Weak girl

di littlemoon89
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** I hate myself ***
Capitolo 3: *** All too unhappy ***



Capitolo 2
*** I hate myself ***


Il ticchettio della pioggia seguiva i miei passi affaticati, quella giornata non poteva finire meglio.Arrivai al semaforo vicino al parco, che diventò rosso appena misi piede sulla pedana del marciapiede. Così fui costretta ad aspettare, un’attesa che mi sembrò durare un’eternità, in quel momento i pensieri che offuscavano la mia mente cominciarono a farmi girare la testa e la vista mi si appannò. Era notte e se fossi svenuta lì nessuno mi avrebbe vista. Le gambe stavano per cedere ed io mi aggrappai ad un cartello stradale raffigurato un omino che attraversava le strisce pedonale, non volevo che la mia vita finisse lì, ma il mio corpo aveva già deciso a mio conto, la mia anima era a un passo per volare via e io lo permisi. Avevo bevuto forse troppo, ma lo avevo fatto per un motivo ben preciso e le pasticche erano scivolate in gola lentamente come se volessero fare retromarcia, ma con l’aiuto di un bicchiere d’acqua loro cedettero. Avvenne tutto in quella festa, la fatidica festa di fine anno, odiata da tutti e soprattutto da me, non seppi perché ci andai, volevo passare un momento di felicità ma ovviamente tutto mi si ricontorse contro. Non era nei piani morire su un marciapiede che non aveva un significato per la mia vita, ma soprattutto per i miei errori. Avevo pensato al suicidio in modo diverso, forse più tranquillo o magari più tremendo, ma tutto crollò intorno a me e sfuggì al mio controllo. Con il suicidio volevo rimediare a me stessa, un grande errore per chi ha fatto la mia conoscenza, le mie parole non avevano peso e il giudizio degli altri mi trafiggeva come una freccia infuocata e il dolore si faceva sempre più forte e nitido, allora decisi di rinunciare a tutto ciò che avevo e che mi apparteneva, ma soprattutto a tutto ciò cui ero legata, rinunciai alla mia famiglia, ai miei sogni ed alla mia esistenza. Ero stufa di quello che stavo passando, stufa della vita che stavo vivendo volevo farla finita una volta per tutte, così come accade per i cavalli, i quali vengono uccisi per non farli soffrire. Il mio pianto non era ascoltato da nessuno e rimanevo un’anima ignorata da tutti, intenta a fare un’azione di cui mi sarei pentita, non fu così, e che avrebbe forse cambiato la vita di tutti, in modo peggiore o migliore….bastava a loro decidere. A questo punto vi starete chiedendo chi sono io, giusto? Bene eccovi accontentati, io sono Katherine Gatling, chiamata da tutti Kate, mi conoscerete certamente, ormai si parla solo di me in tutto Stockton. Vivo a Freedom Lane 4639 e frequento il quarto superiore…..purtroppo alla maturità non ci arriverò…peccato. La mia casa la riconoscerete perché sarà sicuramente ricoperta di fiori e letterine fin troppo sdolcinate…o forse no, forse si sono dimenticati di me un’altra volta. Oramai ci ho fatto l’abitudine. Questa è la mia storia, piena di delusione, tristezza, senza sincerità e rispetto verso l’altro….anzi verso di me…è questo il motivo per aver detto addio alla mia gioventù. Vi parlerò di me e del motivo che mi ha spinto ad affrontare la mia fine.
 
 

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Capitolo 3
*** All too unhappy ***


Cominciamo dal principio, non voglio correre e non voglio farvi affaticare per seguire tutte le vicende della mia vita, dalla prima all’ultima. Come ho già detto sono Katherine, sono nata il 25 giugno del 1999, ma dubito vi importi…più che altro vi importerà la data della mia morte, beh se mi ascolterete con attenzione la intuirete da soli. Sono sempre stata la cocca di mamma e papà, non ho avuto un’infanzia triste...anzi…forse troppo felice. Cominciavo già da piccola a capire che la mia vita era perfetta…ma mi sbagliavo completamente. Ero una di quelle bambine che si vedono nei cartoni, educata, gentile, la tipica bambina che impazzisce davanti alla casa delle bambole, dove materializza un mondo tutto suo. Ricordo che avevo anche un amico immaginario…si chiamava Oliver, lo ricordo come fosse ieri. Adoravo il mio amico immaginario, con lui parlavo sempre, lui mi capiva…fin troppo. Quando ebbi 10 anni Oliver mi abbandonò per sempre, ero cresciuta e le mie amiche mi prendevano in giro dicendo che dovevo smetterla di pensare al paese delle meraviglie e dovevo tornare nella realtà e fu così che spezzai la mia amicizia con Oliver. La notte mi chiudevo in camera, e una volta rimboccate le coperte le lacrime si facevano sentire, e rigavano il mio tenero volto innocente e dolce. Odiavo ammetterlo a me stessa, ma Oliver mi mancava e quasi non riuscivo a vivere senza lui, soprattutto dopo che i miei genitori si separarono e cominciarono a litigarmi. Non sopportavo tutto ciò, così cominciai ad andare male a scuola e mia madre veniva ogni volta convocata dalla preside, per i miei voti insufficienti…così la prima media fu un inferno e alla fine mi bocciarono. Ricordo di aver dato tutta la colpa a mio padre per la separazione con mamma, ogni volta che andavo a casa sua finivamo con un litigio e a volte le parolacce si facevano spazio nella mia bocca e lui finiva per cacciarmi via. Fu così che pian piano cominciammo a non salutarci neanche quando ci incontravamo per strada, eravamo diventati perfetti sconosciuti. Non piansi mai davanti a mamma per la loro separazione, non volevo renderla triste sfogandomi con lei, avevo paura che forse si sarebbe sentita in colpa e magari avrebbe fatto una brutta fine, pensando che avesse fallito come madre e che non mi meritasse, ed io non volevo questo, così non gli parlai mai di lei e papà. Se solo fossi stata pronta, se solo avessero capito che non si trattava solo della loro vita. Di quella giornata buia non ricordo molto, una delle poche cose che mi sono rimaste in mente è stato quello che ho pensato in quel momento, è stato il mio battito accellerato nel momento in cui seppi quella notizia che mi spezzò il cuore in frammenti. Li avevo sentiti urlare la notte prima mentre stavo nel mio letto in cerca di addormentarmi, ma era impossibile dormire. Come pensate poteva sentirsi una bambina che sognava di diventare una principessa e vivere in un castello ? vedendo i suoi sogni sconfitti dalla sofferenza che gli riservava la vita ? UNO SCHIFO. Ecco come mi sentivo UNO SCHIFO, un enorme SCHIFO.

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