Metamorfosi

di I_love_villains
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anni Rubati: Prologo ***
Capitolo 2: *** Anni Rubati: Parte I ***
Capitolo 3: *** Anni Rubati: Parte II ***
Capitolo 4: *** Gatto o scorpione?: Prologo ***



Capitolo 1
*** Anni Rubati: Prologo ***


ANNI RUBATI: PROLOGO



Ok, senza alcun dubbio aveva sottovalutato i danni che una bambina di quattro anni era capace di combinare nel giro di pochi minuti nonostante la presenza di cinque adulti, lui escluso. Tomura strinse i pugni, chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci, ma, visto che la rabbia non era ancora sbollita, arrivò a cinquanta per sicurezza. Aveva ancora intenzioni omicide, tuttavia non avrebbe colpito la prima persona che gli si parava davanti, ovvero una Toga in miniatura che aveva appena finito di mettere lo smalto alla terza delle quattordici mani che costituivano il suo outfit da villain. Per fortuna raramente si toglieva Padre dalla faccia ...
La bimba contemplava tutta contenta la propria opera e si apprestava a dipingere le unghie della quarta mano, quando l’ombra di Tomura incombette su di lei.
“Himiko, che fai?” cominciò il ragazzo con un tono che secondo lui era gentile, ma che avrebbe raggelato uno qualsiasi dei suoi sottoposti provvisti di cervello. Sempre che esistessero …
Per fortuna Toga era difficile da impressionare anche a quattro anni, per cui rispose pimpante: “Ciao Tomura! Mi annoiavo, così ho deciso di rendere più belle le tue mani. Ti piacciono?”
“Naturalmente” ringhiò lui. Doveva controllarsi se voleva colpire il vero colpevole. “Ma dove sono gli altri, Himiko? Tu lo sai vero?”
La bambina batté le mani alla sua risposta e il suo sorriso si ampliò, poi annuì vigorosamente, felice di potergli essere utile.
“Certo, lo so! Spinner sta giocando all’X-box, Kurogiri sta facendo la spesa, lo zombie è in camera sua, Jin è uscito un momento e Compy doveva aggiustarsi il braccio!”
Tomura aveva già previsto che Kurogiri e mr. Compress sarebbero risultati innocenti, in quanto se la sarebbero portati appresso se fosse stato il loro turno di fare i babysitter; gli altri rischiavano tutti di essere le sue prossime vittime.
“E da quanto tempo sei sola?”
“Non lo so, poco. Ti va di decorare insieme le altre mani? È divertente!”
“No. E non devi farlo più nemmeno tu. Non si prendono le mie cose senza permesso, capito?”
“Ma così sono più belle!”
“Non m’interessa! Non toccarle o sai che succede se fai la cattiva.”
“Divento polvere” recitò Himiko, più per dimostrargli che se lo ricordava che perché percepisse come vera quella minaccia.
“Esatto. Adesso devi ripulirle …”
“Ma hai detto che ti piacciono!”
“Obbedisci e basta!” chiuse la questione Tomura sbattendo sul tavolo una confezione di acetone. “Bagna una pezza con questo e strofina.”
Tomura si accertò che la piccola si mettesse al lavoro nonostante i brontolii e le occhiate ostili che gli lanciava, dopodichè cercò di ricordare a chi toccava tenerla a bada in quella fascia oraria. Dabi o Spinner? È vero che Twice era il più permissivo con Toga, ma lui non l’avrebbe mai lasciata da sola, doppia identità o meno.
Decise di andare da Spinner. Il mutante aveva da poco vinto una partita a Star Wars Battlefront, ovviamente giocando come imperiale, quando Tomura si mise davanti allo schermo.
“Ti spiace? Voglio battere il mio record di vittorie consecutive … Fermo!!”
Per assicurarsi la completa attenzione di Shuichi, Tomura aveva toccato con quattro dita l’X-box e si godeva il terrore negli occhi del lucertolone.
“Rispondi ad una semplice domanda Spinner e poi me ne vado: dov’è Toga?”
“Toga? Sta disegnando in quell’angol- oh …”
Spinner si interruppe, raggelato di fronte alla visione di un disegno parzialmente finito e di pastelli abbandonati a terra. Da quanto era sparita la mocciosa?! Shuichi si voltò lentamente verso Tomura, presagendo il peggio: “M- mi sono distratto un attimo, lo giuro!”
“Ah sì? Beh, è stato sufficiente. Imparerai ad essere più responsabile, Stain non si sarebbe distratto, giusto?” Detto ciò, Tomura posò anche il pollice sulla console, riducendola in briciole. “E Kurogiri non ti darà una mano a rubarne un’altra o i soldi per comprarla.”
Il lucertolone ormai non lo ascoltava più. Strinse tra le dita ciò che rimaneva della sua amata X-box e lanciò un NOO! disperato degno di Darth Vader. L’urlo richiamò Twice all’interno dell’edificio.
“Jin, posso assaggiarla?” domandò Himiko indicando la sigaretta che l’altro reggeva tra indice e medio.
“Certo, fa’ pure” rispose lui porgendogliela, per poi alzarla bruscamente fuori dalla portata della bambina. “No, sei troppo piccola! E per quando torni diciassettenne è un nì!”
“Mmh, dite sempre che sono piccola, non posso fare mai niente” si lamentò Himiko, imbronciata.
“Facciamo cose da vecchi, ok?” propose Twice inginocchiandosi alla sua altezza.
“Mi fai vedere come sei sotto la maschera prima?”
“D’accordo. No. Solo per poco …”
Jin si sfilò la maschera, trepidante. Temeva di dividersi e temeva la reazione della piccola, i suoi commenti, perché molto probabilmente avrebbero rispecchiato ciò che pensava di lui la Toga quasi adulta con cui aveva stretto amicizia. Himiko lo scrutò con occhi spalancati, forse sorpresa che l’avesse accontentata.
“Non sei brutto come Tomura” dichiarò la bimba con un tono da esperta di cose belle e brutte. “Perché porti la maschera? Per questa?” chiese preoccupata sfiorandogli la cicatrice con la mano paffuta. “Fa male?”
“Troppe domande, dammi il tempo di rispondere! Io … sì, si può dire che la porto per la cicatrice … E non fa male, cioè, non nel senso che intendi tu, se la tocchi non mi fai niente.”
Twice si reinfilò la maschera, mentre Himiko, che si era rasserenata alla sua risposta, aveva già pronta un’altra domanda, che pose subito con le guance imporporate: “Sanguinava molto?”
Jin scoppiò a ridere: Toga non si smentiva nemmeno a quattro anni! “Sì! Lo trovi divertente, nanerottola?!”
“Aaah, avrei voluto vederlo!” esclamò lei, che evidentemente si stava immaginando la scena.
“Se vuoi ti do un pochino di sangue.”
Twice si meravigliò vedendo che la piccola si irrigidiva e lo guardava con diffidenza. Si era aspettato una reazione del genere quando la sua altra personalità le aveva urlato contro, invece in quel caso non aveva fatto una piega. Decisamente confuso, disse: “Himiko? Non ti piace più il sangue? Sei bipolare!”
“Mamma e papà dicono che devo smetterla” sussurrò Himiko sconfortata, fissando il pavimento. Alzò uno sguardo accusatore su di lui: “Tu lo sapevi vero? Vuoi che mi danno una punizione?”
“No no, sapevo tutto!” si giustificò subito Jin. Cercò di riflettere in fretta e furia su come proseguire, ripensando nel mentre a cosa era accaduto in quei due giorni …



***Angolo Autrice***
Spero che vi sia piaciuto l'inizio di questa fic, mi sono divertita molto a scriverlo!
Nel prossimo capitolo, che è una specie di lungo flashback di Twice, succede tanta roba e vediamo come si è giunti a questa situazione!
Pubblicherò ogni due settimane. La storia è in fieri, quindi può darsi che tra una mini-storia e l'altra passi più tempo, dipende se riesco a trovare il tempo o le parole giuste per scrivere.
Bye!
PS: le immagini non mi appartengono purtroppo



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Capitolo 2
*** Anni Rubati: Parte I ***


ANNI RUBATI: PARTE I



Come è facile immaginare, l’apparizione a colazione di una Toga ringiovanita, con indosso solo la parte superiore di un pigiama ora extralarge e che si trascinava dietro un orso di peluche alto quasi quanto lei, era stata a dir poco scioccante. Per qualche minuto tutti si erano limitati a fissarla basiti, certi di avere un’allucinazione. La bambina li aveva guardati con curiosità, stringendo il peluche. Quei tizi vestiti in modo strano ed il posto le apparivano familiari, anche se non ricordava i loro nomi o dove si trovava. Per nulla spaventata, giunse alla spiegazione più logica che poteva ipotizzare.
“Siete i babysitter? Mamma e papà sono partiti? Perché non mi ricordo?”
“È finta!” urlò spaventato Twice.
“Ti prego mr. Compress, dimmi che è un’illusione!” esclamò Spinner.
“Certo che no. Magari l’ha clonata Twice da ubriaco.”
“Non farei mai una cosa del genere! Può darsi …”
“Se vuoi un figlio clone come Jango Fett” fece Shuichi, che in quei giorni era in fissa con Star Wars.
Kurogiri si avvicinò alla piccola, che ridacchiava divertita dalle reazioni degli adulti.
“Toga, come sei diventata così?”
“Perché mi chiami Toga? E come sono diventata? E tu chi sei? Un uomo-nuvola? Sai volare?”
“Forse era meglio quando la sua unica domanda era: posso pugnalarti?” commentò Dabi.
“Himiko” riprese Kurogiri. “Ascolta Himiko, cosa ricordi di ieri?”
“Che sono andata a letto, ma non avevo tanto sonno. Credo di essere andata in bagno a bere … e mi sono svegliata adesso. Ora rispondi a me.”
“Fra poco, intanto mangia.”
Himiko contemplò con aria famelica cosa le offriva la tavola. Nel frattempo Twice era andato in bagno ed aveva trovato una siringa di Toga vuota ma ancora sporca di sangue. Tornò dagli altri annunciando la sua scoperta.
“Quindi è stato un qualche tipo di quirk a farla tornare bambina” commentò Tomura.
“Dobbiamo far analizzare quel sangue” disse mr. Compress. “Chiamo Giran.”
“E noi che facciamo? Quando credete che tornerà normale?” chiese Spinner.
Potevano discuterne quanto volevano, ma c’era un’unica, inevitabile conclusione: dovevano badare alla Toga quattrenne finché non fosse ritornata una diciassettenne. Rassegnati, i villains organizzarono i turni, con la speranza che tutto finisse in fretta. Kurogiri si procurò dei vestiti adatti, dei pastelli ed un paio di giochi in modo che la bimba si mantenesse impegnata, poi le andò vicino. Himiko si voltò verso di lui, il davanti del pigiama macchiato di marmellata, succo, cioccolato e cosparso di briciole. Sembrava che si fosse impegnata per sporcare l’indumento con qualsiasi cosa aveva trangugiato a colazione. Non che il viso e le mani fossero più puliti …
“Adesso mi rispondi come promesso, giusto?”
“Ehm, sì Himiko. Intanto però ti do una ripulita, vieni.”
Dopo una mezz’oretta vestiti e capelli erano in ordine, la bambina era linda e pulita e conosceva i nomi dei suoi coinquilini, alcuni dei quali, Jin compreso, la osservavano ancora sbalorditi.
“Perché non ci sono ragazze?”
Kurogiri si strinse nelle spalle, allora Himiko provvide a rispondersi da sola: “Forse perché questa casa è tutta sporca e in disordine. La mamma pulisce sempre casa nostra, dice che le persone perbene devono farlo o sono maleducate. Ehi, almeno qui non devo mettere in ordine niente!”
“Nemmeno a me piace molto il nostro attuale covo, ma dobbiamo arrangiarci. Quanti anni hai?”
“Quattro. Covo?”
“Sì. È un rifugio segreto.”
“Fortissimo! Posso visitarlo con Bobby?”
“Certo, ti faccio strada.”
La bambina si guardò attorno tutta eccitata, trovando affascinante persino il vetro rotto per il semplice fatto che si trovava in un posto sconosciuto al resto delle persone. Pian piano prese a guardare con più interesse i villains. Tutti loro conoscevano il segreto, erano speciali, e se glielo avevano confidato significava che adesso era loro amica! Himiko strinse con gioia l’orsetto soprannominato Bobby. Desiderava assolutamente sapere tutto dei suoi nuovi amici! Si chiese quanto tempo avesse a disposizione. Trovava strano non ricordare le circostanze in cui i villains erano diventati i suoi babysitter, compreso quindi per quanto i genitori sarebbero stati via, ma si ripromise di chiedere ogni cosa a Kurogiri. Di domande ne aveva a bizzeffe, restava solo da decidere da dove cominciare. E poi sarebbe toccato agli altri.
“Kurogiri” fece Himiko dopo aver esplorato la camera in cui si era svegliata.
“Dimmi.”
“Per quanto staremo insieme?”
“Fra tre ore tocca a mr. Compress sorvegliarti.”
“No, quando tornano i miei? Sono lunghe tre ore? Allora possiamo giocare con tutti uno alla volta! Sentito che bello Bobby?”
Kurogiri pensò che tre ore erano lunghissime se passate insieme ad una bimba vivace e logorroica come Toga. Prevedeva un mal di testa coi fiocchi per la fine di quel lasso di tempo.
“I tuoi genitori tornano la settimana prossima” inventò lì per lì, augurandosi che il problema fosse risolto molto prima. “Sai leggere l’orologio?”
“So l’alfabeto e i numeri fino a 20” proclamò orgogliosa lei.
“Ok, che ne dici di imparare come passa il tempo?”
“Sì sì, cosi faccio una sorpresa a mamma e papà! Come li hai conosciuti?”
“Al telefono, hanno trovato il nostro numero.”
“Siete dei babysitter diversissimi dagli altri. Perché non è venuto uno solo di voi a casa mia?”
“Perché abbiamo un metodo nuovo di badare ai bambini. Ti dispiace?”
“No no, è bello!”
Prima che Himiko potesse chiedere altro, Kurogiri le mise in mano un orologio e iniziò a spiegarle come funzionavano le lancette. Fu sollevato nel constatare che era riuscito a distrarla. Osservandoli, mr. Compress comprese che il trucco migliore nell’avere a che fare con i bambini è batterli in fantasia. Se si riusciva a proporre sempre nuove attività, anticipando i loro pensieri, si poteva controllarli senza subire troppi danni. Ovviamente rivaleggiare con l’immaginazione di un bambino era impossibile per lunghi periodi, ma per quattro ore poteva essere fattibile. Atsuhiro notò che anche Twice e Spinner non toglievano gli occhi di dosso dalla piccola Toga e da Kurogiri, che l’aveva portata in cucina per assisterlo durante la preparazione del pranzo. Si rivolse a loro: “Giran sta arrivando per prendere la siringa contaminata, volete andargli incontro?”
“Sì, sono troppo preso da Toga! Guardala! Bere il sangue degli sconosciuti è troppo sicuro!”
“Io vengo, ho visto abbastanza per capire che non voglio figli.”
“Tra l’altro sarebbero orribili come te!”

