They'll never be able to separate Jekyll from Hyde

di Wild_soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The potion ***
Capitolo 2: *** The reflection ***
Capitolo 3: *** The fear ***
Capitolo 4: *** Self-control ***
Capitolo 5: *** Magnetic sin ***
Capitolo 6: *** Jealousy ***
Capitolo 7: *** Fragility ***
Capitolo 8: *** Sensuality ***
Capitolo 9: *** Mine ***
Capitolo 10: *** Dreaming ***
Capitolo 11: *** News & kisses ***
Capitolo 12: *** Broken mirror ***



Capitolo 1
*** The potion ***


Ray Dark, il più famoso esponente scienziato di Londra, uomo con una reputazione davvero invidiabile, aveva insegnato per alcuni anni anatomia umana in una delle università più prestigiose del Regno Unito, dando prova della sua incredibile conoscenza in materia.
“Un genio” veniva molto spesso volgarmente etichettato. Ma c’era un lato nascosto che, come dire, lasciava molti restii dal voler intrattenere conversazioni con il professore, ossia il suo, quasi malato, desiderio di diventare celebre per i suoi esperimenti. Si vociferava, infatti, che Dark avesse lasciato una cattedra sicura all’università per potersi dedicare completamente ai suoi studi.

Ma i suoi non erano studi comuni.

Molto spesso accadeva che si rintanasse nel suo laboratorio per ore, o anche giorni, e non lo si vedesse a lungo in circolazione.

“Un topo di biblioteca” questo era il secondo soprannome che si era guadagnato, divenuto ormai famoso per le sue improvvise fughe dalla vita sociale londinese.
In particolar modo, negli ultimi mesi, i suoi studi si erano intensificati, così come i suoi progetti malati. Esatto, perché c’era una convinzione che accompagnava il professore in tutte le sue giornate, una sorta di vero e proprio credo.
I suoi ideali, infatti, erano basati sul principio secondo cui ogni essere umano fosse scisso a sua volta in due gemelli polari, due metà del Visconte Dimezzato, luce e ombra, giorno e notte, buono e cattivo, Bene e Male.
Lo scopo dei suoi esperimenti era proprio questo, ossia rendere manifesta la parte negativa, generalmente nascosta nei meandri più profondi della mente e dell’anima. Per mesi aveva fatto esperimenti senza sosta, tanto che ormai il suo laboratorio sembrava essere stato il campo minato di una guerra appena terminata.
Ora era lì, di fronte al suo bancone, unica superficie perfettamente pulita e disinfettata, osservando in silenzio il frutto del suo lavoro. Teneva delicatamente tra le mani una piccola ampolla di vetro, con al suo interno un liquido di un meraviglioso rosso rubino, colore che, in futuro, avrebbe scoperto odiare ed amare con tutto se stesso. Agitava lievemente la boccetta ed analizzava controluce il contenuto per controllare che non ci fosse nulla di anomalo, anche se, in realtà, niente poteva essere definito come normale.
Di tanto in tanto appoggiava l’ampolla sul piedistallo e prendeva in mano la penna, annotando su dei fogli sparsi alcuni appunti, mormorando a fior di labbra alcuni calcoli e proporzioni che solo lui sarebbe riuscito a risolvere.
Il momento era giunto, tutto era pronto, i calcoli rientravano nei parametri, non restava che testare il liquido per terminare il suo lunghissimo lavoro.
Con mano tremante, il professore allungò il braccio verso la boccetta e, con un unico sorso, ne bevve in contenuto fino all’ultima goccia vermiglia. Avvertì il liquido amaro scorrere giù per la gola ed a stento superò un conato di vomito, appoggiando le mani agli spigoli del balcone dondolandosi in avanti, ricurvando la schiena.
Sentiva distintamente il sangue pulsargli ad un ritmo disumano sui polsi e nelle orecchie, aveva paura di aver sbagliato qualcosa che ormai si stava rivelando essere irrimediabile. Eppure aveva ricontrollato più volte i suoi appunti, non sarebbe mai stato così scellerato da usare se stesso come cavia senza prima aver preso le dovute precauzioni.
La gola bruciava da impazzire, e più volte si portò le mani all’altezza della bocca in un vano tentativo di rigurgitare il liquido. Cadde a terra in ginocchio, in preda a continui colpi di tosse che gli raschiarono ancora più la gola, e di certo non si sarebbe meravigliato se da un momento all’altro avesse avvertito il sapore metallico del sangue in bocca.

Fu questione di un secondo, e tutti quei sintomi che stavano diventando insopportabili, scomparvero. La gola iniziò mano a mano a smettere di bruciare, mentre il cuore rallentava i suoi battiti, tornando a normale velocità.
Con le gambe tremanti, tornò nuovamente in piedi, appoggiandosi di peso al bancone e portandosi la mano all’altezza del petto, ancora sotto shock. Ma fu proprio in quel momento che, osservando il suo palmo, trasalì.
Rimase per alcuni secondi quasi paralizzato di fronte alla scena, studiando il suo stesso arto, incapace di proferire parola. Quella non era la sua mano, appartenente ad un uomo ormai più che quarantenne, su cui erano iniziare a distinguersi le prime rughe. La osservò a lungo, contemplandone la bellezza; quella era diversa, liscia, morbida e, di sicuro, appartenente a un ragazzo più giovane.
Come destato da un sogno, sentì la sua schiena irrigidirsi e, di colpo, corse verso il primo specchio che gli si parò davanti, ossia quello che si trovava all’interno dell’anta di un mobile su cui erano sistemate, in ordine casuale, diverse boccettine.
Due diamanti, rossi come il fuoco, sembrarono quasi perforare la superficie fredda e cristallina, facendo sobbalzare per la seconda volta il professore. Dark avvicinò lentamente la mano, nuovamente tremante, allo specchio, contemplando incredulo l’immagine che esso riportava.
Due occhi rossi, due diamanti, due fuochi ardenti, così brillanti che erano in grado di sprigionare vitalità semplicemente osservandoli, erano posti in perfetta simmetria sul viso di un ragazzo che non poteva avere più di vent’anni, seguiti a loro volta da un naso delicato ed una piccola bocca, dalle labbra sottili.
Dark rimase a studiare il corpo di fronte al suo con un’incredibile attenzione, quasi fosse un esperimento di laboratorio, ma solo dopo alcuni minuti realizzò chi veramente stesse osservando. Se stesso.
Quel viso delicato, quelle mani di velluto, quel corpo così elegante, non erano nient’altro che il suo riflesso allo specchio del laboratorio. Come era stato possibile?
Ad un tratto, una forte ed inspiegabile fitta al cuore lo fece vacillare nuovamente, costringendolo a fare un paio di passi indietro per appoggiare la schiena alla parete. I suoi occhi guizzarono velocemente prima sul suo riflesso e poi verso il balcone del laboratorio, distante da lui non più di pochi passi.
Sentiva una stranissima sensazione, come se avesse bisogno di qualcosa, come se rimanere segregato in quello spazio chiuso lo stesse facendo impazzire.
Velocemente, correndo sulle sue nuove gambe da ventenne, prese le chiavi appoggiate su un mobiletto davanti alla porta ed uscì in tutta fretta. Solo quando l'ebbe rinchiusa dietro di sé, fu in grado di tornare nuovamente a respirare, libero finalmente da quelle pareti bianche e opprimenti.
Vita” mormorò dentro di sé la voce di un ragazzo, ma la cosa che ancora più stupì il professore fu che in realtà lui non avesse minimamente aperto bocca.
Rimase per alcuni secondi con lo sguardo ancora fisso sul marciapiede, il cuore immobile per lo spavento, e le braccia irrigidite lungo i fianchi. D’improvviso, scosse la testa. Impossibile, assolutamente impossibile che avesse davvero sentito una voce, era matematicamente impossibile. Sicuramente si era lasciato semplicemente suggestionare dalla situazione a dir poco paradossale…o forse no?
Prese a camminare lungo le strade londinesi, sguardo basso e mani nelle tasche del giubbotto in pelle di camoscio, che aveva fatto appena in tempo ad afferrare prima di uscire definitivamente dal laboratorio. Avvertiva distintamente i vari benefici donati dall’esperimento, l’eleganza con cui le sue gambe si muovevano, schivando con passo aggraziato le pozzanghere che qui e là costellavano la monotona periferia.
Eppure, sentiva qualcosa che non andava, come se quell’incredibile serenità stesse anticipando qualcosa di più losco. Una strana sensazione continuava a tartassarlo, come se una parte di sé si meravigliasse, come se stesse attraversando per la prima volta quelle strade. Che osservazione sciocca…o forse no?
Fu proprio mentre passeggiava per King’s Cross Road che la sua attenzione venne catturata da un gruppo di ragazzi che costeggiava la strada dal lato opposto. Avevano un’aria particolarmente allegra e, a giudicare dalla loro instabilità nel camminare, avevano bevuto decisamente un bicchiere di troppo. Alzando lo sguardo, il professore venne catturato da un’insegna in ferro battuto e finemente colorata in pigmento oro
“The Queen’s Head Pub” lesse dentro di sé
. Dark non era mai stato il tipo di persona che amava l’alcool, anzi, era piuttosto fermo nella sua convinzione secondo cui meno lo si beveva meglio era, tuttavia, non seppe per quale motivo, ma una strana forza dentro di sé lo spinse ad entrare nel locale. Subito venne invaso dall’inebriante profumo di legno e, con passo incerto, si diresse verso uno sgabello proprio sotto al balcone, anch’esso finemente lavorato in legno e con le venature in evidenza.
Si stava ancora domandando quale dannato motivo lo avesse spinto ad entrare, quando, senza alcun preavviso, si ritrovò ad ordinare all’uomo dietro al bancone una St. Peter’s.
Per quale motivo si stava comportando in quel modo? Perché non riusciva a controllare quegli strani capricci di cui non aveva mai sentito la necessità?
Non appena gli venne posto il boccale stracolmo di birra, il professore rimase alcuni secondi confuso ad osservare in silenzio il biondo contenuto all’interno, ma solo dopo quando ebbe incrociato lo sguardo piuttosto scettico dell’uomo dietro al bancone, che si decise a berne qualche sorso. Avvertì il liquido scendere fresco nella gola, ed un brivido freddo misto a pura euforia gli scosse la schiena.
Perché lo stava facendo?
Come ridestatosi da un sogno, scosse la testa un paio di volte, prima di appoggiare nuovamente il boccale sul bancone e facendo per alzarsi dallo sgabello. Ne aveva abbastanza di quella situazione paradossale. Fece scivolare una gamba, fino a toccare terra, ma la sinistra rimase al suo posto, come se non ne volesse sapere di scendere.
Ma che diavolo...?
Tentò un altro paio di volte, ma l’arto sembrava come ancorato allo sgabello.
Siediti” sentì riecheggiare nella stanza una voce tagliente. Istintivamente, si voltò prima da un lato e poi da un altro, cercando con lo sguardo chi gli avesse rivolto la parola, ma non trovò nessuno. Inconsapevolmente, si ritrovò ad ascoltare quelle parole, tantoché, in pochi secondi si risedette con entrambe le gambe sullo sgabello. Sempre più pallido, tornò ad osservare il liquido all’interno del boccale
Bevi” si portò nuovamente il liquido alle labbra un altro paio di volte, completamente sopraffatto da quella situazione. Non era riuscito ad individuare chi gli stesse parlando, ma era certo di una cosa: il suo tono non ammetteva repliche.
Con gambe tremanti tentò per la seconda volta a scendere dallo sgabello, ma, per sua fortuna, non trovò nessuna voce ad impedirglielo, ed egli ne approfittò per pagare il conto ed uscire.
 

