra i meandri oscuri della città.

Io e Atom restammo soli ad ammirare per l’ultima volta la skyline di Oklahoma City in rovina.

 

 

Clark aveva fatto portare via i cadaveri, riposizionato il suo trono e coperto l’apertura nella vetrata con delle grandi tende nere che non facevano passare neanche la luce. Poi si era messo a sedere sul trono, ascoltando i pro e i contro dei suoi comandanti.

-Non possiamo compiere attacchi in massa nella situazione in cui ci troviamo adesso.- Polemizzò l’ammiraglio Morgan.

-Quegli indegni ci hanno umiliati e tu oseresti fargliela passare liscia?- Gli chiese Brutus stupefatto.

-Abbiamo perso più di duecento uomini negli ultimi due giorni. E dalla morte di Woden nell’Arena il morale non ha fatto altro che diminuire.- Fece notare Nolan, succeduto a Clark come nuovo comandante della Legione dell’Ordine.

-La fede si può rafforzare con la paura.- Continuò il Gran Dragone Garth accarezzando la sua falce.

-Ma siete cechi?! Abbiamo perso quasi tutta la nostra aviazione.- Ribadì l’ammiraglio. -Gli unici velivoli che ci restano sono quelli che devono ancora rientrare dalla Zona Contaminata! Tutti gli altri si sono fulminati.-

-I veicoli nell’O.C.C.P. non hanno subito alcun danno. Potremmo schierarli tutti anche adesso.- Fece notare il tenete Marshall.

-Il problema restano i devoti. Ora che non abbiamo più prigionieri per i lavori forzati, temono che gli faremo prendere il loro posto.- Spiegò Nolan. -E infatti è quello che saremmo costretti a fare se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita. Secondo me dovremmo tranquillizzarli e metterci tutti al lavoro.-

-Tu vorresti che noi ci mettessimo a lavorare nella polvere come dei luridi dannati? Tu che prima non eri neppure uno di noi?- Gli chiese il Dr Jarvis disgustato.

-Il comandante della Legione dell’Ordine ha ragione. Non possiamo andare in guerra con il rischio di una rivolta.- Lo difese l’ammiraglio Morgan.

-Non dimenticatevi della nostra economia. Con il caos attuale, il nostro sistema economico potrebbe decadere anche subito.- Aggiunse Dubois, il contabile di Woden e dell’Orda.

-Se dovremo versare il sangue di qualcuno, sarà quello dei codardi!- Affermò Brutus impugnando il suo fucile.

-Calmati comandante!- Lo ammonì Nolan puntandogli contro il suo fucile laser.

-Sapevo che un esercito con dei luridi negri e degli sporchi giudei non avrebbe retto!- Disse Garth preparandosi a colpire con la sua arma.

-SILENZIO!- Tuonò Clark.

Il nuovo tiranno sembrò riportare la calma tra i membri della sua corte, anche se nessuno di loro sembrò intenzionato ad abbassare per primo l’arma.

-Dopo avervi ascoltato, ho deciso, che l’Orda non andrà in guerra.-

-Ma sei impazzito?!- Chiese esterrefatto Brutus.

-SILENZIO HO DETTO!!! Io sono il vostro nuovo leader e voi farete quello che io vi dico di fare!-

-Tu hai avuto soltanto la faccia tosta di farti avanti per primo.- Lo corresse il Dr Jarvis.

-Osi sfidarmi quattrocchi?- Lo sfidò Clark.

Nessuno rispose. Clark aveva imposto la sua supremazia su tutta l’Orda e nessuno si sentiva pronto a sfidarlo per il trono. Non durante il rischio di una rivolta tra le truppe. Se ottenere il potere era difficile, mantenerlo lo era ancora di più. I più furbi sapevano che bisognava aspettare che le acque si calmassero prima di compiere un colpo di stato.

-Io sono Art Clark. Leader superuomo dell’Orda. Il mio potere è infinito e l’Orda è UAH!!!-

-L’ORDA È MIA!!!- Tuonò una voce dietro di lui.

Clark si ritrovò trapassato da parte a parte da un lungo spuntone giallo luminescente ricoperto da un muco acido che sciolse lo schienale del trono, anch’esso trapassato, e parte dei vestiti di Clark.

I vari comandanti trasalirono vedendo il loro leader essere sollevato da quella cosa. Un mutatore si era arrampicato su per la T.O.S. e a causa dall’attacco dei Fondatori e della Resistenza nessuno ci aveva fatto caso.

L’abominio fece la sua entrata in scena definitiva passando per l’apertura nella vetrata e sciogliendo le tende che fino a poco prima ne avevano celato la presenza. Ma nessuno sparò. Chi perché prima voleva che il mutatore finisse la sua opera, chi invece perché in quell’essere riconobbe dei tratti famigliari. E poi … quel mutatore aveva parlato.

-Sei sempre stato un parassita Clark. Un parassita che è rimasto in vita stando alla mia ombra. Ma ora sarò io a sfruttare te.- Sussurrò il mutante mentre Clark si contorceva agonizzante.

Clark iniziò a rinsecchirsi a tempo da record, come una mela nel bel mezzo del deserto. Poi la sua pelle andò in frantumi e in un lampo, di lui non restarono altro che delle ossa polverose e fragili.

I comandanti restarono a guardare il mutatore impietriti dalla paura.

-Saluta il tuo vero ed unico leader mia Orda! LORD WODEN! L’IMMORTALE!!!-

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Capitolo 25
*** Alle armi ***


Alle armi

Si udirono i tamburi della guerra

 

 

31/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/P1/Livello amministrazione/Sala briefing

Ore 08:05

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

-È confermato. L’Orda ha iniziato a muoversi in massa tre ore fa verso ovest.-

Il tenente Wright stava illustrando le diapositive scattate dal satellite che Spectrum aveva acherato poco prima di abbandonare la sua base a Oklahoma City. Non avendo avuto molta scelta, e con il poco tempo a disposizione, ci eravamo dovuti accontentare di un satellite meteorologico. Un’arma orbitale sarebbe stata meglio, ma per lo meno le sue condizioni erano abbastanza buone, e a differenza di quelli più sofisticati non era protetto da difese informatiche troppo sofisticate.

Nella sala briefing si erano riuniti i membri più importanti della nostra armata. Capi squadra. Vice. La loro presenza era necessaria vista la gravità della situazione.

Le proiezioni mostravano una macchia chiara ingrandirsi nella zona dell'aeroporto. La macchia era la concentrazione di calore dovuta all’aumento delle unità nemiche sul posto. Mentre noi avevamo proceduto lentamente fino a Beacon City con l’Apollo, l’Orda aveva radunato i suoi mezzi e chiamato a raccolta tutte le sue truppe negli insediamenti sparsi per la Zona Contaminata. Le ultime tre diapositive mostravano che l’armata nemica aveva iniziato a muoversi verso ovest. Verso di noi.

-Dunque l’uccisione di Woden non è servita a niente.- Ne dedusse il colonnello.

-Così sembra signore.- Confermai.

-Stando al resoconto dei nostri analisti, il nemico ci supera di nove volte. E in più sembra che con loro ci sia qualcosa di molto grosso.-

Quest’ultima parte non fu affatto rassicurante. Neppure io riuscii a credere che l’Orda potesse contare su un’armata simile.

-È assurdo. Da dove sono usciti tutti quei predoni?!- Chiese esterrefatto Lopez.

-Lopez ha ragione. Non avremmo visto tutti i predoni dell’Orda alla T.O.S., ma non è possibile che dagli insediamenti e dalle strutture della città ne siano arrivati così tanti.-

-Eppure è così Red. -Ribadì Wright.- Sempre che non abbiano usato una qualche tecnologia di interferenza satellitare.-

-Ne dubito.- Ci informò Spectrum.

-E di grosso cosa avrebbero?- Chiese Grant.

-Non lo sappiamo con esattezza. Sembra una struttura mobile dalle cospicue dimensioni presente al centro della formazione. Per adesso sappiamo solo che è immensa e che emana molto calore. I nostri analisti ci stanno ancora lavorando.-

-Potrebbe essere la macchina di cui tutti parlavano mentre eravamo alla T.O.S.- Aggiunsi.

-Che tipo di macchina?- Mi chiese Green, il mio vice.

-Non siamo riusciti a capirlo. Abbiamo solo scoperto che l’Orda la stava costruendo in segreto e che per Woden sarebbe stata una grande risorsa.-

-Roland, i nostri stanno captando una strana trasmissione in superficie.- Ci informò Spectrum.

-Una trasmissione?-

-Si, sul canale della guardia nazionale. Un certo “Cerbero” chiede di parlare con quella che ha cotto al forno … Motor-Hog?-

-Cerbero? È Nolan, il vice comandante della Legione dell’Ordine.- Spiegai.

-Chi?- Mi chiese il colonnello.

-Un ex membro della guardia nazionale. Mi creda signore, è la cosa più vicina ad una persona normale che io abbia visto tra tutti quei predoni.-

-Starà cercando di rintracciarci per i suoi.- Ipotizzò il caposquadra della squadra Iris.

-No, lo sanno già dove siamo.- Lo contradisse Spectrum. -Posso comunque far rimbalzare il nostro segnale su un ripetitore piazzato a dodici miglia da noi. Nel caso la teoria di Lopez fosse fondata.-

-Signore, lo so che è un nostro nemico, ma il fatto che voglia parlare con me di persona mi suggerisce che forse non lo stia facendo con il consenso dei suoi superiori.-

Baker valutò accuratamente la mia idea. D’accordo che ormai il nemico aveva scoperto la nostra posizione, ma avere contatti con un predone per il quale io sola avevo garantito, era pur sempre una cosa fuori dall’ordinario.

-Appena Doc percepisce anche la più piccola anomalia, chiudiamo ogni contatto. Chiaro?-

-Si signore.- Gli risposi.

Il Dr Spectrum attivò il viva voce della sala e il proiettore di ologrammi iniziò a mostrare i grafici del segnale e delle frequenze.

-Sono … Cerbero … parlare …-

-Tenente si può fare qualcosa per il segnale?- Chiese il colonnello.

Wright provò a migliorare la comunicazione usando il terminale della sala briefing. Il segnale migliorò abbastanza da non sentire più le solite interferenze dovute alle radiazioni.

-Nolan, sono quella che cerchi. Mi ricevi?- Chiesi cercando di non tradirlo nel caso ci fosse qualcun altro all’ascolto.

-Oh Rocket, grazie a Dio. Temevo che di parlare da solo.-

-Attento! Potrebbe esserci qualcun altro all’ascolto.-

-Non temere. Sto usando la HIN del mio vecchio reparto. Se qualcuno si mettesse ad ascoltare, qui si accenderebbero una decina di spie.-

Doc provvide anche a mostrarci uno schema olografico della HIN. Un grosso camion blindato a sei ruote con un set di antenne sopra al tettuccio per le comunicazioni a lungo raggio. Doveva essere in movimento visto il rumore del motore in sottofondo.

-Comandante Nolan. Sono il comandante in capo di coloro che voi conoscete come i Fondatori.- Intervenne il colonnello. -La avverto che non sono molto tranquillo riguardo a questa conversazione. Dichiari le sue intenzioni alla svelta o mi vedrò costretto a chiudere le comunicazioni.-

-Mi perdoni signore. Volevamo avvisarvi che Woden è ancora vivo.-

-Cosa?!- Chiesi stupita.

Anche gli altri rimasero sbalorditi da quella notizia.

-Non è morto. È vivo e ora sta venendo a reclamare la sua vendetta.-

-Com’è possibile Nolan. Mi avete visto tutti ucciderlo nell’Arena.-

-Ti ricordi la pozza tossica in cui l’hai fatto cadere? Beh, lo ha trasformato in un mutatore.-

-Aspetta! Woden è diventato uno di quei cosi? Ed è cosciente?- Gli chiese Doc sconcertato.

-Si. E ora l’Orda lo venera ancora più di prima.-

-Dai avanti. È impossibile.- Affermò Rita.

-Sentite! Io lo so che per voi può sembrare assurdo, ma è vero! Ha ucciso Clark, ripreso il pieno controllo dell’Orda, infettato i ghoul e ora ci sta portando tutti da voi!-

-Ha infettato i ghoul?- Chiese Wright guardandoci confuso.

-Ha sottomesso tutti i mutatori in città e gli ha usati per infettare i ferali nei paraggi. Secondo alcuni è rinato come un dio. Altri credono che i mutatori lo abbiano scelto. Io non so a cosa credere, tranne che adesso c’è un oceano di ghoul spruzza acido che esegue i suoi ordini.-

-Questo spiegherebbe come abbiano fatto a creare un’armata così immensa.- Fece notare Doc.

-Ma è possibile? Può controllare tutti quei ghoul?- Chiesi a Doc.

-Se è riuscito a diventare un mutatore, allora tutto è possibile.- Mi rispose lo scienziato. -Forse la sua condizione di splendente ha agito in modo anomalo sulla sua mutazione. Lo si potrebbe definire un miracolo dell’evoluzione, anche se causato dalle radiazioni.-

-E c’è anche la piattaforma mobile pesante.- Continuò Nolan. -I nostri esploratori devono averla trovata in un centro aerospaziale nella Zona Contaminata. Woden ci aveva messo metà dei nostri tecnici al lavoro tre settimane fa. Ora è pronta all’uso e al centro del nostro convoglio.-

-A quale scopo?- Domandò il colonnello.

-Da quanto ho capito, l’hanno modificata con attrezzature minerarie e industriali. Ora ha una torre mineraria al centro e diverse scorte di prolunghe per la trivellazione. Lo chiamano il Burglar.-

-Mio Dio. Vogliono raggiungerci perforando la roccia.- Ne dedusse Spectrum. -Se perdiamo il forte, le nostre porte saranno del tutto inutili. Con le trivelle potranno sbucare in qualsiasi livello.-

-Hanno anche un …-

-Nolan! Sta arrivando una guardia!- Lo interruppe qualcuno in sottofondo.

-Arrivo, arrivo! Rocket, lo so che ci hai già risparmiati una volta. Ma ti prego, uccidi Woden una volta per tutte e liberaci. Non vogliamo essere tutti quanti suoi schiavi.-

Nolan chiuse la trasmissione, e noi restammo ad ascoltare il fruscio dell’etere.

-Che si fa adesso?- Domandò Grant.

-Emanate a tutti l’ordine. Passiamo all’allarme generale di livello uno. Prepararsi per l’assedio.-

 

 

02/02/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Fort Boise/Gate1

Ore 20:10

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Era la prima volta che il circo veniva in città. Per modo di dire ovviamente. L’Orda aveva montato un campo base provvisorio a sudest di Boise City. Un centinaio di tende di varie dimensioni raggruppate in un piccolo angolo di deserto fuori dalla portata della nostra artiglieria più potente.

La cara vecchia Boise era al sicuro comunque. Neppure il più pazzo tra i devoti vi si sarebbe addentrato dopo che i nostri genieri l’avevano disseminata di mine. Lo stesso valeva per il nostro perimetro est, nord e ovest. Solo a sud eravamo stati costretti a lasciare libero il campo. Sia per questioni strategiche, che di risorse. Il numero di mine a nostra disposizione non era mica infinito. A preoccuparci però, era la mandria di ghoul che Woden aveva radunato ad est e sud del suo campo. Migliaia di infetti illuminavano il deserto in lontananza come un tramonto malaticcio e morente.

Noi invece ci eravamo preparati in modo impeccabile. Usando una trivella per l’ampliamento del P1, avevamo scavato una lunga trincea appena oltre le mura difensive. Questa avrebbe garantito una doppia protezione ai nostri soldati, che a differenza dei nemici, se ne sarebbero potuti stare accovacciati sparando su chiunque avrebbe avuto il fegato di assaltarci frontalmente in quel campo aperto. All’interno delle mura avevamo posizionato un quarto del nostro arsenale e dispiegato le migliori armi custodite nel Vaso. Quelle collaudate per lo meno. Cose come torrette gauss, batterie antiaeree di precisione, torrette automatizzate e ben sedici armature atomiche apophis. Più tutti i blindati e i carri armati che sarebbero riusciti a muoversi liberamente per le vie del forte. Il nostro unico punto debole era l’artiglieria. Gli obici più potenti coprivano solo metà della terra di nessuno che ci separava dall’Orda. E i cannoni sperimentali di Doc sparavano solo un tipo di speciali proiettili perforanti. Precisi, potenti e … pochi. Tra il non aver ricevuto dei calibri a lunga gittata prima delle bombe, o il non aver fatto assemblare ai tecnici di Doc più proiettili speciali, non so quale fosse stata la cosa peggiore. Di sicuro, se fossimo sopravvissuti, avremmo dovuto recuperare dei cannoni più potenti nella Zona Contaminata.

Comunque, sommando le unità di Fort Boise, la nostra aviazione, i guerrieri della tribù, il branco dei deathclaw, la Resistenza di Oklahoma City, i superstiti salvati dalle squadre di esplorazione nella Zona Contaminata e tutti gli schiavi fatti evadere dal Recinto, il nostro schieramento contava ben duemilaquattrocentootto effettivi. Di questi, milleottocento avrebbero atteso nel P1, duecento avrebbero difeso l’interno delle mura e i restanti quattrocento si sarebbero sparpagliati lungo la trincea che circondava le quattro mura.

E per finire, ogni soldato in superficie e nel livello della sicurezza, ricevette il suo personale Pip-Boy 3000. Centinaia di Pip-Boy erano stati recuperati dalla sede Vault-Tec ad Oklahoma City settimane prima del nostro arrivo e poi trasportati dai vertibird a difesa dell’Apollo nel viaggio di rientro. I sodati nelle armature atomiche o appartenenti alla divisione di robotica ricevettero i Mark IV, in quanto capaci di collegarsi direttamente alle armature o ai robot tramite la loro spina. Gli altri ricevettero invece i normali 3000. Più comuni, ma comunque efficienti. Con il sistema V.A.T.S. le capacità di combattimento di ogni nostro soldato sarebbero migliorate almeno del sessanta percento. Non male per degli sporchi indegni.

-Qualcuno lo vede?- Chiese uno dei miei agenti studiando l’orizzonte alla ricerca del Burglar.

-È ancora troppo lontano giovane.- Lo informò Green studiando la mappa sul suo Pip-Boy. -Preoccupati dei ghoul infetti.-

L’Orda aveva lasciato indietro il Burglar per velocizzare l’avanzata. Tempo ventiquattr'ore però, e alla festa sarebbe arrivato anche lui.

-E ognuno di loro avrebbe un fucile d’assalto cinese?- Chiese una vedetta.

-No. Solo gli apostoli e alcuni demoni. I devoti hanno armi artigianali in generale.- Gli rispose Tony.

Chiunque lo avesse voluto, si era messo sulle mura o sui tetti degli edifici più alti a guardare il campo nemico. Una piccola concessione del colonnello per chi da li a poco avrebbe combattuto.

-Lootah, tre conigli a centosessanta gradi. Duecentotrenta iarde.- Disse Marion alla radio.

-Visti.-

L’Orda aveva passato la maggior parte del suo tempo a mandare ricognitori e sabotatori verso le nostre mura. Piccoli gruppi composti da demoni fantasma e devoti detonanti. Una delle classi di devoti più “devoti” a Woden e impediti nel combattimento. La loro unica vera capacità era farsi saltare in aria come dei kamikaze. Contenti loro.

Ma ai nostri visori notturni non sfuggiva niente. Da quando quel banale tentativo di infiltrazione era iniziato, l’Orda aveva perso più di cinquanta predoni. In gran parte grazie a Lootah e alla sua mira.

-Marion, Bud. Nostro padre ci vuole vedere.- Li chiamò Russell dalla strada sottostante.

-Arriviamo.- Gli rispose la sorella avvicinandosi alla scaletta di metallo che collegava la passerella delle mura al terreno. -Bud? Non vieni?-

-Ho da fare.- Gli rispose il fratello maggiore continuando a scrutare l’orizzonte con il binocolo.

-Dai Bud. Non fare così.- Lo pregò Marion.

-Muovi il culo Bufalo d'Acciaio.- Continuò Russell.

-No! Ho detto che ho da fare! Posso restare qui con i miei amici!?-

-Bud. È pur sempre tuo padre.- Gli ricordò Isaac.

-È stato lui a non chiamarmi più dopo il mio arruolamento. Non ha mai risposto alle mie lettere dal fronte. E non è neppure venuto a trovarmi quando ero in cella. Se voleva chiedermi scusa poteva farlo prima che le bombe distruggessero il mondo e imparare ad usare un fucile diventasse più importante di trovare un lavoro sfigato in una qualche multinazionale.-

Russell e Marion attesero speranzosi di vedere il fratello convincersi ad andare con loro, ma Bud non diede segno di cedimento. Eppure, il mio analizzatore sonoro non percepiva odio o rabbia nella sua voce, ma dolore e frustrazione. Sapeva che stava sbagliando, ma era troppo fiero per ammetterlo.

-Mi vergogno di te Bud.- Intervenne Nick, sorprendendo tutti i presenti. -Tuo padre vuole parlarti prima che l’Orda ci faccia il culo e tu ti rifiuti di vederlo.-

-Sentite … io ci ho provato! Ho provato a legare di nuovo con lui in questi mesi. Ma non ha funzionato. Ogni volta che provavo a parlarci mi ha sempre contraddetto. Magari dovremmo spingere la nostra gente ad arruolarsi nelle forze armate della base? No Bud, sarà ognuno dei nostri a scegliere il suo sentiero. Hey papà che ne dici passare qualcuna delle tue idee al Dr Spectrum per migliorare il nostro arsenale? Ho già fornito quello che serviva per migliorare le vite di tutti. Di armi ne abbiamo già abbastanza. Papà mi prometti che non ti metterai più a creare droghe fatte in casa per far parlare i mistici spiriti del futuro con Red rischiando di provocarle un overdose? Tranquillo figliolo, hai la mia parola che non ne produrrò più.-

Bud stava buttando fuori tutta la sua rabbia, ma negare a suo padre un’ultima chance proprio in quel momento, non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.

-Mi dispiace, ma io con mio padre non ci parlerò mai più.-

-Lo sai chi non non parlerà mai più con suo padre? Io non parlerò mai più con mio padre.- Lo contradisse Nick. -Isaac non parlerà mai più con suo padre. Amelia. Tony.-

-Mai avuto.- Lo corresse Tony.

-E Red? Cazzo lei il suo l’ha perso appena l’altro giorno. Tu sei l’unico tra di noi che in questa vita può ancora parlare con suo padre. Eppure ti rifiuti di farlo.-

Non riuscivo a crederci, ma Nick, l’infantile meccanico cocco di mamma, stava facendo la predica a Bud, uno dei soldati più grandi tra le nostre forze. E che predica.

-Fa come vuoi Bud. Ma la prossima volta che il Grande Spirito o la Divina provvidenza ti offre un dono simile, evita di sputarci sopra. Specialmente davanti agli occhi di tutti.-

Nessuno disse più nulla. Solo Lootah pensò a rompere il silenzio nell’aria con due colpi di fucile. Imbarazzata per la gaffe di Bud simulai dei colpi di tosse con il mio emettitore vocale. Isaac si allontanò lungo la passerella fischiettando un motivetto come a fingere di non aver sentito nulla. Trinity giocherellò con la radio del suo Pip-Boy cercando di sembrare occupata. Due miei agenti seduti sul tetto della guardiola del Gate1 commentarono la scena a bassa voce.

Sentendosi un idiota, Bud sbuffò rassegnato e dopo aver passato il binocolo a Tony, iniziò a scendere anche lui la scaletta.

-Contenti?- Ci chiese dopo essere arrivato a terra.

-Caspita Rodriguez. Da te non me lo sarei mai aspettata.- Si complimentò Amelia.

-Gli serviva solo una spinta motivazionale.-

-Sorvegliante.-Disse qualcuno per radio. -Siamo pronti a cominciare.-

-Bene. Passiamo alla diplomazia.-

 

 

-AH AH AH AH!!! Avreste dovuto vederlo quel perdente mentre lo fagocitavo un pezzo alla volta.-

Woden rideva e scherzava con la sua corte sotto alla tenda cerata della tenda più grande, ma ad eccezione di Sheamus, il giullare di Woden, nessuno rideva. Almeno non veramente. Il suo stile d’intrattenimento era passato da nobile pazzerellone con manie di grandezza e sfumature di schizofrenia maniacale, ad assassino degenerato con il pallino per l’assorbimento della materia organica. Perfino Brutus cominciava ad averne abbastanza di storie su persone liquefatte vive. Specialmente a tavola.

La grande tenda di Woden si trovava al centro dell’accampamento, circondata da predoni, blindati e una decina di ASAM sparse per tutto l’accampamento che con i loro razzi antiaerei avrebbero tenuto alla larga qualsiasi velivolo nemico.

La corte si era riunita al lato esterno di un lungo tavolo curvo imbandito di tutte le pietanze possibili. Woden sedeva sul suo nuovo trono di ferro, ingurgitando interi piatti di carne cruda.

-Comandante Garth! Non avete toccato cibo!-

-Perdonatemi mio signore, ma oggi non ha tanta fame.-

Garth non mentiva. Il ricordo delle concubine che Woden aveva assorbito durante il tragitto per saziarsi avrebbe tormentato i suoi pasti per settimane. Anche per il comandante della Legione Bianca era stato troppo vedere un intero harem essere liquefatto.

-LORD WODEN! LORD WODEN!- Urlò un devoto giungendo dentro la tenda a gran velocità.

-Che c’è figlio mio?- Chiese Woden assicurandosi che l’inchino del predone non fosse come quello dell’insolente che quella stessa mattina aveva finito col diventare la sua colazione.

-SPIRIT! LO SCERIFFO ROSSO!!! È AL NOSTRO PERIMETRO CON UN EYEBOT, UN UFFICIALE E QUEL MOSTRO DI MECHANICK! CHIEDE UDIENZA!-

Woden restò a fissare il predone con sguardo enigmatico. Nessuno dei suoi comandanti sapeva quale sarebbe stata la sua reazione a quella notizia.

-Portateli da me. Assicuratevi che non abbiano armi e passateli con i contatori geiger. ORA!-

Dopo che il predone fu uscito dalla tenda, Woden non disse più nulla. Restò fermo sul suo trono a fissare l’entrata in uno stato di apparente calma. Nolan, seduto alla sua destra, pote notare qualche piccolo accenno di tensione.

Quando finalmente feci la mia comparsa, Woden ebbe un lieve sussulto. Nulla in confronto ai suoi comandanti, che vedendomi a pochi passi da loro, in compagnia del temuto MechaNick in esotuta atomica d’assalto personalizzata, si prepararono al peggio. A giudicare dalla faccia Sheamus doveva essersi sporcato le mutande.

A spaventarli non ci pensò solo la mia stazza, ma anche il mio nuovo abito da ranger del deserto. Pantaloni in pelle, camicia rossa a quadri, scarponi con la punta d’acciaio, guanti senza dita, un lungo spolverino in pelle marrone intonato ai pantaloni e un iconico cappello da cowboy. Tutto trattato da Spectrum per renderlo resistente come la tuta che mi era stata data al mio risveglio. Quella però era priva di anima.

Le uniche cose che mi mancavano erano le fibbie e le armi. Per passare i checkpoint dell’Orda mi ero riguardata dal presentarmi armata. Lo stesso valeva per il colonnello Baker, Nick e Doc. L’uomo era in uniforme da ufficiale, lo scienziato si era fatto smontare la sua arma laser e Nick aveva solo la sua esotuta.

-Certo il fegato non gli manca.- Ironizzò il tenente Marshall.

Woden però non lo badò. Lui continuò a fissarmi impassibile. E lo stesso feci io, esaminando centimetro per centimetro la sua nuova forma.

Di tutti i mutatori che avevo visto, Woden era forse quello più simile ad un umano. Non aveva tentacoli o malformazioni. Era diventato un golem di circa un metro più alto rispetto a me, palestrato, verdastro, con quattro dita per mano, la testa calva, gli occhi di un verde splendente e zero genitali. Infatti la prima cosa che notai fu la sua mancanza di indumenti. Forse ciò era dovuto alla notevole quantità di calore che il suo corpo sprigionava.

Un’altra cosa che notai fu l’assenza di Jackson. Che fine aveva fatto quel topo di fogna?

-Ecco il più grande criminale pluriomicida della storia americana.- Affermai riferendomi a Woden.

-Rick Snyder?- Domandò Nick.

Io lo guardai per un attimo confusa. Chi cavolo era Rick Snyder?

-È da un po' che non ci vediamo … Trevor.- Disse il colonnello.

-Anche troppo … Roland.- Gli rispose Woden senza togliere lo sguardo da me. -Che cosa volete? E dove avete messo il mio Apollo?-

-Lo abbiamo sgonfiato e portato nel nostro bunker.- Gli rispose Nick.

Bruciare tutto quell’idrogeno sarebbe stato uno spreco, e i componenti del dirigibile sarebbero potuti tornarci utili un giorno.

-Siamo venuti qui per chiedere la vostra resa totale e il ritiro delle vostre truppe.- Affermai.

Nessuno dei comandanti mi rispose. Non per rispetto, ma per paura. Sapevano che i Fondatori non andavano sottovalutati.

-Spiacente, ma il vostro annientamento è il primo gradino della scala che condurrà la mia gente alle porte di un nuovo Eden. Un Eden puro. Un Eden americano.-

-Ed esattamente come funzionerebbe questa scala. É composta da pile di innocenti trucidati e disperati mandati al macello?- Chiese ironicamente Doc.

-Come osi rivolgerti in questo modo al nostro glorioso leader ferro vecchio?!- Lo sfidò il Dr Jarvis.

-Oh, perdonatemi. Non sapevo che a tavola ci fossero anche i premi Nobel per la follia.- Lo schernì Spectrum.

-Non osare parlarmi in questo modo. Tu che guardi gli altri con superficialità e trasparenza!-

-Perdonate il mio ex allievo, ma il Dr Jarvis ce l’ha ancora con me per una bocciatura ad un’esame che lo ha marchiato a vita come “scienziato privo di etica”.-

-Il mio studio sui traumi da elettro shock avrebbe potuto far progredire la conoscenza dell’uomo sui limiti del dolore umano di decenni.-

-Presentare una tesina con riferimenti ai peggiori crimini contro l’umanità non è scienza. È follia.-

-Sarei potuto diventare più famoso di Stanislaus Braun!-

-La cosa non mi stupisce. Anzi sareste stati una coppia fenomenale!-

-Avrei potuto entrare al Big MT se non ….-

-BASTA!!!- Tuonò Woden sbattendo i pugni sui braccioli del suo trono e facendo trillare il mio contatore geiger.

Il suo capo scienziato quasi se la fece addosso e lo stesso valse per gli altri comandanti.

-Questa pagliacciata mi ha stancato.- Continuò Woden con tono più calmo, ma sempre minaccioso.

-Pure a me.- Lo sfidai. -Ora scegli mostro. Arrenditi e avrai salva la vita. Combatti e morirai.-

Woden mi rispose con una flebile e sinistra risata. Non sembrava molto propenso ad arrendersi.

-Scelgo la seconda Rocket.-

-Peccato. Avremmo preferito non farvi il culo.- Affermò il colonnello. -Ora scusateci, ma dobbiamo proprio andare. Le difese non si preparano da sole.-

-Come? Ve ne andate di già? Peccato. Perché io volevo invitarvi a cena. GUARDIE!!!-

Come delle saette, nella grande tenda piombarono decine di demoni armati e corazzati con il meglio che l’Orda avesse a sua disposizione. Eravamo caduti in un imboscata, ma anche noi avevamo il nostro asso nella manica da giocare.

-Uccidere dei messaggeri? Un colpo un po basso Trevor.- Affermò Baker spavaldo.

-Scusatemi, ma non posso permettere che delle celebrità come voi mi sfuggano dalle mani.- Disse Woden facendo colare del muco acido dalle sue mani. -Ora se non vi dispiace, inchinatevi, così che io possa smaltirvi nel modo più facile e indolore possibile.-

-I Fondatori non si inchineranno mai ad un tiranno.- Gli rispose Nick.

-Vieni a prenderci di persona cazzone.- Dissi un attimo prima della detonazione.

Contro ogni previsione di Woden e degli altri predoni, i nostri corpi esplosero in una tempesta di scintille. Quando il fumo si diradò tutti erano ancora vivi, ad eccezione dei tre pupbot creati da uno dei team di ricerca nel P1 e dello sfortunato eyebot. Tre robot bipedi di varie grandezze, con dei proiettori olografici che ne mascheravano l’identità proiettando i tratti dell’utilizzatore.

Prevedendo che Woden non ci avrebbe lasciato andare, avevamo pensato di usare quei fantocci robotici per ingannare lui e le sue guardie. La ciliegina sulla torta? Impostare le batterie a fissione, che alimentavano i tre pupbot e l’eyebot, per farli andare in corto circuito al momento della disconnessione. Sarebbe stato meglio metterci anche qualcosa di più potente, ma dell’uranio avrebbe fatto sicuramente squillare tutti i contatori geiger delle guardie. E poi, avremmo rischiato di uccidere il nostro informatore seduto a fianco del mutatore.

Lo scherzetto comunque ebbe l’effetto sperato, visto che Woden ruggii talmente forte da farsi sentire fino alle nostre mura.

-E adesso?- Chiese Nick uscendo dalla capsula mnemonica che comandava il suo pupbot.

-Adesso aspettiamo.- Gli rispose il colonnello.

 

 

03/02/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Fort Boise/Mensa

Ore 18:08

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Il cielo non era tanto scuro, ma le nubi radioattive celavano ancora il sole prossimo a tramontare. Dopo aver dato un ultimo saluto a Zack, Willy e Carl, io e i miei compagni ci eravamo riuniti al bancone della mensa del forte. In quell’esatto punto, poco più di tre mesi fa, avevamo festeggiato la mia nomina a Sorvegliante. E sempre in quell’esatto momento, tutto aveva avuto inizio.

-Chi mai avrebbe pensato che le cose sarebbero andate a finire così?- Si chiese Amelia.

-Se non fosse stato per le bombe, a quest’ora ce ne staremmo tornando a casa dopo il lavoro.- Feci notare.

-Se non fosse stato per le bombe, la mia mensa non sarebbe stata trasformata in una casa matta.- Aggiunse critico George, il Mr Handy addetto alle mensa.

Lui e quasi tutte le unità robotiche del bunker erano state mandate in superficie per assistere i soldati in battaglia. Anche il più insignificante eyebot ricognitore avrebbe fatto la sua parte.

Quando la porta d’entrata si aprì, Bud entro in mensa sorridente e con gli occhi rossi.

-Dunque?- Chiesi passandogli una bottiglia di birra.

-Io e mio padre abbiamo parlato. Lui e gli anziani mi hanno nominato nuovo capo.- Ci informò Bud asciugandosi una lacrima.

-Fantastico!- Si complimentò Tony.

Anche gli altri presenti nella mensa udirono l’annuncio. La notizia avrebbe fatto il giro della base in poco tempo.

-Hai visto che alla fine il vecchio ha riconosciuto il tuo valore.- Dissi battendogli il cinque. -I tuoi fratelli l’hanno presa bene?-

-Certo che si. Credimi. Quella del Capo tribù non è una posizione facile come quella di un re. Devi agire in base al volere della tua gente e rappresentarla con fierezza. Più che un’onore è un dovere.-

-Quindi da adesso possiamo chiamarti Grande Capo Bufalo d’Acciaio?- Gli chiese Nick.

-Primo. No, voi mi dovete chiamare Bud. E secondo. Grazie Nick. Se non fosse stato per te avrei fatto lo sbaglio più grande della mia vita.- Disse l’indiano alzando la sua bottiglia per brindare.

-Augh Bud!- Gli rispose Nick alzando la sua bottiglia di Nuka-Cola Wild.

-Augh è uno stereotipo che solo la mia gente può usare.- Lo informò Bud con tono freddo e sguardo minaccioso. -Vedi di non dimenticartelo.-

-Okay.- Si scusò timidamente il meccanico abbassando la bottiglia.

-Red, hai un momento?- Mi chiese il colonnello via radio. -Avrei bisogno di parlarti.-

-La raggiungo subito signore. Scusatemi, ma mi chiamano alla radio.-

-Vengo con te. Voglio ricontrollare alcune bobine di tesla.- Disse Doc seguendomi fuori.

L’aria non era più tanto fredda come un mese fa. Certo sarebbe stato meglio se il sole non fosse ancora coperto, ma finalmente la temperatura era tornata quella di prima delle bombe, e della poca neve caduta a dicembre non era rimasto neppure un rimasuglio.

-Non sei qui per le bobine? Ho controllato le trappole già quattro volte, e i tuoi sensori sono gli unici che possono tenere testa ai miei. Se sei qui è per un altro motivo.-

-Noto con piacere che la tua capacità di giudizio e il tuo intuito sono migliorati.- Si complimentò Spectrum. -Comunque si. Volevo porgerti le mie scuse Red. Per quello che ti ho fatto passare.-

-Tranquillo Doc. Lo so che non è colpa tua. Più che altro, mi dispiace per Doriane.-

-Se solo mi avesse avvisato. Mi sarei sacrificato io al posto suo.-

Il tono dello scienziato era mutato. La perdita di Doriane lo aveva colpito più di quanto avessi potuto immaginare.

