American dream

di saitoxlouise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tasselli di un puzzle ***
Capitolo 2: *** Incontri e Scontri ***
Capitolo 3: *** Due Takao sono peggio di uno ***
Capitolo 4: *** Coppia che scotta ***
Capitolo 5: *** Cominciò tutto così ***
Capitolo 6: *** I nodi vengono al pettine ***



Capitolo 1
*** Tasselli di un puzzle ***


Il fruscìo pulito della retina stava a significare una cosa soltanto: l'ennesimo canestro perfetto. Pulito, senza la benché minima sbavatura, nonostante ormai fosse quasi il centocinquantesimo tiro, il tutto come esercizio individuale e assolutamente facoltativo successivo al già di per sè estenuantissimo allenamento di squadra di ben due ore e mezzo. 
Dopo tanto sport, come sempre, le braccia iniziavano lentamente a muoversi per conto proprio, dando dei piccoli accenni di una sempre più crescente volontà di ribellarsi ai comandi del cervello che così tanto le stava mettendo alla prova.
Suo unico, per quanto piccolo, conforto, anche se mai e poi mai nella vita lo avrebbe ammesso, era la compagnia di Takao, che, al pari di lui, non aveva digerito la recente sconfitta contro la Rakuzan all'ultima edizione della Winter Cup, nè quella un po' più datata all'Inter High contro la Seirin.
Queste due indelebili macchie al suo orgoglio erano il motivo principale per cui anche di sabato si sottoponeva con il compagno ad un allenamento così intenso. Del resto, lui faceva tutto ciò che era umanamente possibile, per questo non sbagliava mai un tiro. "L'uomo propone, Dio dispone", lo aveva detto, a se stesso ancor prima che agli altri, così tante volte che ormai erano parole che facevano parte della sua stessa essenza.
Quando finalmente insaccò il duecentesimo ed ultimo canestro consecutivo, erano ormai le sette passate.
Raccolto il borsone, la shooting guard dei Miracoli si diresse nel più austero silenzio negli spogliatoi, seguito a ruota dal playmaker della sua squadra, nonché (e anche qui difficilmente lo avrebbe ammesso spontaneamente) caro amico.
Fu proprio questi, una volta entrati sotto la doccia, a chiedergli di prestargli il suo shampoo, disturbandolo bruscamente dall'idilliaco incontro fra la sua pelle e il caldissimo getto d'acqua della doccia aperto alla massima portata. Shintarou adorava farsi la doccia, era veramente uno dei pochi momenti della giornata che sentiva di apprezzare dal profondo del cuore, ma la adorava se fatta nel più assoluto silenzio.
Solo così gli sembrava quasi di riuscire a sentire con le orecchie i suoi stessi pensieri, anche quelli più nascosti. Era difficile da spiegare, ma in pratica la doccia era il momento in cui più di ogni altro si avvicinava ad uno stato di pace con se stesso, e forse anche con il resto del mondo. Per questo gli piaceva lavarsi dopo una sessione extra di tiri, perchè nel frattempo tutti gli altri compagni di squadra se ne erano andati. Tutti tranne Takao.
Per carità, a volte era divertente anche farla con gli altri; diciamo quindi che la combinazione ideale era farsi almeno cinque docce su sei in santa pace.
"Sai, Shin-chan, ho sentito due matricole bisbigliare che in realtà noi due siamo omosessuali..."
"Cosa!?" Tuonò lui, per una volta molto più interessato a dialogare che ai suoi monologhi interiori su come dovrebbe farsi il bagno.
"Dicono che aspettiamo che tutti escano dallo spogliatoio per-"
"Non aggiungere altro-nanodayo. Voglio i nomi."
Kazunari scoppiò a ridere, rassicurandolo che da quel momento non ci sarebbero più stati simili malintesi. Alla richiesta di spiegazione da parte del verde, il numero 10 della Shutoku, con un sorriso a 32 denti, annunciò solennemente che quella sera gli avrebbe presentato la sua nuova ragazza.
Lì per lì, Midorima lo offese semplicemente, dando per scontato che si trattasse dell'ennesimo scherzo dell'amico. Ma poiché questi non accennnava ad ammettere di aver mentito, la possibilità che per una volta stesse dicendo la verità lo colpì come un fulmine a ciel sereno.
Non è che fosse un amante del gossip o simile, anzi, di solito simili argomenti non lo interessavano minimamente. Ma il fatto che qualcuno così vicino a lui si fosse trovato la fidanzata prima di lui, sotto sotto, era una ferita nell'orgoglio.
Com'è ovvio, non è che passasse il tempo a cercare una partner, anzi, era proprio l'ultima delle sue preoccupazioni, ma questo solo perchè era sempre stato ingenuamente ed incosciamente convinto che prima o poi quella giusta sarebbe arrivata da lui senza che egli si fosse sforzato per cercarla, e soprattutto che tutto il mondo, o almeno il suo mondo, sarebbe rimasto immutato fintanto che ciò non fosse accaduto.
Cosa ne sarebbe stato dei loro sabati sera trascorsi insieme? Non era tanto che Takao lo abbandonasse a preoccuparlo, quanto piuttosto che provasse ad inserire anche la sua compagna fra di loro, così che da quel momento in avanti avrebbe dovuto sopportare due rompiscatole invece che uno solo.
Ma poiché quella sera, oltre a loro, ci sarebbero stati anche alcuni amici e amiche, il problema, almeno per quella settimana, non sussisteva. E, come dice il detto, non rimandare a domani quello che puoi rimandare a dopodomani.

UNA SETTIMANA PRIMA

"Dai-chan!! Gli allenamenti sono già iniziati!"
Il ragazzo aprì lentamente gli occhi, godendosi la brezza primaverile di fine aprile, che da nessun altra parte accarezzava così delicatamente la sua scura pelle come sul tetto dell'Accademia Too.
Non aveva voglia di allenarsi, e questo era un dato certo. Ma aveva ancor meno voglia di sorbirsi le strigliate di Momoi, e pertanto, seppur ciondolando svogliatamente, si diresse verso la palestra.
Non si allenava cinque/sei giorni a settimana come quei pazzi della sua squadra(e degli altri team di livello nazionale), ma quanto meno aveva ricominciato a bazzicare nel campo da basket almeno un allenamento ogni due.
"Ce ne hai messo di tempo! Perché mi chiedi di venire a vederti, se poi non ti presenti?!"
Gli domandò, fingendosi indispettita, Nene. Aomine, in tutta risposta, si limitò a darle un bacio piuttosto aggressivo, raggiungendo poi i compagni di squadra.
Satsuki, per quanto le dispiacesse ammetterlo, non riusciva ad accettare l'esistenza di Nene. Era simpatica ed era anche una brava persona, ma da quando si era messa con il suo amico di infanzia non aveva fatto altro che pensare a lui, e la gelosia le aveva in poco tempo fatto dimenticare, per quanto lei stessa ne fosse rimasta schockata, il suo amore non corrisposto per Tetsu.
Ad essere precisi, tutto era cominciato dopo la Winter Cup dell'anno precedente, quando a poco a poco, alla notizia che Daiki avesse cominciato ad allenarsi, un consistente numero di stupide galline del primo anno e della scuola media Too(affiliata con l'Accademia Too) aveva iniziato a seguire la squadra di basket, andando in calore ad ogni canestro di Dai-chan. 
Tra di esse, vi era anche Nene, che attualmente era matricola nella loro stessa scuola, e che aveva deciso di rubargli il suo amico di infanzia poco prima dell'inizio dell'anno, durante le vacanze primaverili. 
Il pretesto per abbordarlo era stata la finale del torneo primaverile di basket liceale, dove la Too aveva perso di un misero punto a causa di un disperatissimo buzz beater da metà campo segnato da Himuro, il quale sullo scadere aveva segnato tre punti per la Yosen che era ormai data per spacciata in quanto sotto di due ad un secondo dalla fine e lontanissima da canestro.
L'amarezza per una sconfitta così immeritata era tanta, e quella furba se ne era approfittata per sedurlo. Satsuki pensò di essere stata una stupida, ad essersi accorta solo allora che in realtà la persona di cui era innamorata non era Tetsu(a cui ovviamente voleva un bene dell'anima), ma quello stronzo di Daiki.
Ah, però se non c'era lei a pensarci, non era di certo Nene a passare da casa sua per svegliarlo tutte le sante mattine, o a costringerlo ad allenarsi, o a passargli i compiti le frequentissime volte che lui se lo scordava!
La manager della Too si allontanò dall'edificio, alla ricerca di un po' d'aria. Stava diventando sempre più fastidioso vedere quei due insieme, e non le piaceva sentirsi così. Le sarebbe piaciuto pensare che fino a che Dai-chan fosse stato felice, anche se non con lei, anche lei lo sarebbe stata per lui, un po' come valeva per la sua prima cotta, Tetsu-kun. Ma stavolta era diverso, per la prima volta in vita sua sentiva con quanta potenza la gelosia potesse travolgere l'animo di una persona.
Camminando sovrappensiero, la ragazza cozzò contro un compagno di scuola, rovesciando sul pavimento il plico di fogli che quest'ultimo stava trasportando.
"Sono mortificata, ero con la testa fra le nuvole! Aspetta, ti aiuto a raccoglierle..."
"Figurati! Aspetta, ma tu sei Satsuki Momoi-san, giusto?" Le chiese il ragazzo, probabilmente un senpai del terzo anno.
"S-Sì... perché?"
Il ragazzo parve notevolmente sollevato dall'apprendere l'identità della sua interlocutrice.
"Menomale, ti stavo proprio cercando!"

Il venerdì pomeriggio gli spalti della palestra della Seirin erano affollatissimi. La squadra di basket uscente campionessa dall'ultima edizione della Winter Cup, del resto, suscitava non poco interesse fra gli studenti, e, soprattutto, tra le studentesse, che non vedevano l'ora di ammirare il fisico e la potenza di Kagami, il quale per contro neanche si accorgeva di essere osservato.
Ma il motivo per cui proprio il venerdì era il dì più affollato era che in quel giorno, con cadenza settimanale e a partire da poco dopo la vittoria alle nazionali, la squadra organizzava, alla fine dell'allenamento, una partitella in scioltezza fra gli studenti del secondo(ormai terzo) anno e quelli del primo(ormai secondo).
"Suzuki-san è venuta a vedere la partita, stavolta."
"Gwah! Kuroko, maledetto! Ti ho detto mille volte di non comparire dal nulla all'improvviso!" Sbraitò il rosso, sorpreso dall'ennesimo intervento atono, per quanto improvviso, dell'amico. 
Per tutta risposta, il celeste accennò un lievissimo sorriso ed inarcò un sopracciglio, come a far capire all'asso della squadra che la sua affermazione precedente sarebbe rimasta sospesa fintanto che non avesse avuto una risposta.
Per il numero 10, invece, la questione non esisteva proprio, visto che nello spavento del momento non aveva di certo prestato attenzione a cosa gli fosse stato detto. Pertanto, dopo aver sospirato platealmente(se così si può dire considerando che Kuroko poteva essere tutto fuorché plateale), il sesto uomo fantasma ripeté la frase, e questa volta l'amico si irrigidì come una tavoletta di legno, non sapendo se essere più disturbato da quanto avesse sentito, o dal fatto che Tetsuya avesse inspiegabilmente intuito qualcosa che lui stesso, per quanto interessato in prima persona, aveva appreso solo dopo un paio di mesi.
"Co...Come fai a-"
"Sono un maestro nell'osservare le persone. Non capisco come mai trascorriate mattinate intere a lanciarvi occhiate sognanti, se poi non vi date nemmeno il buongiorno quando entrate in classe."
Gli rispose Kuroko, con quel suo modo di essere obiettivo che non trasudava reali intenzioni di vantarsi della propria perspicacia né di prendersi gioco della sua timidezza, ma che comunque gli faceva arrivare il sangue al cervello.
Taiga era sempre stato molto goffo nell'esprimere quello che provava, e questa sua inettitudine, col tempo, si era trasformata in una vera e propria demenza per quanto concerneva qualunque forma di contatto con il gentil sesso. La verità era che lui le donne non le capiva proprio. Per uno stupido come lui, l'unica cosa degna di attenzioni era il basket, che, nella sua complessità, gli risultava la cosa più semplice e lineare, una funzione vitale essenziale come poteva essere mangiare o bere. Ma, le donne, loro dicono che hanno sete, e invece poi si scopre che hanno fame ma pensavano di avere sonno. Non riuscendo a capirle, era comprensibile che avesse paura di loro. Tutto ciò che non conosciamo ci spaventa e tira fuori il peggio di noi, ecco perche sarebbe importante debellare l'ignoranza delle persone di tutto il mondo una volta per tutte.
Non era un pensiero suo, il professore lo aveva fatto leggere davanti alla classe a Suzuki dopo la riconsegna delle verifiche, perché le sue idee lo avevano colpito, e Kagami in quel momento aveva realizzato quanto indegno di attenzioni potesse essere una capra come lui davanti a una persona intelligente e austera come la sua compagna di classe.
Tetsuya invece era molto più abile di lui, con le donne, tant'è una sventola come Momoi gli aveva fatto il filo per quasi quattro anni. Tra l'altro, da quel poco che aveva avuto modo di vedere, durante la prima superiore era stato anche fidanzato con una compagna di classe con cui si era messo insieme ai tempi della scuola media Teikou, ma non ne sapeva molto, nè della loro storia nè del perchè si fossero lasciati, e non sapeva nemmeno perchè avesse sempre cercato di fargliela incontrare il minimo indispensabile, né perché si fosse sempre ostinato a tenergli tutto segreto, quando su ogni altro argomento entrambi si confidavano l'un l'altro senza problemi.
"Perché non siete ancora in posizione per la palla a due?!"
Tuonò la coach, seguita a ruota dal capitano. Ormai quei due, per quanto solo de facto, erano dei veri e propri piccioncini, tanto da far venire il diabete.
"La ragazza che piace a Kagami-kun è venuta a fare il tifo per lui."
"Kuroko, maledetto!?" Inveì nuovamente l'ala grande, ma ormai la frittata era fatta.
Con dei sorrisi sornioni da imbecilli stampati sulla faccia, tutti i senpai della squadra posarono una mano sulla possente spalla del loro asso, incoraggiandolo a darci dentro.

I membri della squadra del secondo anno erano: Kagami, Kuroko, Furihata, Kawahara e Fukuda. Il team del terzo anno, invece, schierava: Mitobe, Tsuchida, Koganei, Hyuuga e Izuki. Kiyoshi, ancora convalescente dall'intervento in America, sarebbe entrato solo nel secondo quarto(la durata della partita era stata ridotta a 20 minuti).
Grazie alla sua straordinaria elevazione, Taiga vinse la palla a due contro Mitobe, lanciando la sfera in direzione di Furihata. Quest'ultimo la lanciò proprio verso Izuki, il suo marcatore. Quello che poteva sembrare ingenuamente un errore, si rivelò invece una buona tattica per passare subito in vantaggio. Kuroko apparve infatti dal nulla, scagliando la palla in direzione del canestro, dove Kagami la afferrò con ambo le mani, effettuando una schiacciata potentissima.
La folla esultò, ma c'era un solo sguardo che cercò di incrociare una volta atterrato: anche lei sembrava piuttosto impressionata. Aveva un'espressione bellissima quando palesava stupore per qualcosa, era simile a quella che le vedeva fare in classe quando il professore spiegava un argomento difficile e lei riusciva a capirlo al volo.
Una pallonata colpì Taiga in pieno volto, facendolo giungere alla conclusione che mai più gli sarebbe convenuto distrarsi durante un match.
Dopo il dovuto break, dove egli rifiutò gli inviti dei compagni ad abbandonare il campo, la partita ricominciò. La squadra più giovane, per quanto meno esperta, riuscì a concludere con un parziale di 20 a 15, soprattutto grazie all'incontenibile talento della luce e dell'ombra della Seirin.
Ma il secondo tempo era diverso; ci sarebbe stato anche Teppei. Ed infatti, con una doppia marcatura su Taiga, quest'ultimo e Mitobe riuscirono a tenerlo più o meno a bada, permettendo agli altri tre di ribaltare la situazione ad un minuto dalla fine, per un punteggio parziale di 27 a 26.
"Stai giocando da schifo. Sono sicuro che Suzuki-san si sia pentita di essere venuta a vederti oggi." Affermò dal nulla Kuroko, spaventando nuovamente l'amico.
"Non è certo venuta per me, baka! E, comunque, non è facile concentrarmi sentendo il suo sguardo puntato addosso. Adesso pensiamo al gioco, non voglio che mi veda perdere." Rispose affranto il rosso, rincuorandosi da solo subito dopo.
Ma Kagami non era l'unico pericoloso. Combinando il Vanishing Dribe con il Phantom Shoot, infatti, Tetsuya riportò la sua squadra in vantaggio di un punto a quaranta secondi dalla fine, ma i senpai fecero altrettanto a venti secondi dalla sirena, riportandosi sopra per uno score di 29 a 28 grazie ad una prodezza di Teppei. Nell'ultimo disperato contropiede, per la fretta, Furihata perse palla. Ne approfittò Izuki, dirigendosi tutto solo verso canestro. Era finita.
Il playmaker eseguì un semplice lay-up, ma il suo tiro fu intercettato da una potente stoppata di Kagami. Kuroko recuperò il pallone, scagliandolo poi dall'altra parte del campo, dove la sua luce si era già posizionata per ricevere il passaggio. La marcatura di Kiyoshi era stretta, ma il rosso passò a sorpesa la palla indietro a Kuroko. Junpei saltò per murare il tiro, ma si era scordato che il numero 11 era un'ombra. Lo pseudo-tiro del sesto uomo fantasma si rivelò infatti essere un perfetto alley-up per Taiga, che nel frattempo aveva trovato lo spazio per effettuare uno dei suoi super salti. Ma Mitobe e Teppei avevano previsto la sua mossa, ed avevano perfettamente preso i tempi per stoppare la sua schiacciata ad una mano. Era finita, stavolta sul serio.
"Tira!" Urlò qualcuno dagli spalti.
Quella voce, non poteva crederci, era la sua, era proprio di lei... Non poteva perdere, non davanti a lei. A qualunque costo, anche a costo della vita, avrebbe messo dentro quel tiro.
Cambiando posizione a mezz'aria, nonostante la doppia marcatura, l'asso della squadra effettuò una potente meteor jam, facendo vincere i kouhai ad un secondo dalla fine.
Malgrado le standing ovations della folla degli spettatori, Hyuuga non poté che trovare l'esecuzione di quella mossa così difficile e la rapidità del suo rientro in difesa(nonché della sua transizione in attacco)eccessivamente di alto livello persino per un giocatore al pari della Generazione dei Miracoli. C'era una sola spiegazione plausibile: Bakagami era entrato nella Zone durante l'allenamento, cosa che gli era stata categoricamente proibita. Dio solo sapeva cosa gli avrebbe fatto Riko(che sicuramente se ne era accorta, se ci era arrivato lui).
"Stupido di un Bakagami, fai il giro della scuola camminando. Sulle mani. Cinque volte. Adesso." Esordì infatti la coach, sprigionando l'aura omicida di chi non andava contraddetto per nessuna ragione al mondo.
"C-C-Coach..." Provò a supplicare in lacrime lui.
"Aveva giurato a Suzuki-san che le avrebbe dedicato la vittoria di oggi." Intervenne inespressivamente Kuroko, suscitando le proteste del rosso.
Adesso tutta la squadra sapeva chi fosse la persona in questione, ma quanto meno la pena cui era appena stato condannato fu revocata. Ancora una volta, con la sua fastidiosa seppur utile schiettezza, Tetsuya lo aveva aiutato, e non poco.