Con estrema gioia di mr. Compress, Himiko trascorse metà del tempo dormendo. Infatti il pranzo era quasi terminato quando la piccola aveva scostato il piatto, aveva incrociato le braccia sul tavolo, vi aveva poggiato la testa e si era addormentata in un batter d’occhio.
“Ora è proprio un angioletto. Svegliamola!” aveva commentato Jin.
“Provaci e finisci in una biglia” era stata la minaccia di Atsuhiro.
Mentre la bimba riposava lui aveva catturato qualche animale, poiché aveva intenzione di intrattenerla con uno spettacolo di magia.
Toga si risvegliò con un grande sbadiglio. E una domanda: “Tu sei mr. Compass? Il mago?”
“Compress, cara. Esatto. Ti va di assistere a …?”
“Sì sì! Bobby farà la signora che viene tagliata! Preparatevi, io … dov’era il bagno?”
“Con calma Himiko, nessuno scappa.”
Himiko, dopo aver soddisfatto i propri bisogni fisiologici, si lasciò distrarre dalla sua sconfinata curiosità. Ci teneva molto a vedere il mago, però un tizio con in faccia una mano mozzata era ancora più insolito di un prestigiatore. Tanto mr. Compens la stava aspettando, no? Qualche minuto in più non faceva differenza, soprattutto se lei era l’unica spettatrice.
“Posso toccare la mano?”
“No.”
“Perché no?”
“Perché non voglio.”
“Perché non vuoi?”
“Perché no. Va’ con chi devi stare Toga” sbuffò spazientito Tomura.
“Eddai! Dimmelo! Perché ti copre la faccia? Voglio solo toccarla un attimo, ti preeegooo!”
“Facciamo un patto: ti accontento e tu in cambio mi lasci in pace, ok? Altrimenti …”
Tomura toccò un cuscino, deteriorandolo e meravigliando Himiko.
“Oooh, che è successo?”
“È diventato polvere. E se fai la cattiva finisci anche tu così, capito?”
“Puoi rifarlo?”
“Lo faccio su di te se ci tieni tanto …”
La bambina rabbrividì, ma certamente l’altro stava scherzando. Un po’ inquieta, si dondolò sul posto, si decise a fare un paio di passi in avanti e guardò Tomura da sotto in su. Il ragazzo sospirò. Si tolse Padre dalla faccia e lo porse a Himiko, senza però lasciarlo. Le permise solo di stringerlo tra le mani per pochi secondi.
“Himiko, dove ti sei cacciata? Non ti piacciono le magie?”
“Scusa mr. Compere, arrivo!”
La piccola si avviò di corsa, poi ebbe un ripensamento e tornò da Tomura, che si era risistemato Padre.
“Grazie Tomura, ora ti lascio in pace. E tranquillo, non lo dico a nessuno che porti la mano perché sei brutto.”
Lui ci mise un po’ a metabolizzare, pertanto urlò: “Che cosa?!” quando Himiko era già da Atsuhiro, fuori pericolo. Tomura afferrò con rabbia i manga che stava cercando prima di essere interrotto dal mostriciattolo biondo e si rintanò in camera di malumore. Convivere con una bimbetta era più snervante del previsto!
“Bene, ora che ci siete tutti lo spettacolo può cominciare. Signorina, avrà l’onore di partecipare allo show di un professionista.”
“Yeee! Vai mr. Contess!”
“Si dice Compress.”
“È difficile, non me lo ricordo. Posso chiamarti Compy?”
“D’accordo. Iniziamo, su sua gentile richiesta, col numero dell’orsacchiotto segato in due.”
Sotto gli occhi incantati di Himiko, mr. Compress diede fondo a tutto il suo repertorio: fece sparire e apparire una moneta, indovinò le carte scelte dalla piccola, fece levitare dei piatti, creò bolle giganti, riempì il covo di piccioni che, tubando spaventati, scapparono dalla finestra, rovesciò latte e uova nel cappello senza sporcarlo e così via. Alla fine Atsuhiro invitò la bambina a fare lei stessa una magia, cosa che entusiasmò Himiko tanto da lasciarla senza parole.
“Mettiti così, brava. Quando sei pronta pronuncia la formula magica e distendi il braccio.”
“Abracadabra!”
Un cane randagio poco docile comparve in mezzo ad una nuvola rosata. La bestiola si guardò intorno spaesata, ringhiò all’indirizzo dei due sconosciuti e fuggì dalla stessa via usata in precedenza dai piccioni.
“Ooh, ma io volevo un cucciolo” disse delusa Himiko.
“Purtroppo nei paraggi non c’era altro cara.”
“Che significa paraggi?”
“Nei dintorni, i posti qui vicino.”
Furono interrotti dallo squillo del cellulare di Compress. Himiko fu lesta ad afferrarlo prima del leggittimo proprietario.
“Pronto?”
“Ma chi … Ahaha, sei Himiko vero?” chiese divertito Giran dall’altro capo del telefono.
“Sì, signore. Lei chi è?”
“Un amico. Mi passi mr. Compress carina?”
“Va bene. Compy, ti vuole un amico!”
“Grazie, perché non vai da Spinner? È il suo turno ormai … Sì Giran … Mh, capisco … Togli quel soltanto, conosci abbastanza Toga da sapere quant’è scatenata … Come no … Sì, d’accordo, ciao.”
“Che ha detto?” domandò Twice, che si era trattenuto per ascoltare invece di seguire subito Toga.
“Che fra cinque o sei giorni l’effetto di quel quirk svanirà. Lo hanno testato su un topo pare, gli hanno fatto bere una goccia di sangue. Forse la donna che lo possedeva non ne era consapevole, comunque fa lo stesso: è morta.”
“Non tirare! Non tirare!” strillò Spinner, cercando di staccare le mani di Himiko dai suoi capelli.
“Sono rosa, mi piacciono tanto! Li voglio anche io così!”
“Twice, Compress, aiutatemi!”
“Non contare su di me” fece Atsuhiro sbrigandosi a scomparire. In caso di necessità sarebbe intervenuto, più per il bene della mini-Toga che per altro, ma al momento non c’erano pericoli e lui aveva bisogno di riposo.
“Altri nomi difficili” commentò Himiko, senza opporsi quando Twice la prese in braccio.
“Puoi chiamarmi Jin. Impara l’inglese, marmocchia!”
“Se proprio devi chiamami Iguchi e tieni le mani lontane dai miei capelli! Twice, ti va di guardarla insieme? Tanto quando tocca a te starà dormendo o quasi.”
“Nemmeno per sogno! Che si fa?”
“Voglio pettinargli i capelli. E fare merenda. Posso farlo, vero? Vero?”
Inutile dire che Spinner capitolò di fronte agli occhi da cucciola della bambina. Fu così che Himiko, mentre sgranocchiava biscotti, si divertì a infiocchettare la testa del mutante assieme a Twice, che ogni tanto commentava l’operato sia positivamente che negativamente. Secondo Shuichi i commenti negativi erano i più rispondenti alla realtà. La piccola invece era di tutt’altro avviso: “Finito! Sei bellissimo!”
“Grazie …” disse lui poco convinto, pensando a quanto ci avrebbe messo per disfare tutti i nodi. “Perché adesso non provi i giochi che ti ha comprato Kurogiri?”
“Solo se giocate con me.”
“Hai un appuntamento galante, lucertola?” lo prese in giro Dabi vedendolo passare.
“Hai anche tu quattro anni per non riuscire a ricordare il mio nome?” ribatté Spinner piccato.
“Io scelgo consapevolmente di ignorare informazioni superflue.”
Jin smise di seguire il battibecco e si inginocchiò, anche perché ad aspettare ancora Himiko gli avrebbe slogato il braccio per quanto forte lo tirava in cerca di attenzione.
“Che diavolo vuoi?!”
“Jin, gli zombie sanno fare i babysitter?”
“Zombie? Che c’entrano gli zombie?”
“Beh, lui è uno zombie” dichiarò lei come se fosse ovvio, indicando Dabi.
“Dabi!! Non ci hai mai detto di essere uno zombie!!” gridò Twice fingendosi offeso.
“Cosa?” fece perplesso l’interessato.
“Sei uno zombie addomesticato!” affermò con sicurezza la bambina.
“Zitta mocciosa, non sono uno zombie.”
“Invece sì.”
“No.”
“Sì.”
“Da piccola sei ancora più insopportabile, lunatica.”
Himiko non comprese appieno quella frase, ma la trovò insufficiente ad abbattere la sua convinzione. Aveva davanti uno zombie, per forza!
“Sai che ha ragione? Assomigli parecchio ad un morto” rise Spinner.
“Giochiamo all’invasione zombie?”
Dabi ne ebbe abbastanza. Se ne andò in camera senza degnarsi di rispondere ancora, era una discussione troppo insensata per i suoi gusti. Shuichi si complimentò con la piccola, che gli aveva inconsapevolmente fornito una nuova gamma di insulti e prese in giro per Dabi, e giocò pazientemente con lei e Twice ad una battaglia di peluche. Infatti nella camera di Toga ce n’erano parecchi, tutti lisi, con braccia, gambe o testa mancanti, l’imbottitura che fuoriusciva da diversi tagli. Era evidente che alla ragazza piaceva usare il coltello su di loro in mancanza di innamorati da dissanguare. Solo Bobby era ancora integro, forse perché si trattava di un furto recente.
Durante la sera Himiko fu piuttosto tranquilla, con sollievo del lucertolone. Ne aveva sprecate di energie nel corso della giornata, la bambina, ora doveva solo collassare davanti alla TV o ascoltando una favola. Spinner si accorse che erano le venti passate, dunque il suo turno era finito. Toccò a Twice portare la piccola a letto.
“Jin?” fece Himiko da sotto le coperte, un braccio stretto attorno all’orsetto.
“Sì?”
“Se mi sveglio di notte devo chiamare te?”
“Prima della mezzanotte sì, poi tocca a Dabi. I turni vanno rispettati. Sono solo indicativi, chiamami pure.”
“Ok … Mi leggi Cappuccetto Rosso?”
“Certo!”
Himiko si addormentò dopo appena una pagina di lettura. Jin uscì in punta di piedi, augurandosi che lei dormisse sodo fino al mattino, ma qualcosa gli diceva che non sarebbe successo. Infatti Dabi, verso le due e trenta, sperimentò un piccolo terremoto. Ci mise un po’ a realizzare che un’intrusa seduta sul suo futon lo stava scuotendo con insistenza. Si levò a sedere, accese una fiamma blu tra le sue mani e la fissò. Himiko aveva una coperta sulla testa e stringeva nervosamente Bobby. Sembrò rilassarsi quando finalmente lui le prestò attenzione.
“Uuuh, che bel fuoco!”
“Cosa vuoi?”
“Ho sete.”
“C’è una caraffa d’acqua sul tavolo.”
“Ma è buio!”
“Sei arrivata qui, potevi andare a bere senza disturbarmi.”
Lei scosse la testa e indicò le finestre: “Qui c’è la luce della luna. Se non c’era ti avrei chiamato.”
“Per me è una stupidaggine …”
“Al buio ci sono i mostri. Per favore zombie, vieni …”
“Se vuoi vedere un mostro basta che ti guardi allo specchio, e poi …”
Dabi si interruppe, poiché Himiko era impallidita e aveva sgranato gli occhi.
“C- c’è un mostro nello specchio?”
Ok, le bambine di quattro anni non percepiscono il sarcasmo. Si sentiva in dovere di infondere un minimo di logica in quel discorso.
“No, scherzavo, era per dire che sei tu un mostro ...”
“Sei cattivo!”
“Sì, lo so, nella League of Villains ci sono solo cattivi.”
“Non è vero, gli altri sono buoni. E Tomura ha detto che se faccio la cattiva divento polvere come il cuscino.”
“Essere cattivi è diverso per bambini e adulti. E Shigaraki è il capo, decide lui cosa …”
Fu interrotto nuovamente: “Ho sete!”
“Uff … Ti accompagno, ma perché sei venuta proprio dallo zombie? Non è un mostro?”
“Sì, però quelli addomesticati devono obbedire ai loro padroni. Me lo ha detto Kuma, lui sa tutto sugli zombie.”
Dabi immaginò che si trattasse di un suo compagno di classe all’asilo. Si alzò e andò in soggiorno tallonato da Himiko, che guardava per terra per evitare di vedere eventuali creature terrificanti. Una volta che si fu dissetata si aspettava che lo zombie la conducesse in camera, invece la portò in bagno.
“Su, entra. Non voglio che dopo mi svegli ancora perché devi andarci ... Bene, se proprio dovrai svegliarti di nuovo fallo dopo le quattro, ché tocca a Shigaraki.”
“Zombie?”
“Mh?”
“Mi continui a leggere Cappuccetto Rosso?”
“Ho il cellulare in carica. Dormi e basta, mocciosa.”
“Non ho sonno …”
“Smetti di parlare e ti viene.”
Detto ciò Dabi se ne tornò in camera sua. Himiko strinse Bobby indignata: lo zombie non sapeva fare il babysitter. Eppure era facile …

