Amour à Paris

di Sersci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parigi ***
Capitolo 2: *** Blackman ***
Capitolo 3: *** Il contratto ***
Capitolo 4: *** In trappola ***
Capitolo 5: *** Lezioni ***
Capitolo 6: *** Natale in casa Deveraux ***
Capitolo 7: *** Ripensamenti ***
Capitolo 8: *** Bufera ***
Capitolo 9: *** Te la farò pagare ***
Capitolo 10: *** Capodanno ***
Capitolo 11: *** Bugie ***



Capitolo 1
*** Parigi ***


Era stato un sacrificio per Charlotte decidere di trasferirsi a Parigi per iscriversi all'Università. Le dispiaceva aver lasciato solo suo padre. Era un uomo eccezionale, rimasto vedovo molto presto con una figlia adolescente da crescere. A Charlotte non era mai mancato nulla, suo padre le aveva dato tanto amore e protezione. Il suo sogno era diventare medico, chissà forse l'aver perso sua madre in tenera età l'aveva spinta verso quella professione.  A La Rochelle, la sua città natale,  tutti le volevano bene. Era una ragazza altruista, socievole, allegra e sempre pronta ad aiutare il prossimo. Suo padre la prendeva in giro dicendo che dentro di  lei albergava lo spirito di una crocerossina.  

Gli affitti erano impossibili a Parigi e lei non voleva gravare su suo padre, perciò aveva trovato un modesto appartamento nell'arrondissement di  Belleville.  Al civico 72 era nata Edith Piaf  e molte vicende narrate nei romanzi di Pennac si erano svolte nei vicoli di quel quartiere.  Era un sobborgo colorato, vivace e vitale ed a Charlotte non dispiaceva abitare lì.  

"Il proprietario di casa mi ha chiesto un aumento" spiegò Charlotte alla sua amica. Susan era diventata quasi una sorella; tutte le sere la chiamava e le faceva compagnia per telefono fino a quando non la sentiva sbadigliare. Era un modo per non farla sentire sola. Susan viveva con i suoi in una bella villetta vicino all'Università, mentre lei era sola ed abitava in una micro casa.

"Ti rendi conto? E' un buco e vuole ancora di più" esplose Charlotte quasi stritolando il panino che stava mangiando seduta nel giardino dell'Università. "Te l'ho ripetuto mille volte, Charlotte, lascia quell'appartamento e vieni da me. I miei non hanno nulla in contrario" Era da tempo che Susan si era offerta di ospitarla. "Ti ringrazio, ma non voglio disturbare e poi mi conosci voglio cavarmela da me". Mi devo trovare un lavoretto, non voglio ammazzare papà; fa già troppi sacrifici per mantenermi qui a studiare e se glielo dicessi sarebbe capace di fare tre lavori contemporaneamente pur di aiutarmi" spiegò all'amica. 

"Senti, non è un granché, però degli amici dei miei genitori hanno aperto un ristorante e consegnano anche a domicilio. Se vuoi gli parlo di te e..." non fece in tempo a finire la frase. Charlotte la stava stritolando in un abbraccio degno di un boa constrictor. 

Il lavoro al ristorante non era niente male e la prima settimana era trascorsa bene. I corsi all'Università durante il giorno e la sera consegnare il cibo la stavano stancando, però era contenta di essere riuscita a farcela da sola. Ovviamente non aveva detto nulla a suo padre, figurarsi sarebbe stato capace di farle una ramanzina tremenda. Spesso tirava su qualche mancia ed aveva ricominciato a mangiare bene, visto che i proprietari la costringevano a cenare con loro prima di iniziare a fare le consegne. Erano molto simpatici e sicuramente sotto c'era lo zampino di Susan. Chissà cosa aveva raccontato loro. Il cibo che servivano era squisito e raffinato. Certo lei non avrebbe potuto permettersi quei prezzi!

"Ehi Charlotte, stasera devi consegnare il cibo a Blackman" le disse sogghignando Michel, il figlio dei proprietari del locale. "Chi?" chiese alquanto incuriosita. "Lo chiamiamo così perché non lo abbiamo mai visto sorridere inoltre è un presuntuoso che crede di comprare il mondo con i suoi soldi.  

Guardò lo scontrino e per poco non svenne. Blackman aveva ordinato un vino molto costoso; lei con quella somma ci poteva pagare un mese di affitto. "Proprio vero certa gente i soldi li butta dalla finestra" pensò mentre con il motorino raggiungeva l'indirizzo scritto nel biglietto che Michel le aveva consegnato. La serata era fredda, la pioggia le era entrata fin sotto la pelle. Guidare un motorino in quelle condizioni atmosferiche non era il massimo. Parigi di sera era affascinante, le luci scintillanti e romantiche la rendevano magica. La Ville Lumière era indimenticabile ed ad ogni angolo si respirava arte e poesia. 

L'entrata dello stabile in cui abitava Blackman era ampio almeno tre volte il suo appartamento. L'edificio era in stile liberty ed il bianco era il colore predominante. Davanti all'immenso portone di legno c'era un portiere dal viso bonario.  I guanti bianchi ed il cappello lo facevano sembrare un maggiordomo. Il lusso regnava sovrano. Charlotte scese dal motorino e si avvicinò all'uomo dicendo che doveva portare il cibo al signor Deveraux. Il portiere le fece segno di attendere, entrò nella hall dello stabile  comunicò all'illustre inquilino che era arrivato un fattorino con le ordinazioni fatte. Charlotte sbuffò un poco sentendosi chiamare fattorino. L'uomo le disse che l'appartamento era, ovviamente, all'ultimo piano e lui possedeva non solo l'attico, ma l'intero piano. L'ascensore era rivestito di stucchi dorati, il pavimento con mosaici di marmo di Carrara, al centro pendeva un enorme lampadario di cristallo ed un bellissimo brano di musica classica si diffondeva attraverso gli altoparlanti. Sinceramente quell'ambiente le metteva i brividi, non era abituata a tutto quello sfarzo.  

Bussò ed attese che qualcuno le venisse ad aprire.  Charlotte rimase a bocca aperta non appena si aprì la porta dell'appartamento. Aveva davanti un dio greco. La camicia azzurra totalmente sbottonata ed aperta sul davanti metteva in mostra degli addominali perfettamente scolpiti, per non parlare del jeans dello stesso colore che lo fasciavano come una seconda pelle, i capelli leggermente scompigliati facevano venire voglia di metterci le dita. Deveraux non proferì parola, le fece cenno di entrare e di depositare il box con le vivande sul tavolino. Charlotte pensò che il soprannome che gli aveva affibbiato Michel gli calzava a pennello. 

"Ecco a lei" allungò la mano con il denaro. Era di più di quanto richiesto, Charlotte capì che c'era anche la mancia. Ebbe un moto di rabbia, forse per il modo in cui le aveva dato il denaro o per il fatto che non aveva incrociato neppure per un secondo lo sguardo o detto anche un semplice "Salve!". Ma si vedeva che era abituato ad essere servito e riverito perciò guardava le persone dall'alto in basso. 

"La ringrazio. Buonasera e buona cena". Blackman alzò gli occhi. Lo vide fare una smorfia anzi un sorrisetto ironico e divertito. Charlotte si maledisse mentalmente mille volte, ma cosa le era preso di dire buona cena ad un tipo come quello! Si chiuse la porta alle spalle ed uscì.


