Il Destino dei Trevelyan [IN REVISIONE]

di Keeper of Memories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La minaccia persiste ***
Capitolo 2: *** Invidia ***
Capitolo 3: *** Campioni dei giusti ***
Capitolo 4: *** La calma prima della tempesta ***
Capitolo 5: *** Nel tuo cuore arderà ***



Capitolo 1
*** La minaccia persiste ***


"...Solo fame e invidia nei loro cuori,
Solo orgoglio e desiderio nei loro occhi,
Ed Egli seppe, che loro non Lo riconoscevano."
Silenzio 3:3 - Dissonante

«Cosa state facendo, di grazia?»
L'acuto di Selene interruppe il brusio indistinto che aveva ricoperto il Bazar d'Estate. Sul palco ligneo di fronte a lei, la reverenda madre Hevara giaceva a terra, priva di sensi. Il Lord Cercatore Lucius, in piedi accanto alla donna, fece un cenno d'approvazione al templare che l'aveva tramortita, mentre questo metteva in riga un commilitone turbato.
«Le sue pretese di autorità sono un insulto», fu la risposta secca, «Esattamente come le vostre.»
«Ricordo l'annullamento degli accordi di Nevarra, Lord Cercatore. Tuttavia il nostro operato è legittimo.»
La risposta del Lord Cercatore fu una smorfia sprezzante.
«Lord Cercatore Lucius, dobbiamo assolutamente-» s'intromise Cassandra.
«Non rivolgetemi la parola» la interruppe questo, mantenendo la stessa espressione.
«Lord Cercatore?»
«Fondare un movimento di eretici e innalzare un burattino con il nome di "Araldo di Andraste". Tsk! Dovresti vergognarti!» la rimproverò, quindi si rivolse alla folla, «Tutti voi, dovreste vergognarvi!»
Il Lord Cercatore si lanciò in un'arringa ben strutturata sulla correttezza dell'operato dell'Ordine, ingiustamente imbrigliato dalla Chiesa quando più era necessario lasciarlo agire, senza dimenticare le consuete parole di disprezzo verso l'Inquisizione, additata come causa del peggioramento dei recenti disordini. Non era così, ovviamente, ma non era questo che turbo Selene: Cassandra non era più una Cercatrice della Verità ma ancora oggi godeva di rispetto e ammirazione tra i suoi ranghi, l'astio con cui veniva trattata era fin troppo eccessivo. Inoltre, il nuovo Lord Cercatore non le sembrava affatto la persona moderata che la Divina aveva designato per le trattative di pace tra maghi e templari e sapeva bene che difficilmente questa si sbagliava su tali tematiche.
Non che si aspettasse di essere accolta a braccia aperte, certo, ad una settimana dalla nascita dell'Inquisizione lei stessa, che tutti ora chiamavano Araldo di Andraste, a volte dubitava dell'efficacia di tale organizzazione, soprattutto per la forte resistenza da parte di quelle autorità che volevano vederla soccombere. Tuttavia, in molti contavano su di lei per ricucire gli squarci in cielo, persone comuni che avevano perso la propria casa e i propri cari a causa dei demoni che infestavano le campagne; mai avrebbe voluto tradire la loro fiducia, soprattutto quando la posta in gioco era così alta. L'Inquisizione non sarebbe morta senza lottare.
Il Lord Cercatore stava per lasciare Val Roveaux, assieme ai templari.
«Aspettate!» li fermò Selene. Un silenzio teso calò mentre osservava i templari, uno ad uno. Da sotto un elmo, due occhi cerulei ricambiarono freddamente il suo sguardo. 
Doveva fare qualcosa in fretta, se voleva avere ancora qualche speranza di far cambiare idea almeno a qualcuno di loro.
«E se fossi veramente l'Araldo di Andraste? Se fossi qui per volere del Creatore?» disse infine, stringendo la mano marchiata. Non sapeva perché tutto questo fosse successo a lei ma sentiva che non era un caso, come non era un caso che l'unica arma per chiudere gli squarci fosse letteralmente in mano sua.
«Sciocca ragazza» la voce del Lord Cercatore tagliò il silenzio come una lama, «Tu non hai niente. Nessun potere, nessun tipo di influenza e soprattutto nessuno scopo divino.»
«Ma, Lord Cercatore» s'intromise un templare, lo stesso che poco prima si era mostrato turbato dal trattamento riservato alla venerata madre. «E se fosse stata mandata veramente dal Creatore?»
«Sei stato chiamato ad una missione più grande. Non farti assalire dai dubbi.»
A parlare era stato il templare  che aveva tramortito la venerata madre. "Magnifico, ci mancava il lecchino arrivista", penso Selene. 
Lucius stava di nuovo facendo un'apologia sull'Ordine, ma ormai lei non lo stava ascoltando più: era riuscita a scuotere la coscienza di alcuni templari, il giovane che aveva appena parlato ne era la prova, e per lei era più che sufficiente. Inoltre, prima di lasciare la città, ricevette diverse offerte d'aiuto, inclusa quella della Grande Incantatrice Fiona, attualmente a capo dei maghi ribelli, a prova che forse la causa dell'Inquisizione non era del tutto persa.

Selene si avvicinò a uno dei falò, in cerca di un po' di calore in quella gelida mattina invernale. Era tornata ad Haven dopo un lungo viaggio attraverso l'Orlais e il Ferelden, ma al suo arrivo non si era certo riposata: lei e Cassandra si erano chiuse immediatamente nella sala da guerra
per discutere con Cullen, Leliana e Josephine dei recenti sviluppi nonché della loro prossima mossa. Su quest'ultima in particolare sembravano tutti in disaccordo, con Cullen e Cassandra intenzionati a cercare il supporto dei templari e Josephine e Leliana che invece preferivano quello dei maghi. Ovviamente, la decisione finale spettava a lei.
«Eccoti qua.» sentì dire Varric. Il nano si era unito a lei accanto al fuoco.
«Mi cercavi, Varric?»
«Ora che Cassandra non è a portata d'orecchio, dimmi, come te la stai passando?»
«Cosa vuoi sapere di preciso? Sono successe un po di cose ultimamente»
«“Un po' di cose" è riduttivo, Freccia. In una settimana sei passata dall'essere la peggiore criminale del Thedas all'essere parte, se non a capo, dell'esercito dei fedeli. Di solito ci s'impiega un po' di più, sai?»
«Non hai tutti i torti.» Selene fece un respiro profondo, prima di continuare. «Sto cercando di non pensare a tutte le persone che sono morte al Conclave.»
«Già, molta brava gente non ce l'ha fatta. Qualcuno che conoscevi?»
«Beh, ero lì con i miei genitori.»
«Per le mutande di Andraste! Non ne avevo idea.»
«Non lo sa nessuno, infatti.»
«Mi dispiace Freccia, dev'essere dura.»
«Non preoccuparti per me. Ci sarà tutto il tempo per piangerli, dopo aver chiuso il varco principale e trovato il responsabile del massacro al Conclave.»
«Lo so, lo so, sei l'Araldo di Andraste e devi salvare tutti» le disse con aria preoccupata, «prima di tutto questo però sei un essere umano.»
«Si beh, presto finirà tutto. Ora se non ti dispiace, penso che andrò a vedere se c'è bisogno del mio aiuto.»
Non gli diede il tempo di ribattere e si diresse con passo spedito all'esterno del villaggio, dove avevano allestito un campo d'addestramento. Non le piaceva parlare dei suoi sentimenti, soprattutto del vuoto che la morte di sua madre e suo padre aveva lasciato e che stava faticosamente cercando di ignorare dedicandosi ai più svariati compiti, in nome dell'inquisizione. 
Giunta al campo, individuò subito il Comandante Cullen, intento a spiegare alle nuove reclute come usare lo scudo.
«Comandante? Avete un minuto?»
«Araldo! Certamente.» fece cenno a un soldato di continuare al suo posto e la raggiunse.
«Cullen, volevo-», iniziò ma venne interrotta.
«Mi dispiace moltissimo per come mi sono comportato.»
«Come prego?»
«Prima, nella sala da guerra. Non mi sarei dovuto arrabbiare in quel modo, ho lasciato che le mie vecchie abitudini da templare m'influenzassero e-»
«Cullen, non sono qui per questo» gli sorrise, notando la tinta scarlatta che le sue orecchie avevano assunto. «Davvero, apprezzo quello che fai per l'Inquisizione. Inoltre le tue obiezioni erano perfettamente sensate.»
«Quindi, a cosa devo questa visita?»
«Volevo sapere se c'era bisogno d'aiuto con l'addestramento degli arceri.»
«Ogni aiuto è ben accetto. Solo, non sapevo che ad Ostwick i nobili insegnassero queste cose alle proprie figlie.»
«Non lo fanno, infatti. Ho imparato da sola, in circostanze un po' inusuali. Magari un giorno te le racconterò, è una storia divertente.»
«Araldo!»
Dalle porte del villaggio uscì una trafelata Cassandra, seguita come un'ombra da Leliana, entrambe dirette verso di lei.
«Qualcosa non va, Cassandra?» Cullen era sorpreso quanto lei.
«Araldo, perché non mi hai detto dei tuoi genitori?»
Selene sospirò. «Varric ti ha raccontato tutto, vero? Magnifico.»
«Cos'è successo ai tuoi genitori?»
«Erano con te al Conclave, giusto?» Leliana rispose al posto suo.
«Non hanno avuto la mia stessa fortuna. O sfortuna.»
«È terribile!» Cullen sgranò gli occhi.
«Araldo, io-»
«Smettetela di chiamarmi Araldo, perfavore, Selene è più che sufficiente. Lady Selene al massimo, ma davvero, non sono schizzinosa.»
Cassandra ammutolì, i sensi di colpa fin troppo evidenti in volto.
«Cassandra non hai ucciso tu i miei genitori.»
«Non l'ho fatto, ma sono stata praticamente io ad annunciartelo, in maniera indelicata, per poi accusarti di omicidio. Sono stata troppo impulsiva, come al solito.»
«Avevi tutte le ragioni per ritenermi colpevole.»
«No, non capisci. Io nella mia testa avevo già deciso la tua colpevolezza. Ne avevo bisogno. Tu stavi soffrendo e io pensavo solo a sfogare la mia frustrazione su di te!»
«Sei stata anche la prima a credere in me. In più, non parlarne è stata una mia scelta, non volevo che il mio lutto interferisse in nessun modo con la missione. Non mi aspettavo un nano chiacchierone, ecco.»
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e si voltò. Incrociò lo sguardo saldo di Cullen, inaspettatamente confortante in quella situazione.
«Dopo aver chiuso il varco organizzeremo una veglia funebre per i caduti.»
«E la prossima volta che qualcosa ti turba, faccelo sapere. Sei un'essere umano dopotutto, non possiamo chiederti di essere invincibile.» aggiunse Cassandra. 
«Vi ringrazio. Sono felice di poter contare su di voi. Comunque sia, ho bisogno di pensare, ci riuniamo nella sala da guerra nel pomeriggio.»
«Come desideri, Ara- ehm, Lady Selene.», disse Cassandra prima di allontanarsi. Leliana però non la seguì. 
«Sai mi ricordi qualcuno» le disse, un mezzo sorriso in volto. 
«Qualcuno di positivo spero.»
«Oh si. Un'eroina, direi.» rispose, quindi si diresse verso Haven.
«Anche se davanti a me tutto è oscurità, il Creatore sarà la mia guida» mormorò tra sé e sé.
«Non sei sola, Lady Selene.» disse Cullen, che l'aveva sentita.
«No, non lo sono. Quindi, potresti indicarmi le nuove reclute?»
«Certamente.»

Selene passò la mattinata e il primo pomeriggio ad aiutare alcune reclute degli arceri. Appena li vide capì subito perché Cullen non li voleva addestrare all'uso della spada: erano tutti giovanissimi, avevano circa tredici-quattordici anni, probabilmente di origini povere poichè erano evidentemente troppo mingherlini per reggere anche solo uno scudo.
Uno di loro le si avvicinò, era il più piccolo tanto che all'inizio Selene pensava fosse solo un bambino del villaggio venuto a curiosare.
«Tu sei l'Araldo di Andraste vero?»
«Esatto, mi chiamo Selene. Tu come ti chiami? E perché sei qui?»
«Io mi chiamo Oliver. Voglio combattere anch'io come tutti! Però volevo chiedere una cosa all'Araldo»
«Ma certo, dimmi pure Oliver.»
«Puoi catturare la persona cattiva che ha ucciso la mia mamma e il mio papà in cima alla montagna? Vorrei farlo io ma mi hanno detto che solo l'Araldo è abbastanza forte per farlo.»
Selene sentì una fitta al cuore. 
«Non preoccuparti Oliver», gli disse, accarezzandogli la testolina arruffata, «faremo in modo che quel mostro venga punito.»

