The Beauty and the Beast

di Death Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente.
Benché avesse tutto quello che poteva desiderare il principe era viziato, egoista e cattivo.
Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio di un riparo dal freddo pungente.
 
–Chi sei? Cosa cerchi, vecchia? –
–Il mio nome è Gemma. Sono in cerca di un riparo dal freddo. Solo per questa notte –
–E cosa ne ottengo in cambio? –
–Non tutto si fa per ricevere in cambio qualcosa, giovane principe. Però posso offrirle una rosa in dono. È molto particolare–
 
Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò.
Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore.
Il principe la respinse di nuovo
 
–Sparisci dalla mia vista, vecchia! Cosa me ne faccio io di una rosa? Sono un principe! –
 
e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata.
Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti.
 
–Da oggi tutti vedranno chi sei davvero: una Bestia. Non c’è bontà nel tuo cuore principe. E se un re non sa amare, come possono i suoi sudditi prendere esempio da lui? Se prima del cadere dell’ultimo petalo non troverai qualcuno in grado di farti provare amore e in grado di innamorarsi di te, tu e tutto il tuo castello e i suoi abitanti rimarrete sotto il mio incantesimo per sempre–
 
Vergognandosi del suo aspetto mostruoso, la bestia si nascose nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul mondo esterno.
La rosa che gli aveva offerto la fata era davvero una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita fino a che il principe avesse compiuto 21 anni.
Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato; in caso contrario sarebbe rimasto una bestia per sempre.
 
Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza.
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
 

 
********

 
Il paesino di Modest! -rigorosamente con il punto esclamativo, aveva detto il sindaco- era piccolo e carino, non più di quattrocento abitanti. L’aspetto era semplice: le case erano tutte uguali con un piccolo giardino privato nel retro e il cortile all’ingresso; ognuno aveva la propria cantina; le strade erano sempre in ordine; i servizi funzionavano e la domenica mattina la messa si svolgeva sempre in orario. Gli abitanti non erano persone particolari, anzi uno dei protagonisti di questa storia direbbe che erano particolarmente noiosi e fastidiosi. Era insomma un tipico paesino di campagna, ma come in tutti gli ambienti di questo tipo, i cambiamenti non erano visti di buon occhio. Il “nuovo” e il “diverso” facevano paura: qualunque cosa avrebbe potuto sconvolgere la loro tranquilla quotidianità.

Sulla via principale del paese che portava alla piazza c’era la casa della signora Calder. Lei amava nascondersi dietro le tende della finestra della cucina per guardare cosa accadeva in strada, e trovava assolutamente necessario spiare, dalle tapparelle della sua camera da letto, la strada della panetteria per ascoltare le ultime novità che le vecchie signore e le giovani ragazze in fila per il pane si raccontavano. Alcune persone pensavano fosse proprio questo il motivo del suo lunghissimo collo. Alla sera, dopo aver dedicato il suo pomeriggio a preparare una gustosa cena per il marito, era solita sedersi sulle scale davanti alla porta per fare quattro chiacchiere con la sua amica della casa accanto. Il suo passatempo preferito era però riferire le sue scoperte alle signore del circolo de tè. Era una vera tradizione: ogni domenica, a pranzo concluso, si incontravano tutte a casa della signorina Swift, che aveva la casa più bella di tutte, bevevano il tè, mangiavano biscotti e riempivano il loro pomeriggio di chiacchiere.

Il loro argomento preferito era Harry Styles, il giovane figlio della panettiera del paese che amava portare i capelli lunghi, preferiva passatempi più leggeri rispetto a quelli a cui, essendo un ragazzo, avrebbe dovuto dedicarsi, e leggeva molto. Probabilmente era colpa della madre che non lo aveva educato bene, o forse, aveva detto la Calder trovando tutte le altre d’accordo, il problema era stato crescere senza la presenza di una figura maschile in casa che gli insegnasse a comportarsi come si deve. Dopotutto, Anne, la madre, era considerata un po’ matta in tutto il paese: così libera, così allegra, non aveva versato neanche una lacrima quando il marito era andato via di casa, andava sempre in giro da sola e non frequentava nessuno dei circoli per signore del paese: non quello di cucito, non quello di giardinaggio, o quello di ricamo, né quello del tè - non che in quest’ultimo sarebbe stata ben accetta, sia chiaro. Adorava, dopo l’orario di chiusura della panetteria, chiudersi in casa e da quel momento iniziavano a provenire strani rumori e a fuoriuscire strani fumi. Una volta al mese partiva con il suo carretto e il suo cavallo Philip alla volta del paese accanto, per vendere tutte quelle diavolerie che produceva nel suo salotto. Lo sapevano tutti che il marito era scappato perché Anne era sempre stata troppo strana per quel luogo, troppo attaccata ai libri, troppo vivace e troppo piena di iniziativa. Gli uomini, una volta che entravano nella vita di una donna dovevano essere al primo posto, specialmente un uomo come Dan Styles abituato a vivere nel lusso. Era l’uomo più bello del paese: troppe lacrime erano state versate il giorno che lui e Anne si erano messi insieme. Una mattina però, dopo pochi anni dal loro matrimonio e dalla nascita del figlio, l’uomo era partito e non era mai più tornato, lasciando la moglie a crescere il bambino da sola. Anne non era sembrata troppo dispiaciuta, avevano detto le signore del paese, sicuramente era stata lei con il suo comportamento strano, anormale, a spingere quel bravo ragazzo ad abbandonare tutti i suoi affetti.
In paese però, molto più che in altri posti, vige la regola del “Tieniti stretti gli amici, ma i nemici ancora di più” (soprattutto se hanno dei bei figli) e tutti facevano buon viso a cattivo gioco.

Harry era sempre stato particolare: da bambino amava studiare e preferiva rimanere dentro casa a leggere o andare nel parco a cogliere fiori, piuttosto che giocare a palla come tutti gli altri maschietti della scuola, adorava cucinare ed era sempre pronto ad aiutare la madre nelle faccende di casa. Non aveva mai fatto a botte, non aveva mai espresso il desiderio di giocare nel fango, di andare a caccia o di imparare qualche lavoro da vero uomo, come spaccare la legna o fare il fabbro. Adorava aiutare la madre nel negozio e cucinava dei dolci favolosi. Quando era morto il cane che aveva avuto fin da piccolo si era lasciando andare a un pianto disperato, nonostante tutti sapessero che piangere non è da uomo. Indossava pantaloni troppo stretti e camice troppo aperte.

Harry con la sua figura magra e slanciata, i suoi capelli ricci -troppo lunghi a detta della parrucchiera- gli occhi verdi, le fossette sulle guance che spuntavano ad ogni sorriso e i suoi lineamenti delicati era, senza ombra di dubbio, il ragazzo più bello di tutto il paese. Era dolce, simpatico, sempre gentile con tutti. Era il partito che ogni madre avrebbe voluto accanto alla propria figlia. Era evidente però che quello strano ragazzo aveva gusti molto particolari: non amava le figure morbide delle ragazze, ma preferiva quelle toniche e muscolose degli uomini, lo sapevano tutti. Non che si facessero problemi. Alcuni vecchi signori, con i baffi grigi e ormai senza capelli, e qualche uomo più ricco ancora storcevano il naso davanti a questa libertà che le persone si prendevano nel lasciarsi andare ad amori di quel tipo. Tuttavia, il tempo aveva insegnato che tanto di “quelli come loro” non ci si libera mai, e quindi  che stessero insieme alla luce del sole piuttosto che rintanarsi al buio e creare altri dispiaceri alle loro famiglie. Erano un paesino molto tradizionale ma gli abitanti, ripetevano sempre, non erano mica stupidi: capivano queste cose, erano al passo con i tempi loro! Ormai da generazioni esistevano coppie dello stesso sesso che convivevano. Certo, gli stereotipi erano sempre sulla bocca di tutti quando si doveva parlare di loro: le due vecchiette sposate che vivevano quasi fuori dal paese erano assolutamente bisbetiche -affermava Taylor Swift del circolo del tè-, i due uomini che convivevano poco lontano dalla casa del fruttivendolo, erano due spendaccioni -confermava la parrucchiera che il sabato sera frequentava il circolo di cucito- e avevano modi veramente esagerati quando parlavano -aveva detto la proprietaria del negozio per la cura del corpo, che il mercoledì pomeriggio chiudeva prima per poter arrivare in tempo al circolo di lavoro a maglia-.

Modest! era un paesino semplice, carino, costituito da abitanti forse troppo spaventati di poter perdere la propria tranquillità per riuscire a guardare al di là del loro naso, ma era comunque un bel posto in cui vivere. Anne lo ripeteva sempre: lei era cresciuta lì e, nonostante tutto quello che si diceva sul suo conto, viveva una vita felice e serena.
 
 
 
Quella mattina di fine autunno Harry era uscito presto. Aveva legato i capelli in una coda bassa che gli ricadeva morbida sulla schiena, aveva indossato la sua camicia bianca larga e i suoi pantaloni neri e, afferrando il mantello che la madre gli aveva lanciato all’ultimo secondo, si era chiuso la porta alle spalle.

Era una mattinata piuttosto calda e le persone ne avevano approfittato per andare a fare compere o per portare i bambini al parco.

–Buongiorno Harry! – gli aveva detto la signora Calder mentre dava l’acqua ai suoi ciclamini.

–Buongiorno, signora Calder– aveva risposto con un sorriso.

–Ciao Harry! – aveva gridato la signorina Swift sbattendo le ciglia e sorridendo ampiamente, mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

–Ciao, Taylor– l’aveva salutata lui con un sorriso appena accennato. Quella ragazza lo metteva a disagio, si comportava in modo sempre troppo sfacciato con lui.

Mentre camminava per le strade, gli odori e i suoni tipici della vita in paese gli arrivavano confusi: l’odore della frutta fresca, del pesce, dei fiori, il rumore delle finestre dell’osteria che venivano spalancate per far prendere aria al locale. Il sabato mattina la piazza era sempre piena di vita, in lontananza le voci erano allegre. Ognuno si dava il buongiorno con un sorriso e alcune donne si riunivano in gruppi da tre o quattro persone per parlare dei figli, dei mariti e della casa. I bambini giocavano a nascondino o a palla, divertendosi a dare fastidio alle persone che facevano acquisti al banco della frutta.

Dopo aver incontrato un altro paio di persone lungo la strada, il ragazzo raggiunse finalmente il suo posto preferito: la libreria del paese.

Era un luogo poco frequentato ma che rimaneva ancora aperto grazie a tutte le ragazze che, almeno una volta al mese per fare bella figura con le amiche e i ragazzi, passavano a prendere qualche libro -che per di più veniva utilizzato per raddrizzare i mobili o come sottopentola. Qualche anziana signora la frequentava più spesso e a volte gli uomini facoltosi andavano lì per cercare qualche libro da aggiungere alla loro collezione, o per le novità. Era l’unico posto in cui, a cadenza regolare, si riusciva a trovare qualcosa di nuovo. In quel paese, cosa che a Harry dava molto fastidio, era sempre tutto uguale: ogni mattina era identica alla precedente, i discorsi erano gli stessi tutti i giorni e non si vedeva mai una faccia nuova.

–Buongiorno! – esclamò Harry allegramente aprendo la porta della libreria e facendo tintinnare la campanella all’ingresso.

–Ragazzo! – gli rispose il libraio andandogli incontro sorridendo.

Robin aveva ereditato la libreria da suo padre e l’aveva sempre trattata con cura. Aveva visto tantissimi giovani entrare da quella porta ma era raro che ricordasse il nome di qualcuno. Quando però si trattava di Anne o Harry non sbagliava mai: erano dei clienti assidui.

–Non dirmi che hai già finito il libro. Sei stato qui soltanto ieri! – disse divertito l’uomo.

Il giovane sorrise ampiamente mostrano le fossette –Veramente sì, l’ho letto tutto d’un fiato– ammise –e poi lo sai, adoro venire qui: è il posto più interessante di tutto il paese! – esclamò.

–Ma non dire sciocchezze, figliolo– lo riprese bonariamente Robin facendo un passo verso di lui.

–È magico entrare qui. Ci sono tutti questi libri rilegati con cura, disposti l’uno accanto all’altro. Così piccoli eppure così grandi. Oh, se solo la gente sapesse quanti viaggi si possono fare senza doversi allontanare da casa grazie ai libri … – cominciò il riccio con sguardo luminoso accarezzando con gli occhi colmi di adorazione gli scaffali polverosi. –Comunque! – Si riscosse tornando a guardare il libraio. –Sono qui per riportarti il libro e per prenderne un altro– disse muovendosi sicuro verso uno scaffale, ormai conosceva quel posto a memoria.

–Vediamo … – disse tra sé e sé picchiettandosi il labbro inferiore con la punta delle lunghe dita. –Se non ti dispiace mi piacerebbe prendere … questo! – esclamò tirando fuori dal mobile un libro dalla copertina azzurra.

L’uomo lo guardò divertito –Ma lo hai letto già due volte! –

–È il mio preferito! Posti esotici, intrepidi duelli, incantesimi, un principe misterioso … – iniziò con sguardo sognante.

Robin ridacchiò –Se ti piace così tanto, allora te lo regalo! –

–Ma Robin … –

–Insisto! – lo interruppe il libraio.

–Oh, ti ringrazio! Ti ringrazio con tutto il cuore! – disse Harry abbracciandolo forte.

Robin sorrise dandogli due pacche sulla schiena.

–Come vanno le cose con la panetteria? – chiese quando si staccarono dall’abbraccio.

–Tutto bene, grazie–

–Tua madre? –

Harry sorrise divertito: erano anni che sua madre e Robin si lanciavano sguardi innamorati, quando si sarebbero decisi a darsi una mossa sarebbe stato troppo tardi –Tutto bene. Mi ha chiesto di te l’altro giorno–

–Davvero? – chiese l’uomo nascondendo malamente l’emozione.

Il sorriso del giovane divenne ancora più ampio –Sì! Forse potresti passare da noi ogni tanto. Le farebbe piacere! –

Robin abbassò lo sguardo imbarazzato, portandosi un braccio dietro la nuca –Beh sai ma io ho la libreria da guardare … – iniziò

–Dubito che se ti assentassi per un po’ di tempo qualcuno farebbe problemi– lo interruppe il riccio –Specialmente in questo paese–
Robin lo guardò seriamente –Non essere troppo duro con queste persone, ragazzo. Hanno la loro vita, hanno altro a cui pensare–
Harry sbuffò alzando gli occhi al cielo –Certo, come no … Hanno talmente tanto a cui pensare che fanno sempre le stesse cose! Indovina: ogi, come ogni sabato mattina, la signora Calder, esattamente alle nove in punto, stava annaffiando le piante davanti casa sua, che sono le stesse da quando ne ho memoria! La signora Mull stava dicendo a suo marito che martedì andrà dal parrucchiere, come se fosse una novità e non una cosa che succede tutte le settimane. Il colore delle vetrine è sempre lo stesso. Mamma non si azzarda a cambiare il prezzo del pane da anni ormai! I bambini crescono, le persone invecchiano, ma qui rimane sempre tutto uguale– disse guardando Robin negli occhi.

–È così che vanno le cose da queste parti– rispose l’uomo dopo un po’. –Passerò a trovarvi presto, lo prometto– si affrettò ad aggiungere accompagnando Harry alla porta.

Harry si arrese abbassando le spalle un po’ deluso, anche se tutt’altro che sorpreso. Con Robin, come con sua madre d’altro canto, era inutile tirare fuori quell’argomento, lo mettevano sempre a tacere o lo ignoravano finché non si stancava di parlare.

–A presto, allora. Grazie ancora per il libro! –

–Grazie a te, Harry. Buona giornata! – gli disse mentre il riccio usciva dalla libreria.

–Grazie, anche a te! – urlò il ragazzo dalla strada, stringendo al petto il regalo.
 
 
Cominciò a camminare verso casa con il naso sepolto tra le pagine del libro, gli occhi sognanti mentre leggeva le prime righe dell’introduzione, e intorno a sé poteva sentire i commenti delle persone. Parlavano ad alta voce ed Harry si era sempre chiesto se lo facessero per essere sicuri che lui li sentisse, per cercare di scatenare qualche reazione o perché erano troppo tonti per parlare più piano.

Andava avanti così da sempre e dopo le prima volte che era tornato a casa da sua madre in lacrime, aveva smesso di farci caso.

–Che ragazzo particolare! Legge così tanto … dovrebbe fare qualcosa più adatto a lui. È così giovane! –

–Sicuramente non sa neanche dove sta andando. Non guarda neanche la strada! –

–Beh, sicuramente è un ragazzo singolare, non se ne trovano altri come lui. Però forse potrebbe occupare il tempo in modo migliore –

Ripetevano sempre le stesse cose da quando ne aveva memoria. Sua madre gli aveva insegnato a passarci su: la diversità non è un difetto, gli ripeteva sempre, ma qualcosa di cui andare fieri.
 
 

Nonostante fosse la terza volta che leggeva quel libro, non riusciva proprio a staccare lo sguardo dalle pagine. Si emozionava sempre.

Appena tornato a casa si era raggomitolato sulla prima poltrona che aveva trovato e aveva continuato a leggere, incurante del tempo che passava.

Quando, dopo un paio d’ore, qualcuno bussò alla sua porta, per poco non cadde a terra per lo spavento.

Posando il libro con delicatezza andò all’ingresso.

–Chi è? – chiese.

–Harry! Sono Xander! – rispose l’ospite da dietro la porta.

Il riccio sbuffò alzando gli occhi al cielo. Xander Ritz: a detta di tutti, il ragazzo più coraggioso e talentuoso del paesino, l’uomo perfetto; secondo Harry era solamente un vanitoso, sessista, ignorante, cavernicolo. Aveva qualche anno più di lui ma continuava a comportarsi come un adolescente.

Avrebbe preferito far finta di non esserci ma purtroppo ormai aveva parlato, così con riluttanza aprì la porta.

–Xander! Ma che bella sorpresa! – lo accolse con un sorriso tirato.

–Sono d’accordo: io sono pieno di soprese! – esclamò con voce possente scansando il giovane e facendosi largo nell’abitazione come fosse casa sua. Harry chiuse la porta e lo seguì all’interno.

–Ti porto grandi notizie! – disse voltandosi verso di lui.

Xander era più alto del riccio, amava fare a botte nelle taverne e la sua passione era la caccia. Era indubbiamente un bel ragazzo ma non il tipo di Harry, assolutamente. Gli piacevano i maschi, ma lui preferiva il cervello ai muscoli.

Il giovane lo guardò sospettoso.

–Quali no-

–Sai– lo interruppe Xander avvicinandosi ancora con un sorriso a trentadue denti. –Non c’è ragazzo o ragazza che non vorrebbe essere al tuo posto in questo momento! – disse mettendogli un braccio attorno alle spalle.

–Ah sì? – rispose il riccio muovendosi per togliersi il peso di dosso. L’altro non era dello stesso avviso e, spostando il braccio sulla sua vita sottile, lo condusse verso il salotto.

–Questo sarà il giorno in cui si avvereranno i tuoi sogni! – disse facendo un gesto teatrale con la mano libera.

Harry riuscì a liberarsi e ad allontanarsi un pochino per poter guardare l’uomo in faccia –E tu che ne sai dei miei sogni, Xander? –

Il moro ghignò –So tutto! – disse –Non c’è più bisogno di fingere con me, Harry. L’ho capito! – disse passandogli una mano sulla guancia e spostandogli un riccio ribelle dietro l’orecchio.

Un brivido di repulsione passò sulla schiena del giovane che fece un passo indietro.

–Di cosa stai-

–Puoi stare tranquillo adesso. Provo lo stesso anche io– lo interruppe di nuovo.

Harry lo guardò confuso.

–Non capisco di cosa tu- venne interrotto di nuovo. Evidentemente Xander non aveva idea di cosa fosse l’educazione.

–Smettila di fingere, Harry. Sono venuto qui per … – Si interruppe scuotendo la testa e avvicinandosi di un altro passo al ragazzo. –Immaginati la scena– disse mettendogli un’altra volta la mano sulla spalla e facendo un gesto con l’altra come se gli stesse mostrando qualcosa.

–Una rustica casina di campagna, la mia ultima preda sul fuoco, la mia dolce metà che mi massaggia i piedi, mentre i bambini giocano sul pavimento con i cani – disse.

Harry lo guardò togliendosi la mano di dosso e allontanandosi, mettendo fra loro il divano.

–Tutto molto bello, Xander … E chi sarebbe la fortunata? – chiese sperando che l’uomo daanti a lui non andasse a parare dove pensava.

Xander lo guardò come se fosse stupido, poi ridacchiò e, cercando di aggirare il divano, rispose –Ma ovviamente tu, Harry! –

Il riccio era sicuro di aver perso colore sul viso. –Xander … Sono davvero lusingato-

–Certo! Certo che lo sei! – esclamò facendo un altro passo verso di lui, che nel frattempo si era allontanato verso la porta d’ingresso.

–Xander io … – ridacchiò nervosamente –Stai sicuramente scherzando. Hai parlato di bambini e poi io non ho assolutamente inten-

Xander lo interruppe per l’ennesima volta –Cosa ci trovi di strano nei bambini? Ovviamente avremo dei bambini. I nostri! –

–Ehm, forse ti sarà sfuggito che io sono un maschio, non posso avere figli. Sai i bambini nascono solo tra un uomo e una donna. A meno che tu non sia una donna … in tal caso non sarei interessato comunque– cercò di spiegare come se si trovasse di fronte a un bambino, cercando di nascondere l’agitazione.

