La lunga estate calda

di blackwhite_swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


 

 

La lunga estate calda

Parte I

 

luglio 1994

Cassius chiuse la zip del borsone, senza riuscire a togliersi dalla faccia un sorriso allegro: i suoi genitori, in un inspiegabile moto di magnanimità e bontà, gli avevano concesso di andare dai Pucey per tutta l’estate dopo aver passato solo dieci giorni a casa.

Solitamente ci volevano ore e ore di preghiere e suppliche prima di convincere Lavina Warrington a lasciar andare nel Devon il figlio minore, ma quell’anno era bastato chiederlo con educazione finita la cena. Niente piagnistei su quanto fosse già sufficientemente doloroso averlo lontano tutto l’anno a scuola, nessuna promessa o minaccia che dir si voglia di andarlo a trovare con la scusa di prendere il thè con Elizabeth Pucey, nessuna raccomandazione pronunciata in tono tragico di non affogare nel canale di Bristol durante un bagno. Niente di niente.

Una parte di Cassius gli stava intimando di indagare più a fondo, perché non era assolutamente normale quel comportamento da parte della donna: sembrava che Lavina Warrington preferisse liberarsi del figlio per quell’estate, comportamento decisamente insolito visto e considerato che normalmente era il prototipo della madre ansiosa.

Persino Aurelius Warrington, che pur non aveva mai avuto questa particolare simpatia a differenza della moglie per i Pucey, sembrava favorevole a lasciar andare da loro il figlio per l’estate.

E poi c’era Damian, la cui sola presenza a casa era di per sé piuttosto strana: da quando si era diplomato aveva passato gli ultimi quattro anni a studiare Storia della Magia all’università magica di Durham, tornando a casa di rado, preferendo di gran lunga la vita universitaria e soprattutto dei dormitori rispetto alle rigide regole che vigevano nel maniero di famiglia, ma, dopo essersi laureato a marzo di quell’anno, il quartogenito dei Warrington era si era nuovamente stabilito nella casa in cui era cresciuto e, per quanto ne sapeva Cassius, usciva di rado, preferendo passare il suo tempo con i fratelli maggiori e con il padre.

Il fatto che Damian fosse in casa ventiquattr’ore su ventiquattro era una delle tante ragioni per cui Cassius era ben felice di poter tagliare la corda al più presto: era più o meno da quando aveva incominciato a parlare che lui e Damian a stento potevano vedersi e crescendo la situazione non era migliorata, come tutto il resto della famiglia si era auspicato, ma non aveva fatto che peggiorare. Cassius aveva capito fin da piccolo di avere il poter di far uscire di testa il fratello, anche solo aprendo bocca, e non aveva mai rinunciato a sfruttarlo per il proprio divertimento mentre Damian non aveva mai provato ad andare d’accordo con il più piccolo.

Probabilmente, ora che anche Cassius era diventato maggiorenne, i signori Warrington erano ben felici di mandarlo dai Pucey per evitare di ritrovarsi i figli che duellavano in giro per la casa.

In realtà Damian in quel periodo aveva passato quasi tutto il proprio tempo in camera sua, scendendo solo per i pasti o per chiudersi in ufficio con i genitori e saltuariamente i fratelli maggiori. Cassius aveva notato, passando davanti alla porta aperta della sua camera, che Damian aveva rimosso tutti i gadget e i poster dei Tornados dalla stanza, la quale aveva assunto un’aria molto più seria e fredda: era strano, considerata l’assoluta devozione che Damian aveva sempre avuto per quella squadra, ma forse era solo un tentativo per rimarcare che ormai era un adulto, a differenza dell’infantile fratello minore.

Cassius si caricò il borsone in spalla, scendendo a tutta velocità le scale di marmo della casa fino ad arrivare nell’ampio atrio in cui i genitori lo stavano aspettando, in piedi davanti al portone di legno chiaro spalancato «Comportati come si deve dai Pucey e cerca di non cacciarti nei guai» lo ammonì immediatamente suo padre «E soprattutto vedi di non aggirarti troppo nei pressi dei babbani, sai che non mi piace che tu li frequenti»

Cassius si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo «I famosi bagnanti babbani assassini del Devon» borbottò guadagnandosi uno sguardo di fuoco dal padre e un’occhiata severa dalla madre, che però lo abbracciò, lasciandogli un bacio leggero sulla guancia «Prova almeno a tenere a freno quella tua lingua lunga con Elizabeth e suo marito» gli intimò la donna «Non voglio che pensino che ho cresciuto un villano»

Cassius sospirò impaziente «Va bene mamma, mi comporterò bene» la donna fece una piccola smorfia, sistemandogli il colletto della veste da mago, prima di spostarsi di lato per farlo uscire.

Passando davanti all’ingresso della più piccola delle due sale da pranzo del maniero, Cassius notò un gran numero di elfi affaccendarsi intorno al tavolo di legno chiaro, apparecchiandolo con i pezzi migliori della pregiata argenteria.

