Il trono di carta

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Il trono di carta


Mi chiamo Daenerys Targaryen, ma questa sarà l’unica volta in cui dirò il mio vero nome. 
Prima di questa storia ero una ladra e una fuggitiva. Per due anni non sono stata più di due settimane nello stesso posto: ero ricercata in tutto il Paese per una rapina in cui erano morti due ostaggi e il mio complice, l’amore della mia vita Khal Drogo. Poi un giorno, il Professore mi ha trovata. Un nano dalla grandezza mentale straordinaria che mi ha offerto un rifugio e mi ha ridato un futuro. Sono ancora una ladra ma non fuggo più. Tutti i riflettori del mondo sono puntati su di me e i miei compagni mentre entriamo armati nella Zecca di Stato di Approdo del Re. 
Adesso mi chiamo la Madre dei draghi e questa è la mia storia.

 
**
Si incontrarono in un casolare abbandonato nella periferia di Roccia del Drago. Sei individui che si scrutavano con sospetto: una giovane donna bionda, un ragazzo con i capelli lunghi e neri e l'espressione triste, un uomo dal fisico massiccio e con una vistosa bruciatura sul viso, un affascinante uomo biondiccio, una donna con lunghissimi capelli rossi e un uomo di mezz'età con una barba ormai ingrigita. Non si erano mai visti prima di allora, ma tutti conoscevano un'altra persona, il nano che li aveva portati lì con la promessa di un nuovo piano criminale. Lo seguirono in silenzio all'interno dell'edificio fino ad arrivare in una stanza piccola ma luminosa, che per l'arredamento curioso - sei banchi disposti in tre file da due e una lavagna attaccata alla parete di fronte - ricordava un'aula scolastica. 
"Non sono mai andato bene a scuola. Credo che sia un po' tardi per ricominciare" ruppe il silenzio l'uomo più anziano del gruppo, con un sorriso ironico. 
"Siamo venuti qui per ascoltare un cazzo di maestro?" aggiunse l'uomo sfregiato, in tono ben più irritato. 
Prima che la perplessità potesse continuare, il nano che li aveva convocati li superò e raggiunse con passo sorprendentemente veloce la parete opposta. Solo ora, mentre il nano scriveva con il gesso, si resero conto di quanto la lavagna fosse vicina al pavimento, posizionata evidentemente per essere a sua misura.
"Non ascolterete un maestro, ma un professore. È così che mi chiamerete d'ora in poi" esordì finalmente, voltandosi verso di loro e indicando con una bacchetta la parola che aveva scritto, che era appunto il suo nuovo appellativo. "Sedetevi, sedetevi pure. Sapete di essere qui per una rapina ma non ho intenzione di mandarvi allo sbaraglio. Al contrario, bisogna che siate preparati e che abbiate sempre in mente un piano per risolvere qualsiasi ostacolo potreste incontrare. Quindi vi preparerò con delle lezioni e pretendo che ognuno di voi sia il primo della classe".
Tacque per un attimo, guardandoli prendere posto, incuriositi e improvvisamente docili. Solo quando non ottenne alcun tipo di obiezione, riprese a parlare.
"Allora prima di tutto inizierò esponendo due regole fondamentali. Regola numero uno: non dovrà esserci nessuna relazione sentimentale tra voi. Regola numero due: non dovrete conoscere l'identità l'uno degli altri. So che non vi siete presentati ancora e la cosa deve restare in questo modo. Utilizzerete dei nomi in codice piuttosto".
"Nomi in codice? Di che tipo?" chiese la bionda, seduta in prima fila. "Nomi di colore, di animale o di cos'altro?"
"Si potrebbe fare di città" intervenne la rossa, seduta immediatamente dietro di lei. "Io sarei Asshai, suona bene no?"
Il professore, l'unico che per ora aveva un nome in codice, non trattenne una smorfia di disappunto.
"In verità pensavo a qualcosa di più particolare. Saranno nomi con cui non solo vi conoscerete tra voi, ma con cui anche gli ostaggi e tutto il mondo vi avranno in mente. Quindi, pensate a qualcosa di più spettacolare... Insomma Batman non avrebbe avuto lo stesso successo se si fosse chiamato Mereen, non vi pare?"
"Allora ci vogliono nomi da supereroi da fumetti oppure... Oppure da personaggi di videogiochi da combattimento" suggerì il ragazzo con i capelli neri, con un po' di titubanza.
La bionda, seduta accanto a lui, gli lanciò un'occhiata scettica. "Oh, abbiamo un vero nerd tra noi. Come ti chiamerai tu, Crash Bandicoot?" Ma gli sorrideva in modo benevolo e sincero.
"Perfetto. Allora io sarò la Donna Rossa" commentò l'altra donna prontamente, facendo scuotere la lunga chioma rossa come per dare una spiegazione al nome scelto.
Passarono solo pochi istanti di silenzio prima che il prossimo nome in codice venne fuori, questa volta dalla fila in fondo e precisamente dalla bocca dell'uomo biondo.
"Il re leone... Ah no, la Disney me l'ha già rubato. Allora vada per lo Sterminatore di Re!"
Poi fu la volta della bionda.
"Ho sempre avuto una passione per i draghi" disse, sollevando una manica per rivelare tre piccoli draghi tatuati. "Chiamatemi la Madre dei draghi".
"Ma davvero? Se vuoi, io ho qui un bel drago infuocato da farti vedere!" commentò il biondo, chiaramente malizioso, provocando la  rauca risata dello sfregiato e quella più contenuta dell'uomo con la barba.
La bionda si voltò per lanciargli un'occhiata di traverso ma non rispose.
"Beh, se lei non è interessata, puoi sempre mostrarlo a me" disse la rossa, voltandosi a sua volta, ma per fargli un occhiolino.
"Ooh, quando vuoi bellezza" rispose l'uomo prontamente, restituendo l'occhiolino.
Quando però la donna tornò a voltarsi verso la lavagna, si ritrovò il Professore vicino al suo piccolo banco che la fissava in modo contrariato.
"Voi due non iniziate affatto bene" disse, spostando lo sguardo tra la donna e l'uomo biondo che le era seduto dietro. "Donna Rossa, qual è la prima regola di cui ho appena parlato?"
"No relazioni sentimentali, e posso dire di essere pienamente d'accordo con lei, Professore. Sono fiera di dire che in trentacinque anni di vita non mi sono mai innamorata, non si preoccupi la visione del drago del signore Sterminatore di Re non influirebbe sulla mia emotività".
La risposta fece scaturire la risata del resto dei compagni, stavolta anche del ragazzo con i capelli scuri e la Madre dei draghi. Per quanto riguarda il nano, alzò gli occhi al cielo ma in qualche modo si sentì rassicurato da quella risposta. Era la classica femme fatale, evidentemente, con un corpo bollente ma l'anima arida.
"Allora, abbiamo la Donna Rossa, lo Sterminatore di Re e la Madre dei draghi... Chi manca?"
"Il Guardiano della notte!" rispose il ragazzo con i capelli scuri e il nome piacque abbastanza che tutti si astennero dal fare battutine stupide.
Non fu così per il nome successivo. L'uomo con la barba propose Il Cavaliere delle cipolle che fu accolto da risatine divertite.
"Che c'è? Le cipolle sono il mio cibo preferito, qual è il problema?" si difese l'uomo, alzando le spalle.
"Io dico che tutti i vostri nomi sono nomi del cazzo" disse lo sfregiato, facendo sentire finalmente anche la sua voce. Era seduto anche lui in fondo, proprio accanto allo Sterminatore di re. "Io non sono un cazzo di supereroe e non voglio esserlo. Sono il Mastino. Punto."
Se qualcuno ebbe qualche rimostranza da fare, non la fece presente ad alta voce. Da quelle poche battute che aveva detto, era chiaro che il Mastino non era un tipo con cui conveniva scherzare. 
Approfittando del silenzio, il professore raggiunse l'altra estremità della stanza, il lato da cui erano entrati, dove, oltre la porta, si trovava un tavolino basso coperto da un velo. 
"Bene, ora che abbiamo stabilito chi siamo, dobbiamo stabilire cosa dobbiamo fare. È chiaro che si tratta di una rapina, ma non si tratterà di una rapina qualsiasi. Infatti, il teatro del nostro spettacolo non sarà una banca. Punteremo più in alto. Non ci interessa un posto che contiene soldi, oh no, noi attaccheremo il posto dove si fabbricano i soldi". 
Dopo quella introduzione accattivante, con un solo rapido gesto, sollevò il velo per mostrare una riproduzione in piccolo di uno degli edifici più famosi dei sette regni. Delle esclamazioni di sorpresa giunsero dalla banda, riconoscendo immediatamente la Zecca di Stato di Approdo del Re. 
"Sì, avete capito benissimo. Il piano è rischioso ma maggiore è il rischio, maggiore sarà il risultato. Vediamo, chi di voi sa dirmi dove si trova il centro del potere?" 
"La Fortezza Rossa, direi, è lì che risiede Re Robert".
"Risposta sbagliata, Guardiano della notte. Non sai ancora niente del mondo, evidentemente" disse il Professore con un sorriso indulgente, che tuttavia divenne ben presto quasi eccitato, mentre riprendeva il suo discorso. "Se chiedete ai più potenti del mondo dove risiede il potere, alcuni vi diranno che la conoscenza è potere o che il potere è il potere stesso. Ma la verità è un'altra... Il vero potere è unicamente nel denaro". 
Infilò una mano all'interno dell'edificio riprodotto e quello che tirò fuori fece esultare tutta la banda. Anche quella era una riproduzione perfetta, di un simbolo ancora più conosciuto della Zecca. 
Era il trono di spade. 
Di carta. 

