Pelo e Contropelo

di _BlueLady_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Impasto ***
Capitolo 2: *** Nastro ***
Capitolo 3: *** Penna ***
Capitolo 4: *** Farfalla ***
Capitolo 5: *** Fusa ***
Capitolo 6: *** Soffio ***
Capitolo 7: *** Sacchetto ***
Capitolo 8: *** Piume ***



Capitolo 1
*** Impasto ***


Pelo e Contropelo

1.
IMPASTO
*
“Avere le zampe in pasta”

 
Marinette era ormai da dieci minuti buoni che aveva stampata in volto la stessa espressione sognante. Sorrideva, le labbra distese a scoprire leggermente i candidi denti, e più si sforzava di non farlo, più sentiva le guance tirare, incapace di ignorare la felicità che sentiva imploderle dentro.
Adrien era a casa sua. Lui e lei. Soli.
Beh, tecnicamente, non erano proprio soli, poiché assieme a lui erano presenti anche Nino ed Alya, ma in quel momento la coppia di amici era uscita di casa per andare a comprare l’occorrente per preparare una glassa di zucchero con l’intento di decorare una torta di compleanno, lasciando lei ed Adrien ad occuparsi del resto. La corvina non poteva essere più felice di così.
- Allora, da dove cominciamo?-
Indirizzò lo sguardo verso il ragazzo, trattenendo a forza uno squittio di emozione nel realizzare quanto fosse bello. Sospirò estasiata. Una simile meraviglia doveva essere dichiarata illegale.
Adrien reclinò la testa di lato, passandole due volte una mano davanti agli occhi.
- Marinette?-
- Aehm, sì, g-giusto! Cominciamo!- esclamò quella, riscossasi improvvisamente dai suoi pensieri – Potremmo iniziare dall’impasto, che dici? Uova, latte, farina, zucchero – asserì, su di giri afferrando ad uno ad uno gli ingredienti man mano che li nominava e posandoli sul piano della cucina – Io preparo la crema, e tu fai la frolla. Quando Nino ed Alya saranno di ritorno non resterà che aspettare che la torta finisca di cuocere, per poi ultimarla con la glassa. Verrà un capolavoro!-
Adrien osservò l’amica armeggiare con utensili e ciotole varie, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Non aveva mai preparato una torta, prima. In casa sua, a dire il vero, nemmeno lo facevano avvicinare ai fornelli. Quel momento, per lui, odorava di novità. Non aveva mai provato l’ebbrezza di creare qualcosa assieme al suo gruppo di amici, e aveva accolto la proposta che Mylène aveva fatto loro quella mattina, ovvero creare qualcosa di speciale per il compleanno di Ivan - una sorpresa – con molto entusiasmo. Stare in compagnia gli piaceva, e gli piaceva ancora di più farlo per un amico.
Come aveva odorato l’invitante occasione, Alya era subito entrata in azione, proponendo l’idea di preparare una torta mentre il resto della classe avrebbe pensato al resto, e chi meglio di Marinette poteva saperne, in fatto di dolci?
Detto fatto, le carte erano state messe in tavola. Peccato che Adrien fosse completamente all’oscuro del losco piano architettato dall’amica di Marinette per fargli passare quasi un pomeriggio intero da soli. Quanto a lei e Nino, avrebbero fatto in modo di perdersi accidentalmente per il supermercato più e più volte.
- Ahem… da dove si parte?- chiese titubante il biondo, osservando la marea di ingredienti che gli stava di fronte senza avere idea su come iniziare.
Marinette gli fu subito accanto, premurosa.
- Pesa la farina, poi aggiungi zucchero e uova. Amalgama prima con una forchetta, per evitare che l’uovo coli da tutte le parti, poi comincia ad impastare con le mani. Man mano che l’impasto si fa più sodo, aggiungi il burro un pezzo alla volta – gli spiegò, precisa, e lui registrò ogni singola indicazione per eseguire al meglio il tutto.
I due si misero al lavoro, concentrati ed in silenzio ognuno nelle proprie operazioni. Marinette ogni tanto lanciava sguardi di sottecchi al compagno di fornelli, non senza arrossire nel trovarlo assolutamente adorabile con le guance sporche di farina, ed il grembiule in vita.
Istintivamente, le sovvenne alla mente l’immagine di loro due, più adulti, in una casa che sarebbe potuta essere la loro, a preparare una cena che avrebbero condiviso, Adrien che la stringeva dolcemente afferrandola da dietro per la vita ed affondando il viso tra i suoi capelli, mentre lei era intenta a cucinare.
Quell’immagine si fece sempre più nitida nella sua mente, portandola ad arrossire, e rischiando quasi di rovesciare le chiare dell’uovo che aveva appena terminato di montare a neve.
Sbatté due volte le palpebre per riacquistare la concentrazione, e subito portò lo sguardo su Adrien, per verificare a che punto fosse con la sua preparazione.
Come lo vide tutto intento nella sua operazione, sorrise.
Era a dir poco bellissimo in tenuta da cuoco – per non dire altro che in quel momento l’avrebbe fatta deconcentrare dal suo ruolo da chef pâtissier – e decisamente tenero nel suo imbranato intento di mettere insieme quei pochi ingredienti che dovevano andare a comporre la frolla del dolce.
Adrien per un istante incrociò il suo sguardo, e sorrise imbarazzato della sua inesperienza.
- A vederlo, sembra così semplice. Invece è più complicato del previsto – asserì ridacchiando, e subito Marinette gli fu accanto, mossa da un’improvvisa voglia di aiutarlo e di stargli il più vicino possibile.
- Fai così – gli disse in un sussurro, guidando esperta le sue mani sul tagliere per raccogliere tutta la farina al centro – Crea un buco al centro dove rompere le uova, poi sbattile leggermente con la forchetta -
Al tocco ovattato delle sue mani con quelle di velluto di Marinette, il cuore di Adrien sussultò in petto.
Il biondo osservò l’amica armeggiare abilmente con la forchetta, per poi offrirgliela perché l’afferrasse e proseguisse come lei gli aveva mostrato.
Sorrise. Gli sembrò così sicura e intraprendente in quel momento, così diversa dalla ragazza timida ed impacciata che era solito conoscere. Scoprirla sotto quel lato autoritario, ma comunque docile e disponibile, gli riempì il petto di soddisfacente sorpresa. Adorava vederla per come era realmente: una ragazza affabile e generosa, sempre pronta a mettersi a disposizione per gli altri. Aveva l’atteggiamento di chi è portato per natura a fare del bene. Un po’ come la sua LadyBug.
Sussultò.
Ora l’impasto aveva cominciato ad assumere una forma più consistente, ed era il momento di lavorarlo di mano.
Marinette pigiò con forza sul tagliere per compattare la farina, per poi cedergli il posto.
- Prova tu – gli disse, e lui deglutì, stritolando impacciatamente il miscuglio di tuorli e polvere, che subito prese a colare da tutte le parti, sporcandolo.
Marinette si lasciò sfuggire una risata intenerita.
- Non così forte. Devi essere più dolce, più gentile. Stai componendo, non distruggendo. Lascia che la farina ti accarezzi il palmo delle mani, diventa un tutt’uno con ciò che crei – gli spiegò, sfiorandogli il dorso delle mani sporche di uovo con i palmi, e guidandolo nella procedura passo dopo passo.
Ancora una volta, il cuore di Adrien sobbalzò feroce in petto. Stare così a stretto contatto con lei, percepire le loro mani che si intrecciavano insieme sotto il tocco molle della frolla che pian piano stava prendendo forma, gli fece provare sensazioni che mai avrebbe creduto di vivere.
Impastare la frolla con Marinette aveva un che di sensuale, di erotico. Percepì improvvisamente il sangue ribollirgli nelle vene, mentre le sue pupille non riuscivano a staccarsi dalle labbra della ragazza.
- Adesso puoi aggiungere il burro. Un pezzo alla volta – gli ordinò lei, sempre guidandolo nei movimenti, leggera, delicata, un tocco ovattato come ali di farfalla.
- Bravo, così. Hai presente come fanno i gatti quando impastano?- sussurrò lei docile, soave, la frolla che man mano prendeva forma sotto le loro mani.
Adrien continuava imperterrito ad impastare, affondando pian piano le unghie nella frolla.
Uno, due, uno, due.
Sentiva un istinto montargli da dentro, sempre più prepotente, sempre più viscerale.
Continuò ad arpionare delicatamente la frolla con le dita, provando un inspiegabile piacere ad affondarci le unghie dentro, fin dove poteva.
Uno, due, uno, due.
Il piacere provocato da quella sensazione così confortante e soddisfacente al tempo stesso, gli montò in gola l’improvviso istinto di abbandonarsi ad un tenue brontolio gutturale, terribilmente gratificante.
Stava… facendo le fusa?
Continuò ad impastare anche dopo che la frolla ormai era stata composta. Ne avvertiva la necessità, il bisogno. Era come scivolato in uno stato di ipnosi. Aveva la sensazione che ciò che stava facendo fosse la cosa più bella del mondo.
Le sue mani si muovevano in autonomia, quasi mosse da un istinto primordiale. Sarebbe potuto andare avanti per ore.
- Direi che ci siamo. Non bisogna lavorarla troppo, altrimenti si smonta –
Uno, due, uno, due.
- Aehm, A-Adrien… così può bastare… –
Ancora uno, due, uno, due.
- A-Adrien!-
L’improvviso acuto che lanciò Marinette perforandogli i timpani, lo destò bruscamente dalla sua ipnosi.
Batté due volte le palpebre, cercando di orientarsi per capire cosa fosse successo. Poi realizzò.
Le sue mani. Marinette che teneva l’impasto che probabilmente gli aveva sottratto da sotto le unghie, e se lo stringeva al petto. Le sue mani sull’impasto che premeva contro il petto di Marinette. Le sue mani sul petto di Marinette.
Impallidì.
- Ah! Scu-scusami! I-io n-non me ne sono accorto – biascicò imbarazzato, alzando improvvisamente le mani al cielo, quasi avesse una pistola puntata alla testa.
Marinette abbassò lo sguardo, arrossendo.
- N-non fa niente…- mormorò con un filo di voce.
Si affrettò a posare l’impasto in frigo per farlo riposare, mentre un cigolio sordo in salotto annunciava il ritorno di Nino e Alya dal loro giro di compere.
Fu così che li trovarono gli amici: avvolti in un silenzioso imbarazzo, rossi come pomodori, senza il coraggio di guardarsi in faccia.
Nino non ci diede peso più di tanto, e subito verificò come procedevano i lavori per poter cominciare a preparare la glassa. Ad Alya, invece, non sfuggirono le macchie di burro e farina che spaziavano sulla maglietta dell’amica, proprio all’altezza del seno.
Assottigliò gli occhi a due fessure, prendendo Marinette da parte.
- Allora, sporcaccioni, cosa avete combinato mentre noi eravamo assenti?- alluse maliziosa, accennando alla maglietta unta di Marinette.
L’amica impallidì.
- A-Alya! – esclamò avvampando, lanciando un’occhiata truce all’amica che se la rideva divertita sotto i baffi.
Marinette lanciò un’occhiata di sfuggita ad Adrien, poco distante, scoprendolo intento ad osservarla.
Come incrociarono i loro sguardi, entrambi arrossirono mentre i loro cuori sobbalzavano in petto.
Adrien sospirò, imbarazzato. Davvero non capiva cosa gli fosse preso tutto ad un tratto. Sapeva solo che quello che aveva fatto, l’aveva fatto d’istinto, senza pensare. E la cosa lo preoccupava alquanto.
Marinette, d’altro canto, non poté fare a meno di morire di imbarazzo al solo ricordo di quel che era successo poco prima.
Le mani di Adrien, così calde ed accoglienti. Sul suo seno. Che la palpavano. Come i gatti quando impastano.
Arrossì.
Non lo avrebbe mai ammesso, né ad Alya né a se stessa, troppo pudica e pura per accettarlo, ma in fondo in fondo non le era poi tanto dispiaciuto. Molto in fondo.