“Kurogiri, mi sistemi tu i capelli? Tomura non è capace!”
“Sì, ci provasse lui a farti i … le … qualunque cosa siano senza poter usare un dito!!” sbottò lui. Aveva già ridotto in polvere una mezza dozzina di elastici, ma non era tanto quello a innervosirlo quanto il fatto di essere stato buttato giù dal futon da un missile biondo che gridava “Sveglia! Sveglia! Sveglia!”
“Si chiamano crocchie” replicò calmo Kurogiri.
“Ecco, sa anche che sono, vai da lui.”
“Dopo giochiamo insieme?”
“No, sei troppo piccola per fare i miei giochi. Prima di aprire bocca guarda gli elastici.”
Himiko lo fissò imbronciata prima di andare da Kurogiri, che dopo averla sistemata la intrattenne con una caccia al tesoro, in cui tra l’altro attraversava i portali, e con i giochi comprati il giorno prima. Poi avevano pranzato, la piccola aveva dormito, mr. Compress l’aveva portata fuori, Spinner l’aveva lasciata disegnare mentre giocava all’X-box, distraendosi, così che Himiko aveva trovato incustodite le mani di Tomura, che era uscito a catturare Pokémon. Vedere Detective Pikachu gli aveva fatto tornare la voglia di giocare a Pokémon Go … e quando lui era rientrato c’era stata la distruzione dell’X-box. Per quanto ne sapeva Jin, questo era tutto ciò che era accaduto in un paio di giorni di convivenza con la bambina. Gli mancava solo un episodio, forse il più importante, poiché non aveva seguito lei e Atsuhiro durante la loro passeggiata, e pertanto non poteva sapere che Himiko si sentiva già a disagio per qualcosa …
Mentre correva per la strada aveva udito dei guaiti. Himiko si fermò perplessa e guardò mr. Compress in cerca di risposte.
“Compy, che cos’è?”
“Sembra un cane. Controlliamo, ma devi restarmi vicino.”
Per dimostrare la sua buona volontà lei lo prese per mano, la sinistra. La trovò fredda, dura, poco confortevole, ed ovviamente gli chiese spiegazioni al riguardo. Con un sospiro Compress si alzò la manica della camicia, mostrandole la protesi.
“Oooh, sei un robot!”
“No cara, vedi? Tutto il resto è di carne e ossa …”
“Posso vedere sotto la maschera?”
“Tanto ho un’altra maschera” commentò lui prima di accontentarla.
“Perché? Togli anche quella.”
“No, la mia identità è segreta.”
“Perché?”
“Cose da grandi. Forza, troviamo il cane.”
“Io posso averlo un braccio robotico?”
“Mi auguro che non ti capiti mai, Himiko. Immagino che a un bambino sembri grandioso, ma solo perché è troppo piccolo per capire.”
Infatti Himiko non capì, pensò solo che dalla mattina era la terza volta che la escludevano da certi argomenti perché era piccola. Presto però si scordò del desiderio di crescere in fretta, di Compress accanto a lei e del resto del mondo. Con gli occhi che le brillavano per l’emozione, si inginocchiò nella sua tipica posa davanti al cane ferito. Era lo stesso che Atsuhiro aveva usato per lo spettacolo di magia. Il poveretto era stato investito da un pirata della strada, ma alla bambina sfuggì il commento di Compress sulle condizioni della bestiola. Allungò affascinata la mano verso la sostanza rossa che imbrattava il pelo del meticcio e la strada sotto di lui. Era calda e vischiosa, le sporcò la mano mentre lei carezzava il cane, che guaì e li guardò aspettandosi un soccorso. Per Himiko però esistevano solo lei e la mano ora insanguinata che si avvicinava sempre più alla bocca. La leccò, con le guance arrossate e gli occhi chiusi dal piacere.
“Himiko …”
Come era cominciato l’incanto si ruppe. La bambina sussultò e si alzò in piedi per evitare di cadere. Il cuore le batteva a mille mentre guardava colpevolmente Atsuhiro, non più dimentica di cosa i genitori l’avevano ammonita più e più volte a non fare. Tuttavia lui le disse tranquillamente: “Non è igienico leccare le cose dalla strada. Saprai che esistono i germi e che fanno ammalare spero.”
Himiko annuì, disorientata. Compress fece apparire una catena di fazzoletti che usò per ripulirle la mano.
“Ecco fatto. Meglio se te la lavi per bene in bagno appena torniamo, mh?”
Himiko annuì ancora. Abbassò lo sguardo sul meticcio ferito. In fondo non era stata lei a fargli male, forse per questo Compy non era arrabbiato con lei. Ma i genitori le avevano detto che era comunque disgustoso, che le persone normali devono odiarlo, il sangue.
“Per lui non possiamo fare niente cara … Andiamo.”
Atsuhiro la prese in braccio e la bambina poggiò la testa sulla sua spalla. Il ritorno non fu chiassoso come l’andata: Mr. Compress rifletteva su quanto aveva visto e Himiko era incerta se piangere o tranquillizzarsi. Il silenzio del babysitter lo interpretava come qualcosa di negativo, forse voleva sgridarla una volta a casa. Invece lui non lo fece. La salutò gentilmente e la lasciò alle cure di Spinner, che le mostrò un foglio e dei pastelli. Il disagio che provava svanì, permettendole di sorridere come sempre e disegnare spensierata degli scarabocchi colorati, almeno finché non si annoiò e trovò più divertente e altruistico mettere lo smalto alle mani di Tomura.
Il senso di disagio riapparve durante il dialogo con Jin, che si stava impegnando per fornirle una risposta sensata e comprensibile che potesse calmarla.



***Angolo Autrice***
Riuscirà Jin a calmare Himiko?
Lei capirà che Dabi non è uno zombie?
Chi dovrà affrontare nel prossimo capitolo?
Vi aspetto tra due domeniche per scoprirlo!
Bye!



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Capitolo 3
*** Anni Rubati: Parte II ***


ANNI RUBATI: PARTE II



“Sediamoci!” esclamò Twice, facendo sobbalzare Himiko dato che erano trascorsi parecchi secondi di silenzio. Jin la prese per le mani, la trascinò in fretta verso il divano, si sedette e la fece accomodare accanto a lui. “Ecco, da scomodi si parla meglio, non trovi? Per rispondere alla tua domanda … ah no, ho già risposto! Non voglio che sei punita! Ti abbiamo lasciato fare tante cose, Himiko, diverse dal solito, darti il sangue per me è normale. E gli altri lo sanno, però se ti fa stare peggio non glielo dico.”
“Per te è … normale?” ripeté sbalordita la bambina.
“Sì, guarda!”
Twice si alzò la manica del costume, mostrando che all’altezza del gomito c’erano tanti forellini.
“Me li hai fatti tu con le siringhe. Tranne questo, all’ago hai attaccato una cannuccia per festeggiare il tuo compleanno.”
“Ma … a voi non fa schifo che bevo il sangue? A te va bene Jin?” domandò Himiko costernata, gli occhi fissi sulle piccole cicatrici. Pensava ai genitori, loro non approvavano nella maniera più assoluta la sua voglia di ingerire sangue, eppure a lei piaceva così tanto come sapore, come colore, come consistenza … Era cattiva per quello? Perché le piaceva una cosa che gli altri temevano o disprezzavano?
“È da malati! A me va bene; esiste gente che dona il sangue per degli sconosciuti, io lo do a un’amica e se lei ne è felice lo sono anche io! Sei una nanerottola inquietante!”
“Io non voglio fare male a nessuno sai? Il sangue esce dalle ferite, anche se sono piccole … ed io lo lecco, lo voglio troppo. Però se riesco a berlo senza ferite e morsi è più bello.”
Jin sorrise da sotto la maschera. Le posò una mano sulla testa e le scompigliò i capelli.
“Sei una brava bambina. Davvero detestabile.”
Himiko sorrise raggiante alla prima affermazione. I babysitter sì che la capivano! Con un rapido slancio gettò le braccia attorno al collo di Twice ed esclamò gioiosa: “Grazie Jin, ti voglio bene!”
“Rivoltante …” commentò Twice ricambiando l’abbraccio.
Ponderò che tutto sommato Toga non era cambiata moltissimo rispetto a quando era bambina. Era rimasta affettuosa, allegra, energica, furba … solo provava gusto nello squartare la gente da adolescente. Un dettaglio trascurabile!
“Che ne dici di assaggiare il mio sangue? Ti va?”
“Sì!”