 
**
 
La Madre dei draghi vide la Donna Rossa entrare nella stanza che ormai avevano in comune da due settimane con aria irritata. Aveva i lunghi capelli bagnati legati in uno chignon e il corpo avvolto in un cortissimo asciugamano rigorosamente rosso. 
"Qualcuno ha attirato attenzione, eh?" la punzecchiò, chiudendo il libro che stava sfogliando e tirandosi su per mettersi seduta. 
La Donna Rossa si stese sul suo letto e si lasciò sfuggire un sospiro seccato. 
"La tua l'ho attirata, per lo meno" commentò ironicamente. "Secondo te è gay? Non sembra, se devo dire la verità, ma mi sono fatta trovare nuda nella vasca da bagno e non mi ha degnato neanche di uno sguardo... Se n'è semplicemente andato!" 
La bionda sorrise. Non aveva bisogno di chiedere a chi si riferisse, dato che era stata più volte testimone dei tentativi di seduzione della rossa verso il Cavaliere delle cipolle, che però sembrava essere rimasto del tutto immune al suo fascino. 
"Magari tu non sei il suo tipo" disse con finta nonchalance, ben consapevole di quanto quell'opzione avrebbe fatto irritare ancora di più quella che in quel poco tempo era diventata una cara amica. 
"Questo è impossibile, io sono il tipo di tutti. Quel tipo mi fa impazzire, te lo giuro, quando mi guarda mi incendia. È davvero così". 
"A me sembra più che voglia direttamente incenerirti". 
La Madre dei draghi ridacchiò per la propria battuta, che alludeva ai continui disaccordi tra i due. Se la Donna Rossa si dichiarava attratta da lui, il Cavaliere delle cipolle non nascondeva una sorta di immotivato disprezzo. 
"Devo per forza piacergli, piaccio a tutti!" riprese l'altra, scuotendo la testa e ignorando il commento. "Lo Sterminatore ci ha provato più di una volta con me, ho beccato il Mastino fissarmi qualche volta e perfino il Guardiano mi ha lanciato qualche occhiata..." 
"Il Guardiano?" chiese la bionda, non riuscendo a nascondere una nota di allarme nella voce. 
La Donna Rossa la guardò con un sopracciglio alzato e poi ridacchiò leggermente. 
"Ooh, ti piace il nostro nerd allora. Non preoccuparti, non è il mio tipo... E comunque guarda più te che me" disse, lanciandole un'occhiata di intesa.
La Madre dei draghi scosse la testa. "Non sono gelosa". Ma non suonava troppo sicura, anzi lo disse in un tono talmente poco convincente che la Donna Rossa si tirò a sedere con un'espressione ora preoccupata.
"Hey, ti ricordi la regola del Professore? Bene, è giusto, ha ragione. Sai che ti dico? Siamo due donne stupende e non abbiamo bisogno di pensare a questi idioti che abbiamo come compagni di avventura. Andiamo in quella maledetta Zecca e la bruciamo, anche se non è di carta. Che dici?"
La bionda sembrò considerare l'argomento, poi annuì con vigore e un sorriso si aprì sulle sue labbra, mentre stringeva una mano dell'amica come per suggellare un accordo.
"Dico che la mandiamo a fuoco, ci puoi giurare!"

