La danza del popolo Yokuja

di Nikita Danaan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Epilogo (prima parte) ***
Capitolo 15: *** Epilogo (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nei tempi antichi le varie tribù della Terra di Mezzo erano divise e in lotta fra loro, però con il tempo si riappacificarono trovando un accordo.

Nella tribù di Yokuja tuttavia le persone erano rimaste divise, non c'era unione, armonia e fratellanza, solo diffidenza e rancore.

Anche le tradizioni erano rimaste piuttosto rigide, sopratutto la danza tipica yokuja: persino una cosa così piacevole e bella come danzare era vittima delle rigide regole della tradizione.

I maschi e le femmine venivano divisi fin da piccoli e non danzavano mai insieme, addirittura c'era una danza diversa a seconda del sesso; persino durante la danza matrimoniale gli sposi non danzavano insieme.

Tutti dovevano impararla e se qualcuno, per qualche malaugurata ragione, si rivelava incapace di ballare sarebbe stato ricoperto di disonore il suo nome e quello della sua famiglia.

***

"No Samira, non ci siamo! Stendi quelle braccia e alza quella gamba!".

Una donna dall'aria severa, la pelle scura, i capelli neri e ricci erano raccolti in uno stretto chignon e gli occhi color onice squadravano una bambina anch'ella dalla carnagione scura, dai capelli pieni di ricci tenuti a bada da treccine, gli occhioni scuri erano lucidi e le labbra tremolanti e strette tra i dentini. La piccola, che non dimostrava più di cinque anni, si aggrappava con le manine alla gonna fatta di veli color caramello. 

"Mi dispiace Majà, ma proprio non ci riesco" si scusò con tono mortificato, non osando incrociare il proprio sguardo con quello della donna. 

"Sei una immensa delusione, Samira" disse quasi disgustata, assottigliando gli occhi, la donna "Di questo passo nessuno ti sposerà mai". Samira sgranò gli occhi e, per evitare di scoppiare a piangere davanti alla Majà e alle altre bambine che la stavano deridendo, corse via il più lontano possibile. Si inginocchiò vicino ad una pianta secca e liberò il suo pianto disperato.

Intanto, non molto lontano da lei, si trovavano i giovani maschi che stavano apprendendo la loro danza e ad un bambino in particolare non sfuggì il pianto disperato di Samira.

Così si avvicinò ad un uomo dai capelli lunghi fino alle spalle, robusto e dall'aria autoritaria ma dagli occhi color cioccolato che trasmettevano sicurezza e fiducia in quella persona.

"Pajà, posso allontanarmi un momento? Qualcuno sta male" per attirare la sua attenzione, il bambino di circa sei anni si era aggrappato ai suoi pantaloni larghi e bianchi in lino e gli indicava l'albero da cui sentiva provenire i singhiozzi.

L'uomo gli sorrise e lo incoraggiò ad avvicinarsi, in fondo lui aveva già capito che era la piccola Samira; erano note le sfuriate di sua moglie alla bambina che non riusciva ad imparare l'importantissima danza, perciò sperava che Aayan la confortasse.

Il bambino, dalla testa piena di tanti ricci corvini e la pelle olivastra, avanzava dal passo goffo intralciato dai pantaloni uguali a quello del pajà e a tutti gli altri aspiranti ballerini della tribù, ma un po' troppo lunghi per le sue gambe ancora piuttosto corte. Con calma si avvicinò alla bambina rannicchiata su se stessa che tra le lacrime continuava a dire "Non so ballare...nessuno mi sposerà...". 

A quella visione il cuore di chiunque si sarebbe stretto in una morsa, specialmente quello di un bambino buono come Aayan, che mise un ginocchio a terra e allungò una mano verso la spalla nuda di Samira. "Che ti è successo? Come mai piangi?" le chiese ingenuamente il bambino. 

La bambina alzò il viso dalle sue braccia incrociate, pervaso dalle lacrime "Perché non so ballare e la Majà mi ha detto che nessuno mi prenderà in sposa! Nessuno mi amerà mai!". L'ultima frase la urlò con una tale foga da spaventare Aayan che indietreggiò leggermente. 

Aspettò che si calmasse un poco prima di riavvicinarsi a lei e dirle "Ti sposo io, se vuoi". Samira spalancò gli occhi sorpresa e parlò incredula tirando su con il naso "Dici sul serio?".

Il bambino annuì serio "Ma sono sicuro che diventerai la ballerina più brava di tutte, però quando saremo grandi ti sposo io".

La bimba si alzò in piedi, si asciugò gli occhi con il braccio e si avvicinò ad Aayan sorridendogli grata e rincuorata dalle sue parole, dicendogli un semplice "Ti ringrazio".

Spazio dell'autrice

Salve a tutti!
Era da un po' che non scrivevo su questo sito e sono tornata con una nuova storia che sto scrivendo al momento. 
All'inizio ero restia a pubblicarla prima 
della conclusione della sua intera stesura, però ho deciso di pubblicare almeno il primo capitolo che è più un prologo come avrete avuto modo certamente di leggere. Spero vi possa interessare questa storia che ho iniziato a scrivere di getto, ispirata da un sogno.

Significato dei vari termini

Samira: nome della protagonista che ha un doppio significato: quello arabo è "compagna gioviale, fedele, ospitale", quello hindi "vento, brezza".

Aayan: nome del protagonista dal significato derivante dall'arabo, ossia "dono di Dio".

Yokuja: nome della tribù e anche delle persone della medesima. E' un nome che ho inventato io.

Terra di Mezzo: nome di un ipotetico mondo simile al nostro, con delle leggere variazione(ovvero si vive in un modo un po' primitivo e le civiltà sono ancora rustiche e poco evolute tecnologicamente)in cui vivono i personaggi.

Majà e Pajà: appellativi(inventati da me)con cui i membri della tribù si rivolgono ai due capi villaggio.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Quella mattina si era prospettata fin da subito molto calda. 

Era da poco passata l'alba e Samira stava sudando come se il Sole si trovasse già allo zenit.

Si passò la mano sulla fronte madida di sudore e immerse la brocca d'acqua nel ruscello, mentre intanto canticchiava tra se e se. Quella sarebbe stata una giornata molto importante: la Majà voleva verificare che tutte avessero appreso la tecnica della somma danza come si conveniva alle donne yokuja e lei era talmente agitata da non aver chiuso occhio.

Era pur vero che in quegli anni le sue abilità nel ballo erano decisamente migliorate ma non si sentiva ancora sicura delle proprie capacità, anche per via degli sguardi severi che l'anziana capa villaggio le lanciava, come se attendesse da un momento all'altro di vederla fallire, tuttavia lei non era più la bambina spaurita di quattordici anni prima; ormai era una donna adulta e avrebbe dimostrato all'intera tribù che ce l'avrebbe fatta.

Dopotutto lui contava su di lei. 

A quel pensiero scosse la testa turbata e tolse la brocca dal ruscello e la appoggiò accanto a sé. 

In quegli anni aveva assistito alla crescita di Aayan, che era diventato uno dei giovani più promettenti della tribù: forte, coraggioso, leale, bravo nella caccia e nella pesca e di bell'aspetto, tutti-si vociferava persino il Pajà-nutrivano grandi aspettative in lui e che quindi proprio quella sera dopo l'esibizione delle donne avrebbe potuto scegliere la sua promessa sposa. 

Lei, invece, era ancora considerata abbastanza inutile rispetto alle sue compaesane: non era aggraziata, una pessima cantante e tessitrice e dal fisico troppo magro per fare bambini, ma sopra ogni cosa non era pronta al matrimonio così come lo erano le altre e perciò era una fonte di disperazione per la Majà e di disonore per la sua famiglia.

Persa nei suoi pensieri, Samira si iniziò a togliere la lunga gonna che copriva i suoi fianchi e la fascia che le cingeva il seno prosperoso per potersi immergere nel ruscello e darsi una rinfrescata rigenerante. Finito di spogliarsi, entrò con calma nell'acqua che la accolse facendole emettere un mugolio di piacere.

Ne aveva proprio bisogno, specie se era tesa e pensierosa come in quel momento. 

I suoi pensieri tornarono sulla figura di Aayan, più grande di lei di un anno ma che, a differenza sua, aveva già raggiunto il compimento della sua vita terrena secondo la concezione degli yokuja. Ciò che le sarebbe piaciuto sapere di più da lui era se si ricordava di quella volta che da bambini l'aveva incoraggiata e le aveva detto quella frase che ora che era cresciuta la faceva arrossire come un peperone.

"Quando saremo grandi ti sposo io".

Aveva avuto molte occasioni di parlare con Aayan ma ogni volta che gli stava per chiedere se si ricordasse quella specie di promessa si bloccava, colta da un senso di vergogna e inadeguatezza. Perché avrebbe dovuto ricordarsene e, anche se fosse stato così, perché avrebbe dovuto mantenere la parola?

Poteva sposare qualsiasi donna desiderasse del villaggio, perché prendersi proprio lei?

Ormai presa dalla tristezza, Samira si alzò e si asciugò con un panno che si era portata dietro quando sentì le voci delle ragazze che emettevano urli eccitati. Dovevano essere tornati i ragazzi dalla caccia mattutina, dedusse la ragazza.

Si legò il panno attorno al corpo e, mentre si legava i capelli lunghi e mossi in una coda, sbirciò accuratamente nascosta da un masso il rientro degli uomini e in prima linea, con caricato in spalla un esemplare adulto di cervo, c'era proprio colui che stava popolando i suoi pensieri un attimo prima.

Aayan stava parlando con un ragazzo che lo affiancava entusiasta, probabilmente congratulandosi per l'esito positivo della caccia; lui lo ascoltava annuendo di tanto in tanto sorridendogli cordialmente.

Samira capiva molto bene perché le sue coetanee fossero così entusiaste nel vederlo, poiché perfino lei lo era anche se cercava di controllarsi: i capelli corti e ricci sempre ribelli, gli occhi profondi color pece, il fisico robusto ma atletico come quello di un felino e il viso dai tratti marcati e definiti ingentilito da quel suo splendido sorriso...

Samira si aggrappò alla sporgenza dietro la quale si stava nascondendo dandosi della stupida. Decisamente uno così era fuori dalla sua portata.

Sospirando, uscì dall'acqua, recuperò i suoi vestiti e la caraffa piena e si diresse verso la sua tenda. Ormai, avendo raggiunto la maggiore età, abitava in una tenda tutta per sé e onestamente le andava benissimo così; non sapeva più come sopportare le occhiate furtive della madre e gli sbuffi contrariati del padre, i quali decisamente desideravano una figlia migliore.

Entrò nella sua tenda, dall'arredamento minimale ma che per lei era perfetta e ormai la considerava appieno come casa propria, e si avvicinò al tavolo basso in legno che aveva costruito lei stessa dove appoggiò la brocca. Era molto soddisfatta del suo lavoro perché era stata una delle poche volte che si era sentita in grado di fare qualcosa da sola, peccato che la Majà l'avesse subito sminuita definendola "un'attività non consona ad una donna yokuja", "un lavoro da uomini" ma lei non si era buttata giù, anzi quel piccolo tavolo era uno dei suoi piccoli vanti che se avesse potuto l'avrebbe sfoggiato portandoselo dietro per tutto il villaggio. 

Si avvicinò a un ripiano in legno, sempre fatto da lei, prese della frutta secca, un piatto e un bicchiere e si sedette per terra a gambe incrociate per mangiare. Non aveva neanche fatto colazione, ma fare le faccende e andare al fiume le avevano fatto ritornare l'appetito fortunatamente.

Finito il suo semplice pasto, mise in ordine e si diresse verso il suo talamo, quello stavolta regalo dei suoi genitori per il raggiungimento dell'età adatta a fare figli, ovvero i quattordici anni per i Yokuja, si chinò e prese dal cassetto del suo comodino un cambio d'abito. 

Dopo essersi rivestita con un sobrio abito di lino e aver messo i suoi gioielli-ossia un bracciale, degli orecchini a cerchio, una collanina di perle che teneva sempre legata alla caviglia sinistra e un monile alla spalla destra-uscì nuovamente dalla tenda pronta per andare ad allenarsi nel ballo. 

Angolo dell'autrice

Quattordici anni: ebbene sì, lo so che vi sembrerà molto presto(lo è anche per me)però ci tengo a precisare come funzioni questa società e le sue regole "arcaiche", chiamiamole così.

Salve! Ecco il primo capitolo, che è più una presentazione di una giornata tipo della protagonista e una maniera per conoscerla meglio. Forse è un pochino noioso perché è di passaggio ma spero lo gradiate! *^*

Un saluto e al prossimo capitolo! 

Nikita! ^w^

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


La radura era il luogo che Samira preferiva del suo villaggio.