Nel tardo pomeriggio, Selene e i consiglieri si riunirono nella sala da guerra.
«Sapete dirmi dove Lucius ha portato in esilio i templari?»
«Una ex recluta parlava della ridotta di Theirinfall» rispose Cullen.
«Perchè lì? Non è abbandonata da tempo?» notò Cassandra.
«Non è questo il punto. Dobbiamo trovare il modo di approcciare il Lord Cercatore.» aggiunse Josephine. 
«Ah già, non siamo "abbastanza importanti"»
Selene fece una smorfia. Ne aveva visti fin troppi di quei nobili spocchiosi a cui interessava solo il suo titolo o peggio, i suoi soldi. Non li aveva mai sopportati, infatti era grata della presenza di Josephine, a cui aveva delegato quasi tutti gli incarichi diplomatici. Nonostante non avesse un titolo nobiliare, Lucius si comportava allo stesso modo.
«Faremo in modo di esserlo allora.» disse Leliana. Il suo sorriso scaltro le metteva un po' di agitazione, come se il capospia potesse farla fuori con uno schiocco di dita.
«Cosa intendi?»
«Abbiamo un po' di nobili orlesiani tra le nostre conoscenze. Facciamoci accompagnare da loro ad un incontro con Lucius.»
«È un'ottima idea. Lucius non potrà più ignorarci.» osservò Cassandra.
«Molto bene. Se siamo tutti d'accordo, contatto subito tali nobili.»
«Quanto tempo ti serve, Josephine?»
«Alcuni giorni, direi.»
«Magnifico, partiamo tra tre giorni.»

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Capitolo 2
*** Invidia ***


I primi figli del Creatore guardarono attraverso il Velo,
E divennero gelosi della vita,
Non potevano sentire, non potevano toccare,
Nell’invidia più nera nacquero i demoni.
 
- Erudizioni 2:1
 
 
Selene appuntò l’ultimo fermaglio, sistemando a dovere i morbidi capelli neri nel suo usuale chignon alto. Nel minuscolo specchio che Josephine era miracolosamente riuscita a procurarle, per qualche istante, credette di vedere sua madre mentre le spiegava come sistemare meglio le forcine, un fugace ricordo della sua infanzia. Ricordava come, da bambina, sua madre le sembrasse bellissima ed elegante, una vera nobildonna, e quanto desiderasse assomigliarle. Crescendo però, perse interesse nelle lezioni di etichetta, di ballo o musica, preferendo sgattaiolare tutte le volte che poteva nell’enorme libreria di famiglia, rubacchiare qualche tomo ed andare a nascondersi nei posti più impensati, a leggere. La somiglianza tra lei e sua madre dunque finiva lì, con quella folta chioma corvina acconciata in uno chignon.
«Lady Selene? Siete pronta?» Cassandra faceva capolino dalla porta.
«Arrivo subito!»
Chiuse gli ultimi bottoni della nuova giacca di cuoio rifinito che aveva acquistato da uno dei nuovi mercanti: abbastanza formale per incontrare dei nobili, abbastanza comoda per combattere, in caso di necessità. Raccolse la faretra con le frecce e il suo arco, quindi uscì in fretta, diretta alle stalle, dove i suoi compagni la stavano aspettando.
Cassandra le fece un cenno, poco prima di issarsi in sella, l’armatura scintillante sotto il sole invernale. Varric invece stava assicurando Bianca alla sella del suo cavallo.
«Era ora, Freccia!» l’accolse bonariamente. Sapeva che Varric aveva molti fan tra i nobili, lei stessa era tra quelli, ed era sicura che sarebbe stato perfettamente in grado di stordirli se non con la sua parlantina, con Bianca.
«L’Araldo ha tutto il diritto di farsi attendere. È la donna del momento, dopotutto.» disse una voce femminile alle sue spalle.
«Lady Vivienne», si voltò, «Sono felice di vedere che avete accettato il mio invito.»
Vivienne si era unita all’Inquisizione da poco, un nome importante come quello della Prima Incantatrice del circolo di Montsimmard e Incantatrice di corte dell’Imperatrice Celene avrebbe fatto sicuramente colpo sui nobili che si apprestavano ad affrontare, su Lucius stesso, con un po' di fortuna. La maga le rispose con un cenno della testa e quel freddo sorriso che aveva visto tante volte ai “giocatori” della corte orlesiana.
«Cara, non me lo sarei perso per nulla al mondo», rispose mentre montava a cavallo, facendo frusciare un fin troppo sontuoso abito da viaggio.
Selene la imitò e il gruppo partì alla volta di Theirinfall.
 

Al loro arrivo, un folto gruppo di nobili li attendeva nel cortile della fortezza.
«Mia cara, sei arrivata!»
Una donna in eleganti abiti orlesiani li raggiunse, il volto coperto da una maschera intarsiata lasciavano intravedere gli occhi smeraldini, gli stessi che illuminavano il volto di Selene.
«Zia Helene! Non sapevo ci fossi anche tu.» la salutò.
«Perdonatemi, questa nobildonna è vostra parente, Lady Selene?» chiese Cassandra.
«Certo, che maleducata. Vi presento mia zia, Comtesse Helena Doucy, sorella minore della mia defunta madre.»
«È un piacere conoscere i membri della famosa Inquisizione» disse, facendo un breve inchino.
«Il piacere è nostro, vossignorìa» rispose Varric.
«Mi ricordo di voi, Comtesse Doucy, siamo state presentate al Ballo d’Estate.»
«Lady Vivienne! Quale coincidenza!», esclamò sua zia, «Se volete scusarmi, vorrei parlare in privato con mia nipote.»
«Certamente. Lady Selene, vi aspettiamo all’interno.» disse Cassandra. Quindi, i membri dell’Inquisizione si allontanarono.
«Mia cara, come stai?» le chiese, posandole le mani sulle spalle.
«Ho avuto giorni migliori, zia.»
«Loraine manca molto anche a me. È stato un duro colpo per tutti noi.»
«Non ne voglio parlare, zia.»
«Certamente. Parliamo di questa tua Inquisizione, allora.»
«Troveremo i responsabili delle morti al Conclave e riportare l’ordine. Non c’è molto altro.»
«Sei sicura che non sia un desiderio di vendetta a spingerti? Sarebbe comprensibile.»
«Non è vendetta, è giustizia zia.»
«Molto bene» decretò «Farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti.»
«Davvero? Non temi di mettere a rischio l’onore dei Doucy?»
«Mia cara, ti conosco da quando gattonavi, e credo di non averti mai vista così sicura di te. Ti darò una possibilità, in nome della mia defunta sorella.»
«Non te ne pentirai zia.»
«Certamente. Faremmo meglio a rientrare, i tuoi compagni ti staranno aspettando.»
 

Raggiunse i suoi compagni e, insieme a sua zia, si diressero verso le porte principali, dove un giovane templare li attendeva. Selene lo riconobbe, era quello che era intervenuto a suo favore a Val Royeaux. Un paggio di sua zia prese la parola.
«Vi presento il cavaliere templare Ser Delrin Barris del Ferelden. Ser Barriss vi presento-»
Ser Barriss non lo lasciò finire, rivolgendosi direttamente a Selene.
«Avete detto che l’Inquisizione sta lavorando per chiudere questo squarcio nel Velo. Non pensavo avreste portato una compagnia così altolocata
«Siamo stati costretti. Come ben ricorderai, il Lord Cercatore si è rifiutato di parlare con un gruppo così poco rilevante come l’Inquisizione.»
«E ci siete riusciti.», confermò, «Tutto questo non ha senso. Il cielo brucia, lacerato dalla magia, ma il Lord Cercatore non ha mosso un dito fino all’arrivo della vostra compagnia!»
Il brutto presentimento che Selene ebbe al Bazar d’Estate sembrava sempre meno infondato. Il templare aveva ragione, c’era qualcosa sotto.
«Cassandra, secondo la tua esperienza, è un comportamento sensato per un Lord Cercatore?»
«Se ci fosse un’emergenza di qualche tipo, forse. Il suo scopo però resta quello di ripristinare l’ordine.»
«Ha preso il comando permanentemente, per mandato divino dice.»
«Questo è nelle sue facoltà.»
Ser Barris la guardò fissa negli occhi, Selene poteva leggervi l’ansia e l’urgenza in quello sguardo.
«Il Lord Cercatore ha promesso di ripristinare l’onore dell’Ordine, per questo l’abbiamo seguito. Invece siamo qua, in un angolo dimenticato dal Creatore, a guardare mentre il mondo va in rovina.», sospirò, «Un templare dovrebbe conoscere il proprio dovere, anche quando viene trattenuto dal compierlo.»
«Un templare che conosce i propri obblighi. Splendido.» commentò Vivienne.
«Convincete il Lord Cercatore e, giuro, ogni templare qui presente vi seguirà, pronto ad aiutarvi a chiudere il Varco.»
La determinazione del giovane templare bruciava nel suo sguardo, infondendone anche a lei, che mai come allora si era sentita forte e risoluta nell’affrontare il suo dovere. “Nel tuo cuore arderà una fiamma inestinguibile”, pensò e mai parole furono più adatte a quel momento. Tutti loro alimentavano quella fiamma e lei l’avrebbe usata per far luce in quell’epoca oscura, per riportare ordine in quel caos, la giustizia a coloro che la cercavano.
«Portami dal Lord Cercatore.»
«A tal proposito, il Lord Cercatore mi ha chiesto di farvi compiere un rito, per testare la vostra fede.»
«Ser Barris? Ti ho chiesto di portarmi dal Lord Cercatore.»
«Agli ordini.»
Entrarono nell’anticamera di una delle caserme, dove attesero Lucius per alcuni minuti. Ad accoglierli non fu però il Lord Cercatore.
«Alto Capitano!» Ser Barriss scattò sull’attenti.
«Attendevate il Lord Cercatore, vedo. Invece, mi ha mandato a morire per voi.»
Cassandra e Selene si scambiarono un’occhiata. L’aria si era fatta tesa e qualcosa nel modo di fare dell’Alto Capitano inquietava Selene, qualcosa di raccapricciante.
«L’Alto Capitano Denam presumo?» intervenne sua zia, «Il Lord Cercatore vi ha fornito una giustificazione per la sua assenza, spero.»
«Questa è la grande alleanza che l’Inquisizione offre?» la sua risata glaciale echeggiò nella stanza.
«Zia, fatti da parte.»
L’urgenza nella voce di Selene convinse la Comtesse a eseguire l’ordine.
«Il Lord Cercatore aveva un piano, ma l’Inquisitore l’ha rovinato.»
«Come prego?»
«Voi!», alzò la voce, rivolto ai pochi templari presenti, «Voi dovreste essere già mutati! Per colpa vostra, dobbiamo uccidervi.»
Selene estrasse l’arco e incoccò una freccia. Altri templari entrarono nella stanza, alcuni avevano delle strane escrescenze sul volto, ma tutti possedevano lo stesso sguardo spiritato dell’Alto Capitano, e uno stemma templare rosso brillante sull’armatura.
«L’Antico sta tornando! Nessuno lascerà Theirinfall!» gridò e, contemporaneamente, i templari mutati si avventarono su di loro.
«Zia vattene da qui! Fai uscire tutti i nobili!» gridò Selene, scoccando la freccia che trapassò il cranio del templare più vicino. La donna uscì trafelata.
Attorno a lei, Cassandra aveva tagliato una gamba a un templare che ora ruzzolava a terra mentre Vivienne ne congelava un altro.
«Varric?»
«Dimmi, Freccia.» le rispose, mentre Bianca schioccava euforica i suoi dardi.
«Facciamo fuori gli arcieri, le due dame hanno bisogno di copertura.»
«Quando vuoi!»
Uno ad uno, gli arcieri caddero sotto il fuoco incrociato di Selene e Varric, permettendo a Cassandra e Vivienne di eliminare i combattenti in mischia, congelandoli prima e frantumandoli poi. In meno di dieci minuti, non rimase più alcun nemico da combattere, nemmeno l’Alto Capitano che, nonostante tutto, non era morto. Selene recuperò in fretta più frecce possibili, mentre Vivienne controllava le ferite di Ser Barris, tutte superficiali per fortuna.
«Ottimo lavoro, Freccia!»
«Grazie! Anche tu e Bianca siete stati fantastici!»
«Se avete finito, vorremmo andare a cercare il Lord Cercatore» sbuffò Cassandra.
«Certo, proseguiamo!»
«Vi condurrò da lui, si trova nella chiesa.»
«Facci strada, Ser Barris.»
Attraversarono l’edificio e tagliarono per il cortile, dove non mancarono di essere attaccati da altri templari corrotti. Ad uno ad uno Selene li affrontò e, grazie anche all’aiuto dei suoi compagni, ad uno ad uno essi caddero. Ad ogni freccia che scoccava, Selene sentiva l’adrenalina invaderle il corpo, ad ogni nemico che cadeva si sentiva più forte, invincibile quasi. Affidarsi a questo finto senso di potere fu il suo più grande errore.
La chiesa si stagliava conto il cielo grigio, in cima ad un’imponente scalinata. Davanti alle sue porte, Lucius li attendeva, di spalle. Selene scattò in avanti, lasciando indietro i suoi compagni, una freccia già incoccata nell’arco. Giunta in cima, pensò di cogliere di sorpresa il Lord Cercatore ma in realtà fu lui a prenderla alla sprovvista: si voltò di scatto e l’afferrò per le spalle, mentre le porte alle sue spalle si aprivano, trascinando entrambi nell’oscurità.
 