 
**
 
Al termine delle tre settimane di preparazione, il piano sembrava essere perfetto: lo Sterminatore sarebbe stato il capo della banda, io mi sarei occupata degli esplosivi, il Guardiano dei collegamenti con il Professore, il Mastino e la Donna Rossa sarebbero stati i responsabili degli ostaggi e il Cavaliere avrebbe scavato il tunnel che dalla camera blindata della Zecca ci avrebbe portato all'esterno prima che la polizia si fosse accorta della nostra fuga. 
Ma ci sono cose che non si possono controllare e la maggior parte delle variabili dipendono dalle reazioni umane. Le scelte, le emozioni, i sentimenti. Aveva ragione il Professore: iniziare una relazione sentimentale era proprio una cosa stupida, eppure, vivendo sotto lo stesso tetto per un quasi un mese isolati dal resto del mondo, era un errore così semplice da compiere. Curiosamente, non era stata la Donna Rossa la prima infrangere questa regola, anche se a un certo punto l'avrebbe infranta anche lei. No, la prima ero stata io, ero stata io la prima a rischiare di mandare tutto a puttane.
Mi ero appena fatta una doccia ed ero pronta a prepararmi per il giorno dopo che sarebbe stato finalmente il grande giorno, quando bussarono alla porta. Dall'altra parte c'era l'unica persona che in quel momento non avrei voluto vedere: il Guardiano.
"Ciao, scusami se ti disturbo... È solo che..."
Sembrava timido, titubante, ma mi fissava con quei suoi occhi scuri e questo era stato più che sufficiente. Se ci fosse stata la mia amica, forse l'avrei respinto, ma lei era a bere una birra con il resto della banda e io non avevo scuse. Mi sentivo andare a fuoco e quel ragazzo, con quella calma e quella serietà, mi riusciva a trasmettere una sicurezza che nessun uomo a parte Khal Drogo mi aveva mai trasmesso. Così l'ho baciato e l'ho trascinato sul mio letto.
Il giorno dopo avremmo messo a ferro e fuoco la Zecca e scatenato l'Inferno.
Intanto, quella notte ero in Paradiso.








NDA: Ho terminato ieri sera di vedere la terza stagione della Casa di Carta e mi è venuta immediatamente questa idea! L'intenzione è quella di proseguire, anche perchè le idee ci sono, ma sarò sincera: dato l'elevato numero di ships (almeno 4 principali) e diverse vicende da gestire, non sarà semplicissimo. Di solito non dico queste cose, scrivo per piacere personale e togliermi dalla mente quell'idea che proprio non riesce a restare nel mio cervello ahahah però ho bisogno di sapere se questa storia ptorebbe interessarvi, di un vostro feedback e magari di qualche consiglio. Pertanto, se vi piacerebbe leggere un seguito, mi aiuterebbe davvero tanto una recensione! nel frattempo, vi saluto e vi ringrazio per aver letto fino a qui:)

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Capitolo 2
*** 2. ***



2.


Entrare nella Zecca di Stato fu un gioco da ragazzi e il piano per uscire sembrava all'apparenza altrettanto facile - beh, per lo meno per tutti noi tranne che per il Cavaliere, che doveva effettivamente scavare il tunnel. In ogni caso, la parte che rischiava davvero di crearci casini era quella in mezzo tra l'inizio e la fine. Se la Zecca fosse stata vuota, allora probabilmente molti dei guai che abbiamo dovuto affrontare ci sarebbero stati risparmiati. Ma la Zecca non era vuota, c'erano almeno una ventina di persone e ognuna di loro potenzialmente era in grado di attivare una propria dinamica e non per forza contro di noi. Creare legami emotivi tra noi della banda era sbagliato, ma ancora di più sarebbe dovuto esserlo affezionarsi agli ostaggi. Io e il Guardiano eravamo stati i primi a sbagliare ma già dal primo giorno  nella Zecca, alcuni dei nostri compagni furono fottuti allo stesso modo.
 
