9

di Evil_Regal
(/viewuser.php?uid=299537)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Le venne spontaneo un sorriso quando notò l’espressione concentrata che aveva sul viso.
Aveva la fronte corrugata e gli occhi fissi immobili su ciò che aveva davanti.
Non riusciva a non ridere perché era così attento e lavorava così duramente a quel sidro ma nonostante tutto era comunque terribile e anche se non riusciva mai a farlo decente, non demordeva mai.
All’inizio, quando insisteva che voleva riprendere a fare il suo sidro, pensava che fosse perché voleva convincerla che non tutto ciò che le aveva raccontato all’inizio della relazione fosse una bugia e provava a fargli capire che non c’era bisogno di convincerla,  che avevano deciso di lasciarsi le bugie e alle spalle e ripartire da lì.
Lui non demordeva mai, non mollava mai la presa così dopo diversi tentativi e un bel po’ di tempo, Raquel capì che a Sergio piaceva davvero fare il suo sidro disgustoso.
Ogni volta era la volta buona, a detta sua.
E ogni volta Raquel era obbligata a provarlo solo per deluderlo.
Ma lui lo sapeva, quindi faceva spallucce, le toglieva il bicchiere dalle mani con un sorriso, le dava un bacio sulle labbra, e lo buttava via… solo per rifarlo.

Alla fine lei capì che era qualcosa che lo aiutava, lo rilassava e lo distraeva e che non era importante che fosse bravo o  no se gli faceva bene.

Era così preso dal processo, qualunque esso fosse, che non si era accorto della sua presenza così Raquel ne approfittò per avvicinarsi a lui, appoggiarsi alla sua schiena e avvolgergli le braccia attorno alla vita.

“Non ti avevo sentita” disse lui con il suo solito tono di voce basso e calmo. Era una cosa che lei non riusciva a capire di lui e a volte le portava riso, perché come era possibile che in qualsisi situazione, che fosse di panico o meno, lui riusciva a tenere la sua voce così calma e bassa?

“Lo so” rispose Raquel, alzandosi sulle punte e dandogli un bacio sulla nuca. Lui si girò tra le sue braccia, le tirò indietro i capelli e le diede un bacio appoggiando le mani sulle sue guance.

“Devo dirti una cosa” la voce di Raquel, invece, nonostante il lavoro che aveva fatto per tanti anni e che richiedeva nervi saldi e voce stabile, sembrava incerta e un po’ preoccupata.

Lui aggrottò la fronte e sembrò confuso. Raquel si morse il labbro e prese un respiro profondo “Ho un ritardo”

Nel  momento stesso in cui lei pronunciò quelle parole, Sergio si pietrificò.
Voleva credere di non aver capito, di non riuscire a capire cosa significasse, ma era troppo intelligente per non sapere a cosa la sua compagna si stesse riferendo. Lo sapeva troppo bene. Ma lui non era pronto. Non ne avevano mai parlato. C’era sempre altro di cui parlare e a stento avevano affrontato l’argomento matrimonio.
Per cui, preso di sorpresa, Sergio cominciò a percepire lo spazio attorno a lui più stretto di quel che in realtà fosse. Respirava a malapena. Sentiva di  non avere più il controllo su nulla. Non riusciva a pensare a niente.  I pensieri gli volavano alla rinfusa nella testa e non riusciva ad afferrarne neanche uno. Girava tutto. Non comprendeva cosa stesse succedendo e sentirsi così a lui non piaceva.
Era abituato a prevenire le cose. Era abituato ad avere la risposta pronta a tutto. Avere ogni sorta di contrattacco. Era abituato a poter avere il controllo su ogni aspetto della sua vita.
Ma questo?
Questo era la cosa più incontrollabile che ci fosse.

Con l’affanno, guardò l’epressione di Raquel aggrottarsi e non riuscì a dire nulla. Non riusciva a trovare le parole per dirle che era felice. Che era fantastico. Che era tutto perfetto.

Fece un passo indietro e, con il filo di voce che aveva le disse “Scusami un attimo” e così scomparve.
Lei si voltò per vederlo uscire di fretta e farsi sempre più piccolo e lontano.
Sospirò.

Non era né arrabbiata, né ferita.
Si aspettava una reazione del genere. Lo conosceva fin troppo bene per non sapere come fosse fatto e come reagisse a situazioni che lui non aveva esattamente previsto quindi lascià correre perché sapeva che dopo un  po’ di tempo per riflettere e ragione, sarebbe tornato e l’avrebbe rassicurata su tutto.
Non l’avrebbe mai abbandonata.
Era solo fatto così.
Aveva bisogno di un attimo per accettare le cose, metabolizzarle e poi capire il prossimo passo.
A volte era più veloce di altre, ma andava bene lo stesso.

Quindi Raquel rientrò in casa e affrontò il resto della giornata come se nulla fosse. Facendo ciò che avrebbe fatto e aspettando il ritorno di Sergio.
Era primo pomeriggio quando gli diede la notizia e ad ora di cena lui non era ancora tornato.
A questo punto cominciava ad essere arrabbiata ma soprattutto preoccupata.
Preparò la cena alla madre e Paula, la sua bambina. Lei decise di passare questa volta, aveva un nodo allo stomaco e mangiare sotto sforzo non era l’idea migliore.
Dopo cena mise la figlia a letto e le lesse una storia.
Alla domanda “Perché non è Sergio a leggermela?” Raquel non seppe cosa rispondere.
Ora decisamente voleva ucciderlo.
Bastardo infame.
Era tarda sera e non si era ancora fatto vivo.
Comprendeva il panico e lo spazio per pensare ma quella era pura cattiveria.
Anche lei non se lo aspettava e anche lei era spaventata, ma non si era presa otto ore per sparire e pensare.
Per di più, per quanto volesse ammazzarlo, non riusciva a non pensare che forse non tornava perché era successo qualcosa.
Forse l’avevano trovato.
Forse ora già era già rinchiuso da qualche parte sotto tortura.
Cercò di non pensarci. Perché di certo non era quello il caso. Era solo un fifone che probabilmente era sulla spiaggia.