 

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Capitolo 2
*** Blackman ***



Deveraux era rimasto colpito dalla ragazza che gli aveva recapitato il cibo. Generalmente veniva un ragazzo. Gli sembrava di ricordare che fosse il figlio dei proprietari o giù di lì. Sinceramente guardava sempre le persone con fare distratto, ma quella giovane donna lo aveva colpito. In realtà a colpirlo era stata la frase detta da lei prima che si chiudesse la porta alle spalle. Era abituato a dare ordini e sentirsi ripertere con una certa deferenza "Buonasera, signore" oppure "Sarà fatto, signore". "Buona cena" non se lo era ancora sentito dire. Aveva alzato gli occhi e notato un leggero colorito rosa imporporare le guance della ragazza. Divertente. Le donne che frequentava sembravano delle bambole alla ricerca maniacale della perfezione. Perfezione che raggiungevano a suon di bisturi e costosissimi ritocchini. Ma quello era il suo mondo. Prese il cellulare e compose il numero di Bruno. Era da anni al suo servizio, un uomo molto fidato. Lo si poteva definire la sua ombra: guardia del corpo, segretario e confidente. Gli aveva rivelato cose che non si sarebbe mai sognato di dire ai suoi genitori. D'altre parte non era stato semplice essere figlio di Marcel ed Anne Deveraux. Da sempre in giro per il mondo e pronti a sostenere qualche iniziativa benefica, che si trattasse di salvare le balene in Groenladia o le foreste in Amazzonia. Solo in un determinato periodo dell'anno i suoi genitori non mancavano mai, anzi tutta la famiglia si riuniva per celebrare la festività che sua madre Anne adorava e riteneva la più importante fra tutte: il Natale. Onestamente avrebbe voluto essere dall'altra parte del pianeta piuttosto che con i suoi. Non che non amasse stare insieme con loro, ma in quelle occasioni sua madre e sua nonna facevano di tutto per vederlo sistemato. Quelle due insieme erano peggio dello squadrone della morte. Lui regolarmente si faceva accompagnare dalla sua ultima conquista che, ovviamente, non era ben accetta. Sua nonna poi detestava le Barbie (le chiamava così) che di volta in volta le venivano presentate. A loro sicuramente la fattorina non sarebbe dispiaciuta. Non importava che fosse di famiglia ricca, l'importante che non fosse una bionda mozzafiato tutta curve che, secondo sua madre, non poteva essere la donna ideale per creare una famiglia. 

Chiamò Bruno affinchè prendesse informazioni sul nuovo fattorino del ristorante Les Etoiles. Quella ragazzina poteva fare al suo caso. L'idea gli balenò dritta nel cervello non appena compose il numero di cellulare. "Bruno voglio sapere tutto su una ragazza". Poche parole, anzi un solo secco e deciso ordine e Bruno, che era abituato ad obbedire ai suoi comandi, si attivò immediatamente. sapeva che di lì a poco avrebbe ricevuto un intero rapporto con vita, morte e miracoli della giovane e della sua famiglia. 

"Ho tutto, Signore" disse il suo segretario entrando in ufficio. "Lascia il rapporto sulla scrivania" gli rispose senza neppure distogliere lo sguardo dall'enorme vetrata del suo ufficio. Le persone sembravano formiche viste dall'alto, dense nuvole nere sembravano volteggiare nel cielo. Di lì a poco sarebbe scoppiato un bel temporale. Guardò la busta bianca che conteneva le informazioni prese da Bruno sulla fattorina. Ne strappò un lembo e lesse il contenuto.

"Charlotte Morel - 21 anni - nata a La Rochelle - si è trasferita a Parigi per frequentare la facoltà di medicina - suo padre Philip possiede un'officina meccanica - ha perso sua madre ad 11 anni - studentessa modello con voti molto alti - lavora da poco tempo al Les Etoiles". Poche scarne righe rappresentano la vita di questa sconosciuta.  Era normale che lavorasse per mantenersi gli studi di medicina. Suo padre era un meccanico e pagare gli affitti e l'università alla figlia in una città come Parigi non doveva essere semplice. Pensò di indagare ancora sulla giovane. Mancava meno di un mese al Natale e forse per la prima volta dopo tanti anni sua madre e sua nonna lo avrebbero lasciato in pace. La fattorina era la tipa giusta per le due donne, ne era sicuro. 

Aveva deciso ormai. Quella ragazza avrebbe dovuto accompagnarlo a casa con i suoi, spacciarsi per la sua nuova conquista e restare con lui e la sua famiglia quei quattro terrificanti giorni di Natale. Tutti hanno un prezzo ed un punto debole. Deveraux lo sapeva bene. Negli affari era uno squalo vorace e pericoloso.

"Voglio che mi recapitiate la cena alle 21 in punto nel mio appartamento" ordinò bruscamente la sua cena a Michel che dall'altra parte della cornetta prendeva appunti e mentalmente malediceva Blackman. "Sarà fatto signor Deveraux"

Alle 21 la "sua cena" suonò al campanello. "Entri pure Charlotte". La ragazza apparve alquanto sorpresa. Non capiva come potesse conoscere il suo nome. Sicuramente glielo aveva detto Michel quando prendeva le ordinazioni. Entrò nell'appartamento e come per la volta precedente lasciò il box contenente il cibo sul tavolo del soggiorno. C'era qualcosa di diverso però questa volta. Non accennava mnimamente a pagare. Strano. 

"Charlotte lei si intende di transazioni di affari?" le chiese questa volta spiazzandola del tutto. Ma che razza di domanda le aveva fatto? "Ovviamente no" gli rispose tranquillamente.

Le si avvicinò e con voce calda le disse "Charlotte, vorrei proporle un affare". 

 

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Capitolo 3
*** Il contratto ***



 

"Io studio medicina monsieur Deveraux e non mi intendo di finanza o mediazioni" replicò stupita dalla strana domanda che Blackman le aveva appena rivolto. Quell'uomo era una vera incognita, la prima volta non l'aveva neppure degnata di uno sguardo dandole la mancia con aria di sufficienza quasi come fosse elemosina ed ora le parlava di affari. "Perché non si siede qui e cena con me signorina Morel?" aggiunse lui con fare intrigante e fissandola come fosse una preda. Effettivamente si sentiva quasi un topolino con davanti un grosso e famelico gatto. Non era decisamente una bella sensazione. "Mi spiace, ma non è possibile, ho altre consegne da fare oltre a questa" la risposta sembrò spiazzarlo. Si vedeva che non era un tipo abituato a sentirsi dire di no. Doveva uscire di corsa da quella stanza, la temperatura sembrava essersi alzata di dieci gradi e lei era sicura di avere il viso in fiamme. 

"Bene" replicò con un tono di voce roco che peggiorò di gran lunga la situazione "che ne dice di vederci domani nel pomeriggio? Potremmo prendere un aperitivo insieme e parlare"

"Se vuole potremmo vederci alle quattro davanti all'Università Paris V" ribadì tutto d'un fiato Charlotte. Si sentiva la bocca secca, quell'uomo le faceva uno strano effetto non poteva negarlo. D'altronde era molto affascinante. "A domani, Charlotte. Passerò a prenderla all'Università" soggiunse Deveraux. Solo dopo essere risalita sul motorino si rese conto di quello che aveva fatto. Ma che cosa le stava succedendo? Accettare l'invito di qualcuno che neanche conosceva non era da lei. L'aria inebriante di Parigi le stava dando la testa.

"Puntuale come un orologio" pensò vedendolo arrivare con una sfavillante moto nera. Dio sembrava un angelo decaduto: la giacca di pelle nera, i calzoni attillati, un ciuffo ribelle che cadeva sulla fronte ed il casco, anch'esso nero, che teneva sotto il braccio sinistro. Una visione! Scese dalla moto, le prese delicatamente la mano e poggiò appena le labbra in segno di saluto. Mille piccole scosse elettriche la trapassarono da parte a parte. Aspettò che salisse, le porse il casco e partì. Charlotte giurò a se stessa che Blackman lo stesse facendo apposta. Aumentò la velocità costringendola ad aggrapparsi a lui. "Che bastardo" ripeté mentalmente reggendosi comunque forte alla sua vita. 

Charlotte si aspettava di sorseggiare un aperitivo o prendere un caffè in un semplice bistrot  ed invece si ritrovò al Procope. Quel café era il più antico e rinomato locale di Parigi. Frequentato da Robespierre, Balzac, Verlaine e Napoleone tanto per citarne alcuni. C'era anche una leggenda a riguardo. Si diceva che Diderot avesse iniziato la stesura della sua Enciclopedia proprio sedendo sui tavolini del Procope. Il cameriere li fece entrare e salutò molto cordialmente Deveraux, si capiva benissimo che era un assiduo frequentatore del café. Mentre si sedeva al tavolo Charlotte sentiva l'ansia aumentare ed anche la curiosità. Chissà che tipo di affare voleva proporle. Lo stomaco le si era chiuso, ma non accettare nulla le sembrava scortese, inoltre non le sarebbe ricapitato mai più di tornare in quel posto. Le conveniva assaggiare qualcosa. Vide passare il cameriere con in mano un dolce molto invitante e decise di optare per quello. Deveraux ordinò per lui una coppa di champagne. "Scontato" giudicò lei mettendosi in bocca un cucchiaino di quella paradisiaca fetta di torta, che per poco non le andò di traverso quando Blackman le fece la sua proposta.