Angolo Autrice:

Dato che ormai Come (non) Dirti "Ti Amo" sta giungendo al termine, e questa idea mi è balzata in testa all'improvviso, ho deciso di mettermi subito all'opera.
Una raccolta. Un'altra. Lo so, forse ormai sto diventando pesante, ma come posso ignorare l'ispirazione che ultimamente viene a bussare alla mia porta? 
L'idea di un Adrien/Chat Noir alle prese con i suoi istinti felini mi piaceva. Ed eccoci qui. Questa raccolta racconterà di come il nostro biondino preferito si ritroverà a fare i conti con sensazioni mai provate prima, e decisamente difficili da gestire - e soprattutto da spiegare. Che questo sia la chiave per farsi finalmente smascherare da Marinette? 
Se mi seguirete, vedrete fin dove vi porterò. Spero con queste one-shot di regalarvi un sorriso, e di farvi apprezzare i gatti ed i loro comportamenti bizzarri, che però sanno strappare un sorriso. Ad ogni capitolo sarà associato un comportamento dei nostri amati felini, associato ad un simpatico proverbio su di loro.
E niente, con la speranza che questo primo capitolo sia stato gradito, vi do appuntamento alla prossima.
Grazie a chiunque leggerà!
Stay Tuned per ulteriori aggiornamenti!
Baci sparsi

_BlueLady_

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Capitolo 2
*** Nastro ***


2.
NASTRO

*
“Agli occhi dei gatti, tutto appartiene ai gatti”
 
- Eddai, ti prego! Soltanto uuuno!-
Marinette squadrò Chat Noir con diffidenza, che l’osservava ad occhi sgranati con la speranza di intenerirla.
- Ti ho detto di no, Chat. Questi biscotti sono per i clienti della pasticceria, non per te – asserì decisa la corvina, senza lasciarsi impietosire.
Il gatto nero schioccò la lingua contrariato.
- Cosa vuoi che sia un misero biscotto! Ho affrontato un viaggio terribile per arrivare fin qui, e tu mi neghi una lauta ricompensa! Non se ne accorgerà nessuno!-
- Non credo sia stato peggio di tutti gli altri viaggi che hai affrontato per venire a trovarmi – ridacchiò quella, allontanando il vassoio colmo dalle sue grinfie prima che riuscisse ad arpionare uno dei dischi di frolla – Solo perché mi hai colta nel momento in cui avevo il vassoio in mano, non significa che te ne spetti automaticamente uno –
Chat Noir sbuffò.
- Sei davvero antipatica. Io affronterei il mondo per te – piagnucolò, l’ennesimo tentativo per raddolcirla, ma Marinette era irremovibile. Conosceva fin troppo bene il suo Chaton per cascare così ingenuamente in uno dei suoi teatrini di vittimismo.
La verità era che Chat Noir si era presentato a lei nel momento sbagliato. Aveva appena terminato di sfornare un intero vassoio, quando se l’era visto spuntare dal vetro della finestra, già con le pupille dilatate e l’acquolina in bocca.
Istintivamente aveva tentato di nascondere il tutto alla sua vista, ma ovviamente aveva reagito troppo tardi.
Chat Noir si era fiondato dentro con un sorriso a trentadue denti, e l’espressione di chi non mangiava da giorni. Aveva dovuto frenare il suo entusiasmo sul nascere mettendo le cose in chiaro da subito.
La verità, era che quei biscotti non erano destinati nemmeno alla pasticceria. Marinette li aveva preparati su misura per una persona speciale, con l’intenzione di regalargli qualcosa di diverso dal solito capo cucito a mano.
Sorrise.