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Capitolo 2
*** The reflection ***


Scivolò velocemente per i vicoli bui della periferia londinese, voltandosi ogni minuti per assicurarsi che non ci fosse nessuno alle sue spalle. Ma Dark sapeva di non essere solo. Avvertiva un’altra presenza.
Si era rischiuso alle spalle il portone del laboratorio, accompagnato da un tonfo che non fece altro che aumentare l’agitazione del professore. Iniziò a camminare avanti ed indietro per lo studio, lanciando continue occhiate alla boccetta dove, fino a poco meno di un paio d’ore fa, si trovava il frutto dei suoi lunghi studi, e la maledisse mentalmente.
Quasi involontariamente, si ritrovò ad osservare il suo riflesso allo specchio e, continuando a mantenere il contatto visivo con quelle iridi infuocate, poggiò delicatamente una mano sulla sua superficie limpida. Quasi impallidì quando, abbassando lo sguardo, non vide il riflesso ricambiare il contatto ma, al contrario, tenere le braccia ben tese lungo i fianchi.
“Buonasera professore” per l’ennesima volta, quella voce tornò a dannarlo ma, a differenza di poco prima, il tono pareva essere più elegante e modulato “Le ha fatto piacere il piccolo break al pub?”
Alzò nuovamente lo sguardo, notando solo in quell’istante che il riflesso non aveva la stessa aria spaventata che, molto probabilmente, era dipinta in quel momento sul suo volto, ma appariva serena e con un sorriso appena accennato, che faceva risaltare ancora più il brillare dei suoi occhi.
“Tu chi sei?” si ritrovò a chiedere, allontanando velocemente il palmo della mano dalla superficie ghiacciata ed indietreggiando di un paio di passi.
“Che domanda poco intelligente, non crede anche lei?” una risatina leggiadra si diffuse per la stanza “Io sono lei, professore. O forse sarebbe più corretto affermare che in questo momento lei è me, dato che ha preso possesso del mio corpo”
Dark fece un ennesimo passo indietro. Non poteva essere che qualche sorso di birra lo avesse ridotto in quello stato, neanche quando era stato letto con la febbre alta aveva avuto tali allucinazioni!
“Le consiglio di sedersi, professore. La trovo piuttosto pallido” affermò il riflesso, dondolando innocentemente la testa da un lato e continuando a sorridere. Come poco prima, Dark si ritrovò ad obbedire, contro la sua volontà, ai premurosi consigli dello specchio, andandosi a sedere su uno sgabello posto accanto al banco da lavoro. Aspettò alcuni secondi prima di riacquisire il suo solito tono impassibile
“Te lo chiedo una seconda volta: tu chi sei, ragazzo?”
“E io glielo ripeterò ancora: io sono lei e lei è me, professore. Io sono il frutto del suo lavoro”
“Il frutto del mio lavoro?” ripeté il maggiore, incredulo “Come è possibile? I miei calcoli non prevedevano uno sdoppiamento di tal genere” affermò, spostando velocemente lo sguardo sulle ampolle di vetro poste in modo disordinato sul tavolo da lavoro.
“Ad ogni modo, l’effetto della pozione dovrebbe annullarsi entro pochi minuti, ed in men che non si dica, riavrà il suo corpo” concluse il più giovane, non facendo altro che stupire ancora più il professore
“Come fai a sapere tutto questo? Solo io sono attualmente a conoscenza dei miei esperimenti” per la seconda volta, la risata leggera dello specchio irruppe nella stanza
“Professore, possibile che lei ancora non abbia capito? Io sono il suo riflesso, io stesso sono parte della suo sapere e del suo pensiero. Io e lei siamo la stessa persona, con l’unica piccola differenza di essere scissi in due corpi ben distinti. Non era forse a questo che lei voleva arrivare attraverso i suoi studi?”
“Hai un nome, ragazzo?”
“Jude Sharp”
“Permettimi un’ultima domanda: per quale motivo, se è vero che sei tu stesso parte di me, abbiamo una così grande differenza di età?”
Il riflesso sogghignò, si aspettava una tale domanda.
“Vede, professore, io non sono semplicemente parte di lei, ma rappresento i suoi pensieri più segreti, i desideri più nascosti e, forse, mai realizzati che lei ha sempre celato. Per questo sono la sua parte giovane”
A quelle parole, Dark si irrigidì di colpo, e come se si trovasse nel bel mezzo dell’occhio di un ciclone, avvertì intorno a sé le parole dei suoi stessi appunti vorticare senza sosta intorno a sé.
Ogni essere umano è scisso a sua volta in due gemelli polari, due metà del Visconte Dimezzato, luce e ombra, giorno e notte, buono e cattivo, Bene e Male.
Luce…giorno…buono…Bene
Ombra…notte…cattivo…Male
Ingoiò un paio di volte aria a vuoto. Cosa aveva fatto?

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Capitolo 3
*** The fear ***


Sentiva il sangue pompargli nelle tempie ad una velocità non umana, la testa scoppiava e le orecchie continuavano a fischiare. La sera prima aveva decisamente esagerato con l'alcool.

Se non fosse stato per i continui ordini di quel maledetto esperimento, non sarebbe neanche entrato nel pub. Tuttavia, ogni volta che sentiva la voce di Sharp risuonargli in testa, non era in grado di opporsi, o almeno, ci riusciva, ma la parte destra del suo corpo non si muoveva. Tutto per colpa di quella pozione.

Aveva un terribile presentimento, come se qualcosa potesse andare di male in peggio, come se l’equilibrio dei tasselli faticosamente impilati potesse vacillare da un momento all’altro.

E quel pericolo era Sharp, il suo stesso esperimenti, la sua stessa creatura.
Si rigirò tra le lenzuola, fastidiosamente ingarbugliate tra le gambe, e tentò di attutire l’emicrania premendo il cuscino sulle tempie, serrando gli occhi. Ma niente da fare.
Ormai rassegnato all’idea che si sarebbe dovuto sopportare il mal di testa anche quel giorno, si alzo dal letto e si diresse in cucina, andando a preparare il suo solito caffè.
Ogni mattina tutto sembrava essere normale, così come aveva trascorso la sua vita da vent’anni a questa parte, tuttavia, Dark sapeva di star nascondendo un segreto fin troppo grande e pericoloso.

Aveva paura. La sera prima, nelle sembianze nel suo alter ego, si era nuovamente intrufolato nel Queen’s Head pub, ma, a quanto pare, Sharp si era stufato del solito è monotono boccale di birra.
Aveva paura. Si era reso conto che fin troppo spesso gli capitava di perdere il controllo del proprio corpo e lasciarlo completamente in balia degli ordini del giovane. Temeva che, da un momento all’altro, i sensi avrebbero smesso di ascoltarlo, dando attenzione alle necessità di Jude. Sarebbe stato possibile? Dark non voleva dare risposa a questa domanda.
Quella sera, per l’appunto, era riuscito a malapena a combattere contro i desideri di Sharp, che gli ordinava di andare a parlare con dei ragazzi seduti ad uno dei tanti tavoli del pub. Ma Dark non si era opposto semplicemente per seguire la propria natura schiva, quanto per il timore che gli era saltato in petto non appena aveva riconosciuto uno dei tanti giovani del gruppo.
Aveva visto due occhi verde scuro guizzare nella sua direzione e ammiccare impercettibilmente, gesto che il professore non aveva fatto altro che ignorare, preferendo, al contrario, alzarsi ed andare a pagare il conto. Ma, come al solito, il suo alter ego gli era sembrato avere tutt’altra intenzione, dal momento che metà del suo corpo era rimasto inchiodato sullo sgabello di legno

“Dannato Sharp”

“Contegno con le parole, professore. Perché non andiamo a divertirci?”

“Non mi sembra il momento adatto, e poi quel gruppi di ragazzi non mi piace”

“Non credo che lei mi debba fare da tutore, mio caro Dark. Le devo ricordare che è lei in questo momento ad essere in una situazione di sottomissione dal momento che questo è il mio corpo?

“Non mi interessano i tuoi discorsi, ribadisco il mio divieto di frequentare quei ragazzi”
Aveva avvertito il suo alter ego urlare dalla rabbia non appena il professore era stato in grado di alzarsi ed uscire dal pub. Mai, mai come in quel momento aveva avuto paura di un’ipotetica vendetta del ragazzo, ammesso che fosse stato possibile.
Jude aveva soffocato a stento un secondo urlo di rabbia non appena aveva visto Dark chiudere dietro di sé il portone del pub ed incamminarsi per le strade londinesi. Perché non era ancora in grado di controllare il suo corpo? Per quale motivo non era ancora abbastanza potente?
Quella situazione di odiosa dipendenza dal professore lo mandava su tutte le furie. Era lui, Jude Sharp, il più potente, e non di certo un povero scienziato senza futuro.

 Ciao a tutti,
finalmente sono tornata a lavorare su questa storia grazie all'aiuto di qualche piccolo incoraggiamento.
Per tutti quelli che erano interessati, mi dispiace di essermi fatta attendere un po' troppo rispetto al solito. Buona lettura a tutti e, come al solito, critiche e commenti sono sempre ben accetti! 💚

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Capitolo 4
*** Self-control ***


“Quindi, nel 1789 Antoine Lavoisier pubblicò una lista di 33 elementi chimici, raggruppandoli in gas, metalli, non-metalli e terrosi; tuttavia questo non pare soddisfare i chimici odierni, che stanno attualmente cercando uno schema di classificazione più preciso” lesse il professore ad alta voce, tenendo il segno della lettura con una matita leggermente spuntata e roteandola, di tanto in tanto tra le dita.
Mosse lo sguardo dal libro per lanciare un’occhiata verso il giovane seduto scompostamente sulla poltrona in pelle rossa dello studio. Fece roteare silenziosamente gli occhi, in cenno di muta esasperazione; quel ragazzo era un suo vecchio alunno che, rischiando per l’ennesima volta la non ammissione agli esami, aveva ricercato il professore, che aveva conosciuto qualche anno prima, alcuni mesi prima del suo abbandono della cattedra.

Dark non era solito dare ripetizione, tuttavia, fin dal primo momento che aveva incontrato Eliot Ember, aveva provato un'inaspettata pietà nei suoi confronti, motivo per cui aveva deciso di fare un’eccezione alle sue stesse regole.
Il suo vecchio allievo era famoso per essere un ragazzo di poche parole, dal carattere scontroso ed estremamente schivo. Era stato più volte mandato dal preside da vari professori, tuttavia, fatta eccezione per qualche piccola discussione, Eliot era sempre stato attento alle lezioni che teneva il professor Dark.
Si era, anzi, andato a creare un legame molto importante, dal punto di vista del più giovane, in quanto aveva trovato nell’uomo di fronte a sé un adulto che lo potesse ascoltare e non semplicemente criticare per il suo aspetto fisico. Tuttavia, questo non lo avrebbe mai detto al professore.

“Ember, potrebbe avere la compiacenza di prestare attenzione e sedersi composto? Le ricordo che si trova a casa mia” il ragazzo sbuffò sonoramente, ma diede ascolto alle parole dell’uomo, mettendosi seduto in modo più consono “Potrebbe ripetere l’ultimo paragrafo che ho appena letto?”
Seguirono secondi di silenzio, interrotti solo dal leggero fruscio delle dita di Eliot che scorrevano velocemente sulla pagina, tentando di captare in fretta quante più nozioni possibile.

Dark preferì non commentare il comportamento del ragazzo, dal momento che avrebbe dovuto già sapere quelle pagine grazie alla lettura che il professore aveva appena fatto, ma si limitò ad aspettare in silenzio.“

Però, professore, se tutti i suoi alunni fossero come questi, non mi stupirei se andassi io stesso a seguire le sue lezioni all’Università” affermò nella sua mente una voce che Dark conosceva fin troppo bene

“Mi spiace deluderti, ragazzo, ma non insegno più lì” rispose pensando

“Che peccato. E questo Eliot, invece? Ha deciso di tenersi solo il suo prediletto per dargli lezioni private a casa sua?” chiese maliziosamente, non lasciandosi sfuggire una risatina che non fece altro che innervosire il professore.

“Dannato ragazzo, lasciami lavorare ora”

“Vuole che la lasci solo con il suo Eliot” cinguettò il più giovane

“Vorrei solo seguitare la mia lezione”

“Anatomia Umana?” commentò sempre più maliziosamente

“Storia della chimica” lo corresse l’altro.

“Professore si sente bene? La vedo piuttost-”

“Sto bene, Ember” si affrettò a rispondere il maggiore, allentandosi appena il nodo della cravatta. Tutta quella situazione stava raggiungendo seriamente il paradossale. Il suo alter ego che non si vergognava di affermare esplicitamente il suo interesse verso l’alunno, e lui che tentava di mantenere l’autocontrollo.

“Che bravo ragazzo, si preoccupa addirittura per lei, professore! Ma mi dica, davvero l’hanno turbato così tanto le mie parole?”

“Taci, Sharp. Sono stufo delle tue continue interruzioni alla mia lezione”

“Oh, se se la prende così tanto per una mia semplice affermazione, è evidente che io non abbia detto del tutto il falso, o sbaglio?”

“Ma di cosa stai parlando, ragazzo?”

“Dell’interesse che prova verso il suo alunno. Ma non la biasimo, anche io, fossi il padrone del mio corpo, mi sentirei fisicamente attratto da questo ragazzo”
Non appena Jude ebbe finito di parlare, Dark avveri il proprio braccio destro iniziare a formicolare fastidiosamente, segno che il suo alter ego stava nuovamente tentando di prendere il controllo.

“Oh dannazione, che hai intenzione di fare?”

“Allietare questo uggioso pomeriggio d’inverno conoscendo questo bel ragazzo”

“Fermati, Sharp, stai superando ogni limite!”