Era un posto dal prato verde, vegetazione rigogliosa, piante esotiche ma anche semplici fiorellini di campo e che le metteva una pace infinita, perché le sembrava un luogo sconfinato in cui non veniva quasi mai nessuno, tranne i mandriani della tribù che portavano a pascolare il bestiame.

Per questo lo aveva scelto quando era bambina per potersi allenare nella danza in pace senza sentirsi giudicata dalla Majà o dalle sue compagne e perciò era anche il suo piccolo rifugio che celava il suo giardino segreto, in cui però ci si recava solo la notte dove trovava lucciole e certi tipi di fiori che emettevano luce. 

Samira si stiracchiò le braccia e iniziò poi a muoverle nell'aria, mentre batteva i piedi scalzi per darsi il ritmo: uno dei problemi dell'allenarsi da sola era che non aveva la musica ad accompagnarla, ma con il tempo si era adattata e ora la melodia la produceva lei stessa con il suo corpo in movimento.

Quindi, mosse una gamba e la alzò davanti al suo volto e fece una mezza piroetta posando poi la punta del piede per terra, in seguito mosse il bacino ancheggiando e portando le braccia ai lati messe in maniera tale da formare un angolo di novanta gradi. Muoveva i polsi per far sì che i bracciali suonassero e la aiutassero a sentire nella sua mente la musica. 

A un certo punto addirittura si mise a cantare. La Majà ne sarebbe stata scandalizzata, poiché erano solo gli uomini che cantavano quando si esibivano nella sacra danza, mentre le donne potevano cantare in altre occasioni; questa cosa per lei era priva di senso così come il fatto che non potessero danzare insieme. Non sarebbe stato più bello e divertente ballare tutti quanti insieme come una vera comunità unita?

Per lei sarebbe stato anche più semplice allenarsi; avrebbe potuto farlo con i ragazzi, invece doveva farlo da sola e nonostante dopo un po' ci avesse fatto l'abitudine le dispiaceva non divertirsi insieme alle sue coetanee durante le prove. L'unico momento in cui danzava insieme a loro era quando si esibivano tutte per le cerimonie e ricorrenze importanti e ogni volta lei veniva messa da parte e schernita dalle sue compagne che non la ritenevano un granché, ferendola nel profondo.

Chiuse gli occhi cercando di svuotare la testa da tutti quei pensieri che la tormentavano e che le impedivano di concentrarsi al meglio, abbandonandosi completamente alla musica e al ritmo dettati dal suo cuore.

Continuò a danzare però senza concentrarsi sui passi che compiva, senza badare alla rigida coreografia impostale in tutti quegli anni. 

Danzò per la prima volta in vita sua per il puro piacere di farlo, danzò sentendosi libera, assaporando l'odore della natura, la sensazione della terra sotto i piedi scalzi, la felicità e la frenesia di quella danza spasmodica, a tratti seducente, ammaliante ma anche pura, disinteressata e per questo bella come un'opera d'arte. 

Se qualcuno l'avesse vista danzare avrebbe trovato Samira irresistibile e meravigliosa.

Il rumore di un ramoscello spezzato interruppe la quiete che aveva raggiunto la ragazza che spalancò gli occhi e si mise sulla difensiva, poi si rese conto che era solo un cavallo che stava brucando l'erba fresca a due metri da lei. 

Emise un sospiro e si avvicinò con cautela all'animale per evitare di spaventarlo e mettendo le mani in avanti. Il cavallo era selvaggio senza dubbio poiché non aveva una sella, il suo manto era marrone dorato e la criniera marrone era pettinata dal vento. Un esemplare splendido, pensò Samira.

L'animale avvicinò il suo muso alla mano che gentilmente Samira gli stava porgendo e la annusò, per poi scontrarlo delicatamente sul dorso accettando di farsi accarezzare da lei. La ragazza iniziò ad accarezzarlo, muovendo il palmo della mano sul suo manto morbido mentre il cavallo nitriva soddisfatto.

Un altro rumore attirò stavolta l'attenzione di entrambi che si girarono nella direzione di una figura che non si trovava così distante da loro. Quando la mise a fuoco, Samira si irrigidì.

Era Aayan che stava camminando tranquillamente verso di loro, forse doveva solamente recuperare il cavallo e riportarlo insieme agli altri, ma per qualche strano motivo la presenza del ragazzo in quel luogo così importante per lei la metteva a disagio.

"Oh eccolo qua, il vecchio Spirit! Ma guarda te, ti ho cercato dappertutto, sai?" mentre lui si affiancava al cavallo per accarezzarlo a sua volta, Samira indietreggiò sentendosi all'improvviso fuori posto. Si morse l'interno guancia nel considerare che nemmeno nel suo posto più caro si sentisse protetta veramente.

Intanto Aayan aveva distolto lo sguardo da Spirit e lo stava indugiando su di lei "Grazie per averlo trovato. Spirit, come suggerisce il nome che gli ho dato, è uno spirito libero e scappa continuamente. Temevo di averlo perso sul serio stavolta" le si rivolse parlando con gentilezza e mettendo su il sorriso che Samira adorava, ma che in quel momento stava detestando.

Si sentiva turbata per via di quell'intrusione, se così si poteva definire, nel suo mondo e sentire il peso di quegli occhi scuri su di lei la faceva sentire estremamente vulnerabile.

"E' stato un piacere, ma devo dire che non l'ho trovato. Io me ne stavo qui ed è stato lui che è arrivato da solo" gli spiegò cercando di non lasciare trasparire dalla sua espressione e dal suo tono di voce l'agitazione. Purtroppo, temette, accadde comunque, visto che Aayan aveva leggermente aggrottato le sopracciglia.

"Okay" fortunatamente non aggiunse nient'altro e Samira sperò dal profondo del cuore che, terminata quella conversazione, se ne andasse insieme al cavallo lasciandola sola e libera di tornare a danzare.

Il ragazzo fece per girarsi e andarsene seguito da Spirit, ma poi sembrò cambiare idea e tornò a guardare Samira. "Comunque sapevo che saresti diventata la migliore. Balli davvero molto bene". 

A quel punto la ragazza desiderò nascondersi da quello sguardo intenso, da quella voce un po' roca, da quel sorriso e da quel complimento sinceri che sentiva di non meritare, però poi realizzò un'altra cosa.

Lui si ricordava!

"Ma quindi, tu..." provò a parlare ma uscì dalla sua gola solo un lieve sussurro.

Il sorriso di lui si allargò e sembrò quasi intenerito dalla sua aria smarrita e confusa "Pensavi non mi ricordassi, vero? Come avrei potuto dimenticarmene..." e con quella frase si allontanò definitivamente, lasciandola lì con il cuore che batteva come un tamburo nel petto e una sensazione di sconvolgimento nello stomaco. 

Angolo dell'autrice

Spirit: si, l'ho chiamato come il cavallo del cartone animato. Scusate, non avevo altre idee e infatti si capisce anche dal fatto che l'ho descritto pure uguale!

E qui abbiamo un vero e proprio dialogo tra i nostri due protagonisti: che ne pensate? Vi siete già fatti un'idea su Samira forse(per Aayan è ancora prestino secondo me).

Al prossimo capitolo! ^w^

Nikita :3

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Tornata al villaggio per l'imbrunire, Samira trovò un'atmosfera festosa e percepiva chiaramente l'eccitazione nell'aria. Tutti si davano da fare correndo di qua e di là, portando strumenti musicali e utensili vari che sarebbero stati usati per la festa di quella sera.

I bambini correvano per le strade gioiosi e sorridenti, le madri si assicuravano che non si facessero male rimanendo vicino alle loro abitazioni in attesa del ritorno dei mariti. 

In quelle occasioni le sembrava di stare in una comunità unita in cui si viveva serenamente e per un po' si beava di quella sensazione seppur effimera e fasulla. Fischiettando, salutò Martha, la serva della Majà, l'unica ragazza con cui parlava volentieri e che non la giudicava, avvicinandosi a lei. Martha rimase sull'uscio della capanna della Majà ma fece comunque qualche passo in direzione di Samira, muovendo una mano in risposta al saluto della ragazza, asciugandosi intanto l'altra con un panno. 

"Ehi, splendida serata, non trovi?" iniziò a conversare la ragazza. La giovane serva annuì spostandosi una ciocca di capelli castano scuro dietro all'orecchio. Come serva li teneva piuttosto corti per comodità, ma il taglio era fatto apposta a incorniciarle il bel viso leggermente tondo e le sue labbra carnose e sorridenti, nonostante la condizione sociale. Anche se indossava un vestito composto perlopiù da stoffe scartate, riusciva ad apparire radiosa e bella nella sua semplicità e genuina contentezza per le piccole cose. 

Samira la ammirava per questo. 

Annuì in risposta e le disse "Stasera ci esibiamo..." cercando però di nascondere la sua agitazione, per non far preoccupare l'amica, tuttavia Martha corrugò la fronte intuendo comunque il suo stato d'animo.

"Andrai alla grande, vedrai. Ti sei allenata così tanto, Sami! Io vedo il tuo impegno costante e la tua fatica non sarà stata vana" la incoraggiò la ragazza, ottimista e solare come sempre. Samira sorrise lievemente a quel nomignolo affettuoso che le aveva dato tanti anni prima, sussurrandole un "grazie" riconoscente in risposta. 

Martha era ancora più isolata di lei dalla comunità: era una schiava e come tale non aveva diritti né voce in capitolo, però riusciva ad essere gentile e a confortarla sempre, anche quando erano bambine e si ritrovavano da sole, perciò si rifugiavano nella radura a giocare.

Martha sapeva anche del luogo delle lucciole, dopotutto l'avevano scoperto insieme una sera di luna piena in cui nessuna delle due voleva tornare nella propria opprimente casa e volevano essere libere e stare con l'altra che sapevano per certo avrebbe capito la loro tristezza reciproca.

"Io verrò a fare il tifo per te"cercò di smorzare la tensione la giovane serva facendo una battuta, che fece ridacchiare Samira. In lontananza vide la Majà che stava ritornando alla casa e ciò le fece perdere il sorriso.

"D'accordo, meglio che vada e ti lascia ai tuoi incarichi" si allontanò di corsa dalla capanna salutando con la mano l'amica, che sapeva già sarebbe stata rimproverata e per questo si sentì in colpa. 

Avrebbe voluto una comunità unita per davvero, in cui anche la sua cara e unica amica potesse inserirsi. 

***

Samira avrebbe voluto vomitare e poi rinchiudersi in casa per giorni e giorni, oppure fare le due azioni invertite; l'ordine era irrilevante ma la sensazione di nausea e desiderio di scappare non la abbandonavano. Lei e le altre ragazze stavano raggruppate, nascoste dietro a una tenda che le celava al momento alla vista delle altre persone del villaggio.

L'unica cosa che le dava un po' di conforto era la presenza di Martha che aiutava le ragazze-e sopratutto lei-a finire di prepararsi. L'amica le si avvicinò, mentre lei stava seduta su uno sgabello il più lontano possibile dalle altre tremando dal nervosismo e sentendo le mani, poggiate sulle ginocchia, sudate. Sembrava sull'orlo di una crisi di panico. 

Martha si mise dietro di lei e iniziò a spazzolarle i lunghi capelli mossi, che quella sera erano lasciati liberi dalle treccine in cui solitamente li legava, e glieli acconciò in una coda alta, cantando nel frattempo una dolce melodia che ricordava a entrambe l'infanzia. 

La sentivano spesso cantata dalla mamma di Martha, Hanan, mentre cuciva, prima che morisse di una malattia incurabile, quando entrambe avevano sei anni. Hanan era sempre gentile anche con Samira, che non era sua figlia, di una affettuosità da commuoverla fin nel profondo e perciò le era molto dispiaciuto quando aveva lasciato questo mondo, quindi aveva cercato di stare vicino il più possibile a Martha, rimasta ormai sola e che doveva imparare a cavarsela accettando il suo destino di reietta. 

Sia lei che la madre avevano ricevuto trattamenti indicibili e inumani, come se fossero degli scarti; Samira teoricamente non poteva nemmeno esserle amica, infatti avevano cercato di allontanarle con la forza, ma lei, testarda, aveva ancora una volta combattuto contro la sua stessa comunità e non si era arresa rimanendo sempre vicina alla sua amica e ciò le aveva portate a stringere quel bel legame di fiducia reciproca che nessuno comprendeva tranne loro due. 

Con delicatezza Martha la fece alzare e la aiutò a sistemare i veli che doveva tenere legati ai suoi bracciali e che durante l'esibizione avrebbero danzato con lei. La truccò lievemente cercando di enfatizzare sulla profondità del suo sguardo marrone scuro e la lunghezza delle sue ciglia, finendo il tutto con una tinta labbra fatta con le bacche di bosco, dalla tonalità più tenue di altri cosmetici e che la Majà dunque avrebbe gradito maggiormente. 

