My Hero Academia X

di Le_FF_di_Max_Casagrande
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lightnin Bolt ***
Capitolo 2: *** La lettera di Schrodinger ***



Capitolo 1
*** Lightnin Bolt ***


Bella Maghi,

la trama di questa FF non è mia, e a dir la verità non la conosco neanche tutta. Questa è una trasposizione romanzata di una quest che sto facendo insieme ad alcuni miei amici, nell’ambientazione di MHA tramite il regolamento Genesys. Tutti i “diritti” sono del master, quindi, a rigor di logica. Inoltre, il “protagonista” sarà il mio personaggio non perché è il più figo e io sono lo scrittore (cioè, scrivo io, ma… INSOMMA CAPITEMI), ma perché è l’unico personaggio che conosco a sufficienza per crearci un punto di vista che il lettore può usare. Ma fidatevi, anche gli altri personaggi meritano la loro gloria (e l’avranno, tranquilli).

Ora leggete e divertitevi ^^

 

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Capitolo 1: Lightning Bolt

 

Se lo avesse fatto, tutto i suoi sforzi fino a quel momento sarebbero stati vani. La fuga, l’incontro con Clara, l’attacco hacker, il viaggio fino a lì. Alle sue spalle i robot gli avrebbero permesso di fare sei punti, e sarebbe arrivato così a dodici. Irina era arrivata allo stesso punteggio, quindi senza dubbio si trattava della sufficienza, come minimo, e a lui interessava solo quella. Videocamere ovunque e testimoni. Dozzine di testimoni. Lo avevano detto nell’aula magna: quel robot valeva zero punti, e non lo si doveva attaccare per nessun motivo. Ma Irina non lo stava attaccando; era semplicemente prostrata al suolo, con la mente annebbiata da tutti i danni ricevuti, e la mano che andava in automatico sulle gambe meccaniche, sperando di poterle riparare stringendo qualche bullone senza neanche doverle guardare. Se lo avesse fatto, avrebbe viso che la gamba sinistra era completamente staccata, e quella destra era semidistrutta con solamente il ginocchio metallico appena riconoscibile.

“Manca un minuto al termine della prova!” enunciò la voce metallica dagli altoparlanti, mentre tutti quanti cercavano di evitare il passo dell’enorme costrutto. Hall, invece, pensava. Pensava a nulla, più o meno, durante il rallentamento di ogni studente e alla scomparsa dei suoni quasi istantanea. Irina non correva alcun pericolo, questo era ovvio, molti Hero professionisti dovevano star vigilando su di loro. Avrebbe aspettato che l’eroe di turno apparisse e la portasse in salvo, poi avrebbe fatto altri sei punti e l’esame sarebbe stato da considerarsi superato. I Daiki, la famiglia che aveva ospitato Hall e Clara, era certa che il ragazzo non avrebbe avuto la benché minima difficoltà a essere ammesso, e quella stessa mattina gli aveva fatto gli auguri. Ma ogni istante che passava Hall credeva sempre più che così non sarebbe stato, e quando il gigantesco piede ferreo fu a due metri dalla ragazza sdraiata a terra ne fu certo. Non era abbastanza veloce, e non avrebbe superato il test d’ingresso alla UA. Era stato tutto inutile, non avrebbe mai estinto il debito che aveva con Clara e sarebbero ritornati in America, dove sarebbe morto nel giro di un paio di mesi, condannando insieme a sé la ragazza solo per salvare una manciata di studenti che non erano realmente in pericolo. Hall era intelligente, aveva imparato le basi del katakana durante il viaggio in aereo e aveva completamente finito il libro di matematica quello stesso pomeriggio, quindi non metteva in dubbio la sicurezza dell’evento. Ma era come se il suo corpo si stesse muovendo da solo, pur di salvare quelle persone che del suo “gesto eroico” forse avrebbero potuto anche farne anche a meno.

