L'arte di sopravvivere

di Sabriel Schermann
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Sapore della Speranza ***
Capitolo 2: *** Le Fiamme e le Tenebre ***
Capitolo 3: *** Questione di Sangue ***
Capitolo 4: *** Sono qui per te ***



Capitolo 1
*** Il Sapore della Speranza ***



Il Sapore della Speranza

 

 

 

 

 

Sindy tremava dentro a quel furgone, mentre le curavano le ferite, nonostante fosse piena estate.
Presto avrebbe dovuto lasciare quel posto, quella città che l’aveva accolta, che tanto le aveva donato quanto tolto: non aveva più lacrime da versare, temeva di averle ormai terminate tutte, eppure gli occhi le bruciavano ancora, così tanto che avrebbe voluto strapparseli di dosso e se avesse potuto avrebbe squarciato anche la propria pelle e cavatosi il cuore dal petto, pur di farlo sopravvivere.
Lei e Rickard vivevano sotto lo stesso tetto ormai da un anno, pur essendo semplici amici e forse anche un po’ fratelli. Non di quelli che da bambini passano le giornate a sottrarsi i giocattoli: lui era stato per lei il compagno di cui aveva disperatamente bisogno, colui che l’aveva salvata dalla monotonia e dalla solitudine in cui era incappata da tempo.
Correndo verso la baita, lo aveva trovato lì, riverso supino a terra, col battito cardiaco talmente debole da crederlo esanime. Lui, il suo eroe, il ragazzino che aveva conosciuto nei bagni della scuola, il giovane con cui aveva condiviso le risate più serene della sua esistenza, era disteso ai suoi piedi, tra la vita e la sua antitesi, a causa del suo egoismo.
Colui che era stato il suo collega per quattro intensi e lunghissimi anni se ne stava in piedi immobile, osservando la scena sbalordito, in pena per l’amico, ma forse di più per la sua partner, ormai frammentata in tanti minuscoli pezzetti di speranza. Le sue urla rauche si mescolavano al frastuono delle sirene della polizia, il giubbotto antiproiettile che le avevano dato quando l’avevano trovata era impregnato di sangue, non si sapeva se della donna o dell’amico.
Tante piccole cellule danzavano insieme, forse per l’ultima volta. Forse Rickard non sarebbe mai più esistito al mondo, forse la benda improvvisata che Sindy gli aveva avvolto intorno al braccio martoriato non era servita a nulla, forse il suo corpo aveva perso troppo sangue per permettere al cuore di continuare a battere. Le grida della giovane, mescolate al suo pianto disperato, esprimevano tutto il dubbio che porta le persone a perdere la ragione.
Quando portarono via il corpo del ragazzo, Derek temette che la collega potesse soffocare con le sue stesse lacrime. La vide aggrapparsi ai paramedici come un affamato si aggrapperebbe a colui che osa privarlo dell’ultimo boccone di cibo rimastogli.
Tutto pareva senza speranza, ma Derek era convinto che, semmai Rickard avesse spirato, lei sarebbe stata in grado di ricominciare e trovare un altro fedele compagno di viaggio.
In fondo, il suo passato glielo aveva insegnato a sue spese.


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Capitolo 2
*** Le Fiamme e le Tenebre ***



Le Fiamme e le Tenebre

 

 

 

 

 