"Stai benissimo!" si complimentò con lei, facendola arrossire. In verità Samira non si sentiva mai sicura del suo aspetto esteriore, specialmente con il vestito di scena: il corpetto dalle rifiniture dorate le stringeva troppo il seno, la gonna di seta dai toni dell'ocra raggiungeva a malapena le ginocchia mettendole in mostra le gambe snelle e i veli le creavano un certo impaccio quando danzava, però cercò di sorridere alla sua compare. 

La voce della Majà le stava chiamando, dunque tutte le ragazze si misero in posizione pronte ad uscire. La donna squadrò Samira e Martha che si tenevano per mano, al ché la giovane con i capelli lunghi lasciò la mano all'amica e si mise in fila per ultima dietro alle sue compagne.

"In bocca al lupo, Sami" la incoraggiò con un sussurro.

Samira si girò e le fece un cenno con il capo. Uscì da quella tenda che la stava nascondendo  avanzando nella maniera più aggraziata possibile e si disse tra se e se come una sorta di incoraggiamento 'Si va in scena!'.

Angolo dell'autrice

Martha: Il nome Martha(Marta) è di origine semitica ed è basato sul termine ebraico marta' o maretha il cui significato è "padrona" o "signora". Lo so, scelta insolita per il nome di una serva ma mi piaceva. 

Hanan: nome dal significato proveniente dall'arabo di "tenerezza". 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Uscite dalla tenda accolsero l'applauso della comunità con un inchino, poi si posizionarono tutte in uno schema a diamante, però mandando avanti la più brava delle ballerine e colei che le avrebbe guidate in caso di difficoltà: Zafira

La Majà l'aveva nominata "giglio flessuoso" per via della sua grazia e bellezza quando danzava. 

La ragazza avanzò senza timore, schiena dritta e mento in fuori, la postura regale. La Majà, seduta accanto al Pajà su una sedia rialzata di vimini, annuì soddisfatta. 

La ragazza, una delle poche della loro comunità ad avere i capelli tendenti al biondo cenere, dalla pelle color caramello e gli occhi blu zaffiro, ancora più rari, mosse il primo passo e tutte le altre le vennero dietro.

Zafira danzava ad un livello nettamente superiore a tutte loro: i movimenti mai incerti o impacciati, dominava la scena risplendendo proprio come una pietra preziosa muovendosi con la grazia di un cigno. Samira la seguiva provando a replicare i suoi movimenti ma si sentiva così impacciata e per niente aggraziata, così ad un certo punto decise di estraniarsi e seguire la melodia del suo cuore, come faceva nella radura.

Si isolò completamente nel suo mondo, ignorando inizialmente con fatica le occhiate della tribù ma dopo un po' le venne così facile, dopotutto quando aveva bisogno di stare tranquilla il suo mondo era sempre il luogo che l'avrebbe accolta, un po' come la radura, un po' come Martha, però talvolta nemmeno quel luogo caro e la sua migliore amica la potevano confortare e doveva ricorrere a quello stratagemma. 

Si muoveva non sentendo neanche più le voci degli uomini, seguiva solo il rumore dei tamburi tribali e del battito del suo cuore senza badare al mondo circostante e alla coreografia, come aveva fatto quella mattina. 

Quella mattina che Aayan l'aveva vista e le aveva detto che era brava. 

Il ricordo delle parole del ragazzo le riscaldarono l'anima-e le guance-donandole un pizzico di sicurezza, quel tanto che le servì per terminare l'esibizione in sincronia con le sue compagne, mettendo le mani davanti al suo volto coprendolo con i veli e posizionando il piede destro avanti e il ginocchio sinistro piegato indietro. 

L'applauso scrosciante che seguì la riportò al mondo normale. Samira si guardò attorno e notò che Martha applaudiva in sua direzione sorridente ed entusiasta come ogni volta che la guardava danzare, ma sentì un ulteriore sguardo bruciarle sulla pelle. Voltando il capo in direzione degli uomini che cantavano, seduti con le gambe incrociate a qualche metro di distanza dai suoi piedi, vide in prima fila Aayan che teneva il busto rivolto verso di lei il più vicino possibile e la guardava ammaliato. Non stava osservando Zafira come tutti gli altri o un'altra delle ragazze, Samira era sicura che stava guardando proprio lei, ne era certa perché il suo sguardo le pesava addosso esattamente come nella radura. 

Samira sentì le guance scottare come se fosse stata colpita in pieno dal Sole e le sue gambe tremolanti, la gola secca e lo stomaco in subbuglio. Temeva di sentirsi male esattamente come prima di esibirsi, ma poi si rese conto che non stava male, anzi si sentiva stranamente bene, nonostante la mettesse comunque a disagio quello sguardo fisso su di lei. 

Il Pajà si alzò dalla sedia di vimini e levò le braccia in un gesto solenne richiamando il silenzio, che gli fu quasi subito concesso. Ormai la vecchiaia gli impediva di fare dei grandi sforzi, ma riusciva comunque a farsi rispettare grazie alla sua autorità datagli dal suo ruolo di leader. 

L'uomo sorrise sinceramente contento e si rivolse a loro con tono paterno "Amici miei, siamo tutti qui in questa splendida notte in cui la Somma Luna si mostra a noi nella sua pienezza per festeggiare. Ringraziamo con un altro caloroso applauso le nostre bravissime ballerine" allungò un braccio per indicare le ragazze che si inchinarono accogliendo l'applauso richiesto dal Pajà; anche la Majà, rimasta seduta, applaudì ma non lasciò trasparire dal suo volto alcuna espressione. Ritornato nuovamente il silenzio, il Capo ritornò a parlare ad alta voce in modo che tutti lo udissero. 

"Per quale motivo festeggiamo? Stasera siamo qui per conferire un titolo importante a uno dei nostri giovani uomini". L'aria era tesa e tutti pendevano dalle labbra del Pajà curiosi di sapere chi fosse quella persona, anche se alcune ragazzine stavano già confabulando tra di loro qualche teoria. La Majà corrugò la fronte notandole e sbuffando irritata per la loro mancanza di serietà. 

"Aayan, alzati pure". 

La folla stavolta esplose in un applauso ancora più fragoroso di quello precedente; c'era chi addirittura fischiava e urlava il nome del ragazzo che si alzò, rimanendo però serio per non innervosire ulteriormente la Majà, avvicinandosi all'anziano Capo, passando in mezzo alle donne che gli fecero strada e incrociando con lo sguardo Samira a cui dedicò un leggero sorriso. Il Pajà lo circondò con un braccio dandogli un'affettuosa pacca sulla spalla. 

"Figliolo, seppur la tua giovane età, ti sei dimostrato un uomo di valore conducendo una vita rispettabile, dedicandoti al tuo villaggio con coraggio e portando onore alla tua famiglia, certamente orgogliosa di te". Il ragazzo si inginocchiò come segno di ringraziamento, mentre tutti applaudivano educatamente e non si udivano più schiamazzi. 

Samira notò in un angolo una donna, dai capelli neri e lisci, commossa, abbracciata dal marito che sorrideva composto ma che sotto la cespugliosa barba incolta e un poco brizzolata si vedeva che si tratteneva dallo scoprire i denti. Quelli dovevano essere i genitori di Aayan, pensò Samira contenta di vederli così fieri per il loro figlio, ma desiderando nel profondo che anche i suoi la guardassero allo stesso modo. 

Li aveva cercati ogni tanto con lo sguardo ma non avevano minimamente badato a lei per tutta la durata dell'esibizione e nemmeno in quel momento stavano facendo caso a lei. L'uomo si tolse dal collo un ciondolo che presentava come unico ornamento una zanna di leone, ma era sufficiente anche da solo: tutti nel villaggio sapevano cosa significasse e il peso che portava con sé. 

"Aayan, ti conferisco il titolo di giovane più forte della tribù Yokuja" e gli mise la collana al collo. Nuovamente la folla esplose di gioia, tutti applaudivano, si abbracciavano, urlavano verso il ragazzo incoraggiamenti e congratulazioni. La madre di Aayan scoppiò definitamente in lacrime nascondendo il volto contro il petto del marito che stavolta faceva sfoggio di un sorriso radioso e orgoglioso a trentadue denti. Anche Samira si unì alle urla di gioia e alla commozione generale, applaudendo e cercando però di non dare troppo nell'occhio, mantenendosi più indietro delle sue compagne per non farsi beccare dalla Majà che non avrebbe accettato un comportamento così eccessivo da parte di una giovane donna. Soprattutto da parte sua. 

Aayan si rialzò e ringraziò, chinando il capo, il Pajà. In quell'istante la Majà si alzò e tutta la platea si ammutolì di colpo, mentre la donna camminava aggraziata, nonostante l'età avanzata, e si affiancava al marito.

"Tutti noi riponiamo grandi speranze e fiducia in te. Doniamo questo riconoscimento a te per il tuo valore e speriamo che continui per questa strada" parlò con tono serio a cui il giovane rispose altrettanto seriamente dicendo solamente "Non vi deluderò". 

Angolo dell'autrice

Zafira: variante del nome "Zaffiro"(ossia la pietra preziosa dal colore blu).

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


"Ora però dobbiamo concentrarci su un'altra cosa fondamentale" l'anziana donna richiamò tutti all'ordine, girandosi poi verso Aayan scrutandolo dall'alto in basso. "Deve scegliere la sua sposa" la folla, specialmente la parte femminile, esplose eccitata, ma bastò un gesto deciso, effettuato con la mano, della Majà a placare gli animi, però non spense il fuoco della curiosità che ormai era divampato in tutti i presenti.

Alcune ragazze del gruppo delle ballerine, cercando di non farsi beccare dalla Majà, tiravano gomitate a Zafira, che pareva all'apparenza impassibile, ma celava un leggero sorriso come se sapesse già che avrebbe scelto lei. Altre parlottavano tra di loro, chi invidiose, chi desiderando essere scelte loro stesse. La promessa sposa non poteva mai sapere di essere scelta prima della comunità, quindi l'uomo non ne parlava mai con nessuno prima a meno che non si fidasse ciecamente della persona a cui lo diceva, anche perché lei doveva essere prima approvata dai genitori dello sposo e poi alla Majà toccava il compito di darle la benedizione in onore alla dea del matrimonio. 

Samira fu l'unica che non si unì al coro emozionato delle ragazze, ma rimase in silenzio e immobile nel suo posto isolato, mentre Aayan si metteva al centro dove prima stava Zafira-alcune lo ritennero un indizio inconfutabile e spintonarono la ragazza-e iniziò a esibirsi appena il Pajà disse ai musicisti di riprendere a suonare. 

La danza degli uomini era diversa, più rozza, rudimentale e grezza, ma c'era qualcosa di poetico nei movimenti e nei gesti compiuti da Aayan. Sembrava un rituale ed effettivamente lo era, era il modo degli Yokuja per comunicare a tutti il proprio desiderio nei confronti di colei che avevano scelto come compagna. 

Era una danza antica. Essa era forte, travolgente e di un impatto emotivo indescrivibile. Gli altri uomini non sembravano più cantare, anzi emettevano suoni gutturali, mentre il ballerino batteva i piedi al suolo, faceva capriole per poi atterrare con le ginocchia piegate di novanta gradi davanti a tutti i presenti.

Samira spalancò la bocca incredula e estasiata: era rapita dai movimenti rapidi, scattanti ma anche a tratti eleganti di Aayan e li seguiva il più velocemente possibile cercando di non perdersi neanche una mossa del ragazzo. 

L'esibizione finì troppo in fretta, infatti quando egli si fermò, tutti erano a bocca aperta e nessuno osava interrompere quel silenzio che si era creato subito dopo che Aayan si fosse fermato, mentre il giovane riprendeva fiato e si asciugava il sudore con il braccio e prendeva da una ragazzina, che gliela stava porgendo, una borraccia per bere. Poco dopo si sentì una voce nella folla che urlò qualcosa a cui poi si unirono tutti quanti. 

Aayan si inchinò leggermente ringraziando la folla, ma mantenendo sempre un'aria seria, che non gli si addiceva come quando sorrideva. A quel pensiero, Samira scosse la testa rimproverandosi per quello. 

Il ragazzo appoggiò la borraccia d'acqua ai suoi piedi e si schiarì la gola "Buonasera a tutti, io mi chiamo Aayan e vi vorrei raccontare una cosa: nella mia vita mi sono preso delle cotte solo un paio di volte, anche se alcuni miei amici sostengono che io sia un rubacuori" disse quella frase indicando due ragazzi che gli facevano il verso dalla folla "ma secondo me mi prendono in giro, dato che la verità è che sono un imbranato con le ragazze" ci fu qualcuno che ridacchiò. 