Era al mare.
Questo si ripeteva continuamente mentre fissava il soffitto per cercare di trattenere la sua mente dall’andare in posti oscuri da cui era difficile tirarsi fuori, soprattutto senza Sergio.
A volte il panico e la paranoia se la portavano via.
Aveva paura che li avrebbero trovati e fatto chi sa cosa.
Ma lui era sempre lì a rassicurarla e dirle che non c’era motivo di preoccuparsi perché sarebbe andato tutto bene. Stavano bene e sarebbero stati bene.

Ma Sergio non c’era.
Lo odiava ancora di più.
Perché non solo non era lì  a calmarla, ma era anche la causa del suo stress.
Lo avrebbe ucciso di sicuro appena lo avesse rivisto.

E se un attimo stava pensando di volerlo ammazzare, l’attimo dopo era già caduta in un sonno profondo.

Così profondo che non lo sentì rientrare.
Non sentì le porte aprirsi o chiudersi.
Non lo sentì entrare nella loro camera o sedersi sul letto. 

Lui, dalla sua parte, si sedette sul letto dandole le spalle e fissando la luna sul mare. Sospirò e si girò.
Ed ecco che la vide. Vide il suo viso rilassato e il brillantino del suo piercing luccicare sotto la luce bianca della luna.
Sorrise ripensando a quando dovettero quasi fare un operazione chirurgica per toglierlo quando aveva preso infezione.
Quella donna gli aveva cambiato la vita.
Mai si era immaginato a usare delle pinzette pe rimuovere un chiodino dal naso di una donna, tra risa sorrisi e “Ahia, fai piano, piano!”
Mai si era immaginato di diventare padre un giorno.
Non si era mai neanche immaginato accanto ad una donna.
Non così almeno.
Non in maniera così seria.

Gli aveva cambiato la vita.
Gli aveva insegnato la vita.
Gli aveva dimostrato quanto l’amore può essere forte e soprattutto fuori da ogni tipo di controllo e condizione.

Aveva sempre cercato di controllare tutto nella sua vita, di attenersi a piani e progetti e poi era arrivata lei e gli aveva stravolto tutto senza che se ne rendesse neanche conto ed era fuggito da una notizia così bella perché? Perché pensava di non avere il controllo sulla situazione?
Da tempo aveva mandato all’aria piani e progetti quindi perché questa volta era diverso?

Sospiò e si stese sul materasso per appoggiare la testa sulla pancia ancora piatta di Raquel, proprio sotto al seno.

Aveva paura.
Ecco perché.
Aveva paura perché era un disastro. Era un uomo che nella vita era bravo solo a fare cosa? Rubare.
Non poteva essere padre.
Non sapeva come fare.
Non sapeva cosa significava essere un padre.
Non era un padre.
E a dirla tutta non sapeva neanche perché e come Raquel si fosse innamorata di lui.
E ora?
Come avrebbe fatto?

Non poteva essere un padre ma sentiva già di amare quella creatura che giaceva sotto la sua guancia.
D’istinto infilò la mano sotto la maglia di Raquel e poggiò la mano sotto l’ombelico e lentamente cominciò ad accarezzarla.
Non riusciva a concepire come fosse possibile provare così tante emozioni contrastanti.
Sapeva che stava per piangere, le lacrime gli avevano appannato la vista.
Il pollice continuava a dondolare sulla pancia di Raquel e più sentiva la sua pelle più sentiva di amare quel bambino.
E lei.
Quanto l’amava, lei.
Non credeva che fosse possibile, ma si era innamorato di nuovo, di più.

Sentì una mano accarezzargli i capelli e capì che era sveglia e che probabilmente voleva delle spiegazioni.
Si alzò e si mise a sedere affianco a lei che quando vide le lacrime ai suoi occhi, fece lo stesso, allarmata che potesse essere successo qualcosa di grave.

“Sergio” disse urgentemente, ormai seduta sul letto, di fronte a lui.

Lui la guardò e si rese conto che ormai per lui era già cambiata.
Era ancora più bella.
Era sotto una luce diversa e sentiva un rispetto e un’ammirazione completamente diversi. Più forti.
Non sapeva se fosse giusto o sbagliato, probabilmente era sbagliato, però in quell’esatto momento, dopo aver realizzato tutto, capì che lei era praticamente un miracolo.
Perché stava creando e dando vita.
Ed era bellissima.

“Ho paura” sussurrò. La voce sempre calma e rilassata. Ma i suoi occhi parlavano. Se Raquel sapeva che la voce non l’avrebbe tradito, sapeva anche che conosceva i suoi occhi e il suo sguardo a fondo e che le sarebbe bastato quello.

“Oh Sergio” sospirò lei e si affrettò ad abbracciarlo. Lo riempì di baci e poi lui nascose il viso nel suo collo, inalando il profumo di sole e salsedine, e si lasciò andare.

“Guardami” disse lei dopo poco “Ho paura anche io. Ma so che possiamo farcela insieme”

“Non so come essere un padre”

Lei rise e lo guardò, sorpresa che non si fosse accorto di nulla.
Dopo tutto questo tempo non si era reso conto che era già padre.

“Hai tenuto Paula in braccio tutto il tempo quando è caduta e le hanno dovuto ingessare il braccio. E lei si è rifiutata di scenderti da dosso per tutta la settimana successiva”

Sergio non disse nulla.
Era vero.
Ma non significava nulla, vero?

“Le leggi le favole tutte le sere e a proposito” lo rimproverò “Gliene devi una” questa volta anche lui accennò ad una risata.