Biscotti alle gocce di cioccolato. I preferiti di Adrien.
Non avrebbe certo permesso a quell’ingordo di un gatto di rovinarle tutto soltanto per pura golosità.
- Sono pure alle gocce di cioccolato, i miei preferiti!- esclamò ancora Chat Noir, sentendo salivare la bocca.
Discretamente, cercò di infilzarne uno con un artiglio.
- Ti ho detto di no, Chat!- intervenne prontamente Marinette, prima che quello riuscisse a portare a compimento il suo losco piano – Ti prometto che la prossima volta ne preparerò un intero vassoio solo per te – promise, in tono conciliante.
- Domani potrei essere morto, meglio approfittarne finché sono ancora vivo. Conosci il detto Carpe Diem?-
- Hai altre otto vite per ingozzarti di biscotti. Non insistere – tagliò corto lei, e lui fu costretto ad arrendersi, almeno all’apparenza, osservandola con occhio bramoso riporre i quindici biscotti all’interno di una scatola creata per l’occasione.
Marinette sospirò, estasiata. Quindici, tanti quanti i mesi che si conoscevano.
Aveva pensato a tutto: la scatola dai toni verdi come i suoi occhi, la dedica, un nastro nero a chiudere il tutto in un elegante pacchetto.
Marinette sperava davvero che, assaggiandoli, ad Adrien tornasse in mente ogni singolo istante che aveva contribuito ad avvicinarli l’uno all’altra. Escludendo le volte in cui lei aveva finito col rendersi ridicola davanti a lui, e corrispondeva a più della metà delle volte che avevano avuto occasione di interagire.
L’attenzione maniacale per ogni dettaglio lasciava presagire il desiderio che fosse tutto assolutamente perfetto.
- Verde come i miei occhi, nero come il mio manto. Ti ho forse colto in flagrante, Principessa?-
- Smettila di scherzare, e vieni a darmi una mano piuttosto. Tieni fermo il nodo finché non lo chiudo con il fiocco –
Chat Noir scattò obbediente a quella richiesta – aiutare Marinette lo metteva sempre di buonumore.
Posizionò un artiglio nel punto in cui lei aveva fatto il nodo, osservandola armeggiare col nastro nell’intento di fare un fiocco.
Istintivamente, sorrise.
Vederla concentrata nelle sue passioni aveva sempre un che di affascinante. Le accendevano lo sguardo di determinazione. La rendevano intraprendente.
Catturato dai suoi movimenti, prese ad osservare le dita snelle ed affusolate che sfioravano con tocco ovattato il tessuto setoso e lucente dai toni cupi che andava a completare l’opera.
Un estremità del nastro penzolava dalla mano di Marinette, ondeggiando sinuosamente sotto la delicatezza dei suoi movimenti.
Avanti, indietro, avanti, indietro.
Quasi come se una scossa elettrica gli avesse teso i nervi, guizzandogli veloce lungo la spina dorsale, istintivamente il suo corpo si irrigidì.
Una voglia inspiegabile, viscerale, quasi simile ad un prurito indomabile, di afferrare l’estremità penzolante del nastro per arrotolarselo tra le zampe prese a divampargli in petto.
Sgranò le pupille, i muscoli tesi. Ognuno dei cinque sensi era concentrato verso quel misero, pezzo di stoffa. Era un semplice nastro, ma per lui in quel momento rappresentava qualcosa di estremamente allettante.
Provò a convergere i suoi pensieri su altro, col tentativo di distrarsi.
Calma, Adrien. È soltanto uno stupido nastro.
Ma gli risultò a dir poco impossibile. Quell’oggetto era troppo invitante per poterlo lasciar perdere. Più dei biscotti. Eppure…
Avanti, indietro. Giravolta. Avanti.
Il fiocco era ormai ultimato.
- Chat! Ridammelo! –
Marinette non ebbe nemmeno il tempo di realizzare, che nel giro di un secondo Chat Noir le aveva sfilato il nastro di mano, portandoselo alla bocca, ed era guizzato in un angolo della stanza giochicchiandoci e attorcigliandoselo alle dita.
- Ti ho già detto che è inutile! Ti andrà meglio la prossima volta. Da bravo, ridammelo – gli disse Marinette, tendendogli la mano con fare autoritario, cercando di trattenere il moto di stizza che quell’ennesimo tentativo di corruzione da parte sua gli aveva suscitato.
Chat Noir si raggomitolò contro il muro, stringendosi il nastro tra le zampe. Un suono gutturale simile ad un ringhio sommesso la fece retrocedere un istante sui suoi passi.
- Stai facendo sul serio?- esclamò, incredula che il supereroe potesse assumere atteggiamenti così simili a quelli di un vero gatto, soltanto per uno stupido nastro.
Che l’istinto felino avesse improvvisamente preso il sopravvento? Perché così di punto in bianco, poi?
Marinette tentò di invogliare Chat Noir a lasciare l’oggetto offrendogli in cambio decine di alternative. Tutte categoricamente rifiutate. Chat Noir armeggiava beato con il pezzo di seta, docile come un gattino appena nato, ma appena Marinette cercava di sottrarglielo da sotto gli artigli soffiava inviperito. Lo aveva chiamato di sua proprietà.
Marinette sbuffò esasperata. Eppure doveva esserci qualcosa di più allettante di un semplice pezzo di stoffa.
Volse lo sguardo verso il bancone, sospirando rassegnata.
- Qui, micio, micio, micio…- sussurrò persuasiva, reggendo in mano uno dei biscotti.
Chat Noir rizzò le orecchie, annusando l’aria.
Come avvertì l’odore allettante della frolla penetrargli le narici, balzò verso di lei, strusciandosi amorevolmente, abbandonando in un angolo della casa il nastro che prima era stato così tanto oggetto di desiderio da parte sua.
Marinette esitò un istante, prima di porgerglielo definitivamente. Nastro e biscotto erano fondamentali per terminare il suo regalo. Sospirò.
Un biscotto in meno sarebbe passato inosservato. Una scatola senza fiocco no.
Con una punta di rammarico, lasciò che Chat Noir afferrasse il pezzo di frolla con i denti, prima di recuperare il nastro da terra.
Tornò alla sua postazione frustrata e amareggiata. Tutto per colpa di quell’ingordo di un gatto.
Chat Noir l’osservò sornione, ondeggiando placidamente la coda, con ancora il biscotto tra i denti.
- Hai avuto quello che volevi, alla fine – osservò accigliata, completando il fiocco e nascondendo il pacchetto dalla sua vista prima che provasse un’altra volta a disfarlo.
Il gatto nero, ritornato in sé, schioccò la lingua divertito dopo aver realizzato la sua piccola vittoria.
Non sapeva come, ma era fatta.
- Alla fine ottengo sempre quello che voglio. Sono un gatto terribilmente persuasivo –
Sogghignò vittorioso nel notare il suo broncio di disappunto.
- Non guardarmi così. Possiamo condividere – la provocò, poggiandosi al bancone esattamente di fronte a lei, il biscotto ancora tra i denti – Tranquilla, non mordo –
Marinette sbuffò, assottigliò le palpebre, lo fulminò.
Accadde tutto in un istante. Chat Noir nemmeno ebbe il tempo di accorgersene.
Non fece nemmeno in tempo a realizzare il delicato contatto delle labbra della corvina contro le sue, che subito si ritrovò con un palmo di naso e a bocca asciutta, Marinette che masticava soddisfatta il biscotto destinato a lui, gridando vendetta.
- Io sì – gli rispose subdola, guardandolo con l’occhio di chi si è preso la sua rivincita.
Se Adrien non poteva avere quel biscotto, non l’avrebbe avuto nessun altro.
Chat Noir sbatté le palpebre, l’osservò annichilito, abbassò le orecchie.
Per una volta, era lui quello che era rimasto senza parole. Marinette gli aveva giocato un vero colpo basso.
Un curioso tramestio prese a scalpitargli in petto, mentre sentiva le guance avvampare. Boccheggiò un istante, cercando parole che non riusciva a trovare. Infine parlò.
- Hai mangiato il mio biscotto – mormorò sconsolato, e ciò fu sufficiente a decretare chi l’aveva ufficialmente vinta tra i due, almeno per quel giorno.