Il getto caldo della doccia era veramente piacevole, soprattutto considerando che oramai in palestra erano rimasti solo loro due, che più o meno era come avere tutta lo spogliatoio a disposizione, data la scarsa presenza di Tetsuya.
"Sai, Kagami-kun, ho sentito due matricole bisbigliare che in realtà noi due siamo omosessuali."
"Cosa!?" Tuonò il rosso.
"Dicono che aspettiamo che tutti escano dallo spogliatoio per-"
"Non aggiungere altro. Voglio i nomi."
Il celeste sorrise, ignorando l'ordine. Se non aveva sbagliato i calcoli, quella sera sarebbero tornati a casa separatamente, e inoltre i dubbi sulla loro presunta non eterosessualità si sarebbero definitivamente dissipati.

Quando finalmente il rosso uscì dalla palestra, erano già le 19 passate. Kuroko lo aveva stranamente liquidato dicendo che aveva delle faccende da sbrigare, per cui sarebbe tornato a casa da solo.
La stradina asfaltata che conduceva verso l'uscita dell'edificio era oramai deserta, dato l'inusuale orario a cui si stava accingendo a rincasare, eccezion fatta per una ragazza dai bellissimi capelli castani, che, poco più avanti, se ne stava abbastanza abbattuta in volto ad osservare il display dello smartphone.
"Ti serve aiuto?" Le chiese gentilmente il ragazzo, rimanendo pietrificato una volta che questa si fu girata. 
Era proprio lei, con quei bellissimi occhi marroni che lo stavano scrutando con la stessa attenzione e curiosità con cui un archeologo ispeziona una tomba appena rinvenuta, con quella pelle diafana che la faceva sembrare una scandinava, con quei lineamenti del viso così dolci che esternavano la sua nobiltà d'animo e la sua rettitudine, e con quel suo corpo slanciato nella giusta misura che la faceva sembrare così minuta a confronto con lui e al contempo così svettante rispetto alla media nipponica.
Vedendola così da vicino, per poco non ci rimase secco. Era troppo bella, troppo pura, e troppo irraggiungibile perché un inetto come lui si sognasse di averla, ed era bene che se lo ricordasse. Due giorni prima uno dei più popolari studenti del terzo anno ci aveva provato con lei, ma lei non gli aveva concesso neanche un appuntamento. Lo aveva rifiutato con una gentilezza e dolcezza quasi ossimoriche rispetto al contesto ed alle parole che gli aveva detto. Perché lei era capace anche di districarsi nelle contraddizoni umane, ed uscirne vincitrice, con la stessa umile maestosità(un altro ossimoro che le apparteneva) delle principesse delle fiabe.
"K-Ka...Kagami...kun... Ciao..."
Gli sussurrò lei una volta che lo riconobbe, dopo essersi ripresa dallo spavento iniziale(vedersi comparire un gigante da dietro può, a certe condizioni, fare un po' di paura lì per lì). La verità era che, all'uscita, aveva perso le sue amiche nella calca, e mentre lei era rimasta come una fessa ad aspettarle, queste avevano ben pensato di squagliarsela da sole, liquidandola con un messaggio(sospettava che lo avessero fatto intenzionalmente nella speranza che Kagami la approcciasse, ma non ne aveva le prove).
Già che c'era, la ragazza si congratulò con lui per la partita. Era stato davvero bravo. E, visto che oramai avevano sciolto il ghiaccio, gli raccontò a grandi linee del perché fosse rimasta da sola, omettendo ovviamente alcune parti sensibili della storia.
"E' pericoloso tornare a casa da sola a quest'ora. Mi sento più tranquillo ad accompagnarti."
Affermò candidamente il cestista, sinceramente preoccupato che con l'abbuiarsi qualche malintenzionato ne avesse approfittato per avvicinarsi a lei.
La ragazza, un po' sorpresa ma per nulla spaventata dall'iniziativa del compagno di classe, acconsentì volentieri, ringraziandolo per la premura. D'altronde, Kagami era fatto così. Lui era una delle poche persone sinceramente di cuore, la sua gentilezza era fine a se stessa e non di certo strumentale ad ottenere vantaggi personali in un secondo momento. Anche (ma non solo) per questo lo ammirava tanto.
Contrariamente ad ogni previsione, tra l'altro, entrambi si erano dimostrati particolarmente loquaci sulla via del ritorno, dando vita ad una conversazione molto interessante che si autoalimentava, e rimanendo entrambi soddisfatti della bella chiaccherata cui avevano avuto modo di partecipare. C'era una sola cosa che dispiaceva alla castana, una malinconia che aumentava di intensità man mano che si avvicinavano verso casa.
L'affiatamento che stavano dimostrando in quelle centinaia di metri, sarebbe andato perduto una volta salutati? Diciamoci la verità, lei non aveva il coraggio di riapprocciarlo il lunedì mattina seguente, e non le sembrava che lui fosse più bravo di lei ad interagire con gli altri. Era anche per questo che le piaceva. Lasciava l'amaro in bocca pensare che questa loro passeggiata sarebbe stata soltanto un bellissimo sogno, al risveglio dal quale entrambi avrebbero continuato a comportarsi come estranei. E, sfortunatamente, il tanto odiato arrivo a casa arrivò con la stessa inesorabilità con cui prima o poi tutte le bugie che una persona dice vengono a galla.
"E-Ecco, Suzuki... E' stata veramente una piacevole conversazione..."
"E' vero! Mi ha fatto molto piacere che tu mi abbia accompagnato..." Si dissero, esaurendo la dose di coraggio che avrebbe dovuto servire loro per tutta la vita.
"S-Se a te va bene, allora, ti... sì, well(Oh no, merda! Quando andava nel pallone non riusciva a distinguere il giapponese dall'inglese e gli venivano fuori delle frasi orripilanti!), potremmo... fare la strada insieme... qualche volta..."
Se inizialmente si sarebbe ammazzato per aver provato a uscirsene fuori con qualcosa ben al di fuori delle sue corde, l'espressione contenta della ragazza alla sua richiesta non poté che indurlo a comportarsi sempre più coraggiosamente da quel momento in avanti: era davvero bellissima quando era felice.
"S-S-Sì! S-Se...Se non ti disturba, ovviamente! Ne sarei felicissima!"
Rispose lei, inizialmente pentendosi di aver lasciato trapelare troppo entusiasmo. Ma l'espressione sollevata ed incoraggiata di Taiga alla sua risposta la convinse a comportarsi in maniera sempre più audace da quel momento in poi: era troppo tenero, veramente troppo carino, quando sorrideva.

La ragazza entrò a casa, chiudendosi la porta alle spalle con un gran sospiro liberatorio: dopo tutta quella tensione, le ginocchia non le ressero più, tanto che, strusciando con la schiena sulla parete, alla fine si ritrovò seduta in terra.
"Allora, com'è questo famoso Kagami-kun?" Si sentì dire dalla cucina.
"One-chan! C-Come fai a sapere-"
"La foto della sua schiacciata finale contro la Rakuzan, quella che tieni nascosta sotto il tuo materasso in pratica, parla da sola..." Le rispose, sorridendo vittoriosa, la sorellina, al contempo estraendo la foto in questione dalla tasca del pantalone per mostrargliela.
"R-R-Ridammela!" Tuonò Asia, iniziando ad inseguirla. E siccome, non riuscendo ad agguantarla, probabilmente alla fine si sarebbe messa a frignare, alla fine Nene si decise a restituirle la refurtiva. Era davvero buffo che, nonostante fosse la più piccola, fosse stata proprio lei ad aver trovato per prima un ragazzo. Del resto, quella era la prima volta che Asia, la più anziana, dimostrava interesse per il sesso maschile: doveva trattarsi di una persona veramente fenomenale!
"E comunque," precisò Asia, "ho comprato questa foto a scuola solo perchè mi piace il basket!"
"Ah davvero?" la incalzò Nene "E allora dimmi: cosa succede se, mentre stai tirando a canestro, il difensore commette fallo?"
"C-Calcio di rigore?" Provò titubantemente l'interrogata.
Nene scoppiò a ridere, non riuscendo a concepire come potesse, una persona colta come lei, essere così ignorante quando si parlava di sport. Non c'era niente da fare, nessuno avrebbe detto che fossero sorelle, da quanto erano diverse: lei più bassina(1.59 m) e formosa, sua sorella maggiore più alta (1.69 m) e slanciata. Lei energica, forte, sportiva, solare e divertente, Asia intelligente, gentile, timida, composta e frignona. Nene con i capelli viola, Asia con i capelli castani. 
Eppure avevano lo stesso cognome! Forse, beh sicuramente, tanta differenza fra le due era dovuta al fatto che avessero due madri diverse...

NEL FRATTEMPO, IN QUALCHE QUARTIERE DI LOS ANGELES

Un'enorme nuvola di fumo si levò in aria, ma il soffitto e le pareti di quel privè impedirono al gas di dissiparsi all'esterno. Non che importasse a qualcuno in quel momento, visto che nessuno si sarebbe mai permesso di rimproverare i Jabberwock.
Nash si sentiva piuttosto sballato, ma aveva ancora un ottimo controllo e una buona percezione dell'ambiente esterno. Non gli piaceva dare di matto completamente, a differenza di Jason, che ricevette infatti un'occhiataccia truce dal suo capitano affinché la smettesse di giocherellare con i divanetti in pelle fino ad usurarli completamente.
Giocherellare era molto riduttivo, dal momento che quel bestione di 115 kg ci stava saltando sopra a ripetizione stile Fosbury. Non gli importava se spaccava tutto, anzi, di solito lo facevano insieme, ma in quel momento sotto al tavolino stava ricevendo un bel servizietto da una sua fan, e non voleva che le cascasse addosso proprio durante il momento clue.
Allen e Zack intuirono l'irritazione del biondo, e riuscirono a convincere Silver a spostarsi con loro nella stanza accanto, dove gli avrebbero presentato delle ragazze.
Nel frattempo Nick uscì dal bagno insieme alla sua ragazza, anch'egli piuttosto stordito in faccia.
"Ragazzi, sono le 8 del mattino, fra due ore abbiamo la partita e non abbiamo ancora chiuso occhio. Non dovremmo andarcene?"
Gold Jr si girò verso il suo compagno, colui che conosceva da più tempo di tutti. Era una fortuna che ci fosse qualcuno con un minimo di sale in zucca oltre a lui in quella squadra, se così si poteva chiamare quello strano gruppo.
"Me ne ero scordato, comunque ormai facciamo after. Potremo dormire durante la partita."
Nick sghignazzò divertito, poi si sdraiò su su un divanetto insieme a Kelly ed iniziò a sonnecchiare. Erano tre giorni consecutivi che dormivano poco e nulla, se non avesse chiuso gli occhi per un'oretta sarebbe morto.

NOTE DELL'AUTORE: Buonasera, eccomi qui con un'altra idea malsana(continuerò ad aggiornare la ff su Haizaki ovviamente). Questa storia sarà un amalgama che riguarderà tanti personaggi di knb, non so ancora come sarà il risultato finale :')
Come sempre spero che la lettura vi diverta e che lasciate qualche recensione e/o qualche consiglio per migliorare. Al prossimo aggiornamento ^^

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Capitolo 2
*** Incontri e Scontri ***


Di tutte le cose più insolite che potevano succedere, nessuno si sarebbe mai immaginato che quel sabato sarebbe accaduta proprio la più inpensabile, tant'è che all'inizio, non appena la coach annunciò pubblicamente che quel giorno si sarebbero dovuti riposare invece di allenarsi, in vista delle numerose amichevoli che avrebbero disputato nel giro di poche settimane, nella stanza del club di basket tutti i giocatori, capitano incluso, si guardarono intorno smarriti, come a cercare smentita negli altri di quanto avevano, sicuramente erroneamente, udito poc'anzi.
Ma, poichè sembrava che tutti avessero capito la stessa identica cosa, alla fine il team si abbandonò ad una sonora manifestazione di gioia. 
Kagami e Kuroko, senza ulteriore indugio, decisero di squagliarsela dall'istituto in fretta e furia, casomai Riko avesse cambiato idea, per dirigersi in sala giochi. Di studiare in una così bella giornata di fine aprile non se ne parlava nemmeno, e poi era da mesi che non avevano un po' di tempo libero.
"Invece di chiedere a me, avresti dovuto invitare Suzuki-san. Non è che per caso sei omosessuale?" Gli domandò pacatamente il celeste.
"Gwah, l-la vuoi smettere!?" reagì il rosso, nella maniera impacciata cui era solito comportarsi quando si parlava di Asia.
I due entrarono quindi nel locale, raggiunti poco dopo da buona parte della squadra. Erano davvero un gruppo affiatatissimo, con alcuni picchi di sinergie tra taluni soggetti quali Kuroko e Kagami, Furihata-Kawahara-Fukuda, Mitobe e Koganei, Izuki e Hyuuga, e ancora il triangolo Hyuuga-Kiyoshi-Riko. Probabilmente il fatto che trascorressero tutti i pomeriggi insieme per molte ore al giorno ad allenarsi come dannati aveva agito da catalizzatore nell'accrescere l'intesa fra i singoli membri del team. Ciascuno di loro, al di là di tutto, era veramente molto orgoglioso e felice di far parte della Seirin. Tant'è che, nel divertimento collettivo, dovuto allo stare insieme più che al luogo in cui lo stessero facendo, nessuno si accorse che ormai il sole stava per tramontare.
I primi a rincasare furono gli studenti del terzo anno, seguiti dai secondini. Taiga e Tetsuya, che pure quella sera avrebbero ospitato, a casa del primo si intenda, l'intera squadra, se ne andarono per ultimi, dato che, a differenza degli altri, avrebbero recuperato tempo dirigendosi direttamente verso la casa di Kagami, mentre gli altri sarebbero passati ognuno da casa propria per prepararsi. Non era appunto il caso di Kuroko, che ormai, soprattutto il  week end, praticamente era un coinquilino di Kagami.
Uscendo dalla sala-giochi, il celeste davanti al rosso, i due si accorsero all'ultimo di una persona che stava correndo con gran fretta verso di loro, probabilmente perché poco più in là c'era la fermata del bus. Non c'era materialmente il tempo di schivarla, e, considerando che nessuno notava Tetsuya, probabilmente quest'ultimo sarebbe rimasto coinvolto nello scontro. 
Invece, la misteriosa figura driftò improvvisamente, scusandosi in fretta e furia con entrambi e continuando a correre, allontanandosi sempre di più, proprio in direzione della bus stop.
"E' rarissimo che qualcuno ti noti, soprattutto se è uno sconosciuto." Affermò piuttosto sorpreso il rosso, alla cui attestazione il celeste si limitò ad annuire a malapena.
"Già, piuttosto strana la tipa..." Aggiunse poi, lanciandole un ultima occhiata scrutatrice prima di dirigersi nella direzione opposta.

"Sai, One-chan, poco fa ho incontrato il tuo Kagami-kun. Era con il suo amico, quello con i capelli celesti della Winter Cup!" Disse Nene, una volta rientrata a casa, non riuscendo a farsi tornare in mente il nome del numero 11 della Seirin.
"Chi?" Domandò piuttosto confusa la sorella, che di questo numero 11 non aveva mai sentito parlare.
Nene guardò piuttosto stranita la più anziana, spiegandole poi con pazienza che non poteva non capire di chi si stesse parlando, visto che quel ragazzo dai capelli celesti era in classe di Asia, ma quest'ultima parve cadere dalle nuvole un'altra volta. In due settimane dall'inizio dell'anno, non si era minimamente accorta che qualcuno di così vicino a Taiga esistesse! Il lunedì seguente avrebbe verificato, anche se probabilmente si trattava, pensava lei, dell'ennesimo scherzo della più giovane.


"Dunque... Harima Naze...san, giusto?" Lo interpellò Momoi, visto che da quando si erano appostati in quell'aula libera il ragazzo non aveva ancora spiccicato parola, se non per chiederle di seguirlo lì.
"Sì, sono il capitano della squadra di pallavolo. Per fartela breve, questo sarà il mio ultimo torneo, e, nei tre anni che sono stato qui, ancora non sono riuscito a vincere le nazionali..."
"Oookay..." Disse la rosa, impaziente di arrivare al dunque. Non che avesse di meglio da fare o che fosse infastidita dalla presenza di quel Harima, che tra l'altro, a differenza di un certo Aomine di sua conoscenza, era molto educato e di buone maniere.
"Il punto è che, avrei bisogno che tu raccogliessi per me dei dati su alcune squadre che parteciperanno all'Inter High. Ovviamente ti pagherei! Penso che tu sia la migliore nel tuo campo!"
La ragazza sgranò sorpresa gli occhi, di sicuro non abituata a simili apprezzamenti, o quantomeno avvezzata a complimenti molto più indiretti. Forse le avrebbe fatto bene cambiare un po' aria ogni tanto, viste le pene che pativa a guardare Dai-chan sbaciucchiarsi con Nene.
"Accetto, ma non voglio essere pagata. Offrimi semplicemente un pranzo, e portami alle partite delle altre squadre!" Gli dichiarò quindi Satsuki, sorridendogli calorosamente. 
Il ragazzo ne parve veramente molto felice, tanto da ringraziarla almeno una decina di volte prima che lei riuscisse a scrollarselo di dosso.