-Lo so Doc. Doriane ha agito per conto suo. Non devi odiarti per essere rimasto vivo. Ancora però non capisco perché Doriane l’abbia fatto. Perché sacrificarsi così senza cercare una soluzione.-

-Negli ultimi due anni aveva iniziato a percepire dei cali di tensione nei suoi circuiti. Da come ne parlava, sentiva che prima o poi si sarebbe spenta anche lei.-

-Stava morendo.- Pensai.

-E con il poco tempo a nostra disposizione, neppure i suoi circuiti sono riusciti a trovare un’altra soluzione. Se avessimo tardato ancora di poco, dubito che il tuo Trasferimento sarebbe riuscito. Comunque, tra non molto, temo che anch’io dovrò lasciarvi.-

-Come scusa?!- Chiesi pensando di aver capito male.

-Anch’io ho usato parte della mia energia per sostenere il tuo Trasferimento. Inoltre neppure io sono più quello di un tempo. Ancora qualche anno, e di me non resterà altro che dei ricambi per eyebot.-

-Mi dispiace Doc. Veramente.-

-Disse la ragazza che si è fatta ammazzare dal robot che per mesi le ha mentito.- Scherzò Doc.

Poi il Dr Spectrum si materializzò davanti a me sotto forma di ologramma. L’ologramma di Doc mi porse la mano con un’espressione felice. Io gli risposi stringendogli la mano in segno di amicizia. Le nostre due entità si percepirono a vicenda, rendendo quella stretta di mano tra ologramma e braccio robotico identica a quella tra due persone in carne e ossa.

-Un ultima cosa Red.- Disse Spectrum un attimo prima di andarsene per la usa strada. -Che cosa ti hanno mostrato le tue visioni?-

Le visioni. Non ne avevo ancora parlato con nessuno. Fatta eccezione per Doc, nessun altro avrebbe potuto capirne l’importanza.

-Ho visto le guerre. I mostri che le avrebbero iniziate. E gli eroi che le avrebbero terminate.-

Lo scienziato non disse altro. Dopo aver annuito un paio di volte, spense il suo proiettore di ologrammi e in silenzio volò verso la pista dell'aeroporto.

Separatami da Doc, continuai a camminare verso la caserma del forte. Da li i nostri tecnici avrebbero coordinato le difese, fino alla fine della battaglia o ad una possibile ritirata strategica. Lungo il cammino incontrai Anson Bennett, l’ex meteorologo fuggito con noi da Peaceful Refuge e diventato subito dopo il nostro presentatore televisivo. Con lui c’era la sua compagna di disavventure Zoe Jankowski, soprannominatasi Zoe the Queen, e divenuta nello stesso periodo la nostra conduttrice radiofonica preferita. In quel momento stavano allestendo un piccolo studio televisivo dietro ad una barricata.

-Anson. Che ci fai da queste parti?- Gli domandai.

-Se questo sarà l’ultimo vero grande scontro dell’esercito americano, voglio registrarne ogni momento. Stiamo facendo la storia Rocket. E non sarò di certo io a farla dimenticare.-

Mentre tutti pensavano all’imminente scontro, Anson si impegnava per assicurare ai posteri una memoria di ciò che noi stavamo compiendo per salvare l’umanità. Dubitavo che tra l’Orda ci fossero dei veri reporter di guerra pronti a filmare ciò che le legioni di Woden avrebbero fatto da li a poco. Anzi, sinceramente non penso neppure che tra di loro ci fosse qualcuno in grado di scrivere.

-E tu Zoe? Anche tu sei qui per la battaglia?- Chiesi alla radiofonista.

-Battaglia? Quale battaglia? Io sono qui fuori per farmi di mentats e day tripper. Ci sono i saldi.-

Non sapevo se Zoe stesse scherzando. I medici avevano distribuito medicinali di tutti i tipi ai soldati, e qualche dose poteva essere finita in mani sbagliate. Anson però mi suggerì di lasciar perdere. Forse Zoe stava solo scherzando.

Dopo aver salutato Zoe e Anson e aver fatto loro i miei migliori auguri, incontrai anche il Dr Watson. Il cerebrobot, armato con una mitraglietta laser RCW, stava pattugliando le strade con due sentinelle robotiche. Watson si complimentò con me per le mie recenti imprese e per il mio nuovo corpo. Io lo ringraziai per l’aiuto datomi nel risolvere il caso del Gold Circle.

Poi toccò ad un gruppo di membri della Resistenza. Vollero porgermi le loro condoglianze per la perdita di mio padre. Se non fosse stato per lui, quei cinque sarebbero morti nell’edificio in cui si erano rintanati per sfuggire ad una mandria di ghoul. Non ero la sola a far vivere il ricordo di mio padre.

Giunta nei pressi di un parcheggio per i mezzi, trovai Naalnish e il suo branco riunito attorno ad un grosso falò da campo. Con loro c’erano anche il vecchio capo Brian, Marion, Russell e molti altri guerrieri della tribù. Nell’aria si respirava un’aria di festa.

-Hey, Red! Vieni a scaldarti qui con noi!- Mi chiamò Marion.

Passando in mezzo ai deathclaw non provai molto timore. Certo i loro denti sporgenti e gli artigli affilati continuavano a mettermi una certa agitazione. Ma guardandogli meglio negli occhi vidi gli sguardi di tante anime pure. Perfino Karugh non mi spaventò quando gli passai vicino. Anzi, al suo fianco trovai anche Atom. Pur essendo diventato di metallo e un tantino più grande di prima, il cane aveva mantenuto quella bizzarra amicizia con il deathclaw gigante.

Superato il cerchio di deathclaw, mi unii agli indiani radunati attorno al falò, intenti a conversare e a mangiare carne di manzo cotta sul fuoco. Alcuni stavano studiando i Pip-Boy appena ricevuti. Fu bello partecipare a quel “raduno” tra umani e bestie. Li si respirava un’aria di festa e speranza.

-Ho sentito del grande annuncio. Sono felice che lei e Bud abbiate fatto pace.- Dissi a Brian.

-In tempi come questi, uomini come Bud sono ottimi capi e grandi saggi. Negargli il suo destino, sarebbe stato anche peggio del negargli le mie scuse per essere stato cieco per così tanto tempo.-

-È stato un onore assistere alla nascita di un nuovo capo.- Disse Naalnish usando i suoi poteri psichici.

Fui lieta di scoprire che come dimostrato precedentemente con Doc, la mia nuova condizione non mi impedisse di ricevere i suoi messaggi.

-Sono felice che tu e la tua gente vi siate uniti a noi.-

-Te l’ho detto Rocket. Questa è anche la nostra guerra. Non lasceremo che l’Orda ci stermini uno alla volta nel deserto. O vinceremo insieme a voi, o moriremo insieme a voi.-

-Lo stai sentendo vero? Lui è li fuori.-

-Si. La sua mente è così potente da occultare quelle delle creature a lui vicinie. Così potente, da farsi sentire senza che io debba concentrarmi. Comincio ad essere stufo di sentire i suoi pensieri.-

-Se saremmo fortunati, tra non molto non lo sentirà più nessuno. Te lo giuro.-

-Grazie Rocket. Ciò che hai fatto e che farai, non verrà dimenticato.-

-Ciò che faremo non verrà dimenticato.- Lo corressi. -Vi ringrazio per l’ospitalità, ma devo incontrarmi con il colonnello. Buona fortuna a tutti.-

Salutati tutti i presenti e fatti i migliori auguri anche a loro, uscii fuori dal gruppo. Tornata in strada mi rimisi subito in cammino per la vecchia caserma. Baker aspettava.

-Spirit!- Mi chiamò Brian da dietro. -Un ultima cosa.-

-Dica pure.- Dissi voltandomi verso di lui.

-Tu hai visto qualcosa. Non a Oklahoma City. In un altro posto. Un posto dal quale normalmente la gente non dovrebbe far ritorno. Un posto di pura luce. Non è vero?-

Non riuscivo a crederci. Il vecchio indiano sapeva che cosa avevo visto durante il Trasferimento. Neppure i miei microprocessori riuscirono a darmi una valida spiegazione.

-Lei come fa a saperlo? Come faceva a sapere che un giorno mi sarei soprannominata Spirit?-

Brian sorrise. La mia reazione era bastata come risposta.

-Ricorda giovane guerriera. Non importa quanto vivrai. Non verrà mai il giorno in cui il mondo o le persone smetteranno di stupirti.-

Il vecchio non disse altro. Voltandosi tornò nel gruppo intorno al fuco lasciandomi sola in mezzo alla strada con una vaga sensazione di smarrimento.

Finalmente giunsi alla caserma senza incontrare altre persone desiderose di ringraziarmi per averle salvate o altro. Dovetti solo farmi largo tra qualche civile e i centoventi soldati raggruppati nella piazza d’armi tra la caserma e la cupola del P1. Loro si limitarono a dei semplice saluti militari.

Fra tutti quei volti ne riconobbi uno in particolare. La giovane prigioniera che avevo difeso alla T.O.S. da Motor-Hog stava dando una mano ad altri civili nel montare qualche barricata in più. Quando mi vide alzò la mano per salutarmi e sorrise. Io le risposi con un saluto da cowboy. Il mio nuovo vestiario da guerriera dell’ovest me lo imponeva.

Arrivata all’entra della caserma, dovetti chinarmi sulle ginocchia per poter entrare. Uno dei punti deboli del mio nuovo corpo era anche la sua stazza. Combattere negli ampi spazzi della T.O.S. era stato un gioco da ragazzi, ma muoversi in un edificio non ideato per apparire immenso o non progettato per lo spostamento di grandi masse, sarebbe stato sicuramente difficoltoso. Un astuto avversario avrebbe potuto sfruttare la cosa per sfuggirmi o intrappolarmi in un ambiente stretto.

Poggiando attentamente i piedi sui gradini della scala che portava al vecchio ufficio di Baker, salii fino ad arrivare al secondo piano della caserma. Li trovai Maria, tornata a sedersi dietro a quella che per anni, prima della Grande Guerra, era stata la sua scrivania. Lei e altri tecnici avrebbero smistato e reindirizzato i messaggi radio che ogni soldato con una radio portatile avrebbe inviato al QG. Un capo squadra che chiedeva fuco di artiglieria ad un cecchino sulle mura non era molto utile.

Nell’ufficio del colonnello erano presenti altri tecnici e soldati. Come in tutta la base e in ogni suo edificio d'altronde. Ma Baker non era li.

-Qualcuno ha visto il colonnello?- Domandai.

-È sulla terrazza.- Mi rispose un caporale.

Abbassandomi nuovamente, uscii attraverso la porta finestra che dava sul terrazzo. Li Roland Baker stava ammirando il terrificante spettacolo bioluminescente generato dalla mandria di ghoul infetti. Quella fu la prima volta che lo vidi in armatura atomica. Una vecchia T51b temprata dalle pallottole nemiche e con un lembo di nylon incastrato tra le placche della schiena. Non c’era nulla a coprirgli la testa, ma nel sottile spazio tra l’armatura e il collo potevo intravedere la tuta d’interfaccia.

-Voleva vedermi signore?-

-Si Red.-

Il colonnello non si voltò. Restò appoggiato sul corrimano di marmo con lo sguardo rivolto a sud. Quando mi avvicinai, lui appoggiò sul corrimano una piccola scatoletta. Sembrava una confezione di sigari, ma le decorazioni nel legno erano molto dettagliate e i cardini in oro erano presenti su uno dei due lati più corti.

-So che non lo farà rivivere, ma dopo aver letto il rapporto di Doc, ho ritenuto opportuno ringraziarlo alla vecchia maniera.-

Con la massima delicatezza, raccolsi la scatoletta, e usando la solida falange del mio indice destro sollevai il coperchio. Dentro, appoggiata su del velluto blu, giaceva una Medaglia d’Onore del Congresso. Sotto di essa era stata inserita una targhetta d’oro con sopra inciso: Maggiore Jacob Earp. Morto in combattimento per salvare il nostro mondo.

-Non ha ricevuto l’approvazione del Congresso, e non è stata consegnata dal Presidente. Ma come ogni più piccola cosa è stata archiviata nei nostri registi. Se qualcuno avrà qualcosa da ridire in futuro, gli basterà leggere e tapparsi la bocca. Mi dispiace Red.-

-Ciò che è accaduto non è colpa di nessuno signore. Mio padre conosceva i rischi. E io finalmente mi sento al mio posto.-

-Vedila come vuoi ragazza, ma secondo me, ti abbiamo usata.- Mi rispose schietto Baker. -Io e Doc avremmo dovuto dirtelo fin dal principio che cosa saresti diventata alla fine.-

-Ho studiato a fondo le teorie sulle linee temporali di Spectrum. Se mi aveste detto fin dal principio che per salvare tutti noi da Woden mi sarei dovuta uccidere, per poi rivivere in un robot … dubito che le cose sarebbero andate a finire nel verso giusto. Quindi per l’ultima volta colonnello, smettila di tormentarti.-

-Ah, mi dai del tu adesso? Prendere a calci tutti quei predoni ti ha trasformata in una vera guerriera senza paura.- Scherzò Baker tornando di buon umore per un breve attimo.

-Mi scusi signore, ma tutto questo melodramma ormai mi ha stancata.-

-Ora però devo chiederti un ultimo favore.-

-Dica pure signore.-

-In qualunque modo vadano le cose, al termine di questa battaglia, mi dovrai sostituire.-

-Cosa intende?- Chiesi pur già sapendo a cosa si stesse riferendo il colonnello.

-Ho un tumore. Alla colonna vertebrale.- Confessò Baker. -Doc me l’ha trovato troppo tardi. Mi resta un mese. Due o quattro se accettassi di fare le terapie.-

I miei micro processori potevano elaborare decine di possibili risposte a centinaia di quesiti in pochi secondi. In quel momento però, non erano le parole di conforto a mancarmi. Ma la forza per dirle.

-Mi dispiace signore.- Gli risposi semplicemente.

-Non fa niente. Sarei già dovuto morire un’infinità di volte in battaglia. Ho vissuto abbastanza e ho visto anche troppo. Il mio unico dubbio, è se a guidare la nostra gente, ci sarà qualcuno di abbastanza forte per farlo.-

-Qualcuno che viva abbastanza da poter vedere un mondo risorto e privo di pericoli.- Continuai intuendo dove il colonnello stesse andando a parare.

-So che ti ho già chiesto anche troppo. Ma è per questo che sei nata. È per questo che hai sacrificato tutto ciò che eri e che avevi, ad eccezione della tua anima. Tu sola potrai guidare e proteggere queste persone. Ovviamente, solo se sei disposta a farlo.-

-Lo ha detto lei stesso signore. Sono nata per questo.- Gli risposi senza esitare.

-Grazie Red. Non puoi immaginare quanto io te ne sia grato.-

-Si sbaglia colonnello. Sono io a doverle essere grata. Se non fosse stato per lei, Doc e tanti altri, adesso sarei un mucchio di cenere o nella migliore delle ipotesi un’impiegata come tante altre.-

-Beh, desso non esagerare. Da ora comunque, credo che questa ti apparterrà fino alla fine dei tempi.- Affermò il colonnello offrendomi un disco metallico poco più grande di un piatto da tavola.

Era una stella d’acciaio circondata da un cerchio sempre d’acciaio. Lungo al cerchio era stato inciso: Sorvegliante di Beacon City.

-Conoscendo la passione di famiglia, avevo pensato di farti un ultimo regalo personale.-

-Grazie signore. Questa la porterò anche oltre la fine dei tempi.- Affermai agganciandomela ad uno dei buchi per i bottoni dello spolverino. -Grazie colonnello.-

-Forza ora. Andiamo a fare quello che forse sarà l’ultimo ammaina.-

-Se permette, io uso la scorciatoia.- Dissi un istante prima di saltare giù dalla terrazza e atterrare sull’asfalto.

Gli ammortizzatori delle mie gambe attutirono notevolmente l’impatto. Praticamente fu come se un rinoceronte fosse atterrato imitando gli stessi movimenti di un ballerino.

Subito dopo anche Baker saltò giù dal terrazzo. Con la sua armatura il colonnello effettuò un atterraggio un po' più goffo, ma i servomotori della sua armatura riuscirono comunque a non farlo cadere a terra.

-Dannazione! Anni fa sarei riuscito a farlo con un’arma pesante in mano e senza vacillare.- Si rimprovererò il colonnello.

-Forza signore. La guerra non è ancora finita.-

Camminando al fianco del colonnello, aggirai la caserma e tornai nella piazza. Wright attendeva insieme ad altri cento soldati gli ordini di Baker. Il tenente si era procurato una di quelle armature X-01 che per l’occasione era stato deciso di togliere dalla naftalina.

-Abito nuova tenente?- Scherzai.

-Di pura sartoria americana.- Mi rispose Wright. -Quando vuole signore.-

-Molto bene. Procediamo allora.- Ordinò il colonnello.

-SOLDATI … IN RIGA!- Urlò Wright da dentro l’armatura. -AVANTI MASTINI DELLA GUERRA! NON ABBIAMO TUTTA LA SERATA! FORZA IN RIGA!-

Come i veri soldati che erano, tutti gli uomini e le donne presenti nella piazza d’armi formarono delle file ordinate rivolte all’asta sulla quale ogni giorno, dall’alba al tramonto, la bandiera a tredici stelle aveva sventolato. Io e Baker ci posizionammo li vicino, come da protocollo.

Un gruppo di cinque uomini selezionati per l’occasione marciò davanti ai soldati schierati fino all’asta. Ognuno di essi rappresentava uno dei sei reparti delle forze armate statunitensi assegnati a Fort Boise prima della Grande Guerra. Esercito, Corpo dei Marine, Guardia Nazionale, Divisione Robotica, Corpo degli Ingegneri e Forze Aeree.

Giunti a destinazione due di loro fecero scendere lentamente la bandiera, mentre gli altri quattro la recuperarono senza farle toccare l’asfalto sottostante. Dopo averla ripiegata, i soldati lasciarono il posto al colonnello tornando alla loro posizione iniziale.

-Soldati! Come molti di voi avranno già notato, questa non è una normale situazione. Da un momento all’altro il nemico potrebbe dare inizio ad un massiccio attacco, al quale forse noi potremmo non sopravvivere.-

Il colonnello non ci girò in torno. Tutti sapevano qual’era la nostra situazione.

-Per l’occasione, abbiamo pensato che se le legioni demoniache dell’Orda vogliono mettersi contro di noi, allora noi li accoglieremo in grande stile.-

Poi il colonnello fece cenno ai sei soldati che poco prima avevano ammainato la bandiera degli Stati Uniti. Loro tornarono marciando all’asta con un’altra bandiera. Quando la bandiera venne agganciata e iniziò a salire, tutti i presenti, me compresa, videro quello che da quel giorno sarebbe stato il nostro simbolo ufficiale. La bandiera era quella che Baker aveva appeso nel suo ufficio. La riconobbi dalla tela consumata e sgualcita. Ciò che la rendeva diversa dalle altre però, era la sua grande stella. Come promesso da Doc, il suo staff aveva provveduto a ripararla dopo che Otis Doyle si era dilettato sfregiandola con un paio di forbici per conto di Foster. Le strisce bianche e rosse sul lato destro erano state ricucite e il cerchio dalle dodici stelle con una più grande al centro, che raffiguravano i tredici commonwealth, era stato sostituito con un’unica grande stella bianca.

-Una stella. Una sola stella per noi che da soli, isolati e senza rinforzi, affronteremo un così terribile nemico.-

Tutti i soldati restarono a guardare quella nuova bandiera. Alcuni ne trassero coraggio. Altri non ci videro nulla di speciale. Mi sembrava strano che il colonnello non avesse detto altro. Con la sua esperienza avrebbe dovuto preparasi qualcosa di più … ispirante.

-Gran bel modo per morire.- Ironizzò a bassa voce un soldato in prima fila.

Era un membro della guardia nazionale. Non uno di quelli unitisi alla resistenza di Oklahoma City, ma uno del reparto originario di Boise. Il suo non era disfattismo, ma semplice spavalderia. Ciò però non fu un beneficio per il morale degli altri.

-Morire?! Tu credi che noi tutti stiamo per morire?!- Gli chiesi a gran voce.

-Ehm, no. È solo che loro sono tanti e noi … beh noi siamo pochi.- Si giustificò.

-Meglio vi dico io! Così ci sarà più gloria per noi quando alla fine resteremo in piedi per ultimi sul campo di battaglia. Ma non è per la gloria che ci siamo riuniti qui in questa fredda notte, dietro a queste mura, circondati dall’oscurità, che come un’entità cosciente ci ha avvolti nel suo manto di tenebre per divorarci un pezzo alla volta.- La mia improvvisazione aveva catturato l’attenzione di tutti, ma io volevo che altrettanti mi sentissero, e con l’ausilio del mio sistema di comunicazione ad onde corte iniziai a trasmettere su tutte le frequenze radio possibili. -Laggiù, ai confini di ciò che della nostra civiltà rimane, un mostro si prepara ad assalirci, con un esercito di sopravvissuti disperati, predoni selvaggi, mercenari senza scrupoli e mutanti nati a causa dei nostri errori. Lo so che avete paura. È normale. Anch’io ho paura. Non per me stessa, ma per il destino del mondo. Se l’Orda trionferà, non si fermerà soltanto a noi. Come sciami di locuste, le legioni demoniache conquisteranno ogni cosa. Prima toccherà all’intero Oklahoma. Poi al nostro commonwealth, agli Stati Uniti e al continente. Un giorno l’egemonia di Woden potrebbe estendersi perfino al mondo intero. Molti di voi crederanno che una cosa simile sia impossibile, ma senza più alcuno ostacolo, l’Orda avrà campo libero e nessuno riuscirà a fermarla prima che diventi inarrestabile. È per questo che noi siamo qui. Per fermare quei vermi e ricordare a tutti che gli eroi non si sono ancora estinti.-

-Si!-

-Parole sante!-

-Che si fottano quei predoni!-

Finalmente i soldati cominciavano a farsi grintosi. Nei loro occhi vedevo un mix di grinta e coraggio. E in più, il mio rilevatore di onde radio mi stava informando che tutti i ricevitori attivi nel forte e nel P1 stavano ricevendo il mio messaggio. Le radio civili, i robot, i Pip-Boy. Tutti quanti mi stavano sentendo. Perfino una decina di ricevitori nell’accampamento dell’Orda.

-Ogni singolo uomo, donna e bambino sparso su questa terra devastata dalle atomiche sta lottando per sopravvivere contro mutanti, radiazioni e criminali di ogni tipo. Anche se ignorano la nostra esistenza e quella del pericolo che incombe su tutti, le loro vite dipendono da noi. Da tutti noi!-

-Li annienteremo!-

-Ha ragione Sorvegliante!-

-Soldati delle Forze Armate degli Stati Uniti d’America, Fondatori di Beacon City, guardiani dell’ultimo angolo di vera civiltà su questa terra di libertà, combattete, ora uniti più che mai, e incidete i vostri nomi nella storia!-

-SIII!-

-URRÀ!!!-

-DISTRUGGIAMOLI!!!-

Quella che in principio era una semplice adunata per l’ammaina bandiera, era divenuta una gloriosa chiamata per veri patrioti pronti a dare tutto pur di salvare il futuro dell’America e del mondo.

Il fragore delle truppe ebbe fine solo quando una grande luce arancione proveniente da ovest iniziò ad illuminare gradualmente la piazza e gli edifici circostanti. Voltandomi a guardare, vidi che le nuvole nere avevano iniziato a dividersi, lasciando posto ad un bellissimo tramonto che da tempo nessuno di noi aveva più visto.

Sarà stato per un atto divino, oppure per la distruzione delle antenne per il controllo meteorologico sulla T.O.S., ma finalmente tutti videro il primo vero tramonto dell’anno duemilasettantotto. Restammo incantati nel vedere le nuvole lasciare finalmente il posto al sole e la sua luce illuminare di nuovo la terra. Perfino i predoni dell’Orda dovevano essere in grado di vederlo dalla loro posizione. Ma come la storia ci insegna, i momenti di pace, sono sempre interrotti dalla guerra.

-A tutte le unità, il nemico sta iniziando a muoversi. Ripeto, il nemico sta iniziando a muoversi.- Annunciò una donna agli altoparlanti con le sirene in sottofondo. -Tutte le unità devono recarsi alle posizioni assegnate.-

-AVANTI RAGAZZI!!!- Urlò il tenente Wright impugnando il suo fucile al plasma e facendo segno di scattare.

Senza perdere altro tempo i soldati sciolsero la formazione. La maggior parte di loro si diresse alle mura sud, mentre gli altri si dispersero per le varie vie della base. Pochi rimasero a difendere il RAD-SHIELD e le fortificazioni del P1, ultima linea difensiva in caso di ritirata.

Intanto io, Wright e Baker ci eravamo aggregati al gruppo diretto al Gate1. Li avremmo combattuto insieme agli altri migliori combattenti del nostro esercito.

-Beh Red. Ora hai superato anche l’ultimo test.- Mi informò il colonnello.

-Cioè?- Gli domandai impugnando l’Ares.

-Leadership e grandi capacità oratorie. Ora si che te la sei meritata quella stella.-

-Grazie signore.- Gli risposi esaltata ancor più di prima.

-Scusatemi ma abbiamo dei predoni da andare ad uccidere.- Si intromise Wright.

-Che c’è tenente? Volevi anche te una stella da sceriffo?- Gli chiesi.

-Ed essere costretto a stare in prima fila contro un’intera armata di mostri? Ah, no grazie!-

-Attività nemica confermata. L’Orda sta per colpire.-

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Capitolo 26
*** La Battaglia dell'Oklahoma ***


La Battaglia per l’Oklahoma

Vittoria o estinzione.

 

 

03/02/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Fort Beacon/Gate1

Ore 18:47

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

-IN POSIZIONE!!!- Sbraitarono i capi squadra.

-PREPARARSI ALL’ASSALTO NEMICO!- Urlò il tenete Wright. -ARMI CARICHE E MUNIZIONI A PORTATA DI MANO! E TENETE GIÙ LA TESTA!-

L’ora era finalmente giunta. Mentre noi iniziavamo a riempire la trincea e a rafforzare le difese sulle mura, i predoni dell’Orda terminarono i preparativi per il loro assalto. A causa del polverone ci era impossibile capirne gli esatti movimenti, ma una cosa era chiara. Ce n’erano a non finire.

-SIETE PRONTI RAGAZZI!?- Chiese Reed con grinta.

-HOORAH!!!- Gli risposero i suoi compagni Marine.

-RICORDATE FRATELLI E SORELLE! NON C’È NULLA DI PIÙ CONVINCENTE DELLA CODA DI UN SERPENTE A SONAGLI!- Urlò Bud ai guerrieri della tribù.

-Qui V1.Flotta aerea pronta.- Annunciò Isaac via radio. -Facciamogli temere i celi gente.-

-Sopra a tutto!- Gli riposero gli altri piloti alla radio.

-Corazzati in posizione dietro ad ogni entrata. Pronti e in attesa di ordini.- Ci informò il comandante dei corazzati.

-Deathclaw in attesa di ordini. Siamo con voi Fondatori.- Affermò Naalnish.

-Difese automatiche e unità robotiche operative. Tutto il personale non assegnato alla superficie deve raggiungere il P1 prima della chiusura del Blocco.- Disse Maria agli altoparlanti.

-Colpo in canna e occhi aperti. Avete capito tutti?- Chiese il colonnello controllando il caricatore del suo fucile gauss

-HOOAH!- Gli riposero tutti i soldati.

In quel momento arrivarono anche i miei compagni. Doc era perfino entrato in un’apophis.

-SQUADRA VAULT PRONTA ALL’AZIONE!- Esultò Nick attivando il jetpack della sua esotuta.

-Toccava a me dirlo Nick.- Gli feci notare.

-Oh, ehm. Scusa Red.-

Quando tutti furono al loro posto, l’intero forte piombò nel silenzio totale. Solo il frastuono del nemico in lontananza riusciva a sovrastare l’ululato del vento.

Prima di rintanarmi insieme agli altri, uscii un attimo per dare un’occhiata con uno speciale binocolo elettronico fornitomi dal Dr Spectrum. Dietro di me, un soldato raccolse un’oncia della sabbia smossa dai miei grossi scarponi. Dopo averla assaggiata con la punta della lingua, ne sputò i granelli.

-Fallout.- Affermò disgustato.

-Beh? Che ti aspettavi?- Gli chiese l’indiano al suo fianco.

Dopo un’ultima breve occhiata, ebbi la certezza che il nemico stava per attaccare. Le nuvole di sabbia sollevata dal nemico stavano iniziando a diminuire, lasciando posto ai primi assaltatori.

-Arrivano.- Dissi rientrando in trincea e agganciando il binocolo alla parte posteriore del cinturone.

In realtà ci misero altri due minuti, ma dopo una lunga ed interminabile attesa fummo finalmente in grado di udire le urla dei devoti.

Il crepuscolo stava cominciando ad oscurare la terra di nessuno che ci divideva dall’Orda, ma la poca luce residua ci permise comunque di avere una ben chiara visione della prima ondata. Centinaia di devoti si stavano avvicinando in formazione verso di noi. Era un’unica grande armata che in linea di massima riusciva a mantenere i ranghi serrati. Sembrava di essere capitati in uno di quei film sull’antica Roma. Solo che nel nostro caso erano i barbari a formare la “testuggine”. Tanto grande quanto priva di vere difese efficaci.

-Ma che cazzo fanno?- Chiese Tony. -Avanzano così senza neppure la copertura dei carri?-

-Ascoltate tutti. Chi ha armi ad energia collegate alla rete principale si tenga pronto. Tutti gli altri, devono trattenete il fuoco. Ripeto, devono trattenere il fuoco.- Ordinò Baker per radio.

-Cosa vuole fare signore?- Chiesi al colonnello.

-Novembre del millenovecentoquarantatré, battaglia di Tarawa. I giapponesi contrattaccarono l’avanzata dei nostri marine con feroci assalti corpo a corpo per tre giorni. Ma prima di ogni grande azione mandavano dieci o venti esploratori a morire per scoprire le posizioni dei marine e i loro armamenti. Quei poveri idioti sono la stessa cosa. Quindi evitiamo di consumare munizioni e di svelare tutte le nostre carte alla prima mano.-

Il colonnello era ancora una volta un passo avanti a tutti. Leggere qualche libro di storia non avrebbe fatto tanto male neppure a me e ai miei microprocessori secondari.

Nel frattempo i devoti avevano iniziato ad aumentare il passo, fino a che, arrivati a poco meno di trecento metri da noi, non decisero di sciogliere la formazione e passare ad un assalto disordinato.

-Non sprecate munizioni. Lasciateli a chi è collegato alla rete.- Ribadì il colonnello via radio.

Per essere sicuri che Atom non si mettesse a sparare con la sua arma laser, Nick aprì gli interruttori di sicurezza sulla schiena. Il cane non sembrò contento, ma la dolce Trinity riuscì a tenerlo buono.

-Colonnello Baker. Hanno solo armi di fortuna e artigianali. Alcuni non hanno neppure corazze protettive.- Disse uno degli osservatori sulle mura alla radio.

-Come volevasi dimostrare. Fuoco al mio ordine.-

Le pesanti e minacciose armi ad energia posizionate sulle mura, sui bastioni e lungo la trincea iniziarono a caricare le loro bobine e i loro accumulatori di energia, mentre noi altro aspettammo a testa bassa e i predoni avanzarono incuranti del pericolo.

-Fuoco.- Ordinò Baker.

Laser e fulmini sfrecciarono come saette divine sul campo di battaglia. Ogni volta che un colpo centrava il bersaglio, cinque, dieci, venti predoni venivano vaporizzati all'istante. E altrettanti predoni restavano scoraggiati nel vedere qual’era la reale potenza dei Fondatori.

Il primo scontro a fuoco di quella lunga notte fu più simile ai fuochi d’artificio del quattro luglio. Dopo un solo minuto non c’era più nessuno che teneva giù la testa. Tutti volevano gustarsi quella sublime visone. Io fui quasi tentata di mettermi a sparare con l’Ares, visto che l’arma era alimentata dal mio stesso nucleo e non da munizioni esterne. Ma una simile azione avrebbe potuto scatenare una reazione a catena di spari, cioè l’esatto opposto di quello che il colonnello aveva ordinato. Quindi preferii restarmene a guardare quello spettacolo di luci ed esplosioni.

La grande formazione si era divisa in vari piccoli gruppi. Questi, pur avendo rallentato la marcia, non smisero di avanzare verso di noi. Mi chiedevo cosa gli spingesse a farlo. Fede? Paura?

-Cannonieri. Non lasciateli fuggire nei campi minati. Raggruppateli al centro e poi finiteli.- Continuò Baker.

La tattica del colonnello stava dando i suoi frutti. Invece di lasciare che i devoti se la svignassero attraverso i campi minati ai loro lati, riducendo così il numero di mine, i cannonieri crearono due fuochi di sbarramento che li costrinsero a tornare dritti davanti a noi.

Pur avendo già perso metà dei loro compagni, i devoti non smisero di avanzare. Dovevano essere veramente pazzi per tentare quell'inutile assalto. O disperati.

-Tiratori scelti. Falciate i solitari. Cannonieri. Annientateli.-

Avvertii un brivido percorrermi la rete di microsensori che mi copriva la schiena quando gli ultimi quattrocento devoti vennero colpiti. Quei poveracci non ebbero alcuna speranza quando le nostre armi investirono la loro ultima formazione. Fu come sparare a dei pesci in un barile.

-Cadono come mosche.-

-Questa cosa del V.A.T.S. è davvero incredibile.-

I cecchini sulle mura stavano sperimentando per la prima volta il Sistema di Puntamento Automatico della Vault-Tec. Già per esperienza personale sapevo che la prima volta poteva dare una vaga sensazione di esaltante potere.

-Non dimenticatevi che il V.A.T.S. consuma le vostre energie.- Gli ricordai. -Usatelo con parsimonia.-

-Ricevuto.- Mi risposero i cecchini.

A soli undici minuti dallo scoppio del primo colpo, la prima ondata era stata sterminata. I devoti che erano riusciti ad avvicinarsi di più alle nostre mura erano stati freddati dai cecchini. Gli altri invece, o erano i pochi ad essere riusciti a tornare indietro, o erano i tanti ad essere diventati un tutt’uno con il pulviscolo del deserto.

L’ardore generato da quella nostra prima vittoria fu un tocca sana per il morale. Avevamo appena inflitto delle pesanti perdite al nemico senza neppure avere una sola vittima. Quasi non riuscivo a crederci. Tutti avevano iniziato ad urlare e a scherzare, come se quella battaglia fosse già finita, ma Baker rimase serio. Lui più di tutti sapeva che quella prima e breve schermaglia non era stata altro che la mossa iniziale del nostro nemico.

-Tenente. Mi serve un rapporto da tutte le entrate.- Ordinò Baker quando la trincea tornò in silenzio.

-Ricevuto signore. Gate2, Gate3 e Gate4 a rapporto. Avete … signore?-

Wright indicò il cielo ormai diventato buio con l’indice meccanico della sua armatura atomica. Quando ci voltammo a guardare, vedemmo una scia luminosa. Come una stella cadente in procinto di atterrare … su di noi.

-TUTTI AL RIPARO!!!- Urlò Baker.

Subito tutti si rintanarono dentro alla trincea con la testa bassa. Io però continuai a guardare quella cosa cadere. Non per spavalderia, ma semplicemente perché non riuscivo ad identificarla. Nei miei microprocessori secondari erano state memorizzata le immagini delle più svariate armi e munizioni. Comprese quelle dell’artiglieria o dei razzi a media gittata. Ma quella cosa mi era del tutto nuova.

Quando raggiunse il suolo ebbi la conferma che non si trattava di un proiettile di artiglieria convenzionale. Un ghoul infetto si era appena spiaccicato sull’asfalto della vecchia strada per Boise. Una decina di metri più in avanti e avrebbe centrato la trincea.

-E quello cosa sarebbe?- Chiese Lootah via radio.

Rialzando la testa, tutti videro quella poltiglia gialla bollente sciogliere l’asfalto fino ad esaurire il suo effetto corrosivo.

-Non mi sembra molto salutare.- Affermò Nick.

-Fate attenzione! Se quella roba vi tocca verrete infettati!- Ci avvisò il Dr Spectrum con il tono di voce amplificato dall’interfono dell’armatura Apophis.

-Sul serio?!- Gli chiese qualcuno per radio.

-Beh, sempre che prima non vi sciolga.-

-IN ARRIVO!!!- Urlò un marine alla mia destra.

Altri tre ghoul volarono verso di noi, e come quello di prima finirono con lo schiantarsi e morire. Uno di loro però colpì le nostre mura e il suo sangue acido schizzò dentro alla trincea. Un geniere che aveva trovato riparo dietro ad un pallet di scorte mediche vicino alle mura si ritrovò un litro di quella roba sulla schiena. Il soldato si dimenò urlando per cinque secondi prima di cadere a terra privo di sensi e lasciando tutti inorriditi.

Prima ancora che qualcuno chiamasse una barella però, il soldato iniziò a muoversi. E quando questo si erse goffamente in piedi, tutti videro gli effetti di quella sostanza.