 
Selene si risvegliò in un luogo buio, dai contorni indefiniti. Riusciva a distinguere i cadaveri che bruciavano, stesi a terra o in ginocchio, in mezzo all’erba alta. Non c’era dubbio, quello era un sogno. Camminò per un po' tra i cadaveri, prima d’incontrare qualcuno. Un giovane uomo dai capelli rossi, in armatura da templare. La smorfia terrificante che assunse quel volto così familiare la lasciò basita. In più i suoi consiglieri erano ora sbucati dal nulla.
«Questa forma è utile? Mi aiuterà a conoscerti?» disse con voce spettrale. “Fantastico, un demone”, pensò Selene, “proprio quello di cui avevo bisogno”.
Il demone si avvicinò ad una inerme Leliana, un pugnale stretto in mano, e le tagliò la gola senza mai distogliere lo sguardo da Selene.
«Ogni cosa qui mi parla di te», continuò, avvicinandosi a Josephine e facendo lo stesso. Quindi si spostò verso Cullen.
«Questo, per esempio, mi dice qualcosa.» disse, mentre sgozzava il Comandante. Sentì una stretta al cuore, ma non lo diede a vedere: aveva letto molto sui demoni, mostrarsi deboli era il primo passo per lasciarsi possedere.
«Stai cercando di impressionarmi, demone?» lo provocò, cercando di capire di quale demone si trattasse. Il modo in cui l’aveva attaccata le diceva già molto.
«Stai cercando di impressionarmi demone?» ripeté questo con voce grave, prima di erompere in una sinistra risata. Un’altra figura apparve, un mago a giudicare dalle vesti, con gli stessi capelli rossi del templare e stessi occhi verdi di Selene. La sua sicurezza vacillò quando il templare tagliò la gola al mago.
«Essere l’Araldo sarà decisamente più interessante di essere il Lord Cercatore» continuò il demone, mantenendo l’aspetto da templare. «Vuoi vedere cosa farò con la tua Inquisizione, quando sarò te?»
«Non m’interessa, non succederà mai, Invidia.»
Il templare sparì, continuando a ridere.
«Siamo intelligenti, vedo. Non ti sarà d’aiuto però, l’Antico ti ucciderà e diventerà un Dio! Così io prenderò il tuo posto.»
«Vuole diventare un Dio? Mi sembra l’aspirazione di un mortale.»
«L’Antico può tutto e vuole che tu lo serva, morendo qui.»
«Continua a parlare demone. Non mi spaventi.» disse, bluffando palesemente. Nessun mortale è esente da paure e questo sia lei che Invidia lo sapevano bene. Il demone riapparve, questa volta con le sembianze di Cullen.
«Io sono Invidia! Non il tuo burattino!» tuonò «Ti conoscerò in ogni tuo aspetto. Forza Araldo, dimmi cosa pensi.»
Il demone si avvicinò a quello che inizialmente sembrava un soldato ma, osservandolo meglio, Selene capì essere il piccolo Oliver. Con un colpo di spada il demone/Cullen gli tagliò la testa.
“Non è reale”, continuava a ripetere tra sé e sé, “Oliver è ad Haven, al sicuro”. L’immagine cambiò, ora Cullen era chinato sul tavolo da guerra, le pedine in fiamme.
«Dimmi cosa provi, Araldo!»
Il tavolo da guerra e Cullen sparirono. Sentendo qualcuno alle sue spalle, Selene si voltò di scatto, giusto in tempo per afferrare con un braccio il mago che aveva visto prima, i vibranti occhi verdi si spegnevano lentamente mentre il sangue gli sgorgava dal ventre. Con orrore, notò che era lei stessa a reggere il pugnale intriso di sangue nella mano libera. Istintivamente, lo scagliò lontano, mentre la figura del mago spariva lentamente.
«Dimmi cosa vedi.»
Selene intravide una parete in pietra con una porta aperta e l’attraversò, trovandosi in quelle che sembravano prigioni dove invidia stava riproducendo il suo primo incontro con Cassandra. Altre porte e altre stanze si susseguirono, in ognuna di esse, Invidia le mostrava cosa lui avrebbe fatto con l’Inquisizione, oppresso i deboli, accumulato potere, schiacciato nazioni.
«Stai diventando monotono, demone.»
«Monotono, uh? Sei sicura che questo sia quello che farei io e non quello che faresti tu, con la tua cara Inquisizione?»
«Sicurissima.»
«Davvero? Pensi di essere così buona e giusta come dici di essere?»
«Non ascoltarlo.», intervenne una voce nuova, «Invidia ti vuole ferire. Riflessi di riflessi dei ricordi. Un volto che può sentire ma non imitare. Voglio aiutare. Aiutare te, non Invidia.»
«Chi sei? Ti ho già sentito prima?» chiese Selene. In qualche modo sentiva che, chiunque fosse la voce misteriosa, era sincera nel suo intento.
«Io sono Cole.» disse e davanti a lei apparve un ragazzo vestito di stracci, gli occhi nascosti dai capelli biondi e da un cappello a falda larga.
«Ho osservato», aggiunse, «Siamo dentro di te, o meglio, io lo sono, tu sei sempre dentro di te.»
«Si, questo credo sia un mio sogno, nella mia testa.»
«È facile ascoltare, più difficile essere parte di quello che ascolti. Io sono qua, ascolto, aiuto, spero. Invidia ti vuole ferire, ti sta ferendo, io volevo aiutare e ora sono qui, ascolto, n-non è così di solito.» spiegò concitato.
«Non ti seguo, spiegati meglio per favore.»
«Ho osservato. Tutti i templari erano impressionati dal tuo arrivo ma mai come il Lord Cercatore.»
«Non è il Lord Cercatore ma un demone dell’Invidia. Adesso non vuole più essere lui, vuole essere me, giusto?»
Cole annuì. «Ha corrotto i comandanti, sono arrabbiati, rossi dentro. Ora sei congelata, sta cercando di prendere il tuo volto. L’ho sentito e ti ho raggiunto e alla fine sono arrivato qui.»
«Va bene Cole», sospirò, «Se vuoi aiutarmi ti ascolto. Come esco da qua?»
Quali altre alternative aveva? Non poteva lasciare che Invidia facesse ciò che le aveva mostrato.
«Tutto questo è invidia. Se prosegui, dovrà allungarsi. Serve forza per allungarsi. Essere una persona è difficile, esserne tante, troppe è impossibile. Lui si rompe e tu esci.»
«Uhm... Quindi basta proseguire?»
«Forse. Dovrebbe essere d’aiuto. Sicuramente è meglio che restare qui, ad aspettare di perdere il volto. Da questa parte»
Cole proseguì nella stanza successiva. Un muro di fuoco si frapponeva tra loro e la porta.
«Come…?»
«È la tua mente, le tue idee contano. Pensa all’acqua.»
Selene obbedì e dal soffitto prese a cadere una fitta pioggia. Il muro di fuoco si spense poco dopo.
Continuarono così, in ogni stanza Invidia mostrava loro quanto l’Inquisizione sarebbe stata temuta, quanto odio e dolore avrebbe sparso, proprio come avevano fatto i suoi predecessori ottocento anni prima.
«Nulla di questo è reale. Accade solo se tu lo vuoi» le ricordava sempre Cole.
Qualunque cosa fosse quel ragazzo, era grata del suo aiuto. Si sentiva meno sola, più padrona delle sue azioni. Il sogno, la pessima recita messa in piedi da Invidia si sgretolava così ad ogni suo passo, tra le grida rabbiose del demone. Provò a mandarle contro dei nemici, come ultima risorsa a sua disposizione, ma inutilmente.
Si ritrovò infine a Theirinfall, davanti alla chiesa dove Invidia l’aveva “congelata”. Salì la scalinata, il demone la attendeva lì, con le sue sembianze. In un battito di ciglia l’assalì, scaraventandola a terra, le mani strette attorno alla sua gola.
«Riproviamo, più dolore questa volta», sibilò.
«Ha paura di te.»
Cole era ancora lì con lei. La sua apparizione aveva distratto il demone per un attimo, sufficiente però per permettere a Selene di liberarsi dalla sua presa, far leva sulle braccia e scaraventarlo giù dalle scale.
Ci fu un lampo, poi Selene tornò ad essere sé stessa.

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Capitolo 3
*** Campioni dei giusti ***


Benedetti siano coloro che resistono davanti
ai corrotti e ai malvagi e non vacillano.
Benedetti siano i portatori di pace, campioni dei giusti.

- Benedizioni 4:10
 

Le porte della chiesa si spalancarono, aperte dalla pallida e mostruosa figura contorta che Selene aveva scagliato in sogno. Invidia ringhiò sconfitto, prima di dissolversi e rintanarsi dietro l’abside semi crollato, protetto da una barriera.
«Lord Cercatore!» Ser Barris si lanciò in avanti.
«Un impostore», lo trattenne Selene, «Un demone dell’invidia con le sue sembianze. A quanto pare, avevo catturato la sua attenzione.»
«Invidia? Quindi il Lord Cercatore…» intervenne Cassandra. Ser Barris non disse nulla, si limitò ad osservare i templari radunati nella chiesa, che avevano assistito alla scena.
«In trappola, o morto» sentenziò alla fine, esprimendo il pensiero di tutti. «In ogni caso, quel mostro ha fatto in modo che fossimo impreparati all’emergenza.»
«Avete visto un giovane accanto a me?» chiese Selene. Voleva almeno ringraziare Cole, qualunque cosa esso fosse.
«Nessuno oltre a voi, Lady Selene» rispose la cercatrice.
«È quel lyrium rosso, vero? I capitani sapevano, avevano iniziato ad assumerlo regolarmente.»
«Aspetta cosa?» sbottò Varric, «Assumevate lyrium rosso? La cosa maledetta che ha fatto uscire di senno l’Alto Comandante Meredith e l’ha trasformata in pietra? Siete impazziti?»
 «Varric, per favore-» iniziò Selene.
«Per favore un corno, Freccia! Quella roba ha fatto perdere il senno a mio fratello!»
«Sapevo che quella roba era pericolosa.» intervenne Ser Barris, sospirando. «Succede spesso che ci offrano nuovi tipi di lyrium. I comandanti di rango più alto l’hanno provato per primi, per mostrarci che non era pericoloso. I cavalieri erano i prossimi.»
«Quindi il demone ha mutato prima i vostri capi, così non potevate opporvi agli ordini», osservò Selene, «Astuto.»
«È un demone dell’Invidia, tra i più rari e potenti. Qui vedo solo i templari più giovani, temo non ci sia nessuno in grado di affrontarlo.» rispose, abbassando lo sguardo.
«Ser Barris?», Selene richiamò l’attenzione del templare, «Aiutatemi a porre fine a tutto questo.»
Il fuoco che era divampato nell’animo di Selene bruciava ancora, non si sarebbe spento, non ora, non dopo aver scacciato quel demone dalla sua mente e smascherato davanti a tutti, non quando era così vicina al raggiungimento del suo scopo. Ser Barris sembrò capirla e annuì.
«Lo faremo. I comandanti sono persi ma i tenenti e i veterani potrebbero ancora essere puliti. Ci serve anche lyrium non corrotto.»
Ci fu un’esplosione, quindi uno squarciò si aprì nell’abside. Molti demoni minori si riversarono nella sala, attraversando la barriera senza difficoltà ed attaccandoli. Di Invidia non c’era traccia, probabilmente era ancora troppo debole.
«Dove si trovano?» chiese Selene con urgenza. Ser Barris indicò una porta laterale della Chiesa.
«Di là si va ai campi d’addestramento. Il magazzino con le scorte di lyrium è poco oltre.»
«Ottimo. Occupatevi dei demoni, noi andiamo a prendere i vostri tenenti e il vostro lyrium.»
«Che il Creatore vi assista, Araldo.»
Selene e i restanti membri dell’Inquisizione seguirono le indicazioni di Ser Barris. Stavano per raggiungere la porta quando un’Ombra li attaccò alle spalle, fermata prontamente dallo scudo di uno dei templari che, con un movimento fluido lo tagliò in due all’altezza del ventre. Cassandra voleva ringraziarlo, ma si bloccò, notando come questo stesse fissando Selene.
Selene lo conosceva, quegli occhi cerulei le erano fin troppo familiari anche sotto il pesante elmo templare, gli stessi occhi che aveva scorto alcuni giorni prima, a Val Royeaux.
«Cerca di non farti ammazzare fino al mio ritorno» gli disse, dirigendosi poi verso i campi d’addestramento senza attendere risposta. I suoi compagni continuavano a guardarla, confusi.
 