Mai fare i conti senza l’oste. Nel caso di Dabi, l’oste consisteva in un temporale che si scatenò nel corso della notte. Il ragazzo – o lo zombie – aveva ordinato a Twice di lasciar abbuffare Himiko del cibo che preferiva, dolci esclusi, e di permetterle di rimanere sveglia a guardare la TV fin quando voleva. Gli era sembrata un’ottima strategia per fare in modo che la bimba non lo infastidisse di notte. Forse avrebbe anche funzionato, se non fosse che un tuono particolarmente forte fece scattare a sedere Himiko sul suo futon in preda al terrore. Strinse Bobby con foga, cercò di non voltarsi verso la finestra, nell’eventualità che un mostro la stesse spiando, e guardò la sveglia nello stesso momento in cui un lampo illuminava la stanza. Mezzanotte ed un minuto …
“ZOMBIEEE!!” strillò a pieni polmoni, chiudendo gli occhi e stritolando l’orsacchiotto con quanta forza aveva.
Dabi meditò se alzarsi o no. E se si alzava, poteva rinchiuderla in un armadio? Tanto, trauma più, trauma meno ...
“Mocciosa, si può sape-”
Non aveva ancora finito la frase che da essere al centro del futon Himiko era avvinghiata alla sua gamba. Da quando Toga era capace di teletrasportarsi?!
“Mollami.”
“No!”
“Ti conviene obbedire con le buone mocciosa.”
“Ho pauraaa! Fai il bravo babysitter!” lo rimproverò Himiko, che intanto si era arrampicata fino a raggiungere la sua spalla.
Dabi la prese e la rimise sul futon, sedendosi per prevenire ulteriori scalate della sua persona. La bambina tornò a stringere Bobby, si sedette sul cuscino e lo fissò in attesa, ancora in ansia per i tuoni. Il ragazzo non sapeva che si aspettava la piccola da lui, ma qualcosa doveva pur fare … a meno che non si fossero finalmente create le condizioni per averla zitta e ferma. A dir la verità per lui Toga poteva fare il casino che voleva, bastava che lo lasciasse in pace.
“Ho un’idea mocciosa: dimmi cosa fa un bravo babysitter di notte, secondo te, così lo faccio e tu te ne stai buona e dormi.”
“Un bravo babysitter mi chiama Himiko” cominciò lei. “Mi prepara da bere se ho sete, mi legge una favola, controlla che non ci sono mostri, mi rimbocca le coperte, non mi fa avere paura ed è gentile.”
“Oh, tutto qui?” sbuffò lui.
“Giochiamo anche insieme! Io lo farò con il fratellino.”
Giusto, zero percezione del sarcasmo. Ed un fratellino? Di solito Toga parlava liberamente dei fatti suoi, senza che a lui potesse fregare qualcosa, anche se in effetti della sua famiglia non aveva mai accennato nulla.
“Hai un fratellino?” chiese per distrarla dal temporale. Riteneva che fingersi interessato alla conversazione fosse gentile, quindi sufficiente a rispettare la specie di patto che le aveva imposto.
“Quasi. O sorellina, mi va bene uguale. È stato spedito e sta per arrivare. Sai che significa?” domandò orgogliosa Himiko.
“No, che cosa?”
“Che sarò una sorella maggiore! Gli zombie hanno fratelli?”
“Non lo so, perché non sono uno zombie. Lo vuoi capire?”
“Forse tutti gli zombie sono fratelli … ed il maggiore è chi si trasforma prima? Se mi mordi divento la tua sorellina?”
“Toga, ascoltami con attenzione” fece seccato Dabi, assicurandosi che lei seguisse il labiale. “Non sono un dannatissimo zombie! Sono una persona viva come te, ma mentalmente sana. A causa del mio quirk ho avuto degli incidenti, ecco perché ora ho questo aspetto, hai capito?”
“Però io volevo conoscere un vero zombie …” mormorò Himiko contrariata.
“Forse col tempo lo conoscerai, ma io non lo sono e mi dà fastidio che continui a ripeterlo.”
“S- sei arrabbiato?”
Gli stava facendo gli occhi da cucciolo? Sembrava proprio di sì. Dabi accennò un sorriso.
“No … se lo ero che avresti fatto?”
La bambina sorrise, lo raggiunse a gattoni e lo abbracciò cominciando a ripetere: “Scusascusascusa ...!”
“Ok ok, smettila, ho capito. Sei troppo appiccicosa.”
“Fufufu, perché tu e gli altri babysitter mi piacete un sacchissimo Dabi! Dirò a mamma e papà di portarmi sempre da voi!”
“Sono sicuro che lo farai” commentò lui. Si chiese se a tutti i bambini sarebbe piaciuto avere come babysitter la League of Villains, perché Toga gli sembrava abbastanza normale come bambina. Come mai crescendo era diventata una sadica assetata di sangue? Dipendeva solamente dal suo quirk? Lui non era mica diventato un piromane, e nemmeno molti dei possessori di quirk di fiamma lo erano. O forse non c’era una ragione precisa, la follia non ha sempre cause ben definibili … Era probabile, eppure Dabi non credeva a quell’ipotesi. Interruppe le sue riflessioni accorgendosi dell’innaturale silenzio che era calato nella stanza, escluso lo scrosciare costante della pioggia sul vetro della finestra. Himiko sbadigliava, con la testa poggiata sull’orsacchiotto e gli occhi semichiusi. Si riscosse un pochino quando lui si mosse per togliersi dal futon.
“Non andare via …” protestò assonnata.
“Tranquilla, ti facevo spazio. Va’ sotto le coperte.”
“Resti?” domandò lei una volta che ebbe obbedito.
“Sì. Basta chiacchiere, è tardi.”
“Mh mh. Buonanotte Dabi. Buonanotte Bobby.”
La bambina si addormentò in pochi secondi. Dabi tornò sollevato in camera sua e si ridistese, facendosi forza. Gli toccavano da sopportare al massimo un altro paio di notti con la mini-Toga, poi i rischi di ripensare al passato sarebbero svaniti. Alcune riflessioni innocue poteva però concedersele, tipo che la biondina temeva i temporali ma ne adorava gli effetti, ovvero le pozzanghere. Infatti Himiko passò il pomeriggio saltellando da una pozzanghera all’altra, in stivaletti rossi e impermeabile giallo. Mr. Compress la seguiva poco lontano, a un tempo divertito e contrariato da come la bambina si stava inzaccherando dalla testa ai piedi, perché anche se gli faceva piacere vederla ridere e strillare di giubilo, una volta tornati nel covo sarebbe toccato a lui lavarla.
“Fai piano Himiko, o finirai col diventare una bambina di fango.”
“Bello! Compy?”
“Sì cara?”
“Prendimi!” gridò lei sollevando le braccia.
Appena Atsuhiro si avvicinò, Himiko indietreggiò e corse qualche metro più in là, ridacchiando.
“Ah, prenderti in quel senso. Spiacente piccola, sono troppo vecchio per giocare ad acchiapparella.”
“Vecchio, vecchio!” lo canzonò la bambina.
In fondo chiedeva solo un compagno di giochi no? Aveva anche lasciato l’orsetto in camera. Compress si aggiustò il cilindro e puntò un dito inguantato contro di lei.
“Ti pentirai di avermi sfidato, piccola. Ti catturerò e mi farai da assistente per sempre!”
“Yay! Cioè, nooo!” rise Himiko riprendendo a correre.
Con una piccola accelerata, qualche balzo o una scorciatoia, Atsuhiro riusciva sempre a sbarrarle la strada e a comparirle alle spalle quando lei si nascondeva brevemente dietro una vettura o un muro. La bambina allora emetteva un urletto di sorpresa e si affrettava a cambiare direzione, contenta. Una volta gli passò addirittura in mezzo alle gambe, poiché il babysitter fingeva di essere un imbranato. Infatti, aveva ragionato Compress, acciuffarla subito sarebbe stato poco carino nei confronti della piccola: era ovvio che bastava allungare una mano per afferrarla, ma perché avrebbe dovuto interrompere il gioco tanto in fretta? Specialmente se anche lui si stava divertendo molto e pazienza se poi tornavano a casa tutti sudati e grondanti di fango.
Himiko si fermò in mezzo ad una strada, ansante. Sentiva rumori di costruzione e verso est svettavano fra le case le cabine di una ruota panoramica.
“Guarda Compy! Cos’è?”
“Da qui non si vede bene. Saliamo così me lo dici tu cos’è.”
“Però in braccio.”
“Conta come se ti ho presa, sai?” fece Atsuhiro mettendosela sulle spalle.
Lei si infilò il suo cilindro, che gli ricadde sugli occhi, e domandò: “Divento una maga anche io?”
“Credo che lo sei già Himiko, solo che fai trucchi diversi dai miei.”
Mr. Compress salì le scale di un edificio decadente finché si ritrovò sul tetto. Allora Himiko poté ammirare i giostrai del luna park itinerante che montavano le proprie attrazioni.
“È una fiera Compy! Ci andiamo? Ci andiamo?”
“Ehm, che ne dici di andarci con i tuoi genitori?”
“Ma con voi sarebbe più bello!”
“Apre quando non è più il mio turno, chiedi agli altri” svicolò lui.
Cosa che la bambina intendeva fare appena arrivata al covo, ma si trovava ancora sulle spalle di Atsuhiro, che chiamò Kurogiri per farsi aprire un portale e andare direttamente in bagno senza imbrattare il pavimento più del necessario.
“Tomura!” esclamò Himiko una volta pulita.
“No, zitta, non tocca a me.”
“Lo so, però …”
“Niente però. O domattina o mai.”
“Ma …”
“Sssh, ricorda la polvere.”
Himiko se ne ricordava, pertanto si allontanò da lui, seppure a malincuore.
“Ehi, ti va di fare altre foto?” le chiese Spinner, visto che quella mattina Kurogiri le aveva dato una Polaroid e lei l’aveva usata parecchio per fotografare Bobby e i babysitter.
“No.”
“Finire il disegno?”
“No.”
“Guardarmi giocare?”
La bambina scosse il capo.
“Che ti ha detto Shigaraki per metterti di malumore?” si rassegnò a domandare il rettile, inginocchiandosi.
“Non mi voleva ascoltare. Non gli piaccio?”
“Ehm, a lui non piace nessuno, tranne All for One e forse Kurogiri.”
“Ma io voglio piacergli” brontolò la piccola.
“Dai, quando sei rientrata eri contenta, non pensare a Shigaraki.”
“Ho visto la fiera” spiegò lei, tornando a sorridere. “La stanno costruendo. Domani ci andiamo?”
Con un no secco rischiava di incupirla nuovamente, o peggio Toga avrebbe insistito fino a sfoderare l’arma sleale per il controllo mentale in possesso delle creature piccole e/o carine, più comunemente nota come occhi da cucciolo. Quindi Spinner rispose evasivo: “Vedremo … Se non piove o altro …”
“Oggi fai tu la giostra?”
“D’accordo.”
“Guarda Jin, cavalco Gojira!” gridò un’oretta dopo Himiko, a cavalcioni sul mutante.
“Forte! Un’esperienza da dimenticare!”
“Mi sta riducendo a pezzetti” confidò Shuichi. “E per fortuna le sto simpatico, altrimenti sarei già diventato una borsa.”
“Fra poco si cena, dovete continuare a giocare.”
Twice tolse la bambina dalla schiena del lucertolone, che si rialzò dolorante ed esausto. Affrontare gli Heroes era di gran lunga meno sfiancante! Anche Himiko era a corto di energie dopo la corsa con Compress e aver costretto Spinner a lanciarla per aria, farla girare, cavalcarlo ecc, per cui andò a letto subito dopo cena.
“Jin, stasera inventi tu una storia?”
“La fai facile … Che ci vuole. Su che cosa?”
“Mmh … Un cavaliere e la sua principessa.”
“Ah, tipo che sconfigge il drago rapitore e tutti i suoi scagnozzi e poi scopre che la principessa è in un altro castello? Che poi quanti ce ne sono di castelli? E perché lasciano salvare il regno ad un idraulico??”
Twice si accorse che sebbene la piccola ridacchiasse non aveva idea di cosa stesse parlando. Lo guardava ancora in attesa.
“Hai ragione, è noioso. Si sa che alla fine il cavaliere salva sempre la principessa, vero? O lui o un principe.”
“Ma nella tua storia può succedere quello che vuoi. Idea! Fai tu il cavaliere!”
“I- io? E affronto Spinner?”
“Forse” rise lei. “Dai, racconta bene. Ce l’hai una principessa?”
“Se ce l’ho?” ripeté Jin, come se lo domandasse a se stesso.
“Mh mh. Una ragazza che ti piace e la vuoi come fidanzatina.”
“Beh … allora sì, una c’è …”
“E com’è? Dov’è? Me la presenti?”
Twice rifletté che poteva rispondere sinceramente, soprattutto a quella bambina, e lo fece al contrario: “Mi piacerebbe, ma è troppo vicina, anche se lontana, in un certo senso. È facile da spiegare … Comunque, lei è molto carina! Inquietante! Ha un sorriso angelico, mette tristezza! E occhi vivaci da demone, mi terrorizzano! Sembra che possa fare tutto per quanto è imbranata! È anche buffa e sempre seria! Ho visto il suo lato migliore … ed il peggiore. È pazza come me, come potrei non amarla? Mi ha anche salvato con tanta noncuranza e mi ignora sempre e farei qualsiasi cosa per lei!”
Da essere stesa Himiko si era messa a sedere e agitava i pugni come la prima volta che aveva incontrato Tomura. Aveva un ampio sorriso, occhi luminosi e le guance arrossate da un’emozione calda e dolce che la faceva sentire esultante, irradiandosi dallo stomaco a tutto il corpo.
“Jin, devi baciarla!” dichiarò convinta. “Così poi la sposi e vivete felici e contenti!”
Twice rise, un po’ amaramente a dir la verità.
“Già, nella favola sì. Nella realtà non succede ciò che vogliamo … Fa schifo!”
Himiko abbassò le braccia, delusa e sconfortata. In confronto a prima sembrava una lampadina spenta.
“Scusa Himiko ... Sono solo onesto! Questa ragazza probabilmente mi respingerebbe perché …”
Lei scosse la testa veementemente, lo interruppe con decisione, quasi con rabbia, ed espresse il suo pensiero in merito, un pensiero maturo per una bimba di quattro anni, sotto forma di rimprovero: “Allora lotta Jin! Provaci almeno! Hai detto che faresti qualsiasi cosa e che la ami, però la principessa deve saperlo: per questo il cavaliere la salva! Ti prego” supplicò con meno foga. “Per favore, crea una favola nella realtà.”
“Oh Himiko … Non hai la minima idea di cosa hai detto, vero?”
Più allegro, Jin abbracciò la bambina, che appariva confusa, come se in effetti avesse prestato la voce ad un’altra persona, e le fece il solletico. Himiko rise e si contorse sul letto, sentendosi di nuovo piccola e normale.
“Ti vedo riposata, devi farti una bella dormita” commentò Twice mentre le rimboccava le coperte.
“Buonanotte Jin. Buonanotte Bobby.”
“Sogni d’oro principessa.”

