The Priestess of As-Andir

di IlCorvOscuro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



Urla e musica festosa dominavano la taverna “Focolare Ghiacciato”.
L’odore di alcol riempiva l’ambiente, imbevendo il legno delle mura di quel forte tanfo.
I menestrelli suonavano e alcune persone cantavano a squarciagola seguendo il ritmo dei suonatori.
L’atmosfera non cambiò neanche all’entrata di un uomo dal volto coperto dal cappuccio del pesante mantello nero.
Si scrollò un restante di neve dalle spalle prima di proseguire verso il bancone in legno.
-Cosa ti porto?- domanda brusco l’oste.
Senza rispondere l’uomo incappucciato lancia verso il locandiere quattro monete di bronzo.
L’oste sorrise alla vista del denaro –Ti porto il meglio.-
L’uomo col mantello si sedette su uno sgabello davanti al bancone.
Appoggia gli avambracci sul tavolo iniziando a far girare uno strano talismano a forma circolare. L’oste iniziò ad avvicinarsi col boccale di birra in mano, scrutando meglio l’oggetto che teneva lo sconosciuto.
-Particolare…- sussurra il locandiere poggiando il boccale davanti all’uomo.
Codesto alza gli occhi verso l’oste, prendendo la bibita per avvicinarla alle labbra.
Ispira il profumo forte dell’alcol, prima di berlo tutto d’un sorso.
-Sei di poche parole a quanto vedo.-
Ignorò per l’ennesima volta il locandiere.
Approfondì lo sguardo, mentre posava il boccale vuoto sul bancone.
-T’interessa  così tanto questo ciondolo ?- chiese lo sconosciuto.
-Abbastanza. –
L’uomo sorrise alla risposta dell’oste. –Ti affido questo talismano, consegnalo a un ragazzo che entrerà in questa taverna verso la fine dell’inverno. Non  provare a venderlo o tenerlo, perché saprò se hai compiuto o meno la tua missione e ti assicuro che è meglio non avermi come nemico.- dichiarò l’uomo, scostando un poco il mantello con il braccio, facendo intravedere i coltellini da lancio allacciati al fianco. –Spero farai la scelta giusta.-
L’oste deglutì faticosamente alla vista delle armi. –Va bene calmati, non c’è bisogno di passare alle minacce e rovinare l’aria festosa che alberga in questa taverna. – dichiarò frettolosamente il locandiere. –Almeno dimmi come potrò riconoscere questo ragazzo e ti aiuterò.-
-Basterà incrociare il suo sguardo e accorgerti dei suoi occhi particolari.-
Detto questo, l’uomo misterioso si alza, avvicinandosi all’ingresso per abbandonare quel luogo divenuto per lui fin troppo rumoroso.
L’oste lo scruta andar via, prima di spostare la sua attenzione sul particolare ciondolo poggiato sul bancone.
 
 
Angolo Autrice.
Questa è una storia scritta secoli orsono da una me annoiata durante le lezioni di matematica.
Ultimamente mi è ricapitata fra le mani e mi son detta : “Mh perché non continuarla?”
Ed eccomi qui a pubblicarla su efp sperando di trovare qualcuno a cui piaccia così da stimolare la mia fantasia e spronarmi a continuarla.
Baci dalla vostra folle D.
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 