**
 
Alle 12.30 del 17 maggio, il Cavaliere delle Cipolle e la Donna Rossa entrarono nella Zecca, dopo aver tranquillamente passato i controlli. Con la scusa di un appuntamento con il direttore e i finti documenti da coppia di giornalisti, si aggirarono nell'atrio dell'immenso edificio cercando di non dare troppo nell'occhio, alla ricerca delle telecamere. Terminato il lavoro in meno di cinque minuti, presero posto nella piccola zona riservata agli esterni in attesa, mischiandosi a quelli che di lì a poco sarebbero diventati ostaggi. Forse per eccesso di zelo nell'entrare in contatto con l'ambiente o, più probabilmente, per naturale propensione al dialogo, il Cavaliere iniziò a parlare con una ragazzina seduta vicino a lui. Doveva avere circa 12 anni e ciò che colpiva di lei era purtroppo una brutta cicatrice che le copriva quasi tutta la metà destra del volto che, per il resto, presentava dei tratti molto dolci.
"È un bel nome, Shireen" le disse con un sorriso. "E i tuoi genitori dove sono?"
"Mia madre è morta l'anno scorso. Mio padre lavora qui, l'ho raggiunto da scuola per pranzare insieme... Ma lui è uscito con un collega e mi ha detto di aspettarlo qui. Tipico di lui".
Il Cavaliere non rispose, se non per assicurare che il padre sarebbe tornato presto; sul suo volto però era evidente tutta la preoccupazione nel rendersi conto che quella bambina avrebbe fatto certamente parte degli ostaggi, senza nessuna figura di riferimento vicino. Indovinando quei pensieri, la Donna Rossa si lasciò sfuggire un sospiro seccato; non riusciva ancora a capire come quello stesso uomo che era sempre così diffidente nei suoi confronti, si affezionava poi a tutti gli sconosciuti che incontrava. 
Alle 12.45, proprio come previsto, tre nuovi visitatori varcarono la soglia, ognuno con indosso una tuta rossa, una maschera bianca e una pistola. Le due guardie che accorsero furono tramortite immediatamente, ma la parte più curiosa fu che l'unica guardia che era presente all'entrata li aveva lasciati entrare senza problemi.
I tre individui si tolsero le maschere: si trattava di una donna bionda, la Madre dei draghi, e di due uomini, che corrispondevano al Mastino e al Guardiano della notte.
"Signore e signori, questa è una rapina" esordì la donna, puntando la pistola davanti a sè, mentre gli altri due tenevano sotto controllo gli altri lati.
"Non credo proprio" giunse una voce alle loro spalle.
La guardia all'ingresso sembrava essersi animata di incredibile coraggio mentre puntava la sua pistola dritto alla testa della bionda. Tutti i presenti, che già si erano dati al panico, trattenero il fiato, ma gli altri due rapinatori non sembrarono allarmarsi.
"Hai rubato la mia frase. Questa è una rapina dovevo dirlo io" disse la guardia dopo secondi che parvero interminabili, mentre abbassava la pistola e si sfilava la divisa da guardia per rivelare una tuta rossa identica a quella dei rapinatori.
"Sei proprio un idiota, Sterminatore" sibilò la Madre dei draghi, infastidita.
"Andiamo, fattela una risata!" ribattè l'accusato "Lo sai che già solo per essere entrati qui, potremmo tutti morire prima di domani?"
"Tu creperai di sicuro se non la smetti di fare il coglione!"
Lo Sterminatore non perse il buonumore alla minaccia ben poco velata del Mastino, anzi ridacchiò allegramente e oltrepassò i compagni, per mostrare finalmente la sua posizione di comando.
"Signore e signori, come mi ha già preceduto la mia collega, questa è una rapina" ripetè, con palese entusiasmo, rivolgendosi agli ostaggi che ora erano tornati ad agitarsi. "Io sono il capo, lo Sterminatore di Re. Non è il mio vero nome, naturalmente, ma a voi questo non deve interessare. Se collaborerete, non vi verrà fatto alcun male. Ora, come potete immaginare abbiamo molto lavoro da fare quindi..."
Intanto, in mezzo agli ostaggi, la ragazzina con la cicatrice si strinse istintivamente all'uomo che aveva appena conosciuto e lui le  disse di stare tranquilla e che tutto sarebbe andato per il meglio.
"...Quindi mettetevi tutti seduti a terra, mentre il Mastino passerà a ritirare i vostri telefonini e a consegnarvi maschere e tute identiche alle nostre che siete sollecitati ad indossare immediatamente". 
Tutti gli ostaggi cominciarono a muoversi per obbedire agli ordini e così fece anche Shireen, prendendo di riflesso la mano del Cavaliere. 
"Per favore non abbandonarmi" lo supplicò con un fil di voce. 
L'uomo la guardò con occhi tristi ed esitò per alcuni istanti, prima che la Donna Rossa si protese verso la ragazzina.
"Mi dispiace, tesoro, ma questo non può proprio promettertelo" le disse con voce calma ma fredda, afferrando il Cavaliere per l'altro braccio. 
Lui, a malincuore, lasciò la mano di Shireen mormorando delle scuse e poi, di fronte allo sguardo confuso della bambina, entrambi, invece di sedersi, si alzarono in piedi. Con passi rapidi raggiunsero lo Sterminatore di Re al centro della stanza, che li accolse con una pacca sulla spalla e due pistole cariche.
 
