Per un'Altra Volta

di LongShot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il trio ***
Capitolo 2: *** Inciampare ***



Capitolo 1
*** Il trio ***


"Emi, questa è Luna" Ci fu un attimo di silenzio.
"…piacere." Emi arricciò leggermente il naso, ma riuscì a tenere un sorriso forzato in bella mostra.
"piacere." la risposta di Luna fu altrettanto seccata, come se la sola presenza dell’altro li mettesse entrambi a disagio.
Gemma, la ragazza che li aveva appena presentati, mise un braccio attorno al collo Entrambi e sorrise.
"Su! andiamo a prenderci un gelato!" Trascinò di forza i due ì verso la gelateria. Quella era la prima volta che Luna ed Emi si erano anche solo incrociati, ma già non si piacevano affatto. Tra i motivi per cui Luna lo detestava c’era il fatto che entrambi stavano dietro a Gemma per… motivi, il fatto che il ragazzo era almeno una testa più alta di lei ed il suo sorriso da idiota che le dava ai nervi. Le dava sui nervi la sua barbetta che la punzecchiava e le dava fastidio che potesse portare Gemma in braccio.
Emi invece aveva altri, tuttavia simili, motivi.
Ad emi non piaceva che lei stesse dietro a Gemma per ovvi motivi oppure il fatto che lei fosse bassa e carina al contrario di lui, non le piaceva che fosse paffuta e morbida, non le piaceva che era più in confidenza con la ragazza che gli piaceva, cioè Gemma.
I due ragazzi, purtroppo, dovevano sopportarsi. Perché? Perché sapevano entrambi che se si fossero scannati di fronte a Gemma la situazione sarebbe solo degenerata. Entrambi ci tenevano tanto a fare bella figura con quella ragazza, entrambi non volevano che l’altro gli rubasse il posto. D’altronde Gemma già aveva molti amici, però loro erano i suoi migliori amici. Erano avanti a tutti e la cosa era confortante… finché non si ricordavano di l’un l’altro.
Emi, Gemma e Luna uscivano molto spesso insieme, ma la ragazza non si era mai resa conto della loro incondizionata ostilità. Quando Gemma era occupata loro non parlavano e, nel caso in cui i loro sguardi si fossero incrociati,  si guardavano male.
Non parlando mai tra di loro, sapevano ben poco di l’un l’altro. A dirla tutta, non sapevano neanche i loro veri nomi, visto che si chiamavano solo per soprannome.
Un giorno però, rimasero soli ancora una volta. Gemma era dovuta tornare a casa presto e loro erano stati lasciati lì. Non si dissero niente ed ognuno si diresse verso il bus che dovevano prendere che, per coincidenza, era lo stesso.
La situazione era imbarazzante. I marciapiedi erano deserti e loro due erano in piedi ad aspettare l’autobus senza fiatare.
Emi era tutto tranne che un ragazzo coraggioso. Non riusciva mai ad iniziare un discorso con qualcuno che non conosceva e Luna… Non la conosceva.
Emi la guardò con la coda dell’occhio. Aveva il volto girato da un lato per evitare di incrociare gli sguardi e stava con le mani dietro la schiena. I riccioli neri le cadevano sulla guancia lasciando visibile un piccolo neo sulla sua pelle leggermente scura. Le sue labbra cambiavano forma di continuo, facendo delle espressioni buffe. Poi però lei si girò e lo guardò dritto negli occhi, lui arrossì e si girò a guardare da un’altra parte.
«Pervertito.» Disse lei accusandolo
«E-Eh?!»
«Ti ho visto come mi fissavi, stavi sbavando»
«Ma io-»
«Niente ma!» lei voltò il capo dall’altro lato, abbassandolo leggermente «Pervertito» mugugnò.
‘Addio speranza di iniziare un discorso.’ Pensò Emi, poi si avvicinò alla panca per sedersi, ma una domanda lo fermò.
«Come ti chiami?»
Lui si girò verso di lei e la guardò dritta nei suoi occhi neri come il petrolio, per un momento gli parve di vederla arrossire.
«I-Il mio vero nome è Ernesto»
«Mh.» Si aspettava che anche lei dicesse il proprio nome, ma a quanto pare avrebbe dovuto chiederglielo direttamente.
«…Tu invece come ti chiami?»
«Kristel.» La ragazza mantenne una voce monotona
«Kristel?» Ernesto alzò un sopracciglio
«Hai qualcosa da ridire sul mio nome?» lei gli diede un’occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo.
«Eh? N-no! È solo che non lo avevo mai sentito prima..»
«è un nome Albanese.»
«Sei albanese?»
«Sono nata in Italia, ma la mia famiglia è albanese. Certo che oggi hai la parlantina, eh?»
«Oh b-beh ecco io in realtà-» il rumore di freni lo interruppe, davanti a loro si era appena fermato l’autobus. Lui la guardò: voleva dire altro, ma non ne ebbe l’occasione. Lei salì e si sedette lontana da lui.
‘…Beh… sarà per un’altra volta.’