Pupille e iridi bioluminescenti. Temperatura corporea sopra i novanta gradi. Saliva infetta. Totale assenza di percezione del dolore. E un considerevole aumento dell’aggressività.

-UMANI!-

Il soldato impugnò con il braccio sinistro il suo fucile d’assalto R91, e pur non avendo la mano ferma, riuscii a sollevarlo almeno fino alla vita. Se Baker non gli avesse distrutto la testa con una breve e precisa raffica di mitra, qualcun altro dei nostri sarebbe sicuramente morto.

-CHE FATE LI IMPALATI!? STATE ATTENTI!!!- Ordinò il colonnello.

-Signore! Stanno usando delle specie di catapulte! Ne contiamo almeno tre da qua su!- Lo informò uno dei tiratori scelti sul bastione di sudest.

-Vedete anche altro?-

-No. Le tende coprono quasi tutto. Ma hanno spostato qualcosa lungo il loro perimetro.- Il cecchino venne interrotto per un istante da dei boati in lontananza. -Un momento … STANNO SPARANDO!-

I fischi sopra alle nostre teste ci spinsero a trovare nuovamente riparo dentro alla trincea. Quelli che seguirono però, non furono ghoul infetti. Ma colpi d’artiglieria di diverso calibro a lunga gittata.

Tre caddero nei pressi della nostra trincea, facendo tremare la terra, ma senza causare vittime. Uno colpì invece le mura nei pressi del Gate1. Anche questo non causò vittime, ma il cemento armato del muro ne risentì. Il colpo peggiore fu invece quello che superò le mura. Un proiettile ad alto potenziale distrusse l’ospedale da campo montato appena dietro le mura alle mie spalle.

-OH CAZZO! Hanno colpito le tende dell'ospedale!- Disse qualcuno alla radio.

-Anche la postazione d’artiglieria. La centralina di comando è andata.- Ci informò Doc.

-Fate venire i pompieri e altri medici! Qui abbiamo almeno tre morti e due feriti!-

-Spegnete le luci! Se non siete nelle vicinanze e non siete soccorritori restate nei vostri rifugi!- Ordinò Baker. -Doc! Quant’è grave?!-

-Senza la centralina il sistema va in blocco automaticamente. Mi servirà un’ora per far tornare operativo il sistema di puntamento e ricalibrare le armi.-

-Ti d’ho mezza. Red! Non possiamo attendere la prossima ondata in queste condizioni. Dobbiamo far tacere la loro artiglieria e quelle cazzo di catapulte. Te la senti di fare una sortita?-

-SI SIGNORE!-

 

 

Woden si stava gustando la scena dal suo trono posto sul palco montato per l’occasione dietro al loro perimetro difensivo. Mentre i devoti addetti ai cannoni caricavano la quarta salva di colpi, lo splendente ammirava la devastazione causata da quelle potenti armi assaporando pezzo dopo pezzo il devoto, che dopo essere riuscito a ritirarsi dal campo di battaglia insieme agli altri pochi superstiti della prima ondata, egli aveva graziato dalla terribile agonia causata dalla perdita del suo braccio sinistro. Anche gli altri suoi compagni non se la sarebbero cavata facilmente. Woden aveva incaricato il Gran Dragone Garth di punirne la metà per ricordare a tutti il prezzo del fallimento.

Nonostante il primo attacco fosse stato totalmente controproducente, il bombardamento da poco iniziato aveva fatto rialzare il morale dei predoni. E creato anche un po di pubblico nei pressi della prima linea a nord del campo.

-Comandante Long. Vi sarei grato se accorciaste il tiro.- Disse Woden al comandante della Legione Devastatrice.

-Signore?-

-Quel forte dovrà essere ancora in piedi quando lo conquisteremo. Colpite solo la trincea.-

-Ma signore, in questo modo non otterremo l’effetto sperato. Il forte sarà pieno di soldati e …-

A Woden non piacquero le obbiezioni del comandante. Per farglielo capire sprigionò una discreta quantità di acido dalla mano in cui teneva i resti del suo pasto.

Quando il comandante vide la carne liquefatta scivolare dalle dita del mutatore sotto forma di fanghiglia, ordinò subito ai suoi uomini di modificare le traiettorie.

Nolan assistette in silenzio per tutto il tempo. Se prima della sua promozione i suoi compagni lo infastidivano, dopo avevano iniziato a disgustarlo. Il comandante della Legione Devastatrice? Un tizio preso a caso che prima della Grande Guerra apparteneva ad una divisione di artiglieria distaccata in Oklahoma. La gloriosa Legione Devastatrice? Quattro obici da 105mm arrugginiti e uno da 150mm con il sistema di caricamento automatico guasto. Ecco cos’era diventata l’Orda. Un esercito di soldati falliti e sopravvissuti senza speranza guidati dal maestro dell’assoggettamento.

Quando la prima ondata era fallita e i devoti ancora vivi avevano fatto ritorno, Nolan si era convinto che i demoni e gli apostoli avrebbero aperto gli occhi e si sarebbero opposti a quella pazzia. Ma ciò non accadde. Woden era deciso ad andare fino in fondo e nessuno aveva il coraggio di sfidare la sua ira, o l’oceano di ghoul infetti che si era portato dietro.

-Comandante Nolan.- Disse un demone porgendo a Nolan un portablocco con dei fogli.

-Lord Woden. Tutti i demoni assegnati alla seconda ondata si stanno preparando.-

Nolan stava mentendo. Come nuovo comandante della Legione dell’Ordine era suo dovere assicurarsi che tutti eseguissero gli ordini. Ma alle spalle del suo leader, stava in realtà organizzando un complotto per salvare quante più persone possibili. Selezionando accuratamente i predoni che come lui avevano aperto gli occhi, aveva creato una sua piccola fazione segreta all’interno dell’Orda che al momento giusta avrebbe abbandonato Woden e tutti i suoi seguaci.

Il demone che aveva scritto e poi consegnato quel falso rapporto ne faceva parte. La sua partecipazione permise a Nolan di non informare Woden dei piccoli gruppi di disertori nascosti in varie parti dell’accampamento.

-Abbiamo però rilevato un certo malumore tra le truppe.- Continuò Nolan. -Girano voci sulle armi che i Fondatori tengono nascoste. Armi devastanti. Alcuni credono perfino che Rocket Earp, lo Sceriffo Rosso, sia la reincarnazione di Davy Crockett. Altri che discenda da Wyatt Earp.-

Su questo Nolan non mentiva. Le mie gesta avevano preso il sopravvento sulle menti dei predoni.

-Blasfemia! Fate in modo che questi discorsi abbiano fine.- Ordinò Woden seccato.

-Io e la mia legione abbiamo compiuto ciò che avevate chiesto Lord Woden.- Affermo Garth salendo sul palco di Woden con la falce e la tunica nera ancora grondanti sangue. -Ne abbiamo lasciati in vita venticinque.-

-Venticinque?! Lord Woden aveva ordinato la metà di quelli che avevano fatto ritorno!- Protestò infuriato Nolan.

-E così abbiamo fatto. Poi abbiamo liberato dalle loro sofferenze anche i feriti e i negri dell’altra metà.- Gli rispose Garth con tono beffardo.

-Ma cosa … ?- Gli chiese Nolan senza trovare le parole giuste. -SEI UN PAZZO! LURIDO …!-

-Su via comandante Nolan. Garth ha agito nel bene di tutti noi. Uccidere quei feriti è stato un atto di nobiltà. E poi un paio di negri in meno significa più spazio per i puri nell’Eden che verrà.-

Nolan dovette calmarsi. Avrebbe voluto strangolare quel bastardo incappucciato di Garth, ma ferire o uccidere un suo pari davanti a Woden in persona gli avrebbe assicurato la pena capitale.

-Ora che ci penso … avrei giurato di vedere dei codardi nascondersi ai margini del campo.- Disse Garth a bassa voce fissando Nolan con sospetto.

Udendo quelle parole Nolan si pietrificò. Se la sua pelle da ghoul non fosse stata segnata dalle radiazioni, sarebbe impallidito istantaneamente.

-Molti erano demoni della Legione dell’Ordine. Con la vostra uniforme della guardia nazionale.-

-Cosa state confabulando voi due?- Domandò Woden continuando ad ammirare le difese nemiche in rovina.

-STANNO AVANZANDO!- Urlò uno degli osservatori appollaiati sui pali. -SEI ARMATURE ATOMICHE STANNO AVANZANDO VERSO DI NOI INSIEME A SPIRIT!-

L’attenzione di tutti si spostò sul campo di battaglia. Più nello specifico davanti al Gate1. Io e altri sei soldati addestrati all’utilizzo delle esotute atomiche, tra cui Nick, stavamo avanzando in tutta calma verso l’Orda. Incuranti del bombardamento in atto e dei predoni a guardia del perimetro.

-PREPARATEVI AD UCCIDERE FIGLI MIEI!!!- Tuonò Woden. -COMANDANTE QUANTRILL! METTA I SUOI UOMINI AL LAVORO!-

William Clarke Quantrill. Il comandante della Legione dei Fucilieri. Tra tutti gli apostoli, era il più fiero e narcisista sacco di letame. Un suprematista mentecatto che Woden aveva accolto nell’Orda per il suo culto malato della razza bianca e della Guerra di Secessione. Divenuto un predone cambio la sua identità con quella di un generale confederato famoso per i suoi crimini e iniziò a vestire una replica della sua uniforme suddista. Il suo odio per le altre razze era pari a quello di Garth, con il quale però non andava sempre d’accordo. Garth i neri li voleva vedere morti. Lui invece li voleva vedere di nuovo in schiavitù.

-Fucilieri alle difese! Caricate i 50mm perforanti! Quella yankee di ferro la voglio vedere ridotta ad un colabrodo!-

Ubbidendo al suo padrone, Quantrill iniziò a spostare i suoi sessanta uomini dietro alla sottile linea di barricate montate con i rottami per difendere l’accampamento. Escludendo un attacco da parte dei Fondatori, queste non furono costruite con molta cura. Ma tanto, a cosa serviva rafforzare gli scudi quando le lance erano più lunghe di quelle nemiche. I fucili antimateria dati in dotazione agli uomini di Quantrill, uniti ai carri della Legione d’Acciaio e all’artiglieria della Legione Devastatrice avrebbero eliminato qualsiasi unità nemica. Quindi, secondo Woden e i suoi predoni, non c’era nulla da temere. Perfino la mia presenza non sembrò intimorirli. Le decine di blindati parcheggiati dietro alle barricate in preparazione alla seconda ondata mi avrebbero sicuramente fatta a pezzi.

-Comandante Long! Ammorbidisca per bene quei sette pagliacci! Le d’ho carta bianca.-

-Si Lord Woden. Uomini! Caricate le granate anticarro! Alzate di quindici gradi!- Poi Long attese che il nostro gruppo facesse ancora qualche passo verso di loro. -FUOCO!!!-

I proiettili ci misero sedici secondi a raggiungerci. Noi però, gli Arcangeli, udendo un fischio meno acuto rispetto ai precedenti non ci separammo. E come previsto nessuno degli ordigni ci colpì. Solo l’onda d’urto del 150mm ci fece vibrare le corazze, ma noi continuammo ad avanzare senza esitare.

-Hai paura?- Chiesi a Nick al mio fianco.

-Si.- Mi rispose tranquillamente il meccanico dentro alla sua esotuta personalizzata. -E tu?-

-Abbastanza.-

Non c’era alcuna vergogna ad ammetterlo. Quello che stavamo per fare era uno degli azzardi più grandi nella storia delle sortite. Un solo sbaglio e ci avremmo rimesso tutto.

-Tutte le unità riferiscano.- Ordinai attraverso il nostro canale radio.

-Rosso quattro sono pronto.-

-Rosso tre sono pronto.-

-Rosso cinque sono pronto.-

-Rosso due sono pronta.-

-Corvo Rosso pronto.-

-Rosso … MechaNick pronto.-

-Sceriffo Rosso pronta. Okay ragazzi, entriamo in azione. Restate compatti e preparatevi a buscarle di brutto. Tenete le orecchie ben aperte e il sangue freddo. Se perderete la calma il piano fallirà e se non scatterete al momento giusto vi farete uccidere. Ponti con i jetpack! Tre … due … uno … accensione!-

I sei jetpack e il mio CTS si accesero in contemporanea, facendoci sollevare tutti quanti da terra di almeno un metro.

-Okay. Procediamo con il volo stazionario. Lentamente.-

Senza alzarci ulteriormente, io e gli Arcangeli procedemmo tranquillamente a cinque miglia orarie. Come se fossimo a spasso nel parco. Ad un’altitudine così bassa e con quella temperatura i consumi energetici erano molto bassi.

Fatti i primi cento metri cominciai ad essere un pochino più tesa di prima. I predoni in lontananza si stavano appostando e come previsto non avevano ancora aperto il fuoco. Per loro era meglio averci vicini. Ma la loro artiglieria avrebbe dovuto colpirci fin da subito e poi continuare. Eppure la seconda salva non si faceva sentire. Che stessero aspettando qualcosa?

I miei timori cessarono quando udii i potenti spari quasi simultanei. Il ritardo poteva essere dovuto a degli artiglieri mal addestrati al caricamento e al puntamento sotto stress.

-Aumentiamo i giri.- Ordinai.

Come in una perfetta coreografia, tutti i membri dello squadrone aumentarono la loro velocità. Ciò ci permise di superare l’area di impatto delle bombe con un anticipo di sette secondi. Gli artiglieri dell’Orda erano degli incapaci.

Giunti a due miglia di distanza dall’Orda, i miei ricevitori iniziarono a captare le comunicazioni che i predoni si scambiavano tra di loro tramite delle radio ad onde corte identiche alle nostre. E cosa più importante, i miei visori avevano già messo a fuoco il comandate dei fucilieri.

-Buone notizie. Vedo Quantrill e lo sento parlare alla radio. È lui che gestisce le difese. A quanto pare sta ordinando un fuoco simultaneo. Se è così allora abbiamo buone possibilità di farcela.-

-Sempre che uno dei suoi non si faccia prendere dall'emozione e spari prima.- Disse Rosso tre.

-Qualche ripensamento Rosso tre?- Gli chiese Rosso due.

-No, ma preferirei non passare da vivo a poltiglia in un battibaleno.-

-Restate concentrati e calmi.- Gli ordinai.

-Non mi ripeterò un’altra volta. Eccetto la Legione Devastatrice, tutti gli altri spareranno al mio segnale. Gruppo uno e quattro mirate ai soldati. Gli altri mirino a Spirit. Vale anche per voi Legione d’Acciaio. Chiaro tenente Marshall?-

-Affermativo. Nessuno dei miei sparerà senza il suo segnale.-

Quando vidi gli APC e gli altri corazzati dell’Orda ruotare le loro torrette verso di noi ebbi di nuovo la sensazione di un brivido. Il nostro contrattacco fu tempestivo visto che Woden si stava preparando a colpirci con una nuova ondata. Ma l’elevata presenza di demoni e blindati era tanto un pericolo in attacco quanto in difesa.

-Si sono parcheggiati in tanti dietro ai loro tiratori. Sarà più dura sfondare.-

-Quanto dura?- Mi chiese Nick.

-Settanta, ottanta metri di veicoli e demoni pronti a colpire. Stiamo per raggiungere la Linea Rossa.-

La Linea Rossa era un punto immaginario a un miglio dalle linee nemiche oltre il quale non si poteva più tornare indietro. Da li avremmo aperto le danze, oppure ci saremmo dovuti ritirare rischiando di farci colpire.

-Red! Qui noi siamo pronti!- Mi informò Wright alla radio.

-Dieci secondi alla Linea Rossa. Via con i retro razzi e alzate i giri.- Ordinai.

I retrorazzi erano stati modificati di recente da Doc e i suoi tecnici per permettere ai piloti delle esotute di effettuare dei prefetti voli radenti al suolo senza rischiare di toccare terra. Questo generò anche un’enorme nube di polvere e cenere che in poco tempo avvolse lo scenario alle nostre spalle.

La nube non passò inosservata ai predoni. Chi sa se fossero consapevoli che oltre alla sabbia del deserto, in quel pulviscolo c’erano anche i loro compagni inceneriti?

-Mantenete le righe! Non lasciatevi distrarre!- Sbraitò Quantrill alla radio.

-Cinque, quattro tre, due, uno, VIA!-

A quel punto io e gli altri Arcangeli scattammo in un mirabolante volo stazionario in orizzontale a soli cinquanta centimetri dal suolo. Avanzando ad una quota così bassa e ad una velocità di quaranta miglia orarie, con solo la luce delle turbine, colpirci si sarebbe rilevato fin troppo difficile. Ciò avrebbe costretto buona parte dei predoni ad aspettare il momento più opportuno per aprire il fuoco.

Un trio di predoni con dei lanciarazzi tentò comunque di colpirci. E lo stessero fecero gli addetti all’artiglieria.

Inutile dire che nessuno di quei semplici razzi a corto raggio ci colpì. Mentre l’artiglieria … diciamo che i loro colpi non riuscii neppure a capire dove andarono a finire di preciso.

-Dannati idioti! HO DETTO DI NON SPARARE FINO AL MIO ORDINE!!! C’è qualcun altro che vuole finire sotto corte marziale?!-

-L’Orda ha veramente una corte marziale?- Mi chiesi per un istante.

-Via le sicure e colpo in canna!- Ordinò Quantrill quando ormai eravamo a soli duecento metri dai suoi fucilieri.

-Sta per dare il segnale! Preparatevi!-

-In posizione!-

Un errore. Un ritardo. E tutti noi, me compresa, saremmo morti. Quello sarebbe stato il momento decisivo di tutta la battaglia. Trionfo o sconfitta. Tutto questo in un singolo attimo.

-Puntate!-

-ORA!!!- Urlai a tutto volume a meno di venti metri dalle barricate nemiche.

Con un’inclinazione di sessanta gradi, un'accelerazione da centoventi miglia orarie e una finestra temporale di soli due secondi, io e gli Arcangeli ci proiettammo sopra le teste dei predoni.

Pur non avendo ricevuto l’ordine di fare fuoco, alcuni fucilieri e altri predoni tentarono comunque di colpirci ottenendo scarsi risultati. Tra un paio razzi, qualche granata da 40mm, e una discreta quantità di proiettili in piombo ed energetici, neanche uno riuscì a colpirmi.

Ma ancor prima che i predoni potessero restare a bocca aperta per la nostra mirabolante acrobazia, il CTS si spense, facendomi atterrare nel bel mezzo del campo nemico. Nello specifico su cinque poveri idioti che subito diventarono morbido concime per il terreno. Gli altri proseguirono in volo seminando i razzi delle ASAM, mentre io effettuai una lunga e turbolenta scivolata sul terreno rinsecchito. Quando mi voltai verso la base, vidi solo un bel solco scavato nella zona dove ero atterrata. Se ricordavo bene ciò che avevo visto durante la mia prima visita all’accampamento dell’Orda, quello doveva essere il parcheggio dei predoni. Per fortuna lo avevano già sgomberato.

Ovviamente la mia intrusione attirò l’attenzione di tutto l’accampamento. In mezzo minuto mi ritrovai circondata da predoni di tutti i tipi, pesantemente armati, supportati da decine di mezzi corazzati e guidati dal grande capo in persona. Eppure nessuno di loro aveva ancora osato sparare.

Non fui io la prima a parlare. Volevo gustarmi quella scena il più allungo possibile.

-Tra tutte le più grandi cazzate che avresti potuto commettere, non mi sarei mai aspettato un finto attacco frontale. E per giunta che il tuo bel giocattolino ti avrebbe abbandonata proprio sul più bello.- Disse Woden giungendo anche lui in prima fila.

Con lui c’erano anche i suoi migliori guerrieri. Gli apostoli però non sembravano altrettanto spavaldi. Come quasi tutti gli altri predoni, anche loro erano intimoriti dalla sottoscritta.

Senza mostrare alcun timore, mi portai la mano destra al cinturone. Fin li nessuno ebbe il fegato per fermarmi. Poi, continuando in tutta calma, estrassi una bottiglia di Nuka-Cola tenuta nascosta proprio dietro alla fondina della Fiamma dell’Ovest. La bottiglia era stata fatta su misura per me. Quando la stappai e iniziai a berla, molti predoni rimasero confusi vedendo un robot bere un liquido organico. È un po complicato da spiegare, ma uno dei tanti impianti installati dal Dr Spectrum in Atena era un sistema digerente più o meno simile a quello umano in grado di ricavare acqua purificata da qualsiasi bevanda e usarla per il sistema di raffreddamento supplementare. Ma il mio vero scopo non era quello di farmi una bevuta.

Appena la bottiglia fu vuota, feci un bel sospiro e la lasciai cadere per terra. Subito dopo la frantumai con una potente tallonata che per poco non fece tremare la terra.

Ciò aumentò ulteriormente il terrore dei predoni nei miei confronti.

-Soltanto voi tutti contro di me. Diavolo. Magari dovrei combattere usando solo i pugni. Così almeno avreste una chance per svignarvela dignitosamente.-

Silenzio. Perfino il vento aveva smesso di soffiare. L’aria era fredda. Il pulviscolo sollevato dai jetpack aveva raggiunto l’accampamento. Solo l’artiglieria, le catapulte e i motori dei corazzati che mi avevano circondata erano ancora in funzione. Alcuni predoni tremavano per la tensione. Altri per la paura. Io invece ero calma e attenta allo stesso tempo. L’unica cosa che mancava, era il tipico cespuglio rinsecchito portato in giro dal vento.

-I tuoi amichetti con le ali se la sono svignata. Quelli nella base non possono fare nulla contro di noi. Siamo troppo numerosi per essere assaltati. E adesso dovrai combattere contro tutti noi. Da sola.- Mi fece notare Woden accompagnato dal solito coro di risate dei suoi fedeli più coraggiosi. -Come pensi che andrà a finire ragazzina?-

Prima di rispondere al mutatore, mi abbassai il cappello per farlo aderire meglio ai lati della testa. I magneti cuciti al suo interno non sarebbero bastati a tenerlo fermo in previsione di ciò che da li a poco si sarebbe scatenato.

-È qui che ti sbagli maggiore.- Dissi a Woden chiamandolo con il suo vecchio grado. -Io non combatto mai da sola.-

Woden stava per esplodere. Come già avvenuto in passato dopo essermi rivolta a lui con il suo vero nome, il suo autocontrollo stava per cedere all’ira. Ma qualcosa lo distrasse dalla mia offesa. E non solo lui. Anche gli altri predoni si guardarono attorno confusi. Qualcosa si stava avvicinando. Un terremoto. Una tempesta. Un esercito.

-FUOCO!!!- Urlai attivando il CTS.

Appena raggiunsi i primi quattro metri estrassi il mio revolver e lo puntai contro Woden. A sparare per primi furono però i cannoni dei nostri carri armati.

Mentre Woden e praticamente quasi tutti i suoi predoni si erano fatti distrarre dal mio finto atterraggio di fortuna, venti dei nostri corazzati, supportati da tutte le unità mobili della trincea sud e altri veicoli della base, erano avanzati fino all’accampamento dell’Orda nascosti dalla coltre di sabbia, cenere e fallout creata al passaggio dei nostri jetpack. E credetemi quando vi dico che il fuoco coordinato di così tante unità è un puro incubo a base di piombo, laser, plasma, proiettili da 105mm e missili dal quale risvegliarsi è impossibile.

In un attimo più di cinquanta demoni, tra i quali anche qualche apostolo, e almeno sette blindati di vario tipo vennero colpiti e spediti all’altro mondo. Sangue, budella, cenere, tessuti liquefatti e ferro fuso in un sublime mix infernale. Essendo bello alto e per giunta luminoso Woden ricevette un trattamento di favore. Non posso dirvi con certezza cosa lo colpì, ma nello stesso attimo in cui udii gli spari Woden perse il braccio destro e la metà destra inferiore del suo torace. Ma neanche quando gli sparai sei colpi di pistola alla testa non smise di vivere. Il nucleo di quell’essere doveva trovarsi da qualche parte nella sua cassa toracica, sempre che ne avesse una, o nelle profondità della sua scatola cranica, che ad un primo esame sembrava essere composta da una qualche lega semi organica impenetrabile ai miei proiettili.

Quando le unità con le armature atomiche, i veicoli leggeri e i deathclaw iniziarono ad avanzare tra le tende e gli incendi, rimisi nella sua fondina la Fiamma e impugnai l’Ares.

Dopo essere tornata a terra iniziai a correre con gli altri soldati verso le catapulte. Il nostro vero obbiettivo non era soltanto colpire duramente i predoni, che nel frattempo si erano ripresi dal primo impatto e stavano iniziando a reagire, creando una ferrea resistenza intorno a Woden e in altrettanti punti strategici dell’accampamento. L’obbiettivo della sortita era eliminare le ASAM, segnalare gli obiettivi primari alla nostra artiglieria ed impedire all’Orda di logorarci con bombe o ghoul.

L’artiglieria era già stata sistemata dai carri armati. Il comandante degli artiglieri aveva fatto piazzare gli unici veri cannoni dell’Orda in prima linea. Ciò permise ai nostri carri armati di distruggerli nei primi momenti dell’assalto.

Il vero problema era però raggiungere le catapulte, che pur essendo fatte con rottami e avendo una precisione minore, riuscivano a lanciare i ghoul infetti oltre le nostre mura, mettendo a rischio tutti.

-Qui Baker. Stiamo tenendo impegnati i blindati nemici. A breve però dovremmo ritirarci. Sono più di noi e se continuiamo così finiremmo col perdere troppe unità. Sbrigatevi a trovare le catapulte.-

-Qui Coyote. Abbiamo appena liberato il deposito delle munizioni. Procediamo con il transponder.-

-Qui Aries.- Disse Rita alla radio. -Abbiamo trovata una catapulta, ma è ben difesa. Ci servono rinforzi.-

-Girdle ad Aries. Arriviamo da voi con due sentinelle. Attendete.-

-Noi siamo bloccati. C’è un cazzo di pazzoide con un sacco di robot vicino alla tenda più grande.- Disse Lopez.

-Arrivo anch’io Aries. Se riuscite però prima sgomberate la zona dalle ASAM.- Rispose Rosso due.

-Vi vengo ad aiutare io Rattlesnakes. State fermi dove siete.- Dissi alla radio.

-Sbrigati cocca. Siamo nel bel mezzo di un vespaio qui.-

La situazione di Lopez e dei suoi era un po la stessa ovunque. Con i carri impegnati a distruggere i corazzati nemici rimasti e i predoni ancora in piedi sparsi in giro, muoversi tra le tende comportava numerosi rischi. Tra i quali il fuoco amico. Avanzando verso la tenda di Woden dovetti stare attenta ai veicoli in movimento, ai deathclaw intenti a squartare i predoni, ad aiutare numerosi compagni intenti a combattere e ad indicare loro la strada migliore per raggiungere gli altri. I camino e le jeep che le varie squadre di infiltrazione avevano usato per penetrare attraverso le difese nemiche si muovevano abbastanza bene. La loro agilità però veniva meno alla loro blindatura. Prima di raggiungere i Rattlesnakes avevo già trovato tre camion in fiamme o rovesciati. Ognuno di quelli trasportava almeno dieci soldati, i quali non sempre erano riusciti a salvarsi. A meno di dieci minuti dall’inizio del contrattacco avevo già contato una dozzina di morti. Molti di loro li conoscevo da prima della Grande Guerra. In compenso, vedere Karugh inseguire mezzo plotone di predoni terrorizzati per sbranarli e schiacciarli con le sue enormi zampe fu incoraggiante. Quasi divertente.

Arrivata a destinazione trovai i Rattlesnakes al riparo dietro al loro camion con il motore in fiamme e il conducente morto. Una dozzina di Mr Gutsy li stava tenendo sotto tiro da una buca scavata tra la tenda di Woden ed una delle famigerate catapulte che nel frattempo era tornata operativa e a pieno regime. Sarà stata anche fatta con rottami e degli schemi di progettazione non comuni, ma cavolo se era potente. I ghoul che lanciava sfrecciavano per oltre quattro miglia.

-SIAMO BLOCCATI!- Urlò Lopez indicando i robot.

-CI PENSO IO.-

Una volta avrei pensato di correre fino alla grande tenda con del fuoco di copertura, uscire sul retro e beccare i nemici da dietro. Ma con il mio nuovo corpo tutto era possibile.

Senza neppure mettermi al riparo presi di mira i Mr Gutsy con l’Ares e attivando il V.A.T.S. del mio vecchio Pipi-Boy agganciai i tre robot più allo scoperto. I proiettili ad energia andarono tutti a segno, liquefacendo i robot presi di mira e i loro compagni vicini.

Senza aspettare che Lopez mi seguisse con i suoi compagni, corsi verso la catapulta. Ciò che trovai alla catapulta fu alquanto bizzarro. Cinque devoti con delle tute hazmat stavano aspettando che un ghoul infetto in testa ad una coda di suoi simili salisse sul grande piatto della catapulta. Come se quello fosse lo scivolo di un acquapark nel week end.

Inutile dire che i devoti e gli infetti reagirono immediatamente alla mia presenza. Disfarsene non fu affatto un problema. L’arrivo continuo di altri infetti, quello fu un problema. Non ero ancora sicura che la mia pelle e il mio esoscheletro potessero resistere a delle dosi eccessive di acido mutatore.

-MUOVITI LOPEZ!-

Mentre i Rattlesnakes piazzavano uno dei loro transponder io li coprivo a suon di raffiche. I ghoul infetti potevano sembrare diversi soltanto da un punto di vista fisico dai loro simili, ma il loro comportamento era chiaramente più complesso. Già il fatto che invece di attaccare i predoni standosene nella mandria principale, seguissero delle file ordinate fino a delle catapulte, era un chiaro segno della loro sottomissione al mutatore alfa. Ma la vera cosa assurda era la loro capacità di schivare i proiettili. Certo non erano molto bravi, ma almeno tre di qui bastardi acidi erano già riusciti a spostarsi di lato un attimo prima di essere centrati dall’Ares.

-Cacchio Lopez! Premi un pulsante e lanci!- Dissi irritata al soldato.

Avendo della mani troppo grandi e la necessità di volare senza peso eccessivo fui l’unica a non ricevere un transponder. Quegli aggeggi usa e getta avevano una buona portata, peccato che a Lopez fosse capitato quello rotto.

-L’interruttore è bloccato!- Spiegò Lopez prendendo il piccolo congegno a pugni. -Ecco ho fatto!-

Appena Lopez ebbe nascosto il transponder dietro ad una delle travi della catapulta ci ritirammo tutti quanti verso nord. Ma ad un tratto avvertii quello che fino a pochi giorni fa avrei definito un crampo alla gamba.

-Non così in fretta!-

Cadendo a terra vidi comparire sulla schermata dei miei visori diversi tipi di allarmi. Sovraccarico gamba sinistra. Cortocircuito gamba sinistra. Integrità servomotore ginocchio sinistro novantotto percento. Contatto con potente impulso elettrico.

Quando mi voltai vidi il Dr Jarvis dentro un’armatura atomica T60 ricoperta da bobine e una lancia termica potenziata tra le mani. Lo scienziato non portava il casco, ma in compenso la sua testa era protetta da una sorta di gabbia di Faraday agganciata al torace della sua armatura atomica.

-Va fanculo!- Disse uno dei compagni di Lopez sparandogli con un fucile da combattimento.

I pallettoni del soldato però non ebbero alcun effetto. Le bobine dell’armatura generavano un campo magnetico che bloccava gli oggetti metallici, e se i miei microcalcolatori avevano fatto bene i calcoli, le bobine potevano anche folgorare i corpi che vi si avvicinavano troppo. In quel caso neppure il V.A.T.S. sarebbe servito.

-Ora ti insegnerò qualcosa sull’elettricità spazzatura robotica.- Disse il Dr Jarvis preparandosi a colpirmi nuovamente con la sua lancia termica.

In mio soccorso però giunse l’apophis di Doc. Il colosso meccanico si getto su Jarvis bloccandogli le braccia con le potenti mani e impedendogli di divincolarsi.

-Presto Red. AMMAZZALO!-

Senza perdere altro tempo raccolsi l’Ares caduto a terra vicino a me. Ma quando aprii il fuoco insieme ai Rattlesnakes non ottenni alcun risultato significativo. Le difese di quell’armatura facevano rimbalzare perfino i proiettili incandescenti dell’Ares. E come se questo non fosse sufficiente, la T60 stava tempestando l’apophis con scariche elettriche ad alto voltaggio.

-Ah, ah, ah! Credevi che i tuoi giocattoli potevano battere i miei prodigi vecchio?!-

-No Red! Pensa al BFG!- Mi ordinò Spectrum cercando di resistere alle scariche elettriche.

-Pensa a che?!- Gli chiesi.

-AL BFG!!!- Urlò lo scienziato cercando di tener fermo il suo ex allievo.

-BFG?- Mi chiesi confusa.

Poi come per magia, l'avambraccio sinistro mi si scompose. La pelle metallica si ritirò e i componenti dell’esoscheletro si aprirono come una sorta di parafulmini, strappandomi la stoffa del guanto e la pelle della manica. Fu come avere un ombrello rotto al posto del braccio. E per finire le dita della mano andarono a formare un prisma esagonale alla fine dell’arto. Praticamente il mio braccio era diventato un tritacarne. Quando però iniziai a credere che il braccio si fosse trasformato in un’arma per il corpo a corpo, una potentissima energia iniziò a generare fulmini attorno all’avambraccio e un’accecante piccola luce verde dentro al prisma, che allo stesso tempo aveva iniziato a roteare come una trottola.

-AVANTI ROCKET! UCCIDILO!- Urlò Doc ormai al limite.

-NO! FERMA! COS’È QUELLO?!- Urlò disperato Jarvis dopo aver visto la mia nuova arma.

L’unica cosa che feci, fu pensare di fare fuco. Al resto ci pensò quel cannone. Il rinculo fu praticamente nullo e lo stesso fu per il suono. Praticamente fu come sparare con una pistola laser, solo che il fascio fu quasi accecante. Al contrario i danni furono … incerti.

Il Dr Jarvis smise di punto in bianco di urlare e appena Doc lo lasciò, cadde pesantemente a terra. Dopo essermi rialzata vidi insieme agli altri che l’armatura del dottore era stata forata da parte a parte. Attraverso il torce dell’armatura e quello dello scienziato si era creato un perfetto tunnel circolare con un diametro di sei centimetri. I tessuti organici erano stati cauterizzati e il metallo fuso. Non so che cosa fosse quell’arma, ma cavolo se era potente.

-Ehm … Doc! Cosa sarebbe questo?- Chiesi allo scienziato ancora in piedi.

-Te lo spiego dopo. Per ora sappi che lo comandi con il pensiero e che ha ancora due colpi. Per richiuderlo pensa e basta.-

Come era ovvio che accadesse, il braccio tornò alla sua forma di base usando semplicemente il pensiero. Peccato che la manica dello spolverino e il guanto erano andati persi. Avrei voluto chiedere a Doc quali altri simpatici aggeggi mi avesse nascosto addosso, ma le circostanze me lo impedivano.

-Signori! Non per interrompervi, ma abbiamo dei problemi da risolvere.- Disse Lopez lanciando una granata criogenica alle spalle di Doc.

I ghoul infetti avevano ripreso a farsi vivi e per quanto efficace, la granata di Lopez non fu abbastanza sufficiente per fermarli tutti.

-Okay. Allontaniamoci da qui.- Ordinai.

-Qui Wright. Scusateci ragazzi ma ci siamo dovuti ritirare. Il colonnello è stato ferito e abbiamo perso venti dei nostri, più alcuni deathclaw. Gli Arcangeli segnalano che tutte le ASAM sono state distrutte. Trovate un punto buono per il recupero e chiamate i vertibird. Occhio ai predoni. Si sono riorganizzati e adesso vi stanno cercando.-

-A tutte le unità ancora in campo, parla Rocket. Dirigetevi all’incrocio delle strade davanti alla Tenda di Woden.- Ordinai per radio. -Inizio evacuazione. Isaac i tuoi sono pronti?-

-Un minuto e siamo da voi. Sette vertibird per il trasporto e undici per il supporto. Preparate la zona d’atterraggio e le squadre.-

-Perfetto. Segnalo la zona di recupero con i miei proiettili.-

Mirando in cielo usai una raffica di proiettili dell’Ares come razzi di segnalazione. Ciò avrebbe guidato i nostri dispersi più disorientati verso la nostra posizione senza far capire le nostre intenzioni a tutti i predoni.

Ovviamente però c’era anche il rovescio della medaglia. Se tutti noi ci fossimo radunati in un solo punto, lo stesso avrebbero fatto i predoni ancora vivi. E come volevasi dimostrare in un battibaleno ci ritrovammo a difendere quel dannato incrocio da un'interminabile assalto di demoni incazzati e ghoul infetti. L’unico lato positivo fu che anche i rinforzi continuarono a raggiungerci.

Non ci fu un ordine di arrivo molto preciso. Marine, membri Resistenza, robot, squadre di esploratori … o quel che ne rimaneva. Solo i deathclaw sopravvissuti erano riusciti a tornare indietro insieme ai carri.

In poco più di cento erano partiti all’assalto. In settanta erano entrati nell’accampamento. E in quarantasei erano riusciti ad arrivare alla punto d'estrazione.

