galeotto fu lo scherzo

di dracodraconis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** fai del bene e ti tirano le pietre ***
Capitolo 2: *** questione di strategie - prima parte ***
Capitolo 3: *** questione di strategie - seconda parte ***
Capitolo 4: *** non c'è due senza tre ***
Capitolo 5: *** ci pensano le ragazze! ***
Capitolo 6: *** un contratto speciale ***
Capitolo 7: *** cinghiale a cena ***
Capitolo 8: *** un inizio incerto ***
Capitolo 9: *** una notte agitata e un sabato quasi inesistente ***
Capitolo 10: *** la domanda ***
Capitolo 11: *** la risposta ***



Capitolo 1
*** fai del bene e ti tirano le pietre ***


La posto in tutta fretta... Come al mio solito!
Fatemi sapere cosa ne pensate...
Ci sono alcune cose in comune con la mia altra fanfiction, "l'ottavo anno": questo perché ad alcune situazioni, personaggi e scene non so proprio rinunciare... Ma sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di molto leggero ed allegro...

In grassetto (nei capitoli seguenti) sono riportati alcuni brani tratti dal diario di “guerra” di Draco Malfoy… Ho potuto carpirne solo pochi stralci prima che se ne accorgesse e desse alle fiamme tutte le prove scritte. O forse le ha fatte mangiare a Tiger e Goyle… Non lo so e preferisco non saperlo: mi preme restare viva.





Stava giungendo ormai la fine della scuola.
Con Voldemort risorto ma provvidenzialmente disperso chi sa dove a fare chi sa cosa, Harry aveva avuto un anno insolitamente tranquillo, dove la cicatrice non gli aveva fatto male, non aveva rischiato la vita, non lo avevano torturato, non era morto nessuno dei suoi cari.
La sua sola spina nel fianco era stato come al solito Piton.
La sua solita nemesi del quotidiano, invece, Draco Malfoy: se Piton era una spina nel fianco, Malfoy era un dito in culo, come Harry non mancava mai di far notare al biondino.
Era stato un buon sesto anno, dove finalmente aveva potuto far più che risolvere misteri e salvare il Mondo Magico: aveva, cazzo, finalmente studiato per vedere di farsi un futuro, Voldemort permettendo; e poi si era divertito, aveva giocato a Quidditch, aveva infilato la lingua in bocca a qualche ragazza di Hogwarts, prima di una rivelazione sessuale presentatasi come Justin Finch-Fletchley parecchio ubriaco per i corridoi poco prima delle vacanze di Natale, dopo la quale aveva guardato il mondo con occhi nuovi.
Occhi che non disprezzavano toraci muscolosi invece di tette.
Una ridente mattina di festa si era guardato allo specchio e si era salutato come Il-bambino-che-è-sopravvissuto-ED-È-GAY.
Una triste sera di cinque settimane dopo aveva ammesso di avere seri peccaminosi pensieri su Draco Malfoy e si era dato la buonanotte come Il-bambino-che-è-sopravvissuto-ed-è-gay-E-QUESTO-È-UN-GROSSO-CASINO-HARRY.
Dopo di che, si era sforzato di mandare avanti la sua vita pensando che aveva cose più importanti da fare che lasciarsela rovinare dalla linea della mascella di Malfoy.
Solitamente, ci era riuscito decentemente.
Sempre meno con il passare dei mesi.
Ad un certo punto, preferiva gli incubi di Voldemort a quei sogni vividi e bagnati.
Ecco, lo sapeva: Voldemort non era mai nei paraggi, quando serviva.
Merda!
Ed era arrivata quasi la fine della scuola.
A quel punto, avrebbe voluto attaccare Malfoy ad un muro in piena Sala Grande e fargli e farsi fare cose indicibili.
Il caldo si era ripresentato prepotentemente ad Hogwarts e gli studenti cercavano riposo durante le ore vuote da lezione tra le fresche mura del castello.
I Grifondoro deambulavano come zombie, visto che la notte sulla torre era impensabile dormire, data la temperatura da altoforno che raggiungeva il dormitorio dopo un’intera giornata di esposizione al sole. Simile era la situazione per i Tassorosso, che con le loro stanze accanto alle cucine erano assaliti dalle peggiori vampe infernali: potevano scegliere se morire lessati tenendo le finestre chiuse o mangiati vivi dalle zanzare se lasciavano i vetri aperti.
I Corvonero non godevano di sorte migliore.
Gli unici a girare freschi come rose erano i Serpeverde, i soli a riuscire a riposare nelle ore notturne, dal momento che rintanati nei loro sotterranei sotto il Lago Nero godevano del giusto clima a dispetto della stramaledetta afosissima fine di aprile, inimmaginabile per quelle latitudini.
Tutti erano durante la giornata comunque abbastanza isterici, persino gli elfi domestici, che un paio di volte avevano servito la colazione al posto della cena e poi avevano tentato di punirsi gettandosi fuori dalla finestra dell’ufficio di Silente come lemming impazziti.
Il fatto preoccupante e che dava la giusta misura dello stato in cui tutti versavano era stato che Silente non avesse mosso dito per fermarli. Piton li aveva bloccati affermando che altrimenti sarebbero dovuti scendere loro a preparare i pasti. La Cooman aveva chiesto con aria interessata se nelle cucine potesse fare più fresco.
-Prova a indovinare-, aveva risposto Piton, acidissimo.
Era scoppiata una lite furiosa.

Non erano certo momenti buoni per esasperare situazioni già al limite. Come quelle di rapporti tesi a cose normali.

-Cosa ti salta in mente, Ron?-
-Eddaihermioneèsolounoscherzoinnocente…-
-Assolutamente no! Harry dimmi che almeno tu non c’entri niente in questa storia!-
-Beh, Hermione… È molto buona come idea… Originale… Seamus e Dean ci si sono impegnati tanto…-
-Il fatto che la cosa sia partita dalle loro menti malate non è che un incentivo a lasciar perdere!-
-Ehi, l’ho progettato anche io!-
Harry si passò una mano sugli occhi: come faceva a volte il suo amico ad essere così deficiente da fregarsi da solo?
La ragazza si rigirò come se fosse una delle Erinni verso il rosso.
“Appunto”, confermò Harry a se stesso.
-Ronald Weasley!! Ammetti la tua colpa! Proprio ora che dovremmo cercare di collaborare tra di noi…-
-Oh, andiamo! Quando mai quelli hanno collaborato?-
-Non mi lasciate altra alternativa: venti punti in meno a Grifondoro! E adesso tutti…-
Ma proprio in quel momento un piccolo fuoco d’artificio blu partì da sotto il porticato.
-Eccolo!-, sussurrò carico di anticipazione Ron saltando su Hermione e tappandole la bocca con una mano. Poi, la trascinò dietro il grosso albero del cortile.
Una figura alta e longilinea si muoveva con grazia attraverso il porticato: il mantello era slacciato e buttato indietro sulle spalle con fare noncurante, il nodo della cravatta allentato solo un pochino, giusto per permettere ad un filo d’aria di arrivare sul collo pallido. Non appena il ragazzo arrivò sotto la luce del sole, un lampo, un riflesso quasi argenteo da quanto era chiaro partì dalla sua chioma.
-Malfoy!-, chiamò una voce proveniente dal nulla.
Draco si voltò ed il giro di sole sui suoi capelli era abbacinante.
-Pietrificus Totalus-, sbraitò la solita voce dal solito nulla.
Draco crollò a terra rigido come uno stoccafisso.
Urla di giubilo risuonarono nello spiazzo; Ron mollò Hermione che era talmente basita da essere rimasta senza parole e si scapicollò dall’altra parte del cortile insieme a Neville e Dean, dove nel frattempo Seamus si era sfilato il Mantello dell’Invisibilità di Harry e roteava la bacchetta tra le mani con fare superiore.
Colin iniziò a scattare foto forsennatamente.

L’unica ragazza del gruppo stava tentando di convincere i suoi testosteronici amici che quella non era per niente una buona idea: dopo aver minacciato ritorsioni sul punteggio (ignorata), denunce alla McGranitt (ignorata di nuovo), si era attaccata al braccio di quello che sapeva essere il più sensibile tra tutti: Harry.
-Non potete farlo…!-
-Herm, lo stanno già facendo-, puntualizzò il moro mentre si godeva la scena dei suoi compagni che issavano il corpo di Malfoy su un pinnacolo. Va bene che gli piaceva parecchio e che vederlo gli procurava antipatici arrotolamenti dello stomaco… Ma, cazzo, era pur sempre soddisfacente vedere che quella indiscussa merda ogni tanto riceveva una lezione! Nel frattempo Dean urlava a squarciagola richiamando quanta più gente possibile: dato che gli unici a non aver nessuna lezione a quell’ora erano i Grifondoro stessi, a godersi lo spettacolo c’era tutta la loro casa, che si sganasciava alle spalle, e neanche poi tanto, di Malfoy.
Hermione si strinse ancora un po’ di più per entrare nel campo visivo di Harry appendendosi ora alla sua spalla.
-Harry, tutto ciò è sbagliato-, iniziò a dire con il suo migliore, o peggiore, a seconda dei punti di vista, tono saccente. -Silente non vorrebbe che in periodi come questi noi ci mettessimo a rinfocolare il divario tra le Case. Anzi, ha chiesto più volte che ci sostenessimo gli uni con gli altri. Anche se-, proseguì distraendosi dal discorso e con un tono del tutto diverso, -Malfoy ha un fisico veramente spettacolare e mozzafiato-.
I ragazzi infatti avevano deciso che legarlo alla guglia non bastava e lo avevano spogliato; al grido di Ron “rosa è bello!” lo avevano cosparso da capo a piedi di una pasta brillante fucsia e poi lo avevano avvolto di funi con l’intenzione di lasciarlo appeso ad oltranza. Harry aveva strizzato gli occhi per mettere meglio a fuoco la scena, poi di colpo li aveva strabuzzati. A quel punto Hermione lo aveva visto arrossire improvvisamente: all’inizio aveva pensato che fosse per l’imbarazzo creato dal senso di colpa derivato dal suo discorso, salvo accorgersi dopo che gli stava schiacciando il seno addosso.
-Oh, accidenti, Harry, ti fai problemi per le cose più stupide! Alla tua età ancora ti vergogni di queste bazzecole?-
Sbuffò esasperata allontanandosi con un gesto spazientito: Harry Potter la guardò veramente stralunato e confuso.
-Ma come fai a sap…-, cominciò, ma lei non lo ascoltava.
–Ora andrò dalla McGranitt e sarà bene che nessuno di voi si faccia trovare qui al nostro ritorno-, gridò ai ragazzi in aria e fece per voltarsi con la tipica camminata Granger…
-Ahia!-
-No, Granger! Ahia io!-, ribatté Zabini, che era appena sopraggiunto, ridacchiando mentre si massaggiava il petto. –Cosa guardate di bello?-, proseguì interessato.
Hermione restò senza parole.
Cosa strana per Hermione.
Harry sentì che si approssimava la catastrofe e reagì d’impulso, prima che l’altro potesse piantare un casino.
-Ok, basta con questa storia. Vado a recuperarlo. Accio Firebolt!-
Saltò sulla scopa al volo e salì verso i suoi amici che improvvisavano un giro di quadriglia intorno al Serpeverde in mutande, legato ed impiastricciato. Dal basso arrivavano fischi ed applausi, addirittura grida estatiche.
Colin continuava con il suo servizio fotografico.
-Ragazzi, andiamo, smettetela… Hermione è fuori di sé dalla rabbia ed è arrivato Blaise Zabini; vi conviene scendere e prepararvi ad una bella strigliata, forse ad un duello… Lui… Lui lo tiro giù io-, aggiunse tetro voltando il manico verso il castello.
Malfoy era ancora sotto l’incanto della pastoia total-body; solo gli occhi erano liberi dalla fattura, e facevano realmente impressione: dardeggianti qua e là, neanche avesse potuto uccidere con lo sguardo: in realtà per un momento Harry si chiese se potesse avere sangue di Basilisco nelle vene ed optò per un approccio cauto e progressivo.
-Malfoy, ora ti libererò dall’incantesimo e ti porterò a terra. Se non tenterai di farmi cadere, nessuno dei due si farà male-.
Per un attimo si chiese che effetto gli avrebbe fatto avere sul manico di scopa il biondo, discinto, lì accanto a lui.
“Mi impiastriccerà l’ultima tunica leggera pulita”, considerò tentando di rimanere su pensieri pratici e neutrali.
Qualcosa si mosse nelle sue parti basse, nonostante tutto.
“Fa che almeno non se ne accorga lui”, pregò.
La sua erezione continuò ad insorgere, fieramente fregandosene delle preoccupazioni del cervello.
Imprecò pesantemente, prese un respiro e lanciò l’incantesimo.
–Finite Incantatem-.
La Serpe non fiatò e non gli sputò contro: sembrava un ottimo inizio, così Harry pensò di potersi avvicinare.
Ma quello che vide lo pietrificò come se fosse stato messo lui stesso sotto fattura.
Gli occhi di Draco erano colmi di lacrime. Certo, l’espressione era dura ed incazzata, oltremodo incazzata, ma il grigioazzurro delle sue iridi era tremulo di lacrime e Draco neanche si azzardava a chiudere le palpebre per paura che qualcuna rotolasse fuori.
E non guardava Harry.
-Draco…-, mormorò tendendo una mano… E poi? Cosa avrebbe fatto? L’avrebbe consolato, tirandoselo sulla scopa? Si parlava di Malfoy, cazzo!
Per quanto in quel momento facesse quasi tenerezza, a dispetto della furia con cui due ore prima si erano presi a cazzotti, quando Malfoy aveva visto bene di lanciargli una Tarantallegra alle spalle.
-Draco…-, ripeté.
-DRACO!-
Un urlo, una voce allarmata e squillante e poi un proiettile umano travolse il Grifondoro che precipitò facendo appena in tempo a recitare qualcosa che lo salvasse dall’impatto con il terreno.

Era Pansy Parkinson, scoprì Harry appena si rialzò.
Pansy che si era lanciata al salvataggio con una foga indicibile per tirare giù il suo amico ed ora stava tentando di farla pagare carissima a tutti i presenti: Neville era già riverso a terra ricoperto di brufoli verdi; Finnigan correva via tenendosi una mano sul culo, dove i pantaloni gli erano stati incendiati. Ron aveva strane cose tra i capelli.
La Serpeverde stava minacciando di morte chiunque avesse addosso i colori oro e rosso: metà della casa se l’era già data a gambe. In realtà, rimanevano solo loro dell’ultimo anno, e nemmeno tutti.
-Tu, ragazzino! Consegnami immediatamente quella macchina fotografica prima che io decida che le tue gambe non ti servono-, urlò contro Colin.
Tempo perso: era già arrivato ai margini della Foresta Proibita prima che Pansy avesse terminato la parola “ragazzino”.
Harry si fece l’appunto mentale di andare a recuperare Canon se non si fosse ripresentato entro la cena del giorno dopo.
Blaise Zabini, nel frattempo, stava aiutando il biondo a rialzarsi e ripulirsi… Ma non a rivestirsi, visto che Seamus aveva utilizzato i suoi indumenti per spegnere i propri, con il risultato di aver dato fuoco anche a quelli.
In un lampo di rara carità verso i Grifondoro, Zabini nascose la bacchetta di Draco nella tasca della propria uniforme.
Malfoy, disarmato, insultò ampiamente e ad alta voce tutti i presenti, forse fatta eccezione per Hermione, dato che anche lei stava urlando contro i suoi compagni di casa.
Ma fu solo Harry che guardò fisso negli occhi.
Ad un certo punto abbassò il tono e si sporse in avanti contro la stretta di Blaise sul proprio petto, lottando per non farsi portare via di lì, gli occhi ridotti a due fessure cattive.
-Pagherai per questo, Potter. A costo di uccidere io stesso Tu-Sai-Chi per avere personalmente il piacere ed il privilegio di rendere la tua vita un inferno al posto suo-, sibilò velenoso e gelido.
E osservando quelle iridi ghiacciate ed il viso stravolto dalla furia, mentre Zabini trascinava Draco fuori dal cortile a viva forza, Harry seppe che l’avrebbe pagata sul serio.
-Ma io ti ho salvato-, mormorò sconsolato ai dorsali tesi del Principe delle Serpi.

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Capitolo 2
*** questione di strategie - prima parte ***


Pensavate che fossi fuggita, vero?
No, ho solo avuto un periodo molto caotico, in cui sono stata poco a casa ed ancora meno davanti al computer.
Non so se il peggio è passato, ma oggi ho avuto una mezza giornata tranquilla da dedicare alle mie due creature… Purtroppo, l’aggiornamento de “L’ottavo anno” tarderà ancora qualche giorno (lo so che hanno appena spiccato il volo i gufi con le vostre minacce di morte), perché le mie manie di perfezionismo stanno straziando il nuovo capitolo che non mi viene come vorrei.
Perdonatemi ed abbiate ancora un poco di paziena…
Per quanto invece riguarda questa fanfiction… Ta-dan!
Grazie per avermi fatto sapere che “Galeotto fu lo scherzo” vi ha stuzzicato: lucylu, samek, kyon, kiboo, kumiko shirogane (che mi ha scritto praticamente un poema!), e91y, marimalfoy e Kalira: mi sa che l’indice di gradimento è stato abbastanza alzato da Draco in boxer, vero?
Anche voi che mi avete messo tra i preferiti avete la mia imperitura gratitudine; per citare chi già non è stato nominato: alii, animablu, bluesnaky, fio91, illyria93, marisasca, martinina, natsume, pink rose, rioki, terrinda.
Buona lettura…







Strategia Serpeverde n°1: CONOSCI IL TUO AVVERSARIO.
Bisogna sapere ogni cosa della vittima da colpire: punti di forza, debolezze, abitudini.
Mi ci sono volute ventiquattro ore di tempo per imparare l’Incantesimo di Disillusione; ventiquattro stronze ore in cui né Blaise né io abbiamo dormito per esercitarci… In realtà, dove io mi esercitavo e lui sotto ricatto mi assisteva perché quell’incanto l’ha appreso prima di me, per poter spiare la Mezzosangue Zannuta quando si ferma a studiare da sola in Biblioteca. Ma questa è la mia vendetta, non il suo piano di conquista della Grifondoro: piano per cui, in cambio del suo appoggio, mi sono offerto di aiutarlo. Come se ne avesse bisogno! Si vede che a lei piace lontano un miglio.
Ingenuità altrui a parte, da domani mattina inizierò a pedinare Potter per scoprire quanto più posso su di lui. Per controbilanciare, per il resto del tempo sarò civile e disinteressato: così sarà disorientato; o nel migliore dei casi, abbasserà la guardia credendo che io abbia rinunciato ai miei turpi propositi.
Illuso.

Passarono i giorni, e Harry sempre più spesso si sorprendeva a guardarsi sospettoso oltre la spalla: aveva la netta sensazione di essere seguito… E si era fatto anche una mezza idea di chi potesse avere tanta acredine da pedinarlo.
Si ritrovò a pensare che se Voldemort fosse stato tanto assiduo come Malfoy, lui sarebbe già stato morto da un pezzo.
Ma il problema principale era: perché non riusciva a vedere Malfoy? Che avesse anche lui un Mantello dell’Invisibilità?
Inoltre, era preoccupante che Malfoy fosse quasi cortese durante tutte le lezioni che avevano in comune, che lo ignorasse quando si incrociavano nei corridoi, che lo snobbasse in Biblioteca.
Eppure, Harry sentiva quegli occhi grigi sulla nuca persino nei momenti più assurdi, come sotto la doccia o quando si girava su un fianco per addormentarsi.
In effetti, per mesi aveva desiderato che quello sguardo si posasse su di lui, di averlo su di sé quando la sera chiudeva gli occhi, ma… E se fossero stati i suoi ormoni che proiettavano l’odore di Draco Malfoy intorno a lui? Se fosse stata tutta un’allucinazione?
Certo che se pensava che Malfoy si trovasse in stanza con lui, improvvisamente sentiva molto più caldo…

La vita di Potter è di una noia mortale. Tutto Sparaschiocco, la sua civetta ed innocue scorribande notturne a reperire cibo da quel traditore di Dobby, scadentissimo elfo domestico. E poi, il dormitorio dei Grifondoro è soffocante: Potter si è fatto tre docce in una notte per avere un po’ di frescura! E per non perdermi particolari importanti ho dovuto presenziarle tutte e tre!
E devo dire che…
TOC TOC.
-Chi cazzo è?-
-Complimenti, Draco-, esordì Pansy, entrando nella parte maschile del dormitorio Serpeverde del sesto anno ed avvicinandosi al letto del ragazzo. –Un linguaggio forbito degno di un re-.
Lanciò uno sguardo a quello che il biondo stava cercando di occultare sdraiandocisi sopra.
-Non mi dirai che sei ancora dietro al Diario di Guerra?! E poi come ti è venuto in mente di battezzare così quel povero quadernucolo?-
-Taci, Pansy. Tu non puoi capire: devo vendicarmi-, replicò Malfoy tetro.
-Bravo, vendicati-, concesse lei. –Ma perché di Potter? Potrei capire se tu te la prendessi con Finnigan, Weasley, Thomas… Al limite, con quel Canon. Non Potter!-
-Lui mi ha umiliato-, sentenziò lapidario Draco.
-Umiliato?!? Ma se quando sono salita da te stava salvandoti! Era sulla sua stramaledetta scopa che tentava di portarti a terra!-
-Smettila! Lui la pagherà e basta!-
Draco stava urlando.
-Come vuoi, come vuoi-, ribatté laconicamente Pansy, alzando le mani in segno di resa, abbandonando ogni proposito di farlo ragionare. –Ma credo che tu stia sbagliando tutto-.
-Pensi dunque che invece di una strisciante vendetta dovrei sfidarlo a duello?-
La moretta stava scuotendo il capo, avviandosi verso l’uscita: conosceva bene il suo amico e sapeva che non c’era verso di fargli intendere una cosa che lui si rifiutava di vedere.
-Non è questo tipo di rapporto che vorresti fra voi due-, bisbigliò Pansy chiudendosi la porta alle spalle e guardando Blaise che la aspettava in Sala Comune per discutere della situazione.
-Non ho capito quello che hai detto, Pansy-, disse Draco, distrattamente, di nuovo chino sul quaderno; poi, girò la testa notando che la stanza era vuota.
-Donne-, commentò con fare superiore, rimettendosi a scrivere.
Allora. Dicevamo... Ah, sì: Potter sotto la doccia…
In capo ad una settimana, Draco era convinto di conoscere tutte le abitudini di Potter, anche quelle che uscivano dall’apparente schema del moro. Sapeva, per esempio, che lo Sfregiato dormiva con la bacchetta sotto il cuscino e che faceva orrendi incubi la notte; che spesso, nel caos che regnava la sera nella Sala Comune dei Grifondoro, Potty si isolava guardando il camino, anche se spento, sospirando; aveva imparato le stupide canzoni babbane che Potter cantava mentre si insaponava i capelli. Sapeva che Harry di tanto in tanto entrava in aule deserte e chinando la testa su un banco piangeva amaramente. Che amava le Cioccorane ma per qualche strano motivo scansava le Gelatine Tuttigusti+1, soprattutto quelle gialle; che era in linea di massima gentile con tutti ma si infiammava facilmente ed allora aveva un caratterino niente male. Che aveva una voglia color caffellatte sotto la scapola sinistra.
In realtà, Draco lo aveva spiato più del necessario, perché si era ritrovato a voler condividere ancora un poco i rituali quotidiani di Harry…
“Harry?! Merda… Devo assolutamente passare alla seconda parte del piano!”, si disse, tentando di ignorare scomode, ovvie verità.

Strategia Serpeverde n° 2: SPIAZZA IL TUO AVVERSARIO.
Sii incongruente: nelle azioni, nei toni, nelle espressioni del viso. Salutalo per qualche giorno con calore ed affetto (e con il ghigno utilizzato per affascinare folle e platee); poi, quando il nemico si sarà ripreso dalla novità ed avrà smesso di guardarti con aria dubbiosa, quando addirittura avrà iniziato per primo a darti il buongiorno, solo allora lo guarderai come se fosse un Vermicolo ricoperto dei suoi stessi escrementi. Dopo qualche giorno ancora avvicinalo e proponiti di aiutarlo nei compiti della materia in cui va peggio, permettendogli di rimediare a qualche votaccio: sii totalmente affidabile e poi dagli buca la sera prima del compito, quando dovevate ripassare insieme la parte più difficile del programma: a notte fonda, fagli recapitare via gufo un biglietto dove scrivi che non puoi presentarti all’appuntamento per problemi improrogabili. Dai la colpa al gufo per il ritardo. Continua con questi improvvisi cambi di comportamento finché non noterai che l’avversario appare come sotto Confundus, che ha perso l’appetito e nel migliore dei casi ha un’espressione sul viso come se stesse insorgendogli la gastrite. A quel punto, sii totalmente affabile con i suoi amici ed ignoralo per qualche giorno, poi invitalo ai Tre Manici di Scopa. Bevete qualcosa insieme, dagli (oh, Merlino, sforzati!) alcune pacche sulle spalle. Quando si sarà spinto a confidarti qualche sua debolezza o qualche ferita insanabile, inarca con forza un sopracciglio e poi scoppia a ridere. Afferragli saldamente il polso quando starà scappando ferito e chiedi scusa. Se proprio vuoi distruggerlo, attendi una settimana e spargi volantini riguardo alla confessione.
Si rivela talvolta una manovra complicata, perché il rischio di essere internato al San Mungo per gravi disturbi della personalità è alto. È inoltre necessaria una buona dose di sensibilità per dosare i due atteggiamenti, l’amichevole ed il sadico. Essendo Draco Malfoy posso farcela. Posso fare anche di meglio.

Se Harry pensava di essere arrivato ai paradossi della sua vita nell’ultima settimana, rimase intimamente stroncato quando entrando in Biblioteca il sabato mattina vide Malfoy che si offriva di aiutare Neville con Pozioni.
-Ciao, Harry!-, lo salutò il biondo, convincendo il moro di non essersi ancora alzato dal letto e star sognando. –Allora, ci vediamo domani, Paciock: stesso posto, stessa ora!-
Anche Neville non era molto sicuro di quello che era successo e balbettava ringraziamenti insensati.

Sono un genio! Ho fatto in modo che il nemico sapesse dove mi troverò domani mattina: sono sicuro che verrà di persona a controllare… Ed io sarò a-do-ra-bi-le con quella mezza sega di Paciock!
Oh, Potty, ti rovinerò!

-Blaise-, esordì Pansy. –Draco sta ancora scrivendo le sue assurde teorie su quel diario?-
-Pansy, per l’amor del cielo, parla piano! Se si accorge che lo abbiamo letto, ci sevizia! Comunque, sì, è ancora chino su quelle pagine. Da questa mattina appena è rientrato dalla Biblioteca…-
-Hai provato a farglielo ammettere?-, chiese lei cripticamente abbassando il tono della voce.
-Ci ho provato-, confermò mestamente il ragazzo. –Senza nessun risultato evidente che non fosse quello di farmi tirare dietro qualche libro…-
-Mi spiace, Blay-, lo stava consolando lei, accarezzandogli una guancia. –Ma vedrai che ce la faremo!-
-No, non credo. Sembra piuttosto ottuso a riguardo…-
-BLAAAIIIIIIISE-.
-Oh, eccolo che mi chiama: vorrà espormi il suo nuovo piano…-
-Vai, allora! E mi raccomando: mostrati entusiasta!-
-Come no…-, mormorò il ragazzo avviandosi dalla Sala Comune Serpeverde verso il dormitorio maschile.

È oramai lunedì sera ed il mio trionfo si avvicina. Come volevasi dimostrare, ieri Potter è venuto a controllare cosa stessi facendo al suo amico imbranato! Ovviamente, ci ha spiato da dietro una colonna, sperando che non mi accorgessi di lui… Povero sprovveduto! Altrettanto ovviamente, io sono stato un perfetto insegnante, tanto che questa mattina Paciock ha ricevuto addirittura un elogio (sia pure contro voglia) del professor Piton!

Altri cinque giorni erano trascorsi, e Harry ormai stava malissimo.
La settimana precedente l’aveva passata come sotto persecuzione, sentendosi una cavia da laboratorio.
Si era sforzato di mantenere la calma e non aveva raccontato a nessuno dei suoi dubbi, perché aveva un passato da probabile psicolabile… Ma era sicuro che Malfoy lo stesse pedinando.
Ora però, le cose stavano addirittura peggio.
Draco Malfoy era palesemente impazzito.
Lo aveva salutato con un sorriso che da solo era bastato a far andare in tilt il testosterone di Harry, poi lo aveva ignorato; due giorni dopo gli aveva fatto un complimento sul suo modo di volare con la scopa. Successivamente, gli aveva passato il compito di Trasfigurazione e aveva insultato la famiglia Potter quasi contemporaneamente.
Escludendo il fatto che l’aveva già visto per due volte studiare insieme a Neville, a parte il fatto che aveva raccolto i libri che Luna aveva fatto cadere mentre si avvicinava a salutare Neville… Malfoy era arrivato a dare il buongiorno a Ron!
Nel dormitorio Grifondoro la notizia si era sparsa a macchia d’olio… E quasi tutti parevano averla presa bene!
Persino il rosso, solitamente pronto alla lite, aveva fatto un discorso molto posato, mentre Hermione annuiva convinta al suo fianco…
-Harry, amico mio, sai benissimo che per quanto mi riguarda Malfoy è un bastardo che dovrebbe affogare nella melma… Ma se ci lascia in pace e possiamo concludere l’anno in tranquillità, non è solo tanto di guadagnato?-
-Ron, devo farti notare che sei stato tu a legarlo nudo ad un pinnacolo qualche tempo fa?-, ribattè secco il moro.
Le orecchie di Ron ebbero la decenza di tingersi di rosso ed il ragazzo ammutolì.
Harry avrebbe voluto infierire, anche perché oramai le sue notti erano un invivibile susseguirsi di sogni erotici vietati ai minori e la mancanza di sonno lo rendeva di pessimo umore. Inoltre, doveva assolutamente recuperare un pessimo voto preso a Pozioni e sapeva che sarebbe stata ardua. Neville gli aveva fatto venire un travaso di bile vantandosi di come aveva preparato la Pozione Refrigerante… L’aveva provata insieme a Draco…
Persino quel coglione di Neville poteva godere della compagnia e delle ripetizioni del biondo mozzafiato…
No, non era geloso.
E no, non sarebbe mai andato a chiedere un favore al Serpeverde. A meno che non fosse quello di potersi infilare nei suoi pantaloni.
E quello glielo avrebbe chiesto solo quando fosse stato pronto a dare l’addio al mondo, perché a quel punto Malfoy lo avrebbe ucciso.

È pronto, lo so che è pronto: quel Grifondoro è così confuso che cascherà nella mia trappola! La mossa decisiva è per domani. Potter, se tu mi odi come ti odio io, la mia vendetta sarà ancora più grande!
-Ammettilo che il nostro amico è scemo. Devono essere stati i fumi delle pozioni di bellezza scadute della madre quando era piccino…-, si lamentò Blaise chiedendo il Diario di Guerra con un sospiro rassegnato.
Ma Pansy non era pronta ad arrendersi.
-Taci, uomo di poca fede! Ti dico che bisogna solo fargli capire che ha dato il nome sbagliato a questo sentimento!-
-Quindi non è scemo ma solo analfabeta?-, domandò Blaise speranzoso.
-Qualcosa del genere… E poi, ho visto come lo guarda Potter: più che odiarlo vorrebbe farselo! Dobbiamo solo instradare quei due nella giusta direzione-
-Quella del San Mungo?-
-Stupido…-, disse lei ridendo. Poi, si fece seria. –Ora, anche noi dovremo predisporre un piano…-

Harry stava facendo colazione da solo al tavolo dei Grifondoro, perché si era svegliato tardi: per fortuna, quella mattina non aveva lezione: avrebbe passeggiato un po’ per rilassarsi e poi avrebbe studiato all’ombra di qualche albero del Parco.
Si era mantenuto lontano da Ron e Hermione, perché… Ehm, perché… Andiamo, ma a chi voleva darla a bere? Voleva stare da solo perché sperava che così Draco lo avrebbe avvicinato di nuovo!
Stava perdendo la dignità per davvero.
Era tutto nato da quel primo sorriso per i corridoi, giorni fa o attimi prima, non avrebbe saputo dirlo. La smania di toccare il Serpeverde faceva rantolare Harry oramai anche in pieno giorno, in un inestinguibile rincorrersi di figure di merda con i suoi compagni e di fughe precipitose in bagno… Harry si chiedeva se tutti gli adolescenti gay girassero quasi ventiquattro ore su ventiquattro con un’erezione nei boxer.
-Perso in pensieri profondi, Potter?-, gli mormorò una voce strascicata all’orecchio: ogni volta che una “p” veniva pronunciata, un piccolo soffio solleticava il collo di Harry… Addio tranquillità mentale. Benvenuta erezione odierna.
“Tu non sei qui, io non sono qui, nessuno è qui, questo è il niente…”, iniziò a recitare nella propria testa il moro.
-Potter, battere la testa sul tavolo non migliorerà la tua intelligenza-, considerò Draco laconico mettendosi a sedere a cavalcioni della panca; era stato fortunato: la Sala Grande era praticamente deserta e nessuno sarebbe intervenuto a interrompere quell’incontro. Certo, ora che si trovava da solo e così vicino a Harry, non poté fare a meno di osservarlo con attenzione, soprattutto perché l’altro era impegnato a sfondarsi la fronte contro il tavolo e non prestava attenzione al Serpeverde. A Draco erano tornate in mente quelle notti in incognito nel dormitorio del sesto anno Grifondoro ed al ricordo di Harry Potter sotto la doccia uno strano calore gli si era diffuso nelle viscere… Accidenti se era affascinante! Quei riccioli scuri che gli davano un’aria ribelle e selvatica e quegli occhi verdi che sapevano infiammarsi all’improvviso…
-Potter, ti senti bene?-
“Tu non sei…”, riattaccò Harry nella sua testa.
Draco lo scosse gentilmente per una spalla: si stava iniziando a preoccupare sul serio. Cioè, se Harry Potter doveva impazzire, doveva farlo per mano sua, di Draco Malfoy.
Harry girò lo sguardo e se lo vide lì accanto, con la bocca lievemente imbronciata e dischiusa…
Ave, o madre delle erezioni!
“Silente e la Cooman che fanno sesso insieme… Draco… Draco legato nudo al mio letto, che si contorce e geme e mi supplica di non fermarmi mentre io… Piton! Piton e la Umbridge che si accoppiano nella palude!! Bleargh! Sì! Piton e la Umbridge… ”
Lo scappellotto che gli arrivò sulla nuca lo riscosse dai suoi pensieri.
-Quando avrai finito di fare lo sclerato, avrò il piacere di informarti che mi offro volontario per darti ripetizioni di Pozioni. Un po’ di ripasso non può che farmi bene e so per certo che tu devi riparare un voto pessimo. In fin dei conti, se ho portato Paciock a dei livelli accettabili, perché non dovrei riuscirci con te? Ti aspetto questa sera dopo cena all’imbocco dei sotterranei-, lanciò fuori tutto di un fiato Draco. Si era preparato un discorso più ad effetto e maggiormente distaccato… Ma una qualche emozione era strisciata sotto la sua pelle rendendo tutto caotico e soffuso… Il giubilo per l’imminente vendetta doveva averlo emozionato. Sì, di sicuro era stato il giubilo… Per cui, poteva togliere la mano dai capelli di Potty dove l’aveva lasciata dopo lo scappellotto. E precipitarsi con immensa dignità Malfoy fuori dalla Sala Grande.

Sorprendendo persino se stesso, Draco aveva realmente aiutato Harry Potter in Pozioni. Certo, lo aveva sbeffeggiato e preso in giro, ma lo aveva realmente aiutato. E non gli aveva dato buca la sera prima del compito… Aveva giustificato la cosa dicendosi che più fiducia fosse riuscito a guadagnarsi da parte del moro, maggior danno avrebbe fatto la sua vendetta.
Più in alto arrivi, maggiore sarà la tua caduta.
Questa era l’unica frase tracciata sul Diario di Guerra in quei giorni: si riferiva ad uno dei modi di dire della sua famiglia, coniato secoli prima, dopo che un suo antenato palesemente ubriaco per i festeggiamenti era precipitato dal proprio cavallo alato dopo aver sconfitto una Chimera… Lucius Malfoy aveva dato il nome di quel parente al proprio Crup (*) preferito: Bellerofonte.
Tradizioni di famiglia a parte, perché stava andando ad incontrare Harry Potter di nuovo? Beh, perché lo stupido Grifondoro si era offerto di dargli una mano con Difesa contro le Arti Oscure e Draco aveva accettato di slancio, prima di rendersi conto che così sarebbe stato in debito di qualcosa con la persona che voleva rovinare… Fece spallucce, incurante: lui era Draco Malfoy: la sua coscienza non aveva diritto di parola.
Più che altro, poteva per favore smettere di lustrarsi ed andare a quel benedetto appuntamento?
Aveva detto “appuntamento”?
-Fanculo!-, urlò Draco ad un attonito ed ignaro pubblico mentre usciva dalla Sala Comune Serpeverde.

Harry guardava Draco impegnato a scrivere un tema sull’uso dell’Incantesimo Scudo contro le fatture più pericolose: era indeciso sul chiedergli se lui le Arti Oscure le volesse combattere o praticare; così, giusto per sapere se in futuro si sarebbero trovati dalla stessa parte o su fronti avversari. Ma quella domanda non ne voleva sapere di uscire dalla sua bocca, perché dirla ad alta voce avrebbe significato ammettere che oltre che al corpo del biondo si stava iniziando ad interessare a Draco anche come persona, e Harry non era pronto ad affrontare un discorso simile, infatti stava procrastinando inesorabilmente il momento del chiarimento interiore: si diceva che non avrebbe avuto senso sovrapporre quel problemi di attrazione fisica che diventava forse emotiva (ma ad un livello ben leggero, si capisce!) agli svariati problemi che già aveva.
Nel frattempo, Draco, concentratissimo, si era dimenticato della presenza del Grifondoro: stava mangiucchiando una penna d’aquila di zucchero, che sciogliendosi gli bagnava le labbra rendendole lucide ed attraenti.
D’un tratto, realizzata la scena, gli ormoni di Harry arrivarono al gran galoppo al cervello, soppiantando i poveri neuroni confusi e provati, cozzando tra di loro con un rumore che stordì il moro, che produsse un singulto strozzato mentre osservava quelle labbra e immaginava di… Che…
-Ehi, ti andrebbe di andare a bere qualcosa domani sera? Conosco un modo per sgusciare fuori dal castello…-, chiese Harry di getto, trasportato dal momento e dai suoi sogni ad occhi aperti. Era totalmente perso in un mondo parallelo dove Draco lo accarezzava…
-Sì-, rispose semplicemente il biondo alzando gli occhi dal libro.
Le fantasie di Harry subirono un’impennata che gli impedì di vedere altro che Draco sorridente. Quello di cui non si accorse fu che non era per niente un buon sorriso.
-Allora, alle dieci di questa sera al dolmen accanto al Platano Picchiatore-, precisò con un tono trasognato, raccogliendo i propri libri nonostante la lezione fosse solo a metà: infatti era estremamente desideroso di allontanarsi da lì: non credeva che fosse opportuno saltare sul tavolo per infilare la lingua in bocca al Principe delle Serpi.
Non ancora almeno.
In più, era molto probabile che il tessuto leggero dei pantaloni lasciasse capire in che condizioni pietose erano le sue zone basse…
Salutò il più dignitosamente possibile l’altro ragazzo improvvisando una scusa e se ne andò.
Draco lo guardò andare via, mentre i suddetti leggeri pantaloni si attaccavano al fondoschiena di Harry Potter: per un attimo, il suo sorriso si trasformò in qualcosa di caldo, concupiscente e vagamente affettuoso. Poi, però, il consueto ghigno riprese il sopravvento e Draco tirò fuori dalla borsa un quadernuccio avvolto in stoffa rossa.
Fin troppo facile. Non mi sono neanche dovuto impegnare: e dire che alla fine è stato lui a chiedermi di uscire… Trema, deficiente! Incasserai la più grande bastonata della tua vita! Altro che Oscuro Signore… Sei mio, Harry!
Mio…
Ehi, cosa mi metto per questa sera?







(*)
“Crup: proviene dal sud-est dell’Inghilterra. Assomiglia abbastanza ad un Jack Russell Terrier, tranne che per la coda: quella del Crup è biforcata. È quasi sicuramente un cane creato dai Maghi: è molto fedele a questi ultimi e feroce contro i Babbani. È considerato un animale-spazzino, dal momento che mangia qualsiasi cosa: dagli gnomi ai copertoni. Si può ottenere una licenza per possedere un Crup dal Dipartimento per la Regolazione ed il Controllo delle Creature Magiche dopo che il Mago abbia sostenuto una prova in cui dimostri di saper controllare il Crup in zone abitate da Babbani. I proprietari dei Crup sono obbligati dalla legge a rimuovere la loro coda con un Incantesimo Separante indolore quando l’animale è tra le sei e le otto settimane di vita per evitare che i Babbani la notino.”
Ora che ho spiegato cosa è un Crup, lasciate che vi dica anche che Lucius Malfoy non ha mai rimosso le code dei suoi Crup, perché la ritiene una pratica barbara ed inoltre ci tiene che le sue bestie siano ben distinguibili da quelle babbane. Inoltre, detiene i suoi Crup illegalmente, non avendo mai voluto insegnare loro a non attaccare i Babbani, pratica che anzi incoraggia. Infine, i Crup di Lucius Malfoy non mangiano gnomi né tanto meno copertoni: loro si cibano di fatine e patè di foie gras.
Lucius Malfoy mi prega di dirvi che smentisce assolutamente ognuna di queste affermazioni, che lui considera diffamanti e denigratorie oltre che non vere e non verificabili.

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Capitolo 3
*** questione di strategie - seconda parte ***


Ecco il capitolo nuovo!
E ho anche aggiornato “L’ottavo anno”!
Ditelo, che ci avevate perso le speranze… Mi trattengo poco, se non per ringraziarvi tutti quanti!







Non appena ebbe varcato la soglia, maledisse il clima umido e quel vento caldo che gli scompigliava i capelli insinuandosi lungo il collo sotto la camicia, minacciando di renderlo un bagno di sudore. In più, era oltremodo seccato perché doveva affrettarsi per non rischiare di essere in ritardo: Draco odiava essere in ritardo, fosse pure per incontrare Potty.
Arrivò sul luogo dopo soli cinque minuti di camminata abbastanza sostenuta e per allora si era calmato: l’ansia da prestazione non avrebbe giovato al suo piano.
Aveva detto ansia da prestazione? Di sicuro si era confuso: intendeva senso di anticipazione.
Rivisse con particolare partecipazione la sua lite di mezz’ora prima con Blaise, che gli aveva posto domande insinuanti: come per esempio quale fosse il motivo per cui si stava provando l’intero guardaroba. Stupido Blaise! Era ovvio! Un Malfoy è sempre splendente! Il fatto che avesse appuntamento con Harry Potter era insignificante!
Si guardò intorno e non si stupì di non vedere nessuno, perché potevano esserci solo due conclusioni plausibili: o quel maleducato di un Grifondoro non conosceva il concetto di puntualità o… Allargò lievemente le narici girando la testa a destra e a sinistra e poi esclamò secco.
-Esci da sotto quel mantello, Pottonzo!-
-Oh, un nuovo soprannome: è una ricorrenza particolare e non me ne ero accorto? Ho dimenticato qualche nostro anniversario?-, esordì il moro tirando giù il cappuccio e poi sfilandosi l’indumento del tutto. Pareva stranamente divertito.
-Certo!-, ribatté pronto l’altro. Poi prese a guardarsi con noncuranza le unghie della mano sinistra, mentre la destra spariva dietro la schiena a controllare l’estraibilità della bacchetta. –Per la precisione quello del giorno in cui invece di picchiarmi per la prima volta con te avrei dovuto rinchiuderti a vita in una delle segrete di Hogwarts! O cruciarti a morte…-
-Ah, vuoi riprendere da dove abbiamo lasciato quella volta?-
-Potter, come ti scaldi in fretta! Fai così in tutto?-
-Francamente, solo tu riesci a tirarmi fuori emozioni così istantanee…-, ribattè il moro, sicuro di star vincendo la discussione.
-Lusingato di tanta considerazione! E… Com’è che ricordi con tanta precisione un momento di una lite di cinque anni fa? È tanto importante per te?-, sussurrò Draco.
Beh, forse non la stava proprio vincendo…
Draco si rendeva conto di quanto fosse una manovra rischiosa; in fin dei conti era stato lui stesso a tirare fuori quel giorno… La domanda che aveva fatto a Potter gli si poteva tranquillamente ritorcere contro…

Inizio flashback
Si erano incontrati in uno dei tanti corridoi di Hogwarts: Draco aveva mancato la porta giusta ed erano quaranta minuti buoni che vagava nel buio, fatta eccezione per la debole luce che tremolava attorno alla punta della sua bacchetta; Harry si era perso due ore prima ed era intimamente convinto di aver camminato così tanto da essere ormai di nuovo nelle vicinanze di Londra.
Stava per mettersi a piangere quando all’improvviso dal muro si era materializzata una cancellata che aprendosi con violenza lo aveva centrato in pieno: ne era uscito Draco Malfoy, la faccia un misto di terrore e rabbia, le vesti malconce, tutto incollato da una sostanza viscida e maleodorante.
-Quel cazzo di cane! Aspetta solo che lo dica a mio padre… Per Merlino, guarda come mi ha sbavato addosso, con le sue boccacce puzzolenti; ora dovrò tornare giù a cambiarmi sperando che nessuno mi veda in questo stato e… Uh!-
Era inciampato in Harry finendoci sopra.
-Oh, perfetto! Lo Sfregiato!-
-Malfoy! Da quando in qua vai a giro a sbavarmi addosso?-, chiese Harry parecchio incazzato perché ora si sarebbe dovuto infilare sotto la doccia, forse addirittura scartavetrarsi la pelle.
-Non crederai a quello che ho visto! Era enorme ed aveva tre teste… Ehi, cos’è che mi hai chiesto? Scordati che io possa anche solo… Potter, non osare mai più! Ti piacerebbe, ma ti assicuro che non accadrà neanche fra eoni…-
Harry lo guardava come se l’altro fosse un pazzo farneticante.
-La smetti di straparlare, Serpe? Da dove sbuchi?-
Harry valutò se accompagnarlo in infermieria. Poi fece spallucce: ma in fin dei conti che gliene fregava di come stava Malfoy? Tuttavia a quella domanda sentì un improvviso innalzamento del livello di acidità del suo stomaco.
In sottofondo, il biondo continuava a sbraitare.
-E poi, se anche fosse? Dovresti solo sentirti onorato! Voglio dire: guardami!!!-
Ed Harry effettivamente lo guardò: aveva un portamento eccezionale anche se ricoperto di viscidume… Come se fosse davvero il principe del mondo…Lo invidiava e lo ammirava… E lo detestava…
Ma perché continuava ad urlargli contro cose incomprensibili? In fin dei conti lui gli aveva solo chiesto perché fosse ricoperto di bava... Cosa aveva sbagliato? Forse certe domande nel mondo dei maghi non erano consentite. No, forse Malfoy aveva battuto la testa…
-Senti, dovresti farti vedere... Io non credo che tu stia bene, c’è qualcosa che non va in te-, esordì tendendo una mano per indicargli quella che credeva fosse la strada per uscire da quell’intrico di cunicoli.
-Ah! E così sarei io a non stare bene, eh? E ci sarebbe qualcosa che non va in me, eh? Sei un cretino, Potter!-
Il cazzotto aveva colto Harry del tutto inaspettato e gli era sembrato un vero affronto: lui si stava solo preoccupando della salute di quel borioso arrogante e cosa ci guadagnava? Non un “grazie”, ma botte a tradimento. Si rialzò mentre già perdeva sangue dal naso.
Ringhiando un “quanto sei stronzo” a denti stretti lo aveva caricato a testa bassa nella pancia tirandolo a terra.
Li avevano divisi un tempo non ben determinato dopo. A quanto pareva, una Corvonero del quarto anno li aveva visti passando di là mentre si recava a lezione: aveva chiamato il proprio capocasa (in realtà, aveva biecamente fatto la spia sperando che venisse levata una marea di punti a quei due piccoli casinisti maneschi) che a sua volta aveva chiamato Piton e la McGranitt e tutti insieme erano venuti a capo del groviglio di mantelli, lividi ed insulti che i due studenti erano diventati.
Harry e Draco avevano così iniziato a conoscere il termine della parola “punizione” ad Hogwarts.
Fine flashback

Harry si sentì mancare a quella domanda, ma decise di partire al contrattacco, prima che le palpitazioni gli stroncassero una coronaria.
Gli ci vollero comunque almeno un paio di tentativi a vuoto prima di riuscire a formulare una frase, cosa che diede a Draco il tempo di intervenire.
-Punto per me, San Potty-, interloquì con aria maligna disegnandosi un ghigno in faccia. Mentalmente rese lode alla tontaggine del suo nemico.
-Puoi prenderti tutti i punti che ti pare, Biscia-, ribattè però quieto Harry, smontando l’altro con un sorriso. -Non ho intenzione di farmi rovinare questa splendida serata dal tuo atteggiamento da zitella inacidita. Voglio bere qualcosa e fare due chiacchiere. Ora, se vuoi seguirmi, ti porto fuori da Hogwarts-, propose con un tono estremamente dolce che turbò la superficie del lago di vendetta e ricatto che abitava la mente di Draco; il quale si domandò distrattamente se quella serata non potesse in realtà rivelarsi più piacevole del previsto… E vedere Potter che lo fissava da sopra la spalla con quell’aria strafottente lo metteva a disagio…
“Cazzate! Draco Malfoy non è mai a disagio!”, si rammentò Draco.
-Come lei comanda, signore!-, replicò in ogni caso il biondo con inflessione fintamente formale, incamminandosi a sua volta, ripetendosi che non era per niente preoccupato e che la situazione era perfettamente gestibile.
Se tutto fosse andato come credeva, entro la fine della serata avrebbe avuto lui il coltello dalla parte del manico…
Si bloccarono proprio sul limitare dei rami dell’agguerritissimo albero: a quel punto Potter intimò a Draco di star fermo e mentre questi lo guardava scettico estrasse la bacchetta e con un incantesimo levitante spedì un sasso a schiacciare qualcosa contro il tronco, dove le radici affondavano a terra; poi fece qualche passo avanti e da lì lo chiamò con un gesto per farsi raggiungere.
-Scordatelo! Non verrò a farmi malmenare da quel coso!-
-Andiamo, Malfoy! Ho bloccato i rami!-, lo rassicurò. E a dimostrazione di questo si avviò verso il Platano Picchiatore. -Dai, vieni!-
Draco sporse la bocca in un’espressione dubbiosa e si avvicinò piano, ma quando vide che non succedeva niente camminò spedito fino a fermarsi accanto all’altro, che a quel punto gli voltò le spalle e si incuneò in un’apertura tra le radici sporgenti.
-Potter, razza di cretino, scordati che io mi possa infilare in quella pertugio melmoso! Sono reduce da un bagno di due ore e non ho intenzione di ridurmi come un maiale…-
Harry era ormai sparito sottoterra quasi del tutto, solo la testa sporgeva ancora mentre si calava all’interno, per cui quando si girò a guardare Malfoy dava la strana impressione di un animale che sbucasse dalla sua tana; a Draco venne da ridere perché trovava Harry molto tenero in quel momento, ma non lo giudicò prudente da esternare.
-Se fosse per te-, iniziò Harry, -dovrei scordarmi di un sacco di cose…-
Draco si chiese come quel portatore sano di disgrazie potesse ancora riuscire a sorridere in modo tanto sincero e luminoso nonostante navigasse in oceani di disperazione.
-…Però ora tu verrai giù con me e, sì, ti sporcherai come un maiale… Ma appena avremo finito di percorrere il tunnel, ti insegnerò qualche incantesimo per ripulirti… E ti prometto che ne sarà valsa la pena: stiamo per andare a Hogsmeade!-
Beh, era già qualcosa, quella promessa, si disse Draco scendendo e sperando di non vomitare.
Si trovavano in una specie di anticamera ricavata sotto il Platano Picchiatore, non molto alta ma in cui si poteva ancora stare in piedi.
–Là ci sono delle tute che utilizziamo per coprirci quando attraversiamo il cunicolo-, spiegò Harry, -dal momento che in dei punti è necessario andare carponi-, continuò ignorando gli occhi del biondo ridotti a due feritoie: quelle da cui nel medioevo si lanciavano le frecce dai castelli. –Tu puoi usare quella di Ron, siete più o meno della stessa altezza-, concluse alzando una mano per prevenire l’ovvia risposta. –Non ti azzardare a chiamarlo “pezzente” o ti schianto-.
-“Sudicio pezzente” invece può andar bene?-, chiese l’altro con ostentata cattiveria.
Harry sospirò: sembrava stanco più che arrabbiato, avvilito per qualcosa che sapeva solo lui.
-Per Morgana, Draco, ma non ce la fai proprio a stare zitto, ogni tanto?-
-Non è colpa mia se è effettiv… Come mi hai chiamato?-
-Eh? No, ti sbagli, io non… Oh, e va bene! Ti ho chiamato per nome, contento? Il suono del tuo cognome non mi piace, cioè, voglio dire, dopo l’anno scorso… Tuo padre… Ed allora mi viene più facile pensare a te come Draco che non come Malfoy …. Cioè, non è che io pensi a te, ma se ci pensassi… Sai… Insomma…-
Draco, inclinando la testa sulla spalla sinistra, valutò se lasciarlo andare avanti fino a che non si fosse impiccato con le sue stesse parole; forse era il momento di assestare il primo colpo, visto che il Grifondoro gli forniva l’occasione su un piatto d’argento.
-Non c’è davvero bisogno che cerchi delle scuse, se vuoi chiamarmi per nome: è ok, fallo-, lo rassicurò.
Ad Harry si sganciò la mascella.
-Io continuerò a chiamarti come ho sempre fatto-, riprese con tono calmo mentre si infilava la tuta sopra i vestiti. –O forse ti chiamerò “Harry”: ancora non lo so, perché è strana questa confidenza fra noi due. Ma non ho problemi se per te sono “Draco”-. Gli mise le mani sulle spalle e guardandolo diritto negli occhi sussurrò. –Mi piace il suono del mio nome nella tua bocca-, affermò, senza rendersi conto che era stato più sincero di quanto lui stesso avesse compreso.
Harry iniziò a boccheggiare come un merluzzo spiaggiato; la sua mascella decise di prendere una strada alternativa e rotolò via.
Draco ne approfittò per girarlo e spingerlo verso il cunicolo, dolcemente.
-Mostrami la strada. Ti seguo a ruota-.
Si rifiutò di riconoscere quanto quel discorso gli avesse scosso qualcosa dentro.
Ed iniziò a contare il tempo alla rovescia prima del tracollo del moro.