Il ragazzo si fermò stupito, voltandosi leggermente verso i genitori «C’è qualche festa o ricorrenza che non ricordo oggi?»

Aurelius Warrington si irrigidì leggermente, mentre Lavina si avvicinò con passo lesto al figlio, mettendogli una mano sulla spalla e sorridendo accondiscendente mentre chiudeva con un leggero colpo del piede la porta «Solo una cena tra tuo padre e i suoi amici» gli disse in tono estremamente sbrigativo, conducendolo in giardino «Ho fatto preparare la sala da pranzo lilla invece di quella principale così che potesse essere un incontro più informale…sai solo una piccola cosa tra conoscenti» Cassius annuì non troppo convinto, abbracciando poi velocemente la madre prima di stringere forte la maniglia del borsone e smaterializzarsi, con in mente il grande giardino di casa Pucey.

 

*

 

Cassius smontò dalla scopa, lasciandosi cadere sdraiato sul prato stanco e sudato per l’allenamento di quidditch intensivo a cui si era appena sottoposto insieme ad Adrian il quale, altrettanto affaticato, gli si buttò a fianco «Ma perché mi sono lasciato convincere da te a giocare con le temperature assurde di oggi pomeriggio» brontolò il biondo, facendo sghignazzare l’altro, che gli assestò una spallata «Non vorrai mica farti battere dai grifoni anche quest’anno?» gli chiese senza nascondere una smorfia infastidita: non gli era andata giù che Baston e compagnia avessero soffiato la coppa ai serpeverde quell’anno

«No di certo, ma in Scozia di certo non giocheremo con questo caldo» rispose Adrian, scostandosi il ciuffo di capelli sudati dalla fronte «Intanto che mi ripiglio un attimo, raccontami un po’ come hai convinto i tuoi a farti venire qui così presto»

Cassius incrociò le braccia dietro la testa «Non ne ho la più pallida idea» disse sinceramente «Gliel’ho semplicemente chiesto e hanno accettato subito…probabilmente hanno deciso di liberarsi di me, ora che anche io posso fare magie in casa: si vede che gli basta Damian a rompere le scatole tutto il giorno»

Adrian si sollevò leggermente, appoggiandosi sul gomito e guardando stupito l’amico «Quindi Damian è tornato a vivere dai tuoi in pianta stabile?»

«Così pare» rispose Cassius stringendosi le spalle «Io ero convinto che si sarebbe preso un appartamento da solo da qualche parte per potersi fare i propri comodi senza essere infastidito, ma a quanto pare il pecorone è tornato all’ovile» provò a metterla sul ridere, ma sul suo volto rimase un’espressione leggermente corrucciata che non sfuggì ad Adrian.

«Che cos’è che non ti convince?» lo incalzò dunque il biondo, ottenendo uno sbuffo in risposta «Razionalmente non ci vedo nulla di troppo strano, ma non lo so…ho come una strana sensazione» Cassius guardò l’amico negli occhi, come se fosse indeciso se continuare a parlare o meno e si lasciò andare solo quando Adrian, con un gesto del capo lo convinse a proseguire «Mamma non fa storie all’idea di non vedere il suo bambino per il resto dell’estate, mio padre non è mai sembrato infastidito dalla prospettiva che io passassi qui le vacanze…e sai che mio padre…» Cassius lanciò ad Adrian un’occhiata eloquente, facendolo annuire: i Pucey potevano anche essere una famiglia magica purosangue, ma non era un mistero per nessuno che una persona come Aurelius Warrington avrebbe di sicuro auspicato compagnie più prestigiose per il figlio minore «Damian è stato chiuso in camera sua per tutto il tempo…ha svuotato la stanza dalle cose dei Tornados, sai? Ora sembra una specie di stanza di ospedale, vuota e fredda. A malapena ci siamo parlati, non che mi dispiaccia, chiaro, ma era strano…più del solito, non cercava lo scontro»

«Magari ha finalmente messo la testa a posto» ipotizzò non troppo convinto Adrian.

«Forse…so solo che non l’ho mai visto passare così tanto tempo chiuso in studio con mio padre, con mio cognato e con i nostri fratelli maggiori» Cassius sospirò, prima di sbuffare «Sono qui da nemmeno un giorno e ti sto già soffocando con i drammi della famiglia Warrington» la mise sul ridere, desideroso di alleggerire l’atmosfera, facendo sorridere Adrian, che si strinse le spalle «Che ci vuoi fare, ormai sono abituato» i due ragazzi si misero a ridere, prima che Adrian balzasse in piedi, allungando la mano a Cassius per aiutarlo a tirarsi su.

Quando Cassius fu in piedi di fronte a lui, Adrian gli posò una mano sulla spalla, stringendogliela forte «Scherzi a parte, per qualunque cosa io ci sono, lo sai» disse improvvisamente serio facendo annuire grato l’altro.