"Satsuki, dove sei stata?" Domandò Aomine alla fine degli allenamenti, sulla via del ritorno verso casa.
"Il capitano della squadra di pallavolo, Harima-kun, mi ha chiesto un favore. Sai, quest'anno potrebbero vincere le Inter High..." Gli rispose evasiva lei.
Il blu non seppe spiegarsi quale fosse il determinante, ma avrebbe individuato facilmente almeno due motivi per cui sentirsi irritato dopo quella risposta provocatoria. Intanto perché l'aveva detta come se lui invece non fosse capace di vincere le nazionali, e poi, chi cazzo era questo qui?
"E di che favore si tratta?" Chiese quindi, dopo aver sonoramente sbadigliato.
"Niente di che, a partire da domani sera dovremo andare insieme ad assistere ad un po' di partite, per studiare le avversarie più forti del campionato..."
"Cosa?! Ma tu lo fai già per la squadra di basket!" Replicò lui, forse alzando la voce più di quanto effettivamente avrebbe voluto.
"E allora? Posso farlo per entrambe le squadre! E poi, ha promesso che mi offrirà il pranzo uno di questi giorni..." Aggiunse lei, infastidita da come stesse procedendo la discussione, ed aggiungendo inconsciamente l'ultima frase per vedere la sua reazione.
"Allora perché non torni insieme a quello lì d'ora in poi, visto che ti sta così simpatico!?" Urlò Daiki, pentendosene subito dopo. Si era lasciato andare un po' troppo, e sapeva benissimo anche lui di non avere diritto di parola sulla questione, visto e considerato che anche lui le aveva dato buca un paio di volte perché Nene gli aveva chiesto di vedersi.
"Benissimo, sono sicura che "quello lì", visto che come al solito ti ostini a non imparare i nomi, sarebbe meno cafone di te!" Strillò la rosa, girando i tacchi e allontanandosi da lui, nonostante casa loro fosse nella direzione opposta.
"Satsuki!" Provò a chiamarla lui, ma, in quel momento, qualunque cosa avesse detto gli si sarebbe ritorta contro, sempre che lei si fosse degnata di ascoltarlo.
Per la prima volta da quando aveva perso quella partita contro la Seirin, Aomine sentì che il suo cuore si era per un attimo destabilizzato dal suo solito ritmo regolare e annoiato. Solo che stavolta non era una cosa bella. Non era certo la prima volta che litigava con Satsuki, o che si pentiva per averle detto qualcosa di supido, ma in quel momento le cose erano diverse; non si sentiva più tranquillo e sicuro di potersi fare perdonare come nelle altre occasioni era accaduto. Non voleva che andasse da quello lì.


Asia detestava arrivare in ritardo, ma detestava altresì arrivare in anticipo, qualunque fosse l'occasione. Per questo faticava veramente molto a comprendere le sue amiche, che erano già in aula almeno venti minuti prima dell'inizio delle lezioni ogni singolo giorno. Loro dicevano che lo facevano per chiacchierare un po' e per fare le cose con calma; ma, insomma, sarebbe bastato arrivare cinque minuti prima come faceva lei! E poi dovevano stare insieme almeno fino alle 16.00, che senso aveva vedersi anche prima. Ma soprattutto, chi sano di mente ha voglia di parlare alle 7.40 di mattina! Lei fino alle dieci non riusciva a spiccicare parola se non qualche "Buongiorno" qua e là, che comunque le costava molta fatica.
Non appena la castana entrò in classe, puntualmente le sue amiche Kotori e Liz le si fecero incontro, prova inconfutabile che anche quel giorno fossero in anticipo. Qualche minuto dopo, più precisamente un minuto dopo le 8.00, dal corridoio, correndo, apparve la sagoma di Kagami.
"Kuroko, maledetto! Perché non hai messo la sveglia?"
"Perché eravamo a casa tua e pensavo che ci pensassi tu." Rispose impassibilmente un ragazzo mingherlino dai capelli celes-CELESTI?! 
Asia li osservò entrare; era davvero come aveva detto Nene! Non poteva credere di non essersi accorta dell'esistenza di un compagno di classe nonostante fosse già iniziata la terza settimana di scuola!
"Suzuki-san, buongiorno." Le disse poi Tetsuya, seguito a ruota da un più rigido Taiga, alché la ragazza si ricompose dritta sulla sedia, sforzandosi di ricordarsi il cognome che aveva appena sentito per non far capire di non aver la più pallida idea di chi fosse il suo interlocutore.
"Kuroko-kun, Kagami-kun, buongiorno a voi!" Rispose poi sorridendo, contenta di essersi ricordata il nome, ma soprattutto felice che Kagami le avesse rivolto la parola. Quello era l'unico saluto che avrebbe ricambiato volentieri a qualsiasi ora della giornata, anche se sperava che quel "qualsiasi ora" che aveva pensato si riferisse ad orari decenti.
Nel bel mezzo della lezione, poi, la ragazza si ricordò finalmente che quel lunedì sarebbe toccato a lei il turno delle pulizie, anche se non aveva idea di chi fosse il suo partner per il lavoro. Comunque non serviva nemmeno andare a controllare sul sito della scuola, visto che di solito accoppiavano uno studente maschio ad una studentessa femmina, il tutto cercando anche di far collaborare persone con medie dei voti molto diverse. E, considerando che lei aveva la media più alta di tutta la classe, erano veramente pochi i maschi con un rendimento così basso da poterla accompagnare. Per questo non si stupì più di tanto quando, al cambio dell'ora, scoprì che quel pomeriggio lo avrebbe passato da sola con Kagami, ma anche prevedendo un simile risvolto non poté negare a se stessa che il solo pensare alla questione le faceva tremare entrambe le ginocchia dalla tensione.
Se almeno un minimo aveva imparato a conoscerlo, poi, era evidente il motivo per cui egli invece non paresse minimamente turbato dalla cosa: sicuramente neanche si ricordava che quel giorno sarebbe dovuto restare per le pulizie.
E infatti fu divertente vedere l'espressione sorpresa che fece non appena Kuroko glielo ricordò, al termine delle lezioni mattutine. Il rosso si diresse quindi scettico verso la lavagna, dove il capoclasse aveva scritto i nomi degli incaricati per quella settimana, e solo allora anch'egli parve improvvisamente irrigidirsi, soprattutto a confronto con la postura rilassata che assumeva a lezione.
Mettendo con poca sicurezza un passo dopo l'altro, infine, Taiga giunse davanti ad Asia, invitandola a pranzare insieme a lui. In realtà era un gesto quasi obbligato, visto che quel pomeriggio tutti gli altri sarebbero tornati a casa mentre loro due avrebbero pulito, eppure non fu certo senza sforzi che riuscì a rivolgerle la parola, figuriamoci a chiederle di mangiare assieme.
Inspiegabilmente, comunque, una volta rotto il ghiaccio entrambi riuscivano, e questa era già la seconda volta, a conversare su una miriade di argomenti diversi, evitando fortunatamente quei momenti imbarazzanti e fastidiosi in cui nessuno sa come fare per rompere il silenzio in cui oramai è caduto il colloquio. Certo, non mancava un po' di imbarazzo abbastanza palese fra i due, ma forse era meglio così.

Se fatte insieme a lei, avrebbe sperato che quelle noiosissime pulizie non finissero mai. E non erano solo gli sguardi "fuggitivi" e intensi che si lanciavano, e non era solo il buon odore della sua pelle, e non era solo il fatto che, nonostante si conoscessero da così poco, sembrava quasi che con lei potesse parlare di tutto, e non era solo per la sua bellezza indescrivibile, e non era solo perché era così pura e angelica da sembrare, appunto, un angelo. No, c'era dell'altro, un qualcosa che a parole non avrebbe saputo spiegare molto bene, forse perché inesperto in materia amorosa, forse semplicemente perché illetterato. Perché di belle ragazze, anche se onestamente lui poco se ne curava, ce ne erano tante nel mondo, e ovviamente parimenti valeva per i ragazzi, ma in vita sua mai si era sentito il cuore sprofondargli nello stomaco soltanto per aver parlato con qualcuno, nè gli era mai successo di diventare felice da un momento all'altro, anche in giornate non particolarmente fortunate, soltanto pensando ad una persona.
Ogni momento insieme era come un attimo irripetibile di giovinezza, che si perdeva poi nel passato lasciandogli quella sensazione nostalgica che ti assale quando ricordi qualcosa di bello accaduto in un periodo della vita che, per un motivo o per un altro, non tornerà mai più. E allora non ci sono solo sensazioni positive, ma anche rammarico perché quello a cui si sta pensando non potrà mai più riaccadere, a prescindere da quanto lo si possa desiderare.
"S-Sai, Kagami-kun... sono contenta che siamo capitati insieme per le pulizie. Sei diverso dagli altri maschi..."
"G-Grazie... anche tu...you know... cioè, è piacevole stare con te...dovremmo farlo anche fuori dall'orario scolastico..." Finalmente(si fa per dire:la conosceva solo da pochi mesi in fondo) le aveva espressamente chiesto di vedersi più spesso, sia pure pasticciando con le parole e con le lingue, come era solito fare quando andava in schock emotivo.
La ragazza sorrise, e Taiga pensò che, quando rideva, fosse ancora più bella, e calda, come un fascio di luce che ti purifica l'anima. Probabilmente le piaceva quando lui faceva quel Babele fra il giapponese e l'inglese, ed infatti lei aveva sin dalla prima volta pensato che fosse una cosa buffa e al contempo fighissima, anche perché, nonostante fosse molto brava nelle lingue straniere, bastava una parola spiaccicata lì da un madrelingua per farle capire come fossero ad anni luce di distanza nella materia, sebbene ai compiti scritti non avesse mai preso più di lei, addirittura attestandosi sotto la sufficienza! Lo ammirava proprio, non che fosse merito suo se era stato molto tempo negli Usa; diciamo che la intrigavano le persone che potevano vantare un bilinguismo nel loro curriculum.
A dire il vero, nonostante lei stessa fosse la studentessa migliore della classe, non poteva dire di apprezzare più di tanto quelli che studiavano molto, per quanto al contempo biasimasse chi, come Kagami ad esempio, non lo facesse affatto. Però egli stesso rappresentava un'eccezione, anche se sicuramente non l'unica, al suo modo molto selettivo di catalogare le persone sulla base dell'intelligenza. 
Perché per lei intelligenza voleva dire capacità di apprendere e di imparare, e quindi di conoscere. E se conosci, se sai, non puoi essere cattivo, perché solo chi è ignorante può esserlo. "Il male è ignoranza del bene", come sostenne Socrate. Ed ovviamente con intelligenza non si intendeva media dei voti a scuola, anche perché esistono diversi tipi di intelligenza, ma di certo una persona che per qualsiasi motivo va male a scuola non ha capito che avere una buona cultura di base è il punto di partenza per essere liberi, e di conseguenza è uno sciocco e un ignorante, e quindi ha ottime probabilità, salvo una improbabile indole innata alla bontà, di diventare uno stronzo egoista.
Ma Taiga, pur essendo oggettivamente stupido, e anche piuttosto ignorante per quanto non concernente lo sport, e questo lo si può dire senza offendere nessuno, non è, e qui sembra una contraddizione, nè stupido nè cattivo. La sua è più una tontaggine, o inettitudine, che lo rende paradossalmente ancora più buono. Perché Taiga non ha abbastanza materia grigia per essere cattivo, vive in un mondo tutto suo fatto al 90% dalla palla canestro, e nel basket non c'è spazio per la cattiveria. Ecco quindi che un animo nobile, o una passione smisurata per qualcosa, possono agire da fattori sostitutivi(e qui la castana si compiacque, in mezzo a tanta filosofia, di aver usato un termine di gershenkroniana memoria) nel trasformare un ammasso di carne ed istinti ancestrali in un individuo dotato di raziocinio e amore per il prossimo. Fortunatamente non esiste la telepatia, perché lei faceva spesso simili ragionamenti e sicuramente avrebbe spaventato qualcuno.
"Q-Questo sabato, io, Kotori, Liz e mia sorella siamo state invitate ad una festa a casa di un nostro conoscente. S-Se tu e Kuroko-kun volete venire..." Farfugliò quindi, dopo essersi stancata da sola con i suoi ragionamenti sull'indole umana. E fu contenta di essersi interrotta per domandarglielo, visto che il sorriso sincero di Taiga lo avrebbe ammirato 24 ore al giorno.
"V-Volentieri, ne parlerò con Kuroko!"

Osservando Asia e Kagami da un'altra aula dell'edificio, Tetsuya diede un energico sorso al suo vaniglia shake per l'occasione acquistato al Mc. La cosa bella dell'essere invisibili era il poter spiare chiunque senza doversi preoccupare di nascondersi dal loro campo visivo. 
"Anche tu fai il tifo per loro?"
Per la prima volta fu il celeste a spaventarsi quando dal nulla apparve una ragazza con la divisa della Too, la stessa che lo aveva quasi schiacciao all'uscita dalla sala giochi due giorni addietro.
"Tu devi essere la sorella di Suzuki-san." Le disse quindi, senza scomporsi minimamente.
La ragazza rimase abbastanza perplessa dalla deduzione esatta del suo interlocutore, e parve interessarsi a lui.
"Avete lo stesso taglio degli occhi." Spiegò lui, prima che potesse chiedergli come avesse fatto a capirlo.
"Però, sei un osservatore micidiale..." Rispose lei, sinceramente impressionata dall'abilità del ragazzo.
"Detto da te è un complimento..." Le disse lui, non distogliendo lo sguardo da Kagami e Asia.
"In che senso?" Gli chiese, e solo allora Tetsuya si degnò di guardarla negli occhi. A differenza dei capelli, i primi avevano lo stesso colore azzurro dei suoi, e trasmettevano una sensazione di pace dei sensi che non provava nemmeno guardandosi allo specchio.
"In tutta la mia vita, non arrivano a cinque le persone che ho incontrato capaci di individuarmi con così tanta facilità, considerando la mia scarsa presenza."
Ad una risposta strana tanto quanto il suo solito "io sono un ombra", non credeva certo di essere capito. Si sbagliava.
"Penso di avere l'occhio di falco come Takao-san. Credo che tu ci abbia giocato contro. E' un amico mio e di mia sorella."
"Capisco." Affermò il celeste, cercando, come faceva istintivamente per qualunque emozione, di dissimulare lo stupore.
"Ed è un bene che io esista. Un osservatore come te si sentirebbe troppo solo, se non ci fosse qualcuno in grado di osservarlo a sua volta." Gli disse sorridendo.
Kuroko rimase molto colpito da quella frase detta così su due piedi, che pure non sembrava per niente una bugia.
"Suzuki-san, credo che tu sia una persona speciale, per cui ti propongo un patto: collaboriamo per far mettere insieme quei due imbranati." Le rispose, indicando Taiga e Asia con il dito e il suo solito sguardo inespressivo, che la ragazza trovò, a modo suo, molto comico.
"Ci sto, ma a due condizioni. Chiamami Nene, sennò facciamo confusione con mia sorella, e offrimi un vaniglia shake la prossima volta; sono i miei preferiti."


Un passo dopo l'altro e con poca convinzione, Nene raggiunse la villetta della famiglia Aomine. Se un minimo aveva iniziato a conoscerlo, i motivi per cui poteva averle chiesto di passare da lui potevano essere: -per fare sesso, oppure -per scaricarla, dopo appena un mese di rapporto. Per una volta sperava che si trattasse di sesso, nonostante si fosse soltanto da pochi giorni lasciata convincere a farlo. Ma, visto che appunto in questi ultimi giorni lo avevano fatto come ricci, purtroppo non le restava che temere il peggio.
I genitori del ragazzo non erano in casa, ma questo non andava a favore nè dell'una nè dell'altra ipotesi. Era piuttosto l'espressione stranamente seria di Daiki a confermare i suoi timori.
"Nene..."sospirò lui, con il classico modo di fare da leone disperato, o meglio da pantera disperata, dell'uomo duro che deve dare una brutta notizia.
"Ti sei innamorato di Momoi-san, vero?" Lo aiutò lei, che in cuor suo aveva fin da subito temuto Satsuki più di chiunque altra. 
Quei due erano talmente legati che lei stessa non aveva voluto assolutamente soffermarsi a pensarci, visto che sennò le sarebbero venuti i complessi di inferiorità. Perché, con assoluta certezza, non c'era stato un solo momento in cui avesse potuto competere con Momoi nel cuore dell'asso della Too, e non era una cosa normale, visto che la fidanzata era lei, e non l'amica di infanzia!
Il blu si sentì per la prima volta in colpa nei confronti di una donna che non fosse Satsuki; non voleva che Nene pensasse che lui non avesse avuto intenzioni serie con lei. Si erano davvero piaciuti, certo non amati dato il poco tempo, ma, anche se appunto per poco, i loro sentimenti erano stati reali. Solo che, purtroppo soltanto adesso ci arrivava, nessuna infatuazione avrebbe mai potuto prendere il posto di quella petulante ragazza dai capelli rosa.
Forse fino ad allora si era autoconvinto di non essere attratto da lei, dati i sentimenti forti che per anni la avevano legata a Tetsu(nessuno aveva mai voluto ammetterlo, ma era abbastanza sicuro che i due avessero avuto una storia ai tempi della seconda media), ma ormai fra di loro c'era soltanto amicizia, ne era sicuro, e questo cambiava tutto. Perché Nene era una brava ragazza, anche molto bella, ma fino a quel momento si erano mostrati soltanto il meglio di loro stessi. L'unica donna al mondo di cui conosceva e aveva imparato ad amare pregi e difetti era Satsuki, la quale a sua volta era l'unica che avrebbe potuto sopportarlo in una relazione stabile.
"Mi dispiace, ti giuro che...è successo all'improvviso, avevo sempre negato a me stesso che fosse così. Ma non volevo prenderti in giro...davvero..."
"Non devi scusarti, anzi, sei stato molto corretto a dirmelo subito..."
La ragazza gli afferrò le spalle, usandole come appoggio per arrivargli alla faccia e dargli il loro ultimo bacio. Nessuno dei due pianse, nessuno dei due fece qualcosa per fermare quanto stesse succedendo. Nella triste consapevolezza che, una volta separate le loro labbra, sarebbe tutto finito, entrambi cercarono di trasmettersi vicendevolmente i propri sentimenti. Se non ci fosse stata Momoi, forse, si sarebbero potuti amare.
"Ciao, Daiki." Gli sussurrò poi, accennando un sorriso spento.
"Ciao, Nene." Rispose lui, con lo sguardo abbattuto di un cane bastonato. Gli sarebbe piaciuto chiederle di restare amici, ma anche uno stupido come lui capiva che quello non era proprio il momento adatto per una simile richiesta.

Fino al giorno prima sicuramente sarebbe scoppiata a piangere davanti ad un eventualità simile. Eppure per qualche motivo non ne aveva voglia. Non si sentiva né felice né triste. Solo un grande vuoto dentro. 
Il suo pensiero volò fino a Tetsuya. Chissà che quello non fosse il momento opportuno per farsi offrire il famoso vaniglia shake di cui avevano parlato il giorno prima, quando era passata dalla Seirin per salutare sua sorella.