Angolo Autrice:

Aggiorno con un pò di anticipo rispetto a quello che pensavo questa raccolta, che noto con piacere incuriosisce :)
Qui abbiamo uno Chat decisamente impertinente... e il bello deve ancora arrivare! Il proverbio che ci ho appaiato mi sembra abbaztanza appropriato, in quanto è proprio vero che non appena un gatto ha qualcosa a portata di occhio, pensa subito che sia sua! La mia gatta, almeno fa così... anche quando sto studiando e mi servono penne ed evidenziatori, me li ritrovo sempre sotto al tappeto -__-" e che dire di quando si sdraia proprio sul foglio che sto leggendo?? xD Certi atteggiamenti mi fanno morire dal ridere e mi fanno domandare perchè per certi casi agiscano così. Ma per questo li adoro <3
E niente, spero che questo capitolo sia stato gradito, e di essere riuscita a rendere al meglio l'immagine di uno Chat con le pupille dilatate che si trastulla con il nastro del regalo destinato a lui, sebbene inconsapevolmente.
Grazie a chi mi segue e recensisce, e a chi mette la raccolta tra le preferite/ricordate.
Vi do appuntamento al prossimo capitolo per scoprire un'altra simpatica caratteristica dei nostri cari amici felini.
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 3
*** Penna ***


3.
PENNA

*
“Tetto che non piove, gatta ci cova”
 
Tic.
Un suono ovattato, discreto, pungente seppur modesto, andò a solleticarle l’orecchio come una punta di spillo.
Marinette, di ritorno dal bagno, temporeggiò un istante prima di rimettersi a sedere al suo posto in classe. Stranita, si voltò indietro, nella direzione dalla quale aveva sentito provenire quel curioso ticchettio, riscoprendo poco distante ai suoi piedi una penna che giaceva inerme a terra a pochi centimetri dal banco di Adrien, il ragazzo che l’osservava dall’alto incuriosito, immobile, quasi fosse qualcosa di mai visto prima, senza accennare alcun movimento per raccoglierla.
Imbarazzata – come sempre quando si trattava di lui – si chinò a terra al posto suo, poggiandogliela delicatamente sul ciglio del banco, un timido sorriso a velarle le labbra.
- Aehm, ti-ti è caduta questa – gli disse in un flebile sussurro, mentre già sentiva le gote imporporarsi quando le iridi cristalline si intrecciarono a quelle smeraldo di lui.
Il ragazzo, quasi riscossosi da uno stato di trance, batté due volte le palpebre, sorridendole a sua volta.
- Ah, grazie – rispose docile e cordiale, e a Marinette non restò che ritentare di raggiungere il suo posto a sedere, non senza sentirsi mancare il respiro mentre il cuore prendeva a scalpitarle feroce in petto.
Adrien, dal canto suo, tornò a fissare la penna poggiata sul ciglio del banco con estremo interesse, le pupille dapprima ridotte a due fessure ora dilatate, i sensi all’erta, la voglia improvvisa che l’aveva colto qualche istante prima di sfiorare l’oggetto con la punta delle dita e tocco ovattato a solleticargli la coscienza, senza che potesse fare nulla per frenare l’istinto.
Non fece in tempo a sedersi, Marinette, che di nuovo l’orecchio venne catturato dalla medesima distrazione di qualche istante prima.
Tic.
Si voltò ad osservare il ragazzo, questa volta più incerta, mentre di nuovo si apprestava a raccogliere da terra la penna che, ancora una volta, lui non osava nemmeno sfiorare.
Marinette, posatagliela sul banco una seconda volta, non poté che osservare Adrien con occhio scettico, incuriosito.
È insolito, pensò alzando un sopracciglio. Quell’atteggiamento richiamò inevitabilmente in lei la sensazione che il ragazzo stesse cercando di attirare la sua attenzione. Un po’ come quando lei cercava disperatamente di farsi notare da lui - ma non troppo – e finiva inevitabilmente per rendersi ridicola.
...
Un momento. P-Può essere che…?
Un dubbio si insinuò in lei, quasi una piccola fiammella di speranza, e non poté evitare al suo cuore di perdere un battito, seppur incerta della sua diagnosi.
Gli piaccio anche io?
Scosse la testa, rassegnata. Era pressoché impossibile. Si sistemò a sedere composta per seguire la lezione, quando ancora un suono giunse a solleticarle l’orecchio.
Tic.
Assottigliò gli occhi a due fessure. Sospirò. Si alzò.
...

Tic.

Angolo Autrice:

Torno dopo un pò di tempo ad aggiornare finalmente questa raccolta. Mi scuso del ritardo nel postare, ma sono oberata di lavoro e mi è riuscito praticamente impossibile entrare su EFP fino ad oggi. 
Spero di essermi fatta perdonare l'assenza regalandovi un capitolo simpatico. Questa è una delle caratteristiche che accomuna tutti i gatti, ovvero quella di osservare qualcosa per ore, immobili, toccarla con la zampa per farla cadere dal tavolo/mobile su cui era posata, e restare fermi impalati come statue a fissarla per ore, forse  nella speranza che l'oggetto inanimato improvvisamente prenda vita per poter rendere la caccia più interessante xD la mia gatta mi fa morire perchè quando studio qualsiasi cosa, che sia una penna, una matita o un evidenziatore, butta tutto per terra e li nasconde sotto al tappeto, così se non te ne accorgi e ci cammini sopra, avverti improvvisamente uno strano corpo estraneo duro sotto la pianta del piede. A volte lì sotto ci trovo montagne di tesori. 
Per chi ha un gatto: anche i vostri fanno così? Sarei curiosa di sapere se solo io ho una gatta scema xDD
Detto questo, spero di essere riuscita almeno un poco a rendere questa simpatica caratteristica felina nel nostro Adrien, che si sta pian piano "gattizzando". Mi rendo conto che certe immagini forse avrebbero più efficacia se viste che non lette, ma la mia arma sono le parole, e spero sia stato apprezzato il tentativo.
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, spero con meno ritardo di questo.
Grazie a tutti coloro che mi seguono!
Baci sparsi

_BlueLady_



 

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Capitolo 4
*** Farfalla ***


4.
FARFALLA

*

“Quando il gatto non c’è, i topi ballano”
 