Con un sorriso grato e innamorato Raquel continuò “Si nasconde dietro la tua gamba quando ha vergogna delle persone. E vogliamo parlare di te?” sbuffò  divertita “Sei praticamente impossibile quando si tratta di Paula”

“Cosa? Non è vero!” esclamò

Le sopracciglia di Raquel raggiunsero quasi la luna e le labbra arricciate dimostrarono quanto invece fosse vero “La tieni sotto l’ala costantemente” a quel punto anche lei si rese conto che Sergio era il papà di Paula “La proteggi” le si incrinò la voce “E la ami” le si formarono le lacrime agli occhi “Come se fosse tua” le si strinse la gola “Lei fa ciò che farebbe qualsiasi bambina con il suo papà e tu” si fermò per riprendere il controllo sulla sua voce “Tu fai ciò che farebbe qualsiasi padre con la sua bambina” gli colpì il petto con la punta dell’indice.

“Quindi non ti permettere di scomparire di nuovo per tutte queste ore e di tornare di nuovo con queste stronzate che non sai come essere un padre”

“Perché lo sei già” gli accarezzò il petto in corrispondenza del cuore. Sergio la guardò negli occhi per un attimo, poi abbassò lo sguardo e non disse nulla.

Fissò il suo ventre e Raquel chiuse gli occhi, per calmarsi. Li spalancò quando sentì di nuovo la mano di lui poggiarsi sulla sua pancia.

Più che poggiare la mano, sentì come quasi un solletico. Le aveva fatto una sorta di grattino.

“Devo imparare a cambiare i pannolini e beh, non vomitare”

Lei scoppiò a ridere e gli si lanciò addosso nuovamente. Lui cadde indietro sul materasso e la strinse forte.
La sua esile figura quasi scompariva tra le braccia di Sergio ed era una delle cose che entrambi più amavano.

Lo riempì di baci e poi lo tirò su solo per riabbracciarlo di nuovo.

“Sei un bastardo, ma ti amo così tanto” disse lei ridendo e Sergio fece il possibile per tirarsi su gli occhiali sul naso tra i suoi baci e la stretta delle sue mani sulle sue guance.

“Vorrei chiederti scusa per-“

“Sh” Lo zittì con l’affanno e poi si buttò all’indietro, tirandolo giù con lei e avvinghiandogli le gambe attorno alla vita.

Lui rise nel bacio e decise che sarebbe stato zitto e si sarebbe scusato in altri modi.
Non gli servivano parole.

Dopotutto, ormai, non c’erano più rischi.







NOTA AUTRICE: vorrei scusarmi per ogni tipo di errore commesso nella stesura del testo. 
Grazie e a presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


“Ti odio” pianse lei mentre rialzava la testa dal water. Lui con una mano le teneva i capelli e con l’altra le massaggiava lentamente la schiena “Lo so” rispose chinandosi in avanti verso di lei per darle un bacio sulla tempia.

Raquel rimase appoggiata alla tazza per qualche minuto prima di capire che probabilmente per il momento aveva finito, così si fece indietro e strisció tra le gambe di Sergio per appoggiarsi a lui che la prese felicemente tra le braccia per coccolarla e darle tutto il sostegno di cui aveva bisogno.

Le baciava ripetutamente la fronte e le teneva i capelli lontano dal collo così che potesse stare più fresca e riprendersi più in fretta.

“Come ti senti?” Sussurró abbassando lo sguardo e realizzando che aveva gli occhi chiusi “Come una che ti odia” Sergio rise e Raquel dopo poco fece lo stesso perdendo tutta la serietà e il cattivo umore che la nausea le aveva messo.

“Che ne dici se ti preparo un tè e ci mettiamo a letto? Così ti stendi, ti rilassi e ti riposi?”

Sentí la testa di Raquel annuire sul suo petto e un mormorio quasi inaudibile.

“Okay” così piano piano cominciò ad alzarsi e a portarla su con sè, evitando movimenti bruschi.

“Andiamo?” Le prese la mano e Raquel sorrise perché aveva un modo di prenderla per mano che ogni singola volta, non importa quanto tempo passasse, le faceva venire le farfalle allo stomaco. Era una delicatezza riservata solo a lei, come se fosse una rosa.

“Mi faccio una doccia veloce e vengo” 

“Okay però-“

“Lascio la porta aperta, si lo so. Tranquillo”  

Oltre alle nausee che di mattutino avevano ben poco, le era capitato di svenire, soprattutto quando era particolarmente debole quindi comprendeva l’apprensione di Sergio nell’immaginarsi di dover buttare giù una porta, magari rischiando di ferirla, per raggiungerla nel caso in cui avesse bisogno di aiuto. 

In più era la stessa Raquel che così si sentiva meglio quindi vincevano tutti.

Sergio fece un cenno di consenso e le baciò la guancia, poi uscì dal bagno, chiudendo la porta dietro di sè, e lei si preparó per la doccia.
Non ne aveva tanta voglia ma allo stesso tempo non le andava di mettersi a letto sentendosi fradicia e sentendo l’odore acre del vomito nelle narici. Se lo sentiva addosso e, fosse realmente così o meno, non voleva torturare il povero Sergio, quindi aveva decisamente bisogno di una doccia.
Sergio intanto le preparó il tè e tornó in camera da letto. Paula e sua nonna dormivano già quindi doveva essere silenzioso per non svegliare nessuno, soprattutto Paula che una volta sveglia non sarebbe più tornata a dormire.
Rientró in camera da letto e gli venne spontaneo un sospiro di sollievo.

Appoggió il tè sul comodino di Raquel e poi si stese, appoggiandosi allo schienale e aspettandola.

Uscì dal bagno e Sergio la studió per un attimo.

Aveva i capelli raccolti attorno ad una matita. Sorrise.

Perché avevano matite seminate per casa.

Perchè Paula chiedeva sempre nuovi colori dato che i suoi scomparivano magicamente. Raquel cercava di ritrovarglieli, qualche volta borbottando che Paula fosse troppo  disordinata, ma alla fine non erano mai tutti e doveva accettare che fosse per colpa sua perché era lei a perderglieli.