Con un ennesimo cazzotto Zack stese l'ultimo avversario rimasto in piedi. I jabberwock avevano vinto di nuovo, anche se stavolta non si trattava di basket, ma di una rissa causata dall'ennesima cazzata di Silver che aveva ben deciso di andare a letto con la donna di un mafiosetto locale.
La cosa che lo faceva incazzare come una bestia era che alla fine erano sempre lui e Nick a dover rischiare la pelle, mentre Jason e Nash, che di solito erano i responsabili della scazzottata, se la cavavano praticamente senza nemmeno un graffio. Allen era il più furbo di tutti; si metteva sempre dietro quel bestione di Silver così da dover fare metà della fatica.
Ma alla fine che cosa avrebbero dovuto fare? Loro erano tutto ciò che aveva; i suoi amici, la sua casa, la sua famiglia. 
Il suono delle sirene della polizia distolse ognuno dei Jabberwock dai propri pensieri; non rimaneva che correre e non farsi beccare. Adesso, e come sempre. 

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Capitolo 3
*** Due Takao sono peggio di uno ***


Forse un merito andava riconosciuto a Takao: egli era l'unico, fra tutte le persone che aveva incontrato nella vita, che non si vergognasse a portarlo tutte le volte a giro per la città a bordo del carretto che tutti guardavano sempre come se fosse la cosa più strana del mondo.
Per questo era veramente insolito che lui si stesse dirigendo in un posto a piedi, ma di certo non poteva chiedere a Kazunari di passarlo a prendere, visto che quella sera sarebbero stati proprio a casa di quest'ultimo.
Una volta arrivato, il verde suonò il campanello, ma ad aprire non fu la persona che si sarebbe aspettato. I capelli corvini erano, sebbene molto più lunghi, gli stessi dell'amico, ma non erano i suoi. Gli occhi erano di un bellissimo colore verde, tali da sembrare due meravigliosi smeraldi in attesa di essere estratti da chissà quale esploratore. Aveva un bel sorriso, di quelli che potevano risanare una giornata andata interamente andata storta. Il viso aveva dei lineamenti molto delicati, che la facevano sembrare più giovane di quanto probabilmente non fosse. Era bassa, molto rispetto al suo metro e novantacinque, tanto che probabilmente non gli arrivava neanche al pettorale, e, anche se non era proprio magrissima(in fondo, non lo attraevano nemmeno le modelle super magre che si vedono nelle riviste), era molto bella anche di corporatura, con la carne presente nei giusti posti e nella giusta misura.
Non poteva credere che si trattasse della fidanzata di cui parlava Takao!
"Kazu-chan, c'è Shin-chan!"
Shin-chan? Sicuramente era stato quella serpe di Takao a dirle di chiamarlo così. Se già riusciva a stenti a sopportarne uno, adesso patirne due sarebbe stato veramente impossibile!
"Molto piacere-nanodayo. Pensavo di essere arrivato per primo. Hai cenato qui?"
La ragazza si lasciò andare ad una bellissima risata, un po' per il modo in cui terminava le frasi, un po' per la domanda strana che le aveva posto.
"Beh, da ora in poi io qui ci vivrò, quindi direi di sì!"
"Che cosa?! State già convivendo-nanodayo?"
Ennesima risata di lei, che finalmente gli rivelò di essere la sorella, Haruka Takao, e non la fidanzata. A ben pensarci, si assomigliavano molto; come aveva fatto a non accorgersene? Ma soprattutto, un solo Takao era più che sufficiente a eludere la sua già poca pazienza, e adesso ce ne erano due!
"Non ti ho mai visto qui, eppure ci vengo spesso-nanodayo."
"Shin-chan, mia sorella ha partecipato ad uno scambio culturale tra l'accademia Too e una scuola negli Usa per un anno intero, è ovvio che tu non l'abbia mai vista!" Intervenne il play della Shutoku, anch'egli divertito dalla scena cui aveva assistito.
Nel frattempo, il campanello suonò nuovamente. Stavolta era davvero la ragazza di Kazunari, con ben tre amiche, quasi tutte studentesse del secondo anno alla Seirin. Liz, la fidanzata in questione, Kotori e Asia. Inoltre c'era Nene, matricola della Too e sorella di Asia. 
Ebbero a malapena il tempo di finire le presentazioni, che qualcun altro bussò nuovamente alla porta: erano Kagami e Kuroko. Si era venuto a creare un gruppo veramente particolare, forse ancora più strano di quando lui, Kuroko, Kise e Bakagami si erano ritrovati a mangiare allo stesso tavolo per colpa del pessimo gusto degli scherzi di Takao.

Durante quella settimana, fra compagni di classe della Seirin, avevano tutti avuto modo di approfondire le reciproche conoscenze, e questo valeva in particolar modo per Asia e Taiga, che, nonostante fossero molto timidi, si erano dimostrati molto affiatati.
"Bene signori, io e mia sorella ci siamo presi la libertà di comprare da bere, o meglio lo abbiamo chiesto ad un nostro amico maggiorenne, così non dobbiamo scomodarci per andarlo a comprare!" Esordì Kazunari, esibendo una discreta quantità di lattine di birra.
"Ne servivano davvero così tante?!" Domandò sbalordito il 10 della Seirin, alché Takao sorrise ancora più maliziosamente.
"Ma certo, perché stasera noi giocheremo al gioco del re!" Esclamò infatti tutto contento il play della Shutoku.
Furono spiegate subito le regole, in una delle infinite varianti alcoliche. Ad ogni turno c'era un'estrazione, e il fortunato diventava il re, mentre tutti gli altri dovevano bere un sorso di una fra le bevande disponibili. Il re dava poi un ordine a una o più persone, e queste ultime, oltre a bere un altro bicchiere, dovevano eseguirlo fedelmente, pena l'applicazione di una penitenza che sarebbe stata scelta di volta in volta all'unanimità(ovviamente escludendo i diretti interessati). L'alternativa al farsi comandare era, come in "obbligo o verità", il dover rispondere sinceramente con un sì o un no ad una domanda scomoda, anche stavolta posta dal re. In pratica, era un'accozzaglia di almeno tre giochi diversi, dall'esito tutt'altro che certo.
Con la sua solita e stramba fortuna, Kuroko fu il primo re del gioco, e sottopose la scelta fra obbligo o verità ad Asia, la quale scelse quest'ultima.
"Per caso ti piace K-"(gomitata di Kagami per fargli capire che non si sarebbe dovuto azzardare a chiederle se fosse attratta da quest'ultimo)"ehm, scusate, dicevo: per caso ti piace qualcuno?"
Tutti gli occhi si girarono verso lei e Taiga, che era seduto proprio nel mezzo fra lei e Tetuya. I due arrossirono molto, soprattutto dopo che la ragazza annuì timidamente.
"Vogliamo sapere il nome!" Si sentì gridare da qualcuno, presumibilmente Kazunari, ma a quelle domande si poteva solo rispondere sì o no da regolamento. In ogni caso, Asia aveva ancora una volta dato dimostrazione della sua purezza e onestà: non aveva mentito nemmeno per uno stupido gioco.
Alla seconda estrazione la regina fu Haruka, che interpellò Midorima, il quale scelse a sua volta "verità".
"Vediamo, Shin-chan... ti piacciono le ragazze più grandi di te?" Gli domandò, palesemente riferendosi a se stessa, ma il verde, tonto com'è, neanche se ne accorse.
"L-L'età non è un problema-nanodayo..."
Al terzo turno fu sorteggiata Liz, mentre a poco a poco tutti si facevano più alticci. Quando toccò a Kagami, questi interpellò Kuroko, che scelse "obbligo".
"Bene, ti ordino di non scegliermi mai più quando sarai tu il re!"
Questo ordine sollevò delle discrete proteste, pertanto si decise che da quel momento in avanti nessuno avrebbe più potuto impartirne di simili. In ogni caso, Taiga, che pensava di aver risolto il problema, non aveva fatto i conti con l'alleanza segreta Kuroko-Takao.
"Kagami, obbligo o verità?" Gli chiese infatti Kazunari, alla cui domanda il rosso rispose "obbligo", convinto che così avrebbe evitato domande scomode. Ma in realtà era proprio caduto nella trappola.
"Abbraccia Asia." 
Quel comando, pronunciato in una maniera così seria che la voce sembrava non appartenere al Kazunari che tutti avevano imparato a conoscere ed apprezzare, sembrava quasi non ammettere repliche, tanto che per un secondo i due destinatari dell'ordine si sentirono in soggezione.
"N-Non vale, te l'ha detto Kuroko! Giuro che ve la faccio pagare!" Sbraitò poi Taiga, una volta realizzato che, se l'avesse davvero abbracciata, il suo cuore probabilmente non avrebbe retto. Forse si innervosì così tanto anche perché si vergognava che, sotto sotto, sarebbe stato ben disposto ad eseguire un simile ordine.
"Se non obbedirete, la penitenza sarà che dovrete baciarvi sulla bocca!" Esclamarono quasi tutti in coro, visto che ormai si erano accorti che ci fosse del tenero fra i due.
Tacque invece Shintarou, che non aveva capito proprio niente dei vari flirts che c'erano in quella stanza, compresi quelli che lo riguardavano più da vicino. Del resto, era famoso per essere addirittura più tonto di Kagami in queste cose, visto che in tre anni di scuola media non si era mai accorto che Momoi era stata follemente innamorata di Kuroko, quando a chiunque altro era bastato vederli cinque secondi insieme per apprenderlo, tanto era palese la cosa.
"N-Non dovete far fare certe cose a Suzuki, la mettete in difficoltà!" Provò ancora a difendersi il rosso, visto che proprio di tale colore si era fatto il viso di entrambe le vittime del turno.
"V-Va bene, lo farò!" Urlò quindi Asia, forse per evitare una penitenza ancora più imbarazzante, forse perché aiutata dall'alcol, forse perché voleva effettivamente che il ragazzo la abbracciasse, forse per tutti i precedenti motivi.
Lo spazio intorno a loro si fece improvvisamente più stretto, o meglio era come se tutto quello che stava all'infuori di loro in quel momento avesse cessato di essere visibile. Allo stesso modo, le lancette dell'orologio sembravano aver sensibilmente rallentato il loro inesorabile, perpetuo e per certi versi crudele giro, come a volte raccontano di aver sperimentato alcuni grandi atleti poco prima di compiere grandi prodezze.
L'unica cosa che forse, nel loro avere occhi solo l'uno per l'altra, non passava inosservata, era l'enorme mole di bottiglie finite nei dintorni, segno che, molto più di quanto non avessero fatto loro due, qualcuno ci aveva dato giù pesante, e fra questi spiccavano la nuova coppia Kazunari-Liz, nonché Nene, sicuramente ancora depressa per aver rotto con Aomine.
Taiga guardò un'ultima volta, o forse la prima volta, visto che di solito non riesce a reggere il contatto visivo con lei, verso la ragazza, come a chiederle ancora il permesso di toccarla, quasi a ricordarle che avrebbe fatto meglio a ripensarci, perché una cosa così preziosa rischia di sciuparsi quando toccata da qualcuno di indegno.
Ad essere più preciso, in realtà, guardare le persone negli occhi per più di due secondi gli era sempre risultato difficile. Un po' perché era esageratamente sopra la media nipponica, con il suo metro e novanta, forse ormai qualche millimetro di più, ma soprattutto perché era molto timido. Non era fiducioso in se stesso, almeno per tutto ciò che non riguardasse il basket, e gli altri, TUTTI gli altri, sembravano schiacciarlo con la sola pressione di uno sguardo.
Eppure, per la prima volta, o forse la seconda visto che una volta gli era sembrato di aver provato qualcosa di simile con Kuroko, una volta incrociati i loro sguardi ogni paura cessò. Nonostante il colorito molto acceso del suo bellissimo viso angelico, infatti, gli occhi della compagna emanavano una fermezza ed una sicurezza che non potevano che costringerlo a comportarsi in maniera altrettanto coraggiosa. 
Ancora non riusciva a spiegarsi come mai Asia fosse capace di simili stupende contraddizioni: appariva allo stesso tempo umile e maestosa, timida e sicura, delicata e risoluta, gentile e tenace, modesta e superiore. A volte Taiga si chiedeva se fosse davvero così speciale, o se magari fosse lui a rappresentarla così nella sua mente, propiettando su di lei quello che in realtà era lui a desiderare in una donna, nella donna ideale.
Eppure lei era lì davanti a lui, in tutto il suo splendore inconsapevole e impareggiabile, e l'unica cosa che lo avrebbe placato da ogni ulteriore passione o pensiero era proprio cingerla con le sue forti braccia. 
E quindi, lentamente, mosse gli arti superiori, e la avvolse completamente senza nemmeno darle modo di ricambiare l'abbraccio. Mai avrebbe creduto che un'entità mortale, persona o oggetto che fosse, potesse emanare attraverso la pelle un profumo così delicato e particolare, che in parte ricalcava e in parte esulava da quello che l'uso frequente di un balsamo suole garantire. 
E le dolci manine da lei appoggiate sul suo pettorale, come se avesse voluto toccargli letteralmente il cuore, cosa non avrebbe fatto per riprovare anche una sola ulteriore volta una simile sensazione paradisiaca!
Al solo pensare che di lì a poco si sarebbero dovuti separare, quando ormai aveva sentito che in lei sola risiedevano le risposte ai suoi bisogni più intimi, che comprendevano ma non si esaurivano in quelli carnali, o all'immaginare che di lì a poco qualcuno avrebbe potuto farla sua, beh, semplicemente il suo cuore non ce la faceva.
Adagiò il mento sulla sua testa, soffermandosi ancora sul contatto fra i propri corpi ancora immaturi ed insicuri, ma che sicuramente avevano capito anche meglio delle loro teste quanto ormai i due si necessitassero l'un l'altro per poter vivere un'esistenza felice.
Dal canto suo, visto che la sua cara mamma una volta le aveva insegnato che compito degli uomini era quello di proteggere le donne, mentre quello delle donne era fingere di avere bisogno che ciò accadesse, non poté che lasciarsi immergere in mezzo a quel corpaccione che tanto amava, inalando il profumo naturale di Taiga mischiato all'acqua di colonia che si era spruzzato presumibilmente prima di uscire di casa.
Mentre ad esempio Liz adorava che un maschio si mettesse un profumo, a lei non faceva nè caldo nè freddo. Quello che contava era che quel calore, quella felpa verde che lei trovava veramente carina, quelle mani così grandi rispetto alle sue e che le stavano cingendo interamente la schiena, che tutto quello fosse di Kagami. Avvertiva i corpi di entrambi fremere per l'emozione e  per l'attrazione, e immaginò che entrambi dovessero apparire molto teneri agli occhi affamati di gossip dei presenti nella stanza. Ma di loro, almeno in quel momento, non poteva che fregarsene altamente.
"Per quanto tempo ve ne starete così?" Chiesero ammiccando Liz e Takao, visto che ormai erano passati più di quindici secondi.
Asia e Kagami si staccarono quindi di scatto, ancora paonazzi in viso e un po' tristi che fosse tutto finito, e subito il telefono di entrambi vibrò contemporaneamente. Era infatti arrivata a tutti i presenti la notifica della creazione di un gruppo whatsapp, presumibilmente per organizzare altre serate simili. Il vero problema era la foto di profilo di quel gruppo, che era stata impostata come un immagine scattata ai due compagni di classe durante il loro lungo abbraccio. Nell'ilarità generale, tranne quella di Midorima che ancora non aveva capito un bel niente, i due, se possibile, arrossirono ancora di più, vergognandosi come poche altre volte nella vita poteva esser loro capitato.
Alla successiva estrazione fu nuovamente il turno di Tetsuya, che, non potendo più interpellare Taiga, decise che avrebbe dato una mano anche al suo vecchio compagno di squadra con i capelli verdi.
"Takao-san, intendo la sorella. Obbligo o verità?"
"Obbligo." Rispose lei, intuendo che sarebbe successo qualcosa di divertente.
"Dai un bacio sulla guancia a Shintarou." Sentenziò il celeste, lasciando inizialmente spiazzati entrambi i destinatari dell'ordine.
Ma, essendo la più anziana del gruppo, Haruka non voleva certo fare la figura dell'inesperta! Si avvicinò infatti a carponi sulle ginocchia verso Shintarou, che istintivamente indietreggiò fino a trovarsi con le spalle al muro. Non sapeva nemmeno lui perché, ma si sentiva fin troppo agitato all'idea che lei lo stesse per toccare.
Stavolta fu Kagami a non capire perché il suo amico avesse dato un simile ordine, salvo poi comprendere il piccolo flirt fra i due non appena fece caso che Midorima si stesse comportando come aveva fatto lui poco prima.
Senza via di scampo, dunque, la guardia tiratrice più forte del Giappone fu baciata sulla guancia, in mezzo agli incoraggiamenti di tutti gli altri.

Dopo pochi altri turni, il grosso del gruppo, praticamente ubriaco, cadde nel sonno. Ma non Tetsuya, né tantomeno Nene, che il primo raggiunse sulla terrazza.
"Non mi sei sembrata molto in forma." Le disse il celeste, appressandosi a lei con il suo solito sguardo a metà fra il distaccato e l'osservatore seriale.
"Già, non è proprio un bel momento per me, da quando Daiki mi ha mollata..." Rispose con un sorriso amaro la ragazza, estraendo al contempo dalla borsetta un pacchetto di sigarette, e accendendosene una.
"Non mi dici che è contro il regolamento scolastico e rischio di essere sospesa?" Gli domandò poi, vedendolo osservare il fumo che si liberava nell'atmosfera.
"Ho immaginato che ne fossi già consapevole." Si limitò a risponderle lui. "Anche se è un peccato che una sportiva come te si rovini la salute." Aggiunse poi, intuendo che la ragazza stesse desiderando qualcuno che le impedisse di fumare, in contraddizione con quanto stava effettivamente facendo lei stessa.
"E' il primo pacchetto, e come vedi è anche piuttosto pieno. In realtà l'ho rubato a mio padre; non sapevo come altro sfogarmi stasera."
"Puoi sfogarti con me, che sicuramente ti farà meno male." 
"Già, tra l'altro questa roba mi fa schifo e puzza anche. Almeno ho la sicurezza che non ci ricascherò un'altra volta..." Sospirò lei, spegnendo subito dopo la cicca nel posacenere.
"Ricascarci mi sembra esagerato, visto che ne hai fumata mezza in tutta la tua vita." La corresse, sorridendo appena, il celeste.
"Obbligo o verità, Tetsu?"
Il ragazzo tentennò per una frazione di secondo, davanti a quel soprannome così familiare e per forza di cose pregno di emozioni e ricordi, alcuni bellissimi altri molto tristi.
"Obbligo."
"Consolami." Gli sussurrò lei nell'orecchio, lasciandolo per un attimo indeciso sul da farsi. "Se lo farai, anche io consolerò te. Credi che non mi sia accorta della persona che ti ha fatto soffrire così tanto?" Aggiunse infine.
Il celeste sgranò gli occhi, non concependo come avesse potuto scoprire l'identità della sua ex in così poco tempo, informazione che era riuscito a tenere nascosta praticamente a tutti.
Al contempo, Nene lo baciò senza indugio, nè certo egli provò ad opporre resistenza. Sotto quella notte di luna piena, insolitamente calda per essere primavera, ad entrambi sembrò di aver ritrovato l'ossigeno di cui sentivano l'assenza, e quindi il bisogno, da molto tempo.