Himiko guardò apprensiva il corridoio che la separava dalla camera di Tomura. Sembrava tranquillo, sicuro … doveva esserlo alle cinque del mattino, no? Il sole era sorto da un pezzo e quindi tutti i mostri dovevano essersi ritirati. Però c’erano zone d’ombra che le incutevano timore.
“Coraggio Bobby” mormorò al suo fidato orsacchiotto. “Possiamo farcela. Attraversiamo il corridoio e ci mettiamo nel letto di Tomura. È semplice. Resteremo sempre alla luce e se salta fuori qualcosa tu mi fai da scudo così posso scappare. Non guardarmi così, sei un peluche!”
Himiko superò con un passetto l’uscio della sua stanza e si guardò nuovamente intorno: non era cambiato niente. Strinse Bobby mentre proseguiva, un passetto alla volta, scrutando con sospetto le ombre troppo vicine per i suoi gusti. Finalmente raggiunse la porta della camera di Tomura. Prima di entrare la bambina lanciò un’ultima occhiata al corridoio deserto, sollevata per essere sopravvissuta. Aprì e richiuse la porta con delicatezza, dopodiché infilò Bobby sotto le coperte, quindi fu il suo turno. La missione poteva dirsi felicemente compiuta! Non restava altro da fare che attendere il risveglio del capo. Himiko era infatti convinta che se persuadeva Tomura ad andare alla fiera ci sarebbero andati tutti, visto che lui era il capo. O al massimo poteva decidere chi l’accompagnava al di fuori dei turni di quattro ore che stavano rispettando.
Tomura fissò indispettito la piccola intrusa che dormiva accanto a lui. Le diede qualche colpetto sulla spalla per svegliarla, in modo da chiarire immediatamente che doveva bussare e ricevere il permesso di entrare prima di introdursi in camera sua. Con gli altri si regolasse come le pareva. A Himiko ci volle un po’ per capire dove si trovava, ma dopo che si stropicciò gli occhi si ricordò il motivo della sua incursione.
“Tomura, sei sveglio!”
“Ma va’ …”
“Buongiorno. Ti devo chiedere una cosa.”
“Hai sbagliato a entrare senza permesso, ti sei addirittura messa a dormire con me.”
“Con mamma e papà faccio così a volte.”
“Con me non farlo più, capito?”
“Sì, va bene. È importante Tomura! C’è una fiera!”
“Per una fiera ti saresti intrufolata qui?”
“Sì. Ci andiamo tutti insieme?”
Tomura sospettava che la bambina non si sarebbe arresa con un semplice rifiuto: era piuttosto insistente.
“Perché lo chiedi a me?” si informò prima di sbatterla fuori dalla stanza, in modo da evitare i suoi capricci.
“Perché Dabi ha detto che tu sei il capo: se lo dici tu ti ascoltano.”
Doveva ammettere che era un ragionamento sensato, la piccola si meritava una spiegazione … e lo stava guardando con tanta fiducia e aspettativa.
“È vero, sono il capo, ma non funziona proprio così … Prendo decisioni riguardo le missioni, non la vita privata degli altri. Poi in questo caso per noi è pericoloso uscire.”
“Pericoloso? Perché?” volle sapere Himiko, sorpresa. Intuiva che il discorso non si sarebbe concluso con un sì, almeno però stava parlando amichevolmente con Tomura. Forse gli piaceva, dopotutto.
“Nessuno in questo tempo ti ha detto perché ci chiamiamo la League of Villains?”
“È il nome di un circo, giusto?”
“Che? No! Come ti viene in mente?”
“Beh, Compy è il mago, Jin il pagliaccio, Dabi il mangiafuoco, Spinner si sa arrampicare sui muri – l’ho scoperto mentre faceva la giostra, tu fai il giocoliere con le mani e Kurogiri vi presenta ... o fa il domatore di Spinner.”
“No! Siamo dei criminali! Ricercati dappertutto! Se andiamo alla fiera ci vedono in tanti, chiamano la polizia e se riescono a catturarci finiamo in prigione. Vuoi che finiamo lì, dove ci trattano male e non puoi più vederci?”
“No no!” esclamò atterrita Himiko, attaccandosi a lui.
Più che un abbraccio sembrava la morsa di un pitone africano. Tomura tentò di staccarsela di dosso.
“Ho capito, non vuoi … Lasciami, non mi stanno portando da nessuna parte adesso!”
Lei si staccò pian piano, dispiaciuta. Era ingiusto che i babysitter non potessero andare alla fiera! Erano tanto buoni … Improvvisamente sorrise e recuperò Bobby, pimpante come sempre.
“Ho capito, Tomura. Ci andrò con mamma e papà. Peccato però. Ciao!”
Il ragazzo non si insospettì della sua ritrovata briosità. Era certo di averla convinta dell’impossibilità di uscire quella sera, probabilmente le era venuto un altro desiderio infantile che sarebbe toccato a Kurogiri soddisfare. Le dedicò un ultimo pensiero domandandosi dove trovasse la forza di essere allegra e saltellante tutto il giorno, poi badò ai suoi affari, ovvero videogames e fumetti.
Tomura aveva ragione solo in parte: Himiko aveva ben compreso perché i babysitter non potevano andare alla fiera, tuttavia nulla le impediva di andarci con Bobby. Mentre disegnava tranquilla stava anche pensando ad un piano. Per prima cosa niente giochi stancanti per quel giorno, le energie le servivano per la sera. Che figura avrebbe fatto ad addormentarsi su una giostra? Non poteva permettersi un simile fallimento. Invece poteva benissimo permettersi di salire sulle attrazioni, perché frugando in camera sua aveva trovato dei soldi. Dopo essere andata a letto presto si sarebbe rivestita, si sarebbe riempita le tasche di denaro e con la Polaroid al collo e Bobby sottobraccio si sarebbe diretta alla fiera. Tutto molto semplice!