"Charlotte non sono abituato a fare tanti giri di parole. La mia famiglia si riunirà tra poco meno di un mese per festeggiare il Natale, ho bisogno di un'accompagnatrice ed ho pensato a lei. Dovremmo passare insieme una settimana, fingendo di essere una coppia innamorata" le spiegò in maniera molto dettagliata.

"Cosa? Si rende conto di quello che ha appena detto? Dovrei fare finta di essere la sua attuale fidanzata? Non ci conosciamo neanche o meglio credo che lei conosca tutto di me e che abbia preso anche delle informazioni, ma io al contrario non so nulla"  farfugliò confusamente combattendo il proprio istinto che le diceva di lanciargli la torta in faccia. 

"Charlotte si tratta di un semplice affare, tu hai bisogno di denaro per frequentare l'Università ed io di una persona come te per evitare di passare l'ennesimo Natale sotto le grinfie dei miei. Mia madre e mia nonna ti adoreranno, sei il tipo di persona che vorrebbero vedere al mio fianco. E' una semplice transazione come puoi vedere" cocluse molto pacatamente. 

Sentiva la collera salire ma non voleva dare in escandescenza in un posto come quello. "La mia offerta è di ventimila euro e stai tranquilla non ti sfiorerò neanche con un dito" aggiunse facendo un sorriso che fece apparire una fossetta. L'avrebbe trovata sexy se non fosse stato per la rabbia che ora non riusciva più a gestire. "Senta mr Deveraux penso che quei ventimila euro dovrebbe metterli in cassaforte, diciamo così. La ringrazio per la torta davvero eccellente" si alzò con calma per non fare capire quanto fosse in realtà scossa, poggiò il tovagliolo ed lasciò il locale.

"Interessante" considerò Deveraux continuando a sorseggiare lo champagne "davvero molto interessante".

 

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Capitolo 4
*** In trappola ***


 



"Sono davvero molto preoccupata, ieri sera mi ha telefonato zia Josephine. Mi ha detto che papà non si è sentito bene. Secondo lei è molto stanco. Gli ha consigliato di riposarsi, ma lui è testardo come un mulo. Oddio Susan, se dovessi perdere papà non lo sopporterei. L'ho chiamato ed ovviamente non mi ha detto niente riguardo alla sua salute per non farmi preoccupare." L'amica cercò di tranquillizzarla sostenendo che una vertigine non era la fine del mondo e sicuramente suo padre era sano come un pesce. "Non dovrebbe sostenere tutte queste spese se io non avessi deciso di studiare qui". Si sentiva in colpa. La sua decisione stava compromettendo la salute di suo padre e non poteva davvero tollerarlo. "Ma dai, stai esagerando. Stai dicendo un mare di sciocchezze. Ti stai pagando l'appartamento praticamente da sola con il lavoro al Les Etoiles e non gli stai chiedendo un centesimo in più di quello che ti manda". La redarguì alzando un poco la voce e facendo voltare alcuni studenti della facoltà. "Comunque le spese sono tante e sicuramente papà sta facendo più straordinari del dovuto" Seguitò a parlare con la voce rotta dall'emozione.

"Io... potrei disporre di ventimila euro entro pochi giorni". Tirò fuori il rospo tutto d'un fiato. Susan la fissava con aria interrogativa. "E come ci riusciresti? Sei talmente buona che la Befana invece di regalarti dei dolcetti, nella calza ci mette un assegno con tanti zeri?" Fece una battuta scherzosa, ma l'espressione seria di Charlotte le fece cambiare idea.

"La sera recapito il cibo ad un tale. E' ricchissimo. Ieri pomeriggio ci siamo incontrati al Procope. Mi ha proposto un affare: trascorrere la settimana di Natale con lui e con la sua famiglia e per farlo mi offre ventimila euro".

"Ma ti rendi conto della pazzia? Tu con uno sconosciuto, una settimana a casa dei suoi. Potrebbero essere la famiglia Adams o peggio degli psicopatici che uccidono le loro vittime solo per passare il tempo". Urlò buttando nel cestino il resto del panino che stava mangiando. "Tu vedi troppi horror. Dai retta a me comincia a cambiare genere di film" ribadì Charlotte scoppiando a ridere. "Hai poco da prendere in giro. Chi offre così tanti soldi ad una ragazza perché lei lo accompagni a conoscere mamma e papà? E' un essere mostruoso, ha tre gambe o cosa? Non ha un'amica normale da presentare?" Effettivamente il ragionamento non faceva una piega. "Sembra che sua madre e sua nonna che non sopportino nessuna delle sue amiche ed ogni volta tirano giù una lista infinita di lamentele. Vorrebbe passare per una volta un Natale sereno. Secondo lui io rappresenterei l'ideale di moglie che le due donne vorrebbero vedere al suo fianco. A suo dire è uno scambio equo. A me i soldi ed a lui una settimana tranquilla"

Raccontò l'incontro al cafè omettendo il resto della conversazione che aveva avuto. "Almeno si può sapere come si chiama questo soggetto clinico?" La faccenda stava scatenando molta curiosità in Susan. "Christian Deveraux". Osservò l'amica che all'improvviso impallidì.

"Quel Deveraux?" Charlotte annuì. "Ragazza mia ritiro tutto. Fossi in te non mi farei neanche pagare. E' un fico stratosferico! Se vuoi mi sacrifico io per te e, s'intende, i soldi sono tutti tuoi. Se vuole posso trascorrere con lui anche il Capodanno, non solo il Natale" aggiunse fissandola negli occhi. L'avrebbe fatto ne era certa.

"Potrei raccontare una balla a mio padre dicendo che ho vinto una borsa di studi e non deve mantenermi per tutto l'anno. Anche se mi rendo conto che la somma è alta e papà non è uno sciocco. Inoltre ventimila per una settimana sono decisamente troppi". Susan si schiarì la voce dicendole che era una scema colossale. Per Deveraux quella cifra era una bazzecola, mentre a lei avrebbe risolto tanti problemi.

Era sotto il portone da un'ora. Una parte di lei voleva fuggire via, mentre l'altra si ripeteva che lo stava facendo per suo padre. Si fece annunciare e salì fino all'attico. Il cuore non le dava tregua. I battiti erano accelerati, tutta questa situazione la stava mettendo in ansia.

"Mr Deveraux ho deciso di accettare la sua proposta, ma la somma è troppo alta. La metà andrà benissimo". La scrutò da cima a piedi. Quella ragazza riusciva a confonderlo ogni volta. Doveva esserle accaduto qualcosa per accettare la sua proposta dopo la scenata che gli aveva fatto al Procope. Si sarebbe rivolto a Bruno per sapere cosa le fosse successo. Era disorientato. Quale persona sana di mente accetta solo una parte dei soldi che gli vengono offerti?

"D'accordo, Charlotte. Abbiamo meno di un mese per conoscerci. Dovremmo essere molto credibili, i miei non sono stupidi. Studieremo bene la parte"

"Visto che è un contratto di lavoro ritengo che il suo ufficio sia il luogo più appropriato. Verrò da lei il pomeriggio, al termine delle lezioni, se per lei va bene".

"Charlotte, io direi di cominciare dandoci del tu". La prima lezione era già incominciata. Si rese subito conto che sarebbe stato più difficile superare la settimana con Deveraux che la sua tesi di laurea.

"Perfetto, a domani Christian" lo salutò sperando che non le leggesse in viso la paura che in quel momento le stava attanagliando il cuore.