Riemersero tempo dopo alla luce di quella che Draco identificò come una macilenta catapecchia. Stava per chiedere dove si trovassero, quando fu colto da un’illuminazione: corse verso la finestra più vicina, alla prima rampa di scale, e si affacciò, girando la testa a destra e sinistra per scrutare il paesaggio.
-È la Stamberga Strillante!-, esclamò tutto contento della sua scoperta. L’esultanza e il movimento gli avevano arrossato le guance ed i capelli gli ricadevano scompigliati ad incorniciare il viso… A Harry si mollarono le ginocchia: per Merlino, se era bello! Ed arrossì a sua volta. Per sviare l’attenzione dal proprio viso, domandò la prima cosa che gli stava passando per la mente.
-Com’è che prima ti sei accorto della mia presenza?-, chiese abbassando la faccia tutto intento a levarsi la tuta, ingaggiando una fiera lotta con la cerniera lampo.
Bravo, Harry: ci vuole impegno ed attenzione per vincere la tuta cattiva!
Draco si staccò dal vetro e prese a spogliarsi a sua volta, sebbene in maniera molto meno forsennata.
-So del Mantello dell’Invisibilità dal terzo anno, se te lo ricordi. Quando ci attaccasti con le palle di neve, proprio qui fuori. Sul momento mi terrorizzai vedendo la tua testa galleggiare a mezz’aria, ma poi riflettendoci giunsi all’ovvia conclusione del Mantello dell’Invisibilità; avevo sentito accennare da mio padre dell’apparente imprendibilità del tuo e non mi ci volle molto a collegare che poteva avertelo in un qualche modo lasciato in eredità… Forse tramite Silente?-, domandò.
Harry si ritrovò ad annuire, suo malgrado ammirando la perspicacia di Malfoy.
-Giusto. Ma non pensavo che lo avessi intuito… Non ho sentito dire che tutta la scuola sappia del mio segreto! Avresti dovuto mettere i cartelloni già da un pezzo! Da bravo Serpeverde vigliacco!-, tentò di scherzare il moro.
Ma Draco non la prese bene: alzò uno sguardo fiammeggiante e buttando con mala grazia la tuta da una parte si avvicinò a grandi passi. I suoi occhi assomigliavano pericolosamente a cieli in tempesta.
-Primo-, ringhiò, -non osare presumere di indovinare quello che potrei o non potrei fare. Secondo-, urlò battendogli l’indice contro lo sterno, -chiamami ancora una volta “vigliacco” e ti infilerò la tua bacchetta in culo così a fondo che quando farai delle magie le scintille ti usciranno dalla gola!!!!!-
Harry reagì d’istinto, dato che improvvisamente si era sentito in pericolo, afferrando quel dito teso e torcendolo. Poi, però, si fermò a riflettere… Così non andava: erano insieme da poco e già si scannavano… L’amarezza si impadronì di Harry ed involontariamente strinse la presa. Draco emise un verso di dolore, ma la furia non si cancellò dal suo volto.
-Lasciami, Potter! Lasciami andare, ho detto!-
-Draco, ma che cazzo ti è preso?-, soffiò, triste e stupito, mollandolo. –Io… Era solo una battuta… Una battuta, Draco, e pure stupida. Mi dispiace. Davvero-.
Vedere sparire l’ira dal viso del biondo fu come guardare un’alba sulla neve: luminosa e glaciale da far dolere gli occhi. I tratti si ricomposero, chiuse le palpebre un paio di secondi, espirando rumorosamente, e quando li riaprì era tornato normale.
-Scusami Potter. Sei stato l’obiettivo sbagliato di uno sfogo fuori luogo. Non potevi sapere… Detesto che mi diano di vile. Mio padre, lui me ne ha sempre fatto una colpa: non ha mai capito come distinguere la viltà dal voler vivere tranquillo… Beh, ma il campione di Hogwarts questo non può certo capirlo!-
Ora fu il turno di Potter di risentirsi.
-Non dire così…-, ribatté oscurandosi. –Non sai quanto vorrei fare a meno della gloria, delle splendide azioni e della notorietà: odio tutto questo con ogni fibra di me stesso. Ma pare che proprio non riesca a liberarmene…-
-Vuoi liberartene solo perché non sai gestirlo…-
-Non so gestirlo perché non mi piace! Il mio peggiore incubo è finire di nuovo sui giornali in articoli di scandalo e gossip, dove le mie cose personali sono date in pasto al pubblico!! A volte penso a quando la guerra sarà finita, e mi auguro che la gente finalmente mi lasci in pace: mi auguro di vincere, di fare quello che la comunità magica si aspetta da me e di venire dimenticato!-
-Questo è impossibile, e lo sai…-, insinuò Malfoy. Una parte di lui stava registrando quel dialogo per poterci ricavare qualcosa di utile più tardi; un’altra si sentiva seriamente coinvolta dagli stati d’animo del moro: magari Harry Potter non era proprio uno stupido Grifondoro. Magari era una persona realmente interessante
-Sì, beh, lo so-, ammise Potter. –Ma lo spero lo stesso. Ora come ora non posso neanche avere una vita privata, tutti credono di poter dire la loro, quando una cosa riguarda me. La mia casa mi da anche consigli sulle mie scelte sentimentali!-
Draco lo guardò di sottecchi.
-Davvero?-, chiese con un tono un tantino troppo interessato. Sarebbe potuto sembrare quello di Piton che avesse appena ricevuto una soffiata su un Grifondoro colto in flagranza di reato…
-Certo!-, ribatté Harry senza accorgersi di niente. –Chi mi consiglia Ginny, chi fa il tifo per Luna, chi… E poi Lavanda, o Mandy Brocklehurst…-
-Ma a te chi piace?-, si intromise il Serpeverde: che si scoprì sinceramente interessato alla risposta, al di là dei suoi loschi piani e delle sue contorte strategie…
-Oh, nessuna di loro!-, rispose vivacemente il moro. Poi parve farsi pensieroso. –A me non piace nessuna…-, continuò a mezza voce per poi spegnersi del tutto sul finale.
Draco sentì qualcosa guizzare nelle sue viscere e lasciò prolungare il silenzio che seguì, ma quando fu ovvio che l’altro non avrebbe aggiunto niente, riprese la loro conversazione da prima della brusca deviazione: forse, per quella sera, poteva segnare un altro punto, anche se doveva esporsi un po’: una piccola confessione in cambio della fiducia dello sprovveduto.
-Comunque, tornando alla tua domanda: sapevo che saresti venuto sotto il Mantello dell’Invisibilità, e potevo indovinare anche che saresti arrivato in anticipo per potermi tenere d’occhio… Ma ne ho avuto la conferma solo quando ho sentito il tuo profumo: per essere uno sciatto Grifondoro, hai un buon odore. Ed io ho un ottimo olfatto-.
Tentò di osservarlo senza farsi vedere.
Harry aveva le guance in fiamme.
“E ti piace, il mio buon odore?”, pensò in modo confuso persino per se stesso, il che poteva classificarsi come un record.
-E… Il mio buon odore… No, come fai a sapere quale odore ho?-
-Conosci il tuo nemico, Potter. Riuscire a fiutare la tua vicinanza può costituire un vantaggio. E poi, diciamo che ti trovo interessante-, proseguì un filo più onestamente. –Anche se spesso francamente insopportabile. Beh, che c’è? Riesco a conciliare perfettamente il fatto di detestarti con quello di ammettere che hai un qualche tipo di fascino-.
Era fatta: neanche Harry Potter avrebbe resistito di fronte ad un così bel complimento!
-Co-co-come?-, balbettò Harry.
-Ehi, non farne una questione di stato, adesso! Non riesci neanche ad accettare un elogio?-
-Non è questo-, borbottò.
-Parola mia-, rise sommessamente il biondo. -Un po’ di autostima in più non ti farebbe male! Pensi che possiamo salire al piano di sopra? A questo punto, immagino che non ci siano realmente i fantasmi-
Detto questo Draco si incamminò su per le scale. Il movimento di salire gli scalini lo faceva ancheggiare.
-Non è questo, Draco. Non è questo per niente-, ribadì piano Harry fissandolo prima di incamminarsi a sua volta.

Erano arrivati alla Testa di Porco e l’atmosfera tra loro due era stata insolitamente rilassata.
Draco aveva dovuto ammettere con se stesso che, inspiegabilmente, gli piaceva parlare con quel ragazzo che non aveva mai avuto la possibilità di conoscere: Harry era uno strano miscuglio di passionalità ed ingenuità, di altruismo e violenza… Per lunghi momenti i propositi di vendetta di Draco furono dimenticati: non cercò di spingere la conversazione verso argomenti che avrebbero potuto dargli una fonte di scherno verso Potter: semplicemente, lasciò che il discorso fluisse dal Quidditch alle lezioni di scuola, dai draghi alle rispettive infanzie. Ci fu posto per confidenze in cui Draco ammise che non avrebbe voluto seguire il destino della famiglia Malfoy, ma che tanto non vedeva molte vie d’uscita senza rischiare la pelle e Harry gli suggerì di provare a farsi una chiacchierata con il Preside.
Il biondo lo aveva guardato dubbioso ma non aveva fatto alcun commento.
La serata volgeva alla fine ed il Serpeverde non aveva messo a segno il colpo definitivo: in parte se ne stava fregando, ma il Malfoy dentro di lui gridava ancora rivalsa…
Harry era del resto palesemente alticcio e semplicemente giubilante: l’oggetto indiscusso di tutti i suoi desideri era lì con lui, e se si concentrava poteva sentire il calore emanato dal suo corpo… Draco che si stava aprendo con lui… Cazzo, sembrava persino umano, in quel momento… Così… Bello… E bello era anche stare con lui… Oramai si era perfettamente reso conto che era più del suo corpo che desiderava…
-Ho bisogno di aria-, annunciò ad alta voce, giusto per spezzare quella litania di pensieri, e si incamminò barcollante.
Ma prima che si fosse potuto alzare dallo sgabello su cui stava, una donna piangente si era catapultata dentro il pub.

-P… Per fa… Vore… Aiuto…-, singhiozzò la donna accasciandosi contro il bancone. Subito l’eterogenea clientela le si accalcò intorno, mentre qualcuno se la filava fuori dal locale guardandosi indietro con aria sospetta. I due ragazzi si avvicinarono anch’essi, giusto in tempo per sentire la storia narrata tra lacrime e singulti: la sua bambina, con cui era arrivata quel pomeriggio a Hogsmeade, era introvabile: madre e figlia avevano partecipato ad una festa e la donna non si era preoccupata più di tanto non vedendo la piccina, dato che nella stanza accanto a dove si svolgeva il ricevimento era stato allestito uno spazio per far giocare i figli degli invitati; alla fine della cena, però, Melisse non si trovava in nessuna parte della casa.
-Lei… Ha circa cinque anni… Non so a che ora sia scomparsa… Io ero alla cena… Lei… Assomiglia a te…-, aggiunse volgendo gli occhi su Draco e prendendolo per un polso.
Draco la guardò con tutto il gelo possibile, in una versione giovanile ma incattivita del padre, e Harry si ritrovò a posargli una mano sulla spalla: pur senza sapere cosa avesse causato il repentino cambiamento di umore, sentiva che il biondo era stato colpito in maniera molto forte da quella situazione.
Per la seconda volta nell’arco della stessa sera, la presenza di Potter, i suoi gesti, le sue parole placarono l’animo di Draco: si ritrovò nuovamente a voler allentare la tensione, solo che questa volta era più difficile… Era attraversato da ricordi e rancori infantili da cui non era facile liberarsi: inoltre, aveva paura. Avere a che fare con i sentimenti era roba da deboli, per un Malfoy: non poteva, non voleva averci a che fare, ma la vicinanza di Harry gli apriva la visuale su mondi interi di sentimenti, dove tutto era vissuto con intensità… Non si poteva rimanere immuni, era come un gorgo che attirava verso il basso, verso un fondale ignoto ma per questo affascinante. Per cui, optò per una via di mezzo e ricompose il viso in un’espressione più gentile ma ancora distaccata.
-Signora, lei ha messo da parte sua figlia e ne sta pagando le conseguenze. Se fosse in discussione solo la sua preoccupazione, me ne fregherei e starei qui a guardarla piangere: se lo merita, per via della sua superficialità e dell’aver trascurato una bimba così piccola per una stupida cena. Ma è di Melisse che mi preoccupo… Per cui andrò a cercarla: si da il caso che conosca un paio di posti in cui un bambino piccolo sui cinque anni potrebbe nascondersi-, le lanciò contro Draco con fredda schiettezza. -Potter, io vado. Tu raccogli la descrizione della bambina e vedi se riesci a convincere qualcuno di questi signori a cercarla; aspettami qui con la madre, tornerò il prima possibile-, disse a Harry con un tono di voce meno freddo ma comunque molto pragmatico.
E senza attendere replica era uscito dal locale.
Non appena fuori, i ricordi lo avevano assalito: anche lui aveva vissuto una cena noiosissima in una delle case di Hogsmeade. Anche lui era stato trascurato mentre suo padre e sua madre si intrattenevano in rapporti sociali vantaggiosi. Anche lui alla fine si era allontanato e dopo aver girovagato per un po’ tra le stradine era stato attirato da un capanno che brillava di luce blu.
Girò la testa alla sua sinistra, individuò quel che cercava e partì a passo spedito.
Sempre sul ciglio del gorgo, continuò a rammentare cosa fosse successo. I suoi genitori lo avevano cercato disperati quando a fine serata si erano resi conto che era sparito: quando l’avevano trovato, addormentato nel capanno, la loro gioia era stata tale che Draco non era stato neanche sgridato. Anzi, per qualche tempo Narcissa e Lucius si erano dedicati con maggior cura al loro unigenito.
Draco aveva vissuto il periodo migliore della sua infanzia.
E poi le cose, piano piano, erano tornate quelle di sempre: genitori impegnati che amano il loro bambino ma che hanno altro da fare.
“I sentimenti fanno schifo”, si disse Draco voltando le spalle al gorgo sul cui fondo poteva intravedere la figura scarmigliata di Harry Potter.
E comunque, era arrivato al capanno, che emanava sempre la stessa luce blu.
Girò la maniglia della porta ed entrò.
Era stato veramente fortunato, l’aveva trovata al primo colpo.
La bambina era seduta sul pavimento, con la gonna graziosamente allargata intorno a sé, come una bambola, e guardava estasiata le lucciole blu che viaggiavano avanti e indietro nell’aria.
-Vengono qui a dormire, sai-, mormorò Draco accovacciandosi accanto a lei. –Ciao, Melisse-.
-Ciao-, rispose la bimbetta, per niente stupita che quel giovane adulto sapesse il suo nome: non riusciva a staccare gli occhi dalle lucciole.
-Tua madre ti cerca, è in pensiero per te-, le comunicò con voce sommessa, insinuandosi nell’incanto del momento.
Melisse mise il broncio.
-Per cercarmi dovrebbe essersi accorta che manco. Lei a malapena mi vede, quando ha queste cene-, confessò di malumore.
-Ti assicuro che è molto in ansia, invece-, disse Draco con aria solenne. –Sta piangendo perché non ti trova. Che ne dici se la raggiungiamo? Le potresti raccontare dove sei stata e chiederle se vuole ritornarci con te. Così avrete questo bel posto da condividere. Quando ti rivedrà sarà così contenta che non ti sgriderà e passerà più tempo con te-.
Tacque la parte dove sarebbe tutto tornato come prima molto presto: magari Melisse sarebbe stata più fortunata; in ogni caso, non era davvero il caso di sciuparle la cosa in anticipo.
La bimba si era alzata in piedi e lo aveva preso per mano. Draco sentì di aver fatto di nuovo un passo verso il gorgo.
-Loro vivono qua tutte insieme?-, chiese Melisse indicando le lucciole.
-Tutte insieme-, confermò Draco, riaffacciandosi sul maledettissimo vortice.
-Per sempre?-
-Per sempre-, affermò Draco con un sospiro, incamminandosi verso la Testa di Porco con Melisse.
Dal fondo del gorgo, Harry lo salutava sorridente con la mano.

Quando i due biondi entrarono nel locale, questo era quasi deserto. La madre si lanciò sulla bambina soffocandola in un abbraccio e prese a mormorarle dolci parole di scuse; si dimenticò all’istante di tutto il resto, tranne che per balbettanti scuse rivolte a Draco, che rispose soltanto con un inchino formale. Ma sorrise a Melisse strizzandole un occhio, stando attento a che nessuno lo vedesse.
Da dietro il bancone, il barista asciugava un boccale con aria burbera, ma i suoi occhi di un azzurro splendente e schietto brillavano divertiti. O forse commossi. Quando si accorse che stava anche sorridendo, emise un brusco colpo di tosse e si girò, perso in chi sa mai quali faccende.
L’unico altro essere umano presente era Harry Potter, che si avvicinò a Draco guardandolo in una maniera strana.
Stettero in silenzio qualche secondo ad osservarsi, poi Draco sentì il bisogno di spezzare quel momento.
-Hai visto? Ho fatto presto! Come mai questo posto è deserto? Hai fatto scappare chiunque con i tuoi accorati appelli di aiuto?-, chiese sarcastico.
-Veramente sono tutti usciti a cercare la piccola-, ammise con semplicità Harry. –A volte anche le persone più impensabili sanno essere generose ed altruiste. Vero, Draco?-
-Non so a cosa tu ti stia riferendo-, ribatté il biondo a disagio. Forse arrossendo impercettibilmente.
Harry si avvicinò di un passo.
-Guarda, la bambina ti sta lanciando dei baci con le mani-.
-Solo perché è una bambina ingenua che non sa che razza di bastardo sono-.
-Smettila-.
-Potter, io sono un bastardo-.
L’altro ignorò l’affermazione.
-Non so cosa ti abbia spinto a cercarla, ma l’hai fatto comunque. So che è merito tuo, tutto questo… La loro gioia, il sorriso del barista che guarda la scena, le lacrime di gioia di quella mamma… Sei stato grande-.
Draco aveva tentato di minimizzare, perché i complimenti di Harry Potter, stranamente, lo mettevano in imbarazzo. E dire che lui nei complimenti di solito ci si crogiolava.
-Potty, non ho fatto niente di speciale…-
-No, non è vero. Tu hai reso quella famiglia felice-, affermò intenerito: se fino a poco prima era stato devastato da visioni di sesso rovente, ora sentiva sbocciare qualcosa di vagamente malinconico e molto delicato, qualcosa che non aveva il proprio fulcro al cavallo dei pantaloni ma all’altezza dello sterno. -Al di là dei tuoi spaturni e della tua insopportabile boria, sai capire gli altri e… Hai reso felice me. Molte volte, questa sera-.
Fu con queste parole che Harry si avvicinò ulteriormente a lui e lo baciò.
Un bacio casto, certo. Un bacio a fior di labbra che non era né una promessa né una richiesta, ma tanto bastò perché qualcosa cedesse dentro Draco, che smise improvvisamente di lottare contro il gorgo che dall’inizio della serata minacciava di tirarlo a fondo… Smise di lottare conscio che sarebbe stato contento di annegare.
-Vieni con me, Harry-, ordinò roco afferrando il moro per un polso e trascinandoselo dietro.
Molte cose accaddero nel corpo di Harry in quel momento.
Tanto per cominciare, le sue sinapsi si rifiutarono di processare cosa le sue labbra avessero fatto.
Quando poi Draco lo portò fuori dal locale, il potteresco cervello uscì di casa chiudendo a doppia mandata, dopo di che lanciò il mazzo di chiavi a caso per strada lì vicino. Harry non si preoccupò neanche di chiedersi se sarebbe mai rientrato. Per il resto, procedura di infarto standard in corso: salivazione azzerata, cuore tachicardico che minaccia di sfondare le costole, improvviso bruciore di stomaco.
Harry sapeva di non essere mai stato bravo con i sentimenti ed i rapporti sociali. Dopo sei anni conosceva Ron e Hermione, ma non li capiva. Poteva pensare come qualcun altro, mettersi nei suoi panni, ma non indovinare cosa provava: a parte Voldemort… E quello non era per un cazzo un pensiero confortante. Viveva nell’ansia di comprendere le persone con cui interagiva: raramente ci riusciva .Allora, i volti cari erano semplicemente facce, le mani che lo toccavano erano solo carne e le parole d’affetto solo suoni. Aveva anche considerato l’ipotesi di essere gay solo perché avendo a che fare con uomini sarebbe stato facilitato; si era detto che le ragazze gli piacevano, solo lo mettevano in soggezione… Era una teoria che aveva retto fino a che non si era ritrovato una dolorosa erezione nelle mutande una volta che Seamus decisamente ubriaco gli si era buttato addosso con fare da gatto in calore dopo una festa Grifondoro particolarmente sfrenata di quella primavera: avevano passato la notte tra baci umidi e toccamenti e strusciamenti; la mattina dopo Seamus si era svegliato da solo sul divano… Ricordava di aver fatto qualcosa con qualcuno… E non ne ricordava il viso. Per un po’ le congetture si erano sprecate, ma poi tutto era caduto nel dimenticatoio ed un moro sulla corda del violino aveva tratto un sospiro di sollievo. Le sue esperienze omosessuali si limitavano a quella notte, escludendo la pomiciata inaspettata con Justin.
E a tutta una serie di fantasticherie, mentre si toccava, di corpi vaghi che avevano progressivamente preso la forma ed il volto di Draco Malfoy.
Ed ora, lo stesso Draco Malfoy lo aveva guidato fuori dalla Testa di Porco, tirandolo con urgenza fino ad un vicolo. Lo aveva letteralmente lanciato contro il muro, per poi riprendere quel bacio, che oramai non era per niente casto: era durato a lungo: irruente dapprima, la lingua di Draco aveva forzato la linea delle labbra di Harry e si era insinuata con forza nella sua bocca, mentre Draco gli teneva fermo il viso con entrambe le mani, quasi che volesse berlo con quel bacio. Tuttavia con il passare dei minuti tutto era diventato dolce e languido e lento, tanto che Harry aveva sentito le ginocchia molli, travolto sì dal desiderio ma anche da qualcosa di maggiormente profondo e… Beh, ed emotivo.
Avevano le labbra tumefatte quando si staccarono.
Draco lo guardò con espressione persa, incerta, confusa… E poi, prima di poter comprendere cosa stesse facendo, la bocca gli si compose nel consueto ghigno. Le parole vennero fuori da sole, senza che potesse controllarle.
-Cosa farai quando tutti sapranno questo? Oh, il grande Harry Potter preferisce i maschietti! Rita Skeeter ci andrà a nozze! E come hai potuto pensare di interessarmi davvero? Sei cascato nella mia trappola come il piccolo imbranato che sei… Ti avevo detto che l’avresti pagata! Ti consiglio di non scendere a colazione domani mattina, dato che tutta la scuola sarà pronta a ridere di te! Potter che non è altro che una tacca in più per Malfoy! O magari mi terrò questa rivelazione per un altro momento e ti lascerò vivere nel terrore di essere sputtanato da un secondo all’altro… Sì, credo che farò così e ti lascerò campare nel terrore di diventare ancora e di nuovo una preda dell’opinione pubblica…-
Non attese neanche la risposta e si smaterializzò via da quel vicolo, perché sentiva uno strano malessere che si impadroniva di lui.

Un falco d’argento svegliò Blaise.
-Sono ai cancelli di Hogwarts, mi serve qualcuno che mi apra dall’interno-, comunicò la voce di Draco attraverso il Patronus; suonava stranamente piatta ed atona.
Blaise bestemmiò sonoramente contro un paio di pantheon, ma la curiosità fu abbastanza da indurlo a sgattaiolare fuori dai sotterranei: cosa ci faceva lì il suo amico se era uscito con Potter?
-Morgana, ti prego, fa’ che non abbia rovinato tutto…-, bisbigliò uscendo sul prato ed intravedendo da lontano la figura del biondo che si ergeva dietro la cancellata.
Draco era da solo.
Aveva evidentemente rovinato tutto; restava da capire quanto irreparabilmente.
Tuttavia, quando il Serpeverde di colore aprì il cancello mormorando gli incantesimi e le parole d’ordine che avevano rubato dall’ufficio di Piton, capì che non era il caso di fare domande e tanto meno di riprendere l’amico: Draco sembrava sconvolto e francamente al di là delle sue capacità di ragionamento; continuava a ripetere frasi sconnesse del tipo “cretino, non dovevi” e “come ho potuto”, ma ad un certo punto fu attraversato da un brivido e si piantò in mezzo ai prati di Hogwarts. Seguendo la direzione del suo sguardo, Blaise vide Harry Potter e decise che aveva molta nostalgia del suo letto: si ritirò senza una parola.

-Credo che dovremmo parlare-, affermò il Grifondoro lapidario.
-Non credo proprio-, ribatté Draco ostentando una certa arroganza.
-Preferisci che ti prenda a pugni?-, minacciò Harry facendo un passo avanti.
-Vuoi che ti lanci un Avada Kedavra?-, chiese con nonchalanche il biondo.
-Lo faresti?-, domandò incerto l’altro.
-Puoi scommetterci il tuo culo rotto che lo farei!-, sputò fuori Draco con tutta la cattiveria possibile.
Fu in quel momento che Harry Potter si concesse il lusso di crollare. Non l’avrebbe mai più fatto per Draco Malfoy, giurò a se stesso in quell’istante… Ma, per quella sera, sì. In quel momento, decise di voler crollare. Si afflosciò come un fiore reciso tenuto in un vaso per troppi giorni, ripiegandosi su se stesso, il mento che quasi toccava la sommità dello sterno.
-Potter, ti prego, dimmi che stai per piangere-, lo schernì il Serpeverde chinando il capo da un lato per osservarlo con studiato interesse.
Sì, stava per piangere, ma quelle parole lo riscossero. Col cazzo che avrebbe pianto per quella merda!
Si passò furiosamente la manica della giacca sugli occhi ed approfittando della vicinanza del viso di Draco gli piantò una testata ben assestata sul naso, il quale smise di vederci e cadde in ginocchio, gli occhi lacrimanti ed un dolore lancinante che si diffondeva ovunque nella testa, impedendogli di parlare e persino di pensare.
-Quel bacio non ha significato niente per me, capito? NIENTE!-, sibilò cattivo il Grifondoro all’orecchio del Serpeverde. Dopo di che si avviò con passo deciso verso il castello.
Draco, invece, rimase ancora a lungo inginocchiato nell’erba, a smaltire il dolore e tentare di smettere di far scorrere le lacrime.







Dal momento che ho deciso di adottare i nomi italiani per questa fanfiction, il Platano Picchiatore è, appunto, un platano, come già avete potuto notare nello scorso capitolo. Ma la mia indole purista si ribella e devo a tutti i costi precisare che in inglese è “Whomping Willow”: per cui, il manesco albero è in realtà un salice…
Senza rancore verso i traduttori.


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Capitolo 4
*** non c'è due senza tre ***


Eccomi qua!
Sono contenta che la storia vi stia piacendo: tra le recensioni e i preferiti, mi avete fatto venir voglia di continuarla!
Disgraziatamente, il fatto di star fuori dodici ore al giorno rallenta molto i miei ritmi di scrittura… E poi internet è andato per un po’ a pascolare nei campi della burocrazia della Telecom…
Potrei arrischiarmi a dirvi che sarà finita in non più di tre o quattro capitoli, ma come sapete non ho un grande controllo sulle storie che scrivo: più che altro mi sembra di essere semplicemente la narratrice di cose che avvengono comunque.
So che aspettate il seguito anche de "L'ottavo anno", il cui capitolo arriverà (mi sbilancio) lunedì notte; per il momento, sono felice di essere qua: mi lasciate qualche recensione di benvenuto?
Nel frattempo (angolo della pubblicità), ho postato anche una one-shot, che oramai dovretsa aver visto: dato che l’ho impostata come roundrobin, mi farebbe piacere se qualcuno di voi che mi legge volesse dire la sua con qualche capitolo…
Vi lascio alla lettura, ma prima... Per la cronaca, Harry sotto la doccia canta le canzoni dei Puddle Of Mudd, dei Sum 41, dei The Shins e qualcosa dei My Chemical Romance: Hermione gli ha regalato una specie di radio magica che, opportunamente modificata, capta anche i canali babbani.
Spero che non vi foste aspettati ballate romantiche del folklore britannico!
Dal momento che è molto geloso della sua privacy, per favore non andategli a raccontare che ve l’ho detto.







La mattina successiva era stata data voce in giro per il dormitorio dei Serpeverde di non rivolgere parola a Draco Malfoy. Persino i compagni del suo stesso anno si tenevano a debita distanza, figuriamoci i più piccoli.
Al ritorno dalla colazione in Sala Grande, dove di Draco non si era vista l’ombra, Tiger aveva posato un piatto di leccornie davanti alla porta del loro Prefetto ed aveva bussato tre volte, per poi allontanarsi: qualche secondo dopo una mano candida ed affusolata si era introdotta nel varco creato dal battente ed aveva ritirato il piatto. Il tutto senza che venisse proferito verbo.
Verso le due del pomeriggio un elfo di Hogwarts era venuto a bussare alla Sala Comune ed aveva consegnato direttamente nelle mani di Malfoy, che lo aveva atteso sulla soglia della sua stanza, una missiva. Nott aveva visto Draco inchiodato lì rabbrividire ed aprire la busta con una furia controllata che si era via via fatta meno controllata mentre ne scorreva il breve contenuto. Alla fine, Draco aveva accartocciato e lanciato via la pergamena con un urlo, un ruggito, e schiumante di rabbia si era di nuovo chiuso in camera sua dove da ore passeggiava avanti ed indietro come una tigre in gabbia. Goyle, incuriosito, era entrato nella stanza e ne era stato cacciato fuori con una fiumana di insulti che avrebbero scosso persino un gigante dei ghiacci. Da allora, regnava un silenzio innaturale da entrambi i lati della porta. Le congetture si erano sprecate, ma nessuno aveva osato chiedere.
Blaise, che immaginava cosa fosse successo, parlottava in un angolo della Sala Comune con Pansy: avevano recuperato la lettera e dopo averla letta avevano lanciato sguardi preoccupati in direzione della stanza dove Draco era barricato.
Se parlerai tu, parlerò io, ripetendo quello che ti ho detto questa notte.
NON HA SIGNIFICATO NIENTE”.
Solo queste parole erano vergate sulla pergamena, per di più anonima.
Ma i due ragazzi sapevano a chi appartenesse quella grafia un poco sghemba.

Mi rifiuto categoricamente di ammettere che la serata appena trascorsa possa avere avuto altro fine e significato che non fosse la vendetta!
Nego ogni coinvolgimento, ogni partecipazione emotiva! Capito, diario del cazzo?
E non mi interessa e non mi tange che lui accampi stupide scuse, come quella che il bacio non è contato niente per lui, solo per evitare che io divulghi la mia notizia!
Attenderò il momento opportuno per sputtanare Harry… Cioè, Potter!
Lui non mi piace, baciarlo è stato orribile e non l’avrei mai fatto se non avesse portato al compimento del piano!
Credo.

-Harry?-, chiamò Hermione da dietro la porta del dormitorio del sesto anno Grifondoro. -È tutto il giorno che non esci di lì, iniziamo ad essere in pensiero… E poi, qua su fa un caldo terribile e tu non hai mangiato e bevuto niente in tutto il giorno: finirai con il sentirti male…-
-Amico-, si intromise Ron. –Hai ancora fatto quegli strani sogni? Quelli per cui da mesi non riposi bene?-
Dentro la stanza, Harry premette ancor più la faccia sul cuscino e pianse più forte.
Fuori, Hermione tirò una forte gomitata a Ron, che però non colse il velato accenno dell’amica a zittirsi e continuò a girare il coltello nella piaga.
-Sai, mi dispiace per te… Anche se non te l’ho detto mai prima. Quegli incubi devono essere tremendi, perché passi le notti a gemere e a rigirarti nel letto come se le visioni che hai non ti dessero pace… A volte ti guardo e sei tutto sudato…-
Harry attaccò ad ululare, la voce soffocata fortunatamente dalle piume del cuscino.
Hermione tentò di trascinare via Ron prima che l’altro suo amico decidesse di buttarsi di sotto dalla torre, spinto dalle consolazioni del rosso.
-Vieni via, Ron, per l’amor del cielo…-, lo esortò lei esasperata.
-Ma, Hermione, prima mi dici che devo parlare di più con lui e poi…-
-VIENI VIA, HO DETTO!! Seamus, prenditi questo cretino e portalo a fare due tiri a Quidditch! Harry-, continuò girandosi e parlando alla porta in modo più controllato. –Se solo tu ti decidessi ad ammettere cosa ti fa stare male… Io… Guarda, mi dispiace di non averlo capito prima, neanche quel giorno in cui è stato fatto lo scherzo a Malfoy… Ma ora ci sono arrivata, e ti assicuro che non c’è niente di male… Niente di sbagliato… Nessuno ti biasimerà… Beh, forse Ron all’inizio non sarà proprio esultante, ma lo accetterà… Harry, ti prego, esci e parliamone…-, lo scongiurò Hermione. Poi aggiunse quello che secondo lei avrebbe dovuto sollevare di morale il ragazzo. –Nessuno sceglie di chi innamorarsi…-
Adesso il pianto si poteva distintamente sentire oltre il cuscino e la camera, fino alla Sala Comune.

E così, rifletté Harry con un angolo della sua mente mentre singhiozzava, era di quello che si trattava: sembrava paradossale che lo avesse compreso Hermione al posto suo… Che fosse stata lei a tradurre in parole il tremendo sospetto che lo aveva colto al rientro nel castello quella notte: era innamorato.
Né più, né meno.
Era una catastrofe.
Molto più grande del semplice essere gay ed attratto da Draco Malfoy.
Si disse che non poteva essere… Non ci si può innamorare così, in una serata, e per di più di uno stronzo che rovina il tuo più bel bacio della vita con minacce e cattiverie.
Decisamente no.
Allora perché stava sorridendo come un beota al solo ricordo di quel bacio, persino tra le lacrime?
Perché era stato fantastico.
Il modo in cui Draco gli aveva reclinato la testa per poter avere meglio accesso alla sua bocca, il modo in cui lo aveva sovrastato spingendolo contro il muro con tutto il proprio corpo. Come aveva mosso la lingua, le mani, le dita nei capelli di Harry.
Il gemito che aveva emesso poco prima di forzare le labbra del moro.
Era stato tanto magnifico il durante quanto terribile il dopo.
E Harry lo amava. Di un amore appena sbocciato, di un amore che ancora non era propriamente amore… Harry era innamorato, ecco.
Un po’ meno grave essere innamorato, rispetto ad amare.
Un gran casino lo stesso.
“Però… Magari meno doloroso”, si disse il ragazzo rialzando la faccia dal cuscino.
Magari se lo poteva dimenticare.
Poteva imporsi di dimenticarlo.
In fin dei conti, quanto mancava alla fine della scuola? Qualche settimana, semplici manciate di giorni: manciate di giorni in cui doveva tener duro e poi non lo avrebbe rivisto fino a settembre; Harry sarebbe andato dai Dursley, poi alla Tana.
Niente Malfoy.
Si sarebbero rincontrati per l’inizio del settimo anno, se Voldemort non avesse deciso di scombinare le vite di tutti prima: per allora, per Harry, Draco Malfoy sarebbe stato un Signor Nessuno qualsiasi.
E da qui alla fine della scuola lo avrebbe ignorato. E detestato per quello che gli aveva fatto.
“Fanculo all’essere innamorato”, concluse uscendo dal dormitorio per andare a farsi una doccia nei bagni al settimo piano.
“Risponderò alle sue offese, ai suoi insulti”, si ripromise fieramente. “Non mi tirerò indietro se vorrà fare a botte. Non mi lascerò mettere sotto”.
Alla menzione di “lasciarsi mettere sotto” qualcosa guizzò nei boxer di Harry, che con un gemito decise di optare per una doccia gelida.

Nel frattempo, Draco era diventato ormai presso che isterico, pronto ad avadakedavrizzare il prossimo… Quando una calma innaturale scese su di lui. Ruotò la testa a destra e sinistra, eliminando la tensione dal collo e smise di camminare per la camera, dirigendosi invece verso la porta: anche lui aveva deciso che l’acqua gli avrebbe schiarito le idee e lo avrebbe rimesso nel giusto stato d’animo, per cui si era indirizzato verso il comodo bagno dei Prefetti del quinto piano.
Sì, un bel bagno lo avrebbe calmato. Un bel bagno… E Mirtilla Malcontenta da gambizzare, metaforicamente parlando
-Mirtilla!-, tuonò spalancando la porta ma con voce allegra. –So che sei qui! Presto, vieni!-
La faccia perennemente triste di Malcontenta sbucò da un rubinetto e la sua espressione si fece quasi morbosamente simile a felice quando vide chi era entrato.
-Ohoooo, sei tuuuu!-
Draco le scoccò un’occhiata assolutamente compiaciuta: dopotutto, anche se era morta, era pur sempre qualcuno che lo adorava.
-Mirty, mi faresti compagnia mentre mi faccio un bagno?-, chiese, sapendo già quale fosse la risposta. La ragazza annuì con enfasi e scivolò fuori dalle tubature, mentre Draco iniziava a spogliarsi: da questo punto di vista erano perfetti insieme: lui non aveva problemi a farsi vedere nudo, lei non aveva problemi a vederlo nudo.
-Allora-, cominciò distrattamente mentre si sfilava la camicia dalle spalle, lasciando che gli si vedessero i muscoli della schiena mentre li fletteva, -hai poi fatto quello che ti avevo chiesto?- e girò la testa da sopra una spalla per guardarla.
Mirtilla stava sbavando, o almeno Draco credette questo, anche se forse i fantasmi non possono sbavare.
-Come?-, parve riscuotersi.
-Hai poi fatto quello che ti avevo chiesto?-, ripeté non molto pazientemente.
-Io… Beh, lui non si è visto molto ultimamente…-
-Imago stato!-, esclamò di punto in bianco Draco girandosi e puntando la bacchetta contro il corpo… La persona… La forma di Mirtilla, che rimase bloccata a fluttuare sopra la vasca, con la bocca ancora aperta nell’ultima parola. Il biondo terminò di spogliarsi e si calò nell’acqua. Sorrise beffardo.
-Allora, Mirtillina, ti è piaciuta questa mia nuova magia? Mi sono preparato nell’ultimo mese, in attesa dei nostri incontri, e questo è un vecchio incantesimo che non conoscono o non usano più in molti: del resto, di solito non c’è bisogno di fermare i fantasmi, visto che la maggior parte di loro, contrariamente a te, non crea disturbi. Ora-, proseguì mellifluo, -ti libererò, ma tieni presente che potrei ripetere la magia se dovessi, come dire, diventare pressante come il tuo solito. E voglio informarti che questa fattura può essere sciolta solo da chi l’ha pronunciata. Vedi, sarebbe molto fastidioso per te rimanere a dondolare in quella posizione in quel posto per diversi giorni… Imago exempta-
Come fu libera, Mirtilla iniziò a lamentarsi con singhiozzi ululanti. Draco la lasciò fare per un periodo indeterminato, ignorandola, durante il quale si tuffò sott’acqua e ne riemerse con una montagna di sapone sulla testa, sbuffando e riavviandosi i capelli; perse qualche respiro a considerare che ormai avrebbe dovuto tagliarli di nuovo, giusto per non accentuare troppo la somiglianza con il padre, ma chi sa perché non riusciva a decidersi… E forse la tortura alla ragazza fantasma poteva cessare, o sarebbe stato poi impossibile cavarle qualche informazione utile: si alzò in piedi nella vasca spalancando le braccia e sorridendo mentre la guardava da sotto in su: sapeva di offrire uno spettacolo magnifico, con le goccioline di acqua colorata che scorrevano lungo il suo corpo sulla pelle diafana come la porcellana, le guance e le labbra più rosse del solito per via dell’alta temperatura raggiunta nella stanza, gli occhi brillanti di malizia.
Mirtilla si strangolò con un suo stesso singhiozzo, sempre che gli spettri potessero strangolarsi.
-Dai-, la invitò la Serpe con un tono confidenziale, -vieni a sederti accanto a me e chiacchieriamo un po’: raccontami come hai passato questo ultimo periodo-.
Lei gongolò, tutta risolini e gridolini.
Ma Mirtilla era Malcontenta mica a caso. Le sue avventure di non-vita avrebbero annoiato persino il professor Ruf; Draco si era stampato in faccia una maschera di interesse dietro la quale pensava ai cazzi suoi ed un paio di volte dovette nascondere degli sbadigli dietro cumuli di schiuma. Ad un certo punto una nota di verde sulla vetrata del bagno gli ricordò il suo appuntamento della sera prima e decise di interrompere quel fiume di parole.
-Sì, credo anche io che dovrebbero sfrattare le sirene dal lago e credo che si siano comportate in modo veramente orrendo con te e, sì, mi dispiace di non essere potuto passare a salutarti prima d’ora-, la rassicurò. –Ma dimmi… Di lui cosa sai?-
Durante il quarto anno anche Draco aveva frequentato abusivamente il bagno dei Prefetti, e non aveva impiegato molto ad ingraziarsi Mirtilla; quando poi aveva scoperto che da dopo la seconda prova del Torneo Tremaghi Harry Potter aveva preso a recarsi lì abbastanza spesso, aveva visto nella ragazza una fonte di possibili notizie e da allora aveva raddoppiato i suoi sforzi per tenerla dalla sua parte. Inoltre, Mirtilla lo aggiornava su tutti i pettegolezzi che sentiva nei bagni delle ragazze, e questo dava a Malfoy il potere di ricattare praticamente tutta la scuola.
Non che ne avesse mai approfittato in modo plateale od eccessivo… Ma conoscere i segreti degli altri da potere… E Draco adorava il potere, anche se poi finiva per non servirsene spesso: ti permetteva di vivere tranquillo. Molti dei suoi calunniatori sarebbero stati sorpresi di sapere quanto poco Draco in realtà si interessasse alle faccende altrui; nel suo dormitorio, tranne quando aveva le palle girate, era in genere benvoluto: temuto, ma benvoluto.
Ed in fin dei conti era pienamente odioso solo con Potter. E con i Grifondoro, che erano la banda di Potter. E con gli amici di Potter, che erano appunto suoi amici. E con l’Esercito di Silente, che erano i sostenitori di Potter. E con i conoscenti di Potter che parlavano di lui come se fossero, o Merlino!, intimi. E… Il biondo si trovò a considerare che gran parte di Hogwarts sarebbe vissuta meglio se Potter non avesse avuto a che fare con Draco Malfoy. Mai.
Forse la cosa migliore era obliviare entrambi…
-Oh, aveva smesso di venire qui già dalle vacanze di Pasqua dell’anno scorso e, sai, mi è dispiaciuto molto perché eravamo veramente due spiriti affini: lui non faceva che piangere…-
-Piangere?-, chiese lui interompendo il filo dei suoi pensieri. Pasqua era stato più o meno il periodo in cui Silente era scappato dalla scuola.
-Sì!-, confermò Mirtilla scuotendo affermativamente la testa con veemenza. –Fin dai primi giorni del quinto anno veniva qui a disperarsi. Povero bel Harry, che credeva di essere responsabile della morte di Cedric…-
-Si incolpava per quel che è successo a quel coglione?-
E dire che aveva tifato per lui, piuttosto che per Potter. Per uno squallido Tassorosso che si era fatto fregare da Voldemort come un pivello. Potter lo affrontava e ne usciva illeso da quando aveva un anno… Bravo Potter!
E ora che cazzo significava quel pensiero? Si passò una mano tra i capelli, gonfiando il torace in un sospiro. Mirtilla ridacchiò.
-Cedric era bello!-
-Sì, certo. E Tiger è intelligente!-
-Comunque-, riprese il fantasma con tono sostenuto, -le cose sono andate sempre peggiorando, per Harry: gli incubi, nessuno che gli credeva…-
-Mirtilla, queste cose le so già. Stupiscimi con notizie nuove!-
-Pensava di non avere successo con le ragazze!-, aggiunse precipitosamente quella per placare la crescente irritazione del ragazzo. Il quale strinse gli occhi in un guizzo di autentico interesse.
-Davvero?-
-Si lamentava di non provare interesse per la piccola Weasley quando lei era così affascinata; sosteneva di aver combinato un casino con la cinese Corvonero, di non aver concluso niente al Ballo del Ceppo al quarto anno e cose così… E dire che Chang non è poi così carina… E poi, poco prima di Pasqua, una volta ha aggiunto qualcosa riguardo a qualcuna che non lo considerava neanche… E parola mia questa tipa doveva veramente avere gli occhi ricoperti di pancake!-
Le sinapsi ed i neuroni nel cervello di Draco stavano improvvisando una polka, dopo aver sparato razzi di segnalazione a destra e a manca. Facevano capriole su tappeti elastici.
Un Draco di tre anni aveva alzato un cartello con su scritto “vai, Draco, sei tutti noi!”.
Ecco qual era la soluzione!
A Potter piaceva qualcuno! Un ragazzo!
Doveva solo scoprire chi… E poi, Draco avrebbe potuto continuare a torturarlo, magari ricattandolo, causandogli anzi il doppio dei tormenti.
Deduzione giusta, conclusione sbagliata.
Draco di tre anni uscì di scena trascinandosi dietro mestamente il cartello che aveva sbandierato fino a dieci secondi prima.
-Sei un genio, mio carissimo spettro!-, giubilò invece Draco in carne e ossa alzandosi in piedi fuori dall’acqua ed iniziando a sciacquarsi: concesse a Mirtilla abbondanti visioni del proprio corpo per ricompensarla delle informazioni, perfino mentre si vestiva. Non appena fu pronto, e gli ci volle un po’ per essere perfetto come lui pretendeva, la guardò e chiese a bruciapelo chi tra loro tre fosse più bello. Lei sbatté gli occhi, confusa.
-Fra me, Potter e Diggory-, spiegò lui.
-Ah! Oh, beh, non saprei…-
-Il nome, Mirtillina-, minacciò il biondo.
Il sorriso di lei si illuminò, avendo raggiunto una verità universale con il suo cervellino morto.
-Tu e Harry! Siete opposti ma ugualmente belli! Uno chiaro come il sole, l’altro scuro come… Come… Ma sì, siete il vostro riflesso opposto, la… Anche come carattere! Anche se a prima vista non sembrerebbe! È come se foste in un qualche modo complementari… Una splendida coppia di opposti! Io credo che…-
Il ragazzo annuì e si avviò verso il corridoio; era ormai sull’uscio quando si girò e sussurrò “imago stato” dolcemente e satanicamente.
Poi corse nella sua stanza ad aggiornare il proprio Diario di Guerra.