Conoscere il fratello maggiore di Rickard non fu una grande sorpresa per Sindy: abitando nella stessa città, aveva più volte avuto occasione di incontrarlo e notò che da vicino appariva esattamente come pareva da lontano. Quando gli strinse la mano, la giovane intravide alle sue spalle una fanciulla dal viso affabile sorriderle debolmente.
Sapeva bene di chi si trattasse: aveva da poco perso il fratello in un incendio e la foto del ragazzo, insieme a quella delle altre vittime, campeggiava in prima pagina su tutti i quotidiani della zona.
Avrebbe voluto esprimerle il proprio dispiacere, ma non aveva intenzione di tirar fuori argomenti gravosi anche in occasione della festa di Rickard, né riaprire profonde ferite probabilmente appena rimarginate.
«Tu sei la ragazza di mio fratello, giusto?» sbraitò David dopo essersi presentato, sorseggiando una lattina di birra chiara. Più lo osservava e più Sindy si convinceva che nascondesse qualcosa, uno di quei segreti che solitamente si tacciono fin sul letto di morte.
David aveva cinque anni in più di Rickard ed era un ragazzo piuttosto alto, con spalle grosse e capelli color gianduia perennemente spettinati. Sul volto campeggiava un’espressione inebetita, come a voler nascondere la propria complicità, specialmente per quanto riguardava la questione dell’incendio della casa nel bosco.
Sindy lo aveva visto più volte discutere vivacemente con Lukas in mezzo alle vie della loro piccola cittadina, o fumare insieme durante le tiepide notti d’estate.
Ritrasse la mano con espressione imbarazzata: «Oh no, io sono solo un’amica» rispose in fretta, «ci siamo conosciuti a scuola» aggiunse, come se ciò implicasse una possibilità estremamente modesta di poter formare una coppia. Sindy sapeva che le relazioni di Rickard non erano mai durate più di trenta giorni. Cercò istintivamente il ragazzo con lo sguardo, trovandolo in un angolo della sala a confabulare con un paio di amici.
«Tra un paio di settimane ci sarà il funerale» mormorò d’improvviso Alex, ancora nascosta dietro le spalle di David, con lo sguardo al suolo. «Se vuoi venire…».
La sua chioma, di un delicato color arancio, ondeggiava ai leggeri movimenti del busto.
Quell’invito giunse completamente inaspettato: Sindy aveva sempre creduto fossero troppo diverse per potere creare qualsiasi tipo di legame. Non capiva nemmeno come quella donna potesse starsene lì, davanti a lei, a trangugiare placidamente una bevanda quando il corpo di suo fratello era stato avvolto dalle fiamme con tutta probabilità mentre lui era ancora in vita.
«Ma certo» rispose Sindy in tono poco convinto, «conta pure sulla mia presenza» aggiunse, con la speranza di rendere il tutto un po’ più credibile.


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Capitolo 3
*** Questione di Sangue ***



Questione di Sangue

 

 

 

 

 

Appena Sindy apprese la notizia corse di fretta fuori dal dipartimento di polizia, raggiungendo il marciapiede sconnesso nel tentativo di evitare i passanti. Li poteva udire protestare animatamente alle sue spalle, ma poco le importava in quel momento. Il proprio corpo era ormai così leggero da poter librarsi nel cielo, ma quando le gambe cedettero a causa della stanchezza, capì subito di non essere in grado di raggiungere l’ospedale a piedi. Ci mise qualche minuto a chiamare un taxi, ma ne valse la pena: l’ospedale distava solamente un quarto d’ora dall’angolo della strada in cui si trovava.
Era seduta alla sua scrivania quando Derek le si avvicinò quel pomeriggio, offrendole un pacchetto di gallette che lei gentilmente rifiutò.
«Da quant’è che non mangi qualcosa?» le chiese preoccupato il collega, quasi rimproverandola.
«Non ho fame» rispose Sindy di rimando, allontanandosi e raggiungendo il corridoio ormai vuoto.
«Ho delle faccende da sbrigare» mormorò, come giustificandosi.
«Ho sentito i genitori di Rickard questa mattina» la fermò l’uomo appena in tempo, «l’ospedale dice che forse il sangue non basta». La vide bloccarsi e impallidire improvvisamente. Il collega le spiegò che probabilmente i medici dovevano richiederne altro, ma non si sapeva quanto tempo ci avrebbe impiegato ad arrivare.
«Non sopravvivrebbe senza altro sangue» dichiarò Derek sconsolato, appoggiandosi a uno degli ampi tavoli dell’ufficio. Poi la vide fuggire via e riuscì chiaramente a immaginare quale fosse il suo obiettivo.
Quando la giovane vide il medico sfilarsi il camice, spalancò la porta del piccolo studio come uno squilibrato che ha tutt’altro che buone intenzioni. L’uomo fece in tempo a vederla inginocchiarsi ai suoi piedi con le mani giunte, supplicandolo di prendere il proprio sangue. Comprese immediatamente di chi si trattasse: la vedeva tutti i giorni da una settimana, ripetendo ogni volta la stessa routine. Si accovacciava accanto al letto di uno dei pazienti che aveva in cura, stringendogli la mano portandosela a una guancia, disperandosi.
Tentò di spiegarle che non sarebbe stato semplice, bisognava assicurarsi che fosse in salute e che i gruppi sanguigni fossero compatibili.
«La prego, sono una donatrice universale» rantolò Sindy e solo in quel momento il medico si accorse che stava piangendo. «Devo salvarlo, la prego» lo supplicò ancora in un singhiozzo.
Le lacrime sembravano tracciare una scia di fuoco sulle sue guance.
«Lei è chiaramente sotto peso, signorina» asserì l’uomo, «non posso accettarlo, mi dispiace» terminò duramente. Fece per allontanarsi, quando sentì due tenaglie stringergli forte le caviglie, rischiando di farlo ruzzolare all’indietro.
«Per favore!» gridò la donna con voce tremante. Il suo petto si alzava e abbassava aritmicamente.
«Non posso infrangere le regole» sbraitò il medico con aria stanca, «e ora esca dal mio ufficio!».
La vide alzarsi lentamente a testa bassa, per poi lanciargli un’occhiata infuocata: «Se Rickard morirà sarà soltanto colpa sua!» sibilò la ragazza, i capelli arruffati e gli occhi arrossati dal pianto.
L’uomo ebbe l’impressione di aver appena sfidato Lucifero in persona.