Si mise in posizione, come se stesse per partire per i cento metri piani alle Olimpiadi. Ogni cosa intorno a lui era ferma: robot, persone… la stessa aria si presentava completamente immobile. “Quando corro la frizione dell’aria che sfrega contro le cellule della mia pelle crea una patina che resiste a calore e abrasioni, rendendo impossibile la combustione. Inoltre l’energia cinetica viene convertita in scariche elettrice tramite la frizione elettrostatica.” aveva detto quasi per caso a Clara. Era così che si accorse di essere intelligente, il giorno dopo averla incontrata.

Sentì il cuore scattare, cominciando a pompare sempre più sangue a ogni angolo del corpo, gambe specialmente, e le vide. Il segnale di via libera, la sua luce verde del semaforo: un lampo azzurro come i suoi occhi che dalla sua gamba si infrangeva contro il suolo. E a quel punto fece quello che sapeva fare meglio: correre.

Il gigante di ferro fece il suo passo, distruggendo parte della strada e alzando un polverone. Tutti gli studenti nel raggio di due metri dal gigantesco piede erano scomparsi. Poi ne svanì un altro, un secondo, un terzo e un altro ancora. Ogni partecipante alla prova d’ingresso, nel giro di un minuto, venne portato lontano dalla zona in cui si svolgeva l’esame, vicino l’infermeria. Non che potessero accorgersene, visto che lo spostamento durava meno di mezzo secondo. In meno di un paio di minuti, gli studenti si ritrovarono fuori dalle alte mura color panna che cingevano l’area d’esame. Hall fu l’ultimo a comparire, accompagnato da un lampo che si scaricò contro un palo d’acciaio senza ferire nessuno. Il suo sguardo andò su Irina sdraiata sulla barella, con le gambe completamente distrutte, poi guardò di nuovo di fronte a sé e lo vide quasi per caso: uno strano ragazzo, non più altro di un metro e mezzo e con una gigantesca testa a forma di cipolla, stava scappando con le corte gambe verso il portone. Hall si mise a correre. Non attese di nuovo i lampi, che si crearono alle sue spalle senza chiedergli il permesso. Il tempo intorno a lui si era bloccato di nuovo, e tutto andava lento. Sempre più lento.

-Andiamo…- disse il professore in cima alle mura. Era rimasto nascosto, lì per tutta la durata della prova del test d’ingresso, preferendo di gran lunga guardare la situazione con i suoi occhi e non con uno schermo. Vedeva Hall correre a perdifiato contro il piedone e l’aspirante studente, sperando di raggiungerli in tempo. Le scarpe in fibra di carbonio si stavano surriscaldando e Hall se ne accorse solo in quel momento: non era mai andato così veloce. I fulmini alle sue spalle facevano fatica a tenere il passo, i capelli si erano accesi e gli occhi illuminati. Il professore vedeva perfettamente il ragazzo nonostante la velocità, gli altri potevano solo osservare una scia blu chiaro molto sfocata. -...corri!- esclamò infine in un sussurro. Hall si gettò e il piede del titano di metallo si schiantò contro il suolo, alzando un polverone. Silenzio, persino quel professore che riusciva a seguire con lo sguardo movimenti tanto fulminei era con il fiato sospeso.

Poi un respiro affannoso di uno, un paio di polmoni enormi e da cavallo che si lamentavano per il lavoro appena fatto. Hall e Fiore (così si chiamava lo studente) erano a terra, alcuni metri più in là. Fiore riprese a respirare solo allora, cercando di far sembrare tutto quello che era appena successo come parte di un piano geniale ben orchestrato. -Ti ho appena salvato, ricordati che mi devi un favore.-

Hall lo guardò con il volto deformato dalla bocca e dal naso che annaspavano alla ricerca di aria. -Zitto, tappetto.- ansimò. Fiore sembrò esplodere in quel momento, e sbraitò con tutte le forze che gli erano rimaste contro quella assoluta mancanza di rispetto. Hall, una volta che il respiro si era regolarizzato, sospirò. Aveva mandato tutto a puttane.