 

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Capitolo 5
*** Lezioni ***


 


Trascorrere i pomeriggi nell'ufficio di Deveraux stava diventando davvero complicato. Pretendeva che lei imparasse tutto su di lui e, sinceramente, era davvero estenuante visto che non avevano nulla che li accumunasse. Lui era meticoloso fino allo sfinimento, arrogante e con una perenne aria da essere superiore. Le parlava quasi come fosse un maestro che legge una favoletta ad una bimbetta dell'asilo. Neppure i gusti erano simili. Christian amava la lirica, lei adorava il rap. Era serissimo e poco loquace. Charlotte al contrario parlava con tutti e, a dire di suo padre, era caotica e confusionaria. Come potevano riuscire a farsi passare per una coppia di innamorati? Avevano solo una passione in comune: l'arte. Appena arrivata a Parigi, Charlotte aveva visitato il Louvre ed era rimasta incantata dalle opere presenti all'interno, in modo particolare dall'Incoronazione di Napoleone. 

Le era piaciuto molto quel dipinto raffigurante Giuseppina Beauharnais, la consorte di Bonaparte, contornata dall'aristocrazia del tempo ed inginocchiata in attesa che le fosse posta sul capo la corona.  
Per il resto erano come il giorno e la notte. L'idea di passare le feste insieme le stava procurando un angoscia terribile che aumentava man mano che si rendeva conto che il Natale si stava avvicinando. Le venne in mente un film che aveva visto con suo padre, in cui la protagonista era stata condannata dal giudice a vivere per sei mesi con un perfetto sconosciuto ed a cercare di fare del suo meglio per far funzionare l'unione forzata. Solo che il film terminava con l'amore che trionfava tra i due coinquilini. Questo non era il suo caso, anzi ogni giorno che trascorreva in ufficio con lui, scopriva di detestarlo sempre di più. Non riusciva a chiamarlo neppure con il suo nome di battesimo per quanto si sforzasse. Lui era Deveraux punto e basta. 

la sua voce la riportò alla realtà.

Christian la fissò per un momento poi riprese la sua odiosa lezioncina come se non fosse accaduto niente. Un ondata di calore le pervase le guancie, adesso stava esagerando, in fin dei conti non era mica un burattino da manovrare a piacimento! Si era pentita della sciocchezza commessa, ma ormai la frittata era fatta. Purtroppo aveva già detto a suo padre che non sarebbe andata a casa per Natale perché aveva deciso di fare il test per ottenere una borsa di studio. Suo padre si era arrabbiato moltissimo, per prima cosa perché non avrebbero passato la festa insieme e poi per il fatto che non le faceva mancare nulla e quindi non comprendeva il motivo per il quale avesse deciso di chiedere una borsa di studio. Non le piaceva mentire a suo padre, ma non voleva che lui si ammazzasse di lavoro pur di pagarle l'Università. Si inventò che la proposta era arrivata da un docente e lei non si era sentita di rifiutare l'offerta. Suo padre si era calmato, in fin dei conti Charlotte era sempre stata una studentessa modello e sicuramente l'avevano notato anche a Parigi.

le erano scese le lacrime agli occhi sentendo questa frase. Tra l'altro lei voleva passare tutte le feste con suo padre, zia Josephine ed due terribili gemelli, addobbando l'albero e bevendo cioccolata calda in veranda. Era la sua vita quella ed il pensiero di trascorrerlo con dei damerini sconosciuti la stava uccidendo. Per fortuna la tortura stava terminando Deveraux controllò il suo orologio e le disse che avrebbero continuato il pomeriggio seguente. Era stanchissima, le sembrava di aver fatto tutti gli esami e la tesi in un solo giorno. Ormai ne era certa ne sarebbe uscita con le ossa a pezzi.

Charlotte aveva sentito crescere in lei l'impellente desiderio di scaraventargli la caraffa piena d'acqua in testa. Deveraux doveva avergli letto nel pensiero visto che aveva abbozzato un sorrisetto ironico. Lo salutò con freddo "a domani" ed andò via. Per  strada chiamò la sua amica, aveva bisogno di scambiare quattro chiacchiere e distrarsi.

Era sull'orlo di una crisi isterica, Deveraux sarebbe arrivato di lì ad un paio di  ore. Aveva la valigia aperta sul letto ma tutti gli abiti che aveva nell'armadio non erano adatti per quel tipo di persone. Diamine non poteva presentarsi in jeans, maglione e stivali. Suonarono alla porta, ci mancava anche l'inquilina del piano di sotto che non appena la sentiva in casa le bussava per chiederle qualcosa. Non era ancora riuscita a classificarla: era una con la testa fra le nuvole oppure una rompiscatole cronica? Comunque ora non aveva tempo da perdere con lei, l'avrebbe liquidata in pochi istanti. non riuscì a concludere la frase visto che davanti a lei c'era un fattorino con una montagna di scatole e pacchetti e non la vicina. 

domandò educatamente leggendo il foglietto accluso. Si erano sbagliati certamente. Le buste riportavano i loghi di Chanel, Valentino e Dior e lei neanche vivendo due vite avrebbe potuto permetterseli. Il commesso le lasciò tutti i pacchetti ed andò via. Lesse il bigliettino allegato ad una delle scatole. Deveraux, ovvio! Aveva pensato a tutto dalle scarpe, agli abiti ai trucchi. Ne provò uno e rimase impressionata dal fatto che le calzava a pennello. Ma come diamine c'era riuscito? Il problema era che non capiva nulla di vestiti, erano talmente eleganti che sapeva se fossero da cocktail o da sera. Ne scelse uno sperando fosse azzeccato.  Era uno splendido tubino color cipria che le arrivava appena sotto il ginocchio, le maniche lunghe, leggermente svasate, erano impreziosite da un nastro di raso bianco. Aprì le scatole con le scarpe e si rese conto che una era della stessa tinta dell'abito. Mister precisino aveva abbinato ad ogni vestito una scarpa della stessa tonalità! Incredibile. Si truccò leggermente, fece un leggero chignon, chiuse la valigia e posò sul letto un cappotto di cachemire molto attillato che la fasciava come una seconda pelle. 

Alle sedici in punto il citofono del suo appartamento squillò. Era Deveraux, puntuale come un orologio. Diede una rapida occhiata alla sua camera, indossò il cappotto ed uscì.

Angolo autrice: il film esiste realmente ed è molto carino. E' Notte brava a Las Vegas, con una irresistibile e comica Cameron Diaz  :)

 

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Capitolo 6
*** Natale in casa Deveraux ***


Il tragitto in macchina fu alquanto silenzioso e Charlotte lo impiegò per ripassare qualche dettaglio su Deveraux e soprattutto per metabolizzare il fatto che doveva dargli del tu e chiamarlo Christian, non Deveraux, Blackman o Mister Precisino. Dopo poco più di un'ora arrivarono a destinazione. La casa era davvero molto bella. Grandi nastri rossi impreziosivano l'entrata della villa ed il prato era semplicemente perfetto. Charlotte notò che l'intera famiglia era radunata in giardino e stavano aspettando che scendessero dalla vettura. Deveraux fece il giro e, da perfetto gentiluomo, le aprì lo sportello con un sorriso smagliante. Aspettò che scendesse ed intrecciò la sua mano con quella di Charlotte, che sussultò al contatto con la pelle calda di lui.  Christian era entrato nella parte. Adesso era il suo turno. 

Il padre di Christian le prese la mano e gliela baciò leggermente, mentre sua madre l'abbracciò calorosamente. Marcel Deveraux era un uomo decisamente affascinante. Fisico molto curato, capelli neri con qualche filo argentato sulle tempie. Anne Deveraux sembrava la grazia scesa in terra. Era bionda, con un ovale perfetto ed un sorriso angelico. Indossava un pantalone mobido color tabacco e, sulle spalle, una soffice sciarpa dello stesso colore. Per un istante il volto di Charlotte si incupì. Ripensò a sua madre, il cui ricordo purtroppo si stava affievolendo. Christian si accorse del suo mutamento e la guardò con aria interrogativa, continuando però a stringerle la mano. Sua nonna Pauline, invece, aveva lo sguardo di suo nipote e gli stessi occhi profondi e penetranti che riuscivano ad attraversarti da parte a parte. Charlotte capì subito che la stava "inquadrando", ma lei non era una delle squallide ochette che suo nipote gli propinava ogni anno!  Allungò la mano per salutarla e notò che la famigerata vecchietta aveva abbozzato un sorriso rivolto a suo nipote.  