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Capitolo 4
*** Sono qui per te ***



Sono qui per te

 

 

 

 

 

Sindy aveva sempre avuto il sospetto che Rickard fosse omosessuale, pur non avendo mai avuto occasione di convalidare la propria ipotesi. Non aveva impiegato molto tempo a capire che ultimamente il rapporto dell’amico con Den si era incrinato terribilmente.
Tra di loro si era creato un legame particolare: quando erano insieme, apparivano entrambi spensierati come due neonati che sperimentano il mondo per la prima volta. Quel giorno Sindy provò a fare qualcosa che desiderava fare da tempo, ma che aveva sempre evitato per lasciare all’amico il tempo necessario per comprendere e accettare la sua vera natura.
In tutta risposta, lui corse via dalla stanza con le lacrime agli occhi, allontanandosi il più possibile da quel posto e da lei. Non desiderava altro che fuggire lontano o magari scomparire per sempre, per non dover sopportare i giudizi della gente, quei commenti silenziosi che trafiggono l’animo a tradimento e quegli sguardi, che paiono godere profondamente nel farlo, credendo sia giusto così.
Sindy lasciò trascorrere un’ora, poi si accomodò sul letto disfatto, provando a chiamarlo al telefono.
Quando sentì una suoneria vivace provenire proprio dalla stanza in cui si trovava, pensò che avrebbe dovuto immaginare che Rickard avesse lasciato il cellulare a casa, dove lo dimenticava sempre.
Impaziente, decise di uscire a cercarlo, temendo il peggio. Uno scoppiettante temporale estivo cominciò a inumidirle i vestiti leggeri, ma proseguì comunque in direzione del bosco, addentrandovisi in breve tempo fin nel suo cuore.
Le fronde degli alberi trattenevano leggermente la pioggia scrosciante, facendola di tanto in tanto rabbrividire, riportandole alla mente quelle stelle, che, tempo addietro, parevano ardere come il suo corpo sdraiato al suolo. Inaspettatamente, giunse a un spiazzo di pietra riparato.
Avvicinandosi, lo riconobbe, accovacciato a terra tremante, la testa infilata tra le gambe.
Istintivamente gli si avvicinò, accostando il capo del ragazzo al proprio petto, come faceva sempre quando voleva dimostrargli il suo affetto più sincero, posandogli un lieve bacio sui capelli umidi e carezzando dolcemente il viso bagnato dalle lacrime.
«Non sei solo» gli sussurrò all’orecchio, stringendolo più forte. Non sapeva se il giovane avesse udito le sue parole, forse la pioggia era troppo rumorosa per poterglielo permettere. Lo sentì gemere leggermente in un singhiozzo. «Sono qui, Rickard» mormorò appoggiando la schiena alla parete di roccia.
Osservò le gocce di pioggia posarsi leggere sul terreno, come un’ape su di un fiore, abbandonandolo poi, portandone via per sempre un po’ con sé. Non le importava come avrebbe reagito la gente, i suoi genitori, gli amici. Lei sarebbe stata lì per lui e lo avrebbe protetto dalle malelingue ogni volta che ne avesse avuto la possibilità. L’importante era che Rickard ne fosse consapevole, perché Sindy sapeva bene che un solo minuto più tardi, sarebbe forse stato troppo tardi per dirlo.


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