Era evidente che la doccia l’avesse fatta sentire meglio. Aveva il viso più fresco e rilassato e questo era per Sergio motivo di immensa gioia. Soffriva nel vederla stare così male e se avesse potuto avrebbe sofferto al posto suo. Ma, ovviamente, non poteva. Poteva solo starle accanto nel miglior modo possibile.

Si accorse che la stava guardando e gli sorrise, deviando e avvicinandosi a lui per dargli un bacio veloce e poi riallontanandosi per andare a prendere i vestiti.

Senza alcun problema, si cambió davanti a lui e ancora una volta lui la osservó.

La sua pancia era ancora piatta, non le si vedeva nulla peró, e ci fece caso solamente ora in quel preciso istante, aveva il seno più gonfio.

Ridacchió e distolse lo sguardo occupandosi controllando la temperatura del tè. Era della giusta temperatura. 

Avrebbe potuto berlo senza scottarsi la lingua.

Raquel salí sul letto e gattonó fino a Sergio. Arrivata al suo fianco si piombó vicino a lui e si chinó per baciarlo.
Finalmente poteva baciarlo. Come si deve.
Gli portó le mani al collo mentre lui si mise a sedere più dritto così da stare più comodo.
Le cinse la vita con le braccia e rispose al bacio prontamente.

Quando si separarono per respirare, Sergio immediatamente l’abbracció e nascose il viso tra il collo e i capelli. Lei avvolse le braccia attorno alle sue spalle larghe e sospiró contenta.
“Sai cosa?” Il volto di Sergio riemerse dai capelli di Raquel con un sorriso smagliante.

“Cosa?” Raquel gli sta accarezzando la nuca con un movimento che era ormai quasi meccanico e rilassante più per lei che per lui. Le piaceva sentire i suoi capelli corti contro la pelle.

 “Non vedo l’ora che ti cresca la pancia” Raquel sorrise nel vedere quanto brillassero i suoi occhi al solo pensiero di vederla crescere insieme al loro bambino “Peró intanto” un guizzo di malizia gli illuminó il volto “altre cose sono cresciute” lei sembró confusa per un attimo poi quando lui abbassó lo sguardo muovendo le sopracciglia capì.

Raquel ansimó per lo shock e gli diede uno schiaffo sulla spalla. Lui scoppió a ridere si tuffó sul letto e la travolse, facendola cadere su di lui, sempre con molta attenzione in modo da non farle male. Presa di sorpresa, lei strilló e cadde su di lui. 

Fissando uno il sorriso dell’altro, rimasero immobili nel tempo, come se si fosse fermato, a imprimere nella loro memoria quel momento di gioia pura, in cui non esistevano ostacoli e problemi e in cui si dimenticarono di tutto, perfino delle nausee e degli svenimenti, e si godettero l’estasi che due sguardi innamorati possono regalare. E per un attimo entrambi pensarono alla fortuna di essere tra quelle persone che riescono a trovarsi nel mondo. Tra quelle persone che trovano l’amore fatto per loro e che sanno essere la forma più pura e vera d’amore.

“Di cos’altro non vedi l’ora?” Raquel interruppe il silenzio ma non lo sguardo.

Lo guardava negli occhi e gli leggeva l’amore che provava per lei e per la loro famiglia. Lui guardava lei negli occhi e si chiedeva come fosse possibile poter amare qualcuno così intensamente da non riuscire a controllare il proprio corpo.

Con le mani sotto la maglia di Raquel, che poi era sua, e le punte delle dita che le sfioravano la pelle e massaggiavano lievemente i fianchi le rispose che non vedeva l’ora di poter sentire il loro bambino sotto il palmo della mano.

Non vedeva l’ora di vederlo per la prima volta e di tenerlo in braccio.

Raquel si asciugò una lacrima che non riuscì a trattenere e rise alla reazione di Sergio al fatto che stesse piangendo “non vedo l’ora di- okay che sta succedendo?”

Con la fronte sul suo petto, per nascondergli le altre lacrime, lei rise dicendogli che non doveva preoccuparsi e che dovevano entrambi abituarsi al fatto che ora con gli ormoni a mille cose del genere potevano succedere.

Sergio sorrise e le sue mani dai fianchi si trasferirono sulle spalle, per avvolgerla in un abbraccio e consolarla.

Lei ne approfittò immediatamente per assorbire tutto l’affetto che lui le offriva e per riprendersi dal pianto improvviso.

“Quanto sei bella Raquel” sussurró lui tra i suoi capelli e lei fece del suo meglio per non piangere nuovamente “Vedremo se penserai lo stesso tra qualche mese” 

Sergio si finse offeso da ciò che Raquel stava insinuando “Ti ho appena detto che non vedo l’ora che ‘tra qualche mese’ arrivi”

Raquel inspiró e si riappoggió al suo petto “Vedremo” e Sergio stava per rispondere quando sentirono qualcuno bussare alla porta. Si ricomposero e si misero a sedere e videro la porta aprirsi lentamente e una testolina mora sbucare da dietro di essa.

“Mami?” Chiamó la vocina incerta.

“Paula, amore, che succede?”

Sergio spense la lampada da comodino e accese il lampadario così che ci fosse più luce e che Paula vedesse bene dove andare.

“Posso dormire con voi?” Raquel aprí le braccia e Sergio fece spazio sul letto e Paula corse dalla madre che immediatamente la strinse a sè e le accarezzó i capelli.

“Hai avuto un incubo?” Lei annuí sul petto della madre e Raquel le diede un bacio sulla testa.

“Vuoi raccontarcelo?” Continuó.

Questa volta la testolina fece no e Raquel le diede un altro bacio.

“Vengo subito” Sergio scese dal letto e uscì dalla stanza. Paula rise è guardó la madre “Che fa?” E Raquel con un gran sorriso fece spallucce. Non ne aveva idea sapeva solo che la luce che Sergio faceva brillare negli occhi di Paula bastava a riempirla di gioia.

Sergio sapeva sempre come farla ridere.