Era impossibile! Doveva trattarsi di un’allucinazione causata dal troppo lavoro! L’assassina psicopatica su cui stava raccogliendo informazioni per l’articolo che avrebbe rivoluzionato la società non poteva essere lì, a pochi metri da lei, in formato ridotto, a parlare eccitata ad un orsacchiotto!
Chitose Kizuki, anche conosciuta come Curious, si diede un pizzicotto, ma la bambina che somigliava tantissimo all’adolescente Himiko Toga non scomparve. In quel momento aveva posato il peluche per scattare una foto alla ruota panoramica. Chitose cominciò a riprendersi dalla sorpresa. Richiuse la bocca, si guardò rapidamente intorno e decise che valeva la pena avvicinarsi alla bambina. Sicuramente aveva preso un abbaglio ed i genitori le avrebbero chiesto che voleva dalla loro figlioletta, ma poteva usare la scusa di star scrivendo un articolo sulla fiera e di voler inserire l’opinione dei più piccoli.
“Ciao” salutò inginocchiandosi elegantemente alla sua altezza.
Himiko le prestò poca attenzione, presa da problemi personali: dove mettere le foto una volta scattate. Non aveva pensato a portare una cartellina con sé, a lasciarle con Bobby qualcuno le avrebbe rubate e non vedeva buoni nascondigli.
“Ti sei persa bambina?” chiese gentilmente Chitose.
“Eh? No signora. Cerco dove nascondere le mie foto.”
“Capisco, sei già appesantita dall’orsacchiotto e dalla macchina fotografica. Perché non li lasci ai tuoi genitori? Altrimenti non ti lasciano salire sulle giostre.”
“Davvero?” replicò preoccupata la piccola.
“Temo di sì tesoro, è meglio avere le mani libere. Forse farebbero un’eccezione per il tuo amichetto, ma la Polaroid è troppo dura e rischia di rompersi.”
“Oh … Lui è Bobby. Però non posso lasciare la Polaroid signora! Mi serve per portare la fiera ai babysitter!”
Chitose si rialzò, stanca di stare in quella posizione. Prima di procedere oltre doveva chiarire se aveva visto giusto, se stava effettivamente, incredibilmente parlando con una Himiko Toga bambina.
“Allora … cercherò di aiutarti, però se mi chiami signora mi fai sentire vecchia. Io sono Chitose Kizuki. Tu?”
Himiko strinse la mano che l’altra le porgeva e rispose: “Sono Himiko Toga, piacere!”
Un sorriso rapace si disegnò sul volto di Curious. Era veramente lei! E chi la mollava più adesso!
“Piacere mio, Himiko cara. Che ne dici se ti tengo io la Polaroid e le foto? Prometto che appena scendi dalle giostre te le ridò. In cambio voglio solo sapere perché sei qui tutta sola.”
La bambina ci pensò su, poi annuì e spiegò: “Ho i babysitter migliori del mondo ma non potevano portarmi qua, allora ho deciso di venire da sola adesso e fare tante foto. Sono un regalo.”
“Che dolce. E i tuoi genitori dove sono?”
“In vacanza.”
“Himiko, sai che dovresti essere più grande? Ricordi qualcosa?”
“Eh?”
“Lascia stare, fa niente ...”
“Oh, intendi quando Jin dice che torno a diciassette anni? Scherza. Lui dice un sacco di cose buffe. Tu lo conosci, Chitose?”
“Più o meno” ghignò Curious, contenta che non ci fossero problemi nel far parlare Himiko, la quale si era entusiasmata alla prospettiva che la nuova amica conoscesse il suo babysitter preferito.
“Sei tu la sua principessa?”
“Cosa? Non credo tesoro. Ma raccontami della League of Villains, visto che per te sono tanto bravi.”
In realtà a Chitose non importava degli altri membri della Lega, però trovava interessante descriverli dal punto di vista di Toga, apprendere i suoi rapporti con loro, come si comportavano con lei.
“Dopo dopo!” esclamò Himiko.
Appurato che la signora non conosceva molto bene Jin, aveva perso interesse nel parlarle e non resisteva più alla voglia di salire su una qualche attrazione. Corse verso la più vicina e ci scattò una foto, dando tempo a Curious di raggiungerla.
“Attenta, se scappi così ci perdiamo. Per stasera sono io la tua babysitter, ok? Altrimenti la gente vede una bambina sola, pensa che si è persa e la porta dalla polizia.”
“La polizia è cattiva” affermò la bambina, annuendo e accettando la proposta della donna. “Chitose, quanto costa salire sul cavalluccio?”
“Cinquecento yen. Hai i soldi?”
“Sì, in tasca.”
Chitose la aiutò a prendere i soldi giusti, la issò sul cavallo di plastica, mise la foto in borsa, la Polaroid al collo e salutò con la mano mentre la bambina si divertiva sul carosello. La stessa operazione fu ripetuta per altre giostre, con la differenza che Chitose aiutò Himiko a salire non su cavalli ma su tazze ruotanti, macchinine, vagoni normali e una navetta.
“Ora là!” esclamò Himiko indicando le montagne russe.
“Sono per grandi, le bambine piccole come te volerebbero via.”
“Oh … allora la ruota. E ho fame. Tu sai sparare? O lanciare i dischi? O le palline?”
“Posso provare” sospirò Chitose, che non aveva immaginato quanta fatica ci volesse per starle dietro.
Ma per un buon articolo questo e altro. Presto l’avrebbe portata via da lì e già sognava una doppia intervista, una con la Toga bambina ed una con la teenager. Avrebbe compreso come era impazzita, cosa aveva spinto una ragazza tanto carina e benvoluta a diventare una killer efferata, come aveva imparato a combattere e a dileguarsi tanto bene ed in fretta. Ed una volta saputo tutto l’avrebbe uccisa in nome del Meta Liberation Army. Con la sua morte avrebbe risvegliato le coscienze delle persone riguardo la società disumanizzante in cui vivevano. Sì, avrebbe scritto un articolo con i fiocchi, forse il migliore della sua carriera.
“Chitose, Chitose, sali anche tu con me! Tu non ti stai divertendo!”
“Invece sì cara …”
Intanto che la bambina mangiava un hot dog e lo zucchero filato offerto da lei, Curious si impegnò nel tiro a segno, riuscendo a buttare giù le lattine necessarie a vincere qualcosa.
“Cosa vuoi Himiko?”
“Il palloncino a unicorno!”
“Sicura? I palloncini durano poco.”
“Non questi, bella mamma. Garantito che per due giorni minimo continuerà a volare” intervenne l’uomo dietro la bancarella.
“Chitose non è mia mamma, è la mia babysitter” lo corresse Himiko.
“Ma è sempre bella, no?” le chiese lui ammiccando.
“Sì” confermò la piccola con una risatina.
“Grazie tante.”
Curious legò la cordicella del palloncino al polso sinistro di Himiko, che guardava estasiata la testa fluttuante dell’unicorno. La donna doveva ammettere che in quel momento, con gli occhi sfavillanti, le guance arrossate, la bocca sporca di zucchero filato, un orsetto tra le braccia ed un palloncino accanto, Toga sembrava tutto fuorché una futura assassina simil-vampira. Quale bambina non avrebbe contemplato adorante il proprio unicorno? Tuttavia Chitose sapeva che quella bimba in particolare amava allo stesso modo il sangue. Decise che ormai, essendo Toga salita su tutte le giostre per bambini, potevano lasciare la fiera. Le scattò una foto, le ripulì la bocca e la prese per mano con naturalezza. Dopo un po’ Himiko fece resistenza.
“La casa stregata!”
“Magari domani, cosa ne dici?”
“Domani?” ripeté la piccola sbalordita.
“Sì, non vorresti tornarci?”
“Sì, ma non so se domani scappo.”
“D’accordo. Prima che ti riporti a casa me la concedi un’intervista, sì?”
“Intervista? Che significa?”
“Che io ti faccio delle domande, tu mi rispondi e poi posso scrivere una cosa che finisce sui giornali ... E anche in televisione.”
“In TV?! Posso essere in TV? Dai Chitose, fai le domande! Fai le domande!”
Curious rise per la facilità con cui stava ottenendo ciò che voleva.
“Va bene. Quanti anni hai?”
“Quattro.”
“Perché i tuoi genitori ti hanno lasciato con la League of Villains?”
“Fanno una vacanza prima che arriva il fratellino.”
“Oh. E sei contenta che arriva?”
“Moltissimo! Sarò una sorella maggiore!”
“È molto bello, già. Vai d’accordo con i tuoi? Capita che ti rimproverino? Scusa, che ti sgridino?”
“Beh … quando non faccio la brava sì. Gridano e mi mettono in punizione.”
“E tu sei triste, vero?”
“Sì, perché non volevo essere cattiva.”
“Sei anche arrabbiata?”
Himiko distolse lo sguardo dalla donna e lo fissò su una bancarella. Non si era accorta che le stavano sorpassando, presa com’era a rispondere. Rallentò l’andatura.
“Non ci sarebbe niente di male, sai? Capita di innervosirsi quando si ricevono dei rimproveri” la spronò Chitose.
“Qualche volta …”
“Ok. Quante volte c’entra il sangue?”
La bambina si fermò del tutto, con gli occhi spalancati.
“C- come …?”
“Mi dispiace Himiko, non sapevo che l’argomento ti spaventasse” si affrettò a scusarsi Curious. C’era ancora gente, non poteva permettersi di contrariarla dove i suoi capricci – ed il suo rapimento – non sarebbero passati inosservati.
“Come lo sai del sangue?” chiese la piccola, diffidente.
“Beh … sono una giornalista, devo sapere tutto di tutti. Alcune volte scopro le cose ascoltando gli altri, ma poi confermo sempre le notizie parlando con i diretti interessati. Serve per capire qual è la verità. Però se non vuoi parlare di questo non fa niente, ti faccio domande più belle.”
“La verità? Tu … come si dice quando una persona ti guarda di nascosto? Tu fai quello.”
“Sì Himiko, a volte i reporter spiano la gente, ma io non ho spiato te.”
“E come sai del sangue?”
Chitose incrociò le braccia, spazientita. Era una bimba testarda, ma non poteva biasimarla. Dal suo punto di vista una perfetta sconosciuta era a conoscenza di un segreto famigliare, un segreto che la riguardava personalmente. Per farla tornare collaborativa doveva dire la verità, per quanto una bugia sarebbe risultata più credibile. Curious si piegò e le fece segno di avvicinarsi, raccontando a bassa voce: “Dovresti veramente essere più grande Himiko. Come dice il tuo amico Jin, dovresti avere diciassette anni. Non so perché sei tornata a questa età, ma immagino sia stato l’effetto di un quirk. Ascolta … Diciamo che crescendo diventerai famosa, le persone sapranno chi sei, e quindi io conosco delle cose su di te perché le sanno già tutti. Ti intervisto per capire alcune di queste cose e per saperne altre, perché per me sei molto importante Himiko.”
La bambina restò immobile a fissarsi le mani, irrequieta. Le credeva, percepiva che Chitose era stata sincera, ciononostante non si fidava di lei e di conseguenza non sapeva come agire. Perché non fidarsi più? Cosa era cambiato? Himiko si esortò a pensare da adulta, o almeno da diciassettenne, in fretta, perché l’altra poteva decidere di essere stufa di aspettare e … cosa? Non avrebbe chiamato la polizia, questo no. Probabilmente le avrebbe ripreso la mano. Ecco cosa non andava: dove la stava portando? Lei non le aveva detto dove abitavano i babysitter e dubitava che la stesse conducendo dai propri genitori. Un brivido gelido le percorse la schiena al pensiero che quella signora tanto gentile fosse in realtà una rapitrice. Doveva scappare immediatamente! Però Chitose aveva le foto! Era uscita di nascosto apposta per fare un regalo ai babysitter, se tornava a mani vuote che avrebbero pensato di lei? Che era un’egoista, perché era andata a divertirsi quando loro non potevano. Gli occhi le si inumidirono per lo sconforto e si sentì in gola i primi singhiozzi.
“Non piangere Himiko, cosa c’è che non va?” si preoccupò Curious.
“L- le foto” biascicò la bambina tirando su col naso.
“Vuoi le foto? Va bene, però non piangere. Ecco guarda, le ho conservare nella borsa e non si sono rovinate. Dicevi che sono un regalo per la Lega, giusto?”
“S- sì …”
Himiko osservò le foto una dopo l’altra lentamente, con mani tremanti, pallida ma risoluta. Aveva deciso di applicare la stategia ideata contro i mostri e ciò le faceva martellare il cuore in petto, soprattutto perché non aveva idea di che sarebbe successo se avesse fallito. Un mostro l’avrebbe mangiata, ma Chitose che poteva volere da lei?
“Va meglio adesso? Scusa se ti ho turbata, ma dovremmo sbrigarci a …”
“Fermala Bobby!” urlò Himiko per farsi coraggio.
Lanciò l’orsetto in faccia a Curious, cacciò le foto nelle tasche ora libere dal denaro e corse tra la folla, guardandosi indietro. La donna la chiamò in preda alla rabbia. Raccolse il peluche e la inseguì con passo veloce, senza correre. Voleva attirare il meno possibile l’attenzione della gente, pertanto aveva scelto di agire come una madre esasperata dalla figlioletta disobbediente. Per fortuna aveva vinto il palloncino, che ballonzolava sopra la bambina indicandone la posizione e le rendeva più difficile sgusciare fra le persone.
Accorgendosi che Chitose guadagnava terreno, Himiko entrò nella casa degli specchi, passando inosservata grazie alla statura ridotta. Curious fu costretta a fermarsi per comprare il biglietto, convinse però il giostraio a farla entrare dall’uscita del labirinto e a chiudere momentaneamente l’attrazione finché non fosse uscita in cambio di un lauto compenso. Himiko le sarebbe certamente corsa incontro ...
La piccola si fermò a riprendere fiato, esausta. Forse l’aveva seminata, forse Chitose non aveva visto dove era entrata. Aveva perso Bobby, ma aveva ancora le foto, l’unicorno e la speranza di tornare a casa sana e salva. Si rese conto allora che si trovava in un corridoio scarsamente illuminato. Le lampadine erano disposte a intervalli, ciascuna in corrispondenza di uno specchio, su entrambe le pareti. I riflessi erano buffi, talvolta allungati, a volte schiacciati, ma sempre deformati. Himiko arrivò ad un bivio. Svoltò a sinistra, ma dopo un paio di metri una ventola cammuffata da mostro marino le soffiò in faccia dei nastri e si udì una risata malefica. Spaventata, la bambina tornò di corsa sui propri passi e girò a destra, dove spinse una porta che la condusse ad una sala circolare piena di specchi dai bordi colorati e luminescenti. Creavano un bell’effetto visivo, oltre ad essere un labirinto difficile da superare. Himiko si accostò ad una parete e si guardò intorno, indecisa su quale strada prendere.
“Da che parte devo andare, mr. Unicorno? Tu sei magico, dovresti saperlo” mormorò mordicchiandosi le labbra. “Per di qua?”
Prima che muovesse un passo, udì la voce di Chitose, che la immobilizzò all’istante per la paura. Perlustrò freneticamente l’area in cui si trovava, ma non vide né la donna né un nascondiglio.
“Himiko? So che sei qui tesoro. Guarda, mi hai lasciata sola con Bobby. Non rivuoi il tuo amichetto? Vieni fuori … Coraggio, perché sei fuggita? Stavamo diventando buone amiche ...”
Man mano che la voce si avvicinava, Himiko si guardarva intorno sempre più in fretta, ma gli specchi le restituivano di continuo il riflesso di una bambina con gli occhi spalancati dal terrore, prossima al pianto. Stanca di vedere quell’immagine, la piccola chiuse gli occhi e se li coprì con le mani, lasciandosi scivolare sul pavimento. Tutte quelle Himiko l’avrebbero fatta scoprire! Non aveva mai desiderato essere qualcun altro come in quel momento … D’un tratto le sembrò di percepire le cose in maniera differente, di essere differente! Aprì gli occhi e ci vide davanti un paio di zampe. Un mostro l’aveva forse afferrata? Balzò in piedi e si accorse che gli specchi riflettevano un cane nel posto in cui stava lei. Il cane aveva legato alla zampa anteriore sinistra il suo palloncino-unicorno. Un attimo, ma lo conosceva! Era il meticcio che aveva visto con Compy! E chissà come era lei! Himiko si avvicinò allo specchio, scodinzolante, e si lasciò sfuggire un latrato festoso che significava: sono un cane!
“Stai piangendo Himiko?”
La bambina si ricordò che era in fuga. Si domandò brevemente che fine avessero fatto i vestiti, e di conseguenza le foto, tuttavia l’istinto le suggeriva di non preoccuparsene. Si affidò a udito ed olfatto per uscire dal labirinto, poiché la nuova vista la disorientava, non essendo abituata alla mancata percezione di alcuni colori, ad esempio il rosso. Scovò un percorso riservato al personale. Prima di percorrerlo si liberò del palloncino. Le dispiaceva, ma continuava ad intralciarla e non voleva essere riconosciuta da Chitose a causa di esso. Finalmente fu fuori dall’attrazione. Himiko corse felice verso il carosello, si rotolò per terra e si inseguì la coda, divertendo alcuni bambini che la stavano guardando. Era pronta ad abbandonare la fiera e quindi Curious, che dopo averla cercata a lungo aveva capito di aver ormai perso le sue tracce. La donna strinse le labbra in una linea sottile, seccata. La sconfitta le bruciava, tuttavia ammirava molto quella ragazza e le restava la sicurezza di potersi confrontare nuovamente con lei, una volta che Re-Destro avesse deciso il momento opportuno per far fuori la League of Villains.
Himiko si fermò sotto un lampione, ancora in forma canina, ed annusò il marciapiede in cerca di qualcosa di familiare. Poco dopo ritornò una bambina. Il suo primo pensiero fu accertarsi di possedere le foto, anche se un tantino stropicciate; come seconda cosa capì di essersi persa. Arrivare alla fiera era stato facile, bastava seguire la musica e le luci, ma il covo era situato in mezzo a palazzine fatiscenti, abbandonate, buie e sinistre. Soprattutto buie. E lei non aveva più un Bobby che potesse sacrificarsi per permetterle di fuggire. Himiko toccò le foto per farsi coraggio. Non ricordava se nei pressi della base ci fossero lampioni, però preferiva camminare su una strada illuminata piuttosto che oscura.
“Jin?” chiamò piano, la voce appena udibile nello spazio aperto. “Compy? Kurogiri? Dabi? Tomura? Spinner? Babysitter!”