Il moro rise –E con ciò? Il fatto che tu non possa avere figli non mi impedirà di averne! Ho molte donne pronte ad aiutarmi. Ovviamente li crescerai tu, ho abbastanza soldi e potere da portarglieli via appena fuori dal ventre materno! – esclamò con fierezza.

Harry provò un leggero senso di nausea. Che razza di persona aveva davanti?

Prese un grosso respiro per darsi coraggio.

–Non sono interessato– disse guardandolo negli occhi e avviandosi alla porta d’ingresso.

–Come prego? – tuonò il più alto tra i due.

–Xander, non so cosa tu abbia per la testa ma gradirei che uscissi immediatamente da questa casa. Non ho intenzione di sposarti. –

L’uomo si avvicinò infuriato mentre il giovane dagli occhi verdi apriva la porta di ingresso. –Spero tu stia scherzando, ragazzino–

–Assolutamente no. Ora fuori di qui– disse spingendolo fuori dalla porta.

Mentre stava per chiudere l’uscio un piede si frappose tra la porta e il muro.

–Ho detto che mi sposerai Harry e tu lo farai. Che tu lo voglia oppure no! – lo minacciò prima di ritirare il piede permettendo alla porta di chiudersi.

Una volta che se ne fu andato Harry si accasciò a terra con le spalle sul legno spesso dell’ingresso e tirò un grosso sospiro di sollievo.
 
 
 
–Allora? Come è andata? – chiese l’uomo correndogli dietro.

–Quel ragazzino ha detto che non mi sposerà– disse con rabbia camminando velocemente, sbattendo i piedi a terra con forza e sporcandosi gli stivali di fango.

–Come è possibile? – rispose l’altro, sorpreso e indignato come se fosse stato lui stesso a essere stato appena respinto.

–Non preoccuparti, Ben. Harry mi sposerà in ogni caso. Devo solo trovare il modo di convincerlo– disse con tono sicuro e minaccioso.

–Ma se il ragazzo ha detto di no … – provò ad argomentare Ben.

–Sei forse impazzito? – gli urlò contro girandosi a guardarlo. L’omino tremò di paura –Non mi interessa se ha detto di no. Io sono l’uomo più ambito del paese! Nessuno può permettersi di rifiutarmi e poi– continuò con un sorriso cattivo –io lo faccio per lui. Tutti si aspettano che lui mi sposi. È il ragazzo più bello del paese ma anche il più … anormale. Serve uno come me per rimetterlo in riga. Uno in grado di piegare il suo carattere e renderlo il perfetto esempio da seguire– disse risoluto.

–Ora andiamo, Ben. Ho bisogno di cacciare– concluse accelerando il passo.



 

Angolo autrice

Salve a tutti! Ben venuti alla mia nuova storia.

È la mia prima long in questo fandom e per questo ho deciso di iniziare con qualcosa di semplice, di già visto in un certo senso, ma in cui avrei potuto mettere qualcosa di mio. 

Spero che come primo capitolo vi sia piaciuto nonostante serva solo da introduzione.

Fatemi sapere cosa ne pensate utilizzando l'hashtag #HarryAndTheBeast.

Grazie a tutti di cuore per essere arrivati fin qui.

Alla prossima.

Baci,
Lady💙



 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


–Harry! Sono tornata a casa! – esclamò Anne attaccando il mantello sull'appendiabiti accanto alla porta.

Un profumo delizioso riempiva tutta la casa, il camino era acceso e la tavola era apparecchiata. Adorava serate come quella dove, dopo una lunga giornata di lavoro, poteva finalmente tornare a casa e riposarsi. Harry era un ragazzo d'oro, ogni giorno che passava era sempre più orgogliosa dell'uomo che stava diventando. Evitava di farla preoccupare e l'aiutava sempre, anche quando lei gli chiedeva espressamente di non farlo. A volte, quando parlavano, era perfino più saggio di lei!

–Cos'è questo odorino delizioso? – chiese la donna avvicinandosi alle spalle del figlio e abbracciandolo da dietro, lasciandogli un bacio sulla spalla.

Il ragazzo sorrise mettendo in mostra le fossette.

–Oggi il menù della casa prevede minestra di pollo e patate. Nulla di troppo elaborato– spiegò girandosi per darle un bacio sulla guancia.

–Posso darti una mano? – chiese lei guardandosi intorno.

–È praticamente pronto, mettiti comoda – le disse passandole le mani sulle spalle. Era congelata e questo voleva dire solo una cosa: anche quell'anno l'inverno stava arrivando. Non gli era mai piaciuto particolarmente, succedevano sempre cose spiacevoli in quella stagione: suo padre se ne era andato senza salutarlo lasciandolo solo, il suo cane era morto, sua madre si era rotta un braccio due anni prima. Sperava che per lo meno questa volta passasse senza problemi.

Anne sorrise –Grazie, tesoro–

–Come è andata oggi? – chiese poco dopo Harry, tagliando il pane.

Anne era seduta a tavola e, non riuscendo a rimanere ferma senza fare niente, giocava distrattamente sulla tovaglia con una forchetta.

–Come al solito. Un sabato mattina come gli altri– sospirò con un sorriso stanco.

–Mi dispiace non averti dato una mano oggi– le disse subito il figlio guardandola triste.

–Harry, sei solo un ragazzo, non c'è bisogno che mi aiuti sempre. Sono ancora giovane e forte! – rispose con un sorriso piegando le braccia per mostrare i muscoli.

Harry sorrise affettuosamente–Lo so mamma, sei anche bellissima–

Anne ridacchiò spostandosi una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio. –E tu sei un ruffiano– gli rispose.

Il ragazzo fece una faccia indignata –Come osi?!– domandò posandosi una mano sul cuore –Così mi offendi, mammina–

Scoppiarono a ridere entrambi.

–A te come è andata, tesoro? – chiese Anne non appena le risate si affievolirono.

–Uhm, tutto bene– rispose cominciando a mettere la minestra nei piatti.

Anne piegò la testa di lato assottigliando gli occhi. Gli passò la seconda scodella, prendendo la prima colma di brodo –Qualcosa di nuovo? – chiese.

–Uhm beh non so se sia qualcosa di troppo importante ... – il ragazzo si sedette per poi guardare la madre seriamente: l'espressione in netto contrasto con le parole che aveva appena pronunciato e l'ilarità di poco prima svanita totalmente dal suo volto.

–È passato Xander questa mattina– disse cercando di usare un tono più neutro possibile.

–E cosa voleva? – chiese Anne, infilando il cucchiaio nella minestra.

Harry non rispose subito, spostando la testa da un lato all'altro come se cercasse le parole giuste. Dopo pochi secondi, che per sua madre furono un'eternità, decise di arrivare dritto al punto e, con voce bassa, disse –Mi ha detto che vorrebbe sposarmi–

Sua madre alzò di scatto la testa e lo guardò attentamente –E la cosa non ti ha fatto piacere? – chiese lei conoscendo già la risposta. A lei non faceva piacere di certo, quel ragazzo non era buono come il suo Harry.

–Certo che mi ha fatto piacere ... – rispose abbassando la testa verso il piatto e cominciando a guardare attentamente il cucchiaio che spariva nella minestra. Anne rimase in silenzio osservandolo: pazienza era la parola chiave.

Con Harry era sempre così: bisognava fare tutte le domande necessarie, non avrebbe mai detto tutto altrimenti. Fin da piccolo era sempre stato abituato a tenere ciò che lo preoccupava per sé. Non voleva far preoccupare la madre. Lei si occupava già del negozio, della casa, di lui ... perché riempirla anche dei suoi problemi? Anne lo aveva capito un po' tardi, ma aveva subito cercato il modo di trovare una soluzione. Aveva imparato, con gli anni, che se si dava a Harry tutto il tempo necessario per riuscire a districare i suoi pensieri, se si facevano le domande giuste e si aveva pazienza, si riuscivano ad ottenere tutte le risposte che si volevano.

Il riccio scosse la testa con un sospiro pesante per poi tornare a guardare la madre con espressione sconsolata.

–Ecco, veramente non proprio– si corresse –Non mi ha fatto proprio piacere– ripeté tornando a guardare la minestra e girando distrattamente il cucchiaio. –Mamma, Xander è un bel ragazzo ma io non ... –

–Fermati subito! – lo interruppe lei –Non c'è bisogno di darmi giustificazioni, tesoro. È una tuta scelta–

–Io ... non me la sento– confessò –Non con lui almeno– aggiunse.

Anne lo guardò comprensiva –Sei ancora molto giovane, hai solo diciotto anni– lo rassicurò.

Non voleva assolutamente che suo figlio prendesse le decisioni in maniera avventata. Non voleva che da grande si ritrovasse con una serie di errori alle spalle. Non voleva, insomma, che facesse la sua fine: sposata con un uomo che si era rivelato essere tutto il contrario di quello che lei aveva sempre sognato. Dan era stato un giovane gentiluomo, l'aveva conquistata subito con i suoi modi eleganti e i suoi sorrisi luminosi. Lei si era innamorata ma dopo qualche anno aveva iniziato a nutrire i primi dubbi. Lui la limitava troppo. La sua frase preferita era "Sei una donna, Anne, devi fare quello che si addice a una come te. Non puoi permetterti di fare ciò che vuoi. Specialmente non se sei mia moglie". Il giorno in cui aveva deciso di andare via di casa era stato come ricevere una ventata d'aria fresca.

–Xander però non è un ragazzo abituato a sentirsi dire di no. Come ha preso la notizia? – chiese.

L'espressione del ragazzo si rabbuiò subito –Non troppo bene, credo– disse.

Non voleva dire alla madre l'ultima parte del discorso di Xander, non l'avrebbe fatta preoccupare ulteriormente. Bastava già questo. Lui avrebbe trovato una soluzione.

–Harry, amore– lo richiamò lei facendo incontrare i loro occhi dal taglio così simile –Qualunque cosa succeda, ricordati che esiste sempre un'alternativa. Devi pensare alla tua felicità prima di tutto– disse come se intuisse le preoccupazioni del figlio.

–Grazie mamma, me lo ricorderò– rispose –Ti voglio bene– aggiunse.

–Ti voglio bene anche io, piccolo– disse la donna con un sorriso dolce.

Continuarono a mangiare, ogni tanto raccontandosi qualcosa. L'atmosfera si era alleggerita e, dopo poco, qualche risata cominciò a risuonare nella piccola abitazione. Distrattamente Harry puntò lo sguardo sul libro, che giaceva ancora aperto a metà vicino alla poltrona. Dopo la visita spiacevole non era più riuscito a leggere.

–Oggi sono passato di nuovo in libreria. Ti saluta Robin– disse tornando con lo sguardo sulla madre.

–Ah sì? – chiese lei, arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo.

Harry ridacchiò divertito: l'aveva colta impreparata. –Sì. Ha detto che proverà a passare al negozio, uno di questi giorni–

–Ma che bella notizia! – esclamò, forse con troppo entusiasmo.

Il sorriso di Harry si allargò –Mamma ... –

–Sì? –

–Tu lo sai vero che sei ancora giovane e bella e che puoi permetterti di vivere la vita come vuoi? Non importa quello che dicono le altre persone–

–Harry -

–Mamma– la interruppe subito perentorio –Se io devo pensare prima alla mia felicità, anche tu devi pensare alla tua. Come posso essere felice se la persona più importante della mia vita si preclude la possibilità di vivere serenamente? – le chiese sorridendole dolcemente.

Si guardarono attentamente negli occhi per qualche attimo.

–Promettimi che ci penserai– le disse ancora il figlio.

–Ci penserò, te lo prometto– rispose lei dopo poco.

–Domattina partirò prima di pranzo– disse la donna affacciandosi alla porta della camera del figlio.

 

Avevano finito di cenare e avevano messo a posto la cucina poi, entrambi troppo stanchi per fare qualsiasi altra cosa, avevano deciso di comune accordo di andare a dormire.

–Quanto pensi di fermarti fuori? – le chiese guardandola dal letto.

–Un paio di notti. In modo da vendere qualcosa– rispose entrando e sedendosi sul materasso.

–Oggi ha rinfrescato parecchio– osservò lui, lanciando uno sguardo alla finestra.

–Lo so, starò attenta– lo rassicurò –Faccio questo da tutta la vita, non preoccuparti– aggiunse rimboccandogli le coperte e accarezzandogli il petto delicatamente.

–Lo so, mamma. Non è di te che non mi fido, ma degli altri–

Anne rise –Tesoro, dovrei essere io a dirti queste cose! –

Risero entrambi prima di augurarsi la buonanotte.

Prima dello scoccare della mezzanotte le luci della piccola casa Styles si spensero, e madre e figlio caddero in un sonno profondo.

 

Il mattino seguente si svegliarono di buon'ora per preparare i bagagli.

Con i capelli legati in una coda bassa e un mantello pesante addosso, Harry aiutò Anne a mettere sul carretto tutto ciò che le sarebbe servito. Un paio di bauli con le nuove invenzioni di sua madre, una valigetta con qualche vestito pulito, qualche provvista per il viaggio e il necessario per Philip, il cavallo. Quando fu tutto pronto, Anne salutò il figlio con un abbraccio.

–Stai attenta mamma, per favore– si raccomandò stringendola forte.

–Tranquillo, amore mio. Sarò di ritorno prima di quanto credi. Tu prenditi cura di te stesso mentre sarò via– gli rispose ricambiando la stretta –E non stancarti troppo! – aggiunse dandogli un bacio sulla tempia.

Si guardarono dolcemente negli occhi, finché Anne non gli accarezzò i capelli spostando dietro l'orecchio qualche ciocca sfuggita alla coda, per poi posargli il palmo della mano sulla guancia.

–Divertiti– gli disse prima di staccarsi da lui e montare sul carretto.

Harry annuì –Ciao– la salutò con un sorriso, muovendo la mano.

–Ciao! – rispose lei con un'espressione identica a quella del figlio.

–Stai attenta! – le gridò dietro lui mentre la vedeva allontanarsi. Anne gli rispose sventolando la mano in segno di saluto.

 

 

********

 

 

Le previsioni rosee che Anne aveva fatto per il viaggio si rivelarono errate. Forse, per una volta, avrebbe dovuto dare ragione a suo figlio ed evitare di partire con quel tempo.

Era sicura di non trovarsi sul sentiero giusto. Il buio era sceso presto e la vegetazione fitta del bosco limitava la visibilità.

–Andiamo Philip, io mi fido di te– disse la donna, accarezzando la criniera del cavallo che iniziava ad agitarsi.

Era agitata anche lei e questo di certo non aiutava. Gli animali sentono l'agitazione, soprattutto i cavalli! Glielo aveva insegnato Robin.

–Allora– disse tra sé e sé –Da che parte ci conviene andare? – chiese a nessuno in particolare, trovandosi davanti a un bivio. Parlare da sola ad alta voce l'aveva sempre aiutata. Le permetteva di mettere in ordine i pensieri e di ragionare con più chiarezza.

Fortunatamente, stava iniziando a riconoscere la strada. Era sicura che prendendo il sentiero di sinistra sarebbe arrivata al paesino vicino. Era ancora più certa, però, che quello di destra, nonostante non ispirasse fiducia, l'avrebbe portata a destinazione prima del tempo. Lei era già in ritardo e, se voleva essere sicura di trovare un posto per la notte, avrebbe fatto meglio a sbrigarsi.

–Che dici Philip? Dove andiamo? – chiese la donna al cavallo.

L'animale nitrì e, come se avesse capito, si diresse verso il sentiero più sicuro.

Una folata di vento più forte delle altre colse Anne impreparata e rabbrividì di freddo. "No" pensò "sta davvero iniziando a gelare, meglio sbrigarsi."

Afferrò saldamente le briglie e spostò l'animale verso destra. Philip, contrariato, rispose con uno sbuffo, continuando ad andare verso la direzione che preferiva.

–Andiamo tesoro, non fare storie e ascoltami! – disse la donna dando un forte strattone e un colpo con il tallone nel ventre dell'animale, costringendolo a spostarsi a destra.

Andando per quella strada la luce era diminuita ancora di più, non si vedeva bene e ogni singolo fruscio o movimento le arrivava esageratamente amplificato. Anne continuava a rabbrividire dal freddo. Stringendosi forte nel mantello verde si guardò intorno: forse avrebbe fatto meglio ad ascoltare il cavallo.

–Evidentemente oggi prendo solo decisioni poco sagge– disse a sé stessa con un risolino agitato.

Con un sospiro scosse la testa e si guardò indietro. Ormai era tardi per cambiare strada, tra poco sarebbe arrivata sicuramente all'ostello e non avrebbe dovuto raccontare a nessuno della pessima esperienza che stava avendo. Oh no, non lo avrebbe raccontato a nessuno, specialmente non a Harry: non l'avrebbe più lasciata partire da sola altrimenti!

Improvvisamente, un ringhio le fece girare la testa di scatto e il cavallo sbuffò agitato accelerando il passo.

–No, no tesoro. Va tutto bene– cercò di rassicurarlo Anne, accarezzandolo sul collo. –Sicuramente non è nulla di che– si disse.

Sentì un ringhio per la seconda volta, questa volta accompagnato da fruscii sinistri e veloci che sembravano avvicinarsi. Dando un colpo al ventre del cavallo aumentò la velocità. Fu proprio in quel momento, voltando il viso verso la direzione da cui proveniva il rumore, che vide, all'ombra di un enorme cespuglio verde, l'inconfondibile sagoma di un lupo.

–Oh, no– sussurrò accelerando.

Philip era partito al galoppo e Anne era sicura di due cose: i lupi la stavano inseguendo e il carretto non avrebbe retto a lungo a questa velocità, presto si sarebbe staccato. Sperò solo di non cadere anche lei da cavallo visto che le tremavano le mani per la paura.

Un ringhio alla sua destra la fece gridare. Uno dei lupi fece un balzo e se non fosse stato per i pronti riflessi di Philip, si sarebbe ritrovata sicuramente i denti della bestia conficcati nel braccio.

Continuò a scappare, ormai non sapeva più dove stava andando.

Un tronco caduto in mezzo al bosco costrinse il cavallo a fare un balzo. Il rimorchio si staccò, riversando tutto il contenuto sul terreno ed Anne perse la presa sulle briglie cadendo a terra. Proprio come aveva previsto.

Gridò dal dolore, ma non ebbe tempo per preoccuparsene perché i lupi la stavano raggiungendo.

Cercando un appiglio tra le foglie fredde e secche sul terreno, cercò di rialzarsi per iniziare correre il più veloce possibile. L'adrenalina alle stelle, il cuore batteva nel petto a un ritmo forsennato. Come se non potesse andare peggio di così, insieme a un ringhio, sentì il rombo di un tuono e per lo spavento scivolò giù per un terreno scosceso. Cadde per quella che le sembrò un'eternità, rotolando tra le foglie secche e la terra, terrorizzata dalla paura di poter morire da un momento all'altro. In realtà la caduta non era stata così terribile e, anzi, quando rialzò lo sguardo per poco non pianse dalla gioia. Davanti a lei si trovava un cancello altissimo. Non ispirava molta fiducia con quel metallo freddo poco curato ed il terreno secco tutt'attorno. Con il cielo plumbeo e i lampi che si stagliavano minacciosi sopra di esso era anche piuttosto inquietante, ma non era questo il momento per pensare a scenari da libri di paura. Era l'unica alternativa possibile al venire sbranata dai lupi, e lei non aveva sicuramente intenzione di provare quell'esperienza.

Afferrò con forza le sbarre del cancello –Aiuto! Aiuto! – urlò –Per favore, fatemi entrare! –

Scuoteva il cancello con energia, mentre i lupi dietro di lei ringhiavano avvicinandosi lentamente.

Per un momento si chiese perché non l'avessero già attaccata, ma sicuramente andavano lenti perché erano ormai sicuri di averla messa in trappola.

–Aiuto! – disse ancora una volta spingendo sul metallo. Il cancello fece clic e si spalancò sotto il suo peso facendola sbilanciare e cadere in avanti. Si rialzò velocemente e, dando un forte colpo, richiuse le porte. I lupi ringhiavano nella sua direzione, cercando di infilare il muso tra le sbarre.

La pioggia cadeva fitta e lei stava iniziando a congelare. Con un sospiro di sollievo, si guardò attorno: davanti a lei si stagliava imponente la sagoma nera di un castello. Infreddolita, ma anche incuriosita, si affrettò a raggiungere il portone d'ingresso.

Guardandosi un'ultima volta alle spalle, bussò forte al portone.

–Per favore, aprite! – gridò.

Nessuna risposta.

–Per favore! – provò di nuovo, dando altri due colpi al legno spesso. Come era successo per il cancello, anche la porta si aprì sotto il suo peso come per magia.

La donna, titubante, si apprestò a entrare, richiudendo velocemente l'ingresso.

Girandosi, si ritrovò senza fiato. Si trovava in un enorme ingresso contornato da spesse colonne alte e bianche come l'avorio. Il pavimento di marmo finemente lavorato era ricoperto da un elegante tappeto rosso, le pareti erano bianche e sullo sfondo si stagliava un'enorme scalinata, che si diramava in due direzioni diverse. L'unica fonte di luce proveniva dalle grandi finestre ai lati dell'ingresso.