-Dov’è Rita?- Chiesi ad uno dei suoi compagni quando la squadra Aries arrivò senza di lei.

Il soldato mi rispose con un cenno negativo della testa. Preferii non indagare.

Fui però felice di scoprire che la mia squadra e i Blade Thunder ce l’avevano fata. Con Atom in testa era impossibile perdere. Il nostro cucciolo però era stato “ferito”. Un lanciarazzi gli aveva danneggiato le zampe posteriori e la mitragliatrice, mentre una granata agli impulsi elettromagnetici gli aveva danneggiato i microcircuiti. Chi sa se prima di partire Nick gli aveva ricollegato le armi?

I primi due velivoli che arrivarono li usammo per caricare i feriti gravi. Gli altri vertibird si concentrarono sul fuco di soppressione dei predoni più esposti, anche perché la zona scelta per il recupero non era abbastanza grande per far atterrare più di due vertibird alla volta.

-MechaNick a rapporto. Come stiamo andando?- Chiese Nick atterrando insieme a Rosso due e Rosso cinque.

-Beh siamo circondati. A corto di munizioni. E pronti a fare il botto.- Gli rispose Grant caricando la sua mitragliatrice calibro cinquanta.

-Avete segnalato tutti quello che doveva essere segnalato?- Domandai.

-Catapulte fatto!- Mi confermò Marion mentre questa aiutava suo fratello Russell a fasciarsi la gamba.

-Deposito confermato! Occhio ce n'è uno la giù!- Disse Grant sparando contro un predone nascosto dietro a delle casse.

-Assenza di vertibird o aerei a terra confermata.- Continuò Rosso due.

-Avete visto altri prigionieri?-

-No. Con la tuta rossa nessuno.- Mi confermò Nick. -Ma quando ho sorvolato il lato ovest ho visto un sacco di gente che sventolava bandiere bianche. Gli ho sorvolati una seconda volta a trenta metri e non mi hanno sparato.-

La scoperta di Nick avvalorava tutti i nostri sforzi. Alcuni membri dell’Orda si erano già arresi. Se avessimo bombardato l’accampamento a caso, oltre a perdere munizioni preziose, avremmo anche colpito persone che ormai non rappresentavano più una minaccia per tutti noi.

-Hey qui abbiamo un grosso problema.- Disse Corvo Rosso alla radio. -La mandria sta avanzando.-

-Cosa ha detto?- Chiese uno degli uomini di Grant.

-Sto proprio sopra quei mostri. I ghoul hanno iniziato a muoversi verso di voi. Guardate verso sud.-

L’indiano non scherzava. I ghoul si erano incamminati lentamente verso il nostro incrocio percorrendo la strada. Ma il peggio doveva ancora venire.

La cabina del vertibird prossimo all'atterraggio sulla nostra posizione venne sventrato da una missile terra aria. Il vertibird iniziò ad emettere l’allarme di stallo, e solo per miracolo non ci cadde sulle teste. Il velivolo centrò invece la tenda di Woden, incenerendo ogni cosa al suo interno con l’esplosione del suo reattore. Per l’equipaggio non ci fu nulla da fare.

-Siamo morti! SIAMO MORTI!- Urlò un soldato in preda al panico.

-Merda! Ci siamo persi un'antiaerea.- Disse Rosso tre.

-Red!- Mi chiamò Isaac alla radio. -I predoni a nord stanno avanzando verso sud con tutti i loro mezzi ancora operativi. Vi stanno per schiacciare!-

-Non possiamo più avvicinarci. Hanno un carro armato con una ASAM sulla torretta. E le loro mitragliatrici ci stanno agganciate alle palle!- Aggiunse un altro pilota.

-Qui V5. Sono stato colpito al rotore sinistro. Mi dispiace ma devo rientrare.-

Le fiamme degli incendi non erano abbastanza potenti da illuminare tutto, ma le luci non erano necessarie per vedere il pericolo. A sud un fiume giallo bioluminescente stava avanzando verso di noi, e lo stesso stava facendo una colonna di mezzi a nord in rapido avanzamento con le luci dei loro fari e le scie dei proiettili traccianti rivolti al cielo.

-Da qua su vedo l’ASAM mobile! È dietro al primo carro in testa.- Ci informò Isaac. -Oltre a quella, li in mezzo ci devono essere almeno dieci mitragliatrici pesanti con proiettili perforanti. Se riusciste ad eliminare la loro ultima difesa aerea potremmo bombardarli con i nostri missili.-

-Qualcuno ha un Fat-Man?- Chiese Bud.

-Non li abbiamo portati. Troppo ingombranti e pericolosi.- Gli ricordai.

-Il bombardiere. Quello potrebbe colpirli in un istante.- Suggerì un membro della guardia nazionale.

-No! Il bombardiere serve per i ghoul!- Fece notare Nick li vicino.

-E se hanno dei razzi potremmo perderlo il bombardiere.- Aggiunse Doc.

-Aspettate. Possiamo fuggire di la e correre verso il forte.- Disse Reed indicando l’est.

-In campo aperto per tre miglia con l’Orda alle costole?- Gli chiese Tony. -Siamo stanchi e feriti. Tanto vale aspettarli qui.-

-E poi ormai hai sessant’anni Reed. Sei sicuro di farcela?- Gli chiese scettico Gutierrez.

-Si se c’è tua sorella ad aspettarmi Dominic.- Scherzò il vecchio marine aggiustandosi il casco.

-Se non ci sono altre opzioni, io resto qui a coprivi la fuga.- Si offrì Tariq. -Ho ancora un conto in sospeso con questa gentaglia.-

-Se resti tu, restiamo tutti Tariq.- Gli rispose Cook.

-Cosa facciamo Red?- Mi chiese Amelia scrutando il convoglio nemico con un binocolo.

Ancora una volta mi ritrovai nel bel mezzo di una situazione disperata. Stavo usando i miei microcalcolatori per contare quante persone potevo portare con il CTS quando mi ricordai del ragazzaccio nascosto nel mio braccio sinistro.

-Doc? Potresti spiegarmi esattamente come funziona l’affare che ho nel braccio?-

-È la stessa tecnologia dell’Ares. Solo che al posto del tuo nucleo usa munizioni esterne e gli effetti sono più devastanti.-

-Ma il proiettile non dovrebbe esplodere?- Chiesi ricordandomi cosa era accaduto al Dr Jarvis.

-Solo se trova delle grandi masse ad ostacolarlo. Tipo un metro d'acciaio. Ma ricordati che hai ancora solo due colpi.-

Un illuminante lampo di genio mi attraversò i circuiti. Oppure fu un altro cortocircuito.

-Qualcuno qui ha l’olonastro di Jingle Jangle Jingle?- Domandai.

-Della Kay Kyser Orchestra?- Mi chiese un tecnico intento a riparare il braccio di un assaultron.

-Mettilo nel tuo Pip-Boy soldato. E alza il volume. Tutti gli altri tengano giù la testa!-

-Qual’è il piano?- Mi chiese Nick riparandosi con Trinity dietro ad Atom.

-Guardare e ammirare Rodriguez. Guardare e ammirare.-

I predoni stavano avanzando senza trovare alcun ostacolo. E lo stesso stavano facendo i ghoul alle nostre spalle. Ma i predoni erano più vicini e più veloci. In oltre le loro armi ci avrebbero sicuramente colpito prima di raggiungerci.

Senza alcuna fretta riattivai l’arma ad energia nascosta nel braccio. La voce soave di Kay Kyser mi aiutò a rilassarmi e a dare quel tocco di ironia surreale alla situazione.

-And they sing, "Oh, ain't you glad you're single".-

-Jingle, jangle.-

-And that song ain't so very far from wrong.-

-Jingle, jangle.-

Le trombe dei musicisti iniziarono a suonare nello stesso istante in cui la luce accecante e gli archi elettrici verdi luminescenti iniziarono ad avvolgere il BFG. O come il Dr Spectrum lo chiamava.

Il suo accumulatore fu carico dopo pochi secondi. E appena in tempo viste le due cannonate che ci colpirono a pochi metri dalla nostra posizione. Quando gli archi svanirono e la luce dentro al prisma fu al massimo del suo potenziale, puntai il braccio verso il carro armato in testa al convoglio e feci fuoco. Un istante dopo una devastante sfera d’energia non meglio identificata distrusse qualsiasi cosa per un raggio di dieci metri. Persone e veicoli furono vaporizzati istantaneamente e brandelli di carne, vestiti, armi e corazze volarono da tutte le parti. Non avrò distrutto l’intero convoglio, ma di sicuro ero riuscita ad arrestarne l’avanzata. Peccato che a guidarlo in testa non fosse stato Woden.

Ovviamente tutti erano rimasti sbalorditi da quell'immensa potenza. In confronto un Fat-Man … era un pizzico meno potente. E meno pratico.

-Wow. Questo è …-

Non riuscivo a trovare un aggettivo abbastanza degno per descrivere quell’arma.

-Un’Arma Fottutamente Grande.- Affermò Nick senza staccare gli occhi dal braccio.

Nick non aveva affatto torto. Il BFG era un’arma di almeno mezzo secolo superiore alle nostre migliori armi pesanti ad energia.

-Però. Credo di aver superato me stesso quando l’ho riprogettato.- Si complimentò Spectrum.

-Che cosa cavolo era quello!?- Ci chiese Isaac esterrefatto. -Distruzione ASAM mobile confermata. Quei vermi stanno perfino arretrando.-

-Si può sapere che state combinando la fuori?- Domandò Sullivan per radio. -Sono ore che attendo su questa pista. Posso decollare o preferite vedervela da soli contro i ghoul?-

-Qui Rocket. Difese antiaeree nemiche eliminate. Puoi procedere Sullivan.-

-V8 a unità di terra. Io e V11 rallentiamo i ghoul lungo la strada fino all’arrivo di Aquila Atomica.-

Mentre i due vertibird iniziarono a tempestare i ghoul diretti alla nostra posizione, noi altri attendemmo gioiosi il nostro recupero. Perfino io mi convinsi che il peggio era ormai passato. Guardando a sudest non potei comunque fare a meno di chiedermi se il Burglar ormai prossimo a raggiungerci fosse l’ultimo ostacolo che ci separava dalla vittoria.

-Tutto qui Woden? La tua Orda non riesce a tenere testa ad un pugno di inferiori?- Mi chiesi.

-BOMBARDANO! BOMBARDANO!- Urlò qualcuno alla radio.

-Cosa sono?! Cosa sono?!-

-Ghoul infetti dentro le mura. Ripeto. Ghoul infetti dentro le mura!-

-Hanno preso uno degli hangar!-

-L’Aquila va a fuoco! Hanno colpito l’Aquila!-

-Ci sono dei morti al garage! Il parcheggio ne è pieno!-

-Il vecchio dormitorio sud è stato demolito. La pompa di benzina ha preso fuoco. Serve l’autocisterna.-

-Qualcuno è ancora vivo. Hey amico stai bene?-

-NO! NON TI AVVICINARE!-

-Stanno sparando! I nostri ci stanno sparando!-

-Porca troia ma che sta succedendo?- Chiese Tony guardando le fiamme divampare dal forte.

Un istante dopo una gigantesca ombra ci volò sopra le teste ad una tale velocità da farmi perdere l’equilibrio e spazzare via le tende nei dintorni e tutto ciò che investirono. Un marine venne colpito da dei rottami e scaraventato contro il vertibird in fiamme precipitato sulla tenda di Woden.

All’inizio nessuno riuscii a capire cosa fosse quella cosa. In parte perché nessuno riuscii a restare in piedi, e in parte perché neppure i miei processori riuscirono a trovare un riscontro.

Solo quando il V11 venne preso in pieno ci fu chiara l’identità di quel mostro. Era l’aereo a reazione più grande che io avessi visto. Sicuramente militare.

-È UN BOMBARDIERE!- Urlò un pilota alla radio.

-No. È lo Shadow.- Lo corresse Doc facendo rialzare la sua armatura apophis.

-Red, qui Baker. Siamo pieni di infetti. Quel mostro ce li ha fatti cadere addosso e ha mitragliato metà base. Per adesso la situazione è ancora sostenibile, ma l’Aquila non può più decollare e se quell’aereo dovesse passarci sopra un’altra volta potrebbe comprometterci seriamente!-

-Cosa dobbiamo fare signore?!-

-Ha colpito col muso un vertibird senza risentirne. Come ci è riuscito?- Chiese Lopez osservando il luogo dello schianto del V11.

-Signore ci servono altri vertibird. Dobbiamo far rientrare subito quelli fuori.- Disse Wright in sottofondo.

-Prendi gli Arcangeli, tre vertibird, raggiungi quel figlio di puttana e tiralo giù! Vai ragazza!-

Non ero sicura che tre vertibird e qualche esotuta fossero sufficienti ad abbattere quella corazzata volante, ma alla base servivano quante più bocche da fuoco possibili e i soldati che mi circondavano dovevano essere evacuati.

-Isaac?!-

-Ho sentito! Io, V9 e V7 siamo già pronti! Ti seguiamo Red!-

-Vale anche per noi Sorvegliante!- Mi confermò Corvo Rosso.

-Sono con te Red!- Affermò Nick accendendo il suo jetpack con Trinity ancora vicina.

Per poco all’infermiera non bruciarono gli anfibi.

-D’accordo! ANDIAMO A CACCIA!- Dissi un attimo prima di partire a tutta velocità verso la nostra preda.

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Capitolo 27
*** La Battaglia continua ***


La Battaglia continua

Oltre la stratosfera.

 

 

03/02/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/A tremilatrentatré piedi sopra il campo di

Ore 19:58

 

36°41’43.5”N 102°22’41.2”O

 

-Dritto davanti a noi!- Dissi cercando di stare incollata allo Shadow. -Sta virando ad est! Fermiamolo prima che torni al forte!-

La nostra formazione volava a più di quattrocento miglia orarie nel cielo notturno. Sia io che i tre vertibird avevamo gli infrarossi, ma le armature degli Arcangeli ne erano sprovviste. E per quanto fosse grande, quel bombardiere stealth non emetteva alcuna luce.

-Quali sono i suoi punti deboli Doc?- Chiese Isaac.

-Lo Shadow è un bombardiere stealth orbitale a singolo stadio. La Lockreed Industries e la REPCONN Aerospace hanno speso anni interi solo per progettarlo. Il suo design lo rende quasi impercepibile ai radar più sofisticati. Possiede i migliori sistemi difensivi e d’attacco della General Atomics e della Future-Tec. Sei turbofan XC-20-100 da circa dieci tonnellate di spinta l’una e quattro serbatoti di idrogeno e ossigeno liquido. Un super computer di bordo per il supporto tattico. Può trasportare un carico da trenta tonnellate. E la velocità massima sul livello del mare è di novecento chilometri orari, mentre quella di fuga è …-

-Doc ci serve sapere come abbatterlo, non i dati del manuale!- Lo interruppe bruscamente Isaac.

-Non possiamo abbatterlo! Non ha punti deboli!-

-Come fai a sapere che non ha alcun punto debole?- Gli chiesi.

-Perché sono stato io a dirigerne l’assemblaggio.- Confessò il Dr Spectrum.

-Come ha detto?!- Chiese Rosso tre.

-Il governo mi chiese di effettuare qualche correzione agli schemi di progettazione e di dirigere le fasi di assemblaggio. Speravo di poterlo prelevare in seguito alle bombe con un'operazione di recupero, ma a quanto pare l’Orda deve essere arrivata prima di noi alla base di Wichita Falls!- Affermò Doc incredulo. -I loro scienziati devono essere riusciti a completare i test di collaudo e a renderlo operativo.-

-E allora che cazzo facciamo!?- Chiese irritato il pilota del V7.

-Non abbiamo armi in grado di abbatterlo! Le uniche cose che mi vengono in mente che potrebbero togliercelo dalle scatole sono una testata nucleare da due o più chilotoni piazzata sotto una delle ali o uno dei miei vecchi Long Crescent. Ma non li abbiamo.-

-E il BFG? Dovrebbe riuscire a penetrare la sua fusoliera?-

-Ti rimane un solo colpo Red, e il BFG è l’unica arma “leggera” che potrebbe uccidere definitivamente Woden. Devi decidere te come usarlo.-

Il Dr Spectrum aveva ragione. L’ultimo colpo di BFG avrebbe sicuramente trapassato la fusoliera blindata dello Shadow, ma alla fine non avrei più avuto altre carte da giocarmi contro Woden. Quel mostro era invulnerabile perfino alle cannonate. Possibile che l’unica arma in grado di fermarlo fosse anche l’unica in grado di abbattere il bombardiere.

-Doc io sono a corto di idee.-

-Beh potremmo soltanto … potremmo …-

-Potremmo cosa?- Gli richiese il pilota del V7.

-Red, saresti in grado di avvicinarti abbastanza da agganciarti alla sua fusoliera?-

-Spiegati meglio Doc.-

-Appena sopra alla cabina di comando dello Shadow c’è una presa universale per antenne. Se la raggiungi e ti ci inserisci potrai avere accesso ai sistemi dell’intero bombardiere.-

Sul mio visore apparve un puntino rosso lampeggiante in corrispondenza dello Shadow. Doc mi stava trasmettendo la posizione del mio prossimo obbiettivo. Cioè un bersaglio mobile, pesantemente armato e ad una velocità pari a trecentocinquanta nodi.

-Se è l’unica nostra chance allora devo provarci. Voi altri però dovete coprirmi mentre io mi avvicinino.-

-Non puoi stargli dietro per sempre. Raggiungilo il prima possibile.-

Senza badare ai consumi del CTS aumentai l’afflusso di energia nel jetpack. A quella velocità sarei arrivata alla coda dello Shadow in mezzo minuto, ma quel cacchio di uccellone d’acciaio non restò fermo a volare in tutta calma. Le tre batterie laser in coda aprirono il fuco su di noi e come se ciò non bastasse, due caccia a reazione ci arrivarono alle spalle chiudendoci in una morsa di laser e proiettili traccianti da 5mm. Rosso due venne centrato quasi subito mentre Isaac si fece graffiare la vernice della fiancata sinistra.

-Rosso due abbattuto. Ripeto, Rosso due abbattuto! Hanno dei caccia!- Confermò il pilota del V9.

-Dividetevi! Dividetevi!- Ordinai.

Seguì un’altra serie di raffiche laser e di piombo. La batteria missilistica destra del V7 venne centrata in pieno, causando la detonazione a catena dei missili e la distruzione dell’intero vertibird. Il suo equipaggio non ebbe alcuna possibilità.

-FUOCO INCROCIATO! CI STANNO MASSACRANDO!!!- Urlò il pilota del V9.

In quelle condizioni non saremmo durati a lungo. Ma per fortuna con noi c’era il migliore pilota americano.

-FANCULO STRONZI!- Disse Isaac facendo girare su se stesso il suo vertibird di centottanta gradi.

Il ghoul compì una delle manovre più mirabolanti e al tempo stesso più pericolose che io avessi mai visto. Mantenendo la stessa velocità e il convertiplano abbastanza stabile, Isaac rispose al fuco dei caccia sparando a tutto spiano con i razzi, le calibro 50 e le mitragliatrici laser volando all’indietro. In un lampo il caccia a destra esplose, mentre quello a sinistra abbandonò preventivamente l’inseguimento effettuando una stretta virata. Ma non prima di rifarsi il timone e gli alettoni della coda.

Quando Isaac tornò a volare con il muso in avanti il suo collega aviatore non riuscì a trattenere il suo stupore.

-Come cazzo ci sei riuscito canaglia di un ghoul mezzo matto?!-

-Riporta le chiappe a terra senza sfracellarti e te lo insegnerò Álvarez.-

-La prossima volta avvisaci genio!- Protestò Amelia dalla stiva.

-Fuoco da terra! Fuoco da terra!- Dissi continuando a schivare i proiettili dello Shadow.

Lo Shadow ci aveva portati dritti su una trappola. Il Burglar impiegò tutte le sue contraeree per abbatterci. Più o meno una decina di cannoni antiaerei collegati ad un sofisticato sistema di puntamento automatico, vista la loro precisione. A quell'attitudine colpirci sarebbe stato impossibile per delle ASAM, ma per quei cannoni invece, era ben diverso.

Uno dei loro proiettili esplose davanti a Rosso cinque. L’armatura lo protesse, ma l’esplosione lo sbalzò contro il rotore destro del V9. Lo scontro fece perdere i sensi all’arcangelo, che dopo aver perso i sensi iniziò a precipitare verso terra. E con lui se ne andarono anche due delle pale del velivolo, una delle quali andò a conficcarsi nella fusoliera. Con un simile danno mantenere dritto il vertibird si rilevò impossibile.

-Rosso cinque mi è venuto addosso! Il rotore destro sta perdendo potenza! Precipitiamo!-

-Resisti Álvarez! Se scendi qui, quelli ti faranno a brandelli!- Disse Isaac alla radio. -Reindirizza l’energia!-

Ma non c’era modo di fermare la lenta caduta del V9. L’unica possibilità del pilota era di riuscire ad allontanarsi il più possibile dalla fortezza mobile sottostante e portare in salvo il suo equipaggio.

-Non ci riesco. Siamo in stallo !- Dal tono il pilota sembrava essersi rassegnato. -Addio …-

Quando un proiettile trapassò la fusoliera del V9, il suo reattore venne gravemente danneggiato. Di coloro che erano a bordo, nessuno sopravvisse.

Eravamo rimasti solo in sei e il numero rischiava di continuare ad abbassarsi. Potevo raggiungere il bombardiere continuando a farmi coprire dagli Arcangeli e da Isaac, sempre se attirare il fuoco nemico si potesse definire coprire, oppure potevo fare ancora una volta la cosa giusta.

-Ritiratevi. Tornate alla base. Me ne occupo io.-

-Signora?!- Chiese Corvo Rosso.

-È un ordine! Tornate indietro e aiutate i nostri.-

Dopo qualche attimo di esitazione, gli ultimi tre Arcangeli virarono verso sud. Isaac e Nick però non sembravano intenzionati ad eseguire il mio ordine.

-Parlo giapponese per caso? Ritiratevi o giuro che vi trascinerò entrambi davanti ad una corte marziale.-

-Se non fermiamo quel cazzo di mostro non ci sarà più una corte marziale.- Mi ricordò Isaac.

-Spiacente Red. Noi da qui non ci muoviamo.- Affermò Nick. -E poi guarda. Hanno anche smesso di spararci. Le torrette dell’aereo sono tutte rientrate.-

Nick non mentiva. Le armi antiaeree del Burglar avevano cessato il fuoco e le torrette dello Shadow erano rientrate nei loro compartimenti. La cosa però non mi tranquillizzò.

-Le torrette sono rientrate?!- Ci chiese Doc allarmato. -Red! Usa la modalità termica dei tuoi visori!-

Senza starci a riflettere, i miei occhi bionici modificarono la loro visione, permettendomi di vedere i valori delle temperature. L’energia termica sprigionata dalle turbine dello Shadow stava aumentando. E prima che potessi informare lo scienziato, ricevetti un immediata riposta.

-Sta per fare il salto! Vuole seminarvi nella stratosfera e tornarci a colpire dallo spazio!- Affermò spaventato lo scienziato. -A quel punto non potremmo più fermarlo.-

-Cazzo! Devo raggiungerlo!- Dissi portando il livello di energia nel CTS alla soglia massima.

La spinta generata dal mio jetpack fu abbastanza sufficiente da farmi raggiungere la coda dell’aereo in soli tredici secondi, anche se i miei sensori uditivi percepirono dei suoni non molto rassicuranti provenire dal CTS. A preoccuparmi però fu l’assenza di appigli sulla coda. E come se ciò non bastasse, lo Shadow stava iniziando a volare molto più velocemente di prima.

-Merda. Più di così non riesco ad avvicinarmi! Lo sto perdendo Doc!-

-MECHANICK ALLA RISCOSSA!!!- Urlò Nick proiettandosi contro di me.

Il super meccanico schizzò come un vero jet a reazione fino a raggiungere il CTS. Dopo averlo agguantato con le mani meccaniche della sua esotuta, spinse la sottoscritta fin dritta alla presa. Li mi dovetti aggrappare all’antenna già collegata per evitare che Nick mi spingesse oltre.

-OKAY! CI SONO! FERMATI NICK!- Dissi cercando di sovrastare il rombo delle turbine -E ADESSO?!-

-Strappa l’antenna e conficca la mano nella presa. Tranquilla è molto resistente.-

Spingendomi con la mano sinistra e tirando l’antenna con la destra, riuscì a staccarla. Quando avvertii di non avere più niente a cui tenermi piantai subito la mano destra nella presa. E ancor prima che potessi scoprire quale fosse il passo successivo, entrai nel sistema dello Shadow.

Vi ricordate quando prima di partire dalla base della Resistenza provai ad interfacciarmi con un terminale? Identico. Solo che migliaia di volte più grande ed immenso. Col corpo percepivo ancora il mondo reale, ma la mia mente e i miei occhi erano già in quello virtuale dello Shadow. Dati, algoritmi, sistemi. Tutto un intero mondo racchiuso nei circuiti del bombardiere.

-Ti sto trasmettendo un programma di hacking.- Mi informò il Dr Spectrum. -Con questo prenderai il pieno controllo dello Shadow.-

Una nuova finestra elettronica apparve davanti ai miei occhi. Sempre se così si potesse dire. La finestra mostrava il caricamento del programma. La connessione con le antenne della base era buona, ma arrivati solo al venti percento, io e Nick udimmo un suono metallico dietro di noi.

-Oh cazzo! Torretta automatica a ore sei!- Mi informò Nick.

-NON VEDO NIENTE!- Affermai.

Con gli occhi nella rete dello Shadow, ero praticamente ceca. Non sarei riuscita a prendere la mira con la Fiamma dell’Ovest o l’Ares. E lo stesso valeva per Nick. Le esotute non erano state progettate per sparare con la propria arma ai nemici in coda.

-Occhio alle spalle.- Disse Nick aprendo il fuoco sulla torretta.

Con un tiro pulito e nessun altro avversario, il pilota poté crivellare di proiettili da 50mm e di fasci laser la torretta automatica. La torretta non esplose come spesso accadeva con i suoi simili. Dopo essere andata in corto e aver lasciato dietro di se una scia di scintille e fumo di cavi bruciati, rientrò nel suo compartimento. Nick ed io eravamo salvi. Per il momento.

Arrivati al cinquanta percento lo Shadow iniziò ad impennarsi lentamente verso il cielo, mentre le sue sei turbine aumentarono notevolmente la potenza.

-Red? Credo che stia per partire.- Mi informò Isaac cercando di starci dietro.

Non raggiungemmo neppure il sessanta percento che il bombardiere stava già volando in verticale a ben duecento miglia orarie. Isaac ormai non poteva più starci dietro.

-L’esotuta non è ideata per quote così alte.- Disse Nick cercando di restarmi aggrappato.

-Lasciami andare Nick. Da qui c’è la posso fare da sola.-

-Okay, ma tu vedi di tornare Red! Buona fortuna!-

Pochi secondi dopo che Nick ebbe lasciato la presa e preso il volo, le turbine dello Shadow iniziarono a bruciare tonnellate di propellente liquido, generando un boato fortissimo e spedendo il velivolo verso le stelle.

Non capita tutti i giorni di andare nello spazio cavalcando un bombardiera stealth orbitale, a più di ventitré mach e tenendosi aggrappati ad una presa universale per antenne. E con gli occhi bendati, visto che per quasi tutto il tempo la mia vista restò nella rete dello Shadow. Nell’istante in cui il mio braccio fu al limite della tensione e la presa emise dei tremolii poco rassicuranti provai per la prima volta la cosa più simile ad un infarto. O un sovraccarico. Solo quando l’attrito dell’atmosfera iniziò a diminuire e il caricamento raggiunse l’ottantadue percento tornai ad essere tranquilla, visto che finalmente il programma del Dr Spectrum iniziò a dare i suoi frutti. Comunicazioni. Camera di equilibrio. Allarmi. Circuito audio e video.

-Non ce la siamo ancora scrollata di dosso?!- Chiese l’ammiraglio Morgan innervosito.

-Negativo signore. È molto forte.- Disse qualcun altro.

-Ma come fa a resistere ad una tale pressione? Jackson! Non aveva detto di essere in grado di liberarcene!-

Stavo guardando e ascoltando l’equipaggio dello Shadow in diretta dal ponte di comando. L’ammiraglio Morgan sedeva alla poltrona del comandante. A giudicare da come parlava i ventitré mach non avevano fatto molto bene alle sue vecchie membra. Con lui c’erano altri cinque operatori seduti alle altre postazioni di controllo. Ad attirare la mia attenzione però fu il copilota, seduto con il pilota ad una sofisticatissima postazione di volo con vari monitor in sostituzione ai parabrezza. Jackson stava aiutando il suo compagno nelle manovre di volo. Al posto del suo completo indossava una tuta da astronauta con il casco a sfera di vetro. Non sembrava molto contento della situazione.

-Ci sto provando vecchio. Se hai qualche altra idea illuminaci pure.-

-Il vuoto siderale non la sta uccidendo?- Continuò Morgan.

-È un robot signore. E anche ben costruito se la pressione del decollo non l’ha distrutto signore.-

Nel frattempo il caricamento raggiunse il cento per cento e finalmente ottenni il pieno controllo dello Shadow. Ponte di comando. Ponte secondario. Stiva munizioni. Armamenti. Idraulica. Supporto vitale. Sistemi avanzati. Comandi. Lo Shadow era diventato parte di me. Ali, carrello, armi. Tutto era passato sotto il mio comando. E ancora l’equipaggio non l’aveva capito.

Ciò nonostante rimasi in silenzio. Interferire con un velivolo spaziale nel pieno di un volo a più di duecentoventi chilometri dal suolo e ad una velocità di dieci mach non è una mossa molto furba. Prima che lo Shadow raggiungesse l’orbita di volo stazionario, mi concessi un paio di minuti per gustarmi il panorama terrestre.

Infinite distese di terra e acqua avvolte dalle tenebre. Con il Sole dall’altro lato della Terra, mi fu impossibile scorgere le forme dei continenti e degli oceani. Eppure, in quel mondo incenerito dai fuochi atomici, vidi qualcosa di bellissimo e inenarrabile. Un futuro. Più luminoso di qualsiasi arma nucleare o altra aberrazione che mente umana potrà mai creare.

Ma prima che io potessi viverlo quel futuro, con tutti miei compagni e la mia famiglia, dovevo finire un lavoro. E guarda caso nello stesso istante in cui tornai a sbirciare dentro allo Shadow, WI, il super computer per il controllo e la sorveglianza dello Shadow, si accorse della mia intrusione nei suoi file.

-Minaccia informatica rilevata.-

-Cosa ha detto?!- Chiese esasperato Morgan.

-Analisi presenza minaccia informatica. Minaccia informatica confermata.-

A quel punto decisi di zittire il mio unico e vero rivale a bordo del velivolo.

-WI, circoscrivi la minaccia e avvia contromisure.- Ordinò Morgan. -WI? WI?!-

Il computer non rispose. La sottoscritta lo aveva già trasformato in una massa di inutili cavi.

-WI è morto stronzo.- Gli risposi usando gli altoparlanti interni.

-Rocket!- Esclamò Jackson spaventato.

-Più viva che mai. A tutti colo che vogliono tornare a respirare aria fresca, consiglio di recarsi alle capsule di salvataggio.-

Gli uomini e le donne a bordo dello Shadow non persero un secondo. Tecnici e operatori si diressero di gran fretta ai moduli di salvataggio situati nelle fiancate inferiori dello Shadow. Tutti eccetto Jackson, che malauguratamente per se, il blocco elettronico della sua cintura di sicurezza non volle saperne di aprirsi. Disperato Jackson provò a chiedere aiuto, ma nessuno tornò indietro per lui. Neppure l’ammiraglio Morgan smise di fluttuare tra gli scompartimenti del velivolo per raggiungere la salvezza.

Quando l’occupante entrava in una capsula, questo si assicurava al sedile e premeva l’interruttore per il lancio. In meno di un minuto tutte le capsule furono eiettate nello spazio e poi guidate verso la Terra dal loro sistema di guida remota. La più vicina a Beacon City sarebbe atterrata nei pressi di Nara Visa. Le altre nei luoghi più svariati degli Stati Uniti. Wichita, Omaha, Minneapolis, Santa Fe, Tucson, Portland, Washington D.C., Città del Messico, Winnipeg. Perfino in piena Alaska. Nessuno poteva sapere cosa gli attendeva al loro arrivo. Una città di sopravvissuti? Un nido di insetti mutanti? Ma almeno loro ebbero una chance. Al contrario di Morgan, la cui capsula venne sabotata dalla sottoscritta poco prima della sua partenza. Se i miei calcoli erano esatti, avrebbe fluttuato su un altro orbita per almeno dieci anni prima di rientrare nella nostra atmosfera. Un destino crudele, ma meritato vista la sua complicità nell’uccisione dei miei compagni nel forte. E poi non volevo rischiare che atterrando in un posto sicuro della Zona Contaminata si mettesse a portare avanti il culto di Woden con un altro gruppo di superstiti disperati.

-Rocket?! Rocket mi senti?!- Mi chiamò Jackson ancora intrappolato sul suo sedile.

-Posso fare qualcosa per te Jackson?- Gli chiesi con indifferenza.

-Il mio Pip-Boy contiene dati, mappe, codici e segreti della Vault-Tec. È tuo. Se mi risparmi …-

-Perché dovrei volere un altro Pip-Boy? Ho già il mio.-

-Tu non capisci?! Il mio ha le coordinate di un vault dirigenziale nascosto nel Mare Australe della Luna! Non è grande come il vostro bunker, ma è comunque un bel posto dove vivere in pace.-

-Sei tu che non capisci. Tu forse potresti vivere anni interi da solo, a riciclare la tua urina e a mangiare lo stesso cibo ogni giorno in un bunker di lusso. Lontano dalle grida degli innocenti e dalle preghiere dei disperati. Lontano dalla tua stessa famiglia. Ma io no.-

-Allora lasciami andare cazzo! Se tu vuoi morire con i tuoi amichetti sono affari tuoi! Tienti questo aereo e fammi scappare con una capsula sulla dannata Luna!-

Finalmente mi fu chiaro perché Jackson fosse l’unico con una tuta da astronauta. Peccato che non gli sarebbe servita a molto.

-Nessuno può sfuggire alle proprie colpe. E adesso tienti forte. Stiamo per tornare a casa.-

-NO!!! ROCKET ASPETTA!!! POSSO …!-

Jackson provò a liberarsi dalle cinture, ma quelle cinghie erano state ideate appositamente per resistere alle accelerazioni e alle brusche frenate. E il sistema di blocco era sotto il mio controllo.

Dopo aver spento i microfoni del ponte di comando, effettuai una breve diagnostica dello Shadow. L’idrogeno e l’ossigeno nei serbatoi sarebbero bastati per un rientro, mentre il reattore era ancora a piena potenza. Rimasi sorpresa nello scoprire che la stiva per gli ordigni ospitava solo una sessantina di Mini-Nuke. Ma d’altro canto l’Orda non avrebbe potuto trovare di meglio. In fatti quella di usare i ghoul infetti come armi chimiche era stata una mossa astuta. Questi ultimi erano stati “sganciati” tutti al primo passaggio su Beacon City, ma la cosa non fu un problema, visto che l’unico a cui avrebbero fatto comodo era Woden. Ad attirare la mia attenzione invece fu il cannone automatico da 75mm a prua e le due batterie missilistiche armate con dei B90 sulle ali del velivolo.

Ora che sapevo quali erano le mie carte dovevo solo riportare a casa le chiappe con l’ausilio dello Shadow. C’era però un intoppo nel mio piano per il rientro. Per tutto il tempo il Burglar aveva continuato la sua lenta avanzata verso il forte. Le Mini-Nuke nella stiva non erano state ideate per perforare le sue pesanti corazze, mentre il 75mm a prua e i lancia razzi sulle ali funzionavano solo contro bersagli situati davanti allo Shadow. Ciò nonostante non ero certa che le mie armi sarebbero bastate a fermare quel palazzo mobile. Quello che mi serviva era una bomba bella grossa, come una Mark 40 lanciata a tremila piedi di altezza sulla testa di quei vichinghi laggiù. Ma per ottenerne una sarei dovuta atterrare a Beacon City e farmela portare in superficie dal magazzino speciale. Troppo tempo. Il Burglar si sarebbe avvicinato troppo, e colpirlo con un’arma nucleare sarebbe diventato troppo pericoloso per Beacon City. Sempre se prima non ci avrebbe sfondato le mura.

Se ne io e neppure i miei amici potevamo fermare il Burglar prima del suo ineluttabile arrivo a Beacon City, allora c’era una sola cosa da fare.

Avevo letto poco sugli aerei. E quasi niente su quelli orbitali. Ma sempre grazie all’intuito di Spectrum, nei miei microprocessori secondari erano stati salvati i manuali di volo su tutti i velivoli in dotazione all'Aeronautica e al USSA. Lo Shadow non era tanto diverso. Per prima cosa riattivai i calcolatori del defunto WI per ottenere una traiettoria sicura per il rientro. Dopo aver controllato i risultati con i miei microprocessori, e aver migliorato ulteriormente la traiettoria, riavviai le turbine dello Shadow. Uscire dall’orbita senza commettere casini fu la parte più difficile. Se i propulsori dell’RCS avessero generato una decina di newton in più o in meno, duecento tonnellate di aereo sarebbero potute piombare verso la terra come una meteora. O più probabilmente avrei dovuto ricominciare da capo l’allineamento. Per mia fortuna lo Shadow era stato progettato per effettuare questo tipo di manovre. In passato gli shuttle dovevano capovolgersi su se stessi prima di rientrare, compiere virate, impennate e tante altre belle cose.