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Capitolo 2
*** La lettera di Schrodinger ***


Capitolo 2: La lettera di Schrodinger

 

-Hall… Hall.- Clara lo chiamò un paio di volte, poi il ragazzo spostò lo sguardo su di lei. -Perché stai guardando male il pesce?-

Hall si era dimenticato di star cenando con la famiglia Daiki, che lo fissava mentre teneva lo sguardo puntato contro gli occhi della sogliola come se stesse partecipando al suo funerale.

-Scusate.- borbottò il ragazzo posando le bacchette. -Non ho molta fame.- aggiunse alzandosi. Se ne andò senza dire nulla, e nessun’altro fece lo stesso. Clara lo aveva visto mangiare cinquanta hamburger in un solo pasto e più di duecento Tacos in un altro. Hall aveva un metabolismo molto accelerato (“fulmineo” si divertiva a chiamarlo) e qualcosa come l’assenza di appetito non era qualcosa di buono in nessuna circostanza.

-La prova è andata male?- domandò la signora Daiki a Clara con un ottimo inglese.

-Credo di sì, ma non me ne ha parlato ancora.- sospirò lei lasciando la ciotola con il riso sul tavolo. -Vado a parlargli, perdonatemi.-

Clara non si alzò, era passato più di un anno dall’ultima volta che lo aveva fatto. Mosse la sedia a rotelle fuori dalla camera da pranzo e poi su per le scale. “Il miglior investimento della sua vita”, lo chiamava: modificare le ruote affinché salissero le scale era stata una gran bell’idea, tutta pensata e sviluppata da Hall.

Bussò un paio di volte alla camera da letto dove il ragazzo dormiva, poi aprì la porta. La stanza era rimasta completamente deserta, con il materasso perfettamente piegato al centro e i borsoni con gli abiti di fianco la porta. Gli armadi aperti e vuoti, le tapparelle delle finestre erano intonse e impolverate. Non le aveva nemmeno sfiorate da quando era lì. Lui era seduto in un angolo: si teneva le gambe tra le braccia e nascondeva il viso tra le ginocchia. Clara gli si avvicinò lentamente, fermandosi quando fu abbastanza vicina. -Tutto bene?- Hall scosse la testa senza rispondere. -Vuoi parlare?- Immobile, nessuna risposta. -Abbiamo già cancellato i video delle telecamere, non ci sono prove.-

-Ti ho delusa.- singhiozzò lui. Gli occhi azzurro chiaro erano sul punto di scoppiare in lacrime. -Non ce l’ho fatta. Dovevo diventare un eroe. Te l’avevo promesso, te lo dovevo.-

-Ehi, non è indispensabile frequentare questa scuola. Per un anno ce la siamo cavata da soli, possiamo continuare. Tu per le strade con i tuoi fulmini, io a casa con il mio computer. Purtroppo non potrò fare molto altro per te.-

Hall sbuffò una risata. -Altro? Effettivamente mi hai solo accolto a casa tua, dato una tuta resistente alla mia velocità e perso l’uso delle gambe per colpa mia. Dovresti fare di più.- Anche Clara allungò un sorriso. -Pensavo che sarebbe stato facile. Ma non sono un eroe. Sono stato creato come preda e così morirò.-

-Mica ti condanni a morte tornando in America.- disse Clara con tono rassicurante. Entrambi sapevano però che non fosse così. -E poi, sei un eroe, ce l’hai nel sangue.-

-Io non sono un Hero, io do solo un colpetto e scappo via. Non mi sono neanche registrato con il mio vero Quirk.-

-HALL!- sbottò Kuro spalancando la porta senza bussare. Era l’unico figlio dei signori Daiki: uno smilzo e sorridente bambino di sette anni senza ancora un’Unicità, dai corti capelli neri e gli occhi marrone scuro. Aveva il fiato corto e teneva tra le mani una lettera. -È da parte della UA.-