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Capitolo 2
*** Inciampare ***


‘questo sì che è un grande problema…’
Erano le due di notte, le strade sembravano deserti senza dune. Le luci gialle dei lampioni che si spegnevano ad intervalli regolari per poi riaccendersi.
Faceva freddo, le prudeva il naso e le girava la testa: una situazione fantastica.
Mise le mani a coppa sulla bocca ed il naso e fece uscire un po’ d’aria calda. La cosa riuscì a riscaldarle un po’ il naso, ma le sue spalle rabbrividirono.
‘Ero così vogliosa di andarmene che mi sono scordata la giacca là…’
Inciampò sul proprio piede e per poco non cadde. Si mise una mano sulla fronte e strinse gli occhi, le faceva male la testa e le veniva da vomitare, ma era mai possibile che non riusciva a contenersi? Non aveva mica quattordici anni.
Finalmente vide la fermata del bus, ma notò che c’era qualcun altro lì, qualcuno di familiare, qualcuno con una giacca che avrebbe voluto avere lei. Il ragazzo girò la testa e lei voltò la propria.
‘tra tutte le persone che potevo incontrare mi capita proprio lui?’
Si avvicinò barcollando fino alla fermata e si sedette sulla panca, nessuno dei due disse nulla, finché lei non ruppe il ghiaccio.
«E tu che shi fai qui?» lei arrossì di colpo, ‘non riesco neanche a parlare ma quanto ho…’
«…Bevuto?» chiese Emi.
Lei lo guardò allibita per un secondo, pensando che lui avesse letto nella sua mente, poi però si rese conto che magari era solo la domanda più logica da fare.
«…Sholo un bicchiere» Lui la guardò e ridacchiò, lei inarcò un sopracciglio «Che avresti da ridere tu?»
«N-niente.»
Kristel si alzò, si sentì le gambe cedere ed allungò le mani cercando di aggrapparsi a qualcosa mentre ricadeva all’indietro. Chiuse gli occhi preparandosi all’impatto, ma non successe nulla. Aspettò una decina di secondi e poi si accorse di una calda stretta sulle sue braccia. Aprì lentamente gli occhi e si accorse del ragazzo che l’aveva afferrata per le braccia e la stava reggendo. Gli occhi di Luna si allargarono, «cosha stai facendo, i-idiota! N-non mi sherve il tuo aiuto!» lei lasciò la presa di Ernesto e fece per dargli uno schiaffo per essersi azzardato a toccarla, ma, non essendo più sorretta dal ragazzo, finalmente cadde all’indietro.
«Ahia! Perché mi hai lasciato, idiota?!» Lei ringhiò e girò il viso.
Emi rimase lì a guardarla per un po’, poi si girò e si accorse dell’Autobus in lontananza che si avvicinava  perciò si avvicinò al bordo del marciapiede.
Kristel si girò e lo guardò da dietro, quell’idiota riusciva a farsi trovare ovunque e sempre quando non conveniva.
L’autobus si fermò ed Emi fece un passo avanti ma, appena mise piede sull’autobus, si rese conto che la ragazza era ancora seduta.
«tu non vieni?» rimise il piede a terra e si girò verso di lei, poi fece un sorrisetto malizioso. «Non dirmi che hai bevuto così tanto che non riesci neanche più ad alzarti.» Il ragazzo le si avvicinò ridacchiando. «Vuoi una mano?»
Luna lo guardò malissimo. «Riesco… perfettamente… ad alzarmi…» mentre diceva queste parole, Luna stava cercando di alzarsi spingendosi con le sue braccia che però non sembravano collaborare.
«Bene, ci riesci, però che ne dici se un povero ragazzo ti rendesse la vita più facile? Ti lascio approfittare di me con piacere» Lui allungò la mano e fece il suo sorriso, ‘un sorriso da idiota’ pensò Luna prima di afferrargli la mano.
«Sappi che mi lascio aiutare sholo perché shei tanto insistente…» Lei si alzò e passò avanti a lui di qualche passo, poi Luna sentì qualcosa di caldo che le veniva appoggiato sulle spalle.
‘ah… che bel calduccio… aspetta, no-’ lei si girò verso il ragazzo e lo guardò male, un leggero rossore sulle sue guancie «p-perché mi hai messho il giacchetto shulle spalle? Gnon ho f-freddo»
«Si, si, è un regalo perché sono gentile» il rossore sul viso della ragazza divenne più evidente e girò immediatamente il capo, abbassandolo davanti a sé.
‘certo che è proprio ubriaca, non mi ha neanche urlato contro.’
Entrambi salirono a bordo dell’autobus, ed Emi si sedette davanti a lei. La ragazza allargò gli occhi sorpresa e quando lui si girò, nascose il viso nella giacca.
«Che Sh’è?» mugugnò da sotto il giacchetto.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» Entrambi rimasero in silenzio per un attimo dopo quelle parole, Emi divenne leggermente rosso in viso.
«Pervertito…» mugugnò lei accusandolo, «Vuoi approfittare di queshta ragazza indifesa…»
«N-Non in quel senso!» il leggero grido di Emi fece guardare all’autista nello specchietto per controllare che stesse succedendo, ma non disse nulla. «V-Voglio solo accompagnarti fino a casa tua! N-Nient’altro…»
«Oh? E come mai?» la ragazza fece uscire la testa dalla giacca e lo guardò con un’aria maliziosa.
‘è tornata in sé, eh?’
«P-Perché sei ubr-» no, quello non poteva dirlo sennò si beccava un ceffone di sicuro. «…sola, sei sola ed è tardi, n-non vorrei che ti capitasse nulla di-»
«Ottimo, mi farai da scudo umano.» Ritrasse di nuovo la testa nel caldo giacchetto. «Allora puoi venire.»
Un leggero sorriso sollevato si dipinse sul volto di Ernesto, significava che erano almeno un po’ amici? …doveva chiederlo, ma lei lo bloccò.
«Però non pensare che siamo amici.»
‘…Beh…’ sospirò. ‘sarà per un’altra volta.’

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