Che fosse abbandonato? Eppure, sembrava così strano che non avesse mai sentito parlare di quel posto.

–È permesso? – chiese facendo un passo in avanti.

–Poverina, deve essersi persa nella foresta – sentì sussurrare poco lontano da lei.

–Sta zitto, magari andrà via – rispose un'altra voce.

–C'è qualcuno? – chiese la donna guardandosi attorno, voltandosi di scatto verso la direzione da cui provenivano le voci. Tutto quello che vide però fu solo un tavolino di legno con sopra un candelabro acceso e un orologio.

–Non una parola, Zayn. Non. Una. Parola. – sentì la donna.

–Ti prego, Liam, abbi un cuore! Poverina! –

Beh, le voci sembravano provenire proprio dal tavolino che aveva appena visto. Si avvicinò incerta, non le sembrava ci fosse qualcuno. Afferrò il candelabro e tornò verso l'ingresso.

–Non volevo intrufolarmi ma ... ho perso il mio cavallo nella foresta. Ho solo bisogno di un posto in cui passare la notte! – disse.

–Ma signora siete la benvenuta! – esclamò una voce, questa volta in tono più alto.

Anne trasalì: sembrava quasi che chi parlasse fosse accanto a lei ma girandosi attorno illuminando la stanza con il candelabro non vide nulla. Che stesse iniziando ad immaginare voci?

–Chi ha parlato? – chiese.

–Qui! – rispose la stessa voce alla sua sinistra.

–Dove? –

Sentì qualcosa di caldo toccarle la mano che teneva in alto per farsi luce e, quando alzò lo sguardo per capire chi fosse stato, per poco non ebbe un mancamento.

Il candelabro la stava guardando piegato leggermente verso il suo viso.

–Salve! – disse con voce allegra e squillante sorridendo.

Anne gridò lasciando cadere la creatura.

–Ahi! – si lamentò il candelabro tirandosi su.

La donna lo guardò con occhi sbarrati –T-tu parli?! – esclamò.

Non era assolutamente possibile che tutto quello stesse accadendo davvero. Che avesse preso una botta in testa mentre cadeva?

–Esattamente, ben venut-

–Eh, no! Adesso basta, Zayn! – disse l'altra voce che aveva sentito prima.

Voltandosi verso il suono vide l'orologio che era sul tavolo correre goffamente verso di loro. –Hai fatto abbastanza, sta zitto. Sta zitto! – disse spingendo il candelabro lontano dalla donna.

–Mi dispiace molto, signora, non può restare qui– disse velocemente, guardando Anne con espressione fintamente dispiaciuta.

–Incredibile! – sussurrò guardandolo con occhi affascinati e allungando una mano verso di lui.

–Mi metta giù immediatamente! Immediatamente! – gridò l'orologio mentre veniva sollevato verso l'alto.

La donna cominciò a studiarlo con occhio esperto. Lo capovolse, lo toccò sul retro, guardò il quadrante cercando di capire come funzionasse, quale fosse il meccanismo che gli permettesse di parlare. Si rifiutava di credere che fosse frutto di qualcosa di sovrannaturale.

–Adesso basta! – gridò l'orologio nel momento in cui Anne cercò di aprire lo sportello sul suo petto. –Siamo creature viventi anche noi sa! Come si permette di mettermi le mani addosso? – la rimproverò guardandola con espressione torva.

No, forse era reale. Non sarebbe stata in grado di immaginarsi tutto. C'erano troppi dettagli.

–Mi scusi ... – rispose la mora poggiandolo a terra.

–Oh, andiamo Liam, non trattarla male! Poverina, sarà spaventata e confusa– si intromise il candelabro gesticolando e mettendosi prepotentemente davanti all'orologio. –Mi scusi, signora. Il mio nome è Zayn e questo antipatico qui è Liam– si presentò.

–Ehi! – esclamò offeso l'orologio.

–Piacere di ... conoscervi? –

Zayn sorrise -per quanto un candelabro fatto di cera e oro possa permettersi di sorridere.

Uno starnuto colse di sorpresa Anne, che rabbrividì stringendosi nel mantello bagnato.

–Ma voi siete fradicia! – esclamò Zayn –Per favore, seguitemi. Permettetemi di offrirvi qualcosa di caldo davanti al camino– disse cominciando a fare strada verso una porta che Anne prima non aveva visto.

–Oh, grazie– rispose seguendolo. Era ancora un po' incerta, ma il calore che sentiva provenire da quella stanza l'attirava. Si sfilò il mantello zuppo e lo poggiò sul braccio. Il candelabro aveva iniziato a parlare ma lei si era persa nei suoi pensieri, sopraffatta da tutto quello che stava accadendo.

–No! – protestò Liam a voce alta, attirando la sua attenzione –No! Assolutamente no! Sai cosa farà il padrone quando scoprirà che abbiamo lasciato entrare qualcuno? – continuò rincorrendoli con la sua corsetta buffa.

Zayn lo ignorò.

–Prego si sieda qui– disse il candelabro offrendo alla donna una poltrona dall'aspetto comodo.

–Non la sedia del padrone! Per favore! – esclamò Liam ancora una volta.

Mentre si accomodava un appendiabiti -sì, un appendiabiti- si avvicinò per prenderle il mantello dalle mani e poggiarle sulle spalle una coperta calda.

–Oh, ma che servizio efficiente! – disse sbalordita e un po' divertita da tutta quella situazione. Come avrebbe fatto a raccontarlo ad Harry?

–Io non ho visto nulla. Non ho visto nulla! – cantilenò Liam dietro di loro con espressione terrorizzata. Si guardava intorno come se da un momento all'altro potesse accadere qualcosa di terribile.

Un movimento fulmineo catturò l'attenzione di Anne. Un carrellino da cucina era sfrecciato nella sua direzione per fermarsi proprio davanti a lei.

Sulla superficie d'argento si trovava una teiera, anche lei con occhi e bocca, che gli sorrideva intenerita. –Permettetemi di offrirle un po' di tè. La riscalderà in un baleno! – disse versando la bevanda in una piccola tazzina al suo fianco.

–Non il tè! – gemette Liam ancora una volta.

–Grazie– sorrise la donna, prendendo la tazza con entrambe le mani, portandola alle labbra.

–James! Fa il solletico! – esclamò ridacchiando la tazzina. Anne l'allontanò di colpo.

–Oh, scusa non volevo spaventarti – disse con sguardo dispiaciuto la piccola tazza sbeccata.

–Ciao– disse Anne con un sorriso dolce.

–Ciao! Io sono Niall! – le rispose sorridendo.

–Sentite! – li interruppe nuovamente Liam –Sono io quello che comanda qui! Sono io il capo maggiordomo. Io quello a cui il padrone ha affidato il castello. Quindi, smettetela subito o-

Improvvisamente le grandi porte della stanza si spalancarono e fu come se tutto il calore venisse risucchiato all'esterno. Le candele si spensero e il camino minacciò di esaurirsi tremolando terribilmente. La teiera accanto tremò, Zayn si nascose terrorizzato dietro la poltrona e Liam si fece piccolo piccolo sotto il tappeto che si trovava davanti al caminetto.

Anne rabbrividì.

–Oh, no– sussurrò Niall nascondendosi dietro a James.

Un'ombra scura e minacciosa si fece largo nella stanza. Era enorme. Lunghe corna e spalle grandi, altezza imponente.

Un ringhio fece tremare le pareti.

–C'è uno straniero qui dentro – disse con voce bassa e minacciosa.

–Louis– cominciò Zayn con voce tremante –Permettimi di spiegare. La signora si è persa nella foresta. Era fradicia e fuori fa freddissimo. Non potev-

Un ringhio potente lo interruppe. Anne non osava voltarsi, percepiva la paura farsi strada nel suo corpo.

–Padrone, vorrei dirle sin da subito che io non c'entro nulla, assolutamente. È stata tutta colpa sua! – esclamò Liam indicando Zayn che lo guardò offeso –Io ho provato a fermarlo dicendogli che non le avrebbe fatto piacere, ma lui mi ha ascoltato? No! Assolutamente n-

Un ruggito ancora più forte fece cessare tutti i rumori presenti nella stanza. Perfino l'aria sembrava aver smesso di muoversi e la pioggia fuori dalle finestre pareva immobile.

Il cuore di Anne batteva furiosamente nella cassa toracica. Sentiva un respiro al lato del suo volto ma aveva troppa paura per voltarsi. Deglutendo cercò di spostare lo sguardo alla sua destra.

Quando trovò il coraggio di voltarsi per poco non svenne. Una Bestia pelosa, con lunghe corna appuntite, enormi zanne e occhi blu pieni di collera era a pochi centimetri da lei.

–Chi sei tu? Cosa ci fai qui? – ruggì il mostro contro il suo viso.

Anne tremò cercando di allontanarsi. –I-io mi sono persa nel bosco e-

–Non sei la benvenuta qui! – ruggì la bestia.

–M-mi scusi. Io cercavo solo un posto per ripararmi dal freddo– cercò di spiegare con voce tremante.

Quelle parole lo fecero infuriare ancora di più. L'ultima persona che le aveva pronunciate lo aveva trasformato in quella cosa orribile.

–Cosa stai fissando? – chiese con un ringhio basso riferendosi agli occhi della donna che, spalancati, viaggiavano terrorizzati per la sua figura.

–N-nulla! –

–Sei venuta per osservare la bestia, vero? – gridò.

Anne si allontanò tremante –No! – rispose –No lo giuro! Non volevo creare nessun fastidio! Cercavo solo un posto in cui passare la notte! –

–Ah, sì? – ruggì –Beh, te lo darò io un posto in cui stare! – disse afferrandola per le spalle.

–No! No! Per favore, me ne andrò subito! – disse cercando di scappare ma fallendo miseramente.

L'ultima cosa a cui pensò prima di svenire, trasportata rudemente dalle braccia della Bestia, fu suo figlio. Il suo prezioso bambino che molto probabilmente non avrebbe mai più visto.

 

Harry non riusciva a dormire. Odiava i temporali ed aveva una strana sensazione sottopelle, come se ci fosse qualcosa che non andasse. Con un sospiro cercò di affondare ancora di più il viso nel cuscino morbido.

Pensava a sua madre, sperava fosse arrivata sana e salva. Le aveva detto di non partire con quel tempo!

Un tuonò rimbombò per la casa facendolo gemere di paura. Non gli piacevano i temporali.

–Dormi, stupido. Non sei più un bambino! – si disse chiudendo gli occhi.

Improvvisamente sentì un nitrito familiare provenire dalla finestra. Credette di esserselo immaginato ma quando lo sentì di nuovo si precipitò fuori dalle coperte. Corse velocemente alla porta, spalancandola senza preoccuparsi di infilarsi un mantello per proteggersi dal freddo.

Quello che vide gli serrò il cuore in una morsa di paura.

–Philip! – gridò correndo scalzo verso il cavallo. La pioggia fredda gli aggredì il viso e il vento gli scompigliò i capelli facendoglieli finire sugli occhi.

–Philip dov'è la mamma? – chiese con la paura nella voce e le lacrime negli occhi.

 

 

 

Angolo Autrice

Ciao a tutti! Grazie mille per essere arrivati fin qui. 
Lo so che in questo capitolo non succede un gran ché, è solo di passaggio. 
Ho presentato qualche personaggio e pensavo fosse il caso di dedicare uno spazio anche ad Anne. 
Dal prossimo capitolo si inizia sul serio!
Spero di aggiornare quanto prima.
Un bacio,
Lady💙

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Harry si era precipitato dentro casa alla velocità della luce, con il cuore in gola che batteva all'impazzata e gli occhi che pizzicavano nel vano tentativo di trattenere le lacrime. Mentre si spogliava del suo pigiama, per indossare velocemente i vestiti del giorno prima, gli tremavano le mani. Non si preoccupò di legarsi i capelli, di prendere il mantello più caldo, non si preoccupò di portare con sé provviste o di dare qualcosa al cavallo per calmarlo. Semplicemente, si vestì con le prime cose che aveva a portata di mano, uscì di casa sbattendo la porta alle sue spalle e, sussurrando a Philip un "portami da lei", partì al galoppo.

Sentiva il cavallo respirare pesantemente mentre si addentravano nella foresta, galoppando a una velocità che Harry era sicuro di non aver mai raggiunto. La vegetazione si faceva sempre più fitta, gli alberi, con i loro rami sempre più secchi e scuri, apparivano via via più imponenti mentre ci si addentrava nel bosco. Nonostante il fragore dei tuoni e della pioggia battente, si riusciva a sentire distintamente il familiare suono dello sgretolarsi delle foglie sotto gli zoccoli del cavallo. In un altro momento avrebbe adorato una cavalcata del genere. L'autunno era la sua stagione preferita con le sue tonalità di rosso, arancione e marrone che, in netto contrasto con la temperatura che si abbassava ogni giorno di più, davano una sensazione di calore. In quel momento, però, non riusciva a concentrarsi su nulla che non fosse sua madre. Dov'era? Stava bene? Aveva trovato riparo? Era ferita? Era ... no, Harry non voleva neanche pensare a quell'ultima terribile eventualità.

Superato un bivio, il cavallo cominciò a rallentare e, quasi come se fosse indeciso su che strada prendere, si guardò intorno cercando di riconoscere l'ambiente.

Harry non sapeva cosa fosse accaduto, ma sicuramente, pensò osservando Philip sbuffare dal naso pesantemente, lui e sua madre erano scappati da qualcosa. Un animale probabilmente o forse la pioggia e i fulmini.

–Aspetta– disse Harry tirando le briglie e socchiudendo gli occhi per guardare un punto poco lontano da loro, in fondo al sentiero di destra. Si avvicinarono lentamente, cercando di capire cosa fosse e non appena il ragazzo lo riconobbe per poco non scoppio in lacrime. A pochi metri da lui giaceva, ormai distrutto, il carretto che lui e Anne avevano preparato proprio quella mattina. I bauli erano a terra, alcuni aperti avevano riversato sul terreno il loro contenuto, altri erano fortunatamente ancora intatti. Scese lentamente da cavallo e guardò con il cuore pesante gli averi di sua madre: un paio di scarpe che le aveva regalato proprio quell'anno per il suo compleanno -era stata così felice quel giorno-, un vestito dal motivo floreale -l'aveva usato spesso mentre era incinta di lui e lo indossava ancora sempre con gioia, nonostante appartenesse a tempi in cui non era stata proprio felice-, un foulard lilla e, quasi nascosto dalle foglie secche, un pettine per capelli. Harry lo raccolse con mani tremanti e, accarezzandolo dolcemente, lo pulì dallo sporco. Era stato il regalo che sua nonna aveva fatto a sua madre tanti anni addietro: un fermaglio d'oro finemente decorato. Incastonato nel mezzo c'era un cabochon in vetro fatto a mano che mostrava un motivo con gigli in bianco e nero.

Tirando su con il naso infilò il fermaglio in tasca e montò nuovamente in sella. –Andiamo, Philip–

Proseguivano piano adesso, cercando di seguire con attenzione le tracce che sua madre, mentre correva, aveva lasciato. Harry si guardava attorno, spostando velocemente la testa a destra e a sinistra, ogni tanto urlava –Mamma! – o –Anne! –, sperando che la donna potesse in qualche modo sentirlo. La pioggia si era un po' calmata e adesso, che non galoppava più alla velocità della luce, iniziava a sentire freddo. Era stata una decisione sicuramente poco saggia partire senza dirlo a nessuno, pensò guardando l'ambiente intorno a sé. Avrebbe per lo meno potuto avvertire Robin, sicuramente lo avrebbe aiutato.

Un soffio di vento più forte degli altri spostò un cumulo di foglie alla sua destra attirando la sua attenzione. Guidando il cavallo in quella direzione notò che in quel punto il terreno era leggermente scosceso. Tanto valeva tentare di dare un'occhiata anche lì, si disse. Magari sua madre aveva trovato riparo sotto qualche roccia.

Quando, con attenzione, arrivò in fondo alla discesa si trovò davanti agli occhi un enorme cancello nero in ferro battuto. Il cuore iniziò ad accelerare quando, subito dietro le sbarre, vide la sciarpa rossa che sua madre aveva indossato quella mattina.

–Mamma– disse con un sospiro, che non era sicuro neanche lui se fosse di sollievo o preoccupazione.

Philip arretrò di qualche passo nitrendo spaventato –Ehi! Per favore, calmati! Buono, bello! – cerco di tranquillizzarlo il ragazzo. Gli animali sentono il pericolo quando è vicino a loro, e forse Harry in quel momento avrebbe dovuto prestare più attenzione al comportamento del suo cavallo -sbuffava frettolosamente, nitriva, scuoteva la testa e cercava di allontanarsi- ma era troppo preoccupato per sua madre per riuscire a pensare ad altro.

–Cos'è questo posto? – si chiese una volta superato il cancello vedendo l'enorme castello davanti a sé.

Aveva lasciato Philip fuori, era talmente agitato che si era rifiutato di andare oltre ed Harry, che non poteva perdere tempo, aveva deciso di proseguire da solo. Tanto ormai era arrivato, non avrebbe potuto proseguire in sella ancora per molto.

 

–Ottimo lavoro, davvero ottimo lavoro– disse Liam girandogli intorno. Andava avanti così da ore ormai, da quando il loro padrone aveva deciso di rinchiudere quella povera donna in una buia e fredda cella.

Permettetemi di offrirvi qualcosa di caldo davanti al camino– continuò facendogli il verso. –Certo, diamole il tè, facciamola sedere sulla sedia del padrone. Diamole una coperta! Sei un cretino, Zayn. Un cretino! – urlò parandoglisi davanti. Avevano ripreso la loro abituale postazione sul tavolino di legno all'ingresso, quindi Zayn, sfortunatamente, non aveva altro da guardare se non il rotondo viso dell'orologio davanti a lui. Ricordava ancora quando, tanti anni addietro ormai, avrebbe passato ore, giornate intere, a rimirare Liam in ogni suo piccolo particolare.

–Stavo solo cercando di essere ospitale!– spiegò.

Stavo solo cercando di essere ospitale– gli fece nuovamente il verso –Per poco non ci facevi ammazzare a tutti quanti! – lo rimproverò.

–Oh, andiamo Liam smettila. Dov'è finito il ragazzo di cui mi sono innamorato anni fa, eh? Sei spaventato "dal padrone"? – gli chiese aggrottando le sopracciglia e facendogli il verso a sua volta. Stavolta era davvero arrabbiato –Il "padrone" ha un nome: Louis. Te lo ricordi? O forse adesso sei terrorizzato perché gli sono spuntate zanne e artigli? – urlò –E non che prima non mordesse! È il nostro migliore amico. Non ha mai avuto un carattere dolce, ma non credi che forse sia spaventato quanto noi? Tira fuori le palle, Liam, affronta la situazione e smettila di leccargli il culo. Qui bisogna fare qualcosa o rimarremo in questo stato per sempre. Per sempre! – lo rimproverò urlando.

Le pesanti porte d'ingresso cigolarono proprio in quel momento, come avevano fatto poche ore prima quando Anne era arrivata.

–Salve! C'è qualcuno qui? – chiese Harry, entrando titubante.

Il castello era immenso, il ragazzo non era mai stato in un posto del genere. Anzi, si corresse, grazie ai suoi amati libri era stato tante volte in posti così, ma visitarli nella realtà era ... stranamente più freddo. Quel castello buio sembrava pressoché disabitato. È facile riconoscere posti del genere: il freddo si insinua nelle ossa, la voce rimbomba in un eco infinito, gli occhi fanno fatica a vedere, perché dove non c'è vita tutto è più buio.

–Salve? – provò di nuovo, avvicinandosi alle grandi scale al centro della stanza. –Mamma? – chiese allora, non avendo ricevuto alcuna risposta.

Continuò a salire le scale, guardandosi attorno. Ogni tanto gli sembrava di sentire dei passi e delle voci dietro di sé, ma quando si girava c'era solo il buio ad accoglierlo.

–Mamma? – chiese più forte.

–Liam, hai visto? – sussurrò Zayn continuando a rincorrere il ragazzo. Erano quelli i momenti dove odiava di più quella sua situazione da soprammobile: gli inseguimenti erano sempre difficili. Andava così piano, era rumoroso e si muoveva in modo a dir poco imbarazzante, con quell'andatura incerta e altalenante. –È un ragazzo! – esclamò eccitato.

–Lo so che è un ragazzo, fin qui ci arrivo ancora, non mi sono mica dimenticato come sono fat-

–Oh, che cavolo, è un ragazzo! – ripeté interrompendolo –Non capisci? –

–Non sapevo che ti mancassero così tanto i ragazzi ...– rispose solamente.

Zayn lo guardò come se fosse scemo.

–Ma di che diavolo stai parlando? Intendo dire che lui è sicuramente il ragazzo che stavamo aspettando! È qui per spezzare l'incantesimo! Questo è un segno del destino! – esclamò afferrando le mani di Liam-per quanto quelle di Liam in quel momento, trasformato in un orologio, potessero essere chiamate tali.

–Anne? – continuò a chiamare Harry, abbassando il cappuccio e mostrando il suo volto preoccupato.

Zayn osservò velocemente quel viso dalla carnagione chiara –Te lo dico io: è sicuramente il ragazzo che stavamo aspettando– affermò sicuro, tornando a guardare Liam.