. Deveraux prese la valigia di Charlotte e, con quel sorrisetto ironico che la faceva indispettire, cominciò a salire le scale .  Le cose si stavano mettendo male, non pensava che i suoi familiari fossero così aperti di vedute. Era certa che avrebbe dormito nella camera degli ospiti e non con il loro figlio. 

  sibilò Charlotte con il volto in fiamme non appena entrati nella stanza, che tra l'altro era come lui: asettica, scura e spartana. La sua camera a La Rochelle era magari un pò troppo colorata, ma santo cielo qui mancava solo il fantasma dell'Opera! 

la punzecchiò dandole un bacio umido sul collo. Charlotte si allontanò dalla stretta con il fiato corto, se avesse trovato un'arma contundente nella stanza stavolta l'avrebbe usata contro di lui in quel preciso momento.

  proseguì lui con un tono di voce basso    Charlotte entrò in bagno e si sciacquò il viso.  Era stanca ed era solo l'inizio.

Dopo una mezz'ora scesero in salone. L'atmosfera era calda, la legna nel camino scoppiettava allegramente ed un bellissimo albero troneggiava nel mezzo. Alla base c'erano molti regali, che sicuramente, avrebbero scartato durante il pranzo di Natale. Christian si versò da bere e si sedette sul divano vicino a suo padre.   Marcel Deveraux le spiegò che stava arrivando anche la sorella di Christian. Ecco fatto un'altra Deveraux da conoscere, come se non bastasse già madre, padre e nonna! Dopo poco entrò un ciclone in salotto. Zoe non era niente affatto come il burbero fratello. Le si avventò come un koala e l'abbracciò come se si conoscessero da sempre. I lunghi capelli rossi ondeggiavano come le onde del mare, era allegra e socievole. Come era riuscita a non suicidarsi con un fratello simile? Pierre  era decisamente più tranquillo, ma si capiva che era una brava persona. Per fortuna era arrivata Zoe, almeno quei giorni che doveva trascorrere con Blackman potevano essere più gestibili. 

disse togliendosi il cappotto e facendolo volare sul divano. Christian arricciò un pò il naso. Figurarsi se a mister precisino la cosa andasse giù. La ragazza aveva carattere e le stava già simpatica. aggiunse Charlotte e non le sembrò vero di potersi defilare da lì. In cucina era già tutto pronto. Non aveva mai visto tanto cibo, ma quanti invitati dovevano arrivare ancora? La nonna e la madre di Christian la guardarono come fosse un aliena. Per caso le erano spuntate delle squame verdi da qualche parte del corpo? Solo dopo qualche istante realizzò che nessuna delle pupattole di Christian si era mai preoccupata di aiutare. Chissà se aveva fatto male ad andare.

Durante la cena la famiglia si mostrò molto diversa rispetto a come se l'era immaginata. Marcel ed Anne si amavano ed erano molto affiatati. Raccontarono diversi aneddoti, anche molto esilaranti, riguardo alle loro missioni al servizio dei più deboli. Zoe era Zoe, un tornado forza dieci. Le sarebbe piaciuto averla come sorella visto che erano praticamente uguali di carattere. Ad un certo punto le chiese di raccontare come si fossero incontrati. Le lezioncine di Christian le tornarono alla mente, le dispiacque mentirle, ma non poteva fare altrimenti ed inoltre non li avrebbe più rivisti. Il problema fu la domanda successiva che Zoe le fece a metterla in confusione. Nelle lezioni non avevano parlato di questo. Ed ora?  Decise di dire la verità. 

La nonna di Christian la guardò con...dolcezza? Possibile? Allora non era la strega cattiva delle favole. La cena proseguì in maniera tranquilla e lei mangiò fino a scoppiare. Era da tanto che non trascorreva una serata in compagnia.

le chiese Christian non appena saliti in camera da letto. Lo era effettivamente, ma le era piaciuto stare con quella famiglia doveva ammetterlo. Christian si diresse verso il letto, sollevò le lenzuola e le chiese da quale parte volesse dormire. ribadì piuttosto piccata. Non le diede il tempo di replicare. Si tolse i pantaloni e la giacca e li depose sulla poltrona. Si mise sul letto. In boxer, solo con un paio di stramaledetti boxer. Lo stava facendo apposta, ne era certa. Andò in bagno, si spazzolò i capelli e... Oddio non aveva portato i pigiama di seta che lui le aveva comprato. Pensava di dormire sola! In fin dei conti non erano realmente fidanzati e non doveva fare colpo su di lui. Aprì la valigia ed indossò il suo pigiama preferito di colore blu con un orso polare stampato sulla maglia. 

Christian scoppiò a ridere non appena uscì dal bagno. Lei non lo degnò di uno sguardo, mise il broncio, si tirò il lenzuolo fino quasi la collo e si girò dalla parte opposta. 

Christian spense la luce e cercò di dormire. 

Doveva ammettere che con quell'aria imbronciata quella ragazzina era davvero adorabile.

 

 

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Capitolo 7
*** Ripensamenti ***



Era sotto la doccia da almeno quindici minuti. Stare sotto il getto dell'acqua calda la stava rilassando e aiutando a pensare. A breve sarebbe dovuta scendere per la colazione e per il fatidico pranzo di Natale. Sperava passasse presto. Non vedeva l'ora di partire per trascorrere il capodanno con suo padre. Da quando era arrivata Zoe si stava innervosendo sempre di più. Quella ragazza la stava trattando come una sorella e mentirle non le piaceva proprio. In un paio di occasioni aveva notato la madre e la nonna di Christian scambiarsi un sorrisetto. Avevano capito qualcosa? Deveraux le aveva detto che le due donne erano molto intelligenti ed era vero. Era stato molto piacevole scambiare qualche parola con loro in cucina mentre aiutava Zoe ad apparecchiare. Uscì dal bagno con indosso un accappatoio ed un asciugamano per frizionare i capelli. Christian era già vestito di tutto punto. "Potresti almeno avere la cortesia di uscire mentre mi vesto?" La mandò su tutte le furie la sua risposta. Era la sua stanza quindi poteva tranquillamente restare. Aprì l'armadio e tirò fuori un pantalone color cipria, una camicetta della stessa tonalità ed un caldo cardigan color panna. Portò tutto in bagno e si vestì. Quei vestiti erano spettacolari. Il maglioncino leggero ma molto caldo l'avvolgeva come una coperta. Ne aveva di gusto il signorino! Antipatico ma di classe.

"Charlotte che ne dici se finita la colazione ce ne andassimo in paese? Visitiamo qualche negozietto e rientriamo" L'idea di Zoe era piacevole, avrebbe visitato il posto e, soprattutto, si sarebbe sottratta a Christian per qualche ora. "Sono con te" Finì di bere il caffè e corse in camera a prendere il cappotto. Con la coda dell'occhio vide mister perfettino contrariato. Si era dimenticata di chiedergli il permesso! Non era una bimbetta e lui non era suo padre. Scese al piano di sotto e rimase di stucco notando che, vicino a Zoe, c'era suo fratello. Che rabbia. Lo aveva fatto apposta. "Vengo con voi splendide fanciulle". E lei che pensava di toglierselo dai piedi! 

 La visita in paese non fu tanto male, Zoe entrava ed usciva da tutti i negozi, era come una bambina in un negozio di dolci. In uno dei tanti notò una calda sciarpa con le iniziali M e P ricamate a mano. Erano ovviamente il logo della ditta produttrice. Charlotte decise di entrare a comprarla erano le stesse lettere del cognome e nome di suo padre. Gliela avrebbe data non appena si fossero visti. Era tempo di rientrare, si era fatto tardi. Tra l'altro Zoe aveva in mano tanti di quei pacchetti che neanche la slitta di Babbo Natale sembrava potesse contenere.