Trovarono i veterani mentre stavano fronteggiando una decina di quei templari orribilmente deformati dal lyrium rosso. Alcuni avevano delle orribili escrescenze rosse sul viso, altri non sembravano nemmeno più umani. Uno di questi, in particolare, era alto circa due metri, le braccia e la parte superiore del busto sproporzionate per la presenza massiccia di cristalli di lyrium.
Puntò Selene e caricò a testa bassa, troppo vicino per essere schivato in tempo. Selene fece l’unica cosa che in quel momento poteva fare: incoccò una freccia e mirò. Sfortunatamente non fu abbastanza, la freccia rimbalzò inutilmente contro la pelle cristalliforme del templare. Si stava preparando all’impatto, dandosi già per spacciata, quando da terra si sollevò un muro di ghiaccio che fece inciampare il mostro e finire faccia a terra. Quindi vide Cassandra scattare, portandosi sulla schiena del nemico e piantando la spada sul collo, in un punto in cui i cristalli erano meno fitti.
«Mia cara, cerca di restare in vita, o tutto questo sarà stato invano.» le disse Vivienne, cercando di sovrastare il clamore della battaglia.
«Farò più attenzione. Grazie Vivienne.»
Mi servirà un arco nuovo”, pensò.
Lo scontro riprese, senza grossi intoppi. Selene si limitò ad eliminare i templari meno mutati, soprattutto arcieri, con l’aiuto di Varric e Vivienne. Cassandra invece aiutò in prima linea i templari veterani, buttando giù quelli più grossi e deformi, in quello che a Selene sembrò un maestoso spettacolo: stesso Ordine, stesso stile di combattimento, i templari e l’ex cercatrice danzavano all’unisono sul campo di battaglia in una grandiosa coreografia mortale.
Tutto sommato, alla fine non andò così male: Cassandra zoppicava appena, l’imponente armatura ammaccata in più punti, e i tenenti sembravano perlopiù in salute, fatta eccezione per qualche ferita superficiale. Vivienne ansimava pesantemente, probabilmente per l’uso massiccio di mana fatto durante tutte quelle battaglie, e Varric si era beccato una freccia in una spalla, spartanamente curata con degli impiastri curativi e della magia di guarigione di base. Per quanto riguarda Selene, capì di essere inadeguata alla situazione: sapeva usare l’arco, certo, aveva anche un’ottima mira, ma non aveva ricevuto un addestramento militare, non riusciva a reggere delle battaglie così prolungate. Si appoggiò al muro, esausta.
«Stai bene, Freccia?» le chiese Varric. Cassandra stava parlando con uno dei tenenti, aggiornandolo sulla situazione probabilmente. Vivienne era accanto a loro.
«Avevi una freccia piantata sulla spalla fino a due minuti fa, e lo stai chiedendo a me Varric?» lo canzonò.
«Mi sembri solo molto provata. Da quando siamo arrivati saranno, cosa, due ore che combattiamo senza fermarci? E tu avevi quel coso nella testa!»
«A questo posso porre rimedio io, in parte.» intervenne Vivienne. Prese delle fiale dalla cintura, non più grandi di un dito e accuratamente nascoste sotto il mantello. Ne diede una a Varric, a Selene e infine a Cassandra, non appena li raggiunse. I templari invece stavano raggiungendo Ser Barris.
«E questo sarebbe?» Varric guardò con sospetto il liquido color ocra.
«Una pozione revitalizzante concentrata. Sarete freschi e riposati per mezz’ora circa.»
«Fantastico!» esclamò il nano.
«Ha degli effetti collaterali. Affaticamento grave, quando terminerà l’effeto»
«La useremo con attenzione dunque.» aggiunse Selene.
Si diressero verso quello che doveva essere il magazzino, l’unico edificio accessibile da lì, oltre alla chiesa da cui provenivano. Ciò che vi trovarono però, non era esattamente qualcosa che ci si aspetta di trovare in un magazzino. Erano in una stanza rettangolare, dal soffitto alto, le finestre situate molto al di sopra delle loro teste non fornivano abbastanza luce in quella giornata grigia. Alcune candele poggiate qua e là su dei tavoli sopperivano a tale mancanza, illuminando le pareti grottescamente affrescate con occhi stilizzati, dipinti con quello che Selene temeva essere sangue. Al centro della stanza si trovava un lungo tavolo rettangolare con altre candele, alcuni documenti sparsi e, al centro, il busto dell’Imperatrice Celene imbrattato.
«L’Antico la vuole morta»
Una voce familiare richiamò i presenti, mentre Cole usciva dalle ombre.
«La odia, la perseguita, la vuole morta, ma nasconde il motivo. Nasconde anche altre cose.»
La porta si aprì con violenza alle loro spalle, attirando la loro attenzione. In un battito di ciglia, Cole era sparito.
«Che opinione che deve avere di sé stesso, questo “Antico” se pensa di poter colpire l’Imperatrice!» sottolineò Vivienne con veemenza.
«Portiamo questi documenti a Leliana, sicuramente scoprirà qualcosa in proposito.»
«In ogni caso, da quello che vedo l’unico posto in cui potremmo trovare il lyrium è là» disse Varric, indicando una porta in penombra.
La stanza accanto, più piccola della precedente, conteneva un grosso deposito di lyrium rosso che sbucava dal terreno. Oltre a questo, c’erano solo due casse in legno, non lontane dalla porta.
«Ecco da dove viene il lyrium che il nostro amato “Lord Cercatore” dava ai templari.»
«Esattamente come ad Haven!» osservò il nano, «Come diavolo fanno ad averlo?»
«Se hanno anche solo pensato di toccarlo sono pazzi o stupidi.» ribadì Vivienne.
L’incantatrice aveva ragione, anche solo avvicinandosi al minerale si poteva percepire un’aura spaventosa, come se una bestia rabbiosa fosse in attesa di scaricare la sua ira, effetto probabilmente aumentato dalla connessione con l’Oblio che Vivienne possedeva, in quanto maga.
Cassandra e Selene controllarono le due casse: con grande sollievo, trovarono una buona quantità lyrium liquido in una di esse, non corrotto e perfettamente sicuro per i templari. Nell’altra invece trovarono delle pozioni per il mana, ancora blu.
«Se queste pozioni sono qui, può significare solo una cosa…» sospirò Cassandra
«La stessa mutazione è stata eseguita sui maghi. I ribelli che ci avevano chiesto aiuto, presumo.» concluse Vivienne, prendendo alcune pozioni e controllandone il contenuto.
«Raggiungiamo Ser Barris. Al resto penseremo dopo.»
 
Nel salone principale, la situazione era sotto controllo, per fortuna. Lo squarcio era abbastanza piccolo, si trovarono ad affrontare, qualche terrore, un demone della disperazione e alcuni wraith. Nulla che Selene non potesse infilzare con delle frecce. Tuttavia, poiché lo squarcio era ancora aperto, il numero di demoni restava sempre lo stesso, appena uno moriva, un altro lo sostituiva e mettendo a dura prova la resistenza dei templari.
 Consegnò il lyrium a Ser Barris, e lei e i suoi compagni si assicurarono che i templari non venissero disturbati mentre si adoperavano a distruggere la barriera. Ci vollero circa cinque minuti prima che si dissolvesse del tutto, poi fu il suo turno: mentre la battaglia continuava attorno a lei, rinfoderò l’arco e s’avvicinò all’abside. Il marchio sulla sua mano reagì immediatamente, sprigionando la ormai familiare luce verdognola che Selene rivolse prontamente verso lo squarcio, chiudendolo. Dopo aver sistemato i pochi demoni rimasti e recuperato le forze grazie alle pozioni, attraversarono la breccia in fondo all’abside, pronti ad affrontare Invidia.
Si trovavano in quello che un tempo poteva essere stato un giardino, attraversato da un trasandato viale di ciottoli e circondato da delle colonne in marmo, ormai ridotte a moncherini. Di fronte a loro, c’era il demone dell’invidia, un pallido e gigantesco mostro dalla postura scomposta, privo di occhi o naso ma dotato di una bocca larga che quasi ricopre l’intero volto, se così si poteva chiamare.
«Voglio aiutare» disse Cole, apparendo accanto a Selene.
«Grazie Cole. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.»
Il lyrium che avevano trovato infatti era finito, consumato del tutto per rimuovere la barriera, rendendo quindi inutile qualunque ulteriore sostegno da parte dei templari. Erano però riusciti a fornire loro quell’occasione, l’unica che avevano per eliminare il demone. Se la sarebbero fatta bastare.
Rivitalizzati dalla pozione, attaccarono Invidia con tutto ciò che avevano, tra incantesimi, lame e frecce. Gli avvertimenti di Ser Barris però erano fondati, quel demone era davvero temibile. Nonostante le dimensioni, risultò molto difficile da colpire avendo la possibilità di smaterializzarsi e rimaterializzarsi a piacimento, vanificando gli attacchi di Cassandra che non faceva in tempo a colpirlo. Inoltre, spesso iniziava a urlare, la voce stridula penetrava nelle loro teste, interrompendo così qualunque incantesimo di Vivienne che le richiedesse più di qualche secondo di concentrazione. Infine, la pelle era più coriacea del previsto, le frecce che andavano a segno restavano semplicemente incastrate, senza sortire alcun effetto apparente.
Selene strinse la freccia che aveva in mano, l’ultima rimasta.
«Non dureremo ancora per molto!», la voce della Cercatrice la scosse.
Si guardò intorno. Cassandra, Varric e Vivienne erano stremati, l’effetto della pozione iniziava a scemare. Non avrebbero retto ancora per molto, doveva agire in fretta.
«Cassandra! Tienimelo lontano, pochi minuti basteranno!» gridò.
Cassandra la sentì. I suoi compagni la sentirono. Avevano riposto la loro fiducia in lei e Selene non l’avrebbe tradita.
Si arrampicò più in fretta che poté sul moncherino di una colonna e si posizionò con attenzione. Fece un respiro profondo. Un solo colpo.
Benedetti siano i portatori di pace, campioni dei giusti.
Incoccò la freccia e caricò l’arco, mirando alla testa del demone.
Benedetti siano i virtuosi, le luci nelle tenebre.
Scoccò la freccia.
Nel loro sangue la volontà del Creatore è scritta.
La freccia centrò la bocca spalancata del demone trapassandogli la testa, un verso stridulo echeggiò nel cortile mentre pian piano si dissolveva. Avevano vinto.
«State bene?» La cercatrice era accorsa per accertarsi della sua salute, nonostante fosse lei quella con più ferite. Selene sorrise debolmente.
«Cara, sei stata magnifica!» Vivienne le sorrideva, soddisfatta.
«Bel colpo, Freccia!» si congratulò Varric, probabilmente colpito dalla sua mira, «Io e Bianca vorremmo sfidarti, quando tutto questo casino con i templari sarà finito.»
A quelle parole, Selene scese rapidamente dalla colonna distrutta e scattò verso la chiesa, dimenticando la stanchezza. I suoi compagni la seguirono, nuovamente confusi.
«Dove ti sei cacciato?!» tuonò. Selene, la tranquilla e giudiziosa Selene, si stava alterando abbastanza da spaventare un manipolo di reclute templari lì presenti. Scandagliava i templari con attenzione, alla ricerca di qualcuno, qualcuno che in quel momento nessuno invidiava. Qualcuno che si era appena tolto l’elmo, liberando una scompigliata capigliatura rossa.
«Faust!»
«Oh, sorellona, io-»
Non riuscì a completare la frase. Selene accelerò nella sua direzione e gli tirò una poderosa testata in fronte, abbastanza forte da lasciare a entrambi un livido.
«Ahi!»
«Stupido idiota!» Selene non sembrava sentir dolore. «Hai idea di quanto tu mi abbia fatto preoccupare dopo quella maledettissima messa in scena a Val Royeaux?»
Era una domanda retorica, ovviamente. In realtà nessuno lo sapeva, non aveva voluto dirlo nemmeno ai suoi compagni più fidati.
«Mi dispiace…»
«Ti dispiace? Sei stato un incosciente!»
«Io-»
«Era palesemente una trappola!»
«Avevo degli ordini da seguire!»
Selene ammutolì. Il fratello aveva ragione e lei lo sapeva. Era un templare, tenuto a seguire gli ordini, per quanto fossero pessimi. Afferrò il fratello per le spalle e lo guardò negli occhi.
«Faust, dimmi che non hai bevuto quella robaccia rossa.»
Un silenzio carico di tensione era calato nella chiesa, mentre tutti osservavano basiti la scena.
«Non l’ho bevuta» rispose, roteando gli occhi, «Pare che io non sia ancora così importante.»
Un’ondata di sollievo attraversò Selene, liberandola dalla paura che la attanagliava ormai da giorni. Abbracciò il fratello.
«Stupido idiota.»
«Dimmi, al Conclave…»
«Sono morti tutti.»
Sentì le braccia del fratello stringersi attorno a lei. Lacrime solitarie ora le rigavano il volto.