**

I rapinatori iniziarono subito a lavorare a pieno regime: il Guardiano della Notte aveva disattivato ogni telecamera e aveva aperto i preziosi collegamenti con il Professore; la Madre dei Draghi aveva iniziato a mettere insieme tutto il materiale che si era portata dietro per far funzionare degli esplosivi eccellenti; il Cavaliere delle Cipolle, abile scassinatore, aveva in breve tempo aperto una delle camere blindate e iniziato a scavare il tunnel verso il passaggio segreto preparato dal Professore; lo Sterminatore di Re aveva prelevato quattro impiegati dalle file degli ostaggi e li aveva portati con sè per iniziare il lavoro di produzione di nuove banconote, settore nel quale lui si considerava esperto dopo una lunga carriera da falsario.
Dal di fuori non c'era stato nessun tentativo di irruzione, l'unico contatto con l'esterno era stato l'arrivo di scorte di cibo e medicine che la banda aveva accolto con le necessarie maschere insieme a tutti gli altri ostaggi accuratamente mascherati a loro volta. Quel trucco assicurava non solo che la polizia non potesse scoprire la loro identità ma impediva anche di colpire, data la grande probabilità di uccidere innocenti. Era il Professore a gestire tutti i contatti con il mondo e quel primo cedimento della polizia alle sue richieste era segno che stava svolgendo la sua parte del lavoro in maniera egregia.
"Finalmente abbiamo qualcosa da mettere sotto i denti" disse il Mastino, aggirandosi con la sua possente figura tra gli ostaggi. "Allora, abbiamo qualche volontario per servire i pasti?" domandò, spostando lo sguardo dall'uno all'altro di quelle facce spaventate.
Tra tutte, fu una ragazza con i capelli rossi ad attirare la sua attenzione, non tanto per la sua innegabile bellezza, ma più che altro per l'assurdo modo in cui sembrava sfidare il suo sguardo; infatti, guardava ostinatamente a terra quando sentiva gli occhi del Mastino su di sè, ma poi lo spiava non appena credeva che lui non la stesse più guardando. Lui se ne accorse quando si girò di scatto nella sua direzione e così i loro occhi finalmente si incontrarono.
"Che c'è, ragazzina, vuoi forse offrirti tu come volontaria?" le chiese quasi abbaiando come il suo nome richiedeva, fermandosi esattamente di fronte a lei. "Bene allora, fai un passo avanti. Tu e questo damerino biondo" continuò, alludendo al ragazzo che si trovava esattamente accanto a lei.
Dopo quella selezione, lasciò gli altri ostaggi momentaneamente sotto la custodia della Donna Rossa, e condusse il ragazzo e la ragazza nella stanza dove avevano sistemato le scorte di cibo. Nel giro di qualche minuto, il Mastino capì due cose: che i due erano fidanzati e che la loro relazione non era proprio idilliaca, a giudicare dal modo decisamente autoritario in cui lui si rivolgeva a lei. Non riusciva a udire bene cosa lui le dicesse ma l'atteggiamento era chiaro. Aveva sempre odiato gli stupidi prepotenti e quando vide il ragazzo stringere con forza il braccio della ragazza e, soprattutto, l'evidente smorfia di dolore sul volto di lei, decise che ne aveva avuto abbastanza. Senza pensarci troppo, si avventò su di lui, allontandolo dalla ragazza e dandogli un pesante spintone che lo fece letteralmente gemere.
"Che c'è, non fai più il duro ora?" lo apostrofò, ringhiandogli in faccia. "Tocchi la ragazza perché non può rifarti faccia, ma con me guaisci come una femminuccia, eh? Sei solo un bamboccio del cazzo e io li odio proprio i bambocci del cazzo come te! È meglio che stai lontano da lei o la prossima volta ti sparo in faccia."
Poi, quasi senza sforzo, lo sollevò di peso e lo scaraventò di nuovo a terra in mezzo agli ostaggi che sussultarono. Quando rientrò nella stanza delle scorte, si rivolse alla ragazza che lo fissava spaventata. Però stavolta lo fissava.
"Io... Ti ringrazio, signore" mormorò, stringendosi le braccia.
Quella frase strappò all'uomo una risata quasi gutturale. "Tu mi ringrazi... E mi chiami signore? Uccelletto, sono un rapinatore e ho una pistola in pugno... Tu non hai capito niente."
Lei tacque per un qualche istante, mordendosi nervosamente un labbro. "Mi chiamo Sansa, non sono un Uccelletto" disse alla fine, mostrando assurdamente più coraggio di fronte a lui, sfregiato e minaccioso com'era, che di fronte a quell'idiota del suo ragazzo.
"Non me ne frega di come ti chiami, Uccelletto. Perché è questo che sei per me, un Uccelletto che cinguetta... E ora fila a portare il resto del cibo".
Sansa annuì e afferrò rapidamente un vassoio, lo riempì e poi  cominciò a uscire dalla stanza.  I suoi movimenti erano nervosi eppure ancora pieni di grazia. Tuttavia, quando arrivò alla porta, si fermò e si voltò verso il rapinatore.
"È vero quello che... Quello che hai detto prima? Davvero terrai Joffrey lontano da me?"
Glielo chiese fissandolo dritto negli occhi e il Mastino non potè che notare la paura nel suo sguardo insieme alla speranza. Era spaventata, era vero, ma non di lui - si rese conto con sorpresa. Esitò, trovandosi per una delle poche volte nella sua vita veramente senza parole. 
"Sono un Mastino e questo è quello che i mastini fanno" disse alla fine, sforzandosi di usare un tono quasi dolce, che di certo non era abituato a usare. "Un Mastino uccide per te, ma non ti mente mai".
Quella risposta sembrò essere sufficiente, dato che lei annuì e uscì dalla stanza. Quando dopo altri dieci minuti, tutto il lavoro fu finito e tornò a sedersi tra gli ostaggi, Sansa potè constatare il modo in cui Joffrey aveva abilmente dato una propria versione di quello che era successo, lamentandosi sottovoce della ferocia del Mastino e cercando di incitare quante più persone poteva ad una ribellione. Ma mentre quasi tutti ascoltavano lui, una giovane donna bionda, che colpiva più per la sua imponenza fisica che per la sua bellezza, strisciò lentamente al suo fianco.
"Ti ha fatto del male quell'uomo?" le chiese in un sussurro, alludendo al Mastino. "Non preoccuparti, ho un piano per uscire da qui" aggiunse con determinazione, mostrandole con circospezione un telefonino che teneva in una tasca della tuta.
Sansa spalancò gli occhi, inevitabilmente stupita. Era certa che il Mastino avesse ritirato tutti i telefoni.
"Chi sei?" le chiese, più incuriosita che sospettosa.
La donna le fece un sorriso. "Mi chiamo Brienne... E, guarda caso, sono una poliziotta". 

 
**
 
La dolce Sansa, la piccola Shireen e Brienne, la poliziotta in incognito. Allora non lo sapevamo, ma tra tutti gli ostaggi erano proprio loro i veri pericoli. E indovinate un po'? Il guaio che ci avrebbe causato la poliziotta non sarebbe stato tanto peggiore dei rischi che le altre due tenere agnelline indifese avrebbero comportato. Due dei nostri avrebbero rischiato presto la vita... Un'altra vita invece sarei stata proprio io a metterla in pericolo.