“Si sbaglia, professore, è lei che si dovrebbe lasciare andare più spesso alle passioni della vita” affermò maliziosamente il più giovane.
Dark fece per replicare, ma un improvviso fastidio al basso ventre gli mozzò qualsiasi idea. Solo dopo alcuni secondi realizzò cosa stesse succedendo, ed, in preda al panico, ingoiò aria per un paio di volte, in un vano tentativo di darsi contegno.

“Maledetto ragazzo, come puoi mettermi in queste situazioni?” si ritrovò ad urlare nella sua stessa mente

“La sto aiutando, aveva solo bisogno di un piccolo stimolo. Come le ho già detto, bisogna lasciarsi andare ai piaceri della vita, ed io so come” concluse, terminando il discorso con una leggera risatina.
Era terminata in quel modo la strana lezione di quel pomeriggio, con Dark che tentava di nascondere l’ormai evidente erezione, accavallano le gambe ed ignorando le parole sempre più lascive di Jude.
Il professore riprese a respirare solo quando ebbe chiuso il portone di casa, terminando la lezione e congedandosi con Eliot. Lasciò che la schiena scivolasse pigramente lungo la superficie in legno massiccio della porta, piegando in maniera scomposta le gambe, abbandonando le braccia lungo i fianchi e sguardo perso verso un punto indefinito del soffitto.
Era completamente sfinito da quella situazione. Aveva paura che, ben presto, Sharp sarebbe riuscito a prendere il sopravvento, causando, non sapeva neanche lui, quanti danni.

Ma Jude, nei meandri della sua mente, sogghignava soddisfatto. Molto presto sarebbe arrivato il suo momento…

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Capitolo 5
*** Magnetic sin ***


 Dark si guardò allo specchio, o meglio, osservò il suo alter ego studiarlo compiaciuto attraverso lo specchio. Si era ritrasformato per l’ennesima volta, sebbene si fosse ripromesso di non farlo più, ma ogni volta si era ritrovato a rimandare la sua stessa parola.

Non sapeva per quale arcano motivo, ma trasformarsi in quel corpo più giovane lo faceva sentire meglio, vedere i suoi stessi occhi riflessi in quelle iridi rosse lo appagava, sfiorare da solo quelle mani così eleganti lo rasserenava. Ma perché, perché tutto questo? Perché si trovava ad essere così dipendente da quel corpo?

Con gesto nervoso, si infilò il solito impermeabile in velluto scuro ed uscì dal laboratorio senza neanche accertarsi di aver richiuso a chiave il portone.
Quella sera, più delle altre, a dire il vero, sentiva una stranissima sensazione attraversare il proprio corpo, altresì, il corpo di Jude, da un estremo all’altro. Cosa c’era che non andava?

Sogghignò divertito a quella sua stessa domanda retorica. Come se, del resto, appropriarsi ogni sera di un corpo più giovane ed essere influenzati da una mente a lui estrania fosse da considerarsi una cosa normale.

Erano passate ormai tre settimane o poco più dal suo esperimento, ciò valeva a dire che era dallo stesso periodo di tempo che aveva conosciuto Jude. Si infilò una mano nella tasca interna dell’impermeabile ed estrasse un pacchetto in cartoncino ed un accendino, maledicendo mentalmente il suo alter ego per averlo convinto a lasciarsi andare ad un vizio così futile e pericoloso. Elegantemente, portò una sigaretta all’altezza delle labbra e, dopo averla accesa, ne ispirò l’acre sapore, godendosi della pace dei sensi.

“Professore, che ne dice di dare un pizzico di movimento a questa serata?” si sentì provocare da una voce interiore

“No, Sharp, sono troppo stanco anche solo per andare al pub a bere il solito boccale di birra” rispose l’altro, lasciando che il fumo disegnasse delicate forme intorno a sé

“Si sente poco bene, Dark?”

“No, ma credo che queste continue trasformazioni mi stiano affaticando fin troppo e credo che sarà meglio ritornare al laboratorio il prima possibile”

“Non vuole concedermi un po’ di divertimento questa sera?”

“Che intendi dire, ragazzo?”

“Questo, professore…” ed in men che non si dica, l’uomo avvertì la metà destra del proprio corpo iniziare ad intorpidirsi ed a ribellarsi ai suoi ordini

“Che diavolo stai facendo?”

“Che domanda stupida, mi riapproprio di ciò che è mio” e, con orrore, il maggiore si accorse che quell’insopportabile sensazione di fatica si stava espandendo anche verso sinistra, a partire dalle gambe, per arrivare a braccia e allo stesso viso. Vani furono i tentativi del professore di allontanarsi da quella strada e dirigersi al laboratorio, perché, ormai, le sue gambe non gli appartenevano più.

Si maledisse mentalmente quando vide, impotente, il suo stesso corpo avanzare di qualche passo e dirigersi verso un locale che, ormai, lui conosceva fin troppo bene.

“È arrivato il momento di fare qualche conoscenza”“

"No, ragazzo, non cacciamoci in guai che potremmo evitare”

Ma, ovviamente, il suo alter ego non gli diede ascolto


****


Non appena Jude spalancò la porta, Dark si sentì ubriacare dal profumo di legno e cera che, ormai, poteva definire essere familiare. Poi, però, accadde qualcosa che non aveva previsto, qualcosa che lo travolse così come un’onda anomala distrugge la piccola zattera temeraria che tenta di allontanarsi dalla riva. Un respiro…e tutto si fece buio.

Il suo alter ego sogghignò divertito. Da tempo, ormai, sognava di poter prendere il completo controllo di quel corpo, il suo corpo, il suo ed unico corpo. Ed ora era lì, che continuava ad ammirarsi incredulo le mani, come se fosse la prima volta che le vedesse. Che sensazione meravigliosa, finalmente padrone!

Non appena alzò lo sguardo, incrociò due iridi verde, due occhi luminosi e magnetici.
Sogghignò impercettibilmente; chissà, magari avrebbe potuto approfittare dell’occasione per festeggiare la sua ottenuta libertà…


****


La passione, la libido, il desiderio insaziabile e continuamente ricercato, quasi fosse l’unico vero ossigeno da respirare; questo era ciò che voleva, questo era quello che aveva rincorso con disperazione, questo era l’oggetto di tale ambizione: lasciarsi completamente sopraffare dai sensi, cadere nel baratro oscuro del peccato, aggrapparsi all’unico appiglio per, poi, sprofondare nuovamente.

Già, una futile ed inutile ricerca che portava al semplice appagamento fisico, ma che lasciava al centro dell’anima una macchia che lo logora va dall’interno.
Dannata razionalità. Dannata coscienza.

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Capitolo 6
*** Jealousy ***


Dark emise un urlo di rabbia, guardando minacciosamente il riflesso dello specchio di fronte a sé.

“Come hai potuto?” sbraitò, riducendo drasticamente a pochi centimetri la distanza che lo separava da quella superficie così perfettamente lucida. Su essa, erano riflessi quegli occhi maledetti che lui, oramai, conosceva fin troppo bene. Una risata, fresca ed argentina, interruppe quel silenzio che stava diventando fin troppo pesante.

“Cosa ho fatto?” chiese Jude, con tono innocente

“Quello Stonewall, sai chi è?” chiese nuovamente, sbracciando e indicando un punto indefinito nella stanza. Di risposta, il riflesso fece spallucce

“Un bel ragazzo che ho incontrato ieri sera” si limitò a dire

“Non solo, mio caro” mormorò l’altro “È uno dei peggiori delinquenti in circolazione. Se qualcuno ci avesse visto, cosa avrebbe pensato di me? Ti rendi conto che stai mettendo in gioco la mia stessa reputazione?”

“Oh, mi sembrava ovvio che lei avesse capito, professore. Nessuno, apparte noi, è in grado di riconoscerla dietro il mio viso. In poche parole, la sua tanto preziosa reputazione è al sicuro” affermò il più giovane, facendo roteare esasperatamente gli occhi scarlatti.

“Potrà anche essere al sicuro, ma non ho la coscienza pulita sapendo che tu incontri spesso quel ragazzo” rispose Dark, chiudendo i pugni e quasi ferendosi con le sue stesse unghie.

Gelosia?

“Insomma, professore, lei sta diventando davvero paranoico!” per la seconda volta, una risatina leggiadra si propagò nella stanza “Non credo debba essere suo interesse se io trovo in Caleb un’ottima compagnia e molti interessi in comune” concluse maliziosamente, lasciando intendere altro.
Dark rimase per alcuni secondi con lo sguardo fisso negli occhi rossi del ragazzo di fronte a sé. 

Come aveva potuto?

A grandi falcate si diresse verso il bancone e, preso da un impeto di rabbia, lanciò contro il ragazzo il primo oggetto che gli capitò, per la precisione una lente d’ingrandimento in metallo, riducendo sia lo specchio sia il vetro in frantumi.

Due occhi rossi e fiammeggianti, ridotti in frantumi, lo osservarono pieni di stupore ed odio. Come aveva potuto un uomo così freddo e calcolatore come Ray Dark fare un’azione tanto impulsiva?
In pochi secondi, l’immagine, ormai ridotta in schegge, scomparve da dietro a quel che rimaneva della superficie perfettamente lucida dello specchio.

La pagherà, professore

Poche parole che iniziarono a circolare liberamente e senza sosta nella mente dell’uomo.

La pagherà

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Capitolo 7
*** Fragility ***


Erano passate due settimane dalla discussione di Dark con il suo alterego, e da allora la situazione era andata sempre più peggiorando. Capitava molto spesso che Jude stesso riuscisse ad impossessarsi del corpo del professore senza che questi potesse opporsi, e con un improvviso cambio di rotta, decidesse, il più delle volte, di andare a fare visita al suo “conoscente” del pub. 

In realtà, Jude non provava altro che un'attrazione fisica verso Caleb Stonewall, qualcosa di assolutamente superficiale e che, prima o poi, avrebbe dimenticato, se non fosse stato per la reazione di Dark.

Aveva odiato il fatto che il professore avesse alzato la voce in quel modo, che gli avesse tirato contro un oggetto, che avesse rotto lo stesso specchio dove i loro occhi si erano incrociati per la prima volta. Nessuno si sarebbe mai dovuto permettere di trattarlo in quel modo, meno che mai Dark, il quale gli serviva semplicemente da corpo materiale per potersi spostare liberamente. Già, il professore non era nient’altro che materia per Jude, o forse no? 

Il ragazzo aveva odiato quell’uomo, la sua reazione così violenta ed improvvisa, il suo alzare la voce, ma più di tutti aveva odiato ciò che aveva affermato in seguito, quando ormai lui era tornato a nascondersi nella sua mente.

Mi sbarazzerò di te... 

Sapeva bene che sarebbe stato impossibile per il professore eliminare la sua presenza, eppure, al solo suono di quelle parole, aveva sentito il proprio cuore perdere un colpo. Da quando era diventato materia, Jude era rimasto completamente indifferente a ciò che gli altri pensassero su di lui. Eppure quelle parole lo avevano colpito. Davvero Dark lo odiava? Davvero voleva sbarazzarsi di lui?


****


Dark rimase immobile, seduto scompostamente sullo sgabello del laboratorio, con la testa tra le mani e il viso nascosti tra esse. Aveva paura.

Quel dannato esperimento, quella maledetta creatura che lui stesso aveva estrapolato dalla sua coscienza, ora lo stava rovinando, distruggendo, annientando.
Avrebbe potuto non interessarsi di tutte le azioni scellerate compiute dal ragazzo, avrebbe potuto lasciare che vivesse le sue esperienze libidinose, eppure qualcosa lo stava divorando, un’orribile sensazione lo stava logorando, senza che lui stesso ne comprendesse il motivo.

Era una paura.

Si, paura di essere abbandonato da quella creatura, anche se era perfettamente a conoscenza che non sarebbe mai stato possibile.

Quel terrore, quell’orribile sensazione di solitudine lo stava terrorizzando ormai da tre notti, sessantanove ore e ventiquattro minuti che non parlava con quell’essere. Gli mancava? Avvertiva la sua assenza, ed era certo di essere lui stesso il motivo della reazione del suo alter ego.

Davvero Jude era rimasto ferito dalle sue parole? Possibile che un essere presuntuoso ed orgoglioso come lui potesse celare un animo così emotivamente fragile. 

Si maledisse per l’ennesima volta. Ora si era messo anche a fare lo psicologo, fantastico!

Dannazione, non poteva essersi ridotto in quel modo, un vecchio salice completamente soggiogato da una tempesta che non era minimamente pronto ad affrontare.