Una freccia sibilava silenziosa attraverso il bosco.
Continuava a spezzare il vento prima di trafiggere l’occhio di uno scoiattolo, appoggiato su un ramo di un albero.
Gli trapassò la testa, trasportando il cadavere fino al primo tronco sul tragitto.
La freccia, insieme all’animale ormai morto, si conficcarono nella corteccia.
Un esile figura incappucciata, segue il percorso compiuto dalla saetta, raggiungendo l’albero.
Liberò l’animale estraendo il dardo.
Sorrise mentre posava la freccia nella faretra, per poi legare la preda con una corda e caricarsela in spalla.
Iniziò a camminare verso nord, seguendo un sentiero ormai nascosto dalla natura.
Arrivò davanti a una casetta rovinata dal tempo. L’edera dominava i muri in pietra, coprendo la roccia con il suo verde.
Dei grandi sassi formavano una stradina verso la porta.
L’odore pungente di menta riempiva quel piccolo spazio, confondendosi con una leggera fragranza di timo. Pochi raggi filtravano dentro l’abitazione, grazie a una finestrella posta accanto alla porta in legno di quercia.
La figura iniziò ad avanzare con passi lenti e sicuri, come per bearsi di quel profumo emanato dalle piantine selvatiche.
Una leggera brezza gli fece ondeggiare il mantello e la preda con esso. Volse uno sguardo verso il sole tramontante, prima di rivolgere la sua attenzione verso la porta.
Senza indugio l’aprì, venendo subito accolto da una stanza grigia e cupa illuminata da un focolare alla sua destra.
A bearsi del calore, un’anziana donna troneggiava su una sedia.
-Attendevo il tuo ritorno, Gabriel.- parlò con voce rauca la vecchia.
-Perdonate il ritardo Madame Adria.- rispose il ragazzo, avvicinandosi al tavolo alla sua sinistra.
La donna soffocò una risatina. La sua veste rossa risultava ancora più scarlatta per via della vicinanza alle fiamme.
-Il sole non è del tutto sparito.-
Il ragazzo si calò il cappuccio rivelando il suo volto pallido, incupito dai lunghi capelli neri, raccolti all’indietro,  che donavano al giovane un’ aria misteriosa e affranta.
Al contrario i suoi occhi rallegravano il viso, rendendolo quasi angelico.
L’occhio destro era di un azzurro limpido e profondo, mentre il sinistro era dorato.
Il “Mare” e il “Sole” così tendeva a chiamarli Adria.
Poggiò la cacciagione sul tavolo , prima di privarsi del mantello e delle armi.
-Figliolo com’è il tempo fuori?- chiese l’anziana.
Il ragazzo respirò profondamente nell’udire quella domanda.
-La primavera sta tornando. Per un po’ potremo dimenticarci del freddo dell’inverno- Gli rispose, iniziando a pulire l’animale. –Sapete, non appena sbocceranno le primule glie le porterò. Infondo sono le vostre preferite.-
La donne sorrise nell’udire quelle parole, prima di essere scossa da un colpo di tosse.
-Gabriel, non penso che rivedrò i fiori rinascere quest’anno.-
Il ragazzo si fermò un istante per pensare a cosa rispondere, ma oltre a mere consolazione che gli aveva detto più e più volte ripetuto, nient’altro giunse alla sua mente.
Sospirò affranto dalla realtà.
La conversazione cadde lì. Il ragazzo ricominciò a ripulire l’animale in religioso silenzio, mentre la donna continuò a bearsi del fuoco, venendo qualche volta disturbata da qualche colpo di tosse.
Dopo la consumazione della cena, Gabriel rimase seduto affianco a Adria.
-Ho un favore da chiederti.- proferì la vecchia.
Il corvino si voltò a guardarla,  concentrandosi sulle parole dell’anziana.
-Domani dovresti recarti al villaggio, ho terminato l’intruglio di erbe.-
Gabriel annuì, continuando a fissare il volto della donna ormai rovinato dalle profonde rughe, tornando a riflettere come in soli sei anni sia invecchiata così in fretta.
La malattia e il tempo non erano stati clementi con lei.
-Cosa ricordi di quella notte ragazzo?-
-Nulla se non il rosso del fuoco che mi circondava.-
Il silenzio tornò prepotente in quella stanza, ma Gabriel non aveva intenzione di abbandonare il discorso.
-Secondo lei, qualcun altro, oltre me, è sopravvissuto a quell’incendio?-
Il volto di Adria’incupì improvvisamente.
-Forse mio padre è ancora vivo, forse c’è ancora speranza.- dichiarò il corvino alzandosi di scatto dalla sedia.
-Gabriel…-
­-Adria lui non era a casa quel giorno, quindi forse mi starà cercando, forse…-
Il ragazzo continuò euforico, prima di essere zittito da un violento  colpo di tosse proveniente dalla donna.
-Stammi a sentire ragazzo, come hai detto tu, di quella sera non ricordi nulla. Quindi tuo padre poteva essere uno dei corpi carbonizzati che i soldati sono riusciti ad estrarre dalle macerie.- disse la donna vestita di rosso. Il suo tono era carico di ansia e rabbia. –Gabriel non immischiarti, lascia le cose così come stanno. E’ meglio per me, per te e per tutti gli altri…-
Stava per continuare prima di venir interrotta da degli attacchi di tosse.
Il corvino corse a prendergli dell’acqua. Adria bevve a sorsi lenti, mentre Gabriel le metteva una mano sulla spalla.
-Le chiedo umilmente venia.- sussurrò sincero il ragazzo.
L’anziana lo squadrò per bene, prima di accettare le scuse con un cenno del capo.
L’arciere si diresse in camera.
Quella notte non ci furono sogni o riposi, soltanto meri pensieri su ciò che Adria conosceva più di lui.
 