 
NDA: Ce l'ho fatta a pubblicare il secondo capitolo. La parte più difficile è stata far combaciare i pezzi con la realtà delle cose, ma dato che non ci sono riuscita, vi imploro di fare insieme a me una bella sospensione del'incredulità, di fingere che Tyrion Professore riesca a sistemare tutte le questioni che sembrano illogiche e che il capo della polizia sia un tipo come Hodor, ecco ahahah. In questo capitolo ho voluto introdurre tre personaggi chiave degli ostaggi, a cui ho in mente di dare un certo ruolo, e ho inserito anche una prima scena Sansan. Nel prossimo (che ho già scritto a metà quindi potrebbe arrivare molto presto), esplorerò un po' le dinamiche tra i personaggi e anche qualcosa del passato di ben tre membri della banda. Ricordo che la voce narrante è sempre quella di Daenerys. 
Spero questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.



Il primo giorno alla Zecca stava quasi per volgere al termine, ognuno di noi faceva la sua parte e il Professore, cervello di tutta l'operazione, anche se non era con noi faceva forse più di tutti noi messi insieme. Lo Sterminatore si preoccupava di far stampare e stampare banconote su banconote e il Cavaliere scavava indefessamente per farci uscire non appena il bottino fosse stato sufficiente. Sufficiente a cosa? A diventare i più ricchi del mondo, naturalmente. Eravamo tutti piuttosto ambiziosi, ecco perché non ci sentivamo ancora in vena di festeggiare. Non dovevamo cedere la guardia, lo sapevamo bene... Solo non tutti riuscivamo a restare concentrati allo stesso modo.
 
**
 
"Allora, Cavaliere, come andiamo?" esordì lo Sterminatore, entrando nella camera blindata con un sorriso allegro.
Fu solo il suono degli attrezzi dell'altro uomo a rispondere alla sua domanda, mentre faceva il suo ingresso nella stanza metallica anche la Donna Rossa.
"Che divina meraviglia!" esclamò, notando la grande e alta pila di banconote al centro della stanza.
Custodirle doveva essere il principale scopo della camera e rubarle il principale scopo di ladri comuni. Ma il loro obiettivo era più grande, ecco perché quella pila era rimasta ancora lì intatta... Per lo meno finché la donna non decise di buttarcisi letteralmente sopra.
"Ehi, cavaliere, sai cosa sarebbe splendido fare qui sopra?" chiese, rivolgendosi all'uomo al lavoro.
"Non lo so" rispose l'interpellato, chiaramente seccato. "Ma se hai intenzione di farti una dormita, vai ad aprirti un'altra camera blindata".
Melisandre ridacchiò. "Oh quanto sei ingenuo, mio dolce Cavaliere. Intendevo fare del sacrosanto sesso... Saresti interessato?"
Il Cavaliere si ostinò a non guardarla ma era chiaro che quella proposta così esplicita lo aveva messo leggermente in imbarazzo.
Stavolta a ridere fu lo Sterminatore.
" Oh andiamo, bel bocconcino, se lui non ti vuole, posso offrirmi volontario io!" disse maliziosamente piegandosi verso di lei e facendo per sedersi a sua volta sulle banconote.
Ma lei, pur sorridendo, gli pose una mano sul petto per respingerlo. 
"Mi dispiace, Sterminatore, ma il mio sogno erotico riguarda il Cavaliere".
"Questo mi ferise. Cos'ha lui che non ho?" ribattè l'aintante biondo, fingendosi terribilmente deluso. 
"Beh, a te manca una mano intera, a lui solo quattro dita... Sono dettagli che fanno la differenza" rispose lei ridacchiando. 
Lo Sterminatore scoppiò in un'altra risata e poi si avviò verso l'uscita, augurando al Cavaliere buon lavoro, ma senza portarsi dietro la donna, che tornò a stendersi su quell'improvvisato letto dall'elevato valore economico.
"Hai intenzione di restare qui tutto il giorno?" le chiese senza mezzi termini "Sto lavorando e la tua presenza mi deconcentra".
"Oh, ma allora un quale effetto te lo faccio..." notò lei, voltando tutto il corpo verso di lui per poterlo guardare bene.
"Certo, mi innervosisci" fu la tagliente risposta, così come tagliente fu lo sguardo che finalmente le rivolse. "Invece di perdere tempo con me, perché non vai a giocare con qualcuno della tua età?"
"La mia età?" gli fece eco lei, sinceramente stupita. "So di portare bene i miei anni ma ne ho 35. Non sono una bambina..."
"E invece sì che lo sei. Io di anni ne ho 52 e ormai le conosco bene le donne come te".
"Le donne come me?" chiese lei, che ormai era talmente stupita da quell'improvvisa aggressività passiva dell'uomo da non rendersi conto di stare ripetendo le sue parole. Fino ad allora, aveva rifiutato le sue advances sempre con indifferenza, ma mai con sdegno." Tu non mi conosci per nulla" disse poi, risentita.
"Ah no? Sei una donna bellissima, questo è ovvio, e usi la tua bellezza per ammaliare tutti gli uomini. Seduci, giochi, conquisti. La vita per te è un gioco non è così?" la provocò, esternando il pensiero che aveva in mente su di lei fin dall'inizio. "Ma è vero che non ti conosco. Allora, vediamo, perchè non mi racconti come sei finita a far parte di questa rapina?"
La Donna Rossa era rimasta in qualche modo ferita da quella descrizione, ma non lo diede a vedere. "Sono una cartomante e indovina. Te lo aspettavi questo, cavaliere?" rispose invece, ritrovandosi a raccontare la sua storia. "Ho per davvero delle visioni, ma non sono sufficienti a farmi guadagnare il pane... Così a volte le ho inventate e mi hanno dato della truffatrice. Ho fatto un paio di mesi in prigione, nulla di più. Ma qualche visione l'ho avuta per davvero, ti ho detto, e una di queste riguardava una rapina. E guarda caso, il giorno dopo quella visione, il Professore mi ha contattata. È questa la rapina che fu promessa, ne sono certa!"
Aveva parlato con talmente tanta enfasi e convinzione, che l'uomo aveva lasciato andare i suoi attrezzi e l'aveva fissata, concedendole tutta l'attenzione che da lui aveva sempre cercato.
"Ritiro tutto quello che ho detto. Non ci sono donne come te, tu sei decisamente di una pazzia superiore" decretò alla fine, con ironia, ma un'ironia che per la prima volta suonava del tutto benevola.
Lei gli sorrise e poi si mise seduta, rivolta verso di lui.
"Già, sono una donna speciale. E per quanto tu ne possa dire, vuoi proprio vedere cosa c'è sotto questa mia tuta, non è vero? Beh, lo vedrai"
Prima che lui potesse dire qualsiasi cosa, la donna aprì la zip anteriore della tuta... Ma solo per tirare fuori una cipolla che vi aveva nascosto.
"Tieni, prendilo come un segno di pace. Non sei venuto per nulla a mangiare, pensavo fossi affamato..."
Il sorriso malizioso era sparito per lasciare il posto a un'espressione speranzosa e autenticamente innocente. Il Cavaliere esitò per un attimo, poi afferrò l'ortaggio e le concesse forse il primo sorriso da quando si erano conosciuti.
"Va bene, pace accettata. Ora fila via, Donna Rossa, che devo lavorare".
Lei ridacchiò ancora e stavolta obbedì prontamente. Anche se il pensiero di lei stranamente lo distrasse ancora per un po' dopo che se ne fu andata. 