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Capitolo 4
*** La calma prima della tempesta ***


Innumerevoli grandi eroi si sollevarono,
quercia e ferro contro le catene degli uomini del nord,
percorsero le strade solitarie e sempre in rovina.
Potenti le braccia e appassionati i cuori
resi in polvere. Amaro è il dolore,
mangiato sovente e crudo, veleno che indebolisce senza uccide.
  • Andraste 1:2
 
«Che fai sorellona, piangi?» la punzecchiò Faust.
Selene si staccò dal fratello, scoprendo solo allora d'avere il volto umido.
«Nah, mi sarà entrato qualcosa...» rispose, stropicciandosi gli occhi «Tipo un elefante.»
«Elefante? Sicura non fosse un demone?»
I due fratelli eruppero in una sonora risata sotto lo sguardo stupito dei presenti, la prima risata genuina che Selene faceva da quando si era risvegliata nelle prigioni di Haven.
Bene, Faust è il solito idiota, pensò sentendosi insolitamente sollevata.
 
«Perdonate l'intrusione, Araldo» s'intromise Ser Barris «I templari sono pronti ad ascoltare le richieste dell'Inquisizione.»
«Certamente» rispose, muovendo qualche passo verso i compagni. Si rivolse ai presenti, giovani templari stremati dalla battaglia. Il varco nel cielo catturò brevemente il suo sguardo quasi a ricordarle perché si trovava lì.
«Templari! A nome dell'Inquisizione, sono qui a chiedervi aiuto per ricucire il cielo» esordì, facendo scorrere lo sguardo sui presenti «So che a causa dei recenti eventi il vostro Ordine è finito in cattiva luce, ma è anche per questo che sono qui, ad insistere affinchè vi uniate a noi. Questa è la vostra occasione Templari! Dimostrate al Thedas che sapete ancora cos'è l'onore, che non avete dimenticato i vostri doveri, che proteggerete i suoi abitanti dai pericoli della magia come Andraste fece prima di voi!»
«Avete ragione Araldo» aggiunse Barris «per troppo tempo abbiamo messo da parte i nostri doveri da templare. Tuttavia, gli ultimi eventi ci hanno lasciati senza leader. Abbiamo bisogno di una guida, di riformare l'Ordine.»
«E lo faremo. L'Ordine non morirà oggi, Ser Barris. Vi offriamo un'alleanza.»
«Fratelli e sorelle, avete sentito? Accettate i termini dell'Inquisizione?» il templare si rivolse ai commilitoni. La risposta unanime arrivò, un "si" entusiasta da parte di tutti i templari.
«Vi attendiamo ad Haven.» concluse Selene.
 
Fu a quel punto che gli effetti collaterali della pozione presero il sopravvento, facendo cadere la giovane a terra, i muscoli doloranti protestavano ad ogni movimento.
«Araldo! State bene?»
Un trafelato Cullen si fece strada tra la folla, seguito da un manipolo di soldati.
«Cullen? Cosa ci fai qui?»
«Una certa Comtesse ha mandato una richiesta di soccorso a uno dei nostri accampamenti» rispose, inginocchiandosi al suo fianco, «Mi trovavo in zona, con il Toro e la sua compagnia.»
«Oh dev'essere stata zia Helene.» Selene cercò di alzarsi ma senza successo, ottenendo solo una fitta alle gambe.
«Siete ferita?»
«Solo gli effetti collaterali di una pozione stimolante, passerà.»
Per tutta risposta, il comandante le passò un braccio attorno alla vita e l'aiutò a rimettersi in piedi, mormorando un "perdonate l'intrusione".
«Ehi boss!» la salutò Bull «Io e i ragazzi siamo pronti a spaccare qualche testa!»
«Bull! Siete arrivati in ritardo, temo.» disse, quindi accennò a Ser Barris, «Lui è Ser Barris, il nostro contatto con i templari. Ser Barris, conoscete già il Comandante Rutherford?»
«Di fama.» rispose questo, porgendo la mano a Cullen che questo prontamente strinse con forza.
«Ehi sorellona, non mi presenti?»
«Ah giusto!» rispose, quindi si schiarì la voce «Inquisizione, questo è mio fratello minore Faust Trevelyan.»
«Non ci hai mai detto di avere un fratello.» Cassandra si era unita alla conversazione, sorretta dalla povera Vivienne, vacillante sotto il peso dell'armatura.
«Già sorellona, perché non hai mai parlato del tuo meraviglioso fratello?»
«Non era un'informazione rilevante» rispose, roteando gli occhi, «In ogni caso, dobbiamo tornare a Haven.»
 
La conversazione si concluse poco dopo: Cullen e Barris organizzarono la mobilitazione dei templari e Selene assegnò alle Furie una missione di ricognizione al castello di Redcliff. Erano alle stalle, pronti a ripartire, quando risultò evidente che Selene non era in grado di cavalcare in quelle condizioni. Cassandra infatti era agevolata dall'addestramento ricevuto ed ebbe solo un po' di difficoltà a mettersi in sella mentre Varric sembrava essere meno affetto dai dolori rispetto alle due dame. Fu ancora Cullen ad aiutarla, offrendosi di condividere il cavallo con lei ed assicurarsi che restasse in sella. Non potendo rifiutare, Selene ringraziò il comandante, leggermente a disagio all'idea di farsi accudire come una bambina. Del viaggio tuttavia non ricordò molto, poiché si addormentò quasi subito, complici la stanchezza e la comoda pelliccia che Cullen indossava.
 
Selene si svegliò nel suo alloggio ad Haven. Un'insolita pressione sulla guancia le suggerì che non era sola.
«Ben svegliata sorellona!» la salutò Faust, continuando a pizzicarle la guancia.
«Faust? Cosa diavolo ci fai qui? No, aspetta. Quanto ho dormito?»
«Non lo so, sono arrivato ieri.»
«Avete dormito poco meno di due giorni, Araldo.» Leliana uscì dall'ombra in cui si trovava «Felice di vedervi sveglia.»
Selene si mise lentamente a sedere, i muscoli indolenziti non protestavano più molto, ma una fitta alla testa non mancò di farle visita.
«Ricordatemi di non bere più intrugli simili.»
«Certamente. Vi faccio portare qualcosa da mangiare.»
«Grazie Leliana e per favore, dammi del tu.»
«Come vuoi» rispose questa con un sorriso, lasciandola sola con il fratello.
«Bene, ora vuoi dirmi che ci fai qui? Non aspettiamo i templari prima di domani.»
«Beh mi hanno mandato avanti, ovviamente.»
«Davvero? Hanno mandato avanti te.»
«Certo, perché io-»
«Ti ricordo che non sei in grado di mentirmi.»
«Per la miseria, potresti almeno farmi provare» disse, alzando lo sguardo al cielo.
«Quindi?»
«Mi annoiavo. Erano mesi che prendevo solo ordini, insomma, neanche un eretico da far fuori» sbuffò.
«Chissà perché non sono stupita.»
Un'elfa li interruppe, consegnandole una zuppa calda e del pane. Selene la ringraziò, sorseggiando lentamente la zuppa. Faust addentò il tozzo di pane, senza troppi complimenti.
«Quindi?» chiese, masticando lentamente.
«Quindi cosa?»
«Gli eretici! Ne uccidiamo qualcuno vero? Così mi spieghi dove hai imparato a tirare con l'arco.»
«Beh, all'ultima domanda non posso rispondere» disse, ridacchiando.
«Come no? Dai, dimmelo!»
«Non posso, è un segreto tra donne!» ridacchiò.
«Un segreto tra chi?»
«In ogni caso, tutti i mezzi dell'Inquisizione sono impegnati per la chiusura del varco. Non organizzeremo spedizioni nei prossimi giorni.»
«Neanche una piccola piccola?» insistette, sgranando gli occhi.
Selene terminò la zuppa e posò il cucchiaio nella ciotola, sospirando
«Facciamo così, fratellino. Manderò un agente di Leliana nelle Terre Centrali, alla ricerca di un qualche covo degli eretici.»
«Si!» esclamò Faust, senza nemmeno provare a nascondere l'emozione.
«Ma! Ci andiamo dopo aver chiuso il varco.»
«Uff... va bene.»
«Credo però di dovermi rimettere al lavoro ora» disse infine, alzandosi dal letto, «Non cacciarti nei guai.»
«Tranquilla, non farò nulla del genere.»
Selene gli lanciò un'occhiata torva, poco prima di uscire. Non gli credette, nemmeno per un istante.
 
Accertatasi delle sue condizioni fisiche, Selene si rimise subito al lavoro. Chiese a Leliana di mandare in ricognizione alcuni suoi agenti, nelle Terre Centrali, e prese a leggere con attenzione il plico di rapporti che era andato a formarsi sul tavolo della sala da guerra. Di uno in particolare, volle sentire la testimonianza diretta dell'incaricato.
«Tenente Aclassi, entra pure.» disse Selene accennando al giovane sottoposto del Toro ad entrare con un cenno.
«Si, signora. Volevate vedermi?» chiese, osservando distrattamente i presenti.
«Ho letto il rapporto ma vorrei mi dicessi tu stesso cos'è successo al castello di Redcliff. Non tralasciare nulla.»
«Certamente. Grazie alle informazioni di sorella Leliana riguardo al passaggio segreto, le Furie sono riuscite ad entrare nel castello di soppiatto. La maggior parte dei venatori era ormai andata, fatta eccezione per un piccolo gruppo di cultisti.»
«Questo corrisponde a quello che hai scritto nel rapporto. Qui parli però di un rito.»
«Esatto, signora, facendo irruzione abbiamo interrotto una qualche sorta di rito. Dallo scontro che ne è seguito, abbiamo salvato uno dei venatori, che ora si trova nelle segrete di Haven.»
«Prima di andarvene avete esaminato attentamente l'area, in cerca di indizi?»
«Si signora. Ho trovato molti strumenti comunemente usati dai maghi del Tevinter e degli insoliti pittogrammi in tutta la stanza.»
«Molto bene» disse Selene, prendendo una pergamena vuota e una penna che intinse nel calamaio «disegnerò alcuni simboli, dimmi se ricordi di averli visti.»
Selene prese a scarabocchiare sulla carta, ma venne interrotta quasi subito dal tenente.
«Quello! Quello era il più ricorrente» disse, indicando uno scarabocchio a forma d'occhio.
«Ne sei sicuro?»
«Si, senza dubbio. Ricordo anche questo» aggiunse, muovendo il dito sul foglio «ma in misura decisamente minore.»
«Grazie tenente. Per ora è tutto.»
«Signori.» li salutò, facendo un cenno con la testa.
 