Dopo qualche secondo in cui rimasero in silenzio, Adrian mollò la presa della mano sulla spalla di Cassius, assestandogli poi una pacca sulla schiena «Facciamo una nuotata prima di cena?»

Una luce diabolica brillò negli occhi di Cassius «L’ultimo che arriva è più coglione di Flint» esclamò prima di cacciare un urlo e lanciarsi alla volta della spiaggia.

Adrian alzò gli occhi al cielo, calciando però via le scarpe e seguendo di corsa l’amico verso le acque increspate dell’oceano Atlantico.

 

 

 

 

 

 

 

Buonsalve a tutti.

Non dovrei essere qui, dovrei dedicarmi ad altre storie, ma sono presa dalle manie di riordinare e sto ranzando le storie del mio archivio che non mi convincono come se fossero ramoscelli secchi quindi, prima che mi parta lo schizzo ed elimini anche questa mini-long che fa parte del mio futuro progetto di una serie dedicata ai personaggi serpeverde secondari, la pubblico e non ci penso più.

Chiarimenti del caso: Gemma Farley (che comparirà nel secondo capitolo) è una studentessa di serpeverde che ha firmato le lettere di benvenuto per i serpeverde (tra cui la mia) su Pottermore; leggendo la mia lettera di benvenuto mi era sembrata un bel tipetto e così mi sono ripromessa che avrei scritto qualcosa su di lei. Non si sa esattamente in che anno sia nata anche se probabilmente è coetanea di Percy Weasley, ma io, principalmente per esigenze di trama, ho decisa di renderla di un anno più giovane del Weasley occhialuto.

Miles Bletchley, Terence Higgs, Urquhart e Cassius Warrington sono tutti componenti della squadra di quidditch di Serpeverde che compaiono nel corso della saga di Harry Potter. Anche in questo caso ho modificato leggermente le età, rendendoli coetanei di Gemma e ho anche dato un nome a Urquhart, Malcolm, perché chiamarlo Hey-Tu per tutta la storia mi sembrava poco carino

Se avete due minuti della vostra vita da buttare vi pregherei di andare alla sezione dedicata alle storie su Harry Potter e cliccare sul link Aggiungi personaggi in alto a destra. La metodologia per l’aggiunta dei personaggi alla lista ufficiale è piuttosto macchinosa ma suppongo sia il metodo più efficace e democratico se è stata scelta e sostanzialmente funziona così: quando qualcuno si accorge che mancano dei personaggi può aggiungere i loro nomi ad una lista e questi nomi possono essere votati. Al raggiungimento di trenta voti a favore il personaggio viene inserito ufficialmente nella lista della sezione.

Dona due minuti del tuo tempo alla causa per far conoscere delle povere serpi dimenticate da dio.

 

Grazie per aver sopportato fino ad ora i miei deliri! Prima di andare vi lascio il link della one-shot precedentemente pubblicata che riguarda questa banda di serpi da strapazzo, “Associazione a delinquere”.

https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3843137&i=1

 

 

Au revoir,

Em

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


 

 

La lunga estate calda

Parte II

 

23 agosto 1994

Adrian e Cassius ondeggiarono leggermente sul posto, cercando di non perdere l’equilibrio dopo che la passaporta li aveva portati a destinazione su una collinetta illuminata da un pigro sole mattutino.

Adrian fece evanescare il secchiello che era stato usato come passaporta e si issò meglio lo zaino sulla spalla «Ora non ci resta che trovare i Farley» decretò allegro, incamminandosi giù dalla collina verso il campeggio babbano dal quale proveniva un forte brusio.

Dopo aver percorso neanche cento metri, Cassius assottigliò gli occhi, osservando l’orizzonte e sorrise, indicando una figura che si stava avvicinando «Non credo che dovremo cercare ancora per molto» disse allegro mentre lentamente i contorni della persona che si stava avvicinando si facevano più chiari, rivelando la figura esile di Gemma Farley.

«Due settimane in Italia e quella è tutta l’abbronzatura che sei riuscita a guadagnare?» Gemma sollevò gli occhiali da sole con la montatura rossa appoggiandoseli sulla testa e guardando male Cassius «Evidentemente sì» rispose con aria sostenuta facendogli la linguaccia «E ringraziamo Merlino che non mi sono scottata come mio padre…sembra un gambero» Gemma abbracciò gli amici, piazzandosi poi in mezzo a loro e riprendendo la marcia «Voi due avete fatto i bravi in questo periodo? Non avete mandato al manicomio la povera signora Pucey?» chiese guidandoli con maestria nel labirinto di tende.

I due ragazzi stirarono le labbra in due ghigni identici «No, ormai la signora Pucey è abituata a noi due…ha dei livelli di sopportazione quasi pari ai tuoi, sai?»