Forse dovrei smetterla.
La prospettiva di infastidirlo non mi arride poi molto, al momento.
Anche se è bello guardarlo quando ha il viso corrucciato per la rabbia.
Certo, Potter è parecchio carino. Affascinante in una maniera tutta sua, con quel cespuglio incasinato in testa e quegli occhi che sembrano sezionarti, con il suo stupido complesso dell’eroe e la sua maniera di ridere, piena e travolgente.
Forse non è così male neanche quando non è arrabbiato.

Draco si interruppe, solleticandosi il mento con la punta della piuma, pensieroso. L’immagine che gli era passata nel cervello, quell’intrico di corpi e lenzuola, lo aveva lasciato per un istante senza fiato. Chiuse gli occhi respirando a fondo per scacciare la visione e rifiutandosi di procedere su quella linea di pensieri scomodi e che gli dava un certo bruciore di stomaco. Riprese a scrivere cambiando decisamente registro. Convinto che negando con forza avrebbe cancellato il brivido di eccitazione che gli aveva dato immaginare Harry e lui insieme a letto.

Strategia Serpeverde n°3: ATTENDI…
OH, FANCULO LE STRATEGIE! DOMANI MATTINA, APPENA LO BECCO IN CORTILE, LO SCHIANTO!

E così era andata: Draco aveva schiantato Harry prima delle dieci di mattina, alle dodici Harry aveva fatto un incantesimo Herbivicus alle piante presso cui Malfoy riposava in attesa della successiva lezione, lasciandolo imprigionato in un intrico di verde. Verso le quindici Potter si era ritrovato a testa in giù ed alla fine delle materie della giornata i due, rincontrandosi in cortile erano niente poco di meno riusciti a disarmarsi vicendevolmente e contemporaneamente, per passare a quel punto alla zuffa a mani nude.
Si erano ritrovati poco dopo in Infermieria pesti in maniera assurda.
Madame Chips aveva drogato entrambi, perché continuavano a sputarsi addosso insulti come due mitragliette.
-Mi stavano facendo venire mal di testa-, si giustificò con gli amici dei rivali, che li avevano scortati là e la stavano guardando a bocca aperta.
Così, alle sei del pomeriggio, Harry e Draco dormivano.
Ron ed Hermione da una parte, Pansy e Blaise dall’altra, li vegliavano, lanciandosi occhiate imbarazzate.

Una scena simile si era ripetuta il giorno dopo, e quello dopo ancora, con la variante di scenario: la Scalinata Principale ed una Sala Studio.
Sentirli gridarsi fatture attraverso i pianerottoli, separati da scale che continuavano a mutare direzione, era stata una scena abbastanza memorabile: addirittura il Barone Sanguinario si era fermato ad osservare.
La Sala Studio era stata chiusa per restauri.
Persino Pix era fuggito.
Al quarto giorno, appena i due si erano incontrati, davanti all’imbocco dei sotterranei che conducevano a Pozioni, avevano istantaneamente lasciato cadere il libri che portavano e senza neanche provare ad estrarre le bacchette avevano iniziato a darsele di santa ragione, accompagnando il tutto con urla belluine ed offese da primato.
Si erano ritrovati come da copione tutti e sei in Infermieria, con i due disgraziati come al solito k.o. per via delle pozioni… Unica variante: l’orario: un record: non era nemmeno ora di pranzo.
Ad un certo punto Pansy esplose.
-Io non ce la faccio più a star qui seduta ad aspettare che si svegli! Mi annoio a morte!-
E tirò una gomitata a Draco, che mugolò nel sonno.
Ron la guardava come se si aspettasse di vederle uscire le fiamme dalle narici.
-Tu-, esordì, indicando per l’appunto Ron, che sbiancò.
Pansy tirò fuori la bacchetta.
Ron mugolò disperato, rendendosi conto di aver lasciato la propria nel dormitorio..
-Partita a Gobbiglie?-
Hermione e Blaise sospirarono di sollievo all’unisono e si guardarono, sorridendosi in modo titubante.
La Serpeverde nel frattempo aveva evocato due sacchetti ed aveva tracciato un cerchio per terra.
-Ci sto-, rispose Ron avvicinandosi. –Ma non avrò pietà!-
-Oh, nemmeno io…-, ribatté lei mielosa e ambigua: il tono che potrebbe avere una chimera che ti fa un complimento prima di mangiarti.
Ron questa volta arrossì.
Blaise, invece, avvicinò la sua sedia a quella di Hermione.
-Allora, cosa ne pensi dell’ultima lezione di Aritmanzia?-
Ed iniziarono a parlare.

Quando Harry e Draco si svegliarono, era pomeriggio inoltrato ed erano soli. Il tempo di notare che i loro rispettivi amici non c’erano e che per terra era stato disegnato un cerchio per il gioco delle Gobbiglie, che avevano ripreso ad azzuffarsi.
Smisero solo quando arrivarono i loro rispettivi Capocasa, comunicando che sotto ordine del Preside, si erano guadagnati tre giorni di detenzione ciascuno in un’ala isolata del castello. Sia Piton che la McGranitt ci tennero a sottolineare che Silente non aveva mai ordinato la detenzione da quando era diventato Preside.

Furono tre giorni tranquilli per la scuola: tutto lo staff di Hogwarts, gli studenti e persino ritratti, fantasmi ed armature parevano più rilassati, distesi.
Anche la calura si era ridimensionata.
In più, si poterono notare quattro personaggi, due Grifondoro e due Serpeverde, che giravano sempre più spesso insieme nel tempo libero.

Harry aveva scontato quella punizione in bilico tra sentimenti di furia verso Draco Malfoy, vendetta verso Draco Malfoy, desiderio verso Draco Malfoy… insomma, aveva pensato costantemente a Draco Malfoy, e la cosa lo aveva depresso.

Draco ne aveva approfittato per sfogarsi.
Non era servito a molto, ed ora si sentiva ancora più confuso, sempre rifiutandosi di dare una definizione a quella confusione.

Stupido Silente, stupida punizione, stupido Harry, stupide canzoni di stupidi Babbani che non se ne vanno dal mio cervello da quando ho sentito lo stupido Harry cantarle, stupido caldo che fa in questa torre, stupidi ricordi di quella stupida sera, stupida sera che non ha significato niente, stupido bacio che per Potter non ha significato niente… E neanche per me, ovviamente! Lo ribadirò fino alla morte!
Stupide mani di Potter sui miei fianchi, stupido buon sapore della pelle di Potter, stup…

La chiave che girava nella toppa interruppe lo sproloquio scritto di Draco, che infrattò il Diario di Guerra sotto una pila di libri.
Il volto severo della Professoressa di Trasfigurazione fece capolino dalla porta aperta.
-Signor Malfoy, la sua detenzione è finita. Raccolga i suoi oggetti e mi segua.
In corridoio c’era già Harry Potter scortato da Severus Piton.
Draco si risentì che fosse stato scarcerato prima Harry di lui, poi si dette di idiota infantile, ma il risentimento non si placò, se non quando notò che Harry Potter non aveva per niente il viso felice: doveva aver passato tre giorni di merda, lode a Salazar.
Draco sperò che le zanzare non lo avessero fatto riposare mai.
Forse avrebbe invece preferito sapere la reale motivazione di quell’espressione; forse, nel saperla, avrebbe gioito di più. O forse, avrebbe avuto una diversa reazione, che lo avrebbe portato su una strada nuova.
Ma Draco la reale motivazione non la sapeva, e si limitò a ringraziare sentitamente il popolo delle zanzare.
Perché Harry Potter doveva soffrire.
Meglio se per mano di Draco Malfoy.
Anzi, Draco stava già progettando nuovi e rinnovati tormenti, perché non sapeva risolversi a lasciare in pace Harry, neanche per un secondo.
E non c’entrava niente con quello che insinuava Blaise, né con le stupide teorie di Pansy: non era assolutamente vero che dava il tormento a Harry perché non sapeva stargli lontano.
Anzi: lui lo odiava!
Lo avrebbe martirizzato con ulteriori e migliorati piani e… E poi Harry sollevò lo sguardo e lo fissò con tutta la rassegnata tristezza di questo mondo, lo guardò come se Draco fosse un fiore raro, anche se velenoso, un animale magnifico anche se letale.
Draco si sentì travolgere da quello sguardo, ebbe in qualche modo paura del carico di sentimento che vi si leggeva e fece un passo indietro: per un secondo, un solo secondo, valutò la possibilità di ricambiare quello sguardo, ma poi la sua dannatissima bocca si aprì di sua propria iniziativa, come al solito per vomitare insulti.
-Potty, sarà stato difficile per te star da solo… Voglio dire… Con tutto il vento che tira in quella testa vuota…-
Non era stato un grande insulto, per la verità. Ma tanto bastò perché la tenera tristezza dallo sguardo di Harry scivolasse via. Il volto si indurì nell’espressione rabbiosa che tante volte aveva riservato a Malfoy.
-Io almeno non ho avuto difficoltà a prender sonno perché ho paura del buio…-, replicò acido il Grifondoro. –Io non ho urlato come una mammoletta, facendomi sentire a metri di distanza-.
Si scrutarono in cagnesco, arrabbiati. Di nuovo. Come sempre.
Fu la McGranitt a parlare, forse perché Piton, alle spalle di lei, era troppo impegnato a guardarli schifato.
-Adesso basta. Quanto successo non dovrà ripetersi. Nel caso scoppi ancora una lite in cui siete coinvolti nei pochi giorni che restano prima del termine dell’anno scolastico, verrete espulsi senza possibilità d’appello; spero di essere stata chiara. Adesso, stringetevi la mano come due gentiluomini. Avanti!-
I giovani si strinsero le mani come se ognuno dei due temesse di prendere la lebbra dall’altro.
Nel frattempo, si stavano guardando come se si volessero sputare addosso.
Non appena si furono lasciati i palmi, scattarono via da quella torre afosa, quasi all’unisono.
-Neanche io e James Potter ci odiavamo tanto-, considerò Piton affiancandosi a Minerva McGranitt. –E dire che io ero più diabolico di Malfoy e lui molto più stronzo del figlio-.
-Severus, tu dei ragazzi non hai mai capito niente. Dei sentimenti ancora meno-, sospirò la Vicepreside. –Vieni con me, ti offro un bicchiere di tè freddo e ti spiego un paio di cose su quei due là-, aggiunse osservando le schiene dei due studenti che si allontanavano stando ben attenti a rimanere lontano uno dall’altro. Troppo attenti. Davvero troppo.

Nei giorni successivi Draco fu tentato, la sera, dopo aver cenato, di andare a cercare Harry Potter. Sapeva che il ragazzo spesso si recava alla Torre di Astronomia, lo aveva imparato quando lo pedinava: si portava lì una bottiglia di succo di mela freddo e la beveva seduto sul davanzale di una delle finestre, talvolta con la sua stupida civetta accanto, spesso da solo.
La scuola sarebbe finita dopo tre giorni e loro due non avevano più litigato.
A malapena si infamavano.
Draco non lo avrebbe mai ammesso, ma Harry Potter gli mancava. E sapeva di mancare a lui. Lo vedeva da come lo guardava: per esempio, quando si incontravano entrando od uscendo dalle aule, dalle stanze del castello… Per un secondo, sembrava che Harry stesse per aprire bocca per lanciargli un insulto, o forse dirgli qualcos’altro, ma poi serrava le labbra ed in tutta fretta si allontanava.
Draco aveva fatto la stessa cosa diverse volte.
E poi, si erano ritrovati tutti e due da soli. I loro rispettivi amici si erano fidanzati al termine di quelli che Draco aveva giudicato i corteggiamenti più fulminei della storia.
Il biondo aveva amaramente litigato con Blaise e Pansy, che avevano difeso i Grifondoro con cui adesso stavano, una volta che lui li aveva infamati durante una conversazione a tre nella Sala Comune dei Serpeverde.
-Siamo stufi del tuo atteggiamento, Draco!-, aveva esclamato Pansy alla fine della discussione scattando in piedi. –Abbiamo fatto di tutto per farti aprire gli occhi, ma non si può aiutare un drago che si rifiuta di sputar fuoco! Ti deciderai mai a crescere ed affrontare i tuoi sentimenti? Io non ne posso più di guardarti sprecare il tuo tempo in stupidi dispetti a Potter! Per me da adesso in poi puoi fare quello che preferisci: me ne lavo le mani! Ma ti avverto: insulta ancora Ronald in mia presenza e ti affatturo la lingua!-, aveva minacciato al colmo dell’esasperazione.
Dopodichè si era fiondata fuori dalla stanza.
Draco era rimasto a bocca aperta: da quando si conoscevano era la prima volta che la ragazza gli si rivolgeva in quel modo: doveva essere seriamente infatuata del rosso pezzente… E dire che tempo prima pareva che spasimasse per Draco stesso… Certo, magari il fatto che lui si fosse fatto trovare a letto con Montague non aveva alimentato la cosa…
-Pansy ha ragione-, rincarò Blaise. La sua voce era più tranquilla, ma ugualmente stanca. In un qualche modo colpì Draco ancora di più. –Noi siamo andati oltre le apparenze e i pregiudizi e ora siamo felici. Tutti e quattro. Quando ti deciderai a fare lo stesso?-, chiese uscendo a sua volta per andare dietro all’amica.
E così, Draco aveva deciso di provarci: avrebbe guardato Harry Potter negli occhi e gli avrebbe detto che gli era dispiaciuto aver rovinato quella famosa serata: “quello”, come aveva ribattezzato il bacio nel suo cervello.
Niente di più: non si sarebbe scusato, gli avrebbe solo detto che gli dispiaceva.
E così, aveva lanciato un incantesimo di disillusione su se stesso, dato che oramai lo sapeva eseguire alla perfezione, e sul tardi, quando ormai era sicuro che gli studenti dormissero, era sgattaiolato fuori dal proprio dormitorio e si era diretto alla Torre di Divinazione.
Non sapeva se lo avrebbe trovato, non sapeva in realtà nemmeno se desiderasse trovarlo; cosa avrebbe potuto dirgli in quel caso?
“Ehi, guarda, ho finto che tu mi piacessi come persona per poterti strappare un segreto compromettente e poi ricattarti a vita, ma invece mi sono accorto che mi interessavi sul serio e quando ci siamo baciati, quando tu mi hai baciato, il pensiero del ricatto era ormai lontano mille miglia dalla mia testa, però dopo è scattato qualcosa nella mia testa e ho rovinato tutto… Ho continuato giorno dopo giorno a rovinare le cose, quando magari invece se ti avessi spiegato tutto prima tu mi avresti anche perdonato e saresti passato sopra alla mia cattiveria, dimostrandomi di essere davvero generoso e… Potter, lo vedi che sei un cretino? Ti pare il modo di farsi maciullare il cuore, concedendolo ad una delle persone che più ti ha tormentato? Cosa c’è che non va in te?”
No, questa ultima parte era meglio se non la diceva. Suonava un po’ troppo controproducente… Ma alla fine, cosa è che lui, Draco Malfoy, desiderava? Che fosse finalmente giunto il tempo di fare chiarezza nel marasma che sentiva dentro? Che bisognasse guardare oltre Hogwarts, oltre la guerra? Che invece di occhi rossi fossero quelli verdi che voleva seguire?
Così tante domande, così poche scale…
Quando salì gli ultimi gradini, Draco era ormai convinto di voler attraversare l’aula di corsa per fiondarsi giù dalla finestra, altro che chiarirsi con Harry.
Solo che quello che vide gli gelò il sangue nelle vene e lo inchiodò lì dove si trovava.

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Capitolo 5
*** ci pensano le ragazze! ***


Ok, ammetto che con questo capitolo alcuni personaggi mi sono andati un poco ooc… Ma mi volevo levare alcune soddisfazioni con Pansy e Hermione!
E visto che io sono la tiranna padrona di questa fanfiction, i personaggi devono fare come voglio io!!
Come sono democratica…
Ed ora, buona lettura!
E, sempre democraticamente, vi dico… Recensite!
Un abbraccio enorme a tutti…







Nonostante la sorpresa, Draco compose il viso in un’espressione tranquilla e vagamente acida.
-Granger-, secco, senza inflessioni.
“Bravo, Draco, vai così…”, si complimentò con se stesso…
-Oh, Malfoy, piantala! Sono tre sere che ti aspetto e non ne posso veramente più di piallarmi il culo in questa stanza soffocante!-, sbottò Hermione esasperata, agitando le mani in aria come se scacciasse una mosca.
Draco inghiottì a vuoto, sconvolto dal linguaggio della mora che gli stava di fronte.
-Granger?!?-
-Sto venendo meno ai miei doveri di Prefetto e devo a quel bastardo di Macmillan più favori di quanti vorrei, visto che ha dovuto coprire i miei turni! Oltretutto, sto anche trascurando Blaise! Ora entra, prima che mi incazzi di brutto!!-, sbraitò la ragazza.
Draco era talmente scosso dall’atteggiamento e dalle parole della Granger che fece qualche passo avanti e si chiuse alle spalle la porta.
-Colloportus-, esclamò allora lei, sigillando il battente e guardandolo torva, bacchetta alla mano.
Ecco, lo sapeva: ora era fottuto: non sarebbe riuscito ad estrarre la propria abbastanza alla svelta.
Tentò comunque di non darsi per vinto.
-Granger-, reagì il biondo chiamandola per la terza volta di fila. -I miei compagni sanno che sono qui. Se dovesse accadermi qualcosa, se dovessi non tornare, verranno a cercarmi…-
-Ma non dire cazzate!-, gli urlò contro quella.
Draco si appiattì al muro. Per Diana, la mezzosangue faceva proprio paura… Ora avrebbe smesso di biasimare Blaise per aver avuto tante remore a dichiararsi…
-Nessuno sa che sei qui-, continuò lei, -perché ti vergogni troppo a confidare a qualcuno che sei salito per vedere Harry Potter, il tuo arcinemico, per cui hai un’attrazione senza limiti ed una cotta smisurata-.
Hermione si godette a pieno l’espressione basita del Serpeverde.
-Cosa ti fa credere che quello che dici sia vero?-, provò ad controbattere lui.
-Non confondermi neanche lontanamente con quei due imbranati dei miei amici. Harry ha la maturità emotiva di un termosifone, cresciuto com’è tra dissesti, catastrofi e familiari che lo disprezzano; l’unico più o meno parente che si è affezionato a lui, in realtà proiettava solo il ricordo e l’immagine del proprio amato amico sul povero Harry… E comunque glielo hanno ammazzato sotto gli occhi! Per quanto riguarda Ron… Beh, ha ammesso che gli piaceva Pansy da ubriaco una sera di due anni fa e se non si fosse dichiarata lei sarebbe ancora a chiamarla per cognome!! Sì-, continuò Hermione notando il moto di sorpresa di Malfoy, -tutti e quattro ci abbiamo impiegato un po’ a superare i pregiudizi, ma ora siamo due coppie più o meno felici, se si escludono i nostri due rispettivi amici che sono due spine sotto l’unghia… In ogni caso, mi son chiesta come mai tu non avessi fatto fuoco e fiamme quando Pansy e Blaise si sono fidanzati con Ron e me, i due odiati amici del suo odiatissimo nemico. Mi sono domandata, cosa potrebbe spingere Draco Malfoy a non ostacolare quelle relazioni? Cosa potrebbe guadagnarci?-, concluse la ragazza addolcendo impercettibilmente il tono.
Lui non diede segno di voler replicare a quella domanda. In realtà, non avrebbe saputo cosa poter ribattere per essere credibile: in fin dei conti, a Draco non fregava un cazzo di quei due Grifondoro. Anche se ultimamente non aveva più voglia di sputar loro in faccia quando li incontrava in giro per i corridoi o nel cortile.
Hermione fece spallucce, alzando le sopracciglia ad arco.
-Niente, è la risposta. Non ne avresti nessun ricavo materiale. Né vantaggi di altro genere. No, tu l’hai fatto per vedere Harry contento, perché sapevi che questa cosa gli avrebbe fatto piacere. A quel punto, tutto quello che avevo notato durante le settimane passate e che mi aveva lasciato addosso un sacco di dubbi… Tutto si è chiarito. La persecuzione a cui sottoponi Harry… Santo cielo, se ne sono accorti pure i muri che non sono altro che infantili tentativi di attrarre l’attenzione del mio amico! Mi correggo: se ne sono accorti tutti tranne il diretto interessato-.
-Balle-, affermò fieramente Draco, senza che la vibrazione che riverberava nelle sue viscere trapelasse nella voce.
-Poi-, continuò la Grifondoro senza dar mostra di averlo sentito, -sono andata ancora più indietro con i ricordi… Per esempio, te la ricordi la festa che Seamus ha organizzato all’inizio del secondo semestre? Avevamo deciso di invitare i Serpeverde per pura formalità… Ma voi vi siete presentati sul serio. Ti vengono in mente i particolari di quella serata?-
Draco adocchiò disperatamente la finestrella più vicina, valutando mentalmente se ce l’avrebbe fatta a sopravvivere alla caduta libera di centinaia di metri.
-Quella festa è stata uno schifo-, sentenziò con il suo più altezzoso e schifato tono strascicato. –Per niente all’altezza dei miei aristocratici gusti: sono rimasto meno di un quarto d’ora, saputella-.
-Ma tu pensa! Ed in questo breve lasso di tempo io ho potuto notare alcune cosette: il fatto che volessi schiantare Lavanda per aver ballato con Harry, anche se tra loro due non c’è palesemente niente… Il fatto che tu abbia accettato di mescolarti a gente che non fa parte della tua casa, anzi che rientra in categorie che sei abituato a disprezzare. Il fatto che Colin, fan sfegatato di Harry fino alla maniacalità, abbia misteriosamente perso il suo invito e non sia potuto entrare-.
-Potter mi fa schifo e tu queste cose te le sei sognate-.
-Posso anche concederti le tue barricate certezze, se vuoi. Ma torniamo a cose più recenti: ho visto Harry prepararsi per la sua uscita a Hogsmeade con te; tutti al dormitorio l’hanno visto. I suoi occhi… I suoi occhi brillavano! Mi sono affacciata dalla torre del nostro dormitorio e vi ho visti sparire verso il Platano Picchiatore: avevo dei fortissimi dubbi: Harry si stava lasciando condurre in quella situazione con una docilità ed una tranquillità che non mi sarei aspettata… Allora, ho capito: nonostante quello che ora so che prova per te, non si sarebbe così lasciato andare se non avesse anche solo un poco sperato di essere ricambiato. Quando la serata era già inoltrata e voi ancora non eravate ricomparsi… Beh, ho sperato per il meglio, vi ho mandato i miei migliori auguri e ho spedito tutti a letto-.
Hermione si concesse un lungo sospiro e parve d’un tratto molto triste.
–Ma Harry è rientrato la mattina dopo, disperato e con la voce arrochita dalle urla, scarmigliato e con gli abiti strappati. Continuava a tremare e piangere. Abbiamo dovuto sedarlo con una pozione che ci era avanzata da quando questa estate faceva incubi così orrendi che non chiudeva occhio per intere nottate. E quando si è svegliato, ha continuato a piangere, senza mai raccontarci niente. Gli altri credono che Voldemort si sia riaffacciato nella sua mente-.
-Io l’ho visto rientrare nel castello-, borbottò Draco, intimamente diviso suo malgrado dalla gioia per aver arrecato strazio e dolore a Potter ed un senso di rimorso grosso come il Malfoy Manor.
E poi cosa era quella storia secondo cui il grifondoro avrebbe provato qualcosa per lui, Draco Malfoy?
-A me risulta che abbia girovagato per la Foresta Proibita fino all’alba-.
-Questo perché è stupido-, decretò il biondo.
A quel punto, Hermione fece una faccia strana, a metà strada tra il furibondo ed il dispiaciuto.
Prese fiato, sembrò sul punto di dire qualcosa.
Draco ci tenne ad intervenire precedendola.
-Non mi piace Potter. Io lo odio, lo detesto, spero che patisca le pene dell’inferno-.
L’espressione sul viso di Hermione virò, inspiegabilmente, ancora di più sul dispiaciuto; ma si aggiunse un cipiglio di determinazione.
-Non mi interessa essere tua amica, Malfoy. Quello a cui sto mirando è la felicità di Harry… Certo, avrei preferito vederlo con Ginny, che lo adora da anni, o comunque sistemato in una maniera più “convenzionale”, con una persona che non gli complichi la vita, a prescindere dal suo sesso. Harry ha passato l’inferno e non gli si prospetta un futuro migliore, a breve termine. Gestire la tua presenza a l suo fianco sarà un casino, per lui: l’opinione pubblica vi si scaglierà addosso, in molti continueranno a nutrire forti dubbi sulla sincerità del vostro rapporto… Tu probabilmente verrai coinvolto in un tipo di vita che come rampollo Malfoy neanche ti saresti immaginato: quella di chi rischia il culo per gli altri. Perché è questo che il mio amico fa, da cinque anni a questa parte; vedi, lui, quando c’è da aiutare qualcuno, non si tira mai indietro e non cerca mai aiuto a sua volta-.
-Stai dando molte cose per scontate, Granger-, osservò atono Draco.
Non riuscì proprio ad essere tagliente.
Chi sa perché.
-Io-, proseguì imperterrita Hermione, -voglio essere sicura che tu possa essere qualcuno su cui Harry possa contare, senza temere che gli strappi il cuore per un capriccio. Ora, tirando le fila del mio lunghissimo monologo, ti dirò cosa farò: aspetterò tre giorni, fino alla fine della scuola, perché tu faccia chiarezza in te stesso. Se per allora dimostrerai di saper affrontare la situazione, lascerò che gli eventi prendano la piega che vogliono. Altrimenti, se non ti sarai fatto avanti per chiarire questo garbuglio, ti forzerò io la mano, nel bene o nel male. Questa cosa non può andare avanti così oltre: Harry ha bisogno di risposte, se le merita… E tu non gliele negherai-.
-Potrebbe non essere così facile farmi fare qualcosa che non sono intenzionato a fare-, ribatté Draco molto sicuro di sé.
-Continui a non cogliere il nocciolo della questione, Draco: io troverò comunque il modo di sciogliere questo nodo che blocca Harry nell’incertezza. Per quanto mi riguarda, la nostra chiacchierata è conclusa; non credo che tu voglia sprecare il poco tempo prezioso che ti rimane ciarlando con me. Pensa, Draco, pensa…-
E con queste parole, Hermione si alzò e si diresse verso la porta.
-Finite incantatem-, ordinò interrompendo la magia Colloportus. Aveva una mano sulla maniglia quando si girò ed aggiunse, con un tono semplice ed un mezzo sorriso. –Potreste essere felici insieme, veramente. I miei migliori auguri da sciocca sentimentale Grifondoro perché le cose si risolvano bene per entrambi, Draco. Anche per te-.
-Non mi piace Harry Potter. Io lo detesto-, ribadì con fermezza il ragazzo.
-Sì, certo, come no-, lo accontentò Hermione.

Draco avrebbe giurato a se stesso di poter chiarire alla svelta i propri dubbi, ma si ritrovò in un vicolo cieco già dieci minuti dopo che la Granger aveva lasciato l’aula.
Potter non gli piaceva.
Se gli veniva in mente più volte al giorno il suo viso era solo per mantenere vivo l’odio, l’antagonismo. Se gli mancava quando non lo aveva intorno, era solo per la forza dell’abitudine di avere tra le palle la sua antipatica faccia. Se lo trovava bello, era perché era oggettivamente bello.
Draco era un esteta, non avrebbe mai negato la bellezza di spalle forti, braccia tornite, gambe…
Iniziò a passeggiare nervosamente per l’aula, imprecando senza ritegno.
E va bene, poteva ammettere, solo nel profondo della propria anima, che se lo sarebbe fatto volentieri.
Ma non avrebbe concesso al moro questa soddisfazione.
E poi, anche facendoselo, cosa avrebbe risolto?
Non c’era un futuro per loro.
Non c’era mai stata neanche l’ipotesi di un rapporto, tra loro due: avevano fatto del loro meglio per restarsi sulle palle vicendevolmente.
E c’erano riusciti alla perfezione.
La Granger doveva aver preso un granchio grosso come la Piovra Gigante: Potter non era infatuato di Draco… Semplicemente, essendo attratto dai ragazzi, aveva puntato il migliore della scuola.
Si specchiò sulla superficie riflettente di una sfera di ossidiana.
Per le vaporose gonne di Morgana! Come si faceva ad essere così affascinanti?
Così dotati di charme, di classe, di sofisticato sarcasmo…
-Oh, sei tu-, constatò neutralmente una voce alle sue spalle. Una voce che conosceva bene. –Cercavo Hermione: Sir Nicholas ha detto di averla vista salire qui… Ma si deve essere sbagliato-.
Eccolo, lo aveva davanti: era lì, che dondolava il peso del corpo da un piede all’altro, evidentemente restio ad andarsene, forse desideroso di avviare una conversazione.
Harry Potter lo guardava con un’aria incerta, a tratti tenera.
“O forse vagamente patetica”, commentò tra sé Draco.
Harry che sorrideva timido, quasi che attendesse qualcosa.
Come aveva detto la stupida Grifondoro?
Ah, già: avere delle risposte.
Dolce Harry, con un cuore grande e tanto affetto da donare al prossimo.
Draco ripensò al discorso che si era costruito per le scale, o almeno alla sua prima parte.
Aprì la bocca…
-Potter, sei un cretino-, sibilò con rabbia, mentre lo sorpassava in corsa precipitosa per inforcare l’uscita.

Da secoli i Malfoy tramano nell’ombra, tessono ragnatele e detengono le redini del potere occulto nella società. Per questo, la gente è portata a credere che essi siano dei vigliacchi che preferiscono non battersi per quello in cui credono.
Sciocchi, costoro!
I Malfoy sono semplicemente troppo raffinati per lottare sporcandosi le mani, preferendo quindi le sottili arti della politica e della strategia, della manipolazione e del ricatto. Della corruzione e della concussione.
Ma questo non vuol dire che un Malfoy all’occorrenza non sappia tirare fuori il coraggio di un drago e combattere strenuamente rischiando la propria incolumità: forte delle proprie convinzioni, un Malfoy si getterà nella mischia e farà valere le proprie ragioni con atti di coraggio e di eroismo.
Ed io credo in quello che penso e che provo. Cioè, che non provo.
Ecco perché per i restanti tre giorni mi fingerò malato e lascerò che la scuola termini senza che il sottoscritto sia visto fuori dalla propria stanza.
Mi farò venire a prendere da mia madre solo dopo che tutti gli altri allievi saranno partiti.

Era l’ultima sera dell’anno scolastico. Per consuetudine, i professori chiudevano un occhio sul fatto che quasi tutti gli studenti uscivano a godersi l’atmosfera del parco di Hogwarts e non venivano impartite punizioni se, ben dopo l’orario del coprifuoco, questi andavano passeggiando in riva al Lago Nero o intorno alla Guferia o nel campo di Quidditch.
Due figure, per l’appunto sedevano molto vicine sulle scalinate del settore di Corvonero dello stadio: tenevano le teste vicine e parlottavano tra di loro.
Una voce femminile ruppe la quiete che aveva regnato fino a quel momento.
-Non hai proprio niente da dirmi?-
-…-
-Credevo che avessimo stabilito di parlare sinceramente, tra noi due-.
Dall’altra parte ancora silenzio.
La voce femminile iniziò a scaldarsi.
-Ma insomma! Come fa ad esserci un rapporto se non c’è sincerità? Io provo a fare dei passi avanti e tu invece indossi quella superba aria Serpeverde…-
Nessuno rispose a questa lamentela e Hermione decise che ne aveva abbastanza di quella situazione.
-Melifèro!-
Uno sciame di api, comparse dal nulla, prese ad aggirarsi lì intorno.
-Che accidenti fai? Io ho il terrore delle api! Richiama quelle cose!-
Hermione fece sventolare la bacchetta e le api si dissolsero. Quello che invece rimase fu il sorriso soddisfatto che la Grifondoro aveva inalberato.
-Finalmente ti decidi a parlarmi… Pansy Parkinson!-
-Scommetto che te lo ha detto Blaise! Quel bastardo! Rivelare così il mio punto debole a…-, Pansy si ringoiò quello che stava per dire.
Ma Hermione aveva intuito il resto della frase.
-A una mezzosangue?-
La Serpeverde non ebbe la faccia tosta di negare.
-Certe abitudini sono dure a morire-, ammise la Grifondoro con rammarico. –Io stessa ho tenuto la bacchetta in mano per tutta la strada che abbiamo percorso fino a qui, certa che avresti tentato una mossa infida. Non mi aspetto che tra noi nasca della simpatia solo perché il mio fidanzato è tuo amico e viceversa. Ma se ti ho chiesto di incontrarci è solo per un motivo più che valido… Ed immagino che tu sappia bene quale sia-.
-Due ragazzi con gli ormoni impazziti che si insultano, si picchiano e si affatturano in giro per tutto il castello?-, domandò Pansy con marcato sarcasmo. –Sì, diciamo che me lo ero immaginato-.
-Sarai d’accordo con me che la cosa non può andare avanti così-, disse Hermione con tono pacato e ragionevole. –Io e Ron da una parte e tu e Blaise dall’altra abbiamo provato a far ragionare i nostri rispettivi amici e nessuno di noi ha ottenuto il ben che minimo risultato; non so dire se siano molto stupidi o molto codardi, ma commettono un grosso errore a non guardare in faccia le cose-.
-Ammettendo che si muoiono dietro da non si sa nemmeno più quanto tempo? Non ho idea di come vadano le cose su nella vostra torre, ma nei nostri sotterranei io e Blaise ci abbiamo perso la voce tentando di mettere Draco di fronte ai suoi sentimenti… Ogni volta è un fallimento totale, che passa attraverso le sue orecchie da mercante e la sua sgusciante capacità di dirottare la conversazione su qualsiasi altro argomento!-
-Non ho ottenuto risultati migliori con Harry-, confessò a malincuore Hermione torcendosi le dita con frustrazione. –Anche quando era disperato non si è deciso a prendere in mano la situazione… Lui è così coraggioso quando deve affrontare i pericoli e poi davanti alle faccende sentimentali…-
-Beh, Draco non è coraggioso praticamente mai…-
Entrambe sghignazzarono, quasi contemporaneamente.
E quella sghignazzata fece sì che si guardassero per la prima volta negli occhi, quando fino a quel momento ognuna aveva fissato lo spazio davanti a sé.
Hermione fu la prima a riscuotersi e raccontò all’altra ragazza di come avesse tentato di indurre Draco a fare una qualsiasi prima mossa, sperando che la situazione si sbloccasse.
-Ma non è servito a niente-, concluse lamentandosi del suo insuccesso. –Sinceramente, speravo che la minaccia lo spingesse a tradirsi in qualche modo…Ma Draco è semplicemente sparito dalla circolazione! Ho un po’ bluffato e non ho ottenuto quel che speravo-.
-Non so che dirti: ho tentato in tute le maniere di far uscire Draco dalla camera: a niente sono valse le minacce e le lusinghe; neanche quelle di Piton. Ha detto di stare male, ha fatto talmente tanto la lagna che persino Madame Chips si è arresa e lo ha lasciato in pace. No, Draco non uscirà da quella stanza se non dopo che l’Espresso sarà ripartito alla volta di Londra con tutti gli altri studenti a bordo-.
-E Harry è fermamente deciso a non cercarlo-.
-Loro due stanno perdendo un’occasione d’oro per essere felici-.
-Lo dici a me?!-
Tacquero entrambe, perse ad imprecare contro la stupidità dei due.
-Non riuscirebbero a chiarirsi neanche se fossero vincolati tra di loro per l’eternità!-, esclamò di botto Hermione con uno scatto di rabbia, battendo il piede a terra.
-Ehi, quanta… Aspetta! Cosa hai detto?-
-Ho espresso in modo carino il concetto che sono due deficienti?-
-No… Essere vincolati tra di loro! Ma certo! Senti, mi è venuta un’idea…-

Passarono oltre due ore a pianificare le loro mosse: i tempi, le modalità, i luoghi.
Via via che trascorrevano quella serata insieme, scoprivano di avere affinità nel modo di ragionare, di intuire le mosse giuste da fare…
Senza accorgersene, passarono dai cognomi e dai toni formali ai nomi propri e ad un clima di tranquillità.
Alla fine, Pansy ricapitolò tutto quanto.
-Dici che funzionerà?-, chiese Hermione, che sentiva un bisogno intimo di essere rassicurata sul fatto di star facendo la cosa giusta.
-Sinceramente… Non lo so. Ma è il miglior colpo che abbiamo nel nostro arsenale. Ne parlerai tu a Blaise? Io lo spiegherò a Ron-.
-Va bene. Pansy, posso star certa che non giocherai un brutto tiro a Harry?-
-Ti fidi di me?-
-No-.
-Era una domanda retorica-, ribatté Pansy.
-Oh! Allora, in questo caso… No lo stesso-.
Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, poi scoppiarono entrambe a ridere.
-Credo di capire cosa Blaise abbia visto in te, sai Hermione? E dovremmo fare questa cosa un po’ più spesso-.
-Questa cosa… Cosa?-
Pansy abbassò lo sguardo, improvvisamente impacciata.
-Questa cosa… Sai, tra ragazze-.
-Come trovarci per chiacchierare?-
-Esattamente-, ammise contro voglia l’altra.
-Magari davanti ad un bicchiere di tè freddo?-
-Probabile-, rispose ancora più riottosa la Serpeverde.
-Passare del tempo insieme?-
-Mhmmm-, si limitò ad annuire Pansy, con il viso in fiamme.
-Qualcosa tipo… Essere amiche?-
Ma non arrivò nessuna replica.
Tuttavia, la bacchetta di Pansy si agitò un poco e comparve nell’aria un piccolo fiocco di seta azzurra che si andò a depositare sul grembo di Hermione. Lei ricordò di aver confessato a Blaise di aver invidiato a Pansy quello stesso fiocco durante l’anno precedente: sembrava una farfalla che battesse pigramente le ali.
Il tempo di alzare gli occhi e vedere la schiena di Pansy che si allontanava di fretta… la Grifondoro sorrise intenerita.
-Lo prendo per un sì-, mormorò al venticello serale.



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Capitolo 6
*** un contratto speciale ***


 

Scrivere questo capitolo, dopo aver aggiornato “L’Ottavo Anno” è stato un po’ come passare un pomeriggio a poltrire dopo aver corso una maratona… So bene che è molto più leggera (anche come volumi oltre che come atmosfera), ma anche questo figlio minore merita una conclusione.

 

 




Mangiamorte o meno che fossero, simpatizzanti o no per Voldemort, i Parkinson erano comunque ben inseriti nella società magica; una famiglia che forse non vantava aristocratiche origini, ma pur sempre benestante e in vista.
Pansy, in quanto rampolla, aveva ben presto imparato a districarsi in eventi sociali e mondani, anche se il suo carattere pepato le procurava spesso più punizioni da parte della madre di quante fosse disposta ad accettare.
Fin da piccina aveva dovuto fare i conti con le ristrettezze che il suo ruolo di figlia unica le imponeva: modi di comportamento da apprendere, regole da seguire, etichetta da memorizzare.
Viveva all’interno di un mondo abbastanza rigido… Forse era per questo che si sentiva attratta da Ronald Bilius Weasley: così rozzo, così spontaneo. Pepato quanto lei.
In ogni caso, per il momento le cose andavano bene: fino a che l’esito della guerra non fosse stato deciso, i Parkinson non si sarebbero schierati in modo palese; Voldemort per il momento non aveva mostrato il desiderio di averli accanto.
Pansy si fissò l’avambraccio a cui stava legando dei braccialetti di fiori intrecciati: era ancora candido ed intoccato: con un poco di fortuna, sarebbe rimasto scevro da marchi.
Lei e Blaise avevano parlato a lungo qualche giorno prima della fine della scuola: nessuno di loro due desiderava diventare Mangiamorte… Quali che fossero le loro opinioni sulla società magica e sul modo di governarla, principalmente loro due volevano restare liberi e non vivere in un regno di terrore quale quello di Voldemort si preannunciava. Ed inoltre, il fatto di essere cotti dei migliori amici del principale oppositore del Signore Oscuro… Beh, la cosa aveva il suo peso.
La Serpeverde non si era fatta troppi problemi concernenti il futuro, fino a quel momento.
Ma se avesse dovuto scegliere lo schieramento così su due piedi…
Sorrise: era inutile stare a pensare alla guerra, in quel momento: aveva di fronte a sé una serata impegnativa, un compito titanico e un colpo vincente da segnare.
Infilò l’ultimo fiore tra i capelli ed uscendo di stanza scese al piano inferiore dove la serata di beneficenza che aveva organizzato al posto di sua madre stava per avere inizio.

-Hermione?-
-Sì, Harry?-
-Ripetimi perché siamo qui-.
“Oh, Morgana, no, non di nuovo!”
-
Beneficenza, Harry. Tutti i soldi che ricaveranno da questa asta oggi saranno devoluti ad un orfanotrofio che deve essere costruito-.
Usò un tono intermedio tra quello che avrebbe utilizzato per spiegare Rune Antiche un cerebroleso (cioè il modo in cui le spiegava a Ron) e quello che gli sarebbe servito ad ammansire una delle “innocue” creature di Hagrid.
La ragazza era sicura che il moro non avrebbe detto di no ad una simile causa: troppo facile far leva su orfanelli indifesi.
“Perdonatemi, orfanelli indifesi”.

-Ma sembra tanto simile ad una festa! Sai che non mi piace stare in pubblico. Tutti hanno la tendenza a guardarmi in fronte quando mi parlano…-
-Questo perché hai una fronte molto affascinante-, ribatté distrattamente Hermione mentre scrutava tra la folla alla ricerca di qualcuno.
-Chi cerchi, Herm? E no, non mi fissano per la mia fronte-, proseguì l’altro in tono lamentoso. Harry non si lamentava spesso, ma quando attaccava poteva andare avanti anche ore. -Cercano di vedere sempre la cicatrice. Mi sono fatto anche allungare la frangia, ma non serve a niente. In me tutti vogliono vedere solo il Bambino Sopravvissuto e mai…-
Ma Hermione nel frattempo aveva individuato una chioma corvina: alzò un braccio per attirare l’attenzione e si vide rispondere con un pollice verso l’altro.
-E poi lo smoking mi soffoca e non capisco perché non ti sei fatta accompagnare da…-
-Blaise arriverà più tardi-, tagliò corto lei.
-Ma lo stesso, io…-
La Grifondoro sospirò: Harry l’avrebbe uccisa per quello che stava per fare. Che diamine, anche lei stessa si sarebbe uccisa per quello che stava per fare!
Ma qualcuno doveva pur fare qualcosa!!!
Si spostò dietro Harry e gli puntò la bacchetta tra le scapole.
“Scusa, amico mio”.

-Confundus-, bisbigliò.

-Pansy?-
-Dimmi, Draco-.
-Non sono sotto Imperius, vero?-
-Non che io sappia, Draco-.
-Allora puoi rispiegarmi cosa ci faccio qui?-
“Merlino, che pppalle!”

-Stiamo per fare della beneficenza. Sai, quei poveri…-
-Ah, ci sono i Weasley! Non me ne può fregare di meno! Io non faccio beneficenza senza un tornaconto personale!-
-Ok…-, capitolò la Serpeverde, che trovava inutile sottolineare come “fare beneficienza” e “tornaconto personale” stonassero tra di loro in una stessa frase. –Allora, siamo qui perché questo è un evento sociale di spicco per la società magica e non puoi perdertelo. Siamo qui perché io ho organizzato l’asta e tu hai promesso che mi avresti aiutato…-, alzò una mano non appena il biondo fece per intervenire. -Anche se dietro compenso, lo so. Infine-, e si concesse di sorridere, -siamo qui perché questo smoking ti dona moltissimo!-
-Mhmmm-, bofonchiò Draco. Poi assottigliò gli occhi in una smorfia calcolatrice. –A quanto ammonta il mio compenso?-
-Te l’ho già spiegato: è una percentuale sul ricavo: quindi, datti da fare perché le offerte siano alte!-
Il giovane gonfiò il petto, inorgoglito.
-Lo saranno, vedrai. Lascia fare a me; sono o non sono Draco Malfoy? Ehi, Pansy, mi ascolti? Cosa stai guardando in giro per il salone?-
-Eh?! No, no, niente… Perfetto-, si riprese la ragazza che aveva appena individuato due persone di suo interesse. –Allora firma qui per il contratto…-
Mentre Draco si chinava su un tavolo a siglare con la sua elegante grafia una pergamena, Pansy alzò il braccio in aria, la mano stretta a pugno ed il pollice diretto al soffitto. Non appena l’altra l’avesse visto, avrebbe dato subito il via alla contromossa.
“E che Morgana ce la mandi buona…”.