"Infatti non credo che colei a cui ho voluto dedicare il mio ballo abbia capito che è lei, forse perché io sono stato poco chiaro quando le ho parlato...tranquilli, non le ho detto niente al riguardo alla promessa, altrimenti so che la Majà mi taglierebbe la testa" alzò le mani in segno di resa abbozzando un buffo sorrisino imbarazzato. "Però l'ho incontrata mentre la guardavo provare la coreografia per la danza di stasera e le ho detto che sapevo che sarebbe diventata bravissima". Zafira corrugò la fronte non riconoscendosi in quella descrizione, mentre molte altre sospiravano rassegnate capendo bene che non erano loro. Una invece rimaneva tesa e sull'attenti iniziando a capire qualcosa. 

Samira continuava a ripetersi che non stava parlando di lei; lui poteva aver parlato con qualunque ragazza, ma guardandosi attorno si rese conto che tutte stavano cercando la fortunata. Fu quando il ragazzo si girò verso di lei e la guardò sorridente che capì davvero e si rese conto solo in quel momento che Aayan non aveva smesso di guardarla nemmeno per un istante né mentre ballava né mentre parlava. 

Tutti i presenti si voltarono all'unisono verso di lei seguendo lo sguardo di Aayan e rimasero scioccati: nessuno si aspettava che Aayan avesse dedicato il suo ballo a Samira e avesse scelto lei.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Samira si sentì morire dalla vergogna. Non stava praticamente mai al centro dell'attenzione e in quel momento desiderò ancora meno starci.

Sulle facce di chiunque guardasse poteva leggere lo stupore e lo smarrimento: la Majà era sbiancata e le labbra erano strette in una linea severa; i genitori di Aayan erano sorpresi ma non in maniera negativa; i suoi genitori, invece, si guardavano attorno cercando di non incrociare i suoi occhi o quelli di chiunque altro imbarazzati; le ragazze del gruppo la guardavano quasi con disgusto misto a invidia, persino Martha aveva la mascella spalancata in una maniera talmente comica che se non si fosse sentita così sotto pressione avrebbe riso, ma quello non le sembrava il momento più appropriato per ridere.

L'unica espressione che non riusciva a interpretare era quella di Zafira che la scrutava e basta, però non capiva se fosse arrabbiata, schifata o semplicemente indifferente a tutta quella storia. Tuutavia quest'ultima teoria le sembrò alquanto improbabile, poiché quella situazione era sulla bocca di tutti al momento-non c'era persona che confabulasse con il vicino o fosse rimasta impassibile alla scelta di Aayan-e poi le era sembrata che fosse interessata anche a lei ad Aayan per cui cominciò a temere il peggio.

Aayan sembrava l'unico a non sentirsi minimamente turbato da quella situazione e continuava a sorridere nella sua direzione: le ombre del fuoco creavano giochi di ombre sul suo volto e risaltavano le sue iridi scure e lucide dei suoi occhi facendoli sembrare due perle nere, in cui Samira si perse per cercare di trovarvi delle risposte alle sue mille domande, ma apparentemente non ne trovò.

La Majà si avvicinò ad Aayan e gli disse qualcosa sottovoce ma indicando di tanto in tanto la ragazza, cosa che a quanto pare lo infastidì parecchio, per cui parlò a voce abbastanza alta per farsi sentire da tutta la comunità "Non capisco cosa abbiate contro Samira, ma mi sembra stupido guardarla come se fosse un essere diverso da voi. Io so solo che è lei la donna che voglio al mio fianco e l'unica che può dirmi sì o no è solamente Samira". Sembrava così convinto e sicuro di sé mentre pronunciava quelle parole; c'era chi stava dicendo che fosse posseduto dallo spirito dell'Amore e ciò fece arrossire ancora di più Samira.

Come se non si sentisse in imbarazzo a sufficienza!

Aveva ricevuto una dichiarazione con i fiocchi e non sapeva come reagire o cosa dire, perché nessuno si era mai dichiarato a lei, tranne quello stesso ragazzo per ben due volte-se si contava anche quella volta di quando erano piccoli.

Così decise di fare ciò che le sembrava più opportuno fare in quel momento: "Scusatemi" balbettò a voce bassissima e corse via alla velocità di un fulmine.

Tagliare la corda il più in fretta possibile le sembrò la scelta migliore!

***

Quella notte non chiuse occhio e perciò uscì dalla tenda appena sorto il Sole, con un cesto sotto braccio per andare a raccogliere nella radura ai margini del villaggio frutti commestibili ed erbe medicinali in caso di necessità.

Mentre camminava, Samira si mise a pensare che non riusciva ancora a capacitarsi di ciò che era successo e cioè che Aayan l'aveva davvero scelta come sua futura sposa. Arrivata nella zona dove sapeva esserci le piante che le servivano, si mise a raccoglierle e selezionarle con cura, dividendole in due gruppi separati, per poi riporre nel cestino le bacche che avrebbe mangiato a destra e a sinistra le erbe curative.

Intanto continuava a rimuginare sugli avvenimenti della notte trascorsa e continuavano a tornarle in mente quegli occhi, quello sguardo così deciso e alla sua dichiarazione davanti all'intero villaggio...

A un certo punto, a distoglierla dai suoi pensieri ci pensò un urlo di dolore proveniente da un luogo imprecisato della radura; Samira si alzò di scatto girando il capo per cercare di capire da dove precisamente venisse il grido. La persona, che l'aveva emesso, ne lanciò un altro e allora la ragazza iniziò a correre seguendo quei lamenti disperati. Spostò i cespugli e arrivò nella zona più pericolosa della radura, ovvero quella a confine con il bosco, in cui si rischiava di essere attaccati da animali feroci.

Infatti, si trovò davanti la scena di un ragazzo sdraiato a terra che si dimenava cercando di opporsi all'assalto di un giaguaro inferocito. Egli era ricoperto di ferite e il sangue sgorgava fuori copiosamente dal suo braccio sinistro, invece con quello destro, messo ancora in buone condizioni, cercava di recuperare la lancia accanto a lui, però non riusciva a tenderlo completamente verso di essa.

Perciò Samira, per cercare di aiutarlo, si abbassò, posando per terra il cesto, prese dei sassi dal suolo e li lanciò contro l'animale che, ringhiando ancora più arrabbiato di prima, si girò verso di lei, lasciando per un attimo libero il ragazzo, il quale riuscì ad afferrare l'arma e a ferire di striscio il giaguaro.

In seguito unì le gambe e lo calciò lontano da sé. L'animale ruggì dirigendosi verso la foresta, scacciato dal ragazzo che gli puntava contro la sua lancia e dalle pietre lanciate da Samira. Li fissò per un istante, poi con un balzo e un verso risentito si allontanò nella boscaglia.

Ormai fuori pericolo, Samira e il ragazzo si guardarono e sospirarono sollevati, però subito dopo lui si strinse il braccio ferito, che aveva usato per difendersi il più possibile dall'assalto del felino, trattenendo a stento un gemito sofferente. Prontamente, la giovane uscì dal suo nascondiglio tra i cespugli e con il cesto sotto braccio si inginocchiò di fianco a lui rassicurandolo "Sta tranquillo, respira e inspira...adesso ti aiuto io". Prese una manciata di erbe officinali e le appallottolò formando una poltiglia verdastra che gli applicò sulla ferita.

Il ragazzo si morse il labbro, mentre Samira gli spalmava l'unguento naturale "Mi dispiace, cerca di resistere. Se non te la curassi sarebbe peggio". "No tranquilla, resisto. Grazie" disse egli.

Lei gli sorrise "Te la sei vista parecchio brutta. Come mai eri a cacciare da solo...?" si interruppe non sapendo ancora il suo nome "Scusami, io sono Hassan ed ero andato da solo per obbedire a un ordine del mio padrone".

Fu allora che Samira si rese conto che lui era uno schiavo come Martha: aveva una bruciatura sulla schiena che lo marchiava proprio come sottomesso a qualcuno. "Capisco" fu il commento asciutto della ragazza non sapendo che altro aggiungere. D'un tratto si strappò un lembo bello spesso della gonna e lo usò per fasciargli il braccio e fargli una medicazione provvisoria.

"Ma cosa fai??" esclamò sconcertato e stupito Hassan. "Provo a bloccarti la fuoriuscita di sangue" disse stringendogli un po' di più la benda improvvisata "Poi ci penserà il medico del villaggio". "Ma tu...il tuo..." provò a dire ma fu interrotto subito dalla ragazza che sapeva già dove andare a parare "Non ha importanza! Ora come ora importa che tu non muoia dissanguato".

Il giovane schiavo si ammutolì e chinò il capo e fu in quel momento che sentirono le urla degli altri ragazzi del villaggio tra cui Aayan.

Samira era contenta che Hassan avrebbe fra non molto ricevuto delle cure, ma era anche preoccupata all'idea di rivedere quegli occhi scuri puntati nuovamente su di lei.

Angolo dell'autrice

Hassan: nome di origine persiana e urdu ma dal significato arabo di "molto bello, intuitivo, molto affettuoso".

Eccoci qua al sesto capitolo! Io non mi intendo un granché di attacchi subiti da giaguari quindi forse non è molto realistico l'attacco subito da Hassan, ma ho cercato di rappresentarlo meglio che potevo, con tanto di tecniche di primo soccorso un po' raffazzonato della nostra protagonista complessata preferita(?).

Spero non vi risulti come scena troppo forzata e perdonate Samira ma capitela; è parecchio insicura e ignorante in fatto di storie d'amore.

Al prossimo aggiornamento!

Nikita

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Samira arrossì senza un motivo apparente; nonostante stesse aiutando Hassan si sentiva sotto pressione dagli sguardi dei suoi compaesani puntati su di lei, soprattutto sapendo che lì tra loro c'era anche lui.

Si rendeva conto da sola che era un timore infantile-nemmeno avesse commesso un crimine!-, ma la verità era che aveva da sempre paura del giudizio altrui, di essere mal vista dagli altri per ogni cosa facesse. Dopotutto, la Majà continuava a definirla troppo diversa dalle altre ragazze yokuja e nel tempo aveva iniziato a sentirsi inadeguata anche solo parlando con i membri della comunità. Nel profondo sapeva che era per quel motivo se lei non aveva mai chiesto ad Aayan spiegazioni su quella fantomatica promessa.

Inoltre, era per quello che Martha era la sua unica amica: anche se erano di diverso ceto sociale, venivano isolate e ciò faceva sentire Samira uguale a lei.

A distoglierla dal suo flusso di pensieri fu uno dei ragazzi che si avvicinò ad Hassan facendo per aiutarlo, ma poi si bloccò di colpo quando lo riconobbe. Gli altri tre ragazzi si erano messi a parlottare tra di loro e tra quei sussurri la ragazza riuscì a percepire "Ma lui è...". "Sì, infatti non possiamo...".

Lei non capì inizialmente perché sembrassero tanto nervosi, ma poi ripensò nuovamente alla posizione sociale di Hassan e realizzò che se al posto suo ci fosse stata Martha avrebbero avuto la stessa reazione; di questo lei poteva esserne assolutamente certa perché l'aveva visto con i suoi occhi già un'altra volta.

Aayan si fece avanti scansandoli e inginocchiandosi accanto ad Hassan, prendendogli un braccio e appoggiandoselo sulle spalle aiutandolo a rimettersi in piedi. Poi abbassò lo sguardo su Samira, rimasta inginocchiata a terra, e le sorrise riconoscente mimando con le labbra un "grazie".

Lei abbassò il capo facendogli un cenno con la testa in risposta. Il ragazzo, senza dire niente, si incamminò per ritornare al villaggio, ma venne fermato dal giovane che prima aveva esitato nell'aiutare Hassan. "Ma Aayan...lo sai bene che in teoria noi non...". "Non hanno importanza le regole adesso!" lo interruppe bruscamente "Un nostro compagno è stato ferito, non possiamo abbandonarlo". Girò la testa in maniera tale da riuscire a guardare Samira, che si stava rialzando recuperando il suo cestino, ma si vedeva che era attenta al suo discorso "Samira, a differenza vostra..." sembrò sul punto di aggiungere qualcos'altro ma ci ripensò e concluse dicendo "è una persona ammirevole".

La ragazza strinse il cesto fino a farsi sbiancare le nocche delle dita, mentre seguiva in silenzio e in fondo la fila indiana che i ragazzi avevano formato.

Quando tornarono al villaggio Aayan portò subito Hassan alla tenda del curatore. Intanto gli altri ragazzi aspettavano fuori e Samira decise di rimanere con loro; non se la sentiva di ritornare alla sua tenda senza accertarsi che Hassan si sarebbe ripreso. 