«Non mi piace.» Cassandra ruppe il silenzio che era calato attorno al tavolo da guerra, esprimendo involontariamente il pensiero di tutti.
«Nemmeno a me, per niente.»
«Conosci il significato di questi simboli?» chiese Leliana
«Questo mi è ignoto» rispose, indicando l'occhio «ma l'abbiamo trovato a Theirinfall, nel salone con il lyrium.»
«Me lo ricordo» s'intromise Cassandra «era disegnato con il sangue. Inzaccherava anche quel busto dell'Imperatrice Celene. Cos'è l'altro simbolo?»
«Non ne so molto, ma si usa per alcuni tipi di evocazione.»
«Evocazione? Intendi demoni» era stato il comandante a parlare.
«Esatto. Demoni dell'ira e della fame soprattutto. Alcune ombre maggiori.»
«Sembra sappiate molte cose sull'argomento» sottolineò Cullen. Selene fece spallucce.
«Ho letto molti libri, la maggior parte dei quali proveniva dal Circolo di Ostwick, dove mio padre era di stanza.»
«Aspettate, vostro padre era un templare?»
«Bann Trevelyan, Cavaliere Comandante del Circolo di Faxhold, noto ai più come il Macellaio del Mare del Risveglio.»
«Fate attenzione alla vostra mascella, comandante, rischiate che vi caschi a terra» lo prese in giro Leliana, ridacchiando.
«Leliana, voi lo sapevate? Sapevate tutti che suo padre era un pezzo grosso dell'Ordine?»
«Certo che lo sapevo, sono il capo spia.»
«L'ho intuito dal cognome del nostro Araldo, Cullen. È un nome noto tra i Cercatori.»
«Anche tu Josephine?»
«Ranghi e Casate Nobiliari sono il mio campo, comandante.»
«Possiamo non parlare della mia famiglia, per favore?» li interruppe Selene «Chiunque fosse mio padre, ora non è più tra noi.»
«Ti chiediamo scusa, lady Trevelyan. Non volevamo essere indelicati.» aggiunse in fretta Josephine.
«Nessun problema, solo, chiamatemi Selene o lady Selene e datemi del tu quando non siamo in occasioni ufficiali» rispose Selene, massaggiandosi le tempie. «Dunque, facciamo così. Leliana, fai battere ai tuoi agenti un'area più ampia. Ai primi segni di circoli di evocazione, voglio essere informata subito.»
«Certamente.»
«Cullen, mobilita immediatamente tutte le truppe disponibili e fortifica il villaggio come meglio puoi. Non facciamoci cogliere di sorpresa da un'orda di demoni.»
«Agli ordini.»
«Josephine, occupati degli accordi per i rifornimenti di lyrium. Ne avremo bisogno se vogliamo che i templari ci aiutino a chiudere il varco.»
«Come desiderate, lady Selene. Quanti templari arriveranno?»
«Una trentina di veterani sono già in marcia.»
«Sono quasi arrivati» s'intromise una voce sconosciuta. Pochi istanti dopo Cole apparve sul tavolo, intento ad osservare una pedina. «Ai templari non piacciono i ritardi.»
In pochi secondi, Cassandra e Cullen avevano sguainato la spada e ora la puntavano contro il ragazzo.
«Fermatevi!» tuonò Selene.
«Sono venuto con te, per aiutare. Volevo dirtelo prima, ma non ti svegliavi.»
«Va bene, Cole. Ci hai solo spaventati, sai, sbucando dal nulla.»
«Non ero nel nulla, ero qui, ma non mi avevate visto. Molta gente non mi vede, finché non glielo permetto.»
«Chiamate le guardie!» gridò Cassandra «Questa creatura-»
«Un momento» la interruppe Leliana, quindi si rivolse a Cole «Puoi spiegarci perché sei qui?»
Cole tacque per un attimo, quindi si rivolse a Selene, lo sguardo indecifrabile appena visibile sotto i capelli ispidi e l'enorme cappello.
«Tu aiuti le persone. Le hai messe in salvo, quando stavano per morire. Voglio farlo anch'io. Posso aiutare.»
«Davvero generoso da parte tua» commentò sarcasticamente Cassandra.
«Cole mi ha salvato la vita a Theirinfall. Non avremmo mai sconfitto Invidia se non fosse stato per lui.»
«Non starai suggerendo di lasciarlo libero per il campo, vero?» Cullen la guardò esterrefatto, la spada sguainata non si muoveva di un millimetro.
«Non v'intralcerò, sarò piccolo piccolo, invisibile, amenochè non mi cerchiate» disse infine il ragazzo, per poi sparire nel nulla proprio com'era apparso.
«Dove diavolo è finito?»
«Sarà qua attorno» disse Selene scrollando le spalle e adoperandosi per risistemare le pedine. «Non perdiamo tempo in chiacchiere, abbiamo tutti qualcosa da fare.»
 
 
Selene si fece portare una sedia nella sala da guerra e si mise a leggere con attenzione i rapporti rimanenti, occhieggiando la mappa sul tavolo di tanto in tanto. Quando finì era ormai notte e solo allora si accorse delle candele che avevano illuminato la stanza per tutto quel tempo.
«Grazie per le candele, Cole» disse ad alta voce, guardando dritto davanti a sé. Il giovane apparve pochi secondi dopo, seduto a terra accanto a lei.
«Rabbia, dolore, un mare in tempesta che s'infrange contro la costa. Io vi odio, vi odio entrambi.» esordì, alzandosi in piedi.
«Come prego?»
«Loro non ti odiano. Sono fieri di te. Sangue del mio sangue che ribolle nelle vene, un cavallo indomito, senza briglie o sella.»
«Ti ringrazio Cole» gli disse, tentando stancamente un sorriso.
«Voglio aiutare.»
«Apprezzo quello che hai tentato di fare, davvero. Credo di essere solo un po' stanca.»
Cole annuì, sparendo nuovamente. Selene si alzò con fatica, desiderando ardentemente il letto che l'attendeva dall'altra parte del villaggio, ma il gorgoglìo del suo stomaco le ricordò che in tutta la giornata aveva mangiato solo una zuppa. Decise quindi di fermarsi alla locanda, sperando in qualche avanzo di stufato.
 
La locanda era tutt'altro che silenziosa, diversi avventori chiassosi riempivano i tavoli costituendo l'allegra atmosfera che scaldò il cuore di Selene.
«Salve Flissa! Posso avere qualcosa da mangiare? Dello stufato magari.» chiese alla giovane dietro il bancone.
«Certamente tesoro. Qualcosa da bere?»
«Dell'idromele, grazie.»
«Accomodati pure, ti porto tutto fra poco.»
«Sorellona!» sentì urlare dall'altro lato della stanza. Si voltò in tempo per vedere un barcollante Faust camminare verso di lei, poco prima che la stritolasse in un abbraccio. «Sorellona! Che bello vederti qui, mi sei mancata tanto!»
«Ciao Faust» rispose scherzosamente, scompigliandogli i capelli rossicci «Nel "non mettersi nei guai" era incluso l'ubriacarsi.»
«Ubriaco? No no, non sono ubriaco! Devo ancora battere quel qunari!»
Da dietro la spalla del fratello, Selene intravide il Toro di Ferro e la sua compagnia, seduti a un tavolo assieme a Varric, Blackwall e Sera.
«Ehi boss!» la salutò, facendole cenno di sedersi con loro.
«Salve ragazzi!» rispose facendo un cenno con la mano. Tentò di divincolarsi dall'abbraccio del fratello ma questo la strinse più forte.
«No no! Non hai capito» mormorò Faust contro la sua spalla «Pensavo fossi morta anche tu. Dicevano che erano tutti morti su quella dannatissima montagna.»
Quelle parole colpirono Selene come una pugnalata, ma non lo diede a vedere. Accarezzò la testa del fratello, invece, con fare rassicurante.
«Suvvia fratellino. Sai benissimo che ci vuole ben altro per farmi fuori.»
Faust non disse nulla per alcuni secondi.
«Non mi farò battere da quel qunari!» esclamò infine, staccandosi dalla sorella e dirigendosi con sicurezza verso il tavolo. Selene lo seguì, ridacchiando.
«Ehi freccia!» la salutò Varric «Tutto bene ai piani alti?»
«Che domande nano! Presto chiudiamo quel coso nel cielo!» tuonò Bull, battendo un pugno sul tavolo, abbastanza forte da rovesciare il boccale di Sera.
«Ehi bestione! Era la mia birra quella!»
«Ahah! Perdonami ragazzina» rispose il Toro, assestandole una pacca sulla spalla tutt'altro che leggera.
«Fai attenzione deficiente, puzzi di alcol» rispose questa ridendo come se nulla fosse.
«Ehi coso con le corna! Non abbiamo ancor finito!» disse Faust, alzandosi dallo sgabello e sventolando il boccale con fare minaccioso «Non sono ancora ubriaco!»
«Tuo fratello è uno spasso, Araldo!» Blackwall eruppe in una sonora risata e, senza nemmeno accorgersene, anche Selene stava ridendo di gusto.
«Ehi, Flissa!» chiamò la locandiera, che però si stava già avvicinando con la sua cena «Porta un altro giro al tavolo, offro io.»
«Arriva subito!» rispose questa, posando davanti a lei il boccale d'idromele e il piatto di stufato fumante.
«Woah! Grazie boss!»
«Sempre detto che sei una gran donna!»
«Ehi eroe, hai detto una roba super ambigua alla nostra Lady Araldo» disse Varric tirando una gomitata al Custode e provocando una catena interminabile di risate tra i presenti.
«Facciamo un brindi a Lady Araldo!» disse infine Sera, alzandosi in piedi sul suo sgabello.
«A Lady Araldo!» urlarono tutti insieme, sollevando i boccali.

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Capitolo 5
*** Nel tuo cuore arderà ***


A voi, Miei secondogeniti, concedo questo dono,
nel vostro cuore arderà
una fiamma inestinguibile,
divorante e mai sazia.

Trenodie 5:7 2-5
 

Selene volse lo sguardo al cielo verso l’enorme squarcio, il cuore batteva a mille quasi volesse uscire dal petto. Alle sue spalle, Solas stava urlando qualcosa ai templari lì radunati ma non sentì cosa, il rumore dei suoi pensieri era troppo forte. Erano al tempio delle Sacre Ceneri, dove migliaia di persone riunite per discutere di pace avevano perso la vita, dove una misteriosa donna l’aveva fatta uscire da uno squarcio, dove l’Inquisizione era nata.
«Procedi pure» l’avvertì Cassandra, stringendole la spalla. Selene sollevò la mano marchiata che reagì immediatamente alla presenza del varco, risucchiando la vita dal suo corpo come la prima volta che ci aveva provato. Ci fu una sorta di urlo indefinito, poi un clangore metallico. Attorno a lei, i templari erano caduti in inginocchio, la lama stretta tra le mani, le menti concentrate nel deprivare di energia magica lo squarcio. Finalmente, Selene sentì che l’energia non stava più abbandonando il suo corpo, sentì di poter chiudere anche quel varco come aveva fatto con quelli più piccoli, sentì che avrebbe funzionato e così fu: dopo pochi minuti, l’orrore verde che attraversava il cielo sopra le Montagne Gelide sparì. Ce l’avevano fatta.
 