 
**
 
Erano circa le dieci di sera e nell'ampio ingresso dove erano sistemati gli ostaggi era tempo di passare la cena. Sansa, che ormai era stata scelta come aiutante ufficiale, era stata chiamata di nuovo nella stanza dove si teneva il cibo, questa volta dal Guardiano della Notte, per poter servire di nuovo. Mentre preparava i vassoi per trasportare il cibo, entró nella stanza il Mastino. 
"Ciao, Uccelletto. I tuoi occhietti azzurri hanno visto qualcosa che vuoi raccontare?" 
Per un momento, Sansa fu presa dal panico, pensando alla poliziotta che l'aveva avvicinata. Ma cercò di tranquillizzarsi, dicendosi che l'uomo non poteva avere visto la scena altrimenti la reazione sarebbe stata molto meno controllata. 
"Ehm... La tua compagna con i capelli rossi è passata a prendere una cipolla prima..." mormorò, senza sapere cosa dire. 
Il Mastino la guardò confuso, poi scoppió a ridere, di quella sua risata aspra e sgradevole. 
"Uccelletto, mi aspettavo notizie sui tuoi compagni ostaggi, non sui rapinatori... Il furto di una cipolla non vale niente mentre ci stiamo fottendo milioni di milioni, non ti pare?" 
Dandosi mentalmente della stupida, la ragazza annuì e abbassò lo sguardo. Ma le prossime parole dell'uomo le fecero alzare di scatto lo sguardo. 
"Quell'idiota ti ha dato ancora fastidio?" le chiese senza mezzi termini, ma in quella domanda c'era più dolcezza di quanta Sansa era abituata a ricevere. 
"No" rispose, mostrando tutto il suo sollievo. 
"Bene, allora continua pure a lavorare". 
Il Mastino le diede le spalle, avviandosi verso la porta con delle bottiglie d'acqua da distribuire. Per un po', fecero avanti e indietro con il cibo senza dirsi nulla, ma nella mente della ragazza era iniziato un conflitto insolubile. Quell'uomo all'apparenza così feroce era stata la prima persona che l'aveva difesa da Joffrey, quando molti altri, persino i suoi amici e suo fratello Robb, erano stati zitti; inoltre per qualche ragione in sua presenza si sentiva sicura e protetta, a dispetto della pistola. E ora, benchè fosse felice dell'esistenza di una possibilità per uscire da lì, una parte di lei era triste all'idea di vedere quell'uomo dietro le sbarre probabilmente per parecchio tempo data la grandezza del colpo tentato. 
"Mastino?" lo chiamò, quando si ritrovarono nella stanza insieme. "So che non sono fatti miei ma... Ecco, pensavo..."
"Sputa il rospo, Uccelletto".
"Ecco, non sarebbe più saggio trattare con la polizia? I poliziotti riusciranno a entrare qui prima o poi e voi sarete presi... Invece se vi consegnate adesso, magari saranno clementi. Non è tardi per tornare indietro". 
Sansa si era fatta coraggio e aveva parlato a ruota libera ma quando incontrò lo sguardo dell'uomo, la ferocia che vi lesse dentro le fece desiderare di non aver mai suggerito una simile idea. Tuttavia, per fortuna quella rabbia non era diretta verso di lei. 
"La polizia? Io ci sputo sopra la polizia!" esclamò lui con furore. "La vedi questa bella cicatrice? Tu credi che sia facile per me trovare un lavoro con questa faccia orribile? No, solo il criminale ho potuto fare per tutta la vita. E vuoi sapere chi devo ringraziare? È stato mio fratello a farmi questa cicatrice, a spingermi la faccia nel fuoco... E quello stronzo di mio fratello è un fottuto poliziotto! Quindi, non venirmi proprio a parlare di polizia!"
Un lungo silenzio seguì quella confessione. Sansa lo guardava, senza osare parlare, ma nel suo sguardo c'era un grande dolore. 
"Mi dispiace..." mormorò dopo un po', pur sapendo che era solo una delle vuote parole che lui non avrebbe esitato a chiamare cinguettio. 
Ma lui non rispose. Tacque e tacque ancora, finchè con un gesto rude non le porse una confezione sigillata. 
"Tieni. Lo Sterminatore ha richiesto un dolcetto per quelli della banda, ma a me i dolci fanno proprio schifo. Prendilo tu, se ti va". 
Sansa afferrò la confezione e se la rigirò tra le mani. 
"Dolcetti al limone, i miei preferiti" mormorò, dando un'occhiata al contenuto. 
E di fronte a quell'atto di pura gentilezza, anche se nei modi peggiori che si sarebbero mai potuti desiderare, gli sorrise sinceramente. Il Mastino non poteva saperlo, ma quello era il primo autentico sorriso che Sansa Stark faceva da tanto, tanto tempo.