Era bravo con i bambini, anche se non se ne rendeva conto. Sapeva intrattenerli con trucchi di magia e origami improvvisati. Con Paula era più impacciato quando disobbediva o faceva i dispetti ma stava imparando. 
Lei adorava Sergio e lui si giocava bene le sue carte.
Erano entrambi tipi che dormivano poco.
Si svegliavano presto al mattino e se Paula avesse potuto sarebbe andata a letto non tardi, ma di più quindi Sergio era quello che la metteva a letto, perché riusciva a raccontarle tutte le storie che ci volevano per farla addormentare senza addormentarsi prima. Per Raquel era un’impresa.

Inoltre Paula era curiosa e Sergio sapeva tantissime cose e le raccontava di tutto e di più. Parlavano di tutto. Sergio le raccontava di paesi lontani e storie antiche, di personaggi storici e dei miti greci. Le spiegava le stelle e gli animali.

Poi Paula prendeva sonno, lui le baciava la fronte e in silenzio usciva dalla stanza chiudendole la porta.

E ora che Raquel era incinta e odiava ancora di più svegliarsi presto al mattino, soprattutto perché spesso di notte non dormiva a causa della nausea o del troppo caldo, non riusciva ad aprire gli occhi e Sergio la lasciava dormire e si occupava lui della madre, di Paula e della colazione, altra occasione per stringere un buon rapporto con la bambina.

Raquel sapeva che erano state entrambe estremamente fortunate.

Sergio tornó poco dopo con un bicchiere di latte caldo e con un blocchetto di fogli quadrati colorati.

Raquel sorrise e pensò che gli origami erano un buon modo per trascorrere il tempo e farla distrarre fino a che la stanchezza non avesse vinto.

Sapeva meglio di tutti quanti Paula fosse difficile da rimettere a letto una seconda volta quindi serviva per forza qualcosa per distrarla e stancarla.

Paula sorseggió un po’ il latte e poi lo porse alla madre che prima lo tenne in mano e poi lo posó sul comodino.

Sergio si mise a sedere sul suo lato del letto, appoggiato allo schienale. Raquel era stesa sul fianco, appoggiata sul gomito e rivolta verso Sergio.

Paula si era stesa orizzontalmente, con la testa appoggiata al petto della madre e le gambe stese verso Sergio che spende la luce del lampadario e riaccese quella del comodino. Bastava a vedere per fare gli origami ma non era abbastanza forte da impedire il sonno. “Proviamo la tartaruga?” Sergio le stava insegnando a fare la tartaruga. Da sola non ci riusciva ancora, non riusciva a ricordare tutti i passaggi per cui la facevano sempre insieme ma stasera Sergio le propose di provarci da sola promettendole che l’avrebbe aiutata se le fosse servito.

Mentre Paula, con la lingua che spuntava dall’angolo della bocca, si concentrava per riuscire nel suo intento, Sergio la seguiva passo passo e quando la vedeva in difficoltà le suggeriva la prossima mossa e notò che era migliorata. Se ne ricordava sempre di più. Raquel non riusciva a vederle il viso ma riusciva ad immaginarlo mentre le passava le dita tra i capelli, per magari rilassarla e aiutarla a prendere sonno.

“Vuoi dire alla mamma cosa hai imparato sulle tartarughe marine?”

“Fanno i nidi sotto la sabbia e le uova di schiudono la notte così le tartarughe possono entrare in acqua seguendo la luce della luna riflessa sul mare” 

Raquel era piacevolmente sorpresa “E sono super veloci a nuotare” 

Entrambi gli adulti risero e da lì Sergio, per la seconda volta quella sera, le raccontó ciò che sapeva del mondo e lo fece ridere il fatto che prese sonno prima Raquel e poi Paula.Ovviamente Raquel era esausta e Paula di meno peró alla fine cedette anche lei. Aspettò un po’ di tempo, togliendo dal letto i fogli di carta non ancora piegati e gli origami già creati, portó in cucina il latte ormai freddo e il tè mai toccato e quando tornó, sicuro che Paula stesse dormendo profondamente, la prese in braccio e la risistemò. Non  era l’ideale che dormisse addosso a Raquel, soprattutto per la posizione in cui si trovava la stessa, quindi era meglio spostarla.

Nel momento in cui i due corpi si separarono, Raquel si accorse immediatamente del distacco e si svegliò. Sergio le fece segno di non preoccuparsi e di non fare rumore per non svegliare la bambina che non si accorse di nulla.

Una volta rimessa a letto Sergio si stese alla sua sinistra e guardò Raquel accarezzare la guancia di Paula.

“Non vedo l’ora di dirglielo” sussurró e Sergio ridacchiò “Credi che ne sarà felice?”

“Spero di si” si concentrò sui tratti del viso della figlia e quasi le scoppió il cuore “Me la immagino già...ad insegnargli tutto quello che ormai ha imparato. A giocare. Si direi di sì...credo che ne sarà felice. È abbastanza grande da capire adesso è non essere gelosa”

Sergio non rispose ma continuò semplicemente a guardarle.

“Dai raccontala anche a me una storia” disse mentre avvolgeva un braccio attorno alla figlia e le baciava i capelli.

Sergio sorrise, prese la mano che ormai era vicino a lui, gliela bació e poi la tenne nella sua cominciando a raccontarle di Persèfone e del lungo freddo che Demetra aveva fatto patire all’umanità per poter riavere la figlia e di come ogni anno riaverla portasse le stagioni più belle e vive e perderla quelle più fredde.

Guardó Raquel dormire e poi Paula e dovette combattere le lacrime che minacciavano di cadere quando realizzó che lui aveva trovato la sua Demetra.

Aveva trovato una donna tanto forte da fare di tutto per amore.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


Da quando si era trasferita a Palawan e aveva cominciato la sua nuova vita con Sergio, Raquel si era dimenticata di tutto.
Compresa la vita prima di questa fetta di paradiso.
Si era dimenticata cosa significasse indossare tallier di colori smorti vedendosi costantemente con vestiti da spiaggia e i capelli intrecciati.
Si era dimenticata degli odori del passato, ora che il mare la inebriava a tutte le ore del giorno.