Non appena Draco salì sul palco, fu subito chiaro che sarebbe stata una sfida all’ultimo sangue. Decine di mani guantate di fanciulle (e, ebbene sì, anche di qualche signora) scattarono verso l’alto.
Draco non faceva molto altro che starsene fermo, rivolto di tre quarti verso il pubblico, ma riusciva ad infondere nel viso una tale sensuale malizia che le offerte cominciarono a salire velocemente, mentre Pansy fomentava la competizione.
-Gentili partecipanti a questa asta di beneficienza, superate la vostra timidezza! Draco Malfoy è qui disponibile per voi! Chi vincerà facendo l'offerta più alta si aggiudicherà la sua compagnia per un intero fine settimana presso la residenza di campagna della famiglia Zabini! Potrete non solo trascorrere ben tre giorni in compagnia di questo splendido ragazzo, ma farlo in uno dei più fantastici manieri del Somersetshire! Senza contare-, si sentì in dovere di aggiungere, -che contribuirete con la vostra donazione ad aiutare la costruzione del nuovo orfanotrofio dedicato ad Alice Molland-.
Altre mani si alzarono al soffitto. Pansy continuò ad incitare.
-Uhuuu, siamo arrivati a quaranta galeoni! Ma vedo mani che continuano a fare altre offerte! Quarantacinque! Cinquanta! Chi offre di più?-
Draco se la stava godendo un mondo a vedere tutte quelle fanciulle che lottavano a suon di rilanci per lui; in realtà non è che proprio le vedesse, perché aveva i riflettori puntati addosso e la platea rimaneva in ombra, e neanche le sentiva distintamente, avvolto come era dall'Incantesimo Muffliato; gli sfuggiva la logica per cui Pansy lo avesse messo sotto Muffliato, forse era una qualche strana regola di quell'asta. Sperò che alla fine avrebbe vinto qualcuna con cui passare il suo tempo, dal venerdì pomeriggio alla domenica sera, non sarebbe stato troppo tremendo: qualcuna con cui divertirsi, non troppo oca e abbastanza carina: sebbene Draco sapesse di preferire i ragazzi, non si sarebbe certo tirato indietro davanti ad una bella fanciulla con cui stropicciarsi gli abiti.
Eteroflessibile era un termine che trovava elegante e sofisticato per la propria persona.
Infoiato come un cinghiale sarebbe potuto andare bene lo stesso.
Soprattutto, sperava che vincesse qualcuna che poi non gli restasse appiccicata una volta terminato il tempo a sua disposizione: da dopo la fine della scuola si era sentito via via meno incline ad essere coinvolto in storielle ed avventure. La verità è che da quella sera passata a Hogsmeade ci provava sempre meno gusto.
Ma quello che era fatto era fatto, si disse; e probabilmente aveva solo bisogno di un pretesto per rimontare in sella: per questo, in definitiva, si era lasciato convincere da Pansy a offrirsi come premio in palio.

Il rilancio era arrivato a trecento galeoni, era il momento giusto.
Hermione scosse piano il suo amico per la spalla: lui la guardò trasognato e la ragazza temette di averlo confuso troppo.
-Harry-, lo chiamò incoraggiante. -Il professor Ruf ha chiesto in che anno è stata fissata la nascita del Quidditch: è l'anno mille. Dobbiamo guadagnare punti per Grifondoro: presto, alza la mano e dai la risposta!-
La mano di Harry scattò in alto.
-Mille!-, ruggì orgoglioso di se stesso.
L'offerta esorbitante spiazzò le fanciulle della sala e per una manciata di secondi regnò il silenzio.
Pansy ne approfittò, aspettando il tempo minimo per un rilancio e poi dichiarando conclusa l'asta.
Il pubblico, deluso, cominciò a sciamare via e la Serpeverde riaccompagnò il suo amico dietro le quinte, in un camerino, spiegando che sarebbe andata subito a riscuotere il pagamento e lo mollò lì ad aspettare che arrivasse chi aveva vinto.
Hermione, dal canto suo, si complimentò con Harry e lo spinse ad un banco prima che l'incantesimo Confundus svanisse.
-Vieni, Harry, bravissimo! Hai vinto la gara di storia di Ruf, devi firmare il registro!-
Harry appose la sua firma su una pergamena e poi Hermione lo accompagnò in una stanza dove disse che avrebbe ricevuto il suo premio.

Il ragazzo si sentì schiarire improvvisamente la mente; contemporaneamente, realizzò di essere legato.
Andò in panico, iniziando a guardarsi intorno: era certo che si sarebbe trovato circondato da Mangiamorte.
Vide Draco Malfoy, legato pure lui.
Il panico diminuì, ma aumentò l’imbarazzo: nel vedere l’altro immobilizzato alla sedia qualcosa aveva iniziato a muoversi nei suoi pantaloni.
“Avere gli ormoni di un adolescente fa schifo”, si ritrovò a pensare, tentando di accavallare le gambe per nascondere la crescente erezione.
-Potter, piantala di ballare quella stupida danza babbana e liberami!-
-Non sto ballando, idiota! E come faccio a liberarti? Sono legato anche io e non ho la bacchetta!-
-Questo perché volevamo avere il tempo di spiegarvi senza che faceste qualche cazzata-, esordì una voce dalla penombra.
-Pansy, slegami subito!-
-Se non stai zitto ti imbavaglio anche!-, ribatté la Serpeverde  avanzando al centro della stanza, seguita da Hermione. Le due avevano sul viso un’aria soddisfatta, anche se quella della Grifondoro era macchiata da un accenno di senso di colpa.
Harry, pur distratto dal pensiero di Draco che si dibatteva al suo fianco (e le gocce che gli imperlavano la fronte adesso lo mandavano fuori di testa), cominciò a capire.
-Hermione, mi hai confuso!-, affermò risentito ed offeso.
Il senso di colpa aumentò nell’espressione di Hermione, ma la ragazza contemporaneamente serrò le labbra in una smorfia decisa.
-Lo avevo detto sia a te che a lui-, disse indicando con un cenno del mento Draco, che si bloccò all’istante assumendo un atteggiamento molto circospetto. -Ma non mi avete voluto dar retta-.
Fu l’unica frase, ma venne pronunciata come se spiegasse un sacco di cose.
-Lasciatemi spiegare-, intervenne Pansy. -Perché mi sto divertendo davvero un mondo e voglio godermi le vostre facce mentre vi racconto cosa è successo. Tu, stupido Grifondoro, sei stato confuso e hai partecipato ad un’asta, che hai vinto; e tu, stupido Serpeverde, sei il suo premio-.
I due ragazzi si guardarono orripilati.
Harry nella fattispecie era anche ammutolito, ma l’altro iniziò subito a replicare.
-Non puoi obbligarmi… Io ora…-
-Tu ora un bel niente. Avete firmato un contratto magico, una sorta di Voto Infrangibile. Vi impegnate a trascorrere del tempo insieme da venerdì pomeriggio a domenica sera prossimi presso la casa di campagna di Blaise, tempo durante il quale non potrete lanciare magie uno sull’altro-.
-Né su di noi-, si sentì in dovere di puntualizzare Hermione.
-Bene-, ringhiò Draco. -Datemi la mia bacchetta che vi schianto tutti adesso-.
Pansy sorrise con sincero affetto, avvicinandosi all’amico: gli restituì la bacchetta e lo slegò, mormorandogli all’orecchio.
-Se neanche in un angolo della tua mente pensi che in realtà ti abbia fatto un favore, sei libero di schiantarmi e torturami, fai pure-.
Draco scattò in piedi e lì rimase, tremante ed immobile per una manciata di secondi; dopo di che si avviò con passo furibondo verso la porta: aveva già una mano sul pomello quando Pansy si sentì in dovere di aggiungere un ultimo particolare.
-Draco, non pensare nemmeno di non presentarti: infrangere il contratto magico avrebbe conseguenze altamente… Nefaste-.
-Andatevene a fanculo tutti!-, sbraitò il biondo ed un attimo dopo non era più nella stanza.
-Mi pare sia andata benissimo!-, commentò Pansy, rivolta ad Hermione. -Io devo tornare di là: a lui pensaci tu, vi lascio soli-.
Così dicendo uscendo a sua volta e nella stanza rimasero solo Hermione ed Harry.

Lei lo liberò e gli restituì la bacchetta. E finalmente lo guardò dritto negli occhi.
Harry aveva un’aria smarrita e sembrava che tutti i suoi lineamenti si fossero allentati sul viso pendendo verso il pavimento.
Hermione si tese in attesa dei rimproveri e delle colpevolizzazioni: quello che invece uscì dalla bocca del ragazzo la stupì.
-Non funzionerà, sai-, disse mesto. -Lui mi detesta. Ha fatto tutto… Sai, faceva parte di un piano: non importa quanto lui mi piaccia, era tutta una farsa da parte sua-.
La ragazza non sapeva se essere felice perché Harry finalmente aveva ammesso che Draco gli piaceva o se essere dispiaciuta perché il suo amico non aveva capito una beneamata mazza della situazione. Stava per rispondere, quando lui riprese a parlare.
-Però… Grazie. Davvero. Avrò questi tre giorni, e poi riuscirò a dimenticarmi di lui, mi impegnerò a farlo: mi ha trattato come una merda e andrò avanti e me lo dimenticherò-, confermò quasi del tutto a sé stesso, mentre la voce assumeva una calda sfumatura di rabbia.
A Hermione venne da scuotere la testa, esasperata: Harry ogni tanto sembrava un mentecatto; forse la cicatrice che Voldemort aveva lasciato aveva colpito più in profondità del previsto e gli si era lesionato qualcosa nel cervello: qualcosa che aveva a che fare con la comprensione emotiva.
Ma decise di assecondarlo e poi… Be’, si sarebbe visto.
Lasciò lì il suo amico e raggiunse Pansy: la trovò che parlava con Blaise e Ron; inizialmente i ragazzi non erano stati troppo entusiasti della loro idea, ma dato che non erano riusciti a trovare nessuna soluzione migliore, avevano deciso di collaborare: la svolta decisiva era stata scegliere la casa di Blaise come luogo: appartato, dotato di incantesimi di protezione, deserto perché appena rimesso a nuovo.
Fece scivolare la propria mano in quella del suo ragazzo e si sentì felice quando lui ricambiò la stretta: aveva tenuto che ad una festa di maghi lui l’avrebbe trascurata; ma evidentemente a Blaise non interessava che lei fosse una Mezzosangue nata Babbana, non più almeno. Guardando Pansy appesa al braccio di Ron considerò che gli eventi stavano prendendo una piega ben strana, ma per niente spiacevole.
-A questo punto il grosso è fatto; non ci resta che invitare qualcun altro perché l’atmosfera non diventi troppo pesante: altrimenti quei due rischiano di passare tutto il tempo a guastarci l’umore. Tanto di spazio ce n’è in abbondanza-, propose Blaise.
-Penso che non sia il caso di invitare altri Serpeverde, in modo che Draco non si senta troppo spalleggiato nella sua pretesa di giocare a fare il piccolo Mago Oscuro-, considerò Pansy. -E neanche dei Grifondoro troppo concentrati sulla guerra tra Case-, aggiunse.
Ron fece una faccia delusa, perché evidentemente avrebbe voluto che venissero anche Dean e Seamus; però propose Ginny, che ottenne l’invito in quanto buona giocatrice di Quidditch.
A ruota venne il nome di Michael Corner, con cui Ginny si era da poco rimessa, ed il suo amico Terry Boot: poi furono incluse nella lista Luna e Megan, una simpaticissima Tassorosso, gioviale ed accomodante.
Blaise si prese ovviamente il compito di spedire subito gli inviti, e si eclissò insieme ad Hermione.
-Scommetto che gli inviti erano solo un pretesto-, considerò Pansy ad alta voce. Poi rivolse la sua attenzione a Ron. -Ti rendi conto che lo scopo del prossimo fine settimana non è giocare a Quidditch, vero?-
Ron si mostrò deluso, ma dopo un attimo tornò alla carica con il suo temperamento Grifondoro.
-Passare del tempo insieme noi due, invece? Guarda, se non mi fai stare insieme a Malfoy ti faccio da cavalier servente, ti regalo quello che vuoi, ti…-
-Oh, sono tutte cose che puoi comunque fare; ma il nostro fine è che quei due capiscano di voler stare insieme-.
La delusione si fece di nuovo strada sul volto di Ron.
-Non so se sono d’accordo che Harry e Malfoy… Insomma… Quello-.
-Non fare il guastafeste e tenta di non litigare con Draco. Un po’ di collaborazione non ti ucciderebbe, sai, Ron?-, disse la moretta.
-Pansy, ascolta-, le disse il ragazzo poggiandole le mani sulle spalle. –Pur con tutto il bene che ti voglio… Scordati che io possa essere gentile con Malfoy! Ma come! Hai assistito a tutte le beffe, ad ogni insulto… Ti pare il caso di chiedermi una cosa del genere?-
Ma Pansy stava attualmente boccheggiando…
-Ehi, va tutto bene?-
-Ron, tu hai appena detto che mi vuoi bene?-, chiese con voce strozzata.
-Oh, cazzo-, esclamò il rosso levando in aria di botto le mani, come in segno di resa. –Ehm, ecco, io… Naturalmente era così, un modo di esprimersi generico e poi io… Noi… Cioè…-
Si stava letteralmente arrampicando sugli specchi, passando lentamente ad un aranciato color lava… No… Rosso peperone…
Lei sorrise.
-Va bene, Ron. Posso accettarlo. Posso perfino esserne contenta-, parlò con voce dolce. –Ovviamente-, proseguì con tono acido, -non sognarti neanche che io possa dirti una cosa del genere a mia volta. Sono una Serpeverde e noi Serpeverde non parliamo mai dei nostri sentimenti-.
-Immagina la mia felicità…-, sbuffò lui.
Ma Pansy era radiosa, bellissima e quello che non diceva, traspariva comunque dall’espressione del suo viso.
-Baciami, scemo!- , ordinò tuffandosi tra le sue braccia.
Lui la guardò, un attimo prima di obbedirle.
-Questo fine settimana mi farà venire un infarto, e per più di un motivo-.

 

 

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Capitolo 7
*** cinghiale a cena ***


Dedico questo capitolo a Ste_exLagu, che mi ha provvidenzialmente fornito l’ispirazione per sbloccare la narrazione: cinghiali marinati always!
Grazie, Ste, da parte mia, ma soprattutto da parte di Harry che non sapeva come uscire dall’impasse.
Piccola nota ad alcuni capitoli precedenti: vengono fatte delle magie da personaggi che sono ancora minorenni e al di fuori di Hogwarts; teoricamente questo non sarebbe possibile senza un intervento del Ministero; tuttavia la Rowling stessa nei suoi libri viene meno al rispetto di questo Decreto (vi prego, fidatevi e non mi fate elencare gli esempi): si può presumere che l’applicazione sia piuttosto flessibile, soprattutto se i minorenni si trovano in ambienti senza Babbani intorno.
Anche qui e nei prossimi capitoli, se mi servirà per la trama, i protagonisti faranno magie: quindi tenete per favore presente che siamo sempre tra maghi e streghe e che il Ministero deciderà di chiudere un occhio.
Ammetto anche che qui ho focalizzato molto su Harry e Draco, lasciando gli altri personaggi di sfondo; contrariamente all’altra fanfiction (L’Ottavo Anno) non ho molto interesse a portare avanti una narrazione corale e ad approfondire molto le personalità di tutti…
 
 
 
 
 
 
 
Draco si era premurato di caramellare a suon di lamentele le orecchie di Blaise, via camino, via gufo, via Strillettera: tuttavia il contratto era irrevocabile e lagnanze varie non avrebbero mutato la situazione di una virgola.
Il biondo Serpeverde aveva anche pensato di raccontare l’intera storia a sua madre, che di sicuro avrebbe raso alle fondamenta la dimora degli Zabini a suon di fatture se lui avesse dipinto il fine settimana abbastanza foscamente: ma quando scese dalla sua camera per la cena, i genitori lo informarono che sarebbero partiti quella sera stessa per una seconda… No, terza luna di miele.
-Draco, tesoro, qualsiasi cosa tu mi debba dire può aspettare che io ritorni-, mormorò distratta la madre, accarezzando la testa del figlio e poi tirandoselo al petto in un abbraccio profumato e tenero.
Narcissa era molto prodiga di manifestazioni di affetto, ma in quanto a sesto senso materno… Non ne possedeva un’oncia e non aveva mai indovinato la realtà del carattere del figlio: non era della tempra algida dei suoi genitori e spesso rimaneva vittima del proprio temperamento, scostante ma fondamentalmente appassionato.
E parlarne con il padre? Per Merlino, non si sarebbe fatto scoprire così debole da non sapere affrontare un fine settimana insieme a Potter, per quanto la cosa lo disgustasse.
Certo, per essere disgustato dalla prospettiva aveva accumulato una notevole quantità di bagagli, una volta risalito in camera dopo aver cenato e salutato i suoi: non sapeva decidersi su che abiti portarsi dietro. Ed inoltre aveva cominciato a riempire bauli giorni e giorni prima. Come se fosse scandalosamente in preda all’entusiasmo. Assurdo, davvero assurdo.
“Sono abbastanza sicuro che la veste cerimoniale non mi servirà”, pensò occhieggiando la tunica di seta nera che pendeva da un attaccapanni in un angolo della stanza. “Ma non si sa mai, io me la porto, metti che decidiamo di sacrificare Potterginello su un altare…”
Come sempre, pensare allo Sfregiato gli procurò un intenso brivido giù per la colonna vertebrale, come se una goccia di pioggia gelida fosse scivolata lesta dal collo all’osso sacro; per quanto fuori si schiattasse di caldo, nel Maniero dei Malfoy la temperatura era decisamente più bassa grazie a muri spessi e incantesimi refrigeranti: però sentì il bisogno di farsi una doccia fredda, pur negando con fermezza a sé stesso che il motivo fosse il ricordo di due occhioni verdi e di una bocca umida…
Cacciò velocemente la veste cerimoniale nell’ennesimo baule e corse in bagno, disseminando indumenti per il corridoio man mano che se li toglieva di dosso, gridando agli elfi domestici di sistemare il suo casino.
Gli elfi domestici del Maniero detestavano il signorino Malfoy: ogni tanto se lo confessavano l’un l’altro, per poi punirsi stirandosi le orecchie o tirandosi in testa a vicenda l’intera collezione di calderoni a doppio fondo in ferro del quindicesimo secolo; soprattutto odiavano il signorino Malfoy quando restava da solo nel Maniero e si annoiava, ed allora li coinvolgeva, obbligandoli, nei suoi giochi e passatempi. La prima volta era capitato quando il piccolo erede aveva sette anni: i suoi genitori erano rimasti a dormire fuori dopo una cena e lui aveva fatto mascherare tutti gli elfi da coniglietti per poi inseguirli tirando loro certe strane pallette erbacee piene di piccoli aculei che si attaccavano ai loro sudici indumenti e poi davano un fastidio di inferno; oltre al danno la beffa: gli elfi prima avevano dovuto ripulire tutto il tessile del Maniero da quelle pallette insidiose e poi avevano dovuto picchiarsi con delle mazze per aver maledetto il ragazzino. Poi c’era stata quell’estate, dopo il primo anno di scuola, in cui li aveva reclutati a giornate perché lo aiutassero con gli allenamenti di Quidditch in vista dell’ammissione in squadra dei Serpeverde.
“Per Morgana, volate da fare schifo!”, aveva urlato contro loro.
In effetti, gli elfi domestici sulla scopa fanno una misera figura.
E adesso questo: il signorino Malfoy assolutamente fuori di testa in preda agli ormoni come un Erumpent sulla soglia della stagione dell’accoppiamento.
I piccoli esserini facevano il conto alla rovescia per la sua partenza, mentre si martellavano le dita con i pesanti cucchiai da portata del servito d’argento per aver osato essere felici di liberarsi del padroncino.
 
Draco non stava un gran che in quanto a stabilità mentale, ma si sarebbe sentito rifiorire se avesse potuto vedere lo stato in cui versava Harry Potter: questi aveva inizialmente accolto con un senso di ineluttabilità il contratto firmato ed aveva deciso di affrontare il fine settimana con razionalità e un’arrendevolezza da placida mucca condotta alla fiera di campagna; successivamente erano subentrate le paranoie, miste a momenti di euforia, per il fatto di poter comunque rivedere il soggetto delle sue fantasticherie emotive e sessuali, ed inframmezzate a lunghe parentesi di scoramento, perché era certo che sarebbe stata un’esperienza deludente.
Nei suoi sogni ad occhi aperti (ed anche in quelli ad occhi chiusi) Draco gli si sarebbe avvicinato con fare allusivo e sensuale, gli avrebbe sorriso e poi gli avrebbe infilato trenta metri di lingua giù per la trachea; e questo sarebbe stato solo l’inizio. Non si sarebbero chiesti scusa a parole, ma le azioni avrebbero parlato per loro dichiarando la loro tenerezza ed i loro sentimenti.
E avrebbero fatto sesso, sì, assolutamente tanto sesso, così tanto sesso che i muscoli delle gambe di Harry avrebbero continuato a tremare per giorni.
Di solito, a questo punto dai sogni ad occhi aperti e ad occhi chiusi spariva la componente sentimentale e si accentuava la parte in cui erano sudati ed appiccicati e gementi. Il che lo riportava al punto di partenza: niente di tutto questo sarebbe successo, ed il solo motivo per cui Harry non avrebbe corso pericoli era che Draco non poteva attaccarlo magicamente; anche se, a ben pensarci, forse il biondo sarebbe riuscito ad escogitare qualcosa di tremendo anche senza l’ausilio della magia. Del resto, lo aveva ferito tantissimo quando erano stati a Hogsmeade e, altro che magia, non aveva neanche dovuto usare le mani…
-Merda, non posso farcela!-, sbraitò in mezzo alla cucina di casa dei Dursley.
-Se papà ti sente dire queste parole, è la volta che ti sbatte fuori casa-, esordì una voce atona dietro di lui.
I rapporti con Dudley non erano idilliaci, ma dopo l’attacco da parte dei Dissennatori il grosso cugino aveva migliorato il suo comportamento, come se le visioni di dolore ed angoscia subite lo avessero indotto a cambiare direzione; era sempre odioso, ma meno prepotente. Non era diventato grande amico di Harry, ma ogni tanto riuscivano ad interagire in maniera quasi cordiale.
-Zia Petunia glielo impedirebbe-, rispose Harry, e di questo era certo. Non che dopo i fatti dell’anno precedente sua zia fosse più affettuosa o più tollerante, per carità. Però il racconto di Silente dopo i fatti accaduti al Ministero aveva indotto il ragazzo che in fondo in fondo qualcosa a sua zia lo doveva: gli aveva permesso di avere una vita, anche se insieme al resto della famiglia Dursley aveva provveduto a renderla uno schifo.
Dudley intanto si era servito una più che generosa porzione di pudding al caramello, accompagnato da altrettanto gelato alla vaniglia e granella di nocciole: praticamente una promessa di infarto a quarant’anni; si era seduto a tavola, su una sedia che aveva protestato vivacemente contro la sua mole e poi aveva alzato lo stolido sguardo dal piatto per rivolgerlo al cugino.
-Cosa non puoi riuscire a fare?-
Fantastico: miliardi di persone su questo pianeta e l’unico che si interessava ai suoi problemi era l’unico a cui non avrebbe mai voluto confessarli.
Tuttavia Harry aveva disperatamente bisogno di uno sfogo.
-Mi piace una persona-, si ritrovò ad ammettere, senza però sbilanciarsi con i dettagli. -Ma non credo di essere ricambiato-, aggiunse dopo un secondo.
-Non puoi farla innamorare di te con la bacchetta?-, chiese il Babbano.
-Credimi, magari potessi; purtroppo non va così-.
-Allora comprale dei fiori e dedicale una canzone: alle ragazze piacciono cose del genere-, suggerì Dudley, dando per scontato le preferenze di Harry, cosa che lui non si sentì di contraddire: davvero non gli pareva il caso di iniziare una discussione sulle sue preferenze sessuali.
Harry immaginò la scena di sé stesso che porgeva un mazzo di fiori a Draco e la reazione del Serpeverde: gli venne alle labbra una risata con un accenno di esasperazione.
-Non credo che funzionerebbe-, sospirò tra l’afflitto e il divertito.
Ma Dudley aveva iniziato a mangiare e a guardare la televisione, perennemente accesa in quella casa: il parente era sparito dall’orizzonte dei suoi interessi.
Così il Grifondoro si risolse a salire in camera propria: in attesa di poter liberare Edvige per un volo notturno le dette da mangiare e poi si buttò sul letto con l’intenzione di leggere e finendo invece con pensare a… Tanto per cambiare a quello che lo aspettava nel fine settimana.
Stava rimuginando da un bel po’ quando gli venne in mente che non aveva ancora letto le clausole del contratto magico ed iniziò a rovistare sul fondo dell’armadio dove lo aveva cacciato tentando invano di dimenticarsi dell’intera faccenda. Lo recuperò e si mise a studiarlo con attenzione.
Mezz’ora dopo lo riavvolse con cura: aveva appreso molte cose utili e aveva iniziato a spuntargli un piano in testa, a metà tra la rivalsa ed un inconfessato tentativo di conquista. Un po’ come tirare le trecce alla ragazza più carina dell’asilo per farsi notare.
Sorrise.
“Ci vediamo presto, Draco”.
 
Il fine settimana fatidico arrivò sin troppo presto.
Blaise aveva scritto a tutti per dare istruzioni: l’appuntamento era fissato per venerdì prima di pranzo, davanti al Paiolo Magico: avrebbero mangiato lì e poi avrebbero utilizzato una Passaporta per arrivare a casa sua; dei loro bagagli si sarebbero occupati gli elfi domestici della famiglia Zabini.
Harry ricevette un gufo anche da Ron, dove questi gli chiedeva se dovesse passare a prenderlo in qualche maniera; il ragazzo rispose che sarebbe andato a Londra con il Nottetempo dalla sera prima, ed avrebbe pernottato al Paiolo Magico, per cui si sarebbero visti là; chiese anche se poteva far restare Edvige alla Tana per il fine settimana, convinto che la risposta sarebbe stata positiva.
-Edvige, ti va di restare dalla famiglia Weasley mentre io non ci sono?-
La civetta fece un verso in risposta che non poteva essere interpretato che come un assenso: era molto meglio cacciare topi nel Devonshire che in città.
-Bene, allora consegna il messaggio e resta semplicemente lì. Se ci sono problemi, raggiungimi al Paiolo Magico-.
Poi aprì la finestra e lasciò volare fuori la candida civetta: la guardò allontanarsi silenziosa ed aggraziata e, solo quando fu diventata un puntino lontano, si riscosse per preparare il baule da portarsi dietro.
Per fortuna che aveva perfezionato con Hermione l’incantesimo Adduco Maxima ed ora era in grado di far entrare una gran quantità di oggetti, compresa la sua attrezzatura da Quidditch, in un baule molto più piccolo, leggero e maneggevole di quello che usava per la scuola. Ripensare alla sua amica riportò di conseguenza alla mente l’imbarazzata telefonata che lei gli aveva fatto per tentare di spiegare il suo comportamento riguardo al piano escogitato con Pansy: Harry tuttavia aveva liquidato l’argomento, perché in quei giorni provava una sorta di sordo fastidio nel sapere i suoi amici felicemente, diciamo, fidanzati e che rinsaldavano i legami della nuova combriccola, da cui lui per ovvie ragioni si sentiva escluso; sperava che almeno la presenza di altri ragazzi durante il ritrovo lo avrebbe distratto dal sentirsi un intruso: sapeva che Luna gli sarebbe stata di sicuro di appoggio, anche se nella sua trasognata ed assurda maniera.
 
Pernottare al Paiolo Magico fu piacevole.
Probabilmente non esisteva una sorta di percezione extrasensoriale per la magia, ma Harry era convinto di poter avvertire intorno a sé un’atmosfera diversa da quella che si respirava nel resto di Londra e soprattutto in Privet Drive: si sentiva svagato e leggero, a suo agio.
Chiese sia la cena che la colazione in camera, così non sarebbe dovuto scendere di sotto e sorbirsi tutta la tiritera su Il-bambino-che-è-sopravvissuto-e-‘sti-cazzi.
Il giorno dopo, di buon’ora uscì per fare un giro a Diagon Alley, che trovò come sempre magnifica; passò alla Gringott a ritirare un tot di soldi, visitò ovviamente il negozio di Accessori di Pima Qualità per il Quidditch, si prese un gelato alla Gelateria Fortebraccio e infine entrò nel negozio di Fred e George, dove fece incetta di ogni cosa: soprattutto comprò un edizione deluxe dei Fuochi Forsennati Weasley pensando che sarebbe stato bello farli esplodere con gli altri durante il fine settimana; Fred e George ovviamente non vollero che li pagasse, anzi, dissero che quanto prima gli avrebbero versato la sua parte degli utili: Harry, dopo il primo finanziamento, aveva proposto loro di essere un socio minoritario, non voleva mettere bocca nella gestione del negozio e nella produzione degli articoli, ma avrebbe fornito una certa cifra per contribuire a tenere in piedi l’attività.
La cosa non era ufficiale perché il ragazzo era per il momento ancora minorenne, ma Fred e George si sentivano riconoscenti per questo e non mancavano mai di dividere con Harry i guadagni; la realtà era invece che Harry si sentiva enormemente in debito con i due gemelli: dandogli la Mappa del Malandrino loro gli avevano in parte restituito suo padre.
In ogni caso, i Tiri Vispi Weasley andava alla grande, e il conto di Harry si incrementava costantemente.
Trascorse bighellonando il resto della mattinata e quando rientrò al Paiolo Magico, alcuni dei ragazzi erano già arrivati.
Blaise e Hermione, Pansy e Ron con Ginny, Megan Jones: tutti gli si fecero incontro, Harry li salutò con calore ma volse lo sguardo a scandagliare il pub.
-Se cerchi Draco, ha scritto che arriverà dopo mangiato-, gli spiegò Blaise con condiscendenza, mentre rivolgeva un cenno con il mento a Terry Boots, che stava entrando nel locale in quel momento.
-No… Io… Ecco… Cercavo la cameriera per ringraziarla del servizio in camera-, buttò lì Il-bambino-che-è-sopravvissuto-con-scarsa-immaginazione-per-le-scuse.
-Sì, certo, come no-, concesse Pansy.
Harry ammutolì, pensando a quanto odiasse i Serpeverde intuitivi.
L’atmosfera non era proprio cameratesca, ma grazie al buon cibo e alla Burrobirra piano piano riuscirono ad instaurare una buona conversazione allegra, soprattutto quando, con l’arrivo di Michael e Luna, Ginny si rilassò visibilmente e smise di lanciare occhiatacce ali due Serpeverde. Harry stava ingurgitando un grosso boccone di arrosto, quando la porta del Paiolo Magico si spalancò e Draco Malfoy fece il suo ingresso, sostando appena due passi oltre la soglia e osservando intorno, mentre il suo consistente bagaglio gli levitava dietro.
Harry ingoiò il pezzo di carne che si stava cacciando in bocca e manca poco anche la forchetta:
Draco era bellissimo, con il viso altero, i capelli intrecciati e… Vestito con indumenti babbani?!
Lo sguardo grigio si posò sul Grifondoro e le pupille si dilatarono per una frazione di secondo prima che Draco assottigliasse gli occhi ed arricciasse la bocca in una smorfia che sembrò di fastidio.
Nessuno avrebbe potuto immaginarlo, ma il motivo per cui Draco era arrivato tardi era di dover passare a ritirare gli abiti commissionati a Telami e Tarlatane, dove, contando sulla discrezione del proprietario e dei commessi, si era fatto cucire alcune cose sul modello di vestiti babbani: jeans che però non erano jeans, magliette che però non erano magliette; così gli aveva suggerito di fare Pansy per conciliare il suo rifiuto di mischiarsi ai Babbani con uno spiraglio di moderazione per campare in pace in quel fine settimana.
Pareva aver funzionato, perché quasi tutto il tavolo lo osservava meravigliato e nella fattispecie Potter sembrava che stesse soffocando per la sorpresa: fantastico. A saperlo, se fosse riuscito a liberarsi dello Sfregiato con così poco avrebbe commissionato dei jeans-non-jeans anni prima.
Il biondo inspirò a fondo per farsi forza di affrontare quella tavolata di traditori del loro sangue, inetti, Mezzosangue, Nati Babbani e amici fedifraghi: lui era la vittima di quella congiura e se avesse potuto l’avrebbe fatta pagare a tutti; ma dato che era obbligato a frequentarli e che si trovava in evidente inferiorità numerica, tanto valeva frequentarli con classe e stile.
Sorrise con cordialità e si avvicinò.
A Harry, che lo stava mangiando con gli occhi mentre tentava di non soffocare con il boccone di carne, sembrò che la stanza si illuminasse al sorriso di Draco, anche se dovette ammettere che per affabilità assomigliava ad un Nundu che scoprisse i denti per divorare una pecorella; quando Draco prese posto accanto a lui mormorando “tanto prima o poi mi tocca”, lo stomaco di Harry si chiuse repentinamente, tanto che spinse via il piatto.
Ron gli chiese se non ne mangiasse più, Harry fece un vago cenno di assenso e il rosso si impossessò della sua razione per trangugiarla.
-Ron, sei un maiale!-, esclamarono all’unisono Hermione e Pansy, scoppiando poi a ridere.
Il resto della compagnia riprese a mangiare e discorrere, come niente fosse, ma per Harry producevano solo un indistinto brusio, perché Draco, gomito sul tavolo e mento sulla mano, lo studiava con intensità; in più, le loro cosce sotto il tavolo aderivano per tutta la lunghezza.
E niente, il cervello del Grifondoro si era spento come un cerino consumato. Il ragazzo tentò un sorso di Burrobirra, ricordando a sé stesso di non sorridere prima di aver inghiottito, poi provò a replicare la posizione di Draco per studiarlo a sua volta, ma mancò clamorosamente il tavolo con il gomito e arrossì imbarazzato, aspettando il commento acido del biondo: il quale però se ne stette zitto, continuando a guardarlo e anzi aprendo la sua espressione in qualcosa di più amichevole.
“Eccoci, ci risiamo con la tiritera dell’ultimo periodo a scuola, quando mi ha mandato fuori di testa”, pensò il Grifondoro, ma invece di incupirsi sorrise: per fortuna aveva ingoiato la Burrobirra.
Draco non aveva pianificato di sedersi là, ci era andato di impulso; ma a conti fatti si disse che il suo istinto doveva essere bastardo come la sua parte cosciente se quello era l’effetto che sortiva in Potter la sua vicinanza: di sicuro l’astio che provavano uno nei confronti dell’altro doveva averlo confuso. Rimase a fissarlo ancora un po’ e a godersi il contatto delle loro gambe (aveva detto “godersi”?), poi distolse l’attenzione e cominciò a parlare con Ron (tentando di non far trapelare quanto fosse disgustato dal suo modo di mangiare) di Quidditch: li avrebbe frequentati con classe e stile e forse ci sarebbe stato anche spazio per qualche piccola vendetta.
 
-Tu stai scherzando!-, sbottò Draco indignato.
-Per niente, te lo assicuro-, ribatté serio Blaise sulla soglia della stanza.
Erano arrivati alla dimora in Galles della famiglia Zabini: non era grande a detta del ragazzo, ma a Harry, che veniva da un sottoscala, era sembrata enorme e sfarzosa.
Il Serpeverde padrone di casa aveva illustrato loro i vari ambienti: cucina, bagni, camera da pranzo, salone, stanza della musica e dei giochi ed infine camere da letto. Era a quel punto che il melodramma era esploso, quando Draco aveva scoperto che avrebbe dovuto pernottare insieme a Harry Potter.
-Sono tutte camere doppie o triple, e ringraziami che non vi sia toccata una di quelle con il letto matrimoniale-, proseguì l’amico, infierendo.
Draco lo guardò stravolto e senza parole, ma solo per un attimo: si riprese prontamente e dichiarò di voler dividere la camera con Terry Boots.
Harry si intrufolò nella stanza e nella conversazione, con un sorriso da orecchio a orecchio. Da dopo pranzo tampinava Draco abbastanza da vicino: quest’ultimo se ne era accorto, però non si era domandato come mai.
Blaise invece ritenne opportuno squagliarsela.
-Non puoi, non hai letto il contratto? Non possiamo stare a più di tre metri di lontananza. E visto che le camere da letto sono tutte distanti tra di loro, non possiamo che dividere la stessa; a meno che tu non voglia dormire nella vasca del bagno qui accanto, ma forse è già troppo lontana. Ehi, Blaise, mi piace qui! Draco, io prendo il letto vicino alla finestra, se per te va bene-, concluse gaio lasciandosi cadere seduto sul materasso e facendo un paio di saltelli per testarne la morbidezza. Se gli passò per la mente come sarebbe stato rotolarvisi sopra con Draco, riuscì a dissimularlo perfettamente. Era matematicamente certo che Malfoy non si fosse degnato di scorrere il contratto, e gongolava nell’aver segnato quel punto a suo favore: lui aveva avuto modo di prepararsi mentalmente, il biondo no; in quel momento il Grifondoro si sentì molto Serpeverde.
Draco boccheggiava come un capodoglio spiaggiato: bello, elegante, proporzionato, ben vestito e ben pettinato, per carità! Ma pur sempre pesce fuori dall’acqua.
-Cos… Cosa?! Io… No! Come? No!-
-Bello sfoggio di eloquenza, Malfoy. Allora per te va bene il letto vicino alla porta?-
-Potter, levati subito di testa questa puttanata di idea per cui divideremo la stanza per la notte!-
Potter per tutta risposta allargò ancora il sorriso sulla sua faccia.
-Non vedo come potresti svicolare!-
-Io… Io russo, ecco! Riesco perfino a svegliare Tiger e Goyle!-
-Perfetto! Io ho degli incubi in cui sogno Voldemort e urlo come un pazzo! Vedrai, sarà bellissimo-, disse battendo le mani in una perfetta parodia di sé stesso sotto esaurimento nervoso.
Draco avanzò a lunghi passi fino ad arrivargli davanti per sventolargli un dito minacciosamente davanti al naso.
-Prendi il cazzo di letto che ti pare, Potty. Hai vinto una battaglia, non la guerra-, sibilò minaccioso, per poi dirigersi glaciale verso la porta. Certo, la sua uscita teatrale avrebbe sortito un migliore effetto, se non fosse stata bloccata dal fatto che si trovava a più di tre metri da Harry, per cui Draco non riuscì per niente ad uscire e gli toccò rimanere lì imbronciato a battere un piede sul pavimento con fare impaziente, intanto che Harry cominciava a sganasciarsi dalle risate: si sentiva bene a tormentare Draco, perché indispettirlo era comunque meglio di niente.
Nell’immediato il piano di Draco per vincere la sua guerra fu di rinchiudersi in un ostinato, astioso silenzio, con un’espressione immusonita; e tanti saluti alla classe e allo stile.
Ora, Harry trovava la sua bocca imbronciata desiderabilissima e sexy, ma non gli parve il caso di dirlo ad alta voce.
Entrambi sistemarono i bagagli e poi scesero al piano di sotto nel salone: il Grifondoro entusiasta davanti e il Serpeverde dietro, di malavoglia, alla distanza massima consentita dal contratto. Riunitisi agli altri, Harry prese posto in una poltrona, mentre Draco si lasciò sprofondare con mala grazia in un divano lì appresso, appoggiando le gambe sul bracciolo e distogliendo lo sguardo verso dei trofei appesi al muto, ostentando indifferenza verso quello che gli accadeva intorno.
Il resto del gruppo stava decidendo di scendere al fiume, anche quello dentro la tenuta, per imparare tutti insieme uno sport babbano che Michael aveva proposto: si era detto convinto che sarebbe piaciuto agli altri perché in parte simile al Quidditch e aveva aggiunto di essersi portato dietro l’equipaggiamento per chiunque avesse voluto provare.
Il biondo fece un commento a bassissima voce su sport babbani del cazzo, ma lo sentì solo Harry, perché andò perso nella confusione della discussione mentre il Corvonero spiegava le regole del baseball e gli altri facevano domande.
Lo spirito Grifondoro ebbe la meglio sugli altri, facendo optare Harry per non accodarsi al programma così da non rovinare il pomeriggio a tutti, cosa che sarebbe inevitabilmente accaduta se Draco fosse stato con loro; inoltre voleva stare con lui da solo il più possibile, perché sentiva dentro di sé che questa sarebbe stata la sua sola ed unica occasione per passare più tempo possibile con l’oggetto della sua concupiscenza: terminato quel fine settimana sarebbe terminato tutto. Si stava arrabattando il cervello per trovare una scusa alla loro defezione, quando tra i ragazzi trotterellò l’unico elfo domestico rimasto con loro, mentre gli altri erano tornati nella casa principale con la signora Zabini: era ben vestito ed aveva uno sguardo sereno e vivace. Fece un piccolo inchino a tutti e poi si rivolse a Blaise; mentre parlava il suo sguardo era carico di affetto e Harry si ricordò del racconto di Hermione in cui gli spiegava che in quella famiglia gli elfi venivano trattati bene e, anche se non erano pagati (del resto loro non avrebbero voluto), avevano condizioni di lavoro accettabili e indumenti dignitosi: il trucco per farglieli avere senza liberarli era di lasciare che li trovassero in giro per casa senza donarli loro.
-Padroncino Zabini, questo è menù per la cena-, esordì la creatura porgendo un foglio.
-Mi fido di te, Ghisten-, lo rassicurò Blaise, sorridendo, restituendo la carta senza neanche guardarla.
L’elfo prese a torcersi le mani con violenza.
-Però io teme che cena sarà servita tardi, io deve ancora fare tante cose per prepararla-, confessò lamentoso.
Tutti cominciarono a dire che non era un problema, che non si preoccupasse; tutti tranne Draco, che guardò l’esserino in silenzio, alzando un sopracciglio.
L’elfo si scusò e ringraziò, per poi ritirarsi verso la cucina.
Harry ebbe un’epifania: scattò in piedi.
-Ti aiuto io, Ghisten!-, disse trionfante. Poi guardò Draco che lo fissava a bocca aperta. -Anzi, ti aiutiamo noi!-, aggiunse, agguantando il biondo per un polso e trascinandoselo dietro di peso, caracollante nel tentativo di recuperare l’equilibrio.
Hermione e Pansy si scambiarono un sorriso di intesa e poi incitarono gli altri ad avviarsi.
 
Ghisten era sull’orlo delle lacrime per quell’insperato supporto, ma lo stesso fece un sacco di cerimonie prima di accettare. Harry riuscì a spuntarla solo perché lo convinse che era l’elfo a fargli un favore, accettando il suo aiuto.
Be’, in una certa maniera era anche vero.
Draco, nel frattempo, era rimasto alla massima distanza consentita: la cosa di fatto si traduceva nel Serpeverde appoggiato ad un muro, caviglie incrociate, braccia conserte e tempesta sul viso.
Harry lo aveva ignorato, per il momento gli bastava che fosse lì con lui e che fossero soli. Chiese invece all’elfo cosa potesse fare: questi riemerse dalla dispensa con un grosso involto tra le braccia e lo poggiò sul piano da lavoro, in mezzo a barattoli di spezie e bottiglie di condimenti; a quel punto guardò Harry diretto negli occhi e chiese con rispetto se davvero padron Potter sapesse cucinare.
-Me la cavo, mia zia mi ha spesso obbligato ad aiutarla-.
-E padron Malfoy sa cucinare?-, domandò abbassando la voce in un bisbiglio dubbioso.
Draco, sentendosi nominare ma non capendo il resto si avvicinò, vinto dalla curiosità.
Harry si abbassò verso un orecchio dell’elfo, che gli ricordava tanto Dobby.
-Non credo, ma non ti preoccupare: è qui solo per farmi compagnia, gli impedirò di fare disastri-, rispose con fare complice sussurrando. Poi si rialzò, vedendo che Draco era sopraggiunto. -Dimmi cosa vuoi che faccia, Ghisten-, aggiunse con un tono più alto.
-Padron Potter può marinare il cinghiale, mentre Ghisten finisce di pulire casa; poi Ghisten torna e prepara la torta e cuoce il cinghiale e le patate, sì, sì-, propose andando via dalla cucina.
Così Harry rimase davvero solo con Draco, ed un tocco di cinghiale davanti da marinare per la cena.
Guardò, il biondo, gli scappò un sorriso genuino per la strana ed intima situazione in cui si trovavano e poi iniziò a studiare i barattoli per scegliere quelli giusti.
Forse un gruppo di neuroni e sinapsi proiettò l’immagine dei due insieme a preparare la cena in una casa che apparteneva a loro, poco vestiti e in confidenza: ma erano neuroni e sinapsi cattivi, ed andavano ignorati.
Draco, dal canto suo, era rimasto in silenzio più che aveva potuto, deciso ad essere spettatore passivo di tutto quel che accadeva, ma ad un certo punto la sua ironia proprio non ce la fece a restargli dietro la linea delle labbra.
-Potter, davvero non capisco perché dovresti voler portare pezzi di cinghiale morto al mare e gettarcelo dentro-, commentò Draco trasudando sdegnata perplessità. -Mi sembra altamente antigienico, visto che lo dobbiamo mangiare-, considerò infine.
-Draco, marinare non vuol dire mica buttare a mare-, ribatté il moro, tentando di non dare enfasi al fatto che l’altro avesse ripreso a parlare. -È una cosa che si fa con la carne per renderla più tenera e darle aroma-.
-E come avrei potuto saperlo? Queste cose per me di solito le fa qualcun altro: un cuoco, un elfo…-
-Ma non desideri essere indipendente nella tua vita?-, domandò il moro, stupito ed incuriosito, come se fosse una domanda pienamente lecita da fare a chi aveva evitato di parlarti fino a qualche secondo prima.
Draco lo guardò come se gli fosse spuntata una seconda testa, e per di più brutta.
-Economicamente indipendente, vorrai dire. Mica culinariamente indipendente. Se sarò molto ricco e potente, e non vedo perché non dovrei esserlo, basterà che io paghi qualcuno che dipenda da me e mi marini il cinghiale-. Ci pensò su un attimo e sogghignò. -Potrei assumere te-.
Harry lo guardò storto, ma Draco proseguì nella sua ironica e assurda fantasticheria senza badarci.
-Nel caso che tu non venga sconfitto dall’Oscuro Signore, trionferai e sarai osannato. Però la gloria ti darà alla testa, diventerai instabile e finirai internato al San Mungo per aver aggredito dei disgraziati bambini che ti chiedevano un autografo; dopo qualche anno ne uscirai per scoprire di essere rimasto solo al mondo e povero perché il Ministero avrà confiscato tutti i tuoi beni. Allora, disperato, ti rivolgerai a me per avere un impiego; io, nella mia magnanimità, ti concederò di marinarmi il cinghiale e lustrarmi le scarpe, debitamente inginocchiato ai miei piedi-.
Parve soddisfatto della sua fantasia e rivolse una smorfia all’altro, una smorfia di scherno e superiorità.
-Preferirei spulciare un lupo mannaro con la lingua che stare sotto di te-, ribatté secco Harry di getto.
Fu subito lampante che entrambi avevano interpretato “stare sotto di te” in una maniera che niente aveva a che fare con cinghiali e scarpe ed assunzioni lavorative: si guardarono ad occhi sgranati, con le pupille istantaneamente dilatate per lo scatto immaginativo. Nella fattispecie, Draco visualizzò Harry inginocchiato davanti a lui a prenderglielo in bocca e Harry si immaginò riverso sul tavolo con Draco sopra che gli faceva cose che non sapeva nemmeno bene se fossero compatibili con le leggi anatomiche umane.
Dimenticandosi del contratto magico ciascuno dei due tentò di scappare precipitosamente via dall’altro per sottrarsi all’imbarazzo, ma raggiunta la distanza massima vennero riattratti tra di loro come se fossero legati da un potentissimo elastico, con il risultato di sbattere violentemente uno addosso all’altro e cadere rovinosamente a terra.
Rimasero lì, a guardarsi senza saper che fare, in preda ad una galoppata ormonale ma ognuno reticente ad agire per i propri motivi: Harry per paura di essere respinto e deriso, Draco per aver male interpretato la recita di Harry quando gli aveva scritto che quella cosa successa ad Hogsmeade non aveva significato niente.
Quel momento sarebbe durato ancora in eterno, o forse si sarebbe risolto in qualcosa di più piacevole, se Ghisten non avesse inopportunamente scelto di rientrare in cucina per iniziare a preparare da mangiare: non mostrò di aver notato i due sul pavimento o, se lo aveva fatto, non sembrò reputarlo degno di stupore.
-Bravo, padron Potter! Io ora porta il cinghiale di là e mette al fresco fino a che non arriva l’ora di cuocerlo! Grazie, amici di padroncino Blaise!-, comunicò trotterellando fuori dalla stanza.
E l’attimo magico era passato: il Serpeverde si era tirato su.
-Potter, basta giocare allo sguattero! Io voglio divertirmi con gli altri!-, proruppe sgarbato. Fare i capricci aveva risolto molti dilemmi nella sua vita, forse sarebbe andato bene anche con questo.
Tuttavia Harry, aveva notato che Draco aveva il respiro un po’ affannato e che gli voltava le spalle con troppa convinzione ed un filo ingobbito: intuì cosa ci fosse dietro a quella scena. Lo intuì perché lui aveva passato mesi a tentare di dissimulare le sue erezioni.
Una flebile scintilla di speranza baluginò in fondo al suo animo: forse Draco non lo voleva, ma forse non lo schifava neanche.
In ogni caso aveva ottenuto il suo scopo: smuoverlo da quell’apatico malumore e dal silenzio cocciuto.
-Bene, allora, prendiamo le scope e raggiungiamo gli altri che sono scesi al fiume da un po’-, propose Harry: Blaise gli aveva spiegato che la villa era in mezzo a una vasta tenuta di proprietà della famiglia Zabini e protetta da incantesimi che impedivano ai Babbani di entrarvi e di vedervi dentro; per cui non c’erano problemi a volare sui manici di scopa, a patto che non fosse troppo in alto.