Midorima aprì gli occhi, svegliandosi e dirigendosi in cucina. Non era la prima volta che gli veniva sete durante la notte, ma non immaginava che qualcuno potesse avere la stessa esigenza nello stesso momento.
"Ciao." Gli disse, molto assonnata in viso e perciò quasi tenera(secondo lui), Kotori.
"Ciao-nanodayo. Permettimi una domanda; va tutto bene? Mi sei sembrata un po' cupa stasera." Le rispose il verde, subito dopo offendendosi da solo per aver inziato una conversazione nonostante non desiderasse altro che andare a letto. Ma gli dispiaceva vederla così giù di corda.
"Grazie per il pensiero, ma va tutto bene..."
"Sicura?"
"Ho detto di sì, te ne torni a dormire ora?!" Stupido Midorima, non capiva che non doveva insistere?
"E io che mi preoccupo per una vipera... Buonanotte-nanodayo." Sussurrò il verde, abbastanza infastidito dalla risposta della ragazza. Non le capiva proprio le donne.
Kotori lo osservò allontanarsi(finalmente!). Si vedeva che non capiva nulla di femmine, però un po' le dispiacque di avergli risposto male. Dopotutto, si era solo preoccupato per lei...

"Hai proprio un cuore d'oro." Gli sussurrò Haruka nell'orecchio, una volta che Shintarou fu rientrato nella stanza a lui assegnata dai padroni di casa.
In tutto quel buio pesto, tra l'altro, il cestista non l'aveva certo notata, così che per lo spavento quasi non cascò all'indietro rischiando di svegliare tutti.
"C-Cosa ci fai nella mia stanza-nanodayo!?"
"Vuoi dire, cosa ci faccio nella stanza di casa mia, Shin-chan?" Gli disse lei, camminando verso di lui fino ad annullare completamente la distanza che prima li separava.
"C-Cosa vuoi-nanodayo?"
La ragazza si mise a ridere, ovviamente a bassa voce, e poi lo baciò improvvisamente, rubandogli il suo first kiss senza che potesse prepararsi psicologicamente per la cosa.
Il verde ringraziò che non si vedesse niente, perché era arrossito come un peperone, e non voleva certo che Haruka lo prendesse in giro per questo! 
"Shin-chan, non pensi che sarebbe eccitante fare l'amore con il rischio di essere scoperti?" Gli sussurrò all'orecchio, mordicchiandoglielo per stimolarlo.
Il ragazzo provò a farfugliare qualcosa, ma lo schock gli impedì di formulare correttamente una frase, e il suo silenzio fu preso come un sì.
Conoscendo a memoria la piantina della stanza, Haruka lo spinse sul letto, salendo sopra di lui e denudando entrambi in tempo record. 
Il cuore di Shintarou iniziò a pompare ai ritmi cui era solito solo durante una partita; se già non aveva mai baciato una ragazza, figuriamoci fare l'amore!
"S-Sei ubriaca..." Le sussurrò infine, come estremo gesto di resistenza.
"Sì." Confessò lei, senza però fermarsi.

Un po' di giorni erano passati dal loro litigio per strada, ma tutto faceva intendere che non si trattasse di uno dei loro frequenti battibecchi da sposini dopo le nozze d'oro.
Non era mai capitato, infatti, che Satsuki non passasse da casa sua per svegliarlo e andare a scuola insieme, e proprio per questo quel giorno Aomine arrivò in ritardo a lezione. E nemmeno a quel punto lei si degnò di guardarlo.
Se la conosceva abbastanza bene, ed era questo il caso, in realtà non era più arrabbiata. Si stava impuntando per principio, ma la possibilità remota che potesse invece aver deciso di rompere i rapporti con lui non poteva che angosciarlo.
Riparandosi dietro il suo solito, stavolta finto, sguardo annoiato, il blu, almeno all'inizio, provò a stare al gioco, mettendosi al suo posto accanto alla rosa.
"'Giorno." Le disse, fingendo nonchalance.
"Buongiorno, Aomine-kun."
Daiki sudò freddo, come mai in vita sua aveva mai fatto. Quando lo chiamava in quel modo, era quasi sempre perché incazzata nera.
"Senti-"
"Sta iniziando la lezione." Lo interruppe lei.
Ma il blu non si arrese. I suoi propositi di stare al gioco si erano immediatamente rivelati fallimentari sotto ogni fottutissimo punto di vista.
"Prof, Momoi non sta molto bene. La accompagnò in infermeria!"
"Cos-Dai-chan!" Provò lei, ma ormai era già stata trascinata in corridoio.
Il ragazzo la aveva portata fino a lì, ma nella sua solità impulsività non sembrava essersi preparato un discorso da farle. Ahomine. Il suo sguardo era perso, la sicura e spavalda noia nei suoi occhi aveva lasciato spazio alla paura, la paura di perderla. Quei due meravigliosi oceani, blu come due zaffiri, non erano mai stati così angosciati, così vivi...
Ardevano di passione, quella che un diciassettenne doveva naturalmente avere e che il suo mostruoso talento nel basket gli avevano strappato via con crudeltà, costringendolo a crescere prima del dovuto e a guardare le cose da una prospettiva così diversa rispetto a quella dell'energico e solare ragazzino che era. Trasudavano insicurezza, proprio i suoi, quando la sua abilità era così schiacciante che in campo non si era più potuto prendere il lusso di aver paura di non farcela.
"Ho sbagliato, mi dispiace davvero. Scusa, ero solo..."
Satsuki osservò in silenzio la fronte corrucciata dell'amico, che evidentemente non riusciva a terminare la frase. Ma non lo interruppe, anzi lo incalzò con lo sguardo affinché si sforzasse lui, almeno quella volta.
"Un po'...g-geloso, ecco... Avevo paura che quello lì ti portasse via da me..."
Si aspettava già le prese in giro dell'amica, ma stranamente gli occhi rosa di lei erano di una serietà impassibile come quella che sprigiona sempre Tetsu.
"Perché mai dovrebbe succedere una cosa del genere? E comunque, sei tu il primo che ha infranto la nostra promessa."
L'espressione persa di Daiki le suggerì che, almeno in quel momento, avesse rimosso quello che si erano detti 12 anni prima. O, se proprio non se lo era scordato, quantomeno non aveva fatto il collegamento fra le sue parole e quella famosa frase che si erano reciprocamente scambiati.
"Avevamo giurato che non ci saremmo fidanzati con nessuno, e avremmo aspettato la maggiore età per poi sposarci." Gli sussurrò sorridendo, con le guance un po' più colorite del solito.
E di certo fu la carnagione scura di Aomine a impedirgli di arrossire, perché la sua bocca spalancata e gli occhi sbarrati di lui sembravano prove inconfutabili di quanto la cosa lo imbarazzasse.
"Sce-Scema, avevamo 5 anni! E comunque... Ho lasciato Nene; così non infrangerò più la promessa, no?"
Lo aveva detto molto seriamente, era difficile sospettare che stesse mentendo. Satsuki, però, non poteva che sentirsi in colpa. Per quanto si sforzasse, era infatti così contenta che si fossero lasciati, e non era giusto godere se due persone smettono di frequentarsi solo perché si ha una cotta per uno dei due. Non era corretto, era da vigliacchi e da viscidi. Eppure il cuore le batteva in gola, si sentiva sollevata, come se si fosse tolta un peso definitivamente. Daiki adesso era di nuovo tutto suo.
Gli espresse il suo finto dispiacere(in realtà era davvero triste, ma per il fatto di non esserlo), e in silenzio si diressero in infermeria.

"Ehi Nash, perderemo l'aereo."
Bofonchiò Jason, interrompendolo durante la sua sigaretta del lunedì. Nessuno di loro aveva mai capito come mai fumasse sempre e solo di lunedì. Quando uscivano di sera non si faceva problemi a provare qualsiasi cosa, ma le sigarette solo di lunedì.
"E' davvero strano che tu ti comporti così responsabilmente, Silver... Ci tieni proprio a questa trasferta."
Il colosso dei Jabberwock grugnò nuovamente, avvalendosi della facoltà di non rispondere e fulminando con lo sguardo Allen e Nick, che, avendo capito l'allusione di Gold Jr, si erano messi a ridacchiare di nascosto.
"Vado a chiamare Zack. Coglioni."

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Capitolo 4
*** Coppia che scotta ***


Continuava a torturarsi freneticamente gli occhi, a suon di accendere e spegnere il display del telefono, il tutto nell'attesa sempre meno speranzosa che arrivasse un messaggio proprio da lei.
Da lei, che lo aveva fatto innamorare al primo sguardo, da lei che gli aveva rubato il primo bacio, da lei che lo aveva privato della sua verginità in quella notte così assurda di pochi giorni prima.
Ma quel messaggio non arrivava. Haruka era una persona che non si staccava mai dal telefono, e questo voleva dire che lo stava ignorando di proposito, o che le era successo qualcosa. Ovviamente fra le due sperava che lo stesse ignorando, anche se la cosa non gli faceva comunque molto piacere.
Quando la campanella sancì la fine delle lezioni pomeridiane, Midorima si precipitò frettolosamente in direzione dell'accademia Too, nella speranza di trovarla ancora lì. Era davvero preoccupato come poche volte lo era stato in vita sua, anche perché l'oroscopo aveva detto che per i cancro non sarebbe stata una bella giornata.
La dissonanza tra l'orario di chiusura dei due istituti fece sì che al suo arrivo all'Accademia Too ci fossero ancora molti studenti, il che aumentava le probabilità di rintracciarla o quantomeno di avere notizie di lei.
Non aveva mai provato un'ansia così grande, quelle farfalle nello stomaco che aveva provato il week end precedente si erano velocemente trasformate in un fastidio interno che lo stava letteralmente divorando. Un vero schifo l'amore! Ma il colpo di grazia gli arrivò quando finalmente riuscì a incrociare il suo bellissimo sguardo, e vide che invece lei abbassò il suo.
Per quanto la cosa non promettesse bene, ormai non vedeva altra via se non quella di chiarire subito che cosa stesse succedendo.
"Haruka..."
La ragazza lo afferrò per il polso, trascinandolo in silenzio sul retro dell'edificio. Prima ancora di iniziare a spiegare, iniziò quindi a piangere.
"Midorima-kun... mi dispiace così tanto, io avevo bevuto tanto e..."
La ragazza s’interruppe nuovamente, ricominciando a singhiozzare. Shintarou decise dunque di fare una cosa molto azzardata per la sua tranquillità giornaliera.
Con suo grande sforzo, infatti, le regalò il fazzoletto che portava con sé, il che non sarebbe stato di certo un sacrificio se solo quello non fosse stato il suo oggetto fortunato in quel giorno così tanto infausto!
"Lo so, abbiamo fatto una cazzata-nanodayo... Ma potremmo ricominciare da capo e..."
"Shintarou-kun... il motivo per cui ero così alticcia e stupida con te, è perché negli Usa ero appena stata mollata dopo una relazione molto lunga e intensa. Mi dispiace così tanto, volevo solo dimenticare tutto per una sera, e invece ti ho fatto la stessa cosa che..."
Dopo avere interrotto lui, Haruka si interruppe nuovamente per ricominciare a piangere. Ma questa volta non era l'unica a farlo. Midorima lo aveva sempre saputo, che non avrebbe mai dovuto darle il suo portafortuna.
 
Dopo aver varcato il gate, i 5 membri dei Jabberwock presero posto sull'aereo diretto per Tokyo. Quell'anno avevano 3 incontri amichevoli programmati con quelle scimmie nipponiche, l'ultimo dei quali, verso settembre, addirittura contro una misera squadra di matricole dell'università.
"Ehi, Jason, se non sbaglio a Tokyo abita la tua amichetta..." Disse Allen, facendo sghignazzare anche Zack e Nash, mentre Nick come al solito limonava con la tipa perfino in quella situazione.
"Fanculo a te e a lei, l'ho scopata e poi è finita lì, come sempre. Non è una mia amica!"
Urlò Jason, fregandosene di aver attirato l'attenzione degli altri passeggeri della prima classe.
"Fate silenzio ora, vorrei provare a dormire." Sentenziò Nash, così che tutti riabbracciarono ordine e disciplina.
 
L'amore era la cosa più schifosa e pericolosa che potesse essere stata inventata. Prima di conoscere Haruka, il suo cuore non aveva mai vacillato. Spinto solo e soltanto dalla sua ferrea determinazione, Shintarou aveva intrapreso il suo cammino senza mai essere indeciso sul da farsi.
E adesso, così penoso, oscillava su e giù sopra un'altalena cigolante in un parchetto, non sapendo né come ci fosse finito né cosa fare da quel momento in poi. L'amore ti priva della voglia di fare qualsiasi cosa, altroché!
A rendere ancora più teatrale la sua situazione, una fredda pioggia lo stava completamente inzuppando, segno evidente che il mese di Maggio stava ancora faticando a imporsi. A condizioni normali, non avrebbe mai corso il rischio di ammalarsi con l'Inter High alle porte.
Immerso com'era nel suo non pensare a nulla, impiegò diversi secondi prima di accorgersi che qualcuno lo stesse schermando dall'acqua piovana con un ombrello.
"Va tutto bene? Mi sembri un po' cupo..."
Shintarou alzò lo sguardo, incrociandolo con quello di Kotori che non avrebbe saputo dire se fosse stato di sfida e scherno(gli aveva appena ripetuto la stessa cosa che lui le aveva domandato non troppo tempo prima) o di preoccupazione e sincera curiosità.
"A differenza tua non ho problemi ad ammetterlo: sto di merda. E mi sento stupido a stare così male per certe sciocchezze. Nanodayo."
La ragazza si sedette sull'altra altalena, non preoccupandosi minimamente di essersi bagnate la gonna e le calze pulite. Gli indumenti bagnati aderirono al suo corpo piuttosto allenato per essere una semplice capitana del club di shogi della Seirin, e Midorima non si pentì minimamente dopo averla squadrata da capo a piedi per apprezzarne le forme. Dopo quella notte folle con Haruka, non solo si era svegliato un po', ma aveva iniziato a farsi meno problemi sul come trattare le persone nei momenti in cui non esasperava la sua maschera burbera.
I capelli castani bagnati e fusi insieme dalla pioggia le cadevano delicatamente sulle spalle esili, lasciando spesso scivolare dentro al vestito qualche goccia d'acqua che in quel momento Shintarou stava invidiando con tutte le sue forze. Aveva una carnagione molto chiara, e la carne e i piccoli muscoli giusti nei punti giusti. Ad essere sincero, non aveva mai apprezzato le ragazze scheletriche, perché gli davano la spiacevole sensazione che potesse spezzarle in due da un momento all'altro. A pensare che al secondo anno fosse già capitana del club di shogi, la guardia dei miracoli sorrise amaramente di quanto potesse essere beffardo il destino. Probabilmente aveva delle calamite particolari che gli facevano instaurare rapporti ancor più particolari con le persone brave a shogi.
"Se una persona giudiziosa come te è così depressa, evidentemente non si tratta di sciocchezze."
Kotori aveva ripensato molto a quella sera, e non aveva potuto fare a meno di provare dei sensi di colpa per averlo scacciato così malamente quando lui si era solo preoccupato per lei.
Invitarlo a casa sua per una doccia calda e una cena improvvisata le sembrò il minimo per sdebitarsi.
 
ALCUNI MESI DOPO
I Jabberwock erano tornati in Giappone, umiliando gli Strky e scatenando le ire di tutti i nipponici, Generazione dei miracoli in testa. Quel pomeriggio Kagami ed Asia avevano visto la partita insieme a Kuroko e Nene, che nel frattempo si erano fidanzati già da un po'. Taiga, invece, nonostante tutti gli aiuti da parte di Tetsuya e della sua ragazza, non aveva fatto molti progressi con Asia, nè quest'ultima era riuscita a farsi avanti al suo posto. Più che amici, meno che fidanzati; un classico per due ingenuotti come loro. Entrambi sembravano essersi arresi alla propria e rispettiva inettitudine, ma i loro due angeli custodi non avevano di certo mollato.
"Io e Tetsu ce ne andiamo per primi, ci vediamo domani." Esordì infatti la sorella di Asia.
"E-E io come torno indietro?" Rispose lei, preoccupata che le stesse portando via il motorino, ma soprattutto che stesse rimanendo dopo cena da sola a casa di Kagami.
I due la rassicurarono che avrebbero preso il pullman, così che lei non si sarebbe dovuta cura dell'orario e avrebbe potuto restare anche oltre l'ultima corsa. Era d'altronde necessario, visto che Bakagami si era scordato di fare la relazione di chimica che scadeva il giorno successivo e da solo non avrebbe mai fatto in tempo. Fu grazie a quel pretesto preventivamente ideato e organizzato che il malefico piano di Tetsuya e Nene ebbe inizio.
Taiga lo avrebbe giurato anche sotto tortura: ci stava provando davvero, a studiare, ma quel giorno più che mai non riusciva minimamente a concentrarsi. La leggerissima scollatura sulla mezza manica di Asia lo stava letteralmente mandando fuori di testa. Non aveva senso, la aveva vista anche in costume una volta, ma non aveva avuto una reazione così estrema. Sentiva un enorme calore attraversargli tutto il corpo e confluirgli nel basso ventre e nel torace, e il cervello era oramai andato in fumo da un pezzo. Per contro, anche Asia stava veramente faticando a tenere lo sguardo chino sui libri. Le spalle muscolose lasciate scoperte dalla canottiera di Taiga la stavano facendo ansimare molto più di quella volta che lo aveva visto a petto nudo o di quando erano stati costretti ad abbracciarsi. Era come se tutte le sue emozioni e sensazioni fossero state improvvisamente amplificate alla decima potenza.
I loro conflitti interiori furono presto interrotti a causa di un potentissimo tuono che squarciò il silenzio che si era creato. Subito dopo, una violentissima pioggia si sentì battere sulle finestre. Nene aveva assicurato che quel giorno non ci sarebbero stati problemi con il meteo, e solo per questo erano andate lì con il motorino! La consapevolezza di quanto era effettivamente successo la raggiunse(mentre ancora Kagami non ci era minimamente arrivato) scardinando quel poco di contegno che riusciva a mantenere davanti al suo amato. In preda all'agitazione riuscì a estrarre il telefono, e guardando l'ora si sentì svenire. Si erano già fatte le ventitré, e nessun pullman né treno l'avrebbe riportata a casa fino alle 5 del mattino seguente. Per contro, guardando gli aggiornamenti del meteo sembrava che quella tempesta dovesse durare per tutta la notte. Rimanere lì a dormire sembrava, casualmente, l'unica scelta.
 