Dopo un po' arrivò alla tenda la Majà, chiamata da uno dei compagni di Aayan. Tutti accennarono a un inchino quando la donna entrò nella tenda del curatore, non prima di essersi girata e aver guardato Samira. 

Passati ancora alcuni minuti, il medico si affacciò dalla tenda e fece un cenno alla ragazza di entrare. Pareva turbato da qualcosa. Ella, sorpresa da quel richiamo e dall'espressione del curatore, entrò e vide la Majà e Aayan accanto al giaciglio dove era disteso il ragazzo ferito.  Erano entrambi a braccia conserte e pareva essere appena terminato un diverbio dato che si percepiva un'aria di tensione e la faccia del ragazzo lasciava intendere che qualcosa non gli andasse a genio; la Majà invece controllava, come sempre, le emozioni e il suo volto perciò era impassibile. 

"Ho saputo che l'hai soccorso tu, Samira, nella foresta" disse con tono neutro l'anziana donna. Samira annuì non sapendo bene come rispondere a quella affermazione. Non pareva né un rimprovero né un complimento per cui decise saggiamente di non esporsi troppo con frasi che  avrebbero potuto irritarla.

"Allora qualcosa di buono sei capace di farlo anche tu. Però, nella nostra sacra danza e nelle attività della donna yokuja, lasci ancora abbastanza a desiderare".

Samira avvertì una pugnalata nello stomaco. Quel tono freddo ma quell'occhiata tagliente avevano sempre il potere di farla sentire una nullità.

Abbassò il capo cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire e strinse le mani sulla stoffa del vestito lacerato. Ogni cosa che faceva non andava mai bene e veniva sempre rimproverata e non ritenuta all'altezza di tutte le altre donne della tribù. Persino i suoi genitori non credevano più in lei e ciò la faceva sentire terribilmente sola e inutile. 

"Ma come vi permettete?" intervenne con veemenza la voce di Aayan. Sconcertata, la ragazza alzò di scatto la testa e vide che anche la Majà si era voltata verso di lui e lo stava fissando, vagamente sorpresa.

"Senza Samira a quest'ora Hassan sarebbe morto dissanguato in quella foresta. Non potete riconoscere per una volta il suo valore?!" alzò la voce Aayan in preda alla collera.

Il viso della Majà, se prima poteva sembrare sorpreso, tornò ad essere come quello di una statua di marmo. "Non tollero l'insolenza di nessuno, soprattutto di colui che è stato appena proclamato il giovane più valoroso della nostra tribù. E' ammirevole il fatto che tu voglia difendere la tua promessa sposa"-quelle ultime parole a Samira parvero dette in tono quasi derisorio-"ma prima di tutto viene il rispetto per i tuoi capi e gli anziani" concluse senza la minima inflessione nella voce che facesse intuire il suo reale stato d'animo.

Aayan sembrò rendersi conto della sua irruenza e si scusò, tuttavia non smetteva di fremere facendo fatica a controllare il proprio corpo in preda alla rabbia.

La donna lo notò e sorrise, stavolta mostrandosi chiaramente ironica "Sei ancora giovane e impulsivo. Con il tempo imparerai a essere più pragmatico" e detto ciò si congedò dalla tenda, mentre il curatore si inchinava impacciato. 

Angolo dell'autrice

Salve! Questo sarà l'ultimo capitolo che pubblicherò; riprenderò a settembre mi sa, perché andrò in vacanza. Forse avete notato che ho avuto un "periodo di pausa lunga": questo è perché non avevo il computer e non potevo aggiornare.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se vi va di dirmi che ne pensate della storia fatemelo sapere con un commento!

A presto, Nikita

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Il medico si girò verso i due e balbettando disse loro che potevano andare e che si sarebbe occupato lui di Hassan. Lo schiavo, che era sdraiato, puntò lo sguardo su Aayan ma non disse niente. Samira ringraziò e fu la prima a uscire dalla tenda.

Appena arrivata fuori, vide che ormai gli altri ragazzi se n'erano andati. A quel punto Aayan uscì dalla tenda in fretta e furia, stringendo i pugni. Si vedeva chiaramente che parlare con la Majà lo aveva innervosito, però stava cercando di calmarsi respirando e ispirando. Samira lo affiancò e gli chiese titubante "Va tutto bene?". Lui, a quella domanda, si girò di scatto puntando il suo sguardo su di lei. Il suo volto trasmetteva tutta la rabbia che in quel momento stava provando e per un attimo pensò che fosse arrabbiato anche con lei, ma poi Aayan emise un sospiro chiudendo gli occhi per un istante, riaprendoli dopo un battito di ciglia. 

"Non pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato" ruppe il silenzio il ragazzo. Sembrava parecchio irritato. Lei si girò a guardarlo aspettando che si spiegasse meglio e infatti lo fece "Lei mi aveva già rimproverato prima che il curatore ti chiamasse e mi ha ricordato che non si possono curare gli schiavi normalmente. Io però ho insistito visto che Hassan è mio amico, ma poi ha notato che una medicazione parziale l'aveva già effettuata qualcun'altro e allora lì ho dovuto dire che sei stata tu. Non mi ha creduto quando ho detto che fossi stato io, visto che la stoffa che hai usato per medicarlo temporaneamente è stata palesemente strappata da una gonna".

Samira non disse niente, attendendo che egli finisse di parlare, poi gli disse "Non ti preoccupare, tanto sapevo che...mi avrebbe comunque rimproverato" si trattenne dal dire se la sarebbe  comunque presa con me, perché non le sembrava il caso e non le era mai piaciuto lamentarsi dei suoi problemi. Il ragazzo la guardò e le chiese "Perché quella donna ce l'ha tanto con te? Io non capisco". Samira alzò le spalle, fingendo noncuranza "E' perché sono diversa dalle altre: non so ballare bene, non svolgo le stesse attività delle altre donne yokuja, sono amica di una schiava...e perché non ho alcun pretendente". All'ultima parola Aayan si accigliò. "A parte te" si affrettò ad aggiungere ridacchiando imbarazzata, facendo sorridere anche il ragazzo.

Per qualche minuto i due rimasero in silenzio non sapendo più di cosa parlare, sentendosi a disagio nel realizzare che erano rimasti soli con l'altro.

Stavolta fu Samira a prendere la parola "Io non mi aspettavo nel bosco un elogio del genere da parte tua...a dire il vero, ho aiutato Hassan per puro istinto, non sapevo nemmeno chi fosse prima di soccorrerlo o che fosse uno schiavo" disse arrossendo. Non voleva che si facesse un'idea inesatta su di lei, visto che ancora non si capacitava che si fosse innamorato di lei, quindi le sembrava corretto essere sincera con lui. Inoltre doveva capire che cosa provava nei suoi confronti, perché si sentiva confusa ogni volta che era con Aayan ma non riusciva a capire se fosse per imbarazzo o perché lo ricambiava.

"Ma anche se l'avessi saputo l'avresti aiutato lo stesso, dico bene?" gli domandò il ragazzo ritornato calmo. Lei spalancò gli occhi, sorpresa dalla sua affermazione; sembrava provare una qualche sorta di ammirazione per lei, a giudicare dal tono con cui le parlava e forse era proprio questo a metterla a disagio, perché sembrava quasi che qualsiasi cosa avesse fatto lui avrebbe continuato a stimarla. "Per questo ti ammiro" confessò Aayan arrossendo come un bambino scoperto a combinare una marachella, per poi corrugare la fronte "io, in confronto a te, mi sento un vile e non merito questo riconoscimento" si portò una mano a stringere il dente della sua collana. 

"Quindi anche tu sei amica di una schiava" disse Aayan, cambiando all'improvviso argomento. Samira annuì "Si chiama Martha ed è la mia migliore amica e per la Majà ciò è inaccettabile". Aayan distolse per un attimo lo sguardo dal suo "Tu ti fai sempre vedere...in giro con lei? Nel senso, ci parli anche quando sei osservata dagli altri?". La ragazza trovò strana quella domanda, infatti aggrottò le sopracciglia "Certamente". 

Come altro avrebbe dovuto comportarsi con lei? 

"Che senso avrebbe trattarla male se è mia amica ed è l'unica che mi è stata affianco per tutti questi anni? Sarebbe da ingrata. Anche se la comunità la margina sarebbe assurdo se lo facessi anch'io a mia volta, visto che siamo entrambe viste in malo modo. E' anche un modo per sostenerci a vicenda, secondo me". Samira, a quel punto, puntò i suoi occhi su di lui "Tu non fai così con Hassan?".

Aayan si sentì ancora di più un verme: quelle parole se le sentì quasi lanciare addosso, ma in fondo se lo meritava; lui non era diverso da loro, in fondo.
"Non sono una brava persona" iniziò il ragazzo, guadagnandosi un'altra occhiata stranita da Samira. "Invece che stare accanto ad Hassan, mi sono comportato da vigliacco" fece una pausa.

Stava per confessare la cosa di cui si vergognava di più alla ragazza che gli piaceva, ma era giusto così. Doveva farlo. Lei aveva il diritto di sapere che persona fosse in realtà e non che credesse anche lei che fosse il giovane più valoroso della tribù. Quando, quella sera, il Pajà gli aveva dato quella collana dal valore così importante si era sentito mancare...

Quanto avrebbe voluto urlare che non se la meritava affatto!

Aayan prese un profondo respiro, trovò il coraggio di guardare Samira negli occhi e iniziò a parlare "Sicuramente sarai già a conoscenza di questa storia, ma senza dubbio non sai la verità. Nella comunità, molti anni fa, quando avevo circa 6 anni, quindi più o meno quando ti ho fatto la prima proposta" sorrise lievemente a quel tenero ricordo infantile "un uomo venne ucciso: egli fu beccato a rubare una mucca e visto che era già considerato sospetto dagli yokuja, poiché proveniva dalla tribù Yahamna, il contadino proprietario della mucca lo uccise, guadagnandosi il rispetto e l'approvazione di tutta la comunità". 

Samira interruppe il discorso e aggiunse "Sì, conosco questa storia. Creò per un po' un clima di sdegno e diffidenza, dati i rapporti precari con gli yahamna, i quali da generazioni sono schiavi. Se non sbaglio anche la nonna di Martha era una yahamna".
Aayan annuì e riprese a raccontare la storia "In realtà voleva solo prendere una mucca per sfamare la sua famiglia che non aveva più di che mangiare da giorni. Aveva un figlio piccolo e una moglie e tu sai bene che gli schiavi hanno giusto un pezzo di pane, un bicchiere d'acqua e se va bene un po' di formaggio al giorno come pasto". 
A quel punto, l'espressione e la voce di Aayan subirono un drastico cambiamento "Ovviamente tutti pensarono subito al furto, nessuno pensò che volesse chiedere al fattore la mucca e che avrebbe lavorato per lui senza pretendere nulla, per risarcire il debito...nessuno sa che era un uomo buono e gentile!". Mentre continuava a parlare, la sua voce era rotta e carica di sentimento, aveva addirittura gli occhi rossi "Quell'uomo era il padre di Hassan, Haani. Sua moglie, Leila, sia per la disperazione sia perché spinta dagli yokuja, si tolse la vita". 
Il ragazzo smise di parlare, lasciando Samira sconvolta e con gli occhi sbarrati.

Angolo dell'autrice

Yahamna: nome della tribù con cui gli yokuja erano in lotta nei tempi antichi. Nemici da sempre, sono riusciti a raggiungere una sorta di tregua quando Aayan e Samira erano ancora piccoli. Essendo sempre in guerra tra loro, quando delle persone dei rispettivi popoli venivano catturate diventavano schiave al servizio della tribù nemica.
Haani: nome maschile di origine araba che significa "colui che porta felicità". 
Leila: nome femminile arabo che significa "notte". 
Salve, sono tornata con questa storia! Ho mantenuto la promessa(seppur settembre sia quasi finito ^^''), anche se temevo di non farcela e invece sì! 
Voi che ne pensate di questa uscita di Aayan?(che non ha ancora finito, ma l'ho dovuto interrompere per lasciare la suspense ;p).
Fatemi sapere se volete.
A presto, Nikita 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Aayan aveva finito di parlare da qualche minuto ormai, eppure sembrava ancora scosso, come se ciò che avesse raccontato l'avesse vissuto proprio in quel momento.

"Lo definirono il risarcimento che meritavano. Risarcimento? Loro parlano di risarcimento?!". Aayan era diventato talmente furibondo nel ricordare tutta quella storia che stava quasi urlando. "Ad Hassan nessuno l'ha risarcito! Gli hanno tolto i genitori, è rimasto solo al mondo!". Ansimò annaspando in cerca di fiato.