- Chat! Sputala! Sputala subito!-
- Mmh? Coshha?-
Il gatto nero sgranò gli occhioni verso LadyBug, assumendo un’espressione docile ed innocente. Aveva le pupille dilatate, ed un’espressione adrenalinica mista a soddisfazione dipinta in volto.
La supereroina non si lasciò ingannare.
- Sai di cosa sto parlando! Avanti, sputa!- gli ordinò severa, rude, irremovibile.
- Ma, LadyBuuuggg…- piagnucolò lui, con la bocca ancora impastata.
- Ho detto sputa!-
Chat Noir sospirò, abbassò lo sguardo, infine sputò.
Dalle fauci emerse un’Akuma appena purificata, che svolazzò via ubriaca di spavento e ancora piena di saliva, disperdendosi all’orizzonte prima che il gatto nero potesse arpionarla con un artiglio, e ficcarsela di nuovo in bocca.
Chat Noir si volse verso la sua Lady, che l’osservava con sguardo truce, allargando la bocca in un sorriso sornione. Cosa aveva fatto di male?
- Si può sapere cosa diamine ti è preso? Non lo hai mai fatto prima!- lo rimproverò lei in uno sbuffo irritato.
- Ma era così piccola, e invitante, e bianca…- provò a giustificarsi lui.
LadyBug sospirò, rassegnata.
- Sei peggio di un gatto vero – mormorò, un misto tra il rimprovero e il divertito – Non ci pensare neanche! – asserì poi autoritaria verso il compagno, che già aveva smesso di darle ascolto e aveva assunto una posizione di agguato per afferrarle quatto quatto lo yo-yo che le penzolava dal fianco sinistro, fattosi improvvisamente così invitante ai suoi occhi.
Chat Noir sbuffò sconsolato, distendendo i nervi con aria abbattuta. La volta successiva, si ripromise, avrebbe affinato meglio la sua tecnica di attacco.
LadyBug scosse la testa, sospirando.
- Stupido di un gatto –
- Antipatica di una coccinella – mugugnò lui in risposta, ricevendo in cambio un’occhiata intimidatoria che pareva dirgli “Ti ho sentito”.
Se LadyBug non si fosse accorta in tempo della sua battuta di caccia improvvisata, Chat Noir avrebbe capito per la prima volta cosa significasse avere davvero le farfalle nello stomaco.
Sbuffò.
Quando il gatto non c’è, i topi ballano. Peccato che in quel caso, il topo fosse lui.

Angolo Autrice:

Torno con sorprendente anticipo ad aggiornare questa raccolta! Dovevo, dopo averla lasciata marcire per mesi in un angolo!
Non ho molto da aggiungere, perchè penso che il capitolo parli da sé. Mi piaceva descrivere uno Chat Noir alle prese con le farfalle, anche perchè i gatti vanno matti per qualsiasi cosa sia piccolo, svolazzante ed alla loro portata. Matematico, no?
Spero come al solito di essere riuscita a strapparvi un sorriso. Abbiamo ancora molti comportamenti felini da scoprire insieme, e ringrazio chi mi ha seguita fin qui.
Alla prossima!

_BlueLady_

 

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Capitolo 5
*** Fusa ***


5.
FUSA​

*
“I gatti atterrano sempre sulle zampe”
 
Quella sera, Parigi riposava tranquilla sotto il placido sguardo della pallida luna. Non v’era l’ombra di Akuma all’orizzonte, e i due supereroi vegliavano sulla città comodamente accovacciati sotto il comignolo di un alto palazzo, laddove tutto pareva irraggiungibile, astratto, etereo, il paesaggio della Parigi sottostante velato da una densa nebbiolina opacizzata dal pallore dei raggi lunari, che rendeva tutto quasi sembianza di un sogno.
Il gatto e la coccinella assaporavano la quiete della sera, lasciando che gli occhi si riempissero della meraviglia di quel paesaggio surreale. Si scambiavano pensieri, opinioni, emozioni.
Tutto lasciava presagire un che di romantico.
Un brontolio improvviso e costante, simile al borbottio sommesso di una caffettiera in ebollizione, portò LadyBug a volgere le iridi cristalline verso il compagno poco distante.
- Stai… facendo le fusa?- mormorò, incredula e leggermente sbigottita. Non pensava fosse davvero capace di farlo.
Il compagno sorrise, soddisfatto.
- È perché sono con te – le disse schietto, contagiato da quell’atmosfera così intima, e a quella sfuggì una risata sommessa, mentre arrossiva un poco, colta alla sprovvista.
Lui, buon osservatore, lo notò.
- Sei arrossita, My Lady – la provocò, facendosi più vicino al suo volto.
- C-chi? I-io? Che dici!- si difese lei, irrigidendosi.
- Ammettilo. Non aspettavi altro che una serata al chiaro di luna perfetta come questa per sperare in un bacio – ammiccò lui, con tono suadente.
LadyBug, dopo un istante di imbarazzo, prese il coraggio a due mani. Si protese in avanti, in punta di piedi, puntellandosi sul suo petto mentre giocherellava con il campanellino, portando i loro nasi quasi a sfiorarsi. Affondò le iridi nelle sue mentre con la lingua si inumidiva leggermente le labbra, audace.
Chat Noir avvampò, deglutì, si paralizzò. La sua mente era una linea piatta. Non l’aveva mai vista così decisa, così sensuale.
- Allora baciami - sussurrò lei calda, malleabile, seducente.
- C-come?- esclamò incredulo, quasi credendo di esserselo sognato. Il suo era stato come sempre un gioco che nascondeva un fondo di verità, ma mai si sarebbe aspettato che finalmente lei fosse riuscita a cogliere la seria intenzione che si celava sotto le sue giocose provocazioni.
Interiormente esitò, realizzò, esultò.
Stava quasi per reagire, dopo un istante di completo sbigottimento, annullando tempestivamente i pochi centimetri che separavano le loro labbra, quando si ritrovò improvvisamente pancia all’aria, senza capire né come né perché, LadyBug che lo squadrava dall’alto con il suo bastone tra le mani, che gli aveva prontamente sottratto nel suo istante di esitazione per poi sfruttarlo contro di lui per farlo cadere rovinosamente a terra.
La coccinella lo squadrò dall’alto, con l’espressione di chi l’aveva scampata. Rise.
- Mi deludi, Chaton – esclamò divertita - Non sono i gatti, quelli che atterrano sempre sulle zampe?- lo canzonò, gongolando della sua piccola vittoria.
Lui, dopo un istante di sbigottimento, accusò il colpo, ne prese atto, sogghignò.
- Così è il massimo – rispose – Da qui posso ammirarti meglio –
Istintivamente, riprese a fare le fusa. Stare in sua compagnia gli solleticava istinti felini che non pensava di possedere.
Il sorriso accesosi sul volto di LadyBug si trasformò presto in una smorfia di stizza. Chat Noir le ammiccò vittorioso, ma lei non ricambiò. Ancora una volta l’aveva vinta lui.
La coccinella sbuffò rassegnata.
- Alzati, micetto – gli ordinò, ormai arresasi alla sconfitta.
- Sdraiati, MyLady – le propose lui, inarrestabile.
- Oh, santo cielo…- sospirò esasperata, mentre quello ancora sogghignava sotto i baffi.
Per quanto i suoi riflessi avessero lasciato a desiderare quella sera, anche quella volta era riuscito a spuntarla, sebbene non come avesse previsto.
Avere sempre l’ultima parola. Anche quello per lui significava cadere in piedi.


Angolo Autrice:

Mi scuso del tremendo ritardo per i pochi che ancora seguono la storia. Come al solito gli impegni quotidiani prevalgono sulla scrittura.
Non ho molto da aggiungere perchè spero che il capitolo parli da solo. Questo giro ho optato per un tenero momento LadyNoir (tanto loro sono belli in tutte le salse <3)
Sperando di aver fatto cosa gradita, vi dico arrivederci al prossimo capitolo!