Aveva dimenticato la sua vita precedente, aveva dimenticato chi fosse prima di Palawan.
Prima di Sergio.
E mai, da quando era lì, aveva sentito il bisogno di ripercorrerre la strada della memoria per ricordare momenti ormai appartenenti ad un mondo lontano.
Mai, da quando la sua nuova vita era cominciata  e la nuova Raquel era nata, aveva pensato di voler tornare indietro.

Fino ad ora.
Era seduta sul dondolo della veranda di casa che affacciava sul mare.
Lì tutto affacciava sul mare.
Aveva un album fotografico poggiato sulle gambe e la testa china su di esso, intenta ad osservare ogni fotografia cercando di ricordare ogni dettaglio di quei momenti immortalati su carta.

Ce n’era una in particolare che era stata come un colpo allo stomaco.
L’aveva colpita e non era ancora riuscita a smettere di guardarla.
La stava fissando da alcuni minuti, senza capire cosa fosse successo, perché tutto fosse andato a rotoli dopo quel momento perfetto.
Con le dita marcava la superfice della carta fotografica, con una delicatezza tale da far sembrare che Raquel fosse spaventata.
Spaventata di sporcare quel ricordo.
Spaventata di toccarlo veramente.
Come se toccarlo potesse quasi cambiarlo.
E tutto era già cambiato troppo. Non poteva cambiare anche quello.

Tutto.
Ma quello no.

Era talmente presa dai suoi pensieri e dalla sua malinconia che non aveva sentito Sergio sedersi accanto a lui, con la leggerezza di chi non sapeva cosa stesse accadendo e di chi non fosse a conoscenza della tempesta dentro Raquel in quel momento.

Sentì la barba di Sergio pizzicarle la pelle e le labbra baciarle la spalla. “Tutto okay?” chiese.
Raquel mormorò e non disse nient’altro.
“Che fai?” chiese e poi notò le foto “Oh, fotografie”

“Già…” la voce di Raquel era appena un sospiro. Come se non avesse la forza di dire altro.
Come se la sua mente fosse troppo lontana per potersi concentrare su qualsiasi altra cosa che non fosse il suo pensiero fisso in quel momento.

“Raquel…che succede?” non ci volle molto perché Sergio capisse che qualcosa non andava e che probabilmente era molto più di un semplice momento di malinconia.

Raquel fissava la fotografia.
E la donna in essa.

Sua madre.

Tolse la mano dalla fotografia in modo da mostrarla a Sergio che rimase in silenzio, aspettando che fosse lei a spiegargli il problema ma aveva già un’idea di che cosa potesse essere.
Anzi, lo sapeva.

Così, in silenzio, Sergio guardò la foto.
Sorrise.
Raquel era incinta di Paula.
Sua madre aveva un’espressione sorpresa ed emozionata mentre una mano era appoggiata sul suo pancione.
Raquel rideva.

“L’aveva appena sentita calciare” Raquel cominciò “Non l’aveva ancora sentita quindi mi fece bere del succo d’arancia e siamo rimaste sedute finchè non ha davvero scalciato. Diceva che il succo aiutava, sinceramente non so se abbia scalciato per il succo d’arancia oppure per pena” risero entrambi “Però ricordo il momento come se fosse ieri. Era così felice” e poi il suo sguardo si perse, probabilmente nel tempo e nella memoria.

“E ora non sa neanche chi sono” la sua voce, che aveva avuto tratti di malinconia tutto il tempo, si riempì di una tristezza pesante e dolorosa.

“Non sa chi sono” ripetè, con le lacrime agli occhi “E non sa che sono-“ non riuscì a terminare la frase. Le bruciava la gola e il peso che portava sul petto era troppo da sostenere quindi singhiozzò.

Sergio immediatamente la prese tra le sue braccia, stringendola forte a sé e accarezzandole i capelli. “Shhhh” ripeteva tra baci e sussurri, cercando di calmarla ma sapendo anche che aveva bisogno di sfogarsi.

Quando non ebbe più lacrime da piangere, alzò il viso dal petto di Sergio e si ricompose nella sua seduta.

“Mi guarda e non hai idea di chi io sia. Non sa –“ si interruppe perché il pianto le chiuse la gola “Non sa chi sia Paula e non saprà chi è questo bambino”

“Ma noi sappiamo chi è lei. Tu sai chi è lei”

“Sergio non-“

“No, ascoltami” le portò le mani al viso, accarezzandole le guance “Tu sai che è tua madre. Lei non sa che sei sua figlia ma ti vuole bene. Si è affezionata a te. Diglielo”

“No. No. Assolutamente no” frettolosamente Raquel chiuse l’album fotografico e si alzò dal dondolo “Raquel ascoltami un attimo” Sergio le afferrò la mano prima che potesse fuggire via e la fermò.

Con le lacrime agli occhi, lei rimase ferma, con la mano stretta in quella di Sergio che delicatamente aveva cominciato ad accarezzarle il palmo con il pollice.
Era ferma, ma non lo guardava.
Come se volesse parlargli ma allo stesso tempo no.

“Raquel” disse dolcemente “Guardami” nonostante la richiesta eplicita, lei continuò ad evitare il suo sguardo mentre cercava di non versare lacrime.
Non le andava di piangere.
Era stanca.
Era tutto così diverso.
Era tutto così stancante.
Così dolcemente la tirò a sé e la fece sedere sulle sue gambe, le diede un bacio sulla spalla e di nuovo, con voce bassa e sempre rassicurante disse “Mi guardi?” chiese. Lei continuava ad evitarlo così lui le fece il solletico sul fianco e lei cedette.
Accennando ad una risata, si girò verso di lui che le spostò i capelli dagli occhi e le asciugò la lacrima che era sfuggita al suo controllo.