–Ma che diavolo stai dicendo? Quanto forte ti ha lanciato Louis contro il muro prim-

–È bellissimo! – lo interruppe di nuovo –Guardal- Ahia! – si lamentò quando ricevette una gomitata da Liam che lo stava guardando con aria di sfida come a dire "Ridillo se hai il coraggio". –Smettila, non puoi dire che non sia bello ... –

–Zayn – cominciò l'orologio con tono perentorio.

–Oh, lo sai che per me rimarrai sempre l'unico e il solo. Ma non è questo il momento delle smancerie! – disse –Soprattutto perché nell'ultimo periodo sei diventato fastidiosamente petulante– aggiunse sottovoce tornando a guardare il riccio, che si aggirava confuso, e allo stesso tempo curioso, per i corridoi del castello.

Liam gli tirò un'altra gomitata.

–Ahia! Stai fermo ... Ehi bel ragazzo! – urlò improvvisamente Zayn.

Harry si girò di scatto. Liam era sicuro che se avesse avuto i capelli gli si sarebbero rizzati dalla paura. Che stava facendo quello scemo? Quella era la volta buona che Louis li rinchiudeva in una credenza, ci avrebbe scommesso tutte le rotelle.

–Ma che fai? Ti sei impazzito? – sibilò.

Il candelabro lo guardò seriamente –Senti, ascoltami – disse –Il ragazzo sta cercando sua madre, giusto? Come pensi che riuscirà a trovarla se va nella direzione sbagliata? Dobbiamo guidarlo– continuò –Dobbiamo aiutare il destino ad aiutare il ragazzo, affinché poi lui aiuti noi!– affermò con il tono più serio che aveva mai avuto.

Sì, pensò Liam sconsolato, Louis quella volta lo aveva tirato troppo forte contro il muro. Aveva causato irrimediabilmente qualche danno permanente al cervello del suo ragazzo.

–C'è qualcuno? – chiese Harry, avvicinandosi a loro.

–Da questa parte! – lo guidò Zayn.

Il riccio si guardò intorno. Era sicuro che qualcuno stesse parlando ma non riusciva a vedere nessuno.

–Mamma? C'è qualcuno? – chiese ancora –Sto cercando mia madre, non era mia intenzione intrufolarmi in questo castello– spiegò passando proprio davanti a Liam e Zayn, che si erano appiattiti contro la parete per evitare di essere visti.

Quando il giovane li superò, l'orologio tirò un sospiro di sollievo. –Ok– sussurrò –Hai ragione, è davvero bello. Ma! Ma chi ti dice che Louis sia interessato ai ragazzi? –

Zayn lo guardò come se gli avesse detto qualcosa di assurdo –Liam mi stai prendendo in giro? – chiese –Stiamo parlando di Louis–

–Beh?! Ti sei scordato di ... Denise? Com'è che si chiamava? –

–Danielle. Comunque, no non mi sono dimenticato. Mi ricordo benissimo di quando lei si è dichiarata e lui l'ha guardata, con un'espressione che era più schifata che dispiaciuta, dicendo "Oh no!" – gli ricordò il candelabro.

Liam lo guardò con tanto d'occhi: la botta in testa era stata forte, ma aveva sbloccato sicuramente qualcosa. Lui non ricordava mica tutti quei particolari!

–Beh, ma allora chi ti dice che lui sia interessato a ... beh a Louis? – chiese.

Zayn sospirò, stufo di doverlo ripetere ancora una volta –Liam, te lo dirò una volta ancora, poi basta. Gli orologi non dovrebbero essere così lenti a capire le cose. È il Destino che lo ha portato qui da noi. Ora scusami, ma devo finire di fare quello che ho iniziato– disse per poi ricominciare a correre dietro al ragazzo.

Harry camminava lentamente. Era preoccupato, sua madre non rispondeva e quel posto gli metteva sempre più i brividi. Le pareti, fino a poco fa decorate da una preziosa carta da parati, ora erano fatte di mattoni, rovinate da profondi solchi, come dei graffi, e le scale che stava salendo non erano più di marmo pregiato ma di pietra sudicia.

–Da questa parte! – disse di nuovo la voce che aveva sentito poco fa.

Accelerando il passo raggiunse il luogo da cui proveniva la voce. Era una stanza lunga, più buia e più fredda di tutto il resto del castello. Il soffitto aveva dei buchi da cui entrava della pioggia. Le pareti, fatte di mattoni color grigio sporco, erano illuminate da una torcia attaccata a una parete. Harry la prese per cercare di vedere meglio: davanti a lui c'era una sequenza di porte tutte uguali, scure e pesanti.

–C-c'è qualcuno qui? – chiese con voce tremante.

–Harry? – rispose dopo un po' quella che era sicuramente la voce di sua madre. Aveva detto il suo nome con tono incerto, come se non fosse sicura che fosse davvero lui.

–Mamma! – esclamò con voce colma di emozione, correndo verso una delle porte e accucciandosi.

Alla luce della torcia, il viso di sua madre sembrava stanco e pallido.

–Come mi hai trovata? – chiese la donna portando un braccio fuori dalle sbarre per stringere la mano di Harry. Gli occhi sgranati, come se non credesse alla sua vista, si stavano lentamente riempiendo di lacrime.

–Hai le mani gelate– le disse, dandole un bacio sul dorso della mano. Era contento di averla finalmente trovata, ma non riusciva a capire come fosse finita in quella che, a tutti gli effetti, sembrava una vera e propria cella.

–Ti tirerò fuori di qui– le disse.

–Harry– lo interruppe –Voglio che tu- dei colpi di tosse fermarono il suo discorso.

–Stai bene? – chiese Harry apprensivo.

Anne sorrise cercando di tranquillizzarlo: non lo avrebbe fatto preoccupare ancora di più. –Ho solo preso un po' di freddo– sminuì lei.

–Adesso ti tiro fuori da qui– le disse il figlio alzandosi.

Anne gli strinse ancora di più la mano tra le sue, bloccando il suo movimento –Harry, bambino mio, ascoltami– cominciò con tono serio –Voglio che tu te ne vada da qui– disse.

Il ragazzo sbarrò gli occhi –Cosa? Chi ti sta facendo questo? –

–Harry– disse perentoria –Va via immediatamente! –

Un rumore alle loro spalle li fece sobbalzare e la stretta di Anne divenne ancora più forte.

–Non c'è tempo per spiegare, per favore, va via! – disse ancora con gli occhi colmi di lacrime.

–Mamma, non ho intenzione di lasciarti qui– rispose afferrando il lucchetto, cercando di pensare a un modo per aprirlo.

Il rumore dietro di loro divenne ancora più forte.

–Vattene, dannazione! – urlò Anne, picchiando forte le sue gambe attraverso le sbarre, finché un colpo di tosse non la costrinse a fermarsi.

–Cosa stai facendo qui? – ruggì qualcuno -o qualcosa, Harry non riusciva a capire- dietro di loro.

I pugni della donna si serrarono attorno alla stoffa dei pantaloni del figlio che, per lo spavento, aveva lasciato cadere la torcia a terra, in una pozzanghera. L'intera stanza ora era immersa nell'oscurità, salvo per un piccolo cono di luce che proveniva dal soffitto bucato.

–Ti prego, non fargli del male. Per favore! – urlò Anne tremando.

Un ringhio fece tacere ogni rumore.

–C-chi sei? – chiese Harry, appoggiando terrorizzato le spalle contro la parete fredda. Riusciva a sentire l'umidità di quel posto arrivargli fino in fondo alle ossa. Aveva i capelli fradici dalla pioggia e il mantello non era messo in buone condizioni, ma quel luogo sembrava quasi più bagnato di lui. Da quanto tempo sua madre era lì a prendere freddo?

–Il padrone del castello– rispose con voce pesante.

L'immensa figura nera, di cui Harry riusciva a vedere solo l'ombra, si muoveva frenetica davanti a loro come se non sapesse cosa fare, come se fosse tenuta insieme solo dalla rabbia che provava in quel momento. Non aveva mai amato gli stranieri in casa sua, e ora se ne presentavano due a distanza di poche ore? Era solo questione di tempo prima che interi villaggi sapessero di lui, e venissero ad uccidere la bestia?

–Harry scappa, ti prego– sussurrò Anne ancora una volta.

–Sono venuto per mia madre, per favore lasciatela libera. Non avete visto che non sta bene? – lo pregò il riccio che si era accucciato nuovamente davanti alla cella della madre, prendendo una mano tra le sue. Avrebbe lottato per lei, non sarebbe scappato per poi vivere una vita piena di rimorsi. Lei era tutto quello che aveva, non poteva perderla.

–Non sarebbe dovuta venire qui! – ruggì quello in risposta.

–Ma potrebbe morire! – lo supplicò, la voce che nascondeva malamente le lacrime che minacciavano di uscire –Per favore– tentò di nuovo –I-io farò qualsiasi cosa– disse.

–Non c'è niente che tu possa fare! È mia prigioniera– disse in tono secco, cominciando ad andarsene. Stava iniziando a stancarlo, quel ragazzino, non aveva capito che non gli avrebbe mai restituito la madre? Se doveva avere quell'aspetto, avrebbe interpretato il ruolo del mostro alla perfezione. Dopotutto, era una sofferenza che lo avrebbe aiutato a cresere. Quel ragazzo sembrava così giovane: magro, con ricci lunghi fin sotto alle spalle, un viso liscio dalla pelle chiara e brillanti occhi verdi. Riusciva a vedere quegli occhi anche in mezzo all'oscurità, e non c'entrava nulla con il fatto che ormai, trasformato in quel modo, per lui tra notte e giorno non c'era differenza. Erano occhi che brillavano di luce propria, anche se adesso erano colmi di lacrime trattenute.

–Ma deve esserci qualcosa che poss- Aspetti! – urlò. Doveva essere coraggioso. Guardando un'ultima volta la madre -che scuoteva la testa, più terrorizzata di lui- si alzò. La figura si girò verso di lui.

–Prendete me al suo posto– disse facendo un passo nel cono di luce.

La bestia fece un verso di scherno –Tu- iniziò a dire. Era pronto a girarsi verso il ragazzo e a prenderlo di peso e gettarlo malamente oltre il cancello della sua proprietà, ma quando si girò a guardarlo le parole gli morirono in gola. Il giovane era in piedi davanti a lui, tremava ma non sembrava avere intenzione di rimangiarsi quello che aveva appena detto. Si spostò un riccio dal volto per poi asciugarsi freneticamente il viso -alcune lacrime erano riuscite a sfuggire al suo controllo. Era lì, tremava di paura, probabilmente avrebbe dato di tutto per non rimanere un secondo di più in quel castello, eppure era fermo, in piedi, coraggioso, che cercava di salvare la persona che gli aveva dato la vita. Mai in tutti quegli anni aveva visto qualcuno fare un gesto del genere. Gli splendenti occhi verdi del ragazzo brillavano di consapevolezza: aveva fatto la sua scelta, non sarebbe tornato indietro.

–Tu prenderesti il suo posto? – chiese la bestia.

–Harry no! Non sai quello che stai facendo! – urlò Anne.

–Se– cominciò il ragazzo, ignorando a fatica le preghiere della madre –Se lo facessi, lei sarebbe libera? – chiese.

–Sì– rispose dopo un momento di pausa –Ma– continuò –devi promettere che resterai qui per sempre

Harry sentì il suo cuore sprofondare, non osò voltarsi verso sua madre, era già dura per lui sentirla singhiozzare da dietro le sbarre. Rimanere lì per sempre. Il "per sempre" è davvero un tempo lungo, pensò, soprattutto se lo si passa in un castello abbandonato in compagnia di ... in compagnia di chi esattamente?

–Vieni alla luce– chiese Harry.

Dopo un momento di esitazione la figura nera davanti a lui fece un passo in avanti. Aveva capito di non trovarsi difronte a qualcosa di ordinario, qualcosa che, ne era sicuro, nemmeno Xander sarebbe stato capace di abbattere. Per prima cosa spuntò quella che sembrava una zampa di lupo ma dieci volte più grossa, coperta da un folto pelo marrone, poi comparve il resto. Un colosso coperto di abiti eleganti dalla fattura raffinata, sebbene logori. Per ultimo spuntò il volto: zanne bianche e aguzze, lunghe corna appuntite, peli e, per finire, due enormi occhi blu. Rimase senza fiato: cos'era quella cosa?

La tosse di sua madre lo riscosse dai suoi pensieri e, dando un ultimo sguardo a quegli occhi di un blu particolare, disse –Ha la mia parola–

–No! – urlò sua madre.

–E sia– disse la bestia superandolo e aprendo la porta della cella con una manata.

Sua madre si precipitò verso di lui, ancora immobile al centro del fascio di luce.

–Harry, amore mio, ascoltami. Non devi farlo, io sono grande ho vissuto la mia vita- cominciò a dire in tono concitato stringendogli il volto tra le mani, finché non venne strappata via da lui con una forza sovrumana.

–No, aspetti! – disse Harry cercando di afferrare le mani della donna.

–Harry! –

–Aspetti! –

–Vi prego, lasciatelo andare! – urlò Anne.

–Ha fatto la sua scelta– ruggì la bestia, spingendola con forza dentro quella che sembrava una vecchia carrozza arrugginita priva di cavalli.

–Portalo al villaggio– sibilò la bestia.

–Lasciatemi uscire da qui! Harry! Harry! – urlò Anne.

Harry, che era affacciato dalla finestra di quella che poco prima era la cella di sua madre, guardava la scena piangendo.

Si accasciò al suolo e strinse le gambe al petto, sentiva ancora sul viso l'ultima carezza di sua madre. 

 

–Padrone– lo fermò Zayn mentre stava tornando dal ragazzo. –Louis– riprovò, ma la bestia lo ignorò di nuovo –Louis, brutta testa dura! – urlò il candelabro.

La bestia si girò –Che cavolo vuoi? – ruggì.

Zayn lo guardò con un sopracciglio alzato. In quel castello, dopo l'incantesimo, era rimasto l'unico che gli teneva ancora testa e lo trattava come se nulla fosse cambiato, come se non fosse diventato un essere spaventoso.

–Grazie per l'attenzione– disse superandolo e piazzandoglisi davanti. Louis era dieci volte più alto di lui, ma questo non lo avrebbe fermato –Stavo pensando– cominciò –Visto che il ragazzo rimarrà con noi per un po' di tempo, forse sarebbe il caso di farlo accomodare in una stanza un po' più comoda– disse.

Louis fece per protestare, era già pronto a dire "È il mio prigioniero, decido io", ma si fermò all'ultimo secondo. Zayn lo guardava, i bracci del candelabro incrociati e l'espressione che urlava "Prova a dire qualcosa e ti do fuoco, brutta bestia pelosa" -e provate voi a ricevere questa minaccia da un candelabro acceso che brilla di fuoco rosso. La bestia sbuffò superandolo.

Trovò Harry rannicchiato in un angolo della cella, il viso nascosto tra le mani e le spalle scosse dai singhiozzi.

–Non mi avete neanche permesso di salutarla– disse non appena si accorse della sua presenza nella stanza. –Non la vedrò mai più e non mi avete neanche permesso di dirle addio! –

Le grandi sopracciglia di Louis si piegarono all'insù. Una sensazione strana si fece strada nel suo petto, ma era così fastidiosa che la cacciò immediatamente.

–Seguimi, ti mostrerò la tua stanza– disse provando a utilizzare un tono gentile.

–La mia stanza? – chiese il ragazzo stupito –Ma pensavo che-

–Cosa? Preferisci rimanere qui dentro per il resto dei tuoi giorni? – lo interruppe, la gentilezza subito dimenticata.

–No! – rispose intimorito.

–Allora seguimi–

Stavano camminando per il castello: Zayn, che illuminava la strada, stretto nella ferrea presa di Louis e Harry poco dietro di loro, con gli occhi ancora colmi di lacrime. Ogni tanto il ragazzo tirava su con il naso, provava a distrarsi guardandosi attorno, ma le pareti erano così scure e malamente decorate -con gargoyle e orribili statue di animali feroci- che non lo aiutavano per niente nell'intento.

–Louis, avanti, digli qualcosa– sibilò Zayn dopo l'ennesimo sospiro del ragazzo.

–Io spero che le piacerà qui– disse sbrigativo.

Harry sollevò la testa.

Zayn gli fece cenno di continuare –Il castello ora è anche casa sua. Può andare dove vuole, tranne che nell'Ala Ovest! –

–Cosa c'è nell'Ala Ovest? – chiese.

–È proibita! – esclamò Louis ad alta voce.

Il ragazzo sobbalzò per l'improvviso cambio di tono.

Da quel momento continuarono in silenzio finché non arrivarono davanti a una grande porta verde.

–Se ha bisogno di qualcosa, la chieda pure ai domestici– disse la bestia, ferma sull'uscio della porta.

–Invitalo a cena! – sussurrò il candelabro all'orecchio di Louis che lo guardò confuso. Zayn sbuffò –Cena! – disse allora urlando e facendo girare il ragazzo.

–Cosa? – chiese il giovane confuso.

Louis cerco di dissimulare il tutto con un colpo di tosse, lanciando uno sguardo furioso al candelabro –Ehm, questa sera cenerà con me–

Il ragazzo gli rivolse uno sguardo accigliato.

–E non si tratta di un invito! – aggiunse poi sbrigativo sbattendo la porta.

–Beh, è andata bene– disse Zayn dopo un po'. Louis lo lasciò cadere a terra.

–Sei impazzito? –

–Veramente quello impazzito sembravi tu. Poverino, lo avrai spaventato a morte!– rispose a tono, massaggiandosi la testa per la botta.

La bestia buffò e se ne andò velocemente.

 

Harry si buttò sul letto, senza far caso più a nulla, dando sfogo a tutte le sue lacrime.

Nel giro di poche ore aveva perso tutto: sua madre, la sua vita, la sua casa e la sua libertà. Se solo pensava che fino al giorno prima si stava preoccupando della proposta di matrimonio di Xander ... com'è subdolo il fato!

Pensò a sua madre: chissà se era arrivata a casa sana e salva, chissà cosa stava facendo, se stava piangendo la sua assenza, se stava mangiando. Chissà se si stava prendendo cura di sé. Di solito ci pensava lui a prepararle il brodo di pollo. Pensavano l'una all'altro e viceversa, dopotutto erano solo loro due. E ora non avevano più neanche quello. Harry sperava che sua madre si facesse aiutare da qualcuno, magari da Robin. Harry lo sperava davvero. Si mise seduto a fatica e si toccò le guance per cercare di asciugare le lacrime. Il fantasma dell'ultima carezza di sua madre aleggiava ancora sul suo volto. Se solo avesse saputo che l'abbraccio di quella mattina sarebbe stato l'ultimo ne avrebbe approfittato. L'avrebbe stretta forte e avrebbe annusato il suo profumo, si sarebbe fatto stringere nel modo in cui sono capaci di fare solo le madri.

Improvvisamente, qualcuno bussò.

–Chi è? – chiese con voce roca.

–James, caro! – gridò una voce squillante da dietro la porta.

Harry si alzò per andare ad aprire. Quando era arrivato non gli era sembrato che ci fosse qualcun altro in quel castello. Eppure, la bestia aveva parlato di domestici ...

Aprì la porta e inizialmente, malgrado sentisse la voce, non vide nessuno, poi abbassò lo sguardo.

–Ma che cos- non è possibile! – esclamò arretrando e andando a sbattere contro qualcosa.

Dalla porta stavano entrando quelli che a tutti gli effetti sembravano proprio una teiera, una tazzina e delle zuccheriere.

La superficie dietro di lui si mosse.

–A-attenzione! – disse con voce squillante ... l'armadio?

–Pensavo potessi gradire una tazza di tè, caro. Spero ti piaccia, noi qui abbiamo solo Yorkshire Tea. Sai, il padrone non beve altro! – disse la teiera.

Harry si sedette sul letto. Stava impazzendo? Tutto quello era dato dallo shock per essere finito in quella situazione, vero?

–Ma non è possibile– disse a sé stesso.

–Eppure, eccoci qua! – esclamò l'armadio –Io mi chiamo Charlotte, ma per favore chiamami Lottie– si presentò.

–Piacere? – disse ancora confuso.

–Ti avevo detto che era bello, vero James? – disse la tazzina.

–Sì, sì, ora smettila– rispose versando il tè. –Io sono James– si presentò –E lui è Niall. Ecco a te il tè, caro– disse.

Harry sorrise e prese la tazzina –Grazie–

Il tè era davvero buono, e dopo tutto il freddo che aveva preso gli avrebbe fatto sicuramente bene. Poco prima di gettarsi sul letto aveva avuto il tempo di togliersi il mantello fradicio, lasciandolo cadere a terra, ma aveva ancora i capelli e parte della camicia completamente bagnati. Sperava di non ammalarsi.

–Hai fatto una cosa molto coraggiosa, mio caro– disse James

–Lo pensiamo tutti– concordò Lottie.

Harry fece un sorriso triste e sospirò.

–Ho perso mia madre, i miei sogni ... ogni cosa! – disse, le lacrime stavano tornando.