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Capitolo 8
*** Sensuality ***


“Signor Ember, la vedo piuttosto distratto oggi” esordì Dark nel religioso silenzio del suo studio, e, di rimando, il giovane studente sobbalzò impercettibilmente all’udire il suo nome “C’è qualcosa di cui mi deve parlare?”

“No, professore”

Eppure, il maggiore aveva avvertito una nota negativa in quelle parole, come se qualcosa non suonasse in armonia, come se quel ragazzo non gli stesse dicendo tutta la verità.

“Ne è sicuro? Sa bene che lei con me può parlare liberamente” ma, al secondo cenno di negazione, Ray preferì non indagare oltre. Tornò per l’ennesima volta con gli occhi sui suoi appunti, lanciando, di tanto in tanto, qualche occhiata veloce all’allievo, accorgendosi, ogni volta, che anche quest’ultimo lo osservava di sottecchi.

“Ha un ammiratore, professore?” chiese una voce maliziosa che da troppi giorni non aveva più udito, tantoché lui stesso si dovette trattenere dal chiedere al suo alter ego il motivo della sua assenza, ma si limitò ad usare il suo solito tono stizzito

“Taci, Sharp, sto lavorando”

“Non credo di aver notato solo io gli sguardi che le lancia il suo allievo…” continuò malignamente il secondo, aggiungendo una punta acida alla sua solita risatina, che non faticò ad essere captata dal professore

“Se non sbaglio sei stato proprio tu, l’ultima volta, ad esserti spinto troppo oltre, giusto?” e, con sua grande sorpresa, non avvertì replica da parte del più giovane

“Professore, le posso chiedere un chiarimento riguardo alla fotosintesi clorofilliana? Non mi è ben chiaro in quale fase si trova il ribulosio-bifosfato” la voce di Eliot lo richiamò dalla sua discussione intercerebrale, riportandolo alla realtà.

Dark sorrise appena, abbandonando il suo posto sulla scrivania e avvicinandosi, con una poltrona, alla postazione dove si trovavano i libri del giovane allievo, sporgendosi appena ed avvicinandosi al più giovane

“Il suo allievo mi sembra molto interessato a lei, professore”

“Ovvio, gli sto spiegando una parte estremamente importante della biochimica”

“Non era questo che intendevo. Ember mi era parso, al contrario, molto interessato a lei, non alle sue spiegazioni”

“Che stai farneticando, Sharp?” chiese Dark, alquanto sorpreso dall’inaspettato cambiamento d’umore del giovane

“Sto farneticando che la mano del suo alunno si trova troppo vicina alla sua gamba, professore” rispose acidamente il secondo, dando particolare enfasi ai due aggettivi possessivi, marcandoli con tono alquanto minaccioso. Il maggiore si trovò, inaspettatamente, ad abbassare lui stesso lo sguardo, non facendo altro che sostenere ciò che il suo alter ego aveva appena affermato.

“Non interrompermi oltre, Sharp. Sto lavorando”

“Non mi crede, professore? Ho avuto molte più esperienze di lei in questo campo, e le posso assicurare che quella mano è posizionata con disinvoltura, non casualmente, vicino al suo inguine” quasi urlò l’altro

“Lasciami lavorare” ribadì il maggiore, per la terza volta

“Sta ignorando i miei avvisi, Dark? Bene, quindi se il suo allievo le dovesse saltare al collo da un momento all’altro, lei non sarebbe sorpreso, giusto?”

“Professore…” per la seconda volta, il discutere dei due venne interrotto dalla voce di Eliot. Dark quasi si strozzò la saliva in gola non appena avvertì il ragazzo sfiorargli con la punta delle dita il sottile tessuto dei pantaloni all’altezza del ginocchio “Credo che sia lei quello distratto oggi; quindi, se lei preferisce, posso finire qui i miei studi” affermò con tono mellifluo.

L’uomo non ebbe il tempo di replicare, che prontamente l’allievo si sporse dalla poltrona, riducendo drasticamente la distanza dei loro visi.

“Ordinagli di risiedersi al suo posto, Ray” una voce glaciale risuonò nella sua mente, tanto violenta che il professore ebbe quasi l’impressione che il pavimento stesse tremando.

“Per quale motivo, Sharp?”

“Perché è solo un novellino in preda agli ormoni”

“Circa come te, quindi”

“Credevo che tu non volessi quel genere di vita…”

“E se avessi cambiato idea?”

Fu in quel secondo che il giovane allievo scattò in avanti, schiacciando il professore contro la poltrona e intrappolandolo in un bacio che di casto non aveva proprio un bel niente. Dark si stava odiando per quello che stava facendo, lasciarsi andare così passivamente alle passioni, senza un vero sentimento dietro di esse.

Eppure quella era la sua occasione, la possibilità di far vedere a quello scarto di esperimento che era lui ad avere in mano le redini del gioco, e che era lui a decidere quando smettere. Ma se credeva di averla fatta pagare al suo alter ego, si sbagliava.

Eliot si sedette su di lui mentre Dark lo teneva avvinghiato a sé, afferrandolo saldamente per le natiche e facendo sfregare sensualmente i due bacini, ormai sofferenti di due erezioni ben evidenti. In preda all’euforia, prese a baciare con ancora più lussuria il viso ed il collo dell’allievo, alternando baci più umidi a morsi che, via via, andavano a lasciare dei veri e propri marchi sulla pelle del minore.

“La pagherai, Dark” sentì mormorare nella sua mente.

Avvertì Eliot carezzare la sottile camicia bianca, scendendo fino all’altezza del cavallo, andando a sfiorare maliziosamente l’erezione del professore, che rispose soffocando un gemito soddisfatto

“La pagherai”

Dark prese ad accarezzare i fianchi del ragazzo, eliminando l’ostacolo della camicia scolastica e sfiorando la pelle nuda della sua schiena. Sentiva il fuoco divampare ovunque intorno a sé, mentre le labbra del minore lo intrappolavano nuovamente in un ennesimo bacio.

“La pagherai”

Dark emise un urlo di dolore. Avvertì una fitta lancinante perforargli la testa e minacciare di farla esplodere. Quasi svenne non appena udì un fischio insopportabile perforargli i timpani e, a stento, ebbe la forza di spostare di peso il ragazzo seduto sul suo grembo.

“Professore si sente ben-”

“Fuori di qua, Ember!”

“La posso aiut-”

“FUORI DI QUA! Esci da casa mia!” urlò il maggiore, crollando in ginocchio in prenda al dolore.

Si accucciò ai piedi della poltrona, nascondendo la testa tra le mani e serrando gli occhi, sperando che il suo alter ego placasse la sua ira, ma così non fu perché lo scienziato continuò ad avvertire le vene delle proprie tempie pulsare velocemente e minacciare di esplodere da un momento all’altro.

“Dannazione, Sharp, se ne è andato. Ember è uscito. Smettila con questa tortura!” gridò come un pazzo, solo nel suo studio. Si maledisse per l’ennesima volta. Dove era finito il suo onore? Dove la sua rispettabilità? Dove era il famoso Dottor Dark, ex professore universitario e brillante scienziato, di cui tutti parlavano? Non era più lì. Non era più lui.

****

Dark rimase a lungo a fissare un punto indefinito del pavimento del suo studio, tenendo tra le mani la testa , cullato da un silenzio incredibilmente fastidioso e sgradito, quasi come se sentisse la necessità di un qualcosa di non ben definibile.

Rimase in quella posizione per non seppe neanche lui quanto tempo, frastornato da un insolito tacere della sua mente e dei suoi pensieri. Fremeva, fremeva di rabbia contro il suo infantile ed insensato desiderio lussurioso che pochi attimi prima aveva preso il possesso del suo corpo.

Eppure, quel pensiero era nato dalla sua stessa volontà, e non gli era stato imposto dal suo alter ego. Perché lo aveva fatto? Ma un sentimento ancor più forte lo fece sobbalzare, lasciandolo incredulo di poter avere tale sensibilità. Avvertiva distintamente il sapore amaro, in fondo alla gola, del senso di colpa, del suo ammettere l’erroneità della propria azione. Poi, un nome si delineò distintamente, marcando il suo profilo perfettamente in contrasto con la confusione nella testa del professore.

Ma perché proprio lui? Jude Sharp.

****

Jude era fisso, immobile.

Non un’espressione marcava il suo viso, non un qualche pensiero attraversava la sua mente.

Fermo, come una statua scolpita con volto imperturbabile, così lui stava, e la sua fermezza era rappresentata tanto all’esterno quanto all’interno.

Ma quella quiete non sarebbe durato a lungo, questo era l’unico e solitario pensiero che attraversava la sua mente, avanti ed indietro, senza sosta.

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Capitolo 9
*** Mine ***


 Il ragazzo cammina a passo lento, lanciando di tanto in tanto qualche calcio ad un sassolino che finiva tra i suoi piedi. Aveva la testa bassa e le mani nascoste nel largo impermeabile che copriva fino alle ginocchia, passivamente arreso, silenzioso, di fronte a quell'ennesima serata umida, mentre la sua mente era nel più completo subbuglio.

Rifiutato , era stato rifiutato dal professore di cui, per anni, era stato invaghito. Era riuscito, finalmente, ad estraniare i suoi sentimenti dopo mesi e mesi di sofferenza.

Calciò con maggiore forza l'ennesimo sasso malcapitatamente finito tra i suoi piedi, lanciandolo contro il palo di un lampione e provocando un rumore terribilmente sgradevole.

Eppure, riprese a pensare, il professore gli era parso fin troppo agitato quando l'aveva cacciato via, e di questo non riusciva assolutamente a capacitarsi. Dopo averlo visto accasciato a terra, si era offerto di aiutarlo, e invece Dark gli aveva urlato malamente di andarsene.

Bel ringraziamento! Se davvero non aveva voglia di farlo, sarebbe bastato che glielo avesse detto, così avrebbe fatto a meno di illudersi inutilmente.

Alzò velocemente gli occhi da terra non appena avvertì una presenza avvicinarsi alle sue spalle, e si voltò di scatto. Si ritrovò di fronte ad una figura all'incirca della sua stessa altezza, anch'essa vestita con un impermeabile scuro che fasciava il suo corpo fino a metà coscia.

“Vuole qualcosa?” chiese, con il suo solito tono scontroso.

“Lei è Eliot Ember, giusto?”

“Sì perch-“ ma il ragazzo si gelò sul posto non appena ebbe incrociato gli occhi del suo interlocutore, inizialmente oscurati dall'ombra, che stavano brillando di vitalità propria di un acceso color rosso .

Lo sconosciuto fendette l'aria che lo separava da Eliot, allungando il braccio e stringendolo velocemente intorno al collo del ragazzo.

“Credo che lei debba ancora comprendere la differenza tra ciò che può fare e ciò che le è vietato anche solo pensare ” sibilò gelidamente, mentre osservava la sua vittima tentare invano di respirare.

Eliot riuscì, comunque, a ribellarsi, lanciando un pugno nello stomaco dell'avversario con quanta più forza possibile.

“Io neanche ti conosco” boccheggiò, mentre avvertiva l'altro lasciare la presa sulla sua gola ed indietreggiare di qualche passo, portandosi le braccia verso la zona colpita e piegando in avanti la schiena.

“Non conosci il mio nome, ma ti assicuro che non ti dimenticherai di me tanto facilmente" lo sconosciuto avanzò nuovamente di un paio di passi, approfittando di un istante in cui Ember era distratto per colpirlo al viso, poi allo stomaco, poi alla gola, fino a quando non lo vide perdere l’equilibrio e cadere a terra.

“Si può sapere che cazzo vuoi?” chiese Eliot, mentre tentava di pulirsi la bocca da alcune gocce di sangue che avevano iniziato a sporcargli le labbra.

"Devi imparare a rimanere al tuo posto."

"Ma non ti ho mai fatto null- " non ebbe tempo di terminare la frase che il suo aggressore gli rifilò un calcio all'altezza delle costole. Eliot cadde nuovamente a terra, tenendosi le mani sulla zona e gemendo dal dolore. Aveva gli occhi serrati, troppo debole per guardare in faccia il suo avversario, ma abbastanza arrogante per continuare a parlare “Io non ti ho mai visto né parlato. Dimmi che ti ho fatto? "

"Hai toccato ciò che è mio"

****

 

"Perché hai preso di nuovo il possesso del mio corpo ieri sera?” Chiese per l'ennesima volta Dark

“Volevo farmi un giro. A volte è estremamente opprimente rimanere chiusi nella sua mente, sa? E comunque avevo anche una faccenda da sbrigare”

“E dove sei stato, quindi?"