“Puoi solo guadagnarci”

“Cosa?” chiese con voce rotta “Non essere riconosciuta da mia madre? Perché non mi sembra un granchè”

“Ma questa è una cosa che vuoi fare. Vuoi dirglielo. Vuoi che lo sappia e vuoi vivere questa gravidanza con lei, in qualche modo. Vivila nel modo che puoi”

“Ma non voglio che sia così” sotto il dolore che provava, c’era così tanta rabbia.
Rabbia per averla persa.
Rabbia per non essersene accorta prima.
“Lo so” la voce di Sergio si rattristò “Però sarebbe comunque coinvolta. Ed è quello che vuoi…che sia coinvolta. Ti vuole bene Raquel. La sua mente potrà non riconoscerti ma il suo cuore ti ama tanto quanto ti amava prima e vedrai che ti farà bene. Non so sinceramnte io quanto posso esserti d’aiuto”

Raquel, tra le lacrime, riuscì a ridere. Prese un respiro profondo e accarezzò i capelli di Sergio, guardandolo con tenerezza. Lui aveva un sorriso dolce mentre lei si perdeva nei suoi occhi. Piano piano, mentre con una mano continuava ad accarezzargli i capelli, con l’altra gli tirò su gli occhiali “Tu sei perfetto” sussurrò.

Sergio sorrise e le fece cenno di avvicinarsi, lei si chinò e gli diede un bacio “Non so però quanto posso capirne di- sai…” gesticolò verso il corpo di Raquel che scoppiò a ridere e gli avvolse le braccia attorno al collo. Lui rispose stringendole la vita.

Con la risata di Raquel che gli rimbombava nel petto, finalmente si rilassò. Le sue labbra sfiorarono la curva del suo collo per darle un bacio e poi lui si fece indietro per guardarla “Allora?”

Raquel sospirò, portò una mano sulla guancia di Sergio e giocò con la sua barba “Mmm” sembrò pensare momentaneamente alla risposta “Chi sa come stai senza barba”

Sergio rise “Non vuoi vedermi così, fidati”

“Tu vedrai me sicuramente in uno stato peggiore…ammesso che non sia già successo”

“Sembro un polletto spennato”

“Io sebrerò un polletto squartato”

Sergio rise ma poi si fece di nuovo serio. I suoi occhi brillavano. Sapeva che Raquel aveva preso nella sua testa la decisione giusta ed era per questo che scherzavano e che rideva e sorrideva.
 “Non mi hai ancora risposto”

Lei gli accarezzò i capelli mentre lui le sfiorava le dita sui fianchi “Hai ragione” si chinò per dargli un bacio “Hai sempre ragione” lui la strinse a sé e le diede un bacio tra i capelli “Ti amo Raquel”

Chiuse per un attimo gli occhi, cercando di catturare per sempre dentro il suo cuore quel momento.
L’amava da morire e sentirglielo ripetere ogni volta le riempiva sempre il cuore di un amore così intenso e così unico che si sorprendeva ogni volta di come fosse possibile che dopo il modo in cui si erano conosciuti erano insieme. A vivere la vita più bella che ci fosse.

Con gli occhi umidi si lasciò andare.
Aveva davvero ragione, Sergio.
Non poteva rinunciare a quello che ancora poteva avere di bello solo perché aveva paura e solo perché si era attaccata troppo a qualcosa che ormai non c’era più.
Doveva accettare la condizione di sua madre e viverla al meglio perché poteva ancora esserci del buono.

“Ti va un ghiacciolo?” Raquel sembrò confusa. Certo che le andava un ghiacciolo. I ghiaccioli le andavano sempre. Erano buoni. Erano rinfrescanti e soprattutto non le davano la nausea.

“Pensavo stessi per cacciarmi e mandarmi da mia madre a dirle del bambino”

Sergio rise “Prima di tutto, non ti caccerei mai” Raquel scosse la testa pensando che fosse un ruffiano ma comunque aveva un sorriso sul volto “E non ti obbligherei neanche a fare qualcosa-“

“Mi hai appena obbligata-“

“No. No” disse con la sua voce da professore “Ti ho solo aperto gli occhi. Saprai tu quando dirglielo e quando ti sentirai pronta per farlo. Ma sono abbastanza sicuro che per oggi hai avuto il tuo pieno di emozioni forti, no?”

Lei non disse niente, si morse il labbro e fece un piccolo cenno con il capo. Lui le diede un bacio veloce sulla fronte e poi la fece alzare dalle sue gambe, le disse di sedersi e che sarebbe tornato subito con i ghiaccioli.

Lo aspettò, col cuore in mano, e ovviamente emozionata per il ghiacciolo.

                                                                                            ***


Marivi era nella sua camera da letto a cucire.
Adorava cucire e ancora di più da quando era qui.
Aveva una sedia a dondolo comodissima, positizionata di fronte ad una grande porta finestra che affacciava sull’oceano. Era una vera meraviglia proprio come lei con i ferri.
Una meraviglia.
Cuciva di tutto con qualsiasi tecnica.
Era presa e concentrata quando sentì qualcuno bussare alla sua porta.
Si girò e sorrise in automatico quando vide il volto di Raquel sbucare da dietro il pannello di legno. Adorava quella ragazza. Le voleva un bene immenso e si prendeva cura di lei.

“Posso?” il sorriso di Marivi fu immediato e subito posò ferri e filo per accoglierla “Certo! Entra,entra!”
Raquel si addentrò nella camera e si mise a sedere su uno sgabello accanto alla sedia a dondolo di sua madre.

“Cuci?” chiese e Marivi alzò gli occhi al cielo “Oh si! Quella tua ragazzina esce sempre senza coprirsi. Si prenderà un’accidente”

Raquel sorrise commossa.
Non sapeva di essere sua nonna, non la ricordava, ma si comportava come se lo fosse e in quel preciso istante si sentì meglio. Sergio aveva ragione.
Poteva comunque amarli.
Tutti loro.
Così realizzò di non essere più così spaventata e nervosa, piuttosto era emozionata.