Trovato il giusto assetto arrivò il momento di ripartire con la potente spinta delle turbine. Il viaggio di rientro fu abbastanza gradevole, con il vuoto dello spazio a silenziare i suoni del bombardiere e le urla di Jackson che si stava pisciando dentro la sua tuta da astronauta pressurizzata.

Giunti nella mesosfera le cose si fecero un po' più movimentate. Gli strati gassosi che proteggevano il nostro pianeta dalle micro meteore e dagli altri oggetti in costante movimento nello spazio, iniziarono subito a surriscaldare la fusoliera dello Shadow. La mia posizione mi garantiva una protezione sufficiente dalle incandescenti emissioni di calore, e a proteggermi ulteriormente ci pensava una piastra termica mobile usata per proteggere l’antenna nei rientri, che dopo aver preso possesso dello Shadow mi fu possibile alzare con il sistema idraulico. Non era tanto per il mio corpo, ma per i miei vestiti. Il Dr Spectrum gli aveva creati appositamente per resistere alle lacerazioni e alle alte temperature, ma non ero certa che la loro resistenza superasse i millecinquecento gradi centigradi.

Prima di fare gli ultimi chilometri di mesosfera a quarantacinque gradi come da manuale per impedire al plasma di scogliere lo scudo termico e disintegrare il resto, gettai il bombardiere in una spericolata picchiata infernale a più di ventisei mach verso terra. Portare lo Shadow oltre la sua velocità massima era fondamentale per la riuscita del mio piano. Inutile dire che i numerosi allarmi del ponte di comando iniziarono subito a squillare come un’orchestra confusa. Passare dallo spazio all’atmosfera terrestre in così poco tempo e ad una simile velocità comportava dei seri rischi per la struttura del velivolo. Il telaio cominciò a piegarsi. Alcune piastre di silicio temprato si staccarono. I circuiti elettrici andarono in corto. E a giudicare dalla smorfia stampata in faccia, Jackson in quel momento partorì un suo simile nella sua bella tuta da astronauta pressurizzata.

Fortunatamente smisi di ardere come una cometa intorno ai cinquanta chilometri da terra senza restare in mutande. Certo la cosa non aveva fatto bene al mio completo. Il cappello, che per tutto il tempo avevo dovuto tenere saldo con la mano libera, la camicia e il mio spolverino si erano anneriti in più punti. Armi, scarponi e pantaloni erano rimasti miracolosamente illesi.

Finalmente iniziai a vedere le luci di Beacon City e i fuochi dell'accampamento nemico in fiamme. Fu un vero sollievo per me. Se fossi dovuta morire, avrei preferito farlo a casa mia. O dalle parti di casa mia per lo meno.

Morire come un kamikaze però non era nei miei piani. Il tempo a mia disposizione stava per finire. Lo Shadow stava continuando la sua picchiata a non molto meno di venti mach. Scendendo la densità dell’aria era aumentata, e ciò aveva rallentato il bombardiere. Dovevo comunque sbrigarmi.

Dopo aver inserito al volo gli ultimi dati, mi preparai al distacco. Mentre il CTS iniziava a riscaldarsi buttai un’ultima occhiata su Jackson. Ormai l’ex dirigente era al limite. Il sangue non gli arrivava più al cervello, e da li a poco avrebbe perso definitivamente i sensi. Mi restava però il tempo per un ultimo saluto.

-Con questo dichiaro le mie dimissioni dalla Vault-Tec.- Dissi con gli altoparlanti al massimo del volume per sovrastare gli allarmi e lo stridio della struttura. -Buon viaggio idiota.-

Provai un’incredibile soddisfazione nel dire quelle parole. Meno male che quel rifiuto umano non era ancora svenuto. Delle mie dimissioni non gli sarebbe mai importato, ma di farsi trattare in quel modo nei suoi ultimi istanti di vita, beh quello dovette bruciargli non poco.

Appena la mia mano fu fori dalla presa, il CTS mi spedì a più di cinquecento miglia orarie lontano dallo Shadow. Ora voi vi starete sicuramente chiedendo come un jetpack ideato per raggiungere una velocità massima di quattrocento o quattrocentotrenta miglia orarie possa arrivare a cinquecento. Semplice. Disattivate i blocchi di sicurezza dei postbruciatori e preparatevi a riattivarli prima che il calore fonda le vostre turbine trasformando l’intero jetpack in una palla di fuco e rottami.

A preoccuparmi però non fu il rischio di esplodere con il CTS. Ma il fatto che appena dopo il distacco, per ogni metro che facevo in avanti, ne facevo almeno tre verso il basso. Non aver calcolato bene la spinta di inerzia accumulata volando attaccata allo Shadow si stava dimostrando un grave errore.

Dopo dieci secondi dal distacco avevo fatto appena un chilometro. Molto se si vuole scappare dalla detonazione di una Mini-Nuke. Poco se la detonazione è di due reattori nucleari da più di cinquecento megawatt l’uno.

A cinque chilometri dal suolo, il reattore dello Shadow sprigionò tutta la sua energia nelle turbine, mischiata al getto incandescente dell’idrogeno e dell’ossigeno liquido, spingendo il bombardiere dai venticinque ai trentadue mach. Un istante dopo lo Shadow piombò come un proiettile sul Burglar, demolendo la struttura di entrambi e causando ben due esplosioni. L’energia che ne venne sprigionata fu superiore ai venti chilotoni.

In quell’esatto momento mi trovavo a soli cinque chilometri dal suolo, e nonostante il CTS continuasse a portarmi lontano dal luogo dello schianto, la mia caduta continuava inesorabilmente. Gli sbalzi dovuti alle onde d’urto non furono d’aiuto. Nel frattempo l’enorme fungo atomico nato dall’esplosione aveva iniziato la sua rapida ascesa al cielo. Quattrocento metri più indietro e mi avrebbe preso in pieno.

Quando fui a meno di due chilometri da terra, il CTS decise di mollarmi. Il surriscaldamento doveva aver fritto il circuito primario.

-No! Riattivati! RIATTIVATI!-

Per quanto io ci provassi, il CTS non mi rispondeva. Mandava solo segnali di guasti critici e surriscaldamento. E ovviamente ciò provocò la mia caduta verso terra.

Non so cosa mi spaventò di più. Se cadere da un’altezza considerevole ad una velocità ancora elevata, o atterrare nel pieno di una detonazione nucleare.

Fatto sta che alla fine dovetti prepararmi ad un atterraggio di emergenza. Quando però le nubi di sabbia e polvere radioattiva sollevate dalle onde d’urto mi avvolsero, tutto ciò che mi rimase da fare fu pregare.

 

 

I predoni sopravvissuti all'assalto nemico si erano radunati a nord del campo, protetti dai soli quattro corazzati rimasti operativi e dai ghoul infetti che Woden aveva spostato per impedire un nuovo assalto. Anche se ciò gli aveva messi a portata dell’artiglieria dei Fondatori, che dopo aver distrutto le catapulte e le ASAM con dei micidiali colpi di precisione, aveva iniziato a logorare gli infetti più vicini. Poi, come se tutto ciò non bastasse, un lampo accecante divampò dove fino a poco fa doveva esserci il Burglar. Tutta l’Orda era rimasta sconvolta nel vedere il fungo atomico ad est. I predoni ci misero un po a capire cosa fosse realmente accaduto. L’onda d’urto che investì il loro accampamento aveva già perso molta forza al suo arrivo, ma le tende e tutti gli oggetti non fissati a terra erano volati via con facilità. Perfino i tavoli sui quali erano stati fatti sdraiare i feriti si erano cappottati.

Quando il vento cominciò a placarsi e la polvere a depositarsi, tutti loro capirono di aver perso due delle loro armi più potenti.

-La piattaforma mobile è saltata.-

-Il bombardiere le si è schiantato sopra.-

-Avete visto? È sceso giù dal cielo come una cometa!-

-Che sia un segno del cielo?-

Demoni e devoti si erano messi a formulare le teorie più assurde e sinistre, mentre Woden, in piedi in mezzo a tutti loro, fissava smarrito il fungo atomico all’orizzonte. Neppure lui aveva immaginato una simile piega degli eventi.

-Questa terra è maledetta. Il cielo di questa terra è maledetto!-

-Non saremmo mai dovuti partire dal Nucleus.-

-Forse potremmo ancora farcela a prendere Beacon City.-

-Sei pazzo o solo idiota?! Quel posto è pieno di armi diaboliche. Non hai visto che fine hanno fatto i devoti del primo assalto?-

-Dobbiamo andarcene da qui. Dobbiamo fuggire!-

Mentre il dissenso e la paura iniziavano a farsi strada tra i predoni, Woden decise di fermare sul nascere qualsiasi tipo di dibattito disfattista. O ammutinamento.

-SILENZIO!- Tuonò il mutatore. -Potranno anche averci privati dei nostri giganti da , ma non potranno mai fermare le nostre legioni.-

-Quali legioni?!- Gli chiese qualcuno.

-Siamo rimasti solo noi!- Obbiettò una predona.

Per la prima volta, Woden conobbe il dissenso della sua gente. Neppure lui poteva negare l’evidenza. Tra gli scontri per le strade di Oklahoma City, l’assalto della Resistenza al Nucleus e la per l’Oklahoma ancora in atto, l’Orda aveva perso più dell’ottanta per cento delle sue forze. I predoni radunatisi con Lord Woden al perimetro nord dell’accampamento erano solo l’ombra del grande esercito che erano un tempo. Quattro centinaia scarse di sbandati la cui fede era ormai agli sgoccioli. Prima dell’assalto dei Fondatori, del bombardamento che aveva distrutto tutte le loro armi a lungo raggio e della distruzione delle due più grandi armi dell’Orda, gli apostoli intenzionati a voltare le spalle a Woden alla prima occasione si contavano con le dita di una mano. In quel momento invece erano più della metà.

-Fate silenzio cani!- Sbraitò il comandante Brutus agitando la sua mazza di ferro.

-Sta zitto tu lecca culo!- Lo minacciò Nolan. -Questa storia finisce qui e ora. Abbiamo già perso. Sono morti migliaia dei nostri. E per cosa?! Per un “Eden Puro”?-

Nolan era senza freni ormai. Non aveva più paura di morire per mano dei suoi stessi compagni. Compagni che per la maggior parte iniziavano a vederla come lui.

-ERESIA!- Urlò uno degli uomini di Garth a Nolan.

-Ci avete portato voi qui!- Fece notare una donna con le gambe mozzate e il braccio steccato.

-L’esercito mutante di Lord Woden può ancora seppellire quel covo di inferiori.- Disse un demone della Legione dei Berserker ancora speranzoso.

-Parli di quei merdosi ghoul?!- Lo accusò un demone della Legione Civile armato di lanciarazzi. -Devono essere più preziosi di noi, visto il modo in cui gli ha usati fino ad ora.-

Lo scontro si stava facendo molto acceso. Molti predoni stavano esprimendo il loro disappunto per le strategie di Woden. Gli ultimi suoi fedeli tentavano in tutti i modi di placare gli animi, ma l’unico in grado di farlo era Woden stesso. Il quale però, stava ancora cercando le parole giuste per rispondere agli agitatori.

-Tornate in riga topi di fogna!- Ordinò un altro membro della Legione Civile puntando la sua mitraglietta.

-Fanculo mafioso!-

-Già! Vacci tu a morire contro i Fondatori!-

I predoni stavano iniziando ad azzannarsi alla gola. Woden capì che o avrebbe detto qualcosa di rassicurante, o il suo esercito si sarebbe frantumato ulteriormente.

-Figli miei. Vi prego di …-

Woden fece appello a tutta la sua cortesia per calmare la folla senza ricorrere alla violenza, ma i predoni erano già entrati in conflitto tra di loro. Le classi sociali dell’Orda stavano iniziando a collassare.

-Avete ucciso mio padre! Non era un combattente come me!-

-Perché Lord Woden ha fatto morire tutti quei devoti?!-

-Mio fratello era tornato indietro vivo! La Legione Bianca ha ammazzato lui e gli altri devoti senza alcuna ragione.-

-Se non vuoi fare la sua stessa fine allora vedi di ammutolirti negro.- Lo minacciò Garth.

-Vi scongiuro figli miei. State in silenzio e ascoltate.-

-MA IN SOMMA! LORD WODEN STA CERCANDO DI DIRE QUALCOSA!!!- Intervenne Sheamus mettendosi davanti a Woden e agitando le braccia come un pazzo. -COME OSATE LITIGARE IN SUA PRESENZA COME DEI RAGAZZINI MENTRE …-

-STATE … ZITTI!!!-

L’urlo di Woden fu come un tuono che fece tremare le ossa a tutti i presenti. Accecato dalla collera si avventò su Sheamus vomitandogli addosso un’ondata di bollente muco acido. Essendo di spalle, il ghoul non riuscì a vedere il getto acido arrivargli addosso. Neppure quando quello schifo bollente lo ricoprii dalla testa ai piedi ebbe il tempo di vederlo con i suoi occhi, dato che questi si sciolsero subito.

I predoni li attorno si allontanarono il più possibile da quell'orribile cosa. I più vicini però non fecero molta strada. La scarsità di spazzi vuoti e vie di fughe permise loro di spostarsi solo di pochi metri.

Negli ultimi istanti di vita, Sheamus provò un’ultima volta ad esprimere l’eterno amore che egli provava per il suo dio.

-Lob Woben … Lo Wobe … Lo Wob …-

La sua pelle e molti dei suoi organi erano caduti a terra già sciolti, mentre quelli ancora “integri” gli avrebbero raggiunti in breve tempo. Lo scheletro era tutto ciò che della sua forma umana rimaneva. La cosa più assurda era come Sheamus riuscisse ancora a stare in piedi.

-Lo Wo … Wo …-

SPLASH.

Woden mise fine alle sue sofferenze spiaccicandolo come io avevo fatto con la bottiglia di Nuka-Cola meno di un’ora prima li vicino. Chiaramente qualche schizzo di vomito acido finì su alcuni dei predoni più vicini. Questi quattro caddero a terra in preda alle convulsioni davanti agli occhi di tutti.

-IO SONO LORD WODEN! L’IMMORTALE! IL VOSTRO PADRONE!- Urlò il mutatore terrorizzando gran parte del suo popolo e ricordando al resto chi comandava. -VOI MI UBBIDIRETE E MI SERVIRETE! IN UN MODO O NELL’ALTRO!-

E come sempre accadeva quando qualcuno veniva infettato dell’acido dei mutatori, quei poveracci si rialzarono sulle loro gambe davanti a tutti, con i volti piegati dalle smorfie maligne e la temperatura corporea sopra la norma. Tutti capirono a cosa Woden alludesse con: in un modo o nell’altro.

Quello fu il punto di rottura. Con Woden in mezzo a segnare il confine, l’Orda si divise. Buona parte dei predoni scappò a sud, dove Nolan e i suoi avevano nascosto coloro che per primi avevano usato la testa. Chiaramente, quasi tutti lo fecero perché a nord c’era Beacon City. Quelli che invece restarono fermi al loro posto, anche se terrorizzati dall’ira di Woden, erano gli apostoli e i demoni che ancora credevano nel suo folle piano. Oppure i disertori che al momento giusto si erano trovati dal lato sbagliato del confine. Tra quest’ultimi Marshall e i resti della sua Legione d’Acciaio.

-E ora … in marcia.- Ordinò Woden.

 

 

-Si. Esatto. Dovete mantenere l’allerta massimo. Baker chiudo.-

Il colonnello aveva appena finito di farsi medicare la gamba. La corazza non era riuscita a fermare la scheggia di granata anticarro che gli aveva perforato la coscia. L’osso per lo meno era salvo.

-È sicuro di non volere uno stimpak?- Gli chiese l’infermiere dopo aver riposto le bende avanzate nella cassetta medica.

-Va bene così. Non si spreca uno stimpak per un graffietto.- Scherzò Baker.

La situazione però non era delle più rose.

Ero riuscita a tirar giù lo Shadow e per giunta a farlo piombare sul Burglar. La detonazione dei due rettori aveva fatto anche tremare lievemente le fondamenta del P1, mentre l’onda d’urto, beh quella non la avvertirono neppure al bastione di sudest. La barriera di risonanza fotonica del RAD-SHIELD avrebbe potuto resistere anche ad un’onda quattro volte più forte.

L’oceano di ghoul infetti invece rimaneva una minaccia. Woden gli aveva messi a difendere l’accampamento dell’Orda, ma sarebbe bastato un suo ordine per metterli in marcia.

E ovviamente, c’era da tener conto della mia assenza. Dopo l’esplosione il Dr Spectrum aveva perso il mio segnale. La causa poteva essere un’interferenza dovuta alle radiazioni, o più facilmente la mia morte. Gli unici ad aver fatto ritorno dall'inseguimento erano stati Rosso uno, tre e quattro, Isaac e Nick. Il super meccanico e tutti gli altri si erano rintanati dietro ad una barricata montata sulla soglia del Gate1 con il supporto di due carri armati ai lati e tre vertibird in volo stazionario tra i quali Isaac.

-Colonnello!-

-Novità tenente?-

-Sembra che i ghoul abbiano iniziato a muoversi. Avanzano verso di noi a passo lento. Entro mezz’ora avranno raggiunto il nostro perimetro.-

-Peccato. Speravo che il nemico avrebbe ritirato le sue truppe.-

-Non era il solo signore.-

-Vorrà dire che questa notte la passeremo tutti in bianco.-

Il colonnello seguì Wright al Gate01. Tutti i sopravvissuti all’assalto si erano riuniti li per riformare le difese. Nonostante la riuscita dell’assalto, molti soldati di riserva nel P1 erano stati chiamati a riempire i vuoti lasciati dai nostri caduti. Questi però non potevano sostituire i veicoli e i nostri combattenti migliori. Ad ogni modo, Beacon City era pronta ad accogliere l’oceano di ghoul infetti.

-TUTTI AI LORO POSTI!- Urlò Wright.

-Unità Fat-Man in posizione?- Chiese il Colonnello usando la radio della guardiola al Gate01.

-Unità pronte signore. Aspettiamo solo i suoi ordini.- Gli rispose il comandante delle unità equipaggiate con i Fat-Man.

-SIGNORE! GUARDI CHE ROBA!- Lo chiamò Green dalla barricata.

Neppure Baker riuscì a trattenere la paura vendendo l’oceano di ghoul avanzare verso Beacon City. Da lontano sembravano molti meno.

-Restate calmi. Non dimenticatevi che sono tutti ferali. A prescindere da quali abilità abbiano ottenuto restano dei mutanti senza cervello.-

Nel suo breve discorso di incoraggiamento Baker aveva trascurato il fatto che la mancanza di intelletto da parte degli infetti era compensata dal totale controllo psichico del loro burattinaio.

I soldati dislocati lungo il perimetro difensivo stavano mordendo il freno. Molti avrebbero voluto iniziare a spare subito, ma gli ordini erano precisi. Attendere che il nemico fosse ad almeno settanta metri dalla canna della propria arma per permettere alle mine di fare il loro lavoro e ai proiettili di avere più carne da macellare. Questo avrebbe massimizzato le perdite nemiche.

Fu un solivo per tutti vedere i ghoul circondare la base invece di attaccare direttamente. Chiaramente lo scopo di Woden era quello di toglierci ogni via di fuga. Non certo la tattica più brillante, visto che in questo modo i soldati trincerati e sulle mura avrebbero colpito i mutanti in modo equilibrato. L’ideale sarebbe stato quello di colpirci in un punto specifico fino a sfondare le nostre difese e penetrare in massa nel forte, ma Woden sembrava essere certo della sua strategia.

Comunque, in meno di venti minuti Beacon City venne completamente accerchiata. La flebile nebbiolina giallastra emanata dai ghoul riempì subito il sottile anello che li separava dallo scudo del RAD-SHIELD. Il nemico ci mise altri tre interminabili minuti a fare la sua mossa decisiva.

Un assalto congiunto di ghoul infetti provenienti da tutte le direzioni. Nessuno riuscì a contarne l’esatto numero, ma quei cosi avevano iniziato a correre verso le nostre postazioni senza badare minimamente alle mine sparse per i duecento metri che ci separavano.

Le mine a frammentazione smembravano. Quelle al plasma liquefacevano. Le criogeniche congelavano. Quelle elettromagnetiche, non furono molto di aiuto. Mentre quelle atomiche, anche se molto distanziate per impedire la reazione a catena, distruggevano ogni cosa osasse passarci vicina. Tutto questo però, non sembrava aver effetto sull’avanzata nemica. C’erano troppi ghoul perché le mine potessero fermarli.

-Aspettate il mio segnale!- Ordinò Baker puntando il suo fucile gauss.

Quando la terra iniziò a tremare tutti erano già con il dito sul grilletto. Le mine stavano per esaurirsi. E il caos si sarebbe abbattuto su tutti.

-FUOCO!!!- Urlò il colonnello.

Duecento. Trecento. Cinquecento ghoul morirono nei primi istanti di quel devastante scontro tra eserciti. I fucili sparavano. I corpi venivano trafitti. Le armi ad energia colpivano. I tessuti si scioglievano. Le bombe cadevano. I ghoul si riducevano in poltiglia. In casi come quello, il V.A.T.S. era quasi inutile.

In uno scontro tra umani la vittoria avrebbe favorito i difensori. Ma quella non era una tra umani. E un esercito di mostri senza cervello non conosce paura o salvezza.

Man mano che le prime file venivano falciate come fili d’erba, l’Orda continuava ad avanzare senza arrendersi. Neppure le potenti armi ad energia del Dr Spectrum sembravano aver molto effetto.

Con i ghoul più vicini che mai, i soldati cominciarono a temere il peggio. Più di quanto già non avessero fatto. Alcuni ebbero perfino delle difficoltà a reinserire i caricatori nelle loro armi da quanto tesi fossero.

E proprio quando i ghoul arrivarono ai piedi della trincea e la caduta di Beacon City sembrò inevitabile, la fortuna ci sorrise.

Le prime centinaia di ghoul infetti che erano riusciti a superare la cupola del RAD-SHIELD erano caduti a terra privi di sensi. Il fatto bastò a far arrestare l’avanzata dell’Orda. Perfino i soldati a difesa di Beacon City avevano smesso di sparare vedendo una simile razione.

-Che gli prende?- Domandò Bud.

-Guardate!- Disse un soldato indicando i ghoul caduti a terra.

I ghoul si stavano decomponendo rapidamente. Come filetti di burro sotto il sole in pieno deserto. Stavano morendo.

-Dipendono dalle radiazioni.- Suppose il Dr Spectrum. -Non possono attraversare il RAD-SHIELD! COLPIAMOLI FINCHÉ SONO INERMI!-

-SPARATE! SPARATE TUTTO QUELLO CHE AVETE!- Ordinò il colonello.

È ironico pensare che basti un niente per cambiare le sorti di una battaglia. Un attimo prima stai per essere investito da un esercito di mutanti. E un attimo dopo gli stai sparando addosso come a dei pesci in un barile.

Senza alcuna protezione e ad una distanza così breve, i ghoul infetti si ritrovarono indifesi e in netto svantaggio. Ma per quanti proiettili e bombe i nostri usassero su quei brutti mostri giallastri, il loro numero continuava a non diminuire significativamente.

La situazione però sembrava essere diventata stabile. I soldati sparavano e i ghoul facevano da bersaglio. Fino a quando quelli sulla strada che collegava la base alla U.S. 287 non si divisero come il Mar Rosso per far passare un altro popolo di schiavi.

A poco più di cento metri dal Gate1, gli ultimi predoni dell’Orda stavano avanzando con i loro corazzati ancora operativi dietro a quello che Woden chiamava Crabloc. Un dei più grandi mutatori sulla piazza. Secondo soltanto al Kraken. Le sue quattro zampe a forma di zappa si muovevano due alla volta, proteggendo così il nucleo del batterio mutato e gli alleati retrostanti. Il materiale di cui erano composte le zampe era incredibilmente resistente. I primi tentativi di abbattere il mostro con i cannoni dei carri si rilevarono inefficaci.

-Quel concentrato di merda non si ferma!- Fece notare Lootah dalla sua postazione di tiro.

-A tutte le batterie. Colpite il bestione in testa al gruppo con la roba più potente che avete.- Ordinò Baker per radio. -Riuscite a vederlo torre?-

-Affermativo signore.- Gli ripose l’operatore in cima alla torre della pista.

Seguirono i soliti boati delle cannonate, accompagnati subito dopo dallo scoppio dei potenti colpi perforanti di Spectrum. Ma l’unico effetto che ottennero fu quello di far barcollare il mutatore come un ubriaco per qualche secondo. Poi il mostro tornò marciare maciullando l’asfalto della strada e aprendo la via per le pedine di Woden non radiazioni dipendenti.

-Un’altra salva. Presto!- Ordinò Baker.

Ma neppure al secondo tentativo il mutatore venne abbattuto. Quell’orrore aveva le ossa più dure di qualsiasi altro organismo che occhio umano avesse mai visto.

-V5 e V4. Fate il giro e mettetegli un po di pepe nel culo. Attenti che non abbiano altre sorprese.-

-Si signore.- Gli risposero i due piloti.

I due vertibird che affiancavano il V1 di Isaac si distaccarono per accerchiare il Crabloc. Arrivati a metà strada però V5 esplose. Nessuno era riuscito a vedere cosa lo aveva colpito. Ma il suo reattore era comunque esploso.

-V5 abbattuto. Hanno colpito Flick. Torno indietro signore.-

Baker non costrinse il pilota a portare a termine il suo compito. Qualunque cosa fosse accaduta al V5 sarebbe accaduta sicuramente al V4 se avesse continuato a volare fuori dalle mura.

-Hai visto che c’è la dietro?-

-La solita fanteria e dei carri. Gli infetti non li toccano. Ho riconosciuto anche Woden. E credo di aver intravisto il nucleo del gigante. È proprio dietro a quelle sue zampe. Ma da qui … CAZZO! MI HANNO COLPITO! MI HANNO COLPITO!-

Il V4 iniziò a precipitare girando su se stesso come un gatto che si rincorre la coda. Uno dei suoi rotori era stato trafitto da un oggetto impossibile da identificare da terra. Ma una cosa era sicura. A lanciarlo era stata l’Orda.

-Tira fuori quei cazzo di carrelli o salterai!- Gli ordinò Isaac.

-Non ci riesco. C’è una perdita nel sistema idraulico. La pressione è nulla.-

Mentre Baker e chiunque non fosse troppo impegnato a sparare fissava il velivolo, questo continuava la sua discesa verso terra. Per un attimo si pensò che il V4 si sarebbe schiantato sopra o vicino al Gate1. Invece, il convertiplano sorvolò le difese, schivò il V1 di Isaac, e atterrò proprio sopra alla postazione d’artiglieria sud. La detonazione non fu un cataclisma. Solo un reattore collassato e qualche proiettile d’artiglieria. Per l’intero equipaggio però non ci fu nulla da fare, mentre due soldati della squadra addetta all’artiglieria vennero gravemente feriti.

-Mandate dei medici e i pompieri. Subito!- Ordinò il colonnello.

-SIGNORE! ABBIAMO PERSO I LANCIATORI!- Gli urlò uno dei soldati addetti ai Fat-Man.

Mettere l’artiglieria e i Fat-Man della postazione sud nello stesso riparo si era appena rilevato un grosso errore.

-LE MUNIZIONI SONO STATE DANNEGGIATE?- Gli chiese Baker temendo il peggio.

-NO! LE CASSE HANNO RESISTITO! MA CI VORRANNO DIECI MINUTI PRIMA DI FARCI PORTARE DEI LANCIATORI NUOVI!-

-SBRIGATEVI A TROVARLI! CI SERVONO SUBITO!-

-Oh oh.- Disse Spectrum.

-Oh oh, cosa?- Gli chiese Wright.

-Il connettore della rete di puntamento era proprio li. Ora gli operatori alla torre non possono più comandare l’artiglieria.-

-Perché hai messo un solo connettore per collegare la torre Doc?!- Gli chiese il colonnello adirato. -E perché proprio attaccato alla postazione sud?!-

-Perché i tuoi genieri non mi hanno dato tutta la fibra ottica che avevo richiesto! Non sono infallibile Roland!- Gli rispose a tono lo scienziato agitando l’enorme pungo della sua tuta apophis.

-Vuoi dire che i tuoi cannoni non funzionano più?-

-Non ho detto questo.- Poi Doc si sintonizzò sulla frequenza radio. -A tutte le unità di artiglieria. Qui Spectrum. Abbiamo perso il collegamento con la torre. Non può essere riparato. Usate i comandi manuali e se avete una radio chiamate la torre per farvi dire dove sparare.-

-STA ARRIVANDO!- Urlò Green indicando il Crabloc ormai a soli trenta metri dall’entrata.

A quella distanza fu facile per un predone sparare una granata oltre il Crabloc. L’ordigno atterrò davanti alla barricata del Gate1. Reed venne colpito da una scheggia alla spalla.

-Hanno colpito Reed.- Disse Sullivan controllandogli la ferita.

Reed si tastò la ferita per verificare i danni. La scheggia era passata proprio in mezzo alle placche dell’armatura da marine.

-Stanno vincendo, non è vero colonnello?- Domandò Reed irritato.

Baker stava per dare l’ordine di ritirarsi dietro alle mura e chiudere il Gate1. La trincea e le sue armi fisse sarebbero state prese dai predoni. L’unica opzione era sfruttare l’altezza delle mura e bloccare i nemici all’esterno, anche se queste non avrebbero garantito che i predoni sarebbero rimasti nella trincea. Anche loro erano pieni di sorprese. Ma proprio quando la ritirata sembrò inevitabile.

SHUUU.

Dal cielo alle spalle dei difensori al Gate1 una figura umana sfrecciò verso di loro lasciandosi dietro una scia di fumo ed emettendo un fortissimo boato.

-Che diavolo …?- Si chiese Baker guardando l’oggetto volante avvicinarsi sempre di più.

Con i propulsori ormai fusi e la corazza rovente, il CTS stava per abbandonarmi. Prima che ciò accadesse volli fare un’ultima acrobazia in volo.

Dopo essere stato danneggiato dall’onda d’urto, il mio sistema di comunicazione poteva solo ricevere. Non mi fu quindi possibile trasmettere la mia posizione al quartier generale o a Doc. Ma potei ascoltare le comunicazioni e prepararmi a colpire. Poco prima di giungere al Gate1, avevo fatto un volo radente al suolo nella piazza centrale per agguantare al volo una Mini-Nuke lasciata sopra ad una cassa. Dopo di che fu sufficiente volare dritta all’entrata sud, sorvolare i miei compagni increduli, puntare l’arma in basso e lasciarla cadere dietro al Crabloc.

La detonazione arrostì per bene il nucleo del Crabloc. Il mutatore cadde in avanti con tutto il suo corpo, mentre i predoni e i ghoul infetti più vicini furono spazzati via.

-SI!!!- Esultò Baker insieme a tutti gli altri.

Usufruendo degli ultimi istanti di vita del CTS feci un breve volo sopra la colonna di predoni. Quel tanto per capire la loro pericolosità e far vedere a tutti loro che non ero morta. Molti si spaventarono e cercarono di ripararsi come meglio potevano. Solo un gruppetto sopra ad un APC osò spararmi con delle armi leggere. In risposta mi portai in volo stazionario con i retrorazzi, impugnai l’Ares e crivellai quei bastardi fino a ricoprire il blindato di sangue e interiora mezze sciolte.

-Beccatevi questo figli di puttana!- Gli schernì Baker.

Il rientro alla base fu meglio di una parata. Tutti smisero di sparare e mi acclamarono come un’eroina. Atterrata davanti alla barricata del colonello mi tolsi subito il CTS prima che la corazza iniziasse a colarmi addosso. I miei amici uscirono allo scoperto per venirmi ad abbracciare, ma la massa di metallo mezzo fuso a più di mille gradi tra me e loro li trattenne.

-Credevamo fossi morta!- Disse Nick battendomi il cinque.

-Dammi un dollaro per tutte le volte che me l’avete detto e sarò milionaria.-

-Sei stata nello spazio? Cacchiarola! Tu si che sei Nuka-Girl!- Si complimentò Trinity.

-Ti sbagli bionda spacca ossa. La prossima volta porto anche te così mi dari una mano.-

-Se tuo padre fosse qui, scoppierebbe a piangere soldato!- Esultò Cook sparando una raffica di granate in mezzo ai ghoul.

-Ottimo lavoro Red. Non smetti di stupirci.- Disse il colonnello facendomi il saluto.

-Grazie signore.- Dissi rispondendo al saluto.

-ATTENTI!!!- Urlò Wright indicando qualcosa dietro di noi.

Appena mi voltai vidi soltanto qualcosa di enorme venirmi addosso. Feci appena in tempo per spingere via Nick, Trinity e Bud, che erano i più vicini. Poi un dannato carrarmato mi investì in pieno. Il corazzato doveva essere stato modificato, visto che quando mi investì stava sfrecciando a quaranta miglia orarie. Grazie ai miei alti parametri di agilità riuscii ad agguantare la sua corazza frontale prima di finire sotto ai cingoli. Il carrarmato mi spinse per diversi metri, demolendo la barricata, speronando i nostri due carri ai margini di questa e investendo in pieno l'apophis di Spectrum. Dopo di che mi bastò piantare gli scarponi nel cemento, incrementare l’afflusso energetico nei servomotori delle spalle, bloccare i controlli delle mani e sfruttare la forza del nemico per sollevarlo e rovesciarlo all’indietro sulla sua torretta. Un suplex da wrestler professionista. Il carro non esplose, ma la torretta sprofondò nello scafo, rendendo il mezzo inservibile.

Appena rialzatami vidi che la battaglia era ricominciata. I predoni stavano assaltando le nostre postazioni, mentre tre dei loro ultimi corazzati li supportavano stando sopra al Crabloc. Le sue zampe ultraresistenti non avevano ancora iniziato a sciogliersi, diventando quindi una perfetta posizione rialzata che i predoni superarono senza troppe fatiche.

Anche se spalle, ginocchia e spina dorsale continuavano a mandarmi segnali di sforzo eccessivo mi diressi al Gate1, aiutai il povero Spectrum a rialzarsi e mi gettai nella mischia.

Il bello dei predoni era che quando gli schiacciavi la testa con le mani questa si frantumava come un pomodoro fresco. Provai un sadico senso di superiorità nel calciare quei sacchi di carne e spedirli nel bel mezzo degli infetti.

Anche gli altri si scatenarono. Nick e Trinity combatterono schiena contro schiena. Lei sparava con la sua pistola da Nuka-Girl, mentre il super meccanico sparava a tutto spiano col suo fucile al plasma. I fratelli Hunt rendevano onore ai loro antenati massacrando gli sventurati che gli capitavano a tiro. Le squadre di Lopez e Grant si assicuravano che nessun eroe cercasse di superare i cancello stando in bella vista sui due carri a guardia del Gate1 e coprendo chi era a terra. Spectrum e Atom smembravano con i loro potenti arti ogni demone o devoto che dava loro battaglia. I Thunder Blade … diciamo che fecero ciò per cui erano famosi. Sparavano e incassavano colpo su colpo senza arretrare. Ma quello che più di tutti si stava divertendo doveva essere Issac, che dall’alto schivava le cannonate dei carri nemici senza abbandonare la sua posizione e senza smettere di far piovere laser e pallottole sugli infetti con Tony e Amelia alle mitragliatrici della stiva. In mezzo a tutto questo il Mastino di Anchorage placcava predoni strafatti di psycho e in armatura atomica uno dopo l’altro per poi finirli con il suo fucile gauss.

Tutti in quel momento si impegnarono anima e corpo per difendere tutto ciò che di più caro ci era rimasto. Sarà stato per il fervore del gruppo, per la superiorità numerica, o per il vantaggio tattico dei Pip-Boy e del V.A.T.S., ma a fu subito chiaro che la vittoria sarebbe stata nostra.

L’ultimo predone che uccisi prima di impugnare nuovamente l’Ares e scatenare il suo devastante potere, fu una mia cara vecchia conoscenza. Il Gran Dragone Garth era rimasto tutto solo soletto nel bel mezzo della mischia. Strano data la sua stazza e il suo sbraitare frasi di incitamento.

-Posso?- Chiesi strappandogli dalle mani la sua grande falce nera.

Dopo aver falciato un paio di demoni che si erano messi a seviziare il nostro Atom con delle lance termiche, ridiedi l’arma al suo legittimo proprietario, alzandola al cielo e poi scagliandola a terra. La lama si piantò nella testa dell’apostolo, che nel frattempo era rimasto immobile dove l’avevo lasciato, attraversò il suo torace e quando il manico raggiunse il cranio, questo compresse l’intero predone a terra. Con la punta della falce sprofondata nell’asfalto di almeno dieci centimetri, lo sventurato Garth passò dall’essere uno spilungone razzista, ad una fisarmonica di carne morta in un lampo. Una morte troppo veloce per un vile assassino amante delle impiccagioni e dei roghi.