Il ragazzo scattò in piedi, camminò con passo svelto verso Kuro e gli strappò la busta di mano senza dire una parola. Il cuore in petto gli batteva come se avesse corso per dieci giorni senza sosta, e lui di correre se ne intendeva. Scese le scale tre gradini alla volta e si chiuse in bagno, serrando la porta con una doppia mandata. Si rigirò la busta tra le mani tremanti, incerto. Non voleva aprirla, sicuro di non essere stato ammesso, ma al contempo non voleva perdere le speranze. Era il tipo di ragazzo che si addormentava leggendo paradossi matematici e libri sulla fisica, e in quel momento non poté non pensare di essere come quel dannato gatto. In quell’istante poteva essere stato sia ammesso che rimandato all’esame, ma una parte di lui era certo di non avere esattamente il cinquanta percento per entrambe le alternative. Si limitò ad aprire la busta con attenzione, pronto a farla finita e a togliere il disturbo dalla casa dei Daiki. Un po’ gli dispiaceva, erano stati parecchio accoglienti.

Dalla busta uscì un disco metallico poco più grande di un anello, e Hall, ovviamente, lo fissò confuso. Non c’erano iscrizioni sopra, era un’altra prova? In America roba come quella non l’aveva mai vista. Non appena toccato terra, dal disco si proiettò in aria uno schermo di notevoli dimensioni, grande quasi quanto il bagno stesso, con una donna dall’altro lato. Lo capì allora: non l’aveva mai vista perché non era in commercio. La donna sullo schermo gli mostrava un sorriso a trentadue denti, vestiva di un completo scuro con un mantello bianco candido e aveva le mani coperte da un paio di guanti gialli. Lo stupore si tramutò rapidamente in incredulità. “Non merito neanche un professore e quindi mi fanno bocciare dalla lavapiatti?” si domandò il ragazzo.

-CIAO! Io sono Titan!- “Mai sentita...” pensò in risposta al messaggio dello schermo. -La pro-Hero numero uno in Giappone!- “La cosa?” -Sono qui per informarti dell’esito del tuo esame.- Il sorriso si ridusse, e Hall sospirò, andandosi a sedere sul water. Sospirò a pieni polmoni, poggiando la schiena alla parete per permettersi di respirare correttamente. -Hai totalizzato sei punti, e purtroppo non sono sufficienti per soddisfare gli standard qui alla UA.- Hall cadde in avanti mettendosi la testa tra le mani, inondando con i capelli blu le dita. Sapeva già tutto, perché si stava disperando così? Tutto quanto era già palese e la voce non aveva detto altro. Bocciato, fine della storia. Con uno sforzo che gli parve disumano si alzò, diretto alla sua stanza per dare la notizia a Clara. Aveva fatto di tutto per non farlo sentire in colpa, ma una cosa del genere non avrebbe potuto risolverla con le parole. Era colpa di Hall, sua e soltanto sua. -Tuttavia…- interruppe la voce della donna proprio quando Hall aveva messo la mano sulla maniglia. Si voltò di nuovo verso lo schermo, con gli occhi spalancati. Il sorriso era di nuovo più lungo. -Un atto eroico, alle volte, non può essere classificato come un normale punteggio. Mettere a repentaglio la propria vita per salvare quella di molti altri è qualcosa che in molti danno per scontato in un Hero fino a quando non è il momento dei fatti. Ma tu non ci hai riflettuto molto, o forse lo hai fatto più di chiunque altro. Eri troppo impegnato a fare l’eroe per preoccuparti di un test d’ammissione in una scuola di eroi, a quanto pare.- Titan scoppiò in una risata.

-Non ci credo…- mormorò Hall.

-Ti do quindici punti eroismo per la tua performance, quindi, se i miei calcoli sono corretti, dovresti aver raggiunto ventuno punti, più che sufficienti per l’ammissione! Hall Harrison, ti do il benv…-

-CLARAAAAAAAAA!- gridò Hall scattando su per le scale quasi scardinando la porta per l’emozione, correndo verso la ragazza per raccontarle quello che aveva appena sentito senza dare spazio al messaggio di dirgli altro. Quella sera a casa Daiki si festeggiò, e, sebbene Hall fosse sicuro e avesse affermato numerose volte che i veri uomini non piangono mai, Clara lo vide con gli occhi lucidi per la maggior parte del tempo.


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Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).

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