Haven era in festa, numerosi falò erano stati accesi per l’occasione, l’aria riempita dalla musica e dalle risate gioiose degli abitanti e dei membri dell’Inquisizione. Selene era seduta su un muretto non lontano da uno dei tanti fuochi, sollevata, anche se, per qualche ragione, non riusciva a scrollarsi di dosso una brutta sensazione.
«Ho parlato con Solas, ha confermato il nostro successo lady Selene» le disse Cassandra, accomodandosi accanto a lei «Diversi squarci minori persistono, come del resto molte domande, ma questa è una vittoria. Il tuo eroismo è ormai sulla bocca di tutti.»
«È una vittoria certo, ma non sappiamo ancora cos’ha causato tutto questo» sospirò, stringendosi negli abiti pesanti «Non credo riuscirò a starmene tranquilla finché non troveremo il colpevole.»
«Sono d’accordo» rispose la Cercatrice, facendosi seria «chiudendo il varco abbiamo solo scongiurato un pericolo imminente ma altri ci attendono in futuro. Come Inquisizione non possiamo ignorarli.»
Prima che Selene potesse rispondere, Faust si parò davanti alle due donne.
«Scusate Lady Cercatrice ma stasera mia sorella quei pericoli li ignorerà e verrà a fare festa con noi» disse, tirando la Trevelyan per il braccio.
«Ehi, che fai?» esclamò Selene, senza però opporsi al fratello.
«Sorellona, dovresti rilassarti una volta tanto o ti verranno le rughe.»
«Va bene, va bene vengo. Non tirarmi.»
Selene venne letteralmente scaraventata in mezzo alla folla danzante. Aveva perso di vista il fratello e, sentendosi soffocare, stava cercando di allontanarsi facendosi strada tra i ballerini, quando uno di questi la urtò.
«Mi dispiace, non volevo-» iniziò a dire alla persona che aveva attutito la sua caduta, ma s’interruppe quando lo sconosciuto si voltò «Cullen?»
«Lady Selene… tutto bene?»
«Io, ehm… Sto cercando di uscire da qui.»
«Non sei l’unica» spiegò, curvando appena gli angoli della bocca. Cullen le posò una mano sulla schiena e con delicatezza l’accompagnò lontano dal falò, dove entrambi tirarono un sospiro di sollievo.
«Sicura di stare bene? Cioè, prima quella pozione, poi il varco… dev’essere stancante essere l’Araldo di Andraste.» insistette l’ex-templare.
«Sto bene. Il merito va anche ai templari che abbiamo contattato, chiedere il loro aiuto è stata un’ottima idea, comandante.»
«Pensavo li avessimo contattati per soccorrere tuo fratello.»
Selene non rispose subito. Soccorrere suo fratello era stata la prima cosa a cui aveva pensato, quella settimana prima al Bazar d’Estate, quando lo aveva visto allontanarsi assieme a Lucius. Tuttavia, conosceva Faust, l’aveva visto allenarsi. Era bravo, molto bravo. Abbastanza da tenere testa al padre con la spada, se non altro. Chiunque avrebbe convenuto che tenere testa al Macellaio del Mare del Risveglio non era cosa da poco, quindi non aveva motivo di temere della sua vita.
«Mio fratello è un Trevelyan» rispose a Cullen «Non ha bisogno di essere soccorso. Ho scelto i templari per una questione di affidabilità.»
Era vero, almeno in parte: dovendo scegliere tra templari e maghi ribelli, quest’ultimi le erano sembrati troppo imprevedibili e disperati per meritare fiducia. D’altro canto, conosceva bene l’Ordine Templare, guerrieri formidabili e ligi al dovere, che molte volte aveva visto in azione quando, da bambina, andava a trovare il padre al Circolo di Faxhold: era semplicemente la scelta più logica e sicura per l’Inquisizione, si diceva, ma in cuor suo sapeva anche che Faust le mancava molto, soprattutto ora che i loro genitori erano tornati a fianco del Creatore.
La sua risposta sembrava aver messo in difficoltà Cullen, forse per la sicurezza nella sua voce o forse per quel cognome così importante che portava non senza orgoglio, ma non ebbe mai modo di indagare: il suono della campana sovrastò la musica e le risate, annunciando un attacco imminente.
 
Cullen e Selene si precipitarono alle porte del villaggio, dove Josephine, Faust, Cassandra e Leliana si erano già riuniti. Quest’ultima, in particolare stava parlottando con un suo agente, l’espressione tesa ben evidente sotto il cappuccio.
«Leliana? Aggiornami.»
«Uno dei miei agenti ha fatto rapporto. Un esercito nemico è in avvicinamento, il grosso appena dietro la montagna» rispose questa brevemente, indicando la catena montuosa che faceva da sfondo all’orizzonte.
«Qual è lo stendardo?» chiese Josephine.
«Nessuno.»
«Nessuno?»
All’improvviso, un lampo aldilà del cancello chiuso attirò la loro attenzione, seguito da una voce maschile.
«Ehi! Se qualcuno potesse aprire, lo apprezzerei molto!»
Senza esitazione, Selene si precipitò ad aprire il cancello, seguita a ruota dal fratello e da Cullen. Un mago dagli abiti insoliti era accasciato a terra, la carnagione olivastra e i capelli corvini lasciavano intendere non fosse del posto. Cullen era accanto a lei, la spada sguainata e puntata contro lo sconosciuto.
«Ah! Sono qui per avvertirvi. Elegantemente in ritardo, temo.» disse, in un marcato accento del Tevinter, mentre puntava il bastone a terra in un maldestro tentativo di rialzarsi, che appunto non ebbe buon fine. Il mago sarebbe finito nuovamente a terra, se non fosse stato per i riflessi rapidi di Faust, che lo aveva preso al volo.
«Sono un po' stanco, non preoccupatevi» bofonchiò, cercando di allontanarsi dal templare. Faust, invece, lo attirò a sé, cingendogli la vita con un braccio ed esibendosi in uno dei suoi migliori sorrisi.
«Per così poco? Pensavo che saresti durato di più.»
Il mago si esibì in alcuni colpi di tosse finti per nascondere l’imbarazzo.
«Puoi rimandare il corteggiamento a dopo Faust?» intervenne Selene, roteando gli occhi, quindi si rivolse al nuovo arrivato «Dicci tutto quello che sai su quell’esercito.»
«Certo, certo. Il mio nome è Dorian e sono venuto qui per dirvi cos’è successo con i maghi a Redcliff. Fidatevi, non vi piacerà.»
«C’è un esercito alle porte di Haven, sicuramente non mi piacerà.»
«Sono i Venatori, una setta agli ordini di un certo Antico.»
«Un nome che non mi è nuovo, ser mago» mormorò Selene. Dorian annuì, quindi indicò la montagna alle sue spalle, dove migliaia di puntini luminosi si stavano riunendo come formiche.
«Calpernia guida i Venatori, facendo le veci di questo Antico. Marciano verso Haven, ho rischiato la mia vita per arrivare qui prima di loro.»
Selene strinse le labbra. Come aveva fatto la situazione a degenerare in così poco tempo?
«Faust, porta dentro il nostro ospite.»
«Con piacere, sorella.»
«Cullen, ho bisogno di sapere cosa possiamo fare con le fortificazioni che sei riuscito a mettere in piedi.»
L’espressione di Cullen si rabbuiò. «Non molto, abbiamo appena qualche trabucco. Haven non è una fortezza, se vogliamo avere qualche speranza, dobbiamo controllare la battaglia.»
«Spiegati» disse, facendogli cenno di rientrare nel villaggio.
«Andare là fuori e attaccare con tutto ciò che abbiamo.»
Selene annuì, rivolgendosi anche a Cassandra e Leliana. «Mi fido del tuo giudizio, Cullen. Radunate i civili nella chiesa e armatevi. Sarà una lunga notte.»
 
Cullen si mosse rapidamente verso le truppe appena riunite.
«Soldati! Riunite la popolazione e fate attenzione alle squadre d’avanscoperta» tuonò, portando ogni soldato sull’attenti.
«Inquisizione!» La risposta collettiva delle truppe risuonò nel villaggio mentre Cullen sguainava la spada. «Con l’Araldo!» gridò, sollevando la spada al cielo «Per le vostre vite! Per tutti noi!»
Selene rimase quasi ipnotizzata da ogni parola di Cullen e da ogni reazione che riusciva a suscitare nella folla, quasi fosse uno dei carismatici protagonisti di quei romanzi d’avventura che leggeva da giovane. Fu Cassandra a riportarla alla realtà.
«Lady Selene? Dobbiamo sbrigarci.»
«Certo» mormorò, dirigendosi verso il suo alloggio, dove aveva lasciato il suo arco.
 
«Quindi, qual è la prossima mossa, Freccia?» chiese Varric, mentre il gruppetto attraversava il villaggio.
«Abbiamo dei trabucchi. Dobbiamo fare in modo che non cadano in mano al nemico» rispose prontamente Cassandra.
«Un piano semplice ma efficace, quindi» commentò Solas.
«Semplicemente non ne abbiamo altri, Solas» sbuffò Selene, accelerando il passo mentre superavano un gruppetto di templari diretto nella loro stessa direzione.
«Selene!» si sentì chiamare. Alle sue spalle, Faust indossava di nuovo l’armatura da templare. Stringeva l’elmo sottobraccio e la stava fissando con un mezzo sorriso. «Cerca di non farti ammazzare.»
Selene a sua volta abbozzò un sorriso. «Non preoccuparti!»
 
Selene tese l’arco è scoccò la freccia, che in un attimo trafisse il cranio di un incantatore venatori sul punto di lanciare il suo incantesimo.
«Bel colpo, Freccia!» commentò Varric, mentre Bianca schioccava l’ennesimo dardo.
«Il nemico si sta ritirando» osservò Solas, imprigionando nel ghiaccio il nemico davanti a sé, prontamente disintegrato da una scudata di Cassandra.
«È troppo presto per cantare vittoria» commentò quest’ultima.
Cassandra aveva ragione, le postazioni dei trabucchi erano ormai quasi completamente libere ma quella ritirata era quantomai insolita. Che avessero intenzione di riorganizzarsi e sferrare un colpo massiccio con il grosso dell’esercito? Perché allora non farlo fin da subito? Selene aveva come la sensazione che fino ad allora si fossero limitati a tenerli impegnati.
«Fuoco!» senti gridare in lontananza, e contemporaneamente i trabucchi scagliarono i loro enormi proiettili contro il fianco della montagna, provocando una valanga che travolse quasi completamente l’esercito nemico. Grida di gioia si diffusero tra le fila dell’Inquisizione.
Quella battaglia così improvvisa sembrava ormai virare verso la loro vittoria, quando il trabucco accanto a Selene esplose in una fiammata, scagliando la Trevelyan a terra con forza.
«Un drago!» sentì urlare Solas, mentre Varric l’aiutava ad alzarsi, ancora frastornata.
«Santissima Andraste…» mormorò guardando l’enorme rettile nero librarsi in aria e incendiare il villaggio.
«Dobbiamo andarcene da qui» intervenne Cassandra, scuotendola dallo sgomento.
«Ritirata! Suonate la ritirata!» iniziò a gridare ai soldati attorno a lei. Un soldato prese un corno dalla bisaccia e ci soffio a pieni polmoni, segnalando la ritirata al resto dell’esercito. Selene fece cenno ai suoi compagni e insieme corsero verso i cancelli del villaggio, facendosi strada tra i pochi nemici sbandati rimasti indietro.
«Muovetevi!» gridava Cullen ai suoi uomini dal cancello, che chiuse poco dopo il loro passaggio.
«Cullen, ti prego, dimmi che hai un piano!» disse Selene, il cuore che le scoppiava in petto. Sapeva già qual era la risposta, sapeva che un esercito si poteva battere con l’astuzia e una buona strategia, ma non un drago. Eppure, in cuor suo, sperava che non fosse così, che il comandante avesse un piano brillante che avrebbe salvato tutti e che quella loro Inquisizione non sarebbe morta quel giorno, sotto le fiamme di un drago. Lo sguardo di Cullen però era molto serio e tutt’altro che speranzoso.
«Dobbiamo radunare tutti alla chiesa. È l’unico edificio che potrebbe resistere a quella… bestia. A questo punto, che si sudino la vittoria.»
A quelle parole, Selene si sentì morire dentro. Era finita, l’Inquisizione sarebbe stata incenerita, assieme a tutti gli innocenti che avevano deciso di sostenerla. Sarebbero morti tutti, di nuovo, come al Conclave, la sua famiglia, i suoi amici, tutte le persone che si erano affidate a lei. Guardò quel marchio sulla sua mano, la loro salvezza, la sua maledizione. Perché lei? Perché il Creatore aveva deciso di giocarle quel brutto scherzo? “Araldo di Andraste” la chiamavano, eppure aveva dimostrato solo di essere un fallimento, una delusione per tutti. Si guardò intorno, febbricitante, le grida degli abitanti che si alzavano dalle case, in fiamme a causa del drago e dei venatori rimasti, che così tanto sembravano amare il fuoco. Impugnò l’arco e s’inoltrò nel villaggio, qualcuno la stava chiamando ma, chiunque fosse, lo ignorò. Voleva salvare quelle persone. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di credere che tutto quello che aveva fatto fino ad allora non era stato vano.
 