«Oh lo immagino…Malcolm e Miles sono arrivati all’alba con le loro famiglie, ma sono già nella nostra tenda, mentre Terence dovrebbe arrivare tra un paio d’ore più o meno nel vostro stesso posto» spiegò la ragazza «Il campeggio è enorme e molti dei clienti sono babbani per cui dobbiamo usare la magia il meno possibile…siamo arrivati da nemmeno due ore e papà e la sua squadra hanno già dovuto operare tre obliviazioni d’emergenza…io proprio non capisco che necessità ci fosse di cavalcare una scopa per fare cinquanta metri fino alla fontanella dell’acqua. La gente a volte è così stupida» la ragazza alzò gli occhi al cielo, fermandosi poi davanti ad una graziosa tenda blu scura «Signori, ecco la vostra dimora per i prossimi giorni» disse simulando un inchino e facendo segno ai ragazzi di precederla.

La tenda era ovviamente allargata magicamente al suo interno e ospitava un grazioso openspace sui toni dell’azzurro, completo di cucina e salottino, con vari divani-letto sparsi in giro; la porta sulla destra, tirando ad indovinare doveva portare al bagno.

Su uno dei divani erano seduti a gambe incrociate Miles e Malcolm, impegnati in una partita di sparaschiocco «Ehilà» salutò allegro Miles, puntando gli occhi chiari sui tre appena entrati «Siete giusto in tempo per vedermi demolire Malcolm» disse tutto contento mentre il diretto interessato sbuffava «Non parlare troppo presto, che potrebbero andarti a fuoco le sopracciglia da un momento all’altro…» non aveva ancora finito di parlare che una delle carte alla base del suo castello esplose, facendo crollare la costruzione su sé stessa.

Miles scoppiò a ridere, mentre Malcolm si alzava, togliendosi i residui della carta bruciata dai pantaloni e brontolando sul fatto che quello fosse un gioco del cazzo «La verità è che non sai accettare la sconfitta» rigirò il coltello nella piaga Miles, smontando con delicatezza il suo castello di carte e rimischiando il mazzo, guardando con gli occhi che brillavano i ragazzi appena arrivati «Allora, chi gioca adesso?»

«Nessuno» decretò con decisione Gemma «Non guardarmi così Miles, dobbiamo sistemare i divani letto e andare a prendere l’acqua alla fontana»

Il moro fece una smorfia «Ma perché dobbiamo giocare a fare la bella lavanderina se tanto abbiamo l’acqua a corrente in casa!»

Cassius aggrottò le sopracciglia, sporgendosi verso Malcolm «Che cos’è la bella lavanderina?» gli sussurrò perplesso mentre lo scozzese si tratteneva dal ridere «Una filastrocca babbana»

«Ah okay»

«Non usiamo questa tenda da anni: mi va bene usare l’acqua corrente per cucinare e lavarci, ma non mi fido a berla, non vorrei che fosse carica di calcare, ruggine o cose di simili» spiegò Gemma, incrociando le braccia come a sfidare Miles a contraddirla.

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa «Non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma fingerò di aver capito e ti darò ragione, contenta?»

La castana sorrise soddisfatta «Sì, estremamente, caro» gli altri quattro scoppiarono a ridere, seguendo da bravi soldatini la ragazza, che aveva fatto levitare in mano ad ognuno una grossa borraccia colorata.

 

*

 

25 agosto 1994

Gemma uscì dal bagno con indosso un grazioso abitino verde bottiglia e un asciugamano bianco arrotolato in testa, fermandosi sulla soglia ad osservare con un sorrisino i cinque ragazzi, che non avevano nemmeno cominciato a prepararsi, stravaccati sui divani, intenti a discutere sull’esito della partita imminente.

«Se vince la Bulgaria giuro che mi mangio i calzini» decretò Malcolm «Come cazzo hanno poi fatto ad arrivare in finale con un solo giocatore decente lo sa solo Merlino»

«La Ivanova ha un gran bel paio di chiappe» commentò con sicurezza Cassius, assumendo un’aria leggermente sognante mentre Miles al suo fianco annuiva pienamente d’accordo «Mi va bene che siano arrivati a questo punto anche solo per poterla ammirare» rincarò la dose il moro.

«Allora rettifico» si corresse Malcolm «I giocatori bulgari decenti sono due: la Ivanova e Krum»

«Tanto vince l’Irlanda» disse con sicurezza Adrian, facendo annuire Terence «Moran, Troy e Mullet sono dei fuoriclasse: segneranno una sfilza di goal prima ancora che Krum abbia preso quota»

«Aidan Lynch però non è un granchè» fece notare Miles.

«Barry Ryan parerebbe qualunque pluffa, anche se fosse grande come un granello di polvere» fece notare Cassius «E i tre cacciatori sono nettamente superiori ai bulgari quindi…»

«A meno che Krum non prenda il boccino a cinque secondi dal fischio d’inizio…»

«Il che renderebbe questa finale la più corta e schifosa della storia»

«…e a meno che gli irlandesi non si rincitrulliscano ad ammirare la tutina viola aderente della Ivanova…»

«…vincerà l’Irlanda» concluse Terence.