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Capitolo 8
*** un inizio incerto ***


https://www.youtube.com/watch?v=T0icmS-xASo&list=RDkQdp3O-7Ri4&index=4
 
Ho in mente di ripubblicare i capitoli, inserendo all’inizio, come vedete qui sopra, il link della canzone di accompagnamento.
 
Aggiornare questa fanfiction mi risulta un po’ complicato, perché per certi versi è simile all’Ottavo Anno, ma l’impianto della storia è totalmente diverso: quindi la trascuro, ahimè, per evitare di confondermi su dettagli e su ambito emotivo.
Comunque, mancano veramente pochi capitoli, mi applicherò per concluderla.
In settimana dovrei riuscire ad aggiornare anche l’altra.
 
E poi mi capitano cose come questa: aver trovato la canzone perfetta per la fanfiction; e allora ritorno con foga e idee…
“Kiss with a fist”, Florence And The Machine:
https://www.youtube.com/watch?v=1SmxVCM39j4
Come specificato nei commenti del link, non tratta di abusi domestici e violenza nella coppia, ma di passione focosa un po’ mal dirottata; sì, insomma, parla di Draco e Harry: fierce and firy passion!
È una canzone leggera e scherzosa, in nessun modo va intesa come qualcosa di orribile e drammatico.
Testo:
You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate
Over my head
Then I set fire to our bed

You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate
Over my head
Then I set fire to our bed

My black eye casts no shadow
Your red eye sees no blame
Your slaps don't stick
Your kicks don't hit
So we remain the same
Blood sticks, sweat drips
Break the lock if it don't fit
A kick in the teeth is good for some
A kiss with a fist is better than none
Whoa a kiss with a fist is better than none

Broke your jaw once before
I spilt your blood upon the floor
You broke my leg in return
So let's sit back and watch the bed burn
Blood sticks sweat drips
Break the lock if it don't fit
A kick in the teeth is good for some
A kiss with a fist is better than none
Whoa a kiss with a fist is better than none

You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate over my head
Then I set fire to our bed

You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate over my head
Then I set fire to our bed

 
 
 
Buona lettura, fangirl e fanboy!
 
 
 
 
 
 
 
Volare insieme a Draco era stato magnifico, e non aveva avuto niente a che fare con gli ormoni.
Fino a quel momento avevano sempre volato uno contro l’altro, mai in accordo.
Harry considerò che se avessero potuto volare insieme prima, forse non si sarebbero scannati per anni in quella maniera accanita.
Certo, non è che avessero fatto una passeggiata romantica a cavallo delle scope, quanto piuttosto una corsa forsennata competendo fianco a fianco: il fatto di non poter superare una distanza reciproca di tre metri aveva fatto sì che si impegnassero in manovre strette di placcaggio e abilità, avvitando le traiettorie, girandosi intorno, sfiorandosi in un volo dissennato; la sfida era una costante del loro rapporto, ma questa sembrava quasi una danza, possedeva una complicità che gli insulti e i cazzotti non potevano eguagliare in nessuna maniera.
Quando atterrarono nei pressi del grande spiazzo in cui gli altri stavano giocando, erano accaldati e soddisfatti.
E, appena furono sotto in compagnia, ognuno rientrò nei propri schemi comportamentali: Draco inalberò quella sua collaudata espressione impettita e andò a sdraiarsi all’ombra di un albero in solitaria; Harry reagì alla sua condotta stranendosi e allontanandosi, se non fisicamente almeno nell’atteggiamento, gridando agli altri di voler giocare anche lui.
-Ci so fare con le mazze e le palle!-, assicurò Harry tutto contento.
“Merda”, si disse un attimo dopo.
-Guarda che lo abbiamo capito che ci sai fare!-, buttò lì Ginny. -Io per la precisione lo so da un pezzo!-, continuò ridendo.
-Già, proprio così, amico!-, aveva scherzato Ron. -Alla fine ci sono arrivato pure io che ho… Cos’è che ho, Hermione?-
-La varietà di emozioni di un cucchiaino! Ma forse Pansy sta riuscendo a farti arrivare a quella di un… Pansy?-
-Cucciolo di Schiopodo?-, sparò lei con leggerezza. -E comunque lo hanno capito pure Tiger e Goyle, ed è tutto dire-, concluse laconica.
Tutti erano scoppiati a ridere.
Draco, dal suo posto all’ombra sotto gli alberi, alle spalle di Harry, cupo studiava la scena.
Era contrariato.
Pensava che la rivelazione dell’omosessualità di Harry avrebbe fatto scalpore, notizia, che il ragazzo si sarebbe vergognato e che lui, il crudele e vendicativo Draco, avrebbe avuto un’affilata spada di ricatto tra le sue mani: tuttavia non era successo niente del genere. La spada di ricatto non solo non era affilata, ma pareva fatta di morbida stoffa, per di più tanto poco imbottita da afflosciarsi.
Harry, dopo un attimo di imbarazzo era scoppiato a ridere con naturalezza insieme agli altri.
Vederlo così aveva stupito il ragazzo biondo: negli ultimi tempi, tranne quando si menavano, se stava solo con lui era spesso teso, incerto, e si innervosiva per un niente; invece avrebbe dovuto ridere in quel modo anche con lui, perché così era più bello.
Bello? Aveva detto “bello”?! Il caldo di sicuro gli stava dando alla testa!
E comunque, a onor del vero, c’era stato un momento in cui era stato del tutto rilassato e a suo agio: esattamente prima che Draco gli masticasse il cuore e poi lo sputasse sul selciato di Hogsmeade.
Non che avesse una grande esperienza di rapporto con Harry Potter, eh.
Erano passati da odio viscerale a brevissima frequentazione, bacio, per poi tornare all’odio viscerale, il tutto in un calderone di emozioni dissimulate abilmente. E ora questo fine settimana.
Harry continuava a sghignazzare spensierato mentre si bardava con le protezioni, inconsapevole degli occhi grigi che lo radiografavano.
-Pensavo non volessi che si sapesse dei tuoi gusti-, puntualizzò acida la voce di Draco alle sue spalle.
Harry smise di ridere, ma continuò a mantenere le labbra increspate e voltò la testa sopra la spalla: senza però osservare l’altro dietro di lui e tenendo lo sguardo sempre sul resto del gruppo che aveva ricominciato a giocare nell’attesa che lui si aggiungesse: così non poté cogliere l’espressione di Draco, meditabonda e seria.
-Mai detto nulla del genere. Non me ne è mai potuto importare un cazzo di meno. Mi hanno accusato di essere un Mago Oscuro, di essere l’Erede di Serpeverde, di essere un pazzo paranoico in cerca di gloria ed instabile, e sono comunque andato avanti, figurati se mi interessa che si sappia che sono gay. Sì, magari sarà uno strazio da sopportare, all’inizio; ma quando avrò sconfitto Voldemort renderanno il giorno del mio coming out, o outing che possa essere, festa nazionale. Odio essere al centro dell’attenzione proprio, ma del motivo non me ne può fregare di meno. E, comunque, vedi? Importa al resto del mondo meno del previsto, neanche i tuoi amici Serpeverde ci fanno caso. Gli unici a cui non vorrei farlo sapere sono i miei parenti per non farmi buttare fuori casa, ma fra poco compirò diciassette anni e allora me ne fregherò pure di loro (*)-, rispose con semplicità, facendo spallucce; finì di sistemarsi la bardatura da ricevitore e senza aggiungere altro andò a giocare.
Draco rimase perplesso: c’era qualcosa che non tornava sul serio: perché allora Potter era sembrato tanto devastato quando lui aveva minacciato di sputtanarlo? Aveva forse a che fare con il discorso che Granger gli aveva fatto sulla Torre di Astronomia?
Mah, chi se ne fotteva: probabilmente tutti i Grifondoro avevano delle instabilità caratteriali; bastava guardare come il Pezzente tentasse di giocare mentre abbracciava Pansy: un’azione da idiota. Anche se Pansy sorrideva beata.
Era circondato da idioti e sciacquette.
Fu in quel momento che sentì un rumore al suo fianco: la stramba Corvonero stava raccogliendo dei fiorellini per intrecciare una ghirlanda: era carina, la Stramba, peccato che fosse assolutamente assurda e…
Luna, sentendosi osservata, alzò lo sguardo e trasalì quando notò che Draco la stava osservando: non si allontanò, ma diventò più circospetta nei movimenti.
Draco corrugò la fronte.
-Lovegood, perché nessuno di voi è a proprio agio con me?-, buttò fuori di getto, tra l’esasperato e l’incuriosito.
-Perché, Draco, tu sai essere crudele-, rispose Luna come se stesse facendo considerazioni sul tempo, prima di chinarsi per raccogliere altri fiori, con una schietta naturalezza che lo lasciò di stucco.
In famiglia e poi tra i Serpeverde gli avevano insegnato la lezione che essere crudele era giusto, anzi, doveroso: era il modo di dimostrare che si riuscisse a esercitare il potere oltre misura.
La sua attenzione fu calamitata da Blaise e Pansy che giocavano e scherzavano, sforzandosi di integrarsi con gente diversa da loro.
“Ma forse era la lezione sbagliata”, considerò Draco. “Forse loro hanno imparato un’altra lezione, migliore, e io sono rimasto indietro. Detesto rimanere indietro”.
Continuò a seguire la propria linea di pensieri fino a che, inavvertitamente, si appisolò.
 
Gli altri erano oramai ritornati alla villa, ma Harry aveva insistito per rimanere indietro accampando delle scuse assurde e totalmente non plausibili: la realtà era che voleva rimanere un po’ a guardare Draco che dormiva.
Chiunque nel gruppo aveva capito le sue vere intenzioni ma erano stati tutti discreti e non avevano commentato, anche se erano scappati risolini d’intesa e Ron gli aveva addirittura strizzato un occhio prima che Pansy riuscisse ad assestargli una gomitata nelle costole.
Comunque, se ne erano andati e li avevano lasciati soli.
“Santo cielo, sono patetico”, si disse: guardare la nivea pelle di Malfoy macchiata dall’ombra che le fronde gettavano su di lui, sentire i brividi che si rincorrevano sulla propria pelle al pensiero che tra poche ore sarebbero stati insieme nella stessa camera al buio… Ok, non sarebbe successo niente perché Malfoy magari avrebbe circondato il proprio letto di incantesimi repellenti… Ma era sempre una possibilità in più di quella che avrebbe avuto restando da solo nella sua stanzetta di Privet Drive.
Harry rimase così molto tempo, imprimendosi nella memoria la curva delle labbra di Draco perché sembrava che nel sonno la sua bocca si rilassasse, finalmente; oppure la leggera contrazione di un dito mentre Malfoy sognava chi sa cosa; oppure…
Sospirò: doveva svegliarlo, il sole stava calando e loro dovevano rientrare, anche perché lui doveva farsi una doccia prima di cena. Aspetta, una doccia…
Il Grifondoro compose il suo viso in un’espressione accigliata e spazientita.
-Malfoy… Malfoy… Sveglia-.
Draco scattò su come se gli avessero tirato una secchiata di acqua, guardandosi intorno spaesato.
-Potter! Dove… Che…-
-Spicciati, dobbiamo rimontare sulle scope e tornare indietro! Gli altri sono già andati!-, lo sollecitò, fingendosi irritato: era fondamentale per il suo piano che Draco non avesse tempo per pensare.
Dal canto suo, Draco registrò l’espressione di Potter: ecco, erano soli di nuovo e di nuovo lui appariva nervoso e scontento.
E Draco reagì a quello scontento: immusonito a sua volta montò a cavallo della scopa e decollò: Harry dietro di lui si concesse un sorriso: la sua piccola rivalsa stava per iniziare; neanche il viaggio di ritorno, condotto in silenzio e così diverso dall’andata, poté spegnere quella fiammella di subdola gioia.
Quando entrarono nel salone, c’era solo Luna, che intrecciava la sua ghirlanda.
-Gli altri sono andati tutti a lavarsi-, comunicò con quella sua voce trasognata.
“Bell’assist, Luna!”
Harry si parò davanti a Draco.
-Devo farmi una doccia anche io-, affermò serio, anche se dentro lui un Harry Potter di cinque anni iniziava a vergognarsi.
-Non vedo dove sia il probl…-, cominciò Draco, per poi rendersi conto delle implicazioni. Serrò istantaneamente le labbra in una smorfia caparbia. -Scordatelo-.
-Draco, Draco…-, lo chiamò Harry con un tono fintamente mellifluo di presa in giro. E decise di sganciare la bomba. -Ti sfugge un dettaglio: anche se non possiamo allontanarci più di tre metri, sono io che ti ho comprato; fino a domenica sera, tu sei mio. Mio. Sono io che detto le condizioni, se vado da qualche parte tu devi seguirmi-.
Oh, cielo, si sarebbe fatto cruciare pur di poter rivivere ripetutamente quel momento: Draco strabuzzò gli occhi, gli si gonfiò una vena su una tempia e soffocò nella sua stessa incredula indignazione.
Harry continuò impietoso.
-Prima, in cucina, siamo stati riattratti uno all’altro probabilmente perché ci siamo mossi simultaneamente, ma se io mi sposto, tu devi venirmi dietro. E io ora vado a farmi una doccia-, concluse e gli venne in mente che forse il Cappello Parlante ci aveva visto giusto allo Smistamento nel volerlo schiaffare tra i Serpeverde.
Poi si incamminò, senza pensare che a breve si sarebbe dovuto spogliare di fronte a Draco e nascondendo il proprio incipiente imbarazzo nel trionfo del momento.
Draco provò a fare resistenza quando il moro arrivò alla massima distanza consentita, ma una forza impalpabile parve trascinare tutto il suo corpo al seguito dell’altro: pur puntando i piedi sul tappeto si ritrovò a tallonarlo, rigido e furioso. Furioso ma non a disagio: aveva già visto nudo Potter una discreta quantità di volte mentre lo pedinava durante l’anno scolastico. No, quello che gli rodeva era di aver perso il controllo della situazione, il punto della sua superiorità da cui poteva giocare tranquillo: Potter lo aveva messo in difficoltà e sembrava divertirsi, proprio come se fosse stato uno della sua Casa, un Serpeverde.
Se una parte di Draco si inchinò riconoscendo un degno avversario, l’altra si indispettì oltre misura: nessuno gli aveva mai affibbiato un aggettivo tale: “mio”.
Draco Lucius Malfoy non era di nessuno.
E Potter non si era neanche guardato indietro da quando si era incamminato!
Appena avesse recuperato la sua libertà, Draco li avrebbe maledetti: lui, la Granger e Pansy!
Poi si ricordò della linea dei dorsali di Potter mentre si insaponava e cominciò a camminare di sua volontà, senza più venir trascinato: tanto valeva cavar qualcosa di buono da quella situazione del cazzo. Sorrise: avrebbe giocato anche lui. Gliel’avrebbe fatta vedere chi sarebbe andato dietro a chi!
D’altronde Harry ostentava una sicurezza che non provava più e che si era dileguata rotolando giù per gli scalini mentre saliva al primo piano: si sarebbe scannato da solo prima di tornare su propri passi, ma all’improvviso fu colto dall’insicurezza; Draco aveva tempo prima ammesso di trovarlo affascinante, ma Harry sarebbe riuscito a fare la ruota come un pavone per attrarre il biondo o quel dispetto si sarebbe concluso con la sola umiliazione del prestigio Malfoy?
Si sarebbe accontentato della seconda, pur preferendo la prima.
Forse fu proprio per contrastare quell’insicurezza che puntò dritto alla camera e una volta lì iniziò a spogliarsi con decisione, senza curare l’altro di uno sguardo e dandogli le spalle: quando rimase a torso nudo la voce di Malfoy si fece sentire.
-Voltati-.
Harry lo ignorò e si sfilò le scarpe e i calzini.
-Voltati-.
Era la stessa parola di prima, eppure totalmente diversa: pronunciata in quel modo lento e basso sembrava una promessa di piacevole dannazione eterna.
Harry si girò e gli si mozzò il fiato: come cazzo aveva fatto Draco a spogliarsi tanto in fretta e tanto silenziosamente? Gli restavano addosso solo i boxer e, oh merda, era bellissimo. Harry non riuscì neanche lontanamente a darsi un contegno: rimase inchiodato lì come una farfalla sotto uno spillo, e lo spillo erano gli occhi di Draco che lo studiavano. Harry non lo sapeva, ma il vantaggio del biondo era quello di conoscere già il suo fisico e di potersi permettere di non essere stupito. La cosa non valeva per niente al contrario: il Grifondoro lasciò scorrere lo sguardo, uno sguardo davvero inconsapevolmente famelico, sul corpo di Draco, registrando cose come l’assenza di peluria sul suo petto, l’addome non scolpito ma teso e compatto, il lieve rigonfiamento dei quadricipiti, le braccia che cadevano elegantemente ai lati del bacino da cui sporgevano le ossa delle anche, la pelle senza neanche una macchia o un’imprecisione, il biondo dei peli ricci che ricoprivano le cosce e sparivano sotto l’orlo dei boxer che…
-Ehm-, si schiarì la voce Draco, senza nessun imbarazzo ma con palese divertimento. Non appena l’attenzione del moro fu di nuovo al suo viso, sorrise umettandosi le labbra. Gli rivolse un ammiccamento e gli occhi di Potter si fecero vacui, anche se solo per un attimo. -Sbrigati e andiamo in bagno-.
Harry considerò se farsi la doccia con i jeans fosse un’opzione, perché i jeans erano larghi e rassicuranti e forse Draco non si sarebbe accorto che stava per avere un’erezione. Tuttavia Malfoy gli dette le spalle, come per un improvviso senso di pudore e Harry saltò fuori dai pantaloni a velocità inumana avvolgendosi subito in un asciugamano posato su una panca ai piedi del letto.
-Andiamo-, disse con voce roca e con la sensazione di star per perdere quell’incontro.
 
Draco si era perfettamente reso conto dell’effetto che stava avendo sull’altro; dopo tutto quello che gli aveva fatto in quegli anni e soprattutto nell’ultimo periodo… Santo cielo, Potter non sapeva proprio proteggersi! Spiattellava le proprie emozioni e sensazioni così, senza ritegno… Ora Draco avrebbe di nuovo potuto affondare il coltello nella piaga, per esempio prendendolo in giro per l’evidente rigonfiamento nei suoi jeans… Invece si era girato dall’altra parte.
Buffo: aveva desiderato dare un po’ di tregua al moro.
Così lo aveva aspettato sulla soglia del bagno e una volta lì aveva continuato a dargli le spalle per andare a riempire la grande vasca che si trovava incassata nel pavimento; non c’erano docce.
L’acqua calda ci mise poco a riempire la vasca e i due intanto lasciarono dilatare il silenzio tra loro: Draco per una sorta di nuovo e strano accenno di riguardo, Harry perché si stava chiedendo se i suoi pollici si potessero adattare alle fossette che Draco aveva in fondo alla schiena.
Il moro scese in acqua benedicendo la schiuma come aveva fatto al quarto anno alla presenza di Mirtilla Malcontenta e lasciando andare l’asciugamano che lo copriva solo poco prima di toccare con i piedi le prime bolle di sapone; scese qualche scalino e si ritrovò immerso: la protezione della spuma e il calore dell’acqua lo rilassarono.
Non sapendo bene come procedere nella sua rivalsa si risolse a godersi per un momento quel bagno.
-Ti sei tenuto i boxer-, constatò in tono piatto Draco, seduto su un tappetino a due metri abbondanti dalla vasca, le ginocchia tirate al petto e le braccia a circondarsi le gambe, il capo reclinato contro la parete.
-Anche tu-, rispose Harry tirando fuori le prime parole che gli passarono per il cervello e rendendosi subito conto della loro stupidità.
Se Draco la colse, decise di non approfittarne; anzi, continuò quel dialogo di ovvietà.
-Ma tu sei in acqua-.
-E tu no-.
“Complimenti, Harry, questa sì che è una risposta capace di rintuzzarlo e zittirlo”, si disse con autocritica.
-Allora, dovremmo parificare le cose-.
E un attimo dopo Draco si alzò, aggraziato e ferino, e si diresse verso la vasca, che improvvisamente a Harry non sembrò poi così grande: ma non riuscì a profferir verbo o muovere muscolo, come un cervo abbagliato di fari della macchina che sta per investirlo. Si riscosse solo quando piccole onde gli lambirono il petto, segno che l’acqua era stata increspata dall’entrata di Malfoy, il quale sparì brevemente sotto la superficie, per riemergere bagnato e lucido di schiuma.
L’inguine di Harry ebbe un’inequivocabile contrazione, seguita da una seconda e più forte quando Malfoy si lisciò indietro i capelli e alcune gocce scivolarono sul suo collo. Harry artigliò il bordo della vasca per tentare di rimanere al suo posto invece di gettarsi su quel collo, leccarlo e dichiarare che era stato una mossa di lotta babbana. Solo il ricordo di quella sera, di come le labbra di Draco erano diventate crudeli dopo averlo baciato, lo avevano fermato.
Malfoy si stiracchiò, pigramente, come un gatto.
Harry capì che non avrebbe resistito ancora a lungo.
 
Draco sapeva che effetto stava esercitando su Potter e sapeva anche quale effetto l’altro stesse esercitando su di lui: un conto era stato vederlo nudo a sua insaputa. Ma, contrariamente alle proprie previsioni, tutt’altro era guardarlo adesso che lui era consapevole della sua presenza. E che indossasse i boxer o meno non cambiava per niente lo stato delle cose.
Se fosse stato solo sesso, Draco avrebbe anche potuto soccombere; e poi, al massimo, obliviare Potter per fargli dimenticare il proprio attimo di cedevole debolezza carnale.
Draco però temeva che in una qualche maniera bazzecole fastidiose e pericolose come i sentimenti avrebbero finito per andarci di mezzo: Potter lo avrebbe guardato come se si aspettasse altro e Draco non era sicuro di sapere come rispondere a quell’assurda possibile richiesta negli occhi verdi e brillanti di Harry.
Immaginò che fosse quello il motivo per cui improvvisamente tagliò fuori i propri pensieri impudichi e smise di gettar provocazioni; per lo stesso motivo per cui prima si era girato.
Riguardo.
Lui?! Lui stava avendo del riguardo?!?!
Qualcuno doveva avergli scagliato contro un Confundus.
Era una situazione imbarazzante: di cosa parli con la tua nemesi per dissimulare la reciproca attrazione?
Quidditch, il Quidditch poteva risolvere tutto.
-Per quale squadra tifi?-, buttò lì Draco come se si trovassero in Sala Grande e non quasi nudi in una vasca.
Stranamente, Potter parve sollevato, anche se sorpreso.
-Oh, inizialmente seguivo Ron tifando per i Cannoni di Chudley, ma poi, via via che conoscevo le squadre, hanno iniziato a piacermi i Pipistrelli di Ballycastle: vedi il loro tecnicismo e la loro agilità nei passaggi…-
-È praticamente inutile contro il gioco dei Falmouth Falcons-, lo interruppe Draco.
-Solo perché, vedi, si da il caso che i Falcons siano una squadra di giocatori fallosi-, ribatté Harry punto sul vivo.
-Non sono fallosi, solo determinati. Vieni, ti spiego-, obiettò a sua volta Draco, avvicinandosi al bordo della vasca e cominciando a tracciare dei disegni sul vapore che copriva le mattonelle per spiegare alcune azioni e strategie.
Harry si appressò a sua volta e, coinvolti nella discussione a stento si accorsero delle loro spalle che si toccavano, della loro pelle che inconsciamente si cercava.
Senza farsi problemi funzionavano molto meglio insieme, fosse benedetto il Quidditch.
 
Tuttavia i problemi riaffiorarono quando capirono che era il momento di darsi una lavata e uscire da quella bolla spaziotemporale.
Harry riprese il suo atteggiamento tra l’eccitato e l’impacciato, che virò al risentito quando interpretò il riguardo di Draco per distacco.
Non che Draco ci sapesse fare, eh, con le dimostrazioni di riguardo: aveva davvero poca esperienza in merito; sembrava più che altro un educato mantenere le distanze.
Quindi uno trasmetteva segnali sbagliati che l’altro interpretava in maniera ancora più sbagliata.
Non c’era ostilità, ma una premessa di incomprensione che avrebbe potuto portare da qualsiasi parte.
Nell’immediato, portò all’imbarazzo e al silenzio.
Ognuno dei due si lavo e si sciacquò, voltandosi reciprocamente le spalle e lanciandosi sguardi che non si incrociarono mai.
Furono incredibilmente e artificiosamente coordinati, attenti a non distanziarsi per non sollecitare la magia del contratto che li vincolava, silenziosi e ben presto scontenti.
Draco impiegò meno del previsto a prepararsi e Harry si dilungò per sincronizzare i propri tempi.
L’unica cosa per cui collaborarono in maniera esplicita fu di spostare i letti sulla parete confinante con il bagno: in modo tale, se uno dei due avesse dovuto utilizzarlo durante la notte l’altro non sarebbe stato svegliato per avvicinarsi.
Scesero composti a cena, senza liti e senza scontri.
Così poco loro stessi.
 
Pansy aggrondò immediatamente le sopracciglia quando i due comparvero nella sala da pranzo.
Che Potter fosse mogio e contrariato si vedeva lontano un miglio; tuttavia fu l’espressione di Draco a preoccuparla.
Sembrava… Rassegnato. Era un’emozione così inusuale da vedere sul viso dell’amico: Draco era spesso furibondo, a volte impaurito, malizioso, algido e tutta un’altra gamma di stati d’animo, ma non l’aveva mai visto rassegnato.
Se neanche il contratto magico stava funzionando per avvicinarli forse voleva dire che per quei due non c’era niente da fare; se si fosse trattato solo di qualcosa di fisico, Pansy li avrebbe legati nudi insieme fino a che non fosse successo qualcosa. Ma in ballo c’era di più: quei due potevano davvero essere una coppia, se solo avessero provato a capirsi. La ragazza in questo scommetteva sul moro: Potter aveva più probabilità di lasciarsi trasportare dai sentimenti e forse sarebbe riuscito a smuovere Draco; il quale stava comunque tentando di essere accorto nei confronti di Potter: d’altronde di questo se ne sarebbero potuti accorgere solo Blaise e lei stessa in tutta la stanza. Per tutti gli altri, Draco stava semplicemente snobbando Potter. Soprattutto per Potter.
Osservando mestamente il suo amico, provò un istintivo moto di compassionevole empatia.
Povero Draco: innamorato di un minorato mentale.
Successivamente girò gli occhi su Ron che guardava la scena intorno a sé con espressione vuota biascicando alcuni stuzzichini dell’aperitivo: povera sé stessa.
In ogni caso, si disse, c’era ancora molto tempo prima che quel fine settimana finisse e lei e Hermione erano molto determinate, anche se avevano idee un tantino diverse sul concetto “il fine giustifica i mezzi”.
In particolare, Pansy lo riteneva una verità incontestabile e l’altra no.
Ed era per questo che Pansy non le aveva detto di aver corretto generosamente il succo di zucca che tutti avrebbero bevuto a cena con una pozione che non avrebbero percepito ma che li avrebbe disinibiti un bel po’.
L’atmosfera di distensione generale avrebbe aiutato. Lei stessa ne avrebbe avuto bisogno per spronare un po’ Ron.
Se solo avesse saputo che anche Hermione, pur senza dirle niente per non sentirsi rinfacciare di aver mutato il suo punto di vista, aveva sposato la sua stessa ideologia e aveva di nascosto corretto il succo di zucca dei due ragazzi con del Distillato Sviante (**) insapore…
 
Era quasi mezzanotte, la cena giaceva parzialmente consumata sul tavolo, senza che l’elfo avesse potuto risistemare, anche se ogni tanto qualcuno vi si avvicinava, sbocconcellava qualcosa e beveva un po’ di succo di zucca.
Hermione e Blaise erano spariti un’ora prima: lui le aveva proposto di uscire a vedere le stelle e non erano più tornati.
Ron e Pansy se l’erano svignata alla chetichella senza nessun pretesto e non si sapeva neanche dove fossero.
Gli altri giocavano a Obbligo o Verità e gli obblighi stavano virando pericolosamente sull’equivoco, tra risate generali e scarsissimo imbarazzo.
Harry si era rimorchiato Draco in camera senza una parola un’ora prima, dopo averlo guardato come se lui fosse un pellegrino perso nel deserto da giorni e il biondo un’oasi di acqua e ombra. Draco l’aveva seguito come se Harry fosse il Pifferaio Magico.
Si era sentita la chiave della loro camera girare nella toppa, ma il rumore si era perso nell’ilarità sguaiata e nei fischi di incoraggiamento di chi al piano terra stava giocando, perché qualcuno aveva appena ordinato a Terry Boot di fare la Danza dei Sette veli.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
Ovviamente dietro c’è tutto il discorso che fa Silente alla fine del quinto libro sulla protezione che Harry ha acquisito grazie al sacrificio della madre e che si è estesa quando Zia Petunia lo ha accolto in casa: Harry deve poter chiamare “casa” quel posto, per lo meno fino alla sua maggiore età; per cui farsi buttare fuori sarebbe… Ehm… Controproducente. E penso siate d’accordo con me che zia Petunia, pur avendo preso le sue parti in precedenza, lo caccerebbe se pensasse che Harry potesse attentare alla virtù di Diddino-Didduccio (e di sicuro lo penserebbe, anche se Harry piuttosto si farebbe castrare con una spatola da cucina).
 
(**)
Dal capitolo 18 del quinto libro:
“Codeste piante sono quanto mai efficaci nell'infiammare la mente, e sono pertanto d'uso nei Distillati Svianti e di Confusione, laddove il Mago desideri produrre stati di imprudenza e testa-calda...”
Evidentemente Hermione ha pensato che sarebbe bastato indurre un po’ di imprudenza nei due ragazzi…
 
Allora che ne dite?
Pare proprio che quei due non riescano a trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda e continuino a fraintendersi… Ma forse la notte porterà “consiglio” (se è così che vogliamo chiamarlo…).
 
Per questo capitolo mi sono ispirata ad una bellissima poesia.
Non sono tipo da poesie, di solito.
Questa è una delle rarissime eccezioni.
È di Wislawa Szymborska.
 
Amore a prima vista
Sono entrambi convinti
Che un sentimento improvviso li unì.

È bella una tale certezza,
Ma l’incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
Che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
Dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
Se non ricordano –
Una volta un faccia a faccia
Forse in una porta girevole?
Uno “scusi” nella ressa?
Un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
Che già da parecchio
Il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
A mutarsi per loro in destino,
Li avvicinava, li allontanava,
Tagliava loro la strada,
E soffocando una risata,
Si scansava con un salto.

 
Vi furono segni, segnali,
Che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
O martedì scorso
Una fogliolina volò via
Da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
Tra i cespugli dell’infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
Su cui anzitempo
Un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno
Subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
È solo un seguito
E il libro degli eventi
È sempre a metà aperto.

 
 

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Capitolo 9
*** una notte agitata e un sabato quasi inesistente ***


Sono tornata dopo una discreta assenza, dovuta a beghe ma soprattutto a una tendinite bastarda che rende lo scrivere alla tastiera un supplizio: a breve dovrei iniziare la cura e quindi essere in grado di pubblicare, io spero, con più regolarità.
Intanto aggiorno questa storia, spero con domenica di aggiornare anche l’altra.
Vi ringrazio per i vostri commenti, sia qui che là: mi sto rimettendo in pari anche su quel versante, rispondendo a commenti e messaggi privati… Ancora grazie!
 
La canzone che fa da sfondo al capitolo è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=VnL3NfhOsBM
 
Questo capitolo sarà croce e delizia, vi avverto…
Dopo averlo scritto ho deciso di alzare il rating ad arancione.
I miei commenti in fondo, as usual.
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
 
Appena fuori dal salone, Harry non era riuscito ad aspettare un secondo di più per trovarsi solo con l’altro e li aveva Smaterializzati entrambi in camera, dove la luce della luna entrava tenue, appena un passo dietro la porta: Draco aveva barcollato, colto di sorpresa, divaricando le gambe per tenersi in piedi e finendo con la schiena contro il battente in pesante legno bianco, in una postura senza baricentro che non avrebbe potuto mantenere se non fosse stato appoggiato contro qualcosa. Aveva già gli occhi chiusi quando Harry invase il suo spazio vitale, posizionandosi tra le sue gambe, abbastanza vicino da sentirne il calore ma non il contatto; poté percepire il movimento del braccio con cui Harry si tese per chiudere a chiave la porta: ritirando la mano la portò a stringere quella di Draco in una presa calda e delicata.
Ogni gesto era lento e dilatato, e sembrò che i loro visi rimanessero vicini perché si potessero respirare e annusare per un tempo indefinito, chiedendosi come mai tutto fosse così normale e leggero e spontaneo.
Una parte di loro ancora attaccata alla realtà forse registrò la stranezza del frangente e Draco tentò un movimento in avanti, con tutta probabilità un tentativo di sottrarsi alla situazione: invece ottenne solo di finire contro il petto di Harry, che strinse di rimando la mano nella sua e si lasciò sfuggire un breve singulto a labbra serrate, tra l’esasperato e l’appagato.
Quello fu il segnale che la mente di Draco stava aspettando: si fece da parte, rassicurata sul fatto che le cose stavano andando esattamente come dovevano andare.
C’era ardore, ma non fretta; anticipazione ma non urgenza; desiderio ma non smania.
Harry si sporse verso la bocca di Draco, ma all’ultimo momento cambiò un poco la propria traiettoria e baciò quell’angolo dove le labbra si incontravano e che tanto bene sapeva piegarsi in una smorfia deridente: rimase appoggiato lì in un tocco lieve soffiando aria calda sulla pelle di Draco con tremula soddisfazione e spostò la presa della mano per far aderire i loro palmi e intrecciare le loro dita.
Draco gli accarezzò l’interno del polso con il pollice in un movimento ripetuto e ipnotico.
I loro cuori, dopo un attimo di frenetico martellare contro la cassa toracica, battevano calmi e regolari come l’atmosfera al centro dell’occhio del ciclone.
Draco alzò le dita della mano libera per farle scorrere negli indomiti capelli corvini e ne tastò la consistenza tra i polpastrelli, come se fossero filati di pregio: solo in quel momento Harry abbassò le palpebre; Draco si chiese che sensazione gli avrebbero dato quelle ciglia sulla pelle e di conseguenza gli sfilò gli occhiali, girandoseli tra le dita come se fossero una bacchetta. Li appoggiò con un movimento alla moviola su un qualcosa che stava a portata di braccio.
E ancora rimanevano prossimi, quasi del tutto immoti, nel godimento dell’attesa, dilatandola e dipanandola.
Harry inclinò il viso e accarezzò la guancia di Draco con la propria, esalando il suo sospiro lentamente, Draco piegò la propria testa sul collo come un fiore che riposa per prolungare quella carezza e fece un verso molto simile alle fusa.
Era tutto così sospeso, così rarefatto.
I loro volti si strofinarono uno sull’altro e fu quasi solo per caso che le labbra si incontrarono in uno sfioramento delicato. Lo ripeterono ancora e ancora, dondolando le teste quasi seguissero una melodia sottintesa.
Le ciglia di Harry erano davvero carezzevoli come era sembrato.
I reciproci aneliti appena accennati erano gli unici rumori che contavano e che li irretivano.
All’ennesimo sfioramento Harry lambì con la punta della lingua il contorno del labbro superiore di Draco, là dove la carne creava un piccolo avvallamento e trovò meraviglioso che le due parti sembrassero fatte per essere complementari. Draco di rimando assaggiò la fessura tra le labbra dell’altro, con l’accortezza che si possa avere per un cibo squisito ma ancora troppo caldo per essere degustato; poi la sua attenzione venne calamitata dal lieve tremore che il corpo di Harry ebbe un attimo prima che il ragazzo percorresse la breve distanza che si trovava dalla bocca di Draco al suo mento, dove posò un bacio leggero, il primo di una lunga e flemmatica sequenza che si protrasse per tutta la linea della mandibola fino al lobo dell’orecchio: lo prese tra i denti con tale accortezza che la sensazione di piacere fu come le increspature a pelo d’acqua dopo il lancio di un sasso, superficiali e continue ed espanse.
La mano di Draco, che aveva ripreso a filare i capelli di Harry, scese a percorrere la giugulare con il suo battito da tamburo tribale e le lunghe dita di Draco si avvolsero intorno alla spalla: non per trattenerlo o per attrarlo, quanto per saggiare la consistenza della sua carne.
Harry espirò alito caldo vicino all’orecchio di Draco e ritornò sui suoi passi, ripercorrendo all’indietro la scia di baci.
Tornarono uno di fronte all’altro, talmente tanto vicini che, quando aprirono gli occhi, Harry non ebbe nessuna difficoltà a mettere a fuoco le iridi grigie e quelle pupille dilatate come se dovessero ingoiare il mondo intero.
Fu Draco a muoversi per primo, lento e indolente come una tigre al sole: reclinò il capo all’indietro, senza perdere nonostante tutto il contatto visivo, unendo i piedi per recuperare un po’ di altezza, offrendo, adesso davanti alla bocca di Harry, la gola: arresa, candida, vulnerabile e desiderabile.
Harry vi si piegò sopra come se fosse un’ape e Draco il nettare di un fiore.
Appena ne lappò la pelle, Draco si fece scivolare lentamente a terra, seduto contro la porta, con Harry che lo seguì in quel movimento aggraziato e quasi pigro e quasi casuale per ritrovarsi accoccolato vicino alle sue gambe lievemente flesse, un po’ a sovrastare il biondo.
Poteva essere un segno di conquista, di dominanza. O magari di protezione e deferenza.
Le loro mani erano ancora intrecciate saldamente, il loro mondo sospeso nel tempo e nella delicata reciproca scoperta.
Mentre Harry lo assaggiava, Draco mosse impercettibilmente il viso per godere della carezza che la capigliatura scomposta di Harry gli faceva.
Poi Harry fu di nuovo davanti a lui e gli prese il viso tra le mani: pareva fosse una coppa a cui dissetarsi.
E le loro bocche combaciarono con naturalezza, risultando combacianti come due pezzi di puzzle.
Si presero tutto il tempo di pregustarsi e assaporarsi con dedizione in una reciproca offerta di sé: soavi baci a fior di pelle, quasi neghittosi nella loro lentezza e nel loro, in un certo senso, candore; senza fretta, totalmente immersi nell’emozione del momento, che scorreva al rallentatore.
Ognuno dei due emetteva piccoli suoni di apprezzamento, lievi controllati singhiozzi appena accennati, sospiri appena più carichi di suono ovattato.
Harry spostò una mano di lato alla testa di Draco, la carta da parati contro il palmo, per sostenere la propria posizione e gli fece scivolare l’altra dietro il collo con un tocco delicato. Draco reagì a quel movimento con rilassatezza, cambiando angolazione del proprio volto per accogliere quella mano contro la propria pelle; così facendo aprì le labbra e inaspettatamente un gemito gutturale e roco ne fluttuò fuori, qualcosa di primordiale e animalesco, strappato dal centro del suo stesso essere, che riverberò contro Harry come un incantesimo potente, come una scudisciata di sensualità che neanche avrebbe pensato potesse esistere.
 
La delicatezza si infranse, come un sottile strato di ghiaccio sotto il peso di un macigno di passione.
 
Harry strinse entrambe le mani, quella sul muro grattò con le unghie la carta da parati, l’altra artigliò il collo di Draco tirandoselo contro.
Dove c’era stata lenta scoperta ci fu divampante bramosia; se prima era stata anticipazione ora prevaleva lo slancio.
Draco spinse avanti il petto puntellandosi sulle mani per fare forza e approfondire il bacio, facendo saettare la lingua in profondità nella bocca di Harry, che si aprì per accoglierlo come se in vita sua non avesse fatto altro e contemporaneamente torreggiando per poter ricambiare con altrettanta veemenza.
Ma non era una posizione soddisfacente e allora Harry lo tirò lontano dalla porta piazzandogli una mano alla base della schiena e facendolo slittare sul tappeto per spingerlo contemporaneamente sdraiato con il solo impeto del bacio: l’unica accortezza che ebbe fu quella di riparare la testa di Draco con la seconda mano perché non si facesse male; gli si mise cavalcioni, ma ancora non bastava e la distanza era davvero troppa per non essere gelosi dell’aria che li divideva.
Così Draco interruppe il bacio per far scorrere i denti sulla gola di Harry e ne approfittò per dare un colpo di reni che lo portò sopra al moro e ora andava di sicuro meglio, con le gambe intrecciate e molte parti dei loro corpi a contatto e la lingua di velluto di Draco che leccava Harry per strappargli la sanità mentale attraverso i pori della pelle, facendolo inarcare sotto di sé per avere ancora più contatto, ancora più Draco addosso.
Draco si fece spazio scansando il colletto del serafino di Harry e ne sganciò i bottoncini per avere maggior pelle a disposizione: parve soddisfatto di poter suggere la clavicola che affiorava una volta slabbrato il cotone.
Harry uggiolò di piacere e alzò la maglia di Draco per affondare i polpastrelli nei muscoli dorsali in quello che sarebbe potuto sembrare un massaggio se non fosse stato troppo spasmodico per essere definito tale.
Pareva che non riuscissero a trovare requie, che niente fosse abbastanza, e quindi finirono per aggrovigliare le magliette in alto senza avere il raziocinio di sfilarsele, perché in tal caso avrebbero dovuto separarsi troppo e troppo a lungo.
Harry, probabilmente perché trovava inaccettabile non assaggiare Draco in posti che prima gli erano stati irraggiungibili, ribaltò le loro posizioni e si dedicò a leccare lo sterno e l’addome del biondo, che in cambio ne graffiò la schiena mugolando la sua approvazione a quanto gli veniva fatto.
Fu quando Harry risalì per baciare nuovamente Draco sulla bocca che entrambi presero coscienza, con uno strusciamento che inviò scariche elettriche ai loro nervi, delle rispettive parti basse.
La presa di coscienza si tradusse per Harry in un verso a metà tra un singhiozzo e un muggito, accompagnato da un movimento ampio, deciso e oscillatorio del bacino; Draco invece lasciò totalmente perdere la schiena dell’altro e gli infilò di prepotenza entrambe le mani dentro i jeans, sotto i boxer: se le riempì delle natiche di Harry per aumentare la frizione di quell’oscillazione, premendosi contro il corpo del moro.
Questa mossa soddisfò entrambi e cominciarono a ripeterla con l’unica variante di Harry che si puntellò con le mani ai lati della faccia di Draco per poterlo baciare a fondo: fu ancora meglio, perché l’inclinazione dei due corpi fece aderire meglio le loro erezioni e impresse più violenza agli affondi di Harry.
La luna era tramontata, nella stanza regnava il buio ma i due ragazzi non avevano bisogno della vista, guidati come erano dalle sensazioni e dai loro respiri affannati, soprattutto quando le spinte non furono abbastanza e Harry si decise a staccarsi rotolando su un fianco: fu come strapparsi una maglietta bagnata di dosso, ma ora poteva arrivare alla patta dei pantaloni di Draco, perché il ragazzo lo aveva seguito nel movimento e giacevano sdraiati uno di fronte all’altro, le mani che lottavano contro cerniere e bottoni e stoffa, quel tanto che bastava per arrivare ad afferrare, a carezzare, a palpare.
Si dovettero aggiustare dimenandosi un po’ per raggiungere il vicendevole miglior contatto, ma trovarono ben presto il giusto compromesso tra distanza fra i loro corpi e capacità di movimento delle mani.
Le loro magliette in quella manovra erano ridiscese a coprire gli addomi, ma poco importava dal momento che avevano entrambi conquistato un premio più ambito, più sensibile e più soddisfacente.
Avrebbero dovuto prendersi il tempo per studiarsi e conoscersi, ma non ne avevano la capacità; rallentare non era più un’opzione, moderarsi non più concepibile, trattenersi neanche a parlarne.
Erano quasi speculari: una mano nei capelli dell’altro stretta con inconsapevolezza quasi a impedirne la lontananza e una mano avvolta intorno alla parte dei loro corpi in cui tutto sembrava raccogliersi e concentrarsi: il calore, le sensazioni, il movimento.
I loro cuori sarebbero esplosi, i loro cervelli erano mesmerizzati, poteva anche essere che non avessero più confini fisici, a parte quei due fulcri bollenti che li ancoravano alla realtà con gesti sempre meno misurati e più frenetici.
Non finirono esattamente insieme, ma poco ci mancò: e l’apice del godimento fu talmente forte che non si accorsero di quel piccolo slittamento tra i due orgasmi mentre si inarcavano uno verso l’altro per ottenere di più, quando più di così non si poteva ottenere.
Draco sporcò sé stesso e la mano di Harry, e rotolò supino gemendo forte e tentando di recuperare fiato.
Harry macchiò il tappeto finendo prono proprio un secondo dopo che il biondo aveva liberato le proprie dita dall’intrico dei suoi vestiti, anche lui boccheggiando di piacere e dispnea: trascorse pochissimo prima che un pesante torpore lo avvolgesse: la rilassatezza dei muscoli e dei nervi lo cullò trasportandolo rapidamente tra le braccia di Morfeo.
Draco senza guardarsi intorno si alzò e andò in bagno.
 
Draco aprì gli occhi trasalendo, perché durante il sonno aveva avuto la sensazione di star precipitando, e scoprendosi a mollo nella vasca: l’acqua era oramai poco più che tiepida e trasmetteva un senso di fastidio alla sua pelle, nonostante fosse estate.
Si afferrò la radice del naso tra indice e pollice con forza, tentando di far mente locale.
Ma quanto aveva bevuto per essersi dimenticato della sera precedente? E che ore erano? E che ci facevano i suoi vestiti galleggianti a pelo d’acqua?
Era buio pesto e se era lì da solo significava che Potter doveva al massimo trovarsi nella stanza accanto.
Riprese a far scorrere l’acqua calda; l’unica spiegazione era che fosse entrato in vasca vestito e si fosse spogliato solo dopo. Per le palle di Zeus, doveva aver bevuto come una spugna: sperava solo di non aver fatto qualcosa che potesse averlo messo in imbarazzo. Comunque, si sentiva stranamente rilassato… E molto insonnolito.
Si sciacquò, più per riscaldarsi che per lavarsi, visto che era rimasto immerso per un tempo indefinito.
La sbronza sembrava passata, almeno per quanto riguardava la coordinazione motoria e la lucidità, ma rimanevano quel senso di ovattata distensione e la necessità di dormire.
Lasciò gli abiti bagnati in bagno e si asciugò pelle e capelli.
Quando tornò in camera per recuperare un pigiama e mettersi a letto vide distrattamente il corpo di Potter riverso sul tappeto, la testa girata dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lui, una mano vicino al viso e l’altra incastrata sotto lo sterno. Anche lui doveva aver bevuto parecchio per essere crollato addormentato in quel modo sul pavimento. Ma Draco sentiva il bisogno di dormire e non si perse dietro ad altre considerazioni: si infilò il pigiama, strisciò tra le lenzuola e sprofondò in un sonno pesantissimo.
 
Harry si destò di soprassalto con la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Pur nella nebbia del risveglio capì abbastanza velocemente cosa fosse: qualcosa che si era seccato e rappreso nei suoi boxer.
Si alzò carponi guardandosi intorno perché, se lui si trovava lì, Malfoy non poteva essere lontano; infatti lo vide nel suo letto, girato su un fianco a volgergli la schiena: aveva il respiro lento e pesante di chi sta dormendo profondamente.
Fu istantaneamente orripilato dalla situazione: non ricordava niente, ma era abbastanza sicuro di essersi masturbato e poi di essersi addormentato proprio lì sul tappeto, sul luogo del misfatto.
Con Malfoy nella stanza!!!
Chiuse gli occhi, ondeggiando brevemente sotto la consapevolezza crescente di quello che aveva fatto.
E dove diavolo erano i suoi occhiali? Tastò intorno, ma non li trovò; recuperò invece la propria bacchetta e con un flebile “Lumos Minor” ne fece debolmente illuminare la punta.
Appellò gli occhiali, che afferrò come fossero un Boccino d’Oro appena arrivarono alla sua portata.
Subito dopo provvide a lanciare incantesimi per pulire sé stesso, i propri vestiti e poi… Oddiomioavevasporcatoiltappeto!
Gettò più “Evanesco” e “Gratta e Netta” che in tutto il resto della sua vita e alla fine la superficie risultò linda.
Gli fu impossibile ricostruire l’accaduto, non ricordava niente; ma cosa gli avevano dato da bere? E, soprattutto, quanto?
L’unica cosa che riuscì a capire fu che Malfoy non aveva colto cosa fosse successo, altrimenti Harry si sarebbe ritrovato morto. O, peggio, preso in giro per il resto della sua vita. Se Malfoy ronfava beato nel suo letto, allora la… Ehm, distrazione che Harry si era preso doveva essere accaduta dopo che l’altro si era addormentato.
“Harry, ogni tanto qualche botta di fortuna capita anche a te”, si disse, a metà strada tra la mestizia e il divertimento.
In ogni caso, avvertiva ancora la necessità di dormire: seguendo l’esempio del suo compagno di stanza si cambiò infilandosi il pigiama e si accomodò tra le lenzuola, sprofondando in un sonno profondissimo subito dopo aver posato gli occhiali sul comodino.
 