–Vedrai che tutto si risolverà– lo rassicurò James con un sorriso –Vedrai ti troverai bene qui. Siamo tutti molto simpatici– continuò facendogli un occhiolino –Oh! A proposito di simpatia! – esclamò saltando sul posto e facendo tintinnare il coperchio sulla sua testa –Cosa ci facciamo ancora qui? Abbiamo una cena da preparare! Spero che il tè sia stato di tuo gradimento! – disse velocemente facendo cenno a tutti di uscire. Così com'era entrato, uscì con Niall al seguito.

Ok, forse quello non era proprio il posto in cui sarebbe voluto finire, ma doveva ammettere che quei piccoli esserini erano gentili. E buffi.

–Allora, cosa vuoi indossare questa sera? – lo riscosse dai suoi pensieri Lottie –Sai, io mi sono sempre divertita a scegliere i vestiti e i trucchi per le persone, ma da quando il castello è così vuoto non ho mai occasione di dare libero sfogo alla mia arte! – si lamentò in tono melodrammatico.

Harry sorrise –Grazie, sei molto gentile, ma io non andrò a nessuna cena–

–Ma come no? – chiese delusa.

–Non ho proprio fame al momento. E poi, vorrei solo rimanere il più lontano possibile da quella bestia! –

Lottie fece una espressione triste, aprì la bocca per dire qualcosa ma proprio in quel momento entrò Liam.

–Ehm ehm– si chiarì la voce –La cena è servita– disse con un inchino.

 

–Perché ci mette così tanto? Ho mandato Liam a dirgli di scendere, perché non è già qui? – disse Louis, la rabbia che iniziava a riaffiorare di nuovo.

–Louis, abbi un po' di pazienza– disse James –Il ragazzo ha perso la madre e la libertà tutto in un solo giorno–

–Louis hai pensato che forse il ragazzo è colui che spezzerà l'incantesimo? – esordì Zayn.

–Certo che ci ho pensato, non sono mica stupido! – gli rispose arrabbiato.

–Beh, ma allora è fatta! Tu ti innamori di lui, lui si innamora di te e puff! Incantesimo spezzato e torniamo tutti alla normalità!– esclamò contento –Alla splendida meravigliosa normalità in cui io sono il più bello del Reame e posso finalmente ammirarmi in tutta la mia bellezza, senza doverlo fare attraverso un cucchiaio. Un giorno mi spiegherai perché continui a rompere ogni singolo specchio in questo dannato castello? Ho capito che sei diventato questo ... coso – disse indicandolo –ma io sono ancora più bello di te, merito di guardarmi! Almeno in memoria dei vecchi tempi! –

–Sta zitto! – odiava quando Zayn cominciava a straparlare. Perché non aveva deciso di mandare James a chiamare il ragazzo? Per lo meno Liam era in grado di farlo tacere.
–Certo che ho pensato che lui potrebbe spezzare l'incantesimo ma, come hai appena sottolineato tanto carinamente tu, sono un coso orribile! Non si innamorerà mai di me! –

–Beh, allora dovrai imparare a mostrargli il vero te stesso– disse James.

–Non so come–

–Potresti iniziare a comportarti come una persona civile, invece che un buzzurro. Avanti! Petto in fuori, pancia in dentro, posizione eretta, dannazione! – inizio a dire la teiera.

Louis ubbidì velocemente.

–Un sorriso audace e disinvolto– aggiunse Zayn.

–Comportati da gentiluomo– proseguì James.

–E non spaventare quel povero ragazzo– continuò il candelabro.

–Colpiscilo con il tuo spirito entusiasta! –

–Sii gentile–

–Fagli dei complimenti! –

Louis spostava la testa da uno all'altro cercando di star dietro a tutto quello che gli stavano dicendo.

–Ma soprattutto sii sincero! E– continuò infine James lanciando uno sguardo d'intesa a Zayn –Cerca di controllare il tuo umore! – esclamarono all'unisono.

–Buona ... sera? – li interruppe Liam entrando titubante nella stanza.

Tutti si voltarono verso di lui.

–Allora? Dov'è? – ringhiò Louis dopo qualche secondo, non vedendo alcuna traccia del ragazzo.

Liam sbiancò, provò a guardare Zayn in cerca di rassicurazioni ma il candelabro era troppo impegnato a osservare preoccupato il principe. –Eheheh il ragazzo– cominciò allora –Sì il ragazzo ha detto ... è l'emozione del momento sai ...– la bestia ringhiò infastidita e l'orologio sobbalzò spaventato –Ha deciso di non venire! – disse tutto d'un fiato cercando di farsi piccolo piccolo. Sperava davvero di non morire.

–Che cosa? – ruggì Louis.

 

–Credevo di aver detto di venire a cena! – urlò picchiando forte contro la porta.

Aveva fatto le scale di corsa, ed era talmente arrabbiato che avrebbe preso a pugni un muro.

–Non ho fame, grazie– rispose calmo il ragazzo.

–Vienga subito fuori altrimenti butterò giù la porta! – lo minacciò.

–Louis, gentilezza ok? Sorridi, cazzo– lo rimproverò Zayn.

Louis sospirò frustrato –Ma fa così il difficile! –

–Con gentilezza– concordò James.

La bestia sospirò provando a calmarsi.

–Scenderebbe per la cena? –

–Grazie, ma davvero non ho fame– rispose nuovamente Harry.

–Garbato, cortese– gli ricordò il candelabro, vedendo l'espressione di Louis diventare pericolosamente minacciosa.

–Mi farebbe un grande piacere averla come mio ospite a cena. Tipo subito! –

–Per favore– sussurrò James.

Per favore– ripeté tra i denti Louis.

–No grazie–

Sentiva la rabbia montare dentro di sé. Chi diavolo si credeva di essere quel ragazzino?

–Non può restare lì in eterno! – urlò.

–Sì che posso! – rispose risoluto il giovane.

Louis ruggì forte.

–Bene, se non cenerà con me, allora non cenerà affatto! – urlò andando via velocemente.

–Uh, guarda te– iniziò James guardando la porta con espressione abbattuta –Tutta questa fatica per niente. Zayn, Liam restate qui mentre vado ad avvertire la cucina che è saltato tutto. Chiamatemi se succede qualcosa! – disse andando via.

–Agli ordini! – esclamarono in coro.

 

–Zayn andiamo mmmh smettila– disse con un sospiro Liam.

–Dai Liam, per una volta non lamentarti–

–Oh, nooo Zayn! –

–Oh, sì!–

–Andiamo finirò per bruciarmi di nuovo come l'ultima volta! – si lamentò.

–L'ultima volta eravamo troppo presi dal momento. Lasciati andare–

–Mmmmh–

–Aspetta– si fermò Zayn –Hai sentito questo rumore anche tu? – disse lasciandolo cadere a terra.

–Cazzo, Zayn per una volta che andava bene a tutti e due tu ti preoccupi di un rumorino? – protestò Liam.

–Il ragazzo! – esclamò il candelabro iniziando a correre.

–Cosa? Dove vai? –

–Il ragazzo è uscito dalla camera! –

 

–Io lavoro tutto il giorno come uno schiavo, e per cosa? Un capolavoro di culinaria del tutto sprecato! –

–Oh, smettila di lamentarti Nick. È stata una giornata faticosa per tutti– gli rispose a tono James, saltellando da una parte all'altra della cucina cercando di mettere in ordine il più possibile.

–Secondo me il ragazzo è un testardo! – disse Nick, il forno nonché cuoco del castello –Da quello che mi hai raccontato il padrone gli ha anche detto "per favore"! –

–Se il padrone non impara a controllarsi di tanto in tanto-

–Si può? – chiese Harry titubante aprendo piano la porta della cucina.

Tutti si voltarono verso di lui.

–Che piacere vedere che hai cambiato idea, caro! – esclamò James saltellando verso di lui.

–Il ragazzo! – urlò Zayn entrando in cucina ansimando per la corsa, Liam subito dietro di lui.

James ridacchiò –Sì ce ne siamo accorti. Voi come mai siete arrivati dopo di lui? Non dovevate avvertirmi prima? –

Liam arrossì e cominciò a dondolarsi su sé stesso.

–Ehm, noi– iniziò Zayn –Oh, andiamo James ma che importa quello che stavamo facendo?! L'importante è che ora abbiamo il ragazzo con noi. Come ti chiami, raggio di sole? – chiese il candelabro cambiando argomento e voltandosi verso il giovane.

Harry ridacchiò divertito. Aveva capito perfettamente cosa stavano facendo quei due mentre, da quello che aveva capito, lo stavano tenendo d'occhio, ma voleva evitare di viaggiare troppo con la fantasia. Non aveva intenzione di sapere come si fanno a fare certe cose tra un candelabro e un orologio.

–Mi chiamo Harry – rispose con un sorriso. Il primo vero sorriso -con tanto di fossette! - da quando aveva messo piede in quel posto.

–Oddio James guarda che carino ha anche le fossette! – esclamò Niall, raggiungendoli.

–Niall non metterlo in imbarazzo, sei peggio di Zayn! – lo rimproverò Liam –Piacere, io sono Liam, il primo maggiordomo– si presentò con un inchino.

–Come sei formale, Liam ... allegria! – lo prese in giro il candelabro.

Liam lo guardò di sottecchi per poi rivolgere nuovamente tutta l'attenzione su Harry –Se c'è qualcosa che possiamo fare per te, qualsiasi cosa, basta chiedere– disse.

Harry sorrise ancora di più. Erano proprio divertenti quei due. –Uhm, beh in effetti avrei un po' di fame– disse.

–Davvero?! – esclamò contento Niall. –James hai sentito? Ha fame! –

James annuì contento –Nick, riscalda tutto! Il ragazzo ha fame! – disse contento –Svegliate l'argenteria, mettete i piatti! Qui bisogna darsi da fare! –

–Il padrone! Sai bene quello che ha detto! – esclamò Liam terrorizzato, cercando di fermare qualsiasi cosa stessero ler fare gli altri.

–Oh, finiscila! Io non ho alcuna intenzione di farlo morire di fame! – gli rispose a tono James, iniziando a darsi da fare.

–D'accordo, va bene– sbuffò l'orologio –Un bicchiere d'acqua, un tozzo di pane e tutti a letto! – disse.

–Liam, ma cosa stai dicendo? Non è un prigioniero. È nostro ospite! – d'intromise Zayn ammiccando al ragazzo –Si deve sentire il benvenuto! –

–Oh, va bene, ma fate piano! – piagnucolò Liam.

–Se vuole seguirmi– iniziò Zayn guidando il ragazzo verso la sala da pranzo.

Quella sera Harry assistette allo spettacolo più bello di sempre. Zayn e Niall cantarono un duetto fenomenale perché, aveva detto il candelabro davanti a un Liam terrorizzato, cos'è una cena senza musica? Quella sera, oltre a mangiare come un vero e proprio re, si sentì bene. Nonostante tutte le disavventure che aveva passato aveva trascorso una bella serata.

Quella notte, al caldo della sua stanza, Harry sognò un paio di brillanti occhi azzurri e un volto delicato.

Louis al contrario, dall'altro lato del castello, passò la notte insonne osservando con sguardo triste la rosa incantata che aveva iniziato ad appassire.



 

N/a
Salve a tutti!!
Sono finalmente tornata con il terzo capitolo! 
Dalla prossima volta inizierà a delinearsi maggiormente il personaggio di Louis e ci saranno più interazioni tra lui e Harry.
Perché Louis rompe tutti gli specchi del castello?
Perché Harry sogna un paio di occhi azzurri? 
E Liam e Zayn come si sono innamorati? 
Anne sarà tornata a casa? Si farà aiutare da Robin? 
Lo scopriremo nei prossimi capitoli!!
Fatemi sapere cosa ne pensate. È davvero importante per me sapere le vostre opinioni.
Ringrazio ogni singola persona che ha letto i precedenti capitoli, chi ha votato e chi ha commentato. 
Questo capitolo è dedicato alla mia splendida amica Francesca senza cui questo capitolo non sarebbe qui. 


Mi trovate anche su Wattpad, sono _LoveMeBlue_

A presto!
Lady💙

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


-Chi si crede di essere? - sbraitò Xander ingurgitando un altro sorso di birra e sbattendo il boccale sul tavolo della locanda -Quel ragazzo scherza con l'uomo sbagliato. Nessuno dice di no a Xander!-

Nel corso della sua vita, neanche una persona si era mai permessa di trattarlo in quel modo e adesso invece ... il ricciolino non aveva proprio idea di chi fosse lui! Si era permesso di rifiutare la sua proposta di matrimonio. Lui, un ragazzino che non aveva nulla, con una madre che tutti credevano mezza matta, che passava il suo tempo a leggere ... I ragazzi, così come le ragazze sia chiaro, non dovrebbero leggere, gli vengono in testa strane idee e cominciano a pensare di testa propria!

-Giusto- concordò Ben annuendo vigorosamente, intimorito dall'espressione furiosa del cacciatore -Hai proprio ragione! -

Xander lo ignorò -Liquidato. Respinto. Io! - disse ancora, stringendo forte i pugni e guardando con occhi rabbiosi il fuoco del camino.

Erano alla locanda e, come tutte le sere, Xander sedeva alla sua poltrona davanti al caminetto. Era la sedia più comoda del locale e il proprietario aveva deciso che, viste le buone donazioni del padre e i vari trofei di caccia che il giovane regalava a quel posto, fosse il caso di fargliela trovare sempre disponibile come ringraziamento. Dopotutto, era un cliente abituale e molti uomini del paese andavano lì quasi esclusivamente per parlare con lui. Era il figlio di un uomo importante e nessuno perdeva mai tempo per cercare di entrare nelle sue grazie. Gli proponevano le loro figlie, e i loro figli, in matrimonio, chiedevano consigli di caccia, parlavano di vendite o acquisti di terreno. Pochissimi però riuscivano davvero a catturare la sua attenzione, e ancora meno la sua curiosità: era un giovane molto concentrato su sé stesso, non guardava in faccia nessuno, preferiva vedere il capo chino e gli occhi delle persone brillare di ammirazione quando passava, non sentire le loro chiacchiere. Se questo poteva sembrare un comportamento non proprio carino e rispettoso, parecchio maleducato se proprio bisogna dirlo, nessuno diceva nulla: era più importante la sua posizione sociale, quello che lui rappresentava per il paese, che ciò che era in realtà. Era il figlio di uomo importante che aveva guadagnato soldi grazie alle sue sole fatiche, era un cacciatore, un ragazzo di bell'aspetto, un uomo che si comportava da vero uomo insomma. L'esempio perfetto per tutti, soprattutto per i bambini.

-Non riesco a proprio a sopportarlo! - urlò lanciando il boccale a terra, facendo sussultare Ben e altri ospiti della locanda.

-V-vuoi un'altra birra? - chiese Ben un po' titubante, avvicinandosi.

-Per fare che? - rispose lanciandogli uno sguardo sprezzante -Non serve a niente bere. Sono certo che la voce si sia già sparsa. Sono stato disonorato! -

-Chi? Tu?! - esclamò Ben avvicinandosi a lui con la sua solita andatura saltellante -Xander, non sei il tipo che si arrende! - disse prendendolo per le spalle -Devi tirarti su! Io sto soffrendo per te, non buttarti giù così! -

-Piantala Winston, o con un pugno di spedisco dall'altra parte del locale! - lo minacciò.

-Tutti vorrebbero essere te- continuò imperterrito l'amico, trovando il consenso di molti uomini della locanda che, senza pudore, stavano origliando il discorso -Nessuno in città è più stimato di te. Sei l'ispirazione di ogni ragazzo, un campione! -

-E quindi? - disse Xander.

-E quindi? Non sei forse il più furbo? Il più forte? Non esiste un uomo in città un po' gagliardo che possa essere paragonato a te! Chiedi a Tizio, a Caio o a Riccardo - disse indicando gli uomini uno per uno, che li stavano guardando incuriositi -Ti diranno sicuramente che non esiste uomo migliore di te! Vero? - chiese.

-Beh, mi sembra ovvio- rispose il primo.

Gli altri due concordarono -Mio figlio oggi è tornato a casa parlando proprio di te, Xander! - disse uno di loro.

-Visto? - disse Ben guardando il moro con un sorrisetto soddisfatto.

-E con questo? Sono tutte cose che già sapevo, grazie tante- disse - Quello che mi serve è un modo per sposare quel ragazzino. Tu non hai capito forse: nessuno può averlo oltre a me! Devo essere io quello che sposerà- disse arrabbiato.

-Troverai sicuramente un modo, l'hai detto tu stesso- lo rincuorò l'amico.

-Il problema è che ho provato a pensarci ma proprio non mi viene in mente nulla! - disse con tono frustrato.

Le porte della locanda si aprirono in quel momento -Aiuto! Qualcuno mi aiuti! - urlò Anne entrando di corsa. Aveva il mantello strappato in più punti, il volto pallido e i capelli scompigliati, tremava come una foglia e gli occhi erano pieni di lacrime.

-Anne! - esclamò Tom, il proprietario del locale -Che succede? -

-Vi prego, ho bisogno del vostro aiuto! - disse quasi gridando e correndo verso un gruppo di cacciatori.

-Anne, siediti, che succede? - chiese ancora Tom superando il bancone.

-M-mio figlio- disse con voce tremante -È chiuso nelle segrete del castello! -

-Chi? - chiese qualcuno.

-Mio figlio Harry! Dobbiamo fare presto, non c'è un minuto da perdere! - disse portandosi le mani al cuore e spostando freneticamene gli occhi da un viso all'altro.

-Ehi! Calmati Anne! - disse Xander con tono deciso.

-Xander! - esclamò la donna avvicinandosi frettolosamente -Caro ragazzo, devi aiutarmi! - lo pregò posandogli una mano sul braccio.

Appena lo toccò con la sua mano fredda e sporca di terra, il giovane ritrasse il braccio disgustato.

-Chi l'ha rinchiuso nelle segrete di un castello? - chiese.

-Una bestia! Una bestia mostruosa! - strillò la donna.

-Una bestia? - chiese canzonandola, lanciando sguardi di scherno in giro per il locale.

-Sì! Orribile, gigantesca! - confermò Anne annuendo.

Delle risate si levarono dal fondo del locale.

-Anne, vai a casa! - gridò qualcuno.

-Vai a dormire! - disse un altro.

Robin, che aveva assistito in silenzio a tutta la scena, le si avvicinò piano -Andiamo a casa, Anne- le disse dolcemente mettendole una mano dietro la schiena, accompagnandola verso la porta.

-R-Robin devi aiutarmi, ti prego! - lo supplicò iniziando a piangere.

L'uomo la strinse ancora di più e, guardandola negli occhi, disse -Ti prometto che farò di tutto per aiutarti. Ora però andiamo a casa-

-Sì Robin, porta a casa questa pazza della tua ragazza- disse qualcuno scatenando nuovamente le risate generali.

Anne e Robin uscirono dalla locanda, la donna tremante stretta tra le braccia del libraio.

-Quella pazza di Anne, eh- disse Xander con un ghigno, guardando Ben

L'amico gli si avvicinò -Ci fa sempre fare delle grosse risate, non trovi? - disse per poi ridacchiare.

-Ho risolto! - esclamò il cacciatore con un sorriso vittorioso -Potrebbe essere rischioso ma ...- iniziò portandosi una mano tra i capelli -ma è la soluzione perfetta! - disse trionfante alzandosi dalla sedia. Si avvicinò a Ben e lo afferrò per le spalle, un sorriso luminoso sul viso -Ho risolto! - disse ancora -Anne è la madre di Harry e, se proprio vogliamo dirlo, non ci sta più tanto con il cervello- iniziò a spiegare con tono concitato -È sempre stata strana, diversa, sicuramente un po' matta! - disse alzando la voce per farsi sentire da più persone. Gli altri uomini, non appena udite quelle parole, si guardarono tra di loro cominciando a bisbigliare.

-Tu sai che io voglio sposare Harry- continuò Xander abbassando la voce, afferrando Ben per il colletto -Potremmo parlare con Simon, il responsabile del manicomio- sussurrò parlando sempre più velocemente -e, perché no, convincerlo che sia ormai arrivato il momento di portare Anne nella sua struttura. Sai, per il suo bene- disse.

Ben lo guardò confuso, non aveva proprio capito dove l'amico volesse andare a parare.

-Oh, andiamo Ben! Possibile che non ti sia ancora chiaro il mio piano? - chiese.

Odiava quando le persone non capivano le cose al volo -anche se spesso si spiegava così male che capirlo era un'impresa. -Insomma, cosa non farebbe il ragazzo per la madre? - iniziò a spiegare -Ecco la risposta: farebbe di tutto! Sicuramente, se venisse a sapere che magari con una mia buona parola si riuscisse ad evitare che la povera donna vada in quella gabbia di pazzi ... -

-Sì? - lo incitò il più basso a continuare.

-Beh ... cosa non farei per la povera, pazza Anne! - disse ironico -Ovviamente, Harry verrà subito a supplicarmi di fargli questo favore. E lo sai qual è l'unico modo per cui io possa accettare di aiutarlo? - chiese. L'uomo davanti a lui scosse la testa -Con il matrimonio! - esclamò vittorioso -Lui mi sposerà e io intercederò in favore della madre. Uno scambio equo! -

-E tu pensi che lo farà? -

-Ovviamente, lo farà- rispose maligno -Altrimenti sarò costretto a fargli vedere cosa accade in quelle strutture ... mediche, se così si possono chiamare- disse.

-Sei un genio! - esclamò l'amico con gli occhi pieni di ammirazione.