_BlueLady_
 

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Capitolo 6
*** Soffio ***


6.
SOFFIO

*
“Il gatto che oggi lecca domani graffia”
 
Adrien sospirò affranto, percorrendo la strada che attraversava il parco e lo conduceva a scuola.
- Davvero non capisco Plagg – mormorò al suo fidato Kwami che se ne stava comodamente accoccolato in un taschino della giacca – Ultimamente mi sento diverso. È come se ogni tanto qualche misterioso istinto felino prendesse il sopravvento, facendomi fare le cose più impensabili ed imbarazzanti. Soprattutto con Marinette –
- Forse il tuo cuore sta pian piano lasciando il posto a qualcun altro, al posto della tua Lady?- lo canzonò l’esserino nero, sornione ed imperturbabile di fronte alla preoccupazione del padrone.
- Non dire idiozie. Il problema non è tanto quando sono Chat Noir… ma come giustifico il fatto di comportarmi come un gatto quando non ho la tuta da supereroe? Forse c’è qualcosa che non va nel mio Miracoulous – asserì il biondo, osservando l’anello che portava al dito con fare circospetto.
- Avere qualche effetto collaterale fa parte del rischio del mestiere – esclamò Plagg con un’alzata di spalle.
- Mi vuoi dire che anche LadyBug potrebbe tutt’a un tratto comportarsi da insetto? – gli domandò Adrien, alzando un sopracciglio sorpreso.
- E io come faccio a saperlo? Parlo per me. Non è la prima volta che un Chat Noir lamenta strani istinti felini di tanto in tanto, ma non lo trovo poi così terribile. Tutti vorrebbero essere dei gatti. Pensa che tempo fa erano addirittura idolatrati come vere e proprie divinità… bei tempi…-
- Non ci credo…- mormorò spaventato Adrien, già figurandosi il peggio.
- Lo so, non ci sono più le civiltà di una volta…- continuò Plagg, ancora perso nei suoi discorsi precedenti.
- Quindi dovrei aspettarmi di svegliarmi con orecchie, coda e baffi da un giorno all’altro? E dovrei trovare il tutto normale?- gli domandò il biondo allarmato, inorridendo di fronte all’immagine di se stesso completamente pieno di peli dalla testa ai piedi.
- Non ho detto questo. Ho soltanto detto che potresti avere alcuni comportamenti “diversi dal solito”, tutto qui – lo tranquillizzò Plagg, con la sua solita, implacabile tranquillità.
- Spero che ciò non includa il fatto di farmi ritrovare appartato in un angolo a lisciarmi il pelo di fronte all’intera classe – gli mugugnò Adrien in risposta sottovoce, quasi accusandolo – Piuttosto, c’è un motivo per cui soltanto in determinate occasioni mi capitano questi effetti collaterali, come li hai chiamati tu? O accadono in maniera del tutto casuale?-
Plagg parve pensarci su un istante.
- Diciamo che quando sei soggetto a certe emozioni, è più probabile che possa accadere – gli rispose lascivo, lasciandosi andare ad un sonoro sbadiglio.
- Emozioni di che tipo?- provò a domandargli Adrien, e fece giusto in tempo a terminare la frase prima di essere distratto da un paio di voci nelle vicinanze, di cui una gli parve estremamente familiare.
- Coraggio, non essere timida. Ti sto solamente invitando ad uscire, tutto qui –
- M-ma io… n-non sono interessata…-
Non passò molto tempo prima che la figura di Marinette sovrastata da un ragazzo alto e slanciato in uniforme scura, che doveva avere all’incirca uno o due anni in più di lei, si fece visibile ai suoi occhi.
- Ehi, quella non è la tua compagna di classe?- gli sussurrò Plagg dal colletto della giacca, incuriosito – Sembra in dolce compagnia. Lo conosci? –
Adrien arricciò un angolo della bocca, sospettoso: - No, ma riconosco l’uniforme. È uno studente della scuola privata qui all’angolo. Mi domando cosa voglia da lei in maniera tanto insistente – rispose, e già sentì montargli in petto un curioso formicolio che andava pian piano a prudergli le mani.
- Paiono piuttosto intimi, e lui sembra avere intenzioni serie – osservò Plagg, quando il ragazzo afferrò la mano di Marinette per avvicinarla un poco al viso, e baciargliela con galanteria.
- Andiamo, non tenermi sulle spine. Sei una così bella ragazza –
Marinette pareva piuttosto impacciata ed imbarazzata, osservandosi in giro alla disperata ricerca di una via di fuga.
- P-penso che tu abbia frainteso. È vero che non ho un ragazzo, ma c’è comunque qualcuno che… – mormorò quasi presa dal panico, mentre tentava in tutti i modi di divincolarsi da un ammiratore piuttosto invadente.
- Ah, dunque non hai un ragazzo?- esclamò quello, avvicinandosi ancora di più con aria interessata.
Adrien osservò la mano di lui intrecciarsi a quella dell’amica, e subito un ringhio gutturale sempre più deciso prese a vibrargli in gola. In petto sentiva il formicolio accendersi sempre di più.
- Cosa vorrà mai da lei, se gli ha già risposto che non è interessata?- domandò, più a se stesso che a Plagg, il quale notò con profonda sorpresa come, oltre a ringhiare sporgendo leggermente i canini, avevano cominciato anche a rizzarglisi i peli sulle braccia.
- Ehm, Adrien…- provò a richiamare le attenzioni il piccolo Kwami, già odorando il sentore di un cambiamento.
Il ragazzo si fece ancora più insistente, tentando quasi di strappare un bacio a Marinette.
- Non fare la preziosa. Ti sto solo invitando ad un appuntamento. È chiedere troppo? Dammi una chance - le disse, e già aveva preso a cingerle le spalle mentre lei che non sapeva più né da che parte guardare, né che cosa rispondere per sottrarsi da quella situazione scomoda.
- Smettila!- riuscì a dirgli, allontanandogli il viso con una mano.
Alla vista delle mani di lui che arpionavano le spalle di Marinette col tentativo di avvicinarla per non lasciarle via di fuga, Adrien avvertì il formicolio in petto divampargli fin nelle tempie, mentre il sangue prese a ribollirgli violentemente nelle vene ed il ringhio gutturale che gli aveva grattato la gola fino a quel momento esplose in un soffio feroce ed inviperito, del tutto simile a quello di un gatto.
- Ehi tu! – chiamò a gran voce il ragazzo, mentre Plagg sospirava rassegnato dal taschino della giacca.
- Ecco, è esattamente di questo tipo di emozioni che parlavo – mugugnò tra sé e sé l’esserino nero, nascondendosi, mentre il padrone si avvicinava a grandi passi verso la coppia che aveva preso a guardarlo l’uno torvo, l’altra ancora più scioccata di quanto già non fosse.
- Ti ha chiaramente detto di smetterla!- gli rispose secco, parandosi tra lei ed il corteggiatore invadente.
- A-Adrien!- esclamò Marinette incredula, quasi con un filo di voce, mentre la mente cominciava ad annebbiarsi di emozioni.
Il ragazzo l’osservò dall’alto in basso, alzando un sopracciglio.
- Ma guarda un po’! Il piccolo Agreste, giusto?- lo canzonò, e ciò lo fece irritare ancora di più, tanto da sentirsi le unghie pungere, quasi come se da un momento all’altro fosse stato in grado di sfoderare gli artigli.
- Marinette ti ha già risposto di no. Smettila di forzarla a fare qualcosa che non vuole – lo avvisò, guardandolo negli occhi. L’altro schioccò la lingua con disappunto.
- Ma chi ti credi di essere? Marinette mi ha detto che non è impegnata con nessuno, quindi tu non sei il suo ragazzo. Voi due non state uscendo insieme, dunque non puoi impedirmi di chiederle di uscire – gli rispose saccente, quasi con tono di sfida.
Al suono di quelle parole, Adrien si lasciò sfuggire un altro ringhio sommesso, prima di voltarsi deciso verso Marinette, che subito avvampò.
- Marinette?- la chiamò, secco.
- S-sì?- rispose quella, con voce strozzata.
- Vuoi uscire con me?- le domandò di getto, schietto, senza pensare.
Marinette per poco non si sentì svenire.
- C-come? U-uscire con te? S-sarebbe da-davvero fa-fantastico, m-ma q-quando?-
- Adesso –
- A-adesso?-
- Adesso – ripeté lui risoluto.
- M-ma abbiamo scuola…- provò a rispondere lei, completamente in tilt.
- La recupereremo più tardi – le disse, cingendola per la vita, e allontanandola dal terzo incomodo – allontaniamoci da questo tizio – mormorò, guardandolo torvo, e subito avvertì i nervi rilassarsi e le unghie ritrarsi, mano a mano che si allontanavano dalla ragione di tanto insensato fastidio.
Il ragazzo li osservò andare via insieme, impassibile.
Poi si avvicinò guardingo ad un cespuglio vicino, accurandosi di non essere visto da nessuno.
- Ehi – chiamò sottovoce – ho fatto quello che volevi. Ridammi il cellulare –
Una massa di capelli castani che contornavano un viso dalla carnagione ambrata, accompagnato da un paio di occhiali sbucò dalla massa di foglie.
- Bel lavoro. Ecco il tuo video, come promesso – sogghignò Alya, restituendo il cellulare al legittimo proprietario – Un’ultima cosa – disse al ragazzo, prima di congedarlo definitivamente – sei una ballerina decisamente aggraziata. Ti manca soltanto il tutù!- ridacchiò perfida sotto i baffi, riuscendo a malapena a trattenere le risa.
- Chiudi il becco! Questa è l’ultima volta che mi faccio hackerare il cellulare da te, te lo assicuro!- asserì quello stizzito, andandosene via rosso in viso di rabbia e vergogna.
Alya si ricompose, osservando la coppia di amici ormai lontana che sembrava aver trovato un certo feeling. Provò a sentirsi un minimo in colpa per aver giocato un simile colpo basso all’insaputa della migliore amica, ma proprio non ci riuscì.
Dopotutto, se Marinette, data la sua timidezza e imbranataggine, non riusciva a cogliere le giuste occasioni, non rimaneva altro che crearle.
A quanto pare come primo tentativo non era stato poi così fallimentare.