“Dunque saresti tu questo?” chiese Spinner a Twice, indicando un omino nero stilizzato disegnato da Toga.
“È lampante. Difficile dirlo.”
“E le macchie di colore che sono?”
“Sto cavalcando un unicorno arcobaleno. Sotto di noi c’è sangue perché l’unicorno ha infilzato suoi simili nella guerra tra unicorni. Non si capisce un tubo … Ha del talento artistico la piccola, eh?”
“Guerra tra unicorni?” ripeté Atsuhiro divertito. “Di certo Himiko ha molta fantasia.”
“Già … Riesci a decifrare anche il disegno che non ha finito?” domandò ancora Shuichi.
Twice rigirò il foglio diverse volte prima di arrendersi. Intervenne allora Kurogiri: “Dovrebbero essere lei e l’orsacchiotto che si tengono per mano.”
“Ah, per forza si è interrotta, rispetto all’altro è un soggetto noioso. Mi sarei aspettato più sangue nei suoi disegni.”
Mr. Compress annuì, in accordo col mutante. Disse: “Che io sappia l’incidente col cane è stato l’unica occasione in cui Toga ha dimostrato interesse per il sangue.”
Raccontò ciò che era accaduto e Jin proseguì la storia, spiegandosi perché la piccola era rimasta sconvolta dalla sua offerta.
“Ha ammesso che ama il sangue, però lo vorrebbe prendere senza ferire nessuno. Uguale uguale a come agisce adesso.”
“Credo che se le avessero insegnato ad usare propriamente il suo quirk invece di spingerla a sopprimerlo a quest’ora non sarebbe tra noi” sostenne Kurogiri mentre lavava i piatti.
“Pensi che sarebbe morta?!” esclamò Twice.
“No … che non starebbe in compagnia di una banda di criminali.”
“Hai ragione, è solo una questione di quirk. Per il resto è una bambina come tante altre. Ha un carattere fin troppo vivace, ma è in buona fede” asserì Atsuhiro.
“Povera Toga … Ha avuto quel che si merita” sospirò mestamente Jin. “Dove li appendiamo i disegni?”
Dabi stava guardando la televisione, ma aveva seguito il discorso, almeno finché Twice e Spinner non si erano messi a discutere sul luogo migliore in cui esporre i disegni. Se davvero c’era una ragione nella pazzia di Toga, se non si trattava di qualcosa di inevitabile, gli sembrava logico che i genitori fossero i principali responsabili. Genitori che probabilmente le prestavano attenzione unicamente per assicurarsi che lei nascondesse la sua anormalità, per poi tornare a dedicarsi al fratellino normale … Ma che senso aveva porsi certi quesiti? Ormai Toga era quel che era, come lui e gli altri membri della Lega. Risalire al momento in cui si era cominciati a diventare villains era inutile, poiché il passato non poteva essere cambiato e per la società la responsabilità di ciò che erano apparteneva solamente a loro.
“HIMIKO?! DOVE SEI?!”
L’urlo di Twice lo fece sobbalzare e la stessa cosa accadde a Tomura, che rischiò di distruggere la PSP con la quale stava giocando a Metal Gear Solid. Jin scoprì il letto, ci guardò sotto, rovistò nell’armadio e tra i peluche, andò a controllare nel bagno, per farla breve perlustrò disperatamente tutto il covo finché non si fermò per ascoltare cosa stavano dicendo gli altri.
“Impossibile, le ho spiegato chiaramente che noi non potevamo andarci e Toga ha capito, ne sono sicuro” ribadì Tomura.
“Sì, ma nessuno le ha proibito di uscire da sola, giusto?” fece mr. Compress.
“Ha sempre rotto perché ha paura del buio, chi se l’aspettava che sarebbe uscita?” replicò Dabi.
“Io vado a cercarla” annunciò Jin.
“Magari è ancora nelle vicinanze, in fondo non sappiamo da quanto è sparita” suggerì speranzoso Spinner.
“Nel peggiore dei casi dall’esatto momento in cui l’abbiamo persa di vista …” sospirò Kurogiri.
“Allora non intendo perdere altro tempo! Aspetterò ancora un po’!” esclamò Twice avviandosi verso la porta.
“L’importante è che non fai casini e non ti fai beccare” lo ammonì Tomura.
Fu più facile del previsto: dopo appena un paio di isolati Jin sentì una bambina rispondere ai suoi richiami.
“Himiko!” gridò, felice di averla rintracciata subito.
La piccola gli corse incontro e lui la prese al volo, stringendola a sé giacché era scoppiata in un pianto di sollievo. Cercò di raccontargli ciò che era capitato tra i singhiozzi: “S- sono stata alla fiera Jin … E- era tanto luminosa e colorata e musicosa e divertente … P- però l’ho fatto per voi, vi ho fatto un regalo … N- non sono un’egoista sai? … C’era anche Bobby, e la Polaroid e mr. Unicorno, m- ma poi è arrivata una signora, Chitose, sembrava tanto gentile a farmi favori e anche un’intervista, i- invece mi voleva rapire e sono scappata ed ero un cane! E mi sono p- persa … però sei arrivato tu.”
Jin non ci capì molto. Gli importava solo che Himiko stesse bene, pertanto si limitò a mormorarle parole di conforto miste a qualche rimprovero e a carezzarle dolcemente la schiena finché lei si rilassò tanto da addormentarsi. Una volta a casa Twice mostrò vittorioso la bimba agli altri, facendo segno di non svegliarla, la depose a letto, si accorse che aveva le tasche piene e gliele svuotò per farla stare più comoda, infine le rimboccò le coperte. Himiko era riuscita a consegnare il suo prezioso dono, ma il significato del presente andò perduto poiché il giorno successivo si risvegliò come la solita assassina sanguinaria e non poté quindi spiegare perché aveva quelle foto, tanto più che non ricordava nulla dei cinque giorni appena trascorsi.



***Angolo Autrice***
Finita la mini-storia con Himiko! Sicuramente lei è la più dolce della LoV ^^
Il prossimo ad essere trasformato sarà Tomura.
Bye!



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Capitolo 4
*** Gatto o scorpione?: Prologo ***