“Ho fatto un giro a Cromer Street” rispose il riflesso, alzando innocentemente le spalle in gesto automatico, ma dovendole, di fatto, ritirare non appena avvertì una fitta alla schiena che gli provocò un piccolo gemito di dolore

“Ti senti bene, ragazzo?” il secondo annuì orgogliosamente, rifiutandosi categoricamente di aprire anche solo bocca su quello che fosse successo la sera prima. Dark fece per continuare a parlare, ma si trattenne non appena, sfogliando distrattamente un giornale che aveva appoggiato sul bancone da lavoro, lesse a caratteri cubitali quattro parole che lo gelarono sul posto.

“Si sente bene professore? Mi sembra piuttosto pallido”

“Taci, Sharp” sbraitò il maggiore, rileggendo più volte i titoli, incapace di realizzare cosa stesse succedendo.

Poi capì.

Si alzò di scatto dal bancone, strusciando lo sgabello sul pavimento e provocando un insopportabile stridio, ed attraversò a grandi falcate il laboratorio, ritrovandosi a poco meno di un metro dallo specchio dove, irregolare e frammentata, era riflessa la figura del suo alter ego. Incrociò per alcuni istanti lo sguardo confuso e curioso dell’altro, che lo studiava silenziosamente

“Cosa diavolo vuol dire questo?” chiese il professore, mostrandogli con ben poca calma i titoli di giornale che si estendevano a caratteri cubitali su tutta la prima pagina. Il ragazzo piegò innocentemente la testa da una parte, leggendo ad alta voce l’articolo

LONDON DAILY POST, October 7, 1818. Ieri sera, intorno alle 23.50, un ragazzo di 19 anni è stato trovato privo di sensi nel bel mezzo di Harrison Street . Dopo essere rinvenuto, il giovane ha dichiarato di essere stato aggredito e percosso varie volte da uno sconosciuto. Ancora sotto shock, il ragazzo è ora tenuto sotto diligente osservazione dei medici al St. Thomas’ Hospital” al termine della lettura, Jude rimase completamente impassibile, limitandosi a squadrare con occhi fintamente confusi il professore di fronte a sé

“Ebbene?” chiese, alzando un sopracciglio

“ ‘Ebbene’ cosa? Harrison Street si trova molto vicino alla zona dove tu ieri sera hai detto di aver passeggiato. Mi pare che i conti tornino fin troppo bene, Sharp”

“Mi sta accusando senza un minimo di prove o di testimoni, professore?”

“Ho semplicemente espresso delle teorie che, a parer mio, hanno un’ottima base di accusa”

“Che tipo di accuse?”

“Primo fra tutte: la zona in cui ti trovavi ieri sera è, come ho già detto, pericolosamente vicina al luogo dell’accaduto; secondo: è fin troppo sospetto che, nel caso in cui, come affermi, tu ti sia limitato a fare una passeggiata, non abbia sentito nulla, pur trovandoti a una distanza relativamente minima”

“Le sue sono accuse senza alcun tipo di prova, professore”

“Lasciami finire. Terzo: poco fa hai avuto una fitta alla spalla sinistra e sei stato costretto, inconsciamente, a ritirare l’arto. Un simile trauma può essere anche causato da alcune percosse o da uno slogamento dovuto, ad esempio, ad una rissa” alle ultime parole, Dark sorrise impercettibilmente non appena vide, per poco meno di un secondo, un barlume di paura attraversare gli occhi del suo alter ego

“Le ripeto che le sue accuse sono infondate” si limitò a rispondere il ragazzo, facendo scomparire il suo riflesso dallo specchio e ponendo fine alla discussione.

“Hai paura, Sharp?” chiese retoricamente Dark, ben consapevole del fatto che non avrebbe ricevuto risposta.

 

Ogni volta che apro questa storia, mi rendo conto di star pubblicando con una scansione temporale alquanto opinabile. 

Ado ogni modo, la data inserita nello pseudo-articolo di giornale non è casuale, ma rappresenta uno dei giorni più importanti della mia vita che ho deciso di "ricordare" in un modo decisamente patetico (ma alla fine, chissene frega~)

Come ultima cosa, vorrei aggiungere che sono troppo felice di essere arrivata a questo punto della storia, perché è da qui che le avventure iniziano a prendere pieghe decisamente molto più interessanti. Spero che vi stiate appassionando  tanto quanto me quando ho deciso di mettere per iscritto le mie pazze idee! Grazie a chiunque decidesse di leggere, commentare o semplicemente aprire questo nuovo capitolo. Ciao ciao💚

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Capitolo 10
*** Dreaming ***


Era quasi mezzanotte. Una sera senza stelle e senza luna, in cui un qualsiasi cittadino londinese preferirebbe rimanere nel proprio salotto a leggere un bel libro di fronte al caminetto. Ma, ovviamente, Jude si distaccava orgogliosamente da quel genere di persone, troppo presuntuoso per potersi permettere di unirsi alla massa.  

Come ogni sera, ormai, aveva preso il corpo del professore, beandosi della meravigliosa sensazione di libertò che gli poteva essere donata dal semplice camminare o pensare senza che nessun altro potesse contraddirlo. Già, libero.  

Eppure, nei meandri più nascosti della sua mente, qualcosa si mosse impercettibilmente, quasi involontariamente, tantochè lui stesso, perplesso da quell’improvvisa sensazione, aveva arrestato la sua camminata, fermandosi nel bel mezzo della strada.  

Qualcosa non andava, ma se ne accorse fin troppo tardi, solo quando, suo malgrado, avvertì una presa afferrarlo con violenza per la spalla destra e costringerlo a voltarsi. Fece per opporsi a quel contatto inaspettato, ma prima che potesse avere qualsiasi tipo di reazione, il ragazzo avvertì una pressione fredda e metallica all’altezza della sua schiena che lo fece gelare sul posto.  

“Prima che ti venga in mente qualsiasi strana idea, ti avviso che la mia pistola è carica e che non saresti il primo uomo a cui sparerei, chiaro?” Jude avvertì il suo corpo essere attraversato da un’improvvisa scarica elettrica che gli urlava di scappare e mettersi in salvo, eppure, egli dovette fare un’incredibile forza di autocontrollo per permettere a se stesso di non perdere la calma  

“Cosa vuoi da me?”  

“Per tua sfortuna, mi è giunta voce che un mio amico sia stato aggredito qui proprio ieri sera. Nonostante sia ancora sotto shock, è stato in grado di darmi un ritratto completo del suo aggressore“ sibilò a denti stretti, mentre Jude avvertiva la pressione della pistola sulla sua schiena farsi sempre più forte  

“Si è messo in mezzo ad una situazione che non lo riguardava”  

“E cosa avrebbe fatto di preciso, di grazia?” il ragazzo sentì improvvisamente una mano stringersi attorno al suo collo, impedendogli di respirare, ed il terrorizzante rumore dello scatto della pistola, ormai carica. Tuttavia, i suoi riflessi si rivelarono essere, ancora una volta, eccezionali, perchè in pochi secondi rifilò una gomitata nello stomaco dell’avversario, facendolo allontanare velocemente, e tentò invano di strappargli la pistola di mano. Suo malgrado, quell’ultimo gesto risultò essere fin troppo avventato, perchè fu questione di un attimo, e Jude avvertì l’assordante rumore di uno sparo.  

****

Ray sentiva la schiena bruciarli dal dolore. Dannazione, Jude doveva essersi addormentato nuovamente appoggiato sul bancone del laboratorio. Certo, a lui non poteva interessargli nulla, dal momento che aveva in suo possesso un corpo da ventenne fatto d’acciaio, ma la stessa cosa non si poteva dire per Dark.  

Il professore si costrinse ad abbandonare il proprio sonno non appena avvertò un leggero fascio di luce carezzargli fastidiosamente il viso. Un momento, sole? Non c’erano finestre nel laboratorio. Come colpito da una terribile preoccupazione, Ray spalancò gli occhi, ritrovandosi in tutt’altro luogo.  

Si guardò intorno, confuso. Non si trovava sdraiato sul bancone del suo laboratorio, come aveva immaginato, ma sul ciglio della strada.  

Dannazione, quel moccioso stava superando ogni limite! Poteva, almeno, avere la compiacenza di riportare il suo corpo a casa dopo averlo usato?  

Richiesta estremamente strana da sentir dire, ammise a se stesso, eppure era esattamente ciò che voleva. Una volta usato un oggetto, si ripone al proprio posto, no?  

Ma, il flusso di pensieri, caotici e senza senso, si arrestarono in un istante non appena Dark abbassò lo sguardo, ritrovandosi di fronte ad un corpo sdraiato in modo scomposto sulla pancia, con il viso schiacciato contro il freddo marciapiede.  

Non seppe neanche lui come fece a trattenere un urlo di sorpresa misto a paura. Quell’uomo era…era morto.  

Ripetè mentalmente quella frase non seppe neanche lui quante volte, mentre tentava di rigirare il cadavere su un fianco ed analizzarlo. Gli avevano sparato alla testa, un colpo secco che lo aveva portato in un batter d’occhio nel mondo dei morti. Traballando, si alzò in piedi, ancora sconvolto da quel corpo a pochi centimetri da lui. Fece qualche passo indietro, ma il suo piede andò a colpire qualcosa che attirò la sua attenzione. Abbassò nuovamente lo sguardo, tanto da poter notare una pistola che, involontariamente, aveva calciato a circa un metro di distanza.  

Aspetta, una pistola?  

Guardò il cadavere, poi l’arma.  

No, non poteva essere  

Fece altri passi indietro, fino a ritrovarsi a correre via, sulle sue gambe non più tanto giovani che, non seppe neanche lui come, lo ressero per tutto il tragitto.  

Sentiva una fitta allo stomaco farsi sempre più forte, ed a nulla valsero i profondi respiri che si stava imponendo di fare perchè, appena richiuso il portone di casa dietro di sè, corse in bagno, vomitando tutto quello che, presumeva, fosse la cena di Sharp.  

Rimase in quella posizione estremamente patetica per non seppe neanche lui quanto tempo, immerso nei suoi pensieri.  

Assassino. Quel ragazzo era un assassino.  

Non appena, rientrato nel laboratorio, volse lo sguardo verso il solito specchio, si meravigliò nel vederlo vuoto. Non era mai successo che Jude non si presentasse.  

Chissà, magari era stato colpito dai sensi di colpa.  

Oh, ma andiamo, come se un ragazzo meschino come lui fosse davvero in grado di avere tale sensibilità. Che sciocchezza.  

****

“Dannazione, Dark, dannazione! Concentrati” mormorò a se stesso, mentre versava nel lavandino l’ennesima fialetta di pozione fallita. Erano, ormai, quattro o cinque volte che aveva sprecato tempo e prodotti inutilmente, ritrovandosi tra le mani delle ampolle di liquido totalmente inutilizzabili.  

Era tarda sera e, ormai da quella mattina, stava lavorando sul suo nuovo esperimento. Quale? Saldare quella maledetta spaccatura che aveva dato alla sua personalità negativa una volontà propria. Doveva eliminare Jude, questo era il suo scopo.  

Ma ne sarebbe davvero stato in grado?  

Sbuffò sonoramente mentre andava a sterilizzare nuovamente la fialetta di vetro.  

Da quando in qua si preoccupava di quel ragazzo, che, come se non fosse abbastanza, si era rivelato essere un assassino?  

Era stato solo un illuso se, anche solo per un attimo, aveva pensato di poter cambiare la natura di Jude. Quello Sharp non era nient’altro che l’incarnazione del male , e prima se ne sbarazzava, meglio sarebbe stato per lui e per tutto gli altri.  

****

Professore  

L’uomo si guardò intorno, colto alla sprovvista da quella voce estremamente familiare  

Professore 

Fece qualche passo in avanti, poi indietro, non sapendo dove dirigersi. Ovunque intorno a lui si estendevano le tenebre, fitte ed impalpabili, che avrebbero potuto far perdere la calma anche al migliore degli uomini con mente lucida, lui compreso.  

Professore 

“Dove sei, Sharp?” chiese l’uomo, tentando di orientarsi, improvvisamente preoccupato dalla voce dell’altro, che gli sembrava fin troppo debole. Ma non ebbe tempo di dire altro, che vide comparire di fronte a sè una figura rannicchiata e fin troppo pallida in volto “Sharp, dove diavolo siam-“ ma, incrociando gli occhi del minore, fece morire le sue parole in gola non appena realizzò in quali reali condizioni fosse il ragazzo.  

Il minore aveva il petto nudo e la camicia attorcigliata all’altezza dello stomaco, completamente rossa di sangue. E pensare che l'ultima volta che il professore l’ aveva vista, era di un bianco accecante.  

“Che è successo?” chiese il maggiore, inginocchiandosi di fronte all’altro.  