Xander sorrise raggiante-Lo so. Oltre a essere meraviglioso in praticamente tutto ciò che faccio, sono anche tremendamente intelligente. Oh, com'è difficile essere me! - disse.

 

******

 

Si sentiva leggero, come se stesse volando. Eppure, percepiva il suo corpo caldo, sdraiato su una superficie morbida.

-Harry- disse una voce, quasi un sussurro -Harry ascoltami! -

Il ragazzo provò a voltare la testa ma non vide nulla: c'era solo nero.

-Chi sei? - chiese.

-Ascolta la mia voce attentamente- continuò.

Quella che stava parlando era sicuramente una donna giovane. Nonostante tutta l'oscurità che lo circondava, era come se potesse vedere il viso perfetto di quella ragazza, come impresso nella sua mente. Aveva lunghi capelli castani, un viso sottile e grandi occhi scuri. In un certo senso gli ricordava sua madre, ma più giovane.

-Chi è che parla? - chiese ancora.

-Ciò che appare non è sempre ciò che è- disse solenne la ragazza.

-Che cosa vuol dire? Chi sei? - chiese ancora Harry guardandosi intorno.

-Guarda oltre il blu! -

E così come era iniziato, il sogno finì: di colpo. Si svegliò posandosi un braccio sugli occhi e mugugnando infastidito. La luce del mattino entrava prepotente dalla finestra alla sua destra. Doveva ricordarsi di tirare le tende. Come era finito in quel sogno freddo e buio, molto più reale di qualsiasi altro che avesse mai fatto? Ricordava solo che prima stava immaginando un posto caldo, felice, rideva ed era in compagnia di un ragazzo bellissimo e delicato, con splendidi occhi azzurri.

Un leggero bussare alla porta lo riscosse dai suoi pensieri.

-Harry! Sei sveglio? - disse quella che sembrava la voce di Zayn.

-Mmmh- rispose il ragazzo ancora mezzo addormentato.

-Oh, bene! - esclamò il candelabro precipitandosi nella stanza e saltando agilmente sul letto -Avanti, alzati, ci sono tante cose da vedere! Non vorrai mica rimanere tutto il giorno a letto, vero? - continuò.

-Ti prego, fammi dormire- disse il riccio, il braccio ancora sugli occhi e le labbra arricciate in un tenero broncio.

-Quasi peggio di me- osservò Zayn sottovoce.

Facendo attenzione, camminò sulle coperte fino ad arrivare sulla pancia del riccio -Alzatiii! - urlò cominciando a saltellare.

Harry cercò di scansarlo, ma sfortunatamente non ebbe successo.

-Zayn, vorrei tanto prendere un fiammifero e darti fuoco in questo momento! - sibilò mettendosi seduto. Il candelabro cadde dalla sua pancia e finì sul piumone.

-Buongiorno raggio di sole! - disse con un sorriso vittorioso.

-Perché mi hai svegliato? Che ore sono? - chiese Harry passandosi le mani sugli occhi.

-Le nove! - rispose Zayn scendendo dal letto con un balzo e atterrando sul morbido tappeto bianco ai piedi del letto.

Se fosse stato in paese a quell'ora sarebbe stato già sveglio da ore, ma gli eventi del giorno prima lo avevano stravolto. Fisicamente ed emotivamente si sentiva esausto. Con i sogni che aveva fatto poi, che sembravano quasi più veri del posto in cui si trovava adesso, non aveva riposato un gran ché!

-Vestiti velocemente, vado ad informare James e la cucina che sei sveglio- disse Zayn uscendo, accompagnando ogni passo con il rumore sordo che faceva la sua base d'orata ogni volta che colpiva il pavimento di marmo.

Il riccio rimase seduto sul letto per un po', i gomiti poggiati sulle cosce e il viso nascosto tra le mani. La sua nuova vita stava per iniziare in un castello incantato, con la sola compagnia di una Bestia scorbutica e invadenti soprammobili parlanti. Non ci credeva neanche lui.

-Harry, tutto bene? - chiese Lottie, facendolo trasalire.

Si era quasi dimenticato della sua esistenza! Per un momento si sentì strano al pensiero che lei potesse averlo osservato durante la notte, ma allontanò velocemente questo pensiero, gli metteva i brividi.

-Buongiorno! - disse sorridendole -Va tutto bene, tu come stai? -

Le ciglia dell'armadio -dell'armadio! Harry ancora non credeva ai suoi occhi- sfarfallarono -Eh- sospirò -Come va? Oramai erano anni che non me lo chiedeva più nessuno! - disse -Sai, quando sei un enorme armadio chiusa in una stanza è raro che ti vengano a trovare- confidò con tono triste.

-Mi dispiace- le disse guardandola. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei.

Lottie lo guardò con i suoi giganteschi occhi blu -Oh non ci pensare, ora tu sei qui! Non potranno che migliorare le cose da oggi in poi! - disse allegra.

Harry avrebbe voluto davvero che quelle parole fossero reali.

-Lo spero tanto- disse con un sospiro.

-Non c'è bisogno di sperare, io lo so! - affermò convinta.

-Allora- ricominciò a parlare voltandosi verso di lui -Cosa vuoi metterti? - chiese.

Il riccio alzò le spalle indeciso -Dimmi tu-

-Io direi qualcosa di pesante. Ieri sei arrivato completamente fradicio e hai tossito tutta la notte! - disse pensierosa.

Harry guardò la sedia dove la sera prima aveva poggiato i suoi vestiti: era vuota.

-Lottie, dove sono i miei vestiti? - chiese.

-Ho chiesto a Liam di lavarli, erano davvero sudici! - esclamò tirando fuori una maglia bianca di lana morbida

-Questa dovrebbe essere perfetta- disse porgendogliela. -Da qualche parte dovrei avere anche un paio di pantaloni come li portavi tu ieri- disse aprendo tutti i cassetti. Era una scena davvero comica, considerando che spesso sbuffava indignata quando trovava qualcosa fuori posto o ridacchiava imbarazzata quando le cadeva un vestito. -Eccoli! - esclamò orgogliosa dopo un po' -Erano di mio fratello. Forse ti staranno un po' stretti. Sai, lui era più basso di te ... magari però quelli gli andavano larghi! Mi ricordo che ne aveva un paio ... - disse, lo sguardo perso nei ricordi.

-Hai un fratello? - chiese Harry interrompendola, prendendo la maglia e i pantaloni.

-Sì! - disse -Un tempo ci vedevamo più spesso. È da un po' che non viene a farmi visita- gli confidò triste, arcuando le sue enormi sopracciglia perfette all'insù.

-Cosa ... che aspetto ha? - chiese il riccio curioso.

Lottie sorrise triste -Lo hai già incontrato- disse -Ma non ti dirò altro! Adesso sbrigati a vestirti, Nick non è tipo da riscaldare il cibo, soprattutto non la colazione! - cambiò velocemente argomento.

Harry decise di lasciar cadere l'argomento, per ora. Magari lo avrebbe chiesto agli altri.

 

Quando Harry arrivò nelle cucine venne accolto, come la sera prima, da un allegro James.

-Harry caro! - esclamò sorridendo -Come hai dormito? - chiese.

Harry sorrise mostrando le fossette e si avvicinò al tavolo della cucina.

-Bene, grazie- disse.

James sorrise -Spero non ti dispiaccia fare colazione qui, non ho voluto disturbare l'argenteria per apparecchiare il tavolo in sala da pranzo- disse guardandosi attorno e accennando alla tovaglietta apparecchiata proprio davanti al riccio.

Il tavolo della cucina era colmo di dolci e confetture e per un momento a Harry venne in mente il negozio di sua madre. Già gli mancava ...

-Harry? - lo richiamò la teiera vedendo il suo sguardo pensieroso.

-Eh? Sì! - si riscosse il riccio -Va benissimo qui, non preoccuparti- disse prendendo posto.

-Harry! Sei sveglio che bello! - lo salutò Niall non appena il riccio si sedette. La piccola tazzina, sbeccata sul bordo, aveva un sorriso luminoso e il bianco della ceramica con cui era fatta spiccava contro il rosso della tovaglietta.

-Buongiorno anche a te- rispose.

-Zayn mi ha detto che lui e Liam oggi vogliono portarti a fare un tour per il castello! - disse contento.

-Un tour? - chiese il ragazzo guardando James.

La teiera ridacchiò -Beh, ragazzo, ti aspettavi di vedere solo le cucine e la tua stanza per il resto dei tuoi giorni? - chiese divertito.

In realtà sì, avrebbe voluto rispondere il giovane, ma evitò di farlo.

-Ti trovi in uno dei più bei castelli d'Inghilterra! - gli rivelò orgoglioso -Anche se adesso non sembrerebbe, prima era invidiato da molti nobili- disse.

-Come mai non ho mai sentito parlare di questo posto? - chiese curioso, addentando una fetta biscottata alla marmellata.

James guardò nostalgico verso la finestra.

-Devi sapere che un tempo tutti conoscevano questo castello. Il padrone era il principe delle terre limitrofe- disse -Solo che un giorno tutto cambiò- continuò riportando lo sguardo su di lui -E d'improvviso tutti dimenticarono. Il castello, il padrone, noi ... come se non fossimo mai esistiti- terminò il racconto con sguardo triste.

-Come è successo? - chiese Harry.

-È stata una fata! - esclamò Niall ad alta voce, facendo sussultare Harry che lo teneva in mano.

-Una fata? - chiese il giovane confuso.

-Beh, sai, lei ci ha fatto visita ma il padrone non è stato molto gentile con lei e allora per punirlo-

-Niall! - lo richiamò James severamente -Basta così! Non è il momento di raccontare queste cose- disse con sguardo serio -Lascia finire a Harry la sua colazione, Liam e Zayn lo stanno aspettando all'ingresso- disse voltandosi e andandosene via con piccoli saltelli rumorosi.

La tazzina non parlò più per il resto del pasto e nemmeno Harry osò parlare ancora, intimorito da quello scambio di battute che aveva raffreddato completamente l'atmosfera della cucina.

 

-Io non sono sicuro che sia una buona idea- disse Liam con il tono di chi ha già ripetuto quelle parole decine di volte.

-Su, Liam, non rompere! - rispose Zayn con tono annoiato.

-Non può andare in giro a curiosare in certi posti- ribadì l'orologio.

Harry arrivò proprio in quel momento.

-Finalmente il nostro prezioso ospite è arrivato! - urlò Zayn con gioia, smettendo di far caso a Liam e correndo verso il ragazzo.

-Allora, dove volete portarmi? - chiese il riccio.

-Io non penso che sia una buona cosa portarti in giro- intervenne l'orologio.

Harry corrucciò le sopracciglia.

-Ho fatto qualcosa di male? - chiese.

Zayn tirò una botta sulla testa del suo ragazzo -Brutto scemo- gli sibilò -Non hai fatto nulla di male, tranquillo- disse sorridendo -È Liam qui il problema. Ha troppa paura che "il padrone" possa arrabbiarsi-

-Potrebbe arrabbiarsi? - chiese Harry. Non aveva alcuna intenzione di vedere quella Bestia esplodere di furia. Gli era bastata la scenata della sera prima. Ricordava i brividi di paura che gli correvano lungo la schiena mentre litigava con la Bestia. E lui era dietro una porta, non voleva immaginare quanto potesse essere spaventoso vederlo arrabbiato senza nulla con cui farsi da scudo!

-Certo che sì! -

-Certo che no! -

Dissero Liam e Zayn in contemporanea. Il candelabro lanciò uno sguardo di fuoco -di fuoco- all'orologio.

-Certo che no- ripeté poi guardando di nuovo Harry con un sorriso -Andiamo- aggiunse poi avviandosi e mettendo fine alla discussione.

Liam li seguì con un sospiro sconfitto.

 

Il castello era immenso, Harry non pensava di aver mai visto tante stanze tutte insieme. I corridoi giganteschi erano ornati da quadri e da sculture in marmo. A volte, in qualche corridoio più buio, si potevano notare terribili immagini di gargoyle, le stesse che aveva visto la sera prima mentre la Bestia gli mostrava la strada per la sua camera.

-E questa è una sala da biliardo- disse Liam che ormai, avendo accettato il fatto che il suo ragazzo non avrebbe mai cambiato idea, era entrato perfettamente nella parte di guida turistica. Dopotutto, lui era il primo maggiordomo, sapeva tutto di quel castello -Sai, qui i nobiluomini adoravano passare il pomeriggio sorseggiando tè o alcolici, mentre giocavano parlando di affari importanti- disse con tono solenne.

Harry guardò la stanza affascinato. Aveva un pavimento di legno chiaro, liscio e lucido; alle pareti erano accostate piccole librerie piene di libri sulle tecniche di gioco; in fondo a destra si trovavano dei divanetti marroni e un bancone da bar. Il restante della sala era occupato da un immenso tavolo da gioco, le palle da biliardo erano sistemate ordinatamente sulla liscia superficie verde.

-Poco più in là, proprio dietro quella enorme porta, si trova invece la seconda sala da ballo- continuò l'orologio richiudendo la porta e continuando a camminare -Veniva usata per i ricevimenti più piccoli. È la seconda ma non per bellezza perché, proprio come la prima, è stata decorata dai migliori-

-Liam- lo interruppe Harry.

Era fermo in mezzo al corridoio e ammirava la sua figura spezzettata all'interno di uno specchio in frantumi. Non era il primo che vedeva in quello stato. Cosa era successo a tutti gli specchi del castello? O era successo solo a quelli esposti in quei corridoi?

-Cosa succede? - chiese l'orologio tornando indietro saltellando sulle sue gambette di legno.

-Perché tutti gli specchi sono rotti? - chiese avvicinandosi al vetro.

Liam guardò agitato Zayn -Tutti? - chiese.

-Sì, venendo qui ne ho visti almeno quattro- disse alzando la mano per andare a toccare il suo viso nel riflesso.

-Beh- Liam aveva questo difetto: non riusciva a pensare lucidamente quando era in ansia e, molto spesso, finiva per dire proprio quello che non doveva -Sarà stato il padrone. Ogni tanto lo fa- disse ridacchiando agitato.

-Ogni tanto lo fa? - chiese Harry voltandosi a guardarlo incuriosito, facendo ricadere la mano al suo fianco.

Zayn emise un sibilo infastidito -Non è una cosa importante, Harry. Non adesso- disse dandogli un colpetto sulla gamba.

-Ma che vuol dire: ogni tanto lo fa? Perché? - chiese imperterrito.

-Non lo sappiamo, succede! Lo sentiamo ruggire arrabbiato e di colpo crash! Quando arriviamo sul posto troviamo uno specchio rotto- gli rispose prontamente Liam, non riuscendo a tenere a freno la lingua.

-Andiamo! - li interruppe Zayn -Il tour è durato abbastanza. Sicuramente James avrà fatto preparare il pranzo, sono ore che andiamo in giro! - disse sbrigativo facendo voltare a forza Liam e bloccando qualsiasi tentativo di Harry di ricevere più informazioni.

-Ma non dovevamo vedere l'altra sala da ballo? - chiese il ragazzo.

-Domani! - rispose velocemente il candelabro -Andiamo adesso, su! - disse spingendo Liam in avanti e dando un altro colpetto al polpaccio del riccio.

-Hai avuto modo di conoscere Nick ieri sera, giusto? Non è proprio il tipo a cui piace aspettare - disse ancora Zayn avviandosi.

Harry lanciò un ultimo sguardo al suo riflesso spezzato nello specchio. Era la seconda volta che gli impedivano di ricevere informazioni, il suo lato avventuroso aveva iniziato a chiedersi cosa volessero tenergli nascosto. Aveva già visto la Bestia, cosa poteva esserci ancora di terribile? Non gli piaceva affatto quella situazione: se doveva passare il resto della sua vita in quel posto, voleva sapere tutto. Niente segreti!

Perché gli specchi erano rotti?

Cosa era successo con la fata di cui aveva parlato Niall?

Per un momento si ricordò che la Bestia aveva accennato all'Ala Ovest del castello e di come per lui fosse proibito andarci. Decise che quella sera avrebbe dato un'occhiata a quel posto. Sarebbe stato attento, era bravo a sgattaiolare senza essere visto.

-Harry! - lo richiamò Zayn tornando verso di lui -Andiamo-

Harry smise di fissare il suo riflesso -Eccomi! - disse per poi seguire il candelabro.


 

Nel frattempo, proprio nell'Ala Ovest, la Bestia stringeva tra le sue enormi zampe la cupola di vetro sotto cui era racchiusa, protetta, la rosa incantata che tanto tempo prima gli aveva donato la fata. Quante volte si era maledetto guardando quel fiore, e quante volte aveva avuto l'impulso di distruggerlo! Incolpava ogni singolo petalo rosso per la sorte che gli era toccata. Era passato dall'avere tutto al niente, nel giro di poche ore. Nessuno era mai andato a cercarli, a chiedergli se andasse tutto bene, cosa fosse successo al principe di quelle terre. Aveva odiato le mura di quel castello che aveva ormai perso lo splendore di un tempo. Era diventato tutto più cupo, come se un velo nero si fosse posato su di loro, nascondendoli al resto del mondo. Non aveva mai pensato che un giorno gli sarebbe potuto mancare avere la gente intorno, il calore di qualcuno, anche un sorriso sincero. Aveva smesso perfino di andare a trovare sua sorella. Gli metteva troppa tristezza guardarla trasformata in un armadio. Tutto per colpa sua! Sua sorella piangeva quando lo vedeva, i suoi migliori amici tremavano di paura, non gli rivolgevano mai un sorriso. E perché avrebbero dovuto? Era solo colpa sua se erano costretti a vivere in quel modo. Da quando era arrivata la fata, i giorni si erano susseguiti tutti uguali. Poi era arrivato quel ragazzo, Harry.

Si chiedeva perché avesse accettato di prendere lui al posto della madre. Alla fine, quel giovane aveva tutta la vita davanti. Era sicuramente più piccolo di lui. Gli dispiaceva averlo sottratto alla sua vita di paese, che doveva essere sicuramente allegra. Non come la sua.

Voleva sperare però, che la sua presenza nel castello non dipendesse solo dal suo animo egoista, ma anche da un disegno più grande. Sperava fosse lui il ragazzo che lo avrebbe salvato, lo sperava con tutto il cuore.

Un petalo rosso si staccò proprio in quel momento dalla rosa, perdendo la sua lucentezza non appena toccò il tavolino di pietra. La bestia seguì il suo volteggiare con occhi tristi.

Sì, Harry era la sua unica possibilità, il suo ventunesimo compleanno era vicino e la rosa aveva già iniziato ad appassire.

Voltandosi prese dal tavolo vicino a lui un piccolo specchio, un altro dono della fata: la sua unica finestra sul mondo.

-Mostrami il ragazzo- disse.

Lo specchio tremò un pochino, poi si illuminò di verde e, pian piano, dal centro del vetro, cominciò ad apparire, dapprima sfocata, la figura del giovane.

Aveva dei brillanti occhi verdi e le sue labbra erano arricciate in un sorriso divertito.

-Non posso crederci! - disse il ragazzo.

La voce roca del riccio squarciò il silenzio della stanza, facendo sussultare leggermente Louis.

-Invece sì, mio caro!- gli rispose Zayn.

-No, aspetta- lo interruppe Harry poggiando le mani sul tavolo e guardando Liam -Mi state davvero dicendo che Niall dovrebbe avere vent'anni in questo momento? - chiese incredulo indicando la tazzina davanti a lui, che lo guardava con sguardo indignato.

-Proprio così!- ridacchiò James.

-Ma io pensavo fosse un bambino! - esclamò il giovane incredulo.

-Harry, la prendo come un'offesa! - gli urlò Niall mettendo il broncio.

Il riccio si voltò verso di lui -No, ti prego, non volevo- disse con un'adorabile espressione dispiaciuta -Scusami, davvero. È solo che Liam e Zayn ti trattano come se fossi figlio loro! - cercò di spiegare.

La tazzina sospirò -Lo hanno sempre fatto- disse sconsolato -Non ho mai capito il perché. Loro due e Lou- si interruppe di colpo sgranando gli occhi -Ti perdono, non fa niente- terminò Niall velocemente.

-Basta così- disse Louis abbassando lo specchio con sguardo triste. L'immagine del ragazzo svanì lentamente e le voci allegre scomparvero dalla stanza.

-È inutile illudersi- disse a sé stesso -Quel ragazzo non vedrà mai niente in me, tranne che un mostro- sussurrò sconsolato guardando lo specchio.

Il suo riflesso gli rispose con sguardo triste. Per un momento ebbe l'impulso di scagliare l'oggetto contro il muro, il più lontano possibile da lui. Il suo aspetto era ... mostruoso!

Era così dal giorno dell'incantesimo. La fata gli aveva detto che quello specchio gli avrebbe mostrato sempre la sua vera immagine e quella non era mai cambiata. Si era chiesto centinaia di volte perché fosse l'unico specchio in tutto il castello in grado di riflettere la Bestia e non il principe che era una volta.