Angolo Autrice:

Beh, che dire, quasi mi stupisco della velocità con cui aggiorno!
Vi sono mancata? Anche se la risposta è "no", a me va bene lo stesso. 
E finalmente giungiamo al capitolo della svolta, e finalmente vediamo un Adrien seriamente geloso di Marinette. Perchè tesoro mio, basta menarla con la storia del "è soltanto un'amica". Il pubblico sa, ed anche i tuoi istinti felini lo sanno. Difatti, ti fanno reagire in un modo adorabilmente adorabile.
Spero che il capitolo sia stato apprezzato. Vi invito a restare sintonizzati per scoprire altre bizzarre stranezze feline sul nostro ragazzo-gatto preferito.
Un grazie a chi c'è!
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 7
*** Sacchetto ***


7.
SACCHETTO

*
“Non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco”
 
- Sono a casa!-
Marinette si annunciò ai genitori non appena varcata la porta di casa, trovando la madre ad accoglierla con un sorriso.
- Bentornata, tesoro. Spero che la tua giornata di scuola sia andata bene – la salutò, schioccandole un tenero bacio sulla fronte – Io e papà usciamo a far spesa. Ho appena vuotato una lavatrice, e ho portato il sacco della tua biancheria pulita su in camera. Ti dispiacerebbe darci un’occhiata, e sistemarla?-
- Certo mamma, vado subito –
Si diresse su per le scale, mentre lo scrocco della porta al piano di sotto annunciava che i genitori erano appena usciti di casa.
Come entrò nella penombra della sua camera, riconobbe il sacco della biancheria poggiato ai piedi del letto. Era piuttosto consistente, quella settimana. Eppure non le sembrava di aver utilizzato così tanta roba in quei giorni.
Sospirando, si rimboccò le maniche e fece per afferrare i lembi della stoffa dell’enorme sacco per scaraventare tutto sul letto e dividere la biancheria per tipo e colore, ma subito si fermò non appena constatò quanto risultasse pesante.
- Che diavolo…- prese a balbettare, e subito indietreggiò impaurita non appena percepì la stoffa muoversi, quasi fosse dotata di vita propria.
Prima che potesse anche solo strillare spaventata, riconobbe un’enorme sagoma nera emergere dalla marea di vestiti ubriaca di stanchezza, quasi avesse dormito lì dentro tutto il giorno.
Marinette spalancò gli occhi, sbiancò, si paralizzò.
- CHAT!- esclamò poi, con un tuffo al cuore.
L’eroe ancora mezzo assonnato si stropicciò un occhio, sbadigliando.
- Mh?- mugugnò solo, guardandosi intorno stranito quasi a domandarsi cosa diamine ci facesse in camera di Marinette – Buongiorno, Principessa – la salutò, con fare disinvolto.
La ragazza, piuttosto seccata e sconcertata, nemmeno ricambiò il saluto.
- Come diavolo sei entrato in camera mia? E soprattutto, cosa diamine ci fai lì dentro? – chiese stizzita, e anche un po’ imbarazzata.
Il gatto nero posò lo sguardo in basso, realizzando dove aveva immersi gambe e piedi.
- Ah - fece poi, ridacchiando nervosamente – E-Ero venuto a fare due chiacchiere, ma ancora non eri tornata. Così mi sono messo comodo, in attesa che rientrassi –
- E ti sembra il posto giusto per mettersi comodo ad aspettarmi?!- abbaiò lei in risposta, evidentemente innervosita – Come ti è saltato in mente?!-
Chat Noir alzò le spalle sorridendo imbarazzato, mentre tirava fuori uno dopo l’altro i piedi dal suo confortante rifugio, e lo porgeva con garbo ad una scioccata Marinette.
- Scusami, Principessa. Non so davvero che mi è preso – asserì avvilito, senza sapere che altro dire data la situazione paradossale in cui si era cacciato.
Per la verità, nemmeno lui riusciva a spiegarsi perché, tra tutti i posti possibili, avesse scelto proprio il sacco della biancheria pulita di Marinette per crogiolarsi nel suo pisolino. Era stato come un richiamo irresistibile, più forte di lui, al quale proprio non era riuscito a trattenersi. Aveva notato la fessura semiaperta, tanto da farci passare la testa, e subito ci si era sistemato, trovandolo il luogo più confortevole del mondo. Tanto comodo, da appisolarcisi dentro.
- P-potresti per favore uscire, adesso? Ho da sistemare delle cose – gli chiese lei dopo un istante di imbarazzante silenzio, cercando di mantenere un certo autocontrollo.
- A-ah, s-sì. Certo, v-vado subito -
Rizzò le orecchie, scrollandosi di dosso un paio di mutandine rosse a pois neri che gli erano rimaste impigliate alla coda, porgendole con un atteggiamento sommesso e colpevole a Marinette.
- L-le tue mutandine…- bisbigliò, senza sapere se ridere o piangere dalla vergogna. Avrebbe voluto sotterrarsi.
Lei gliele strappò di mano, nascondendole alla sua vista, assieme a tutto il contenuto del sacco.
Chat Noir era consapevole di aver fatto fin troppo per quel giorno, ma nonostante tutto rincarò la dose.
- …sono così soffici. E hanno anche un buon odore – si lasciò sfuggire, incapace di trattenersi, come se improvvisamente l’istinto avesse ancora una volta dominato sulla ragione, facendogli dare aria alla bocca prima che la mente potesse porre un filtro su quello che stava per dire ad alta voce.
Marinette sbiancò, boccheggiò, deglutì, diventò paonazza di vergogna.
- ESCI SUBITO DI QUI!- strillò, lanciandogli dietro lo stesso paio di mutande che lui le aveva restituito un secondo prima.
Chat Noir si fiondò sul balcone, rosso di vergogna, ripromettendosi che la prossima volta che sarebbe venuto a farle visita – e avrebbe lasciato passare più tempo del solito prima di farsi rivedere, questa volta – avrebbe aspettato pazientemente fuori, se l’amica non fosse stata ancora presente in casa.
Marinette, dopo un primo istante di sgomento, chiuse le ante del balcone, sbuffò, raccolse da terra le mutandine a pois sentendosi pervadere ancora una volta dall’imbarazzo, raggiunse il sacco della biancheria fattosi improvvisamente più leggero.
Lo prese tra le mani, ci rovistò dentro, non senza arrossire di nuovo, sbuffò un’altra volta.
- Stupido gattaccio pervertito – mormorò, lasciandosi scappare una risatina isterica.
Adesso le toccava rimettere tutto in lavatrice.