L’ultima spettacolare uccisione di quello scontro spettò al colonello. Che dopo aver schivato un fendente di Brutus calciò la gamba dell’apostolo facendolo rovesciare a terra e perdere il casco.

-Pivello.- Disse semplicemente Baker un attimo prima di sparare un proiettile elettromagnetica da 2mm in faccia a Brutus.

Il comandante della Legione dei Berserker ebbe appena il tempo di capire di essere morto. L’impatto del proiettile fece scoppiare la sua testa come un palloncino.

-E questo era l’ultimo.- Dissi dopo aver constatato che i predoni dell’Orda erano finiti.

L’ultima offensiva di Woden era stata arrestata. Per non dire sterminata. Con sole trentatré perdite trai nostri e più di un centinaio e mezzo tra quelle nemiche, lo scontro si era concluso nettamente a nostro favore. Possibile che avessimo appena vinto la .

-Hem … Red?-

Lopez mi fece segno di guardare a sud. Li, davanti ai tre carri ormai in fiamme, Woden s’ergeva in bella vista senza alcun protezione o supporto. Non era affatto contrariato dal risultato della . Eppure guardando quella sua brutta faccia giallastra si poteva intuire che stava ancora tramando qualcosa.

-ERA QUESTO QUELLO CHE VOLEVI?!- Gli chiesi indicando ciò che dei suoi fedeli restava.

-Oh, si.- Mi rispose semplicemente lui.

Non capii subito cosa intendesse dire, ma quando la terra iniziò a tremare, fu facile capire che non era nulla di buono. A provocarle erano la bellezza di ben dodici feroci mutatori in piena corsa verso di noi.

-Doc? Quei mostri vivono di radiazioni come i ghoul vero?- Domandò Bud per tutti quanti.

-Ehm … credo sia meglio se …-

-FUOCO!!!- Ordinai.

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Capitolo 28
*** Duello a Beacon City ***


Duello a Beacon City

Due eserciti. Due titani. Un solo vincitore.

 

 

04/02/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Fort Boise/Gate1

Ore 00:44

 

36°41’43.5”N 102°22’41.2”O

 

-ATTENZIONE!!!-

Quando un mutatore ti carica sai già che probabilmente morirai. Quando tanti mutatori ti vengono contro, sai che non avrai scampo.

Sotto il controllo di Woden sei di questi giganti assaltarono la barricata sud e altrettanti colpirono lungo tutto il resto del nostro perimetro. I ghoul infetti che si trovavano davanti venero schiacciati come insetti al loro passaggio. Le potenti armi di Spectrum riuscirono ad ucciderne solo due, mentre gli altri quattro attraversarono la cupola energetica del RAD-SHIELD e come se fossero fatte di carta pesta sfondarono le mura difensive.

Tredici soldati che non erano riusciti a spostarsi in tempo vennero investiti o schiacciati dai titani, che invece di fermarsi e continuare a martoriare le nostre difese, proseguirono la loro avanzata tra gli edifici della base.

-Vogliono conquistare il bunker?!- Chiese Lopez.

-No! Vogliono distruggere il RAD-SHIELD!- Gli rispose Doc.

-A TUTTE LE UNITÀ MOBILI! INSEGUITE I MUTATORI NELLA BASE! BLOCCATELI PRIMA CHE ARRIVINO ALLA PIAZZA!- Ordinò Baker alla radio. -Vai anche tu Red! Qui ci pensiamo noi!-

-SI SIGNORE!-

Ubbidendo al colonello iniziai a correre come una lepre verso la piazza d’armi. Con me c’erano anche gli ultimi arcangeli, MechaNick, Isaac e una jeep con una calibro 50. Inseguire i mutatori non fu affatto difficile. La scia di distruzione che quei cosi si lasciavano alle spalle era molto chiara e la loro velocità non superava le venticinque miglia orarie. In compenso, nessuno dei soldati all’interno della base era ancora riuscito a fermarli o a rallentarli. Le armi leggere erano poco efficaci contro i mutatori, mentre le armi pesanti per ovvie ragioni non erano l’ideale contro bersagli mobili e in rapido movimento. Per quanto grandi essi potessero essere.

Nonostante tutto uno dei quattro mutatori venne quasi subito abbattuto dalla squadra Lynx. Con i loro fucili antimateria i tiratori scelti piantarono una decina di proiettili perforanti ed esplosivi.

Man mano che andavamo avanti i mutatori cominciavano a perdere colpi. La loro tattica di correre sempre dritti per la stessa via invece di dividersi e confonderci giocò a nostro vantaggio. Mentre io con l’Ares e Isaac con le sue mitragliatrici colpivamo quei mostri alle gambe per rallentarli, gli APC e i carri armati tentavano in tutti i modi di bloccare la loro avanzata.

Il mutatore in testa venne preso in pieno da una cannonata criogenica. Caduto a terra il suo torace, contenente il nucleo, si ruppe in mille pezzi.

Il terzo inciampò su un APC comparso all’improvviso ad un incrocio. Il mezzo si rovesciò ma almeno il pilota e i suoi altri occupanti ne uscirono abbastanza illesi. Il mutatore invece atterrò di faccia sull'asfalto. Non ebbe neppure il tempo di rendersene conto che un corazzato in fondo alla strada da cui l’APC era uscito, gli sparò due granate anticarro nel fianco. A finirlo ci pensai io, passandogli vicino e colpendolo con una raffica di Ares a bruciapelo dritta sul nucleo ormai ridotto ad un grosso tuorlo d’uovo mezzo bucato.

Il quarto invece riuscì ad arrivare a destinazione. I difensori della piazza d’armi si erano sicuramente già preparati al suo arrivo, ma se altri mutatori avevano sfondato le difese a nord, ovest o est rischiavano di essere sopraffatti.

-REGGETEVI RAGAZZI!!!-

Prima che io potessi armare il BFG nel braccio e usare l’ultimo colpo a mia disposizione per salvare il RAD-SHIELD, Isaac portò il V1 alla massima velocità, sfrecciò sopra la mia testa, e come solo un diavolo di kamikaze come lui poteva fare, speronò il mutatore alla nuca con la prua del vertibird.

Anche l’ultimo mutatore cadde a terra, e come gli altri venne freddato da due sentinelle robotiche e un assaultron a guardia della piazza.

Isaac invece se la cavò con qualche graffio alla carlinga. Il pilota effettuò una larga virata e si posizionò ai margini della piazza, dove la battaglia per difendere il RAD-SHIELD era ancora in pieno svolgimento.

Tre mutatori erano riusciti a fare breccia. Uno da est e due da ovest. Il loro obbiettivo era chiaramente il macchinario il cui potere impediva agli infetti di entrare in città. A proteggerlo c’erano solo due APC, un carrarmato, una decina di robot e una trentina di soldati. E ovviamente le torrette difensive posizionate in torno ad esso. Quella in cima alla cupola del P2 era invece un pezzo forte della collezione privata del Dr Spectrum. Un cannone gauss da nove metri che dopo aver inquadrato il mutatore proveniente da est, sparò un proiettile elettromagnetico così potente da polverizzare tutto ciò che il mutante aveva sopra la cinta e scavare un bel foro nell'asfalto della piazza. Le gambe del mutatore fecero ancora tre passi prima di cadere a terra e iniziare a sciogliersi.

Liberato il campo ad est, io e gli altri ci concentrammo sui nemici venuti da ovest. I difensori della piazza se la cavarono bene inizialmente, ma senza un po di aiuto non avrebbero resistito a lungo.

Preceduta dagli Arcangeli, continuai a correre verso i due mutatori e a colpirli con l’Ares. Sarà stata una mia impressione, ma quest’ultimi erano più veloci e cattivi degli ultimi tre. Dai gomiti e dalle dita gli erano perfino spuntate delle lunghe e affilate scaglie. Quando quello più indietro se ne staccò una per colpire uno degli ultimi vertibird intervenuti per fermare i mutatori, ci fu chiaro cosa avesse colpito V4 e V5.

-V16 colpito! Hanno colpitoV16!-

-Rilassatevi. Stiamo bene.- Affermò il pilota. -Quella cosa però ci a trapassato la stiva da parte a parte. Uno dei miei si è cagato addosso. Ah ah.-

-Usano i pezzi del corpo come munizioni!-

-Attenti! Sta per tornare a colpire!- Disse Corvo Rosso.

Al secondo colpo il bastardo tento di colpire me. Ma non gli andò tanto bene. Schivata la sua “lancia” puntai l’Ares e premetti il grilletto fino a che il nucleo nella testa del mutatore esplose spruzzando acido come una fontana.

L’ultimo mutatore venne abbattuto da … tutti. Sentinelle, Mr Gutsy, assaultron, vertibird e soldati spedirono quel sacco di pus tossico all’altro mondo con abbastanza potenza di fuoco da sterminare un plotone di armature atomiche.

Prima di dare il via libera, mi ci avvicinai per constatare la morte. L’enorme massa corporea aveva iniziato a decomporsi, ma proprio quando iniziai a sperare che quell’incubo fosse finito ricevetti una brutta notizia.

-Sorvegliante ce n’è uno sulla cupola! Ripeto! Uno si è arrampicato sulla cupola!- Disse una delle operatrici del quartier generale alla radio.

Guardando la cima della cupola, vidi un altro mutatore attaccare il grande cannone gauss di Spectrum. La torretta non riuscì a ruotare in tempo, e il mutatore si avvinghiò alla lunga canna come una piovra. Cigolando e arrancando i motori della torretta cedettero alla forte pressione del mutatore, e dopo averla strappata dalla sua base la bestia la scagliò contro i soldati sottostanti.

-VIAAA!!!- Urlò qualcuno.

Sei soldati persero la vita in quello stesso momento, quando la torretta piombò su di loro. Sei rimasero feriti. Io per poco non venni colpita dal razzo che una sentinella robotica aveva sparato finendo anch’essa schiacciata sotto la pesante arma.

-Fermiamolo!- Disse Amelia sparando contro il mutatore con la sua mitragliatrice a canne rotanti.

Il mutatore rispose subito al fuoco con una di quelle sue lance. La scaglia prese in pieno il V1 di Isaac. Anche se il vertibird non esplose, il velivolo iniziò subito a perdere quota.

-Ha preso il convertitore! Perdiamo quota!- Ci informò Isaac. -Provò ad atterrare! TENETEVI!-

Per un attimo il mondo intorno a me si fermò. Gli ultimi vertibird ad aver effettuato atterraggi di emergenza erano praticamente esplosi tutti. Le vite di tre miei amici stavano appese ad un filo.

Miracolosamente Isaac riuscì a far scendere il V1 molto più lentamente di quanto mi aspettassi. Il velivolo atterrò comunque pesantemente vicino all'entrata del P2. Le sospensioni di un carrello si ruppero, un’elica grattò il cemento della cupola e lo scafo impattò duramente il suolo.

Subito mi precipitai a soccorrere i miei amici. Il mutatore non stette fermo a guardare. Con grande agilità spiccò un balzo dalla cima della cupola e atterrò tra me e il V1. L’impatto non spaccò l’asfalto della piazza, ma le vibrazioni le avvertì pure io.

Arrivatagli praticamente davanti misi alla prova la resistenza della mia pelle colpendolo con una serie di pugni da esperta del corpo a corpo. Per quanto potente fosse l’acido, le secrezioni non riuscirono a liquefare il mio rivestimento o i miei abiti. Buon segno. Peccato che i miei pugni riuscirono solo a trattenere il mostro. La sua pelle era morbida e allo stesso tempo resistente, mentre la sua cassa toracica rendeva il suo nucleo più inaccessibile di un diamante in una cassa forte.

-Possibile che più ne uccidiamo e più forti diventino?- Mi chiesi.

Al trentottesimo jab però, il bestione bloccò il mio pugno con una delle sue enormi mani. Dopo di che fece lo stesso con l’altra mano, e ancora prima che potessi accorgermene, mi ritrovai bloccata.

Il mutatore iniziò subito a spingermi contro il RAD-SHIELD, posizionato a trenta metri dietro le mie spalle e protetto da un discreto numero di difensori, che però non avevano campo libero dato che la sottoscritta si trovava proprio in mezzo.

Nonostante il mutatore fosse più forte del carrarmato che poco prima mi aveva letteralmente investita, riuscii a fermarlo.

-E adesso caccola radioattiva?- Gli chiesi nascondendo i cigoli dei miei servomotori sotto sforzo.

Per un nanosecondo pensai che il mutatore si fosse arrabbiato, o almeno era quello che i suoi tre occhi luminescenti mi suggerirono. Poi, aprendo la sua testa come il coperchio di un cestino, spalancò le sue enormi fauci sprigionando la puzza più rivoltante che il mio analizzatore di particelle avesse mai registrato.

Non appena quella cosa provò a mordermi la faccia tirai indietro la testa di scatto. Una. Due. Tre volte. Eravamo in pieno stallo, solo che il bestione poteva contare sulla sua forza e le sue abilità, mentre io sui miei compagni, che però non potevano sparare senza colpirmi.

-Abbassa la testa Red!- Mi ordinò Nick.

-COME?!- Gli chiesi schivando nuovamente le fauci del mostro.

-ABBASSA LA TESTA!-

Ubbidendo al super meccanico abbassai di colpo la testa, mettendola però alla portata del mutatore. Prima che il mostro me la mangiasse, una bella raffica di proiettili sparati appena dietro le mie spalle mi passò sopra la testa e andò conficcarsi nei bulbi oculari del mutatore.

-ORA LASCIALO ANDARE!-

Appena mi fu chiaro cosa Nick volesse fare, scattai a destra liberando il mutatore. Il colosso piombò in avanti con tutto il suo peso, ed essendo stato temporaneamente privato della vista, non fece caso al carrarmato avvicinatosi per dargli il colpo di grazia. Ci vollero quattro granate anticarro per sventrare il fianco del mostro e colpirlo al nucleo. La perdita di lucentezza e lo scioglimento dei suoi tessuti bastò a confermare la morte.

-Qualcuno informi il colonnello che abbiamo fermato i mutatori.- Ordinai.

-Si signora!- Mi rispose un caporale munito di radio da marconista.

-Tutto a posto voi altri?- Chiesi ad Isaac vedendolo uscire con Tony e Amelia dal V1.

Il pilota mi rispose con un cenno della testa affermativo.

Mentre in lontananza gli spari e le cannonate dei nostri compagni continuavano a farsi sentire, nella piazza gli incendi della nostra breve schermaglia illuminavano la zona mostrando a tutti il caos che quei mostri avevano portato in casa nostra.

-Beh almeno gli abbiamo fermati in tempo.- Disse Nick atterrando vicino a me.

-Così sembra fratello.- Ammisi amaramente guardando i corpi dei nostri caduti mentre quelli ancora in vita iniziavano a portarli via.

-AAAH!!!- Urlò un geniere.

Una trentina di forme gialle bioluminescenti arrivarono correndo come saette da tutte le parti. Una soldatessa vene subito attaccata. Istintivamente attivai il V.A.T.S., ma al posto dell’Ares impugnai la Fiamma dell’Ovest. Era troppo pericoloso usare l’Ares con tutti i soldati nella piazza.

La prima cosa che mi saltò all’occhio fu il nome con cui il V.A.T.S. aveva identificato quegli orrori. Mannari infetti. Non erano semplici randagi infettati. Ma cybercani della polizia mutati dal sangue dei mutatori e trasformati in pure e autentiche belve da guerra. Grossi quasi quanto degli orsi e veloci come ghepardi. A tutti erano ricresciuti gli arti mancanti, mentre le loro vecchie protesi robotiche, ormai divenute piccole e grottesche, furono messe da parte e lasciate a pendere come delle zampette deformi. Ciò che però mi disgustava di più era la loro origine. Quei cosi erano usciti come dei vermi dalle carcasse dei mutatori morti. Più o meno quattro per ogni carcassa. Il loro unico punto debole era la resistenza della loro pelle. Invece di essere robusti e pesanti come i mutatori, i loro corpi erano poco più resistenti di quelli dei ghoul infetti.

I primi sei colpi andarono tutti a segno. Come sempre. Anche se due di quei cosi rimasero soltanto menomati. Poi però altri tre dei nostri furono attaccati e subito sbranati dai mostri.

Le nostre armi sembrarono abbastanza potenti da tenergli testa, fino a quando io e Nick non fummo attaccati alle spalle dai mannari usciti dall’ultimo mutatore ucciso. Due mi saltarono addosso, mentre un si gettò su Nick. La prima cosa che feci fu liberare il mio amico dalle grinfie del suo assalitore, sparando tre colpi senza l’utilizzo del V.A.T.S.. Assicuratami che Nick fosse fuori pericolo mi occupai dei miei assalitori.

O meglio, loro si occuparono di me. Mentre uno si era arrampicato sulla mia schiena per poi saltarmi sul braccio e tentare di strapparmi la pistola dalla mano, l’altro si era messo a strattonarmi la caviglia destra cercando di farmi cadere. Il mannaro ci riuscì, solo che le mie chiappe gli piombarono dirette addosso, riducendolo ad una poltiglia mezza frantumata.

Quell’altro approfittò della mia caduta per saltarmi alla faccia e azzannarmela. Mettendo le braccia a croce riuscii a fermarlo, ma la sua forza mi mise comunque in difficoltà. Strano che delle creature così poco resistenti agli attacchi fossero anche così forti.

A soccorrermi ci pensò MechaNick. Il super meccanico tirò un pugno talmente forte da spedire la testa del mutante canino ai confini della piazza. Dal collo della creatura sgorgò qualcosa come un fiume di acido che entrandomi in bocca mi fece rimpiangere di avere un analizzatore di sostanze.

Rialzatami vidi che finalmente anche gli altri mannari stavano per esaurissi. L’ultimo, uno a cui le zampe posteriori erano state amputate, venne schiacciato dai cingoli del carro armato rimasto operativo. Per l’ennesima volta la battaglia sembrò vinta. E per l’ennesima volta la buona sorte ci voltò le spalle quando una raffica di proiettili da 5,56mm colpì in più punti il RAD-SHIELD.

A sparare fu un soldato infetto con il suo R91. Il nostro commilitone era stato ridotto quasi in poltiglia, ma il suo organismo riuscì a resistere alla corrosione dell’acido quel tanto da permettergli di strisciare verso la sua arma, puntarla e svuotare il caricatore.

Dopo che un marine ebbe messo fine alle sue sofferenze con un fucile antisommossa, io e Nick ci avvicinammo al RAD-SHIELD per constatarne i danni. A prima vista non sembrava esserci nulla di grave. Qualche graffio alla blindatura e delle luci di posizione saltate. Ma il Dr Spectrum, ancora intento a macellare carne di ghoul infetti al Gate1, la pensava diversamente.

-Red? Che tu sappia hanno colpito il RAD-SHIELD?- Mi chiese lo scienziato come se l’argomento della domanda fosse il meteo.

-Si, ma sta ancora andando. Giusto?-

-Potresti avvicinare la mano alla punta dell’antenna rotante e poi guardare se qualcosa la macchia.-

Anche se un po scettica allungai la mano fino a sfiorare l’oggetto che per mesi aveva girato su se stesso proiettando in cielo la nostra difesa primaria dalle radiazioni. Guardandomi poi la mano da vicino, vidi che delle piccole gocce bluastre prossime all’evaporazione erano cadute su di essa.

-Doc. C’è una strana perdita. Che significa?-

-La perdita proviene dal catalizzatore. Di questo passo il gas allo stato liquido si esaurirà in tre ore. E lo stesso vale per il diametro dello scudo anti radiazioni.-

-Non puoi ripararlo?-

-Per farlo dovrei spegnerlo e disattivare la cupola. Sarebbe la nostra fine. Ora è solo questione di tempo.-

-Colonnello ha qualche idea?- Chiesi immaginando che Baker fosse all’ascolto.

-Solo una.- Poi la sua voce risuonò agli altoparlanti della base. -A tutto il personale. Iniziare l’evacuazione della superficie. Tutte le unità non indispensabili devono raggiungere il P2 e procedere con i rientri nel bunker. Muoversi!-

 

 

Avete presente quando in una notte fredda e nebbiosa tornate a casa con la sensazione di essere inseguiti, ma che una volta rientrati non sarete mai veramente al sicuro? Era la stessa cosa che noi stavamo provando arretrando metro dopo metro verso il P2.

Dopo che l’Orda era riuscita a scavalcare le mura e ad entrare nel forte, i Fat-Man e tutte le altre armi pesanti erano diventate troppo pericolose. Ogni istante passato lo scudo del RAD-SHIELD si restringeva di un metro, costringendoci in uno spazio sempre più ristretto e ad ammassare le unità in eccesso sui montacarichi del bunker. Nonostante gli infetti massacrati oltre le mura fossero più della metà, quelli che erano riusciti ad entrare erano ancora troppo numerosi per essere sconfitti. E come se ciò non fosse già abbastanza gli infetti si erano anche infurbiti. Invece di stare attaccati alla barriera del RAD-SHIELD e farsi decimare lentamente, gli infetti avevano lasciato una distanza di trenta metri tra loro e la barriera, usando gli edifici come scudi e la nebbia radioattiva per nascondersi. Così facendo le serpi di Woden divennero impossibili da individuare.

Oltre a un buon numero di mezzi, robot e deathclaw molti combattenti avevano anche perso la vita cercando di arrestare l’avanzata nemica con delle eroiche resistenze. Lootah. Grant. E perfino Green, il mio vice.

Gli ultimi tre vertibird rimasti in volo si erano dovuti allontanare per sfuggire alle lance radioattive dei mutatori. Woden se n’era tenuti da parte qualcuno.

Mentre i montacarichi risalivano, gli ultimi rimasti in superficie avevano barricato l’entrata con tutto quello che avevano recuperato. Incluso l’ultimo carro in funzione, il V1, il cannone gauss e le macerie della mia vecchia guardiola distrutta da una cannonata.

In quel momento il problema maggiore erano gli ultimi mutatori di Woden. Due di quei colossi avevano assorbito le armi dei caduti e riempito i loro corpi di munizioni. Quello nascosto da qualche parte ad ovest era diventato un riccio coperto di bocche da fuoco spara tutto, mentre il suo gemello rintanato pressapoco nei pressi del distributore di benzina aveva assorbito le torrette di due corazzati. Oh si. In qualche modo i mutatori erano divenuti capaci di recuperare i mezzi ed usarne la tecnologia. Secondo Doc l’aver ucciso tutti quei mutatori ed infetti aveva permesso a Woden di concentrarsi meglio sulle sue ultime Russell e guidarle meglio in battaglia. Ma neppure Doc era riuscito a capire come dei primitivi organismi mutanti erano riusciti a creare una tale simbiosi con i meccanismi elettronici in un tempo così breve.

Fatto  sta che mentre il montacarichi stava risalendo e il RAD-SHIELD cedeva un’altra fetta di terreno al nemico, noi altri tenevamo gli occhi aperti da tutte le parti.

-Io, Red, Isaac, O'Reilly, Gordon, Jansen, Colombo, Santos … ehm … Kennedy, Lopez … Karugh e Naalnish. Tutti gli altri sotto tera.-

-Con tutto il rispetto signore io vorrei restare.- Affermò Nick.

-Vale anche per me.- Aggiunse Bud.

-Non ve l’ho chiesto.-

-Ma signore …-

-È un ordine!- Gli rispose il colonnello con tono autoritario ma senza distogliere gli occhi dal mirino del suo fucile gauss.

Nessuno insistette. Poi una cannonata proveniente da sudest ruppe il silenzio. Il proiettile andò a colpire le mura della cupola a destra del Blocco. Non ci furono perdite.

-Ci sta stuzzicando.- Ne dedusse Reed.

-Anson sta giù, e di a Zoe di stare ferma.- Disse Amelia ad Anson.

L'ex meteorologo aveva passato la sera a filmare gli scontri incurante della sua vita. Se fossimo sopravvissuti quelle pellicole le avremmo viste per anni. Zoe invece lo aveva protetto sparando con una mitraglietta da 10mm e sotto l’effetto di qualche sostanza. Alla fine però si era fatta beccare ad una gamba, e sempre sotto l’effetto delle droghe aveva iniziato a sfilarsi le fasciature.

-Zoe ferma! Le devi lasciare dove sono.-

-Se riescono ad arrivare fin qui, potranno arrivare anche al corridoio?- Domandò Russell finendo di fasciarsi la mano ustionata.

-Il Blocco è un’intera sezione di lega metallica a tenuta stagna ideata per resistere anche ad una fusione nucleare.- Gli ricordò Wright. -Per entrare dovrebbero alzarla, ma il solo modo per farlo è attivare i comandi di apertura da dentro.-

-Abbiamo un altro problema. Il gas non sì è ancora esaurito, ma nel catalizzatore hanno cominciato a formarsi delle bolle.- Ci informò Doc con voce rauca.

Una scheggia aveva perforato la sua armatura apophis e graffiato una delle sue batterie. Un centimetro più in la e sarebbe morto. Per muoversi si era dovuto affidare ad un geniere ferito.

-E quindi?- Chiese Nick.

-Guardatevi in giro.-

Seguendo il consiglio di Doc ci accorgemmo che nello scudo antiradiazioni stavano iniziando a formarsi qui e la dei vuoti. Attraverso quei fori delle piccole nuvole di nebbia presero a colare verso il basso e a coprire il suolo con il loro manto giallastro. Quella roba era davvero raccapricciante.

-Non va bene.- Affermò Tony. -Non va affatto bene cazzo!-

-Mettetevi le protezioni.- Ordinò Baker.

Le maschere antigas e i caschi delle armature atomiche erano la migliore opzione per sopravvivere all’interno della nube tossica. Secondo Doc non doveva essere corrosiva, in tempi brevi, ma le particelle di cui era composta potevano essere delle cellule infettive aerobiche che a contatto con gli alveoli polmonari avrebbero infettato il malcapitato dall’interno.

-Quando arriverà, dovrete mettere al riparo la bombola di gas.- Ci ricordò Doc. -Quando avrete rattoppato il RAD-SHIELD, sarà la vostra ultima speranza di eliminare gli infetti in un colpo solo.-

-Sempre se saremmo ancora vivi.- Pensai.

-STANNO SUPERANDO LA BARRIERA!- Urlò la Sullivan puntando la sua carabina a sudovest.

-Le brecce si formano anche a terra.- Disse Bud indicando un bel vuoto nella cupola a terra.

Il vuoto durò pochi secondi, durante i quali però una trentina di infetti riuscì a passare. Tra quei mostri c’era anche qualche predone riportato in vita e usato come tutte le marionette di Woden. Solo che quello sparava con un fucile d’assalto cinese.

-Non lasciateli avanzare di un altro passo.- Ordinò Baker aprendo il fuoco.

Lo scontro era ricominciato più presto del previsto. Quando altre tre brecce si aprirono pensai che in breve saremmo stati sommersi dai ghoul, ma gli assalti di quelle piccole unità avevano un punto debole. I loro numeri non riuscivano più a battere la nostra potenza di fuoco.

-Hey gli stiamo facendo il culo!- Affermò un’indiana esaltata.

Un proiettile al plasma arrivò proprio sotto alla donna. La detonazione del gas bollente liquefò lei e altri due dei nostri, compresi due degli ultimi Mr Gutsy rimasti.

-Mutatore a ore undici!- Affermò Russell sparando un razzo.

Wright e altri due soldati usarono gli ultimi tre Fat-Man sul bestione.

-Abbattilo Red!- Mi incitò Nick lanciandomi pericolosamente una Mini-Nuke alla quale il meccanico aveva tolto gli alettoni per la stabilizzazione. -Fagli una delle tue Four-Seam Fastball!-

Non mi servirono le informazioni sul baseball salvate in memoria per ricordarmi come si effettuava il lanciò più veloce del gioco. Presa la posizione corretta e impugnata la bomba facendo attenzione a non schiacciarla, effettuai il lancio più … potente della mia vita.

La bomba però mancò il mutatore. Colpa della sua forma ovale. Nick me ne passò subito un’altra. Questa andò dritta sull’inguine del mostro. L’esplosione non gli distrusse i gioielli di famiglia. Non li aveva. E non distrusse neppure la sua corazza. Lo fece solo imbestialire ulteriormente.

-Sicura di avergliela tirata forte?- Mi chiese Trinity sparandogli con la sua pistola da Nuka-Girl.

-Ma l’hai vista?! Gli ho lanciato la più potente bomba lanciata come una palla da baseball nella storia delle bombe lanciate come delle palle da baseball. Roba da World Series!-

Eppure il mutatore era ancora in piedi. Quello schifoso rispose alla mia Mini-Nuke con non una, non due, non tre, ma quattro cannonate sparate contemporaneamente contro di noi. Tutto fumo e niente arrosto. I proiettili, sempre al plasma, finirono tutti contro il Blocco. L’enorme porta di metallo non ne risentì, e neppure noi. Anche se a qualcuno parve di aver appena sfiorato il sole.

-Mettiamo fuori gioco il loro battitore! Vai Naalnish!- Ordinò Baker.

-Si colonnello!-

Sfondate le mura del vecchio centro comunicazioni, Karugh, Naalnish e un altro deathclaw ancora in buone condizioni, arrivarono sul campo di battaglia ruggendo minacciosamente. I tre si erano rintanati nella struttura ormai obsoleta aspettando il momento più opportuno per entrare in azione.

Ricevuto il via libera dal colonnello, i deathclaw ebbero l'opportunità di affrontare un avversario degno di essere chiamato così. Come dei veri predatori i deathclaw corsero a quattro zampe verso l’obbiettivo. Naalnish e l’altro deathclaw, più piccoli e agili di Karugh, corsero di lato per distrarre l’avversario, mentre Karugh, dopo averlo raggiunto ed essergli balzato sopra, lo fece cadere sull’asfalto. Quando hai delle torrette al posto delle braccia e una lucertola troppo cresciuta sulla pancia rialzarti può rivelarsi arduo. Karugh ne approfittò per piantargli gli artigli nel torace e aprirglielo come il guscio di un crostaceo. Scoperto il nucleo, gli altri due deathclaw usarono i loro artigli per triturare e sminuzzare il nucleo del batterio gigante. Sei affondi e il gigante morì.

Nello stesso momento il Blocco si alzò e la Botola si aprì.

-Su forza! Tutti quelli che devono andare alzino il culo e ATTENTI!- Urlò il colonnello.

Woden caricò Karugh da dietro e placcandolo alla zampa destra lo fece ribaltare su se stesso. Woden era poco più alto della metà di Karugh, ma la sua forza bastò a farlo cadere.

Avendo sulla traiettoria i deathclaw nessuno di noi poté aprire il fuoco. Questo permise a Woden di colpire gli altri due senza essere attaccato.

Il mutatore agguantò Naalnish per il corno sinistro, e dopo averlo usato per colpire mortalmente l’altro deathclaw, con la mano libera sferrò dei potenti pugni al volto di Naalnish. Dopo il quarto pugno il corno si spezzò e Naalnish cadde a terra. Forse era solo svenuto. Oppure era già morto.

Liberatosi la strada, Woden riprese a correre senza alcun freno verso la nostra barricata. Non servì alcun ordine di Baker. Tutti ricominciarono a sparare, ma neppure l’Ares con i suoi devastanti proiettili ad energia fu in grado di fermarlo.

Abbassando il busto e coprendosi la testa con le braccia, Woden colpì il carrarmato in testa alla barricata come un rinoceronte imbottito di buffout. Il corazzato venne sbalzato all’indietro, schiacciando tre soldati e lasciando un bel varco nella nostra ultima difesa. Escluso il Blocco.

In risposta a quell’assalto tutti noi scaricammo i caricatori sul colosso giallastro. Ma neanche a distanza ravvicinata le nostre pallottole riuscirono a penetrare la sua dura pelle. In confronto a come era prima dell’assalto in massa dei ghoul infetti, in quel momento era più grosso e corazzato.

-AFFOGATE NEL VOSTRO SANGUE INSETTI!!!- Urlò Woden aprendo il fuoco.

Woden iniziò ad agitare le braccia come un burattino indemoniato, e dalle fessure nei suoi avambracci uscirono decine di quelle lame radioattive che i mutatori avevano creato per corazzare i loro corpi o colpire i nemici lontani.

Le lame ci colpirono come uno sciame di vespe. Quelle piccole bastarde erano più affilate che dure. Quando una di queste tranciò di netto il cavo di alimentazione dell'Ares separandolo dal mio nucleo, altri dieci dei nostri erano morti trafitti e pochi altri fortunati erano feriti o con le corazze protettive a pezzi. Dovevo fermare Woden.

Infischiandomene delle lame che per tutto il tempo mi avevano colpita, senza però danneggiarmi, mi rialzai da terra e scattai in avanti per agguantare le braccia del mutatore alfa.

-Preso!- Dissi dopo avergli bloccato le braccia.

-Tu dici?- Mi chiese il bastardo ghignando.

Lentamente le mie braccia cominciarono a cedere alla forza del mostro. Woden era più forte di me.

-NON RIUSCIRÒ A TENERLO ANCORA A LUNGO! MUOVETEVI!!!-

Chi riusciva ancora a muoversi corse dentro la cupola sparando gli ultimi colpi o aiutando chi invece non ce la poteva più fare. Solo tre tentarono ancora di aiutarmi. Bud e Nick si spostarono sulla destra e colpirono con le plasma gatling il tallone sinistro di Woden. E lo stesso fece il colonnello con il fucile gauss alla caviglia destra del mutatore. Solo che il colonnello aprì il fuoco con la canna del fucile già piantata nella dura carne di Woden.

-MISERABILE UMANO!- Urlò Woden colpendo Baker con un potente calcio.

-FIGLIO DI PUTTANA!!!- Gli urlai un attimo prima di tirargli una testata secca sul suo “naso”.

L’impatto fu abbastanza forte da costringere Woden a cedere e a darmi il tempo di armare il BFG. Il mutatore però riconobbe l’arma e temendo il peggio fuggì zoppicando verso la pista di decollo ancor prima che l’arma fosse pronta. Nel farlo urtò l’asta della bandiera facendola cadere a terra.

-BASTARDO!- Gli urlai adirata.

-Muovetevi ad entrare!- Ripeté Baker. -L’ultimo treno sta per partire.-

-Signore deve rientrare! Non vede che è ferito?!- Gli chiese Wright anch’egli ferito e col fiatone.

Tutti erano feriti e provati. Tra me e la soglia del Blocco c’erano cadaveri, sangue, bossoli e lame radioattive piantate ovunque. Solo la mia dura pelle e poche altre corazze erano riuscite a fermarle.

-Sto bene tenetene! Tu piuttosto cosa fai qui?! Vai! Devi guidare gli altri se noi non ce la facciamo!-

-IO HO DECISO! RESTO QUI!- Affermò Nick con tono autoritario.

-No Nick! Non posso andarmene senza di te!- Disse Trinity trascinando un marine ferito alla Botola appena apertasi.

-Mi dispiace piccola. Ma ci sono momenti in cui si fugge per se stessi, e momenti in cui si muore per coloro che si ama!-

Trinity rimase meravigliata da quelle parole. Lo si vedeva anche attraverso la gomma della maschera antigas.

-Non dire cazzate Nick!- Gli rispose Bud cercando di spingerlo sopra il montacarichi della Botola.

-Nick! O alzi il culo, o qui ci muori!- Gli spiegò Isaac a grandi linee spostando i rifornimenti che i nostri ci avevano mandato su con il montacarichi della Botola.

Il meccanico però restò fermò dov’era. Nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

-Stiamo chiudendo!- Ci informò un MP appena oltre la soglia del Blocco.

-Rodriguez vai!- Gli ordinò il colonnello un’ultima volta. -Tua madre non me lo perdonerà mai se muori adesso.-

Il Blocco stava già per chiudersi. E il montacarichi della Botola aveva iniziato a scendere.

-Comprendo il suo peso signore. Ma non posso … HEY RED! CHE FAI?!-

Senza che Nick se ne accorgesse, mi ero avvicinata alle sue spalle per agguantarlo da dietro. Dopo avergli piegato la presa d’aria del jetpack con le dita, lo lasciai sulla Botola stando attenta che non cadesse sopra a Trinity e agli altri combattenti che vi avevano trovato posto.

-No Red! Non posso lasciarti!- Protestò Nick cercando invano di arrampicarsi su per la tromba.

-Se non ce la farò dovrai essere tu a proteggerli MechaNick.- Gli dissi mentre la Botola era arrivata quasi a chiudersi. -E mi raccomando. Si il padre migliore del mondo … Nick Rodriguez.-

La Botola e il Blocco si chiusero del tutto subito dopo. Isaac, Baker, Tariq, Gordon, Lopez, Naalnish, Karugh ed io eravamo gli ultimi rimasti a guardia del P2. Tutti gli altri, o erano già morti per proteggere tutti noi, o stavano barricando le stanze e i corridoi del bunker in attesa di notizie. Buone o cattive.

Il RAD-SHIELD stava arrivando al capolinea, e lo stesso valeva per Baker. Incespicando e senza cercare riparo, il colonnello zoppicò fino all’asta abbattuta della nostra bandiera. Non quella della vecchia America, ma quella ad una stella che noi avevamo issato poco prima della battaglia.