Samira si avvicinò di poco a lui "Calmati. Respira e inspira".

Il ragazzo fece come gli era stato detto riuscendo a regolarizzare la respirazione e il battito. Alzò lo sguardo, che aveva abbassato verso il suolo, e incontrò quello preoccupato della ragazza di fronte a lui.

"Va meglio?".

Egli annui per poi fare un piccolo sorriso nervoso "Ti ringrazio".

Samira non sapeva perché ma quel ringraziamento gli sembrò più profondo e fatto per ringraziarla anche di altro, ma decise di non replicare.

'In fondo sono anch'io una vigliacca...' pensò tra se e se.

Lei sospirò e e mise un piede indietro pronta ad allontanarsi da Aayan-quello sguardo fisso la metteva sempre a disagio-ma la mano del ragazzo si mosse velocemente e la afferrò per il braccio.

"Per caso, tu...mi odi?" trovò il coraggio di domandarle, dopo un breve attimo di esitazione.

Samira scosse subito la testa con veemenza "No, non ne ho alcun motivo".

"Anche se non ti sono stato accanto per tutti questi anni, quando tu avevi bisogno?".

Samira era colpita da quella frase di Aayan. Si poteva sentire dalla sua voce il suo immenso dispiacere e perciò si sentì un po' in colpa, ma ci fu una parte di lei che per qualche motivo la spinse a confidarsi con lui.

"Io, per tutta la mia vita, ho dovuto mandare giù tanti magoni; mi sentivo così triste al pensiero di non essere accettata dai Yokuja e poi se penso anche a quella..." si morse subito il labbro per non terminare la frase.

Però Aayan capì immediatamente di chi parlasse.

"Puoi dirlo, tranquilla" le disse poggiandole l'altra mano sulla spalla. "Sfogati pure"

"Io la odio in una maniera così viscerale che non penso di aver mai odiato così tanto una persona, tanto quanto odio la Majà". 

Iniziò a parlare liberando un fiume di parole che aveva provato a seppellire nel profondo del suo cuore, ottenendo solamente della rabbia repressa che aveva accumulato in tutti quegli anni dentro di sé.

"Fosse solo per tutti gli insulti di cui mi ha ricoperto, le frecciatine e le occhiate d'odio...no, lei ha fatto anche di peggio" continuò a dire con tono apparentemente calmo, ma una voce carica di rancore e risentimento.

"Quando avevamo entrambe più o meno cinque anni, Martha fu marchiata sulla schiena in pubblica piazza come fanno con tutti gli schiavi. Se già di per sé tutto ciò è abominevole, io ho provato a fermarli, ma sono stata trattenuta da mio padre, che mi bloccò e mi disse che non valeva la pena immischiarsi in quella faccenda per una misera schiava. Sua madre, che intanto era già stata marchiata, era in un angolo a piangere e implorare pietà per sua figlia. "E' solo una bambina" diceva tra i singhiozzi. E' uno dei ricordi più vividi che ho. Fu una scena che mi colpì talmente tanto che penso non la scorderò mai. Comunque io riuscì a liberarmi dalla stretta di mio padre e corsi dalla mia amica abbracciandola davanti a tutti. Stavamo entrambe piangendo, ma ricordo perfettamente di aver guardato per un istante la Majà, che ci fissava dalla folla di persone che si erano radunate ad assistere a quella barbarità. Il suo sguardo era completamente indifferente".

Samira terminò il suo sfogo che era così furiosa che stava tremando. I suoi occhi irradiavano rabbia, le ciglia aggrottate e le rughe sul suo viso, dovute alla smorfia che stava facendo in quel momento, accentuavano ancora di più quello sguardo rancoroso, tanto che Aayan stesso si sentì leggermente turbato.

Angolo dell'autrice 

Dopo quasi due mesi è tornata questa storia che ho tutta l'intenzione di terminare. Però mi ci vorrà del tempo, perché c'è ancora molta carne al fuoco, come si suol dire. 

E niente, i nostri eroi si confessano reciprocamente l'odio che provano per questa comunità che predica bene, ma è in realtà malvagia e meschina. Non ho più nulla da scrivere. 

Alla prossima, dunque

Nikita

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Mentre guardava Samira e ascoltava il suo sfogo, Aayan si sentì ancora di più in sintonia con lei. "Ti capisco, sai? Anche a me è successa una cosa simile. Oltre a ciò che ti ho già raccontato, anche a me da piccolo mi avevano detto di stare alla larga da Hassan, tuttavia io me ne sono fregato e ho continuato a voler essere suo amico e da allora nessuno mi dice niente. Questo perché sono considerato da tutti come uno dei migliori della tribù" e a dire quella frase si accigliò "non mi hanno più detto niente, anche perché Hassan non si fa quasi mai vedere insieme a me. Io sono sicuro che lui non voglia che si danneggi la mia immagine pubblica e io non ho fatto niente per cambiare questa situazione" strinse i pugni e digrignò i denti. Non aveva il coraggio di affrontare nuovamente lo sguardo di Samira. Finora non l'aveva giudicato, ma dopo che le aveva confessato come si comportava veramente con Hassan di sicuro non avrebbe più volto avere a che fare con lui. Aveva deluso se stesso, il suo amico, la ragazza che amava e aveva ingannato la sua tribù, seppure si fosse comportata in maniera meschina con lui e sopratutto con Hassan e Samira. Ciononostante si sentiva comunque un verme. 

"Io sono un codardo, Samira" riprende a parlare tenendo il capo basso per la vergogna. "Io avrei sempre voluto stare con te, fin da piccolo. Tutte le volte che provavo ad avvicinarmi a te per parlarti venivo fermato dagli altri che mi dicevano "Non parlare con chi non è degno di te"..." stava per continuare quando la ragazza lo interruppe "Non è colpa tua. E' normale che te lo dicessero".

Ma il ragazzo scosse la testa con veemenza e riprese a parlare stavolta con tono più concitato "No, non è vero! Non è normale tutto questo! Poi non posso certo giustificarmi dicendo che erano gli altri a impedirmi di parlarti". 

La ragazza a quel punto non capì cosa volesse dire. Dove voleva andare a parare?

Vedendo la sua espressione confusa, il ragazzo si affrettò a spiegarsi meglio. Voleva essere sincero al 100% con lei, anche se ciò avrebbe comportato l'odio da parte sua.

Meglio essere odiato ma almeno aver detto la verità, che essere amato nella menzogna. 

"In tutti questi anni ho avuto un sacco di occasioni per poterti parlare. Bastava così poco infondo, se mi fossi impegnato di più, eppure ero io stesso a fermarmi. Mi dicevo che in fondo non ne valeva la pena, che non ti ricordavi di me e della promessa, ma in realtà mentivo a me stesso". 

Finalmente Aayan alzò la testa e guardò Samira, sorridendole lievemente, ma aveva l'aria di essere estremamente abbattuto "Avevo paura del loro giudizio. Ecco perché sono un codardo". 

In quel momento Aayan ricordò che assistette alla scena in cui Samira si era lanciata per difendere l'amica schiava impotente, anche se nel fondo del cuore avrebbe voluto andare a consolarla, ma non furono i suoi genitori a fermarlo: fu lui stesso a dirsi di non andare. Alla fine non era poi tanto migliore del resto degli Yokuja. Era ironico che fosse stato scelto per rappresentare tutti gli uomini della tribù. Effettivamente era la persona adatta nel rispecchiare la loro ipocrisia. 

A quel punto Samira decise di prendere la parola "Io ti capisco, Aayan. Anche io ho sempre avuto paura del giudizio degli altri, anzi ti dirò di più: nessun uomo è perfetto e tutti commettiamo errori o abbiamo paura. Tu, confessandomi tutto quello che hai provato in questi anni, le tue paure e le tue incertezze, hai dimostrato di essere il più vero e sincero nonostante ti ritenga un codardo, perché almeno riconosci i suoi difetti e va bene così, è giusto averne e ammettere di averne".

Aayan la guardò ad occhi sbarrati "Ma non ti disgusta il sapere che io non ho fatto niente per aiutare Hassan o te?".

Samira gli sorrise gentile "Lo stai facendo adesso. Si è sempre in tempo, secondo me, per rimediare ai propri errori e tu ora lo stai facendo".

La ragazza gli si avvicinò e gli prese con dolcezza le mani tra le sue "Ti ringrazio per avermi mostrato la tua parte più fragile. Ti ringrazio per avermi capita, perché anch'io ti capisco. Ho capito che io e te siamo simile e questo ci permette di capire meglio la sofferenza dell'altro e questo mi rende felice" concluse la sua frase sorridendogli. 

Aayan aveva gli occhi lucidi e si mordeva il labbro inferiore. Sembrava sull'orlo delle lacrime.

"Grazie, Samira".

La ragazza sorrise dolcemente "Grazie a te".

Angolo dell'autrice

Lo so, lo so, era da una vita che non aggiornavo! Chiedo scusa ma l'ho dovuto sistemare al meglio e come potete notare è stato perlopiù un capitolo "spiegone e chiarimenti" tra i due protagonisti. 

Spero che vi sia piaciuto e ci vediamo al prossimo capitolo (che spero verrà pubblicato prima di questo ^^'').

Nikita 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Dopo aver salutato Aayan, che si era offerto di accompagnarla fino alla sua tenda, Samira tirò un sospiro portandosi una mano al petto. Il cuore batteva forte. Quella confessione l'aveva fatta sentire più vicina a lui e le aveva mostrato una parte di Aayan che non conosceva. 

In quel momento realizzò che voleva conoscere di più quel ragazzo che stava piano piano entrando nella sua vita. 

***

Qualche sera dopo ci sarebbe stata un'esibizione del gruppo di ballerine e anche Samira avrebbe dovuto parteciparvi. Lei però ricordava fin troppo bene com'era andata a finire l'ultima serata, quella in cui si era dichiarato Aayan, perciò era preoccupata. Fortunatamente si ricordò che ci sarebbe stata con lei Martha che, da dietro la tenda dove le ragazze si preparavano, l'avrebbe supportata. Così decise di indossare i vestiti che usava per ballare e di correre fuori dalla sua tenda e dirigersi subito verso il centro del villaggio.

Appena arrivata, constatò che era ormai l'ora del crepuscolo. Samira vide solo degli uomini che trasportavano della legna per accendere il fuoco e altri che montavano la tenda. Cercò con lo sguardo Martha, ma non la vide. Probabilmente la Majà doveva ancora arrivare. Decise così di fare una passeggiata per cercare di tranquillizzarsi e si diresse perciò verso la stradina che conduceva alla radura dove si esercitava sempre e dove si era incontrata con Aayan, quando cercava il suo cavallo. Realizzò che Aayan era un punto fisso della sua vita ormai. 

Non riuscì a terminare quel pensiero che sentì una voce femminile dirle "Devo parlarti".

La ragazza, perplessa, si girò e vide che dietro di lei c'era Zafira. La favorita degli Yokuja stava a braccia conserte e osservava Samira con sguardo apparentemente indifferente, tuttavia il suo battere il piede destro a terra evidenziava un evidente nervosismo. Quella sera portava i capelli biondi legati in una coda alta ed era già vestita con gli abiti tradizionali. Samira si sentì improvvisamente minacciata da quello sguardo inquisitorio, che le ricordava molto quello che le rivolgeva la Majà quando era piccola. 

"Dimmi" le rispose. 

Samira pensò che non doveva farsi vedere agitata. Poteva farcela. 

"Yokuda" disse semplicemente il giglio flessuoso. 

Tutto poteva immaginare, ma non quello. Non una dichiarazione di sfida nella danza degli Yokuja. Di solito la sfida veniva lanciata ad una persona che era stata promessa da chi non era d'accordo con quell'unione. A quanto pare era vero che Zafira fosse interessata a Aayan.

In quel momento sopraggiunsero tutte le persone della comunità che si erano incuriosite vedendo la favorita e la sfavorita del villaggio parlare. Quando invece sentirono la richiesta di sfida, iniziarono a discutere tra di loro, senza neanche preoccuparsi di abbassare le voci. Perciò Samira sentì chiaramente che tutti la proclamassero già come perdente e che Zafira sarebbe stata perfetta al fianco del giovane più valente della comunità. 

Arrivò anche la Majà, che era stata chiamata dal gruppetto delle ballerine, e a cui fu portata la sua sedia di vimini in modo che potesse sedersi e giudicare proprio sul luogo dove era stata lanciata la sfida. Si credeva infatti che se gli sfidanti si fossero allontanati dal luogo designato avrebbe arrecato sfortuna ad entrambi. Poco dopo arrivò anche il Pajà, accompagnato dal suo fedele servitore, che portò la sua sedia in vimini e la posizionò affianco a quella della sua consorte.