Charlotte lasciò il regalo in camera. In quel momento realizzò che non aveva niente da dare ai Deveraux. "Christian non ho pensato a fare qualcosa per Natale ai tuoi". Era imbarazzata per la dimenticanza, ma in fondo quella non era una festa in famiglia come le altre! "Stai tranquilla, ho pensato a tutto io. Tieni questo è il regalo per me. Penseranno che me lo abbia fatto tu". Le mise in mano piccolo pacchetto con la carta argento. Era esterrefatta.

Il pranzo fu molto lungo, quasi interminabile. Era stato piacevole, per carità, però l'ansia le era salita ai massimi livelli. Quasi non riusciva più a sostenere i loro sguardi, le sembrava che potessero smascherarla da un momento all'altro. Charlotte consegnò i vari regali alla famiglia e fu un crescendo di "grazie" o "non dovevate". Si accorse che tutti stavano aspettando che lei consegnasse il suo personale regalo a Christian. Cercò di mantenere la calma e con un sorriso forzato gli diede il pacchetto. Christian fece una faccia sorpresa, da premio oscar per la recitazione. Scartò la carta ed estrasse la custodia di velluto blu. Erano tutti in trepidante attesa, anche Charlotte visto che non sapeva cosa contenesse. Abbozzò un sorriso affinché la famiglia non sospettasse nulla. Aprì il cofanetto. All'interno uno splendido bracciale in oro con due C incastrate tra di loro. "Christian e Charlotte, che splendido pensiero. Ti amo, tesoro" disse lui stampandole un affettuoso bacio sulle labbra. Era quasi paralizzata, non avrebbe potuto permettersi quel bracciale neppure vivendo due vite. Che follia l'aver accettato quei soldi. In quel momento si sentiva sporca, si diede mentalmente della donnaccia. Approfittare così di quelle persone non era da lei. Lei non era così! Le scesero due piccole lacrime che, per fortuna i Deveraux interpretarono come gesto d'amore nei confronti del figlio. Christian sollevò lo sguardo e la fissò intensamente. Quella ragazza gli provocava un turbinio di emozioni. Non capiva perché piangesse. In fin dei conti era una farsa che di lì ad un paio di giorni sarebbe terminata. Quasi sicuramente non si sarebbero neanche più rivisti. Doveva ammettere che questo ultimo pensiero gli aveva provocato un senso di disagio. "Accidenti al Natale ed alle riunioni di famiglia" pensò continuando ad osservare quegli splendidi occhi velati dalle lacrime. 

 

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Capitolo 8
*** Bufera ***



Quel pranzo era stato un parto. Difficile da gestire. Marcel e Christian sorseggiavano in salotto il loro cognac. Zoe e suo marito, in veranda, erano intenti a scambiarsi coccole. Anne e Pauline parlottavano in cucina. Non avevano voluto che le aiutasse. Le due donne volevano stare da sole, Charlotte lo aveva capito. Erano rimaste spiazzate dalle sue lacrime. Si sedette accanto a Christian. Lui le accarezzò la mano con delicatezza. Charlotte lo guardò attentamente, nei suoi occhi non c'era malizia, ma dolcezza. Era impossibile ovviamente, lui era un attore nato. Decise di non sottrarre la mano, in primo luogo perché suo padre era ad un metro di distanza e poi perché quel tocco delicato le stava trasmettendo delle belle sensazioni. Represse uno sbadiglio, la giornata era lunga. Christian prese la palla al balzo e disse al padre che sarebbero saliti per riposare un poco. 

"So che è molto difficile per te restare qui con la mia famiglia in un giorno così importante, comunque domani per te è l'ultimo giorno di tortura. Diremo che devo tornare a Parigi. Ti lascerò in stazione così potrai andare da tuo padre".

 Il tono di voce di Christian le sembrò piatto, ma non ci pensò più di tanto visto che non vedeva l'ora di rientrare a La Rochelle.

"Finalmente il 26 dicembre" si ripetè mentalmente Charlotte mentre si fonava i capelli. L'ultimo giorno da passare insieme a Deveraux. La mattina seguente avrebbero inventato la scusa del lavoro e sarebbero andati via. Lui a Parigi e lei a La Rochelle. Nulla poteva andare storto. Ancora poche ore e poi sarebbe stata libera.

"Stanno per arrivare i Girard. Sono dei nostri amici. Sai Charlotte, la loro figlia, Susan, frequenta la tua stessa facoltà. Magari qualche volta vi sarete anche incontrate". Charlotte sbiancò sentendo le parole di Anne. Christian la guardò non riuscendo a capire cosa le stesse accadendo. Era tranquilla fino a qualche istante prima ed ora sembrava avesse appena visto un fantasma. Christian accampò una scusa e la trascinò in cucina. "Mi dici cosa diavolo ti è preso? E' un'amica di mia madre, nulla di più". Le spiegò in maniera alquanto rude. "Proprio i Girard dovevate invitare? Io li conosco bene, con Susan siamo amiche, anzi  sorelle" ribadì  caustica. La madre di Susan era una peggio di un investigatore privato e quello era uno dei motivi per cui non aveva mai accettato di andare a vivere da loro. 

"La tua amica sa del nostro patto, immagino". Charlotte annuì. "Bene" proseguì cercando di calmarsi e, a sua volta, calmare lei che tremava visibilmente "allora credo che terrà a bada la madre. Io farò del mio  meglio per evitare domande imbarazzanti. Tu cerca solo di non mollare e non farti prendere dagli isterismi". Dio gli avrebbe mollato un ceffone! Lui era freddo ed insensibile ma lei non era certamente così.  

"Charlotte anche tu qui? Sono felice di vederti". Non era neanche entrata da un secondo e già la madre di Susan stava per smascherarla. Susan prese tutti in contropiede, dicendo che sapeva del fidanzamento dell'amica con Christian ma era mancata l'occasione per dirlo. Marie Girard lanciò un'occhiataccia a sua figlia della serie "come puoi esserti scordata di dirmi che la tua migliore amica si è messa con il rampollo dei Deveraux?" . 

Il pericolo per il momento era stato scogiurato. Si sedettero in salotto, Charlotte era tesissima, mentre Christian era il ritratto della serenità. Susan si sedette vicino ai due fidanzati cercando di creare una protezione per la sua amica. Ma Pauline ed Anne non erano tipi da soprassedere. Avevano capito che c'era qualcosa sotto. Lo potevano dedurre dal viso contratto di Charlotte che non era più la ragazza tranquilla e sorridente dei giorni scorsi. E come un cane che non molla l'osso così le due donne non mollarono la presa. Tartassarono Susan di domande. Lei era un tipo tosto ma il fuoco incrociato delle signore Deveraux stava iniziando a sortire il suo effetto: far vacillare Susan. La stretta di Christian divenne una morsa, era sicura che le sarebbe uscito fuori un bel livido violaceo in quel punto. Lui e Susan potevano farcela, questo voleva comunicarle con quella presa. Ma lei non riusciva a mentire alle persone, lei era uno specchio e si poteva comprendere quello che pensava anche solo guardandola negli occhi. Zoe era appena entrata con suo marito e non capiva il perchè di quell'atmosfera rovente. Non ne poteva più. Voleva stare con sua zia ed i pestiferi gemellini, nella sua camera da letto che era un terzo dell'ingresso dei Deveraux e soprattutto vedere i fuochi pirotecnici in paese abbracciata a suo padre sorridente e spensierato. Era troppo per lei. Si alzò di scatto e come un fiume in piena riversò tutta la sua frustrazione. Non era la fidanzatina perfetta del loro amato rampollo. Non si conoscevano neppure fino a qualche tempo prima! Spiegò con le lacrime agli occhi che le era dispiaciuto mentire e, anche se era certa che non le avesso mai più creduto in tutta la sua esistenza, era stata bene con loro. Christian aveva gli occhi vitrei, l'avrebbe uccisa in quello stesso istante se solo avesse potuto. Salì in camera per prendere la borsa ed il cellulare. Uscì correndo da quella casa. Questa scenata lui gliela avrebbe fatta pagare a caro prezzo, ne era convinta. 

Compose il numero di un taxi e si fece portare in stazione. Voleva arrivare a La Rochelle quella stessa sera. Aveva bisogno di suo padre.