-Accidenti. Quell’infame ce l’ha buttata a terra.-

Il colonnello si era appena preso un calcio da un colosso mutante. Anche se dentro ad un’armatura atomica, per lui doveva essere stato come farsi investire da un camion. Solo delle cure immediate lo avrebbero potuto salvare. Eppure non era rientrato nel bunker per farsi curare. Stava cercando di rialzare l’asta della bandiera caduta. Le lesioni subite però gli impedivano di chinarsi a raccoglierla.

Avvicinatami per aiutarlo, presi l’asta da terra con una mano e stando attenta a non piegarla ulteriormente la ripiantai nel suo blocco di cemento.

-Ecco. Così dovrebbe andare.- Dissi vedendo la bandiera tornare a sventolare.

Baker all’ora andò a sedersi a terra con la schiena appoggiata al cannone gauss. Seguendo il suo esempio, mi sedetti al suo fianco. La grossa canna dell’arma era un buon appoggio.

-Non è andata tanto male.- Disse il colonnello con voce sempre più rauca.

-Abbiamo compiuto l’impossibile signore.- Mi complimentai.

Contemporaneamente il RAD-SHIELD smise di funzionare.

-Ah ah. Impossibile. Un aggettivo che ormai si addice ad ogni tua impresa.-

Baker si portò le mani al casco e lo sganciò dal telaio. Posato a terra, il veterano mostrò la faccia grondante sangue. Non mi servì lo scanner biometrico per capire che non gli restava più molto tempo. Oramai neppure un Auto-Doc sarebbe riuscito a sistemare le ossa rotte e le ferite da taglio.

-Hai visto che stelle?- Mi chiese Baker alzando la testa al cielo.

Tra lo sterminare intere legioni demoniache e hackerare un bombardiere nello spazio, non mi ero mai fermata ad ammirare gli astri del cielo. Colpa dei mesi passati sotto la coltre di nubi radioattive.

Certo avevo ammirato la Terra devastata dalle bombe durante il mio viaggetto nel vuoto cosmico, ma guardare le stelle, stando con i piedi a terra, dopo tutto quel tempo nelle tenebre, era indescrivibile. Uno spazio infinito di luci in cui altre civiltà come la nostra stavano vivendo la loro storia. Peccato che noi fossimo bloccati sul nostro pianeta a pagare per le nostre colpe.

-Scommetto che la su, da qualche parte, ci siano i mondi di cui Doc ci ha parlato. Chi sa se tra questi ce né uno in cui tutti noi viviamo in pace?-

-Credo di si signore. Magari un giorno anche il nostro sarà simile.- Gli rispose Isaac sedendosi con noi.

-Sapete cosa penso?- Mi chiese Baker tossendo delle gocce di sangue. -La guerra. La guerra non cambia mai. Uomini come Woden l’hanno sempre sfruttata per far rimanere il mondo quello che era, fino a fare il colpo grosso e ridurlo a ciò che è adesso. E altrettanti faranno lo stesso in futuro per farlo rimanere quello che è adesso.-

Baker dovette fare una pausa per fare un profondo respiro.

-Ma …-

A quel punto Baker disse qualcosa che io e Isaac, non avremmo mai dimenticato.

-È stato un onore farvi da comandante.-

Un attimo dopo Baker smise di respirare. Io ancora non riuscivo a crederci.

-Colonnello Baker? Roland?- Chiesi alla salma senza vita del Mastino di Anchorage.

-È andato Red.- Confermò Isaac quando anche gli altri ci raggiunsero.

Morto un altro dei più grandi combattenti che io avessi mai conosciuto, mi sentii smarrita. Lo stesso valeva per la guardia del Gate1, il pilota bruciato dalle radiazioni, il soldato rimasto senza compagni, il deathclaw dal cuore puro, l’enorme fratello e il padre che aveva perso il figlio.

-Isaac. Come sta il V1?-

-Di certo non può più volare. I lanciarazzi sono scarichi e le mitragliatrici si sono guastate quando ho investito il mutatore. Dentro c’è ancora qualche Mini-Nuke, ma abbiamo perso tutti i lanciatori. Trinity mi ha dato questa però.- Disse il ghoul mostrandomi la pistola da Nuka-Girl.

-Bene. Vai dentro e aspetta che ti dia il segnale. Poi miri agli occhi e lo accechi. Hai afferrato?-

-Si signora.- Mi rispose il ghoul ritrovando la grinta. -Ah. Quasi dimenticavo. Ci è arrivata anche una bombola di gas per il RAD-SHIELD. Vuoi che lo ricarichi?-

-No. É ancora rotto e non possiamo ripararlo con Woden ancora nei dintorni. Portalo dietro il V1 e richiudi le corazze protettive. Lopez e Gordon. Date un’occhiata a questo cannone e ditemi se può ancora sparare. Il suo accumulatore potrebbe avere ancora abbastanza carica. Poi collegate una delle nostre radio portatili al suo processore e trovate anche voi un riparo. Signor Madani, potreste coprirli mentre lavorano?-

-Certamente Rocket. Ehm, quelle Mini-Nuke ti servono o posso usarle per estrema necessità?-

-D’accordo. Prima però spostate il colonnello e gli altri caduti nel V1. Se l’aria si fa troppo calda riparatevi tutti li.-

-Capito.- Mi rispose Lopez.

-Naalnish. Tu e tuo fratello dovrete occuparvi dei ghoul. Woden di sicuro non ci risparmierà i suoi schiavi. Potete ancora combattere.-

-Siamo nati per combattere. Prima che una sola di quelle marionette ti tocchi, saremmo già morti.-

Prima di mettermi in posizione diedi qualche nozione tecnica a Lopez sul cablaggio. Affinché il mio piano avesse la ben che minima possibilità di successo, il cannone gauss di Doc doveva essere controllabile da lontano.

Quando il lavoro fu ultimato però, una voce familiare mi chiamò da sud. Nel cuore della nebbia.

-Spiiirit? Sorvegliante? Rooocket? Dov’è la mia rossa preferita?-

Trattenendo a stento la belva nel mio nucleo, dissi ai due deathclaw di attendere e mi incamminai verso sud a passo lento. Oltre il manto giallastro della nebbia intravedevo già la sua enorme figura.

Arrivata a metà strada tra lui e la cupola mi fermai.

-Eccoti finalmente. Cominciavo a pensare che non avrei più avuto un minuto per parlare.- Disse il mutatore uscendo completamente allo scoperto.

-Hai già avuto la tua occasione per parlare. Sei stato tu a rifiutare la nostra offerta.- Gli ricordai.

-Non rimpiango la mia scelta. E non chiederò scusa a nessuno di coloro che ho sacrificato o ucciso.-

-Non mi aspettavo il contrario da un folle bastardo come te.-

Woden però non se la prese. Anzi, mi sorrise.

-Perché combatterci Rocket. Guardaci. Siamo dei. Esseri destinati a qualcosa di superiore.-

-Tu confondi tecnologia e mutazioni con potere e immortalità. Non hai ancora capito che la tua è una folle utopia.-

-Folle utopia? Tu credi?-

Woden alzò le mani in alto, e abbassandole di colpo spinse via la nebbia. Non quella vicina a lui, ma proprio tutta quella accumulatasi nella piazza darmi e nelle strade adiacenti.

Con quella mossa da illusionista, non solo il mutatore mi dimostrò di essere in grado di controllare la nebbia tossica, ma portò allo scoperto l’oceano di infetti. Beacon City ne era invasa.

Quelle figure bruciate dalle radiazioni e coperte dalle secrezioni dei mutatori avevano invaso le strade e i vicoli come gli uccelli del film “L’invasione piumata”. Con loro c’erano anche cinque mutatori colossali. Il mutatore riccio, coperto di armi. Tre che ancora non si erano fusi con altre armi. E uno che invece di irrobustire la sua pelle aveva pensato di ricoprirsi con le corazze di vari blindati esplosi in battaglia.

-Guarda di cosa sono capace. Posso muovere i venti. Guidare i miei figli. E ridare la vita.-

Woden puntò la mano in avanti. Sotto di essa si formò un piccolo vortice di nebbia e poco a poco si generò un corpo. All’inizio pensai a un piccolo pupazzo ottenuto tramite … beh, a dire il vero non ero ancora riuscita a spiegarmi quel fenomeno. Fatto sta che usando lo stesso processo della solidificazione della pelle e delle lame dei mutatori, Woden generò il corpo di un bambino. Sugli otto anni. Con occhi, naso, bocca e dita, ma privo di dettagli come capelli, iridi e altro. Un piccolo mutatore.

Terminato il processo di creazione, il bambino iniziò a muoversi verso di me allungando le mani. Non era come un neonato ai primi passi. Era solo un po impacciato e traballante.

-Ma… ? Ma… ? Mama… ?- Mi chiamò il bambino sorridendo.

Non fu il bambino a farmi rabbrividire, ma la sua coscienza. Quella povera creatura era viva. Che Woden potesse controllare la nebbia fino a farla condensare per creare una forma solida era ancora credibile. Ma che potesse anche darle vita andava contro ogni spiegazione scientifica.

-Le radiazioni che hanno ucciso il vecchio mondo, possono dare la vita ad uno nuovo. Un mondo popolato da creature perfette e guidate da esseri superiori.-

Nel frattempo il bambino artificiale aveva iniziato a liquefarsi. Prima la sua caviglia si sciolse, facendolo cadere a terra. Poi toccò alle dita della mano sinistra, fino ad arrivare alla spalla. Un secondo prima che la testa facesse la stessa fine, il bambino mi guardò sperando che lo salvassi.

-Ma … m?-

-Ovviamente ci vorranno degli anni e un sacco di cavie prima di giungere a dei risultati soddisfacenti.-

-Cavie? Risultati?!- Chiesi guardando sconcertata la pozza verdastra tra noi due.

-La tua empatia è un grande ostacolo per il raggiungimento del tuo vero potenziale. Ma non temere. Col mio aiuto, diverrai la dea che siederà al mio fianco.-

-Si può sapere di cosa stai farneticando?!- Gli chiesi ormai sul punto di esplodere.

-Tanto ceca, quanto potente. Unendo i miei poteri con i tuoi, potremmo creare la civiltà più potente che l’universo abbia mai visto. Megalopoli immense. Eserciti di soldati privi di paura e rimorso. Razzi che porteranno i nostri semi su nuovi mondi da colonizzare.-

Non c’era alcun dubbio ormai. Woden pensava in grande. Prima di vedere il mutatore con le torrette dei carri al posto delle braccia, non avrei mai pensato che i suoi mutanti avrebbero potuto diventare qualcosa di superiore ad un esercito di mostri senza cervello.

-Diventa la mia regina Rocket. Con il tuo aiuto, mutanti e macchine si eleveranno alle stelle. Uniti e invincibili.-

Anche se non lo diedi a vedere, rimasi stupita che Woden mi volesse come sua consorte. Dopo tutto quello che avevo fatto, voleva ancora offrirmi una scelta. Sempre se quella si potesse definire scelta.

-Come? Non te l’hanno già detto Trevor. I Fondatori non si inchinano ai tiranni.- Gli risposi estraendo la Fiamma dell’Ovest dalla fondina.

-Peccato. Dovrò crearmela la mia regina.- Continuò Woden generando una lama verdastra nella sua mano. -Ora fatti ammazzare così potrò pensare ai tuoi amichetti.-

Non mi servì altro. Scattando in avanti gli svuotai il caricatore puntando la pistola alla sua faccia. Solo il proiettile che colpì l’occhio sinistro penetrò nei tessuti. Gli altri rimbalzarono sulla pelle.

-SOCCOMBI!- Urlò Woden correndomi in contro.

Entrambi eravamo nettamente differenti l’uno dall’altra. Lui un mutante peso supermassimo con i poteri delle radiazioni. Io un’unita robotica da battaglia peso medio già provata dai recenti scontri. Tutto ciò che potevo fare era schivare e colpire. E proprio così feci. Invece di scontrarmi direttamente con lui, scivolai a destra tenendo la testa all’indietro.

Schivata la sua lama radioattiva, presi posizione con i piedi e lo colpii da dietro con dei colpi rapidi di pugilato. Woden allora si voltò di scatto cercando di colpirmi al volto con una gomitata e la sua lama. Continuando a stare attenta ai suoi potenti attacchi, colpì ripetutamente la sua pellaccia. Era come dare pugni ad un masso coperto di gomma viscida.

Il mio avversario era del tutto privo di stile. Tra i suoi movimenti vedevo soltanto le basi del combattimento col coltello impartitegli probabilmente anni prima in accademia. Io invece avevo in memoria le mosse e gli stili di combattimento dei più grandi pugili e maestri di arti marziali. Incluso quello dei Dragoni Cremisi.

Eppure i miei colpi non gli facevano niente. Anche se con l’aikido riuscivo a fermare i suoi potenti attacchi, e ad irritarlo, la situazione non cambiava. Le poche ferite che riuscivo ad infliggergli si rimarginavano più in fretta di quelle di un normale mutatore. Al contrario, io non potevo ripararmi da sola. E quando Woden anticipò una delle mie mosse, venni presa in pieno alla guancia sinistra.

Caduta a terra scivolai per almeno quattro metri sull’asfalto grattandomi per bene la schiena. Cercando di riprendermi dal camion che investendomi la testa, mi aveva quasi fatto schizzare il microfono dell’orecchio dritto in mezzo ai microprocessori secondari e portato via una mezza faccia, mi accorsi appena in tempo del nuovo imminente attacco. Woden mi piombò addosso puntando la sua lama alla mia testa.

Rotolando a sinistra mi spostai appena in tempo per schivare la pugnalata che in caso contrario mi avrebbe inchiodata la testa al terreno.

-La tua empatia per i più deboli sarà la tua rovina!- Disse il mutatore abbandonando la lama nell’asfalto per generarne una nuova.

-Hai rotto con la tua parlantina cazzone mutato!- Gli risposi cambiando caricatore alla Fiamma.

Prima che potessi puntare la pistola però, Woden mi fu di nuovo addosso. Tenendomi per i polsi avvicinò la sua brutta faccia alla mia quel tanto che bastasse a farmi assaporare il dolce aroma del suo alito da bagno chimico.

-I deboli sono un peso Rocket! Non capisci?! I forti sono predestinati a sopprimerli! Noi possiamo essere i padroni dell’Eden che verrà. Cosa rispondi mia regina?-

L’unica cosa che mi uscì dalla bocca fu un getto di gas criogenico preso in prestito dal mio sistema di raffreddamento interno. L’alitata ghiacciò all’istante la faccia di Woden. Il mutatore mi lasciò andare i polsi per togliesi il ghiaccio dal muso, dandomi così il tempo di fuggire verso la cupola.

-TRUCIDATELI!!!- Ordinò il mutatore in preda all’esasperazione.

Ubbidendo a Woden, l’Orda riprese ad avanzare. Con il loro padrone concentrato su di me, gli infetti avevano perso agilità, ma ciò non gli avrebbe impedito di sopraffarci.

-MASSACRATELI RAGAZZI!-

I due deathclaw partirono subito alla carica e in un lampo furono sugli infetti. Anche se in netta minoranza, Naalnish e Karugh avrebbero trattenuto la morsa dell’Orda fino alla conclusione del mio piano. O almeno fino a quando i mutatori più lontani non li avrebbero raggiunti.

Nel frattempo Woden non era rimasto fermo. Toltosi il ghiaccio aveva preso a corrermi dietro.

-Bravo Trevor. Seguimi come un bravo cagnolino.- Dissi tra me e me.

La mia trappola era pronta. Se Woden mi avesse continuato a seguire fin dove lo volevo, avrei potuto ucciderlo definitivamente, fermare il suo esercito e mettere fine a quella maledetta guerra.

Il piano in effetti stava riuscendo. Woden mi stava seguendo, e gli altri erano in posizione. C’era solo un imprevisto nel mio grande piano fatto all’ultimo momento in perfetto stile Rocket.

A soli cinque secondi dalla nostra separazione, Woden stava già correndo più veloce di me. Quando più o meno fui nei pressi della barricata ormai demolita, le sue grandi mani mi si avvinghiarono attorno al torace. Un attimo dopo venni scagliata contro il Blocco da un intero convoglio di camion in piena corsa. O almeno quella fu la potenza che Woden esercito su di me usandomi come paraurti.

I danni erano ingenti. Perdite pari al quaranta percento della cute sintetica. Fratture multiple alle corazze. Interi microcircuiti in corto. Due lenti del visore sinistro in frantumi. Una bella perdita nel sistema di refrigerazione. E un guasto al sistema di caricamento del BFG. L’arma si sarebbe armata più lentamente.

Stavo ancora quantificando il numero dei danni quando Woden mi girò bruscamente per guardarmi in faccia.

-Depositi con tonnellate di cibo. Energia illimitata. Armerie traboccanti piombo e acciaio temprato. Tecnologie in grado di piegare la materia. E le armi più devastanti create dagli umani. Tu non meriti questo potere!- Affermò Woden stringendomi le mani attorno alla gola.

-Nessuno di noi lo merita. Non siamo ancora pronti per usarlo!- Gli risposi afferrandogli i polsi per allentare la sua presa. -E tu non fai eccezione!-

Woden mi portò il suo brutto muso ad un palmo dalla faccia. I suoi occhi ardevano come l’inferno. Inconsciamente Woden mi rilevò anche la posizione del suo nucleo. In fondo alla sua gola riuscii ad intravvedere una strana sacca molto più luminosa rispetto agli altri tessuti. Forse avevo fatto centro.

-Ti sbagli. Io sono stato scelto.- Mi rispose Woden parlandomi nella mente.

Woden aveva capacità telepatiche. La cosa però non mi sconvolse più di tanto. Il mio stupore per Woden e le sue abilità si era esaurito già dopo che… beh la lista era lunga.

-Non sei l’unica ad avere un amico proveniente da un altro mondo.-

Ecco. Questo mi stupì. Woden sapeva di Jeremy.

-Esseri simili a me, ma provenienti da altri mondi, mi hanno sussurrato all’orecchio fin dal giorno della Grande Guerra. Quando il loro conflitto giungerà alle nostre porte, li aiuterò a vincerlo, e in cambio io, Lord Woden l’Immortale, otterrò il posto che mi spetta alla tavola ancestrale degli dei! Peccato che tu non sarai più viva per vedermi.-

Sarà stata la perdita di potenza nei microprocessori secondari tre e sei, o il fatto che ultimamente l’impensabile e l’assurdo andavano a braccetto con la realtà, ma le farneticazioni di Woden mi apparvero molto meno folli del normale. Se io avevo ricevuto la visita di un angelo custode, poteva anche darsi che Woden avesse ricevuto quella di un demone tentatore. O forse anche più di uno.

-Prima di morire. Posso farti una domanda?-

-Del tipo?-

-COS’È QUELLO?!- Chiesi indicando il vertibird di Isaac.

Appena Woden voltò la testa a sinistra per guardare, i suoi occhi vennero vaporizzati dal potente fascio laser della pistola di Trinity. Isaac aveva preso bene la mira dalle feritoie del V1, colpendo con un solo colpo entrambi gli occhi del mutatore.

Accecato e disorientato, Woden mi lasciò nuovamente andare. La partita non era ancora finita.

Con dei rapidi movimenti gli passai di lato e arrivatagli alle spalle corsi verso la piazza d’armi dove Naalnish e Karugh stavano ancora combattendo l’intera marea di infetti.

Woden cerco di starmi dietro, ma senza aver prima rigenerato i suoi bulbi oculari gli risultò difficile stare anche solo in piedi.

Arrivata a distanza di “sicurezza” attesi che Woden si avvicinasse con il BFG già in carica. E quando fu dove lo volevo, mandai un piccolo segnale alla radio che Lopez e Gordon avevano collegato alla centralina del cannone gauss.

L’arma però non sparò. Allora riprovai con un secondo segnale. Un terzo. Un quarto. Ma non accadde nulla.

-Cazzo.- Dissi più confusa che rassegnata.

-Ah ah ah. Ti stai chiedendo perché il tuo giocattolino non spara?- Mi chiese Woden togliendosi le mani dalla faccia rimarginata. -WRAH!-

Ruggendo il mutatore mi lanciò contro una grossa lama radioattiva generata mentre ero distratta. La lama mi colpì al ginocchio destro, tranciandomi di netto la gamba. Senza appoggio e provando una sensazione di svenimento, caddi all’indietro. Ero ancora viva e cosciente.

-Lascia che ti mostri l’ultimo dei miei trucchi.-

Woden alzò le mani al cielo, e l’imponente lastra metallica alle sue spalle, iniziò a muoversi. Il Blocco si stava alzando. Woden lo stava controllando.

-Stai combattendo contro un dio Rocket. Non puoi sconfiggermi.-

Era la fine. L’Orda aveva vinto. Woden aveva vinto. Con il BFG non ancora pronto e il gauss disattivato ero rimasta senza idee.

-Hey Rocket.- Mi chiamò Madani tramite la radio del V1. -Lo sistemo io Woden. Tu finisci di caricare la tua arma e mira al cuore di quello sciacallo.-

Prima che potessi capire cosa avesse intenzione di fare, il portello sinistro del V1 si aprì e Madani ne uscì con una Mini-Nuke in mano e sulle spalle uno zaino militare che probabilmente conteneva le altre rimaste. L’uomo si avvicinò a Woden che ancora non l’aveva notato. Solo quando Madani gli fu sotto al naso se ne accorse.

Woden però non lo colpì subito. Era rimasto perplesso da quell’uomo che senza alcuna paura gli si era messo davanti come a fronteggiarlo da solo. Ci fu anche un breve attimo di silenzio durante il quale i due si guardarono negli occhi. Alla fine Woden parve quasi di ricordare chi fosse quell’uomo dalla pelle olivastra, la barbetta e lo sguardo minaccioso.

-Ricorda mio figlio! AHHH!!!- Urlò Madani un istante prima di scaraventare la Mini-Nuke a terra.

La detonazione nella Mini-Nuke, unita a quella delle altre nello zaino, spazzò la zona dalle macerie. Per poco il V1 non finì col rovesciarsi sul RAD-SHIELD. Per fortuna avevo detto ad Isaac di spostarlo e richiudere le corazze del cassone. Woden però non era ancora morto. Era rimasto senza un piede e mezza gamba, ma era ancora vivo. Ghignando e ruggendo il mutatore cominciò a strisciare verso di me piantando gli artigli delle mani nell'asfalto ad ogni bracciata.

Fu solo allora che vidi un barlume di speranza.

Scalciando con la gamba ancora integra e spingendo con la mano sinistra cercai di guadagnare più spazio tra me e lui. Il BFG non era ancora pronto, ma ad aiutarmi ci pensarono Lopez e Gordon.

I due cercarono di rallentare il mutatore sparandogli con le loro armi. E ci riuscirono. Woden si fermò un istante e gli scagliò contro una raffica delle sue lame ossee. Gordon venne preso in pieno mentre Lopez ne prese una dritta nel femore. Con Isaac bloccato nel V1 e i due deathclaw intenti a fermare da soli gli infetti, ero rimasta da sola.

Woden fece appello a tutte le sue energie e in un lampo prese a strisciare tre volte più velocemente verso di me aprendo a dismisura le sue fauci e spruzzando acido da tutti i pori. Allora io puntai il BFG contro di lui, sperando di spaventarlo. Ma non ebbi successo.

Woden stava per essermi addosso quando mancava solo un due percento di caricamento per sparare. Il mio ultimo tentativo fu aprire comunque il fuoco sperando di raggiungere il prima possibile il cento percento.

Avevo perso ogni speranza quando Woden mi agguantò la gamba intatta. In quell’istante i suoi occhi splendettero come stelle, e il suo ruggito emanò alti livelli di radiazioni e vampate di calore. Io però non mi feci intimorire e sbattendomene totalmente del suo terrificante aspetto mi piegai in avanti e gli piantai il BFG in bocca. E finalmente l’arma fece fuoco.

Il proiettile mozzò la testa del mutatore da parte a parte. Mentre il corpo venne percorso dalle potenti scariche elettriche emanate dalla sfera d’energia, questa sfrecciò nell’aria fino a raggiungere lo stipite sinistro del Blocco. L’esplosione avvenne nello spazio interno alle mura. Precisamente nel cassone dove le catene di sostegno della grande lastra metallica venivano fatte muovere dai potenti reattori per tirare su e giù il Blocco. Il calore del plasma, unito all’alta pressione generatasi in quel piccolo spazio, portarono gli anelli delle catene al punto di fusione.

La lastra sarebbe dovuta cadere e chiudere il passaggio, ma il blocco di emergenza riuscì a fermarla. Normalmente avrei maledetto quel piccolo marchingegno il cui intervento aveva impedito la chiusura totale della cupola. Invece dedicai la mia attenzione al corpo di Woden.

Le convulsioni causate dalle scariche elettriche si erano già attenute e la presa della sua manona attorno alla mia gamba diminuì. La sua testa era a metà. La metà sopra lo squarcio pendeva da un lato come un cappello tenuto a malapena attaccato da un sottile lembo di pelle. La lingua dondolava dalla bocca completamente aperta come un verme uscito dal suo buco. E i suoi occhi, quelli nella parte di testa dondolante, erano fissi e sbarrati come Woden gli aveva lasciati poco prima di essere freddato. Gli schizzi continui di acido che uscivano dall’esofago invece erano stomachevoli.

Stavo per mettermi ad urlare di gioia quando il sottile strato di pelle, che teneva ancora attaccata la parte alta della testa al resto del corpo, si flette da solo e rimise la parte mozzata al suo posto.

-Fel folfo ragffina.- Disse il mostro con la bocca non ancora rimarginata e gli occhi sbarrati. -Ma avresti dovuto colpire tutti i miei nuclei.-

Woden iniziò a splendere come un albero di natale. Non so quanti nuclei avesse di preciso. Fatto sta che per ucciderlo avrei dovuto colpirli tutti contemporaneamente. Nulla di troppo complicato, se il BFG non fosse rimasto a corto di munizioni.

Il mio avversario però non lo sapeva, e per prevenire altri attacchi mi amputò il braccio all’altezza della spalla con un fendente di artiglio. Non fu doloroso. Ma il calo di tensione fu più forte di quello alla gamba. Per poco non svenni completamente.

Credevo che Woden avrebbe continuato a farmi a pezzi. Invece quella carogna mi piantò un’altra delle sue lame radioattive nella pancia. Inchiodandomi così all’asfalto e impedendomi di rialzarmi.

-AHHH!- Gemetti sentendomi attraversare dalle scariche elettriche dei corto circuiti.

-Ti avrei dato tutto. Un trono. Un impero. Dei figli.- Disse Woden strisciandomi sopra per arrivare a guardarmi in faccia. -E tu mi hai rifiutato.-

Sembrava quasi dispiaciuto.

-Quale parte di: va a fare in culo mostro di merda, non hai capito?- Gli chiesi rifiutandolo nuovamente.

Il mutatore si infuriò ulteriormente e ruggendo si alzò con le braccia sulla lama piantata nel mio stomaco e la spinse più a fondo facendomi urlare ancora. I cortocircuiti erano come aghi per me.

-E allora guardami mentre uccido i tuoi amici. Quando avrò finito con loro, penserò anche a te!-

Dopo avermi abbandonata li d'ovvero, Woden tornò a strisciare verso l’entrata del bunker senza smettere di perdere fluidi dalle gambe. Ridotta in pezzi e senza armi o munizioni, me ne stetti li aspettando la fine. Naalnish e Karugh erano allo stremo. L’Orda stava per sopraffarli e riunirsi con il suo padrone. Isaac era rimasto bloccato nel V1, mentre Lopez e Gordon, feriti e impossibilitati a muoversi, si erano messi a sparare gli ultimi colpi sugli infetti incombenti su di loro.

Il destino dei Fondatori e di Beacon City, era ora nelle mani degli ultimi difensori barricati nelle viscere del P2. Ma visti i risultati dell’assedio, era probabile che alla fine Woden sarebbe riuscito nel suo intento.

L’unica cosa che mi restava da fare, era compatirmi e pensare a tutte le persone che avevo deluso.

-Rocket. È il momento.- Disse Naalnish stanco e provato. -Puoi ancora compiere il tuo destino.-

Voltando la testa feci appena in tempo a vederlo morire. Mentre una decina di infetti lo teneva a terra, un mutatore colossale affondò i suoi artigli nella schiena di Naalnish. Gli occhi del deathclaw si chiusero subito dopo.

Non trovai neppure le parole per maledire quei vermi giallastri. L’unico che riuscì a fare qualcosa fu Karugh che disperato corse verso gli assalitori del fratello scaraventando tutta la sua ira sugli infetti che ancora lo schiacciavano e placcando il mutatore colossale. Ma anche lui era al limite. Strappato il nucleo del mutatore con le sue ultime forze, si accasciò sopra al cadavere di Naalnish per proteggerlo dalle grinfie dell’Orda. Poi anche lui venne sommerso dagli infetti, mentre tre mutatori colossali cominciarono a farsi l’argo per dargli il colpo di grazia.

-Dannazione!- Dissi a me stessa coprendomi gli occhi con la mano che mi era rimasta. -Perché non ci sei riuscita? Perché non hai fatto abbastanza? Se solo ti fossi tenuta da parte una cazzo di arma.-

Improvvisamente l’avambraccio destro si aprì in due, facendo uscire una pistola da 10mm con il metallo annerito e agganciata all’esoscheletro interno. La riconobbi subito. Era la mia cara vecchia pistola da Sorvegliante. Quel furbone di Doc doveva averla inserita nell’armatura di Eva durante la mia convalescenza come ultima risorsa. Stavo quasi per mettermi a ridere pensando a quanto poco efficace fosse quell’arma contro un mostro come Woden, quando il mio microprocessore primario venne folgorato dalla più illuminante di tutte le idee.

Deviando tutta l’energia rimastami nel braccio destro sferrai un colpo secco alla lancia radioattiva con cui Woden mi aveva bloccata, spezzandola in due e spaccandomi quasi il braccio.

Poi fregandomene totalmente dei danni interni flessi il busto per mettermi seduta e soprattutto per sfilarmi dal pezzo di lancia rimasto inchiodato nell’asfalto.

Esaminata l’area davanti a me puntai il mio bersaglio allungando in avanti il braccio. Dovevo solo assicurarmi che Woden si fermasse nel punto giusto.

-HEY!!! BARILE DI MERDA RADIOATTIVA!!!- Urlai per farmi sentire.

Ebbi successo. Woden si fermò proprio sulla soglia dell’entrata. Voltandosi il mutatore mi fissò irritato e carico di rabbia.

-Vai a farti smaltire.-

Presi la mira. Senza usa il V.A.T.S.. Feci fuoco. Un solo colpo. Non servì altro. L’ogiva di piombo sfrecciò nell’aria. E colpì il bersaglio. Ma non Woden. Bensì il freno d'emergenza del Blocco.

Il proiettile lacerò il tubo del sistema pneumatico. Woden ebbe solo il tempo di vedere l’olio schizzare giù lungo la guida metallica del Blocco. Poi il freno perse la sua presa, e quello dall’altro lato, non potendo più resistere schizzò via come una scheggia. Fu così che duecento tonnellate di lega metallica anti radiazioni piombarono sul mutatore.

-NAAAAAAAAAHHHHHHHHH!!!-

SBAM.

Lo schianto del blocco fece tremare la terra. Woden venne schiacciato con una tale forza da polverizzare il suo corpo in migliaia di piccole briciole gocciolanti.

Era fatta. Woden era morto.

 

 

Alle otto del mattino Wright diede il via libera alla ricognizione. Tutti i superstiti della battaglia, più dei soldati in sostituzione ai caduti, si erano preparati per scoprire cosa fosse successo. Secondo i sensori meteorologici ancora funzionanti del Dr Spectrum, la tossicità dell’aria in superficie era diminuita. E le ultime due telecamere rimaste mostravano dei piccoli scorci di strade libere.

Le catene erano andate. Per risollevare il Blocco ci volle un’intera squadra di muletti pesanti presi in prestito dai magazzini. Quando la porta cominciò ad alzarsi tutti si accorsero subito di due cose. Le flebili nuvolette di nebbia tossica che passarono oltre la soglia e l’immensa chiazza di melma che ricopriva il pavimento nei pressi della porta.

Nick non si soffermò a studiare quella strana pozza e per primo varcò la soglia. Seguito poi dal resto della squadra Vault e da tutti gli altri. Fatta eccezione per Doc, che essendo ancora in riparazione si era fatto supportare dal Dr Watson. Pur di essere presente alla prima ricognizione, il cerebrobot gli aveva fedelmente offerto i suoi sensori e il suo proiettore di ologrammi.

La piazza d’armi era ridotta ad un campo di morte. Ovunque l’occhio guardasse c’erano cadaveri di ghoul e predoni mezzi sciolti o roghi ancora accesi.

Dopo la morte di Woden, il suo intero esercito di infetti era collassato. Una sorta di shock sinaptico collettivo aveva colpito tutti i nuclei dei batteri collegati telepaticamente a Woden. Gli infetti erano stati privati dei batteri parassiti dei quali ormai erano divenuti dipendenti per sopravvivere e i mutatori, essendo loro stessi i batteri mutati, si erano liquefatti come il loro alfa.

La Battaglia per l’Oklahoma era stata vinta.

Tutti i presenti erano rimasti senza parole. Dopo la ritirata nel P2 in molti si erano già dati per vinti. Neppure il Dr Spectrum aveva sperato di poter rivedere il sole sorgere quello stesso giorno. E in effetti mancava poco all’alba.

-Movimento a ore dodici!- Affermò qualcuno.

Un tenue strato di nebbia a non più di venti metri da loro si stava diradando. La nebbia lasciò il posto ad un altro gruppo di umani. Nolan e i suoi erano entrati per scoprire cosa fosse accaduto.

Inutile dire che entrambi gli schiarimenti alzarono le rispettive bocche da fuoco. Gli ex membri dell’Orda però erano nettamente in svantaggio. Sia Nolan che il tenente Marshall, recuperato dal carrarmato che mi aveva investito e che poi avevo rovesciato, restarono calmi. Entrambi sapevano che il gruppo di sbandati e feriti con loro non avrebbe resistito un minuto contro i Fondatori.

I miei compagni invece gli fecero capire subito che erano ancora pronti a combattere. Fino alla fine. Nolan iniziò a temere il peggio quando qualcosa alle spalle dei Fondatori lo lasciò a bocca aperta.

Vedendo poi la stessa reazione sulle facce degli altri superstiti, Nick, Trinity, Doc, Bud, Tony, Amelia e tutti gli altri si voltarono a vedere quale fosse la causa di tutto quello stupore.

-Oh oh oh, cavolo si!- Esultò Nick felice ed emozionato.

Sulla cima della cupola svettava la nostra bandiera. Appoggiata alla sua asta, piantata nel supporto del vecchio cannone gauss, c’ero io. Con il corpo a pezzi, un braccio in meno, una gamba a metà, la faccia mezza spellata, i vestiti lacerati, cappello incluso, e un rattoppo alla pancia prossimo a cedere, mi stagliavo sullo sfondo sempre più illuminato dalla luce del sole sorgente.

Al mio fianco, Karugh. Coperto di tagli, ustioni e con il suo solito sguardo intimidatorio.

Più sotto, seduti sulla sporgenza di cemento sopra all’entrata e coperti di bende, sedevano Lopez e Gordon. Con loro c’era anche Isaac, ma non essendo ferito il pilota ghoul riuscì a stare in piedi, dando prova a tutti di essere ancora in grado di combattere.

Non c’era più alcun dubbio. I Fondatori avevano vinto la Battaglia per l’Oklahoma. C’era solo un’ultima domanda da porsi. Cosa avrebbero fatto Nolan e i suoi?

Trai disertori dell’Orda c’era chi ancora ci vedeva come una minaccia. Poi quelli che invece volevano svignarsela e quelli tentati di chiederci aiuto. Ma dubitavo che la mia gente avrebbe accolto a braccia aperte un gruppo di traditori, drogati, gangster, cannibali e schiavisti che fino a qualche ora prima volevano ucciderci tutti. Anche se tra di loro c’era qualche stinco di santo.

Una nuova battaglia stava per avere luogo. I nostri erano pronti a finirla in un lampo, mentre i predoni erano indecisi. Ancora una volta dovetti intervenire.

-Come sempre è stato, e sempre sarà, spetta a voi scegliere.-

Le mie parole però non ebbero molto effetto. I predoni erano troppo spaventati per fidarsi della mia benevolenza. Ma alla fine uno di loro decise di fare il primo passo. Decise di fare la cosa giusta.

Nolan fece cadere a terra il suo fucile laser, si sfilò la corazza da combattimento con i simboli dell’Orda e voltandosi verso Marshall gli appoggiò una mano sulla 9mm puntata contro di noi.

-Torniamo a casa.- Gli disse Nolan con aria pacifica.

A quel punto Nolan si voltò e facendosi strada tra gli altri predoni si incamminò verso il Gate1, libero e in pace con se stesso. Marshall allora fece lo stesso. Poi un altro predone fece cadere a terra la sua lancia e li seguì. E altri tre, sei, dodici, venti, trenta predoni presero l’esempio. Alla fine di loro restarono solo delle armi e dei mucchi di stracci e corazze i cui minacciosi teschi atomici disegnati in giallo avevano appena perso ogni significato.