“Quel vigliacco mi ha attaccato alle spalle, minacciando di ammazzarmi e c’è quasi uscito, a dirla tutta” ammise l’altro con il tono stizzito, rizzandosi lentamente a sedere e soffocando orgogliosamente un gemito di dolore “Piuttosto hai intenzione di aiutarmi o…” lasciò la frase in sospeso, facendosi sadicamente il segno della croce.  

“Sarei seriamente tentato dall’abbandonarti qui”  

“Oh andiamo Dark, deve ammettere che senza di me la sua vita tornerebbe ad essere così noiosa…”  

“Rinunciare a risvegliarsi con un mal di testa atroce o, peggio, in mezzo alla strada, per te è da definirsi noioso?”  

“La vuole smettere con la sua solita ramanzina? Le ricordo che starei morendo dissanguato”  

“A causa della tua solita impulsività.”  

“Sono stato aggredito” ribadì, scandendo eccessivamente le parole.  

“Quindi saresti stato involontariamente coinvolto anche nella rissa contro Eliot Ember?” chiese il professore, alzando un sopracciglio scettico e lasciando il minore senza parole per alcuni secondi 

“Lei non ha prove per poter-“  

“Non ho proprio per accusarti? Il fatto che oggi i genitori del mio allievo siano venuti a trovarmi, raccontandomi che loro figlio fosse stato aggredito, non è una prova? Oppure vuoi anche che io ti dica cosa mi ha detto Eliot quando lo sono andato a trovare a casa sua? Bene, mi ha parlato della rissa, descrivendomi dettagliatamente gli occhi del suo aggressore: rossi”  

“E quindi?”  

“Non so, esattamente, da quale parte degli Inferi tu provenga, ma non esiste alcun essere umano con le iridi di un simile colore” forse per la prima volta, Dark vide il minore abbassare lo sguardo, incapace di sostenere il suo “Perchè hai fatto una cosa del genere?” chiese, tentando di modulare la voce.  

Secondi di silenzio.  

“Ragazzo?”  

Nulla.  

“Sharp?”  

Nessuna risposta.  

“Jude?”  

Stupito dall’essere stato chiamato con il suo nome, il minore alzò nuovamente lo sguardo, incrociando gli occhi preoccupati dell’altro.  

“Non mi piace quel ragazzo, ma soprattutto, ho odiato che tu non ti sia opposto quando si è avvicinato” ammise, mormorando appena la risposta.  

****

Dark si rigirò per l’ennesima volta tra le coperte. Doveva addormentarsi, dannazione, e doveva andare a medicare Jude. Non sapeva neanche lui come, esattamente fosse possibile, ma era giunto alla sconvolgente conclusione che il dialogo, svoltosi pochi minuti prima con il suo alter ego, fosse avvenuto durante il sonno.  

Incredibile e da folli a dirsi, ma era come se, di fatto, Sharp fosse rimasto bloccato all’interno del suo sogno e che, quindi, l’unico modo per poterlo aiutare o, perlomeno, tentare di guarirlo potesse essere riaddormentarsi.  

Eppure, l’azione che, più di tutte, potrebbe essere definita come semplice e naturale, in quel momento appariva al professore come impossibile.  

Perchè non riusciva a dormire?  

Si alzò nuovamente a sedere sul letto, allungandosi verso il comodino e sorseggiando l’ennesima tazza di camomilla, tornando subito dopo supino.  

Tuttavia, quella continua agitazione interiore era dovuta ad una domanda che, senza sosta, martellava contro la sua mente: perchè si stava preoccupando così tanto di quel ragazzo che, paradossalmente, aveva completamente sconvolto la sua vita?  

Già, Dark si costrinse ad ammettere che “sconvolgere” fosse proprio il verbo esatto dal momento che, da quando quel maledetto esperimento aveva avuto successo, il suo alter ego non aveva fatto altro che divertirsi a distruggere, gettare in disordine e ricomporre la vita del professore.  

Perchè lo stava aiutando? Non sarebbe stato molto più intelligente lasciarlo morire e, quindi, sbarazzarsene completamente?  

No, si rispose istantaneamente, non sarebbe mai stato in grado di compiere un tale atto di vigliaccheria, ma quello che più spaventava il professore era il motivo per cui non avrebbe avuto tale coraggio.  

Infatti, non si trattava semplicemente del rispetto dei suoi valori morali, ma di un riflesso quasi involontario che allontanava da sè qualsiasi tentativo anche solo di pensare di fare del male al ragazzo.  

Affetto ?  

Probabile, si costrinse ad ammettere, arreso di fronte all’inevitabile corso degli eventi. Chiuse nuovamente gli occhi, lasciando che il sonno lo avvolgesse nuovamente tra le sue braccia.  

Non avrebbe abbandonato Jude, mai.  

****

Jude gemette dal dolore, mentre sentiva il professore mettere l’ultimo punto per poter chiudere completamente la ferita ed evitare qualsiasi tipo di infezione.  

“Potrebbe alzarsi la temperatura, ma è tutto normale perchè vuol dire che il metabolismo sta concentrando le sue energie per guarire” dichiarò il maggiore, prendendo della garza e iniziando a fasciare il tronco del ragazzo.  

“Mi spieghi come hai fatto a portare tutto questo materiale se, come hai detto prima, siamo bloccati in un sogno?”  

“Non lo so neanche io, ad essere onesto”  

“Oh bene, vuol dire che sono stato il tuo ultimo pensiero prima di addormentarti” affermò maliziosamente, ghignando divertito non appena notò una parvenza di rossore comparire sulle guance del professore “Ne sono davvero onorato” continuò, alzando teatralmente una mano all’altezza del cuore.  

“Tsk, taci Sharp, perchè, per quanto mi riguarda, nulla mi vieta di toglierti le bende e lasciarti morire qua”  

“Non ne saresti in grado, ammettilo”  

“Non ti conviene sfidarmi”  

“Sei molto più legato a me di quanto pensi, professore”  

Dark si gelò sul posto, con le mani ancora occupate dalla garza, mentre tentava di appoggiarla quanto più delicatamente possibile sulla cicatrice del minore.  

“Quindi questo sarebbe il tuo ringraziamento? Davvero, Sharp? Se così meschino da non essere in grado di tenere ferma la tua lingua biforcuta?” affermò, abbandonando il suo lavoro ed alzandosi in piedi, mentre i suoi occhi saettavano irosi contro le iridi dell'altro.  

“Ti vedo piuttosto alterato Dark, e comunque il mio era solo un modo per rimarcare il fatto che, nel caso in cui io dovessi morire, anche tu faresti la mia stessa fine”  

“Ti assicuro che ci sono dei momenti in cui preferirei la morte piuttosto che continuare a vivere la mia esistenza condividendo il mio corpo con te” rispose velenosamente il maggiore, facendo alcuni passi indietro e voltando gli le spalle.  

Jude spalancò gli occhi, colto alla sprovvista dalla reazione dell’uomo.  

“Non lo stai facendo davvero, Dark!” affermò forse con l’intento di convincere più se stesso che l’altro “Tornerai, professore” gli urlò dietro, mentre vedeva Ray allontanarsi sempre più.  

“Va’ al diavolo, Sharp” sibilò questi a denti stretti, mentre avvertiva il dolce tepore del sonno sciogliersi delicatamente intorno a sè. Non sarebbe mai più tornato in quel luogo, questo era certo.  

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Capitolo 11
*** News & kisses ***


“Mi hai chiesto di incontrarci, Ember? C’è, forse, qualcosa che non va?”  

“Ad essere onesto, c’è qualcosa che mi spaventa. Ho celato per giorni questo mio segreto, ma ora è arrivato il momento che tu sappia” il ragazzo si sedette più comodamente sulla poltrona, schiarendosi nervosamente la voce e puntellando le dita affusolate nei braccioli in venuto scuro. Era davvero quella la cosa giusta da fare? “C'è qualcosa che mi preoccupa, qualcosa che stona nella solita e monotona vita del professor Dark. Capisci cosa intendo?”  

“No, non comprendo”  

“Ray è cambiato e qualcosa sta muovendo la sua vita in modo innaturale”  

“E quindi? Tu mi avresti chiamato qui solo per riferirmi che Dark sta attraversando una comune crisi di mezza età?”  

“C’è qualcosa di più, idiota, ma non lo capisci?”  

“Non ho mai incontrato quest’uomo se non un paio di volte in tutta la mia vita, quindi non sono la persona adatta con cui discuterne”  

“Oh, invece sei molto più utile di quanto tu possa pensare” affermo il ragazzo, sfiorando delicatamente con la mano un punto ben preciso al di sotto del sottile tessuto della camicia, che celava un ematoma di considerevoli dimensioni che si espandeva su tutto il fianco sinistro.  

“Dimmi cosa posso fare per te”  

“Devi entrare nella vita di Dark e scoprire quante più cose possibili. Non mi interessa a quale prezzo”  

“Mi hai preso per un cane da caccia?”  

“Sei solo la persona più fidata che mi rimane. Xavier è stato ucciso dallo stesso bastardo che gli avevo detto di fare fuori. Ed ora sei rimasto tu”  

“Ho un cattivo presentimento riguardo a quello sconosciuto, Eliot, ma non chiedermi esattamente cosa, perchè non saprei risponderti. Questo famoso ignoto appare e scompare nella notte, senza lasciare alcuna traccia di sè. Ho già fatto ricerche su di lui, ma il risultato è stato un buco nell’acqua”  

“Ti accompagnerò in queste tue ricerche. Ho bisogno di sapere il nome di quel vigliacco con gli occhi da demonio”  

“Occhi da demonio?” ripetè l’altro  

“Sì, occhi rossi, rossi come il sangue. Quando ho incrociato il suo sguardo, mi è sembrato di vedere riflesso le fiamme dell'inferno”  

“Rossi…” 

“Qualcosa che non va, Caleb?”  

“Non prendere per sicure le mie parole, ma credo di avere appena ristretto il mio circolo dei sospettati…”  

****  

 

Stonewall si richiuse alle spalle il portone di casa Ember, scendendo velocemente i pochi gradini che lo separavano dal suolo e percorrendo la strada, lasciando che la propria mente scivolasse nei suoi pensieri. Eliot gli aveva parlato di occhi rossi, un dettaglio che non lo aveva lasciato assolutamente indifferente.  

Sì, il suo campo di sospettati si era decisamente ristretto, ma gli avrebbe dato l’adeguata attenzione solo più avanti, perchè per ora la sua priorità era un’altra.  

****

 

Jude gemette di dolore non appena avvertì l’ennesima fitta partire dalla ferita per poi propagarsi su tutto il corpo. Sentiva la pelle iniziare mano a mano ad intorpidirsi, troppo stanca anch’essa di quella continua sofferenza, mentre gli occhi continuavano a bruciargli a causa dell’irritazione. Aveva pianto, aveva pianto, forse, tutte le lacrime della sua vita, aggrappandosi alla vana ed irrealizzabile speranza che, prima o poi, avrebbe alzato lo sguardo, ritrovandosi davanti la figura di Dark.

Ma così non era stato.

Lo aveva abbandonato definitivamente, ed aveva ragione. Lui, uomo severo e da una condotta di vita prettamente spartana, era riuscito a celare dentro di sè, per quanto gli fosse possibile, una personalità così dissonante rispetto a quelli che erano i suoi ideali. Era stato in grado di sopportare quella metà estranea, assecondando le sue frecciatine arroganti e, talvolta, lanciandone lui stesso delle altre. Ma ora era finito, era tutto finito. E per cosa poi? Per quella lingua biforcuta che, per l’ennesima volta, Jude non era stato in grado di tenere a freno.  

Stupido, stupido ragazzo.  

Si accucciò ancor più, rannicchiandosi a terra in posizione fetale, piegando le gambe all’altezza del petto e avvolgendole con le braccia.  

Aveva freddo.  

Tremò quando avvertì l’ennesima fitta arrivare a fagli pulsare le tempie.  

Dolore e ancora dolore, lacrime su lacrime, singhiozzi su singhiozzi.  

Poi, un’altra scossa lo percosse, facendolo arrivare a conficcarsi le unghie nelle braccia  

Ray, dove sei?  

**** 

 

Sbuffò, mente osservava disinteressato nuvolette di fumo che si arricciavano e snodavano in modo casuale sopra la sua testa. Aveva fatto davvero male ad ascoltare quel pazzo di Eliot, aveva riflettuto. E pensare che la sua unica intenzione era quella di farla pagare a quello schifoso che aveva ammazzato Xavier, ma ora la situazione stava degenerando.  

Andare ad indagare sulla vita di Dark era, a suo dire, assolutamente insensato. Studiare certi piani lo faceva sembrare una sorta di poliziotto, anche se solitamente era proprio lui a scappare non appena li sentiva nominare. Ma almeno, con quell’incontro di pochi giorni prima, la sua lista di colpevoli si era ristretta drasticamente. 