Aveva distrutto tutti gli altri specchi proprio per questo motivo: con il tempo aveva imparato a odiare il suo aspetto umano. Gli ricordava qualcosa che, era sicuro, non avrebbe mai e poi mai potuto riavere indietro. Era sicuro che quella fosse un'ulteriore punizione che la fata aveva riservato per lui: poter vedere il passato per ricordarsi ogni giorno dell'errore che aveva compiuto, del perché adesso si trovasse in quelle condizioni. Ogni volta che passava davanti al suo riflesso, si perdeva a guardarsi: la sua statura minuta, i capelli lisci, la pelle perfetta, il viso sottile. Quando però si portava le mani davanti al viso le vedeva ancora enormi e orribili, più simili a zampe che a mani umane. Per questo distruggeva gli specchi, gli faceva troppo male ricordare. Si odiava!

Posò lo specchio sul tavolino accanto alla rosa e fece un balzo all'indietro, rabbioso. Poi lasciò andare un ruggito terribile, che risuonò in tutto il castello.



 

Aveva aspettato che Lottie cadesse in un sonno profondo prima di alzarsi dal letto e raggiungere in punta di piedi la porta, che aveva lasciato leggermente socchiusa. Il corridoio era deserto fortunatamente, illuminato quasi a giorno dalle luci alle pareti. Non sapeva cosa avrebbe mai potuto raccontare a Liam e Zayn se li avesse incontrati in giro a quell'ora. Sperava davvero di non aver perso l'abilità che aveva da bambino di passare inosservato quando voleva che gli altri non si accorgessero di lui.

Quel pomeriggio era riuscito a farsi indicare da Niall la direzione per l'Ala Ovest e così, trattenendo il respiro a ogni singolo rumore e nascondendosi dietro le colonne quando vedeva qualcuno passare per i corridoi, si stava dirigendo proprio dove la Bestia gli aveva proibito di andare.

Non era sicuro se fosse per l'orario, per dove stava andando, per una sua percezione o se fosse effettivamente così, ma in quel momento gli sembrava tutto più sinistro, più inquietante. Man mano che proseguiva in quella direzione provava ad aprire le porte ma erano tutte chiuse, la carta da parati era squarciata in più punti, così come le tende, i vetri degli specchi rotti non erano stati rimossi, c'erano ragnatele e polvere ovunque. Quella parte del castello  che sembrava abbandonata!

Salì un paio di scale, per poco non gridò dallo spavento quando, girando un angolo, si trovò davanti un ritratto di una donna talmente perfetto da sembrare vivo. Continuò a camminare, ormai l'unica fonte di luce era quella proveniente dalla Luna, che illuminava tutto con il suo bagliore argentato.

Quel posto non gli stava dando le risposte che voleva. Si domandò come mai la Bestia gli avesse proibito di andarci se non c'era nulla di particolare. Che si preoccupasse dell'aspetto di quell'Ala del Castello? Il ragazzo rise tra sé e sé per l'assurdità del pensiero.

Stava quasi per decidere di tornare a letto quando la maniglia dell'ultima porta, la più grande di tutte alla fine del corridoio, si aprì.

Si aspettava quasi di sentire il sinistro cigolio dei cardini che veniva sempre descritto nei libri in momenti come quello, ma la porta si aprì senza emettere un suono. Il silenzio era quasi assordante, avrebbe voluto che qualcosa squarciasse l'atmosfera di immobilità che aleggiava in quella stanza.

I mobili erano distrutti, sedie e tavolini riversi a terra, le tende del letto a baldacchino in fondo alla camera erano rotte e fili di stoffa pregiata ciondolavano sopra il materasso squarciato. Alla luce della Luna riusciva a vedere i granelli di polvere volare nella stanza, unici segni dello scorrere del tempo. Harry era talmente sopraffatto che aveva smesso di respirare.

Si guardò attorno e la sua attenzione venne catturata dall'unico mobile rimasto intatto. Si avvicinò: sopra c'era quella che sembrava una vecchia foto di famiglia, l'unico oggetto in tutta la stanza che sembrava non aver mai visto un grammo di polvere tanto era lucido. Era in bianco e nero ma la gioia nei visi di tutti pareva colorarla.

C'erano un uomo e una donna vestiti eleganti, sicuramente dei nobili, e seduti ai piedi quelli che dovevano essere i figli: due piccole gemelle, una bambina un po' più grande con lunghi capelli scuri e un ragazzo. Erano tutti bellissimi, anche se il viso del bambino era stato completamente rovinato, tanto che non si riuscivano più a scorgere i lineamenti.

Posò la foto sul mobile cercando di fare il più piano possibile.

Sollevò lo sguardo e vide un quadro completamente rovinato. Lunghi solchi tagliavano trasversalmente il ritratto di un ragazzo: si riuscivano a scorgere solamente un paio di occhi blu. Allungando la mano cercò di sollevare le pieghe della tela per ricomporre l'immagine ma, proprio mentre stava per riuscirci, ritrasse la mano e si voltò di scatto.

Aveva sentito un sussurro, come se qualcuno lo stesse chiamando. Un brivido gli corse lungo la schiena.

Avanzò piano in quella stanza che sembrava deserta.

Si sentì chiamare nuovamente e quando si voltò vide davanti a un'immensa finestra che dava su un balcone, sopra quello che sembrava un tavolino di pietra, una luce rosata. Avvicinandosi il fiato gli restò bloccato in gola: era quella che sembrava a tutti gli effetti una rosa incantata.

Non aveva mai visto un fiore più bello di quello e, come ipnotizzato dal bagliore, sollevò la cupola di vetro protettiva.

Allungò una mano per toccare i petali ma, arrivato a pochi centimetri di distanza, un ringhio squarciò il silenzio. La Bestia si precipitò da lui, strappandogli il vetro dalle mani e rimettendolo al suo posto a protezione del fiore.

Harry indietreggiò spaventato.

-Perché è venuto qui? - ringhiò.

-M-mi dispiace- si scusò il ragazzo continuando a camminare all'indietro.

-L'avevo avvertita di non venire qui! -

-Non volevo fare niente di male. Mi dispiace! La prego! - lo pregò il ragazzo.

-Non capisce cosa sarebbe potuto accadere? - ruggì Louis avanzando minaccioso e frantumando con una zampata una sedia di legno che gli era d'intralcio.

-La prego, si fermi! -

-Se ne vada! - ruggì più forte -Vada via di qui! -

Dicendo questo si avventò infuriato contro un altro mobile.

Harry non se lo fece ripetere un'altra volta e, inciampando nella corsa, fuggì immediatamente dalla stanza.

Continuò a correre con il fiato corto, i brividi che percorrevano tutto il suo corpo. Aveva l'adrenalina a mille e gli occhi pieni di lacrime.

-Che succede? - urlò Zayn vedendolo scendere velocemente le scale.

-Me ne vado- urlò piangendo.

-Te ne vai? Cosa è successo? - gli gridò dietro il candelabro cercando di raggiungerlo.

-M-mi dispiace io- disse voltandosi un'ultima volta prima di aprire il portone d'ingresso -Mi dispiace! - urlò sulla soglia per poi correre fuori dal castello, piangendo.

Cercò di raggiungere il cancello di ferro il più velocemente possibile e, guardandosi indietro per l'ultima volta, corse lontano nella foresta.






 

Angolo Autrice 
 

Scusate il ritardo, spero però che ne sia valsa la pena. 
Ringrazio ogni persona che ha letto la storia. Grazie a tutti di cuore. 
Devo a Louis e a Harry il mio rinnovato amore per la scrittura, e il vostro supporto è davvero importante per me!💙
Grazie mille💚💙

Potete trovarmi anche su Wattpad.

Ci vediamo presto.

All the love,
Lady💙

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Come se avesse voluto imitare il ruggito rabbioso della Bestia, un tuono rimbombò nel cielo dando inizio a una terribile bufera di neve. Da una notte serena e tranquilla, si era trasformata in una turbolenta e tempestosa. Il freddo dell'inverno era arrivato all'improvviso, senza preavviso, portando con sé la prima terribile nevicata. Il vento ululava forte facendo ondeggiare pericolosamente i rami neri e secchi. Non ricordava a che ora fosse uscito dalla sua stanza per andare ad esplorare l’Ala Ovest del castello, ma doveva essere sicuramente notte inoltrata perché si era accertato che tutti – o quasi- fossero andati a dormire, e che i corridoi fossero vuoti e silenziosi. Ora però era sicuramente tardissimo, era uscito nel momento più buio, in quel momento a metà tra la notte e le prime luci del mattino. L’ora dei mostri, la chiamava sua madre.
La neve cadeva fitta e veloce, ricoprendo il suolo con una spessa patina bianca, i fiocchi più piccoli gli incastravano tra le ciglia già bagnate di lacrime, impedendogli di vedere verso dove stava correndo. Era sicuro di essere uscito dalla proprietà del mostro perché ricordava di aver superato il cancello di ferro e di averlo chiuso con forza dietro di sé, guardando terrorizzato la sagoma nera del castello che si stagliava minacciosamente nel buio della notte. Per il primo minuto di corsa aveva riconosciuto anche qualche albero ma aveva subito perso il senso dell'orientamento, un po’ per il tempo, un po’ per il vento che gli scompigliava i lunghi capelli ricci facendoglieli finire davanti agli occhi.
Una folata di vento più forte delle altre spezzò un ramo facendolo cadere a pochi metri da lui. Harry balzò all'indietro spaventato. Ora che si era fermato la consapevolezza di non avere idea di dove fosse lo terrorizzava ancora di più. Più voltava la testa in cerca di qualcosa di familiare, più gli sembrava tutto sconosciuto, diverso, spaventoso.
"Morirò di freddo" pensò mentre le lacrime gli rigavano il volto, per poi congelarsi immediatamente sulle sue guance.
Dei ringhi minacciosi superarono il rumore del vento e quando Harry sollevò lo sguardo trovando davanti diverse paia di occhi gialli, avrebbe preferito che quel suono fosse appartenuto alla Bestia che lo aveva fatto fuggire via terrorizzato, non a quattro giganteschi lupi neri.
Istintivamente, cercò di allontanarsi ma il più grande tra i quattro animali fece un passo avanti emettendo un latrato profondo e i suoi occhi gialli lampeggiarono nel buio.
Harry sentiva i suoi respiri farsi sempre più rapidi e corti. Il panico era alle porte e non avrebbe potuto far altro che subire, inerme, quello che sarebbe venuto poi. Soffriva di queste crisi fin da quando era piccolo, sua madre li chiamava attacchi d’ansia, ormai sapeva perfettamente quando stava per averne uno. In quei momenti, la paura faceva da padrona nella sua testa e i suoi pensieri diventavano macabri e terribili, le lacrime correvano copiose e il suo respiro era irregolare, tanto che a volte pensava di non star respirando affatto.
Non riusciva a pensare ad altro se non che di lì a poco sarebbe morto divorato dai lupi, avrebbe sofferto, avrebbe urlato e nessuno sarebbe corso in suo soccorso, nessuno sarebbe andato a cercarlo, e anche se lo avessero fatto non sarebbero mai arrivati in tempo.
Gli occhi del lupo erano dorati, di una forma sottile, le zanne erano scoperte e appuntite. L’animale sembrava indifferente alla tempesta che imperversava attorno a loro, pronto ad attaccare da un momento all’altro. Se non fosse stato sul punto di morire, probabilmente avrebbe pensato che quel manto nero lo rendesse bellissimo e regale, maestoso e potente. Era una creatura davvero meravigliosa, peccato però che lo stesse per sbranare vivo. Non era il momento per restare affascinato dal suo aspetto, doveva trovare un modo per scappare da lì. Per andare dove però? Sarebbe stato più che impossibile riuscire a seminare quattro lupi, sicuramente non appena avesse fatto anche il più piccolo movimento lo avrebbero azzannato.
L’animale avanzò e di riflesso Harry fece un passo indietro, inciampando però sui suoi stessi piedi, cadendo a terra. Provò a indietreggiare spingendo con gambe e braccia, cercando di puntellare le mani nella neve nel tentativo di trovare del terreno solido su cui fare leva per rialzarsi, ma la neve era troppa, il vento era forte, la paura era tanta e le sue mani erano ghiacciate.
"È finita" pensò.
Una volta aveva letto che prima di morire si rivive tutta la propria vita nel giro di un istante, ma non ci aveva creduto. Aveva sempre pensato che negli ultimi istanti di vita una persona fosse troppo impegnata a pensare a ciò che stava realmente accadendo per potersi distrarre con i ricordi, che i pensieri si sarebbero concentrati sulla terribile prospettiva di un futuro inesistente, fatto di buio e di silenzio e di nulla, del terribile pensiero dell’ignoto. Invece, aveva sbagliato: in un attimo ripensò a quando da piccolo correva nel giardino davanti casa, ai dolci preparati con la madre, alle risate, ai pianti, a tutte le cose che aveva fatto, che avrebbe potuto e voluto fare. Pensò al padre che non aveva mai avuto occasione di conoscere bene, pensò a sua madre. Pensò anche a quegli ultimi due giorni che aveva vissuto che, per quanto potessero essere stati colmi di tristezza erano anche stati sorprendentemente divertenti ed emozionanti. Avrebbe voluto sapere di più su quel castello misterioso e i suoi abitanti, anche se era stato a causa della sua curiosità se ora si trovava in quella situazione. Avrebbe voluto scoprire tutti i segreti della Bestia, perché qualcosa gli diceva che ci fosse molto più che un mostro dietro a quel muso peloso. Quello che aveva vissuto era stato sicuramente qualcosa di nuovo e inaspettato. Forse, si disse era stato un regalo che gli aveva fatto il destino: aveva voluto fargli provare qualcosa di diverso rispetto alla solita monotonia, prima di lasciarlo morire sbranato dai lupi.
L'animale avanzò piano, una zampa enorme dopo l'altra, lasciando sulla neve impronte che venivano ricoperte quasi subito dalla neve che cadeva incessante. Con un ultimo balzo, gli fu sopra, le zampe puntate sulle sue spalle che lo costringevano a stare fermo a terra. Harry chiuse gli occhi, pronto a ricevere una stilettata di dolore quanto prima. Sentì il muso del lupo sul suo collo, il suo fiato caldo sulla pelle, il ringhio basso nelle orecchie ... ma improvvisamente tutto svanì e sentì solo un uggiolio di dolore. Aprì gli occhi di scatto e trovò davanti a sé la figura maestosa della Bestia. Non aveva mai pensato che un giorno sarebbe potuto essere felice di trovarselo davanti. Per un attimo la sua mente sfiorò il pensiero che avesse scaciato il lupo solo perché voleva ucciderlo con le sue stesse mani, ma l’idea sparì immediatamente non appena i quattro lupi e la Bestia cominciarono a lottare.
Il padrone del castello scoprì i denti, mostrando le zanne grosse e appuntite, tirò fuori gli artigli e con un balzo e una zampata scaraventò a terra il primo lupo.
Dalla sua posizione non riusciva a vedere molto, solo la schiena della Bestia che si alzava e abbassava freneticamente e si muoveva sinuosamente ogni volta che schivava o portava a segno un colpo. Uno dei lupi riuscì a superare la difesa della Bestia e provò ad attaccarlo ma lui fu più veloce e con un calcio lo scaraventò lontano. Man mano che la lotta proseguiva, attorno a loro la neve si tingeva di piccole chiazze rosso scuro e Harry sperò solo che il sangue appartenesse più ai lupi che a colui che era arrivato in suo soccorso.
In quel momento, con gli artigli sguainati, il vento forte che muoveva il suo mantello da una parte all’altra, e gli occhi blu che lampeggiavano nella notte, la Bestia era meravigliosa. Harry, immobile dal freddo e dalla paura, non riusciva a pensare ad altro che alla sua figura possente e maestosa, alla regalità nei suoi gesti in quel momento di lotta per la vita. Incuteva timore, ma l ragazzo si sentiva stranamente tranquillo, al sicuro, certo che nulla gli sarebbe potuto accadere finché sarebbe rimasto vicino a lui. Era un pensiero così strano, visto che fino a poco fa la Bestia lo terrorizzava ed era stato la causa della sua infelicità, dell’allontanamento di sua madre e della sua prigionia in un castello incantato -anche se l’ultima parte si era rivelata più piacevole di quanto pensasse.
Forse però erano solo il freddo e la stanchezza che lo stavano facendo vaneggiare. Si sentiva così stanco che a stento riusciva a tenere gli occhi aperti per seguire la lotta davanti a lui. Non voleva cedere al sonno prima di sapere come sarebbe andata a finire, anche se era sicuro che la Bestia avrebbe vinto, però lui si sentiva così debole … i gomiti su cui aveva tenuto il peso del busto tutto quel tempo cedettero e si ritrovò con la testa e la schiena immersi nella neve. Era fredda ma morbida e, in un certo senso, piacevole, non sarebbe stato male chiudere gli occhi e rimanere lì. Appena sentì l’ultimo lupo fuggire via permise al suo corpo di rilassarsi e, alzando un’ultima volta la testa e incontrando gli occhi blu del suo salvatore prima di chiudere i suoi e cedere alla stanchezza, riversando la testa all’indietro.
Percepì confusamente il suo corpo che veniva alzato da terra, ma non aveva le forze per guardare cosa stava succedendo. Sentì il lato sinistro del suo corpo entrare a contatto con qualcosa di morbido e caldo, e il lato destro venir circondato da possenti braccia. Era finita, adesso c’erano solo due possibilità: la Bestia lo avrebbe sbranato, oppure lo avrebbe portato in salvo. Qualcosa dentro di lui però gli diceva che poteva stare tranquillo e, senza pensarci due volte, si abbandonò al calore di quel corpo e il sonno prese il sopravvento.
 
 
Louis strinse al petto il corpo gracile e tremante del ragazzo. Poteva sentire il suo respiro farsi sempre più lieve.
Aveva un viso così delicato, era davvero bello. Desiderava averlo osservato meglio quando ancora aveva i suoi colori naturali e non adesso con le labbra viola e la pelle nivea. Ringhiò alla sua stupidità: se non lo avesse spaventato non sarebbe fuggito nel bel mezzo della notte in una foresta che non conosceva, durante una terribile bufera.
Circondò la sua testa con la mano per spingerlo maggiormente contro il suo corpo caldo e corse via in direzione del castello. Per la prima volta si trovò a ringraziare la fata per averlo tramutato in un mostro, grazie a quelle sembianze non sentiva freddo e poteva riscaldare più velocemente il corpo del ragazzo.
 
 
 
Dopo aver visto Harry correre via dal castello e Louis seguirlo poco dopo, Zayn e Liam avevano immediatamente avvertito gli altri. Si erano tutti organizzati per accoglierli con qualcosa di caldo e, per ogni evenienza, James aveva fatto portare in salotto tutti i medicinali e le erbe curative e disinfettanti che possedevano. Aveva inoltre messo a bollire dell’acqua con il sale e aveva fatto portare del di miele, ottimo antibatterico e cicatrizzante. Quando ancora aveva un aspetto umano, James era anche l’apprendista del medico del castello.
Liam e Zayn invece erano tornati verso l’ingresso, osservando la tempesta dalle finestre e pregando che ornassero entrambi sani e salvi. Il giovane era arrivato da pochissimo eppure si erano subito tutti affezionati a lui. Non solo perché rappresentava qualcosa di nuovo e l’unica possibile salvezza alla loro condizione ma per la sua gentilezza e la sua delicatezza. Era sempre così buono, riservava una parola carina a tutti e, nonostante tutto quello che aveva passato, aveva gli occhi luminosi
Louis invece negli anni era diventato più scostante, più difficile da avvicinare e, per quanto fossero sicuri che fosse in grado di cavarsela in qualsiasi situazione, erano comunque preoccupati per lui. Forse avevano sbagliato anche loro con lui negli ultimi tempi. Avevano smesso di preoccuparsi per lui, cominciando a vederlo solo con gli occhi e non più con il cuore, dimenticandosi che un tempo era il loro migliore amico. Liam soprattutto non aveva impiegato molto tempo prima di sostituire la bestia all’uomo e di questo si pentiva e si vergognava. Invidiava tanto Zayn che invece era riuscito a rimanere con i piedi a terra, continuando a trattare Louis come aveva sempre fatto, senza paura. Forse tra tutti era stato l’unico a capire che il comportamento rabbioso e l’alone di oscurità che avvolgevano la Bestia dipendessero non dal suo disprezzo e dal suo odio verso gli altri ma dalla rabbia nei suoi confronti per aver messo tutti in quella situazione.
 
 
Appena Louis entrò nel castello aprendo il portone con un calcio, Zayn gli andò subito incontro e Liam corse velocemente, per quanto le sue gambette di legno potessero permetterlo, ad avvertire Niall e James del loro arrivo.

–Ho avvertito gli altri e abbiamo adibito il salottino ad infermeria. Sono tutti di la– disse cautamente, osservando preoccupato il corpo di Harry abbandonato tra le braccia dell’amico.

Louis lo superò senza dire una parola, lasciando dietro di lui macchie bagnate di neve sporca.
Quando entrò nel salottino nessuno osò parlare. Il principe li guardò uno ad uno mentre percorreva la stanza in silenzio, aveva il respiro pesante e gli occhi blu colmi di preoccupazione, non di rabbia come al solito. Adagiò il ragazzo sul divano, le sue labbra erano ancora le labbra blu e la pelle era chiara, ma il respiro era migliorato. Sicuramente tenerlo al caldo contro il suo corpo aveva aiutato.

–Padrone– esordì James titubante avvicinandosi–Cosa è successo? – chiese.