-Ma Hermione-, si lamentò Ron. -Potrebbero essere morti!-
Hermione si tenne la testa tra le mani, premendo con forza gli indici e i medi sulle tempie.
-Ronald, abbassa la voce se non vuoi che ti silenzi con un incantesimo-, lo ammonì. -Se sei così preoccupato vai a controllare-.
Il rosso indietreggiò negando che avrebbe fatto una cosa del genere con il rischio di trovarsi davanti a scene che non sarebbe più riuscito a cancellare dalla propria mente. Girò speranzoso gli occhi su Blaise, che però scosse la testa.
-Non entrerei in quella camera neanche in catene: che stiano succedendo cose belle o cose brutte, non voglio finirci in mezzo. Uh, arriva Pansy con i biscotti!-
Ron sussultò e diventò rosso come un peperone fino alla radice dei capelli, assomigliando a una grossa e impacciata Salamandra di Fuoco.
Hermione lo studiò assottigliando gli occhi: tutti si erano risvegliati con un motivo di imbarazzo riferito alla sera prima e un gran mal di testa, ma oramai era pomeriggio inoltrato ed erano scesi a patti con quello che era successo. Solo Ron persisteva in quel suo atteggiamento di disagio appena Pansy compariva nella sua sfera personale; ma dal modo in cui la guardava sembrava che sotto il disagio covasse la gioia.
Avevano trascorso una giornata in un ozio indolente a smaltire gli effetti della sera e notte precedente, aspettando che Draco e Harry facessero la loro apparizione; tuttavia all’ora del tè ancora di loro non vi era traccia.
Pansy entrando lanciò un’occhiata nella stanza, individuò Hermione, posò i biscotti sul tavolino e le fece cenno di seguirla: aveva impiegato un certo lasso di tempo a rovistare nella dispensa per recuperare i dolcetti, tempo che le era servito per racimolare il coraggio della confessione; del resto, era convinta di non poter scantonare oltre, di sicuro Hermione aveva intuito qualcosa, era troppo intelligente per non aver riconosciuto i sintomi e gli effetti collaterali della pozione che lei a cena aveva versato nel succo di zucca.
E come si era aspettata, Hermione non la prese bene.
Pansy tentò comunque di minimizzare.
-Andiamo, Hermione, ne avevamo tutti bisogno! Ron era teso come una corda di violino, Ginny aveva l’atteggiamento di chi aspettasse un attacco alle spalle e Blaise…-
-Discuteremo un’altra volta dell’etica di drogare i tuoi amici a loro insaputa-, sentenziò l’altra di rimando, con una smorfia rigida.
Pansy stava per dirle che in realtà, a vari livelli, questo accadeva abbastanza spesso tra i Serpeverde senza grandi conseguenze e senza che nessuno ne facesse una tragedia, però si rimangiò la frase sul nascere: Hermione assomigliava pericolosamente alla McGranitt e a Pansy la severa professoressa aveva sempre istillato un certo timore.
Era evidente lo sforzo che Hermione stava compiendo per andare avanti nella discussione.
-D’altronde, non posso biasimarti, perché… Perché anche io ho fatto lo stesso: ho corretto le bevande di Harry e Draco con del Distillato Sviante-, sbotto tutto d’un fiato: via il dente, via il dolore.
Tralasciando il resto, si guardarono spaesate, senza il coraggio di dar voce ai loro pensieri: cosa sarebbe sortito fuori da quella combinazione?
“Niente di buono, sospetto”, si risposero entrambe.
Forse era meglio se qualcuno fosse salito a controllare.
 
Era toccato a Luna, alla fine: era montata a cavallo di una scopa e aveva spiato la situazione da fuori della finestra, riferendo che i due dormivano tranquillamente, ognuno nel proprio letto, come due bambini. Li aveva definiti “teneri”.
Hermione e Pansy strinsero le labbra in un’espressione scontenta e delusa: non era servito a niente.
 
Harry stava sognando: era a cavallo della sua amata scopa e stava andando a salvare Malfoy legato al pinnacolo; ma quando arrivava alla giusta altezza, Malfoy era vestito con uno smoking ed era per niente incazzato: anzi, gli stava sorridendo mentre gli diceva: “tu lo sai cosa succederà, è come se fosse già successo”; poi Malfoy si tirava la maschera da Mangiamorte sul viso e gli sfilava la scopa da sotto; mentre Harry precipitava sentiva Malfoy che parlava: “il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”; a quel punto Harry si schiantava sul tappeto, che però era morbido, e non si faceva male: si trovava nella camera della villa di Blaise e accanto a lui c’era la maschera da Mangiamorte; Harry la prendeva e mentre la indossava entrava Hermione che tirava fuori una sciarpa con i colori di Serpeverde e gli raccomandava di imparare cosa si provasse a stare dietro le maschere degli altri; a quel punto il tappeto prendeva vita e si avvolgeva intorno a Harry che iniziava a dibattersi nel tentativo di liberarsi e…
Una mano lo scosse con fermezza.
-Se continui ad arrotolarti così nelle lenzuola finirai per strangolarti. E i tuoi amici daranno la colpa a me per la tua morte. E anche Voldemort darà a me la colpa della tua morte. Un sacco di gente si incazzerà. Questo mi renderà piuttosto difficile continuare a vivere. Dato che vivere mi piace, potresti per favore stare fermo in modo che io possa liberarti?-, disse Malfoy in tono piatto.
Harry aprì un occhio nella luce che entrava obliqua e bassa in stanza e guardò verso il Serpeverde tentando di metterlo a fuoco con scarsi risultati, riuscendo a realizzare solo di trovarsi dalla parte sbagliata di una bacchetta puntata contro di lui.
Tuttavia, prima che potesse reagire, Malfoy bisbigliò un incantesimo e le lenzuola si ricomposero sul corpo di Harry come se il letto fosse appena stato rifatto da mano invisibili. Il moro allungò una mano verso i propri occhiali senza profferir verbo e, solo dopo averli inforcati, riportò la sua attenzione sul viso dell’altro: Malfoy, vestito di tutto punto e in ordine, lo osservava con un’aria a metà strada tra il puerilmente divertito e il canzonatorio. Harry pensò che fosse bello come una statua marmorea, ma si tenne quel pensiero per sé e si limitò a dargli un buon giorno che suonò alle sue stesse orecchie più cordiale di quanto si aspettasse: per un attimo il ragazzo sdraiato guardò quello in piedi e percepì una sorta di appagamento, come se qualcosa fosse andato al proprio posto senza sapere cosa e quando.
Si sorrisero, complici, e si stupirono di quella complicità: per cui, entrambi la ritirarono indietro e tentarono di intavolare una conversazione spicciola.
-Sembra tardi-, buttò lì Harry alzandosi.
-In effetti è tardi, abbiamo dormito per gran parte della giornata: ieri sera dobbiamo aver bevuto molto-.
Rimase un qualcosa di sospeso nell’aria, come se Malfoy si aspettasse una conferma da Potter, il quale lo accontentò.
-Immagino di sì-, disse, recuperando il sorriso di poco prima, anche se incerto. Si passò una mano tra i capelli, riavviandoli all’indietro e gonfiando il torace mentre si stiracchiava. Lo sguardò di Draco vagò per una frazione di secondo e si assottigliò impercettibilmente.
-Preparati-, lo esortò senza animosità. -Ho fame e voglio scendere dagli altri-.
Lo seguì quindi in bagno e si accomodò su uno sgabello vicino alla porta, appoggiandosi con la schiena al muro: sembrava stranamente rilassato.
-Ehm-, tentò Harry.
-Sì?-
-Non c’è bisogno che stai qui mentre mi lavo. Puoi… Sai, puoi aspettarmi di là-, concluse Harry con un’increspatura di imbarazzo. Non era la vicinanza di Draco a metterlo a disagio: era il fatto che il biondo sembrasse, cazzo, mansueto. Forse stava architettando qualcosa di maligno.
Malfoy sorrise.
-Ve bene così. Intanto possiamo fare due chiacchiere-.
Dentro di sé, Draco sobbalzò, pur riuscendo a mantenere all’esterno un’aria compassata: che gli succedeva? Sembrava che Potty lo avesse di nuovo trascinato in quel gorgo di bontà sentimentale come quando erano usciti insieme; solo che adesso Draco ci si sentiva… A proprio agio. Tentò di ignorare il tutto e cominciò a parlare a caso, anche per eliminare dalla faccia di Potter quel sentore di sospetto: lo infastidiva, ecco, gli sembrava un passo indietro rispetto a… A che cosa? Ma che gli era successo durante la notte?
-Quindi… Uhm… Combatti il male?-
Forse non era stato un esordio impeccabile.
Harry lo guardò perplesso, l’acqua che gli gocciolava dal viso appena lavato: Malfoy tentava di fare della conversazione?
Draco però fraintese la sua espressione, pensò che forse non era il caso di affrontare quell’argomento, con la storia di suo padre che aveva tentato di ucciderlo e sua zia che gli aveva ammazzato il padrino.
Fu in quel momento che gli cadde lo sguardo sugli occhiali dell’altro.
-Hai mai pensato di eliminare quei cosi? Non ti da fastidio essere mezzo cieco quando non li indossi?-
Harry abbandonò la perplessità e gli rispose: da quando si era risvegliato si sentiva, sorprendentemente, molto a suo agio con l’altro; qualunque cosa stesse spingendo Draco a interagire, era una piacevole novità.
-Certo che mi da fastidio, ma al San Mungo mi hanno detto che bisogna essere maggiorenni per potersi sottoporre all’incantesimo di guarigione che mi fa recuperare la vista del tutto; l’anno scorso mi spiegarono che devo apporre delle firme: lo potrebbero fare i miei tutori, ma visto che i miei zii sono Babbani non possono assumersi questo incarico; non che lo farebbero, eh. In ogni caso, fra poco compirò diciassette anni, me ne andrò da quella stupida casa, butterò i miei stupidi occhiali e andrò incontro al mio stupido destino-.
C’erano così tanti punti dolenti in quella breve spiegazione, entrambi lo sapevano: il suo tutore mago morto, i suoi orribili zii e l’orribile vita che aveva fatto, lo spettro della morte per mano dell’Oscuro Signore. Proseguire quella chiacchierata poteva diventare complicato: dovevano letteralmente fare lo slalom tra le questioni spinose, sia esplicite che implicite.
Harry se ne rese improvvisamente conto e volse le spalle a Draco con il pretesto di asciugarsi il viso e preparandosi mentalmente a incassare la frase successiva.
Draco rimase a guardare la schiena nuda e stranamente graffiata di Harry, si accigliò pensieroso e domandò di getto quello che gli stava passando per la testa.
-Hai paura per quello che accadrà?-
Neanche finsero di non sapere a cosa si stesse riferendo.
-Sì-, confessò Harry con il viso contro il tessuto di spugna. -E vorrei che tutto fosse diverso: vorrei poter girare le spalle a questa cosa e forse lo farei, se non sapessi con assoluta certezza che non risolverei sicuramente niente: Voldemort non mi lascerebbe comunque in pace, neanche se giurassi di non volerlo combattere. A volte mi pare di essere sopravvissuto solo per questo: per mettere fine alla sua follia-. Si voltò verso Draco e lo fissò con improvvisa aria di sfida. -E puoi avere tutte le idee da Purosangue che vuoi, ma non dirmi che non è folle-.
Vibrava, Harry.
Vibrava di tale furioso convincimento che Malfoy si ritrovò senza possibilità di replica: quando suo padre parlava dell’Oscuro Signore aveva negli occhi una sorta di calcolato invasamento; ma gli occhi verdi di Harry sfolgoravano di giusta ira, di giusta certezza.
Draco si ritrovò privo di una risposta adatta, ma archiviò quel momento dentro di sé per rifletterci in seguito: per la prima volta tentennò sul proprio ipotetico schieramento, ma non lo volle ammettere neanche a sé stesso.
-Ho lo stomaco troppo vuoto per parlare di cose tanto serie-, Replicò invece con tranquillità. -Che ne dici se scendiamo e ne riparliamo in un altro momento?-
Harry rimase in silenzio qualche momento, poi spianò le rughe della propria fronte e, un po’ incerto, acconsentì; dopo essersi vestito si avviarono al piano di sotto.
 
Hermione li stava osservando di sottecchi: quei due erano arrivati poco prima di cena; le sembravano… Strani. La ragazza si disse che avrebbe dovuto trovare un termine più adatto, non era da lei essere tanto vaga e generica, ma davvero non riusciva a inquadrarli, soprattutto non con Blaise che le accarezzava il palmo della mano con il pollice, in un tocco tanto leggero quanto coinvolgente.
Gli rivolse un sorriso mesto.
-Hanno perso quasi tutto il sabato, e la situazione non sembra essersi smossa in maniera significativa-, commentò.
Ma lui le rivolse un sorriso che, di contro, era rassicurante.
-Per questo dopo aver mangiato andremo tutti fuori nel parco a vedere le stelle: è una cosa molto romantica e rilassante, sortirà qualche effetto. Anzi, meglio: mangeremo direttamente lì, come un pic-nic-.
Lei arrossì: la sera precedente l’osservazione delle costellazioni da parte di loro due era presto stato abbandonato e la volta celeste era solo stata spettatrice di uno spettacolo ben molto meno contemplativo e ingenuo.
-Come le abbiamo viste noi?-, domandò sottovoce guardandolo da sotto le ciglia abbassate.
Lei voleva apparire imbarazzata, lui la trovò splendida e seducente.
-Ammetto che la frase “farti vedere le stelle” non sia il massimo della galanteria, in una sua accezione; ma i miei intenti di ieri sera erano innocenti. O almeno lo credevo; ritrovarsi al buio con te è stato un po’ più travolgente di quanto mi aspettassi-.
Hermione si disse che si sarebbe dannata prima di dirgli della pozione nel succo di zucca: lei e Pansy avevano giurato di portarsi quel segreto nella tomba.
Le era piaciuta come era finita la serata. Però come sarebbe andata senza a pozione?
Blaise interruppe le sue insicure considerazioni.
Le stava rivolgendo un sorriso di quelli da far tremare le ginocchia.
-Questa sera ho intenzione di portarvi tutti fuori, e osserveremo davvero il cielo: ho dei telescopi incantati che possiamo usare. Ma non ho niente in contrario se poi noi due decideremo di allontanarci; o, meglio ancora, di tornare in camera-, concluse infondendo al sorriso tanta malizia da colmare la mente di Hermione espellendo ogni reticenza, e si chinò a baciarla.
 
Draco gettò uno sguardo alla sala, adocchiando il suo amico che baciava la Granger e Pansy che, molto meno morigerata, era letteralmente seppellita con il viso nel collo di Lenticchia.
-Potter, devono essere successe un sacco di cose ieri notte, mentre io e te dormivamo. Ci siamo persi il fulcro dell’azione, a quanto pare. Cos’hai da sorridere?-, chiese girandosi a guardarlo.
-Niente. Sono solo felice per i miei amici. Tu no?-
-Mhmmm-, fu la sibillina risposta di Draco. -Vieni, andiamo a sentire cosa c’è per cena-.
 
Ghisten aveva, su richiesta di Blaise, preparato una cena al sacco che aveva provveduto a caricare su una specie di grande carretto, posto appena oltre la soglia di casa e ricolmo di coperte e tovaglie, torce dal lunghissimo manico, cestini, bottiglie, frutta, telescopi, cuscini.
Non appena Harry e Draco avevano raggiunto gli altri, era stato loro spiegato che avrebbero mangiato in una particolare radura nel parco, invece che a tavola.
Harry a quel punto aveva appellato da camera sua la scatola deluxe di Fuochi Forsennati Weasley e l’aveva aggiunta alle cose già presenti sul carretto.
Ron si era avvicinato tutto contento: adorava i fuochi d’artificio dei suoi fratelli.
-Miseriaccia, Harry, che bella idea portarli!-, si era complimentato incuneandosi fra il suo amico e Malfoy, che si era scansato infastidito da quella presenza: il biondo dal suo risveglio si sentiva stranamente restio ad allontanarsi da Potter. Sfortunatamente per lui, Weasley non sembrava averlo notato. Draco era ancora più infastidito nel notare come Potter si fosse visibilmente rilassato quando Lenticchia gli si era appeso a una spalla per poter sbirciare la confezione colorata.
-Ma sono quelli deluxe!-, aveva aggiunto il rosso pieno di entusiasmo infantile, rimanendo appoggiato a Harry e senza che quest’ultimo desse segno di volerselo levare di dosso.
Draco stava già aprendo la bocca per insultare il responsabile di quell’intrusione, quando Pansy si era avvicinata.
Draco le aveva sorriso: la cavalleria stava arrivando: certo ora la sua amica avrebbe rimesso al suo posto Weasley.
Pansy invece si era avvicinata all’altro lato di Harry, prendendolo a braccetto ed esclamando deliziata che aveva sempre voluto provare ad accenderne uno: Harry non aveva fatto una piega per quel comportamento inusuale.
Anzi, i due Grifondoro avevano iniziato a spiegarle nel dettaglio il funzionamento dei fuochi d’artificio e il trio si erano messo in marcia dietro al carretto che aveva cominciato a muoversi da solo. Draco invece era rimasto impalato, lasciandosi superare dal resto della compagnia, per lo meno fino a che Blaise non gli si era affiancato per un momento: teneva un braccio intorno alla vita di Hermione, la quale guardava verso il gruppo di persone che si spostava pigramente facendo del suo meglio per passare inosservata e disinteressata a quanto Blaise stava dicendo.
La voce del suo amico era carica di affetto e comprensione mentre parlava a Draco, ripetendogli quello che gli aveva già detto durante la scuola, intanto che tutti e tre si accodavano agli altri, perché Draco non poteva restare più di tanto indietro per rispettare la regola dei tre metri.
-Noi siamo andati oltre le apparenze e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo pensato di dover ereditare il pensiero dei nostri genitori: non voglio discutere ora se le loro posizioni siano giuste o sbagliate. Dico solo che forse dovremmo crearci un pensiero nostro e decidere noi stessi a cosa dar peso e a cosa no. Indipendentemente dalle scelte che alla fine prenderemo, l’importante è sapere di averle prese da soli e non per retaggio-.
Solo a quel punto Hermione aveva parlato, continuando però a tenere gli occhi puntati verso gli altri che li precedevano.
-Ricordo che al quarto anno Pansy tentò di nascondere quanto le piacessero i puledri di unicorno per non dare soddisfazione a Hagrid: così rinunciò ad avvicinarsi per accarezzarli. Mi ha confessato alla fine dell’anno scolastico che le è dispiaciuto tantissimo e che rimpiange di non essersi avvicinata, perché da allora non è più riuscita a vederne. Così le ho promesso che l’anno prossimo chiederò a Hagrid di fargliene incontrare uno-.
-Non colgo il punto-, ribatté Draco atono.
-Il punto è che non vale la pena di rinunciare a qualcosa che si desidera per mantenere una posizione. Anche perché a volte non si hanno seconde occasioni-, rispose serena.
Poi la coppia, accelerando il passo, raggiunse il resto del gruppo senza aspettar replica e Draco si risolse a seguirli a breve distanza in silenzio e lentamente.
Così, arrivò alla radura per ultimo e scoprì con disappunto che tutti gli altri avevano subito cominciato a darsi da fare per sistemare il posto: oltretutto parevano molto soddisfatti di farlo senza la magia.
Che rozzi.
Le ragazze sistemavano le stoviglie, il cibo e le bevande, i cuscini e le coperte: ridevano e scherzavano tra di loro.
Blaise, Michael Corner e Weasley stavano piantando le lunghe torce nel terreno tutto intorno e anche loro sembravano divertirsi.
Harry… Harry era fuori dal cerchio di torce, sulla sinistra di Draco, con Terry Boot, e stavano approntando i telescopi: li avevano posizionati a una certa distanza gli uni dagli altri e li stavano mettendo a fuoco; in quel momento erano chini entrambi sullo stesso, le loro teste si alternavano sull’oggetto e discutevano di qualcosa che non arrivava alle orecchie di Draco, il quale comunque, trovandosi entro tre metri, poteva vedere gli occhi di Harry brillare alla luce dei fuochi delle torce e di divertimento, mentre rideva a una frase di Boot.
Era la qualità della mimica di Potter a stupirlo: di nuovo così poco guardinga, diversamente da quando stava con lui. Draco sapeva molto di Potter, lo aveva pedinato e spiato e studiato, gli aveva infilato la lingua quasi nell’esofago. Sapeva di piacergli fisicamente. Ma cosa aveva lasciato che Harry gli concedesse in quanto a spontaneità? Nella sua testa Draco sapeva razionalmente di non poter esigere che Harry fosse spontaneo e volutamente indifeso nei suoi confronti: cielo, non appena lo aveva fatto Draco aveva tentato di distruggerlo. Tuttavia lo contrariava che così non fosse, perché era così che lo voleva, soprattutto da quando si era svegliato poco prima. E voleva piacergli, nel senso vero del termine.
Forse non era pronto ad ammettere cosa provava lui nei confronti di Harry, ma sapeva cosa voleva che Harry provasse nei suoi. La cosa lo spiazzava e tentava di non elaborarla, ma non è che riuscisse a ignorarla.
In quel momento Terry Boot appoggiò una mano tra le scapole del Grifondoro e lo fece chinare, spingendolo dolcemente, verso il telescopio, mentre l’altra circondava Harry per poter arrivare al focheggiatore: in tal modo la bocca di Boot fini veramente troppo vicina all’orecchio di Potter.
Non era niente, davvero: questo si disse. Solo due compagni di scuola in vacanza insieme che guardano insieme in un telescopio. Niente di importante. Se lo ripeté. Ma, prima di averci riflettuto, Draco aveva tirato fuori la bacchetta e aveva lanciato una silenziosa fattura in direzione della caviglia di Boot: sentì il ragazzo sbottare in una sorpresa esclamazione dolente.
-Ahi! Qualcosa mi deve aver punto!-, strillò Boot buttandosi seduto sull’erba e portandosi entrambe le mani subito al di sopra della scarpa.
Draco rinfoderò furtivamente la bacchetta, mentre l’attenzione di tutti si rivolgeva al Corvonero; Harry si chinò a fare luce e vide che la caviglia si stava lievemente gonfiando intorno a quello che in tutto e per tutto sembrava una puntura o un morso di insetto.
-Vieni-, disse, -dobbiamo portarti su una delle coperte, così potremo curarti. Ecco, ti aiuto io-, aggiunse, portandosi una mano di Boot oltre le spalle e passandogli un braccio intorno alla vita: lo tirò su quasi di peso e si incamminarono verso gli altri che stavano sopraggiungendo.
Draco guardò quella scena scurendosi in volto, ma si impose un’espressione partecipativa e fece cerchio intorno a Boot come il resto del gruppo.
Non sapendo quale insetto lo avesse colpito, si limitarono a mettere un po’ di ghiaccio e Blaise chiamò Ghisten e gli fece portare un balsamo sfiammante.
Draco era poco soddisfatto del risultato, perché aveva solo ottenuto che Potter, fosse maledetto il suo complesso dell’eroe, stesse intorno a quel Corvonero: a quanto pareva si incolpava di quanto era successo perché era stato lui a chiedere a Boot che lo aiutasse.
-Terry, mi dispiace-, stava ammettendo in quel momento, con gli occhi verdi che fissavano l’altro, intenti e sinceri. Gli si era seduto accanto, le gambe incrociate, i polsi appoggiati sulle cosce.
-Ma figurati-, rispose Boot con leggerezza, posandogli il palmo della mano su un ginocchio per rinfrancarlo. -Sono cose che capitano, sta già passando-.
Draco si pentì di non avergli amputato un piede. Tentò di ricordarsi cosa aveva scritto tempo addietro sul Diario di Guerra riguardo alle persone inopportune e invadenti: all’improvviso il suo quadernuccio gli parve puerile perché al momento voleva solo staccare la mano di Terry Boot dal suo braccio e poi ficcargliela in gola. Si fottessero le strategie.
Sussultò quando la voce di Pansy fluttuò melliflua al suo orecchio.
-Geloso?-, bisbigliò lei.
-Col cazzo-, sibilò lui di rimando, subito trincerandosi dietro ai vecchi e rodati comportamenti. -È solo che sono abituato a primeggiare, e non mi farò battere da un cocco dei professori-.
Pansy gli mostrò i denti in un sorriso tutto incoraggiamento e comprensione.
-Allora fagliela vedere, Principe delle Serpi-
Oh, certo che gliela avrebbe fatta vedere.
 
Harry desiderava che quella serata non finisse mai.
Due ore prima Draco si era seduto tra lui e Boot e da allora era stato… Be’ era stato come quella sera a Hogsmeade: aveva avvolto Harry in una bolla di benessere e complicità e Harry ci era andato alla deriva, cullato dalle onde della malizia scherzosa di Draco, dai suoi racconti, dalle sue domande; il Grifondoro non si era neanche accorto di come Draco lo avesse isolato dagli altri, della faccia scontenta di Boot, delle occhiate di intesa che Hermione e Pansy si erano scambiate, di come Ron si fosse avvicinato solo per essere intercettato da Ginny che lo aveva trascinato altrove.
Intorno a loro le persone scherzavano, mangiavano e bevevano, ammiravano il cielo con i telescopi, facevano capriole sull’erba e, che Harry fosse dannato, ci sarebbero potuti essere i Mangiamorte a intonare canti natalizi a luglio per quanto poco gliene fregava di cosa accadeva al di fuori dello spazio che occupavano lui e Draco.
Si accorse di desiderarlo in una maniera diversa da prima: con la stessa bramosia, ma come se conoscesse già il corpo di Draco; si disse che già una volta era caduto nella trappola di quel Draco disponibile e aperto e apparentemente inoffensivo e il suo cuore dopo era stato spezzato; si raccomandò prudenza e funzionò forse per la prima mezz’ora, fino a che Draco gettò la testa indietro ridendo, i capelli che riflettevano la luce calda delle torce e la gola scoperta e il petto che sussultava per le risate.
-Vuoi dirmi che quel coglione in completo lilla si è automutilato il cervello lanciando un Oblivion con la bacchetta di Weasley? Oh, cosa non avrei dato per esserci…- (*)
Harry lo seguì nel suo divertimento, anche se si sentì in dovere di puntualizzare che nel complesso era stata una bell’avventura di merda che non avrebbe mai voluto ripetere.
Draco prese un sorso dal suo boccale di birra e commentò qualcosa sulla dura vita degli eroi, ma Harry si perse le parole, perché stava fissando un accenno di schiuma sul labbro superiore di Draco e smaniava dalla voglia di leccarla via. Così non rispose e tra di loro scese un silenzio disteso e condiviso, interrotto poco dopo da Ron che chiamava il suo amico perché accendessero i Fuochi Forsennati Weasley.
-Sei richiesto-, interloquì Draco.
Harry annuì e si alzò in piedi, dopo di che gli tese una mano.
-Vieni, ti piaceranno i fuochi d’artificio (**)-, propose dolcemente. -Ti aiuto ad alzarti-.
Draco guardò a lungo e intensamente quella mano, come se potesse nel contempo sia trarlo in salvo che azzannarlo.
-Ce ne hai messo di tempo-, commentò criptico, stringendola e venendo quindi tirato in piedi con slancio.
 
Il gruppo si allontanò dal cerchio di luce delle torce e Harry distribuì un fuoco d’artificio a testa, dopo di che si sparpagliarono per poterli accendere in sicurezza.
Draco notò che il moro era rimasto senza e gli venne naturale proporgli di stare accanto a lui e accenderlo insieme: parve molto interessato quando Harry estrasse un massiccio accendino dalla tasca e ne fece scattare l’apertura metallica con un movimento rapido del polso; a quel punto il ragazzo fece scorrere l’accendino sulla coscia, contro i jeans, e la pietra focaia incendiò lo stoppino, alimentato dalla benzina.
Accorgendosi dello sguardo incuriosito del biondo, il Grifondoro tese avanti l’accendino.
-Sì, lo so che di solito i fuochi d’artificio vengono accesi con la magia-, confessò. -Ma questo l’ho trovato l’anno scorso nel parco dietro casa e mi è sembrato un peccato lasciarlo lì; è un’invenzione babbana, sai, ma può tornare utile in momenti in cui non è consentito fare magie. Quindi l’ho raccolto e l’ho portato a casa: quando l’ho ripulito dalla terra che ci si era incrostata sopra ho visto il disegno e allora non ho potuto fare a meno di tenerlo-.
Così dicendo Harry girò la mano: su un lato dello Zippo, argentato e opaco, risaltava un disegno di un drago sorprendentemente simile a un Ungaro Spinato.
-Per i Babbani i draghi sono animali della fantasia-, aggiunse.
-Anche i maghi hanno gli accendini, sai-, replicò Draco, tendendo un dito. -Soltanto che non hanno un aspetto così…-
-Moderno e aggressivo?-, tentò Harry.
-Stavo per dire “pratico”. Ma moderno e aggressivo si adatta comunque. Dai accendi quel fuoco d’artificio-, lo spronò quando una farfalla multicolore fatta di scintille e grande un metro passò sopra le loro teste.
Il moro eseguì, poi con un altro movimento secco del polso fece richiudere il coperchio dell’accendino.
Risultò che il loro era in realtà una fontana, che a Harry ricordava molto i variopinti getti di acqua che scorrevano dai centinaia di rubinetti della vasca del bagno dei Prefetti: in questo caso, però, il getto si muoveva dal basso verso l’alto e sembrava non esaurirsi mai: anche quando tutti gli altri fuochi d’artificio si furono estinti, e ci volle moltissimo tempo, la fontana continuò a lanciare per metri e metri in verticale le sue scie di scintille e luce: guardandola a lungo si aveva l’impressione che in mezzo ci si muovessero delle figurette animate. Harry in realtà più che altro concentrato a guardare di traverso e sottecchi Draco che fissava la fontana, archiviandosi nella memoria ogni sfumatura di colore che passava sulla pelle chiarissima, ogni espressione di infantile stupore, ogni battito delle palpebre.
“Cazzo, pensavo che questo fine settimana potesse essere solo una breve parentesi per poi lasciarmi Draco alle spalle. Magari per rivalermi un po’, magari per rendermi conto che non è poi questa gran cosa. Invece mi sa che sto finendo impantanato fino alla gola”, fu la desolante presa di coscienza che ebbe a un certo punto.
Non sarebbe successo niente, fra loro due: questo lo sapeva. Forse Draco era interessato a lui, forse no, molto probabilmente no, ma in ogni caso il Serpeverde non si sarebbe sbilanciato e Harry avrebbe fatto bene a ricordarselo: Draco poteva essere delizioso, ma sotto quella delizia giacevano schegge di vetro; se il biondo in quel momento si stava comportando in quel modo era solo per fare buon viso a cattivo gioco: scaduto il contratto magico sarebbe tornato tutto come era sempre stato, fatto salvo per la breve e felice parentesi che Draco aveva concesso prima di masticargli il cuore. Harry sentì ogni fibra del suo essere sfiancarsi: voleva lanciarsi avanti da bravo Grifondoro, ma aveva anche molta paura; oh, se solo Draco gli avesse fornito qualche certezza…
Abbassò lo sguardo sull’erba, mentre intorno a lui le persone chiacchieravano e si scambiavano aneddoti e battute, cose allegre e di poco conto: incominciò a rimuginare.
La cosa non sfuggì a Draco, che stava raccontandogli di una volta che si era perso nella campagna intorno al maniero e aveva scoperto questa chiesa babbana abbandonata e lo aveva colto un acquazzone (***): ecco che succedeva di nuovo: lui si stava sforzando, ma sforzarsi non serviva a niente, Potter continuava a sfuggirgli, a prendere le distanze…
-Potter, cazzo, ma la smetti di comportarti come una scimmia lobotomizzata?-
Si era subito reso conto che la frase gli era uscita molto male, ancora prima che Potter alzasse gli occhi e lo incendiasse con lo sguardo.
-Sai cosa? Vado dove sono meglio accetto!-, ringhiò alzandosi e raggiungendo Boot sul lato opposto della fontana.
Draco non ebbe il tempo di ribattere o opporsi e, quando Lovegood prese il posto di Potter iniziando a snocciolare una serie di nomi di bestie troppo fantastiche anche per il Mondo Magico, non trovò in sé la capacità di ribellarsi e si sorbì quella lezione di fantamagizoologia da parte della Corvonero piuttosto alticcia.
 
Parlando con Boot, Harry si era rilassato: Boot era tranquillo, prevedibile, innocuo.
Invece l’ultima frase di Malfoy aveva dimostrato per l’ennesima volta che la sua lingua biforcuta non sapeva trattenersi dall’essere stronza e insultante.
Da dove Harry si trovava seduto in quel momento non poteva vedere Malfoy e le cose andavano bene così; sorrise, compiaciuto: oltretutto il biondino non se ne sarebbe potuto andare fino a che Harry stesso non lo avesse deciso e Harry era del tutto intenzionato a tenerlo in quella radura fino a che il culo non gli si fosse infradiciato di rugiada.
Trascorse ancora un bel po’ di tempo prima che Harry si guardasse intorno: a quel punto il getto della fontana si era fortemente ridimensionato e si andava esaurendo e non erano rimasti in molti, dal momento che le coppiette si erano appartate, con pretesti più o meno plausibili.
Ron e Pansy erano semplicemente andati via insieme abbracciati; Ginny e Michael Corner avevano avuto la decenza di aspettare che il fratello di lei fosse scomparso dalla vista prima di imboscarsi. Hermione e Blaise avevano addotto la patetica scusa di essere stanchi, ma nessuno ci aveva creduto e li avevano salutati con fischi di incoraggiamento mentre si incamminavano verso casa.
Luna e Megan stavano sdraiate sulla destra di Harry, un po’ discoste, a inventare nomi nuovi per costellazioni improvvisate, come Scheletro Pendulo o Scodella Di Zuppa; ogni tanto Luna provava a convincere l’altra della reale esistenza della costellazione del Ricciocorno Schiattoso, con scarsissimi risultati.
Lui era con Terry e questo voleva dire che… Girò lo sguardo dalla fontana che ancora gettava scintille e vapori e fiammelle, anche se a un livello oramai basso, e cercò intorno nella radura.
Draco era in piedi, solo e rigido, in penombra, probabilmente al limite massimo di distanza consentito, con un’espressione tanto selvaggia sul volto che Harry non riuscì neanche a definirla collera.
Gli rivolse un cenno beffardo con il mento, sentendosi in salvo solo perché sapeva che l’altro non poteva affatturarlo.
A quel cenno le labbra di Draco si contrassero di furente oltraggio.
Harry sentì il mostro nel suo stomaco fare le fusa di bieca soddisfazione.
Mentre Harry pensava che solo Malfoy sapeva condurlo tanto in basso ed esporre le sue azioni più meschine, Terry Boot, seguendo la direzione del suo sguardo, parlò.
-Deve essere un bel fardello portarsi dietro Malfoy per tutto il fine settimana. Cosa hai fatto di tanto orribile per meritarti una punizione del genere?-
Sarebbe stato troppo complicato spiegare tutto, così Harry si risolse a dire che era solo uno scherzo sfuggito di mano.
-Be’, forse la prossima volta potremmo vederci fuori dalla scuola senza la tua scorta-, buttò lì il Corvonero con semplicità.
-Ah, sì, certo-, annuì automaticamente Harry, prima di spalancare gli occhi. -Cosa?-
Ma Boot si stava alzando in piedi.
-Si è fatto tardi, dovremmo rientrare-, propose prima di rivolgersi alle ragazze. -Luna! Megan! Diamo una sistemata e rientriamo!!-
Harry stava per proporsi come aiuto per mettere a posto, quando si sentì afferrare poco al di sopra del gomito e poi riconobbe la familiare sensazione della Smaterializzazione.
 
Atterrarono in mezzo alla camera che condividevano.
Per un attimo ebbero un fremito, non proprio un ricordo, quanto una percezione che non riuscirono a identificare; quindi Draco sigillò la porta con un Colloportus, gettò Incantesimi Imperturbabili tutto intorno e poi si girò verso Harry: aveva l’espressione disgustata di uno che avesse assaggiato un fiotto della propria stessa bile, e che la stesse per sputare in faccia all’avversario.
Era in collera, ma era anche gelido come una lama di ghiaccio.
Harry fece l’unica cosa che sapeva avrebbe fatto ancora di più imbestialire l’altro: stette zitto e fece una smorfia di amaro sorriso; avrebbe preferito ritrovare quello stato di benessere condiviso di prima con il biondo, ma in mancanza di quello si sarebbe accontentato di vedergli le coronarie stroncate dall’ira.
Anche l’ira, in definitiva, era meglio di niente da parte di Draco.
Anche i dispetti e le rappresaglie infantili erano meglio che lasciarselo alle spalle.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
Il coglione in completo lilla è ovviamente Gilderoy Allock e il fatto a cui si riferisce Draco accade nella Camera dei Segreti.
 
(**)
La scena in cui i Fuochi Forsennati Weasley inseguono Draco è presente solo nel film; nel libro la cosa si svolge diversamente e Draco non viene menzionato in quel pezzo; così posso dedurne che non li abbia mai visti.
 
(***)
Vedi la mia one-shot “Il discorso… Quel discorso”.
 
 
E quindi, succede ma non succede: non poteva essere così semplice, vero? Un paio di pozioni e tutto risolto…
Il capitolo è anche un esercizio stilistico: descrivere tutto il loro incontro fisico senza che si scambino una parola, senza quasi che si legga un solo pensiero… Da contrapporre alla serata, densa di considerazioni personali e chiacchiere. E la loro parentesi in camera, divisa in due momenti, caratterizzati dalla lentezza e dalla delicatezza e poi dalla brama e dalla lussuria. E la chiusura, speculare e opposta all’apertura.
Be’, che dire, spero di essere riuscita a rendere bene per iscritto i miei intenti.

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Capitolo 10
*** la domanda ***


Ed ecco l’aggiornamento!
Non so se seguite entrambe le mie fanfiction e magari speravate in un nuovo capitolo dell’altra…
In ogni caso, spero che abbiate festeggiato adeguatamente l’anniversario della Battaglia di Hogwarts!
Scherzi a parte, mi auguro che stiate tutti e tutte bene.
 
La canzone di accompagnamento a questo capitolo è un omaggio a una serie televisiva: il primo bacio tra Veronica Mars e Logan Echolls!
 
https://www.youtube.com/watch?v=LdETOdMFWOs
 
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
 
Era ovviamente una sfida: a chi avrebbe ceduto prima; a cose normali Harry sarebbe sbottato come il coperchio di una pentola che bolle, era quello che faceva sempre: lasciarsi sopraffare dallo scoppio emotivo e non riuscire a tapparsi la bocca in tempo; ce la mise tutta per far imbestialire Malfoy con la propria mancanza di reazione. Ma Draco, seppur furioso, era un vero e proprio professionista nel far andare fuori di testa la gente, e soprattutto Harry Potter: si allenava da anni in questo, conosceva le mosse giuste; non sembrava intenzionato a lasciarsi influenzare e, dopo un ragionevole lasso di tempo in cui stettero frementi di rabbia uno davanti all’altro, si limitò a girarsi e incamminarsi verso il proprio letto: si spogliò con gesti misurati, indossò il pigiama e si mise a letto, volgendo la schiena al Grifondoro e apparentemente rilassandosi sotto le lenzuola; in realtà, rimase vigile e con gli occhi puntati  di fronte a lui, sul muro, in assoluta concentrazione per cogliere un qualsiasi movimento di Potter, furente e a mala pena controllato.
-Devi per forza essere il frutto di ripetuti accoppiamenti tra consanguinei, è chiaro che hai il cervello marcio-, constatò la voce del moro, vibrante di risentimento.
A quel punto Draco si permise di sorridere, rassicurato: anche se malmostoso, Harry gli stava dando una possibilità di rapporto, di confronto. Oh, conosceva sin troppo bene quel ragazzo occhialuto e testardo, sapeva che non lo avrebbe lasciato andare così, che anche la lite sarebbe stata meglio di niente. E sotto alla sensazione trionfante di sapere come Potter si sarebbe comportato e di averlo portato esattamente dove voleva, si sentì stranamente confortato e sollevato dall’aver meritato ancora una volta l’attenzione dell’altro, se pur in maniera distorta: la rabbia scemò un poco. Ma non abbastanza: si girò verso Potter, che sostava ancora nei pressi della porta e raccolse la sfida, bene felice di poter finalmente lasciar correre a briglia sciolta il risentimento che covava per essere stato messo in disparte a vantaggio di Boot.
-In ogni caso io non mi perdo a scodinzolare dietro a una qualsiasi persona che mi riservi un minimo di attenzione solo perché penso di essere l’ultima ruota del carro dell’intero Mondo Magico, così come lo ero in quel sottoscala pulcioso da bambino; santo cielo, Potter, sei imbarazzante. Sono gli ormoni a farti comportare così, o è la tua autostima che rasenta lo zero?-
-Adesso basta! ADESSO BASTA!-, sbraitò Harry, e la sua furia fu accompagnata dallo scoppio di un vaso di fiori su un tavolino.
Draco ruotò piano gli occhi, piuttosto allarmato, in tempo per notare l’acqua che gocciolava sul pavimento.
Harry nel frattempo stava continuando a urlare.
-Porcamerda, Malfoy, ma non ci riesci proprio mai a startene tranquillo con quella lingua inacidita dentro la bocca? C’è una cazzo di occasione al mondo in cui riesci a restare zitto e a non rovinare le cose? Ogni volta che inizio a pensare che tu sia una persona decente mandi tutto a puttane con un’uscita che mi fa pentire di averlo pensato! Ogni volta che mi rilasso, tu mi dimostri che ho fatto male ad abbassare la guardia! Sei uno stupido ragazzino viziato che crede che tutti debbano seguire il suo culo purosangue! Ma, ehi, notizia dell’ultimo momento: il tuo culo non ha davvero niente di speciale!-
-Il mio culo? Il mio culo?! Razza di idiota, siamo qui in questa situazione assurda proprio perché tu non riesci a smettere di SEGUIRE IL MIO CULO!-
-SÌ, BE’, TI DO UN AGGIORNAMENTO! IL TUO CULO È DECISAMENTE MIGLIORE DEL TUO CARATTERE DI MERDA!!! SE SOLO SI POTESSE SEPARARE QUELLO DAL RESTO ME LO POTREI DI SICURO GODERE SENZA CHE LA TUE SPARATE DEL CAZZO GUASTASSERO TUTTO!-
-NON TI LASCEREI GODERE IL MIO CULO A COSTO DI FARMELO ESLPODERE CON UN INCANTESIMO!-
-OH, ORA COME ORA IL TUO DANNATO CULO VORREI SOLO PRENDERLO A CALCI, SPOCCHIOSO DEFICIENTE!-
Mentre si insultavano si erano avvicinati e girati intorno, per cui a quel punto fu facile aggredirsi: lasciarono da parte le parole e cominciarono a darsele di santa ragione.
 
Fu Harry ad avere la meglio, quasi subito, probabilmente perché il pigiama di seta di Draco non era il migliore abbigliamento per fare a cazzotti.
Tempo pochi minuti, Draco era riverso supino sul tappeto, che tentava di strisciare probabilmente verso un oggetto contundente da usare come arma; dato che il pigiama di seta lo rendeva scivoloso, Harry, a cavalcioni sulla sua schiena, stava fallendo nel trattenerlo: quindi smise di tentare di slogargli una spalla tirandogli il braccio all’indietro e gli si sdraiò di peso sopra, passandogli l’avambraccio intorno alla gola, per immobilizzarlo. Il Serpeverde provò a scrollarselo di dosso dimenandosi e tentando di alzarsi carponi, ma Harry fece forza per trattenerlo a terra, schiacciandoglisi contro.
Draco ululò, acuto e indispettito, per quel contatto che non lasciava niente all’immaginazione e raddoppiò gli sforzi: forse tutto quello strusciarsi avrebbe potuto avere dei risvolti positivi, se non fosse stato per l’ultima sgroppata di Draco. Infatti il ragazzo iniziava a sentire una certa carenza d’aria e questo rese alquanto irrazionali i suoi movimenti: piantando una mano a terra riuscì a far perno e a divincolarsi rotolando su un fianco; appena si fu tirato in piedi, assestò un calcio al moro, ma si era dimenticato di essere senza scarpe e si fece male contro le costole di Harry: mentre imprecava saltellando su una gamba sola, l’altro si tirò in piedi e partì alla carica.
Volarono cazzotti come mai prima di allora tra i due, fino a che non ebbero più fiato e il sangue e il sudore appannarono la loro vista. A quel punto si erano dimenticati il vero e proprio oggetto della lite, ma sbandieravano entrambi risentimento l’uno verso l’altro: un risentimento cocente, appassionato, fiero e selvaggio, che faceva ansimare e rabbrividire e…
“Dio, è bellissimo anche stravolto dalla rabbia e scarmigliato e con un sopracciglio spaccato”, pensò incoerentemente Harry, mentre avvertiva i quadricipiti tremare e minacciare di venirgli meno per via della stanchezza e dello sforzo. Non ce l’avrebbe fatta a tirare un altro pugno senza stramazzare svenuto.
“Gli splendono gli occhi come due fuochi di smeraldo, è ipnotico”, si disse Draco tentando di alzare il destro per un colpo e sentendo pesare la mano come un macigno. Non sarebbe riuscito a mettere a segno un altro cazzotto neanche se ne fosse dipesa la sua vita.
Restarono ancora a fronteggiarsi per un momento, ringhiandosi contro in attesa di riprendere fiato.
Ma prima che potessero decidere come proseguire, e sarebbe stato davvero interessante scoprirlo, un uccello picchiettò alla finestra.
Sobbalzarono entrambi, ma fu Draco, con passo malfermo e fiacco, ad andare ad aprire: aveva riconosciuto il barbagianni della madre e la preoccupazione montò rapida, rendendo i suoi gesti frenetici nell’aprire la pergamena dopo averla staccata dalla zampa dell’animale, il quale volò via senza attendere una risposta.
Appena Draco ebbe finito di leggere la missiva, e ci mise parecchio, il suo viso divenne una maschera inespressiva: bruciò la pergamena, senza una parola prese a guarirsi le ecchimosi e i graffi, poi si diresse in bagno, da dove provenne il rumore di acqua corrente; tornò in camera poco dopo, con la sola biancheria intima addosso e senza una parola o un cenno si sdraiò a letto tirandosi il lenzuolo fino a sopra la testa.
Sembrava aver cancellato la presenza di Harry, il quale preso in contropiede non seppe come comportarsi in quella situazione: il ragazzo attese un qualsiasi segno di vita per un certo lasso di tempo, ma Malfoy sembrava diventato una statua. Quindi, incapace di imbastire una reazione, rimase a fissare la silhouette dell’altro, fino a che gli parve che si fosse addormentato: a quel punto, con un sospiro di frustrazione e disagio, si spogliò a sua volta e si mise a letto.
 