Quando l’ultimo intruso svanì oltre la coltre di nebbia residua che avvolgeva la piazza, dalla folla sottostante si elevarono grida di gioia e felicità. Beacon City era salva.

I morti e le cose da ricostruire erano molte. Ma finalmente avevamo il nostro futuro. E come iniziare la nostra nuova vita se non con un discorso patriottico.

-FONDATORI!- Annunciai a gran voce dal tetto della cupola. -Oggi! Quattro febbraio del duemilasettantotto! Noi Fondatori abbiamo vinto, e l’Orda è caduta!-

Dopo un breve coro di urla riattivai il RAD-SHIELD. La macchina era stata impostata per far espandere gradualmente la sua cupola invece che generarla subito ad ampiezza massima. Espandendosi la cupola allontanò ogni traccia di radiazioni e tossine dalla base. I roghi non si estinsero, ma l’aria tornò perfettamente respirabile e le tossine spinte oltre le mura finirono con l’essere portate via dai venti del deserto.

Una mia piccola aggiunta fatta un’ora prima con dei rottami di ferro trasformò lo splendente catalizzatore rotante nella lampada di un vero faro. A quell’altezza e con quella semisfera agganciata dietro, la sua luce si sarebbe riflessa fino all’orizzonte, guidando così tutti coloro che un giorno sarebbero giunti alle nostre porte in cerca di aiuto. O di guai.

Tra la folla sottostante vidi l’ologramma del Dr Spectrum sorridere. La sua profezia si era compiuta.

-Questa è Beacon City! E noi, siamo i Fondatori!- 

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Capitolo 29
*** Epilogo ***


Epilogo

Qualche tempo dopo.

 

 

03/02/2288 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma

Contea di Cimarron/Beacon City/Cimitero

Ore 17:52

 

36°41’43.5”N 102°22’41.2”O

 

Duecentodieci anni. Un’eternità per un semplice mortale. E lo stesso per una leggenda vivente.

Me ne stavo li. Seduta sopra il mio solito masso a contemplare il panorama. Dalla cima della collina artificiale adibita a cimitero di Beacon City, si poteva ammirare il lavoro di anni passati a sopravvivere in quel mondo post bellico.

Beacon City era fiorita. Nel raggio di quattro miglia dalla cupola del P2, la città era stata ampliata. Campi coltivati, edifici pubblici, case e attività commerciali avevano trasformato la nostra casa in un vero paradiso. Un oasi nel nulla della Zona Contaminata. Il P2 era stato convertito in contro operativo e impianto di produzione industriale. Ora ospitava soltanto i laboratori, il quartier generale, la produzione di energia, gli alloggi supplementari per le crisi e naturalmente i depositi che ci avevano dato un’enorme vantaggio per la ricostruzione post bellica. Da non sottovalutare erano anche le nostre fabbriche sotterrane, senza le quali molto probabilmente Beacon City non avrebbe raggiunto la sua prosperità multi settoriale.

La Brooks&Rodriguez, fornitrice ufficiale di esotute per l’esercito di Beacon City, era un perfetto esempio di azienda a conduzione famigliare nel sottosuolo. I suoi prodotti avevano dato un bel vantaggio alle nostre truppe in ogni singola operazione. Lo stesso giorno in cui l’azienda venne fondata, Nick e Trinity si sposarono.

La terra e la roccia scavata per ampliare il bunker erano state usate per formare la collinetta sulla quale mi trovavo e coprire la cupola del P2. La prima sugli ottanta metri e la seconda sui centodieci.

Su quella del P2 avevo costruito la mia casa. Una villetta non troppo vistosa fatta su misura per me. Oltre a celebrarvi feste da sballo la mia casa fungeva da punto di osservazione per il quartier generale e collocazione più favorevole per il RAD-SHIELD. O come molti avevano iniziato a chiamarlo all’inizio del ventiduesimo secolo, il Faro. La posizione permetteva a molte anime sperdute di intravederne il bagliore azzurro lucente a molte più miglia rispetto ai primi anni.

In oltre Doc e i suoi scienziati erano riusciti a miglioralo, ampliandone il campo, la resistenza e dandogli qualche abilità in più. Come il Raccoglitore Atmosferico, che attirava su di noi le poche nuvole portate dai venti sul deserto. Questo toglieva la pioggia ai territori circostanti, ma tanto gli unici nei paraggi eravamo noi.

Altro miglioramento fondamentale per la nostra sopravvivenza era stato il Bagliore. Uno dei primi miglioramenti apportati da Doc. Sfruttando lo stesso principio degli Stealth Boy, lo scudo del Faro rifletteva la luce impedendoci di essere visti da satelliti con fotocamere da spionaggio orbitale ancora in funzione e osservatori oltre i milleduecento metri dalle mura. L’unica cosa che si riusciva a vedere da lontano, attraverso una sottile sezione di scudo non schermata dal Bagliore, era la luce del Faro, che per ovvie ragioni doveva restare visibile. Senza tale miglioramento, mezzo continente sarebbe già venuto a farci visita e ad esigere le nostre risorse. Solo le più grandi fazioni della Zona Contaminata erano riuscite a trovarci dopo sistematiche ricerche. E anche se alla fine erano state tutte sconfitte, il rischio di rivelare a tutti la nostra esistenza era ancora un rischio troppo grande.

Il cimitero sulla seconda collina era stato fin da subito riservato agli eroi di guerra e ai cittadini onorari. La scarsa disponibilità di spazio era forse il nostro unico punto debole. Chi voleva poteva pagare una grossa somma per farsi seppellire sulla collina, altrimenti optare per la cremazione o la sepoltura nella Zona Contaminata. Nei pressi della cima si trovavano le tombe di tutti i combattenti dell’epica Battaglia per l’Oklahoma. Più quelle di coloro che il posto sulla cima se l’erano guadagnato combattendo nei giorni precedenti e sopravvivendo a quella lunga notte. Rita. Grant. Wright. Lopez. Zoe. Anson. Gordon. Gaagii. Yazhi. Tokala. Maria. Il piccolo Willy. Suo fratello Carl. Earl. Baatar. Amelia. Tony. Bud. Doc. Trinity. Nick. Il tempo alla fine se li era presi tutti. Della cara vecchia generazione, con me erano rimasti Karugh, Atom, Zack e Isaac.

Di tanto in tanto andavo a trovare la mia cara vecchia squadra con Atom. Ovviamente passavo anche dai miei genitori. Avevo fatto spostare la bara di mia madre la su, e sulla lapide avevo fatto incidere anche il nome di mio padre. Anche a distanza di secoli, non avevo smesso di sentirli vicini.

Karugh trascorreva buona parte della sua giornata su quella collina. Molto sole e poco chiasso. I cittadini si erano abituati alla sua presenza. Atom invece era diventato la mia ombra. E ogni volta che andavamo a far visita al leggendario supereroe di Beacon City, il cybercane amava sdraiarsi sulla sua tomba. Gli anni passavano, ma il meccanico non aveva ancora smesso di mancargli. E non solo a lui.

Un insolito mugolio di Atom mi richiamò dai miei pensieri.

-Che ti prende bello?- Gli chiesi.

Il cane si era messo a guardare verso sud tenendo le sue orecchie di metallo puntate all'orizzonte. In un primo momento avevo pensato ad un animale tra l’erba della collina. Magari un topo della Zona Contaminata era riuscito a superare la dogana. Oppure un discendente del mio piccolo Ruffled si era messo a giocare nell’erba. Dalle nostre parti i gatti erano più comuni dei cani.

Poi però anche Karugh emise un breve ruggito alzandosi dal suo giaciglio per guardare nella stessa direzione.

-Red?- Mi chiamò Nelson per radio.

-Ti sento.- Gli risposi continuando ad esaminare il paesaggio a sud.

-Mezzi non identificati in avvicinamento.-

-Da sud?-

-Si. Come fai a saperlo?-

-Intuito femminile. Nulla da Oklahoma City?-

Oklahoma City era passata da metropoli infernale a città di frontiera in soli dieci anni. Era bastato supportare il sindaco Nolan, eletto democraticamente per due secoli di fila, con aiuti umanitari e una disinfestazione completa della città dai radbat. In cambio della grazia e del nostro aiuto nei momenti di difficoltà, i disertori dell’Orda e i loro discendenti ci avevano tenuti sempre aggiornati sulla situazione ad est. In più, tutti i razziatori e gli esploratori di altre grandi fazioni, giunti in città per dissetarsi prima di rimettersi alla ricerca della leggendaria Beacon City, venivano ingannati e spinti su false piste per ridurre il rischio di ritrovarceli alle porte di casa.

-Quelli di Oklahoma City hanno mandato l’ultima segnalazione un mese fa. Solo un gruppo di prospettori con dei mercenari tornati subito indietro. Devono venire dal Texas o dai territori della RNC. Da qui però non vediamo stemmi o simboli.-

-Sveglia la città allora. Siamo a DEFCON 3.-

Seguendo il sentiero mi diressi al forte con Atom e Karugh. Fort Beacon era il centro di Beacon City. Solo ai militari o ai civili con lascia passare era permesso accedervi. E a Karugh ovviamente.

Dopo la sconfitta dell’Orda, i sopravvissuti del branco si erano stabiliti permanentemente da noi. Esatto. Beacon City era forse l’unico insediamento della Zona Contaminata in cui deathclaw e umani vivano in pace e armonia. Fatta eccezione per un paio di incidenti nel corso della nostra storia. La perdita di Naalnish era stata un duro colpo per Karugh e la nostra convivenza. Ma il fratello maggiore funzionò da perfetto deterrente per i suoi simili. Essendo nato con una maggior consapevolezza rispetto agli esemplari selvaggi e al tempo stesso restando una creatura molto dominante, ogni volta che un maschio in fase puberale diventava troppo violento o una femmina violava il controllo delle nascite, lui esiliava il soggetto ancor prima che qualcuno si facesse male o che il negozio di alimentari venisse assalito da una mandria di piccole lucertole. Oltre al maschio alfa, a mantenere salda la convivenza, c’erano anche i cavalieri. Soldati che nella vita quotidiana e in battaglia affiancavano i deathclaw dandogli indicazioni tramite fischi e gesti. Solo l’Enclave era riuscita in passato ad ottenere un simile risultato.

Beacon City non ospitava solo i discendenti della prima generazione di Fondatori, ma anche tutti coloro che vagando per la Zona Contaminata cercando di sopravvivere, o che invece erano andati proprio alla ricerca del leggendario insediamento di eroici guerrieri nascosto nel deserto, avevano trovato Beacon City e superato il Test per la Cittadinanza. Principalmente i secondi dato che in pochi osavano sfidare il territorio selvaggio e desolato in cui noi vivevamo. Beacon City? La città del Faro? Nel bel mezzo del nulla, e quasi certamente solo una leggenda. Così i più scettici dicevano.

Per distinguerli dagli abitanti nati in città, i Fondatori giunti da fuori le mura venivano chiamati Avventurieri. Tra di loro c’erano ghoul, ex predoni, mercenari dall’animo nobile, unità robotiche senzienti, abitanti dei vault e tanti altri. Molti di loro erano anche più pericolosi della media dei nostri soldati. Merito delle loro abilità e dell’esperienza accumulata vagando per la Zona Contaminata. Ciò li rendeva delle unità versatili ed efficienti.

-Che si dice Red?-

Zeus era uno di questi. Il super mutante era giunto alla nostre porte circa un secolo fa. Dopo la disfatta del Maestro, un altro orrore delle radiazioni, il suo esercito di super mutanti si era diviso in vari gruppi. Uno di questi raggiunse Beacon City nel duemilacentosettantasei, dando così il via all’Attacco dei Figli del Maestro. Una versione minore e molto meno cruenta dell’assedio condotto dall’Orda di Woden.

Zeus era arrivato poco dopo. Senza amici, ricordi, identità e alla ricerca di uno scopo. A differenza di molti suoi simili era un essere socievole, intelligente e specialmente di buon cuore. Lui fu il primo super mutante ad unirsi a noi, e il primo ad indossare la stella da vice sceriffo.

-Hai sentito. DEFCON 3.-

-Scommetto venti tappi che si tratta di semplici commercianti.- Disse Zeus indossando il suo enorme elmetto fatto su misura.

-Venti tappi per semplici commercianti? Andata.-

Passando per il forte non potemmo fare a meno di vedere il monumento del Mastino. L’armatura di Baker era stata riparata e posta su un blocco di marmo con una targa commemorativa.

-Fare la cosa giusta.-

Quelle poche parole erano divenute il motto di ogni giovane cadetto. In oltre l’armatura era stata segretamente rimessa in funzione. In caso di bisogno chiunque avrebbe potuto farne uso per difendere la nostra casa.

Al vecchio Gate1 incontrammo Ethan e Disertore.

Ethan era un ghoul. Prima di arrivare da noi faceva il mercenario. Dopo il solito test ed esserci assicurati che alle orecchie dei nostri agenti sparsi per la Zona Contaminata non fosse giunta voce di un suo crimine, divenne uno dei nostri migliori combattenti.

Disertore … beh lui era un disertore. Eliot Galen Walker era nato e cresciuto nella RNC. A seguito di un qualche errore da parte del suo plotone, in cui diversi civili avevano perso la vita, Eliot aveva abbandonato la Repubblica della Nuova California in cerca di redenzione. Dopo aver vagato per giorni nel deserto venne raccattato mezzo morto da una delle nostre pattuglie. Superato anche lui il Test entrò a far parte dei Fondatori. Non era il soldato più pericoloso, ma il deserto non era riuscito ad ucciderlo. E altra cosa importante, dare un'opportunità a quelli come lui era tra i fondamenti più importanti della nostra comunità.

-Si torna in azione?- Mi chiese Disertore.

-Zeus dice che sono commercianti.- Dissi loro indicando il sud.

-Non sarebbe la prima volta che una carovana arriva fin qui.- Fece notare Zeus. -Venti tappi per entrare.-

-A quanto sta il denarius oggi?- Domandò Disertore controllando la sua carabina.

-Cinque tappi mi pare.- Gli rispose Ethan mettendo una banconota RNC nella sacca di Zeus.

Il nuovo Gate1 si trovava alla fine di Soon Boulevard. La strada che separava Boise District e Little Vegas. Durante il primo ampliamento di Beacon City, il vecchio centro di Boise era stato ripulito dalle radiazioni e i suoi edifici restaurati. L’ufficio governativo della contea era divenuto un museo. Certo non aveva i reperti storici degli Archivi Nazionali a Washington D.C., ma qualche bella reliquia prebellica eravamo riuscita a portarcela a casa. Inoltre c’era anche l’ala riservata alla nostra storia. La nascita di Beacon City. Le battaglie. Le scoperte. Tutto era sempre stato accuratamente archiviato. In oltre lo stile prebellico della zona dava a Beacon City quel tocco di vecchia nostalgia che nessun altro insediamento nella Zona Contaminata era riuscito a ricreare.

Little Vegas, ad est di Boise District, era stato l’ultimo settore ad essere edificato. Centro di intrattenimento e scambio commerciale principale della comunità. Con tanto di borsa per gli aggiornamenti sul mercato nazionale. Tutte le più grandi festività si svolgevano li, e guarda caso i tecnici comunali stavano finendo di allestire le decorazioni per l’Anniversario della Battaglia per l’Oklahoma.

Gli altri due distretti nella zona nord erano Eureka e Green Valley. Il primo era il “quartiere del futuro”, dove i seguaci del Dr Spectrum avevano aiutato lo scienziato a creare l’ultimo sogno più ambizioso della sua vita. Un college accessibile a tutti con scuole per tutte l’età, centri di studio, un teatro, una biblioteca e ovviamente la nuova sede della University of Beacon City. Oltre a tutto questo il quartiere di Eureka ospitava anche la piattaforma di lancio per i razzi con i quali i Fondatori avevano potuto esplorare il sistema solare e aggiudicarsi la riconquista dello spazio. Un vantaggio da non sottovalutare in un mondo che stava rinascendo.

Green Valley fu il secondo settore ad essere ampliato. L’area che si estendeva dal confine nord di Boise District fino a quello ovest di Eureka, era stata riservata alle piantagioni e agli allevamenti. Li vivevano gli ultimi esemplari di piante e animali non mutati sul suolo americano. Cose come mucche ad una testa e galline piumate non le trovavi da nessun’altra parte. E cosa altrettanto importante, tutto il cibo in eccesso veniva portato dai vertibird dove carestie e siccità mettevano in pericoli coloni e sopravvissuti estranei alla nostra comunità. Un bel modo per aiutare chi ne aveva bisogno senza mettere a rischio la città.

In più, sempre sotto consiglio del Dr Spectrum, un quinto di quella che dopo sarebbe stata Eureka, venne adibito a giardino zoologico, dove le famiglie e i ricercatori potevano osservare le creature della Zona Contaminata in completa sicurezza. Esclusi ovviamente i deathclaw e gli esseri umani mutati, quel posto era diventato un vero centro faunistico all’avanguardia.

Lungo la strada per il Gate1 passammo davanti al municipio, eretto a margine di Boise District. Qualche hanno dopo la caduta dell’Orda l’amministrazione aveva deciso di indire le prime elezioni democratiche per eleggere il sindaco di Beacon City. Con il settanta percento dei voti a favore, Bud Hunt divenne il nostro primo sindaco. Dopo il sesto incarico consecutivo si dimise per godersi il pensionamento. Ancora oggi, si pensa che sia stato il migliore sindaco e capo tribù della nostra storia.

Poco più avanti vi era l'incrocio dove con molta probabilità avremmo incontrato un altro membro della nostra squadra. Nel raggiungerlo trovammo un po di traffico. Complice il sovraffollamento della zona e il bramino da trasporto di un civile imbizzarritosi dopo aver visto un deathclaw arrivare dalla corsia opposta. Se il cavaliere in sua compagnia non l’avesse convinto a tornare indietro, il bovino a due teste si sarebbe fatto venire un colpo in mezzo alla strada. Da quando i bramini erano stati integrati come mezzi per il trasporto merci locale, casi come quello erano all’ordine del giorno.

Come previsto Kora ci stava attendendo all’incrocio tra la Soon Bulevard e Eden Alley. Più precisamente seduta sul monumento ai caduti, contravvenendo al nostro codice civile.

Ai suoi tempi Kora Killer Koster era la schiava guerriera di uno tra i più grandi schiavisti della East Coast, le cui gesta erano giunte alle orecchie dei nostri agenti. Ricevuto il benservito dal leader di Nuka-World, divenuto negli ultimi anni uno dei più grandi covi di predoni, lo schiavista perse il controllo della sua banda, e Kora ne approfittò per fuggire. Attraversato mezzo continente finì con lo sbattere contro le mura nordest. Nel vero senso della parola. Era ubriaca.

Data la sua buona volontà di ricominciare dalla parte dei buoni e le sue conoscenze ben radicate nel mondo dei predoni della East Coast, decidemmo di accoglierla e offrirle una chance. Salvo per qualche caso di ubriachezza molesta e una rissa al Corner of Boston la sua presenza divenne ben accetta a tutti.

-La sentite questa puzza?- Ci chiese scendendo dal monumento per accarezzare Atom.

-Sta arrivando qualcuno da sud.- Disse Zeus.

-Parlavo di Disertore.-

-Vaffanculo!- Gli rispose l’ex RNC.

-Le probabilità di una nostra sconfitta sono in ogni caso molto scarse.- Affermò Tiresia arrivando da Eden Alley.

M7-38 era un sintetico di seconda generazione del famigerato Istituto. Arrivato anche lui dal Massachusetts in seguito ad un malfunzionamento del suo sistema di tracciamento globale. Lui però arrivò nel duemiladuecentoquarantatré. Fu solo grazie a Doc se non venne smontato per un’esame tecnico. In tre anni di studi il Dr Spectrum ottenne molte più informazioni sull’Istituto di quante i nostri pochi agenti nel Commonwealth del New England avrebbero ottenuto in trent’anni. Compresa la vera natura della maggior parte dei corvi che negli ultimi anni avevano popolato la Zona Contaminata. Il reparto di spionaggio dell’Istituto aveva usato quelle piccole spie biomeccaniche volanti per spiare noi e tanti altri insediamenti per anni. Fortunatamente l’intervento di Doc ci permise di sbarazzarcene e di impedire l'infiltrazione di ben cinque sintetici di terza generazione nel duemiladuecentosessantuno.

In oltre, lo scienziato riuscì a trasformare M7-38 nella cosa più simile ad un essere umano. Dopo l’installazione di un upgrade all’avanguardia, li insegnò tutto ciò che sapeva. Fisica, chimica, ingegneria, biologia, combattimento e ovviamente a vivere. Poco prima che la sua energia si esaurisse, Doc gli fece dono della sua ultima creazione. Un microprocessore talmente all'avanguardia da risolvere le equazioni più complesse, prevedere molteplici scenari futuri ed aiutarci a contrastare ogni possibile minaccia. Fu così che M7-38 scelse di diventare Tiresia. La cosa di più simile ad un amato figlio che Doc ebbe dalla vita.

-Per me sono commercianti.-

-Le probabilità a tuo favore Zeus sono del quarantadue virgola sette per cento.- Gli rispose Tiresia un secondo prima che l’allarme di DEFCON 2 iniziasse a suonare.

-A tutte le unità.- Annunciò Nelson per radio. -Il convoglio in avvicinamento da sud ha anche dei blindati. Passiamo a DEFCON 2.-

-Ora le probabilità a tuo favore Zeus sono del diciannove virgola tre per cento.- Si corresse Tiresia.

-Muoviamoci Vault.- Ordinai.

L’allarme non aveva causato il panico generale. L’unico mutamento visibile fu lo scambio di opinioni sulla causa di quel raro evento tra i civili e il dispiegamento di alcune delle nostre truppe.

Prima di raggiungere il Gate1 dovetti fare una fermata alla House of War per recuperare il mio pilota. La House of War era l’esposizione bellica interattiva ideata, costruita e gestita da Isaac. I migliori cadetti dei Fondatori ci avevano passato intere giornate a studiare diapositive e registri di battaglie di tutte le epoche storiche. Dalle più antiche fino a quelle più recenti. Come la famosa Battaglia per l'Oklahoma, narrata per decenni negli angoli più remoti del deserto radioattivo. La Disfatta dell’Enclave, conclusasi con la morte di centinaia di soldati fedeli al presidente Eden. L’Attacco dei Figli del Maestro, con la quale la sabbia del deserto venne macchiata dal sangue di centinaia di super mutanti. L’Assalto della Legione di Caesar, svanita nel nulla insieme al sogno del suo leader di annientare la Città del Faro. L’Invasione degli Zetani, fermata dall’impavida aviazione dei Fondatori. La fallita Infiltrazione dell'Istituto, sventata solamente grazie a Tiresia. La Ritirata della RNC, causata dal fallito summit di pace tra noi e il governo nascente. Tutte battaglie terminate con la nostra vittoria e la disfatta totale degli invasori di turno. Gli unici ad essere tornati a casa vivi erano stati gli emissari della RNC. Loro furono abbastanza furbi da non sottovalutare la nostra potenza di fuoco. E abbastanza orgogliosi da tenere segreta la nostra esistenza pur di nascondere il loro fallimento.

Arrivata all’entrata feci segno agli altri di procedere. Appena dentro trovai subito Isaac intento a narrare una delle nostre schermaglie più epiche ad un gruppo di giovani menti in visita.

Come previsto dagli scienziati dell’Orda e in seguito dai nostri, Isaac non era invecchiato di una virgola. Certo aveva qualche cicatrice in più, aveva perso un po di capelli e a causa di un vecchio atterraggio di emergenza doveva muoversi con un bastone da passeggio per lenire il dolore al ginocchio, ma il leggendario pilota di vertibird, nonché comandante delle nostre forze aeree era rimasto il ghoul di un tempo. Solo un po più allegro e meno depresso.

-A quel punto MechaNick agguantò il missile a mani nude, e con i servomotori della sua esotuta quasi in pezzi lo scagliò contro la regina mirelurk di Keystone Lake, salvando la squadra Vault e la città di Mannford.-

Seguì il solito brusio di stupore e ammirazione infantile dei bambini. MechaNick ormai era diventato per tutti noi un eroe al pari di Grognak il Barbaro, della Signora del Mistero e di tutti gli altri Inarrestabili. Ogni bambino e bambino di Beacon City aveva letto almeno uno dei tanti fumetti stampati dal Beacon Herald e venduti a Hubris Comics Resurrection. La sottoscritta possedeva l’intera saga.

-Ora cosa volete sentire? Volete ancora quella della Battaglia per l’Oklahoma? Oppure volete l’Invasione degli Zetani?-

-Si!- Disse un ragazzino.

-No! La Disfatta dell’Engave.- Controbatté una bambina con un peluche di Mr Fuzzy.

-Si dice Enclave.- La corresse un altro bambino. -E comunque la Caduta di White Flat è più emozionante.-

-Secondo me la migliore è Mazzo grosso a New Vegas.-

-Comandante Lee.- Mi intromisi.

-Sceriffo Earp! Sceriffo Earp!- Dissero i bambini vedendomi arrivare.

Uno dei migliori pregi dell’essere una leggenda vivente era l’esaltazione che i bambini provavano al mio arrivo. Loro non ne avevano mai abbastanza di vedere un’enorme cowgirl robot con la stella da sceriffo sul petto. Tutto l’esatto opposto di Karugh. Anche se i bambini sapevano che era dalla nostra parte, vederlo da vicino incuteva a molti di loro un certo timore.

-Red, qual buon vento ti porta qui?- Mi chiese Isaac.

-Hai sentito il segnale. Mi serve il mio pilota.-

-Eccomi!- Disse Zack sbucando da dietro un angolo e abbottonandosi la sua tuta da pilota. -Ci vediamo zio Isaac.-

-Sta attento la fuori.-

Il piccolo Zack era diventato grande. Pur restando con la pelle bruciata come tutti i ghoul, in duecento anni il suo corpo aveva raggiunto lo sviluppo di un giovane ventenne. Sotto la guida di suo “zio”, era divenuto il nuovo asso della nostra aviazione. Forse il migliore del mondo.

-Allora zia? Chi è venuto a farci visita questa volta?- Mi chiese il ghoul scendendo i gradini di marmo dell’entrata.

-Un convoglio sta arrivando da sud. Sembra che abbiano dei veicoli militari.-

-Nient'altro?-

-Lo scopriremo a breve. Tu vai al V1 e spicca il volo. Solite regole di ingaggio.-

-Si signora!-

Ricevuti gli ordini il giovane ghoul mi precedette a passo svelto. Il V1 era parcheggiato a cento metri più in la nella zona di atterraggio sud. Quel vertibird aveva visto più battaglie di qualsiasi altro velivolo in nostro possesso. Dopo essersi messo dietro una scrivania Isaac era stato ben lieto di lasciarlo al suo pupillo.

Giunta nei pressi del Gate1 vidi che gli altri avevano già preso posizione. Lo stesso valeva per Zack, che a soli due minuti dal decollo, era già in volo ad alta quota. Troppo lontano per essere individuato da degli ignari assalitori, ma sempre pronto a piombare su di loro con il suo intero arsenale.

Le difese del Gate1 erano già state alzate. Le barricate di acciaio e i dissuasori mobili fatti uscire dall’asfalto erano degli ostacoli invalicabili per i veicoli prebellici standard e al tempo stesso degli ottimi ripari contro le pallottole. Certo degli assaltatori a piedi gli avrebbero schivati facilmente, ma ad attenderli c’erano già appostati dietro le mura una cinquantina di soldati, dodici avventurieri offertisi per l’occasione, dieci armature atomiche, otto esotute, quattro squadre di robot bellici già in allerta, sei deathclaw con i rispettivi cavalieri, cinque vertibird già in volo ad alta quota, Zack compreso, tre squadre d'élite e naturalmente la squadra Vault in testa a tutti come punta dell’iceberg.

Oltrepassata la soglia del Gate1 andai a sedermi sull’ultima barricata ed estrassi la Fiamma dell’Ovest per un breve controllo. Anche se poco potente in confronto all’avanzatissimo arsenale lasciatomi in eredità da Doc, quella mia piccola compagna di avventure bastava e avanzava per dare il benvenuto a dei visitatori malintenzionati. E se le cose si fossero complicate avrei sempre avuto con me il BFG nascosto nel braccio rimontatomi da Doc e la mia adorata 10mm racchiusa nell’altro.

-Aggiornami Denton.-

-Per adesso vedo solo camion, jeep e APC zia.- Mi rispose Denton osservando il convoglio a tre miglia dalla nostra posizione. -Non vedo corazzati o vertibird. Il convoglio sembra comunque immenso. Sono sicuramente più di trenta mezzi.-

Denton Rodriguez, figlio di Edric, figlio di Joshua, figlio di Enrique, figlio di Ernesto, figlio di Nick. Lui, sua sorella e i loro altri diciotto cugini erano tutti discendenti del leggendario Nick Rodriguez. Di conseguenza miei nipoti. Dopo la Battaglia per l’Oklahoma e il loro matrimonio, i coniugi Rodriguez avevano subito iniziato a darci dentro come conigli imbottiti di jet. Con un eroe di guerra leggendario per patriarca, la sottoscritta come zia, e una discendenza ben salda, la stirpe dei Rodriguez aveva prosperato a Beacon City. Imprenditori, scienziati, soldati. Seguendo l’esempio di Nick e Trinity, i Rodriguez avevano dato un contributo significativo allo sviluppo di Beacon City. E pensare che prima della Grande Guerra i loro antenati erano solo un’infermiera al servizio di un bastardo e un meccanico dell’esercito dipendente dalla Nuka-Cola che a ventisette anni conviveva ancora con sua madre.

-Conoscete tutti la procedura.- Dissi rimettendomi la Fiamma nella fondina. -Armi a portata di mano e occhi aperti. Apriamo il fuoco per secondi. Chiaro Kora?-

-Si signora.- Mi rispose imbronciata l’ex predona.

Un istante dopo la zona piombò nel silenzio. L’unica cosa che sentivamo era il potente respiro di Karugh e lo sferragliare di qualche robot dietro le mura.

-QG a Gate1. Hanno superato adesso il Bagliore. Non accingono a rallentare.- Ci informò Nelson per radio.

Il fatto che il convoglio avesse oltrepassato il confine del Bagliore senza fermarsi confermava in automatico che gli intrusi sapevano già perfettamente della nostra esistenza. Cattivo segno.

Stavo già armando il cane della Fiamma ancora nella fondina, quando finalmente il convoglio iniziò a rallentare la sua corsa. Percorsi altri trenta metri i mezzi arrestarono del tutto la loro corsa.

-Possiamo esservi d’aiuto?- Chiesi come una brava padrona di casa quando i motori si spensero.

La portiera della jeep in testa al gruppo si aprì, e una donna con la tuta blu Vault-Tec scese dal mezzo.

-Abitante del vault 19.- Ne dedusse Tiresia notando il numero sulla tuta. -È del Nevada.-

La cosa non ci stupì. Quella donna non era la prima abitante del vault a giungere alle nostre porte. Quello che avvenne in seguito, beh … non accadeva tutti i giorni. Neppure a Beacon City.

Dai mezzi del convoglio iniziarono a scendere abitanti di altri vault. Vault 22, 15, 81, 34, 12, 11, 8, 13, 101. C’erano perfino quelli del 76.

Noi altri non potemmo far altro che rimanere sbalorditi e impressionati da quel raduno di tute blu. Mai prima d’allora così tanti abitanti dei vault provenienti dai luoghi più disparati della Zona Contaminata si erano riuniti. Non sembravano avere cattive intenzioni. Ci guardavano in silenzio e sorridendo. Per loro dovevamo essere la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.

-Kora? Stamattina hai messo qualche sostanze nell’impianto idrico?- Chiese Ethan grattandosi la testa senza capelli.

-Tenevo del Med-X da mettere nel ponce di domani sera. Ma questo …-

-Non siamo un’allucinazione.- Ci informò un abitane del Vault 34 in modo cortese.

-Scommessa non valida.- Affermò Zeus a bassa voce.

-QG li vedete anche voi vero?- Chiesi.

-Ehm. Si. Prepariamo tre classi per il Test e degli alloggi?- Domandò Nelson.

Prima di rispondergli volli sapere una cosa.

-Come mai siete da queste parti?-

-Lui ci ha guidati fino a qui per salvare tutto e tutti.- Mi rispose un ghoul del Vault 13.

-Lui chi?- Chiesi ancora più confusa.

Gli abitanti dei vault si divisero in due, aprendo una strada tra me e la figura in fondo al gruppo. All’inizio non ci avevamo fatto caso, ma con loro c’era anche uno strano tipo. Un po troppo alto per essere un umano. Vestiva con degli abiti … da viandante della Zona Contaminata. Pezzi di armature e stracci cuciti insieme. Il volto era coperto da un casco protettivo, ma appena iniziò ad avanzare, ebbi un’intuizione.

Quell’essere emanava una strana aurea. Non fui la sola a percepirla. Atom, Karugh e perfino Tiresia percepirono quell’energia.

-Red. Le memorie di mio padre. Voi lo avevate già incontrato.- Mi informò il sintetico meravigliato come mai prima dall’ora.

Non vi era più alcun dubbio. L’essere avanzò fino a fermarsi davanti a me. E dopo essersi tolto il casco quasi non credetti ai miei stessi occhi.

-Ciao Rocket.- Mi salutò Jeremy.

-Ok.- Disse Disertore restando senza parole.

-Ora si che le ho viste tutte.- Continuò Zeus.

Sia i miei compagni che tutti gli altri Fondatori alle mie spalle si erano impressionati vedendo il volto di Jeremy. Quello fu il loro primo incontro con un essere di un altro mondo.

Atom invece andò a strofinarsi sulle sue gambe come spesso faceva con chi gli stava simpatico. Jeremy allora si chinò per grattargli la testa.

Karugh invece non era proprio stupito. Sembrava solo calmo come al solito. Strano che non mostrasse alcun tipo di ostilità per l’inatteso ospite.

-Ce ne hai messo di tempo da quella volta.- Gli dissi.

-E tu ne hai fatto di strada da quella volta. Ora sai chi sei?- Mi chiese Jeremy rialzandosi.

-Adesso si. E credo di sapere anche per cosa sei venuto amico mio.-

-Si Rocket. L’incommensurabile guerra che già in passato ti avevo annunciato sta per giungere. Ci darete una mano a vincerla.-

Io mi guardai alle spalle, ma i miei compagni erano ancora disorientati da quell'inaspettato incontro. Avrei preferito vedere qualche faccia da duro in più.

-I Fondatori sono nati per vincere le guerre.- Gli risposi.

 

Appoggiato al suo bastone, sotto al portico del Bill’s Hotel, Isaac aveva assistito da lontano all’arrivo di Jeremy.

-Wow. Alla fine sei tornato. Cominciavo a perdere le speranze.- Pensò Isaac.

Una lieve pressione sulla gamba dei suoi pantaloni attirò la sua attenzione verso il basso. La piccola Bonnie Chavez si era separata dal gruppo di bambini per ricevere una risposta ad un argomento che da tempo non la lasciava tranquilla.

-Signor Lee? È vero quello che i grandi dicono? Che la guerra non cambia mai?-

Isaac andò a sedersi sulla panchina di legno nei pressi dell’entrata all’hotel. Dopo un breve ma profonda riflessione, rispose alla domanda della ragazzina.

-Si Bonnie. La guerra. La guerra non cambia mai.- Ammise rammaricato il ghoul.

Quel vecchio detto era un’ineluttabile legge della nostra storia. Potevano passare anni, secoli o millenni. Eppure la guerra non aveva smesso di coesistere con noi. Sin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra, quando i nostri progenitori avevano scoperto il potere omicida di pietre ed ossi, era stato versato sangue in nome di Dio, della Giustizia, anche di un semplice momento di rabbia. Alcuni uomini avevano sfruttato lo sviluppo tecnologico per mettervi fine una volta per tutte. Invece fu proprio la tecnologia a condurci verso l’estinzione. E da quel giorno, quello della Grande Guerra, anche se l’umanità era sopravvissuta, il sangue, il dolore e i morti non avevano avuto fine. Quella era la triste storia del nostro mondo. E ognuno di noi doveva accettarla.

Il veterano vide che la sua risposta aveva turbato la piccola. In quel momento il suo piccolo mondo era diventato un pizzico più buio e cupo.

Isaac però sapeva anche un’altra cosa. Un fatto di cui il colonnello Roland Baker ci aveva reso partecipi poco prima di morire. Più di due secoli fa.

-Ma sai un’altra cosa Bonnie? Le persone cambiano. Io con questi miei stessi occhi ho visto persone che prima di tutto questo conducevano una vita semplice e monotona, cambiare tutto di se stessi. Un meccanico sprovveduto è diventato un eroe. Un guerriero rinnegato è diventato un figlio. Un pilota senza patria è diventato un martire. E una semplice impiegata Vault-Tec è diventata una leggendaria salvatrice.-

Mentre Isaac narrava le ultime parole di Baker, gli occhi della bambina erano tornati a risplendere di speranza. Quelle parole l’avrebbero accompagnata per sempre. E così sarebbe anche stato per coloro ai quali un giorno lei le avrebbe ripetute.

-Quindi, anche se la gente dice che la guerra non cambia mai, poco importa. Perché le persone invece possono cambiare. E se questo è vero come il sole che sorge, allora un giorno, ogni cosa potrà cambiare.-

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