 

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Capitolo 9
*** Te la farò pagare ***



Quella stupida l'aveva messo in un bel guaio. Nessuno si era mai permesso di fargli fare una figura del genere. I Girard se ne erano andati. Susan era preoccupata per la sua amica, ma a lui non gliene importava nulla di quella ragazzina. Chiamò Bruno e gli chiese di  fare ricerche più approfondite su Philippe Morel. Avrebbe spazzato via dalla faccia della terra sia lei che suo padre. Li avrebbe distrutti. Aveva gli occhi che gli bruciavano per la collera. Entrò in camera sbattendo la porta. Aprì l'armadio per prendere un asciugamano, forse una doccia calda era l'ideale per calmare i suoi istinti omicidi. I vestiti erano tutti lì, non si era portata via niente. Eppure erano molto costosi e, rivendendoseli avrebbe potuto raccimolare qualche soldo.  

"Preciso e veloce come sempre. Ti ringrazio, Bruno". Christian Deveraux era soddisfatto. Aveva trovato il modo di vendicarsi per l'affronto subito. Philippe Morel aveva un piccolo prestito, probabilmente acceso per aiutare sua figlia negli studi. Aveva messo come garanzia l'officina di cui era proprietario assieme a suo fratello. Decise di contattare il direttore della banca affinchè richiedesse in anticipo la restituzione della somma per intero. Sicuramente Morel avrebbe dovuto vendere la sua azienda e per lui sarebbe stata la fine. La sola idea lo tranquillizzò. Per qualche tempo potevano sopravvivere. In fin dei conti, sua figlia aveva l'assegno che lui le aveva dato per passare quei giorni con lui e fingersi una fidanzata amorevole e devota.

Scese al piano di sotto. Era tempo di affrontare l'intera famiglia. 

"E' impensabile, come ti è venuto in mente? Portare un'estranea in casa e spacciarla per la tua futura moglie". Marcel Deveraux era livido in volto. Stava letteralmente scoppiando. Sua moglie Anne cercava invano di calmarlo, ma anche lei era contrariata. Il Natale, la sua festa tanto amata, era ormai irrimediabilmente rovinata.

"Nipote, se te la lasci scappare sei un idiota". Sua nonna Pauline spiazzò davvero tutti. Lei che odiava tutte le ragazze che portava, adesso, per la prima volta, si schierava con una di loro? Christian la guardò truce. Tutta quella pantomima l'aveva ideata quasi a causa sua ed ora prendeva le difese di una sciocca ragazzina che lo aveva offeso? Era davvero inconcepibile!

"Co-sa stai di-cen-do nonna?". Scandì le parole perchè era convinto che sua nonna fosse fuori di testa. "Dico che è perfetta per te. E' vero ci ha mentito, ma tu l'hai costretta. Charlotte è una ragazza sensibile, dolce e non mira ai tuoi soldi come le altre ochette che ci propini ogni anno". Stava per obiettare che la dolce Charlotte in realtà si era intascata un assegno di ventimila euro. Era vero che ne voleva la metà, ma lui aveva scritto la cifra pattuita all'inizio e non aveva  protestato più di tanto. Perciò non era diversa dalle altre. Zoe si intromise nella discussione. "Anche a me piace, fratellone. Con me era sincera, ne sono certa. Mentre andava via le sono corsa incontro. Piangeva ed era molto triste, non stava fingendo. Prima che me ne dimentichi, mi ha dato questa". Zoe estrasse una busta bianca. Christian l'aprì e rimase sorpreso dal contenuto. Piccoli pezzetti di un assegno strappato. Era quello che le aveva firmato lui. Quella ragazzina era una santa o un'abile manipolatrice. Era confuso.

La notte fu insonne. Per la prima volta in vita sua aveva avuto degli incubi. Era tentato di chiamare il direttore della filiale e distruggere Philippe Morel, ma dall'altra parte l'assegno rotto da Charlotte lo spiazzava. Come potevano sopravvivere quei due senza un centesimo in tasca? Decise di desistere dal suo proposito. Ritornando a Parigi avrebbe cambiato ristorante e non l'avrebbe più vista. 

Fu la colazione più movimentata della sua vita. Ora anche suo padre e sua madre tifavano per la ragazzina. Era una gabbia di matti. "Christian dovresti parlare con lei. Abbiamo visto il modo in cui lei ti guardava, le piaci tesoro, ne sono convinta". Sua madre Anne era impazzita. Charlotte lo odiava e lo vedeva come il fumo negli occhi. Doveva ammettere che mentre dormiva, in più di un occasione, si era soffermato a guardarla. Sembrava un angelo. I lunghi capelli sparsi sul cuscino e quel leggero profumo di vaniglia lo avevano inebriato. 

Parigi sembrava triste. Una leggera pioggerellina spezzava l'aria gelida di dicembre. Aprì il frigo e si preparò un toast. Per un istante pensò di ordinare al Les Etoiles, ma lasciò perdere. Doveva cambiare ristorante, quindi tanto valeva cominciare da subito.

I  giorni successivi furono un problema. Era in ufficio, ma spesso la mente andava a Charlotte. Non poteva essersi innamorato, decideva lui quando cominciare e quando finire una relazione e non aveva mai provato alcun minimo dispiacere nel chiudere una storia. Questa volta però era diverso. Amava sfiorarla, prendere le sue piccole mani tra le sue, sentire i brividi che l'attraversavano quando la toccava.

Era una pazzia, ma si decise a farla.

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Capitolo 10
*** Capodanno ***



Charlotte era arrivata a La Rochelle con il cuore gonfio di tristezza. Non voleva che suo padre capisse. Così, non appena scesa dalla stazione, decise di sfoderare un luminoso sorriso. Più tardi, a casa, avrebbe inventato una scusa per la mancata borsa di studio. Aveva stracciato l'assegno, perciò niente soldi. Era soddisfatta di averlo fatto. Zoe ed Anne erano meravigliose, anche la nonna di Christian non era da meno. Sotto quello sguardo, a prima vista severo, si celava in realtà una donna dolce e dall'animo nobile. Marcel era come suo padre, premuroso ed attento ai bisogni della famiglia. Le sarebbe piaciuto realmente entrare a farne parte, ma sicuramente la detestavano per quanto aveva fatto. Christian, poi si sarebbe vendicato, lo aveva capito dai suoi occhi che lanciavano saette e dalla bocca piegata in una smorfia di rabbia allo stato puro. Per ora non voleva pensare a tutto questo. Voleva trascorrere gli ultimi giorni dell'anno con suo padre e starsene tranquilla. Al rientro a Parigi avrebbe pensato al da farsi.

Suo padre l'abbracciò tenendola stretta, le era mancata moltissimo. Non averla per il Natale era stata una sofferenza, ma prima o poi lei si sarebbe comunque allontanata da lui formandosi una famiglia propria. "E' tutto pronto, i gemelli hanno voluto aspettare te per sistemare alcune luci nel patio. Tutto bene, piccola mia?" Non sapeva che rispondere e mentì dicendo che era solo un poco stanca. Ormai era un asso per dire bugie. Come se a casa Deveraux non ne avesse già dette a sufficienza! Avrebbe potuto diventare campionessa mondiale. "Ottimo non vedo l'ora di stare tutti insieme". Si sentì meglio.