Draco attese a lungo che il respiro di Potter si regolarizzasse in un sonno profondo: solo a quel punto si concesse di piangere, con brevi singhiozzi accorati e poche lacrime.
I suoi genitori non sarebbero tornati.
Narcissa Malfoy aveva inviato la lettera ragionevolmente sicura che nessuno avrebbe provato a intercettarla, dato che l’Oscuro Signore era all’estero e nessuno del suo schieramento aveva motivo di tenere d’occhio la famiglia Malfoy.
I suoi genitori avevano di fatto disertato.
Draco cominciò a mettere insieme i pezzi e capì che la madre aveva da tempo pianificato il tutto: chi sa come era riuscita a convincere suo marito dell’inutilità di seguire l’Oscuro Signore e a lasciarsi alle spalle quella situazione. Evidentemente lei era arrivata alla conclusione che il loro prestigio come Maghi Oscuri e famiglia altolocata non valesse la pena del rischio di perdere tutto in caso di sconfitta e aveva impiegato l’anno trascorso a organizzare quella fuga.
Draco aveva sempre pensato che la madre appoggiasse senza riserve le scelte del marito, ma a un certo punto Narcissa Malfoy doveva aver riveduto le proprie posizioni e deciso che per sopravvivere e rimanere liberi avrebbero dovuto allontanarsi dall’Oscuro Signore e da quella guerra imminente.
Era stato uno shock leggere le parole di sua madre: Lord Voldemort non era più un capo sensato e degno di essere seguito, la sua vittoria non era certa e i Malfoy avrebbero fatto meglio a pensare a loro stessi, come del resto avevano fatto già all’epoca della sua prima sconfitta.
Il prestigio andava benissimo, ma l’autoconservazione veniva prima.
Verso la fine della lettera vi erano le istruzioni per raggiungerli senza destare sospetti: avrebbe impacchettato le sue cose appena rientrato a casa, e poi un vecchio pupazzo di Draco si sarebbe trasformato in Passaporta la mattina del trentuno di luglio e lo avrebbe trasportato in un luogo sicuro in cui i genitori sarebbero andati a prenderlo; da lì successivamente avrebbero continuato a viaggiare verso un luogo sicuro, si sarebbero nascosti all’estero facendo perdere le proprie tracce. Gli elfi domestici avrebbero pensato al resto e poi li avrebbero raggiunti con i beni e il denaro. Le probabilità che la loro fuga non venisse scoperta se non quando fossero stati lontani e al sicuro erano dalla loro parte.
Draco era sconvolto, e per più motivi: il cambio di posizione di sua madre, suo padre che la assecondava, la prospettiva di un cambio tanto radicale nella sua vita, il fatto che si fossero allontanati da lui per avvertirlo solo a cose fatte senza chiedere il suo parere. Ma, in fin dei conti, era quello che avevano sempre fatto: avevano deciso e semplicemente comunicato le loro disposizioni; fino a quel momento Draco aveva subito le decisioni senza metterle in discussione, perché pensava che tutto sommato così dovessero andare le cose: i suoi genitori forse non erano molto affettuosi e la loro formalità spesso lo aveva ferito, ma lo amavano e volevano solo il meglio per lui. Nonostante questi pensieri razionali si sentiva abbandonato, almeno un pochino: la sua partenza avrebbe dato meno nell’occhio in questo modo, ma non potevano almeno chiarirgli come stavano le cose di persona? Non avrebbero, almeno per una volta, potuto discuterne? Invece che poche righe lapidarie di spiegazione e concise istruzioni senza diritto di replica, non avrebbero potuto raccontargli tutto come se lui fosse un’entità senziente e non una loro emanazione? Draco non dubitava del loro amore. Era della loro considerazione che diffidava. Pensò a Potter, steso a poca distanza da lui: respirava un po’ pesantemente, e ogni tanto emetteva un soffio un tremulo quando buttava fuori l’aria. Potter era sicuro della sua posizione, e stava rischiando molto più che privilegi e libertà: magari era vero che non aveva alternative e che volente o nolente sarebbe arrivato allo scontro con il Signore Oscuro, tuttavia Draco aveva scorto in lui una fiducia nel proprio schieramento che ora scopriva mancare ai suoi genitori; se loro vacillavano e lui no, voleva dire che la parte vincente era quella di Potter? Che lui sapesse, Potter non aveva mai dato istruzioni a qualcuno perché lo seguisse, ma li aveva coinvolti con… Quale era l’arma di Potter per indurre la gente a schierarsi con lui? Le persone lo frequentavano e… Persino Blaise e Pansy avevano imparato a… A cosa? A volergli bene? Andiamo, era assurdo: Harry Potter era un casino vivente. Eppure, Draco doveva ammetterlo, qualcosa covava dentro quel ragazzo moro dai modi inqualificabili. Una spontaneità, una forza, una forza positiva, una convinzione: né Piton, né la Umbridge o l’Oscuro Signore in persona erano riusciti a scalfirlo. Neanche Draco stesso, se per questo. A parte quella sera a Hogsmeade. Di colpo, capì: Draco si era insinuato dentro la spontaneità di Potter e poi aveva colpito. Potter non veniva ferito dai nemici, ma dagli amici, da quelli che lasciava avvicinare.
Non se ne era reso conto, ma le lacrime e i singhiozzi si erano arrestati: Draco aveva qualcosa su cui riflettere, per la prima volta guardava a Harry Potter non come alla sua nemesi, ma come a un modo diverso di vedere la vita, come il vero opposto di Lord Voldemort, come a un’alternativa.
Quando arrivò l’alba stava ancora furiosamente riflettendo, cercando di trovare un senso alla matassa dei propri pensieri.
 
Scesero a colazione, silenziosi. L’allegra tavolata si sforzò di restare impassibile, ma si vedeva lontano n miglio che Draco era di un pessimo umore non meglio identificabile: appariva come assente e distante. Harry non sapeva come interagirci. Rivolse uno sguardo di muta richiesta di aiuto agli altri due Serpeverde, i quali dopo colazione intercettarono il loro amico e si appartarono con lui: ne seguì una breve e poco concitata discussione, che nessuno udì per via degli incantesimi posti a barriera da Blaise, alla fine della quale Pansy abbracciò il biondo con forza; per un breve momento, Draco ricambiò l’abbraccio aggrappandosi alla ragazza come se fosse un porto sicuro in mezzo al mare burrascoso. Durò solo un istante, quasi impercettibile, e poi Draco rindossò la sua maschera impassibile e distante. Mentre i due Serpeverde raggiungevano gli altri per cominciare il divertimento di quell’ultima giornata, Blaise fece una smorfia che dichiarava impotenza: non avevano scoperto niente. Invece Pansy si accostò a Harry, mentre Draco si lasciava sprofondare sul divano che lo aveva già accolto venerdì, e gli sussurrò all’orecchio, lasciandolo stupefatto.
-Lo lasciamo alle tue cure-.
Poi erano tutti scivolati fuori casa, lasciandoli soli; forse Hermione avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma Blaise aveva scosso impercettibilmente la testa e lei aveva inalberato un’espressione risoluta, rinunciando a intromettersi.
Harry era matematicamente sicuro che Malfoy non gli avrebbe raccontato cosa gli aveva fatto cambiare umore: sapeva che c’entrava la lettera ricevuta la sera prima e aveva intuito che chiaramente non potevano essere buone notizie; ma non conosceva nemmeno il mittente e quindi ogni congettura era assolutamente campata in aria. Se Malfoy non si era confidato con i suoi amici di certo non lo avrebbe fatto con qualcuno che una manciata di ore prima gli aveva sfigurato il viso a pugni. Così chiese a Ghisten se poteva procurargli qualcosa per passare il tempo e si sedette in silenzio sul tappeto accanto al divano su cui Draco giaceva, apparentemente dimentico del mondo e totalmente assorto in elucubrazioni mentre fissava il soffitto. L’elfo domestico tornò indietro dopo poco con una serie di rompicapo magici che coinvolsero Harry in una maniera che non avrebbe potuto prevedere: quando riemerse dai suoi tentativi di traghettare, da una sponda all’altra di un fiume, un Nundu, un Mooncalf e un Cavolo Carnivoro Cinese a bordo di una foglia di Ninfea Gigante, era oramai ora di pranzo e Ghisten stava chiedendo a lui e a Malfoy se preferissero mangiare a casa o raggiungere gli altri al fiume.
Draco si strinse nelle spalle con noncuranza e indifferenza, Harry optò per mangiare a casa: nonostante si sentisse in colpa, non poteva fare a meno di godersi quella solitudine con Draco, che sapeva così tanto di quieta routine. Certo, era di sicuro una brutta cosa essere contento dello stato di palese malessere di Malfoy e forse stare in compagnia avrebbe risollevato il morale del biondo alla fine, ma Harry non voleva dividerlo con gli altri.
Trascorsero quel pomeriggio silenziosamente, immersi in una nuova, strana atmosfera.
Draco continuava le sue frenetiche riflessioni interiori tentando di incastrare tra di loro le nuove prospettive che la lettera della madre aveva spalancato: esteriormente appariva quasi apatico, dentro era un convulso vorticare di considerazioni.
Harry lasciava passare le ore, scaldato dall’autoillusione che sarebbe andata avanti così per sempre: dopo aver letto abbastanza di geografia magica (gli piaceva pensare che in futuro avrebbe esplorato qualche terra magica lontana) e forse dormicchiato un po’, era tornato all’ultimo rompicapo, per riuscire finalmente a portare il Nundu e il Cavolo Carnivoro Cinese sulla seconda sponda, non gli restava che traghettare il Mooncalf, senza che niente e nessuno avesse divorato o fosse stato divorato: gli parve di ottimo auspicio, quindi osservò Malfoy, ancora spalmato sul divano e intento a fissare il soffitto, e si arrischiò a lanciare una domanda, una qualsiasi questione che avviasse un discorso leggero tra loro due…
-Sei felice?-
Per Merlino, ma che diamine gli era saltato fuori dalla bocca??? Alla faccia del discorso leggero!
Draco aveva tirato su la testa e l’aveva voltata di scatto verso Harry, gli occhi sgranati e sconvolti e sorpresi: il Grifondoro si sentì arrossire fino alla radice dei capelli e gli si intrecciò la lingua, ma non riuscì comunque a distogliere lo sguardo da quei pozzi grigi e spalancati nella reazione più genuina che avesse mai visto sul volto dell’altro.
Draco si umettò le labbra, prima di rispondere con cautela.
-Senza offesa, Potter, ma non vedo come la cosa possa interessarti sul serio-.
Non era una provocazione, era una constatazione offerta senza animosità, poteva quasi a sua volta essere considerata una domanda: Harry non voleva rispondere, non lo voleva proprio per niente, ma si ritrovò a parlare come se la bocca fosse diventata indipendente dalla sua volontà, un apparato ribelle e autonomo. Cattiva boccaccia dissidente.
-Ma mi importa. In un certo senso. Immagino che tu non voglia venire a raccontare a me quello che ti è successo. Però ti vedo lì a riflettere come se ne andasse del tuo destino, come se dovessi prendere le scelte più importanti della tua intera vita e allora… Immagino che debbano almeno essere decisioni che ti renderanno felice. No?-
Non pensava di essersela cavata male anche se aveva sparato frasi un po’ a casaccio, dal momento che Draco fece un mezzo sorriso prima di rispondergli.
-Sai cosa, Harry Potter? Penso che appena lo avrò scoperto te lo farò sapere. Piuttosto, ti rendi conto che hai impiegato ore per risolvere un rompicapo che di solito nel Mondo Magico diamo ai bambini piccoli?-, aveva aggiunto con ironia ma senza astio. Poi si era rimesso nella sua posizione da elucubrazioni mentali.
Harry aveva ridacchiato ed era passato al gioco successivo, dove doveva riuscire a sciogliere un complicatissimo nodo incantato che a ogni sbaglio si intrecciava nuovamente dall’inizio: era sul serio un casino, ma non avvertiva la frustrazione; stare lì a condividere il tempo e lo spazio con Draco era tanto atipico quanto rilassante.
L’atmosfera si infranse poco dopo, quando tutti gli altri rientrarono.
-Amico!-, esclamò Ron varcando la soglia del salotto. -Neanche te lo immagini che temporale è scoppiato lì fuori! Siamo tornati di corsa prima di infradiciarci! Del resto, oramai è tardi: il tempo di farci tutti la doccia, rilassarci un po’… Poi la cena e il fine settimana a quel punto sarà finito!-
“E grazie tante, Ron, per aver rovinato l’atmosfera con poche semplici parole”, pensò Harry, corrugando la fronte e serrando la bocca in una smorfia. Voleva bene al suo amico, davvero, però ogni tanto avrebbe voluto riempirgli la bocca di sabbia.
Anche il viso di Blaise non era certo una maschera di cordialità: lanciò uno sguardo intriso di veleno in direzione del rosso, deprecando ovviamente la sua mancanza di tatto. Tuttavia provò a salvare la situazione.
-Possiamo rimanere tranquillamente fino a domani mattina e rientrare a casa dopo la colazione. Basterà avvertire le famiglie. Hermione, tu hai modo di contattare i tuoi genitori?-, aggiunse dopo un attimo di esitazione.
-Chiederò al Signor Weasley di chiamarli via telefono-, rispose lei mentre scagliava pugnali dagli occhi alla volta di Ron. -Non ci dovrebbero essere problemi-.
Draco, che si era tirato su a sedere, stava per rispondere e all’improvviso Harry non volle sentire quello che avrebbe detto: di sicuro avrebbe dichiarato che ne aveva abbastanza di quel teatrino e che non appena fosse scaduto il contratto lui se ne sarebbe tornato nel suo aristocratico palazzo e tanti saluti a tutti. Per cui, il Grifondoro si alzò di scatto, dribblando Terry Boot che gli stava chiedendo con interesse se lui si sarebbe trattenuto, e si rivolse a Draco, interrompendo sul nascere ogni frase il biondo stesse per pronunciare.
-Vieni, andiamo fuori, mi è venuta voglia di volare-, sentenziò cupo, afferrandolo per un polso e trascinandoselo dietro. Draco ne rimase talmente stupefatto da non ribellarsi in alcun modo.
-Ma, amico, in nome di Merlino, sta piovendo di brutto!-, protestò Ron.
-Smetterà-, ringhiò in risposta Harry a denti stretti e poi appellò le loro scope.
Appena usciti, si fermarono sotto il porticato, perché effettivamente la pioggia veniva giù abbondante e violenta.
-Potter, che ti è preso?-, chiese Malfoy, indagatore.
Solo in quel momento Harry si rese conto di aver ancora le dita avvolte intorno al polso dell’altro: si rifiutò categoricamente di lasciarlo andare. E soprattutto, come poteva spiegargli che non voleva che quel fine settimana finisse, perché era sicuro che non ce ne sarebbero stati altri?
-Siamo stati al chiuso tutto il giorno, una boccata d’aria ci farà bene-, fu invece tutto quel che scelse di dire. -E comunque volare piace a tutti e due-.
-Non volerò sotto questo acquazzone torrenziale-, si oppose il Serpeverde.
-Staremo qui ad aspettare che finisca e poi voleremo-, sentenziò lapidario Harry, rigettando di porre la parola fine alla giornata, mentre guardava l’ampio giardino illuminato dalle torce che magicamente ardevano anche sotto la pioggia. La stretta su Draco si allentò abbastanza da permettergli di liberare il polso, anche se lo fece lentamente.
-Come desideri: sei tu che comandi, almeno per poco ancora, goditela-, replicò Draco atono allontanandosi da lui fino al limite del porticato coperto, dove rimase voltandogli le spalle, gli schizzi che si infrangevano sulle scarpe e sui pantaloni.
Harry rimase inchiodato dov’era, colpito dall’ironia della situazione: con Draco non era mai stato tanto lontanamente al comando come negli ultimi mesi. Aveva fatto il grosso e l’aggressivo, lo strafottente e il superiore, ma la realtà è che si sarebbe venduto un rene per poter semplicemente restare in quel salotto a condividere lo spazio e il tempo senza nessun vincolo contrattuale. A quel punto avrebbe preso il pacchetto completo: irritante spocchia, lingua tagliente, sorrisi e ironia, mani affusolate e sopracciglio alzato, gomiti, pelle, arroganza, vulnerabilità e crudeltà…
-Dio, sono proprio nella merda-, mormorò lievissimamente, sapendo che gli scrosci di acqua avrebbero coperto quella sua ammissione.
 
-Ginny, allontanati da quella finestra, o ti vedranno!-, le raccomandò Hermione.
-Tanto stanno solo parlando…-, si lamentò la rossa.
In sottofondo si potevano sentire i lamenti di Ron, che si difendeva debolmente dalla reprimenda di Pansy riguardo a quanto fosse appena stato un idiota totale. Inoltre, pareva che Megan si fosse assunta il compito di spiegare la situazione a Terry Boot, e lui non pareva molto contento di quello che stava udendo, anche se alla fine fece spallucce in un gesto rassegnato.
Michael Corner raggiunse la sua ragazza, circondandole le spalle con un braccio e avvicinandosi anche lui al vetro della finestra.
-Toh, ha smesso improvvisamente di piovere! Harry e Malfoy stanno decollando con le scope!-, annunciò lui.
Blaise e Luna, con due sorrisi gemelli, rinfoderarono le bacchette con cui avevano allontanato il temporale.
Ognuno degli occupanti della casa a quel punto andò a lavarsi e cambiarsi di abito, poi si concessero un torneo di Sparaschiocco e si dimenticarono di Harry e Draco per la successiva ora e mezza.
 
-Ah, finalmente-, esclamò Draco passando attraverso il portone di ingresso. E poi attaccò subito a lamentarsi e a inveire contro il moro.
-È tutta colpa tua, stupidissimo imbranato! “Ma no, dai, allontaniamoci ancora un po’, dai, vediamo cosa c’è più in là, dai, facciamo due passaggi ad Aingingein (*)”-, lo scimmiottava. -Cretino! E poi ricomincia questo temporale furioso e lui fa: “lascia fare a me, Hermione mi ha insegnato un incantesimo per impermeabilizzare!” e BAM!, mi ritrovo a essere travolto da un’onda anomala di fango! Si può essere più deficienti di questo qua?-
Harry lo superò e gli si parò di fronte. Non era stata sua intenzione sommergere Draco con una mareggiata fangosa.
-Mi hai rotto le palle, hai capito? Se invece di criticare tanto tu avessi impiegato questi anni a imparare a volare su una scopa come si deve avresti evitato la… Sì, insomma, l’incantesimo senza problemi!-
Le urla stavano richiamando all’entrata di casa tutti gli altri abitanti della casa che si trovavano ancora a tavola dopo la cena.
-Ah! Potter! Bella schifezza provare a dare la colpa a me quando sei tu a essere un incompetente in fatto di magia! Altro che Salvatore del Mondo Magico! Basterà che Voldemort ti lasci abbastanza tempo con la bacchetta in mano e ci penserai tu stesso a devastare l’Inghilterra e a ucciderti accidentalmente!-
-Bastardo! Io tentavo solo di aiutarti!-
-Ma guardami: altri aiuti così e finirò al San Mungo! E, Merlino, i miei capelli…-
In effetti, Draco sembrava il mostro della palude: aveva fango sui vestiti, fango nei capelli che colava lentamente… Un po’ meno sulla faccia, che si era ripulito alla meglio, ma dove spiccavano grossi graffi per via dei rami che lo avevano investito durante lo tsunami di melma innalzato da Harry; aveva perso le scarpe e tremava vistosamente, anche se non si sarebbe potuto stabilire se per il freddo e l’acqua presa o se per la violenta incazzatura che lo stava attraversando.
Non che Harry fosse ridotto meglio: anzi, in realtà era persino più ridicolo, visto che era stato investito alle spalle: se da davanti appariva normale, dietro era totalmente marrone di terra: un cremino, insomma.
Da lontano, alcune paia di occhi li osservavano: Blaise stava valutando chi dei due dovesse andare a salvare, Ron sghignazzava smodatamente dell’aspetto di Malfoy, ma prudentemente nascosto dietro Pansy e Hermione, che a loro volta non sapevano bene come comportarsi in bilico tra un femminile riserbo e la voglia di sganasciarsi dalle risate; Ginny veniva trattenuta a viva forza da Terry e Michael, che le impedivano di andare a sbeffeggiare pubblicamente il Serpeverde, evitandole così una morte atroce e l’innesco di una faida familiare. Luna, osservava tutto con aria trasognata, la testa inclinata da una parte… Come se stesse vedendo due Nargilli.
-Sì, sì confermo, sei proprio un’idiota! Idiota maghetto da strapazzo! Dico io, ma con tutto quel tempo passato attaccato al mantello di Silente, proprio niente hai imparato?-
-Che cazzo vai blaterando? Era l’incantesimo di Hermione a essere sbagliato! Si sarà confusa quando me l’ha insegnato!-
La appena citata fanciulla cercò di scavalcare un tavolino per andare a cavare gli occhi al suo amico, bloccata solo dalla prontezza di riflessi di Blaise, che l’agguantò per la vita; Hermione allora si risolse a insultare pesantemente Harry, ma i suoi improperi a getto continuo furono sovrastati dalle urla dei due nell’ingresso.
-Ora sì che hai toccato il fondo, patetico avanzo di mago! Quando mai la Granger ha sbagliato un incanto?-, sbraitò il biondo essere coperto di fango, guadagnandosi un’occhiata di gratitudine della Grifondoro. -Sei tu che sei incapace! Vergognati!-
-Io? Vergognarmi io?! Ma senti da che pulpito viene la predica! Viziatissimo figlio di papà! La tua sola occupazione è maltrattare i più deboli e leccare il culo ai più forti! Con che coraggio ti guardi allo specchio la mattina?-
-Per tua informazione io non lecco il culo! Io metto a frutto le mie innate doti diplomatiche! E certo che mi guardo allo specchio! E con soddisfazione, anche! Sono bello, io, piacevole da guardare, io, e non ho un gatto morto sulla testa come te!-, ribatté l’altro gonfiando il petto sotto strati di fango.
-Piacevole da guardare…-, lo schernì Harry. -In questo momento non credo proprio!-
Harry girò i tacchi e fece per entrare nel salone, convinto di aver avuto la meglio nella discussione.
Draco era sul punto di ribattere ma quel vedersi ignorato mentre reputava che la lite non fosse finita gli fece andare il sangue alla testa: lo seguì a grandi passi.
-Come osi, Potter! Pagherai con la vita! Io ora… Oh, Avada Ked…-
-STUPEFICIUM!-, tuonò Harry voltandosi e puntando la bacchetta contro Draco, agendo di riflesso alle parole che tanto avevano minacciato e minacciavano la sua vita: aveva reagito senza pensare che il contratto magico impediva loro di lanciarsi magie; allora forse si sarebbe ricordato che Draco non avrebbe potuto fargli del male.
Il colpo catapultò il malcapitato attraverso il salone addosso a un muro, per fortuna contro una rara porzione spoglia e non adorna di armi o cristalli, mentre tutti gli altri ragazzi si precipitavano verso i due urlando all’unisono.
-Harry, NO!-
In effetti il contratto era scaduto, le magie potevano essere lanciate e uno Stupeficium di grandissima potenza aveva beccato Draco in pieno, cogliendolo del tutto alla sprovvista.
 
-Ridillo-.
-Il mio gatto. Il mio vecchio gatto. Draco ci è molto affezionato. Era sparito da mesi, pensavamo fosse morto-.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-
-Sì-, confermò Blaise, chino sul biondo per esaminarne e ripulirne la faccia, senza mostrare l’adeguato pentimento che Harry immaginava dovesse esibire per aver battezzato il proprio animaletto domestico con il nome di una magia mortale.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-, ripeté Potter, con un tono lievemente isterico, sbattendo le palpebre in maniera quasi udibile.
Pansy si trovò a riflettere, per l’ennesima volta, che ogni tanto quel ragazzo non sembrava troppo sveglio. Dall’espressione di Hermione, dedusse che pensava la stessa cosa; tuttavia era anche probabile che lo stesse ancora odiando per quell’insinuazione sull’incantesimo sbagliato.
Forse, però, potevano volgere quel piccolo disastro dello Stupeficium a vantaggio del loro piano…
-Potter-, si risolse a dire prendendo la parola, girandosi verso il diretto interessato, che in quel momento era seduto su una sedia nella propria camera, dove avevano trasportato il corpo di Draco svenuto: non solo per l’incantesimo, ma anche per via della botta contro il muro.
Tutti la osservavano: ok, forse aveva calcato un po’ troppo disprezzo Serpeverde in quel cognome, ma doveva giocare pesante sul senso di colpa.
-Potresti aver fatto seriamente del male a Draco-, proseguì imperterrita.
-Ma lui stava per…-
-No, mio caro. Tu credevi che lui stesse per. In realtà il mio amico non ti ha aggredito in alcun modo. E tu l’hai scaraventato contro la pietra attraverso un salone. Lui non aveva neanche messo mano alla bacchetta. Tu l’hai aggredito mentre era disarmato-.
-Ma…-
-Pansy ha ragione, Harry-, s’intromise Hermione dopo averle rivolto una rapida occhiata obliqua e significativa. -Quello che hai fatto è stato scorretto e pericoloso. Inoltre, anche se abbiamo curato tutte le ferite visibili, non è detto che non sorgano problemi quando Draco si sveglierà. La pietra su cui ha sbattuto è mooolto dura…-
-Già-, rincarò la dose Ron prendendo per mano la sua ragazza. -Mi scoccia dirtelo, amico, ma potresti avercelo veramente sulla coscienza. Va bene che è Draco Malfoy e io non tengo a lui, manco mi piace, anzi lo detesto abbastanza, ma hai esagerato-.
-!-
-Ci pensi se davvero avesse riportato dei danni alla testa?-, rilanciò di nuovo Hermione. -Danni di cui tu saresti responsabile-.
-…-
“Bravi Grifondoro. Brave piccole serpi”, pensò Pansy.
-Il meno che tu possa fare, Harry-, tirò le fila del discorso Blaise mentre versava una fiala di Pozione Soporifera tra le labbra di Draco, dopo avergli lanciato un Innerva: Pansy ringraziò il cielo che lui si trovasse alle spalle del ragazzo: niente e nessuno avrebbe potuto mascherare il ghigno di trionfo e allegro sadismo con cui stava parlando. -È stare qui con lui questa notte a vegliarlo, assisterlo e accudirlo da vicino nel caso si svegliasse: è vero che il contratto magico è scaduto, ma glielo devi, avendolo ferito. Gli dovrai cambiare gli impacchi e le medicazioni, controllare che non insorgano complicazioni. Noi ora andremo a dormire; se ci fossero peggioramenti, potrai avvertirci. Su ragazzi, auguriamo tutti la buonanotte a Harry-.
-Buonanotte Harryyyy!-, dissero in coro.
-Ma mi lasciate qui da solo?-, mormorò il giovane in tono sconsolato, senza sapere più che pesci prendere per uscire da quel casino. Non era sicuro di riuscire a trattenersi con un Draco indifeso sotto i suoi occhi, dovendolo osservare per tutta la notte. Si sentiva orribile per averlo pensato, e tuttavia non riusciva a smettere di pensarlo: era l’ultima occasione e Draco era inerme sotto le sue mani. Era evidentemente un pervertito a immaginare di allungare le mani sopra un ragazzo indifeso (termine che in condizioni normali non si poteva certo accostare a Draco Malfoy). -Che devo fare?-, chiese perché qualcuno gli spiegasse come affrontare il viso rilassato di Draco senza desiderare baciarlo.
Luna, l’ultima della fila, tornò indietro e gli sfiorò una guancia con il dorso della mano.
-Io credo che tu abbia già la risposta, quella vera, se solo saprai guardare nel posto giusto -, sussurrò convinta e incoraggiante, annuendo.
Dopo di che, uscì saltellando e si chiuse la porta alle spalle.
-Merda, Luna, io ignoro persino la domanda, quella vera…-
Ma la stanza era silenziosa e nessuno rispose.
Draco dormiva, grazie alla pozione somministrata da Blaise: se avesse riposato, si sarebbe ripreso prima dalla tremenda capocciata che aveva battuto.
Harry non credeva che avesse picchiato poi così forte, ma era abituato a sentirsi in colpa per tutti i casini che succedevano alle persone a lui care… Sapeva di essersi affezionato a quel biondino, da quando lo aveva visto piangere di frustrazione e rabbia appeso a una guglia; affezionato in una maniera contorta e burrascosa. Già prima della metà del sesto anno aveva iniziato a guardarlo con interesse e non si era fatto troppe illusioni sul perché i suoi boxer diventassero improvvisamente stretti se nelle vicinanze c’era Malfoy: Draco Malfoy che si sporgeva al di sopra della sua spalla soffiandogli in un orecchio e non appena Harry si voltava, confuso e distratto, lanciava una radice di Campanula Assassina nella sua Pozione Deturpante e gliela faceva esplodere; Draco Malfoy che lo aspettava alla fine della lezione di Astronomia, gli si avvicinava conturbante… Lo spingeva dentro una rimessa per le scope… E ce lo chiudeva dentro! Draco Malfoy che trangugiava lecca-lecca giganti a tutte le ore con lussuriosa applicazione e quando Harry si trovava a passare nelle vicinanze faceva uscire lentamente il lecca-lecca dalla bocca, lascivo… E glielo tirava contro!
Draco Malfoy era uno stronzo!
E allora perché Harry Potter gli stava accarezzando i capelli, scostandoglieli dal viso pallido?
Perché si stava abbassando a baciarlo?
Perché era smanioso di strofinare il suo naso contro quella pelle diafana, là, dove la giugulare batteva velocemente?
Velocemente???
Merda! Era sveglio! Maledette le pozioni inefficaci di Blaise!
-Cosa è che stai facendo di preciso al mio collo?-, domandò una voce strascicata.
-Ti trovo bene, Malfoy-, esordì Harry controvoglia, tirandosi su. Non avrebbe negato, ma non avrebbe neanche risposto.
-Non essere parco di parole, Potter: io sono me-ra-vi-glio-so! A dispetto dei tuoi interventi di rovinare la mia immagine-, ribatté arrogante Draco. -Cosa che in tutta onestà non si può dire di te-.
-Benissimo-, replicò acidamente il Grifondoro. -Se riesci a stronzeggiare, vuol dire che stai alla grande-, aggiunse girando il culo per andare al suo letto.
-Ehi, dove vai? Non mi assisti?-, chiese il biondo con un’impercettibile nota sconsolata nella voce. Nota che Harry evidentemente non colse.
-No-.
-Harry!-
-Senti, Draco-, proruppe il moro voltandogli le spalle, non rilevando l’uso del suo nome, ma reagendo comunque in maniera inconscia. -Sono stufo marcio di essere preso in giro. Voglio andare a dormire e considerare questa vacanza solo come un sogno. Tu stai bene, il nostro stracazzo di contratto è terminato, nessuno ti obbliga a starmi accanto; domani mattina ce ne andiamo via da qui, ognuno se ne torna a casa propria e chi si è visto si è visto: ci rincontriamo a settembre a Hogwarts per il settimo anno se Voldemort non mi ha ammazzato prima-.
-Harry…-
Il moro si maledisse perché sapeva che quel tono di richiesta lo avrebbe fermato, lo avrebbe fatto girare. Lo avrebbe fatto tornare indietro.
Tornò indietro.
Appoggiò le ginocchia al materasso, passandosi le dita nella frangia, scompigliandosela ulteriormente. Quando parlò, gli uscì una voce demoralizzata.
-È una dichiarazione che vuoi, Draco? Vuoi essere il vincitore di questa assurda nostra competizione su chi la darà vinta all’altro? Vuoi che mi sputtani? Ok. Mi piaci, mi piaci da così tanto tempo che neanche me lo ricordo quando ho iniziato a fantasticare su di te e poi su di te e su di me insieme. Contento?-
Fece di nuovo per andarsene.
-Harry…-
-Draco, per Morgana e le sue gonne, vuoi lasciarmi in pace?-, chiese, sull’orlo dell’esasperazione. -Hai vinto, vuoi che vada a dichiararlo alla Gazzetta del Profeta? Vuoi che ti consegni la mia bacchetta? Vuoi portarmi legato da Voldemort? Vuoi…-
Il Serpeverde non fece assolutamente caso al tono iroso dell’altro, ne ignorò lo sproloquio.
-Harry, qual è la domanda, quella vera?-
Il Grifondoro oramai era molto al di là della sua soglia di rassegnazione: considerò che, sputtanato come si era mezzo minuto prima, tanto valeva seppellirsi del tutto e dare a Draco materiale buono per sfotterlo fino ai cinquanta anni davanti all’intero Mondo Magico.
Draco aspettava, sperando che quella domanda fosse la risposta ai suoi pensieri del pomeriggio.
-Mi chiedevo se anche io ti piaccio-.
Trattenne il fiato. In attesa della risata.
E Draco scansò il lenzuolo, rivelando di essere quasi del tutto nudo.
Perché Blaise lo aveva spogliato prima di metterlo a letto? Quei Serpeverde non ci sapevano davvero fare con le Arti Curative.
Aveva visto Draco già abbondantemente discinto, ma c’era qualcosa di nuovo nella sua postura… Qualcosa di invitante, qualcosa… una sorta di senso di anticipazione. Un invito.
A Harry venne una sincope. Non riuscì a dire niente, o pensare niente, a fare nessun movimento, neanche quelli spontanei come respirare o far battere il cuore o le palpebre. Le sinapsi improvvisarono qualche salto mortale per cavarsi d’impaccio, inciamparono negli assoni e morirono lì soffocate. Elettroencefalogramma piatto: l’utente da lei contattato non ha al momento attività cerebrale, si prega di riprovare più tardi.
-Che ne dici-, chiese il biondo, totalmente privo di sarcasmo, -di venire qui a trovare la risposta, quella vera?-
Poi fece un timido e vulnerabile accenno di sorriso, inclinando la testa di lato: la luce di una delle candele giocò a baluginare sulle sue ciglia chiarissime e quel particolare preciso riavviò il cervello del Grifondoro, che recuperò il suo proverbiale coraggio, le sue proverbiali tempra e determinazione: attraversò veloce i pochi passi che lo separavano dal Serpeverde, gli prese saldamente il volto tra le mani e senza una briciola di esitazione cominciò a baciarlo come se lo avesse fatto da sempre.
Ignorava se la risposta si trovasse nelle mutande di Draco… Ma forse si poteva di certo fare un tentativo.
 
Harry venne a sua volta, gemendo forte, in maniera incontrollata. Venne tra le mani di Draco, che lo avevano accarezzato e toccato fino allo sfinimento, esattamente come lui aveva deliziato il corpo di Draco. Harry si era trovato a supplicare con voce tremante che Draco ponesse fine a quel delizioso supplizio e gli concedesse quell’orgasmo tanto agognato: non se ne vergognava neanche un po’. Poteva implorare senza vergogna sotto le mani e le labbra di Draco.
Il quale, gli diede il tempo di riprendere fiato, dopo di che li pulì entrambi e puntellandosi su un gomito gli pose un bacio leggero a fior di labbra, di quelli che ci si scambia quando ormai si ha confidenza con il corpo dell’altro, e indicò con un cenno della testa la porta: lì dietro, un po’ distante in realtà, si sentivano urla di giubilo e bottiglie stappate. Evidentemente i rumori delle loro, ehm, attività ricreative erano arrivati ben oltre la loro camera. Harry sperava solo che non ci fossero di mezzo le Orecchie Oblunghe dei gemelli Weasley.
-Li senti, quei cretini?-
Ma Harry era in pace con il mondo e bendisposto verso tutti, in particolare con i loro amici che avevano organizzato tutto quel casino per farli finire insieme.
-Lasciali festeggiare-.
-Che avranno da fare tutto questo casino, poi?-
-Questo-, rispose Harry attirandoselo vicino per riprendere a baciarlo.
Dopo poco, la foga era tornata a scorrere in entrambi: nuovi intrecci gambe e braccia, ancora pelle da assaporare, ancora odori, sapori, sospiri, altre parti del corpo desiderose di essere esplorate, e vezzeggiate, e compiaciute.
-Dio… Harry… sì…-, mugolò Draco.
 “In fin dei conti”, si trovò a riflettere Harry prima che la razionalità lo abbandonasse, travolta e annullata da quel concentrato di sensualità che il biondo era, “pareva proprio che la risposta si trovasse nelle mutande di Draco”.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
Definizione presa da http://www.potterpedia.it/?v=Aingingein#ixzz5qLyXRqML:
in Irlanda fiorì il gioco dell'Aingingein, soggetto di tante ballate irlandesi (si dice che il leggendario mago Fingal il Focoso fosse il campione di Aingingein).
A uno a uno i giocatori prendevano il Dom, o palla (si trattava della cistifellea di una capra), e sfrecciavano attraverso una serie di botti incendiate disposte in alto su pali. Il Dom doveva essere scagliato attraverso l'ultima botte. Il giocatore che riusciva a far passare il Dom attraverso l'ultima botte nel minor tempo possibile, senza bruciare vivo lungo il percorso, era il vincitore.
 
 
Bene, siamo davvero agli sgoccioli.
Inizialmente la storia doveva concludersi così, senza troppe pretese. Però pare che non riesca proprio a lasciarla così, quindi probabilmente aggiungerò un capitolo che tiri un po’ le somme, magari con una scena più piccante… Che ne dite?
Sto anche continuando a lavorare su “L’Ottavo Anno”, purtroppo in maniera alquanto discontinua, perché entrare nel mood giusto per quella storia è un pochino più complicato.
 
 

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Capitolo 11
*** la risposta ***


Questo capitolo è sia una conclusione alla storia che uno spiraglio per un eventuale seguito: non credo che lo scriverò, perché non ho molta voglia di impelagarmi nella Seconda Guerra e sostanzialmente riscriverla. Però volevo dare un’apertura all’immaginazione e soprattutto sentivo il bisogno di un capitolo più maturo a conclusione di quella che ho sempre dichiarato essere una storia senza pretese.
Se volete adattarci un ulteriore finale, potete pensare alla one-shot “Il discorso… Quel discorso” (anche se forse qualche particolare non collimerà).
Vi ricordo che il sesto anno trascorso da Harry differisce del tutto da quello canonico (niente Horcrux, niente Silente morto, niente orribile anno di Draco), come pure il fatto che Lucius non sia stato incarcerato.
 