“Occhi rossi”, eccola la parole chiave.  

Ricordava di quel ragazzo che aveva visto qualche volta al pub, ma, soprattutto, quello che accadeva ogni qual volta si erano intrattenuti fino a tarda notte… E pensare che era rimasto fin da subito affascinato da una bellezza così elegante.  

Sgranò gli occhi.  

Ma certo, ecco il suo nome: Jude. 

**** 

 

Dark trattenne a stento un sussulto non appena avvertì come una scossa, veloce e invisibile, sfiorare la sua schiena, fino a soffiare sulla sua spina dorsale.  

Si mosse appena sulla sedia in velluto, tentando di celare quell’improvvisa sensazione di estremo disagio che lo aveva colto. Non aveva, di certo, bisogno di altri guai a causa di Sharp, questo era sicuro, per cui era arrivato alla severa, ma giusta, conclusione di ignorarlo per quanto gli fosse possibile.  

Mosse lentamente il suo sguardo verso l’alunno di fronte a sè, che lo studiava con occhi glaciali.  

Già, potevano degli occhi come quelli essere freddi?  

Trattenne a stento un’imprecazione non appena si rese conto, suo malgrado, che, per arrivare a porsi certe domande, anche la sua sanità mentale stava iniziando a vacillare.  

“Professor Dark” la voce di Eliot lo richiamò alla realtà “Mi scuso se, per l’ennesima volta, le ho chiesto di venire a farmi visita, ma ho necessità di assicurarmi che lei stia bene”  

“Deve essere confuso, Ember. è lei ad aver subito un’aggressione, non io”  

“Questo lo so bene, così come che lei, circa un paio di giorno fa, è stato avvistato di prima mattina in una delle tante stradine che sboccano su Harrison Street”  

Dark ingoiò impercettibilmente aria a vuoto. Dove voleva arrivare?  

“Mi pare logico. Quella notte non avevo chiuso occhio a causa di alcuni lavori rimasti incompleti, tuttavia, quando ho terminato di riordinare e sono salito in camera, non sono riuscito ad addormentarmi, quindi ho preferito fare una passeggiata” si giustificò, mentendo spudoratamente  

“Gira voce che lei sia stato avvistato proprio a pochi metri dal cadavere di un ragazzo, professore” sentenziò tagliente l’alunno “Per sua informazione, quel giovane era un mio carissimo amico, venuto a mancare, appunto, un paio di giorni fa a causa di una sparatoria”  

Dark aprì un paio di volte bocca, ma richiudendola subito dopo, imponendo a se stesso di non far uscire neanche una singola parola, ben conscio, infatti, che qualsiasi vocale sarebbe potuta ripercuoterglisi contro.  

“Xavier Foster, le dice nulla questo nome, professore?”  

“Ricordo di aver letto di lui su un giornale qualche giorno fa”  

“E nulla più?”  

“Assolutamente no”  

“Quindi lei sostiene di non aver mai avuto nulla a che fare con Foster?”  

“Confermo” seguirono dei secondi di silenzio che, a parere del maggiore, durarono fin troppo. Eliot studiò per un tempo indeterminato il linguaggio del corpo del professore, le mani intrecciate, le gambe accavallate e lo sguardo. Tutti questi erano chiari segni a dimostrazione delle false affermazioni dell’uomo.  

Stava mentendo  , stava mentendo spudoratamente.  

“Le sue parole, professore, per me sono sacrosante, e sono pronto a giurare che quello che lei mi sta riferendo non sia nient’altro che la pura verità” mentì  

“La ringrazio per la sua fiducia, Ember”  

“A questo punto sono obbligato a porle una domanda, Dark. Secondo lei, chi potrebbe essere stato a compiere un’azione tanto empia?”  

“Non posso assolutamente aiutarla, non ne ho idea”  

“Bene, la ringrazio comunque” Ray fece per alzarsi, ma la voce dell’alunno lo richiamò nuovamente “Un ultima cosa, professore. Vorrei parlarle di quello che è successo durante l’ultima lezione tenuta a casa sua…”  

“Non c’è assolutamente nulla da chiarire, Ember” sentenziò l’uomo, con voce atona “Si è trattato di un semplice fraintendimento”  

“Oh, quindi è così che lei ha interpretato il mio gesto?”  

“Esattamente Ember, e ribadisco che non c’è assolutamente nulla da chiarire”  

“Perchè non si è allontanato, allora?”  

“In realtà ti ho cacciato da casa mia” rispose seccamente l’uomo, riducendo drasticamente la conversazione dal lei  al tu 

“Non sa mentire, Dark, so che c’è dell’altro”  

“Nulla che ti debba realmente interessare”  

“E invece si” sbraitò il minore, sbattendo i pugni sui braccioli della poltrona ed alzandosi in piedi “Mi riguarda, proprio perchè non credo che lei sia quel tipo di persona che prende sotto gamba certe azioni”  

“E se lo fossi, Ember? E se tu non mi conoscessi tanto bene quanto credi? Cosa conosci tu della mia vita, se non quello che io, di mia spontanea volontà, ho voluto rendere pubblico? Cosa mi impedisce di celare lati del mio carattere? Assolutamente nulla, quindi non avere il coraggio di affermare chi io sia, perchè nessuno è in grado di comprendere qualcuno. Dalle volte siamo noi stessi a scoprire sfaccettature del nostro carattere che mai avremmo potuto affermare di avere” Dark si allontanò dal ragazzo di alcuni passi, fino a trovarsi a pochi metri dall'uscio di casa “Le auguro una pronta guarigione, Ember, ma non mi venga mai più a cercare” sibilò a denti stretti, pochi attimi prima di afferrare la maniglia e sbattere il portone dietro di sè.  

****  

 

Scavalcò silenziosamente la staccionata, assicurandosi che nessuno si fosse accorto della sua presenza, e attraversò il cortile della villa, nascondendosi dalla luce dei lampioni.  

Non era, di certo, la prima volta che compiva azioni di tale portata, eppure poteva avvertire una strana sensazione montargli nel petto ogni qualvolta si voltasse indietro.  

C’era qualcosa di strano che il professor Dark celava tra le mura della sua abitazione, a detta di Eliot, e lui ne avrebbe ben presto scoperto la causa.  

Fece saettare i suoi occhi verdi lungo l’imponente muratura in rilievo cinquecentesca della villa, fino a decidersi ad entrare, utilizzando semplicemente una copia delle chiavi che, chissà come, Eliot era stato in grado di procurarsi e di dargli. Quel ragazzo aveva appigli economici da qualsiasi parte, quindi era meglio non farsi domande sul come ci fosse riuscito.  

Caleb entrograve, facendo subito una rapida perquisizione delle stanze, senza trovare qualcosa di effettivamente interessante. Quello che gli era stato richiesto era di trovare e prelevare delle prove, ma quello che al momento poteva osservare era del pessimo gusto negli arredamenti.  

Ma fu solo dopo qualche minuto di ricerche a vuoto, che gli balenò in mente un’idea. Se veramente Dark era considerato essere il migliore scienziato in tutta Londra, nel suo laboratorio avrebbe potuto trovare oggetti sicuramente molto più interessanti di quelli analizzati fino a quel momento.  

Gli ci volle relativamente poco a trovare la stanza giusta e, non appena entrato, si meravigliò di trovare uno specchio da parete abbastanza grande proprio sulla sua sinistra. Sicuramente Dark era un uomo dai gusti opinabili.  

Si mise a frugare tra le varie boccette disposte prima sul balcone e, poi, nei vari ripiani degli scaffali, curandosi nel rimetterli esattamente al loro posto, per evitare qualsiasi tipo di sospetto da parte del professore.  

Fu proprio quando stava iniziando a dubitare del reale successo della sua ricerca, che una boccetta di un colore più acceso delle altre risaltò al suo sguardo tanto quanto il nome che lesse su di essa. Non era il nome di un elemento chimico e nemmeno quello di un qualche strano prodotto; quello che vi lesse sopra, fu il nome di una persona: Jude Sharp. 

**** 

 

Dark corse a perdifiato lungo l’immensa distesa grigia di fronte a sè, come temendo di non essere arrivato in tempo. Era stato un illuso nell’aver anche solo potuto ipotizzare di riuscire ad allontanarsi tanto facilmente da Jude.  

Non ne era in grado, non poteva, non riusciva.  

Si arrestò sul posto, guardandosi intorno e cercando di definire lo spazio intorno a sè.  

“Sharp!”  

Dark  

“Dove sei?”  

Professore  

Corse, corse ancora fino a quando non avvertì il cuore martellargli in gola e le orecchie pulsare dalla fatica, ma doveva trovarlo o non se lo sarebbe mai perdonato.  

“Sharp!”  

Ray  

E ringraziò ogni santo del paradiso, ogni stella del cielo, ogni filo d’erba, ogni goccia d’acqua non appena riuscì a distinguere in mezzo a quella distesa infinita una piccola macchia scura.  

Jude  

Jude era lì, immobile, con il corpo esanime mollemente disteso al suolo, occhi chiusi e bocca appena aperta. Con una mano stringeva tra le dita il sottile tessuto della benda accuratamente legata attorno al busto, mentre il petto si alzava e abbassava irregolarmente. Dark si avvicinò a quel corpo che, in quel momento, gli pareva essere così inerme da non essere in grado neanche di respirare. Allungò delicatamente una mano verso quella del minore, pigramente abbandonata lungo il fianco.  

Ray  

“Sono qui” sussurrò, stringendo appena le dita del ragazzo nella sua presa, quasi a volerlo rassicurare della sua presenza. Prese quel volto delicato e stravolto dalla stanchezza tra le mani, appoggiandolo al suo grembo e prendendo ad accarezzarlo con quanta più dolcezza possibile.  

Quanto poteva essere stato stupido a compiere un’azione così scellerata? Come aveva potuto anche solo pensare di fargli del male? Idiota, era un completo idiota.  

Tuttavia, si rincuorò lievemente non appena vide i lineamenti del minore rilassarsi sotto il suo tocco, come se la sua vicinanza lo stesse realmente tranquillizzando.  

“Non ti abbandonerò mai più, Jude. è una promessa” sussurrò nuovamente, accostando la sua fronte a quella del ragazzo e socchiudendo gli occhi, anche lui provato dalle cariche che aveva dovuto affrontare quel giorno.  

Mai più  

Sussultò non appena avvertì il corpo del minore muoversi sotto di lui, ed alzò prontamente il viso per paura che il ragazzo rinvenisse e si ritrovasse in quella situazione di vicinanza estrema francamente imbarazzante.  

Lo vide arricciare il naso, mentre i suoi occhi si schiudevano pigramente a scoprire due iridi rosso fuoco.  

“Ray?” sussurrò con un filo di voce, non sicuro che quello che si stava palesando di fronte al suo sguardo non fosse un’allucinazione. Vide il professore sorridere appena. Un sorriso vero, dolce, che forse mai era mai riuscito ad ammirare prima. “Allora sei tornato davvero”  

Il maggiore fece per rispondere, ma non ebbe il tempo anche solo di aprire bocca, che due mani nivee e bollenti dalla febbre si posarono delicatamente ai lati del suo collo, attirandolo verso il basso. Bastò quel semplice tocco, e il suo cervello perse completamente il lume della ragione, non dando modo al professore di reagire neanche quando avvertì le labbra del minore posarsi prima delicatamente, poi con più sicurezza, sulle sue. Quasi tremò non appena il minore approfondì quel contatto così intimo, tanto che si chinò verso l’altro, intrecciando le sue dita tra i rasta del ragazzo. Poi, una scossa attraversò tutta la sua spina dorsale, fino ad arrivare al suo bassoventre.  

Si scansò bruscamente, come se si fosse scottato.  

Sbagliato  

“Sharp, cosa stai fac-“ ma si bloccò non appena si accorse che Jude aveva nuovamente perso i sensi tra le sue braccia “La febbre ti sta facendo delirare” affermò ad alta voce, forse con l'unico intento di convincere se stesso “Stavi sicuramente sognando qualcun altro, forse Stonewall”  

****  

 

“E dunque, professor Hillman, cosa mi sa dire del liquido che le avevo chiesto di analizzare?”  

“Devo essere sincero, Ember, l’analisi di questo prodotto mi ha richiesto molto più tempo del previsto, ma le scoperte che ho fatto sono sconcertanti”  

“Ebbene?”  

“Questo non è un normale esperimento, ma una vera e propria porta che conduce direttamente agli Inferi. Chi ha creato questo composto aveva come obiettivo quello di scindere la mentalità umana nelle due facce della medaglia: buono e cattivo”  

“Cosa sta farneticando?”  