“E’ un maglioncino, spero che lo metta”

“Sinceramente lo spero anche io. Glielo dico sempre ma non ascolta mai”

Marivi rise “E’ una bambina. Non ascoltano mai quando sono così piccoli. E’ un diavoletto travestito da angioletto la tua eh?”

Raquel scoppiò a ridere. Era vero. Paula era una bambina decisa e intelligente. Molto vispa e sapeva il fatto suo.

Aveva pensato e ripensato a come glielo avrebbe detto. Aveva cercato almeno millle modi ma mai si sarebbe aspettata che proprio sua madre le avrebbe servito l’opportunità su un piatto d’argento.

“Bè, magari il secondo è più mansueto” l’espressione  sul volto di Marivi cambiò immediatamente e a Raquel ricordò tanto quella della fotografia.


La donna portò le mani alla bocca dalla sorpresa “Oh mio dio!” Raquel  rise dall’emozione e gli occhi le si riempirono di lacrima “Sei-sei?-“

L’ex ispettrice annuì con entusiasmo e Marivi gridò dalla gioia correndo ad abbracciarla “Oh tesoro! E’ grandioso! E’ una splendida notizia!” Raquel si prese tutto l’amore e tutto l’affetto di quell’abbraccio. Si fece coccolare dalla sua mamma che in quel momento era così contenta per lei che le sembrò che fosse tornata indietro nel tempo a quando le aveva detto di Paula. Le emozioni la mangiarono in un sol boccone, era indescrivibile il tepore di quell’abbraccio, la sicurezza che le stava trasmettendo e la gioia che stava provando nel sentire sua madre così contenta per una figlia che non riconosceva ma a cui voleva comunque un bene viscerale.

Avvolse le braccia attorno a sua madre e inalò il suo odore. Per tutta la sua vita non aveva sentito nessun altro odore addosso a sua madre se non rosa. Profumava di rosa. Ogni prodotto che usava era alla rosa.
Era un odore rassicurante e rilassante per Raquel e in quel momento, con quell’odore e quel calore, sapeva che tutto sarebbe andato bene e che era stata sciocca nel credere di non poter condividere questo momento con sua madre solo perché lei non ricordava chi fosse.

Sergio aveva ragione.
Il suo cuore la riconosceva e Raquel lo sentiva.
L’amore era qualcosa che andava oltre la memoria.

Aveva visto gli occhi di sua madre brillare di gioia, proprio come se nulla fosse cambiato e lei fosse consapevole che sarebbe stata la nonna di quel bambino.
Forse in cuor suo lei non sapeva di esserlo ma se lo sentiva.
Si sentiva la nonna di Paula.
E forse si sarebbe sentita la nonna di quella vita che Raquel aveva in grembo.

“Da quanto?” chiese l’anziana interrompendo l’abbraccio e prendendole il viso tra le mani “Quindici settimane” rispose Raquel sentendosi quasi svenire quando sua madre le asciugò le lacrime.
Il sorriso di Marivi era qualcosa che non avrebbe mai dimenticato e che avrebbe conservato nel suo cuore per sempre.

Fu così semplice cominciare a parlare con sua madre. Marivi la teneva stretta sotto un braccio e a Raquel bastava quello. Sarebbero potute rimanere lì in silenzio ma abbracciate e per Raquel sarebbe stato un momento perfetto. Ma poter parlare con lei, ascoltarla, farsi raccontare tutti quei ricordi che Marivi ancora aveva e che Raquel conosceva già ma che risentire era davvero un dono fu indescrivibile.
Si commosse quando la sentì parlare di lei.
La ternura con cui la nominava.
La luce che le brillava negli occhi mentre ne parlava.
Raquel l’ascoltò col sorriso e conversò con lei proprio come fanno una madre e una figlia.
Parlarono della gravidanza e Marivi le disse “Tutto ciò che ho detto anche a mia figlia”.
Raquel ascoltò con attenzione ogni parola, pendeva dalle sue labbra mentre ascoltava tutto ciò che le aveva già detto ma che avrebbe ascoltato altre mille volte, purchè dette con quell’amore e con quella tenerezza.
In quel momento Raquel sentì di aver finalmente trovato una luce nel buoio più totale.

E così Sergio le trovò.
A parlare di pappe e  pannolini e di altre cose che probabilmente non avrebbe dovuto sentire. Ma lo fece sorridere.
La risata di Raquel.
La gioia nel tono della sua voce.
L’entusiasmo di Marivi.

Era un momento perfetto e prezioso per la cui semplice esistenza era emozionato e felice perché significava così tanto per la loro famiglia, che ora stava crescendo e che necessitava di Marivi e di Raquel forte del supporto e la presenza della madre.
Così rimase ad ascoltarle per un po’ perché era un momento importante anche per lui.
Per tutti.
Ma non entrò mai.
Rimase fuori.
Le lasciò parlare e lasciò alla sua amata tutto lo spazio di cui aveva bisogno e lasciò che Raquel avesse sua madre tutta per sé per un po’ di tempo, dandole finalmente la possibilità di dirle tutto.
Qualsiasi cosa le passasse per la mente.
Ogni paura e preoccupazione, che venne gettata via al vento da sua madre con una carezza e un sorriso.

E qualche sera dopo, quando Raquel si commosse nel vedere un cardigan giallo da neonato cucito all’uncinetto ai piedi del letto, non si sorprese.
La vide versare lacrime  di gioia e abbracciare il piccolo capo d’abbigliamento al petto. Si avvicinò a lei e l’avvolse in un abbraccio di conforto e amore incondizionato.

Raquel lo guardò, con gli occhi che brillavano, lo baciò e gli sussurrò un “Grazie” commosso sulle labbra.

Sergio semplicemente la baciò di nuovo.
Non c’era altro da aggiungere.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3851565