Louis lo guardò velocemente poi spostò lo sguardo oltre la finestra del salottino, osservando la neve che cadeva sempre più forte. Aveva lottato contro quattro lupi quella sera e se lui, con una forza sovrumana aveva avuto difficolta, non voleva immaginare cosa avrebbe potuto fare il ragazzo.
“Probabilmente non ce l’avrebbe fatta” disse una vocina nella sua testa ma cercò di metterla a tacere stringendo forte gli occhi e scuotendo la testa.
Guardò il ragazzo che ora giaceva sul divano con i capelli sparsi in tutte le direzioni e il viso contratto in una smorfia sofferente. Ora che lo osservava con più calma, poteva vedere che le sue guance erano ricoperte da un sottile strato di lacrime che si erano ghiacciate contro la sua pelle. Doveva averlo spaventato davvero tanto. Forse aveva esagerato un pochino a reagire in quel modo … sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Gli era ancora nuova ma la aveva già provata, sempre a causa del ragazzo, quando lo aveva imprigionato. Era davvero spiacevole e lo faceva sentire strano, come se dovesse fare qualcosa per porre rimedio a ciò che aveva fatto o detto. In tutta la sua vita, forse solo un paio di volte con le sorelle, mai si era sentito come se avesse sbagliato a comportarsi in un certo modo.

–È stato attaccato da quattro lupi. Sono arrivato appena in tempo ma deve aver preso molto freddo– disse dopo un po’ di tempo distogliendo lo sguardo dalla finestra e tornando a guardare la teiera. Aveva la voce stanca e affaticata. Lo stavano fissando tutti e, ad essere sincero, non poteva di certo biasimarli. Se fosse stato al posto loro si sarebbe guardato anche lui. Sicuramente aveva un aspetto orribile -più orribile del solito, insomma-. Adesso che era arrivato al castello poteva sentire tutta la stanchezza e i dolori che la lotta aveva lasciato su di lui. Desiderava solo potersi riposare, ma doveva prima accertarsi che il ragazzo stesse bene.

James si avvicinò al riccio e lo osservò attentamente.

–Bisogna togliergli immediatamente i vestiti. Qualcuno vada a prenderne di asciutti e puliti– disse sbrigativamente. Senza il calore della Bestia, Harry aveva ricominciato a tremare. Dovevano agire in fretta prima che la situazione precipitasse.

Louis rimase immobile, ancora in preda di ricordi e pensieri.

–Louis! – lo chiamò Zayn attirando la sua attenzione –Togligli i vestiti e fallo in fretta! Il ragazzo ha bisogno d’aiuto– esclamò gesticolando e facendo un passo verso di lui. Se avesse avuto un altro aspetto sarebbe stato sicuramente più minaccioso, ma il suo tono e la sua espressione mettevano ansia già così.

La Bestia li guardò uno ad uno, confuso. Perché doveva fare una cosa simile?

–Non penso sia una buona idea– disse.

–È proprio quello di cui ha bisogno invece! – sbottò nuovamente l’amico. –Io non posso togliergli i vestiti, sono un dannato candelabro e James è messo peggio di me– continuò –L’unico che può aiutarlo sei tu! Non rintanarti nel tuo guscio proprio adesso, Harry ha bisogno di te–

Si guardarono profondamente negli occhi per qualche istante, poi la Bestia, senza aggiungere altro, sollevò delicatamente il ragazzo e gli sfilò velocemente la maglietta bagnata. Ripeté la stessa azione con i pantaloni, accorgendosi solo in quel momento di quanto effettivamente la pelle del giovane fosse gelida.

–Nell’attesa che arrivino gli abiti asciutti e una coperta– iniziò James dopo un attimo di titubanza, non sicuro se ciò che stava per chiedere di fare al padrone fosse troppo o no –farebbe davvero bene al ragazzo se lei ci aiutasse a tenerlo al caldo– disse.

Louis corrugò le sopracciglia –Cosa dovrei fare? – chiese.

–Dovrebbe tenerlo stretto a sé … lei è caldo. Voglio dire più caldo … insomma … – balbettò James non sicuro di come spiegarsi.

La Bestia lo guardò e poi annuì. Fece per sollevare il riccio ma la voce della teiera lo fermò.

–Dovrebbe togliersi la maglietta in realtà– gli comunicò con sguardo basso e la voce che andava ad affievolire verso la fine della frase –Se non è un problema– aggiunse cercando di farsi piccolo piccolo mentre lo sguardo di Louis si scuriva.

–Ma quale problema, James– si intromise Zayn senza paura, con un tono anche leggermente spazientito. Non capiva come potessero essere tutti così lenti. Il ragazzo stava morendo di ipotermia davanti a loro, dannazione! Possibile che fosse sempre lui l’unico con un briciolo di cervello? Gli anni passavano, ma le cose non erano mai cambiate, per dare una svegliata al principe serviva sempre il suo intervento–Louis, fallo– disse.

–Perché? – chiese stringendo la stoffa della maglietta in un pugno all’altezza del petto. Sicuramente è un pensiero stupido, si ripeteva la Bestia, ma aveva davvero paura che quello potesse essere solo uno scherzo per metterlo in imbarazzo. Non pensava che i suoi amici e i servi del castello potessero arrivare a fare qualcosa del genere in una situazione così delicata. Purtroppo però, l’esperienza gli aveva insegnato che non si è mai troppo cauti. Non amava farsi vedere senza abiti, non andava fiero del suo corpo, del suo aspetto e non voleva mostrarsi a loro senza alcun tipo di velo. Inoltre, centrava anche il fatto che non voleva avere il corpo di Harry premuto contro il suo senza alcun tipo di velo. Lo trovava strano, soprattutto dopo anni che non aveva alcun tipo di contatto umano.

–La temperatura corporea di Harry, andando al di sotto il livello vitale, se così possiamo dire. Tecnicamente, la sua condizione si chiama ipotermia. Non siamo neanche ad uno stadio avanzato ma più si va avanti, più la situazione rischia di peggiorare in modo irrimediabile – iniziò cercando di essere il più chiaro possibile –Il modo più rapido per scaldare un corpo è metterlo a contatto con un altro corpo vivente. Considerando inoltre che la sua temperatura corporea è molto più alta rispetto a qualsiasi essere umano, Harry dovrebbe riscaldarsi in fretta– spiegò James.

Dopo un sospiro e un altro attimo di indecisione, Louis guardò Zayn. Nonostante tutto, era ancora l’unico in grado di capirlo, anche solo con uno sguardo. Il candelabro gli sorrise incoraggiante. Si sfilò la maglietta con un unico movimento lasciandola cadere a terra.
Niall trattenne il respiro alla vista dell’immenso petto della Bestia: i muscoli erano ben visibili sotto uno spesso strato di peli. Faceva paura ma era anche affascinate il modo in cui la sua parte animale si era fusa a quella umana creando quell’essere così terribile ma dalle proporzioni così perfette.
Louis evitò di guardare negli occhi chiunque in quella stanza e, senza dire un’altra parola, sollevò il ragazzo e lo poggiò al suo petto. Poi si sedette sul divano dove un attimo prima c’era il corpo del ragazzo, poggiando la schiena in parte sullo schienale in parte sul bracciolo in modo tale da stare comodo.
 
 
Il riccio era gelido e tremava, ma James lo aveva rassicurato che con il calore del suo corpo, il camino acceso e la coperta, presto avrebbe di nuovo avuto una temperatura normale. Sperava che si riprendesse in fretta. Non voleva pensare di averlo raggiunto troppo tardi, di aver indugiato troppo nella sua stanza pensando a cosa fare dopo che il giovane era fuggito via terrorizzato. Era furioso con sé stesso per non aver neanche provato a instaurare un rapporto con lui. Era lì da pochissimo era vero, ma gli altri ci avevano già parlato, avevano scherzato insieme … Lui invece aveva passato il giorno chiuso nella sua stanza a maledire la fata e a compiangersi, come se la sua situazione non fosse già cambiata ora che aveva Harry nella sua vita: una speranza di una vita normale, di poter restituire non solo a sé stesso ma anche a tutti gli altri un’esistenza normale che valesse la pena vivere.
Il riccio si agitò nel sonno, emettendo un piccolo gemito roco e, voltandosi leggermente, poggiò meglio il capo sul suo petto, seppellendo il viso tra la sua pelliccia calda. La Bestia lo guardò a lungo e, stringendolo a sé con una mano tra i suoi capelli, si addormentò pochi istanti dopo.
 
 
Verso tarda mattinata, Louis si svegliò riposato e sorprendentemente sereno, il corpo di Harry ancora schiacciato contro il suo. Il ragazzo aveva decisamente un aspetto migliore: il viso era roseo, le labbra di nuovo rosse e, soprattutto, non tremava più.
Cercando di fare il più piano possibile per non svegliarlo, Louis si alzò dal divano per raggiungere le sue stanze.
Cercò il suo mantello e la maglietta che si era tolto la sera prima ma non li trovò da nessuna parte. Sul tavolino accanto al divano vide però due piccole pile di vestiti ripiegati e, dopo un attimo, riconobbe alcuni dei suoi abiti. Si vestì velocemente e osservò per un’altra volta il ragazzo addormentato. Sperava che si sarebbe svegliato presto, aveva voglia di conoscerlo. Forse non aveva senso trattarlo così male, era spaventato quanto lui da quella situazione, anzi sicuramente di più. Prima di uscire dalla stanza, lo coprì meglio con la coperta per farlo stare al caldo.
 
Sarebbe voluto andare direttamente nelle sue stanze, avrebbe voluto darsi una lavata, controllare la rosa incantata, fermarsi a riflettere sugli eventi del giorno prima ma le risate provenienti dalla sala da pranzo lo distrassero.
Piano piano si avvicinò alla porta: Liam e gli altri erano sul tavolo e parlavano amabilmente. Nonostante fossero solo dei soprammobili lui li conosceva abbastanza bene da notare le loro facce stanche. Probabilmente li avevano vegliati per tutta la notte e, a giudicare dalla fascia che aveva attorno al braccio destro, dovevano anche averlo medicato. Doveva essere davvero stanco per non essersi accorto di nulla. Odiava il bruciore del disinfettante e in quei momenti protestava sempre come un bambino.
Appena aprì la porta le risate si interruppero immediatamente, le posture dei quattro divennero più rigide e Liam scattò immediatamente in piedi.

–Buongiorno, signore– disse velocemente.

–Buongiorno … a tutti– rispose Louis con voce incerta, osservandoli uno ad uno.

–Ha bisogno di qualcosa? – chiese James facendo un passo avanti.

–No, io … –

Erano mesi, se non anni, che non aveva una conversazione occasionale con qualcuno. Non sapeva nemmeno perché era entrato in quella stanza. Aveva solo pensato alle loro risate, li aveva visti sereni e il fatto che lui non fosse lì con loro lo aveva fatto sentire strano. Insomma, avevano sempre fatto tutto assieme, fin da quando erano piccoli.

Rimpiangeva di essere entrato lì dentro, con la sua sola presenza era riuscito a rovinare un momento di calma e tranquillità dopo che avevano passato tutta la notte svegli.

Si schiarì la voce. –Non ho bisogno di nulla– disse per poi indietreggiare e posare una mano sulla porta aperta –Io … Grazie per questa notte– disse velocemente guardando i loro visi per poi voltarsi velocemente.

–Louis– lo richiamò Zayn mentre gli altri si scambiavano sguardi confusi e maravigliati.

La Bestia si girò.

–È il nostro dovere e poi non avremmo mai permesso che vi accadesse qualcosa– gli disse –Spero che ci raggiungerai più tardi da Harry. Penso sia ora che sia tu che lui mangiate qualcosa– terminò con un sorriso carico d’affetto.
Louis annuì prima di uscire dalla cucina e andare nelle sue stanze
 
 
 
Sentiva la gola bruciare terribilmente, le palpebre pesanti e i muscoli doloranti.
“Sono morto?” pensò muovendo leggermente la testa per spostare il viso verso i raggi del sole che entravano dalla finestra.
Non riusciva ancora ad aprire gli occhi, voleva spostarsi, mettersi seduto un momento, provare a vedere dove fosse, cosa fosse successo, cosa ne era stato di lui, se fosse tutto intero … beh sull’ultima parte ci sperava davvero perché, oltre ai muscoli doloranti e alla difficoltà che aveva nel muovere le mani non sentiva assolutamente nulla di strano o diverso nel suo corpo. Nessun dolore particolare e forse stava bene, o forse era morto e quei dolori erano solamente alcuni che il suo corpo avrebbe manifestato prima di abituarsi all’aldilà. Sperava davvero che non fosse così …
Ricordava poco di quello che era accaduto: lui che scappava dal castello, l’attacco dei lupi, il freddo, la paura, la Bestia … La Bestia lo aveva salvato! Pensò aprendo gli occhi di scatto. Per un momento non vide nulla, ma non appena si abituò alla luce gli inconfondibili colori delle pareti lo rassicurarono, si trovava sicuramente al castello.
Tirò un sospiro di sollievo e per poco non pianse.
Quindi alla fine la Bestia non lo aveva sbranato e non lo aveva ucciso, anzi gli aveva salvato la vita e lo aveva portato al sicuro!
La porta si aprì leggermente ed entrò Zayn che, vedendolo sveglio gli andò incontro sorridendo.

–Finalmente sei sveglio, Harry. Ieri ci hai fatti preoccupare– disse.

Harry si sollevò provando a mettersi seduto e la coperta scivolò di lato, lasciandogli scoperta una spalla. Non si era neanche accorto di non avere più i vestiti addosso, ad esclusione dell’intimo. Istintivamente si coprì.

–Cosa- provò a dire. La sua gola bruciava terribilmente e aveva la voce rauca. A giudicare dal caldo che sentiva probabilmente aveva la febbre –Che cosa è successo? Dove sono finiti i miei vestiti? – disse debolmente.

Zayn sorrise intenerito. Il ragazzo sembrava un bambino con le guance rosse e gli occhi lucidi e la vocina delicata. Non aveva sicuramente una bella cera, ma preferiva vederlo in quello stato che pallido come la morte con le labbra blu.

–Louis ti ha portato qui. Eri completamente congelato. Ci ha raccontato che te la sei vista brutta contro dei lupi! – gli disse.
Il ragazzo annuì –Più che altro, lui se l’è vista brutta– rispose corrucciando le sopracciglia e ripensando agli eventi della notte precedente –Dov’è adesso? – chiese.

–Ci ha aiutato a toglierti i vestiti e ti ha tenuto al caldo tutta la notte. Eri davvero congelato, se non fosse stato per lui adesso non staresti così bene– spiegò.

Harry ringraziò di avere le guance rosse per la febbre perché altrimenti il suo imbarazzo sarebbe stato evidente –Lui mi ha tolto i vestiti e mi ha tenuto al caldo? – chiese.

Insomma, quello era davvero strano, era comunque il suo carceriere e poi era … un mostro! Sebbene nel suo cervello qualcosa gli dicesse che non fosse sempre stato così, che quell’aspetto da Bestia nascondeva qualcosa di tanto bello quanto ora era spaventoso, si sentiva ancora a disagio al pensiero.

Gli venne in mente il sogno che aveva fatto quella notte, per poco non lo aveva dimenticato. Aveva sognato di dormire stretto tra le braccia di un ragazzo bellissimo. Aveva un volto familiare, lo stesso del sogno della notte precedente. Non avevano parlato molto, o forse non lo ricordava, ma era sicuro di averlo guardato attentamente negli occhi: erano di un blu particolare che gli ricordava il cielo di primavera, un colore caldo ma a tratti talmente profondo da risultare freddo sebbene fosse luminoso. Abbracciato a lui sentiva caldo, tanto caldo, e la voce femminile che gli aveva già parlato una volta, continuava a ripetergli di stare tranquillo e di lasciarsi trasportare da quel calore e dalle sensazioni che stava provando.

Zayn annuì –Proprio così– disse –I tuoi vestiti sono sul tavolo. Ti lascio il tempo di cambiarti e arrivo con il pranzo– lo informò per poi avviarsi verso la porta.

–Grazie– rispose Harry.

Il candelabro gli sorrise –Di nulla. Stai al caldo, mi raccomando–
 
 
Quando il padrone fece il suo ingresso nel salottino, l’odore della minestra gli arrivò immediatamente alle narici, risvegliando il suo stomaco che emise un borbottio imbarazzante.
Lo guardarono tutti e Zayn ridacchiò sotto i baffi.
Rispetto a quando li aveva interrotti in cucina, l’atmosfera era molto più rilassata, nessuno si era irrigidito e le loro espressioni non erano cambiate drasticamente.
Harry però lo guardava con occhi leggermente spalancati e il cucchiaio fermo a mezz’aria, da cui gocciava un po’ di minestra.
Era contento che fosse sveglio. Alla vista dei suoi occhi verdi il suo petto si era alleggerito leggermente.

–Buongiorno– disse dopo essersi schiarito la gola.

–Buongiorno– rispose delicatamente Harry dopo poco, posando il cucchiaio nel piatto

I due si guardarono negli occhi per un po’, la stanza immersa nel silenzio più totale, era come se si stessero parlando senza bisogno di parole. La postura del riccio divenne più rilassata e la linea spessa tra le sopracciglia di Louis scomparve.

–La tua minestra è sul tavolo– esordì Zayn interrompendo il momento e facendo un cenno verso il piatto fumante davanti al caminetto.

Louis lo ringraziò e prese il piatto, poi la stanza tornò in silenzio per un po’, solo il rumore delle posate a scandire lo scorrere del tempo.

–Grazie per avermi salvato la vita– disse all’improvviso Harry in un sussurro.

Il principe lo guardò –Non c’è bisogno di ringraziarmi– rispose, parlando per la prima volta con il ragazzo senza usare ringhi o minacce.

Senza far rumore gli altri uscirono dalla stanza, era finalmente giunto il momento per quei due di fare le dovute presentazioni e di conoscersi meglio.

–Come stai? – chiese la Bestia delicatamente.

–Bene– rispose –Zayn mi ha detto che- il ragazzo abbassò lo sguardo imbarazzato –Insomma, mi ha detto ciò che hai fatto per me. Grazie, ti devo la vita–

Senza accorgersene erano passati dal “lei” al “tu”, ma forse dipendeva da quello che avevano passato la notte prima. Era impossibile non stringere alcun tipo di rapporto dopo aver vissuto un’esperienza al limite tra la vita e la morte.

–Ho solo tentato di rimediare dopo averti spaventato– disse –Anche se non saresti dovuto entrare comunque nelle mie stanze– continuò guardandolo negli occhi.

Harry abbassò lo sguardo –Stavo solo tentando di capire … mi trovo prigioniero in un castello bizzarro dove l’unico essere umano sono io! – esclamò rialzando il viso –Avrò il diritto di sapere! – disse alzando la voce.

–Qui siamo tutti esseri umani– lo corresse severamente la Bestia con voce dura –Abbiamo solo perso l’aspetto a cui sei abituato–

Harry sbarrò gli occhi, preso in contropiede: era stato così preso da sé stesso e da tutte le stranezze che lo circondavano da non essersi accorto della cosa più ovvia. Erano tutti esseri umani.

La Bestia si alzò posando il piatto sul tavolino davanti al camino, poi gli diede le spalle e si voltò verso la finestra per guardare fuori. La neve scendeva ancora, anche se meno fitta della notte prima.

–Non pensavo che mi avresti aggredito a quel modo– disse Harry. Probabilmente era la cosa sbagliata da dire, ma non riusciva a trovare altre parole e non voleva lasciar cadere la conversazione nel silenzio.

–Ti ho dato un intero castello a disposizione e tu sei andato nell’unico posto in cui ti avevo proibito di andare– rispose la Bestia con un ringhio velato nella voce. Il ragazzo voleva davvero mettere alla prova la sua pazienza, già limitata di suo, ma lui aveva altri piani. Doveva cercare di mantenere la calma.

Harry deglutì e guardò nella sua direzione, verso la finestra. Per un momento il suo cuore perse un battito perché nel vetro della finestra vide il volto del ragazzo che continuava a sognare da quando era arrivato al castello. Non aveva un’espressione sorridente e allegra, era più pensierosa e sofferente, ma era sicuramente lui.
Un battito di ciglia dopo però, il colto era scomparso. Che se lo fosse immaginato? Magari era solo un’allucinazione data dalla febbre.

–Credo che sia il caso di fare le presentazioni come si deve– disse la Bestia distogliendolo dai suoi pensieri. Ora lo guardava di nuovo, e i suoi occhi avevano una luce calma e rassicurante.
Harry rimase sorpreso, non si aspettava che potesse cambiare atteggiamento in modo così repentino da un momento all’altro, dal giorno alla notte.

–Io sono Louis– disse avvicinandosi.

–P-piacere. Io mi chiamo Harry– rispose e la Bestia gli porse la mano -o meglio, la zampa. Il ragazzo la strinse dopo un momento di esitazione e per la prima volta non si sentì un prigioniero in quel castello.





 

Angolo Autrice
Sono finalmente tornata con un nuovo capitolo!

Ringrazio chiunque abbia letto la storia fino ad ora e chiunque l'ha insierita tra le Preferite/Seguite/Ricordate. Grazie di cuore.
Potete trovare questa storia anche su Wattpad, e potete commentarla sui social utilizzando l'hashtag #HarryAndTheBeast. Per qualsiasi cosa potete sempre trovarmi sul mio Twitter Flamss_

A presto,
DeathLady xx

 

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