Sul pullman, Nene non aveva ancora terminato la risata che aveva iniziato subito dopo aver lasciato l'appartamento del numero 10 della Seirin, e perfino Kuroko stava abbozzando un timido ghigno divertito.
"Non riesco a credere che non si siano accorti di nulla!"
La sorella di Asia faticava a trattenersi la pancia per gli spasmi, mentre Tetsuya, pur divertito, le faceva cenno di abbassare la voce.
"Se non succede nulla stasera, che si ritirino in convento..."
Concluse poi, sempre in maniera molto composta.
 
Prestando molta attenzione a non rovinarsi le fasciature alle dita, Shintarou aprì il forno senza l'ausilio delle pugnette, essendo queste, con ogni probabilità, il sacro oggetto fortunato del giorno successivo, ed estrasse la cena.
Servì con maestria le due pizze ai due lati opposti del tavolo, mimando le movenze di un cameriere degno di lavorare nei migliori ristoranti pentastellati. A dire il vero, avrebbe anche potuto tirare i piatti direttamente dal forno, sicuro che sarebbero atterrati con precisione a destinazione, ma poi avrebbero dovuto mangiare in mezzo ai cocci di ceramica.
Lo fece notare a Kotori, che reagì ridendo distrattamente. Stava pensando a lui, probabilmente. Accadeva spesso, così come accadeva spesso che lui pensasse ad Haruka. E pensare che con lei ci era stata una sola notte, mentre frequentava Kotori da diversi mesi ormai.
Il loro rapporto era agli antipodi rispetto a una normale relazione. Nessuno dei due amava l'altro, anzi, ciascuno era innamorato di un'altra persona, e tutto ciò era conoscenza comune. Nonostante questo, stavano spesso insieme, e non si erano mai traditi, né ne avevano sentito il bisogno.
A furia di ammazzare il tempo e usarsi a vicenda come consolazione, si erano molto affezionati. Si rispettavano. Se si fossero incontrati prima, forse sarebbero stati una coppia perfetta.
Erano entrambi molto precisi e scrupolosi. Kotori non era scorbutica come Midorima, era molto più solare, generalmente, ma a volte sapeva incupirsi molto più di quanto non avrebbe saputo fare lui. Quando succedeva, dava la sensazione di essere una bellissima farfalla: una creatura così elegante, ma talmente fragile da sgretolarsi e morire se qualcuno l'avesse anche soltanto sfiorata.
Quello era uno di quei momenti.
Le chiese se avesse visto la partita dei Jabberwock, ma la ragazza si limitò a scuotere lentamente il capo.
Mangiarono in silenzio. Una cosa che veramente apprezzavano l'uno dell'altra era proprio il sapersi godere il silenzio insieme. Se non era aria, perché sforzarsi di parlare.
Quando ebbero finito, Shintarou si alzò per lavare i piatti, e poi si diresse apparentemente spensierato in bagno, per fare altrettanto con i denti.
Kotori si alzò a sua volta, dirigendosi a passo sicuro nel ripiano dell'antibagno dove la famiglia Midorima conserva le scorte. Purtroppo per lei, non c'erano spazzolini nuovi da utilizzare. Poteva sembrare una cosa da nulla, ma non voleva passare la notte lì lavandosi poco e male. Si sarebbe sentita a disagio.
Si voltò senza particolari speranze verso Shintarou, che invece le stava già sorprendentemente porgendo, nel più austero silenzio, uno spazzolino nuovo di zecca. Lo strumento fortunato della giornata secondo Oha Asa. Le tornò subito il buonumore: era la prima volta che Midorima anteponeva lei alle sue stupide ossessioni.
Si lavò con cura i denti, insieme a lui, senza spiccicare parola. Subito dopo, senza preavviso, lo afferrò per il colletto della maglia, rubandogli un bacio piuttosto violento.
Shintarou la cinse poi fra le braccia, accarezzandole la nuca fino a farle aderire la faccia sul suo pettorale allenato. Kotori adagiò l'orecchio all'altezza del cuore: non pompava particolarmente veloce, non come avrebbe fatto con Haruka se non altro. Da una parte abbandonarsi alle sue braccia le donava una pace dei sensi che raramente riusciva a trovare. Dall'altra, una volta rotto l'incantesimo e realizzato che si trattava "solo" di Shintarou, sentiva come se qualcuno stesse scavando una profonda buca fra il suo cuore e lo stomaco. Il non poter mai ambire a più di così, ogni tanto, la rendeva nuovamente depressa.
Doveva comunque ammettere che adesso erano meno frequenti i momenti in cui ciò accadeva. E, soprattutto, sapeva come dilazionarli ulteriormente nel tempo. Per questo, nonostante non lo amasse, trascorreva così tanto tempo, e soprattutto così tante notti, con Midorima.
"Shin..." Gli sussurrò all'orecchio, iniziando a inumidirgli il collo. Quei suoi baci così sensuali, non nascondevano però il tono supplichevole della sua anima. Gli stava chiedendo di fare sesso per pietà di lei. Ma lui era l'unico a cui non si sarebbe fatta problemi a chiedere, giacché era anche l'unico con cui non aveva problemi a fare altrettanto. C'era qualcosa di stranamente intenso in questo loro rapporto così contorto.
Midorima la girò di schiena, accompagnandola a mettersi gattoni. La ragazza si lasciò guidare senza opporsi alla posizione richiestagli dall'asso della Shutoku.
Stavano dando le spalle allo specchio. Non avrebbe saputo indovinare se Shintarou avesse bisogno di immaginare che al suo posto ci fosse Haruka, o se invece stesse facendo tutto questo perché lei immaginasse che lui non fosse Shintarou. In ogni caso, quel giorno anche Midorima non sembrava essere di ottimo umore.
Per quanto potesse essere strana la cosa, entrambi percepirono quanto il rapporto appena consumato fosse stato soddisfacente. Per qualche motivo, immaginare di farlo con un'altra persona, ma al contempo avere la consapevolezza che così non fosse, aveva sortito un buon effetto sulla loro libido.
I due andarono a sdraiarsi sul letto, a luci rigorosamente spente, così da potersi abbracciare, chissà, magari fingendo ancora di essere con qualcun altro.
"Shin... non sono la persona migliore per dirlo, ma non pensi che dovresti reagire adesso?"
Kotori non avvertì la minima reazione dal corpo del verde. Sembrava non aver voglia di affrontare il discorso, ma la genuina preoccupazione per il suo compagno la spinse a non lasciar cadere la sua frase nel nulla.
"Voglio dire, ci sei stato solo per una notte, e nemmeno la conoscevi. Sono passati diversi mesi. Non se lo merita uno come te, non dovresti darle la soddisfazione di distruggerti..."
Shintarou si sentì molto infastidito dalla piega che lei stava dando alla conversazione. A dire il vero, pur essendo sempre convinto di essere infatuato di Haruka, e pur essendo altrettanto sicuro che Kotori fosse solo un rimpiazzo, negli ultimi tempi si era piuttosto affezionato alla loro relazione, e non voleva rinunciarvi affatto.
Era la sua unica ancora di salvezza, e il fatto che lei stesse alludendo alla possibilità che si staccassero gli faceva pensare che lui per lei non fosse altrettanto necessario. La cosa, ammise a se stesso, lo innervosì parecchio. E non era nemmeno la prima volta che succedeva.
"Com'è che riesci a dirlo solo dopo che ti ho scopata?" Sbottò stizzito, mordendosi subito dopo la lingua.
"Sai che c'è? Fanculo, te e quella stronzetta."
Kotori si alzò di scatto, rivestendosi per andarsene. Midorima provò a farfugliare delle scuse, ma invano.
"Dai, è notte, è pericoloso. Parliamone." Provò ancora lui, maledicendosi per non riuscire mai ad essere onesto con se stesso e con gli altri.
Ma lei non lo ascoltò nemmeno, e uscì di casa. Non si doveva permetterle di parlarle così. 

"Dai-chan!”
Lo richiamò lei dopo che questi aveva spento la televisione.
“Ho già visto abbastanza. Sono forti.” Sentenziò lui, riferendosi ai Jabberwock. Una strana luce stava brillando nei suoi occhi.
Le faceva certamente piacere che la sua passione per il basket stesse riaffiorando, soprattutto visto quanto si era prodigata affinché ciò accadesse . Però, cavolo, erano sdraiati insieme sul letto, e di tutti i momenti doveva scegliere proprio quello per pensare alla pallacanestro?
Negli ultimi mesi avevano più o meno iniziato una frequentazione. Uscivano insieme come avevano sempre fatto, perlopiù, e ogni tanto si baciavano. Tutto normale, avrebbe pensato un osservatore esterno, ma stavamo parlando di quel pervertito Daiki. Il fatto che non le fosse saltato addosso già al secondo appuntamento, e che continuasse a mantenere il contatto fisico al minimo sindacale, le aveva fatto venire dei complessi enormi, e ancora non aveva avuto il coraggio di affrontare l’argomento. Possibile che non lo appagasse esteticamente? No, proprio non se la sentiva di scoprire se fosse davvero così…
 
 
Dopo essersi liberato il cervello dal peso della relazione da consegnare, Kagami poté passare a preoccuparsi dell'altro problema che lo attanagliava, visto che gli risultava difficile gestirne più di uno contemporaneamente. Fu solo allora, infatti, che realizzò che avrebbero dovuto dormire sotto lo stesso tetto, da soli.
Scambiandosi un'occhiata terrorizzata, i due capirono di aver realizzato entrambi la cosa.
"Credo...C-C-Credo sia il caso che tu rimanga a dormire qui..." Farfugliò lui, grattandosi la nuca ed abbassando lo sguardo.
"M-M-Mi d-d-d-d-d-dispiace per l'inconveniente..." Gli rispose, concentrando a sua volta lo sguardo sul pavimento.
"N-Non preoccuparti, ti lascio il mio letto. Io userò il mio futon." La rassicurò lui, alzandosi per andarlo a cercare.
Approfittandone, Asia estrasse il cellulare, scrivendo un messaggio a sua sorella.
"Ti giuro che domani ti uccido."
La risposta non si fece attendere molto.
"Prego, l'ho fatto con piacere. A proposito, io e Tetsu andiamo a dormire da Takao-kun. Ci siamo presi il futon di Taiga-kun. Buona fortuna <3"
Asia rabbrividì. Ecco perché Kagami ci stava mettendo così tanto a cercarlo. Potevano addirittura averlo portato via per costringerli a dividere il letto. Anzi, era sicuramente quella l'intenzione.
"Credo che dormirò sulla poltrona... Non riesco a trovarlo..." Disse palesemente a disagio Kagami. Quella poltrona non era assolutamente adatta per dormire, ma non vedeva altra soluzione.
"K-K-Kagami-kun, ti ricordi che se l'è portata via Kuroko-kun ieri, perché voleva comprarti un divanetto più grande, vero?"
Adesso tornavano i conti. Con la scusa che si era stancato di dormire sul futon e di volergli fare un regalo, quell'infame aveva premeditato tutto!
"A-Allora... dormirò per terra..."
Sospirò Taiga: il suo letto a una piazza e mezzo li avrebbe potuti comodamente ospitare, ma non si sarebbe mai sognato di proporle di dividerlo! D'altro canto, per quanto il solo pensiero di cosa stesse per succedere le facesse venire i crampi allo stomaco, il piano di Kuroko e Nene era stato curato fin troppo nei dettagli; non aveva altra scelta che assecondare i loro capricci.
"Sarei una persona orribile se lo permettessi. D-D-Dobbiamo c-c-c-condividere il letto..."
Kagami deglutì. Non sembravano esserci altre soluzioni.
   

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Capitolo 5
*** Cominciò tutto così ***


Quell'unica luce fioca che illuminava la stanza, proveniente dall'abat jour che gli aveva regalato suo padre, quella sola segnava il confine fra una situazione di per sé già molto compromessa e la tragedia vera e propria.
Un po' come quando la porta chiusa della cameretta ovattava il suono dei passi della mamma che saliva le scale per sculacciarlo, spesso durante un battibecco in cui aveva alzato troppo il tono contro la podestà genitoriale. Ecco, in quei brevissimi istanti, isolato nella propria stanza, Taiga percepiva un innaturale senso di quiete e sicurezza, malgrado la piena consapevolezza che di lì a pochi istanti quella barriera sarebbe stata infranta dall'ingresso della madre, e un bello schiaffo non glielo avrebbe risparmiato nessuno.
In poche parole, la quiete prima della tempesta. 
Allo stesso modo, fintanto che non avesse spento la luce e non si fosse sdraiato accanto a lei, si sentiva insolitamente tranquillo. Non poteva non godersi quegli ultimi istanti di inattività prima di quell'enorme salto nel vuoto.
Forse, pensò, il significato del silenzio della sua temporanea concubina, che giaceva in attesa di lui già sdraiata sul materasso, sotto le leggerissime coperte ancora poco più che estive, risiedeva proprio in analoghe riflessioni.
Oppure, più semplicemente, la situazione era così bizzarra che non sapeva cosa dire né pensare. O magari, peggio ancora, non si curava più di tanto della cosa perché per lei non sussisteva un problema. No, conoscendola non poteva essere così. O almeno sperava. Sarebbe stato molto imbarazzante essere l'unico in difficoltà.
Nonostante avesse procrastinato il più possibile, Kagami fu costretto a innescare quel fatidico click. Il buio avvolse l'intero habitat, segnando, sì, l'inizio della fine, ma se non altro nascondendo al contempo ogni traccia di rossore nel suo volto ad occhi terzi.
Si adagiò in silenzio e lentamente sul giaciglio, permettendosi il lusso di qualche ulteriore istante di pace. Durò poco. Malgrado fosse fiochissima, la luce dei lampioni sul marciapiede filtrava comunque attraverso le tapparelle della cameretta. Questo voleva dire che se avesse ruotato la testa di qualche grado, avrebbe visto qualcosa di più dettagliato che una semplice sagoma.
Sentì il respiro farsi più pesante, come se avesse avuto un macigno premuto contro il diaframma, e percepì delle deboli vibrazioni, quasi delle scariche elettriche a basso potenziale, lungo tutto il corpo. Pensò che si trattasse di formicolio da stress, del suo stress.
Fortunatamente per Asia, non gli venne in mente che potesse essere causato dal tremolio del suo intero, piccolo (a confronto con quello del cestista) corpicino.
"N-Non avevo mai dormito con qualcuno che non fosse Nene prima d'ora." Sibilò lei, cercando di tenere ben salda la voce senza che nessun suono uscisse tremolante. Ci riuscì solo in parte.
"Mi è capitato di condividere il letto con Kuroko, ma non credo sia la stessa cosa." Bofonochiò lui.
"Spero che abbiate dormito e basta..." Sussurrò lei. Ci fu un attimo di silenzio. Poi entrambi scoppiarono a ridere.
"Baka! Mi piacciono le ragazze..." Le replicò subito dopo.
"Ah sì? E c-che tipo?" Domandò lei. Si chiese subito dopo se non si fosse esposta troppo. Ma questo stallo durato mesi la stava uccidendo, e Taiga non sembrava in grado di prendere l'iniziativa.
"Ehm... Q-Quelle carine?" Provò a sviare lui, cercando di prendere tempo per capire cosa stesse succedendo. Chiaramente non capì, né riuscì quindi a prepararsi una risposta migliore. Forse gli conveniva rispondere in maniera sincera e basta. 
"Sì, grazie! Sai essere più preciso? Ma poi quanto è grande questo letto? Come mai ti sento così lontano?"
"La mia spalla sinistra è fuori dal materasso." Rispose lui, evitando nuovamente la prima domanda.
"E che aspetti a entrare di più?" Le domandò lei. Non andava per niente bene. Nei momenti di maggior nervosismo, il suo lato più aggressivo prendeva il sopravvento, e Kagami era l'ultimo che doveva saperlo! I suoi pensieri misantropi, la sua scontrosità, non rientravano nella parte di sé che amava mostrare agli altri. Non era semplice questione di apparenza. Non voleva celare una parte di sé per piacere agli altri. Al contrario, se anche fosse stata la sua caratteristica più apprezzata, voleva comunque eliminare ad ogni costo quella parte di sé che meno le piaceva.
"R-Ruberei troppo spazio. Il letto è p-piccolo." Provò a giustificarsi lui.
"Ci stringeremo. N-Non voglio che sia tu a sacrificarti." Replicò lei per senso del dovere, nonostante fosse già consapevole che se ne sarebbe pentita.
Data la stazza del ragazzo, quando egli fu entrato completamente, il suo intero lato destro, dalla spalla scoperta allo stinco anch'esso nudo, aderì completamente al lato sinistro di Asia, dalla spallina del pigiama alla punta del calzino.
Adesso poteva tranquillamente sentirla tremare, e lei poteva percepire il respiro affannato di lui.
"M-M-Mi dispiace. Sono un pò ingombrante..." Provò a sdrammatizzare lui.
"B-Buon per te che sei così alto e grande." Avrebbe voluto insistere su quella fatidica domanda, ma non se la sentì. Chiederlo tre volte sarebbe stato troppo sospetto. Si rassegnò all'idea di aver fallito anche in quella circostanza. E comunque, non si sarebbe mai abituata al contatto fisico con lui. Il solo strusciare l'estremità dei suoi arti, il solo sfiorare l'uno la mano dell'altra, le provocava delle scariche elettriche lungo tutto il corpo. Un piacere talmente intenso da risultare insopportabile.
"C-Comunque, intendevo carine in tutti i sensi. Non solo l'aspetto, ma nei modi. Una persona raffinata, gentile, timida, corpo grazioso, lineamenti dolci e viso da angelo. Cose così... credo." Riprese lui.
"Wow, e dove la trovi una così? Nelle storie della Disney?" Ironizzò lei. Quella era una descrizione piuttosto simile alla sua apparenza, perlomeno caratteriale (su quella fisica non avrebbe saputo dire, dato che chiaramente non osava definirsi da sola un viso da angelo e un corpo grazioso, né era convinta di esserlo). A maggior ragione, era una descrizione che si discordava così malamente dalla sua natura più intima, per nulla serena e speranzosa come le principesse delle fiabe, ma anzi molto pessimista, arrogante e cinica. Se non altro, la aveva stupita riprendendo le redini del discorso.
"Oh, ma questa era solo la prima faccia della medaglia. Non mi piacerebbe stare con una zolletta di zucchero servile e senza carattere. All'occorrenza deve essere forte e financo aggressiva."
"Financo?" Lo interrogò lei ridendo.
"Volevo farti vedere che sto studiando..." Spiegò lui.
"E q-quale sarebbe una situazione tale da giustificare questa trasformazione?" Lo incalzò lei, assai sollevata dallo sviluppo del personaggio dei sogni di Kagami.
"Beh, se deve aiutare una persona cara, ma soprattutto se deve farlo per se stessa. Sai, difendere le proprie idee, o-o-oppure difendersi da chi la infastidisce."
Asia rimase interdetta per qualche istante. Non riusciva a credere che fosse stato così tanto esplicito, né mai lo avrebbe sperato.