Angolo dell’Autrice.
Come procede quest’afosa estate? Lo ammetto, scrivere con questo caldo non è il massimo ma per voi questo e altro.
Spero stiate passando una gioiosa estate (più divertente della mia lol)
Inoltre i pareri, le critiche o i consigli sono sempre ben accetti.
Buona serata, Baci D.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Il paese pullulava di gente per via del mercato all'aperto. Tutta quella confusione era dovuta soprattutto a una sorta di gara fra i mercanti delle varie bancarelle.

Fu dopo un quarto d’ora che Gabriel col capo chinato e la sua vista ostacolata dal cappuccio, riuscì a raggiungere l’erborista.
Bussò più volte a intervalli sconnessi prima di ricevere una risposta.
Una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una scomposta treccia laterale,  si presentò all'entrata, scostandosi dall'uscio per far entrare Gabriel, che però rimase fuori guardando la ragazza quasi interdetto, poiché non si aspettava tale fanciulla in quella bottega.
Erano anni che frequentava la bottega e sempre ad accoglierlo era Eldor, un uomo dalle fattezze così adatte alla battaglia che a prima vista tutti lo associavano a un fabbro e non a un medico.
Il corvino si schiarì la voce –Mi perdoni, cercavo Eldor per ritirare l’intruglio da consegnare all'anziana Adria-
-Eldor è in viaggio da un paio di giorni, tornerà fra due lune. Entra.-
La giovane abbandonò l’uscio, inoltrandosi nella bottega per raggiungere un grande scaffale colmo di unguenti riposti in piccole boccette di vetro, mentre l’arciere entrò lasciando la porta socchiusa.
-Per tutta la durata del suo viaggio, sostituirò io Eldor. Quindi la prossima volta non ti spaventare nel veder spuntare me e non lui- ribadì la fanciulla, terminando la frase con una risatina.
Gabriel osservò le dita gracili della fanciulla muoversi inesperte fra le svariate boccette, fin quando non prese quella destinata a Adria.
Chiuse lo sportellino dello scaffale, porgendo l’unguento al ragazzo.
-Il medico mi aveva detto che avevi una particolarità molto evidente, ed effettivamente non si sbagliava.-disse, mentre Gabriel le poggiava il denaro sulla mano e afferrava l’unguento.
-Tutti abbiamo delle particolarità, c’è chi le ha evidenti e chi no.-
Udendo quella risposta la giovane sorrise.-Non ci siamo ancora presentati, il mio nome è Azalea.-
-Gabriel, ma suppongo che lo sai già grazie a Eldor.-
In risposta, la ragazza annuì sorridendo, voltandosi per riporre le monete in un sacchettino di cuoio.
Il corvino salutò la fanciulla, richiudendo la porta alle proprie spalle, ripose l’unguento dentro la piccola tracolla nascosta dal mantello.