GATTO O SCORPIONE?: PROLOGO



“Mi preferite adesso o quando ero piccola?” domandò Himiko un pomeriggio in cui i villains si trovavano nella stanza principale del loro covo, intenti a scacciare la noia ognuno a modo suo: Spinner e Tomura giocavano alla Switch, Kurogiri risolveva un cruciverba, mr. Compress faceva un solitario, Twice guardava un documentario, Dabi mangiava dei takoyaki piccanti e Toga aveva appena lasciato cadere per terra una rivista di gossip scandalistico sugli heroes che aveva finito di leggere.
Jin, Atsuhiro e Kurogiri le avevano raccontato quasi tutto ciò che aveva fatto da bambina e lei ne era stata parecchio divertita. Era un vero peccato non ricordarsi nulla, proprio come se quegli eventi fossero realmente accaduti quando aveva quattro anni e non un paio di giorni fa.
“Adesso” risposero simultaneamente tutti eccetto Kurogiri e mr. Compress.
“Non è cambiato molto” disse il primo.
“Ho voglia di una nipotina” asserì il secondo.
“Bene, allora facciamo qualcosa della mia età: obbligo o verità!” esclamò la biondina scivolando per terra dal divano.
“Non siamo delle fottute ragazzine ad un pigiama party” rifiutò Tomura.
“Scommetto che non l’avete mai fatto! E se è così siete degli sfigati” dichiarò Himiko incrociando le braccia.
“Io gioco, l’ho sempre fatto da ragazzo!” fece Twice e si sedette accanto a lei.
“A qualche festa, in gioventù, ho giocato al gioco della bottiglia, quindi mi tiro fuori” si giustificò Compress.
“Anche io” aggiunse in fretta Kurogiri.
“Sarei tentato, ma gli obblighi sono pericolosi, direi mortali” rispose Spinner.
“Beh, e tu rispondi verità.”
“Se non ci sono obblighi si può fare” concluse Tomura. “A patto che fai una piccola partita con ciascuno e poi ti cuci la bocca. Altrimenti te la cucio personalmente.”
“Niente obblighi? Che gusto ci sarebbe?” chiese Dabi bruciando il cartoncino dei takoyaki.
“Che obblighi faresti, giusto per avere un esempio?” si informò Kurogiri.
“Ad esempio vorrei sapere se Dabi è ridotto così anche lì sotto e quindi gli fare togliere i …”
“Niente obblighi!” convennero all’unisono i maschi.
“Via il dente via il dolore” bisbigliò Spinner. Ad alta voce disse: “C’è una cosa che vorrei sapere: tu sei entrata nella Lega perché ami Stain, no? Come mai ci sei ancora nonostante non stiamo assolutamente seguendo i suoi ideali?”
“È vero, amo Stainy. Ma amo anche Deku e Ochaco. Finché posso continuare ad innamorarmi sono contenta.”
“Ehm, d’accordo, ma che c’entra la Lega con questo?”
“Mi ci trovo bene. Con voi ragazzi posso ottenere un mondo dove vivere è più facile e posso fare ciò che voglio ... ovvero dissanguare i miei amori. Vale lo stesso anche per te, Spinner?”
“In effetti … no. Mi basta che chi ha un quirk come il mio non venga bullizzato. E confesso che fare parte della Lega mi sta aiutando a capire qual è il mio posto nel mondo.”
“Aw, quanto siete teneri! Fate venire il voltastomaco!” proruppe Twice.
“Ragazzine …” ghignò Dabi.
“N- non ho detto niente di sdolcinato!” si difese Shuichi.
“Tocca a me! Tocca a me! Toga, i vecchi membri ti mancano?” volle sapere Jin.
“Magne moltissimo. Con lei avrei potuto parlare delle mie cotte, di Dabi sotto la doccia e di altre cose da ragazze …”
“Cosa? Suonata, tu ed il travestito parlavate di me?!”
“Aspetta il tuo turno Dabi, sto rispondendo a Jin” lo redarguì Himiko. “Dicevo, la Big Sis mi manca più di tutti. Ed un po’ anche Moonfish, ci guardavo gli splatter con lui. Mmh … Quando hai dato il primo bacio, Jin?”
“Vedi Toga, i miei coetanei mi consideravano un delinquente perché secondo loro avevo un aspetto intimidatorio. Solo uno di loro sapeva che in realtà non ero cattivo, il mio migliore amico, di cui era segretamente innamorata la ragazza più violenta della scuola, mentre io avevo una cotta per la sua migliore amica. In qualche modo mi alleai con la ragazza per conquistare i nostri amori, ma finimmo per innamorarci. Come se non bastasse anche una modella viziata iniziò a farmi il filo. Dunque decisi di usare un paio di cloni per non scontentare nessuna fanciulla ed ecco quando ho usato per la prima volta il mio quirk.”
“Quanto di tutto questo è vero?” rise la biondina.
“Tutto, racconto frottole per scherzare. Ma è vero che mi evitavano, i bastardi, e di conseguenza niente baci a nessuna ragazza. O ragazzo, sono sessista.”
“Ok. Dabi, devo considerare come già fatta la tua domanda o …?”
“No, preferisco non sapere che cazzate dicevate.”
“Perché devi essere tanto cattivo? Insomma, anche con noi, i tuoi amici.”
“Uno, non siamo amici; due, non saremo mai amici; tre, ti ritieni migliore? Tu pugnali i tuoi cosiddetti amici.”
“È meglio essere dissanguati da chi si ama piuttosto che arsi vivi da chi si odia.”
“Sembra sensato” ridacchiò mr. Compress all’affermazione di Himiko.
“Per me potete andare tutti a farvi fottere. Restando sul tema del passato, che facevi prima di entrare nella Lega?”
“Oh, vivevo alla giornata. La notte non sapevo mai chi avrei impersonato la mattina. Dopo aver bevuto del sangue mi informavo un po’ sulla vittima ed andavo a casa sua, per avere un riparo e del cibo. Poi era divertentissimo vedere in quanto tempo i famigliari avrebbero capito che ero un’impostora! Ah, che bel gioco! Recitare è figo!”
Seguirono alcuni secondi di silenzio, Toga con le mani al viso come a contenere l’emozione che i ricordi cruenti le suscitavano, gli altri a fissarla con crescente disagio.
“Dabi, hai rovinato l’atmosfera!” dichiarò Twice accusatorio.
“Sarebbe colpa mia se lei è completamente svitata?” ribatté seccato il moro.
“Fufufu. Dabi, tu sei …?”
“Ehi, tocca al nostro antiestetico boss. Chiedi a lui.”
“Ma non è divertente se si sa già la risposta” protestò Himiko, poi scrollò le spalle e decise di assecondare Dabi: “Va beh, Tomura sei vergine?”
Tomura, che li aveva ascoltati distrattamente fino ad allora continuando a giocare alla Switch, si irrigidì alla domanda e posò il controller con lentezza. Nel frattempo Spinner si premurò di mettersi a distanza di sicurezza, anche perché non riusciva a smettere di sorridere, per quanto nervoso fosse. Gli sembrava già tanto essere riuscito a trattenersi dal ridere apertamente, come avrebbe fatto in una situazione normale. Invidiava le maschere di mr. Compress e Twice, la nebbia che oscurava il volto di Kurogiri, il menefreghismo di Dabi, che non si preoccupava di nascondere il suo ghigno, e pure la beata incoscienza di Toga, perché no.
“Se sono … Se sono …” farfugliò Tomura, incamminandosi minaccioso verso Himiko. Si fermò davanti a lei e urlò: “Che cazzo di domande ti vengono in mente?! E conosceresti la risposta?! Che diresti tu se te lo chiedessi io, mocciosa stramboide?!”
“Di sì, sono vergine” replicò candidamente Himiko.
Tomura emise una specie di ringhio frustrato. Per un attimo sembrò volerle stringere le mani attorno alla gola, invece si tolse con furia Padre dalla faccia e lo lanciò a Kurogiri, dopodiché uscì sbattendo con forza la porta.
“Anche stavolta c’è mancato poco” scoppiò a ridere Himiko, su di giri.
“Non dovresti provocarlo a quel modo” la rimproverò Kurogiri, poggiando schifato Padre sul tavolo.
“No no, continua” la incoraggiò Dabi. “Prima o poi o ti fa fuori o gli fai venire un embolo, magari accadono entrambe le cose.”
“Gli ho fatto una semplice domanda. Ti va di rispondere Dabi?”
“Vaffanculo.”

Tomura passeggiò con le mani in tasca ed il cappuccio della felpa ben calato sul viso, fremendo di rabbia repressa. Era odioso non poter uccidere i propri sottoposti nemmeno quando gli davano una validissima ragione per farlo. Tuttavia Toga era una pazza, in un tribunale se la sarebbe cavata con l’infermità mentale, e doveva ammettere che aveva un quirk e delle skills estremamente utili. La stessa cosa valeva per gli altri. Considerando che erano rimasti solo in sette, non poteva permettersi di ucciderli per capriccio … o per un’offesa fatta inavvertitamente. La rabbia stava già scemando. Rifletté che neanche per un’offesa volontaria, magari in seguito ad un battibecco, li avrebbe voluti uccidere davvero. Che si fossero uniti alla Lega per Stain o meno, adesso gli erano fedeli e lo rispettavano in quanto leader. Dal punto di vista professionale non aveva da lamentarsi. Tuttavia, convivendo con loro, si era trovato di fronte a situazioni a cui non era preparato e che lo mettevano a disagio. Come quel gioco.
Proprio quando Tomura era all’apice delle sue riflessioni sul cosa comportava l’essere coinquilini, se la conoscenza reciproca di certe preferenze e abitudini fosse sufficiente a considerare qualcuno un amico, fu urtato da una donna che camminava celermente. Il ragazzo si voltò innervosito, valutò che la donna era già distante e si contentò di insultarla a denti stretti. Appena svoltò nel vicolo successivo, avvertì uno strano formicolio che gli attraversava tutto il corpo. Era diverso dal prurito quasi costante di cui soffriva. Una forza invisibile lo costrinse a mettersi carponi. Tomura tentò invano di opporvisi. Non capiva cosa succedeva, ma non era per niente gradevole, sia per la mancanza di controllo sul suo stesso corpo, sia per una specie di avversione naturale che accompagnava la metamorfosi in atto. Non che Tomura fosse ancora cosciente che si stava verificando una trasformazione. Ben presto le cose gli parvero differenti, più grandi, misteriose. Finalmente almeno poteva muoversi liberamente e capire cosa diavolo era capitato in quel minuto. Avanzò in modo naturale, come se lo facesse da quando era nato … la bizzarria era che avvertiva fortemente il cambiamento, ma non riusciva ad individuarlo senza vedersi dall’esterno. Saltò sul coperchio di un bidone dell’immondizia e si osservò in una vetrina, incapace di credere ai suoi occhi: era un gatto! Un gatto abbastanza piccolo, con la testa rotonda, il pelo celestino mediamente lungo, gli occhi rossi, la coda lunga.
Che minchia mi sono scolato per fare un incubo del genere?!
Sfoderò inconsciamente gli artigli, gonfiò il pelo e soffiò all’indirizzo del proprio riflesso. Realizzò che stava toccando il coperchio con tutte le dita della zampa, eppure esso non si era distrutto.
Devo svegliarmi maledizione! Niente quirk e nei panni di un gatto randagio, se non è un incubo questo non so che altro potrebbe esserlo … magari se torno al covo mi vedo normale e finisce tutto.
Speranzoso, Tomura saltò a terra e rifece la strada al contrario, stupendosi per come riusciva a muoversi con agilità ed efficienza. Giunto davanti l’edificio, comprese che entrare dalla porta era impossibile, perciò saltò sul davanzale di una finestra lasciata aperta. Ma, appena vi atterrò, qualcuno lo colpì con qualcosa di morbido.
“Fila via bestiaccia!” inveì Spinner, che aveva in mano un cuscino.
Tomura manifestò il suo disappunto con un acuto miagolio. Si accorse che l’altro sembrava intimidito da lui, lo guardava con apprensione ed era pronto a chiudere la finestra violentemente se si fosse avvicinato. Come se fosse chissà quale terribile minaccia. La rabbia di Tomura crebbe.
Hai paura di un fottuttissimo micio?! Giuro che lo dirò a Stain! Stain lo saprà, capito?! Un villain che teme i gatti è una cosa inamissibile!!
Shuichi chiuse la finestra e si ritirò, poco dopo Tomura capì che aveva riferito agli altri la presenza di un gatto che per poco non era entrato nel rifugio. Udì fin troppo bene Toga trillare che adorava i gatti e che non vedeva l’ora di coccolarlo. Tomura fuggì prima che Himiko uscisse per cercarlo: lo avrebbe sicuramente pugnalato! Decise di fare qualche giro nei paraggi, per poi tornare al covo e cercare di avvicinarsi a Kurogiri o al massimo a mr. Compress. Loro erano gli unici che avrebber potuto aiutarlo … tuttavia l’idea che i suoi sottoposti lo vedessero in quello stato lo imbarazzava profondamente. Forse era meglio se veniva a capo da solo di quel problema peloso. Probabilmente, come era successo a Toga, doveva semplicemente aspettare.



***Angolo Autrice***
Twice: a causa del mio aspetto inquietante, le persone hanno sempre avuto paura di me.
Io: ah, la backstory di Twice è essere stato Ryuji di Toradora! ... ehehe. In effetti, possedendo Duplicazione, lui si sarebbe messo con Minori e i cloni li avrebbe messi a disposizione di Taiga e Ami.
L'immagine di questo capitolo mi ha portata a ideare la fic: Tomura diventa un gatto, agli altri che può capitare? XD
Però la Lega ne resterà all'oscuro, altrimenti ci scappa un morto.
Bye bye!



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