«Buono a sapersi, sono vestita del colore giusto» si intromise Gemma, mentre i cinque ragazzi si tiravano in piedi sorridendole «Forza ora, preparatevi! È mai possibile che sia la ragazza a dover aspettare i suoi cavalieri?»

«Che ne è stata della parità dei sessi? Ho tutto il diritto di farmi attendere mentre mi imbelletto» Cassius prese al volo l’asciugamano che la ragazza gli aveva lanciato. Maledetti riflessi da cacciatore «E comunque tu devi ancora asciugarti i capelli» precisò poi il ragazzo, ritirandosi ridendo in bagno mentre Gemma sbuffava «Mi sarò asciugata prima che tu abbia finito di specchiarti!» gli strillò dietro lei, senza riuscire a trattenere un sorrisetto mentre gli altri scoppiavano a ridere.

 

*

 

notte tra il 25 e il 26 agosto 1994

Malcolm, Cassius e Miles avevano improvvisato una specie di giga, incominciando a cantare ciascuno una canzone da festa di paese diversa, facendo scoppiare a ridere Terence e Adrian e guadagnandosi una sberla a testa sulle spalle o sulla schiena da Gemma «Razza di cretini» sibilò la ragazza con gli occhi scuri che mandavano scintille «Come minimo adesso qualcuno uscirà dalle tende dicendo di fare silenzio…AHIA CASSIUS METTIMI SUBITO GIU’!» Per farla smettere di fare loro la predica, Cassius, senza apparente sforzo, l’aveva sollevata e se l’era caricata in spalla, ridendo incurante degli strilli furibondi della ragazza, che stava tempestando la sua schiena di pugni.

«Vorrei farti notare che adesso quella che sta facendo casino sei tu» la provocò poi, guadagnandosi un “coglione” in risposta prima di rimetterla a terra.

«Dai Gemma non farci la predica» sbuffò Miles, tenendosi però a debita distanza dalla neonominata caposcuola di serpeverde, onde evitare di rimanere gravemente ferito qualora la ragazza avesse avuto un altro scatto rabbioso «L’Irlanda ha appena vinto! Staranno tutti festeggiando nelle tende!»

Gemma lo fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia al petto e mettendo su il suo migliore broncio, rilassandosi leggermente solo quando Adrian le passò un braccio sulle spalle, prendendosi come sempre la responsabilità di calmare le acque «Sono certo che riusciremo a festeggiare anche senza fare troppo chiasso, no?» disse il ragazzo con fermezza, lanciando uno sguardo eloquente in particolare a Cassius che, pur sbuffando, non poté fare a meno di annuire alle richieste del migliore amico.

Il gruppetto riprese a camminare, con Terence, Adrian e Gemma in testa che chiacchieravano piano, mentre alle loro spalle Cassius, Malcolm e Miles che procedevano a braccetto, avevano ripreso a cantare un’indecente canzone da osteria, mantenendo però un tono di voce abbastanza basso.

Quando avevano scoperto che la coppa del mondo di Quidditch si sarebbe tenuta in Inghilterra, i cinque ragazzi del gruppo, tutti giocatori o ex giocatori della squadra di serpeverde, si erano organizzati con largo anticipo -per la prima volta nella propria vita- per andare ad assistervi e, dopo non poche preghiere, erano riusciti a convincere Gemma ad accompagnarli: fosse stato per lei, sarebbe volentieri rimasta a casa considerato il suo odio viscerale per il volo e le altezze in generale, ma non era riuscita a dire di no alla possibilità di passare qualche giorno in compagnia di tutti i suoi ragazzi, come era solita definirli nei suoi rari momenti di dolcezza.

Prima di accettare la ragazza era riuscita a stabilire delle condizioni imprescindibilmente legate alla sua presenza all’evento che i ragazzi avevano accettato, consapevoli di non avere molta scelta: invece di fare una bella dormita sotto le stelle come avevano inizialmente programmato, sarebbero stati in una tenda a poca distanza da quella in cui avrebbero alloggiato la signora e il signor Farley, grande fan del quidditch a differenza della figlia e, soprattutto, i ragazzi avrebbero dovuto darle ascolto qualora si fosse trattato di prendere qualunque tipo di decisione.

Erano tutti perfettamente consapevoli, Gemma compresa, che il secondo punto dell’accordo non sarebbe stato rispettato, ma avevano finto di accordarsi pacificamente tanto per fare un po’ di scena come sempre.

Probabilmente non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma alla fine Gemma aveva adorato la finale di quella sera, così grandiosa e avvincente e soprattutto si era divertita come una pazza nelle due giornate precedenti a stare in campeggio con i suoi migliori amici: nonostante i suoi genitori fossero alloggiati poco lontani, i coniugi Farley avevano fatto in modo di non stare troppo per i piedi ai sei maghi appena maggiorenni, che avevano avuto modo di scorrazzare liberamente per il campeggio e stare svegli fino a tarda notte per raccontarsi tutto quello che era accaduto quell’estate.