Samira sapeva che non aveva altra scelta. Era già scappata alla dichiarazione di Aayan; farlo anche per sfuggire dal Yokuda sarebbe stato per lei il colpo di grazia. Inoltre quella sarebbe stata l'ulteriore conferma che lei declinava la proposta di Aayan. Poche volte capitava che si rifiutasse una proposta di matrimonio, perché era considerato sconveniente, ma per la concezione Yokuja in realtà una donna prima si sposava meglio era e per quanto Samira fosse sempre stata contro a questa idea in quell'ultimo periodo era confusa. Non capiva se le piacesse o meno Aayan, ma nell'ipotesi che le piacesse avrebbe potuto sposarlo. Però non per imposizione della tribù, ma semplicemente perché l'avrebbe amato. 

Zafira le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio "Sai bene cosa comporterà il fatto che tu danzi".

Ovvio che lo sapeva. Sarebbe stata ufficialmente la futura sposa di Aayan.

"Tuttavia, se vuoi salvarti dall'imbarazzo, c'è un modo molto semplice" continuò la ragazza assicurandosi che solo Samira la potesse sentire "basta dire Yonin".

Raramente qualcuno diceva Yonin. Era una parola che indicava l'arrendersi, il ritirarsi da qualsiasi sfida, non per forza solo il Yokuda. Tuttavia chi si ritirava era considerato un codardo agli occhi di tutta la comunità e la sua famiglia, comprese le future generazioni, veniva coperta di disonore.

Paradossalmente Samira era già guardata come una disonorata. Bastava notare come la folla la squadrasse. Persino la Majà, seduta sul suo trono semplice, la giudicava senza fare alcun gesto o dire alcunché. Bastava guardarla negli occhi per capirlo. Gli stessi che l'avevano sempre giudicata diversa e per questo inadeguata.

A Samira non sarebbe cambiato niente se si fosse dichiarata Yonin. Anzi forse era meglio così. Dopotutto non sarebbe più stata un impiccio per Aayan.

Tuttavia, sentì qualcosa smuoversi dentro di lei. Un forte sentimento che da tempo tratteneva nel profondo del suo cuore. Conosceva bene quella sensazione. Era la rabbia verso quel popolo che non era mai stato il suo, che l'aveva emarginata e sottostimata.

D'un tratto sentì che voleva cambiare le cose. Non era giusto che persone come lei, ma sopratutto degli schiavi come Martha e Hassan, vivessero in quella maniera miserabile e che lei fosse vittima dei giudizi ipocriti e denigratori da parte di quelle persone che in teoria sarebbero dovute essere la sua famiglia allargata. Ma nemmeno i suoi genitori, in mezzo alla folla, davano il minimo segno di interessarsi a lei.

La tribù andava cambiata. Serviva una rivoluzione. Samira avrebbe cambiato il popolo Yokuja. 

In quel momento sapeva cosa fare.

Danzare. E Samira danzò. 

Angolo dell'autrice 

Yokuda: parola usata per sfidare il/la "rivale in amore". Lo sfidante dice solo questa parola mentre lo sfidante danza se accetta la condizione della sfida.Più raramente non danza per rifiutare la sfida (termine di mia invenzione).

Yonin: dichiarare resa, arrendersi nella lingua degli Yokuja (termine di mia invenzione).

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Samira danzò come faceva nel suo posto segreto. Danzò senza curarsi degli sguardi perplessi e inquisitori delle persone che la circondavano. Non seguì le regole della tribù, non danzò come le era stato imposto dalla tradizione yokuja. Danzò come desiderava lei. 

Nonostante non seguisse i movimenti prestabiliti, tutti i presenti la guardavano sbalorditi dalla sua leggiadria nel eseguire piroette, muovere i piedi e le mani a tempo facendo tintinnare i braccialetti che portava ai polsi, che crearono una sorta di melodia.

Anche i suoi genitori la guardavano stupiti dalla sua bravura, ma lei non ci badò. Non si curò di nessuno di loro. in quel momento c'erano solo lei e il suo ballo personale.

Era una danza così piena di sentimento e coinvolgimento che perfino la Majà ne rimase colpita, anche se si sentiva oltraggiata dal fatto che Samira non seguisse la coreografia.

Zafira, sentendosi presa in giro, sbatté un piede per terra attirando l'attenzione di tutti su di sé, anche quella di Samira, che però non smise di ballare. "E' uno scherzo spero! Cos'è questa cosa? Avresti dovuto eseguire la coreografia del corteggiamento!".

Samira continuava a ballare, tanto che tutti iniziarono a sussurrare tra di loro, poiché non capivano il suo comportamento. Nemmeno Aayan capiva, ma lui si fidava di Samira e sapeva in cuor suo che se faceva così aveva un motivo. Poi però si accese un'idea nella sua testa e capì il probabile motivo per il quale continuava a ballare. Si voltò verso Martha e per un attimo i loro sguardi si incrociarono e lì fu certo che anche lei aveva avuto la sua stessa illuminazione.

Zafira perse definitivamente la calma "Allora, ti decidi a rispondermi? E smettila di ballare!".

Samira non si fermò. Zafira, dunque, avanzò verso la ragazza e la strattonò per un braccio obbligandola a fermarsi. 

Calò un silenzio tombale. Nessuno osava proferire parola. Mai si interrompeva una danza e per nessun motivo un ballerino doveva fermarsi prima di aver terminato di ballare. 

La danza per gli Yokuja era sacra al punto che si raccontava una leggenda sui primi Capi della tribù che si misero a danzare, non sapendo cos'altro fare per fermare l'eruzione di un vulcano che colpì il villaggio Yokujazan molti anni or sono. Tale danza era una preghiera rivolta alla divinità di nome Yoku, che era la rappresentazione dell'anima della terra. Egli ascoltò la disperata richiesta di aiuto da parte dei due e innalzò il pezzo di terra dove si trovavano, formando una collina in modo che i due non venissero colpiti dalla lava. Dal nome dello spirito, prese il nome la comunità di persone con cui iniziarono a vivere i due, Yokuja, ossia il popolo di Yoku, e loro furono ribattezzati con il nome di Majà e Pajà, ovvero madre del popolo padre del popolo.

Per questo la danza era così intoccabile e tutti dovevano impararla, affinché la protezione di Yoku potesse estendersi anche sulle generazioni future e per non dimenticare mai la loro storia. 

La Majà e pure il Pajà, nel vedere quel gesto, si avvicinarono alle due ragazze. La folla di persone fece largo ai due Capi tribù. La Majà andò a separare le due, stringendo il braccio a Zafira in modo che allentasse la presa su Samira, ma la ragazza iniziò a dimenarsi e a domandare istericamente "Perché non l'avete fermata voi stessa?!". Ma la Majà, mantenendo un espressione neutra e distaccata, tirò uno schiaffò a Zafira. 

"Smettila, ti stai comportando come una bambina infantile" le disse solamente. La ragazza si morse il labbro e guardò in basso. Il suo volto presentava gli inconfutabili segni dell'ira. 

"E tu, Samira, che spiegazioni puoi offrirci riguardo a..." fece una breve pausa e alzò e abbassò il braccio con la mano aperta per indicarla "...questo?" concluse guardandola negli occhi.

Samira vi lesse dentro della rabbia, ma vi lesse anche un altro sentimento che la stupì: stupore. Sembrava stupita dalla sua performance perlopiù in negativo come sempre, ma anche, sorprendentemente, in positivo.

Fece per parlare, ma lì si ricordò le parole di quel vecchio.  

Così chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro, limitandosi a dire "Accetto Aayan come mio futuro sposo". 

In quei giorni, aveva avuto modo di riflettere sui suoi sentimenti per il ragazzo. Inizialmente si sentiva confusa al riguardo, ma sopratutto aveva paura della comunità. Si era sempre sentita in gabbia e non voleva che anche il suo matrimonio fosse una costrizione. In quei giorni ci aveva riflettuto molto per poi alla fine giungere ad una semplice quanto banale conclusione: doveva seguire i suoi sentimenti e capì che lei fin da bambina amava Aayan e conoscendolo aveva capito che era una persona straordinaria sia coi suoi pregi sia coi suoi difetti.

Un coro unanime di voci sorprese echeggiò per tutto lo spazio. Tutti erano sconvolti, ma in particolare Aayan, che però era anche estremamente emozionato.

Ripensò a quella sera e a quel bacio nella radura e quel ricordo lo fece sorridere felice. 

Tuttavia, Samira non aveva finito di stupire gli Yokuja quella sera. Alzò la testa fiera e guardò uno per uno i presenti, soffermandosi un attimo su Aayan.

"Però lo volevo fare a modo mio. Io ho deciso che voglio cambiare le tradizioni di questa tribù e anche la sua assurda divisione sociale". 

Si prese un attimo per prendere fiato e intanto guardò Martha e Hassan, poi spostò lo sguardo verso i due Capi. 

"Io voglio abbattere il sistema della schiavitù. Io vorrei che fossimo tutti uguali e che rinunciassimo a queste vecchie tradizioni che ci costringono non solo a trattare un essere umano inferiore a noi! Chi decide chi è inferiore? Noi. Ma noi con quale diritto lo decidiamo? Io voglio cambiare tutto questo e porre fine alla sofferenza di molti di voi e anche alla mia. Vorrei solo che potessimo amarci l'un l'altro considerandoci tutti uguali" concluse portandosi una mano al petto. 

Aayan fece un passo avanti e affiancò la ragazza "Io sono d'accordo con lei" la prese per mano e la guardò intensamente negli occhi. Poi portò una mano alla sua collana e se la strappò di dosso, causando uno stordimento generale.

"Non merito questo riconoscimento e nemmeno lo voglio. Non voglio essere migliore di voi, anzi non voglio essere migliore di nessuno. Voglio solo vivere serenamente ed in pace". I due si guardarono per un attimo come se solo guardandosi si fossero capiti al volo. Aayan continuò "Noi ci sposeremo perché vogliamo, non perché ci è stato imposto da qualcuno".

Angolo dell'autrice

Yokujazan= nome del villaggio dove vivono gli Yokuja (nome inventato da me).

 

 

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Capitolo 14
*** Epilogo (prima parte) ***