FLASHBACK
La vista del cortile fiorito della Seirin che la aveva tanto affascinata il primo giorno di scuola, durante quel freddo inverno si era inaridita tanto quanto erano appassite le sue speranze e ingenue aspettative sulla sua nuova vita da liceale.
Soltanto rami secchi e spogli facevano da perfetto contorno al suo stato d'animo, duramente impoverito dalla sopraggiunta maturità adolescenziale che, ahimé, data la sua mente brillante si era risvegliata troppo presto sotto certi punti di vista, primo fra tanti la disillusione di tutti i falsi miti tipici dell'età fanciullesca.
Era sempre stata una pensatrice critica e acuta fin dalla più tenera età, ma la sua filosofia di vita era chiaramente stata viziata dalla sua povertà di esperienze del mondo adulto, che, non appena catapultata in una realtà leggermente meno protettiva come il liceo privato, erano crollate in pochi giorni come un castello di carta.
Tutte quelle contraddizioni che non aveva mai percepito o che aveva fatto finta di non vedere, non solo non poteva più ignorarle, ma dominavano adesso ogni aspetto della sua vita quotidiana.
Le sue preoccupazioni spaziavano dai più complessi temi del secolo, se non dell'intera storia umana, alle più superficiali problematiche di cuore.
La cattiveria intrinseca delle persone, lei stessa compresa, era forse la cosa che più la turbava. Non soltanto limitata a grandi tematiche redistributive (perché lei poteva permettersi il lusso di mangiare, dormire, studiare, giocare ai videogiochi, quando era palese che il benessere dei paesi ricchi fosse stato costruito sulla montagna di cadaveri malnutriti del terzo mondo?), ma anche più in generale all'osservazione quotidiana di piccole piccole cose, piccoli comportamenti egoistici, ma talmente frequenti da averla travolta come la goccia d'acqua che corrode la roccia dopo milioni di tentativi.
In mezzo a tanta desolazione, si vergognava di aver tanto desiderato, alle medie, un amore intenso una volta raggiunto il liceo. Non riusciva più a trovare una motivazione per cui valesse la pena, o fosse anche solo possibile, innamorarsi.
Era tutta una finzione, un auto-inganno collettivo utile solo ai fini della conservazione della specie, un istinto primordiale che è servito all'umanità per non estinguersi.
A condizioni normali, due persone si incontrano, si innamorano, mettono su famiglia giurandosi fedeltà eterna, e invecchiano insieme. Forse a condizioni normali lo schema corretto è: due persone si incontrano, si innamorano, mettono su famiglia, ogni tanto scappa qualche incornata, però facciamo finta di nulla perché è triste morire da soli, e alla fine alle nozze d'oro i figli faranno un video con movie maker su quanto il loro amore sia stato sentenziato dal filo rosso del destino.
Ma ammettiamo, perché qualche volta accade davvero, che due persone rimangano sul serio innamorate tutta la vita. E se non si fossero mai incontrate? A quel punto ciascuna di loro avrebbe incontrato persone diverse, e avrebbe creduto di aver trovato la propria anima gemella in qualcun altro. In poche parole, senza una mentalità fatalista, e il metodo scientifico ci impedisce di ricorrervi, l'amore è un sentimento effimero, temporalmente limitato e vincolato alle circostanze. Niente di così speciale.
E questo è il male minore. Si limitasse tutto a questo, basterebbe metter su famiglia con qualcuno con cui ci si trova bene, senza stare a ragionare ulteriormente.
Guardiamo ora il fidanzato tipo e la fidanzata tipo. Il maschio usa tante belle parole, ma in ultima istanza vuole solo riprodursi. Nonostante possa affermare il contrario, si aspetta anche di avere un ruolo dominante nella coppia.
La femmina tipo è forse peggio. Finge di volere la parità dei diritti, ma chissà perché tutte le ragazze escono con le teste di cazzo e i pochi bravi ragazzi fanno fatica ad accoppiarsi e quindi riprodursi (ecco perché ce ne sono pochi).
Se ti reputi pari dell'uomo, di certo non frequenti i trogloditi rimasti al Medioevo.
Non sapeva se fosse geniale o inquietante che fosse arrivata a tutto questo partendo dalla semplice osservazione degli alberi spogli nel cortile della sua scuola.
"Hey, Suzuki. Stiamo andando a fare un giro. Perché non ci fai compagnia?"
Asia sollevò lo sguardo in direzione della voce che aveva appena parlato. Erano tre matricole dell'altra sezione, e nessuno di loro godeva di buona reputazione. Prima che potesse rispondere, la avevano già circondata, e uno di loro si era pure permesso di circondarle le spalle con un braccio.
Se fosse uscita un po' prima da scuola, non sarebbe incappata in questa spiacevole situazione. Le lezioni erano finite già da un pezzo.
Provò a divincolarsi, ma uno di loro la afferrò per la sciarpa, strattonandola indietro fra le sue braccia.
"Toglietemi quelle luride mani di dosso." Sentenziò lei, riuscendo a mascherare la sua paura dietro a un atteggiamento duro e sprezzante.
I tre risero di gusto, iniziando a deriderla.
"Non essere così rigida, o rimarrai verginella a vita, piccola. Noi siamo qui per aiutarti." Le sussurrò quello che la aveva appena abbracciata.
Asia tirò una forte testata all'indietro, spaccandogli un labbro e approfittando della sua sorpresa per divincolarsi. Uno di loro, però, la afferrò per un braccio, alzando la mano per colpirla con un potente schiaffo.
Asia chiuse gli occhi di istinto. Si sentì uno schiocco molto forte, ma la ragazza non avvertì alcun dolore. Guardò nuovamente, e vide una quinta persona che aveva appena afferrato il polso del suo aggressore.
"Non azzardarti mai più ad alzare le mani. E ora sparite." Ghignò a denti stretti il suo soccorritore, un ragazzo grande e grosso dai capelli rossi.
Evidentemente la sua stazza non aveva intimorito solo lei, dato che gli altri tre, malgrado fossero in superiorità numerica, si dileguarono rapidamente.
Considerando la prestanza (e la presenza) fisica e il fatto che fossero le cinque del pomeriggio di un sabato di pieno inverno, la ragazza dedusse correttamente che fosse un membro della squadra di basket maschile della scuola, che tra l'altro si era laureata campionessa del Giappone a un torneo poche settimane prima.
"G-Grazie." Borbottò lei, da una parte sinceramente grata per il suo aiuto, dall'altra infastidita dal suo atteggiamento. La aveva fatta sembrare come se spettasse al maschio, più forte, difendere le povere e indifese fanciulle. E la cosa che le socciava era che fosse andata proprio così.
"Non ho aiutato te. Ho aiutato loro. Tiri delle testate formidabili." Rispose lui, accennando un sorriso a cui lei rispose istintivamente.
Era molto carino, non si fece problemi ad ammetterlo, e sembrava anche una brava persona. Ma, come tutti i maschi, avrebbe di sicuro sfruttato questa sua entrata in scena con gli effetti speciali per strapparle un appuntamento.
"Beh, ci vediamo." Disse invece lui, indirizzandosi verso la palestra, e spiazzando Asia. Forse era fidanzato, oppure semplicemente non gli piacevano le tipe come lei.

Durante il weekend ci aveva riflettuto più volte, ed era giunta alla conclusione che dovesse ringraziarlo come si deve. Non le piacevano molto i tipi sostenuti come lui, o meglio, anche se non voleva ammetterlo, si sentiva punta nell'orgoglio ad essere stata snobbata così, e più in generale per principio si ostinava a preferire le persone non troppo sicure di loro stesse, poiché un atteggiamento troppo spavaldo implicava una grande capacità di adattamento alla struttura sociale esistente, e quindi una complicità con quel sistema marcio che erano i gruppi di adolescenti, e forse, anzi sicuramente, anche di adulti.
Quel lunedì mattina si sforzò di arrivare con qualche minuto di anticipo, cosa per lei molto fastidiosa (non bastava il fatto che fosse lunedì mattina) per approcciare Taiga (era stato facile informarsi su chi fosse, data la sua fama di cestista) prima che entrasse in classe e offrirgli il piccolo pensiero che aveva preparato per lui.
Lo vide (e come poteva passare inosservato del resto?) fare capolino da un gruppo di ragazzi che si dirigevano verso l'aula. Nell'istante in cui furono abbastanza vicini e incrociarono lo sguardo, lo salutò con la mano.
"C-Ciao." Gli disse.
Quel grandissimo lurido tirò a dritto senza rispondere al suo saluto. Rossa come un peperone, lo afferrò per la manica della giacca, costringendolo a girarsi.
"S-Sei un maleducato!" Gli disse, spingendogli contro il petto i biscotti, impacchettati con cura, che gli aveva cucinato il giorno prima.
Girò i tacchi e se ne andò. Quell'idiota rimase così spiazzato che neanche la inseguì per chiederle scusa.
Lo incontrò per caso all'uscita, nonostante fosse l'ultima cosa che desiderasse. Questa volta fu lui a venirle incontro.
"C-Ciao. Scusami, non ci ho capito molto questa mattina. Perché questo pacco? Ci conosciamo?"
Asia rimase per un secondo in silenzio, non riuscendo a capire né cosa stesse succedendo né cosa avrebbe dovuto rispondere.
"Lascia stare, volevo solo ringraziarti per sabato. Buttali pure se non ti servono." Rispose lei bruscamente. E stavolta fu lui a rimanere immobile ed in silenzio, quasi inebetito.
"Per... sabato?" Domandò poi.
"Per avrmi difesa da quei tre, ma lascia stare, ho detto. Mi sono sdebitata, da ora in poi preferirei non avere nulla a che fare con una persona così maleducata."
Il ragazzo arrossì vistosamente, irrigidendosi di colpo. Dopodiché, si inchinò di scatto nella sua direzione.
"Ti chiedo scusa! Ero concentrato su di loro, e da lontano non avevo visto chi stessero infastidendo. Pensavo se la stessero prendendo con un ragazzo."
Asia si irrigidì a sua volta, ma per un motivo diverso. Non sapeva se essere più sconcertata dal fatto che, forse dall'alto del suo metro e novanta, non si fosse minimamente degnato di ruotare gli occhi per vedere con chi stesse parlando né di decifrare il "Grazie" che aveva bofonchiato e riconoscervi la sua voce, o se suonargliele per averla scambiata per un ragazzo. Peggio ancora, gliele avrebbe dovute dare perché era stato così idiota da averle espressamente rivelato di averla scambiata per un ragazzo, soprattutto nonostante, non avendola guardata, non ci fosse niente di offensivo in tutto questo. Ovvero, era stato così cretino da offenderla senza offenderla .
"C-C-Cioè, mi sono espresso male, scusa! You know... intendevo dire che per tenere d'occhio loro mentre se ne andavano non ti avevo proprio vista. V-Voglio dire, una ragazza b-b-bella come te me la sarei ricordata."
Arrossì anche lei, non sapendo più nemmeno come doveva relazionarsi con lui. Una cosa era sicura: era un vero idiota. Ma in senso buono.
"E-Ecco, n-non intendevo in quel senso. Nel senso che, si capisce che sei una ragazza." A Kagami ormai girava la testa. Ogni volta che apriva bocca peggiorava la sua situazione.
"Ho capito, ho capito. G-Grazie allora. E scusami, sono stata molto scortese." Si vergognò molto del modo poco signorile con cui lo aveva attaccato.
"N-No! Scusami tu, davvero." Rispose lui, scartando il pacco.
"Non avresti dovuto, sono bellissimi! Come facevi a sapere che mi servivano?" Ricominciò poi, ammirando con entusiasmo quei guanti su cui era stata ricamata una palla da basket per ogni mano. Sembrava un lavoro fatto a mano, e soprattutto durato molte ore.
"Basta guardarti le mani rovinate. A differenza di un certo cafone, io sono piuttosto attenta ai dettagli." Gli disse lei sorridendo. Era davvero molto contenta della reazione genuina che aveva avuto al suo regalo. Un'accoglienza più fredda la avrebbe fatta sentire in imbarazzo con se stessa per aver sprecato un fine settimana intero per quel presente.
Esaurita la carica di adrenalina, la rabbia di Asia si placò subito e, al contempo, venne meno lo stimolo per le sue reazioni più aggressive. In poco tempo, la sua parte più timida prese nuovamente il sopravvento. 
In quegli ultimi mesi dell'anno scolastico, i due, entrambi molto impacciati, non fecero altro che salutarsi timidamente ogni tanto. Allo stesso tempo, però, ognuno cominciò a pensare all'altra con frequenza e intensità sempre maggiori. Per l'inizio del nuovo anno, erano già praticamente cotti l'uno dell'altra.
Quella goffaggine e quella sua bontà d'animo, chiaramente unite al suo bell'aspetto, erano il mix letale che, nonostante la sua iniziale opposizione all'idea di perdere la testa per qualcuno, la avevano lentamente fatta scivolare nella trappola dell'amore.
A Taiga invece, per qualche motivo quella combinazione così ossimorica di aggressività e impacciataggine, unita alla sua bellezza fuori dal comune, aveva scatenato una fatale attrazione di cui all'inizio neanche egli stesso, molto ignorante in tema di sentimenti romantici, si era accorto.
Era persino andato da un dottore per farsi visitare, spiegandogli i frequenti crampi allo stomaco e la stranissima mancanza di appetito (rispetto ai suoi standard, si intende).

FINE FLASHBACK
"E a te, p-piacciono i ragazzi o le ragazze?" Cominciò Kagami ridacchiando.
"I ragazzi... pochi tra l'altro." Rispose lei, ancora un po' scioccata dalla sua risposta precedente.
Taiga deglutì. Ormai si era esposto, se proprio voleva togliersi questo peso di dosso (e, diavolo, quanto lo voleva), avrebbe tranquillamente continuato con queste tattiche da scuole medie (forse i ragazzi delle scuole medie erano più bravi di lui).
"Che tipo?" Chiese.
"Quelli buoni." Replicò lapidaria lei.
"Sei una cannibale?" Domandò scherzando lui.
"Assolutamente sì." Rispose lei ridacchiando. "A parte gli scherzi, mi piacciono le persone buone d'animo, quelle spontanee e magari un po' goffe e impacciate. Passionali, anche. E' bello dare tutto per qualcosa. Esteticamente, beh, direi alto e muscoloso, ma slanciato. C-Capelli corti, rossi, ha paura dei cani, ti dice nulla?"
"B-Baka..." Bofonchiò Taiga arrossendo. Ormai non aveva senso tirarsi ulteriormente indietro. Anche se il cuore minacciava l'infarto da un secondo all'altro, anzi forse proprio per questo occorreva fare in fretta, prima che il suo cervello gli impedisse di impelagarsi oltre in una dichiarazione lunga ore.
"M-M-Mi ero scordato di dire che mi p-piacciono le ragazze il cui nome è un continente." 
Un po' dal nervoso, un po' dall'assurda dichiarazione appena ricevuta, la ragazza scoppiò in una risata isterica. 
"Non...avevo mai sentito un a-approccio così stupido..." Gli rispose.
"N-N-Nemmeno io. Vorrei sotterrarmi."
"S-Se anche tu avessi avuto una chance, dovrei revocartela adesso." Infierì lei, afferrandogli la mano. 
Taiga sussultò per la sorpresa, ma reagì abbastanza in fretta stringendo a sua volta la presa.
"Se anche avessi una milione di chances, ogni volta che provo a dirti c-che s-s-s-s-sono innamorato di te, il mio cuore collassa e il poco cervello che ho frigge definitivamente. Non ho mai provato nulla di così intenso." Lo disse tutto d'un fiato. 
Silenzio.
"A-A-Adesso invece s-s-sei stato molto efficace."
Entrambi ruotarono il volto l'uno in direzione dell'altra, osservando nella penombra le proprie facce infuocate dalla passione. Comunque lo sapevano benissimo tutti e due. Erano stati fin troppo bravi quel giorno: fino a che non avessero recuperato le energie e la stabilità psicofisica, non ci sarebbe stato nessun bacio.




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Capitolo 6
*** I nodi vengono al pettine ***


Guardarlo dormire era bellissimo. Aveva una espressione così rilassata, sembrava un bambino. Certo, un bambino di un metro e novanta è difficile da trovare, ma il paragone calzava comunque bene.
Durante il sonno il suo cervello e la sua coscienza non erano riusciti a impedirgli di fare ciò che da sveglio invece gli proibivano categoricamente, ovvero avvinghiarsi ad Asia. Né il subconscio di Asia pareva aver disdegnato la cosa, visto che al suo risveglio non avrebbe saputo dire chi stesse abbracciando chi.
Nonostante non fosse la prima volta, non ci aveva ancora fatto l'abitudine: a causa del forte contatto fisico, era costretta a cominciare con un mini infarto già di prima mattinata.
Le sarebbe piaciuto continuare ancora un po' a fissarlo in silenzio, ma lo sguardo le cadde fortuitamente (e fortunatamente) sull'orologio a muro presente nella stanza
"Kagami-kun, siamo in ritardo!"
Lo dovette ripetere altre due volte, strattonandolo anche con molta violenza, prima che il ragazzone aprisse gli occhi e effettivamente comprendesse la situazione.
"Merda!"
I due si vestirono in fretta e furia. Ormai Asia non avrebbe fatto in tempo a passare da casa, e usare quel piccolo motorino in due con quel gigante di Kagami era fuori discussione. Mangiarono e si lavarono a velocità super sonica, e si incamminarono a passo spedito verso la palestra.
Dopo un buon quarto d'ora di maratona si accorsero che dietro di loro stava correndo anche Kuroko.
"Gyaw! Da quanto sei lì?" Urlò il rosso.
"Buongiorno, Kagami-kun, Suzuki-san. Da cinque minuti più o meno." Rispose, come al solito pacatamente, il celeste.
Anche lui chiaramente in ritardo.
"Dove è Nene?" Chiese Asia, stupendosi del fatto che non fossero insieme.
"Siamo partiti insieme, ma lei era troppo veloce e mi ha distanziato." Rispose Tetsuya.
"Kuroko, fai schifo!" Lo rimproverò Taiga, sbalordito che, con tutti gli allenamenti a cui erano sottoposti, si fosse fatto battere da una ragazza.