“Esattamente questo, Ember. Chi ha fatto questo lavoro, ha permesso la nascita di un essere che incarna il male in persona” mormorò l’uomo, forse più sotto shock dello stesso ragazzo che aveva di fronte a sè.  

“Esiste una soluzione a questo?”  

“Una sola, in realtà”  

“E sarebbe?”  

“Eliminare chi ha creato questa pozione. Uccidendo lui, morirebbe anche il suo gemello negativo”  

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Capitolo 12
*** Broken mirror ***


Erano passate circa un paio di settimane da quello strano evento. Jude si era pian piano rimesso in forze e, come Dark aveva previsto, sembrava non ricordarsi del fantomatico bacio. Ma, forse, era meglio così, a detta dell’uomo. 

Come ogni pomeriggio, il professore stava facendo i suoi soliti studi in laboratorio, selezionando miscele ed etichettandole con minuziosa attenzione, sotto lo sguardo silenzioso e vigile del riflesso.  

Da quando Sharp si era ripreso ed era stato in grado di manifestarsi, non c’erano state altre discussioni in merito alle aggressioni, ma, ovviamente, non mancavano le abituali frecciatine volte a distrarre il maggiore dal suo lavoro meticoloso.  

Ed, inaspettatamente, Dark iniziava quasi a provare piacere in quella insolita compagnia che, ormai da mesi, aveva stravolto la sua vita, ma non lo avrebbe mai ammesso. Mai.  Era come se, in un certo senso, avesse quasi trovato una sorta di pace interiore, come se tutti quegli eventi non avessero fatto altro che unire armoniosamente le due personalità così dissonanti.  

Eppure, di lì a pochi minuti, quell’armonia si sarebbe frantumata in mille pezzi come un’ampolla di vetro.  

“Dì un po’, professore, hai degli ospiti a casa?” mormorò d’un tratto il minore  

“In che senso?”  

“Sento rumoreggiare fuori dalla porta” affermò, non nascondendo un tono di preoccupazione.  

Dark si accostò silenziosamente alla porta che dava accesso alla sala, constatando che, come aveva appena affermato il suo alter ego, si potessero distinguere alcune voci fuori da essa. Aguzzò il suo udito, tentando di captare delle parola o, perlomeno, di riconoscere qualcuno, e quello che sentì gli fece gelare il sangue nelle vene.  

Corse come un pazzo verso l’armadio dove teneva i suoi numerosi esperimenti, constatando che un’ampolla, quell’ampolla, era disgraziatamente scomparsa. Impallidì.  

“Che ti prende, Dark?” domandò il riflesso preoccupato, incrociando le iridi stralunate del maggiore  

“Ci hanno incastrato, Jude” mormorò con un filo di voce, avvicinandosi allo specchio  

“Che vuoi dire?”  

“L’ampolla dove avevo versato il liquido rimanente dall’esperimento che ha portato alla tua creazione, è scomparsa” sussurrò, scandendo fin troppo lentamente la frase “Qualcuno deve essersi intrufolato in casa ed averla prelevata”  

“Sanno di me?”  

“Probabile”  

“Ci ammazzeranno, vero?”  

Il professore esitò visibilmente, abbassando lo sguardo.  

“Non siamo stati in grado di cancellare le nostre tracce. Hanno scoperto che c’è un legame fra te e me”  

Un violento colpo alla porta fece sobbalzare entrambi.  

“Dark, scappiamo”  

“Impossibile, avranno sicuramente circondato casa” rispose l’altro di rimando  

“Allora fa in modo di cancellare la mia esistenza” sbraitò il minore, guadagnandosi un’occhiata mista tra lo scettico e lo stupito “Se non hanno modo di constatare la mia presenza, non possono incolparti”  

Se morissi, pagherei per i miei sbagli  

Incrociò nuovamente gli occhi del professore  

E per tutto il male che ti ho causato  

“Il tuo sarebbe un gesto assolutamente inutile, Jude” si sentì rispondere “Se sono qui, è perché hanno tutte le prove necessarie ad ammazzarci. Se ti eliminassi, anticiperei solo di qualche minuto la tua discesa negli inferi” constatò, con una calma glaciale che fece tremare il minore.  

Un ennesimo tonfo contro la porta.  

“Di qua si va al laboratorio!”  

“E quindi…è finita?”  

“Si, ragazzo”  

Quelle due semplici parole furono in grado di svuotare completamente l’animo del minore, lasciando cadere il suo sguardo spento ed assente a terra, incapace di proferire qualsiasi altra parola.  

Fu in grado di aprire bocca solo quando vide il professore avanzare di qualche passo verso di lui con un pugnale bel saldo nella mano destra.  

“Che hai intenzione di fare?”  

“Ripensandoci, sono troppo orgoglioso per permettere che siano gli altri a mettere fine alla mia vita” affermò con convinzione, con un tono che fece sorridere amaramente il minore  

“A quanto pare sono riuscito ad insegnarti qualcosa di utile in questi mesi” rispose, altrettanto sadicamente. Secondo sorriso amaro.  

Dark ingoiò aria a vuoto, accostando la mano libera sul vetro e facendo con l’altra una leggerissima pressione all’altezza del cuore, preparandosi al gesto finale.  

Jude assunse specularmente la sua stessa posizione, separati l’uno dall’altro dalla sottile superficie.  

“Sei riuscito ad insegnarmi anche un’altra cosa, Jude” sussurrò, incastonando per l’ultima volta i suoi occhi nelle iridi infuocate dell’altro “Non saranno mai in grado di separare Jekyll da Hyde”  

Non fu necessaria alcuna domanda, non fu necessario alcun chiarimento, perché in quello stesso istante, i due avvertirono la barriera infrangersi, lo specchio scomparire, la superficie evaporare, ritrovando le loro mani intrecciate l’una all’altra.  

Due sguardi stupiti continuarono ad osservarsi increduli.  

“Davvero non possiamo scappare?” sussurrò l’alter ego, in tono di supplica  

“Impossibile, Jude” rispose, stupendosi nel vederlo abbassare gli occhi, lievemente lucidi, e mordersi con forza il labbro inferiore  

“Proprio ora che siamo riusciti a liberarci…”  

“Vedila così” il maggiore liberò la sua mano da quella del minore, facendola delicatamente scivolare sul suo fianco per attirarlo a sé “Bruceremo nell’inferno insieme” sussurrò sulle sue labbra, prima di azzerare completamente le loro distanze ed intrappolarsi in un bacio disperato. Le mani del ragazzo si aggrapparono automaticamente al collo dell’uomo, mentre il suo viso era ormai bagnato dalle lacrime.  

Non permise all’altro di allontanarsi neanche quando Dark si decise a pugnalarsi con un colpo secco, all’altezza del cuore. Di riflesso, Jude urlò dal dolore non appena avvertì anche le sue carni essere lacerate, nascondendo il viso nell’incavo del collo del maggiore, mordendo la sua spalla con forza e non gli importò nulla neanche quando avvertirono la porta del laboratorio cedere sotto i colpi ed essere spalancata. Il minore fece appena in tempo a distinguere una figura che, in realtà, aveva già immaginato essere coinvolta: Eliot Ember, il quale gli lanciò uno sguardo d’odio. Ma non era solo.  

“Oh, ma che splendido quadretto” affermò Eliot, entrando nella stanza  

“Devo ammettere che ci troviamo nel bel mezzo di una scena a dir poco commovente” Rispose di rimando Caleb, asciugandosi teatralmente una lacrima dagli occhi “Bene bene, Dark, eravamo venuti per arrestarla e condurla direttamente al processo, ma, come vedo, lei si è già portato avanti col lavoro” constatò subito dopo, notando i rivoli di sangue che macchiavano gli abiti di entrambi i due uomini. Fu in quel secondo che incrociò lo sguardo di Jude e ghignò divertito  

“E quale sarebbe la causa di questo fantomatico arresto?” domandò il professore, premendo con una mano la zona ferita  

“È giunta nelle nostre mani questa singolare fialetta” affermò Eliot, estraendo dalla tasca la boccetta con il liquido rosso “È stata analizzata dai migliori scienziati in circolazione, fino ad arrivare alla conclusione che lei abbia inventato una pozione degna dello stesso Demonio”  

“Modestamente, mi sento onorato di tale accusa”  

“Lei ha diviso la psiche umana in due metà opposte, si rende conto della gravità della situazione?” intervenne Caleb, avanzando minacciosamente di un passo  

“Quante volte, anche involontariamente, ci lamentiamo di quanto le persone possano rivelarsi false ai nostri occhi? Ebbene, con il mio esperimento sono riuscito ad estraniare la parte negativa in una seconda figura in grado di agire e pensare autonomamente.”  

“Ha permesso la libera circolazione per le strade di Londra del Male. Impossibile prevedere quali sarebbero stati gli esiti se non avessimo scoperto prima il suo lavoro, professor Dark”  

“Se, quindi, io sono stato etichettato come ‘il Male in forma umana’, mi stupisco del fatto di essere stato proprio io ad essere stato aggredito ed aver rischiato la vita” mormorò l’alter ego, fulminando con le sue iridi rubino lo sguardo di Eliot  

“Hai ucciso Xavier”  

“Mi ha puntato una pistola in fronte”  

“Proprio la morte è la fine giusta per te” si intromise nuovamente Caleb, avanzando di un secondo passo ed estraendo dalla tasca una pistola  

“Non mi è parso di capire questo fino a quando siamo andati a letto insieme, mio caro” affermò con malizia Jude, ridendo di gusto non appena vide l’altro esitare “Ho condotto uno stile di vita libertino come molti altri, è vero, ma oltre questo, cos’ho fatto se non difendermi da morte certa?”  

“Hai rovinato la vita del professore”  

“Brucia così tanto essere rifiutati e scherniti, Eliot?” domandò l’alter ego, ghignando nel vedere i pugni dell’altro iniziare a tremare dalla rabbia  

“Che tu possa bruciare in eterno nelle fiamme dell’inferno. Quello è il tuo posto”  

“Minacci molto bene, per essere uno che non è in grado neanche di difendersi da solo. Anche oggi vedo che hai dovuto portare un sostegno morale” mormorò di rimando l’alter ego, sogghignando per l’ennesima volta. Ma Ember era davvero stufo di starlo a sentire, tanto che estrasse dalla tasca una pistola e la puntò verso i due interessati, già agonizzanti a causa della pugnalata. Dark, con le mani ancora premute sul petto, lo guardò con occhi spenti, completamente vuoti e delusi, mentre il più giovane lanciò stille di sfida dai suoi.  

“Va’ all’inferno, Sharp. Che tu sia maledetto e possa bruciare tra le fiamme, solo” sussurrò gelidamente, lanciando due colpi ben precisi, lasciando cadere i corpi a terra terra. Corpi morti.  

****  

 

Nessuno, da quel giorno, osò più parlare dei due criminali, nessuno fiatò rigrardo alla loro morte, nessuno si domandò chi fosse stato ad ucciderli. La notizia volò velocemente nella scia del tempo, nella paradossale sicurezza di aver assistito ad una giusta fine dei due protagonisti, nella banale tranquillità di aver agito per il bene.

Il giorno seguente, Londra era nel più completo e placido silenzio, avvolta in una delicata nebbia che abbracciava timidamente le abitazioni del centro.

Fu proprio in quella mattina che uno dei tanti ispettori, impegnato nello sgomberare il posto per analizzare ciò che rimaneva del lavoro del defunto professore, ebbe la maleaugurata idea di entrare nel laboratorio senza un qualche accompagnatore. Rimase inizialmente affascinato dalle lunghe file di ampolle perfettamente ordinate e catalogate sui mobili a parete e della pulizia maniacale del bancone.

Fu solo quando incrociò per la prima volta i suoi occhi nel riflesso dello specchio accanto a sé, che il suo sguardo acquamarina sussultò.

Su di esso distinse una giovane figura dalla corporatura esile e dallo guardo nero e magnetico, che lo stava osservando con un leggero sorriso beffardo, mentre con le mani giocherellava con una ciocca di capelli verde.

Tremò non appena il riflesso sussurrò in una dolce ed inquietante cantilena queste parole:

They'll never be able to separate Jekyll from Hyde

****  

 

 

Ed ecco pubblicato l’ultimo capitolo di questa storia stramba che mi ha tenuto compagnia durante tutto il corso del quinto anno di liceo. Il mio più grande sogno dopo gli esami era proprio quello di gestire una mia piccola pagina come scrittrice ed, anche se in pochi la seguono, vi assicuro la mia soddisfazione personale è altissima.  

Un bacio grande a chi ha letto o semplicemente aperto la mia storia per curiosità (per insulti, minacce di morte e ricatti, aspetto i vostri commenti!) Ciao a tutti💚 

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