Quei tre giorni insieme erano quanto di più vicino ad una vacanza che i sei avessero mai fatto, cosa che li rendeva tutti molto eccitati: passavano nove mesi all’anno a scuola sempre attaccati e spesso le giornate estive sembravano loro infinitamente lunghe visto e considerato che non era banale organizzarsi per trovarsi tutti e sei in un posto preciso.

I più fortunati erano sicuramente Adrian e Cassius, dato che in pratica il secondo passava tutta l’estate a casa Pucey, ma nessuno avrebbe mai potuto veramente invidiarlo per quella ragione.

Sentirono numerosi strilli alle loro spalle che li fecero fermare mentre Cassius, dopo aver lanciato un piccolo fischio commentava «Certo che gli irlandesi non devono essere andati leggeri con la birra per i festeggiamenti»

Le grida sembrarono intensificarsi e i ragazzi inarcarono le sopracciglia, guardandosi dubbiosi: non sembravano affatto delle grida gioiose di festa.

Un urlo terrorizzato squarciò l’aria e una serie di lampi esplosero sopra le loro teste; i sei sguainarono le bacchette, avvicinandosi subito gli uni agli altri «Che cazzo sta succedendo» mormorò Terence, la mascella contratta in una smorfia preoccupata mentre Adrian, improvvisamente pallido, scuoteva rigidamente i capo.

Prima che Gemma potesse aprire la bocca, suggerendo saggiamente di tornarsene il prima possibile alla tenda si sentirono numerose richieste di aiuto strillate ad alta voce e a meno di cento metri da dove si trovavano due tende presero fuoco e videro alcune persone levitare.

Cassius mosse due passi decisi in direzione delle fiamme, prima che Adrian lo bloccasse, tenendolo per un braccio «Cosa credi di fare?» sibilò il prefetto all’amico, che lo guardò con espressione dura e seria: quella era una di quelle che Gemma definiva chiacchierate mentali tra Adrian e Cassius, che spesso sembravano estraniarsi dal mondo per comunicare tra loro con la forza del pensiero. I due rimasero per qualche secondo a osservarsi prima che Adrian con aria sconfitta cedesse «Vengo con te» disse mentre Cassius annuiva, prima di cominciare a correre nella direzione dell’incendio, tallonati prontamente dagli altri quattro.

«Perché mi faccio sempre trascinare da voi cinque deficienti?» ringhiò Gemma, cercando di stare al passo di quei cinque stupidi spilungoni dalle gambe troppo lunghe «Da dove vi esce poi questo spirito così eroico lo sa solo Merlino: che ne è stato del sacro spirito di autoconservazione tanto pubblicizzato da Salazar?» bofonchiò infastidita, senza però smettere di seguirli.

Quando arrivarono nella zona dell’incendio si bloccarono bruscamente, rischiando di essere investiti da alcuni maghi e streghe, molti dei quali già in pigiama, che scappavano a gambe levate; degli individui vestiti di nero e con i volti coperti da maschere stavano facendo levitare quelli che a Gemma sembrarono dei babbani, i quali urlavano terrorizzati, contorcendosi in aria.

Miles e Terence si scambiarono un’occhiata atterrita: quegli uomini vestiti di nero non potevano davvero essere quello che sembravano, no?

«Relascio!» urlarono contemporaneamente Malcolm e Cassius, con le bacchette puntate sui babbani che fluttuavano a circa sette metri da terra, la cui caduta rovinosa fu prontamente bloccata da Adrian, che aveva lanciato un Arresto Momentum non verbale estremamente efficace.

Gli uomini mascherati ovviamente si accorsero subito della presenza dei sei ragazzi «Andiamo via» disse Gemma, evocando uno scudo appena in tempo per parare lo schiantesimo che le avevano spedito contro «Andiamo ora!» ripeté a voce più alta, cercando di tenere lo scudo in modo che fossero coperti nella fuga.

Malcolm, che era nettamente più alto dei lei, lanciò un impedimenta oltre lo scudo, facendo inciampare la prima fila di uomini incappucciati mentre i sei incominciavano a correre a tutta velocità tra le tende, dalle quali continuavano ad uscire persone terrorizzate «Chi diamine erano quelli?» urlò Miles, evitando per un pelo di finire addosso ad un mago con i capelli sparati in aria che stava scappando «Davvero non ci arrivi?» gli strillò ironicamente in risposta Gemma, agguantando la mano di Terence, per essere certa di non perdere almeno lui in mezzo a quella folla di persone.