 
**
 
Si incrociarono nella stanza che avevano predisposto come loro quartier generale: la Madre dei Draghi stava finendo di dare vita ai suoi preziosi esplosivi, mentre il Guardiano si era appena fatto dare il cambio dalla Donna Rossa nel controllare gli ostaggi per poter riposare un paio di ore.
"Ciao".
"Ciao a te".
Un saluto fugace, accompagnato da sguardi incerti. Dalla loro notte insieme non avevano avuto modo di parlare, anche perché quel preciso momento era il primo in cui si trovassero effettivamente soli. Erano entrambi imbarazzati, ma il loro imbarazzo non era dello stesso tipo. La donna infatti voleva un contatto, come dimostrava il fatto che aveva sospeso il lavoro e mosso qualche passo verso di lui; l'uomo, d'altro canto, sembrava scostante e sfuggente.
"Allora, come andiamo?" tentò lei, accennando un sorriso. 
Il Guardiano scrollò le spalle. "Beh, per il momento tutto sembra tranquillo. Gli ostaggi non hanno creato troppi problemi, lo Sterminatore sta facendo stampare un sacco di banconote e il tunnel..."
"Mi riferivo a noi due, veramente" lo interruppe  lei, in tono deciso ma anche vagamente divertito. 
Lui sorrise impacciato e lei colse quello come un segnale di apertura. Si protese verso di lui per baciarlo, ma appena le loro labbre si sfiorarono, lui si sottrasse e le afferrò con fermezza le braccia come per tenerla lontana.
Lei non disse nulla, ma lo smarrimento e la tristezza sul suo volto erano evidenti. 
"Mi dispiace" disse lui, immediatamente, nel tono più dolce che poteva trovare. "Ma non possiamo, non ora. Già una volta mi è capitato di mandare a monte un'operazione per una donna e, vedi, non posso permettermelo. Ho un dovere che non posso tradire". 
Per un attimo la questione era virata da quello che c'era tra loro due a qualcosa di diverso, quello che solamente lui aveva vissuto nel suo ancora sconosciuto passato. 
"Non credo di capire, Guardiano". 
"Vedi, io ero un orfano. Hai presente quelle storie di orfanotrofi terribili? Beh, è lì che sono cresciuto anche io" inizió a raccontare, con leggera esitazione. "Una volta uscito, non avevo un posto dove andare, non sapevo chi ero, finchè un gruppo di uomini noto come La Barriera non mi ha trovato. Sono stati loro a mostrarmi come c'è onore anche nel crimine e portare al termine nel modo giusto un'operazione è un dovere da non trascurare. È stato la mente della Barriera, l'anziano Aemon a dirmi che l'amore è la morte del dovere. Quindi, è meglio se stiamo lontani, lo capisci questo?"
La Madre dei Draghi aveva ascoltato tutto con interesse e annuì, concorde. Se tutto quello che lui voleva era aspettare di uscire di lì, allora avrebbe aspettato. Ma l'incertezza del Guardiano aveva in realtà radici più profonde e forse lei lo avrebbe compreso se avesse prestato più attenzione a quello che aveva detto... Già una volta lui aveva rischiato per una donna.
Invece, lei non indagó su quel punto, si professó d'accordo ma, poi, come se fosse un ultimo saluto per suggellare il loro accordo, tentò di baciarlo ancora. Questa volta lui non la bloccó apertamente, ma istintivamente spostó la testa. 
 
**
 
L'amore è la morte del dovere, oh, avrei dovuto capirlo anche io. Quello che davvero passava per la mente del Guardiano lo avrei scoperto solo tempo dopo, ma a me non interessava in quel momento. Difficilmente mi ero sentita così ferita in vita mia. Senza dire una parola, ignorando i suoi tentativi di richiamarmi indietro, lasciai la stanza con tutti i miei esplosivi. 
Quella notte dovevo piazzarli lungo tutti i punti strategici per un'eventuale irruzione.
Quella notte commisi un grossolano quanto fatale errore.
Eppure, ancor prima di scoprire l'errore dei miei esplosivo, fu un'altra la bomba ad esplodere nelle prime luci dell'alba del secondo giorno.

 
**
 
Lo Sterminatore aprì gli occhi di scatto e si alzò dal divano su cui era steso per raggiungere la cornetta del telefono.
"Professore, hai idea di che ora è? O nella Zecca c'è un fuso orario?"
"Mi dispiace svegliarti Sterminatore di Re" giunse la voce ironica dall'altro capo. "Ma anche io sono stato svegliato da una chiamata pochi minuti fa... Da parte del nostro caro amico informatore della polizia".
Lo Sterminatore soffocó uno sbadiglio. "Cosa aveva ora da dire il Ragno Tessitore?"
"Che sei un idiota, che siete tutti degli idioti" rispose il Professore con un tono improvvisamente duro. "Qualcuno degli ostaggi è riuscito a inviare la foto di uno di voi e ora sanno chi è. Ora, Sterminatore, vuoi spiegarmi come cazzo è stata possibile una cosa del genere?" 
Il capo della banda sgranò gli occhi, ogni traccia di sonno sparita. 
"Chi... Chi hanno identificato?" 
"Sandor Clegane" 
Istintivamente, lo Sterminatore si lasció sfuggire un sospiro di sollievo. Non conosceva quel nome, tutto ció che sapeva è che non era il suo. 




 
NDA: Ma quanto sono belli Davos e Melisandre che flirtano? *.* No, va bene, mi dò un contegno e torno seria ahahah Eccomi qui con il terzo capitolo: si sono scoperte un po' le storie di Jon, Melisandre e Sandor e un primo problema comincia a emergere. Ho inserito alcuni richiami a got (come l'origine della cicatrice di Sandor, la frase di Maestro Aemon e Jon che rifiuta di baciare Daenerys come nella S8), mischiandoli a elementi derivanti dalla casa di carta (tipo Melisandre che si lancia sul letto di banconote come Denver). Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, spero di pubblicare il prossimo al più presto! Alla prossima!

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