Musica di accompagnamento:
https://www.youtube.com/watch?v=FykoPDeZd4k
 
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
Harry si girò nel letto sfatto della sua stanza a Grimmauld Place, dove si era trasferito il giorno stesso del suo diciassettesimo compleanno, appena raggiunta la maggiore età secondo il Mondo Magico: già da prima della fine della scuola la famiglia Weasley gli aveva dato una mano a ripulirlo e renderlo più accogliente e meno tetro; rispetto all’atmosfera del quinto anno era stato molto più divertente, anche se altrettanto faticoso.
Dobby si era stabilito lì in pianta stabile: nonostante oramai fosse un elfo libero aveva insistito per stare accanto a Harry Potter e la cosa si era rivelata una benedizione, soprattutto perché teneva d’occhio Kreacher, il quale si era piegato veramente controvoglia a servire Harry Potter. Dopo i tragici fatti del quinto anno Harry tentava di interagirci il meno possibile, ma non poteva liberarsene o la cosa avrebbe avuto risvolti davvero drammatici.
Dobby era stato seguito a ruota da Winky, come se il ragazzo fosse una calamita per elfi domestici. A quel punto Harry, un ragazzo adolescente con ben tre elfi al suo servizio, di cui due liberi, aveva semplicemente deciso di ammassare molti dei cimeli della famiglia Black in una parte del sottotetto e aveva dato a Kreacher il permesso di vivere lì: lo aveva vincolato con ordini tali che la creatura a malapena poteva uscire dalla stanza; cosa che del resto non avrebbe neanche voluto fare, soprattutto da quando i tre elfi erano riusciti a staccare il ritratto di Walpurga Black e Kreacher se l’era portato nel suo covo: passava giornate a coltivare livore insieme al dipinto; anche se sembrava che l’arrivo di Winky lo avesse ammorbidito e spinto a una riottosa collaborazione: Harry si rifiutava di pensare alle ipotesi di intrallazzi romantici tra gli elfi domestici, che Merlino gli risparmiasse certe immagini mentali!
Silente aveva organizzato un modo per raggiungere l’abitazione abbastanza sicuro: dato che il Preside era ancora il Custode dell’Incanto Fidelius posto a protezione dell’avita dimora dei Black, solo in pochi potevano accedere e nello specifico aveva arrangiato un punto di Materializzazione sugli scalini esterni, al riparo da sguardi indiscreti di Babbani e altri maghi; da lì però nessuno poteva procedere oltre se non inviando un Patronus ad annunciare la propria presenza e dietro autorizzazione di Harry stesso: anche se Grimmauld Place era il quartier generale dell’Ordine della Fenice, Harry poteva dunque godere di una sicurezza e di una privacy e intimità che mai prima di quel momento aveva sperimentato. Inoltre nessun Mangiamorte poteva produrre un Patronus e questa era una discriminante basilare per la sicurezza del giovane. Aveva fornito a Dobby una lista di Patronus sicuri e conosciuti grazie ai quali anche l’elfo poteva aprire la porta di casa.
Era bello starsene da solo ed essere padrone di andare e venire a ogni orario dalla cucina per mangiare, girare in mutande per le stanze, indugiare a lungo nella vasca e utilizzare l’acqua calda a volontà senza le violente reprimende di zio Vernon e zia Petunia.
La sera, con fare casuale ma non troppo, almeno uno dei membri dell’Ordine della Fenice si faceva vivo per un controllo: a volte Remus e Tonks si fermavano a cena; Silente, Kingsley o Moody passavano per un po’ di allenamento (Harry aveva imparato di più con loro tre in poco tempo su Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure che in anni di scuola, anche se dalle sessioni con Moody usciva di solito piuttosto acciaccato); i signori Weasley portavano qualcosa da mangiare che a Harry bastava per quattro o cinque giorni.
Ci era voluto di più perché Piton si facesse vivo: Harry ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma Silente aveva praticamente obbligato sia lui che il Pozionista a riprendere le lezioni di Occlumanzia a cadenza quasi quotidiana, con sommo scontento di entrambi; il ragazzo pensava che semplicemente Piton non volesse avere niente a che fare con lui e con quel posto, ma l’imbarazzante e penosa verità era venuta a galla all’appuntamento per la seconda lezione. La prima volta Harry era stato avvisato dell’arrivo dei due dalla fenice di Silente, ma la successiva il Preside era arrivato da solo in anticipo e aveva dichiarato che avrebbero atteso insieme l’arrivo del Professor Piton: il luccichio degli intensi occhi azzurri dietro alle lenti degli occhiali avrebbe dovuto essere un indizio per Harry.
Qualcuno più tardi aveva bussato con forza: Harry e Silente, avvertiti da Dobby, si erano apprestati alla porta e avevano udito Piton chiedere che lo facessero entrare; il ragazzo era rimasto scosso dalla voce del Pozionista, che suonava esasperata e demoralizzata, per cui si era mosso per aprire la porta di ingresso. Ma Silente lo aveva bloccato: il suo viso era una maschera di determinazione, ma la frase che aveva pronunciato era dolce.
-Severus, il tuo Patronus: dobbiamo essere sicuri che sia davvero tu-.
Al di là del battente il silenzio si era protratto per un tempo tanto lungo da indurre Harry a pensare che l’uomo se ne fosse andato. Poi una cerva argentata di indicibile bellezza e grazia aveva trottato attraverso il corridoio di Grimmauld Place, voltandosi a guardarli: Harry aveva avvertito una stretta al cuore che lo aveva paralizzato in contemplazione, per cui era stato Silente stesso ad aprire la porta e i due uomini si erano guardati: infinitamente compassionevole il più anziano, furente il più giovane.
-Oh, Severus, dopo tutto questo…-
-Taci-, lo aveva interrotto sibilando Piton e passando risentito oltre lui e Harry.
-Vieni, Harry-, aveva sollecitato il Preside, con una voce che improvvisamente lasciava trasparire tutta la sua età, roca e smorzata. -Seguiamo il Professor Piton; immagino che per questa sera l’Occlumanzia possa aspettare: è tempo che voi due vi chiariate-.
Avevano ritrovato Piton nel salotto a versarsi, in totale autonomia e con metodica ostinazione, generose dosi di Whisky Incendiario; Harry era stravolto: aveva visto il suo professore così scosso e alterato solo quando aveva inappropriatamente spiato i suoi ricordi nel Pensatoio al quinto anno. 
-Severus…-, lo chiamò con dolcezza Silente. -Per favore… È davvero necessario che Harry capisca, non si può attendere oltre-. Fece una pausa, ma Piton continuò a tracannare il liquore senza dar segno di averlo udito. -Potrebbe succedere di tutto, nel prossimo futuro; e, qualora io dovessi morire, tu saresti la guida migliore per Harry, perché sei la persona meglio informata sulle mie strategie: quindi è di vitale importanza che lui si fidi di te come mi fido io e sappia perché sono sicuro che non ci tradirai mai e che sarai sempre dalla sua parte, nonostante tutto-.
Harry guardava stralunato i due, che adesso si fronteggiavano: il Preside impietosito e il Pozionista rabbioso e quasi allarmato, come una bestia messa all’angolo; tuttavia Silente doveva aver scorso qualcosa sul viso dell’altro durante quel confronto di sguardi, perché aveva addolcito la propria espressione e si era ritirato lasciandoli soli e chiudendosi la porta alle spalle.
Erano seguite due ore di penosa, stentata conversazione e di sconvolgenti riluttanti confessioni, al termine delle quali Harry era emerso dal salone con gli occhi gonfi di pianto, intontito dalla verità, le proprie certezze azzerate e la sensazione di essere davvero un piccolo pesce in un grande mare di eventi.
Il crudele professore di Pozioni innamorato per tutto quel tempo di sua madre aveva cambiato fazione per rimediare ai propri peccati accettando di fare la spia per i buoni e proteggendolo dal peggio?
Il cielo di sicuro sarebbe crollato.
Il giovane non aveva salutato nessuno dei due uomini e si era diretto incespicando verso il suo letto, sul quale si era lasciato cadere continuando a piangere fino ad addormentarsi.
Al suo risveglio, ore dopo, né silente né Piton erano presenti in casa.
Aveva rivisto il Pozionista il giorno seguente, con grande imbarazzo e tesa circospezione da entrambe le parti.
Non molto era cambiato nei loro rapporti: Harry era comunque insofferente e Piton comunque astioso.
Ma adesso Harry si fidava dell’insegnante e con il procedere degli incontri Piton appariva comunque lievemente più collaborativo e meno vendicativo nei confronti del ragazzo, il quale era fermamente intenzionato a dimostrare di non essere Sirius o il proprio padre: Silente gli aveva ricordato che Piton poteva essere un ottimo alleato e Harry era intenzionato a ricavarne il meglio possibile, a prescindere da quanto lo trovasse sgradevole e odioso, dal momento che aveva appreso la lezione “stare dalla parte dei buoni non vuol dire essere buono”.
Forse fu per questo spiraglio di apertura che Piton a un certo punto si offrì di aiutarlo anche con l’attività di duellante e Harry scoprì definizioni del tutto nuove di “impegno” e “assiduità”: le lezioni con Piton, quotidiane e a sera inoltrata, avevano sostituito gli incontri con Moody e Kingsley: lo lasciavano stremato e frustrato perché sembrava che non fosse mai abbastanza bravo per gli standard del Pozionista; tuttavia stava imparando ad applicare l’Occlumanzia anche mentre duellava e il vantaggio della cosa era di non poco conto. Non sarebbe mai stato un buon Occlumante, ma aumentava la sua concentrazione e di conseguenza i suoi riflessi.
Era reduce da una lezione di tale tipo proprio quella sera del trentuno di agosto: Piton aveva voluto un ultimo allenamento prima che si tornasse a Hogwarts, perché negli ultimi giorni gli aveva insegnato alcuni incantesimi che forse Silente non avrebbe del tutto approvato, per cui era stato meglio apprenderli al di fuori del suolo scolastico.
Il giorno dopo Harry sarebbe montato sul treno diretto a Hogwarts con la sua indipendenza economica e giuridica, con una nuova sicurezza nelle sue capacità magiche, con nuovi alleati e nuovi amici, con vecchi alleati e vecchi amici ancora più fidati; protetto dagli adulti ma anche parte del mondo degli adulti.
Insomma, considerando che ci si avviava verso una guerra che sarebbe potuta scoppiare in qualsiasi momento e che lo avrebbe visto in prima linea a rischiare la pelle, stava andando tutto bene: se lo ripeté con convinzione continuando a girarsi nel letto.
Cioè, stava andando quasi tutto bene.
Non sentiva Draco da un mese; il biondo gli aveva scritto per il compleanno di Harry, inviandogli addirittura un regalo: un globo di vetro in cui volavano due figurine sulle scope. A ben guardare, le figurine erano loro due e il paesaggio circostante era quello in cui avevano volato nella tenuta di Blaise. Il biglietto di accompagnamento era scherzosamente formale, ma erano state le ultime parole a far trattenere il respiro di Harry: “a presto”. Il pacchetto era arrivato a Privet Drive appena scattata la mezzanotte, prima che lui si trasferisse: il Grifondoro si era commosso in maniera quasi ridicola che i primi auguri ricevuti fossero quelli di Draco.
Nonostante quella rassicurazione, dalla fine di luglio Harry non aveva avuto più notizie di Draco: le lettere che si era arrischiato a inviargli tramite Edvige erano tornate indietro con Edvige stessa; cosa molto strana, visto che la sua civetta riusciva sempre a trovare il destinatario. L’unica notizia che aveva ricavato dall’ultima missiva era che Draco avrebbe raggiunto i suoi genitori per una breve vacanza: non sapeva dove né quando e lo ignoravano pure Blaise e Pansy; nessuno di loro aveva più ricevuto niente e le ipotesi si erano sprecate senza alcuna conferma di alcun tipo.
Voldemort, insieme al suo corteo di fedelissimi, era ancora il grande assente dalla scena e non si poteva sapere se la famiglia Malfoy fosse con lui, di propria volontà o meno.
Piton, dietro un’accorata supplica di Harry, si era recato al Malfoy Manor e aveva dichiarato che risultava impenetrabile e apparentemente disabitato.
Inizialmente Harry era stato triste, perché pensava di essere stato scaricato prima ancora che tra loro due potesse esserci qualcosa di concreto; poi si era arrabbiato e adesso era semplicemente preoccupato da morire. E insieme alla preoccupazione si era reso conto che voleva Draco accanto a sé in maniera stabile e duratura: forse non sarebbe stato un per sempre, ma voleva provarci. Sentiva di meritarselo, percepiva che in una qualche oscura maniera avrebbe fatto la differenza. Avrebbero litigato e si sarebbero scontrati su un sacco di cose… Ma per Merlino, lo voleva con sé, se ne era conto quando si era sorpreso a sentire la mancanza dei lati più terribili del carattere di quell’aristocratico principino.
Ricordava ancora come si erano salutati al rientro di quel fine settimana a casa di Blaise, dopo una notte di tenerezze e passione in cui aveva scorto uno scampolo di quel che sarebbe potuto essere: Draco lo aveva trascinato in un angolo buio del Paiolo Magico, dove tutti si erano fermati per un ultimo pranzo insieme, e lo aveva baciato a lungo con una foga quasi disperata, graffiandolo con i denti nel tentativo di avere più accesso possibile alla bocca di Harry; quando si erano separati, con il fiato corto e le labbra tumefatte, Draco aveva appoggiato la propria fronte contro quella di Harry e aveva chiuso gli occhi, come sopraffatto da qualcosa.
-Promettimi di darmi…-, aveva cominciato a dire, ma poi era corso senza aggiungere niente fuori dal locale.
Harry aveva ondeggiato, destabilizzato dall’improvvisa mancanza del ragazzo tra le sue braccia e lo aveva inseguito sulla strada di Diagon Alley, ma il biondo era sparito dalla vista.
Ricordava anche di aver mormorato la risposta.
-Quello che vuoi, Draco, ti darei tutto quello che vuoi, lo prometto-.
Si era rifiutato di pensare che fosse finita lì.
Ma adesso, dopo un mese, cominciava a credere di essersi sbagliato.
Si svegliò di soprassalto, il che voleva dire che alla fine era riuscito a prender sonno, mentre qualcuno bussava alla porta della camera. Non appena disse “avanti”, Dobby si precipitò in stanza trafelato.
-Harry Potter, signore, c’è di sotto un Patronus che Dobby non ha mai visto, signore!-, esclamo vivace l’elfo domestico. -No, no, Dobby è sicuro di non aver mai visto questo Patronus, così non ha aperto e non ha fatto entrare nessuno!-
Dobby prendeva davvero molto sul serio il suo ruolo di guardiano di Grimmauld Place e Harry confidava che la magia della creatura potesse tenerlo al sicuro tanto quanto quella di un Auror.
Harry fu incuriosito e anche un pochino allarmato: conosceva le forme di tutti i Patronus dell’Ordine e di alcuni Auror che sapevano come raggiungere Grimmauld Place 12, per cui si trattava di un estraneo. Come aveva fatto a scoprire l’ubicazione della casa? Non ne erano al corrente neanche Blaise e Pansy, di cui oramai si fidava… Certo, non si poteva trattare di un Mangiamorte, ma non voleva dire che non potesse essere qualcuno con cattive intenzioni.
Quindi Harry scese rapidamente le scale e si diresse verso la porta di ingresso, la bacchetta pronta in mano e tutti i sensi all’erta; Dobby lo guidò in cucina, dove il ragazzo poté vedere con i propri occhi un grande e maestoso airone argentato che volava pigramente in cerchio, sbattendo le ali con grazia.
No, era certo di non aver mai visto in vita sua quel Patronus: stava per dire a Dobby di ignorare la chiamata, quando…
-Potter, sbrigati ad aprirmi, piove e mi si stanno infradiciando le palle qui fuori!-, sbottò una voce perentoria e strascicata fuori dal bel Patronus elegante.
Harry avrebbe riconosciuto quella voce tra miliardi e si precipitò a spalancare la porta di entrata, dimentico di ogni sorta di prudenza.
Per fortuna non era una trappola e sugli scalini c’era solo Draco: bagnato come un pulcino, con i capelli lievemente scuriti dalla pioggia appiccicati ai lati del viso e un’espressione scontenta sul viso che gli imbronciava deliziosamente le labbra.
Harry non riuscì a spiccicare parola e non aspettò che l’altro profferisse verbo: lo trascinò dentro casa e se lo tirò addosso, troppo felice e rincuorato di vederlo sano e salvo, anche se inzuppato e infreddolito. Lo abbracciò stretto perché la presenza di Draco diventasse reale contro la sua pelle e nella sua testa e si decise a lasciarlo andare solo quando Draco parlò, lievemente imbarazzato e irrigidito nella stretta.
-Ti stai bagnando tutto anche tu…-, mormorò timidamente.
Non era esattamente la frase che Harry si era aspettato, ma non importava.
Harry lo scostò, per guardarlo negli occhi, facendogli un sorriso che lasciava trapelare tutto il suo sollievo e il suo affetto. Avrebbe voluto gridare ai quattro venti quanto fosse felice di averlo lì, quanto gli era mancato e quanto lo aveva pensato, quanto era stato in pensiero e come tutto si fosse ridicolmente ridimensionato di fronte ai suoi occhi grigi che lo guardavano incerti. Avrebbe voluto chiedergli dove era stato e cosa aveva fatto e come mai era tornato e come aveva trovato quel posto. Avrebbe anche voluto chiedergli come mai era proprio lì da Harry.
Ma nessuna di queste frasi uscì fuori, bloccate nella gola di Harry dall’atteggiamento distante dell’altro.
Era passato poco più di un mese da quando si erano salutati con un vaghissimo e indefinito proponimento di portare avanti il loro rapporto in una qualche forma non meglio specificata, eppure all’improvviso appariva difficile riallacciare i fili, riprendere la trama da dove si era interrotta.
Proprio quando Harry desiderava stringere quei fili e quella trama come mai prima d’ora.
Draco era davanti a lui, incerto e remoto.
-Vieni-, fu l’unico commento ad alta voce, pieno di premura e tenerezza. -Facciamo qualcosa per i tuoi capelli e per il tuo vestito-.
Lo scortò personalmente fino al bagno degli ospiti, lo fece sedere su una piccola panca e cominciò a far scorrere l’acqua calda per riempire la vasca; arrivò Dobby portando alcuni asciugamani, alzando in sfida il mento fiero di fronte al rampollo Malfoy, ma Draco si limitò a fargli un cenno di ringraziamento senza ulteriori commenti; dopodiché il Serpeverde se ne stette appollaiato sulla panca in silenzio e lievemente a disagio, guardandosi intorno: sembrava spaesato e incerto sul restare lì o meno.
Quando tutto fu pronto Harry accennò a ritirarsi per una sorta di strano pudore indotto dal comportamento dell’altro, ma Draco gli chiese di rimanere lì: prese a spogliarsi senza malizia e con un po’ di impaccio, mentre Harry divorava avidamente con gli occhi ogni nuova porzione di pelle lasciata allo scoperto senza però muovere un muscolo, inchiodato dalla palese reticenza di Draco, il quale si immerse nell’acqua calda, appoggiò la nuca contro la ceramica della vasca e chiuse gli occhi.
-Cielo, dopo tutto il giorno che cammino per le strade di Londra starsene qui a mollo equivale alla beatitudine. Potter, non hai niente da dirmi?-, domandò il biondo aprendo un occhio per guardare l’altro in tralice.
Harry avrebbe voluto dirgli molto, e ancora di più avrebbe voluto fargli: ma avvertiva una sorta di distanza fra loro due, un qualcosa che poteva essere risolto o saltando nella vasca e baciandolo di forza o recuperando il tempo perduto in un’altra maniera.
Durante la lunga assenza di Draco si era ripromesso che avrebbe fatto le cose in modo diverso se lo avesse riavuto accanto: che avrebbe fatto sul serio, che avrebbe dimostrato all’altro che ne valeva la pena e che non era solo una cotta o un mero impeto ormonale: perché ci aveva riflettuto su a lungo e si era assolutamente convinto di voler accanto Draco per qualcosa di più di una storiella. Era così tanto tipico di lui, gettarsi nelle situazioni a capofitto credendoci fino in fondo. Ma non sapeva ancora come la pensasse Draco a riguardo e preferiva evitare la domanda diretta fino a che l’altro appariva così teso e guardingo.
Quindi si avvicinò alla vasca e, presa una bottiglia di shampoo, ne versò una buona dose sui capelli bagnati di Draco, iniziando a massaggiare in silenzio: aveva agito senza pensare ma fu ripagato da un sospiro di approvazione e dalla tensione che si allentava un minimo nella postura del biondo. Era comunque un piccolo passo per diminuire la distanza, andava bene. Continuò per un considerevole lasso di tempo, fino a che le mani furono piene di schiuma soffice e vaporosa e Draco apparve più rilassato.
-Come mai hai girovagato per Londra sotto la pioggia?-, chiese in maniera casuale.
Entrambi sapevano che l’uso della magia evitata certi inconvenienti come bagnarsi per via del maltempo o muoversi a piedi: Draco Malfoy che non ricorreva alla magia era quanto meno inusuale.
-Non sapevo se ero seguito e non volevo rischiare che l’uso di incantesimi mi facesse identificare e li portasse fino a te-, spiegò senza la necessità di chiarire quel “li”.
Harry ne fu oltremodo incuriosito, ma aspettò pazientemente che l’altro continuasse di propria volontà.
Draco, dopo un paio di profondi sospiri riprese a parlare e decise finalmente di partire da capo con la storia.
-La lettera che mi ho ricevuto mentre ci trovavamo da Blaise era da parte di mia madre: ha reputato saggio che lei e mio padre rivedessero le loro posizioni riguardo ai rischi di seguire l’Oscuro Signore. Non conosco i dettagli di come lo abbia convinto che non sarebbe stato giudizioso rispondere alla chiamata per prendere parte al prossimo conflitto; del resto, non sarebbe neanche stato possibile porre un rifiuto senza patirne le… Ehm… Conseguenze-.
Harry reputò che “conseguenze” fosse un termine alquanto edulcorato e pure che il padre di Draco si fosse già abbastanza lasciato coinvolgere in atti turpi, ma non commentò ad alta voce e lo lasciò proseguire nel racconto: non sapeva di cosa Draco fosse a conoscenza su Lucius Malfoy.
-Di sicuro mia madre ha pianificato da lungo tempo la nostra fuga, perché nella lettera erano contenute istruzioni precise. Loro erano partiti giorni prima con la scusa di una sorta di nuovo viaggio di nozze: la cosa non era insolita e non avrebbe destato nessun tipo di sospetto nella comunità magica. Mi ha comunicato che la mattina del trentuno di luglio li avrei raggiunti. Non me lo stava né chiedendo né domandando: semplicemente me ne metteva al corrente come un dato di fatto. Quell’ultimo pomeriggio che abbiamo trascorso da Blaise, ho riflettuto su molte cose, compreso il fatto che se i miei genitori avevano abbandonato la loro posizione, forse non era una posizione che meritava di essere mantenuta. Prima di allora avevo avuto fiducia nel fatto che loro credessero fermamente nella loro ideologia, ma… Cioè, li capisco: rischiare la vita per consegnare il potere a Tu-Sai-Chi non è la loro priorità; allora mi è capitato di dubitare che dovesse essere la mia. Forse ti piace immaginare che fossi pronto a dirle che in quanto maggiorenne potevo decidere della mia vita come meglio ritenessi, ma avevo comunque paura di farlo: ci sono abitudini dure a cambiare e essere il figlio di Lucius e Narcissa Malfoy è una di quelle. Così ho seguito le istruzioni di mia madre e sono partito con il pretesto di raggiungerli. Abbiamo iniziato a girovagare per far perdere le nostre tracce, tagliando i ponti con tutti e smettendo di avere contatti i conoscenti: non stavamo mai molto in un luogo, con la copertura ancora del viaggio di piacere a tappe. A parte una vita sociale formale non abbiamo parenti che si preoccupino per la nostra assenza immotivata. Mi sarebbe piaciuto avvertire Blaise e Pansy, ma non mi è stato permesso-.
Harry notò che lui non era stato nominato, ma si sforzò di non farci caso.
-Fino a che dopo pochi giorni siamo arrivati molto lontano, dove mia madre conosceva una comunità di maghi che ci ha definitivamente nascosto, addirittura cambiando le nostre identità. Ho vissuto lì con loro solo qualche giorno prima di rendermi conto che non ero soddisfatto di quella situazione. Inizialmente mi era sembrata un’ottima soluzione, ma vivendola ho capito che non poteva durare, almeno non per me. Così per la prima volta sono uscito dal sentiero che i miei genitori avevano tracciato per me; mia madre non è stata molto contenta e si è preoccupata tantissimo, ma mio padre mi ha inaspettatamente incoraggiato: suppongo lo abbia fatto perché pensa che in questa maniera potrà tornare sui propri passi cambiando le carte in tavola a giochi conclusi, usandomi come appiglio. Ma per la prima volta, ho agito senza pensare al bene della famiglia, sono tornato indietro, perché voglio essere Draco Malfoy e nessun altro: Purosangue residente in Inghilterra, con tutto quel che ne consegue. E posso esserlo solo in un modo: stando dalla parte del vincitore di questa guerra. E-, a quel punto Draco strinse per un breve momento le labbra, prima di buttare fuori di colpo la frase successiva, -sono convinto che questa guerra la vincerai tu. Non è una questione di sentimentalismo e fiducia nel trionfo del bene: ne sono convinto a livello strategico-.
Draco a quel punto aprì le palpebre guardando in su, verso Harry: nei suoi occhi grigi aleggiava una domanda: “vincerai tu, vero?”
Si poteva rispondere una sola cosa.
-Certo che vincerò io-, confermò con tutta la forza della sua testardaggine e della sua nuova sicurezza: si rese conto, mentre lo diceva, che ne era certo sul serio e fino in fondo. Avrebbe vinto e sarebbe tornato da vincitore tra le braccia di Draco e lì, finalmente, avrebbe piegato il capo sulla sua spalla e si sarebbe concesso la normalità.
Draco annuì di rimando.
-Così sono ho fatto ritorno. Ho contattato una persona che ha abilitato una Passaporta che mi ha trasportato alle Isole Ebridi, tutto imbacuccato per essere il meno riconoscibile possibile; da lì ho volato con una scopa presa a noleggio e il noleggiatore ha lanciato su di me un Incantesimo di Disillusione, compreso nel prezzo. Sono atterrato fuori Londra. Le mie intenzioni erano di muovermi con i mezzi babbani, per quanto la cosa mi disturbasse: nessuno avrebbe mai sospettato che Draco Malfoy utilizzasse metodi di spostamento non magici. Ma non sono riuscito a capire come funzionano; allora ho chiamato il Nottetempo, perché per quello basta estrarre la bacchetta senza lanciare incantesimi: ho dato un nome falso e mi sono fatto portare in zone diverse di Londra babbana a più riprese e quando oggi sono stato sicuro che nessuno mi seguisse ho camminato fino a qui. Soltanto quando sono arrivato sugli scalini di casa tua mi sono arrischiato a lanciare l’Incanto Patronus. Non usare la magia è tremendo, ma non potevo rischiare che qualcuno mi scoprisse: per quanto ne so, potrebbero avermi messo addosso una sorta di Traccia Magica: non voglio lanciare incantesimi fino a che qualcuno di competente non mi avrà controllato. Suppongo che non stiano cercando proprio me per farmi del male, ma forse vogliono trovarmi per sapere che fine hanno fatto i miei genitori, quindi avrei potuto condurli a te indirettamente-, congetturò il ragazzo. Poi abbandonò quel tono pratico e narrativo per assumere una sfumatura di voce molto più lamentosa. -Potter, fare il Babbano è la cosa peggiore che io abbia fatto fino a ora. E per di più un Babbano povero. Non avevo neanche i soldi per comprarmi un ombrello. Non essere me fa schifo-.
Harry era del parere che quello che Draco aveva fatto in quegli ultimi giorni fosse la cosa più coraggiosa della sua intera vita, considerato quanto poco incline fosse a non essere un capriccioso ragazzino, uscendo dai propri schemi come mai prima, tuttavia un altro pensiero lo distrasse.
-Ma come facevi a sapere l’indirizzo? Come hai fatto a trovare la porta e come sapevi che dovevi evocare il tuo Patronus? Quando hai imparato a evocare un Patronus? E come facevi a sapere che la magia gettata sulla casa ti avrebbe coperto? E come hai fatto ad architettare tutto questo?-
Draco si accigliò un momento, poi si sporse per aprire l’acqua e iniziò a sciacquarsi la testa, piegandola all’indietro. In un altro momento Harry avrebbe dedicato tutta la propria attenzione alla gola tesa, luccicante di goccioline di acqua e sapone, ma non era francamente il frangente adatto.
-La sera prima del tuo compleanno ho ricevuto a palazzo una visita da parte di una persona che mai mi sarei aspettata di vedere nella mia stanza: sapevi che le fenici possono Materializzarsi anche dove la Materializzazione è proibita?-
Harry ricordò la fuga di Silente dal suo ufficio durante il quinto anno: ma certo, Silente.
-Il Preside è venuto da te?-
Draco annuì.
-Proprio lui: abbiamo preso un tè insieme in camera mia, fatto abbastanza insolito e inquietante, dato che non pensavo di essere nei suoi pensieri e nei suoi piani. Si è scusato per essersi presentato senza aver avvertito, ma supponeva di aver dovuto accelerare un po’ i suoi programmi. Pareva sapere che stessi partendo per non tornare. Mi ha fatto un lungo discorso su cose… Be’, non è importante adesso. Mi ha posto alcune domande che per me non avevano molto senso. Solo alla fine mi ha chiesto se ero disposto a sottopormi al Veritaserum per rispondere all’ultima questione, dopo di che mi avrebbe fornito una scappatoia se fossi voluto tornare indietro. Ha spiegato che gli dispiaceva usare mezzi tanto rudi, ma purtroppo scarseggiava il tempo per cui doveva accelerare il legame di fiducia nei miei confronti. Che avevo da perdere? Era chiaro che non voleva nuocermi in nessun modo, anzi, cercava di aiutarmi. In quel momento non immaginavo che avrei avuto dei ripensamenti, ma meglio lasciarsi una porta aperta. Ho bevuto il Veritaserum, ho risposto alla domanda. A quel punto mi ha fornito le istruzioni per prendere contatto con chi mi avrebbe fornito la Passaporta e la scopa, mi ha fornito l’indirizzo a cui ti avrei trovato e come fare per essere ricevuto, mi ha suggerito di esercitarmi con l’Incanto Patronus. Mi ha raccomandato di tornare solo se fossi stato veramente convinto e mentre mi salutava mi ha dato una piuma di Fanny spiegandomi come utilizzarla per prendere accordi con il contatto per la Passaporta. Peccato che non mi abbia spiegato anche che senza l’uso della magia sarebbe stato tutto complicato e disgustoso e scomodo-.
-E quale era la domanda?-, chiese Harry, in un’eco del dialogo che avevano avuto a casa di Blaise in Galles.
Draco abbassò lo sguardo e si tese: pareva non voler rispondere.
-Andiamo-, insistette il Grifondoro, -non può essere più imbarazzante di quella che ti ho fatto io poco tempo fa-.
-Invece lo è-, ribatté Draco asciutto, strappando un sospiro esasperato a Harry.
Draco era lì dopo aver passato delle peripezie assolutamente fuori dai suoi standard di mago cresciuto nella bambagia, Silente si era fidato abbastanza  di lui da rivelargli l’ubicazione del luogo dove Harry abitava… Cosa poteva contare se non gli confessava una semplice domanda?
-Non importa-, ammise il moro. -L’importante è che stai bene-. “E che sei qui, anche se non sembra che tu mi abbia pensato un gran che in questo periodo”, aggiunse tra sé. Avrebbe desiderato abbracciarlo e baciarlo, ma Draco sembrava voler mantenere le distanze e Harry non sapeva come comportarsi con quel nuovo e insolito Draco serio e per niente sprezzante, educato e sottotono… Come aveva fatto a cambiare così tanto in così poco tempo? E cos’era quell’ombra che gli aleggiava sul viso?
-Draco… Per caso hai paura?-
Draco sbuffò tirandosi a sedere nella vasca e occhieggiandolo con risentimento.
-Potter, mi sembra ovvio che io me la stia facendo sotto: sono lontano dalla mia famiglia, non ho dove andare, al momento non ho uno status sociale, ho con me solo quei pochi soldi e vestiti che sono riuscito a infilare in valigia prima di ridurla, non ho certezze per il futuro, mi aspetta la partecipazione in una guerra in cui rischierò il culo e dipendo da te per la mia protezione e per un tetto sopra la testa! Inoltre domani dobbiamo andare a Hogwarts e io non ho libri e uniforme e attrezzature, perché non ho neanche ricevuto la fottutissima lettera! Anzi, in fin dei conti non so neanche se potrò tornare a scuola!-, buttò fuori tutto d’un fiato, la voce che diventava sempre più stizzosa e altera, ma anche tesa. -Non ho neanche pensato a cosa dire alla comunità magica per giustificare che non sono con i miei genitori e trovare un pretesto plausibile per sostenere che non so dove siano! Inoltre non è che io sia tornato proprio per spirito altruistico, per rettitudine o per il Bene Superiore! Potrò anche aver deciso di non stare dalla parte di V… Di Vol… Di lui, ma non è che io sia improvvisamente diventato amico dei Babbani! Non so come mi comporterò in questa nuova situazione e ho il sospetto che fallirò alla grande! Merlino, odio fallire! Pensavo di averci riflettuto sopra abbastanza, ma forse non ho davvero considerato tutto! Certo che ho paura! E non voglio essere considerato un vigliacco! Sei stupido o cosa, a farmi certe domande?-
-Questo è il Draco che conosco!-, sorrise di rimando Harry, stranamente confortato dalla vulnerabilità che strisciava sotto la pelle di Draco e dalla sua reazione spontanea: ricordò a sé stesso che stare dalla parte dei buoni non significava essere buono: ma era già qualcosa. -Avere paura è normale, non vuol dire essere un vigliacco: una volta Silente mi disse che il coraggio è una dote che si esercita (*). Dai, finisci di lavarti e poi ti porto in cucina a mangiare qualcosa, al resto penseremo dopo-, aggiunse con leggerezza, tentando di nascondere la felicità che si faceva strada nel suo cuore, nell’aver intravisto quel barlume del Draco a cui era abituato e forse anche un barlume di un altro Draco che sarebbe potuto essere.
Così Draco si lavò e si asciugò e dai suoi abiti fradici tirò fuori una valigia che Harry riportò alle dimensioni normali: il biondo tirò fuori un morbido completo da camera con tanto di vestaglia.
Per tutto il tempo Harry rimase in bilico tra il desiderio per l’altro e il riserbo: Draco non si vergognava a farsi vedere nudo, non era cosa a cui si faceva troppo caso se si era abituati ai dormitori di Hogwarts e agli spogliatoi del Quidditch; ma dal suo atteggiamento emanava una sorta di messaggio che dichiarava quanto il pensiero del sesso fosse lontano dalla sua mente.
Non c’era imbarazzo tra di loro, ma neanche vera e propria confidenza. Era un frangente strano, per cui Harry non era preparato: si era augurato che il corpo di Draco avrebbe reagito alla sua presenza, lo aveva quasi dato per scontato; però evidentemente non era così.
Scesero in silenzio le scale e stavano entrando in cucina quando il Patronus di Silente si fece vivo, con la voce dinamica e brillante che tanto bene rispondeva al carattere vivace del mago.
-Ah, Draco mi fa piacere che tu sia qui! Mi sono permesso di procurarti il necessario per il tuo ultimo anno scolastico, lo troverai al tuo arrivo a Hogwarts: purtroppo non potevamo rischiare che la tua lettera venisse recapitata svelando la posizione attuale o quella in cui ti trovavi con i tuoi genitori, così ho provveduto personalmente alla lista di attrezzature, libri e uniformi. Domani mattina alle undici gli Auror Kingsley e Tonks, con l’aggiunta di Remus Lupin, verranno a prendervi per scortarvi direttamente al castello: abbiamo giudicato che sia meglio che non viaggiate con il treno. Vi Materializzerete congiuntamente con loro direttamente entro i confini del castello in un luogo in cui avrò sospeso il divieto di Materializzazione. Harry, mio caro, Arthur avvertirà i tuoi amici. Arriverete prima degli altri studenti, così avremo tempo e modo di discutere di come annunciare la presenza di Draco a scuola senza mettere in pericolo i suoi genitori e di come permettergli di non essere malvisto all’interno della scuola, conservando la sua autonomia economica e decisionale. Ho già qualcosa in mente a riguardo. Vi auguro una serena notte, ragazzi-, concluse soavemente il Patronus prima di scomparire.
-Ma come diamine fa a sapere…-, cominciò Draco perplesso.
-Lascia perdere, fidati-, replicò Harry che aveva rinunciato a scoprire il limite dei poteri del Preside.
 
Draco mangiò in silenzio e, nonostante i suoi modi educati, si notava da lontano quanta fame avesse. Quando alla fine fu sazio, la stanchezza piombò su di lui come una tonnellata di mattoni: già dagli ultimi bocconi di dolce le palpebre presero ad abbassarsi pesantemente.
Harry avrebbe voluto godere ancora della sua compagnia sperando di poter ridurre le distanze tra loro due, ma non ebbe cuore di insistere e pregò Winky di scortarlo in una delle camere per gli ospiti: oramai era notte fonda e avevano davanti solo qualche ora di sonno ristoratore prima che la mattina giungesse. Il biondo seguì l’elfa quasi catatonico senza neanche augurare la buona notte e Harry solo allora si rese conto che avrebbe passato le prossime ore in solitudine quando a pochi metri da lui c’era la persona che bramava anima e corpo sopra ogni altra. Intuiva di dover dare a Draco il tempo di adattarsi a quella nuova situazione, ma gli sembrava lo stesso di sprecare ogni momento che non gli stava accanto, adesso che lo aveva sotto il suo stesso tetto.
“Essere un fottuto eroe che fa la cosa giusta non è per niente divertente”, si disse sdraiandosi sul letto.
Era passata sì e no un’ora quando Harry, ancora sveglio al buio, percepì un fruscio sulla soglia e accese la lampada sul comodino.
-Certo che per essere un Grifondoro manchi in maniera spettacolare di intraprendenza-, interloquì una voce, delusa. -Mi aspettavo da te la famosa passione focosa della Casa di Godric, sono rimasto ad attenderti in camera per tutto questo tempo e tu…-, Draco gesticolò nella sua direzione, indicandolo come se lo avesse sorpreso a compiere qualche atto deprecabile.
Harry chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci per essere sicuro di non urlare contro a quel ragazzo incomprensibile. Riaprì le palpebre.
-Draco-, cominciò e si rese subito conto che quasi gli veniva da ridere nello scorgere il broncio dell’altro, -Vuoi per favore spiegarmi cosa mi avrebbe potuto far supporre che tu aspettassi una mia visita nel tuo letto dopo che da quando hai varcato la soglia di casa il tuo atteggiamento ha praticamente gridato “stammi lontano”?-
Draco attraversò la stanza, si sedette sul bordo del letto e lo guardò con sdegno e sufficienza.
-Mi pare chiaro, Potter-.
-Oh, Dio, no, davvero, non è proprio per niente chiaro, razza di folle lunatico!-
-Non volevo che tu pensassi che stessi tentando di comprarmi la tua protezione e le tue risorse economiche con il sesso. Per Merlino, chiunque lo avrebbe capito!-
Oh.
-Posso assicurarti di no-, ribatté incredulo il moro, scuotendo il capo allibito.
Draco si rassettò il bordo della casacca del pigiama e assunse un tono leggero e discorsivo.
-Comunque, adesso le parole di Silente hanno risolto tutto. Mio padre si è sempre sbagliato su quel vecchietto allampanato: la sa davvero lunga. Silente mi ha garantito il ritorno a scuola, il mio benessere economico e protezione. Non ti devo più niente, quindi ora non ho nessun motivo di rifiutare le tue avances sessuali-.
Harry perse il filo dei propri pensieri ed evidentemente ci mise troppo a rispondere, perché il viso del Serpeverde si offuscò.
-Avevi promesso-, recriminò flebilmente. -Avevi promesso di darmi un’opportunità, se fossi tornato indietro-.
Oh, di nuovo.
-Draco… Ma tu… Tu… Ti rendi conto di essere scappato via dal Paiolo Magico prima di completare la frase?-
-Certo. Sarebbe stato troppo umiliante da dire ad alta voce: mi pareva implicito nell’aver bussato alla tua porta. Ma devo essermi sbagliato-, terminò secco alzandosi dal letto e incamminandosi verso l’uscita della stanza.
Harry scattò fuori dal letto e lo bloccò parandoglisi di fronte, esasperato ma speranzoso.
-E come avrei mai dovuto fare a capire tutto questo? Sei contorto, lo sai?-
Draco si strinse nelle spalle.
-Quello che ti pare, Harry, basta che adesso mi baci: penso alla tua bocca da più di un mese-, concluse con una nonchalance che cancellò ogni riluttanza dal cervello di Harry: lo afferrò per un polso e se lo tirò addosso, possessivo e del tutto intenzionato a fare in modo che continuasse a pensare alla sua bocca ancora per molto, moltissimo tempo ancora.
Hermione gli aveva sempre detto che lui agiva prima di riflettere e che nei rapporti di coppia bisognava lasciar spazio alle parole: giusto, corretto, cristallino.
Ma, per la miseria, aveva diciassette anni e Draco gli aveva appena leccato il collo.
Avrebbero parlato.
Dopo.
 
Draco cacciò un risolino estasiato quando Harry gli percorse con i polpastrelli l’interno di una coscia: il Grifondoro trovava eccezionale come l’altro riuscisse a dismettere ogni alterigia e ad abbandonarsi al piacere; nessuno dei due era un consumato amante, ma Draco sembrava nato senza reticenza, senza capacità di scandalizzarsi e in compenso con una naturale inclinazione per la sensualità e, di quando in quando, quel pizzico di riserbo che rendeva il tutto solo più piccante.
Harry si conosceva abbastanza per sapere di essere irruento e passionale, ma Draco era per lui ogni declinazione di come il sesso avrebbe dovuto essere.
Era risultato difficile spogliarlo, perché le mani di Harry continuavano a tremare di aspettativa: non aveva poi tutta questa esperienza e il pensiero di trovarsi lì, con lui, che lui era tornato indietro… Draco era solido tra le sue braccia, una presenza concreta dopo tutte le fantasticherie del mese passato: fantasticherie che non reggevano per niente il passo con le sensazioni reali; in quel preciso istante il biondo stava spingendo in avanti la bocca nel bacio, con l’evidente tentativo di cancellargli la razionalità e l’autocontrollo a colpi di lingua.
Erano in piedi uno davanti all’altro, il pigiama di Draco un mucchio sul pavimento: l’unico tentativo di Harry di andarci piano era stato mantenere i boxer di entrambi al loro posto, il che rendeva le cose sia più frustranti che più elettrizzanti, come se l’attesa amplificasse le sensazioni. Girò intorno al corpo di Draco, circondandogli lo sterno con le braccia e trovandosi la nuca platinata a portata di bocca: azzardò un morso, leggero, e fu ripagato da un lungo brivido di Draco, che gli si schiacciò contro.
Harry avvertì una scossa che gli partiva dall’inguine e sembrava irradiarsi in tutto il ventre.
-Più forte-, ordinò il ragazzo, e quello sembrò essere il segnale che il Grifondoro attendeva. Morse un po’ più a fondo, mantenendo una mano sullo sterno di Draco per stringerselo contro e abbassando l’altra fino ad accarezzarlo da sopra la stoffa dei boxer: voleva che Draco implorasse per avere di più, che chiamasse il suo nome con quei toni sommessi che lo avevano eccitato da morire la volta passata; voleva che lo desiderasse abbastanza da non allontanarsi di nuovo, voleva…
“Mio”, pensò truce e primitivo, graffiando il collo di Draco con i denti, artigliandogli il petto e appesantendo la frizione con l’altra mano.
Quando prima Draco si era concesso perché aveva dichiarato di non dover più dipendere da Harry, lui si era sentito… Deluso. Se Draco fosse dipeso da lui per protezione e sostentamento, Harry avrebbe provato maggior sicurezza sul fatto che non sarebbe andato via in futuro. Non si sentiva per niente una bella persona a pensare di intrappolare Draco, e la parte migliore di lui era stata sollevata di aver perso quell’arma. Ma… Harry si strusciò contro quel corpo candido: la parte peggiore di lui gli stava suggerendo di legarlo a sé in tutti i modi possibili; lo girò improvvisamente e lo spinse sul letto, confuso da quei pensieri animaleschi e gretti: lo avrebbe irretito, conquistato, lo avrebbe indotto a restare con lui, questo pensò agganciando i pollici all’elastico dei boxer di Draco e iniziando a sfilarglieli.
Non aveva molta esperienza, Harry, e se si fosse fermato anche un solo secondo sarebbe forse caduto nell’incertezza: ma Draco sollevò il bacino per essere spogliato meglio e venne naturale posargli un bacio dove la luce della lampada gettava ombre, lì dove la pelle si incavava lievemente appena accanto alla sporgenza del bacino. Draco espirò in un soffio secco e tronco, che rastrellò fuori dalla sua gola un mugolio basso.
Harry decise di voler ascoltare ancora e ancora quel suono e continuò la sua esplorazione con le labbra e la lingua, l’orecchio teso a cogliere ogni variazione del respiro di Draco. Seppe di essere sulla strada giusta quando Draco, con il fiato mozzo e spezzato, gemette balbettando il suo nome: continuò a muoversi, continuò a incatenare Draco con la propria bocca fino che lui si tese e vibrò per un lungo istante, prima di rilassarsi, appagato e ansante. Harry aveva la vista resa lucida da qualche lacrima e un gusto amaro in bocca, ma era esaltato come non mai e avvertiva una sorta di trionfo dentro al petto, una sensazione per lui difficilissima da spiegare e tuttavia non meno euforizzante. Si lasciò cadere accanto al corpo di Draco che recuperava l’aria a pieni polmoni e che iniziò ad accarezzarlo indolente su un fianco.
-Mi… Serve un attimo…-
Harry sorrise, passandogli un braccio sotto il collo e tirandoselo contro: Draco era morbido e caldo, e gli aderiva contro come se fosse liquido, sia nelle curve che sugli spigoli del corpo.
-Tutto il tempo che vuoi-, gli disse teneramente.
Ed era proprio quello che intendeva, nel suo significato più a lungo termine.
 
Probabilmente si erano  entrambi assopiti, perché dopo un tempo indefinito Harry aprì gli occhi, svegliato da un movimento sul materasso, il suo corpo oramai non più in stato di eccitazione. Ebbe un momento di panico irrazionale al pensiero che Draco stesse tornando nella propria camera, ma il ragazzo gli si era invece rannicchiato di fianco, come un felino pronto a balzare sulla vittima: aveva assottigliato gli occhi in uno sguardo intento e predatorio.
Tuttavia, quando parlò lo fece con un tono quasi dolce.
-Stai bene senza occhiali-.
Sarebbe stato impossibile che non se ne fosse accorto, ma Harry fu grato per quel complimento, anche se tardivo. Prima che però potesse rispondere, Draco continuò: e questa volta c’era una risonanza diversa nella sua voce.
-Sono contento che tu non ne abbia bisogno per guardarmi negli occhi mentre faccio questo-, aggiunse accarezzandogli una guancia con il dorso della mano, tenendogli gli occhi imprigionati con quelle iridi glaciali. -O questo-, aggiunse portandosi una mano di Harry alla bocca e succhiandogli l’indice.
Il vellutato calore della lingua di Draco che gli spingeva l’indice contro il palato mentre succhiava mandò Harry letteralmente fuori di testa: inghiottì l’aria quasi in un sibilo e la trattenne un momento, mentre Draco facendo perno sulle ginocchia, gli si posizionava a cavallo delle cosce, imprigionandogli le gambe solo di un po’ aperte; Harry provò a tirarsi su per dare e ricevere un bacio, ma l’altro lo spinse contro il materasso con fermezza.
-Mio il turno, mie le regole: resta sdraiato e continua a guardarmi. Negli occhi-, aggiunse malizioso quando lo sguardo di Harry virò verso il pube biondo, inaridendogli la bocca.
Le mani di Draco erano agili e irrequiete mentre si intrufolavano sotto la biancheria intima di Harry e sarebbe anche potuto sembrare un gioco se non fosse stato per quegli occhi tempestosi e seri che lo scrutavano: i boxer sparirono così in fretta da indurre Harry a pensare di averli fatti evanescere con uno scoppio di magia incontrollata. Avvertì l’eccitazione tornare, una serie di scariche che partivano da tutto il corpo per concentrarsi sotto le dita di Draco, che iniziò a toccarlo e fu da subito chiaro che non sarebbe stata una cosa veloce, ma sospirata e… Oddio, cosa aveva appena fatto con la punta del pollice?
-Non chiudere gli occhi, non distoglierli, guarda solo me-.
Avrebbe voluto dirgli che non avrebbe mai guardato nessun altro, che si era sbagliato, oh, quanto si era sbagliato! Era lui, Harry, quello incatenato e irretito… Qualunque cosa, purché  amplificasse il contatto di quelle dita erratiche che solleticavano e si ritraevano: Harry provò a spingere con il bacino per avere un po’ di soddisfazione, ma il peso di Draco sulle cosce era un controllo ferreo per i suoi movimenti. Tuttavia il Serpeverde gli concesse tutto il palmo della sua affusolata mano destra che lo circondò, mentre l’altra raccolse a coppa i testicoli, come cullandoli.
Continuò a guardarlo fisso negli occhi, mentre la sinistra compiva una lenta rotazione, così che quando la aprì le dita si distesero verso le natiche di Harry, che senza un attimo di esitazione spalancò le gambe.
Un angolo della bocca di Draco si arricciò in un ghigno di compiacimento, mentre inclinava la testa per studiare meglio il suo amante. Lasciò lì la sinistra, lieve, una promessa sospesa per il futuro, mentre la destra cominciò a muoversi inesorabile: ora lenta, ora veloce; ora delicata, ora decisa. Mai uguale, mai ferma. Sembrò dovesse durare per sempre.
Harry sentiva le palpebre abbassarsi  in una risposta naturale al piacere, ma Draco sapeva riportarlo alla realtà, catturandogli di nuovo lo sguardo mentre gli spappolava il cervello con i suoi tocchi.
E proprio quando Harry iniziava a pensare che sarebbe impazzito, Draco si chinò in avanti su di lui, gli occhi ancora spalancati e piantati nei suoi, la bocca a poca distanza dalla sua, il fiato bollente.
-Guardami e di’ il mio nome-, ordinò piano, aumentando il ritmo e la portata degli affondi della mano.
Il verde delle iridi di Harry parve incendiarsi.
-D… Dra… A… Ah… AHAAAA-, urlò, mentre perdeva totalmente il controllo, sussultando violentemente per via di quell’orgasmo agognato e molto a lungo procrastinato.
 
-Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo prima che il sesso sarebbe stato così bello-, rantolò quando riuscì a riprendere fiato e le luci dietro le sue palpebre smisero di danzare.
Draco gli posò un bacio morbido e vagamente umido su una tempia.
-Vorrai dire che il sesso con me è così bello-, lo corresse, compiaciuto.
-Oh, il sesso in generale è bello-, scherzò Harry, per poi aggiungere in fretta, -ma quello con te è straordinario-, quando Draco gli diede un buffetto sulla testa.
Erano stesi nel letto, le gambe intrecciate, le teste vicine; Harry circondava Draco con un braccio tenendoselo vicino, Draco aveva appoggiato una mano pigra sul petto di Harry. Sembrava che lo avessero fatto da… Be’, da sempre.
L’unico momento in cui Harry si allontanò fu per allungarsi a prendere la bacchetta e ripulire i corpi di entrambi.
-E pensa, siamo solo all’inizio-, considerò Draco.
Harry richiamò involontariamente il ricordo delle dita che scendevano lievemente tra le sue natiche e quasi quasi… Ma, anche se il suo corpo di diciassettenne era pronto a ricominciare, voleva godersi quel momento di intimità e rilassatezza.
Sentiva di averne bisogno a un livello viscerale.
Si era ripromesso che avrebbero parlato, e molto probabilmente era meglio farlo prima del ritorno a Hogwarts.
-Sono stato in pensiero per te-, bisbigliò cauto, sperando che non suonasse come un rimprovero. -Ho temuto che tu… Che ti fosse capitato qualcosa… Che… Non saresti tornato-, concluse, sperando che la sua incertezza non echeggiasse nelle ultime parole. -All’inizio ero arrabbiato, ma poi… Poi ero solo preoccupato. Avresti dovuto avvertirmi-.
E adesso il rimprovero era palese.
Draco si alzò su un gomito per guardarlo, ma la sua espressione non si scompose, anche se appariva tremendamente serio.
-Harry, non voglio certo litigare, tanto meno ora. Ma devi capire che non mi sono svincolato dalle decisioni della mia famiglia per cadere nella ragnatela delle tue. Domani torneremo a scuola e a prescindere dalla situazione tra noi due io continuerò a essere me stesso. Come ti ho detto prima, non volevo fare sesso con te per guadagnare una qualche posizione; non diventerò quello che tu speri di avere al tuo fianco, e molte delle mie idee non cambieranno-.
-Io non spero…-, cominciò Harry, accalorandosi.
-Sì, tu speri che io arrivi a vedere le cose come le vedi tu. Ma è altamente probabile che questo non accada mai; posso arrivare a pensare che Hermione sia in gamba e posso tollerare Weasel perché altrimenti Pansy mi evirerebbe, ma continuo a disprezzare i Babbani e penso che ci siano inferiori, come penso che i maghi dovrebbero distinguersi da loro e non cercare di imitarli. Anche se trovo eccessivo ucciderli e schiavizzarli, in effetti. Non avvertirti e non darti mie notizie faceva parte del piano, perché non dovevi sapere dove mi trovassi, nel caso non fossi tornato-.
-Però hai detto che ti dispiaceva di non aver contattato Blaise e Pansy-, recriminò il moro.
-Loro sono miei amici fidati da moltissimo tempo. Tu segui l’orlo delle mie mutande da qualche mese-.
-Questo è offensivo-, brontolò il Grifondoro.
Draco lo guardò senza astio.
-No, è razionale. Loro mi conoscono, mi prendono per come sono e non rischio che mi girino le spalle se me ne esco con una frase infelice-, spiegò con tutta la forza della logica inoppugnabile. -Io di loro posso essere certo, di te no. Non lancerò il cuore oltre l’ostacolo a occhi chiusi, quando fino a pochissimo tempo fa la nostra unica interazione era sputarci contro insulti, prenderci a cazzotti e lanciarci incantesimi-.
Quindi era di questo che si trattava: era un giro di prova. Ah, sì? Vaffanculo, Harry si disse che lo avrebbe superato.
-Hai l’aria di averci riflettuto parecchio-.
-È quello che di solito fanno le persone, sai? Riflettono. A parte te e il tuo amico pel di carota. Pensi che Silente sia venuto da me per mera bontà d’animo? Forse in parte; ma sa che se mi avrete dalla mia parte, con i miei genitori lontani, l’Oscuro Signore perderà dei potenti seguaci e appoggi finanziari. Sa che potrei tentare di convincere gli altri Serpeverde: questo potrebbe portare nuove leve nello schieramento, se non intere famiglie. Per esempio, Pansy crede che i suoi genitori la ripudieranno, ma io sono abbastanza incline a supporre che almeno suo padre tentennerà: è un uomo buono, dopo tutto. Silente di sicuro ha tentato di darmi una possibilità alternativa, ma quell’uomo… Merlino, mi chiedo come abbia fatto a finire a Grifondoro invece che a Serpeverde! Quell’uomo è uno stratega, in praticamente tutti i frangenti. Io non sono un pezzo importante in questa guerra, ma potrei in parte diventarlo: ci ho ragionato e sfrutterò le carte che ho in mano. Solo che probabilmente quelle che butterò sul tavolo da gioco a volte non ti piaceranno. Come il fatto di non averti avvertito. Non ti farò promesse perché non so se potrò rispettarle. Fondamentalmente non sono cambiato, mi sto solo comportando in maniera diversa per una serie di calcoli-.
Harry si sentì avvizzire per una tristezza improvvisa: come poteva tenerlo con sé e sperare di vincere ogni ostacolo se Draco stesso tentennava e non si sbilanciava? Gli girò le spalle e si rannicchiò su un fianco.
Il silenzio si protrasse a lungo, fino a che Draco non tirò un lungo sospiro che pareva strappato dal centro del suo stesso essere.
-Non ti basta vero? Volevi che fosse come sotto Amortentia: passione senza freni, cuori palpitanti, perfetto affiatamento. Cielo, sei così Grifondoro!-
-Ho sperato che fossi tornato indietro per me-, confessò l’altro suo malgrado. -Che c’è di male ad averlo desiderato? Che c’è di male a pensare che quel Draco che ho intravisto quella sera a Hogsmeade fosse quello vero?-
-Il punto è che non puoi saperlo, come non lo so neanche io. Il massimo che possiamo aspettarci ora è una probabilità-.
-Quindi mi stai dicendo: “ehi, non ti impegnare, tanto andrà come deve andare”?-
Hermione si sbagliava: lasciar spazio alle parole faceva schifo.
-Cazzo, Harry, non stai facendo neanche lo sforzo di ascoltare! Ti sto dicendo che ti starò accanto liberamente, e non perché mi stai mantenendo o stai salvando il mio culo! Questo è impegnarsi, razza di idiota! Il minimo che mi aspetto da parte tua è che tu capisca!-
E meno male che non voleva litigare.
-Certo! Perché non ho mica passato tutto il mese scorso ad aspettare che tu tornassi da me! E non mi sono mica detto che ti voglio al mio fianco anche con il tuo carattere di merda! Dio-, disse esasperato, tirandosi seduto e passandosi una mano tra i capelli, -Mi ero ripromesso che mi sarei comportato diversamente e invece… Invece… Senti, lo capisco, quello che vuoi dire: ha un senso, davvero. Solo, non fa per me. Non posso ragionare in termini di probabilità e possibilità. Io… Guarda, lascia perdere, neanche te lo so spiegare!-, concluse frustrato gettandosi all’indietro sul materasso.
Draco lo guardò, un sopracciglio inarcato ad arte e una smorfia beffarda sulla bocca.
-La tua proprietà di linguaggio non cessa mai di stupirmi. Dimmi, per caso ti riuscirebbe meglio esprimerti utilizzando delle figure o dei pupazzetti?-
Harry rispose con uno sbuffo, e non avrebbe mai lontanamente ammesso che conteneva un sottotono divertito.
Il viso di Draco però trascolorò rapidamente in una sfumatura più calda e aperta.
-La risposta alla domanda di Silente era “sì”-, annunciò enigmatico, forse a disagio, catturando tutta l’attenzione di Harry.
-E la domanda?-, chiese trepidante, improvvisamente convinto che fosse molto importante.
Draco lo soppesò con lo sguardo abbastanza a lungo prima di rispondere, come se stesse prendendo una decisione di vitale importanza: quando parlò lo fece precipitosamente, come a volersi liberare in fretta di un peso.
-Il vecchio bislacco mi ha fatto un discorso lunghissimo sulla guerra e sul fatto che saresti dovuto essere tu a porvi la parola fine. Mi ha spiegato come tu fossi coraggioso e buono e pronto a batterti per la salvezza di tutti-. Draco assunse un’aria benevola e sapiente, imitando la posa e la voce di Silente. -“Signor Malfoy, quello che serve agli eroi per vincere una guerra è una giusta causa; ma quello che serve agli eroi per far ritorno dalla guerra è una buona motivazione. Di solito la buona motivazione è quella di tornare da qualcuno, qualcuno di realmente importante. Lei sarebbe disposto a essere quel qualcuno?”-.
Draco fece una pausa, portandosi una mano davanti agli occhi per mascherare l’imbarazzo.
-Cazzo, guarda cosa mi hai fatto dire, stupido ammasso di grifondoraggine. Di questo passo domani mi indurrai ad accarezzare la testa qualche Tassorosso del primo anno-, commentò sbigottito e melodrammatico.
Forse avrebbe continuato a lamentarsi, ma Harry gli si gettò sopra soffocandolo di baci e le proteste presto si spensero tra le risate.
La mattina sarebbe arrivata presto, decisioni sarebbero state prese, passi importanti sarebbero stati compiuti: Harry sentiva di aver guadagnato molto in quegli ultimi minuti… A dispetto di tutti i discorsi razionali e le manovre evasive delle sue parole e le incertezze interiori valutate con cura, Draco gli aveva appena offerto un posto dove tornare: accanto a lui.
Tutto sarebbe andato bene, benissimo.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
In realtà, la citazione viene da Ruth Gordon:
“il coraggio è molto importante. Come un muscolo, si rinforza con l’uso”.
 
 
E quindi è finita.
Questo figlio minore, spesso trascurato… È comunque malinconico salutarlo.
Non sono pienamente soddisfatta del finale, perché secondo me l’arco narrativo dello sviluppo dei personaggi è stato troppo accelerato. Avrei potuto procrastinare il ritorno di Draco di un anno per dare a entrambi il tempo di maturare, ma nella mia testa era molto importante il rientro a Hogwarts, così ho un po’ forzato la mano al suo cambio di fazione e ai loro sentimenti.
Probabilmente non è del tutto credibile, ma mi pare di aver fatto comunque un lavoro accettabile.
Giudicate voi e fatemi sapere: mi piacerebbe avere qualche commento di commiato a questa storia.
Ci vediamo prossimamente tra le righe de “L’Ottavo Anno”.

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