Angolo Autrice:

Hola, hola, hola!
Che lo vogliate o no, sono di nuovo qui! 
Eh sì, perchè se non si era notato ho una raccolta da finire che procede a rilento, quindi è meglio rimboccarsi le maniche.
Il detto lo conoscete tutti, l'amore dei gatti per il nascondersi nei posti più improbabili anche. La mia, per esempio, la trovo sempre nascosta in armadi, buste di plastica, coperte... una volta rischiai di schiacciarla col mio dolce peso perchè si era infilata sotto al cuscino del divano (quello da seduta, N.B) e un'altra volta rischiavo di portarmela in università con me nascosta nella borsa.
E la passione per la biancheria appena lavata e i capi appena stirati è un altro grande clichè... dunque ho deciso di prendere due piccioni con una fava.
Povero Adrien, scambiato per un pervertito. Ah, se solo Marinette sapesse che sotto la maschera di Chat Noir a farle un complimento sulle sue mutandine è stato proprio lui...
Vi è piaciuto il capitolo? Fatemelo sapere!
Un grazie a chi ancora mi segue (so che ci siete, anche se siete nascosti!)
Baci a todos

_BlueLady_

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Capitolo 8
*** Piume ***


8.
PIUME

*
“Una bella gatta da pelare”
 
Marinette squadrò di sottecchi l’enorme scatola che Chat le aveva appena porto, alzando un sopracciglio.
- È, uhm, per me? – domandò scettica, mentre quello allargava le labbra in un sorriso soddisfatto.
- Sorpresa! – esclamò lui, su di giri – Su, avanti, aprilo!-
Marinette sorrise imbarazzata, mentre le guance le si imporporavano un poco. Si sarebbe aspettata di tutto da lui, ma non che si presentasse improvvisamente sul suo balcone con un enorme regalo per lei.
Forse l’aveva fatto per farsi perdonare l’ultima incursione in camera, decisamente troppo invadente.
- Oh, Chaton, non ce n’era bisogno – asserì intenerita.
Decise di non farsi troppe domande, e di accettare a cuore aperto il regalo che il supereroe le aveva donato con così tanta spontaneità. Fu costretta a riconoscere che sotto quel lato da maniaco petulante, dopotutto, si nascondeva un tenerone.
Prese a scartabellare l’enorme pacco, sfilando il grosso nastro che lo avvolgeva. Chat Noir attendeva impaziente, teso di emozione, che lei scoprisse la sorpresa nascosta all’interno.
Marinette prese ad aprire l’enorme scatola sempre con più foga, già immaginandosi chissà quale regalo: magari un set di stoffe nuove, o magari dei nastri colorati – ne aveva giusto bisogno per ultimare la sua ultima creazione – oppure un nuovo set per il cucito, o magari una modernissima macchina da cucire – nah, troppo pesante, a giudicare dalla leggerezza del pacco.
Delle stoffe. Sì. Delle stoffe sarebbero andate benissimo. Avrebbe potuto crearci vestiti, e cappotti, e cappelli per lei e i suoi amici – per Adrien
Quando aprì il pacco, il sorriso che le si era dipinto in volto lasciò spazio ad un’espressione di completo sbigottimento.
Il gatto nero di fronte a lei squittì emozionato.
- Allora, ti piace?-
Le rimase ferma immobile ad osservare il contenuto della scatola, sforzandosi di capire.
- Chat… questo cos’è?- riuscì a domandare, dopo un istante di sgomento.
L’altro le sorrise eccitato, roteando le orecchie soddisfatto.
- È un uccellino, non vedi? Non trovi che sia assolutamente adorabile? –
Marinette l’osservò, incerta, poi posò nuovamente gli occhi nella scatola.
- Ma è… morto – disse solo, incredula lei stessa delle parole che le stavano uscendo di bocca.
Il sorriso a trenta denti – e due canini affilati – dipinto sul volto di Chat Noir si spense in un istante. Il supereroe si avvicinò, controllò l’interno della scatola, e constatò che l’amica stava dicendo la verità.
- Oh. Avrei dovuto fare dei buchi nel cartone – osservò deluso, quasi realizzando in quell’istante l’enorme errore che aveva commesso.
Marinette l’osservò negli occhi, senza sapere cosa dire.
- Chat, perché?- riuscì a domandare poi, con un filo di voce. L’incredulità era tanta, da non riuscire nemmeno ad avere una reazione logica di fronte a quell’imprevisto.
Il gatto sorrise sornione, ancora convinto di averla conquistata.
- L’ho cacciato nel parco, finché non sono riuscito a catturarlo. Poi ho pensato di portartelo perché ti voglio taaaaanto bene!-
Marinette ascoltò, registrò, analizzò. Provo a capire se la stesse prendendo in giro, ma dall’espressione soddisfatta che gli leggeva in volto capì che era serio. Spaventosamente serio.
Passarono uno, due, cinque minuti di imbarazzante silenzio.
- Beh, piaciuta la sorpresa?-
- Portalo via, Chat!- esclamò lei esasperata, ed anche un filo disgustata, appoggiando l’enorme scatolone a terra dal quale cominciava ad innalzarsi un nauseante odore di cadavere.
Chat Noir abbassò le orecchie, affranto, osservando il povero uccellino giacere inerme sul fondo della scatola.
- Sei davvero sicura di non volerlo?-
- CHAT!- gli intimò lei, e subito lui scattò al suono di quel richiamo autoritario, fiondandosi nella scatola per recuperare il cadavere del povero animaletto, afferrandolo con i denti.
Marinette l’osservò sbigottita comportarsi in quella maniera insolita – cosa diamine gli prendeva ultimamente? – mentre Chat Noir riemergeva dalla scatola con l’’uccellino in bocca, pronto a riportarlo dove l’aveva trovato.
Soltanto in quel momento, quando avvertì le piume solleticargli delicatamente le narici, ad entrambi tornò in mente un piccolo particolare che fino a quel momento avevano trascurato.
- Oh-oh…- biascicò Marinette, e fu tutto ciò che riuscì a dire, prima che il supereroe scoppiasse in un violento starnuto, che la centrò in pieno viso.
Chat Noir, riaperti gli occhi, sbiancò di fronte a quello che gli si presentò.
Marinette. Fradicia di muco e piume che le penzolavano dai capelli. Il cadavere del povero uccellino a coprirle lo sguardo - sicuramente iniettato di rabbia, immaginò.
Chat Noir sospirò, poi deglutì. Cominciò a toglierle le piume di dosso ad una ad una, mortificato, mentre lei emetteva lunghe espirazioni contando mentalmente con l’intento di ritrovare la sua pace interiore.
Quella volta, farsi perdonare da lei sarebbe stata una vera gatta da pelare.

Angolo Autrice:

Chi non muore si rivede!
Lo so, sono sparita da un pò dalla circolazione. Diciamo che non è proprio un bel periodo per me. Ma ripescare questa raccolta e procederne con la stesura è un perfetto toccasana umorale.
Dunque, spero che anche stavolta il capitolo sia stato apprezzato. Penso che tutti sappiate che se un gatto ti porta le prede cacciate con tanta fatica, significa che nutre profondo affetto e rispetto per voi. E Chat sicuramente a Marinette vuole un gran bene... e forse qualcosa di più, anche se è duro ad ammetterlo ;)
Grazie a chi mi segue, a chi inserisce la raccolta tra i preferiti e a chi anche solo passa a dare un'occhiata.
Le recensioni possono non essere tante, ma i numeri parlano, e fa piacere rientrare dopo un pò di tempo e scoprire nuovi lettori appassionati di questa raccolta :)
Spero di non deludervi!
Besos e alla prossima

_BlueLady_

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