Un anno dopo

Samira uscì dalla capanna e si incamminò per raggiungere Martha nel centro cittadino. Dovevano incontrarsi per andare insieme dalla sarta a prendere il vestito per quella sera.
Mentre passeggiava incontrò molte persone che la salutarono, chi in maniera cordiale, chi con un sorriso e chi solo muovendo in modo poco convinto la mano.
Nel corso di quell’ultimo anno erano cambiate un sacco di cose, a partire soprattutto dalla sera in cui Zafira l’aveva sfidata nel Yokuda. Il suo discorso aveva toccato tutti, in modo particolare i due Capi tribù che fecero anche loro un discorso.
Quella sera emersero le due diverse opinioni della Majà e del Pajà. La prima sosteneva che le tradizioni avevano permesso agli Yokuja di sopravvivere. Per lei, il cambiamento non è mai positivo, invece le divisioni sociali e le regole servono per proteggere e guidare le persone verso la direzione giusta.
Il secondo, invece, si era sempre più convinto nel corso che il popolo Yokuja avesse bisogno di cambiare. Il cambiamento non è da temere ma una cosa che avviene naturalmente, poiché tutto cambia e quindi può evolversi e migliorare: se gli uomini fossero statici e immutabili sarebbero delle divinità oppure dei morti. Lui appoggiava in pieno il desiderio di cambiamento manifestato da Samira e Aayan, però lui e la Majà avevano bisogno di discutere al riguardo, dunque si ritirarono nella loro capanna.
Dopo vari mesi di discussioni, alla fine si riuscì a giungere ad un compromesso: la Majà aveva capito che le tradizioni troppo ferree e la divisione sociale in normali membri della comunità e in schiavi stava provocando troppa sofferenza e lei non voleva questo per il suo popolo. Si sentì in colpa per come aveva trattato tutti gli schiavi, specialmente la sua schiava Martha, e Samira per tutti quegli anni, così venne decretato che non ci sarebbero più state regole nella danza Yokuja.
Ognuno avrebbe danzato come desiderava.
La comunità Yokuja aveva fatto per la prima volta un vero e proprio passo verso il cambiamento. Dopo venne decretata definitivamente l’abolizione della schiavitù e vennero mandate delle scuse alla tribù Yohamna per aver sfruttato i suoi abitanti come schiavi, cosa che non era stata fatta quando vi fu la tregua, e venne effettuato anche un vero e proprio trattato di pace. Venne deciso che la storia di Yoku continuerà ad essere tramandata per non dimenticare le origini degli Yokuja, mentre la storia di Haani e Leila, i genitori di Hassan, e Hanan, la madre di Martha, verrà raccontata per evitare di commettere nuovamente gli errori del passato e per non dimenticare.
Samira raggiunse il centro del villaggio dove si trovava la statua. Nel centro dei due villaggi di Yokujazan e Yohamnazan furono eretti due monumenti in memoria degli schiavi. La prima statua fu fatta con le sembianze del padre e della madre di Hassan, mentre la seconda a immagine di Hanan, che furono scelti come rappresentanti delle ingiustizie della schiavitù dagli ex schiavi stessi. La prima volta che Martha e Hassan videro quelle statue scoppiarono a piangere di gioia e tutti gli ex schiavi si abbracciarono tra di loro per la commozione.
Ora il villaggio Yokuja non era diventato perfetto, ma era di sicuro sulla buona strada.
Samira si guardò attorno e vide che Martha tardava ad arrivare. Così si sedette su una panchina in legno posizionata di fronte alla statua. In quel momento ripensò al fatto che, prima del discorso di fronte a tutta la comunità, aveva riflettuto sull’odio che provava verso gli Yokuja e ricordò una sera, in cui lei e Aayan si erano trovati per portare Spirit a brucare nella radura, lasciandolo libero di galoppare lì intorno. Intanto loro si misero a parlare. Inizialmente volevano lasciarsi travolgere da quell’odio che provavano entrambi, poiché non riuscivano a perdonarli. Ad un certo punto, sentirono il nitrire spaventato di Spirit, così corsero verso la radura incontrando un vecchio. Egli dichiarò di essere un viandante e che non aveva intenzione di spaventare il cavallo. Loro si scusarono con lui e fecero per andarsene, ma lui li fermò dicendo loro, con tono meditabondo e serio, “E’ meglio provare a cambiare le cose dall’interno e perdonare, per rendere il villaggio Yokujazan e il popolo Yokuja migliori. L’odio e la violenza non risolvono niente e voi due ne sapete qualcosa” per poi sparire magicamente, lasciandoli sgomenti.
I due si chiesero come faceva a sapere quelle cose, ma poi Samira si guardò attorno e realizzò dove si trovavano: erano nella radura in cui lei e Martha andavano per vedere le lucciole e i fiori luminosi.
“Mia mamma mi diceva sempre che le lucciole sono una manifestazione dello spirito Yoku” disse Samira. “Forse quell’uomo era proprio Yoku” rifletté ad alta voce Aayan. “Può darsi, chi lo sa” concluse la ragazza.
“Però ha ragione. Non possiamo cambiare le cose con l’odio”. Samira annuì e i due si ritrovarono a guardarsi negli occhi. In quello stesso istante tutto intorno a loro si accesero diverse luci. Samira si girò di scatto e sorrise “Guarda, Aayan, i fiori!”.
Indicò i fiori che emanavano una luce calda sui toni del giallo. Essi iniziarono a dischiudersi come un bozzolo facendo uscire le lucciole che si trovavano dentro, le quali iniziarono a danzare nell’aria.
“Che i primi Capi tribù si siano ispirati alle lucciole per la loro danza?” disse senza neanche pensarci Samira, intenta ad osservare incantata e sorridente quelle creature muoversi in una sorta di ballo ancestrale, vecchio come il mondo.
Aayan, invece, stava prestando attenzione unicamente alla ragazza che aveva di fronte. Era così bello il suo viso illuminato sia dalla luce sia dal suo stesso sorriso.
Le posò delicatamente una mano su una guancia. Samira sentì il palmo caldo di Aayan e si voltò. Si guardarono intensamente senza dirsi nulla, perché in quella situazione non sentivano bisogno di parlare, ma solo di avvicinarsi l’uno all’altra.
Tra le luci create dalle lucciole e i fiori luminosi, i due si baciarono appassionatamente unendo le loro anime in un legame imprescindibile, più del matrimonio. 

Angolo dell'autrice
Yohamnazan= nome del villaggio degli Yohamna (nome di mia invenzione).

Una cosa che mi sono dimenticata di scrivere ma ve la dico qua è che per i fiori luminosi mi sono ispirata a un libro di Thea Stilton "Principessa delle foreste" della saga "Principesse del Regno della Fantasia" (adoravo questa saga da piccola! In questo libro vi è una scena in particolare dove i due personaggi si trovano in questa foresta piena di fiori luminosi che ho sempre amato. Solo che lì non si illuminavano per via delle lucciole: questa cosa invece è una mia aggiunta). 

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Capitolo 15
*** Epilogo (seconda parte) ***


Samira fu richiamata al presente dalla voce della sua migliore amica, che la stava chiamando da lontano.
“Scusa Sami se ho fatto tardi, ma ho incontrato Hassan poco fa e mi sono fermata a parlare con lui”.
Martha, appena la raggiunse, si prese un po’ di tempo per prendere fiato e poi si sedette accanto all’amica.
“Tranquilla, nessun problema, anzi mi fa piacere che te e Hassan andiate così d’accordo” le disse Samira. Nell’ultimo anno i due ex schiavi si erano avvicinati molto, inizialmente più che altro per il triste passato che li accomunava, ma poi Martha le aveva detto che era stato il primo a cui aveva mostrato la bruciatura rimastale da quel famoso giorno della marchiatura. Nemmeno Samira l’aveva mai vista, poiché la ragazza se ne vergognava profondamente, ma se l’aveva mostrata ad Hassan significava che si era instaurato un forte legame tra i due.
Martha arrossì lievemente e abbassò lo sguardo “Scusami se non l’ho mai mostrata a te…”. “Marti, non mi devi chiedere scusa. L’hai fatta vedere a lui perché te la sentivi. Non ce l’ho assolutamente con te” concluse sorridendole.
La ragazza le sorrise a sua volta “Un giorno magari la mostrerò anche a te. Ora è diverso, le cose sono cambiate. La Majà si è scusata con me per questo” disse portandosi una mano a toccare la schiena “e l’ho vista sinceramente pentita. Ora non è più la mia vergogna, il mio passato, ma potrà servire agli altri per far sì che nessuno subisca più ciò che abbiamo subito noi ex schiavi”.
Samira annuì “Sono fiera di te”.
Martha replicò “Anch’io. Tu sei stata colei che ha permesso tutto questo, insieme ad Aayan. Non mi stupirei se veniste eletti nuovi Capi tribù”.
“Ma che dici? No, non credo che sarei in grado di esserlo”.
“Secondo me, la Majà e il Pajà vi stanno tenendo seriamente in considerazione. Adesso magari è presto, però più avanti potrebbero proporvi come successori. Siete certamente i più indicati”.
Samira corrucciò la fronte, poco convinta dalle parole di Martha “Non lo so, staremo a vedere. Ora so solo che dobbiamo pensare al mio matrimonio”.
Mentre pronunciava l’ultima parola, le guance della ragazza si colorarono di rosso. Dopo essersi occupati di cambiare le cose dall’interno della tribù, per festeggiare l’abolizione della schiavitù e la fine dei balli tradizionali Aayan l’aveva portata a mangiare nella radura dei fiori luminosi.
“Che bella serata! Stasera i fiori sono ancora più luminosi del solito” esclamò entusiasta la ragazza.
“Mi fa piacere vederti felice” rispose Aayan con uno strano tono di voce.
Samira si girò a fissarlo perplessa. La guardava di sottecchi e teneva le mani dietro la schiena. Non capiva proprio quel suo atteggiamento.
Il ragazzo prese un profondo respiro e iniziò a parlare "Samira, ti ricordi quella volta che hai salvato Hassan dal giaguaro?”.
Ella annuì.
“Ti ricordi anche ciò che dissi rivolgendomi ai ragazzi che erano con me e che non volevano aiutare Hassan?”.
Samira scosse la testa, sentendosi sempre più confusa. Non capiva dove stava andando a parare.
“Beh, io dissi “a differenza vostra Samira è una persona ammirevole", ma in verità avrei voluto aggiungere a quella frase “a differenza vostra e anche mia”, ma la vergogna di ammettere davanti a te che non ero la persona valente che tutta la tribù credeva mi ha bloccato”.
Smise di parlare per formulare nella sua mente il successivo pezzo del discorso che si era preparato.
Samira ormai aveva capito dove voleva arrivare. Pensava che Aayan si sentisse ancora in colpa per non esserle stata accanto per quegli anni in cui veniva emarginata anche lei e per non aver aiutato prima Hassan ad avere giustizia.
Ma Aayan, appena capì che lei voleva fermarlo, riprese a parlare "Ora voglio stare con te, voglio essere davvero degno di essere il tuo compagno di vita. Penso che all'inizio mi sentivo attratto da te, perché inconsciamente mi sentivo in colpa e cercavo di fare ammenda. Però poi, grazie a tutto il tempo passato insieme, ho imparato a conoscerti e ad amarti per davvero. Prima era solo un sentimento immaturo, ora sento che è qualcosa di più profondo. Adesso siamo riusciti insieme a cambiare le cose, ho rimediato ai miei errori e ora sono certo di essere una persona migliore, di essere forse la persona degna di starti accanto".
E fu lì che portò la sua mano avanti per mostrare a Samira cosa nascondeva nel suo palmo: un anello d’oro.
La ragazza sgranò gli occhi riuscendo a sussurrare solamente “Aayan…”.
“Samira, vuoi sposarmi?”.
Lei si portò le mani davanti alla bocca.
Dopo qualche secondo di esitazione, se le tolse e le portò sopra a quella di Aayan che teneva l’anello. “Tu non sei la persona che è degna di stare al mio fianco”.
Per un attimo il ragazzo temette che lei non lo volesse sposare.
“Tu sei la persona che amo e con cui voglio stare. Ti amo per quello che sei, ti amo perché conosci le tue debolezze, mi hai aiutato a cambiare le regole della tribù e mi sei stato accanto”. Gli sorrise per poi esclamare “Certo che lo voglio!”.
I due si abbracciarono felici e si strinsero come se non volessero più lasciarsi andare.
“Il tempo vola, eh?” la distolse dai suoi ricordi Martha.
“Già, sono così emozionata!” le disse l’amica, euforica.
“Posso solo immaginare. Chissà come sarà il mio matrimonio” sospirò trasognata Martha. Sospiro che non sfuggì a Samira.
“Credo di sapere con chi vorresti sposarti…”.
Martha arrossì violentemente e sbottò “Non è vero, ti sbagli!”.
Sì alzò di scatto e strattonò la mano dell’amica, mano sulla quale si poteva vedere sul suo anulare l’anello.
“Forza, sbrighiamoci! Ora dobbiamo pensare al tuo matrimonio!” e la trascinò verso la tenda della sarta. Samira non poté fare a meno di ridere.  
 
***
Quella sera si tenne il matrimonio di Aayan e Samira. Lei era vestita con un lungo abito di seta color sabbia, i capelli erano acconciati con i fiori luminosi e tra le mani reggeva un bouquet con i medesimi fiori.
Aayan portava un vestito sempre color sabbia, i pantaloni dal taglio elegante e sopra aveva una pelliccia.
Dopo essersi giurati eterno amore si baciarono appassionatamente. Tutti ballarono come preferirono, ormai le vecchie tradizioni tossiche erano state rotte e quella sera se ne crearono di nuove.
Gli abiti di Samira e Aayan non erano quelli tradizionali, ma li avevano scelti loro.
Fu invitato anche il popolo degli Yohamna a partecipare, per iniziare a scrivere una nuova storia più felice.
Sempre quella sera Samira perdonò i suoi genitori, che erano venuti al matrimonio per scusarsi con la loro figlia per averla fatta soffrire, a cui aveva comunque sempre voluto bene. La famiglia, di nuovo riunita e con l’aggiunta di Aayan e dei suoi genitori, si abbracciò e dichiararono di essere fieri dei loro figli e di ciò che avevano fatto per la tribù. Anche Zafira si avvicinò a loro per scusarsi con Samira e la ragazza la perdonò. La giovane dai capelli biondi le pareva sinceramente pentita e propensa a voler cambiare la tribù in meglio.
In disparte si trovavano Hassan e Martha che, quasi senza accorgersene, si tennero per mano. Quando sentirono le proprie dita intrecciarsi con quelle dell’altro, si guardarono sorridendosi teneramente.
La tribù Yokuja era cambiata.
La storia, iniziata con una danza, è giunta al termine sempre danzando, ma stavolta danzando con gioia e tutti insieme.
Senza più ceti sociali, senza tradizioni soffocanti, senza più ipocrisia,
Una comunità finalmente unita davvero nell’amore e nella fratellanza.
 
Angolo dell’autrice
Si è conclusa la storia del popolo Yokuja.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto fino a qui e spero che abbiate apprezzato questa storia.
Alla prossima!
Nikita Danaan

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