"Per favore voi due smettetela di litigare ed aiutatemi a cucinare". Le grida di zia Josephine riecheggiavano in cucina. I gemelli erano pestiferi e lei stava cucinando per un reggimento. "Non ti sembra un tantino troppo?". La tavola era piena di pentole, piatti, mestoli e cibo. Neanche avessero invitato l'intero quartiere. Ma sua zia era così. Suonarono al campanello di casa. "Vai tu vero? Io ho le mani piene di farina". Charlotte aprì la porta sorridente. Sicuramente qualche vicino era venuto a salutarla visto che non era stata in famiglia a Natale. Il sorriso si spense tra le labbra. Christian, tranquillo e rilassato, era lì davanti alla porta. "Cosa ci fai quì?" Le parole le fuoriuscirono a fatica, la gola era riarsa. "Tu hai passato il Natale con i miei ed io ho deciso di trascorrere il Capodanno con i tuoi. Non fanno così gli innamorati?". Si stava vendicando. Gli occhi pizzicavano ma si trattenne dallo scoppiare in lacrime. "Christian ti prego, io...mi dispiace, davvero per quello che è successo però ti scongiuro..". Non riuscì a terminare la frase perchè suo padre si piazzò davanti a loro. Chiese chi fosse. Deveraux si presentò come il fidanzato di sua figlia. Charlotte sentì il pavimento tremare, in realtà era lei a vacillare. Suo padre la fissò ovviamente stranito dal fatto di essere all'oscuro di tutto. Invitò comunque Christian ad entrare. Gettò uno sguardo interrogativo alla figlia della serie "poi mi racconti", ma Deveraux lo anticipò dicendo che il loro amore era sbocciato piano piano e che si erano messi insieme solo qualche giorno prima delle festività. Volevano fare una sorpresa alle rispettive famiglie. "Beh ce l'avete fatta è stata una notizia, come dire, inaspettata" rispose Philippe al fidanzato della figlia. Christian era un formidabile e convincente attore ed in poco tempo conquistò letteralmente la famiglia. Il cuore di Charlotte batteva all'impazzata, non riusciva a capire cosa lui stesse tramando, ma era sicura che da un momento all'altro sarebbe successo il finimondo. "Che dite di farvi due chiacchiere in veranda, mentre i gemelli apparecchiano la tavola?". Charlotte cercò una scusa pur di allontanarsi, ma zia Josephine fu irremovibile. 

Piccoli fiocchi di neve cadevano soffici dal cielo. Tremava. Non solo per la fredda aria che le pizzicava il viso, ma di paura. "Non mi hai fatto fare una bella figura di fronte ai Girard. Non che me ne importi, sinceramente. Però essere bersagliato dai miei, non mi è andato giù". La tensione si sentiva crescere nell'aria. Sai che tuo padre ha chiesto un prestito per aiutarti negli studi?". Charlotte impallidì capì immediatamente dove stesse andando a parare. Avrebbe fatto fallire suo padre! Era potente e ne aveva i mezzi. Charlotte si coprì il viso con le mani. Erano bianche, in quel momento. Il sangue sembrava non scorrerle più nelle vene. Calde lacrime le rigavano le gote. Si era cacciata in un grosso guaio. Come avrebbe potuto sopravvivere suo padre senza un lavoro? Avrebbero perso anche la casa piena zeppa dei ricordi di sua mamma.

"E' pronto, ragazzi venite a tavola". Christian le asciugò le lacrime e le disse "dobbiamo andare, tesoro, non farti vedere così dai tuoi altrimenti accadrà lo stesso caos che è successo da me". 

La prese per la mano e, come un fidanzato premuroso, le scostò la sedia. Le danze erano aperte, ora bisogna solo attendere la mossa di Deveraux.

 

 

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Capitolo 11
*** Bugie ***


Dire che era tesa come una corda di violino era dire poco. Sua zia non faceva altro che curiosare riguardo al loro rapporto, dove si erano conosciuti, da quanto tempo si frequentavano ed altre mille domande. A Charlotte sembrava di rivedere un film già visto. A casa Deveraux era stata bersagliata dalle stesse domande, ma c'era Christian a difenderla, se così si poteva dire, dall'assalto dei suoi familiari. Qui , invece, lui era una mina vagante e non sapeva cosa potesse dire o rivelare di punto in bianco a suo padre. Philippe stava tagliando l'arrosto, ma era comunque concentrato sulle risposte che Christian stava dando a sua cognata. Era sicura di essere più bianca del tovagliolo che reggeva sulle sue gambe. Sentì la mano calda, anzi rovente, di lui sulla sua coscia. Avrebbe voluto dargli uno schiaffo, ma si disse che era molto più logico non innervosire ulteriormente mister Deveraux. Sapeva che lo stava facendo apposta. Voleva divertirsi come il gatto con il topo. Con una scusa si alzò ed andò in cucina, aveva bisogno di riflettere e soprattutto togliersi quella strana, ma sempre piacevole sensazione, che lui le trasmetteva ogni volta che la toccava. Dopo pochi istanti tornò al suo posto, giusto in tempo per sentire il discorso che Christian stava facendo a suo padre. "Lei ha una figlia meravigliosa, signor Morel. E' una studentessa modello, molto seria e soprattutto onesta". Gli occhi impauriti di Charlotte incrociarono quelli di Christian. Aveva capito, lui stava per sputare il rospo! Il fiato sembrava deciso a restare intrappolato nei polmoni ed il cuore stava sicuramente pompando al massimo. "Le ragazze di oggi" continuò " invece pensano solo al denaro e farebbero di tutto per ottenerlo, anche mentire ai propri genitori". Un pezzettino di arrosto le andò di traverso, stava per morire soffocata. Accidenti a lei ed a quando aveva deciso di fare questa follia si continuò a ripetere nella sua testa. Sua zia le diede una botta dietro le spalle e riprese a deglutire. "Ehi Charlotte, così ci fai prendere un colpo". Suo padre la stava squadrando da cima a piedi, non riuscendo a capire cosa stesse succedendo. Generalmente lei era un tornado mentre adesso era stranamente silenziosa. "Sei dei nostri questa notte, vero Christian?". Charlotte avrebbe volentieri fulminato suo zio. Era stato tutto il tempo a separare i gemelli che litigavano per ogni cosa e, proprio in quel momento aveva deciso di intervenire nella discussione. "Certamente, se non disturbo è ovvio". E così era stato invitato anche per l'ultima notte dell'anno! Sempre peggio. Charlotte era nella sua stanza e si stava cambiando per la sera. Sarebbero usciti per andare a festeggiare in grazioso locale di Rochelle. Si divertiva sempre in quelle occasioni, ballando fino allo sfinimento delle sue povere caviglie, ma quest'anno sarebbe andata diversamente. Qualcuno bussò alla porta. Sapeva già chi fosse. Christian era bello da mozzare il fiato, doveva ammetterlo. Il jeans stretto metteva in risalto le gambe muscolose e la giacca gli aderiva come una seconda pelle. La camicia azzurra, sapientemente sbottonata, faceva intravedere il petto, sul quale Charlotte si soffermò un paio di secondi prima di rendersi conto di sembrare un'adolescente alla prima cotta. Lui la metteva a disagio e non capiva il perché. "Christian, so che sei arrabbiato e vorresti uccidermi, ma mio padre non c'entra nulla. E' solo colpa mia. Se distruggi la sua officina, manderai sul lastrico, non solo mio padre, anche i miei zii ed i gemelli. Se vuoi vendicarti devi farlo su di me". Era magnifica. I capelli si muovevano profumando lo spazio circostante, gli occhi erano lucidi per il troppo piangere e la bocca di rosso intenso. Lei si morse leggermente il labbro. Lo faceva sempre quando era agitata. L'avrebbe baciata fino a toglierle il respiro. "Continueremo dopo questo discorso, ora pensiamo a divertirci. Siamo invitati ad una festa mi sembra". Le chiuse il bottone del cappotto, le prese la mano e scese le scale insieme a lei. Al piano di sotto, suo padre, i suoi zii ed i gemelli erano pronti ad uscire. Doveva ammettere che era da tempo che non si divertiva così. Trascorreva la vigilia di capodanno partecipando a feste molto diverse da questa. Andava via sempre prima degli altri. Sempre gli stessi volti e le stesse frasi di circostanza. Il locale era semplice ma rilassante e la compagnia, doveva ammetterlo, piacevole. Philippe era un uomo straordinario, aveva sofferto molto per la perdita di sua moglie, ma nonostante tutto aveva lottato per evitare alla figlia di restare traumatizzata. Suo fratello e sua moglie si erano compattati e si erano stretti ancor di più attorno alla piccola Charlotte. Anche i gemelli non erano male. Erano un uragano in piena, ma molto affettuosi e, a metà serata, se li ritrovò praticamente incollati addosso. Sembrava un canguro con i piccoli nella sacca. Charlotte aveva parlato poco o niente. Aveva capito però che adorava suo padre ed avrebbe fatto di tutto per aiutarlo. Forse doveva ricredersi. Charlotte non era la persona che credeva!

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