Alzò gli occhi verso il cielo, il sole illuminava il villaggio, aveva ancora un paio di minuti prima d’inoltrarsi nel bosco e dedicarsi alla caccia.
Si sistemò meglio il cappuccio e con sguardo basso decide di andare alla taverna.
Era solito passare un po’ di tempo alla taverna qualvolta doveva recarsi al villaggio, anche perché poche persone dominavano quel luogo a quell’ora e i pochi cittadini lì presenti o erano ubriachi dalla notte prima o erano avventurieri diffidenti.
In entrambi i casi non facevano caso ai suoi occhi.
Giunto alla taverna, si recò al bancone sedendosi su uno sgabello in legno.
-Oh Gabriel, caro amico mio devi ascoltarmi.- dichiarò l’oste andandogli incontro.
Il corvino sbuffò –Se c’è da risolvere qualche problema con alcune fanciulle non lo farò, mi  è bastata la disavventura con Rosaline avvenuta cinque lune fa.-
Il locandiere, parecchio agitato, prese un boccale di birra, glie lo porse per poi fare il giro del bancone e sedersi affianco a lui.
-No, magari fosse quello il guaio.-
L’arciere sorseggiò il liquido all'interno del boccale, fissando il suo amico quasi a incoraggiarlo a parlare.
-E’ giunto un uomo qui, un paio di lune fa. Ha pagato bene per una birra, fin quando non ha iniziato a giocherellare con uno strano ciondolo, allora mi sono interessato e lui mi ha minacciato di consegnarlo a un ragazzo dallo sguardo particolare  che entrerà in questa locanda alla fine dell’inverno.-
Gabriel ascoltò tutto, finì la birra prima di proferir parola, ridacchiando sommessamente –Oh il menestrello che hai ingaggiato ultimamente racconta delle belle filastrocche. –
L’oste mise una mano dentro la camicia prendendo l’amuleto e poggiandolo sul bancone.
-Non ho inventato nulla.-
Il corvino fissò il ciondolo circolare. Anche se il talismano era fatto d’ebano, le due ali piumate incise sembravano librarsi in quel nero.
Gabriel avvicinò la propria mano fino a sfiorare l’amuleto.
Al tocco, la sua mente esplose, iniziando a vagare fra pensieri scomposti fino a fermarsi al ricordo di quella notte lontana.

Fuoco, calore, grida.

Chiuse gli occhi alzandosi di scatto, facendo cadere lo sgabello a terra provocando un rumore sordo.
Joshua osservò la scena con sguardo confuso,  vide Gabriel respirare affannosamente guardandosi attorno.
-Brucialo, fai qualsiasi altra cosa, vendilo non lo so, ma quel coso non lo prendo.- disse dopo un paio di minuti il corvino.
Il locandiere scosse la testa compulsivamente –No, non posso, lui sarebbe tornato a uccidermi se non te l’avessi consegnato.-
L’oste tornò dietro al bancone e prendendo un tovagliolo di stoffa, ormai ingiallito dal tempo, iniziò ad avvolgere il talismano.
-Tienilo pure così, l’importante è che sia nelle tue mani e non nelle mie. Io dopo questa ho finito di porgere domande ad avventurieri strani.-
L’arciere allungò la propria mano afferrando il ciondolo nell'involucro di stoffa.
Tramava, quella visione era così reale che riusciva ancora a percepire l’odore del fumo e dei corpi carbonizzati, il calore del fuoco che ardente voleva inghiottirlo con le proprie fiamme, le urla di coloro che considerava una famiglia.