«Sei impazzita, Freccia?» La voce di Varric la scosse, mentre il nano la trascinava nella chiesa quasi di peso e la costringeva a sedersi.
«Li ho salvati tutti però» rispose con voce atona.
«Beh, in quel discorso sull’avere più cura di te stessa che ci siamo fatti un po' di tempo fa era incluso anche il non morire, sai?»
Il cigolio del portone ligneo della chiesa interruppe la loro discussione e Dorian fece il suo ingresso, trascinando quello che Selene riconobbe essere il cancelliere Roderick.
«Un uomo coraggioso. Si è parato davanti a uno dei venatori» commentò, giustificando le vesti bruciate del chierico.
«Lady Selene!» Un trafelato Cullen si precipitò verso di lei. «La situazione è critica. Quel drago si è portato via qualunque possibilità di fuga che abbiamo tentato di guadagnare.»
Selene fece un respiro profondo, cercando di darsi un contegno. «Qualche richiesta dal nemico?»
«Nulla, nessuna richiesta.»
«Non c’è stato modo di contrattare nemmeno con i maghi. Sembra che questo Antico sia abituato a ottenere sempre ciò che vuole.» aggiunse Dorian «Da quello che ho scoperto a Redcliff, è venuto fin qua per il vostro Araldo.»
«Se servirà a salvare questa gente, andrò a parlare con questo Antico.»
«Non servirà» Cole apparve al suo fianco, il cappello a falda larga calcato sul volto e la voce tremante «Vuole ucciderti, gli altri non contano ma li distruggerà, li ucciderà comunque.»
«Selene, non esiste alcuna tattica che ci permetterà di uscire vivi da qui» sottolineò Cullen, ponendo enfasi sul suo nome. I loro sguardi s’incrociarono brevemente e, per la prima volta, davanti a lei non c’era più l’abile e valoroso guerriero che aveva conosciuto. C’era un essere umano, spaventato e insicuro, rassegnato ad un destino inevitabile, proprio come lei. Nonostante la situazione disperata e tragica, per qualche motivo, Selene si sentì meno sola.
«Possiamo usare quei trabucchi. Danneggiarli il più possibile, causare ingenti perdite» disse alzandosi e muovendo qualche passo pensoso.
«Sarà sufficiente puntarne uno sulla montagna sopra Haven.»
La Trevelyan non disse nulla, si limitò a fissare Cullen con gli occhi sbarrati.
«Moriremo. Ma saremo noi a decidere come» mormorò l’ex-templare.
«Beh, non è accettabile» s’intromise Dorian, avvicinandosi ai due «Non ho corso fin qua solo per farmi travolgere da una valanga.»
«Dovremmo arrenderci? Consegnarci a questo Antico?»
«Morire di solito è l’ultima opzione, non la prima! Per essere un templare, pensate fin troppo come un mago del sangue.»
«C’è una strada.»
La voce affannata di Roderick interruppe la discussione. Il chierico sembrava voler aggiungere altro ma solo rantoli indistinti uscirono dalla sua bocca. Dorian gli si avvicinò, chinandosi sulla bruciatura principale che si allargava all’altezza del ventre.
«Dannazione. Quel dardo infuocato non era solo infuocato, ma anche velenoso.»
«Ce la farà?» chiese la Trevelyan.
«Le bruciature si possono medicare, ma l’antidoto per questo veleno è irreperibile se non nella mia terra natale e comunque troppo lungo da preparare.»
«Si quello.» A dar voce ai pensieri di Roderick era Cole, apparso accanto a Dorian come solo lui sapeva fare «Dietro il villaggio, il pellegrinaggio d’estate che solo io ho fatto. Andraste mi ha condotto qui, per salvarci tutti. Non è un caso, lei non è un caso, lei è molto di più. Lei è l’Araldo.»
Gli occhi di Selene erano puntati sul cancelliere, la speranza nascosta dietro agli occhi appannati del malato. «A voi…» sussurrò con voce impastata «concederò questo dono. Nel vostro cuore arderà una fiamma inestinguibile.»
Selene riconobbe subito i versi del Canto della Luce. Si avvicinò al chierico e gli accarezzò brevemente la fronte rugosa, trovandola calda al contatto con la pelle. «Dall’Oblio vi ho creati, e all’Oblio ritornerete, ogni notte nei sogni, affinché possiate per sempre ricordarmi. Non ci dimenticheremo di lei, cancelliere.»
Il chierico annuì e, con rinnovata speranza, la Trevelyan si rivolse a Cullen. «Pensi possa funzionare?»
«Si, è possibile. Dobbiamo farci dire dov’è il sentiero.»
Selene annuì. «Trova un guaritore e cerca di alleviare le sue sofferenze. Quando sarete aldilà della linea degli alberi, fate in modo di segnalarmelo, così potrò azionare il trabucco.»
«Che mi dici della tua via di fuga?»
Istintivamente, Selene abbassò lo sguardo. Il silenzio che seguì era sufficientemente eloquente.
«Troverai un modo» concluse l’ex-templare.
«Lo troverò.»
 
Haven pullulava di Venatori, non c’era modo di raggiungere il trabucco più vicino senza incappare in uno di essi, perciò Selene decise di giocarsela d’astuzia, attirando uno dei maghi dietro ad una casa grazie all’ausilio di un vecchio amico: un sasso. Il povero mago non si aspettava proprio che la persona che le aveva lanciato quell’innocuo sassolino in testa gli avrebbe trapassato la gola da parte a parte con una freccia, ma così accadde. La Trevelyan spogliò il malcapitato delle proprie vesti e le indossò sopra i suoi abiti, calando bene il cappuccio sul volto. Non aveva modo di nascondere l’arco che portava sulla schiena, ma sperava che il grosso bastone della sua vittima servisse a distrarre chiunque avesse la sfortuna d’incrociare.
Con quel travestimento e il cuore che scoppiava in petto, Selene serpeggiò tra le capanne lignee di Haven, i pochi nemici che incontrò non sembrarono dare peso alla sua presenza. Aggirò con attenzione lo spiazzo con le fortificazioni dove si trovava uno dei trabucchi, immergendosi nella boscaglia dove, liberatasi da quelle vesti ingombranti, s’arrampicò su un albero.
Attorno al trabucco contò 6 nemici, due guerrieri armati di spada, due maghi, un arciere e una sesta persona che a prima vista non riconobbe, non indossando gli abiti della setta. La Trevelyan aguzzò la vista. Dove aveva visto quell’elfa minuta e dai capelli scuri? Decise che la sua origine non era importante, quanto il bastone che stringeva in mano e che la identificavano come maga.
«Creatore, non abbandonarmi proprio ora» mormorò, mentre incoccava una freccia e traeva l’arco.
La prima freccia trapassò silenziosa la testa di uno dei maghi. Quando uno dei restanti venatori se ne accorse, infatti, anche il secondo mago era ormai a terra boccheggiante, una freccia conficcata in gola. L’arciere però aveva individuato la sua posizione e urlò qualcosa ai due guerrieri, che presto accorsero verso di lei. La terza freccia colpì l’arciere al ventre, all’altezza dello stomaco, dove i muscoli non avrebbero protetto gli organi interni: il poveraccio cadde a terra con un rantolo. I due guerrieri erano ormai vicini e la Trevelyan fu costretta a balzare giù dal ramo su cui era appollaiata, ma non prima di aver lasciato cadere un paio di boccette addosso ai nemici. Stavano caricando verso di lei quando la “freccia speciale” che le aveva insegnato a fabbricare Varric esplose ai loro piedi, dando alle fiamme le loro vesti, fiamme che non si sarebbero acquietate grazie all’intruglio infiammabile che aveva preparato Adan. Si appuntò mentalmente di ringraziare il nano e l’alchimista.
Selene stava per prendere l’ennesima freccia dalla faretra quando un fulmine la colpì alla gamba, strappando alla giovane un grido di dolore. Ad alcuni passi da lei, l’elfa che ora riconobbe essere la Grande Incantatrice Fiona, brandiva il suo bastone con fermezza, concentrando l’energia magica per l’attacco successivo.
«Incantatrice! Forse potremmo-» la chiamò, sperando di poter risolvere la situazione in maniera pacifica, ma l’elfa le lanciò addosso un altro fulmine, come se non la stesse sentendo. Fortunatamente, la Trevelyan scartò di lato appena in tempo e, decisa a portare a termine il suo compito, non le diede altra possibilità: l’ultima freccia di Selene si conficcò nell’occhio della maga prima che questa riuscisse a concentrare sufficiente energia magica per l’incantesimo successivo.
 
L’ingranaggio del trabucco era più pesante di quanto si aspettasse, ma, dopo quella che a Selene parve un’eternità, la macchina d’assedio era in posizione. Uno improvviso e acuto strillo però portò la sua attenzione al cielo, appena in tempo per notare l’enorme drago puntare verso di lei. Iniziò a correre con tutte le forze rimastele in corpo, ma un’esplosione alle sue spalle la scagliò a terra, facendole battere la testa. Si alzò a fatica, mentre l’incendio divampava attorno a lei, notando però con sollievo che la macchina d’assedio era ancora intatta.
Dalle fiamme vide avvicinarsi una figura umana, imponente ma sottile. L’Antico si parò davanti a lei, una creatura che Selene avrebbe identificato come l’orribile fusione tra un essere umano e un prole oscura, le braccia sottili che terminavano in lunghi artigli, il volto e il corpo coperti da escrescenze malsane fuse con quelle che un tempo dovevano essere delle vesti, tanto da non essere più chiaro dove iniziasse la pelle e finisse la stoffa.
 Alle sue spalle, il drago atterrò con un boato, emettendo di nuovo quel suo verso stridulo. Di tutti i libri sui draghi che aveva letto, nessuno di essi citava mai una creatura simile, nera come il carbone e dalla struttura ossea a vista, priva di qualunque tipo di pelle o scaglia. Quello non era un drago qualunque, realizzò, ma un arcidemone.
«Basta!» tuonò l’Antico e, con un gesto del braccio, zittì la bestia. «Stai giocando con forze che vanno aldilà della tua comprensione, impostore.»
«Qualunque cosa tu sia, non ti temo!» sbraitò Selene, guardando negli occhi l’assassino della sua famiglia.
«Parole che i mortali spesso gridano all’oscurità. Una volta erano mie. Tutte bugie. Guardami, guarda chi hai finto di essere! Loda l’Antico, la volontà che è Corypheus! Ora, inchinati a me.»
«Tu… tu non avrai nulla da me.»
«Resisterai. Resistete sempre. Ma non importa.» con un gesto della mano, Corypheus attivò il marchio sulla sua mano, mentre con l’altra reggeva una sfera intrisa di magia «Sono qui per l’Ancora. Il processo per rimuoverla inizia adesso.»
Selene urlò mentre un dolore lancinante le attraversava la mano marchiata, facendola cadere sulle ginocchia mentre fiamme verdi si espandevano sulla sua mano.
«È colpa tua, “Araldo”. Hai interrotto un rituale che ha richiesto tre anni di preparazione e invece di morire, ti sei appropriata del suo scopo. Non so come sei sopravvissuta, ma ciò che ti definisce come benedetta, ciò che sferzi contro gli squarci, io l’ho costruito per assalire i Cieli.» Corypheus strinse la mano a pugno e le fiamme verdi sulla mano crebbero d’intensità «E tu lo usi per disfare il mio operato. Che faccia tosta!»
«Cosa dovrebbe fare allora, questa cosa?!» chiese Selene in un rantolo, stringendo il polso della mano marchiata con la mano libera.
«Serve a portare certezza dove certezza non si trova. Per te, la certezza che verrò sempre a cercarla.»
Corypheus ridusse la distanza che li separava con poche falcate, quindi l’afferrò per il braccio e la sollevò a mezz’aria, gli artigli conficcati nella carne.
«Un tempo ho attraversato il Velo, in nome di qualcun altro, per servire gli Antichi Dei dell’Impero di persona. Ho trovato solo caos e corruzione, sussurri morenti. Per migliaia di anni sono rimasto confuso ma ora non è più così. Ho raccolto la volontà per tornare sotto nessun’altro nome se non il mio, per diventare il campione del decadente Tevinter e correggere questo mondo corrotto. Prega affinché io abbia successo, poiché ho visto il trono degli dei, ed era vuoto.»
Corypheus la scagliò lontano con un unico ed ampio gesto, facendole sbattere la testa contro il legno del trabucco. Selene cercò di rialzarsi il più in fretta possibile, ignorando la fitta alla testa, e raccolse la spada di uno dei soldati morti a terra.
«L’Ancora è permanente. L’hai rovinata con il tuo incespicare. E sia, inizierò daccapo, troverò un altro modo per dare a questo mondo la nazione e il dio di cui ha bisogno.»
Lo sguardo di Selene si levò verso l’orizzonte, oltre Corypheus e il suo arcidemone, oltre le barricate in fiamme, verso le montagne. Un’unica fiammella, il segnale che stava attendendo.
«Non intendo penare nemmeno per un rivale ignaro. Morirai qui “Araldo”.»
Selene strinse la spada davanti a sé. «La tua arroganza ti acceca. Buono a sapersi. Se morirò però, non sarà oggi!»
Con un calcio, Selene attivò il meccanismo della macchina d’assedio. L’enorme masso franò sul pendio della montagna, provocando una valanga diretta sulle loro teste, l’ultima valanga che Haven avrebbe mai visto.

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