I sei svoltarono a destra, infilandosi in una zona più tranquilla e fermandosi a riprendere fiato «Dobbiamo tornare subito alla tenda» rantolò Adrian «E avvertire i signori Farley»

«Se conosco abbastanza bene mio padre a quest’ora ha già spedito mamma e i miei zii a casa con una passaporta e si è messo in contatto con il ministero» borbottò Gemma «Salazar, mamma mi ammazzerà, mi aveva detto di non tornare tardi alla tenda…»

«Immagino che nessuna di voi due si aspettasse una bella comparsata dei mangiamorte» commentò con quel suo sarcasmo completamente fuori luogo Cassius mentre gli altri cinque si irrigidivano nel sentire quel nome.

Qualcuno urlò poco lontano e subito si sentì una risata gelida molto forte che a Gemma suonò per qualche strana ragione famigliare: Cassius si irrigidì, spalancando gli occhi scuri come se avesse appena visto un fantasma e prima che qualcuno potesse dire una parola, filò rapido nella direzione da cui provenivano i rumori.

Gli altri cinque ripartirono immediatamente al suo inseguimento, ma furono rallentati dal passaggio di un gruppo di persone che scappava, rischiando di perderlo di vista in quel mare di teste.

Ritrovarono Cassius poco lontano, in piedi immobile in mezzo a due tende, una delle quali completamente in fiamme, che guardava qualcosa nel piccolo spiazzo di fronte a sé: uno degli uomini incappucciati -mangiamorte si corresse mentalmente Gemma non senza sentire un brivido alla schiena- aveva appena schiantato un babbano e stava facendo levitare quella che probabilmente era la moglie dell’uomo, che strillava disperata il nome del marito.

C’era qualcosa di estremamente famigliare nel mangiamorte, ma Gemma era talmente spaventata da non riuscire a ragionare in maniera sufficientemente lucida per capire chi fosse effettivamente.

Vide Cassius, con una luce fredda negli occhi, alzare rigidamente la bacchetta e puntarla sul mangiamorte e allora capì; fece un balzo in avanti, spingendo di lato l’amico e nascondendosi con lui dietro ad una tenda mezza crollata.

Cassius fece per divincolarsi dalla sua presa «War, non è proprio il momento di far l’eroe, mi hai capita?» esclamò Gemma mentre il ragazzo si voltava nella sua direzione guardandola con un’espressione che avrebbe fatto impallidire persino Grindelwald, ma la caposcuola resse lo sguardo senza battere ciglio «Mi hai capita?» ripeté in un sibilo freddo.

Cassius emise un basso ringhio «Sì» sputò con rabbia mentre Gemma, senza allentare la presa sul suo braccio, annuiva leggermente più tranquilla, rivolgendosi poi a Miles, Adrian, Terence e Malcolm, che avevano perfettamente compreso a loro volta cos’era appena successo «Tiriamo dritto da mio padre e se…» prima che potesse finire la frase un lampo accecante di luce verdastra illuminò il cielo buio e quando i ragazzi riuscirono ad alzare gli sguardi nei loro occhi pieni di orrore si specchiò un enorme teschio dalla cui bocca usciva un serpente.

Erano tutti troppo giovani per ricordare l’ultima volta in cui un Marchio Nero era stato lanciato nei cieli della Gran Bretagna, presagio di morte e distruzione, ma sapevano perfettamente cosa fosse: non c’era figlio di maghi che non conoscesse quel simbolo e il suo significato.

«Via!» urlò Miles alzandosi di scatto insieme agli amici; solo Cassius rimase per qualche secondo immobile, guardando paralizzato il Marchio Nero che si stagliava minaccioso sopra la sua testa. Fu l’ennesimo strattone di Gemma a risvegliarlo in quella sorta di stato di trance in cui sembrava essere caduto, riportandolo alla realtà mentre balzava in piedi a sua volta, seguendo gli amici verso la tenda dei Farley.

Mentre correva, si voltò per un secondo all’indietro, sentendo un brivido quando individuò, oltre la cima di una delle tende bruciate, la punta di un cappuccio nero.

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Parte III ***


 

 

 

La lunga estate calda

Parte III

 

26 agosto 1994

Nel grazioso salottino azzurro della tenda, Sebastian Farley stava parlando in tono calmo ai ragazzi, spiegando loro che i mangiamorte se n’erano andati con l’arrivo degli Auror i quali, con l’aiuto degli obliviatori, dei quali il signor Farley faceva parte, e dei medimaghi stavano assistendo tutti coloro, maghi o babbani che fossero, che erano in qualche modo avevano subito danni o infortuni.

Fortunatamente non c’erano state vittime, sembrava che nessuno dei feriti fosse in pericolo di vita e gli auror stavano facendo del proprio meglio per ricostruire i fatti.

«Gli auror raccoglieranno le testimonianze di coloro che erano presenti?» chiese ad un certo punto Cassius con voce roca, parlando per la prima volta da quando erano rientrati quasi due ore prima nella tenda, facendo sobbalzare gli altri cinque ragazzi.