Si voltò, uscendo di corsa dalla taverna, dirigendosi verso il bosco. Aveva bisogno di udire altro, di percepire qualcosa che lo tranquillizzasse.
Fermò la sua corsa in prossimità e di una grande quercia; si accomodò fra le sue radici, tenendo stretto il ciondolo. Si fece cullare dal cinguettio degli uccelli e il fruscio delle foglie. Si tolse il cappuccio, alzando gli occhi verso il cielo nascosto dai rami e dalle verdi fronde dell'arbusto alle sue spalle.
Rimase così, immobile, fino a quando il suo respiro tornò a regolare, così posò il ciondolo nella borsa, senza togliergli il tovagliolo, prima di alzarsi e dirigersi verso la casa di Adria.
Le avrebbe lasciato la borsa contenente l’unguento e l’amuleto, avrebbe preso l’arco e sarebbe andato a caccia.
Tornato alla dimora, Adria era sempre lì, ferma a bearsi il calore di quelle fiamme.
Gabriel non riuscì a nascondere la smorfia che spontanea nacque sul suo viso alla vista del fuoco.
La vecchia dormiva placidamente. Il corvino decise di non svegliarla e avvisarla del suo ritorno.
Conosceva Adria da quando lei aveva trenta anni. Lei l’aveva salvato e accolto nella sua dimora e dall'ora fino ad adesso Gabriel si è sempre preso cura di lei, imparando da autodidatta a cacciare. Il corvino le sta affianco soprattutto negli ultimi anni, quando ha iniziato a invecchiare così velocemente da renderla irriconoscibile.

Lei è invecchiata di trenta in soli sei anni

Eldor più volte venne a visitarla, dando la colpa alla malattia che la stava pian piano uccidendo.
Si risvegliò dai suoi pensieri, non appena udì il frinire dei grilli.
Fra una preda e l’altra non si rese conto della luna nascente e dell’oscurità della notte che lo accerchiava.
L’arciere decise di tornare, raccogliendo la cacciagione.
-Bentornato Gabriel, com’è andata la tua visita al villaggio?- domandò Adria non appena il corvino oltrepassò l’uscio della porta.
-Perdonate il ritardo Madame Adria, mi sono recato da Eldor stamane, per comperare l’unguento ma lui non c’era.- dichiarò il ragazzo posando l’arco e il mantello, iniziando a pulire e preparare la cena come ogni sera.
-Una fanciulla di nome Azalea ha preso il suo posto momentaneamente.- il corvino stava continuando il proprio racconto fin quando Adria non lo fermò.
-Non devi dirmi altro?-
Gabriel si fermò e scosse la testa. –No, l’assenza di Eldor, mi ha fatto guadagnare del tempo. Non appena comperai l’unguento mi dedicai alla caccia.-
L’anziana continuò a fissare le fiamme. –Senza passare dal tuo amico oste?-
-Joshua aveva da fare, non mi sembrava opportuno disturbarlo con la mia presenza.- mentì il ragazzo.
Il silenzio calò in quella stanza. Una quiete che Gabriel non percepì, probabilmente per il suo afflusso di pensieri, il più importante fra tutti era:

Perché le aveva mentito?

Gli era venuto spontaneo, forse non voleva che Adria si adirasse nuovamente.
Come un fiume quelle riflessioni continuarono a fluire, fin quando una voce rauca lo interruppe.
-Devi andare a Eulanthir-
Gabriel si fermò, colpito da quelle parole. –Sono due giorni di cammino, non mi sembra il caso lasciarla da sola, soprattutto in queste condizioni.-
L’anziana tossì, indicando al ragazzo un cofanetto sopra al camino.
Il corvino si diresse verso l’oggetto, l’aprì e dentro ci trovò una lettera ingiallita, sigillata con della cera rossa riportante il simbolo di uno scudo.
-Consegnala al mio amico Regis, è una cosa di massima priorità. Partirai domani all'alba, non preoccuparti starò bene.-
L’arciere fissava l’anziana annuire, nel suo sguardo Gabriel riusciva a vedere altro, percepiva che la calma che Adria spigionava in quel momento era solo una mera apparenza.
 

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