Era da tanto tempo che non si incontravano tutti insieme in una stessa palestra. Perfino Aomine e Murasakibara erano così su di giri da essersi presentati puntualmente.
Per quella settimana, e probabilmente mai più fino a un'eventuale nazionale giovanile, sarebbero stati nuovamente compagni di squadra.
Il coach Aida aveva ingaggiato uno staff di tutto rispetto per supportare i Vorpal Swords nella sfida contro i Jabberwock.
Momoi era chiaramente l'addetta all'intelligence e all'analisi dei dati sugli avversari. Riko era l'aiuto coach e Kotori aiutava a perfezionare la strategia e le tattiche di gioco.
Poi c'era Liz... beh, Liz era una semplice tifosa, non essendo esperta di basket, ma assolveva a un compito importantissimo. Visto che Kotori non era né brava né negata, ma Riko e Momoi erano entrambe un disastro, Liz, che invece ne aveva la passione, era l'addetta alla cucina. Preparava con estrema attenzione i pasti di tutti i giocatori seguendo una rigorosa dieta studiata e personalizzata nei minimi dettagli per ciascuno di loro.
Un proverbio inglese dice che "the best is the enemy of the good", ma quella pareva proprio essere l'eccezione che conferma la regola.
Unico ingranaggio poco oliato in quel complesso organigramma era la coordinazione fra i cinque miracoli, non più abituati a giocare insieme, e anzi, forse c'erano altri due problemi. Aomine e Momoi sembravano un po' impacciati fra di loro, e un gelo siberiano piombava nella palestra se Midorima e Kotori incrociavano lo sguardo.
"Dopo possiamo parlare? Sono molto dispiaciuto-nanodayo." Sussurrò il verde alla stratega della squadra. Per colpa sua, non aveva dormito benissimo, e il risveglio era stato anche peggio: Oha Asa aveva detto che il cancro era il segno più sfortunato quel giorno.
Fortunatamente si era portato dietro un pallone da calcio, che quel giorno era il suo oggetto fortunato.
"Avresti dovuto pensarci prima." Sibilò acidamente lei, girando i tacchi e andando a parlare con Satsuki.
Midorima sentì una strana fitta alla bocca dello stomaco. Se anche lo scopare e basta portava tutti questi problemi, allora perché diavolo lo faceva? Lui voleva solo soffocare le pene d'amore, ma in quel momento ebbe la paura di averle semplicemente scambiate con altre pene del tutto equivalenti.
C'era poi un altro problema, anche se marginale. Nonostante gli sforzi di Takao, che era riserva in quella squadra prestigiosa, i rapporti fra play e guardia dello Shutoku si erano un po' incrinati da quando Haruka gli aveva tirato il due di picche.
Takao stesso aveva allentato i rapporti con sua sorella, biasimandola molto per il suo comportamento, ma si sentiva comunque quasi un suo complice. Almeno all'inizio. Dopo un po', però, aveva cominciato a spazientirsi su quanto l'amico la stesse menando per una sola notte di passione. Shintarou sapeva che non fosse colpa di Kazunari, lo sapeva razionalmente, ma la sua componente più irrazionale fino a quel momento era comunque riuscita a dominare associando una leggera sensazione di fastidio ogni volta che si trovava in presenza di Kazunari. Non era nemmeno troppo difficile da capire: vedeva lui, che era uguale identico a lei, quindi pensava a lei, quindi si infastidiva.

"Scusate il ritardo!"
Kuroko, Kagami, Asia e Nene(che si era fermata all'ingresso ad aspettarli dopo aver avvertito il coach del ritardo) fecero il loro ingresso in campo.
Questo generò inevitabilmente altri problemi.

"Ciao Nene..." Bofonchiò Daiki, in evidente imbarazzo.
"Ciao, Daiki..." Replicò lei, altrettanto a disagio.
Si fissarono qualche secondo, in perfetto silenzio. Un silenzio piuttosto fastidioso, ma nessuno dei due sapeva cosa altro dire.
"Che ci fai qui?" Aomine tirò fuori dal cilindro questa domanda, complimentandosi per essere riuscito a spezzare il ritmo morto del discorso.
"Con le mie conoscenze sul basket, assisterò quei cervelloni di Asia e Kotori nella definizione delle migliori tattiche di gioco." Rispose lei sorridendo.
"Accidenti, siamo in buone mani allora!" Scherzò lui, e entrambi si misero a ridere. Sì, adesso poteva anche considerarsi una conversazione soddisfacente.

"Tetsuya... forse per questa settimana dovremmo sforzarci di parlare... per il bene della squadra..."
Kuroko la guardò dritto negli occhi, con un intensità così forte che avrebbe potuto scioglierla con dei raggi laser se solo avesse avuto questo potere, e di certo lo avrebbe fatto se davvero ne fosse stato capace.
Agli occhi degli altri forse era la stessa faccia inespressiva di sempre, ma, lei lo sapeva, quegli occhi stavano trasudando molta rabbia. Non gli era ancora passata, e come biasimarlo. Tutt'oggi continuava a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta a non dirgli tutta la verità.
Tetsuya sospirò pesantemente. Faceva ancora male, a guardarla negli occhi.
"Hai ragione."

Gli unici che non creavano problemi in quel dannato buco erano Kagami e Asia, in pratica. Ah, e anche Murasakibara. Il suo unico problema era reperire i fondi necessari per comprarsi tutti i maiubo di cui il suo stomaco aveva bisogno.
Allenarsi con la generazione dei miracoli era certamente estenuante, ma se Takao, Hyuga e Wakamatsu avessero dovuto cercare di descriverlo a qualcun altro di esterno, si sarebbero di sicuro concentrati su un aspetto completamente diverso da quello della semplice fatica nello stargli dietro.
C'erano due sentimenti, due sensazioni completamente in conflitto fra di loro, eppure, paradossalmente, tutti e tre le stavano provando entrambe nello stesso momento.
La prima era eccitazione. Era elettrizzante vedere in prima persona di che cosa erano capaci quei mostri, a che livello si stesse consumando il gioco. C'era anche l'orgoglio di essere stati chiamati a supportare ed eventualmente sostituire questi ragazzini beneddetti dal Dio del basket.
La seconda era sconforto. Giocare con loro era demoralizzante. Ogni cosa tu provassi a fare si rivelava completamente inutile. Venivi subito stoppato, o ti rubavano il pallone prima ancora che arrivasse. Se provavi a stoppare un tiro di Midorima, non solo non ci arrivavi minimamente, ma commettevi pure fallo regalandogli un altro punto o due. Aomine ti dribblava lasciandoti letteralmente sul posto, forse non si accorgeva nemmeno di averti superato, forse per lui eri solo un oggetto immobile, uno di quelli che usano i bambini alle prime armi per allenarsi nel dribbling. Ecco cosa eri per Aomine, uno stupido esercizietto per bambini neofiti. Se Murasakibara provava a schiacciare, ti veniva istintivo di scappare il più lontano possibile per evitare che ti distruggesse. Perfino Wakamatsu, dopo Kiyoshi il centro più forte di Tokyo e fra i migliori del paese, non solo non reggeva il confronto con il centro dei Miracoli, ma, perfino sottocanestro, era completamente inutile e soverchiato anche da Aomine e Kise, e probabilmente sarebbe stato schiacciato anche da Midorima e Akashi se ci avessero provato. In poche parole, non solo ti demoralizzavi per la serie infinita di errori e figuracce, ma ti rendevi anche conto di quanto inutili fossero i tuoi sforzi. Se anche tu ti fossi allenato per tutta la vita, non avresti mai raggiunto il loro livello, neanche lontanamente.
Eppure c'era qualcosa che non andava, e non era solo dovuto al fatto che i Miracoli non riuscissero ancora a coordinarsi alla perfezione. Alcuni di loro non avevano mai giocato così male. Intendiamoci, guardando le statistiche non si sarebbe assolutamente detto.
Midorima aveva come sempre riportato il 100% dei tiri segnati, ma, e se ne accorsero tutti, il pallone aveva più di una volta toccato il ferro o la tabella prima di entrare. Perfino al suo debutto ai nazionali, questa cosa gli era successa solo una volta.
Aomine aveva segnato da ogni direzione e posizione, e i suoi dribbling avevano lasciato con le chiappe a terra i difensori. Ma aveva ricevuto fin troppe stoppate da Murasakibara, che certo era uno dei pochi a riuscire a difendere contro di lui e a limitarlo, ma non era mai riuscito a intercettare addirittura metà dei suoi tiri.
I passaggi di Kuroko raggiungevano ogni volta il bersaglio, superando la difesa e sorprendendo tutti. Qualche volta Akashi o Kise riuscivano a intercettarlo (stranamente, non Aomine), ma non era questo il problema. Generalmente, il pallone ti pioveva con precisione millimetrica fra le mani, rendendoti agevole la mossa successiva. Nonostante il numero di assist era sostanzialmente allineato con la sua media, la ricezione dei giocatori era assai peggiorata, e vi erano molte palle perse. La palla arrivava sprecisa, nella direzione o nella forza. O in entrambe, talvolta.
Soltanto sul finire dell'allenamento, quando la fatica fisica ottenebrò lo stress mentale, le prestazioni migliorarono, riportando a convergenza con la media le statistiche. Anche l'intesa fra Takao e Midorima, inizialmente un po' arrugginita, sul finale ricominciò ad affinarsi.
"Tetsu-kuuuun! Cosa ti è preso?" 
Momoi corse ad abbracciare l'amico, preoccupata per il suo atteggiamento in campo.
"Momoi-san, non respiro." Rispose lui, glissando però sulla domanda della manager.
Il coach Aida si mise le mani nei capelli. Ormai non poteva cambiare la carte in tavola. Ma quella organizzazione della squadra, se da un lato potenzialmente poteva permettere di ottenere il miglior risultato possibile, indispensabile per avere una speranza contro i Jabberwock, dall'altro al momento era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Se i ragazzi non avessero velocemente risolto i loro, tanti, problemi personali, la partita sarebbe stata un disastro.
E c'era un'altra cosa che nessuno aveva notato. Com'era possibile che Momoi avesse raccolto così pochi dati utili su una squadra famosa come i Jabberwock?

"Ohe" Aomine si avvicinò a Momoi, porgendole una lattina di cola.
Non aveva, lui, una gran bella cera, ma non si poteva nemmeno dire che fosse di cattivo umore.
Lei, invece, lei era incazzatissima. Perché con lei era diventato così taciturno, ma con Nene aveva tanta voglia di fare conversazione? Si sentiva troppo insicura, soprattutto alla luce di come stavano andando le cose fra di loro da quando avevano iniziato a frequentarsi. Sapendo anche che invece con Nene ci davano dentro, il suo orgoglio di donna era rimasto gravemente ferito.
Non aveva voglia di evitare il problema. Lei era una persona molto schietta, e i problemi preferiva affrontarli subito. Glieli espose con un certo nervosismo ma senza alzare la voce.
"Che c'è, sei gelosa?" La provocò lui.
"Beh sì," ammmise lei, "soprattutto quando il solo parlare con lei ti turba così tanto da giocare da schifo!" 
"Ohe, calmati. Non sono io che mi sono arpionato a Tetsu come una gallina in calore!" Si pentì subito di averlo detto. Satsuki non era una tipa manesca, per cui si evitò almeno lo schiaffone. Ma lo sguardo sprezzante che gli lanciò fu anche più doloroso.
"Ti chiedo scusa, Satsuki, ho esagerato..."
"Tu chiedi sempre scusa, ma non ci pensi mai prima di aprire bocca. Se ti importasse di noi, staresti più attento." Replicò lei a muso duro.
"Ma certo che mi importa..."
"Da come mi tratti, o meglio non mi tratti, non si direbbe. Mi eviti come se fossi lebbrosa." Satsuki girò i tacchi e se ne andò.
Daiki si maledì per la seconda volta in quel minuto. La prima volta si era maledetto per aver detto troppo, questa volta per non aver detto tutto.

Quel vecchio materasso nella taverna di Kuroko era ormai quasi sfondato, non soltanto per l'età ma anche per il perpetuo su e giù che lui e Nene stavano intraprendendo abitudinalmente ormai da un po' di mesi.
Quella volta, però, nessuno dei due sembrava particolarmente trasportato. Era quasi come se si muovessero meccanicamente, con tutt'altro nella testa a cui pensare.
Fu Nene la prima a vuotare il sacco.
"Non pensavo che provassi ancora delle emozioni tanto intense per lei. Significa che non ti è ancora passata per niente."
"Non è vero. Anche se non la amo più, mi farà sempre schifo per quello che ha fatto." Quella volta, Kuroko non era riuscito a mascherare particolarmente bene le sue emozioni.
"Certo, ma figuriamoci. E io dovrei crederci?" Lo schernì lei. "Adesso è da un po' che stiamo insieme. Posso capire all'inizio, ma dovresti cominciare a lasciarti alle spalle questa cosa."
"Forse facendo la gatta morta come hai fatto tu con Aomine-san dimostrerei di aver superato la cosa? Perché neanche a me hai dato l'impressione di averlo dimenticato."
Tetsuya si morse la lingua. Non era un tipo geloso, e non gli capitava mai di pentirsi di ciò che diceva, visto che diceva sempre quello che gli frullava per la testa. Il problema è che aveva detto una cosa che non pensava. Quando si parlava di quella persona, non ragionava più.
"Forse è meglio che me ne vada." Sentenziò lapidaria Nene, rivestendosi.

Shintarou era stato con Takao dopo gli allenamenti. Non avevano affrontato il discorso Haruka, si erano semplicemente limitati a far finta di nulla. Ma fra amici va bene anche così: avevano ritrovato perfettamente la loro intesa. Non serviva che si dicessero altro, ognuno di loro aveva capito e perdonato.
Sicuramente anche il lavoro dietro le quinte di Liz e Kotori aveva aiutato a velocizzare le cose.
E a proposito di Kotori, c'era proprio lei ad aspettare Shintarou davanti casa. Intuendo che qualcosa stesse bollendo in pentola, Kazunari si dileguò rapidamente con una banale scusa.
Il verde si fermò esattamente davanti a lei, guardandola con sguardo severo. Sembrava che si fossero invertite le parti rispetto a prima.
"Ho un po' esagerato, so che ti sei subito dispiaciuto per quello che avevi detto. Mi dispiace." Esordì lei.
"No, avevi ragione tu-nanodayo. Sono stato un completo idiota. E sai che ti dico, di Haruka non mi importa più." Le rispose lui. Sembrava sinceramente convinto di quanto appena affermato.
"Sono molto contenta di questo."
"Già, quindi vuol dire che possiamo finirla qui. Ti ho vista oggi mentre parlavi con Kuroko. Beh, in realtà lo sapevamo già che lo amassi ancora. Non ha senso ormai continuare con una farsa unilaterale, non voglio più essere il suo rimpiazzo. Scusami."
Kotori lo guardò dritto negli occhi. Probabilmente, anche lui stava osservando in lei quella stessa tristezza che lei poteva notare fuoriuscire dalle sue iridi colorate.
Era stato un bellissimo sogno, ma purtroppo era l'ora di svegliarsi. Shintarou non aveva più bisogno di lei, e non si sarebbe mai permessa il lusso di comportarsi da egoista proprio con lui e dirgli che invece lei aveva ancora un fottutissimo bisogno di averlo. Non sapeva nemmeno più se lo considerasse un semplice rimpiazzo. Ci si era davvero affezionata tanto, e faticava a immaginarsi una quotidianità senza di lui. E non sapeva nemmeno più che cosa sentisse per Kuroko, a parte un profondo senso di colpa per come erano andate le cose, e la grande frustrazione per non essere stata completamente sincera con lui.
"Non scusarti, Shin-kun. Non devi."
Lo guardò da dietro mentre rientrava in casa. Avrebbe tanto voluto urlagli di restare con lei, ma proprio non poteva. A differenza sua, lui poteva rifarsi una relazione nuova e lasciare il passato alle spalle. Non poteva condannarlo in quel limbo eterno in cui si erano cacciati da soli.

Ancora incazzato, il giorno dopo Kuroko compì quel gesto memorabile che sarebbe stato ricordato per sempre da tutti. Andò da solo nel night in cui i Jabberwock stavano recando disturbo per insegnare a Nash un po' di buone maniere.
Dopo aver incassato un bel destro in faccia, Tetsuya fu soccorso dai suoi compagni di squadra. C'erano quasi tutti: Taiga, Asia, la Generazione dei Miracoli, Kotori e Liz.
Nene, Momoi e Riko erano rimaste ad allenare ulteriormente Hyuga, Takao e Wakamatsu affinché aiutassero in maniera più efficace i titolari a colmare le loro debolezze prima della partita.
Si sfiorò quasi la rissa, non fosse stato per i nervi d'acciaio di Akashi e la perseveranza di Kuroko.
Quando fecero per andarsene, però, Jason rincarò la dose di provocazione, rivolgendosi direttamente a Kotori.
"Hey, ma io ti conosco. Hai imparato a scopare senza frignare come una bambina?"
Gli altri Jabberwock si misero a ridere di gusto. Kotori rimase paralizzata sul posto. Come poteva non averlo riconosciuto subito? 
"Kotori, che cazzo sta dicendo quello scimmione?" 
Kotori non avrebbe saputo dire se fosse stata più turbata dal tono così aggressivo di Kuroko, o sorpresa dal fatto che per la prima volta dopo quasi due anni la aveva chiamata per nome.
Akashi ordinò la ritirata strategica, non dopo aver risposto per le rime a tutti i giocatori avversari. La avrebbero risolta sul campo. Se fossero rimasti un solo secondo in più, qualcuno sarebbe finito all'ospedale.
Quando rientrarono in palestra, gli altri se ne erano già andati.
"Kuroko, fatti medicare la guncia da K...anzaki." Bofonchiò Midorima, rivolgendo un'occhiata neutra a Kotori. Lo stava facendo per aiutarli a chiarire, dedusse lei.

In quel night devastato dalla furia euforica dei Jabberwock, una ragazza attese che i membri della Generazione dei Miracoli se ne fossero definitivamente andati per fare il suo ingresso.
Aveva dei bellissimi e lunghi capelli corvini, un'espressione insicura e poco determinata in volto, e tanta agitazione in cuore.
"Oh, guarda chi si vede!" Esclamò Silver allargando le braccia e sorridendo in maniera quasi minacciosa. Nick e Nash erano fuori a fumare (era lunedì), mentre Zack e Allen stavano ancora in panciolle sul divano, molto più ubriachi di Silver, che, data la sua mole, reggeva molto meglio l'alcool. 
"Ciao, Jason. Vorrei parlar-"
"No." La interruppe il gigante. "Non c'era niente di più che attrazione fisica. Dopo un po' la stessa caramella viene a noia, capisci?"
Zack e Allen ridacchiarono, ma Jason li fulminò con lo sguardo.
"Dai, vattene." Insistette lui.
Haruka si girò in silenzio, e abbandonò il locale. Per avere una risposta sincera doveva approcciarlo da solo, o avrebbe continuato a fare lo spaccone.
 

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