Sebastian Farley fissò con espressione seria il volto cupo e allo stesso tempo deciso del ragazzo seduto di fronte a lui, avendo purtroppo un’idea di dove volesse andare a parare «Raccoglieranno informazioni, ma saranno interrogatori su base volontaria, aperti solo a coloro che si sentano in grado di fornire informazioni e prove certe» aggiunse, precedendo il ragazzo che aveva aperto la bocca per parlare «Non potranno accettare informazioni che non siano verificabili e purtroppo dubito fortemente che qualcuno possa aver identificato con precisione di notte e con tutto quel trambusto una persona che indossava un cappuccio e una maschera…e sono abbastanza certo che tutte quelle persone avessero fatto il possibile per assicurarsi un alibi. Non credo di provocarvi stupore dicendovi che questa era sicuramente un’azione progettata con cura e anticipo» c’era amarezza nella voce del signor Farley e anche molta preoccupazione: se già a loro sei, rifletté Terence, aveva fatto così impressione vedere il Marchio Nero, per qualcuno che era già adulto durante la Guerra Magica doveva essere un terrificante déjà-vu.

Cassius inspirò dalle narici, abbassando il capo e annuendo all’indirizzo dell’obliviatore che, dopo aver guardato con affetto i sei ragazzi di fronte a sé, si alzò in piedi, stampando un bacio sulla testa della figlia e augurando buona notte a tutti prima di uscire dalla tenda lasciandoli soli.

Miles emise un verso sfinito e si lasciò andare contro lo schienale del divano, sfregandosi forte gli occhi con le mani «Non era proprio così che mi immaginavo la nostra prima vacanza» borbottò facendo incurvare le labbra di Malcolm e Terence mentre Adrian e Gemma si scambiavano occhiate preoccupate, spostando di tanto in tanto lo sguardo su Cassius, che aveva assunto quella sua espressione apatica che non prometteva mai nulla di buono.

«Era Damian» disse dopo quasi altri cinque minuti di assoluto silenzio Cassius «Il mangiamorte che ha schiantato quel babbano…era Damian, ne sono certo» Gemma e Adrian, che l’avevano già capito, sospirarono abbassando lo sguardo mentre Miles, Terence e Malcolm guardarono l’amico con apprensione «Sei certo che fosse lui?» chiese lentamente Terence, guadagnandosi un’occhiataccia da Cassius «So riconoscere mio fratello» sibilò con voce troppo intrisa di dolore perché potesse suonare veramente minacciosa.

Cassius sapeva che i suoi famigliari erano sempre stati sostenitori di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, sapeva che suo padre e suo nonno erano stati dei mangiamorte e quando aveva visto quelle persone incappucciate aveva immaginato che potesse anche esserci Aurelius Warrington tra di loro, ma realizzare che anche Damian era lì era stato un colpo. Aveva riconosciuta subito la risata del fratello, ma finchè non se l’era visto davanti aveva sperato di essersi sbagliato.

Poteva avere il volto coperto e quella pesante veste nera addosso, ma avrebbe riconosciuto Damian tra mille, fisicamente identico a lui come una goccia d’acqua nonostante ci fossero quattro anni a separarli.

Da quanto stavano organizzando quell’attacco? Da quanto Damian si era unito a loro? Tutto il tempo che aveva passato nello studio di suo padre, le chiacchierate fino a tarda notte tra i Warrington più anziani e l’improvvisa voglia di spedire Cassius dai Pucey erano tutte collegate ai fatti di quella notte, dunque?

Damian aveva solo quattro anni più di lui, era troppo giovane per poter essere davvero un mangiamorte!

«Tu non sei Damian» disse dopo un po’ Adrian, guardando con espressione seria il suo migliore amico, che alzò gli occhi scuri pieni di vergogna e rabbia «Non hai alcuna responsabilità per quello che fanno i tuoi genitori o i tuoi fratelli» continuò mentre Gemma, appollaiata sul bracciolo della poltrona di Cassius, gli posava una mano sulla spalla, annuendo con convinzione.

«Non devi vergognarti di colpe che non hai, non con noi» aggiunse la ragazza, facendo immediatamente annuire gli altri quattro ragazzi.

Cassius guardò gli amici uno per uno: non c’era traccia di pietà nei loro occhi e di questo fu loro grato, solo una luce decisa e ferma mentre lo fissavano.

Noi ci siamo.

E bastava quello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono la prima a difendere strenuamente la causa delle serpi, ma non sono così naïve da pretendere di sostenere che tutti quanti i membri della Casa di Salazar siano brave personcine, soprattutto non se si parla di purosangue. Però i miei sei bambini sono tutti dei maghi a modo, come avete potuto vedere.

I toni sono decisamente più cupi di quelli che sono abituata ad usare nelle mie storie, ma voglio un po’ mettermi alla prova. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di questa brevissima storia!

Rimanete sintonizzati su questi canali per i futuri sviluppi riguardanti questo magico sestetto verde-argento!

 

Un bacione a chiunque abbia avuto la pazienza di arrivare fino a qui,

Em

 

 

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